the guardians

di chiara_14
(/viewuser.php?uid=608749)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Uno strano risveglio ***
Capitolo 3: *** Tutta la verità, niet'altro che la verità ***
Capitolo 4: *** Nevicano scintille ***
Capitolo 5: *** Cena con sorpresa ***
Capitolo 6: *** Tatuaggi speciali ***
Capitolo 7: *** Silas ***
Capitolo 8: *** Sol e Andres ***
Capitolo 9: *** Anthea ***
Capitolo 10: *** Il patto di sangue ***
Capitolo 11: *** Un caldo abbraccio ***
Capitolo 12: *** Il ricordo più bello ***
Capitolo 13: *** Benvenuta Candice! ***
Capitolo 14: *** Tutta colpa di un tappo di Champagne ***
Capitolo 15: *** Sai cos'è l'amore? ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

E se vi dicessi che esiste un custode per ogni stagione dell'anno, che sia primavera, autunno, inverno ed estate. Voi mi credereste?

E se vi dicessi che io sono una di loro?Una guardiana.

Voi, mi credereste?

*

Nix sapeva che se i “tutores”, o meglio, i “guardiani” chiamavano, era giunto il momento che aspettava da una vita passata a preparasi duramente per il trono che gli spettava, nessuno avrebbe osato intralciare la sua via, non oggi.

“Nix, vuoi smetterla di abbassare la temperatura? Fa già troppo freddo qua dentro!”disse Sol, la principessa dell'estate.

“Se tu la smettessi di splendere come una lampadina ad intermittenza che sprigiona calore da tutti i pori io non avrei bisogno di abbassare la temperatura” rispose con voce tagliente Nix. Non riusciva più a contenere i suoi poteri, aveva disperato bisogno di trovarla...

“Sol, stai calma sai che Nix ha qualche problema con i suoi poteri devi concedergli pazienza, è molto agitato in questo periodo”. Silas, il più saggio e vecchio per età dei guardiani minori, era erede del trono d'autunno, nonché migliore amico di Nix.

“Anthea, tu che ne pensi?”chiese Silas, lei rispose: “ Penso che dovreste smetterla entrambi, stiamo andando al cospetto dei tutores non possiamo permetterci di fare figuracce”.

“Sei troppo seria Anthea, sono i nostri genitori prima di tutto!” disse Sol esasperata.

“Non importa se ci hanno chiamati, solo due cose possono essere successe, numero uno ci assegneranno i troni, numero due hanno trovato finalmente un altro corpo da usare come contenitore per Nix.”, silenzio. “ Io propendo per la seconda.”disse infine.

“Anthea, io non voglio più vedere ragazze che rischiano di morire, e una è morta veramente, non sai quanto mi tormenta la sola idea di vedere un altro fallimento...”, non fece in tempo a continuare a parlare che Anthea si mise davanti a lui furibonda, “Stai scherzando vero?Spero che tu stia scherzando!Sai che cosa accade se non doni metà dei tuoi poteri ad un partner, rischi di diventare come Caos, e non possiamo neanche permetterci il tempo di trovare un altro guardiano, non c'è tempo Nix!”, Silas mise una mano sulla spalla della ragazza e calmo disse:“Ragazzi, non abbiamo tempo per litigare ora, dobbiamo andare”.

Arrivati davanti al portone della sala dei troni i quattro ragazzi fecero un respiro profondo ed entrarono.

La sala era la più bella di tutto il castello d'inverno, ovunque potevi trovare specchi, vetrate colorate, lampadari, statue e lampadari rigorosamente fatte di puro ghiaccio. I colori predominanti erano il bianco, l'argento e l'azzurro, era uno spettacolo per gli occhi.

Il re d'inverno, Ibernis, si fece avanti a braccia aperte e per prima cosa salutò il figlio Nix con una forte stretta di mano ed un sorriso, poi tutti gli altri tutores vennero ad accogliere i rispetti figli.

Ibernis era accompagnato dalla moglie Celeste, Aestate, la guardiana dell'estate era accompagnata dal marito Nicolas, Autumno, era affancato dalla moglie Cecilia e, infine, Veris, la primavera, teneva per mano il marito Mirko. Tutti i compagni e le compagne dei guardiano maggiori erano stati rigorosamente umani un tempo, ora invece anche loro erano fuori dal comune.

“Figliolo abbiamo nuove notizie per te” disse Celeste a Nix.

“Che notizie?”, ormai aveva deciso di non sperare più in un nuovo “contenitore” e anche se lo avessero trovato non avrebbe accettato di mettere a repentaglio la vita di un'altra povera umana.

“Sai...Crediamo di aver trovato qualcuno di importante per te...”disse dolcemente la regina, il figlio subito rispose “Madre no non accetterò questa volta, non posso più sopportarlo! Non mi serve una compagna, posso governare benissimo da solo...”, era infuriato perché non poteva avere una persona al suo fianco e perché suo padre non voleva assolutamente passargli il trono, ormai lui aveva diciott'anni e se aspettava ancora non avrebbe ricevuto il trono neanche tra mille anni.

“Nix, ascolta tua madre, tu hai bisogno assolutamente di un contenitore, i tuoi poteri ti stanno travolgendo, rischierai di fare del male a te stesso e all'intero pianeta”disse il padre paziente.

“Padre, non ti fidi di tuo figlio?Posso benissimo governare i miei poteri!”, era troppo stanco e arrabbiato per trattenersi, si fece avanti Veris, bellissima come sempre con i suoi capelli lunghi, mossi e ramati e i suoi occhi dello stesso colore delle foglie appena nate, era la copia di Silas, anche se lui era il principe dell'autunno, “Ragazzo, in te ora vedo solo sete di potere. Ti ricordo che un regno in cui non governa l'inverno è un regno morto e pervaso dal caos, servono tutte e quattro le stagioni e se tu non cederai parte dei tuoi poteri a nessuno diventerai come Caos!”.

Poi accadde l'impensabile, Nix non se ne accorse minimamente, semplicemente fissò Vernis che iniziò a ghiacciare, non doveva sforzasi di fare nulla solo guardarla con tutto l'odio che aveva in corpo.

“Nix!”, suo padre si parò davanti a lui, lo prese per il braccio e gli diede uno schiaffo che risuonò su tutte le pareti del castello.

“Non azzardarti mai più! Stai già iniziando a cambiare, non ti riconosco più come mio figlio, il tuo cuore sta iniziando a ghiacciare!”. Nix pensò che fosse finita. Si, era decisamente finita, non aveva mai visto suo padre così infuriato, e con orrore vide sua madre protetta dietro Ibernis terrorizzata.

“Ora pretendo che tu prenda in considerazione questa ragazza e pretendo anche che tu le dia almeno un po' dei tuoi poteri, quel tanto che basta a non farti diventare pazzo!”, poi si girò verso gli altri guardiani minori che erano rimasti scioccati da quello che era successo in così poco tempo, “Visto che in questo momento non mi fido pienamente delle capacità di mio figlio manderò voi alla ricerca di Ella”.

“Oh, si chiama Ella?”sussurrò Sol, “Si Sol, si chiama Ella, ha sedici anni e mezzo e solitamente abita in Italia ma in questo momento sta facendo un viaggio di istruzione a Londra. Nix esci dalla sala dei troni e vai in camera tua”, vide che non si alzava, “Subito!”. I guardiani minori lo aiutarono ad alzarsi e poi lo accompagnarono in camera sua.

“Non dovevi congelare mia madre!” disse infine Anthea esasperata, “Sc-Scusa...”. Non riusciva nemmeno a credere a quello che aveva fatto, cominciava ad avere paura di se stesso, e lui non aveva paura di nulla.

“Anthea, smettila...Vedi che non sta bene?Tesoruccio vuoi un thè caldo?”chiese dolcemente Sol, Silas scoppiò a ridere, “Vorrai dire freddo!”.

“Grazie ragazzi, ma ora dovreste andare...” e si sistemò sul letto enorme, interamente blu.

“Nix, diremo a tuo padre che non l'abbiamo trovata se è questo che vuoi, ma noi non permetteremo che tu ti faccia del male da solo”- “ Andate a prenderla voi, se va mio padre rischia di farle male”.

Sol, Silas e Anthea si guardarono tristi l'un l'altra e poi la porta della camera si aprì ed entrò la regina Celeste.

“Giovani guardiani potete lasciarmi sola con mio figlio e Aski?”chiese dolcemete.

“Oh, ma certamente regina!Ora andiamo!”, salutarono Nix e richiusero la porta della stanza, non prima che un piccolo cucciolo di Husky tutto bianco e con occhi azzurri si intrufolasse dentro indiscreto. Il piccolo cagnolino saltò sul letto e iniziò subito a leccare il padrone su tutta la faccia, la regina scoppiò a ridere.

“Era da tanto che non ridevi così mamma” disse il figlio.

“Sono preoccupata Nix, per te. Non ho intenzione di perdere il mio unico figlio, lo so che non vuoi che un'altra ragazza soffra ma dobbiamo tentare, appena vediamo che non riesce a comandarli le togliamo tutti i poteri, promesso.”, non poteva dire di no a sua madre che lo guardava dritto negli occhi terrorizzata e allo stesso tempo triste e disperata, lui era l'unico figlio che aveva e l'unico che avrebbe avuto in tutta la sua vita, i guardiani potevano avere solo un figlio e solo in un determinato periodo della loro esistenza, poi basta, molto probabilmente per non avere liti familiari per l'erede al trono.

Nix annuì alla madre.

“Intanto puoi sapere questo di lei. Come già sai si chiama Ella, ha quasi diciassette anni, è altra, magra, capelli lunghi, mossi e castani-ramati e occhi scuri, da quello che ho visto sembra carina”, gli sorrise poi continuò, “Ama leggere,canta divinamente, anche se detto fra noi, è talmente timida che si nasconde quando lo fa, vorrebbe essere continuamente nel mondo dei sogni e dice che la sua vita è noiosa”, a quell'informazione Nix scoppiò a ridere come un matto e il cagnolino iniziò di nuovo a leccargli la faccia convinto che fosse colpa sua.

“Fermo Aski, fermo!”, risero e continuarono a passarsi informazoni su Ella, poi si fece tardi e Celeste fu costretta ad andare. Nix rimase solo in camera con il fedele amico Aski e senza volerlo si addormentò con il cucciolo in grembo, quando aprì gli occhi si accorse che tutto attorno a lui si era ricoperto da uno spesso strato di ghiaccio e la temperatura era scesa di molto. Allora Nix, sempre più terrorizzato da se stesso, pensò che forse era meglio conoscere Ella e sperare che fosse la ragazza giusta.

*

Mi chiamo Ella, e tutto nella mia vita è noioso. La mia scuola, le mie amicizie, la mia casa e persino la mia famiglia. Tutto prima che mi rapissero.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Uno strano risveglio ***


CAPITOLO 1: Quando mi svegliai la prima cosa che vidi fu un enorme lampadario che sembrava fatto interamente di cristallo, da qualche finestra entravano spiragli di luce che gli rimbalzavano contro e formavano un'immensità di colori. La seconda cosa che vidi fu già più preoccupante... Di fianco al letto in cui ero stesa c'era una poltrona, ma non era quella che mi spaventava. Era il ragazzo seduto sopra. Stava dormendo con la testa appoggiata al palmo della mano, sembrava un angioletto, anzi peggio, un diavoletto. Aveva i capelli così neri che in confronto la pelle sembrava ceramica. Però dovevo ammettere che era bello. Era anche vestito tutto azzurro e bianco. Cos'è un principe azzurro che si mette a rapire la gente? Aspetta un momento...Mi avevano rapita! Senza fare rumore scesi dalla parte opposta del letto il più silenziosamente possibile. Con orrore constatai che avevo addosso solo una leggera vestaglia bianca. C'erano due porte quindi decisi di provarle tutte e due sperando di trovare quella giusta subito, ma con la fortuna che avevo nella mia vita... Aprii la prima porta, era un bagno. Bene tempo sprecato. Non feci in tempo a girarmi e tornare indietro che un piccolo cagnolino di Husky mi venne incontro ed iniziò ad abbaiare come un matto. “Shh...Zitto, non adesso... non ho tempo!Sveglierai quel tipo là!”dissi al cagnolino. Una voce dietro di me disse “Ah, quindi io sarei quel tipo là?”, quasi non feci un infarto. “Non ti preoccupare. Non voglio farti niente. Comunque lui si chiama Aski” disse. “Ma scusa l'hai chiamato come la razza a cui appartiene?!”chiesi guardandolo in faccia storto. “Si ma il suo nome si scrive A-s-k-i” rispose lui con un sorrisetto stampato in faccia. “Chi sei?Mi hai detto il nome del cane e non il tuo!”, lui scoppiò a ridere “Beh, facciamo così. Io mi chiamo Nix” poi si girò aprì l'altra porta e disse: “Tu invece ora ti devi fare una bella doccia e vestirti devo presentarti qualcuno.” e poi uscì chiudendosi la porta alle spalle. Rimasi in piedi come una statua a bocca aperta. Ma come si permetteva? Non mi aveva detto niente! Ha pensato di dirmi prima il nome del cane e non il suo. Dovevo scappare da quel posto subito. Mia madre stava sicuramente delirando, per non parlare dei miei professori che non mi trovavano più a Londra. Entrai in bagno, tutto bianco e azzurro. Ma conoscevano altri colori oltre a quelli? E poi mi accorsi delle pareti. Erano fatte di ghiaccio?! Eppure io non avevo minimamente freddo, cosa abbastanza strana perché io sono sempre stata più freddolosa di chiunque, le mie mani in estate le potevi usare come ghiaccio istantaneo per le contusioni. Mi tolsi l'unico straccio di vestito che avevo addosso e mi infilai nella doccia. Quella invece era di vetro, avevo il terrore di romperla semplicemente guardandola, quindi, figuriamoci toccarla. Poi dovetti capire come funzionava, c'era un pannello in cui tu inserivi la temperatura che desideravi e poi premevi accendi o spegni. Consideravo che la temperatura di un essere umano fosse di 37 °C io misi a 38 °C e accesi. Appena l'acqua calda sfiorò la mia pelle cacciai un urlo. Era bollente! Mi sembrava di aver immerso il corpo dentro una pentola a pressione. Abbassai immediatamente il termometro della doccia fino a quando non fu a temperatura perfetta, che per la cronaca era 0 °C. Mi dissi che forse il dispositivo era rotto, era impossibile. A 0°C l'acqua ghiaccia. Presi il primo sapone che mi capitò in mano e usai quello poi mi sciacquai e mi misi un accappatoio. Quando uscii trovai una sorpresa. “Buongiorno Madame” disse la donna apparsa come per magia nella camera. “Eh..io...Buongiorno”risposi. “Fatta una bella doccia?”, chiese mentre camminava verso un armadio a cui non avevo nemmeno fatto caso. “Si, si. Grazie.”. Ero sorpresa di vedere una donna così bella che faceva la cameriera. Capelli biondi raccolti, fisico slanciato e bene equilibrato, occhi verdi e un viso che avrebbe steso mille uomini. Vide che la stavo osservando, “Tutto bene Madame?”. “Oh, si, si. Tutto bene” le risposi sorridendo. “Comunque io mi chiamo Annabeth. Sarò la vostra cameriera personale per tutta la permanenza qui al castello. E spero con tutto il cuore che sia per molto tempo Madame”, poi mi prese e mi accompagnò vicino all'armadio. “Allora...Vediamo un po'”, lo aprì, e constatai che era una cabina armadio, era colma di vestiti stupendi, ma che io non avrei mai messo. Si, adoravo le gonne e tutto il resto ma quelli erano troppo. Sarei sembrata una sposa! Erano tutti un incontro di bianco e argento, tanto che per la seconda volta mi chiesi se conoscessero altri colori oltre a quelli. “Ecco trovato! Le starà d'incanto! Il principino non saprà resisterle!” disse fiera di sé. “Aspetti un momento...Il principino?!”, ma che cosa era saltato in mente a queste persone? Erano tutte pazze? Molto probabilmente stavo sognando o ero in coma per l'aggressione ricevuta perché qui sembravano tutti da manicomio. “Certo Madame, il principino. Se preferisce lo posso chiamare principino Nix. Certo non è più piccolino come un tempo, ora ha diciotto anni ed è pronto a sposarsi!”. A quell'informazione mi spaventai talmente tanto che riuscii a girare i tacchi e correre fino alla porta e aprirla. Ma non di più. Andai a sbattere contro un blocco di ghiaccio. “Ehi!” disse il blocco. “Non posso lasciarti andare via. Mi spiace. Ti spiegherò tutto dopo, te lo prometto. Ma non azzardarti a scappare o sarò costretto a fare cose brutte”, mi guardava con un ghigno stampato in faccia. Io ero terrorizzata. “Dai su”, mi mise le mani sulle spalle, mi girò e mi spinse dentro la camera “Non ho tempo da perdere, ti ho detto che devo presentarti delle persone importanti”. Rientrai in camera di malavoglia e andai verso la cameriera con il capo chino per la rabbia. Avrei preferito spaccare ogni cosa che mi capitava sotto mano, ma non mi sembrava una buona idea o quel tipo là fuori me le avrebbe date di santa ragione, o peggio. “Mi dispiace Madame, non volevo spaventarla...”, era veramente preoccupata. “Non ti preoccupare Annabeth”, la donna sussultò “Ho detto qualche cosa che non va?”, era sorpresa. “Vede, nessuno mi chiama Annabeth, tranne la regina Celeste e il re. Sono molto buoni.”. Poi tornò nella cabina dell'armadio e portò sul letto un vestito, delle scarpe, un mantello e un piccolo scrigno di vetro. “I vestiti sono della sua misura, e per la cronaca le consiglio di mangiare di più, è troppo magra!” poi venne di fianco a me. “Avanti si tolga quell'accappatoio dobbiamo vestirci!”, e fu così che mi ritrovai acconciata come per una serata del ballo di un liceo americano. Mi guardai allo specchio e sembravo un'altra ragazza, per la prima volta mi dissi che ero carina. Il vestito, rigorosamente bianco, era di seta. Aveva un corpetto ricoperto di ricami argentati, la gonna con un piccolo strascico di taffetà era leggerissima. Il vestito era senza spalline quindi Annabeth propose di mettere un bel mantello di lana celeste con tanto di cappuccio. Mi aveva sistemato i lunghi capelli in una treccia laterale, legata da nastrini argentati e come tocco finale mi disse che la scatolina di vetro conteneva un regalo direttamente dalla regina e che sarebbe stato scortese rifiutarlo. Quando aprii il cofanetto quasi mi cadde dalle mani. C'erano orecchini, collana e braccialetto fatti completamente di lapislazzuli. Erano decisamente troppo per me. “Non posso accettarli” dissi richiudendo il piccolo contenitore. “Oh no Madame! É un regalo della regina, le ho già detto che proprio non può rifiutare, sarebbe troppo scortese e la regina è molto sensibile!”, si fece avanti e mi sussurrò all'orecchio “E detto tra noi, deve fare colpo sul principino! É troppo importante!”. Poi mi prese il cofanetto e iniziò a mettermi i gioielli addosso. “Ecco fatto! É un incanto!Principe Nix può entrare!”. Si girò verso di me, mi fece l'occhiolino e poi andò verso la porta per uscire. Al suo posto entrò di nuovo quel ragazzo che avrei preferito esistesse solo nei miei sogni. Mentre Annabeth mi vestiva tutto quello a cui avevo pensato era la mia famiglia. Sicuramente mia mamma era disperata, stava certamente maledicendo l'intero pianeta, oppure stava semplicemente pregando che non fossi morta, perché perdere una sorella di soli cinquantacinque anni per cancro era una cosa ma perdere una figlia e non sapere dove si fosse cacciata era un'altra. Con la fortuna che avevo se fossi riuscita a scappare e tornare a casa mi avrebbe uccisa a suon di parole e non sarei uscita di casa fino al mio centesimo compleanno. Non avevo guardato bene Nix prima. Insomma ero terrorizzata. Poteva essere un matto o un pervertito o entrambi i casi, e non avevo ancora cambiato idea a riguardo. Era incredibilmente stupendo. Capelli corvini, alto più di me (e ce ne voleva) fisico slanciato. Non aveva dei muscoli da ragazzo che va in palestra tutti i giorni ma emanava comunque potere. Aveva la pelle molto chiara a contrasto con i capelli, quella caratteristica lo rendeva affascinante. La cosa che mi colpì di più furono gli occhi. Così belli. Sembravano gli occhi di un mio compagno di classe, dello stesso colore del ghiaccio. Ma stavano decisamente meglio a Nix. In quel momento mi venne in mente letteratura italiana che avevo studiato a inizio anno, dove Cavalcanti e Dante scrivevano poesie in cui l'amore passava per gli occhi, cominciavo a convincermi che non avessero tutti i torti. “Ella sei la cosa più bella che abbia mai visto”disse con un sorriso a trentadue denti, io lo guardai storto e feci un passo indietro. “Ok...Vieni con me ti presento i miei amici.”, si avvicino e mi mise un braccio attorno ai fianchi, io mi spostai di scatto. “Non ti azzardare a toccarmi!”, stavo tremando come una foglia mentre lui sembrava decisamente sorpreso. “Ella... Sei al sicuro qui...te l'ho già detto” poi fece un passo verso di me e mi porse la mano, io non resistei. “Perché io?!Perché non qualcun'altra?Lasciami andare!” e feci un altro passo indietro tutta terrorizzata, avevo la nausea e mi sembrava di avere lo stomaco chiuso in una morsa, iniziavo anche ad avere freddo. La sua aria preoccupata si trasformò subito in rabbia. “Non puoi andartene da qui”, la temperatura era decisamente scesa perché tutto nella stanza stava ghiacciando, nel letto le lenzuola e il cuscino erano diventate un sol blocco, ora si che mi stavo traumatizzando. E poi ad un tratto tutto tornò come prima. “Scusa...”, disse, mi prese per mano, intreccio le mie dita con le sue e poi mi portò fuori dalla camera. Gli leggevo il terrore negli occhi, aveva paura di se stesso! Così lasciai la mia mano a contatto con la sua e lo seguii a capo chino. Tutti i fatti che mi erano accaduti fino a quel momento erano un mistero, lo stesso ragazzo che camminava affianco a me era un mistero. Non voleva dirmi nulla che non fosse stato il suo nome. E poi pensai. Fino ad allora non mi aveva fatto del male, anzi mi aveva rassicurata, mi aveva dato un letto dove dormire, un bagno e un vestito strepitoso. Allora capii chi era veramente. Un ragazzo di diciotto anni che aveva un peso sopra alle spalle che l'avrebbe schiacciato da un momento all'altro, aveva bisogno di una spalla su cui sorreggersi. Odiavo essere scorte e odiavo vedere le persone soffrire a quel modo. Così gli diedi una stretta di mano, lui si girò e mi sorrise. Aveva gli occhi luci.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Tutta la verità, niet'altro che la verità ***


CAPITOLO 2: Camminammo per almeno cinque minuti prima di arrivare di fronte a una semplice porta in legno ma ben decorata. Era incredibile quanto fosse immenso e bello quel luogo. Un vero capolavoro. “Pronta?” mi chiese Nix. “Certo!”, risposi io. Non c'era più traccia di rabbia e terrore sul suo volto, solo un innocuo sorriso. “Allora, entriamo”. Aprì la porta e uno sbuffo di calore mi investì. “Che caldo!”,esclamai, “Lo dico sempre anche io, ma loro sono in maggioranza”, esclamò lui. Loro chi? Quando entrai vidi esattamente al centro della stanza un meraviglioso camino e solo dopo mi accorsi dei cinque ragazzi sparsi tutti attorno. “Oh, ma è meravigliosa!”, esclamò una ragazza dai capelli che sembravano oro. Era seduta affianco ad un ragazzo dalla pelle color cioccolato e si tenevano per mano. “Non esagerare Sol...”. Era stata un'altra ragazza a parlare. Capelli scuri, occhi stupendamente verdi e un vestito pieno di fiori. A prima vista non sembrava per nulla simpatica. Era seduta su una poltrona a leggere un libro e mi guardava come se volesse sbarazzarsi di me il prima possibile. “Anthea sii gentile. È un vero piacere conoscerti Ella.”. Un ragazzo con capelli castani, occhi verde smeraldo e vestiti di colori autunnali mi venne incontro e mi abbracciò. “Vuoi sederti a bere qualche cosa con noi? Così potremo scoprire come sei!”. Era la persona più gentile che avessi mai conosciuto in vita mia, ero certa che non avrei mai litigato con lui e la sua voce mi trasmetteva un senso di calma stupefacente. “Anche io vorrei conoscervi meglio. Anzi, vorrei sapere perché sono qui.” dissi io. “Ora ti spieghiamo tutto, accomodati prima.”. “Mi fate sedere e mi state così appiccicati perché potrei svenire o scappare dopo che mi avrete detto tutto? Io vi consiglio di sigillare la porta. Ci sono molte probabilità che io cerchi di scappare da qui.”, tutti scoppiarono a ridere tranne quella che probabilmente era Anthea. “Dai vieni. Vuoi del tè freddo con ghiaccio? È la bibita preferita di Nix dopo l'acqua ovviamente.” mi chiese il ragazzo gentile. “Ho sete. Avete qualche litro d'acqua. Ho la gola in fiamme!”. Non mi ero accorta dei miei bisogni fisici fino ad allora, come non mi ero accorta della mano che tenevo ancora stretta a quella di Nix. “E' normale che tu abbia tutta quella sete. Silas a me puoi portare il tè?”. “Approfittatore, servirò volentieri Ella ma non te. Devo farmi perdonare.”. Di malavoglia Nix staccò la sua mano dalla mia e andò verso quello che sembrava un bancone di un bar. Un momento, perché mai questo Silas doveva farsi perdonare da me? Fissai i visi di tutti i ragazzi, avevano qualche cosa di familiare. Quando incontrai gli occhi dispiaciuti di Sol capii di che cosa parlava Silas. Nella mia testa varie immagini vennero a galla. Ricordai di quando mi ero persa a Londra in un dannato negozietto e ricordai anche il viso di una ragazza dai capelli scuri e occhi verdi che cercava qualche cosa. Infine ricordai di come una luce accecante mi abbagliò e un sonno incontrollabile mi faceva cadere lentamente le palpebre. Era colpa loro se ero finita in quel posto maledetto. “Mi ricordo di voi tre”dissi. “Oh, vedi noi non volevamo farti del male. Tu non saresti mai venuta ti tua spontanea volontà”, Sol stava per mettersi a piangere per il senso di colpa. “Non ti preoccupare. Ora chiariremo tutto no?”, e mentre lo dicevo sfoderavo il mio miglior sorriso finto della storia. Sembravano tutti convinti che li avessi perdonati. In verità il mio cervello stava già elaborando una via di fuga. Il mio motto al momento era: “Resisti fino a che non si fidano di te, poi, gira liberamente per tutto il castello e scopri una via di fuga per dartela a gambe”. Anthea si era alzata per posare il libro su una mensola. Non sembrava per niente convinta. Non si fidava di me e io non mi fidavo di lei, anzi, di nessuno di loro. “Tieni l'acqua Ella”. Silas posò una bottiglia e un bicchiere con ghiaccio sul tavolino di fronte al divano poi si sedette alla mia sinistra. Nix arrivò subito dopo e si sedette alla mia destra. “Allora...Da dove iniziamo?”, disse Nix con sorriso rassicurante. “Perché non inizi dal fatto che non è la prima umana ad essere stata in questo castello?”. “Anthea siediti! Mi fai venire il mal di testa se continui a camminare avanti e indietro.”. Non credevo che una ragazza come Sol potesse arrabbiarsi così in fretta. O forse Anthea non stava simpatica a nessuno. “Presentazioni?”propose Silas. “Ok.”risposi io poco convinta. “Parto io.”, era Nix. “Qualunque cosa io dica promettimi che non scapperai da qui.”, mi stava guardando negli occhi e voleva tutta la verità. “Promesso.”. Che bugiarda. Odiavo mentire ma non sapevo come fare. “Bene. Come già sai mi chiamo Nix. Ormai avrai capito che ho quasi diciotto anni, considerato che lo ripetono a me almeno dieci volte al giorno per ricordarmi quello che mi aspetta.... Prima cosa che devi sapere: le stagioni esistono perché noi, guardiani minori, e i nostri genitori, guardiani maggiori, esistiamo. Se noi moriamo il mondo finisce nel caos. Io e la mia famiglia siamo guardiani dell'inverno. Silas è guardiano dell'autunno, Anthea della primavera e Sol dell'estate. Ognuno ha il proprio palazzo in cui vivere. Questo è di mio padre, almeno, fino a quando non sarò maggiorenne. Capito? Stai bene? Sei pallida...”. “Senti chi parla!” cercai di scherzare io, lui sembrava un lenzuolo in confronto a me. “Ok. Ascolta, solitamente noi abbiamo una vita molto lunga. Mio padre e mia madre sono sul trono dai tempi dell'impero romano, se non prima. Quando ci si avvicina alla fine della epoca da regnante dei guardiani maggiori nasce un figlio o una figlia che diciotto anni dopo siederà al loro posto.”, sembrava tremendamente a disagio a parlarne. “Forte!E fino a qui non c'entro niente io...”. “Continua Nix”, lo intimò Silas. “Prima che il giovane guardiano arrivi ai diciott'anni i rispettivi genitori rintracciano umani speciali che noi chiamiamo Contenitori.”. “Da quando in qua le persone vengono chiamate come oggetti? Io sarei un Contenitore?!”, cominciavo a fremere di rabbia, come si permettevano? Prima mi avevano rapita e adesso osano chiamarmi Contenitore? Prima che entrassi in azione sfogando la mia rabbia come una matta il ragazzo affianco a Sol e che fino a quel momento era stato zitto parlò. “Non fraintendere. Ascoltali. Anche io pensavo fossero pazzi. Poi ho trovato Sol.”, le diede un bacio sulla mano e le sorrise. “E per la cronaca io mi chiamo Andres, piacere di conoscerti.”. “Ha ragione lui. Ascolta Nix.”. “Anthea non credo alle mie orecchi! Non l'hai insultata!”, disse Silas. “Smettila mangia castagne.”, rispose lei con aria divertita, “Parla quella che invece si mangia l'erba!”. “Sono vegana!”. Si intromise Sol: “Ok, ok, smettetela.”. “Allora...dove eravamo rimasti? Ah, si... Comunque, questi umani sono speciali perché sono i possibili partner dei giovani guardiani.”, sussultai a quell'informazione ma lui mi prese il polso e mi tenne ferma. “Calma, calma. Non ho finito. Noi giovani guardiani non siamo in grado di governare da soli trattenendo tutti i poteri che occorrono per controllare la stagione a cui apparteniamo. Per questo a diciotto anni, o prima, avviene una specie di matrimonio in cui il giovane guardiano affida esattamente la metà dei poteri che possiede al suo partner. Se questo non avviene il giovane guardiano impazzisce. È già accaduto. Sarebbe meglio se non accadesse di nuovo.” “Quindi...io dovrei sposarti?!”chiesi. Avevo gli occhi fuori dalle orbite. Non avrei mai sposato uno sconosciuto. Io sognavo un matrimonio speciale con abito bianco e cerimonia. Un matrimonio con l'uomo che amavo. Ma soprattutto, intendevo sposarmi dopo aver finito gli studi di medicina e dopo aver trovato un lavoro fisso. “Beh, non subito...forse...”, era imbarazzato. “No, no e poi NO! Ma stiamo scherzando?!”, protestai. Oh si, sarei scoppiata da un momento all'altro. “No aspetta! Non ho finito!C'è un periodo di prova.”. “Un che?!”, ormai sconsolato disse: “Un periodo di prova. Io ti dono un po' dei miei poteri e se il tuo corpo non subisce danni significa che sei perfetta per stare a fianco del guardiano. Deve sempre esserci un erede o prenderà il sopravvento Caos e sarà la fine.”. “Chi è Caos?”, a quella domanda quasi tutti chinarono il capo. Quasi tutti perché Nix invece contrasse il viso in una smorfia di rabbia. “Non ora.”disse. “Va bene. Ditemi almeno perché avete scelto me.”chiesi cercando di cambiare argomento. “Non ti ho scelta io ma i miei genitori. Non sei la prima!”. “Che significa che non sono la prima?”. A quella domanda intervenne Silas in soccorso a Nix. “A volte capita che il corpo dei Contenitori non resiste anche alla minima quantità di potere, così, il giovane guardiano è costretto a riprendersi i poteri e i suoi genitori a cercare un nuovo possibile partner.”. “Quante?” e guardai Nix. “Tutte vive?”, chiesi poi. Aveva perso tutta la sicurezza di prima e lo sguardo era perso in un quadro sulla parete. Chissà a cosa stava pensando, o meglio, a chi? Fu Anthea a parlare, con molta più pazienza di quella che credevo riuscisse a possedere una ragazza come lei, la sua voce sembrava distante quanto la mente di Nix. “Di qui sono passate tre ragazze. Solo una è morta.”. Oddio, cosa aveva meritato quella ragazza per morire? Magari non voleva nemmeno diventare regina ed è morta solo perché questi quatto matti la trattenevano qui. Poi mi venne in mente la doccia a 0°C. “Perché io non sento freddo? Perché in questa stanza per me e per Nix c'è troppo caldo?”, li guardai tutti in faccia, stavano aspettando la mia reazione, ebbene gliela servii su un piatto d'argento. Mi alzai in piedi, presi Nix per un braccio e lo trascinai fuori dalla porta. Lui non fece obbiezioni. Infine mi scatenai. “Che cosa mi hai fatto!?”. “Scusa...”disse lui. “E' tutto quello che sai dirmi? E guardami in faccia quando ti parlo!”, avrei voluto prenderlo a pugni ma ero sicura non avrebbe cambiato le cose. “Stai andando bene. Il tuo corpo non cede.”. “Non mi interessa! Io voglio tornare a casa!”, stavo per mettermi a piangere, dovevo resistere. “Non posso scegliere io. L'ultima parola è di mio padre e ti assicuro che non è buono come mia madre. Ancora oggi mi chiedo come faccia a stargli accanto.”. Era arrabbiato, deluso e tremendamente stanco. “Dormi di notte?”gli chiesi. “Cosa?”, ripetei la domanda. “Non proprio. Non ho molto tempo devo stare attento a tutto quello che faccio. L'ultima volta che ho dormito ho ghiacciato mezza camera da letto.”. “Ok. Come hai fatto a passarmi i poteri?”. Ero al limite della sopportazione. Come lui ero arrabbiata, confusa e mi mancava tanto la mia famiglia... “Beh ecco...”. Alzò un angolo della bocca formando così un sorriso storto. “Allora?”. Dovevo mantenermi calma. “Ti ho baciata” ammise alla fine imbarazzato. Quello era proprio il colmo. Non avevo mai baciato nessuno. Era il mio primo bacio e lui me l'aveva rubato! “Dammi un secondo” dissi. Mi girai feci un lungo respiro, mi rigirai e lo guardai in faccia. “Ma che cavolo ti stava passando per la testa! Io dormivo, vero?”. “Si...Ma dovevo! Era l'unico modo per passarti i poteri. Io dovevo assolutamente passarteli, non sarei riuscito a resistere ancora a lungo! Ma perché poi ti arrabbi così tanto? Era solo un bacio.”. “Non era solo un bacio”, le mie guance erano in fiamme e lo sapevo, sia per la rabbia che per imbarazzo. “Aspetta un momento...” e si mise a ridere. “Che ridi?!”. Da un momento all'altro avrei iniziato a prenderlo a calci. “Non hai mai baciato nessuno?”. “Hai cambiato argomento. Riavvolgi il nastro. Perché quella ragazza è morta?”, così l'avrei colpito perfettamente al centro del dolore e non avrebbe continuato a farmi diventare bordò per l'imbarazzo. “Vuoi proprio saperlo?”. “Direi di sì.” risposi. “Era andato tutto bene. Lei era perfetta, bella, intelligente, gentile e buona. Le volevano tutti bene, era già parte della famiglia. I poteri che le avevo donato inizialmente non accennavano a fare del male al suo corpo così eravamo pronti per la cerimonia. La mattina del matrimonio l'abbiamo trovata morta nel suo letto e tutto attorno a lei era ghiacciato. Non saprò mai se nei giorni prima di morire aveva sofferto. Non me lo avrebbe mai detto. I poteri la stavano corrodendo da dentro. Però lei voleva vivere fino in fondo accanto a me anche se non poteva...”. La sua voce stava per diventare pianto e i suoi occhi erano rossissimi. Stava trattenendo le lacrime. Così chiesi: “Hai pianto per lei?”. “Mio padre non mi ha nemmeno permesso si vedere il suo corpo”. Dopo quelle parole non resistetti e lo avvolsi in un abbraccio, il più caloroso che potei. Sapevo cosa voleva dire perdere una persona che ami. Io avevo perso mia zia Chiara. La ricordo ogni notte quando vado a dormire, la ricordo in ogni azione che faccio e che lei un tempo faceva. Vado a trovare mio zio e i miei due cugini ogni tanto, mentre lui non poteva nemmeno andare dai familiari di questa ragazza e dir loro che un tempo voleva sposarla e avere una vita con lei. Molti dicono che se i ragazzi piangono sono dei codardi, io credo che non lo siano affatto. Sopratutto quando ricordi qualche cosa che non molto tempo fa ha preso possesso di tutto te stesso. Come l'amore. Lui ti prende, ti stropiccia a suo piacimento e poi ti lascia da solo. Tu sei costretto ad andare avanti anche quando pensi che guardare indietro sia un bene. Per ricordare. Perché non si smette di amare qualcuno se ci si ricorda di quel qualcuno ogni maledetto giorno. E lui non aveva smesso mai di amarla.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Nevicano scintille ***


CAPITOLO 3: Rimanemmo abbracciati per almeno cinque minuti eppure nessuno dei ragazzi che avevo conosciuto poco prima aprì la porta per curiosare che cosa stessimo facendo. Dovevo ammetterlo, era proprio bello abbracciare Nix, profumava di menta e freschezza. Decisi che da quel momento in poi sarebbe stato il mio profumo preferito. Non lo percepivo più come un blocco di ghiaccio fermo fuori dalla porta della camera per fare il cane da guardia nel caso provassi a scappare. Eravamo due forme complementari. “Sai, sei più calda di me.”, disse ad un certo punto. “Dannazione! Ho sempre voluto una stufetta portatile invece mi sono ritrovata un freezer!”, risposi io. Riuscii a farlo ridere un po', poi si staccò dolcemente dal mio abbraccio. “Lo so che non vuoi rimanere qui ma ti chiedo solo quindici giorni di prova.”. Avevamo i visi a pochi centimetri l'uno dall'altro e vedendo i suoi occhi quasi feci un colpo da quanto erano belli. Come potevi dire di no a due occhi così? Eppure dovevo considerare tutte le possibilità. Possibilità numero uno: io ero quella sbagliata e dopo quindici giorni se non prima sarei finita a casa. Era una buona prospettiva. Possibilità numero due: io ero quella giusta, allora, ero decisamente finita. “Chi tace acconsente.”, cantilenò lui. “Ehi! Non ci provare nemmeno a fregarmi!”. Aveva in faccia un sorrisetto adorabile. Un momento, lo conoscevo solo da poche ore e già iniziavo a prendermi una cotta. Non doveva nemmeno passarmi per la testa un pensiero simile. “Ho tempo per pensarci?”, chiesi distogliendo lo sguardo dal cielo dei suoi occhi. “Fino a ora di cena, quando incontrerai i miei.”. Lo disse così senza nessuna preoccupazione. “Che cosa?!”, la voce mi salì di mezzo tono. “Calmati...Sono solo i miei genitori. Ti hanno scelta loro, praticamente già ti adorano.”. Ripresi fiato. Bene, adesso dovevo anche subirmi i probabili futuri suoceri. Sperai pienamente che non fossero tutti e due come mia madre. Sarei impazzita. Volevo bene a mia mamma ma a volte era pesante, guarda caso prima di partire mi aveva avvisato di non staccarmi dal gruppo e di non perdermi perché sicuramente mi avrebbero rapita. Però non ha avuto tutti i torti... Mio padre era già meno agitato, si fidava pienamente di me, era come mio fratello. Beh, tranne che lui si era ripromesso di prendere a calci e buttare fuori dalla porta il primo ragazzo che mi sarei portata a casa. Potevo portarci Nix. Con molta probabilità sarei finita con mezza famiglia ibernata. “Ok, questa sera ti dirò cosa ho intenzione di fare. Adesso che si fa?”, chiesi ormai rassegnata. “Adesso ti mostro il miglior posto di tutto il castello!”. Mi prese la mano e iniziò a correre. “E dove sarebbe questo posto? Non correre così forte! Sono una schiappa nella corsa, la odio.”. Avevo già il fiatone. Nelle ore di ginnastica l'ultima cosa a cui pensavo era la corsa, che ovviamente il nostro professore ci faceva fare sempre come riscaldamento. Non che mi riscaldasse tanto. Alla fine delle ore di educazione fisica ero fredda proprio come all'inizio. Visto che iniziavo a rallentare si decise a diminuire l'andatura anche lui, però non aveva intenzione di dirmi dove voleva portarmi. Avevo visto solo una piccola parte del castello, e non era nulla in confronto a quella che vidi. C'erano specchi ovunque, sembrava la sala degli specchi di Versailles. Mozzafiato. Un connubio di raffinatezza, eleganza e bellezza. La prima cosa che mi venne in mente fu: ma chi sono quelle povere persone a cui tocca fare le pulizie? Colpa di mia madre, era lei che mi metteva in testa tutte quelle stupidaggini sulle pulizie. Ero in un palazzo spettacolare con un ragazzo che mi stava portando chissà dove e io pensavo allo sporco. “Manca tanto?”. Avevamo fatto almeno quattro o cinque rampe di scale, mi stupivo sempre di più della grandezza di quel posto. “Arrivati.”. Si bloccò di colpo e io non riuscii a frenare in tempo così gli finii addosso, lui non se ne accorse minimamente. “Allora, dove siamo?”, chiesi ormai esausta. “Davanti alla porta di camera mia.” “Che?!”. Oddio questo era fuori di testa e non era la prima volta che lo pensavo. “Smettila di pensare male! Non è come credi!”, disse lui. “E cosa dovrei credere secondo te?”. La conversazione stava prendendo una piega alquanto imbarazzante. “Non è il mio letto che voglio mostrarti Ella. Doveva essere una sorpresa ma...voglio farti vedere dove siamo e per farlo la mia stanza è il posto perfetto perché è quella in cima al castello. Ora, vuoi seguirmi?”, mi tese una mano e con l'altra aprì appena la porta, era proprio sicuro che avrei accettato. Alzai gli occhi al cielo. “Ok.” dissi ma non accettai la mano, entrai direttamente i camera sua. In fondo, ma proprio in fondo ero un po' curiosa di vedere come fosse. “Wow”, fu tutto quello che riuscii a dire. “Ti piace?”, mi chiese lui. “Sei sicuro che questa sia camera tua?”, feci un giro su me stessa per osservarla meglio. “Certo, dormo qui ogni notte”, rispose lui sorridendomi. Era una stanza circolare, le pareti erano di ghiaccio opaco così che non fosse possibile vedere dentro la stanza. Era la camera da letto più moderna che avessi mai visto al mondo. Televisore a non so quanti pollici appesa al soffitto difronte ad un letto enorme e posto al centro della stanza, le lenzuola erano blu scuro( guarda un po' una nuova tonalità di colore), ovviamente con rifiniture bianche. I mobili erano lucidati e di colore chiaro, i lampadari e le varie luci erano tutte di ultima generazione, c'era anche un impianto stereo. La cosa che mi colpì di più fu l'immensa libreria stracolma di libri che mi trovai difronte. Gli piaceva leggere! “Adesso spiegami, come fanno le cose a non congelare? È una domanda che volevo farti sin dall'inizio.”, ero letteralmente a bocca aperta. “Non è vero e proprio ghiaccio, o meglio è un ghiaccio speciale, siamo noi che lo creiamo e quindi a decidere se serve a fare freddo o no. Allora che ne pensi?”. “Penso di aver scoperto che adori la tecnologia....e i libri, cosa che piace anche a me.”. “Bene. Comunque ti ricordo che non era la mia stanza che volevo mostrarti.”. “Giusto, giusto.”, mi mise una mano dietro la schiena e mi portò fino ad una rampa di scale a cui non avevo fatto praticamente caso. Ero troppo presa da tutto il resto. “Ancora scale?”, dissi esasperata. Lui rise. Arrivati alla fine della scarpinata entrammo in una immensa cupola di ghiaccio trasparente. C'era un paesaggio da sogno. Montagne piene di pini e neve bianchissima accerchiavano l'intero castello e il sole stava scendendo proprio nel mezzo di una valle. Era il tramonto. Colori come l'arancione, il giallo, il rosa e il rosso si riflettevano ovunque e davano spettacolo di se stessi. “Non capisco nemmeno ora dove siamo, anzi penso che un posto così nemmeno esista.”, dissi meravigliata. “Finalmente sono riuscito a meravigliarti!”, rispose lui tutto raggiante, se avesse potuto avrebbe fatto i salti di gioia. Sicuramente non ero la prima che doveva provare a corteggiare, ne erano passate tre prima di me. E allora per che cosa gioiva? “Non era quella la mia domanda”, gli ricordai. “Lo so, ma vedi, anche io non ho idea di dive siamo!”. Lo guardai in faccia, non stava scherzando. “Ma scusa, come credi di governare l'inverno su tutto il mondo se nemmeno sai dove abiti?”. “Questo è un mondo parallelo. Noi qui siamo al sicuro dagli sguardi indesiderati degli umani e il tempo sta dalla nostra parte perché è differente da quello del mondo in cui vivi tu.”. Che cosa significava che il tempo era differente da quello del mio mondo? Che mentre io ero di qui là si fermava? Sarebbe stato perfetto. Stavo per porgli la domanda ma lui l'aveva già letta nei miei occhi. “Risponderò dopo che avrai scelto di restare alla domanda sul perché il tempo è dalla nostra parte. Se te lo dicessi ora mi daresti già la risposta.”, mi sorrise. “Perché non mi racconti un po' di te così poi io dico qualche cosa di me...Va bene?”, almeno così avremo iniziato a conoscerci. “Oh, se vuoi ti racconto di me, ma di te so già tutto”, aveva un ghigno di superiorità stampato in faccia, mi fece un cenno verso il tramonto. Del sole si vedeva solo una piccola lunetta che poi come per incantò scomparì, come se si fosse nascosto. Invece al mare era diverso, là veniva inghiottito dall'acqua. Non mi ero accorta della mano di Nix che dalla schiena si era spostata sulle mie spalle e quando mi girai verso di lui mi ritrovai ancora una volta i suoi occhi togli fiato fissi nei miei. Quelli erano persino meglio del tramonto. Infine mi accorsi che il suo viso si stava facendo sempre più vicino al mio così io iniziai ad allontanare il mio piano, piano fino a quando non rischiai di scivolare e lui mi prese al volo. Scoppiammo tutti e due a ridere imbarazzati. “Scusa, è che hai veramente un buon profumo, sai di lampone.”, disse lui. “Lo dice quello che sa di ghiacciolo alla menta!”. Non mi dispiaceva affatto il suo profumo. Mi ricordava l'estate. “Guarda.”, mi disse ancora sorridente. Mise le mani a coppa una sopra l'altra , le sfregò un po' tra loro poi iniziò al allontanarle perché si stava formando tra di esse una specie di palina tutta blu. Dentro intravedevo un qualche cosa che si muoveva e lasciava segni azzurri sulla superficie della sferetta. “Cos'è?”, chiesi io ancora tutta rossa in faccia per quello che era accaduto prima. Aveva l'abitudine, che detto tra noi doveva assolutamente perdere, di riuscire a cambiare subito argomento e io, come una tonta, andargli dietro. “Adesso vedi.”, mi rispose tutto concentrato. Ad un tratto prese la pallina e la gettò verso il soffitto dove esplose in miriadi di scintille colorate che si trasformarono in candidi fiocchi di neve fresca. “Ok...questa me la devi insegnare...”. Aprii i palmi delle mani e dove i fiocchi si posavano incredibilmente non si scioglievano. La temperatura della mia pelle era il loro ideale. Da bambina avrei urlato come una matta. “A suo tempo imparerai. Questo è l'esercizio più facile. Ne esistono molti altri.”. Lo guardai, era felice come non mai. Almeno non pensava al suo amore perduto. La felicità non durò molto, colto da un malore improvviso rischiò quasi di cadere piegato in due dal dolore. Riuscii a prenderlo in tempo prima che finisse con la faccia a terra. “Dannazione!”, disse. “Va tutto bene. Ci sono io, però non svenirmi qui perché non riuscirei a tenerti in piedi neanche se volessi.”, ero abbastanza spaventata, se era per la semplice palla di neve che stava male io non avevo alcuna intenzione di provare a farne una. “Ma non vuoi laurearti in medicina? Se svengo non dovrebbe essere un problema.”, rispose lui con un sorrisetto tirato. Come diamine sapeva che volevo diventare medico? “Tralasciando il fatto che non dovresti sapere che voglio fare medicina perché non te l'ho detto...dove vuoi che ti porti? Sai pesi.”, a vederlo da fuori sembrava persino più magro di me, tutta apparenza. “Portami sul letto e chiama Annabeth.”, faceva fatica a respirare. Riuscimmo ad arrivare al letto dove lo posai con delicatezza, poi lui mi disse dove trovare il pulsante per chiamare la servitù e così chiamai Annabeth. “Non sarà stata quella pallina di neve a ridurti così vero?”, chiesi io. “No, non ti preoccupare. È un problema mio.”. Magra consolazione se un giorno mi sarebbe toccato fare una cosa del genere, peccato che quella piccola gioia fosse nulla in confronto al nodo che avevo in gola a causa dell'angoscia che provavo per lui. Non feci in tempo a dire altro che Annabeth entrò. Pensai: servizio in camera impeccabile. L'avevo chiamata si e no pochi secondi fa. “Madame lei venga con me, arriva la regina Celeste per il principino Nix.”, era un tono gentile ma non ammetteva obiezioni. “Vai Ella.”, mi esortò Nix con un piccolo sorriso. Io gli strinsi la mano e poi andai verso la porta con Annabeth. Mentre scendevamo la prima rampa di scale intravidi la figura di una giovane donna che entrava nella stanza di Nix tutta agitata, probabilmente aveva preso una scorciatoia segreta per arrivare così in fretta. Mi bastò un secondo per capire che era la regina e che era la copia perfetta di Nix in versione femminile, più matura e con splendidi capelli neri. “Non si preoccupi signorina, il principino si riprenderà. Intanto lei deve darsi una bella ripulita e prepararsi per la cena con il re, la regina e gli altri guardiani minori.”, la sua voce sembrava comprensiva e rassicurante, come una mamma. Chissà se aveva figli. Mi ripromisi di chiederle se ne avesse avuti più tardi in camera. “Lei conosce perfettamente tutti i guardiani minori?”, mi venne così d'istinto. Ero troppo curiosa a volte ma in verità avevo una scusa, volevo sapere perché Anthea mi odiava così tanto. Prima non mi era nemmeno passato per la testa. “So già cosa vuoi sapere cara, lascia perdere la principessina Anthea, ha fatto così con quasi tutte quelle che sono passate prima di te.”, il quasi tutte non mi era affatto sfuggito, così chiesi: “Che cosa significa quasi tutte?”. “Oh, per quelle che vede che non c'è speranza le lascia perdere per le altre le tiene a distanza di sicurezza. Per eventuali problemi sa...”. Certo, capito. La ragazza che era morta. “Come si chiamava?”, azzardai io. “Non sono io che devo dirle queste cose Madame, mi scuso molto ma proprio non posso. Se il principino si fida di lei, e se vuole che io sia sincera, ha fatto pienamente colpo perché non aveva mai portato nessuna ragazza in camera sua, non avrà problemi a chiedere il nome della poveretta direttamente a lui. Ecco siamo arrivate!”. Aprì la porta della camera e io la seguii. Nessuno voleva darmi qualche informazione sull'unica ragazza che era morta e senza neanche una spiegazione. Io cominciavo a credere che non fosse morta per caso. Se invece l'avessero uccisa? Non aveva alcun senso perché a loro serviva una principessa e lei era perfetta da quello che avevo compreso fino a quel momento. E poi c'era Nix, lui non sembrava fingere mentre piangeva con la testa appoggiata sulla mia spalla. Così feci la mia scelta. Avrei accettato il patto dei quindici giorni, se avevano fatto qualche cosa a quella ragazza io l'avrei scoperto e poi avrei trovato un modo per fuggire. Non volevo lasciare che la sua morte fosse dimenticata. L'avrei fatto almeno per lei...e forse un pochino per Nix. Dovevo andare in fondo a quella storia. “Signorina la vasca da bagno con oli essenziali è pronta!”, la voce di Annabeth proveniva dal bagno. Iniziai a prepararmi psicologicamente sia per come dovevo conciarmi esteticamente che per la cena. Allora capii l'importanza dell'ora in più che mi aveva regalato Nix. Ma detto tra noi me ne sarebbero servite almeno altre ventiquattro. Ed entrai in bagno con le mani sulla faccia per l'esasperazione.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Cena con sorpresa ***


CAPITOLO 4: Mi immersi completamente nella vasca d'acqua ad occhi chiusi. Annabeth non l'aveva minimamente scaldata e a me andava benissimo, la temperatura era perfetta. Forse in quel momento avevo più bisogno di un iPod attaccato alle orecchie con musica a tutto volume al posto di un bagno, ma in fondo dovevo accontentarmi. Anche l'acqua non era poi così male. Ero in quel palazzo da solo un giorno e già ne avevo abbastanza. Anthea mi odiava dalla prima volta che ci eravamo incontrate e Nix aveva tutte le intenzioni di sposarmi senza nemmeno provare a conoscermi, stavo impazzendo. Facevo la conta dei secondi che mi avvicinavano casa e non delle ore o dei giorni. Ero proprio disperata. Avevo sempre desiderato che mi accadesse qualche cosa di speciale ma quello era troppo anche per me! Uscii con la testa a pelo dell'acqua per prendere fiato. “Annabeth?”, chiamai la dolce cameriera che si prendeva cura di me. “Si Madame?Ha finito?”, mi chiese. “No, ancora qualche minuto. Il vestito, dimmi di che colore è.”. Sarà stata la ventesima volta che le chiedevo di che colore era il vestito per la cena ma non ricevevo mai risposte. “Oh Madame! Non ancora! È una sorpresa, l'ha scelto personalmente il principino Nix.”. L'aveva scelto lui, si salvi chi può! “E' rosso?”, azzardai speranzosa. “No Madame. Il rosso è per capodanno. Ora esca da quella vasca e si metta l'accappatoio, è tardi...”, e richiuse la porta. Io uscii dalla vasca e feci come mi aveva detto però prima di andare in camera mi guardai allo specchio. Vidi una ragazza dai lunghi capelli bagnati, occhi scuri che gridavano “Portatemi via di qui!” e un volto pallido come un cencio. Sotto voce mi dissi: “Coraggio, ne hai bisogno!”. Infine uscii dal bagno. “Bene iniziamo col vestirti dopo penseremo ai capelli.”, poi entrò nella cabina armadio. Riemerse con in mano quello che sembrava il vestito e per non fare un infarto sul colpo mi ressi al letto. “Le avevo detto che sarebbe rimasta senza parole!”. Più che senza parole con quel vestito avrei potuto sfamare mezzo mondo da quanto sarà costato. Me lo posò di fianco sul letto e riuscii a guardarlo meglio poi lei tornò nella cabina armadio per prendere scarpe e accessori. Il vestito era lo stesso blu delle lenzuola del letto di Nix, scuro ma elegante. A prima vista mi avrebbe lasciato un po' le spalle scoperte, la lunga gonna sarebbe arrivata sul pavimento se non un po' oltre ed era tutta cosparsa di swarovski, una meraviglia che non avrei mai osato indossare. “Annabeth? Possiamo cambiare vestito?”, dissi speranzosa. “No Madame, neanche se me lo chiedesse in ginocchio. Volevo proporle, roselline o orchidee blu per l'acconciatura?”, sorrideva come non mai con in mano mazzi di rose e orchidee. Come potevi dirle di no? “Non importa, scegli tu.”, le risposi io. “Roselline, aggiudicato. Avanti! Al lavoro!”. Era talmente contenta che non volevo farla stare male così accettai volentieri le sue cure anche se ero molto riluttante riguardo il vestito che poi constatai era della mia misura e mi aderiva perfettamente, come, non seppi spiegarmelo. Poi Annabeth si occupò dell'acconciatura. Passò i capelli mossi con la piastra e li fece diventare boccoli perfetti poi iniziò a fare una treccia laterale ma non la finì, si fermò la bloccò con forcine poi prese i boccoli rimanenti e me li sistemò sulla spalla sinistra ,infine, prese delle minuscole mollette e me le mise nei boccoli, sembravano piccoli sprizzi di luce. Finì tutto con alcune roselline blu nella treccia ed esclamò:“Perfetta!”. Quella perfetta non ero certo io, pensai, era tutto il resto che faceva illusione. Per completare il tutto mi truccò anche, era un trucco leggero ma i brillantini non mancavano nemmeno li, sulle palpebre. I gioielli erano il regalo che la regina mi aveva fatto quella mattina, non potevano certo mancare, dovevo ancora ringraziarla per quel meraviglioso dono. “Finito! Però manca qualche cosa, si. Che ne dice di regalarmi almeno un bel sorriso?”, l'accontentai e la ringraziai per il meraviglioso lavoro che aveva fatto. Adesso dovevo solo aspettare che Nix venisse a prendermi in camera. Chissà cosa avrebbe detto... Annabeth mi lasciò da sola in camera a riflettere e io non protestai. Mancavano pochi minuti alle otto e volevo godermeli tutti. Accettare i quindici giorni qui era un rischio che dovevo correre e forse volevo. In fondo, avevo assoluto bisogno di risposte e io dovevo fare così tante domande! Qualcuno bussò alla porta e interruppe il lungo corso dei miei pensieri. “Chi è?”, chiesi io. “Chi credi che sia?”, mi rispose la voce di Nix fuori dalla porta. “Posso entrare?”, continuò lui. “Certo”. Mi alzai in piedi e stirai la gonna con le mani. Appena entrò si bloccò, in faccia gli vidi diverse emozioni che si susseguivano senza sosta. La maggior parte erano di stupore e gioia. “Contento? Ho messo il tuo vestito.”, dissi allargando le braccia e girando su me stessa per mostrarglielo al meglio. “Lo vedo, e sei un incanto.”, mi stava squadrando dalla punta dei piedi fino a quella della testa. Anche lui stava benissimo, era tutto blu e sulla testa aveva una semplice corona in argento. “Allora? Andiamo?”, lo esortai io. “Eh? Si, si, andiamo. Ma prima voglio farti un regalo.”, aveva quel suo solito sorrisetto malizioso stampato in faccia. Alzai gli occhi al cielo. Mamma mia quanto era sicuro di sé! Mi mostrò uno scrigno identico a quello che conteneva il regalo di sua madre che avevo ricevuto quella mattina. “Questa sarà perfetta sul tuo capo.”. Aprì lo scrigno e ne spuntò fuori una corona simile a quella che portava lui. “E' no, questo è troppo!”, richiusi di scatto il cofanetto. “Quindi la tua risposta è no? Non rimarrai qui almeno quindici giorni?”, mi guardava come per dire: E dai! Sai che devi rimanere qui lo stesso, tanto vale che ti rendi la vita facile. Alzai gli occhi al cielo una seconda volta e riaprii il cofanetto. Cercai di prendere la coroncina ma Nix fu più veloce di me e l'adagiò dolcemente sulla mia testa. “Ecco qui, è la misura giusta!”. Doveva darsi una calmata quel ragazzo, era solo una coroncina! “Andiamo?”, lo intimai nuovamente. “Oh? Si, si.”, e mi offrì il suo braccio a cui io mi appoggiai. Non riuscivo mai a capire a cosa pensasse. Era troppo misterioso per i miei gusti, dovevo trovare la chiave giusta per aprirlo. Uscimmo dalla camera e percorremmo almeno due lunghi corridoi, ovviamente tutti estremamente decorati e raffinati, però non ci feci molto caso, avevo altre cose per la testa. “Non essere così rigida, non devi fare colpo su nessuno.”, disse lui comprensivo. “Si lo so, ma mi agito sempre per niente.”, risposi io. Era vero, come a scuola prima di un'interrogazione. Arrivammo in un corridoio dal cui fondo sentivo provenire delle voci, segno che eravamo arrivati a destinazione. Lui si fermò e mi guardò in faccia. “Hai la corona in testa, quindi, quando ti vedranno molto probabilmente Sol e mia madre daranno i numeri.”, sembrava quasi dispiaciuto ma negli occhi leggevo che si stava sbellicando dalle risate, pronto a godersi la scena. “Perfetto! Sarò il centro dell'attenzione.”. Aiuto! Odiavo essere il centro dell'attenzione della gente, mi mozzava il respiro, se fosse stato possibile mi sarei rintanata sotto il tavolo per la cena ma così avrei solo peggiorato la situazione. “Ci sono io. Entriamo.”, presi un bel respiro ed insieme percorremmo l'ultimo corridoio. La sala non era enorme e dava l'idea di trovarsi a casa. Sulla porta c'erano due statue di ghiaccio che sembravano fare la guardia alle persone all'interno. Il lampadario completamente fatto di vetro bianco pendeva dal soffitto con la sua eleganza e riusciva ad illuminare completamente l'intera stanza. Quando entrammo io e Nix tutte le voci che avevamo sentito in corridoio si acquietarono e ogni testa si girò verso noi due. Il sangue mi affluì tutto alle guance colorandole di rosso per l'imbarazzo. “Fai un sorriso.”, mi sussurrò Nix. Ci provai ma credo sembrò più una smorfia. Si fece avanti quella che pensai fosse la regina Celeste. Avevo visto bene: capelli corvini, occhi ghiaccio e bellissima. Portava un vestito con colori che passavano dal bianco all'azzurro e poi al blu. A lei stavano decisamente bene. Portava anche una corona simile alla mia ma più grande e la sua aveva anche gemme mentre la mia era semplicemente argento. “Felice di fare la tua conoscenza, Ella. Io sono la regina Celeste.”. Non sapevo se dovevo inchinarmi o fare altro così tentai con un piccolo sorriso, il più gentile che possedevo. Lei sembrò apprezzarlo e mi ricambiò con un sorriso altrettanto educato. “Nix perché non vai con gli alti guardiani minori? Vorrei conoscere meglio Ella.”. Avevo paura a lasciare il braccio di Nix ma non potevo contraddire la regina Celeste. “Certo madre.”, disse rivolto a Celeste facendole un inchino, poi mi disse: “Non ti preoccupare, non ti mangerà, la considero la persona più buona del mondo.”. Mi fece l'occhiolino, io lo lasciai andare e lui andò verso il gruppetto di guardiani. “Vieni Ella, sediamoci.”. La seguii e ci sedemmo su un divano. “Non prendere paura, voglio solo conoscerti di persona. So molte cose su di te ma le ho lette su della carta e non posso fidarmi di sole parole, preferisco i fatti.”. Annuii, anche io preferirei i fatti se fossi al posto suo. Nix era suo figlio e avrebbe avuto la moglie perfetta, approvata sia da suo padre che da sua madre. Naturalmente quella sera avrei dovuto assistere a due interrogatori: uno della regina Celeste e l'altro del re. La regina non mi preoccupava poi tanto, se era come Nix allora era certamente gentile. Il re non l'avevo mai visto e non era ancora in sala per la cena ma ero sicura sarebbe stato più duro nei miei confronti. “Allora, so che vivi in campagna, è bello?”. Era l'ultima domanda che mi sarei aspettata facesse. “Si”, ammisi. “Si respira un'aria migliore di quella della città e non ci sono rumori o traffico incessanti.” “Allora ci sai fare con la natura.”, disse lei. “Beh, si un po'. Non mi dispiace certo.”. “Meraviglioso! Io non esco da questo castello da moltissimo tempo. Troppi impegni! Mi manca molto la campagna.”, poverina, ma non poteva riposare un po? No, l'inverno cessa da una parte del mondo ma poi inizia da quella opposta e così via, il ciclo è sempre quello. “Hai un fratello maggiore, vero?”, continuò lei. “Si chiama David, ormai ha trent'anni ed è laureato con un lavoro fisso. Abita ancora con noi e non mi dispiace, però credo che fra pochi anni abbia intenzione di sposarsi. Mi sta bene.”, ammisi io. “Oh, quindi non sei stata molto a contatto con bambini piccoli recentemente...”, cercai di trovare un senso a quella domanda, non lo trovai. “Sai, in casi futuri...”, continuò lei. Poi capii. Sbiancai e sgranai gli occhi lei se ne accorse subito, così aggiunse: “Molto in là nel futuro...”. Santo cielo, quasi feci un colpo, sperai che il molto in là a cui si riferiva fosse molto più che in là. “Beh, vede, regina Celeste, non sono molto brava con i bambini...”. Era vero, li adoravo ma non ci sapevo proprio fare. Volevo fare la pediatra, ma non significava che pensassi ai miei di figli. L'idea di avere un figlio con Nix non mi era nemmeno passata per la testa. Neanche a morire! Avevo solo sedici anni, cosa pretendeva? “Mi dispiace se ti ho imbarazzata, vedi, dobbiamo essere sicuri che ci sia almeno una discendenza. E non chiamarmi regina, chiamami Celeste, dammi del tu.”, aveva cambiato subito argomento, buon segno. Mi rilassai. “Parlami un po' dei tuoi hobby.”. “Allora, adoro leggere, se potessi farei solo quello. Amo ascoltare la musica e cantare, ma cerco di farmi sentire dagli altri il meno possibile”, ammisi. “Non dovresti avere paura, ti ho sentita cantare e hai una voce veramente graziosa.”. Sapeva come cantavo? Come?! Mi domandai da quanto mi stessero spiando. “Un'ultima domanda e poi ti lascio andare. Raccontami qualche cosa della tua famiglia.”. Avevo già il discorso fatto per quella domanda, così risposi automaticamente. “Mia madre si chiama Sara e fa pulizie a casa di alcune famiglie. È testarda e iperprotettiva ma non accetterebbe mai di perdermi.”, mi bruciavano gli occhi, ne sentivo molto la mancanza. Chissà cosa stava facendo in quel momento... “La capisco, perdere un figlio sarebbe come perdere se stessi.”, disse la regina Celeste con fare comprensivo. “Mio padre si chiama Paul e fa il giardiniere, lui si fida ciecamente di me e io gli voglio un bene dell'anima.”, si lamentava meno di mia madre e se si arrabbiava lui significa che eri al limite della decenza. Probabilmente ora stava consolando mia madre a causa della mia scomparsa. “E voi? È tutta qui la vostra famiglia, in questo castello?”, chiesi io. La regina si rattristò. “Oh, immagino che Nix non ti abbia detto molto di noi. Io ho avuto la fortuna di essere orfana e mi sono trasferita qui molto volentieri. Sai, ai tempi dei romani le orfane non potevano che essere schiave o altro.”. Provai subito pena verso la regina Celeste, e non solo, anche rabbia. Tanta rabbia verso quella società di un tempo dove la donna era solo uno straccio da usare e buttare. Che schifo. Capivo anche perché fosse così gentile con tutti. Sapeva cosa voleva dire fatica e sfruttamento. Qui, al castello, era stata ricompensata di tutta quella tortura subita. “Non essere triste per me, Ella.”, posò una mano sulla mia con fare protettivo. Era un angelo in tutti i sensi: bella e buona. Le mancavano solo le ali. Le sorrisi per ringraziarla e lei ricambiò. “Devo finire la storia della nostra famiglia...”, continuò lei. “Ci fu un miracolo al castello e nacquero due gemelli. Non era mai accaduto prima. Noi regine possiamo avere solo un figlio in tutta la vita e poi basta. Uno dei due gemelli era mio marito Ibernis, che era nato esattamente pochi minuti dopo Caos.”. Wow, questa si che era un'informazione importante. Rimasi scioccata. Caos?! “Caos sarebbe dovuto salire sul trono come re e Ibernis non aveva nulla in contrario. Era saggio e sapeva che era per il bene di tutta l'umanità. Il problema di Caos fu che non volle dividere i suoi poteri con una partner, di conseguenza, lo soffocarono fino a farlo diventare quello che è ora. Un pazzo portatore di discordia. Ibernis dovette prendere il suo posto e scelse me come sua moglie. Mi salvò la vita. Caos fu bandito dal trono, era troppo accecato dal potere per pensare alla salvezza della terra.”, mi guardò negli occhi e confessò: “Non voglio che mio figlio diventi come lui. Tu puoi salvarlo. Il tuo corpo sta reagendo molto bene, non provi minimamente dolore, sei molto forte. Tu e Nix avete costruito due muri che bloccano il passaggio dell'amore. Io ti chiedo, anzi ti scongiuro abbatti il tuo. Nix farà lo stesso, anche se più avanti.”. Ormai aveva lacrime che le rigavano tutto il viso e io non riuscivo più a trattenere le mie. Avevo un nodo in gola che mi stava soffocando. La regina in persona mi stava pregando di provare ad amare suo figlio per salvarlo da pazzia certa. Come potevo dirle di no? Io, che non riuscivo nemmeno a sopportare la vista di un animale ferito? “Sta sempre più male perché i poteri lo stanno corrodendo da dentro. Lui non può buttare giù il muro per primo, e non per il dolore fisico che sta provando in questi giorni, per un dolore più vecchio che richiede molto più tempo a guarire. La morte di Cara lo ha spezzato.”. Ecco come si chiamava la ragazza morta senza spiegazione, Cara. Capii che la sua scomparsa era stata uno shock che si era propagato in tutte le persone di quel castello. Non sapevo cosa mai avesse fatto quella ragazza per meritarsi tutto quel rispetto ma non volevo certo essere la prima a dire il contrario, considerato che non l'avevo mai conosciuta in vita mia. Arrivai alla conclusione che non era stata uccisa. Le volevano troppo bene per poterlo fare. Sarebbe stata una regina perfetta, invece, si sono ritrovati una come me che nemmeno voleva provare stare li. Mi sentii subito in colpa. Che egoista che ero. Portavano ancora sulle spalle la pesantezza del lutto, che io conoscevo bene. Sapevo perfettamente come si sentivano, ancora oggi mi capitano momenti in cui la mia mente inizia a vagare fra i ricordi di esperienze passate con la mia adorata zia. Mancava molto la sua presenza a casa, come li mancava molto la presenza di Cara. “Regina Celeste, proverò ad abbattere il muro. Non le prometto nulla purtroppo. Farò del mio meglio...”, era l'unica cosa che sentivo di dirle. Lei lo apprezzò comunque, mi sorrise, si asciugò le lacrime e mi strinse fra le sue braccia in un caloroso abbraccio. Era l'abbraccio di una mamma che aveva ritrovato un po' di speranza, lo percepivi lontano chilometri. “Ora, andiamo a mangiare. Non hai fame?”, mi chiese. “Si, si! Ma soprattutto sto morendo di sete!”, ammisi io. La regina rise. “Si! Mi ero completamente dimenticata di quanta sete si prova all'inizio. Dovrai farci l'abitudine, passerà tutto.”, poi si guardò attorno e disse: “Santo cielo! Ma dov'è finito quell'uomo? È sempre concentrato sul lavoro e si dimentica anche delle cene importanti!”. Si alzò dal divano e uscì di corsa chiamando a gran voce: “Ibernis!”. Io mi alzai a mia volta e con calma raggiunsi il gruppetto dei guardiani minori per affiancarmi a Nix. Lui mi vide al suo fianco e mi abbracciò. “Di cosa avete parlato?”, mi chiese. “Bah, un po' di tutto...”, risposi io. “Risposta un po' vaga.”, aveva ancora quel sorrisetto malizioso che secondo lui mi avrebbe fatto spifferare tutto quanto, io ero troppo furba per cascarci. “Ti lascerò nel mistero. Così sai cosa si prova a non sapere niente.”, lo tenevo sulle spine perché la sua faccia, era troppo buffa. “Ragazzi!”, la voce della regina arrivava dalla tavola tutta imbandita al centro della stanza. Non mi ero accorta che fosse tornata, tanto meno con affianco il re in persona. Lo guardai bene e mi accorsi che era molto diverso da Nix. Il re Ibernis era biondo scuro e occhi color miele. Il fisico era ben proporzionato, alto e con muscoli abbastanza visibili. Indossava camicia bianca, pantaloni eleganti neri e giacca blu. Come tutti nella stanza portava una corona che però era più elaborata di tutte le altre, un disco argento con incisioni e gemme blu, azzurre. In poche parole: una corona da vero re. “Ci sediamo a tavola?”, intimò Ibernis con un sorriso gentile. Io seguii Nix che si diresse verso la sedia affianco a quella della madre. “Tu siederai qui, io affianco a mio padre. Ok?”, disse lui. “Ok.” dissi io mentre come un vero gentiluomo Nix mi spostava la sedia e mi faceva sedere. “Non preoccuparti per questa cena, Ella. Andrà tutto bene, promesso.” , poi spontaneamente mi diede un bacio sui capelli. Il sangue mi finì un'altra volta alle guance per l'imbarazzo. I posti a tavola erano i seguenti: io ero al fianco della regina Celeste, Nix invece era vicino al padre Ibernis, re e regina erano ovviamente l'uno accanto all'altra. Alla mia destra per la mia gioia mi ritrovai Anthea, che si trovava vicino a Silas, mentre, la coppietta Andres e Sol uniti come non mai si trovavano vicino a Nix. “Annabeth?”, chiamò il re. Annabeth arrivò subito al fianco di Ibernis. “Si Sire?”, chiese cortesemente la cameriera. “Puoi pure servire l'antipasto mia cara.”. “Con molto piacere.”, disse lei e poi andò verso una porta che pensai portasse alla cucina. Tornò subito dopo pochi secondi e su ogni braccio aveva almeno tre piatti. In due minuti avevamo tutti l'antipasto sotto il naso. “Buona cena a tutti! Soprattutto, uno speciale augurio ad Andres e Sol che hanno annunciato il loro matrimonio. Vi auguro un regno sereno, verremo sicuramente alla cerimonia.”, disse il re alzando il calice di vino in loro onore. “Ora, mangiamo!”, disse la regina. Era veramente buffa, così magra eppure così affamata. Non ebbi il tempo di assaggiare anche solo un boccone dell'antipasto. Le porte della stanza che erano state chiuse per dare un po' d'intimità alla cena vennero spalancate e due imponenti figure si fecero avanti. Quelle che credevo fossero statue di ghiaccio si misero sull'attenti come guardie impeccabili, il re si alzò immediatamente in piedi e la regina copiò lo stesso movimento senza pensarci due volte. “Fratello! Che piacere rivederti! Tralascio volontariamente il fatto che tu non mi abbia ancora invitato qui al castello per vedere la futura regina dell'inverno.”, disse una delle due figure, mi accorsi dopo che era la copia esatta del re Ibernis. La mia mente fece due più due. Caos. “Allora? Dov'è la fortunata?”, continuò guardandosi attorno curioso, poi mise gli occhi su di me. “Ah, ma che graziosa creatura! Damon, vieni avanti, che ne pensi?”. Osservai la seconda figura. Era un ragazzo, avrà avuto circa vent'anni. Assomigliava moltissimo a Caos. Capelli biondi e ricci, carnagione scura, lineamenti del viso marcati, occhi neri come la pece, alto e muscoloso. Provocava terrore solo a guardarlo. Si accorse che lo stavo fissando da capo a piedi, mi sorrise e poi disse: “Ti piace quello che vedi, zuccherino?”. Appena mi pose quella domanda etichettai Damon come una persona da qui dovevo stare assolutamente alla larga. Mi sorpresi di come mi avesse chiamata. Zuccherino. Era appena entrato nella stanza e già si era guadagnato il mio disprezzo. Lo fulminai con lo sguardo e il suo sorrisetto si all'allargò ancora di più. Ci eravamo dichiarati guerra vicendevolmente. Mi ripromisi che l'avrei vinta io.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Tatuaggi speciali ***


CAPITOLO 5: “Fratello, permettimi di parlarti in privato...”, disse Ibernis. “Concordo.”, rispose Caos che poi si rivolse a Damon: “ Tu rimani qui con gli altri guardiani minori.”. “Certo, padre.”, rispose lui. Ovviamente, come avevo fatto a non capirlo prima? Damon era il figlio di Caos. In effetti si assomigliavano molto. Appena Caos, Ibernis e Celeste furono usciti dalla stanza Damon si avvicinò a quello che pochi momenti prima era il posto occupato dalla regina, sedette ed iniziò a mangiare l'antipasto. “Allora, come ti chiami, zuccherino?”, chiese rivolto a me. Quel ragazzo l'odiavi solo a vederlo. Sarà stato anche bello ma desideravo intensamente prenderlo a pugni. “Ella. Smettila di mangiare quello che non è tuo.”, risposi io. “Mi piaci, sei una peperina.”, e io che pensavo di averlo irritato, mi stava sorridendo. “Perché siete venuti qui?”, chiese Nix. “Giusta osservazione, cugino. Semplicemente volevamo conoscere Ella. Dopotutto diventerà nostra parente.”, rispose Damon versandosi del vino rosso in una coppa di cristallo. “Quest'anno tu e tuo padre siete venuti qui al castello solo due volte: una è questa, l'altra è stata quando c'era Cara. Perché?”, intervenne Sol. “Oh Sol, sei troppo paranoica. Prova a pensarci. Con Cara stava andando tutto bene, volevamo conoscerla, poi purtroppo è morta. La stessa cosa vale per Ella.”. Aveva risposto talmente in fretta che mi domandai se si fosse già preparato le risposte prima di arrivare al castello col padre. Mi sbagliavo sul fatto che nessuno in quel posto avrebbe potuto uccidere Cara, qualcuno c'era e si trovava proprio affianco a me. Niente principessa dell'inverno, niente dominio dell'inverno, di conseguenza entrava in gioco il regno di Caos e di suo figlio. “Io non credo che morirò”, affermai tutta sicura di me. Damon scoppiò a ridere e poi disse: “Mai dire mai, zuccherino.” “Che cosa vorresti dire?”, s'intromise Anthea. La guardai in volto, aveva le guance arrossate da quella che dedussi fosse rabbia. Ma perché mai? Mi odiava, non aveva alcun senso proteggermi. “Nulla principessina.”, rispose lui. “Se scopro che sei stato tu o tuo padre ad uccidere Cara me la pagherete entrambi!”. Era serissima mentre lo diceva, allora, anche lei come me pensava che Damon c'entrasse qualche cosa con la morte di Cara. “Anthea, non peggiorare le cose.”, disse Nix. “E tu pure lo difendi?! Tu, che l'hai amata più di tutti qui dentro!”, i suoi occhi erano rossi e lucidi, mancava veramente poco e le lacrime avrebbero iniziato a scorrerle sulle guance. Non avrei mai pensato ad Anthea come una ragazza così arrendevole, credevo che nulla potesse piegarla e farla soffrire, evidentemente mi sbagliavo di molto. “Io non lo difendo. Non abbiamo prove che la colpa sia di Damon o di Caos. Anche io credo che la morte di Cara non sia stata uno stupido sbaglio!”, a quel punto anche Nix era fuori di sé e la temperatura dell'aria iniziò a scendere. Stava perdendo nuovamente il controllo dei suoi poteri. “Nix, calmati.”, dissi. “Ha ragione Ella, restiamo tutti calmi. Anthea, se facciamo disastri dentro questo castello Ibernis ci sbatte fuori, così poi chi la proteggerà?”. Era stato Silas a parlare, aveva un tono calmo. Mi chiesi quando mai perdesse il controllo quel ragazzo. Chi era poi quella da proteggere? Io? Osservando bene i guardiani mi ero accorta che ognuno di essi rispecchiava perfettamente la stagione a cui appartenevano. Per questo Silas era così calmo, l'autunno è una stagione in cui ogni essere vivente si prepara per il riposo e il freddo. La calma era la chiave di tutto. Sol era raggiante e gioiosa quanto il sole in estate, mentre, Anthea cambiava umore quanto il tempo in primavera. Poi c'era Nix, che un momento prima era dolce e delicato come la neve che cade e poi, tutto ad un tratto, diventava impetuoso e distruttivo quanto la grandine. Infine, c'era Damon, lui era la perfetta copia del caos: sconsiderato, sbarazzino, sarcastico e... con degli strani tatuaggi argento sul braccio destro, proprio sotto la manica della maglietta nera. “Cosa sono quelli?”, chiesi curiosa. A che cosa stavo pensando poco prima? Me n'ero completamente dimenticata. Di cara? No. Forse non era importante. “Se è la prima volta che li vedi significa che non hai ancora visto Nix nudo.”, mi rispose Damon con un sorrisetto saccente stampato in faccia. “A parte gli scherzi, cugino. Non le hai detto che se ti sposa li avrà anche lei?”, disse poi rivolto a Nix. “Non pensavo le interessassero.”, rispose lui alzando le spalle minimizzando la cosa. “Oh santo cielo!”, disse esasperata Sol. “Non stavamo parlando di tatuaggi un minuto fa!”. “Di che cosa stavamo parlando?”, chiesi io. Mi guardarono tutti come se fossi matta, tutti tranne Damon che se la rideva sotto i baffi. “Che le hai fatto Damon?”, intervenne Anthea. “Scusate, volevo proprio provare. È troppo facile entrare nella sua testa, non mi serve fare tanta fatica, ha una mente talmente contorta che mi ci vuole pochissimo.”, ammise lui. “Che cosa mi hai fatto?!”. Aveva anche il controllo della mente. Ma non gli mancava niente? “Hei, stai calma zuccherino. Non era niente!”, disse lui alzando le mani in segno di resa. “Stai fuori dalla sua mente.”. A parlare era stato Nix e non ammetteva obbiezioni. “Non ti preoccupare, non ti ruberò la ragazza. Che ne dite se lasciamo perdere il discorso di Cara?”. Tutti annuirono. Cara? Stavamo parlando di lei? Non feci domande. “Tornando ai tatuaggi...”, continuò. “Tutti i guardiani li hanno, chi argento, chi oro, chi rame. Dipende di che stagione fai parte.”. “Non li ho visti sugli altri guardiani.”. Era vero, non li avevo visti su nessuno di loro. “Sai, i tatuaggi non li puoi trovare solo sulle braccia, zuccherino.”. Vero, che sciocca. “Se proprio t'interessa il tatuaggio di Nix è sulla sua schiena.”, disse poi. Io alzai gli occhi al cielo, non m'importava minimamente dove avesse il tatuaggio Nix. “Damon, smettila.”, lo supplicò Nix a denti stretti. Tutti scoppiarono a ridere e io non potei trattenermi più di tanto. Si era imbarazzato! “Cugino! È solo un tatuaggio!”, Damon non smetteva più di ridere. E dovevo ammetterlo, nemmeno io. Quando smisi decisi che era arrivato il momento di bere un bel bicchiere d'acqua, avevo talmente tanta sete che la gola mi sembrava il deserto del Sahara. Presi la caraffa e versai l'acqua nel mio calice di cristallo. Avvicinai il calice alla bocca ma quando tentai di bere mi accorsi che l'acqua era completamente congelata. “Dannazione!”, esclamai. “Cosa succede?”, mi chiesero tutti assieme. Sospirai. “Ho congelato l'acqua. O almeno credo.”. “Oh, fammi vedere.”, Nix si era alzato e si era messo alle mie spalle. Vide il calice e sorrise. “Finalmente!”, esclamò tutto contento. “Finalmente, cosa?”, domandai io. “Come faccio a bere adesso?” “Inizi a mostrare i poteri. Dovrai imparare a comandarli, ti serve allenamento.”. “E' una buona cosa se presenti così i poteri.”, disse Silas. “Si, proprio buona...”, ripeté Damon. Mi stava mangiando con gli occhi. Cosa pensasse non lo capii, ma non mi piaceva per niente la faccia che aveva. Distolsi lo sguardo e posai il calice con ghiaccio sul tavolo. Sentimmo dei passi alle nostre spalle e ci girammo tutti per vedere chi fosse. Ibernis, Celeste e Caos erano finalmente tornati. “Damon, andiamo, tuo zio ci ha assegnato delle stanze per la notte.”, non aspettò che il figlio si alzasse dalla sedia, Caos si diresse direttamente al corridoio che immaginai portava alle loro stanze. “Arrivo subito, padre.”, rispose il figlio. Si tolse il tovagliolo che aveva appoggiato sulle gambe come si fa solitamente nei ristoranti, lo posò sul tavolo e seguì il padre senza nemmeno salutare. “Ci vediamo zuccherino!”. Avevo parlato troppo tardi, si era ricordato di salutare. Quando se ne furono andati entrambi sia re che regina chiesero di cosa avessimo parlato in loro assenza. Alternandosi, i guardiani minori raccontarono tutto, io rimasi in silenzio con gli occhi fissi sul cibo che non avevo ancora toccato. La voce di Ibernis mi riportò alla realtà: “Va tutto bene Ella?”. “Eh?Oh, si, sire.”. Lui mi sorrise. “Chiamami pure Ibernis.”, io annuii. “Sei stanca?”, mi chiese premurosamente. Non ero stanca, ero distrutta. “Solo un po'.”, risposi. “Padre, è riuscita a ghiacciare l'acqua.”, intervenne Nix. “Magnifico, magnifico! Se sei stanca Ella non devi sentirti obbligata a restare.”. Accettai la proposta che mi aveva fatto Ibernis, mi alzai dalla tavola, ringraziai sia re e regina, salutai tutti e mi diressi verso il corridoio che portava alla mia stanza. Finalmente iniziavo ad orientarmi un po'. “Aspetta, Ella!”, era Nix. Mi fermai e mi voltai verso di lui. “Ti accompagno.”, si offrì. Io cosa potevo fare con tutti che mi fissavano e aspettavano la mia risposta? Accettai e non parlammo fino a quando non arrivammo davanti alla porta della camera. “Allora..buona notte?”, chiesi prima di entrare. “Devo parlarti, posso entrare?”. Certo che poteva entrare. “Si.”, gli risposi. “Però, fammi togliere questo dannato vestito.”. “Credevo ti piacesse.”, disse lui stupito. Infatti lo adoravo ma era pesante e ingombrante. “E' meraviglioso ma è anche un bel peso da portare, ci metto poco a cambiarmi.”. Gli feci un sorriso e lui ricambiò poi andai nella cabina armadio e cercai una paio di pantaloncini e una canottiera per la notte. C'era di tutto tranne quello che cercavo. “Nix! Sai orientarti qua dentro?”, chiesi sperando mi sentisse dalla camera. “Il mio armadio è più semplice del tuo. Ho meno vestiti io.”. “E' un labirinto!”, dissi esasperata. “Hai guardato nei cassetti? Cosa stai cercando? Ti aiuto.”, e iniziò ad aprire cassetti a caso. “Dei pantaloncini e una canottiera.”. “Trovati!”, esclamò. “Oh, grazie.”. Andai a vedere che cosa aveva trovato. “Finalmente vestiti normali!”. Presi canottiera e pantaloncini neri di seta, avevo visto anche fin troppo bianco. Mi catapultai in bagno per riuscire a togliere al più presto vestito e trucco. Tolsi mollette e fiori dall'acconciatura, poi, lavai faccia e denti. Quando dovetti togliere il vestito mi trovai di fronte a un bel problema, i bottoni sulla schiena che servivano a toglierlo non accennavano ad aprirsi. “Dannazione!”. Ero stanca morta e adesso dovevo mettermi a lottare anche con dei bottoni. “Che succede?”, chiese Nix alle mie spalle. “Che fai?!”, esclamai. “Credevo ti fossi fatta male.”, si scusò lui. “Serve aiuto?”, continuò vedendomi con ancora il vestito addosso. “L'hai fatto apposta?”. “Cosa?”. Ed ecco che riapparve nuovamente quel suo sorrisetto furbetto. Maledetto, non doveva scegliere lui il vestito. “Il vestito.”, dissi. Scoppiò a ridere. “Non pensavo fosse così difficile toglierlo!”, ammise lui. Alzai gli occhi al cielo e sbuffai. “Dai, muoviti e apri questi maledetti bottoni!”. Mi girai di spalle così che potesse aprire il vestito, lui si fece avanti e iniziò a sbottonarlo ma quando fu a metà schiena si bloccò allarmato. “Che succede?”, chiesi girandomi verso di lui. “Guardati la schiena allo specchio.”. Voltai il viso per vedere la mia schiena riflessa nello specchio e notai che c'erano nelle strane linee argento. Assomigliavano molto a quelle che aveva Damon sul braccio. “Togli anche gli altri bottoni”, dissi. Lui lo fece e quando ebbe finito mi voltai per osservare meglio i tatuaggi che si erano apparsi per caso. “Fammi vedere meglio.”, disse. Volevo oppormi ma più di tanto su quegli strani tatuaggi non sapevo. “E' incredibile!”, disse guardandomi i disegni sulla schiena. “E' identico al mio.”. “Cosa?”, chiesi. Lui per tutta risposta iniziò a togliersi giacca e camicia. “Che fai?!”. “Devi vedere una cosa.”. Era serissimo. Io scossi la testa in segno di resa. Mi domandai se mai un giorno avrei iniziato a capire quel ragazzo. Quando ebbe finito di togliersi la camicia blu non potei fare a meno di osservare il suo meraviglio fisico. Mi ero sbagliata nel dire che non avesse muscoli, ne aveva eccome, eppure, con tutti i vestiti che indossava non ero riuscita a vederli. La pelle era chiara ma incredibilmente perfetta. Si girò di schiena e capii che cosa intendesse farmi vedere. Aveva un tatuaggio che occupava tutta la schiena: a prima vista sembrava un albero stilizzato con rami che finivano su collo e su petto. Ogni linea del tatuaggio era argento, oro o ramato. “Che cos'è?”, chiesi stupida da quello che vedevo. Nessun tatuatore sarebbe stato in grado di fare un disegno così bello. Non resistei e sfiorai con una mano la pelle fredda di Nix. “Un albero”, rispose. “E ce l'hai da quando sei nato?”. Mi sorrise. “Si, diciamo che è speciale.”. “In che senso?”. Speciale, come poteva un disegno essere speciale? Si rimise la camicia e chiuse i bottoni. “Cambia a ogni stagione.”, disse facendo spallucce. “Eh!?”. Spalancai gli occhi per la sorpresa. Che cavolo voleva dire? “Cambiati e poi ti spiego.”. Mi fece l'occhiolino e uscì dal bagno prendendo la giacca che aveva gettato sul pavimento. Mi tolsi il vestito, misi pantaloncini e canottiera poi iniziai a disfare la meravigliosa acconciatura che mi aveva fatto Annabeth. Dovevo ammettere che era proprio brava in fatto di capelli. Non si meritava di fare solo la cameriera. Lasciai che i capelli mi ricadessero sulla schiena, li preferivo sciolti, se poi erano boccoli perfetti ancora di più, conservavano ancora il profumo di lampone a causa del bagno che avevo fatto poche ore prima. Uscii e andai verso il letto per stendermi, mi bloccai a pochi centimetri da esso. Nix si era letteralmente gettato sul letto, era steso sulla schiena e stava guardando il soffitto. “Che ci fai steso sul mio letto?”, chiesi. “Prima di tutto è il mio letto. Questa non è ancora casa tua.”. Sbruffone. La parola “ancora” poteva anche risparmiarsela. “Scendi, dai...”, lo intimai. “Ci stiamo anche in due, è un letto matrimoniale.”, scostò le coperte per farmi segno di stendermi. “Vuoi farmi diventare matta entro la fine di queste due settimane?”. “Credo di sì.”, rispose fiero di se. Io entrai nel letto e lui mi coprì con le coperte. Il suo volto tornò serio. “Siamo amici, vero?”, mi domandò. Che strano. Pensavo fosse turbato per qualche cosa di peggiore, invece. “Certo che siamo amici.” lo rassicurai. “Perché non dovremmo?”. “Mi odi dalla prima volta che ci siamo visti.”. Scoppiai a ridere, certo, all'inizio l'avevo odiato, come non potevo? Mi aveva rapita, poi, quando mi aveva raccontato tutto, tralasciando il fatto che dovevo sposarlo, mi ero calmata. “Io non ti odio! Forse questa mattina, adesso no. Sai anche tu hai dei difetti.”. “Quali? Io sono perfetto.”, disse facendo finta di essersi offeso. “Primo, smettila di fare il cagnolino per controllarmi ogni cinque secondi.”, stava per contraddire ma lo bloccai. “Ah, aspetti il tuo turno per parlare! Secondo, nella tua famiglia c'è l'abitudine di cambiare subito argomento quando quello di cui si sta parlando vi è scomodo. A questo proposito, torniamo al tatuaggio che mi è comparso per miracolo sulla schiena...”. “Non molli vero?”, mi chiese scuotendo il capo in senso di resa. “No.”. Io non mollavo mai, figuriamoci per cose che consideravo così importanti. “Ok...semplicemente con quei tatuaggi possiamo riconoscere un guardiano.”. “E ogni guardiano ce l'ha come il tuo o il mio?”, storse un lato della bocca. “No, quello degli altri guardiani non cambia col mutare delle stagioni.”. “Oh, beh, non mi sembra una cosa così brutta.”, dissi io. Lui sorrise. “Infatti non lo è.”. “Ti rende speciale. Non che tu non lo sia anche senza tatuaggio, sei il principe dell'inverno.”. “Sai, a volte vorrei essere un ragazzo comune. Adesso avrei ancora Cara accanto a me.”, mi guardò e aggiunse: “Credi finirò come la ninfa Eco?”. “Chi?”. “Eco. Non conosci i miti?”. “Si, alcuni...”. “Bene, Eco era una ninfa che s'innamorò di Narciso che però era troppo innamorato di se stesso per ricambiare la ninfa, così, lei si consumò per il dolore e rimase solo pura voce.”. “Senti un po' filosofo.”, gli dissi. “Non credo che Cara fosse una ragazza innamorata solo di se stessa, quindi, non finirai come Eco. Non puoi permettertelo, io stessa non lo permetterò che accada.”, e poi sarebbe stato un vero peccato. Era così bello. Scacciai immediatamente quel pensiero dalla testa. “Mi lascerai dormire adesso?”, proposi. Annuì comprensivo. “Però, domani continuiamo con questo discorso.”. “Si, hai ragione.”. Scese dal letto, mi rimbocco meglio le coperte, mi diede un tenero bacio sulla fronte, si diresse verso la porta per uscire ma si bloccò a pochi centimetri da essa e si rivolse un'ultima volta a me. “Sicuramente penserai: questo qui pretende che io lo sposi e mi parla continuamente della sua ex-ragazza. Mi dispiace Ella.”, gli sorrisi comprensiva. “Nix, hai avuto la fortuna di amare così tanto una persona, anche se per così poco tempo. Forse, un giorno, avrai la fortuna di amarne un'altra quanto hai amato lei.”. Detto quello annuì e uscì chiudendosi la porta alle spalle. Sentivo ancora il profumo di menta sulle lenzuola che aveva toccato. In verità speravo che riuscisse a dimenticare Cara. E ventiquattro ore se ne andavano dal conto alla rovescia. Si dice che il primo giorno sia quello più difficile da affrontare ,così, mi addormentai con la speranza che le due settimane che mi aspettavano fossero più facili. Non furono una sveglia o Annabeth a svegliarmi nel cuore della notte ma una figura che, non chiedetemi come visto che la porta l'avevo chiusa a chiave dopo che Nix era andato via, era riuscita ad entrare e a stendersi sulle coperte affianco riuscendo a tapparmi la bocca con una mano. “Stai calma, voglio solo parlarti.”. Damon, chi altri poteva essere? E vedendo che non accennavo a ribellarmi mi tolse la mano dalla bocca. “Come cavolo hai fatto ad entrare con la porta chiusa?”, urlai più che potei. Sperai che qualcuno mi avesse sentito. “Zuccherino, non sarà certo una serratura chiusa a fermare il figlio di Caos. Voglio solo sapere perché hai il tatuaggio dei guardiani sulla schiena anche se non hai ancora sposato nessuno di loro.”, disse lui passandosi una mano tra i capelli con un ghigno divertito stampato in faccia. Come potevo dargli una risposta? Non lo sapevo nemmeno io perché qualcuno di nome Nix prima che mi addormentassi mi aveva fatto perdere il filo del discorso ancora una volta. “ Chiamami un'altra volta zuccherino e ti spacco la faccia. Riguardo al tatuaggio, ne so quanto te. Ora scendi dal mio letto.”. Damon mi sorrise e scese dal letto.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Silas ***


CAPITOLO 6: “Damon, vattene.”, guardai la sveglia e rimasi a bocca aperta. Erano le due di notte! “Non me ne vado da questa stanza fino a quando non ti deciderai a dirmi che cosa sai del tatuaggio.”. Era serissimo. “Ti ho già detto che non so niente!”, gli risposi esasperata. Era impossibile riuscire a dormire in quel castello. Prima Nix e poi anche Damon. Non potevano parlarmi di giorno? “Non ci credo. Mio cugino appena è uscito dalla tua stanza si è catapultato da suo padre e da sua madre? Perché mai l'avrebbe fatto se non per il tatuaggio che porti sulla schiena?”. “Ascoltami bene. Sono le due di notte e quando vengo svegliata così presto tendo a diventare impaziente. Chiaro?”. Proprio come quella volta che mia madre mi aveva svegliata nel cuore della notte perché non riusciva a spegnere il computer. Aveva rischiato di finire cacciata fuori dalla mia camera seguita da una ciabatta. “Oh! Che cosa mai riuscirai a farmi?! Avanti, fatti sotto!”, disse allargando le braccia per permettermi di attaccarlo. Lo accontentai subito, mi concentrai e cercai di congelargli le gambe. Funzionò. Sorrisi soddisfatta e sorpresa dalla facilità con cui ci ero riuscita. “Dicevi?”. Alzò gli occhi al cielo e non chiedetemi come, riuscì a sciogliere il ghiaccio che avevo creato. “Zuccherino, sono figlio di un uomo che prima di tutto era re dell'inverno. Che ti aspettavi?”. Dannazione! Ma cosa mancava a quel ragazzo? Niente. Sospirai. “Dico sul serio, non so perché mi è apparso questo strano tatuaggio.”. “Non è strano. È pericoloso.”, disse lui. “Per me?”, chiesi. Sorrise e scosse la testa. “No. Per mio padre.”. Alzai un sopracciglio come per dire: “Ma mi stai prendendo in giro?!”. Perché mai avrebbe dovuto dirmelo se così facendo avrebbe tradito suo padre? “Che cosa potrebbe farmi?”. “Ucciderti?”. Come se non fosse ovvio. “Lo stai tradendo per me? Non ha alcun senso.”. “Sono stanco di lui. Mi ha fatto abbandonare mia madre.”. Wow, era grosso quanto un colosso in confronto a Caos e non si ribellava? Non ci credevo. “Perché semplicemente non vai per la tua strada?”, gli proposi. “La fai troppo facile. Mi cercherebbe per mari e per monti e poi mi ridurrebbe a uno straccio.”. “Sei più grosso di lui!”. Poteva batterlo con un solo pugno. “Avere muscoli non significa essere indistruttibili. Mio padre sa usare i suoi poteri molto meglio di me. Prendi Nix, non è molto grosso eppure potrebbe scatenare una tempesta in grado di distruggere mezzo mondo, soprattutto in questo periodo.”. Avevo talmente tanto sonno che sbadigliai. “Sei una dormigliona!”, disse. Gli sorrisi. “Si, adoro dormire. Qualche problema?”. “No. Anche io dormo tanto. A questo proposito è meglio che vada.”. Era già diretto alla porta ma lo fermai in tempo e guardandolo negli occhi chiesi: “Perché sono un problema così grande per tuo padre?”. Lui non distolse gli occhi dai miei. “Vuole governare al posto di suo fratello Ibernis, tu sei un ostacolo tremendamente difficile da superare, Ella. Buona notte, scusa se ti ho svegliata. Stai attenta con quel tatuaggio.”. Detto quello lo lasciai andare e lui andò verso la porta per poi uscire chiudendosela alle spalle. Scesi dal letto per chiuderla chiave così da non ricevere altre visite notturne indesiderate, mi accorsi che era già chiusa. Scossi la testa turbata e tornai a letto coprendomi fin sopra il volto. Inspirai ed espirai, il profumo di menta non c'era più. Aveva preso il suo posto un nuovo profumo: pino, o meglio, bosco. Damon. Mi ripromisi di lavare io stessa le lenzuola appena sveglia. Chiusi gli occhi e mi ritrovai nel mondo dei sogni in pochi secondi. “Madame?”, era la voce di Annabeth. “Madame, si svegli. Sono le otto in punto e lei deve ancora vestirsi. Oggi le aspetta una lunga giornata assieme ai guardiani.”. “Mm...”. Avevo ancora sonno e non avevo alcuna intenzione di alzarmi. Il lato positivo di aver accettato di rimanere al castello era niente scuola, quindi, avrei colto l'attimo e avrei dormito ancora un po'. Visto che non accennavo a lasciare il letto, Annabeth, usò la sua miglior tecnica per convincermi a muovermi. “Principe Nix!”, urlò. “Che fai Annabeth!”, gli chiesi con la testa sprofondata nel cuscino. “Che succede qui?”, era Nix. Dovevo scoprire come faceva la gente in quel posto ad apparire così all'improvviso proprio nei momenti in cui non servivano a nulla. “La principessa non vuole alzarsi.”. Nix scoppiò a ridere e si avvicinò al bordo del letto, mi girai dalla parte opposta. “Ella, dai! Vuoi farmi usare le maniere forti?”. Intendeva come mio papà che se non scendevo dal letto entro cinque minuti iniziava a chiamarmi dalle scale ogni secondo fino a quando non arrivavo in cucina? “Mm...”, dissi. Che importava? “E va bene. L'hai voluto tu.”. Scostò le coperte lasciandomi al freddo, aveva sicuramente abbassato la temperatura della stanza apposta, tastai attorno a me per riprenderle ma invano. Sembravano scomparse. “Ho saputo, che hai molti punti deboli, Ella. Uno di questi è il solletico. Mi sbaglio?”. “Ah, fatti avanti!”, dissi. Come faceva a saperlo?! Ovviamente lui mi prese in parola e iniziò a farmi il solletico punzecchiandomi sui fianchi. Ero sempre stata molto sensibile, mio fratello David lo sapeva bene, mi minacciava da sempre con il solletico e io non potevo oppormi. Rischiai di cadere sul pavimento da quanto ridevo e mi muovevo per proteggermi dagli attacchi di Nix. Ci ricordammo solo dopo che Annabeth era ancora in camera. Guardava la scena con occhi sognanti. “Quanto siete carini!”, disse. Io e Nix ci guardammo e ci sorridemmo a vicenda. “Adesso sei ufficialmente sveglia. Vestiti. Passerai la giornata con gli altri guardiani minori, a turno. Così potrai parlare con tutti.”. A turno significava stare da sola con Anthea? Non si prospettava una bella giornata. Nix uscì dalla camera e Annabeth si mise all'opera. “ Vestito corto oggi. Che ne pensa?”, le annuii. “Rosso?”, proposi. Scosse la testa per dirmi no. “Le ho già detto che il rosso è per capodanno.”. Alzai gli occhi al cielo, non sarei mai riuscita a vincere contro di lei, potevo sempre provare a corrompere Nix. In pochi minuti ero già pronta per la colazione: vestito bianco, corto fino alle ginocchia con maniche lunghe, stivaletti, anche quelli bianchi e capelli sciolti sulle spalle. Finalmente qualcosa di più semplice. “Farà colazione e passerà la mattinata con Silas, il pranzo e parte del pomeriggio lo passerà con Sol e Andres, mentre, l'altra metà del pomeriggio lo passerà con la principessa Anthea.”, mi disse Annabeth prima di aprirmi la porta della camera e farmi uscire indicandomi il corridoio che portava alla sala per la colazione. “Buona fortuna, Madame.”. Le sorrisi e la ringraziai un'ultima volta per la sua immensa disponibilità. Lei rispose che era semplicemente il suo lavoro. Seguii le sue istruzioni e trovai la sala per la colazione, assomigliava molto a quella per la cena. “Ella!”, era Silas. Gli sorrisi e feci un sospiro di solievo perché ero riuscita a trovare la sala senza perdermi. “Silas! Sono felice di rivederti.”, dissi io. “E' reciproco. Siediti a fare colazione con me. Hai dormito bene? ”. mi sedetti sulla sedia accanto alla sua. “Ho passato una notte, come posso dire? Strana.”. “E a cosa dobbiamo questa stranezza?”, mi chiese sorridendo e prendendo una mela dal cesto della frutta. “A Damon.”, risposi io. Si accigliò. “Perché mai?”. “Non so come ma è riuscito ad entrare in camera mia, il tutto con la porta chiusa a chiave.”. “Ella, non è veramente entrato in camera tua, te l'ha fatto credere.”, lo guardai stupita. “E come?!”, chiesi. “Può entrare nei tuoi sogni e controllarli a suo piacimento. Per lui è un gioco da ragazzi.”, fece spallucce e iniziò a mangiare la mela senza nemmeno tagliarla o sbucciarla. Sorrisi. Sembrava proprio l'autunno. “Di che cosa avete parlato?”. Potevo raccontare a Silas del tatuaggio? Era stupido da parte mia non fidarmi proprio di lui, era così gentile. Così gli dissi tutto. “Beh, mi è apparso sulla schiena un tatuaggio identico a quello di Nix.”. Stava per mordere ancora una volta la mela ma si bloccò appena capì quello che avevo detto. “Come?”, sembrava sorpreso o spaventato. “Ho detto, che mi è...”, m'interruppe. “Si, si, ho capito cosa hai detto. Identico a quello di Nix?”. Annuii. Scoppiò a ridere sollevato. “Non riesco a crederci.”, disse felice come non lo avevo mai visto. Tornò a mangiare la mela con un sorriso ebete stampato in faccia. “Cosa non riesci a credere?”, chiesi. “Nix non ti ha detto della leggenda dei due guardiani innamorati?”. “No.”, risposi. Amore, per me, era una parola incomprensibile. “Beh, mettiti comoda perché la storia è lunga da raccontare. In tanto mangia qualche cosa. Ho fatto preparare frutta freschissima di stagione mischiata a ghiaccio e tè freddo, o se preferisci, c'è anche della cioccolata. Non calda ovviamente.”, disse facendomi l'occhiolino. Così io iniziai a mangiucchiare qualche cosa tanto per tenere occupato il tempo, la mattina non ero mai molto affamata. “Racconta, dai.”, lo intimai. Annuì. “Da cosa inizio? Oh, si. Si narra che prima della creazione dell'universo vi fosse il caos, non come lo conosciamo oggi. La natura stessa per stabilire l'equilibrio creò i primi quattro guardiani, ognuno di essi avrebbe rappresentato una determinata stagione dell'anno. Natura credeva anche che sarebbero stati in grado di sopraffare caos e farlo scomparire una volta per tutte. Non accade, caos era troppo potente per i guardiani. Successe però, che due dei quattro guardiani iniziarono a provare l'uno per l'altra un sentimento che oggi noi chiameremo amore. Fu proprio lo scontro tra il caos, che era puro odio, e il loro amore a dare vita all'universo e alla terra come noi la vediamo ora. Fu proprio sulla terra che i quattro guardiani trovarono una casa dove vivere assieme ad altre meravigliose specie di esseri viventi.”. Una bella leggenda per bambini? Mi chiesi. “E questo cosa c'entra con il mio tatuaggio?”, gli chiesi. “Il punto è: quei due guardiani che s'innamorarono avevano entrambi lo stesso tatuaggio che avete tu e Nix sulla schiena. Si dice che chiunque possegga quel tatuaggio sia destinato ad amare l'altra persona che rispettivamente lo possiede. In questo caso tu e Nix.”, mi rispose. “Si ma io non dovrei avere questo tatuaggio perché Nix non mi ha ancora sposata e non è che l'avessi da quando sono nata, è apparso così.”. “Non serve un matrimonio perché esso compaia. Basta un primo sguardo tra i due predestinati. Tu e Nix siete i discendenti di quella prima coppia di guardiani che s'innamorò.”. Silas non mi stava prendendo in giro, era troppo serio. “Ma è solo una leggenda, giusto?”, dissi io. “E' l'unica leggenda che noi guardiani possediamo, Ella. Significa molto per noi. Nix ti aspettava da molto tempo, sei la conferma che la leggenda è vera.”. “Come facciamo a sapere che è la verità? Magari vi siete sbagliati e doveva esserci Cara al posto mio!”. Era solo il secondo giorno e avevo acquisito così tante informazioni in così poche ore che la mia testa era un gomitolo di pensieri che non riuscivo a snodare. Aveva ragione Damon riguardo la mia fragilità mentale, troppe informazioni, troppi pensieri e troppe nuove preoccupazioni. “Cara è morta, evidentemente non era lei la prescelta.”, mi disse comprensivo. “Stiamo parlando del destino, Silas. Siamo noi a comandarlo, a decidere come esso debba essere. Uno stupido tatuaggio non mi farà scegliere chi amare!”. Non potevo sopportare che ogni cosa nella mia vita fosse dovuto ad un destino già scritto da tempo. Io ero padrona di me stessa e di ciò che mi sarebbe accaduto, sarebbero state le mie scelte che avrei compito nel tempo a condizionare il mio destino. “Ella, quello stupido tatuaggio compare su un uomo e una donna solo una volta ogni chissà quanti anni. Non ti rendi minimamente conto di ciò che sei!”. Vedeva nei miei occhi rabbia e dalla sua voce capii che voleva solo aiutarmi e calmarmi. “Sarò io a scrivere il mio destino.”, dissi quella frase guardandolo dritto negli occhi, volevo che comprendesse quanto significasse per me. Annuì, segno che si era arreso. “Tornando a Damon...”, disse. “Che altro ti ha detto?”. “Che sono un pericolo per suo padre.”. “Certo che lo sei. O meglio, tu e Nix lo siete. I primi guardiani che furono creati riuscirono a sottomettere caos, anche tu e Nix potreste sottomettere il nostro Caos, che non scomparì del tutto, Damon e suo padre ne sono una prova. Tu e Nix potreste sottometterlo nuovamente.”. Aveva finito di mangiare la mela e si stava versando della spremuta di arancia nel bicchiere di cristallo. “Vuoi?”, mi offrì la spremuta. Accettai volentieri ma dovetti aggiungere dei cubetti di ghiaccio per raffreddare il tutto. “Ti è passata la sete?”, mi chiese. “Si, si.”, risposi. Da quando avevo dormito non sentivo più la gola secca, buon segno. O forse no. Il mio corpo accettava senza problemi quei pochi poteri che Nix mi aveva passato, se continuava così non sarei più potuta tornare dalla mia famiglia e dai miei amici che fino a ventiquattrore prima definivo noiosi. Che sciocca! Finimmo la colazione in silenzio. Entrambi stavamo considerando se credere o meno alla leggenda. Io speravo fosse tutto falso, una storiella da raccontare ai piccoli guardiani appena nati, per mostrare loro ciò sarebbe accaduto se non avessero seguito le regole. Infatti, se cercavi il senso metaforico della leggenda scoprivi che: caos rappresentava quello che sarebbero diventati se non avessero trovato l'amore e i due guardiani innamorati rappresentavano appunto l'amore. Ma così si tornava al punto di partenza. Perché Nix ed io avevamo lo stesso tatuaggio? “Ella?”, mi richiamò Silas. “Si?”, chiesi. “Vorrei mostrati la parte del castello dedicata all'autunno. Quando mio padre, mia madre ed io veniamo qui per affari o visite abbiamo una nostra residenza personale. Anche le famiglie di Sol e Anthea ne hanno una loro.”. “Ma la famiglia di Nix non potrebbe venire direttamente al vostro castello?”, gli chiesi curiosa. “No. L'inverno è la stagione principale, regna su tutte le altre...Non lo sapevi?”, mi disse stupito. “Em, no.” gli risposi un po' imbarazzata. Non sapevo proprio niente di quel mondo. Per gli umani le stagioni erano una cosa dovuta al cambiamento della posizione della terra in confronto al sole! “ Ma Nix non ti ha detto proprio niente?!”. “No.”, gli risposi con un mezzo sorriso. “Parlerò io con quel ragazzo! Vediamo se poi non ti dirà nulla!”. Scoppiai a ridere, figuriamoci se Nix avrebbe ascoltato Silas. Si, sapevo che erano buoni amici ma da quello che avevo scorto Nix non ascoltava mai nessuno che non fosse se stesso. “Andiamo, Ella.”, mi offrì il braccio come un vero gentiluomo così che io potessi appoggiarmici. Era piacevole stargli accanto. Era educato, gentile, ti diceva sempre la verità e quello che pensava. Una persona meravigliosa. “So poche cose di te sai?”, mi disse. “Strano!”. La regina Celeste, Nix, e chi sa quanti altri sapevano tutto! “Se ti riferisci alla famiglia proprietaria di questo castello hai sicuramente ragione. Loro possono accedere a tutte le informazioni che ti riguardano ma io e gli altri guardiani no.”. “Grazie a cielo!”, dissi felicemente sollevata. Silas si mise a ridere per la mia reazione. “Che ridi?! Ho anche una vita privata!”, esclamai. “Lo so. Posso farti qualche domanda?”. Dopo tutto quello che mi aveva raccontato eccome se poteva farmi qualche domanda, così, gli feci cenno di sì con la testa. “Suoni qualche strumento musicale?”. Mi aspettavo una domanda più seria da parte sua. “Veramente, non proprio.”, risposi. Alzò le sopracciglia per farmi segno che non capiva cosa intendessi. “Canto.”. Tanto valeva che lo venisse a sapere senza giri di parole. “Bene! Così qualche giorno potrei accompagnarti con il pianoforte.”. Eh?! Non avrei mai cantato in presenza di qualche guardiano. Non cantavo nemmeno davanti a mia mamma che di conseguenza si lamentava continuamente. “Lezioni di canto per niente!”, diceva. “No!”. “Perché mai?”, era sorpreso. “Canto solo quando sono sola o davanti alla mia insegnante. Sono un po' timida.”. Scosse la testa e disse: “Ella, adesso che mi hai detto che canti non andrai via da questo castello fino a quando non avrò sentito la tua meravigliosa voce. Sono più che serio.”. Alzai gli occhi al cielo e sospirai in segno di resa. “Brava ragazza!” e mi scompigliò i capelli. “Fermo! Non ti hanno mai detto che non si toccano i capelli di una donna. Può diventare aggressiva.”, gli dissi cercando di fare la seria ma invano. “Altra domanda!”. “Ok.”, risposi. “Hai una migliore amica?”. “Io considero tutti migliori amici. O meglio, non sopporto la divisione in amici e migliori amici. Però ho un gruppo ristretto a cui tengo di più di altri. Tu?”, gli chiesi. “Secondo te?”. Capii dopo che cosa intendesse. Aveva Nix, Sol e Anthea. “Scusa... Hai ragione. Ma non sei mai stato nel mondo degli umani?”. Si rattristò. “No, purtroppo. Però, vorrei tanto poter provare a vivere una giornata da umano.”. “E...Non hai ancora trovato una partner per te?”. Gli feci tornare il sorriso. “I miei genitori dicono di averne trovata una perfetta per me.”, ero felice per lui, la ragazza che sarebbe stata con Silas avrebbe avuto una vita veramente fortunata. “Ti hanno detto come si chiama?”, chiesi curiosa dandogli un piccolo schiaffo sul braccio per stuzzicarlo. “Si, ma non te lo dirò.”, mi rispose con un sorrisetto compiaciuto stampato in faccia. “Maledetto!”, protestai io. “Siamo arrivati!”, si fermò. “Eh?!”. “Sai che ti avevo detto che volevo farti vedere gli alloggi della mia famiglia?”. Oh, si. Ricordai. Mi ero talmente concentrata nei diversi discorsi che avevo perso l'orientamento e la cognizione del tempo. “Sono dentro quella porta?”, chiesi indicando una tutta intarsiata in legno di colore scuro. “Si.”. “Ci sono anche i tuoi genitori?”. Se i suoi genitori fossero stati negli alloggi non sarei mai entrata, troppe persone importanti da salutare e conoscere. “Si, ma non ti devi preoccupare, sono gentili. Non ti mangeranno.”. Silas aprì la porta ed entrò ma visto che io non accennavo muovermi tornò fuori a prendermi per portarmi dentro con la forza. “Dai Ella!”, disse. “Non costringermi a congelarti!”. In forza non potevo superarlo ma forse con un piccolo aiuto dai miei nuovi poteri, sì. “Non ci casco, non sai ancora controllarli.”. “E chi te l'ha detto?”, lo stuzzicai io. In fondo ero riuscita a congelare le gambe di Damon, però non avevo considerato il fatto che Silas mi aveva detto che era stato solo un sogno. “Vuoi scommettere?”, gli proposi. Mi guardò negli occhi per vedere se stessi scherzando. “Ci sto.”, disse poi. “Se vinco io tu mi dici il nome della ragazza che diventerà tua moglie, se vinci tu...”. Non mi veniva in mente niente. “Se vinco io tu canti per me.”, concluse lui. Era una buona proposta, soprattutto perché sapevo che avrei vinto sicuramente io. Gli porsi la mano per sigillare il patto ma lui scosse la testa. “Noi guardiani non facciamo così le scommesse.”, disse. “E come le fate?”, chiesi. “Seguimi, mi serve uno spillo o qualche cosa di simile...”. Perché gli serviva uno spillo? Non aveva alcun senso. Non feci in tempo a domandarglielo che lui mi prese per mano e mi trascinò dentro gli alloggi della sua famiglia. Osservai attorno e vidi che quella parte del castello era completamente diversa da quella che ero riuscita a vedere da quando ero arrivata. Se prima mi sembrava di essere dentro un enorme blocco di ghiaccio, dentro quegli alloggi mi sembrava di essere in un albero di proporzioni enormi dove le pareti erano state ricavate scavando all'interno del suo tronco. Un tronco di dimensioni inimmaginabili. Ogni stanza era a forma circolare, pareti e pavimento erano entrambi in legno e ogni tanto sbucava una finestra che mostrava un paesaggio completamente ricoperto di neve. “Wow, se prima vedevo solo bianco adesso vedo solo marrone. Voi guardiani non sapete che esistono moltissime tonalità di colori differenti?”, dissi urlando mentre Silas mi trascinava chissà dove. “Semplicemente ci sentiamo meglio nel nostro elemento.”, mi rispose. Percorremmo un paio di rampe di scale e Silas mi portò in quella che, capii subito, era la sua camera da letto. “Completamente diversa sa quella di Nix.”, dissi a bocca aperta. “Perché hai visto quella di Nix?”, sembrava sorpreso, allarmato e preoccupato. “Tranquillo, saremo rimasti in camera sua cinque minuti si e no.”, dissi per calmarlo. Il suo viso si rilassò immediatamente. “Cosa dovevi prendere?”, chiesi riportandolo alla realtà. “Oh, si, si!”. Si mise a cercare in tutti i cassetti della stanza mentre io giravo curiosando qua e là senza toccare nulla. Il letto in ferro battuto era al centro della camera come in quella di Nix, le coperte erano di colori caldi: arancione, marrone e rosso. C'erano tappeti sul pavimento ricamati in oro e quadri con diverse rappresentazioni dell'autunno appesi alle pareti. C'era persino un camino a muro e una cassapanca per la legna. Sembrava una piccola casetta di montagna munita, però, di televisore al plasma, casse stereo e computer portatile attaccato alla presa di corrente in carica. Saranno pure stati guardiani con modi di fare antichi ma alla tecnologia non dicevano certo no. “Trovato!”, disse ad un certo punto Silas. “Cosa?”, chiesi. “Questo.”, e mi mostrò un coltello con lama affilata e manico intagliato. “Silas...”. Iniziai ad indietreggiare. “No!”, disse subito. “Non hai capito. Da noi una scommessa o una promessa viene consolidata con un po' di sangue.”. “Mi stavi facendo preoccupare.”. Non me la sarei mai aspettata da lui. “Guarda.”, si fece un piccolo taglio sul dito indice e m'invitò ad avvicinarmi. “Ok...se provi ad uccidermi peggio per te.”, mi avvicinai. Silas mi prese la mano e mi fece una piccola incisione sull'indice. “Ora, stringiamoci la mano.”, disse. Ci stringemmo la mano e fu quasi come se qualche cosa d'invisibile avesse sigillato il nostro patto, sembrava una corda o un filo. “Che strana sensazione...”, dissi. “Lo so. Passerà appena proverai a congelarmi. Con questo legame di sangue chi perderà sarà obbligato a fare quello che ha promesso. Avanti, congelami!”. Era veramente convinto che non ci sarei riuscita. Gli sorrisi in segno di sfida, chiusi gli occhi e mi concentrai su Silas che m'interruppe pochi istanti dopo. “Em...Ella?”. Aprii gli occhi e vidi che aveva funzionato, avevo ricoperto di ghiaccio metà della sua gamba destra. Il mio sorriso si allargò per la soddisfazione. “Ora puoi scongelarmi?”, m'implorò. Scoppiai a ridere, aveva una faccia che avrei pagato qualsiasi cosa per rivederla ancora una volta. Mi concentrai nuovamente e in pochi secondi il ghiaccio diventò acqua che gli bagnò i pantaloni. “Grazie per avermi lavato pantaloni e gamba compresi.”, disse Silas. “Con piacere. Adesso, voglio riscuotere la mia parte di scommessa. Come si chiama lei? Non dire bugie, sei sotto giuramento di sangue.”. Sospirò. Quello era il sospiro della sconfitta, un suono che trovai meraviglioso quando arrivò alle mie orecchie. “Si chiama Candice.”, disse lui. “Candice?”, chiesi sorpresa. Strano, aveva lo stesso nome di una mia compagna di classe. “Da dove viene?”. “Dall'Italia, come te.”. Iniziai a preoccuparmi. Troppe coincidenze. “Silas, non è mia amica, vero? La Candice di qui stai parlando non è la stessa a cui sto pensando...”. Lui chinò la testa. “Ti ho già detto troppo, Ella.”. “Dimmi la verità!”. Non poteva essere lei, perché?! “Mi dispiace.”, disse guardandomi negli occhi. Era veramente dispiaciuto. Candice, la ragazza con il faccino tondo, il nasino perfetto, i capelli scuri ma che al sole diventavano rossi, le poche lentigini che aveva sulle guance e quegli occhi verdi che la facevano sembrare timida ma che in verità nascondevano una personalità scatenata. Proprio lei era la compagna di classe a cui dicevo tutto e che adorava qualsiasi infuso di tè. Sarebbe venuta qui al castello e, forse, un giorno avrebbe dovuto sposare Silas. Sorrisi a quel pensiero, lei e Silas erano l'uno l'opposto dell'altra. Non vedevo l'ora di raccontarle tutto quello che era successo. In verità ero proprio curiosa di sapere come avrebbe reagito alla vista di Silas, chissà, magari si sarebbe innamorata pazzamente di lui. “Ti auguro buona fortuna.”, dissi semplicemente. “Perché mai?”, mi chiese lui. Non capita perché non l'aveva mai conosciuta bene, io invece sì. “Ti troverai di fronte a una vera peperina.”. Mi sorrise felice del fatto che non mi fossi arrabbiata. Come potevo arrabbiarmi? Candice sarebbe venuta qui al castello. Io e lei eravamo da sempre due anomalie ma non ce n'eravamo mai accorte. Fino ad allora.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Sol e Andres ***


CAPITOLO 7: Passai l'intera mattinata con Silas. Era piacevole parlargli. Quel giorno indossava una camicia che faceva risaltare perfettamente i suoi occhi verdi, mentre, il sole che entrava dalle finestre faceva sembrare i suoi capelli biondi, non più castani. Io gli dissi tutto quello che sapevo di Candice e lui in cambio mi raccontò un po' della sua famiglia. Mi disse che i suoi genitori al loro primo incontro avevano rischiato di uccidersi a vicenda perché nessuno dei due aveva intenzione di conoscersi l'un l'altra. Mi raccontò anche che quando era nato avevano festeggiato per giorni tralasciando il fatto che la sua nascita significava la fine del loro regno. Parlammo talmente tanto che nessuno dei due si accorse che l'ora di pranzo era arrivata e io dovevo raggiungere Sol e Andres. “Prima di andare via posso sapere quando arriverà Candice?”, gli chiesi. “Arriverà fra cinque giorni, dopo il matrimonio di Sol.”, mi disse. Feci un conto e constatai che quando Candice sarebbe arrivata io sarei stata al castello da una settimana esatta. Bene. “Ora è meglio che vai, Ella. Parleremo domani.”. Lo salutai con un abbraccio e due baci sulle guance. Avrei sicuramente approfittato ancora della sua compagnia. Silas aveva qualche cosa che riusciva a calmarmi e a rendermi tranquilla. Stavo camminando nel corridoio che portava alla sala pranzo, ero a testa china e talmente immersa nei miei pensieri che non mi accorsi di nulla e andai a sbattere contro qualcuno che riuscì a prendermi salvandomi da caduta certa. “Stai attenta!”, mi disse. Riconobbi la voce. No! Non ancora lui! “Damon! Lasciami.”. “Stavi cadendo, preferivi che lasciassi che ti rompessi un braccio?”. Alzai gli occhi al cielo. Ma non mi aveva vista? Certo che no, aveva un libro in mano, molto probabilmente stava leggendo. “Cosa stai leggendo?”, gli chiesi. “Tu dove stai andando?”. Avevo fatto prima io la domanda di conseguenza avrebbe risposto prima lui. “Ok, ho capito come sei fatta, non molli mai. Stavo andando alla biblioteca del castello.”, mi disse. Anche lui leggeva? Non l'avrei mai detto a guardarlo. “Io sto andando a pranzo.”. Lui scoppiò a ridere. Quale era il problema se andavo a pranzo? “Hai problemi?”, chiesi. “No, no. Sono i soliti pranzetti che i guardiani fanno per metterti alla prova e studiarti. Tieni gli occhi aperti, zuccherino!”. Detto quello riaprì il libro alla pagina che stava leggendo prima che il nostro scontro lo interrompesse e ripartì per andare in biblioteca. Riuscii a leggere il titolo del manoscritto: “Le leggende dei primi guardiani.”. Quel libro era riuscito ad attirare la mia attenzione. Dovevo assolutamente riuscire a prenderlo. Aspettai che Damon svoltasse l'angolo poi decisi che l'avrei seguito. Pensai che Sol e Andres avrebbero creduto che il mio ritardo fosse dovuto a Silas che magari mi aveva trattenuto qualche minuto in più. Avevo assoluto bisogno di quel libro. Grazie ad esso sarei stata in grado di scoprire se la leggenda che mi era stata raccontata era vera, e in tal caso trovare una soluzione al problema. Grazie al cielo ero sempre stata una ragazza molto silenziosa e furtiva, in alcuni casi, in altri ero peggio di una papera. Osservai Damon da dietro un muro e vidi che per entrare in una porta completamente bianca e intarsiata dovette appoggiare la mano destra e dire qualche cosa, che ovviamente non riuscii a sentire dal mio nascondiglio. Entrò e io rimasi chiusa fuori. Dovevo trovare il modo di entrarci dentro nel cuore della notte e rubare, o meglio, prendere in prestito il libro. Lasciai perdere Damon e tornai sulla mia strada. Raggiunsi con facilità la sala pranzo, non grazie alla mia innata capacità di orientarmi, ma grazie ad una meravigliosa melodia che mi guidava. Trovai la stanza ma decisi di fermami sulla soglia dell'entrata per non disturbare Sol che stava suonando il flauto traverso mentre Andres la osservava tutto sognante. Erano veramente una coppia meravigliosa. L'esatto contrario di me e Nix. “Ella!”. Sol si era accorta del mio arrivo. “Ciao, Sol. Ciao anche a te, Andres.”, dissi io. “Vieni dentro.”. Io entrai e mi sedetti al tavolo da pranzo. Sol sistemò il flauto su un cofanetto porta strumenti musicali, prese per mano Andres ed entrambi si sedettero al tavolo per mangiare. “Non sai quanto sia felice di vederti, Ella.”, disse Sol. Le sorrisi per ringraziarla. “Anche io.”, risposi. “Allora, come ti trovi qui al castello?”, mi chiese Andres. “Diciamo...bene. Si fa fatica a dormire però.”. Certo, se ogni notte si riceve la visita di un certo Damon nessuno sarebbe in grado di dormire sonni tranquilli. “Come mai?”. “Bah, sapete, quando si cambia letto ci si deve sempre fare l'abitudine.”, minimizzai. Mi fidavo si Sol ma già averlo detto a Silas era troppo. “Con il tempo ti ci abituerai, non sempre è facile ambientarsi qui. Soprattutto se ci si è stati portati contro la propria volontà.”. Guardai Andres e riflettei sulle parole che aveva detto. Mi aveva appena ricordato che io ero li solo perché mi ci avevano portata senza il mio permesso. “Tu come hai fatto ad abituarti?”, gli chiesi. “Ho conosciuto Sol. È una ragazza molto intelligente e molto emotiva. Se devi confidarti con qualcuno lei è la persona giusta.”. Volevo saperne di più sulla loro storia. Di come si erano conosciuti. Di come avevano fatto a capire di amarsi veramente. Una volta mi sono ritrovata a cercare su internet il significato della parola amore e avevo trovato su Wikipedia una definizione che mi era rimasta impressa nella mente: L'amore è un sentimento intenso e profondo di affetto, simpatia e adesione, rivolto verso una persona, un animale, un oggetto o verso un concetto, un ideale, ed è caratterizzato dal ritenere il bene della persona amata più importante di se stessi. Oppure, può venire definito sotto un altro punto di vista (scientifico), un impulso dei nostri sensi che ci spinge verso una determinata persona. Quando avevo finito di leggere mi ero chiesta come avessero fatto a dare all'amore una definizione così sciocca. Io da sempre pensavo che l'amore non potesse avere una vera e propria definizione. Ne avevo la dimostrazione davanti agli occhi: Sol e Andres. Come potevo definire quello che accadeva tra loro due solo amore? “Allora fra pochi giorni vi sposate.”, dissi. “Si, volevamo dirtelo proprio oggi. Pensavamo anche che sarebbe stato bello se tu e Nix foste venuti come coppia così sareste stati entrambi nostri testimoni di nozze.”. “Io e Nix non siamo una coppia.”. Ero stata schietta. Non volevo che andassero subito a conclusioni affrettate, ma soprattutto, non volevo che continuassero a dirmi che dovevo stare con Nix. “Ella, non intendevamo ferirti.”, mi disse Sol. Era sincera. Sospirai. Ero stata scortese e affrettata come sempre. “Scusate. Lo conosco solo da due giorni e tutti qui al castello pretendono che lo sposi!”. Andres mi sorrise comprensivo. “Sai quanto tempo mi c'è voluto per capire che Sol era una persona meravigliosa?”, mi chiese. “Non è questione di essere meravigliosi. Quando sposi una persona metti quella persona davanti alle tue priorità e io, mi dispiace ammetterlo, ho molte altre priorità.”. Andres e Sol annuivano entrambi mentre parlavo. “Ella, nessuno ti obbliga ad amarlo.”, disse Sol. “E come farò a passare il resto della mia esistenza qui dentro con lui? Scappo? Credo riuscirebbe a trovarmi. Mi suicido? Credo sarebbe persino in grado di riportarmi in vita. Non mi stupisco più di nulla, ormai.”. Ero furiosa, pensavo che almeno Sol sarebbe stata in grado di capirmi, invece, anche lei credeva che per me fosse meglio sposare Nix. “Avete tutti in mente la salvezza della terra, non posso biasimarvi, è importante. Potrei persino sembrare arrogante, sicuramente lo sembro, ma dovete capirmi. Sono qui da due soli giorni, ho scoperto troppe cose e tutte nello stesso momento. E infine, persone che praticamente non conosco pretendono troppo da me...”. Non ero solo arrabbiata, ero anche disperata. Dovevo ammettere che quel mondo mi affascinava parecchio. Era letteralmente un sogno ma si stava decidendo del mio futuro senza che io dessi un consenso e, come avevo già ribadito a Silas, ero io la padrona del mio destino. Mi alzai dalla sedia con gli occhi lucidi, mancava poco che le lacrime cadessero. Aprii il finestrone che portava sul terrazzino e andai fuori all'aria aperta. Non aveva alcun senso che mi mettessi a piangere, tredici giorni ancora e sarei tornata a casa. In un modo o nell'altro. Quando avrei incontrato Ibernis glielo avrei detto chiaro e tondo. Mi sembrava una persona ragionevole. E poi, piangere era da bambini. “Ella?”, la voce di Andres mi riportò alla normalità. Non mi voltai anche se non mi piaceva l'idea di dargli le spalle. Lui venne avanti e si mise al mio fianco attaccato alla staccionata ghiacciata. Io non avevo freddo, lui molto probabilmente sì. “Hai freddo?”, chiesi. “No. Mi auto-scaldo.”, mi rispose. Lo guardai come per dire: ma mi stai prendendo in giro? “Sai, a volte, ci sono dei lati positivi se si diventa un guardiano. Per esempio tu non avrai mai più freddo se accetterai di sposare Nix. Io, invece, non avrò più freddo perché sarò come il sole che brilla di luce propria”. “Una lampadina...Sei venuto qui fuori solo per convincermi a sposare Nix? Perché stai usando delle argomentazioni insulse che non hanno alcun fondamento. Ho patito il freddo da quando sono nata, non morirò se ne patirò ancora un po'.”. Era anche vero che uno dei miei innumerevoli sogni era quello di essere sempre calda, ma potevo farne sicuramente a meno. “Non sono uscito qui fuori per questo. Voglio raccontarti la mia storia.”. Lo guardai e annuii. “Non tutte le storie dei guardiani sono strappalacrime. Io adoravo la mia vita. La mia famiglia era ricca e di nobili origini. Abitavo in una villa ed ero figlio unico. Il paradiso.”. Era stato veramente fortunato, pensai. “Circa un mese fa, proprio come te, mi hanno rapito e portato in uno strano castello. Non come questo di ghiaccio, era un normale castello dove però ogni cosa sembrava ricoperta da una strana luce e c'era un caldo insopportabile. È stato li che ho conosciuto Sol, mi ha spiegato tutto con pazienza. Un mese fa avrei agito come te, avrei cercato il modo di scappare. Oggi, no. Diciamo che mi hanno insegnato ad essere un po' più saggio e a pensare prima di agire. Ho tentato diverse vole la fuga da quello strano castello ma ogni volta tornavo al punto di partenza e le guardie riuscivano a riprendermi sempre in tempo. Una volta non se ne accorsero.”, a quelle parole si girò verso di me e aggiunse: “Rischiai di morire. Siamo in un mondo parallelo e se non sai orientarti o semplicemente non sai qual'è la strada che porta al mondo degli umani rischi la pelle.”. Tornò a guardare il panorama completamente bianco. Troppo bianco, stavo impazzendo. “Rimasi in uno specie di coma per almeno una settimana. Quando mi svegliai Sol era accanto al mio letto che dormiva su una poltrona. Era stanchissima, gli occhi erano rossi e aveva anche le occhiaie. Capii che era rimasta sveglia quasi ogni notte in attesa che mi svegliassi, era preoccupata per me. Vedi, compresi una cosa. Nel mondo degli umani avevo tutto meno che l'amore della mia famiglia. Mia madre e mio padre non erano mai stati presenti nella mia vita, non avevo fratelli o sorelle e gli unici amici che avevo puntavano solo alla popolarità. A Sol era bastate una settimana per imparare a conoscermi e ad amarmi. Una sola settimana!”. Volevo la storia del loro amore? Eccomela servita su un piatto d'argento. Grazie Andres. “Dai tempo a Nix.”, disse poi tornando dentro la sala pranzo. Un'altra cosa che mi chiedevano tutti: dare tempo a Nix. Certo, aveva tempo, esattamente tredici giorni, non di più. “Ella, vieni a mangiare. Ieri sera non hai cenato.”, Sol mi stava chiamando. Le dissi di sì e mi voltai a guardare un'ultima volta il paesaggio. Era la rabbia che provavo che faceva sembrare ogni cosa brutta. Se fossi stata me stessa sarei rimasta a bocca aperta dalla meraviglia. Per me la neve è sempre stata bella da vedere ma non bella da toccare. Ora, con i nuovi poteri, poteva anche essere bella da toccare. Tornai dentro un po' più felice di prima. “Lo sappiamo che non amerai le cose calde, Ella. Ma devi iniziare ad abituarti, altrimenti non riuscirai a mangiare altro che non sia frutta ghiacciata e cose fredde.”, mi disse Sol. “Ok, qual'è il menù?”, chiesi. “Tagliatelle al ragù per primo, cotolette per secondo e frutta alla fine.”. A me piaceva qualsiasi cosa, e considerato che, a casa mia c'era sempre pasta e pesto o pasta in bianco, quel menù non mi dispiaceva affatto. Fu ancora una volta Annabeth a servirci. Le tagliatelle scottavano tantissimo all'inizio ma poi, per fortuna, riuscii a mangiarle tutte quante. Avevo una fame! La parte del pasto che preferii fu la frutta, me la servirono a pezzetti come la macedonia, ma a differenza di quella di Sol e Andres la mia aveva anche pezzetti di ghiaccio che mi facevano sentire più fresca. “Allora, visto che Nix non mi dice mai niente potete dirmi qualche cosa voi?”, chiesi. “Ok, chiedi.”, mi disse Sol. “Nix suona qualche strumento musicale?”. “No, solo io e Silas suoniamo. Nix è più portato per gli sport, anche se non sembra. Il suo preferito è lo Snowboard, poi pattina sul ghiaccio e scia. Nuota anche, a volte.”. Io odiavo ogni genere di attività fisica. Eravamo uno l'opposto dell'altra. “Qualche hobby?”, chiesi. “Legge, nient'altro credo.”. Buona cosa, anche io amavo i libri. Mi ricordai del libro che avevo viso in mano a Damon e colsi l'occasione. “C'è una biblioteca in questo castello? Sapete, ho bisogno di leggere la mia decina di pagine giornaliere.”. Altro che decina, ventina o cinquantina, se avevo tempo anche l'intero libro. “Si. È una delle più grandi che io abbia mai visto.”, disse Sol. “Non che ne abbia viste molte altre.”, aggiunse. “Possiamo andare a visitarla?”, chiesi. Sol e Andres si guardarono l'un l'altra. Poi si voltarono verso me e sorridendo annuirono assieme. Percorremmo lo stesso corridoio che avevo visto fare a Damon mentre lo seguivo per cercare di scoprire dove andasse. Quando ci trovammo davanti al portone Sol si fece avanti e come Damon posò la mano sull'apertura. Anche lei pronunciò qualche cosa di incomprensibile e il portone si spalancò. Entrammo nella biblioteca. Era enorme. Dal soffitto pendevano lampadari fatti interamente di cristallo, ovunque c'erano vetrate tutte decorate e su una parete dei quadri raffiguravano, quelle che pensai, fossero state le vecchie famiglie di guardiani dell'inverno. Furono gli scaffali a colpirmi maggiormente, erano fatti interamente di vetro. Bastava che chiunque ci soffiasse sopra e sarebbero caduti tutti. “Perché in vetro?”, chiesi. “Non lo so. Sono belli vero?”, disse Sol. Si erano molto belli ma era stata proprio una scelta da pazzi. “Non è che cadono se li tocco, vero?”. Sol e Andres scoppiarono a ridere. “Sono in piedi da così tanti anni che non sarai proprio tu a buttarli giù.”. Non ne ero così sicura. Mi avvicinai delicatamente ad uno scaffale e cercai di capire che genere di libri contenesse. “Ci sono tutte le copie dei libri che sono stati scritti fino ad oggi, ogni giorno viene aggiornata e vengono aggiunti nuovi volumi. “E' da pazzi...”, dissi. Sol mi sorrise e disse: “No, è affetto reciproco. I libri ci regalano qualche cosa e noi in cambio regaliamo loro una casa sicura.”. “Come sono ordinati?”. “Sono ordinati in ordine alfabeto.”. Pensai al titolo del libro che cercavo: “Le leggende dei primi guardiani.”. “Posso fare un giro?”, chiesi. “Certo.”, mi rispose Andres. Presi al volo l'occasione e andai alla ricerca dei libri con un titolo che iniziasse con la L. Ci misi almeno tre quarti d'ora abbondanti per trovare lo scaffale e almeno mezz'ora per riuscire a trovare il libro che cercavo. Appena l'ebbi trovato lo nascosi dentro lo stivale, ero riuscita a piegare la copertina perché non era rigida. Avevo assoluto bisogno di leggerlo al più presto ma dovevo passare ancora del tempo con Sol e Andres che mentre andavo da uno scaffale all'altro non si erano minimamente lamentati. Mi ricordai anche che quella sera dovevo stare con Anthea, ne volevo volentieri fare a meno. “Hai trovato il libro che cercavi?”, mi chiese Sol quando tornai al portone. “No, ci sono troppi libri qui. Devo cercare con calma.”, risposi. “Dimmi il titolo, posso aiutarti.”. Dovevo inventarmi il nome di un libro, subito. “Eh, Romeo e Giulietta.”. Era la prima cosa che mi era passata per la testa. Ed era anche la più stupida. “Oh! Certo che non l'hai trovato, ce l'ho io in camera.”, mi disse Sol. Che fortuna assurda! “Quando ho finito lo porto direttamente a te.”, aggiunse. La ringraziai. “Dove andiamo ora?”, chiesi. “Volevamo farti vedere uno cosa...”. Io acconsentii, ormai mi ero abituata a sentire quella frase, da quando ero al castello l'avevano detta almeno cinque volte. Seguii Sol e Andres senza fare storie. Percorremmo diversi corridoi tutti uguali e alla fine ci trovammo davanti ad una porta blindata. Mi chiesi cosa ci fosse di così incredibile dentro quella stanza da essere blindata. “Ti ricordi che ti abbiamo detto che Nix ama pattinare?”. Che amasse il ghiaccio non ne avevo alcun dubbio. Che pattinasse l'avevo scoperto quella mattina, ma non pensavo fosse vero. “Quando deve pensare va sulla pista ghiacciata e pattina così deve concentrarsi sui movimenti e non sulle preoccupazioni che lo assillano. Da quando sei arrivata tu va in pista almeno due volte al giorno se non di più...”. “Non credo sia colpa mia...”, dissi. Era assurdo. “Non è una colpa, Ella. È un buon segno. Non pattinava più dalla morte di Cara, lei adorava guardarlo volteggiare sul ghiaccio.”. Buona cosa, io non sapevo pattinare. Ci avevo provato almeno due o tre volte ma finivo sempre sul pavimento ghiacciato. Dopo un po' di tentativi mi ero arresa. “Io non so pattinare”, dissi tutta felice. “Oh, ancora meglio. Sarà Nix ad insegnarti!”. No, e poi no. Io non avevo alcuna intenzione di imparare a pattinare. Avrei usato quella scusa per farmi odiare, era perfetta. Cara, molto probabilmente, sapeva pattinare io, invece, ero una buona a nulla. Magnifico! “Entriamo, dai. Dentro non farà caso a noi, sarà troppo concentrato nei movimenti per farci caso.”. Sol e Andres entrarono per primi in silenzio, io li seguii. La pista di pattinaggio era grandissima ed era dentro un recinto alto almeno un metro e mezzo. Un posto perfetto per nascondersi e osservare senza essere scoperti. Guardai sul piano ghiacciato, l'unico rumore che si percepiva era quello dei pattini di Nix. Si limitava a correre come un matto per tutta la pista, era molto concentrato, teneva gli occhi chiusi ma sapeva esattamente quando fare una curva senza andare a sbattere contro la recinzione. Ad un tratto venne verso il nostro nascondiglio e si fermò esattamente nel punto della recinzione in cui mi trovavo io. Trattenni il respiro sperando non ci trovasse. “Ella, che ci fai qui?”. Scoperta. Mi alzai in piedi. Mi guardai attorno e scoprii che Sol e Andres erano andati via. Traditori. Come avevo fatto a non accorgermi della loro scappatella? Semplice, stavo fissando Nix che volteggiava sul ghiaccio. Gli sorrisi. “Em...Ho sbagliato porta. Cercavo, cercavo...il bagno!”. Il bagno? Ma figurati! “Potevi andare in camera.”, disse. “Giusto...”. “Non stavi cercando un bagno...”, aggiunse. Quando mai ero riuscita a dire una bugia a cui tutti avevano creduto? Mai. Sospirai. “E' colpa di Sol e Andres, mi hanno portato loro qui.”. Nix scoppiò a ridere. Quanto era carino? Cielo! A cosa stavo pensando! “Vuoi pattinare?”, mi chiese. Scossi subito la testa per dirgli di no. “Dai su! Metti dei pattini, ti insegno io.”. Non mi sarei mai messa i pattini neanche sotto tortura. Incrociai le braccia e rimasi ferma a fissarlo. “Se mi fai uscire dalla pista mi si rovinano le lame dei pattini.”, mi disse. Gli sorrisi. Avevo vinto. “Ma per questa volta, esco lo stesso.”. Alzai gli occhi al cielo. Non poteva semplicemente rimettersi a pattinare? Io ero solo un dannato peso da portarsi a dietro. Nix ci mise pochissimi minuti ad andare e tornare con i pattini. “Provali, all'inizio saranno un po' fastidiosi. Sono nuovi.”. Fastidiosi era a dir poco. Erano talmente rigidi che sembravano mattoni legati ai piedi. “Se mi vengono le vesciche ai piedi ti lancio i pattini a dietro. Lama in bella vista.”, dissi. “Entra e non lamentarti.”. Mi porse la mano per aiutarmi a mettermi in equilibrio sul ghiaccio. “Ok, a stare in piedi e ferma immobile sono capace.”. “Allora, andiamo alla fase due.”, disse. “Che prevede?”, chiesi. Lui mi sussurrò all'orecchio: “Un piccolo aiuto.”. Detto quello mi mise le mani sulla schiena e mi spinse in avanti lasciandomi senza nessun sostegno a cui appoggiarmi in caso di caduta. “No, No, No!”. Cinque secondi dopo ero già stesa atterra. Nix rise come un matto. “Divertente?!”, chiesi a denti stretti. “Si, meglio di una commedia. Su, ti aiuto a rimetterti in piedi.”. Mi porse nuovamente una mano ma io non l'accettai e rimasi stesa. Lui invece di lasciarmi li sola si stese al mio fianco e si mise a guardare il soffitto. Che mi accorsi proprio in quel momento, non esisteva. Eravamo all'aria aperta. “Non mi ero accorta del soffitto.”, ammisi. “Anche io la prima volta che sono entrato qui.”. “Quando?”, chiesi curiosa. “Credo a solo un anno.”, rispose. “Che bello non sentire freddo.”. “Si, e potresti non sentirlo per il resto della tua vita.”. Ancora con quella storia. “Non ho intenzione di sposarti. Quante volte te lo devo ripetere?”. “Non mi annoierò mai di sentirtelo dire.”, disse sorridendomi. “Dovrei essere con Sol e Andres.”. “Forse volevano lasciarci soli.”. “Abbiamo ancora tredici giorni interi per rimanere soli, se vogliamo.”. E io invece volevo solo che i tredici giorni passassero il più in fretta possibile, non mi importava con chi. Forse non avrei sopportato Damon ma con Nix potevo anche starci. “Perché non mi hai detto della leggenda?”, chiesi pensando a quello che mi aveva detto Silas. “Semplicemente non credo in quelle sciocchezze. E, a proposito di sciocchezze, perché hai rubato il libro sulle leggende dei primi guardiani?”. Ma come faceva a sapere sempre tutto? “Voglio solo sapere la verità. È troppo pretenderne un po' questo posto? Mi hai rapita, è il minimo che tu possa fare!”. “Beh, veramente ti hanno rapita gli altri guardiani minori...”. Santo cielo! “Non essere così minuzioso, non è da te.”. “E come fai a sapere che non sono così?”, mi chiese girandosi dalla mia parte. “Forse perché sei troppo sicuro di te, possessivo, lunatico, scontro a volte, gentile altre, furbo e...carino.”, dissi. “Carino?”. Lo guardai in faccia. “Si, carino.”. Gli sorrisi. “Solo carino?”. Mi misi in piedi, gli offrii una mano per aiutarlo ad alzarsi e dissi: “Ehi, che ti aspetti!?”. Intrecciò la sua mano con la mia ma invece di alzarsi da terra, come avrebbe dovuto fare, mi attirò a sé. Io ero stata colta alla sprovvista così mi ritrovai sopra Nix con la faccia a pochi centimetri dalla sua. “Scu-Scusa, sono inciampata.”. Ma chi volevo prendere in giro? Maledetto ragazzo. Il profumo di menta era fortissimo e Nix era molto più freddo di me. Cercai di spostarmi ma c'erano due problemi: primo, i suoi occhi erano un sogno e secondo, non mi lasciava andare, mi teneva stretta, stretta. Riuscivo a sentire ogni volta che per respirare alzava e abbassava il petto. “Posso, alzarmi?”, chiesi indiscreta. Per tutta risposta Nix si fece più vicino ma io riuscii a liberarmi appena quel tanto da mettergli una mano sulla bocca e fermarlo. “Non ci pensare nemmeno...”, gli dissi. “Non mi incanterai così facilmente.” “Ella!”. Era la voce di Anthea quella avevo appena sentito chiamarmi? Che cavolo ci faceva li? “Ma dove si è cacciata quella maledetta ragazza?! È arrivata da solo due giorni e già pretende di essere la regina del castello...”. Ma senti un po' questa che andava a pensare, non volevo nemmeno rimanere in quel posto infernale, figuriamo diventarne la proprietaria. “Siamo qui, Anthea!”, disse Nix. Stupido. “Ah, ecco dove eravate finiti! Avete bisogno di un posto un po' più comodo dove stare?”, chiese con voce arrogante. Mamma se la odiavo! Mi ero anche dimenticata su chi ero stesa. Mi alzai immediatamente. “Dovrei passare l'altra metà del pomeriggio con te?”, le chiesi. “Certo, e anche la cena se non ti dispiace, e se non rubo tempo ai bisogni di Nix, ovviamente.”. Ma cosa le avevo mai fatto per meritarmi tutto quel sarcasmo e quell'arroganza? “Nix non ha bisogno di nulla.”, dissi. Lei mi sorrise con rabbia. “Ti sbagli in proposito. Vero, Nix?”. “Stai zitta, Anthea. Non sono affari tuoi.”. Si era alzato anche lui da terra. “ E esci subito dal mio pavimento di ghiaccio, lo rovini camminandoci sopra con le scarpe.”. Anthea sospirò. “Ella, cambiati quei cosi che porti ai piedi e mettiti delle scarpe decenti. Devi assolutamente darmi delle informazioni riguardanti la tua relazione con il principe dell'inverno.”. Ci sorrise a entrambi poi uscì dalla pista di pattinaggio lasciandomi ancora una volta sola con Nix. Avrei voluto farla cadere sul ghiaccio in modo che si spaccasse più ossa possibili. “La detesto.”, dissi a Nix appena Anthea superò la porta blindata. “Cerca di assecondarla, un giorno capirai perché fa così con te. Vieni, ti aiuto.”. Mi mise le mani sui fianchi così riuscii ad arrivare sana e salva ai lati della pista di pattinaggio. Cambiai i pattini il più in fretta possibile. “Buona fortuna con Anthea. Sii paziente, se proprio non riesci chiedile perché fa così, capirai.”, disse Nix. “Grazie.”. Lo abbracciai e lo salutai. Fuori dalla porta c'era Anthea che mi stava aspettando impaziente. “Era ora, principessa! Quanto ci metti a toglierti un paio di pattini e al loro posto mettere un paio di scarpe.”, mi chiese. “Senti, mettiamo in chiaro una cosa. Io ti odio, tu mi odi. Facciamo che ognuna va per la sua strada?”, proposi guardandola dritta negli occhi, volevo capisse. Mi stupii di quello che accadde. Pensavo mi avrebbe aggredita, invece, lei credette veramente alle mie parole e nei suoi occhi vidi pura tristezza. L'avevo ferita. Ma perché? Mi voltò le spalle e a passo spedito si allontanò da me. “Aspetta!”. La rincorsi. “Scusa, non volevo ferirti!”. Si bloccò e si voltò per guardarmi in faccia. “Tu non sai cosa ho passato! Tu non sai perché faccio così con te e con tutte quelle che sono passate prima di te!”. Aveva le lacrime agli occhi. Io non sapevo cosa dire, non credevo di riuscire a ferirla dicendo quelle cose. Mi sbagliavo di molto. Anthea non era la persona che faceva credere agli altri. La vera Anthea era nascosta sotto uno strato di dolore. Causato da cosa, non lo potevo sapere. “Veramente, non volevo ferirti. Ti prego, scusami.”. Era l'unica cosa che potevo dirle, non ero mai stata brava con le parole. Mi esprimevo come potevo, cercavo di far capire agli altri ciò che volevo comunicar loro, molte volte invano. Con Anthea però avevo fatto centro. Mi abbracciò, come se non avessimo mai litigato e come se non ci fossero mai stati malintesi. Ricambiai stringendola più forte che potevo. Era la seconda volta in soli due giorni che abbracciavo così una persona. Tredici giorni, solo tredici giorni e tutto sarebbe finito. Pensai che in quel castello sarebbe servito uno psicologo per ogni persona che ci abitava. Erano tutti depressi! Forse dovevo prendere in seria considerazione l'idea di dover portare ad ognuno del cioccolato, è da sempre stato il rimedio migliore per ogni dolore, sia fisico che sentimentale.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Anthea ***


CAPITOLO 8: Si racconta che il dolore ci renda saggi. Io, credo, che per quanto saggi si possa diventare grazie al dolore nulla è meglio della pura gioia. Eppure, questo mondo, sembra prenderci in giro. Perché mai dovremmo nascere per poi soffrire così tanto? Per diventare saggi? Allora, preferirei rimanere ignorante e provare costantemente gioia. “Anthea?”. Eravamo ancora strette in un abbraccio e stavo cercando di calmare il suo pianto. “Ti va di raccontarmi cosa è successo?”. Avevo uno strano presentimento che mi diceva che quel dolore era ancora una volta causato dalla morte di Cara. “Non qui, andiamo in giardino. Riesco a pensare meglio se sono immersa nella natura.”, mi rispose Anthea. Fu lei a condurmi all'aria aperta in pochi minuti. Non avevo ancora avuto l'occasione di vedere i giardini del castello. “C'è neve ovunque.”, dissi. Il prato verde era diventato bianco, la statua al centro del giardino aveva persino delle piccole stalattiti di ghiaccio. Tutto sommato era comunque uno spettacolo per gli occhi. Stavo iniziando ad amare l'inverno, pensai che fosse normale, in fondo, ero destinata a diventare la regina dell'inverno. “Ci penso io.”, disse Anthea. Alzò la lunga gonna verde del vestito per non bagnarla e si diresse sull'erba innevata. Appena un suo piede toccò il prato la neve si sciolse e al suo posto comparve una meravigliosa distesa si fiori. Uno spettacolo, o forse, un miracolo. “Ogni tanto mi diverto così io...”, confessò Anthea. “I fiori non mi deludono mai. Vero, piccoli?”. Si era seduta esattamente al cento del prato. Stava guardando ogni fiore ad uno ad uno, li accarezzava e li annusava per sentirne il profumo. “Siediti come me, Ella. Vuoi che ti racconti la mia storia, no?”. Seguii il suo consiglio e mi sedetti accanto a lei. Mi dispiacque molto per i fiori che quando ero passata si erano magicamente congelati. “Non preoccuparti.”. Mi disse vedendo la mia faccia preoccupata. “Imparerai a controllarli.”. “E quando?!”. Avevo un altro buon motivo per andarmene dal castello e non sposare Nix. Non avrei passato tutta la vita con i sensi allerta solo perché dovevo stare attenta a non congelare qualcuno. “Presto. Non devi avere paura di quello che sei. Vuoi un fiore?”. Mi porse una rosa blu. Era bellissima. Mi ricordai che quando ero piccola, e io e mia mamma andavamo dal fioraio, appena vedevo una rosa blu volevo comprarla. Ovviamente, mia mamma mi diceva sempre di no, io ci rimanevo malissimo e mi mettevo a piangere. “E' il tuo fiore preferito.”, disse Anthea. “Te lo leggo negli occhi. Ogni fiore ha un suo significato. Lo sapevi?”. “Certo.”, risposi. Annusai la rosa, profumava di menta. Alzai gli occhi al cielo. “Perché hai profumato la rosa di menta, Anthea?”. Lei mi sorrise. “Non ho deciso io il profumo che doveva avere la tua rosa. L'hai deciso tu inconsciamente.”. O cielo! “Sai il significato della rosa blu?”. “No.”, risposi. Il profumo intenso di menta mi entrava nelle narici e mi faceva pensare solo a Nix. “Significa fedeltà e fiducia. Ti fidi di me vero? Sono lunatica a volte, lo ammetto, ma so essere fedele.”. Certo che mi fidavo di lei. Sul fatto che era lunatica, purtroppo, non potevo controbatte perché era assolutamente vero. “Mi fido di te, Anthea. Tendo a fidarmi troppo delle persone, a volte. Qui al castello è diverso. Come posso non fidarmi di voi guardini?”. “Bene. Allora, posso raccontarti tutto.”, poi aggiunse con un sorrisetto furbetto: “ Prima, però, mi devi dire di chi è il profumo di menta che hai sentito.”. Non le avrei mai detto di chi era quel profumo, neanche sotto tortura. Scossi la testa per dire no. “Dai, su! Sono troppo curiosa in fatto di gossip. Ti regalo un'altra rosa...”. Proposta allettante, ma non avrei certo ceduto al primo colpo. Possibile che non si fosse mai accorta del profumo che aveva Nix? “Strano che tu non capisca.”, dissi. “Nix! Il profumo è di Nix!”. Si era alzata in piedi e saltellava come una matta. “Calmati!”, dissi ridendo. L'Anthea buona mi piaceva molto di più di quella scontrosa. “Allora c'è un po' di speranza?”, mi chiese. No, anche lei. Ma si erano messi d'accordo? “Anthea...”. Poteva anche piacermi ma non l'avrei mai sposato! “Dai...Siete così carini assieme! Ti prego, ti prego, ti prego....”. Si era seduta di nuovo di fronte a me e mi stava fissando con lo sguardo più dolce che i suoi occhioni verdi riuscivano a fare. In un certo senso assomigliava molto a Candice. “Ho altri piani per adesso. Devo tornare a casa dalla mia famiglia, non posso abbandonarli.”. “Mi hanno detto che consideravi la tua vita noiosa...”. Le dissi che mi ero sbagliata, non mi ero accorta di quello che già avevo, succede spesso agli umani. “Ella, perché non lo ammetti?”, mi chiese. “E cosa dovrei ammettere?”. “Che provi qualche cosa per Nix!”. Io, in quel momento non provavo proprio nulla per Nix. Eravamo amici e basta. “E dai! Le rose non mentono mai!”, disse. “Non sarà certo una rosa a decidere con chi mi devo sposare!”. Già il tatuaggio sulla schiena era un problema, adesso anche il profumo di una dannata rosa? “La natura sa sempre darci quello di cui abbiamo bisogno.”. “Certo, e io ho l'assoluto bisogno di tornare a casa. Credi mi aiuterà?”. Anthea fece una smorfia. “No. Perché se ti aiuterà tutto il pianeta finirà nel caos.”. “Ma chi lo dice?”, chiesi. “Caos e Damon lo dimostrano benissimo! È normalissimo avere paura ma ci siamo noi ad aiutarti.”. Guardò la rosa blu che tenevo al petto e disse: “Credi che ti abbia detto una bugia? Non ricordi il significato di quel fiore? Fiducia e fedeltà.”. Scossi la testa, ero stanca dei consigli che continuavo a ricevere. “Possiamo parlare d'altro? Almeno fino a cena. È da questa mattina che mi assillate e cercate di convincermi a sposare Nix.”. “Va bene. Che cosa vuoi fare?”. Sentivo che dalla sua voce le costava molto cambiare argomento, ma se non l'avessimo fatto mi sarei alzata dal letto di fiori e me ne sarei andata per stare tutta sola. “Perché non mi insegni il significato di qualche fiore?”, proposi. Quelle parole fecero spuntare un piccolo sorriso sul volto di Anthea. “Con piacere!”. Grazie al cielo ero riuscita a trovare quello che la faceva stare meglio. Passammo almeno due ore in giardino, Anthea mi mostrava un fiore, mi diceva le sue caratteristiche, il suo nome e, infine, il suo significato. Mi piaceva l'idea che regalando un fiore regalavi anche un po' di parole mute. Imparai molte cose. La più importante, che non dovevo toccare nulla che appartenesse alla natura, altrimenti, finiva che diventava un ghiacciolo. Al contrario, ovunque passasse Anthea spuntavano fiori. Perché non potevo avere io un potere così bello? Scoprii anche che esisteva la rosa nera, non aveva un bel significato: morte e vecchiaia. Comunque c'erano anche fiori con significati belli, come i buganvillea che indicano passione, oppure, il cerfoglio che rappresentava la sincerità. Era un mondo tutto nuovo e mi meravigliavo sempre di più del fatto che Anthea ne facesse così parte. Era proprio fortunata. “Tu non hai ancora trovato un partner?”, mi venne da chiederle. Mi stava mostrando il garofano piumoso, che, guarda caso, indica l'amore puro. Vidi il viso di Anthea incupirsi e capii subito che non aveva ancora trovato nessuno. Le misi una mano sulla spalla per consolarla. “Lui esiste, è solo nascosto in qualche angolo del pianeta e aspetta solo te.”. In quel momento compresi come doveva sentirsi anche Nix. In fondo, loro dovevano sposarsi con qualcuno che nemmeno conoscevano bene. Dovevano avere la fortuna di trovare qualcuno con la testa sulle spalle. “Madame!”. Era Annabeth che si stava sbracciando dall'altra parte del campo di fiori? “Credo stia chiamando te.”, mi disse Anthea. “Annabeth! Che succede?”, chiesi urlando più che potevo. “Il re Ibernis l'ha convocata nel suo ufficio. Immediatamente!”. Oh, perfetto, avrei detto al re che non avevo alcuna intenzione di sposare Nix. “Mi dispiace, a quanto pare, Ibernis vuole finalmente conoscermi.”. “Aspetta!”. Anthea mi fermò prendendomi per un braccio. “Cosa c'é?”. “Ti sei dimentica che devo raccontarti di me e Cara?”. Che sciocca! Avevo troppe cose per la testa e mi dimenticavo di quelle più importanti. “Scusa, sono troppo sbadata.”. “Aveva ragione Damon sulla tua mente.”. Mi sorrise. “Comunque, due minuti e ho finito. Non devo dirti molto, in fondo.”. Le annuii. “Semplicemente io e Cara eravamo migliori amiche. Era la prima umana che conoscevo e mi ha reso molto felice. Prendeva in seria considerazione ogni cosa che faceva, era già una perfetta regina. Ci dicevamo tutto. Quello che voglio dire è che mi sembra impossibile che sia morta così! Solo per i poteri. Per questo ho attaccato Damon e suo padre. Credo che la morte di Cara sia tutta colpa loro.”. Si, anche io ci avevo fatto qualche pensierino. Era l'unica spiegazione plausibile. “Ti chiedo solo di stare attenta. Non fidarti di Caos, meno che meno di Damon. Non voglio perdere un'amicizia speciale come la nostra. Perché siamo amiche, vero?”. “Vorrei regalarti un geranio a foglia di quercia...”. Lei capì immediatamente, mi fece un sorriso a trentadue denti e mi abbraccio forte, forte. Il geranio a foglia di quercia è simbolo di vera amicizia. Mi dispiaceva molto che anche lei avesse sofferto così tanto per la morte di Cara. Salutai un'ultima volta Anthea e le dissi che ci saremo viste a cena. Raggiunsi velocemente Annabeth che mi portò direttamente all'ufficio di Ibernis. La piccola cameriera busso e il re disse: “Avanti.”. Guardai Annabeth e mi sorrise incoraggiandomi. Entrai. L'ufficio di Ibernis non era molto grande, una parete era un'unica finestra che si affacciava su quello che pensai fosse un dirupo. Davanti a me avevo un'infinita distesa di montagne piene di neve e abeti. Ogni mobile della stanza era bianco, mentre, le pareti ai lati erano blu scuro. “Siediti pure, Ella.”. La voce del re mi riportò alla realtà. Mi avvicinai alle sedie davanti alla scrivania con ripiano in vetro e mi sedetti. “Belle le montagne, vero? Quando sono stanco del lavoro, mi giro, e guardo esattamente lo stesso paesaggio che stai ammirando tu ora.”. “Si sono molto belle.”. Mi sorrise. Io, invece, ero terrorizzata. Quell'uomo faceva soggezione. “Hai sete?”, mi chiese. Accettai e mi feci portare del tè freddo. “Allora, come ti sembra la mia casa?”. Più che una casa la consideravo una reggia. “Un po' grande...”. Riuscii a farlo ridere ma tornò serio troppo presto per i miei gusti. “Passiamo a cose serie, ora.”. Di già? “Come sta andando con mio figlio?”. Un po' di pace proprio non riuscivo ad ottenerla. Sospirai e con tutto il coraggio che avevo in corpo dissi: “Non voglio sposare Nix.”. Ibernis aveva una penna in mano che si ghiaccio immediatamente, la gettò sulla scrivania, si alzò e si girò a guardare le montagne. “Lo immaginavo.”, disse. Nel frattempo Annabeth era entrata e mi aveva portato un bicchiere di tè con cubetti di ghiaccio, ne bevvi un sorso e la ringraziai. Lei aveva il viso contratto dalla preoccupazione e prima di andare via con le labbra mimò la parola “scusa”. Perché? “Devo raccontarti la vera storia di Cara.”, disse Ibernis. Esisteva una vera storia di Cara? Da quando? “Diciamo che non è proprio morta, anzi, per niente.”. Che?! Tutti mi diceva il contrario. “Vive a New York con la famiglia e la sua salute è perfetta.”. “Ma di che cosa sta parlando?”, chiesi. Tornò a sedersi alla scrivania, appoggiò i gomiti sul vetro del piano e riprese in mano la penna ghiacciata. “Devi capire che Cara non andava bene per Nix. Lei non era la prescelta, ho dovuto rimandarla a casa. Ora è al sicuro e non avrà più problemi riguardanti i guardiani.”. Pensai che da come mi stava guardando, il re, sembrava volermi congelare come la penna che teneva in mano. “Perché ha detto a tutti che era morta?”, chiesi. Era stato un vero e proprio bastardo, dire a tutti gli abitanti del castello che era morta, soprattutto a Nix che l'amava. Ero infuriata per loro. “Perché se avessi detto a Nix che era viva tu non saresti qui e il mondo sarebbe già nelle mani di mio fratello.”. “Non ha alcun senso.”, dissi. “Certo che ne ha. Cara non andava bene, tu si. Il tatuaggio che porti sulla schiena lo dimostra.”. Stavo iniziando a respirare a fatica, forse per la rabbia che provavo in quel momento verso l'uomo che avevo difronte. Volevo alzarmi dalla sedia e prenderlo a pugni ma ogni minimo movimento che facevo mi sembrava faticosissimo. “Non crederà a uno stupido tatuaggio? In qualsiasi caso non voglio sposare Nix, e stia pur certo che appena uscirò da quest'ufficio andrò a dire la verità a chiunque. Nessuno si merita tanto dolore.”. Riuscivo a malapena a tenere gli occhi aperti. Ibernis mi sorrise e disse: “Ti sfido a dirlo a mio figlio quando sarete entrambi chiusi nella stessa stanza. Vuoi rischiare di morire. Se mio figlio s'infuria può diventare anche peggio di me.”. “Che vuol dire...nella stessa stanza?”. Avevo assoluto bisogno d'aria, non riuscivo a respirare, sentivo troppo caldo e le palpebre non volevano rimanere alzate. “Significa che, a volte, le storie d'amore hanno bisogno di un piccolo aiuto. Ora, non lottare contro la stanchezza e il caldo, chiudi gli occhi. Non resisterai per molto. Anthea mi ha assicurato che quella pianta avrebbe funzionato.”. Ma non eravamo amiche? Che cosa mia avevano fatto? Non riuscii a resistere, l'ultima cosa che sentii dire da Ibernis fu: “Sposerai mio figlio, che tu lo voglia o meno.”. Dormii per quello che mi sembrò un'infinità. Nemmeno facendo un intero giorno di palestra sarei stata in grado di dormire così tanto e così bene. “Ella? Ella, svegliati!”. Era Nix, perché sembrava così preoccupato? “Ella! Dannazione!”. Aprii gli occhi. “Ella!”. Mi alzò dal letto su cui ero stesa e mi abbracciò come se non mi vedesse da giorni. “Che succede?”, chiesi ancora stordita dal sonno. Il profumo di menta era fortissimo. “Mi dispiace. È tutta colpa di mio padre. Io non sapevo niente.”. Mi scostai dall'abbraccio. “Di cosa?”. Non capivo. “Non vedi? Siamo chiusi dentro questo specie di appartamento. Ci sono guardie fuori ogni porta o finestra, tutte chiuse a chiave.”. “Che cosa significa?”. Mi guardai attorno, sembrava veramente un piccolo appartamento. In quel momento eravamo nella camera da letto. Una parete era tutta una finestra in vetro come nell'ufficio di Ibernis. Il letto matrimoniale era a baldacchino e con le lenzuola blu. Spinsi via Nix e andai in quello che pensai fosse un salotto con televisione e divano. C'era anche una cucina. “Che cosa vuole che facciamo?”, chiesi a Nix. “Credo che voglia che noi proviamo a vivere assieme per qualche giorno...”. Lui non sapeva nulla, glielo leggevo in faccia. Mi abbattei sulla prima porta che trovai e iniziai a riempirla di pugni. Non avevo nessuna intenzione di rimanere sola con Nix, non volevo “provare a vivere” con lui come se fossimo già sposati. Era da pazzi! “Ella! Fermati!”. Le braccia di Nix mi strinsero e mi scostarono dalla porta. “Smettila, ti farai del male.”. “Tanto meglio.”, dissi. Mi sembrava di essere in un incubo. “Allora facciamo così...”, dissi. “Tu dormi sul divano e io sul letto. E per favore, troviamo un dannato modo per uscire da questa prigione!”. “Ella, è impossibile uscire. E poi, ci hanno rinchiusi qui dentro e tu l'unica cosa a cui pensi è dove farmi dormire questa notte? Dormirò sul letto, non voglio svegliarmi con la schiena a pezzi.”. Il solo pensiero di vivere con Nix mi faceva venire la pelle d'oca. Mi calmai e Nix mi lasciò le braccia libere. “Non è difficile vivere assieme, basta farci l'abitudine.”. Si, bastava farci l'abitudine, ma lui non sapeva che Cara era viva e vegeta e che viveva a New York. Ibernis si riferiva a quella stanza, lui aveva già preparato tutto. Aveva già programmato di rinchiuderci come animali in una gabbia. Prima che mi addormentassi, nel suo ufficio, aveva detto che avrei sposato suo figlio in un modo o nell'altro. Fino a quel momento era stato gentile con me. Se avessi continuato ad oppormi al matrimonio avrebbe sicuramente usato le maniere forti. La porta del mini-appartamento si aprì e ne entrò Silas. Appena lo vidi la mia rabbia tornò a farsi sentire. Mi scaraventai su Silas e iniziai a picchiarlo più forte che potevo. Il principe dell'autunno riuscì a bloccarmi tirandomi un braccio dietro la schiena. “Che cavolo ti è saltato in mente, Ella?!”. “Maledetti! Voglio uscire da qui!”, urlai. “Sia tu che Nix rimarrete qua dentro fino al giorno delle nozze di Sol e Andres. Non lamentatevi, è una buona idea. Qui, siete al sicuro e sotto controllo, nessuno può farvi del male.”. “E chi mai dovrebbe farci del male?!”, chiesi scocciata. Stando addosso a Silas riuscivo a sentirne benissimo il profumo, vaniglia e cannella. “Caos e suo figlio Damon. In qualsiasi caso, non vi lascerò uscire. Per Ibernis è un buon modo per far nascere una storia d'amore, per me, è un buon modo per tenervi al sicuro.”. “Lasciami andare.”, dissi. Silas lasciò il mio braccio e io mi allontanai dai lui. “Ella, Ibernis ci ha costretti. Non possiamo andare contro i suoi ordini.”. Dannato re dell'inverno che aveva mentito a tutti anche su Cara. “Stare in questo appartamento tre giorni non ti farà morire, Ella.”. Perché a Nix andava sempre bene tutto? “Sai che ti dico? Va bene, sono tre giorni. Ci sto.”. Mi sorrisero entrambi. In quei tre giorni mi sarei fatta odiare da Nix. Era un piano perfetto. Settantadue ore per fargli capire che ero quella sbagliata e che non era una buona idea sposarsi con una rompi scatole come me. Ricambiai il sorriso. “Allora, vi lascio soli.”, disse Silas. Ci salutò frettolosamente e ci disse solo che il suo compito era quello di venirci a controllare ogni tanto, giusto per vedere cosa stavamo combinando. Alzai gli occhi al cielo. Non eravamo bambini. Uscì dalla porta da cui era entrato. Mi girai verso Nix. “Che cosa vuoi per cena?”, mi chiese. “Sono un bravo cuoco.”. Lo fulminai con lo sguardo. “Attento a quello che fai.”, lo avvisai. “Potrei non rispondere delle mie azioni. Vuoi del tè?”, disse andando verso il banco della cucina. “Non berrò mai più tè in vita mia!”, gli urlai dietro. Avevo imparato la lezione, basta tè offerto dagli altri. Mi era bastata una volta e mi ero ritrovata rinchiusa in un appartamento con un ragazzo, con occhi meravigliosi, ma pur sempre un ragazzo. Cielo! Cosa mi aspettava?

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Il patto di sangue ***


CAPITOLO 9: “Riformulo la domanda.”, disse Nix. “Che cosa preferisci per cena?”. “Fai quello che vuoi. Tanto non ho fame.”, risposi. “Vado a farmi una doccia.”. “Ti serve aiuto con il vestito?”. Alzai gli occhi al cielo. Non avrei fatto lo stesso errore di quella sera in cui avevo dovuto chiamarlo per aprire i bottoni del vestito che lui stesso aveva deciso di farmi indossare. “Faccio da sola!”, gridai andando verso il bagno che si trovava in camera da letto. Era identico a quello che c'era nella scorsa camera in cui ero stata. Presi dall'armadio i vestiti di ricambio, finalmente si erano decisi a mettere capi di colori diversi dal bianco. Andai in bagno, tolsi tutto quello che avevo addosso e mi buttai sotto il getto dell'acqua della doccia. Quella volta regolai subito la temperatura dell'acqua a 0 °C. Fare la doccia era da sempre stato un buon rimedio contro il continuo flusso di pensieri. Rimasi almeno venti minuti sotto l'acqua poi uscii, mi asciugai e mi misi leggings e maglione blu. Andai in salotto con ancora i capelli bagnati. “Ti ammalerai così”, disse Nix. Sbuffai. “Ma figurati!”. “Puoi controllare che la parmigiana che ho messo in forno non prenda fuoco? Ho bisogno anche io di una doccia.”. Annuii e mentre lui si dirigeva verso la camera andai a curiosare cosa aveva cucinato. Nel forno, come mi aveva detto, c'era la parmigiana, nel frigorifero c'era un tiramisù, nel freezer c'era della frutta ghiacciata, proprio come piaceva a me. Sul fornello c'era una pentola con acqua e sale per la pasta, e accanto, un'altra pentola stava cuocendo del ragù. Presi un grissino, lo passai un po' nel ragù e lo mangiai, era proprio buono. Mi sorpresi della bravura di Nix in cucina. Per far passare un po' il tempo andai a sbirciare in una libreria a muro colma di libri. C'erano moltissimi classici come i racconti di Kafka, Orgoglio e pregiudizio, I Malavoglia, il Decameron, e molti altri. Decisi di prendere Orgoglio e pregiudizio, era da un po' che avevo intenzione di leggerlo. Mi stesi sul divano bianco, che se fosse stato a casa mia, in campagna, dopo un giorno sarebbe diventato nero, e iniziai la mia lettura. Mi immersi così tanto nel romanzo che non mi accorsi dell'odore di bruciato e di Nix che, con solo un paio di pantaloni, correva verso il forno. “Ella! La parmigiana!”. Alzai gli occhi dal libro e vidi il fumo che usciva dal forno. Sorrisi. Senza essermene accorta avevo già combinato un danno. Peccato che avevo appena bruciato parte della nostra cena. “Che succede?”, chiesi indiscreta. “Che succede?! Ma mi stai prendendo in giro?!”. Aveva una presina nella mano destra e stava tirando fuori la bollente pirofila di parmigiana, ormai non più parmigiana, dal forno. Buttò il tutto nel lavandino poi, si diresse verso le finestre e le aprì tutte per far uscire il fumo. Io continuai la mia lettura senza far caso ai movimenti di Nix. Stavo leggendo tutta intenta il sesto capitolo quando Nix mi strappò il libro dalle mani. “Ehi!”, dissi scocciata. “Ci avevo messo tre quarti d'ora per fare quella parmigiana.”. Sorrisi soddisfatta. “Ho capito a che gioco stai giocando.”, disse. “Ah, sì?, ribattei io. “Si. Stai cercando di farmi arrabbiare e di convincermi a buttarti fuori da qui.”. “Dammi il libro!”. Scoppiò a ridere. “No. Prima pulisci il disastro che hai fatto poi puoi continuare al leggere.”. Incrociai le braccia al petto e rimasi stesa sul divano. Non sarei morta senza leggere, e poi, c'era un'intera libreria colma di romanzi che non avevo mai letto. “Sai, dovresti metterti una maglietta o ti ammalerai.”, dissi. “I guardiani non si ammalano mai.”, detto quello si chinò e mi prese in braccio. Io iniziai a prenderlo a pugni sulla schiena. Mi stava portando davanti al lavandino. “Non esiste la lavastoviglie qui?!”, urlai. “No”, rispose. “Ora, pulisci.”. “Se no? Che mi fai?”, lo sfidai. Mi sorrise. “Se no, dormi sul divano.”. Scoppiai a ridere, se dovevo fare solo quello, quale era il problema? “Mi stai prendendo in giro? Dormire sul divano? Non morirò. Sono stata in campeggio e ho dormito in posti peggiori di un divano!”. “Come vuoi”, disse. “In qualsiasi caso, voglio vedere la pirofila pulita.”, detto quello andò verso la camera, probabilmente per mettersi finalmente una maglietta. Sulla schiena si vedeva perfettamente il meraviglioso tatuaggio a forma di albero. C'erano disegnati dei fiori del tutto sbocciati, eravamo nel pieno della primavera. Mi avevano rapita la mattina del 27 Marzo. Qui, al castello, erano ormai passati due giorni, quindi, nel mondo reale era la sera del 30 Marzo. Mi girai verso il lavandino e mi misi al lavoro. Avevo fatto un disastro con quella parmigiana, si era bruciata e poi si era attaccata tutta alla pirofila. Ci misi un quarto d'ora a pulire il tutto. Nel frattempo Nix era tornato in salotto completamente vestito e si era steso sul divano a guardare la televisione. Finito il mio lavoro al lavabo alzai la fiamma della pentola con l'acqua della pasta per farla bollire e poi raggiunsi Nix sul divano. Cercai di fare meno rumore possibile, si era addormentato. Usai tutto il mio autocontrollo per non scoppiare a ridere, aveva il telecomando in mano e sembrava si fosse addormentato esattamente nel momento in cui voleva cambiare canale. Mi voltai a vedere cosa stesse guardando. Era un telegiornale. Mia madre era fissata con i telegiornali, io li odiavo, ogni giorno doveva vederne almeno uno. “Veniamo ora alle notizie che ci hanno coinvolto maggiormente negli ultimi giorni.”, disse una donna. Era riccia, capelli rossi e indossava un tailleur nero con camicia bianca. Se pensavo ad una giornalista la immaginavo esattamente come quella che stavo fissando in quel momento. “Purtroppo”, continuò. “Non ci sono nuove notizie riguardanti la ragazza italiana di nome Ella scomparsa in Inghilterra. Le autorità, sia italiane, che inglesi stanno facendo del loro meglio per trovare indizi riguardanti il caso. Ci colleghiamo ora con l'inviata Claudia Biasi che è con la madre della ragazza scomparsa.”. Stavano parlando di me! E quella giornalista era accanto a mia madre, proprio in quel momento. Appena vidi la figura di mia madre quasi non mi buttai addosso alla televisione per cercare di abbracciarla. Mi accucciai il più possibile vicino allo schermo. Mia madre era cambiata molto dall'ultima volta che l'avevo vista. Le leggevo la disperazione negli occhi gonfi e arrossati per il pianto. “Vuole fare una dichiarazione?”, chiese la giornalista. Mia madre annuì tenendo a stento le lacrime che, al contrario, a me avevano già iniziato a rigare il volto. “Si.”, disse. “Voglio solo chiedere la restituzione della mia bambina. So benissimo che ci sono poche possibilità che sia viva. Vi chiedo solo il suo corpo, mi basta quello. Vi prego...”. Non riuscì ad aggiungere altro scoppiò a piangere. Si fece avanti alle sue spalle una figura che riconobbi subito. Era mio fratello David. Gli leggevo in faccia pura rabbia. “Chiunque abbia preso mia sorella la pagherà! Se non torna a casa viva e vegeta vedrete che cosa vuol dire affrontare l'amore fraterno. Andiamo via, mamma.”, disse. Il mio fratellino, quanto gli volevo bene. Quanto avrei voluto dir loro che ero viva e vegeta, avevo solo un piccolo problema matrimoniale che avrei risolto in pochi giorni e poi sarei tornata a casa. Qualcuno alle mie spalle spense la televisione. Nix si era svegliato. Mi alzai da terra e andai in cucina senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. “Hai ascoltato tutto. Vero?!”. Aprii il frigorifero e cercai una bottiglia di acqua. “Mangiamo, Ella.”. Mi voltai verso Nix e lo fulminai con lo sguardo. “Hai sentito tutto e l'unica cosa che sai dire è: Mangiamo, Ella?!”. Ero più che infuriata. Scossi la testa a andai a prendere un bicchiere dalla mensola in vetro. Era la mai famiglia quella che stava soffrendo come non mai, non la sua. “TI ho promesso che saresti rimasta qui solo quindici giorni, e io mantengo sempre le promesse.”, disse. L'espressione sul suo volto era indecifrabile, come se non provasse nulla. “Visto che mantieni sempre le promesse non avrai problemi a fare un giuramento di sangue.”. Era una sfida, se accettava la proposta avrei potuto fidarmi di lui. Non avevo alcuna intenzione di usare la storia di Cara per vendicarmi, era una cosa troppo delicata da raccontare in quel momento. “Accetto.”. Annuii, aprii un cassetto, presi un coltello, mi feci un piccolo taglietto sulla punta del pollice, infine, passai la lama a Nix. Lui ripeté le mie stesse azioni. Ci stringemmo le mani. “Prometti di riportarmi a casa fra tredici giorni?”, chiesi. “Prometto.”, disse. Poi aggiunse: “E tu, prometti di provare a stare al mio fianco come mia principessa in questi tredici giorni?”. “Che stai dicendo?”, chiesi. “Da entrambe le persone che sigillano il patto deve esserci una promessa, altrimenti, se promette una sola persona non vale il legame di sangue.”. Sospirai. “Allora? Prometti?”. “Prometto.”. Detto quello accadde come con la scommessa di Silas. In quei tredici giorni dovevo essere la principessa dell'inverno. Non sarebbe stato un problema, in fondo, erano solo tredici giorni. Che mi costava? Sciogliemmo la stretta di mano eppure sentivo ancora uno strano legame. Era una sensazione bruttissima, come se fossi stata in grado di sentire ogni cosa che sentiva anche Nix. “Buttiamo giù la pasta?”, mi chiese cambiando completamente argomento. “Perché mi sento così strana? Con Silas non mi sentivo così.”, dissi. “Ah! Ecco da chi hai saputo del patto di sangue. Dovrai aspettare tredici giorni prima di tornare a sentirti normale. In questo momento tu ed io siamo legati, come da un filo. Ti ci abituerai.”. “Non mi piace.”. Mi sorrise. “L'hai voluto tu questo patto di sangue, no? Accontentati. Ora mangiamo.”. “Ma non ho fame!”, dissi esasperata. “Invece sì. Perché lo dico io.”. E si mise a cucinare. Cosse e scolò la pasta, riscaldò il sugo e impiattò il tutto. Io non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso, volevo fare le stesse cose che faceva lui. Era una sensazione stranissima. “Ora hai fame?”, mi chiese. A pensarci bene, sì, mi era venuta fame. Come era possibile? Fino a pochi minuti prima avevo lo stomaco chiuso in una morsa di rabbia e malinconia. “Sì.”, risposi frastornata. Ci sedemmo a tavola e mangiammo la pasta in silenzio, poi, Nix si alzò, prese il mio e il suo piatto e andò al lavandino a lavarli. “Vuoi che ti aiuti?”. Quella domanda mi era uscita dalla bocca senza che nemmeno me ne accorgessi. Mi stavo preoccupando. “Certo, tu asciughi.”. Mi alzai dal tavolo, presi uno strofinaccio e iniziai ad asciugare mentre lui insaponava e lavava. “Perché faccio volentieri tutto quello che dici?”. Come risposta mi spruzzò l'acqua in faccia. “Ehi!”. Lui scoppiò a ridere. Che bel sorriso che aveva! Ed era meraviglioso guardare come gli occhi gli si illuminavano, diventavano più azzurri. Per vendicarmi presi la bottiglia d'acqua dal tavolo e gliela versai tutta sulla testa. “Ho già fatto la doccia!”, esclamò ridendo come un matto. “Anche io! E adesso mi toccherà anche cambiarmi di nuovo.”. “Sì e ci toccherà anche asciugare il pavimento.”. “Su! Prendi anche tu degli stacci.”, dissi. Proprio in quel momento dalla porta principale entrò Silas. “Vedo che vi state divertendo.”, gli leggevo la soddisfazione in faccia. “Ciao anche a te.”, dissi. “Ciao, Ella. Sono solo passato a controllare come vi avevo detto.”. “Fai come vuoi.”, disse Nix. “Noi dobbiamo asciugare questo disastro che ha fatto Ella.”. “Ehi! Sei stato tu ad iniziare!”. “E va bene, lo ammetto.”. Mi tirò lo straccio tutto bagnato in faccia, io feci la stessa cosa. “Ok, meglio vi lasci soli.”, disse Silas, dopo essere tornato dalla camera da letto. “Come? Non rimani per il dolce?”, chiese Nix. “E' un tiramisù.”, aggiunsi io. “Mi dispiace, devo parlare con Ibernis.”. “E di cosa?”. Ero curiosa, volevo sapere. Anche se, avevo già capito, che sicuramente doveva andare dal re e dirgli che stavo iniziando a collaborare. Eppure, avevo la sensazione che tutta quella simpatia che stavo provando in quel momento per Nix fosse causata dal patto di sangue. Ero convinta che passati tredici giorni, quella strana attrazione, se ne sarebbe andata . “Devo dire al re che qui va tutto bene. Niente di che. Vi auguro una buona notte, non verrò a disturbarvi mentre dormite. Perché, avete proprio bisogno di dormire...”. Nix sorrise all'amico. “Che vuoi dire con dovete dormire?”. “Non fate danni. Mi basta non facciate danni.”, disse Silas. Ci salutò e ci lasciò nuovamente soli. “Hai finito di asciugare?”, mi chiese Nix. Annuii. “Vado a cambiarmi.”, dissi. “Sono fradicia.”. Mi cambiai il più in fretta possibile. Per un qualche motivo non sopportavo l'idea di lasciare da solo Nix. “Dovresti cambiarti anche tu.”, dissi tornando in cucina. “No, non adesso.”. “Ok.”. “Tiramisù?”, mi chiese porgendomi un piatto con una fetta di dolce. Accettai sorridente. “Sembri di buon umore.”, disse poi. “Sì, però non so perché.”. “Io credo di sapere perché.”, azzardò. Lo guardai in faccia. “Perché?”, chiesi. “Perché i patti di sangue, se devono durare per un lungo periodo, fanno questo effetto a chi non è del tutto un guardiano.”. “Che effetto?”. Non capivo, io credevo di comportarmi come sempre. “Se non si è del tutto guardiani, fare patti di sangue, diventa pericoloso. Un patto di sangue prolungato lega sentimentalmente le persone che hanno fatto la promessa.”. “Ma tu non mi hai detto niente!”. Ecco perché volevo stargli sempre accanto mentre lui sembrava il Nix di sempre. “Quando noi guardiani ci sposiamo facciamo un patto di sangue. Promettiamo l'uno all'altra di amarci fino alla morte. Quel legame è talmente potente, e comprende un arco temporale così lungo, che anche se l'umano non ama del tutto il guardiano, finisce per innamorarsi. Altrimenti, sarebbe troppo difficile trovare una persona con un corpo in grado di reggere i poteri che le cedi e in grado di innamorarsi di te.”. Pensai: fino a quel momento non sapevo che cosa mi avrebbe fatto Ibernis se non avessi accettato il matrimonio con Nix, ora lo sapevo. Mi avrebbe costretta a fare un patto di sangue che comprendeva tutta la durata della mia vita, e allora, sarebbe stato un bel problema. Avrei avuto occhi solo per Nix. “Perché non mi hai detto tutto prima?”. Più che arrabbiata ero terrorizzata. “Perché non voglio che tu sia costretta a fare ciò che non vuoi fare. Conosco mio padre, sei quella giusta e non ti lascerà andare fino a quando non sarai la principessa dell'inverno.”. “Non ci si può innamorare a comando, Nix. All'amore serve tempo. Una volta su una cartina dei baci perugina ho trovato una frase che diceva: “L'amore è un'erba spontanea, non una pianta da giardino”.”. Scoppiò a ridere. “Paragonare l'amore a una pianta da giardino? Mi mancava.”. “Sì, anche a me.”, ammisi. “Il punto è, non posso comandare ai miei sentimenti. È stupido!”. “Lo so.”. “Sai...”, aggiunsi. “Il tiramisù era proprio buono”. Riuscii a farlo sorridere. “Come facciamo passare il tempo qua dentro?”, mi chiese. Avevo capito che avevo intenzione di cambiare argomento. Mi guardai attorno per cercare qualche cosa da fare, vidi una vetrina colma di DVD. “Possiamo guardare un film.”, proposi. “Ci sto. Puoi sparecchiare tu? Vado a mettermi qualche cosa di asciutto.”. “Era meglio se seguivi il mio consiglio, potevi cambiarti prima, adesso sarai congelato!”. “Vuoi sentire se sono congelato?”, mi propose. “No.”, dissi sorridendo. Non mi accorsi in tempo di Nix che stava per abbracciarmi, così, finii fra le sue braccia ghiacciate. Cercai di liberarmi ma lui non accennava a lasciarmi andare. “Sei un blocco di ghiaccio!”, gridai. Come risposta mi strinse ancora più forte. “Profumi ancora di menta.”. “E tu ancora di lampone.”, disse. “Mi stai bagnando di nuovo. Sei un disastro.”. “Anche tu”, mi sussurrò all'orecchio. Si staccò dall'abbraccio e andò in camera. Io per passare il tempo decisi di andare a curiosare tra le varie pile di DVD. Erano così tanti! Mi ricordai del libro che mi aveva tolto dalle mani per farmi andare a lavare il disastro che avevo combinato con la parmigiana. “Ti ricordi che devi ancora darmi indietro Orgoglio e pregiudizio, vero?”, chiesi a Nix, urlando per farmi sentire fino in camera. “Si! È qui se vuoi.”. Andai in camera per prendere il romanzo e trovai Nix che si stava infilando la maglietta. L'acqua sui capelli si era congelata. “Ti si sono congelati i capelli, lo sai?”, chiesi. “Cosa?!”, corse a guardarsi allo specchio. Non mi piacque la faccia che fece vedendo come erano diventati i suoi capelli neri. “Non è un bene.”, disse. “E perché?”. “Perché sto peggiorando.”. Chiuse gli occhi, si concentrò e i capelli tornarono normali. “Che significa che stai peggiorando?”. “Significa che da un giorno all'altro potrei diventare come Caos se non trovo moglie al più presto.”. “E' assurdo! Perché siete costretti a sposarvi?”, dissi. Ero più infastidita io di lui. “Te l'ho già spiegato. È un buon modo per costringerci ad avere figli, altrimenti non ci sarebbero altri guardiani.”. Scossi la testa. “C'è sempre un altro modo.”. “No, in questo caso no.”. “Quando compirai diciannove anni?”. Non glielo avevo mai chiesto, ed era una domanda abbastanza importante. Nix sospirò. “Quando?”, lo intimai. “Tra tredici giorni esatti.”. “Ma sei pazzo?! Tra tredici giorni scade il nostro patto di sangue!”. “Non sono pazzo, avevo già calcolato tutto. Se con te non funziona, non ci sarà bisogno di un'altra ragazza. Sarà tutto finito.”. Era serissimo mentre lo diceva ed era anche stranamente calmo. “Io mi fido di te, Ella.”. “Come fai a fidarti di me? Mi conosci da solo due giorni.”. E anche io lo conoscevo solo da due giorni. “Ma io ti conosco da tutta una vita. Questo che sta accadendo era già stato scritto da tempo.”. Anche lui con quella storia del destino. Erano tutti uguali? “L'ho già detto a Silas e lo ripeto, il mio destino lo decido io, non mi interessa se delle stupide leggende dicono altro.”. “Ella, non è il momento di mettersi a discutere per queste cose.”. Voleva cambiare argomento, come sempre, ma non sapeva più a cosa aggrapparsi. “No. Non cambiamo argomento, altrimenti quando parleremo di queste cose? Quando mi avrete già costretta a sposarti e sarò pazzamente innamorata di te?”. Era tutta colpa di quelle sciocche leggende, mettevano in testa a quella gente strane idee. Dovevo dimostrare loro che erano solo storielle per bambini. “Seriamente, mi dispiace moltissimo per te, che ormai non sei più in grado di controllare i tuoi poteri, e mi dispiace anche che tu non abbia ancora trovato la ragazza giusta. Ma... stai approfittando del fatto che se non ti sposassi mi sentirei tremendamente in colpa.”. Avevo il capo chino quando dicevo quelle cose così l'alzai e mi ritrovai a fissare i meravigliosi occhi azzurri di Nix. Si era avvicinato e io non ci avevo nemmeno fatto caso. “Sai che ti dico?”, disse. “Io farò di tutto perché tu un giorno possa amarmi. Non mi importa cosa farai per allontanarmi, non ci riuscirai.”. Era determinato come non mai. “Perché? Non amavi Cara?”, chiesi. “L'hai detto tu stessa. Cara è passato. Ora ci sei tu.”. “Sembro quasi un rimpiazzo detta così.”. Lui scosse la testa. “Non sei un rimpiazzo. Non potrei mai azzardarmi a chiamarti rimpiazzo.”. “Sostituta?”, proposi. Sorrise. “Non molli mai, vero?”. “No. Come credi di convincermi a restare?”, chiesi. Era una domanda azzardata, eppure, mi sembrava la cosa giusta da fare. “Così...”. Avvicinò dolcemente il viso al mio, il profumo di menta si fece più intenso e quando capii cosa intendesse fare cercai di fermarlo. Non feci in tempo. Le sue labbra si posarono sulle mie, all'inizio incerte e poi più sicure. Io agganciai le braccia dietro al suo collo e lui mi attirò più vicina mentre mi accarezzava la schiena. Il suo bacio sembrava stranamente familiare, molto probabilmente perché mi aveva già baciata, ma io non me n'ero accorta. Mi aveva rubato il mio primo bacio! Ero in una nuvola di menta e freschezza, mi sembrava di avere dei piccoli pezzettini di ghiaccio che mi scivolavano sulla schiena e mi facevano venire la pelle d'oca. Il problema era che, stavo baciando un ragazzo stupendo, con due occhi da sogno, in una camera da sogno e tutto quello a cui pensavo era Cara. Nix non sapeva ancora niente, e io, dopo un bacio così, come potevo dirgli tutto? Come potevo rovinare un momento così perfetto? La risposta era semplice: non potevo. Cercai di staccarmi dolcemente da lui ma mi attirò ancora più vicino. Sentivo il suo petto che si alzava e si abbassava velocemente al ritmo del suo respiro. Era così dolce, ma così disperato.... Una lacrima mi scese sulla guancia.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Un caldo abbraccio ***


CAPITOLO 10: “Perché stai piangendo?”, mi chiese Nix togliendomi la lacrima dalla guancia. “Non mi sembrava di essere stato così brusco...”. “Non sei tu il problema.”, dissi. “E' positivo che non sia io il problema?”. Mi scostai immediatamente da lui. “E' possibile che pensi solo ad un modo per farmi cadere ai tuoi piedi?!”. “Ella, non intendevo quello.”. “Io mi preoccupo per te e...”, Nix mi fermò prima che riuscissi a continuare. “Che vuol dire che tu ti preoccupi per me?”. Scossi la testa. “Non importa.”. “Si che mi importa. Che cosa devi dirmi?”. Non fiatai. Non gli avrei mai detto di Cara in un momento così delicato, dovevo trovare una soluzione al quel problema al più presto. “Fai come vuoi.”, detto quello uscì dalla camera e mi chiuse la porta in faccia sbattendola. Mamma mia se era suscettibile, aveva la calma di un procione imbestialito. Sentii che accendeva la televisione e alzava il volume al massimo. Era convinto che mi sarei arrabbiata solo per quella piccola cosuccia? Oh, aveva tanto da imparare il povero Nix. Non sapeva che riuscivo ad addormentarmi anche con le cuffie dell'iPod nelle orecchie. E poi, cosa continuava ad arrabbiarsi con me? Era lui il primo che non diceva mai niente. Avrei voluto prenderlo a pugni! Il suo profumo di menta mi si era attaccato tutto ai vestiti e avevo ancora il gusto delle sue labbra sulle mie. Il legame di sangue che avevamo fatto cercava il modo di convincere la mia rabbia a spegnersi. Maledetta quella volta che mi è venuto in mente di fare quel dannato patto, perché mi complicavo sempre la vita da sola? Dovevo togliermi il suo profumo di dosso. Cambiai vestiti e mi lavai i denti, ma non funzionò molto. Non volevo fare un'altra doccia, dicono rovini la pelle, e io ci tenevo alla mia pelle, non volevo rovinarla solo a causa di un lunatico principe dell'inverno. Mi buttai sul letto e feci un respiro profondo. Santo cielo! Anche il letto aveva il suo profumo. Mi perseguitava ovunque andassi. Girando la testa qua e là mi accorsi che dentro uno degli stivali bianchi che avevo usato quel giorno c'era qualche cosa. Il libro che avevo rubato! Corsi a prenderlo immediatamente. Come avevo potuto dimenticarlo? Mi sedetti sul bordo del letto e iniziai a sfogliarlo. Trovai subito la leggenda dei due innamorati e mi accorsi che la trama era completamente differente da quella che mi aveva raccontato Silas. Quindi, le ipotesi erano due: o non sapeva la vera versione della leggenda o aveva deciso di tralasciare delle informazioni apposta. Optai per la prima ipotesi, Silas non era un ragazzo che mentiva. La leggenda del libro diceva così: Inizialmente a regnare era Caos, si era innamorato di Natura, ma essa, essendo che non ricambiava, fu costretta a sposarlo contro la propria volontà. Dal loro matrimonio nacque l'universo, e con esso anche dei figli: due maschi e due femmine. Natura li chiamò ognuno per nome: Inverno, Estate, Primavera e Autunno. Tutta la famiglia decise di trasferirsi su un pianeta abitato chiamato “terra”. Fu proprio lì che uno dei quattro figli, Inverno, si innamorò di una giovane terrestre, decisero di sposarsi in segreto. Non fu una buona idea, quando Caos lo venne a sapere fece uccidere la ragazza. Natura e i suoi quatto figli, ormai stanchi, arrabbiati e devastati dal lutto di Inverno, decisero di allearsi. Non riuscirono a distruggere Caos, ma riuscirono comunque a rinchiuderlo in un angolo dell'universo, in attesa che un giorno qualcuno trovi il modo di ucciderlo definitivamente. I quattro figli si spartirono il regno del padre, pensando che ognuno avrebbe potuto regnare per un certo periodo dell'anno: Autunno decise che avrebbe regnato dal 23 Settembre al 21 Dicembre; Inverno decise che il suo regno sarebbe stato dal 21 Dicembre fino al 20 Marzo. Le due figlie femmine decisero di prendersi i periodi più caldi dell'anno. Primavera avrebbe regnato dal 20 Marzo fino al 21 Giugno, infine, Estate avrebbe regnato dal 21 Giugno fino al 23 Settembre. La madre, Natura, essendo immortale, promise che avrebbe protetto per sempre la sua famiglia. Passarono gli anni e i primi guardiani iniziarono ad accorgersi che i loro poteri stavano prendendo il sopravvento. Pensarono, che essendo figli di Caos, il male che scorreva nelle loro vene volesse rimpiazzare il bene. La madre trovò subito una soluzione al problema, fece fare un patto di sangue a vita ad ogni figlio, così che parte dei poteri ricadesse nelle mani di un terrestre e alleggerisse il carico di responsabilità a un guardiano. Era come un vero e proprio matrimonio. Passarono altri anni e ogni coppia di guardiani ebbe un bambino o una bambina. Inizialmente tutti si spaventarono e pensarono che i nuovi nati non possedessero i poteri dei genitori perché nessuno dei quattro piccoli guardiani possedeva il tatuaggio dei primi guardiani. Capirono subito di essersi sbagliati, i poteri erano stati trasmessi anche alla prole senza alcun problema. Verrà un giorno in cui la leggenda si ripeterà nuovamente, ma forse, allora, non sarà il bene a trionfare. “Ella?”. La voce di Nix mi riportò alla realtà. “Non dovresti credere alle cretinate di quel libro.”. “Le consideri cretinate?”, gli chiesi. “Si”, rispose avvicinandosi e sedendosi sul bordo del letto accanto a me. “Soprattutto la storia che stai leggendo ora, la considero una cretinata.”. “Silas me l'aveva raccontata in un altro modo...”. “Vedi? Se non credi a me, credi almeno a lui.”, disse. “Ma lui non mi ha nemmeno detto dell'esistenza di questo libro, a quale storia dovrei credere secondo te?”. Sospirò. “Silas non mente mai, Anthea sì, ma...”. Scosse la testa. “In poche parole: sarebbe la fine del mondo se lui mentisse.”,conclusi io. Buttai il libro delle leggende sul comodino affianco al letto e mi stesi a pancia in su. Aveva ragione Nix, che mi importava di quelle stupide leggende? “Perché sei tornato in camera?”,chiesi cambiando argomento. “Perché, se ti ricordi, dovevamo guardare un film assieme”, rispose stendendosi accanto a me. “A meno che...”. “A meno che...cosa?”. Stranamente sapevo già cosa gli passava per la testa. “A meno che tu non preferisca stare in camera.”, disse. Mi voltai sul fianco sinistro, lo guardai in faccia e gli dissi scandendo il meglio possibile le parole: “Te-lo-puoi-scordare.”. “Afferrato il concetto.”. Stava sorridendo. Che bel sorriso che aveva... Mi alzai di scatto dal letto. “Allora, che film guardiamo?”, chiesi. “Romantico?”, propose. “Mi stai prendendo in giro?”. Scoppiò a ridere. Sì, mi stava prendendo in giro. “Devi smetterla di fare lo scemo.”, dissi. “Ehi! Non sto facendo lo scemo! Così mi ferisci, Ella.”. Mi stava guardano con la faccia più dolce che possedeva, e se credeva che io sarei cascata ai suoi piedi si sbagliava di grosso. Alzai gli occhi al cielo, andai in soggiorno e mi stesi sul divano senza lasciare un posto libero a Nix. “Grazie per avermi tenuto il posto, ma come vedi, siamo solo io e te.”, disse raggiungendomi. “Non ti sto tenendo il posto.”. “E va bene...”. Cercò di sedersi sopra di me ma io mi scostai subito. “Ci avrei scommesso che ti saresti spostata. Sembra che tu sia allergica al contatto fisico.”. “Solo un po'...”, ammisi. “Credevo mi avresti preso a schiaffi dopo che ci siamo baciati, invece, ti sei messa a piangere. Perché?”. Ed eccolo che riparte alla carica. “Ti ho già detto che non sono affari tuoi.”. Beh, non esattamente, erano affari suoi. “No, non hai nemmeno parlato, semplicemente piangevi e non mi guardavi in faccia. È perché ti manca casa?”. Scossi la testa, Nix sospirò e si fece più vicino. “Magari ti posso aiutare.”. “No, se ti dicessi la verità, credo che poi saresti tu quello che avrebbe bisogno di aiuto.”. “Bene. Voglio sapere la verità, non mi importa.”. Povero Nix, non immaginava minimamente che cosa dovevo dirgli. “Sei già fidanzata?”, mi chiese. Lo guardai a occhi spalancati. Figurati! Era lui l'unico pazzo che mi voleva. “No, no!”, risposi. “Ok, allora parla.”. Inspirai e espirai profondamente, i suoi occhioni azzurri mi stavano fissando talmente intensamente che mi stava mettendo in soggezione. “Va bene, smettila di guardarmi così e promettimi che non distruggerai tutto l'appartamento.”. “Senza patto di sangue?”. Avevo imparato la lezione, mai più patti di sangue, solo in casi estremi. “No. Mi fido della tua parola.”. Annuì. Dovevo trovare una scusa, e al più presto, non potevo parlargli di Cara, appena avrebbe saputo che era viva sarebbe scoppiato come una bomba atomica e come minimo l'appartamento sarebbe finito male. “Allora..em...sì, insomma...”, farfugliai. “Vai al punto, Ella.”, m'intimò Nix. “Prima voglio sapere una cosa.”. Ora sapevo cosa fare. “Ok. Chiedi pure ma sbrigati o il film non riusciremo mai a guardarlo.”. “Domani mattina credi che una torta al cioccolato possa piacerti?”. La scusa più stupida al mondo, come avevo potuto chiedergli una cosa così sciocca? “Non so cosa ti stia passando per la testa, ma sta sicura che con me la scusa del cambiare discorso non attacca. Sputa il rospo.”. “Non ho niente in bocca, meno che meno un rospo.”, dissi. “Ella!”. Cercai di alzarmi dal divano per scappare in camera, non avevo più voglia di vedere un film. Nix riuscì a prendermi e a bloccarmi sul divano. “Sposatati!”. Mi stava bloccando braccia e gambe, e la cosa non mi piaceva affatto. “Dimmi tutto e ti assicuro che poi ti lascio andare.”. Eravamo faccia a faccia e i suoi occhi non aiutavano certo la mia concentrazione, in quel momento sembravano blu oceano. Dovevo smetterla di fissarli. Girai la testa per non guardarlo. “Ella, guardami.”. “No.”. La tentazione di guardare i suoi occhi era troppa così chiusi i miei. Nix mi mise una mano sulla guancia e mi ruotò la testa così che io fossi di fronte a lui, peccato che avevo gli occhi chiusi. “Apri gli occhi.”, disse. “No.”. “Mi serve solo che tu mi dica perché hai pianto.”. Scossi la testa. “Posso andare a letto? Ho bisogno di dormire e non mi va più di guardare un film.”. E poi, ero talmente avvolta dal profumo di menta che mi girava la testa. Nix si arrese troppo facilmente, mi lasciò libera e io potei aprire nuovamente gli occhi. Chissà che cosa aveva in mente. “Vai se vuoi, ne parliamo domani.”. Andai verso la camera ma mi fermai a metà strada e mi girai per dirgli un'ultima cosa. “Buona notte, Nix.”. “Buona notte, Ella”. Sorrideva, anche se era uno di quei sorrisi che sul suo viso non mi piacevano affatto: freddo, impassibile. Appena arrivai nella camera da letto spostai le coperte, mi gettai sopra al materasso e mi coprii fino al mento. Non avevo freddo, ma sin da piccola stare tutta acquattata al calduccio mi piaceva tanto. Anche se provavo turbamento, tristezza, rabbia, confusione e molte altre cose la stanchezza prese il sopravvento, non ci volle molto perché le mie palpebre cedessero al sonno. “Ella?”. Ma chi mi stava già chiamando? Avevo appena chiuso gli occhi! “Ella? Svegliati.”. Mi sbagliavo o era la voce di Damon quella che sentivo da sotto gli strati di stoffa delle coperte? “Damon sei tu?”, chiesi. “Si, ti devo parlare.”, disse. “Non è un buon momento, voglio dormire, e per la cronaca, smettila di entrare nei miei sogni.”. Sbuffò. “Come hai fatto a capirlo?”. “Me lo ha detto Silas.”, dissi sbadigliando e alzandomi quel tanto che bastava per vedere Damon seduto sul bordo del letto. “Dovevo immaginarlo che lui l'avrebbe capito. Finalmente hai deciso di svegliarti, zuccherino.”. Stava sorridendo tutto soddisfatto. “Perché sei qui?”, chiesi. “Qui...intendi nei tuoi sogni? Sai, non credo di essere poi tanto male come sogno, non trovi?”. “Damon, smettila.”. Non era un sogno come diceva lui, era un incubo. “Ok, ok. Se proprio insisti, hai preso una cosa che mi appartiene.”. Ma che stava blaterando? “Non ti ho preso niente.”. “Invece sì, il libro sulle leggende dei primi guardiani, è mio e lo rivoglio. Dove l'hai nascosto?”. Si era alzato dal letto e si era messo a cercare ovunque girando per la stanza, aveva anche guardato sotto al letto. “Ma io l'avevo messo sul comodino.”, dissi. Guardai e non c'era più. “L'hanno rubato! Nix!”, esclamai. Damon scoppiò a ridere. “Ella, nessuno l'ha rubato. Il tuo subconscio non vuole che io abbia il libro, il sogno è tuo, quindi, finché non sarai tu a volerlo, il libro non comparirà mai su quel comodino.”. “Oh...”. Wow, che forte, credevo fosse Damon a comandare il mio sogno, invece, ero io. Molto bene. “Potrei anche decidere di mandarti via dal mio sogno?”, chiesi speranzosa. “No, perché riuscirei a tornare. Sono pur sempre molto più bravo di te a manipolare i sogni.”. “Sei troppo sicuro di te, un giorno o l'altro finirai male...”, dissi. “Devo considerarla una minaccia?”. Feci spallucce. “Dai...fai apparire il libro.”. Col cavolo, dovevo leggerlo prima io. “Ella, per favore, è importante.”. “Ma a cosa ti serve? Questa mattina lo hai riportato in biblioteca. Appena finisco di leggerlo puoi prenderlo.”. “Va bene, cerca di fare presto.”. “Sono abituata a leggere libri da trecento pagine in due giorni o anche meno, non ci metterò tanto. Posso dormire adesso?”. Avevo proprio sonno. “Un'ultima cosa...”. E adesso che voleva? Annuii sperando che ci mettesse poco a parlare. “Hai deciso?”. “Deciso cosa?”. Non capivo. “Cosa farai fra quindici giorni? Tornerai a casa?”. Che domande erano? Certo che sarei tornata a casa! Nella realtà erano passati quattro giorni ma mi mancavano già tutti quanti. E poi, dopo il telegiornale che avevo visto quella sera ero ancora più convinta che tornare a casa fosse la cosa giusta. Non mi importava del bacio praticamente falso di Nix, lui amava ancora Cara. “Tornerò dalla mia famiglia e dalla mia amata Italia.”. “Non mi interessa il tuo spirito patriottico. E nemmeno a te, te lo si legge in faccia. Ti piace stare qui, perché non vuoi rimanere?”. “E tu perché cerchi di convincermi a non tornare a casa come tutti gli altri? Sei il figlio di Caos, non dovrebbe nemmeno importanti delle decisioni che prendo.”. “Abbiamo già chiarito che io non voglio prendere il posto che spetta a Nix, voglio vivere come tutti gli umani, come faceva mia madre...”. “Ti manca?”, chiesi. Stavo provando compassione per lui, non adoravo quel sentimento, soprattutto perché tendevo a provarlo troppo spesso, anche per persone che non sempre se lo meritavano. “Si, mi manca. Come la tua famiglia mancherà a te, è per questo che non vuoi restare?”. Sospirai e gli feci cenno di sì, che mi mancavano parecchio. “Ma non è esattamente solo per quello, Nix ama ancora Cara e io non voglio essere la seconda scelta di nessuno.”. “Non sarai mai una seconda scelta, solo un cretino potrebbe considerati come seconda scelta, e ti assicuro che mio cugino non è un cretino.”. Sorrisi per ringrazialo, e poi pensai che forse a lui potevo dire di Cara, che era ancora viva. “Damon?”. “Sì?”. “Posso dirti una cosa che non riesco proprio a tenere solo per me?”, almeno così il peso di quel segreto si sarebbe un po' alleggerito. “Dimmi, per caso ti sei segretamente innamorata di me?”, disse scherzando, io scoppiai a ridere. “No, è più seria la cosa.”. “Oh cielo! Ti ha baciata!”, stava usando una voce stridula da pettegola e aveva iniziato a muovere le braccia come un matto per enfatizzare la cosa. Io non riuscivo più a smettere di ridere, non riuscivo più a respirare. “No, smettila! È veramente una cosa seria!”. Beh, avevo appena detto una mezza bugia, in effetti Nix mi aveva baciata, ma non erano affari suoi. “Va bene, parla.”, disse tornando subito serio. Come riuscisse a cambiare espressione in così poco tempo era una mistero. “Allora, tu che versione sai della morte di Cara?”, chiesi. “Versione? C'è ne solo una di versione, lei è morta e basta.”. “Non esattamente. Prima di rinchiudermi qui dentro, Iberni mi ha detto che in verità Cara non è morta, sta bene e vive a New York. Il re voleva che lo dicessi a Nix ma io non so come fare, impazzirebbe e distruggerebbe mezzo appartamento!”. Damon mi stava guardando come se fossi pazza, o forse, si era perso in strani pensieri. “Lo sapevo già.”, disse infine. Lo fissai stupita, come faceva a saperlo? “Sai, io e mio padre giriamo il mondo, una volta siamo stati anche a New York. Credo che a quel tempo Cara fosse già morta, per modo di dire, da ormai cinque mesi. Ero entrato in un supermercato e girando per i corridoi degli scaffali mi ero imbattuto in una ragazza che mi sembrava di conoscere. Non mi avvicinai subito, la madre la chiamò Cara, e fu allora che capii chi era. Non riuscivo a crederci ma era lei, ed era viva e vegeta. L'ho seguita per un po' e più la osservavo più mi convincevo del fatto che la sua morte era stata una qualche scusa per mandarla a casa.”. “Perché non l'hai mai detto a Nix?”. Sarebbe stato un bel modo per ferire il cugino. “Non sarò io quello che rovinerà la vita dicendo a Nix la verità, e poi, a quel tempo lui era così distrutto che se solo gli avessi detto quello che avevo visto sarebbe scappato da qui e sarebbe andato a cercarla in capo al mando. Allora si che sarei stato nei guai, mio padre e mio zio mi avrebbero ucciso.”. “Tuo padre? Per Caos sarebbe stato un miracolo!”. Scoppiò a ridere. “Mio padre non fa mai niente senza un secondo fine. Stava aspettando che apparisse una ragazza con lo stesso tatuaggio di mio cugino, continuava a dire che era importante e che se lui scappava per Cara sarebbe stato un bel problema trovarla.”. “Che cosa vuole farmi tuo padre?”. Probabilmente uccidermi. “La storia è un po' complicata, che ne dici se torno domani sera e ora dormi?”. “No. Devi dirmi a che cosa gli servo.”. “Mi dispiace ma è saltato il mio coprifuoco, devo uscire dai tuoi sogni. A proposito, appena ti sveglierai troverai una bella sorpresa.”. Mi fece l'occhiolino, e prima che mi alzassi dal letto e lo afferrassi per fermarlo, scomparve. “Dannazione! Damon! Torna qui!”. Mi buttai sulla pila di cuscini arrendendomi, per quella notte non sarebbe di sicuro tornato, dovevo aspettare un intero giorno. “Ella!”. E adesso chi continuava a chiamarmi? Chiusi gli occhi e sospirai. Quando li riaprii mi trovai faccia a faccia con Nix. Aveva gli occhi spalancati dalla paura. “Che cavolo stai facendo?!”. Perché era così agitato? “Che c'é? Stavo dormendo.”. “No, non stavi affatto dormendo, stavi parlando.”. Oddio, cosa era riuscito a sentire della mia conversazione con Damon? “Che cosa dicevo?”. “Cose senza senso...”. Grazie al cielo! Feci un sospiro di sollievo. “Stai bene?”, mi chiese. “Si, si.”. Inspirai nuovamente e sentii uno strano profumo nell'aria. “Lo senti anche tu?”. “Cosa?”. Era un profumo tenue, buono. “Il profumo.”. “No, non sento niente.”, ammise Nix. Era un profumo familiare. Scostai le coperte e capii da dove provenisse. Su tutto il letto qualcuno aveva sparso petali di rose. Non semplici rose. Cacciai un urlo, scesi subito dal letto e mi misi dietro Nix. “Che stai facendo? Perché tremi?”. Petali di rosa nera. Morte, vecchiaia. Mi ricordai che Damon nel sogno aveva accennato ad un regalo che avrei trovato al mio risveglio. Io mi ero fidata di lui! Come aveva potuto? “Ella, calmati.”. Dal terrore non mi ero accorta delle braccia di Nix che mi stavano stringendo con fare protettivo. Menta, il suo profumo per fortuna copriva quello dei petali di rosa. “Come ha fatto ad entrare in camera?”, chiese Nix. Aveva già capito chi era stato. Conosceva troppo bene suo cugino. “L-lui...era nel mio...sogno.”. “Non devi permettergli di entrare nei tuoi sogni, è troppo pericoloso, caccialo.”. “Non è così facile!”. “Invece sì. Se accade ancora prova almeno a svegliarti.”. Ma perché Damon mi augurava di morire? Era stato così gentile, non aveva alcun senso. Continuava a ripetermi che odiava suo padre, e io come una sciocca mi ero fidata ciecamente. Stupida, stupida, stupida! “Andiamo, non credo riuscirai a dormire sul letto per questa notte.”. Tenendomi un braccio sulle spalle mi portò fino al divano. Si sedette, mi sorrise e mi fece segno di stendermi accanto a lui. Non mi piaceva come idea ma ero terrorizzata, stavo tremando come un bambino che aveva appena avuto un incubo e fra le sue braccia mi sentivo stranamente al sicuro. Accettai, mi accoccolai affianco a lui appoggiando la testa sulla sua spalla sinistra. Mi mise una mano sul fianco e mi attirò ancora più vicino. La temperatura del suo corpo era più bassa di quella del mio, e non mi dispiaceva affatto, era come essere in estate e bere un bel bicchiere di acqua ghiacciata, il freddo iniziava decisamente a piacermi. “Non sei molto comodo come cuscino.”, dissi. “Scusa, lo so.”. “Ma hai un buon profumo e sei fresco.”. Avevo già chiuso gli occhi ma sapevo che stava sfoggiando quel suo sorriso adorabile che gli faceva apparire sul viso due fossette altrettanto adorabili. “Se Damon torna nei tuoi sogni io sono qui. Ok?”. “Ok.”. Appoggiò la testa sulla mia ma io decisi di non scacciarlo, era stato così dolce quando mi ero spaventata. Era bello essere abbracciati in quel modo, il mio cuore iniziò a fare salti di gioia. Non mi sentivo così da molto tempo, o meglio, dalla morte di mia zia. Credo che fu Nix ad addormentarsi per primo, riuscivo a sentire il suo respiro che mano a mano rallentava. Io smisi di pensare a Damon, e ascoltando il rumore dell'aria che entrava e usciva dai polmoni di Nix, calai in un sonno senza sogni. Mi sentivo incredibilmente al sicuro, protetta, coccolata e, forse, amata.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Il ricordo più bello ***


CAPITOLO 11(Il ricordo più bello): Mi svegliai perché qualcuno continuava ad accarezzarmi i capelli e il viso, solo dopo capii chi fosse, era Nix. Mi ero completamente dimenticata di essermi addormentata con lui sul divano la sera prima. Mi tornarono in mente i petali di rosa nera e l'incontro con Damon. Non volevo aprire gli occhi e affrontare una nuova giornata, non me la sentivo proprio, volevo solo tornare a casa mia, tra i miei amici e la mia famiglia. Si erano successe anche delle cose belle, Nix era stato veramente gentile e buono con me, e quando mi sono accoccolata accanto a lui mi sono sentita così bene. Sorrisi tra me e me. “Allora sei sveglia.”, disse Nix. Scossi la testa, era un momento perfetto, perché non stava zitto una buona volta? “Dai, il sole è già alto nel cielo e dobbiamo fare tante cose.”. Sbuffai. “E cosa mai dovremmo fare chiusi qua dentro?”, chiesi ancora con gli occhi chiusi, volevo dormire ancora. Ero proprio una dormigliona. “Tipo fare colazione, allenarti, trovare Damon e farlo a pezzi...”. Spalancai gli occhi e lo guardai in volto. “Aspetta, aspetta...Che hai detto?”. “Di trovare Damon e farlo a pezzi?”. “No, no, quello che hai detto prima.”. “Di allenarti?”. “Proprio quello, che intendi?”. Mi alzai dal divano e mi stiracchiai, a stare accucciata accanto a Nix tutta la notte mi era venuto il mal di schiena. Aveva ragione lui, era un suicidio dormire su quel divano. Poco importa, sarebbe stato cento volte peggio dormire tra lenzuola profumate di rosa nera. “Devi imparare a controllare i tuoi nuovi poteri, e poi, con tutto il tempo libero che abbiamo non è una brutta idea, o pensavi di fare altro?”. Lo guardai in faccia, anche di prima mattina il suo sorrisetto sarcastico mi faceva girare la testa. Era ancora più bello, capelli neri spettinati e occhi assonnati lo facevano sembrare una divinità greca, dovevo controllarmi e non saltargli addosso da un momento all'altro. Arrossii per il pensiero che avevo appena fatto e mi voltai dandogli le spalle. “Cosa c'è che non va?”, mi chiese. “Niente.”. Risposi subito. “Vado a darmi una sistemata.”. “Perché? Vai benissimo così.”. Si alzò dal divano e mi abbracciò da dietro appoggiando il mento su una delle mie spalle. “E poi profumi ancora come si ti fossi appena fatta una doccia.”. Sbuffai, certo, da quando ero arrivata al castello mi ero fatta almeno quattro o cinque docce. Quel ragazzo mi stava facendo impazzire, il mio obiettivo era quello di tornare a casa, non farmi ammaliare dal primo che passa. Ma il suo meraviglioso profumo di menta non aiutava affatto. Chiusi gli occhi, inspirai ed espirai e poi mi scostai dolcemente da Nix. “Ci metto cinque minuti!”, dissi correndo verso la camera. Mi bloccai solo quando all'entrata guardai verso il letto e vidi le lenzuola cosparse di petali. “Ci penso io, che vestiti ti devo prendere?”, mi chiese Nix che si era accorto subito del mio problema. Ma io non volevo fare la debole, scoppiai a ridere per non piangere. “Non ti preoccupare.”. Dissi. “Sono solo petali di rosa, sistemo tutto io.”. Varcai la soglia della stanza e andai subito al punto. Levai le lenzuola e i petali dal letto, mi diressi alla porta principale, non era chiusa a chiave, l'aprii e gettai fuori tutto in corridoio. Le guardie di ghiaccio fuori dalla porta non si mossero, mi lasciarono sbollire la rabbia in pace, non accennarono a muoversi nemmeno quando sbattei loro la porta in faccia. “Ti sei calmata ora?”, mi chiese Nix. Non sembrava spaventato, anzi, sembrava divertito, sorrideva. “Lo sai che mio cugino si merita di peggio, vero?”. “Certo che lo so.”, dissi. “E adesso posso finalmente cambiarmi in pace.”. Ci misi dieci minuti contati a togliermi pantaloni e maglione per poi mettermi la prima cosa che mi era capitata sotto mano, un vestito tutto blu, corto fino alle ginocchia. Quando tornai in salotto Nix stava già smanettando con i fornelli. “Cosa stai preparando?”, chiesi. “Hai mai mangiato i pancake?”. “No.”, dissi. “Bene, allora li assaggerai per la prima volta questa mattina.”, si girò, mi sorrise e mi squadrò da capo a piedi. “Ti sta bene quel vestito.”. “Grazie.”. “Buon giorno piccioncini!”. Quasi non facevo un infarto, Silas era entrato nell'appartamento e io non ci avevo nemmeno fatto caso. Perché? Perché ero troppo presa a fissare Nix in versione mattutina ai fornelli con grembiule incorporato. “Ho portato la torta al cioccolato che fa mia mamma, perderete i sensi a sentire quanto è buona.”. Mi voltai verso Silas e lo salutai. “Vedo che è un buon giorno.”, dissi. “Si lo è, e sai perché?”. Gli brillavano gli occhi. “Dai, sputa il rospo, Silas.”. Corse ad abbracciarmi e quasi non gli cadde la torta dalle mani. “Attendo!”. “Oh, non mi importa! Oggi arriva Candice!”. Mi cascò il mondo sotto i piedi. “C-Cosa?”. Candice doveva arrivare dopo il matrimonio di Sol, come era possibile? “Viene in anticipo, non è una notizia meravigliosa?”. Come potevo dirgli di no' era così felice. Io per nulla, era troppo presto, l'arrivo di Candice avrebbe solo peggiorato le cose, sarei stata ancora più sotto pressione e indecisa di prima. “Si, è una notizia splendida.”, riuscii a dire. “Sono felice per te, Silas. Adesso anche tu avrai qualcuno da amare.”, aggiunse Nix. “Vuoi rimanere per colazione e dirci qualche cosa in più su questa Candice?”. “Non ce né bisogno, la tua futura sposa sa già tutto.”. “Davvero? Come mai non mi hai detto niente, Ella?”. “Beh, ecco, non mi è nemmeno passato per la testa, Candice doveva arrivare dopo il matrimonio di Sol.”. Era un disastro, come potevo stare accanto a Candice se ero rinchiusa in un appartamento con Nix? Non osai immaginare cosa avrebbe fatto quella ragazza se si fosse svegliata, stesa su un letto, vicina ad un ragazzo che nemmeno conosce, come era successo a me. “Ok, devo essere la prima che vede quando arriverà qui al castello, le spiegherò tutto io.”, dissi. “Non posso permettertelo, devo occuparmi io di lei.”. “Sei pazzo? Quella ti prende a pugni se ti vede, devi darle il tempo di capire cosa le succederà.”. Silas scosse la testa. “Non posso, e poi, tu devi stare chiusa qui.”. “A tuo rischio e pericolo, si sa difendere bene per quanto piccola possa sembrare.”. Mi sorrise. “Lo so, non preoccuparti, ho già in mente cosa fare.”. “Potrà vederla dopo?”, chiese Nix al posto mio. “Certo, al matrimonio di Sol.”. “Silas!”, dissi esasperata e alzando gli occhi al cielo. Quel ragazzo era quanto il suo migliore amico Nix, ecco come facevano ad andare così d'amore e d'accordo, cocciuti entrambi. “Se non mi porti informazioni su Candice ogni giorno, a partire da oggi, giuro che butto giù la porta d'ingresso e non mi importa quante guardie ci sono in corridoio, le metto al tappeto tutte a costo di riuscire a vedere la mia amica, chiaro?”, chiesi fissandolo dritto negli occhi. “Te lo prometto, Ella. Ora devo andare, il mio giro di perlustrazione è finito, ho visto che non avete fatto disastri.”. “Quindi non stai qui a colazione?”. “No, grazie per l'offerta.”, mi rispose sorridendo. “Mangiate la torta al cioccolato di mamma Cecilia che è buona, altrimenti si offende.”. “Aspetta, Silas! Devo parlarti.”, disse Nix. “Ella? Puoi controllare il pancake?”. “Certo.”. Che cosa mai doveva dirgli? Sicuramente di Damon. “Manda un avvertimento a mio cugino.”, sentii dire a Nix. “Se prova ancora a entrare nei sogni della mia ragazza esco dall'appartamento e appena lo trovo lo congelo e lo butto giù dal burrone che si vede dall'ufficio di mio padre.”. “Lo farò, ci vediamo questa sera, ti porterò notizie di Candice.”, detto quello sentii una porta chiudersi, segno che Silas era uscito. “Da quando sono la tua ragazza?”, chiesi. “Da quando ieri ci siamo baciati, mi sembrava chiaro.”. “No, per me non era chiaro, e non lo è nemmeno ora.”, mi voltai e lo minacciai con la paletta per girare i pancake. “Io non sono la tua ragazza, e tanto meno ti sposerò fra quindici giorni. Se vuoi siamo amici, quello mi va bene.”. “Non iniziamo a litigare, facciamo colazione e iniziamo l'allenamento.”. “Smettila, dobbiamo affrontare questo stupido argomento!”. Voleva sposarmi e allo stesso tempo non parlarmi, figuriamoci se il nostro matrimonio sarebbe durato. “Ok.”, disse sedendosi al tavolo. “Parliamone.”. “Bene, prima cosa che ti ripeto da quando mi sono svegliata in questo posto, voglio tornare a casa. Seconda cosa, devo vedere Candice, Silas non immagina minimamente quanto possa agitarsi quella ragazza, e terza, ma non ultima cosa, io non voglio sposarti!”. Nix non sembrava ascoltarmi mentre parlavo, continuava a passarsi una mano tra i capelli corvini per sistemarsi il ciuffo che gli si era formato in testa dormendo. “Va bene, posso dire anche io la mia?”, mi chiese dopo un po'. “Dimmi.”. “Numero uno, spegni il fornello o i pancake faranno la fine delle melanzane di ieri sera. Numero due, posso provare a contrattare con Silas per farti vedere Candice, e infine, numero tre...”. Si alzò dal tavolo e si avvicinò a me. Mi ritrovai a fissare i suoi due occhi blu che sembravano due pozze d'acqua ghiacciata. “Non ho alcuna intenzione di mollare, quando il nostro patto di sangue sarà scaduto tu diventerai mia moglie ad ogni costo. Non mi sentivo così nemmeno con Cara, tu sei diversa, Ella. Tu mi hai fatto rinascere, credevo di non poter più guardare una ragazza in faccia dopo che lei è morta, poi sei arrivata tu, non sei stata come tutte le altre che appena mi vedevano cercavano un modo per saltarmi addosso e baciarmi o portarmi a letto. Tu, come me, stai cercando quella persona che veramente sia in grado di amarti, non vuoi una storiella qualunque, cerchi l'amore. Eppure, anche se ce l'hai davanti agli occhi in questo momento non ci fai caso, lo allontani. So che provi anche tu qualche cosa, quando ti accarezzo il viso, quando ti confondi nei miei occhi... Credi non me ne sia accorto? Non sono stupido.”. Oddio, che cosa aveva appena detto? Oh sì, era proprio un pazzo, come poteva dirmi quelle parole solo dopo due giorni? Avevo il cuore a mille, la sua bocca a pochi centimetri dalla mia, i suoi occhi fissi nei miei e il suo profumo mi dava le vertigini. “Io non credo tu sia stupido, io credo che tu sia un pazzo.”, riuscii a dire. Sorrise. “Sono pazzo di te.”. Sbuffai e alzai gli occhi al cielo. “Non dire stronzate, e soprattutto non usare frasi già prefabbricate, non è da te.”. “Perché? Sono pazzo di te è un classico intramontabile.”, disse cercando di rimediare all'errore. “A me non piacciono i classici, a me piacciono quelli con qualche cosa di speciale, di diverso, i classici sono troppo sdolcinati.”. “Allora, cosa ne pensi di...ti amo quanto amo i pancake?”. Scoppiai a ridere. “Sarei un pancake?”. Mi cinse i fianchi e mi avvicinò a se, sapevo già cosa aveva in mente. A pochi millimetri dalla mia bocca sussurrò: “Guarda che i pancake sono buonissimi, soprattutto con le fragole e la panna, quindi, non offenderti se ti paragono a un pancake, è un complimento.”. Detto quello mi baciò, e fu ancora meglio del bacio che avevo ricevuto la sera prima in camera da letto. E in quel momento non mi importava assolutamente niente di Cara, di Damon o della mia famiglia, non mi ero mai sentita così, per me c'era solo Nix, e dovevo ammetterlo, la cosa un po' mi spaventava. “Voglio farti un'altra proposta.”, disse sussurrandomi all'orecchio. Sorrisi ad occhi chiusi. “Dimmi.”. “Al matrimonio di Sol ti farò la mia proposta di matrimonio, se non accetti ti lascerò andare a casa il giorno stesso, altrimenti...”. Mi baciò su una guancia, poi sull'altra, sulla fronte, e poi sulla bocca. Lo scostai un po' per chiedergli: “Altrimenti?”. “Altrimenti ti faccio rimanere qui un'altra settimana per organizzare il matrimonio, ci sposiamo, e poi torni a casa comunque...”. Oddio, quella sì che era una proposta che ti lasciava senza fiato, ma il problema era sempre quello, sposarmi a sedici, diciassette anni? Era troppo. Mi scostai da Nix. “Che ne pensi?”, mi chiese. E che pensavo? Non avevo cambiato idea sul fatto di non sposarmi così presto, era una pazzia, ci vogliono almeno due o tre anni per conoscere veramente una persona, o almeno così ho sempre pensato. Fare cose troppo avventate non era mai stato da me. “Ci devo pensare.”, dissi. “Non ti va bene nemmeno questa di proposta?”, sentivo dalla sua voce che lo stavo ferendo. “Lo sai cosa penso del fatto di sposarmi così presto, non è tutto un gioco!”. “Credi sia un gioco per me? Ti ho spiegato del giuramento, dopo che l'avremo fatto entrambi non potrei tradirti nemmeno se lo volessi e poi, detto fra noi, non so più come dimostrarti che ci tengo a te.”. Si spostò dal banco della cucina, si inginocchiò accanto a me e aggiunse: “Ci si innamora solo una volta nella vita, per chi è fortunato due o tre, ma il punto è, perché farsi scappare un'opportunità come quella che ti sto offrendo?”. Mi prese entrambe le mani e se le portò al petto, sentivo benissimo i battiti del suo cuore, era una sensazione bellissima. “Sono solo parole quelle che usi, chi mi dice che per te io non sono altro che l'ultima spiaggia da usare in casi estremi?”, chiesi guardandolo in volto. Scoppiò a ridere vedendo la mia faccia preoccupata. “Io ti sto chiedendo di sposarmi e significa che sto affidando la mia vita a te, è vero che tu dovrai affidare la tua a me, ma non devi spaventarti, sono bravo a custodire sia cose che persone. È un'altra delle tante promesse che ti faccio.”. Mi avevano sempre insegnato a non fidarmi degli sconosciuti, ma come facevo a considerare Nix uno sconosciuto? Come aveva già detto lui sembrava che ci conoscessimo già da prima ancora che nascessimo. Destino? No, non ho mai creduto nel destino. “Allora?”, mi intimò ancora una volta Nix. “Tu hai detto che fino al matrimonio di Sol posso decidere, non ti risponderò adesso.”. “Ci sto, ma adesso facciamo colazione perché sto morendo di fame. Vuoi del succo d'arancia?”. Annuii e gli sorrisi. “Stai pure seduta, ci penso io a servirti.”. Alzai gli occhi al cielo, il solito cascamorto. Facemmo colazione, sparecchiammo e lavammo il tutto assieme. “Credi che Candice sarà perfetta per Silas?”, mi chiese dopo un po' Nix. “Certo, Candice piace a tutti, vedrai che staranno benissimo insieme.”. “E' come te?”. “No, non è come me, è molto diversa e forse è per questo che siamo molto amiche. Perché lo vuoi sapere?”. “Così...”. Lo guardai in volto ma non capii a cosa stesse pensando. “Posso farti una domanda?”. Dovevo assolutamente chiederglielo, era da tempo che ci pensavo. “Chiedi e ti sarà dato...”. Sbuffai e tralasciai il doppio senso, che se anche era ben nascosto, si intuiva. “Senti un po', esistono contenitori che vanno bene per l'estate, altri per l'autunno e così via? Perché visto che ti interessa così tanto ti presento Candice e io torno a casa.”. “Guarda un po' chi è geloso, allora è vero che qualche cosa di me te ne importa.”. Cavolo, iniziavo a diventare anche gelosa! Allora sì che dovevo preoccuparmi. “Nah...”, dissi. Nix scoppiò a ridere come un matto. “E' meglio se iniziamo l'allenamento.”. Passammo l'intera giornata in modalità allenamento, ci fermammo solo per pranzare e per salutare Annabeth, che era venuta a mettere delle nuove lenzuola al letto che avevo disfatto quella mattina, in preda alla rabbia contro Damon. Una cosa che scoprii saper fare, e mi piacque molto, fu leggere nella mente di Nix. Mi disse che non potevamo soggiogare la mente e i sogni delle persone come Damon e suo padre, ma potevamo benissimo cercare e trovare quello che ci serviva nella testa di chiunque volevamo. Fu divertente perché venni a conoscenza di un Nix che non conoscevo, avevamo fatto un patto: ognuno dei due, a turno, poteva mostrare all'altro delle scene di vita passata, quelle che preferiva. Nix mi mostrò una scena di quando da piccolo era caduto in un lago ghiacciato e sua madre lo aveva sgridato talmente tanto che il piccolo principino si era messo a piangere talmente forte che fece sentire in colpa la povera Celeste. Alla fine di tutta la faccenda, Nix si era guadagnato una bellissima sfera magica e argentata di ghiaccio, mentre la mamma si era presa un bello spavento. “Povera regina Celeste!”, gli avevo detto. “Faceva bene a sgridarti, potevi morire!”. “Non ti preoccupare, si è vendicata più avanti.”. “E come?”. “Visto che ero molto piccolo i vestiti per me li sceglieva lei, una volta mi sono ritrovato vestito di rosa...”. “Ok, non posso resistere.”, e a quel punto ero a terra per le risate. “Alzati dal pavimento, non è divertente...e poi ora tocca a te.”. “Va bene, ma quello che mi hai appena detto non lo dimenticherò mai. Nix in rosa, non credo che sia il tuo colore, stai molto meglio in blu.”. Avevo deciso di mostrare a Nix il ricordo a cui tenevo di più, in verità non era solo un ricordo, era un insieme di ricordi, tutti riguardanti una sola persona. Mostrai a Nix ogni mia festa di compleanno, o meglio, gli mostrai solo la parte in cui arrivava mia zia per mangiare la torta, fino a quando, al mio quindicesimo compleanno, non è venuta. Gli mostrai quando la andavo a trovare all'ospedale, quasi ogni giorno, agli inizi di quel maledetto Giugno, gli mostrai quella notte in cui alle tre di mattina era squillato il telefono e io nel mio letto, nel profondo del mio cuore sapevo, sapevo che la mia adorata zia non c'era più. E infine, gli mostrai il giorno del suo funerale, gli mostrai il tessuto rosa che aveva scelto mio cugino per ricoprire la bara marroncina di sua madre. Cercai di far sentire a Nix quello che avevo provato in quei giorni orribili, tutte le lacrime che avevo versato nel vedere la nuova casa della mia zia preferita: una lapide su cui mio zio aveva fatto incidere “Sei volata via come una farfalla silenziosa nella notte per raggiungere nel cielo la fontana dell'eterna felicità, nessuno potrà mai dimenticare il tuo sorriso che continuerà ad illuminare il nostro viaggio”. E certo, chi mai poteva dimenticare il suo sorriso, lei era una delle due sorelle di mia madre, insieme io le consideravo un trio inseparabile. Mia mamma, quella più giovane, sensibile, responsabile e a volte per nulla positiva, mia zia Lucy, che era la più grande, la più agitata, la più nera del trio, ma non di meno la più sensibile di tutte, e infine, mia zia Chiara, la più equilibrata, quella che si vestiva sempre con colori sgargianti, quella che sorrideva sempre. “Ella?”. Non mi ero accorta di essermi persa talmente tanto nei miei ricordi, e soprattutto non avevo fatto caso a Nix che li aveva visti tutti. “Io...Non volevo mostrarti tutto quello che hai visto.”. Mi sorrise comprensivo. “Devi imparare. Mi è piaciuto quello che mi hai mostrato, significa che ti fidi di me, no?”. Certo che mi fidavo di lui. Come non potevo? Ma non era per quello che gli avevo mostrato quei particolari ricordi. Se lui voleva starmi accanto per tutta la vita doveva sapere che perdere mia zia è stato come perdere una parte di me stessa, come per lui Cara. Quando avrei potuto dirgli che lei in verità era viva? Quel pensiero mi tormentava. “Perché non mi leggi mai nella mente per vedere se ti mento o semplicemente per vedere a che cosa penso?”, gli chiesi. “Mi hanno insegnato a rispettare la privacy delle altre persone, non sono come Damon che invece si impadronisce persino dei sogni degli altri, non è giusto. Se una persona vuole farmi sapere qualche cosa deve dirmela a voce, non con il pensiero.”. Aveva ragione, era una cosa giusta. Qualcuno bussò alla porta prima di entrare nell'appartamento. “Ella? Nix?”. Era Silas. “Oh, sei passato per fare il controllo serale?”, chiesi sorridendogli. “No, veramente mi servirebbe il tuo aiuto.”. Strano. “Per cosa?”. “E' arrivata Candice, voglio che quando si sveglia veda solo te, ma soprattutto vorrei che sia tu a dirle tutto di questo mondo. Avevi ragione tu, quella ragazza sa difendersi...”. Non riuscivo a capire cosa intendesse con difendersi, sì, sapevo che se doveva lottare, Candice lottava, era una ragazza intelligente, poi vidi il graffio sulla guancia sinistra di Silas e allora capii. Sorrisi fra me e me, chissà cosa era successo. “Ti aiuterò volentieri, tu fatti disinfettare quel graffio.”. “Grazie mille!”. “Di nulla.”. Che bello! Avrei rivisto la mia amica Candice, era da tanto che non vedevo un viso familiare, se non su uno schermo di una televisione. “Nix? Io vado e torno subito, promesso.”. Lo abbracciai e gli diedi un bacio sulla guancia, poi seguii Silas e mi preparai mentalmente per quello che mi aspettava. Non c'era bisogno di essere agitati, ma non potevo certo trattenermi dall'essere felice. ****** P.S. Ultimamente aggiorno la storia dopo molto tempo, mi scuso tanto :) Ma la scuola a volte non ti lascia respirare... P.P.S. Il prossimo capitolo lo inserirò probabilmente fra un bel po', sempre per colpa della scuola, in tanto spero che questo vi sia piaciuto! :D

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Benvenuta Candice! ***


CAPITOLO 12: Mentre seguivo Silas fino ai suoi appartamenti ero sempre più convinta che Candice non fosse stata una buona scelta per lui. Era una ragazza meravigliosa e bella, ma non avrebbe mai accettato di sposarsi così giovane. A dirla tutta, avevo anche qualche problema a credere che si sarebbe sposata da grande. Sarebbe stato impossibile convincerla. “Di un po', ti ha aggredito appena ti ha visto o dopo che l'hai salutata?”. Avevo in faccia uno strano sorrisino, uguale a quello che vedevo sulla faccia di Nix quando si divertiva a farmi impazzire. “Appena ha aperto gli occhi.”. “Ti avevo avvertito.”. “Lo so...”. E mi sorrise. Credo che in fondo, in fondo, a Silas piacessero le sfide, perché Candice era una vera e propria sfida. Ci mettemmo pochissimo ad arrivare nella camera di Silas. Era proprio come me la ricordavo: semplice, come una casetta di montagna, o di uno gnomo. Sul letto era stesa Candice, stava dormendo. “Ho dovuto sedarla, per farla calmare, dovrai aspettare un po' prima che si svegli. Vuoi che vada a prenderti qualche cosa da bere?”. Annuii in silenzio e pochi secondi dopo Silas era già uscito dalla stanza. Mi sedetti sulla poltrona accanto al bordo del letto. Guardai Candice, non le avevano cambiato i vestiti come era successo a me, indossava ancora i suoi jeans blu, una maglia maniche corte e una felpa. Erano passati solo due giorni da quando mi avevano rapita, eppure, mi sembrava che qualche cosa in lei fosse cambiato. Avevo la tentazione di chiamarla per svegliarla, ma se Silas l'aveva sedata, probabilmente non mi avrebbe sentito. Candice si rigirò nel letto e disse qualche cosa. Poi aprì gli occhi, mise a fuoco la stanza e vidi il terrore dipingersi sul suo visino tondo. “Candice?”. Sentivo il dovere di tranquillizzarla, capivo benissimo come si sentiva. Si girò verso di me e spalancò gli occhi. “E-Ella?”. Poi alzò una mano per toccarmi, non ci credeva a quello che vedeva. “Ma c-come...?”. Le sorrisi. “Si, sono io. Devi stare tranquilla.”. La sua espressione rimase sempre la stessa: era terrorizzata. “No, non è possibile, perché tu sei morta. Beh, eri morta. Come puoi essere viva? Sei sparita da ormai da quattro giorni, non c'erano possibilità! Aspetta, non è che sono morta anche io? Dove siamo?”. A quel punto iniziavo ad avere paura della mia stessa amica. “Non è che tu sei uno di loro? Magari ti sei travestito da Ella per terrorizzarmi!”. “Ma di che cavolo stai parlando, Candice?! Loro chi?”. Non pensavo perdesse così facilmente il controllo! “Come quel ragazzo! Dai, lo so che lo sai, tu sei come lui! C-come quel bell'imbusto che mi ha trascinata fino qui! L'ho anche graffiato!”. Ok, stava delirando, che fosse colpa del calmante che le aveva dato Silas? “Candice? Guardami e stai tranquilla. Sono io! In carne e ossa, ti spiegherò tutto, tu devi solo calmarti. Ora ti stendi e facciamo qualche bel esercizio di respirazione, ci stai? Per calmare i nervi.”. Da quanto era agitata temevo andasse in iperventilazione, non l'avevo mai vista così agitata. “Ok...”. Cielo, ti ringrazio! Si stese a pancia in su, chiuse gli occhi e iniziò a calmarsi. Dopo un po' decise di parlarmi. “Ella?”. “Sì?”, risposi. “Sono felice che tu sia viva. Tutti pensavano fosse troppo tardi...Spero non sia tutto un sogno.”. Le sorrisi, avevo quasi le lacrime agli occhi. “Non lo è...Sono viva.”. “Dove siamo?”, chiese. “E'..”. Complicato. “Non dire complicato perché non lo è, dillo e basta.”. Riaprì gli occhi, si alzò e si sedette a gambe incrociate sul letto. “Ok”. Tanto, avrebbe saputo tutto in un modo o nell'altro. Iniziai dal principio, come mi ero svegliata e tutto quello che mi era successo fino al suo arrivo. Pensavo avrebbe delirato come quando si era svegliata, invece mi prese in contropiede e rimase calma. Il problema è che avevo tralasciato il motivo vero per cui lei era lì al castello d'inverno. In poche parole non le avevo detto che doveva sposarsi con Silas come io con Nix. “E io perché sono qui?”, eccola, la domanda che avrebbe fatto disastri. “Beh, io con Nix e tu col bell'imbusto che ti ha portata fino qui.”. Candice scoppiò a ridere. “Hei, è la verità, non ti sto prendendo in giro.”. “Ma dai, Ella! Abbiamo sedici anni, anzi, io ormai diciassette, non sposerò nessuno. Per quanto quel nessuno possa essere così attraente come...? Come si chiamava?”. “Silas.”, dissi aiutandola. Stava prendendo tutto come un gioco, ma non si rendeva conto di quanto io fossi seria. “Dobbiamo tornare a casa.”, disse, così di punto in bianco. “Tua mamma è talmente preoccupata che credo sia sempre in chiesa a pregare per te, non ha perso la speranza come la maggior parte della nostra classe.”. Bello, mi credevano già morta, fantastico! Sospirai. “Lo sai vero che non tornerai a casa?”, le dissi. “Non sto scherzando, è tutto vero e tu, per ora, sei la sua promessa sposa, che tu lo voglia o meno.”. “E' inutile, non lo farò nemmeno avvicinare, e tornerò a casa il prima possibile.”. Era molto sicura si sé, beh, lo era sempre stata. Determinata in ogni cosa che faceva. Scossi la testa, Silas non aveva speranza. “Io ora devo andare.”, le dissi lisciandomi il vestito blu. “Come?”. “Sai quella storia che mi hanno rinchiusa con un certo Nix?”, le ricordai. “Ah...E mi lasci qui da sola?!”. No, non volevo lasciarla da sola, ma dovevo. Era incredibile, stare lontana da Nix mi faceva sentire la mancanza di qualche cosa, avevo bisogno di vederlo. Cielo! Non dovevo arrendermi così facilmente. Avrei dovuto stare dalla parte di Candice e cercare un modo per tornare a casa assieme, eppure, quel dannato legame di sangue mi tratteneva al castello d'inverno. “Stai calma, Silas mi ha promesso che mi verrà a dire tutto quello che farete ogni giorno, quindi, non preoccuparti. Poi, non ti farà mai del male, è troppo buono, credi a me.”. Nello stesso tempo in cui mi alzai dalla poltrona dalla porta della camera entrò Silas con in mano un bicchiere con ghiaccio e tè. Che bella sensazione, riuscivo a percepire il freddo del ghiaccio che si propagava piano, piano in tutta la stanza, fino ad arrivare a me. Candice cacciò un urlo, scese di corsa dal letto e si getto contro Silas. Successe tutto in pochi secondi: il bicchiere di tè cadde dalle mani di Silas, mentre Candice cercava in tutti i modi di prendere a pugni o graffiare il bel viso del povero principe dell'autunno. In tutta quella confusione io ero scoppiata a ridere, lo so, non era una reazione da buona amica, ma era come guardare una commedia a teatro, mancavano solo i popcorn. “Ella?! Un aiutino?”, mi chiese Silas tutto intento a cercare di staccarsi da Candice. “Em...Dammi qualche minuto per pensare”, gli risposi. “Non...”. Ora Candice tentava anche di morderlo. “N-Non è divertente! Aiutami!”. E io non smettevo di ridere. “Candice!”. La richiamai, non sapevo se mi avrebbe ascoltata. “Dai, non ti farà nulla!”. Per fortuna Silas riuscì a immobilizzarla portandole un braccio dietro alla schiena. Erano finiti entrambi sul pavimento. “Tirala su, o si ferirà con i pezzi di vetro del bicchiere.”, dissi. Senza neanche sforzarsi più di tanto Silas alzò da terra Candice. “Sei piccolina, non pensavo fossi in grado di batterti.”. “Sono tutta bagnata, per colpa tua!”. “E allora ti cambierai.”, le rispose Silas. Stava sorridendo, era già cotto. Mamma quanto adorava le sfide quel ragazzo! “Ora devo tornare da Nix”, dissi. “Se avete voglia, passate a salutare.”. “E mi lasci sola con questo?!”. Certo che dovevo lasciarla sola! Che domande, ma non si doveva preoccupare, e poi, sapevo già che da sola se la sarebbe cavata benissimo. “Questo ha un nome, e vedrai che non è niente male. Conoscetevi a vicenda e venite a fare un giretto da me e Nix.”. Detto quello, uscii dalla camera lasciandomi alle spalle una Candice stupita e un Silas tutto contento. Candice poteva opporsi quanto voleva, ma Silas sapeva già come conquistarla. “Allora, come sta la tua amica?”. Avevamo appena finito di pranzare, ma io e Nix non avevamo parlato molto, forse perché eravamo entrambi nel mondo dei sogni. Io stavo immaginando Candice e Silas assieme, mentre lui, beh, non ne avevo idea. “A parte il fatto che Candice ha tentato di uccidere Silas almeno due volte in un solo giorno, non saprei che dirti.”. “Raccontami un po' di lei, insomma, si sta per sposare con il mio migliore amico!”. E allora? Cos'era tutto quell'interesse per la mia amica? Iniziavo a fare anche la gelosa, povera me. “Ti basti sapere che si chiama Candice, e poi, non si sposeranno mai.”. “Non ne sarei così sicuro, sai come siamo fatti noi guardiani...”. Sorrisi fra me e me. “A dire il vero, non lo so...”. Non era una cosa da dire proprio in quel momento, visto che, stavamo lavando i piatti del pranzo e la scorsa sera avevamo deciso di giocare con l'acqua. C'era il rischio che quell'esperienza si sarebbe ripetuta. Nix si girò verso di me e mi sorrise ma poi tornò a lavare i piatti. Dovevo ammetterlo, ero un po' delusa. Che cosa aveva adesso? “Che cosa ti è successo? Non tenti più di baciarmi, è strano.”. Aprii una credenza e ci misi dentro il piatto che avevo appena asciugato. “Non è successo niente, solo, sei stata via troppo tempo questa mattina.”. Cosa?! Ma stava scherzando? “Mi stai prendendo in giro? La mia amica si trova dentro questo casino di storia sui guardiani e tu ti arrabbi se esco dall'appartamento per venti minuti?”. Mi stavo seriamente arrabbiando, ma che discorsi stava facendo? “Abbiamo perso molto tempo con gli allenamenti per colpa di Candice.”. E mentre mi parlava non alzava gli occhi dal bicchiere che stava sciacquando. “Erano venti minuti!”. “Venti minuti di allenamento persi. Se non ti alleni rischi di non contenere i poteri che ti ho ceduto.”. “Nix! Non succederà come è successo con Cara!”. Quello era sicuro, suo papà non aveva intenzione di farmi tornare a casa senza un anello al dito. E poi, lui non sapeva ancora la verità su Cara. Maledetto Ibernis, aveva messo tutto sulle mie spalle, e adesso mi sentivo anche in colpa, perché il suo caro figlioletto soffriva ancora per quella ragazza. “E se succedesse? Non posso permetterlo.”. Si stava togliendo i guanti, aveva finito di lavare. “Quindi, niente riposo, ci mettiamo subito al lavoro, e non voglio storie.”. Era serissimo, e quando era così serio non ammetteva repliche. Sbuffai e chiusi la bocca. Almeno se non parlavo non complicavo una situazione già complicata di per sé. “Cosa facciamo oggi?”. Nix non disse nulla, si limitò ad andare a prendere un vaso di fiori dal balcone che dalla nostra camera si affacciava su una radura immensa, tutta bianca per la neve. “Che ci faccio con un vaso di fiori?”. “Ci parli.”. Si limitò a dire. Scoppiai a ridere. “Con i fiori?”. Mi chinai sul vaso. “Ciao piccoli fiorellini! Ma che carini che siete! Come vi chiamate?”. “Guarda che la pianta è una sola. Si chiama Fanny, e sta ridendo di te.”. “Che?!”. Ok, mi stava prendendo in giro, sicuro. “Apri le orecchie. Tutti i guardiani sono in grado di comunicare con ogni essere vivente della terra. È un potere che ci ha donato Natura, e ci è molto utile. Così possiamo sapere come si sentono non solo gli umani, ma anche tutti gli altri organismi.”. Stavo guardando Nix con una faccia da pesce lesso. Ma figurati se potevo parlare con una pianta! “Ma l'hai vista? È un fiore!”. “E quindi? Preferisci provare con Asky? A proposito, l'hai visto da qualche parte, è da un giorno, se non più, che non lo vedo.”. Era definitivamente impazzito. “Nix, sicuro che non hai preso una botta in testa mentre io ero da Candice?”. “Ti serve una dimostrazione? Eccoti la tua dimostrazione.”. Si rivolse alla pianta: “Girati verso Ella, così magari la smette.”. E così successe. Tutti i fiori e tutte le foglie si voltarono verso di me. Io rimasi a bocca aperta. “Ok...Non è possibile.”. Mi ricordo che quando ero piccola giocavo sempre mettendomi a parlare con i fiori o con il mio cagnolino, mi divertivo così tanto. Ma era un gioco! “Dai provaci.”, m'intimò Nix. Provai ad accostare l'orecchio al fiore: niente. “Mettici più impegno.”. “Non è facile con te che mi fissi in quel modo.”. Era vero. Come potevo concentrarmi se due occhi color ghiaccio mi puntavano a modi cecchino? Comunque, ci riprovai. “Avanti!”. Mi stavo innervosendo, non riuscivo a sentire niente. Nix scoppiò a ridere. “Che c'è?!”, chiesi alzando gli occhi al cielo. “Fai troppo ridere, e poi, Fanny adesso non sta parlando.”. Non resistetti, mi scaraventai contro Nix, proprio come aveva fatto quella mattina Candice con Silas. Con la differenza che Nix mi bloccò subito premendomi la schiena contro il suo petto e immobilizzandomi le braccia. “Non hai neanche un po' di forze, dovresti iniziare a fare qualche piegamento e magari degli addominali.”. Mi liberai dalla sua presa e lo guardai con due occhi infuriati. Ma come si permetteva?! Cominciava a tornare odioso come i giorni passati. Pensavo che l'aria da sapientino fosse sparita da quando ci avevano rinchiusi nell'appartamento. “Facciamo così: tu riesci a parlare con Fanny e io questa notte dormo sul divano.”. Che bella proposta allettante, peccato che ultimamente volevo stare il più possibile attaccata a Nix. Non mi sarebbe per nulla dispiaciuto dormire con lui. Mettendo in chiaro il dormire, ovviamente. “Non posso accettare.”, dissi. Nix sembrava stupito e sul viso gli apparve quel suo sorrisetto carino che accentuava le fossette che aveva sulle guance. Quando sorrideva così non riuscivo a resistergli. Diamine! Erano passati solo due giorni, ormai tre, ed era riuscito a farmi prendere una cotta. Ma perché appena un ragazzo mi dava un po' di attenzioni io ci cascavo come un sacco di patate? “E come mai?”, mi chiese. E adesso cosa gli rispondevo? “Beh, non si sa mai che Damon cerchi di entrare nei miei sogni un'altra volta, quindi, con te vicino va meglio...”. In verità, se Damon fosse tornato nei miei sogni l'avrei fatto fuori, dopo quello che aveva fatto. E tutto da sola, non mi serviva Nix. “Ok”. Wow, si era arreso facilmente. “Allora, se parli con Fanny...”. Lo fermai in tempo. “Se parlo con Fanny non succede nulla, semplicemente mi sentirò soddisfatta.”. Mi sorrise ancora una volta e si fece più vicino a me, tanto che il profumo di menta diventò sempre più forte, e poi, tutto ad un tratto, mi ritrovai a fissare i suoi meravigliosi occhi. Sorridevano anche quelli. Mi diede un piccolo bacio sulle labbra e si spostò subito prima che io potessi ricambiare. Rimasi delusa. Un bacio a stampo, niente di più. E che cavolo! “Ora, parla con Fanny.”, disse. “Dammi un secondo per riprendermi!”. Ero ancora mezza, diciamo drogata, dal suo profumo. Come poteva pretendere che mi mettessi a parlare con una pianta? Sospirai e mi avvicinai ancora una volta al fiore. “Fanny...Non fare la permalosa, parla a Ella...”. Cielo! Quanto era bello quando pronunciava il mio nome! Anche se, se io dicevo che lui era pazzo a parlare con le piante, io dovevo essere pazza a stare assieme a qualcuno che conoscevo da così pochi giorni. Mi chiedevo ancora come si potesse definire amore. Ed era allora che la mia fiducia in Nix iniziava a vacillare. In fondo, era solo colpa di un legame di sangue se avevo iniziato ad essere carina con lui, ad accettarlo. Finiti i giorni di prova sarei tornata ad odiarlo, la cosa non mi piaceva. “Piantina”, dissi. “Lo so che non ti sto molto simpatica, però se riuscissimo a parlarci, forse, potremmo anche conoscerci meglio.” “Io non parlo con chi mi chiama pianta!”, disse una vocina da bambina. Era il fiore! “Allora...Ciao, Fanny”. Pensai di darle la mano ma non avevo idea di dove avrei dovuto stringere. Una foglia? Però correvo il rischio di farle male. Passai l'intero pomeriggio a parlare con piante. Finivo con una e Nix portava un altro vaso. Il problema era che mi sembravano tutte uguali, ad un certo punto sbagliai e chiamai Fanny una pianta che invece si chiamava Flora. Si offese molto e dovetti rimediare al danno. Promisi che l'avrei annaffiata personalmente ogni giorno. Nix stava a guardare, solo ogni tanto parlava. Il suo obiettivo l'aveva raggiunto: io adesso sapevo parlare con le piante. Mi disse che con gli animali era già più difficile, ma disse anche che domani avremmo provato con Asky, se solo fosse riuscito a trovarlo. Prima di cena la mia testa stava scoppiando e vedevo fiori e foglie ovunque. Mi buttai sul divano per niente in modo aggraziato, ma tanto a me che importava? “Che mangiamo per cena?”, mi chiese Nix. “Guarda, puoi fare anche solo insalata., però, dopo che ho scoperto che anche le piante parlano mi sento in colpa a mangiarle”, risposi con la testa sotterrata in un cuscino. “Per caso quando mangi una bella bistecca ti senti in colpa?”. “No.”. Wow, mi stavo per addormentare da quanto ero stanca. “E allora non avrai problemi a mangiare la verdura, come sempre.”. Alla fine mangiammo pizza. Nix l'aveva fatta fare dai cuochi del castello, c'eravamo allenati fino tardi e a lui sembrava una buona idea non cucinare ma rilassarsi. Cominciavo a pensare che ala fine i guardiani fossero come noi umani, con la differenza che avevano poteri speciali e dovevano occuparsi delle stagioni. Si insomma, una piccola differenza. Dopo cena ci aspettavamo di vedere Silas, ma forse era troppo preso da Candice per pensare a noi. Infatti, per quella sera nessuno venne a controllarci. “Credo sia ora di andare a dormire.”, disse ad un tratto Nix. Ci eravamo sistemati sul divano vicini, vicini. Mi piaceva sentire che il suo corpo fosse più caldo del mio, ma soprattutto il suo profumo, mi meravigliavo ancora di quanto fosse buono. “Va bene.”, dissi. In effetti mi stavo addormentando fra le sue braccia. “Mi fai dormire sul divano?”, chiese sorridendomi e poi scompigliandomi i capelli. “No, a patto che tu stia dalla tua parte di letto.”. E gli diedi un bacio sulla guancia. Mentre lui era in bagno a lavarsi i denti io mi cambiai, tolsi il vestito e mi misi un paio di pantaloncini corti e una maglietta maniche corte, infine, mi buttai a letto sotto le coperte. Nix uscì dal bagno e si lanciò, letteralmente, sul letto. “Hei!”, urlai. “Scusa.”, mi sorrise. Cosa credeva? Che con quel sorrisetto avrebbe sistemato sempre tutto? A pensarci bene... “Dormiamo?”, chiesi. “Certo.”. Si infilò sotto le coperte e come promesso rimase nella sua parte di letto. E bravo Nix. Mi voltai per spegnere la lampada sul comodino e vidi il libro sulle leggende dei guardiani. Cavolo, l'avevo completamente dimenticato. Mi ripromisi di dargli una letta la mattina dopo. Spensi la lampada e chiusi gli occhi con la speranza di non ritrovarmi Damon nei sogni. Avere Nix vicino che dormiva al mio fianco faceva da perfetto sonnifero, e così, mi addormentai, per la prima volta da giorni, senza preoccupazioni.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Tutta colpa di un tappo di Champagne ***


CAPITOLO 13: Passarono altri due giorni, così, senza che me ne accorgessi. Era esattamente il sesto giorno che mi trovavo al castello d'inverno. Dovevo ammetterlo, mi stavo proprio divertendo con Nix. Era strano, perché appena arrivata ero convinta che non avrei mai accettato di stare al fianco di Nix. A volte mi chiedevo ancora se quello che provavo era solo frutto del legame di sangue, e quando ci pensavo tendevo a chiudermi in me stessa e Nix si preoccupava. Sei giorni. Erano ancora troppo pochi, ma di tempo non ce n'era, dovevo scegliere. Casa o Nix? Candice passava a trovarmi con Silas ogni tanto. Non so come, ma litigavano di meno. Sembravano più uniti. Ovviamente il povero Silas non poteva mai toccare Candice, se anche solo cercava di sfiorarla o di prenderle la mano lei lo respingeva e si metteva a urlare come una matta. L'altro pomeriggio, mentre Silas e Nix parlottavano sul divano, io avevo preso da parte Candice per farle qualche domanda. “Allora?”, le sorrisi. “Allora che?”. “Dai su, lo sai cosa intendo. Come va con Silas?”. Ero sua amica e pretendevo dettagli. “Niente. Lui dorme sulla poltrona in camera, io dormo sul letto. Lui cucina, io mangio, sai che non sono brava a cucinare. Io non parlo e lui tenta di conoscermi riempiendomi, letteralmente, di domande. Una volta era uscito perché doveva andare da qualche parte del castello a fare non so che, sai cosa mi sono trovata sul bancone della cucina?”. Io la fissavo. Che poteva aver messo sul banco della cucina? “Non lo so”, dissi. “Beh mi sono ritrovata un bigliettino con su scritto: Amore, ci vediamo a pranzo, non ti preoccupare. P.S. Qual'è il tuo colore preferito?”. Io scoppiai a ridere, che c'era di strano? Silas voleva solo sapere il suo colore preferito. “Amore! Mi ha chiamata amore!”. Oh, ecco perché. Povero Silas. Eppure era un ragazzo così bello, era strano che lei lo odiasse tanto. Proprio lei, che se vedeva un bel ragazzo per la strada impazziva e veniva subito da me a chiedermi se anche io pensavo che fosse bello. “Ma l'hai visto bene in faccia Silas?”, le chiesi. Candice abbassò la testa e arrossì teneramente. “Si...”, disse. “E' bello...”. Finalmente l'aveva ammesso! “E allora, buttati!”. Alzò la testa. Era triste, e non solo. Come me voleva tornare a casa. “Io non voglio sposarlo”, disse sussurrando e girandosi a guardare Silas e Nix parlare. “Insomma, io e te siamo così giovani! È da pazzi!”. Le sorrisi. “Io ci penso ogni giorno, e poi mi chiedo anche se ci si possa innamorare di una persona in così pochi giorni!”. “Sai, non è poi così male qui”. Mi disse poi con un sorrisetto da furbetta. “Posso avere tutto quello che voglio, basta che lo chieda a Silas. Potrei anche fargli prendere quel bel paio di pantaloncini che ho visto giorni fa in un negozio...”. O cielo! Ci stava pensando veramente. Era da lei, ecco perché le volevo così bene, non si faceva scrupoli a dire quello che pensava. Ogni giorno da quando era arrivata al castello speravo che Silas trovasse il modo di fare colpo su di lei. Un po' per vedere Silas contento e un po' per egoismo; se un giorno avrei sposato Nix volevo che lei fosse presente. A proposito di Nix, nei due giorni che erano passati era stato molto normale, direi quasi troppo normale. Però era un Nix che mi piaceva. Mi aveva raccontato tante cose sulla sua famiglia, ma sopratutto, mi aveva insegnato tantissime cose riguardo i miei poteri. Adesso potevo parlare sia con le piante che con gli animali, era allo stesso tempo una cosa bellissima e bruttissima, ogni volta che dovevo mangiare mi sentivo in colpa. Insomma, è orribile mangiare qualche cosa con cui magari pochi minuti prima ci stavi conversando allegramente. Avevo anche imparato a ghiacciare a comando ogni cosa, oppure a far apparire la nebbia, anche a far nevicare. Formare la neve era la cosa che preferivo, dovevo fare come mi aveva mostrato tempo fa Nix, solo che io non mi sarei piegata in due dal dolore come era successo a lui. Ultimamente Nix stava peggiorando in fatto di poteri, aveva difficoltà a controllarli. Ghiacciava ogni cosa, e se perdeva il controllo, erano cavoli. Damon, grazie al cielo, aveva smesso di tormentarmi nei sogni, forse l'avvertimento di Nix aveva fatto qualche effetto. Avevo anche provato a leggere qualche altra storia dal libro sulle leggende dei guardiani, ma non erano interessanti quanto quella dei due innamorati. Ormai era la vigilia del matrimonio tra Sol e Andres, ero così contenta per loro. Ogni tanto, come Silas e Candice, erano venuti a farci qualche visita. Iniziavo ad apprezzare Andres, per essere così giovane era anche molto responsabile. Stava per diventare il marito della futura regina dell'estate, eppure, non sembrava per nulla turbato. “Ella?”. “Si, Nix?”. Stavo continuando a leggere Orgoglio e Pregiudizio, era bello come libro, ma non era proprio il mio genere, così ci mettevo molto più tempo del previsto a finirlo. “Lo sai che oggi Annabeth viene per farti provare il vestito per domani?”. “Si, si, me lo ricordo”. “Ma mi stai ascoltando?”. Cavolo, ma non gli avevano insegnato a non disturbare una donna che legge? Poteva diventare pericolosa la situazione. “Hai appena detto che Annabeth verrà qui per farmi provare il vestito per domani.”. “Esatto.”. Distolsi gli occhi dalle parole del libro e mi misi a guardare il viso di Nix. Io mi ero seduta sul divano e lui aveva appoggiato la testa sulle mie gambe, si era addormentato dopo pochi minuti. Era così stanco ultimamente. Misi il libro da parte. “Allora, tu cosa indosserai?”. Iniziai a passargli le mani fra i capelli. Era divertente, mi sembrava di accarezzare un gattino nero, aveva i capelli così morbidi. Chissà che balsamo usava... figurati se usava un balsamo! “Solito, giacca e pantaloni blu scuro con camicia bianca sotto.”. “Perché io devo sempre fare tutte queste prove? È noioso...”. Lui aprì gli occhi e mi sorrise. “Perché devi essere perfetta.”. Alzai gli occhi al cielo. Io per essere perfetta dovevo cambiare totalmente faccia. “Lasciamo perdere che è meglio.”, dissi. Lui richiuse gli occhi ma non perse il sorriso. Mamma mia se era bello! Come potevo interessargli? Era impossibile. Sicuramente Cara era dieci volte meglio di me. Cara. Quel nome mi tormentava ogni notte prima di addormentarmi e ogni mattina appena aprivo gli occhi. C'era stato un momento nei giorni scorsi in cui avevo pensato di dire a Nix tutta la verità, ma poi ci avevo ripensato. Che codarda che ero! Semplicemente non ammettevo il fatto che non volevo che lui mi lasciasse per andare da lei. Ero gelosa e combattuta, e poi ancora gelosa. E non accettavo il fatto che non avrei mai più ritrovato un ragazzo come lui. Era tutto un sogno. Forse avevo cambiato idea troppo rapidamente, perché non avevo più quella disperata voglia di tornare a casa? Forse semplicemente perché con Nix, lì al castello d'inverno, mi sentivo così bene... “Hei?”, mi richiamò Nix. “L'hai fatto un'altra volta.” “Cosa?”, chiesi continuando a giocare con i suoi capelli. “A perderti in quella tua bella testolina.”. Sbuffai, il solito cascamorto. “E hai anche gli occhi lucidi.”. “Cosa?”. Non me n'ero accorta. Nix mi stava guardando con quei suoi bei occhi azzurri. Qualcuno bussò alla porta. Sussultammo entrambi. “Sarà Annabeth, su alzati scansafatiche!”. Passai tutta la mattina a provare vestiti per il matrimonio di Sol, rigorosamente corti fino al ginocchio e rigorosamente nei colori bianco e argento. Ovviamente Nix faceva il giudice di turno, continuava a dire: troppo corto, troppo lungo, troppo schifo, troppo da suora. Non gli andava bene niente. “Sai che è un matrimonio, vero? Non è una sfilata di moda!”, dissi esasperata dopo due ore. “Certo, ma tu sei molto importante e devi essere impeccabile.”. “Non lo sai che il giorno del suo matrimonio è la sposa che deve essere al centro dell'attenzione?”, gli chiesi. Mi sorrise, oddio, chissà cosa gli era saltato in mente! “Se dici così, prova ad immaginare come sarai al tuo di matrimonio.”. “Oh, non ci penso nemmeno.”, dissi senza neanche farci caso. Frecciatina. Così imparava a tirare fuori ancora quella storia. Non l'aveva detto esplicitamente, ma era evidente che si riferisse al nostro di matrimonio. Annabeth intanto restava in silenzio e si godeva tutta la scena ridendosela sotto i baffi. Morale della favola, il vestito che avrei indossato il giorno seguente, lo scelse Nix. “Ti stanno bene tutti, ma quello...”. Mi guardò da capo a piedi. “Quello si che è perfetto.”. “La smetti di guardarmi così? Sembri un maniaco.”. Scoppiò a ridere. “Dovrei comportarmi più spesso da maniaco?”, mi chiese. “Provaci e finisci giù dal burrone che si vede dall'ufficio di tuo padre.”. “Cattiva la ragazza.”. Oh, non immaginava quanto. “Che ne pensa del vestito?”, mi chiese Annabeth. Mi guardai allo specchio. Non era niente male: corto fino alle ginocchia, bianco, una spalla scoperta l'altra coperta con una manica lunga, sui bordi rifiniture in pizzo bianco e argento. Era semplice e andava benissimo. “Si, è perfetto.”, dissi sorridendole. “Allora lo faccio lavare e per domani mattina sarà tutto pronto. Vi lascio, ho molte faccende da svolgere.”. Ci salutò e ci lasciò soli, io mi buttai di nuovo sul divano. “Oggi non hai tempo per riposare.”, mi disse Nix. “E perché?”. “Devi preparare l'addio al nubilato di Sol, assieme a Candice e Anthea.”. Cosa? Era impazzito. Non osavo nemmeno immaginare Anthea e Candice nella stessa stanza. “E' uno scherzo?”. “Perché dovrebbe esserlo? Anche vuoi umani fate l'addio al nubilato.”. “No, no, non mi riferivo a quello. Sai cosa significa ritrovarsi nella stessa stanza con Anthea e Candice assieme? Si salvi chi può!”. Sarebbe stata la fine del mondo. Solo a pensarlo mi venivano i brividi. Nix si sedette accanto a me e mi prese per le spalle. “Ed è per questo che esistete tu e Sol, sono sicuro che avrete tutto sotto controllo.”. “Ma è l'addio al nubilato di Sol! Non può mettersi a fare la babysitter! E poi tu che farai?”. Lui scrollò le spalle. “Io, Silas, e purtroppo anche Damon, organizziamo l'addio al celibato di Andres.”. Damon? Sul serio? “Vi siete messi d'accordo per rovinare l'ultima sera da scapoli di Sol e Andres?”, gli chiesi. Nix scoppiò a ridere. “Scapoli? Dici sul serio? Quei due sono come Romeo e Giulietta: muore una, muore anche l'altro.”. Appoggiai le mani sul suo petto che sembrava marmo riscaldato. Dopo che mi aveva ceduto alcuni dei suoi poteri ero diventata io quella con la temperatura corporea più bassa, così appoggiandomi a lui riuscivo a percepire quel minimo di calore che mi faceva stare bene. “Odio quando ti metti a pensare.”, disse. Accennai un sorriso. “Dico sul serio. Sembri triste, e si vede che c'è qualche cosa che non va.”. Come faceva a conoscermi già così bene? “Sorridi un po'.”. “Sai che domani devo scegliere.”. Lo guardai negli occhi. “Hai ancora tanto tempo per scegliere, non pensarci adesso.”. Chiuse gli occhi e appoggiò la fronte alla mia. “Qualunque cosa tu scelga io sarò felice.”. Mai detta bugia più grossa. Se fosse stato per lui al mio posto ci sarebbe stata Cara, e a lei non avrebbe mai detto che qualunque cosa avesse scelto lui sarebbe stato felice. “Finché ci sono l'amore e il ricordo, non ci sono vere perdite”, sussurrai con gli occhi chiusi. Era la citazione di un libro che avevo letto poco tempo fa. Mi era rimasta impressa nella mente perché sapevo che era una frase verissima; a modo mio amavo mia zia e i ricordi di lei erano sempre presenti nella mia mente. Quindi, come era possibile che Nix avesse dimenticato Cara? “Perché dici così?”, mi chiese. “Perché è la verità.”, risposi. Nix si avvicinò per cercare di baciarmi ma io lo scostai delicatamente. Mi ci era voluto tutto il mio autocontrollo per fermarlo. Lui mi guardò e sul viso aveva un misto di dispiacere, sorpresa e...tristezza? Nix sospirò e si alzò dal divano. “Io vado a preparami. Con gli altri ragazzi andiamo negli alloggi di Andres per l'addio al celibato.”. Mi mostrò il suo sorriso più sexy che aveva e io alzai gli occhi al cielo. “Ma non ti preoccupare, questa notte torno qui a dormire!”. Scoppiai a ridere ma sapevo che anche se aveva buttato tutto in ridere, lui dentro di sé non stava ridendo affatto. Cinque minuti dopo che Nix era uscito dall'appartamento qualcuno bussò alla porta. “E' qui la festa?”, chiese Candice con una voce svogliata. “Vedo che hai proprio voglia di divertirti.”. La feci accomodare nell'appartamento. “Mi ha costretto Silas, dice che devo iniziare a conoscere le altre donne della congrega.”. “E da quando siamo diventati una congrega?”, le chiesi. “Non lo so. Hai qualche cosa da mangiare?”, e si buttò sul divano. A quanto pare Candice aveva vinto la battaglia sul guardaroba: indossava un paio di jeans blu, come suo solito, e un maglioncino marroncino; se fosse stato per Silas ero convinta che avrebbe preferito vederla con addosso un vestito. Era una battaglia persa in partenza, Candice non amava le gonne. “Sol si è occupata del magiare.”. “Ok”. Qualcuno bussò alla porta. Andai ad aprire, era Sol. “Ella!”, mi salutò abbracciandomi e baciandomi sulle guance. Era proprio come la ricordavo: solare. Avrei tanto voluto essere sempre positiva come lei. “Ho portato un po' di cosette.”, disse portando tutto in cucina. “Allora, sono soprattutto dolci, mi vengono meglio.”. Mi sorrise e io ricambiai. “Ho fatto cioccolatini alle fragole, poi una torta alla crema chantilly, cupcake decorati con la panna montata, biscotti a forma di omini, ma soprattutto, per te Ella, ghiacciolini di frutta”. Sol era tutta intenta a mettere nel frigorifero o nel freezer tutto quello che aveva portato. “Ma hai cucinato tutta la mattina?”, le chiese Candice. “Ma certo, era il minimo, domani mi sposo, te l'avevo detto l'altro giorno.”. “Aspettate un momento, voi vi conoscete già?”. Ero stupita. “Certo, Candice conosce anche Anthea, ma non vanno molto d'accordo.”. “Non mi dire...”, sussurrai a denti stretti. Sentimmo qualcuno bussare alla porta. “Questa dovrebbe essere la stronzetta.”, disse Candice sottovoce, ma non abbastanza. Io e Sol scoppiammo a ridere. Non capitava spesso che Candice facesse delle dichiarazioni come quella appena fatta, perché era una ragazza estroversa ma non cattiva fino a tal punto. Andai ad aprire alla porta. Anthea entrò nell'appartamento senza nemmeno salutarmi. “Ciao anche a te.”, dissi. “Si,si. Fammi mettere in frigorifero il riso freddo. È vegetariano, guai a chi protesta.”. Finimmo tutte in cucina per preparare la cena. Io e Candice apparecchiavamo la tavola, Sol e Anthea preparavano i piatti. “Pronta per domani, Sol?”, chiesi. “Si. Io e Andres siamo agitatissimi!”. Ero così contenta per Sol, se lo meritava. Per una ragazza così bella era il minimo! “Qualche dettaglio sul vestito?”. “E' una sorpresa!”, rispose lei tutta raggiante. “Ella, scommetto quanto vuoi che c'è dell'oro.”, disse Anthea. “Non scommetterei mai con te, anche perché lo immaginavo già che c'era dell'oro.”. “Ma non ti rovinerai la vita a sposarti così giovane?”, chiese Candice. “E' un mio diritto e un mio dovere, ma soprattutto se non mi sposo rischio di morire, e sinceramente non ci tengo.”, ammise. “Ella? Mi faresti un piacere? Prepareresti i cubetti di ghiaccio da mettere nei bicchieri?”. “Certo.”. Presi il contenitore per i cubetti di ghiaccio, lo riempii d'acqua, mi concentrai e per magia l'acqua diventò ghiaccio. “Ecco fatto.”, dissi tutta contenta. In verità era una cosetta da poco, era uno dei primi trucchetti che mi aveva insegnato Nix. Mi girai verso Candice, era a bocca aperta. “Figata! Voglio farlo anche io!” “Non l'avevi mai visto fare?”, le chiesi. “Ma secondo te?”, mi rispose ancora con gli occhi spalancati dalla sorpresa. “Silas non fa mai niente di strano?”. “A parte rompermi le scatole tutto il giorno? No.”. Proprio non le piaceva Silas. “Allora? Mangiamo?”, ci interruppe Anthea. Passammo tutta la serata a chiacchierare. Mi mancavano le serate fra donne, erano sempre così divertenti. Anthea e Candice non si azzardarono a litigare, e la cosa non dispiaceva né a me né a Sol, ogni tanto si lanciavano qualche occhiataccia ma non più di tanto. “Domani finalmente vedrete dove abito, vi piacerà!”, disse Sol. Stavamo mangiando le fragole ricoperte di cioccolato e granella di nocciole. Mamma mia se erano buone! “Dove abiti?”, chiedemmo io e Candice contemporaneamente. Ci guardammo e scoppiammo a ridere. “In un altro mondo parallelo come questo, solo un po' più caldo. C'è una spiaggia bianca, il mare limpido, la scogliera e ovviamente il castello della mia famiglia. Dopo che saremo sposati io e Andres vivremo lì.”. “Sole? Spiaggia e caldo?”. Candice amava i posti caldi, amava fare bagni in piscina e stare sotto il sole. Anche se si scottava troppo facilmente, aveva la pelle molto chiara, così un giorno iniziò a definirsi una nobile perché una volta i nobili non prendevano il sole, mentre i contadini sì perché stavano tutto il giorno a lavorare nei campi e così diventavano scuri di pelle. “Si là c'è molto caldo.”, la rassicurò Sol. Anche io tempo fa amavo il caldo, ma da quando Nix mi aveva passato i poteri tendevo ad amare i posti freddi. “E io come farò?”, dissi preoccupata. “Oh, non andare in panico, come io riesco a stare qui al freddo tutto il tempo tu ci riuscirai al castello d'estate.”. Ok, mi sarei portata a dietro un'intera busta di ghiaccio, tanto per non rischiare un collasso. “Aspetta un momento, come si fa a raggiungere i vari modi paralleli?”. Non ci avevo mai pensato e quindi non l'avevo mai chiesto a Nix. Fu Anthea a rispondermi. “Facile. In ogni castello esiste una sala dei portali, è una sala circolare e contiene tre porte principali. Prendiamo per esempio il castello d'inverno, le tre porte ti condurranno: una al castello d'estate, una al castello d'autunno e una a casa mia, al castello di primavera.”. Prese un'altra fragola ricoperta di cioccolato e la mangiò. “Poi, esistono anche altre porte, ma quelle sono speciali.”. “E dove ti mandano?”, chiesi. “Beh, quelle ti portano nel mondo reale. Di solito le porte speciali vengono costruite dopo i matrimoni. Al castello d'estate è stata costruita da poco la porta che trasporterà Andres a casa sua, se un giorno vorrà ritornarci, per fare una visita alla sua famiglia.”. Prese la caraffa del tè freddo e se ne versò un po' nel bicchiere. “Sai, non siamo così cattivi noi guardiani, ci teniamo alle famiglie delle persone che sposiamo, perché anche loro sono la nostra famiglia, indipendentemente dalla ricchezza o dalla cultura che possiedono.”. Ci furono alcuni secondi di silenzio. Più che una spiegazione Anthea sembrava che ci avesse fatto una ramanzina. “E dove si trova in questo castello la sala dei portali?”, chiese Candice. Ovviamente era l'unica su cui le parole di Anthea non potevano fare effetto, e quindi anche l'unica che potesse spezzare quell'imbarazzante silenzio. Anthea si mise a ridere. “Ma mi prendi per scema? Non ti dirò mai dove si trova, altrimenti tu potresti scappare e tornare a casa.”. “Perché?”, chiesi. “Hanno già costruito un portale per Candice?”. “No.”, mi rispose. “Per Candice no, ma per te sì.”. Mi sorrise, alzò il bicchiere di tè come per brindare e bevve. Io dopo quello che aveva appena detto ero sbiancata e avevo anche smesso di respirare. Allora Nix era proprio sicuro che l'avrei sposato. Ma se non gli avevo nemmeno dato una risposta! Ecco perché era così calmo quando quel giorno mi aveva detto che avevo ancora molto tempo per decidere, lui era sicurissimo che gli avrei detto di sì. Ma sé nemmeno io ero sicura di quello che avrei dovuto scegliere! Ero così confusa. Da un lato volevo tornare a casa perché era tutto così assurdo, dall'altro volevo stare lì con lui perché sapevo che non l'avrei mai più rivisto e non avrei mai più trovato una persona come lui. Sospirai. Sol se ne accorse. “Facciamo un brindisi!”, propose. Si alzò e andò a prendere qualche cosa dal frigorifero, poi si avvicinò ad una mensola e prese quattro bicchieri dalla forma strana. “Non è dei migliori ma in momenti come questi è d'obbligo.”. Sol appoggiò sulla tavola i quattro bicchieri e una bottiglia di Campagne originale, non una di quelle bottiglie che vengono fatte passare per Champagne e che si trovano al supermercato, una bottiglia originale. Chissà quanto era costata! “Ogni tanto vale la pena fare un'eccezione e bere qualcosina di più forte dell'acqua.”. Mi fece l'occhiolino e scoppiai a ridere. “La apriamo in modo poco elegante?”, chiese Sol. “E che vorrebbe dire?”. Ne sapevo poco di alcolici. A casa mia erano tutti astemi. “Con il tappo che fa bum”, disse Candice. “Aprila e basta!”, urlò Anthea alzando gli occhi al cielo. “E va bene...”. Sol tolse la gabbietta in ferro che copriva il tappo, poi si aiutò con l'apribottiglie per alzarlo un po', inclinò delicatamente la bottiglia e con il pollice tolse definitivamente il tappo che dopo aver colpito il soffitto mi finì esattamente in testa. Tutte scoppiarono a ridere, io no. “Ahi!”, dissi toccandomi la testa. “Lo sai che c'è un detto? Di solito chi viene colpito dal tappo di Champagne si sposerà dopo poco tempo.”. Che detto stupido pensai. “Spiritosa, Sol, l'hai fatto apposta!”. Stavano ancora ridendo tutte. Sol scosse la testa, aveva le lacrime agli occhi. “No, no.”. Sbuffai. Versammo lo Campagne nei calici strani e brindammo: “A Sol, che domani sia il giorno più bello del sua vita!”. Scoppiammo a ridere e ridemmo ancora per molto.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Sai cos'è l'amore? ***


CAPITOLO 14: “Ma chi stiamo aspettando?!”, chiesi esasperata. Eravamo nella sala dei portali da almeno mezz'ora e le scarpe che indossavo mi stavano massacrando i piedi. Mi appoggiai a una spalla di Nix per spostare un po' di peso dai piedi doloranti, non potevo certo sedermi sul pavimento con un vestito bianco da cerimonia. “Damon e Caos.”, mi rispose. “Certo, e chi poteva essere?”. Sospirai per l'ennesima volta. “Lo so che non ti piacciono, non piacciono nemmeno a me, ma devono esserci al matrimonio.”. Per passare il tempo decisi di guardare meglio la sala dei portali. Era bella quanto il resto del castello, eppure in quella stanza c'era quel pizzico di magia in più che incuriosiva. Era una sala perfettamente rotonda, come mi aveva già descritto Anthea c'erano tre porte principali, le riconoscevi perché erano tutte rifinite in oro e più grandi delle altre che invece erano semplici e in legno. Ovviamente, 'le altre' erano quelle che portavano a casa delle ex-regine dell'inverno, non erano tante e ognuna aveva una targhetta che indicava il nome di una ex-regina. C'era anche la porta di Celeste e, con mia sorpresa, anche quella con il mio nome, si vedeva che era nuova, la targhetta brillava così tanto. Nix non ci faceva neanche caso e io non volevo parlarne in quel momento. “Buongiorno a tutti!”, disse qualcuno. Erano caos e suo figlio. Tutti e due rigorosamente vestiti di nero, anche loro non avevano molta fantasia nella scelta dei colori, almeno quella era una caratteristica di famiglia. “Che dite? Andiamo al matrimonio dei due piccioncini?”, chiese Caos a tutti i presenti. Al castello d'inverno erano rimaste le famiglie di Nix, Silas, Anthea e quella di Damon, se si poteva considerare famiglia. Sol, i suoi genitori e Andres erano tornati al castello d'estate appena era sorto il sole perché dovevano mettere appunto i preparativi finali per la cerimonia. “Va bene, siete tutti pronti? Abbiamo cinque minuti per attraversare la porta per il castello d'estate, quindi, muoviamoci o perderemo la cerimonia.”, disse Ibernis. “Fratello, siamo gli unici invitati, non credo inizieranno la cerimonia senza di noi, soprattutto senza di te.”. Caos, con Damon al seguito, andò ad aprire una delle tre porte in oro e senza aggiungere altro l'attraversò, suo figlio lo seguì. “Gentile come sempre”, sussurrai. Nix mi sentì e sorrise. Attraversare la porta fu più facile di quello che pensavo: facevi un passo, una luce ti accecava per pochi istanti e poi, come niente fosse, ti ritrovavi...su una spiaggia bianchissima. “Wow.”, dissi appena arrivata. “Bello, vero?”, mi chiese Nix. Bello a dir poco. Sabbia bianca, acqua del mare limpidissima e una scogliera su cui sorgeva un castello fatto tutti di sassi bianchi e grigi: il castello d'estate. “Oddio, però fa caldissimo qui.”. All'inizio non lo sentivo neanche, ero così abituata al fresco del castello d'inverno, però poi l'aria calda iniziò ad accarezzarmi la pelle e io iniziai a sudare. “Ella devi stare calma, Sol può resistere alle nostre temperature gelide e noi due possiamo resistere alle temperature calde, anche se dobbiamo bere un po' più del solito.”, mi rassicurò Nix. “Sudo e poi puzzo, non mi piace. E il trucco, si scioglie tutto!”, dissi con una smorfia. Nix scoppiò a ridere. “E solo quello ti preoccupa?”. “Ragazzi andiamo.”, ci incitò Celeste. Imboccammo il sentiero che portava al castello pieno di piante e arbusti strani, mi chiesi come facessero a resistere al quel caldo. “Ti sta benissimo quel vestito.”, sentii dire da qualcuno alla mia destra, sapevo già chi era ma non avevo alcuna intenzione di dargli corda. “Con te non ci parlo.”. “Mi hai appena parlato.”. Rimasi in silenzio. “Allora puoi ascoltare. Volevo scusarmi con te perché non avevo la minima idea che una cavolo di rosa potesse augurare morte.”. Sbuffai e continuai a guardare davanti a me, mamma che caldo. “Ella, erano solo petali di rosa, pensavo potessero piacere anche a te!”. “Stai zitto Damon.”, gli disse Nix alla mia sinistra. “Oh smettila cugino, non te la sto portando via.”. “Chiudete il becco tutti e due.”, sbottai, iniziavo a far fatica a respirare, stupido caldo. “Cugino, la tua bella non sta bene.”, disse Damon. “Non stare a sentirlo, sto benissimo.”. Beh, non esattamente. “Siamo quasi arrivati?”, chiesi disperata. “Manca poco, ci sono delle scale.”, mi rispose Nix. Certo, perché la mega salita sotto il sole non era abbastanza, servivano anche le scale. Quelle che erano le scale sembravano dei massi di roccia buttati a caso e messi in un cunicolo strettissimo, la rampa era ripidissima. Volevano farmi morire. “Sei fortunata che appena arriviamo ci offrono da bere.”, mi sussurrò all'orecchio Damon. Nix all'inizio delle rampa di scale mi tese la mano per aiutarmi a salire, Damon me lo ritrovai dietro. Avrei tanto voluto impiantargli il tacco della scarpa in testa. Guardai in alto e vidi Silas che aiutava Candice prendendola per mano, lei accettava volentieri, non era affaticata quanto me, anzi, sembrava essere a suo agio. Mi chiesi se Silas avesse già ceduto parte dei poteri alla mia amica, li guardai meglio e sorrisi perché sembravano proprio una bella coppia. Quella mattina prima di partire avevo parlato poco con Candice. Finalmente si era decisa a mettere un vestito, le stava d'incanto, verde scuro, corto fino alle ginocchia, ma soprattutto, semplice. Cosa che il mio vestito, per colpa di qualcuno, non lo era. Arrivati finalmente in cima alla ripida rampa di scale vennero ad accoglierci tre camerieri, trovavo quasi strano che non fossero completamente vestiti di giallo o oro, indossavano le divise da normali camerieri e l'unica cosa che possedevano di giallo era una piccola rosellina attaccata al cravattino nero. “Prego, seguiteci.”, ci disse uno dei tre. Notai anche un'altra cosa strana, erano tutti rigorosamente biondi, dal primo all'ultimo. Seguimmo i camerieri all'interno del castello dell'estate, era grande quanto quello d'inverno, ma la bellezza non era nemmeno paragonabile a quella del castello d'inverno. Ci portarono in una sala immensa, appena entravi saltavano all'occhio quattro troni color bronzo e oro, quelli al centro erano più grandi dei due laterali. Davanti ai troni c'era un arco di fiori di ogni tonalità del colore giallo e un tappeto decorato con ricami in oro ti accompagnava dall'entrata della sala fino all'arco e divideva l'enorme stanza in destra e sinistra. C'erano almeno cento sedie disposte ordinatamente un po' ovunque, ogni sedia era di colore bianco con rifiniture in oro e possedeva un cartellino con scritto il nome e il cognome della persona che avrebbe dovuto occupare quel posto a sedere. Le pareti della sala erano piene di vetrate colorate da cui entrava il sole, quasi come una cattedrale gotica. Lo spettacolo era da sogno. “Prego, accomodatevi.”, ci disse il cameriere indicandoci dei posti in prima fila, il più possibile vicino ai troni. “Desiderate qualche cosa da bere?”, ci chiese cortesemente. Cavolo, guardandolo bene era proprio bello per essere solo un cameriere. Mi ricordava Annabeth la mia cameriera, che odiavo considerare solo come una cameriera. “Certo, dell'acqua, quella più fredda che avete, per me e Ella.”, rispose Nix. “Come desiderate, principe Nix.”, fece un piccolo inchino e si diresse verso l'uscita della sala. “Quante sedie.”, esclamai. Mi sedetti mentre nello stesso tempo alla mia destra di sedette Nix e alla mia sinistra Damon. “Sol e Andres desideravano che anche i loro servitori fossero presenti alla loro cerimonia di nozze.”, disse Nix. “E' una cosa molto bella.”, ammisi. “E' una cosa inutile.”, disse Damon. Se il suo intento era quello di farmi perdere la pazienza ci stava riuscendo. “Sei tu quello inutile.”, ribattei. “Per quanto ancora dovrò chiederti scusa?”. “Ritenta e sarai più fortunato.”. Il cameriere tornò con un vassoio e due calici colmi di ghiaccio e acqua. “Principessa Ella.”, e mi offrì il bicchiere. “Principe Nix.”, e lo offrì a Nix, poi si rivolse a Damon: “Ha bisogno di qualche cosa principe Damon?”. “No, la ringrazio”. Ero rimasta a bocca aperta, non mi aspettavo che gli rispondesse con un tono così gentile. “Chiudi quella boccuccia o ci entreranno le mosche.”, disse Damon. Sbuffai e bevvi in un solo sorso l'intero bicchiere di acqua e ghiaccio, pochi secondi dopo mi sentivo già in forze, quella corta camminata sotto il sole mi aveva distrutta, era una sensazione orribile. Ci volle circa un'ora prima che l'intera sala si riempisse completamente. Nix, mi aveva raccontato che i camerieri e le altre persone al servizio della famiglia di Sol potevano scegliere se partecipare o meno alla cerimonia, non era obbligatoria, e se non volevano partecipare potevano prendersi un giorno di vacanza. Ma la verità era che i più giovani servitori erano stati mandati alla cerimonia, mentre quelli più vecchi avevano deciso di rifiutare l'invito, non per avere un giorno di vacanza, ma per sistemare tutti i preparativi per il matrimonio. Una loro scelta, ero stupita della lealtà e della fiducia che quei lavoratori avevano per la famiglia reale che servivano. “Ma li pagano?”, chiesi. Nix scoppiò a ridere. “Nessuno dei nostri servitori viene pagato, non sono persone comuni.”. E che persone sarebbero? “Sono persone prescelte, che hanno dimostrato fiducia nei nostri confronti.”, aggiunse. “Nix non spieghi nulla alla tua bellissima futura moglie?”, disse Damon. “Non dire che sono bellissima.”. “Perché no? È la verità. Comunque, come stava dicendo Nix, sono persone speciali, nascono con particolari caratteristiche e molte volte sono umani che sono stati abbandonati dalla famiglia. Noi li adottiamo in qualche modo.”. Damon mi guardò per vedere se avevo capito. Annuii. “Ma hanno qualche segno in particolare?”, chiesi. “Certo”, disse Nix. “Ognuno di loro ha una piccola cicatrice a forma di cerchio da qualche parte.”. “Cerchio?!”. Ma quanto strani erano i guardiani? “Un cerchio, non chiedermi perché, non saprei risponderti”, e mi sorrise. Aspettammo ancora qualche minuto e ad un certo punto vedemmo spuntare dalla porta principale della sala il re e la regina d'estate. “Sono Aestate e Nicolas”, mi sussurrarono all'unisono Damon e Nix. “A che gioco stai giocando Damon?”, chiese Nix. “A nessun gioco cugino”, rispose l'altro. “Beh smettetela tutti e due”, mi intromisi. “State zitti.”. “Si cara”, mi sussurrò Nix mentre Damon sbuffò. I due sovrani d'estate arrivarono davanti ai quattro troni e si sedettero nei due centrali l'uno vicino all'altra. Aestate era stupenda, anche se portava un vestito molto semplice per l'occasione come il marito Nicolas. “Mi sbaglio o amano la semplicità in questo castello?”, sussurrai a Nix. “Mi sbaglio o avevi detto di stare zitti? Comunque aspetta a dirlo.”, mi rispose sorridendo. E infatti era meglio se me ne stavo zitta, perché appena si affacciarono alla porta i due futuri sposi rimasi a bocca aperta. Sol sembrava una vera e propria regina. Il vestito di Aestate era semplice perché era la sposa che doveva spiccare fra tutte. E in effetti era proprio così, con quel vestito Sol era la sposa più bella che avessi mai visto. Era un abito principesco tutto color avorio scuro, con una gonna a ruota non troppo voluminosa che fasciava i bei fianchi di Sol, fianchi che nel mio caso erano inesistenti. Il vestito aveva anche un corsetto pieno di ricami dorati, mentre le spalle di Sol erano appena coperte dal velo e lasciavano intravedere i tatuaggi color oro, segno che era una guardiana a tutti gli effetti, in mano portava un mazzo di roselline gialle e oro e avanzava a passo lento a braccetto con Andres. Il futuro guardiano dell'estate era vestito elegantemente di avorio delle stesso colore della sposa. Un vestito meno vistoso ma pur sempre colorato. Andres e Sol sembravano due soli, così raggianti e sorridenti. Era quello l'amore? E all'improvviso sentii un peso al cuore. Io quel giorno dovevo scegliere che cosa fare della mia vita. Scegliere Nix o un futuro o tornare nella dura realtà? I due futuri sposi arrivarono davanti all'arco di fiori e si misero l'uno di fronte all'altra. “Ora tocca a me”, disse Ibernis. Si alzò e andò a posizionarsi sotto l'arco di fiori davanti a Sol e Andres. “Bungiorno a tutti”, iniziò a dire Ibernis. “Oggi siamo qui riuniti per celebrare l'unione di questi due meravigliosi ragazzi.”. Sorrise loro e continuò il discorso. “Quante volte ci siamo chiesti quale fosse il significato vero amore eppure non siamo mai riusciti a trovare una risposta? Quante volte ci siamo guardati attorno e ci siamo accorti che il vero amore era proprio lì vicino a noi? A volte non serve cercare per mare e per monti, a volte, bisogna semplicemente smettere di cercare, è una cosa così semplice, ma natura ci ha fatti testardi e ostinati, smettere di cercare sembrerebbe quasi arrendersi.”, sembrava quasi un discorso fatto apposta per me, non per i futuri sposi, sapevo benissimo che cosa passava per la testa del re d'inverno. “Ci si innamora in un giorno qualunque, ci si accorge di una persona al quale sembra di essere già legati da fili invisibili. Oh l'amore non è come una cotta qualunque, l'amore trova sempre una strada per farsi sentire, è come l'acqua, non la ferma nessuno, nemmeno gli argini di un fiume.”. Ibernis si girò a guardarmi negli occhi, sapevo che guardava me, mi sembrava di essere trafitta da una freccia ghiacciata. “Come sapere se si è innamorati? Non esiste un modo, non c'è una legge matematica per l'amore, bisogna ascoltare i propri sentimenti, non è facile, lo riconosco, ma quando il tocco di qualcuno è in grado di calmarti, o quando un bacio ti fa sentire la persona più bella e fortunata al mondo, quello è amore. E quando poi guardi negli occhi quel qualcuno e vorresti metterti a piangere dalla felicità, allora puoi star sicuro che è amore. È così bello essere innamorati, chiunque al modo avrà la fortuna di amare ed essere amato, credo sia la fortuna a cui tutti aspiriamo di più al mondo. Amare ed essere amati.”. Ibernis ritornò a guardare Sol e Andres. Appena distolse lo sguardo da me mi si alleggerì il peso che avevo sul cuore. Volevo piangere, piangere perché tutto quello che aveva detto era così dannatamente vero. “Bene, finita la mini-predica, se vogliamo chiamarla così, iniziamo con il rito di unione.”, disse Ibernis. Io non avevo il coraggio di guardare Nix, guardavo le piastrelle del pavimento. “Ragazzi fate le vostre dichiarazioni”. “Ah, non chiedete se c'è qualcuno di contrario a questo matrimonio?”, urlò Damon che mi ridestò da tutti i pensieri che avevo per la testa. Come si era permesso di rovinare il matrimonio di Sol? “Damon non ti permettere di rovinare il giorno del mio matrimonio.”, disse Sol con tutta la calma che possedeva in corpo. “Chiudi il becco.”, dissi a denti stretti. “Ho una bocca dolcezza, e dovresti sentire quanto è morbida”, mi sussurrò all'orecchio. Spalancai gli occhi dalla sorpresa. “Damon!”, urlò infuriato Nix. “Ora basta!”, s'intromise Ibernis. “Ho ordinato di fare le dichiarazioni, e voglio che questo ordine sia rispettato, subito!”. Nessuno osava contraddire il re dell'inverno. Tornò subito la calma. “Io, Andres, prendo te, Sol, come mia legittima sposa e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e di onorarti tutti i giorni della mia vita fino quando Natura lo vorrà.”, disse Andres. “L'anello..”, sussurrò Ibernis. Andres frugò in un taschino della giacca avorio e tirò fuori un anello in oro giallo tutto ricamato con scritte e lo mise all'anulare della mano sinistra di Sol. “Io, Sol, prendo te, Andres, come mio legittimo sposo e prometto di esserti fedele sempre, nella gioa e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita fino a quando Natura lo vorrà.”. Ibernis diede a Sol un anello color oro giallo e la ragazza lo mise all'anulare della mano sinistra di Andres. “Bene, ora come è usanza dei guardiani, il patto di sangue, ecco a voi pugnale che tutti i vostri antenati guardiani hanno usato prima di voi.”. Ibernis teneva in mano un pugnale in puro oro giallo e lo diede nelle mani di Sol che si fece un taglio sul palmo della mano sinistra e poi lo diede ad Andres che fece la stessa cosa. “Promettete quello che avete detto in precedenza?”, chiese Ibernis. I due quasi-sposi si guardarono negli occhi e si sorrisero a vicenda. Non avevo mai visto così tanta determinazione in qualcuno. “Lo promettiamo.”, dissero insieme. Si strinsero le mani. Ci fu una luce accecante e per alcuni secondi credetti di non sentire alcun suono, ero indecisa se coprirmi le orecchie o gli occhi, ma tutto finì in pochi secondi, riaprii gli occhi e vidi Sol e Andres che si baciavano. Tutti i presenti iniziarono ad applaudire, alcuni fischiavano o urlavano complimenti per i due sposini novelli. “Come ti è sembrato il tutto?”, mi chiese Nix urlando sopra la folla. “Bellissimo.”, dissi non aggiungendo altro. “Vieni che voglio parlarti.”, mi disse poi. Mi prese per mano e mi trascinò fuori dalla sala colma di gente esultate, vidi Damon guardarci serio mentre “scappavamo”. “Che vuoi fare?”, chiesi a Nix. “Dobbiamo sistemare una faccenda.”. Ah, quella faccenda, iniziavo a sudare freddo dall'ansia. Nix mi riportò sulla spiaggia dove eravamo arrivati con il portale. “Ma c'è caldissimo qui fuori.”,dissi. “Lo so, scusa, ma l'acqua del mare è più fresca. Facciamo una camminata?”, mi chiese. “Va bene”, risposi. Ci togliemmo le scarpe e iniziammo a camminare mano nella mano sul bagnasciuga. “Lo so che ti ho trascinata via dal matrimonio, ma devo assolutamente parlarti.”, disse Nix. “Ok.”, fu l'unica cosa riuscii a dire io. “Ella? Mi avevi fatto una promessa, ricordi?”, mi chiese gentilmente. Mi fermò e mi mise difronte a lui in modo che lo guardassi dritto negli occhi, cosa che mi risultava davvero difficile dopo la ramanzina che mi aveva fatto Ibernis quella mattina. “Io...”, non sapevo come iniziare a dirgli che in effetti avevo preso una decisione. I miei sentimenti, tutto quello che provavo parlavano molto chiaro. “Tu?”, m'incitò Nix. Alzai lo sguardo e mi fissai sui suoi occhioni blu. Oddio come mi guardava, quello era lo sguardo dell'amore, non potevo negarlo. “Io credo..”, non trovavo le parole, stavo per piangere di felicità. Che stupida che ero stata a non accorgermene prima! “Ella vuoi diventare la mia sposa?”. Frugò in una taschina e tirò fuori da essa un anello semplice con un piccolo diamantino. “Oh, no Nix, non voglio anelli.”, dissi. “Quindi non accetti...”, disse sconsolato distogliendo lo sguardo da me. “Non sono anelli che voglio.”, iniziai a dire. “Quelli li compro in qualsiasi gioielleria, per quanto me lo possa permettere. Quello che non posso comprare, quello che ho cercato per anni e che da poco ho smesso di cercare ce l'ho esattamente davanti agli occhi.”. Gli presi il viso tra le mani e lo costrinsi dolcemente a girarsi e a guardarmi. Il suo viso era più caldo delle mie mani. Gli sorrisi. “Che cos'è l'amore Nix? Tu sai dirmelo?”, gli chiesi. Lui scosse la testa. “Nemmeno io lo so. Ma se quello che provo e sento quando ti sfioro, quando sento il tuo profumo e quando ti bacio è amore, allora, Dio, non toglietemelo perché è la cosa più bella che mi sia capitata nei miei pochi anni di vita.”. E poi chiusi gli occhi e lo baciai. Le sue labbra morbide e il gusto dolce era quello di sempre. Era semplicemente Nix, ma per me era tutto. “Mmm...era un si, vero?”, chiese Nix tutto contento. Non l'avevo mai visto così felice. “Si, si e mille volte si.”, dissi sorridendo. Nix spalancò gli occhi dalla sorpresa e iniziò a farmi il solletico tanto da farmi cadere sulla sabbia. “Mi stai schiacciando”, dissi ridendo. “Ma no, mi sono solo sdraiato su di te, e poi non peso tanto.”. E iniziò di nuovo a baciarmi. “Si rovina il vestito.”, cercai di dire tra un bacio e l'altro. “Ma sai che mi importa del vestito.”. E poi mi ricordai di un piccolo dettaglio che mi ero dimenticata di dire a Nix. Candice. “Aspetta!”, dissi mettendo una mano sulla bocca di Nix per fermare i suoi baci. “Che c'è?”, cercò di dire con la bocca chiusa. “Se vuoi sposarmi devi sapere una cosa prima.”, dissi seria e tolsi la mano dalla bocca di Nix. “Ok, dimmi.”. Era giunta l'ora della verità, in fondo l'amore si basava anche su quella.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2375121