Le uova dei Ra'zac

di _Camelia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La missione ***
Capitolo 2: *** Il viaggio ***



Capitolo 1
*** La missione ***


Talulah Mary Dolw….mi ero interrogata tante volte sul perché di quel nome, eppure non ne ero mai giunta a capo; forse perché mio padre non mi aveva mai parlato sul serio di mie madre e del significato che quel nome aveva per lui, forse perché era proprio la figura di mia madre, morta alla mia nascita, che aveva fatto in modo che non fosse più toccato il discorso, da nessuno.
Non riuscivo a capire perché mi fosse venuta in mente ora quella cosa, sarà stata colpa del freddo, probabilmente, visto che ero nata proprio in inverno inoltrato, anche se non sapevo con precisione il giorno e il mese, ma poco importava; mi avevano sempre ricordato quanto freddo facesse quando sono nata io, probabilmente la causa della morte di mia madre fu proprio il pungente e penetrante freddo.
Mi strinsi nel mantello, alzando il cappuccio e nascondendovi il viso, per non rischiare che mi si ghiacciasse il naso, poche ore e sarei giunta in un villaggio di nome Carvhall, che si trovava a pochi giorni di distanza dal mio villaggio d’origine, Therinsford, luogo che ormai non vedevo da una vita e nel quale avevo abbandonato un padre alcolizzato e irresponsabile, che non era riuscito nemmeno ad allevare la propria figlioletta, facendola diventare più tardi una spia di professione. Mi sarei fermata poco in quel villaggio, giusto il tempo di riacquistare le forze, mangiare qualcosa di caldo e farmi un bagno degno di aver quel nome, poi sarei ripartita pronta ad affrontare qualsiasi sfida mi avrebbero proposto al villaggio.
Varcai le porte d’entrata, che segnalavano l’inizio di Carvhall, un villaggio semplice, per lo più costituito da case in legno e paglia, abitato da parecchie persone che parevano alquanto indaffarate a ricostruire chissà cosa e per chissà quale motivo; ci impiegai pochi secondi a trovare l’insegna di una locanda, verso la quale mi diressi con passo spedito; una volta spinta la porta e varcata la soglia, mi abbassai il cappuccio del mantello e mi avvicinai al bancone, dove fortunatamente trovai un posto ancora vuoto, mi spinsi oltre il bordo della superfice lignea, per attirare l’attenzione del locandiere, e poi parlai.
« Un piatto caldo, locandiere, portami quello che preferisci, l’importante è che sia bello fumante! E un boccale d’idromele »
Questo alzò un sopracciglio, pronto a ribattere che le donne non avrebbero dovuto bere idromele, ma si zittì non appena il sacchetto d’oro tintinnò davanti ai suoi occhi; sorridendo lo lasciai cadere sul palmo della sua mano tesa
« Grazie. »
Il locandiere sorrise e si girò ad urlare l’ordine ad una di quelle pensai fossero le sue figlie;  distolsi lo sguardo da quella scena, portandomi una mano ai capelli e studiando svogliata il locale, nulla di speciale, anch’esso costruito in legno; la locanda era abbastanza piena, molte persone mangiavano e chiacchieravano rumorosamente, fumando di tanto in tanto una pipa, bevendo, cantando a squarcia gola, erano piuttosto allegri a quanto pareva; la mia ordinazione non tardò ad arrivare, avevo pagato profumatamente il locandiere, quell’oro l’avevo ottenuto portando a termine la mia ultima missione: recuperare dei documenti falsati e riportarli al truffato, per poter così denunciare la truffa; le cose non erano mai andate bene così! Da quando Eragon Ammazzaspettri era riuscito a detronizzare Galbatorix e riportare l’ordine in Alagaesia, tutto procedeva che era una meraviglia, persino i miei affari da spia andavano alla grande! Gli incarichi erano sempre meno pericolosi e sempre più ben pagati. Immersi il cucchiaio nella zuppa che il locandiere mi aveva appena portato, annunciando inoltre che presto mi avrebbe servito una portata di carne in quanto l’oro che avevo sganciato era sarebbe stato sufficiente anche per una bella bistecca speziata; finii in fretta il mio piatto di zuppa, accompagnandolo con mezzo boccale d’idromele, ero pronta ad attaccare anche la mia bistecca, appena giunta al tavolo, ma fui distratta da un uomo che, battendo il bicchiere e attirando l’attenzione su di sè, si alzò su un tavolo
« Ascoltate tutti! »
Disse
« Racconteremo ora dell’attacco dei Ra’zac a Carvhall…»
Iniziò così a raccontare di come, in passato, quelle spietate creature avessero attaccato il villaggio, col solo scopo di cercare Eragon Ammazzaspettri, che aveva però lasciato da tempo il villaggio; gli abitanti si erano saputi difendere egregiamente, guidati da Roran Fortemartello, cugino del cavaliere di draghi, che con maestria aveva organizzato una difesa decisamente forte e salvato gran parte degli abitanti; il racconto andò poi a divagare di come Eragon e Roran avessero salvato lady Katrina dai due mostri e di come essi li avessero uccisi abilmente, salvando così in definitiva la donna.

« Ah, bel racconto! »
Ruggì il locandiere alzando un boccale d’idromele e proponendo un brindisi
« Si racconta…. »
Interruppe un vecchio, confinato in un angolo, che attirò su di sè l’attenzione di tutti i presenti
« Si racconta che ci siano delle uova, uova di quei mostri orribili, venerate dagli abitanti dell’ Helgrind; se la cosa fosse vera saremmo tutti nuovamente nei guai! »
I presenti presero a bisbigliare fra di loro, affermando che l’uomo fosse un pazzo e che non gli si dovesse prestar attenzione; a mio parere, le parole dell’uomo, suonavano più che veritiere, inoltre non mi veniva proposta una missione da parecchi giorni e non avrei mai voluto rivendere i miei preziosi bottini di guerra, per ricavarne dell’oro! Con un gesto della mano, attirai l’attenzione del locandiere, chiedendo chi fosse l’uomo che aveva appena parlato; lui rispose che una volta era stato un uomo rispettabile, ricco e con parecchi campi, aveva persino un figlio ma questo era stato ucciso assieme ad altri, durante lo scontro con i Ra’Zac, mi disse inoltre che nonostante la sua pazzia, era riuscito a mantenere la sua ricchezza, lavorando come un forsennato.
Ringraziai il locandiere per le informazioni datemi, e gli allungai altre monete, per chiedere poi se avesse avuto una camera libera nella quale avrei potuto riposare e lavarmi; mi diede indicazioni, facendomi salire al piano superiore, per poi svoltare a sinistra e giungere in una delle stanze ancora libere.
Il mio sonno fu profondo, ma comunque abbastanza corto; alle prime luci dell’alba scesi dal letto, per dirigermi poi nel locale sottostante e lasciare sul bancone altre svariate monete d’oro, presi poi il registro sul quale, la sera prima, l’uomo aveva scritto il mio nome, garanzia del proprio pagamento, allungai una mano per prendere anche una pagnotta e uscii dalla locanda, per dirigermi alla casa dell’uomo definito pazzo; pochi metri dopo la locanda, era situata la casa che andavo cercando, vi bussai alla porta che pochi secondi dopo si aprì, facendone uscire un uomo di mezz’età, ingobbito e con la barba incolta
« Chi è? »
Chiese lanciandomi occhiate di ghiaccio, che non fecero altro che farmi sorridere calorosamente

« Salve, signore! Non ho potuto fare a meno di ascoltare le sue parole l’altra sera, alla locanda! Mi chiedevo quindi…se la storia delle uova fosse vera, questo non sarebbe forse un insulto alla morte di vostro figlio? Non si può certo lasciare che certe ignobili creature possano ripresentarsi alle porte del villaggio e cercar vendetta, vi pare? »
Lui mi guardò, interessato, per poi passarsi una mano sul mento e mugugnare fra sè e sè
« Cosa volete dirmi dunque? Una donna come voi non potrebbe comunque andare ad accertarsi della veridicità della voce. »
Uomini diffidenti, non si riuscivano mai a fidare si una donna! Alzai le spalle
« Io sono l’unica che non la crede un pazzo, ma faccia come vuole lei! »
Mi girai e feci per allontanarmi, tirandomi il cappuccio del mantello nuovamente sulla testa, quando la voce dell’uomo mi fermò

« Ok, a quali condizioni però? »
sorrisi e mi girai nuovamente, osservandolo divertita
« I miei servigi necessitano di un pagamento! Quanto è disposto ad offrirmi? »
Lui alzò le spalle
« Anche due sacche d’oro, ne ho a sufficienza e nessuno mi dice come spenderlo! Solo se riporterai poi le uova distrutte a me come prova! »
Allungai una mano, per stringere la sua e siglare il patto
« Essia ! A missione terminata ci re incontreremo, messere! »
Detto ciò, mi girai per sparire nella nebbia che si stava abbassando, lasciando il posto al sole mattutino, quel sole tanto pallido, che non sarebbe riuscito nemmeno a sciogliere il ghiaccio invernale.

 

Note dell'autore.

Questa ff è mia! L'avevo pubblicata su un vecchio account con il nome di Gersemi, tuttavia ho preferito crearmi questo nuovo profilo e trasportare la FF qua, nella speranza di riuscire anche a terminarla. Nell'ultimo (teoricamente) capitolo il mio stile potrebbe lievemente cambiare, questo perchè i primi due capitoli inseriti sono stati scritti più di due anni fa. 
Se vi va, lasciatemi un commentino, mi farebbe piacere. Grazie per la lettura :)

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Capitolo 2
*** Il viaggio ***


Partii subito, lo stesso giorno che scesi a patti con il vecchio lasciai la città, cambiando la mia meta e facendola così diventare l´ Helgrind, monte situato a poca distanza da Dras Leona, città che mi ero ripromessa di visitare il meno possibile; i cittadini, al suo interno, non avevano ottenuto la mia simpatia, troppo dediti a scambi commerciali più o meno illegali e molto diffidenti nei riguardi dei visitatori, soprattutto se erano donne, soprattutto se non erano accompagnate da nessuno e con un’attrezzatura palesemente maschile. A quanto pareva non vedevano di buon occhio persone come: soldati, spie, assassini di professione, praticamente la maggior parte della gente che si avventurava per Alagaesia, cambiando città in continuazione; gentaglia, a perer mio, ma le esigenze mi avevano spinto ad intraprendere quel viaggio, inoltre l’idea di poter trovare uova appartenenti a quei mostri di cui tanto si era detto, mi eccitava non poco, cacciarsi nei guai, d’altro canto, era sempre stata una mia specialità.
Il viaggio si preannunciò abbastanza lungo, sarebbero state una decina di giorni a cavallo, senza fretta, con delle pause previste per la notte, dove mi sarei procacciata qualcosa, oppure avrei semplicemente fatto tappa in villaggi nei quali mi sarei imbattuta durante il viaggio; comunque, essendo io a piedi, ci avrei impiegato più di due settimane, riducendo le pause ad una ogni due giorni, per dormire qualche ora, e facendo dei pasti fugaci. La prima settimana di viaggio, fu tranquilla: nessun problema, ne con il cibo ne con l’acqua, con la poca magia che riuscivo a padroneggiare, che comunque nel tempo si era fatta più forte e tenace, riuscii a procurarmi le dosi d’acqua necessarie per dissetarmi e non farmi morire disidratata, di selvaggina , invece, ne trovai a sufficienza, mi sarebbe bastata anche per la settimana a venire visto che mangiavo poco e un cervo, almeno per me, costituiva una preda piuttosto grande. Decisi di costeggiare la Grande Dorsale, rimanendone sempre ai piedi, in modo tale da non dovermi preoccupare troppo di trovare cibo, in caso di necessità; inoltre tutte le cittadelle e i villaggi, si accostavano ad essa, come a cercar riparo dalle intemperie che provenivano dalla pianura, io stessa avrei potuto trarne riparo in caso di necessità, sempre che il pericolo non provenisse dal suo interno, cosa molto probabile; d’altronde la Grande Dorsale non era vista di buon occhio quasi da nessuno, anche se non riuscivo a capirne le motivazioni…In passato essa pullulava di Urgali e soldati dell’impero, ma ora di loro non v’era più traccia, a parte qualche piccolo gruppetto, che gironzolava qua e la per Alagaesia, senza però costituire una vera minaccia per nessuno: se ne stavano per i fatti loro, combattendo per loro interesse personale, con gente della loro stessa razza; quindi nulla di che, insomma…non costituivano un vero problema no!?
A dire il vero, di cose che costituivano grossi e reali problemi, non cen’ erano molti, quindi non mi sarei dovuta preoccupare, almeno non finché non avessi raggiunto l’ Helgrind, di sicuro li qualche fanatico mi avrebbe dato filo da torcere, inoltre l’aria che si respirava gia nei dintorni del monte, era malsana e vi era una tensione tangibile e palpabile; era un postaccio, non avrei voluto recarmi li, sul serio, ma non ne avevo avuto scelta o almeno…avevo voluto scegliere così, ma la missione mi avrebbe fatto ottenere un bel gruzzoletto, che avrei speso a mio piacimento, magari sistemandomi finalmente da qualche parte, mettendo da parte il mio lavoro da spia…più probabilmente, però, avrei utilizzato quel denaro per comprare nuova attrezzatura.
Dopo dieci giorni, meno rispetto a quelli che avevo previsto io, giunsi al lago Leona, una bellissima distesa d’acqua cristallina, che ti invogliava ad immergersi al suo interno, nonostante il freddo pungente scoraggiasse qualsiasi persona anche solo a chinarsi e bere dalla sua superfice, cosa che mi limitai a fare io; mi chinai, con le mani raccolsi un po’ d’acqua che portai alle labbra, bevendo a piano per fare in modo che non mi andasse di traverso, l’acqua fredda scese lungo la gola, facendomi rabbrividire e stringere nel mantello pesante, che mi proteggeva egregiamente dalle intemperie del tempo, dalla pioggia e dal vento gelido, era un amico fidato, certo e lo sfruttavo forse un po’ troppo, ma pazienza; riempii poi la borraccia, prima di riprendere il cammino: solo una manciata di giorni mi separava da Dras Leona, li avrei raccolto le informazioni necessarie riguardo all’Helgrind, mi sarei riposata per bene e sarei ripartita alla volta del monte.
I giorni passarono alla svelta, decisi di non fermarmi a dormire e continuare a viaggiare, anche di notte, in modo da giungere alle prime luci dell’alba alle porte della città; le guardie, come previsto, mi guardarono con diffidenza, ma non mi impedirono d’entrare, d’altronde erano gli stranieri che permettevano che girasse un flusso d’oro all’interno della città e , sempre gli stranieri, permettevano ai mercanti di concludere i loro affari, piazzando qua e là la loro merce; li salutai, alzando una mano, con un sorriso beffardo dipinto in volto, prima di addentrarmi per le viette della città, alla ricerca di una locanda nella quale avrei passato parte del giorno, prima di dirigermi in qualche negozio dove avrei potuto recuperare dei guanti in pelle più spessi, quelli che avevo ora non mi proteggevano abbastanza le mani e le nocche, ora tutte screpolate, presentavano dei tagli abbastanza profondi e piuttosto dolorosi, grazie ai quali non avrei potuto combattere al pieno delle forze; guarirli serviva a poco, si rifacevano dopo pochi giorni e, purtroppo, non conoscevo un incantesimo di protezione, almeno non per quella specifica situazione, quindi avrei semplicemente comprato dei guanti più resistenti, risolvendo così il problema dei geloni e dei tagli, piccoli, ma incredibilmente dolorosi. Sospirai serrando a pungo le mani, scossi poi la testa e spinsi la porta di una locanda, recante il nome Jack’s and Son; il locandiere era fermo al bancone, e non appena si accorse del fatto che fosse entrato qualcuno nel locale, si alzò dallo sgabello al quale era seduto, e con voce assonnata mi salutò, dandomi il buon Giorno
« Salve a lei. »
Risposi, scostandomi i capelli e levando i guanti, per buttarli sul tavolo più vicino e sedermi su una delle quattro sedie in legno, vecchio e scricchiolante, che non si sapeva nemmeno quanto avrebbe retto; a quanto pareva, da un primo sguardo, il locale era vecchio e il locandiere non sembrava aver la minima intenzione di dargli una risistemata, ma non c’era di che stupirsi, non ero che nei bassifondi della città, per trovare un locale che meritasse di avere quel nome, dovevo dirigermi più verso il centro della città, magari sotto le mura della fortezza, ma non era ovviamente di mio interesse trovare una locanda con una buona fama, mi bastava che essi servissero qualcosa di caldo da mangiare; il locandiere, sotto mio ordine e pagamento, mi portò una pagnotta di pane, che immersi in una tazza di latte riscaldato, avrei preferito una torta fatta in casa, come quelle che facevano le donne nei villaggi e che mettevano a raffreddare, di prima mattina, sulle finestre, ma a quanto pareva, li era gia tanto vi fosse qualcosa da offrire ai clienti, da quel che potevo capire, li si recavano per lo più uomini decisi ad ubriacarsi di con sidro ed altri alcolici.
Scossi la testa, poi pagai e uscii da li, cambiando i miei programmi; prima avrei levato le tende da li, prima mi sarei sentita meglio, anche se dubitavo altamente che sarei stata felice di raggiungere L’Helgrind, riuscire ad entrare in quell’ammasso di roccia e cercare ciò per cui ero giunta sin li; riuscii a prendermi un nuovo paio di guanti e, facendo un buon affare, un nuovo mantello; mi diressi così nuovamente in una locanda, stavolta nella parte alta della città, un posto abbastanza frequentato, dove avrei potuto fare domande ed ottenere risposte da persone più o meno affidabili e non da un gruppo di ubriaconi perditempo.
Rimasi li sino all’ora di cena, presi quindi qualcosa di caldo da mangiare e una stanza per la notte, la mattina mi sarei recata sul monte, per adempiere così ai miei doveri; addentando l’ultimo boccone di pane, chiamai il locandiere al mio tavolo, invitandolo a sedersi con me
« Devo lavorare, signorina e voi dovreste andare a casa! Non è posto per delle signore questo! »
Sempre la stessa storia, tutte le volte, diffidenti con le donne, che robe; ancora una volta, come poco prima quando gli chiesi il mio consueto boccale di sidro, gli allungai una manciata di monete d’oro, che lo convinsero a sedersi al tavolo, ponendosi difronte a me
« Allora….che mi può dire di interessante riguardo al Monte che è situato nei pressi della città? »
chiesi, sorridendo e osservandolo interessata alla sua risposta, cosa assolutamente vera, volevo vedere se ci fossero reali problemi, o se fossero solo le malelingue a descriverlo tanto pericoloso; il locandiere si passò una mano fra i capelli grigi e abbastanza unti, guardandosi attorno a disagio
« Non si vorrà avventurare su quel monte, spero! Un gruppo di fanatici religiosi ne fa rigorosamente la guardia, offrendo sacrifici umani ad un loro ipotetico dio. La gente muore di fame la, ormai, ma un tempo venivano completamente divorati, ne restavano solo le ossa! »
Scosse la testa, rabbrividendo e passandosi poi la mano sul collo
« E’ un consiglio, non vi avventurate sull’ Helgrind, davvero…»
Lasciò la frase in sospeso, allontanandosi dal tavolo e consigliandomi di andare a dormire, per meditare bene su quello che stavo per fare, come se sapesse alla perfezione che io, nonostante i suoi avvertimenti, mi sarei spinta in perlustrazione del monte; ebbene, le cose che dicevano a suo riguardo sembravano essere vere, ma di certo un gruppo di fanatici religiosi non mi avrebbe dato del filo da torcere, anche se ero più che certa che il locandiere avesse omesso qualche informazione, che avrebbe potuto essere per me piuttosto importante; decisi di non pensarci, almeno, non per il momento e mi diressi nella mia stanza: erano giorni che non dormivo e un letto caldo, era comunque invitante, in qualsiasi situazione mi fossi presentata li, non avrei rifiutato una dormita in un letto, piuttosto che per terra avvolta in un mantello. Salii le scale, passando dal primo l secondo piano, dove il locandiere aveva detto si trovava la mia stanza, per quella notte; aprii la porta al numero 14, chiudendola dietro le mie spalle; una volta assicuratami di aver chiuso per bene ogni possibile via d’entrata, mi tolsi i vestiti buttandoli su una cassapanca, ai piedi del letto, mi buttai sul materasso infilandomi sotto le coperte e caddi in un sonno, abbastanza profondo, dal quale sarei uscita poi solo il giorno seguente, alle prime luci dell’alba.

Note dell'autore :
Ah hem ok, scriviamoci qualcosa! Allora...credo che questo captolo si sia rivelato piuttosto noioso, a dire il vero volevo aggiungere cose, ma non volevo allungare troppo la storia e avevo deciso di suddividerla in soli tre capitoli, un qualcosa di breve insomma. Quindi, per non lasciare il prossimo capitolo vuoto, ho deciso di mettere meno azione qua e descrivere poi il tutto nel prossimo e, credo, ultimo capitolo. Grazie per aver letto, baci.

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