Lacrime vendicate

di Ely9_0
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inizio ***
Capitolo 2: *** Dopo l'inizio ***



Capitolo 1
*** Inizio ***


L’agente Folder si presentò il giorno seguente in tribunale. Era l’unico a conoscenza di quell’appuntamento, oltre al giudice. Dovevano decidere a chi affidare la missione preparata con tanta cura per due anni. Nella mente del giudice rimbombavano dei nomi, nomi di uomini, soldati. Durò più di tre ore la sosta nel tribunale. Quando Folder uscì credeva di aver appena percorso una maratona. Tutto il tempo il tempo sprecato per la riunione non aveva raggiunto alcun fine se non quello di accumulare altri problemi. Folder pensava che nessuno sarebbe stato in grado di sopportare il peso della missione. Rilesse il verbale di una delle sue squadre, nessun cambiamento. Stessi nomi, stesse facce. Decise che doveva essere lui a prendere in mano la situazione. - Agente Folder, l’auto è arrivata – Il soldato fece strada all’agente come se fosse in un labirinto, solo che non c’erano infinite strade ma infinite porte. Nonostante la permanenza in quell’enorme edificio, Folder, non si era ancora ambientato. Ogni giorno gli sembrava che l’edificio si ricostruisse e ogni volta cono una nuova porta con ad essa un mistero. Un mistero perché non tutti erano autorizzati a girare in determinati corridoi e con le loro rispettive porte. Ricorda a mal cuore di un suo amico. Lo conobbe quando salì di grado e cambiò ufficio. Aveva preso la scrivania di un altro agente che scomparse dopo una missione. Martin, era quello il suo nome o almeno è così che Folder lo chiamava. Si erano conosciuti alla macchinetta del caffé, dove lui e Martin passavano molto tempo. Parlavano di calcio e discutevano su alcune voci che erano riuscite a raggiungere in loro uffici. Anche se c’era molto tempo, c’era poco su cui parlare. Quando capitava insieme si immaginava la faccia del loro “Boss”. Pensavano che sicuramente avesse una moglie più giovane di lui di venti anni. Le ultime che loro si scambiarono furono: - Ci vediamo. - Folder non trovò nessuno alla macchinetta del caffé né quel giorno né in quelli successivi. Aveva sentito dire che Martin fù chiamato ai piani superiori e che da quel momento nessuno lo vie più. Folder non sapeva che pensare decise di credere che Martin avesse ricevuto la pensione. Salì sull’auto. Era una mercedes nera degna della reputazione di Folder. L’auto aveva un’andatura stabile, cambiava le marce senza alcun rumore. La radio era spenta. A Folder non piaceva averla accesa durante il tragitto. Voleva che tutto sembrasse appartenere a un professionista perfino lo stile doveva essere impeccabile. Folder era il professionista. Erano passati già venti minuti e Folder si stava annoiando. Odiava questo tipo di formalità. Giunti a destinazione, Folder scese dalla macchina. La prima impressione non fu molto buona, non poteva essere diversamente. L’edificio era, infatti, un magazzino diroccato. A Folder sembrò di udire degli spari in lontananza, innocui pensò. Entrò scortato da 4 uomini. Quando entrarono l’interno era del tutto differente dall’esterno. Era stati innalzati dei muri al centro dell’edificio da permettere così molte stanze. I muri erano verniciati di bianco esattamente come in un’ospedale. La stanza che dovevano raggiungere era davanti a loro. Entrarono. Folder si sedette su una sedia posizionata di fronte alla scrivania. Due dei quattro uomini gli si misero a fianco stando in piedi, mentre gli altri due si misero da guardia davanti alla porta guardando l’esterno. Un ragazzo che stava percorrendo velocemente il corridoio vide i due uomini ed esitò ad entrare. – Signor Rockowich?- Il ragazzo decise di entrare ma di mantenere le distanze dagli estranei, quindi si sedette dietro la scrivania. – Non esattamente. Sono il suo portavoce.- Folder fece un’espressione stupita. –Il signor Rockowich non ama presentarsi di persona a appuntamenti di questo genere. Comunque, io sono Rick Rick Mast.- - Bene sign. Mast. Il sign. Rockowich doveva mostrarmi un paio di documenti come mai non gli le vedo in mano, sign. Mast? Dove sono i documenti?- Esitando per un attimo Mast rispose. – Non esistono... quei documenti non sono catalogati da nessuna parte.- - Ma doveva consegnarmi la scheda dell’uomo che aveva trovato... non ho tempo ad perdere mi dica: avete ciò che cerco si o no?- - Ecco è proprio qui il problema.- - Problema?- -Sì. Non si tratta di un uomo ma di una ragazza.- Folder si alzò irritato pensò che avessero sbagliato persona da prender in giro. Il ragazzo non seppe che fare, Folder raggiungeva sempre di più l’ingresso. – Le manderò la scheda della ragazza. Conosce Rockowich non sbaglia mai.- Gli urlò Mast sperando in una risposta, ma non la ricevette. Folder però si fermò davanti all’ingresso come in presa a una riflessione molto complessa cui richiedeva molto tempo. Il pensiero che Folder stava decifrando fu cancellato non appena senti le portiere della mercedes aprirsi. Salì sull’auto diretta al suo appartamento. Folder durante tutto il percorso non disse una parola. Passarono due giorni e sulla scrivania di Folder invecchiava la cartelletta con la scheda della ragazza. Quando Folder rientrò nel suo ufficio, vide un’altra volta la cartelletta dei documenti. Si decise ad aprirla. In prima pagina c’era una forografia e in parte ad essa un sintetico curriculum. Lesse velocemente e richiuse il tutto. Si prese una settimana di tempo per pensare al da farsi.

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Capitolo 2
*** Dopo l'inizio ***


New york Una ragazza esce da scuola. Si vede solo lei poi un anziana coppia che passeggia nel parco. Il vento danza con gli alberi. La ragazza posa i suoi libri su una panchina e ne sfoglia uno. Passano tre ore. La ragazza si alza e si incammina verso l’uscita del parco. Arriva fino in città, fino alla posta. - Buongiorno. Ashlee, come va? Abbiamo appena aperto e...- -Lo sapevo! Allora c’è posta per me oggi?- - Direi di si.. Ecco a te.- - Sembrerebbe un telegramma- -Lo è infatti- - Londra. Non ho nessun parente che abita da quelle parti. Chi me lo avrà mandato?- - Non ti ricordi? Hai mandato il tuo curriculum a un annuncio di lavoro a Londra..- - Hai ragione? Come ho fatto ha dimenticarlo... se non ci fossi tu Dana.. non so cosa mi capiterebbe...- _ Perderesti la testa..- - Se è questa la risposta al complimento bene non te ne farò più ... ciao- Ashlee uscì sorridendo. Sapeva che quello che gli aveva detto Dana non era vero. Ormai si conoscevano da ben tre anni. Entrambe avevano cominciato a capirsi. Ashlee aprì la porta e si accomodò su divano gurdando il telegramma ancora chiuso. Lo aprì. All’interno trovò un biglietto d’aereo per Londra. La sua curiosità giunse fino a leggere l’intera lettera. Diceva che doveva recarsi all’aeroporto martedì prossimo. Era entusiasta all’idea. Incominciò subito a preparare la valigia con tutto quello che gli veniva in mente e che trovava in giro. Scese dall’aereo. Si avviò verso l’uscita dell’aeroporto. Non trovandola si sedette sulle poltrone situate davanti al Ritiro Bagagli. Dopo pochi secondi un uomo di colore molto alto le si mise in fianco senza sedersi. – Ashlee Loack- - Si. Sono io. Ci conosciamo?- - No. La prego di seguirmi. La stanno aspettando.- - Siete quelli che mi hanno mandato il telegramma?- - Si.- L’uomo la condusse fuori dall’aeroporto passando da una porta di servizio. Arrivarono fino alla macchina, Ashlee non fece domande. Impegarono un quarto d’ora per raggiungere la Base. Entrarono. Ashlee rimase a bocca aperta nel vedere l’enormità dell’edificio un effetto che sparì quando l’uomo di colore. Mentre percorrevano il corridoio chiese all’uomo di colore come si chiamava. Lui le rispose: “Viggo”. Viggo ed Ashlee percorrerono ancora un corridoio. Viggo si soffermò su una porta che aveva di fronte così come anche Ashlee. Entrarono nella stanza e c’era un ragazzo seduto dietro alla scrivania. Non troppo alto. Sui vent’anni. Ashlee notò che si era fatto la barba recentemente e credette di sentire il profumo del dopobarba, ma si sbagliò. In quella stanza c’era un odore aspro quasi insopportabile. La stanza non era abbellita con niente se non certificati appesi al muro come pos-tit. Quando Ashlee entrò dalla porta Viggo uscì chiudendogliela alle spalle. Il ragazzo si alzò che tese la mano ad Ashlee, lei rispose tendendo anche la sua. – Ashlee Loack, Jack Folder. - - Piacere.- - Si sieda pure- Ashlee si sedette proprio difronte a lui. Rimasero entrambi in silenzio per alcuni secondi. – Sa perché è qui?- - Per il telegramma. C’era scritto così. Me lo ha forse mandato lei?- - Si. Un mio amico a ricevuto il suo curriculum, il sign. Rockowich lo conosce?- -Si. Lui è un vecchio amico di mio padre. - - Crede che lei sia adatta alla missione che sto per avviare- - Che tipo di missione?- -Una missione che pochi saranno in grado in concludere. Nemmeno io ho assegnata ad essa un fine- - Cosa dovrei fare?- - Hai mai maneggiato un pistola?-

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