Aliens exist!

di Layla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1)Amori e sparatorie. ***
Capitolo 2: *** 2)Stalker umani e fuggitive aliene. ***
Capitolo 3: *** 3) La bambola demoniaca. ***
Capitolo 4: *** 4)Affezionarsi sì, affezionarsi no. ***
Capitolo 5: *** 5)Mi manchi, purtroppo, mi manchi. ***
Capitolo 6: *** 6)La casa nel deserto (la verità va affrontata prima o poi). ***
Capitolo 7: *** 7) Shock! (sono morta!) ***
Capitolo 8: *** 8)Ti amo, ti odio, ti... ***
Capitolo 9: *** 9)I lenti del Soma. ***
Capitolo 10: *** 10) I miei ***
Capitolo 11: *** 11)Armi (non dirmi che siamo kamikaze). ***
Capitolo 12: *** 12) Ricordi (ora so chi sono). ***
Capitolo 13: *** 13) Le peggiori scuse della storia. ***
Capitolo 14: *** 14) Il mistero del piccolo signore oscuro. ***
Capitolo 15: *** 15)Las Vegas arriviamo! (forse) ***
Capitolo 16: *** 16) Attentato! ***
Capitolo 17: *** 17)Costruzioni aliene. ***
Capitolo 18: *** 18)Qualcuno ha dei segreti. ***
Capitolo 19: *** 19)Pupazzi di neve. ***
Capitolo 20: *** 20)Guerra! ***
Capitolo 21: *** 21)Principessa per un giorno, perdente tutto l'anno (posso evitare il ballo?). ***
Capitolo 22: *** 22)Sangue chiama vendetta. ***
Capitolo 23: *** 23)Addio, Isabel. ***
Capitolo 24: *** 24)Sole spento. ***
Capitolo 25: *** 25)Ghiaccio. ***
Capitolo 26: *** 26)Il canto del cigno. ***
Capitolo 27: *** Epilogo: vivere come un vampiro. ***



Capitolo 1
*** 1)Amori e sparatorie. ***


1)Amori e sparatorie.

Non mi è mai piaciuto il “Blue moon” come bar, è frequentato da brutta gente a mio parere e per brutta gente intendo fighetti e giocatori di basket e saltuariamente da qualche nerd o skater arrapato.
Le divise corte del locale sono la cosa più conosciuta e sono la cosa che odio di più, ma lavorare qui è la punizione per aver perso un anno al liceo.
Avrei potuto non perderlo e tenere una media eccellente come gli altri anni, ma durante lo scorso anno scolastico sono stata impegnata in cose più importanti e precisamente capire da dove vengo.
Non sono di qui di sicuro e con qui non intendo Poway o San Diego, intendo questo pianeta.
Sì, sono un’aliena. Mi hanno trovato che avevo cinque anni a vagare nel deserto e mi hanno portato in un orfanotrofio. Non ho detto a nessuno da dove venivo per puro istinto di sopravvivenza, avevo come l’impressione che dire che ero appena uscita da un bozzolo completamente formata non fosse una buona idea.
All’orfanotrofio mi hanno chiamata Chiara, ma ormai mi chiamano tutti Chia, compresa la mia famiglia adottiva che mi ha fornito di un cognome: Malone.
Guardata da vicino non sembro aliena, forse solo un po’ più dark degli altri: ho gli occhi azzurri, la pelle chiara che non si abbronza nemmeno d’estate e i capelli neri striati di verde. Ho un piercing al naso e uno al labbro e un tatuaggio sulla schiena che è apparso intorno ai quattordici anni.
Sono strani segni che non sono in grado di decifrare anche se una parte di me li sente come familiari, forse sono la lingua del pianeta da cui provengo.
Chissà perché sono qui poi…
Nessuno sa cosa sono, solo Johnny che è alieno anche lui, solo che è stato all’orfanotrofio fino all’anno scorso visto che a causa del suo caratteraccio nessuno ha voluto adottarlo.
La porta del locale si apre con uno scampanellio, io guardo chi sia il nuovo cliente e il mio cuore salta un battito: è Thomas DeLonge, il mio amore del liceo.
Ha un anno meno di me, ma vista la mia bocciatura l’anno  prossimo ci vedremo a parecchi corsi e questo non va bene.
Johnny dice che non avrei potuto scegliermi un tizio peggiore per cui prendermi una cotta e ha ragione. Tralasciando che cambia ragazza ogni due settimane è anche un tizio fermamente convinto che gli alieni esistano e se lui scoprisse cosa sono probabilmente mi mostrerebbe come prova agli altri. Meglio stargli alla larga!
Lui sta per sedersi a un tavolo quando la porta si apre violentemente e due rapinatori entrano nel locale puntando la pistola su di noi.
“Consegnaci l’incasso!”
Mi urlano, io corro al ricevitore di cassa, prelevo i soldi e schiaccio l’allarme, poi consegno tutto ai banditi che iniziano a far passare i clienti.
Arrivati a Tom lui si rifiuta di collaborare e tenta di disarmare uno di loro.
È questioni di attimi, il rapinatore – troppo teso ed eccitato, forse un eroinomane – perde il controllo e gli spara. L’altro impreca e lo trascina via, lasciando Tom steso a terra.
Dovrei aspettare l’ambulanza, ma i miei piedi si muovono da soli e con un unico movimento mi inginocchio accanto a lui e gli premo la mano dove è stato colpito.
Mi concentro e una leggera luce scaturisce dalla mia mano, fortunatamente nessuno lo nota e io continuo fino a quando non sento tutti i tessuti e gli organi tornare normali e la pallottola svanire completamente.
Con la stessa rapidità con cui mi sono abbassata mi rialzo con aria spaventata, come se temessi per la salute di Tom.
Poco dopo arrivano due poliziotti e io lo lascio perdere per parlare con loro, descrivo loro i rapinatori e cosa è successo.
“E il ragazzo?”
“Gli hanno sparato!”
Esclamo concitata.
“Sembrava ferito gravemente, invece devono averlo solo sfiorato per fortuna.”
Lui annuisce e guarda Tom in piedi, mezzo rintronato che rifiuta di andare all’ospedale e guarda me, sono nei guai.
All’arrivo del proprietario sono in doppi guai perché vengo licenziata a causa della condotta che ho adottato con i rapinatori.
Con rabbia vado nello spogliatoio, mi metto i miei shorts, la mia canottiera viola sfumata e i miei anfibi e lascio per terra la divisa, afferro la mia borsa militare e me la filo.
La mia destinazione è l’appartamento in cui vive Jhonny, lo avviso telepaticamente del mio arrivo in modo che possa cacciare eventuali ragazze e quando arrivo vedo una ragazza bionda che scende velocemente le scale esterne che portano a casa sua.
Se non mi sbaglio è Anne Hoppus, la sorella del migliore amico di Tom.
Johnny mi apre la porta con un espressione accigliata e con i capelli nero viola scompigliati.
“Si può sapere cosa succede?
Anne ci stava!”
“Pensavo non ti piacessero le terrestri!”
“Ho anche io dei bisogni!”
Io scuoto la testa, lui mi fa entrare.
“Ho appena fatto una cazzata!”
Urlo lanciandomi sul suo divano, poi gli racconto succintamente quello che è successo, alla fine è furioso.
“Stasera andrò personalmente dallo sceriffo per accertarmi che insabbi questo strano incidente, tu dovrai sistemare DeLonge.”
io sospiro.
“E… E se tenesse il nostro segreto?”
“Sì, certo e gli asini volano. Chia devi andare da cui e modificargli la memoria o fare qualcosa per cui stia zitto.”
“Sì, hai ragione Jo. Farò qualcosa.”
“Perché l’hai salvato?”
La sua domanda cade come un sasso in uno stagno calmo, io abbasso gli occhi e fisso le punte dei miei anfibi.
“Semplicemente perché lo amo.”
Lui si piazza davanti a me e mi alza il mento con le dita.
“Potresti amare me, siamo due rinnegati, gli unici che si possono capire.
Non lo sa nemmeno tua sorella cosa sei.”
Io lo guardo.
“No, ne abbiamo già parlato, lo sai.
Ti voglio bene, sei il mio migliore amico, mio fratello, ma non ti amo.”
Lui sbuffa.
“Ti piace complicarti la vita Chia o meglio Ava.”
“Non usare quel nome, lo sai che non mi piace.”
“È il tuo vero nome.”
“Datomi da qualcuno che non si è premurato di farmi sapere chi è e chi sono io e da dove vengo e perché sono qui.
Non voglio usare il nome che mi è stato dato da qualcuno che mi ha abbandonato qui senza difese, ho solo quello stupido tatuaggio e né io né te sappiamo cosa voglia dire!”
Lui sbuffa platealmente, perché aspetta che qualcuno venga a prenderci, pia speranza visto che nessuno si è mai fatto vivo in nessun modo.
“Chia, vai a casa. I tuoi saranno preoccupati, a quest’ora la notizia della rapina si sarà diffusa.”
Io tiro fuori il cellulare dalla borsa e noto che c’è una chiamata senza risposta che viene da casa mia.
“Hai ragione, meglio che vada. Ricordati…”
“E tu ricordati DeLonge.”
“Ok.”
Me ne vado, pregando mentalmente che questo casino si risolva presto.

 

Arrivata davanti alla mia villetta trovo mia madre e mia sorella sul portico.
Mia madre è una donna dai lunghi capelli castani che ama vestire abiti da casa a fiori, mia sorella invece si chiama Isabel, ha un anno meno di me e lunghi capelli ondulati di un rosso scuro ereditati da qualche nonna irlandese insieme agli occhi verdi.
Non appena mi vedono varcare il vialetto di casa mi saltano in braccio tutte e due.
“Oh, tesoro! Ho avuto così paura per te quando ho saputo della rapina. Hai lavorato abbastanza, la punizione è finita, io e tuo padre ti pagheremo quello che ti serve per la scuola.”
Ha sempre avuto il vizio di parlare come una mitraglietta quando è nervosa.
“Grazie, mamma.”
“Come stai e dove eri?”
Mi chiede Isabel.
“Sto… Non lo so come sto, sono contenta di averla scampata, spaventata per quel che è successo e arrabbiata con il proprietario del locale che mi ha licenziata.
Ero da Johnny, avevo bisogno di parlare con qualcuno.”
Mia sorella annuisce, mia madre invece fa un lieve cenno di disprezzo, non le è mai piaciuto Johnny, ma dopo anni di tentativi andati a vuoto per dividerci ha deciso di lasciar perdere.
“Spero sia riuscito a calmarti.”
“Beh, non ci è riuscito in pieno, una rapina non si dimentica facilmente. Anche se tu e papà aveste voluto punirmi ancora avrei dovuto cercarmi un altro lavoro: lo schiavista mi ha licenziato.”
La bocca di mia madre si tende in una linea dura.
“Dopo quello che hai passato ti ha licenziato?”
Io annuisco.
“La volta che passa in macelleria gliene dico quattro a quel messicano avido di merda.”
Io e Izzie la guardiamo sconvolte, deve essere fuori di sé, è una donna decisamente contraria al turpiloquio in situazioni normali
“Forza, ragazze entriamo.”
Io e mia sorella ci buttiamo sul divano a guardare la tele.
“Chia, posso chiederti una cosa.”
“Vai, spara.”
“Tu e Johnny state insieme?”
“No, ma in passato lo siamo stati, poi ci siamo accorti che funzionava. Lui per me è come se fosse un fratello, perché me lo chiedi?”
Lei scuote le spalle.
“Niente, vi vedo così uniti.”
“Ti piace Johnny?”
Lei arrossisce.
“No, una volta mi piaceva. Adesso c’è qualcun altro che mi interessa, ma non speranze.”
“Chi?”
“Mark Hoppus, il fratello maggiore di Anne.”
“Oh.”
Effettivamente lui ha tre anni più di noi e potrebbe non essere interessato a ragazzine come noi.
“Magari possiamo provare a convincere la mamma a mandarci al Soma, lui ci va spesso, sento spesso Anne e DeLonge parlare di serate trascorse sì.”
“Ti piace Tom, eh?”
“Sì, ma non ho nessuna speranza e poi non credo mi piacerebbe essere un nome in una lista di conquiste.”
E poi sono un’aliena, sorellina, e lui cerca le prove della nostra esistenza con troppo ardore, sarei in pericolo.
Questo mi riporta al fatto che stasera devo sistemare a dovere la sue memoria o potrei essere nei guai.
Poco dopo la porta si apre con furia, mio padre fa irruzione nel salotto spaventandoci, a Izzie cade addirittura il telecomando di mano.
“Chia, stai bene, piccola?”
Mi chiede, scrutandomi attentamente.
“Sì, non sono stata ferita, sono solo spaventata.
Non è stata un’esperienza gradevole e poi mi ha licenziato.”
Mio padre borbotta imprecazioni a bassa voce.
“L’importante è che tu stia bene, quando ho sentito la notizia alla radio mi sono spaventato da morire.”
“Non preoccuparti, va quasi tutto bene.”
Poco dopo mia madre ci chiama a tavola, annunciando che la cena è pronta. Io ho un peso sullo stomaco che mi rende difficile mangiare: come farò a fare qualcosa a Tom?
Lui è sempre stato il ragazzo che mi piaceva e mi sembra orribile usare i miei poteri su di lui, per la prima volta in anni sento tutto il peso di essere un’aliena senza nessuno che la faccia da guida.
Sono solo Chia, la bambina uscita dal bozzolo per ritrovarsi in un mondo potenzialmente ostile senza nessuno che le desse una mano.
Ho il sospetto che questa sensazione sia stata molto familiare a Johnny in questi diciotto anni di vita.
Con la scusa della sparatoria vado a dormire presto, in realtà il mio cervello è ossessivamente concentrato su come usare i miei poteri su Tom. Alla fine dovrò usare il solito modo – imporre le mani – che è pericoloso sia per me che per lui, se si dovesse svegliare e reagire potrei danneggiargli irrimediabilmente alcune zone del cervello e la mia presenza lì sarebbe difficile da spiegare.
Sospirando mi metto in ascolto di tutti i rumori della casa, alle due di notte arriva l’agognato silenzio, visto che dormono tutti.
Con calma, stando attenta non fare rumore, infilo un paio di short di jeans sopra la maglia nera e lunga che uso da pigiama, infilo un paio di calzini e degli anfibi. Apro con cautela la finestra della mia camera, ha sempre un piccolo scricchiolio quando la si apre e stanotte devo fare in modo che sia ridotto al minimo per non farmi scoprire.
Esco, mi metto a cavalcioni sulla finestra e con un po’di fatica raggiungo il ramo del melo che c’è in giardino, ci striscio sopra come un verme e poi scendo.
Scavalco il cancello di casa mia e via, sono libera.
La casa di Tom dista due vie dalla nostra, non siamo mai stati amici, ma avremmo potuto perché ai tempi delle elementari  nelle nostre due vie si era creato un unico supergruppo di bambini; Tom era stato accettato subito, io no perché, nonostante avessi superato le prove di coraggio, rimanevo pur sempre una femmina. Le femmine sono pappamolle per natura – diceva il capo del gruppetto – così lui era dentro e io fuori.
Amen.
È inutile rivangare il passato, inoltre stanotte tira un vento gelido che mi fa rabbrividire nella mia maglietta leggera, forse avrei dovuto prendere una felpa, ma di solito non giro nel cuore della notte nel mio quartiere.
Arrivo alla casa di Tom e – dopo aver individuato la sua finestra – salgo su un albero che è praticamente davanti alla stanza di Tom. La luce è ancora acceso, nonostante l’ora tarda e lui sta sfogliando un libro – sicuramente non di scuola – in maglietta e mutande.
Basta già questo a mandarmi in panico, da una parte devo aspettare che lui dorma prima di fare qualsiasi cosa, dall’altra devo contenere la bava che minaccia di annegarmi da un momento all’altro.
Cerco di mantenere la calma e mi acquatto nascosta tra i rami in modi che io lo veda senza che lui se ne renda conto.
Legge ancora un po’ – le mie gambe si addormentano – poi si alza, si stiracchia pigramente e si toglie la maglia, lasciandomi davanti allo spettacolo di un DeLonge mezzo nudo che mi manda fuori di testa.
È muscoloso per essere così pigro, è alto, è bellissimo e mi fa – letteralmente – perdere il controllo. Le mie mani, improvvisamente scivolose, perdono presa e contatto e mi fanno cadere dall’albero, fortunatamente cado in un cespuglio che mi attutisce la caduta e mi permette di nascondermi.
Tom infatti, sentito il rumore si affaccia alla finestra e fortunatamente non mi vede.
Ok, stasera è meglio rinunciare.
Non appena si ritira e spegne la luce sgattaiolo via tutta dolorante e me ne ritorno sconvolta in camera mia.
L’ho visto mezzo nudo!

 

La mattina dopo è il primo giorno di scuola, mi sveglio di malumore e mi metto le prime cose che pesco dall’armadio: un vestitino nero con dei fiorellini rossi sull’orlo.
Mangio e poi io e Izzie ce ne andiamo a scuola con la nostra macchinetta, anche lei non ha molta voglia di andarci.
Parcheggiamo e ci uniamo alla moltitudine degli studenti, ritiriamo il nostro orario in segreteria e poi ci salutiamo.
Lei ha inglese, io spagnolo.
Mentre mi avvio verso l’aula vedo Tom con la coda dell’occhio tentare di avvicinarsi a me, io aumento l’andatura e mi infilo nel locale poco prima che arrivi la profe.
Ce l’ho fatta.
Anche durante il resto del giorno, Tom tenta di parlarmi, ma io gli sfuggo sempre per fortuna.
Mi sento al sicuro quando con Izzie arrivo alla nostra macchina: niente di più sbagliato, Tom ci aspetta dentro.
“Cosa ci fai qui, DeLonge?”
Gli chiede mia sorella.
“Devo parlare con Chia e  credo che anche tu dovresti sapere quello che lei mi dirà.”
Complimenti, Chia! Ti sei messa da sola con le spalle al muro.
“Non ho voglia di parlare con te, Tom e non mettere in mezzo mia sorella che non c’entra niente.”
Lui scende dalla macchina e si avvicina a me, è imponente visto da vicino, torreggia su di me senza nessuno sforzo.
“Io invece penso di sì.”
“Ti sbagli.”
Gli mollo un poco caritatevole calcio nelle palle e faccio segno a mia sorella di entrare in macchina, lei esegue molto perplessa.
“Ma perché?”
“Perché lui vuole parlare con me e io non voglio. Semplice, no?
Non è colpa mia se lui non sa rassegnarsi.”
“Ma ti piace!”
Io rimango in silenzio, cosa potrei dirle?
Sai Izzie non volevo parlargli perché ho un segreto da proteggere a costo della vita. C’è una cosa che non sai dopo tredici anni di convivenza con me: sono un’aliena, sorellina.
Curioso, vero Izzie?
Probabilmente penserebbe che sono matta e poi una gran bastarda dopo che avrà capito che non scherzavo affatto né ero impazzita.
No, certi segreti vanno per sé.
La verità profonda deve rimanere nascosta  e io non posso dire a Izzie cosa sono, la metterei in pericolo.
“Chia, sei strana. Prima lo ami,poi lo prendi a calci nelle palle.”
Io non dico nulla, arriviamo a casa e io mi chiudo in camera mi, quella di matematica ci ha già assegnato dei compiti.
Sono china su una parte particolarmente difficile quando una voce mi fa saltare dalla sedia: guardo chi sia e sgrano gli occhi.
“Beh, la cara vecchia abitudine di bussare alle porte invece di entrare dalle finestre si è persa?”
“Quando si vuole fare un lavoro rapido e pulito, sì.”
Io alzo un sopracciglio.
“Beh, Clyde, hai sbagliato casa, non siamo poi così ricchi.
Come ti chiami, a proposito?”
“Mark Hoppus.”
“Piacere, Chiara Malone.
Come mai sei qui?”
Lui scuote le spalle.
“Volevo vedere di persona e fare i complimenti alla ragazza che ha rifiutato Tom DeLonge e l’ha steso con un calcio alle palle.”
Lo guardo come se l’alieno fosse lui, non erano amici quei due?
“Ma non siete amici tu e DeLonge?”
Lui si siede tranquillamente sul mio letto, molleggia persino un paio di volte, quanta disinvoltura!
“Prego fai come se fossi a casa tua, eh!”
“Sì, siamo amici, ma tu sei la prima ragazza che lo rifiuta così.
Boh, volevo farti  i miei complimenti perché ogni tanto lui ha bisogno di qualcuno che gli faccia abbassare la cresta.”
“Oh! Ehm, bene. Non so se essere onorata o cosa, sinceramente mi sento tanto perplessa.”
“Non ci badare, sono le nostre stranezze.”
Io annuisco.
“Cosa stai facendo?”
Mark si alza e sbircia da sopra le mie spalle.
“Matematica. Vuoi aiutarmi?”
Lui impallidisce vistosamente.
“No, grazie. Ti lascio alla matematica.”
Detto questo se ne va e mi lascia da sola a fare i compiti, come una brava alunna dilegente.
Il resto della serata trascorre tranquillamente, il giorno dopo vado a scuola senza sapere cosa aspettarmi.
Tom avrà lasciato perdere o sarà ancora più determinato di prima a capire cosa sono?
Prima delle lezioni vado in bagno e  nemmeno un minuto dopo la porta del bagno si apre ed entra Anne Hoppus.
“Ciao, Chia. Volevo parlare con te.”
“Dimmi.”
Ha una brutta faccia, sembra abbia pianto tutta la notte.
“Sei la ragazza di Johnny?”
“Chi? Io?
No, assolutamente no. Lo so che sembriamo fidanzati, ma non lo siamo, lo siamo stati e, credimi, non ha funzionato.
Lui è come un fratello per me e viceversa.”
Lei sospira sconsolata.
“Beh, è persino peggio di quello che mi aspettasi, per lui sono solo una bambola gonfiabile umana.”
Lei esce, trattenendo le lacrime ed entra un’altra persona.
Una persona che vorrei evitare, ma che mi blocca le vie di fuga.
Thomas Matthew DeLonge.

Angolo di Layla

Ok, questa fanfiction è vagamente ispirata alla serie televisiva "Roswell", se qualcuno non l'ha vista e ama la fantascienza la guardi perché merita.

 

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Capitolo 2
*** 2)Stalker umani e fuggitive aliene. ***


2)Stalker umani e fuggitive aliene.

 

Ci sono momenti in cui tutta la tua vita ti scorre davanti, in cui l’adrenalina ti rende tesa come una corda di violino nella vana ricerca di un modo per scappare.
Lui occupa per intero il vano della porta e se provassi a sfondare verrei acchiappata subito perché lui è molto più grosso di me.
Nella stanza c’è un silenzio carico di tensione.
Devo andarmene da qui e Tom non mi deve parlare. Con la coda dell’occhio noto la finestrella del bagno, è aperta e – sebbene sia stretta – probabilmente posso riuscire a passarci.
Con un salto che lo sorprende, vado sul calorifero e poi con le mani mi tiro su, aggrappandomi all’esterno della finestra.
Mezzo busto è già passato quando sento Tom che si attacca alla mie gambe per tirarmi giù e tentare di riportarmi nel bagno. Comincio a scalciare e qualche colpo va a segno, ne approfitto per tirare fuori il resto del busto e con un ultimo colpo di fortuna le gambe.
Adesso sono nel retro della scuola, confina con il parco che a sua volta confina con il deserto. Non posso tornare a scuola con lui che mi dà la caccia in modo così spietato.
C’è solo un posto dove posso andare. Scatto verso la rete e la scavalco in modo agile, poi corro attraverso il parco senza guardarmi indietro, sperando che lui non mi abbia vista.
Percorro tutto il parco e scavalco anche la recinzione, ora sono in pieno deserto: il mio ambiente naturale, quello che conosco come le mie tasche.
Le dune posso cambiare, ma io so sempre come trovare i luoghi in questo posto e in particolare uno.
Ora, però devo muovermi se voglio essere totalmente al sicuro. I miei piedi percorrono una strada che conoscono a memoria e ben presto mi ritrovo a un grande sperone di roccia, a lato c’è come una scala naturale che io salgo.
Arrivata lì appoggio una mano sulla rocca calda e solo per me si apre una porta che dà su un’ampia stanza. Ci sono i nostri bozzoli e un altro strano sperone in cui sembra ci sia rozzamente intagliato qualcosa.
Dentro c’è già qualcuno: Johnny.
“Cosa ci fai qui?”
“La stessa domanda potrei fartela io e con più ragioni, dovresti essere a scuola.”
“Ho un problema.”
Evito accuratamente di guardarlo in faccia.
“Quale, Ava?”
“Tom DeLonge.”
Lui sbuffa.
“Cosa diavolo è successo?”
“Ho provato a cancellargli la memoria, ma non ci sono riuscita.
Mi sono arrampicata sull’alberi vicino alla sua stanza e ho aspettato che andasse a letto, solo che lui si è… denudato e… Insomma.”
“Cosa?”
Io gesticolo infuriata.
“Non è facile da raccontare, ok? Non fare lo stronzo, Johnny!
Sono caduta dall’albero e lui deve avermi in qualche modo visto perché poi il giorno dopo a scuola non ha fatto altro che inseguirmi. Ieri gli ho affibbiato un calcio nei coglioni.”
“Ahia!”
“Poi stamattina sono dovuta scappare dalla finestrella del cesso delle femmine, come una spia nei film di infima categoria.
Non so cosa fare, Johnny non puoi?”
Lui scuote la testa.
“Cosa fare di Tom è una responsabilità tua, sia che tu riesca a cancellargli la memoria.”
“Dubito di farcela.”
“Sia che tu decida di rivelargli il segreto, ma se dovessi farlo diventerebbe anche una cosa che riguarda anche me e se il tuo amico dovesse fare mosse false non ti garantisco che rimanga in vita.”
I miei occhi si riempiono di lacrime.
“Jo – John!”
Lui mi guarda a metà tra il freddo e  il dispiaciuto, sa che odio quando fa così.
“Mi dispiace, ma la nostra sopravvivenza conta più del tuo amico.”
“Sei uno stronzo, John Mayer! Non voglio più vederti.”
“Chia!”
Esco dalla stanza, sentendo i suoi passi dietro di me, corro per il deserto con le lacrime che scendono sulle guance.
Corro per un po’, poi sento una mano chiudersi sul mio polso e bloccarmi con decisione, sono così decisa ad andare avanti che rimbalzo e cado per terra.
La figura di Johnny torreggia su di me, io lo guardo con disprezzo.
“Vattene, stronzo!”
Lui mi tira in piedi.
“Ok, Chia, ho esagerato e sono stato uno stronzo! Non ammazzerò Tom, non farei mai qualcosa che possa farti del male, ok?
Ti prego, ti fidi di me?”
Io lo guardo negli occhi: è sincero.
“Sì, ti credo e mi fido, però vorrei che tu non ti comportassi così con me. Non sono un tuo nemico.”
“Va bene, torniamo alla roccia e facciamo qualcosa per occupare questa mattinata.”
Lo seguo e torniamo dentro, lui corre al vecchio frigo che ha riparato e messo in funzione lì e tira fuori un paio di birre.
“Oggi ho incontrato Anne Hoppus.”
Lui si blocca per un impercettibile attimo e poi continua a bere come se nulla fosse.
“Cosa ti ha detto?”
“Voleva sapere se stessimo insieme.”
“Tu cosa le hai detto?”
Io guardo il mio amico, sotto la pattina di indifferenza è in ansia.
“Che non stiamo insieme, che sei il mio migliore amico e che sei come un fratello per me.
Lei c’è rimasta di merda, pensa di essere la tua bambola gonfiabile.”
Lascio che il silenzio si dilati tra di noi, come un mantello indesiderato, questa volta è lui che deve parlare.
“Grazie per le belle parole e non considero Anne la mia bambola gonfiabile.”
Io alzo un sopracciglio.
“E cos’è allora?”
Lo vedo tremare leggermente, qualche goccia di birra schizza per terra.
“Non lo so. Lo sai che non posso affezionarmi a nessuno.”
“Questa è un’idea che ti sei messo in testa tu, Jo.”
Gli rispondo dolcemente.
“E se dovesse arrivare qualcuno di lassù per noi?”
“Possono andare all’inferno, Johnny! Io non ho intenzione di fare la martire per qualcuno che ci ha lasciato qui indifesi in un mondo potenzialmente ostile. Io sono terrestre… con qualche potere in più, certo, ma terrestre!”
Lui guarda da un’altra parte, sono anni che non siamo d’accordo su questa questione e temo non lo saremo mai.
“Devi fare qualcosa con Anne, non puoi continuare a illuderla, ci sta male.”
“Io non la illudo. Lo sa che tra noi non c’è nulla di serio e che mi posso fare chi voglio.”
“Ma non lo stai facendo.”
Lui tace.
“Forse è meglio che dai un’occhiata alle cose che hai per scuola.”
Io annuisco e mi metto a studiare, così passano la mattinata e una parte del pomeriggio, mi prendo una pausa solo quando devo mangiare.
Alle tre me ne vado perché tra poco usciranno gli alunni da scuola, inclusa mia sorella. Johnny viene con me e la raggiungo nel parcheggio e la trovo piuttosto arrabbiata, in compagnia di Tom.
“Dov’eri? Non c’eri a lezione, non c’eri a mensa e poi Tom non ha fatto altro che parlare e parlare.”
Io sospiro e poi guardo torva DeLonge. Sono stufa che mi segua ovunque, forse sarebbe stato meglio lasciarlo crepare durante la rapina.
“Si può sapere cosa vuoi da me, DeLonge?”
“Sono stufa di trovarti ovunque, adesso pedini persino mia sorella!”
“Non l’ho pedinata.”
Io alzo gli occhi al cielo, Johnny accanto a me lo fulmina con una delle sue peggiori occhiate, che Tom sostiene insolente.
“Voglio parlarti.”
“IO NO! LASCIAMI IN PACE, CAZZO!”
“Hai sentito cosa ha detto, DeLonge?
Gli chiede minaccioso Jo.
“Lasciala in pace.”
“Non mi fai paura Mayer, non me ne hai mai fatta e non inizierò adesso ad averne. Non mi fermerò finché non avrò risposte da lei!”
“Posso farti fermare prima e se sarà necessario lo farò.”
Scrocchia minaccioso le nocche, DeLonge risponde con un sorrisino insolente e lo imita, io mi metto in mezzo.
“Adesso basta!
Johnny, ti ringrazio; Tom, fanculizzati e vattene.”
“Non ti libererai di me.”
“L’umanità ha debellato flagelli peggiori di te!”
Esclamo mentre salgo in macchina con Johnny e Isabel.
“Ma voi state insieme?”
Ci chiede mia sorella.
“NO!”
Esclamiamo insieme.
“Johnny è come un fratello per me, mi ha solo difeso da Tom.
Esagera, non ne posso più.”
“Ma se ti piace perché non gli vuoi parlare?”
“Perché così è troppo! Accidenti!”
“Non ti capisco.”
“Non importa.”
Scarichiamo John a casa sua e poi andiamo a casa nostra. Isabel è perplessa, ma io non posso darle le risposte che cerca.
“Sai, a volte ci sono dei tuoi comportamenti che non capisco. È come se ci fosse una sfera che protegge un qualcosa di te.”
Io non dico nulla.
“Non è una buona idea saltare scuola per stare con Johnny però, sennò non ti diplomerai mai.”
“È stato solo un caso, non succederà più. Spero solo che Tom la smetta di essere così insistente, altrimenti andare a scuola sarà un incubo.”
“Alle volte penso che tu abbia un segreto inconfessabile, Chia.”
“Izzie, non ti devi preoccupare, ok?
È tutto a posto, non c’è niente che non vada, non farti paranoie strane.
Mi puoi passare gli appunti e  i compiti delle lezioni che abbiamo in comune?
Così almeno mi metto a pari con i compiti.”
Lei annuisce e mi passa una generosa quantità di fogli, io inizio a ricopiarli svogliata, pensando che è davvero ironico – nel senso più crudele del termine – che io debba fuggire dal ragazzo che amo.
Dopo aver ricopiato tutti gli appunti, attacco con i compiti, tanto che quando i miei tornano mi trovano ancora china sulle carte.
“Tesoro?”
Mi chiama dolcemente mia madre, dopo aver bussato alla porta della mia camera.
“È pronta la cena, se vuoi scendere.”
“Certo che voglio, questa roba mi sta facendo impazzire. Maledetta matematica.”
Scendo a cena e una sensazione di calore mi avvolge: loro sono la mia famiglia e se dovessi perderli per colpa di Tom non lo perdonerei mai.
Mi siedo, mangio e chiacchiero con loro sentendomi bene e un filo in colpa nei confronti di Johnny che non ha tutto questo.
A quest’ora sarà sbragato sul divano con del cibo precotto su un piatto a guardare la tv.
Forse dopo potrei andare da lui, ma non ho voglia di litigare con mia madre perché mi conceda di farlo, visto che domani c’è scuola.
Il giorno dopo Tom cerca di nuovo di parlarmi e io gli sfuggo oppure sto attaccata a un’incredula Isabel, credo pensi che io sia impazzita.
Se potesse dirle la verità!
Finita la giornata scolastica, in macchina, mi guarda con il suo sguardo da cucciolo che usa quando vuole qualcosa da me.
“Chiara, mi faresti un favore?”
“Dimmi.”
“Vieni al Soma con me? Così mamma mi lascia andare e non fa storie.”
Io rimango un attimo in silenzio, andare al Soma significa attirarsi Tom DeLonge, ma non voglio deludere la mia sorellina.
“A una sola condizione: che venga anche Johnny.”
“Va bene. Lo userai come guardia del corpo?”
Ghigna lei, io rimango seria e il sorriso sparisce dalla faccia di mia sorella.
“Io vorrei tanto capire cosa ti sta succedendo, sei tanto strana.”
Io scuoto la testa.
È fortunata a non capire.
 

Andare al Soma non è masi stato più noioso di stasera.
Devo tenere d’occhio – per modo di dire – mia sorella e stare in guardia da un possibile attacco di Tom, Johnny – seduto accanto a me – si beve tranquillo la sua coca.
Non so come faccia a conservare una tale calma, io ho una paura folle di vedere arrivare Tom e di non riuscire a scappare abbastanza in fretta.
“Rilassati, ci sono io. Se si avvicina troppo lo stendo.”
Io non dico nulla.
“Chia, cosa c’è?”
“C’è che ho paura, ok? Quasi quasi mi pento del mio gesto eroico e questo è un brutto pensiero, capisci?
Nessuno dovrebbe pentirsi di aver salvato una vita umana!”

Lui beve una sorsata della sua coca.
“Andrà bene, per ora ti proteggerò io fino a che deciderai di dirglielo, se lo farai.”
Io sospirò.
“Sono solo una stupida.”
“No, che non lo sei. Hai più palle di me, se Anne fosse stata al posto di Tom non so se l’avrei salvata. Tu non ci hai nemmeno pensato a lasciarlo morire, hai messo lui prima di te e trovo che questo sia un gesto nobile e bello.”
Io annuisco, non del tutto convinta, poi mi paralizzo: Tom è entrato nel locale con Mark e un ragazzino che presumo essere Scott.
“Stai calma.”
Mi sibila Johnny.
Tom mi individua subito – sento il suo sguardo addosso – poi lo vedo dirigersi verso la pista, la vista di Johnny deve averlo dissuaso.
Mark si butta in pista al seguito dell’amico e individua mia sorella, iniziano a ballare vicini, lei credo gli stia sorridendo.
“Devo separarli?”
“No, Izzie ha una cotta per Mark. Ti ucciderebbe se lo facessi.”
Lui sbuffa.
“Se quei due diventeranno una coppia, come farai a evitare Tom?”
“Non lo so, ma sarebbe ingiusto mettere i bastoni tra le ruote a mia sorella. Lei non capirebbe e non voglio che mi odi o che ti odi.”
Lui non dice nulla, si limita a scrutarli torvo, forse si sente anche a disagio perché sa che Mark è il fratello di Anne. Hanno tutti i motivi per odiarsi a vicenda.
Che brutta serata!
Non vedo l’ora che sia mezzanotte, in modo da levare le tende e tornare a casa!
Controllo freneticamente l’orologio, fino a quando mia sorella arriva trascinandosi dietro Mark e Tom.
“Mark mi ha chiesto se posso andare con lui a bere in un locale qui vicino, posso?”
“No, che non puoi.”
“Chia!”
“Mamma ti ha concesso di venire al Soma, non di andare per locali. Questo lo potrai fare l’anno prossimo oppure se Mark ti invita fuori e la responsabilità di te sarà sua e non mia.”

Mia sorella mette il broncio, Tom sembra voler dire qualcosa e Mark sorride.
“Va bene. Domani passo da casa tua, Isabel, e chiedo a tua madre se possiamo farci un giro.”
Lei sorride radiosa, io mi alzo dal tavolo seguita da Johnny.

“Bella mossa, adesso però dobbiamo andare o nostra madre potrebbe arrabbiarsi se arriviamo in ritardo a casa e addio permesso.”
Mark annuisce, ci salutiamo e finalmente esco da questo maledetto locale che inizia  a starmi stretto.

In macchina Izzie tenta di farci partecipi della sua felicità, ma sia io che Johnny siamo due statue di sale, lui perché non parla molto di natura e io perché ho visto Tom.

Arrivati a Poway lasciamo Johnny vicino a casa sua e poi mi dirigo verso casa nostra, Izzie ha ancora gli occhi a forma di cuore: Mark è il primo che le fa questo effetto.

Che bel casino!

Che io voglia o no prima o poi dovrò dire a DeLonge cosa sono  e già ora il mio cuore salta un battito. Lo amo, ma lui mi vedrà mai in questo modo perché a lui non importa nulla di me, sono la prova che tutto quello in cui crede è vero e non una ragazza, men che meno una ragazza attraente.

Quanto vorrei essere normale!
Parcheggio la macchina nel vialetto e poi scandiamo, Izzie vola di sopra, io mi fermo con mia madre.

“Come mai tua sorella si comporta così?”

“Al Soma ha incontrato il ragazzo che le piace, domani lui ha detto che la porterà a fare un giro. Te l’ho detto prima per prepararti psicologicamente.”
“È un bravo ragazzo?"
“Mh, fondamentalmente sì. Ha i capelli blu ed è uno skater e a volte agisce come lo scemo del villaggio, ma è un bravo ragazzo.

Non si droga e non beve, almeno credo.

Non sono mai girate voci su di lui in questo senso.”

“Come si chiama?”

“Mark Hoppus.”

Lei annuisce e io salgo in camera mia, scalcio via gli anfibi e mi butto sul letto, mi sento triste come non mi sono mai sentita. Per un attimo mi sento davvero tagliata fuori dal resto del genere umano, come se qualcuno mi avesse calato in un cubo di vetro un po’ troppo stretto.

Mi addormento così, senza il pigiama, senza coperte, pensando a cubi e a prigioni, alla realtà e alla finzione.

La mattina dopo mi sveglio con un colossale mal di testa, a differenza di mia sorella che sprizza gioia da tutti i pori in un modo che è quasi fastidioso.
A pranzo non fa altro che parlare a ruota liberi di qualsiasi cosa che le capiti per la testa, tanto che mio padre lancia uno sguardo confuso a mia madre. Lei scuote la testa e gli fa capire di darle corda e basta.
Dio non vedo l’ora che arrivi il fatidico appuntamento con Mark, almeno sarà fuori dai piedi per un po’ e ci sarà tranquillità. Io dovrei fare i compiti.
Alle tre in punto il campanello suona e Izzie scatta ad aprire la porta di casa, io e i miei ci portiamo stancamente all’ingresso. Mark indossa un cappellino che copre i suoi capelli azzurri, una maglia bianca e dei jeans larghi.
“Mamma, papà, Chiara,questo è Mark.”

Io alzo la mano in segno di saluto un po’ scazzata, i miei lo salutano per bene, poi finalmente la coppietta se ne va.

Io esco subito dopo di loro e chiamo Mark, che mi guarda sorpreso.
“Tratta bene la mia sorellina o sarà peggio per te.”
Lui alza un sopracciglio.

“Cosa farai? Chiamerai Johnnie Mayer per pestarmi?”

“Oh, no. Per le cose di famiglia basto io e non ti conviene sapere cosa sono in grado di fare.”

Lui mi guarda divertito, poi incrocia il mio sguardo serio e il sorriso scompare dal suo viso.
“Va bene, la tratterò bene.
Ciao, Chiara.”

“Ciao,ragazzi. Divertitevi.”

Io me ne torno in casa, ho fatto il mio dovere di sorella maggiore, ora posso dedicarmi ai compiti.

Che palle!

 Angolo di Layla

Ringrazio DeliciousApplePie e staywith_me per le recensioni.

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Capitolo 3
*** 3) La bambola demoniaca. ***


3) La bambola demoniaca.

 

Lunedì preferirei buttarmi sotto un treno che tornare a scuola.
Non posso permettermi di perdere un altro anno, purtroppo, così mi strappo dalle coperte, mi vesto  e scendo a fare colazione.
Mia madre e Isabel sono già in cucina, entrambe con lo stesso sorriso felice di chi è soddisfatto della propria vita e non ha nulla da temere. Solo io temo Tom DeLonge e nello stesso tempo voglio vederlo per via della mia cotta.
Che gran casino!
Fatta colazione ce ne andiamo a scuola, mia sorella non vede l’ora di rivedere Mark, il suo appuntamento ieri è andato benissimo: lei e Hoppus si sono persino baciati.
La vita va bene a tutti tranne a me, solo a me riserva limoni.
Arrivate a scuola e parcheggiata l’auto lei corre a cercare Mark, io mi dirigo con passo svogliato verso l’interno. Durante il fine settimana mi sono tinta i capelli di arancione per scazzo, Izzie dice che mi stanno bene.
Entro e controllo l’orario, ho una materia che si chiama “Laboratorio psicosociale” e il mio istinto dice che sarà una noia terribile.
È molto raro che il mio istinto si sbagli quindi devo prepararmi psicologicamente.
La professoressa che gestisce si chiama Jenkins ed è una donna di mezza età dalla voce fastidiosamente acuta, mi ricorda lo stridore delle unghie contro la lavagna.
“Bene, ragazzi. Inizieremo un progetto in previsione di quando diventerete genitori, visto che a qualcuno di voi sicuramente capiterà presto.
Sorteggerò delle coppie che si dovranno prendere cura di uno dei bambolotti qui, sono quasi come dei bambini veri.”
Io la guardo stupita, invece di esortarci all’astinenza o all’uso dei profilattici questa donna vuole che impariamo a prenderci cura dei marmocchi?
È pazza!
“Bene inizio il sorteggio, la prima coppia è quella composta da Malone Chiara Elizabeth e da DeLonge Thomas Matthew.”
Io sgrano gli occhi e alzo la mano.
“Non si può cambiare partner, professoressa?”
“No, Malone. Venga qui a prendere suo figlio.”
Io mi alzo rassegnata e prendo il bambolotto che mi porge.
“È una femmina, cara. Come la volete chiamare?”
“Figlia di nessuno, va bene?”
“No.”
“Beh, ci penseremo.”
Me ne torno al mio banco, Tom è ora seduto al posto del tizio vicino a me.
“Fammi vedere nostra figlia.”
“È solo un cazzo di bambolotto, non fare tutte queste scene.”
“È nostra figlia, non è un bambolotto.”
Con poca grazia gliela ficco in mano sperando che taccia.
Finito il sorteggio delle coppie arriva il colpo di grazia: dovremo tenerci questo coso per una settimana e tenere una specie di diario.
Che schifo.
“Vuoi tenerla tu per la prima ora?”
“No, ho educazione fisica, non mi piace che stia da sola.”
Io gli appoggio una mano sulla spalla, il che è un gesto molto pericoloso.
“Tom, non è un vero bambino, è solo una bambola, capito?”
“Ma tu la tratterai come se fosse vera, io e te abbiamo ancora qualcosa da chiarire comunque.”
Infuriata come una iena esco con la pupattola sotto braccio e mi dirigo alla prossima aula: matematica.
Mi siedo al primo  posto che trovo libero e appoggio la bambola accanto a me sperando che stia zitta, il professor Olsen non ama chi lo disturba durante le sue complicate lezioni.
Poco dopo arriva in classe, fa l’appello – come al solito – e nota la bambola, le sue labbra si stringono, ma non dice nulla.
Inizia a spiegare e dieci minuti dopo il congegno infernale inizia a piangere, io non so cosa fare, la cullo, le canticchio qualche canzone.
“Faccia tacere quel coso, Malone!”
“Non ci riesco, professor Olsen! Ringrazi la professoressa Jenkins per questo inconveniente!”
Lui mi guarda un attimo sbalordito, poi una luce maligna si accende nei suoi occhi.
“Sì, Malone. Penso proprio che andrò a ringraziarla, sono stufo delle idee di quella donna, finiscono sempre per rovinare le mie lezioni!”
Esce sbattendo la porta, lasciandomi con il problema di come far smettere di piangere la cosa che ho in mano.
Le provo tutte di nuovo, poi mi volto verso i miei compagni, disperata.
“Vi prego, datemi una mano!”
“Sei una donna, Malone. Le donne sanno come far tacere i bambini!”
Mi urla lo spiritoso della classe, io vorrei ucciderlo.
“Beh, io non sono tanto brava con questi… Cosi.
Sono piccoli, fragili, ho paura di romperli.
Quante chance avrò di essere creduta quando avrò spezzato l’osso del collo di mio figlio perché non so come trattarlo?
Nessuna! Finirò in galera per un.. neonato!”
Mi guardano tutti stralunati, fino a che Helen – una ragazzina dai lunghi capelli neri – non me lo toglie delicatamente dalle mani e lo fa addormentare cullandolo e canticchiandogli qualcosa.
“È che sente che tu non le vuoi affatto bene.”
“Helen, ti ringrazio, ma è una bambola!”
Lei scuote la testa.
“Si comporta come un bambino vero e quindi potrebbe percepire se ti fa piacere averla accanto oppure no.”
Io sbuffo.
“Sembri Tom, queste bambole non sono bambini, non sentono quello che noi proviamo.”
Rimetto delicatamente il mostro a letto, giusto poco prima che arrivi il professor Olsen. Per una grazia di un non so quale dio sta zitta per tutta la lezione e il professore non si arrabbia ulteriormente, la mia media è già abbastanza bassa.
Finita la lezione cerco Tom per tutta la scuola e gli rifilo il bambolotto in braccio, senza ascoltare le sue proteste.
Sono arrabbiata come non mi succedeva da tempo, vado alla lezione seguente con la faccia del serial killer latente, tanto che spavento persino mia sorella.
“Cha, che ti è successo?”
“È successo che la Jenkins ci ha assegnato un compito stupido! Ha creato delle coppie e gli ha affidato un bambolotto che si comporta come un bambino vero per prepararci all’essere genitori.
Immagino sarebbe stato troppo facile dire: non scopate, usate il preservativo, prendete la pillola!
Io sono finita in coppia con Tom, ti rendi conto?”
Lei mi guarda un attimo.
“Quanto vorrei che un compito del genere lo dessero a me e a Mark!”
Io scuoto la testa, da quando è riuscita a conoscere Hoppus lo ficca in tutti i discorsi possibili e immaginabili.
Seguiamo insieme tutte le lezioni fino alla pausa di mezzogiorno, ho già preso il rancio quando Tom si siede al nostro tavolo insieme al piccolo mostro e ad Anne.
“Non sei stata molto gentile mollandomi nostra figlia così.”
“Non è nostra figlia, Tom! È solo un dannato bambolotto!
Ciao, Anne!”
Anne è la cosa più vicina ad un’amica che io abbia, da quando ci siamo chiariti sulla questione “Johnny” ha smesso di essermi ostile e ho scoperto che è simpatica.
“Ciao, Chia. Tom, Chia ha ragione, è solo un bambolotto non dovresti farti paranoie e far andare in paranoia gli altri.”
Lui sbuffa e comincia a mangiare in silenzio, presto lo imitiamo tutti.
“Anne, tuo fratello lavora ancora da Davies?”
Chiede mia sorella ingoiando un boccone di polpette.
“Sì, perché?”
“Dici che sarebbe une bella idea se io andassi a trovarlo dopo il lavoro, cioè lo vado a prendere e poi ci facciamo un giro insieme.”
La faccia di Anne diventa brutta per un attimo e la sua forchetta muove leggermente i piselli che accompagnano le polpette.
“No, penso che non sia una buona idea.
Aspetta che sia lui a farsi vivo.”
Lei annuisce depressa, mi sa che c’è qualcosa sotto, dopo lo chiederò ad Anne.
Finito il pranzo, Tom mi molla di nuovo la pupattola e tenendola in braccio vado a lezione si spagnolo insieme ad Anne.
“Come mai hai detto a mia sorella di non fare una sorpresa a Mark?”
Lei sospira.
“Perché ha una mezza storia con una sua collega che si chiama Josie. Penso si stiano mollando, ma Isabel non la prenderebbe bene.”
“Ho capito. Spero che la molli, perché se tiene il piede in due scarpe lo pesto.”
Faccio scrocchiare minacciosamente le nocche, facendo spaventare la piccola Satana che ho in braccio.
“Oh, Cristo. Non di nuovo!”
Lentamente, mettendoci tutta la dolcezza che riesco a trovare la cullo e le canto una ninna nanna, finalmente tace.
“Dovremmo nutrirla, ma con che cosa?”
“Forse basta che le metti in bocca un biberon vuoto, Tom l’ha già battezzata, non te l’ha detto?”
“No. Come l’ha chiamata?”
“Ava.”
Un brivido corre lungo la mia schiena, questo mostriciattolo si chiama come me.
Il resto delle lezioni trascorre tranquillamente, la rottura arriva quando finiscono. Tom è appoggiato alla mia macchina insieme a mia sorella.
Che deja-vu!
“Ciao, cosa ci fai qui?”
“Vengo a casa tua per prenderci cura della bambina.”
Io alzo gli occhi al cielo, ma perché?
Il mio istinto è diviso in due, dall’altro è felice perché trascorre tutto questo tempo con Tom, dall’altra teme che presto il mio segreto verrà fuori. Se dovesse succedere sarebbe una tragedia!
“Va bene, va bene.”
Ci sarà anche Isabel, posso sopportare questa situazione. Saliamo in macchina e andiamo a casa mia: stranamente la macchina di mamma è già parcheggiata nel vialetto.
Apro la porta di casa e la vedo china su una pianta, quando sente le nostre voci alza lo sguardo, è stupita.
“Come mai c’è anche lui e tu hai una bambola in braccio.”
“È n..”
Gli rifilo una gomitata nelle costole.
“La professoressa Jenkins ci ha assegnato un compito, far finta che questo sia nostro figlio o figlia e prendercene cura insieme. Io sono finita con Tom, che la fastidiosa abitudine di credere che questo bambolotto sia davvero nostra figlia.”
Mia madre ride.
“Ok, andate pure in salotto, volete qualcosa da bere o da mangiare?”
Alla fine accettiamo volentieri le patatine e la coca che ci offre, io inizio subito con matematica, Tom invece inizia a giocare con la bambina.
Continua a ripeterle “bubusettete” in continuazione facendola ridere, peccato che questo renda molto difficile concentrarmi sui compiti.
Sono quasi tentata di andare nella stanza del deserto pur di avere un po’ di pace, non lo faccio solo perché Tom vorrebbe venire anche lui.
Alla fine la bambina scoppia a piangere e non c’è ninna nanna che tenga, continua.
“Credo abbia fame.”
Dico io piatta, alzando la testa dai miei compiti.
“Come la nutriamo?”
“Non lo so, ma secondo Anne dovremmo provare a metterle in bocca un biberon vuoto, ce n’è uno nel kit che ci ha dato la Jenkins.”
Lui fruga nella borsa che ci ha dato la vecchia strega e trova un biberon, lo infila nella bocca del bambolotto che inizia  a succhiare il nulla, ma almeno tace.
Dopo aver finito, la bambola si addormenta e Tom si svacca sul divano.
“Ho sentito che hai dato un nome alla bambola.”
“Sì, l’ho chiamata Ava, ti piace?”
“Carino.”
Dico in tono misurato per non fargli capire quanto mi turbi il fatto che abbia chiamato la cosa come me.
“Cosa stai facendo?”
“Matematica.”
“Faccio schifo in matematica.”
“Anche io, ma bisogna pur farla, no?”
Lui rimane un attimo in silenzio.
“Perché ti scoccia così tanto occuparti di Ava?”
Io non alzo nemmeno gli occhi.
“Non sono affari tuoi.”
“È perché sei stata adottata?”
“Forse.”
Altro attimo di silenzio.
“Perché mi odi così tanto?”
“Non ti odio, è che quando vuoi sai essere estremamente testardo e fastidioso e mi dà fastidio.”
“Capisco, me lo dicono spesso.”
“Deduco che non te ne importi molto degli altri se continui a comportarti così.”
“Esatto, sono fatto così. Non posso farci nulla, come tu non puoi fare a meno di essere la donna dai tanti segreti.”
Io sbuffo, con il cuore a mille.
“Smettila, Tom. Non è vero, sono solo una banale studentessa.”
“No, non proprio. Prima o poi mi dirai la verità.”
I miei occhi diventano tristi per un attimo, anche se non dovrei frequentarlo – e men che meno amarlo – mi sento male perché lui mi frequenta solo per i miei segreti, non perché gli piace la mia compagnia.
“Ehi, Chia. Cosa c’è?”
“Niente, adesso mi rimetto a fare i compiti. Tu non ne hai?”
Lui si batte una mano sulla fronte.
“Giusto, letteratura.”
Anche lui finalmente si mette a lavorare e c’è silenzio, mamma  passa ogni tanto a controllare e mio malgrado si crea un’atmosfera di complicità tra di noi.
Lo so benissimo che deriva dal fatto che per una settimana dovremo occuparci della pupattola, ma mi fa comunque piacere. A intervalli regolari una voce mi suggerisce di dire tutto a Tom e di essere  totalmente sincera con qualcuno per una volta nella vita, ma non riesce mai ad avere la meglio.
Ogni volta immagino i giornali, l’FBI che mi preleva e mi allontana per sempre dalla mia famiglia, dalla mia vita e poi non potrei sopportare che anche a Johnny succedesse tutto questo solo per colpa mia.
Alle sei io ho finito gli esercizi e Tom il suo tema di letteratura.
“Beh, adesso io vado. Tu tratta bene la piccola.”
“Perché deve rimanere da me?”
“Perché devi affezionarti a lei.”
Io sbuffo platealmente, incrociando le braccia davanti al busto.
Lui ride e mi dà un bacio sulla guancia, prima di farmi un cenno di saluto e sparire nella luce morente del sole del tramonto.
Solo quando so che è fuori dalla visuale mi tocco la guancia e non posso fare a meno di sorridere.
“Chiaraaa!”
Urla mia madre, rovinando questo momento quasi romantico.
“Vieni ad aiutarmi con la cena.”
“Va bene, mamma!”
Urlo io, entrando in casa.
“Quel ragazzo ti piace, vero?”
Io arrossisco.
“Mamma!”
“Cosa c’è di male ad ammetterlo?È molto carino, anche se non mi piacciono i capelli blu, i piercing e i tatuaggi.”
“Mamma, non ho speranze. È uno di quei ragazzi da una botta e via e io non voglio essere l’ennesimo nome da aggiungere a una lista di ragazze che si è fatto.”
Lei non dice nulla.
“Vi hanno dato un compito stupido.”
“Molto, avrebbe più senso spiegare come non rimanere incinte che prepararci ad essere genitori.”
“Ti pesa essere adottata?”
La guardo perplessa.
“Perché me lo chiedi?
Siete stati una brava famiglia.”
“Grazie, cara. Ho il sospetto che avere a che fare con quella bambola ti faccia ricordare che tu non hai avuto una madre che lo facesse a te e che questo ti faccia stare male.
Io taccio un attimo.
“Sì, ma non posso farci nulla. È quello che sono e nessuno potrà cambiarlo e, per quanto faccia male, lo devo accettare.”
Lei mi accarezza la testa.
“Sei una brava ragazza.”
Io annuisco, leggermente commossa.
Poco dopo arriva  a casa mio padre e lancia un’occhiata scettica al bambolotto.
Una volta che gli ho spiegato cosa devo fare lui si acciglia.
“Non dovrebbero insegnarvi a non avere figli, non a prendervene cura?”
“Lo penso anche io, ma la profe la pensa diversamente. È convinta che non siamo in grado di resistere al richiamo della passione, un po’ come le bestie.”
Lui scuote la testa.
“Insegnanti moderni!”
Borbotta mentre sale in bagno a fare la doccia.
Mangiamo allegramente, il fatto che abbiano tentato di spararmi sembra aver sollevato l’umore della mia famiglia e abbia fatto decidere ai miei di tornare a trattarmi bene.
Finita la cena la figlia di Satana scoppia a piangere, mia madre la guarda con occhio clinico.
“Credo abbia fame.”
“Ma gli abbiamo dato da mangiare prima!”
“Cosa?”
Io mi gratto la testa.
“Beh, un biberon vuoto. Io e una mia amica abbiamo pensato che bastasse questo a saziarla.”
“Metti dell’acqua nel biberon.”
Io eseguo e mia madre glielo fa bere, alla fine la bambola rutta soddisfatta.
Io sto per tirare un sospiro di sollievo, ma non è ancora finita, adesso il mostro piange per una ragione ignota.
“Credo che ti debba cambiarle il pannolino.”
“Oh, no!”
Esclamo terrorizzata.
Prendendo la bambola e un pannolino dal kit della pazza salgo in bagno. Mia madre ha ragione: il pannolino è bagnato. Glielo tolgo con cura, la pulisco, gli metto la cremina e il talco, poi ne metto uno nuovo.
Adesso spero non abbia più bisogno di nulla perché devo ripassare matematica, domani interroga e potrebbe decidere di interrogare me per via della bambola.
Studio, finito quello mi butto sul letto.
Adorata pace.
Adorata pace, un cazzo!
Tom entra dalla mia finestra e io faccio un salto di tre metri buoni.
“Cosa ci fai qui?”
“Do la buonanotte ad Ava! Buonanotte, piccolina.”
Le dà un bacio e poi ne dà anche a me sulla guancia, poi scompare nelle notte.
Ancora una volta mi porto la mano sulla guancia, mi fa tanto piacere e questo non va bene.
Mi fa venire voglia di rivelargli il  mio segreto e non sono ancora sicura di potermi fidare di lui.
Non voglio finire sezionata dai federali e poi magari in uno zoo.
“Chia, raro esemplare di aliena femmina.”
Non voglio che succeda.
Cosa devo fare?

Angolo di Layla

Ringrazio staywith_me e DeliciousApplePie per le recensioni, per me significano molto.

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Capitolo 4
*** 4)Affezionarsi sì, affezionarsi no. ***


4)Affezionarsi sì, affezionarsi no.

 

La mattina dopo mi sveglio grazie al pianto di Ava.
Piccola rompicoglioni, tale e quale a suo padre!
Sto iniziando a delirare anche io se considero quel coso vivo e soprattutto figlio mio e di Tom.
“Povera me, come sono messa. Adesso vediamo cosa ha questa.”
La ninno un po’, non si calma, forse ha fame.
Vado in bagno e riempio il biberon di acqua e poi glielo do, si calma all’istante e io tiro un sospiro di sollievo. Oggi starà da Tom, non c’è santo che tenga!
Mi lavo, mi vesto e scendo a fare colazione, con il mostro in braccio; devo avere un’aria terribile perché nemmeno Izzie si azzarda a fare una battuta, tace e mi guarda un po’spaventata.
“È qui anche oggi?”
“NO, oggi, cascasse il mondo starà da Tom. Un giorno per uno mi sembra un patto equo.”
Faccio colazione di malumore, ingurgitando i cereali senza nemmeno sentire davvero il sapore: sono stanca e di malumore.
Quel congegno meccanico mi sta ricordando la gente che mi ha abbandonato qui senza nemmeno farmi sapere perché o con qualcuno a proteggermi: in un certo senso mia madre ha ragione.
Ma cosa posso farci?
Non posso urlare al cielo sperando che mi sentano.
“Izzie, mi faresti un favore?”
“Dimmi.”
“Mi terresti d’occhio Ava, la bambola, mentre io salgo a prendere il kit e lo zaino.”
Lei annuisce.
“Spero non si metta a piangere quando sono da sola, mi fa soggezione.”
Io alzo gli occhi al cielo e salgo in camera mia a recuperare le cose che mi servono per questa noiosa giornata scolastica.
Dabbasso trovo mia sorella che scruta la bambola, mezza curiosa e mezza spaventata.
“Non mangia, tranquilla.”
“No, è che non mi piace sentire il pianto dei bambini. Mi manda fuori di testa, come se io fossi la peggiore persona del mondo per averli fatti piangere.”
“Io ho paura di romperli, sono talmente piccoli e…fragili!”
Rabbrividisco.
Mi metto lo zaino sulle spalle, prendo Ava e la borsa e poi io e Izzie urliamo un saluto a nostra madre, che ricambia dal piano di sopra.
Andiamo a scuola senza dirci granché, io sono assonnata, lei quasi terrorizzata da Chuckie, la bambola assassina.
Arrivate a scuola, va dalle sue amiche e io entro con la bambola in braccio e per fortuna non sono l’unica. In un angolo vedo una cinesina in classe con noi che insulta un messicano,scuotendo la bambola. Probabilmente sono partner e non stanno andando d’accordo.
Strano che Tom non si sia ancora fatto vedere…
All’improvviso sento un “bu!” alle mie spalle e quasi Ava cade per terra.
“Ma sei scemo?
Potevi farmi cadere la bambola.”
Lui si gratta la testa, distratto dall’entrata del gruppo delle cheerleader.
“Sì, scusa. Che lezioni hai?”
“Biologia.”
“Ce l’ho anche io, andiamo.”
Io sospiro.
“Ai suoi ordini!”
Gli rispondo sarcastica, il mio cuore invece batte troppo velocemente. Non volevo un legame con Tom, eccomi servita al contrario!
Entrambi ci rechiamo all’aula di Biologia, Tom fa lo scemo con la bambina sollevando tutti gli “oh!” ammirati di quelle oche delle mie compagne.
Odiose.
Non capisco come facciano a farsi abbindolare così da una cazzata del genere, fortunatamente l’arrivo del professore le fa smettere e purtroppo attira la sua attenzione su di noi.
“Voi due siete una coppia mal assortita e cosa ci fa quello lì?”
Indica la bambola.
“È un progetto che ci ha assegnato la professoressa Jenkins.”
“Quella vecchia stramboide, non è nemmeno capace di sorteggiare coppie che funzionino!
Tutti gli anni è sempre la stessa storia, come se quei due avessero la minima possibilità di mettersi insieme!”
Borbotta sottovoce, facendomi arrabbiare.
Cosa diavolo insinua quel vecchio matto?
Come si permette?
Senza che Tom se ne accorga fulmino il professore con un’occhiataccia.
“Visto il regalino che Malone e DeLonge hanno con sé ho deciso che oggi ci vedremo un bel video. Adesso vado a prendere il televisore, vedete di non demolire l’aula mentre sono fuori.”
La classe tira un sospiro di sollievo e ci ringrazia con una muta occhiata di gratitudine.
Poco dopo il professore rientra, inserisce una cassetta nel vecchio videoregistratore e poi spegne le luci.
Sono vicina a Tom. Al buio.
L’elettricità che c’è di noi si sente a kilometri di distanza, mi sorprendo che qualcuno non cada fulminato anche solo standoci vicino.
Lentamente, durante il filmato, Tom si avvicina sempre di più a me e alla fine mi avvolge un braccio attorno alla spalla.
Basta questo a darmi una scarica elettrica e credo l’abbia sentita anche lui, eppure nessuno dei due ha il coraggio o la voglia di spostarsi.
Rimaniamo così, ognuno si gode la presenza dell’altro come può e, come ho già detto, questo non va affatto bene.
Sono un’aliena, non posso lasciare che lui sappia il mio segreto, anche se è ammirabile come non  mi abbia chiesto più nulla dalla volta che sono scappata dal bagno.
Forse ha cambiato strategia.
Forse vuole farmi diventare sua amica in modo da non costringermi con le cattive a rivelargli perché lui sta bene quando dovrebbe essere tre metri sottoterra, con la madre che viene a piangere ogni giorno sulla sua tomba.
Rabbrividisco a questa prospettiva e involontariamente il suo braccio mi stringe di più a sé, per di più la mostricciattola non si sveglia, non piange , non fa niente; dorme tranquilla e beata nella culla che c’era nel kit.
Quando c’è bisogno di lei non serve, merda!
Finito il filmato Tom si stacca – come se fosse la cosa più naturale del mondo stare abbracciato a me! – e si rimette al suo banco con nonchalance.
Siccome ho educazione fisica gli mollo la bambina e me ne vado, da una parte felice e dall’altra spaventata a morte dalla piega che hanno preso gli avvenimenti.
Cosa diavolo ha in mente?
E perché ho il sospetto che – io lo voglia o no – lui saprà la verità su cosa sono e chissà, magari anche da dove vengo.
Paura.

 

Il resto della mattinata trascorre tranquillamente, più o meno.
Ogni tanto la mocciosa si mette a piangere e devo uscire dalla classe per calmarla.
È difficile per me avere a che fare con un esserino che se frega se tu stai seguendo o meno una lezione e vuole tutta la tua attenzione.
Il pomeriggio spero se la prenda Tom, io sono un po’ stanca.
Arrivo a mensa con l’andatura e la vivacità di uno zombie, Izzie e Tom sono già seduti a un tavolo.
“Questo pomeriggio te la prendi tu, ok?”
Lui annuisce, divertito.
“Non è facile stargli dietro?
Pensavo che voi donne fosse programmate per curare i bambini. Tipo una lucina che va in modalità on non appena scoprite di essere incinte.”
Io lo guardo come se l’alieno della situazione fosse lui.
“Sei matto da legare e comunque io non sono stata incinta di questa.. cosa.”
Lui scoppia a ridere e Isabel lo segue a ruota.
“Non riesci proprio ad affezionarti ad Ava.”
“Tom, vuoi cortesemente spiegarmi qual è il senso di affezionarsi a una bambola che tra cinque giorni tornerà nell’armadio della Jenkins?”
Lui non risponde e ride, che voglia di prenderlo a sprangate!
Mangio in quello spero sia un dignitoso silenzio e noto che tra mia sorella e Tom c’è un bel feeling, quasi come se lei fosse la fidanzata di Mark.
Un momento…
“Izzie!”
“Cosa c’è?”
“Non sarai la ragazza di Mark Hoppus?”
Lei arrossisce di botto.
“Ehm, sì. Ci siamo messi insieme da poco.”
“Quando volevi dirmi?”
Le dico seccata.
“Il giorno in cui vi avrei scoperti a scopare nel letto di mamma e papà?”
Lei arrossisce ancora di più, se possibile.
“No, te l’avrei detto quando le cose si farebbero fatte più… stabili. Mark deve, ehm, liberarsi di una certa Josie.”
Almeno è stato sincero e questo è un bel segno.
“Bene.”
“Oh, non credevo che un cuore di ghiaccio come te avesse l’istinto della sorella maggiore protettiva.”
Io gli tiro una pedata sulla tibia, facendolo piegare in due.
“Adesso lo sai.”
Sorrido innocente.
“Sei matta.”
“Oh, ci tieni  proprio ad alzarti da questo tavolo in sedia a rotelle.”
Lui fa uno strano ghigno e non dice nulla.
Finito di mangiare prende la bambola e se ne va.
“Strano che non abbia fatto battute.”
“Forse non era in vena o forse gli piaci.”
Io rischio di soffocarmi.
“Io che piaccio a lui?
Impossibile.”
“Secondo me lo intrighi perché continui a nasconderti, i misteri sono eccitanti.”
Dice lei saggia e dentro di me si fa di nuovo largo la vocina maligna che  mi rimprovera di averlo salvato, ma non se l’avessi fatto che razza di essere sarei?
Un essere meschino e schifoso, temo che se non l’avessi salvato e l’avessi lasciato lì a morire non me lo sarei MAI perdonato. Sarebbe stato il mio rimorso fino all’ultimo giorno di vita, il mio incubo la notte, l’omicidio impossibile da rivelare.
Sarebbe stato un fantasma insepolto nell’oscurità della valle.
Senza pupattola al seguito le lezioni sono molto più piacevole da seguire,non rischio di essere oggetto di collera o biasimo o essere costretta a uscire.
Che pace!
Finite le lezioni non mi stupisce vedere Tom vicino alla mia macchina, sembra che ormai noi abbiamo un appuntamento fisso lì.
“Stasera mi occuperò io della bambina, vuoi salutarla?”
Io sospiro e accarezzo lentamente la fronte di Ava.
“Ti mancherà?”
“Onestamente, non lo so. Credo di no, però.”
Lui scuote la testa e se ne va e a me rimane un leggero e incomprensibile senso di delusione, aspetto Izzie e poi andiamo a casa.
Facciamo merenda e poi lei si chiude in camera sua a telefonare a Mark e io a fare i compiti.
Non sono tanti, in un’ora li ho finiti e rimango senza nulla da fare. Senza nemmeno pensarci – Isabel potrebbe entrare da un momento all’altro e sarebbe difficile spiegarlo cosa e come lo sto facendo – faccio levitare una palla bianca.
A un mio comando la si illumina dall’interno di una luce bianca che poi comincia pigramente a scandire i vari colori dell’arcobaleno come in una vecchia filastrocca di cui ho dimenticato il resto.
“Rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco, violetto…”
Rosso come l’amore, arancione come l’amicizia, giallo come la gioia, verde come la speranza, azzurro come la felicitò, indaco come la serenità, viola come la morte.
Una sintesi impossibile di una vita perfetta.
All’improvviso la lascio cadere, quasi quasi mi aspetto che si rompa, ma è tornata una banale palla di gomma che non si distrugge per una caduta.
La faccio tornare al suo posto e mi giro a pancia sul letto, a guardare il soffitto.
Non lo ammetterei nemmeno sotto tortura, ma Tom e Ava mi mancano, più di quello che avrei creduto possibile.
Sto diventando sentimentale, vado a fare un salto di Johnny, con lui un bagno gelido nella realtà è assicurato e io non posso abbandonarmi a queste fantasticherie.
Prendo la borsa e urlo a mia sorella che esco.
Tom e Ava sono di nuovo lontano chilometri dai miei pensieri, così va già meglio.
L’appartamento di Johnny è il solito caos, lui è stravaccato sul divano a guardare la tv.
“Ciao, punk.”
“Ciao, pixie. Come mai qui?”
Io mi siedo accanto a lui.
“Avevo bisogno di un bagno di realtà.”
“E hai pensato a me, brava ragazza. Cosa succede?”
“Tom.”
Lui fa una smorfia strana.
“Cosa ha fatto?”
“Nulla di male, solo che sembra davvero affezionato alla bambola e da uno come lui non te lo aspetteresti. Pensavo fosse uno che sparisse alla p di padre e invece no, considera la bambola come se fosse davvero sua figlia e sembra così contento
Poi non è nemmeno così insistente e sembra approcciarsi a me con cautela, non so a che gioco stia giocando. Izzie dice che gli piaccio e che l’ho stuzzicato.”
Johnny si stiracchia pigramente sul divano, come invidio la sua indifferenza!
“Izzie ha ragione. Una ragazza che pur di non parlare con te scappa dai bagni attraverso la finestra attizza abbastanza.”
“Quindi è per quello che si comporta così, per farmi?”
“Per farti e sapere come hai fatto a guarirlo, la gente tende a parlare troppo dopo le scopate.”
Io sospiri amareggiata, mi ero quasi affezionata a lui.
“Grazie del bagno di realtà, ne avevo bisogno.”
“Figurati. Spero solo che tu non soffra o lui la pagherà.”
Io rimango a lungo in silenzio.
“Sai, Johnny, penso che alla fine – in un modo o nell’altro – sarà inevitabile dargli delle spiegazioni.”
“Sai come la penso e sai come agirò.”
“Come un buon guardiano, sono stata stupida a salvarlo.”
Lui mi guarda con gli occhi fuori dalle orbite, come se avessi detto una bestemmia irripetibile.
“Non dirlo mai più, tu non sei stupida e probabilmente se anche io avessi una ragazza umana di cui sono innamorato, avrei fatto la stessa cosa. Siamo alieni, ma anche umani con un cuore, non è quello che tu hai sempre sostenuto?”
“Sì.”
“E allora continua a sostenerlo e non sentirti stupida, sei molto più coraggiosa di altra gente.”
“Grazie, Johnny. Avevo bisogno di qualcuno che mi dicesse anche questo.”
Guardo l’orologio e mi accorgo che rischio di arrivare in ritardo per la cena.
“Beh, la Braveheart di Poway se ne va o altrimenti rischia di beccarsi delle lamentele perché non arrivata in orario per la cena.
Ti voglio bene, Jhonny.”
“Anche io te ne voglio, testa calda.”
Esco da casa sua più sollevata, lui ha sempre avuto lo strano effetto di calmarmi.
Riesco persino ad arrivare in orario per la cena e nessuno si lamenta, al contrario mangiamo tranquillamente senza essere interrotti dai pianti della bambina.
Un po’mi manca, nonostante tutto quello che mi abbia detto Johnny, e non vorrei che succedesse, non amo affezionarmi a qualcuno o qualcosa che poi se ne andrà.
Guardo un po’ di tv con Izzie e poi saliamo nelle nostre camere, nella mia però c’è qualcosa di strano: seduto sul letto c’è Tom con la mostriciattola in braccio.
“Cosa ci fai qui? E se ti beccassero i miei?”
Lui alza una mano scocciato.
“Volevo farti salutare Ava prima di metterla a letto.”
“Tu sei matto come un cavallo, DeLonge. Devo ricordarmi di scriverlo nella relazione.”
Lui ridacchia sommessamente.
“Dai, non vuoi salutarla?”
Io mi avvicino cautamente – ho una paura folle che si svegli e denunci ai miei la presenza difficilmente spiegabile di Tom nella mia camera – e le accarezzo una guancia.
Non succede nulla e oso darle da un bacio sulla fronte, per fortuna continua a tacere.
“Fatto.”
“Non ti sto proprio simpatico, eh.”
Io non riesco a rispondere e lui si avvicina alla finestra, mettendo Ava nello zaino.
“Un giorno o l’altro ti farò cambiare idea su di me e avrò le risposte che cerco.”
Se ne va lasciandomi in preda a una sottile inquietudine, ho il sospetto che ce la farà e che quel giorno sarà molto difficile e brutto per me.
Mi butto sul letto, non appena mi ci sono distesa sento la porta aprirsi: è Izzie.
“C’era qui Tom?”
“Sì.”
“Che risposte gli devi dare?”
“Niente di importante, Izzie.”
Lei sbuffa.
“Io credo che lo siano, non si comporterebbe così altrimenti, e non capisco perché tu non me le voglia dire.”
“Perché davvero non è importante, è solo Tom che è matto.”
Lei si avvicina alla finestra.
“Non è che c’entra quello che è successo al Blue Monn?
Quel giorno c’era anche lui e dicono che se la sia cavata per un pelo, visto che la pallottola l’ha solo sfiorato, anche se non si capisce bene come.
Ci sono pettegolezzi che dicono che quel proiettile se lo sia preso eccome e che Dio abbia fatto un miracolo.”
“Non mi interessa. Voglio solo dimenticare quel giorno e quello che lui vuole non c’entra molto con il Blue Moon.”
“Se lo dici tu.”
Se ne va amareggiata.
E così parlano addirittura di un intervento divino per quello che è un atto di sventatezza di una giovane aliena innamorata. Divertente.
Quasi quasi scoppierei a ridere se fossi sicura che Izzie non mi potesse sentire, devo comunque comunicarla a John, questo lo farà sbellicare dalle risate.
Apro la connessione mentale con lui e gli racconto degli ultimi pettegolezzi ascoltati da mia sorella, non appena ho finito lo sento scoppiare a ridere di gusto.
“E così ora saresti Dio?”
Mi chiede divertito.
“A quanto pare. Dio è qualcosa a cui i terrestri pensano prima rispetto agli alieni, devi ammetterlo.”
“Sì, in effetti, sì. Però fa ridere immaginarti come un tizio dalla barba bianca, in tunica bianca e sandali!”
“Ehi, senza barba! Sono una ragazza, cazzo!”
Lui ride.
“Ok, senza barba. E adesso, Dio, va a dormire.”
“Va bene.”
Mi metto in pigiama e mi stendo a letto, la conversazione con Johnny mi ha fatto ridere e sorrido ancora mentre cado tra le braccia di Morfeo.
Per ora mi sembra tutto gestibile, forse ce la posso fare o forse è la calma prima della tempesta. Chi lo sa.
Per ora spero solo che Tom non si faccia ancora avanti con la storia delle risposte perché adesso anche mia sorella sembra interessata alla questione.
Spero di avere ancora un po' di tempo per rimuginare su cosa fare, non voglio perdere tutto!
Non ce la farei!

Angolo di Layla

Ringrazio staywith_me e DeliciousApplePie per le recensioni,

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Capitolo 5
*** 5)Mi manchi, purtroppo, mi manchi. ***


5)Mi manchi, purtroppo, mi manchi.

 

La mattina dopo mi sveglio di umore strano e cerco di appiccicarmi in faccia l’espressione più normale che riesco a produrre. Stranamente anche Isabel sospetta qualcosa e non voglio darle altri indizi o motivi di sospetto comportandomi in modo strano.
Scendo a fare colazione e saluto tutti apparentemente insonnolita, in realtà sono vigile come se mi trovassi in un territorio nemico e forse è così: io sono un’aliena in fondo.
Finito di fare colazione, andiamo a scuola.
In macchina io e Isabel manteniamo una conversazione leggera e divertente, entrambe vogliamo rimanere distanti dal vero nodo della questione.
Arrivate a scuola, Tom ci aspetta con in braccio Ava.
“Ciao, ragazze!”
“Ciao, Tom!”
Rispondiamo in coro sorridendo.
“Oggi Ava la tieni tu.”
“Va bene.”
Me la porge e come arriva tra le mie braccia inizia a piangere, io le do il biberon, sperando di calmarla e ce la faccio, per fortuna.
“Cosa le avrò fatto?”
“La tratti come una bambola.”
Mi risponde Tom.
“È una bambola, Tom.”
Lui sbuffa.
“Non per questo devi essere così poco affettuosa.”
“Ok.”
Entriamo a scuola e ci dividiamo, ognuno ha lezioni diverse. Io mi sto avviando alla mia quando vengo circondata da un gruppo di ragazze. Dio, ti prego fa’ che non sia per Tom, queste cose succedono solo nei telefilm!
“E così sei la ragazza di Tom!”
Esordisce una cheerleader che per la prima volta mostra il suo volto da arpia nel sorriso cattivissimo e nelle rughe d’espressione che affiorano da sotto tre quintali di fondotinta,
“No, devo solo fare un progetto con lui per scuola.”
“Se è così gira alla larga da lui!”
“Devo prendermi cura di questa bambola con lui, è ovvio che non posso, idiota!”
Lei scrocchia le dita e fa per tirarmi un pugno, io però la blocco e comincio a stringere il polso, lei geme per via del dolore.
“Sentitemi bene, imbecilli.
Se amate o siete cotte di Tom non mi interessa, sono problemi vostri e dovete risolverli da sole. Osate ancora una volta disturbare me o Izzie e vi ammazzo, sono stata chiara?”
Stringo ancora un po’il polso della cheerleader, sento l’osso che è pericolosamente vicino allo spezzarsi – è un bel rumore – e le sue guance sono solcate da lacrime di dolore.
“Avete capito?”
Loro annuiscono e io lascio andare la loro capa improvvisata e me ne vado verso la classe di arte, per un paio d’ore mi rilasserò dipingendo.
Che bello!
La mia lezione trascorre tranquillamente, peccato che entro l’intervallo tutta la scuola sappia dello scontro tra me e le ammiratrici di DeLonge e come leggenda metropolitana o  pettegolezzo è stata gonfiata fino all’incredibile. Nelle versioni più truculente si narra che io abbia spaccato il polso alla capo cheerleader e poi steso le altre a colpi di konfu.
È una vera seccatura arrivare a mensa e sentirsi gli occhi di tutti addosso e dare loro una qualche soddisfazione quando mi siedo in un tavolo con mia sorella e Tom.
“E così hai pestato qualcuno per me.”
“No, non ho pestato nessuno. Ho solo stretto un po’ troppo il polso della capo cheerleader dato che lei e le tue ammiratrici volevano picchiarmi per farmi smettere di girarti intorno.”
“Quindi, alla fine tu hai picchiato qualcuno per me.”
“E che credi che mi piaccia?
Io non voglio picchiare nessuno, soprattutto per te. Sono stanca di questa situazione, sono stanca di te!”
“Cosa?”
“Sono stufa del fatto che mi giri continuamente attorno quando non è necessario per la bambola. Sono stanca, non mi piaci, sei solo uno stalker e uno stronzo che vuole solo scoparmi.
Beh, non sarò un’altra che si aggiunge alla tua lista, né ho intensione di darti spiegazioni, ringrazia il buon Dio che ti ha lasciato vivere e basta!”
Lui mi guarda per un attimo – e giurerei che i suoi occhi avessero uno sguardo ferito – e poi se ne va senza dire una parola.
“Hai esagerato.”
Mi dice mia sorella.
“Ecchissenefrega! Adesso voglio solo mangiare!”
Questa volta Tom non mi aspetta alla mia macchina alla fine delle lezioni, mi aspetta sul portone, prende Ava e il suo set senza dire una parole e se ne va.
Forse me lo sono tolto di torno, anche se in fondo al cuore la cosa mi strazia. Sono salva, ma con il cuore a pezzi, per quanto sia insopportabile e pericoloso io amo Tom.
Izzie non mi dice nulla, ma nota che non sono troppo felice.
Devo ringraziarla per non avere infierito.
 

Mi manca.
Incredibilmente – benché sia stato una seccatura per tutto il tempo – mi manca e darei qualsiasi cosa per tornare indietro nel tempo e non dire nulla.
Lo vedo fare lo scemo con le ragazze nei corridoio e vedo che loro sono tornate felici, una volta lo becco addirittura a pomiciare con quella puttana a cui ho quasi rotto il polso nel cesso delle femmine.
Me ne sono andata senza dire nulla, anche se dentro di me pensavo che quel giorno avrei fatto bene a spaccarglielo quel cazzo di polso e magari ficcarglielo nel culo.
Sono imprigionata nelle conseguenze delle mie azioni, io di sicuro non gli chiederò scusa e – se conosco bene lui – non si farà certo vivo, perché l’ho offeso.
Cosa posso fare?
Non lo so e i giorni passano. Ci alterniamo con Ava come due perfetti estranei, da parte sua non c’è più nessun tentativo di comunicare con me, forse ha capito di aver perso la guerra per avermi.
“Perché non gli chiedi semplicemente scusa?
Sono sicura che gli farebbe piacere, l’hai ferito.”
Mi dice Izzie, io alzo le spalle.
“Ho ferito solo il suo orgoglio, quello che si era fissato su di me per potermi scopare.”
“No, non è così. Tu non lo conosci.”
“Tu sì, vero?
Adesso che esci con Mark credi di conoscere anche il suo migliore amico!”
Sputo acida.
“Ok, io lascio perdere. Fai come vuoi, ma ricordati dei miei consigli, almeno quello..”
Io annuisco e penso che la mia vita ha preso una brutta piega a causa di Tom e questa volta nemmeno Johnny riesce a tirarmi su.
Mi sento uno schifo e l’unico sfogo è parlare con Ava, che almeno tace e non mi fa pesare il fatto di aver fatto io il danno.
È strano occuparsi di lei, volente o nolente una voce dentro di me mi rinfaccia che nessuno ha fatto questo per me. Non so chi sia mai madre, non so chi sia mio padre, non so se siano stati felici quando lei ha scoperto di essere incinta.
Mi piace pensare che lo siano stati e che poi qualcosa di brutto li abbia costretti ad allontanarsi da me e a mandarmi su questo pianeta per salvarmi.
Un’altra voce dice che forse mi hanno semplicemente qui, perché non mi volevano.
Abbandonata come un cane in autostrada d’estate, indifesa e senza gli strumenti adatti per cavarsela e qualcuno di adulto a cui chiedere aiuto quando le cose erano troppo difficili.
Qualcuno mi ha mai coccolata?
Qualcuno mi ha  mai nutrita o mi ha cantato una ninna nanna per farmi addormentare?
Qualcuno ha mai vegliato il mio sonno  perché mi voleva bene e voleva stare con me?
Sono domande che rimangono e sono sempre rimaste senza risposta, ma che ora dentro di me generano un buco nero.
È come se stessi tornando a essere la bambina che vagava nel deserto appena fuori Poway e questa volta non c’è la mano di Johnny che stringe la mia.
Sono da sola, terribilmente da sola.
Mia madre sembra accorgersi che ho qualche problema, perché la penultima sera in cui mi tocca Ava entra in camera mia.
“Tutto bene, tesoro?”
“No, niente va bene. ogni volta che guardo questa bambola mi chiedo se qualcuno prima che mi lasciasse  nel deserto, abbia fatto le stesse cose per me.
Allattarmi, coccolarmi, cantarmi una ninna nanna, semplicemente guardarmi come se fossi una bella cosa.
E poi mi chiedo perché sono finita nel deserto e che ne è stato dei miei genitori mi hanno abbandonato? Hanno avuto un incidente e sono stati mangiati dai coyote?
Perché?”
Lei si siede sul letto.
“Non so dove siano i tuoi genitori, né perché ti abbiamo abbandonato, ma so una cosa: ti hanno voluto bene.
Per cinque anni ti hanno cresciuto bene, senza farti mancare nulla perché quando sei arrivata all’istituto eri ben tenuta e non denutrita.
Se per te è così importante, non smettere di cercarli.”
“Così mi sembra di fare un torto a voi. Da voi ho avuto amore e sono stata cresciuta benissimo in mezzo a tanto affetto.
Non so come ringraziarvi.”
Lei sorride.
“Mi fa molto piacere sentirti dire questo perché il nostro obbiettivo quando ti abbiamo adottata era che tu ti sentissi amata. Sono contenta che ci siamo riusciti, malgrado i nostri litigi e incomprensioni.
Per il fatto che vuoi cercare i tuoi veri genitori è perfettamente normale cercare le proprie origini e voler sapere perché i tuoi genitori ti abbiano lasciato alle cure di altre persone.
È perfettamente normale voler sapere la verità, in modo da poter decidere con equilibrio, una volta avuti tutti gli elementi in mano.”
Io abbraccio mia madre e penso che sia una donna fantastica, mi piacerebbe essere come lei. È dolce, forte e comprensiva nello stesso tempo, se ti trovi nei guai lei arriva e ti ci toglie.
Le sono infinitamente grata e sono spaventata, perché un giorno dai guai dovrò togliermici da sola e non so se sarò in grado.

 

L’ultima giornata con Ava trascorre un po’ tristemente.
Quasi quasi mi dispiace consegnarla alla Jenkins insieme alla mia relazione,Tom non mi guarda nemmeno di striscio e questo mi procura una piccola fitta al cuore.
Non era quello che volevo?
Non volevo ch mi lasciasse in pace?
E allora perché fa così male?
A mensa mi siedo al tavolo di mia sorella e delle sue amiche, Tom fa il cretino al tavolo delle cheerleader. Fingo che non mi importi, ma infilzo con fin troppa violenza il mio nugget.
“Chia, stasera mi accompagni al Soma?
Così mamma mi lascia andare.”
“Va bene, ma io non penso di rimanere lì.”
“E dove vai?”
“Fatti miei!”
Rispondi piuttosto brusca, mia sorella si è abituata al mio malumore di questi giorni e non dice nulla.
Finite le  lezioni, mia sorella chiede a mia madre il permesso di andare al Soma.
“Solo se ci va tua sorella.”
“L’accompagno io, mamma. Non ti preoccupare.”
Lei annuisce e mia sorella quasi mi stritola nel suo abbraccio. La sera arriva comunque troppo presto per i miei gusti.
In un attimo siamo a cena e l’attimo dopo siamo sulla nostra macchina dirette verso il Soma, Izzie non sta più nella pelle, io invece sono depressa come non mai: non ho voglia di incontrare Tom.
Arrivate nel parcheggio e trovato un posto, vediamo Mark che la aspetta davanti all’entrata, lei scende dalla macchina e gli salta in braccio, io li raggiungo pigramente.
“Ciao, Mark. Ti affido mia sorella, trattala bene visto che i miei credono sia sotto la mia protezione.
Adesso vado a farmi un giro, divertitevi.”
Torno alla macchina e guido fino alla spiaggia, lì la parcheggio e scendo.
Lo so che è da pazzi fare una cosa del genere, che i maniaci sono in agguato ovunque, soprattutto sulle spiagge, ma io ho bisogno di stare da sola.
La storia con Tom si è risolta in un gran casino, che mi fa stare male e che forse fa stare male lui. Non ne sono tanto convinta, una volta che io gli ho detto di andarsene lui è tornato dalle cheerleader come se nulla fosse successo.
Forse ha capito che ero una preda troppo difficile o forse…
La verità è che tra tutti i miei “forse” non ho idea del perché sia successo e il mio orgoglio ferito manda deboli lamenti, la mia voglia di stare con lui aumenta e mi chiedo quando tornerà alla carica per capire cosa sia successo al Blue Moon.
Ho troppi pensieri nella testa, ho paura che scoppi.
Mi avvio lungo un sentierino che porta verso la battigia, c’è qualcuno che ha acceso i fuochi e ancora canta, nonostante sia passato un bel po’ tempo dall’estate e ci sono coppie che amoreggiano.
Che tristezza!
Arrivo alla battigia e mi siedo sull’ultima striscia di sabbia asciutta, ascoltando semplicemente il rumore del mare. Un’onda se ne va e una arriva, con calma e naturalezza.
Alcune cose vengono depositate sulla spiaggia, altre vengono  portate via con la stessa naturalezza delle onde.
Noi umani siamo diversi, non riusciamo a farci portare via alcune cose e farne arrivare di nuove. Alcune rimangono per secoli dentro di noi, come una cancrena, distruggendoci lentamente e occupano così tanto spazio che non può entrare più nulla, sia di buono che di cattivo.
Stasera c’è una luna fantastica, illumina tutta la spiaggia come un faro, io prendo un bastoncino e inizio disegnare sulla sabbia umida quegli strani segni che porto sulla schiena, forse aspettando una rivelazione divina.
Non arriva ovviamente, quando ti serve – quando ogni più piccola fibra del tuo essere è inginocchiata in attesa di qualcosa in una tensione spaventosa – non arriva nulla.
C’è solo silenzio e, in questo caso, il rumore.
Vai e torna.
Vai e torna.
Chissà chi sono i miei genitori?
Chissà da dove vengo?
Perché sono qui?
Perché sono qui da sola?
E con queste domande tornano anche quelle che mi sono posta qualche giorno fa, è come un fiume che tenta di rompere uno sbarramento e ce la sta facendo.
Sono stanca di portarmi queste domande addosso, sono stanca di essere diversa, vorrei che qualcuno dei miei si svelasse e mi dicesse che va tutto bene e che – anche se i miei sono morti o  non potevano tenermi con me – i miei genitori mi hanno voluto bene e per loro sono stata una fonte di gioia.
La risposta è sempre il silenzio, un fragoroso silenzio in cui non c’è niente. Nessuno mi risponderà, nessuno verrà qui per me, nessuno mi batterà sulla spalla dicendo che va tutto bene e mi racconterà chi sono.
Devo accettare che la mia vita sarà sempre un buco prima di uscire dalle uova e che è inutile sperare in una qualche sorta di risposta.
Scoppio a piangere, lasciando che le lacrime corrano sulle mie guance sempre troppo pallide e poi vadano a cadere sulla spiaggia già umida.
La marea le porterà via, come se non fossero mai esistite, purtroppo non potrà portarsi via i motivi, quelli rimarranno sempre lì a farmi male.
Erano anni che non piangevo così e probabilmente avrei continuato ancora a lungo se una mano – grande, un po’ callosa, calda e maschile – non si fosse appoggiata sulle mie spalle.
Io sobbalzo, ho abbassato del tutto le difese e ora rischio che un maniaco mi faccia fuori, cerco di nuovo di mettermi sulla difensiva e mi volto pronta a dare battaglia.
La persona che mi ha toccato non è un maniaco, ma Tom.
“Tutto bene?”
Mi chiede, è piuttosto a disagio.
“Sì.”
“E come mai stavi piangendo?”
Non riesco a trovare le parole giuste per rispondergli, così gli butto le braccia al collo, mi faccio abbracciare da lui e continuo a piangere, lasciando che questa volta le mie lacrime cadano sulla sua maglietta.
È tutto sbagliato, ma non riesco a staccarmi da lui, è come se fossimo attirati l’uno verso l’altra da una potente calamita invisibile.
“Cosa succede? Come mai piangi?”
Non riesco a trovare le parole adatte a spiegare quello che mi è successo con grandi e incomprensibili gesti, tanto che lui mi guarda incredulo, senza capirci molto.
“C’entra Ava in tutto questo?”
Io annuisco.
“Mi sono chiesta come fossero i miei veri genitori, se mi abbiano voluta o no e perché a cinque anni mi hanno abbandonata nel deserto.”
“Tu sei stata adottata?”
La sua faccia stupita sarebbe comica, se non fosse che mi viene ancora da piangere.
“Sì, sono stata adottata. Molta gente non se ne accorge perché io e Izzie ci somigliamo molto, per uno strano caso delle vita.”
“Capisco e cosa c’entra Ava in tutto questo?”
“Te l’ho detto prima, mi sono chiesta se qualcuno ha fatto tutto quello che noi abbiamo fatto per Ava per me e non ho una sola cazzo di risposta.
Non ho ricordi antecedenti a prima che mi trovassero nel deserto.
Niente, non una faccia, non un suono.
Niente.
Il mio primo ricordo è il deserto e percorrere una strada mano nella mano con Johnny.”
“Capisco, cioè…”
Io faccio un sorriso sghembo.
“In realtà non capisci del tutto, vero?”
Lui annuisce.
“Beh, hai avuto fino all’anno scorso una madre e un padre, quindi non sai come sia non avere radici. Soffri perché si sono separati, ma sai che in fondo saranno sempre lì per te.
Anche la mia famiglia adottiva sarà sempre lì per me e gliene sono grata, ma non sarà mai come la mia vera famiglia.
Magari se li incontrassi mi farebbero schifo, ma ho bisogno di vederli e farmi un‘idea e non posso.”
“Capisco, mi dispiace.”
Io rimango un attimo in silenzio a guardare il mare.
Vieni e vai.
Vieni e vai.
“Mi dispiace per tutto quello che ti ho detto, ero solo  fuori di me per questi motivi.”
“Figurati, forse sono stato un po’ invadente.”
“Un po’?”
Lui ride.
“Ok, molto invadente. Non mi capita tutti i giorni di incontrare una ragazza che mi rifiuti, dovevo, devo, vederci chiaro.”
Io scuoto la testa, senza sapere cosa dire, è davvero uno strano ragazzo.
“Sei davvero strana, Malone.
Molto strana, quasi come se fossi un’aliena e questo mi intriga.”
“Basta che non diventi di nuovo invadente e ti fai vedere in compagnia delle oche cheerleader per farmi incazzare.”
“Te ne sei accorta?”
“Diciamo che le ragazze hanno, come dire?
Un occhio più sviluppato per queste cose, voi pensate di essere dieci passi davanti a noi, in realtà siete almeno venti indietro.”
Rido divertita,la risata di Tom fa eco alla mia ed è una sensazione bellissima.
Forse non è poi così male questo sabato sera, posto che mia sorella si comporti bene.
Sì, non è male e nemmeno essere amica di Tom lo è.
Vai e vieni e a volte ci lasci qualcosa, vero mare?

Angolo di Layla

Ringrazio DeliciousApplePie per la recensione. 

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Capitolo 6
*** 6)La casa nel deserto (la verità va affrontata prima o poi). ***


6)La casa nel deserto (la verità va affrontata prima o poi).

 

Il fatto che io e Tom abbiano iniziato di nuovo a parlarci e a essere amichevoli uno verso l’altra ha creato scalpore. Mia sorella lo considera né più né meno che un miracolo e le ragazze con cui Tom flirtava una vera disgrazia.
Non stiamo insieme, ma nessuno ha mai visto Tom parlare ed essere amico di una ragazza per più di una settimana, noi siamo a due settimane e non è ancora successo nulla tra di noi.
Abbiamo fatto da terzo e quarto incomodo a una cena tra Mark e Isabel e non è successo nulla, anche se la tensione tra di noi era palpabile.
Io non voglio lasciarmi andare e lui sembra voler procedere con i piedi di piombo per me, come dicono mia sorella e Johnny sono una preda stuzzicante per lui.
È stressante però avere addosso tutte le sue oche che ti disturbano con mille piccoli atti di bullismo, per fartela pagare. Come se fosse colpa mia se lui ha scelto la mia compagnia e non la loro!
Il giorno in cui mi fanno sparire tutti i miei vestiti dopo educazione fisica decido che non ho più voglia di stare a scuola, in calzoncini e maglietta esco dall’edificio. Conosco strade poco trafficate che portano verso l’esterno e le percorro, poi scavalco la recinzione che divide la scuola dal parco, poi quella che divide il parco dal deserto e vado nella casa nella roccia.
Ci trovo Johnny spaparanzato sul divano che guarda una telenovela messicana.
“Pensavo che i punk grandi e grossi come te schifassero queste cose.”
“Non c’è niente di meglio da vedere in tv. Tu che ci fai qui?
Non dovresti essere a scuola?
E poi perché sei in divisa da ginnastica?”
Io mi siedo accanto a lui.
“Perché il fan club di Tom ha fatto sparire i miei vestiti e io mi sono rotta le palle per stamattina e pomeriggio del liceo di Poway.”
“Avresti fatto meglio a levartelo di torno.”
Io faccio una faticaccia a non rispondergli a tono, dato che lui per primo continua a frequentare Anne e non si sa cosa sia il loro rapporto.
Ho il sospetto che presto il mio caro freddo, cinico e pessimista Jo dovrà fare i conti con i sentimenti che prova per Anne Hoppus.
“Comunque, posso rimanere?”
“Sì rimani pure.”
“Come vanno le domande di lavoro?”
“Male, se continua così dovrò tornare di nuovo al Mac e fare le mie più sentite scuse a quel finocchietto che mi ha licenziato.”
“Spero non finisca così.”
Il periodo in cui lui ha fatto il cuoco dal Mac è stato il peggiore della sua vita, era sempre teso, se non incazzato nero e diceva che il suo capo ci provava con lui.
“Perché sono così sfigato?”
“Non ne ho idea, amico. Hai anche un diploma.”
“Con cui posso pulirmi il culo, quando vedono come sono è come se io quel diploma non ce l’avessi.”
“Magari la banca ti risponderà.”
Lui non dice nulla e sbuffa guardando il soffitto.
“Io aspetto ancora uno di loro.”
“Loro si sono dimenticati di noi, come succedeva a certi soldati durante la prima guerra mondiale.”
“Non può essere così.”
Io non dico nulla, io tempo sia così, ma Johnny crede ancora in loro, come se fossero la sua personale religione.
“Va bene, Johnny. Il frigo è pieno?
Ho una fame bestiale.”
“Ho fatto la spesa sabato, penso che tra poco dovrò vivere stabilmente qui almeno per un po’ se non trovo lavoro. Non ho più i soldi per l’affitto.”
“Azz.”
“Eh, sono messo male.”
Chiacchieriamo fino a mezzo giorno, poi mangiamo dei ramen precotti e facciamo una partita a carte fino a quando non arriva l’orario per l’uscita da scuola.
“Adesso è meglio che vada, Izzie potrebbe preoccuparsi.”
“Va bene. Ciao!”
Esco dalla casa e percorro all’inverso la strada, arrivando alla mia macchina. Mia sorella mi aspetta con le braccia incrociate, accanto a lei – nella stessa posa – c’è Tom.
“Dove sei stata?”
Mi sono spaventata da morire non trovandoti in giro e poi perché indossi la divisa da ginnastica?”
“Perché il fan club di Tom ha pensato che fosse divertente farmi sparire i vestiti.”
“Dov’eri?”
La domanda secca di Tom mi fa capire che questa volta non posso cavarmela con qualche scusa imbastita lì per lì. Questa volta vogliono la verità e la verità in questo caso è come giocare alla roulette russa. Se sei fortunato te la cavi e sei non lo sei muori, nel mio caso perdi tutto: amici e famiglia.
Proviamoci, non posso tenere loro nascosto per sempre quello che sono. Che Dio me la mandi buona.
“Adesso vi ci porto.”
Salgo in macchina seguita dagli altri due, ho il cuore che mi batte a mille mentre usciamo dal parcheggio della scuola. Ho una paura folle di quello che sto per fare, ma so che deve essere fatto, non posso procrastinare oltre.
Prendo la strada per il deserto e poi dopo un buon tratto parcheggio la macchina.
“Seguitemi.”
Dico piatta.
“E se ci perdessimo?”
Mi chiede isterica mia sorella.
“Non ci perderemo, seguitemi.”
Li guido fino allo sperone, deglutiscono entrambi quando vedono la roccia aprirsi al mio tocco, Johnny è ancora lì.
“Che cos’è questo? Cosa siete voi?”
Tom è il primo a riprendersi dallo shock.
“Questo è il posto in cui siamo nati, se si può dire così, siamo usciti da quei due bozzoli laggiù tredici anni fa.”
Tom fa per avvicinarsi e ispezionarli, ma Johnny lo ferma.
“Non ancora, DeLonge.”
“Da dove venite, voi due?”
Io punto il dito in alto.
“Da un laboratorio dell’Alaska?”
Scuoto la testa.
“Più su.”
“Un laboratorio al polo nord?”
“Più su, DeLonge.”
Lui deglutisce.
“Siete… alieni..”
Annuiamo entrambi e ci voltiamo tutti e tre al rumore di un tonfo, Izzie è svenuta. Johnny e Tom la trasportano sul divano e io cerco di rianimarla.
“Dimmi che è uno scherzo, Chia. Dimmelo!”
“Non lo è. Questo è quello che sono, sono un’aliena.”
Si alza di scatto.
“Provamelo!”
Io chiudo gli occhi e faccio alzare in volo gli oggetti che ci sono nella stanza, facendo loro descrivere ampi cerchi. Izzie li guarda sconvolta.
“Perché non me l’hai mai detto?”
“Perché  dovevo proteggerti. Se qualcuno ti avesse chiesto qualcosa su di me e sui miei poteri tu non avresti saputo nulla e non saresti stata in pericolo.”
“Capisco.”
“Adesso sai la verità, DeLonge. In quel locale, con i miei poteri, ti ho salvato la vita, ora cosa vuoi fare?
Correre a dirlo a tutti o tenertelo per te?”
Lui mi guarda per interminabili attimi.
“Trovarvi è stata la realizzazione del sogno che ogni appassionato di alieni ha, ma non posso e non voglio parlare di voi in pubblico o dirlo a qualcun altro, se non è strettamente necessario.
Terrò il vostro segreto, non voglio che finiate in mano al governo.”
“Grazie mille, Tom. A chi ti riferivi prima, quando parlavi di rivelare il segreto?”
“A Mark, è il mio migliore amico.”
“Capisco.”
Tra di noi cala per un attimo il silenzio, mia sorella guarda il soffitto con sguardo assente e Tom con desiderio i nostri bozzoli.
“Non devi dirglielo.”
Il tono di Johnny è duro, come mi aspettavo da lui.
“Perché? Perché a lui no?”
“Tu sai del nostro segreto perché Chia ti ha salvato e te l’abbiamo dovuto dire e ho ritenuto giusto che lo sapesse anche Izzie perché  sua sorella, Mark non ha motivo per saperlo.”
“Uno ci sarebbe.”
La voce di mia sorella è sottile.
“Quale, Isabel?”
“Mi piace, Johnny. Spero di riuscire a farlo entrare nella famiglia, perché deduco che ormai le persone che ci sono in questa stanza siano come una famiglia o una banda.”
Lui sbuffa vistosamente.
“Ci penseremo quando sarà il momento.”
“Posso vedere i bozzoli?”
“NO. Adesso è ora di andare a casa. Chia, mi dai uno strappo?”
“Sì, forza, andiamo. Izzie, ce la fai a camminare?”
“Sì, non ti preoccupare.”
Ancora un po’ barcollante si alza dal divano e raggiunge noi tre, poi usciamo dalla stanza e ci ritroviamo nel deserto. Il contrasto tra l’oscurità e la frescura della stanza e il sole e il calore del deserto è abbacinante. Ogni volta mi fa venire i brividi.
“Tom, dove dobbiamo lasciarti?”
“A scuola, la mia macchina è lì.”
“Bene.”
Johnny si mette alla guida, con Tom sul sedile passeggeri accanto a lui, in modo che io e Izzie possiamo parlare sui sedili posteriori.
“Perché non me l’hai mai detto?”
“Per non metterti in pericolo, te l’ho detto. La gente come me non passa inosservata, anche se ci impegniamo a fondo che sia così.”
“Solo per questo?”
“Solo per questo, non c’è ne nessun altro motivo.”
“Sicura?”
“Isabel, sei mia sorella.”
Lei sospira.
“Una volta mi piaceva Johnny.”
Mi dice sottovoce.
“Non ho mai tentato di farglielo capire perché lo sentivo così strano, ora so perché avevo questa sensazione.”
Arriviamo a scuola e Johnny fa scendere Tom, io e mia sorella lo salutiamo timidamente, poi ce ne andiamo. La seconda tappa è l’appartamento dove vive il mio amico, lo lasciamo lì e torniamo, oggi per me è stata una giornata pesante e immagino lo sia stata anche per Izzie.
Entriamo in casa, siamo da sole.
“Non so te, ma io ho una certa fame.”
“Sì, vado a vedere se ci sono delle pizze in frigo perché non ho voglia di cucinare.”
Controllo in frigo e per fortuna ce ne sono due, che mattiamo immediatamente nel microonde, l’atmosfera tra me e Izzie è ancora un po’tesa.
“Sai di preciso da dove vieni?”
Mi chiede con un tono strano, volutamente leggero, ma preoccupato nella sostanza.
“No, non lo so.
Non ho idea di chi sia, del perché sia qui e di come mai qualcuno si sia preso il disturbo di mandare me e Johnny qui.
Niente.
L’unica cosa che ho sono questi segni sono sulla schiena, io e Johnny abbiamo speso tutto l’anno scorso per tentare di decifrarli, ma non lo sappiamo.”
“Capisco. È …. Strano, parlare di queste cose. Cioè, sapevo che avresti potuto essere anche straniera, ma non così straniera.”
“Ti capisco, anche io mi sono sentita così tutto l’anno scorso ed è stato un brutto anno, mi sono sentita… Persa, senza identità.
Un foglio bianco senza disegni, un niente.
Alla fine sono arrivata alla conclusione che era inutile che cercassi ulteriormente, qui ho già tutto quello che mi serve.”
Lei sorride.
“Beh, scommetto che se è destino che tu sappia chi sei finirai per saperlo in un modo o nell’altro.”
“Vedremo.”
 

Stasera a cena il clima è più leggero, il fatto che Izzie sappia del mio segreto mi fa stare leggermente meglio, più integrata, diciamo.
Ora siamo veramente sorelle.
Salgo in camera mia una volta lavati i piatti e pulita la cucina e Izzie mi segue.
“Spero che domani nessuno mi rubi vestiti.”
Mugugno.
“Non credo. Mark mi ha scritto che Tom andrà a parlare con le stronze e gli dirà di smettere di romperti.”
“Quasi come se fosse il mio ragazzo.”
“Quasi. Non ti piace in fondo?”
“Sì, mi piace. Però ho ancora paura, sai, per il segreto.”
“Lo terrà.”
Io mi butto sul letto.
“Lo spero, non mi perdonerei se per causa mia Johnny finisse nei guai, è il mio unico vero amico, quasi un fratello.”
“Devi avere più fiducia nei confronti di Tom, anche se con il tempo immagino imparerai ad averla. Se ti ha promesso che non dirà, significa che non lo farà, lui mantiene sempre le promesse che fa.
Sembra uno scemo, invece è un bravissimo ragazzo, molto dolce, ma solo con chi lo conosce bene.”
“Se lo dici tu, io non lo conosco molto bene.”
“Io ho imparato a conoscerlo da quando sono la ragazza di Mark.”
“Quindi lui ha mollato Josie?”
Mia sorella annuisce soddisfatta.
“Non sapevo avessi questa opinione di me.”
Una terza voce si inserisce nella conversazione: è Tom.
Se ne sta comodamente seduto sulla finestra aperta, nessuna delle due si era accorta che fosse arrivato.
“Entrare dalle porte e  salutare è un’abitudine che si è persa in questi tempi moderni?”
Chiedo acida.
“Mi sa di sì.”
“Cosa ci fai qui, Tom?”
“Sono venuto a vedere come stavi.”
Io arrossisco improvvisamente, la temperatura nella stanza sembra essere salita di parecchi gradi.
“Ehm sto bene. Grazie per il, ehm, pensiero.”
“Ah, ti ho messo a disagio.”
Io ringhio qualcosa di indefinito, Isabel ride.
“Sareste proprio una bella coppia.”
Adesso sia io che Tom siamo a disagio e guardiamo interessati il pavimento.
“Non mi dite che non ci avete mai pensato?”
“Perché non pensi a Mark, invece di fare la cupido della situazione?”
Le chiedo imbarazzata, lei si porta un indice sotto il mento.
“Non so, mi viene naturale cercare di aiutare gli altri quando sono in difficoltà.”
“Io in difficoltà con una ragazza?
Impossibile!”
Sentenzia Tom facendo ridere come una matta mia sorella.
“A me sembri MOLTO in difficoltà con Chia.”
“Piantala Izzie!”
Urliamo in coro noi due, poi ci zittiamo di botto.
Cosa farebbero i nostri genitori se vedessero Tom qui?
Probabilmente si lamenterebbero e non ho voglia di sentire le loro lamentele, mi bastano quelle che riservano per Johnnie.
Rimaniamo zitti per qualche minuto, poi quando è chiaro che nessuno  verrà a controllare riprendiamo a parlare.
“Mi ha detto Izzie che parlerai al tuo fan club, è vero?”
“Non ho un fan club!”
Io lo guardo eloquente.
“Ok, ce l’ho e parlerò loro.”
“Bene, perché sono stanca di ricevere minacce, ho seriamente paura di trovare una testa mozzata di un qualche animale nel mio armadietto.”
“Come la fai tragica. Non è la mafia.”
Io lo guardo di nuovo eloquente,
“Ok, un po’ forse sì. Non è colpa mia se sono così bello.”
Io sbuffo, lui ride, mi fa un cenno e se ne va.
Isabel lo segue con lo sguardo fino a quando non ha svoltato l’angolo della via e non si vede più.
“È stato carino a venire.”
“Sì, ma non capisco perché.”
“Penso gli interessi.”
“Sì, come prima aliena che incontra nella sua vita.”
Lei sbuffa sconsolata.
“Non è per quello, un giorno lo capirete.”
Se ne va, lasciandomi dubbi e speranze, se davvero Tom fosse interessato a me come ragazza sarebbe meraviglioso, ma non sono così stupida da ignorare il fatto che sia un’aliena e che ama questo genere di cose.
Devo andarci con i piedi di piombo e non illudermi, illudersi fa sempre male. Credi che una cosa andrà in un certo modo – ne sei certa, non può che andare così – e invece va nel verso opposto e tu ci rimani male.
Mi butto a letto con l’intenzione di dormire, ma mille cose mi vorticano nella stessa: la sparatoria, salvare Tom, sfuggirgli, Ava, la sfuriata, farmi consolare da lui, rivelargli il mio segreto, stasera.
La mia vita è stata piatta per diciotto anni e adesso sembra in preda al peggiore dei terremoti, nulla è dove dovrebbe essere, tutto è confuso, la mia atarassia se ne è andata al diavolo.
La mia cotta – nascosta, soffocata e sopita per anni – sta tornando a farsi sentire con prepotenza e mi sta scombussolando.
Credevo che per me il tempo dell’amore non potesse mai arrivare, mi sbagliavo: è arrivato anche per me.
Che gran casino!
Mi rigiro nel letto.
Vorrei essere una ragazza normale, non una che volendo può trasformare queste lenzuola bianche in delle lenzuola rosso fuoco, fargli prendere fuoco o far esplodere la lampada o assumere le sembianze dei miei.
Vorrei..
Non so nemmeno io cosa voglio, a essere sinceri, una vocina sussurra “Tom”, l’altra dice che lui è interessato a me solo per studiarmi.
Ora spero tacciano entrambe ho bisogno di dormire, domani ho scuola e non posso certo saltare come oggi, anche se sarebbe bello.
In preda a questi pensieri contradditori mi addormento cadendo in un nero senza sogni né incubi.
Qui c’è solo pace.

 

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Capitolo 7
*** 7) Shock! (sono morta!) ***


7)Shock! (sono morta!)

 

La mattina dopo è strana.
Sono bersagliata da occhiatacce sia quando sono con Tom sia quando non lo sono, ma nessuno fa nulla, il suo discorso deve avere fatto effetto, qualsiasi cosa abbia detto loro.
È una mattinata tranquilla e l’ora di pranzo arriva quasi subito, Tom si siede con me è Isabel.
“Dopo scuola posso far visita a casa tua?”
Mi chiede facendomi l’occhiolino.
“Devo chiedere a mio padre.”
Lui capisce che mi riferisco a Johnny e annuisce. Sembra eccitato come un bambino la notte di Natale.
“Va bene.”
Io sospiro, un po’ triste.
È il mio essere aliena che gli interessa, non me come persona. La verità è dura da accettare anche per una come me.
Finita la scuola porto lui e Izzie alla casa nel deserto, dentro troviamo Johnny sulla difensiva.
“DeLonge.”
“Mayer.”
“Come mai qui?”
“Vorrei dare un’occhiata ai bozzoli e poi vi ho portato una cosa che forse vi è utile.”
Johnny alza un sopracciglio perplesso, io scuoto la testa, Tom si avvicina ai bozzoli. Li tasta, li annusa, ne prende un pezzo in mano e se lo ficca in tasca.
“Sono davvero strani. Sembrano un ibrido fra le uova terrestri e qualcos’altro.”
“Bene, ora che ci hai riferito la tua opinione, posso chiederti cosa hai portato per noi”
“Sì, certo.”
Si fruga ed estrae una pietra esagonale nera, liscia con un simbolo inciso sopra.
“Ieri, ho guardato la vostra colonna e mi sono accorto che c’era un buco che sembrava coincidere perfettamente con questa. È una pietra che mi ha venduto un vecchio indiano l’estate scorsa, sono andato a Roswell per curiosare un po’, sapete.
L’impatto, l’area 51…
Ieri sera l’ho vista sulla scrivania così mi sono detto, perché non portarla?
Magari non succede nulla, ma magari succede qualcosa.”
Jo lo guarda scettico, credo pensi sia solo una perdita di tempo dar retta a Tom, ma lo fa per non farmi arrabbiare.
“Va bene. proviamoci.”
Tom mi dà la pietra e io la infilo nel buco, è vero ci sta perfettamente!
Spingo ancora un po’ e la pietra si incastra con un sonoro “click!”, poi la  luce invade la stanza lasciandoci momentaneamente ciechi. Cosa diavolo è successo?
Una luce che sembra formare uno schermo esce dalla colonna, nel filmato ci sono un indiano e una donna vestita di nero dalla testa ai piedi, con tanto di cappello, veletta e guanti.
“Quello che ti lascio è di vitale importanza. Deve arrivare alla principessa e deve arrivarci al momento giusto.”
“Perché non glielo porta lei, bella signora?”
“Lo sai che non posso stare troppo lontana dalla gente, conosci il caos che regna su Naftva, ora che gli abitanti di Ioria si sono alleati con gli Swaahn. Rischiamo veramente che questa volta ce la facciano a prendere il potere.”
“ E noi saremmo spacciati.”
“Sì, per questo devi darla alla persona giusta.”
“Coma farò a capirlo?”
L’indiano si rigira la pietra tra le mani.
“Quando arriverà la persona giusta diventerà calda e manderà un lieve bagliore.”
Poi cala il nero sulla scena e poco dopo una donna – la stessa dama vestita di nero dalla testa ai piedi – appare, solo che questa volta indossa un vestito color panna che sembra scuro se paragonato alla sua pelle.
La sua pelle è bianca, ma non come quella delle statue, ma piuttosto come quella dei cadaveri e bersagliata com’è dalla luce fredda della stanza sembra quasi rilucere.
Ha gli occhi di un azzurro chiarissimo, la bocca di un rosa appena abbozzato e lunghissimi capelli bianchi. Somiglia molto a un’albina se non fosse per le orecchie che si allungano a mezza testa, come quelle di certi elfi o pixie.
“Salute a te Ava, salute a te Rath, sono Nahria.
Ava, sono tua madre, la regina del pianeta Naftva e sono costretta a raccontarti in fretta la tua storia e la tua missione, fuori i bombardamenti e Swaahn incombono.
Naftva è un pianeta molto lontano dalla terra, è stato sempre soggetto a due dinastie per il comando, gli Aria – la nostra – e quella degli Swaahn.
Gli Swaahn sono sempre stati  soggetti inclini alla violenza e al soffocare ogni forma di malcontento, vessano il popolo, si appropriano dei suoi beni e da sempre sono stati detronizzati da qualcuno.
Noi siamo la famiglia che regna quando non ci sono loro, non siamo una dinastia perfetta, ma il popolo si trova bene sotto di noi e il pianeta è in pace.
Ora è in corso una rivolta, gli Swaahn vogliono un potere che non è loro, tuo fratello sta combattendo e sono certa che quando ascolterai questo messaggio lui li avrà sconfitti e sarà il re meritato di questo pianeta.
Ora ti starai chiedendo perché ti ho mandato qui. Su Naftva sei morta, piccola mia e non si possono resuscitare i morti, ma si possono creare cloni.
Abbiamo mischiato il tuo dna con quello dei terrestri e ti abbiamo mandato qui insieme a Rath. Era il tuo ragazzo quassù, ma questo non significa nulla, nella tua nuova vita sei libera di amare chi vuoi e non sei nemmeno obbligata a tornare quassù.
La tua missione è quella di eliminare gli Swaahn nascosti qui sulla terra, quando vedrai questo messaggio due persone verranno ad aiutarvi.
Spero che la pietra abbia scelto un buon candidato per te, di solito hanno un buon fiuto.
Ti voglio bene, piccola mia.”
La luce si spegne lasciandomi scioccata, se non fosse per Tom che ha la prontezza di riflessi di afferrarmi sarei caduta a terra svenuta.
Ho visto mia madre, la mia vera madre e ho scoperto che sono morta.
MORTA!
“Mayer, cosa le sta succedendo?”
Urla Tom, nella voce ha una sfumatura tra l’isterico e il preoccupato.
“Non ne ho idea, DeLonge! Sembra andata in sovraccarico e sia impazzita momentaneamente!
Aspetta che ti aiuto a portarla sul divano.”
Da molto lontano sento John che mi alza le gambe e che mi stanno trasportando verso il vecchio divano verde che c’è nella stanza. Mi depositano delicatamente e poi si guardano negli occhi senza sapere cosa fare.
Nella mia testa c’è in corso un bombardamento, rivivo tutta la mia vita passata. Vedo i miei genitori, il mio pianeta, John, come ci siamo messi insieme, le rivolte, la missione suicida che accettammo di fare.
“Preferisco morire con te qui e adesso che vivere e vedere il nostro pianeta in balia degli Swaahn.”
Questa è l’ultima cosa che ci siamo detti, poi c’è solo il dolore che ho provato nell’esplosione che mi ha ucciso, ma anche fatto saltare in aria un punto militare strategico del nemico.
Urlo, urlo come una matta, urlo fino a perdere le forze, poi svengo.
Finalmente svengo.

 

Mi risveglio dopo quelle che sembrano ore, Izzie è seduta ai piedi del divano insieme a Johnny e Tom è seduto in un angolo.
“Bentornata, cosa ti è successo?”
Mi chiede Tom.
“Ho rivisto la mia vita, la mia vecchia vita. Io sono morta, ho visto come è morire!”
Esclamo agitata,Tom si precipita da me e poi mi abbraccia.
“Buona, non è niente.”
Io racconto a tutti dei miei ricordi, solo Jo non mi sembra stupito.
“Johnny, tu sembri conoscere già tutto questo.”
Lui scuote le spalle.
“Faccio sogni sul nostro passato da quando avevo quattordici anni.”
“Perché non me l’hai mai detto?”
“Perché non volevo scioccarti e poi non sempre capivo in che modo collegarli.”
“Accidenti, Johnny!”
“Ma hai visto come hai reagito ora? Come avresti reagito allora?”
Il suo ragionamento non fa una piega, ma io sono troppo arrabbiata per dargliene atto.
“Erano anche ricordi miei, dovevi dirmelo!
Ecco perché ci provavi, per seguire quegli stupidi frammenti!”
“Ava…”
“NON CHIAMARMI CON QUEL CAZZO DI NOME!”
John si zittisce all’istante, non ho mai usato questo tono con lui.
“Tu sapevi delle cose che riguardano il nostro passato e non mi hai detto niente!
Pensavo fossi il mio migliore amico e che non avessi segreti per me, soprattutto su queste cose.
Quante altre cose non mi hai detto, John Mayer?”
“Nessun’altra, Chia. Giuro!”
“Per forza! Questa cosa vale come mille!”
Me ne vado fuori di me, se potessi sbattere la porta nella roccia lo farei ben volentieri!
Mi incammino nel deserto senza sapere bene dove andare e forse non mi importa molto saperlo, ho appena scoperto che  il mio migliore amico mi nasconde delle cose fondamentali.
Potrei perdermi e non tornare mai più e in fondo non è così male come prospettiva, almeno non dovrei preoccuparmi di alieni, amici che non ti dicono le cose, sorelle sconvolte e cotte che non riesci a gestire.
All’improvviso sento chiamare il mio nome e mi volto, Tom sta correndo verso di me, intralciato dalla sabbia.
Io lo aspetto con aria cupa e nemmeno quando lui mi raggiunge riesco a produrre un piccolo sorriso, nonostante dentro di me il mio cuore stia facendo le capriole dalla gioia.
“Dove stai andando?”
“A fare un giro, devo pensare. Da sola.”
Lui scuote la testa.
“Neanche per sogno, sconvolta come sei rischi di perderti nel deserto e il tuo amico potrebbe impazzire!”
Alla parola “amico” la mia bocca si storce in una brutta smorfia.
“Posso ancora definirlo amico dopo quello che mi ha nascosto?”
“L’ha fatto per proteggerti, ha cercato di fare la cosa giusta.
Non è che Mayer mi piaccia particolarmente, ma ha cercato di fare del suo meglio per proteggerti, credo. Non sono rivelazioni che si possono fare così alla leggera, basandosi su un sogno, no?”
Io sbuffo.
“Io ho sempre raccontato tutto a John, anche i miei sogni qualche volta, quando credevo fossero importanti per quello che siamo, perché lui non l’ha fatto?”
“Perché lui è sempre stato quello forte, la tua roccia, ti eri quella da proteggere. Non credo ti ami, ma ti vuole un mondo di bene, come se fossi una sorellina.
Le sorelline si proteggono, lo sai?
È istintivo cercare di tenerle fuori dai guai e dalle brutte situazioni o semplicemente da ciò che può farle soffrire.”
Io scuoto la testa.
“Avrebbe dovuto dirmelo.”
“Sei testarda. Anche tu non hai cercato di proteggere Isabel?
Dovresti sapere cosa si prova.”
“Lo so, ma quello che mi ha tenuto nascosto era una cosa che dovevo sapere!”
Scoppio a piangere all’improvviso, come una bambina, come chi ha tenuto per sé troppe cose e a un certo punto scoppia.
Lui mi guarda preoccupato, poi si avvicina e mi abbraccia. Dovrei cacciarlo – o almeno così mi suggerisce il mio orgoglio – ma quello che faccio è abbandonarmi tra le sue braccia, piangendo più forte che mai e inondando la sua maglia arancione di lacrime.
Mi sento uno schifo, debole, fragile, distrutta e in attesa di essere ricostruita.
“Avrebbe dovuto dirmelo, lo sapeva quanto ci tenessi! Ho persino perso un anno di scuola per trovare tracce delle mie origini e ora scopro che lui sapeva qualcosa e non me l’ha detto.”
Tom sospira.
“Vai a casa, fatti un bagno, mangia e vai a letto.
A mente fresca vedrai le cose diversamente, Mayer dopotutto è un bravo ragazzo.”
“Anche tu lo sei, grazie.”
Mi tende una mano.
“Dai, vieni. Ti accompagno a casa.”
“Come?”
“Con la mia macchina, così mi mostri la scorciatoia che hai usato quando sei scappata dal bagno.”
Io rido tra le lacrime pensando a quello strano episodio.
Camminiamo per un po’ nel deserto, fino ad arrivare al limitare del parco, scavalchiamo la recinzione e io mi godo la frescura data dalle piante.
Tom è in un bagno di sudore.
Ci sediamo un attimo su una panchina e io gli passo una bottiglietta d’acqua senza dirgli nulla, lui beve grato.
Finita la pausa ci alziamo e raggiungiamo il punto del parco che confina con la scuola e scavalchiamo un’altra volta. Lì finalmente arriviamo alla macchina di Tom, che mi porta a casa senza dire una parola.
Solo quando si ferma davanti al vialetto parla.
“Riposati, cerca di stare bene. Io torno là ad avvisare gli altri.”
Io annuisco ed entro in casa, ancora scossa e mi fiondo in camera mia.
Appena entro una foto attira la mia attenzione: una ragazza dai lunghi capelli di un viola accesissimo è seduta sulle gambe di un punkettone dai capelli arancioni.
Entrambi sorridono, questi siamo io e Johnny all’inizio del liceo, non so perché il cuore mi si stringe e una lacrima solitaria solca il mio viso.
Sembravamo così forti, uniti, invincibili e invece…
Invece tra di noi c’erano dei segreti, chi l’avrebbe mai detto, eh?
Mi butto sul letto e cado immediatamente addormentata.

 

Mi sveglia mia madre per la cena, mi guarda attentamente e mi accorgo che è preoccupata.
“Cosa è successo?”
“Niente, mamma. Ho solo litigato con Johnny.”
“Non mi piace quel ragazzo, perché continui a frequentarlo?”
“Perché per me è come un fratello.”
Rispondo stancamente, uscendo con lei dalla mia stanza.
A cena mangiamo un polpettone, mio padre parla del suo lavoro, ogni tanto mamma interviene, io e Izzie siamo un po’più silenziose del solito.
Finita la cena io salgo in camera mia seguita da mia sorella.
“Come stai?”
“Come una che all’improvviso ha visto il suo mondo crollare. Ti rendi conto che ho visto mia madre?
Che Johnny sapeva qualcosa e non me lo voleva dire?”
Lei sospira.
“Non essere così dura con Johnny. Quando te ne sai andata voleva seguirti e solo io e Tom insieme l’abbiamo convinto che non era una buona idea, era sconvolto.
Ci tiene a te, non vuole perderti. Tutto quello che ha fatto l’ha fatto per proteggerti, guardati: sei scioccata.”
“Chi non lo sarebbe?
Ho sempre saputo di essere la più diversa tra i diversi della scuola e del pianeta, ma vedere come avrei dovuto essere… Beh, mi ha sconvolto, ogni tanto ho l’impulso di toccarmi le orecchie per vedere se sono ancora al loro posto o se si sono abbassate e sono diventate come quelle di un elfo.”
“Chia…”
“E la missione? Come faccio?
Io non so controllare ancora bene i miei poteri!”
“Forse queste persone vi aiuteranno, andrà bene, Chia.”
Io sospiro e mi si riempiono di nuovo gli occhi di lacrime.
“Mi sento come se qualcuno mi avesse deposto un fardello sulle spalle e non so se sarò in grado di farcela.”
Izzie non mi dice nulla.
“Forse è meglio che io me ne vada, non so come aiutarti e forse hai solo bisogno di riposo.”
Lascia la stanza e io mi butto di nuovo sul letto in preda a un pianto isterico, non sento nemmeno che qualcuno entra dalla finestra.
“Ehi!”
Alla voce maschile che si fa viva faccio un salto e mi volto verso di lui: è Johnny.
“Cosa ci fai qui?”
“Ti prego, perdonami.
Ho fatto una cosa stupida e non la rifarei, ma ho bisogno che tu mi perdoni, sei mia sorella.
Mi fa male averti ferito e mi fa male vederti stare male.”
Io rimango in silenzio, guardo lui e  guardo la foto di noi due insieme.
“Perché l’hai fatto?”
“Perché non riuscivo a vederci un senso, un nesso, qualcosa che desse senso al tutto.
Se ci fosse stato quello te l’avrei detto, te lo giuro.”
“Mi manchi, Johnny, ma da te non me l’aspettavo.”
“Ho sbagliato, scusa, ma giuro, volevo solo proteggerti. Non eri pronta per quelle rivelazioni, non sei pronta nemmeno ora. Sei troppo terrestre.”
“Ancora con questa storia?”
“Sì, perché è da lì che ha origine tutto.
Tu sei terrestre, ma anche un’aliena e ora sai che hai un obbligo verso la tua gente, assolto quello tornerai alla tua vita.”
Mi esce una risata straordinariamente prova di allegria.
“Ti rendi conto che assolvere quel compito significa attirare su di noi l’attenzione dell’fbi e che questa volta potrebbero farcela a prenderci.
Hanno fallito tredici anni fa, ma se noi iniziamo a muoverci daremo loro un’occasione ghiotta, John.
Io non voglio mettere in pericolo la mia famiglia.”
Lui non dice nulla.
“Vuoi ignorare il problema come hai sempre fatto.”
“Meglio ignorare che nascondere le cose! Fammi un favore, Johnny, vattene!
Sei venuto qui a farti perdonare o a farmi sentire in colpa?”
“Io…”
Lo spingo decisa verso la finestra.
“Vattene!”
“Ci rivedremo ancora?”
La sua domanda ha  una punta di paura non indifferente.
“Non lo so, adesso vattene!”
A malincuore se ne va, io prendo a pugni il cuscino. Per lui è facile partire all’avventura, ha fatto in modo di non crearsi dei legami e poter partire se necessario, io no e lui non riesce a capire.
Che poi una volta finita questa merda di missione, chi ci assicura che ci lasceranno in pace?
Mi ributto a letto e cado in un sonno leggero abbastanza da sentire un rumorino, è come se qualcosa stesse battendo sul vetro della finestra.
Mi sveglio e mi affaccio, Tom mi sta tirando dei sassolini.
“Posso salire?”
Mi chiede gesticolando, io annuisco.
Poco dopo è seduto sul letto della mia camera e io gli sto raccontando della visita di Johnny, lui ogni tanto annuisce, ogni tanto fa delle smorfie strane.
“Io penso che tu debba perdonarlo.”
Dice alla fine.
“Non è solo quello. È che lui muore dalla voglia di iniziare questa missione, io no. Lui non ha ancora capito che se inizieremo a muoversi li avremo addosso in breve tempo.
Quando siamo stati trovati nel deserto tredici anni fa, l’FBI voleva studiarci e solo la testardaggine dell’assistente sociale che si occupava del nostro caso gliel’ha impedito.
Io  sospetto che ci tengano d’occhio da allora e sarebbe un casino se gli dessimo motivi per muoversi. Caccia all’alieno, cazzo, nemmeno nei film più scrausi si usa ancora questa trama.”
Esclamo infuriata.
“E tu perché non vuoi?”
“La mia famiglia. La mia famiglia deve stare fuori da queste cose, non deve essere messa in pericolo per quello che sono. Loro non hanno colpa, hanno solo raccolto un’orfana, non , beh, quello che sono. Non volontariamente almeno.”
“Capisco.”
Rimaniamo in silenzio.
“Tom… Rimarresti con me a dormire  stasera?
Ho bisogno di qualcuno vicino.”
“Va bene, spogliati e fammi spazio.”
Detto, fatto.
Siamo noi due sotto le coperte e il mio cuore batte a una velocità assurda, eppure mi sento bene.
Forse non è stato uno sbaglio salvare la vita di questo scemo.

 Angolo di Layla

Ringrazio DeliciousApplePie per la recensione.

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Capitolo 8
*** 8)Ti amo, ti odio, ti... ***


8)Ti amo, ti odio, ti...

 

La mattina dopo sveglio Tom alle sei, i miei non devono trovarlo qui o cadrebbe la casa a suon di urla.
Con delicatezza lo sveglio, lui mugugna qualcosa. Lo scuoto un’altra volta e dice con voce impastatata: “ Ehi, amico. Mi piacciono gli alieni, tranne quando ficcano qualcosa su per il mio culo.”
Alla terza volta ce la faccio e lui si sveglia, peccato abbia un piccolo problema tra le gambe noto come erezione mattutina.
“Oh, merda!”
“Tom, ti accompagno in bagno, risolvi e poi te ne vai!”
Lui annuisce, si mette maglia e pantaloni e segue me lungo il corridoio, gli indico una porta e lui ci si infila dentro.
Gli ci vuole un po’ a risolvere il suo problema, io sono nervosa, e se passassero i miei?
Quando finalmente esce lo faccio uscire dalla finestra spaventata come non mai e poi mi rimetto a letto, ringraziando il signore che sia andato tutto bene.
Mi addormento subito e la sveglia suona di nuovo alle sette e mezza, Izzie per essere certa che io sia sveglia fa irruzione in camera mia.
“Ma sbaglio o stanotte qualcuno è venuto qui?”
“Tom, abbiamo dormito insieme.”
Lei sta per urlare, ma io le tappo la bocca.
“Vuoi che ci sentano i nostri?”
Lei scuote la testa e scendiamo insieme per la colazione. Siamo abbastanza allegre, anche perché lei è in piena febbre di pettegolezzi.
Mangiamo, ci vestiamo e poi saliamo in macchina.
“Allora, Chia?”
“Allora niente, abbiamo parlato di Jo e di quanto mi abbia deluso, lui ha detto che l’ha fatto per il mio bene. Poi gli ho chiesto di rimanere perché mi sentivo sola.”
“Ma questo significa che vi state avvicinando!”
“Apparentemente sì.”
Non mi sbilancio molto perché devo ancora capire il suo comportamento fino in fondo.
Arriviamo a scuola e io vedo Tom baciare con passione una cheerleader, lo indico a Isabel.
“Ecco quanto gli interesso!”
Esclamo acida.
Entro a scuola avendo cura di dare una gomitata a quei due bastardi, lui impreca, ma io non mi fermo. Mi sento ferita e messa da parte e non ho voglia di vederlo, figuriamoci di parlargli.
Arrivo nell’aula di letteratura in anticipo e tiro fuori il mio mangiacassette, contiene un album dei Nirvana che alzo al massimo del volume.
Tom tenta di parlarmi, io lo ignoro palesemente e quando tenta di togliermi gli auricolari lo blocco e lo fulmino, lui se ne va.
Stupida Chia, che credevi di interessare a Tom quando mezza scuola gli sbava dietro!
Cosa cavolo credevi di avere di speciale?
Nulla, Chia, nulla.
Sei solo un’aliena, per altre cose ci sono le ragazze terrestri. A peggiorare la situazione la professoressa decide che oggi è il giorno adatto per un test a sorpresa.
Stronza, bastarda.
Scrivo le risposte con furia e nella parte delle risposte a crocetta quasi buco il foglio da quanto sono fuori di me.
A pranzo mi siedo da sola, dico a Izzie di rimanere dalle sue amiche e quando Tom fa per sedersi prendo il vassoio con il pranzo e me ne vado in cortile.
Tom non capisce questo comportamento e, se non fossi così arrabbiata con lui, mi dispiacerebbe averlo offeso. Forse non ha nemmeno senso che io mi comporti così, lui non mi ha promesso nulla, è stato solo gentile e ha dormito con me.
È un cosa da amici, tutto il resto è stato solo un film della mia mente.
Resta il fatto che non ho voglia di parlargli.
Dopo scuola consegno a mia sorella le chiavi della macchina e le dico che voglio stare un po’ per conto mio nella casa nel deserto. Lei annuisce e mi picchia solidale una mano sulla spalla, io sospiro e mi incammino verso la scorciatoia del parco.
Che giornata di merda!
Rischio anche di litigare con Jo, dato che trascorre lì la maggior parte delle sue  giornate e non so se sono in grado di affrontarlo.
Percorro la mia scorciatoia e arrivo al grande sperone roccioso che si erge in mezzo al nulla e salgo la scaletta laterale che nessuno nota mai. Appoggio la mia mano e una porta si apre, entro e la richiudo.
Il divano è già occupato da Johnny e questo mi mette in imbarazzo, lui appena mi vede scatta in piedi.
“Se vuoi me ne vado.”
“No, resta pure.”
Mi siedo accanto a lui e sospiro pesantemente.
“Cosa ti è successo?”
“Mi sono fatta troppi filmini su me e Tom e oggi ho avuto una doccia gelata. Stanotte ha dormito da me, oggi si stava slinguando con una cheerleader.”
Rispondo piatta.
“Stronzo.”
“Un po’. Ma cosa posso pretendere?
Lui non mi ha mai promesso nulla e non stiamo nemmeno insieme, so solo che non ho molta voglia di vederlo e oggi l’evitato tutto il giorno.”
Lui non dice nulla.
“Per ieri…”
“Va tutto bene, credo che tu l’abbia fatto per proteggermi e non per ferirmi.”
“Grazie, mi hai perdonato quindi?”
“Sì.”
Ci abbracciamo e sento che tutto è tornato come prima: è ancora il mio migliore amico.
Deve essere per questo motivo che scoppio a piangere tra le sue braccia come una bambina, ora che ci penso da piccola piangevo e mi sfogavo solo con lui.
Certe cose non cambiano mai per fortuna.
“Se vuoi pesto Tom.”
“No, grazie. Sarebbe inutile, è evidente che io non gli interesso.”
“Io non la penso così, secondo me sta scappando dai suoi sentimenti. Lui è uno che ama le situazione tranquille e leggere e questa storia è complicata.”
“Non gli interesso. Se prova ad avvicinarsi ancora lo prendo a calci. Una volta mi ha fregata, due no.”
“Io..” dice piano lui “credo che dovresti dargli una seconda possibilità, tutti possiamo fare dei casini e far soffrire qualcuno che non vorremmo e penso sia giusto dare una seconda possibilità.”
“Non lo so. Potremmo modificargli la memoria?”
“No, ormai sa troppe cose, rischiamo di fargli saltare il cervello e di attirare l’attenzione.”
Io sbuffo e mi prendo la testa tra le mani.
“Come ho fatto a essere così stupida e a fidarmi di lui?”
“Sei innamorata.”
“Bella merda.”
Dico schifata.
“Beh, è la verità, devi imparare a farci i conti.”
Johnny ha ragione, ma non smette comunque di fare male.
Sono stata una stupida ad affezionarmi a lui, dovevo tenerlo a distanza, purtroppo però il mio cuore è di un altro parere.
Stupido cuore!
 

Arrivo a casa e trovo Isabel in camera mia.
“Ehi, mi dispiace per quello che è successo oggi.”
“A me no, almeno so che non mi posso fidare di quel ragazzo.”
“Vuoi dire che non vuoi più vederlo?”
“L’idea sarebbe quella.”
Un’idea che si scontra subito con la realtà, dopocena mio padre sale in camera mia piuttosto seccato.
“Chia, c’è un ragazzo che continua a chiedere di te alla porta e non riusciamo a cacciarlo.”
“Fammi indovinare, uno skater alto con i capelli neri?”
Lui annuisce.
“Ci penso io.”
Scendo all’ingresso e trovo Tom.
“Dobbiamo parlare.”
Mi apostrofa appena mi vede.
“Sì, ma non qui.”
Usciamo e gironzoliamo per l’isolato.
“Ascoltami bene, Tom DeLonge, non mi piace ripetere le cose.
Io e te non siamo amici, io e te non siamo nulla e io non voglio più vederti, ok?
Se ti ostinerai a girarmi attorno ti modificherò la memoria, a costo di farti saltare il cervello.”
“Sei gelosa di me per caso?”
“Non ho intenzione di rispondere a questa domanda.”
Un rossore traditore è però salito sulle mie guance, tingendole di un leggero rosato.
“Stammi lontano o ti giuro che sarà peggio per te.”
“Dai, andiamo Chia, è stata una cazzata.”
Io lo guardo malissimo.
“Non è stata una cazzata, non per me e ora…”
Sulle mie mani si vede dell’energia blu.
“Vattene, se ci tieni al cervello e scordati di me, di Johnny e della casa nel deserto.”
Lui deglutisce e se ne va.
Credo di avercela fatta a cacciarlo definitivamente, anche se dentro di me sanguino, ogni fibra del mio essere urla di farlo tornare da me.
Farlo tornare da me?
Per soffrire ed essere interessante ai suoi occhi solo perché sono un’aliena?
Non ci penso nemmeno, io voglio piacere a lui perché sono io, non perché sono quello che cerca da una vita come ufologo.
Me ne torno a casa mia con la coda tra le gambe, pensando che il mondo intero fa schifo e l’amore è solo un modo come un altro che è stato architettato per farci soffrire.
Tornata a casa trovo mio padre sulla porta, leggermente preoccupato.
“Tutto bene?”
Io sorrido per rassicurarlo, mentre dentro di me sono all’incirca a lutto.
“Sì, tutto a posto. Non disturberà più.”
Salgo in camera, finisco i compiti e poi mi butto a letto e piango senza singhiozzi, esattamente come faccio quando voglio che nessuno mi senta.
Mi addormento sfinita e la mattina dopo ho uno sguardo spento, preferirei rimanere a poltrire nelle coperte che andare a scuola.
Mi vesto con poca cura, mangio poco a colazione e saluto svogliata mia madre, mentre esco con Izzie.
“Sei sicura di stare bene?”
Mi chiede lei.
“No, non sto bene. Purtroppo però non posso permettermi il lusso di saltare scuola e quindi cerco di farmi forza pensando che devo uscire da questa situazione.”
“Non vuoi nemmeno provare a sentire il punto di vista di Tom.”
Io sospiro.
“No, perché poi dovrei dirgli che … lo amo e non voglio ritrovarmi a raccogliere le briciole del mio cuore.”
Lei non dice nulla, parcheggiamo ed entriamo a scuola. Non mi parla molta gente né durante le lezioni né a pranzo e questo è un bene.
Non ho voglia di parlare con nessuno.
Questa situazione di protrae per almeno tre settimane, sono ufficialmente diventata un fantasma.
Durante uno di questi giorni qualunque mi ritrovo ad ascoltare una conversazione quanto meno sorprendente. Sono chiusa in uno dei cubicoli del bagno quando sento la porta aprirsi e l’inconfondibile risata di Jessica Rice, una cheerleader.
Mi blocco, ho finito di fare quello che dovevo, ma non voglio uscire per non sentire i loro commenti.
“Ehi, ci credi che sono tre settimane che DeLonge non tocca una ragazza?”
“Ma è impossibile, lo chiamano Hot Pant!”
“Te lo giuro, Lynn. Nessuna ragazza, da quando ha fatto amicizia con quella stramba irlandese e hanno rotto non ha più toccato nessuna.
Chissà che incantesimo gli ha tirato.”
Ridacchiano di qualche altra stronzata e poi escono dal bagno, io esco subito dopo.
E così Tom non si fa nessuna da quando ho minacciato di fargli saltare il cervello, curioso, molto curioso.
Sembra quasi che sia rimasto colpito dal discorso, né dovrò parlare a Izzie, magari – lei che conosce anche Mark – saprà trovare una spiegazione a questi comportamenti assurdi.
La becco a mensa  e le spiego la situazione, lei si ficca in bocca una forchettata di insalata e guarda sopra di me.
“Sembrerebbe quasi che sia cotto di te, se non fosse che è di Tom che stiamo parlando.”
“Lui non si innamora mai.”
“Generalmente no, ma ha avuto un paio di storie lunghe. Tutte e due sono durate sei mesi, una con Holly Kennedy e l’altra con Peggy Sue Anderson.”
“Uhm, capito.
Resta il fatto che il suo comportamento non ha senso.”
“Chiederò a Mark, lui ne saprà sicuramente più di me, è il suo migliore amico.”
“A proposito di Mark, come va tra di voi?”
Mia sorella sorride.
“Benissimo. È un imbranato di prima categoria, che dice un sacco di battute imbarazzanti, ma è anche la persone più dolce che io abbia mai incontrato.”
“Capisco. Beh, sei stata fortunata.”
Chiacchieriamo e finiamo di mangiare, poi ognuna torna alle proprie lezioni.
Finite quelle, arriviamo a casa e troviamo mia madre disperata.
“Volevo fare una torta, ma mancano zucchero e farina!”
“Non ti preoccupare, vado al seven eleven dietro l’angolo e te le compro mamma, così faccio quattro passi.”
Le dico conciliante, guadagnandomi un’occhiata di gratitudine.
Esco e cammino per il nostro isolato, è fatto di tante villette con il giardino davanti, molto curato e dei bei portici. Mi piace vivere qui, è calmo, anche se non nego che a volte vorrei sapere cosa si prova a vivere in una grande città piena di movimento.
Svolto l’angolo ed entro nel seven eleven, compro due pacchetti di farina e due di zucchero e una scatola di uova per precauzione, poi esco.
C’è un tramonto infuocato che inonda di luce dorata questo piccolo pezzo di California, amo questo tipo di luce, mi rende calma.
Scendo i due gradini che separano la strada dal marciapiede e poi attraverso la strada, probabilmente sono stata troppo distratta perché sento la macchina in arrivo quando è troppo tardi.
Ok, addio mondo, sto per morire.
O forse no, due braccia muscolose mi trascinano con sé ed evitano che mio mi riduca a una frittella stampata sull’asfalto.
Chissà chi mi ha salvato?
Le due braccia trascinano me e la borsa sul marciapiede e mi fanno sedere, solo allora metto a fuoco il volto del mio salvatore: Tom.
Ci guardiamo un attimo negli occhi e poi lui se ne va.
“Tom!”
Lo richiamo, lui volta solo la testa.
“Cosa c’è?”
Già, cosa c’è?
“Grazie per avermi salvato la vita!"
"Così siamo pari.”
Mi risponde asciutto lui, per poi andarsene del tutto, lasciandomi seduta per terra con una gamba che sanguina.
Ora sì che ho capito quanto ha preso sul serio i miei avvertimenti, non si è fermato nemmeno per vedere come stavo.
Merda.
Mi alzo a fatica, per fortuna la gamba mi regge e con qualche difficoltà arrivo a casa mia.
Mia madre si spaventa quando vede come sono conciata.
“Chia, cosa ti ha successo?”
“Sono stata quasi investita da una macchina fuori dal negozio, se non fosse stato per un ragazzo sarei morta, questi comunque sono i tuoi acquisti: io vado a medicarmi questa gamba.”
Izzie sale con me e mi aiuta.
“Il ragazzo era Tom, vero?”
“Sì, era lui. Dopo che mi ha salvato se ne è andato subito. Sono riuscita solo a dirgli un minimo grazie, credo abbia preso sul serio la mia minaccia.”
Mi porto le mani sul volto.
“Dio, sono così stupida!
Come faccio a rimediare a questo casino?
Lui non mi vuole più vedere e io non so cosa dirgli per averlo di nuovo tra i piedi.”
“Forse basterebbe che tu ti scusassi.”
“Forse.”
Non è facile scusarmi per una tizia dal carattere orgoglioso come me, eppure se lo rivoglio nella mia vita è l’unico modo per averlo.
Ci devo pensare.
“Senti, parlo con Mark e magari riusciamo a organizzare qualcosa.”
Io annuisco e lei esce dalla stanza, al piano di sotto mia madre che le urla di venire a darle una mano con la torta.
Arrivata la cena scopro che è una torta  al cioccolato gigantesca con tanto di marmellate a strisce dentro e la glassa sopra.
Ottima.
Vado a letto un po’ rincuorata, adesso devo solo risolvere con Tom: una cosa da niente.
Dormo un sogno senza sogni e in  un attimo è già mattina, la sveglia suona e mia sorella mia scuote per farmi andare a scuola.
Viva la vita!
Mi vesto, faccio colazione e sono di nuovo a scuola, solo che questa volta Izzie sembra di buon umore, come se durante la notte avesse capito qualcosa di molto importante.
“Ah, ha detto Mark che durante l’ora buca che hai vuole parlarti.”
Io annuico.
“Bene, dove ci vediamo.”
“Alle tribune.”
“Ok, sarò lì.”
 Mi dirigo verso la mia classe di spagnolo, chiedendomi cosa diavolo voglia Mark Hoppus da me, forse dirmi un modo per tornare a parlare con Tom?
Seguo la lezione in modo piuttosto svogliato, penso a cosa deve dirmi Mark e sono curiosa come una scimmia.
Quando finalmente suona il cambio dell’ora schizzo via verso le tribune, dove la scuola si sorbisce rassegnata le performance dei gorilla, ops, la squadra di football.
Mi avvicino e noto che c’è solo una figura mollemente appoggiata alla struttura: Tom.
Mi sa che mi a sorella ne ha combinate una delle sue, ma stranamente non sono arrabbiata, anzi mi fa quasi piacere vederlo.
“Tom.”
Dico piano, lui si stacca non appena sente la mia voce, nemmeno avesse preso la scossa, poi si allontana.
Adesso o mai più.
Lo rincorro e gli afferrò un polso, lui mi guarda inespressivo.
“Cosa c’è?
Non sto facendo quello che volevi tu?
Ti giro al largo.”
“Mi dispiace.”
Lui sgrana gli occhi come se all’improvviso mi fosse spuntato un corno sulla fronte,
“Cosa?”
“Ho detto che mi dispiace, ho detto delle cose brutte, ma ero arrabbiata.”
“O gelosa.”
Suggerisce lui, ma la sua voce è priva della sua solita ironia.
“O gelosa. Ammetto che non mi ha fatto piacere vederti pomiciare con quella ragazza.”
“Questo vuol dire che un po’ ti interesso, suppongo.”
Io non dico nulla.
“Possiamo tornare a essere amici?”
“Va bene.”
Mi sembra comunque dispiaciuto, così lo abbraccio e lui da rigido diventa normale e mi stringe forte a sé.
Mi era mancato il suo abbraccio e – nonostante le cose in sospeso tra di noi – sono contenta che siamo riusciti a tornare almeno amici.
Non lo ammetterei nemmeno sotto tortura, ma lui mi è mancato.
Questo sarà uno dei miei tanti segreti.

Angolo di Layla

Ringrazio DeliciousApplePie per la recensione, grazie per esserci sempre.

 

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Capitolo 9
*** 9)I lenti del Soma. ***


9)I lenti del Soma.

 

La vita con Tom – per quanto mi suoni strano dirlo – è migliore.
Mi erano mancate le sue battutacce e il suo sorriso da impunito e poi, oltre a Izzie e a Johnny, è l’unico che sa tutto e con cui posso essere sincera sulle mie origini non  terrestri.
È molo più elettrizzato di me all’idea di incontrare altri alieni e io sono tornata a essere odiata dalle ragazze della scuola perché lui sembra interessarsi solo a me, il mio dubbio sul perché rimane comunque.
Forse avrei bisogno di una pausa da questi pensieri che mi mandano in carosello o ci perdo il cervello e credo che mi servirà prossimamente.
Oggi comunque sia mia sorella che Tom vengono alla casa del deserto e lui si è portato dietro dei microscopi di dubbia provenienza.
“Dove li hai presi, Tom?”
Gli chiede Johnny quando li nota.
“In prestito dall’aula di scienze.”
“In prestito, eh? Spero che torneranno al loro posto presto.”
“Questo dipende da quanto sono bravo a usarli e a capire di cosa sono fatti i vostri bozzoli.”
Il mio amico alza le spalle, per lui quelle gigantesche uova che contengono ancora quello che sembra zucchero filato non sono di alcuna importanza. Ce l’avevano finché ci hanno protetto, poi per lui hanno smesso di esistere, lui sembra molto più curioso riguardo all’arrivo di altri come noi.
Ha smanettato con la colonna di roccia strombata verso il basso ed è riuscito ad attivare quella che parrebbe essere una mappa.
La mappa mostra quattro puntini all’interno di un cerchio – noi – e due in avvicinamento.
Io sono curiosa di sapere cosa provi di preciso verso Anne invece, lei è sempre più triste e sconsolata, non voglio che le succeda qualcosa di brutto solo perché Johnny è tardo nelle questioni di cuore.
Mia sorella e Tom sono impegnati con le uova, così io trascino il mio amico lontano dalla portata del loro udito e lo guardo seria.
“John, cosa vuoi fare con Anne?”
“Non so, in fondo va bene così?”
Io sbuffo.
“No e lo sai anche tu, lei ci sta male e non credo tu sia così insensibile da non averlo notato. Ti interessa? Diglielo.
Non ti interessa?
Diglielo e ponete fine a questo balletto che sta distruggendo il cuore di entrambi.”
“Non voglio che se ne vada dalla mia vita, ma ho paura di iniziare una relazione, dovrei dirle di tutto questo e non so come reagirà.”
“Io mi fido di lei.”
Lui non dice nulla e guarda Izzie e Tom che litigano sull’interpretare le componenti della sostanza.
“La famiglia si allarga, vero?”
“Sì.”
All’improvviso succede una cosa strana, Tom stringe i pugni e la parte di roccia sotto la sua mano esplode con un colpo secco. Io e Johnny ci guardiamo spaventati, Tom ha appena usato uno dei nostri poteri!
“Che cosa ho fatto?”
Ci chiede sconvolto.
“Hai appena usato uno dei nostri poteri, quello di far esplodere le cose.”
“E come ci sono riuscito?”
Ci chiede isterico, Johnny apre e chiude la bocca un paio di volte, poi allarga le braccia in un gesto sconsolato. Io e mia sorella invece ci guardiamo complici.
“Io e Izzie avremmo una teoria.”
Johnny mi guarda sorpreso.
“Dilla.”
“Quando ho guarito Tom temo di aver modificato anche parte del suo dna, rendendolo una sorta di ibrido fra alieno e umano. Stando così le cose è ovvio che abbia anche alcuni dei poteri, dobbiamo capire e  insegnarli come controllarli.”
“Meraviglioso!”
Sbuffa Johnny, Tom invece sembra in stato di shock, con gentilezza io e mia sorella lo facciamo sedere sul divano e gli facciamo bere un po’ di the freddo.
Questo sembra rianimarlo un po’.
“Quindi adesso sono un po’ alieno anche io.”
“Sì e penso che sia una buona cosa, più siamo meglio è, no?
Visto che ci si prospetta una missione.”
Lui rimane un attimo in silenzio.
“Penso che alla fine di tutto questo non sarò l’unico mezzo alieno, ho il sospetto che anche a Izzie, Anne e Mark succederà questa cosa.”
Io ho lo stesso presentimento e non ho ancora capito se sia una cosa buona o no.
Lo scoprirò solo vivendo, temo.
“Non diciamo sciocchezze, non abbiamo bisogno di un esercito di terrestri mutanti!”
“Johnny, sei sempre gentile come al solito.”
Mi volto verso Tom.
“Devi imparare a controllare questo potere o rischi di farti scoprire.”
“Come faccio?”
Io prendo fiato.
“Prima eri arrabbiato, vero?”
“Sì, perché?”
“All’inizio i poteri si manifestano quando siamo più deboli e non possiamo controllarci, ad esempio quando siamo arrabbiati.”
“Capisco.”
“Cosa è successo prima?”
Lu si gratta la testa.
“Ero arrabbiato con tua sorella perché non accettava una mia teoria, molto arrabbiato, non capivo perché non mi desse ragione. Sembrava buona, la teoria, dico.
Mi sono arrabbiato, ho stretto le mani a pugno e poi la terra è esplosa sotto di me.”
“Ok, pensa meglio al momento che va dalla rabbia all’esplosione.”
Lui chiude gli occhi.
“A un certo punto ho sentito una specie di “click” e poi poco dopo l’esplosione.”
“Ok, ci siamo. Quando senti quello scatto significa che  tra poco potrai usare i tuoi poteri.
A quel punto tu devi pensare a qualcosa di bello, qualcosa che ti calmi e ti impedisca che la rabbia prenda possesso di te.”
“Come faccio a sapere che ci sarò riuscito?”
“Sentirai un altro “click”, che significa che per il momento  non puoi usare i tuoi poteri.”
“Capisco.”
“Prova a esercitarti.”
Lui chiude gli occhi, a un certo punto fa una smorfia di sofferenza, ma un altro pezzo di pavimento salta via lo stesso.
Come Johnny ha qualche difficoltà a controllarsi, solo al terzo tentativo non succede niente e lo sento rilassarsi.
“Ce l’ho fatta.”
“Bravo, adesso ricordati di mettere in pratica questa regola e andrà tutto bene. In seguito ti  insegnerò come far esplodere qualcosa a comando.”
“Perché non adesso?”
Johnny si siede sul divano insieme a noi.
“Perché prima devi imparare a controllare quando usare e quando non usare questo potere o non farai mai esplodere qualcosa a comando, DeLonge.
Serve molta calma per questo.”
“Se ce l’hai fatta tu posso farcela anche io.”
Johnny gli ride in faccia.
“Tu sei solo un mezzo alieno.”
Io mi alzo furibonda per fronteggiare il mio amico.
“Dillo ancora e le prendi John Mayer.”
“È solo la verità.”
“Sì, ma tu lo dici come se Tom dovesse essere disprezzato per questo e non deve.”
“Va bene, Chia, va bene.”
Johnny si alza e si mette vicino a mia sorella, guardandomi in cagnesco.
“Cosa avete scoperto sui nostri gusci?”
“Niente di che, sono fatti per metà di materiale alieno e per metà di dna umano. Probabilmente vi hanno aiutato a sopravvivere mentre recuperavate le energie per svegliarvi.”
“Capisco.”
“Servirebbe qualcuno più qualificato di noi, ma non possiamo ovviamente coinvolgere nessun altro.”
Johnny alza le spalle.
“Meglio di niente e poi dovrebbero arrivare altri dei nostri.”
“Beh sì, loro potrebbero dirvi di più di noi.”
John annuisce.
“Chissà quando arriveranno.”
“Quando succederà lo sapremo.”
Rispondo piatta.
Credo di essere l’unica a non essere eccitata nel sapere che arriverà qualcuno della mia gente in questa stanza.
“Che  allegria, Chia.”
“Lo sai che non sono molto, ehm, eccitata per questa cosa. Significherà solo casino.”
Johnny sbuffa.
“La solita pessimista, andrà tutto bene.”
Io scuoto la testa e sbuffo, è inutile discutere con lui di questa cosa, non si arriverà mai a un compromesso e non credo serva nemmeno, non possiamo sottrarci a questa missione.”
Che palle!
Un’occhiata all’orologio ci fa capire che è ora di andare a casa e ce ne andiamo, Johnny diretto verso la sua vecchia macchina, noi verso la mia.
Lascio Tom davanti a casa sua e poi vado a casa mia, Izzie è insolitamente silenziosa.
“Cosa c’è?”
Le chiedo.
“Davvero, potrei venire trasformata in una mezza aliena come Tom?”
“Teoricamente sì, è possibile. Non ho idea se succederà davvero, quello di Tom è stato un caso.”
“Se io fossi in pericolo di vita mi salveresti?”
“Sì.”
Questo le strappa un piccolo sorriso.
 

Il venerdì sera arriva in un battibaleno.
Mark e Tom ci invitano al Soma e noi accettiamo, mia sorella non sta più nella pelle, io sono un po’ preoccupata per quel che potrebbe succedere: e se reagissi male come quando l’ho visto baciare un’altra ragazza?
“Tutto bene, Chia?”
Mi chiede mia sorella.
“Uhm, sì.”
Entriamo e io rimango subito da sola; mia sorella, Mark e Tom si buttano subito in pista, io cerco un angolo tranquillo in cui sedermi, piuttosto a disagio.
In un attimo sono diventata trasparente, che strana sensazione.
Ordino un cocktail e mi guardo intorno, stanno tutti ballando trascinati dalla musica, una musica che amo anche io e su cui ho ballato mille altre volte, non so perché stasera non ci riesca.
Dopo un po’ Tom si siede vicino a me con un boccale di birra tra le mani.
“Come mai non balli?”
“Sinceramente non lo so.”
Lui finisce la sua birra e mi tende una mano.
“Forza, vieni!”
Mi trascina nella folla e inizia a pogare con me, la mia timidezza sembra essere sparita, per fortuna.
Ci sfoghiamo e poi mettono un lento, ci viene naturale allacciarci l’uno all’altra, io lo guardo negli occhi: sono color del cioccolato e dolcissimi.
Siamo fronte contro fronte e l’attimo dopo ci stiamo baciando con passione, non ci stacchiamo nemmeno quando il lento finisce.
Ci fermiamo solo quando non riusciamo più a respirare.
“E adesso?”
“Adesso cosa?”
Mi chiede lui.
“Cosa significa questo bacio?”
“Non so, mi piaci.”
“Anche tu, da tanto.”
Lui rimane in silenzio e  mi porta al tavolo.
“Senti, non sono la persona migliore o più adatta alle relazioni, ma ti va di provarci?”
Io lo guardo attentamente, non sta mentendo, ora tocca a me fare la mia parte e decidere se vale o meno la pena di buttarsi in questa storia.
“Sì, ma non … ferirmi, se ci riesci.
Io non ho mai avuto una storia e non voglio uscire con il cuore a pezzi.”
“Ci proverò, non sono il ragazzo più fedele del pianeta, ma farò del mio meglio.”
Io sorrido, per ora mi basta.
Posso farmelo bastare.
“Va bene, speriamo che Johnny la prenda bene.”
“Non è esattamente il mio fan numero uno.”
“No, ed è protettivo.”
“Va bene, cercherò di non farmi uccidere.”
Io ridacchio imbarazzata.
Se Tom non facesse il bravo rischierebbe davvero di essere ammazzato da Jo, ma è meglio non dirglielo, ho il sospetto che questo gli metterebbe un po’ troppa pressione addosso.
C’è un attimo silenzio e poi al tavolo arrivano Mark e Izzie, che nota le nostre mani intrecciate.
“Non mi dire che ora state insieme!”
“Temo che te lo dovrò dire.”
Lei lancia un urlo belluino.
“Ma è bellissimo!”
“No, non mi dire che vuoi fare uscite a quattro!”
Esclama Mark scherzoso.
“Beh, sarebbe carino.
Cosa c’è di male?”
Mia sorella incrocia le braccia davanti a sé.
“Niente, amore. È una cosa bellissima, non è vero?”
Io e Tom rimaniamo muti come due tombe, Izzie scuote la testa.
“Ok, niente uscite a quattro che palle che siete!”
Mark cerca di consolarla, ma l’unico risultato che ottiene è che lei si ributta in pista seguita da lui.
“Sono carini insieme.”
Commento io.
“Sì, non sono male. A Mark lei piace molto.”
“Meglio per lui.”
“Johnny non è l’unico protettivo qui.”
“Sì, hai ragione. Forse sono troppo protettiva nei confronti di mia sorella.”
Lui sorride.
“Anche io sono protettivo nei confronti di Kari, la mia sorellina e Mark lo è nei confronti di Anne.”
Nel sentire il suo nome mi rabbuio.
“Cosa c’è? Pensavo ti stesse simpatica.”
“Sì, mi sta simpatica. Pensavo solo a Johnny e alla sua assoluta incapacità di mettere il cuore in gioco quando serve. Tutto qui.”
Lui mi guarda interessato.
“Ah, dici che a Mister Sono-Sempre-Incazzato piace sul serio Anne?”
“Penso di sì.”
“Meglio che sia meglio che tu non lo faccia sapere a Mark, potrebbe accelerare i tempi a suo modo.”
Io bevo il mio cocktail.
“No, tranquillo. Non voglio una rissa tra di loro, in fondo mi sono affezionata a Mark, è una brava persona.”
Tom dà un’occhiata all’orologio.
“Meglio andare.”
Raduniamo mia sorella e l’Hoppus e ce ne andiamo, durante il viaggio di ritorno Izzie si addormenta sulla spalla del suo ragazzo.
È stata una settimana pesante per tutti.
Il primo che lasciamo davanti a casa sua è Mark, Isabel si sveglia ed esce dalla macchina con lui, parlottano per un po’, poi si baciano e lei rientra. Ha stampato in faccia il sorrisone ebete che sfoggia solo quando c’è Mark Hoppus di mezzo.
“Isabel, chiudi la bocca! Rischi di farci annegare tutti nella tua bava e sarebbe una brutta fine!”
Mia sorella lo fulmina.
“Oh, voglio vedere quando saluterai mia sorella quanta bava perderai, caro il mio DeLonge!”
“Cosa c’entra?”
“Che non sono l’unica che è persa per qualcuno, caro mio!”
Lui non dice niente, ride solamente come uno scemo, come devo interpretare questa risata?
Come la prova che mi sorella ha fatto centro?
Accompagniamo Tom a casa sua e questa volta scendo io, lui mi sorride ironico.
“Diamo una replica dello spettacolo dei due fidanzatini?”
“Solo se vuoi.”
Abbasso gli occhi, lui mi alza il mento e io sono intrappolata nel fascino dei suoi occhi scuri.
“Ehi, mi piaci tantissimo, non fare così!”
Mi appoggia le mani sulle guance e mi attira in un bacio dolce e lento.
“Buonanotte, mia straniera.”
“Buonanotte, Tom!”
Rientro in macchina sorridendo, Izzie lo nota.
“Ti piace, eh?”
“Certo che mi piace, non è una novità!”
“Siete proprio una coppia carina.”
Io rimango in silenzio.
“Beh, cosa ho detto di male?”
“Nulla, ho solo paura che mi lasci per una più carina di me, tutto qui.”
“Non succederà, non ti devi preoccupare.
Goditi il momento, non andare in paranoia, sorellina.”
“Ok, solo che è la mia prima storia. Sai, per il problema di lassù.”
Lei ride.
“In qualche modo andrà.”
Arriviamo finalmente a casa nostra e ci mettiamo  a letto, Io come al solito soffro di insonnia e guardo le ombre del soffitto muoversi.
Da piccola mi facevano paura e accendevo sempre la lucina accanto a letto per rassicurarmi, adesso mi sono indifferenti. Fanno parte dell’arredamento, né più né meno della scrivania, del letto e della sedia.
Adesso sono altre le cose che mi spaventano, per prima cosa l’arrivo di altri alieni e poi il nostro compito, mi sembra così fuori dalla nostra portata e con pochi alleati.
Sarà un gran casino.
Mi sto rigirando per l’ennesima volta quando sento il mio cellulare vibrare per l’arrivo di un messaggio: è Johnny.
Stanno arrivando, sono due.
Lunedì probabilmente li incontrerete a scuola.”
Queste poche parole hanno il potere di gelarmi il sangue nelle vene, tutto quello che temo si sta avverando e io sto per essere trascinata controvoglia in una battaglia.
Forse la mia versione di laggiù era coraggiosa, io non lo sono poi molto. Temo troppo per la mia famiglia e per i miei amici per entrare in battaglia sicura.
Che schifo di notizia!
E adesso chi dorme?

 

Angolo di Layla.

Grazie mille a DeliciousApplePie per la recensione.

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Capitolo 10
*** 10) I miei ***


10) I miei  "amici" di lassù.

 

Dopo aver letto il messaggio di Johnny i miei sogni sono popolati da strane creature.
Mi immagino due creature verdi piene di tentacoli, con la testa infilata in una specie di acquario e che sbavano da paura, ho visto troppo i Simpson ultimamente.
Fatto sta che continuo a svegliarmi e a riaddormentarmi e la mattina dopo sono uno straccio, forse è meglio che vada da Jo per parlare.
“Hai un aspetto orribile.”
Commenta mia sorella.
“Johnny mi ha dato una notizia non esattamente positiva. Ha detto che lunedì a scuola ce en saranno altri due come me.”
“Ah, cazzo!”
“Voglio parlargli.”
“Se pensi che ti possa aiutare.”
Il mio cellulare suona per l’arrivo di un messaggio, è Tom che mi augura il buongiorno, io gli rispondo raccontandogli cosa è successo e che vado da Johnny.
Poco dopo lui mi risponde che va bene e di stare calma, spero non si sia arrabbiato perché vado dal mio migliore amico, quei due non si stanno simpatici.
Sono entrambi gelosi di me, che situazione.
Mi vesto, esco e, come quando sono corsa da lui per dirgli di Tom, trovo Anne nell’appartamento di Johnny.
“Forse è meglio che me ne vada.”
Sospira lei, lui non la ferma, anche se vedo che vorrebbe farlo.
Quando la porta si chiude alle spalle di Anne guardo il mio amico.
“Perché non l’hai fermata?”
“Perché non so se sia una buona idea dirle cosa siamo, potrebbe non prenderla bene.”
Io scuoto la testa.
“Tu hai solo paura, ma io sono stanca di sprecare fiato e parole per dirti di essere più onesto con te stesso e con lei. Non sono qui nemmeno per questo, voglio informazioni più precise su quello che mi hai scritto ieri sera.”
“Lo sapevo che saresti venuta per quello, forse è meglio andare alla casa nel deserto.”
“Va bene.”
Usciamo dal suo appartamento e saliamo in  macchina, lui non dice nulla lungo il percorso e nemmeno quando camminiamo sotto il sole cocente del deserto.
Entrati dentro la caverna ci dirigiamo verso la colonna centrale, dove si è attivato una specie di radar, due puntini verdi si stanno avvicinando a Poway, entro la giornata saranno in città.
“Per te come saranno?”
“Simili agli umani per non attirare l’attenzione, li riconosceremo senz’altro.”
“Se lo dici tu, io ho un po’ paura sinceramente.”
Lui scrolla le spalle.
“Sono alleati, non nemici e poi finalmente capiremo la missione, magari loro sanno già dove sono quelli da eliminare.”
Io sospiro, ho paura, non c’è niente da fare.
“Non avere paura, ci sono io con te e ci sono anche Isabel e Tom. Lo so che per te non è facile accettare questa situazione, ma noi siamo quello che siamo, possiamo nasconderci e quasi dimenticarci, ma prima poi dobbiamo farci i conti.
Noi siamo diversi.”
“Lo so che siamo diversi, ma io ho paura per tutti quelli a cui voglio bene.”
“Andrà bene, Chia. Andrò tutto bene, adesso vai a casa, mangia con i tuoi ed esci con Tom oggi.
Cerca di lasciare fuori la tua paranoia, è inutile che tu stia male prima del tempo.”
“Hai ragione, Johnny. Grazie, ti voglio bene.”
“Di niente, sei mia sorella, no?”
Lo abbraccio.
“Già.”
Rimaniamo un altro po’ nella casa nel deserto e poi ce ne andiamo, quando arrivo a casa mia vengo investita dall’odore di cibo: mamma sta preparando l’arrosto e mi viene da sorridere, sa di famiglia e lei non lo sa.
“Sono tornata!”
Urlo.
“Bentornata, cara! Potresti preparare la tavola?”
“Sì, mamma!”
In silenzio appendo il cappotto e lascio la borsa vicino all’ingresso per fare quello che mi ha detto, in fondo mi piacciono i momenti in famiglia, mi rassicurano.
Il pranzo è tranquillo, i miei sono contenti che i miei voti siano tornati alti e che lo siano anche  quelli di Izzie, progettano di mandarci in qualche college buono e non in un college di provincia.
Speriamo di non dover deludere le loro aspettative, ma ho l’impressione che succederà e che non dipenderà da noi.
Al pomeriggio esco a fare un giro con Tom, lui ha la tavola da skate con sé quindi credo che andremo allo skate park, ci azzecco in piano.
Il mio ragazzo mi lascia da sola ai margini della pista, saluta Mark, un piccoletto che credo si chiami Scott e Anne poi si lancia nelle sue evoluzioni.
Io lo guardo incantata, nonostante sia più coordinata della maggior parte degli esseri umani, non ho mai provato a fare skate.
Come sono bravi! Un po’ li invidio.
Dopo un po’una figura si siede accanto a me: è Anne.
“Scusa per avervi interrotto stamattina.”
Le dico imbarazzata, lei scuote la testa.
“Me ne stavo andando, le scopate della notte se ne vanno alla mattina.”
Io sospiro.
“Se solo riuscissi a far parlare Johnny staremmo tutti meglio, ma è così testardo!”
Anne scuote di nuovo la testa.
“Se non gli viene significa che il sentimento che prova per me non è così forte, sono io quella che lo ama di più e si illude di venire un giorno ricambiata. Se lo sapesse Mark farebbe scoppiare il finimondo.”
“Io non gli dirò nulla.”
“Grazie!”
Sorride e torna in pista.
Verso le cinque escono tutti e Tom mi schiocca un bacio sulle tempie.
“Scusa se ti ho fatto passare un pomeriggio seduta a fare nulla.”
“Non fa niente. Vi va una crepes?”
Annuiscono tutti e io mi alzo e vado con Anne al chiosco che ho visto poco lontano, ordiniamo sei crepes e aspettiamo pazientemente che ci servano.
I ragazzi la divorano immediatamente: sono sudati e affamati.
“Beh, forse è meglio che io vada a casa.”
Dico io a un certo punto alzandomi.
“Perché?”
“Perché domani ho una verifica di algebra particolarmente difficile e non sono sicura di aver studiato abbastanza.”
Mi salutano tutti, Tom prende il suo skate sottobraccio e viene via con me.
“Non pensavo che quelli come te non avessero problemi con la matematica.”
“Beh, ti sbagli. Io ne ho, devo fare molta fatica per assorbire le nozioni.”
“Se vuoi domani e  la prossima volta ti do una mano io, me la cavo.”
Io sorrido.
“Grazie, è molto gentile da parte tua.”
“È il minimo, non devi ringraziarmi.”
“Non tutti fanno copiare. Dai, Tom lo sai, c’è gente che si farebbe trapassare da una baionetta piuttosto che suggerirti.”
Lui ride.
“Anche questo è  vero. Sbaglio o stiamo ignorando di proposito un argomento?”
Io arrossisco.
“Sì, ne sto evitando accuratamente uno: quelli che arriveranno a scuola domani.”
“Oh, loro.”
Io annuisco.
“Loro! Ho paura che siamo degli strani polipi verdi con un vaso in testa per respirare.”
“Guardi troppo i Simpson, non pensi che così verrebbero notati e non è quello che vogliono?”
“Hai ragione, ma sai che non muoio dalla voglia di incontrarli.”
“Lo so, ma io e Johnny ci siamo, non sei da sola.
Ricordatelo.”
“Grazie mille per avermelo ricordato.”
Gli sorrido, ormai siamo arrivati davanti a casa mia, un vento freddo muove le foglie dell’acero del mio giardino, non mi ero accorta del cambio di temperatura.
“Beh, siamo arrivati.”
Io mi alzo sulle punte  dei piedi e lo bacio.
“Buona serata, Tom.”
“Buona serata anche a te e vedi di ripassare per la verifica, almeno non pensi ad altro.”
“Signorsì!”
Rispondo divertita, poi rimango per un po’ a guardare la sua figura allontanarsi e rimpicciolirsi, finché non mi decido a entrare.
A casa c’è un certo tepore, quindi vado a sbirciare in sala: mio padre ha acceso il camino e ora si sta rilassando leggendo un libro sulla poltrona più vicina al fuoco.
“Ciao, papà.
Mamma e Isabel dove sono?”
“Al centro commerciale.”
“Ok, ti lascio tranquillo. Buona lettura!”
Salgo in camera mia e mi butto sul letto, gli appunti di algebra sono sul comodino, in un solo movimento fluido li prendo in mano e comincio a leggerli.
Continuo per un’ora, alla fine ho un gran mal di testa e l’amara consapevolezza che questa roba non mi entrerà mai in testa.
Odio la matematica in tutte le sue branche!
Alle sette scendo in cucina e comincio a preparare qualcosa, visto che di mamma e mia sorella non c’è traccia. Preparo cotolette per tutti, so che sono capaci di mettere d’accordo ogni palato.
Izzie e mamma arrivano proprio mentre le sto per servire in tavola, così si tolgono semplicemente i cappotti e depositano le borse da qualche parte e si siedono subito a tavola.
Che pace!
Perché dovrei desiderare di sconvolgerla?
 

Lunedì mattina arriva troppo presto, non sono pronta.
Mi lavo e mi vesto di malavoglia, vorrei non andare a scuola oggi, ma non avrebbe senso prima o poi li incontrerei comunque.
Izzie mi guarda in silenzio, percepisce la mia tensione e il mio nervosismo, ma non sa cosa dirmi per calmarmi.
Arriviamo a scuola e subito percepisco qualcosa di strano, in qualche modo li sento avvicinarsi, Johnny non si sbagliava.
Entriamo e io mi dirigo al mio armadietto, si stanno avvicinando sempre più, alzo gli occhi e vedo due persone che non avevo mai visto prima percorrere il corridoio.
Sono un ragazzo e una ragazza.
Lei non è molto alta, ha la carnagione ambrata e lunghi capelli viola, lui invece è mediamente alto, pallido e con dei capelli neri scompigliati.
Eccoli.
La ragazza mi guarda e sento che mi riconosce, anche perché si avvicinano a me e a mia sorella.
“Ciao, io sono Keisha e lui è mio fratello Joel. Siamo nuovi, potresti aiutarci a trovare l’aula di letteratura?”
“Sì, certo. Io sono Chia e questa è mia sorella Isabel, saremo liete di aiutarvi.”
“Lei non è una di noi.”
La voce di Joel è bassa, ma perfettamente udibile.
“No, ma sa quindi rilassati o attirerai l’attenzione.”
Sul volto di Joel appare un ghigni poco carino, inizio a non sopportarlo.
“Chi altro sa?”
“Il mio ragazzo.”
“Chi altri potrebbe venirne a conoscenza?”
“Il ragazzo di mia sorella, la ragazza che piace a Johnny.”
“Incoscienti.”
“Siamo solo umani.”
Rispondo torva.
Lui vorrebbe ribattere qualcosa, ma sua sorella si mette in mezzo.
“Buono Joel, Chia ha ragione, rilassati. Ci noterebbero se ci mettessimo subito a litigare.”
Joel tace arrabbiato, questa Keisha mi sta simpatica!
Ci avviamo insieme verso l’aula di letteratura chiacchierando, Tom ci aspetta dentro e capisce al volo la situazione.
“Ciao, io sono Tom, il ragazzo di Chia.”
“Io sono Keisha e lui è Joel.”
Le presentazioni sono fatte, ora inizia l’avventura vera e propria e la lezione di letteratura. Il professore fa presentare Keisha e Joel davanti a tutti, Joel è visibilmente irritato, si capisce lontano un miglio che la cosa non gli fa piacere.
Vengono costretti a presentarsi anche alle lezioni successive e all’ora di pranzo temo che Joel ucciderà qualcuno.
Per fortuna non succede nulla e quando finiscono le lezioni pomeridiane andiamo tutti alla casa nel deserto dove conosceranno anche Johnny. Spero che non si mettano a litigare, anche se conoscendo lui dubito che succederà. Il mio amico non vede l’ora di incontrare altri alieni come noi e di fare amicizia con loro.
La porta si apre sul consueto spettacolo di Johnny che guarda la tv sul divano, con una bottiglia di birra da una parte e un sacchetto di patatine dall’altra.
“Ti sei rammollito, generale Rath!”
Quell’odioso di Joel è il primo ad aprire bocca e fa sobbalzare Johnny.
“Cosa diavolo vuoi, ragazzino?”
Gli chiede duro.
“Che torni ai tuoi antichi fasti, ti riprenda la tua donna e cacci questa feccia terrestre inutile. È la nostra missione, non la loro.”
Io stringo i pugni.
“Joel, Keisha vi invito a uscire da questa casa, non siete più i benvenuti.”
“Ma la missione...”
“Fatela da soli se credete di essere così bravi, io e Johnny non vi daremo nessun aiuto, andatevene.”
“Traditrice!”
Urla Joel, nonostante sua sorella cerchi in ogni modo di trattenerlo.
“FUORI!”
Il mio urlo attiva qualcosa presente nella stanza perché una forza sconosciuta solleva Joel e Keisha di peso e li butta fuori, sulla roccia dura della scalinata esterna.
Johnny mi guarda sorpreso, non mi ha mai vista così arrabbiata.
“No, Johnny non dire nulla.
Nessuno parla così dei miei amici e della mia famiglia in mia presenza, nemmeno quel piccolo arrogante e presuntuoso di Joel, se vuole che li aiutiamo deve darsi una calmata o per me se ne può tornare a casa sua!”
Johnny rimane muto, mi guarda in modo strano.
“Johnny, si può sapere cos’hai?
Perché mi guardi così?”
“Perché, non so se tu te ne sia accorta, emani un’aura di potere che si può quasi toccare. È come se la principessa che eri nell’altra vita sia emersa improvvisamente.”
Io sbuffo.
“Principessa… Ma per favore.”
Rispondo io digrignando i denti.
“Johnny ha ragione.”
Azzarda timidamente Tom.
“E anche se fosse? Chissene frega!
Quei due non entreranno qui fino a quando Joel non si darà una calmata e la stanza ubbidisce a me!”
Johnny si avvicina alla colonna centrale.
“Sono ancora qui fuori.”
“Che ci rimangano, qui non entreranno.”
Mi siedo sul divano non prima di aver tolto una coca dal frigo. Johnny si siede vicino a me.
“Andiamo, magari non l’ha fatto a posta, è alieno, non sa come ci si comporta.”
Io scoppio a ridere.
“Keisha è stata perfettamente in grado di essere gentile e cortese, Joel l’ha fatto a posta. Forse vuole dimostrare di essere una specie di capo, ma io non ho bisogno di gente così e ti ripeto che se la pensa così la sua cazzo di missione può farla da solo.”
“Io sono con Chia.”
Sia Tom che Izzie mi appoggiano, Jo scuote la testa, sconfitto. Sono certa che sia deluso, forse si aspettava un qualcosa di strappalacrime – a mo’ di famiglia riunita – non un litigio.
“Se ne stanno andando.”
Annuncia alla fine, depresso.
“Grande, adesso posso andare a casa a mangiare, senza uno stronzetto che mi dica cosa fare.”
Io, mia sorella e Tom usciamo dalla casa e raggiungiamo la mia macchina, io sto ancora ribollendo di rabbia per come ha apostrofato Izzie  e Tom: lo strozzerei.
In macchina c’è un silenzio carico di tensione, nessuno fa niente per spezzarlo, nemmeno quel chiacchierone del mio ragazzo.
Lo lascio a casa sua e poi mi dirigo verso casa mia.
“Izzie.”
“Sì?”
“Sappi che non la penso come Joel.”
“Questo si era capito, non ti devi preoccupare. Mi dispiace che sia andata così male, spero vi chiarirete.”
“Io invece spero che se ne tornino al mio pianeta e che esploda così non mi devo più preoccupare di quello che succede lassù. Non è più la mia vita.
Sono morta una volta per loro, non intendo ripetermi.”
Lei sospira.
“Prova a parlare con Keisha, lei non mi sembra cattiva.”
Io rimango in silenzio, se Joel non ha fatto altro che mandarmi vibrazioni negative, Keisha invece non è stata così negativa e sembrava dispiaciuta del comportamento del fratello.
Forse le parlerò, non ora perché sono ancora così arrabbiata da non essere in grado di reggere una conversazione civile con qualcuno.
“Se vuoi un consiglio, cerca di ricomporre la tua espressione in qualcosa che si avvicina alla normalità. Adesso hai uno sguardo omicida che fa paura.”
Io sbuffo, ma mia sorella ha ragione.
Arrivate a casa, mi prendo cinque minuti buoni per respirare profondamente, alla fine dell’esercizio la mia faccia è tornata quasi normale.
Entriamo in casa e sentiamo la risata di mia madre, quella che adotta quando conversa educatamente con qualcuno, io e Izzie ci guardiamo: forse qualche sua amica è venuta  a trovarla?
Andiamo in salotto e i miei pugni si stringono di nuovo in una presa ferrea: sta parlando con Keisha.
Cosa vuole?
“Oh, Isabel, Chiara, siete arrivate.”
“Sì, mamma.”
Rispondo fredda io.
“Lei è Keisha, è nuova qui e vorrebbe avere da voi i compiti di matematica.”
Che patetica scusa!
In ogni caso le porgo un foglio su cui ho scribacchiato quello che le serve.
“Copiali.”
“Non sarebbe educato farla salire in camera tua?”
“Va bene.”
Rispondo sempre più fredda. Io, mia sorella e l’aliena saliamo verso la mia camera e quando siamo tutte dentro chiudo la porta e mi volto ad affrontarla con il volto deformato dalla rabbia.
“Cosa diavolo vuoi?
Insultarci direttamente a casa mia?
Non sei la benvenuta qui, esattamente come non sei la benvenuta nella casa nel deserto.”
Keisha alza le mani in segno di resa.
“Non sono qui per insultare nessuno.”
“E allora cosa vuoi?”
Le chiedo sulla difensiva.
Non mi piacciono queste situazioni, mi piace avere il controllo, ma qui è ovvio che è Keisha ad avere il coltello dalla parte del manico.
Cosa diavolo vuole?

Angolo di Layla

Grazie a DeliciousApplePie per la recensione.

Se interessa a qualcuno ho aggiunto un nuovo capitolo a questa collezione di shot, diciamo.  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2489638



Qualcuno di voi ha tumblr?

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Capitolo 11
*** 11)Armi (non dirmi che siamo kamikaze). ***


11)Armi (non dirmi che siamo kamikaze).

 

La tensione tra me e Keisha è palpabile.
“Cosa diavolo vuoi?”
Ringhio a bassa voce in modo che mia madre non mi senta.
“Sono venuta qui per una cosa.”
“Cosa?”
“Ecco, scusarmi per mio fratello.”
Io rido sarcastica.
“E perché non si scusa lui direttamente?”
Keisha balbetta qualcosa di indefinito.
“Senti, se vuoi scusarti per lui, ma lui non è convinto, anzi probabilmente non vuole nemmeno scusarsi, te ne puoi andare.”
Rispondo fredda.
“Chia, non è così di solito.”
“Sono onorata di aver assistito a un suo momento di malumore razzista.”
“Per favore, dammi la possibilità di spiegare.”
“Senti, non sono dell’umore giusto per sentire spiegazioni che riguardano questo argomento, ripassa più tardi.”
“La nostra missione è importante!”
“Per favore, vattene.”
Lei sospira.
“Va bene, ma domani dobbiamo parlare di tutto questo, non abbiamo tempo per cazzeggiare.”
“Va bene, va bene. Adesso fuori.”
La caccio dalla camera in malo modo e finalmente posso sedermi sul letto e tentare di calmarmi sul serio.
“Che faccia tosta!”
“Forse vuole davvero solo rimediare agli errori del fratello.”
“Izzie, parliamoci chiaro: lei può scusarsi quanto vuole, ma se lui continua a fare il bastardo, le scuse non hanno senso.”
“Hai ragione, ma avresti potuto essere un pochino più gentile.”
Io scrollo le spalle, non ho voglia di essere gentile con gente che non è gentile con i miei amici e la mia famiglia.
“Quel Joel ti sta davvero sulle palle, eh Chia.”
“Molto. Potrebbe migliorare solo con delle scuse sincere, ma dubito che lui sappia come si faccia.”
Rispondo un po’ sarcastica, poi mi butto sul letto.
“Ah,che mal di testa!”
“Fa male litigare con le persone.”
“Ma è ancore peggio farsi mettere i piedi in testa. Lui non aveva alcun diritto di parlarvi così, tu e Tom non siete feccia, siete parte della mia famiglia.”
“Forse si aspettava qualcos’altro.”
“Beh, anche io. Adesso sono ancora meno propensa ad aiutarli con la loro missione.”
“Ok, ti lascio riposare.”
“Grazie Izzie!”
È con immenso sollievo che mi metto in pigiama e mi butto sotto le coperte, lì troverò finalmente un po’ di pace, senza alieni ostili.
Non che sperassi nella riunione della famiglia felice, ma  non mi aspettavo nemmeno che uno di loro chiamasse feccia le persona a cui voglio bene.
Questa missione sarà molto dura.
Alla fine mi addormento, dimenticandomi della pila di compiti che mi aspetta.
Vango svegliata per la cena e quando vedo la pila capisco al volo che stanotte non dormirò se voglio finirli.
Pace, a volte va fatto.
Mi metto sotto e quando finisco la sveglia segna impietosamente le quattro di notte, bene, ho a disposizione tre ore di sonno.
Inutile dire che la mattina dopo sono uno zombie che non sa nemmeno dov’è il bagno, ho bisogno di tanto caffè.
Scendo in cucina ed eccezionalmente faccio colazione prima di lavarmi, il caffè mi dà una bella sferzata di energia, mi lavo e mi vesto.
Sono quasi umana, se tralasciamo la stanchezza e la non voglia di vedere i due fratelli.
Keisha mi fa un cenno timido con la mano  che io ricambio svogliata, Joel mi ignora, meglio per lui.
Non appena raggiungo Tom lo bacio e insieme andiamo alle nostre lezioni condivise, mi sento addosso lo sguardo di disprezzo di Joel, così mi giri e gli faccio il medio, giusto per fargli capire i miei sentimenti.
“Artiglieria pesante, eh?”
Commenta serafico Tom.
“Perché lui è stato gentile ieri?
Se la merita tutta.”
Tom scuote la testa.
“Sono senza parole, non riesco a trovare un commento adatto a questa situazione.”
“Forse non ce ne sono, pensiamo a inglese piuttosto, oggi c’è il test.”
“Vero, che palle.”
Entriamo in aula e facciamo un ripasso dell’ultimo minuto, Tom mi sembra preoccupato, io un po’ di meno, spero che la mia notte insonne porti dei risultati.
Il test è mediamente difficile e con qualche difficoltà passo a Tom alcune delle risposte senza che la prof ci vede, Keisha invece non ha esitazioni, vedo la sua penna scorrere rapida e sicura sulla carta.
Starà usando i suoi poteri da aliena o forse si è studiata un po’ di materiale terrestre, forse – al contrario di quella testa di cazzo del fratello – un pochino si interessa a questo pianeta.
Finito il test, io ho matematica, Tom ginnastica così ci salutiamo, Keisha mi segue.
“Cosa vuoi?”
Le chiedo a un certo punto.
“Parlarti.”
“Tuo fratello non si è ancora scusato.”
“Ci sto lavorando.”
“E allora continua a lavorarci, io adesso devo prestare attenzione alla lezione di mate.”
Lei si ferma.
“Non vuoi darci nemmeno una possibilità?”
“No, finché tuo fratello non mi farà delle scuse sincere non vi darò nessuna possibilità.”
Keisha sospira, ma non dice più nulla per fortuna.
La lezione di matematica è invece piuttosto complicata e capisco solo metà di quello che la professoressa spiega come se fosse la cosa più facile del mondo.
Keisha invece sembra capire tutto alla perfezione e la cosa inizia a starmi sui nervi, dopo un’ora di spagnolo arriva finalmente l’intervallo e posso sfogarmi un pochino con Tom e Izzie.
“Anche tu eri così due anni fa, perché sei incazzata?”
Mi chiede mia sorella.
“Non lo so, so solo che mi irrita.”
“Sei strana.”
Commentano insieme Izzie e Tom.
“Lo so, lo so che sono strana, ma cazzo, questa arriva e si comporta come se la scuola fosse da sempre la sua. Persino le cheerleader la vorrebbero nella loro squadra!
Per non parlare di Joel e del suo disprezzo da quattro soldi, cosa pensava?
Che sarebbe finito a Yale?
Questa è una cazzo di scuola di provincia e io mi sono rotta le palle di loro, si stava meglio quando non c’erano!”
“Sei proprio arrabbiata.”
“Molto e adesso devo andare a ginnastica.”
Inutile dire che – nervosa come sono – faccio un casino mentre gioco a pallavolo e faccio quasi a botte con una mia compagna, ho l’impressione che diciotto anni di rabbia repressa stiano uscendo nel modo e nel momento sbagliato.
A mensa devo avere una faccia da serial killer, visto che sia mia sorella che il mio ragazzo mi guardano leggermente impauriti. Non è destino che io abbia pace oggi, in ogni caso, visto che Keisha si siede al nostro tavolo.Inizio a non sopportarla più e mi maledico per aver perso un anno di scuola alla ricerca delle mie origini, è stato inutile se non dannoso, adesso non dovrei fare i conti con Keisha e Joel.
“Cosa vuoi?”
“Ascolta, mi impegno solennemente a far sì che Joel si scusi, ma tu devi lasciarmi entrare nella casa, ci sono cose che devo spiegarti. Cose che sono molto importanti e che è bene tu sappia il più presto possibile o potrebbe succedere un casino.”
Io la guardo scettica.
“Lo so che non mi credi, ma se agissimo tropo tardi anche per la Terra sarebbe un guaio, loro puntano a tutti e due i pianeti.”
Io do un sorsata alla mia coca.
“Come faccio a sapere che non mi stai mentendo per avere il mio aiuto?”
Mi porge una pietra simile a quella che ha trovato Tom, io la stringo tra le mani, anche questa volta esce un flusso di immagini, ma solo io sono in grado di vederle.
Ci sono due alieni che parlano e dicono chiaramente che è ora di riprendersi il loro pianeta e la Terra, che avevano colonizzato precedentemente.
Potrebbe essere un falso anche questo, ma qualcosa nel profondo della mia mente mi dice che è terribilmente vero e che – a malincuore – devo concedere una possibilità a Keisha.
“Va bene, ci vediamo là dopo la scuola. Non provare a portare Joel o salta tutto, sono stata chiara?”
“Chiarissima.”
Il resto del pranzo trascorre in silenzio, io sono davvero di pessimo umore, ho paura che la mia vita sarà presto sconvolta del tutto e non mi va.
Forse sono pigra, forse sono menefreghista e non ho la stoffa dell’eroina, ma tremo all’idea che la mia vita cambi, ci ho messo un sacco a costruire questo equilibrio.
“Andrà tutto bene.”
Mi sussurra Tom.
“Io non ne sono tanto sicura.”
“Ce la faremo.”
Io annuisco, più per disperazione che per altro, alla rassicurazione di Tom, lui non sente i miei stessi presagi foschi.
Io ho la sensazione della catastrofe imminente e non mi piace per niente, meglio non dare comunque troppa confidenza a Keisha.
Le lezioni del pomeriggio trascorrono in una strana placida sonnolenza, mentre io sono tesissima, nemmeno dovessi andare in guerra al suono della campanella.
Non è proprio una guerra in senso tradizionale, ma in fondo è così.
Keisha sale in macchina con me e Izzie, Tom ci segue, Johnny immagino sia già là, ormai trascorre là la maggior parte del tempo.
Durante il percorso lei cerca di rompere il ghiaccio, io però non le do retta e mi concentro su una strada che conosco a memoria.
Arrivati, parcheggiamo e le faccio cenno di seguirmi.
“Mi parlerai prima o poi?
Lassù eravamo migliori amiche.”
“Lassù non ero nemmeno io e comunque tornerò parlarti una volta che sarò certa che non ci hai fatto qualche scherzo e ti sei portata dietro anche Joel.” 
“Non l’ho fatto.”
Arrivati alla porta, entriamo e –  come previsto – Johnny sonnecchia sul divano.
“Adesso scopriremo la verità.”
Mi avvicino alla colonna centrale e noto che i puntini corrispondono a chi c’è nella stanza e che Joel è in città.
“Beh, non ci hai mentito.
JOHNNY!”
Urlo, facendolo svegliare.
“Cosa cazzo succede?
Non sei più capace di svegliare le persone normalmente?”
Mi chiede irritato.
“C’è Keisha che vuole parlare con noi.”
Lui bestemmia ancora un paio di volte e poi ci rivolge la sua piena attenzione.
“Beh, come mai sei qui?”
Le chiede.
“Devo darvi le armi che usavate lassù e spiegarvi come si usano.”
“Va bene.”
Keisha si fruga in borsa ed estrae una collana lunghissima fatte di un materiale lucido e nero e un anello, la collana è mia, l’anello di Jo.
“Beh?”
“Prova a sfregare il tuo anello, Johnny.”
Lui annuisce e una spada fatta di una materia semi solida, luminescente, di colore azzurro. Lui se la rigira incredulo tra le mani.
“Questa era la tua arma, con quella hai ucciso molti dei nostri nemici.”
“Non è solida.”
“No, ma il materiale di cui è fatta azzera le funzioni vitali e riduce in cenere qualunque cosa incontri.”
“Posso provare?”
“Esci fuori, non vorrai danneggiare questo posto?”
Gli chiedo ansiosa, lui annuisce e usciamo tutti, lui prova a tagliare un masso ed incredibilmente finisce davvero per diventare un mucchietto di cenere.
Letale.
“E questa collana cosa fa?”
“Concentrati un attimo e aspetta.”
Mi concentro, sia la collana che il mio tatuaggio diventano caldi, sembrano quasi comunicare tra di loro e io ho la brutta impressione di andare a fuoco.
Poco dopo finisce e sento solo le palline calde.
“Dentro ogni pallina c’è un soldato, puoi richiamarne in tutto milleottanta per difenderti e per avere un battaglione in più.”
“Cosa devo  fare per farli uscire?”
“Cerca di fare un cerchio con la collana e poi urla: “demitto!”,  uscirà il numero di uomini che desideri.”
Io faccio qualche prova ed effettivamente escono degli strani uomini fatti di una sostanza appena più solida della spada di Johnny.
Eseguono ogni mio ordine.
“Come faccio a farli tornare dentro?”
“Fai un cerchio con la collana e urla: “Redeo!”.
“Come mai avete scelto il latino?”
“Si adattava di più alle nostre esigenze.”
Rimango un attimo in silenzio, contemplando la collana.
“E cosa c’è nelle piume, Keisha?”
“Concentrati.”
Faccio come dice e mi ritrovo tra le mani una falce.
“Ha qualche potere nascosto?”
Chiedo perché ho l’impressione che non sia finita qui.
“Concentrati un altro po’.”
Una lama fatta della stessa sostanza della spada di Johnny spunta dall’altro lato della falce.
“Wow!”
La guardo ammirata.
“È meravigliosa ed è ancora più letale di quella di Johnny.”
“Lassù eri tu a essere quella più potente. Il giorno che ti hanno ucciso i ribelli hanno festeggiato ampliamente.”
“Beh, immagino.”
Fa un po’ strano sentire parlare della propria morte ed essere ancora vivi.
“Come  facciamo a esercitarci nella stanza?”
“Beh,dovete chiederglielo e potete usare i soldati della collana, si riformano quando vengono colpiti da quel materiale.”
“Un po’mi dispiace per loro.”
“Non ti preoccupare, saranno lieti di aiutarti, è per quello che sono qui.”
Io annuisco, ancora un po’stordita.
Rientriamo tutti e Keisha si mette davanti alla colonna centrale e comincia a parlare una strana lingua, fatta di suoni dolci alternati ad altri più sibilanti.
“Spostatevi.”
Ci ordina, noi facciamo appena in tempo a darle ascolto che delle scale si aprono nel pavimento, Keisha ci invita a seguirla e ci troviamo in un grande locale, le pareti sono morbide e lo è anche il pavimento.
“Qui potete esercitarvi come volete, vi darò qualche lezioni, ma spero che non ci voglia molto a riattivare i ricordi della vostra vita precedente. Riattivati quelli saprete maneggiare le vostre armi.”
Sembra facile detto così, ma non sono sicura che lo sarà nella realtà. Non ho idea di quanto ci vorrà per riottenere quei ricordi.
Non sono nemmeno sicura di volerli.
Che mal di testa!
“Beh, direi che possiamo esercitarci domani, no?”
Keisha annuisce, io guardo l’orologio: è ora di andare a casa e io sono stanca.
Non è stanchezze fisica, ma mentale; sento di avere il cervello in pappa, i miei pensieri vorticano senza un senso compiuto, come fumo di sigaretta e a volte cozzano come palline da flipper.
Ce ne andiamo dalla casa, solo io sembro rintronata, Johnny sta reagendo benissimo e guarda compiaciuto il suo nuovo anello, io invece guardo la collana con un misto di reverenza e paura.
È un oggetto potente, e se ne perdessi il controllo?
Una fitta di mal di testa si fa sentire, ho parlato troppo di alieni oggi e non sono nemmeno in grado di guidare, così affido a Izzie le chiavi della macchina. Io mi rintano sui sedili posteriori, stretta tra le braccia di Tom.
“Stai bene?”
Mi chiede.
“Sì, solo ho ricevuto troppe informazioni tutte insieme e sono in sovraccarico, ho bisogno di dormire.”
“Allora riposati.”
Mi addormento poco dopo e mia sorella e Tom fanno una discreta fatica a svegliarmi, esco dalla macchina con l’andatura da zombie.
Fanculo alla mia vita!
Entro in casa e mi siedo a tavola, la cena è già pronta e spero che questo mi tiri su di morale e tolga un po’ della stanchezza.
“Stai bene?”
Persino mia madre si è accorta che non sto bene.
“Sì, solo una giornata massacrante a scuola, una bella dormita mi rimetterà in sesto.”
Lei annuisce e quindi non mi dice nulla quando salgo in camera mia subito dopo aver mangiato, il letto mi chiama e io ho intenzione di rispondergli.
Prima però decido di provare a prendere un’aspirina per vedere se funziona anche su noi alieni, presa quella, mi metto in pigiama e non appena la mia testa tocca il cuscino cado in un sogno senza sogni né incubi.
La mattina dopo ci vuole tutta la forza di volontà di Isabel per estrarmi da quel buco nero, quando finalmente apro gli occhi mi accorgo che è sudata e incredula.
“Cazzo, non ti svegliavi! Pensavo fossi morta!”
“Ma va!”
Mi alzo, i piedi mi reggono, è tutto ok.
Mi sento solo la teste pesante, ma posso sopportarlo, oggi è venerdì: ho tutto il fine settimana per riprendermi.
“Izzie, ti fa niente guidare tu oggi?”
“No.”
Mi lavo, mi vesto e metto la mia nuova collana, sembra pesare dieci tonnellate, forse sono gli uomini rinchiusi nelle palline lucide e nere che la rendono così pesante.
Una brutta idea mi attraversa il cervello: e se questi uomini si nutrissero della mia energia vitale, come se fossero vampiri?
Non può essere così, Keisha me l’avrebbe detto o forse no. Lei vuole che la missione sia terminata, esattamente come Joel, non le importa a che prezzo probabilmente.
E cosa sono io?
Solo una pedina nelle sue mani, come lo sono Johnny, Tom e Izzie e quelli che verranno a sapere del segreto.
Per la prima volta in vita mia ho paura, una paura istintiva, di quelle che ti strizzano le viscere e ti tolgono il fiato dai polmoni.
E se questa fosse una missione suicida?

Angolo di Layla

Grazie a DeliciousApplePie per la recensione.

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Capitolo 12
*** 12) Ricordi (ora so chi sono). ***


12) Ricordi (ora so chi sono).

 

Non ho mai vissuto un venerdì in cui le lezioni scorressero via così lentamente.
Seguo le lezioni con difficoltà, prendo appunto con una grafia incerta – che non sembra nemmeno la mia – e ho la testa pesante.
Non ho mai sofferto di una qualche malattia terrestre, tipo febbre o raffreddore, ma credo che oggi sia arrivato il mio momento.
Finalmente – dopo un tempo infinito – suona la campanella del pranzo, come al solito io, mia sorella e Tom ci mettiamo a un tavolo, oggi si aggiunge anche Keisha, mentre Joel rimane al suo tavolo da solo.
Meglio.
Non ho voglia di sopportare le sue stronzate oggi, non ne ho proprio la forza di sentirle.
“Ehi, stai bene?”
Mi chiede Tom.
“Sì, ho solo la testa un po’ pesante, nulla di cui preoccuparsi.”
“Ti vedo più pallida del solito, se è possibile.”
Io scuoto le spalle.
“Gente, che ne dite se stasera si va al Soma?”
Annuiamo tutti, spero che un po’ di divertimento mi aiuti a recuperare la forma, oltre alla testa pesante, sento  il tatuaggio e la collana scottare.
Avrei potuto lasciarla a casa, ovviamente, ma non mi va di lasciare incustodito un oggetto così potente, non ho idea di che cosa potrebbe succedere se la mettesse, ad esempio, mia madre.
Magari non le succede nulla, ma magari rimane morta fulminata.
“Chia, sei dei nostri?”
“Certo.”
“Viene anche Keisha, non fa niente vero?”
Io scuoto la testa.
“Può venire, basta che non si porti dietro anche Joel.”
“Tranquilla, lui rimarrà a casa. Fino a quando non gli parlerai?”
“Finché non riceverò le scuse che mi deve.”
Taglio corto, secca.
Il signorino non si è minimamente impegnato nel mostrarsi pentito o cose del genere, è rimasto semplicemente sulle sue, come se fossimo tutti lebbrosi.
“Ci sto lavorando, ma è testardo come un mulo!”
Keisha tenta, come sempre, di difenderlo, ma ormai le sue parole non fanno presa su di me, deve essere Joel a parlare, non sua sorella.
Dopo la pausa pranzo anche le ore pomeridiane di lezione si trascinano lente e noiose, pensavo sarei stata felice di ritrovare le mie origini, invece ora desidererei soltanto non sapere nulla.
Vorrei non avere questa collana al collo che a volte stringe come la catena di un carcerato e quei simboli che bruciano sulla schiena come se fossero fatti della stessa materia dell’inferno.
Suonata l’ultima campanella mi dirigo come uno zombie verso la macchina, lasciando che sia mia sorella a guidare, io non me la sento.
Arrivata a casa mi butto a letto e mi sveglio solo quando Izzie mi sveglia per dirmi che è pronta la cena.
“Scendo subito.”
“Sei sicura di voler venire al Soma in queste condizioni?”
“Sì, voglio vedere Tom.”
Lei annuisce, ma sembra preoccupata. Gesù, devo proprio avere un aspetto orribile se spavento persino mia sorella!
Prima di scendere mi do una sistemata, per non preoccupare ai miei, mi siedo giusto in tempo per vedere la cena arrivare in tavola.
Mamma ha fatto le cotolette, buonissime!
Le mangio con appetito, forse inizio a migliorare!
“Dove pensate di andare questa sera, ragazze?”
Ci chiede nostro padre.
“Al Soma con i ragazzi.”
“Verrà anche Johnny?”
Io guardo Izzie, mi sono dimenticata di chiamarlo.
“Sì, viene anche lui. L’ho chiamato mentre Chia dormiva.”
“Grazie, Isabel.”
“Figurati.”
Mio padre sospira.
“Beh, se c’è lui mi sento sollevato. I malintenzionati vi staranno alla larga, lui fa paura.”
Mia madre storce il naso, ma non aggiunge nient’altro, temo che non apprezzerà mai Johnny, nemmeno se mi salvasse la vita.
Finita la cena, lavo io i piatti e poi corro a prepararmi, non metterò nulla di speciale.
Indosso un paio di pantaloni neri larghi e una maglia verde acido con disegni di teschi, una felpa gialla e verde dell’Adidas, dei vecchi anfibi e una sciarpa. Non fa ancora così freddo per mettersi il giubbotto di pelle o un cappotto.
Mia sorella invece indossa una gonna di jeans forse un po’ troppo corta stracciata, una maglia dei blink, un felpa rossa e degli anfibi dello stesso colore.
Mamma guarda con disapprovazione la gonna, ma alla fine la fa uscire.
Izzie si mette al volante  e si dirige verso casa di Johnny, non appena lui è entrato anche lui nota che sono troppo pallida e sciupata.
Cosa posso farci?
Mi sono truccata per rendermi decente e se non basta quello non so fare i miracoli.
Poi raccatta anche Keisha e io mi chiudo nel mio solito mutismo, solo Johnny le parla, mia sorella deve fare attenzione alla strada, di solito sono io quella che guida per andare a San Diego.
“Hai una brutta faccia, Chia.
Molto bene.”
Io la guardo senza capire, mi sta prendendo in giro?
“Significa che forse presto riacquisterai i ricordi della tua vita precedente.”
“Wow.”
Rispondo piatta.
Speriamo che il gioco valga la candela.
Arriviamo al locale, parcheggiamo e poi sia io che mia sorella voliamo nelle braccia dei nostri rispettivi ragazzi, mettendo a disagio Johnny e Keisha.
“Anne non c’è?”
Il tono di Johnny è cauto, ma Mark lo fulmina lo stesso.
“È a Los Angeles con mia madre, per questioni che riguardano il divorzio.”
“Hai la casa tutta per te allora, stronzo!”
Tom rifila un pugnetto nella pancia del suo amico per stemperare la tensione e ci riesce.
“Sì, dopo vado a far festa!”
Io sorrido, poi – da un momento all’altro – la testa inizia a girarmi e rischio di cadere a terra, Tom mi prende appena in tempo.
“Cosa hai?”
“La testa… Ho la testa in fiamme.”
Rantolo, prima di finire segregata in una dimensione di semi oblio.
“Cosa facciamo Keisha?”
Lei rimane un attimo in silenzio, poi guarda Mark.
“La portiamo a casa sua.”
“E perché non in ospedale?”
Chiede un pallidissimo Mark.
“Perché non possiamo, poi ti spiego.”
Taglia corto Johnny.
“DeLonge, ce la fai a portarla in macchina o vuoi una mano?”
“Ce la faccio.”
Mi porta nella mia macchina e mi fa stendere sui sedili posteriori, ho la testa appoggiata sulle sue gambe. Davanti a noi ci sono Izzie al volante e Keisha.
Johnny deve essere andato con Mark.
La mia testa è pesante, in fiamme e ogni tanto colgo alcuni flash della mia vita passata, sulla terra non esiste un cielo così viola con due lune.
Arriviamo a casa di Mark, Tom mi porta in braccio sul divano e poco dopo sento un fresco sollievo alla testa: mi hanno messo una pezza bagnata sulla fronte.
Che bello.
“Cosa facciamo?”
Chiede isterico Tom a Keisha.
“Non so, dobbiamo mantenerla a questa temperatura, ma non so come. È al limite della fusione.”
 “Ragazzi?"
"Cosa intendi dire con fusione?
Cosa le hai fatto?”
Il tono di Johnny è duro e tagliente, è chiaramente furioso.
“Non le abbiamo fatto nulla, le ho solo sbloccato il meccanismo che teneva prigionieri i suoi ricordo della vita precedente!”
“E non hai pensato che forse le sono stati bloccati perché le fanno male?”
“RAGAZZI!”
Quello di Mark ormai è un urlo e tutti si voltano verso di lui.
“Volete spiegarmi cosa succede?
Chia sta per morire, ha 46 di febbre e delira su pianeti con due lune e ribelli e voi parlate di cose assurde come vite precedenti e fusione. Voglio – anzi esigo – una spiegazione!”
Vedo – dalla mia stranissima prospettiva distaccata – che Izzie, Keisha, Tom e Johnny si guardano l’uno l’altro, alla fine sia Johnny che Keisha fanno un lieve cenno di assenso.
“Mark, siediti.”
Mia sorella lo fa dolcemente sedere su una sedia e Johnny inizia a parlare.
“Io, Chia e Keisha siamo tre alieni.”
“Non è possibile!”
Mark li guarda a occhi sgranati, senza dire nulla Jo fa alzare in volo tutti gli oggetti della stanza e Keisha trasforma un orrendo vaso a fantasia fiorata nel busto di Machiavelli.
Mark  rischia di svenire.
“Allora non stavate scherzando.”
“Assolutamente no.”
Lui si passa la mano sul viso.
“Beh, immagino che il fatto che Chia stia delirando a una temperatura impossibile per un umano lo provi. Cosa volete fare?
E poi cosa c’entra la sua vita precedente?”
Keisha sospira.
“Beh, tecnicamente né John né Chia sono del tutto alieni. Abbiamo sintetizzato il dna della nostra regina e del suo fidanzato con del dna terrestre e abbiamo chiuso in uno scomparto della mente i loro ricordi della vita precedente.
Io e mio fratello Joel siamo qui per liberare questi ricordi e per portare a termine una missione, che consiste nel uccidere alieni ostili e soprattutto eliminare le loro uova.”
“Ok, fino a qui ci sono. Ma ora mi volete spiegare cosa volete farne di Chia e perché sta così?”
È di nuovo Keisha che parla.
“Ieri le ho affidato una cosa molto importante e che dovrebbe aiutarla ad aprire la porta ai suoi ricordi. Ha aperto questa porta, il problema è che il suo cervello si sta sovraccaricando come un computer che riceve troppi dati, ecco che ha la febbre.
Io non posso interrompere questo processo, ma non so cosa fare per mantenerla a una temperatura costante.”
“Chia aveva ragione, a voi due non importa nulla di come stiamo, siete solo interessati a noi come armi per la vostra missione!”
Johnny fulmina la viola con lo sguardo, curioso che sia giunto alle mie stesse conclusioni.
“Non dire così, Johnny! Non è vero!
Non è assolutamente vero, è che voi siete i primi ad essere stati sottoposti a questi trattamenti, volevamo essere sicuri che sopravviveste, per questo avete anche del dna terrestre.”
“Forse potreste raffreddarla.”
Si voltano tutti verso Izzie.
“Insomma quando quella luce blu esce dalle vostre mani fatela uscire fredda, non lo so.
Cazzo, siete voi gli alieni non io! Io rivoglio indietro mia sorella e vorrei che voi spariste dalla vostra vita, da quando vi ha incontrato non ha fatto altro che stare male.”
Izzie scoppia a piangere e Mark la abbraccia immediatamente, Keisha abbassa gli occhi.
“Johnny, Tom datemi una mano e proviamo a fare quello che dice Isabel.”
Mark guarda il suo migliore amico sorpreso.
“Sei un alieno anche tu?”
“Una specie. Hai presente il casino al Blue Moon?”
“Sì, ti davano per morto, ma alla fine non ti eri fatto nemmeno un graffio.”
Tom sospira.
“Ero quasi  morto, la pallottola mi era entrata nello stomaco, Chia mi ha salvato la vita, solo che questo ha implicato che il mio dna venisse modificato e che diventassi un po’ alieno anche io.
Ho alcuni dei loro poteri.”
Mark annuisce con occhi vacui, non sono l’unica che sta per andare in tilt!
In ogni caso i tre si mettono intorno a me e cercano di raffreddarmi o almeno ci provano, infatti inizio a sentire un po’ di refrigerio e anche la mia parte che sta assorbendo i ricordi si sente andare a fuoco un po’ di meno.
“Izzie!”
“Cosa c’è Keisha?”
“Penso che ci vorrà tutta la notte per aiutare tua sorella, chiama tua madre e inventati qualcosa, idem Mark pensa qualcosa per Tom.”
Annuiscono tutti e due.
Mia sorella esce di casa con il telefonino in mano, Mark cerca il cordless e chiama casa DeLonge, inventandosi che Tom si fermerà a dormire da lui perché è troppo ubriaco per tornare a Poway.
Izzie ritorna poco dopo pallida.
“Ho detto a mia madre che siamo a dormire a casa di Anne, la sorella di Mark perché Chia non si sentiva bene e io non ero in grado di guidare.
Mi ha fatto una predica, ma se l’è bevuta almeno.”
Sospirano tutti, la notte è lunga.
 

All’alba mi sembra di riemergere dal fondo dell’oceano.
I miei tre salvatori si sono addormentati tutti e tre e giacciono a terra in pose scomposte, Tom mi tiene ancora la mano, in quanto a Izzie e Mark dormono abbracciati su una poltrona vicino al divano.
Io mi sento la testa leggera e il corpo debole, sono molto sudata.
Ora ricordo tutto, il palazzo fatto di marmo bianco, le lunghe corse fatte su quei corridoi lucidi da bambina con mio fratello. Giocare a nascondino nel giardino pieno di piante strane e che rilucevano di luce propria anche di giorno insieme a Keisha.
E poi ricordo quando la fazione rivale alla nostra fece irruzione nel palazzo,avevano fucili spianati e sguardi di ghiaccio. Uccisero i miei genitori sotto i miei occhi e quelli di mio fratello, eravamo nascosti in una stanza segreta vicina al trono, ricordo che volevo piangere, urlare, fare loro del male, ma non potevo fare nessuna delle tre cose.
I ribelli dovevano uccidere anche noi, ma non ci hanno mai trovato, il padre di Keisha ci ha fatto uscire da palazzo e unire alla resistenza.
Mio fratello aveva quindici anni, io solo tredici, passai dal maneggiare bambole e aggeggi per il cucito al maneggiare fucili, bombe e granate.
Poco dopo mi venne consegnata la milleottanta, come chiamano la mia collana, e divenni il terrore dei nostri nemici. Il nostro gruppo di resistenza era molto piccolo, ma estremamente forte.
Guardo Johnny e mi ricordo di quanto l’ho amato allora, era un amore viscerale, di quelli in cui si è disposti a morire insieme piuttosto che stare separati, ora però per me è solo un amico.
Guardo Tom e quella mano stretta alla mia, è lui che amo ora, è per lui che farei di tutto.
Ricordo l’ultima missione, era una missione suicida che avevano affidato a me e a John, la accettammo senza neanche un ripensamento. Compiuto quella mio fratello sarebbe tornato sul trono e poi ci avrebbero mandati qui per eliminare del tutto i nostri nemici con l’aiuto di Keisha e Joel che avevano svolto egregiamente il loro ruolo di infiltrati tra gli abitanti di Naria, una delle nostre lune. I miei l’avevano previsto in caso di emergenza e mia madre aveva registrato anni prima il messaggio che ho visto io.
Buffo, come tutto ora sia morto e sepolto, ma mi richiami.
Questa missione va fatta, non mi piace per nulla, vorrei non avere questo fardello, ma ornai è tardi. Fatta questa, sarò libera di essere una terrestre.
Ho visto il mio mondo e non mi manca, forse solo la natura, magari in futuro io e Tom ci faremo un giro.
La mano di Tom si muove leggermente, poco dopo i suoi occhi scuri mi fissano e sul suo volto si accende un sorriso.
“Sei tornata.”
“Sì, ho attraversato l’inferno a piedi da sola o quasi.”
Gli sorrido.
“Adesso che hai tutti i ricordi chi ami?
Me o Johnny?”
“Te, stupido.
Sono morta in quella vita e non sono quella che ero allora, sono cambiata.
La principessa Ava è morta per salvare la sua patria, qui c’è solo Chia.”
“Non rivuoi quel ruolo?”
Io scuoto la testa.
“Non tocca più a me. Ho un debito verso il mio pianeta e lo pagherò eseguendo la missione che ci hanno assegnato, poi potrò essere libera, ci penserà mio fratello al mio pianeta.”
“Com’è tuo fratello?”
“Un ragazzo dalla chioma blu e dalla pelle troppo chiara, anche i miei capelli naturalmente sono azzurri.”
Lui sorride, il nostro chiacchiericcio ha svegliato anche Johnny e Keisha.
“Tutto bene?”
Chiede il mio amico.
“Tutto bene. È stato molto romantico morire insieme, ma qui non lo faremo.”
“No, tu non mi ami.”
Io rido.
“Nemmeno tu se per questo!”
Lui fa uno strano verso.
“Keisha, eravamo migliori amiche allora.”
Lei annuisce.
“Spero che anche qui potremo esserlo, anche se mi rendo conto che tu non sei Ava. Io credevo stupidamente di ritrovarla uguale a come l’ho lasciata, non ho pensato al fatto che per lei probabilmente ero solo un’estranea un po’ invadente.”
Ci sorridiamo.
“Svegliamo anche la coppietta?”
Io annuisco, Johnny scuote delicatamente Mark, che lo guarda senza capire, poi nota che sono sveglia e mi sorride.
“Sei davvero una ragazza piena di sorprese, prima addomestichi DeLonge..”
“Io non sono un cane!”
“Po si scopre che sei un’aliena. Sono in debito con te per aver salvato la vita del mio migliore amico.”
“Figurati.”
Mia sorella, sentendo la mia voce sguscia fuori dalle braccia di Mark e mi stritola, piangendo.
“Non farmi più spaventare così!
Ieri sera pensavo saresti morta, avevi la febbre, deliravi, a un certo punto ti sei messa persino a levitare urlando come se ti stessero uccidendo.”
“Mi dispiace, cercherò di non farlo più, ma ora sto bene.”
“Per fortuna o non avrei saputo giustificare la tua morte alla mamma.”
All’improvviso scoppiamo tutte e due a ridere senza una ragione precisa e gli altri si uniscono a noi, non so se sia pazzia o uno sfogo isterico a lungo represso. Forse tutte e due.
Sono qui e sono ancora viva e guardando il salotto di Mark non posso fare a meno di ringraziare una divinità superiore che ha deciso che io meritassi di continuare a vivere.
La mia missione non sarà facile, forse ci saranno giorni in cui starò peggio di così, ma per ora sono solo felice di essere viva e circondata dalle persone che amo.
Sorrido come non ho mai sorriso prima, ho capito quanto sono importanti le cose che ho proprio quanto rischiavi di perderle.
Per un attimo il fuoco che divampava dentro me mi aveva sopraffatta e l’unico motivo per cui sono riuscita a domarlo e a tornare indietro è in questa stanza.
Sono tornata per la dolcezza di Izzie.
Per poter sentirmi ancora completa con Tom accanto.
Per capire cosa vuole Keisha da me.
Per divertirmi come una matta con Mark.
Sono tornata per abbracciare John come una sorella fa con un fratello che non si vede da tanto tempo.
Grazie a tutti, anche se non lo saprete mai.

Angolo di Layla

Ringrazio DeliciousApplePie per la recensione.

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Capitolo 13
*** 13) Le peggiori scuse della storia. ***


13) Le peggiori scuse della storia.

 

Tornare a casa dopo una notte trascorsa presumibilmente malata non è un’esperienza bella.
Mia madre mi ha accolto con una  faccia furiosa e ha sgridato prima me per essere uscita nonostante fosse malata e poi mia sorella per aver bevuto con me in quelle condizioni.
Noi rimaniamo in silenzio e dopo il predicozzo ci viene concesso di salire in camera, dobbiamo avere entrambe un brutto aspetto.
Beh, per quanto riguarda me è normale dopo aver avuto un febbrone e aver recuperato i ricordi di una vita passata. Potrei fare soldi a palate se andassi in qualche programma sul paranormale.
Scoppio a ridere da sola immaginandomi in un talk show che parlo tranquillamente del fatto che c’è un altro pianeta di cui ero la principessa e una massa di deficienti mi guarda a bocca aperta e mi crede.
Mi metto sotto le coperte con in testa l’eco della mia risata e dormo fino a mezzogiorno, ossia fino a quando mia madre non sale a chiamare me e mia sorella.
“Forza, ragazze. È pronto il pranzo, scendete.
Hai un aspetto molto migliore rispetto a ieri sera.”
Io sbadiglio.
“Durante la notte devo avere sfebbrato o qualcosa del genere.”
Scendo in pigiama e mi siedo al mio posto, mamma mette due fette di arrosto nel mio piatto. Pensavo di non essere in grado di ingurgitare nulla, invece scopro di avere un discreti appetito e mangio normalmente.
“Sono contenta che tu stia meglio. Da dove arriva quella collana, a proposito?”
Si riferisce alla milleottanta.
“Me l’ha regalata Tom.”
“Ti sta bene.”
“Grazie, mamma.”
L’aiuto con la cucina e poi salgo in camera a fare i compiti, sono tanti, ma ce la posso fare.
Oltre a loro resta in sospeso la questione “Joel”, deve ancora scusarmi e ne sono ancora più convinta dopo aver ritrovato tutti i miei ricordi.
Se vuole la mia collaborazione deve smettere di comportarsi così.
Attacco la montagna di compiti, all’ora di cena è notevolmente diminuita ed è praticamente azzerata alle dieci.
Ho mal di testa, rispondo all’sms della buonanotte di Tom e mi metto a letto anche io.
La mattina dopo torno a scuola guardinga, saluto Keisha da lontano, bacio Tome ed entriamo come al solito mano nella mano, Joel ci guarda corrucciato dal suo angolino.
“Non cede di un millimetro.”
Commenta acido Tom, è strano sentirlo fare l’acido, di solito sono io.
“No, non cede, ma dovrà cedere.
Tom, come mai sei così nervoso?”
Lui non mi risponde, chiederò a Mark, lui di solito sa cosa gira nella testa del suo amico, potrei entrare nella sua mente con la telepatia, ma mi sembra poco carino.
L’unica cosa che mi rimane è stringere più forte la sua mano.
Ci lasciamo per la prima ora, io  ho spagnolo, lui matematica.
“Ehi, Izzie. Non ti sembra che Tom sia strano stamattina?”
Lei annuisce.
“Deve essere per quello che è successo sabato, non sono cose che succedono tutti i giorni.”
Io annuisco, ma non sono del tutto convinta, deve essere successo qualcosa.
“Spero che non decida di mollarmi. Ne avrebbe tutte le ragione, non potrei dargli torto, ma mi farebbe dannatamente male.”
“Perché mai dovrebbe farlo?
Non capisco.”
Io non dico nulla.
Per un ragazzo abituato alle storie breve essere coinvolto in una storia seria interplanetaria deve essere un casino.
Tutta la giornata scorre in un modo triste e lento, quando finiscono le lezioni sgattaiolo da Mark e aspetto che possa parlarmi dopo la fine del suo turno.
Rimango un’ora ad aspettare fuori dal negozio e poi non appena lo vedo da solo, senza colleghi, scendo dalla macchina.
“Mark!”
Lui si volta.
“Ah, sei tu.
Ciao!”
“Ciao. Ti va se prendiamo un caffè?”
Lui mi guarda perplesso.
“Devo chiederti alcune cose, non preoccuparti, non c’è nessun secondo fine.”
Lui annuisce e ci infiliamo nel primo bar che incontriamo.
“Cosa c’è, Chia?”
Io mi rigiro nervosa i pollici.
“Tom ha qualcosa di strano e vorrei sapere cosa.”
Lui sospira.
“Niente, ha solo paura che tu ti rimetta con Johnny.”
Io sbarro gli occhi.
“Io e Johnny?
No, è impossibile, è acqua passata, gliel’ho detto.
Perché non mi crede?”
“Non lo so, è rimasto scosso da quello che è successo sabato.
Si è sentito impotente, non sapeva come aiutarti e Johnny sì.”
Io mi porto le mani davanti al viso.
“Lo sapevo che mi avrebbe lasciato per quel motivo.”
“Non ti vuole lasciare! Solo pensa che forse staresti meglio con Johnny!”
“Grazie, Mark. Vado a fare un discorso al mio ragazzo.”
Ci salutiamo e io torno a Poway, purtroppo prima devo passare a casa mia per la cena, la mia visita a Tom è rimandata.
A casa mangio svogliatamente, poi urlo a mia madre che vado da Tom.
“Non è un po’ tardi?”
“Devo parlargli urgentemente.”
Rispondo io, lei alza le spalle.
“Ok, non fare troppo tardi.”
“Va bene.”
Percorro a piedi la strada verso casa di Tom domandomi cosa passi per la mente di quel ragazzo, arrivata suono. Mi viene ad aprire una signora bionda che suppongo sia sua madre.
“Buonasera, devo vedere Tom.”
Lei annuisce e mi indica il garage.
“Sopra il garage c’è una stanza che è il suo rifugio, lo troverai lì.”
Io annuisco soddisfatta.
“Grazie mille, signora.”
Io mi dirigo verso il garage e faccio il giro, sul retro c’è una scala esterna che dà accesso a una stanza sopra il garage. Salgo i gradini e apro la porta, Tom è seduto su un divano e sta suonando una chitarra.
Smette non appena mi vede.
“Sei venuta a lasciarmi?”
Chiede con un tono forzatamente leggero.
“No, sono venuta a dirti che sei un idiota. Non ho nessuna – e sottolineo nessuna – intenzione di lasciarti. È te che voglio e non Johnny, non significa nulla che lui sia stato il mio precedente fidanzato, l’hai sentita mia madre, no?
Johnny per me è come un fratello, non un ragazzo di cui potrei innamorarmi, abbiamo già provato e non ha funzionato.
Non hai nulla da temere, io ti amo.”
“Sei sicura?
Non sarebbe meglio un guerriero come lui invece di un perdente come me?”
“Sicurissima e non sei un perdente. Ti aiuterò anche per i poteri, credi che io sappia maneggiare alla perfezione questa collana solo perché l’ho portata in un’altra vita?”
Lui non dice nulla.
“Tom, ti prego dimmi qualcosa.
Se ti sei stufato di me o non ti piaccio più dimmelo.”
Lui mi guarda stranito.
“Mi piaci e non mi sono stufato di te.”
“Allora ce la faremo insieme, vuoi?
Mi vuoi?”
Lui si alza dal divano e si avvicina a me, mi fissa a lungo con quei suoi occhi castani, sembra voglia leggermi l’anima.
In un attimo mi ritrovo nelle sue braccia, avvolta dal calore del suo abbraccio.
“Ti amo, Chia.
Ti amo, scusa se sono un coglione.”
“Non sei un coglione.”
Ci baciamo di nuovo e a lungo.
Per fortuna si è risolto tutto,non potrei vivere senza Tom ora come ora.
 

La mattina dopo mi sveglio più allegra.
Non c’è una vera ragione per la mia allegria, fuori il tempo è grigio e sta piovendo, rendendo il mio quartiere terribilmente anonimo.
Forse è perché ho fatto pace con Tom e ho capito quanto ci tiene a me, cosa che non credevo possibile.
In ogni caso scendo a fare colazione perfettamente lavata e vestita: indosso una mini di jeans con dei ritagli di tessuto leopardato che ricadono in brandelli precisi sulle mie calze a rete, e una maglia nera con degli spacchi sulle maniche.
Penso che basterà mettere una giacca e degli anfibi per combattere questo tempo così brutto.
Mia sorella invece indossa un vestito nero e sbadiglia sonoramente.
“Tutto bene?”
“No, io e Mark abbiamo litigato.”
Lei non dice più nulla e io non indago oltre, glielo chiederò quando saremo in macchina.
Finiamo di fare colazione, recuperiamo gli zaini, salutiamo mamma e ce ne andiamo.
Non appena entriamo in macchina le chiedo cosa è successo con Mark, è una pasta d’uomo, faccio fatica ad immaginarmelo mentre litiga con Izzie.
“Isabel, cosa è successo?”
“Non gli è piaciuto il fatto che gli ho tenuto nascosto di voi, l’ha presa come una mancanza di fiducia.”
Io sospiro.
“Gli parlerò io, capirà.
Sempre se vuoi.”
Lei fissa per un attimo il parabrezza, poi annuisce lentamente.
“Sì, puoi provarci. Forse così capirà che ha sbagliato, io mi fido di lui.”
“Va bene, oggi vado da lui dopo che ha finito di lavorare, magari ci porto anche Tom, almeno lui non pensa male.”
Izzie mi guarda senza capire.
“È geloso di Johnny.”
“Geloso? Non avrei mai creduto che Tom DeLonge potesse geloso di qualcuno, i miracoli accadono!
In fondo però non ha tutti i torti, tu e Johnny vi amavate.”
“In un’altra vita. Adesso io amo Tom e credo che lui ami Anne, vorrei che si decidesse a dirlo a quella povera ragazza perché lei sta dando di matto.”
“Povera Anne, non se lo merita. È sempre così gentile.”
“Lo so, ma lo sai come è fatto Johnny.”
Lei fa una smorfia strana.
“Chia, credo tu sia l’unica persona che sappia come è fatto Johnny, lui non dà confidenza agli altri, nemmeno a me che sono tua sorella.”
“Ok. Allora diciamo che è un ragazzo molto orgoglioso e ha paura delle emozioni che prova, preferirebbe uccidersi che dire “ti voglio bene” o “ti amo”, hai capito il tipo, adesso?”
Lei annuisce.
“Sì, ho capito.
Ho capito che per Anne sarà una grana terribile, li direbbe che la ama solo in punto di morte!”
“Non esagerare, Izzie!”
Dico, rabbrividendo.
Arriviamo a scuola, parcheggio la macchina e quando scendiamo vediamo una figura venirci incontro: un ragazzo alto, pallido, con i capelli neri e vestito di nero.
Joel.
Il suo sguardo è freddo come il ghiaccio e la bocca è atteggiata in una sorta di sorriso crudele.
Cosa vuole?
“Joel, sua maestà, cosa le porta al nostro umile cospetto?”
“Smettila con la tua ironia del cazzo.”
“Se vuoi che la smetta porta la tua faccia da cazzo lontano da qui.”
Lui ride sarcastico.
“In certe cose non cambi mai, principessa.
Ti faccio le mie scuse anche se ritengo ancora che tu sia indegna di portare la milleottanta.”
“Joel, impegnati di più.
Scuse non accettate!”
Dico rossa di rabbia, intorno al mio collo sento le palline agitarsi e sento deboli echi di voci.
“Tu non puoi non accettarle!”
Urla furioso lui.
“E invece posso!”
Fa per avvicinarsi come per picchiarmi, ma io uso i miei poteri e lo scaglio via, dimentica di essere a scuola.
Corro verso l’edificio seguita da mia sorella con le lacrime che mi offuscano la vista, cerco di evitare le persone, ma alcune le urto comunque.
Alla fine arrivo all’armadietto che mi interessa, quello di Keisha. Con gesti nervosi mi tolgo la milleottanta dal collo e gliela porgo, lei mi guarda sorpresa.
“Joel ha detto che non ne sono degna, riprenditela.”
Lei non accenna ad allungare la mano, io la lascio cadere a terra e giro i tacchi, con la coda dell’occhio vedo Keisha abbassarsi per raccoglierla e allontanarsi come scottata.
“Chia!”
In un attimo l’aliena è accanto a me e mi porge la collana.
“La milleottanta è tua e solo tua, la collana ti ha riconosciuta come padrona e servirà solo te, in quanto a Joel questa volta mi sente sul serio.
Ha esagerato!”
Ha un’espressione davvero furiosa che mi strappa un sorriso malefico.
La lascio partire alla ricerca del suo riottoso fratellino, spero gli dia una bella strigliata e che lui abbassi la cresta. Lo odio.
“Cosa abbiamo fatto a quel Joel per odiarci così tanto?”
“Non lo so e non voglio saperlo, Isabel.
Dai, andiamo a mate.”
Lei annuisce e mi segue, che bell’inizio di giornata!
Prima mi rifilano un’arma micidiale che quasi mi manda all’altro mondo e poi mi si dice che non degna di portarla.
Mettetevi d’accordo!
Arriviamo in aula troppo tardi, per nostra immensa sfortuna rimangono solo posti davanti, il che significa alto pericolo di essere interrogate o di essere sottoposte a domande random. Il che è esattamente quello che ci vuole per una bella giornata!
Come avevo pronosticato vengo chiamata alla lavagna a fare degli esercizi e faccio una figura misera, non sono molto brava. Per questo motivo cerco sempre di mettermi in fondo, così il prof non mi
vede, fanculo a Joel.
Quello stupido razzista interplanetario mi sta solo causando grane e io dovrei spendere il mio tempo a cacciare alieni con lui!
A pranzo Keisha si siede con il fratello, mentre sto andando al mio solito tavolo la sento sgridare aspramente il fratello nelle sua lingua, Joel sembra scazzato.
Non lo sopporterò mai.
“Keisha lo sta cazziando, eh?”
Mi domanda mia sorella.
“Esattamente e spero che questa volta la predica vada a segno o non li aiuterò mai.”
“No, li devi aiutare!”
Mi dice a bassa voce Tom.
“Ne va del pianeta, Keisha ha detto che se si risvegliano proveranno ad attaccarci e io non ho voglia di recitare in un film fantascientifico di terz’ordine.”
Io sospiro.
“Anche questo è vero.”
“Che situazione di merda!”
Impreco, infilzando un pezzo di polpettone con la forchetta, che cibo disgustoso!
Non so perché ogni volta che mettono il polpettone nel menù in me sale la sicurezza che non ci mettono solo avanzi vegetali e animali, ma anche umani e qualche rifiuto tossico per dare un po’ di gusto al
tutto.
Le lezioni del pomeriggio sono un po’meno sfortunata, ma ho lo stesso il presentimento della catastrofe che si realizza quando mi trovo davanti Joel. Precisamente io, Izzie e Tom ci troviamo il piccolo lord oscuro davanti alla macchina.
“Ciao, cosa ti porta qui?”
Gli chiedo sarcastica, lo vedo stringere i pugni.
“Penso di dovere delle scuse a tutti voi.”
Io rimango un attimo in silenzio.
“Penso che le tue scuse siano tutt’altro che sincere, ma almeno per una volta ce l’hai fatta a non farci pesare che siamo solo creature inferiori e , visto che la missione riguarda anche la Terra, le accetto.”
“Cosa ci trovi di bello qui?
Lassù è centomila volte meglio.”
Io sorrido enigmatica.
“Amore, Joel, amore.”
Lui sbuffa e poi mi rivolge uno sguardo incredibilmente derisorio, come se avessi detto la cazzata del secolo. Io decido di ignorarlo.
“Oggi, comunque non sei ancora il benvenuto alla casa.”
Lui ci rivolge un ghigno storto.
“Lo so.”
Se ne va, io e gli altri due entriamo in macchina, ognuno è immerso nei proprio pensieri, oggi – per me, Johnny e Tom – è il primo giorno di allenamento nell’uso dei nostri poteri.
“Non sono state le scuse più sincere del mondo, vero?”
Esordisce mia sorella a un certo punto.
“No, non lo sono state, ma Tom ha ragione: se mi rifiuto di combattere ne andrà di mezzo anche la terra e non voglio.”
“Strano che tu mi dia ragione.”
Ride Tom.
“Spero che non mi scatenerai dietro milleottanta uomini pronti a uccidere la prima volta che litigheremo.”
“Beh, se ti trovassi con un’altra non te lo garantisco.”
Arriviamo alla solita piazzola e attraversiamo il deserto, Johnny e Keisha sono già lì.
“Ben arrivati!”
Scendiamo nella sala sotterranea, Keisha mi guarda.
“Ho bisogno che mi evochi due guerrieri dei tuoi, ti ricordi come si fa, vero?”
Io scuoto la testa, mi tolgo la collana dal collo, formo un cerchio perfetto che lancio in aria e poi ci salto attraverso gridando “Demitto!”
Quando una delle mie mani tocca terra sono apparsi due uomini. Il primo viene destinato a Johnny, in modo che possano duellare, il secondo per me.
Io sussurro a bassa voce “Falx” e la falce esce dalla piuma, per ora ha solo la parte argentata non  anche la parte di materia distruttrice che ha Jo nella sua spada.
Lentamente, sotto lo sguardo di Keisha e seguendo le sue istruzioni iniziamo a duellare, dopo un’ora sono già stanchissima e Johnny non è da me.
Keisha decide che è arrivato il momento di farci smettere, io esclamo uno stanco “Redeo” mentre salto nella collana di pietre nere.
I due uomini svaniscono subito.
“Domani ci ritroveremo qui alla stessa ora. Avete fatto molti progressi, soprattutto Tom.
Complimenti!”
Le sorridiamo stanchi.
Non sarà una missione facile, prima la iniziamo e prima la finiamo e torniamo alla nostra vita normale.
 

Angolodi Layla

Ringraziio DeliciousApplePie per la recensione

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Capitolo 14
*** 14) Il mistero del piccolo signore oscuro. ***


14) Il mistero del piccolo signore oscuro.

 

Per la seconda volta in poco tempo mi sento molto stanca.
Lascio Isabel a casa mia e lascio che sia Tom a mettersi al volante della mia macchina: direzione San Diego.
Ho un bisogno urgentissimo di parlare con Mark, la storia tra lui e Izzie non deve finire perché io ho taciuto qualcosa di molto importante a mia sorella e lei, a sua volta, ha cercato di proteggere il segreto. Sono io che ho sbagliato, non so ancora se nell’ averglielo tenuto nascosto così a lungo o coinvolgendola in questo manicomio.
Sia come sia, ora tocca a me cercare di rimediare, non me lo perdonerei mai se per me dovessero lasciarsi.
Maledetti alieni!
“Perché devi parlare con Mark?”
Mi chiede Tom.
“Perché ha litigato con Izzie per via del nostro segreto.”
“Capisco. Beh, se gli parlerai forse faranno pace.”
Io sospiro.
“Me lo auguro, non voglio che si lascino per colpa mia.”
Tom guida tranquillo fino a San Diego e poi punta direttamente verso casa di Mark, ormai lui dovrebbe aver staccato dal lavoro, io sbadiglio in continuazione.
Alla fine arriviamo in una strada di palazzi alti a fondo chiuso, l’ultima casa – che sbarra la strada – è un vecchio condominio degli anni ’50, di quelli con gli appartamenti disposti attorno a una piscina.
Tom parcheggia  ed entriamo, saliamo la scala esterna della prima casa e lui suona all’appartamento dell’ultimo piano.
Un Mark dai capelli arruffati e con un asciugamano intorno alla vita ci apre la porta.
“Ciao, come mai siete venuti qui?”
Io prendo fiato.
“Io ti devo parlare, Mark.”
Lui sembra intuire il perché, visto che per un attimo i suoi lineamenti si induriscono.
“Va bene, entrate. Io vado a sistemarmi.”
Io mi siedo sul divano, Tom va in cucina e torna con tre lattine di coca cola e delle patatine.
“Mh, la conosci bene la casa, però!”
Gli dico ironica.
“Ci sono stato parecchie volte.”
Un quarto d’ora dopo Mark si presenta in salotto con una maglietta azzurra stinta e un paio di pantaloni a tre quarti.
“Eccomi.”
“Ecco, so che tu e mia sorella avete litigato e so il perché.”
“E adesso sei qui a perorare la causa?”
Io scuoto la testa.
“Sono qui per spiegarti come sono andate le cose e come non ci sia motivo di essere arrabbiato con lei, se vuoi ascoltarmi.”
Lui sbuffa.
“Va bene parla.”
“Mia sorella non sapeva che fossi un’aliena fino a poche settimane fa. Hai presente cosa è successo al Blue Moon”?
Lui annuisce.
“Tom ci ha ricamato sopra in modo assurdo perché credeva di essere stato colpito.”
Dice lui sprezzante.
“Tom è stato davvero colpito, se non fossi intervenuta io sarebbe morto a quest’ora.”
Mark impallidisce e mi guarda a occhi sgranati.
“Stai scherzando, vero?”
“No.”
“Tom, vammi a prendere del whisky.”
Il ragazzo di mia sorella si stende sul divano.
“Quindi se non fosse stato per te avrei perso il mio migliore amico.”
Io annuisco, lui si porta le mani al volto.
“Grazie per averlo tenuto su questa terra, è un terribile rompicoglioni, ma io gli voglio bene.”
Tom arriva con l’alcolico richiesto e Mark lo beve tutto d’un fiato.
“Vai avanti.”
“Tom si è intestardito e ha voluto sapere la verità e mi ha costretto a dirla a lui e a Isabel.
Io non avrei voluto, penso sia pericoloso che loro sappiano la verità, ma è successo e io non posso farci niente.
Tom ha sviluppato dei poteri alieni da quando l’ho guarito quindi è meglio che stia con noi, voglio dire, dobbiamo insegnarli ad usarli.
Isabel non ti ha detto niente per proteggere me e il mio segreto, se c’è una persona con cui prendersela sono io.
Avrei dovuto continuare a tacere.”
Lui mi guarda per un po’.
“Penso di dovere delle scuse a Isabel.”
Mi dice dopo un lungo silenzio.
“In fondo lei non c’entra nulla. Siamo tutti vittime di problemi più grandi di noi, giusto?”
“Giusto.”
Lui annuisce.
“Grazie per essere venuta a parlarmi.”
“Figurati.”
Mi alzo dal divano.
“Adesso devo andare a casa o i miei danno di matto.
Grazie di avermi ascoltato.
Ciao, Mark!”
Lui mi fa ciao con la mano, ma non si sposta di un millimetro, so di avergli inflitto un brutto colpo con la verità su quello che è successo al Blue Moon, ma se questo servisse a farlo tornare con mia sorella ben venga.
“Non sei stata troppo dura con Mark?”
Io sospiro di nuovo.
“Sì, ma se questo servirà a farlo tornare con Isabel ben venga.
Io vi creo solo guai, vorrei tanto avere la forza di andarmene e risolvere i miei problemi e poi tornare. Non è giusto che voi siate coinvolti in tutto questo.”
“Non è giusto che tu lo affronti tutto da sola.”
Io sospiro e mi chiedo invece se sia stato giusto coinvolgerli, ormai è tardi per cambiare il passato, ma se si potesse continuerei a scappare da Tom e a tenere Isabel all’oscuro di tutto.
Appoggio la guancia al vetro freddo del finestrino.
Oggi la vita non mi sembra tanto bella, solo un gran casino senza senso.

 

Arrivata a  casa trovo mia madre sulla soglia con un’aria battagliera.
“Si può sapere dove sei stata?”
“Non te l’ha detto Isabel? Ero da Mark, avevo alcune cose da chiarire con lui.”
Mia madre si gratta la testa.
“No, non me l’ha detto, si è chiusa in camera sua a piangere.”
“Vedrai che non piangerà più tra poco.”
Lei sbuffa.
“Va bene, mettiti a tavola. È pronta la cena.”
Io la seguo, effettivamente sono l’ultima che si è messa a tavola, mia sorella mi guarda speranzosa e io le faccio l’occhiolino, lei mi rivolge un debole sorriso.
Mangiamo piuttosto in fretta, lei mi trascina quasi subito in camera mia.
“Allora? Cosa ha detto?”
“Calma! Allora, gli ho raccontato tutto, inclusa la storia del Blue Moon, e lui si è scioccato quando ha capito che rischiava di perdere il suo migliore amico. Da lì si è ammorbidito e ha detto che ti deve delle scuse. Si farà vivo presto.”
Finito di parlare il cellulare di Izzie suona e lei risponde velocissima.
Io esco dalla stanza per rispetto della loro privacy, vado in camera e mi butto sul letto, sul mio cellulare c’è un messaggio di Tom che mi chiede come vanno le cose.
Gli rispondo che probabilmente adesso Isabel e Mark stanno parlando al telefono, digitata la mia risposta mi sdraio comodamente. Sono stanca.
Qualche minuto dopo Isabel salta sul mio letto, svegliandomi.
“Si è scusato, Chia! Si è scusato!
Ha detto che siamo tutti vittime di problemi più grandi di noi e che non c’è bisogno di essere incazzato con me.
Ha detto che mi ama!”
“Sono felice per te!”
Rispondo mezza rintronata.
“Sì, sono proprio felice! Finalmente ha capito, grazie per avergli parlato, sorellina!”
Io sorrido.
“Era il minimo, sono stata io a cacciarti nei guai.”
“Ehi, non sono guai! È la tua vita e io voglio aiutarti come posso!”
”Sei un tesoro, Isabel, ma io ho la sensazione di avervi solo messi in pericolo.”
“Lo affronteremo insieme, è così che si comporta una famiglia.”
Ci abbracciamo e mi sento un po’ meno sola, Tom ha ragione: non posso affrontare tutto da sola.
Devo anche scrivergli che tutto è andato bene o forse gliel’avrà già detto Mark.
Chiacchieriamo ancora un po’, poi lei se ne torna in camera e io scrivo a Tom.
Lui mi risponde dicendo di essere contento che la pace sia tornata e mi augura buonanotte, gliela auguro anche io e mi addormento sul letto vestita.
Mi sveglio verso le quattro, infreddolita, mi cambio e mi metto sotto le coperte: si sta già meglio.
Torno a dormire e questa volta è la sveglia a farmi uscire dal mondo dei sogni.
“Buongiorno, mordo di merda!”
Urlo uscendo dal letto e strisciando poi verso il bagno.
Mi faccio una lunga doccia che mi rende quasi umana e poi mi vesto: una maglia con degli spacchi sulle spalle e stracciata sul bordo a fantasia militare, un paio di jeans larghi e un maglione a con lo scollo molto largo.
Sono stufa di questo arancione nei capelli, nel fine settimana me lo cambio e lo faccio tornare al suo azzurro originale.
Scendo in cucina e trovo mia sorella con il suo vestito preferito: fucsia a quadretti neri.
È un pugno nell’occhio con i suoi capelli rossi, ma le piace molto e quando è particolarmente di buon umore lo indossa fregandosene di tutto.
“Vedo che siamo di buon umore!”
“Io e Mark abbiamo risolto!”
“Sono davvero felice per te!”
Faccio colazione e poi andiamo a scuola, sono contenta di aver aiutato mia sorella, ma mi sento come oppressa da qualcosa. Un qualcosa che ha un nome: Joel.
Questo pomeriggio verrà nella casa nel deserto e non ne ho voglia, ma d’altronde sembra che lui serva in qualche modo e dovrò farci l’abitudine.
Parcheggiata la macchina ci si avvicina, sempre con quella strana aria losca che lo contraddistingue.
“Oggi pomeriggio vengo.”
“Se non puoi farne a meno.”
Lui annuisce e se ne va, poco dopo mi raggiunge Tom e io lo abbraccio. Lui prende una delle mie ciocche tra le mani e ne fa un piccolo boccolo.
“L’oscuro signore si è deciso a parlarti?”
“Sì, per dirmi che verrà anche lui oggi.”
“Che bello.”
“Una bella merda!”
Entriamo a scuola seguiti da mia sorella e Anne che chiacchierano allegramente.
La giornata scolastica trascorre normalmente, senza particolari scossoni, eccetto il mio malumore strisciante e il fatto che ogni tanto senta lo sguardo di Joel su di me.
Che cazzo vuole?
Lo scoprirò oggi pomeriggio, purtroppo. Non sono contenta che lui metta piede nella casa del deserto, per me è ancora un perfetto estraneo e anche pericoloso in una certa misura.
Keisha dice che è buono, ma che stare sotto copertura per tanto tempo su una delle lune del nostro pianeta lo ha reso leggermente aggressivo, ma io non le credo.
Il mio istinto mi dice che non è solo quello, c’è qualcosa di pericoloso in lui che Keisha non emana, qualcosa mi dice che anche lui fa parte dei nostri nemici.
-E allora lo tenga d’occhio, principessa o lasci fare a uno di noi.-
Io sobbalzo, chi ha parlato?
-Sono io, principessa. Uno dei soldati della milleottanta, la sua guardia.-
-Capisco. Beh, è una proposta interessante, penso proprio che vi darò retta.
Solo una cosa, non è che potreste avvisarmi prima di parlarmi? Non sono abituata.-
Sento una risatina.
-Ai suoi ordini, principessa.
Non è affatto cambiata. A partire da ora uno dei nostri uomini sorveglierà Joel.-
-Lui è in grado di vedervi.-
-No, conosciamo delle tecniche per renderci invisibili.-
-Quanto vorrei conoscerle, comunque permesso accordato.-
-Agli ordini e torni a seguire la lezione, la sua professoressa le sta facendo una domanda.-
Io torno alla realtà e noto che davvero la professoressa di letteratura mi sta facendo una domanda ed è furiosa perché non le ho risposto.
“Fuori dall’aula, Malone! Visto che trova poco interessante la mia materia, non c’è ragione per cui lei rimanga!”
Rossa come un pomodoro raccolgo le mie cose ed esco, che figura di merda!
Una volta uscita trovo Tom che vaga nei corridoi.
“Buttata fuori anche tu?”
Io annuisco, lui mi prende per mano.
“Conosco un modo migliore per fare passare il tempo che gironzolare per la scuola!”
Mi trascina dentro un ripostiglio e comincia a baciarmi con passione, cosa che ricambio fino quasi a perdere il controllo, è in questo momento che un flusso di ricordi non miei entra nella mia testa.
Sono ricordi di Tom, perché ho visto Kari e Shon e il giorno che suo padre se ne andò, per lui deve essere stato lo stesso perché si stacca come se avesse preso una scossa.
“Hai davvero rubato in un museo indiano?”
Io annuisco.
“Avevo visto una pietra come la tua, ma non sono riuscita a cavarci nulla. forse dovrei riprovare.”
“Come mai ci sta succedendo questo?”
Io divento rossissima, sono sempre stata un disastro nelle dichiarazioni.
“Credo significhi che io ti amo e che tu mi ami. Connessioni come questa si aprono solo per questo motivo.”
Lui rimane un attimo in silenzio e poi mi abbraccia.
“Scusa, non volevo intromettermi nella tua mente.”
Gli dico con voce tremante.
“Immagino che per te sia troppo presto.”
Per tutta risposta mi bacia ancora facendo riaprire la connessione.
“Non fa niente, così conosci i miei sentimenti senza che io parli.”
Si gratta la testa.
“Per un ragazzo, uno come me poi è sempre imbarazzante dichiararsi.”
“Anche per me!”
Sussurro contro il suo petto, lui mi scompiglia i capelli.
“Questo facilita le cose, vero?”
“Un po’.”
Il suono della campanella ci fa uscire di corsa dallo sgabuzzino e correre alle rispettive lezioni, io sono ancora un po’ su di giri.
Mi ama! Si è aperta una connessione tra di noi!
Con questo pensiero in testa il resto del pomeriggio migliora e posso anche sopportare che anche Joel venga con noi a quella che considero un po’ anche casa mia.
Ci andiamo appena sono finite le lezioni, la casa non sembra felice di rivederlo – ma forse è solo una mia impressione – ma alla fine lo lascia entrare.
“Bene, sei entrato come desideravi. Qual è l’abilità per cui sei tanto indispensabile?”
“So trovare i covi dei nostri nemici.”
Mi risponde atono sedendosi attorno alla colonna centrale e sfiorando rapido alcuni punti, facendo così apparire una mappa.
Sfiora ancora qualcosa e appaiono una serie di punti sparsi per gli Stati Uniti e alcuni per il mondo,
“Ecco, dobbiamo eliminarli tutti!”
“Alcuni sono fuori dai confini, come facciamo a giustificare le nostre uscite?”
“Sono fatti vostri, la cosa non mi riguarda.”
Quello più vicino a noi è a Las Vegas, temo dovremo organizzarci una sortita mi sa.
Un po’ demoralizzata e con una strana sensazione addosso scendo ad allenarmi insieme a Keisha, Johnny e Tom, normalmente non lascerei Joel solo in una stanza così importante, ma è sorvegliato a sua insaputa da uno dei miei soldati e se farà qualcosa di strano me lo dirà.
Questa volta combatto di più, meglio e mi sento meno stanca e noto che anche gli altri sono nelle mie stesse condizioni. Stiamo migliorando.
Piano piano stiamo diventando più forti e più temibili, se Joel dovesse fare un passo falso avrebbe addosso tre persone abbastanza preparate.
Finito l’allenamento, il soldato rientra nella perla riferendomi che Joel si è comportato un modo molto strano, come se volesse memorizzare l’ambiente il più possibile, come fanno i ladri, e stesse cercando qualcosa.
Io annuisco e me lo annoto mentalmente, poi ordino a un altro soldato si seguirlo in modo che questo possa riposare.
C’è puzza di bruciato, devo solo capire cosa ha in mente quel ragazzo e non sarà un’impresa facile, è freddo persino con sua sorella. Lo confronto con il Joel che ricordavo – chiacchierone e giocherellone – e i conti non mi tornano, sembra un’altra persona e sono cera che non sia solo per un lavoro di copertura che sia cambiato così tanto.
C’è dell’altro e lo devo scoprire, ho l’impressione che sia molto importante.
Torniamo a casa, io rimugino su quello che mi ha detto il soldato e mi chiedo cosa stia cercando sul serio, non è qui solo per aiutarci.
A cena seguo la conversazione piuttosto distratta, più volte mia sorella mi dà delle gomitate per non farmi tornare in me, ma non c’è nulla da fare: la mia testa è altrove.
La mia testa è ossessivamente concentrata su Joel e sui suoi comportamenti strani a cui devo trovare una spiegazione al più presto.
Dopo aver lavato i piatti e pulito la cucina salgo in camera mia e mi metto a fare i compiti, finisco verso le dieci.
Proprio in quel momento sento dietro di me una presenza, deve essere arrivato il soldato che aveva il compito di tenere d’occhio il deficiente.
-Principessa, l’ho perso.-
-Come perso?-
- A un certo punto la sua aura è come sparita. Non ho idea di come sia potuto succedere, è la prima volta che mi capita, posso captare le aure nascoste, ma l’aura di Joel è sparita, non si è nascosta.-
-Non sono arrabbiata con te. È una cosa strana quella che mi hai raccontato.-
-Abbastanza, principessa.
Joel non è come lo ricordavo, è molto cambiato.-
Rimango un attimo in silenzio, sposto la tenda della finestra che mi permette di guardare sulla strada e noto che il cane dei vicini è scappato ancora e sta cercando in ogni modo di entrare in un casa dove c’è una cagna in calore.
Sposto di nuovo la tenda.
-Keisha sostiene che è cambiato da quando ha lavorato sottocopertura su una delle nostre lune, che questo è una sorta di effetto collaterale visto che gli risulta difficile tornare alla sua vecchia vita.
Io non le credo. Non penso menta di proposito, ma non  credo che una missione sottocopertura basti a cambiare totalmente una persona, c’è qualcosa sotto e mi chiedo se anche Keisha non sospetti qualcosa.-
-Penso di no, principessa. La signorina Keisha è molto affezionata a suo fratello e crede a tutto quello che le dice. Se le ha detto che è per via della missione gli crederà e non penserà a una spiegazione alternativa.-
-Quello è nostro compito, vero?-
Ridacchio io, poi concedo il soldato, mi faccio una doccia e mi metto a letto.
Non ho sonno, guardo senza vederle le ombre sul soffitto della mia camera, pensando a come sia possibile cambiare così repentinamente e che un’aura possa sparire all’improvviso.
Non è normale, questa certezza mi viene dai ricordi della mia vita precedente. Un’aura è come un’impronta digitale, può essere alterata e ci sono delle tecniche per nasconderla, ma non può sparire.
Arrovellandomi su questo pensiero mi addormento.
La parte difficile della missione è arrivata.

Angolo di Layla

Ringrazio Rainmaker per la recensione.

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Capitolo 15
*** 15)Las Vegas arriviamo! (forse) ***


15)Las Vegas arriviamo! (forse)

 

Questa notte dormo poco e male.
Per metà deve essere colpa dei sensi di colpa che provo verso letteratura inglese che non ho studiato con sufficiente cura, per l’altra del mistero che circonda Joel.
Se Tom sapesse che penso così tanto a un altro ragazzo si arrabbierebbe, forse è meglio fare partecipe anche lui di quello che mi hanno detto su Joel, magari due cervelli possono arrivare a una soluzione o tenerlo d’occhio meglio.
“Potrebbe essere una buona idea, tu cosa ne dici?”
Chiedo al mio riflesso nello specchio.
“Che parlare con sé stessi è il primo segnale di pazzia.”
Mi risponde serafica la voce di mia sorella, io mi giro e la guardo e tento di abbozzare un sorriso.
“Scusa, tolgo le tende. Devo esserci stata un secolo qui dentro.”
“Non un secolo, ma mezzo secolo sì.”
Esco dal bagno sbadigliando e mi vesto, poi scendo a fare colazione, mio padre sta leggendo il giornale e mia madre traffica intorno ai fornelli: il ritratto della tipica famiglia americana.
“Buongiorno a tutti!”
Biascico insonnolita.
“ ‘Giorno!”
Mia madre mi indica la mia ciotola di cereali già sul tavolo e io la ringrazio con un sorriso.
Che bell’inizio di giornata!
Mangio, aspetto che anche Izzie abbia mangiato e poi ce ne andiamo a scuola.
“A cosa stavi pensando stamattina in bagno?”
“A Joel, ci sono delle cose che non mi tornano su di lui.”
“La verità è che non l’hai sopportato fin da subito.”
Io sbuffo.
“Beh, è un po’ difficile sopportare uno che insulta te e Tom.”
Rispondo piccata, lei non dice nulla. Credo abbia deciso di tenersi fuori dalle questioni tra alieni e non posso darle nessun torto.
Arriviamo a scuola, Tom ci aspetta nel parcheggio, mi dà il nostro solito bacio e – mano nella mano – entriamo nell’edificio, orma non facciamo più nemmeno scandalo.
“Cos’hai?”
Mi chiede Tom.
“Ho delle cose che non mi tornano su Joel.”
Lui rimane in silenzio.
“Ti va di dirmele?
Ho un’ora buca questo pomeriggio tra le due e le tre.”
Io controllo il mio orario.
“Anche io ho un’ora buca che coincide con la tua. Dove ci troviamo?”
Lui si gratta la testa.
“Sulle tribune del campo sportivo.”
“Andata, buona lezione Tom.
Io ho letteratura e spero che la prof non sia ancora arrabbiata con me perché ieri non ero attenta.
“Non ti preoccupare, non è permalosa.”
Entro nell’aula augurandomi che Tom abbia ragione, una professoressa con il crimine è l’ultima cosa di cui ho bisogno.
Fortunatamente mi interroga, ma non è particolarmente cattiva, non è permalosa, Tom aveva ragione. Il solo pensiero di potermi confidare con lui mi fa stare meglio.
Ci vediamo a pranzo e chiacchieriamo tranquillamente, ormai io , Izzie, Anne e Tom abbiamo un nostro tavolo in cui sederci per mangiare e cazzeggiare. Fino all’anno scorso mi sedevo sempre da sola o con Johnny , è un bel passo avanti.
Anne è davvero simpatica e Johnny deve muoversi se non vuole che lei si stanchi di questa situazione e cerchi qualcuno più stabile.
Il tempo scorre tranquillo fino alle due, dove io e Tom ci troviamo davanti alle gradinate del campo sportivo.
“Allora, cosa ha fatto di strano?”
Con calma gli spiego cosa ho fatto, le impressione che ha avuto il soldato mentre noi ci allenavamo al piano di sotto e del fatto che a un certo punto l’aura è sparita.
“Spiegami questa cosa dell’aura.”
“Ok, tutto emana un’aura. Se ci si concebtra si può tenere d’occhio qualcuno dall’altra parte della città, sapere con chi è etc. È come una sorta di impronta digitale solo più potente, quando si è abbastanza bravi nel leggere queste aure si scopre che esistono diverse tecniche per nasconderla e altre per sentire anche chi vuole nascondere l’aura. L’unica cosa che non può fare un’aura è sparire.
Le uniche spiegazioni a cui sono arrivata è che – per motivi sconosciuti, che nemmeno Keisha sa o ce li direbbe – lui attraversi un portale per spostarsi altrove oppure che lui non sia affatto Joel, ma qualcuno che utilizzi la sua aura.”
“È possibile farlo?”
Io muovo i piedi a disagio.
“Sì, si può estrarre l’aura da un cadavere entro un certo lasso di tempo e poi usarla  poco, giorno dopo giorno, per fingere di essere quella persona. È una delle tecniche di spionaggio più potenti e difficili, le persone che vivono quotidianamente con il sosia notano differenze di carattere e abitudini, per questo viene usata prendendo chi non ha parenti o amici.
Joel li ha entrambi, il problema è che ha anche il grosso alibi di essere stato infiltrato e questo può portare ad alterazioni del carattere che a volte sono permanenti.”
Tom guarda il campo vuoto.
“Mettiamo che sia vero che qualcuno si stia facendo passare per Joel, perché dovrebbe farlo?”
“Perché sa usare la colonna e sa individuare i nascondigli dei nostri nemici, se qualcuno facesse finta di essere Joel potrebbe farci distruggere qualcosa di inutile o peggio ancora delle nostre truppe lasciate qui e poi far fuori noi.”
“Quindi tu pensi che il vero Joel…”
“Sia morto su quella luna e che qualcuno lo stia interpretando.”
“Sì, ma non ho ancora delle prove e non posso parlarne a Keisha, in fondo è suo fratello e negherebbe tutto. Sono solo io che lo devo tenere d’occhio e se ti va puoi farlo anche tu.”
Lui sorride, mi volta verso di sé e mi bacia.
“Ti darò una mano, ma dovrai pagarmi.”
“Non ho soldi.”
“Chi ha parlato di soldi? C’è sempre il pagamento in natura.”
Risponde con voce calda.
“Uhm, sì. È un pagamento che posso accettare, dilazionandolo nel tempo, così ci si diverte di più, no?”
Decido di stare al gioco perché anche io – in fondo – non vedo l’ora di scoprire come sia fare sesso e soprattutto con chi ami.
Lui sorride.
“Ci capiamo al volo, Chia.”
Poi torna serio.
“Ti amo.”
“Ti amo anche io, Tom.”
Ci stringiamo le mani e ancora una volta guardiamo il campo vuoto, che la missione abbia inizio!

 

Passano le settimane e nulla cambia.
Io e Tom lo teniamo d’occhio e così fanno i miei soldato della milleottanta, ma il copione non cambia. Va a scuola con noi, si comporta in modo sprezzante, come se fosse il re del liceo, va a casa con Keisha, sta con lei e poi quando lei – presumibilmente – va a letto sparisce.
Qualcuno dovrebbe piazzarsi sotto casa sua per vedere come va, ma io non riesco a lasciare casa mia di notte e lo stesso accade a Tom.
Questa cosa mi piace sempre meno.
Dove va ogni notte?
Perché non lo dice a nessuno, nemmeno a sua sorella?
C’è qualcosa di losco qui e devo capire cosa, prima che sia troppo tardi.
Nel frattempo Halloween si avvicina sempre di più e oggi, dopo una sessione di allenamento, il principe Joel ci ha rivolto la parola.
“Visto che si avvicina Halloween e abbiamo una missione da svolgere cosa ne dite di andare a Las Vegas?”
I ragazzi si sono subito mostrati entusiasti, io invece non so come presentare la cosa a mia madre e ho guardato mia sorella, che ha scosso la testa, nemmeno lei sa come faremo a farci dare il permesso.
“Qualcosa non va, principessa?”
Mi chiede ironico lo stronzo.
“Devo solo pensare a come farmi dire di sì a mia madre, per me e Izzie. Sai, io non vivo da sola.”
“Dovresti, non dovresti dipendere dagli esseri umani.”
“Un’altra parola e giuro sul mio onore che ti sbatto ancora fuori.”
Gli rispondo gelida, in preda a una collera fredda.
“Agli ordini!”
Risponde ironico lui, vorrei prenderlo a schiaffi.
Uno sguardo all’orologio mi fa capire che non è il momento degli schiaffi, io e Izzie dobbiamo andare a casa, così ben presto la casa nel deserto si svuota.
“Come faremo a dire a mamma che dobbiamo andare a Las Vegas?”
Mi chiede mia sorella, io guardo dritto davanti a me per non perdere la concentrazione mentre guido.
“Non ne ho idea, possiamo buttargliela lì come idea.”
“Vorrà conoscere i ragazzi.”
“Li conoscerà e Joel dovrà comportarsi bene o lo farò a pezzi con la mia falce.”
“Tu e lui non andrete mai d’accordo.”
“Ma lo senti, Izzie?
Lo senti come vi tratta?
Non ha cambiato affatto idea, sta solo mentendo per fare un piacere alla sorella e per la missione, per il resto vi detesta, se potesse vi ucciderebbe perché non vuole che il nostro segreto sia noto anche a voi.”
Izzie sospira.
“Lo so, non è una bella persona, ma potresti sforzarti di più per andare d’accordo con lui.”
“Non se ne parla nemmeno, voi siete la mia famiglia.”
Arriviamo a casa in tempo per la cena, i nostri sembrano di buon umore, forse ce la faremo.
A metà della cena decido di buttare lì l’argomento e vedere cosa succede.
“Tom, Mark, Johnny e un paio di persone che abbiamo conosciuto a scuola vorrebbero andare a Las Vegas per Halloween e ci hanno invitato.”
Mio padre grugnisce qualcosa che somiglia a: “Spero che non perdano troppi soldi con quelle stupide macchinette.”, mia madre rimane un attimo in silenzio.
“Prima di dirvi sì o no, io e vostro padre vorremmo conoscere Mark, Tom e queste altre due persone. Invitateli a cena uno di questi giorni.”
Perfetto.
Con le maniere di Joel non ci sgancerà mai il permesso.
“Va bene. Domani chiedo e poi ti farò sapere.”
Riprendiamo a mangiare e io mi chiedo cosa fare.
L’unica speranza è che tutti si comportino bene, che mia madre si convinca che sono bravi ragazzi e ci lasci andare, ma la vedo piuttosto difficile.
Tom e Mark possono essere delle personcine educate, Johnny se si sforza può essere addirittura amabile, è Joel che mi preoccupa.
Il giorno dopo vado  scuola piuttosto abbacchiata, tanto che persino Keisha – che nonostante tutti i suoi tentativi non è ancora entrata in confidenza con me – mi chiede cosa ho.
“Ho parlato a mia madre di Las Vegas e prima di dire sì o no vi vuole conoscere, siamo fottuti: Joel non ce la farà a comportarsi bene.”
Keisha stringe gli occhi per un attimo poi sorride.
“Ce la farà, gli parlerò.”
“Vedremo. Voi siete disponibili a venire, comunque?”
“Sì certo.”
“Bene. Oggi lo dico a Johnny e qualcuno dovrà dirlo a Mark.”
“Ci penso io.”
Mi risponde mia sorella.
“Okay, allora è fatta e adesso andiamo ad affrontare il nostro pezzo di inferno quotidiano.”
Ci avviamo verso la scuola, io sono altamente depressa, odio tutto questo. Odio dover scucire permessi ai miei per cose che riguardano gli alieni, soprattutto perché sono ordini che arrivano dal principe oscuro, di cui non so ancora dove va quando tutti dormono.
Non è una bella abitudine, ce l’hanno solo gli assassini e le spie e forse lui è tutti e due.
Il Joel che conoscevo io non ci avrebbe mai tradito – è stato lui a guidarmi fuori dal palazzo quando tutto stava cadendo a pezzi e i ribelli stavano uccidendo i miei genitori – ma questo non è quel Joel, è solo una specie di copia fisica, senza il suo carattere.
La risata di Joel era fantastica da ascoltare perché era una di quelle aperte che ti fanno mettere a rider a loro volta, quella di adesso è solo una risatina sarcastica e derisoria.
Questa giornata di scuola passa senza scossoni, durante la pausa pranzo Isabel chiama Mark e lui si dice disponibile, lo stesso avviene per Joel.
Dirlo a Johnny è mio compito e lo assolvo prima dell’allenamento quotidiano, lui accetta di buon grado anche se si dice sicuro che a mia madre lui non piacerà mai.
Vero.
Lui e lei non sono mai andati d’accordo, l’unico motivo per cui lo lasciava entrare in casa sua era perché era il bambino che era stato trovato con me nel deserto.
Bene, visto che verranno tutti decidiamo che la cena sarà domani, via il dente, via il dolore.
Gli allenamenti non sono granché e Keisha deve più volte richiamare la mia attenzione e sgridarmi, ma io ho la mente fissa a questa sera a cena.
Se non fosse che ho diciotto anni e sono maggiorenne – almeno sulla carta d’identità – direi che ho paura.
Usciamo dal locale e io lascio che sia Isabel a guidare, io non ne ho voglia.
Arriviamo a casa e mi dico che il momento è arrivato e che Dio ce la mandi buona.

 

Mi è andata bene dopotutto, mamma ha accettato di cucinare per più persone senza farmi le solite domande preliminari.
“Chia, vieni un attimo in cucina!”
Mi urla e io scendo di corsa.
“Volevo dirti una cosa. Mi fido abbastanza di te per Las Vegas, sei maggiorenne e credo che tu sappia cavartela, è per Isabel che sono preoccupata.
Non è maggiorenne e devo sapere con chi va.”
“Va bene, mamma.”
“Adesso apparecchia.”
Eseguo, alle otto la cena è pronta, mancano solo gli ospiti. Il primo ad arrivare è Johnny.
“Buonasera, signora!”
Saluta mia madre che ricambia con un gesto.
“Ciao, Johnny. Come va?”
“Oh, bene. Mi hanno assunto come cameriere in un ristorante.”
“Sono molto felice per te.”
Poco dopo la porta si apre ed entra Tom con in mano un mazzo di fiori che mia madre accetta volentieri.
“Buonasera, signora. Sono Tom, il ragazzo di Chia.”
“Molto piacere, tu fai ancora il liceo, vero?”
“Sì, io e lei abbiamo parecchie classi in comune.”
Mia madre dà un’occhiata al tatuaggio al braccio – il coniglietto dei blink – e sembra accettarlo così come i buchi alle orecchie.
Mancano solo Mark e i due fratelli dell’apocalisse.
La porta si apre di nuovo ed entra Mark, mamma sgrana gli occhi, ma non dice nulla per i suoi capelli blu, accetta la scatola di cioccolatini che lui le porge e aspetta.
“Io sono Mark, sono il ragazzo di Isabel.”
“Tu non fai il liceo, vero?”
“No, sto facendo dei corsi preparatori per il college e lavoro in un negozio di musica a San Diego.”
Lei annuisce.
“Cosa vorresti fare al college?”
“Uhm, diventare insegnante di inglese, ma la musica mi piace troppo e ora che ho una band…”
Non finisce la frase, ma il significato è chiaro: la musica viene per prima nella scala di valori di Mark e non so cosa ne pensi mi a madre.
Adesso mancano solo Joel e Keisha e spero che arrivino presto perché ho una fame bestiale.
Pochi minuti dopo arrivano anche loro e per un qualche miracolo divino Joel sta sorridendo, Keisha deve avergli fatto una bella predica.
“Buonasera io sono Keisha e lui è mio fratello Joel. Ci siamo appena trasferiti da New York.”
“Benvenuti in California, allora!
Come vi trovate qui?”
“Benissimo!”
Trillano tutti e due all’unisono.
Joel sembra quasi un essere umano educato e non il principe delle tenebre.
“Bene, ora che ci siete tutti possiamo sederci a tavola.”
Che Dio sia lodato! Ora speriamo solo che Joel riesca a tenere a freno il suo lato oscuro e Mark e Tom non si cimentino in quelle battute che parlano solo di sesso con animali o parenti.
Fanno ridere noi ragazzi, ma a mia madre farebbero rizzare i capelli in testa come se fosse una super sayan.
Confido che ho paura ora che sono qui tutti, deve andare tutto bene.
Ci sediamo, Joel è la cortesia in persona, è un buon attore a quanto pare e se è un buon attore potrebbe essere un buon bugiardo.
-Hai ragione!-
Quasi mi soffoco con una polpetta degli spaghetti alle polpette di mia madre, non mi aspettavo di sentire la voce di Tom nella mia testa.
-Come fai a parlare telepaticamente con me?-
-Come fa Johnny… Penso che tu abbia fatto un considerazione molto interessante.-
-Il che non mi rassicura affatto, affidarci a un bugiardo non è il massimo.-
-Dobbiamo tenerlo d’occhio a Las Vegas!-
-Puoi giurarci.-
Torno a concentrarmi alla conversazione che si svolge sul tavolo, noto che non stanno litigando e già questo è un buon segno e noto che mia madre sembra piacevolmente colpita e così mio padre.
Il permesso non mi sembra più una cosa così lontana, forse ce la possiamo fare.
Mia madre si informa dei voti di Keisha, Joel e Tom, chiede a Johnny come va il suo nuovo lavoro e come se la cava a San Diego Mark.
I voti di Joel e Keisha sono ottimi in tutte le materie, Tom traballa un po’ in alcune – matematica, fisica e scienze – il lavoro di Johnny sembra procedere bene e Mark dà un quadro buono della sua vita in città.
Evita di dire quante volte al Soma e magari torna ubriaco a casa, certe cose è meglio tenersele per sé, i genitori li interpreterebbero in modo sbagliato. Io so che Mark è abbastanza responsabile da non mettersi in macchina ubriaco, loro no.
Alla fine di questa lunga ed estenuante serata – dove tutto sono stati sulle spine e la conversazione è sempre stata cauta e leggera – mia madre emette il suo verdetto, quello che tutti aspettiamo con impazienza.
“Le ragazze ci hanno detto che volete andare a Las Vegas per Halloween, da parte non ho nulla in contrario. Tu, caro?”
Mio padre scuote la testa.
“Per me va bene, mi sembrate tutti dei bravi ragazzi, in gamba. Penso che non combinerete casini.”
Sorridiamo tutti sollevati, la maggior parte della tensione si è sciolta, andremo a Las Vegas, probabilmente guidati da un bugiardo patentato, ma ci andremo.
Evviva!
Il primo ad andarsene è Johnny, poi se ne va Mark e poi io accompagno fuori Tom e i due fratelli.
“Bene, hai scucito il permesso a tua madre, si parte subito dopo scuola.
Tu!”
Si rivolge a Isabel.
“Non disturbarci troppo!”
Io prendo un profondo respiro e chiudi gli occhi.
“Vattene, prima che ti prenda a calci!”
Keisha prende sul serio il mio avvertimento perché trascina il fratello in macchina e ci fa un debole cenno di saluto.
Rimane solo Tom e Izzie ha il buonsenso di tornare dentro.
“Fai bene a non fidarti di Joel.”
Mi dice prima di darmi un bacio.
Un bacio abbastanza focosi da aprire la connessione che c’è tra di noi e farmi vedere qualcos’altro del suo passato.
Lui sorride.
“Non vedo l’ora di fare l’amore con te per vedere le stelle.”
Il che probabilmente è vero, se facessimo l’amore lui vedrebbe il pianeta da cui provengo e così diverso dalla terra.
“E io non vedo l’ora di farlo per vedere il centro di questo cuore.”
Lo vedo arrossire lievemente, poi mi dà un bacio e si allontana fischiettando.
Ok, questa missione sarà uno schifo, ma Tom è perfetto.
È tutto quello che voglio in un ragazzo e non me lo farò strappare via facilmente.

 

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Capitolo 16
*** 16) Attentato! ***


16) Attentato!

 

Andare a Las Vegas per un gruppo di ragazzini dovrebbe essere una cosa eccitante.
Dovrebbe.
Joel riesce a trasformare il viaggio in un seccatura, partiamo come ha detto lui dopo le lezioni e si arrabbia perché dobbiamo deviare per San Diego per recuperare Mark. Dice che è solo un umano inutile, io penso che lui invece sia un alieno inutile e irritante.
In ogni caso recuperiamo Mark nonostante gli aspri rimproveri di Joel e anche solo la sua sola vista mi fa sentire meglio.
Quel ragazzo ha il dono di rasserenare l’atmosfera, forse per via del sorriso, forse per quell’aura di solarità che  emana.
“Ciao, ragazzi! Pronti per scatenarvi nella città del divertimento?”
“Non andiamo lì per divertirci, feccia. Adesso salta in macchina e chiudi quella fogna!”
Sentita questa frase faccio inversione di marcia senza dire nulla a nessuno e arrivo fino quasi a Poway, è lì che la macchina dei due stronzi riesce a bloccarmi.
“COSA TI PRENDE, PRINCIPESSA TESTA DI CAZZO?”
“MI SONO ROTTA LE PALLE DI TE, DEL TUO ESSERE UNA TESTA DI CAZZO E DI INSULTARE I MIEI AMICI.
VAI A FARE IN CULO!
IO A LAS VEGAS CON TE NON CI VENGO, FALLI FUORI DA SOLO I TUOI CAZZO DI NEMICI!”
Risalgo al volante e parto sgommando, mia madre è sorpresa quando ci vede tornare a casa.
“Non dovevate essere a Las Vegas?”
“Joel è la più grande testa di cazzo del sistema solare!”
Urlo prima di salire in camera, arrivata lì mi tolgo gli anfibi e mi butto sul letto, mi sta salendo un piatto isterico che non mi piace per nulla.
Qualcuno sta anche bussando alla porta e io dovrei aprirgli, ma non ne ho voglia. Non ho voglia di vedere e parlare con nessuno.
“Izzie, non sono dell’umore adatto, lasciami in pace.”
La porta si apre lo stesso, ma non è Izzie a entrare, ma Johnny che fulmino con un’occhiataccia.
“Cosa vuoi?”
“Non sembri felice di vedermi.”
“No, non sono felice. Non ho voglia di sentire una delle tue stupide prediche.”
Lui si siede tranquillamente sulla sedia della scrivania.
“Non sono qui per farti una predica, Joel ha esagerato con Mark senza motivo.”
“E allora perché sei qui?”
Lui sospira.
“Sono ancora il tuo migliore amico, sono preoccupato per te.”
“Non ce la fanno, Johnny. Non ce la faccio!
Cerco di dare una seconda possibilità a quel cretino e quando sembra quasi umano se ne esce con le sue perle di merda. Sono stanca.
Ho capito che è importante quello che dobbiamo fare, ma io non riesco a lavorare con lui.
Chi è andato a Las Vegas con lui?”
“Nessuno, solo Keisha. Mark se ne è andato subito dopo di te insieme con Tom, immagino ci sia rimasto male e Tom lo stia consolando. Mark è una pasta d’uomo che non si meritava un trattamento simile.
Poi io ho seguito te e coso ha dato di matto,abbiamo fatto a botte e poi me ne sono andato, nonostante Keisha mi implorasse di restare.
Ma che si arrangino.”
Lo guardo stupita.
“Pensavo saresti stato dalla loro parte.”
“Capisco le loro esigenze, ma a tutto c’è un limite. I ragazzi possono aiutarci, non è male avere aiuti tra quelli che Joel chiama umani, almeno qualcuno che  ci para il culo c’è e poi te l’ho detto, non mi è piaciuto come si è comportato con Mark.
L’ha aggredito senza motivo.”
“C’è anche una cosa che non mi torna su Joel.”
Johnny mi guarda interessato e io gli racconto tutto quello che so e i miei sospetti.
“Perché non me l’avete detto subito?”
“Perché prima volevo avere in mano qualcosa di solido o altrimenti mi avreste semplicemente detto che era la mia antipatia verso di lui a farmi parlare.”
“Capisco, ma questo fatto non mi piace, come non mi è piaciuto come abbia palesemente recitato per tua madre.”
“Questo fa di lui un possibile bugiardo.”
Lui rimane un attimo in silenzio.
“Jo, tu te lo ricordi il Joel di lassù?”
“Sì.”
“Assomiglia a quello che conosciamo?”
“No, per niente. Sembra il suo gemello malvagio e la cosa mi puzza, come puzza a te.
Bisogna tenerlo d’occhio.”
“Sono d’accordo. Grazie per essere passato.”
Lui fa uno dei suoi ghigni.
“Figurati, volevo evitare che distruggessi il mobilio, ormai ti conosco!”
Scoppiamo a ridere tutti e due, la tensione che c’era tra di noi in questi giorni si è sciolta completamente e siamo tornati a essere gli amiconi di un tempo.
“Beh, visto che siamo qui potremmo andare tutti insieme al Soma e goderci la festa di Halloween.”
“Mi sembra una buona idea, sono sicura che anche altri piacerà, non invidio Keisha in questo momento.”
Lui si alza dalla sedia.
“Nemmeno io. Credi sia complice?”
Io scuoto la testa.
“No, per me non sa nulla. Joel sparisce quando lei dorme, se sapesse qualcosa non avrebbe bisogno di tenere il tutto segreto alla sorella.”
“Hai ragione, questa storia non mi piace.”
Rimaniamo qualche altro minuto in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri, poi Johnny si avvicina alla porta della mia camera.
“Vado ad avvisare il resto del gruppo del cambio di programma, tu cerca di riposare, hai l’aria di una psicotica.”
“Grazie, Joel!
Adesso mi faccio un pisolino, comunque.”
Detto fatto.
Mi stendo sul letto e mi addormento quasi subito, sognando Joel che si trasforma in un mostro deciso a uccidermi.
 

Con sogni come questi il risveglio non è dei migliori, ma almeno ho la prospettiva di una vera serata di divertimento al Soma e so che lo scassa palle numero uno è a molti chilometri da me.
Ovviamente è sempre sorvegliato a vista da uno dei miei soldati, ma per ora non mi ha detto cose che mi hanno sorpreso particolarmente: Keisha l’ha sgridato nuovamente e lui ha alzato le spalle, ora stanno cercando un posto per dormire.
Io invece, dopo aver mangiato, cerco cosa mettermi. Alla fine opto per un vestito nero con le spalline sottili e una gonna asimmetrica e stracciata sul bordo, calze a righe, anfibi e trucco nero.
Perfetto.
Con i miei capelli, nuovamente azzurri, stanno benissimo.
Mia sorella invece si è messa una specie di vestito di un grigio stinto e pieno di strappi, delle calze a righe rosse e nere alla parigina e gli anfibi.
Stasera ci divertiremo, ne sono sicura.
Mamma ci guarda curiosa.
“Ok, Chia è una bambolina gotica, ma tu da cosa sei vestita Isabel?”
“Da zombie, non hai notato la faccia particolarmente cadaverica?”
Mia madre ride.
“No, per la verità no. Adesso andate a divertirvi responsabilmente.”
“Sì, mamma. Ciao!”
Usciamo e saltiamo in macchina, la prima tappa è la casa di Johnny, Anne e Tom sono già là insieme a Mark.
Il mio amico sembra di buon umore, ride e scherza con Isabel e con me, la cosa è talmente incredibile che vale la pena di notarla visto che di solito è sempre un po’incazzato.
Devo chiedergli perché è così di buon umore la prima volta che rimaniamo da soli.
“Mi sa che ci divertiremo di più qui che a Las Vegas!”
Esclama Isabel.
“La compagnia è sicuramente migliore.”
“Anche un sasso è una compagnia di Joel.”
Rispondo piccata io e questa volta mia sorella non mi incita a essere più cordiale nei suoi confronti, per fortuna. Forse ha capito finalmente di che pasta è fatto e che è inutile parlarci fino a che sarà così.
Presto scorgo l’uscita per San Diego e guido fino al Soma, stasera è affollatissimo, è un miracolo che io sia riuscita a trovare parcheggio. Sulla porta ci aspettano Tom e Mark – che non hanno un costume – e Anne che è vestita con uno scollatissimo abito rosso, tenta di imitare le dive anni ’40 e si è persino un lunghissimo portasigarette.
“Ciao, ragazzi. Come va?”
“Bene, bene!”
Rispondo in coro i due Hoppus e Tom.
“Pronti per scatenarci?”
Chiede Izzie, saltando in braccio al suo ragazzo.
“Per quello siamo sempre pronti.”
Risponde Tom.
“Mark..”
“Sì?”
“Volevo scusarmi per tutto quello che ti ha detto Joel, è una testa di cazzo che non vale nemmeno l’aria che respira. Sappi che per me e per Johnny sei un amico prezioso.”
Lui sorride, sembra sollevato.
“Grazie, scuse accettate.
Non mi aspettavo una simile accoglienza.”
“Nemmeno noi, pensavano che si fosse un po’ calmato, ma niente. Rimane il solito coglione.”
Detto questo entriamo e ci buttiamo in pista, decisi a pogare per dimenticare la brutta aggiornata e i brutti incontri.
Joel e Keisha mi sembrano davvero – finalmente – lontani e non posso fare a meno di essere felice, leggera e spensierata.
Durante un lento vengo acchiappata da Tom che mi stringe a sé e mi bacia con passione.
“Ah, che bella serata!”
Sospira lui felice.
“Sì, è proprio una bella serata, godiamocela!”
Continuiamo a ballare e teniamo distrattamente gli altri sotto controllo, Mark e Johnny vanno un paio di volte al bancone a prendere degli alcolici, mia sorella e Anne sono sedute a un divanetto e parlano.
È proprio la serata perfetta.
Alla fine arriviamo al tavolo anche io e Tom sudati e accaldati, tanto che prendiamo al volo un coca ciascuno e la beviamo avidamente.
Gli altri se ne vanno in pista poco dopo e noi li osserviamo, Mark e Isabel sono una coppia carina, si vede che lui tiene a lei. Non si allontanano mai molto uno dall’altra e ogni tanto si baciano.
“Mark e Isabel sono davvero carini.”
“Molto, ma mi sembra che anche Johnny si sia sciolto con Anne, o sbaglio?”
Io guardo verso di loro, non sono così vicini, ma ho l’impressione che Johnny tenga d’occhio la sorella di Mark con molto interesse.
Quello mi deve raccontare un po’ di cose, che sia successo qualcosa che io non so?
Poco dopo torniamo di nuovo a ballare e perdo di vista gli altri, sono presa dalla musica e da Tom che mi bacia ogni due per tre e riempie di occhiatacce chi mi guarda per più di tre secondi.
All’improvviso sento un urlo nella mia testa e sono costretta a uscire dalla pista.
Johnny.
È successo qualcosa a Johnny.
Prendo la borsa e la giacca ed esco dall’uscita di emergenza, poco più in là trovo il mio amico in lacrime, chino sul corpo esanime di Anne.
“Cosa è successo?”
Chiedo senza fiato.
“Una macchina. L’ha investita, ti prego guariscila.”
Io stendo le mie mani su Anne, ma nonostante l’energia che ci metto lei non migliora e solo allora capisco che non devo farlo io, che Anne è di Johnny e spetta a lui il compiti di salvarla.
“Devi farlo tu, jo.”
“Non sono bravo come te!”
“Non importa, devi farlo tu!”
Lui stende esitante le mani sopra di lei e qualche minuto dopo una Anne completamente guarita si guarda attorno stupita.
Johnny la abbraccia senza dire nulla e lei si lascia abbracciare per qualche minuto, poi si stacca gentilmente da lui e lo guarda.
“Tu mi hai salvato la vita, perché l’hai fatto?”
Johnny tace un attimo, si asciuga le lacrime.
“Perché ti amo.”
Le sussurra piano.
“Mi ami?”
Ti amo anche io!”
Anne gli butta le braccia al collo e lo bacia.
“Ti ami anche se sono così?”
“Non mi importa di come sei, ti amo comunque. Ti amerei anche se avessi tre teste!”
A questo punto io mi allontano, si stanno baciando e non voglio fare la guardona, anche se sono felice. Finalmente ce l’ha fatta a dichiararsi, non importa che Anne abbia dovuto rischiare la vita per far sì che accadesse.
In realtà è importante, ma per ora lascio loro questo momento, se lo meritano.
Dopo un po’ mi raggiungono mano nella mano.
“Non so cosa siate voi due, ma grazie.”
Io sorrido ad Anne.
“Penso che te lo spiegherà Johnny dopo, se non è troppo timido.
E comunque non devi ringraziare me, devi ringraziare lui.”
Anne annuisce.
“Avete visto qualcuno della macchina?”
Anne scuote la testa.
“No, ho visto solo un’ombra perché mi ha puntato i fari in faccia.”
“Io invece giurerei di aver visto Joel alla guida, se non fossi sicuro che è lontano qualche miglia.”
“Io non metterei la mano sul fuoco che sia lontano da noi, ricordati che di notte lui sparisce e va non si sa dove.”
Lui annuisce, io mi concentro e immediatamente la voce del soldato che ho messo alle calcagna di Joel si fa sentire.
-L’ho perso, principessa. Appena fuori Las Vegas l’ho perso.-
-Capisco. Potrebbe essere a San Diego?-
-Potrebbe.-
-Grazie, sei stato prezioso.-
Io esco da quella che immagino sembri una trance.
“Il soldato che gli ho messo alle calcagna dice che l’ha perso fuori Vegas e potrebbe essere ovunque, San Diego inclusa.”
“Perché uccidere, Anne?”
“Perché lui non vuole che il segreto sia rivelato, lo sai.”
Lui non dice niente, torna dentro con me e con Anne. Lei ha solamente i capelli un po’ in disordine e il vestito spiegazzato, ma con una sosta ai bagni torna tutto alla normalità.
Il problema sarà dire a Mark cosa ha rischiato la sua sorellina, temo non la prenderà bene, come credo sia normale tra fratelli.
Ci dirigiamo al tavolo e li troviamo tutti lì.
“Come mai sei scappata via così prima?”
Mi chiede Tom.
“Ho sentito che Johnny era in pericolo, anche se in realtà non era lui a esserlo, ma Anne.”
Mark sgrana gli occhi e impallidisce leggermente,
“Cosa è successo a mia sorella?”
Noi tre ci guardiamo negli occhi e poi Anne inizia a parlare.
“Beh, sono uscita sul retro per fumarmi una sigaretta quando una macchina mi è venuta addosso e mi ha investito. Se ne è andata e non è sceso nessuno, nemmeno a controllare che fossi viva o morta, non ho fatto a prendere il numero di targa.
Ero quasi morta quando mi ha raggiunto Johnny, che non so come ha chiamato Chia che ha provato a guarirmi, ma non ci riusciva.”
La faccia di Mark è più bianca di una tovaglia il giorno di Pasqua e stringe con troppa forza il boccale di birra, temo che lo farà andare in pezzi da un momento all’altro.
“E poi?”
Chiede con un filo di voce.
“E poi, Mark, Chia ha detto a Johnny che era suo compito provare a guarirmi e l’ha fatto
Mi ha rimesso a posto gli organi interni e le ossa, ha persino fatto sparire il sangue dai vestiti.”
Mark tira un sospiro di sollievo e poi incurante di tutto abbraccia la sorella. Finito, torna a sedere con gli occhi leggermente lucidi.
“Ovviamente è stato un attentato.”
La voce di Johnny è poco più che un sussurro, ma fa cadere una cappa di gelo sul tavolo, la musica di sottofondo diventa distorta e le luci troppo forti, artificiali.
“Cosa vuoi dire?”
“Che Anne non è stata investita da un ubriaco, a giudicare da ciò che ho visto mentre l’ho guarita, l’ha presa in modo che lei ricadesse sul cofano, per poi farla cadere quando è ripartito. Ergo chiunque fosse sapeva che aveva investito una persona.”
“Poteva essere un ubriaco.”
“Sarebbe sceso a vedere cosa era successo, la persona che l’ha investita è rimasta fredda e indifferente. Sapeva cosa aveva fatto e perché.”
Mark deglutisce.
“Chi pensate che possa essere stato?"
“Quando sono arrivato io, ho visto la macchina andarsene, aveva la targa completamente coperta da uno strato di fango, ma il profilo dell’uomo alla guida somigliava a quello di Joel.”
“Joel?!”
Il tono di Anne è incredulo.
“Sì, Joel. È uno di noi, ma odia gli umani, Tom, Izzie e Mark te lo confermeranno.
Teoricamente dovrebbe essere a Las Vegas, ma non si sa.
Chia dice che non lo era, poi ti spiegherò in base a quale criterio lo dice, Anne.”
Izzie rabbrividisce.
“Ok, è uno stronzo, ma uccidere Anne?”
“Isabel, quel ragazzo ci nasconde qualcosa, qualcosa che nemmeno sua sorella sa. Per quel che ne sappiamo noi i punti che ci ha detto di distruggere sono punti in cui ci sono i nostri alleati.
Io non mi fido di lui.”
Concludo, mia sorella scuote la testa.
“Ma perché andare contro la sua stessa gente?”
“Ho una teoria a riguardo: quello non è il vero Joel, è qualcuno che ha preso il suo posto, approfittando del fatto che a volte chi torna da una missione sotto copertura torna strano.”
“Ne hai parlato a Keisha?”
Io scuoto la testa.
“Prima voglio avere delle prove in mano o potrebbe semplicemente dire che mi sono inventata tutto perché io e Joel non andiamo d’accordo.”
Rimangono tutti in silenzio, poi Mark si alza.
“Non so voi, ma a me è passata la voglia di festeggiare Halloween e andrei a casa con la mia ragazza, se a voi non fa niente.”
“Non c’è nessuno problema, buonanotte, Mark.”
Lui annuisce e ce la augura meccanicamente, poi esce con l’andatura di un pugile suonato seguito da mia sorella.
Poco dopo se ne vanno Johnny e Anne, lui le dovrà spiegare molte cose, ma sono certa che lei le prenderà bene. il fatto che se ne siano andati mi fa ben sperare.
Alla fine rimaniamo solo io e Tom.
Usciamo dal locale e andiamo alla spiaggia, trovato un piccolo spazio per noi, stendiamo una coperta e ci mettiamo a guardare le stelle e la luna.
Potrei stare così per sempre.
Perché non posso stare così per sempre?

 

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Capitolo 17
*** 17)Costruzioni aliene. ***


17)Costruzioni aliene.

 

Il giorno dopo è una magnifica giornata di sole.
Si alza la temperatura e diventa mite, si può stare tranquillamente in maglietta, l’estate indiana è arrivata. I miei vanno al cimitero, io invece ricevo un invito da Tom per andare a San Francisco.
Ci metto un po’ a strappare loro il permesso – anche se ho diciotto anni e non ne avrei bisogno – visto che sono molto attaccati alle tradizioni.
Mi piace molto andar per cimiteri, ma Tom è decisamente di qualsiasi cimitero, così giuro solennemente che domani andrò a visitare la tomba dei nonni e finiscono per lasciarmi andare.
Alle due arriva a casa mia con un sorriso che va da un orecchio all’altro.
“Pronta per la gita?”
“Prontissima!”
Gli urlo mostrandogli il mio cesto da picnic pieno di leccornie, facendolo sorridere.
Lo metto sul sedile posteriore e poi salgo sul sedile passeggeri accanto a lui.
“Come mai hai scelto questo giorno per una gita a Frisco?”
“Perché è perché ero in gita lì quando mio padre se ne è andato da casa e voglio provare a sostituire un brutto ricordo con uno bello.”
“È una bella idea, complimenti!”
Lui sorride.
Io guardo il panorama che ci scorre accanto tranquillo, non c’è molto traffico sull’autostrada, solo un po’ quando arriviamo a Los Angeles.
Tom chiacchiera di alieni e di quello che ha letto su di noi, io sorrido sorniona.
“Deve essere strano per te stare con un’aliena.”
“No, non molto finché non tira fuori una sonda da infilarmi su per il culo.”
“TOM!”
Lui ride.
“Scusa. È più strano sapere che adesso sono mezzo alieno anche io, comunque.
Adesso posso modificare le cose e farle esplodere, ma non posso cambiare i lineamenti come voi.“
“Sei bello così, non hai bisogno di cambiare.”
Un secondo dopo arrossisco per aver detto una frase del genere, è troppo smielata, da ragazzina.
“Grazie, tesoro.
Sapevo di essere bello, ma è bello che qualcuno me lo confermi ogni tanto.”
Mi risponde, gonfiando il petto.
“Tom, tu mi fai dire le peggio cose, mi fai sembrare una stupida ragazzina innamorata.”
“Ma è quello che sei, sei ancora una ragazzina (più o meno) e sei innamorata, anche io sono innamorato di te, non c’è niente di male.
Ti concedo queste uscite!”
Io arrossisco.
“Ok, quanto manca a San Francisco?”
“Qualche chilometro.”
“Come mai hai scelto proprio Frisco?”
“Volevo vedere il Golden Gate.”
“Capisco.”
Lui rimane un attimo in silenzio.
“Mio padre mi ci ha portato quando ero piccolo e mi è piaciuto tanto. Abbiamo visto il Golden Gate all’alba illuminato dai raggi dorati. È stato bellissimo, una delle cose più belle che abbia mai visto.”
“Capisco. Beh, dai ci divertiremo!”
Gli appoggio una mano su quella che ha abbandonato mollemente sul cambio.
Parliamo di tutto e di più per un altro po’, ma non di ieri sera. L’incidente ad Anne, il salvataggio di Johnny e i nostri sospetti su Joel sono relegati in un angolo.
Non vale la pena di rovinare una bella giornata per lui.
Arriviamo all’uscita di San Francisco e Tom prende una strada costiera, alla prima piazzola ci fermiamo ad ammirare il maestoso ponte rosso.
Certo, vederlo all’alba deve essere una figata assurda, ma anche così non è male.
È una linea rossa che unisce i due capi della baia e ogni tanto viene intersecata da qualche macchia bianca, barche o marrone, chiatte.
È davvero uno spettacolo unico e affascinante.
Dopo un po’ rientriamo e scendiamo verso la città. Tom parcheggia in centro e ci facciamo un giro tra i negozi, divertendoci a trovare quelli adatti a due come noi. Lui alla fine finisce per comprarsi una maglietta arancione della Hurley che gli sta da dio e io mi compro un vestitino nero stretto in vita che poi si allarga in tante balze di pizzo in un negozio che vede roba goth.
Dopo ci fermiamo in un Mac Donald, siamo entrambi affamati e ordiniamo un menù sostanzioso.
“Cavolo, ci voleva una pausa!”
“Per il tuo stomaco, sì!
Consumi molto.”
“Ogni tanto potresti darmi una mano a consumare.”
Io guardo per un attimo oltre Tom, verso la baia e poi gli sorrido.
“Magari qualche volta sì, se non ci si mettono di mezzo altri problemi.”
Lui mi guarda malizioso, forse sta pensando a quando potremmo farlo e dove e come.
All’improvviso arrossisco, lui è un esperto di queste cose, io una novellina. Farò di sicuro una figura di merda.
“Come mai sei diventata rossa all’improvviso.”
“C’è che tu sarai bravo in queste cose, visto che hai fatto un sacco di esperienza e io sembrerò una scema.”
Lui mi guarda con un tenerezza che non gli ho mai visto e poi stringe una delle mie mani tra le sue.
“No, sarà bello che io sia il primo per te.
Mi piace.”
Io arrossisco ancora di più e abbasso gli occhi.
“Fidati, sarà bellissimo e tu ti dimenticherai di queste paranoie.”
“Lo spero, spero di non deluderti.”
Lui ride.
“Di solito sono i maschi che dicono questo, insomma, sai..
Il nostro amichetto che non si alza, che siamo bruti, cose così.”
“Oh.”
“Sei tenerissima.”
“Spero non ti venga in mente di mangiarmi!”
Cerco di svicolare con l’ironia e sembra che ce la faccia.
“No, sono pieno dopo questo spuntino.”
Paghiamo e usciamo, poi ci dirigiamo alla baia e percorriamo la marina mano nella mano. Il clima è ventoso e si sono le grida stridule dei gabbiani, ho paura che ci usino come water, ma per il resto è fantastico.
Ogni tanto ci baciamo e ogni tanto ci fermiamo abbracciati a guardare il mare e la barche che corrono veloci.
Questo è decisamente meglio di Las Vegas, centomila volte meglio. Adoro questi piccoli momenti di intimità con Tom e non il dovermi preparare per una missione di cui fondamentalmente non me ne frega nulla.
Sì, ho recuperato i miei ricordi e so perché sono qui e cosa significa il tatuaggio sulla mia schiena.
So tutto quello che volevo sapere un anno fa, ma nemmeno un grammo della mia rabbia se ne è andato, anzi è aumentata se possibile.
Ci hanno scaricato qui, su un pianeta sconosciuto, senza dirci perché, senza darci strumenti per sopravvivere affidandosi solo al caso e poi se ne tornano dicendo che DOBBIAMO fare una missione per conto loro.
Lo so che è un discorso che ho fatto tante volte e so che è astioso e dimentica sempre la parte in cui Keisha ci ha detto che i nostri nemici vogliono invaderci la Terra, ma non posso fare a meno di essere arrabbiata e di sentirmi usata.
Forse lassù ero dotata di alti sentimenti e ideali, ma qui sono fuggiti tutti nel momento in cui ho capito che –  a parte John – potevo contare solo su me stessa e che dovevo sopravvivere e  nascondere a tutti i costi quello che ero per non diventare l’oggetto di ricerca di qualche scienziato.
Solo recentemente ho trovato qualcuno di cui fidarmi, ma le vecchie abitudini sono dure a morire e il risentimento può rimanere eterno a volte.
“Stai pensando a loro, vero?”
La domanda di Tom mi spiazza.
“Sì.”
“E sei ancora arrabbiata.”
“Come fai a capirlo?”
Lui alza le spalle.
“Ogni tanto ti estranei dal mondo, a volte chiudi gli occhi, volte sono aperti e ti si legge in faccia che pensi a loro e che sei arrabbiata.”
“Sì, sono arrabbiata e mi sento usata. Nel momento in cui eravamo più in merda, in cui avevamo bisogno di una figura di riferimento come l’acqua un assetato non c’era nessuno.
Il deserto.
C’eravamo solo io e Johnny e dovevamo sostenerci a vicenda, imparare insieme come nasconderci e cose così. Ora che ce la sappiamo cavare e che una figura di riferimento è inutile ne arrivano due e con ordini precisi.”
“Capisco.”
Io sospiro.
“Tutto ciò comunque non importa, alla fine faremo quello che vogliono loro e il gioco sarà finito.”
“Non ti viene mai la voglia di tornare lassù?”
Mi sussurra in un orecchio.
“No, tutto quello che conta per me è qui.”
Tom non dice niente, ma mi abbraccia più forte.
“Andiamo, riprendiamo la camminata.”
Percorriamo un altro tratto della marina fino ad arrivare quasi al porto, lì ci fermiamo a osservare le evoluzioni di alcuni skater, Tom accanto a me freme. Vorrebbe tanto avere con sé la sua tavola e unirsi a loro, ma non può.
“Che bravi che sono, cazzo!
La prossima volta mi porto lo skate, giuro!”
“Anche ti sei bravo.”
“Il tuo giudizio non vale, sei la mia ragazza!”
Io sbuffo.
 

La gita a San Francisco è stata fantastica, ora siamo sulla strada per il ritorno, stiamo facendo la costiera.
Tom all’improvviso si ferma in una piazzola.
“Cosa c’è?”
“Ti va di esplorare questa parte di bosco?”
“Perché?”
Gli chiedo curiosa, questo posto mi sembra un banalissimo angolo di California.
“Ho sentito dire che qui da qualche parte è caduto qualcosa.”
Io sospiro e annuisco, lo seguo solo per assecondarlo, ma non appena metto piede nella boscaglia una vibrazione mi mette in guardia. Probabilmente non è caduto niente, ma qualcosa c’è in questo bosco, qualcosa di non umano.
Camminiamo fino ad arrivare in una radura nel più completo silenzio, questa cosa non mi piace, è innaturale.
Afferro Tom per un polso.
“Tom, qui c’è qualcosa di strano.”
Lui si guarda intorno.
“Beh, gli alberi ci sono, erba e foglie pure. Cosa c’è di strano?”
“Concentrati meglio.”
Lui strizza gli occhi e sforza la bocca in una posa buffissima, poi finalmente li riapre.
“C’è troppo silenzio.”
“Esatto, Tom. Siamo in un bosco e non si sentono insetti, uccellini, qualsiasi traccia animale.”
Lui mi guarda.
“Tu percepisci qualcosa, vero?”
“Sì, percepisco qualcosa. Non è pericoloso ora, perché sta dormendo, ma c’è e non è umano.”
“Dobbiamo capire cos’è.”
Io guardo le punte dei miei anfibi, soppesando i pro e i contro.
-Principessa, potrebbe essere una delle basi dei nostri nemici.-
-Allora non possiamo avvicinarci o ci scopriranno .-
-Possiamo coprirvi noi in modo che la vostra aura si nasconda.-
-Va bene.-
“Sì, hai ragione. Andiamo, ma facciamo piano.
Io mi avvio seguendo la direzione della vibrazione, Tom è dietro di me, mano a mano che ci avviamo verso il folto del bosco diventa più forte come un campanello di allarme.
Avanziamo un altro po’, poi io stendo un braccio per fermare Tom: siamo davanti a uno spettacolo a dir poco incredibile.
Un sacco di bozzoli bianchi sono contenuti in una specie di casa di cristallo e sono sorvegliati da qualcosa. Questo è uno dei covi dei nostri nemici, uno di quelli che dobbiamo distruggere e Joel non ne ma mai parlato. Ha sempre detto che quello più vicino era a Las Vegas, tutto questo non mi piace.
Spiamo un altro po’, l’accampamento è vasto e sembra contenga parecchi bozzoli, poi cautamente ce ne andiamo e ripercorriamo a ritroso il sentiero con il cuore che batte a mille.
Spero che non ci abbia visto nessuno o rischiamo di fare una brutta fine, quel covo è un segreto e noi l’abbiamo scoperto.
Non appena saliamo in macchina Tom parte sgommando, al primo incrocio svolta verso l’autostrada, abbandonando la costiera.
Sembra spaventato anche lui.
“Ora sai contro cosa dobbiamo combattere.”
Mormoro con un filo di voce.
“Non sono tanto i bozzoli a preoccuparmi, ma chi li sorveglia.
Quel bastardo di Joel direbbe che sono solo una feccia, ma persino una feccia come me ha sentito cosa sta proteggendo quei bozzoli.”
“Dobbiamo tornare qui con gli altri prima che si schiudano.”
Lui annuisce solo, concentrato com’è sulla guida della macchina.

 

Quando ci siamo di mezzo noi alieni anche la minima cosa diventa complicata.
Anche una semplice gita diventa qualcosa di spaventoso, quei bozzoli e i loro protettori hanno profondamente turbato me e Tom, adesso ha capito che l’ufologia non è più solo un hobby simpatico. Qualche volta può assumere i toni dell’incubo e  del terribile.
Arriviamo a Poway con la consapevolezza che dovremo a tutti quello che abbiamo scoperto, sono curiosa di sentire cosa dirà Joel, probabilmente una bugia.
Tom mi lascia fuori da casa mia.
“Buonanotte, Chia.”
“ ‘Notte, Tom.”
Entro in casa e trovo la mia famiglia a casa in salotto.
“Ciao, tesoro.
Usciamo a mangiare, vieni con noi?”
“Certo, mi fa piacere.
Mi faccio una doccia e sono dei vostri.”
Dico sorridente, mamma annuisce.
Salgo al piano superiore e mi libero con gioia dei vestiti, mi butto sotto la doccia, cercando di far scorrere via anche tutti i cattivi pensieri del giorno, anche se temo che quella costruzione me la sognerò fino al giorno della mia morte.
Finita la doccia, butto da lavare quello che indossavo e metto il vestito che ho preso a San Francisco, calze e anfibi, mi trucco, prendo la giacca di pelle e la borsa e poi scendo.
“Che bel vestito!”
“Grazie, mamma. Scusate se vi ho fatto aspettare.”
“Non fa niente. Adesso andiamo “Da Vito”.”
Io quasi mi metto a saltare dalla gioia, amo quel ristorante, fa delle pizze meravigliose.
Riesco a mantenere il mio buonumore per tutta la cena, racconto di San Francisco, dei negozi e delle persone e tralascio volutamente quello che è successo nel bosco.
Quello lo racconterò domani, ma mia sorella sembra intuire qualcosa perché mi lancia un’occhiata interrogativa, io le faccio un’impercettibile segno che glielo dirò dopo.
Torniamo a cena verso le dieci, io e Izzie saliamo subito in camera.
“Allora, cosa non hai detto a mamma e papà?”
“Una cosa che racconterò domani a tutti e che è molto importante.”
“Non posso avere un’anticipazione?”
Io scuoto la testa.
“Mi spiace, devi aspettare domani come gli altri.”
Lei sbuffa.
“Ma sono tua sorella!”
“Lo so e ti voglio bene, ma credimi non è una cazzata e devono saperla tutti e non uno alla volta.”
“Va bene.”
Sospira lei.
“Me lo dirai domani.”
“Sì e scusami.”
“Non fa niente, lo so che lo fai per dei buoni motivi.”
Io annuisco e lei esce dalla stanza.
Non appena esce mi guardo allo specchio, ho gli occhi tristi, ho di nuovo gli occhi che avevo all’istituto. Sto tornando a essere quella bambina fragile e spaventata che non sapeva come vivere in un mondo così grande e così pauroso da sola.
Ripenso a quello che ho sentito nel bosco e mi sale la pelle d’oca, ho sentito odio e volontà d’uccidere, ho sentito l’odore dei nostri nemici.
Pensavo che non  l’avrei sentito mai più, non pensavo che quel piccolo pulsante che mi ricorda le tante battaglie che ho compiuto sul mio pianeta d’origine sarebbe scattato di nuovo.
Mi metto in pigiama e mi stendo sul letto, cado immediatamente addormentata.
{“Principessa, ci hanno attaccato da ovest!”
Esco precipitosamente dalla tenda, corro in mezzo alle macerie della nostra roccaforte. Un tempo era una città maestosa ed elegante, ora è solo un cumulo di macerie.
Più mi avvicino e più lo sento, sento l’odio degli Swaahn incombere. Ci odiano da generazione, probabilmente da quando Naftva è nato.
Senza pensarci estraggo la mia collana e chiamo  i miei soldati a raccolta, urlando loro di precedermi a ovest. Io arrivo poco dopo e noto una carneficina, ma almeno i miei soldati stanno respingendo il nemico fuori dalle fortificazioni.
Qualcuno le sta già ricostruendo e io mi butto nella mischia cercando di far fuori più nemici possibile, li odio. Li odio perché mi hanno tolto la mia famiglia e la mia infanzia.
Sulle barricate vedo mio fratello che grida ordini per ricostruirle, io lo saluto con un cenno che lui ricambia.
Continuo a combattere fino quasi a esaurire le forze, la parte metallica della mia falce è sporca di sangue, ma voglio continuare. Mi fermo solo quando mio fratello mi fa cenno di tornare, con una punta di dispiacere mi allontano e torno dentro le nostre mura, io e i mie soldati diamo una mano a ricostruirlo.
Finito sembra non sia successo nulla, ma qualcosa è successo.
Si sono aggiunte altre macerie, ci sono i cadaveri da seppellire. Aiuto una squadra ad estrarre uno dei morti e mi accorgo con orrore che lo conosco.
E' Kin, il cugino di Keisha. Ci ho giocato insieme un sacco di volte da bambina, si era appena sposato e sua moglie è incinta. Non meritava di morire.
Penso a quella creatura che non conoscerà mai suo padre e mi si stringe il cuore, non dovrebbero succedere queste cose.
Loro dovrebbero smettere di farci la guerra.
Aiuto a estrarre un ferito.
“Principessa!”
Rantola non appena mi vede, io guardo gli altri e dalle loro facce capisco che nemmeno questo ragazzo si salverà. Ha i capelli biondi sporchi di sangue e non sembra avere più di quattordici anni.
“Sì.”
“Principessa, mi chiamo Kal. Dica a mia madre Anja che ho combattuto per il pianeta e per la mia sorellina Ami. Dia un bacio a mia sorella da parte mia.”
Un ultimo spasimo, un rantolo terribile e la sua vita è finita, gli occhi guardano il cielo viola che precede il tramonto senza vederlo.
Un’altra vita spezzata senza ragione e poi ci chiedono perché odiamo gli Swaahn.
Mio fratello mi raggiunge, è una spanna più alto di me, ha la barba lunga, qualche ferita sul volto e i lunghi capelli blu raccolti in una coda.
“Ti sembra giusto?
Aveva solo quattordici anni.”
“No, non è giusto. Ma lo senti il loro odio?
Lo senti?”
Io annuisco.
“È per questo che lottiamo, per far sì che non ci faccia più del male.
La guerra è ingiusta, ma spesso è l’unico modo di risolvere i problemi.”
Io sospiro, guardo la macerie e i corpi e mi chiedo se sia davvero così. }

La mattina dopo mi sveglio sudata e negli occhi ho lo spettro di quelle immagini terribili e l’odore dell’odio.
Perché ci hanno seguito anche qui?
Mi alzo e vedo sorgere l’alba, un’alba fredda e pallida.
No, non sarà un buon giorno.

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Capitolo 18
*** 18)Qualcuno ha dei segreti. ***


18)Qualcuno ha dei segreti.

 

Stamattina mi sono alzata per vedere involontariamente l’alba.
Speravo che uno degli spettacoli naturali della Terra mi calmasse e cancellasse un po’ delle immagini di morte dei miei incubi, ma è stato tutto inutile.
Kin, Kal, la madre e la sorellina del ragazzino che poi ho visitato in seguito non se ne vanno.
Alla fine mi sono rassegnata a non dormire e ora che suona la sveglia sembro uno spettro: sono pallida, ho due brutte occhiaie e lo sguardo spento.
Se ne accorge persino mia madre, nonostante l’uso abbondante del correttore che ho fatto.
“Chia, stai bene?
Hai un’aria malaticcia.”
Mi chiede a colazione, io sorrido.
“Sì, è solo un periodo un po’ così. Faccio fatica a dormire, forse è lo stress di ripetere l’anno.”
Lei annuisce comprensiva.
“Dopo il lavoro andrò in erboristeria e ti prenderò quelle gocce che prendevi da piccola, ti calmavano.”
Sì, la valeriana mi ha sempre calmato e forse avere un sonno rilassato mi aiuterà a non impazzire.
Finita la colazione io e mia sorella andiamo a scuola, l’alba pallida è diventata una giornata piovosa, odio la pioggia: in California sembra fuori posto.
Parcheggio con l’umore sottoterra, pensando a cosa dovrò dire oggi ai ragazzi, Anne – che incontriamo all’ingresso – invece sprizza gioia da tutti i pori.
Deduco che finalmente Johnny si sia aperto con lui.
“Ehi, che allegria!”
Le dico.
“Puoi giurarci! Johnny mi ha raccontato tutto, mi ama, capisci?”
Io sorrido.
“Certo che capisco, sono mesi che lo sto spronando a farsi avanti!
Ti ha detto anche cosa siamo?”
Chiedo a voce più bassa.
“Sì, ma non mi fa paura.
Mi ha anche detto che potrei iniziare a sviluppare qualche… abilità particolare.”
“Sì, potresti. Sappi  che noi ti aiuteremo.”
“Grazie. Cioè, suona stranissimo, ma grazie.
Sono finalmente di Johnny Mayer! Ce l’ho fatta!”
“Sono felice per te!”
Una voce fredda e ironica si inserisce – non voluta –  nella conversazione: Joel.
“Davvero?
Pensavo esattamente il contrario, a volte si sbaglia.”
Dico tagliente.
“Sì, si sbaglia.
Si sbaglia troppo, si sbaglia per orgoglio. Non venire con noi è stato uno sbaglio.”
“Sento odore di minaccia, o sbaglio?”
“Non oserei mai, principessa.”
Se ne va lasciandomi ancora più nervosa di prima.
“Io lo ammazzo quello.”
Dico furiosa, tirando un calcio al muro e beccandomi un rimprovero da un insegnante random. Bell’inizio di settimana! Perché non annunciarmi che d’ora in poi dovrò vivere solo con Joel?
Ma che cazzo!
Mia sorella mi appoggia una mano sulla spalla.
“Stai calma.”
“No, non sto calma.
Non riusciresti a starci nemmeno tu se sapessi quello che so io.”
Sibilo incazzata.
Lei non dice nulla e mi lascia bollire nel mio brodo, così vado a spagnolo masticando amaro e non vedendo l’ora che si vada a mensa.
La mattina è lunga e noiosa, cerco di non distrarmi – se perdo anche quest’anno i miei mi uccidono – ma la tentazione è forte.
Accolgo con autentico sollievo il suono della campanella che annuncia il pranzo e vado a mensa, ritrovandomi in coda con mia sorella e il mio ragazzo, dietro di noi ci sono Keisha e Joel che parlottano tra di loro.
Ricevuto il rancio ci sediamo al nostro solito tavolo in un silenzio carico di tensione.
“Allora com’è andata a Las Vegas?”
“Un disastro.”
Sussurra Keisha.
“Erano dei nostri, non dei loro. Non capisco come abbia fatto Joel a sbagliarsi.”
“Io invece ho delle notizie per voi, ci vediamo alla casa nel deserto oggi pomeriggio.”
Lei mi guarda sorpresa, ma poi riprende a mangiare.
Non sono affatto stupita che Joel si sia sbagliato e nella mia testa prende corpo l’idea che lui l’abbia fatto apposta e che non sia dalla nostra parte.
-È molto strano che si sia sbagliato, lui era il migliore in queste cose e poi LORO hanno un’aura inconfondibile. Non si è sbagliato, non ha voluto trovarli. La cosa ha parecchio più senso così, ma non posso dirlo a Keisha, è ovvio che lei creda al fratello.-
Nessuno apre più bocca e io – senza farmi sgamare – analizzo le espressioni degli altri, Tom escluso: Isabel è curiosa, Keisha è pensierosa, Joel è una maschera d’ira.
Questo mi fa sorridere in un certo modo, perché probabilmente nasconde qualcosa e qualcosa di non buono a giudicare dalla faccia.
Matematica l’ho in comune con Tom, così quando ci avviamo verso l’aula mano nella mano lui mi dice che l’espressione di Joel era strana.
“Puoi giurarci che era strana,ci sta nascondendo qualcosa e ha paura che ci stiamo arrivando. Non gli piacerà per niente il fatto che abbiamo trovato un vero rifugio.”
“Penso che tu abbia ragione, il ragazzo è quantomeno sospetto.”
“Tra l’altro non riesco a leggere nella sua mente, con Keisha con un po’ di impegno ci riesco, lui è impermeabile. Quasi come se fosse… non è possibile.”
“Uno dei nostri nemici.”
Abbasso ulteriormente la voce.
“Uno degli abitanti delle lune, è impossibile leggere nelle loro menti. I loro pensieri viaggiano su frequenze irraggiungibili per noi.”
“Uhm, davvero?”
“Oh, sì! È per questo che l’altra fazione li vuole, per l’effetto sorpresa. Non siamo in grado di rintracciarli.”
“Capisco.”
È abbastanza difficile concentrarsi sulla matematica quando hai un dubbio come il mio che ti gira per la testa, il resto delle cose sembra privo di senso. Ha qualche importanza come si studia una funzione se sai che c’è un potenziale e pericoloso nemico in giro?
No, non ne ha nessuna, ma non puoi dirlo alla tua professoressa se non vuoi passare per matta.
Con un sospiro interrompo il disegno di spirali che stavo facendo e cerco di tornare a concentrarmi su quello che la prof sta dicendo.
Spero che presto arrivino le tre così posso raccontare a tutti quello che è successo.
 

Le tre sono finalmente arrivati e siamo tutti riunito nel parcheggio, anche Mark che si è preso un permesso per venire da San Diego.
Joel lo guarda come si può guardare qualcosa di estremamente schifoso e non riserva sguardi migliori a mia sorella o a Anne e Tom che sono mezzi alieni.
“Avanti, andiamo ora che il circo si è riunito.”
Io entro in macchina sospirando e pensando che di base – amico o traditore – rimane una testa di cazzo egocentrica e insopportabile.
Raggiungiamo la  casa nel deserto e chi può si siede sul divano e il resto sul logoro, ma comodo, tappeto.
“Allora, come ve la siete cavata a Las Vegas?”
Chiedo io, Joel non risponde – per lui è come se non avessi parlato – lo fa Keisha al suo posto.
“Un vero disastro, non erano nostri nemici, ma delle truppe dei nostri mandate qui in caso di bisogno. Nel caso in cui l’esercito sarebbe rimasto senza uomini lassù li avrebbero richiamati sul nostro pianeta.”
“Capisco.”
“Non so come abbia fatto Joel a sbagliare.”
Io una mezza idea ce l’ho, temo l’abbia fatto a posta.
“Voi cosa ci dovete raccontare?”
Chiede Keisha, visibilmente curiosa.
“Siamo stati a San Francisco ieri e sulla strada del ritorno abbiamo scoperto una cosa abbastanza importante: un rifugio di Swaahn.”
Gli spieghiamo dove l’abbiamo visto e sono tutti sorpresi.
“Non può essere.”
“Lo è. Joel, lo so che pensi che io sia diventata una rincoglionita, ma so ancora distinguere un rifugio Swaaahn se ne vedo uno.”
“Com’era?”
Il tono di Keisha è serio.
“Ci sono molto bozzoli protetti da una struttura da quello che sembra vetro, ma che può essere benissimo qualcosa di molto più resistente. Il posto è sorvegliato, sia io che Tom abbiamo sentito auree, direi che le guardie sono almeno due molto potenti.”
“Vi hanno visto?”
“No o non saremmo qui a raccontarvelo.”
“Dobbiamo distruggerli.”
“E se la puttana si sbagliasse? E se ci avesse tradito?
Ora sta con la feccia umana.”
“Joel, hai rotto i coglioni!”
Urliamo in coro io e Keisha e il ragazzo si alza in volo e viene violentemente espulso dalla stanza.
“Io non so cosa fare con lui!
Non lo riconosco più, sembra quasi che non sia mio fratello!”
Esclama frustrata l’aliena guardando verso la porta, poi torna a dirigere il suo sguardo su di noi.
“Ovviamente hai ragione: quel posto va distrutto, non dubito della tua capacità di riconoscere i loro rifugi.
Dobbiamo solo organizzarci, loro due.”
Indica Anne e Tom.
“Devono esercitarsi ancora un po’ se vogliono esserci d’aiuto. In quanto a Isabel e Mark ora come ora possono solo farci da palo.”
“Farvi da palo?”
Chiedono senza capire.
“Uno si piazza sulla strada o meglio alla piazzola e allontana in qualche modo chi si vuole fermare e l’altra in un punto del bosco che studieremo per tenere lontani eventuali escursionisti, sarà un lavoro duro da fare.
Le guardie sono forti e dovremo impegnarci al massimo tutti, ognuno come può.”
Annuiamo tutti.
“Per questo motivo ora noi scendiamo ad allenarci, in quanto a voi…”
Indica Mark e Isabel studierete le mappe della zona e cercherete di capire da che parte possano venire eventuali escursionisti.
Isabel , tu hai capito come funziona la colonna, vero?”
Mia sorella annuisce e si mette subito al lavoro, io e gli altri scendiamo al piano di sotto seguendo Keisha.
Questa volta ci fa lavorare come dannati, alla fine della lezione sono senza una goccia di energia, ma se mi devo scontrare con gente così pericolosa è meglio che mi prepari a dovere.
Il problema è che non mi reggo nemmeno più in piede e tocca a Tom prendermi in braccio e portarmi di sopra.
“Forse ho esagerato.”
Si scusa Keisha, Johnny invece si dirige verso il frigorifero, tira fuori un’arancia e fa una spremuta bella zuccherata che mi porge.
“Questa ti dovrebbe essere d’aiuto, Chia.”
“Grazie, Jo!”
Esclamo bevendola tutta d’un fiato. In effetti qualche minuto dopo sono in grado di reggermi sulle mie gambe.
Tom mi aiuta lo stesso a uscire e accolgo con piacere l’aria fresca del deserto, tra un’ora qui farà freddo, adesso però si sta bene.
“Ci vediamo qui domani, alla solita ora.”
Io annuisco, pensando con una punta di paura ai compiti che mi aspettano a casa, un po’ invidio Johnny che almeno non li deve fare e non limiti di alcun genere né obblighi.
Deve essere la stanchezza che mi fa parlare.
“Sei sicura di stare bene?”
Mi chiede Tom, passandomi un braccio attorno alle spalle per sostenermi.
“Sono solo stanca, per me è difficile imparare di nuovo a usare queste cose, ma ce la devo fare. Te lo ricordi cosa abbiamo sentito?
Non deve espandersi sulla Terra.”
Lui annuisce e mi lascia solo quando siamo arrivate alla macchina,Isabel è ovviamente alla guida e poco veniamo raggiunti da Johnny. Il signorino prima stava parlando e sbaciucchiando Anne, sono felice che finalmente si siano chiariti, anche se non mi sono piaciute le condizioni in cui è successo.
“Johnny, sono felice di vederti finalmente con Anne!”
“Mh, lo sapevo. Dopo tutte le volte che mi hai detto di chiarire con lei.”
“Sei felice di aver chiarito?”
Lui sorride.
“Sì, sono felice. Anne è una ragazza magnifica, dice che non le importa nulla del mio passato, della mia reputazione, di quello che sono.”
“E allora non lasciartela scappare.”
“Puoi giurarci e la proteggerò a costo della mia vita, lei non deve essere fare le spese del mio essere alieno.”
“Andrà bene, Johnny.”
Gli dico sorridendo e soffocando uno sbadiglio.
“Stanca, vero?”
Io annuisco.
“Se non ci fosse Tom accanto a me o Isabel o te o Mark non saprei come fare ad andare avanti, questi allenamenti sono massacranti.”
“Prima li eliminiamo, prima finiamo.”
“Giusto.”
Arriviamo a casa di Johnny e lui scende, ci saluta sorridendo, cosa che sorprende Isabel.
“Wow, Anne l’ha proprio cambiato. Johnny sta sorridendo!”
Io scoppio a ridere.
“Sì, l’ha cambiato!”
Arriviamo a casa giusto poco prima di cena, mangiamo le polpette di mamma e poi io mi metto a fare i compiti, che sono all’incirca una pila immensa.
A mezzanotte si è notevolmente ridotta, ma io sono troppo stanca per andare avanti, cercherò di farli domani durante le ore buche.
Mi faccio una doccia veloce e mi metto in pigiama – una maglietta lunga e larga dei Sex Pistols – quando sento un rumore proveniente dalla finestra, come di sassolini tirati.
Mi affaccio e nel prato di casa mia c’è Tom.
Lo guardo sorpresa arrampicarsi sulla quercia che c’è davanti alla finestra della mia camera e poi saltare nella mia stanza.
“Ciao, cosa ci fai qui?”
Lui mi guarda.
“Mi piace il tuo pigiama, comunque sono qui per stare un po’ con te, mi sembravi un po’ triste quando ci siamo lasciati.”
Io sorrido.
“Ero e sono stanca.”
“Mettiti a letto.”
Lo faccio e poi – con una punta di imbarazzo – lo vedo togliersi pantaloni, calzini e scarpe e raggiungermi.
Immediatamente sono attirata nel suo abbraccio caldo e confortevole.
“Se ti vedono i miei sei morto.”
“Rimarrò con te solo fino quando ti sei addormentata, ti canterò la ninna nanna.”
“Sei un pazzo, ma ti adoro.”
Rispondo insonnolita, stare tra le sue braccia mi fa scivolare via tutta la tensione e la stanchezza.
“Con Joel in giro è pericoloso che tu sia venuto qui.”
“Non ti preoccupare, ce la farò a tornare a casa mi sano e salvo.”
“Uhm.”
Lui inizia a canticchiare l’inizio di una canzone che si chiama “Carousel”, io sento di scivolare lentamente nel mondo dei sogni.
“Tom.”
Lo chiamo, mentre sono ancora cosciente.
“Ti amo.”
“Ti amo, anche io.”
Mi risponde, dandomi un bacio sulle tempie.
Sorridendo come una scema mi addormento.
La mattina dopo sul comodino c’è un biglietto ripiegato in quattro e riconosco la grafia di Tom.

Ciao, piccola.
Ti sei addormentata subito, dovevi essere proprio stanca.
Sono rimasto un po’ a guardarti: sei bellissima e terribile. Mi fai persino scrivere diabetici bigliettini d’amore.
Spero che tu non abbia avuto gli incubi dopo che me ne sono andato.
Ben svegliata.
Ti amo.
                        Tom.

Sorrido e lo infilo nel portafoglio, voglio rileggermelo durante la giornata, casomai mi sentissi giù di morale o sola. Mi faccio la doccia e vado a scuola con mia sorella di buon umore, era da un po’ che
non mi succedeva. Tom ci aspetta come al solito nel parcheggio, io scendo e lo abbraccio, tenendo a lungo la mia testa nascosta nell’incavo del suo collo.
Mi stacco solo per sussurrare una cosa al suo orecchio.
“Grazie per il bigliettino, è stato molto romantico. Non ti preoccupare, non lo dirò a nessuno, sarà il nostro piccolo segreto.”
Lui sorride e mano nella mano ci avviamo verso il liceo.
“A proposito, sabato ho la casa libera. Mamma e Kari sono a Los Angeles a trovare una mia zia che mi odia, verresti da me?”
Io rimango in silenzio, so benissimo cosa implica la domanda: sesso.
Probabilmente sbaglio i termini della questione, non  è solo sesso per Tom, forse il suo è finalmente il desiderio di fare l’amore con qualcuno, che è diverso dalla semplice scopata.
Questa volta fa sul serio ed è disposto ad aspettare, io non so cosa fare; da una parte ho paura che poi lui sparisca, dall’altra mi dico che se dovesse andare male con i tizi che stiamo per affrontare morirei vergine e mi scoccerebbe, visto che ho un ragazzo che amo.
Cosa faccio?
“Va bene, vengo.”
La mia bocca ha risposto da sola, senza nemmeno chiedere permesso al cervello e tagliando la testa al toro.
“Ok.”
“Devo portare una pizza? Cibo cinese? Messicano?”
“No, cucino io!”
Io mi blocco al corridoio come se qualcuno mi avesse fulminato, poi alzo un dito tremante e lo punto verso Tom.
“Tu cucinerai?”
“Sì.”
Alza le spalle tranquillo, io sono sconvolta, vale la pena di andare da lui domenica solo per vedere cosa avrà preparato.
“Beh, come mai quella faccia?”
Mi chiede prima di entrare in classe.
“Beh, tu che cucini è un evento.”
Lui ride come un matto.
“Domenica rimarrai stupita, te lo assicuro.
Le risorse di Thomas Matthew DeLonge sono  infinite.”
Io lo guardo sempre più sconvolta e se qualcuno una decisa e poco caritatevole spinta sarei rimasta per sempre a occupare il vano della porta.
Tom DeLonge che cucina per me?
Okay, è il mio ragazzo, ma non pensavo fosse il tipo. Mi fa piacere, ma allo stesso tempo è stranissimo, come se un unicorno fosse apparso sulla cattedra.
In ogni caso mi siedo nel posto accanto al suo e lo studio: è tranquillo e sereno, scarabocchia il suo blocco.
Chi lo capisce è bravo.
In ogni caso non vedo l’ora che sia domenica per provare la sua cucina.
Chissà che razza di sorpresa riceverò.

Angolo di Layla.

Sono piuttosto scettica se continuare o meno questa storia vista l'assenza di recensioni. Penso che la metterò in pausa se qualcuno non rescensisce.

Scusate lo sfogo.

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Capitolo 19
*** 19)Pupazzi di neve. ***


19)Pupazzi di neve.

 

Sabato arriva fin troppo presto per i miei gusti.
Sono molto curiosa di vedere cosa combinerà, allo stesso tempo dovrò fare un certo discorso imbarazzante con mia madre.
Decido di affrontarlo subito dopo pranzo, via il dente, via il dolore.
“Mamma, posso parlarti?”
“Certo, tesoro.”
“Forse è meglio che andiamo in camera mia.”
Lei annuisce e trotta dietro di me, che sono sulle spine e sudo freddo, nonostante sia maggiorenne.
“Dimmi, cara.”
Io mi siedo sul letto.
“Mamma, senti non è un discorso facile da fare per una figlia, ma devo farlo.
Stasera Tom mi ha invitata da lui e rimarrò anche a dormire e sai cosa significa questo. Volevo che lo sapessi e che sapessi che ci comporteremo in modo responsabile.”
Lei sospira.
“Non è facile nemmeno per una madre, sai?
Per me sei sempre la bambina piccola che aveva sempre bisogno di me, ma ora sei diventata una donna e spero che tu abbia scelto bene a chi donare la tua verginità.
La prima volta è importante e non va sprecata e sono felice che tu abbia deciso di aspettare così tanto e di avvisarmi prima.
Cerca di prendere le dovute precauzione.”
Io arrossisco e annuisco.
“Le prenderemo.”
Lei lascia la mia stanza e mi sento immediatamente meglio, forse perché l’incombenza è stata sbrigata e non si è rivelata così terribile.
Adesso devo solo sistemarmi e non sarà un’impresa facile, mi faccio una doccia, mi faccio la ceretta e poi guardo la mia immagine allo specchio: passabile.
Intanto si sono fatte le sette ed è meglio che inizi a vestirmi, al piano di sotto la mia famiglia si sta mettendo a tavola.
Cosa posso mettermi?
Decido di mettermi delle calze a rete, una mini a fantasia scozzese, una maglia nera con un teschio piena di spille da balia e una felpa.
Con pazienza mi stiro i miei capelli azzurri e mi trucco di nero, metto un po’ di profumo, prendo fiato e scendo.
Con aria indifferente metto la mia giacca di pelle e gli anfibi, saluto la mia famiglia e prendo la borsa. Ho il cuore che mi batte a tremila, ho paura che mi esca dal petto e non sarebbe il caso.
Sto per andare a fare l’amore con il mio ragazzo e si presuppone che io sia viva e non morta, sarebbe strano.
Che pensieri assurdi, mi dico mentre salgo in macchina e rabbrividisco per il vento freddo di novembre.
Le foglie cadono dagli alberi creando tappeti rossi, gialli e arancioni sui marciapiedi, l’autunno nono è male come stagione e visto come punge il vento forse quest’anno a Natale avremo la neve.
Sarebbe un sogno.
Guido tranquilla fino alla casa di Tom, non appena ho parcheggiato fuori dalla villetta inizio a tremare, forse per il vento, forse per le residue zucche di Halloween che ora mi sembrano spettrali, forse per l’emozione o l’impressione di essere spiata.
Fatto sta che suono subito a casa di Tom e lui viene ad aprirmi subito, indossa i suoi soliti pantaloni cachi larghissimi, una maglia dei blink e una felpa dell’Adidas aperta.
“Wow, stai benissimo!”
“Ma ho freddo.”
Lui annuisce.
“Accendo il camino, allora.
Tu mettiti comoda”
Io annuisco, attacco la giacca di pelle all’attaccapanni e vado in salotto, mi siedo sul divano e guardo Tom darsi da fare con la legna per accendere il benedetto camino.
Finalmente ce la fa e mi sorride raggiante.
Si siede accanto a me e mi passa un braccio attorno alle spalle.
“Va tutto bene, tranquilla.”
Io annuisco e mi godo il contatto, complice il calore che esce dal camino un po’ della mia tensione si scioglie.
“Ah, mi sento meglio.”
“Sono felice, anche perché devi assaggiare la mia cucina!”
Io annuisco un po’ preoccupata.
“Potresti preparare la tavola, Chia?”
“Sì, certo.”
Mi indica dove trovare le cose e io preparo diligentemente la tavola per due persone, devo metterci anche qualche tocco romantico?
Mentre rifletto sulla questione, Tom arriva con una teglia di lasagne – che sembrano preriscaldate –  che emanano un buon profumo.
“Woah!”
“Ovviamente quello che hai visto non uscirà da questa casa.”
“Ovviamente!”
Ci sediamo e Tom divide le porzioni, ne mangiamo due abbondanti.
“Ah, che buone.”
“Adesso ci sono le cotolette e poi il dolce.”
A me brillano gli occhi, mi piace che il mio ragazzo cucini per me.
Le cotolette sono un po’ bruciacchiate, ma sono buone lo stesso, per un principiante non sono affatto male.
“Buone anche queste, Tom.
Te la cavi in cucina!”
“Grazie. Per dolce mi sono fatto mandare una crostata dalla pasticceria più vicina.”
Io sorrido e appoggio una mano sulla sua, lui la stringe immediatamente.
“Non fa niente, è stata una bella cena lo stesso.”
Lui si alza e porta la crostata, è alle fragole con la panna, e taglia due porzioni abbondanti, che spariscono immediatamente.
Rigoverniamo insieme la cucina e poi Tom inserisce la cassetta di un horror nel videoregistratore, io mi avvolgo nella coperta. Poco dopo mi raggiunge e siamo in due abbracciati sotto la coperta, mentre parte il film.
Ora sì che sto bene, spero solo che il film non sia tanto sanguinolento, lo splatter mi ha sempre fatto un po’ impressione. E se anche fosse splatter avrei una buona scusa per stare attaccata come una cozza a Tom.
Lo guardo per un po’, poi finisco per nascondere la faccia nell’incavo della spalla di Tom per la maggior parte del tempo, solo alla fine lui mi scuote delicatamente.
“Ehi, piccola. È finito, puoi tornare nel mondo reale.”
Io tiro un plateale sospiro di sollievo, poi mi alzo e pesco il pacchetto di sigarette dalla borsa, mi metto la giacca di pelle e insieme a Tom esco a fumare sul portico dei DeLonge.
Qualcosa di bianco e piccolo sta scendendo dal cielo.
“Tom! Sta nevicando!”
Urlo felice.
“Perfetto! È esattamente il tempo giusto per stare  a letto, al calduccio!”
Mi fa ammiccante, io arrossisco come un pomodoro.
Riuscirò a fare qualcosa così tesa?
Inspiro una boccata della mia sigaretta, Tom mi abbraccia da dietro, ogni tanto mi ruba dei tiri ogni tanto mi lascia dei lievissimi baci sul collo che mi danno i brividi.
E siamo solo all’inizio.
 

Dopo aver guardato il film e giocato a carte in un atmosfera sempre più carica di tensione, Tom decide di andare a letto, io lo seguo.
La sua stanza è abbastanza caotica, c’è una finestra che dà sul giardino, una scrivania ingombra di carta – alcuni sono compiti, altri testi o spartiti di canzoni –  alcuni ripiani con dei libri e dei fumetti e uno stereo con annesso porta cd, in un angolo una chitarra classica piena di scritte come “Fuck”, “Cock”,  una chitarra elettrica rossa piena di adesivi. un letto a due piazze con un bel piumone verde alieno e un armadio. Le pareti sono tappezzati da posters sugli alieni, sui Descendent e qualcosa sui blink.
È una camera che mi piace, piena di personalità.
“Bella!”
Esclamo sedendomi alla sedia della scrivania, lui si siede sul letto.
“Sono contento che ti piaccia.”
Mi guarda in modo strano, ipnotico, e io lascio perdere la sedia per sedermi accanto a lui e appoggiare la mia testa sulle sue spalle, lasciando che un suo braccio avvolga le mie.
“Sei così bella e così fuori da ogni criterio che non so come comportarmi.”
Mi dice con una voce lontana.
“Non voglio farti del male o scoparti come una delle tante, ma non so come fare.”
“Io…”
Deglutisco rumorosamente.
“Io credo che sarà il tuo corpo a guidarti e a farti capire come fare.”
“Hai ragione.”
Si volta verso di me, mi guarda con i suoi occhi castani così intensi e mi bacia con dolcezza, senza fretta, io rispondo adeguandomi piacevolmente al suo ritmo. Mi sembra di essere più vicina a lui ogni minuto che passa, forse per i brividi, forse per i piccoli flash back che vedo.
Una mia mano si alza e accarezza il suo volto, lui sovrappone la sua per sentire meglio la mia carezza.
“Ti amo!”
Sussurra al mio orecchio prima di baciarmi in un modo più passionale, adesso le nostre lingue combattono e siamo presto in carenza di fiato, ma non importa, giusto il tempo di riprendere fiato e il bacio continua fino a diventare profondo.
Io mi siedo su di lui e dalla mia posizione sento che anche solo questi baci hanno scatenato reazioni lì sotto. Non importa continuiamo, sento le sue mani che si spostano dai miei capelli a sotto la maglietta e mi accarezzano i fianchi e tutta la pelle nuda che riescono a trovare.
Io gemo, lui con gentilezza mi toglie la felpa e la maglia e poi si ferma un attimo a guardarmi: i suoi occhi sono liquidi per il desiderio.
Io gli do un piccolo bacio sulla punta del naso e gli tolgo impacciata la maglia dei blink, lasciandolo a torso nudo, come se fossi in una sorta di trance gli accarezzo i pettorali e poi seguo il contorno del tatuaggio dello skyline di San Diego con un dito: lo sento fremere sotto di me.
Finito questo momento quasi magico, lui torna a baciarmi, poi scende a piccoli baci sulla mascella e sul collo, dove mi lascia un succhiotto.
“Tom!”
Gemo io in preda al piacere e alle visioni.
Lui si stacca e questa volta sono io che torno a baciarlo e a baciargli la mascella e il collo, le mie mani volano sui suoi muscoli, le sue giocano con l’elastico del mio reggiseno, lo tirano  e poi lo lasciano andare.
Decido che questo giochetto è durato fin troppo e – seppur impacciata – mi tolgo il reggiseno, Tom sorride e mi fa sdraiare, mi raggiunge immediatamente dedicando delle attenzioni ai miei seni che nessuno aveva mai fatto: li bacia, li lecca, li mordicchia.
Io gemo sempre più forte e  viaggio nella sua mente in un modo sempre più frenetico, chissà lui cosa vede?
Con dolcezza mi sfila gonna e calze e poi mi accarezza da sopra le mutande.
“Se non vuoi fermami.”
“Vai avanti!”
Dico con voce rauca per il piacere, lui sorride, mi dà un piccolo bacio sulla fronte e si toglie i pantaloni, poi torna su di me.
“Adesso farò una cosa, fermami se non ti piace.”
Piano piano mi abbassa le mutande e inserisce un dito là, aspetta un attimo e inizia a muoverlo con abilità.
“Va bene?”
“Va bene.”
Rispondo io con voce roca, sto gemendo e mugugnando troppo e quando lui inserisce un secondo dito quasi urlo di piacere. Lentamente mi porta all’orgasmo solo con le dita, ora so perché lo chiamano Hot Pants. È riuscito a farmi vedere le stelle anche senza connessione, per un minuto o due sono beatamente disconnessa dal pianeta Terra.
Torno in me solo quando sento qualcosa premere sulla mia coscia, Tom ha approfittato di questi minuti per mettersi un preservativo.
“Sei pronta?”
Io annuisco, ancora più stordita.
Entra in me con delicatezza e aumenta la forza e la lunghezza delle spinte gradatamente, in modo che io non soffra. Quando smetto di essere vergine per un attimo sento dolore, ma passa in secondo piano rispetto al piacere che sto provando.
Io gli graffio la schiena, lui seppellisce la testa tra le mie tette, entrambi siamo sudati e ansanti, gemiamo, sospiriamo e lasciamo che i nostri corpi parlino per noi.
Spinta dopo spinta arrivo al secondo orgasmo e questa volta – prima delle stelle – vedo il piccolo Tom dentro la pancia di sua madre.
È stato meraviglioso.
Lui dopo essere venuto è crollato su di me, mi è venuto spontaneo avvolgerlo in un abbraccio e baciargli i capelli dolcemente, lui invece mi accarezza piano i fianchi.
“Com’è stato?”
Mi chiede.
“Bellissimo, non potevo chiedere di più. Credimi.”
Lo sento sorridere contro la mia clavicola, è bello stare così, ma non può durare per sempre visto che Tom si deve alzare per togliersi il preservativo e già che c’è dà un’occhiata fuori dalla finestra.
“Oh, Chia! Vieni!”
Io mi metto addosso la sua maglietta e mi metto accanto a lui che mi mostra orgogliosamente il giardino imbiancato e la neve che cade ancora.
“Tom facciamo un pupazzo di neve?”
“Perché no?”
Si rimette i pantaloni, ne cerca un paio per me e si mette un’altra maglia, poi entrambi usciamo e cerchiamo di ammonticchiare più neve possibile. Dopo un po’ riusciamo a ottenere una palla non molto grande che farà da corpo e poi una palla più piccola che farà da testa.
Tom corre in casa e torna con una carota che gli mette a mo’di naso, bottoni che  mette per fare la bocca e gli occhi e gli mette una sciarpa gialla e rossa attorno al collo.
Io gli bacio una guancia.
“È bellissimo, amore!”
“Sì!”
Inaspettatamente mi tira una palla di neve, posso io evitare di rispondere?
Ovviamente no!
Così alle due di notte ci ritroviamo a giocare a palle di neve nel giardino della villetta dei DeLonge, smettiamo solo quando una vicina ci intima di tornare dentro.
Tom sbuffa, ma esegue.
“Che freddo!”
Esclamo io non appena entro in casa, il fuoco del camino è spento e il suo debole tepore non basta a scaldarmi così io e Tom finiamo per fare la doccia insieme e a parte qualche coccola non succede nulla tra di noi.
Stanchi, ma felici, ci trasciniamo al letto di Tom e ci mettiamo sotto le coperte, io vengo imprigionata dal suo abbraccio e mi ritrovo con la testa all’altezza del suo cuore: batte forte e mi piace pensare che batta forte per me.
“Ti amo, pazzoide.”
Mi dice.
“Ti amo, anche io, amico degli alieni.”
Lui ride come un matto.
“Alla fine vi ho trovato, però.”
“Testardo come sei sarebbe stato strano se non ci avessi trovati.”
Lo provoco.
“Puoi giurarci, prima o poi ci saremmo incontrati.”
Io mi stringo di più a lui.
“Sono felice di averti incontrato così, cioè… Non che mi sia piaciuto che ti abbiano sparato e vederti mezzo morto per terra, ma mi è piaciuto il fatto che da questa esperienza negativa poi siamo arrivati a questo.”
Lui ride e mi scompiglia i capelli.
“Forza, aliena! Dormiamo!”
“Va bene!”
Gli do un bacetto e poi – cullata dal suono del suo cuore – mi addormento.
La mattina dopo ci svegliamo alle dieci o almeno così dice la sveglia sul comodino di Tom, io mi libero delicatamente dalle sue braccia, prendo la sua maglia e guardo dalla finestra: nella notte sono caduti almeno dieci centimetri di neve.
Wow!
Muovendomi cautamente, scendo in cucina e preparo dei pancakes, del caffè e una tazza di cereali e una bottiglia d’acqua per Tom. So che fa colazione con acqua e cereali, per quanto strano suoni, questo è uno dei suoi misteri.
Sempre muovendomi con la massima cautela salgo le scale, entro in camera e appoggio il vassoio per terra. Mi perdo un attimo nella contemplazione del volto di Tom, è bellissimo mentre dorme, perde tutta la sua baldanza e torna ad avere l’innocenza e la serenità di un bambino.
Quasi quasi mi dispiace svegliarlo.
“Tom!”
Lo chiamo, lui grugnisce qualcosa di inintelligibile.
Lo scuoto piano e finalmente apre gli occhi, io mi abbasso e alzo il vassoio con aria di trionfo, i suoi occhi si allargano e si riempiono di gioia.
“Ma sei un tesoro!”
Esclama sorridendo.
“Non esageriamo!”
“Esageriamo pure!”
Mi infilo a letto con il vassoio e Tom prova un pancakes prima di gettarsi sulla sua ciotola di cereali.
“Buoni! Nemmeno mia madre li fa così buoni.”
Io arrossisco fino alla radice dei capelli e rischio di strozzarmi con il caffelatte, Tom mi batte preoccupato una mano sulla schiena.
“Scusa, è che non sono ancora abituata ai tuoi complimenti.”
Ansimo io, facendolo ridere.
“Non sapevo di essere così importante per te!”
“Scemo!”
Finiamo di fare colazione, ci facciamo una doccia e poi – con addosso la sua maglietta – esco da casa sua e mi preparo ad affrontare le strade coperte di neve.
Non ci sono abituata, guido malissimo ed è un miracolo che io arrivi a casa sana e salva, deve pensarlo anche mia madre perché la trovo sul portico ad aspettarmi.
“Sono contenta ora che ti ho vista arrivare, pensavo non saresti riuscita a guidare sulla neve.”
“L’ho pensato anche io diverse volte, è un miracolo che io sia qui e non schiantata da qualche parte.”
Le rispondo sincera, facendola ridere.
“Entra che ho preparato una tazza di cioccolata per noi due.”
“Va bene.”
Dal vialetto salgo sul portico e poi la seguo in casa, dentro c’è un calore che mi fa sentire subito meglio, devono avere acceso il caminetto.
Mi tolgo gli anfibi, metto le mie ciabatte comode e volo al piano di sopra per togliermi la gonna, le calze e il reggiseno, indosso un paio di pantaloni neri, dei calzini colorati e finalmente raggiungo mia madre in cucina.
Le tazze sono già pronte sul tavolo, io mi siedo e le sorrido grata, ci voleva proprio una cioccolata dopo aver guidato nella neve.
“Allora, come è andata?”
Io sorrido a trentadue denti.
“A giudicare dal tuo sorriso, bene.”
“Sì, è andata bene. Tom è stato rispettoso, penso sia stata una buona prima volta e poi lo amo, mamma. Mi piace tutto di lui, persino gli aspetti irritanti del suo carattere.”
“Ne ha?”
“Certo, a volte parla troppo, soprattutto di alieni, fa battute sconce e si comporta come un cretino, ma a me non importa. So che non è un cretino, so che io posso vedere una faccia che raramente gli altri vedono e ne sono orgogliosa.”
Mia madre sorride.
“Sono contenta, tesoro. Sembra tu abbia scelto bene, magari più avanti potresti invitarlo a cena.”
“Uhm, ci penserò. Io sono la sua prima storia seria e non vorrei spaventarlo, senza offesa, mamma.”
Lei annuisce comprensiva.
“Mamma, posso dormire ancora un po’ prima del pranzo?”
“Va bene, buon riposo.”
“Grazie mille.”
Io vado in camera mia e rimango solo con la maglietta di Tom come pigiama, sa di lui e per me è un profumo buonissimo.
Cullata dal profumo mi addormento subito.
È stato un bellissimo sabato e un meraviglioso inizio di domenica.

Angolo di Layla

Ringrazio LostinStereo3 per la recensione. Almeno so che non sto scrivendo schifezze (cosa di cui mi sto convincendo, vista la desolante mancanza di recensioni sulle mie storie ultimamente) 

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Capitolo 20
*** 20)Guerra! ***


20)Guerra!

 

La settimana seguente la neve sparisce lentamente lasciando solo uno spesso strato di ghiaccio, quest’anno avremo un inverno freddo ed è una cosa insolita per la California.
Tutti i giorni dopo la scuola andiamo nella casa del deserto e ci alleniamo, ormai padroneggio abbastanza bene i soldati e la falce, Johnny è molto bravo con la sua spada e Anne e Tom hanno fatto progressi incredibili con i loro poteri. Anne sembra essere anche in grado di guarire, il che ci verrà utile, vista la missione che ci attende.
Mark e mia sorella parteciperanno anche loro, in veste di pali, devono stare il più lontano possibile dal campo di battaglia, nessun umano è in grado di fare qualcosa contro i guardiani di quel posto.
A volte dubito che nemmeno noi ce la potremmo fare, ma in fondo disponiamo di milleottanta soldati e questo mi rassicura.
La sera prima della nostra sortita a San Francisco sono nervosa e durante la notte non faccio altro che girarmi e rigirarmi nel letto, visto che la mia testa proietta i peggiori scenari ossia che mia sorella venga uccisa o che qualcuno venga fatto prigioniero.
Keisha ha sempre mostrato un ottimismo incrollabile, suo fratello si rifiuta di aprire bocca sulla faccenda, forse è ancora seccato che una stupida come me abbia trovato un vero rifugio o forse il suo è un silenzio rabbioso perché ha abbandonato la nostra fazione.
Alle nove ci troviamo tutti al bar del paese, facciamo colazione e poi partiamo, siamo in tre macchine: la mia (su cui ci sono anche mia sorella, Johnny e Tom), quella di Keisha e Joel e quella di Mark e Anne.
È un giorno tranquillo e – a causa della neve – nessuno ha molto voglia di muoversi così passiamo Los Angeles molto rapidamente, ci stiamo avvicinando sempre a san Francisco.
La macchina dei due fratelli alieni è quella in testa e a un certo punto esce molto prima di San Francisco per immettersi nella vecchia strada costiera, quella che percorrevamo io e Tom il giorno in cui abbiamo scoperto il rifugio.
Da lì in avanti è la mia macchina a passare in testa al corteo,dopo quasi due ore di strada troviamo la piazzola in cui ci siamo fermati io e Tom.
Quando siamo tutti fuori dalle macchine il clima è teso, nessuno parla molto e le facce di tutti sono tirate al massimo.
“Isabel.”
“Sì, Keisha?”
“Tu rimani qui e cerca di allontanare tutte le macchine che eventualmente vorranno fermarsi qui. Dubito che ce ne siano molte, dato che le nostre occupano quasi tutta la piazzola e questa strada è meno pulita rispetto all’autostrada, ma tu devi rimanere qui, hai capito?
Non devi muoverti.”
Mia sorella sta per replicare, ma alla fine rinuncia, per fortuna. Ho dovuto passare il viaggio a convincerla che non la escludiamo per ripicca, ma perché le creature che dormono nella foresta e i loro guardiani sono creature davvero pericolose.
Affidata l’incombenza a Izzie ci mettiamo tutti in marcia, con Tom in testa. È lui che ha trovato la radura e poi il rifugio e tocca a lui guidarci, per somma rabbia di Joel.
Camminiamo per un po’, poi Tom si ferma.
“La radura è questa.”
Keisha annuisce.
“Mark, tu stai qui e cerca di impedire a qualcuno di venire nella nostra direzione, l’ultima cosa che ci serve è una comitiva che capiti per caso in un campo di battaglia.”
Lui annuisce e si accende una sigaretta.
“Va bene, ma dubito fortemente che qualcuno voglia passeggiare nei boschi con un tempo del genere.”
Risponde rabbrividendo.
A San Francisco ha nevicato anche più che a San Diego o a Poway.
“Lo so, ma i pazzi ci sono sempre, buona fortuna.”
“Buona fortuna a voi, ne avrete bisogno.”
Sì, e non sa ancora quanto.
“Tom!”
Il mio ragazzo si volta.
“Tieni d’occhio Anne, ok?”
“Ok.”
Detto questo ce ne andiamo tutti verso il rifugio, dall’espressione guardinga di Keisha capisco che anche lei sente quelle vibrazioni.
“Non ti sbagliavi, è un loro rifugio e anche bello grande. Percepisco tanti bozzoli e cinque guardiani, sarà difficile farli fuori.”
“In qualche modo faremo o credi che non avremo speranze?”
“No, possiamo farcela, ma dobbiamo impegnarci a fondo.”
“E sia, ci metteremo tutti il cento per cento del nostro impegno, giusto?”
I tre ragazzi e Anne annuiscono, il patto è siglato, che la guerra abbia inizio.
Marciamo per un po’, abbassando al minimo la nostra aura, non devono sentirci.
“State attenti a dove pestate ci sono dei fili di potere che fanno scattare degli allarmi.”
La voce di Joel è fredda e inutile.
“Non serve che tu ce lo dica, sono già scattati, sanno già che siamo qui.”
-È stato Joel a farli scattare.-
Mi informa uno dei miei soldati e la cosa non ha il potere di stupirmi, il sospetto che sia una spia si sta trasformando in una certezza.
In ogni caso cinque guardiani si stanno avvicinando.
“Uno per uno, uno per me, uno per Jo, uno per Keisha, uno per Joel e uno per Anne e Tom.”
Annuiscono tutti di nuovo con uno sguardo serio, io invoco la mia falce.
Il mio guardiano è un ragazzino dai capelli bianchi, molto magro.
“Ci si rivede, principessa.
Sarà un piacere ucciderla di nuovo.”
“Non ci contare.”
Mi ricordo di lui, è stato lui a farmi fuori lassù, ma ora so come combatterlo.
Immediatamente lui aumenta la sua dimensione fino a diventare un gigante, questa volta reagisco preparata e invoco i miei soldati.
-Tenetelo occupato, io devo  fare in modo di arrivare in cima alla sua testa.-
Là c’è una sorta di occhio, rimosso quello tornerà il ragazzino di prima, anche se sono certa che non sarà meno letale.
Lascio i miei soldati a fare il loro lavoro e comincio a salire su un albero, saltando da un ramo all’altro, è il più alto della zona dovrei farcela.
Sono quasi in cima quando un segnale di allarme attraversa il mio cervello: Tom e Anne.
Sono in serio pericolo, il guardiano rischia di ucciderli, forse gli abbiamo chiesto troppo venendo qui. Immediatamente chiamo cinque dei miei soldati e ordino loro di aiutare il mio ragazzo e la mia amica, loro dovrebbero essere abbastanza.
-Merda! Spero che basti! Non posso mandare di più!-
Riprendo la mia scalata e arrivo in cima, da lì ho una piena visuale della testa del nemico e lui non mi sente perché ho abbassato al minimo la  mia aura.
-Non posso atterrare sulla sua testa e colpirlo con la falce, la sua pelle è tossica per me.
Devo trasformare la seconda falce in un arco e ho bisogno di concentrarmi al massimo.-
Cerco di svuotare la mia testa e di fondermi con il paesaggio.
Io sono l’albero su cui sono salita.
Sono l’aria che mi sferza il viso, il cielo volubile sopra di me, le foglie che cadono gentilmente, il canto lontano degli uccelli. Ora che sono così in comunione con l’ambiente intorno a me cerco di mettermi sulla stessa lunghezza d’onda del materiale di cui è fatta la seconda lama della mia falce.
Con molta difficoltà la stacco dall’altra falce e la trasformo in un arco e in una freccia, sempre mantenendo la concentrazione, tendo l’arco – in questo stato il materiale letale di cui è fatto non può farmi male –  e prendo la mira. Non posso sbagliare.
La freccia parte e colpisce l’occhio, nemmeno un secondo dopo una sorta di esplosione di energia  si espande per il bosco, accecandomi.
Credo che parte dell’energia del ragazzino sia stata buttata fuori quando ho eliminato quell’occhio sulla testa del gigante.
Il ragazzino è tornato della sua dimensione e io scendo dall’albero, ha le mani appoggiate alle ginocchia e uno sguardo letale.
“Pagherai.”
Lancia contro di me dell’energia che schivo, adesso è questa la sua tattica, se venissi colpita da una di quelle sfere morirei.
Devo schivarle e avvicinarmi, un colpo con la seconda falce dovrebbe ucciderlo e così faccio.
Destra, sinistra, destra, sinistra, sinistra.
Mi avvicino sempre di più a lui che mi guarda con occhi pieni di disprezzo.
Adesso o mai più!
Alzo la mia falce e lo colpisco con la parte fatta di materia,  immediatamente un mio soldato si mette tra lui e il suo sangue che è tossico per me.
Il ragazzino urla, sanguina, bestemmia e poi esplode, di lui non rimane altro che un mucchietto di cenere. L’ho sconfitto, quando loro muoiono non rimane nulla.
Mi accascio a terra, mi sento stanca, ma so che non è ancora arrivata la fine e poi sento che Anne e Tom sono ancora in difficoltà.
Per quanto riguarda gli altri se la stanno cavando bene, tra poco anche gli altri guardiano saranno fuori gioco.
Corro  e noto che il guardiano è sul punto di colpire Tom e Anne, non posso permettere che accada!
Mi metto in mezzo e paro il colpo con la falce, mandandolo a schiantarsi contro un albero che cade con uno schianto.
“Principessa, vedo che siete ancora viva purtroppo.”
“Sono ancora viva ed è una vera sfortuna per te.”
Lui ride e mi lancia un altro colpo, io urlo ad Anne e Tom di andarsene che qui ci penso io.
Schivo il colpo con un salto e poi mi lancio verso di lui, schivandoli tutti, con mio grande piacere scopro di riuscire ad aprire dei portali in cui faccio finire le sfere e le dirotto altrove.
Quando gli sono davanti sorrido.
“Bang, bang, sei morto!”
Con un colpo della falce normale lo taglio in due e poi mi metto in una posizione raccolta – con davanti uno dei miei soldati – per evitare sangue ed energia.
Ce l’ho fatta. Due sono andati.
Qualche minuto dopo altre tre esplosioni squarciano il silenzio del bosco, ora sono stati eliminati tutti.
Sorrido sollevata, adesso possiamo distruggere i bozzoli e una parte della missione sarà finita.
“Finalmente è finita.”
“No, non è ancora finita. Ci sono i bozzoli da eliminare.”
Mi risponde Keisha.
“Ma quelli sono innocui o non avrebbero messo questi guardiani.”
“Dipende da quanto sono sviluppati i nemici all’interno.”
Entriamo nella grande struttura di cristallo, che è rimasta miracolosamente in piedi, nonostante le varie esplosioni.
Dentro c’è una sorta di computer centrale e centinaia di bozzoli bianchi, Keisha si dirige immediatamente verso il computer e io la seguo.
Le sue dita volano sui tasti e presto la grande struttura si spegne e i bozzoli credo rimangano senza nutrimento o quello che serve loro per rimanere in vita.
“Cosa facciamo?”
Chiedo all’aliena.
“Distruggiamoli tutti, lascia fare ai tuoi soldati. Per loro non è pericoloso, per noi sì.”
“Va bene.”
Li evoco tutti e ordino loro di fare  piazza pulita, non sono ancora uscita quando sento un terribile urlo femminile.
Io e Keisha ci guardiamo, poi una scintilla di comprensione passa tra di noi: è Anne.
“Cosa diavolo sarà successo?”
Mi chiedo, mentre corro fuori insieme a Keisha.
Seguiamo la direzione dell’urlo e troviamo Anne china su un corpo che piange.
“Anne! Chi è?”
“È Mark!”
Singhiozza.
Mark?
Cosa ci fa Mark qui?
Ma in fondo non importa, quello che conta è che è ferito e devo aiutarlo, sperando di avere l’ancora l’energia per farlo. Mi chino su di lui e noto che ha brutta ferita all’addome, deve essere stato colpito da una delle sfere che il guardiano lanciava verso di me.
Stendo subito una mano sulla ferita e mi concentro al massimo per guarirlo, le energie purtroppo scarseggiano e non appena sento che è guarito crollo su di lui e ignoro cosa succeda dopo.
 

Mi sveglio in una delle macchine, da molto lontano sento la voce di Tom e quella di Anne che suona lacrimosa. Che io non ce l’abbia fatta?
Che Mark sia morto?
“’Om?”
Chiamo con voce impastata.
“Chia!”
“Mark. Come sta, Mark?”
“Un po’ scosso, ma sta bene. Grazie per avermelo salvato.”
“Figurati. Sta bene sul serio?”
Cerco di rimettermi in piedi, ma non ce la faccio, così rimangio sdraiata sul sedile.
“Sì, sta bene.
Sono solo un po’ scossa, grazie per averlo salvato.”
“Cosa ci faceva lì?”
“Dice che aveva avuto l’impressione che qualcuno lo chiamasse.”
Io guardo Tom e nei suoi occhi leggo il mio stesso dubbio: che quella voce sia di Joel.
“Molto strano, nessuno di noi l’avrebbe chiamato. Troppo pericoloso.”
“Magari si è sbagliato.”
Il tono di Anne è incerto, ma io credo che Mark non si sia affatto sbagliato, ma che qualcuno voglia eliminare tutti gli umani che ci girano attorno e che l’ultima a essere rimasta in pericolo sia mia sorella.
“Il resto della truppa come è messo?”
“Stiamo tutti bene, Johnny ha guarito le ferite superficiali e non di tutti, non siamo sporchi di sangue né di nulla di particolarmente compromettente.
I tuoi soldati si sono sempre parati davanti a noi quando quelli schizzavano sangue.”
“Il loro sangue è tossico per noi.”
Rispondo io.
“Non so se anche per voi sia così tossico, ma ho dato questi ordini giusto per essere sicura.”
“Ce l’abbiamo fatta!”
Esclama Tom tutto contento.
“Non esultare troppo, è solo la prima tappa, anche se era un rifugio con tantissimi bozzoli. Troppi.”
“Cosa vorresti dire?”
“Che stando a quello che ha detto Joel avrebbero dovuto essere molto meno, altrimenti perché frazionarli così tanto sul territorio nazionale?
C’è qualcosa che mi sfugge.”
“Forse hanno cambiato i piani dopo che Joel se n’è andato.”
Mi risponde Tom, più per rassicurare Anne che altro.
“Può darsi.”
In realtà penso che Joel ci stia facendo deliberatamente perdere tempo e che se io e Tom non avessimo trovato per caso questo accampamento avremmo ucciso per errore i nostri.
-Fai morire mia sorella, Joel e giuro che ti apro in due e userò il tuo cranio come coppa.-
Arriviamo a Poway affamati da morire, quindi – prima di andare a casa – ci fermiamo da Sombrero e mangiamo una dose generosa di cibo messicano.
Io studio – non notata – Joel, sul suo volto c’è un sorriso, ma è stonato, quasi falso, il sorriso posticcio di chi si augurava un fallimento e si trova a fare i conti con una vittoria.
Oh, Joel! Farai un passo falso prima o poi e io ti sputtanerò come meriti!
Mi dico feroce, pensando a come abbia tentato di far fuori i due fratelli Hoppus solo perché umani e a conoscenza del nostro segreto.
Penso che il suo piano comprendesse che io e Johnny non lo avremmo detto a nessuno e – una volta ultimata la missione – ucciderci con Keisha. Così saremmo spariti come dei fantasmi, con mia sorella e gli altri di mezzo non può farci sparire, perché i sospetti di tutti punterebbero su di lui.
-Un piano ingegnoso, ma ti è andata male.-
Finito di mangiare ce ne andiamo ognuno a casa nostra, io guardo sconsolata la pila di compiti e – anche se sono stanca morta – la attacco di malavoglia e lavoro duro fino all’ora di cena.
È surreale come io passi dall’uccidere alieni cattivi al fare i compiti, come una normale teenager!
Dovrei piangere, ma tutto quello che mi esce è una risatina isterica che mi fa sembrare un po’ esaurita. È dura la vita dei supereroi, ragazzi!
Non c’è mai riposo sufficiente!
Ok, basta. Devo smetterla, sto diventando fuori di testa, anche se ammetto che possa essere lo shock della prima battaglia che esce in ritardo.
Non avrei mai pensato che la mia vita potesse prendere questa piega e ora sono un po’ a disagio, non so bene come comportarmi, curiosamente sento che la mia personalità si sdoppia.
Quando sono a scuola sono Chia, quando ci sono di mezzo le faccende aliene sono Ava, la principessa.
Mi massaggio le tempie.
Basta con questi pensieri! Ho bisogno di riposare!
La pila si è esaurita, mi faccio una breve doccia e sto per mettermi a letto quando sento il rumore familiare dei sassolini contro la finestra: Tom.
Mi affaccio e vedo la sua faccia sorridente, io ricambio con un cenno di saluto.
Lo vedo arrampicarsi sull’albero che è vicino alla mia finestra e poi, con un piccolo aiuto da parte mia, è dentro la mia camera.
“Ehi, come mai qui?”
“Non so te, ma io ho avuto qualche difficoltà ad addormentarmi visto quello che è successo.”
Io sospiro.
“Io non ci ho ancora provato, ho dovuto finire i compiti prima. Sogno un giorno in cui potrò solo dormire, senza compiti o alieni tra le scatole.”
Lui ride.
“Posso rimanere qui a dormire?”
“Sì, basta che non ti fai sgamare dai miei.”
Ci mettiamo a letto, lui mi attira subito a sé in modo possessivo.
“Oggi ho visto un lato di te abbastanza inedito, facevi paura mentre combattevi con quella falce.”
“Io invece ho preso due infarti: il primo è stato quando ho visto tu e Anne in difficoltà, il secondo quando ho visto Anne china su suo fratello.”
“Parlando di Mark, tu cosa ne pensi?”
Io rimango in silenzio.
“Mark mi sembra una persona assennata, giusto?”
“Giusto.”
“Quindi dubito che si sia mosso dal suo posto dopo che tutti gli avevamo detto di non farlo solo per una bravata.”
“Legittimo.”
“Quindi si deve essere mosso per un’altra ragione.”
Rimango un attimo in silenzio.
“Lui ha detto che qualcuno di noi l’ha chiamato. Io non sono stata e anche gli altri negano.”
“Non tutti, Joel è rimasto in silenzio.”
“Ed è la seconda volta in cui si trova coinvolto in qualcosa di strano e in cui qualcuno di noi rischia la morte.”
“Una strana coincidenza.”
Io prendo fiato.
“Io penso che non lo sia.
Penso che Joel sia venuto qui con un piano preciso, trovare me e Johnny, convinto che nessuno sapesse del segreto, coinvolgerci nella missione. Farci distruggere deliberatamente le basi dei nostri con l’inganno e infine farci fuori tutti in  modo che nessuno potesse accusarlo.
Dopodiché i nostri nemici avrebbero avuto campo libero.”
“Tu pensi che sia un traditore?”
“Ne ho quasi la certezza..”
Sbadiglio.
“Ma adesso è arrivato il momento di dormire Tom.”
“Giusto.
Ci addormentiamo insieme, mentre fuori ha iniziato a nevicare di nuovo.
È bello essere al caldo mentre fuori nevica.
È bello essere al caldo con Tom.
Spero che i miei non si accorgano di nulla.

Angolo di Layla

Ringrazio Graceansmile per la recensione. Non smetterò di pubblicarla fino a che una sola persona la commenterà. Penso che la sezione blink non sia molto frequentata perché ora non hanno nessun nuovo lavoro in circolazione. La cosa più triste è che c'è anche un seguito a questa storia e non so nemmeno se pubblicarlo... 

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Capitolo 21
*** 21)Principessa per un giorno, perdente tutto l'anno (posso evitare il ballo?). ***


21)Principessa per un giorno, perdente tutto l'anno (posso evitare il ballo?).

 

Se il tuo ragazzo dorme da te e i tuoi non lo sanno è quasi un obbligo alzarsi molto presto e farlo sgattaiolare via.
Così alle sei Tom se ne va e io noto che c’è un nuovo strato di neve sui marciapiedi e sui giardini, per non parlare della strada. Oggi sarà molto difficile raggiungere la scuola, quasi quasi vado in pullman, non sono morta ieri dopo aver combattuto con un gigante, non voglio morire oggi per un banale incidente automobilistico.
“Che palle, bella la neve, ma che seccatura!”
Sbadiglio, per poi tornarmene a letto, dato che ho diritto ancora a un’ora e mezza di sonno.
Mi sveglio alle sette e mezzo, sono la prima a usare il bagno e trovo mia madre in cucina che guarda preoccupata fuori dalla finestra.
“Buongiorno.”
La saluto assonnata.
“ ‘giorno. È nevicato ancora questa notte, che strano inverno.”
“Sì? Forse è meglio che io prenda l’autobus stamattina.”
“Forse è meglio, gli autisti sono più esperti.”
“Perché stamattina dobbiamo prendere l’autobus?”
Ci chiede la voce assonnata di mia sorella.
“Perché ha nevicato ancora.”
“Che palle.”
Si siede davanti alla sua ciotola di cereali e inizia a mangiare svogliata, ha un’aria stanca.
Quando saliamo al piano di sopra le chiedo cos’ha.
“Sono preoccupata. Per voi, per Mark e… un pochino per me, ho l’impressione che qualcuno miri a far fuori quelli che sanno.”
Io sospiro.
“Ecco perché non volevo dirtelo.”
“No, tu hai fatto bene. Le mie sono solo paranoie.”
Mi risponde prima di chiudersi in camera sua, io lo chiamerei istinto di conservazione ed è un bene che non ne sia sprovvista, almeno mi faciliterà il compito di proteggerla.
Mi vesto, cercando i miei abiti più pesanti e pensando che probabilmente dovrò proteggerla da Joel, cioè quello che teoricamente dovrebbe essere un nostro alleato.
Io in lui non credo più, credo a Keisha, ma non a lui.
In lui c’è qualcosa di sospetto che aumenta di minuto in minuto, sembra senza cuore, senza emozioni e contro di noi.
Finisco di vestirmi e mi reco alla fermata del bus con mia sorella, stranamente stamattina è molto affollato e gli unici posti liberi sono quelli vicino all’autista.
“Ah, le sorelle Malone! Erano anni che non vi vedevo.”
“Da quando Chia ha preso la patente due anni fa.”
Lui sospira.
“Come passa il tempo. Sembra ieri che eravate delle matricole e quest’anno vi diplomate.”
“Già, il tempo passa.”
Commento io.
Il tempo passa e si scoprono nuove cose di sé stessi e della propria natura e – purtroppo – certe volte si rimpiange di averli scoperti e si desidera tornare all’innocenza primaria.
Nulla, purtroppo, può ridarcela e dobbiamo convivere con queste nuove parti, per quanto a volte possano fare male come protesi sbagliate.
-In fondo non ho mai desiderato davvero conoscere la mia vera famiglia, i miei e Izzie mi bastavano, ma ci sono inciampata il giorno in cui ho salvato Tom.
Non mi pento, ma avrei preferito non sapere della missione, della mia morte, di Keisha e di Joel.
Forse c’è un destino più grande di noi che muove le pedine a suo piacimento e ci fa degli sgambetti, a volte.
Chissà.
Chi può saperlo di noi miseri umani o alieni che siano?-
In ogni caso il pullman è arrivato a scuola e io e mia sorella scendiamo, nel parcheggio ci sono Tom e Anne che chiacchierano tranquillamente. Loro devono aver preso la macchina.
Appena ci notano ci vengono incontro, Tom mi bacia, Anne e Isabel chiacchierano, ormai sono diventate amiche.
“Pronte per una nuova giornata scolastica?”
Ci chiede ironico Tom.
“Chi è mai pronto per queste cose?”
Rispondo io con un sospiro.
“Tanto più che alla prima ora ho un compito di mate.”
“C’era un compito di mate?”
Mi chiede stupito Tom.
“Sì.”
“Merda!”
Si passa le mani sul volto.
“Non lo sapevo, non sono preparato.”
Ci guarda.
“Voi non mi avete visto, io me ne vado.”
“Ehm, ok.”
Guardo il mio ragazzo fuggire attraverso il parcheggio e penso sia matto in senso buono, spero che andrà da Mark o da qualche amico o è in guai peggiori del compito di mate.
“Dai, Chia entriamo. Non ho intenzione di congelare qua fuori.”
Mia sorella mi trascina dentro e cerca di coinvolgermi in una conversazione con Anne, principalmente per distrarmi da Tom, e alla fine ci riesce. Parliamo tutte e tre di un ballo che si svolgerà prima del giorno del Ringraziamento.
Noi non abbiamo il ballo di Halloween, ma questo. Immagino sia un tentativo di renderci originali rispetto alle altre scuole, ma io lo trovo piuttosto insensato. Non la pensano così mia sorella e Anne che non fanno altro che parlare di vestiti e negozi.
Wow! Per un attimo ho l’impressione di essere in un gruppo di cheerleader, che cosa strana!
Arrivo davanti all’aula di mate e le saluto.
“Ciao, divertitevi.
Izzie, stai attenta.”
“Va bene.”
“La tengo d’occhio io o Mark potrebbe non perdonarmelo.”
Mia sorella sbuffa, dice che le nostre cautele sono eccessive, secondo me sono fin troppo blande visto che chi ha tentato di uccidere i due Hoppus non si è fatto alcuno scrupolo.
In ogni caso entro in classe e prego che vada tutto per il meglio, sia per il compito che per mia sorella.
 

Finalmente le lezioni finiscono, io e le altre andiamo alla casa nel deserto.
Accetto volentieri il passaggio di Anne e noto che subito dietro di noi c’è la macchina di Keisha e Joel che ci segue fino alla piazzola.
Scendiamo e ci troviamo davanti le loro facce.
“Ciao.”
“Ciao.”
Rispondiamo noi, io cerco di scrutare Joel senza che lui se ne renda conto.
“Strana questa neve, vero?”
“Uhm, sì. In effetti è strano, Keisha.”
“Andiamo? Così possiamo chiacchierare o allenarci al caldo.”
Noi tre la seguiamo, Joel si mette in coda dopo di noi, chissà perché.
Arrivati alla casa, troviamo Johnny e Tom che giocano a un videogioco e lanciano improperi ogni due per tre, a seconda di chi sta vincendo o perdendo in quel momento.
Non notano nemmeno che siamo arrivati.
Maschi.
Mettili davanti a un videogioco e si comporteranno tutti come dei bambini!
“Ragazzi, non so se vi interessa, ma siamo arrivati!”
Urlo io, facendoli sobbalzare.
“Oh, ciao ragazze! Scusate, ma stavamo giocando e non vi abbiamo sentito arrivare.”
“Questo è palese.”
Commento sarcastica io.
“Eddai, Chia! Finalmente ho trovato qualcuno che sa giocare!”
“Tu e Mark dovresti conoscervi, lui è ancora più fanatico di giochi.”
“A proposito di Mark, Johnny mi accompagni al ballo, vero?”
Lui mi guarda senza capire.
“Beh, il ballo c’è la settimana prima del Ringraziamento.”
Rispondo io.
“Ah. Sì, Anne. Ma perché me lo hai chiesto ora?”
Anne ci guarda esasperata.
“A volte siete davvero degli alieni, più del solito voglio dire. È l’argomento top del liceo, il ballo È l’evento del liceo, è importante.”
“Uhm.”
“Niente uhm, Chia. Tu, Isabel e Keiha verrete con me a prendere l’abito.”
Io impallidisco e lungo la mia schiena corre un brivido, datemi un gigante e lo affronterò con calma, proponetemi una giornata di shopping e scapperò come un coniglio.
“Ma sei sicura che sia necessario?
Voglio dire, posso venire con una gonna e degli anfibi.”
Anne mi fulmina.
“No, Anne, eh?”
“No. È un evento importante, mostrerai le foto di questo ballo ai tuoi figli e ai tuoi nipoti.”
Non credo proprio, penso che gli darò fuoco una volta finita la tortura.
“Keisha, tu con chi verrai al ballo?”
La domanda di mia sorella la lascia spiazzata.
“Uhm, non lo so.”
“Potresti chiederlo a Joel.”
Lui la fulmina con un’occhiataccia.
“Non ci penso nemmeno, vista la piega del discorso me ne vado.”
Detto, fatto. Nella stanza rimaniamo solo noi e ho capito che questa sarà una seduta dedicata al ballo, nonostante Keisha non voglia.
“Dai, Keisha! Ci sarà qualcuno che ti piace!”
“Uhm, quel ragazzo biondo che segue scienze con noi non è male.”
Anne e Isabel rimangono un attimo in silenzio.
“Forse si riferisce a David Kennedy, se così fosse sei fortunata. Lui è molto timido e non credo abbia ancora ricevuti un invito.”
“Vabeh, ci proverò.
Non possiamo cambiare argomento?”
“NO.”
Keisha sospira.
“ E va bene. Se è una tradizione terrestre così importante mi ci adatterò.”
“Questo è lo spirito giusto, ragazza!
Domani andremo  a prendere i vestiti.”
Involontariamente  mi metto le mani davanti agli occhi, una sfilata di abiti lunghi e pieni di lustrini mi passa davanti agli occhi.
Ugh.
“Chia?”
“Niente lustrini o sarò costretta a uccidermi.”
“La solita tragica.”
Il tono di mia sorella non mi piace.
“Non sto scherzando, Izzie. Un vestito semplice va bene, uno con lo strascico, i lustrini, le rose di stoffa no.”
“Ma non devi metterlo tutti i giorni, per una volta prova a sentirti una principessa.
“Io sono già una principessa.”
Sospiro.
“Oh, già dimenticavo.”
“Io no, ma non fa niente.
Domani ci sarò alla tortura.”
Keisha mi guarda incuriosita.
“È così brutto?.”
“No, non è brutto, è noioso e non so cosa sia peggio.”
Anne e Isabel sbuffano.
“Non darle retta, lei è semplicemente un orso misantropo.”
Io rispondo con una risatina falsa, ho capito che nulla mi salverà dalla giornata di shopping, nemmeno Cristo con i cavalieri dell’apocalisse o l’apparizione improvvisa di un branco di unicorni.
Merda, speriamo che la tortura duri poco o potrei dare di matto.
Non sono mai stata una a cui piacesse particolarmente fare shopping soprattutto in negozi costosi in cui ti valutano – solitamente con uno sguardo glaciale – per quello che indossi.
Farò questo sacrificio solo per fare felice mia sorella.

 

Il giorno dopo, finita la scuola, partiamo per San Diego.
Io e Keisha abbiamo entrambe uno sguardo perplesso, come di chi si trova a disagio in un certa situazione, ma non sa come uscirne.
“Anne, dove andiamo di preciso?”
Le chiedo urlando e cercando di sovrastare le urla dei Pistols.
“In un grande magazzino in centro a San Diego! È pieno di roba fighissima!”
“Va bene!”
Keisha mi guarda sconsolata e io mi sento in dovere di spendere due parole per spiegarle cosa diavolo è questo dannato ballo e perché è così importante.
ringraziamente,“Beh, il ballo è una tradizione, ce ne sono diversi lungo l’anno legati a varie feste. C’è quello dell’inizio della scuola, Halloween (ma non è obbligatorio), Ringraziamento, Natale, la festa di primavera e il grande bello di fine anno.
È importante perché in un certo senso mette nero su bianco quale sono le gerarchie scolastiche, è una cosa stupida, ma in questo ambiente piccolo ha un grande valore.
Separa i perdenti dai vincenti, mostra impietosamente gli sfigati che non hanno nessuno da portare al ballo e fa sparlare le ragazze sui vestiti che ognuna di loro ha indossato in quell’occasione, la musica passa in secondo piano.
Lei si gratta il mento.
“Un po’ come i balli di corte.”
“Qualcosa del genere, ma in chiave ridotta.
Dio, io mi prendo un vestito nero e al diavolo Anne e Izzie.”
“Grazie!”
Urlano le dirette interessate.
“Prego!”
Rispondo io sarcastica.
Arriviamo in centro e Anne parcheggia poco lontano da un palazzo alto e largo, deve essere il famoso centro commerciale, fa impressione.
“È questo il posto?”
Chiedo io, deglutendo.
“Esattamente.”
Entriamo e loro due si dirigono immediatamente verso il secondo piano, io e Keisha trotterelliamo dietro di loro, confuse e perplesse.
Arrivate al secondo piano Isabel e Anne si voltano verso di noi.
“Adesso, noi andiamo a cercare i nostri vestiti, tu accompagna Keisha.
Ci vediamo qui tra mezz’ora tra le prove.”
Io e l’aliena iniziamo a gironzolare per il centro, io non ci metto molto a trovare il mio abito: un tubino senza maniche di seta nera che arriva appena sotto il ginocchio, ma con uno spacco molto generoso.
Ora tocca a lei.
Lei sceglie un abito color panna di cotone lavorato (a me ricorda il centrino gigantesco che c’è a casa di mia nonna, ma ok), con delle spalline abbastanza larghe.
Noi due abbiamo risolto, ora tocca alle altre due.
Mia sorella ha scelto un abito verde acqua senza spalline che si stringe sotto il seno grazie a una cordicella e che le arriva sopra la ginocchia e che una riga di tessuto lavorato qualche centimetro sotto l’orlo.
Anne ha scelto un abito rosso senza maniche, la parte del seno è di seta e si incrocia esattamente al centro, la gonna – che le arriva poco sopra le ginocchia – è di chiffon, sotto si vede la  federa rossa.
“Bene, ora si fa la prova dei vestiti!”
Esclama eccitata mia sorella.
Stiamo tutte benissimo, ora mancano le scarpe e i gioielli.
Io prendo un paio di scarpe nere con il tacco altissimo laccato di rosso, un paio di guanti neri – giusto per stare vintage – una borsa minuscola e una collana e un braccialetto di falsi diamanti.
Keisha invece compra dei sandali azzurri che si chiudono alla caviglia con due eleganti lacci, il resto della scarpa è marrone ed è di quel colore che si prende una borsa, la collana invece è di pietre dure azzurre.
Mia sorella compra un paio di sandali arancioni a tacco alto e con un po’ di zeppa bianca, una mini borsa in tinta con l’abito e una collana d’ambra.
Anne invece prende una minuscola borsa nera, degli elaborati sandali neri che le arrivano poco sopra la caviglia e un collare di velluto con al centro un diamante fisso.
Spero che il manicomio sia finito, visto che tutte hanno trovato quello che desideravano e probabilmente non sfigureremo al ballo.
Paghiamo tutto alla cassa, incredibile come queste stronzate siano costose.
“Spero che il gioco valga la candela, perché abbiamo speso un bel po’ di soldi.”
Mugugno io.
“Sempre la solita ottimista.”
“Cerco di essere realista. Cosa ne dite di andare a mangiare qualcosa in un Mac?
Ho una fame della madonna.”
Mia sorella e Anne mi guardano incredule.
“Ma bisogna stare a dieta per entrare negli abiti.”
Io chiudo gli occhi, inspiro profondamente e stringo le mani a pugno.
“Sentite, non fatemi salire il crimine prima del tempo!
Già odio dover andare a questo ballo, se adesso mi private anche del Mac faccio una strage.”
Isabel e Anne sospirano.
“Va bene, va bene, serial killer in incognito.”
Cariche di buste e borsette ci dirigiamo verso il Mac Donald del centro commerciale e ordiniamo più o meno tutte uno spuntino sostanzioso.
Io inizio a sentirmi un po’ meglio, deve essere l’effetto della pancia piena. Si è sempre di buon umore dopo aver mangiato.
“L’hai già chiesto a Tom, Chia?”
“No, perché? Tanto ci viene con me se vuole vivere.”
“Ok, ma tocca alle ragazze chiedere e tu devi chiederglielo.”
Io alzo gli occhi al cielo, pensando che odio i balli, purtroppo non c’è nulla da fare.
“Va bene, va bene, lo farò. Spero solo che qualcuna non ci abbia provato o la cuocio a fuoco lento.”
Le altre ridono.
Finita anche la pausa da Mac Donald, prendiamo le nostre cose, paghiamo e ce ne torniamo a Poway.
Domani chiederò Tom di venire al ballo e spero – sul serio – che qualche vacca non ci abbia provato prima di me.
Arrivate a casa, troviamo mamma in salotto, ha un’espressione di pura curiosità che non mi piace per niente.
“Allora, ragazze! Cosa avete preso?”
Cinguetta lei allegra.
Oh, no! Fa che non sia quello che penso!
“Se vuoi te lo mostriamo subito!”
Risponde Izzie con un sorrisone, lei tira immediatamente fuori il suo abitino verde acqua, i sandali arancioni e bianchi, la borsa e la collana.
Mia madre la guarda piena di ammirazione e di felicità, sembra non abbia mai visto nulla di più bello.
“E tu?”
“Io cosa?”
Cerco di fare la svampita, ma non inganno nessuno, così sbuffando metto il mio tubino di seta nera, i guanti, la borsa e il braccialetto e il collare di diamanti finti, la milleottanta non la mollo.
“Tesoro, stai benissimo! Sembri Audrey Hepburn!”
Non esageriamo, quella era davvero sempre elegante con due stronzate addosso e poi non aveva i capelli azzurri.
“Grazie, mamma! Ma non ti sembra di esagerare?”
Lei scuote la testa, qualche lacrima le solca il viso.
“Siete bellissime!”
Ci abbraccia e stranamente in questa manifestazione sento lo strano sapore dell’addio.
Addio a che cosa o a chi non lo so.
So solo che presto ci sarà un addio.

Angolo di Layla.

Eh, sì. Joel è decisamente un traditore e presto pagherà. Vabeh, non anticipo nulla. Grazie a Graceansmile per la recensione.

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Capitolo 22
*** 22)Sangue chiama vendetta. ***


 22)Sangue chiama vendetta.

 

Il giorno del gran ballo è arrivato.
È stato piuttosto imbarazzante chiedere a Tom di venire al ballo con me, come se fossi una ragazzina alle prime armi.
Avrei voluto seppellirmi quel giorno, fortunatamente non l’ho fatto, sarebbe stato difficile spiegare la presenza di uno zombi a un ballo del liceo.
Tom mi è sembrato contento quando gliel’ho chiesto, ora non so niente. Ora sono impanicata davanti al mio armadio, su cui mia madre ha attaccato il mio vestito.
Lo tolgo e lo tocco, la seta scorre liscia sotto le mie dita, mia madre dice che sto bene così, e allora da dove arriva tutto questo panico?
Forse perché i balli scolastici non sono mai solo balli scolastici, ma una specie di prova di sopravvivenza in cui devi essere bene armato di armi non convenzionali: trucco, abito, borsetta, accessori, ragazzo giusto.
Sto ancora contemplando l’abito, come se fosse una bestia feroce, quando la porta della mia camera si spalanca con violenza. È mia sorella che è già vestita.
“Che ci fai ancora in mutande?
Tra poco arriverà la parrucchiera!”
“Ho un po’paura a mettermelo.”
Lei mi guarda esasperata.
“Chiara, ti sta benissimo, non vedo perché dovresti avere paura di mettertelo.”
Io sospiro e stacco delicatamente il vestito dall’appendiabiti e finalmente me lo metto, lo specchio mi rimanda l’immagine di una ragazza un po’ perplessa, ma che tutto sommato, non è male.
“Vedi, razza di zuccona?
A Tom verrà un’erezione solo vedendoti!”
“ISABEL!”
Urliamo in coro io e mia madre, lei si gratta la testa, rossa come un pomodoro.
“Scusate, è che stando con Mark ogni tanto rispondo come farebbe lui.”
Mia madre scuote la testa, Mark le sta simpatico, ma non le piace che parli come uno scaricatore di porto.
“Non è necessario che ci rendi partecipi di come parla Mark Hoppus,comunque volevo dirti che è arrivata la parrucchiera.”
“Oh, merda!”
Esclamiamo insieme io e mia sorella, mia madre decide di lasciar perdere le questione parolacce e ci precede nello scendere dabbasso. La parrucchiera è una donna sui quarant’anni, sorridente.
“Allora, ragazze! Come li volete i vostri capelli?
Complimenti per il tuo azzurro!”
“Oh, grazie!
Io li vorrei a onde, un po’ anni quaranta.”
Lei annuisce.
“E tu?”
“Io vorrei uno chignon con magari qualche ciocca che sfugga, per renderlo più sbarazzino o qualcosa del genere.”
“Va bene.”
La donna si mette al lavoro prima su di me e poi su mia sorella, odio avere forcine e bigodini enormi tra i capelli quando potrei fare da sola con i miei poteri.
Lo chignon di Izzie comunque sta venendo bene, è elegante, ma con tocco studiato di trascuratezza che lo rende davvero carino.
Io paziento un altro po’, poi finalmente anche i miei capelli sono liberi da bigodini e forcine e vedo le tante desiderate onde tra i miei capelli, mi scappa un sorriso.
Sto davvero bene così, magari ogni tanto me le faccio anche da sola.
“Che belle che siete, ragazze!”
Esclama mia madre.
“Già. Grazie, signora, ha fatto un buon lavoro!”
Lei alza le mani.
“Ordinaria amministrazione, dove sono i vostri cavalieri?”
“Dovrebbero arrivare!”
In effetti Tom e Mark sono leggermente in ritardo, ma conoscendoli non mi stupisce.
Poco dopo arrivano e sembrano parecchio a disagio nei loro smoking, Mark soprattutto visto che i suoi capelli blu sono la cosa meno adatta a uno smoking che ci sia.
Hanno entrambi in mano un mazzo di fiori, Tom rosse e Mark orchidee azzurre. I miei occhi si illuminano, Tom me le consegna un po’ imbarazzato.
“Piccola, stai… Sei bellissima!”
Mi dice facendomi arrossire, mia sorella è più o meno nella stessa situazione.
“Ragazzi una foto?”
Mia madre fa una foto a noi tutti insieme, poi una alle coppie, poi una mia e una a Izzie. Ha gli occhi leggermente umidi.
“Sembrava ieri che andavate all’asilo e ora state per andare a un ballo dell’ultimo anno di liceo.”
Io non so bene cosa dirle, è come se mi si fosse formato un groppo in gola, è davvero passato tanto tempo da allora. Mi sono successe tante cose, alcune belle e alcune brutte, mi manca quell’innocenza che avevo allora.
“Chia?”
“Niente.
Mamma, il tempo passa e l’importante è che siamo tutti qui più o meno felici.”
Lei mi sorride.
“Hai ragione e adesso andate o farete tardi.”
Oh, già! C’è da sbrigare questa incombenza.
Usciamo da casa mi e ci infiliamo nella macchina di Tom, diretti verso la scuola. Mia sorella e Anne sono su di giri, io sono sullo scettico andante.
Perché andare a questo stupido ballo?
Parcheggiamo e notiamo che le cheerleader e i giocatori di football che fanno coppia hanno noleggiato una limousine.
Esagerati.
Scesi dalla macchina, troviamo Johnny, Keisha e David ad aspettarci alla porta. Johnny sembra molto a disagio nel suo smoking, non l’ho mai visto con qualcosa di diverso dai jeans e dal chiodo.
“Izzie, passami la macchina fotografica.”
Le chiedo con una vena sadica nella voce.
Inquadro Johnny e gli urlo di dire “cheese”, lui alza il medio come risposta, ma intanto la foto che lo comprometterà a vita è stata scattata.
“Chia, sei una bastarda se ti ci metti!”
Io rido, Anne, appesa al suo braccio, emana felicità da tutti i pori.
Entriamo, Anne trascina subito il mio amico verso l’angolo del fotografo e lo obbliga a farsi fare una foto con lei.
“Noi possiamo saltare questo passaggio, vero?”
Chiedo speranzosa al mio ragazzo.
“No, no.”
Risponde mia sorella.
“Devi eseguire tuuuuutti i  rituali del ballo.”
“Che palle.”
Sbuffando, mi avvio verso il dannato angolo con Tom. L’uomo che presiede alle operazione è sulla cinquantina e sembra scazzato al massimo, probabilmente deve avere visto milioni di balli liceali ed esserne stufo.
Ci fa piazzare davanti a un atroce sfondo azzurri sfumato e ci dice di abbracciarci, baciarci, fare quello che le coppiette fanno e di muoverci.
Il “click” della macchina ci coglie mentre Tom mi sta baciando una guancia, pago i soldi per la foto e gli lascio l’indirizzo a cui mandarla una volta sviluppata.
Fatto.
Adesso immagino che si ballerà e che non ci sarà nulla di simile al punk, seguo l’abito verde acqua di mia sorella e mi trovo nella palestra della scuola, tutta addobbata con festoni e palloncini, in un angolo c’è il buffet che comprende un punch analcolico.
La musica è atroce, una musica lenta melodica anni ’50, niente di diverso da quello che mi ero immaginata.
Sarà una noia mortale.
Scazzata e con i piedi già doloranti mi siedo su una delle sedie seminate ai lati del locale, non ho voglia di ballare, Isabel invece ha già trascinato in pista quel povero cristo di Mark.
Tom si siede accanto a me, ha in mano due bicchieri di punch e ne passa uno a me, lo bevo e penso che dopotutto non è male.
“Sarà una seratina noiosa.”
“Abbastanza.”
“Scappiamo al Soma?”
Mi chiede.
“No, mia sorella mi ucciderebbe poi. Ha deciso che devo godermi tutti i riti del liceo, ugh.”
Lui mi guarda con compassione e mi batte una mano sulla spalla, per esperienza sappiamo che una sorellina fissata su qualcosa non va contraddetta.
“E allora andiamo a ballare, che ne dici?”
“Fammi finire il punch e sarò la tua Cenerentola.”
“Ma ti rendi conto che il principe azzurro è impazzito per una scarpa, che magari era anche puzzolente e ha voluto trovare Cenerentola per una misera scarpa?
Doveva essere un bel feticista.”
“Se avrai dei figli per favore ometti loro questo commento e poi era una signora scarpa, dove la trovi ora una scarpa di cristallo?”
Lui sbuffa.
“In una cristalleria e non penso ne esista una che possa reggere il peso di un umano, anche di un’anoressica cronica.”
“Smonta sogni.”
“Pff!”
Io appoggio il mio bicchiere a un tavolo solitario e accetto la mano di Tom che mi porta ai margini della pista.
Balliamo cautamente, nessuno dei due è un gran ballerino, Tom mi pesta un piede quasi subito e con le scarpe che indosso sono catapultata al centro della galassia.
“Che hai da imprecare come una scaricatrice di porto?”
“Mi hai pestato un piede e con questi strumenti di tortura che ho ai piedi fa male.”
“Va bene, la prossima volta starò più attento.”
Continuiamo a ballare solo per un altro quarto d’ora, poi scappo di nuovo al tavolo e cerco conforto in un altro po’ di punch.
In pista Keisha e David ballano in modo impeccabile, Anne e Johnny sono un po’ titubanti, ma nel complesso se la cavano bene.
Non vedo mia sorella e Mark e all’improvviso tutti i miei campanelli d’allarme si mettono a suonare. Mi alzo e cerco Hoppus, lo trovo poche sedie vicino a noi che guarda la pista.
“Mark, dov’è Izzie?”
“In bagno, ma ci sta mettendo troppo.”
“Vado a controllare io.”
Lui annuisce, non può entrare nel bagno delle donne essendo un maschio, io sì.
Vado in bagno e non trovo mia sorella, ora sono preoccupata sul serio, un segnale d’allarme sordo e intermittente pulsa nel profondo del mio cervello.
“Isabel, merda!”
Esclamo a bassa voce, pensando che questa volta forse ce la fa a far fuori qualcuno che mi è caro.
Esco nel parcheggio e mi guardo attorno, non c’è nessuno, ma questo non significa nulla, lui potrebbe andarsene già andato, magari però è stato visto. Ci sono sempre un sacco di coppiette che pomiciano qui durante il ballo e poi non è detto che a mia sorella sia successo qualcosa.
Cammino un po’ per il parcheggio poi vedo un corpo steso alla luce di un lampione, indossa un abito verde acqua.
Isabel!
Corro e mi accorgo che respira ancora, non è troppo tardi.
Inizio a curarla, ma non ci riesco, i tessuti non rispondono come dovrebbero e il sudore inizia a colare lungo la mia schiena, uno sgradevole sudore freddo che sa di paura. Esiste un veleno molto usato sulla luna dei ribelli che impedisce a noi di guarire i feriti, ne ho visti a centinaia morire così.
L’unico modo per salvarlo è avere un antidoto, ma Keisha non l’ha portato e ha iniziato a prepararlo solo qualche giorno fa e ci vogliono mesi per far sì che sia pronto.
“Isabel, Isabel non lasciarmi.”
“Chia, sento freddo.
Io… non ce la farò, ma ti voglio bene e ne voglio anche a mamma e papà.
Di’ a Mark che lo amo.”
“Hai visto chi ti ha aggredita?”
“Un ragazzo mascherato.”
Io continuo a tentare di guarirla con le guance rigate di lacrime, non sta funzionando, non sto riuscendo a salvare mia sorella, la mia prima amica.
“Chia,  Chia… Ti voglio bene, ricordati di dirlo a ma’ e pa’ e che a Mark che lo amo.”
Emette un rantolo terribile, poi il sui cuore smette di battere.
È morta.
“ISABEL!”
Urlo con tutto il fiato che ho in corpo e piangendo come una matta, china sul suo corpo freddo e insanguinato.
Lentamente sento che arriva gente, che parlano, qualcuno tira fuori un cellulare e chiama il 911, io rimango con lei.
Sento una mano posarsi sulla  mia spalla, è Tom e accanto a lui ci sono gli latri.
Io continuo a piangere fino a quando non arriva un’ambulanza e  dei paramedici mi staccano a forza da lei e la caricano sulla vettura.
Io abbraccio Tom e poi lo seguo dentro la scuola, stordita come sono mi rendo conto solo dopo un po’ che siamo nello studio della psicologa della scuola, che c’è lei e che c’è un poliziotto.
Ho una tazza di the caldo tra le mani e ne bevo un sorso.
“Credo sia tornata in sé.”
Dice la psicologa al poliziotto che annuisce.
“Non la strapazzi, ha subito uno shock terribile stasera.”
“Va bene.”
Il poliziotto si rivolge a me.
“Buonasera, posso darti del tu?”
“Faccia come vuole.”
“Ok, chi sei?”
“Sono Chiara Malone, la sorella di Isabel… la vittima.”
“Da quello che mi ha detto la psicologa la famiglia di Isabel ti aveva adottata.”
“Se crede che io la odi per questo motivo, si sbaglia. I nostri rapporti erano buonissimi, era mia sorella anche senza una goccia di sangue in comune.
Chieda in giro se vuole.”
Lui annuisce.
“Sto solo cercando di ricostruire i fatti.”
“Va bene. Alle otto Mark, il suo ragazzo e Tom, il mio sono venuti a prenderci a casa con la macchina di Mark per andare al ballo.
Izzie era elettrizzata, amava questo genere di cose e non vedeva l’ora di sfoggiare il suo nuovo abito verde acqua. L’avevamo preso qualche giorno fa in un grande magazzino di San Diego e lei era così felice, mentre se lo provava.
Tornando a stasera, siamo arrivati a scuola e abbiamo parcheggiato. Sulla porta abbiamo incontrato dei nostri amici.”
“È possibile avere dei nomi?”
“Certo. Il ragazzo di Isabel è Mark Hoppus, il mio si chiama Thomas Matthew DeLonge. In quanto agli amici erano: Johnny Mayer, con la sua ragazza Anne Hoppus, Keisha Dupont e il suo ragazzo David Kennedy.
Per favore non torturi Johnny anche se è stato in un istituto per orfani fino a diciotto anni e ha la fama di essere un teppista, è un bravo ragazzo. È mio amico da quando eravamo entrambi all’istituto e conosce anche mia sorella, si vogliono bene.”
Lui annuisce.
“Prosegui pure. Vi siete incontrati e?”
“Niente, le solite chiacchiere tra ragazzini, poi mia sorella ha trascinato Mark a farsi una foto con lei dal fotografo e ha obbligato me a fare lo stesso con Tom, voleva che mi “godessi” tutti i rituali del
liceo.
Finito quello lei si è buttata in pista e io sono rimasta seduta ai lati per un po’ con il mio ragazzo, non amo ballare.
Alla fine sono entrata in pista, ma ci sono rimasta poco, Tom mi ha pestato i piedi non so quante volte. È troppo alto ed è scoordinato ogni tanto.
Mentre mi stavo riposando ho dato un’occhiata alla pista, ho visto Anne e Johnny, Keisha e David, ma non mia sorella e Mark.
Mi è sembrato strano.”
“Perché?”
Sospiro, muovo i piedi e vedo il the muoversi pericolosamente nella tazza, forse un’ustione mi risbatterà nella mia realtà da incubo.
“Perché mia sorella ama ballare, ogni tanto al sabato sera – quando non è impegnata con noi punkettoni – va in un locale a San Diego.
Il ballo è il posto giusto per scatenarsi per una come lei, così mi è sembrato strano e mi sono preoccupata. Sono la sorella più grande, è da quando avevo sei anni che io e Isabel facciamo squadra.”
“E cosa hai fatto poi?”
“Sono andata a cercare lei e Mark, ho trovato solo Mark seduto su una delle sedie, gli ho chiesto dove era mia sorella e lui mi ha detto che era in bagno.
Ci stava tenendo troppo, sembrava leggermente preoccupato, così sono andata a controllare in bagno.”
“L’hai trovata lì?”
Scuoto la testa.
“No,non l’ho trovata. Sono uscita da una delle uscite di emergenza lì vicino, dovrebbero essere chiuse, ma un sacco di gente durante e dopo il ballo esce dalla palestra per pomiciare in macchina, nel parcheggio.
Sono uscita e ho gironzolato un po’, era buio. Le uniche fonti di luce sono i pali della luce che ci sono nel parcheggio e sotto uno di questi ho visto un corpo con un vestito verde acqua terribilmente simile a quello di Izzie.
Era lei.
Mi ha parlato, io ero talmente scossa che non ho nemmeno provato a chiamare l’ambulanza, la ferita al cuore mi sembrava… mortale.”
Lui annuisce, dai miei occhi scendono lacrime nere che si infrangono e mischiano con il the.
“Cosa le ha detto sua sorella?”
“Che mi voleva bene, che ne voleva anche a mio padre e a mia madre e che amava Mark.
Le ho chiesto se avesse visto il suo assalitore, ma mi ha detto che era mascherato e non ha visto il volto.
Poi ha detto ancora che ci voleva bene ed è… morta.
Poi mi sono messa a urlare, è arrivata gente e qualcuno ha chiamato il 911 e adesso sono qui a rivivere l’ultima giornata di mia sorella in uno studio squallido con un poliziotto che sospetta di me.”
Concludo con una punta di rabbia.
“Io non sospetto di te.”
“E perché si comporta come se lo facesse?”
Lui sospira.
“Capisco che tu sia sconvolta, era tua sorella, ma io ho bisogno di elementi per trovare l’assassino, ho bisogno di un quadro completo.
Che tu sapessi tua sorella aveva qualche nemico?”
“Che io sapessi, no.
Non era una popolare, ma era comunque molto benvoluta da tutti per il suo buon carattere. Era una di quelle persone che sorridono sempre e sono disposte ad aiutare sempre.”
“Grazie, il tuo aiuto è stato prezioso.
Qui fuori ci sono i vostri genitori, adesso entreranno.”
Io annuisco come un automa, non so se sono pronta a vedere mamma e papà, ma non ho scelta.
La porta si apre e mia madre mi travolge con un abbraccio lacrimoso, mio padre sembra stordito, un pugile suonato che ha ricevuto un bel colpo dal destino.
“La mia Isabel! La mia piccola Isabel!”
Singhiozza mia madre.
“Almeno è morta felice con il suo vestitino nuovo.”
Io mi sfilo dal suo abbraccio e lascio che sia la psicologa a consolarla, in questo momento non sono in grado di reggere una reazione come la sua.
Abbraccio Tom e Johnny e scoppio a piangere, lasciando che sia il loro calore a scaldarmi e le loro parole a consolarmi.
Mia sorella è morta, nessuno me la ridarà indietro.
L’unica cosa che mi rimane da fare è trovare il suo assassino – e ho una mezza idea di chi possa essere – e farlo fuori.
Sangue chiama vendetta.

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Capitolo 23
*** 23)Addio, Isabel. ***


23)Addio, Isabel.

 

Ci sono poche cose più difficili da sopportare che il funerale della tua sorellina.
Quella sorellina che c’è sempre stata e che hai sempre protetto, ma che non sei riuscita a salvare da chi sei e dalle conseguenze che comporta l’essere un’aliena.
La persona che l’ha uccisa sapeva che non avevamo l’antidoto per quel veleno e solo una persona lo sapeva: Joel.
Non è mania di persecuzione, uno dei miei soldati ha sentito la sua presenza nel parcheggio quando avrebbe dovuto essere a casa a fare la muffa.
Questo potrebbe significare due cose: Joel ci ha traditi, quello che si fa chiamare Joel in realtà non è Joel, ma un nemico.
In  ogni caso, sono qui al cimitero in una fredda giornata di novembre e sotto un cielo di piombo a guardare la bara di Isabel che viene calata in una buca.
Il prete dice qualche parole e poi intonano il suo inno preferito, finito quello i miei buttano una rosa bianca e una manciata di terra, poi tocca e me.
Io ho scelto un rosa rossa come il suo sangue e una volta buttata sulla bara, spicca in un modo terribilmente lugubre, come se anche la bara sanguinasse.
Dopo di me c’è Mark: indossa gli occhiali da sole ed è sorretto da  Anne, butta una margherita – il fiore preferito di mia sorella – e se ne va.
Tom è sempre accanto a me, non so cosa avrei fatto senza di lui in questi giorni, probabilmente sarei morta di fame, visto che lui è l’unico che riesce a farmi mangiare.
“Tom.”
“Dimmi, Chia.”
“Lo troverò e lo ucciderò.”
Lui annuisce.
“Hai già un’idea.”
“Di più, ho una certezza. Alla prossima missione qualcuno finirà male e non sarà nessuno di noi buoni, ma un certo principe ghiacciolo del cazzo.”
Tom non dice nulla, ma mi stringe di più nel suo abbraccio.
Poco dopo iniziano a cadere piccoli fiocchi di neve dal cielo, forse è l’ultimo regalo per mia sorella, lei amava la neve.
I miei si avvicinano a me, io sospiro.
“Mamma, papà, posso evitare di venire al rinfresco?
Sarebbe come festeggiare la sua morte e non posso sopportarlo, io avrei voluto che vivesse.”
Mi abbracciano tutti e due e annuiscono.
“Sì, piccola. Vai dove credi sia meglio andare.”
Li guardo allontanarsi da me e Tom e mi sembrano invecchiati di colpo di vent’anni, la morte di Izzie è stata un colpo terribile, soprattutto per loro che avrebbero tanto voluto una famiglia numerosa.
“Dove andiamo?”
Mi riscuoto al suono della voce di Tom.
“Alla casa nel deserto, non voglio vedere nessuno se non voi.”
Lui annuisce e usciamo mano nella mano dal cimitero, dove è appena stata tumulata Isabel Malone a soli diciassette anni.
Salgo nella macchina di Tom, lui gira le chiavi e finalmente ce ne andiamo, non ce la facevo più a rimanere lì.
“Hai freddo?”
Mi chiede Tom.
“No, sto bene.”
Lui guida tranquillo per Poway e poi si dirige verso il deserto, lì la neve si è trasformata in una tempesta di sabbia, a stento troviamo la solita piazzola.
“Sei sicura di volerci andare?”
“Sì, non ti preoccupare. Non ci perderemo.”
“Ok.”
Scendiamo dalla macchina e gli porgo la mano che accetta volentieri, con sicurezza lo guido attraverso la sabbia che ci viene sputata contro dal vento.
Un quarto d’ora dopo siamo arrivati alla casa nel deserto, dentro fa freddo, così mi dirigo verso il caminetto e accendo il fuoco, poi mi tolgo il cappotto e rimango con la mia felpa nera, i jeans neri, infilati negli anfibi di cui sto osservando la punta senza nessun reale interesse.
Tom si muove nella stanza e poco dopo mi mette un panino sotto il naso.
“Mangia.”
Io annuisco e lo mangio meccanicamente, bevo e solo alla fine tiro fuori un grande album fotografico dalla borsa.
Tom si siede accanto a me mentre lo sfoglio.
Gli indico una foto con una bambina dai capelli neri e l’aria un po’ sperduta che viene abbracciata da un'altra dai capelli rossi.
“L’abbiamo fatta il nostro primo giorno di scuola, lei era così felice di avere una sorella, anzi una sorellona come mi chiamava.”
Tramite l’album vedo gli anni passarmi davanti, le medie e il suo primo ballo, indossava un vestitino giallo che le stava a meraviglia.
Mi ha detto che è lì che ha dato il suo primo bacio e che è stato con Johnny, mentre tutti e due erano un po’ brilli, il solito buontempone aveva aggiunto dell’alcool al punch.
Johnny.
Johnny è stato il suo amore da allora, guardo una foto dove sono abbracciati, lei sorride radiosa, lui un po’ impacciato.
“Mia sorella amava Johnny prima di Mark, mi chiedo se lui l’abbia mai ricambiata.”
“Sì, la ricambiavo.”
Mi  porto una mano al cuore per lo spavento.
“Johnny! Mi hai fatto venire un infarto!”
“Scusa, non volevo.”
“Cosa volevi dire quando hai detto che la ricambiavi?”
Lui sospira.
“Che sapevo che era cotta di me e lo ero anche io di lei, ma non volevo metterla nei guai per quello che ero. Un po’ come con Anne.
Adesso vorrei avere dato retta ai miei sentimenti, avrei voluto chiederle di esserla la mia ragazza a proteggerla da tutte le cose brutte.”
Io trattengo a stento le lacrime.
“Mark come sta?”
“Male, Anne dice che sta tutto il giorno in camera sua e che esce solo per i pasti, a volte nemmeno per quelli.”
Io guardo il pavimento.
“Io so chi è stato ed è necessario che lo sappiate anche voi prima che colpisca ancora.”
Johnny mi guarda sconvolto.
“Il killer è Joel, non so se sia passato dall’altra parte o semplicemente quello sia un sosia.
So solo che è pericoloso e che la prossima cosa che ci proporrà sarà probabilmente una trappola, dovete saperlo tutti.”
“Keisha non ti crederà mai.”
“Non lo dirò a Keisha, lei sarà l’unica a rimanere sorpresa, ma meglio una che tutti.”
Rispondo piatta.
“Sei sicura?”
“Uno dei miei soldati  mi ha detto che Joel era nel parcheggio la notte che è  morta Isabel, Mark ha detto che qualcuno lo aveva chiamato quando è stato ferito nel bosco e ha detto che gli sembrava una voce maschile, quando hanno investito Anne …”
“Ho visto uno al volante che sembrava Joel. Ho capito.”
“Non doveva finire così, Johnny. Non doveva!
Nessuno doveva essere vittima di quello che siamo!”
Scoppio a piangere e mi prendo la testa tra le mani, Tom mi abbraccia.
“Forse dovrei lasciare Anne.”
“No, lei ha bisogno di protezione in questo momento non di stare da sola, dobbiamo stare uniti.”
“Sì, hai ragione. La mia è stata un’idea stupida.”
Johnny si alza dal divano e va verso il frigorifero, torna con in mano tre bottiglie di birra ghiacciate e ne porge una a me e una a Tom.
Le apriamo e poi Jo alza la sua.
“Un brindisi per Isabel Malone: grande amica, meravigliosa sorella e fidanzata innamorata.
Ti ricorderemo sempre e vendicheremo la tua morte!”
Alziamo le bottiglie e nei tintinnii che si sentono quando si scontrano c’è la solennità di una promessa di morte.

 

Il giorno dopo il suo funerale, a scuola c’è stato il suo memorial.
Hanno parlato parecchie persone: amiche, compagne, professori, Mark e ho parlato anche io.
Con un nodo alla gola ho descritto mia sorella a casa, ho parlato di quanto fosse buona, gentile e comprensiva per la maggior parte del tempo.
È stato come gettare sale su una ferita, infatti ho finito il mio breve discorso con la voce incrinata e gli occhi lucidi.
Sono filata dritta tra le braccia di Tom, che mi ha stretto forte e ha appoggiato il mento sulla mia testa. Siamo rimasti per un po’ così, poi ho sentito qualcuno accanto a noi singhiozzare piano.
Mi sono staccata dall’abbraccio del mio ragazzo e ho visto Mark con le lacrime che gli colavano sulle guance paffute e che tentava di controllare i singhiozzi.
Ho guardato Tom e lui ha annuito, io ho abbracciato il ragazzo di mia sorella, che è letteralmente ceduto tra le mie braccia.
“Avevo giurato di proteggerla, ma dov’ero quando lei veniva aggredita?
Su una cazzo di sedia perché non avevo il coraggio di andare a controllare nei bagni delle  femmine!”
“Anche io avevo giurato di proteggerla e ho fallito, nemmeno io riesco a perdonarmelo, non avrei dovuto dire nulla a nessuno. Lei ha pagato per una mia debolezza, ma se lei fosse viva mi direbbe di smetterla.
Dobbiamo pensare al futuro e punire chi l’ha uccisa.”
Lui si stacca da me.
“Tu sai qualcosa, vero?”
“Sì, ma questo non è il luogo adatto per parlarne. Ve l’avrei detto dopo, ma tant’è, oggi pomeriggio venite alla casa nel deserto, senza farvi vedere da Keisha, devo parlare a voi e solo a voi, ok?”
Lui mi guarda leggermente incredulo.
“Perché vuoi tagliare fuori lei?”
“Quando avrai sentito cosa avrò da dirti, capirai.”
Lui annuisce e sospira.
“È morta dicendo che mi amava, devo fare qualcosa per lei. Devo.”
“Lo so.”
Finito il memorial torniamo alle solite lezioni, anche se io ho la testa da un’altra parte e per una volta anche i professori capiscono perché.
Mark si sente in colpa, io mi sento almeno il triplo in colpa di lui, le ho rivelato il segreto e quando ho visto la serie di incidenti non l’ho protetta abbastanza. Avrei dovuto uccidere Joel nella foresta e poi dire che mi ero sbagliata o qualcosa del genere, lei sarebbe ancora viva.
-Sei riuscito a sfuggirmi una volta, ma uccidendo mia sorella hai firmato la tua condanna a morte, bastardo.-
L’ultima lezione è educazione fisica, ma chiedo al professore di essere esonerata, lui accetta e io passo le due ore successive a guardare le mi compagna giocare a pallavolo.
Il suono della campanella mi giunge grato, prendo la mia roba ed esco dalla scuola di soppiatto, come una ladra, e salgo sulla mia macchina sperando che i due fratelli alieni non mi abbiano visto.
Metto in macchina e schizzo fuori dal parcheggio controllando di non avere nessuno che mi segua quando imbocco la via per il deserto: sono più sola di un vedente nel paese dei ciechi.
Raggiungo la solita piazzola, semi invasa dalla sabbia che la tempesta ha smosso qualche giorno fa, e poi scendo dalla macchina.
Il clima è mite, ma io rabbrividisco lo stesso a Poway la neve continua a farla da padrone e lascia addosso il freddo, ora che le considerazioni filosofico-meteorologiche sono finite mi incammino.
Arrivo al familiare sperone di roccia e percorro la scala che sale a spirale, entro e trovo Johnny, Tom e i due fratelli Hoppus che si scaldano attorno al caminetto.
“Salve.”
“Ciao!”
Mi salutano tutti, Anne e Mark sono curiosi, Mark sembra particolarmente conciato male.
“Beh, sarò breve.
Ho dei fondati motivi per credere che il colpevole di queste aggressioni sia Joel e che stia preparando una trappola, perciò la prossima volta che propone una gita state attenti.”
“Perché credi sia lui?”
Mi chiede Mark.
“Perché quando quell’auto ha travolto Anne, Johnny ha visto al volante una figura che sembrava quella di Joel e quando tu, Mark, sei stato attirato dalla radura hai detto di avere sentito uno dei nostri che ti chiamava. Una voce maschile.
Né Johnny, né Tom ti hanno chiamato, ne rimane solo uno.
Senza contare che la notte in cui Izzie è morta uno dei miei soldati ha sentito l’aura di Joel qui attorno, quando Keisha ci aveva assicurato che era rimasto a casa.”
 I due fratelli si guardano.
“Ok, staremo in guardia.”
“Bravi e la prossima volta vi posso giurare che avrà quello che merita, uccidere mia sorella è stato il suo errore più grande visto che ha risvegliato in me la voglia di vendetta.”
“Noi ti aiuteremo.”
“Va bene.”
Il patto è stretto, Joel ha i giorni contati.
Una volta deciso ciò scendo anche io a scaldarmi davanti al caminetto e cerco di chiacchierare normalmente. È difficile fare le cose normalmente quando hai un lutto in corso.
Penso a tutte le cose che Isabel avrebbe detto e fatto se fosse stata qui e mi si stringe il cuore, lei non potrà fare più nulla.
Tutti i suoi sogni e le sue ambizioni sono morti con lei e la cosa peggiore è che è morta senza nemmeno poterci provare.
Qualcuno le ha tarpato le ali nel modo più crudele possibile.
Una morte del genere chiama vendetta e io ho intenzione di rispondere.
“Chia?”
La voce di Tom mi riporta alla realtà.
“Sì?”
“Senti ti andrebbe di dormire da me stasera?”
Sono secoli che non abbiamo un momento solo per noi ed effettivamente iniziavo a sentire la sua mancanza.
“Ma i tuoi sono a casa!”
“Potremmo venire qui se Johnny è d’accordo.”
Il mio amico alza una mano.
“Fate fate, stasera sono a casa da solo o forse viene Anne, in ogni caso non sarò qui.”
Annuiamo.
“Allora, va bene. Ci vediamo qui alle sette e mezza.”
Mi dice sorridendo.
Poco dopo ce ne andiamo tutti e io penso a come dire ai miei che stasera dormirò fuori, l’unico elemento saldo rimasto in casa mia è mio padre, mia madre dorme quasi sempre per via dei sonniferi e dei calmanti, non è ancora riuscita ad accettare la morte di Isabel.
Arrivo a casa mia e trovo le luci spente, mio padre è sul divano che fissa il soffitto stralunato.
“Ciao papà.”
“Ciao, Chia. Ho appena fatto mangiare la mamma, adesso preparo qualcosa per noi.”
“Non ti preoccupare faccio io. Tom mi avrebbe invitato da lui stasera, posso andare?”
Lui sospira.
“Vai, sei giovane e ne hai il diritto. Tua sorella avrebbe voluto che ti dessi il permesso e poi lui e Johnny si stanno prendendo cura di te meglio di noi.”
“Non darti troppe responsabilità, tu devi aiutare la mamma, è lei quella che sta peggio. È giusto quello che stai facendo.”
“La mia vita mi sembrava troppo bella, avevo una moglie che mi amava, due figlie meravigliose e a volte avevo l’impressione che Dio mi avesse concesso troppo.”
“Papà, basta, ti prego!”
Lui annuisce.
“Scusami.”
“Non ti devi scusare. Adesso ti preparo la pasta che ti piace per cena e vado da Tom, non torno a dormire, quindi vai a letto presto e – ti prego – dormi.
Hai bisogno di dormire.”
Lui annuisce, io vado in cucina e gli preparo un piatto di pasta con il sugo e i wurstel, lui la mangia volentieri, io salgo al piano di sopra e mi faccio una doccia.
L’acqua calda lava via un po’ di gelo per fortuna.
Poi vado in camera mia e mi metto un vestito che mi ha regalato Isabel – nero, con delle decorazioni di teschi e rose rosse sul bordo – le calze e i miei anfibi, trucco gli occhi di nero e scendo di nuovo al piano di sotto.
Mio padre mi sorride.
“Sei bella, stai bene.”
“Grazie, papà.
Tu adesso vai a letto.”
Gli do un bacio sulla fronte ed esco, nevica ancora, ma la neve ha smesso di farmi paura. Nel mio cervello germogliano strani pensieri, se facessi un incidente e morissi potrei ritrovare mia sorella e i miei genitori biologici.
L’unica cosa che mi trattiene, per ora, è che spezzerei il cuore dei miei genitori adottivi, anche se prima o poi dovrò farlo. Questa identità si sta bruciando come carta in un camino e dovrò sceglierne una nuova.
Guido fino alla deviazione per il deserto con molta attenzione e poi, una volta raggiunta, guido con ancora più prudenza: la strada è ghiacciata.
Arrivo alla solita piazzola e parcheggio, poi cammino nella sabbia, al buio la sabbia fa quasi paura, è bianca e sembra di camminare su della cenere. La cenere di un pianeta alieno o di un mondo distrutto.
Rabbrividisco e mi stringo di più nella giacca di pelle, mentre i miei anfibi affondano a ogni passo nella sabbia.
Finalmente vedo il mio amato sperone di roccia e mi sento a casa, per un attimo mi sento sollevata e tutti i brutti pensieri spariscono. Dentro ci sono Tom e la cena.
Percorro le scale, appoggio la mano alla roccia ed entro. C’è acceso solo il camino e Tom ha sparsi candele, petali e fiori un po’ ovunque e sul nostri piccolo tavolo vedo due pizze fumanti.
“Tom!”
Gli salto in braccio e quasi rischiamo di cadere dalla scala che porta al locale.
“Ehi, quanto entusiasmo!
Cosa farai quando vedrai la piscina?”
“Piscina?”
Gli chiedo incredula.
“Ho chiesto alla stanza se poteva diventare piscina solo per stasera e devi vedere com’è venuta!”
Gli occhi mi luccicano, come se fossi una bambina dentro un negozio di dolci.
“Uh, sei colpita! Mi fa piacere, ma ora mangiamo, le pizze si raffredderanno.”
Scendiamo le scale, io butto la mia giacca sul divano e mi siedo al tavolo. Mangiamo parlando di tutto e di niente, ogni tanto ci vuole una sana conversazione leggera in cui non si trattano temi troppo profondi o dolorosi.
Tom deve averlo capito perché non accenna neanche di striscio alla morte di mia sorella, so che soffre anche lui, perché tutti le volevamo bene, ma lui cerca di stare su per me.
Gli sono così grata che nemmeno dargli una luna del mio regno sarebbe abbastanza per ricompensarlo.
La pizza poi è buonissima, chissà dove l’ha presa?
“Tom, dove hai preso la pizza?
È strabuona!”
Lui ride.
“Nel nuovo ristorante italiano che hanno aperto in piazza, mi avevano detto che si mangiava bene e ho provato, per fortuna fanno anche da pizzeria d’asporto.”
Io sorrido.
“Beh, ci hai azzeccato! È buonissima!
e…”
Abbasso le mani.
“Grazie per esserti preso cura di me per tutto questo tempo, non deve essere stato facile.”
“Sei la mia ragazza, è questo che fanno i fidanzati, no?”
Io sorrido, ho trovato un ragazzo davvero speciale.
“Grazie, Ti amo.”
“Ti amo anche io.”
Ci sorridiamo a vicenda e nei nostri sorrisi c’è tutta la felicità del mondo o almeno quella che posso provare in questo momento.
Grazie di esistere, amico degli alieni.

Angolo di Layla

Ringrazio Graceasmile per la recensione.

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Capitolo 24
*** 24)Sole spento. ***


 24)Sole spento.

 

Dire che amo Tom è scontato, ma in questo momento va ricordato.
Si è preso cura di me e lo sta facendo anche ora, mentre mangiamo una pizza in un locale addobbato con candele e fiori.
Mangiamo la torta che c’è di dolce e all’improvviso sento la voglia di baciarlo, così lo attiro a me e lo coinvolgo in un bacio mozzafiato.
Immediatamente sento le sue mani infilarsi sotto il vestito e le mie cercare di togliergli la maglia per sentire la sua pelle sotto le mie dita.
Continuiamo così per un po’, poi mi ferma gentilmente e mi fa alzare, non prima di essersi tolto la maglia.
Mano nella mano lo seguo al piano inferiore, dove ci siamo allenati tante volte – e rimango senza parole. Ora c’è una grande piscina illuminata da dei faretti e una sorta di gazebo pieno di cuscini.
“Wow!”
Esclamo senza fiato.
Lui ride e si toglie i pantaloni, calzini e scarpe, poi guarda me malizioso come solo lui sa essere.
“Adesso è il tuo turno!”
Sospirando mi tolgo il vestito, le calze e gli anfibi, poi senza preavviso mi prende in braccio e saltiamo in piscina insieme sollevando uno tsunami di spruzzi.
Sott’acqua mi lasci andare e riemergiamo vicini.
“Tom, questa cosa è meravigliosa!”
Lo abbraccio e lo bacio, avvolgendo il suo bacino con le mie gambe e affondando le mani nei suoi capelli, lui sorride contro il mio bacio e ricambia.
Ci baciamo ancora un po’, poi lui si stacca e inizia a nuotare, costringendomi a seguirlo, si sta divertendo un mondo a farmi eccitare e poi scappare via all’ultimo secondo.
Piace anche a me questo giochetto, ma ora mi sta stancando, voglio lui!
Finalmente riesco a bloccarlo in un angolo e riprendo a baciarlo, credo sia stanco anche lui perché traffica un po’ con la chiusura del mio reggiseno e alla fine riesce a togliermelo.
Mi lascia una scia di baci che vanno dall’angolo della bocca fino al collo, mentre con le mani tortura abilmente i miei seni, tanto che quando li tocca con la lingua urlo dal piacere.
“Tom!”
“Zitta!”
Riprende di nuovo a baciarmi e a giocare con i miei seni, la mia mano scende automaticamente verso il basso, verso di lui.
Si infila con un po’ di fatica nei suoi boxer e cerca di ricambiare le attenzione, sento il respiro di Tom farsi più veloce, gli scappa addirittura un gemito.
“Dio, non smettere ancora per un po’!”
Mi dice appoggiando la testa sulla mia spalla.
Io lo accontento fino a che lui non mi toglie la mano e mi prende in braccio portandomi fuori dalla piscina e adagiandomi poi su uno dei cuscini del gazebo.
Riprendiamo a baciarci e un suo dito scivola dentro la mia femminilità, in breve sono due e i miei gemiti sono fortissimi.
Non vedo l’ora che questa tortura finisca!
Poco prima che io raggiunga il punto di non ritorno mi toglie le mutandine e poi si toglie i boxer.
Mi prende per le mani e mi bacia teneramente il naso.
“Pronta?”
Io annuisco e lui entra in me, si muove con spinte lente e lunghe fino a che non diventa insopportabile anche per lui  tenere questo ritmo, poi aumenta.
Arriviamo insieme all’orgasmo e lui ricade ansante e sudato su di me, facendomi sorridere.
Gli accarezzo piano i capelli e penso che fare l’amore con lui è sempre bellissimo e che non voglio separarmi da lui per nessun motivo.
“Bello, vero?”
Mi chiede dopo un po’, i nostri corpi si sono parzialmente asciugati, qui fa caldo.
“Sì, molto.
Vorrei vedere una pioggia di stelle.”
Che cosa stupida che ho detto!
Lui però alza la mano e tante piccole lucine cadono su di noi.
“Eccoti accontentata.”
“Fai davvero progressi con i tuoi poteri.”
“Ora sono un alieno anche io!”
Sembra quasi soddisfatto.
“Alla fine vi ho stanati!”
“Ti penti mai di averlo fatto?”
Lui torna serio.
“No, altrimenti non avrei te accanto e questo conta molto più di ogni verifica alla mia teoria se gli alieni esistano o meno.”
Due lacrime scendono dai miei occhi.
“Grazie, sono delle parole davvero belle! Anche a me ha fatto piacere incontrarvi, anche se ogni tanto penso che se non fosse stato per me Isabel sarebbe ancora viva.”
“Lei avrebbe voluto che tu continuassi a vivere la tua vita, ti voleva molto bene.”
“Ecco a cosa l’ha portata volermi bene.”
Lui mi bacia i capelli.
“Sh! Smettila di colpevolizzarti, ti prego.”
“Hai ragione. Mi hai donato una serata meravigliosa ed è giusto che me la goda fino in fondo.”
Mi rannicchio tra le sue braccia e mi sento al sicuro, tra le luci danzanti sotto il gazebo.
“Hai fatto un ottimo lavoro, sono una ragazza fortunata.”
“Molto!”
Io rido.
“Sei il solito modesto.”
“Eh, cosa vuoi farci?”
Mi dice ridendo.
“Adesso, però, dormi. Si vede che hai difficoltà a dormire, le occhiaie non ti donano.”
Effettivamente ha ragione, non dormo molto bene da quella sera,c osì decido di lasciarmi andare al sonno tra le braccia del mio ragazzo.
Sorrido.

 

La mattina dopo i nostri vestiti sono completamente asciutti e ci rivestiamo.
Tom fa tornare la stanza normale e poi saliamo al piano di sopra, lui fa sparire candele e fiori, io ficco i cartoni delle pizze in una borsetta di plastica, credo li scaricherò al prossimo cassonetto.
“Adesso cosa facciamo?”
Gli chiedo.
“Beh, usciamo da qui e affrontiamo il mondo.”
“Dobbiamo? Non è che muoia dalla voglia!”
Lui mi prende per mano.
“Ci sono io, insieme ce la faremo e vendicheremo chi ha ucciso Isabel.”
Io annuisco, ma la tentazione di rimanere in questa piccola bolla con lui soltanto è molto forte, vorrei non tornare a casa e trovare mio padre triste, mia madre apatica e il peso di una missione che si sta trasformando in un incubo.
“Facciamo colazione insieme?”
“Sì, dai al bar che c’è in piazza, lì fanno un cappuccino strepitoso!”
Approva Tom.
“Non è che mi daresti un passaggio?”
Mi chiede poi, io annuisco.
Usciamo dalla casa nel deserto tenendoci per mano, venti minuti dopo siamo nella mia macchina e in circa un quarto d’ora passiamo dalla dune bianche alla neve insolita di Poway. Non nevica più, ma il ghiaccio l’ha cristallizzata lì.
Parcheggio davanti al bar e scendo con Tom, siamo mano nella mano ed entrando notiamo Mark da solo, così decidiamo di avvicinarci.
“Ehi!”
Mark alza gli occhi e tenta di sorridere.
“Ehi.”
“Vuoi un po’ di compagnia o preferisci rimanere da solo?”
Gli chiedo io, lui si strofina gli occhi.
“No, un po’ di compagnia mi farà bene, sedetevi.”
Ci sediamo, non ha una bella faccia, è triste e con due occhiaie che gli arrivano fino ai piedi.
“Come va?”
Lui sospira.
“Mi manca tantissimo, io …. Io avrei dovuto proteggerla, la mia piccola Isabel.
Lei si fidava così tanto di me, diceva che ero il suo punto fermo dopo te e guarda come è finita. Io sono qui in un bar chiedendomi che senso ha la mia vita e lei è sepolta al cimitero senza essere nemmeno arrivata ai diciotto anni.”
Io annuisco.
Sono le stesse cose che torturano me, io e Mark portiamo lo stesso fardello.
“Lei ti amava. Non sarebbe felice di sentirti dire queste cose, forse vorrebbe che andassimo avanti.”
“Io, senza di lei, non vado da nessuna parte.”
Mi risponde serio Mark e so che in qualche modo ha ragione, perché io provo le stesse identiche sensazioni, eppure so anche che lei non vorrebbe che ci  fossilizzassimo su di lei.
Isabel amava la vita, amava vedere
attorno a lei gente  felice, non gente che piangeva. Adesso fa male sentir dire queste cose, ma forse sono quelle giuste, forse lei ci spronerebbe ad andare avanti.
“Lo so, Mark. Ogni giorno che passa senza la mia sorellina è un giorno triste, ma so anche che le avrebbe voluto che fossimo sempre o quasi felici. Pensaci.
Andare avanti non vuol dire dimenticarla, ma solo esaudire il suo ultimo desiderio.”
Mark addenta un muffin poco convinto, anche a me queste parole ora suonano senza senso, ma sono le uniche che so che lei avrebbe detto.
Chiacchieriamo ancora un po’, davanti alla nostra colazione, poi io accompagno a casa Tom.
Lo saluto con un bacio particolarmente sentito.
“Grazie per questa notte meravigliosa, ti amo.”
“Ti amo anche io.”
Risponde sorridendo.
Io sospiro, adesso devo andare a casa mia e spero di trovare mia madre sveglia, mi farebbe un immenso piacere, sono stanca di andare a stanarla a letto per farle vivere un minimo di vita.
Parcheggio la macchina in garage ed entro in casa, mia madre è in piedi vicino al camino.
“Ciao, mamma!”
“Ciao, cara. Isabel dov’è?”
Io guardo un attimo mio padre e poi rispondo senza pensarci, ignorando il suo sguardo.
“È morta, mamma.”
Lei mi dà una sberla, io mi tocco la guancia incredula.
“Queste cose non si dicono, Chiara.”
Mio padre si alza dal divano e mi porta in cucina.
“Bravo, sgridala per bene!”
Urla lei.
“Cosa è successo?
Come mai mi ha chiesto di Izzie?”
“Stamattina si è alzata come se non fosse successo nulla, compresa la morte di tua sorella, crede che sia ancora viva.”
Io deglutisco.
“Ho chiamato il dottore, tra poco dovrebbe arrivare.”
La cosa non mi piace per niente.
“Papà, pensi che la cosa sia grave?”
“Mi preoccupa molto.”
Poco dopo suona il campanello e vado ad aprire la porta, trovandomi davanti la faccia sorridente del nostro medico di famiglia.
Io lo conduco in salotto e poi torno in cucina secondo le sue istruzioni, vuole parlare da solo con mia madre, la cosa mi piace molto poco.
Quando torno in cucina mio padre mi guarda curioso.
“Il dottore vuole parlare da solo con mamma.”
Lui annuisce, ma sulla sua fronte si forma un’altra ruga di preoccupazione, questa cosa non lo tranquillizza affatto.
Il dottore rimane una mezz’oretta a parlare con lei, intanto noi gironzoliamo per la stessa, mangiucchiamo qualche pancake e fumiamo qualche sigaretta.
Alla fine il dottore entra, ha un’aria molto preoccupata.
“Sua moglie sta avendo una reazione allo shock per la morte di vostra figlia, crede che sia ancora viva. Io vi consiglierei  di portarla da uno psicologo o di ricoverarla direttamente.
Lì riceverà tutta l’assistenza di cui ha bisogno, senza fretta.”
“Lei mi consiglia di portare mia moglie al manicomio?!”
“È una situazione grave, ha bisogno di tempo per essere risolta e – anche se ora sembra calma – potrebbe diventare pericolosa.
Sarà questione di qualche mese, non di più. Non sarà per sempre.
Potrebbe anche durare di meno, dipende da quanto collaborerà la paziente.”
Mio padre sviene, il medico gli solleva prontamente le gambe e mi chiede di preparare un bicchiere di acqua e zucchero, io eseguo alla svelta.
Mio padre apre gli occhi poco dopo, il medico prende il bicchiere e gli fa bere il contenuto poco alla volta. Lo aiuta a rialzarsi e lo fa sedere su una sedia.
“Lo so che è difficile, ma purtroppo è l’unica strada. Non voglio fare il cattivo, cerco di fare il bene di sua moglie.
Queste sono le carte che dovrà presentare domani per il ricovero e questa è una ricetta per lei: xanax. Ne ha bisogno e le do anche il bigliettino di uno psicologo mio amico, lei e Chia non potete affrontare tutto da soli, avete bisogno di una mano.”
Mio padre annuisce.
“Grazie, dottore.”
“Di nulla.”
L’uomo esce dalla stanza, mio padre si prende la testa tra le mani.
“La mia famiglia, la mia vita sta andando a puttane.”
Io lo abbraccio, pensando che ha perfettamente ragione, nulla è più al suo posto. È come se il sole si fosse spento e noi fossimo tanti pianeti che vagano senza avere un’idea su dove andare.
“Ce la faremo, papà.
Mamma tornerà quella di una volta.”
Mi concentro un attimo su di lei e sento che qualcosa non va: ci sono altri due piccoli cuoricini che battono oltre al suo: è incinta.
Non dico nulla, ma internamente tiro un sospiro di sollievo, visto che tra poco Chiara Malone dovrà morire e io dovrò scegliermi un’altra identità lasciandoli soli.

 
Questo lunedì è il peggiore che la mia famiglia ricordi da quando è morta la nonna.
Mio padre convince con qualche difficoltà la mamma a salire in macchina, io salgo accanto a lei.
Per tutto il viaggio non fa altro che chiedermi di mia sorella, io trattengo le lacrime e non rispondo, se non vuole accettare che sia morta è inutile che io glielo ripeta.
Arriviamo in ospedale e insieme ci dirigiamo all’accettazione, quando capisce dove l’abbiamo portata si mette a urlare.
“Bastardi! Traditori!
Ridatemi mia figlia!”
Un’infermiera corpulenta la placca e la fa entrare in reparto, le sue urla continuano a riecheggiare per la struttura, facendoci sentire dei vermi.
Dobbiamo averlo in faccia perché la donna dell’accettazione ci sorride rassicurante.
“Non vi preoccupate, è normale. Reagiscono tutti così, poi però si calmano e sono felici di vedere i parenti.”
Mio padre annuisce debolmente.
“Adesso cosa le faranno?”
“La sederanno, in questo stato non si può fare molto. Poi inizieranno le terapie, gli orari di visita li sapete, vero?”
“Sì.”
Le mostro un foglio, lei annuisce.
“State facendo la cosa giusta.”
Non so se sia vero, temo più che altro che stiamo facendo l’unica cosa possibile. Usciamo dal reparto e torniamo alla macchina.
Potrei andare a scuola ed entrare leggermente più tardi, ma il pensiero non mi sfiora nemmeno, voglio stare da sola, così quando arrivo a casa mi chiudo in camera.
Lì sfoglio di nuovo l’album con le foto, le ultime sono quelle del ballo.
Eravamo belli e felici allora.
I sorrisi miei, di Izzie, Mark, Tom e quello dei miei mi guardano plastificati, racchiusi in un attimo eterno e sospeso nel tempo.
Non saremo mai più gli stessi di allora.
Mai.
Anche se mamma guarisse, ci sarebbe un’ombra sulla nostra vita.
Sospirando, mi tolgo i vestiti e mi metto il pigiama.
Una bella dormita è quello che ci vuole, non risolve i problemi, ma almeno ti permette di avere un attimo di pace in cui ricaricare la batterie.
Immagino che dopo qualcuno passerà a trovarmi, chi per i compiti, chi per ricordarmi i miei doveri da principessa.
Che palle!
Abbracciando il cuscino e fingendo che sia Tom mi addormento.
Mi risveglio che sono le due di pomeriggio, mio padre sta guardando la tv senza vederla e non ha ancora preparato nulla da mangiare.
Io non ho voglia di cucinare.
“Papà, andiamo al Mac?”
Gli chiedo, lui annuisce.
Ci rendiamo di nuovo presentabili e andiamo all’unico Mac del paese e ordiniamo i nostri hamburger, nessuno dei due parla molto. Credo sia il senso di colpa.
Alle tre siamo a casa, io pulisco un po’ il soggiorno,il bagno e la camera dei miei.
Alle quattro suona il campanello, sono Tom e Keisha.
“Ciao, ragazzi!”
“Ciao, questi sono i gli appunti delle lezioni e i compiti che ti sei persa.”
Io prendo in mano una bella risma di carta e la vado ad appoggiare sul tavolo.
“Mi spiace chiedertelo in un momento del genere, ma abbiamo bisogno di te.”
Io sospiro e mi massaggio la fronte.
“Lo dico a mio padre e arrivo, se proprio non potete fare a meno di me.”
Trovo mio padre in camera sua che guarda la foto di matrimonio con mamma.
“Era così bella Kate il giorno in cui ci siamo sposati, era la donna più bella del mondo.”
Io rimango un attimo in silenzio, imbarazzata.
“Papà, io devo andare un attimo da Keisha.”
“Vai pure, cara. Io starò qui buono buono, non fare troppo tardi che dobbiamo andare a far visita alla mamma.”
“Sì, papà.”
Scendo da Keisha e dal  mio ragazzo, che mi bacia e mi passa un braccio intorno alla vita e me ne vado.
“Come mai non c’eri oggi?”
Mi chiede l’aliena.
“Abbiamo dovuto portare mia madre in psichiatria.”
Rispondo asciutta.
“Coma mai?”
“Non riesce ad accettare la morte di Isabel, crede che lei sia ancora viva.”
Keisha non dice nulla per po’.
“Si hanno notizie dell’assassino?”
“No.”
Sì, vive con te e aspetto che ci attiri nella trappola che ha programmato fin dall’inizio in modo da poterlo uccidere e vendicare mia sorella.
Arriviamo alla casa nel deserto e scendiamo dalla macchina.
Il fatto di dover vedere Joel mi dà il voltastomaco, ma devo essere forte, devo fingere, non devo fargli capire assolutamente che io so.
Non è lontano il giorno in cui lo farò fuori, ma per ora devo agire come un’ingenua e continuare a considerarlo un nostro amico.
Entriamo e trovo il resto della truppa divisa in gruppetti che chiacchiera, a parte Joel, ora sono loro la mia famiglia.
Mi viene spontaneo sorridere.
Non è un periodo facile, ma forse ce la posso fare.
Isabel, ti vendicherò!
 

 

 

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Capitolo 25
*** 25)Ghiaccio. ***


25)Ghiaccio.

 

Sto attraversando il periodo peggiore della mia vita.
Stamattina hanno ricoverato mia madre  e ora sto andando a trovarla insieme a mio padre, insolitamente silenzioso.
Parcheggiamo nei dintorni dell’ospedale e ci dirigiamo in silenzio verso la struttura frustati dal vento freddo di novembre, ignorando l’allegria latente. Tra poco si festeggerà il Ringraziamento, ma io non ho idea della ragione per cui dovrei ringraziare: ho perso una sorella e mia madre è impazzita.
Entriamo nel padiglione dove c’è il suo reparto e troviamo un medico fuori dalla sua stanza, ci sorride e tende una mano a mio padre.
“Sono il dottor Carter, sono lo psichiatra che si occupa di sua moglie Kate.”
“Io sono Philip Malone e lei è mie figlia Chiara.”
“Molto piacere di conoscervi. Potreste seguirmi un attimo nel mio studio, ci sono alcune cose che vorrei discutere con voi.”
Annuiamo entrambi e lo seguiamo in una stanzetta.
“Sua moglie è vittima di uno shock post traumatico, si trova nello stadio in cui
nega che la tragedia sia avvenuta, presto arriverà la rabbia.
La stiamo curando al meglio, dobbiamo aspettare qualche giorno per vedere come reagirà alle cure, ma non è solo di questo che vorrei parlarvi.”
Mio padre diventa ancora più pallido.
“Non avrà qualcosa come un tumore?”
Il dottore scuote la testa.
“Non si preoccupi, non è di questo che volevo parlarle.”
Mio padre tira un sospiro di sollievo.
“Stamattina sua moglie lamentava della nausea e abbiamo deciso di farle delle analisi tra cui un’ecografia al ventre.”
“E?”
“È risultata incinta di due gemelli. Vi pregherei di non dirle nulla, ci penseremo noi.”
“Ma come?”
“Quando le abbiamo fatto l’ecografia era in stato catatonico, dubito che si sia accorta di qualcosa.”
Mio padre annuisce.
“Si sa il sesso?”
“No, è troppo presto, signor Malone.”
“Se una dovesse essere femmina la chiameremo Isabel.”
Il dottore annuisce.
“Ora potete andare a trovare la paziente, la troverete un po’ strana, come se non sapesse cosa ci fa qui.”
“Ok.”
Usciamo dalla stanza, mio padre ha un leggero sorriso sul volto, io penso che questi gemelli sono una benedizione del cielo visto che tra poco me ne dovrò andare anche io.
Entriamo nella camera di mamma e lei ci guarda sorridendo, leggermente stranita.
“Philip, tesoro, finalmente siete arrivati.
Potreste dire a quell’infermiera di lasciarmi andare? Io sto bene, voglio solo vedere Isabel.”
“Mamma, tu non stai bene per ora.”
“Perché non posso vedere Isabel.”
Noi due rimaniamo in silenzio e iniziamo a raccontarle sconclusionatamente quello che è successo lungo la giornata.
Continuiamo fino alla fine dell’orario di visite e poi ce ne andiamo, io mi sento come se mi avesse messo sotto un camion, quel guscio di essere umano non può essere mia madre.
Non può!
Deve guarire!
Arriviamo a casa stanchi e depressi, una macchina ci aspetta fuori, è quella di Tom.
Chissà cosa vuole?
Scendiamo dalla nostra macchina e Tom scende dalla sua.
“Volevo sapere come sta la signora Malone, ma forse sono arrivato in un brutto momento.”
Esordisce con un sorriso triste.
“Al contrario ragazzo, entra pure.
Ti sono molto grato per come stai aiutando mia figlia.”
Entriamo tutti e tre in casa e io preparo della cioccolata, di là sento Tom e mio padre di cose futili, smettono quando arrivo io.
“Beh, come sta la signora?”
Mio padre sospira.
“Male, non accetta che Isabel sia morta, crede sia ancora viva.”
“Mi dispiace.”
“Guarirà prima o poi, è per questo che l’abbiamo ricoverata.
In tutto questo caos c’è una buona notizia.”
Tom lo guarda curioso.
“Mia moglie è incinta di due gemelli, se una sarà una femmina la chiameremo Isabel.”
“Sono felice per voi, anche se è capitato nel momento peggiore.”
Mio padre alza le spalle, sembra invecchiato di colpo.
“Quello che Dio toglie a volte ridà in altri modi.”
Tom non dice nulla e guarda me con leggero rimprovero, sa del mio piano.
“Come sta Mark?”
“Cosa?”
“Mark, il ragazzo di Isabel. Come sta?”
Tom sospira.
“Male. Crede che sia colpa sua se Isabel è morta, non fa che dire che avrebbe dovuto controllare prima il bagno delle femmine quando ha visto che non arrivava.
Dice che se fosse arrivato anche solo cinque minuti prima l’avrebbe salvata.”
“Digli che io non gli serbo rancore, ha reso mia figlia felice, solo questo conta.”
“Glielo stiamo dicendo tutti, ma lui sembra sordo.”
Mio padre rimane un attimo in silenzio.
“Il lutto può cambiare le persone, ma sono certo che prima o poi smetterà di darsi la colpa. È stata una cosa orribile, ma l’unico colpevole è il bastardo che l’ha ammazzata e lasciata morire.”
“Papà ha ragione, Tom.”
“Lo so, ma Mark non mi dà retta e non dà retta nemmeno ad Anne, lei non sa più cosa fare. È davvero preoccupata.”
Il mio ragazzo si blocca.
“Scusate, forse non è il momento giusto.
È meglio che me ne vada, grazie della cioccolata e … buona paternità.”
Aggiunge incerto, io lo accompagno alla porta ed esco con lui sul portico.
“Grazie per essere passato, l’ho apprezzato parecchio.”
“Figurati.”
Mi attacco a lui e lo bacio con passione.
“Buonanotte.”
“Buonanotte a te, piccola. Cerca di dormire, ci vediamo domani a scuola.”
Io guardo la sua figura alta rientrare in macchina e – mio malgrado – sorrido, ho perso molto, ma allo stesso tempo ho ancora tanto.

 
La mattina dopo andare a scuola non è la cosa più facile del mondo.
Le strade sono ghiacciata almeno quanto il mio cuore, se non ci fosse Tom sarebbe una tragedia, invece c’è. Come ogni mattina mi aspetta nel parcheggio per abbracciarmi e augurarmi buona giornata.
Oggi sono in due, c’è anche Mark.
“Ehi, buongiorno a tutti e due! Come mai qui Mark?”
Chiedo con un tono che spero sembri normale.
“Sono venuto a ringraziarti per le belle parole di tuo padre, non me le merito, ma sono state comunque belle.”
Io gli accarezzo una guancia.
“Te le meriti eccome! Nessuno poteva immaginare che sarebbe finita così.”
Lui non dice nulla, ma il suo sguardo rimane triste, come era prima che gli parlassi.
Io e Tom entriamo nel liceo, Mark rimane nel parcheggio a fissare il vuoto, mi fa tanta tristezza che vorrei abbracciarlo forte e sussurrargli che andrà tutto bene.  Agli armadietti, troviamo Keisha.
“Ciao, come va?”
“Hanno ricoverato mia madre in psichiatria, potrebbe andare meglio.”
Rispondo leggermente acida.
“Mi dispiace molto, spero guarirà in fretta.”
“Lo spero anche io, grazie per gli appunti di ieri, sono stati preziosi.”
“Figurati, per così poco.”
Tutti e tre ci dirigiamo a lezione, Joel ci guarda da lontano, io lo fulmino con un’occhiataccia, non è venuto al funerale  di Izzie, lo stronzo.
“Mi dispiace per mio fratello. Io non so più cosa fare…
Le mie condoglianze erano sincere.”
“Non lo metto in dubbio, non è con te che ce l’ho, è con lui.
Credo mi abbia trovata abbastanza deludente per essere una principessa.”
Lei scuote la testa.
“È da quando è tornato da quella… missione che è strano. Dicono tutti che si tratti di sindrome post traumatica. Immagino sia vero, ma io non riesco davvero a riconoscerlo, a volte ho l’impressione che quello non sia mio fratello, ma un’altra persona.”
Keisha non sa quanto è vicina alla verità ed è bene che non lo sappia, almeno uno che caschi nella trappola serve, inganna meglio il nemico.
Sto pensando esattamente come avrebbe fatto Ava e non so sia una bella cosa, io ho visto molte cose brutte lassù e ho sviluppato un certo cinismo che si sta sviluppando di nuovo anche qui.
Beh, è inutile pensarci ora, meglio seguire la lezione se voglio passare il test che ci sarà tra una settimana.
Seguire le lezioni mi permette di non pensare a quello che mi è successo ultimamente e credo sia una cosa positiva. Ho comunque tutto sotto controllo, ho un soldato che sorveglia Joel e che sta tentando di leggere nella mente di Joel.
Trasmette su onde diverse dalle nostre, questo mi fa pensare che il vero Joel sia morto e che questo non sia che un clone.
Tornerebbe tutto: il fatto che a volte nemmeno Keisha lo riconosca, il suo rancore, il suo odio per gli umani, il fatto che quando sparisce nessuna sa dove vada, l’uso di quel particolare tipo di veleno che si trova praticamente solo su quella luna.
A mensa sediamo tutti insieme, anche Joel che dopo averci guardato decide di aprire bocca.
“Oggi devo comunicarvi una cosa, vedete di esserci alla casa nel deserto e fate sapere anche agli altri.”
Ci dice secco.
“Agli ordini!”
Gli rifaccio il verso io, lui replica con una smorfia indefinita.
“Smettila di fare la ragazzina sciocca e ribelle.”
“E tu smettila di darti delle arie come se fossi chissà chi, sei solo un ragazzo del liceo e lo sai benissimo.”
“Sono l’unico che si interessa delle cose che contano.”
“Scusaci, se mentre tu vivi la tua vita da asceta dedito alla causa le tragedie accadono attorno a te.
Ehi, visto che sembri essere così in confidenza con Dio perché non gli chiedi di ridarmi mia sorella e magari evitare che altre tragedie ci colpiscano?”
“Non è tua sorella.”
“Sì che lo è, ma tu non lo capirai mai, Joel.
Mai.
E finché continuerai a rifiutarti costantemente di capire non andremo da nessuna parte e lo sai anche tu, ma il tuo ego viene prime di tutto.”
Lascio a metà il pranzo per evitare che tutto finisca in rissa, vorrei cancellare quel sorrisetto da coglione dalla sua faccia da cazzo.
Non lo sopporto.
Esco in cortile e cerco un angolo appartato per fumare in pace, ci trovo anche Mark.
“Non dovresti essere a San Diego?”
Gli chiedo leggermente stupita.
“Sì, ma non ne avevo voglia. Volevo rimanere qui con lei.”
“La vedi?”
Tiro la rima boccata della mia sigaretta.
“Sì,ogni tanto.”
“Anche io e fa male.”
“Come mai qui? Non dovresti essere a mensa?”
“Sono uscita per evitare di spaccare la faccia a Joel Dupont”
Ringhio torva.
Lui annuisce, sa della mia antipatia per Joel.
“Non vedo l’ora di strozzarlo con le mie mani.”
Mugugna con una ferocia che non gli ho mai sentito, non pensavo che Mark potesse essere così, ma in fondo Isabel era la sua ragazza, non sono l’unica che soffre.
“Non sei il solo.”
“Avremmo dovuto farlo prima.”
Io sospiro, è uno dei tarli che mi attanagliano.
“Non avevamo le prove e se avessimo sbagliato ci saremmo inimicati Keisha.”
Mark sbuffa, io do un altro tiro alla mia sigaretta.
Che situazione di merda.
“Come sta tua madre?”
“Crede che Isabel sia ancora viva ed è incinta, ma non lo sa.
Due gemelli.”
“Wow. Proprio nel momento giusto, eh?”
“Non si possono decidere queste cose, ma forse è meglio così…
Quando starà meglio avrà qualcuno di cui occuparsi.”
“Interessante teoria.”
“Mark, non so che pensare nemmeno io! Mi manca mia sorella, ma non posso non amare anche questi bambini in arrivo, non è colpa loro se Isabel è morta.”
“Lo so, lo so.”
Il suono della campanella ci avvisa che è arrivato il momento di porre fine a questa conversazione.
“Mark, io devo rientrare. Ci sentiamo più tardi, ok?
E va al lavoro.”
Lui annuisce e si allontana un po’ gobbo, anche lui sembra più vecchio e probabilmente anche io sembro più vecchia.
Rientro nella scuola e mi dirigo verso l’aula di chimica, Tom mi aspetta al nostro banco.
“Lunga la tua sigaretta!”
Commenta sarcastico quando mi siedo accanto a lui.
“Ho incontrato Mark fuori.”
“Non dovrebbe essere al lavoro?”
“Dovrebbe, ma oggi non ce l’ha fatta, spero ci vada ora.”
Tom annuisce, sembriamo tutti così spenti.
Prendo una delle sue mani tra le mie.
“Mi dispiace di essere la causa di tutta questa tristezza, ti meriteresti una ragazza migliore.”
Lui mi dà un buffetto sulla fronte.
“Sei perfetta così. Va tutto bene, non preoccuparti per me.”
“Non sarà facile stare con me, lo sai.”
“Lo so e spero sempre che un giorno tu cambierai idea sui tuoi propositi, non mi sembrano giusti.”
Io mi passo una mano sugli occhi per cancellare le lacrime.
“Sì, per i primi anni non sarà giusto, ma sul lungo periodo lo sarà.
Io li devo proteggere, capisci?
E se proteggerli significa sparire per sempre dalla loro vita lo farò anche se mi spezza il cuore in due.”
Tom stringe la mia mano più forte e mi fa un leggero cenno, la professoressa è arrivata, devo prestare attenzione alla lezione.
Lo faccio, anche se chimica non è mai stato il mio forte, è come se provenissimo da due pianeti diversi. Cristo, che pessima battuta involontaria!
Finita la sua ora faccio spagnolo e poi, come al solito, andiamo tutti insieme nella casa nel deserto, in macchina non parliamo, soprattutto Joel.
Non dice una parola e ci guarda con la sua solita faccia imbronciata, come se qualcuno di noi gli avesse fatto un torto.
Forse è il semplice fatto che noi esistiamo a dargli fastidio, forse spera di riuscire a portare a compimento una strage e passarla liscia.
No, Joel.
Non sarà così facile, ho capito chi se e non ti permetterò di attuare il tuo piano, a costo di morire io.
Arriviamo alla nostra amata costruzione e come ogni pomeriggio ci alleniamo, da quando lei è morta ci mettiamo più impegno perché non deve morire più nessuno. Abbiamo già pagato il nostro tributo di sangue.
Keisha è impressionata, Joel non sembra molto contento.
Finiamo il nostro allenamento sfiniti, poi devo volare a casa, cucinare per mio padre e andare a trovare mia madre.
Non mi sembra che abbia fatto qualche progresso, chiede ancora di Isabel, per quanto tempo ancora lo farà?
Non lo so e il non saperlo mi strazia.
Non dovrebbero succedere queste cosse!
Io e mio padre usciamo dall’ospedale disperati e scoraggiati, sarà una cosa lunga e dura da sopportare.
Arrivata a casa mi faccio una doccia e mi metto al lavoro con i compiti, non devo rimanere indietro, anche se questo comporta perdere preziose ore di sonno.
Quando finalmente ho finito sono le due e mi sento uno zombie, mi alzo dalla sedia della scrivania e faccio per mettermi a letto quando un rumore si sassolini lanciati contro la finestra.
Mi affaccio e vedo Tom che si sbraccia, io gli sorrido e gli faccio cenno di salire sull’albero accanto alla finestra. Lui lo fa e finalmente entra in camera mia.
“Cosa ci fai qui?”
Gli chiedo sbalordita.
“Mi sembrava avessi bisogno di aiuto.”
“E pensi di venire qui tutte le notti a dormire?”
Lui sorride.
“No, solo fino a quando tuo padre mi scoprirà e mi sbatterà fuori casa.”
Con nonchalance si toglie felpa, jeans e scarpe e si infila nel mio letto.
“Forza, non vieni?”
“Arrivo.”
Alzo le coperte e mi stendo accanto a lui che mi attira subito in un abbraccio.
“Non può piovere per sempre!”
“Disse Mosè, agli animali dell’arca.”
“Ottimista come sempre, eh?”
“Tu sei l’unico motivo per cui sorrido, ora come ora.”
Lo sento sorridere sulla mia spalla.
“Grazie.”
“Prego, è solo la verità.”
Rimango un attimo in silenzio.
“Ci pensi mai a come sarebbe la nostra vita se tutto fosse normale?”
“In che senso?”
“Se io non fossi un’aliena.”
Lui si gratta il mento.
“Beh, tu saresti una di quelle carinissime a cui quelli come me non possono avvicinarsi e io cambierei ragazza ogni settimana, ammesso e non concesso che fossi sopravissuto alla sparatoria.
“Forse è questa la tua vera natura, il modo in cui dovrebbero andare le cose. Tu dovresti avere le tue avventure e io forse ti sto forzando.”
Lui scoppia sinceramente a ridere.
“Avrei cambiato ragazza fino a quando non avessi trovato quella giusta e poi mi sarei dedicato a lei con tutto me stesso, come vedi è questa la mia vera natura. Tu non mi stai forzando.
Ti stai facendo troppe paranoie per via dei sensi di colpa.”
“Forse hai ragione.”
Rispondo sbadigliando vistosamente.
“Sì, ho ragione e ora dormi che domani abbiamo scuola.”
Io annuisco e mi lascio cullare dal ritmo del suo respiro fino a cadere tra le braccia di Morfeo.
Dio solo sa quanto ho bisogno di una dormita decente di questi tempi.
Ultimamente sogno sempre Isabel che mi accusa di non essere riuscita di salvarmi e misveglio in un bagno di sudore freddo.
Forse la presenza di Tom scaccerà gli incubi.
Lo spero con tutta me stessa

Angolo di Layla

Ringrazio Graceansmile per la recensione. 

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Capitolo 26
*** 26)Il canto del cigno. ***


26)Il canto del cigno.

 

Due settimane dopo il principe di ghiaccio ci avvisa che deve dirci qualcosa.
Non che si sia informato su come stia mia madre o come vadano le cose nella mia famiglia, ha semplicemente ordinato di vederci tutti.
È uno di quelli inviti a cui non puoi dire di no, potrebbe essere più gentile, ma se lo fosse non sarebbe lo stronzo che è.
Così dopo la scuola andiamo alla casa nel deserto da bravi soldatini, chissà dove ci porterà questa volta?
Sono sicura al cento per cento che sia una trappola, ma lui non deve sospettare che l’unica che gli crede ancora sia sua sorella. Dobbiamo fargliela noi una sorpresa.
“Ho individuato un altro nascondiglio dei nemici.”
Esordisce spiccio.
“Uhm, dove?”
“Nel deserto a una ventina di chilometri da qui.”
“Ma sarebbe stato notato.”
“Solo noi possiamo vederlo.”
Mi risponde astioso.
Ok, la trappola sta per scattare, ma non sarò certo io a rimanere all’amo, ma lui.
“Va bene.
Quando vuoi andare?”
“Un paio di settimane, così i principianti faranno ancora un po’ di pratica.”
“Va bene, scendiamo ad allenarci allora.”
Seguiamo Keisha al piano di sotto e iniziamo ad allenarci come se fosse una giornata normale, io esulto silenziosamente, finalmente ha fatto la mossa che lo porterà alla rovina.
Povero sciocco, sono morta già una volta, non ho voglia di morire due volte!
Finito l’allenamento c’è la quotidiana tortura di vedere mia madre, un pochino è migliorata, il problema è che ora è diventata aggressiva e la tengono sedata per la maggior parte del tempo.
Ora che ha accettato che Isabel è morta vorrebbe uccidere chi gliel’ha tolta e ancora non sa che è incinta.
Non oso pensare alla sua reazione e nemmeno mio padre ci pensa. Viviamo sospesi nel limbo del presente, senza osare guardare al futuro che da luminoso è diventata una pesante macchina indistinta.
Tom viene ogni notte da me e se ne va prima che mio padre se ne vada, senza dormire con lui non saprei come fare, sarei insonne probabilmente, visto che scaccia gli incubi come il più potente dei talismani.
Io lo ringrazio ogni mattina, lui dice che non gli pesa e che va bene così.
I giorni, intanto, passano e quella data si avvicina sempre di più, non vedo l’ora di farla pagare a Joel.
Una domenica, finalmente, partiamo per il deserto, io stringo la milleottanta tra le mani, pregando che tutto questo abbia fine presto.
Ci fermiamo in una piazzola di sosta e poi proseguiamo a piedi nel deserto, dopo un po’ vediamo la stessa struttura di cristallo uguale a quella che c’era nella foresta.
“Adesso entriamo.”
Ci dice autoritario Joel.
“Non credo proprio.”
Rispondo io, altrettanto dura.
“Cosa significa?”
“Significa che il tuo giochetto è finito Joel o come cazzo ti chiami, sappiamo che sei dalla parte dei nemici.”
Lui scoppia a ridere.
“Finalmente ci siete arrivati. Beh,  sarà più divertente farvi fuori a carte scoperte.”
Il suo volto inizia a cambiare, diventa più pallido, gli occhi si ingrandiscono e diventano dorati e le orecchie diventano simili a quelle di un elfo, i suoi capelli neri diventano argentei.
È un’abitante della luna ribelle, di più è il capo della ribellione.
“Mansh?!”
“Sì, principessa ci si rivede.”
Keisha è  pallida come un cencio.
“Cosa hai fatto a mio fratello?
L’ho ucciso, dovevate sentire che meravigliose urla di dolore, ti ha chiamato fino all’ultimo Keisha.
Poi io sono diventato lui e sono venuto qui per uccidervi, ma quella stupida di Ava aveva coinvolto dei terrestri. Questo complicava il mio piano, ma non importa, ora morirete tutti.”
“Non esserne così sicuro.”
All’improvviso da dietro di noi si sente un’aura terribile esplodere, Keisha  si sta trasformando anche lei e se no ci scansassimo tutti subito ci travolgerebbe.
Con un salto si lancia Mansh, ma lui la respinge facilmente.
“Ti ucciderò, bastardo!
Ti ucciderò per quello che hai fatto a mio fratello e a me.”
Lui la rimanda al suo posto con un’ondata di energia.
“Non ci riuscirai, prima dovrete battere i miei amici"
Arrivano altri guardiano e altri ribelli, io mi scambio uno sguardo con Johnny.
Lui annuisce, io prendo Keisha per un polso e la trascino dietro all’inseguimento di Marsh.
“Dobbiamo trovarlo e ucciderlo!”
“Lo troveremo e lo uccideremo, i miei soldati aiuteranno gli altri e poi c’è Johnny!”
“Giusto!”
Continuiamo a seguirlo lungo passaggi stretti e pieni di angoli, è quasi come un labirinto.
“Dovrà fermarsi prima o poi!”
Ansimo io.
Si ferma in una grande sala bianca, piena di macabri trofei, teste delle persone che ha ucciso, che essere disgustoso!
“Forza fatevi sotto!”
Dal terreno sorgono – come morti dalle tombe – i suoi cloni, distinguere che sia il vero Mansh diventa difficilissimo.
Bisogna eliminarne il più possibile! Evoco la mia falce e poi  chiedo alla materia che compone la seconda lama di staccarsi e di comportarsi come un frisbee.
Lei esegue e in attimo parecchie teste cadono a terra, peccato che se ne ripresentino altrettanto.
“Keisha, è un modo per farci stancare. Tu sai creare cloni, come si distingue l’originale?”
“Il potere, i cloni lo hanno solo nelle vene, l’originale solo nel cervello.
Ti ricordi quelle lezioni in cui hai imparato a vedere il potere a occhi chiusi? Ecco questa è un’esercitazione pratica.”
“Va bene.”
Chiudiamo entrambe gli occhi e ci buttiamo nella mischia, evito di colpire i cloni avendo capito che colpendoli si riformano e cerco l’originale.
Devo concentrarmi al massimo per trovarlo e per non venire ferita, il che non è esattamente la cosa più facile del mondo. Un piccolo errore e sono morta.
Alla fine lo scorgo e lancio la mia seconda lama su di lui, colpendolo a un braccio e staccandoglielo di netto dal corpo, uno schizzo di sangue verde decora la parete.
I cloni spariscono tutti e con qualche difficoltà si cicatrizza il braccio, tra poco inizierà a ricrescere, Keisha ne approfitta per colpirlo, ma lui è comunque in grado di respingerla, io provo ad attaccarlo con la falce, ma vengo rimandata indietro.
Con un gesto nervoso, mi metto dei lunghi guanti protettivi e penso a cosa fare per eliminarlo, gli ho distrutto un braccio, ma la sua forza è ancora dannatamente intatta.
All’improvviso la terra trema, sotto i nostro occhi stupiti Marsh è diventato un gigante con la coda e comincia a sputare e plasma.
“C’era una volta la principessa, si sentiva tanto sola filando, ma sapeva che il principe sarebbe tornato.
Sorrideva per quello.
Ma il principe era morto e non sarebbe mai tornato.
Chi avrà il coraggio di dirlo alla principessa?”
Io paro l’ennesimo colpo con la falce e penso che sia del tutto impazzito, che ormai non ci sia più nulla di sano in lui.
“Una cosa alla volta. Il plasma esce dalla coda, dobbiamo fare in modo di liberarcene.”
Più facile a dirsi che a farsi, avvicinarsi alla coda è estremamente pericoloso, ogni secondo si rischia di venire colpiti da un getto e addio mondo.
“Io creo un diversivo con i cloni, ti fai qualcosa.”
Io annuisco e prego che vada tutto bene, non ne sono così certa. In un attimo la stanza è piena di tanti cloni di Keisha.
“Banale, Keisha. Banale.”
Lui fa fuoco con la bocca e io mi avvicino cautamente di lato alla sua coda, ho il cuore che mi batte a tremila, se dovessi sbagliare sarebbe la fine.
Quando sono abbastanza vicina alzo la falce, taglio e con un salto mi allontano, schivando i getti di sangue misto a plasma e rifugiandomi sul davanzale di una finestra posta molto in alto.
Lui urla di dolore.
Questo giunge come una sinfonia alle mie orecchie, sto iniziando a ripagare quell’essere del dolore che ha causato.
“Stupida, piccola, puttana! Te la farò pagare!”
Urla tornando alla sua dimensione naturale.
“Non pensate di avermi sconfitto solo perché mi avete rifilato due colpi.”
“Nessuno lo pensa qui”
Rispondo cauta, impugnando ancora più strettamente la mia arma fuori si sente il rumore di una battaglia senza esclusione di colpi.
“Non ce la farete, non siete nient’altro che moscerini.”
“Davide ha accecato Golia, sta scritto nella Bibbia, Joel.”
“Zitta, principessa! Non pensare di sorprendermi ancora.”
E invece è proprio quello che conto di fare, sorprenderti fino a ridurti in agonia, alla fine dovrai supplicare che io ti uccida.
Devi pagare per la morte di mia sorella e per avere ridotto mia madre all’ombra di se stessa.
Lo guardo carica di rancore, non c’è miglior incentivo del rancore per portare avanti una battaglia e lui ha sbagliato creando in me questo.
“Il giorno in cui hai ucciso Isabel hai creato il tuo peggiore nemico, non mi fermerò mai, finché non sarai morto. Non dovevi toccarla, non ci dovevi nemmeno pensare, ma tanto tu non capisci ed è inutile spiegartelo, sappi solo che ti ucciderò anche a costo della mia vita.
Tu devi morire!”
Lui sogghigna.
“Non è così facile, principessa! Per te il nostro sangue è tossico!”
Per questo mi sono messa un paio di anfibi!
In ogni caso con un salto torno sul pavimento, perché lui ha diretto verso di noi un getto di fuoco.
Riprendiamo a combattere, la maggior parte del tempo la passo a schivare il fuoco con la falce, non riesco a penetrare nelle sue difese, merda!
Sto pensando a cosa fare e mi distraggo un po’ troppo, visto che è qualcun altro che respinge il colpo per me, qualcuno che cade esanime ai miei piedi.
Tom.
Da lì le cose si fanno confuse, una grande rabbia prende possesso di me, sento le voci degli altri come sottofondo.
“John, curalo! Adesso ci penso io!”
“Cosa significa?”
Significa che schivo i suoi colpi a un velocità mai vista prima, metto nella mia falce tutta l’energia di cui dispongo e quando sono abbastanza vicina lo decapito.
Il fuoco mi sfiora, ma non fa ancora male, la sua testa si stacca lentamente dal collo, a rallentatore e un getto di sangue schizza per la stanza.
Marsh è tornato alla sua dimensione normale e si porta le mani al collo incredulo, io invece cado a terra e vengo salvata all’ultimo da uno dei cloni di Keisha.
“Tra poco ci sarà una terribile esplosione, andiamocene!”
“Tom?”
“Starà bene, non preoccuparti!”
Siamo quasi arrivati all’uscita quando un uomo ben vestito ci para la strada. Chi diavolo è questo?
“Agente Ferguson! F.B.I.! Fermatevi!”
“Non faccia lo scemo e si sbrighi a uscire, qui sta per saltare tutto per aria!”
Lui non sembra molto convinto, ma uno dei cloni di Keisha se lo carica e possiamo uscire, giusto poco prima che la baracca esploda proiettando frammenti di cristallo ovunque.
Ci rimettiamo a respirare normalmente solo quando tutto finisce.
“Come sta Tom?”
“Meglio, ma non sono riuscito a curarlo del tutto.”
“Provaci ancora!”
Metto la mia mano sulla sua e insieme riusciamo a curarlo del tutto, al prezzo di esaurire le mia energia, intanto il nostro ospite si è ripreso.
“Buongiorno professor Smith o dovremmo chiamarla agente Ferguson?”
“Chi siete voi?”
“Gente non pericolosa, non progettiamo un’invasione.”
“Dovete comunque essere studiati!”
Io mi alzo in piedi cercando di emanare il più possibile l’aura di potere che deriva dall’essere una principessa.
“No, non dobbiamo essere studiati e lei deve sparire dalla nostra vita, visto che noi abbiamo salvato la sua.
Ci lasci perdere e non tormenti le nostre famiglie o sarà peggio per lei.”
“Cosa mi farai?”
Johnny spara un colpo che lo manca di pochi millimetri.
“Questo e cancelleremo la memoria di tutti quelli che la conoscono, sarà come se non fosse mai esistito. Le piace vivere, agente?”
“Molto.”
“E allora ci lasci in pace, non abbiamo cattive intenzioni.”
“Ho qualche altra scelta?”
“C’è sempre un’altra scelta.”
Lui si toglie la sabbia dal vestito.
“No, temo di non averne.
Arrivederci, ragazzi e non fatemi pentire.”
“Non si preoccupi.”
Quando finalmente si allontana crollo a terra vicino a Tom, che mi guarda spaesato.
“È finito tutto?”
“Credo. Keisha, Mark potreste andare a controllare per favore?”
Loro annuiscono, io respiro a fatica.
“È la seconda volta che ti salvo la vita, Tom. Stai più attento perché non so se posso riuscirci una terza volta.”
“Grazie!”
“Anche io ti devo ringraziare, se non ti fossi in mezzo forse non sarei qui.”
Rimaniamo un attimo in silenzio.
“Sei sempre decisa a mettere in atto quel piano?”
“Sì, devo proteggere i miei. Non è escluso che arrivi qualche altro amichetto di Joel e loro non devono pagare per chi sono io.”
Rimaniamo sdraiati per un po’,  fino all’arrivo di Mark e Keisha.
“Sei sempre decisa ad attuare quel piano?”
“Sì.”
“Allora sarà oggi. Oggi sulla strada panoramica che viene da San Diego ci sarà un incidente, moriranno due ragazze: Jennifer Jenkins e Karen Mendez.
Karen sarà ubriaca, Jennifer no. Tu prenderai il posto di Jennifer.
Sei sicura di avere la forza per farlo, guarire Tom ti ha tolto ogni energia.”
“Lo farete tu e Johnny, pensate di potercela fare?”
“Sì.”
Mi alzo in piedi.
“Bene, allora non manchiamo il nostro appuntamento con il destino.”
“Te lo ripeto, sei decisa a farlo?
I tuoi ne usciranno devastati.”
“Lo so, ma non posso permettere che qualcuno venga a turbare le loro vite con domande del tipo se sono un’aliena o meno. Devono vivere il resto della loro vita in pace, ne hanno il diritto e, visto che mia  madre è incinta, i gemelli li aiuteranno.”
“Non sono molto convinta, ma se è questo che vuoi lo faremo.
E con Tom?”
“Ci incontreremo in segreto alla casa nel deserto fino a quando lui potrà iniziare a frequentarmi come Jennifer Jenkins.”
Keisha sospira.
“Ne hai di coraggio, principessa.”
“Non è coraggio, è la forza della disperazione. Posso fare solo questo per salvare la mia famiglia.”
Provo a muovere qualche passo, ma se Tom non mi prendesse al volo mi schianterei sulla sabbia morbida del deserto.
Mi carica sulle spalle forti e mi porta fino alla macchina in silenzio.
“Tom, non sei obbligato a continuare questa storia se non te la sento, lo capirei.”
“Non posso mollarti, Chia e non è solo perché ti amo, ma perché mi sento collegato a te. Da qualche parte nel fondo del mio cervello qualcosa si è agganciato al tuo, sento quello che provi, che pensi, i tuoi sensi di colpa per la morte di Isabel e per aver non aver voluto salvarmi un paio di volte. Non posso lasciarti andare, siamo legati e non sarò certo io a rompere questo legame.
Sono disposto ad aspettarti per tutto il tempo necessario.”
“Grazie, ti amo più di quanto tu possa immaginare.”
Lui sorride e mi carica in macchina e si siede vicino a me sui sedili posteriori, Keisha si mette alla guida, sull’altra macchina ci sono Anne, Mark e Johnny.
Usciamo dal deserto e ci immettiamo sulla strada panoramica che arriva da San Francisco, la neve ha lasciato posto alla pioggia e fa freddo.Io sono nervosa, morire non è una faccenda facile.
Dall’altra parte della strada vediamo arrivare dei fari.
“Sono loro.”
Sussurra Keisha, che prova a scansarsi, ma viene colpita la mia parte di portiera ferendomi leggermente, noi alieni siamo più forti degli umani.
Scendiamo dalla macchina e guardiamo dentro l’altra. La ragazza al volante è morta, la seconda è moribonda. Le appoggio con gentilezza la mano sulla testa ignorando i rumori terribili dell’agonia e leggo la sua vita. Giusto in tempo prima che lei muoia.
“Ragazzi fate quello che dovete prima che il rigor mortis inizi.”
Svelti come lampi Keisha e Johnny la trasportano sulla macchina su cui viaggiavo io e cominciano a modificarle i lineamenti.
Alla fine mi fa un po’ impressione vedere me piena di lividi e con un filo di sangue che esce dalla bocca.
Rabbrividisco involontariamente.
Johnny si avvicina a me, l’ultima cosa che vedo è il luccichio azzurrino delle sue mani, poi provo una sensazione stranissima, come se i miei lineamenti fossero fatti di cera.
Quando hanno finito mi danno in mano uno specchio e al posto della mia faccia, vedo una ragazza dalla faccia cavallina, dai lunghi capelli castani con qualche meches bionda e con due grandi occhi azzurri.
“Ciao, ragazzi.”
Vado a sedermi al posto di Jen e cerco di assumere all’incirca la posa che aveva lei, Keisha tira fuori il cellulare e chiama il 911.
Sono stanca, così cado in un leggero stato di torpore. Sento solo molto lontano la mia amica che denuncia l’incidente e due feriti gravi.
Dice all’operatore dove siamo, io mi addormento.
Vengo risvegliata dal suono delle sirene, tutto il mondo sembra sotto la pioggia e colorato solo di blu e rosso. Constatano che Chiara Malone è morta, così come Karen Mendez e poi si occupano di me.
“Dio, questa ragazza è illesa!”
Esclama con sollievo uno dei paramedici.
“Come ti chiami?”
“Jen, Jennifer Jenkins. Ho mal di testa.”
“Probabilmente hai un trauma cranico, adesso ti portiamo in ospedale.”
“Va bene, ma i miei?”
“Non ti preoccupare, adesso facciamo tutto noi.”
Mi tirano fuori con cautela e mi legano su una barella per poi chiudermi in un’ambulanza.
Buffo quanto poco ci voglia a dare addio alla tua vita e iniziarne un’altra.
So che li rivedrò presto e che poi fingeremo di diventare tutti amici, ma in quest’attimo mi mancano tutti, inclusi i miei genitori a cui auguro una vita felice senza di me.
In fondo tra qualche mese arriveranno altri due figli di cui prendersi cura.
Chiara saluta il mondo per poi rientrarci come Jennifer.

 

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Capitolo 27
*** Epilogo: vivere come un vampiro. ***


Epilogo: vivere come un  vampiro.

 
Abituarsi a una vita che non la tua è dura.
All’ospedale è venuta a trovarmi l’unica parente ancora in vita di Jen: sua zia.
Non abbiamo parlato molto, ma so che è normale tra Jen e lei, ognuno tende a farsi la propria vita e a me va bene così. Non credo sopporterei l’affetto di un’ estranea, la paragonerei subito ai miei.
Ovviamente sono tornata a scuola, a San Diego, tutti mi hanno trattato affettuosamente solo perché ero sopravissuta a un incidente.
Io ho sempre risposto con un sorriso triste, in fondo era appena morta Karen Mendez, la migliore amica della tizia a cui ho rubato la vita.
Mi è toccato recitare un altro memorial, ho dovuto impegnarmi per apparire triste e scegliere parole commuoventi, questo non mi toccava.
Non sapevo che ragazza fosse Karen Mendez, in quanto a Jen era una ragazza normale, senza troppi grilli per la testa.
Odio come si veste, lentamente – per far abituare tutti al cambiamento – lei cambierà look e forse un po’ la personalità.
Tutti lo attribuiranno al suo incidente.
In quanto ai miei veri amici, li ho visti solo al mio funerale e ho dovuto far finta di non conoscere né loro né i miei. C’era solo mio padre, sembrava un vecchio.
Seppellire due figlie nel giro di pochi mesi non deve essere facile.
E i giorni passano.
Il ricordo dell’incidente svanisce lentamente, vado regolarmente a trovare la tomba di Karen di giorno e quella di Isabel di notte.
Cambio il look di Jen per renderlo più simile al mio.
È passato un mese, un sabato pomeriggio per la prima volta mi concedo di andare nella casa nel deserto, la trovo vuota.
Riprendo le mie sembianze e trovo una pietra nera con un bigliettino.
“Mettila nella macchina. Tuo fratello, il re, vuole parlarti.”
La grafia è quella di Keisha, io sospiro – avrei preferito vedere loro – e infilo la pietra esagonale nella pietra.
Immediatamente appare uno schermo e un ragazzo si precipita davanti: ha lunghi capelli blu,è pallido e mi somiglia molto. È mio fratello Hen.
“Ava!”
“Hen!”
“Come stai, piccolina?
Mi sembri tanto provata.”
“È appena morta mia sorella terrestre e ho dovuto abbandonare la mia vecchia identità per una nuova. Mi sento un vampiro.”
Lui sorride.
“Come vanno le cose sul pianeta?”
“Benissimo, avete distrutto i due rifugi dei nemici e ora regna la pace.”
“Sono contenta.”
“Stai ancora con Rath?”
Io scuoto la testa.
“No, con un terrestre mezzo alieno di nome Tom.”
“Un giorno me lo farai conoscere. Mi manchi, un giorno verrai a trovarmi?”
“Sì, mi piacerebbe.
I ricordi di te e dei  miei veri genitori sono così sbiaditi.”
“È perché sei un clone.”
Sospira sconsolato.
“Non sei proprio la vera Ava, ma meglio di niente. Il giorno in cui sei morta è stato molto triste per me e per tutti, ma è stata una morta onorevole, da vera guerriera.”
“C’è ben poco di quella persona in me.”
Lui mi guarda dritto negli occhi.
“C’è più di quanto tu creda, purtroppo c’è voluto un evento tragico per fartelo scoprire, non era così che doveva andare. Avrebbero dovuto essere Keisha e Joel…
Ma ormai…
Chi l’avrebbe detto che Joel fosse morto e noi tutti ingannati?”
“Credo nessuno, persino Keisha è stata ingannata.”
Continuiamo a parlare per un po’, poi ci salutiamo.
Io mi stendo sul divano pensierosa, poco dopo arrivano gli altri e io li saluto tutti calorosamente, soprattutto Tom a cui salto praticamente in braccio.
Mi è mancato un sacco.
“Tom!”
Lui mi stringe ancora di più.
“Chia!”
“Dio, quanto mi sei mancato! Le giornate senza di te e gli altri sono terribili, vivere la vita di un’altra è terribile.”
“Non vedo l’ora di potermi innamorare di Jen Jenkins.”
Io sorrido.
“Dopo la fine del liceo saremo ancora insieme.”
Un “Ehm, ehm!” imbarazzato ci fa staccare e io guardo gli altri.
“Scusate, ma sapete com’è, non lo vedo da tanto.”
Ci sediamo tutti intorno al divano, prendendo cibo dal frigo e da una credenza.
A quanto pare Keisha e David non si sono più lasciati dalla sera del ballo e formano coppia fissa, lei sembra parecchio presa perché parla di lui in termini entusiastici ed è rossa come un pomodoro.
“E così hai trovato l’amore, eh?”
“A quanto pare. Sono felicissima.”
“Anche io.”
Soprattutto perché sono seduta tra le gambe di Tom.
“E tu Johnny?”
“Io ho questa meravigliosa ragazza e ora che ti ho rivisto sto meglio. Non vedo l’ora che questo dannato anno scolastico finisca così possiamo ritrovarci come ai vecchi tempi.”
“E tu Mark?”
“Lavoro come un dannato a San Diego, provo con i blink.. La solita routine.
Tua sorella mi manca da morire.”
“Anche a me.”
“Non so se riuscirò a innamorarmi ancora di una ragazza dopo di lei.”
Io non dico nulla, non so cosa dire davanti al suo dolore profondo.
“Cosa ti ha detto il re?”
Mi chiede Keisha per cambiare argomento.
“Niente di particolare, a quanto pare abbiamo eliminato tutti i nemici qui sulla terra e vorrebbe vedermi un giorno.”
“Questo significa andare su un pianeta alieno!”
“Sì, esattamente.”
“Posso venire anche io?”
Tom fa una faccia da cucciolo che fa ridere tutti, compreso Mark.
“Certo! In realtà vorrei che veniste tutti.”
“Sììì!”
Tom  alza le braccia in aria, come se stesse sollevando un trofeo, è stupido?
Sì, ma lo amo lo stesso!

 
Due mesi dopo la vita di Jen Jenkins o meglio la mia è cambiata.
Lentamente si è messa a frequentare gli skater della scuola, i perdenti e ha cambiato look un passo alla volta. Qualcuno si picchietta l’indice sulle tempie quando mi vede, come a indicare che sono impazzita.
No, non sono impazzita. Sto cercando di conciliare me stessa e Jennifer e non è facile, io e lei abbiamo personalità molto diverse.
Con la scusa dell’avere iniziato a frequentare gli skater qualche sera vado al Soma e fingo di fare amicizia con Mark, Tom e gli altri.
Questo è il lato positivo.
Il lato negativo è che qualcuno si è preso una cotta per me: Pete, uno del gruppo.
Un giorno tenta di baciarmi, io gli rifilo una sberla, lui mi guarda ferito.
“Posso sapere perché?”
“C’è un altro che mi interessa.”
“Potrei sapere chi è?”
No, non potrebbe, ma glielo dico lo stesso.
“Tom DeLonge, quello skater che abbiamo incontrato al Soma.”
“Ma è uno sfigato e poi cambia un ragazza al giorno.”
Io lancio a Pete uno sguardo di fuoco e lo attacco al muro.
“Non dire mai più una cosa del genere su Tom!”
Lui rimane leggermente scioccato, ma poi decide di lasciar perdere e di essermi solo amico, forse teme che lo picchi.
Quando lo racconto a Tom lui si rabbuia e fa scrocchiare le nocche.
“Uhm, questo ragazzino merita una lezione.”
“L’ho già sistemato io e sarebbe strano se tu impicciassi così, come se mi conoscessi.”
Lui si imbroncia.
“Fantastico, non posso nemmeno tenere gli altri lontani dalla mia ragazza ora.”
“Tra poco potrai. Tra poco finirò questo dannato anno di liceo e potremo tornare insieme.”
Dico per blandirlo.
“Sì, ammesso che qualcuno non ti abbia già rubata da me.”
“Non c’è pericolo!”
Rispondo abbracciandolo.
L’unico vero pericolo che temo sono i federali e per questo ho incaricato qualcuno dei miei soldati di tenerli d’occhio, per ora l’agente Ferguson sembra aver mantenuto la promessa e ci gira al largo, lavora su altro.
Tra poco brucerà i nostri dossier, mi ha detto una delle mie guardie.
Perfetto, così se a qualcuno venisse in mente di continuare le sue ricerche non troverebbe più nulla.
Apparentemente va tutto bene, in realtà mi mancano tutto e mi manca persino Poway, la cittadina da cui ho sempre voluto andarmene.
Ogni tanto faccio qualche giro lì e una volta sono passata davanti a casa mia e ho visto i miei con le gemelline. Giocavano nel prato sotto il loro sguardo attento.
Mio padre sembra stare meglio, mia madre invece ha spesso momenti di vuoto, Johnny mi ha detto che non è più ricoverata, ma continua a vedere uno psicologo.
Le gemelline si chiamano Chiara e Isabel, come noi.
Mi sembra un gesto tenero, molto bello e io mi sento una merda come non mai per averli abbandonati.
Se fossi rimasta sarebbe stato meglio per loro, ma li avrei messi in pericolo ed è bene che io sia una sconosciuta ora.
Sospirando torno a casa mia, la zia di Jen non c’è e guardo un po’ la tv, dopo farò i compiti.
In questo momento non mi sento in grado di farlo, sono troppo triste.
In un certo senso mi fa male vedere come la vita possa andare avanti senza di me e, se non ci fosse Tom a ricordarmi quanto mi ama, penserei di essere stata solo una meteora insignificante nella vita di tutti.
Tom mi salva ogni volta e non se ne rende nemmeno conto, dovrebbero farlo santo o giù di lì!
Finito il mio esercizio di zapping faccio i compiti pensando che domani non ho voglia di fare una verifica di matematica e di consegnare un saggio di inglese.
Mi mancano i miei vecchi insegnanti, questi mi sembrano estranei, non sono cattivi, solo… non li conosco. Dopo anni di liceo impari i punti deboli di tutti e li sfrutti a tuo vantaggio, qui non posso farlo, anche se i ricordi di Jen sono nitidi a riguardo.
A mezzanotte ho finito i compiti, mi lavo e chiudo a chiave la porta di casa, mia zia rientrerà con le chiavi se rientrerà. Le piace la vita notturna e scoparsi chi vuole, Jen pensava fosse una puttana, io sono d’accordo con lei.
Nel dormiveglia la sento rientrare alle due e – a giudicare dai tonfi e dalle imprecazioni – deve essere ubriaca marcia. Vada all’inferno.
Finito il liceo mi prenderò un appartamentino o una casettina sull’oceano da sola, senza zie ubriache tra i piedi e in cui possano venire i miei amici e Tom.
Il mattino dopo mi sveglio con la verve di un cadavere, chi diavolo ha voglia di andare a scuola circondata da sconosciuti che dovresti conoscere?
Mi vesto e vado a scuola, faccio la verifica di mate e temo sia andata male, il saggio di letteratura invece ha più possibilità di andare bene.
A mensa mi siedo con Pete e gli altri, lui è tornato il solito, anche se si tiene un po’ distante, forse per via della sua cotta.
Buon per lui, non vorrei mai che Tom facesse qualche cazzata.
Tom…
Chissà come se la stanno cavando gli altri?
Mi mancano molto e ogni mese che devo trascorrere qui mi sembra lungo come un anno di galera, voglio andarmene!
Quando diavolo arriva il diploma?
Durerà solo qualche mese, mi dico, poi potrò smettere di essere chi non sono e provare a essere di nuovo me stessa.
I giorni e le settimane passano lenti, si avvicinano il ballo di primavera e il diploma, il secondo è un sollievo, il primo una noia.
Pete torna all’attacco.
Un giorno mi blocca nel parcheggio della scuola e già dalla sua faccia non si presagisce nulla di buono.
“Ehi!”
“Ehi!”
“Ti va di andare al ballo con me, Jen?”
“No, non so nemmeno se ci andrò e comunque voglio provare a chiedere a Tom.”
Lui sbuffa.
“Chissà cosa ci troverai in lui….”
Io non dico nulla ed entro nella mia  macchina, pensando se davvero avrò il coraggio di chiedere a Tom di venire a questo ballo.
Creerò qualche problema?
Un pomeriggio alla casa nel deserto trovo solo Keisha che sta facendo i compiti.
“Ciao, speravo di beccare te o Anne.”
Lei alza lo sguardo dal foglio e mi guarda.
“Come mai?”
“Ho bisogno di un parere femminile.”
“Dimmi pure.”
“Secondo te dovrei invitare Tom al ballo della mia scuola?”
Lei rimane un attimo in silenzio e poi si volta verso di me.
“Credo che dovresti, al massimo direte a tutti che siete solo amici.”
“Direi che è una buona idea, non ce la faccio più a stare separata da lui, ho bisogno di vederlo.
Conto i giorni che mancano al diploma.”
“Non ti preoccupare, tra un po’ lo vedrai e penso sarà felice di venire al ballo con te.”
Mi butto sul divano e poco dopo la porta si apre ed entrano Anne, Johnny e Tom, Keisha mi lancia un’occhiata eloquente. Io sospiro, a disagio.
“Tom?”
“Sì?”
“C’è una cosa che vorrei dirti, potresti uscire un attimo?”
“Perché non puoi dirla davanti a tutti?”
Johnny è il solito importuno, Anne, che forse ha intuito l’argomento gli rifila una gomitata.
Io torno Jen ed esco con Tom nel calore del deserto, lui ha le mani affondate nelle tasche dei  jeans.
“Cosa c’è?”
“Beh, nella mia scuola si tiene il ballo di primavera.”
“Anche nella mia.”
Perché i ragazzi non rendono mai facile le cose?
“Ti andrebbe di venire con me?”
Gli chiedo intimidita, lui sorride e mi fa fare una giravolta.
“Con grande piacere!”
Io sorrido e sento che parte della mia preoccupazione se ne è andata, gli detto l’indirizzo dove abito ora e l’ora a cui deve presentarsi.
Lui annuisce e si segna tutto su un piccolo taccuino che tiene nella tasca posteriore dei jeans, lo porta sempre con sé in caso di ispirazioni improvvise.
“Avevo paura che tu mi dicessi di no.”
Butto lì con noncuranza, prima di entrare.
“Io avevo paura che non mi avresti chiesto una cosa del genere, che avresti detto che era troppo presto o cose del genere.”
“Mi manchi, Tom, non hai idea di quanto.
Ci sono mattine in cui cerco Isabel per andare a scuola e vedere te ed entrambi non ci siete.”
“Succede lo stesso anche a me, ma tra poco non ti lascerò più andare, sarai mia.”
Rientriamo e ci mettiamo a chiacchierare con gli altri come se niente fosse successo, John ha uno sguardo confuso, credo che Anne più tardi gli chiarirà un paio di cose, a giudicare dalla sua faccia ha capito benissimo cosa ho chiesto a Tom e le va bene.
Tra poco dovrò cercarmi un vestito adatto e cose del genere, ma non sono dell’umore giusto, mi ricordano che l’ultima volta che ho fatto una cosa così Isabel è morta.
“Cosa c’è, Chia?”
Mi chiede Keisha con in mano una tazza di the fumante.
“Niente, sto pensando che l’ultima volta che ho cercato un vestito per il ballo Isabel è morta.
Credo che utilizzerò l’armadio di Jen Jenkins, di sicuro contiene più abiti femminili del mio.”
Annuiscono tutti.
I mesi passano velocemente, finalmente arrivano gli esami e io mi impegno al massimo in ogni materia per non dover rimanere qui un altro anno.
Il giorno dopo la fina degli esami c’è il ballo alla sera.
Alla fine non ho comparo nulla di nuovo, ho solo cercato bene nell’armadio di Jen e trovato qualcosa che facesse al caso mio e l’ho trovato.
Indosso un bel vestito di seta azzurra che arriva appena sopra il ginocchio e con un fiocco sulla scollatura, la mia milleottanta, un braccialetto d’argento e un paio di sandali neri con i tacchi alti, il tutto accompagnato da una borsetta minuscola che contiene a stento il mio portafoglio e le sigarette.
Tom arriva puntuale, alle otto, mia zia finge un po’ di felicità, ci scatta qualche foto e finalmente ci lascia andare ponendo fine a un momento imbarazzante per tutti. Echi di un momento simile si sovrappongono al presente rendendolo doloroso.
In macchina non riesco a dire una parola, Tom mi appoggia una mano sul ginocchio.
“Tranquilla, lo so che non ti piace e che non è facile rivivere questo momento, ma insieme ce la faremo.”
Io annuisco piano, trattenendo le lacrime.
Da quando Isabel è morta ho in odio i balli studenteschi, non che mi piacessero prima, ma ora è proprio odio conclamato.
Lui parcheggia e poi entriamo nella palestra, prima di accedere alla sala vera e propria c’è l’angolo del fotografo, a pagamento potrai avere immortalato qualcosa che farà morire dal ridere i tuoi figli per via degli abiti o dei capelli.
Io e lui ci guardiamo un attimo, poi ci facciamo fare la foto.
Fatto questo entriamo nel locale e cominciamo a ballare al ritmo di un lento, lui ha le mani sui miei fianchi, io le braccia intrecciate sul suo collo.
“Giurami che non finirà mai, che in qualche modo ce la faremo sempre a stare insieme e che nessuno ci separerà mai.”
“Te lo giuro, cercherò di fare del mio meglio per evitare che questo finisca. Sei quella a cui devo la vita e che amo immensamente, per quanti cambiamenti possa fare.”
“Dammi un paio di settimane a San Diego e tornerà me stessa!”
Lui sorride felice.
“Non vedo l’ora.”
Anche io non vedo l’ora.
Sono stanca di questa maschera che devo portare tutti i giorni e che non mi appartiene, sono stanca di mia zia, sono stanca del liceo e di Pete che cerca sempre e comunque di provarci garbatamente. Anche ora, con Tom presente, sento il suo sguardo addosso.
È uno sguardo ferito, ma non poteva andare diversamente, io amo e amerò sempre Tom, non lui.
Balliamo felici e impacciati come solo due adolescenti possono esserlo e questo momento mi sembra perfetto.
Non è stato facile arrivare qui, non sarà facile andare avanti in futuro. Probabilmente litigheremo e ci manderemo a fanculo, ma per ora tutto questo è lontano come un ricordo sfuocato.
Tutto è perfetto.

Angolo di Layla.

Beh, settimana prossima posto il seguito. Ciao.

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