Aliens exist! di Layla (/viewuser.php?uid=34356)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1)Amori e sparatorie. ***
Capitolo 2: *** 2)Stalker umani e fuggitive aliene. ***
Capitolo 3: *** 3) La bambola demoniaca. ***
Capitolo 4: *** 4)Affezionarsi sì, affezionarsi no. ***
Capitolo 5: *** 5)Mi manchi, purtroppo, mi manchi. ***
Capitolo 6: *** 6)La casa nel deserto (la verità va affrontata prima o poi). ***
Capitolo 7: *** 7) Shock! (sono morta!) ***
Capitolo 8: *** 8)Ti amo, ti odio, ti... ***
Capitolo 9: *** 9)I lenti del Soma. ***
Capitolo 10: *** 10) I miei ***
Capitolo 11: *** 11)Armi (non dirmi che siamo kamikaze). ***
Capitolo 12: *** 12) Ricordi (ora so chi sono). ***
Capitolo 13: *** 13) Le peggiori scuse della storia. ***
Capitolo 14: *** 14) Il mistero del piccolo signore oscuro. ***
Capitolo 15: *** 15)Las Vegas arriviamo! (forse) ***
Capitolo 16: *** 16) Attentato! ***
Capitolo 17: *** 17)Costruzioni aliene. ***
Capitolo 18: *** 18)Qualcuno ha dei segreti. ***
Capitolo 19: *** 19)Pupazzi di neve. ***
Capitolo 20: *** 20)Guerra! ***
Capitolo 21: *** 21)Principessa per un giorno, perdente tutto l'anno (posso evitare il ballo?). ***
Capitolo 22: *** 22)Sangue chiama vendetta. ***
Capitolo 23: *** 23)Addio, Isabel. ***
Capitolo 24: *** 24)Sole spento. ***
Capitolo 25: *** 25)Ghiaccio. ***
Capitolo 26: *** 26)Il canto del cigno. ***
Capitolo 27: *** Epilogo: vivere come un vampiro. ***
Capitolo 1 *** 1)Amori e sparatorie. ***
1)Amori e sparatorie.
Non
mi è mai piaciuto il
“Blue moon” come bar, è frequentato da
brutta gente a mio parere e per brutta
gente intendo fighetti e giocatori di basket e saltuariamente da
qualche nerd o
skater arrapato.
Le divise corte del locale
sono la cosa più conosciuta e sono la cosa che odio di
più, ma lavorare qui è
la punizione per aver perso un anno al liceo.
Avrei potuto non perderlo
e tenere una media eccellente come gli altri anni, ma durante lo scorso
anno
scolastico sono stata impegnata in cose più importanti e
precisamente capire da
dove vengo.
Non sono di qui di sicuro
e con qui non intendo Poway o San Diego, intendo questo pianeta.
Sì, sono un’aliena. Mi
hanno trovato che avevo cinque anni a vagare nel deserto e mi hanno
portato in
un orfanotrofio. Non ho detto a nessuno da dove venivo per puro istinto
di
sopravvivenza, avevo come l’impressione che dire che ero
appena uscita da un
bozzolo completamente formata non fosse una buona idea.
All’orfanotrofio mi hanno
chiamata Chiara, ma ormai mi chiamano tutti Chia, compresa la mia
famiglia
adottiva che mi ha fornito di un cognome: Malone.
Guardata da vicino non
sembro aliena, forse solo un po’ più dark degli
altri: ho gli occhi azzurri, la
pelle chiara che non si abbronza nemmeno d’estate e i capelli
neri striati di verde.
Ho un piercing al naso e uno al labbro e un tatuaggio sulla schiena che
è
apparso intorno ai quattordici anni.
Sono strani segni che non
sono in grado di decifrare anche se una parte di me li sente come
familiari,
forse sono la lingua del pianeta da cui provengo.
Chissà perché sono qui
poi…
Nessuno sa cosa sono, solo
Johnny che è alieno anche lui, solo che è stato
all’orfanotrofio fino all’anno
scorso visto che a causa del suo caratteraccio nessuno ha voluto
adottarlo.
La porta del locale si
apre con uno scampanellio, io guardo chi sia il nuovo cliente e il mio
cuore
salta un battito: è Thomas DeLonge, il mio amore del liceo.
Ha un anno meno di me, ma
vista la mia bocciatura l’anno
prossimo
ci vedremo a parecchi corsi e questo non va bene.
Johnny dice che non avrei
potuto scegliermi un tizio peggiore per cui prendermi una cotta e ha
ragione.
Tralasciando che cambia ragazza ogni due settimane è anche
un tizio fermamente
convinto che gli alieni esistano e se lui scoprisse cosa sono
probabilmente mi
mostrerebbe come prova agli altri. Meglio stargli alla larga!
Lui sta per sedersi a un
tavolo quando la porta si apre violentemente e due rapinatori entrano
nel
locale puntando la pistola su di noi.
“Consegnaci l’incasso!”
Mi urlano, io corro al
ricevitore di cassa, prelevo i soldi e schiaccio l’allarme,
poi consegno tutto
ai banditi che iniziano a far passare i clienti.
Arrivati a Tom lui si
rifiuta di collaborare e tenta di disarmare uno di loro.
È questioni di attimi, il
rapinatore – troppo teso ed eccitato, forse un eroinomane
– perde il controllo
e gli spara. L’altro impreca e lo trascina via, lasciando Tom
steso a terra.
Dovrei aspettare
l’ambulanza, ma i miei piedi si muovono da soli e con un
unico movimento mi
inginocchio accanto a lui e gli premo la mano dove è stato
colpito.
Mi concentro e una leggera
luce scaturisce dalla mia mano, fortunatamente nessuno lo nota e io
continuo
fino a quando non sento tutti i tessuti e gli organi tornare normali e
la
pallottola svanire completamente.
Con la stessa rapidità con
cui mi sono abbassata mi rialzo con aria spaventata, come se temessi
per la
salute di Tom.
Poco dopo arrivano due
poliziotti e io lo lascio perdere per parlare con loro, descrivo loro i
rapinatori e cosa è successo.
“E il ragazzo?”
“Gli hanno sparato!”
Esclamo concitata.
“Sembrava ferito
gravemente, invece devono averlo solo sfiorato per fortuna.”
Lui annuisce e guarda Tom
in piedi, mezzo rintronato che rifiuta di andare all’ospedale
e guarda me, sono
nei guai.
All’arrivo del
proprietario sono in doppi guai perché vengo licenziata a
causa della condotta
che ho adottato con i rapinatori.
Con rabbia vado nello
spogliatoio, mi metto i miei shorts, la mia canottiera viola sfumata e
i miei
anfibi e lascio per terra la divisa, afferro la mia borsa militare e me
la
filo.
La mia destinazione è
l’appartamento in cui vive Jhonny, lo avviso telepaticamente
del mio arrivo in
modo che possa cacciare eventuali ragazze e quando arrivo vedo una
ragazza
bionda che scende velocemente le scale esterne che portano a casa sua.
Se non mi sbaglio è Anne
Hoppus, la sorella del migliore amico di Tom.
Johnny mi apre la porta
con un espressione accigliata e con i capelli nero viola scompigliati.
“Si può sapere cosa
succede?
Anne ci stava!”
“Pensavo non ti piacessero
le terrestri!”
“Ho anche io dei bisogni!”
Io scuoto la testa, lui mi
fa entrare.
“Ho appena fatto una
cazzata!”
Urlo lanciandomi sul suo
divano, poi gli racconto succintamente quello che è
successo, alla fine è
furioso.
“Stasera andrò
personalmente dallo sceriffo per accertarmi che insabbi questo strano
incidente, tu dovrai sistemare DeLonge.”
io sospiro.
“E… E se tenesse il nostro
segreto?”
“Sì, certo e gli asini
volano. Chia devi andare da cui e modificargli la memoria o fare
qualcosa per
cui stia zitto.”
“Sì, hai ragione Jo. Farò
qualcosa.”
“Perché l’hai salvato?”
La sua domanda cade come
un sasso in uno stagno calmo, io abbasso gli occhi e fisso le punte dei
miei
anfibi.
“Semplicemente perché lo
amo.”
Lui si piazza davanti a me
e mi alza il mento con le dita.
“Potresti amare me, siamo
due rinnegati, gli unici che si possono capire.
Non lo sa nemmeno tua
sorella cosa sei.”
Io lo guardo.
“No, ne abbiamo già
parlato, lo sai.
Ti voglio bene, sei il mio
migliore amico, mio fratello, ma non ti amo.”
Lui sbuffa.
“Ti piace complicarti la
vita Chia o meglio Ava.”
“Non usare quel nome, lo
sai che non mi piace.”
“È il tuo vero nome.”
“Datomi da qualcuno che
non si è premurato di farmi sapere chi è e chi
sono io e da dove vengo e perché
sono qui.
Non voglio usare il nome
che mi è stato dato da qualcuno che mi ha abbandonato qui
senza difese, ho solo
quello stupido tatuaggio e né io né te sappiamo
cosa voglia dire!”
Lui sbuffa platealmente,
perché aspetta che qualcuno venga a prenderci, pia speranza
visto che nessuno
si è mai fatto vivo in nessun modo.
“Chia, vai a casa. I tuoi
saranno preoccupati, a quest’ora la notizia della rapina si
sarà diffusa.”
Io tiro fuori il cellulare
dalla borsa e noto che c’è una chiamata senza
risposta che viene da casa mia.
“Hai ragione, meglio che
vada. Ricordati…”
“E tu ricordati DeLonge.”
“Ok.”
Me ne vado, pregando
mentalmente che questo casino si risolva presto.
Arrivata
davanti alla mia
villetta trovo mia madre e mia sorella sul portico.
Mia madre è una donna dai
lunghi capelli castani che ama vestire abiti da casa a fiori, mia
sorella
invece si chiama Isabel, ha un anno meno di me e lunghi capelli
ondulati di un
rosso scuro ereditati da qualche nonna irlandese insieme agli occhi
verdi.
Non appena mi vedono
varcare il vialetto di casa mi saltano in braccio tutte e due.
“Oh, tesoro! Ho avuto così
paura per te quando ho saputo della rapina. Hai lavorato abbastanza, la
punizione è finita, io e tuo padre ti pagheremo quello che
ti serve per la
scuola.”
Ha sempre avuto il vizio
di parlare come una mitraglietta quando è nervosa.
“Grazie, mamma.”
“Come stai e dove eri?”
Mi chiede Isabel.
“Sto… Non lo so come sto,
sono contenta di averla scampata, spaventata per quel che è
successo e
arrabbiata con il proprietario del locale che mi ha licenziata.
Ero da Johnny, avevo
bisogno di parlare con qualcuno.”
Mia sorella annuisce, mia
madre invece fa un lieve cenno di disprezzo, non le è mai
piaciuto Johnny, ma
dopo anni di tentativi andati a vuoto per dividerci ha deciso di
lasciar
perdere.
“Spero sia riuscito a
calmarti.”
“Beh, non ci è riuscito in
pieno, una rapina non si dimentica facilmente. Anche se tu e
papà aveste voluto
punirmi ancora avrei dovuto cercarmi un altro lavoro: lo schiavista mi
ha
licenziato.”
La bocca di mia madre si
tende in una linea dura.
“Dopo quello che hai
passato ti ha licenziato?”
Io annuisco.
“La volta che passa in
macelleria gliene dico quattro a quel messicano avido di
merda.”
Io e Izzie la guardiamo
sconvolte, deve essere fuori di sé, è una donna
decisamente contraria al
turpiloquio in situazioni normali
“Forza, ragazze entriamo.”
Io e mia sorella ci
buttiamo sul divano a guardare la tele.
“Chia, posso chiederti una
cosa.”
“Vai, spara.”
“Tu e Johnny state
insieme?”
“No, ma in passato lo
siamo stati, poi ci siamo accorti che funzionava. Lui per me
è come se fosse un
fratello, perché me lo chiedi?”
Lei scuote le spalle.
“Niente, vi vedo così
uniti.”
“Ti piace Johnny?”
Lei arrossisce.
“No, una volta mi piaceva.
Adesso c’è qualcun altro che mi interessa, ma non
speranze.”
“Chi?”
“Mark
Hoppus, il fratello maggiore di Anne.”
“Oh.”
Effettivamente
lui ha tre anni più di noi e potrebbe non essere interessato
a ragazzine come
noi.
“Magari
possiamo provare a convincere la mamma a mandarci al Soma, lui ci va
spesso,
sento spesso Anne e DeLonge parlare di serate trascorse
sì.”
“Ti
piace Tom, eh?”
“Sì,
ma non ho nessuna speranza e poi non credo mi piacerebbe essere un nome
in una
lista di conquiste.”
E
poi sono un’aliena, sorellina, e lui cerca le prove della
nostra esistenza con
troppo ardore, sarei in pericolo.
Questo
mi riporta al fatto che stasera devo sistemare a dovere la sue memoria
o potrei
essere nei guai.
Poco
dopo la porta si apre con furia, mio padre fa irruzione nel salotto
spaventandoci, a Izzie cade addirittura il telecomando di mano.
“Chia,
stai bene, piccola?”
Mi
chiede, scrutandomi attentamente.
“Sì,
non sono stata ferita, sono solo spaventata.
Non
è stata un’esperienza gradevole e poi mi ha
licenziato.”
Mio
padre borbotta imprecazioni a bassa voce.
“L’importante
è che tu stia bene, quando ho sentito la notizia alla radio
mi sono spaventato
da morire.”
“Non
preoccuparti, va quasi tutto bene.”
Poco
dopo mia madre ci chiama a tavola, annunciando che la cena è
pronta. Io ho un
peso sullo stomaco che mi rende difficile mangiare: come
farò a fare qualcosa a
Tom?
Lui
è sempre stato il ragazzo che mi piaceva e mi sembra
orribile usare i miei
poteri su di lui, per la prima volta in anni sento tutto il peso di
essere
un’aliena senza nessuno che la faccia da guida.
Sono
solo Chia, la bambina uscita dal bozzolo per ritrovarsi in un mondo
potenzialmente ostile senza nessuno che le desse una mano.
Ho
il sospetto che questa sensazione sia stata molto familiare a Johnny in
questi
diciotto anni di vita.
Con
la scusa della sparatoria vado a dormire presto, in realtà
il mio cervello è
ossessivamente concentrato su come usare i miei poteri su Tom. Alla
fine dovrò
usare il solito modo – imporre le mani – che
è pericoloso sia per me che per
lui, se si dovesse svegliare e reagire potrei danneggiargli
irrimediabilmente
alcune zone del cervello e la mia presenza lì sarebbe
difficile da spiegare.
Sospirando
mi metto in ascolto di tutti i rumori della casa, alle due di notte
arriva
l’agognato silenzio, visto che dormono tutti.
Con
calma, stando attenta non fare rumore, infilo un paio di short di jeans
sopra
la maglia nera e lunga che uso da pigiama, infilo un paio di calzini e
degli
anfibi. Apro con cautela la finestra della mia camera, ha sempre un
piccolo
scricchiolio quando la si apre e stanotte devo fare in modo che sia
ridotto al
minimo per non farmi scoprire.
Esco,
mi metto a cavalcioni sulla finestra e con un po’di fatica
raggiungo il ramo
del melo che c’è in giardino, ci striscio sopra
come un verme e poi scendo.
Scavalco
il cancello di casa mia e via, sono libera.
La
casa di Tom dista due vie dalla nostra, non siamo mai stati amici, ma
avremmo
potuto perché ai tempi delle elementari
nelle nostre due vie si era creato un unico supergruppo di
bambini; Tom
era stato accettato subito, io no perché, nonostante avessi
superato le prove
di coraggio, rimanevo pur sempre una femmina. Le femmine sono
pappamolle per
natura – diceva il capo del gruppetto –
così lui era dentro e io fuori.
Amen.
È
inutile rivangare il passato, inoltre stanotte tira un vento gelido che
mi fa
rabbrividire nella mia maglietta leggera, forse avrei dovuto prendere
una
felpa, ma di solito non giro nel cuore della notte nel mio quartiere.
Arrivo
alla casa di Tom e – dopo aver individuato la sua finestra
– salgo su un albero
che è praticamente davanti alla stanza di Tom. La luce
è ancora acceso,
nonostante l’ora tarda e lui sta sfogliando un libro
– sicuramente non di
scuola – in maglietta e mutande.
Basta
già questo a mandarmi in panico, da una parte devo aspettare
che lui dorma
prima di fare qualsiasi cosa, dall’altra devo contenere la
bava che minaccia di
annegarmi da un momento all’altro.
Cerco
di mantenere la calma e mi acquatto nascosta tra i rami in modi che io
lo veda
senza che lui se ne renda conto.
Legge
ancora un po’ – le mie gambe si addormentano
– poi si alza, si stiracchia
pigramente e si toglie la maglia, lasciandomi davanti allo spettacolo
di un
DeLonge mezzo nudo che mi manda fuori di testa.
È
muscoloso per essere così pigro, è alto,
è bellissimo e mi fa – letteralmente –
perdere il controllo. Le mie mani, improvvisamente scivolose, perdono
presa e
contatto e mi fanno cadere dall’albero, fortunatamente cado
in un cespuglio che
mi attutisce la caduta e mi permette di nascondermi.
Tom
infatti, sentito il rumore si affaccia alla finestra e fortunatamente
non mi
vede.
Ok,
stasera è meglio rinunciare.
Non
appena si ritira e spegne la luce sgattaiolo via tutta dolorante e me
ne
ritorno sconvolta in camera mia.
L’ho
visto mezzo nudo!
La
mattina dopo è il primo giorno di scuola, mi sveglio di
malumore e mi metto le
prime cose che pesco dall’armadio: un vestitino nero con dei
fiorellini rossi
sull’orlo.
Mangio
e poi io e Izzie ce ne andiamo a scuola con la nostra macchinetta,
anche lei
non ha molta voglia di andarci.
Parcheggiamo
e ci uniamo alla moltitudine degli studenti, ritiriamo il nostro orario
in
segreteria e poi ci salutiamo.
Lei
ha inglese, io spagnolo.
Mentre
mi avvio verso l’aula vedo Tom con la coda
dell’occhio tentare di avvicinarsi a
me, io aumento l’andatura e mi infilo nel locale poco prima
che arrivi la
profe.
Ce l’ho fatta.
Anche
durante il resto del giorno, Tom tenta di parlarmi, ma io gli sfuggo
sempre per
fortuna.
Mi
sento al sicuro quando con Izzie arrivo alla nostra macchina: niente di
più
sbagliato, Tom ci aspetta dentro.
“Cosa
ci fai qui, DeLonge?”
Gli
chiede mia sorella.
“Devo
parlare con Chia e credo
che anche tu
dovresti sapere quello che lei mi dirà.”
Complimenti,
Chia! Ti sei messa da sola con le spalle al muro.
“Non
ho voglia di parlare con te, Tom e non mettere in mezzo mia sorella che
non
c’entra niente.”
Lui
scende dalla macchina e si avvicina a me, è imponente visto
da vicino,
torreggia su di me senza nessuno sforzo.
“Io
invece penso di sì.”
“Ti
sbagli.”
Gli
mollo un poco caritatevole calcio nelle palle e faccio segno a mia
sorella di
entrare in macchina, lei esegue molto perplessa.
“Ma
perché?”
“Perché
lui vuole parlare con me e io non voglio. Semplice, no?
Non
è colpa mia se lui non sa rassegnarsi.”
“Ma
ti piace!”
Io
rimango in silenzio, cosa potrei dirle?
Sai
Izzie non volevo parlargli perché ho un segreto da
proteggere a costo della
vita. C’è una cosa che non sai dopo tredici anni
di convivenza con me: sono
un’aliena, sorellina.
Curioso,
vero Izzie?
Probabilmente
penserebbe che sono matta e poi una gran bastarda dopo che
avrà capito che non
scherzavo affatto né ero impazzita.
No,
certi segreti vanno per sé.
La
verità profonda deve rimanere nascosta e
io non posso dire a Izzie cosa sono, la metterei in pericolo.
“Chia,
sei strana. Prima lo ami,poi lo prendi a calci nelle palle.”
Io
non dico nulla, arriviamo a casa e io mi chiudo in camera mi, quella di
matematica ci ha già assegnato dei compiti.
Sono
china su una parte particolarmente difficile quando una voce mi fa
saltare
dalla sedia: guardo chi sia e sgrano gli occhi.
“Beh,
la cara vecchia abitudine di bussare alle porte invece di entrare dalle
finestre si è persa?”
“Quando
si vuole fare un lavoro rapido e pulito, sì.”
Io
alzo un sopracciglio.
“Beh,
Clyde, hai sbagliato casa, non siamo poi così ricchi.
Come
ti chiami, a proposito?”
“Mark
Hoppus.”
“Piacere,
Chiara Malone.
Come
mai sei qui?”
Lui
scuote le spalle.
“Volevo
vedere di persona e fare i complimenti alla ragazza che ha rifiutato
Tom
DeLonge e l’ha steso con un calcio alle palle.”
Lo
guardo come se l’alieno fosse lui, non erano amici quei due?
“Ma
non siete amici tu e DeLonge?”
Lui
si siede tranquillamente sul mio letto, molleggia persino un paio di
volte,
quanta disinvoltura!
“Prego
fai come se fossi a casa tua, eh!”
“Sì,
siamo amici, ma tu sei la prima ragazza che lo rifiuta così.
Boh,
volevo farti i miei
complimenti perché
ogni tanto lui ha bisogno di qualcuno che gli faccia abbassare la
cresta.”
“Oh!
Ehm, bene. Non so se essere onorata o cosa, sinceramente mi sento tanto
perplessa.”
“Non
ci badare, sono le nostre stranezze.”
Io
annuisco.
“Cosa
stai facendo?”
Mark
si alza e sbircia da sopra le mie spalle.
“Matematica.
Vuoi aiutarmi?”
Lui
impallidisce vistosamente.
“No,
grazie. Ti lascio alla matematica.”
Detto
questo se ne va e mi lascia da sola a fare i compiti, come una brava
alunna
dilegente.
Il
resto della serata trascorre tranquillamente, il giorno dopo vado a
scuola
senza sapere cosa aspettarmi.
Tom
avrà lasciato perdere o sarà ancora
più determinato di prima a capire cosa
sono?
Prima
delle lezioni vado in bagno e nemmeno
un
minuto dopo la porta del bagno si apre ed entra Anne Hoppus.
“Ciao,
Chia. Volevo parlare con te.”
“Dimmi.”
Ha
una brutta faccia, sembra abbia pianto tutta la notte.
“Sei
la ragazza di Johnny?”
“Chi?
Io?
No,
assolutamente no. Lo so che sembriamo fidanzati, ma non lo siamo, lo
siamo
stati e, credimi, non ha funzionato.
Lui
è come un fratello per me e viceversa.”
Lei
sospira sconsolata.
“Beh,
è persino peggio di quello che mi aspettasi, per lui sono
solo una bambola
gonfiabile umana.”
Lei
esce, trattenendo le lacrime ed entra un’altra persona.
Una
persona che vorrei evitare, ma che mi blocca le vie di fuga.
Thomas
Matthew DeLonge.
Angolo di Layla
Ok, questa fanfiction è
vagamente ispirata alla serie televisiva "Roswell", se qualcuno non
l'ha vista e ama la fantascienza la guardi perché merita.
|
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Capitolo 2 *** 2)Stalker umani e fuggitive aliene. ***
2)Stalker umani e
fuggitive aliene.
Ci
sono momenti in cui tutta la tua vita ti scorre davanti, in cui
l’adrenalina ti
rende tesa come una corda di violino nella vana ricerca di un modo per
scappare.
Lui
occupa per intero il vano della porta e se provassi a sfondare verrei
acchiappata subito perché lui è molto
più grosso di me.
Nella
stanza c’è un silenzio carico di tensione.
Devo andarmene da qui e Tom non mi deve parlare. Con la coda
dell’occhio noto la
finestrella del bagno, è aperta e – sebbene sia
stretta – probabilmente posso
riuscire a passarci.
Con
un salto che lo sorprende, vado sul calorifero e poi con le mani mi
tiro su,
aggrappandomi all’esterno della finestra.
Mezzo
busto è già passato quando sento Tom che si
attacca alla mie gambe per tirarmi
giù e tentare di riportarmi nel bagno. Comincio a scalciare
e qualche colpo va
a segno, ne approfitto per tirare fuori il resto del busto e con un
ultimo
colpo di fortuna le gambe.
Adesso
sono nel retro della scuola, confina con il parco che a sua volta
confina con
il deserto. Non posso tornare a scuola con lui che mi dà la
caccia in modo così
spietato.
C’è
solo un posto dove posso andare. Scatto verso la rete e la scavalco in
modo
agile, poi corro attraverso il parco senza guardarmi indietro, sperando
che lui
non mi abbia vista.
Percorro
tutto il parco e scavalco anche la recinzione, ora sono in pieno
deserto: il
mio ambiente naturale, quello che conosco come le mie tasche.
Le
dune posso cambiare, ma io so sempre come trovare i luoghi in questo
posto e in
particolare uno.
Ora,
però devo muovermi se voglio essere totalmente al sicuro. I
miei piedi
percorrono una strada che conoscono a memoria e ben presto mi ritrovo a
un
grande sperone di roccia, a lato c’è come una
scala naturale che io salgo.
Arrivata
lì appoggio una mano sulla rocca calda e solo per me si apre
una porta che dà
su un’ampia stanza. Ci sono i nostri bozzoli e un altro
strano sperone in cui
sembra ci sia rozzamente intagliato qualcosa.
Dentro
c’è già qualcuno: Johnny.
“Cosa
ci fai qui?”
“La
stessa domanda potrei fartela io e con più ragioni, dovresti
essere a scuola.”
“Ho
un problema.”
Evito
accuratamente di guardarlo in faccia.
“Quale,
Ava?”
“Tom
DeLonge.”
Lui
sbuffa.
“Cosa
diavolo è successo?”
“Ho
provato a cancellargli la memoria, ma non ci sono riuscita.
Mi
sono arrampicata sull’alberi vicino alla sua stanza e ho
aspettato che andasse
a letto, solo che lui si è… denudato
e… Insomma.”
“Cosa?”
Io
gesticolo infuriata.
“Non
è facile da raccontare, ok? Non fare lo stronzo, Johnny!
Sono
caduta dall’albero e lui deve avermi in qualche modo visto
perché poi il giorno
dopo a scuola non ha fatto altro che inseguirmi. Ieri gli ho affibbiato
un
calcio nei coglioni.”
“Ahia!”
“Poi
stamattina sono dovuta scappare dalla finestrella del cesso delle
femmine, come
una spia nei film di infima categoria.
Non
so cosa fare, Johnny non puoi?”
Lui
scuote la testa.
“Cosa
fare di Tom è una responsabilità tua, sia che tu
riesca a cancellargli la memoria.”
“Dubito
di farcela.”
“Sia
che tu decida di rivelargli il segreto, ma se dovessi farlo
diventerebbe anche
una cosa che riguarda anche me e se il tuo amico dovesse fare mosse
false non
ti garantisco che rimanga in vita.”
I
miei occhi si riempiono di lacrime.
“Jo
– John!”
Lui
mi guarda a metà tra il freddo e
il
dispiaciuto, sa che odio quando fa così.
“Mi
dispiace, ma la nostra sopravvivenza conta più del tuo
amico.”
“Sei
uno stronzo, John Mayer! Non voglio più vederti.”
“Chia!”
Esco
dalla stanza, sentendo i suoi passi dietro di me, corro per il deserto
con le
lacrime che scendono sulle guance.
Corro
per un po’, poi sento una mano chiudersi sul mio polso e
bloccarmi con
decisione, sono così decisa ad andare avanti che rimbalzo e
cado per terra.
La
figura di Johnny torreggia su di me, io lo guardo con disprezzo.
“Vattene,
stronzo!”
Lui
mi tira in piedi.
“Ok,
Chia, ho esagerato e sono stato uno stronzo! Non ammazzerò
Tom, non farei mai
qualcosa che possa farti del male, ok?
Ti
prego, ti fidi di me?”
Io
lo guardo negli occhi: è sincero.
“Sì,
ti credo e mi fido, però vorrei che tu non ti comportassi
così con me. Non sono
un tuo nemico.”
“Va
bene, torniamo alla roccia e facciamo qualcosa per occupare questa
mattinata.”
Lo
seguo e torniamo dentro, lui corre al vecchio frigo che ha riparato e
messo in
funzione lì e tira fuori un paio di birre.
“Oggi
ho incontrato Anne Hoppus.”
Lui
si blocca per un impercettibile attimo e poi continua a bere come se
nulla
fosse.
“Cosa
ti ha detto?”
“Voleva
sapere se stessimo insieme.”
“Tu
cosa le hai detto?”
Io
guardo il mio amico, sotto la pattina di indifferenza è in
ansia.
“Che
non stiamo insieme, che sei il mio migliore amico e che sei come un
fratello
per me.
Lei
c’è rimasta di merda, pensa di essere la tua
bambola gonfiabile.”
Lascio
che il silenzio si dilati tra di noi, come un mantello indesiderato,
questa
volta è lui che deve parlare.
“Grazie
per le belle parole e non considero Anne la mia bambola
gonfiabile.”
Io
alzo un sopracciglio.
“E
cos’è allora?”
Lo
vedo tremare leggermente, qualche goccia di birra schizza per terra.
“Non
lo so. Lo sai che non posso affezionarmi a nessuno.”
“Questa
è un’idea che ti sei messo in testa tu,
Jo.”
Gli
rispondo dolcemente.
“E
se dovesse arrivare qualcuno di lassù per noi?”
“Possono
andare all’inferno, Johnny! Io non ho intenzione di fare la
martire per
qualcuno che ci ha lasciato qui indifesi in un mondo potenzialmente
ostile. Io
sono terrestre… con qualche potere in più, certo,
ma terrestre!”
Lui
guarda da un’altra parte, sono anni che non siamo
d’accordo su questa questione
e temo non lo saremo mai.
“Devi
fare qualcosa con Anne, non puoi continuare a illuderla, ci sta
male.”
“Io
non la illudo. Lo sa che tra noi non c’è nulla di
serio e che mi posso fare chi
voglio.”
“Ma
non lo stai facendo.”
Lui
tace.
“Forse
è meglio che dai un’occhiata alle cose che hai per
scuola.”
Io
annuisco e mi metto a studiare, così passano la mattinata e
una parte del
pomeriggio, mi prendo una pausa solo quando devo mangiare.
Alle
tre me ne vado perché tra poco usciranno gli alunni da
scuola, inclusa mia
sorella. Johnny viene
con me e la raggiungo nel parcheggio e la trovo piuttosto arrabbiata,
in
compagnia di Tom.
“Dov’eri? Non c’eri a lezione, non
c’eri a
mensa e poi Tom non ha fatto altro che parlare e parlare.”
Io
sospiro e poi guardo torva DeLonge. Sono stufa che mi segua ovunque,
forse
sarebbe stato meglio lasciarlo crepare durante la rapina.
“Si
può sapere cosa vuoi da me, DeLonge?”
“Sono
stufa di trovarti ovunque, adesso pedini persino mia sorella!”
“Non
l’ho pedinata.”
Io
alzo gli occhi al cielo, Johnny accanto a me lo fulmina con una delle
sue
peggiori occhiate, che Tom sostiene insolente.
“Voglio
parlarti.”
“IO
NO! LASCIAMI IN PACE, CAZZO!”
“Hai
sentito cosa ha detto, DeLonge?
Gli
chiede minaccioso Jo.
“Lasciala
in pace.”
“Non
mi fai paura Mayer, non me ne hai mai fatta e non inizierò
adesso ad averne. Non
mi fermerò finché non avrò risposte da
lei!”
“Posso
farti fermare prima e se sarà necessario lo
farò.”
Scrocchia
minaccioso le nocche, DeLonge risponde con un sorrisino insolente e lo
imita,
io mi metto in mezzo.
“Adesso
basta!
Johnny,
ti ringrazio; Tom, fanculizzati e vattene.”
“Non
ti libererai di me.”
“L’umanità
ha debellato flagelli peggiori di te!”
Esclamo
mentre salgo in macchina con Johnny e Isabel.
“Ma
voi state insieme?”
Ci
chiede mia sorella.
“NO!”
Esclamiamo
insieme.
“Johnny
è come un fratello per me, mi ha solo difeso da Tom.
Esagera,
non ne posso più.”
“Ma
se ti piace perché non gli vuoi parlare?”
“Perché
così è troppo! Accidenti!”
“Non
ti capisco.”
“Non
importa.”
Scarichiamo
John a casa sua e poi andiamo a casa nostra. Isabel è
perplessa, ma io non
posso darle le risposte che cerca.
“Sai,
a volte ci sono dei tuoi comportamenti che non capisco. È
come se ci fosse una
sfera che protegge un qualcosa di te.”
Io
non dico nulla.
“Non
è una buona idea saltare scuola per stare con Johnny
però, sennò non ti
diplomerai mai.”
“È
stato solo un caso, non succederà più. Spero solo
che Tom la smetta di essere
così insistente, altrimenti andare a scuola sarà
un incubo.”
“Alle
volte penso che tu abbia un segreto inconfessabile, Chia.”
“Izzie,
non ti devi preoccupare, ok?
È
tutto a posto, non c’è niente che non vada, non
farti paranoie strane.
Mi
puoi passare gli appunti e i
compiti
delle lezioni che abbiamo in comune?
Così
almeno mi metto a pari con i compiti.”
Lei
annuisce e mi passa una generosa quantità di fogli, io
inizio a ricopiarli
svogliata, pensando che è davvero ironico – nel
senso più crudele del termine –
che io debba fuggire dal ragazzo che amo.
Dopo
aver ricopiato tutti gli appunti, attacco con i compiti, tanto che
quando i
miei tornano mi trovano ancora china sulle carte.
“Tesoro?”
Mi
chiama dolcemente mia madre, dopo aver bussato alla porta della mia
camera.
“È
pronta la cena, se vuoi scendere.”
“Certo
che voglio, questa roba mi sta facendo impazzire. Maledetta
matematica.”
Scendo
a cena e una sensazione di calore mi avvolge: loro sono la mia famiglia
e se
dovessi perderli per colpa di Tom non lo perdonerei mai.
Mi
siedo, mangio e chiacchiero con loro sentendomi bene e un filo in colpa
nei
confronti di Johnny che non ha tutto questo.
A
quest’ora sarà sbragato sul divano con del cibo
precotto su un piatto a
guardare la tv.
Forse
dopo potrei andare da lui, ma non ho voglia di litigare con mia madre
perché mi
conceda di farlo, visto che domani c’è scuola.
Il
giorno dopo Tom cerca di nuovo di parlarmi e io gli sfuggo oppure sto
attaccata
a un’incredula Isabel, credo pensi che io sia impazzita.
Se
potesse dirle la verità!
Finita
la giornata scolastica, in macchina, mi guarda con il suo sguardo da
cucciolo
che usa quando vuole qualcosa da me.
“Chiara,
mi faresti un favore?”
“Dimmi.”
“Vieni
al Soma con me? Così mamma mi lascia andare e non fa
storie.”
Io
rimango un attimo in silenzio, andare al Soma significa attirarsi Tom
DeLonge,
ma non voglio deludere la mia sorellina.
“A
una sola condizione: che venga anche Johnny.”
“Va
bene. Lo userai come guardia del corpo?”
Ghigna
lei, io rimango seria e il sorriso sparisce dalla faccia di mia sorella.
“Io
vorrei tanto capire cosa ti sta succedendo, sei tanto strana.”
Io
scuoto la testa.
È
fortunata a non capire.
Andare
al Soma non è masi stato più noioso di stasera.
Devo
tenere d’occhio – per modo di dire – mia
sorella e stare in guardia da un
possibile attacco di Tom, Johnny – seduto accanto a me
– si beve tranquillo la
sua coca.
Non
so come faccia a conservare una tale calma, io ho una paura folle di
vedere
arrivare Tom e di non riuscire a scappare abbastanza in fretta.
“Rilassati,
ci sono io. Se si avvicina troppo lo stendo.”
Io
non dico nulla.
“Chia,
cosa c’è?”
“C’è
che ho paura, ok? Quasi quasi mi pento del mio gesto eroico e questo
è un
brutto pensiero, capisci?
Nessuno
dovrebbe pentirsi di aver salvato una vita umana!”
Lui
beve una sorsata della sua coca.
“Andrà
bene, per ora ti proteggerò io fino a che deciderai di
dirglielo, se lo farai.”
Io
sospirò.
“Sono
solo una stupida.”
“No,
che non lo sei. Hai più palle di me, se Anne fosse stata al
posto di Tom non so
se l’avrei salvata. Tu non ci hai nemmeno pensato a lasciarlo
morire, hai messo
lui prima di te e trovo che questo sia un gesto nobile e
bello.”
Io
annuisco, non del tutto convinta, poi mi paralizzo: Tom è
entrato nel locale
con Mark e un ragazzino che presumo essere Scott.
“Stai
calma.”
Mi
sibila Johnny.
Tom
mi individua subito – sento il suo sguardo addosso
– poi lo vedo dirigersi
verso la pista, la vista di Johnny deve averlo dissuaso.
Mark
si butta in pista al seguito dell’amico e individua mia
sorella, iniziano a
ballare vicini, lei credo gli stia sorridendo.
“Devo
separarli?”
“No,
Izzie ha una cotta per Mark. Ti ucciderebbe se lo facessi.”
Lui
sbuffa.
“Se
quei due diventeranno una coppia, come farai a evitare Tom?”
“Non
lo so, ma sarebbe ingiusto mettere i bastoni tra le ruote a mia
sorella. Lei
non capirebbe e non voglio che mi odi o che ti odi.”
Lui
non dice nulla, si limita a scrutarli torvo, forse si sente anche a
disagio
perché sa che Mark è il fratello di Anne. Hanno
tutti i motivi per odiarsi a
vicenda.
Che
brutta serata!
Non
vedo l’ora che sia mezzanotte, in modo da levare le tende e
tornare a casa!
Controllo
freneticamente l’orologio, fino a quando mia sorella arriva
trascinandosi
dietro Mark e Tom.
“Mark
mi ha chiesto se posso andare con lui a bere in un locale qui vicino,
posso?”
“No,
che non puoi.”
“Chia!”
“Mamma
ti ha concesso di venire al Soma, non di andare per locali. Questo lo
potrai fare
l’anno prossimo oppure se Mark ti invita fuori e la
responsabilità di te sarà
sua e non mia.”
Mia
sorella mette il broncio, Tom sembra voler dire qualcosa e Mark sorride.
“Va
bene. Domani passo da casa tua, Isabel, e chiedo a tua madre se
possiamo farci
un giro.”
Lei
sorride radiosa, io mi alzo dal tavolo seguita da Johnny.
“Bella
mossa, adesso però dobbiamo andare o nostra madre potrebbe
arrabbiarsi se
arriviamo in ritardo a casa e addio permesso.”
Mark
annuisce, ci salutiamo e finalmente esco da questo maledetto locale che
inizia a starmi
stretto.
In
macchina Izzie tenta di farci partecipi della sua felicità,
ma sia io che
Johnny siamo due statue di sale, lui perché non parla molto
di natura e io
perché ho visto Tom.
Arrivati
a Poway lasciamo Johnny vicino a casa sua e poi mi dirigo verso casa
nostra,
Izzie ha ancora gli occhi a forma di cuore: Mark è il primo
che le fa questo
effetto.
Che
bel casino!
Che
io voglia o no prima o poi dovrò dire a DeLonge cosa sono e già ora il
mio cuore salta un battito. Lo
amo, ma lui mi vedrà mai in questo modo perché a
lui non importa nulla di me, sono la prova che
tutto quello in cui crede è vero e non una ragazza, men che
meno una ragazza
attraente.
Quanto
vorrei essere normale!
Parcheggio
la macchina nel vialetto e poi scandiamo, Izzie vola di sopra, io mi
fermo con
mia madre.
“Come
mai tua sorella si comporta così?”
“Al
Soma ha incontrato il ragazzo che le piace, domani lui ha detto che la
porterà
a fare un giro. Te l’ho detto prima per prepararti
psicologicamente.”“È
un bravo ragazzo?"
“Mh,
fondamentalmente sì. Ha i capelli blu ed è uno
skater e a volte agisce come lo
scemo del villaggio, ma è un bravo ragazzo.
Non
si droga e non beve, almeno credo.
Non
sono mai girate voci su di lui in questo senso.”
“Come
si chiama?”
“Mark
Hoppus.”
Lei
annuisce e io salgo in camera mia, scalcio via gli anfibi e mi butto
sul letto,
mi sento triste come non mi sono mai sentita. Per un attimo mi sento
davvero
tagliata fuori dal resto del genere umano, come se qualcuno mi avesse
calato in
un cubo di vetro un po’ troppo stretto.
Mi
addormento così, senza il pigiama, senza coperte, pensando a
cubi e a prigioni,
alla realtà e alla finzione.
La
mattina dopo mi sveglio con un colossale mal di testa, a differenza di
mia
sorella che sprizza gioia da tutti i pori in un modo che è
quasi fastidioso.A
pranzo non fa altro che parlare a ruota liberi di qualsiasi cosa che le
capiti
per la testa, tanto che mio padre lancia uno sguardo confuso a mia
madre. Lei
scuote la testa e gli fa capire di darle corda e basta.
Dio
non vedo l’ora che arrivi il fatidico appuntamento con Mark,
almeno sarà fuori
dai piedi per un po’ e ci sarà
tranquillità. Io dovrei fare i compiti.Alle
tre in punto il campanello suona e Izzie scatta ad aprire la porta di
casa, io
e i miei ci portiamo stancamente all’ingresso. Mark indossa
un cappellino che
copre i suoi capelli azzurri, una maglia bianca e dei jeans larghi.
“Mamma,
papà, Chiara,questo è Mark.”
Io
alzo la mano in segno di saluto un po’ scazzata, i miei lo
salutano per bene,
poi finalmente la coppietta se ne va.
Io
esco subito dopo di loro e chiamo Mark, che mi guarda sorpreso.
“Tratta
bene la mia sorellina o sarà peggio per te.”
Lui
alza un sopracciglio.
“Cosa
farai? Chiamerai Johnnie Mayer per pestarmi?”
“Oh,
no. Per le cose di famiglia basto io e non ti conviene sapere cosa sono
in
grado di fare.”
Lui
mi guarda divertito, poi incrocia il mio sguardo serio e il sorriso
scompare
dal suo viso.
“Va
bene, la tratterò bene.
Ciao,
Chiara.”
“Ciao,ragazzi.
Divertitevi.”
Io
me ne torno in casa, ho fatto il mio dovere di sorella maggiore, ora
posso
dedicarmi ai compiti.
Che
palle!
Angolo
di Layla
Ringrazio
DeliciousApplePie
e staywith_me
per le recensioni.
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Capitolo 3 *** 3) La bambola demoniaca. ***
3) La bambola demoniaca.
Lunedì
preferirei buttarmi sotto un treno che tornare a scuola.
Non
posso permettermi di perdere un altro anno, purtroppo, così
mi strappo dalle
coperte, mi vesto e
scendo a fare
colazione.
Mia
madre e Isabel sono già in cucina, entrambe con lo stesso
sorriso felice di chi
è soddisfatto della propria vita e non ha nulla da temere.
Solo io temo Tom
DeLonge e nello stesso tempo voglio vederlo per via della mia cotta.
Che
gran casino!
Fatta
colazione ce ne andiamo a scuola, mia sorella non vede l’ora
di rivedere Mark,
il suo appuntamento ieri è andato benissimo: lei e Hoppus si
sono persino
baciati.
La
vita va bene a tutti tranne a me, solo a me riserva limoni.
Arrivate
a scuola e parcheggiata l’auto lei corre a cercare Mark, io
mi dirigo con passo
svogliato verso l’interno. Durante il fine settimana mi sono
tinta i capelli di
arancione per scazzo, Izzie dice che mi stanno bene.
Entro
e controllo l’orario, ho una materia che si chiama
“Laboratorio psicosociale” e
il mio istinto dice che sarà una noia terribile.
È
molto raro che il mio istinto si sbagli quindi devo prepararmi
psicologicamente.
La
professoressa che gestisce si chiama Jenkins ed è una donna
di mezza età dalla
voce fastidiosamente acuta, mi ricorda lo stridore delle unghie contro
la
lavagna.
“Bene,
ragazzi. Inizieremo un progetto in previsione di quando diventerete
genitori,
visto che a qualcuno di voi sicuramente capiterà presto.
Sorteggerò
delle coppie che si dovranno prendere cura di uno dei bambolotti qui,
sono
quasi come dei bambini veri.”
Io
la guardo stupita, invece di esortarci all’astinenza o
all’uso dei profilattici
questa donna vuole che impariamo a prenderci cura dei marmocchi?
È
pazza!
“Bene
inizio il sorteggio, la prima coppia è quella composta da
Malone Chiara
Elizabeth e da DeLonge Thomas Matthew.”
Io
sgrano gli occhi e alzo la mano.
“Non
si può cambiare partner, professoressa?”
“No,
Malone. Venga qui a prendere suo figlio.”
Io
mi alzo rassegnata e prendo il bambolotto che mi porge.
“È
una femmina, cara. Come la volete chiamare?”
“Figlia
di nessuno, va bene?”
“No.”
“Beh,
ci penseremo.”
Me
ne torno al mio banco, Tom è ora seduto al posto del tizio
vicino a me.
“Fammi
vedere nostra figlia.”
“È
solo un cazzo di bambolotto, non fare tutte queste scene.”
“È
nostra figlia, non è un bambolotto.”
Con
poca grazia gliela ficco in mano sperando che taccia.
Finito
il sorteggio delle coppie arriva il colpo di grazia: dovremo tenerci
questo
coso per una settimana e tenere una specie di diario.
Che
schifo.
“Vuoi
tenerla tu per la prima ora?”
“No,
ho educazione fisica, non mi piace che stia da sola.”
Io
gli appoggio una mano sulla spalla, il che è un gesto molto
pericoloso.
“Tom,
non è un vero bambino, è solo una bambola,
capito?”
“Ma
tu la tratterai come se fosse vera, io e te abbiamo ancora qualcosa da
chiarire
comunque.”
Infuriata
come una iena esco con la pupattola sotto braccio e mi dirigo alla
prossima
aula: matematica.
Mi
siedo al primo posto
che trovo libero e
appoggio la bambola accanto a me sperando che stia zitta, il professor
Olsen
non ama chi lo disturba durante le sue complicate lezioni.
Poco
dopo arriva in classe, fa l’appello – come al
solito – e nota la bambola, le
sue labbra si stringono, ma non dice nulla.
Inizia
a spiegare e dieci minuti dopo il congegno infernale inizia a piangere,
io non
so cosa fare, la cullo, le canticchio qualche canzone.
“Faccia
tacere quel coso, Malone!”
“Non
ci riesco, professor Olsen! Ringrazi la professoressa Jenkins per
questo
inconveniente!”
Lui
mi guarda un attimo sbalordito, poi una luce maligna si accende nei
suoi occhi.
“Sì,
Malone. Penso proprio che andrò a ringraziarla, sono stufo
delle idee di quella
donna, finiscono sempre per rovinare le mie lezioni!”
Esce
sbattendo la porta, lasciandomi con il problema di come far smettere di
piangere la cosa che ho in mano.
Le
provo tutte di nuovo, poi mi volto verso i miei compagni, disperata.
“Vi
prego, datemi una mano!”
“Sei
una donna, Malone. Le donne sanno come far tacere i bambini!”
Mi
urla lo spiritoso della classe, io vorrei ucciderlo.
“Beh,
io non sono tanto brava con questi… Cosi.
Sono
piccoli, fragili, ho paura di romperli.
Quante
chance avrò di essere creduta quando avrò
spezzato l’osso del collo di mio figlio
perché non so come trattarlo?
Nessuna!
Finirò in galera per un.. neonato!”
Mi
guardano tutti stralunati, fino a che Helen – una ragazzina
dai lunghi capelli
neri – non me lo toglie delicatamente dalle mani e lo fa
addormentare
cullandolo e canticchiandogli qualcosa.
“È
che sente che tu non le vuoi affatto bene.”
“Helen,
ti ringrazio, ma è una bambola!”
Lei
scuote la testa.
“Si
comporta come un bambino vero e quindi potrebbe percepire se ti fa
piacere
averla accanto oppure no.”
Io
sbuffo.
“Sembri
Tom, queste bambole non sono bambini, non sentono quello che noi
proviamo.”
Rimetto
delicatamente il mostro a letto, giusto poco prima che arrivi il
professor
Olsen. Per una grazia di un non so quale dio sta zitta per tutta la
lezione e
il professore non si arrabbia ulteriormente, la mia media è
già abbastanza
bassa.
Finita
la lezione cerco Tom per tutta la scuola e gli rifilo il bambolotto in
braccio,
senza ascoltare le sue proteste.
Sono
arrabbiata come non mi succedeva da tempo, vado alla lezione seguente
con la
faccia del serial killer latente, tanto che spavento persino mia
sorella.
“Cha,
che ti è successo?”
“È
successo che la Jenkins ci ha assegnato un compito stupido! Ha creato
delle
coppie e gli ha affidato un bambolotto che si comporta come un bambino
vero per
prepararci all’essere genitori.
Immagino
sarebbe stato troppo facile dire: non scopate, usate il preservativo,
prendete
la pillola!
Io
sono finita in coppia con Tom, ti rendi conto?”
Lei
mi guarda un attimo.
“Quanto
vorrei che un compito del genere lo dessero a me e a Mark!”
Io
scuoto la testa, da quando è riuscita a conoscere Hoppus lo
ficca in tutti i
discorsi possibili e immaginabili.
Seguiamo
insieme tutte le lezioni fino alla pausa di mezzogiorno, ho
già preso il rancio
quando Tom si siede al nostro tavolo insieme al piccolo mostro e ad
Anne.
“Non
sei stata molto gentile mollandomi nostra figlia
così.”
“Non
è nostra figlia, Tom! È solo un dannato
bambolotto!
Ciao,
Anne!”
Anne
è la cosa più vicina ad un’amica che io
abbia, da quando ci siamo chiariti
sulla questione “Johnny” ha smesso di essermi
ostile e ho scoperto che è
simpatica.
“Ciao,
Chia. Tom, Chia ha ragione, è solo un bambolotto non
dovresti farti paranoie e
far andare in paranoia gli altri.”
Lui
sbuffa e comincia a mangiare in silenzio, presto lo imitiamo tutti.
“Anne,
tuo fratello lavora ancora da Davies?”
Chiede
mia sorella ingoiando un boccone di polpette.
“Sì,
perché?”
“Dici
che sarebbe une bella idea se io andassi a trovarlo dopo il lavoro,
cioè lo
vado a prendere e poi ci facciamo un giro insieme.”
La
faccia di Anne diventa brutta per un attimo e la sua forchetta muove
leggermente i piselli che accompagnano le polpette.
“No,
penso che non sia una buona idea.
Aspetta
che sia lui a farsi vivo.”
Lei
annuisce depressa, mi sa che c’è qualcosa sotto,
dopo lo chiederò ad Anne.
Finito
il pranzo, Tom mi molla di nuovo la pupattola e tenendola in braccio
vado a
lezione si spagnolo insieme ad Anne.
“Come
mai hai detto a mia sorella di non fare una sorpresa a Mark?”
Lei
sospira.
“Perché
ha una mezza storia con una sua collega che si chiama Josie. Penso si
stiano
mollando, ma Isabel non la prenderebbe bene.”
“Ho
capito. Spero che la molli, perché se tiene il piede in due
scarpe lo pesto.”
Faccio
scrocchiare minacciosamente le nocche, facendo spaventare la piccola
Satana che
ho in braccio.
“Oh,
Cristo. Non di nuovo!”
Lentamente,
mettendoci tutta la dolcezza che riesco a trovare la cullo e le canto
una ninna
nanna, finalmente tace.
“Dovremmo
nutrirla, ma con che cosa?”
“Forse
basta che le metti in bocca un biberon vuoto, Tom l’ha
già battezzata, non te
l’ha detto?”
“No.
Come l’ha chiamata?”
“Ava.”
Un
brivido corre lungo la mia schiena, questo mostriciattolo si chiama
come me.
Il
resto delle lezioni trascorre tranquillamente, la rottura arriva quando
finiscono. Tom è appoggiato alla mia macchina insieme a mia
sorella.
Che
deja-vu!
“Ciao,
cosa ci fai qui?”
“Vengo
a casa tua per prenderci cura della bambina.”
Io
alzo gli occhi al cielo, ma perché?
Il
mio istinto è diviso in due, dall’altro
è felice perché trascorre tutto questo
tempo con Tom, dall’altra teme che presto il mio segreto
verrà fuori. Se
dovesse succedere sarebbe una tragedia!
“Va
bene, va bene.”
Ci
sarà anche Isabel, posso sopportare questa situazione.
Saliamo in macchina e
andiamo a casa mia: stranamente la macchina di mamma è
già parcheggiata nel
vialetto.
Apro
la porta di casa e la vedo china su una pianta, quando sente le nostre
voci
alza lo sguardo, è stupita.
“Come
mai c’è anche lui e tu hai una bambola in
braccio.”
“È
n..”
Gli
rifilo una gomitata nelle costole.
“La
professoressa Jenkins ci ha assegnato un compito, far finta che questo
sia
nostro figlio o figlia e prendercene cura insieme. Io sono finita con
Tom, che
la fastidiosa abitudine di credere che questo bambolotto sia davvero
nostra
figlia.”
Mia
madre ride.
“Ok,
andate pure in salotto, volete qualcosa da bere o da
mangiare?”
Alla
fine accettiamo volentieri le patatine e la coca che ci offre, io
inizio subito
con matematica, Tom invece inizia a giocare con la bambina.
Continua
a ripeterle “bubusettete” in continuazione
facendola ridere, peccato che questo
renda molto difficile concentrarmi sui compiti.
Sono
quasi tentata di andare nella stanza del deserto pur di avere un
po’ di pace,
non lo faccio solo perché Tom vorrebbe venire anche lui.
Alla
fine la bambina scoppia a piangere e non c’è ninna
nanna che tenga, continua.
“Credo
abbia fame.”
Dico
io piatta, alzando la testa dai miei compiti.
“Come
la nutriamo?”
“Non
lo so, ma secondo Anne dovremmo provare a metterle in bocca un biberon
vuoto,
ce n’è uno nel kit che ci ha dato la
Jenkins.”
Lui
fruga nella borsa che ci ha dato la vecchia strega e trova un biberon,
lo
infila nella bocca del bambolotto che inizia
a succhiare il nulla, ma almeno tace.
Dopo
aver finito, la bambola si addormenta e Tom si svacca sul divano.
“Ho
sentito che hai dato un nome alla bambola.”
“Sì,
l’ho chiamata Ava, ti piace?”
“Carino.”
Dico
in tono misurato per non fargli capire quanto mi turbi il fatto che
abbia chiamato
la cosa come me.
“Cosa
stai facendo?”
“Matematica.”
“Faccio
schifo in matematica.”
“Anche
io, ma bisogna pur farla, no?”
Lui
rimane un attimo in silenzio.
“Perché
ti scoccia così tanto occuparti di Ava?”
Io
non alzo nemmeno gli occhi.
“Non
sono affari tuoi.”
“È
perché sei stata adottata?”
“Forse.”
Altro
attimo di silenzio.
“Perché
mi odi così tanto?”
“Non
ti odio, è che quando vuoi sai essere estremamente testardo
e fastidioso e mi
dà fastidio.”
“Capisco,
me lo dicono spesso.”
“Deduco
che non te ne importi molto degli altri se continui a comportarti
così.”
“Esatto,
sono fatto così. Non posso farci nulla, come tu non puoi
fare a meno di essere
la donna dai tanti segreti.”
Io
sbuffo, con il cuore a mille.
“Smettila,
Tom. Non è vero, sono solo una banale studentessa.”
“No,
non proprio. Prima o poi mi dirai la verità.”
I
miei occhi diventano tristi per un attimo, anche se non dovrei
frequentarlo – e
men che meno amarlo – mi sento male perché lui mi
frequenta solo per i miei
segreti, non perché gli piace la mia compagnia.
“Ehi,
Chia. Cosa c’è?”
“Niente,
adesso mi rimetto a fare i compiti. Tu non ne hai?”
Lui
si batte una mano sulla fronte.
“Giusto,
letteratura.”
Anche
lui finalmente si mette a lavorare e c’è silenzio,
mamma passa ogni
tanto a controllare e mio malgrado
si crea un’atmosfera di complicità tra di noi.
Lo
so benissimo che deriva dal fatto che per una settimana dovremo
occuparci della
pupattola, ma mi fa comunque piacere. A intervalli regolari una voce mi
suggerisce di dire tutto a Tom e di essere
totalmente sincera con qualcuno per una volta nella vita,
ma non riesce
mai ad avere la meglio.
Ogni
volta immagino i giornali, l’FBI che mi preleva e mi
allontana per sempre dalla
mia famiglia, dalla mia vita e poi non potrei sopportare che anche a
Johnny
succedesse tutto questo solo per colpa mia.
Alle
sei io ho finito gli esercizi e Tom il suo tema di letteratura.
“Beh,
adesso io vado. Tu tratta bene la piccola.”
“Perché
deve rimanere da me?”
“Perché
devi affezionarti a lei.”
Io
sbuffo platealmente, incrociando le braccia davanti al busto.
Lui
ride e mi dà un bacio sulla guancia, prima di farmi un cenno
di saluto e
sparire nella luce morente del sole del tramonto.
Solo
quando so che è fuori dalla visuale mi tocco la guancia e
non posso fare a meno
di sorridere.
“Chiaraaa!”
Urla
mia madre, rovinando questo momento quasi romantico.
“Vieni
ad aiutarmi con la cena.”
“Va
bene, mamma!”
Urlo
io, entrando in casa.
“Quel
ragazzo ti piace, vero?”
Io
arrossisco.
“Mamma!”
“Cosa
c’è di male ad ammetterlo?È molto
carino, anche se non mi piacciono i capelli
blu, i piercing e i tatuaggi.”
“Mamma,
non ho speranze. È uno di quei ragazzi da una botta e via e
io non voglio
essere l’ennesimo nome da aggiungere a una lista di ragazze
che si è fatto.”
Lei
non dice nulla.
“Vi
hanno dato un compito stupido.”
“Molto,
avrebbe più senso spiegare come non rimanere incinte che
prepararci ad essere
genitori.”
“Ti
pesa essere adottata?”
La
guardo perplessa.
“Perché
me lo chiedi?
Siete
stati una brava famiglia.”
“Grazie,
cara. Ho il sospetto che avere a che fare con quella bambola ti faccia
ricordare che tu non hai avuto una madre che lo facesse a te e che
questo ti
faccia stare male.
Io
taccio un attimo.
“Sì,
ma non posso farci nulla. È quello che sono e nessuno
potrà cambiarlo e, per
quanto faccia male, lo devo accettare.”
Lei
mi accarezza la testa.
“Sei
una brava ragazza.”
Io
annuisco, leggermente commossa.
Poco
dopo arriva a casa
mio padre e lancia
un’occhiata scettica al bambolotto.
Una
volta che gli ho spiegato cosa devo fare lui si acciglia.
“Non
dovrebbero insegnarvi a non avere figli, non a prendervene
cura?”
“Lo
penso anche io, ma la profe la pensa diversamente. È
convinta che non siamo in
grado di resistere al richiamo della passione, un po’ come le
bestie.”
Lui
scuote la testa.
“Insegnanti
moderni!”
Borbotta
mentre sale in bagno a fare la doccia.
Mangiamo
allegramente, il fatto che abbiano tentato di spararmi sembra aver
sollevato
l’umore della mia famiglia e abbia fatto decidere ai miei di
tornare a
trattarmi bene.
Finita
la cena la figlia di Satana scoppia a piangere, mia madre la guarda con
occhio
clinico.
“Credo
abbia fame.”
“Ma
gli abbiamo dato da mangiare prima!”
“Cosa?”
Io
mi gratto la testa.
“Beh,
un biberon vuoto. Io e una mia amica abbiamo pensato che bastasse
questo a
saziarla.”
“Metti
dell’acqua nel biberon.”
Io
eseguo e mia madre glielo fa bere, alla fine la bambola rutta
soddisfatta.
Io
sto per tirare un sospiro di sollievo, ma non è ancora
finita, adesso il mostro
piange per una ragione ignota.
“Credo
che ti debba cambiarle il pannolino.”
“Oh,
no!”
Esclamo
terrorizzata.
Prendendo
la bambola e un pannolino dal kit della pazza salgo in bagno. Mia madre
ha
ragione: il pannolino è bagnato. Glielo tolgo con cura, la
pulisco, gli metto
la cremina e il talco, poi ne metto uno nuovo.
Adesso
spero non abbia più bisogno di nulla perché devo
ripassare matematica, domani
interroga e potrebbe decidere di interrogare me per via della bambola.
Studio,
finito quello mi butto sul letto.
Adorata
pace.
Adorata
pace, un cazzo!
Tom
entra dalla mia finestra e io faccio un salto di tre metri buoni.
“Cosa
ci fai qui?”
“Do la buonanotte ad Ava! Buonanotte, piccolina.”
Le
dà un bacio e poi ne dà anche a me sulla guancia,
poi scompare nelle notte.
Ancora
una volta mi porto la mano sulla guancia, mi fa tanto piacere e questo
non va
bene.
Mi
fa venire voglia di rivelargli il
mio
segreto e non sono ancora sicura di potermi fidare di lui.
Non
voglio finire sezionata dai federali e poi magari in uno zoo.
“Chia,
raro esemplare di aliena femmina.”
Non
voglio che succeda.
Cosa
devo fare?
Angolo di Layla
Ringrazio staywith_me e
DeliciousApplePie
per le recensioni, per me significano molto.
|
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Capitolo 4 *** 4)Affezionarsi sì, affezionarsi no. ***
4)Affezionarsi
sì, affezionarsi no.
La
mattina dopo mi sveglio grazie al pianto di Ava.
Piccola
rompicoglioni, tale e quale a suo padre!
Sto
iniziando a delirare anche io se considero quel coso vivo e soprattutto
figlio
mio e di Tom.
“Povera
me, come sono messa. Adesso vediamo cosa ha questa.”
La
ninno un po’, non si calma, forse ha fame.
Vado
in bagno e riempio il biberon di acqua e poi glielo do, si calma
all’istante e
io tiro un sospiro di sollievo. Oggi starà da Tom, non
c’è santo che tenga!
Mi
lavo, mi vesto e scendo a fare colazione, con il mostro in braccio;
devo avere
un’aria terribile perché nemmeno Izzie si azzarda
a fare una battuta, tace e mi
guarda un po’spaventata.
“È
qui anche oggi?”
“NO,
oggi, cascasse il mondo starà da Tom. Un giorno per uno mi
sembra un patto
equo.”
Faccio
colazione di malumore, ingurgitando i cereali senza nemmeno sentire
davvero il
sapore: sono stanca e di malumore.
Quel
congegno meccanico mi sta ricordando la gente che mi ha abbandonato qui
senza
nemmeno farmi sapere perché o con qualcuno a proteggermi: in
un certo senso mia
madre ha ragione.
Ma
cosa posso farci?
Non
posso urlare al cielo sperando che mi sentano.
“Izzie,
mi faresti un favore?”
“Dimmi.”
“Mi
terresti d’occhio Ava, la bambola, mentre io salgo a prendere
il kit e lo
zaino.”
Lei
annuisce.
“Spero
non si metta a piangere quando sono da sola, mi fa
soggezione.”
Io
alzo gli occhi al cielo e salgo in camera mia a recuperare le cose che
mi
servono per questa noiosa giornata scolastica.
Dabbasso
trovo mia sorella che scruta la bambola, mezza curiosa e mezza
spaventata.
“Non
mangia, tranquilla.”
“No,
è che non mi piace sentire il pianto dei bambini. Mi manda
fuori di testa, come
se io fossi la peggiore persona del mondo per averli fatti
piangere.”
“Io
ho paura di romperli, sono talmente piccoli
e…fragili!”
Rabbrividisco.
Mi
metto lo zaino sulle spalle, prendo Ava e la borsa e poi io e Izzie
urliamo un
saluto a nostra madre, che ricambia dal piano di sopra.
Andiamo
a scuola senza dirci granché, io sono assonnata, lei quasi
terrorizzata da
Chuckie, la bambola assassina.
Arrivate
a scuola, va dalle sue amiche e io entro con la bambola in braccio e
per
fortuna non sono l’unica. In un angolo vedo una cinesina in
classe con noi che
insulta un messicano,scuotendo la bambola. Probabilmente sono partner e
non
stanno andando d’accordo.
Strano
che Tom non si sia ancora fatto vedere…
All’improvviso
sento un “bu!” alle mie spalle e quasi Ava cade per
terra.
“Ma
sei scemo?
Potevi
farmi cadere la bambola.”
Lui
si gratta la testa, distratto dall’entrata del gruppo delle
cheerleader.
“Sì,
scusa. Che lezioni hai?”
“Biologia.”
“Ce
l’ho anche io, andiamo.”
Io
sospiro.
“Ai
suoi ordini!”
Gli
rispondo sarcastica, il mio cuore invece batte troppo velocemente. Non
volevo
un legame con Tom, eccomi servita al contrario!
Entrambi
ci rechiamo all’aula di Biologia, Tom fa lo scemo con la
bambina sollevando
tutti gli “oh!” ammirati di quelle oche delle mie
compagne.
Odiose.
Non
capisco come facciano a farsi abbindolare così da una
cazzata del genere,
fortunatamente l’arrivo del professore le fa smettere e
purtroppo attira la sua
attenzione su di noi.
“Voi
due siete una coppia mal assortita e cosa ci fa quello
lì?”
Indica
la bambola.
“È
un progetto che ci ha assegnato la professoressa Jenkins.”
“Quella
vecchia stramboide, non è nemmeno capace di sorteggiare
coppie che funzionino!
Tutti
gli anni è sempre la stessa storia, come se quei due
avessero la minima
possibilità di mettersi insieme!”
Borbotta
sottovoce, facendomi arrabbiare.
Cosa
diavolo insinua quel vecchio matto?
Come
si permette?
Senza
che Tom se ne accorga fulmino il professore con
un’occhiataccia.
“Visto
il regalino che Malone e DeLonge hanno con sé ho deciso che
oggi ci vedremo un
bel video. Adesso vado a prendere il televisore, vedete di non demolire
l’aula
mentre sono fuori.”
La
classe tira un sospiro di sollievo e ci ringrazia con una muta occhiata
di
gratitudine.
Poco
dopo il professore rientra, inserisce una cassetta nel vecchio
videoregistratore e poi spegne le luci.
Sono
vicina a Tom. Al buio.
L’elettricità
che c’è di noi si sente a kilometri di distanza,
mi sorprendo che qualcuno non
cada fulminato anche solo standoci vicino.
Lentamente,
durante il filmato, Tom si avvicina sempre di più a me e
alla fine mi avvolge
un braccio attorno alla spalla.
Basta
questo a darmi una scarica elettrica e credo l’abbia sentita
anche lui, eppure
nessuno dei due ha il coraggio o la voglia di spostarsi.
Rimaniamo
così, ognuno si gode la presenza dell’altro come
può e, come ho già detto,
questo non va affatto bene.
Sono
un’aliena, non posso lasciare che lui sappia il mio segreto,
anche se è
ammirabile come non mi
abbia chiesto più
nulla dalla volta che sono scappata dal bagno.
Forse
ha cambiato strategia.
Forse
vuole farmi diventare sua amica in modo da non costringermi con le
cattive a
rivelargli perché lui sta bene quando dovrebbe essere tre
metri sottoterra, con
la madre che viene a piangere ogni giorno sulla sua tomba.
Rabbrividisco
a questa prospettiva e involontariamente il suo braccio mi stringe di
più a sé,
per di più la mostricciattola non si sveglia, non piange ,
non fa niente; dorme
tranquilla e beata nella culla che c’era nel kit.
Quando
c’è bisogno di lei non serve, merda!
Finito
il filmato Tom si stacca – come se fosse la cosa
più naturale del mondo stare
abbracciato a me! – e si rimette al suo banco con nonchalance.
Siccome
ho educazione fisica gli mollo la bambina e me ne vado, da una parte
felice e
dall’altra spaventata a morte dalla piega che hanno preso gli
avvenimenti.
Cosa
diavolo ha in mente?
E
perché ho il sospetto che – io lo voglia o no
– lui saprà la verità su cosa
sono e chissà, magari anche da dove vengo.
Paura.
Il
resto della mattinata trascorre tranquillamente, più o meno.
Ogni
tanto la mocciosa si mette a piangere e devo uscire dalla classe per
calmarla.
È
difficile per me avere a che fare con un esserino che se frega se tu
stai
seguendo o meno una lezione e vuole tutta la tua attenzione.
Il
pomeriggio spero se la prenda Tom, io sono un po’ stanca.
Arrivo
a mensa con l’andatura e la vivacità di uno
zombie, Izzie e Tom sono già seduti
a un tavolo.
“Questo
pomeriggio te la prendi tu, ok?”
Lui
annuisce, divertito.
“Non
è facile stargli dietro?
Pensavo
che voi donne fosse programmate per curare i bambini. Tipo una lucina
che va in
modalità on non appena scoprite di essere incinte.”
Io
lo guardo come se l’alieno della situazione fosse lui.
“Sei
matto da legare e comunque io non sono stata incinta di questa..
cosa.”
Lui
scoppia a ridere e Isabel lo segue a ruota.
“Non
riesci proprio ad affezionarti ad Ava.”
“Tom,
vuoi cortesemente spiegarmi qual è il senso di affezionarsi
a una bambola che
tra cinque giorni tornerà nell’armadio della
Jenkins?”
Lui
non risponde e ride, che voglia di prenderlo a sprangate!
Mangio
in quello spero sia un dignitoso silenzio e noto che tra mia sorella e
Tom c’è
un bel feeling, quasi come se lei fosse la fidanzata di Mark.
Un
momento…
“Izzie!”
“Cosa
c’è?”
“Non
sarai la ragazza di Mark Hoppus?”
Lei
arrossisce di botto.
“Ehm,
sì. Ci siamo messi insieme da poco.”
“Quando
volevi dirmi?”
Le
dico seccata.
“Il
giorno in cui vi avrei scoperti a scopare nel letto di mamma e
papà?”
Lei
arrossisce ancora di più, se possibile.
“No,
te l’avrei detto quando le cose si farebbero fatte
più… stabili. Mark deve,
ehm, liberarsi di una certa Josie.”
Almeno
è stato sincero e questo è un bel segno.
“Bene.”
“Oh,
non credevo che un cuore di ghiaccio come te avesse l’istinto
della sorella
maggiore protettiva.”
Io
gli tiro una pedata sulla tibia, facendolo piegare in due.
“Adesso
lo sai.”
Sorrido
innocente.
“Sei
matta.”
“Oh,
ci tieni proprio ad
alzarti da questo
tavolo in sedia a rotelle.”
Lui
fa uno strano ghigno e non dice nulla.
Finito
di mangiare prende la bambola e se ne va.
“Strano
che non abbia fatto battute.”
“Forse
non era in vena o forse gli piaci.”
Io
rischio di soffocarmi.
“Io
che piaccio a lui?
Impossibile.”
“Secondo
me lo intrighi perché continui a nasconderti, i misteri sono
eccitanti.”
Dice
lei saggia e dentro di me si fa di nuovo largo la vocina maligna che mi rimprovera di averlo
salvato, ma non se
l’avessi fatto che razza di essere sarei?
Un
essere meschino e schifoso, temo che se non l’avessi salvato
e l’avessi
lasciato lì a morire non me lo sarei MAI perdonato. Sarebbe
stato il mio
rimorso fino all’ultimo giorno di vita, il mio incubo la
notte, l’omicidio
impossibile da rivelare.
Sarebbe
stato un fantasma insepolto nell’oscurità della
valle.
Senza
pupattola al seguito le lezioni sono molto più piacevole da
seguire,non rischio
di essere oggetto di collera o biasimo o essere costretta a uscire.
Che
pace!
Finite
le lezioni non mi stupisce vedere Tom vicino alla mia macchina, sembra
che
ormai noi abbiamo un appuntamento fisso lì.
“Stasera
mi occuperò io della bambina, vuoi salutarla?”
Io
sospiro e accarezzo lentamente la fronte di Ava.
“Ti
mancherà?”
“Onestamente,
non lo so. Credo di no, però.”
Lui
scuote la testa e se ne va e a me rimane un leggero e incomprensibile
senso di
delusione, aspetto Izzie e poi andiamo a casa.
Facciamo
merenda e poi lei si chiude in camera sua a telefonare a Mark e io a
fare i
compiti.
Non
sono tanti, in un’ora li ho finiti e rimango senza nulla da
fare. Senza nemmeno
pensarci – Isabel potrebbe entrare da un momento
all’altro e sarebbe difficile
spiegarlo cosa e come lo sto facendo – faccio levitare una
palla bianca.
A
un mio comando la si illumina dall’interno di una luce bianca
che poi comincia
pigramente a scandire i vari colori dell’arcobaleno come in
una vecchia
filastrocca di cui ho dimenticato il resto.
“Rosso,
arancione, giallo, verde, azzurro, indaco,
violetto…”
Rosso
come l’amore, arancione come l’amicizia, giallo
come la gioia, verde come la
speranza, azzurro come la felicitò, indaco come la
serenità, viola come la
morte.
Una
sintesi impossibile di una vita perfetta.
All’improvviso
la lascio cadere, quasi quasi mi aspetto che si rompa, ma è
tornata una banale
palla di gomma che non si distrugge per una caduta.
La
faccio tornare al suo posto e mi giro a pancia sul letto, a guardare il
soffitto.
Non
lo ammetterei nemmeno sotto tortura, ma Tom e Ava mi mancano,
più di quello che
avrei creduto possibile.
Sto
diventando sentimentale, vado a fare un salto di Johnny, con lui un
bagno
gelido nella realtà è assicurato e io non posso
abbandonarmi a queste
fantasticherie.
Prendo
la borsa e urlo a mia sorella che esco.
Tom
e Ava sono di nuovo lontano chilometri dai miei pensieri,
così va già meglio.
L’appartamento
di Johnny è il solito caos, lui è stravaccato sul
divano a guardare la tv.
“Ciao,
punk.”
“Ciao,
pixie. Come mai qui?”
Io
mi siedo accanto a lui.
“Avevo
bisogno di un bagno di realtà.”
“E
hai pensato a me, brava ragazza. Cosa succede?”
“Tom.”
Lui
fa una smorfia strana.
“Cosa
ha fatto?”
“Nulla
di male, solo che sembra davvero affezionato alla bambola e da uno come
lui non
te lo aspetteresti. Pensavo fosse uno che sparisse alla p di padre e
invece no,
considera la bambola come se fosse davvero sua figlia e sembra
così contento
Poi
non è nemmeno così insistente e sembra
approcciarsi a me con cautela, non so a
che gioco stia giocando. Izzie dice che gli piaccio e che
l’ho stuzzicato.”
Johnny
si stiracchia pigramente sul divano, come invidio la sua indifferenza!
“Izzie
ha ragione. Una ragazza che pur di non parlare con te scappa dai bagni
attraverso la finestra attizza abbastanza.”
“Quindi
è per quello che si comporta così, per
farmi?”
“Per
farti e sapere come hai fatto a guarirlo, la gente tende a parlare
troppo dopo
le scopate.”
Io
sospiri amareggiata, mi ero quasi affezionata a lui.
“Grazie
del bagno di realtà, ne avevo bisogno.”
“Figurati.
Spero solo che tu non soffra o lui la pagherà.”
Io
rimango a lungo in silenzio.
“Sai,
Johnny, penso che alla fine – in un modo o
nell’altro – sarà inevitabile dargli
delle spiegazioni.”
“Sai
come la penso e sai come agirò.”
“Come
un buon guardiano, sono stata stupida a salvarlo.”
Lui
mi guarda con gli occhi fuori dalle orbite, come se avessi detto una
bestemmia
irripetibile.
“Non
dirlo mai più, tu non sei stupida e probabilmente se anche
io avessi una
ragazza umana di cui sono innamorato, avrei fatto la stessa cosa. Siamo
alieni,
ma anche umani con un cuore, non è quello che tu hai sempre
sostenuto?”
“Sì.”
“E
allora continua a sostenerlo e non sentirti stupida, sei molto
più coraggiosa
di altra gente.”
“Grazie,
Johnny. Avevo bisogno di qualcuno che mi dicesse anche
questo.”
Guardo
l’orologio e mi accorgo che rischio di arrivare in ritardo
per la cena.
“Beh,
la Braveheart di Poway se ne va o altrimenti rischia di beccarsi delle
lamentele perché non arrivata in orario per la cena.
Ti
voglio bene, Jhonny.”
“Anche
io te ne voglio, testa calda.”
Esco
da casa sua più sollevata, lui ha sempre avuto lo strano
effetto di calmarmi.
Riesco
persino ad arrivare in orario per la cena e nessuno si lamenta, al
contrario
mangiamo tranquillamente senza essere interrotti dai pianti della
bambina.
Un
po’mi manca, nonostante tutto quello che mi abbia detto
Johnny, e non vorrei
che succedesse, non amo affezionarmi a qualcuno o qualcosa che poi se
ne andrà.
Guardo
un po’ di tv con Izzie e poi saliamo nelle nostre camere,
nella mia però c’è
qualcosa di strano: seduto sul letto c’è Tom con
la mostriciattola in braccio.
“Cosa
ci fai qui? E se ti beccassero i miei?”
Lui
alza una mano scocciato.
“Volevo
farti salutare Ava prima di metterla a letto.”
“Tu
sei matto come un cavallo, DeLonge. Devo ricordarmi di scriverlo nella
relazione.”
Lui
ridacchia sommessamente.
“Dai,
non vuoi salutarla?”
Io
mi avvicino cautamente – ho una paura folle che si svegli e
denunci ai miei la
presenza difficilmente spiegabile di Tom nella mia camera – e
le accarezzo una
guancia.
Non
succede nulla e oso darle da un bacio sulla fronte, per fortuna
continua a
tacere.
“Fatto.”
“Non
ti sto proprio simpatico, eh.”
Io
non riesco a rispondere e lui si avvicina alla finestra, mettendo Ava
nello
zaino.
“Un
giorno o l’altro ti farò cambiare idea su di me e
avrò le risposte che cerco.”
Se
ne va lasciandomi in preda a una sottile inquietudine, ho il sospetto
che ce la
farà e che quel giorno sarà molto difficile e
brutto per me.
Mi
butto sul letto, non appena mi ci sono distesa sento la porta aprirsi:
è Izzie.
“C’era
qui Tom?”
“Sì.”
“Che
risposte gli devi dare?”
“Niente
di importante, Izzie.”
Lei
sbuffa.
“Io
credo che lo siano, non si comporterebbe così altrimenti, e
non capisco perché
tu non me le voglia dire.”
“Perché
davvero non è importante, è solo Tom che
è matto.”
Lei
si avvicina alla finestra.
“Non
è che c’entra quello che è successo al
Blue Monn?
Quel
giorno c’era anche lui e dicono che se la sia cavata per un
pelo, visto che la
pallottola l’ha solo sfiorato, anche se non si capisce bene
come.
Ci
sono pettegolezzi che dicono che quel proiettile se lo sia preso eccome
e che
Dio abbia fatto un miracolo.”
“Non
mi interessa. Voglio solo dimenticare quel giorno e quello che lui
vuole non
c’entra molto con il Blue Moon.”
“Se
lo dici tu.”
Se
ne va amareggiata.
E
così parlano addirittura di un intervento divino per quello
che è un atto di
sventatezza di una giovane aliena innamorata. Divertente.
Quasi
quasi scoppierei a ridere se fossi sicura che Izzie non mi potesse
sentire,
devo comunque comunicarla a John, questo lo farà sbellicare
dalle risate.
Apro
la connessione mentale con lui e gli racconto degli ultimi pettegolezzi
ascoltati da mia sorella, non appena ho finito lo sento scoppiare a
ridere di
gusto.
“E
così ora saresti Dio?”
Mi
chiede divertito.
“A
quanto pare. Dio è qualcosa a cui i terrestri pensano prima
rispetto agli
alieni, devi ammetterlo.”
“Sì,
in effetti, sì. Però fa ridere immaginarti come
un tizio dalla barba bianca, in
tunica bianca e sandali!”
“Ehi,
senza barba! Sono una ragazza, cazzo!”
Lui
ride.
“Ok,
senza barba. E adesso, Dio, va a dormire.”
“Va
bene.”
Mi
metto in pigiama e mi stendo a letto, la conversazione con Johnny mi ha
fatto
ridere e sorrido ancora mentre cado tra le braccia di Morfeo.
Per
ora mi sembra tutto gestibile, forse ce la posso fare o forse
è la calma prima
della tempesta. Chi lo sa.
Per
ora spero solo che Tom non si faccia ancora avanti con la storia delle
risposte
perché adesso anche mia sorella sembra interessata alla
questione.
Spero
di avere ancora un po' di tempo per rimuginare su cosa fare, non voglio
perdere
tutto!
Non
ce la farei!
Angolo di Layla
Ringrazio staywith_me e
DeliciousApplePie
per le recensioni,
|
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Capitolo 5 *** 5)Mi manchi, purtroppo, mi manchi. ***
5)Mi manchi, purtroppo, mi
manchi.
La
mattina dopo mi sveglio di umore strano e cerco di appiccicarmi in
faccia
l’espressione più normale che riesco a produrre.
Stranamente anche Isabel
sospetta qualcosa e non voglio darle altri indizi o motivi di sospetto
comportandomi
in modo strano.
Scendo
a fare colazione e saluto tutti apparentemente insonnolita, in
realtà sono
vigile come se mi trovassi in un territorio nemico e forse è
così: io sono
un’aliena in fondo.
Finito
di fare colazione, andiamo a scuola.
In
macchina io e Isabel manteniamo una conversazione leggera e divertente,
entrambe vogliamo rimanere distanti dal vero nodo della questione.
Arrivate
a scuola, Tom ci aspetta con in braccio Ava.
“Ciao,
ragazze!”
“Ciao,
Tom!”
Rispondiamo
in coro sorridendo.
“Oggi
Ava la tieni tu.”
“Va
bene.”
Me
la porge e come arriva tra le mie braccia inizia a piangere, io le do
il
biberon, sperando di calmarla e ce la faccio, per fortuna.
“Cosa
le avrò fatto?”
“La
tratti come una bambola.”
Mi
risponde Tom.
“È
una bambola, Tom.”
Lui
sbuffa.
“Non
per questo devi essere così poco affettuosa.”
“Ok.”
Entriamo
a scuola e ci dividiamo, ognuno ha lezioni diverse. Io mi sto avviando
alla mia
quando vengo circondata da un gruppo di ragazze. Dio, ti prego
fa’ che non sia
per Tom, queste cose succedono solo nei telefilm!
“E
così sei la ragazza di Tom!”
Esordisce
una cheerleader che per la prima volta mostra il suo volto da arpia nel
sorriso
cattivissimo e nelle rughe d’espressione che affiorano da
sotto tre quintali di
fondotinta,
“No,
devo solo fare un progetto con lui per scuola.”
“Se
è così gira alla larga da lui!”
“Devo
prendermi cura di questa bambola con lui, è ovvio che non
posso, idiota!”
Lei
scrocchia le dita e fa per tirarmi un pugno, io però la
blocco e comincio a
stringere il polso, lei geme per via del dolore.
“Sentitemi
bene, imbecilli.
Se
amate o siete cotte di Tom non mi interessa, sono problemi vostri e
dovete
risolverli da sole. Osate ancora una volta disturbare me o Izzie e vi
ammazzo,
sono stata chiara?”
Stringo
ancora un po’il polso della cheerleader, sento
l’osso che è pericolosamente
vicino allo spezzarsi – è un bel rumore
– e le sue guance sono solcate da
lacrime di dolore.
“Avete
capito?”
Loro
annuiscono e io lascio andare la loro capa improvvisata e me ne vado
verso la
classe di arte, per un paio d’ore mi rilasserò
dipingendo.
Che
bello!
La
mia lezione trascorre tranquillamente, peccato che entro
l’intervallo tutta la
scuola sappia dello scontro tra me e le ammiratrici di DeLonge e come
leggenda
metropolitana o pettegolezzo
è stata
gonfiata fino all’incredibile. Nelle versioni più
truculente si narra che io
abbia spaccato il polso alla capo cheerleader e poi steso le altre a
colpi di
konfu.
È
una vera seccatura arrivare a mensa e sentirsi gli occhi di tutti
addosso e dare
loro una qualche soddisfazione quando mi siedo in un tavolo con mia
sorella e
Tom.
“E
così hai pestato qualcuno per me.”
“No,
non ho pestato nessuno. Ho solo stretto un po’ troppo il
polso della capo
cheerleader dato che lei e le tue ammiratrici volevano picchiarmi per
farmi
smettere di girarti intorno.”
“Quindi,
alla fine tu hai picchiato qualcuno per me.”
“E
che credi che mi piaccia?
Io
non voglio picchiare nessuno, soprattutto per te. Sono stanca di questa
situazione, sono stanca di te!”
“Cosa?”
“Sono
stufa del fatto che mi giri continuamente attorno quando non
è necessario per
la bambola. Sono stanca, non mi piaci, sei solo uno stalker e uno
stronzo che
vuole solo scoparmi.
Beh,
non sarò un’altra che si aggiunge alla tua lista,
né ho intensione di darti
spiegazioni, ringrazia il buon Dio che ti ha lasciato vivere e
basta!”
Lui
mi guarda per un attimo – e giurerei che i suoi occhi
avessero uno sguardo
ferito – e poi se ne va senza dire una parola.
“Hai
esagerato.”
Mi
dice mia sorella.
“Ecchissenefrega!
Adesso voglio solo mangiare!”
Questa
volta Tom non mi aspetta alla mia macchina alla fine delle lezioni, mi
aspetta
sul portone, prende Ava e il suo set senza dire una parole e se ne va.
Forse
me lo sono tolto di torno, anche se in fondo al cuore la cosa mi
strazia. Sono
salva, ma con il cuore a pezzi, per quanto sia insopportabile e
pericoloso io
amo Tom.
Izzie
non mi dice nulla, ma nota che non sono troppo felice.
Devo
ringraziarla per non avere infierito.
Mi
manca.
Incredibilmente
– benché sia stato una seccatura per tutto il
tempo – mi manca e darei
qualsiasi cosa per tornare indietro nel tempo e non dire nulla.
Lo
vedo fare lo scemo con le ragazze nei corridoio e vedo che loro sono
tornate
felici, una volta lo becco addirittura a pomiciare con quella puttana a
cui ho
quasi rotto il polso nel cesso delle femmine.
Me
ne sono andata senza dire nulla, anche se dentro di me pensavo che quel
giorno avrei fatto bene a spaccarglielo quel cazzo di polso e magari
ficcarglielo nel culo.
Sono
imprigionata nelle conseguenze delle mie azioni, io di sicuro non gli
chiederò
scusa e – se conosco bene lui – non si
farà certo vivo, perché l’ho offeso.
Cosa
posso fare?
Non
lo so e i giorni passano. Ci alterniamo con Ava come due perfetti
estranei, da
parte sua non c’è più nessun tentativo
di comunicare con me, forse ha capito di
aver perso la guerra per avermi.
“Perché
non gli chiedi semplicemente scusa?
Sono
sicura che gli farebbe piacere, l’hai ferito.”
Mi
dice Izzie, io alzo le spalle.
“Ho
ferito solo il suo orgoglio, quello che si era fissato su di me per
potermi
scopare.”
“No,
non è così. Tu non lo conosci.”
“Tu
sì, vero?
Adesso
che esci con Mark credi di conoscere anche il suo migliore
amico!”
Sputo
acida.
“Ok,
io lascio perdere. Fai come vuoi, ma ricordati dei miei consigli,
almeno
quello..”
Io
annuisco e penso che la mia vita ha preso una brutta piega a causa di
Tom e
questa volta nemmeno Johnny riesce a tirarmi su.
Mi
sento uno schifo e l’unico sfogo è parlare con
Ava, che almeno tace e non mi fa
pesare il fatto di aver fatto io il danno.
È
strano occuparsi di lei, volente o nolente una voce dentro di me mi
rinfaccia
che nessuno ha fatto questo per me. Non so chi sia mai madre, non so
chi sia
mio padre, non so se siano stati felici quando lei ha scoperto di
essere
incinta.
Mi
piace pensare che lo siano stati e che poi qualcosa di brutto li abbia
costretti ad allontanarsi da me e a mandarmi su questo pianeta per
salvarmi.
Un’altra
voce dice che forse mi hanno semplicemente qui, perché non
mi volevano.
Abbandonata
come un cane in autostrada d’estate, indifesa e senza gli
strumenti adatti per
cavarsela e qualcuno di adulto a cui chiedere aiuto quando le cose
erano troppo
difficili.
Qualcuno
mi ha mai coccolata?
Qualcuno
mi ha mai nutrita o
mi ha cantato una
ninna nanna per farmi addormentare?
Qualcuno
ha mai vegliato il mio sonno perché
mi
voleva bene e voleva stare con me?
Sono
domande che rimangono e sono sempre rimaste senza risposta, ma che ora
dentro
di me generano un buco nero.
È
come se stessi tornando a essere la bambina che vagava nel deserto
appena fuori
Poway e questa volta non c’è la mano di Johnny che
stringe la mia.
Sono
da sola, terribilmente da sola.
Mia
madre sembra accorgersi che ho qualche problema, perché la
penultima sera in
cui mi tocca Ava entra in camera mia.
“Tutto
bene, tesoro?”
“No,
niente va bene. ogni volta che guardo questa bambola mi chiedo se
qualcuno
prima che mi lasciasse nel
deserto,
abbia fatto le stesse cose per me.
Allattarmi,
coccolarmi, cantarmi una ninna nanna, semplicemente guardarmi come se
fossi una
bella cosa.
E
poi mi chiedo perché sono finita nel deserto e che ne
è stato dei miei genitori
mi hanno abbandonato? Hanno avuto un incidente e sono stati mangiati
dai
coyote?
Perché?”
Lei
si siede sul letto.
“Non
so dove siano i tuoi genitori, né perché ti
abbiamo abbandonato, ma so una
cosa: ti hanno voluto bene.
Per
cinque anni ti hanno cresciuto bene, senza farti mancare nulla
perché quando
sei arrivata all’istituto eri ben tenuta e non denutrita.
Se
per te è così importante, non smettere di
cercarli.”
“Così
mi sembra di fare un torto a voi. Da voi ho avuto amore e sono stata
cresciuta
benissimo in mezzo a tanto affetto.
Non
so come ringraziarvi.”
Lei
sorride.
“Mi
fa molto piacere sentirti dire questo perché il nostro
obbiettivo quando ti
abbiamo adottata era che tu ti sentissi amata. Sono contenta che ci
siamo
riusciti, malgrado i nostri litigi e incomprensioni.
Per
il fatto che vuoi cercare i tuoi veri genitori è
perfettamente normale cercare
le proprie origini e voler sapere perché i tuoi genitori ti
abbiano lasciato
alle cure di altre persone.
È
perfettamente normale voler sapere la verità, in modo da
poter decidere con
equilibrio, una volta avuti tutti gli elementi in mano.”
Io
abbraccio mia madre e penso che sia una donna fantastica, mi piacerebbe
essere
come lei. È dolce, forte e comprensiva nello stesso tempo,
se ti trovi nei guai
lei arriva e ti ci toglie.
Le
sono infinitamente grata e sono spaventata, perché un giorno
dai guai dovrò
togliermici da sola e non so se sarò in grado.
L’ultima
giornata con Ava trascorre un po’ tristemente.
Quasi
quasi mi dispiace consegnarla alla Jenkins insieme alla mia
relazione,Tom non
mi guarda nemmeno di striscio e questo mi procura una piccola fitta al
cuore.
Non
era quello che volevo?
Non
volevo ch mi lasciasse in pace?
E
allora perché fa così male?
A
mensa mi siedo al tavolo di mia sorella e delle sue amiche, Tom fa il
cretino
al tavolo delle cheerleader. Fingo che non mi importi, ma infilzo con
fin
troppa violenza il mio nugget.
“Chia,
stasera mi accompagni al Soma?
Così
mamma mi lascia andare.”
“Va
bene, ma io non penso di rimanere lì.”
“E
dove vai?”
“Fatti
miei!”
Rispondi
piuttosto brusca, mia sorella si è abituata al mio malumore
di questi giorni e
non dice nulla.
Finite
le lezioni, mia
sorella chiede a mia
madre il permesso di andare al Soma.
“Solo
se ci va tua sorella.”
“L’accompagno
io, mamma. Non ti preoccupare.”
Lei
annuisce e mia sorella quasi mi stritola nel suo abbraccio. La sera
arriva
comunque troppo presto per i miei gusti.
In
un attimo siamo a cena e l’attimo dopo siamo sulla nostra
macchina dirette
verso il Soma, Izzie non sta più nella pelle, io invece sono
depressa come non
mai: non ho voglia di incontrare Tom.
Arrivate
nel parcheggio e trovato un posto, vediamo Mark che la aspetta davanti
all’entrata, lei scende dalla macchina e gli salta in
braccio, io li raggiungo
pigramente.
“Ciao,
Mark. Ti affido mia sorella, trattala bene visto che i miei credono sia
sotto
la mia protezione.
Adesso
vado a farmi un giro, divertitevi.”
Torno
alla macchina e guido fino alla spiaggia, lì la parcheggio e
scendo.
Lo
so che è da pazzi fare una cosa del genere, che i maniaci
sono in agguato
ovunque, soprattutto sulle spiagge, ma io ho bisogno di stare da sola.
La
storia con Tom si è risolta in un gran casino, che mi fa
stare male e che forse
fa stare male lui. Non ne sono tanto convinta, una volta che io gli ho
detto di
andarsene lui è tornato dalle cheerleader come se nulla
fosse successo.
Forse
ha capito che ero una preda troppo difficile o forse…
La
verità è che tra tutti i miei
“forse” non ho idea del perché sia
successo e il
mio orgoglio ferito manda deboli lamenti, la mia voglia di stare con
lui
aumenta e mi chiedo quando tornerà alla carica per capire
cosa sia successo al
Blue Moon.
Ho
troppi pensieri nella testa, ho paura che scoppi.
Mi
avvio lungo un sentierino che porta verso la battigia,
c’è qualcuno che ha
acceso i fuochi e ancora canta, nonostante sia passato un bel
po’ tempo
dall’estate e ci sono coppie che amoreggiano.
Che
tristezza!
Arrivo
alla battigia e mi siedo sull’ultima striscia di sabbia
asciutta, ascoltando
semplicemente il rumore del mare. Un’onda se ne va e una
arriva, con calma e
naturalezza.
Alcune
cose vengono depositate sulla spiaggia, altre vengono
portate via con la stessa naturalezza delle
onde.
Noi
umani siamo diversi, non riusciamo a farci portare via alcune cose e
farne
arrivare di nuove. Alcune rimangono per secoli dentro di noi, come una
cancrena, distruggendoci lentamente e occupano così tanto
spazio che non può
entrare più nulla, sia di buono che di cattivo.
Stasera
c’è una luna fantastica, illumina tutta la
spiaggia come un faro, io prendo un
bastoncino e inizio disegnare sulla sabbia umida quegli strani segni
che porto
sulla schiena, forse aspettando una rivelazione divina.
Non
arriva ovviamente, quando ti serve – quando ogni
più piccola fibra del tuo
essere è inginocchiata in attesa di qualcosa in una tensione
spaventosa – non
arriva nulla.
C’è
solo silenzio e, in questo caso, il rumore.
Vai
e torna.
Vai
e torna.
Chissà
chi sono i miei genitori?
Chissà
da dove vengo?
Perché
sono qui?
Perché
sono qui da sola?
E
con queste domande tornano anche quelle che mi sono posta qualche
giorno fa, è
come un fiume che tenta di rompere uno sbarramento e ce la sta facendo.
Sono
stanca di portarmi queste domande addosso, sono stanca di essere
diversa,
vorrei che qualcuno dei miei si svelasse e mi dicesse che va tutto bene
e che –
anche se i miei sono morti o non
potevano tenermi con me – i miei genitori mi hanno voluto
bene e per loro sono
stata una fonte di gioia.
La
risposta è sempre il silenzio, un fragoroso silenzio in cui
non c’è niente.
Nessuno mi risponderà, nessuno verrà qui per me,
nessuno mi batterà sulla
spalla dicendo che va tutto bene e mi racconterà chi sono.
Devo
accettare che la mia vita sarà sempre un buco prima di
uscire dalle uova e che
è inutile sperare in una qualche sorta di risposta.
Scoppio
a piangere, lasciando che le lacrime corrano sulle mie guance sempre
troppo
pallide e poi vadano a cadere sulla spiaggia già umida.
La
marea le porterà via, come se non fossero mai esistite,
purtroppo non potrà
portarsi via i motivi, quelli rimarranno sempre lì a farmi
male.
Erano
anni che non piangevo così e probabilmente avrei continuato
ancora a lungo se
una mano – grande, un po’ callosa, calda e maschile
– non si fosse appoggiata
sulle mie spalle.
Io
sobbalzo, ho abbassato del tutto le difese e ora rischio che un maniaco
mi
faccia fuori, cerco di nuovo di mettermi sulla difensiva e mi volto
pronta a dare
battaglia.
La
persona che mi ha toccato non è un maniaco, ma Tom.
“Tutto
bene?”
Mi
chiede, è piuttosto a disagio.
“Sì.”
“E
come mai stavi piangendo?”
Non
riesco a trovare le parole giuste per rispondergli, così gli
butto le braccia
al collo, mi faccio abbracciare da lui e continuo a piangere, lasciando
che
questa volta le mie lacrime cadano sulla sua maglietta.
È
tutto sbagliato, ma non riesco a staccarmi da lui, è come se
fossimo attirati
l’uno verso l’altra da una potente calamita
invisibile.
“Cosa
succede? Come mai piangi?”
Non
riesco a trovare le parole adatte a spiegare quello che mi è
successo con
grandi e incomprensibili gesti, tanto che lui mi guarda incredulo,
senza
capirci molto.
“C’entra
Ava in tutto questo?”
Io
annuisco.
“Mi
sono chiesta come fossero i miei veri genitori, se mi abbiano voluta o
no e
perché a cinque anni mi hanno abbandonata nel
deserto.”
“Tu
sei stata adottata?”
La
sua faccia stupita sarebbe comica, se non fosse che mi viene ancora da
piangere.
“Sì,
sono stata adottata. Molta gente non se ne accorge perché io
e Izzie ci
somigliamo molto, per uno strano caso delle vita.”
“Capisco
e cosa c’entra Ava in tutto questo?”
“Te
l’ho detto prima, mi sono chiesta se qualcuno ha fatto tutto
quello che noi
abbiamo fatto per Ava per me e non ho una sola cazzo di risposta.
Non
ho ricordi antecedenti a prima che mi trovassero nel deserto.
Niente,
non una faccia, non un suono.
Niente.
Il
mio primo ricordo è il deserto e percorrere una strada mano
nella mano con
Johnny.”
“Capisco,
cioè…”
Io
faccio un sorriso sghembo.
“In
realtà non capisci del tutto, vero?”
Lui
annuisce.
“Beh,
hai avuto fino all’anno scorso una madre e un padre, quindi
non sai come sia non
avere radici. Soffri perché si sono separati, ma sai che in
fondo saranno
sempre lì per te.
Anche
la mia famiglia adottiva sarà sempre lì per me e
gliene sono grata, ma non sarà
mai come la mia vera famiglia.
Magari
se li incontrassi mi farebbero schifo, ma ho bisogno di vederli e farmi
un‘idea
e non posso.”
“Capisco,
mi dispiace.”
Io
rimango un attimo in silenzio a guardare il mare.
Vieni
e vai.
Vieni
e vai.
“Mi
dispiace per tutto quello che ti ho detto, ero solo
fuori di me per questi motivi.”
“Figurati,
forse sono stato un po’ invadente.”
“Un
po’?”
Lui
ride.
“Ok,
molto invadente. Non mi capita tutti i giorni di incontrare una ragazza
che mi
rifiuti, dovevo, devo, vederci chiaro.”
Io
scuoto la testa, senza sapere cosa dire, è davvero uno
strano ragazzo.
“Sei
davvero strana, Malone.
Molto
strana, quasi come se fossi un’aliena e questo mi
intriga.”
“Basta
che non diventi di nuovo invadente e ti fai vedere in compagnia delle
oche
cheerleader per farmi incazzare.”
“Te
ne sei accorta?”
“Diciamo
che le ragazze hanno, come dire?
Un
occhio più sviluppato per queste cose, voi pensate di essere
dieci passi davanti
a noi, in realtà siete almeno venti indietro.”
Rido
divertita,la risata di Tom fa eco alla mia ed è una
sensazione bellissima.
Forse
non è poi così male questo sabato sera, posto che
mia sorella si comporti bene.
Sì,
non è male e nemmeno essere amica di Tom lo è.
Vai
e vieni e a volte ci lasci qualcosa, vero mare?
Angolo
di Layla
Ringrazio
DeliciousApplePie per la recensione.
|
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Capitolo 6 *** 6)La casa nel deserto (la verità va affrontata prima o poi). ***
6)La casa nel deserto (la
verità va affrontata prima o poi).
Il
fatto che io e Tom abbiano iniziato di nuovo a parlarci e a essere
amichevoli
uno verso l’altra ha creato scalpore. Mia sorella lo
considera né più né meno
che un miracolo e le ragazze con cui Tom flirtava una vera disgrazia.
Non
stiamo insieme, ma nessuno ha mai visto Tom parlare ed essere amico di
una
ragazza per più di una settimana, noi siamo a due settimane
e non è ancora
successo nulla tra di noi.
Abbiamo
fatto da terzo e quarto incomodo a una cena tra Mark e Isabel e non
è successo
nulla, anche se la tensione tra di noi era palpabile.
Io
non voglio lasciarmi andare e lui sembra voler procedere con i piedi di
piombo
per me, come dicono mia sorella e Johnny sono una preda stuzzicante per
lui.
È
stressante però avere addosso tutte le sue oche che ti
disturbano con mille
piccoli atti di bullismo, per fartela pagare. Come se fosse colpa mia
se lui ha
scelto la mia compagnia e non la loro!
Il
giorno in cui mi fanno sparire tutti i miei vestiti dopo educazione
fisica
decido che non ho più voglia di stare a scuola, in
calzoncini e maglietta esco
dall’edificio. Conosco strade poco trafficate che portano
verso l’esterno e le
percorro, poi scavalco la recinzione che divide la scuola dal parco,
poi quella
che divide il parco dal deserto e vado nella casa nella roccia.
Ci
trovo Johnny spaparanzato sul divano che guarda una telenovela
messicana.
“Pensavo
che i punk grandi e grossi come te schifassero queste cose.”
“Non
c’è niente di meglio da vedere in tv. Tu che ci
fai qui?
Non
dovresti essere a scuola?
E
poi perché sei in divisa da ginnastica?”
Io
mi siedo accanto a lui.
“Perché
il fan club di Tom ha fatto sparire i miei vestiti e io mi sono rotta
le palle
per stamattina e pomeriggio del liceo di Poway.”
“Avresti
fatto meglio a levartelo di torno.”
Io
faccio una faticaccia a non rispondergli a tono, dato che lui per primo
continua a frequentare Anne e non si sa cosa sia il loro rapporto.
Ho
il sospetto che presto il mio caro freddo, cinico e pessimista Jo
dovrà fare i
conti con i sentimenti che prova per Anne Hoppus.
“Comunque,
posso rimanere?”
“Sì
rimani pure.”
“Come
vanno le domande di lavoro?”
“Male,
se continua così dovrò tornare di nuovo al Mac e
fare le mie più sentite scuse
a quel finocchietto che mi ha licenziato.”
“Spero
non finisca così.”
Il
periodo in cui lui ha fatto il cuoco dal Mac è stato il
peggiore della sua
vita, era sempre teso, se non incazzato nero e diceva che il suo capo
ci
provava con lui.
“Perché
sono così sfigato?”
“Non
ne ho idea, amico. Hai anche un diploma.”
“Con
cui posso pulirmi il culo, quando vedono come sono è come se
io quel diploma
non ce l’avessi.”
“Magari
la banca ti risponderà.”
Lui
non dice nulla e sbuffa guardando il soffitto.
“Io
aspetto ancora uno di loro.”
“Loro
si sono dimenticati di noi, come succedeva a certi soldati durante la
prima
guerra mondiale.”
“Non
può essere così.”
Io
non dico nulla, io tempo sia così, ma Johnny crede ancora in
loro, come se fossero
la sua personale religione.
“Va
bene, Johnny. Il frigo è pieno?
Ho
una fame bestiale.”
“Ho
fatto la spesa sabato, penso che tra poco dovrò vivere
stabilmente qui almeno
per un po’ se non trovo lavoro. Non ho più i soldi
per l’affitto.”
“Azz.”
“Eh,
sono messo male.”
Chiacchieriamo
fino a mezzo giorno, poi mangiamo dei ramen precotti e facciamo una
partita a
carte fino a quando non arriva l’orario per
l’uscita da scuola.
“Adesso
è meglio che vada, Izzie potrebbe preoccuparsi.”
“Va
bene. Ciao!”
Esco
dalla casa e percorro all’inverso la strada, arrivando alla
mia macchina. Mia
sorella mi aspetta con le braccia incrociate, accanto a lei –
nella stessa posa
– c’è Tom.
“Dove
sei stata?”
Mi
sono spaventata da morire non trovandoti in giro e poi
perché indossi la divisa
da ginnastica?”
“Perché
il fan club di Tom ha pensato che fosse divertente farmi sparire i
vestiti.”
“Dov’eri?”
La
domanda secca di Tom mi fa capire che questa volta non posso cavarmela
con
qualche scusa imbastita lì per lì. Questa volta
vogliono la verità e la verità
in questo caso è come giocare alla roulette russa. Se sei
fortunato te la cavi
e sei non lo sei muori, nel mio caso perdi tutto: amici e famiglia.
Proviamoci,
non posso tenere loro nascosto per sempre quello che sono. Che Dio me
la mandi
buona.
“Adesso
vi ci porto.”
Salgo
in macchina seguita dagli altri due, ho il cuore che mi batte a mille
mentre
usciamo dal parcheggio della scuola. Ho una paura folle di quello che
sto per
fare, ma so che deve essere fatto, non posso procrastinare oltre.
Prendo
la strada per il deserto e poi dopo un buon tratto parcheggio la
macchina.
“Seguitemi.”
Dico
piatta.
“E
se ci perdessimo?”
Mi
chiede isterica mia sorella.
“Non
ci perderemo, seguitemi.”
Li
guido fino allo sperone, deglutiscono entrambi quando vedono la roccia
aprirsi
al mio tocco, Johnny è ancora lì.
“Che
cos’è questo? Cosa siete voi?”
Tom
è il primo a riprendersi dallo shock.
“Questo
è il posto in cui siamo nati, se si può dire
così, siamo usciti da quei due
bozzoli laggiù tredici anni fa.”
Tom
fa per avvicinarsi e ispezionarli, ma Johnny lo ferma.
“Non
ancora, DeLonge.”
“Da
dove venite, voi due?”
Io
punto il dito in alto.
“Da
un laboratorio dell’Alaska?”
Scuoto
la testa.
“Più
su.”
“Un
laboratorio al polo nord?”
“Più
su, DeLonge.”
Lui
deglutisce.
“Siete…
alieni..”
Annuiamo
entrambi e ci voltiamo tutti e tre al rumore di un tonfo, Izzie
è svenuta.
Johnny e Tom la trasportano sul divano e io cerco di rianimarla.
“Dimmi
che è uno scherzo, Chia. Dimmelo!”
“Non
lo è. Questo è quello che sono, sono
un’aliena.”
Si
alza di scatto.
“Provamelo!”
Io
chiudo gli occhi e faccio alzare in volo gli oggetti che ci sono nella
stanza,
facendo loro descrivere ampi cerchi. Izzie li guarda sconvolta.
“Perché
non me l’hai mai detto?”
“Perché dovevo
proteggerti. Se qualcuno ti avesse
chiesto qualcosa su di me e sui miei poteri tu non avresti saputo nulla
e non
saresti stata in pericolo.”
“Capisco.”
“Adesso
sai la verità, DeLonge. In quel locale, con i miei poteri,
ti ho salvato la
vita, ora cosa vuoi fare?
Correre
a dirlo a tutti o tenertelo per te?”
Lui
mi guarda per interminabili attimi.
“Trovarvi
è stata la realizzazione del sogno che ogni appassionato di
alieni ha, ma non
posso e non voglio parlare di voi in pubblico o dirlo a qualcun altro,
se non è
strettamente necessario.
Terrò
il vostro segreto, non voglio che finiate in mano al governo.”
“Grazie
mille, Tom. A chi ti riferivi prima, quando parlavi di rivelare il
segreto?”
“A
Mark, è il mio migliore amico.”
“Capisco.”
Tra
di noi cala per un attimo il silenzio, mia sorella guarda il soffitto
con
sguardo assente e Tom con desiderio i nostri bozzoli.
“Non
devi dirglielo.”
Il
tono di Johnny è duro, come mi aspettavo da lui.
“Perché?
Perché a lui no?”
“Tu
sai del nostro segreto perché Chia ti ha salvato e te
l’abbiamo dovuto dire e
ho ritenuto giusto che lo sapesse anche Izzie perché sua sorella, Mark non ha
motivo per saperlo.”
“Uno
ci sarebbe.”
La
voce di mia sorella è sottile.
“Quale,
Isabel?”
“Mi
piace, Johnny. Spero di riuscire a farlo entrare nella famiglia,
perché deduco
che ormai le persone che ci sono in questa stanza siano come una
famiglia o una
banda.”
Lui
sbuffa vistosamente.
“Ci
penseremo quando sarà il momento.”
“Posso
vedere i bozzoli?”
“NO.
Adesso è ora di andare a casa. Chia, mi dai uno
strappo?”
“Sì,
forza, andiamo. Izzie, ce la fai a camminare?”
“Sì,
non ti preoccupare.”
Ancora un po’ barcollante si alza dal divano e raggiunge noi
tre, poi usciamo
dalla stanza e ci ritroviamo nel deserto. Il contrasto tra
l’oscurità e la
frescura della stanza e il sole e il calore del deserto è
abbacinante. Ogni
volta mi fa venire i brividi.
“Tom,
dove dobbiamo lasciarti?”
“A
scuola, la mia macchina è lì.”
“Bene.”
Johnny
si mette alla guida, con Tom sul sedile passeggeri accanto a lui, in
modo che
io e Izzie possiamo parlare sui sedili posteriori.
“Perché
non me l’hai mai detto?”
“Per
non metterti in pericolo, te l’ho detto. La gente come me non
passa
inosservata, anche se ci impegniamo a fondo che sia
così.”
“Solo
per questo?”
“Solo
per questo, non c’è ne nessun altro
motivo.”
“Sicura?”
“Isabel,
sei mia sorella.”
Lei
sospira.
“Una
volta mi piaceva Johnny.”
Mi
dice sottovoce.
“Non
ho mai tentato di farglielo capire perché lo sentivo
così strano, ora so perché
avevo questa sensazione.”
Arriviamo
a scuola e Johnny fa scendere Tom, io e mia sorella lo salutiamo
timidamente,
poi ce ne andiamo. La seconda tappa è
l’appartamento dove vive il mio amico, lo
lasciamo lì e torniamo, oggi per me è stata una
giornata pesante e immagino lo
sia stata anche per Izzie.
Entriamo
in casa, siamo da sole.
“Non
so te, ma io ho una certa fame.”
“Sì,
vado a vedere se ci sono delle pizze in frigo perché non ho
voglia di
cucinare.”
Controllo
in frigo e per fortuna ce ne sono due, che mattiamo immediatamente nel
microonde, l’atmosfera tra me e Izzie è ancora un
po’tesa.
“Sai
di preciso da dove vieni?”
Mi
chiede con un tono strano, volutamente leggero, ma preoccupato nella
sostanza.
“No,
non lo so.
Non
ho idea di chi sia, del perché sia qui e di come mai
qualcuno si sia preso il
disturbo di mandare me e Johnny qui.
Niente.
L’unica
cosa che ho sono questi segni sono sulla schiena, io e Johnny abbiamo
speso
tutto l’anno scorso per tentare di decifrarli, ma non lo
sappiamo.”
“Capisco.
È …. Strano, parlare di queste cose.
Cioè, sapevo che avresti potuto essere
anche straniera, ma non così straniera.”
“Ti
capisco, anche io mi sono sentita così tutto
l’anno scorso ed è stato un brutto
anno, mi sono sentita… Persa, senza identità.
Un
foglio bianco senza disegni, un niente.
Alla
fine sono arrivata alla conclusione che era inutile che cercassi
ulteriormente,
qui ho già tutto quello che mi serve.”
Lei
sorride.
“Beh,
scommetto che se è destino che tu sappia chi sei finirai per
saperlo in un modo
o nell’altro.”
“Vedremo.”
Stasera
a cena il clima è più leggero, il fatto che Izzie
sappia del mio segreto mi fa
stare leggermente meglio, più integrata, diciamo.
Ora
siamo veramente sorelle.
Salgo
in camera mia una volta lavati i piatti e pulita la cucina e Izzie mi
segue.
“Spero
che domani nessuno mi rubi vestiti.”
Mugugno.
“Non
credo. Mark mi ha scritto che Tom andrà a parlare con le
stronze e gli dirà di
smettere di romperti.”
“Quasi
come se fosse il mio ragazzo.”
“Quasi.
Non ti piace in fondo?”
“Sì,
mi piace. Però ho ancora paura, sai, per il
segreto.”
“Lo
terrà.”
Io
mi butto sul letto.
“Lo
spero, non mi perdonerei se per causa mia Johnny finisse nei guai,
è il mio
unico vero amico, quasi un fratello.”
“Devi
avere più fiducia nei confronti di Tom, anche se con il
tempo immagino
imparerai ad averla. Se ti ha promesso che non dirà,
significa che non lo farà,
lui mantiene sempre le promesse che fa.
Sembra
uno scemo, invece è un bravissimo ragazzo, molto dolce, ma
solo con chi lo
conosce bene.”
“Se
lo dici tu, io non lo conosco molto bene.”
“Io
ho imparato a conoscerlo da quando sono la ragazza di Mark.”
“Quindi
lui ha mollato Josie?”
Mia
sorella annuisce soddisfatta.
“Non
sapevo avessi questa opinione di me.”
Una
terza voce si inserisce nella conversazione: è Tom.
Se
ne sta comodamente seduto sulla finestra aperta, nessuna delle due si
era
accorta che fosse arrivato.
“Entrare
dalle porte e salutare
è un’abitudine
che si è persa in questi tempi moderni?”
Chiedo
acida.
“Mi
sa di sì.”
“Cosa
ci fai qui, Tom?”
“Sono
venuto a vedere come stavi.”
Io
arrossisco improvvisamente, la temperatura nella stanza sembra essere
salita di
parecchi gradi.
“Ehm
sto bene. Grazie per il, ehm, pensiero.”
“Ah,
ti ho messo a disagio.”
Io
ringhio qualcosa di indefinito, Isabel ride.
“Sareste
proprio una bella coppia.”
Adesso
sia io che Tom siamo a disagio e guardiamo interessati il pavimento.
“Non
mi dite che non ci avete mai pensato?”
“Perché
non pensi a Mark, invece di fare la cupido della situazione?”
Le
chiedo imbarazzata, lei si porta un indice sotto il mento.
“Non
so, mi viene naturale cercare di aiutare gli altri quando sono in
difficoltà.”
“Io
in difficoltà con una ragazza?
Impossibile!”
Sentenzia
Tom facendo ridere come una matta mia sorella.
“A
me sembri MOLTO in difficoltà con Chia.”
“Piantala
Izzie!”
Urliamo
in coro noi due, poi ci zittiamo di botto.
Cosa
farebbero i nostri genitori se vedessero Tom qui?
Probabilmente
si lamenterebbero e non ho voglia di sentire le loro lamentele, mi
bastano
quelle che riservano per Johnnie.
Rimaniamo
zitti per qualche minuto, poi quando è chiaro che nessuno verrà a
controllare riprendiamo a parlare.
“Mi
ha detto Izzie che parlerai al tuo fan club, è
vero?”
“Non
ho un fan club!”
Io
lo guardo eloquente.
“Ok,
ce l’ho e parlerò loro.”
“Bene,
perché sono stanca di ricevere minacce, ho seriamente paura
di trovare una
testa mozzata di un qualche animale nel mio armadietto.”
“Come
la fai tragica. Non è la mafia.”
Io
lo guardo di nuovo eloquente,
“Ok,
un po’ forse sì. Non è colpa mia se
sono così bello.”
Io
sbuffo, lui ride, mi fa un cenno e se ne va.
Isabel
lo segue con lo sguardo fino a quando non ha svoltato
l’angolo della via e non
si vede più.
“È
stato carino a venire.”
“Sì,
ma non capisco perché.”
“Penso
gli interessi.”
“Sì,
come prima aliena che incontra nella sua vita.”
Lei
sbuffa sconsolata.
“Non
è per quello, un giorno lo capirete.”
Se
ne va, lasciandomi dubbi e speranze, se davvero Tom fosse interessato a
me come
ragazza sarebbe meraviglioso, ma non sono così stupida da
ignorare il fatto che
sia un’aliena e che ama questo genere di cose.
Devo
andarci con i piedi di piombo e non illudermi, illudersi fa sempre
male. Credi
che una cosa andrà in un certo modo – ne sei
certa, non può che andare così – e
invece va nel verso opposto e tu ci rimani male.
Mi
butto a letto con l’intenzione di dormire, ma mille cose mi
vorticano nella
stessa: la sparatoria, salvare Tom, sfuggirgli, Ava, la sfuriata, farmi
consolare da lui, rivelargli il mio segreto, stasera.
La
mia vita è stata piatta per diciotto anni e adesso sembra in
preda al peggiore
dei terremoti, nulla è dove dovrebbe essere, tutto
è confuso, la mia atarassia
se ne è andata al diavolo.
La
mia cotta – nascosta, soffocata e sopita per anni –
sta tornando a farsi
sentire con prepotenza e mi sta scombussolando.
Credevo
che per me il tempo dell’amore non potesse mai arrivare, mi
sbagliavo: è
arrivato anche per me.
Che
gran casino!
Mi
rigiro nel letto.
Vorrei
essere una ragazza normale, non una che volendo può
trasformare queste lenzuola
bianche in delle lenzuola rosso fuoco, fargli prendere fuoco o far
esplodere la
lampada o assumere le sembianze dei miei.
Vorrei..
Non
so nemmeno io cosa voglio, a essere sinceri, una vocina sussurra
“Tom”, l’altra
dice che lui è interessato a me solo per studiarmi.
Ora
spero tacciano entrambe ho bisogno di dormire, domani ho scuola e non
posso
certo saltare come oggi, anche se sarebbe bello.
In
preda a questi pensieri contradditori mi addormento cadendo in un nero
senza
sogni né incubi.
Qui
c’è solo pace.
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Capitolo 7 *** 7) Shock! (sono morta!) ***
7)Shock! (sono morta!)
La
mattina dopo è strana.
Sono
bersagliata da occhiatacce sia quando sono con Tom sia quando non lo
sono, ma nessuno fa
nulla, il suo discorso deve avere fatto effetto, qualsiasi cosa abbia
detto
loro.
È
una mattinata tranquilla e l’ora di pranzo arriva quasi
subito, Tom si siede
con me è Isabel.
“Dopo
scuola posso far visita a casa tua?”
Mi
chiede facendomi l’occhiolino.
“Devo
chiedere a mio padre.”
Lui
capisce che mi riferisco a Johnny e annuisce. Sembra eccitato come un
bambino
la notte di Natale.
“Va
bene.”
Io
sospiro, un po’ triste.
È
il mio essere aliena che gli interessa, non me come persona. La
verità è dura
da accettare anche per una come me.
Finita
la scuola porto lui e Izzie alla casa nel deserto, dentro troviamo
Johnny sulla
difensiva.
“DeLonge.”
“Mayer.”
“Come
mai qui?”
“Vorrei
dare un’occhiata ai bozzoli e poi vi ho portato una cosa che
forse vi è utile.”
Johnny
alza un sopracciglio perplesso, io scuoto la testa, Tom si avvicina ai
bozzoli.
Li tasta, li annusa, ne prende un pezzo in mano e se lo ficca in tasca.
“Sono
davvero strani. Sembrano un ibrido fra le uova terrestri e
qualcos’altro.”
“Bene,
ora che ci hai riferito la tua opinione, posso chiederti cosa hai
portato per
noi”
“Sì,
certo.”
Si
fruga ed estrae una pietra esagonale nera, liscia con un simbolo inciso
sopra.
“Ieri,
ho guardato la vostra colonna e mi sono accorto che c’era un
buco che sembrava
coincidere perfettamente con questa. È una pietra che mi ha
venduto un vecchio
indiano l’estate scorsa, sono andato a Roswell per curiosare
un po’, sapete.
L’impatto,
l’area 51…
Ieri
sera l’ho vista sulla scrivania così mi sono
detto, perché non portarla?
Magari
non succede nulla, ma magari succede qualcosa.”
Jo
lo guarda scettico, credo pensi sia solo una perdita di tempo dar retta
a Tom,
ma lo fa per non farmi arrabbiare.
“Va
bene. proviamoci.”
Tom
mi dà la pietra e io la infilo nel buco, è vero
ci sta perfettamente!
Spingo
ancora un po’ e la pietra si incastra con un sonoro
“click!”, poi la
luce invade la stanza lasciandoci
momentaneamente ciechi. Cosa diavolo è successo?
Una
luce che sembra formare uno schermo esce dalla colonna, nel filmato ci
sono un
indiano e una donna vestita di nero dalla testa ai piedi, con tanto di
cappello, veletta e guanti.
“Quello
che ti lascio è di vitale importanza. Deve arrivare alla
principessa e deve
arrivarci al momento giusto.”
“Perché
non glielo porta lei, bella signora?”
“Lo
sai che non posso stare troppo lontana dalla gente, conosci il caos che
regna
su Naftva, ora che gli abitanti di Ioria si sono alleati con gli
Swaahn.
Rischiamo veramente che questa volta ce la facciano a prendere il
potere.”
“
E noi saremmo spacciati.”
“Sì,
per questo devi darla alla persona giusta.”
“Coma
farò a capirlo?”
L’indiano
si rigira la pietra tra le mani.
“Quando
arriverà la persona giusta diventerà calda e
manderà un lieve bagliore.”
Poi
cala il nero sulla scena e poco dopo una donna – la stessa
dama vestita di nero
dalla testa ai piedi – appare, solo che questa volta indossa
un vestito color
panna che sembra scuro se paragonato alla sua pelle.
La
sua pelle è bianca, ma non come quella delle statue, ma
piuttosto come quella
dei cadaveri e bersagliata com’è dalla luce fredda
della stanza sembra quasi
rilucere.
Ha
gli occhi di un azzurro chiarissimo, la bocca di un rosa appena
abbozzato e
lunghissimi capelli bianchi. Somiglia molto a un’albina se
non fosse per le
orecchie che si allungano a mezza testa, come quelle di certi elfi o
pixie.
“Salute
a te Ava, salute a te Rath, sono Nahria.
Ava,
sono tua madre, la regina del pianeta Naftva e sono costretta a
raccontarti in
fretta la tua storia e la tua missione, fuori i bombardamenti e Swaahn
incombono.
Naftva
è un pianeta molto lontano dalla terra, è stato
sempre soggetto a due dinastie
per il comando, gli Aria – la nostra – e quella
degli Swaahn.
Gli
Swaahn sono sempre stati soggetti
inclini
alla violenza e al soffocare ogni forma di malcontento, vessano il
popolo, si
appropriano dei suoi beni e da sempre sono stati detronizzati da
qualcuno.
Noi
siamo la famiglia che regna quando non ci sono loro, non siamo una
dinastia
perfetta, ma il popolo si trova bene sotto di noi e il pianeta
è in pace.
Ora
è in corso una rivolta, gli Swaahn vogliono un potere che
non è loro, tuo
fratello sta combattendo e sono certa che quando ascolterai questo
messaggio
lui li avrà sconfitti e sarà il re meritato di
questo pianeta.
Ora
ti starai chiedendo perché ti ho mandato qui. Su Naftva sei
morta, piccola mia
e non si possono resuscitare i morti, ma si possono creare cloni.
Abbiamo
mischiato il tuo dna con quello dei terrestri e ti abbiamo mandato qui
insieme
a Rath. Era il tuo ragazzo quassù, ma questo non significa
nulla, nella tua
nuova vita sei libera di amare chi vuoi e non sei nemmeno obbligata a
tornare
quassù.
La
tua missione è quella di eliminare gli Swaahn nascosti qui
sulla terra, quando
vedrai questo messaggio due persone verranno ad aiutarvi.
Spero
che la pietra abbia scelto un buon candidato per te, di solito hanno un
buon
fiuto.
Ti
voglio bene, piccola mia.”
La
luce si spegne lasciandomi scioccata, se non fosse per Tom che ha la
prontezza
di riflessi di afferrarmi sarei caduta a terra svenuta.
Ho
visto mia madre, la mia vera madre e ho scoperto che sono morta.
MORTA!
“Mayer,
cosa le sta succedendo?”
Urla
Tom, nella voce ha una sfumatura tra l’isterico e il
preoccupato.
“Non
ne ho idea, DeLonge! Sembra andata in sovraccarico e sia impazzita
momentaneamente!
Aspetta
che ti aiuto a portarla sul divano.”
Da
molto lontano sento John che mi alza le gambe e che mi stanno
trasportando
verso il vecchio divano verde che c’è nella
stanza. Mi depositano delicatamente
e poi si guardano negli occhi senza sapere cosa fare.
Nella
mia testa c’è in corso un bombardamento, rivivo
tutta la mia vita passata. Vedo
i miei genitori, il mio pianeta, John, come ci siamo messi insieme, le
rivolte,
la missione suicida che accettammo di fare.
“Preferisco
morire con te qui e adesso che vivere e vedere il nostro pianeta in
balia degli
Swaahn.”
Questa
è l’ultima cosa che ci siamo detti, poi
c’è solo il dolore che ho provato
nell’esplosione che mi ha ucciso, ma anche fatto saltare in
aria un punto
militare strategico del nemico.
Urlo,
urlo come una matta, urlo fino a perdere le forze, poi svengo.
Finalmente
svengo.
Mi
risveglio dopo quelle che sembrano ore, Izzie è seduta ai
piedi del divano
insieme a Johnny e Tom è seduto in un angolo.
“Bentornata,
cosa ti è successo?”
Mi
chiede Tom.
“Ho
rivisto la mia vita, la mia vecchia vita. Io sono morta, ho visto come
è
morire!”
Esclamo
agitata,Tom si precipita da me e poi mi abbraccia.
“Buona,
non è niente.”
Io
racconto a tutti dei miei ricordi, solo Jo non mi sembra stupito.
“Johnny,
tu sembri conoscere già tutto questo.”
Lui
scuote le spalle.
“Faccio
sogni sul nostro passato da quando avevo quattordici anni.”
“Perché
non me l’hai mai detto?”
“Perché
non volevo scioccarti e poi non sempre capivo in che modo
collegarli.”
“Accidenti,
Johnny!”
“Ma
hai visto come hai reagito ora? Come avresti reagito allora?”
Il
suo ragionamento non fa una piega, ma io sono troppo arrabbiata per
dargliene
atto.
“Erano
anche ricordi miei, dovevi dirmelo!
Ecco
perché ci provavi, per seguire quegli stupidi
frammenti!”
“Ava…”
“NON
CHIAMARMI CON QUEL CAZZO DI NOME!”
John
si zittisce all’istante, non ho mai usato questo tono con lui.
“Tu
sapevi delle cose che riguardano il nostro passato e non mi hai detto
niente!
Pensavo
fossi il mio migliore amico e che non avessi segreti per me,
soprattutto su
queste cose.
Quante
altre cose non mi hai detto, John Mayer?”
“Nessun’altra,
Chia. Giuro!”
“Per
forza! Questa cosa vale come mille!”
Me
ne vado fuori di me, se potessi sbattere la porta nella roccia lo farei
ben
volentieri!
Mi
incammino nel deserto senza sapere bene dove andare e forse non mi
importa
molto saperlo, ho appena scoperto che
il
mio migliore amico mi nasconde delle cose fondamentali.
Potrei
perdermi e non tornare mai più e in fondo non è
così male come prospettiva,
almeno non dovrei preoccuparmi di alieni, amici che non ti dicono le
cose,
sorelle sconvolte e cotte che non riesci a gestire.
All’improvviso
sento chiamare il mio nome e mi volto, Tom sta correndo verso di me,
intralciato dalla sabbia.
Io
lo aspetto con aria cupa e nemmeno quando lui mi raggiunge riesco a
produrre un
piccolo sorriso, nonostante dentro di me il mio cuore stia facendo le
capriole
dalla gioia.
“Dove
stai andando?”
“A
fare un giro, devo pensare. Da sola.”
Lui
scuote la testa.
“Neanche
per sogno, sconvolta come sei rischi di perderti nel deserto e il tuo
amico
potrebbe impazzire!”
Alla
parola “amico” la mia bocca si storce in una brutta
smorfia.
“Posso
ancora definirlo amico dopo quello che mi ha nascosto?”
“L’ha
fatto per proteggerti, ha cercato di fare la cosa giusta.
Non
è che Mayer mi piaccia particolarmente, ma ha cercato di
fare del suo meglio
per proteggerti, credo. Non sono rivelazioni che si possono fare
così alla
leggera, basandosi su un sogno, no?”
Io
sbuffo.
“Io
ho sempre raccontato tutto a John, anche i miei sogni qualche volta,
quando
credevo fossero importanti per quello che siamo, perché lui
non l’ha fatto?”
“Perché
lui è sempre stato quello forte, la tua roccia, ti eri
quella da proteggere.
Non credo ti ami, ma ti vuole un mondo di bene, come se fossi una
sorellina.
Le
sorelline si proteggono, lo sai?
È
istintivo cercare di tenerle fuori dai guai e dalle brutte situazioni o
semplicemente da ciò che può farle
soffrire.”
Io
scuoto la testa.
“Avrebbe
dovuto dirmelo.”
“Sei
testarda. Anche tu non hai cercato di proteggere Isabel?
Dovresti
sapere cosa si prova.”
“Lo
so, ma quello che mi ha tenuto nascosto era una cosa che dovevo
sapere!”
Scoppio
a piangere all’improvviso, come una bambina, come chi ha
tenuto per sé troppe
cose e a un certo punto scoppia.
Lui
mi guarda preoccupato, poi si avvicina e mi abbraccia. Dovrei cacciarlo
– o
almeno così mi suggerisce il mio orgoglio – ma
quello che faccio è abbandonarmi
tra le sue braccia, piangendo più forte che mai e inondando
la sua maglia
arancione di lacrime.
Mi
sento uno schifo, debole, fragile, distrutta e in attesa di essere
ricostruita.
“Avrebbe
dovuto dirmelo, lo sapeva quanto ci tenessi! Ho persino perso un anno
di scuola
per trovare tracce delle mie origini e ora scopro che lui sapeva
qualcosa e non
me l’ha detto.”
Tom
sospira.
“Vai
a casa, fatti un bagno, mangia e vai a letto.
A
mente fresca vedrai le cose diversamente, Mayer dopotutto è
un bravo ragazzo.”
“Anche
tu lo sei, grazie.”
Mi
tende una mano.
“Dai,
vieni. Ti accompagno a casa.”
“Come?”
“Con
la mia macchina, così mi mostri la scorciatoia che hai usato
quando sei
scappata dal bagno.”
Io
rido tra le lacrime pensando a quello strano episodio.
Camminiamo
per un po’ nel deserto, fino ad arrivare al limitare del
parco, scavalchiamo la
recinzione e io mi godo la frescura data dalle piante.
Tom
è in un bagno di sudore.
Ci
sediamo un attimo su una panchina e io gli passo una bottiglietta
d’acqua senza
dirgli nulla, lui beve grato.
Finita
la pausa ci alziamo e raggiungiamo il punto del parco che confina con
la scuola
e scavalchiamo un’altra volta. Lì finalmente
arriviamo alla macchina di Tom,
che mi porta a casa senza dire una parola.
Solo
quando si ferma davanti al vialetto parla.
“Riposati,
cerca di stare bene. Io torno là ad avvisare gli
altri.”
Io
annuisco ed entro in casa, ancora scossa e mi fiondo in camera mia.
Appena
entro una foto attira la mia attenzione: una ragazza dai lunghi capelli
di un
viola accesissimo è seduta sulle gambe di un punkettone dai
capelli arancioni.
Entrambi
sorridono, questi siamo io e Johnny all’inizio del liceo, non
so perché il
cuore mi si stringe e una lacrima solitaria solca il mio viso.
Sembravamo
così forti, uniti, invincibili e invece…
Invece
tra di noi c’erano dei segreti, chi l’avrebbe mai
detto, eh?
Mi
butto sul letto e cado immediatamente addormentata.
Mi
sveglia mia madre per la cena, mi guarda attentamente e mi accorgo che
è
preoccupata.
“Cosa
è successo?”
“Niente,
mamma. Ho solo litigato con Johnny.”
“Non
mi piace quel ragazzo, perché continui a
frequentarlo?”
“Perché
per me è come un fratello.”
Rispondo
stancamente, uscendo con lei dalla mia stanza.
A
cena mangiamo un polpettone, mio padre parla del suo lavoro, ogni tanto
mamma interviene,
io e Izzie siamo un po’più silenziose del solito.
Finita
la cena io salgo in camera mia seguita da mia sorella.
“Come
stai?”
“Come
una che all’improvviso ha visto il suo mondo crollare. Ti
rendi conto che ho
visto mia madre?
Che
Johnny sapeva qualcosa e non me lo voleva dire?”
Lei
sospira.
“Non
essere così dura con Johnny. Quando te ne sai andata voleva
seguirti e solo io
e Tom insieme l’abbiamo convinto che non era una buona idea,
era sconvolto.
Ci
tiene a te, non vuole perderti. Tutto quello che ha fatto
l’ha fatto per
proteggerti, guardati: sei scioccata.”
“Chi
non lo sarebbe?
Ho
sempre saputo di essere la più diversa tra i diversi della
scuola e del
pianeta, ma vedere come avrei dovuto essere… Beh, mi ha
sconvolto, ogni tanto
ho l’impulso di toccarmi le orecchie per vedere se sono
ancora al loro posto o
se si sono abbassate e sono diventate come quelle di un elfo.”
“Chia…”
“E
la missione? Come faccio?
Io
non so controllare ancora bene i miei poteri!”
“Forse
queste persone vi aiuteranno, andrà bene, Chia.”
Io
sospiro e mi si riempiono di nuovo gli occhi di lacrime.
“Mi
sento come se qualcuno mi avesse deposto un fardello sulle spalle e non
so se
sarò in grado di farcela.”
Izzie
non mi dice nulla.
“Forse
è meglio che io me ne vada, non so come aiutarti e forse hai
solo bisogno di
riposo.”
Lascia
la stanza e io mi butto di nuovo sul letto in preda a un pianto
isterico, non
sento nemmeno che qualcuno entra dalla finestra.
“Ehi!”
Alla
voce maschile che si fa viva faccio un salto e mi volto verso di lui:
è Johnny.
“Cosa
ci fai qui?”
“Ti
prego, perdonami.
Ho
fatto una cosa stupida e non la rifarei, ma ho bisogno che tu mi
perdoni, sei
mia sorella.
Mi
fa male averti ferito e mi fa male vederti stare male.”
Io
rimango in silenzio, guardo lui e
guardo
la foto di noi due insieme.
“Perché
l’hai fatto?”
“Perché
non riuscivo a vederci un senso, un nesso, qualcosa che desse senso al
tutto.
Se
ci fosse stato quello te l’avrei detto, te lo
giuro.”
“Mi
manchi, Johnny, ma da te non me l’aspettavo.”
“Ho
sbagliato, scusa, ma giuro, volevo solo proteggerti. Non eri pronta per
quelle
rivelazioni, non sei pronta nemmeno ora. Sei troppo
terrestre.”
“Ancora
con questa storia?”
“Sì,
perché è da lì che ha origine tutto.
Tu
sei terrestre, ma anche un’aliena e ora sai che hai un
obbligo verso la tua
gente, assolto quello tornerai alla tua vita.”
Mi
esce una risata straordinariamente prova di allegria.
“Ti
rendi conto che assolvere quel compito significa attirare su di noi
l’attenzione dell’fbi e che questa volta potrebbero
farcela a prenderci.
Hanno
fallito tredici anni fa, ma se noi iniziamo a muoverci daremo loro
un’occasione
ghiotta, John.
Io
non voglio mettere in pericolo la mia famiglia.”
Lui
non dice nulla.
“Vuoi
ignorare il problema come hai sempre fatto.”
“Meglio
ignorare che nascondere le cose! Fammi un favore, Johnny, vattene!
Sei
venuto qui a farti perdonare o a farmi sentire in colpa?”
“Io…”
Lo
spingo decisa verso la finestra.
“Vattene!”
“Ci
rivedremo ancora?”
La
sua domanda ha una
punta di paura non
indifferente.
“Non
lo so, adesso vattene!”
A
malincuore se ne va, io prendo a pugni il cuscino. Per lui è
facile partire
all’avventura, ha fatto in modo di non crearsi dei legami e
poter partire se
necessario, io no e lui non riesce a capire.
Che
poi una volta finita questa merda di missione, chi ci assicura che ci
lasceranno in pace?
Mi
ributto a letto e cado in un sonno leggero abbastanza da sentire un
rumorino, è
come se qualcosa stesse battendo sul vetro della finestra.
Mi
sveglio e mi affaccio, Tom mi sta tirando dei sassolini.
“Posso
salire?”
Mi
chiede gesticolando, io annuisco.
Poco
dopo è seduto sul letto della mia camera e io gli sto
raccontando della visita
di Johnny, lui ogni tanto annuisce, ogni tanto fa delle smorfie strane.
“Io
penso che tu debba perdonarlo.”
Dice
alla fine.
“Non
è solo quello. È che lui muore dalla voglia di
iniziare questa missione, io no.
Lui non ha ancora capito che se inizieremo a muoversi li avremo addosso
in
breve tempo.
Quando
siamo stati trovati nel deserto tredici anni fa, l’FBI voleva
studiarci e solo
la testardaggine dell’assistente sociale che si occupava del
nostro caso
gliel’ha impedito.
Io
sospetto che ci
tengano d’occhio da
allora e sarebbe un casino se gli dessimo motivi per muoversi. Caccia
all’alieno, cazzo, nemmeno nei film più scrausi si
usa ancora questa trama.”
Esclamo
infuriata.
“E
tu perché non vuoi?”
“La
mia famiglia. La mia famiglia deve stare fuori da queste cose, non deve
essere
messa in pericolo per quello che sono. Loro non hanno colpa, hanno solo
raccolto un’orfana, non , beh, quello che sono. Non
volontariamente almeno.”
“Capisco.”
Rimaniamo
in silenzio.
“Tom…
Rimarresti con me a dormire stasera?
Ho
bisogno di qualcuno vicino.”
“Va
bene, spogliati e fammi spazio.”
Detto,
fatto.
Siamo
noi due sotto le coperte e il mio cuore batte a una velocità
assurda, eppure mi
sento bene.
Forse
non è stato uno sbaglio salvare la vita di questo scemo.
Angolo
di Layla
Ringrazio
DeliciousApplePie
per la recensione.
|
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Capitolo 8 *** 8)Ti amo, ti odio, ti... ***
8)Ti amo, ti odio, ti...
La
mattina dopo sveglio Tom alle sei, i miei non devono trovarlo qui o
cadrebbe la
casa a suon di urla.
Con
delicatezza lo sveglio, lui mugugna qualcosa. Lo scuoto
un’altra volta e dice
con voce impastatata: “ Ehi, amico. Mi piacciono gli alieni,
tranne quando
ficcano qualcosa su per il mio culo.”
Alla
terza volta ce la faccio e lui si sveglia, peccato abbia un piccolo
problema
tra le gambe noto come erezione mattutina.
“Oh,
merda!”
“Tom,
ti accompagno in bagno, risolvi e poi te ne vai!”
Lui
annuisce, si mette maglia e pantaloni e segue me lungo il corridoio,
gli indico
una porta e lui ci si infila dentro.
Gli
ci vuole un po’ a risolvere il suo problema, io sono nervosa,
e se passassero i
miei?
Quando
finalmente esce lo faccio uscire dalla finestra spaventata come non mai
e poi mi
rimetto a letto, ringraziando il signore che sia andato tutto bene.
Mi
addormento subito e la sveglia suona di nuovo alle sette e mezza, Izzie
per
essere certa che io sia sveglia fa irruzione in camera mia.
“Ma
sbaglio o stanotte qualcuno è venuto qui?”
“Tom,
abbiamo dormito insieme.”
Lei
sta per urlare, ma io le tappo la bocca.
“Vuoi
che ci sentano i nostri?”
Lei
scuote la testa e scendiamo insieme per la colazione. Siamo abbastanza
allegre,
anche perché lei è in piena febbre di
pettegolezzi.
Mangiamo,
ci vestiamo e poi saliamo in macchina.
“Allora,
Chia?”
“Allora
niente, abbiamo parlato di Jo e di quanto mi abbia deluso, lui ha detto
che
l’ha fatto per il mio bene. Poi gli ho chiesto di rimanere
perché mi sentivo
sola.”
“Ma
questo significa che vi state avvicinando!”
“Apparentemente
sì.”
Non
mi sbilancio molto perché devo ancora capire il suo
comportamento fino in
fondo.
Arriviamo
a scuola e io vedo Tom baciare con passione una cheerleader, lo indico
a
Isabel.
“Ecco
quanto gli interesso!”
Esclamo
acida.
Entro
a scuola avendo cura di dare una gomitata a quei due bastardi, lui
impreca, ma
io non mi fermo. Mi sento ferita e messa da parte e non ho voglia di
vederlo,
figuriamoci di parlargli.
Arrivo
nell’aula di letteratura in anticipo e tiro fuori il mio
mangiacassette,
contiene un album dei Nirvana che alzo al massimo del volume.
Tom
tenta di parlarmi, io lo ignoro palesemente e quando tenta di togliermi
gli
auricolari lo blocco e lo fulmino, lui se ne va.
Stupida
Chia, che credevi di interessare a Tom quando mezza scuola gli sbava
dietro!
Cosa
cavolo credevi di avere di speciale?
Nulla,
Chia, nulla.
Sei
solo un’aliena, per altre cose ci sono le ragazze terrestri.
A peggiorare la
situazione la professoressa decide che oggi è il giorno
adatto per un test a
sorpresa.
Stronza,
bastarda.
Scrivo
le risposte con furia e nella parte delle risposte a crocetta quasi
buco il
foglio da quanto sono fuori di me.
A
pranzo mi siedo da sola, dico a Izzie di rimanere dalle sue amiche e
quando Tom
fa per sedersi prendo il vassoio con il pranzo e me ne vado in cortile.
Tom
non capisce questo comportamento e, se non fossi così
arrabbiata con lui, mi
dispiacerebbe averlo offeso. Forse non ha nemmeno senso che io mi
comporti
così, lui non mi ha promesso nulla, è stato solo
gentile e ha dormito con me.
È
un cosa da amici, tutto il resto è stato solo un film della
mia mente.
Resta
il fatto che non ho voglia di parlargli.
Dopo
scuola consegno a mia sorella le chiavi della macchina e le dico che
voglio
stare un po’ per conto mio nella casa nel deserto. Lei
annuisce e mi picchia
solidale una mano sulla spalla, io sospiro e mi incammino verso la
scorciatoia
del parco.
Che
giornata di merda!
Rischio
anche di litigare con Jo, dato che trascorre lì la maggior
parte delle sue giornate
e non so se sono in grado di
affrontarlo.
Percorro
la mia scorciatoia e arrivo al grande sperone roccioso che si erge in
mezzo al
nulla e salgo la scaletta laterale che nessuno nota mai. Appoggio la
mia mano e
una porta si apre, entro e la richiudo.
Il
divano è già occupato da Johnny e questo mi mette
in imbarazzo, lui appena mi
vede scatta in piedi.
“Se
vuoi me ne vado.”
“No,
resta pure.”
Mi
siedo accanto a lui e sospiro pesantemente.
“Cosa
ti è successo?”
“Mi
sono fatta troppi filmini su me e Tom e oggi ho avuto una doccia
gelata.
Stanotte ha dormito da me, oggi si stava slinguando con una
cheerleader.”
Rispondo
piatta.
“Stronzo.”
“Un
po’. Ma cosa posso pretendere?
Lui
non mi ha mai promesso nulla e non stiamo nemmeno insieme, so solo che
non ho
molta voglia di vederlo e oggi l’evitato tutto il
giorno.”
Lui
non dice nulla.
“Per
ieri…”
“Va
tutto bene, credo che tu l’abbia fatto per proteggermi e non
per ferirmi.”
“Grazie,
mi hai perdonato quindi?”
“Sì.”
Ci
abbracciamo e sento che tutto è tornato come prima:
è ancora il mio migliore
amico.
Deve
essere per questo motivo che scoppio a piangere tra le sue braccia come
una
bambina, ora che ci penso da piccola piangevo e mi sfogavo solo con lui.
Certe
cose non cambiano mai per fortuna.
“Se
vuoi pesto Tom.”
“No,
grazie. Sarebbe inutile, è evidente che io non gli
interesso.”
“Io
non la penso così, secondo me sta scappando dai suoi
sentimenti. Lui è uno che
ama le situazione tranquille e leggere e questa storia è
complicata.”
“Non
gli interesso. Se prova ad avvicinarsi ancora lo prendo a calci. Una
volta mi
ha fregata, due no.”
“Io..”
dice piano lui “credo che dovresti dargli una seconda
possibilità, tutti
possiamo fare dei casini e far soffrire qualcuno che non vorremmo e
penso sia
giusto dare una seconda possibilità.”
“Non
lo so. Potremmo modificargli la memoria?”
“No,
ormai sa troppe cose, rischiamo di fargli saltare il cervello e di
attirare
l’attenzione.”
Io
sbuffo e mi prendo la testa tra le mani.
“Come
ho fatto a essere così stupida e a fidarmi di lui?”
“Sei
innamorata.”
“Bella
merda.”
Dico
schifata.
“Beh,
è la verità, devi imparare a farci i
conti.”
Johnny
ha ragione, ma non smette comunque di fare male.
Sono
stata una stupida ad affezionarmi a lui, dovevo tenerlo a distanza,
purtroppo però
il mio cuore è di un altro parere.
Stupido
cuore!
Arrivo
a casa e trovo Isabel in camera mia.
“Ehi,
mi dispiace per quello che è successo oggi.”
“A
me no, almeno so che non mi posso fidare di quel ragazzo.”
“Vuoi
dire che non vuoi più vederlo?”
“L’idea
sarebbe quella.”
Un’idea
che si scontra subito con la realtà, dopocena mio padre sale
in camera mia
piuttosto seccato.
“Chia,
c’è un ragazzo che continua a chiedere di te alla
porta e non riusciamo a
cacciarlo.”
“Fammi
indovinare, uno skater alto con i capelli neri?”
Lui
annuisce.
“Ci
penso io.”
Scendo
all’ingresso e trovo Tom.
“Dobbiamo
parlare.”
Mi
apostrofa appena mi vede.
“Sì,
ma non qui.”
Usciamo
e gironzoliamo per l’isolato.
“Ascoltami
bene, Tom DeLonge, non mi piace ripetere le cose.
Io
e te non siamo amici, io e te non siamo nulla e io non voglio
più vederti, ok?
Se
ti ostinerai a girarmi attorno ti modificherò la memoria, a
costo di farti
saltare il cervello.”
“Sei
gelosa di me per caso?”
“Non
ho intenzione di rispondere a questa domanda.”
Un
rossore traditore è però salito sulle mie guance,
tingendole di un leggero
rosato.
“Stammi
lontano o ti giuro che sarà peggio per te.”
“Dai,
andiamo Chia, è stata una cazzata.”
Io
lo guardo malissimo.
“Non
è stata una cazzata, non per me e ora…”
Sulle
mie mani si vede dell’energia blu.
“Vattene,
se ci tieni al cervello e scordati di me, di Johnny e della casa nel
deserto.”
Lui
deglutisce e se ne va.
Credo
di avercela fatta a cacciarlo definitivamente, anche se dentro di me
sanguino,
ogni fibra del mio essere urla di farlo tornare da me.
Farlo
tornare da me?
Per
soffrire ed essere interessante ai suoi occhi solo perché
sono un’aliena?
Non
ci penso nemmeno, io voglio piacere a lui perché sono io,
non perché sono
quello che cerca da una vita come ufologo.
Me
ne torno a casa mia con la coda tra le gambe, pensando che il mondo
intero fa
schifo e l’amore è solo un modo come un altro che
è stato architettato per
farci soffrire.
Tornata
a casa trovo mio padre sulla porta, leggermente preoccupato.
“Tutto
bene?”
Io
sorrido per rassicurarlo, mentre dentro di me sono
all’incirca a lutto.
“Sì,
tutto a posto. Non disturberà più.”
Salgo
in camera, finisco i compiti e poi mi butto a letto e piango senza
singhiozzi,
esattamente come faccio quando voglio che nessuno mi senta.
Mi
addormento sfinita e la mattina dopo ho uno sguardo spento, preferirei
rimanere
a poltrire nelle coperte che andare a scuola.
Mi
vesto con poca cura, mangio poco a colazione e saluto svogliata mia
madre,
mentre esco con Izzie.
“Sei
sicura di stare bene?”
Mi
chiede lei.
“No,
non sto bene. Purtroppo però non posso permettermi il lusso
di saltare scuola e
quindi cerco di farmi forza pensando che devo uscire da questa
situazione.”
“Non
vuoi nemmeno provare a sentire il punto di vista di Tom.”
Io
sospiro.
“No,
perché poi dovrei dirgli che … lo amo e non
voglio ritrovarmi a raccogliere le
briciole del mio cuore.”
Lei
non dice nulla, parcheggiamo ed entriamo a scuola. Non mi parla molta
gente né
durante le lezioni né a pranzo e questo è un bene.
Non
ho voglia di parlare con nessuno.
Questa
situazione di protrae per almeno tre settimane, sono ufficialmente
diventata un
fantasma.
Durante
uno di questi giorni qualunque mi ritrovo ad ascoltare una
conversazione quanto
meno sorprendente. Sono chiusa in uno dei cubicoli del bagno quando
sento la
porta aprirsi e l’inconfondibile risata di Jessica Rice, una
cheerleader.
Mi
blocco, ho finito di fare quello che dovevo, ma non voglio uscire per
non
sentire i loro commenti.
“Ehi,
ci credi che sono tre settimane che DeLonge non tocca una
ragazza?”
“Ma
è impossibile, lo chiamano Hot Pant!”
“Te
lo giuro, Lynn. Nessuna ragazza, da quando ha fatto amicizia con quella
stramba
irlandese e hanno rotto non ha più toccato nessuna.
Chissà
che incantesimo gli ha tirato.”
Ridacchiano
di qualche altra stronzata e poi escono dal bagno, io esco subito dopo.
E
così Tom non si fa nessuna da quando ho minacciato di fargli
saltare il
cervello, curioso, molto curioso.
Sembra
quasi che sia rimasto colpito dal discorso, né
dovrò parlare a Izzie, magari –
lei che conosce anche Mark – saprà trovare una
spiegazione a questi
comportamenti assurdi.
La
becco a mensa e le
spiego la situazione,
lei si ficca in bocca una forchettata di insalata e guarda sopra di me.
“Sembrerebbe
quasi che sia cotto di te, se non fosse che è di Tom che
stiamo parlando.”
“Lui
non si innamora mai.”
“Generalmente
no, ma ha avuto un paio di storie lunghe. Tutte e due sono durate sei
mesi, una
con Holly Kennedy e l’altra con Peggy Sue Anderson.”
“Uhm,
capito.
Resta
il fatto che il suo comportamento non ha senso.”
“Chiederò
a Mark, lui ne saprà sicuramente più di me,
è il suo migliore amico.”
“A
proposito di Mark, come va tra di voi?”
Mia
sorella sorride.
“Benissimo.
È un imbranato di prima categoria, che dice un sacco di
battute imbarazzanti,
ma è anche la persone più dolce che io abbia mai
incontrato.”
“Capisco.
Beh, sei stata fortunata.”
Chiacchieriamo
e finiamo di mangiare, poi ognuna torna alle proprie lezioni.
Finite
quelle, arriviamo a casa e troviamo mia madre disperata.
“Volevo
fare una torta, ma mancano zucchero e farina!”
“Non
ti preoccupare, vado al seven eleven dietro l’angolo e te le
compro mamma, così
faccio quattro passi.”
Le
dico conciliante, guadagnandomi un’occhiata di gratitudine.
Esco
e cammino per il nostro isolato, è fatto di tante villette
con il giardino
davanti, molto curato e dei bei portici. Mi piace vivere qui,
è calmo, anche se
non nego che a volte vorrei sapere cosa si prova a vivere in una grande
città
piena di movimento.
Svolto
l’angolo ed entro nel seven eleven, compro due pacchetti di
farina e due di
zucchero e una scatola di uova per precauzione, poi esco.
C’è
un tramonto infuocato che inonda di luce dorata questo piccolo pezzo di
California, amo questo tipo di luce, mi rende calma.
Scendo
i due gradini che separano la strada dal marciapiede e poi attraverso
la
strada, probabilmente sono stata troppo distratta perché
sento la macchina in
arrivo quando è troppo tardi.
Ok,
addio mondo, sto per morire.
O
forse no, due braccia muscolose mi trascinano con sé ed
evitano che mio mi
riduca a una frittella stampata sull’asfalto.
Chissà
chi mi ha salvato?
Le
due braccia trascinano me e la borsa sul marciapiede e mi fanno sedere,
solo
allora metto a fuoco il volto del mio salvatore: Tom.
Ci
guardiamo un attimo negli occhi e poi lui se ne va.
“Tom!”
Lo
richiamo, lui volta solo la testa.
“Cosa
c’è?”
Già,
cosa c’è?
“Grazie
per avermi salvato la vita!"
"Così siamo pari.”
Mi
risponde asciutto lui, per poi andarsene del tutto, lasciandomi seduta
per
terra con una gamba che sanguina.
Ora
sì che ho capito quanto ha preso sul serio i miei
avvertimenti, non si è
fermato nemmeno per vedere come stavo.
Merda.
Mi
alzo a fatica, per fortuna la gamba mi regge e con qualche
difficoltà arrivo a
casa mia.
Mia
madre si spaventa quando vede come sono conciata.
“Chia,
cosa ti ha successo?”
“Sono
stata quasi investita da una macchina fuori dal negozio, se non fosse
stato per
un ragazzo sarei morta, questi comunque sono i tuoi acquisti: io vado a
medicarmi questa gamba.”
Izzie
sale con me e mi aiuta.
“Il
ragazzo era Tom, vero?”
“Sì,
era lui. Dopo che mi ha salvato se ne è andato subito. Sono
riuscita solo a
dirgli un minimo grazie, credo abbia preso sul serio la mia
minaccia.”
Mi
porto le mani sul volto.
“Dio,
sono così stupida!
Come
faccio a rimediare a questo casino?
Lui
non mi vuole più vedere e io non so cosa dirgli per averlo
di nuovo tra i
piedi.”
“Forse
basterebbe che tu ti scusassi.”
“Forse.”
Non
è facile scusarmi per una tizia dal carattere orgoglioso
come me, eppure se lo
rivoglio nella mia vita è l’unico modo per averlo.
Ci
devo pensare.
“Senti,
parlo con Mark e magari riusciamo a organizzare qualcosa.”
Io
annuisco e lei esce dalla stanza, al piano di sotto mia madre che le
urla di
venire a darle una mano con la torta.
Arrivata
la cena scopro che è una torta
al
cioccolato gigantesca con tanto di marmellate a strisce dentro e la
glassa
sopra.
Ottima.
Vado
a letto un po’ rincuorata, adesso devo solo risolvere con
Tom: una cosa da
niente.
Dormo
un sogno senza sogni e in un
attimo è
già mattina, la sveglia suona e mia sorella mia scuote per
farmi andare a
scuola.
Viva
la vita!
Mi
vesto, faccio colazione e sono di nuovo a scuola, solo che questa volta
Izzie
sembra di buon umore, come se durante la notte avesse capito qualcosa
di molto
importante.
“Ah,
ha detto Mark che durante l’ora buca che hai vuole
parlarti.”
Io
annuico.
“Bene,
dove ci vediamo.”
“Alle
tribune.”
“Ok,
sarò lì.”
Mi dirigo verso la
mia classe di spagnolo,
chiedendomi cosa diavolo voglia Mark Hoppus da me, forse dirmi un modo
per
tornare a parlare con Tom?
Seguo
la lezione in modo piuttosto svogliato, penso a cosa deve dirmi Mark e
sono
curiosa come una scimmia.
Quando
finalmente suona il cambio dell’ora schizzo via verso le
tribune, dove la
scuola si sorbisce rassegnata le performance dei gorilla, ops, la
squadra di
football.
Mi
avvicino e noto che c’è solo una figura mollemente
appoggiata alla struttura:
Tom.
Mi
sa che mi a sorella ne ha combinate una delle sue, ma stranamente non
sono
arrabbiata, anzi mi fa quasi piacere vederlo.
“Tom.”
Dico
piano, lui si stacca non appena sente la mia voce, nemmeno avesse preso
la
scossa, poi si allontana.
Adesso
o mai più.
Lo
rincorro e gli afferrò un polso, lui mi guarda inespressivo.
“Cosa
c’è?
Non
sto facendo quello che volevi tu?
Ti
giro al largo.”
“Mi
dispiace.”
Lui
sgrana gli occhi come se all’improvviso mi fosse spuntato un
corno sulla
fronte,
“Cosa?”
“Ho
detto che mi dispiace, ho detto delle cose brutte, ma ero
arrabbiata.”
“O
gelosa.”
Suggerisce
lui, ma la sua voce è priva della sua solita ironia.
“O
gelosa. Ammetto che non mi ha fatto piacere vederti pomiciare con
quella
ragazza.”
“Questo
vuol dire che un po’ ti interesso, suppongo.”
Io
non dico nulla.
“Possiamo
tornare a essere amici?”
“Va
bene.”
Mi
sembra comunque dispiaciuto, così lo abbraccio e lui da
rigido diventa normale
e mi stringe forte a sé.
Mi
era mancato il suo abbraccio e – nonostante le cose in
sospeso tra di noi –
sono contenta che siamo riusciti a tornare almeno amici.
Non
lo ammetterei nemmeno sotto tortura, ma lui mi è mancato.
Questo
sarà uno dei miei tanti segreti.
Angolo di Layla
Ringrazio DeliciousApplePie
per la recensione, grazie per esserci sempre.
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Capitolo 9 *** 9)I lenti del Soma. ***
9)I lenti del Soma.
La
vita con Tom – per quanto mi suoni strano dirlo –
è migliore.
Mi
erano mancate le sue battutacce e il suo sorriso da impunito e poi,
oltre a
Izzie e a Johnny, è l’unico che sa tutto e con cui
posso essere sincera sulle
mie origini non terrestri.
È
molo più elettrizzato di me all’idea di incontrare
altri alieni e io sono
tornata a essere odiata dalle ragazze della scuola perché
lui sembra
interessarsi solo a me, il mio dubbio sul perché rimane
comunque.
Forse
avrei bisogno di una pausa da questi pensieri che mi mandano in
carosello o ci
perdo il cervello e credo che mi servirà prossimamente.
Oggi
comunque sia mia sorella che Tom vengono alla casa del deserto e lui si
è
portato dietro dei microscopi di dubbia provenienza.
“Dove
li hai presi, Tom?”
Gli
chiede Johnny quando li nota.
“In
prestito dall’aula di scienze.”
“In
prestito, eh? Spero che torneranno al loro posto presto.”
“Questo
dipende da quanto sono bravo a usarli e a capire di cosa sono fatti i
vostri
bozzoli.”
Il
mio amico alza le spalle, per lui quelle gigantesche uova che
contengono ancora
quello che sembra zucchero filato non sono di alcuna importanza. Ce
l’avevano
finché ci hanno protetto, poi per lui hanno smesso di
esistere, lui sembra
molto più curioso riguardo all’arrivo di altri
come noi.
Ha
smanettato con la colonna di roccia strombata verso il basso ed
è riuscito ad
attivare quella che parrebbe essere una mappa.
La
mappa mostra quattro puntini all’interno di un cerchio
– noi – e due in
avvicinamento.
Io
sono curiosa di sapere cosa provi di preciso verso Anne invece, lei
è sempre
più triste e sconsolata, non voglio che le succeda qualcosa
di brutto solo
perché Johnny è tardo nelle questioni di cuore.
Mia
sorella e Tom sono impegnati con le uova, così io trascino
il mio amico lontano
dalla portata del loro udito e lo guardo seria.
“John,
cosa vuoi fare con Anne?”
“Non
so, in fondo va bene così?”
Io
sbuffo.
“No
e lo sai anche tu, lei ci sta male e non credo tu sia così
insensibile da non
averlo notato. Ti interessa? Diglielo.
Non
ti interessa?
Diglielo
e ponete fine a questo balletto che sta distruggendo il cuore di
entrambi.”
“Non
voglio che se ne vada dalla mia vita, ma ho paura di iniziare una
relazione,
dovrei dirle di tutto questo e non so come
reagirà.”
“Io
mi fido di lei.”
Lui
non dice nulla e guarda Izzie e Tom che litigano
sull’interpretare le
componenti della sostanza.
“La
famiglia si allarga, vero?”
“Sì.”
All’improvviso
succede una cosa strana, Tom stringe i pugni e la parte di roccia sotto
la sua
mano esplode con un colpo secco. Io e Johnny ci guardiamo spaventati,
Tom ha
appena usato uno dei nostri poteri!
“Che
cosa ho fatto?”
Ci
chiede sconvolto.
“Hai
appena usato uno dei nostri poteri, quello di far esplodere le
cose.”
“E
come ci sono riuscito?”
Ci
chiede isterico, Johnny apre e chiude la bocca un paio di volte, poi
allarga le
braccia in un gesto sconsolato. Io e mia sorella invece ci guardiamo
complici.
“Io
e Izzie avremmo una teoria.”
Johnny
mi guarda sorpreso.
“Dilla.”
“Quando
ho guarito Tom temo di aver modificato anche parte del suo dna,
rendendolo una
sorta di ibrido fra alieno e umano. Stando così le cose
è ovvio che abbia anche
alcuni dei poteri, dobbiamo capire e
insegnarli come controllarli.”
“Meraviglioso!”
Sbuffa
Johnny, Tom invece sembra in stato di shock, con gentilezza io e mia
sorella lo
facciamo sedere sul divano e gli facciamo bere un po’ di the
freddo.
Questo
sembra rianimarlo un po’.
“Quindi
adesso sono un po’ alieno anche io.”
“Sì
e penso che sia una buona cosa, più siamo meglio
è, no?
Visto
che ci si prospetta una missione.”
Lui
rimane un attimo in silenzio.
“Penso
che alla fine di tutto questo non sarò l’unico
mezzo alieno, ho il sospetto che
anche a Izzie, Anne e Mark succederà questa cosa.”
Io
ho lo stesso presentimento e non ho ancora capito se sia una cosa buona
o no.
Lo
scoprirò solo vivendo, temo.
“Non
diciamo sciocchezze, non abbiamo bisogno di un esercito di terrestri
mutanti!”
“Johnny,
sei sempre gentile come al solito.”
Mi
volto verso Tom.
“Devi
imparare a controllare questo potere o rischi di farti
scoprire.”
“Come
faccio?”
Io
prendo fiato.
“Prima
eri arrabbiato, vero?”
“Sì,
perché?”
“All’inizio
i poteri si manifestano quando siamo più deboli e non
possiamo controllarci, ad
esempio quando siamo arrabbiati.”
“Capisco.”
“Cosa
è successo prima?”
Lu
si gratta la testa.
“Ero
arrabbiato con tua sorella perché non accettava una mia
teoria, molto
arrabbiato, non capivo perché non mi desse ragione. Sembrava
buona, la teoria,
dico.
Mi
sono arrabbiato, ho stretto le mani a pugno e poi la terra è
esplosa sotto di
me.”
“Ok,
pensa meglio al momento che va dalla rabbia
all’esplosione.”
Lui
chiude gli occhi.
“A
un certo punto ho sentito una specie di “click” e
poi poco dopo l’esplosione.”
“Ok,
ci siamo. Quando senti quello scatto significa che
tra poco potrai usare i tuoi poteri.
A
quel punto tu devi pensare a qualcosa di bello, qualcosa che ti calmi e
ti
impedisca che la rabbia prenda possesso di te.”
“Come
faccio a sapere che ci sarò riuscito?”
“Sentirai
un altro “click”, che significa che per il momento non puoi usare i tuoi
poteri.”
“Capisco.”
“Prova
a esercitarti.”
Lui
chiude gli occhi, a un certo punto fa una smorfia di sofferenza, ma un
altro
pezzo di pavimento salta via lo stesso.
Come
Johnny ha qualche difficoltà a controllarsi, solo al terzo
tentativo non
succede niente e lo sento rilassarsi.
“Ce
l’ho fatta.”
“Bravo,
adesso ricordati di mettere in pratica questa regola e andrà
tutto bene. In
seguito ti insegnerò
come far esplodere
qualcosa a comando.”
“Perché
non adesso?”
Johnny
si siede sul divano insieme a noi.
“Perché
prima devi imparare a controllare quando usare e quando non usare
questo potere
o non farai mai esplodere qualcosa a comando, DeLonge.
Serve
molta calma per questo.”
“Se
ce l’hai fatta tu posso farcela anche io.”
Johnny
gli ride in faccia.
“Tu
sei solo un mezzo alieno.”
Io
mi alzo furibonda per fronteggiare il mio amico.
“Dillo
ancora e le prendi John Mayer.”
“È
solo la verità.”
“Sì,
ma tu lo dici come se Tom dovesse essere disprezzato per questo e non
deve.”
“Va
bene, Chia, va bene.”
Johnny
si alza e si mette vicino a mia sorella, guardandomi in cagnesco.
“Cosa
avete scoperto sui nostri gusci?”
“Niente
di che, sono fatti per metà di materiale alieno e per
metà di dna umano.
Probabilmente vi hanno aiutato a sopravvivere mentre recuperavate le
energie
per svegliarvi.”
“Capisco.”
“Servirebbe
qualcuno più qualificato di noi, ma non possiamo ovviamente
coinvolgere nessun
altro.”
Johnny
alza le spalle.
“Meglio
di niente e poi dovrebbero arrivare altri dei nostri.”
“Beh
sì, loro potrebbero dirvi di più di
noi.”
John
annuisce.
“Chissà
quando arriveranno.”
“Quando
succederà lo sapremo.”
Rispondo
piatta.
Credo
di essere l’unica a non essere eccitata nel sapere che
arriverà qualcuno della
mia gente in questa stanza.
“Che allegria,
Chia.”
“Lo
sai che non sono molto, ehm, eccitata per questa cosa.
Significherà solo
casino.”
Johnny
sbuffa.
“La
solita pessimista, andrà tutto bene.”
Io
scuoto la testa e sbuffo, è inutile discutere con lui di
questa cosa, non si
arriverà mai a un compromesso e non credo serva nemmeno, non
possiamo sottrarci
a questa missione.”
Che
palle!
Un’occhiata
all’orologio ci fa capire che è ora di andare a
casa e ce ne andiamo, Johnny
diretto verso la sua vecchia macchina, noi verso la mia.
Lascio
Tom davanti a casa sua e poi vado a casa mia, Izzie è
insolitamente silenziosa.
“Cosa
c’è?”
Le
chiedo.
“Davvero,
potrei venire trasformata in una mezza aliena come Tom?”
“Teoricamente
sì, è possibile. Non ho idea se
succederà davvero, quello di Tom è stato un
caso.”
“Se
io fossi in pericolo di vita mi salveresti?”
“Sì.”
Questo
le strappa un piccolo sorriso.
Il
venerdì sera arriva in un battibaleno.
Mark
e Tom ci invitano al Soma e noi accettiamo, mia sorella non sta
più nella
pelle, io sono un po’ preoccupata per quel che potrebbe
succedere: e se
reagissi male come quando l’ho visto baciare
un’altra ragazza?
“Tutto
bene, Chia?”
Mi
chiede mia sorella.
“Uhm,
sì.”
Entriamo
e io rimango subito da sola; mia sorella, Mark e Tom si buttano subito
in
pista, io cerco un angolo tranquillo in cui sedermi, piuttosto a
disagio.
In
un attimo sono diventata trasparente, che strana sensazione.
Ordino
un cocktail e mi guardo intorno, stanno tutti ballando trascinati dalla
musica,
una musica che amo anche io e su cui ho ballato mille altre volte, non
so
perché stasera non ci riesca.
Dopo
un po’ Tom si siede vicino a me con un boccale di birra tra
le mani.
“Come
mai non balli?”
“Sinceramente
non lo so.”
Lui
finisce la sua birra e mi tende una mano.
“Forza,
vieni!”
Mi
trascina nella folla e inizia a pogare con me, la mia timidezza sembra
essere
sparita, per fortuna.
Ci
sfoghiamo e poi mettono un lento, ci viene naturale allacciarci
l’uno
all’altra, io lo guardo negli occhi: sono color del
cioccolato e dolcissimi.
Siamo
fronte contro fronte e l’attimo dopo ci stiamo baciando con
passione, non ci
stacchiamo nemmeno quando il lento finisce.
Ci
fermiamo solo quando non riusciamo più a respirare.
“E
adesso?”
“Adesso
cosa?”
Mi
chiede lui.
“Cosa
significa questo bacio?”
“Non
so, mi piaci.”
“Anche
tu, da tanto.”
Lui
rimane in silenzio e mi
porta al tavolo.
“Senti,
non sono la persona migliore o più adatta alle relazioni, ma
ti va di
provarci?”
Io
lo guardo attentamente, non sta mentendo, ora tocca a me fare la mia
parte e
decidere se vale o meno la pena di buttarsi in questa storia.
“Sì,
ma non … ferirmi, se ci riesci.
Io
non ho mai avuto una storia e non voglio uscire con il cuore a
pezzi.”
“Ci
proverò, non sono il ragazzo più fedele del
pianeta, ma farò del mio meglio.”
Io
sorrido, per ora mi basta.
Posso
farmelo bastare.
“Va
bene, speriamo che Johnny la prenda bene.”
“Non
è esattamente il mio fan numero uno.”
“No,
ed è protettivo.”
“Va
bene, cercherò di non farmi uccidere.”
Io
ridacchio imbarazzata.
Se
Tom non facesse il bravo rischierebbe davvero di essere ammazzato da
Jo, ma è
meglio non dirglielo, ho il sospetto che questo gli metterebbe un
po’ troppa
pressione addosso.
C’è
un attimo silenzio e poi al tavolo arrivano Mark e Izzie, che nota le
nostre
mani intrecciate.
“Non
mi dire che ora state insieme!”
“Temo
che te lo dovrò dire.”
Lei
lancia un urlo belluino.
“Ma
è bellissimo!”
“No,
non mi dire che vuoi fare uscite a quattro!”
Esclama
Mark scherzoso.
“Beh,
sarebbe carino.
Cosa
c’è di male?”
Mia
sorella incrocia le braccia davanti a sé.
“Niente,
amore. È una cosa bellissima, non è
vero?”
Io
e Tom rimaniamo muti come due tombe, Izzie scuote la testa.
“Ok,
niente uscite a quattro che palle che siete!”
Mark
cerca di consolarla, ma l’unico risultato che ottiene
è che lei si ributta in
pista seguita da lui.
“Sono
carini insieme.”
Commento
io.
“Sì,
non sono male. A Mark lei piace molto.”
“Meglio
per lui.”
“Johnny
non è l’unico protettivo qui.”
“Sì,
hai ragione. Forse sono troppo protettiva nei confronti di mia
sorella.”
Lui
sorride.
“Anche
io sono protettivo nei confronti di Kari, la mia sorellina e Mark lo
è nei
confronti di Anne.”
Nel
sentire il suo nome mi rabbuio.
“Cosa
c’è? Pensavo ti stesse simpatica.”
“Sì,
mi sta simpatica. Pensavo solo a Johnny e alla sua assoluta
incapacità di
mettere il cuore in gioco quando serve. Tutto qui.”
Lui
mi guarda interessato.
“Ah,
dici che a Mister Sono-Sempre-Incazzato piace sul serio Anne?”
“Penso
di sì.”
“Meglio
che sia meglio che tu non lo faccia sapere a Mark, potrebbe accelerare
i tempi
a suo modo.”
Io
bevo il mio cocktail.
“No,
tranquillo. Non voglio una rissa tra di loro, in fondo mi sono
affezionata a
Mark, è una brava persona.”
Tom
dà un’occhiata all’orologio.
“Meglio
andare.”
Raduniamo
mia sorella e l’Hoppus e ce ne andiamo, durante il viaggio di
ritorno Izzie si
addormenta sulla spalla del suo ragazzo.
È
stata una settimana pesante per tutti.
Il
primo che lasciamo davanti a casa sua è Mark, Isabel si
sveglia ed esce dalla
macchina con lui, parlottano per un po’, poi si baciano e lei
rientra. Ha
stampato in faccia il sorrisone ebete che sfoggia solo quando
c’è Mark Hoppus
di mezzo.
“Isabel,
chiudi la bocca! Rischi di farci annegare tutti nella tua bava e
sarebbe una
brutta fine!”
Mia
sorella lo fulmina.
“Oh,
voglio vedere quando saluterai mia sorella quanta bava perderai, caro
il mio
DeLonge!”
“Cosa
c’entra?”
“Che
non sono l’unica che è persa per qualcuno, caro
mio!”
Lui
non dice niente, ride solamente come uno scemo, come devo interpretare
questa
risata?
Come
la prova che mi sorella ha fatto centro?
Accompagniamo
Tom a casa sua e questa volta scendo io, lui mi sorride ironico.
“Diamo
una replica dello spettacolo dei due fidanzatini?”
“Solo
se vuoi.”
Abbasso
gli occhi, lui mi alza il mento e io sono intrappolata nel fascino dei
suoi
occhi scuri.
“Ehi,
mi piaci tantissimo, non fare così!”
Mi
appoggia le mani sulle guance e mi attira in un bacio dolce e lento.
“Buonanotte,
mia straniera.”
“Buonanotte,
Tom!”
Rientro
in macchina sorridendo, Izzie lo nota.
“Ti
piace, eh?”
“Certo
che mi piace, non è una novità!”
“Siete
proprio una coppia carina.”
Io
rimango in silenzio.
“Beh,
cosa ho detto di male?”
“Nulla,
ho solo paura che mi lasci per una più carina di me, tutto
qui.”
“Non
succederà, non ti devi preoccupare.
Goditi
il momento, non andare in paranoia, sorellina.”
“Ok,
solo che è la mia prima storia. Sai, per il problema di
lassù.”
Lei
ride.
“In
qualche modo andrà.”
Arriviamo
finalmente a casa nostra e ci mettiamo
a
letto, Io come al solito soffro di insonnia e guardo le ombre del
soffitto
muoversi.
Da
piccola mi facevano paura e accendevo sempre la lucina accanto a letto
per
rassicurarmi, adesso mi sono indifferenti. Fanno parte
dell’arredamento, né più
né meno della scrivania, del letto e della sedia.
Adesso
sono altre le cose che mi spaventano, per prima cosa l’arrivo
di altri alieni e
poi il nostro compito, mi sembra così fuori dalla nostra
portata e con pochi
alleati.
Sarà
un gran casino.
Mi
sto rigirando per l’ennesima volta quando sento il mio
cellulare vibrare per
l’arrivo di un messaggio: è Johnny.
“Stanno
arrivando, sono due.
Lunedì
probabilmente li incontrerete a scuola.”
Queste
poche parole hanno il potere di gelarmi il sangue nelle vene, tutto
quello che
temo si sta avverando e io sto per essere trascinata controvoglia in
una
battaglia.
Forse
la mia versione di laggiù era coraggiosa, io non lo sono poi
molto. Temo troppo
per la mia famiglia e per i miei amici per entrare in battaglia sicura.
Che
schifo di notizia!
E
adesso chi dorme?
Angolo
di Layla.
Grazie
mille a DeliciousApplePie
per la recensione.
|
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Capitolo 10 *** 10) I miei ***
10) I miei
"amici" di lassù.
Dopo
aver letto il messaggio di Johnny i miei sogni sono popolati da strane
creature.
Mi
immagino due creature verdi piene di tentacoli, con la testa infilata
in una
specie di acquario e che sbavano da paura, ho visto troppo i Simpson
ultimamente.
Fatto
sta che continuo a svegliarmi e a riaddormentarmi e la mattina dopo
sono uno
straccio, forse è meglio che vada da Jo per parlare.
“Hai
un aspetto orribile.”
Commenta
mia sorella.
“Johnny mi ha dato una notizia non esattamente positiva. Ha
detto che lunedì a
scuola ce en saranno altri due come me.”
“Ah,
cazzo!”
“Voglio
parlargli.”
“Se
pensi che ti possa aiutare.”
Il
mio cellulare suona per l’arrivo di un messaggio,
è Tom che mi augura il
buongiorno, io gli rispondo raccontandogli cosa è successo e
che vado da
Johnny.
Poco
dopo lui mi risponde che va bene e di stare calma, spero non si sia
arrabbiato
perché vado dal mio migliore amico, quei due non si stanno
simpatici.
Sono
entrambi gelosi di me, che situazione.
Mi
vesto, esco e, come quando sono corsa da lui per dirgli di Tom, trovo
Anne
nell’appartamento di Johnny.
“Forse
è meglio che me ne vada.”
Sospira lei, lui non la ferma, anche se vedo che vorrebbe farlo.
Quando
la porta si chiude alle spalle di Anne guardo il mio amico.
“Perché
non l’hai fermata?”
“Perché
non so se sia una buona idea dirle cosa siamo, potrebbe non prenderla
bene.”
Io
scuoto la testa.
“Tu
hai solo paura, ma io sono stanca di sprecare fiato e parole per dirti
di
essere più onesto con te stesso e con lei. Non sono qui
nemmeno per questo,
voglio informazioni più precise su quello che mi hai scritto
ieri sera.”
“Lo
sapevo che saresti venuta per quello, forse è meglio andare
alla casa nel
deserto.”
“Va
bene.”
Usciamo
dal suo appartamento e saliamo in
macchina, lui non dice nulla lungo il percorso e nemmeno
quando
camminiamo sotto il sole cocente del deserto.
Entrati
dentro la caverna ci dirigiamo verso la colonna centrale, dove si
è attivato
una specie di radar, due puntini verdi si stanno avvicinando a Poway,
entro la
giornata saranno in città.
“Per
te come saranno?”
“Simili
agli umani per non attirare l’attenzione, li riconosceremo
senz’altro.”
“Se
lo dici tu, io ho un po’ paura sinceramente.”
Lui
scrolla le spalle.
“Sono
alleati, non nemici e poi finalmente capiremo la missione, magari loro
sanno
già dove sono quelli da eliminare.”
Io
sospiro, ho paura, non c’è niente da fare.
“Non
avere paura, ci sono io con te e ci sono anche Isabel e Tom. Lo so che
per te
non è facile accettare questa situazione, ma noi siamo
quello che siamo,
possiamo nasconderci e quasi dimenticarci, ma prima poi dobbiamo farci
i conti.
Noi
siamo diversi.”
“Lo
so che siamo diversi, ma io ho paura per tutti quelli a cui voglio
bene.”
“Andrà
bene, Chia. Andrò tutto bene, adesso vai a casa, mangia con
i tuoi ed esci con
Tom oggi.
Cerca
di lasciare fuori la tua paranoia, è inutile che tu stia
male prima del tempo.”
“Hai
ragione, Johnny. Grazie, ti voglio bene.”
“Di
niente, sei mia sorella, no?”
Lo
abbraccio.
“Già.”
Rimaniamo
un altro po’ nella casa nel deserto e poi ce ne andiamo,
quando arrivo a casa
mia vengo investita dall’odore di cibo: mamma sta preparando
l’arrosto e mi
viene da sorridere, sa di famiglia e lei non lo sa.
“Sono
tornata!”
Urlo.
“Bentornata,
cara! Potresti preparare la tavola?”
“Sì,
mamma!”
In
silenzio appendo il cappotto e lascio la borsa vicino
all’ingresso per fare
quello che mi ha detto, in fondo mi piacciono i momenti in famiglia, mi
rassicurano.
Il
pranzo è tranquillo, i miei sono contenti che i miei voti
siano tornati alti e
che lo siano anche quelli
di Izzie,
progettano di mandarci in qualche college buono e non in un college di
provincia.
Speriamo
di non dover deludere le loro aspettative, ma ho
l’impressione che succederà e
che non dipenderà da noi.
Al
pomeriggio esco a fare un giro con Tom, lui ha la tavola da skate con
sé quindi
credo che andremo allo skate park, ci azzecco in piano.
Il
mio ragazzo mi lascia da sola ai margini della pista, saluta Mark, un
piccoletto che credo si chiami Scott e Anne poi si lancia nelle sue
evoluzioni.
Io
lo guardo incantata, nonostante sia più coordinata della
maggior parte degli
esseri umani, non ho mai provato a fare skate.
Come
sono bravi! Un po’ li invidio.
Dopo
un po’una figura si siede accanto a me: è Anne.
“Scusa
per avervi interrotto stamattina.”
Le
dico imbarazzata, lei scuote la testa.
“Me
ne stavo andando, le scopate della notte se ne vanno alla
mattina.”
Io
sospiro.
“Se
solo riuscissi a far parlare Johnny staremmo tutti meglio, ma
è così testardo!”
Anne
scuote di nuovo la testa.
“Se
non gli viene significa che il sentimento che prova per me non
è così forte,
sono io quella che lo ama di più e si illude di venire un
giorno ricambiata. Se
lo sapesse Mark farebbe scoppiare il finimondo.”
“Io
non gli dirò nulla.”
“Grazie!”
Sorride
e torna in pista.
Verso
le cinque escono tutti e Tom mi schiocca un bacio sulle tempie.
“Scusa
se ti ho fatto passare un pomeriggio seduta a fare nulla.”
“Non
fa niente. Vi va una crepes?”
Annuiscono
tutti e io mi alzo e vado con Anne al chiosco che ho visto poco
lontano,
ordiniamo sei crepes e aspettiamo pazientemente che ci servano.
I
ragazzi la divorano immediatamente: sono sudati e affamati.
“Beh,
forse è meglio che io vada a casa.”
Dico
io a un certo punto alzandomi.
“Perché?”
“Perché
domani ho una verifica di algebra particolarmente difficile e non sono
sicura
di aver studiato abbastanza.”
Mi
salutano tutti, Tom prende il suo skate sottobraccio e viene via con me.
“Non
pensavo che quelli come te non avessero problemi con la
matematica.”
“Beh,
ti sbagli. Io ne ho, devo fare molta fatica per assorbire le
nozioni.”
“Se
vuoi domani e la prossima volta ti do una mano io, me la
cavo.”
Io
sorrido.
“Grazie,
è molto gentile da parte tua.”
“È
il minimo, non devi ringraziarmi.”
“Non
tutti fanno copiare. Dai, Tom lo sai, c’è gente
che si farebbe trapassare da
una baionetta piuttosto che suggerirti.”
Lui
ride.
“Anche
questo è vero.
Sbaglio o stiamo ignorando
di proposito un argomento?”
Io
arrossisco.
“Sì,
ne sto evitando accuratamente uno: quelli che arriveranno a scuola
domani.”
“Oh,
loro.”
Io
annuisco.
“Loro!
Ho paura che siamo degli strani polipi verdi con un vaso in testa per
respirare.”
“Guardi
troppo i Simpson, non pensi che così verrebbero notati e non
è quello che
vogliono?”
“Hai
ragione, ma sai che non muoio dalla voglia di incontrarli.”
“Lo
so, ma io e Johnny ci siamo, non sei da sola.
Ricordatelo.”
“Grazie
mille per avermelo ricordato.”
Gli
sorrido, ormai siamo arrivati davanti a casa mia, un vento freddo muove
le
foglie dell’acero del mio giardino, non mi ero accorta del
cambio di
temperatura.
“Beh,
siamo arrivati.”
Io
mi alzo sulle punte dei
piedi e lo
bacio.
“Buona
serata, Tom.”
“Buona
serata anche a te e vedi di ripassare per la verifica, almeno non pensi
ad
altro.”
“Signorsì!”
Rispondo
divertita, poi rimango per un po’ a guardare la sua figura
allontanarsi e
rimpicciolirsi, finché non mi decido a entrare.
A
casa c’è un certo tepore, quindi vado a sbirciare
in sala: mio padre ha acceso
il camino e ora si sta rilassando leggendo un libro sulla poltrona
più vicina
al fuoco.
“Ciao,
papà.
Mamma
e Isabel dove sono?”
“Al
centro commerciale.”
“Ok,
ti lascio tranquillo. Buona lettura!”
Salgo
in camera mia e mi butto sul letto, gli appunti di algebra sono sul
comodino,
in un solo movimento fluido li prendo in mano e comincio a leggerli.
Continuo
per un’ora, alla fine ho un gran mal di testa e
l’amara consapevolezza che
questa roba non mi entrerà mai in testa.
Odio
la matematica in tutte le sue branche!
Alle
sette scendo in cucina e comincio a preparare qualcosa, visto che di
mamma e
mia sorella non c’è traccia. Preparo cotolette per
tutti, so che sono capaci di
mettere d’accordo ogni palato.
Izzie
e mamma arrivano proprio mentre le sto per servire in tavola,
così si tolgono
semplicemente i cappotti e depositano le borse da qualche parte e si
siedono
subito a tavola.
Che
pace!
Perché
dovrei desiderare di sconvolgerla?
Lunedì
mattina arriva troppo presto, non sono pronta.
Mi
lavo e mi vesto di malavoglia, vorrei non andare a scuola oggi, ma non
avrebbe
senso prima o poi li incontrerei comunque.
Izzie
mi guarda in silenzio, percepisce la mia tensione e il mio nervosismo,
ma non
sa cosa dirmi per calmarmi.
Arriviamo
a scuola e subito percepisco qualcosa di strano, in qualche modo li
sento
avvicinarsi, Johnny non si sbagliava.
Entriamo
e io mi dirigo al mio armadietto, si stanno avvicinando sempre
più, alzo gli
occhi e vedo due persone che non avevo mai visto prima percorrere il
corridoio.
Sono
un ragazzo e una ragazza.
Lei
non è molto alta, ha la carnagione ambrata e lunghi capelli
viola, lui invece è
mediamente alto, pallido e con dei capelli neri scompigliati.
Eccoli.
La
ragazza mi guarda e sento che mi riconosce, anche perché si
avvicinano a me e
a mia sorella.
“Ciao,
io sono Keisha e lui è mio fratello Joel. Siamo nuovi,
potresti aiutarci a
trovare l’aula di letteratura?”
“Sì,
certo. Io sono Chia e questa è mia sorella Isabel, saremo
liete di aiutarvi.”
“Lei
non è una di noi.”
La
voce di Joel è bassa, ma perfettamente udibile.
“No,
ma sa quindi rilassati o attirerai l’attenzione.”
Sul
volto di Joel appare un ghigni poco carino, inizio a non sopportarlo.
“Chi
altro sa?”
“Il
mio ragazzo.”
“Chi
altri potrebbe venirne a conoscenza?”
“Il
ragazzo di mia sorella, la ragazza che piace a Johnny.”
“Incoscienti.”
“Siamo
solo umani.”
Rispondo
torva.
Lui
vorrebbe ribattere qualcosa, ma sua sorella si mette in mezzo.
“Buono
Joel, Chia ha ragione, rilassati. Ci noterebbero se ci mettessimo
subito a
litigare.”
Joel
tace arrabbiato, questa Keisha mi sta simpatica!
Ci
avviamo insieme verso l’aula di letteratura chiacchierando,
Tom ci aspetta
dentro e capisce al volo la situazione.
“Ciao,
io sono Tom, il ragazzo di Chia.”
“Io
sono Keisha e lui è Joel.”
Le
presentazioni sono fatte, ora inizia l’avventura vera e
propria e la lezione di
letteratura. Il professore fa presentare Keisha e Joel davanti a tutti,
Joel è
visibilmente irritato, si capisce lontano un miglio che la cosa non gli
fa
piacere.
Vengono
costretti a presentarsi anche alle lezioni successive e
all’ora di pranzo temo
che Joel ucciderà qualcuno.
Per
fortuna non succede nulla e quando finiscono le lezioni pomeridiane
andiamo
tutti alla casa nel deserto dove conosceranno anche Johnny. Spero che
non si
mettano a litigare, anche se conoscendo lui dubito che
succederà. Il mio amico
non vede l’ora di incontrare altri alieni come noi e di fare
amicizia con loro.
La
porta si apre sul consueto spettacolo di Johnny che guarda la tv sul
divano,
con una bottiglia di birra da una parte e un sacchetto di patatine
dall’altra.
“Ti
sei rammollito, generale Rath!”
Quell’odioso
di Joel è il primo ad aprire bocca e fa sobbalzare Johnny.
“Cosa
diavolo vuoi, ragazzino?”
Gli
chiede duro.
“Che
torni ai tuoi antichi fasti, ti riprenda la tua donna e cacci questa
feccia
terrestre inutile. È la nostra missione, non la
loro.”
Io
stringo i pugni.
“Joel,
Keisha vi invito a uscire da questa casa, non siete più i
benvenuti.”
“Ma
la missione...”
“Fatela
da soli se credete di essere così bravi, io e Johnny non vi
daremo nessun
aiuto, andatevene.”
“Traditrice!”
Urla
Joel, nonostante sua sorella cerchi in ogni modo di trattenerlo.
“FUORI!”
Il
mio urlo attiva qualcosa presente nella stanza perché una
forza sconosciuta
solleva Joel e Keisha di peso e li butta fuori, sulla roccia dura della
scalinata esterna.
Johnny
mi guarda sorpreso, non mi ha mai vista così arrabbiata.
“No,
Johnny non dire nulla.
Nessuno
parla così dei miei amici e della mia famiglia in mia
presenza, nemmeno quel
piccolo arrogante e presuntuoso di Joel, se vuole che li aiutiamo deve
darsi
una calmata o per me se ne può tornare a casa sua!”
Johnny
rimane muto, mi guarda in modo strano.
“Johnny,
si può sapere cos’hai?
Perché
mi guardi così?”
“Perché,
non so se tu te ne sia accorta, emani un’aura di potere che
si può quasi
toccare. È come se la principessa che eri
nell’altra vita sia emersa
improvvisamente.”
Io
sbuffo.
“Principessa…
Ma per favore.”
Rispondo
io digrignando i denti.
“Johnny
ha ragione.”
Azzarda
timidamente Tom.
“E
anche se fosse? Chissene frega!
Quei
due non entreranno qui fino a quando Joel non si darà una
calmata e la stanza
ubbidisce a me!”
Johnny
si avvicina alla colonna centrale.
“Sono
ancora qui fuori.”
“Che
ci rimangano, qui non entreranno.”
Mi
siedo sul divano non prima di aver tolto una coca dal frigo. Johnny si
siede
vicino a me.
“Andiamo,
magari non l’ha fatto a posta, è alieno, non sa
come ci si comporta.”
Io
scoppio a ridere.
“Keisha
è stata perfettamente in grado di essere gentile e cortese,
Joel l’ha fatto a
posta. Forse vuole dimostrare di essere una specie di capo, ma io non
ho
bisogno di gente così e ti ripeto che se la pensa
così la sua cazzo di missione
può farla da solo.”
“Io
sono con Chia.”
Sia
Tom che Izzie mi appoggiano, Jo scuote la testa, sconfitto. Sono certa
che sia
deluso, forse si aspettava un qualcosa di strappalacrime – a
mo’ di famiglia
riunita – non un litigio.
“Se
ne stanno andando.”
Annuncia
alla fine, depresso.
“Grande,
adesso posso andare a casa a mangiare, senza uno stronzetto che mi dica
cosa
fare.”
Io,
mia sorella e Tom usciamo dalla casa e raggiungiamo la mia macchina, io
sto
ancora ribollendo di rabbia per come ha apostrofato Izzie e Tom: lo strozzerei.
In
macchina c’è un silenzio carico di tensione,
nessuno fa niente per spezzarlo,
nemmeno quel chiacchierone del mio ragazzo.
Lo
lascio a casa sua e poi mi dirigo verso casa mia.
“Izzie.”
“Sì?”
“Sappi
che non la penso come Joel.”
“Questo
si era capito, non ti devi preoccupare. Mi dispiace che sia andata
così male,
spero vi chiarirete.”
“Io
invece spero che se ne tornino al mio pianeta e che esploda
così non mi devo
più preoccupare di quello che succede lassù. Non
è più la mia vita.
Sono
morta una volta per loro, non intendo ripetermi.”
Lei
sospira.
“Prova
a parlare con Keisha, lei non mi sembra cattiva.”
Io
rimango in silenzio, se Joel non ha fatto altro che mandarmi vibrazioni
negative, Keisha invece non è stata così negativa
e sembrava dispiaciuta del
comportamento del fratello.
Forse
le parlerò, non ora perché sono ancora
così arrabbiata da non essere in grado
di reggere una conversazione civile con qualcuno.
“Se
vuoi un consiglio, cerca di ricomporre la tua espressione in qualcosa
che si
avvicina alla normalità. Adesso hai uno sguardo omicida che
fa paura.”
Io
sbuffo, ma mia sorella ha ragione.
Arrivate
a casa, mi prendo cinque minuti buoni per respirare profondamente, alla
fine
dell’esercizio la mia faccia è tornata quasi
normale.
Entriamo
in casa e sentiamo la risata di mia madre, quella che adotta quando
conversa
educatamente con qualcuno, io e Izzie ci guardiamo: forse qualche sua
amica è
venuta a trovarla?
Andiamo
in salotto e i miei pugni si stringono di nuovo in una presa ferrea:
sta
parlando con Keisha.
Cosa
vuole?
“Oh,
Isabel, Chiara, siete arrivate.”
“Sì,
mamma.”
Rispondo
fredda io.
“Lei
è Keisha, è nuova qui e vorrebbe avere da voi i
compiti di matematica.”
Che
patetica scusa!
In
ogni caso le porgo un foglio su cui ho scribacchiato quello che le
serve.
“Copiali.”
“Non
sarebbe educato farla salire in camera tua?”
“Va
bene.”
Rispondo
sempre più fredda. Io, mia sorella e l’aliena
saliamo verso la mia camera e
quando siamo tutte dentro chiudo la porta e mi volto ad affrontarla con
il
volto deformato dalla rabbia.
“Cosa
diavolo vuoi?
Insultarci
direttamente a casa mia?
Non
sei la benvenuta qui, esattamente come non sei la benvenuta nella casa
nel
deserto.”
Keisha
alza le mani in segno di resa.
“Non
sono qui per insultare nessuno.”
“E
allora cosa vuoi?”
Le
chiedo sulla difensiva.
Non
mi piacciono queste situazioni, mi piace avere il controllo, ma qui
è ovvio che
è Keisha ad avere il coltello dalla parte del manico.
Cosa
diavolo vuole?
Angolo
di Layla
Grazie
a DeliciousApplePie
per la recensione.
Se
interessa a qualcuno ho aggiunto un nuovo capitolo a questa collezione
di shot, diciamo.
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2489638
Qualcuno di voi ha tumblr? |
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Capitolo 11 *** 11)Armi (non dirmi che siamo kamikaze). ***
11)Armi (non dirmi che
siamo kamikaze).
La
tensione tra me e Keisha è palpabile.
“Cosa
diavolo vuoi?”
Ringhio
a bassa voce in modo che mia madre non mi senta.
“Sono
venuta qui per una cosa.”
“Cosa?”
“Ecco,
scusarmi per mio fratello.”
Io
rido sarcastica.
“E
perché non si scusa lui direttamente?”
Keisha
balbetta qualcosa di indefinito.
“Senti,
se vuoi scusarti per lui, ma lui non è convinto, anzi
probabilmente non vuole
nemmeno scusarsi, te ne puoi andare.”
Rispondo
fredda.
“Chia,
non è così di solito.”
“Sono
onorata di aver assistito a un suo momento di malumore
razzista.”
“Per
favore, dammi la possibilità di spiegare.”
“Senti,
non sono dell’umore giusto per sentire spiegazioni che
riguardano questo
argomento, ripassa più tardi.”
“La
nostra missione è importante!”
“Per
favore, vattene.”
Lei
sospira.
“Va
bene, ma domani dobbiamo parlare di tutto questo, non abbiamo tempo per
cazzeggiare.”
“Va
bene, va bene. Adesso fuori.”
La
caccio dalla camera in malo modo e finalmente posso sedermi sul letto e
tentare
di calmarmi sul serio.
“Che
faccia tosta!”
“Forse
vuole davvero solo rimediare agli errori del fratello.”
“Izzie,
parliamoci chiaro: lei può scusarsi quanto vuole, ma se lui
continua a fare il
bastardo, le scuse non hanno senso.”
“Hai
ragione, ma avresti potuto essere un pochino più
gentile.”
Io
scrollo le spalle, non ho voglia di essere gentile con gente che non
è gentile
con i miei amici e la mia famiglia.
“Quel
Joel ti sta davvero sulle palle, eh Chia.”
“Molto.
Potrebbe migliorare solo con delle scuse sincere, ma dubito che lui
sappia come
si faccia.”
Rispondo
un po’ sarcastica, poi mi butto sul letto.
“Ah,che
mal di testa!”
“Fa
male litigare con le persone.”
“Ma
è ancore peggio farsi mettere i piedi in testa. Lui non
aveva alcun diritto di
parlarvi così, tu e Tom non siete feccia, siete parte della
mia famiglia.”
“Forse
si aspettava qualcos’altro.”
“Beh,
anche io. Adesso sono ancora meno propensa ad aiutarli con la loro
missione.”
“Ok,
ti lascio riposare.”
“Grazie
Izzie!”
È
con immenso sollievo che mi metto in pigiama e mi butto sotto le
coperte, lì
troverò finalmente un po’ di pace, senza alieni
ostili.
Non
che sperassi nella riunione della famiglia felice, ma
non mi aspettavo nemmeno che uno di loro
chiamasse feccia le persona a cui voglio bene.
Questa
missione sarà molto dura.
Alla
fine mi addormento, dimenticandomi della pila di compiti che mi aspetta.
Vango
svegliata per la cena e quando vedo la pila capisco al volo che
stanotte non
dormirò se voglio finirli.
Pace,
a volte va fatto.
Mi
metto sotto e quando finisco la sveglia segna impietosamente le quattro
di
notte, bene, ho a disposizione tre ore di sonno.
Inutile
dire che la mattina dopo sono uno zombie che non sa nemmeno
dov’è il bagno, ho
bisogno di tanto caffè.
Scendo
in cucina ed eccezionalmente faccio colazione prima di lavarmi, il
caffè mi dà
una bella sferzata di energia, mi lavo e mi vesto.
Sono
quasi umana, se tralasciamo la stanchezza e la non voglia di vedere i
due
fratelli.
Keisha
mi fa un cenno timido con la mano
che io
ricambio svogliata, Joel mi ignora, meglio per lui.
Non
appena raggiungo Tom lo bacio e insieme andiamo alle nostre lezioni
condivise,
mi sento addosso lo sguardo di disprezzo di Joel, così mi
giri e gli faccio il
medio, giusto per fargli capire i miei sentimenti.
“Artiglieria
pesante, eh?”
Commenta
serafico Tom.
“Perché
lui è stato gentile ieri?
Se
la merita tutta.”
Tom
scuote la testa.
“Sono
senza parole, non riesco a trovare un commento adatto a questa
situazione.”
“Forse
non ce ne sono, pensiamo a inglese piuttosto, oggi
c’è il test.”
“Vero,
che palle.”
Entriamo
in aula e facciamo un ripasso dell’ultimo minuto, Tom mi
sembra preoccupato, io
un po’ di meno, spero che la mia notte insonne porti dei
risultati.
Il
test è mediamente difficile e con qualche
difficoltà passo a Tom alcune delle
risposte senza che la prof ci vede, Keisha invece non ha esitazioni,
vedo la
sua penna scorrere rapida e sicura sulla carta.
Starà
usando i suoi poteri da aliena o forse si è studiata un
po’ di materiale
terrestre, forse – al contrario di quella testa di cazzo del
fratello – un
pochino si interessa a questo pianeta.
Finito
il test, io ho matematica, Tom ginnastica così ci salutiamo,
Keisha mi segue.
“Cosa
vuoi?”
Le
chiedo a un certo punto.
“Parlarti.”
“Tuo
fratello non si è ancora scusato.”
“Ci
sto lavorando.”
“E
allora continua a lavorarci, io adesso devo prestare attenzione alla
lezione di
mate.”
Lei
si ferma.
“Non
vuoi darci nemmeno una possibilità?”
“No,
finché tuo fratello non mi farà delle scuse
sincere non vi darò nessuna
possibilità.”
Keisha
sospira, ma non dice più nulla per fortuna.
La
lezione di matematica è invece piuttosto complicata e
capisco solo metà di
quello che la professoressa spiega come se fosse la cosa più
facile del mondo.
Keisha
invece sembra capire tutto alla perfezione e la cosa inizia a starmi
sui nervi,
dopo un’ora di spagnolo arriva finalmente
l’intervallo e posso sfogarmi un
pochino con Tom e Izzie.
“Anche
tu eri così due anni fa, perché sei
incazzata?”
Mi
chiede mia sorella.
“Non
lo so, so solo che mi irrita.”
“Sei
strana.”
Commentano
insieme Izzie e Tom.
“Lo
so, lo so che sono strana, ma cazzo, questa arriva e si comporta come
se la
scuola fosse da sempre la sua. Persino le cheerleader la vorrebbero
nella loro
squadra!
Per
non parlare di Joel e del suo disprezzo da quattro soldi, cosa pensava?
Che
sarebbe finito a Yale?
Questa
è una cazzo di scuola di provincia e io mi sono rotta le
palle di loro, si
stava meglio quando non c’erano!”
“Sei
proprio arrabbiata.”
“Molto
e adesso devo andare a ginnastica.”
Inutile
dire che – nervosa come sono – faccio un casino
mentre gioco a pallavolo e
faccio quasi a botte con una mia compagna, ho l’impressione
che diciotto anni
di rabbia repressa stiano uscendo nel modo e nel momento sbagliato.
A
mensa devo avere una faccia da serial killer, visto che sia mia sorella
che il
mio ragazzo mi guardano leggermente impauriti. Non è destino
che io abbia pace
oggi, in ogni caso, visto che Keisha si siede al nostro tavolo.Inizio
a non sopportarla più e mi maledico per aver perso un anno
di scuola alla
ricerca delle mie origini, è stato inutile se non dannoso,
adesso non dovrei fare
i conti con Keisha e Joel.
“Cosa
vuoi?”
“Ascolta,
mi impegno solennemente a far sì che Joel si scusi, ma tu
devi lasciarmi
entrare nella casa, ci sono cose che devo spiegarti. Cose che sono
molto
importanti e che è bene tu sappia il più presto
possibile o potrebbe succedere
un casino.”
Io
la guardo scettica.
“Lo
so che non mi credi, ma se agissimo tropo tardi anche per la Terra
sarebbe un
guaio, loro puntano a tutti e due i pianeti.”
Io
do un sorsata alla mia coca.
“Come
faccio a sapere che non mi stai mentendo per avere il mio
aiuto?”
Mi
porge una pietra simile a quella che ha trovato Tom, io la stringo tra
le mani,
anche questa volta esce un flusso di immagini, ma solo io sono in grado
di
vederle.
Ci
sono due alieni che parlano e dicono chiaramente che è ora
di riprendersi il
loro pianeta e la Terra, che avevano colonizzato precedentemente.
Potrebbe
essere un falso anche questo, ma qualcosa nel profondo della mia mente
mi dice
che è terribilmente vero e che – a malincuore
– devo concedere una possibilità
a Keisha.
“Va
bene, ci vediamo là dopo la scuola. Non provare a portare
Joel o salta tutto,
sono stata chiara?”
“Chiarissima.”
Il
resto del pranzo trascorre in silenzio, io sono davvero di pessimo
umore, ho
paura che la mia vita sarà presto sconvolta del tutto e non
mi va.
Forse
sono pigra, forse sono menefreghista e non ho la stoffa
dell’eroina, ma tremo
all’idea che la mia vita cambi, ci ho messo un sacco a
costruire questo
equilibrio.
“Andrà
tutto bene.”
Mi
sussurra Tom.
“Io
non ne sono tanto sicura.”
“Ce
la faremo.”
Io
annuisco, più per disperazione che per altro, alla
rassicurazione di Tom, lui
non sente i miei stessi presagi foschi.
Io
ho la sensazione della catastrofe imminente e non mi piace per niente,
meglio
non dare comunque troppa confidenza a Keisha.
Le
lezioni del pomeriggio trascorrono in una strana placida sonnolenza,
mentre io
sono tesissima, nemmeno dovessi andare in guerra al suono della
campanella.
Non
è proprio una guerra in senso tradizionale, ma in fondo
è così.
Keisha
sale in macchina con me e Izzie, Tom ci segue, Johnny immagino sia
già là,
ormai trascorre là la maggior parte del tempo.
Durante
il percorso lei cerca di rompere il ghiaccio, io però non le
do retta e mi
concentro su una strada che conosco a memoria.
Arrivati,
parcheggiamo e le faccio cenno di seguirmi.
“Mi
parlerai prima o poi?
Lassù
eravamo migliori amiche.”
“Lassù
non ero nemmeno io e comunque tornerò parlarti una volta che
sarò certa che non
ci hai fatto qualche scherzo e ti sei portata dietro anche
Joel.”
“Non
l’ho fatto.”
Arrivati
alla porta, entriamo e –
come previsto –
Johnny sonnecchia sul divano.
“Adesso
scopriremo la verità.”
Mi
avvicino alla colonna centrale e noto che i puntini corrispondono a chi
c’è
nella stanza e che Joel è in città.
“Beh,
non ci hai mentito.
JOHNNY!”
Urlo,
facendolo svegliare.
“Cosa
cazzo succede?
Non
sei più capace di svegliare le persone
normalmente?”
Mi
chiede irritato.
“C’è
Keisha che vuole parlare con noi.”
Lui
bestemmia ancora un paio di volte e poi ci rivolge la sua piena
attenzione.
“Beh,
come mai sei qui?”
Le
chiede.
“Devo
darvi le armi che usavate lassù e spiegarvi come si
usano.”
“Va
bene.”
Keisha
si fruga in borsa ed estrae una collana lunghissima fatte di un
materiale
lucido e nero e un anello, la collana è mia,
l’anello di Jo.
“Beh?”
“Prova
a sfregare il tuo anello, Johnny.”
Lui
annuisce e una spada fatta di una materia semi solida, luminescente, di
colore
azzurro. Lui se la rigira incredulo tra le mani.
“Questa
era la tua arma, con quella hai ucciso molti dei nostri
nemici.”
“Non
è solida.”
“No,
ma il materiale di cui è fatta azzera le funzioni vitali e
riduce in cenere
qualunque cosa incontri.”
“Posso
provare?”
“Esci
fuori, non vorrai danneggiare questo posto?”
Gli
chiedo ansiosa, lui annuisce e usciamo tutti, lui prova a tagliare un
masso ed
incredibilmente finisce davvero per diventare un mucchietto di cenere.
Letale.
“E
questa collana cosa fa?”
“Concentrati
un attimo e aspetta.”
Mi
concentro, sia la collana che il mio tatuaggio diventano caldi,
sembrano quasi
comunicare tra di loro e io ho la brutta impressione di andare a fuoco.
Poco
dopo finisce e sento solo le palline calde.
“Dentro
ogni pallina c’è un soldato, puoi richiamarne in
tutto milleottanta per
difenderti e per avere un battaglione in più.”
“Cosa
devo fare per farli
uscire?”
“Cerca
di fare un cerchio con la collana e poi urla:
“demitto!”, uscirà
il numero di uomini che desideri.”
Io
faccio qualche prova ed effettivamente escono degli strani uomini fatti
di una
sostanza appena più solida della spada di Johnny.
Eseguono
ogni mio ordine.
“Come
faccio a farli tornare dentro?”
“Fai
un cerchio con la collana e urla: “Redeo!”.
“Come
mai avete scelto il latino?”
“Si
adattava di più alle nostre esigenze.”
Rimango
un attimo in silenzio, contemplando la collana.
“E
cosa c’è nelle piume, Keisha?”
“Concentrati.”
Faccio
come dice e mi ritrovo tra le mani una falce.
“Ha
qualche potere nascosto?”
Chiedo
perché ho l’impressione che non sia finita qui.
“Concentrati
un altro po’.”
Una
lama fatta della stessa sostanza della spada di Johnny spunta
dall’altro lato
della falce.
“Wow!”
La
guardo ammirata.
“È
meravigliosa ed è ancora più letale di quella di
Johnny.”
“Lassù
eri tu a essere quella più potente. Il giorno che ti hanno
ucciso i ribelli
hanno festeggiato ampliamente.”
“Beh,
immagino.”
Fa
un po’ strano sentire parlare della propria morte ed essere
ancora vivi.
“Come facciamo
a esercitarci nella stanza?”
“Beh,dovete
chiederglielo e potete usare i soldati della collana, si riformano
quando
vengono colpiti da quel materiale.”
“Un
po’mi dispiace per loro.”
“Non
ti preoccupare, saranno lieti di aiutarti, è per quello che
sono qui.”
Io
annuisco, ancora un po’stordita.
Rientriamo
tutti e Keisha si mette davanti alla colonna centrale e comincia a
parlare una
strana lingua, fatta di suoni dolci alternati ad altri più
sibilanti.
“Spostatevi.”
Ci
ordina, noi facciamo appena in tempo a darle ascolto che delle scale si
aprono
nel pavimento, Keisha ci invita a seguirla e ci troviamo in un grande
locale,
le pareti sono morbide e lo è anche il pavimento.
“Qui
potete esercitarvi come volete, vi darò qualche lezioni, ma
spero che non ci
voglia molto a riattivare i ricordi della vostra vita precedente.
Riattivati
quelli saprete maneggiare le vostre armi.”
Sembra
facile detto così, ma non sono sicura che lo sarà
nella realtà. Non ho idea di
quanto ci vorrà per riottenere quei ricordi.
Non
sono nemmeno sicura di volerli.
Che
mal di testa!
“Beh,
direi che possiamo esercitarci domani, no?”
Keisha
annuisce, io guardo l’orologio: è ora di andare a
casa e io sono stanca.
Non
è stanchezze fisica, ma mentale; sento di avere il cervello
in pappa, i miei
pensieri vorticano senza un senso compiuto, come fumo di sigaretta e a
volte
cozzano come palline da flipper.
Ce
ne andiamo dalla casa, solo io sembro rintronata, Johnny sta reagendo
benissimo
e guarda compiaciuto il suo nuovo anello, io invece guardo la collana
con un
misto di reverenza e paura.
È
un oggetto potente, e se ne perdessi il controllo?
Una
fitta di mal di testa si fa sentire, ho parlato troppo di alieni oggi e
non
sono nemmeno in grado di guidare, così affido a Izzie le
chiavi della macchina.
Io mi rintano sui sedili posteriori, stretta tra le braccia di Tom.
“Stai
bene?”
Mi
chiede.
“Sì,
solo ho ricevuto troppe informazioni tutte insieme e sono in
sovraccarico, ho
bisogno di dormire.”
“Allora
riposati.”
Mi
addormento poco dopo e mia sorella e Tom fanno una discreta fatica a
svegliarmi, esco dalla macchina con l’andatura da zombie.
Fanculo
alla mia vita!
Entro
in casa e mi siedo a tavola, la cena è già pronta
e spero che questo mi tiri su
di morale e tolga un po’ della stanchezza.
“Stai
bene?”
Persino
mia madre si è accorta che non sto bene.
“Sì,
solo una giornata massacrante a scuola, una bella dormita mi
rimetterà in
sesto.”
Lei
annuisce e quindi non mi dice nulla quando salgo in camera mia subito
dopo aver
mangiato, il letto mi chiama e io ho intenzione di rispondergli.
Prima
però decido di provare a prendere un’aspirina per
vedere se funziona anche su
noi alieni, presa quella, mi metto in pigiama e non appena la mia testa
tocca
il cuscino cado in un sogno senza sogni né incubi.
La
mattina dopo ci vuole tutta la forza di volontà di Isabel
per estrarmi da quel
buco nero, quando finalmente apro gli occhi mi accorgo che è
sudata e incredula.
“Cazzo,
non ti svegliavi! Pensavo fossi morta!”
“Ma
va!”
Mi
alzo, i piedi mi reggono, è tutto ok.
Mi
sento solo la teste pesante, ma posso sopportarlo, oggi è
venerdì: ho tutto il
fine settimana per riprendermi.
“Izzie,
ti fa niente guidare tu oggi?”
“No.”
Mi
lavo, mi vesto e metto la mia nuova collana, sembra pesare dieci
tonnellate,
forse sono gli uomini rinchiusi nelle palline lucide e nere che la
rendono così
pesante.
Una
brutta idea mi attraversa il cervello: e se questi uomini si nutrissero
della
mia energia vitale, come se fossero vampiri?
Non
può essere così, Keisha me l’avrebbe
detto o forse no. Lei vuole che la
missione sia terminata, esattamente come Joel, non le importa a che
prezzo
probabilmente.
E
cosa sono io?
Solo
una pedina nelle sue mani, come lo sono Johnny, Tom e Izzie e quelli
che
verranno a sapere del segreto.
Per
la prima volta in vita mia ho paura, una paura istintiva, di quelle che
ti
strizzano le viscere e ti tolgono il fiato dai polmoni.
E
se questa fosse una missione suicida?
Angolo
di Layla
Grazie
a DeliciousApplePie
per la recensione.
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Capitolo 12 *** 12) Ricordi (ora so chi sono). ***
12) Ricordi (ora so chi
sono).
Non
ho mai vissuto un venerdì in cui le lezioni scorressero via
così lentamente.
Seguo
le lezioni con difficoltà, prendo appunto con una grafia
incerta – che non
sembra nemmeno la mia – e ho la testa pesante.
Non
ho mai sofferto di una qualche malattia terrestre, tipo febbre o
raffreddore,
ma credo che oggi sia arrivato il mio momento.
Finalmente
– dopo un tempo infinito – suona la campanella del
pranzo, come al solito io,
mia sorella e Tom ci mettiamo a un tavolo, oggi si aggiunge anche
Keisha,
mentre Joel rimane al suo tavolo da solo.
Meglio.
Non
ho voglia di sopportare le sue stronzate oggi, non ne ho proprio la
forza di
sentirle.
“Ehi,
stai bene?”
Mi
chiede Tom.
“Sì,
ho solo la testa un po’ pesante, nulla di cui
preoccuparsi.”
“Ti
vedo più pallida del solito, se è
possibile.”
Io
scuoto le spalle.
“Gente,
che ne dite se stasera si va al Soma?”
Annuiamo
tutti, spero che un po’ di divertimento mi aiuti a recuperare
la forma, oltre
alla testa pesante, sento il
tatuaggio e
la collana scottare.
Avrei
potuto lasciarla a casa, ovviamente, ma non mi va di lasciare
incustodito un
oggetto così potente, non ho idea di che cosa potrebbe
succedere se la
mettesse, ad esempio, mia madre.
Magari
non le succede nulla, ma magari rimane morta fulminata.
“Chia,
sei dei nostri?”
“Certo.”
“Viene
anche Keisha, non fa niente vero?”
Io
scuoto la testa.
“Può
venire, basta che non si porti dietro anche Joel.”
“Tranquilla, lui rimarrà a
casa. Fino a quando non gli parlerai?”
“Finché non riceverò le
scuse che mi deve.”
Taglio corto, secca.
Il signorino non si è
minimamente impegnato nel mostrarsi pentito o cose del genere,
è rimasto
semplicemente sulle sue, come se fossimo tutti lebbrosi.
“Ci sto lavorando, ma è
testardo come un mulo!”
Keisha tenta, come sempre,
di difenderlo, ma ormai le sue parole non fanno presa su di me, deve
essere
Joel a parlare, non sua sorella.
Dopo la pausa pranzo anche
le ore pomeridiane di lezione si trascinano lente e noiose, pensavo
sarei stata
felice di ritrovare le mie origini, invece ora desidererei soltanto non
sapere
nulla.
Vorrei non avere questa
collana al collo che a volte stringe come la catena di un carcerato e
quei
simboli che bruciano sulla schiena come se fossero fatti della stessa
materia
dell’inferno.
Suonata l’ultima
campanella mi dirigo come uno zombie verso la macchina, lasciando che
sia mia
sorella a guidare, io non me la sento.
Arrivata a casa mi butto a
letto e mi sveglio solo quando Izzie mi sveglia per dirmi che
è pronta la cena.
“Scendo subito.”
“Sei sicura di voler
venire al Soma in queste condizioni?”
“Sì, voglio vedere Tom.”
Lei annuisce, ma sembra
preoccupata. Gesù, devo proprio avere un aspetto orribile se
spavento persino
mia sorella!
Prima di scendere mi do
una sistemata, per non preoccupare ai miei, mi siedo giusto in tempo
per vedere
la cena arrivare in tavola.
Mamma ha fatto le
cotolette, buonissime!
Le mangio con appetito,
forse inizio a migliorare!
“Dove pensate di andare
questa sera, ragazze?”
Ci chiede nostro padre.
“Al Soma con i ragazzi.”
“Verrà anche Johnny?”
Io guardo Izzie, mi sono
dimenticata di chiamarlo.
“Sì, viene anche lui. L’ho
chiamato mentre Chia dormiva.”
“Grazie, Isabel.”
“Figurati.”
Mio padre sospira.
“Beh, se c’è lui mi sento
sollevato. I malintenzionati vi staranno alla larga, lui fa
paura.”
Mia madre storce il naso,
ma non aggiunge nient’altro, temo che non
apprezzerà mai Johnny, nemmeno se mi
salvasse la vita.
Finita la cena, lavo io i
piatti e poi corro a prepararmi, non metterò nulla di
speciale.
Indosso un paio di
pantaloni neri larghi e una maglia verde acido con disegni di teschi,
una felpa
gialla e verde dell’Adidas, dei vecchi anfibi e una sciarpa.
Non fa ancora così
freddo per mettersi il giubbotto di pelle o un cappotto.
Mia sorella invece indossa
una gonna di jeans forse un po’ troppo corta stracciata, una
maglia dei blink,
un felpa rossa e degli anfibi dello stesso colore.
Mamma guarda con
disapprovazione la gonna, ma alla fine la fa uscire.
Izzie si mette al
volante e si dirige
verso casa di
Johnny, non appena lui è entrato anche lui nota che sono
troppo pallida e
sciupata.
Cosa posso farci?
Mi sono truccata per
rendermi decente e se non basta quello non so fare i miracoli.
Poi raccatta anche Keisha
e io mi chiudo nel mio solito mutismo, solo Johnny le parla, mia
sorella deve
fare attenzione alla strada, di solito sono io quella che guida per
andare a
San Diego.
“Hai una brutta faccia,
Chia.
Molto bene.”
Io la guardo senza capire,
mi sta prendendo in giro?
“Significa che forse
presto riacquisterai i ricordi della tua vita precedente.”
“Wow.”
Rispondo piatta.
Speriamo che il gioco
valga la candela.
Arriviamo al locale,
parcheggiamo e poi sia io che mia sorella voliamo nelle braccia dei
nostri
rispettivi ragazzi, mettendo a disagio Johnny e Keisha.
“Anne non c’è?”
Il tono di Johnny è cauto,
ma Mark lo fulmina lo stesso.
“È a Los Angeles con mia
madre, per questioni che riguardano il divorzio.”
“Hai la casa tutta per te
allora, stronzo!”
Tom rifila un pugnetto
nella pancia del suo amico per stemperare la tensione e ci riesce.
“Sì, dopo vado a far
festa!”
Io sorrido, poi – da un
momento all’altro – la testa inizia a girarmi e
rischio di cadere a terra, Tom
mi prende appena in tempo.
“Cosa hai?”
“La testa… Ho la testa in
fiamme.”
Rantolo, prima di finire
segregata in una dimensione di semi oblio.
“Cosa facciamo Keisha?”
Lei rimane un attimo in
silenzio, poi guarda Mark.
“La portiamo a casa sua.”
“E perché non in
ospedale?”
Chiede un pallidissimo
Mark.
“Perché non possiamo, poi ti
spiego.”
Taglia corto Johnny.
“DeLonge, ce la fai a
portarla in macchina o vuoi una mano?”
“Ce la faccio.”
Mi porta nella mia
macchina e mi fa stendere sui sedili posteriori, ho la testa appoggiata
sulle
sue gambe. Davanti a noi ci sono Izzie al volante e Keisha.
Johnny deve essere andato
con Mark.
La mia testa è pesante, in
fiamme e ogni tanto colgo alcuni flash della mia vita passata, sulla
terra non
esiste un cielo così viola con due lune.
Arriviamo a casa di Mark,
Tom mi porta in braccio sul divano e poco dopo sento un fresco sollievo
alla
testa: mi hanno messo una pezza bagnata sulla fronte.
Che bello.
“Cosa facciamo?”
Chiede isterico Tom a
Keisha.
“Non so, dobbiamo
mantenerla a questa temperatura, ma non so come. È al limite
della fusione.”
“Ragazzi?"
"Cosa intendi dire con
fusione?
Cosa le hai fatto?”
Il tono di Johnny è duro e
tagliente, è chiaramente furioso.
“Non le abbiamo fatto
nulla, le ho solo sbloccato il meccanismo che teneva prigionieri i suoi
ricordo
della vita precedente!”
“E non hai pensato che
forse le sono stati bloccati perché le fanno male?”
“RAGAZZI!”
Quello di Mark ormai è un
urlo e tutti si voltano verso di lui.
“Volete spiegarmi cosa
succede?
Chia sta per morire, ha 46
di febbre e delira su pianeti con due lune e ribelli e voi parlate di
cose
assurde come vite precedenti e fusione. Voglio – anzi esigo
– una spiegazione!”
Vedo – dalla mia
stranissima prospettiva distaccata – che Izzie, Keisha, Tom e
Johnny si
guardano l’uno l’altro, alla fine sia Johnny che
Keisha fanno un lieve cenno di
assenso.
“Mark, siediti.”
Mia sorella lo fa
dolcemente sedere su una sedia e Johnny inizia a parlare.
“Io, Chia e Keisha siamo
tre alieni.”
“Non è possibile!”
Mark li guarda a occhi
sgranati, senza dire nulla Jo fa alzare in volo tutti gli oggetti della
stanza
e Keisha trasforma un orrendo vaso a fantasia fiorata nel busto di
Machiavelli.
Mark rischia di
svenire.
“Allora non stavate
scherzando.”
“Assolutamente no.”
Lui si passa la mano sul
viso.
“Beh, immagino che il
fatto che Chia stia delirando a una temperatura impossibile per un
umano lo
provi. Cosa volete fare?
E poi cosa c’entra la sua
vita precedente?”
Keisha sospira.
“Beh, tecnicamente né John
né Chia sono del tutto alieni. Abbiamo sintetizzato il dna
della nostra regina
e del suo fidanzato con del dna terrestre e abbiamo chiuso in uno
scomparto
della mente i loro ricordi della vita precedente.
Io e mio fratello Joel
siamo qui per liberare questi ricordi e per portare a termine una
missione, che
consiste nel uccidere alieni ostili e soprattutto eliminare le loro
uova.”
“Ok, fino a qui ci sono.
Ma ora mi volete spiegare cosa volete farne di Chia e perché
sta così?”
È di nuovo Keisha che
parla.
“Ieri le ho affidato una
cosa molto importante e che dovrebbe aiutarla ad aprire la porta ai
suoi
ricordi. Ha aperto questa porta, il problema è che il suo
cervello si sta
sovraccaricando come un computer che riceve troppi dati, ecco che ha la
febbre.
Io non posso interrompere
questo processo, ma non so cosa fare per mantenerla a una temperatura
costante.”
“Chia aveva ragione, a voi
due non importa nulla di come stiamo, siete solo interessati a noi come
armi
per la vostra missione!”
Johnny fulmina la viola
con lo sguardo, curioso che sia giunto alle mie stesse conclusioni.
“Non dire così, Johnny!
Non è vero!
Non è assolutamente vero,
è che voi siete i primi ad essere stati sottoposti a questi
trattamenti,
volevamo essere sicuri che sopravviveste, per questo avete anche del
dna
terrestre.”
“Forse potreste
raffreddarla.”
Si voltano tutti verso
Izzie.
“Insomma quando quella
luce blu esce dalle vostre mani fatela uscire fredda, non lo so.
Cazzo, siete voi gli
alieni non io! Io rivoglio indietro mia sorella e vorrei che voi
spariste dalla
vostra vita, da quando vi ha incontrato non ha fatto altro che stare
male.”
Izzie scoppia a piangere e
Mark la abbraccia immediatamente, Keisha abbassa gli occhi.
“Johnny, Tom datemi una
mano e proviamo a fare quello che dice Isabel.”
Mark guarda il suo
migliore amico sorpreso.
“Sei un alieno anche tu?”
“Una specie. Hai presente
il casino al Blue Moon?”
“Sì, ti davano per morto,
ma alla fine non ti eri fatto nemmeno un graffio.”
Tom sospira.
“Ero quasi morto,
la pallottola mi era entrata nello
stomaco, Chia mi ha salvato la vita, solo che questo ha implicato che
il mio
dna venisse modificato e che diventassi un po’ alieno anche
io.
Ho alcuni dei loro
poteri.”
Mark annuisce con occhi
vacui, non sono l’unica che sta per andare in tilt!
In ogni caso i tre si
mettono intorno a me e cercano di raffreddarmi o almeno ci provano,
infatti
inizio a sentire un po’ di refrigerio e anche la mia parte
che sta assorbendo i
ricordi si sente andare a fuoco un po’ di meno.
“Izzie!”
“Cosa c’è Keisha?”
“Penso che ci vorrà tutta
la notte per aiutare tua sorella, chiama tua madre e inventati
qualcosa, idem
Mark pensa qualcosa per Tom.”
Annuiscono tutti e due.
Mia sorella esce di casa
con il telefonino in mano, Mark cerca il cordless e chiama casa
DeLonge,
inventandosi che Tom si fermerà a dormire da lui
perché è troppo ubriaco per
tornare a Poway.
Izzie ritorna poco dopo
pallida.
“Ho detto a mia madre che
siamo a dormire a casa di Anne, la sorella di Mark perché
Chia non si sentiva
bene e io non ero in grado di guidare.
Mi ha fatto una predica,
ma se l’è bevuta almeno.”
Sospirano tutti, la notte
è lunga.
All’alba
mi sembra di
riemergere dal fondo dell’oceano.
I miei tre salvatori si
sono addormentati tutti e tre e giacciono a terra in pose scomposte,
Tom mi
tiene ancora la mano, in quanto a Izzie e Mark dormono abbracciati su
una
poltrona vicino al divano.
Io mi sento la testa
leggera e il corpo debole, sono molto sudata.
Ora ricordo tutto, il
palazzo fatto di marmo bianco, le lunghe corse fatte su quei corridoi
lucidi da
bambina con mio fratello. Giocare a nascondino nel giardino pieno di
piante
strane e che rilucevano di luce propria anche di giorno insieme a
Keisha.
E poi ricordo quando la
fazione rivale alla nostra fece irruzione nel palazzo,avevano fucili
spianati e
sguardi di ghiaccio. Uccisero i miei genitori sotto i miei occhi e
quelli di
mio fratello, eravamo nascosti in una stanza segreta vicina al trono,
ricordo
che volevo piangere, urlare, fare loro del male, ma non potevo fare
nessuna
delle tre cose.
I ribelli dovevano
uccidere anche noi, ma non ci hanno mai trovato, il padre di Keisha ci
ha fatto
uscire da palazzo e unire alla resistenza.
Mio fratello aveva
quindici anni, io solo tredici, passai dal maneggiare bambole e aggeggi
per il
cucito al maneggiare fucili, bombe e granate.
Poco dopo mi venne
consegnata la milleottanta, come chiamano la mia collana, e divenni il
terrore
dei nostri nemici. Il nostro gruppo di resistenza era molto piccolo, ma
estremamente forte.
Guardo Johnny e mi ricordo
di quanto l’ho amato allora, era un amore viscerale, di
quelli in cui si è
disposti a morire insieme piuttosto che stare separati, ora
però per me è solo
un amico.
Guardo Tom e quella mano
stretta alla mia, è lui che amo ora, è per lui
che farei di tutto.
Ricordo l’ultima missione,
era una missione suicida che avevano affidato a me e a John, la
accettammo
senza neanche un ripensamento. Compiuto quella mio fratello sarebbe
tornato sul
trono e poi ci avrebbero mandati qui per eliminare del tutto i nostri
nemici
con l’aiuto di Keisha e Joel che avevano svolto egregiamente
il loro ruolo di
infiltrati tra gli abitanti di Naria, una delle nostre lune. I miei
l’avevano previsto
in caso di emergenza e mia madre aveva registrato anni prima il
messaggio che
ho visto io.
Buffo, come tutto ora sia
morto e sepolto, ma mi richiami.
Questa missione va fatta,
non mi piace per nulla, vorrei non avere questo fardello, ma ornai
è tardi.
Fatta questa, sarò libera di essere una terrestre.
Ho visto il mio mondo e
non mi manca, forse solo la natura, magari in futuro io e Tom ci faremo
un
giro.
La mano di Tom si muove
leggermente, poco dopo i suoi occhi scuri mi fissano e sul suo volto si
accende
un sorriso.
“Sei tornata.”
“Sì, ho attraversato
l’inferno a piedi da sola o quasi.”
Gli sorrido.
“Adesso che hai tutti i
ricordi chi ami? Me
o Johnny?”
“Te, stupido.
Sono morta in quella vita
e non sono quella che ero allora, sono cambiata.
La principessa Ava è morta
per salvare la sua patria, qui c’è solo
Chia.”
“Non rivuoi quel ruolo?”
Io scuoto la testa.
“Non tocca più a me. Ho un
debito verso il mio pianeta e lo pagherò eseguendo la
missione che ci hanno
assegnato, poi potrò essere libera, ci penserà
mio fratello al mio pianeta.”
“Com’è tuo fratello?”
“Un ragazzo dalla chioma blu e dalla pelle troppo chiara,
anche i miei capelli naturalmente sono
azzurri.”
Lui sorride, il nostro
chiacchiericcio ha svegliato anche Johnny e Keisha.
“Tutto bene?”
Chiede il mio amico.
“Tutto bene. È stato molto
romantico morire insieme, ma qui non lo faremo.”
“No, tu non mi ami.”
Io rido.
“Nemmeno tu se per
questo!”
Lui fa uno strano verso.
“Keisha, eravamo migliori
amiche allora.”
Lei annuisce.
“Spero che anche qui
potremo esserlo, anche se mi rendo conto che tu non sei Ava. Io credevo
stupidamente di ritrovarla uguale a come l’ho lasciata, non
ho pensato al fatto
che per lei probabilmente ero solo un’estranea un
po’ invadente.”
Ci sorridiamo.
“Svegliamo anche la
coppietta?”
Io annuisco, Johnny scuote
delicatamente Mark, che lo guarda senza capire, poi nota che sono
sveglia e mi
sorride.
“Sei davvero una ragazza
piena di sorprese, prima addomestichi DeLonge..”
“Io non sono un cane!”
“Po si scopre che sei
un’aliena. Sono in debito con te per aver salvato la vita del
mio migliore
amico.”
“Figurati.”
Mia sorella, sentendo la
mia voce sguscia fuori dalle braccia di Mark e mi stritola, piangendo.
“Non farmi più spaventare
così!
Ieri sera pensavo saresti
morta, avevi la febbre, deliravi, a un certo punto ti sei messa persino
a
levitare urlando come se ti stessero uccidendo.”
“Mi dispiace, cercherò di
non farlo più, ma ora sto bene.”
“Per fortuna o non avrei
saputo giustificare la tua morte alla mamma.”
All’improvviso scoppiamo
tutte e due a ridere senza una ragione precisa e gli altri si uniscono
a noi,
non so se sia pazzia o uno sfogo isterico a lungo represso. Forse tutte
e due.
Sono qui e sono ancora viva
e guardando il salotto di Mark non posso fare a meno di ringraziare una
divinità superiore che ha deciso che io meritassi di
continuare a vivere.
La mia missione non sarà
facile, forse ci saranno giorni in cui starò peggio di
così, ma per ora sono
solo felice di essere viva e circondata dalle persone che amo.
Sorrido come non ho mai
sorriso prima, ho capito quanto sono importanti le cose che ho proprio
quanto
rischiavi di perderle.
Per un attimo il fuoco che
divampava dentro me mi aveva sopraffatta e l’unico motivo per
cui sono riuscita
a domarlo e a tornare indietro è in questa stanza.
Sono tornata per la
dolcezza di Izzie.
Per poter sentirmi ancora
completa con Tom accanto.
Per capire cosa vuole
Keisha da me.
Per divertirmi come una
matta con Mark.
Sono tornata per
abbracciare John come una sorella fa con un fratello che non si vede da
tanto
tempo.
Grazie a tutti, anche se
non lo saprete mai.
Angolo di Layla
Ringrazio DeliciousApplePie
per la recensione.
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Capitolo 13 *** 13) Le peggiori scuse della storia. ***
13) Le peggiori scuse
della storia.
Tornare
a casa dopo una notte trascorsa presumibilmente malata non è
un’esperienza
bella.
Mia
madre mi ha accolto con una faccia
furiosa e ha sgridato prima me per essere uscita nonostante fosse
malata e poi
mia sorella per aver bevuto con me in quelle condizioni.
Noi
rimaniamo in silenzio e dopo il predicozzo ci viene concesso di salire
in
camera, dobbiamo avere entrambe un brutto aspetto.
Beh,
per quanto riguarda me è normale dopo aver avuto un febbrone
e aver recuperato
i ricordi di una vita passata. Potrei fare soldi a palate se andassi in
qualche
programma sul paranormale.
Scoppio
a ridere da sola immaginandomi in un talk show che parlo
tranquillamente del
fatto che c’è un altro pianeta di cui ero la
principessa e una massa di
deficienti mi guarda a bocca aperta e mi crede.
Mi
metto sotto le coperte con in testa l’eco della mia risata e
dormo fino a
mezzogiorno, ossia fino a quando mia madre non sale a chiamare me e mia
sorella.
“Forza,
ragazze. È pronto il pranzo, scendete.
Hai
un aspetto molto migliore rispetto a ieri sera.”
Io
sbadiglio.
“Durante
la notte devo avere sfebbrato o qualcosa del genere.”
Scendo
in pigiama e mi siedo al mio posto, mamma mette due fette di arrosto
nel mio
piatto. Pensavo di non essere in grado di ingurgitare nulla, invece
scopro di
avere un discreti appetito e mangio normalmente.
“Sono
contenta che tu stia meglio. Da dove arriva quella collana, a
proposito?”
Si
riferisce alla milleottanta.
“Me
l’ha regalata Tom.”
“Ti
sta bene.”
“Grazie,
mamma.”
L’aiuto
con la cucina e poi salgo in camera a fare i compiti, sono tanti, ma ce
la
posso fare.
Oltre
a loro resta in sospeso la questione “Joel”, deve
ancora scusarmi e ne sono
ancora più convinta dopo aver ritrovato tutti i miei ricordi.
Se
vuole la mia collaborazione deve smettere di comportarsi
così.
Attacco
la montagna di compiti, all’ora di cena è
notevolmente diminuita ed è
praticamente azzerata alle dieci.
Ho
mal di testa, rispondo all’sms della buonanotte di Tom e mi
metto a letto anche
io.
La
mattina dopo torno a scuola guardinga, saluto Keisha da lontano, bacio
Tome ed
entriamo come al solito mano nella mano, Joel ci guarda corrucciato dal
suo
angolino.
“Non
cede di un millimetro.”
Commenta
acido Tom, è strano sentirlo fare l’acido, di
solito sono io.
“No,
non cede, ma dovrà cedere.
Tom,
come mai sei così nervoso?”
Lui
non mi risponde, chiederò a Mark, lui di solito sa cosa gira
nella testa del
suo amico, potrei entrare nella sua mente con la telepatia, ma mi
sembra poco
carino.
L’unica
cosa che mi rimane è stringere più forte la sua
mano.
Ci
lasciamo per la prima ora, io ho
spagnolo, lui matematica.
“Ehi,
Izzie. Non ti sembra che Tom sia strano stamattina?”
Lei
annuisce.
“Deve
essere per quello che è successo sabato, non sono cose che
succedono tutti i
giorni.”
Io
annuisco, ma non sono del tutto convinta, deve essere successo qualcosa.
“Spero
che non decida di mollarmi. Ne avrebbe tutte le ragione, non potrei
dargli
torto, ma mi farebbe dannatamente male.”
“Perché
mai dovrebbe farlo?
Non
capisco.”
Io
non dico nulla.
Per
un ragazzo abituato alle storie breve essere coinvolto in una storia
seria
interplanetaria deve essere un casino.
Tutta
la giornata scorre in un modo triste e lento, quando finiscono le
lezioni
sgattaiolo da Mark e aspetto che possa parlarmi dopo la fine del suo
turno.
Rimango
un’ora ad aspettare fuori dal negozio e poi non appena lo
vedo da solo, senza
colleghi, scendo dalla macchina.
“Mark!”
Lui
si volta.
“Ah,
sei tu.
Ciao!”
“Ciao.
Ti va se prendiamo un caffè?”
Lui
mi guarda perplesso.
“Devo
chiederti alcune cose, non preoccuparti, non c’è
nessun secondo fine.”
Lui
annuisce e ci infiliamo nel primo bar che incontriamo.
“Cosa
c’è, Chia?”
Io
mi rigiro nervosa i pollici.
“Tom
ha qualcosa di strano e vorrei sapere cosa.”
Lui
sospira.
“Niente,
ha solo paura che tu ti rimetta con Johnny.”
Io
sbarro gli occhi.
“Io
e Johnny?
No,
è impossibile, è acqua passata,
gliel’ho detto.
Perché
non mi crede?”
“Non
lo so, è rimasto scosso da quello che è successo
sabato.
Si
è sentito impotente, non sapeva come aiutarti e Johnny
sì.”
Io
mi porto le mani davanti al viso.
“Lo
sapevo che mi avrebbe lasciato per quel motivo.”
“Non
ti vuole lasciare! Solo pensa che forse staresti meglio con
Johnny!”
“Grazie,
Mark. Vado a fare un discorso al mio ragazzo.”
Ci
salutiamo e io torno a Poway, purtroppo prima devo passare a casa mia
per la
cena, la mia visita a Tom è rimandata.
A
casa mangio svogliatamente, poi urlo a mia madre che vado da Tom.
“Non
è un po’ tardi?”
“Devo
parlargli urgentemente.”
Rispondo
io, lei alza le spalle.
“Ok,
non fare troppo tardi.”
“Va
bene.”
Percorro
a piedi la strada verso casa di Tom domandomi cosa passi per la mente
di quel
ragazzo, arrivata suono. Mi viene ad aprire una signora bionda che
suppongo sia
sua madre.
“Buonasera,
devo vedere Tom.”
Lei
annuisce e mi indica il garage.
“Sopra
il garage c’è una stanza che è il suo
rifugio, lo troverai lì.”
Io
annuisco soddisfatta.
“Grazie
mille, signora.”
Io
mi dirigo verso il garage e faccio il giro, sul retro
c’è una scala esterna che
dà accesso a una stanza sopra il garage. Salgo i gradini e
apro la porta, Tom è
seduto su un divano e sta suonando una chitarra.
Smette
non appena mi vede.
“Sei
venuta a lasciarmi?”
Chiede
con un tono forzatamente leggero.
“No,
sono venuta a dirti che sei un idiota. Non ho nessuna – e
sottolineo nessuna –
intenzione di lasciarti. È te che voglio e non Johnny, non
significa nulla che
lui sia stato il mio precedente fidanzato, l’hai sentita mia
madre, no?
Johnny
per me è come un fratello, non un ragazzo di cui potrei
innamorarmi, abbiamo
già provato e non ha funzionato.
Non
hai nulla da temere, io ti amo.”
“Sei
sicura?
Non
sarebbe meglio un guerriero come lui invece di un perdente come
me?”
“Sicurissima
e non sei un perdente. Ti aiuterò anche per i poteri, credi
che io sappia
maneggiare alla perfezione questa collana solo perché
l’ho portata in un’altra
vita?”
Lui
non dice nulla.
“Tom,
ti prego dimmi qualcosa.
Se
ti sei stufato di me o non ti piaccio più dimmelo.”
Lui
mi guarda stranito.
“Mi
piaci e non mi sono stufato di te.”
“Allora
ce la faremo insieme, vuoi?
Mi
vuoi?”
Lui
si alza dal divano e si avvicina a me, mi fissa a lungo con quei suoi
occhi
castani, sembra voglia leggermi l’anima.
In
un attimo mi ritrovo nelle sue braccia, avvolta dal calore del suo
abbraccio.
“Ti
amo, Chia.
Ti
amo, scusa se sono un coglione.”
“Non
sei un coglione.”
Ci
baciamo di nuovo e a lungo.
Per
fortuna si è risolto tutto,non potrei vivere senza Tom ora
come ora.
La
mattina dopo mi sveglio più allegra.
Non
c’è una vera ragione per la mia allegria, fuori il
tempo è grigio e sta
piovendo, rendendo il mio quartiere terribilmente anonimo.
Forse
è perché ho fatto pace con Tom e ho capito quanto
ci tiene a me, cosa che non
credevo possibile.
In
ogni caso scendo a fare colazione perfettamente lavata e vestita:
indosso una
mini di jeans con dei ritagli di tessuto leopardato che ricadono in
brandelli
precisi sulle mie calze a rete, e una maglia nera con degli spacchi
sulle
maniche.
Penso
che basterà mettere una giacca e degli anfibi per combattere
questo tempo così
brutto.
Mia
sorella invece indossa un vestito nero e sbadiglia sonoramente.
“Tutto
bene?”
“No,
io e Mark abbiamo litigato.”
Lei
non dice più nulla e io non indago oltre, glielo
chiederò quando saremo in
macchina.
Finiamo
di fare colazione, recuperiamo gli zaini, salutiamo mamma e ce ne
andiamo.
Non
appena entriamo in macchina le chiedo cosa è successo con
Mark, è una pasta
d’uomo, faccio fatica ad immaginarmelo mentre litiga con
Izzie.
“Isabel,
cosa è successo?”
“Non
gli è piaciuto il fatto che gli ho tenuto nascosto di voi,
l’ha presa come una
mancanza di fiducia.”
Io
sospiro.
“Gli
parlerò io, capirà.
Sempre
se vuoi.”
Lei
fissa per un attimo il parabrezza, poi annuisce lentamente.
“Sì,
puoi provarci. Forse così capirà che ha
sbagliato, io mi fido di lui.”
“Va
bene, oggi vado da lui dopo che ha finito di lavorare, magari ci porto
anche
Tom, almeno lui non pensa male.”
Izzie
mi guarda senza capire.
“È
geloso di Johnny.”
“Geloso?
Non avrei mai creduto che Tom DeLonge potesse geloso di qualcuno, i
miracoli
accadono!
In
fondo però non ha tutti i torti, tu e Johnny vi
amavate.”
“In
un’altra vita. Adesso io amo Tom e credo che lui ami Anne,
vorrei che si
decidesse a dirlo a quella povera ragazza perché lei sta
dando di matto.”
“Povera
Anne, non se lo merita. È sempre così
gentile.”
“Lo
so, ma lo sai come è fatto Johnny.”
Lei
fa una smorfia strana.
“Chia,
credo tu sia l’unica persona che sappia come è
fatto Johnny, lui non dà
confidenza agli altri, nemmeno a me che sono tua sorella.”
“Ok.
Allora diciamo che è un ragazzo molto orgoglioso e ha paura
delle emozioni che
prova, preferirebbe uccidersi che dire “ti voglio
bene” o “ti amo”, hai capito
il tipo, adesso?”
Lei
annuisce.
“Sì,
ho capito.
Ho
capito che per Anne sarà una grana terribile, li direbbe che
la ama solo in
punto di morte!”
“Non
esagerare, Izzie!”
Dico,
rabbrividendo.
Arriviamo
a scuola, parcheggio la macchina e quando scendiamo vediamo una figura
venirci
incontro: un ragazzo alto, pallido, con i capelli neri e vestito di
nero.
Joel.
Il
suo sguardo è freddo come il ghiaccio e la bocca
è atteggiata in una sorta di
sorriso crudele.
Cosa
vuole?
“Joel,
sua maestà, cosa le porta al nostro umile
cospetto?”
“Smettila
con la tua ironia del cazzo.”
“Se
vuoi che la smetta porta la tua faccia da cazzo lontano da
qui.”
Lui
ride sarcastico.
“In
certe cose non cambi mai, principessa.
Ti
faccio le mie scuse anche se ritengo ancora che tu sia indegna di
portare la
milleottanta.”
“Joel,
impegnati di più.
Scuse
non accettate!”
Dico
rossa di rabbia, intorno al mio collo sento le palline agitarsi e sento
deboli
echi di voci.
“Tu
non puoi non accettarle!”
Urla
furioso lui.
“E
invece posso!”
Fa
per avvicinarsi come per picchiarmi, ma io uso i miei poteri e lo
scaglio via,
dimentica di essere a scuola.
Corro
verso l’edificio seguita da mia sorella con le lacrime che mi
offuscano la
vista, cerco di evitare le persone, ma alcune le urto comunque.
Alla
fine arrivo all’armadietto che mi interessa, quello di
Keisha. Con gesti
nervosi mi tolgo la milleottanta dal collo e gliela porgo, lei mi
guarda
sorpresa.
“Joel
ha detto che non ne sono degna, riprenditela.”
Lei
non accenna ad allungare la mano, io la lascio cadere a terra e giro i
tacchi,
con la coda dell’occhio vedo Keisha abbassarsi per
raccoglierla e allontanarsi
come scottata.
“Chia!”
In
un attimo l’aliena è accanto a me e mi porge la
collana.
“La
milleottanta è tua e solo tua, la collana ti ha riconosciuta
come padrona e
servirà solo te, in quanto a Joel questa volta mi sente sul
serio.
Ha
esagerato!”
Ha
un’espressione davvero furiosa che mi strappa un sorriso
malefico.
La
lascio partire alla ricerca del suo riottoso fratellino, spero gli dia
una
bella strigliata e che lui abbassi la cresta. Lo odio.
“Cosa
abbiamo fatto a quel Joel per odiarci così tanto?”
“Non
lo so e non voglio saperlo, Isabel.
Dai,
andiamo a mate.”
Lei
annuisce e mi segue, che bell’inizio di giornata!
Prima
mi rifilano un’arma micidiale che quasi mi manda
all’altro mondo e poi mi si
dice che non degna di portarla.
Mettetevi
d’accordo!
Arriviamo
in aula troppo tardi, per nostra immensa sfortuna rimangono solo posti
davanti,
il che significa alto pericolo di essere interrogate o di essere
sottoposte a
domande random. Il che è esattamente quello che ci vuole per
una bella
giornata!
Come
avevo pronosticato vengo chiamata alla lavagna a fare degli esercizi e
faccio
una figura misera, non sono molto brava. Per questo motivo cerco sempre
di
mettermi in fondo, così il prof non mi
vede, fanculo a Joel.
Quello
stupido razzista interplanetario mi sta solo causando grane e io dovrei
spendere il mio tempo a cacciare alieni con lui!
A
pranzo Keisha si siede con il fratello, mentre sto andando al mio
solito tavolo
la sento sgridare aspramente il fratello nelle sua lingua, Joel sembra
scazzato.
Non
lo sopporterò mai.
“Keisha
lo sta cazziando, eh?”
Mi
domanda mia sorella.
“Esattamente
e spero che questa volta la predica vada a segno o non li
aiuterò mai.”
“No,
li devi aiutare!”
Mi
dice a bassa voce Tom.
“Ne
va del pianeta, Keisha ha detto che se si risvegliano proveranno ad
attaccarci e
io non ho voglia di recitare in un film fantascientifico di
terz’ordine.”
Io
sospiro.
“Anche
questo è vero.”
“Che
situazione di merda!”
Impreco,
infilzando un pezzo di polpettone con la forchetta, che cibo disgustoso!
Non
so perché ogni volta che mettono il polpettone nel
menù in me sale la sicurezza
che non ci mettono solo avanzi vegetali e animali, ma anche umani e
qualche
rifiuto tossico per dare un po’ di gusto al
tutto.
Le
lezioni del pomeriggio sono un po’meno sfortunata, ma ho lo
stesso il presentimento
della catastrofe che si realizza quando mi trovo davanti Joel.
Precisamente io,
Izzie e Tom ci troviamo il piccolo lord oscuro davanti alla macchina.
“Ciao,
cosa ti porta qui?”
Gli
chiedo sarcastica, lo vedo stringere i pugni.
“Penso
di dovere delle scuse a tutti voi.”
Io
rimango un attimo in silenzio.
“Penso
che le tue scuse siano tutt’altro che sincere, ma almeno per
una volta ce l’hai
fatta a non farci pesare che siamo solo creature inferiori e , visto
che la
missione riguarda anche la Terra, le accetto.”
“Cosa
ci trovi di bello qui?
Lassù
è centomila volte meglio.”
Io
sorrido enigmatica.
“Amore,
Joel, amore.”
Lui
sbuffa e poi mi rivolge uno sguardo incredibilmente derisorio, come se
avessi
detto la cazzata del secolo. Io decido di ignorarlo.
“Oggi,
comunque non sei ancora il benvenuto alla casa.”
Lui
ci rivolge un ghigno storto.
“Lo
so.”
Se
ne va, io e gli altri due entriamo in macchina, ognuno è
immerso nei proprio
pensieri, oggi – per me, Johnny e Tom –
è il primo giorno di allenamento
nell’uso dei nostri poteri.
“Non
sono state le scuse più sincere del mondo, vero?”
Esordisce
mia sorella a un certo punto.
“No,
non lo sono state, ma Tom ha ragione: se mi rifiuto di combattere ne
andrà di
mezzo anche la terra e non voglio.”
“Strano
che tu mi dia ragione.”
Ride
Tom.
“Spero
che non mi scatenerai dietro milleottanta uomini pronti a uccidere la
prima
volta che litigheremo.”
“Beh,
se ti trovassi con un’altra non te lo garantisco.”
Arriviamo
alla solita piazzola e attraversiamo il deserto, Johnny e Keisha sono
già lì.
“Ben
arrivati!”
Scendiamo
nella sala sotterranea, Keisha mi guarda.
“Ho
bisogno che mi evochi due guerrieri dei tuoi, ti ricordi come si fa,
vero?”
Io
scuoto la testa, mi tolgo la collana dal collo, formo un cerchio
perfetto che
lancio in aria e poi ci salto attraverso gridando
“Demitto!”
Quando
una delle mie mani tocca terra sono apparsi due uomini. Il primo viene
destinato a Johnny, in modo che possano duellare, il secondo per me.
Io
sussurro a bassa voce “Falx” e la falce esce dalla
piuma, per ora ha solo la
parte argentata non anche
la parte di
materia distruttrice che ha Jo nella sua spada.
Lentamente,
sotto lo sguardo di Keisha e seguendo le sue istruzioni iniziamo a
duellare,
dopo un’ora sono già stanchissima e Johnny non
è da me.
Keisha
decide che è arrivato il momento di farci smettere, io
esclamo uno stanco
“Redeo” mentre salto nella collana di pietre nere.
I
due uomini svaniscono subito.
“Domani
ci ritroveremo qui alla stessa ora. Avete fatto molti progressi,
soprattutto
Tom.
Complimenti!”
Le
sorridiamo stanchi.
Non
sarà una missione facile, prima la iniziamo e prima la
finiamo e torniamo alla
nostra vita normale.
Angolodi
Layla
Ringraziio
DeliciousApplePie
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Capitolo 14 *** 14) Il mistero del piccolo signore oscuro. ***
14) Il mistero del piccolo
signore oscuro.
Per
la seconda volta in poco tempo mi sento molto stanca.
Lascio
Isabel a casa mia e lascio che sia Tom a mettersi al volante della mia
macchina: direzione San Diego.
Ho
un bisogno urgentissimo di parlare con Mark, la storia tra lui e Izzie
non deve
finire perché io ho taciuto qualcosa di molto importante a
mia sorella e lei, a
sua volta, ha cercato di proteggere il segreto. Sono io che ho
sbagliato, non
so ancora se nell’ averglielo tenuto nascosto così
a lungo o coinvolgendola in
questo manicomio.
Sia
come sia, ora tocca a me cercare di rimediare, non me lo perdonerei mai
se per
me dovessero lasciarsi.
Maledetti
alieni!
“Perché
devi parlare con Mark?”
Mi
chiede Tom.
“Perché
ha litigato con Izzie per via del nostro segreto.”
“Capisco.
Beh, se gli parlerai forse faranno pace.”
Io
sospiro.
“Me
lo auguro, non voglio che si lascino per colpa mia.”
Tom
guida tranquillo fino a San Diego e poi punta direttamente verso casa
di Mark,
ormai lui dovrebbe aver staccato dal lavoro, io sbadiglio in
continuazione.
Alla
fine arriviamo in una strada di palazzi alti a fondo chiuso,
l’ultima casa –
che sbarra la strada – è un vecchio condominio
degli anni ’50, di quelli con
gli appartamenti disposti attorno a una piscina.
Tom
parcheggia ed
entriamo, saliamo la scala
esterna della prima casa e lui suona all’appartamento
dell’ultimo piano.
Un
Mark dai capelli arruffati e con un asciugamano intorno alla vita ci
apre la
porta.
“Ciao,
come mai siete venuti qui?”
Io
prendo fiato.
“Io
ti devo parlare, Mark.”
Lui
sembra intuire il perché, visto che per un attimo i suoi
lineamenti si
induriscono.
“Va
bene, entrate. Io vado a sistemarmi.”
Io
mi siedo sul divano, Tom va in cucina e torna con tre lattine di coca
cola e
delle patatine.
“Mh,
la conosci bene la casa, però!”
Gli
dico ironica.
“Ci
sono stato parecchie volte.”
Un
quarto d’ora dopo Mark si presenta in salotto con una
maglietta azzurra stinta
e un paio di pantaloni a tre quarti.
“Eccomi.”
“Ecco,
so che tu e mia sorella avete litigato e so il
perché.”
“E
adesso sei qui a perorare la causa?”
Io
scuoto la testa.
“Sono
qui per spiegarti come sono andate le cose e come non ci sia motivo di
essere
arrabbiato con lei, se vuoi ascoltarmi.”
Lui
sbuffa.
“Va
bene parla.”
“Mia
sorella non sapeva che fossi un’aliena fino a poche settimane
fa. Hai presente
cosa è successo al Blue Moon”?
Lui
annuisce.
“Tom
ci ha ricamato sopra in modo assurdo perché credeva di
essere stato colpito.”
Dice
lui sprezzante.
“Tom
è stato davvero colpito, se non fossi intervenuta io sarebbe
morto a
quest’ora.”
Mark
impallidisce e mi guarda a occhi sgranati.
“Stai
scherzando, vero?”
“No.”
“Tom,
vammi a prendere del whisky.”
Il
ragazzo di mia sorella si stende sul divano.
“Quindi
se non fosse stato per te avrei perso il mio migliore amico.”
Io
annuisco, lui si porta le mani al volto.
“Grazie
per averlo tenuto su questa terra, è un terribile
rompicoglioni, ma io gli
voglio bene.”
Tom
arriva con l’alcolico richiesto e Mark lo beve tutto
d’un fiato.
“Vai
avanti.”
“Tom
si è intestardito e ha voluto sapere la verità e
mi ha costretto a dirla a lui
e a Isabel.
Io
non avrei voluto, penso sia pericoloso che loro sappiano la
verità, ma è
successo e io non posso farci niente.
Tom
ha sviluppato dei poteri alieni da quando l’ho guarito quindi
è meglio che stia
con noi, voglio dire, dobbiamo insegnarli ad usarli.
Isabel
non ti ha detto niente per proteggere me e il mio segreto, se
c’è una persona
con cui prendersela sono io.
Avrei
dovuto continuare a tacere.”
Lui
mi guarda per un po’.
“Penso
di dovere delle scuse a Isabel.”
Mi
dice dopo un lungo silenzio.
“In
fondo lei non c’entra nulla. Siamo tutti vittime di problemi
più grandi di noi,
giusto?”
“Giusto.”
Lui
annuisce.
“Grazie
per essere venuta a parlarmi.”
“Figurati.”
Mi
alzo dal divano.
“Adesso
devo andare a casa o i miei danno di matto.
Grazie
di avermi ascoltato.
Ciao,
Mark!”
Lui
mi fa ciao con la mano, ma non si sposta di un millimetro, so di
avergli
inflitto un brutto colpo con la verità su quello che
è successo al Blue Moon,
ma se questo servisse a farlo tornare con mia sorella ben venga.
“Non
sei stata troppo dura con Mark?”
Io
sospiro di nuovo.
“Sì,
ma se questo servirà a farlo tornare con Isabel ben venga.
Io
vi creo solo guai, vorrei tanto avere la forza di andarmene e risolvere
i miei
problemi e poi tornare. Non è giusto che voi siate coinvolti
in tutto questo.”
“Non
è giusto che tu lo affronti tutto da sola.”
Io
sospiro e mi chiedo invece se sia stato giusto coinvolgerli, ormai
è tardi per
cambiare il passato, ma se si potesse continuerei a scappare da Tom e a
tenere
Isabel all’oscuro di tutto.
Appoggio
la guancia al vetro freddo del finestrino.
Oggi
la vita non mi sembra tanto bella, solo un gran casino senza senso.
Arrivata
a casa trovo mia
madre sulla soglia con
un’aria battagliera.
“Si
può sapere dove sei stata?”
“Non
te l’ha detto Isabel? Ero da Mark, avevo alcune cose da
chiarire con lui.”
Mia
madre si gratta la testa.
“No,
non me l’ha detto, si è chiusa in camera sua a
piangere.”
“Vedrai
che non piangerà più tra poco.”
Lei
sbuffa.
“Va
bene, mettiti a tavola. È pronta la cena.”
Io
la seguo, effettivamente sono l’ultima che si è
messa a tavola, mia sorella mi
guarda speranzosa e io le faccio l’occhiolino, lei mi rivolge
un debole
sorriso.
Mangiamo
piuttosto in fretta, lei mi trascina quasi subito in camera mia.
“Allora?
Cosa ha detto?”
“Calma!
Allora, gli ho raccontato tutto, inclusa la storia del Blue Moon, e lui
si è
scioccato quando ha capito che rischiava di perdere il suo migliore
amico. Da
lì si è ammorbidito e ha detto che ti deve delle
scuse. Si farà vivo presto.”
Finito
di parlare il cellulare di Izzie suona e lei risponde velocissima.
Io
esco dalla stanza per rispetto della loro privacy, vado in camera e mi
butto
sul letto, sul mio cellulare c’è un messaggio di
Tom che mi chiede come vanno
le cose.
Gli
rispondo che probabilmente adesso Isabel e Mark stanno parlando al
telefono, digitata
la mia risposta mi sdraio comodamente. Sono stanca.
Qualche
minuto dopo Isabel salta sul mio letto, svegliandomi.
“Si
è scusato, Chia! Si è scusato!
Ha
detto che siamo tutti vittime di problemi più grandi di noi
e che non c’è
bisogno di essere incazzato con me.
Ha
detto che mi ama!”
“Sono
felice per te!”
Rispondo
mezza rintronata.
“Sì,
sono proprio felice! Finalmente ha capito, grazie per avergli parlato,
sorellina!”
Io
sorrido.
“Era
il minimo, sono stata io a cacciarti nei guai.”
“Ehi,
non sono guai! È la tua vita e io voglio aiutarti come
posso!”
”Sei
un tesoro, Isabel, ma io ho la sensazione di avervi solo messi in
pericolo.”
“Lo
affronteremo insieme, è così che si comporta una
famiglia.”
Ci
abbracciamo e mi sento un po’ meno sola, Tom ha ragione: non
posso affrontare
tutto da sola.
Devo
anche scrivergli che tutto è andato bene o forse
gliel’avrà già detto Mark.
Chiacchieriamo
ancora un po’, poi lei se ne torna in camera e io scrivo a
Tom.
Lui
mi risponde dicendo di essere contento che la pace sia tornata e mi
augura
buonanotte, gliela auguro anche io e mi addormento sul letto vestita.
Mi
sveglio verso le quattro, infreddolita, mi cambio e mi metto sotto le
coperte:
si sta già meglio.
Torno
a dormire e questa volta è la sveglia a farmi uscire dal
mondo dei sogni.
“Buongiorno,
mordo di merda!”
Urlo
uscendo dal letto e strisciando poi verso il bagno.
Mi
faccio una lunga doccia che mi rende quasi umana e poi mi vesto: una
maglia con
degli spacchi sulle spalle e stracciata sul bordo a fantasia militare,
un paio
di jeans larghi e un maglione a con lo scollo molto largo.
Sono
stufa di questo arancione nei capelli, nel fine settimana me lo cambio
e lo
faccio tornare al suo azzurro originale.
Scendo
in cucina e trovo mia sorella con il suo vestito preferito: fucsia a
quadretti
neri.
È
un pugno nell’occhio con i suoi capelli rossi, ma le piace
molto e quando è
particolarmente di buon umore lo indossa fregandosene di tutto.
“Vedo
che siamo di buon umore!”
“Io
e Mark abbiamo risolto!”
“Sono
davvero felice per te!”
Faccio
colazione e poi andiamo a scuola, sono contenta di aver aiutato mia
sorella, ma
mi sento come oppressa da qualcosa. Un qualcosa che ha un nome: Joel.
Questo
pomeriggio verrà nella casa nel deserto e non ne ho voglia,
ma d’altronde
sembra che lui serva in qualche modo e dovrò farci
l’abitudine.
Parcheggiata
la macchina ci si avvicina, sempre con quella strana aria losca che lo
contraddistingue.
“Oggi
pomeriggio vengo.”
“Se
non puoi farne a meno.”
Lui
annuisce e se ne va, poco dopo mi raggiunge Tom e io lo abbraccio. Lui
prende
una delle mie ciocche tra le mani e ne fa un piccolo boccolo.
“L’oscuro
signore si è deciso a parlarti?”
“Sì,
per dirmi che verrà anche lui oggi.”
“Che
bello.”
“Una
bella merda!”
Entriamo
a scuola seguiti da mia sorella e Anne che chiacchierano allegramente.
La
giornata scolastica trascorre normalmente, senza particolari scossoni,
eccetto
il mio malumore strisciante e il fatto che ogni tanto senta lo sguardo
di Joel
su di me.
Che
cazzo vuole?
Lo
scoprirò oggi pomeriggio, purtroppo. Non sono contenta che
lui metta piede
nella casa del deserto, per me è ancora un perfetto estraneo
e anche pericoloso
in una certa misura.
Keisha
dice che è buono, ma che stare sotto copertura per tanto
tempo su una delle
lune del nostro pianeta lo ha reso leggermente aggressivo, ma io non le
credo.
Il
mio istinto mi dice che non è solo quello,
c’è qualcosa di pericoloso in lui
che Keisha non emana, qualcosa mi dice che anche lui fa parte dei
nostri
nemici.
-E
allora lo tenga d’occhio, principessa o lasci fare a uno di
noi.-
Io
sobbalzo, chi ha parlato?
-Sono
io, principessa. Uno dei soldati della milleottanta, la sua guardia.-
-Capisco.
Beh, è una proposta interessante, penso proprio che vi
darò retta.
Solo
una cosa, non è che potreste avvisarmi prima di parlarmi?
Non sono abituata.-
Sento
una risatina.
-Ai
suoi ordini, principessa.
Non
è affatto cambiata. A partire da ora uno dei nostri uomini
sorveglierà Joel.-
-Lui
è in grado di vedervi.-
-No,
conosciamo delle tecniche per renderci invisibili.-
-Quanto
vorrei conoscerle, comunque permesso accordato.-
-Agli
ordini e torni a seguire la lezione, la sua professoressa le sta
facendo una
domanda.-
Io
torno alla realtà e noto che davvero la professoressa di
letteratura mi sta
facendo una domanda ed è furiosa perché non le ho
risposto.
“Fuori
dall’aula, Malone! Visto che trova poco interessante la mia
materia, non c’è
ragione per cui lei rimanga!”
Rossa
come un pomodoro raccolgo le mie cose ed esco, che figura di merda!
Una
volta uscita trovo Tom che vaga nei corridoi.
“Buttata
fuori anche tu?”
Io
annuisco, lui mi prende per mano.
“Conosco
un modo migliore per fare passare il tempo che gironzolare per la
scuola!”
Mi
trascina dentro un ripostiglio e comincia a baciarmi con passione, cosa
che
ricambio fino quasi a perdere il controllo, è in questo
momento che un flusso
di ricordi non miei entra nella mia testa.
Sono ricordi di Tom, perché ho visto Kari e Shon e il giorno
che suo padre se
ne andò, per lui deve essere stato lo stesso
perché si stacca come se avesse
preso una scossa.
“Hai
davvero rubato in un museo indiano?”
Io
annuisco.
“Avevo
visto una pietra come la tua, ma non sono riuscita a cavarci nulla.
forse
dovrei riprovare.”
“Come
mai ci sta succedendo questo?”
Io
divento rossissima, sono sempre stata un disastro nelle dichiarazioni.
“Credo
significhi che io ti amo e che tu mi ami. Connessioni come questa si
aprono
solo per questo motivo.”
Lui
rimane un attimo in silenzio e poi mi abbraccia.
“Scusa,
non volevo intromettermi nella tua mente.”
Gli
dico con voce tremante.
“Immagino
che per te sia troppo presto.”
Per
tutta risposta mi bacia ancora facendo riaprire la connessione.
“Non
fa niente, così conosci i miei sentimenti senza che io
parli.”
Si
gratta la testa.
“Per
un ragazzo, uno come me poi è sempre imbarazzante
dichiararsi.”
“Anche
per me!”
Sussurro
contro il suo petto, lui mi scompiglia i capelli.
“Questo
facilita le cose, vero?”
“Un
po’.”
Il
suono della campanella ci fa uscire di corsa dallo sgabuzzino e correre
alle
rispettive lezioni, io sono ancora un po’ su di giri.
Mi
ama! Si è aperta una connessione tra di noi!
Con
questo pensiero in testa il resto del pomeriggio migliora e posso anche
sopportare che anche Joel venga con noi a quella che considero un
po’ anche
casa mia.
Ci
andiamo appena sono finite le lezioni, la casa non sembra felice di
rivederlo –
ma forse è solo una mia impressione – ma alla fine
lo lascia entrare.
“Bene,
sei entrato come desideravi. Qual è
l’abilità per cui sei tanto
indispensabile?”
“So
trovare i covi dei nostri nemici.”
Mi
risponde atono sedendosi attorno alla colonna centrale e sfiorando
rapido
alcuni punti, facendo così apparire una mappa.
Sfiora
ancora qualcosa e appaiono una serie di punti sparsi per gli Stati
Uniti e
alcuni per il mondo,
“Ecco,
dobbiamo eliminarli tutti!”
“Alcuni
sono fuori dai confini, come facciamo a giustificare le nostre
uscite?”
“Sono
fatti vostri, la cosa non mi riguarda.”
Quello
più vicino a noi è a Las Vegas, temo dovremo
organizzarci una sortita mi sa.
Un
po’ demoralizzata e con una strana sensazione addosso scendo
ad allenarmi
insieme a Keisha, Johnny e Tom, normalmente non lascerei Joel solo in
una
stanza così importante, ma è sorvegliato a sua
insaputa da uno dei miei soldati
e se farà qualcosa di strano me lo dirà.
Questa
volta combatto di più, meglio e mi sento meno stanca e noto
che anche gli altri
sono nelle mie stesse condizioni. Stiamo migliorando.
Piano
piano stiamo diventando più forti e più temibili,
se Joel dovesse fare un passo
falso avrebbe addosso tre persone abbastanza preparate.
Finito
l’allenamento, il soldato rientra nella perla riferendomi che
Joel si è
comportato un modo molto strano, come se volesse memorizzare
l’ambiente il più
possibile, come fanno i ladri, e stesse cercando qualcosa.
Io
annuisco e me lo annoto mentalmente, poi ordino a un altro soldato si
seguirlo
in modo che questo possa riposare.
C’è
puzza di bruciato, devo solo capire cosa ha in mente quel ragazzo e non
sarà
un’impresa facile, è freddo persino con sua
sorella. Lo confronto con il Joel
che ricordavo – chiacchierone e giocherellone – e i
conti non mi tornano,
sembra un’altra persona e sono cera che non sia solo per un
lavoro di copertura
che sia cambiato così tanto.
C’è
dell’altro e lo devo scoprire, ho l’impressione che
sia molto importante.
Torniamo
a casa, io rimugino su quello che mi ha detto il soldato e mi chiedo
cosa stia
cercando sul serio, non è qui solo per aiutarci.
A
cena seguo la conversazione piuttosto distratta, più volte
mia sorella mi dà
delle gomitate per non farmi tornare in me, ma non
c’è nulla da fare: la mia
testa è altrove.
La
mia testa è ossessivamente concentrata su Joel e sui suoi
comportamenti strani
a cui devo trovare una spiegazione al più presto.
Dopo
aver lavato i piatti e pulito la cucina salgo in camera mia e mi metto
a fare i
compiti, finisco verso le dieci.
Proprio
in quel momento sento dietro di me una presenza, deve essere arrivato
il
soldato che aveva il compito di tenere d’occhio il deficiente.
-Principessa,
l’ho perso.-
-Come
perso?-
-
A un certo punto la sua aura è come sparita. Non ho idea di
come sia potuto
succedere, è la prima volta che mi capita, posso captare le
aure nascoste, ma
l’aura di Joel è sparita, non si è
nascosta.-
-Non
sono arrabbiata con te. È una cosa strana quella che mi hai
raccontato.-
-Abbastanza,
principessa.
Joel
non è come lo ricordavo, è molto cambiato.-
Rimango
un attimo in silenzio, sposto la tenda della finestra che mi permette
di
guardare sulla strada e noto che il cane dei vicini è
scappato ancora e sta
cercando in ogni modo di entrare in un casa dove
c’è una cagna in calore.
Sposto
di nuovo la tenda.
-Keisha
sostiene che è cambiato da quando ha lavorato sottocopertura
su una delle
nostre lune, che questo è una sorta di effetto collaterale
visto che gli
risulta difficile tornare alla sua vecchia vita.
Io
non le credo. Non penso menta di proposito, ma non credo che
una missione
sottocopertura basti a cambiare totalmente una persona,
c’è qualcosa sotto e mi
chiedo se anche Keisha non sospetti qualcosa.-
-Penso
di no, principessa. La signorina Keisha è molto affezionata
a suo fratello e
crede a tutto quello che le dice. Se le ha detto che è per
via della missione
gli crederà e non penserà a una spiegazione
alternativa.-
-Quello
è nostro compito, vero?-
Ridacchio
io, poi concedo il soldato, mi faccio una doccia e mi metto a letto.
Non
ho sonno, guardo senza vederle le ombre sul soffitto della mia camera,
pensando
a come sia possibile cambiare così repentinamente e che
un’aura possa sparire
all’improvviso.
Non
è normale, questa certezza mi viene dai ricordi della mia
vita precedente.
Un’aura è come un’impronta digitale,
può essere alterata e ci sono delle
tecniche per nasconderla, ma non può sparire.
Arrovellandomi
su questo pensiero mi addormento.
La
parte difficile della missione è arrivata.
Angolo di Layla
Ringrazio Rainmaker per
la recensione.
|
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Capitolo 15 *** 15)Las Vegas arriviamo! (forse) ***
15)Las Vegas arriviamo!
(forse)
Questa
notte dormo poco e male.
Per
metà deve essere colpa dei sensi di colpa che provo verso
letteratura inglese
che non ho studiato con sufficiente cura, per l’altra del
mistero che circonda
Joel.
Se
Tom sapesse che penso così tanto a un altro ragazzo si
arrabbierebbe, forse è
meglio fare partecipe anche lui di quello che mi hanno detto su Joel,
magari
due cervelli possono arrivare a una soluzione o tenerlo
d’occhio meglio.
“Potrebbe
essere una buona idea, tu cosa ne dici?”
Chiedo
al mio riflesso nello specchio.
“Che
parlare con sé stessi è il primo segnale di
pazzia.”
Mi
risponde serafica la voce di mia sorella, io mi giro e la guardo e
tento di
abbozzare un sorriso.
“Scusa,
tolgo le tende. Devo esserci stata un secolo qui dentro.”
“Non
un secolo, ma mezzo secolo sì.”
Esco
dal bagno sbadigliando e mi vesto, poi scendo a fare colazione, mio
padre sta
leggendo il giornale e mia madre traffica intorno ai fornelli: il
ritratto
della tipica famiglia americana.
“Buongiorno
a tutti!”
Biascico
insonnolita.
“
‘Giorno!”
Mia
madre mi indica la mia ciotola di cereali già sul tavolo e
io la ringrazio con
un sorriso.
Che
bell’inizio di giornata!
Mangio,
aspetto che anche Izzie abbia mangiato e poi ce ne andiamo a scuola.
“A
cosa stavi pensando stamattina in bagno?”
“A
Joel, ci sono delle cose che non mi tornano su di lui.”
“La
verità è che non l’hai sopportato fin
da subito.”
Io
sbuffo.
“Beh,
è un po’ difficile sopportare uno che insulta te e
Tom.”
Rispondo
piccata, lei non dice nulla. Credo abbia deciso di tenersi fuori dalle
questioni tra alieni e non posso darle nessun torto.
Arriviamo
a scuola, Tom ci aspetta nel parcheggio, mi dà il nostro
solito bacio e – mano
nella mano – entriamo nell’edificio, orma non
facciamo più nemmeno scandalo.
“Cos’hai?”
Mi
chiede Tom.
“Ho
delle cose che non mi tornano su Joel.”
Lui
rimane in silenzio.
“Ti
va di dirmele?
Ho
un’ora buca questo pomeriggio tra le due e le tre.”
Io
controllo il mio orario.
“Anche
io ho un’ora buca che coincide con la tua. Dove ci
troviamo?”
Lui
si gratta la testa.
“Sulle
tribune del campo sportivo.”
“Andata,
buona lezione Tom.
Io
ho letteratura e spero che la prof non sia ancora arrabbiata con me
perché ieri
non ero attenta.
“Non
ti preoccupare, non è permalosa.”
Entro
nell’aula augurandomi che Tom abbia ragione, una
professoressa con il crimine è
l’ultima cosa di cui ho bisogno.
Fortunatamente
mi interroga, ma non è particolarmente cattiva, non
è permalosa, Tom aveva
ragione. Il solo pensiero di potermi confidare con lui mi fa stare
meglio.
Ci
vediamo a pranzo e chiacchieriamo tranquillamente, ormai io , Izzie,
Anne e Tom
abbiamo un nostro tavolo in cui sederci per mangiare e cazzeggiare.
Fino
all’anno scorso mi sedevo sempre da sola o con Johnny ,
è un bel passo avanti.
Anne
è davvero simpatica e Johnny deve muoversi se non vuole che
lei si stanchi di
questa situazione e cerchi qualcuno più stabile.
Il
tempo scorre tranquillo fino alle due, dove io e Tom ci troviamo
davanti alle
gradinate del campo sportivo.
“Allora,
cosa ha fatto di strano?”
Con
calma gli spiego cosa ho fatto, le impressione che ha avuto il soldato
mentre
noi ci allenavamo al piano di sotto e del fatto che a un certo punto
l’aura è
sparita.
“Spiegami
questa cosa dell’aura.”
“Ok,
tutto emana un’aura. Se ci si concebtra si può
tenere d’occhio qualcuno
dall’altra parte della città, sapere con chi
è etc. È come una sorta di
impronta digitale solo più potente, quando si è
abbastanza bravi nel leggere
queste aure si scopre che esistono diverse tecniche per nasconderla e
altre per sentire anche
chi vuole nascondere l’aura. L’unica cosa che non
può fare un’aura è sparire.
Le
uniche spiegazioni a cui sono arrivata è che – per
motivi sconosciuti, che
nemmeno Keisha sa o ce li direbbe – lui attraversi un portale
per spostarsi
altrove oppure che lui non sia affatto Joel, ma qualcuno che utilizzi
la sua
aura.”
“È
possibile farlo?”
Io
muovo i piedi a disagio.
“Sì,
si può estrarre l’aura da un cadavere entro un
certo lasso di tempo e poi
usarla poco, giorno
dopo giorno, per
fingere di essere quella persona. È una delle tecniche di
spionaggio più
potenti e difficili, le persone che vivono quotidianamente con il sosia
notano
differenze di carattere e abitudini, per questo viene usata prendendo
chi non ha
parenti o amici.
Joel
li ha entrambi, il problema è che ha anche il grosso alibi
di essere stato
infiltrato e questo può portare ad alterazioni del carattere
che a volte sono
permanenti.”
Tom
guarda il campo vuoto.
“Mettiamo
che sia vero che qualcuno si stia facendo passare per Joel,
perché dovrebbe
farlo?”
“Perché
sa usare la colonna e sa individuare i nascondigli dei nostri nemici,
se
qualcuno facesse finta di essere Joel potrebbe farci distruggere
qualcosa di
inutile o peggio ancora delle nostre truppe lasciate qui e poi far
fuori noi.”
“Quindi
tu pensi che il vero Joel…”
“Sia
morto su quella luna e che qualcuno lo stia interpretando.”
“Sì,
ma non ho ancora delle prove e non posso parlarne a Keisha, in fondo
è suo
fratello e negherebbe tutto. Sono solo io che lo devo tenere
d’occhio e se ti
va puoi farlo anche tu.”
Lui
sorride, mi volta verso di sé e mi bacia.
“Ti
darò una mano, ma dovrai pagarmi.”
“Non
ho soldi.”
“Chi
ha parlato di soldi? C’è sempre il pagamento in
natura.”
Risponde
con voce calda.
“Uhm,
sì. È un pagamento che posso accettare,
dilazionandolo nel tempo, così ci si
diverte di più, no?”
Decido
di stare al gioco perché anche io – in fondo
– non vedo l’ora di scoprire come
sia fare sesso e soprattutto con chi ami.
Lui
sorride.
“Ci
capiamo al volo, Chia.”
Poi
torna serio.
“Ti
amo.”
“Ti
amo anche io, Tom.”
Ci
stringiamo le mani e ancora una volta guardiamo il campo vuoto, che la
missione
abbia inizio!
Passano
le settimane e nulla cambia.
Io
e Tom lo teniamo d’occhio e così fanno i miei
soldato della milleottanta, ma il
copione non cambia. Va a scuola con noi, si comporta in modo
sprezzante, come
se fosse il re del liceo, va a casa con Keisha, sta con lei e poi
quando lei –
presumibilmente – va a letto sparisce.
Qualcuno
dovrebbe piazzarsi sotto casa sua per vedere come va, ma io non riesco
a
lasciare casa mia di notte e lo stesso accade a Tom.
Questa
cosa mi piace sempre meno.
Dove
va ogni notte?
Perché
non lo dice a nessuno, nemmeno a sua sorella?
C’è
qualcosa di losco qui e devo capire cosa, prima che sia troppo tardi.
Nel
frattempo Halloween si avvicina sempre di più e oggi, dopo
una sessione di
allenamento, il principe Joel ci ha rivolto la parola.
“Visto
che si avvicina Halloween e abbiamo una missione da svolgere cosa ne
dite di
andare a Las Vegas?”
I
ragazzi si sono subito mostrati entusiasti, io invece non so come
presentare la
cosa a mia madre e ho guardato mia sorella, che ha scosso la testa,
nemmeno lei
sa come faremo a farci dare il permesso.
“Qualcosa
non va, principessa?”
Mi
chiede ironico lo stronzo.
“Devo
solo pensare a come farmi dire di sì a mia madre, per me e
Izzie. Sai, io non
vivo da sola.”
“Dovresti,
non dovresti dipendere dagli esseri umani.”
“Un’altra
parola e giuro sul mio onore che ti sbatto ancora fuori.”
Gli
rispondo gelida, in preda a una collera fredda.
“Agli
ordini!”
Risponde
ironico lui, vorrei prenderlo a schiaffi.
Uno
sguardo all’orologio mi fa capire che non è il
momento degli schiaffi, io e
Izzie dobbiamo andare a casa, così ben presto la casa nel
deserto si svuota.
“Come
faremo a dire a mamma che dobbiamo andare a Las Vegas?”
Mi
chiede mia sorella, io guardo dritto davanti a me per non perdere la
concentrazione mentre guido.
“Non
ne ho idea, possiamo buttargliela lì come idea.”
“Vorrà
conoscere i ragazzi.”
“Li
conoscerà e Joel dovrà comportarsi bene o lo
farò a pezzi con la mia falce.”
“Tu
e lui non andrete mai d’accordo.”
“Ma
lo senti, Izzie?
Lo
senti come vi tratta?
Non
ha cambiato affatto idea, sta solo mentendo per fare un piacere alla
sorella e
per la missione, per il resto vi detesta, se potesse vi ucciderebbe
perché non
vuole che il nostro segreto sia noto anche a voi.”
Izzie
sospira.
“Lo
so, non è una bella persona, ma potresti sforzarti di
più per andare d’accordo
con lui.”
“Non
se ne parla nemmeno, voi siete la mia famiglia.”
Arriviamo
a casa in tempo per la cena, i nostri sembrano di buon umore, forse ce
la
faremo.
A
metà della cena decido di buttare lì
l’argomento e vedere cosa succede.
“Tom,
Mark, Johnny e un paio di persone che abbiamo conosciuto a scuola
vorrebbero
andare a Las Vegas per Halloween e ci hanno invitato.”
Mio
padre grugnisce qualcosa che somiglia a: “Spero che non
perdano troppi soldi
con quelle stupide macchinette.”, mia madre rimane un attimo
in silenzio.
“Prima
di dirvi sì o no, io e vostro padre vorremmo conoscere Mark,
Tom e queste altre
due persone. Invitateli a cena uno di questi giorni.”
Perfetto.
Con
le maniere di Joel non ci sgancerà mai il permesso.
“Va
bene. Domani chiedo e poi ti farò sapere.”
Riprendiamo
a mangiare e io mi chiedo cosa fare.
L’unica
speranza è che tutti si comportino bene, che mia madre si
convinca che sono
bravi ragazzi e ci lasci andare, ma la vedo piuttosto difficile.
Tom
e Mark possono essere delle personcine educate, Johnny se si sforza
può essere
addirittura amabile, è Joel che mi preoccupa.
Il
giorno dopo vado scuola
piuttosto
abbacchiata, tanto che persino Keisha – che nonostante tutti
i suoi tentativi
non è ancora entrata in confidenza con me – mi
chiede cosa ho.
“Ho
parlato a mia madre di Las Vegas e prima di dire sì o no vi
vuole conoscere,
siamo fottuti: Joel non ce la farà a comportarsi
bene.”
Keisha
stringe gli occhi per un attimo poi sorride.
“Ce
la farà, gli parlerò.”
“Vedremo.
Voi siete disponibili a venire, comunque?”
“Sì
certo.”
“Bene.
Oggi lo dico a Johnny e qualcuno dovrà dirlo a
Mark.”
“Ci
penso io.”
Mi
risponde mia sorella.
“Okay,
allora è fatta e adesso andiamo ad affrontare il nostro
pezzo di inferno
quotidiano.”
Ci
avviamo verso la scuola, io sono altamente depressa, odio tutto questo.
Odio
dover scucire permessi ai miei per cose che riguardano gli alieni,
soprattutto
perché sono ordini che arrivano dal principe oscuro, di cui
non so ancora dove
va quando tutti dormono.
Non
è una bella abitudine, ce l’hanno solo gli
assassini e le spie e forse lui è
tutti e due.
Il
Joel che conoscevo io non ci avrebbe mai tradito –
è stato lui a guidarmi fuori
dal palazzo quando tutto stava cadendo a pezzi e i ribelli stavano
uccidendo i
miei genitori – ma questo non è quel Joel,
è solo una specie di copia fisica,
senza il suo carattere.
La
risata di Joel era fantastica da ascoltare perché era una di
quelle aperte che
ti fanno mettere a rider a loro volta, quella di adesso è
solo una risatina
sarcastica e derisoria.
Questa
giornata di scuola passa senza scossoni, durante la pausa pranzo Isabel
chiama
Mark e lui si dice disponibile, lo stesso avviene per Joel.
Dirlo
a Johnny è mio compito e lo assolvo prima
dell’allenamento quotidiano, lui
accetta di buon grado anche se si dice sicuro che a mia madre lui non
piacerà
mai.
Vero.
Lui
e lei non sono mai andati d’accordo, l’unico motivo
per cui lo lasciava entrare
in casa sua era perché era il bambino che era stato trovato
con me nel deserto.
Bene,
visto che verranno tutti decidiamo che la cena sarà domani,
via il dente, via
il dolore.
Gli
allenamenti non sono granché e Keisha deve più
volte richiamare la mia
attenzione e sgridarmi, ma io ho la mente fissa a questa sera a cena.
Se
non fosse che ho diciotto anni e sono maggiorenne – almeno
sulla carta
d’identità – direi che ho paura.
Usciamo
dal locale e io lascio che sia Isabel a guidare, io non ne ho voglia.
Arriviamo
a casa e mi dico che il momento è arrivato e che Dio ce la
mandi buona.
Mi
è andata bene dopotutto, mamma ha accettato di cucinare per
più persone senza
farmi le solite domande preliminari.
“Chia,
vieni un attimo in cucina!”
Mi
urla e io scendo di corsa.
“Volevo
dirti una cosa. Mi fido abbastanza di te per Las Vegas, sei maggiorenne
e credo
che tu sappia cavartela, è per Isabel che sono preoccupata.
Non
è maggiorenne e devo sapere con chi va.”
“Va
bene, mamma.”
“Adesso
apparecchia.”
Eseguo,
alle otto la cena è pronta, mancano solo gli ospiti. Il
primo ad arrivare è
Johnny.
“Buonasera,
signora!”
Saluta
mia madre che ricambia con un gesto.
“Ciao,
Johnny. Come va?”
“Oh,
bene. Mi hanno assunto come cameriere in un ristorante.”
“Sono
molto felice per te.”
Poco
dopo la porta si apre ed entra Tom con in mano un mazzo di fiori che
mia madre
accetta volentieri.
“Buonasera,
signora. Sono Tom, il ragazzo di Chia.”
“Molto
piacere, tu fai ancora il liceo, vero?”
“Sì,
io e lei abbiamo parecchie classi in comune.”
Mia
madre dà un’occhiata al tatuaggio al braccio
– il coniglietto dei blink – e
sembra accettarlo così come i buchi alle orecchie.
Mancano
solo Mark e i due fratelli dell’apocalisse.
La
porta si apre di nuovo ed entra Mark, mamma sgrana gli occhi, ma non
dice nulla
per i suoi capelli blu, accetta la scatola di cioccolatini che lui le
porge e
aspetta.
“Io
sono Mark, sono il ragazzo di Isabel.”
“Tu
non fai il liceo, vero?”
“No,
sto facendo dei corsi preparatori per il college e lavoro in un negozio
di
musica a San Diego.”
Lei
annuisce.
“Cosa
vorresti fare al college?”
“Uhm,
diventare insegnante di inglese, ma la musica mi piace troppo e ora che
ho una
band…”
Non
finisce la frase, ma il significato è chiaro: la musica
viene per prima nella
scala di valori di Mark e non so cosa ne pensi mi a madre.
Adesso
mancano solo Joel e Keisha e spero che arrivino presto
perché ho una fame
bestiale.
Pochi
minuti dopo arrivano anche loro e per un qualche miracolo divino Joel
sta
sorridendo, Keisha deve avergli fatto una bella predica.
“Buonasera
io sono Keisha e lui è mio fratello Joel. Ci siamo appena
trasferiti da New
York.”
“Benvenuti
in California, allora!
Come
vi trovate qui?”
“Benissimo!”
Trillano
tutti e due all’unisono.
Joel
sembra quasi un essere umano educato e non il principe delle tenebre.
“Bene,
ora che ci siete tutti possiamo sederci a tavola.”
Che
Dio sia lodato! Ora speriamo solo che Joel riesca a tenere a freno il
suo lato
oscuro e Mark e Tom non si cimentino in quelle battute che parlano solo
di
sesso con animali o parenti.
Fanno
ridere noi ragazzi, ma a mia madre farebbero rizzare i capelli in testa
come se
fosse una super sayan.
Confido
che ho paura ora che sono qui tutti, deve andare tutto bene.
Ci
sediamo, Joel è la cortesia in persona, è un buon
attore a quanto pare e se è
un buon attore potrebbe essere un buon bugiardo.
-Hai
ragione!-
Quasi
mi soffoco con una polpetta degli spaghetti alle polpette di mia madre,
non mi
aspettavo di sentire la voce di Tom nella mia testa.
-Come
fai a parlare telepaticamente con me?-
-Come
fa Johnny… Penso che tu abbia fatto un considerazione molto
interessante.-
-Il
che non mi rassicura affatto, affidarci a un bugiardo non è
il massimo.-
-Dobbiamo
tenerlo d’occhio a Las Vegas!-
-Puoi
giurarci.-
Torno
a concentrarmi alla conversazione che si svolge sul tavolo, noto che
non stanno
litigando e già questo è un buon segno e noto che
mia madre sembra piacevolmente
colpita e così mio padre.
Il
permesso non mi sembra più una cosa così lontana,
forse ce la possiamo fare.
Mia
madre si informa dei voti di Keisha, Joel e Tom, chiede a Johnny come
va il suo
nuovo lavoro e come se la cava a San Diego Mark.
I
voti di Joel e Keisha sono ottimi in tutte le materie, Tom traballa un
po’ in
alcune – matematica, fisica e scienze – il lavoro
di Johnny sembra procedere
bene e Mark dà un quadro buono della sua vita in
città.
Evita
di dire quante volte al Soma e magari torna ubriaco a casa, certe cose
è meglio
tenersele per sé, i genitori li interpreterebbero in modo
sbagliato. Io so che
Mark è abbastanza responsabile da non mettersi in macchina
ubriaco, loro no.
Alla
fine di questa lunga ed estenuante serata – dove tutto sono
stati sulle spine e
la conversazione è sempre stata cauta e leggera –
mia madre emette il suo
verdetto, quello che tutti aspettiamo con impazienza.
“Le
ragazze ci hanno detto che volete andare a Las Vegas per Halloween, da
parte
non ho nulla in contrario. Tu, caro?”
Mio
padre scuote la testa.
“Per
me va bene, mi sembrate tutti dei bravi ragazzi, in gamba. Penso che
non
combinerete casini.”
Sorridiamo
tutti sollevati, la maggior parte della tensione si è
sciolta, andremo a Las
Vegas, probabilmente guidati da un bugiardo patentato, ma ci andremo.
Evviva!
Il
primo ad andarsene è Johnny, poi se ne va Mark e poi io
accompagno fuori Tom e
i due fratelli.
“Bene,
hai scucito il permesso a tua madre, si parte subito dopo scuola.
Tu!”
Si
rivolge a Isabel.
“Non
disturbarci troppo!”
Io
prendo un profondo respiro e chiudi gli occhi.
“Vattene,
prima che ti prenda a calci!”
Keisha
prende sul serio il mio avvertimento perché trascina il
fratello in macchina e
ci fa un debole cenno di saluto.
Rimane
solo Tom e Izzie ha il buonsenso di tornare dentro.
“Fai
bene a non fidarti di Joel.”
Mi
dice prima di darmi un bacio.
Un
bacio abbastanza focosi da aprire la connessione che
c’è tra di noi e farmi
vedere qualcos’altro del suo passato.
Lui
sorride.
“Non
vedo l’ora di fare l’amore con te per vedere le
stelle.”
Il
che probabilmente è vero, se facessimo l’amore lui
vedrebbe il pianeta da cui
provengo e così diverso dalla terra.
“E
io non vedo l’ora di farlo per vedere il centro di questo
cuore.”
Lo
vedo arrossire lievemente, poi mi dà un bacio e si allontana
fischiettando.
Ok,
questa missione sarà uno schifo, ma Tom è
perfetto.
È
tutto quello che voglio in un ragazzo e non me lo farò
strappare via
facilmente.
|
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Capitolo 16 *** 16) Attentato! ***
16) Attentato!
Andare
a Las Vegas per un gruppo di ragazzini dovrebbe essere una cosa
eccitante.
Dovrebbe.
Joel
riesce a trasformare il viaggio in un seccatura, partiamo come ha detto
lui
dopo le lezioni e si arrabbia perché dobbiamo deviare per
San Diego per
recuperare Mark. Dice che è solo un umano inutile, io penso
che lui invece sia
un alieno inutile e irritante.
In
ogni caso recuperiamo Mark nonostante gli aspri rimproveri di Joel e
anche solo
la sua sola vista mi fa sentire meglio.
Quel
ragazzo ha il dono di rasserenare l’atmosfera, forse per via
del sorriso, forse
per quell’aura di solarità che
emana.
“Ciao,
ragazzi! Pronti per scatenarvi nella città del
divertimento?”
“Non
andiamo lì per divertirci, feccia. Adesso salta in macchina
e chiudi quella
fogna!”
Sentita
questa frase faccio inversione di marcia senza dire nulla a nessuno e
arrivo
fino quasi a Poway, è lì che la macchina dei due
stronzi riesce a bloccarmi.
“COSA
TI PRENDE, PRINCIPESSA TESTA DI CAZZO?”
“MI
SONO ROTTA LE PALLE DI TE, DEL TUO ESSERE UNA TESTA DI CAZZO E DI
INSULTARE I
MIEI AMICI.
VAI
A FARE IN CULO!
IO
A LAS VEGAS CON TE NON CI VENGO, FALLI FUORI DA SOLO I TUOI CAZZO DI
NEMICI!”
Risalgo
al volante e parto sgommando, mia madre è sorpresa quando ci
vede tornare a
casa.
“Non
dovevate essere a Las Vegas?”
“Joel
è la più grande testa di cazzo del sistema
solare!”
Urlo
prima di salire in camera, arrivata lì mi tolgo gli anfibi e
mi butto sul
letto, mi sta salendo un piatto isterico che non mi piace per nulla.
Qualcuno
sta anche bussando alla porta e io dovrei aprirgli, ma non ne ho
voglia. Non ho
voglia di vedere e parlare con nessuno.
“Izzie,
non sono dell’umore adatto, lasciami in pace.”
La
porta si apre lo stesso, ma non è Izzie a entrare, ma Johnny
che fulmino con
un’occhiataccia.
“Cosa
vuoi?”
“Non
sembri felice di vedermi.”
“No,
non sono felice. Non ho voglia di sentire una delle tue stupide
prediche.”
Lui
si siede tranquillamente sulla sedia della scrivania.
“Non
sono qui per farti una predica, Joel ha esagerato con Mark senza
motivo.”
“E
allora perché sei qui?”
Lui
sospira.
“Sono
ancora il tuo migliore amico, sono preoccupato per te.”
“Non
ce la fanno, Johnny. Non ce la faccio!
Cerco
di dare una seconda possibilità a quel cretino e quando
sembra quasi umano se
ne esce con le sue perle di merda. Sono stanca.
Ho
capito che è importante quello che dobbiamo fare, ma io non
riesco a lavorare
con lui.
Chi
è andato a Las Vegas con lui?”
“Nessuno,
solo Keisha. Mark se ne è andato subito dopo di te insieme
con Tom, immagino ci
sia rimasto male e Tom lo stia consolando. Mark è una pasta
d’uomo che non si
meritava un trattamento simile.
Poi
io ho seguito te e coso ha dato di matto,abbiamo fatto a botte e poi me
ne sono
andato, nonostante Keisha mi implorasse di restare.
Ma
che si arrangino.”
Lo
guardo stupita.
“Pensavo
saresti stato dalla loro parte.”
“Capisco
le loro esigenze, ma a tutto c’è un limite. I
ragazzi possono aiutarci, non è
male avere aiuti tra quelli che Joel chiama umani, almeno qualcuno che ci para il culo
c’è e poi te l’ho detto, non
mi è piaciuto come si è comportato con Mark.
L’ha
aggredito senza motivo.”
“C’è
anche una cosa che non mi torna su Joel.”
Johnny
mi guarda interessato e io gli racconto tutto quello che so e i miei
sospetti.
“Perché
non me l’avete detto subito?”
“Perché
prima volevo avere in mano qualcosa di solido o altrimenti mi avreste
semplicemente detto che era la mia antipatia verso di lui a farmi
parlare.”
“Capisco,
ma questo fatto non mi piace, come non mi è piaciuto come
abbia palesemente
recitato per tua madre.”
“Questo
fa di lui un possibile bugiardo.”
Lui
rimane un attimo in silenzio.
“Jo,
tu te lo ricordi il Joel di lassù?”
“Sì.”
“Assomiglia
a quello che conosciamo?”
“No,
per niente. Sembra il suo gemello malvagio e la cosa mi puzza, come
puzza a te.
Bisogna
tenerlo d’occhio.”
“Sono
d’accordo. Grazie per essere passato.”
Lui
fa uno dei suoi ghigni.
“Figurati,
volevo evitare che distruggessi il mobilio, ormai ti conosco!”
Scoppiamo
a ridere tutti e due, la tensione che c’era tra di noi in
questi giorni si è
sciolta completamente e siamo tornati a essere gli amiconi di un tempo.
“Beh,
visto che siamo qui potremmo andare tutti insieme al Soma e goderci la
festa di
Halloween.”
“Mi
sembra una buona idea, sono sicura che anche altri piacerà,
non invidio Keisha
in questo momento.”
Lui
si alza dalla sedia.
“Nemmeno
io. Credi sia complice?”
Io
scuoto la testa.
“No,
per me non sa nulla. Joel sparisce quando lei dorme, se sapesse
qualcosa non
avrebbe bisogno di tenere il tutto segreto alla sorella.”
“Hai
ragione, questa storia non mi piace.”
Rimaniamo
qualche altro minuto in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri,
poi
Johnny si avvicina alla porta della mia camera.
“Vado
ad avvisare il resto del gruppo del cambio di programma, tu cerca di
riposare,
hai l’aria di una psicotica.”
“Grazie,
Joel!
Adesso
mi faccio un pisolino, comunque.”
Detto
fatto.
Mi
stendo sul letto e mi addormento quasi subito, sognando Joel che si
trasforma
in un mostro deciso a uccidermi.
Con
sogni come questi il risveglio non è dei migliori, ma almeno
ho la prospettiva
di una vera serata di divertimento al Soma e so che lo scassa palle
numero uno
è a molti chilometri da me.
Ovviamente
è sempre sorvegliato a vista da uno dei miei soldati, ma per
ora non mi ha
detto cose che mi hanno sorpreso particolarmente: Keisha l’ha
sgridato
nuovamente e lui ha alzato le spalle, ora stanno cercando un posto per
dormire.
Io
invece, dopo aver mangiato, cerco cosa mettermi. Alla fine opto per un
vestito
nero con le spalline sottili e una gonna asimmetrica e stracciata sul
bordo,
calze a righe, anfibi e trucco nero.
Perfetto.
Con
i miei capelli, nuovamente azzurri, stanno benissimo.
Mia
sorella invece si è messa una specie di vestito di un grigio
stinto e pieno di
strappi, delle calze a righe rosse e nere alla parigina e gli anfibi.
Stasera
ci divertiremo, ne sono sicura.
Mamma
ci guarda curiosa.
“Ok,
Chia è una bambolina gotica, ma tu da cosa sei vestita
Isabel?”
“Da
zombie, non hai notato la faccia particolarmente cadaverica?”
Mia
madre ride.
“No,
per la verità no. Adesso andate a divertirvi
responsabilmente.”
“Sì,
mamma. Ciao!”
Usciamo
e saltiamo in macchina, la prima tappa è la casa di Johnny,
Anne e Tom sono già
là insieme a Mark.
Il
mio amico sembra di buon umore, ride e scherza con Isabel e con me, la
cosa è
talmente incredibile che vale la pena di notarla visto che di solito
è sempre
un po’incazzato.
Devo
chiedergli perché è così di buon umore
la prima volta che rimaniamo da soli.
“Mi
sa che ci divertiremo di più qui che a Las Vegas!”
Esclama
Isabel.
“La
compagnia è sicuramente migliore.”
“Anche
un sasso è una compagnia di Joel.”
Rispondo
piccata io e questa volta mia sorella non mi incita a essere
più cordiale nei
suoi confronti, per fortuna. Forse ha capito finalmente di che pasta
è fatto e
che è inutile parlarci fino a che sarà
così.
Presto
scorgo l’uscita per San Diego e guido fino al Soma, stasera
è affollatissimo, è
un miracolo che io sia riuscita a trovare parcheggio. Sulla porta ci
aspettano
Tom e Mark – che non hanno un costume – e Anne che
è vestita con uno
scollatissimo abito rosso, tenta di imitare le dive anni ’40
e si è persino un
lunghissimo portasigarette.
“Ciao,
ragazzi. Come va?”
“Bene,
bene!”
Rispondo
in coro i due Hoppus e Tom.
“Pronti
per scatenarci?”
Chiede
Izzie, saltando in braccio al suo ragazzo.
“Per
quello siamo sempre pronti.”
Risponde
Tom.
“Mark..”
“Sì?”
“Volevo
scusarmi per tutto quello che ti ha detto Joel, è una testa
di cazzo che non
vale nemmeno l’aria che respira. Sappi che per me e per
Johnny sei un amico
prezioso.”
Lui
sorride, sembra sollevato.
“Grazie,
scuse accettate.
Non
mi aspettavo una simile accoglienza.”
“Nemmeno
noi, pensavano che si fosse un po’ calmato, ma niente. Rimane
il solito
coglione.”
Detto
questo entriamo e ci buttiamo in pista, decisi a pogare per dimenticare
la
brutta aggiornata e i brutti incontri.
Joel
e Keisha mi sembrano davvero – finalmente – lontani
e non posso fare a meno di
essere felice, leggera e spensierata.
Durante
un lento vengo acchiappata da Tom che mi stringe a sé e mi
bacia con passione.
“Ah,
che bella serata!”
Sospira
lui felice.
“Sì,
è proprio una bella serata, godiamocela!”
Continuiamo
a ballare e teniamo distrattamente gli altri sotto controllo, Mark e
Johnny
vanno un paio di volte al bancone a prendere degli alcolici, mia
sorella e Anne
sono sedute a un divanetto e parlano.
È
proprio la serata perfetta.
Alla
fine arriviamo al tavolo anche io e Tom sudati e accaldati, tanto che
prendiamo
al volo un coca ciascuno e la beviamo avidamente.
Gli
altri se ne vanno in pista poco dopo e noi li osserviamo, Mark e Isabel
sono
una coppia carina, si vede che lui tiene a lei. Non si allontanano mai
molto
uno dall’altra e ogni tanto si baciano.
“Mark
e Isabel sono davvero carini.”
“Molto,
ma mi sembra che anche Johnny si sia sciolto con Anne, o
sbaglio?”
Io
guardo verso di loro, non sono così vicini, ma ho
l’impressione che Johnny
tenga d’occhio la sorella di Mark con molto interesse.
Quello
mi deve raccontare un po’ di cose, che sia successo qualcosa
che io non so?
Poco
dopo torniamo di nuovo a ballare e perdo di vista gli altri, sono presa
dalla
musica e da Tom che mi bacia ogni due per tre e riempie di occhiatacce
chi mi
guarda per più di tre secondi.
All’improvviso
sento un urlo nella mia testa e sono costretta a uscire dalla pista.
Johnny.
È
successo qualcosa a Johnny.
Prendo
la borsa e la giacca ed esco dall’uscita di emergenza, poco
più in là trovo il
mio amico in lacrime, chino sul corpo esanime di Anne.
“Cosa
è successo?”
Chiedo
senza fiato.
“Una
macchina. L’ha investita, ti prego guariscila.”
Io
stendo le mie mani su Anne, ma nonostante l’energia che ci
metto lei non
migliora e solo allora capisco che non devo farlo io, che Anne
è di Johnny e
spetta a lui il compiti di salvarla.
“Devi
farlo tu, jo.”
“Non
sono bravo come te!”
“Non
importa, devi farlo tu!”
Lui
stende esitante le mani sopra di lei e qualche minuto dopo una Anne
completamente guarita si guarda attorno stupita.
Johnny
la abbraccia senza dire nulla e lei si lascia abbracciare per qualche
minuto,
poi si stacca gentilmente da lui e lo guarda.
“Tu
mi hai salvato la vita, perché l’hai
fatto?”
Johnny
tace un attimo, si asciuga le lacrime.
“Perché
ti amo.”
Le
sussurra piano.
“Mi
ami?”
Ti
amo anche io!”
Anne
gli butta le braccia al collo e lo bacia.
“Ti
ami anche se sono così?”
“Non
mi importa di come sei, ti amo comunque. Ti amerei anche se avessi tre
teste!”
A
questo punto io mi allontano, si stanno baciando e non voglio fare la
guardona,
anche se sono felice. Finalmente ce l’ha fatta a dichiararsi,
non importa che
Anne abbia dovuto rischiare la vita per far sì che accadesse.
In
realtà è importante, ma per ora lascio loro
questo momento, se lo meritano.
Dopo
un po’ mi raggiungono mano nella mano.
“Non
so cosa siate voi due, ma grazie.”
Io
sorrido ad Anne.
“Penso
che te lo spiegherà Johnny dopo, se non è troppo
timido.
E
comunque non devi ringraziare me, devi ringraziare lui.”
Anne
annuisce.
“Avete
visto qualcuno della macchina?”
Anne
scuote la testa.
“No,
ho visto solo un’ombra perché mi ha puntato i fari
in faccia.”
“Io
invece giurerei di aver visto Joel alla guida, se non fossi sicuro che
è
lontano qualche miglia.”
“Io
non metterei la mano sul fuoco che sia lontano da noi, ricordati che di
notte
lui sparisce e va non si sa dove.”
Lui
annuisce, io mi concentro e immediatamente la voce del soldato che ho
messo
alle calcagna di Joel si fa sentire.
-L’ho
perso, principessa. Appena fuori Las Vegas l’ho perso.-
-Capisco.
Potrebbe essere a San Diego?-
-Potrebbe.-
-Grazie,
sei stato prezioso.-
Io
esco da quella che immagino sembri una trance.
“Il
soldato che gli ho messo alle calcagna dice che l’ha perso
fuori Vegas e
potrebbe essere ovunque, San Diego inclusa.”
“Perché
uccidere, Anne?”
“Perché
lui non vuole che il segreto sia rivelato, lo sai.”
Lui
non dice niente, torna dentro con me e con Anne. Lei ha solamente i
capelli un
po’ in disordine e il vestito spiegazzato, ma con una sosta
ai bagni torna
tutto alla normalità.
Il
problema sarà dire a Mark cosa ha rischiato la sua
sorellina, temo non la
prenderà bene, come credo sia normale tra fratelli.
Ci
dirigiamo al tavolo e li troviamo tutti lì.
“Come
mai sei scappata via così prima?”
Mi
chiede Tom.
“Ho
sentito che Johnny era in pericolo, anche se in realtà non
era lui a esserlo,
ma Anne.”
Mark
sgrana gli occhi e impallidisce leggermente,
“Cosa
è successo a mia sorella?”
Noi
tre ci guardiamo negli occhi e poi Anne inizia a parlare.
“Beh,
sono uscita sul retro per fumarmi una sigaretta quando una macchina mi
è venuta
addosso e mi ha investito. Se ne è andata e non è
sceso nessuno, nemmeno a
controllare che fossi viva o morta, non ho fatto a prendere il numero
di targa.
Ero
quasi morta quando mi ha raggiunto Johnny, che non so come ha chiamato
Chia che
ha provato a guarirmi, ma non ci riusciva.”
La
faccia di Mark è più bianca di una tovaglia il
giorno di Pasqua e stringe con
troppa forza il boccale di birra, temo che lo farà andare in
pezzi da un
momento all’altro.
“E
poi?”
Chiede
con un filo di voce.
“E
poi, Mark, Chia ha detto a Johnny che era suo compito provare a
guarirmi e l’ha
fatto
Mi
ha rimesso a posto gli organi interni e le ossa, ha persino fatto
sparire il
sangue dai vestiti.”
Mark
tira un sospiro di sollievo e poi incurante di tutto abbraccia la
sorella.
Finito, torna a sedere con gli occhi leggermente lucidi.
“Ovviamente
è stato un attentato.”
La
voce di Johnny è poco più che un sussurro, ma fa
cadere una cappa di gelo sul
tavolo, la musica di sottofondo diventa distorta e le luci troppo
forti,
artificiali.
“Cosa
vuoi dire?”
“Che
Anne non è stata investita da un ubriaco, a giudicare da
ciò che ho visto
mentre l’ho guarita, l’ha presa in modo che lei
ricadesse sul cofano, per poi
farla cadere quando è ripartito. Ergo chiunque fosse sapeva
che aveva investito
una persona.”
“Poteva
essere un ubriaco.”
“Sarebbe
sceso a vedere cosa era successo, la persona che l’ha
investita è rimasta fredda
e indifferente. Sapeva cosa aveva fatto e perché.”
Mark
deglutisce.
“Chi
pensate che possa essere stato?"
“Quando
sono arrivato io, ho visto la macchina andarsene, aveva la targa
completamente
coperta da uno strato di fango, ma il profilo dell’uomo alla
guida somigliava a
quello di Joel.”
“Joel?!”
Il
tono di Anne è incredulo.
“Sì,
Joel. È uno di noi, ma odia gli umani, Tom, Izzie e Mark te
lo confermeranno.
Teoricamente
dovrebbe essere a Las Vegas, ma non si sa.
Chia
dice che non lo era, poi ti spiegherò in base a quale
criterio lo dice, Anne.”
Izzie
rabbrividisce.
“Ok,
è uno stronzo, ma uccidere Anne?”
“Isabel,
quel ragazzo ci nasconde qualcosa, qualcosa che nemmeno sua sorella sa.
Per
quel che ne sappiamo noi i punti che ci ha detto di distruggere sono
punti in
cui ci sono i nostri alleati.
Io
non mi fido di lui.”
Concludo,
mia sorella scuote la testa.
“Ma
perché andare contro la sua stessa gente?”
“Ho
una teoria a riguardo: quello non è il vero Joel,
è qualcuno che ha preso il
suo posto, approfittando del fatto che a volte chi torna da una
missione sotto
copertura torna strano.”
“Ne
hai parlato a Keisha?”
Io
scuoto la testa.
“Prima
voglio avere delle prove in mano o potrebbe semplicemente dire che mi
sono
inventata tutto perché io e Joel non andiamo
d’accordo.”
Rimangono
tutti in silenzio, poi Mark si alza.
“Non
so voi, ma a me è passata la voglia di festeggiare Halloween
e andrei a casa
con la mia ragazza, se a voi non fa niente.”
“Non
c’è nessuno problema, buonanotte, Mark.”
Lui
annuisce e ce la augura meccanicamente, poi esce con
l’andatura di un pugile
suonato seguito da mia sorella.
Poco
dopo se ne vanno Johnny e Anne, lui le dovrà spiegare molte
cose, ma sono certa
che lei le prenderà bene. il fatto che se ne siano andati mi
fa ben sperare.
Alla
fine rimaniamo solo io e Tom.
Usciamo
dal locale e andiamo alla spiaggia, trovato un piccolo spazio per noi,
stendiamo una coperta e ci mettiamo a guardare le stelle e la luna.
Potrei
stare così per sempre.
Perché
non posso stare così per sempre?
|
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Capitolo 17 *** 17)Costruzioni aliene. ***
17)Costruzioni aliene.
Il
giorno dopo è una magnifica giornata di sole.
Si
alza la temperatura e diventa mite, si può stare
tranquillamente in maglietta,
l’estate indiana è arrivata. I miei vanno al
cimitero, io invece ricevo un
invito da Tom per andare a San Francisco.
Ci
metto un po’ a strappare loro il permesso – anche
se ho diciotto anni e non ne
avrei bisogno – visto che sono molto attaccati alle
tradizioni.
Mi
piace molto andar per cimiteri, ma Tom è decisamente di
qualsiasi cimitero,
così giuro solennemente che domani andrò a
visitare la tomba dei nonni e
finiscono per lasciarmi andare.
Alle
due arriva a casa mia con un sorriso che va da un orecchio
all’altro.
“Pronta
per la gita?”
“Prontissima!”
Gli
urlo mostrandogli il mio cesto da picnic pieno di leccornie, facendolo
sorridere.
Lo
metto sul sedile posteriore e poi salgo sul sedile passeggeri accanto a
lui.
“Come
mai hai scelto questo giorno per una gita a Frisco?”
“Perché
è perché ero in gita lì quando mio
padre se ne è andato da casa e voglio provare a sostituire
un
brutto ricordo con uno bello.”
“È
una bella idea, complimenti!”
Lui
sorride.
Io
guardo il panorama che ci scorre accanto tranquillo, non
c’è molto traffico
sull’autostrada, solo un po’ quando arriviamo a Los
Angeles.
Tom
chiacchiera di alieni e di quello che ha letto su di noi, io sorrido
sorniona.
“Deve
essere strano per te stare con un’aliena.”
“No,
non molto finché non tira fuori una sonda da infilarmi su
per il culo.”
“TOM!”
Lui
ride.
“Scusa.
È più strano sapere che adesso sono mezzo alieno
anche io, comunque.
Adesso
posso modificare le cose e farle esplodere, ma non posso cambiare i
lineamenti
come voi.“
“Sei
bello così, non hai bisogno di cambiare.”
Un
secondo dopo arrossisco per aver detto una frase del genere,
è troppo smielata,
da ragazzina.
“Grazie,
tesoro.
Sapevo
di essere bello, ma è bello che qualcuno me lo confermi ogni
tanto.”
Mi
risponde, gonfiando il petto.
“Tom,
tu mi fai dire le peggio cose, mi fai sembrare una stupida ragazzina
innamorata.”
“Ma
è quello che sei, sei ancora una ragazzina (più o
meno) e sei innamorata, anche
io sono innamorato di te, non c’è niente di male.
Ti
concedo queste uscite!”
Io
arrossisco.
“Ok,
quanto manca a San Francisco?”
“Qualche
chilometro.”
“Come
mai hai scelto proprio Frisco?”
“Volevo
vedere il Golden Gate.”
“Capisco.”
Lui
rimane un attimo in silenzio.
“Mio
padre mi ci ha portato quando ero piccolo e mi è piaciuto
tanto. Abbiamo visto
il Golden Gate all’alba illuminato dai raggi dorati.
È stato bellissimo, una
delle cose più belle che abbia mai visto.”
“Capisco.
Beh, dai ci divertiremo!”
Gli
appoggio una mano su quella che ha abbandonato mollemente sul cambio.
Parliamo
di tutto e di più per un altro po’, ma non di ieri
sera. L’incidente ad Anne,
il salvataggio di Johnny e i nostri sospetti su Joel sono relegati in
un
angolo.
Non
vale la pena di rovinare una bella giornata per lui.
Arriviamo
all’uscita di San Francisco e Tom prende una strada costiera,
alla prima
piazzola ci fermiamo ad ammirare il maestoso ponte rosso.
Certo,
vederlo all’alba deve essere una figata assurda, ma anche
così non è male.
È
una linea rossa che unisce i due capi della baia e ogni tanto viene
intersecata
da qualche macchia bianca, barche o marrone, chiatte.
È
davvero uno spettacolo unico e affascinante.
Dopo
un po’ rientriamo e scendiamo verso la città. Tom
parcheggia in centro e ci
facciamo un giro tra i negozi, divertendoci a trovare quelli adatti a
due come
noi. Lui alla fine finisce per comprarsi una maglietta arancione della
Hurley
che gli sta da dio e io mi compro un vestitino nero stretto in vita che
poi si
allarga in tante balze di pizzo in un negozio che vede roba goth.
Dopo
ci fermiamo in un Mac Donald, siamo entrambi affamati e ordiniamo un
menù
sostanzioso.
“Cavolo,
ci voleva una pausa!”
“Per
il tuo stomaco, sì!
Consumi
molto.”
“Ogni
tanto potresti darmi una mano a consumare.”
Io
guardo per un attimo oltre Tom, verso la baia e poi gli sorrido.
“Magari
qualche volta sì, se non ci si mettono di mezzo altri
problemi.”
Lui
mi guarda malizioso, forse sta pensando a quando potremmo farlo e dove
e come.
All’improvviso
arrossisco, lui è un esperto di queste cose, io una
novellina. Farò di sicuro
una figura di merda.
“Come
mai sei diventata rossa all’improvviso.”
“C’è
che tu sarai bravo in queste cose, visto che hai fatto un sacco di
esperienza e
io sembrerò una scema.”
Lui
mi guarda con un tenerezza che non gli ho mai visto e poi stringe una
delle mie
mani tra le sue.
“No,
sarà bello che io sia il primo per te.
Mi
piace.”
Io
arrossisco ancora di più e abbasso gli occhi.
“Fidati,
sarà bellissimo e tu ti dimenticherai di queste
paranoie.”
“Lo
spero, spero di non deluderti.”
Lui
ride.
“Di
solito sono i maschi che dicono questo, insomma, sai..
Il
nostro amichetto che non si alza, che siamo bruti, cose
così.”
“Oh.”
“Sei
tenerissima.”
“Spero
non ti venga in mente di mangiarmi!”
Cerco
di svicolare con l’ironia e sembra che ce la faccia.
“No,
sono pieno dopo questo spuntino.”
Paghiamo
e usciamo, poi ci dirigiamo alla baia e percorriamo la marina mano
nella mano.
Il clima è ventoso e si sono le grida stridule dei gabbiani,
ho paura che ci
usino come water, ma per il resto è fantastico.
Ogni
tanto ci baciamo e ogni tanto ci fermiamo abbracciati a guardare il
mare e la
barche che corrono veloci.
Questo
è decisamente meglio di Las Vegas, centomila volte meglio.
Adoro questi piccoli
momenti di intimità con Tom e non il dovermi preparare per
una missione di cui
fondamentalmente non me ne frega nulla.
Sì,
ho recuperato i miei ricordi e so perché sono qui e cosa
significa il tatuaggio
sulla mia schiena.
So
tutto quello che volevo sapere un anno fa, ma nemmeno un grammo della
mia
rabbia se ne è andato, anzi è aumentata se
possibile.
Ci
hanno scaricato qui, su un pianeta sconosciuto, senza dirci
perché, senza darci
strumenti per sopravvivere affidandosi solo al caso e poi se ne tornano
dicendo
che DOBBIAMO fare una missione per conto loro.
Lo
so che è un discorso che ho fatto tante volte e so che
è astioso e dimentica
sempre la parte in cui Keisha ci ha detto che i nostri nemici vogliono
invaderci la Terra, ma non posso fare a meno di essere arrabbiata e di
sentirmi
usata.
Forse
lassù ero dotata di alti sentimenti e ideali, ma qui sono
fuggiti tutti nel
momento in cui ho capito che –
a parte
John – potevo contare solo su me stessa e che dovevo
sopravvivere e nascondere
a tutti i costi quello che ero per
non diventare l’oggetto di ricerca di qualche scienziato.
Solo
recentemente ho trovato qualcuno di cui fidarmi, ma le vecchie
abitudini sono
dure a morire e il risentimento può rimanere eterno a volte.
“Stai
pensando a loro, vero?”
La
domanda di Tom mi spiazza.
“Sì.”
“E
sei ancora arrabbiata.”
“Come
fai a capirlo?”
Lui
alza le spalle.
“Ogni
tanto ti estranei dal mondo, a volte chiudi gli occhi, volte sono
aperti e ti
si legge in faccia che pensi a loro e che sei arrabbiata.”
“Sì,
sono arrabbiata e mi sento usata. Nel momento in cui eravamo
più in merda, in
cui avevamo bisogno di una figura di riferimento come l’acqua
un assetato non
c’era nessuno.
Il
deserto.
C’eravamo
solo io e Johnny e dovevamo sostenerci a vicenda, imparare insieme come
nasconderci e cose così. Ora che ce la sappiamo cavare e che
una figura di
riferimento è inutile ne arrivano due e con ordini
precisi.”
“Capisco.”
Io
sospiro.
“Tutto
ciò comunque non importa, alla fine faremo quello che
vogliono loro e il gioco
sarà finito.”
“Non
ti viene mai la voglia di tornare lassù?”
Mi
sussurra in un orecchio.
“No,
tutto quello che conta per me è qui.”
Tom
non dice niente, ma mi abbraccia più forte.
“Andiamo,
riprendiamo la camminata.”
Percorriamo
un altro tratto della marina fino ad arrivare quasi al porto,
lì ci fermiamo a
osservare le evoluzioni di alcuni skater, Tom accanto a me freme.
Vorrebbe
tanto avere con sé la sua tavola e unirsi a loro, ma non
può.
“Che
bravi che sono, cazzo!
La
prossima volta mi porto lo skate, giuro!”
“Anche
ti sei bravo.”
“Il
tuo giudizio non vale, sei la mia ragazza!”
Io
sbuffo.
La
gita a San Francisco è stata fantastica, ora siamo sulla
strada per il ritorno,
stiamo facendo la costiera.
Tom
all’improvviso si ferma in una piazzola.
“Cosa
c’è?”
“Ti
va di esplorare questa parte di bosco?”
“Perché?”
Gli
chiedo curiosa, questo posto mi sembra un banalissimo angolo di
California.
“Ho
sentito dire che qui da qualche parte è caduto
qualcosa.”
Io
sospiro e annuisco, lo seguo solo per assecondarlo, ma non appena metto
piede
nella boscaglia una vibrazione mi mette in guardia. Probabilmente non
è caduto
niente, ma qualcosa c’è in questo bosco, qualcosa
di non umano.
Camminiamo
fino ad arrivare in una radura nel più completo silenzio,
questa cosa non mi
piace, è innaturale.
Afferro
Tom per un polso.
“Tom,
qui c’è qualcosa di strano.”
Lui
si guarda intorno.
“Beh,
gli alberi ci sono, erba e foglie pure. Cosa c’è
di strano?”
“Concentrati
meglio.”
Lui
strizza gli occhi e sforza la bocca in una posa buffissima, poi
finalmente li
riapre.
“C’è
troppo silenzio.”
“Esatto,
Tom. Siamo in un bosco e non si sentono insetti, uccellini, qualsiasi
traccia
animale.”
Lui
mi guarda.
“Tu
percepisci qualcosa, vero?”
“Sì,
percepisco qualcosa. Non è pericoloso ora, perché
sta dormendo, ma c’è e non è
umano.”
“Dobbiamo
capire cos’è.”
Io
guardo le punte dei miei anfibi, soppesando i pro e i contro.
-Principessa,
potrebbe essere una delle basi dei nostri nemici.-
-Allora
non possiamo avvicinarci o ci scopriranno .-
-Possiamo
coprirvi noi in modo che la vostra aura si nasconda.-
-Va
bene.-
“Sì,
hai ragione. Andiamo, ma facciamo piano.
Io
mi avvio seguendo la direzione della vibrazione, Tom è
dietro di me, mano a
mano che ci avviamo verso il folto del bosco diventa più
forte come un
campanello di allarme.
Avanziamo
un altro po’, poi io stendo un braccio per fermare Tom: siamo
davanti a uno
spettacolo a dir poco incredibile.
Un
sacco di bozzoli bianchi sono contenuti in una specie di casa di
cristallo e
sono sorvegliati da qualcosa. Questo è uno dei covi dei
nostri nemici, uno di
quelli che dobbiamo distruggere e Joel non ne ma mai parlato. Ha sempre
detto
che quello più vicino era a Las Vegas, tutto questo non mi
piace.
Spiamo
un altro po’, l’accampamento è vasto e
sembra contenga parecchi bozzoli, poi
cautamente ce ne andiamo e ripercorriamo a ritroso il sentiero con il
cuore che
batte a mille.
Spero
che non ci abbia visto nessuno o rischiamo di fare una brutta fine,
quel covo è
un segreto e noi l’abbiamo scoperto.
Non
appena saliamo in macchina Tom parte sgommando, al primo incrocio
svolta verso
l’autostrada, abbandonando la costiera.
Sembra
spaventato anche lui.
“Ora
sai contro cosa dobbiamo combattere.”
Mormoro
con un filo di voce.
“Non
sono tanto i bozzoli a preoccuparmi, ma chi li sorveglia.
Quel
bastardo di Joel direbbe che sono solo una feccia, ma persino una
feccia come
me ha sentito cosa sta proteggendo quei bozzoli.”
“Dobbiamo
tornare qui con gli altri prima che si schiudano.”
Lui
annuisce solo, concentrato com’è sulla guida della
macchina.
Quando
ci siamo di mezzo noi alieni anche la minima cosa diventa complicata.
Anche
una semplice gita diventa qualcosa di spaventoso, quei bozzoli e i loro
protettori hanno profondamente turbato me e Tom, adesso ha capito che
l’ufologia non è più solo un hobby
simpatico. Qualche volta può assumere i toni
dell’incubo e del
terribile.
Arriviamo
a Poway con la consapevolezza che dovremo a tutti quello che abbiamo
scoperto,
sono curiosa di sentire cosa dirà Joel, probabilmente una
bugia.
Tom
mi lascia fuori da casa mia.
“Buonanotte,
Chia.”
“
‘Notte, Tom.”
Entro
in casa e trovo la mia famiglia a casa in salotto.
“Ciao,
tesoro.
Usciamo
a mangiare, vieni con noi?”
“Certo,
mi fa piacere.
Mi
faccio una doccia e sono dei vostri.”
Dico
sorridente, mamma annuisce.
Salgo
al piano superiore e mi libero con gioia dei vestiti, mi butto sotto la
doccia,
cercando di far scorrere via anche tutti i cattivi pensieri del giorno,
anche
se temo che quella costruzione me la sognerò fino al giorno
della mia morte.
Finita
la doccia, butto da lavare quello che indossavo e metto il vestito che
ho preso
a San Francisco, calze e anfibi, mi trucco, prendo la giacca di pelle e
la
borsa e poi scendo.
“Che
bel vestito!”
“Grazie,
mamma. Scusate se vi ho fatto aspettare.”
“Non
fa niente. Adesso andiamo “Da Vito”.”
Io
quasi mi metto a saltare dalla gioia, amo quel ristorante, fa delle
pizze
meravigliose.
Riesco
a mantenere il mio buonumore per tutta la cena, racconto di San
Francisco, dei
negozi e delle persone e tralascio volutamente quello che è
successo nel bosco.
Quello
lo racconterò domani, ma mia sorella sembra intuire qualcosa
perché mi lancia
un’occhiata interrogativa, io le faccio
un’impercettibile segno che glielo dirò
dopo.
Torniamo
a cena verso le dieci, io e Izzie saliamo subito in camera.
“Allora,
cosa non hai detto a mamma e papà?”
“Una
cosa che racconterò domani a tutti e che è molto
importante.”
“Non
posso avere un’anticipazione?”
Io
scuoto la testa.
“Mi
spiace, devi aspettare domani come gli altri.”
Lei
sbuffa.
“Ma
sono tua sorella!”
“Lo
so e ti voglio bene, ma credimi non è una cazzata e devono
saperla tutti e non
uno alla volta.”
“Va
bene.”
Sospira lei.
“Me
lo dirai domani.”
“Sì
e scusami.”
“Non
fa niente, lo so che lo fai per dei buoni motivi.”
Io
annuisco e lei esce dalla stanza.
Non
appena esce mi guardo allo specchio, ho gli occhi tristi, ho di nuovo
gli occhi
che avevo all’istituto. Sto tornando a essere quella bambina
fragile e
spaventata che non sapeva come vivere in un mondo così
grande e così pauroso da
sola.
Ripenso
a quello che ho sentito nel bosco e mi sale la pelle d’oca,
ho sentito odio e
volontà d’uccidere, ho sentito l’odore
dei nostri nemici.
Pensavo che non l’avrei sentito mai più,
non pensavo che quel piccolo pulsante che mi
ricorda le tante battaglie che ho compiuto sul mio pianeta
d’origine sarebbe
scattato di nuovo.
Mi
metto in pigiama e mi stendo sul letto, cado immediatamente
addormentata.
{“Principessa,
ci hanno attaccato da ovest!”
Esco
precipitosamente dalla tenda, corro in mezzo alle macerie della nostra
roccaforte. Un tempo era una città maestosa ed elegante, ora
è solo un cumulo
di macerie.
Più
mi avvicino e più lo sento, sento l’odio degli
Swaahn incombere. Ci odiano da
generazione, probabilmente da quando Naftva è nato.
Senza
pensarci estraggo la mia collana e chiamo
i miei soldati a raccolta, urlando loro di precedermi a ovest. Io
arrivo
poco dopo e noto una carneficina, ma almeno i miei soldati stanno
respingendo
il nemico fuori dalle fortificazioni.
Qualcuno
le sta già ricostruendo e io mi butto nella mischia cercando
di far fuori più
nemici possibile, li odio. Li odio perché mi hanno tolto la
mia famiglia e la
mia infanzia.
Sulle
barricate vedo mio fratello che grida ordini per ricostruirle, io lo
saluto con
un cenno che lui ricambia.
Continuo
a combattere fino quasi a esaurire le forze, la parte metallica della
mia falce
è sporca di sangue, ma voglio continuare. Mi fermo solo
quando mio fratello mi
fa cenno di tornare, con una punta di dispiacere mi allontano e torno
dentro le
nostre mura, io e i mie soldati diamo una mano a ricostruirlo.
Finito
sembra non sia successo nulla, ma qualcosa è successo.
Si
sono aggiunte altre macerie, ci sono i cadaveri da seppellire. Aiuto
una
squadra ad estrarre uno dei morti e mi accorgo con orrore che lo
conosco.
E'
Kin, il cugino di Keisha. Ci ho giocato insieme un sacco di volte da
bambina,
si era appena sposato e sua moglie è incinta. Non meritava
di morire.
Penso
a quella creatura che non conoscerà mai suo padre e mi si
stringe il cuore, non
dovrebbero succedere queste cose.
Loro
dovrebbero smettere di farci la guerra.
Aiuto
a estrarre un ferito.
“Principessa!”
Rantola
non appena mi vede, io guardo gli altri e dalle loro facce capisco che
nemmeno
questo ragazzo si salverà. Ha i capelli biondi sporchi di
sangue e non sembra
avere più di quattordici anni.
“Sì.”
“Principessa,
mi chiamo Kal. Dica a mia madre Anja che ho combattuto per il pianeta e
per la
mia sorellina Ami. Dia un bacio a mia sorella da parte mia.”
Un
ultimo spasimo, un rantolo terribile e la sua vita è finita,
gli occhi guardano
il cielo viola che precede il tramonto senza vederlo.
Un’altra
vita spezzata senza ragione e poi ci chiedono perché odiamo
gli Swaahn.
Mio
fratello mi raggiunge, è una spanna più alto di
me, ha la barba lunga, qualche
ferita sul volto e i lunghi capelli blu raccolti in una coda.
“Ti
sembra giusto?
Aveva
solo quattordici anni.”
“No,
non è giusto. Ma lo senti il loro odio?
Lo
senti?”
Io
annuisco.
“È
per questo che lottiamo, per far sì che non ci faccia
più del male.
La
guerra è ingiusta, ma spesso è l’unico
modo di risolvere i problemi.”
Io
sospiro, guardo la macerie e i corpi e mi chiedo se sia davvero
così. }
La
mattina dopo mi sveglio sudata e negli occhi ho lo spettro di quelle
immagini
terribili e l’odore dell’odio.
Perché
ci hanno seguito anche qui?
Mi
alzo e vedo sorgere l’alba, un’alba fredda e
pallida.
No,
non sarà un buon giorno.
|
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Capitolo 18 *** 18)Qualcuno ha dei segreti. ***
18)Qualcuno ha dei segreti.
Stamattina
mi sono alzata per vedere involontariamente l’alba.
Speravo
che uno degli spettacoli naturali della Terra mi calmasse e cancellasse
un po’
delle immagini di morte dei miei incubi, ma è stato tutto
inutile.
Kin,
Kal, la madre e la sorellina del ragazzino che poi ho visitato in
seguito non
se ne vanno.
Alla
fine mi sono rassegnata a non dormire e ora che suona la sveglia sembro
uno
spettro: sono pallida, ho due brutte occhiaie e lo sguardo spento.
Se
ne accorge persino mia madre, nonostante l’uso abbondante del
correttore che ho
fatto.
“Chia,
stai bene?
Hai
un’aria malaticcia.”
Mi
chiede a colazione, io sorrido.
“Sì,
è solo un periodo un po’ così. Faccio
fatica a dormire, forse è lo stress di
ripetere l’anno.”
Lei
annuisce comprensiva.
“Dopo
il lavoro andrò in erboristeria e ti prenderò
quelle gocce che prendevi da
piccola, ti calmavano.”
Sì,
la valeriana mi ha sempre calmato e forse avere un sonno rilassato mi
aiuterà a
non impazzire.
Finita
la colazione io e mia sorella andiamo a scuola, l’alba
pallida è diventata una
giornata piovosa, odio la pioggia: in California sembra fuori posto.
Parcheggio
con l’umore sottoterra, pensando a cosa dovrò dire
oggi ai ragazzi, Anne – che
incontriamo all’ingresso – invece sprizza gioia da
tutti i pori.
Deduco
che finalmente Johnny si sia aperto con lui.
“Ehi,
che allegria!”
Le
dico.
“Puoi
giurarci! Johnny mi ha raccontato tutto, mi ama, capisci?”
Io
sorrido.
“Certo
che capisco, sono mesi che lo sto spronando a farsi avanti!
Ti
ha detto anche cosa siamo?”
Chiedo
a voce più bassa.
“Sì,
ma non mi fa paura.
Mi
ha anche detto che potrei iniziare a sviluppare qualche…
abilità particolare.”
“Sì,
potresti. Sappi che
noi ti aiuteremo.”
“Grazie.
Cioè, suona stranissimo, ma grazie.
Sono
finalmente di Johnny Mayer! Ce l’ho fatta!”
“Sono
felice per te!”
Una
voce fredda e ironica si inserisce – non voluta – nella conversazione: Joel.
“Davvero?
Pensavo
esattamente il contrario, a volte si sbaglia.”
Dico
tagliente.
“Sì,
si sbaglia.
Si
sbaglia troppo, si sbaglia per orgoglio. Non venire con noi
è stato uno
sbaglio.”
“Sento
odore di minaccia, o sbaglio?”
“Non
oserei mai, principessa.”
Se
ne va lasciandomi ancora più nervosa di prima.
“Io
lo ammazzo quello.”
Dico
furiosa, tirando un calcio al muro e beccandomi un rimprovero da un
insegnante
random. Bell’inizio di settimana! Perché non
annunciarmi che d’ora in poi dovrò
vivere solo con Joel?
Ma
che cazzo!
Mia
sorella mi appoggia una mano sulla spalla.
“Stai
calma.”
“No,
non sto calma.
Non
riusciresti a starci nemmeno tu se sapessi quello che so io.”
Sibilo
incazzata.
Lei
non dice nulla e mi lascia bollire nel mio brodo, così vado
a spagnolo
masticando amaro e non vedendo l’ora che si vada a mensa.
La
mattina è lunga e noiosa, cerco di non distrarmi –
se perdo anche quest’anno i
miei mi uccidono – ma la tentazione è forte.
Accolgo
con autentico sollievo il suono della campanella che annuncia il pranzo
e vado
a mensa, ritrovandomi in coda con mia sorella e il mio ragazzo, dietro
di noi
ci sono Keisha e Joel che parlottano tra di loro.
Ricevuto
il rancio ci sediamo al nostro solito tavolo in un silenzio carico di
tensione.
“Allora
com’è andata a Las Vegas?”
“Un
disastro.”
Sussurra
Keisha.
“Erano
dei nostri, non dei loro. Non capisco come abbia fatto Joel a
sbagliarsi.”
“Io
invece ho delle notizie per voi, ci vediamo alla casa nel deserto oggi
pomeriggio.”
Lei
mi guarda sorpresa, ma poi riprende a mangiare.
Non
sono affatto stupita che Joel si sia sbagliato e nella mia testa prende
corpo
l’idea che lui l’abbia fatto apposta e che non sia
dalla nostra parte.
-È
molto strano che si sia sbagliato, lui era il migliore in queste cose e
poi
LORO hanno un’aura inconfondibile. Non si è
sbagliato, non ha voluto trovarli.
La cosa ha parecchio più senso così, ma non posso
dirlo a Keisha, è ovvio che
lei creda al fratello.-
Nessuno
apre più bocca e io – senza farmi sgamare
– analizzo le espressioni degli
altri, Tom escluso: Isabel è curiosa, Keisha è
pensierosa, Joel è una maschera
d’ira.
Questo
mi fa sorridere in un certo modo, perché probabilmente
nasconde qualcosa e
qualcosa di non buono a giudicare dalla faccia.
Matematica
l’ho in comune con Tom, così quando ci avviamo
verso l’aula mano nella mano lui
mi dice che l’espressione di Joel era strana.
“Puoi
giurarci che era strana,ci sta nascondendo qualcosa e ha paura che ci
stiamo
arrivando. Non gli piacerà per niente il fatto che abbiamo
trovato un vero
rifugio.”
“Penso
che tu abbia ragione, il ragazzo è quantomeno
sospetto.”
“Tra
l’altro non riesco a leggere nella sua mente, con Keisha con
un po’ di impegno
ci riesco, lui è impermeabile. Quasi come se
fosse… non è possibile.”
“Uno
dei nostri nemici.”
Abbasso
ulteriormente la voce.
“Uno
degli abitanti delle lune, è impossibile leggere nelle loro
menti. I loro
pensieri viaggiano su frequenze irraggiungibili per noi.”
“Uhm,
davvero?”
“Oh,
sì! È per questo che l’altra fazione li
vuole, per l’effetto sorpresa. Non
siamo in grado di rintracciarli.”
“Capisco.”
È
abbastanza difficile concentrarsi sulla matematica quando hai un dubbio
come il
mio che ti gira per la testa, il resto delle cose sembra privo di
senso. Ha
qualche importanza come si studia una funzione se sai che
c’è un potenziale e
pericoloso nemico in giro?
No,
non ne ha nessuna, ma non puoi dirlo alla tua professoressa se non vuoi
passare
per matta.
Con
un sospiro interrompo il disegno di spirali che stavo facendo e cerco
di
tornare a concentrarmi su quello che la prof sta dicendo.
Spero
che presto arrivino le tre così posso raccontare a tutti
quello che è successo.
Le
tre sono finalmente arrivati e siamo tutti riunito nel parcheggio,
anche Mark che
si è preso un permesso per venire da San Diego.
Joel
lo guarda come si può guardare qualcosa di estremamente
schifoso e non riserva
sguardi migliori a mia sorella o a Anne e Tom che sono mezzi alieni.
“Avanti,
andiamo ora che il circo si è riunito.”
Io
entro in macchina sospirando e pensando che di base – amico o
traditore –
rimane una testa di cazzo egocentrica e insopportabile.
Raggiungiamo
la casa nel deserto
e chi può si siede
sul divano e il resto sul logoro, ma comodo, tappeto.
“Allora,
come ve la siete cavata a Las Vegas?”
Chiedo
io, Joel non risponde – per lui è come se non
avessi parlato – lo fa Keisha al
suo posto.
“Un
vero disastro, non erano nostri nemici, ma delle truppe dei nostri
mandate qui
in caso di bisogno. Nel caso in cui l’esercito sarebbe
rimasto senza uomini
lassù li avrebbero richiamati sul nostro pianeta.”
“Capisco.”
“Non
so come abbia fatto Joel a sbagliare.”
Io
una mezza idea ce l’ho, temo l’abbia fatto a posta.
“Voi
cosa ci dovete raccontare?”
Chiede
Keisha, visibilmente curiosa.
“Siamo
stati a San Francisco ieri e sulla strada del ritorno abbiamo scoperto
una cosa
abbastanza importante: un rifugio di Swaahn.”
Gli
spieghiamo dove l’abbiamo visto e sono tutti sorpresi.
“Non
può essere.”
“Lo
è. Joel, lo so che pensi che io sia diventata una
rincoglionita, ma so ancora
distinguere un rifugio Swaaahn se ne vedo uno.”
“Com’era?”
Il
tono di Keisha è serio.
“Ci
sono molto bozzoli protetti da una struttura da quello che sembra
vetro, ma che
può essere benissimo qualcosa di molto più
resistente. Il posto è sorvegliato,
sia io che Tom abbiamo sentito auree, direi che le guardie sono almeno
due
molto potenti.”
“Vi
hanno visto?”
“No
o non saremmo qui a raccontarvelo.”
“Dobbiamo
distruggerli.”
“E
se la puttana si sbagliasse? E se ci avesse tradito?
Ora
sta con la feccia umana.”
“Joel,
hai rotto i coglioni!”
Urliamo
in coro io e Keisha e il ragazzo si alza in volo e viene violentemente
espulso
dalla stanza.
“Io
non so cosa fare con lui!
Non
lo riconosco più, sembra quasi che non sia mio
fratello!”
Esclama
frustrata l’aliena guardando verso la porta, poi torna a
dirigere il suo
sguardo su di noi.
“Ovviamente
hai ragione: quel posto va distrutto, non dubito della tua
capacità di
riconoscere i loro rifugi.
Dobbiamo
solo organizzarci, loro due.”
Indica
Anne e Tom.
“Devono
esercitarsi ancora un po’ se vogliono esserci
d’aiuto. In quanto a Isabel e
Mark ora come ora possono solo farci da palo.”
“Farvi
da palo?”
Chiedono
senza capire.
“Uno
si piazza sulla strada o meglio alla piazzola e allontana in qualche
modo chi
si vuole fermare e l’altra in un punto del bosco che
studieremo per tenere
lontani eventuali escursionisti, sarà un lavoro duro da fare.
Le
guardie sono forti e dovremo impegnarci al massimo tutti, ognuno come
può.”
Annuiamo
tutti.
“Per
questo motivo ora noi scendiamo ad allenarci, in quanto a
voi…”
Indica
Mark e Isabel studierete le mappe della zona e cercherete di capire da
che
parte possano venire eventuali escursionisti.
Isabel
, tu hai capito come funziona la colonna, vero?”
Mia
sorella annuisce e si mette subito al lavoro, io e gli altri scendiamo
al piano
di sotto seguendo Keisha.
Questa
volta ci fa lavorare come dannati, alla fine della lezione sono senza
una
goccia di energia, ma se mi devo scontrare con gente così
pericolosa è meglio
che mi prepari a dovere.
Il
problema è che non mi reggo nemmeno più in piede
e tocca a Tom prendermi in
braccio e portarmi di sopra.
“Forse
ho esagerato.”
Si
scusa Keisha, Johnny invece si dirige verso il frigorifero, tira fuori
un’arancia e fa una spremuta bella zuccherata che mi porge.
“Questa
ti dovrebbe essere d’aiuto, Chia.”
“Grazie,
Jo!”
Esclamo
bevendola tutta d’un fiato. In effetti qualche minuto dopo
sono in grado di
reggermi sulle mie gambe.
Tom
mi aiuta lo stesso a uscire e accolgo con piacere l’aria
fresca del deserto,
tra un’ora qui farà freddo, adesso però
si sta bene.
“Ci
vediamo qui domani, alla solita ora.”
Io
annuisco, pensando con una punta di paura ai compiti che mi aspettano a
casa,
un po’ invidio Johnny che almeno non li deve fare e non
limiti di alcun genere
né obblighi.
Deve
essere la stanchezza che mi fa parlare.
“Sei
sicura di stare bene?”
Mi
chiede Tom, passandomi un braccio attorno alle spalle per sostenermi.
“Sono
solo stanca, per me è difficile imparare di nuovo a usare
queste cose, ma ce la
devo fare. Te lo ricordi cosa abbiamo sentito?
Non
deve espandersi sulla Terra.”
Lui
annuisce e mi lascia solo quando siamo arrivate alla macchina,Isabel
è
ovviamente alla guida e poco veniamo raggiunti da Johnny. Il signorino
prima
stava parlando e sbaciucchiando Anne, sono felice che finalmente si
siano
chiariti, anche se non mi sono piaciute le condizioni in cui
è successo.
“Johnny,
sono felice di vederti finalmente con Anne!”
“Mh,
lo sapevo. Dopo tutte le volte che mi hai detto di chiarire con
lei.”
“Sei
felice di aver chiarito?”
Lui
sorride.
“Sì,
sono felice. Anne è una ragazza magnifica, dice che non le
importa nulla del
mio passato, della mia reputazione, di quello che sono.”
“E
allora non lasciartela scappare.”
“Puoi
giurarci e la proteggerò a costo della mia vita, lei non
deve essere fare le
spese del mio essere alieno.”
“Andrà
bene, Johnny.”
Gli
dico sorridendo e soffocando uno sbadiglio.
“Stanca,
vero?”
Io
annuisco.
“Se
non ci fosse Tom accanto a me o Isabel o te o Mark non saprei come fare
ad
andare avanti, questi allenamenti sono massacranti.”
“Prima
li eliminiamo, prima finiamo.”
“Giusto.”
Arriviamo
a casa di Johnny e lui scende, ci saluta sorridendo, cosa che sorprende
Isabel.
“Wow,
Anne l’ha proprio cambiato. Johnny sta sorridendo!”
Io
scoppio a ridere.
“Sì,
l’ha cambiato!”
Arriviamo
a casa giusto poco prima di cena, mangiamo le polpette di mamma e poi
io mi
metto a fare i compiti, che sono all’incirca una pila immensa.
A
mezzanotte si è notevolmente ridotta, ma io sono troppo
stanca per andare
avanti, cercherò di farli domani durante le ore buche.
Mi
faccio una doccia veloce e mi metto in pigiama – una
maglietta lunga e larga
dei Sex Pistols – quando sento un rumore proveniente dalla
finestra, come di
sassolini tirati.
Mi
affaccio e nel prato di casa mia c’è Tom.
Lo
guardo sorpresa arrampicarsi sulla quercia che c’è
davanti alla finestra della
mia camera e poi saltare nella mia stanza.
“Ciao,
cosa ci fai qui?”
Lui
mi guarda.
“Mi
piace il tuo pigiama, comunque sono qui per stare un po’ con
te, mi sembravi un
po’ triste quando ci siamo lasciati.”
Io
sorrido.
“Ero
e sono stanca.”
“Mettiti
a letto.”
Lo
faccio e poi – con una punta di imbarazzo – lo vedo
togliersi pantaloni,
calzini e scarpe e raggiungermi.
Immediatamente
sono attirata nel suo abbraccio caldo e confortevole.
“Se
ti vedono i miei sei morto.”
“Rimarrò
con te solo fino quando ti sei addormentata, ti canterò la
ninna nanna.”
“Sei
un pazzo, ma ti adoro.”
Rispondo
insonnolita, stare tra le sue braccia mi fa scivolare via tutta la
tensione e
la stanchezza.
“Con
Joel in giro è pericoloso che tu sia venuto qui.”
“Non
ti preoccupare, ce la farò a tornare a casa mi sano e
salvo.”
“Uhm.”
Lui
inizia a canticchiare l’inizio di una canzone che si chiama
“Carousel”, io
sento di scivolare lentamente nel mondo dei sogni.
“Tom.”
Lo
chiamo, mentre sono ancora cosciente.
“Ti
amo.”
“Ti
amo, anche io.”
Mi
risponde, dandomi un bacio sulle tempie.
Sorridendo
come una scema mi addormento.
La
mattina dopo sul comodino c’è un biglietto
ripiegato in quattro e riconosco la
grafia di Tom.
“Ciao,
piccola.
Ti
sei addormentata subito, dovevi essere proprio stanca.
Sono
rimasto un po’ a guardarti: sei bellissima e terribile. Mi
fai persino scrivere
diabetici bigliettini d’amore.
Spero
che tu non abbia avuto gli incubi dopo che me ne sono andato.
Ben
svegliata.
Ti
amo.
Tom.”
Sorrido
e lo infilo nel portafoglio, voglio rileggermelo durante la giornata,
casomai
mi sentissi giù di morale o sola. Mi faccio la doccia e vado
a scuola con mia
sorella di buon umore, era da un po’ che
non mi succedeva. Tom ci aspetta come
al solito nel parcheggio, io scendo e lo abbraccio, tenendo a lungo la
mia
testa nascosta nell’incavo del suo collo.
Mi
stacco solo per sussurrare una cosa al suo orecchio.
“Grazie
per il bigliettino, è stato molto romantico. Non ti
preoccupare, non lo dirò a
nessuno, sarà il nostro piccolo segreto.”
Lui
sorride e mano nella mano ci avviamo verso il liceo.
“A
proposito, sabato ho la casa libera. Mamma e Kari sono a Los Angeles a
trovare
una mia zia che mi odia, verresti da me?”
Io
rimango in silenzio, so benissimo cosa implica la domanda: sesso.
Probabilmente
sbaglio i termini della questione, non
è
solo sesso per Tom, forse il suo è finalmente il desiderio
di fare l’amore con
qualcuno, che è diverso dalla semplice scopata.
Questa
volta fa sul serio ed è disposto ad aspettare, io non so
cosa fare; da una
parte ho paura che poi lui sparisca, dall’altra mi dico che
se dovesse andare male
con i tizi che stiamo per affrontare morirei vergine e mi scoccerebbe,
visto
che ho un ragazzo che amo.
Cosa
faccio?
“Va
bene, vengo.”
La
mia bocca ha risposto da sola, senza nemmeno chiedere permesso al
cervello e
tagliando la testa al toro.
“Ok.”
“Devo
portare una pizza? Cibo cinese? Messicano?”
“No,
cucino io!”
Io
mi blocco al corridoio come se qualcuno mi avesse fulminato, poi alzo
un dito
tremante e lo punto verso Tom.
“Tu
cucinerai?”
“Sì.”
Alza
le spalle tranquillo, io sono sconvolta, vale la pena di andare da lui
domenica
solo per vedere cosa avrà preparato.
“Beh,
come mai quella faccia?”
Mi
chiede prima di entrare in classe.
“Beh,
tu che cucini è un evento.”
Lui
ride come un matto.
“Domenica
rimarrai stupita, te lo assicuro.
Le
risorse di Thomas Matthew DeLonge sono
infinite.”
Io
lo guardo sempre più sconvolta e se qualcuno una decisa e
poco caritatevole
spinta sarei rimasta per sempre a occupare il vano della porta.
Tom
DeLonge che cucina per me?
Okay,
è il mio ragazzo, ma non pensavo fosse il tipo. Mi fa
piacere, ma allo stesso
tempo è stranissimo, come se un unicorno fosse apparso sulla
cattedra.
In
ogni caso mi siedo nel posto accanto al suo e lo studio: è
tranquillo e sereno,
scarabocchia il suo blocco.
Chi
lo capisce è bravo.
In
ogni caso non vedo l’ora che sia domenica per provare la sua
cucina.
Chissà
che razza di sorpresa riceverò.
Angolo
di Layla.
Sono
piuttosto scettica se continuare o meno questa storia vista l'assenza
di recensioni. Penso che la metterò in pausa se qualcuno non
rescensisce.
Scusate
lo sfogo.
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Capitolo 19 *** 19)Pupazzi di neve. ***
19)Pupazzi di neve.
Sabato
arriva fin troppo presto per i miei gusti.
Sono
molto curiosa di vedere cosa combinerà, allo stesso tempo
dovrò fare un certo
discorso imbarazzante con mia madre.
Decido
di affrontarlo subito dopo pranzo, via il dente, via il dolore.
“Mamma,
posso parlarti?”
“Certo,
tesoro.”
“Forse
è meglio che andiamo in camera mia.”
Lei
annuisce e trotta dietro di me, che sono sulle spine e sudo freddo,
nonostante
sia maggiorenne.
“Dimmi,
cara.”
Io
mi siedo sul letto.
“Mamma,
senti non è un discorso facile da fare per una figlia, ma
devo farlo.
Stasera
Tom mi ha invitata da lui e rimarrò anche a dormire e sai
cosa significa
questo. Volevo che lo sapessi e che sapessi che ci comporteremo in modo
responsabile.”
Lei
sospira.
“Non
è facile nemmeno per una madre, sai?
Per
me sei sempre la bambina piccola che aveva sempre bisogno di me, ma ora
sei
diventata una donna e spero che tu abbia scelto bene a chi donare la
tua
verginità.
La
prima volta è importante e non va sprecata e sono felice che
tu abbia deciso di
aspettare così tanto e di avvisarmi prima.
Cerca
di prendere le dovute precauzione.”
Io
arrossisco e annuisco.
“Le
prenderemo.”
Lei
lascia la mia stanza e mi sento immediatamente meglio, forse
perché
l’incombenza è stata sbrigata e non si
è rivelata così terribile.
Adesso
devo solo sistemarmi e non sarà un’impresa facile,
mi faccio una doccia, mi
faccio la ceretta e poi guardo la mia immagine allo specchio: passabile.
Intanto
si sono fatte le sette ed è meglio che inizi a vestirmi, al
piano di sotto la
mia famiglia si sta mettendo a tavola.
Cosa
posso mettermi?
Decido
di mettermi delle calze a rete, una mini a fantasia scozzese, una
maglia nera
con un teschio piena di spille da balia e una felpa.
Con
pazienza mi stiro i miei capelli azzurri e mi trucco di nero, metto un
po’ di
profumo, prendo fiato e scendo.
Con
aria indifferente metto la mia giacca di pelle e gli anfibi, saluto la
mia
famiglia e prendo la borsa. Ho il cuore che mi batte a tremila, ho
paura che mi
esca dal petto e non sarebbe il caso.
Sto
per andare a fare l’amore con il mio ragazzo e si presuppone
che io sia viva e
non morta, sarebbe strano.
Che
pensieri assurdi, mi dico mentre salgo in macchina e rabbrividisco per
il vento
freddo di novembre.
Le
foglie cadono dagli alberi creando tappeti rossi, gialli e arancioni
sui
marciapiedi, l’autunno nono è male come stagione e
visto come punge il vento
forse quest’anno a Natale avremo la neve.
Sarebbe
un sogno.
Guido
tranquilla fino alla casa di Tom, non appena ho parcheggiato fuori
dalla
villetta inizio a tremare, forse per il vento, forse per le residue
zucche di
Halloween che ora mi sembrano spettrali, forse per l’emozione
o l’impressione
di essere spiata.
Fatto
sta che suono subito a casa di Tom e lui viene ad aprirmi subito,
indossa i
suoi soliti pantaloni cachi larghissimi, una maglia dei blink e una
felpa
dell’Adidas aperta.
“Wow,
stai benissimo!”
“Ma
ho freddo.”
Lui
annuisce.
“Accendo
il camino, allora.
Tu
mettiti comoda”
Io
annuisco, attacco la giacca di pelle all’attaccapanni e vado
in salotto, mi
siedo sul divano e guardo Tom darsi da fare con la legna per accendere
il
benedetto camino.
Finalmente
ce la fa e mi sorride raggiante.
Si
siede accanto a me e mi passa un braccio attorno alle spalle.
“Va
tutto bene, tranquilla.”
Io
annuisco e mi godo il contatto, complice il calore che esce dal camino
un po’
della mia tensione si scioglie.
“Ah,
mi sento meglio.”
“Sono
felice, anche perché devi assaggiare la mia
cucina!”
Io
annuisco un po’ preoccupata.
“Potresti
preparare la tavola, Chia?”
“Sì,
certo.”
Mi
indica dove trovare le cose e io preparo diligentemente la tavola per
due
persone, devo metterci anche qualche tocco romantico?
Mentre
rifletto sulla questione, Tom arriva con una teglia di lasagne
– che sembrano
preriscaldate – che
emanano un buon
profumo.
“Woah!”
“Ovviamente
quello che hai visto non uscirà da questa casa.”
“Ovviamente!”
Ci
sediamo e Tom divide le porzioni, ne mangiamo due abbondanti.
“Ah,
che buone.”
“Adesso
ci sono le cotolette e poi il dolce.”
A
me brillano gli occhi, mi piace che il mio ragazzo cucini per me.
Le
cotolette sono un po’ bruciacchiate, ma sono buone lo stesso,
per un
principiante non sono affatto male.
“Buone
anche queste, Tom.
Te
la cavi in cucina!”
“Grazie.
Per dolce mi sono fatto mandare una crostata dalla pasticceria
più vicina.”
Io
sorrido e appoggio una mano sulla sua, lui la stringe immediatamente.
“Non
fa niente, è stata una bella cena lo stesso.”
Lui
si alza e porta la crostata, è alle fragole con la panna, e
taglia due porzioni
abbondanti, che spariscono immediatamente.
Rigoverniamo
insieme la cucina e poi Tom inserisce la cassetta di un horror nel
videoregistratore, io mi avvolgo nella coperta. Poco dopo mi raggiunge
e siamo
in due abbracciati sotto la coperta, mentre parte il film.
Ora
sì che sto bene, spero solo che il film non sia tanto
sanguinolento, lo
splatter mi ha sempre fatto un po’ impressione. E se anche
fosse splatter avrei
una buona scusa per stare attaccata come una cozza a Tom.
Lo
guardo per un po’, poi finisco per nascondere la faccia
nell’incavo della spalla
di Tom per la maggior parte del tempo, solo alla fine lui mi scuote
delicatamente.
“Ehi,
piccola. È finito, puoi tornare nel mondo reale.”
Io
tiro un plateale sospiro di sollievo, poi mi alzo e pesco il pacchetto
di
sigarette dalla borsa, mi metto la giacca di pelle e insieme a Tom esco
a
fumare sul portico dei DeLonge.
Qualcosa
di bianco e piccolo sta scendendo dal cielo.
“Tom!
Sta nevicando!”
Urlo
felice.
“Perfetto!
È esattamente il tempo giusto per stare
a letto, al calduccio!”
Mi
fa ammiccante, io arrossisco come un pomodoro.
Riuscirò
a fare qualcosa così tesa?
Inspiro
una boccata della mia sigaretta, Tom mi abbraccia da dietro, ogni tanto
mi ruba
dei tiri ogni tanto mi lascia dei lievissimi baci sul collo che mi
danno i
brividi.
E
siamo solo all’inizio.
Dopo
aver guardato il film e giocato a carte in un atmosfera sempre
più carica di
tensione, Tom decide di andare a letto, io lo seguo.
La
sua stanza è abbastanza caotica, c’è
una finestra che dà sul giardino, una
scrivania ingombra di carta – alcuni sono compiti, altri
testi o spartiti di
canzoni – alcuni
ripiani con dei libri e
dei fumetti e uno stereo con annesso porta cd, in un angolo una
chitarra
classica piena di scritte come “Fuck”,
“Cock”,
una chitarra elettrica rossa piena di adesivi. un letto a
due piazze con
un bel piumone verde alieno e un armadio. Le pareti sono tappezzati da
posters
sugli alieni, sui Descendent e qualcosa sui blink.
È
una camera che mi piace, piena di personalità.
“Bella!”
Esclamo
sedendomi alla sedia della scrivania, lui si siede sul letto.
“Sono
contento che ti piaccia.”
Mi
guarda in modo strano, ipnotico, e io lascio perdere la sedia per
sedermi
accanto a lui e appoggiare la mia testa sulle sue spalle, lasciando che
un suo
braccio avvolga le mie.
“Sei
così bella e così fuori da ogni criterio che non
so come comportarmi.”
Mi
dice con una voce lontana.
“Non
voglio farti del male o scoparti come una delle tante, ma non so come
fare.”
“Io…”
Deglutisco
rumorosamente.
“Io
credo che sarà il tuo corpo a guidarti e a farti capire come
fare.”
“Hai
ragione.”
Si
volta verso di me, mi guarda con i suoi occhi castani così
intensi e mi bacia
con dolcezza, senza fretta, io rispondo adeguandomi piacevolmente al
suo ritmo.
Mi sembra di essere più vicina a lui ogni minuto che passa,
forse per i
brividi, forse per i piccoli flash back che vedo.
Una
mia mano si alza e accarezza il suo volto, lui sovrappone la sua per
sentire
meglio la mia carezza.
“Ti
amo!”
Sussurra
al mio orecchio prima di baciarmi in un modo più passionale,
adesso le nostre
lingue combattono e siamo presto in carenza di fiato, ma non importa,
giusto il
tempo di riprendere fiato e il bacio continua fino a diventare profondo.
Io
mi siedo su di lui e dalla mia posizione sento che anche solo questi
baci hanno
scatenato reazioni lì sotto. Non importa continuiamo, sento
le sue mani che si
spostano dai miei capelli a sotto la maglietta e mi accarezzano i
fianchi e
tutta la pelle nuda che riescono a trovare.
Io
gemo, lui con gentilezza mi toglie la felpa e la maglia e poi si ferma
un
attimo a guardarmi: i suoi occhi sono liquidi per il desiderio.
Io
gli do un piccolo bacio sulla punta del naso e gli tolgo impacciata la
maglia
dei blink, lasciandolo a torso nudo, come se fossi in una sorta di
trance gli
accarezzo i pettorali e poi seguo il contorno del tatuaggio dello
skyline di
San Diego con un dito: lo sento fremere sotto di me.
Finito
questo momento quasi magico, lui torna a baciarmi, poi scende a piccoli
baci
sulla mascella e sul collo, dove mi lascia un succhiotto.
“Tom!”
Gemo
io in preda al piacere e alle visioni.
Lui
si stacca e questa volta sono io che torno a baciarlo e a baciargli la
mascella
e il collo, le mie mani volano sui suoi muscoli, le sue giocano con
l’elastico
del mio reggiseno, lo tirano e
poi lo
lasciano andare.
Decido
che questo giochetto è durato fin troppo e –
seppur impacciata – mi tolgo il
reggiseno, Tom sorride e mi fa sdraiare, mi raggiunge immediatamente
dedicando
delle attenzioni ai miei seni che nessuno aveva mai fatto: li bacia, li
lecca,
li mordicchia.
Io
gemo sempre più forte e
viaggio nella
sua mente in un modo sempre più frenetico, chissà
lui cosa vede?
Con
dolcezza mi sfila gonna e calze e poi mi accarezza da sopra le mutande.
“Se
non vuoi fermami.”
“Vai
avanti!”
Dico
con voce rauca per il piacere, lui sorride, mi dà un piccolo
bacio sulla fronte
e si toglie i pantaloni, poi torna su di me.
“Adesso
farò una cosa, fermami se non ti piace.”
Piano
piano mi abbassa le mutande e inserisce un dito là, aspetta
un attimo e inizia
a muoverlo con abilità.
“Va
bene?”
“Va
bene.”
Rispondo
io con voce roca, sto gemendo e mugugnando troppo e quando lui
inserisce un
secondo dito quasi urlo di piacere. Lentamente mi porta
all’orgasmo solo con le
dita, ora so perché lo chiamano Hot Pants. È
riuscito a farmi vedere le stelle
anche senza connessione, per un minuto o due sono beatamente
disconnessa dal
pianeta Terra.
Torno
in me solo quando sento qualcosa premere sulla mia coscia, Tom ha
approfittato
di questi minuti per mettersi un preservativo.
“Sei
pronta?”
Io
annuisco, ancora più stordita.
Entra
in me con delicatezza e aumenta la forza e la lunghezza delle spinte
gradatamente, in modo che io non soffra. Quando smetto di essere
vergine per un
attimo sento dolore, ma passa in secondo piano rispetto al piacere che
sto
provando.
Io
gli graffio la schiena, lui seppellisce la testa tra le mie tette,
entrambi
siamo sudati e ansanti, gemiamo, sospiriamo e lasciamo che i nostri
corpi
parlino per noi.
Spinta
dopo spinta arrivo al secondo orgasmo e questa volta – prima
delle stelle –
vedo il piccolo Tom dentro la pancia di sua madre.
È
stato meraviglioso.
Lui
dopo essere venuto è crollato su di me, mi è
venuto spontaneo avvolgerlo in un
abbraccio e baciargli i capelli dolcemente, lui invece mi accarezza
piano i
fianchi.
“Com’è
stato?”
Mi
chiede.
“Bellissimo,
non potevo chiedere di più. Credimi.”
Lo
sento sorridere contro la mia clavicola, è bello stare
così, ma non può durare
per sempre visto che Tom si deve alzare per togliersi il preservativo e
già che
c’è dà un’occhiata fuori
dalla finestra.
“Oh,
Chia! Vieni!”
Io
mi metto addosso la sua maglietta e mi metto accanto a lui che mi
mostra
orgogliosamente il giardino imbiancato e la neve che cade ancora.
“Tom
facciamo un pupazzo di neve?”
“Perché
no?”
Si
rimette i pantaloni, ne cerca un paio per me e si mette
un’altra maglia, poi
entrambi usciamo e cerchiamo di ammonticchiare più neve
possibile. Dopo un po’
riusciamo a ottenere una palla non molto grande che farà da
corpo e poi una
palla più piccola che farà da testa.
Tom
corre in casa e torna con una carota che gli mette a mo’di
naso, bottoni
che mette per fare
la bocca e gli occhi
e gli mette una sciarpa gialla e rossa attorno al collo.
Io
gli bacio una guancia.
“È
bellissimo, amore!”
“Sì!”
Inaspettatamente
mi tira una palla di neve, posso io evitare di rispondere?
Ovviamente
no!
Così
alle due di notte ci ritroviamo a giocare a palle di neve nel giardino
della
villetta dei DeLonge, smettiamo solo quando una vicina ci intima di
tornare
dentro.
Tom
sbuffa, ma esegue.
“Che
freddo!”
Esclamo
io non appena entro in casa, il fuoco del camino è spento e
il suo debole
tepore non basta a scaldarmi così io e Tom finiamo per fare
la doccia insieme e
a parte qualche coccola non succede nulla tra di noi.
Stanchi,
ma felici, ci trasciniamo al letto di Tom e ci mettiamo sotto le
coperte, io
vengo imprigionata dal suo abbraccio e mi ritrovo con la testa
all’altezza del
suo cuore: batte forte e mi piace pensare che batta forte per me.
“Ti
amo, pazzoide.”
Mi
dice.
“Ti
amo, anche io, amico degli alieni.”
Lui
ride come un matto.
“Alla
fine vi ho trovato, però.”
“Testardo
come sei sarebbe stato strano se non ci avessi trovati.”
Lo
provoco.
“Puoi
giurarci, prima o poi ci saremmo incontrati.”
Io
mi stringo di più a lui.
“Sono
felice di averti incontrato così,
cioè… Non che mi sia piaciuto che ti abbiano
sparato e vederti mezzo morto per terra, ma mi è piaciuto il
fatto che da
questa esperienza negativa poi siamo arrivati a questo.”
Lui
ride e mi scompiglia i capelli.
“Forza,
aliena! Dormiamo!”
“Va
bene!”
Gli
do un bacetto e poi – cullata dal suono del suo cuore
– mi addormento.
La
mattina dopo ci svegliamo alle dieci o almeno così dice la
sveglia sul comodino
di Tom, io mi libero delicatamente dalle sue braccia, prendo la sua
maglia e
guardo dalla finestra: nella notte sono caduti almeno dieci centimetri
di neve.
Wow!
Muovendomi
cautamente, scendo in cucina e preparo dei pancakes, del
caffè e una tazza di
cereali e una bottiglia d’acqua per Tom. So che fa colazione
con acqua e
cereali, per quanto strano suoni, questo è uno dei suoi
misteri.
Sempre
muovendomi con la massima cautela salgo le scale, entro in camera e
appoggio il
vassoio per terra. Mi perdo un attimo nella contemplazione del volto di
Tom, è
bellissimo mentre dorme, perde tutta la sua baldanza e torna ad avere
l’innocenza e la serenità di un bambino.
Quasi
quasi mi dispiace svegliarlo.
“Tom!”
Lo
chiamo, lui grugnisce qualcosa di inintelligibile.
Lo
scuoto piano e finalmente apre gli occhi, io mi abbasso e alzo il
vassoio con aria
di trionfo, i suoi occhi si allargano e si riempiono di gioia.
“Ma
sei un tesoro!”
Esclama
sorridendo.
“Non
esageriamo!”
“Esageriamo
pure!”
Mi
infilo a letto con il vassoio e Tom prova un pancakes prima di gettarsi
sulla
sua ciotola di cereali.
“Buoni!
Nemmeno mia madre li fa così buoni.”
Io
arrossisco fino alla radice dei capelli e rischio di strozzarmi con il
caffelatte, Tom mi batte preoccupato una mano sulla schiena.
“Scusa,
è che non sono ancora abituata ai tuoi
complimenti.”
Ansimo
io, facendolo ridere.
“Non
sapevo di essere così importante per te!”
“Scemo!”
Finiamo
di fare colazione, ci facciamo una doccia e poi – con addosso
la sua maglietta
– esco da casa sua e mi preparo ad affrontare le strade
coperte di neve.
Non
ci sono abituata, guido malissimo ed è un miracolo che io
arrivi a casa sana e
salva, deve pensarlo anche mia madre perché la trovo sul
portico ad aspettarmi.
“Sono
contenta ora che ti ho vista arrivare, pensavo non saresti riuscita a
guidare
sulla neve.”
“L’ho
pensato anche io diverse volte, è un miracolo che io sia qui
e non schiantata
da qualche parte.”
Le
rispondo sincera, facendola ridere.
“Entra
che ho preparato una tazza di cioccolata per noi due.”
“Va
bene.”
Dal
vialetto salgo sul portico e poi la seguo in casa, dentro
c’è un calore che mi
fa sentire subito meglio, devono avere acceso il caminetto.
Mi
tolgo gli anfibi, metto le mie ciabatte comode e volo al piano di sopra
per
togliermi la gonna, le calze e il reggiseno, indosso un paio di
pantaloni neri,
dei calzini colorati e finalmente raggiungo mia madre in cucina.
Le
tazze sono già pronte sul tavolo, io mi siedo e le sorrido
grata, ci voleva
proprio una cioccolata dopo aver guidato nella neve.
“Allora,
come è andata?”
Io
sorrido a trentadue denti.
“A
giudicare dal tuo sorriso, bene.”
“Sì,
è andata bene. Tom è stato rispettoso, penso sia
stata una buona prima volta e
poi lo amo, mamma. Mi piace tutto di lui, persino gli aspetti irritanti
del suo
carattere.”
“Ne
ha?”
“Certo,
a volte parla troppo, soprattutto di alieni, fa battute sconce e si
comporta
come un cretino, ma a me non importa. So che non è un
cretino, so che io posso
vedere una faccia che raramente gli altri vedono e ne sono
orgogliosa.”
Mia
madre sorride.
“Sono
contenta, tesoro. Sembra tu abbia scelto bene, magari più
avanti potresti
invitarlo a cena.”
“Uhm,
ci penserò. Io sono la sua prima storia seria e non vorrei
spaventarlo, senza
offesa, mamma.”
Lei
annuisce comprensiva.
“Mamma,
posso dormire ancora un po’ prima del pranzo?”
“Va
bene, buon riposo.”
“Grazie
mille.”
Io
vado in camera mia e rimango solo con la maglietta di Tom come pigiama,
sa di
lui e per me è un profumo buonissimo.
Cullata
dal profumo mi addormento subito.
È
stato un bellissimo sabato e un meraviglioso inizio di domenica.
Angolo
di Layla
Ringrazio
LostinStereo3
per la recensione. Almeno so che non sto scrivendo schifezze (cosa di
cui mi sto convincendo, vista la desolante mancanza di recensioni sulle
mie storie ultimamente)
|
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Capitolo 20 *** 20)Guerra! ***
20)Guerra!
La
settimana seguente la neve sparisce lentamente lasciando solo uno
spesso strato
di ghiaccio, quest’anno avremo un inverno freddo ed
è una cosa insolita per la
California.
Tutti
i giorni dopo la scuola andiamo nella casa del deserto e ci alleniamo,
ormai
padroneggio abbastanza bene i soldati e la falce, Johnny è
molto bravo con la
sua spada e Anne e Tom hanno fatto progressi incredibili con i loro
poteri.
Anne sembra essere anche in grado di guarire, il che ci
verrà utile, vista la
missione che ci attende.
Mark
e mia sorella parteciperanno anche loro, in veste di pali, devono stare
il più
lontano possibile dal campo di battaglia, nessun umano è in
grado di fare
qualcosa contro i guardiani di quel posto.
A
volte dubito che nemmeno noi ce la potremmo fare, ma in fondo
disponiamo di
milleottanta soldati e questo mi rassicura.
La
sera prima della nostra sortita a San Francisco sono nervosa e durante
la notte
non faccio altro che girarmi e rigirarmi nel letto, visto che la mia
testa
proietta i peggiori scenari ossia che mia sorella venga uccisa o che
qualcuno
venga fatto prigioniero.
Keisha
ha sempre mostrato un ottimismo incrollabile, suo fratello si rifiuta
di aprire
bocca sulla faccenda, forse è ancora seccato che una stupida
come me abbia
trovato un vero rifugio o forse il suo è un silenzio
rabbioso perché ha
abbandonato la nostra fazione.
Alle
nove ci troviamo tutti al bar del paese, facciamo colazione e poi
partiamo,
siamo in tre macchine: la mia (su cui ci sono anche mia sorella, Johnny
e Tom),
quella di Keisha e Joel e quella di Mark e Anne.
È
un giorno tranquillo e – a causa della neve –
nessuno ha molto voglia di
muoversi così passiamo Los Angeles molto rapidamente, ci
stiamo avvicinando
sempre a san Francisco.
La
macchina dei due fratelli alieni è quella in testa e a un
certo punto esce
molto prima di San Francisco per immettersi nella vecchia strada
costiera,
quella che percorrevamo io e Tom il giorno in cui abbiamo scoperto il
rifugio.
Da
lì in avanti è la mia macchina a passare in testa
al corteo,dopo quasi due ore
di strada troviamo la piazzola in cui ci siamo fermati io e Tom.
Quando
siamo tutti fuori dalle macchine il clima è teso, nessuno
parla molto e le
facce di tutti sono tirate al massimo.
“Isabel.”
“Sì,
Keisha?”
“Tu
rimani qui e cerca di allontanare tutte le macchine che eventualmente
vorranno
fermarsi qui. Dubito che ce ne siano molte, dato che le nostre occupano
quasi
tutta la piazzola e questa strada è meno pulita rispetto
all’autostrada, ma tu
devi rimanere qui, hai capito?
Non
devi muoverti.”
Mia
sorella sta per replicare, ma alla fine rinuncia, per fortuna. Ho
dovuto
passare il viaggio a convincerla che non la escludiamo per ripicca, ma
perché
le creature che dormono nella foresta e i loro guardiani sono creature
davvero
pericolose.
Affidata
l’incombenza a Izzie ci mettiamo tutti in marcia, con Tom in
testa. È lui che
ha trovato la radura e poi il rifugio e tocca a lui guidarci, per somma
rabbia
di Joel.
Camminiamo
per un po’, poi Tom si ferma.
“La
radura è questa.”
Keisha
annuisce.
“Mark,
tu stai qui e cerca di impedire a qualcuno di venire nella nostra
direzione,
l’ultima cosa che ci serve è una comitiva che
capiti per caso in un campo di
battaglia.”
Lui
annuisce e si accende una sigaretta.
“Va
bene, ma dubito fortemente che qualcuno voglia passeggiare nei boschi
con un
tempo del genere.”
Risponde
rabbrividendo.
A
San Francisco ha nevicato anche più che a San Diego o a
Poway.
“Lo
so, ma i pazzi ci sono sempre, buona fortuna.”
“Buona
fortuna a voi, ne avrete bisogno.”
Sì,
e non sa ancora quanto.
“Tom!”
Il
mio ragazzo si volta.
“Tieni
d’occhio Anne, ok?”
“Ok.”
Detto
questo ce ne andiamo tutti verso il rifugio, dall’espressione
guardinga di
Keisha capisco che anche lei sente quelle
vibrazioni.
“Non
ti sbagliavi, è un loro rifugio e anche bello grande.
Percepisco tanti bozzoli
e cinque guardiani, sarà difficile farli fuori.”
“In
qualche modo faremo o credi che non avremo speranze?”
“No,
possiamo farcela, ma dobbiamo impegnarci a fondo.”
“E
sia, ci metteremo tutti il cento per cento del nostro impegno,
giusto?”
I
tre ragazzi e Anne annuiscono, il patto è siglato, che la
guerra abbia inizio.
Marciamo
per un po’, abbassando al minimo la nostra aura, non devono
sentirci.
“State
attenti a dove pestate ci sono dei fili di potere che fanno scattare
degli
allarmi.”
La
voce di Joel è fredda e inutile.
“Non
serve che tu ce lo dica, sono già scattati, sanno
già che siamo qui.”
-È
stato Joel a farli scattare.-
Mi
informa uno dei miei soldati e la cosa non ha il potere di stupirmi, il
sospetto che sia una spia si sta trasformando in una certezza.
In
ogni caso cinque guardiani si stanno avvicinando.
“Uno
per uno, uno per me, uno per Jo, uno per Keisha, uno per Joel e uno per
Anne e
Tom.”
Annuiscono
tutti di nuovo con uno sguardo serio, io invoco la mia falce.
Il
mio guardiano è un ragazzino dai capelli bianchi, molto
magro.
“Ci
si rivede, principessa.
Sarà
un piacere ucciderla di nuovo.”
“Non
ci contare.”
Mi
ricordo di lui, è stato lui a farmi fuori lassù,
ma ora so come combatterlo.
Immediatamente
lui aumenta la sua dimensione fino a diventare un gigante, questa volta
reagisco
preparata e invoco i miei soldati.
-Tenetelo
occupato, io devo fare in modo di
arrivare in cima alla sua testa.-
Là
c’è una sorta di occhio, rimosso quello
tornerà il ragazzino di prima, anche se
sono certa che non sarà meno letale.
Lascio
i miei soldati a fare il loro lavoro e comincio a salire su un albero,
saltando
da un ramo all’altro, è il più alto
della zona dovrei farcela.
Sono
quasi in cima quando un segnale di allarme attraversa il mio cervello:
Tom e
Anne.
Sono
in serio pericolo, il guardiano rischia di ucciderli, forse gli abbiamo
chiesto
troppo venendo qui. Immediatamente chiamo cinque dei miei soldati e
ordino loro
di aiutare il mio ragazzo e la mia amica, loro dovrebbero essere
abbastanza.
-Merda!
Spero che basti! Non posso mandare di più!-
Riprendo
la mia scalata e arrivo in cima, da lì ho una piena visuale
della testa del
nemico e lui non mi sente perché ho abbassato al minimo la mia aura.
-Non
posso atterrare sulla sua testa e colpirlo con la falce, la sua pelle
è tossica
per me.
Devo
trasformare la seconda falce in un arco e ho bisogno di concentrarmi al
massimo.-
Cerco
di svuotare la mia testa e di fondermi con il paesaggio.
Io
sono l’albero su cui sono salita.
Sono
l’aria che mi sferza il viso, il cielo volubile sopra di me,
le foglie che
cadono gentilmente, il canto lontano degli uccelli. Ora che sono
così in comunione
con l’ambiente intorno a me cerco di mettermi sulla stessa
lunghezza d’onda del
materiale di cui è fatta la seconda lama della mia falce.
Con
molta difficoltà la stacco dall’altra falce e la
trasformo in un arco e in una
freccia, sempre mantenendo la concentrazione, tendo l’arco
– in questo stato il
materiale letale di cui è fatto non può farmi
male – e
prendo la mira. Non posso sbagliare.
La
freccia parte e colpisce l’occhio, nemmeno un secondo dopo
una sorta di
esplosione di energia si
espande per il
bosco, accecandomi.
Credo
che parte dell’energia del ragazzino sia stata buttata fuori
quando ho
eliminato quell’occhio sulla testa del gigante.
Il
ragazzino è tornato della sua dimensione e io scendo
dall’albero, ha le mani
appoggiate alle ginocchia e uno sguardo letale.
“Pagherai.”
Lancia
contro di me dell’energia che schivo, adesso è
questa la sua tattica, se
venissi colpita da una di quelle sfere morirei.
Devo
schivarle e avvicinarmi, un colpo con la seconda falce dovrebbe
ucciderlo e
così faccio.
Destra,
sinistra, destra, sinistra, sinistra.
Mi
avvicino sempre di più a lui che mi guarda con occhi pieni
di disprezzo.
Adesso
o mai più!
Alzo
la mia falce e lo colpisco con la parte fatta di materia, immediatamente un mio
soldato si mette tra
lui e il suo sangue che è tossico per me.
Il
ragazzino urla, sanguina, bestemmia e poi esplode, di lui non rimane
altro che
un mucchietto di cenere. L’ho sconfitto, quando loro muoiono
non rimane nulla.
Mi
accascio a terra, mi sento stanca, ma so che non è ancora
arrivata la fine e
poi sento che Anne e Tom sono ancora in difficoltà.
Per
quanto riguarda gli altri se la stanno cavando bene, tra poco anche gli
altri
guardiano saranno fuori gioco.
Corro e noto che il
guardiano è sul punto di
colpire Tom e Anne, non posso permettere che accada!
Mi
metto in mezzo e paro il colpo con la falce, mandandolo a schiantarsi
contro un
albero che cade con uno schianto.
“Principessa,
vedo che siete ancora viva purtroppo.”
“Sono
ancora viva ed è una vera sfortuna per te.”
Lui
ride e mi lancia un altro colpo, io urlo ad Anne e Tom di andarsene che
qui ci
penso io.
Schivo
il colpo con un salto e poi mi lancio verso di lui, schivandoli tutti,
con mio
grande piacere scopro di riuscire ad aprire dei portali in cui faccio
finire le
sfere e le dirotto altrove.
Quando
gli sono davanti sorrido.
“Bang,
bang, sei morto!”
Con
un colpo della falce normale lo taglio in due e poi mi metto in una
posizione
raccolta – con davanti uno dei miei soldati – per
evitare sangue ed energia.
Ce
l’ho fatta. Due sono andati.
Qualche
minuto dopo altre tre esplosioni squarciano il silenzio del bosco, ora
sono
stati eliminati tutti.
Sorrido
sollevata, adesso possiamo distruggere i bozzoli e una parte della
missione
sarà finita.
“Finalmente
è finita.”
“No,
non è ancora finita. Ci sono i bozzoli da
eliminare.”
Mi
risponde Keisha.
“Ma
quelli sono innocui o non avrebbero messo questi guardiani.”
“Dipende
da quanto sono sviluppati i nemici all’interno.”
Entriamo
nella grande struttura di cristallo, che è rimasta
miracolosamente in piedi,
nonostante le varie esplosioni.
Dentro
c’è una sorta di computer centrale e centinaia di
bozzoli bianchi, Keisha si
dirige immediatamente verso il computer e io la seguo.
Le
sue dita volano sui tasti e presto la grande struttura si spegne e i
bozzoli
credo rimangano senza nutrimento o quello che serve loro per rimanere
in vita.
“Cosa
facciamo?”
Chiedo
all’aliena.
“Distruggiamoli
tutti, lascia fare ai tuoi soldati. Per loro non è
pericoloso, per noi sì.”
“Va
bene.”
Li
evoco tutti e ordino loro di fare
piazza
pulita, non sono ancora uscita quando sento un terribile urlo femminile.
Io
e Keisha ci guardiamo, poi una scintilla di comprensione passa tra di
noi: è
Anne.
“Cosa
diavolo sarà successo?”
Mi
chiedo, mentre corro fuori insieme a Keisha.
Seguiamo
la direzione dell’urlo e troviamo Anne china su un corpo che
piange.
“Anne!
Chi è?”
“È
Mark!”
Singhiozza.
Mark?
Cosa
ci fa Mark qui?
Ma
in fondo non importa, quello che conta è che è
ferito e devo aiutarlo, sperando
di avere l’ancora l’energia per farlo. Mi chino su
di lui e noto che ha brutta
ferita all’addome, deve essere stato colpito da una delle
sfere che il
guardiano lanciava verso di me.
Stendo
subito una mano sulla ferita e mi concentro al massimo per guarirlo, le
energie
purtroppo scarseggiano e non appena sento che è guarito
crollo su di lui e
ignoro cosa succeda dopo.
Mi
sveglio in una delle macchine, da molto lontano sento la voce di Tom e
quella
di Anne che suona lacrimosa. Che io non ce l’abbia fatta?
Che
Mark sia morto?
“’Om?”
Chiamo
con voce impastata.
“Chia!”
“Mark.
Come sta, Mark?”
“Un
po’ scosso, ma sta bene. Grazie per avermelo
salvato.”
“Figurati.
Sta bene sul serio?”
Cerco
di rimettermi in piedi, ma non ce la faccio, così rimangio
sdraiata sul sedile.
“Sì,
sta bene.
Sono
solo un po’ scossa, grazie per averlo salvato.”
“Cosa
ci faceva lì?”
“Dice
che aveva avuto l’impressione che qualcuno lo
chiamasse.”
Io
guardo Tom e nei suoi occhi leggo il mio stesso dubbio: che quella voce
sia di
Joel.
“Molto
strano, nessuno di noi l’avrebbe chiamato. Troppo
pericoloso.”
“Magari
si è sbagliato.”
Il
tono di Anne è incerto, ma io credo che Mark non si sia
affatto sbagliato, ma
che qualcuno voglia eliminare tutti gli umani che ci girano attorno e
che
l’ultima a essere rimasta in pericolo sia mia sorella.
“Il
resto della truppa come è messo?”
“Stiamo
tutti bene, Johnny ha guarito le ferite superficiali e non di tutti,
non siamo
sporchi di sangue né di nulla di particolarmente
compromettente.
I
tuoi soldati si sono sempre parati davanti a noi quando quelli
schizzavano
sangue.”
“Il
loro sangue è tossico per noi.”
Rispondo
io.
“Non
so se anche per voi sia così tossico, ma ho dato questi
ordini giusto per
essere sicura.”
“Ce
l’abbiamo fatta!”
Esclama
Tom tutto contento.
“Non
esultare troppo, è solo la prima tappa, anche se era un
rifugio con tantissimi
bozzoli. Troppi.”
“Cosa
vorresti dire?”
“Che
stando a quello che ha detto Joel avrebbero dovuto essere molto meno,
altrimenti perché frazionarli così tanto sul
territorio nazionale?
C’è
qualcosa che mi sfugge.”
“Forse
hanno cambiato i piani dopo che Joel se n’è
andato.”
Mi
risponde Tom, più per rassicurare Anne che altro.
“Può
darsi.”
In
realtà penso che Joel ci stia facendo deliberatamente
perdere tempo e che se io
e Tom non avessimo trovato per caso questo accampamento avremmo ucciso
per
errore i nostri.
-Fai
morire mia sorella, Joel e giuro che ti apro in due e userò
il tuo cranio come
coppa.-
Arriviamo
a Poway affamati da morire, quindi – prima di andare a casa
– ci fermiamo da
Sombrero e mangiamo una dose generosa di cibo messicano.
Io
studio – non notata – Joel, sul suo volto
c’è un sorriso, ma è stonato, quasi
falso, il sorriso posticcio di chi si augurava un fallimento e si trova
a fare
i conti con una vittoria.
Oh,
Joel! Farai un passo falso prima o poi e io ti sputtanerò
come meriti!
Mi
dico feroce, pensando a come abbia tentato di far fuori i due fratelli
Hoppus
solo perché umani e a conoscenza del nostro segreto.
Penso
che il suo piano comprendesse che io e Johnny non lo avremmo detto a
nessuno e
– una volta ultimata la missione – ucciderci con
Keisha. Così saremmo spariti
come dei fantasmi, con mia sorella e gli altri di mezzo non
può farci sparire,
perché i sospetti di tutti punterebbero su di lui.
-Un
piano ingegnoso, ma ti è andata male.-
Finito
di mangiare ce ne andiamo ognuno a casa nostra, io guardo sconsolata la
pila di
compiti e – anche se sono stanca morta – la attacco
di malavoglia e lavoro duro
fino all’ora di cena.
È
surreale come io passi dall’uccidere alieni cattivi al fare i
compiti, come una
normale teenager!
Dovrei
piangere, ma tutto quello che mi esce è una risatina
isterica che mi fa
sembrare un po’ esaurita. È dura la vita dei
supereroi, ragazzi!
Non
c’è mai riposo sufficiente!
Ok,
basta. Devo smetterla, sto diventando fuori di testa, anche se ammetto
che
possa essere lo shock della prima battaglia che esce in ritardo.
Non
avrei mai pensato che la mia vita potesse prendere questa piega e ora
sono un
po’ a disagio, non so bene come comportarmi, curiosamente
sento che la mia
personalità si sdoppia.
Quando
sono a scuola sono Chia, quando ci sono di mezzo le faccende aliene
sono Ava,
la principessa.
Mi
massaggio le tempie.
Basta
con questi pensieri! Ho bisogno di riposare!
La
pila si è esaurita, mi faccio una breve doccia e sto per
mettermi a letto
quando sento il rumore familiare dei sassolini contro la finestra: Tom.
Mi
affaccio e vedo la sua faccia sorridente, io ricambio con un cenno di
saluto.
Lo
vedo arrampicarsi sull’albero che è vicino alla
mia finestra e poi, con un
piccolo aiuto da parte mia, è dentro la mia camera.
“Ehi,
come mai qui?”
“Non
so te, ma io ho avuto qualche difficoltà ad addormentarmi
visto quello che è
successo.”
Io
sospiro.
“Io
non ci ho ancora provato, ho dovuto finire i compiti prima. Sogno un
giorno in
cui potrò solo dormire, senza compiti o alieni tra le
scatole.”
Lui
ride.
“Posso
rimanere qui a dormire?”
“Sì,
basta che non ti fai sgamare dai miei.”
Ci
mettiamo a letto, lui mi attira subito a sé in modo
possessivo.
“Oggi
ho visto un lato di te abbastanza inedito, facevi paura mentre
combattevi con
quella falce.”
“Io
invece ho preso due infarti: il primo è stato quando ho
visto tu e Anne in
difficoltà, il secondo quando ho visto Anne china su suo
fratello.”
“Parlando
di Mark, tu cosa ne pensi?”
Io
rimango in silenzio.
“Mark
mi sembra una persona assennata, giusto?”
“Giusto.”
“Quindi
dubito che si sia mosso dal suo posto dopo che tutti gli avevamo detto
di non
farlo solo per una bravata.”
“Legittimo.”
“Quindi
si deve essere mosso per un’altra ragione.”
Rimango
un attimo in silenzio.
“Lui
ha detto che qualcuno di noi l’ha chiamato. Io non sono stata
e anche gli altri
negano.”
“Non
tutti, Joel è rimasto in silenzio.”
“Ed
è la seconda volta in cui si trova coinvolto in qualcosa di
strano e in cui
qualcuno di noi rischia la morte.”
“Una
strana coincidenza.”
Io
prendo fiato.
“Io
penso che non lo sia.
Penso
che Joel sia venuto qui con un piano preciso, trovare me e Johnny,
convinto che
nessuno sapesse del segreto, coinvolgerci nella missione. Farci
distruggere
deliberatamente le basi dei nostri con l’inganno e infine
farci fuori tutti
in modo che nessuno
potesse accusarlo.
Dopodiché
i nostri nemici avrebbero avuto campo libero.”
“Tu
pensi che sia un traditore?”
“Ne
ho quasi la certezza..”
Sbadiglio.
“Ma
adesso è arrivato il momento di dormire Tom.”
“Giusto.
Ci
addormentiamo insieme, mentre fuori ha iniziato a nevicare di nuovo.
È
bello essere al caldo mentre fuori nevica.
È
bello essere al caldo con Tom.
Spero
che i miei non si accorgano di nulla.
Angolo
di Layla
Ringrazio
Graceansmile
per la recensione. Non smetterò di pubblicarla fino a che
una sola persona la commenterà. Penso che la sezione blink
non sia molto frequentata perché ora non hanno nessun nuovo
lavoro in circolazione. La cosa più triste è che
c'è anche un seguito a questa storia e non so nemmeno se
pubblicarlo...
|
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Capitolo 21 *** 21)Principessa per un giorno, perdente tutto l'anno (posso evitare il ballo?). ***
21)Principessa per un
giorno, perdente tutto l'anno (posso evitare il ballo?).
Se
il tuo ragazzo dorme da te e i tuoi non lo sanno è quasi un
obbligo alzarsi
molto presto e farlo sgattaiolare via.
Così
alle sei Tom se ne va e io noto che c’è un nuovo
strato di neve sui marciapiedi
e sui giardini, per non parlare della strada. Oggi sarà
molto difficile
raggiungere la scuola, quasi quasi vado in pullman, non sono morta ieri
dopo
aver combattuto con un gigante, non voglio morire oggi per un banale
incidente
automobilistico.
“Che
palle, bella la neve, ma che seccatura!”
Sbadiglio,
per poi tornarmene a letto, dato che ho diritto ancora a
un’ora e mezza di
sonno.
Mi
sveglio alle sette e mezzo, sono la prima a usare il bagno e trovo mia
madre in
cucina che guarda preoccupata fuori dalla finestra.
“Buongiorno.”
La
saluto assonnata.
“
‘giorno. È nevicato ancora questa notte, che
strano inverno.”
“Sì?
Forse è meglio che io prenda l’autobus
stamattina.”
“Forse
è meglio, gli autisti sono più esperti.”
“Perché
stamattina dobbiamo prendere l’autobus?”
Ci
chiede la voce assonnata di mia sorella.
“Perché
ha nevicato ancora.”
“Che
palle.”
Si
siede davanti alla sua ciotola di cereali e inizia a mangiare
svogliata, ha
un’aria stanca.
Quando
saliamo al piano di sopra le chiedo cos’ha.
“Sono
preoccupata. Per voi, per Mark e… un pochino per me, ho
l’impressione che
qualcuno miri a far fuori quelli che sanno.”
Io
sospiro.
“Ecco
perché non volevo dirtelo.”
“No,
tu hai fatto bene. Le mie sono solo paranoie.”
Mi
risponde prima di chiudersi in camera sua, io lo chiamerei istinto di
conservazione ed è un bene che non ne sia sprovvista, almeno
mi faciliterà il
compito di proteggerla.
Mi
vesto, cercando i miei abiti più pesanti e pensando che
probabilmente dovrò
proteggerla da Joel, cioè quello che teoricamente dovrebbe
essere un nostro
alleato.
Io
in lui non credo più, credo a Keisha, ma non a lui.
In
lui c’è qualcosa di sospetto che aumenta di minuto
in minuto, sembra senza
cuore, senza emozioni e contro di noi.
Finisco
di vestirmi e mi reco alla fermata del bus con mia sorella, stranamente
stamattina è molto affollato e gli unici posti liberi sono
quelli vicino
all’autista.
“Ah,
le sorelle Malone! Erano anni che non vi vedevo.”
“Da
quando Chia ha preso la patente due anni fa.”
Lui
sospira.
“Come
passa il tempo. Sembra ieri che eravate delle matricole e
quest’anno vi
diplomate.”
“Già,
il tempo passa.”
Commento
io.
Il
tempo passa e si scoprono nuove cose di sé stessi e della
propria natura e – purtroppo – certe volte si
rimpiange di averli scoperti e si
desidera tornare all’innocenza primaria.
Nulla,
purtroppo, può ridarcela e dobbiamo convivere con queste
nuove parti, per
quanto a volte possano fare male come protesi sbagliate.
-In
fondo non ho mai desiderato davvero conoscere la mia vera famiglia, i
miei e
Izzie mi bastavano, ma ci sono inciampata il giorno in cui ho salvato
Tom.
Non
mi pento, ma avrei preferito non sapere della missione, della mia
morte, di
Keisha e di Joel.
Forse
c’è un destino più grande di noi che
muove le pedine a suo piacimento e ci fa
degli sgambetti, a volte.
Chissà.
Chi
può saperlo di noi miseri umani o alieni che siano?-
In
ogni caso il pullman è arrivato a scuola e io e mia sorella
scendiamo, nel
parcheggio ci sono Tom e Anne che chiacchierano tranquillamente. Loro
devono
aver preso la macchina.
Appena
ci notano ci vengono incontro, Tom mi bacia, Anne e Isabel
chiacchierano, ormai
sono diventate amiche.
“Pronte per una nuova
giornata scolastica?”
Ci chiede ironico Tom.
“Chi è mai pronto per
queste cose?”
Rispondo io con un
sospiro.
“Tanto più che alla prima
ora ho un compito di mate.”
“C’era un compito di
mate?”
Mi chiede stupito Tom.
“Sì.”
“Merda!”
Si passa le mani sul
volto.
“Non lo sapevo, non sono
preparato.”
Ci guarda.
“Voi non mi avete visto,
io me ne vado.”
“Ehm, ok.”
Guardo il mio ragazzo
fuggire attraverso il parcheggio e penso sia matto in senso buono,
spero che
andrà da Mark o da qualche amico o è in guai
peggiori del compito di mate.
“Dai, Chia entriamo. Non
ho intenzione di congelare qua fuori.”
Mia sorella mi trascina
dentro e cerca di coinvolgermi in una conversazione con Anne,
principalmente
per distrarmi da Tom, e alla fine ci riesce. Parliamo tutte e tre di un
ballo
che si svolgerà prima del giorno del Ringraziamento.
Noi non abbiamo il ballo
di Halloween, ma questo. Immagino sia un tentativo di renderci
originali
rispetto alle altre scuole, ma io lo trovo piuttosto insensato. Non la
pensano
così mia sorella e Anne che non fanno altro che parlare di
vestiti e negozi.
Wow! Per un attimo ho
l’impressione di essere in un gruppo di cheerleader, che cosa
strana!
Arrivo davanti all’aula di
mate e le saluto.
“Ciao, divertitevi.
Izzie, stai attenta.”
“Va bene.”
“La tengo d’occhio io o
Mark potrebbe non perdonarmelo.”
Mia sorella sbuffa, dice
che le nostre cautele sono eccessive, secondo me sono fin troppo blande
visto
che chi ha tentato di uccidere i due Hoppus non si è fatto
alcuno scrupolo.
In ogni caso entro in
classe e prego che vada tutto per il meglio, sia per il compito che per
mia
sorella.
Finalmente
le lezioni
finiscono, io e le altre andiamo alla casa nel deserto.
Accetto volentieri il
passaggio di Anne e noto che subito dietro di noi
c’è la macchina di Keisha e
Joel che ci segue fino alla piazzola.
Scendiamo e ci troviamo
davanti le loro facce.
“Ciao.”
“Ciao.”
Rispondiamo noi, io cerco
di scrutare Joel senza che lui se ne renda conto.
“Strana questa neve,
vero?”
“Uhm, sì. In effetti è strano,
Keisha.”
“Andiamo? Così possiamo
chiacchierare o allenarci al caldo.”
Noi tre la seguiamo, Joel
si mette in coda dopo di noi, chissà perché.
Arrivati alla casa,
troviamo Johnny e Tom che giocano a un videogioco e lanciano improperi
ogni due
per tre, a seconda di chi sta vincendo o perdendo in quel momento.
Non notano nemmeno che
siamo arrivati.
Maschi.
Mettili davanti a un
videogioco e si comporteranno tutti come dei bambini!
“Ragazzi, non so se vi
interessa, ma siamo arrivati!”
Urlo io, facendoli
sobbalzare.
“Oh, ciao ragazze!
Scusate, ma stavamo giocando e non vi abbiamo sentito
arrivare.”
“Questo è palese.”
Commento sarcastica io.
“Eddai, Chia! Finalmente
ho trovato qualcuno che sa giocare!”
“Tu e Mark dovresti
conoscervi, lui è ancora più fanatico di
giochi.”
“A proposito di Mark,
Johnny mi accompagni al ballo, vero?”
Lui mi guarda senza
capire.
“Beh, il ballo c’è la
settimana prima del Ringraziamento.”
Rispondo io.
“Ah. Sì, Anne. Ma perché
me lo hai chiesto ora?”
Anne ci guarda esasperata.
“A volte siete davvero
degli alieni, più del solito voglio dire. È
l’argomento top del liceo, il ballo
È l’evento del
liceo, è importante.”
“Uhm.”
“Niente uhm, Chia. Tu,
Isabel e Keiha verrete con me a prendere l’abito.”
Io impallidisco e lungo la
mia schiena corre un brivido, datemi un gigante e lo
affronterò con calma,
proponetemi una giornata di shopping e scapperò come un
coniglio.
“Ma sei sicura che sia
necessario?
Voglio dire, posso venire
con una gonna e degli anfibi.”
Anne mi fulmina.
“No, Anne, eh?”
“No. È un evento
importante, mostrerai le foto di questo ballo ai tuoi figli e ai tuoi
nipoti.”
Non credo proprio, penso
che gli darò fuoco una volta finita la tortura.
“Keisha, tu con chi verrai
al ballo?”
La domanda di mia sorella
la lascia spiazzata.
“Uhm, non lo so.”
“Potresti chiederlo a
Joel.”
Lui la fulmina con
un’occhiataccia.
“Non ci penso nemmeno,
vista la piega del discorso me ne vado.”
Detto, fatto. Nella stanza
rimaniamo solo noi e ho capito che questa sarà una seduta
dedicata al ballo,
nonostante Keisha non voglia.
“Dai, Keisha! Ci sarà
qualcuno che ti piace!”
“Uhm, quel ragazzo biondo
che segue scienze con noi non è male.”
Anne e Isabel rimangono un
attimo in silenzio.
“Forse si riferisce a
David Kennedy, se così fosse sei fortunata. Lui è
molto timido e non credo
abbia ancora ricevuti un invito.”
“Vabeh, ci proverò.
Non possiamo cambiare
argomento?”
“NO.”
Keisha sospira.
“ E va bene. Se è una
tradizione terrestre così importante mi ci
adatterò.”
“Questo è lo spirito giusto,
ragazza!
Domani andremo a
prendere i vestiti.”
Involontariamente mi
metto le mani davanti agli occhi, una
sfilata di abiti lunghi e pieni di lustrini mi passa davanti agli occhi.
Ugh.
“Chia?”
“Niente lustrini o sarò
costretta a uccidermi.”
“La solita tragica.”
Il tono di mia sorella non
mi piace.
“Non sto scherzando,
Izzie. Un vestito semplice va bene, uno con lo strascico, i lustrini,
le rose
di stoffa no.”
“Ma non devi metterlo
tutti i giorni, per una volta prova a sentirti una principessa.
“Io sono già una
principessa.”
Sospiro.
“Oh, già dimenticavo.”
“Io no, ma non fa niente.
Domani ci sarò alla
tortura.”
Keisha mi guarda
incuriosita.
“È così brutto?.”
“No, non è brutto, è
noioso e non so cosa sia peggio.”
Anne e Isabel sbuffano.
“Non darle retta, lei è
semplicemente un orso misantropo.”
Io rispondo con una
risatina falsa, ho capito che nulla mi salverà dalla
giornata di shopping,
nemmeno Cristo con i cavalieri dell’apocalisse o
l’apparizione improvvisa di un
branco di unicorni.
Merda, speriamo che la
tortura duri poco o potrei dare di matto.
Non sono mai stata una a
cui piacesse particolarmente fare shopping soprattutto in negozi
costosi in cui
ti valutano – solitamente con uno sguardo glaciale
– per quello che indossi.
Farò questo sacrificio solo
per fare felice mia sorella.
Il
giorno dopo, finita la
scuola, partiamo per San Diego.
Io e Keisha abbiamo
entrambe uno sguardo perplesso, come di chi si trova a disagio in un
certa
situazione, ma non sa come uscirne.
“Anne,
dove andiamo di preciso?”
Le
chiedo urlando e cercando di sovrastare le urla dei Pistols.
“In
un grande magazzino in centro a San Diego! È pieno di roba
fighissima!”
“Va
bene!”
Keisha
mi guarda sconsolata e io mi sento in dovere di spendere due parole per
spiegarle cosa diavolo è questo dannato ballo e
perché è così importante.
ringraziamente,“Beh,
il ballo è una tradizione, ce ne sono diversi lungo
l’anno legati a varie
feste. C’è quello dell’inizio della
scuola, Halloween (ma non è obbligatorio), Ringraziamento,
Natale, la festa di primavera e il grande bello di fine anno.
È
importante perché in un certo senso mette nero su bianco
quale sono le
gerarchie scolastiche, è una cosa stupida, ma in questo
ambiente piccolo ha un
grande valore.
Separa
i perdenti dai vincenti, mostra impietosamente gli sfigati che non
hanno
nessuno da portare al ballo e fa sparlare le ragazze sui vestiti che
ognuna di
loro ha indossato in quell’occasione, la musica passa in
secondo piano.
Lei
si gratta il mento.
“Un
po’ come i balli di corte.”
“Qualcosa
del genere, ma in chiave ridotta.
Dio,
io mi prendo un vestito nero e al diavolo Anne e Izzie.”
“Grazie!”
Urlano
le dirette interessate.
“Prego!”
Rispondo
io sarcastica.
Arriviamo
in centro e Anne parcheggia poco lontano da un palazzo alto e largo,
deve
essere il famoso centro commerciale, fa impressione.
“È
questo il posto?”
Chiedo
io, deglutendo.
“Esattamente.”
Entriamo
e loro due si dirigono immediatamente verso il secondo piano, io e
Keisha
trotterelliamo dietro di loro, confuse e perplesse.
Arrivate
al secondo piano Isabel e Anne si voltano verso di noi.
“Adesso,
noi andiamo a cercare i nostri vestiti, tu accompagna Keisha.
Ci
vediamo qui tra mezz’ora tra le prove.”
Io
e l’aliena iniziamo a gironzolare per il centro, io non ci
metto molto a
trovare il mio abito: un tubino senza maniche di seta nera che arriva
appena
sotto il ginocchio, ma con uno spacco molto generoso.
Ora
tocca a lei.
Lei
sceglie un abito color panna di cotone lavorato (a me ricorda il
centrino
gigantesco che c’è a casa di mia nonna, ma ok),
con delle spalline abbastanza
larghe.
Noi
due abbiamo risolto, ora tocca alle altre due.
Mia
sorella ha scelto un abito verde acqua senza spalline che si stringe
sotto il
seno grazie a una cordicella e che le arriva sopra la ginocchia e che
una riga
di tessuto lavorato qualche centimetro sotto l’orlo.
Anne
ha scelto un abito rosso senza maniche, la parte del seno è
di seta e si
incrocia esattamente al centro, la gonna – che le arriva poco
sopra le
ginocchia – è di chiffon, sotto si vede la
federa rossa.
“Bene,
ora si fa la prova dei vestiti!”
Esclama
eccitata mia sorella.
Stiamo
tutte benissimo, ora mancano le scarpe e i gioielli.
Io
prendo un paio di scarpe nere con il tacco altissimo laccato di rosso,
un paio
di guanti neri – giusto per stare vintage – una
borsa minuscola e una collana e
un braccialetto di falsi diamanti.
Keisha
invece compra dei sandali azzurri che si chiudono alla caviglia con due
eleganti lacci, il resto della scarpa è marrone ed
è di quel colore che si
prende una borsa, la collana invece è di pietre dure azzurre.
Mia
sorella compra un paio di sandali arancioni a tacco alto e con un
po’ di zeppa
bianca, una mini borsa in tinta con l’abito e una collana
d’ambra.
Anne
invece prende una minuscola borsa nera, degli elaborati sandali neri
che le
arrivano poco sopra la caviglia e un collare di velluto con al centro
un
diamante fisso.
Spero
che il manicomio sia finito, visto che tutte hanno trovato quello che
desideravano e probabilmente non sfigureremo al ballo.
Paghiamo
tutto alla cassa, incredibile come queste stronzate siano costose.
“Spero
che il gioco valga la candela, perché abbiamo speso un bel
po’ di soldi.”
Mugugno
io.
“Sempre
la solita ottimista.”
“Cerco
di essere realista. Cosa ne dite di andare a mangiare qualcosa in un
Mac?
Ho
una fame della madonna.”
Mia
sorella e Anne mi guardano incredule.
“Ma
bisogna stare a dieta per entrare negli abiti.”
Io
chiudo gli occhi, inspiro profondamente e stringo le mani a pugno.
“Sentite,
non fatemi salire il crimine prima del tempo!
Già
odio dover andare a questo ballo, se adesso mi private anche del Mac
faccio una
strage.”
Isabel
e Anne sospirano.
“Va
bene, va bene, serial killer in incognito.”
Cariche
di buste e borsette ci dirigiamo verso il Mac Donald del centro
commerciale e
ordiniamo più o meno tutte uno spuntino sostanzioso.
Io
inizio a sentirmi un po’ meglio, deve essere
l’effetto della pancia piena. Si è
sempre di buon umore dopo aver mangiato.
“L’hai
già chiesto a Tom, Chia?”
“No,
perché? Tanto ci viene con me se vuole vivere.”
“Ok,
ma tocca alle ragazze chiedere e tu devi chiederglielo.”
Io
alzo gli occhi al cielo, pensando che odio i balli, purtroppo non
c’è nulla da
fare.
“Va
bene, va bene, lo farò. Spero solo che qualcuna non ci abbia
provato o la
cuocio a fuoco lento.”
Le
altre ridono.
Finita
anche la pausa da Mac Donald, prendiamo le nostre cose, paghiamo e ce
ne
torniamo a Poway.
Domani
chiederò Tom di venire al ballo e spero – sul
serio – che qualche vacca non ci
abbia provato prima di me.
Arrivate
a casa, troviamo mamma in salotto, ha un’espressione di pura
curiosità che non
mi piace per niente.
“Allora,
ragazze! Cosa avete preso?”
Cinguetta
lei allegra.
Oh,
no! Fa che non sia quello che penso!
“Se
vuoi te lo mostriamo subito!”
Risponde
Izzie con un sorrisone, lei tira immediatamente fuori il suo abitino
verde acqua,
i sandali arancioni e bianchi, la borsa e la collana.
Mia
madre la guarda piena di ammirazione e di felicità, sembra
non abbia mai visto
nulla di più bello.
“E
tu?”
“Io
cosa?”
Cerco
di fare la svampita, ma non inganno nessuno, così sbuffando
metto il mio tubino
di seta nera, i guanti, la borsa e il braccialetto e il collare di
diamanti
finti, la milleottanta non la mollo.
“Tesoro,
stai benissimo! Sembri Audrey Hepburn!”
Non
esageriamo, quella era davvero sempre elegante con due stronzate
addosso e poi non
aveva i capelli azzurri.
“Grazie,
mamma! Ma non ti sembra di esagerare?”
Lei
scuote la testa, qualche lacrima le solca il viso.
“Siete
bellissime!”
Ci
abbraccia e stranamente in questa manifestazione sento lo strano sapore
dell’addio.
Addio
a che cosa o a chi non lo so.
So
solo che presto ci sarà un addio.
Angolo di Layla.
Eh, sì. Joel
è decisamente un traditore e presto pagherà.
Vabeh, non anticipo nulla. Grazie a Graceansmile
per la recensione.
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Capitolo 22 *** 22)Sangue chiama vendetta. ***
22)Sangue chiama vendetta.
Il
giorno del gran ballo è arrivato.
È
stato piuttosto imbarazzante chiedere a Tom di venire al ballo con me,
come se
fossi una ragazzina alle prime armi.
Avrei
voluto seppellirmi quel giorno, fortunatamente non l’ho
fatto, sarebbe stato
difficile spiegare la presenza di uno zombi a un ballo del liceo.
Tom
mi è sembrato contento quando gliel’ho chiesto,
ora non so niente. Ora sono
impanicata davanti al mio armadio, su cui mia madre ha attaccato il mio
vestito.
Lo
tolgo e lo tocco, la seta scorre liscia sotto le mie dita, mia madre
dice che
sto bene così, e allora da dove arriva tutto questo panico?
Forse
perché i balli scolastici non sono mai solo balli
scolastici, ma una specie di
prova di sopravvivenza in cui devi essere bene armato di armi non
convenzionali: trucco, abito, borsetta, accessori, ragazzo giusto.
Sto
ancora contemplando l’abito, come se fosse una bestia feroce,
quando la porta
della mia camera si spalanca con violenza. È mia sorella che
è già vestita.
“Che
ci fai ancora in mutande?
Tra
poco arriverà la parrucchiera!”
“Ho
un po’paura a mettermelo.”
Lei
mi guarda esasperata.
“Chiara,
ti sta benissimo, non vedo perché dovresti avere paura di
mettertelo.”
Io
sospiro e stacco delicatamente il vestito dall’appendiabiti e
finalmente me lo
metto, lo specchio mi rimanda l’immagine di una ragazza un
po’ perplessa, ma
che tutto sommato, non è male.
“Vedi,
razza di zuccona?
A
Tom verrà un’erezione solo vedendoti!”
“ISABEL!”
Urliamo
in coro io e mia madre, lei si gratta la testa, rossa come un pomodoro.
“Scusate,
è che stando con Mark ogni tanto rispondo come farebbe
lui.”
Mia
madre scuote la testa, Mark le sta simpatico, ma non le piace che parli
come uno
scaricatore di porto.
“Non
è necessario che ci rendi partecipi di come parla Mark
Hoppus,comunque volevo
dirti che è arrivata la parrucchiera.”
“Oh, merda!”
Esclamiamo
insieme io e mia sorella, mia madre decide di lasciar perdere le
questione
parolacce e ci precede nello scendere dabbasso. La parrucchiera
è una donna sui
quarant’anni, sorridente.
“Allora,
ragazze! Come li volete i vostri capelli?
Complimenti
per il tuo azzurro!”
“Oh,
grazie!
Io
li vorrei a onde, un po’ anni quaranta.”
Lei
annuisce.
“E
tu?”
“Io
vorrei uno chignon con magari qualche ciocca che sfugga, per renderlo
più
sbarazzino o qualcosa del genere.”
“Va
bene.”
La
donna si mette al lavoro prima su di me e poi su mia sorella, odio
avere
forcine e bigodini enormi tra i capelli quando potrei fare da sola con
i miei
poteri.
Lo
chignon di Izzie comunque sta venendo bene, è elegante, ma
con tocco studiato
di trascuratezza che lo rende davvero carino.
Io
paziento un altro po’, poi finalmente anche i miei capelli
sono liberi da
bigodini e forcine e vedo le tante desiderate onde tra i miei capelli,
mi
scappa un sorriso.
Sto
davvero bene così, magari ogni tanto me le faccio anche da
sola.
“Che
belle che siete, ragazze!”
Esclama
mia madre.
“Già.
Grazie, signora, ha fatto un buon lavoro!”
Lei
alza le mani.
“Ordinaria
amministrazione, dove sono i vostri cavalieri?”
“Dovrebbero
arrivare!”
In
effetti Tom e Mark sono leggermente in ritardo, ma conoscendoli non mi
stupisce.
Poco
dopo arrivano e sembrano parecchio a disagio nei loro smoking, Mark
soprattutto
visto che i suoi capelli blu sono la cosa meno adatta a uno smoking che
ci sia.
Hanno
entrambi in mano un mazzo di fiori, Tom rosse e Mark orchidee azzurre.
I miei
occhi si illuminano, Tom me le consegna un po’ imbarazzato.
“Piccola,
stai… Sei bellissima!”
Mi
dice facendomi arrossire, mia sorella è più o
meno nella stessa situazione.
“Ragazzi
una foto?”
Mia
madre fa una foto a noi tutti insieme, poi una alle coppie, poi una mia
e una a
Izzie. Ha gli occhi leggermente umidi.
“Sembrava
ieri che andavate all’asilo e ora state per andare a un ballo
dell’ultimo anno
di liceo.”
Io
non so bene cosa dirle, è come se mi si fosse formato un
groppo in gola, è
davvero passato tanto tempo da allora. Mi sono successe tante cose,
alcune belle
e alcune brutte, mi manca quell’innocenza che avevo allora.
“Chia?”
“Niente.
Mamma,
il tempo passa e l’importante è che siamo tutti
qui più o meno felici.”
Lei
mi sorride.
“Hai
ragione e adesso andate o farete tardi.”
Oh,
già! C’è da sbrigare questa incombenza.
Usciamo
da casa mi e ci infiliamo nella macchina di Tom, diretti verso la
scuola. Mia
sorella e Anne sono su di giri, io sono sullo scettico andante.
Perché
andare a questo stupido ballo?
Parcheggiamo
e notiamo che le cheerleader e i giocatori di football che fanno coppia
hanno noleggiato
una limousine.
Esagerati.
Scesi
dalla macchina, troviamo Johnny, Keisha e David ad aspettarci alla
porta.
Johnny sembra molto a disagio nel suo smoking, non l’ho mai
visto con qualcosa
di diverso dai jeans e dal chiodo.
“Izzie,
passami la macchina fotografica.”
Le
chiedo con una vena sadica nella voce.
Inquadro
Johnny e gli urlo di dire “cheese”, lui alza il
medio come risposta, ma intanto
la foto che lo comprometterà a vita è stata
scattata.
“Chia,
sei una bastarda se ti ci metti!”
Io
rido, Anne, appesa al suo braccio, emana felicità da tutti i
pori.
Entriamo,
Anne trascina subito il mio amico verso l’angolo del
fotografo e lo obbliga a
farsi fare una foto con lei.
“Noi
possiamo saltare questo passaggio, vero?”
Chiedo
speranzosa al mio ragazzo.
“No,
no.”
Risponde
mia sorella.
“Devi
eseguire tuuuuutti i rituali
del ballo.”
“Che
palle.”
Sbuffando,
mi avvio verso il dannato angolo con Tom. L’uomo che presiede
alle operazione è
sulla cinquantina e sembra scazzato al massimo, probabilmente deve
avere visto
milioni di balli liceali ed esserne stufo.
Ci
fa piazzare davanti a un atroce sfondo azzurri sfumato e ci dice di
abbracciarci, baciarci, fare quello che le coppiette fanno e di
muoverci.
Il
“click” della macchina ci coglie mentre Tom mi sta
baciando una guancia, pago i
soldi per la foto e gli lascio l’indirizzo a cui mandarla una
volta sviluppata.
Fatto.
Adesso
immagino che si ballerà e che non ci sarà nulla
di simile al punk, seguo
l’abito verde acqua di mia sorella e mi trovo nella palestra
della scuola,
tutta addobbata con festoni e palloncini, in un angolo
c’è il buffet che
comprende un punch analcolico.
La
musica è atroce, una musica lenta melodica anni
’50, niente di diverso da
quello che mi ero immaginata.
Sarà
una noia mortale.
Scazzata
e con i piedi già doloranti mi siedo su una delle sedie
seminate ai lati del
locale, non ho voglia di ballare, Isabel invece ha già
trascinato in pista quel
povero cristo di Mark.
Tom
si siede accanto a me, ha in mano due bicchieri di punch e ne passa uno
a me,
lo bevo e penso che dopotutto non è male.
“Sarà
una seratina noiosa.”
“Abbastanza.”
“Scappiamo
al Soma?”
Mi
chiede.
“No,
mia sorella mi ucciderebbe poi. Ha deciso che devo godermi tutti i riti
del
liceo, ugh.”
Lui
mi guarda con compassione e mi batte una mano sulla spalla, per
esperienza
sappiamo che una sorellina fissata su qualcosa non va contraddetta.
“E
allora andiamo a ballare, che ne dici?”
“Fammi
finire il punch e sarò la tua Cenerentola.”
“Ma
ti rendi conto che il principe azzurro è impazzito per una
scarpa, che magari
era anche puzzolente e ha voluto trovare Cenerentola per una misera
scarpa?
Doveva
essere un bel feticista.”
“Se
avrai dei figli per favore ometti loro questo commento e poi era una
signora
scarpa, dove la trovi ora una scarpa di cristallo?”
Lui
sbuffa.
“In
una cristalleria e non penso ne esista una che possa reggere il peso di
un
umano, anche di un’anoressica cronica.”
“Smonta
sogni.”
“Pff!”
Io
appoggio il mio bicchiere a un tavolo solitario e accetto la mano di
Tom che mi
porta ai margini della pista.
Balliamo
cautamente, nessuno dei due è un gran ballerino, Tom mi
pesta un piede quasi
subito e con le scarpe che indosso sono catapultata al centro della
galassia.
“Che
hai da imprecare come una scaricatrice di porto?”
“Mi
hai pestato un piede e con questi strumenti di tortura che ho ai piedi
fa
male.”
“Va
bene, la prossima volta starò più
attento.”
Continuiamo
a ballare solo per un altro quarto d’ora, poi scappo di nuovo
al tavolo e cerco
conforto in un altro po’ di punch.
In
pista Keisha e David ballano in modo impeccabile, Anne e Johnny sono un
po’
titubanti, ma nel complesso se la cavano bene.
Non
vedo mia sorella e Mark e all’improvviso tutti i miei
campanelli d’allarme si
mettono a suonare. Mi alzo e cerco Hoppus, lo trovo poche sedie vicino
a noi
che guarda la pista.
“Mark,
dov’è Izzie?”
“In
bagno, ma ci sta mettendo troppo.”
“Vado
a controllare io.”
Lui
annuisce, non può entrare nel bagno delle donne essendo un
maschio, io sì.
Vado
in bagno e non trovo mia sorella, ora sono preoccupata sul serio, un
segnale
d’allarme sordo e intermittente pulsa nel profondo del mio
cervello.
“Isabel,
merda!”
Esclamo
a bassa voce, pensando che questa volta forse ce la fa a far fuori
qualcuno che
mi è caro.
Esco
nel parcheggio e mi guardo attorno, non c’è
nessuno, ma questo non significa
nulla, lui potrebbe andarsene già andato, magari
però è stato visto. Ci sono
sempre un sacco di coppiette che pomiciano qui durante il ballo e poi
non è
detto che a mia sorella sia successo qualcosa.
Cammino
un po’ per il parcheggio poi vedo un corpo steso alla luce di
un lampione,
indossa un abito verde acqua.
Isabel!
Corro
e mi accorgo che respira ancora, non è troppo tardi.
Inizio
a curarla, ma non ci riesco, i tessuti non rispondono come dovrebbero e
il
sudore inizia a colare lungo la mia schiena, uno sgradevole sudore
freddo che
sa di paura. Esiste un veleno molto usato sulla luna dei ribelli che
impedisce
a noi di guarire i feriti, ne ho visti a centinaia morire
così.
L’unico
modo per salvarlo è avere un antidoto, ma Keisha non
l’ha portato e ha iniziato
a prepararlo solo qualche giorno fa e ci vogliono mesi per far
sì che sia
pronto.
“Isabel,
Isabel non lasciarmi.”
“Chia,
sento freddo.
Io…
non ce la farò, ma ti voglio bene e ne voglio anche a mamma
e papà.
Di’
a Mark che lo amo.”
“Hai
visto chi ti ha aggredita?”
“Un
ragazzo mascherato.”
Io
continuo a tentare di guarirla con le guance rigate di lacrime, non sta
funzionando, non sto riuscendo a salvare mia sorella, la mia prima
amica.
“Chia, Chia…
Ti voglio bene, ricordati di dirlo a
ma’ e pa’ e che a Mark che lo amo.”
Emette
un rantolo terribile, poi il sui cuore smette di battere.
È
morta.
“ISABEL!”
Urlo
con tutto il fiato che ho in corpo e piangendo come una matta, china
sul suo
corpo freddo e insanguinato.
Lentamente
sento che arriva gente, che parlano, qualcuno tira fuori un cellulare e
chiama
il 911, io rimango con lei.
Sento
una mano posarsi sulla mia
spalla, è Tom
e accanto a lui ci sono gli latri.
Io
continuo a piangere fino a quando non arriva un’ambulanza e dei paramedici mi staccano
a forza da lei e
la caricano sulla vettura.
Io
abbraccio Tom e poi lo seguo dentro la scuola, stordita come sono mi
rendo
conto solo dopo un po’ che siamo nello studio della psicologa
della scuola, che
c’è lei e che c’è un
poliziotto.
Ho
una tazza di the caldo tra le mani e ne bevo un sorso.
“Credo
sia tornata in sé.”
Dice
la psicologa al poliziotto che annuisce.
“Non
la strapazzi, ha subito uno shock terribile stasera.”
“Va
bene.”
Il
poliziotto si rivolge a me.
“Buonasera,
posso darti del tu?”
“Faccia
come vuole.”
“Ok,
chi sei?”
“Sono
Chiara Malone, la sorella di Isabel… la vittima.”
“Da
quello che mi ha detto la psicologa la famiglia di Isabel ti aveva
adottata.”
“Se
crede che io la odi per questo motivo, si sbaglia. I nostri rapporti
erano
buonissimi, era mia sorella anche senza una goccia di sangue in comune.
Chieda
in giro se vuole.”
Lui
annuisce.
“Sto
solo cercando di ricostruire i fatti.”
“Va
bene. Alle otto Mark, il suo ragazzo e Tom, il mio sono venuti a
prenderci a
casa con la macchina di Mark per andare al ballo.
Izzie
era elettrizzata, amava questo genere di cose e non vedeva
l’ora di sfoggiare
il suo nuovo abito verde acqua. L’avevamo preso qualche
giorno fa in un grande
magazzino di San Diego e lei era così felice, mentre se lo
provava.
Tornando
a stasera, siamo arrivati a scuola e abbiamo parcheggiato. Sulla porta
abbiamo
incontrato dei nostri amici.”
“È
possibile avere dei nomi?”
“Certo.
Il ragazzo di Isabel è Mark Hoppus, il mio si chiama Thomas
Matthew DeLonge. In
quanto agli amici erano: Johnny Mayer, con la sua ragazza Anne Hoppus,
Keisha
Dupont e il suo ragazzo David Kennedy.
Per
favore non torturi Johnny anche se è stato in un istituto
per orfani fino a
diciotto anni e ha la fama di essere un teppista, è un bravo
ragazzo. È mio
amico da quando eravamo entrambi all’istituto e conosce anche
mia sorella, si
vogliono bene.”
Lui
annuisce.
“Prosegui
pure. Vi siete incontrati e?”
“Niente,
le solite chiacchiere tra ragazzini, poi mia sorella ha trascinato Mark
a farsi
una foto con lei dal fotografo e ha obbligato me a fare lo stesso con
Tom,
voleva che mi “godessi” tutti i rituali del
liceo.
Finito
quello lei si è buttata in pista e io sono rimasta seduta ai
lati per un po’ con
il mio ragazzo, non amo ballare.
Alla
fine sono entrata in pista, ma ci sono rimasta poco, Tom mi ha pestato
i piedi
non so quante volte. È troppo alto ed è
scoordinato ogni tanto.
Mentre
mi stavo riposando ho dato un’occhiata alla pista, ho visto
Anne e Johnny,
Keisha e David, ma non mia sorella e Mark.
Mi
è sembrato strano.”
“Perché?”
Sospiro,
muovo i piedi e vedo il the muoversi pericolosamente nella tazza, forse
un’ustione mi risbatterà nella mia
realtà da incubo.
“Perché
mia sorella ama ballare, ogni tanto al sabato sera – quando
non è impegnata con
noi punkettoni – va in un locale a San Diego.
Il
ballo è il posto giusto per scatenarsi per una come lei,
così mi è sembrato
strano e mi sono preoccupata. Sono la sorella più grande,
è da quando avevo sei
anni che io e Isabel facciamo squadra.”
“E
cosa hai fatto poi?”
“Sono
andata a cercare lei e Mark, ho trovato solo Mark seduto su una delle
sedie,
gli ho chiesto dove era mia sorella e lui mi ha detto che era in bagno.
Ci
stava tenendo troppo, sembrava leggermente preoccupato, così
sono andata a
controllare in bagno.”
“L’hai
trovata lì?”
Scuoto
la testa.
“No,non
l’ho trovata. Sono uscita da una delle uscite di emergenza
lì vicino,
dovrebbero essere chiuse, ma un sacco di gente durante e dopo il ballo
esce dalla
palestra per pomiciare in macchina, nel parcheggio.
Sono
uscita e ho gironzolato un po’, era buio. Le uniche fonti di
luce sono i pali
della luce che ci sono nel parcheggio e sotto uno di questi ho visto un
corpo
con un vestito verde acqua terribilmente simile a quello di Izzie.
Era
lei.
Mi
ha parlato, io ero talmente scossa che non ho nemmeno provato a
chiamare
l’ambulanza, la ferita al cuore mi sembrava…
mortale.”
Lui
annuisce, dai miei occhi scendono lacrime nere che si infrangono e
mischiano
con il the.
“Cosa
le ha detto sua sorella?”
“Che
mi voleva bene, che ne voleva anche a mio padre e a mia madre e che
amava Mark.
Le
ho chiesto se avesse visto il suo assalitore, ma mi ha detto che era
mascherato
e non ha visto il volto.
Poi
ha detto ancora che ci voleva bene ed è… morta.
Poi
mi sono messa a urlare, è arrivata gente e qualcuno ha
chiamato il 911 e adesso
sono qui a rivivere l’ultima giornata di mia sorella in uno
studio squallido
con un poliziotto che sospetta di me.”
Concludo
con una punta di rabbia.
“Io
non sospetto di te.”
“E
perché si comporta come se lo facesse?”
Lui
sospira.
“Capisco
che tu sia sconvolta, era tua sorella, ma io ho bisogno di elementi per
trovare
l’assassino, ho bisogno di un quadro completo.
Che
tu sapessi tua sorella aveva qualche nemico?”
“Che
io sapessi, no.
Non
era una popolare, ma era comunque molto benvoluta da tutti per il suo
buon
carattere. Era una di quelle persone che sorridono sempre e sono
disposte ad
aiutare sempre.”
“Grazie,
il tuo aiuto è stato prezioso.
Qui
fuori ci sono i vostri genitori, adesso entreranno.”
Io
annuisco come un automa, non so se sono pronta a vedere mamma e
papà, ma non
ho scelta.
La
porta si apre e mia madre mi travolge con un abbraccio lacrimoso, mio
padre
sembra stordito, un pugile suonato che ha ricevuto un bel colpo dal
destino.
“La
mia Isabel! La mia piccola Isabel!”
Singhiozza
mia madre.
“Almeno
è morta felice con il suo vestitino nuovo.”
Io
mi sfilo dal suo abbraccio e lascio che sia la psicologa a consolarla,
in
questo momento non sono in grado di reggere una reazione come la sua.
Abbraccio
Tom e Johnny e scoppio a piangere, lasciando che sia il loro calore a
scaldarmi
e le loro parole a consolarmi.
Mia
sorella è morta, nessuno me la ridarà indietro.
L’unica
cosa che mi rimane da fare è trovare il suo assassino
– e ho una mezza idea di
chi possa essere – e farlo fuori.
Sangue
chiama vendetta.
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Capitolo 23 *** 23)Addio, Isabel. ***
23)Addio, Isabel.
Ci
sono poche cose più difficili da sopportare che il funerale
della tua
sorellina.
Quella
sorellina che c’è sempre stata e che hai sempre
protetto, ma che non sei
riuscita a salvare da chi sei e dalle conseguenze che comporta
l’essere
un’aliena.
La
persona che l’ha uccisa sapeva che non avevamo
l’antidoto per quel veleno e
solo una persona lo sapeva: Joel.
Non
è mania di persecuzione, uno dei miei soldati ha sentito la
sua presenza nel
parcheggio quando avrebbe dovuto essere a casa a fare la muffa.
Questo
potrebbe significare due cose: Joel ci ha traditi, quello che si fa
chiamare
Joel in realtà non è Joel, ma un nemico.
In ogni caso, sono
qui al cimitero in una fredda
giornata di novembre e sotto un cielo di piombo a guardare la bara di
Isabel
che viene calata in una buca.
Il
prete dice qualche parole e poi intonano il suo inno preferito, finito
quello i
miei buttano una rosa bianca e una manciata di terra, poi tocca e me.
Io
ho scelto un rosa rossa come il suo sangue e una volta buttata sulla
bara,
spicca in un modo terribilmente lugubre, come se anche la bara
sanguinasse.
Dopo
di me c’è Mark: indossa gli occhiali da sole ed
è sorretto da Anne,
butta una margherita – il fiore
preferito di mia sorella – e se ne va.
Tom
è sempre accanto a me, non so cosa avrei fatto senza di lui
in questi giorni,
probabilmente sarei morta di fame, visto che lui è
l’unico che riesce a farmi
mangiare.
“Tom.”
“Dimmi,
Chia.”
“Lo
troverò e lo ucciderò.”
Lui
annuisce.
“Hai
già un’idea.”
“Di
più, ho una certezza. Alla prossima missione qualcuno
finirà male e non sarà
nessuno di noi buoni, ma un certo principe ghiacciolo del
cazzo.”
Tom
non dice nulla, ma mi stringe di più nel suo abbraccio.
Poco
dopo iniziano a cadere piccoli fiocchi di neve dal cielo, forse
è l’ultimo
regalo per mia sorella, lei amava la neve.
I
miei si avvicinano a me, io sospiro.
“Mamma,
papà, posso evitare di venire al rinfresco?
Sarebbe
come festeggiare la sua morte e non posso sopportarlo, io avrei voluto
che
vivesse.”
Mi
abbracciano tutti e due e annuiscono.
“Sì,
piccola. Vai dove credi sia meglio andare.”
Li
guardo allontanarsi da me e Tom e mi sembrano invecchiati di colpo di
vent’anni, la morte di Izzie è stata un colpo
terribile, soprattutto per loro
che avrebbero tanto voluto una famiglia numerosa.
“Dove
andiamo?”
Mi
riscuoto al suono della voce di Tom.
“Alla
casa nel deserto, non voglio vedere nessuno se non voi.”
Lui
annuisce e usciamo mano nella mano dal cimitero, dove è
appena stata tumulata
Isabel Malone a soli diciassette anni.
Salgo
nella macchina di Tom, lui gira le chiavi e finalmente ce ne andiamo,
non ce la
facevo più a rimanere lì.
“Hai
freddo?”
Mi
chiede Tom.
“No,
sto bene.”
Lui
guida tranquillo per Poway e poi si dirige verso il deserto,
lì la neve si è
trasformata in una tempesta di sabbia, a stento troviamo la solita
piazzola.
“Sei
sicura di volerci andare?”
“Sì,
non ti preoccupare. Non ci perderemo.”
“Ok.”
Scendiamo
dalla macchina e gli porgo la mano che accetta volentieri, con
sicurezza lo
guido attraverso la sabbia che ci viene sputata contro dal vento.
Un
quarto d’ora dopo siamo arrivati alla casa nel deserto,
dentro fa freddo, così
mi dirigo verso il caminetto e accendo il fuoco, poi mi tolgo il
cappotto e
rimango con la mia felpa nera, i jeans neri, infilati negli anfibi di
cui sto
osservando la punta senza nessun reale interesse.
Tom
si muove nella stanza e poco dopo mi mette un panino sotto il naso.
“Mangia.”
Io
annuisco e lo mangio meccanicamente, bevo e solo alla fine tiro fuori
un grande
album fotografico dalla borsa.
Tom
si siede accanto a me mentre lo sfoglio.
Gli
indico una foto con una bambina dai capelli neri e l’aria un
po’ sperduta che
viene abbracciata da un'altra dai capelli rossi.
“L’abbiamo
fatta il nostro primo giorno di scuola, lei era così felice
di avere una
sorella, anzi una sorellona come mi chiamava.”
Tramite
l’album vedo gli anni passarmi davanti, le medie e il suo
primo ballo,
indossava un vestitino giallo che le stava a meraviglia.
Mi
ha detto che è lì che ha dato il suo primo bacio
e che è stato con Johnny,
mentre tutti e due erano un po’ brilli, il solito buontempone
aveva aggiunto
dell’alcool al punch.
Johnny.
Johnny
è stato il suo amore da allora, guardo una foto dove sono
abbracciati, lei
sorride radiosa, lui un po’ impacciato.
“Mia
sorella amava Johnny prima di Mark, mi chiedo se lui l’abbia
mai ricambiata.”
“Sì,
la ricambiavo.”
Mi porto una mano
al cuore per lo spavento.
“Johnny!
Mi hai fatto venire un infarto!”
“Scusa,
non volevo.”
“Cosa
volevi dire quando hai detto che la ricambiavi?”
Lui
sospira.
“Che
sapevo che era cotta di me e lo ero anche io di lei, ma non volevo
metterla nei
guai per quello che ero. Un po’ come con Anne.
Adesso
vorrei avere dato retta ai miei sentimenti, avrei voluto chiederle di
esserla
la mia ragazza a proteggerla da tutte le cose brutte.”
Io
trattengo a stento le lacrime.
“Mark
come sta?”
“Male,
Anne dice che sta tutto il giorno in camera sua e che esce solo per i
pasti, a
volte nemmeno per quelli.”
Io
guardo il pavimento.
“Io
so chi è stato ed è necessario che lo sappiate
anche voi prima che colpisca
ancora.”
Johnny
mi guarda sconvolto.
“Il
killer è Joel, non so se sia passato dall’altra
parte o semplicemente quello
sia un sosia.
So solo che è pericoloso e che la prossima cosa che ci
proporrà sarà
probabilmente una trappola, dovete saperlo tutti.”
“Keisha
non ti crederà mai.”
“Non
lo dirò a Keisha, lei sarà l’unica a
rimanere sorpresa, ma meglio una che
tutti.”
Rispondo
piatta.
“Sei
sicura?”
“Uno
dei miei soldati mi
ha detto che Joel
era nel parcheggio la notte che è
morta
Isabel, Mark ha detto che qualcuno lo aveva chiamato quando
è stato ferito nel
bosco e ha detto che gli sembrava una voce maschile, quando hanno
investito
Anne …”
“Ho
visto uno al volante che sembrava Joel. Ho capito.”
“Non
doveva finire così, Johnny. Non doveva!
Nessuno
doveva essere vittima di quello che siamo!”
Scoppio
a piangere e mi prendo la testa tra le mani, Tom mi abbraccia.
“Forse
dovrei lasciare Anne.”
“No,
lei ha bisogno di protezione in questo momento non di stare da sola,
dobbiamo
stare uniti.”
“Sì,
hai ragione. La mia è stata un’idea
stupida.”
Johnny
si alza dal divano e va verso il frigorifero, torna con in mano tre
bottiglie
di birra ghiacciate e ne porge una a me e una a Tom.
Le
apriamo e poi Jo alza la sua.
“Un
brindisi per Isabel Malone: grande amica, meravigliosa sorella e
fidanzata
innamorata.
Ti
ricorderemo sempre e vendicheremo la tua morte!”
Alziamo
le bottiglie e nei tintinnii che si sentono quando si scontrano
c’è la
solennità di una promessa di morte.
Il
giorno dopo il suo funerale, a scuola c’è stato il
suo memorial.
Hanno
parlato parecchie persone: amiche, compagne, professori, Mark e ho
parlato
anche io.
Con
un nodo alla gola ho descritto mia sorella a casa, ho parlato di quanto
fosse
buona, gentile e comprensiva per la maggior parte del tempo.
È
stato come gettare sale su una ferita, infatti ho finito il mio breve
discorso
con la voce incrinata e gli occhi lucidi.
Sono
filata dritta tra le braccia di Tom, che mi ha stretto forte e ha
appoggiato il
mento sulla mia testa. Siamo rimasti per un po’
così, poi ho sentito qualcuno
accanto a noi singhiozzare piano.
Mi
sono staccata dall’abbraccio del mio ragazzo e ho visto Mark
con le lacrime che
gli colavano sulle guance paffute e che tentava di controllare i
singhiozzi.
Ho
guardato Tom e lui ha annuito, io ho abbracciato il ragazzo di mia
sorella, che
è letteralmente ceduto tra le mie braccia.
“Avevo
giurato di proteggerla, ma dov’ero quando lei veniva
aggredita?
Su
una cazzo di sedia perché non avevo il coraggio di andare a
controllare nei
bagni delle femmine!”
“Anche
io avevo giurato di proteggerla e ho fallito, nemmeno io riesco a
perdonarmelo,
non avrei dovuto dire nulla a nessuno. Lei ha pagato per una mia
debolezza, ma
se lei fosse viva mi direbbe di smetterla.
Dobbiamo
pensare al futuro e punire chi l’ha uccisa.”
Lui
si stacca da me.
“Tu
sai qualcosa, vero?”
“Sì,
ma questo non è il luogo adatto per parlarne. Ve
l’avrei detto dopo, ma tant’è,
oggi pomeriggio venite alla casa nel deserto, senza farvi vedere da
Keisha,
devo parlare a voi e solo a voi, ok?”
Lui
mi guarda leggermente incredulo.
“Perché
vuoi tagliare fuori lei?”
“Quando
avrai sentito cosa avrò da dirti, capirai.”
Lui
annuisce e sospira.
“È
morta dicendo che mi amava, devo fare qualcosa per lei. Devo.”
“Lo
so.”
Finito
il memorial torniamo alle solite lezioni, anche se io ho la testa da
un’altra
parte e per una volta anche i professori capiscono perché.
Mark
si sente in colpa, io mi sento almeno il triplo in colpa di lui, le ho
rivelato
il segreto e quando ho visto la serie di incidenti non l’ho
protetta
abbastanza. Avrei dovuto uccidere Joel nella foresta e poi dire che mi
ero
sbagliata o qualcosa del genere, lei sarebbe ancora viva.
-Sei
riuscito a sfuggirmi una volta, ma uccidendo mia sorella hai firmato la
tua
condanna a morte, bastardo.-
L’ultima
lezione è educazione fisica, ma chiedo al professore di
essere esonerata, lui
accetta e io passo le due ore successive a guardare le mi compagna
giocare a
pallavolo.
Il
suono della campanella mi giunge grato, prendo la mia roba ed esco
dalla scuola
di soppiatto, come una ladra, e salgo sulla mia macchina sperando che i
due
fratelli alieni non mi abbiano visto.
Metto
in macchina e schizzo fuori dal parcheggio controllando di non avere
nessuno
che mi segua quando imbocco la via per il deserto: sono più
sola di un vedente
nel paese dei ciechi.
Raggiungo
la solita piazzola, semi invasa dalla sabbia che la tempesta ha smosso
qualche
giorno fa, e poi scendo dalla macchina.
Il
clima è mite, ma io rabbrividisco lo stesso a Poway la neve
continua a farla da padrone
e lascia addosso il freddo, ora che le considerazioni
filosofico-meteorologiche
sono finite mi incammino.
Arrivo
al familiare sperone di roccia e percorro la scala che sale a spirale,
entro e
trovo Johnny, Tom e i due fratelli Hoppus che si scaldano attorno al
caminetto.
“Salve.”
“Ciao!”
Mi
salutano tutti, Anne e Mark sono curiosi, Mark sembra particolarmente
conciato
male.
“Beh,
sarò breve.
Ho
dei fondati motivi per credere che il colpevole di queste aggressioni
sia Joel
e che stia preparando una trappola, perciò la prossima volta
che propone una
gita state attenti.”
“Perché
credi sia lui?”
Mi
chiede Mark.
“Perché
quando quell’auto ha travolto Anne, Johnny ha visto al
volante una figura che
sembrava quella di Joel e quando tu, Mark, sei stato attirato dalla
radura hai
detto di avere sentito uno dei nostri che ti chiamava. Una voce
maschile.
Né
Johnny, né Tom ti hanno chiamato, ne rimane solo uno.
Senza
contare che la notte in cui Izzie è morta uno dei miei
soldati ha sentito
l’aura di Joel qui attorno, quando Keisha ci aveva assicurato
che era rimasto a
casa.”
I due fratelli si
guardano.
“Ok,
staremo in guardia.”
“Bravi
e la prossima volta vi posso giurare che avrà quello che
merita, uccidere mia
sorella è stato il suo errore più grande visto
che ha risvegliato in me la
voglia di vendetta.”
“Noi
ti aiuteremo.”
“Va
bene.”
Il
patto è stretto, Joel ha i giorni contati.
Una
volta deciso ciò scendo anche io a scaldarmi davanti al
caminetto e cerco di
chiacchierare normalmente. È difficile fare le cose
normalmente quando hai un
lutto in corso.
Penso
a tutte le cose che Isabel avrebbe detto e fatto se fosse stata qui e
mi si
stringe il cuore, lei non potrà fare più nulla.
Tutti
i suoi sogni e le sue ambizioni sono morti con lei e la cosa peggiore
è che è
morta senza nemmeno poterci provare.
Qualcuno
le ha tarpato le ali nel modo più crudele possibile.
Una
morte del genere chiama vendetta e io ho intenzione di rispondere.
“Chia?”
La
voce di Tom mi riporta alla realtà.
“Sì?”
“Senti
ti andrebbe di dormire da me stasera?”
Sono
secoli che non abbiamo un momento solo per noi ed effettivamente
iniziavo a
sentire la sua mancanza.
“Ma
i tuoi sono a casa!”
“Potremmo
venire qui se Johnny è d’accordo.”
Il
mio amico alza una mano.
“Fate
fate, stasera sono a casa da solo o forse viene Anne, in ogni caso non
sarò
qui.”
Annuiamo.
“Allora,
va bene. Ci vediamo qui alle sette e mezza.”
Mi
dice sorridendo.
Poco
dopo ce ne andiamo tutti e io penso a come dire ai miei che stasera
dormirò
fuori, l’unico elemento saldo rimasto in casa mia
è mio padre, mia madre dorme
quasi sempre per via dei sonniferi e dei calmanti, non è
ancora riuscita ad
accettare la morte di Isabel.
Arrivo
a casa mia e trovo le luci spente, mio padre è sul divano
che fissa il soffitto
stralunato.
“Ciao
papà.”
“Ciao,
Chia. Ho appena fatto mangiare la mamma, adesso preparo qualcosa per
noi.”
“Non
ti preoccupare faccio io. Tom mi avrebbe invitato da lui stasera, posso
andare?”
Lui
sospira.
“Vai,
sei giovane e ne hai il diritto. Tua sorella avrebbe voluto che ti
dessi il
permesso e poi lui e Johnny si stanno prendendo cura di te meglio di
noi.”
“Non
darti troppe responsabilità, tu devi aiutare la mamma,
è lei quella che sta
peggio. È giusto quello che stai facendo.”
“La
mia vita mi sembrava troppo bella, avevo una moglie che mi amava, due
figlie
meravigliose e a volte avevo l’impressione che Dio mi avesse
concesso troppo.”
“Papà,
basta, ti prego!”
Lui
annuisce.
“Scusami.”
“Non
ti devi scusare. Adesso ti preparo la pasta che ti piace per cena e
vado da
Tom, non torno a dormire, quindi vai a letto presto e – ti
prego – dormi.
Hai
bisogno di dormire.”
Lui
annuisce, io vado in cucina e gli preparo un piatto di pasta con il
sugo e i
wurstel, lui la mangia volentieri, io salgo al piano di sopra e mi
faccio una
doccia.
L’acqua
calda lava via un po’ di gelo per fortuna.
Poi
vado in camera mia e mi metto un vestito che mi ha regalato Isabel
– nero, con
delle decorazioni di teschi e rose rosse sul bordo – le calze
e i miei anfibi,
trucco gli occhi di nero e scendo di nuovo al piano di sotto.
Mio
padre mi sorride.
“Sei
bella, stai bene.”
“Grazie,
papà.
Tu
adesso vai a letto.”
Gli
do un bacio sulla fronte ed esco, nevica ancora, ma la neve ha smesso
di farmi
paura. Nel mio cervello germogliano strani pensieri, se facessi un
incidente e
morissi potrei ritrovare mia sorella e i miei genitori biologici.
L’unica
cosa che mi trattiene, per ora, è che spezzerei il cuore dei
miei genitori
adottivi, anche se prima o poi dovrò farlo. Questa
identità si sta bruciando
come carta in un camino e dovrò sceglierne una nuova.
Guido
fino alla deviazione per il deserto con molta attenzione e poi, una
volta
raggiunta, guido con ancora più prudenza: la strada
è ghiacciata.
Arrivo
alla solita piazzola e parcheggio, poi cammino nella sabbia, al buio la
sabbia
fa quasi paura, è bianca e sembra di camminare su della
cenere. La cenere di un
pianeta alieno o di un mondo distrutto.
Rabbrividisco
e mi stringo di più nella giacca di pelle, mentre i miei
anfibi affondano a
ogni passo nella sabbia.
Finalmente
vedo il mio amato sperone di roccia e mi sento a casa, per un attimo mi
sento
sollevata e tutti i brutti pensieri spariscono. Dentro ci sono Tom e la
cena.
Percorro
le scale, appoggio la mano alla roccia ed entro.
C’è acceso solo il camino e
Tom ha sparsi candele, petali e fiori un po’ ovunque e sul
nostri piccolo
tavolo vedo due pizze fumanti.
“Tom!”
Gli
salto in braccio e quasi rischiamo di cadere dalla scala che porta al
locale.
“Ehi,
quanto entusiasmo!
Cosa
farai quando vedrai la piscina?”
“Piscina?”
Gli
chiedo incredula.
“Ho
chiesto alla stanza se poteva diventare piscina solo per stasera e devi
vedere
com’è venuta!”
Gli
occhi mi luccicano, come se fossi una bambina dentro un negozio di
dolci.
“Uh,
sei colpita! Mi fa piacere, ma ora mangiamo, le pizze si
raffredderanno.”
Scendiamo
le scale, io butto la mia giacca sul divano e mi siedo al tavolo.
Mangiamo
parlando di tutto e di niente, ogni tanto ci vuole una sana
conversazione
leggera in cui non si trattano temi troppo profondi o dolorosi.
Tom
deve averlo capito perché non accenna neanche di striscio
alla morte di mia
sorella, so che soffre anche lui, perché tutti le volevamo
bene, ma lui cerca
di stare su per me.
Gli
sono così grata che nemmeno dargli una luna del mio regno
sarebbe abbastanza
per ricompensarlo.
La
pizza poi è buonissima, chissà dove
l’ha presa?
“Tom,
dove hai preso la pizza?
È
strabuona!”
Lui
ride.
“Nel
nuovo ristorante italiano che hanno aperto in piazza, mi avevano detto
che si
mangiava bene e ho provato, per fortuna fanno anche da pizzeria
d’asporto.”
Io
sorrido.
“Beh,
ci hai azzeccato! È buonissima!
e…”
Abbasso
le mani.
“Grazie
per esserti preso cura di me per tutto questo tempo, non deve essere
stato
facile.”
“Sei
la mia ragazza, è questo che fanno i fidanzati,
no?”
Io
sorrido, ho trovato un ragazzo davvero speciale.
“Grazie,
Ti amo.”
“Ti
amo anche io.”
Ci
sorridiamo a vicenda e nei nostri sorrisi c’è
tutta la felicità del mondo o
almeno quella che posso provare in questo momento.
Grazie
di esistere, amico degli alieni.
Angolo di Layla
Ringrazio Graceasmile
per la recensione.
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Capitolo 24 *** 24)Sole spento. ***
24)Sole spento.
Dire
che amo Tom è scontato, ma in questo momento va ricordato.
Si
è preso cura di me e lo sta facendo anche ora, mentre
mangiamo una pizza in un
locale addobbato con candele e fiori.
Mangiamo
la torta che c’è di dolce e
all’improvviso sento la voglia di baciarlo, così
lo
attiro a me e lo coinvolgo in un bacio mozzafiato.
Immediatamente
sento le sue mani infilarsi sotto il vestito e le mie cercare di
togliergli la
maglia per sentire la sua pelle sotto le mie dita.
Continuiamo
così per un po’, poi mi ferma gentilmente e mi fa
alzare, non prima di essersi
tolto la maglia.
Mano
nella mano lo seguo al piano inferiore, dove ci siamo allenati tante
volte – e
rimango senza parole. Ora c’è una grande piscina
illuminata da dei faretti e
una sorta di gazebo pieno di cuscini.
“Wow!”
Esclamo
senza fiato.
Lui
ride e si toglie i pantaloni, calzini e scarpe, poi guarda me malizioso
come
solo lui sa essere.
“Adesso
è il tuo turno!”
Sospirando
mi tolgo il vestito, le calze e gli anfibi, poi senza preavviso mi
prende in
braccio e saltiamo in piscina insieme sollevando uno tsunami di spruzzi.
Sott’acqua
mi lasci andare e riemergiamo vicini.
“Tom,
questa cosa è meravigliosa!”
Lo
abbraccio e lo bacio, avvolgendo il suo bacino con le mie gambe e
affondando le
mani nei suoi capelli, lui sorride contro il mio bacio e ricambia.
Ci
baciamo ancora un po’, poi lui si stacca e inizia a nuotare,
costringendomi a
seguirlo, si sta divertendo un mondo a farmi eccitare e poi scappare
via
all’ultimo secondo.
Piace
anche a me questo giochetto, ma ora mi sta stancando, voglio lui!
Finalmente
riesco a bloccarlo in un angolo e riprendo a baciarlo, credo sia stanco
anche lui perché traffica un po’ con la chiusura
del mio reggiseno e alla fine
riesce a togliermelo.
Mi
lascia una scia di baci che vanno dall’angolo della bocca
fino al collo, mentre
con le mani tortura abilmente i miei seni, tanto che quando li tocca
con la
lingua urlo dal piacere.
“Tom!”
“Zitta!”
Riprende
di nuovo a baciarmi e a giocare con i miei seni, la mia mano scende
automaticamente verso il basso, verso di lui.
Si
infila con un po’ di fatica nei suoi boxer e cerca di
ricambiare le attenzione,
sento il respiro di Tom farsi più veloce, gli scappa
addirittura un gemito.
“Dio,
non smettere ancora per un po’!”
Mi
dice appoggiando la testa sulla mia spalla.
Io
lo accontento fino a che lui non mi toglie la mano e mi prende in
braccio
portandomi fuori dalla piscina e adagiandomi poi su uno dei cuscini del
gazebo.
Riprendiamo
a baciarci e un suo dito scivola dentro la mia femminilità,
in breve sono due e
i miei gemiti sono fortissimi.
Non
vedo l’ora che questa tortura finisca!
Poco
prima che io raggiunga il punto di non ritorno mi toglie le mutandine e
poi si
toglie i boxer.
Mi
prende per le mani e mi bacia teneramente il naso.
“Pronta?”
Io
annuisco e lui entra in me, si muove con spinte lente e lunghe fino a
che non
diventa insopportabile anche per lui
tenere questo ritmo, poi aumenta.
Arriviamo
insieme all’orgasmo e lui ricade ansante e sudato su di me,
facendomi
sorridere.
Gli
accarezzo piano i capelli e penso che fare l’amore con lui
è sempre bellissimo
e che non voglio separarmi da lui per nessun motivo.
“Bello,
vero?”
Mi
chiede dopo un po’, i nostri corpi si sono parzialmente
asciugati, qui fa
caldo.
“Sì,
molto.
Vorrei
vedere una pioggia di stelle.”
Che
cosa stupida che ho detto!
Lui
però alza la mano e tante piccole lucine cadono su di noi.
“Eccoti
accontentata.”
“Fai
davvero progressi con i tuoi poteri.”
“Ora
sono un alieno anche io!”
Sembra
quasi soddisfatto.
“Alla
fine vi ho stanati!”
“Ti
penti mai di averlo fatto?”
Lui
torna serio.
“No,
altrimenti non avrei te accanto e questo conta molto più di
ogni verifica alla
mia teoria se gli alieni esistano o meno.”
Due
lacrime scendono dai miei occhi.
“Grazie,
sono delle parole davvero belle! Anche a me ha fatto piacere
incontrarvi, anche
se ogni tanto penso che se non fosse stato per me Isabel sarebbe ancora
viva.”
“Lei
avrebbe voluto che tu continuassi a vivere la tua vita, ti voleva molto
bene.”
“Ecco
a cosa l’ha portata volermi bene.”
Lui
mi bacia i capelli.
“Sh!
Smettila di colpevolizzarti, ti prego.”
“Hai
ragione. Mi hai donato una serata meravigliosa ed è giusto
che me la goda fino
in fondo.”
Mi
rannicchio tra le sue braccia e mi sento al sicuro, tra le luci
danzanti sotto
il gazebo.
“Hai
fatto un ottimo lavoro, sono una ragazza fortunata.”
“Molto!”
Io
rido.
“Sei
il solito modesto.”
“Eh,
cosa vuoi farci?”
Mi
dice ridendo.
“Adesso,
però, dormi. Si vede che hai difficoltà a
dormire, le occhiaie non ti donano.”
Effettivamente
ha ragione, non dormo molto bene da quella sera,c osì decido
di lasciarmi
andare al sonno tra le braccia del mio ragazzo.
Sorrido.
La
mattina dopo i nostri vestiti sono completamente asciutti e ci
rivestiamo.
Tom
fa tornare la stanza normale e poi saliamo al piano di sopra, lui fa
sparire
candele e fiori, io ficco i cartoni delle pizze in una borsetta di
plastica,
credo li scaricherò al prossimo cassonetto.
“Adesso
cosa facciamo?”
Gli
chiedo.
“Beh,
usciamo da qui e affrontiamo il mondo.”
“Dobbiamo?
Non è che muoia dalla voglia!”
Lui
mi prende per mano.
“Ci
sono io, insieme ce la faremo e vendicheremo chi ha ucciso
Isabel.”
Io
annuisco, ma la tentazione di rimanere in questa piccola bolla con lui
soltanto
è molto forte, vorrei non tornare a casa e trovare mio padre
triste, mia madre
apatica e il peso di una missione che si sta trasformando in un incubo.
“Facciamo
colazione insieme?”
“Sì,
dai al bar che c’è in piazza, lì fanno
un cappuccino strepitoso!”
Approva
Tom.
“Non
è che mi daresti un passaggio?”
Mi
chiede poi, io annuisco.
Usciamo
dalla casa nel deserto tenendoci per mano, venti minuti dopo siamo
nella mia
macchina e in circa un quarto d’ora passiamo dalla dune
bianche alla neve
insolita di Poway. Non nevica più, ma il ghiaccio
l’ha cristallizzata lì.
Parcheggio
davanti al bar e scendo con Tom, siamo mano nella mano ed entrando
notiamo Mark
da solo, così decidiamo di avvicinarci.
“Ehi!”
Mark
alza gli occhi e tenta di sorridere.
“Ehi.”
“Vuoi
un po’ di compagnia o preferisci rimanere da solo?”
Gli
chiedo io, lui si strofina gli occhi.
“No,
un po’ di compagnia mi farà bene,
sedetevi.”
Ci
sediamo, non ha una bella faccia, è triste e con due
occhiaie che gli arrivano
fino ai piedi.
“Come
va?”
Lui
sospira.
“Mi
manca tantissimo, io …. Io avrei dovuto proteggerla, la mia
piccola Isabel.
Lei
si fidava così tanto di me, diceva che ero il suo punto
fermo dopo te e guarda
come è finita. Io sono qui in un bar chiedendomi che senso
ha la mia vita e lei
è sepolta al cimitero senza essere nemmeno arrivata ai
diciotto anni.”
Io
annuisco.
Sono
le stesse cose che torturano me, io e Mark portiamo lo stesso fardello.
“Lei
ti amava. Non sarebbe felice di sentirti dire queste cose, forse
vorrebbe che
andassimo avanti.”
“Io,
senza di lei, non vado da nessuna parte.”
Mi
risponde serio Mark e so che in qualche modo ha ragione,
perché io provo le
stesse identiche sensazioni, eppure so anche che lei non vorrebbe che ci fossilizzassimo su di lei.
Isabel
amava la vita, amava vedere attorno a lei gente felice, non gente
che
piangeva. Adesso fa male sentir dire queste cose, ma forse sono quelle
giuste,
forse lei ci spronerebbe ad andare avanti.
“Lo
so, Mark. Ogni giorno che passa senza la mia sorellina è un
giorno triste, ma
so anche che le avrebbe voluto che fossimo sempre o quasi felici.
Pensaci.
Andare
avanti non vuol dire dimenticarla, ma solo esaudire il suo ultimo
desiderio.”
Mark addenta un muffin poco convinto, anche a me queste parole ora
suonano
senza senso, ma sono le uniche che so che lei avrebbe detto.
Chiacchieriamo
ancora un po’, davanti alla nostra colazione, poi io
accompagno a casa Tom.
Lo
saluto con un bacio particolarmente sentito.
“Grazie
per questa notte meravigliosa, ti amo.”
“Ti
amo anche io.”
Risponde
sorridendo.
Io
sospiro, adesso devo andare a casa mia e spero di trovare mia madre
sveglia, mi
farebbe un immenso piacere, sono stanca di andare a stanarla a letto
per farle
vivere un minimo di vita.
Parcheggio
la macchina in garage ed entro in casa, mia madre è in piedi
vicino al camino.
“Ciao,
mamma!”
“Ciao,
cara. Isabel dov’è?”
Io
guardo un attimo mio padre e poi rispondo senza pensarci, ignorando il
suo
sguardo.
“È
morta, mamma.”
Lei
mi dà una sberla, io mi tocco la guancia incredula.
“Queste
cose non si dicono, Chiara.”
Mio
padre si alza dal divano e mi porta in cucina.
“Bravo,
sgridala per bene!”
Urla
lei.
“Cosa
è successo?
Come
mai mi ha chiesto di Izzie?”
“Stamattina
si è alzata come se non fosse successo nulla, compresa la
morte di tua sorella,
crede che sia ancora viva.”
Io
deglutisco.
“Ho
chiamato il dottore, tra poco dovrebbe arrivare.”
La
cosa non mi piace per niente.
“Papà,
pensi che la cosa sia grave?”
“Mi
preoccupa molto.”
Poco
dopo suona il campanello e vado ad aprire la porta, trovandomi davanti
la
faccia sorridente del nostro medico di famiglia.
Io
lo conduco in salotto e poi torno in cucina secondo le sue istruzioni,
vuole
parlare da solo con mia madre, la cosa mi piace molto poco.
Quando
torno in cucina mio padre mi guarda curioso.
“Il
dottore vuole parlare da solo con mamma.”
Lui
annuisce, ma sulla sua fronte si forma un’altra ruga di
preoccupazione, questa
cosa non lo tranquillizza affatto.
Il
dottore rimane una mezz’oretta a parlare con lei, intanto noi
gironzoliamo per
la stessa, mangiucchiamo qualche pancake e fumiamo qualche sigaretta.
Alla
fine il dottore entra, ha un’aria molto preoccupata.
“Sua
moglie sta avendo una reazione allo shock per la morte di vostra
figlia, crede
che sia ancora viva. Io vi consiglierei
di portarla da uno psicologo o di ricoverarla direttamente.
Lì
riceverà tutta l’assistenza di cui ha bisogno,
senza fretta.”
“Lei
mi consiglia di portare mia moglie al manicomio?!”
“È
una situazione grave, ha bisogno di tempo per essere risolta e
– anche se ora
sembra calma – potrebbe diventare pericolosa.
Sarà
questione di qualche mese, non di più. Non sarà
per sempre.
Potrebbe
anche durare di meno, dipende da quanto collaborerà la
paziente.”
Mio
padre sviene, il medico gli solleva prontamente le gambe e mi chiede di
preparare un bicchiere di acqua e zucchero, io eseguo alla svelta.
Mio
padre apre gli occhi poco dopo, il medico prende il bicchiere e gli fa
bere il
contenuto poco alla volta. Lo aiuta a rialzarsi e lo fa sedere su una
sedia.
“Lo
so che è difficile, ma purtroppo è
l’unica strada. Non voglio fare il cattivo,
cerco di fare il bene di sua moglie.
Queste
sono le carte che dovrà presentare domani per il ricovero e
questa è una
ricetta per lei: xanax. Ne ha bisogno e le do anche il bigliettino di
uno
psicologo mio amico, lei e Chia non potete affrontare tutto da soli,
avete
bisogno di una mano.”
Mio
padre annuisce.
“Grazie,
dottore.”
“Di
nulla.”
L’uomo
esce dalla stanza, mio padre si prende la testa tra le mani.
“La
mia famiglia, la mia vita sta andando a puttane.”
Io
lo abbraccio, pensando che ha perfettamente ragione, nulla è
più al suo posto.
È come se il sole si fosse spento e noi fossimo tanti
pianeti che vagano senza
avere un’idea su dove andare.
“Ce
la faremo, papà.
Mamma
tornerà quella di una volta.”
Mi
concentro un attimo su di lei e sento che qualcosa non va: ci sono
altri due
piccoli cuoricini che battono oltre al suo: è incinta.
Non
dico nulla, ma internamente tiro un sospiro di sollievo, visto che tra
poco
Chiara Malone dovrà morire e io dovrò scegliermi
un’altra identità lasciandoli
soli.
Questo
lunedì è il peggiore che la mia famiglia ricordi
da quando è morta la nonna.
Mio
padre convince con qualche difficoltà la mamma a salire in
macchina, io salgo
accanto a lei.
Per
tutto il viaggio non fa altro che chiedermi di mia sorella, io
trattengo le
lacrime e non rispondo, se non vuole accettare che sia morta
è inutile che io
glielo ripeta.
Arriviamo
in ospedale e insieme ci dirigiamo all’accettazione, quando
capisce dove
l’abbiamo portata si mette a urlare.
“Bastardi!
Traditori!
Ridatemi
mia figlia!”
Un’infermiera
corpulenta la placca e la fa entrare in reparto, le sue urla continuano
a
riecheggiare per la struttura, facendoci sentire dei vermi.
Dobbiamo
averlo in faccia perché la donna dell’accettazione
ci sorride rassicurante.
“Non
vi preoccupate, è normale. Reagiscono tutti così,
poi però si calmano e sono
felici di vedere i parenti.”
Mio
padre annuisce debolmente.
“Adesso
cosa le faranno?”
“La
sederanno, in questo stato non si può fare molto. Poi
inizieranno le terapie,
gli orari di visita li sapete, vero?”
“Sì.”
Le
mostro un foglio, lei annuisce.
“State
facendo la cosa giusta.”
Non
so se sia vero, temo più che altro che stiamo facendo
l’unica cosa possibile.
Usciamo dal reparto e torniamo alla macchina.
Potrei
andare a scuola ed entrare leggermente più tardi, ma il
pensiero non mi sfiora
nemmeno, voglio stare da sola, così quando arrivo a casa mi
chiudo in camera.
Lì
sfoglio di nuovo l’album con le foto, le ultime sono quelle
del ballo.
Eravamo
belli e felici allora.
I
sorrisi miei, di Izzie, Mark, Tom e quello dei miei mi guardano
plastificati,
racchiusi in un attimo eterno e sospeso nel tempo.
Non
saremo mai più gli stessi di allora.
Mai.
Anche
se mamma guarisse, ci sarebbe un’ombra sulla nostra vita.
Sospirando,
mi tolgo i vestiti e mi metto il pigiama.
Una
bella dormita è quello che ci vuole, non risolve i problemi,
ma almeno ti
permette di avere un attimo di pace in cui ricaricare la batterie.
Immagino
che dopo qualcuno passerà a trovarmi, chi per i compiti, chi
per ricordarmi i
miei doveri da principessa.
Che
palle!
Abbracciando
il cuscino e fingendo che sia Tom mi addormento.
Mi
risveglio che sono le due di pomeriggio, mio padre sta guardando la tv
senza
vederla e non ha ancora preparato nulla da mangiare.
Io
non ho voglia di cucinare.
“Papà,
andiamo al Mac?”
Gli
chiedo, lui annuisce.
Ci
rendiamo di nuovo presentabili e andiamo all’unico Mac del
paese e ordiniamo i
nostri hamburger, nessuno dei due parla molto. Credo sia il senso di
colpa.
Alle
tre siamo a casa, io pulisco un po’ il soggiorno,il bagno e
la camera dei miei.
Alle
quattro suona il campanello, sono Tom e Keisha.
“Ciao,
ragazzi!”
“Ciao,
questi sono i gli appunti delle lezioni e i compiti che ti sei
persa.”
Io
prendo in mano una bella risma di carta e la vado ad appoggiare sul
tavolo.
“Mi
spiace chiedertelo in un momento del genere, ma abbiamo bisogno di
te.”
Io
sospiro e mi massaggio la fronte.
“Lo
dico a mio padre e arrivo, se proprio non potete fare a meno di
me.”
Trovo
mio padre in camera sua che guarda la foto di matrimonio con mamma.
“Era
così bella Kate il giorno in cui ci siamo sposati, era la
donna più bella del
mondo.”
Io
rimango un attimo in silenzio, imbarazzata.
“Papà,
io devo andare un attimo da Keisha.”
“Vai
pure, cara. Io starò qui buono buono, non fare troppo tardi
che dobbiamo andare
a far visita alla mamma.”
“Sì,
papà.”
Scendo
da Keisha e dal mio
ragazzo, che mi
bacia e mi passa un braccio intorno alla vita e me ne vado.
“Come
mai non c’eri oggi?”
Mi
chiede l’aliena.
“Abbiamo
dovuto portare mia madre in psichiatria.”
Rispondo
asciutta.
“Coma
mai?”
“Non
riesce ad accettare la morte di Isabel, crede che lei sia ancora
viva.”
Keisha
non dice nulla per po’.
“Si
hanno notizie dell’assassino?”
“No.”
Sì,
vive con te e aspetto che ci attiri nella trappola che ha programmato
fin
dall’inizio in modo da poterlo uccidere e vendicare mia
sorella.
Arriviamo
alla casa nel deserto e scendiamo dalla macchina.
Il
fatto di dover vedere Joel mi dà il voltastomaco, ma devo
essere forte, devo
fingere, non devo fargli capire assolutamente che io so.
Non
è lontano il giorno in cui lo farò fuori, ma per
ora devo agire come un’ingenua
e continuare a considerarlo un nostro amico.
Entriamo
e trovo il resto della truppa divisa in gruppetti che chiacchiera, a
parte
Joel, ora sono loro la mia famiglia.
Mi
viene spontaneo sorridere.
Non
è un periodo facile, ma forse ce la posso fare.
Isabel,
ti vendicherò!
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Capitolo 25 *** 25)Ghiaccio. ***
25)Ghiaccio.
Sto
attraversando il periodo peggiore della mia vita.
Stamattina
hanno ricoverato mia madre e
ora sto
andando a trovarla insieme a mio padre, insolitamente silenzioso.
Parcheggiamo
nei dintorni dell’ospedale e ci dirigiamo in silenzio verso
la struttura
frustati dal vento freddo di novembre, ignorando l’allegria
latente. Tra poco
si festeggerà il Ringraziamento, ma io non ho idea della
ragione per cui dovrei
ringraziare: ho perso una sorella e mia madre è impazzita.
Entriamo
nel padiglione dove c’è il suo reparto e troviamo
un medico fuori dalla sua
stanza, ci sorride e tende una mano a mio padre.
“Sono
il dottor Carter, sono lo psichiatra che si occupa di sua moglie
Kate.”
“Io
sono Philip Malone e lei è mie figlia Chiara.”
“Molto
piacere di conoscervi. Potreste seguirmi un attimo nel mio studio, ci
sono
alcune cose che vorrei discutere con voi.”
Annuiamo entrambi e lo seguiamo in una stanzetta.
“Sua
moglie è vittima di uno shock post traumatico, si trova
nello stadio in cui nega
che la
tragedia sia avvenuta, presto arriverà la rabbia.
La
stiamo curando al meglio, dobbiamo aspettare qualche giorno per vedere
come
reagirà alle cure, ma non è solo di questo che
vorrei parlarvi.”
Mio
padre diventa ancora più pallido.
“Non
avrà qualcosa come un tumore?”
Il
dottore scuote la testa.
“Non
si preoccupi, non è di questo che volevo parlarle.”
Mio
padre tira un sospiro di sollievo.
“Stamattina
sua moglie lamentava della nausea e abbiamo deciso di farle delle
analisi tra
cui un’ecografia al ventre.”
“E?”
“È
risultata incinta di due gemelli. Vi pregherei di non dirle nulla, ci
penseremo
noi.”
“Ma
come?”
“Quando
le abbiamo fatto l’ecografia era in stato catatonico, dubito
che si sia accorta
di qualcosa.”
Mio
padre annuisce.
“Si
sa il sesso?”
“No,
è troppo presto, signor Malone.”
“Se
una dovesse essere femmina la chiameremo Isabel.”
Il
dottore annuisce.
“Ora
potete andare a trovare la paziente, la troverete un po’
strana, come se non
sapesse cosa ci fa qui.”
“Ok.”
Usciamo
dalla stanza, mio padre ha un leggero sorriso sul volto, io penso che
questi
gemelli sono una benedizione del cielo visto che tra poco me ne
dovrò andare
anche io.
Entriamo
nella camera di mamma e lei ci guarda sorridendo, leggermente stranita.
“Philip,
tesoro, finalmente siete arrivati.
Potreste
dire a quell’infermiera di lasciarmi andare? Io sto bene,
voglio solo vedere
Isabel.”
“Mamma,
tu non stai bene per ora.”
“Perché
non posso vedere Isabel.”
Noi
due rimaniamo in silenzio e iniziamo a raccontarle sconclusionatamente
quello
che è successo lungo la giornata.
Continuiamo
fino alla fine dell’orario di visite e poi ce ne andiamo, io
mi sento come se
mi avesse messo sotto un camion, quel guscio di essere umano non
può essere mia
madre.
Non
può!
Deve
guarire!
Arriviamo
a casa stanchi e depressi, una macchina ci aspetta fuori, è
quella di Tom.
Chissà
cosa vuole?
Scendiamo
dalla nostra macchina e Tom scende dalla sua.
“Volevo
sapere come sta la signora Malone, ma forse sono arrivato in un brutto
momento.”
Esordisce
con un sorriso triste.
“Al
contrario ragazzo, entra pure.
Ti
sono molto grato per come stai aiutando mia figlia.”
Entriamo
tutti e tre in casa e io preparo della cioccolata, di là
sento Tom e mio padre
di cose futili, smettono quando arrivo io.
“Beh,
come sta la signora?”
Mio
padre sospira.
“Male,
non accetta che Isabel sia morta, crede sia ancora viva.”
“Mi
dispiace.”
“Guarirà
prima o poi, è per questo che l’abbiamo ricoverata.
In
tutto questo caos c’è una buona notizia.”
Tom
lo guarda curioso.
“Mia
moglie è incinta di due gemelli, se una sarà una
femmina la chiameremo Isabel.”
“Sono
felice per voi, anche se è capitato nel momento
peggiore.”
Mio
padre alza le spalle, sembra invecchiato di colpo.
“Quello
che Dio toglie a volte ridà in altri modi.”
Tom
non dice nulla e guarda me con leggero rimprovero, sa del mio piano.
“Come
sta Mark?”
“Cosa?”
“Mark,
il ragazzo di Isabel. Come sta?”
Tom
sospira.
“Male.
Crede che sia colpa sua se Isabel è morta, non fa che dire
che avrebbe dovuto
controllare prima il bagno delle femmine quando ha visto che non
arrivava.
Dice
che se fosse arrivato anche solo cinque minuti prima
l’avrebbe salvata.”
“Digli
che io non gli serbo rancore, ha reso mia figlia felice, solo questo
conta.”
“Glielo
stiamo dicendo tutti, ma lui sembra sordo.”
Mio
padre rimane un attimo in silenzio.
“Il
lutto può cambiare le persone, ma sono certo che prima o poi
smetterà di darsi
la colpa. È stata una cosa orribile, ma l’unico
colpevole è il bastardo che
l’ha ammazzata e lasciata morire.”
“Papà
ha ragione, Tom.”
“Lo
so, ma Mark non mi dà retta e non dà retta
nemmeno ad Anne, lei non sa più cosa
fare. È davvero preoccupata.”
Il
mio ragazzo si blocca.
“Scusate,
forse non è il momento giusto.
È
meglio che me ne vada, grazie della cioccolata e … buona
paternità.”
Aggiunge
incerto, io lo accompagno alla porta ed esco con lui sul portico.
“Grazie
per essere passato, l’ho apprezzato parecchio.”
“Figurati.”
Mi
attacco a lui e lo bacio con passione.
“Buonanotte.”
“Buonanotte
a te, piccola. Cerca di dormire, ci vediamo domani a scuola.”
Io
guardo la sua figura alta rientrare in macchina e – mio
malgrado – sorrido, ho
perso molto, ma allo stesso tempo ho ancora tanto.
La
mattina dopo andare a scuola non è la cosa più
facile del mondo.
Le
strade sono ghiacciata almeno quanto il mio cuore, se non ci fosse Tom
sarebbe
una tragedia, invece c’è. Come ogni mattina mi
aspetta nel parcheggio per
abbracciarmi e augurarmi buona giornata.
Oggi
sono in due, c’è anche Mark.
“Ehi,
buongiorno a tutti e due! Come mai qui Mark?”
Chiedo
con un tono che spero sembri normale.
“Sono
venuto a ringraziarti per le belle parole di tuo padre, non me le
merito, ma
sono state comunque belle.”
Io
gli accarezzo una guancia.
“Te
le meriti eccome! Nessuno poteva immaginare che sarebbe finita
così.”
Lui
non dice nulla, ma il suo sguardo rimane triste, come era prima che gli
parlassi.
Io
e Tom entriamo nel liceo, Mark rimane nel parcheggio a fissare il
vuoto, mi fa
tanta tristezza che vorrei abbracciarlo forte e sussurrargli che
andrà tutto
bene. Agli
armadietti, troviamo Keisha.
“Ciao,
come va?”
“Hanno
ricoverato mia madre in psichiatria, potrebbe andare meglio.”
Rispondo
leggermente acida.
“Mi
dispiace molto, spero guarirà in fretta.”
“Lo
spero anche io, grazie per gli appunti di ieri, sono stati
preziosi.”
“Figurati,
per così poco.”
Tutti
e tre ci dirigiamo a lezione, Joel ci guarda da lontano, io lo fulmino
con
un’occhiataccia, non è venuto al funerale
di Izzie, lo stronzo.
“Mi
dispiace per mio fratello. Io non so più cosa
fare…
Le
mie condoglianze erano sincere.”
“Non
lo metto in dubbio, non è con te che ce l’ho,
è con lui.
Credo
mi abbia trovata abbastanza deludente per essere una
principessa.”
Lei
scuote la testa.
“È
da quando è tornato da quella… missione che
è strano. Dicono tutti che si
tratti di sindrome post traumatica. Immagino sia vero, ma io non riesco
davvero
a riconoscerlo, a volte ho l’impressione che quello non sia
mio fratello, ma
un’altra persona.”
Keisha
non sa quanto è vicina alla verità ed
è bene che non lo sappia, almeno uno che
caschi nella trappola serve, inganna meglio il nemico.
Sto
pensando esattamente come avrebbe fatto Ava e non so sia una bella
cosa, io ho
visto molte cose brutte lassù e ho sviluppato un certo
cinismo che si sta
sviluppando di nuovo anche qui.
Beh,
è inutile pensarci ora, meglio seguire la lezione se voglio
passare il test che
ci sarà tra una settimana.
Seguire
le lezioni mi permette di non pensare a quello che mi è
successo ultimamente e
credo sia una cosa positiva. Ho comunque tutto sotto controllo, ho un
soldato
che sorveglia Joel e che sta tentando di leggere nella mente di Joel.
Trasmette
su onde diverse dalle nostre, questo mi fa pensare che il vero Joel sia
morto e
che questo non sia che un clone.
Tornerebbe
tutto: il fatto che a volte nemmeno Keisha lo riconosca, il suo
rancore, il suo
odio per gli umani, il fatto che quando sparisce nessuna sa dove vada,
l’uso di
quel particolare tipo di veleno che si trova praticamente solo su
quella luna.
A
mensa sediamo tutti insieme, anche Joel che dopo averci guardato decide
di
aprire bocca.
“Oggi
devo comunicarvi una cosa, vedete di esserci alla casa nel deserto e
fate
sapere anche agli altri.”
Ci
dice secco.
“Agli
ordini!”
Gli
rifaccio il verso io, lui replica con una smorfia indefinita.
“Smettila
di fare la ragazzina sciocca e ribelle.”
“E
tu smettila di darti delle arie come se fossi chissà chi,
sei solo un ragazzo
del liceo e lo sai benissimo.”
“Sono
l’unico che si interessa delle cose che contano.”
“Scusaci,
se mentre tu vivi la tua vita da asceta dedito alla causa le tragedie
accadono
attorno a te.
Ehi,
visto che sembri essere così in confidenza con Dio
perché non gli chiedi di
ridarmi mia sorella e magari evitare che altre tragedie ci
colpiscano?”
“Non
è tua sorella.”
“Sì
che lo è, ma tu non lo capirai mai, Joel.
Mai.
E
finché continuerai a rifiutarti costantemente di capire non
andremo da nessuna
parte e lo sai anche tu, ma il tuo ego viene prime di tutto.”
Lascio
a metà il pranzo per evitare che tutto finisca in rissa,
vorrei cancellare quel
sorrisetto da coglione dalla sua faccia da cazzo.
Non
lo sopporto.
Esco
in cortile e cerco un angolo appartato per fumare in pace, ci trovo
anche Mark.
“Non
dovresti essere a San Diego?”
Gli
chiedo leggermente stupita.
“Sì,
ma non ne avevo voglia. Volevo rimanere qui con lei.”
“La
vedi?”
Tiro
la rima boccata della mia sigaretta.
“Sì,ogni
tanto.”
“Anche
io e fa male.”
“Come
mai qui? Non dovresti essere a mensa?”
“Sono
uscita per evitare di spaccare la faccia a Joel Dupont”
Ringhio
torva.
Lui
annuisce, sa della mia antipatia per Joel.
“Non
vedo l’ora di strozzarlo con le mie mani.”
Mugugna
con una ferocia che non gli ho mai sentito, non pensavo che Mark
potesse essere
così, ma in fondo Isabel era la sua ragazza, non sono
l’unica che soffre.
“Non
sei il solo.”
“Avremmo
dovuto farlo prima.”
Io
sospiro, è uno dei tarli che mi attanagliano.
“Non
avevamo le prove e se avessimo sbagliato ci saremmo inimicati
Keisha.”
Mark
sbuffa, io do un altro tiro alla mia sigaretta.
Che
situazione di merda.
“Come
sta tua madre?”
“Crede
che Isabel sia ancora viva ed è incinta, ma non lo sa.
Due
gemelli.”
“Wow.
Proprio nel momento giusto, eh?”
“Non
si possono decidere queste cose, ma forse è meglio
così…
Quando
starà meglio avrà qualcuno di cui
occuparsi.”
“Interessante
teoria.”
“Mark,
non so che pensare nemmeno io! Mi manca mia sorella, ma non posso non
amare
anche questi bambini in arrivo, non è colpa loro se Isabel
è morta.”
“Lo
so, lo so.”
Il
suono della campanella ci avvisa che è arrivato il momento
di porre fine a
questa conversazione.
“Mark,
io devo rientrare. Ci sentiamo più tardi, ok?
E
va al lavoro.”
Lui
annuisce e si allontana un po’ gobbo, anche lui sembra
più vecchio e
probabilmente anche io sembro più vecchia.
Rientro
nella scuola e mi dirigo verso l’aula di chimica, Tom mi
aspetta al nostro
banco.
“Lunga
la tua sigaretta!”
Commenta
sarcastico quando mi siedo accanto a lui.
“Ho
incontrato Mark fuori.”
“Non
dovrebbe essere al lavoro?”
“Dovrebbe,
ma oggi non ce l’ha fatta, spero ci vada ora.”
Tom
annuisce, sembriamo tutti così spenti.
Prendo
una delle sue mani tra le mie.
“Mi
dispiace di essere la causa di tutta questa tristezza, ti meriteresti
una
ragazza migliore.”
Lui
mi dà un buffetto sulla fronte.
“Sei
perfetta così. Va tutto bene, non preoccuparti per
me.”
“Non
sarà facile stare con me, lo sai.”
“Lo
so e spero sempre che un giorno tu cambierai idea sui tuoi propositi,
non mi
sembrano giusti.”
Io
mi passo una mano sugli occhi per cancellare le lacrime.
“Sì,
per i primi anni non sarà giusto, ma sul lungo periodo lo
sarà.
Io
li devo proteggere, capisci?
E
se proteggerli significa sparire per sempre dalla loro vita lo
farò anche se mi
spezza il cuore in due.”
Tom
stringe la mia mano più forte e mi fa un leggero cenno, la
professoressa è
arrivata, devo prestare attenzione alla lezione.
Lo
faccio, anche se chimica non è mai stato il mio forte,
è come se provenissimo
da due pianeti diversi. Cristo, che pessima battuta involontaria!
Finita
la sua ora faccio spagnolo e poi, come al solito, andiamo tutti insieme
nella
casa nel deserto, in macchina non parliamo, soprattutto Joel.
Non
dice una parola e ci guarda con la sua solita faccia imbronciata, come
se
qualcuno di noi gli avesse fatto un torto.
Forse
è il semplice fatto che noi esistiamo a dargli fastidio,
forse spera di
riuscire a portare a compimento una strage e passarla liscia.
No,
Joel.
Non sarà
così facile, ho capito chi se e non
ti permetterò di attuare il tuo piano, a costo di morire io.
Arriviamo
alla nostra amata costruzione e come ogni pomeriggio ci alleniamo, da
quando
lei è morta ci mettiamo più impegno
perché non deve morire più nessuno. Abbiamo
già pagato il nostro tributo di sangue.
Keisha
è impressionata, Joel non sembra molto contento.
Finiamo
il nostro allenamento sfiniti, poi devo volare a casa, cucinare per mio
padre e
andare a trovare mia madre.
Non
mi sembra che abbia fatto qualche progresso, chiede ancora di Isabel,
per
quanto tempo ancora lo farà?
Non
lo so e il non saperlo mi strazia.
Non
dovrebbero succedere queste cosse!
Io
e mio padre usciamo dall’ospedale disperati e scoraggiati,
sarà una cosa lunga
e dura da sopportare.
Arrivata
a casa mi faccio una doccia e mi metto al lavoro con i compiti, non
devo
rimanere indietro, anche se questo comporta perdere preziose ore di
sonno.
Quando
finalmente ho finito sono le due e mi sento uno zombie, mi alzo dalla
sedia
della scrivania e faccio per mettermi a letto quando un rumore si
sassolini
lanciati contro la finestra.
Mi
affaccio e vedo Tom che si sbraccia, io gli sorrido e gli faccio cenno
di
salire sull’albero accanto alla finestra. Lui lo fa e
finalmente entra in
camera mia.
“Cosa
ci fai qui?”
Gli
chiedo sbalordita.
“Mi
sembrava avessi bisogno di aiuto.”
“E
pensi di venire qui tutte le notti a dormire?”
Lui
sorride.
“No,
solo fino a quando tuo padre mi scoprirà e mi
sbatterà fuori casa.”
Con
nonchalance si toglie felpa, jeans e scarpe e si infila nel mio letto.
“Forza,
non vieni?”
“Arrivo.”
Alzo
le coperte e mi stendo accanto a lui che mi attira subito in un
abbraccio.
“Non
può piovere per sempre!”
“Disse
Mosè, agli animali dell’arca.”
“Ottimista
come sempre, eh?”
“Tu
sei l’unico motivo per cui sorrido, ora come ora.”
Lo
sento sorridere sulla mia spalla.
“Grazie.”
“Prego,
è solo la verità.”
Rimango
un attimo in silenzio.
“Ci
pensi mai a come sarebbe la nostra vita se tutto fosse
normale?”
“In
che senso?”
“Se
io non fossi un’aliena.”
Lui
si gratta il mento.
“Beh,
tu saresti una di quelle carinissime a cui quelli come me non possono
avvicinarsi e io cambierei ragazza ogni settimana, ammesso e non
concesso che
fossi sopravissuto alla sparatoria.
“Forse
è questa la tua vera natura, il modo in cui dovrebbero
andare le cose. Tu
dovresti avere le tue avventure e io forse ti sto forzando.”
Lui
scoppia sinceramente a ridere.
“Avrei
cambiato ragazza fino a quando non avessi trovato quella giusta e poi
mi sarei
dedicato a lei con tutto me stesso, come vedi è questa la
mia vera natura. Tu
non mi stai forzando.
Ti
stai facendo troppe paranoie per via dei sensi di colpa.”
“Forse
hai ragione.”
Rispondo
sbadigliando vistosamente.
“Sì,
ho ragione e ora dormi che domani abbiamo scuola.”
Io
annuisco e mi lascio cullare dal ritmo del suo respiro fino a cadere
tra le
braccia di Morfeo.
Dio
solo sa quanto ho bisogno di una dormita decente di questi tempi.
Ultimamente
sogno sempre Isabel che mi accusa di non essere riuscita di salvarmi e
misveglio in un bagno di sudore freddo.
Forse
la presenza di Tom scaccerà gli incubi.
Lo
spero con tutta me stessa
Angolo
di Layla
Ringrazio
Graceansmile
per la recensione.
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Capitolo 26 *** 26)Il canto del cigno. ***
26)Il canto del cigno.
Due
settimane dopo il principe di ghiaccio ci avvisa che deve dirci
qualcosa.
Non
che si sia informato su come stia mia madre o come vadano le cose nella
mia
famiglia, ha semplicemente ordinato di vederci tutti.
È
uno di quelli inviti a cui non puoi dire di no, potrebbe essere
più gentile, ma
se lo fosse non sarebbe lo stronzo che è.
Così
dopo la scuola andiamo alla casa nel deserto da bravi soldatini,
chissà dove ci
porterà questa volta?
Sono
sicura al cento per cento che sia una trappola, ma lui non deve
sospettare che
l’unica che gli crede ancora sia sua sorella. Dobbiamo
fargliela noi una
sorpresa.
“Ho
individuato un altro nascondiglio dei nemici.”
Esordisce
spiccio.
“Uhm,
dove?”
“Nel
deserto a una ventina di chilometri da qui.”
“Ma
sarebbe stato notato.”
“Solo
noi possiamo vederlo.”
Mi
risponde astioso.
Ok,
la trappola sta per scattare, ma non sarò certo io a
rimanere all’amo, ma lui.
“Va
bene.
Quando
vuoi andare?”
“Un
paio di settimane, così i principianti faranno ancora un
po’ di pratica.”
“Va
bene, scendiamo ad allenarci allora.”
Seguiamo
Keisha al piano di sotto e iniziamo ad allenarci come se fosse una
giornata
normale, io esulto silenziosamente, finalmente ha fatto la mossa che lo
porterà
alla rovina.
Povero
sciocco, sono morta già una volta, non ho voglia di morire
due volte!
Finito
l’allenamento c’è la quotidiana tortura
di vedere mia madre, un pochino è
migliorata, il problema è che ora è diventata
aggressiva e la tengono sedata
per la maggior parte del tempo.
Ora
che ha accettato che Isabel è morta vorrebbe uccidere chi
gliel’ha tolta e
ancora non sa che è incinta.
Non
oso pensare alla sua reazione e nemmeno mio padre ci pensa. Viviamo
sospesi nel
limbo del presente, senza osare guardare al futuro che da luminoso
è diventata
una pesante macchina indistinta.
Tom
viene ogni notte da me e se ne va prima che mio padre se ne vada, senza
dormire
con lui non saprei come fare, sarei insonne probabilmente, visto che
scaccia
gli incubi come il più potente dei talismani.
Io
lo ringrazio ogni mattina, lui dice che non gli pesa e che va bene
così.
I
giorni, intanto, passano e quella data si avvicina sempre di
più, non vedo
l’ora di farla pagare a Joel.
Una
domenica, finalmente, partiamo per il deserto, io stringo la
milleottanta tra
le mani, pregando che tutto questo abbia fine presto.
Ci
fermiamo in una piazzola di sosta e poi proseguiamo a piedi nel
deserto, dopo
un po’ vediamo la stessa struttura di cristallo uguale a
quella che c’era nella
foresta.
“Adesso
entriamo.”
Ci
dice autoritario Joel.
“Non
credo proprio.”
Rispondo
io, altrettanto dura.
“Cosa
significa?”
“Significa
che il tuo giochetto è finito Joel o come cazzo ti chiami,
sappiamo che sei
dalla parte dei nemici.”
Lui
scoppia a ridere.
“Finalmente
ci siete arrivati. Beh, sarà
più
divertente farvi fuori a carte scoperte.”
Il
suo volto inizia a cambiare, diventa più pallido, gli occhi
si ingrandiscono e
diventano dorati e le orecchie diventano simili a quelle di un elfo, i
suoi
capelli neri diventano argentei.
È
un’abitante della luna ribelle, di più
è il capo della ribellione.
“Mansh?!”
“Sì,
principessa ci si rivede.”
Keisha è pallida
come un cencio.
“Cosa
hai fatto a mio fratello?
L’ho
ucciso, dovevate sentire che meravigliose urla di dolore, ti ha
chiamato fino
all’ultimo Keisha.
Poi
io sono diventato lui e sono venuto qui per uccidervi, ma quella
stupida di Ava
aveva coinvolto dei terrestri. Questo complicava il mio piano, ma non
importa,
ora morirete tutti.”
“Non
esserne così sicuro.”
All’improvviso
da dietro di noi si sente un’aura terribile esplodere, Keisha si sta trasformando anche
lei e se no ci
scansassimo tutti subito ci travolgerebbe.
Con
un salto si lancia Mansh, ma lui la respinge facilmente.
“Ti
ucciderò, bastardo!
Ti
ucciderò per quello che hai fatto a mio fratello e a
me.”
Lui
la rimanda al suo posto con un’ondata di energia.
“Non
ci riuscirai, prima dovrete battere i miei amici"
Arrivano altri guardiano e
altri ribelli, io mi scambio uno sguardo con Johnny.
Lui
annuisce, io prendo Keisha per un polso e la trascino dietro
all’inseguimento
di Marsh.
“Dobbiamo
trovarlo e ucciderlo!”
“Lo
troveremo e lo uccideremo, i miei soldati aiuteranno gli altri e poi
c’è
Johnny!”
“Giusto!”
Continuiamo
a seguirlo lungo passaggi stretti e pieni di angoli, è quasi
come un
labirinto.
“Dovrà
fermarsi prima o poi!”
Ansimo
io.
Si
ferma in una grande sala bianca, piena di macabri trofei, teste delle
persone
che ha ucciso, che essere disgustoso!
“Forza
fatevi sotto!”
Dal
terreno sorgono – come morti dalle tombe – i suoi
cloni, distinguere che sia il
vero Mansh diventa difficilissimo.
Bisogna
eliminarne il più possibile! Evoco la mia falce e poi chiedo alla materia che
compone la seconda
lama di staccarsi e di comportarsi come un frisbee.
Lei esegue e in attimo parecchie teste cadono
a terra, peccato che se ne ripresentino altrettanto.
“Keisha,
è un modo per farci stancare. Tu sai creare cloni, come si
distingue
l’originale?”
“Il
potere, i cloni lo hanno solo nelle vene, l’originale solo
nel cervello.
Ti
ricordi quelle lezioni in cui hai imparato a vedere il potere a occhi
chiusi?
Ecco questa è un’esercitazione pratica.”
“Va
bene.”
Chiudiamo
entrambe gli occhi e ci buttiamo nella mischia, evito di colpire i
cloni avendo
capito che colpendoli si riformano e cerco l’originale.
Devo
concentrarmi al massimo per trovarlo e per non venire ferita, il che
non è
esattamente la cosa più facile del mondo. Un piccolo errore
e sono morta.
Alla
fine lo scorgo e lancio la mia seconda lama su di lui, colpendolo a un
braccio
e staccandoglielo di netto dal corpo, uno schizzo di sangue verde
decora la
parete.
I
cloni spariscono tutti e con qualche difficoltà si
cicatrizza il braccio, tra
poco inizierà a ricrescere, Keisha ne approfitta per
colpirlo, ma lui è
comunque in grado di respingerla, io provo ad attaccarlo con la falce,
ma vengo
rimandata indietro.
Con
un gesto nervoso, mi metto dei lunghi guanti protettivi e penso a cosa
fare per
eliminarlo, gli ho distrutto un braccio, ma la sua forza è
ancora dannatamente
intatta.
All’improvviso
la terra trema, sotto i nostro occhi stupiti Marsh è
diventato un gigante con la coda e
comincia a sputare e plasma.
“C’era
una volta la principessa, si sentiva tanto sola filando, ma sapeva che
il
principe sarebbe tornato.
Sorrideva
per quello.
Ma
il principe era morto e non sarebbe mai tornato.
Chi
avrà il coraggio di dirlo alla principessa?”
Io
paro l’ennesimo colpo con la falce e penso che sia del tutto
impazzito, che
ormai non ci sia più nulla di sano in lui.
“Una
cosa alla volta. Il plasma esce dalla coda, dobbiamo fare in modo di
liberarcene.”
Più
facile a dirsi che a farsi, avvicinarsi alla coda è
estremamente pericoloso,
ogni secondo si rischia di venire colpiti da un getto e addio mondo.
“Io
creo un diversivo con i cloni, ti fai qualcosa.”
Io
annuisco e prego che vada tutto bene, non ne sono così
certa. In un attimo la
stanza è piena di tanti cloni di Keisha.
“Banale,
Keisha. Banale.”
Lui
fa fuoco con la bocca e io mi avvicino cautamente di lato alla sua
coda, ho il
cuore che mi batte a tremila, se dovessi sbagliare sarebbe la fine.
Quando
sono abbastanza vicina alzo la falce, taglio e con un salto mi
allontano,
schivando i getti di sangue misto a plasma e rifugiandomi sul davanzale
di una
finestra posta molto in alto.
Lui
urla di dolore.
Questo
giunge come una sinfonia alle mie orecchie, sto iniziando a ripagare
quell’essere del dolore che ha causato.
“Stupida,
piccola, puttana! Te la farò pagare!”
Urla
tornando alla sua dimensione naturale.
“Non
pensate di avermi sconfitto solo perché mi avete rifilato
due colpi.”
“Nessuno
lo pensa qui”
Rispondo
cauta, impugnando ancora più strettamente la mia arma fuori
si sente il rumore
di una battaglia senza esclusione di colpi.
“Non
ce la farete, non siete nient’altro che moscerini.”
“Davide
ha accecato Golia, sta scritto nella Bibbia, Joel.”
“Zitta,
principessa! Non pensare di sorprendermi ancora.”
E
invece è proprio quello che conto di fare, sorprenderti fino
a ridurti in
agonia, alla fine dovrai supplicare che io ti uccida.
Devi
pagare per la morte di mia sorella e per avere ridotto mia madre
all’ombra di se stessa.
Lo
guardo carica di rancore, non c’è miglior
incentivo del rancore per portare
avanti una battaglia e lui ha sbagliato creando in me questo.
“Il
giorno in cui hai ucciso Isabel hai creato il tuo peggiore nemico, non
mi
fermerò mai, finché non sarai morto. Non dovevi
toccarla, non ci dovevi nemmeno
pensare, ma tanto tu non capisci ed è inutile spiegartelo,
sappi solo che ti
ucciderò anche a costo della mia vita.
Tu
devi morire!”
Lui
sogghigna.
“Non
è così facile, principessa! Per te il nostro
sangue è tossico!”
Per
questo mi sono messa un paio di anfibi!
In
ogni caso con un salto torno sul pavimento, perché lui ha
diretto verso di noi
un getto di fuoco.
Riprendiamo
a combattere, la maggior parte del tempo la passo a schivare il fuoco
con la
falce, non riesco a penetrare nelle sue difese, merda!
Sto
pensando a cosa fare e mi distraggo un po’ troppo, visto che
è qualcun altro
che respinge il colpo per me, qualcuno che cade esanime ai miei piedi.
Tom.
Da
lì le cose si fanno confuse, una grande rabbia prende
possesso di me, sento le
voci degli altri come sottofondo.
“John,
curalo! Adesso ci penso io!”
“Cosa
significa?”
Significa
che schivo i suoi colpi a un velocità mai vista prima, metto
nella mia falce
tutta l’energia di cui dispongo e quando sono abbastanza
vicina lo decapito.
Il
fuoco mi sfiora, ma non fa ancora male, la sua testa si stacca
lentamente dal
collo, a rallentatore e un getto di sangue schizza per la stanza.
Marsh
è tornato alla sua dimensione normale e si porta le mani al
collo incredulo, io
invece cado a terra e vengo salvata all’ultimo da uno dei
cloni di Keisha.
“Tra
poco ci sarà una terribile esplosione,
andiamocene!”
“Tom?”
“Starà
bene, non preoccuparti!”
Siamo
quasi arrivati all’uscita quando un uomo ben vestito ci para
la strada. Chi
diavolo è questo?
“Agente
Ferguson! F.B.I.! Fermatevi!”
“Non
faccia lo scemo e si sbrighi a uscire, qui sta per saltare tutto per
aria!”
Lui
non sembra molto convinto, ma uno dei cloni di Keisha se lo carica e
possiamo
uscire, giusto poco prima che la baracca esploda proiettando frammenti
di
cristallo ovunque.
Ci
rimettiamo a respirare normalmente solo quando tutto finisce.
“Come
sta Tom?”
“Meglio,
ma non sono riuscito a curarlo del tutto.”
“Provaci
ancora!”
Metto
la mia mano sulla sua e insieme riusciamo a curarlo del tutto, al
prezzo di
esaurire le mia energia, intanto il nostro ospite si è
ripreso.
“Buongiorno
professor Smith o dovremmo chiamarla agente Ferguson?”
“Chi
siete voi?”
“Gente
non pericolosa, non progettiamo un’invasione.”
“Dovete
comunque essere studiati!”
Io
mi alzo in piedi cercando di emanare il più possibile
l’aura di potere che
deriva dall’essere una principessa.
“No,
non dobbiamo essere studiati e lei deve sparire dalla nostra vita,
visto che
noi abbiamo salvato la sua.
Ci
lasci perdere e non tormenti le nostre famiglie o sarà
peggio per lei.”
“Cosa
mi farai?”
Johnny
spara un colpo che lo manca di pochi millimetri.
“Questo
e cancelleremo la memoria di tutti quelli che la conoscono,
sarà come se non
fosse mai esistito. Le piace vivere, agente?”
“Molto.”
“E
allora ci lasci in pace, non abbiamo cattive intenzioni.”
“Ho
qualche altra scelta?”
“C’è
sempre un’altra scelta.”
Lui
si toglie la sabbia dal vestito.
“No,
temo di non averne.
Arrivederci,
ragazzi e non fatemi pentire.”
“Non
si preoccupi.”
Quando
finalmente si allontana crollo a terra vicino a Tom, che mi guarda
spaesato.
“È
finito tutto?”
“Credo.
Keisha, Mark potreste andare a controllare per favore?”
Loro
annuiscono, io respiro a fatica.
“È
la seconda volta che ti salvo la vita, Tom. Stai più attento
perché non so se
posso riuscirci una terza volta.”
“Grazie!”
“Anche
io ti devo ringraziare, se non ti fossi in mezzo forse non sarei
qui.”
Rimaniamo
un attimo in silenzio.
“Sei
sempre decisa a mettere in atto quel piano?”
“Sì,
devo proteggere i miei. Non è escluso che arrivi qualche
altro amichetto di
Joel e loro non devono pagare per chi sono io.”
Rimaniamo
sdraiati per un po’, fino
all’arrivo di
Mark e Keisha.
“Sei
sempre decisa ad attuare quel piano?”
“Sì.”
“Allora
sarà oggi. Oggi sulla strada panoramica che viene da San
Diego ci sarà un
incidente, moriranno due ragazze: Jennifer Jenkins e Karen Mendez.
Karen
sarà ubriaca, Jennifer no. Tu prenderai il posto di Jennifer.
Sei
sicura di avere la forza per farlo, guarire Tom ti ha tolto ogni
energia.”
“Lo
farete tu e Johnny, pensate di potercela fare?”
“Sì.”
Mi
alzo in piedi.
“Bene,
allora non manchiamo il nostro appuntamento con il destino.”
“Te
lo ripeto, sei decisa a farlo?
I
tuoi ne usciranno devastati.”
“Lo
so, ma non posso permettere che qualcuno venga a turbare le loro vite
con
domande del tipo se sono un’aliena o meno. Devono vivere il
resto della loro
vita in pace, ne hanno il diritto e, visto che mia
madre è incinta, i gemelli li
aiuteranno.”
“Non
sono molto convinta, ma se è questo che vuoi lo faremo.
E
con Tom?”
“Ci
incontreremo in segreto alla casa nel deserto fino a quando lui
potrà iniziare
a frequentarmi come Jennifer Jenkins.”
Keisha
sospira.
“Ne
hai di coraggio, principessa.”
“Non
è coraggio, è la forza della disperazione. Posso
fare solo questo per salvare
la mia famiglia.”
Provo
a muovere qualche passo, ma se Tom non mi prendesse al volo mi
schianterei
sulla sabbia morbida del deserto.
Mi
carica sulle spalle forti e mi porta fino alla macchina in silenzio.
“Tom,
non sei obbligato a continuare questa storia se non te la sento, lo
capirei.”
“Non
posso mollarti, Chia e non è solo perché ti amo,
ma perché mi sento collegato a
te. Da qualche parte nel fondo del mio cervello qualcosa si
è agganciato al
tuo, sento quello che provi, che pensi, i tuoi sensi di colpa per la
morte di
Isabel e per aver non aver voluto salvarmi un paio di volte. Non posso
lasciarti andare, siamo legati e non sarò certo io a rompere
questo legame.
Sono
disposto ad aspettarti per tutto il tempo necessario.”
“Grazie,
ti amo più di quanto tu possa immaginare.”
Lui
sorride e mi carica in macchina e si siede vicino a me sui sedili
posteriori,
Keisha si mette alla guida, sull’altra macchina ci sono Anne,
Mark e Johnny.
Usciamo
dal deserto e ci immettiamo sulla strada panoramica che arriva da San
Francisco, la neve ha lasciato posto alla pioggia e fa freddo.Io
sono nervosa, morire non è una faccenda facile.
Dall’altra
parte della strada vediamo arrivare dei fari.
“Sono
loro.”
Sussurra
Keisha, che prova a scansarsi, ma viene colpita la mia parte di
portiera
ferendomi leggermente, noi alieni siamo più forti degli
umani.
Scendiamo
dalla macchina e guardiamo dentro l’altra. La ragazza al
volante è morta, la
seconda è moribonda. Le appoggio con gentilezza la mano
sulla testa ignorando i
rumori terribili dell’agonia e leggo la sua vita. Giusto in
tempo prima che lei
muoia.
“Ragazzi
fate quello che dovete prima che il rigor mortis inizi.”
Svelti
come lampi Keisha e Johnny la trasportano sulla macchina su cui
viaggiavo io e
cominciano a modificarle i lineamenti.
Alla
fine mi fa un po’ impressione vedere me piena di lividi e con
un filo di sangue
che esce dalla bocca.
Rabbrividisco
involontariamente.
Johnny
si avvicina a me, l’ultima cosa che vedo è il
luccichio azzurrino delle sue
mani, poi provo una sensazione stranissima, come se i miei lineamenti
fossero
fatti di cera.
Quando
hanno finito mi danno in mano uno specchio e al posto della mia faccia,
vedo
una ragazza dalla faccia cavallina, dai lunghi capelli castani con
qualche
meches bionda e con due grandi occhi azzurri.
“Ciao,
ragazzi.”
Vado
a sedermi al posto di Jen e cerco di assumere all’incirca la
posa che aveva
lei, Keisha tira fuori il cellulare e chiama il 911.
Sono
stanca, così cado in un leggero stato di torpore. Sento solo
molto lontano la
mia amica che denuncia l’incidente e due feriti gravi.
Dice
all’operatore dove siamo, io mi addormento.
Vengo
risvegliata dal suono delle sirene, tutto il mondo sembra sotto la
pioggia e
colorato solo di blu e rosso. Constatano che Chiara Malone è
morta, così come
Karen Mendez e poi si occupano di me.
“Dio,
questa ragazza è illesa!”
Esclama
con sollievo uno dei paramedici.
“Come
ti chiami?”
“Jen,
Jennifer Jenkins. Ho mal di testa.”
“Probabilmente
hai un trauma cranico, adesso ti portiamo in ospedale.”
“Va
bene, ma i miei?”
“Non
ti preoccupare, adesso facciamo tutto noi.”
Mi
tirano fuori con cautela e mi legano su una barella per poi chiudermi
in
un’ambulanza.
Buffo
quanto poco ci voglia a dare addio alla tua vita e iniziarne
un’altra.
So
che li rivedrò presto e che poi fingeremo di diventare tutti
amici, ma in
quest’attimo mi mancano tutti, inclusi i miei genitori a cui
auguro una vita
felice senza di me.
In
fondo tra qualche mese arriveranno altri due figli di cui prendersi
cura.
Chiara
saluta il mondo per poi rientrarci come Jennifer.
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Capitolo 27 *** Epilogo: vivere come un vampiro. ***
Epilogo: vivere come un
vampiro.
Abituarsi
a una vita che non la tua è dura.
All’ospedale
è venuta a trovarmi l’unica parente ancora in vita
di Jen: sua zia.
Non
abbiamo parlato molto, ma so che è normale tra Jen e lei,
ognuno tende a farsi
la propria vita e a me va bene così. Non credo sopporterei
l’affetto di un’
estranea, la paragonerei subito ai miei.
Ovviamente
sono tornata a scuola, a San Diego, tutti mi hanno trattato
affettuosamente
solo perché ero sopravissuta a un incidente.
Io
ho sempre risposto con un sorriso triste, in fondo era appena morta
Karen
Mendez, la migliore amica della tizia a cui ho rubato la vita.
Mi
è toccato recitare un altro memorial, ho dovuto impegnarmi
per apparire triste
e scegliere parole commuoventi, questo non mi toccava.
Non
sapevo che ragazza fosse Karen Mendez, in quanto a Jen era una ragazza
normale,
senza troppi grilli per la testa.
Odio
come si veste, lentamente – per far abituare tutti al
cambiamento – lei
cambierà look e forse un po’ la
personalità.
Tutti
lo attribuiranno al suo incidente.
In
quanto ai miei veri amici, li ho visti solo al mio funerale e ho dovuto
far
finta di non conoscere né loro né i miei.
C’era solo mio padre, sembrava un
vecchio.
Seppellire
due figlie nel giro di pochi mesi non deve essere facile.
E
i giorni passano.
Il
ricordo dell’incidente svanisce lentamente, vado regolarmente
a trovare la tomba
di Karen di giorno e quella di Isabel di notte.
Cambio
il look di Jen per renderlo più simile al mio.
È
passato un mese, un sabato pomeriggio per la prima volta mi concedo di
andare
nella casa nel deserto, la trovo vuota.
Riprendo
le mie sembianze e trovo una pietra nera con un bigliettino.
“Mettila
nella macchina. Tuo fratello, il re, vuole parlarti.”
La
grafia è quella di Keisha, io sospiro – avrei
preferito vedere loro – e infilo
la pietra esagonale nella pietra.
Immediatamente
appare uno schermo e un ragazzo si precipita davanti: ha lunghi capelli
blu,è
pallido e mi somiglia molto. È mio fratello Hen.
“Ava!”
“Hen!”
“Come
stai, piccolina?
Mi
sembri tanto provata.”
“È
appena morta mia sorella terrestre e ho dovuto abbandonare la mia
vecchia
identità per una nuova. Mi sento un vampiro.”
Lui
sorride.
“Come
vanno le cose sul pianeta?”
“Benissimo,
avete distrutto i due rifugi dei nemici e ora regna la pace.”
“Sono
contenta.”
“Stai
ancora con Rath?”
Io
scuoto la testa.
“No,
con un terrestre mezzo alieno di nome Tom.”
“Un
giorno me lo farai conoscere. Mi manchi, un giorno verrai a
trovarmi?”
“Sì,
mi piacerebbe.
I
ricordi di te e dei miei
veri genitori
sono così sbiaditi.”
“È
perché sei un clone.”
Sospira
sconsolato.
“Non
sei proprio la vera Ava, ma meglio di niente. Il giorno in cui sei
morta è
stato molto triste per me e per tutti, ma è stata una morta
onorevole, da vera
guerriera.”
“C’è
ben poco di quella persona in me.”
Lui
mi guarda dritto negli occhi.
“C’è
più di quanto tu creda, purtroppo c’è
voluto un evento tragico per fartelo
scoprire, non era così che doveva andare. Avrebbero dovuto
essere Keisha e
Joel…
Ma
ormai…
Chi
l’avrebbe detto che Joel fosse morto e noi tutti
ingannati?”
“Credo
nessuno, persino Keisha è stata ingannata.”
Continuiamo
a parlare per un po’, poi ci salutiamo.
Io
mi stendo sul divano pensierosa, poco dopo arrivano gli altri e io li
saluto
tutti calorosamente, soprattutto Tom a cui salto praticamente in
braccio.
Mi
è mancato un sacco.
“Tom!”
Lui
mi stringe ancora di più.
“Chia!”
“Dio,
quanto mi sei mancato! Le giornate senza di te e gli altri sono
terribili,
vivere la vita di un’altra è terribile.”
“Non
vedo l’ora di potermi innamorare di Jen Jenkins.”
Io
sorrido.
“Dopo
la fine del liceo saremo ancora insieme.”
Un
“Ehm, ehm!” imbarazzato ci fa staccare e io guardo
gli altri.
“Scusate,
ma sapete com’è, non lo vedo da tanto.”
Ci
sediamo tutti intorno al divano, prendendo cibo dal frigo e da una
credenza.
A
quanto pare Keisha e David non si sono più lasciati dalla
sera del ballo e
formano coppia fissa, lei sembra parecchio presa perché
parla di lui in termini
entusiastici ed è rossa come un pomodoro.
“E
così hai trovato l’amore, eh?”
“A
quanto pare. Sono felicissima.”
“Anche
io.”
Soprattutto
perché sono seduta tra le gambe di Tom.
“E
tu Johnny?”
“Io
ho questa meravigliosa ragazza e ora che ti ho rivisto sto meglio. Non
vedo
l’ora che questo dannato anno scolastico finisca
così possiamo ritrovarci come
ai vecchi tempi.”
“E
tu Mark?”
“Lavoro
come un dannato a San Diego, provo con i blink.. La solita routine.
Tua
sorella mi manca da morire.”
“Anche
a me.”
“Non
so se riuscirò a innamorarmi ancora di una ragazza dopo di
lei.”
Io
non dico nulla, non so cosa dire davanti al suo dolore profondo.
“Cosa
ti ha detto il re?”
Mi
chiede Keisha per cambiare argomento.
“Niente
di particolare, a quanto pare abbiamo eliminato tutti i nemici qui
sulla terra
e vorrebbe vedermi un giorno.”
“Questo
significa andare su un pianeta alieno!”
“Sì,
esattamente.”
“Posso
venire anche io?”
Tom
fa una faccia da cucciolo che fa ridere tutti, compreso Mark.
“Certo!
In realtà vorrei che veniste tutti.”
“Sììì!”
Tom alza le braccia
in aria, come se stesse
sollevando un trofeo, è stupido?
Sì,
ma lo amo lo stesso!
Due
mesi dopo la vita di Jen Jenkins o meglio la mia è cambiata.
Lentamente
si è messa a frequentare gli skater della scuola, i perdenti
e ha cambiato look
un passo alla volta. Qualcuno si picchietta l’indice sulle
tempie quando mi
vede, come a indicare che sono impazzita.
No,
non sono impazzita. Sto cercando di conciliare me stessa e Jennifer e
non è
facile, io e lei abbiamo personalità molto diverse.
Con la scusa
dell’avere iniziato a frequentare
gli skater qualche sera vado al Soma e fingo di fare amicizia con Mark,
Tom e
gli altri.
Questo
è il lato positivo.
Il
lato negativo è che qualcuno si è preso una cotta
per me: Pete, uno del gruppo.
Un
giorno tenta di baciarmi, io gli rifilo una sberla, lui mi guarda
ferito.
“Posso
sapere perché?”
“C’è
un altro che mi interessa.”
“Potrei
sapere chi è?”
No,
non potrebbe, ma glielo dico lo stesso.
“Tom
DeLonge, quello skater che abbiamo incontrato al Soma.”
“Ma
è uno sfigato e poi cambia un ragazza al giorno.”
Io
lancio a Pete uno sguardo di fuoco e lo attacco al muro.
“Non
dire mai più una cosa del genere su Tom!”
Lui
rimane leggermente scioccato, ma poi decide di lasciar perdere e di
essermi
solo amico, forse teme che lo picchi.
Quando
lo racconto a Tom lui si rabbuia e fa scrocchiare le nocche.
“Uhm,
questo ragazzino merita una lezione.”
“L’ho
già sistemato io e sarebbe strano se tu impicciassi
così, come se mi
conoscessi.”
Lui
si imbroncia.
“Fantastico,
non posso nemmeno tenere gli altri lontani dalla mia ragazza
ora.”
“Tra
poco potrai. Tra poco finirò questo dannato anno di liceo e
potremo tornare
insieme.”
Dico
per blandirlo.
“Sì,
ammesso che qualcuno non ti abbia già rubata da
me.”
“Non
c’è pericolo!”
Rispondo
abbracciandolo.
L’unico
vero pericolo che temo sono i federali e per questo ho incaricato
qualcuno dei
miei soldati di tenerli d’occhio, per ora l’agente
Ferguson sembra aver
mantenuto la promessa e ci gira al largo, lavora su altro.
Tra
poco brucerà i nostri dossier, mi ha detto una delle mie
guardie.
Perfetto,
così se a qualcuno venisse in mente di continuare le sue
ricerche non
troverebbe più nulla.
Apparentemente
va tutto bene, in realtà mi mancano tutto e mi manca persino
Poway, la
cittadina da cui ho sempre voluto andarmene.
Ogni
tanto faccio qualche giro lì e una volta sono passata
davanti a casa mia e ho
visto i miei con le gemelline. Giocavano nel prato sotto il loro
sguardo
attento.
Mio
padre sembra stare meglio, mia madre invece ha spesso momenti di vuoto,
Johnny
mi ha detto che non è più ricoverata, ma continua
a vedere uno psicologo.
Le
gemelline si chiamano Chiara e Isabel, come noi.
Mi
sembra un gesto tenero, molto bello e io mi sento una merda come non
mai per
averli abbandonati.
Se
fossi rimasta sarebbe stato meglio per loro, ma li avrei messi in
pericolo ed è
bene che io sia una sconosciuta ora.
Sospirando
torno a casa mia, la zia di Jen non c’è e guardo
un po’ la tv, dopo farò i
compiti.
In
questo momento non mi sento in grado di farlo, sono troppo triste.
In
un certo senso mi fa male vedere come la vita possa andare avanti senza
di me
e, se non ci fosse Tom a ricordarmi quanto mi ama, penserei di essere
stata
solo una meteora insignificante nella vita di tutti.
Tom
mi salva ogni volta e non se ne rende nemmeno conto, dovrebbero farlo
santo o
giù di lì!
Finito
il mio esercizio di zapping faccio i compiti pensando che domani non ho
voglia
di fare una verifica di matematica e di consegnare un saggio di inglese.
Mi
mancano i miei vecchi insegnanti, questi mi sembrano estranei, non sono
cattivi, solo… non li conosco. Dopo anni di liceo impari i
punti deboli di
tutti e li sfrutti a tuo vantaggio, qui non posso farlo, anche se i
ricordi di
Jen sono nitidi a riguardo.
A
mezzanotte ho finito i compiti, mi lavo e chiudo a chiave la porta di
casa, mia
zia rientrerà con le chiavi se rientrerà. Le
piace la vita notturna e scoparsi
chi vuole, Jen pensava fosse una puttana, io sono d’accordo
con lei.
Nel
dormiveglia la sento rientrare alle due e – a giudicare dai
tonfi e dalle
imprecazioni – deve essere ubriaca marcia. Vada
all’inferno.
Finito
il liceo mi prenderò un appartamentino o una casettina
sull’oceano da sola,
senza zie ubriache tra i piedi e in cui possano venire i miei amici e
Tom.
Il
mattino dopo mi sveglio con la verve di un cadavere, chi diavolo ha
voglia di
andare a scuola circondata da sconosciuti che dovresti conoscere?
Mi
vesto e vado a scuola, faccio la verifica di mate e temo sia andata
male, il
saggio di letteratura invece ha più possibilità
di andare bene.
A
mensa mi siedo con Pete e gli altri, lui è tornato il
solito, anche se si tiene
un po’ distante, forse per via della sua cotta.
Buon
per lui, non vorrei mai che Tom facesse qualche cazzata.
Tom…
Chissà
come se la stanno cavando gli altri?
Mi
mancano molto e ogni mese che devo trascorrere qui mi sembra lungo come
un anno
di galera, voglio andarmene!
Quando
diavolo arriva il diploma?
Durerà
solo qualche mese, mi dico, poi potrò smettere di essere chi
non sono e provare
a essere di nuovo me stessa.
I
giorni e le settimane passano lenti, si avvicinano il ballo di
primavera e il
diploma, il secondo è un sollievo, il primo una noia.
Pete
torna all’attacco.
Un
giorno mi blocca nel parcheggio della scuola e già dalla sua
faccia non si
presagisce nulla di buono.
“Ehi!”
“Ehi!”
“Ti
va di andare al ballo con me, Jen?”
“No,
non so nemmeno se ci andrò e comunque voglio provare a
chiedere a Tom.”
Lui
sbuffa.
“Chissà
cosa ci troverai in lui….”
Io
non dico nulla ed entro nella mia
macchina, pensando se davvero avrò il coraggio
di chiedere a Tom di
venire a questo ballo.
Creerò
qualche problema?
Un
pomeriggio alla casa nel deserto trovo solo Keisha che sta facendo i
compiti.
“Ciao,
speravo di beccare te o Anne.”
Lei
alza lo sguardo dal foglio e mi guarda.
“Come
mai?”
“Ho
bisogno di un parere femminile.”
“Dimmi
pure.”
“Secondo
te dovrei invitare Tom al ballo della mia scuola?”
Lei
rimane un attimo in silenzio e poi si volta verso di me.
“Credo
che dovresti, al massimo direte a tutti che siete solo amici.”
“Direi
che è una buona idea, non ce la faccio più a
stare separata da lui, ho bisogno
di vederlo.
Conto
i giorni che mancano al diploma.”
“Non
ti preoccupare, tra un po’ lo vedrai e penso sarà
felice di venire al ballo con
te.”
Mi
butto sul divano e poco dopo la porta si apre ed entrano Anne, Johnny e
Tom,
Keisha mi lancia un’occhiata eloquente. Io sospiro, a disagio.
“Tom?”
“Sì?”
“C’è
una cosa che vorrei dirti, potresti uscire un attimo?”
“Perché
non puoi dirla davanti a tutti?”
Johnny
è il solito importuno, Anne, che forse ha intuito
l’argomento gli rifila una
gomitata.
Io
torno Jen ed esco con Tom nel calore del deserto, lui ha le mani
affondate
nelle tasche dei jeans.
“Cosa
c’è?”
“Beh,
nella mia scuola si tiene il ballo di primavera.”
“Anche
nella mia.”
Perché
i ragazzi non rendono mai facile le cose?
“Ti
andrebbe di venire con me?”
Gli
chiedo intimidita, lui sorride e mi fa fare una giravolta.
“Con
grande piacere!”
Io
sorrido e sento che parte della mia preoccupazione se ne è
andata, gli detto
l’indirizzo dove abito ora e l’ora a cui deve
presentarsi.
Lui
annuisce e si segna tutto su un piccolo taccuino che tiene nella tasca
posteriore
dei jeans, lo porta sempre con sé in caso di ispirazioni
improvvise.
“Avevo
paura che tu mi dicessi di no.”
Butto
lì con noncuranza, prima di entrare.
“Io
avevo paura che non mi avresti chiesto una cosa del genere, che avresti
detto
che era troppo presto o cose del genere.”
“Mi
manchi, Tom, non hai idea di quanto.
Ci
sono mattine in cui cerco Isabel per andare a scuola e vedere te ed
entrambi
non ci siete.”
“Succede
lo stesso anche a me, ma tra poco non ti lascerò
più andare, sarai mia.”
Rientriamo
e ci mettiamo a chiacchierare con gli altri come se niente fosse
successo, John
ha uno sguardo confuso, credo che Anne più tardi gli
chiarirà un paio di cose,
a giudicare dalla sua faccia ha capito benissimo cosa ho chiesto a Tom
e le va
bene.
Tra
poco dovrò cercarmi un vestito adatto e cose del genere, ma
non sono dell’umore
giusto, mi ricordano che l’ultima volta che ho fatto una cosa
così Isabel è
morta.
“Cosa
c’è, Chia?”
Mi
chiede Keisha con in mano una tazza di the fumante.
“Niente,
sto pensando che l’ultima volta che ho cercato un vestito per
il ballo Isabel è
morta.
Credo
che utilizzerò l’armadio di Jen Jenkins, di sicuro
contiene più abiti femminili
del mio.”
Annuiscono
tutti.
I
mesi passano velocemente, finalmente arrivano gli esami e io mi impegno
al
massimo in ogni materia per non dover rimanere qui un altro anno.
Il
giorno dopo la fina degli esami c’è il ballo alla
sera.
Alla
fine non ho comparo nulla di nuovo, ho solo cercato bene
nell’armadio di Jen e
trovato qualcosa che facesse al caso mio e l’ho trovato.
Indosso
un bel vestito di seta azzurra che arriva appena sopra il ginocchio e
con un
fiocco sulla scollatura, la mia milleottanta, un braccialetto
d’argento e un
paio di sandali neri con i tacchi alti, il tutto accompagnato da una
borsetta
minuscola che contiene a stento il mio portafoglio e le sigarette.
Tom
arriva puntuale, alle otto, mia zia finge un po’ di
felicità, ci scatta qualche
foto e finalmente ci lascia andare ponendo fine a un momento
imbarazzante per
tutti. Echi di un momento simile si sovrappongono al presente
rendendolo
doloroso.
In
macchina non riesco a dire una parola, Tom mi appoggia una mano sul
ginocchio.
“Tranquilla,
lo so che non ti piace e che non è facile rivivere questo
momento, ma insieme
ce la faremo.”
Io
annuisco piano, trattenendo le lacrime.
Da
quando Isabel è morta ho in odio i balli studenteschi, non
che mi piacessero
prima, ma ora è proprio odio conclamato.
Lui
parcheggia e poi entriamo nella palestra, prima di accedere alla sala
vera e
propria c’è l’angolo del fotografo, a
pagamento potrai avere immortalato
qualcosa che farà morire dal ridere i tuoi figli per via
degli abiti o dei
capelli.
Io
e lui ci guardiamo un attimo, poi ci facciamo fare la foto.
Fatto
questo entriamo nel locale e cominciamo a ballare al ritmo di un lento,
lui ha
le mani sui miei fianchi, io le braccia intrecciate sul suo collo.
“Giurami
che non finirà mai, che in qualche modo ce la faremo sempre
a stare insieme e
che nessuno ci separerà mai.”
“Te
lo giuro, cercherò di fare del mio meglio per evitare che
questo finisca. Sei
quella a cui devo la vita e che amo immensamente, per quanti
cambiamenti possa
fare.”
“Dammi
un paio di settimane a San Diego e tornerà me
stessa!”
Lui
sorride felice.
“Non
vedo l’ora.”
Anche
io non vedo l’ora.
Sono
stanca di questa maschera che devo portare tutti i giorni e che non mi
appartiene, sono stanca di mia zia, sono stanca del liceo e di Pete che
cerca
sempre e comunque di provarci garbatamente. Anche ora, con Tom
presente, sento
il suo sguardo addosso.
È
uno sguardo ferito, ma non poteva andare diversamente, io amo e
amerò sempre
Tom, non lui.
Balliamo
felici e impacciati come solo due adolescenti possono esserlo e questo
momento
mi sembra perfetto.
Non
è stato facile arrivare qui, non sarà facile
andare avanti in futuro.
Probabilmente litigheremo e ci manderemo a fanculo, ma per ora tutto
questo è
lontano come un ricordo sfuocato.
Tutto
è perfetto.
Angolo di Layla.
Beh, settimana prossima posto il
seguito. Ciao.
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