Unsaved

di _Nayre_
(/viewuser.php?uid=520604)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hospital. ***
Capitolo 2: *** Fear;Brave ***
Capitolo 3: *** Meetings ***



Capitolo 1
*** Hospital. ***


-1 Hospital.

 
E’ mattina; il sole si inoltra nella mia stanza attraverso la finestra. Il giorno è arrivato; mi alzo e trascino il mio corpo dolorante sotto la doccia; oggi è il giorno della visita.
Ho aspettato con ansia questo giorno, ma adesso ho paura; vorrei ritornare sotto le coperte e cancellare il 9 aprile dal calendario; vorrei semplicemente non avere problemi, almeno per un giorno.
Il rumore di una porta che si apre mi fa ritornare alla realtà; mia madre si è svegliata. Faccio tutto più veloce possibile, mi sciacquo, esco fuori dalla doccia e ritorno nella mia camera, tutto solo per non vederela; per non vedere lei; per non vedere i suoi occhi.
Apro l’armadio fissandolo come se aspettassi una risposta sulla solita domanda di routine  -‘Cosa metto oggi?’- ma alla fine sono sempre i soliti vestiti monocolore: jeans e felpa neri con maglia e air force bianche. C’è chi dice che l’abbigliamento è un modo come un’altro per esprimere la propria personalità, bene, questa sono io. Sono una macchia di nero nel bianco; qualcosa che non si sente di appartenere nemmeno a se stessa; un’essere che non troverà mai un posto chiamato ‘casa’.
Ho finito di vestirmi, lego i capelli in un tuppo scombinato; preferisco non turccarmi oggi, solitamente uso il trucco per coprirmi, coprire tutte le mie imperfezioni, ma oggi non sono in vena, voglio solamente fare in fretta e tornare a dormire, lasciare tutti e tutto fuori da quella porta; esserci solamente io e il mio pensiero.
Prendo il telefono e le cuffie le metto in tasca e vado nella sala da pranzo; trovo mia madre seduta su una poltrona che sorseggia una tazza di the, cerco di evitare il suo sguardo scrutatore e vado in cucina a prepararmi del caffé, ne ho veramenete bisogno.
-‘Non si da più il buongiorno? Credevo di averti insegnato le buone maniere’- dice con voce esausta mia madre dall’altra stanza; speravo di essere invisibile ai suoi occhi. –‘Buongirno.’- rispondo seccata prima che la macchina del caffé copra il rumore delle nostre voci; il caffé comincia ad uscire riempiendo la tazzina; il solo
profumo mi fa risvegliare del tutto.


***

Entriamo in macchina, guardo l’orario sul telefono: sono appena le dieci del mettino; la visita è tra unì'’ora, ma meglio non ritardare.
Il tragito è di minimo mezz’ora, meglio ascolatre un po’ di musica; prendo le cuffie che ho nella tasca e le collego al telefono, scorro la playlist, non mi vanno dei ritmi troppo movimentati, il mal di testa mi perseguita da questa mattina, quindi preferisco qualcosa di più calmo e rilassante. Metto play e mi lascio trasportare dalla melodia; le parole mi entrano dentro, sembra la canzone giusta per me in questo momento. Rifletto molto sul testo; di questi periodi la cosa che mi viene meglio, a quanto pare, è pensare.
Le canzoni si susseguono, una dopo l’altra; il tempo passa, ma siamo ancora in macchina. Guardo l’orario sul display del telefono, sono già le 10.35, e per la prima volta da stamattina, scambio una frase con mia madre –‘Verso che ora dovremmo arrivare in clinica?’- la mia voce è quasi trasparente –‘Non manca molto, tra circa dieci minuti, speriamo di non fare tardi...’-.
Nel tono di mia madre c’è malinconia, è più preoccupata lei per il risultato degli esami che io, forse lei, a differenza mia, ha capito quanto è importante questa visita. Per tutta la mia vita non ho fatto altro che spostarmi da una clinica ad un’altra, mia madre è sempre stata alla ricerca di un medico che ci possa dare qualche speranza, che le potrebbe dare una sparanza; io ho smesso da tanto a credere di avere una possibilità, forse sono stanca di illudermi, forse non voglio sperare in qualcosa che so benissimo che non accadrà mai; accetto di fare tutte queste visite solamente per lei, perche non ho più il coraggio di guardarla negli occhi per paura di vedere tutta la sua sofferenza, il dolore. Vorrei portarmi con me tutto questo, vorrei levarle un peso, ma mi rendo conto che se io me ne andassi non risolverei niente, ma rinforzerei il suo odio per la vita, e darle una pena in più; se continuo a combattere lo faccio solo per lei.
Il mio sguardo è perso fuori dal finestrino a guardare il nulla; mi piace pensare che lì fuori, fuori da questa sofferenza, c’è qualcuno che ride; qualcuno che piange di gioia, per una nascita o per qualcosa di inaspettato; qualcuno che dopo tante notti passate da solo a bere le proprie lacrime ora vive la vita che merita.
Forse un giorno pure mia madre sarà una di quelle persone, che ride senza motivo, solo perche le va; senza più troppe preoccupazioni; avere finalmente la vita che merita.
Sposto il mio sguardo da fuori il finestrino alla donna al volante: è concentrata sulla strada; come me lei non è un tipo loquace, parla solamente quando non ha altra scelta; quando è interpellata, ma, come me, preferisce starsene lì a pensare, a cercare delle risposte che non esistono.
E’ messa che si tortura il labbro inferiore, questo segna la sua palese agitazione. Le direi i stare tranquilla, ma non farei che peggiorare la situazione, conoscendola; scelgo il silenzio, come la maggior parte delle volte.
Noto in lontananza una struttura, credo sia l’ospedale.
-‘Siamo arrivate.’- dice mia madre confermando la mia ipotesi; bene, il punto ora è scendere dalla macchina. Mia madre scende per prima, mi apre la portiera e mi aiuta a scendere; qualche settimana fa ho avuto un piccolo incidente che mi è costato un’ingessatura alla gamba: sono caduta dalla sedia.
 

//FLASHBACK
 
‘Finalmente si mangia; prendo il piatto che avevo appena preparato e lo poggio sul tavolo, sposto la sedia per sedermi, ma appena mi poggio su essa mi sento cadere; si è rotto il piede della sedia.
-‘Oh mio Dio, Clara! Stai bene?’- dice mia madre, cercando di farmi alzare; quella sedia era rotta da mesi, ma ora era proprio rotta. Mia madre mi cantinua a reggere, notando che da sola non ci riesco –‘Puoi camminare?’- le faccio un segno di no con la testa, mi viene da piangere per il dolore alla caviglia –‘Ma come cazzo hai fatto? Andiamo all’ospedale.’-
Ecco, mi ritrovo sempre distesa su un letto d’ospedale, per un motivo o per un’altro, sono sempre dentro quell’odiosa struttura.’
 
Mia madre mi fa poggiare sulla tettoia della macchina mentre lei si dirige verso il cofano, prende le stampelle e me le porge.
Entrambe ci incamminiamo verso l’interno della struttura; le mura sono di un bianco insignificante, sembra che chiunque entri in questo edificio perda la propria identatà, tutto è così regolare; nessuno sgarra niente; tutti hanno un compito, una posizione; è impossibile resistere quà dentro, ancora mi chiedo come ho potuto fare; spero solamente che non ci debba restare...
Continuiamo a percorrere l’anonimo corridoio; arriviamo nel nostro settore.
-‘Aspetta, mi vado ad informare per il turno.’- dice mia madre con voce rassicurante; mi accomodo su un posto libero guardandola mentre si allontana e scompare tra il via vai di persone in camice.
Osservo tutte le persone nella mia sala; tra tutti un ragazzo sembra essere avvolto da una luce diversa, ha qualcosa di insolito. Sto ancora cercando di capire cosa può avere di così tanto speciale da sembrare diverso dagli altri. Idossa dei jeans e una maglietta rossa con delle converse ai piedi; i capelli sono ben curati, di un castano chiaro; la pelle è macchiata da qualche neo, e nel collo è presente una voglia color cioccolato, lo stesso colore dei suoi occhi; alza gli occhi verso di me, permettendomi di osservarli meglio; ha una strana luce negli occhi, forse è quello che stavo cercando in quel ragazzo; mi accorgo che il suo viso si curva in un sorriso, lo sto fissando e lui se n’è accorto, bella figura di merda. Distolgo subito lo sguardo portando su un quadro difronte a me. Sento il suo sguardo sopra di me, ciò mi mette in suggestione; vorrei sprofondare.
Sento una presenza vicino la mia, mi giro e trovo il ragazzo della voglia sul collo; spero che non abbia intenzione di cominciare un discorso.
-‘Beh, ciao io sono Liam.’- mi dice mostrandomi un’altro sorriso –‘Clara.’- rispondo impassibile. Un pizzico di curiosità mi sfiora, per quale motivo si trova in ospedale? –‘Come mai qui?’- mi lascio sfugire; la curiosità è troppa.
-‘Devo fare alcune visite di controllo, tu?’- a quella domanda molte risposte, potevo inventarmi tante scuse, ma perche mentire a qualcuno che non vedrai più? Opto per la risposta più ovvia –‘Non noti il gesso al piede?’-
-‘Oh si.. scusa non l’avevo notato.’- non è una bugia, la considero una mezza verità; fare pena a qualcuno è l’ultimo dei miei pensieri, lasciamo correre.
-‘Come è successo?’- chiede ancora il ragazzo accanto a me; è alla ricerca disperata di aprire un discorso, ma tutti i suoi sforzi saranno inutili.
-‘Lunga storia...’- -‘Non ti preoccupare, guarda la fila.’- dice indicando con la testa la folla nella stanza; -‘Senti, non sono un tipo a cui piace parlare, scusami...’- dico chiudendo il discorso.
Passa qualche minuto, quando noto che sta scrivendo qualcosa su un pezzo di carta, appena finito me lo porge –‘Questo è il mio numero, mi piacerebbe risentitrti.’- quale della parte di ‘non sono un tipo a cui piace parlare’ non ha capito?
Una voce familiare attira la mia attenzione –‘Clara, andiamo è il nostro turno.’- dice mia madre porgendomi una mano; prendo le stampelle appoggiate al muro e mi alzo. Rivolgo un ultimo sguardo verso il ragazzo accanto a me –‘Ci sentiamo Clara.’- dice con un tono dolce accompagnato da un sorriso, gli rispondo con un debole sorriso prima di allontanarmi da quel ragazzo.

 

ANYWAY

BENE QUESTO E' IL PRIMO CAPITOLO DELLA MIA NUOVA STORIA, L'ULTIMA NON HA AVUTO GRANDE SUCCESSO, SPERO CHE IN QUESTA POTRO' EVITARE GLI ERRORI CHE HO FATTO IN QUELLA PRECEDENTE. SPERO IN QUALCHE VOSTRA RECENSIONE C: ACCETTO CRITICHE DATO CHE NON SONO UNA BRAVISSIMA SCRITTRICE... ANYWAY SPERO CHE LA STORIA VI PIACCIA, BACI.
PS. SE CI SONO ERRORI SEGNALATEMELI, HO RICONTROLLATO IL TESTO 3 VOLTE e.e VE NE SAREI GRATA :)
 xx Nayre

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Fear;Brave ***


2- Fear;Brave


Usciamo da quella stanza; non ho ancora il coraggio di guardare mia madre negli occhi. Mi spaventa poter trovare un’anima in pena, in pena per la propria figlia. Non voglio che lei soffra per me, vorrei soltanto vedere il viso raggiante con un sorriso, uno di quelli veri, uno di quelli che ti viene dal cuore; ma finché le mie condizioni sono queste non succederà; finché io sarò qui, non succederà.
Avvolte penso che sono stata messa al mondo solo per fare stare male tutte le persone a cui voglio bene; perche quest’orribile compito? Non hanno sofferto, non ho sofferto abbastanza? Perche non finirla qui; cessare tutto questo dolore che da tempo ci avvolge; non tutti sono riusciti a sopportarlo, sta di fatto che siamo rimasti solo io e lei: la donna più forte che abbia mai conosciuto.
Lasciamo la struttura dell’ospedale; almeno non ho più il gesso al piede.

***

Finalmente a casa, nel mio letto; oltre quella porta c’è tutto; il dolore, la gioia, mia madre, la vita. Una vita che io non avrò mai la passibilità di vivere; e se dipendesse da me? Penso. Forse sono io che non voglio darmi una possibilità, una possibilità di vivere. Liam. Il suo nome si insinua nei miei pensieri come se nulla fosse; i suoi occhi con quella luce, le sue labbra, il suo viso; tutto questo ora sembra un bisogno; non ci voglio riflettere troppo ho troppa paura di cambiare idea; prendo i jeans che avevo messo questa mattina e da questi esco il bigliettino giallo stropicciato; rimango ferma ad osservare quel biglietto, se continuo a pensarci troppo c’è il rischio che cambii idea...


Niall’s Pov

Era una bellissima mattina; vengo svegliato dall’odore di caffè che proviene dalla stanza accanto, esiste un modo migliore per svegliarsi? Guardo l’orario sulla sveglia sul comodino accanto al mio letto; sono le 10.00. Mi alzo e mi metto seduto sul letto, mi fermo un attimo a guardare la stanza: le pareti blu fanno risaltare i mobili in legno chiaro; lo specchio davanti al mio letto riflette la mia immagine, ho un aspetto abbastanza stanco; sposto la mi attenzione sul telefono che sta vibrando; è Zayn. -‘Pronto?’- rispondo ancora con la voce impastata.
-‘Sono all’ospedale, mi vieni a prendere?’- dice con voce calma. Le sue parole mi fanno alzare di scatto; cosa ci fa all’ospedale?! -‘Certo, sto arrivando.’- dico chiudendo la chiamata.
Zayn è il mio coinquilino; viviamo insieme da circa tre anni; entrambi studiamo medicina all’università e in questi anni abbiamo creato un rapporto molto stretto; è il fratello che mi mancava. Mentre mi preparo per andare a prendere il moro all’ospedale sto ancora cercando di capire cosa ha mai potuto combinare questa volta; spero niente di grave... immagini del mio amico in condizioni penose corrono veloci nella mia testa, ma le escludo una per una; per quanto irresponsabile possa essere non credo che arriverebbe ad uccidersi. Esco dalla doccia e mi cingo la vita con un asciugamano bianco; spanno lo specchio con la mano e mi osservo un po’: i capelli tinti di biondo mi incorniciano il viso scombinati e gocciolanti; già c’è qualche accenno di barba, ma i segni dell’acne si intravedono ancora; a quanto pare mi è difficile crescere. Ritorno in stanza, metto una felpa blu, dei jeans e le supra; i capelli li lascio bagnati, non ho il tempo per asciugarli. Scendo di corsa le scale e mi avvicino alla macchina percheggiata nel mio posto auto del residence; salgo in macchina, metto in moto e volecemente mi diriggo verso l’ospedale vicino; ancora non riesco a capire cosa ha potuto combinare, ma cerco di rimanere focalizzato sulla strada;


//FLASH BACK

-‘Che spasso.’- dice Greg con una voce brilla. Abbiamo passato la serata in un pub vicino Munlligar, poco appena fuori la città; non siamo completamente lucidi, ma essendo che ancora ho 17anni l’unico che può portarci a casa è lui. Mette in moto il veicolo e partiamo; io sono messo nel sedile posteriore; osservo la figura di mio fratello al volante, ma non riesco a vederlo in faccia; non lo avrei mai più rivisto. Sento che sbandiamo di poco sull’asfalto bagnato, all’inizio mi prende il panico, ma dopo riprendiamo a camminare, poi tutto bianco. Una luce. Delle grida. Un urto. Un tir ci ha preso nella fiancata mandando la macchina fuori strada. Mi risveglio poco dopo con la testa dolorante e un pezzo di vetro nella gamba. Non posso muovermi. Cerco, privo di risultati, di svegliare mio fratello, ma niente. Continuo a chiamarlo, ad urlare il suo nome sempre più forte nella speranza che mi potesse sentire, ma so che è tutto inutile.
Mi avvicino di più, per quanto mi è possibile, a mio fratello, lo slaccio dalla cintura e lo tengo stretto, come una madre fa con il proprio figlio; come se lo volessi tenere con me; come se non lo volessi lasciare andare. Continuo freneticamente ad accarezzargli la fronte ripetendogli che tutto va bene, che staremo meglio, che ce la farà; non posso accettare di perderlo.
Le lascrime cominciano a solcare la mia pelle mischiandosi con il sangue che mi cola dalla fronte. Cerco di asciugare il sangue che esce dalla bocca del ragazzo che ho tra le mani; la sua pelle è gelida. Cerco di fargli calore stringendolo più forte; le lacrime escono più veloci, non riesco a fermarmi. Un rumore proveniente da fuori mi incuriosisce; è l’autista del tir, è venuto a salvarci. -‘Ragazzi, siete vivi?’- chiede affranta una voce roca. –‘Mio fratello è in gravi condizioni, ti prego chiama un’ambulanza.’- dico con voce spezzata dal pianto, a quel punto lo stringo ancora più forte –‘Non ti preoccupare, va tutto bene.’- continuavo a ripetere mentre lo cullavo; non sarebbe dovuta andare così.

***

Cerco di non pensare a quel giorno; ora ho 20 anni, sono passati ben 3 anni, ma non c’è una volta che l’incubo non riaffiori nei miei pensieri. L’edificio bianco coglie la mia attenzione, mi diriggo verso il parcheggio e cercando di mantenere un’andatura normale mi avvio dentro. Entro e vengo travolto dal fastidioso odore d’ospedale; l’ho sempre odiato. Cerco di passare attraverso il via vai di dottori e pazienti e cerco con gli occhi il banco d’informazione; il bianco delle pareti mi fa rabrividire; tutto è così freddo, incolore. Dopo un po’ decido di mandare un messaggio al mio amico –‘Dove sei, io sono arrivato.’- la risposta non tarda ad arrivare, -‘Secondo piano, stanza 4B reparto 7.’- bene, ho impiegato quindici minuti a trovare il banco informazioni, pensiamo trovare a Zayn.
Mi avvicino alla signorina dietro il banco e comincio a chiederle informazioni per arrivare nella stanza 4B, non credo sarà facile... la ragazza comincia a parlare, ma non ho capito molto; mi perderò. Dopo che la ragazza ha finito la ringrazio cortesemente per le informazioni e vado alla ricerca dell’ascensore; un’altra impresa. -‘Zayn, ma dove cazzo sei! Mi sono perso...’- eccomi, un ragazzo che si perde in un ospedale.
Mi gioco l’ultima carta fermando una signora che mi è passata accanto –‘Scusi, ma non so dove possa essere l’ascensore, me lo potrebbe indicare?’- chiedo cercando di nascondere il mio imbarazzo; la signora mi rivolge un sorriso e comincia a camminare, a quanto pare mi ci porta. La signora che cammina a passo svelto difronte a me avrà si e no 40anni; in faccia sembra molto stanca, chissà cosa sta passando, ma preferisco non essere indiscretto; effettivamente sono solamente un ragazzo che si è perso che le sta facendo perdere tempo... arriviamo davanti l’ascensore -‘Ecco’- mi dice la donna con un sorriso; -‘Grazie, scusi, ma non sono mai venuto qui.’- rispondo un po’ imbarazzato. –‘Non si preoccupi, ora mai lo conosco bene l’ospedale.’- Quelle parole mi sono entrate dentro lasciando una voragine.
La curiosità cresce; cosa starà passando? Ma evito, ancora, di chiederle qualcosa; sono solamente un sconosciuto che si è perso, sarebbe troppo inopportunuo... -‘Sà, dopo un po’ cominci a credere che tutto giri qua dentro; la vita. La morte.’- Mi confessa la signora, sembra come se avesse bisogno di qualcuno che l’ascolti, qualcuno che le stringa le mani e la consolasse; ha bisogno di forza, le si legge negli occhi. Ha bisogno di qualcuno le la sostenga. L’abbraccio d’impulso; faccio di tutto per non fare scendere le lacrime. La signora ricambia l’abbraccio, ne aveva bisogno. –‘Grazie, spero di non vederti più in giro.’- sforza un sorriso. -‘Tutti abbiamo bisogno di affetto; spero che qualunque cosa la stia affligendo possa presto passare.’- gli occhi della signora cominciano a luccicare. -‘Sei un bravo ragazzo, ti auguro il meglio.’- Un rumore proveniente dal telefono mi distrae; è Zayn. –Dove sei finito? Ti devo far venire a prenedere?- Sposto il mio sguardo dal display del telefono alla donna difronte a me –‘Scusi, ma io dovrei andare.’- le dico con in po’ di tristezza; mi sarebbe piaciuto rimanere a parlare con lei ancora un po’, ma ovviamente anche lei è qua per cose più importanti, quindi ci salutiamo e poi lei scompare infondo al corridoio. Aspettando che l’ascensore arrivi tutta la conversazione di prima si ripete nella mia mente; forse non mi sono mai accorto delle persone intorno a me; nessuno si sofferma a pensare che cosa stanno passando, che specie di battaglia stanno combattendo; spesso basterebbe solo un abbraccio per migliorare la giornata di qualcuno, un sorriso, una carezza. Pochi minuti per aprirmi gli occhi. In questo mondo siamo tutti cechi, non vediamo cosa c’è dentro le persone; sordi, non sappiamo ascoltare un grido muto di dolore. Forse tutti si dovrebbero fermare anche solo pochi minuti a riflettere...
Le porte dell’ascensore si aprono, poco dopo si chiudono portandomi al piano superioriore;

***

-‘Tu sei completamente pazzo!’- grido all’amico che mi segue da dietro –‘Dai non fare così’- dice per giustificarsi. -‘Entra in macchina.’- rispondo con tono duro. Questa volta l’ha fatta grossa.


Clara’s Pov

Prendo il telefono e comincio a copiare sulla tastiera il numero; devo rimanere calma, se mi ha dato il suo numero vuol dire che lo posso chiamare, no? Incerta premo il tasto verde e porto il telefono all’orecchio; -TU.TU.TU.- quel suono che segnava l'attesa, non finiva più. Dopo qualche squillo una voce maschile risponde -‘Pronto?’- cerco di rispondere, ma la voce non esce; che frustrazione.
Passa qualche secondo –‘Clara, sei tu?’- il ragazzo è intuitivo. Sapeva che lo avrei chiamato, quella prevedibile sono io. –‘Anche se non mi risponderai mi fa piacere che mi hai chiamato..’- dice facendosi scappare una risatina soddisfatta –‘.. Beh, grazie, almeno ora ho il tuo numero. Spero che ci sentiremo più spesso. Ciao.’- dopo questo chiudo la chiamata. Che stupida che sono, ho dimenticato di mettere lo sconosciuto! Forse è ora di mettere da parte la maschera da dura e cercare di reagire in qualche modo. Devo imparare a vivere la vita per come viene, basta essere prevenuta; cercavo un cambiamento? Ora è l’ora di cambiare.

***

Esco dalla stanza sentendo delle grida dalla stanza accanto. Cerco di fare meno rumore possibile; mi affaccio di poco dallo stipite della porta, mia madre sta gridando contro il telefono, non mi serve molto per capire chi è: Jeremy; l’ex di mia madre. Da quando lo ha lasciato non fa altro che tormantarla... non che chiami ogni giorno, ma una chiamata riesce a distruggerla. Quell’unica volta che provato a ricostruirsi una vita non ci è riuscita e ora scordare il tutto, sopratutto con lui, non le viene facile, anzi tutto il contrario. Non ha fatto altro che procurare altro dolore in questa casa, ma mia madre troppo accecata da questo ‘amore’ l’ha capito troppo tardi.. si era illusa che potesse essere amata da quest’uomo, se così lo vogliamo definire, ma quest’amore era solo un suo sogno, il quale per me è stato un incubo.
Ancora fatico a dimenticare i suoi occhi rossi da pazzo; ho ancora le cicatrici, queste non andranno mai via... lui è stato un’altra causa che ha reso la mia vita così come conseguenza. Tutto quello che io sono ora: tutti i mie atteggiamenti sono solo una conseguenza a varie esperienze... la mia vita è tutta una serie di conseguenze, mai niente che capitasse per caso. E se anche Liam fosse una causa di una futura sofferenza? O peggio...
Le urla di mia madre mi riportano alla realtà, non riesco a capire cosa dice tra le lacrime, il rumore della sua voce spezzata da singhiozzi e il rumore dei piatti rotti... mi sembra di vedere il perfetto ritratto della mia vita; caos. Caos totale. Appena non sento più niente do uno sguardo alla stanza, è tutto rotto. Intravedo l’ombra di mi amadre che si trascina verso un angolino. E’ stanca... in questo momento mi ricorda molto me...


//FLASH BACK

Mi ero andata a coricare nella mia stanzetta; avevo paura del buio ma avevo più paura di lui. Mi copro con il piumone fino alla testa così mi sento più sicura. Decido di rimanere un po’ sveglia così se arriva lo sento, ma non riesco a tenere gli occhi aperti...

***

Un rumore. La porta si chiude. Le lacrime cominciano a scendere. La paura sale. Mi alzo dal letto; a stento le gambe mi reggono, ma devo arrivare all’armadio; mi ci nascondo dentro e cerco di soffocare le lacrime che si concetrano tutte in gola, mi sento morire. Sento delle voci ovattate, ma ancora non è arrivato in camera. Mia madre grida. Le lacrime scendono tutte insieme. La porta si apre e passi pesanti si avvicinano all’armadio –‘Dove sei! Esci!’- sapevo che se non sarei uscita sarebbe satata peggio, ma non riuscivo nemmeno a sbattere le palpebre. Me ne stavo li ferma, nell’angolo del mio armadio, con le lacrime che scendevano sperando di svegliarmi con la consapevolezza che tutto questo non era un sogno. L’armadio si apre e da lì cominciano le urla, sperando che qualcuno mi potesse sentire, ma niente, nemmeno questa volta...

***

Tutti questi ricordi mi riempiono gli occhi di lacrime; quanto male ci ha fatto... Mi avvicino a quella creautura rannicchiata per terra; trema. Cerco di tranquillizzarla, ma è quasi tutto inutile... –‘Shh.. non ti preoccupare, non può farci più niente...’- -‘S-si invece.. t-ti porterà via d-da me-e..’- dice tra un singhiozzo e l’altro. Quelle parole mi bloccano, portarmi via da lei? O meglio.. portarla via da me? -‘Cosa stai dicendo?’- rispondo arrabbiata.
Come risposta indica il telefono che poco prima aveva lanciato per terra; lo prendo e scorro tra i messaggi, il numero ora mai lo conosco quindi... -Pensi che ti lascerò in pace? Ti sbagli. Riuscirò a separarvi, ci vedremo tra poco in corte. Sei veramente convinta che la puoi mantere? Con i problemi che hai? Hahaha. Sai che con gli sbalzi d’umore e quelli comportamentali non sei in grado di mantenere una minorenne. Preparati all’inferno, se questo non lo è già. Ciao amore.-

 

ANYWAY


ECCO A VOI IL SECONDO CAPITOLO PIENO DI NUOVI ENIGMI E QUALCE RIVELAMENTO DAL PASSATO; VEDIAMO CHE NIALL E ZAYN ENTRANO NELLA STORIA, COSA LI LEGA A CLARA? EHEH PRESTO SUCCEDERA' QUALCOSA... ANCHE JEREMY E' UN PERSONAGGIO DA NON SOTTOVALUTARE; COSA VORRA' MAI DALLA MAMMA DI CLARA? RIUSCIRA' MAI NEL SUO INTENTO? CI SONO ABBASTANZA DOMANDE A CUI SI DARA' PRESTO UNA RISPOSTA :)  BEH QUESTO E' QUANTO, SPERO CHE SIA DI VOSTRO GRADIMENTO, ACCETTO ANCHE CRITICHE :) CI VEDIAMO AL PROSSIMO CIAU <3 Nayre xx

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Meetings ***


3-  Meetings 


Quelle parole mi pietrificano; sento la rabbia crescere dentro, le mani mi cominciano a tremare facendo si che il telefono mi cadesse dalle mani. Vorrei gridare dalla rabbia, in questo momento romperei tutto, ma cerco di mantenermi alla presenza di mia madre; sono il suo unico punto di riferimento, devo mantenere il controllo.
Nella stanza è calato un silenzio che grida aiuto; rivolgo lo sguardo su mia madre, mi guarda terrorizzata; che avrà paura di una mia reazione? Non succederà niente, perlomeno sotto questo tetto.
Mi avvicino e l’aiuto ad alzarsi, è meglio che ora si riposi –‘Mamma è meglio che ora vai a letto, riposati, ci penso io.’- l’accompagno fino alla stanza da letto e la copro; oggi c’è particolarmente freddo quindi accendo il termosifone nella sua stanza per farla stare al caldo .
-‘Ti porto una tazza di the?’- chiedo.
-‘Si, grazie.’- risponde da sotto le coperte.
Vado in cucina a prepararle il the quando il telefono per terra vibbra, un messaggio –Notte tesori.- ancora quello stronzo; cancello il messaggio.
In momenti come questi vorrei avere qualcuno con cui sfogarmi, tengo da troppo tempo tutto dentro; tutto questo mi sta trascinando sempre più giù; mi sento annegare nei problemi.
Forse sarebbe più facile affrontarli insieme a qualcuno, ma mia madre non è in condizioni ottimali e quel pazzo di Jeremy ha ragione, se denunciasse mia madre nel giro di qualche settimana lei si ritroverebbe in un clinica e io... non lo so, certamente farei di tutto per starle vicino; ci siamo ridotte veramente male... ma devo trovare una situazione, fosse l’ultima cosa che faccio.
L’acqua finisce di bollire, la verso nella tazza, metto la bustina aromatizzata e poi prendo dalla vetrinetta del tranquillante; il dottore mi ha raccomandato di darglielo quando è parecchio sotto stress, credo che ora sia il caso; prendo tutto e lo porto nella stanza di mia madre –‘Mamma, il the è pronto, ho messo del tranquillante così non avrai problemi per dormire. Buonanotte.’- le dico schioccandole un bacio sulla fronte.

***

E’ passata una buona mezz’ora da quando ho messo a letto mia madre; sicuramente il sonnifero ha già fatto effetto.
Dormire mi viene quasi impossibile, opto per una passeggiata, sono quasi le 2.00 di notte, ma preferisco camminare che rimanere qui a farmi prendere dai pensieri; avvolte vorrei smettere di pensare.
Metto una giacca più pesante e un cappello di lana; prendo il telefono e le chiavi ed esco di casa.
Il freddo è pungente; penso che tra non molto nevicherà. Non cammino da molto, ma non so dove sto andando; avevo bisogno di allontanarmi dalla mia vita; il freddo sta cominciano a diventare insopportabile, ma è come se focalizzarmi sul freddo mi faccia pensare ad altro; con i problemi di salute la mia situazione non è delle migliori, spero di non peggiorare o non potrò più andare a lavorare, tutto ciò sarebbe stress in più per mia madre; in tutta questa situazione lei è l’unica che non c’entra niente, non che stia dando la colpa a qualcuno, ma lei non si merita questa vita, spero che riesca anche a superare questo; è inutile mentire, lei è veramente malata e avrebbe bisogno di cure, quelle che non ci possiamo permettere.
 

Niall’s Pov
 
Ancora non riesco a capire come ha potuto fare; quel ragazzo rimarrà sempre un mistero... ovviamente cosa mi potevo aspettare da lui?
Non riesco a concentrarmi per niente sull’argomento; ho bisogno di staccare, altrimenti perderei solamente tempo, quindi devo trovare un modo per svagarmi. Gli esami sono quasi a meno di tre settimane da oggi, mai stato così preoccupato; di solito sono molto tranquillo e sicuro delle mie abilità intellettive, ma di questi periodi il panico sta avendo la meglio su di me; siamo ad aprile e io non mi sento pronto per affrontare un esame così importante.
Esco dalla mia stanza chiudendo il libro; a quanto pare Zayn dorme, effettivamente è quasi mezzanotte, non mi stupisce.
Vado in cucina, oggi non ho mangiato; prendo un pezzo di pizza fredda e comincio a sgranocchiarla mentre scorro la lista della mia rubrica; ad un certo punto noto un numero mai visto prima, nemmeno il nome mi è familiare; la curiosità mi spinge a mandare un messaggio –‘Ehi, scusa, ma mi sono ritrovato il tuo numero in rubrica, ci conosciamo? Niall.’- Prima di inviarlo lo leggo più e più volte, non ero convinto, ma essendo che lo dovrei mandare ad una persone che, quasi sicuramente, non conosco, non ci penso più tanto e invio il messaggio; non lo nego, sono ansioso di una risposta, chi sa chi si nasconde dietro quel numero; e se fosse l’amore della mia vita? Si, potrebbe succedere come nei film: i due protagonisti, destinati a stare insieme, si incontrano per volere del caso.
Il rumore di un nuovo messaggio mi distrae –‘Ciao, non credo... anche io non ricordo di averti aggiunto in rubrica..’- bene, almeno ora non mi sento un completo idiota; cerco ancora di ricordare dove ho potuto incontrarla... forse in discoteca? Possibile... ma non frequento posti del genere da quando abbiamo avuto l’incidente...
Decido di non pensarci più quando i ricordi cominciano a correre vivi nella mia immaginazione; devo trovare una fonte di sfogo, una distrazione. Prendo le chiavi della macchina diretto al solito posto, ‘Buck’s’, è il pub di un mio amico d’infanzia, l’unico con cui ho ancora contatti. Dopo una buona mezz’oretta di tragitto sento da lontano la musica, a quanto pare il locale è abbastanza affollato, ma credo che non ci saranno problemi. Parcheggio e spengo il motore della macchina, assurdo sono già le due, credevo di averci impiegato di meno. Dopo essermi accertato di aver chiuso bene la macchina comincio a camminare, fa abbastanza freddo questa sera, ci saranno massimo due gradi, ma ora mai sono abituato al freddo tagliente delle notti d’inverno.
Non mi affretto a raggiungere il locale, mi fermo dall’altro lato della strada a guardere il via vai della gente dal lato opposto; persone ubriache, ragazze che ridono sguaiate e dietro di loro ragazzi non del tutto lucidi che le stanno avvicinando, meglio non immischiarsi, ci tengo alla mia faccia.
Mi seggo su un muretto vicino e mi accendo una sigaretta, non fumo spesso, ma qualche volta non me lo vieto un tiro; mi stringo più forte nella giacca e butto fuori il fumo, tutto è abbastanza calmo, solo la musica del locale speza l’armonioso silenzio; una volta finita la sigaretta la butto per terra e la schiaccio con un piede per accertarmi che si sia spenta del tutto.
Qualche goccia comincia a bagnarmi il viso; sta cominciando a piovere. Mi guardo un po’ intorno, ancora, sembra tutto molto più calmo di prima anche se la musica ancora persiste; decido di avviarmi dentro; la fila non è lunga, è abbastanza scorrevole; appena entro dentro l’odore d’alcohol mi travolge, beh, dal tronde che aspettarsi; cerco di farmi strada tra i corpi sudati raggiungendo il bancone; dentro è tutto al buio tranne che per le luci che provenogono dalla postazione del DJ; la gente sembra a poco posseduta: balla, balla senza fermarsi; bevono, ridono;
-‘Vuoi qualcosa da bere?’- mi chiede una ragazza semi-vestita dall’altra parte del bancone.
-‘Si, grazie. Portami una birra.’- le rispondo.

***

Ho bevuto qualche birra, ma ancora mi sento in grado di guidare; raggiungo la macchina, metto in moto, ma prima di partire rimango un po’ a cercare di far passare tutta la confusione del locale, appena mi sento più lucido parto.
La strada verso casa è abbastanza lunga, mi metto comodo e proseguo ad una velocità accettabile, 70 km/h, non ci sono molte macchine quindi conto di arrivare a casa in una mezz’oretta; mi fermo di botto.
-‘Ma che cazzo fai!’- grido dal finestrino, ma non riesco a localizzare la figura della ragazza.
-O cazzo- penso; scendo velocemente dalla macchina; la trovo sul marciapiede che impreca, -‘Vedi di stare più attenta, cogliona!’- di tutta risposta mi alza il dito medio; mah, non solo si stava facendo investire, ma nemmeno chiede scusa!
Risalgo in macchina con i nervi e riparto diretto a casa; speriamo di non rischiare di investire qualcun’altro.
 
***

Sono quasi le tre quando vado in cucina a vedere l’ora; la serata è stata abbastanza noiosa, finchè quella ragazza non ha provato a farsi mettere sotto;
Metto un pantalone di tuta grigio e mi corico sul letto; forse quello che non mi fa dormire è il pesiero per Zayn, speriamo che quest’ultima non ci crei molti problemi... vivendo con lui i suoi problemi sono diventati, in parte, anche i miei;
Sto a pensare a una possibile soluzione, anche se non vedo via d’uscita, bene; domani ne parlerò con lui, qualcosa ci verrà in mente, altrimenti, ci ritroveremo nei guai...
Ad un tratto mi ritorna in mente lo sguardo, l’espressione, gli occhi di quella ragazza; sono dannatamente familiari, ma dove l'avrò vista.. non riesco a levarmela dalla mente; che l'abbia vista in precedenza? Forse... sarà una vecchia amica con cui avrò perso i contatti, ma allora perche sto ancora qui a pensarla...
 
 
Clara’s pov

L’assordante rumore della sveglia comincia a suonare alle 7.30; non capisco il motivo per cui sia punatata così presto.
Mi alzo ancora assonnata rivolgo uno sguardo allo specchio davanti il mio letto per ricordarmi quanto inguardabile sono di prima mattina ed esco dalla stanza;
-‘Mamma sei a casa?!’- grido alla soglia della sala da pranzo; tutto è come lo avevo lasciato ieri sera, dovrei riordinare.
-‘Si, vuoi la colazione?’- risponde lei venendomi incontro.
Incredible, sono le 7.45 e lei è già alzata; strano.
-‘Come mai già sveglia?’-
-‘Il sonnifero che mi hai dato ieri notte ha funzionato, ho dormito abbastanza bene.’- in tutto ciò non mi ha risposto, ma bene.
-‘Non preoccuparti per la colazione, poi faccio io.’- dico.
Vado in bagno ed entro in doccia; sono distrutta, non ricordo nemmeno a che ora sono tornata ieri sera e non concepisco come posso essermi svegliata così presto.
Camminare mi ha fatto bene, sono stata per un po’ via da questa casa e da tutti i pensieri che racchiude.
Oggi mia madre era stranamente felice, non che non sia contenta, ma stupita si; deve essere successo qualcosa, anche se non so cosa aspettarmi mi spaventa, non poco.
Il mio telefono comincia a squillare; mi affretto ad uscire e avvolgermi l’accappatoio; riesco a prendere la chiamata.
-‘Pronto?’-
Nessuna risposta.
-‘Con chi aprlo?’-
Ancora niente. La gente oggi è in vena di scherzi; mi devo informare dove trovano tutta questa ironia alle otto meno un quarto, ci dovrei passare.
Infastidita di prima mattina mi vesto con una tuta e metto le calze di lana; lo specchio mi ricorda che ho ancora il trucco in faccia di ieri sera; prenso una salviettina  e comicnio a struccarmi davanti lo specchio quando il telefono, per l’ennesima volta, attira la mi attenzione avvertendomi che mi è arrivato un messaggio.
-‘Buongiorno, L.’-
Liam. Appena visualizzo il nome sullo schermo comincio a sorridere involontariamente; a quanto pare quel ragazzo ha un effetto positivo su di me.
Sono indecisa sul rispondere o meno al messaggio, ma dato che per una volta qualcuno pensa a me perche non farlo.
-‘A te :)’- diciamo che il livello di nervosismo si sta abbassando con l’arrivo del messaggio.
Dopo aver risposto lascio il telefono sul letto e comincio a prendere il tutto per pulire di là; sicuramente mi impegnerà tutta la mattinata, beh, tanto non è che avevo molto da fare.
Prendo l’aspirapolvere e un grande sacco nero della spazzatura; comincio a guardare la stanza, non sembra nemmeno che appartenga ad una casa abitata, bene.
Fortunatamente le case inglesi non sono molto grandi, quindi, cercherò di sbrigarmi, oggi è pure giorno di spesa.

***
 
E’ mezzo giorno finalmente ho finito di pulire casa, dato che avevo cominciato con la sala da pranzo ne ho approfittato per fare tutta la casa; soddisfatta del mio lavoro comincio a fare una lista su quello che avrei dovuto comprare al supermercato; apro il frigorifero; beh diciamo che manca quasi tutto... a questo punto prendo qualche sterlina dal barattolo dei risparmi; prendo una giacca e scendo.
Mi metto ad aspettare alla fermata del bus; comincio a contare i soldi, probabilmente non riuscirò a pagare la spesa se opto per il biglietto, quindi camminare non mi farà male.
Mi avvio verso il supermercato, diciamo che non è vicinissimo, ma a passo veloce in un quarto d’ora dovrei essere già arrivata.
Nel tragitto sono sola, quindi mi passa un po’ di tutto per la testa: da mia madre, a Liam. Liam. Mi aveva mandato un messaggio poco fa, ma per qualche assurdo motivo non mi va di aprirlo; strano, mai nessuno aveva cercato di mantenere per così a lungo i rapporti con me, forse tutta questa situazione è data dal fatto che lui non sa niente di me; forse se lui sapesse tutto quello che mi avvolge si allontanerebbe, ma come biasimarlo, non sarebbe stato l’unico... 
E se questa volta decidessi di non dire niente; se questa volta ho la scelta di non rimanere da sola.
La solitudine è come un vortice che ti risucchia da cui non è facile venirne fuori, se si è abituati a stare soli poi viene difficile credere che possa esserci qualcuno di cui ti puoi fidare o, anche semplicemente, parlare; anche se spesso confrontate le due parti forse stare soli è meglio; non corri il rischio di delusioni, allontanamenti, perdite.
Se non hai mai provato un genere di cosa non ti manca, non ne hai bisogno, come la droga: se non l’hai mai provata non ne sentirai mai il bisogno di farne uso. In un certo senso, si, i sentimenti sono la droga delle persone, una delle più letali; non appena ne entri in contatto, immediatamente, non puoi più farne a meno; e se poi questi senimenti vengono meno? Beh... si soffre di astinenza; si passa dal tutto al niente; quel niente sembra incolmabile e tutto ci trascina sempre più giù, l’unico modo per risalire è trovare qualcun’altro, ma siamo pronti a rischiare di nuovo? Di aprire le ferite? Di voler ricominciare? La risposta a queste domande non esiste, tutto dipende da noi, a quanto siamo pronti a metterci, o rimetterci, in gioco; saremo veramente pronti quando decideremo di lasciare il passato in dietro e provare a guardare avanti; non è facile andare avanti, lasciare quel mondo dove tutto è già fatto, vissuto, per andare in contro a quello che più ci spaventa, noi stessi. Siamo il nostro nemico più grande, quello che riuscirà sempre a buttarci giù, altrimenti perche pensare ancora al passato? A soffrire per cose che non troneranno più? A rivivere sempre gli stessi momenti, oscurando la vita che ci scivola lentamente tra le dita? Sfortunatamente non esiste soluzione, dobbiamo imparare a convivere con noi stessi.
Tra un pensiero e l’altro mi trovo difronte al supermercato; prendo un carrello e comincio a camminare per i vari reparti; cercherò di prendere le cose più importanti, non ho abbastanza soldi per tutto quello che servirebbe a casa; prendo un po’ di pasta, sale zucchero, the, verdure, frutta, pane e qualche detersivo; prendo il tutto e vado alla cassa mentre mi faccio i conti in mano, speriamo di non sforare.
Avisto la prima fila più breve e mi accodo; mi sento quasi a disaggio, troppe persone; Arriva il mio turno. Metto tutto sul tappeto scorrevole della cassa e comincio ad uscire i soldi;
-‘Vuole una busta?’- mi chiede il cassiere, che fino a poco prima avevo ignorato la sua esistenza; mi soffermo sul suo sorriso aperto, per poi spostarmi ai suoi occhi: luminosi, vivi; quel ragazzo sembrava finto, non poteva esistere una creatura così bella.
-‘Allora?’- chiede accorgendosi del mio palese stato di shock e sicuramente si sarà accorto che lo sto fissando.
-‘Eh? Oh, si, grazie.’- rispondo cercando di non far vedere il mio, evidente, imbarazzo.
Mi aiuta a mettere tutta la spesa nelle buste, gli porgo i soldi, e cerco di volatilizzarmi di li; vedo che sta ancora ridendo;
-‘Hei!’- grida. Mi giro.
-‘Ti sei scordata lo scontrino!’- come se mancava solo questo; mi sono fatta riconoscere anche qui. Mi avvicino e prendo lo scontrino che mi porge.
-‘Grazie, scusa ancora.’- lo saluto con un cenno della mano e volo fuori.
Sono tentata di voltarmi in dietro per vederlo un’ultima volta, ma credo di aver già fatto abbastanza per oggi; prendo tutte le buste in mano e comincio a camminare, non sono il massimo della leggerezza.
Mi faccio forza e comincio a camminare, ma le ma buste sono troppo pesanti; un rumore mi distrae, Liam, questa volta decido di aprirlo –Che fai? :)-
-Ritorno da fare la spesa, tu?-
-Vuoi un passaggio?- quelle parole sembrano essere scritte d’oro. 

ANYWAY

BENE, SCUSATE PER IL RITARDO, MA NON AVEVO ISPIRAZIONE ><' 
PASSIAMO AL CAPITOLO, MI SCUOS PER EVENTUALI ERRORI (SEGNALATEMELI PLISS) MA AVEVO PREMURA A PUBBLICARE IL NUOVO CAPITOLO.
HO DECISO DI FARLO UN PO' LUNGHETTO ^^ SPERO LO APPREZZIATE e.e QUESTO E' IL TRAMPOLINO DI LANCIO DELLA STORIA, DA QUI MOLTE COSE AVRANNO INIZIO E MOLTE UNA FINE... NON LASCIERO' NIENTE AL CASO, PROMESSO :)) 
ANYWAY, COME POTETE VEDERE I PROBLEMI CON IL CAMBIO DI SCRITTURA E COLORE SONO PASSATI :D 
DOPO QUESTO, BEH.... ASPETTO UNA VOSTRA RECENZIONE <3 CIAUU 

xx Nayre xx

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2380408