Double Destiny

di Scarlett_Brooks_39
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incidente ***
Capitolo 2: *** Poteri ***
Capitolo 3: *** Il cambiamento ***
Capitolo 4: *** Una nuova missione da compiere ***
Capitolo 5: *** Giorni bui ***
Capitolo 6: *** Tutto ciò che ti uccide, ti rende vivo ***
Capitolo 7: *** La più forte ***
Capitolo 8: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 9: *** Nubi all'orizzonte ***
Capitolo 10: *** Gelosia&Confusione ***
Capitolo 11: *** Pace o Addio? ***
Capitolo 12: *** Sei tornato da me ***



Capitolo 1
*** L'incidente ***


Prefazione

Mi trovavo immersa come in uno di quei sogni, o meglio incubi, in cui non puoi scappare e devi sopportare terribili, infiniti momenti prima di svegliarti. L'unica consolazione è che poi ti ritrovi nel tuo bel letto, attorniata dai pupazzi che ti fanno capire che sei al sicuro e che è stato solo un incubo. A me stavolta non è successo. L'unica cosa che ricordo è di aver giocato vicino ad un laghetto ghiacciato con mia cugina Emily, durante il mio turno da baby-sitter e ad un tratto di vedere uno sfondo bluastro ed una luce in superficie che diventava a poco a poco sempre più fioca ...ricordo di aver tentato con tutte le mie forze di raggiungerla ma senza alcun risultato. A quel punto credevo, anzi ero sicura di non potercela più fare,mi mancava il respiro ed inoltre ero talmente stanca....così i miei occhi si chiusero lentamente. Aspettate, non penserete mica che la storia sia finita qui, vero? Che storia sarebbe! No, non ero morta, non mi ero mai sentita così viva!

Mi ritrovai a guardare la faccia bianca della luna, così bella. L'avevo sempre ammirata dalla mia finestra in ogni sera d'estate. Rimanevo inerme a guardare la sua faccia candida in mezzo alle stelle. Mi aiutava a pensare, a riflettere, in quel candore trovavo tranquillità e come per magia anche la risposta ai problemi che mi turbavano. I miei piedi non toccavano il ghiaccio ed ero sollevata da terra, avvolta in una nube candida che si dissolveva e ricompariva come i tentacoli di un polpo quando si muove. Ero incredula ed una parte di me, chissà quale e quanto importante, si chiedeva come fosse possibile quello che stavo vivendo, ma i miei occhi erano come stregati da quel satellite così misterioso e bellissimo. Mille domande, mille pensieri si affollavano nella mia mente, ma tutte si placarono al suono di una voce, la voce della Luna.

"Scarlett, ciao bambina mia. Fin dalla tua nascita l'Universo ha scelto me come tuo pianeta protettore e tu come mia Guardiana. Per te ha scritto un destino interessante, infatti tu sarai colei che salverà l'umanità dalla sua prossima distruzione insieme ad altri tuoi simili. Incontrerai avversità e gioie lungo il tuo cammino, anzi, le avversità saranno di gran lunga maggiori ma avrai al tuo fianco amici leali. Diffida però di coloro che conosci bene, il male potrebbe nascondersi dietro ogni angolo. Pian piano capirai, per adesso mi limito a dirti che sei una ragazza dal forte coraggio, forse troppo per la tua età e sei dotata di una forza interiore mai vista prima. Magari altri ti faranno diffidare delle tue capacità, ti faranno perdere la fiducia che riponi in te stessa, ma ricorda che solo noi possiamo decidere la sorte del nostro destino. Adesso tornerai dai tuoi cari, ma ricorda ciò che ti dico perché come penserai, questo non è un sogno. Anche se potrà sembrarti assurdo dovrai accettare di credere e non di capire...." la voce si dissolse e la luce che prima avevo visto allontanarsi adesso mi stava raggiungendo sempre più velocemente, riportandomi alla vita normale. Una scossa elettrica mi percorse il petto, facendolo sobbalzare. Di colpo aprii gli occhi e capii di essere ancora viva. Quattro paia di occhi mi fissavano preoccupati ma allo stesso tempo sollevati, vedendo che avevo ripreso conoscenza. Non ricordo cosa mi successe dopo, ero stanca e volevo solo riposare.

Riaprii gli occhi solo più tardi, in un lettino d'ospedale con un ago nel polso e tanti macchinari fastidiosi intorno che segnavano i miei battiti cardiaci. Il fastidioso 'bip' dei battiti mi rimbombava nella testa ripetitivo e indefesso, come la sveglia che ogni mattina obbligava ad alzarmi dal letto. Peccato che questa non si potesse spegnere... "Tesoro!ti sei svegliata!" gridò una voce familiare, quella che apparteneva a mia madre.
"M-mamma, che è successo? Perché sono qui?"
"Oh, tesoro mio!" mi abbracciò come solo una madre in pena per la propria figlia sa fare. Il suo contatto mi fece sussultare e provai una forte fitta al polso.
"Ahi.."
"Oh, scusami." "Che cosa mi è successo? Mamma ti prego, ho bisogno di sapere."
"Eri con Emily vicino al laghetto, ricordi? Beh, lei ha detto che sei caduta nell'acqua dopo la rottura del ghiaccio. Era disperata, ma per fortuna Ben è arrivato in tempo per salvarti, prima che il tuo cuore si fermasse... per sempre." La sua voce si affievoliva sempre di più man mano che la frase terminava. Un brivido percorse entrambe. Quel nome mi provocò mille emozioni diverse. Ben poteva considerarsi il mio migliore amico: ci conoscevamo da quando mi ero trasferita in questa cittadina ed ultimamente, prima dell'incidente, era sembrato nascere qualcosa tra noi. Almeno in me sicuramente. Ora ricordo che qualcosa di caldo mi aveva sfiorato nel mio stato di incoscienza totale ed avevo sentito un respiro caldo sfiorare l'involucro freddo che ricopriva il mio viso.
"Ben è qui?" Chiesi con un tono che nascondeva fin troppa dose di speranza.
"Si. Dopo che ti ha portata in ospedale ha chiamato me e tuo padre che siamo corsi immediatamente. È rimasto tutto il tempo in sala d'aspetto, era molto preoccupato."
"Davvero? Potrei vederlo? Ti prego." le strinsi di colpo la mano, euforica, e lei sorrise.
"Ma certo, aspetta che lo chiamo." Risposi con un sorriso e mamma capì che tenevo molto a lui. Mi sentivo strana, avevo come un formicolio allo stomaco che mi faceva respirare a scatti. Mamma si allontanò e rimasi sola. Sentii il cigolio della porta e mi voltai di scatto. Wow. Era anche più bello del solito. I capelli biondo scuro, imbevuti di gel, gli ricadevano rigidi sulla fronte e nascondevano i suoi occhi verde chiaro. Le ciglia folte rendevano la sua espressione simile a quella di un bambino ma la cosa che più mi piaceva in lui era la mascella pronunciata ed i lineamenti spigolosi, oltre ovviamente al suo fisico. Sarebbe stato perfetto come quarterback della squadra della scuola, ma lui preferiva altri sport come il nuoto e diceva persino che non voleva ridursi tutto muscoli e niente cervello come i giocatori del nostro liceo. Aveva sempre amato la musica, la letteratura, i giochi intellettuali ma questo non faceva di lui un nerd, lo poneva invece in una fascia nuova che lui stesso aveva creato e cioè i belli ed intelligenti, da me soprannominata fascia del principi azzurri. Ben sembrava proprio adatto. In più era simpatico, sarcastico e da quando lo conoscevo gli avevo visto perdere la pazienza solo un paio di volte, quando era stato mollato dalle sue precedenti ragazze. Io ero sempre rimasta in disparte perché non mi era mai interessato sotto quel punto di vista. Prospettiva che era cambiata negli ultimi periodi.
"Ehi." Wow, la sua voce era anche più bella e calda di quanto ricordassi.
"Ehi." Risposi io, impacciata. Si mise a sedere nella sedia vicino al lettino e sbang! I battiti cardiaci che la macchinetta segnava aumentarono di colpo. Bene Scarlett, ora dilettalo con le tue solite figuracce, mi raccomando! Lui sembrò non accorgersene e fu un sollievo per me.
"Mi hai fatto prendere un bello spavento, sai?"
"Ben, come hai fatto ad arrivare in tempo?" Chiesi seria. Volevo capire, odiavo sentirmi disorientata. Dovevo avere tutto sotto controllo, ero fatta così.
"Stavamo parlando via sms, poi non hai più risposto e avevi detto che ti trovavi vicino al laghetto del signor Jenkins, così ho pensato di farti una sorpresa e alla fine l'hai fatta tu a me... Emily gridava aiuto con la sua vocina stridula, così mi sono preoccupato, lei mi ha trovato e mi sono precipitato per tirarti fuori dall'acqua." "Forse ora ricordo..." Ricordavo a tratti quel che mi era successo. Emily che giocava sul ghiaccio, io che le dicevo di andarsene da lì, la paura nei suoi occhi innocenti, il rumore sordo ma paralizzante della crepa nel ghiaccio che avanzava come una predatrice verso Emily... mi ricordo di averla gettata nella neve candida, di essere caduta io al suo posto nell'acqua e di aver sentito il suolo mancarmi sotto i piedi. Rabbrividii a quel pensiero, ma fui felice che a salvarmi fosse stato proprio Ben, lo rendeva così... fiabesco.
"Lasciati dire che sei stata davvero grande! Non avevo mai visto una persona possedere tanto coraggio come il tuo. Ciò che hai fatto è stato... eroico."
"Grazie, ma allora siamo in due. Come hai fatto a tirarmi fuori dall'acqua? Insomma, era gelata..."
"Si, ma tu rischiavi di morire."
"E tu mi hai salvato la vita." "Beh su, in un certo senso." Rimanemmo in silenzio per alcuni minuti, a riflettere o più probabilmente per l'imbarazzo che entrambi provavamo.
"Tu..." iniziammo a parlare in contemporanea. "No, parla prima tu"
"No no, fai tu."
"Okay, quando pensi di tornare a scuola?"
"Penso tra una settimana, i medici hanno detto che le mie condizioni sono stabili."
"Bene." Cadde nuovamente il silenzio perché come per magia non mi venivano argomenti plausibili adatti alla conversazione. Non ad una semplice conversazione. Una conversazione con Ben. Che era davanti a me. Qui. In ospedale. E mi aveva salvata da una morte sicura.
"Senti, Scarlett..." C'era qualcosa di nuovo in lui, una luce diversa nei suoi occhi. Gli tremava la voce, non l'avevo mai visto così impacciato.
"Si?"
"Vorrei dirti una cosa da tempo." Oddio, ci siamo. Ma non qui! non in un lettino d'ospedale, un po' d'originalità!
"Dimmi pure."
"No, niente. Piuttosto, come hanno fatto ad infilarti una flebo senza che tu urlassi??" Si riprese in aria sarcastica, lasciando navigare il mio cuore in una grande delusione. "Sinceramente, non lo so neanch'io... Mi sono svegliata così e..."
"Incredibile!"
"Già, incredibile.."
"Scarlett, c'é un'altra visita per te." Era la voce di mamma che aveva aperto la porta e quel rumore mi provocò fastidio, perché volevo che quei momenti con Ben fossero infiniti ma anche sollievo, perché volevo evitare il silenzio imbarazzante in cui eravamo caduti. Da quando ci conoscevamo non mi erano mai mancati argomenti di cui parlare e neanche a lui... Mamma teneva per mano una bellissima e dolcissima bambina dai capelli riccioli e biondi che stringeva a se' un ranocchio malmesso senza un occhio che conoscevo bene, Tino. Lei si chiamava Emily.

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Capitolo 2
*** Poteri ***


Capitolo 2
Poteri


"Emily!" Le gridai, aprendo le braccia. La sua visione mi provocò un piacere immenso, sembrava passata un'eternità dall'ultima volta che avevo incontrato i suoi occhietti vispi e pieni di vita,occhietti che adesso erano ricoperti da una sottile membrana di lacrime.
"Tesoro, cos'hai?" Le chiesi, mentre mamma la metteva a sedere sul bordo del lettino.
"I- io, tu sei caduta nell'acqua, io ho avuto tanta paura! Pensavo che morissi!" Parlava a scatti e singhiozzava, si vedeva che aveva avuto paura e mi sentivo in colpa, non avrei mai dovuto farle vivere un tale spavento.
"Emily, non devi più pensare cose del genere! Guarda, ora sto bene, è tutto finito." Le mie parole spezzarono la membrana nei suoi occhi e scoppiò a piangere tra le mie braccia. Le accarezzai i capelli biondi e la tenni stretta a me, temendo di non poterlo più fare.Ben si alzò dalla sedia ed io lo salutai con un gesto della mano mentre ancora cullavo a me Emily. Pian piano il suo respiro tornò ad essere normale, intanto le canticchiavo la sigla del suo cartone preferito che spesso guardavamo insieme e che era solita calmarla, come una ninna nanna. "Mi dispiace Scar..." Mi sussurrò con quella sua vocina tanto dolce quanto capace di farmi sprofondare in un oceano di sensi di colpa.
"Ascoltami bene, Emily .Non hai nessuna colpa, non pensare mai più che possa essere stata colpa tua ,capito?"
Lei annuì con la sua testina rotonda, facendo rimbalzare i suoi riccioli perfetti.
"Vieni qui." La abbracciai così forte da sentire il suo cuoricino rimbombare contro il mio petto. Le volevo troppo bene per permettere che cessasse di battere, in quel momento mi resi conto di aver fatto la cosa giusta.
Passammo la mezz'ora che ci rimaneva a scherzare ed a ridere, inoltre mi raccontò la trama degli ultimi episodi del suo cartone preferito che mi ero persa ed anche se i suoi discorsi erano carenti di un filo logico, fui ben contenta di ascoltarli, visto che Emily non smetteva di sorridere. Quando sorrideva metteva in risalto le guance rosee e vellutate e spesso arricciava il nasino all'insù. Era davvero irresistibile, cosa che dicevano anche i suoi tre fidanzati dell'asilo. Un giorno con uno ,un giorno con l'altro... e così via. Anche una bambina di cinque anni aveva più fortuna di me in amore... bella storia.
Il turno delle visite finì ed Emily mi salutò agitando la manina paffuta ed uscendo dalla stanza.
"È meglio se riposi ora. Mi suggerì mamma, in tono apprensivo.
"Si, forse si. Tu va pure a casa, me la so cavare."
"Non ci penso nemmeno! Una poltrona di velluto, in sala d'aspetto, non attende che me. Pensavi di liberarti di tua madre così facilmente?" Mi faceva piacere che dopotutto trovasse ancora l'occasione per fare del sarcasmo, temevo di averla spaventata fin troppo.
"D'accordo, allora dormi bene."
"Anche tu, ci vediamo domani."
Sprofondai in un sonno profondo, tuttavia sentivo in me che qualcosa non andava per il verso giusto, come se me lo fossi dimenticato, quel qualcosa mi si mostrò poco dopo.
Aprii gli occhi, sentendomi sperduta e debole. Una strana voce dentro di me mi diceva di alzarmi ed il mio lato più razionale diceva il contrario, perché sarei caduta non appena avrei toccato terra. La strana voce ebbe la meglio e contro la mia volontà, come se il cervello non fosse più legato al mio corpo, scostai la coperta di lana ed appoggiai un piede a terra. Sussultai a quel contatto, volevo rimettermi sotto le coperte ma il mio subconscio non volle saperne.Così mi avvicinai alla finestra a vetri e solo allora mi accorsi della meravigliosa serata di luna piena. Fu come un deja vu, come se avessi già visto quel candore, ma non riuscivo a ricordarmi se nella realtà o in un sogno.
La mia mano si posò sulla maniglia, per aprire la porta finestra, ma cosa stavo facendo? È inverno ed a quest'ora dovrei dormire invece che stare a bocca da pesce lesso davanti ad uno stupido satellite ma niente, neanche la mano volle saperne e la mia razionalità si fece sempre più piccola in una parte sperduta della mia mente. Trasalii all'ondata di vento gelido che mi avvolse ed un brivido mi percorse la schiena come una scossa elettrica.
Una nube candida che come per magia mi sembrava familiare arrivò sotto i miei piedi e mi sollevò sa terra. Era gelida, ma non ebbi alcun brivido.
"Scarlett, mia Guardiana, ora ti donerò i miei poteri che ti serviranno per proteggere la Terra. All'inizio non li controllerai, dovrai fare molta attenzione a non ferire nessuno ma in seguito imparerai a gestirli e a domarli, con l'intelligenza e l'autocontrollo e vedrai che lo troverai persino divertente. Come sai, la Luna influenza tutti i pianeti, quindi il tuo potere intellettuale più importante sarà quello di poter controllare le emozioni delle persone.
Ci sono poi l'agilità e la velocità che ti saranno utili nel combattimento ma ricorda, nessuno può prevedere se si svilupperanno altri poteri, poteri più potenti, personali, che derivano dalla tua anima. Credo che tu ne possieda uno in particolare, molto potente, più potente dei miei ma dovrai scoprirlo da sola. Dunque, questo ti farà un po' male, ma ne varrà la pena!"
Una scintilla bianca si attaccò alla mia pelle, sotto il mio collo. Più cercavo di toglierla, più bruciava. Altre luci mi ronzavano intorno, ormai il panico mi dominava. Cercai di urlare ma dalla mia bocca non usciva parola. Cercai di piangere ma dai miei occhi non usciva lacrima. Era un dolore interno, un bruciore che forse solo la mia anima stava percependo. Le luci si attaccarono al mio corpo una dopo l'altra, coprendo ogni spazio vuoto sulla mia pelle. Con gli occhi riuscii a vedere che le scintille ora emanavano una luce sfolgorante, mancavano solo due fessure ad essere coperte dalle scintille. Le ultime due apparvero davanti a me pochi secondi dopo e s'incastrarono perfettamente negli ultimi due spazi vuoti. Dopodiché vidi solo uno sfondo bianco,troppo bianco e dopo ancora il buio più totale. Cercai di arrivare al letto ma ero troppo stanca così caddi a terra e sprofondai in un sonno stranissimo ma rilassante.
"Scarlett! Scarlett!" Quando aprii gli occhi mamma era davanti a me, preoccupata, anche se non ne capivo il motivo. Insomma, mi sentivo così bene, doveva essere felice. Mi accorsi solo dopo di non essere nel mio letto ma accasciata alla sedia per gli ospiti. Scattai in piedi, più attiva che mai.
"Attenta! Sei ancora debole!" Gridò lei, terrorizzata.
"Mamma ma che dici? Io mi sento così bene!"
Era la verità, non avevo più nessun dolore, nessun ago al polso, che non ricordavo di aver mai tolto. Mi sentivo nuova e...strana. Come se in me ci fosse anche un'altra persona.
"Rimettiti a letto, muoviti!" Il suo tono si fece più severo, così decisi di obbedirle.
Io però volevo correre, far vedere a tutti che mi sentivo una favola, che non ero più debole, ma per il momento, visto il mastino barra mamma che mi ritrovavo davanti, dovevo frenare i miei impulsi ribelli.
Una settimana dopo...

Il bip della sveglia s'insinuò nella mia mente, collegando al cervello l'idea di dovermi alzare dal letto. Erano le sette e trenta del mio primo giorno di scuola dopo l'incidente. Mi alzai dal letto e poggiai i piedi sul tappeto ruvido. Ancora addormentata, sentii che qualcosa non andava. Un ronzio mi riempiva le orecchie, così, in una frazione di secondo, voltai lo sguardo e, con indice e pollice, presi la mosca alla quale apparteneva il ronzio, che dopo cessò.
Rabbrividii capendo cosa avevo fatto. Non avevo mai fatto del male a nessuno, per di più non possedevo riflessi, non riuscivo neanche a prendere una palla da baseball quando mi veniva lanciata, figuriamoci una mosca! Lasciai che l'esserino volasse, mollando la presa e sussurrandogli uno 'scusa' che non avrebbe mai potuto percepire.
Mi portai una mano nei capelli, incredula. Mi veniva da piangere, non capivo cosa mi stesse succedendo. Forse stavo ancora dormendo, ma sembrava tutto così reale... poi mi ricordai di quella strana notte all'ospedale, della voce della Luna, quella voce così familiare e rassicurante che avevo sentito tante volte e che mi diceva che non stavo sognando.
"Tu sei la mia guardiana ed io la tua protettrice..." Ricordavo soprattutto queste parole, oltre a 'Questi sono i tuoi poteri', o qualcosa del genere. Fatto sta, sentii uno strano bruciore dall'interno del mio corpo, poco più in sù della pancia, nella zona del diaframma. Sentii poi quel bruciore ramificarsi lungo la pancia, le gambe, le braccia, il collo, la faccia, le mani, per poi fuoriuscire dalle punte delle mie dita, sotto forma di una luce, abbagliante quanto emozionante, bianca. Erano proprio quelli i poteri di cui parlava la Luna. Proprio come aveva detto, dovevo imparare a credere in lei e non a capire. La parte più razionale di me ripeteva che era solo frutto della mia immaginazione mentre l'altra, che si trovava in netta maggioranza, mi diceva di fidarmi perché, se potevo credere di essere sopravvissuta ad una caduta dell'acqua ghiacciata, allora potevo credere anche di essere la 'Guardiana della Luna'. Peccato però che le due parti non avevano intenzione di ragionare tra loro, lasciandomi così nella confusione più totale. Mi venne l'impulso di puntare il dito, e quindi la luce, contro un cuscino sul letto, per vedere cosa succedesse. Questo prese fuoco, ma non apparvero le solite fiamme rosse, bensì celesti, sfumate d'argento. Mi affrettai a spegnere il piccolo incendio versandoci sopra il bicchiere d'acqua che tenevo come riserva durante la notte, quando ero troppo pigra per andare a prenderlo in cucina,al piano di sotto. Non potevo credere ai miei occhi, sapevo che questo non era normale, ma era troppo bello per non crederci. Uscii di casa quasi correndo e per la strada verso scuola trovai Ben. Abitavamo nello stesso quartiere, spesso tornavamo a casa insieme.
"Ben!" Gli gridai dalla fine della strada. Lui si voltò e mi sorrise, io lo raggiunsi.
"Ciao." Sussurrai timida." "Ehi, torni a scuola?" "Si, oggi è il grande giorno.." "Ti sei rimessa bene,a quanto vedo." "Si, in effetti ho ancora un po' di dolore al polso, nella vena.."
"Gli aghi non perdonano..." Disse in aria sarcastica, alludendo a quell'aria distaccata che tanto mi faceva innervosire ma che faceva apposta.
"La smetti? M'innervosisci!" "Io non ho fatto niente.." "Basta! Sai che non lo sopporto!" Scherzai io, mantenendo però un'aria severa ed innervosita e prendendolo a pugni sul giubbotto nero.
"Va bene, va bene, la smetto!" Alzò le mani sventolando bandiera bianca ed io mi sciolsi davanti ai suoi occhi verdi, così perfetti.
Tra botte e risate arrivammo a scuola. Mi ero dimenticata di quanto fosse imponente quell'edificio. Era una semplice costruzione di cemento del ventunesimo secolo, non aveva niente di particolare o tetro, niente guglie gotiche o croci, allora perché mi faceva così paura?
"Ci siamo." Constatò lui in aria sarcastica, rivolgendomi il suo solito sorriso sghembo.
"Mi ero dimenticata di questo posto."
"Dai, entriamo."
Adesso tutti mi avrebbero fatto domande sul mio incidente, dato che era finito sul giornale, e tutti avrebbero fatto la solita faccia mortificata che ti diceva 'Poverina, quanto mi dispiace.'
Non potevo sopportarlo. Non volevo che i miei amici o compagni provassero pena per me. Volevo essere accattata per quello che ero, non perché ero stat soprannominata 'la ragazza di ghiaccio', come diceva un quotidiano locale. Ero sempre passata inosservata, non mi piaceva stare sotto i riflettori, soprattutto se a mettermici era la persona che odiavo di più in assoluto, Wendy Evans. Si muoveva sempre seguita dalla sua 'guardia', così la chiamavano, composta da Susy White e Jenny Haspen. Già dai loro nomi si poteva intuire che non erano delle cime a scuola, ma loro si consideravano le regine. Bellissime barbie dai capelli biondi, sedevano sempre vicine, dei giorni si vestivano allo stesso modo, altri si scambiavano borsette, scarpe o magliette. Credevano di poter fare della scuola il loro regno, forse perché era l'unica consolazione che traevano dalla loro insulsa vita. Wendy non mi era mai stata troppo simpatica, ma ricordo benissimo il giorno in cui iniziai ad odiarla, ovvero il giorno in cui lasciò Ben in maniera decisamente ignobile. Lo insultò e lo umiliò davanti alla classe solo perché non aveva accettato di entrare nella squadra di football. Pensava che il giorno dopo non sarebbe venuto, ma lui si presentò lo stesso, deciso a non dargliela vinta. Per quanto mi riguarda avrei voluto affogarla in un calderone di lava.
Come se avessi visto nel futuro, ecco che fu la prima persona che incontrai. Mugolai innervosita, mentre Ben le sorrideva. No, aspetta, cosa fai? Come se non la conoscessi! Togliti quel sorriso da idiota dalla faccia, subito!
"Scarlen! Che bello, sei tornata!"
"Scarlett..." La corressi innervosita, come se non sapesse il mio nome!
L'arpia lanciò un sorrisetto malizioso a Ben che era al mio fianco, dicendo: "Ben, ciao anche a te. Hai messo su muscoli ultimamente?"
Se gli risponde gentilmente o con una frase che non contiene insulti o insinuazioni lo prendo a schiaffi!
"No, dev'essere l'effetto della giacca." Rispose secco,avvicinandomi a se'. E bravo, ti sei risparmiato un bel gancio destro.
Lei lo ignorò, ma tutti sapevano che voleva rimettersi con lui ed io speravo che Ben non lo facesse mai.
"Sei stata così coraggiosa con tua cugina! E poi guardati, hai anche buttato giù un po' di peso!" Se il mio livello di nervosismo poteva essere indicato con una scala termica, ora la temperatura era diventata così alta da superare il livello massimo sostenibile da spaccarla. Ora le rispondo con una delle mie battute che uso sempre con Ben. Aspetta, ce n'era una interessante...no, non mi viene niente... perché con lui mi veniva così facile tirar fuori la mia lingua biforcuta e con lei più mi sforzavo e più mi rimaneva difficile?
Cosa aveva detto la Luna? Puoi mitigare le emozioni degli altri, per volgerle a tuo piacere. Ma certo! Avrei solo dovuto concentrarmi e farla sentire a disagio. Concentrati, concentrati...
La sua espressione sicura cambiò, divenendo debole e trepidante d'insicurezza, era il ritratto di una bambina viziata alla quale avevano appena tolto il gioco preferito. Sentivo il flusso del mio potere divenire sempre più forte, più potente, il mio odio per lei stava prendendo il sopravvento, dovevo fermarmi ma non ci riuscivo. Era bello vederla così indifesa. 'Basta, fermati!' urlai a me stessa e distolsi lo sguardo, dissolvendo l'intensità del mio nuovo potere. Lei sembrò riprendersi, poi le dissi: "Grazie, Wendy, anche tu stai molto bene, e quella borsa è davvero carina. Stagione passata, giusto?"
"Si. Ma torna pur sempre di moda."
"Ma certo." Le lanciai uno sguardo tagliente ma lei non si scompose, mantenne la sua aria da superiore, come sempre. Avevo quasi perso il controllo, non doveva più accadere. Calma, autocontrollo, su questo dovevo lavorare.
"Ragazze." Strillò lei, chiamando a se' le due paladine e sparendo tra la folla studentesca.
"Wow, hai visto che faccia?"
"Si." Non dovevo più perdere il controllo della situazione, avrebbero potuto accorgersene. Continuavo a ripeterlo a me stessa, che razza d'incosciente! Questo non fece altro che aumentare il mio nervosismo. Bell'inizio di giornata!
"Che hai? Sei nervosa per quello che ti ha detto Wendy? Sai che è solo un'oca senza cervello!"
"Lo so, ma non la sopporto. Lei è così... perfetta. Bella, magra, bionda, tutto ciò che io non sono. Eri fortunato a stare con lei, forse dovresti...
"È un bene che tu non sia come lei." M'interruppe lui, bruscamente. "E poi sai che.."
"Che..?" "Si insomma, che a me..." Eravamo appoggiati alla fila di armadietti, adesso lui era davanti a me e teneva una mano sull'ammasso di alluminio. Eravamo più vicini del solito, troppo vicini...
"Che a te..?"
"Che io.."
Ce l'avrebbe mai fatta a confessarmi i suoi sentimenti? Avrei potuto usare il mio potere, avrei potuto mitigare le sue emozioni... no Scarlett, per oggi basta esperimenti, hai quasi provocato un guaio. Ormai solo un respiro ci separava, forse quello sarebbe stato il mio primo bacio, dovevo godermelo senza interferenze sovrannaturali... ma proprio quando le mie labbra stavano per sfiorare le sue la campanella suonò, interrompendoci. Tempismo perfetto!
Ci guardammo imbarazzati e voltammo all'unisono la testa, nascondendola nell'incavo del collo e inumidendoci le labbra.
"Forse è meglio se andiamo." Dissi io, affranta e rassegnata.
"Si, forse si." La sua codardia mi stupiva sempre di più! Perché con Wendy gli era riuscito benissimo fare la parte del corteggiatore e con me era peggio di un nerd impacciato? Quella non era proprio la mia giornata!

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Capitolo 3
*** Il cambiamento ***


Capitolo 3
Il cambiamento


Dopo la scuola decisi di andare a fare una passeggiata nel bosco per sfogare tutto il mio nervosismo. 'Passeggiata', forse, è troppo delicato, piuttosto dovrei usare 'corsa sfrenata tra gli alberi'! Volevo mettermi alla prova, volevo vedere,anche solo per curiosità, fin dove potevano spingersi i miei poteri, perché, come aveva detto la Luna, possedevo oltre al dono intellettuale anche velocità ed agilità, caratteristiche da sempre carenti in me.
Appoggiai lo zaino a terra e provai a correre. Non ero mai stata così veloce! Sentivo il vento nei capelli, gli alberi ai lati del sentiero ora mi sembravano così sfuocati, come soggetti di un quadro di Van Gogh, ormai erano solo macchie di colore. Voltai lo sguardo in avanti e notai che stavo per inciampare su una grossa radice d'albero, così, impulsivamente, saltai e l'effetto fu sorprendente. Mi trovavo a più di un metro da terra, sembrava di essere su le montagne russe, la sensazione di adrenalina in me era altissima. Credevo di cadere e soprattutto di farmi male, ma invece di chiudermi a riccio ed accettare l'idea che ormai non avrei potuto più fare niente, atterrai sui piedi, in ginocchio, appoggiando una mano al terreno e tenendo l'altra a mezz'aria, con lo sguardo rivolto verso terra. Incredula delle mie nuove capacità, capii di essere davvero la Guardiana della Luna e mi sentii, stranamente, sicura di me. Era una sensazione del tutto nuova, ma mi piaceva, ora capivo cosa provasse Wendy.
Alzai lo sguardo e ricominciai a correre. Tutta la rabbia, tutto il nervosismo si dissolsero come polvere al vento, corsi con tutte le forze di cui ero dotata ed arrivai in cima alla collinetta. Mi fermai proprio sull'ultimo lembo di terra coperto da alcuni alberi. Un fascio di luce ruppe la catasta di foglie ed i rami degli alberi, creando un cerchio giallo sul terreno. Con una mano andai a cercare cosa c'era al di là del buco e l'effetto fu mozzafiato. Da lì si vedeva la mia città:la scuola,la statua posta nella piazza principale in onore del remoto fondatore ed in lontananza la mia casa,il mio quartiere e quella di Ben.
Oh,no! Mi sono totalmente dimenticata di lui! Dovevamo studiare insieme oggi pomeriggio, alle quattro! Impulsivamente guardai l'orologio: le lancette segnavano le quattro e dieci! oh, se c'è una cosa che Ben non sopporta è quando sono in ritardo.. non importa, m' inventerò una scusa e capirà sicuramente. Così iniziai a correre, recuperai lo zaino e tornai a casa.
Lui era lì, davanti a casa mia, ad aspettarmi.Lo vidi quando voltai l'angolo con la voce rotta dal fiatone.
Gli arrivai davanti ed esclamai, ormai senza fiato :"Ben! Eccomi! Scusa il ritardo, ma..."
Si alzò bruscamente e la sua figura slanciata torreggiò su di me. Aveva un'espressione diversa in volto, non il solito sguardo dolce e scherzoso, sempre pronto a prendermi in giro, per non parlare dei suoi occhi... una luce strana, mai vista prima, s'impossessò di loro, dandogli una sfumatura troppo...oscura.
"Dov'eri?! Ti avevo detto che sarei venuto alle quattro! " Perché questa reazione? In cinque anni che ci conoscevamo, niente, se non qualcosa di estremamente importante, lo aveva mai fatto arrabbiare. Doveva essergli sicuramente successo qualcosa.
"Ben, cosa è successo? Che hai?" Gli chiesi in aria interrogativa, avvicinandomi a lui.
"Dovrei essere io quello che ha qualcosa? Tu, tu non mantieni alcuna promessa che fai, tu, sei solo un mostro senza cuore, proprio come mio padre!". Ben e suo padre non avevano mai avuto un bel rapporto. Aveva lasciato lui con sua madre quando aveva sei anni, per risposarsi ed avere una nuova famiglia. Me l'aveva raccontato lui, in un momento che non dimenticherò mai, il momento in cui capì di potersi fidare di me. Le sue parole mi trafissero nel cuore, come se qualcuno mi avesse pugnalato alle spalle. Batteva così forte come se volesse aprire un varco nel petto ed uscire fuori, finalmente, da un corpo troppo complicato e confuso. Dopo non l'ha più rivisto, lui non ne ha più voluto sapere del figlio e Ben ce l'aveva troppo col padre per il torto che gli aveva fatto. Come poteva paragonarmi a lui? Io c'ero sempre stata quando aveva avuto bisogno di me!
"Ben! Calmati! " Gli gridai, prendendogli le mani e cercando di farlo smettere di agitarsi come se risvegliato da un brutto sogno.
Lui si calmò ma tenne la testa china per qualche minuto, suscitando la mia ansia.
"Ben? "Chiesi,dubbiosa.
Lui alzò la testa e nei suoi occhi ora vedevo solo la richiesta di essere stretto forte in un abbraccio per fargli dimenticare quello che aveva passato. Ma quando lo feci, alzandomi sulla punta dei piedi per mettergli le mani attorno al collo, rimase fermo come una roccia, non mosse un muscolo, mi fece sentire così.. stupida. Ritrassi subito l'abbraccio, solo allora mi guardò negli occhi. C'era delusione in lui.
"Addio, Scarlett."
Poi si voltò ed iniziò a correre per il marciapiede che lo avrebbe condotto a casa sua. Forse. Se solo avesse girato a sinistra alla fine della via. Ma non lo fece. Ed io caddi in ginocchio, delusa, scioccata, incredula da tutto ciò che era successo. Le lacrime bussavano con forza alle pareti dei miei occhi, intente a voler uscire, ma io volevo trattenerle, non volevo piangere. In fondo sarà stato solo nervoso, domani, a scuola, faremo pace e tutto tornerà come prima. La convinzione che tutto potesse andare per il meglio durò solo pochi minuti, per poi crollare come un castello di carta. E allora permisi alle mie lacrime di sgorgare, rigandomi le guance arrossate. Rientrai in casa, decisa ad andare a piangere in camera mia. Come al solito i miei erano a lavoro, quindi non avrei dovuto curarmi di soffocare i singhiozzi con un cuscino per non farmi sentire da loro. Salite le scale ed entrata in camera, però, vidi girare tutto ciò che avevo intorno, come in un sogno. Mi appoggiai allo stipite della porta, battendo contro un fianco, poi portandomi una mano tra i capelli. Vedevo tutto sfuocato, in bianco e nero, ma riuscii ad arrivare fino al letto, dove poi mi lasciai cadere per crollare in uno stranissimo sogno.

Mi risvegliai più tardi in camera mia, nel mio letto. Guardai l'orologio, erano le sette e mezza di sera. Avevo dormito per più di tre ore? Mi alzai bruscamente e la testa ne risentì, ammonendomi con una forte scossa che mi fece risedere sul letto. Ci riprovai, stavolta più lentamente. Il buio che avvolgeva i mobili mi dava una strana sensazione di smarrimento, era come quando da piccola avevo la febbre, l'unica differenza era che mamma era sempre vicino a me, ora, col suo nuovo lavoro stava fuori di casa tutto il pomeriggio e non faceva ritorno fino alle otto di sera o anche più tardi. Tuttavia avevamo un bel rapporto anche se in quel momento avrei voluto parlarle di quello che era successo con Ben. Scesi le scale, accendendo la luce. Avevo bisogno di mangiare, mi sentivo così affamata. Era quasi ora di cena, così decisi di prepararmi la cena. Trovai una bistecca, la cossi in padella, stando attenta che non bruciasse e poi la affettai a dadini, gustandola ed assaporandola con tutti e cinque i sensi. Suonarono alla porta. Dovevano per forza essere mamma e papà. Andai ad aprire e mi ritrovai davanti una ragazza dai capelli ricci, biondi e dagli occhi azzurri che non poteva affatto essere mia madre. Sembrava la copia di Emily con dieci anni in più. Era bellissima, troppo bella per non averla mai vista.
"Ciao." Sussurrò timida e di buonumore.
Dietro di lei apparve un tizio scuro in volto, con capelli castani ed occhi marrone scuro.
"Ciao." Risposi con aria interrogativa,affacciandomi allo stipite della porta.
"Dovremmo parlarti." - continuò lei,mantenendo la stessa aria serena.
"...E voi siete?"
"Due dei tuoi nuovi compagni di vita." Scherzò lui, apparendo da dietro la massa di riccioli biondi della ragazza. Quelle parole mi colpirono, erano le stesse che aveva pronunciato la Luna quando mi aveva dato i poteri. Ma andiamo, non potevano essere le stesse. Quei due potevano essere anche ladri, maniaci, pazzi. Così chiusi loro la porta in faccia, dicendo: "Non penso proprio." Ma la ragazza mise in avanti una mano e vidi con meraviglia e stupore che la porta non si chiudeva più, era come se il flusso d'energia che le usciva dal palmo della mano esercitasse una qualche tipo di forza contro la porta. Sorrise poi con aria di sfida, lasciandomi spiazzata. Esistevano altri come me, ora ne ero certa. Così aprii la porta e li feci entrare.
La ragazza mi ringraziò, così come lui.
Si accomodarono sul divano di pelle marrone ed aspettarono che mi mettessi accanto a loro per poter iniziare la conversazione.
"Scarlett,giusto?"- annuii e la ragazza continuò : "Io sono Amanda, guardiana di Venere e lui è Alexander, guardiano di Marte."
"Ah, chiamami Alex." Scherzò lui con un tono da sbruffone che gli si addiceva a pennello.
Ora si che si spiegava tutto. Dunque potevo capire che ogni corpo celeste aveva un guardiano e che le caratteristiche di uno si riflettevano nell'altro. Allora perché io non avevo magari occhi celesti o pelle candida come la Luna?
"Esistono altri come noi, dotati di superpoteri, perciò, per saperne di più, dovresti venire al nostro quartier generale, che chiamiamo Base, ti va?" Amanda mi guardò con i suoi soliti occhi profondi e non seppi cosa rispondere. Ammutolii dinanzi a loro e quando mi convinsi a dire qualcosa di sensato, dalla mia bocca uscì solo un balbettio.
"Ma si che verrà! E sono sicuro che le piacerà! Andiamo, gli altri ci staranno già aspettando!" Gridò pimpante Alexander, alzandosi dal divano e dirigendosi verso la porta.
"Aspettate, cosa dirò ai miei genitori?" Chiesi io, totalmente spiazzata.
"Lascia loro un biglietto, no?" Suggerì Amanda. Annuii anche se ero consapevole che un biglietto non sarebbe bastato a giustificare la mia assenza alle otto di sera, se non con una scusa abbastanza plausibile.
"Si, aspettate."
Presi una penna e scrissi su un foglio la prima cosa che mi venne in mente:
- Il latte è finito, sono andata a ricomprarlo." - Presi poi le tre bottiglie di latte in braccio, dicendo : "Sono pronta."
I due si scambiarono un risolino ed uscirono. Gettai le bottiglie nell'immondizia ed anche se consapevole che non fosse un'ottima azione dissi a me stessa che per una volta non sarebbe successo nulla.
Camminammo per dieci minuti di seguito senza mai fermarci e passando per scorciatoie mai viste prima. Arrivammo ad un cancello malridotto e composto unicamente da sottili colonne di ferro che avevo visto spesso, ma che non mi era mai saltato all'occhio. I due passarono per un buco che si era allargato tra le colonne ormai sformate ed Amanda mi porse una mano in segno d'aiuto con il solito sorriso gentile sulle labbra. Accettai e continuammo a camminare per chissà quale posto sperduto. Il cellulare vibrò nella mia tasca ed io lo afferrai di scatto pensando che fosse Ben. Ma purtroppo mi sbagliavo. Era Selene, la mia migliore amica che mi avvertiva del suo ritorno dalle Maldive. Era partita tre settimane fa, prima del mio incidente e quando l'aveva saputo mi aveva subito chiamato per sapere come stavo. Mi mancava davvero moltissimo ed ora mi aveva mandato una foto di lei che abbracciava un delfino. Aveva la pelle molto più abbronzata di prima che le si addiceva al fisico scolpito. I capelli color nocciola erano immersi in un mare color smeraldo che mi faceva venire voglia di correre via, prendere il primo aereo disponibile e volare là da lei, anche se stava per tornare.
Decisi di raccontare almeno a lei di tutta questa faccenda, avevo bisogno di confidarmi con qualcuno e chi, se non la mia migliore amica? Lei non l'avrebbe mai detto a nessuno, ne ero più che certa.
Risposi al messaggio, non accorgendomi che i due si fossero fermati, così andai addosso ad Amanda, facendola quasi cadere.
"Oddio, scusami! Non volevo, scusami davvero!"
"Tranquilla, non è successo niente. Ti sei fatta male?"
Ero stupita dalla sua gentilezza, io, al posto suo, mi sarei perlomeno infastidita, invece lei si preoccupava per me, era davvero ammirabile.
"No, tutto apposto." Alzai la testa e mi ritrovai davanti alla 'Base'. L'edificio era davvero degno del suo nome.
Si presentava come un vecchio ammasso di mattoni e cemento, risalente a parecchi decenni fa.
"..Wow." Sussurrai.
"Bello vero? Era una base anche ai tempi della Guerra Civile." Affermò Alex, dondolandosi sui talloni e vantandosi della sua cultura.
"Hai studiato, Alex?"
"Ehi, io sono un pozzo di sapienza, oltre ad essere un'ottimo guerriero, come Marte del resto."
"Ma fammi il piacere!" Esclamò Amanda, sorridendo. Stavolta non si limitò a sorridere gentilmente, si vedeva benissimo che era felice, che tra quei due c'era più che semplice amicizia, che si piacevano davvero.
Sorrisi complice, e quando se ne accorsero si ricomposero come a far finta che non avessi visto niente.
Mi ricordavano... me e Ben, in uno strano senso ed in quel momento provai malinconia.
Entrammo ed Alex ci precedette per aprire la grossa e pesante porta d'ebano, decorata con motivi circolari e riproduzioni di foglie d'edera che si rampicavano lungo tutto il perimetro ad arco, un tempo color giallo oro splendenti, ora più che sbiaditi.
"Sta' tranquilla, andrà tutto bene."- mi sussurrò Amanda ed io sospirai fiduciosa e tesa allo stesso tempo.
In piedi, davanti ad un tavolo rotondo, otto visi sconosciuti ci stavano osservando, forse incuriositi di vedere chi fosse la prossima vittima di un destino che aveva affidato ad una ragazza di sedici anni il compito di salvare il mondo. Il mio sguardo passò sui loro volti molto velocemente, per poi tornare a fissare un viso in particolare. Pensai che fosse solo un'allucinazione, ma sfortunatamente i miei occhi avevano visto bene, quegli occhi verdi e quei capelli biondi non potevano passare inosservati. In piedi accanto ad una sedia di quel tavolo c'era davvero Ben ed una strana sensazione d' ansia mi attanagliò lo stomaco.

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Capitolo 4
*** Una nuova missione da compiere ***


Capitolo 4
Una missione da compiere


Nella sala regnava un silenzio epocale, inoltre gli occhi di tutti erano addosso a me e non potei non arrossire di vergogna. Ben era seduto di fronte a me e cercai subito il suo sguardo. Quando i nostri occhi s'incrociarono provai una strana sensazione allo stomaco, come se fosse sottosopra e una palla nella gola, che quasi m'impediva di respirare. A causa di un rumore lui distolse lo sguardo, lasciandomi sola e vuota. Alzai gli occhi e mi accorsi che da dietro due porte, ai lati della stanza, erano entrate sette figure incappucciate e la cosa non mi rassicurava. Avevo paura, una paura cane. Le tre figure sbucate da una porta e le quattro dall'altra si congiunsero, voltandosi verso di noi. Quella in mezzo si tolse il cappuccio nero e desiderai che non l'avesse mai fatto, perché non era umano. Aveva un cranio di misure che superavano quelle standard e una pelle colorata di celeste. I suoi occhi erano sottili e contornati da una linea nera. Pensai che fosse eye-liner, ma era ovvio che non lo era.
"Salve."- la sua voce ruppe il silenzio, ma si placò, e ritornammo alla situazione di prima, come quando una goccia cade nell'acqua, crea delle onde, ma poi è come se non fosse mai successo niente.
"Il mio nome è Kartik, provengo da un pianeta molto lontano, ai confini del sistema solare, Naman, e questi sono i miei fratelli."- di colpo gli altri incappucciati rivelarono la loro identità e su per giù non erano diversi da Kartik. Uno era verdolino, un altro violetto, un altro ancora rosso. Alcuni avevano il cranio come lui, altri erano più massicci e imponenti, facevano davvero timore.
"Siamo venuti sulla Terra per spiegarvi la missione che ovviamente non ricordate."- ma di che stava parlando? Missione, quale missione? Mi sembra un incubo e voglio svegliarmi.
"Un tempo"- continuò, attirando nuovamente l'attenzione su di se'- "Un tempo su questa Galassia regnava pace e prosperità, su ogni pianeta la popolazione viveva felice, ma degli esseri provenienti da un'altra Galassia, persa nell'Universo, che non conoscevano l'amore e il rispetto, bensì solo vendetta, odio ed opulenza, ci attaccarono, distruggendo tutti i pianeti che intralciavano il loro cammino. Un comandante giusto, Al Saroj, ritenne opportuno affidare il destino della Via Lattea a nove Guardiani, nella speranza che un giorno avrebbero potuto sconfiggerli. Il nome dei distruttori è Murdock, meglio conosciuti come Buchi Neri. Voi siete stati scelti per riportare la pace nella Galassia perché il prossimo 28 Novembre essi rinnoveranno la loro promessa di distruggere la Terra, l'unico pianeta che non hanno distrutto perché troppo potente per loro. Per questo voi siete salvi. Adesso però dovrete lottare per vendicare i vostri genitori, il vostro pianeta natale e la vostra stirpe e anche per restare vivi. Chiamerò i vostri nomi e vi presenterete davanti ai nostri occhi, così che possiamo conoscervi.
"Mercurio."- un ragazzo della mia stessa età si avvicinò a loro. Mi accorsi di averlo già visto qualche volta in città. Aveva i capelli corti e biondi, i lineamenti del viso spezzati ed un naso che dava l'idea di aver ricevuto troppi colpi. Camminava goffo, era alto e magro. La sua espressione sembrava timorosa e le sue sopracciglia parevano tremare.
"Qual è il tuo nome terrestre, Mercurio?"
"O-Oliver White, signore."- cercava di non guardarlo negli occhi, era più codardo del previsto.
L'alieno sorrise ed il suo compagno gli porse una collana.
"Ti doniamo il simbolo di Mercurio, ed insieme il dono dell'eloquenza, del ragionamento e dell'ingegno, portalo con onore."
"Venere."
Una ragazza bellissima, dai capelli color oro e riccioli, avanzò facendosi spazio tra gli altri e sfoggiando un fisico invidiabile.
"Il mio nome è Amanda Strauss, signore."
"Bene, Amanda Strauss. Ti porgiamo il dono dell'armonia, della bellezza e ti proclamiamo protettrice delle Arti."
"Terra."
Stavolta venne il momento di un ragazzo dai capelli castani.
"Mi chiamo Cedric Walker."
"Avrai il dono del predominio sui quatto elementi."
"Luna."- quel nome mi svegliò dallo stato di subconscio in cui mi trovavo. Toccava a me e di colpo fui pervasa dalla paura. Avanti, Scarlett, non fare la fifona, non ti mangeranno...beh, almeno spero. Muovo un piede, poi un altro e in pochi secondi sono davanti a Kartik. Cavolo com'è.. Alieno. Le sue pupille sono piccole e le iridi quasi bianche. La sua pelle non è liscia, ma a scaglie. Stanotte avrò un incubo, me lo sento.
"Qual è il tuo nome umano, giovane Luna?"
"Scarlett. Scarlett Brooks."
"Scarlett...hai un sangue puro e una volontà forte, molto forte, è per questo che ti facciamo dono dell'energia lunare di poter controllare le emozioni degli altri."- abbasso la testa per ricevere la collana e appena le mani di Kartik, dotate di unghie smisurate si allontanano, sento un flusso d'energia. È come se i miei poteri, che avevo già testato, fossero sparsi per il mio corpo, correndo senza una meta precisa e ora quella collana li avesse placati, mettendo ordine dentro di me. Adesso potevo controllare i miei poteri e la cosa mi piaceva.
"Saturno."
Alzai la testa e notai che Saturno era Ben. Non mi ero accorta degli altri prima di lui, ero persa nei miei pensieri.
"Benjiamin Jonson."- lo sentii dire.
"Tu avrai il dono del tempo. Usalo con saggezza."
Poi tornò al suo posto, tra gli altri, senza guardarmi, senza parlarmi, mantenendo un'espressione che non gli si addiceva affatto, fissando un punto perso nel vuoto, con la mascella tirata, come se fosse superiore, ma io sapevo che non era così. Era spaventato, confuso, incredulo, proprio come me. Avremmo fatto pace, avremmo aggiustato tutto e affrontato questa strana situazione insieme. Appena avremo finito, gli parlerò.

...................

"Domani pomeriggio alle 14:00 ci sarà il vostro primo allenamento, dovrete essere tutti presenti."
"C'è un'ultima cosa che mi urge dirvi: tutto ciò che è successo e che succederà qui dentro rimarrà segreto. Non dovrete parlarne con nessuno. Mai. Ricordate che potreste mettere in pericolo le persone che amate di più."
Dopo aver sentito questo Ben schizzò via come una saetta e io mi affrettai a seguirlo. Il vento era gelido in quella fredda sera di settembre ma niente poteva fermarmi. Avevo bisogno di parlare con lui.

"Ben!"-gli gridai, mentre lui camminava con le mani in tasca al giaccone nero verso casa.
Non si voltò, allora aumentai il passo e lo raggiunsi. Non si voltò neanche stavolta così lo afferrai per una spalla e lo feci voltare.
"Ben! Ma insomma sei sordo?!" - gridai, con la voce spettava dal fiatone.
"Non ti ho sentita, devo andare." - rispose secco, senza dare altre spiegazioni.
Non lo avrei lasciato andare così facilmente. Mi misi davanti a lui, impedendogli la strada, poi dissi:" Ben, va tutto bene, ci sono anch'io qui con te, affronteremo questa storia insieme, come abbiamo sempre fatto, noi siamo una squadra, ricordi?"
Lui alzò gli occhi che incrociarono i miei. Erano diversi, scuri, come il giorno del mio ritardo. Le parole che pronunciò mi spiazzarono definitivamente.-" Non c'è nessun noi. Io sono cambiato, in meglio, fortunatamente. Tutto ciò che è stato, ora non è più. Non ho più bisogno di te. Fattene una ragione Scarlett. " - non mi aveva mai chiamato col mio vero nome.
Pensavo di scongiurarlo a cambiare idea, dicendogli che lo amavo, ma non sarebbe cambiato niente, anzi, sarei passata da stupida bambina ingenua.
"Cosa ti è successo? È per il ritardo? Perché se è così ti prometto che sarò più puntuale, non ti farò più innervosire..."
"Non è per questo."
"E allora che cos'è? Ben, tu sei il mio migliore amico!"
"Io ero il tuo migliore amico!"
"Non capisco, non può finire così!"
"È già finita Scarlett. Ora fammi passare."
Così piegai la testa da un lato, senza più guardarlo negli occhi e spostandomi di qualche passo per farlo passare, proprio come voleva. Lui se ne andò con fare noncurante, come se di me non gliene importasse niente. Mi sentivo tradita, stupida, delusa, triste, arrabbiata, confusa. Rimproveravo me stessa di aver fatto tardi quel giorno. Tornai a casa, recuperando la bottiglia di latte che avevo gettato nel cassonetto. Incrociai gli occhi di mia madre e mio padre che sedevano sul divano.
"Ciao."- dissi loro con voce flebile.
" Tesoro, sei andata a comprare il latte? Che brava! Grazie dell'aiuto." - mia madre si era alzata per venirmi in contro ed io le risposi con un mezzo sorriso. Non volevo dirle bugie, ma mi accorsi che da quel momento quella sarebbe stata solo una di una lunga serie.
Andai in camera mia, dicendo che non avevo fame e che volevo solo riposare. Mi rifugiai in bagno, prendendo un cuscino dal letto e portandomelo alla bocca per soffocare i singhiozzi e i gemiti che mi uscivano dalla bocca, facendo attenzione ad ogni minimo rumore per non dare nell'occhio, o meglio, nell'orecchio. L'ultima cosa che volevo era che mia madre si preoccupasse per me, inoltre volevo soffrire da sola, così era tutto più facile. Piansi tutta la notte.
La mattina seguente mi svegliai sul letto, ancora con i vestiti addosso. Mi feci una bella doccia, mi lavai i denti, mi pettinai, mi vestii e feci le prove allo specchio di un sorriso che potesse andare bene, peccato che non me ne convinceva uno e mi sentii un'incapace. Finsi di essere allegra come sempre davanti ai miei genitori, li salutai e mi avviai per andare a scuola. Quello era il primo giorno senza Ben al mio fianco, il primo giorno in cui facevo la strada da sola. Pensavo andasse peggio del previsto, invece non mostrai alcun segno di debolezza o tristezza esteriore, eccetto la profonda voragine che avevo dentro e che non potevo colmare, anche se lo volevo con tutte le mie forze.
"Scar! Ehi Scar!"- avrei riconosciuto quella voce anche bendata. Era Selene, che vantava la nuova carnagione abbronzata della sua pelle con le altre ragazze della scuola, salutandomi agitando una mano.
Fui felice di vederla e decisi di mettere da parte il mio dolore per Ben per salutare la mia vecchia amica che non vedevo da tempo.
Ci abbracciammo forte, poi, non so come, trovai anche il modo di scherzare:
" Ei ma come sei abbronzata!"-" Sai una cosa? Anch'io ti vedo diversa! Ti sei tinta i capelli per caso?" - rabbrividii all'idea : si vedeva davvero così tanto che ero cambiata? Poi mi tranquillizzai: Selene non poteva capire che ero cambiata in quel senso. In effetti prima che partisse ero ancora una ragazza 'normale', la cui unica responsabilità era portare fuori la spazzatura e lavare i piatti il giovedì e il sabato. Chi l'avrebbe mai detto che sarei diventata la Guardiana della Luna...
"No, no, saranno diventati più scuri da soli..."
"E Ben? Dov'è? Non avete fatto la strada insieme?"
"Ecco...lui....si...beh...lui non..."
"...non?"
"Oggi ha preferito rimanere a casa, avrà qualche linea di febbre, sai com' è fatto."- lei mi guardò con un'espressione confusa, non era quella che se la beveva tanto facilmente, ma poi sorrise ed esclamò :" Ma si certo! Oggi lo chiamo e sento come sta!"
"No!"- gridai di scatto,-"No, lo farò io per te, non preoccuparti.."
"Ma figurati! Mi fa piacere!"
"Ti dico di no, lo chiamo io, ok?" - alzai il tono di voce e lei se ne accorse. Mi guardò stranita, non era tipico da me alzare la voce, ma non volevo che lo chiamasse.
"Andiamo dai, è tardi."
Ci avviammo verso l'aula di Letteratura Inglese senza rivolgerci la parola. Il banco davanti al mio, quello di Ben, era vuoto e al solo pensiero mi sentii mancare.

Correvo lungo una strada rovinata e sconnessa, senza sapere dove mi stessi dirigendo. Ad illuminarmi c'era solo la luce della Luna, che diventava sempre più grande man mano che avanzavo. Mi venne d'impulso pensare che dovevo raggiungerla, arrivare il più vicino possibile ad essa. Così mi arrampicai su per un dirupo, inconsapevole della fonte della mia forza.
"Scarlett."- era la sua voce. La sua morbida e calda voce, mi sentii rinascere.
"Devi sapere che Ben non è più quello che era. Ora Saturno si sta impossessando della sua anima, la sta divorando. Lui può sentirti, ma non può risponderti. Non c'è più speranza per lui."
E allora mi sentii come se un colpo di pistola mi avesse colpito alla pancia, il respiro si fece pesante, a scatti, le mie mani premettero intorno al punto in cui avevo sentito lo sparo. Avvertii un calore alla mano, così la portai davanti agli occhi, e vidi rosso. Sangue. Tanto sangue stava sgorgando dalla mia ferita. Con occhi increduli, guardai davanti a me e lo vidi. Vidi Ben che teneva in mano una pistola che aveva appena sparato un colpo e ancora peggio, vidi l'espressione soddisfatta sul suo viso.
La vista si annebbiò ed io caddi a terra.
Di colpo mi svegliai nel mio letto, con gocce di sudore che m'imperlavano la fronte ed il respiro affannoso. Era stato solo un sogno, ma c'era qualcosa di vero, ora sapevo cosa gli era successo. Piansi ancora, stringendo a me il cuscino ed affondando la testa al suo interno. Avevo perso il mio migliore amico, la persona che amavo. E allora pensai di essere stata una stupida a non avergli detto prima ciò che provavo per lui, odiai la mia vita, la terra, i pianeti, l'universo, l'oracolo. Non ero più nessuno, non ero figlia dei miei genitori perché ero stata mandata in salvo qui, non ero una sedicenne che pensa solo ad andare bene a scuola o ad avere un fidanzato. Cos'ero? Niente.

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Capitolo 5
*** Giorni bui ***


Capitolo 5
Giorni bui


Il giorno seguente Ben non fece la strada con me e io mi fermai ad osservare la finestra della sua camera da lontano, dove sapevo che mi stava osservando, lo percepivo grazie ai miei nuovi poteri ultrasensioriali. Trascorrevo il tempo a pensare a cosa stesse facendo, se c'era ancora la persona che amavo dentro di lui, persa, da qualche parte. Mi rassegnai all'idea che Ben non sarebbe più tornato, magari si sarebbe trovato un lavoro, oppure avrebbe cambiato liceo ma continuavo a fissare il suo banco vuoto davanti a me con aria affranta ed assente, suscitando l'apprensione di Selene che mi guardava come se un fiore stesse appassendo troppo velocemente e dolorosamente davanti a lei. Perché in fondo era questo che mi stava capitando, stavo appassendo, anche se volevo nasconderlo. Tra un po' avrei smesso di mangiare e la mia pelle si sarebbe seccata come i petali di un fiore senz'acqua. Il professor Anderson stava spiegando la lezione di fisica del giorno ed io cercavo di convincermi a seguire i suoi discorsi perché altrimenti non ci avrei capito niente. Ma non ci riuscivo. Ero come intrappolata nel pensiero di guardare quel banco. Qualcuno bussò e la porta si aprì. Scattai sulla sedia come se una scossa mi avesse percorso la schiena. Era lui. Entrava alla terza ora, chissà dov'era stato. Era cambiato: i suoi capelli erano diventati color oro, i suoi muscoli più pronunciati ed i lineamenti più spigolosi di prima. Anche gli occhi non avevano più l'aspetto di prima, erano avvolti da una sfumatura più scura del solito che non prevedeva niente di buono.
"Buongiorno professor Anderson, scusi il ritardo."
"Come se vi servisse il mio perdono a voi, orda di viziati ragazzini di nuova generazione. " Come al solito il professor Anderson s'innervosiva se veniva interrotto durante le sue lezioni. Ben assunse un sorrisetto sghembo e poi, con una nuova aria da spaccone che non gli si addiceva affatto, si mise a sedere al suo banco, davanti a me. Cercò il mio sguardo, ma io lo evitai. Mi decisi ad ascoltare, adesso che sapevo che stava bene. Anche se si era comportato da perfetto stronzo, il solo sapere che era al sicuro mi sollevava ,giustificazione del mio sorriso sulle labbra. Ma ciò che successe di lì a poco mi distrusse definitivamente.
"Ehy,passa a Wendy." Ben si voltò, tirandomi un biglietto piegato sul banco. Rimasi inerme a guardarlo, come se non credessi ai miei occhi e fu Selene a prenderlo con agitazione ed a passarlo al banco dietro, a passarlo a Wendy Evans. Strinsi la matita così forte da romperla in due ma senza mai voltare lo sguardo. Con la coda dell'occhio vidi che Wendy sorrideva ed agitava la lunga e voluminosa coda bionda. Ora sapevo definitivamente che quello non era il mio Ben. Lui non avrebbe mai e poi mai fatto il cascamorto con qualcuna, per di più con Wendy Evans, perché sapeva che ne avrei sofferto. Non mi avrebbe mai messa in ridicolo davanti a tutta la classe, perché ormai tutti pensavano che stavamo per metterci insieme. Non l'avrebbe mai fatto perché sicuramente avrebbe perso la mia fiducia e la mia stima, ma questo ormai non gli interessava più.. Beh, cosa pensavi accadesse? Che sarebbe rimasto lo stesso, ora che Saturno era dentro di lui? Forse si...lo speravo con tutta me stessa. Ma svegliati Scarlett! Falla finita di star male per lui, ormai è andato, l'hai perso, fattene una ragione, come ti ha detto lui! Avanti, cerca di dimenticarlo. Non sarà facile ma poi ci riuscirai. Si, era questa la soluzione migliore. Ma no, no! Come posso anche solo pensare di poterlo dimenticare? Non posso, non posso! Lui è Ben, Ben! Non è più il tuo Ben, Scarlett. Tutto ciò che è stato, ora non è più, ripeteva il lato più razionale di me. Forse dovevo solo ripetere quelle parole a voce alta, cento, mille volte, finché non ci avrei creduto. Decisi perciò di ascoltare il signor Anderson e di farla finita, adesso dovevo pensare solo a me stessa. E allora perché suonava così tanto strano e difficile? Non riuscivo a dimenticarlo, non potevo dimenticarlo. Lui non era solo una cotta adolescenziale, lui era tutta la mia vita.

"Ei,si vede che non stai bene. Avanti Scarlett, sai che puoi dirmi tutto." - mi disse Selene alla fine delle lezioni, quando stavamo per tornare a casa. Invece no,non posso dirti niente. Mi manchi Selene, mi mancano i nostri pomeriggi insieme, le risate, i nostri discorsi privi di logica... ma non posso dirti niente. Vorrei dirti dove passo i pomeriggi che un tempo passavo con te, ma altrimenti infrangerei una delle regole della Base. Vorrei dirti che ho perso l'amore della mia vita, per sempre. Vorrei dirti che odio me stessa e questa vita e che ho paura. Paura di morire, paura di non essere abbastanza. Ho paura di ciò che ti succederà se fallirò, se non riuscirò a salvare la Terra dai Buchi Neri. Vivo con la paura ormai e penso che questa vita non faccia più per me e che sarebbe tutto più facile se la facessi finita per sempre. Vorrei piangere sulla tua spalla raccontandoti di Ben e Megan che si scambiano sguardi fin troppo eloquenti. Ma non posso, perché non potrei sopportare di creare altri guai.
"I-io penso di si. Credo di amarlo ancora, ma è troppo cambiato, é diverso, ora ha nuove priorità ed é chiaro a tutti che io non faccio parte di queste. Perciò lascerò perdere. Soffrirò, ma poi mi passerà. Quindi mi limito solo a dire che sono stata meglio." Lei mi si mise davanti, impedendomi di passare e in aria severa mi disse: "Quindi lasci perdere? Tu? Scarlett Brooks? Da quando ti conosco, e posso dire da quando siamo nate, non ti ho mai vista gettare la spugna. Vuoi farlo adesso? Dici che Ben é cambiato, quando anche tu sei cambiata. Prima non ti saresti mai arresa e guardati invece adesso. Neanche tu sei più la stessa, un tempo mi avresti detto ciò che ti rendeva preoccupava."
Io voglio! ma non posso, ti prego, non lasciarmi da sola anche tu, non voglio perdere anche te!
"Ma io sto bene, davvero."
"No, non è vero. La verità è che non ti fidi di me abbastanza per dirmi ciò la verità. "
Rimasi inerme, stringendo sempre più forte il libro che tenevo in mano.
"Pensavo fossi migliore di così. " Detto questo, si allontanò e mi lasciò da sola con me stessa, la mia più grande nemica. Ora avevo perso anche lei, fu come se un'altra lama mi avesse trafitto a cuore aperto. Pensavo di essere riuscita a superare un brutto momento, ecco invece che ricominciavo a stare male. Strinsi i denti e proseguii fino a casa, senza Ben, senza Selene. Sola.

Correvo con indosso un meraviglioso vestito bianco alla luce della Luna, in un campo immenso, che non avevo mai visto. Da chi stavo scappando? Chi mi stava inseguendo? Perché indossavo un abito da sera? Improvvisamente il terreno dietro di me iniziò a sgretolarsi, come se una scossa lo sollevasse dal centro della Terra. Riuscii a schivare un getto di zolle che mi stava per precipitare addosso, ma non potei fare altro. Una crepa, all'inizio piccola, iniziò ad allargarsi davanti a me, costringendomi a fermare la corsa. Si creò un cerchio intorno a me, poi il terreno si sollevò, scavando un'immensa voragine nel terreno. Caddi giù. Provai ad urlare più forte che potevo ma dalla bocca non uscì niente. Con la stessa forza con cui era stata trascinata giù, il lembo di terra su cui poggiavo riemerse dal fondo, portandomi su, su, sempre più su. Ormai ero in trappola: ero sola, confinata in un minuscolo cerchio di terra, a centinaia di metri dal suolo. Il mio cuore si fermò quando vidi al mio pari, di fronte a me, anche se distante, Ben. E su un'altra zolla, in cerchio, Emily. E mia madre. E mio padre. E Selene. "Ben!"- urlai, cercando con la mano di avvicinarlo a me, anche se impossibile. Lui rimase impassibile, guardandomi con un'aria carica d'odio e di disprezzo. Cosa gli avevo fatto io? "Emily!"- ma anche lei fece lo stesso. Il suo sguardo era straziante, mi lacerava l'anima.
"Mamma, papà!"- idem. Cosa stava succedendo?
"Selene!" Più di tutti, lei mi fissò con un'espressione dura, ma anche delusa. La delusione negli occhi della mia migliore amica mi fece male più di tutti. Lei era stata l'unica persona di cui mi ero sempre fidata, prima di Ben, prima di Emily. Mosse le labbra e mi fece sussultare. Così lessi il suo labiale:
"Ci hai uccisi tutti Scarlett." Non ebbi neanche il tempo di risponderle, o pensare, che le cinque colonne di roccia si riversarono verso il centro della voragine, che si faceva sempre più profonda, sparendo.
"No!!" Urlai con tutta la forza che avevo in corpo, spronando a me stessa di non piangere. Ma in quella circostanza non era proprio possibile, così due grosse gocce rigarono la mia pelle candida. Fu come se qualcuno mi strappasse l'anima, perché sentivo di non poter più respirare. L'abito bianco iniziò a tingersi di rosso, rosso sangue e guardandomi le mani notai che erano sporche dello stesso liquido rossiccio. Qualcuno mi prese per le spalle. È la fine, pensai. Sono destinata a morire, perché ho fallito, perché ho ucciso tutti.
"Ho ucciso tutti!" Gridai, stavolta ad alta voce. Tutto quello era solo un sogno, un incubo. Di nuovo.
"Scarlett, tesoro, calmati!" Mia madre mi stava accanto con l'aria preoccupata e stanca. Da quanto tempo era lì?
"Mamma! Mamma!" Le gettai le braccia al collo, felice di essere uscita da quello strazio. Il mio respiro si fece affannoso, mentre grossi rivoli di sudore m'imperlavano la fronte.
"Scarlett, calmati! È tutto finito, era solo un sogno."
"Mamma, che è successo?" "Non lo so. Ho sentito delle urla, sono corsa qui e ti stavi contorcendo nel sonno, non sembravi più nemmeno tu. Urlavi e dicevi che avevi ucciso tutti."
Ricordavo a tratti il sogno, anche se mi ero appena svegliata. "Scarlett, tutto bene?" Anche mio padre era accorso ed ora teneva in mano un bicchiere d'acqua fresca. Acqua! Si, per favore! Afferrai il bicchiere con poca finezza e lo bevvi tutto d'un sorso.
"Grazie papà."
"Ti senti meglio?"
"Credo di si, ho fatto solo un incubo."
"Mi sono spaventata da morire, non avevi mai fatto così. C'è qualche problema di cui vuoi parlarci?" Io non voglio dire bugie! Mi sento sporca, traditrice ed idiota, davanti a persone che si svegliano nel cuore della notte e che mi amano, che mi hanno sempre amata. Non posso mentire loro ancora, ma devo farlo. E questo pensiero mi sta lacerando il cuore.
"No, va tutto bene. Probabilmente sono in ansia per le verifiche di fine trimestre." Bugia. Erano la cosa di cui avevo meno da preoccuparmi in quel periodo.
"Ah, d'accordo. Per qualsiasi cosa noi siamo qui, lo sai vero?" Basta! Era troppo straziante! Ma dovevo proteggerli, se li amavo veramente. Annuii stancamente.
"È ora di tornare a letto. Buonanotte tesorino." Mia madre mi baciò sulla fronte ed io assaporai tutta la dolcezza di quell'attimo. Forse non ne avrei più avuti di simili. Mio padre fece lo stesso, poi uscirono dalla camera, lasciandomi il bicchiere sul comodino e spegnendo la luce. Io mi girai di fianco e cercai di riprendere sonno. Ero così confusa ed avevo così... paura. Non potevo affrontare tutto quello da sola, avevo bisogno dei miei genitori. Senza pensarci due volte, scivolai giù dal letto e mi diressi verso la camera dei miei, per poi bussare e poi chiedere:
"Non è che c'è posto anche per me?"- Loro furono ben felici di vedermi, scostarono la coperta per farmi entrare nel lettone con loro. E così, come quando facevo da piccola, mi rifugiai tra le loro braccia, cercando di non pensare a ciò che sarebbe successo e che potessi essere proprio io la ragione di un'imminente morte e distruzione. Ma in quel momento, al sicuro sotto le coperte, mi ero già dimenticata tutto.

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Capitolo 6
*** Tutto ciò che ti uccide, ti rende vivo ***


Capitolo 6
Tutto ciò che ti uccide, ti rende vivo


Erano le due di pomeriggio e mi trovavo davanti alla Base. Non sapevo se entrare o aspettare ancora. Non volevo sentirmi in imbarazzo. Lo odiavo.
"Ciao Scarlett."- ecco la mia salvezza. Amanda riusciva sempre a tirarmi su di morale, anche con due sole parole. Non era dovuto al suo potere, era una cosa che si provava a pelle.
"Ehi Amanda."
"Ciao Ben." Fece lei. Mi voltai di scatto e vidi che era dietro di me. Aveva la solita aria da duro, anzi, da falso. Lei indossava una tuta nera, in tessuto flessibile e decorato sulla spalla e sul ventre col simbolo del suo pianeta protettore, Venere.
"Entriamo insieme?." Chiese gentile lei.
"No." Rispose secco Ben, passandoci davanti ed urtandomi la spalla.
"Dev'essere difficile per lui." Constatò Amanda, guardandolo allontanarsi verso l'interno della Base.
"Già.." Fu tutto quello che riuscii a dire, anche se non capivo a cosa alludesse Amanda.
"Beh, c' è da dire che è un tipo magnetico...guarda là." Mi voltai finché i miei occhi videro ciò che distrusse le mie ultime speranze. Ben stava flirtando con una dai capelli rossi.
"Chi è quella?"
"Megan, la Guardiana di Giove. Se la tira da morire."
Era davvero bella, i capelli rossi e lisci le stavano a meraviglia, aveva curve nei punti giusti e occhi celesti che avevano un effetto bellissimo su di lei. Era tutto ciò che non ero io. Era tutto ciò che voleva il nuovo Ben.

Non ero mai stata in quell'ala della Base. Le pareti e le porte erano le stesse, gli interni cambiavano. Soprattutto quello della stanza che si trovava dietro la porta spalancata da Amanda. Era un vero e proprio campo d'addestramento. Erano già tutti a lavoro: c'era chi si esercitava con l'arco, chi con la lotta libera, chi con l'asta e poi c'era chi riusciva a spostare oggetti col solo pensiero e a chi uscivano getti di luce dalle mani, proprio come a me. Impulsivamente mi guardai la mano, ricordando cosa, fino a poco tempo fa, avevo fatto anch'io.

"Bene, questo è il campo d'addestramento, dove ci alleniamo per...beh si, lo sapete." Kartik e i sei sedevano su troni d'acciaio, illuminati da luci blu e azzurre che erano sollevate da terra e non chiedetemi come facevano.
"Abbiamo deciso di affidarvi dei tutor, per il primo periodo. Ethan? Megan?" Oh no. Per favore, non Megan! Ci rimasi quasi male quando realizzai che non era la mia tutor, ma quella di Ben. Io avevo Ithan...Ethan... Fa lo stesso. Avrei voluto scappare e portarmi dietro Ben, anche se non avrebbe acconsentito.
"Anche se sono Guardiani come voi, hanno scoperto prima i loro poteri e sono abbastanza addestrati da potervi insegnare. Bene, procedete."
"Ciao." Fece il tutor. Io mi limitai a sorridere distaccatamente.
"Beh...direi che possiamo iniziare. Vieni Scarlett."
Lo seguii, totalmente disinteressata a ciò che voleva insegnarmi. Continuavo a guardare di sottecchi Megan e Ben, che sembravano aver trovato la chimica perfetta. Che visione micidiale.
"Queste sono le discipline in cui dobbiamo allenarci: salto con l'asta, lotta libera, tiro con l'arco e del giavellotto, oltre che a saper maneggiare i flussi d'energia dei nostri corpi.
Penso che tu sappia di cosa sto parlando." Vide che ero completamente disorientata e sospirò:
"Okay. Ricomincio. Noi non siamo umani, proveniamo da altri pianeti. Ciò significa che siamo dotati di superpoteri, sia fisici che mentali." Ma davvero? Meno male che c'è lui a dirmelo....ah, quanto vorrei avere il dono dell'invisibilità!
"Si questo lo so."
"Oh, bene. Allora avrai già avuto occasioni ad usare il tuo flusso."
"Si, una volta."
"Ecco. Però non sei stata in grado di maneggiarlo nel giusto modo, vero?"
"Io penso...penso di no." Ma che domande sono? Ehi Ethan, sai che non ti sopporto già più?
"Qui impariamo a fare questo, concentrazione e autocontrollo. Solo questo." Solo questo? Ma per favore!
"Okay, ho afferrato il concetto."
"Tu hai il potere di poter controllare i sentimenti degli altri, giusto?"
"In teoria."
"Perfetto, allora iniziamo."
Prese una tavoletta di spessore quasi assente, simile ad un iPad, toccò due pulsanti e davanti a me venne proiettata l'immagine di un ratto gigantesco, che sembrava fatto al computer. Poi questo si materializzo e riuscii a vederlo tutta la sua bruttezza. Ero inorridita, cosa pensava di fare? Indietreggiai impulsivamente, ma lui non staccava lo sguardo da me.
"Cosa pensi di fare?"
"Dovrai calmarlo." Oh certo! Avevo davanti un ratto enorme, con i denti irregolari e sporgenti, gli occhi rossi come il sangue e l'espressione rabbiosa e avrei solo dovuto calmarlo! Mi sembrava tutto così assurdo, così stupido.
"Rimettilo in gabbia, non lo calmerò. Non so neanche come si fa! Proviamo con un topolino di campagna prima, che dici?"
"Bella battuta, se non altro ci ha provato. No, avanti, concentrati."
"Come posso concentrarmi?"
"Pensa che se non farai qualcosa questo ratto mi mangerà la mano."
In effetti il ratto stava proprio per...addentargli il polso ma lui lo evitò con un riflesso. La prossima volta potrebbe non essere così fortunato. Avanti Scarlett, concentrati! Ti è riuscito con Wendy Evans, che in quanto a carattere non è più simpatica di quel ratto.
"Scarlett, muoviti!"
"Un attimo!"
Chiusi gli occhi, cercando di concentrarmi. Cosa avevo fatto quella mattina a scuola? Avevo percepito i suoi sentimenti, la sua superiorità. Adesso riuscivo a sentire la rabbia e il dolore di quel povero animale. Rilassai la faccia, portando avanti le mani. Sentii quello strano bruciare nascere nella zona sopra il diaframma e poi ramificarsi nel collo, nelle braccia, raggiungendomi le mani, e poi fuoriuscire. Raggiunse l'animale e quando la nube bianca lo avvolse, questo smise di dimenarsi e si rilassò tra le mani del tutor, addormentandosi.
Un sorriso incredulo mi dipinse la faccia quando capii di avercela fatta.
Vidi però anche la mano lacerata dai morsi di Ethan, che rimise il topo in gabbia, insieme agli altri.
"Oddio, ti ha fatto male! Mi dispiace tanto!"
"Luna, tranquilla. Non sai che i guardiani guariscono subito?"
"Come...?"
La ferita che poco prima versava rivoli di sangue sul pavimento si rimarginò così veloce che fu quasi impercettibile vederla.
"Incredibile."
"E questo è solo l'inizio. Non male come primo esercizio, ora proviamo con qualcosa di più difficile, tipo un corpo a corpo."
"Pf, con te?" Chiesi io in aria scettica, mostrando un sorriso sicuro di me che sparì quando lo sentii pronunciare con fare sarcastico:
"Ah no, con lui."
Lui allora prese di nuovo la tavoletta tra le mani e stavolta, al centro di una grande arena, venne proiettata l'immagine di un grosso animale, simile ad un felino. Assomigliava a un leone, in un primo momento. Teneva la testa china sul pavimento ed anche in quel modo, così docile, era l'animale più spaventoso che avessi mai visto. Di colpo alzò la testa, ruggendo e scrollando le spalle. In quel momento si aprirono all'altezza delle scapole due ali gigantesche, bianche e oro. Ora si che era terrificante.
Guardai Ethan, con la faccia in preda al panico, ma lui si limitò a sorridere e a dire:"Usa i tuoi poteri."- solo in quel momento mi accorsi che tutti si erano riuniti intorno all'arena dove mi trovavo, compresi i sette Namaniani, che sedevano sui troni volanti e dove avrei dovuto combattere un corpo a corpo con un animale di massa almeno quattro volte la mia, se non si più, che assomigliava ad un leone-grifone. Che denti grandi che aveva....
Alzai gli occhi e Kartik mi rivolse un sorriso d'incoraggiamento.
Rimasi pietrificata, lì, a guardare l'animale mentre avanzava verso di me con la sua espressione rabbiosa e affamata. Questo mi mangia sul serio, pensai. All'improvviso scattò in avanti, gettandomi a terra in un potente tonfo, tirandomi una zampata su un fianco. Sussultai al contatto con il pavimento e un dolore allucinante continuava a tenermi incollata al suolo.
Voltai la testa da un lato e trovai gli occhi di Ben. Mi stava fissando a braccia conserte e non sussultò come gli altri quando caddi a terra. Non gli importava davvero più niente di me. Continuò a fissarmi per alcuni secondi per poi voltarsi e farsi spazio tra gli altri Guardiani. Mi aveva abbandonato un'altra volta, forse pensava che mi ci fossi abituata.
Fu come se una lama mi trafiggesse a cuore aperto, impedendomi di respirare. Stavo quasi per piangere, quando il leone-grifone ruggì e io sentii lo strano bruciore nascente da sopra il mio diaframma diventare sempre più grande e potente. 'Ciò che ti uccide, ti rende vivo', diceva una delle mie canzoni preferite.
Mi rialzai, non sentendo più il dolore al fianco. Portai una mano davanti al petto e chiusi gli occhi. Concentrazione, autocontrollo. Concentrazione, autocontrollo. Concentrazione. Autocontrollo. Aprii gli occhi ed il flusso bianco uscì nuovamente dal mio palmo. Il leone-grifone indietreggiò, per poi essere avvolto dalla nube. In un primo momento sembrò calmarsi, si adagiò sul pavimento, inerme. Poi invece alzò il muso e scattò in avanti, più agguerrito che mai. Cavolo, non aveva funzionato! E ora? Cosa avrei fatto?
"Ethan! Non sono pronta per questo!"
"Usa l'istinto!" L'istinto?! Starai scherzando spero! È assurdo, una bestia sta per farmi a pezzi e mi dici di usare l'istinto? Ripensandoci però quella era la soluzione migliore.
'Ciò che ti uccide, ti rende vivo.'
Pensa, Scarlett, pensa. Mi venne in mente Ben, i suoi occhi così spenti, così delusi. Non devi pensare a lui ora! Concentrati!
Okay, okay. Cosa posso fare? Che mi dice l'istinto? Il flusso che avevo visto usare ai guardiani poco prima, ma certo! L'avevo già sperimentato, sul cuscino, una volta. Il soffitto sembrava reggere, almeno per ora. L'avrei ripagato, ora dovevo salvarmi. Alzai una mano proprio mentre l'animale stava per venirmi addosso, mentre stava saltando. Il getto d'energia colpì il soffitto, facendolo andare in frantumi. Grossi pezzi d'intonaco caddero per terra, addosso a lui. Un rumore sordo attanagliò la stanza, per poi dissolversi. La sua zampa sembrò muoversi, ma poi si accasciò a terra, inerme. Avevo vinto io, avevo sconfitto quell'orrenda bestia. Ma che dici? L'hai ucciso! Oh, no, cosa ho fatto?
Grandi applausi riempirono la stanza, ma io rimanevo lì, con l'aria disperata, a fissare il cumulo di cemento che era caduto addosso alla bestia.
"Woo! Grande Scarlett! Non era proprio quello che intendevo, ma..."
"Ethan! Ethan io...io non volevo....non volevo ucciderlo, io..."
"Oh no! Non l'hai ucciso, amica degli animali. Era solo una simulazione al computer, non esisteva." Sei impazzito forse?
"Quindi stavo per essere mangiata da uno stupido leone virtuale?!"
"Esatto."
"Perché il mio potere non ha funzionato?"
"Perché ancora non hai la mente libera da qualsiasi pensiero. È a questo che serve la Base, a far diventare i nostri poteri ancora più forti. Comunque, direi che per oggi può bastare."
Mi prese un polso e lo portò sopra la testa, facendomi voltare verso i Guardiani e i sette Namaniani. Loro mi guardarono con aria soddisfatta, soprattutto Kartik, e ne fui entusiasta, ma non ero ancora una di loro, non ero ancora entrata nel 'club dei Guardiani'. La Luna era considerata solo un satellite,secondo gli umani, per questo era snobbata dagli altri pianeti, così come gli altri Guardiani snobbavano me. Gli avrei dimostrato che si sbagliavano, che meritavo di stare lì come ognuno di loro, che non gli ero inferiore. Chissà, magari ero presa dall'euforia del momento, ma mi sentii davvero, per un minuto, sicura di quello che stavo pensando.

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Capitolo 7
*** La più forte ***


Capitolo 7
La più forte


"Devi centrare l'obiettivo e magari chiudere un occhio per prendere meglio la mira." Mi ripeté Ethan per la millesima volta, mentre cercava di insegnarmi a tirare con l'arco. La mira non era il mio forte e non lo sarebbe mai stata. Era il mio secondo allenamento e speravo vivamente che stavolta non avrei dovuto combattere contro simulazioni di animali sconosciuti e terrificanti. Oggi dovevo esercitarmi nel tiro con l'arco. Tenevo in mano un arco bellissimo, in acciaio, lavorato con molta cura da chissà chi. Faceva da corda un sottile filo d'argento e sull'impugnatura era inciso il simbolo della Luna.
"Non ce la farò mai. " Sussurrai afflitta, cercando di tenermi ferma nella posizione di partenza,dato che l'arco, seppur sembrava leggerissimo, pesava tantissimo, facendomi sbilanciare. Mi facevano male le spalle. In lontananza sentii le solite risate di Ben e Megan che tenevano moltissimo a far sapere a tutto il mondo che si erano messi insieme. Aveva battuto il record, si era messo con una dopo soli due giorni, invidiabile. Più li guardavo, più mi scoraggiavo. Ammiravo con tutta me stessa la determinazione e la bellezza di Megan, il suo corpo magro, i suoi muscoli così definiti, mentre cercava di tirare una freccia. Ben la stava deconcentrando mordendole i lobi delle orecchie. Quella visione fu a dir poco micidiale, per usare un eufemismo. "Avanti, concentrati. Sai che puoi farlo meglio di lei ." Mi spronò Ethan.
"No che non posso, non ce la farò mai."
"Scarlett, la Luna è uno dei più meravigliosi, misteriosi, forti, corpi celesti dell'Universo. Chi credi che provochi le maree? E i flussi d'aria? Si pensa che la Luna abbia influenze su tutti e 4 gli elementi: acqua, fuoco, terra ed aria. Vuoi mettere Giove a confronto? Giove non è niente in confronto alla Luna, come Megan non è niente in confronto a te."
"Non è vero, Giove è molto più grande della Luna, non c'è nemmeno competizione."
"Le doti di un Guardiano non si misurano in base alla grandezza, ma alla potenza. Giove sarà anche grande, ma cos'altro? Com'è che si dice? Nella botte piccola...c'è il vino buono. Come qui dentro"- disse indicandomi il petto -"Come qui dentro c'è un grande talento, devi solo tiralo fuori."
Le sue parole mi spiazzarono, facendomi aprire gli occhi. C'era ancora qualcuno che credeva in me, nelle mie capacità. Alzai lo sguardo ed i nostri occhi s'incrociarono. Vidi allora una luce diversa in Ethan, la stessa che avevo visto tanto tempo fa in Ben. Capii che dovevo combattere per non deludere le persone che credevano in me e per mostrare a quelle che pensavano il contrario chi ero realmente. Adesso vi faccio vedere io, pensai. Mi misi in posizione come mi aveva insegnato Ethan e con un movimento unico sollevai l'arco e presi una freccia. Chiusi gli occhi e focalizzai con la mente l'idea del bersaglio come la scena di prima, quella di Ben e Megan mentre si stavano baciando. Immaginai me stessa come la freccia, stavolta sarei stata io a colpire loro, anche se solo in senso figurato. " Non ho bisogno di te. " - " Non siamo mai stati una squadra. " - " Tu non conti più niente per me. " -"Vattene."-"Non provo niente per te."-"Non ho bisogno di te."-"Non ho bisogno di te."- "Non ho bisogno di te. " - " Non ho bisogno di te. " Quelle parole erano di Ben e si sovrapposero nella mia mente insieme alle risate di prima, per poi affievolirsi sempre di più. Aprii gli occhi e mi sentii stranamente sicura di me. Sul volto mi nacque un sorriso, il solito sorriso sghembo che vedevo sulla faccia di Ben. Poi scoccai. La freccia partì con un rumore sordo ed arrivò nel centro del bersaglio. Dopodiché respirai.
"Si! Era questo che intendevo! Grande, così si fa! " Esclamò Ethan, prendendomi in braccio e facendomi fare una piroetta. Ce l'avevo fatta. Ora sapevo che niente poteva più sconfiggermi, adesso avrei usato la mia sofferenza come arma vincente e nessuno sarebbe più riuscito a ferirmi. Mi godei quel momento, dato che Ethan non era neanche un brutto ragazzo, anzi, tutto il contrario. Sentivo gli sguardi di Megan e Ben su di noi e ne ero contenta, volevo che vedessero.
"Grazie Ethan, di tutto." "Io non ho fatto niente, tu sei quella forte. Dammi il cinque! " Battemmo i palmi delle mani e poi mi avvolse in un abbraccio, un muscoloso abbraccio...
"Bel colpo, Luna." Constatò Megan, venendomi vicino. Da dietro la raggiunse Ben e la prese per i fianchi. Pensavo mi provocasse emozioni peggiori, invece andò meglio del previsto. "Grazie, Giove."
Rispose col solito sorrisetto. Ethan mi mise una mano sulla spalla, venendomi più vicino. Sorrisi a quel contatto e guardai Ben, che sembrò allarmato.
"Ma ci vuole ben altro per essere capaci di sopravvivere alla fine del mondo.Per esempio, bisogna essere....veloci."
"Come te vuoi dire?"
"Ovviamente. Propongo una sfida, uno contro uno. Una corsa nel bosco. La prima che arriva al traguardo vince."
"Ci sto. " "Bene,domani al sorgere del sole."
"Perché non adesso?"
"Non vedi, c'è una tempesta di fulmini fuori."
"Non dirmi che hai paura di un paio di fulmini! Pensavo fossi pronta alla fine del mondo..."
"È così, io lo dicevo per te!"
"Tranquilla, so badare a me stessa."
"Bene, allora andiamo."


"Dici sul serio? Guarda che i fulmini non scherzano!"
"Ethan, non mi succederà niente, sta' tranquillo. Devo batterla, viva o morta."
"Non dirlo nemmeno per scherzo! Se ti succedesse qualcosa..."
"Vincerò, stanne certo." "So che vincerai." Mi guardò con uno sguardo che aspettavo da tanto, uno sguardo dolce, che mi dicesse che qualcuno teneva veramente a me. Io gli accarezzai la guancia ruvida, dove una barbetta incolta mi graffiava la pelle e lui mi sorrise, dicendomi:
"Stai attenta, non voglio che ti faccia male."
"Te lo prometto." Sussurrai in tono più dolce, rassicurandolo. Ethan mollò la mia mano e si allontanò,lasciandomi sola vicino a Megan. Aveva in dosso la solita tuta della Base, nera e con lo stemma del pianeta sulla spalla. Mi guardava con quell'aria da superiore che la caratterizzava, mentre si metteva in posizione. Io la evitai, pensando solo che dovevo vincere.
"Pronti, in posizione, tre, due, uno, via! " Il fucile segnò l'inizio della gara ed entrambe partimmo veloci come il vento nel campo che anticipava l'entrata nel bosco. Il cielo era grigio e le nuvole minacciose di saette e pioggia. I primi alti e slanciati cipressi facevano da cornice al quadro meraviglioso del bosco, offuscato però dal cielo cupo. Come mi ricordavo c'era un bivio. Da una parte si prendeva la strada ad est, dall'altra a ovest, ma entrambe portavano al traguardo. Avevo fatto quella strada molte volte, durante le lunghe camminate con Selene, con la mia famiglia e...si, anche con lui. Ma decisi di non pensarci, di lasciarlo nel regno del passato una volta per tutte. Sapevo che Megan avrebbe scelto la strada più facile, era tipico del suo carattere, ma io conoscevo quelle foreste meglio di lei, io qui c'ero nata e sapevo ogni scorciatoia. Così presi la strada a destra, addentrandomi tra gli alberi. Era pomeriggio, si vedeva ancora bene, ma anche se non volevo ammetterlo, i fulmini non mi facevano sentire tanto al sicuro... Uno si scagliò vicino a me, ma lo evitai con un salto. Correvo come il vento, una sensazione mai provata prima perché nata con i miei poteri. Mi trovavo vicino al fiume che divideva a metà il bosco. Da una parte c'ero io e dall'altra...lei. La chioma rossa era raccolta in una coda e riuscivo a sentire il suo respiro affannoso. Mi stava superando, col suo solito sorrisetto sulle labbra. Non potevo permettermi di perdere, non ora. Pochi metri più avanti per entrambe il sentiero finiva e c'era un burrone. Ci guardammo negli occhi ed anche se a distanza, riuscii a vedere la paura in lei. Io sentivo di avere coraggio, lei invece non ne era sicura. Non si sarebbe mai gettata in un lago ghiacciato per salvare sua cugina, io l'avevo fatto. Così stavolta sorrisi io e saltai. Fu....adrenalina allo stato puro. Come se vivessi quel momento a rallentatore. Atterrai sul suolo e continuai a correre, veloce, veloce, veloce...fino a vedere la luce all'uscita del bosco. Lei non c'era. Solo pochi metri ed avrei vinto. Non mi sarei mai aspettata ciò che successe pochi secondi dopo. Megan aveva il potere sui fulmini, cosa che avevo sottovalutato, perché era un potere affidatole da Giove. Dal cielo cadde un fulmine talmente potente da spezzare un albero in due sul campo,a pochi centimetri da me. Riuscii a schivarlo con un salto ma una scintilla deviò direzione e mi colpì alla caviglia, di conseguenza caddi a terra. Sentii l'erba ruvida graffiarmi il volto ed una scossa continua vibrarmi nel corpo.
"Scarlett!" Gridò una voce lontana. Solo quando alzai la testa mi accorsi che era quella di Ethan. Gli avevo promesso che avrei vinto, Megan non poteva battermi così facilmente. Mi rialzai, gemendo quando appoggiai la caviglia ferita al suolo. Strinsi i denti e mi spronai a segnare il traguardo, mancavano solo due metri. Ricominciai a correre, incurante del dolore lancinante alla caviglia. Vidi il sollievo affiorare sul volto di Ethan, lo scandalo misto alla rabbia sul volto di Ben, la felicità su quello di Amanda che applaudiva e saltava ma soprattutto, sentivo la gioia nel realizzare che adesso ero io la più forte, persino più forte di Megan, colei che mi aveva portato via la persona che un tempo amavo. Tagliai il traguardo con le ultime forze che mi erano rimaste poi però caddi a terra perché la caviglia m'irradiò una scossa che mi prese il polpaccio, la coscia ed il fianco sinistro. Pensavo di sentire il tocco rude dell'erba, invece sentii la morbidezza della pelle di Ethan che era accorso e mi aveva preso tra le braccia prima che cadessi. Tutti accorsero ed esultarono, tutti tranne uno, ma non m'importava.
"H-ho vinto? " Chiesi sperduta ad Ethan che mi aveva appoggiata a terra e mi teneva una mano dietro la schiena.
"Si Scarlett, ce l'hai fatta." La felicità sprizzava da tutti i pori, un sorriso che non facevo da giorni affiorò dalle mie labbra ed in preda all'euforia, allungai e braccia intorno al suo collo, stringendolo a me, incurante delle opinioni di chi ci stava guardando. Tutti mi fecero i complimenti, addirittura Cedric, colui che si era sempre tenuto a distanza da me. Avevo dimostrato di valere qualcosa, di poter far parte deliziosa Guardiani. Megan apparì poco dopo, nervosa ed agitata, mentre Ben le correva dietro per calmarla. "Bella partita Scarlett, ma non finisce qui! Io sono la più forte! io! solo e soltanto io! " Gridò lei in fiamme, avvicinandosi a me. Era davvero distrutta, poverina. Io mi alzai piano, non facendo caso al dolore del fulmine che mi aveva mandato lei. Ethan mi sorresse e anche se gli feci cenno di stare bene non sciolse le mani dal mio ventre. "Credevi davvero che una saetta mi fermasse? Ti piace giocare sporco, ma hai perso lo stesso. Accetta una volta per tutte che ti ho sconfitta e fai pace con te stessa. Adesso sai come ci si sente ad essere schiacciati, umiliati, derisi, fatti sentire una nullità. È brutto vero? " La sua espressione non mutò, rimase ferma a guardarmi, fremente di rabbia. Era nervosa, scioccata, come se non potesse credere a ciò che stava succedendo.
"Tu non puoi... " Sussurrò afflitta, come una bambina viziata che otteneva sempre tutto ciò che voleva e a cui avevano tolto la bambola preferita.
"Io non posso cosa?"-la ripresi io, finalmente sicura di me.
"Hai perso Megan, va' a casa ora. " Lanciai uno sguardo vincente contro Ben che le stava accanto e poi tornai dai miei amici, tra le braccia di Ethan, mentre lei lanciava un urlo che racchiudeva tutta la sua rabbia e che fu seguito da un tuono.

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Capitolo 8
*** Un nuovo inizio ***


Capitolo 8
Un nuovo inizio


"Seguimi." Sussurrò Ethan al mio orecchio, esortandomi a seguirlo. Non sapevo dove volesse portarmi ma gli porsi lo stesso la mia mano e lo seguii curiosa. Una punta di curiosità mista alla felicità s'insinuò tra i miei pensieri e spazzò via dubbi e preoccupazioni, ma soprattutto, spazzò via il pensiero di Ben. Ultimamente più mi sforzavo di non pensare a lui e più invece lo pensavo. Pensavo a quando eravamo solo due ragazzini, prima che i pianeti ci cambiassero ed affidassero il destino del mondo nelle nostre mani. Pensavo a quanto era bello mentre camminava disinvolto tra i corridoi di scuola ma tutto questo ora era chiuso a chiave nel cassetto del passato, una realtà ormai impossibile. Tuttavia, nel cuore della notte, mi ritrovavo a pensare lui e quel cassetto si riapriva, anche troppo bruscamente.
Camminammo tra i corridoi della Base, guidati dalla torcia che teneva in mano Ethan, taciturni più del solito. Ci fermammo davanti ad una grande porta di ebano, sulla quale riconobbi alla luce della torcia gli intarsi a forma di edera rampicante che avevo visto la prima volta sul portone d'ingresso. Ethan si voltò verso di me con un mezzo sorrisetto e con un'aria impaziente e sicura di se'. Io gli risposi rivolgendogli un'espressione interrogativa e curiosa. I suoi occhi avevano una luce che non gli avevo mai visto prima, erano velati da una membrana che glieli faceva brillare. Aprì la porta girando la maniglia d'ottone ed entrammo in una sala buia, illuminati solo dalla flebile luce della torcia. Pochi secondi dopo Ethan la spense, facendomi sobbalzare. Che stava succedendo? Cercai di parlare, ma lui mi zittì e mi strinse più vicino a se'. Ci furono alcuni secondi di silenzio durante i quali entrambi respirammo pesantemente. Volevo muovermi, ma ero praticamente bloccata dalla forte stretta di Ethan dietro la schiena.
"Sii paziente." Sussurrò lui al mio orecchio, così che potessi sentire il suo respiro caldo sulle mie labbra. All'improvviso una piccola luce blu oceano s'illuminò vicino ai nostri piedi, poi un'altra a pochi centimetri di distanza, un'altra lì vicino ed un'altra ancora, tutte collegate fra di loro da un flusso bluastro. Dopo pochi minuti i nostri piedi poggiavano su un'unico tappeto composto da una rete di piccole luci blu, non potevo credere ai miei occhi. Il flusso si divise in tanti piccoli rami che si spostarono poi verso l'alto, formando delfini, uccelli ed altri animali in miniatura che fluttuavano nell'oscurità e salirono velocemente lungo il buio per poi esplodere improvvisamente con un suono sordo sul soffitto della stanza, ricadendo su di noi sotto forma di polvere e di piccoli cristalli bianchi ed azzurri.
"Bello vero?" Mi sussurrò Ethan con voce flebile, accostando il suo naso vicino alla mia guancia
"L'ho scoperto qualche mese fa, poco dopo il mio arrivo alla Base. Queste luci sono anime, piccoli esseri viventi di Urano e Nettuno. Si fanno vedere solo in presenza di uno dei due guardiani, hanno paura che qualcuno possa fare loro del male. Io e Natalie siamo in pieno contatto con loro, possiamo sentire le loro emozioni, proprio per questo si fanno vedere, sanno di essere al sicuro. Possiamo parlare e dire loro ciò che vogliamo. Spesso vengo qui, la sera, a raccontare tutti i miei pensieri."
"Possono vedermi? Sanno che ci sono anch'io?"
"Non hanno occhi per guardare, ma percepiscono la tua presenza e...beh, in teoria è come se già ti conoscessero, sai, gli ho parlato spesso di te."
Alla luce bluastra vidi nascondere il suo viso tra i capelli castano-ramati. Poggiai la mano destra sulla sua mascella, facendolo voltare e gli sorrisi dolcemente sussurrandogli : "Sarebbero gelose se ora tu mi baciassi?"
Vidi il suo petto alzarsi bruscamente ma poi chinò la testa, facendomi vergognare di quello che avevo detto...forse ero stata troppo avventata, troppo superficiale, chissà cosa stava pensando di me...che figuraccia...
Alzò la testa, mostrandomi un lato diverso da quello di prima, più sicuro di se', come se avesse calato la maschera del timido e mi mostrasse il suo vero lato, quello di cui andava più fiero. Porse l'orecchio in fuori e poi affermò in aria spavalda :"Permesso accordato."
Mi venne da ridere, non avevo mai provato quell'emozione, era un'emozione nuova, diversa da ciò che provavo quando ero con Ben. Prima di allora non avevo mai...baciato nessuno e volevo che fosse un'emozione unica, in un posto unico. Beh, questa era decisamente l'occasione giusta.
Ethan pose una mano sul mio volto per avvicinarlo al suo e l'altra intorno al giro vita con movimenti ben bilanciati, calcolati al minimo dettaglio. Io avvolsi le mie intorno al suo bacino, come avevo visto fare alle protagoniste dei miei film d' amore preferiti. Chiusi gli occhi e mi affidai al destino. Le nostre labbra s'incontrarono, prima delicatamente, poi sempre più energicamente. Fu un'emozione che non dimenticherò mai. Le mie guance stavano andando in fiamme, me lo sentivo. Il calore di Ethan era la ciliegina sulla torta, per non parlare poi del suo profumo. In quei momenti Ben non fece neanche capolino nella mia mente, si rassegnò a rinchiudersi da solo nel cassetto, insieme ai ricordi di me e di lui. Mano a mano quei ricordi passarono per la mia mente avvolti dalla stessa luce blu delle anime. Il ricordo di me e lui che correvamo nel campo davanti casa nostra ora era deformato dalla luce, che ci divideva. Successe lo stesso con il ricordo di quando caddi sull'asfalto e di quando Ben mi medicò la ferita, come con la foto di quando eravamo solo due bambini, a poco più di un anno e sedevamo su un tavolino, attorniati da giocattoli, mentre sorridevamo con aria innocente alla macchina fotografica. Successe anche con il ricordo felice più prossimo che avevo. Quando vidi nei suoi occhi quella luce così bella da farmi credere che si fosse innamorato di me, quando eravamo l'uno davanti all'altra a scuola e lui stava per baciarmi. Finì il bacio e finì anche lo straziante momento dei ricordi. Solo quando Ethan mi sussurrò cosa avevo mi accorsi di piangere.
"Cos'hai? Bacio davvero così male?" Risi malinconicamente, divenendo poi più seria:
"Scusami Ethan. È che devo riuscire a liberarmi dai miei ricordi..."
"Se vuoi sarà come se non fosse mai successo niente....In fondo, so che stavi pensando a lui.."
Fece per andarsene, ma io lo presi per un braccio facendolo voltare verso di me.
Lo guardai negli occhi e dopo un profondo respiro dissi: "Tu sei l'unica persona che mi fa star bene, l'unica che ha creduto in me fin dall'inizio, l'unica che mi ha portata via dalla distruzione in contro alla quale stavo andando.
Okay, Ben è stato il mio primo vero amore, ma appartiene al passato. Tu invece, tu sarai il mio futuro, perché non riesco ad immaginarmi senza vederti al mio fianco. Questo bacio è stato...il mio primo bacio ed è stato migliore di quanto avrei mai potuto immaginare. Tu sei la persona che conta di più per me..." Notai che non stava dicendo niente, continuava a fissarmi con aria impassibile, impossibile da decifrare.
"Non mi piace fare la sentimentale e la melensa, quindi per favore di' qualcos.."
Non riuscii neanche a finire la frase perché prese il mio viso tra le forti mani e mi avvolse in un secondo bacio, forse anche più bello del primo. Una seconda nube di cristalli cadde su di noi, coronando quel momento d'amore. Abbandonai le mani sopra le sue spalle. Adesso sapevo che era Ethan la mia vera anima gemella, Ben apparteneva al regno del passato e non avevo nessuna intenzione di riesumarlo da lì.


"Che ne dici se rimani a cena da me, così ti presento i miei?" Chiesi ad Ethan in aria speranzosa. Volevo davvero che i miei lo conoscessero, ormai faceva parte della mia vita ed a loro sarebbe piaciuto sicuramente.
"Ora? Vestito così??" Stavamo camminando mano nella mano. Ethan aveva insistito per riportarmi a casa dopo gli allenamenti che ci avevano torturato per ben tre ore. Di recente me la cavavo meglio, sia con l'arco che con la lotta libera e lo dovevo solo al mio ragazzo. Di notte aveva paura che fosse pericoloso, anche se sapeva che ero dotata di poteri sovrannaturali. Voleva sempre comportarsi da cavaliere, ed io lo apprezzavo. Sicuramente Ben non l'avrebbe mai fatto, ecco perché ero sempre più convinta che Ethan fosse la mia vera anima gemella.
"Dai stai benissimo! E comunque li ho già avvertiti, mamma ha fatto la bistecca stasera, è una delle sue specialità. Non puoi non assaggiarla!" Era davvero carino anche se indossava solo una maglietta blu, un paio di jeans ed una felpa grigia. Notai che aveva i ricci castani arruffati, così portai una mano avanti per spostargliene uno che gli copriva gli occhi marroni.
"Non sono vestito nel modo giusto..."
"Ethan, avanti! Sei perfetto. Il mio perfetto, bellissimo, unico, ragazzo, che sicuramente piacerà un sacco ai miei, quindi non rompere ed accetta l'invito!" Recitai io, lasciando la sua mano e mettendomi davanti a lui per farlo smettere di camminare. Mi fissò un paio di minuti negli occhi, poi si liberò di quell'aria da duro per lasciare spazio ad una faccia dolce e scherzosa:
"Va bene, va bene! Conoscerò i tuoi genitori!"
Allora allungai le braccia intorno al suo collo e lui mi fece fare una piroetta. Poi mi appoggiò nuovamente a terra e rimanemmo così, fermi, a guardarci negli occhi. Solo in quel momento mi resi conto di quanto fossi fortunata ad aver trovato uno come lui, anche se, tecnicamente, non era umano. Ma del resto, non lo ero nemmeno io, quindi dilemma risolto!"
"Scarlett, io..." Stava cercando di dirmi qualcosa, ma come al solito muoveva la bocca e non usciva niente. Così lo zittii appoggiandogli l'indice sulle labbra e poi lo strinsi più vicino a me, fino a sentire le sue spalle larghe e possenti contro il mio petto. Le nostre labbra si sfiorarono, poi fu lui a prendere in mano la situazione, cingendomi la schiena con le mani e baciandomi più energicamente. Un tonfo netto ci interruppe, voltammo la testa di scatto, pensando all'unisono che fossero i miei genitori, invece no. Era Ben che stava gettando la spazzatura nel cassonetto. Ci incontravamo sempre lì, la sera, forse come una scusa per vederci. Ci guardò in aria torva, poi si avvicinò.
"Non dovreste baciarvi qui fuori, i tuoi genitori potrebbero vedervi, Scarlett." Notai che stava guardando solo me, con quel suo sguardo indecifrabile, che mi faceva saltare i nervi. Impulsivamente mi avvicinai ancora di più ad Ethan e lui sembrò sussultare.
"Non penso che la cosa ti riguardi." Rispose prontamente Ethan, deciso ad agire come il mio ragazzo.
"Scarlett, è meglio che tu ora vada a casa." Perché si stava rivolgendo a me? Mi aveva ignorata per così tanto tempo ed ora veniva a dirmi cosa dovevo fare? Si avvicinò e mi prese per un braccio.
"Andiamo, ti accompagno io a casa."
Mi divincolai, stranita dal suo comportamento:" Non sono affari tuoi Ben, non più. Ethan verrà a cena dai miei, perché vogliono conoscerlo, quindi adesso vattene, il mio ragazzo mio riaccompagnerà a casa, non tu."
Sembrò sorpreso da quella risposta, poi si ricompose e quasi come un sussurro, disse:
"Bene, fai come vuoi."
Quando svoltò l'angolo, Ethan sciolse l'abbraccio e se ne andò.
"Ethan! Dove vai?"
"A casa, Scarlett. Vado a casa."
"Ma che dici? E la cena?"
"Io..io penso di essere capace ad essere il tuo ragazzo. Non ho saputo dire niente per difenderti! Non è così che si dovrebbe comportare un fidanzato. Scusa se ti ho fatto perdere tempo."
Non credevo alle mie orecchie. Ethan, l'unica persona che mi aveva sempre incoraggiata, ora dice di non essere abbastanza per me.
"Ethan...Ethan fermati!" Lo afferrai per un braccio e lo feci voltare. Che occhi belli che aveva...
"Ethan, tu sei il mio ragazzo. L'unico che mi capisce veramente, quante volte vuoi che te lo ripeta? Dai, non fare storie, siamo in ritardo."
"Mi dispiace." Se ne stava lì, con le mani in tasca, la testa china e l'espressione imbarazzata, mi faceva quasi tenerezza. Volevo mantenere un tono distaccato con lui da quanto ero arrabbiata, ma non ci riuscii. Lo abbracciai forte, stringendolo a me. Adoravo sentire il suo cuore battere.
Lui restituì l'abbraccio, dandomi un bacio sulla fronte.
"Allora, ho una cena e due genitori da conoscere!"
"Questo è il mio ragazzo!" Lo baciai di sfuggita, poi ci avvicinammo a casa mia, mano nella mano.

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Capitolo 9
*** Nubi all'orizzonte ***


Capitolo 9
Nubi all'orizzonte


Suonammo il campanello e mamma venne ad aprirci.
"Scarlett! Stavo per chiamarti, come mai avete fatto tardi?"
"Abbiamo avuto un piccolo incidente, niente di grave."
"Oh, beh, entrate, papà è già a tavola."
"Le ho portato questi signora Brooks." Disse Ethan, che aveva tirato fuori da dietro la schiena un mazzo di rose. Ero incredula, non c'erano fino a pochi secondi fa!
"Grazie! Ethan, giusto?"
"Si, Ethan."
Entrammo e gli lanciai un'occhiata stranita, che lui liquidò con un sorriso compiaciuto.
"Come hai..."
"Shh."
Tanto me l'avrebbe detto comunque prima o poi, pensai.
"Scar!" Mio padre era già a tavola, pronto per godersi la deliziosa cena che mamma preparava solo in occasioni speciali. Era quasi sempre in giro per lavoro, quindi io è lui dovevamo arrangiarci. Mi piaceva cucinare, ma negli ultimi tempi ero stata piuttosto impegnata...
"Ei papà! Lui è Ethan."
"Salve signor Brooks." Lui tese la mano che fece per tremargli, ma che poi mantenne ferma. Papà la osservò stranito, poi lo avvolse in un abbraccio caloroso che voleva dire :"Benvenuto in famiglia ragazzo!" 
Ethan rimase lì, fermo come il tronco di un albero e solo dopo un po' si ammorbidì. Mi guardò con aria imbarazzata ed io non potei non ridere sotto i baffi.
"È pronto! Spero che la bistecca ti piaccia, Ethan." Mia madre portò in tavola quattro bistecche, ben cotta per me, al sangue per papà.
"Preferisci al sangue o ben cotta?"
"Oh, vanno bene entrambe."
Ethan veniva da Nettuno, ma da poco, come me, aveva scoperto di essere un guardiano. Non aveva mai visto com' era la vita su Nettuno, ma mi aveva raccontato che spesso l'aveva sognata e si era sentito più a...casa che qui. Era strano, a pensarci bene anch'io avevo sognato splendidi paesaggi totalmente bianchi, che lontanamente potevo collegare al paesaggio della Luna. Ma, non so perché, qualcosa mi diceva che la versione nel mio sogno era più vera delle immagini scientifiche che vedevo sui libri di scienze.
"Allora, ragazzo, dove abiti?"
"Oh, a soli tre isolati da qui. È assurdo pensare di essere sempre vissuto qui e non aver mai incontrato Scarlett prima d'ora."
Sorrisi a quel commento, pensando che era veramente assurdo. Ma lo era ancora di più il fatto di aver perso così tempo dietro a Ben e di non essermi mai accorta di nessun altro. Che stupida.
"Che liceo frequenti?" Chiese mia madre mentre sorseggiava del vino dal calice trasparente.
"Mamma, papà, volete fargli il terzo grado?"
"Tesoro, vogliamo solo conoscerlo." Roteai gli occhi, sentendomi in imbarazzo per lui. Chissà quanto era nervoso...
"Frequento il St. William's." Affermò lui, rivolgendomi uno sguardo dolce e premuroso. Era l'altro liceo della città, che si trovava dalla parte opposta rispetto al mio.
"Oh, ma davvero? Hi sentito dire che è molto impegnativo."
"Si, in effetti si, ma per ora riesco a cavarmela." Scherzò lui, cercando di alleviare la tensione che lo attanagliava.
"Questa bistecca è davvero ottima, signora Brooks. È una cuoca eccezionale!"
"Ah, chiamami Ellen, signora Brooks mi fa sentire vecchia."
"Forse dovresti accettare la realtà..." Volevo dirlo con un sussurro, ma la voce mi uscì un gridolino.
"Grazie Scarlett, è bello avere una figlia che ti vuole bene!"
Si levarono delle risate, ma in fondo le stava bene. Povero Ethan, ci mancava solo che gli chiedessero il codice fiscale. Lui mi prese la mano da sotto il tavolo ed io gli sorrisi.
Il resto della cena andò bene, lui e mio padre scoprirono di avere parecchi interessi insieme, come il calcio. Tifavano la stessa squadra, così si procurò anche l'invito di venire a casa mia ad ogni partita di calcio.
"Perché non fai fare un giro ad Ethan della casa?" Mia madre sembrava essere passata dalla mia parte, così colsi la palla al balzo ed accettai, visto che papà non lo lasciava andare:"Ma si! Che ottima idea! Vieni Ethan, ti faccio vedere il piano di sopra." Lo strappai dalle grinfie di mio padre che lo stava asfissiando con i suoi premi di calcio, nuoto, equitazione e bicicletta. Era un tipo piuttosto atletico, si.
Lui mi guardò male, quasi volesse rimanere lì con mio padre.
"Tuo padre è un mito!"
"Si, beh, da qualcuno devo pur avere preso, no??" Voltandomi notai che stava sorridendo. Quant'era bello quel sorriso...
"Mi sembrava strano che ancora non l'avessi detto!"
"Ma tu mi ami lo stesso, giusto?"
"Non potrebbe essere altrimenti." Si fece serio ed in un attimo ci ritrovammo molto, molto vicini. Adoravo sentire il suo respiro caldo su di me, mentre mi guardava negli occhi con quell'espressione così sincera da farmi girare la testa.
"Come hai fatto a far apparire quel mazzo di fiori, prima?"
"Magia."
"Mh?"
Agitò la mano e dal centro del suo palmo si levò una polvere blu, simile a quella delle anime. Iniziò a prendere forma un fiore, una rosa bianca. Poi la polvere sparì, lasciando il posto alla rosa. Ero incredula, come aveva fatto?
"Ma come..."
"È un nuovo potere, l'ho sperimentato pochi giorni fa. La maggior parte delle volte ho fatto cilecca, ma stavolta sembra aver funzionato. Ah, tieni."- mi porse la rosa e se non fossi stata troppo confusa sarei arrossita.
"Questo...questo potere te l'ha dato Nettuno?"
"No, l'ho scoperto da solo, ci vuole solo pratica."
"È incredibile."
"Fra poco lo scoprirai anche tu, Scarlett, ed il tuo sarà molto più potente del mio." Come se mi avesse letto nel pensiero, disse proprio le parole che volevo sentirmi dire. Che meraviglioso, straordinario, ragazzo. Il mio ragazzo..
"Ti piace la mia camera?" Ero sfuggita al suo bacio imminente, salendo le scale ed aprendo la porta di camera mia. Era tutto come l'avevo lasciato la mattina: il letto fatto con sopra una miriade di pupazzi, per lo più rosa, la scrivania in ordine, con solo il libro di latino fuori posto e la spazzola su di esso, i quadri spolverati e le tende svolazzanti alla brezza leggera di quel novembre fin troppo caldo per essere nella norma.
Mi affacciai alla finestra, guardando la faccia splendente della Luna, che quella sera sembrava essere anche più bella e luminosa di tutte le altre sere. Lo sentii chiudere la porta e poi avvicinarsi verso di me. Io feci finta di niente, continuando ad osservare la Luna. Poco dopo mi cinse i fianchi abbracciandomi da dietro. Una volta mi aveva confessato che adorava annusare il profumo dei miei capelli, perché non ne aveva mai sentito uno così buono. Ieri, come in quel momento, quel pensiero mi fece venire la pelle d'oca.
"Che bella che è la Luna stasera."
Lui non sembrò sentirmi, continuava a baciarmi i capelli e dopo l'orecchio. Le sue labbra morbide mi fecero venire i brividi, ma non volli farlo vedere.
"Kartik mi ha detto che dipende dall'umore del guardiano, in qualche modo. È contrario alle leggi della scienza, ma sembra proprio così."
"Dove vuoi arrivare?"
"In realtà, volevo farti un complimento, ma con te è impossibile!" Mi morse l'orecchio sinistro ed io mi girai dandogli un colpo sul petto, perché tra non molto quel l'orecchio sarebbe diventato tutto rosso e sarebbe andato a fuoco. Non so il perché, ma le mie orecchie, fin da quando ero piccola, si erano sempre irritate facilmente, e questo lui lo sapeva, perché gliel'avevo detto.
"Ahi! Ora non smetterà più di bruciare!"
"Se vuoi posso provare a rimediare.."
"Ah si? E come faresti?"
"Mhh..così, per esempio."-mi strinse più forte a se' e si abbassò per darmi un dolce e morbido bacio. Era incredibile quanto le sue labbra fossero morbide...e lo era ancora di più il fatto che fossero tutte per me.
Ci abbracciammo per la decima volta in quel giorno, ma io non potevo farci niente se non riuscivo a fare a meno di lui neanche per un istante.
"Ho la gola secca, vado a prendere un bicchiere d'acqua." Disse lui, staccandosi da me. La bistecca stava cominciando a fare effetto.
"Non ti preoccupare, vado io. Tu aspetta qui." Gli diedi un bacio a stampo sulle labbra e poi scesi velocemente per andare in cucina. Mi sembrò di avere un'allucinazione, invece era tutto vero. Ben era davanti a me, che stava frugando nel frigo. Ma che ci faceva qui a quest'ora?
"Ben?"
"Oh, ciao. Scusa non trovo il latte, non è che..."
"Cosa ci fai qui?"
"Te l'ho detto, mi serve del latte, mia madre l'ha finito e deve fare il dolce per domani."
"Intendo cosa ci fai veramente qui."
"Non so di cosa tu stia parlando."
"Oh, andiamo Ben! Negli ultimi due mesi non ti sei più fatto vivo ed ora appari qui perché ti serve del latte? Ma per chi mi hai presa?"
"Okay, Scarlett. Volevo controllare che tu stessi bene."
"Sto benissimo. Perché avresti dovuto controllare?"
"Non mi fido di quello la'."
"Cioè vorresti dirmi che ora, improvvisamente, ti preoccupi per me?"
"Siamo amici, no?"
"No Ben! Non lo siamo! Ora prendi il latte, se davvero ti serve e vattene perché Ethan mi sta aspettando."
"L'hai fatto salire in camera tua!"
"Si, e allora?"
"Tua madre mi ha detto di prendere il latte, ma non lo trovo, mi aiuti?"
"Sarà sicuramente nel frigo!"
"Beh, io non lo trovo."
Mi avvicinai al frigo, sciogliendo le braccia incrociate ed abbassandomi per vedere meglio. Il cartone del latte era proprio lì, davanti ai suoi occhi. Ma a che gioco stava giocando?
Furente di rabbia, presi velocemente il cartone e glielo porsi:"Eccolo qui! Sei diventato cieco per cas..." Il suo petto era terribilmente vicino. I suoi occhi erano terribilmente vicini. Lui era terribilmente vicino. Cercai di spostarmi, ma la sua presa forte mi stava stritolando. Così lo guardai in faccia e fui catturata da quegli occhi verdi. Erano così....falsi! Scarlett, svegliati! Usa il cervello! Non vedi che vuole solo ingannarti?! Il lato più ragionevole di me si fece spazio nella mente e fui lui quello a cui cedetti. Potevo essere stata così idiota?
Mancavano pochi centimetri. Pochi centimetri e le nostre labbra si sarebbero sfiorate. Pochi centimetri ed avrei avuto tutto quello che avevo sempre desiderato. Ma non ero più quella di prima, ero cambiata, ero più forte di prima. Sapevo ciò che volevo e non era lui, non più. Quindi voltai la testa di lato, evitando il suo sguardo:" Ethan mi sta aspettando, lasciami."
La sua presa si fece più forte, ed io sussultai:"Dico davvero Ben, se non vuoi vedertela con lui lasciami andare, ora."
Stavolta sembrò capire, allentò la presa e mi lasciò andare. Era stato così strano... Nei suoi occhi mi parve di aver visto una piccola fiamma di sincerità. Ma smettila! È solo un idiota e lo sai bene. Vuoi perdere Ethan ricominciando ad andare dietro a lui? Ricominciando a soffrire? Avanti, non fare la stupida.
"Scarlett."
La sua voce era fredda, distaccata, come se il mio gesto lo avesse ferito, ma io sapevo che non poteva essere così. Oppure...
Mi voltai a guardarlo per un'ultima volta e vidi che teneva in mano un bicchiere colmo d'acqua. Solo allora mi ricordai di Ethan che mi aveva chiesto proprio un bicchiere d'acqua. Ma come faceva Ben a saperlo?
"Come hai.."
"So leggere nel pensiero. Dovevo solo esercitarmi meglio. Ora posso leggere tutti i tuoi pensieri, Scarlett. Tutti."
"Ma non puoi! Kartik ha detto che... Che i poteri non funzionano sui Guardiani!"
"Infatti questo non è un potere che mi ha donato Saturno. Questo potere è mio."
Mi si gelò il sangue nelle vene quando udii quelle parole. Poteva essere pericoloso? Poteva usarlo contro di me?
"Non lo farei mai, puoi starne certa."
"Smettila!"
Un sorriso compiaciuto nacque sulla sua bocca, ed io mi sforzai di non pensare a quanto fosse bello. Il solo pensiero che Ben potesse leggere tutti i miei pensieri era orribile, dovevo fare qualcosa, dovevo parlare con la Luna. Ma questo non glielo feci leggere, non lo pensai in quel momento.
"Che succede? Ben, hai trovato quello che stavi cercando?" Mamma aveva un tempismo perfetto. Solo pochi secondi ed avrei pensato alla Luna. Non poteva saperlo, non mi fidavo più di lui.
"Si, Ellen, Scarlett mi ha... aiutato volentieri, vero Scar?"
"Certo, ora però è tardi, faresti meglio a tornare a casa."
"Grazie mille per il latte Ellen."
"Di niente caro, salutami Christine."
Le rivolse un sorriso gentile, quasi simile a quello che usava sempre una volta. Mamma tornò in salotto, lasciandomi sola con lui. Mi passò accanto, sfiorandomi la spalla.
Il suo sguardo era glaciale ed il suo tono cupo, tanto da farmi quasi tremare:" Ci vediamo a scuola, Scar."
Gli rivolsi un'espressione dura, facendo appello a tutte le mie forze per non crollare. Lui sparì come un soffio e solo allora mi accorsi che dietro di me c'era Ethan.
"Cosa voleva?" Chiese lui cupo, come se un cane avesse appena visto un gatto.
"Guai. Solo questo."
"Ti ha fatto del male?"
"No, ma ho avuto quasi paura. Non è più quello di una volta. Di sicuro, però, non mi farò intimorire da lui."
"Cos'è successo?"
Mi accostai a lui il più vicina possibile, per evitare che qualcuno potesse sentirci.
"Può leggere nella mia mente. Nella nostra mente."
"Ma che dici? È impossibile."
"Anch'io lo credevo. Ha detto che questo potere non gli è stato donato da Saturno, che questo è un potere suo, proprio come il tuo. Sembra che ormai tutti l'abbiano scoperto."
Anche se non voleva farlo trasparire, lo vidi sussultare.
"Questo è un bel problema. Cosa facciamo?"
"Non può rappresentare una minaccia, altrimenti Kartik e i Namaniani l'avrebbe saputo, comunque chiederò consiglio alla Luna.
"E se non glielo dicesse? Se lo tenesse nascosto?"
"Non l'avrebbe detto a me. Sapeva che l'avrei detto a te e che tu l'avresti detto a loro. Sotto questo aspetto è innocuo. Mi preoccupa.... quello che potrebbe fare con quel potere e, soprattuto, come ha fatto ad ottenerlo."
"Questa non ci voleva..."
"Devi andare ora, i tuoi potrebbero insospettirsi ed anche i miei."
"Si, hai ragione. Domani ci vediamo e mi spieghi cosa hai scoperto."
"Va bene." Allungò una mano verso di me, cingendomi la schiena e poi mi baciò dolcemente sulle labbra. Volevo cercare conforto in lui, ma i miei genitori erano a pochi metri e forse ci stavano guardando... Avrei avuto tutto il tempo del mondo per baciarlo di nuovo, no? Purtroppo iniziavo a perdere fiducia in questo pensiero.
"Ciao, amore."


"Luna? Luna ho bisogno di parlarti." Stavo implorando la Luna di ascoltarmi, di darmi un consiglio. Pur essendo una sera di novembre, non faceva estremamente freddo.
"Eccomi, Scarlett. So quello che è successo."
La sua voce morbida e sicura di se' mi dava un non so che di tranquillizzante, meglio della camomilla che mamma mi faceva quando ero nervosa.
"Ti prego, Luna, dimmi cosa devo fare. Com'è possibile che Ben abbia sviluppato questo potere da solo? È pericoloso? Anche Ethan l'ha fatto."
"Calmati ora, piccola mia. È tutto sotto controllo." Perché allora non riuscivo a calmarmi?
" Tutti i guardiani hanno un potere nascosto, alcuni lo scoprono prima, altri dopo, da soli. Non gli viene donato dal pianeta protettore."
"Tu sai qual è il mio?"
"No, cara."
"Pensi che lo scoprirò presto? Prima dell'arrivo dei.... Murdock?"
"Molto prima di quanto pensi."
"Ben è pericoloso?"
"È innocuo, dovresti saperlo. Voleva solo farti intimorire, per...fare colpo su di te."
"Ma no, Luna! Sta giocando a un gioco sporco, secondo me. Questa storia non mi piace, mi puzza di falso."
"E fai bene a non fidarti. Ma ricorda, non tirare giudizi affrettati, per quanto ti riguarda, le persone che ti sono più vicine potrebbero essere i tuoi più grandi nemici."
Il solo pensiero che Ethan potesse essere mio nemico mi fece gelare il sangue. Era assurdo! La Luna si stava sbagliando, stavolta sicuramente.
"Cosa proponi di fare?"
"Continua il tuo addestramento, sviluppa il tuo potere nascosto e sii pronta per il loro arrivo. Tutto qua."
"Facile a dirsi."
"Ce la farai Scarlett, come hai sconfitto Megan, colei che sembrava la più forte."
Sorrisi a quel ricordo, il sapore della vittoria era così dolce..
"Va bene, ti ascolterò."
"Torna alla tua vita ora."
"Lo farò."
"Ciao bambina mia."

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Capitolo 10
*** Gelosia&Confusione ***


Capitolo 10
Gelosia&Confusione




"Mamma, io esco!" Urlai di sfuggita, scendendo le scale. Avevo un appuntamento con Ethan prima dell'allenamento ed ero già in ritardo.
"No, aspetta!" Gridò in risposta lei, facendomi alzare gli occhi. Cosa c'era ora?
"Vieni a vedere chi c'è qui." Mi affrettai a raggiungerla ed accanto al suo fianco c'era una biondina alta non più di un metro e venti.
"Emily!" Vedendomi, staccò la mano da quella di mia madre e mi venne incontro, abbracciandomi. Tra tutto quello che era successo, mi ero completamente scordata di lei.
"Ciao piccolina! Come stai?" Lei annuì con la piccola testa bionda, rimanendo abbracciata al mio collo.
"Ti va di conoscere una persona?" In quel momento mi venne in mente la brillante idea di farla conoscere ad Ethan. Lui adorava i bambini e Emily non avrebbe fatto eccezione.
"Va bene." Salutammo mia madre e ci avviammo verso dove mi aspettava Ethan. Appena mi vide con in mano Emily mi guardò con un'aria alla metà tra la curiosità e la sorpresa.
Io gli sorrisi con impazienza.
"Emily, lui è Ethan, Ethan, lei è Emily"
I due si guardarono incuriositi ed Ethan fece un inchino alla fiabesca, facendo nascere la risata di lei.
"Scarlett, è il tuo fidanzato?" Sobbalzai, poi però sorrisi sussurrando due semplici lettere:"Si."
"È carino, mi piace." Non potei far altro che ridere ed anche Ethan divenne tutto rosso.
"Che ne dite se andiamo a comprare un bel gelato?" Propose lui, sfoderando tutto il suo entusiasmo.
"Si!!"- fece lei, iniziando a saltellare. Lasciò poi la mia mano per stringere quella di Ethan. Volubile la tipa.
"Io adoro la fragola, sai Ethan?" Cinguettò lei, venendomi davanti, concentrandosi solo sul nuovo 'giocattolo'.
"Ma davvero? Io invece adoro il cioccolato."
"A me piace la vaniglia!" Aggiunsi io, inserendomi nel discorso mostrando tutto il mio entusiasmo. Presi poi Emily per la vita, attirandola a me è facendole il solletico. Lei rise ed Ethan si precipitò tra noi. Fu davvero un bel momento felice. Eh già, eravamo proprio un bel trio.



Quella mattina stavo percorrendo il solito tragitto casa scuola, sola. Negli ultimi tempi non ne avevo fatto un grande problema. Così riuscivo a sentire la brezza mattutina che faceva i dispetti agli alberi, smuovendo loro le chiome, ormai quasi spoglie. Mi ricordavano lontanamente un giorno in cui mia madre mi aveva appena tagliato i capelli, da piccola, e Ben me li aveva arruffati, tanto da sembrare un nido d'uccello.
Scacciai quei pensieri con un movimento della testa.
All'entrata della scuola vidi Selene. Sfoggiava un nuovo cappotto viola che le stava a meraviglia. Non mi aveva più rivolto la parola da quando non avevo voluto dirle cosa mi stava succedendo ma col senno di poi posso reputarlo un vantaggio, almeno è al sicuro, essendo all'oscuro di tutto. Avrei tanto voluto confidarmi con lei, ma, come aveva detto Kartik, tutto ciò che accadeva dentro la Base, doveva rimanere segreto. Si voltò appena mi vide e provai una fitta al cuore. Certo, era arrabbiata con me e poteva averne tutte le ragioni, ma almeno un saluto poteva rivolgermelo, per educazione. Ma, come ben sapevo, non l'avrebbe mai fatto.
Mi sedetti al mio solito posto durante le lezioni, che seguivo con molta attenzione, dato che dovevo recuperare alcune materie. Eravamo già a fine novembre e tra poco ci sarebbero state le vacanze di Natale. Il che era un sollievo, ma anche una fregatura, infatti avevo l'opportunità di rilassarmi e staccare la spina per qualche settimana e invece dovevo ancora passare tempo sui libri, per di più dovevo anche allenarmi. Non vedevo l'utilità di continuare l'allenamento un anno prima del giorno fatale, era assurdo. Ethan però mi aveva spiegato che era per il bene dell'umanità.
Passavo parecchio tempo da sola, a scuola, ma non me ne disperavo perché quando uscivo da lì c'era Ethan ad aspettarmi. Passavamo molti pomeriggi insieme, tra risate, battute e anche studio. Era un genio in matematica e fisica e soprattutto non vedeva l'ora di insegnarmi. Agli allenamenti eravamo noi la coppia del momento, visto che la storia tra Megan e Ben era già finita. Che ragazzi volubili.
All'ora di pranzo mi sedetti in un tavolo vuoto, in un angolo della mensa. Quel giorno non avevo fame, continuavo a massacrare quella povera penna al pomodoro infilzata nella forchetta, in aria assente. Non m'importava di chi mi vedesse, se pensasse che fossi esaurita o tra le nuvole, Ethan non voleva saperne di uscire dalla mia testa. Era riuscito a tirarmi fuori da un periodo molto brutto della mia vita e ora non riuscivo più a smettere di sorridere. Nel tavolo davanti al mio c'era un gruppo, con a capo una ragazza davvero carina: aveva i capelli biondi, quasi bianchi, corti, lisci e ribelli. Vestiva in modo sbarazzino e la sua gonna scozzese era...così alla moda! Avrei voluto chiederle dove l'aveva comprata ma alla fine pensai che mi avrebbe liquidata con tre parole, neanche così gentili. Avevo imparato a non fidarmi più di tanto dei compagni della mia scuola, meno legavo con loro, meglio era. Ce l'ho già il mio gruppo, non me ne serve un altro. Il resto del gruppo era composto da ragazzi e alcune ragazze, fidanzate di alcuni di loro. Immaginai di essere io la ragazza che si stava baciando con il biondino accanto a lei, e di vedere negli altri compagni Amanda, Alex, Cedric, Natalie...i miei veri amici.
Più in la' c'era Ben, che sedeva al tavolo dei gran fichi, i giocatori di football. Pensandoci, fino a poco tempo fa non avrebbe mai fatto una cosa che non gli piaceva solo per essere popolare a scuola, era contro i suoi principi. Notò che lo stavo fissando, quindi distolsi con uno scatto lo sguardo da lui, osservando il piatto di pasta ancora pieno.
Sobbalzai quando vidi con la coda dell'occhio passare Wendy e la sua Guardia, che da oggi vantava un nuovo membro: Selene. Ora era proprio come loro: si muoveva altezzosamente seguendo il 'capo', vestiva coordinata alle due compagne e mangiava solo frutta e verdura. Quella dev'essere stata la parte più difficile, perché non le era mai piaciuta la roba verde. Stravedeva per la cioccolata, proprio come me.
Mi guardò di sfuggita e poi continuò la sua sfilata in mezzo alla folla studentesca, agitando la coda di cavallo. Dei ragazzi mi guardarono di sottecchi, blaterando qualcosa di impercettibile. Aggrottai la fronte quando uno di loro mi fece l'occhiolino. Una strana paura mi attanagliò lo stomaco, non riuscendo proprio più a mangiare.
Mi alzai per andare a gettare gli avanzi, e quindi l'intero piatto, nel cassonetto, finendo la pausa pranzo distesa sul prato la' fuori, visto che era una bella giornata.
Non mi accorsi che Wendy era ancora in piedi finché non mi spinse il vassoio contro, facendomi rovesciare il pranzo sulla felpa blu.
"Oops, ti ho sporcata?" Gracchiò lei, con quella voce così stridula da fare fatica a non tapparsi le orecchie. E ora? Avevo due possibilità: lasciarla andare, così, illesa, oppure stenderla lì, sul pavimento della scuola, con il mio potente flusso lunare. Anzi, potevo addirittura usare il mio potere, farla sentire una nullità, in fondo, l'avevo già fatto una volta...no, Ben l'avrebbe avvertito, in quanto Guardiano, e sarebbe stato contrario.
Anche se la seconda era quella più gettonata al momento, dovetti ricorrere a ogni cellula del mio corpo per non cedere alla tentazione. Il bruciore sopra il diaframma era già nato, stava avanzando velocemente e fra non molto sarebbe uscito dalle mani. Calma. Autocontrollo. Concentrazione. Ma prima che potessi fare qualsiasi cosa la ragazza di prima, quella con la gonna scozzese, si avvicinò a Wendy, quasi ridendo.
"Ti sei ridotta a fare questo? Sul serio?"
"Cosa vuoi Karen? Sparisci."
"Non ci penso proprio. Chiedile scusa."
"Scusa? Io non ho fatto niente.."
"Oh, bene, allora sarò costretta a dire a tutta la scuola dove vai il venerdì tra la lezione di chimica e latino, oppure...che hai una paura tremenda dei topi, per esempio. Secondo me sarebbero felici di ascoltare anche altre cose su di te..."
"Basta!" Wendy aveva la stessa espressione dell'altra volta, quando avevo piegato la sua mente con i miei poteri.
"Scusa Scarlett."
Io la guardai sbalordita, alzando un sopracciglio, e rimanendo nella posizione in cui ero prima, col sedere per terra, le gambe sconnesse e le mani chiuse a pugno, come a sorreggermi.
"Ragazze!"- chiamò la sua Guardia e loro lì, dritte come statuine, pronte ad esaudire ogni suo più misero capriccio, la seguirono senza fiatare.
Se ne andarono tutte insieme, compatte, fuori dalla mensa e dopo non le incrociai più. L'atmosfera venne avvolta da applausi e fischi, mentre Karen mi tendeva una mano per aiutarmi ad alzare.
"Grazie, davvero." Solo pochi minuti ancora ed avrei perso il controllo.
"Figurati! Sei Scarlett, giusto?"
"Si, Scarlett Brooks."
"Oh, bene. Io sono Karen Smith. Benvenuta nel club!"
"Club?"
"Si! Dai, vieni, ti presento gli altri."
"Ehm...okay."
"Ragazzi, lei è Scarlett."
Il gruppo di poco prima si distolse dai propri discorsi per salutarmi agitando la mano e lanciare sorrisi che mi fecero sentire...a casa. Come con i miei veri amici.
Io risposi con un sorriso, ma mi accorsi di avere la felpa macchiata di rosso.
"Karen... non è che avresti una maglietta di riserva? Anche della tuta, non ha importanza."
"Oh, me ne stavo dimenticando! Ma certo, è nel mio armadietto, andiamo a prenderla."
La seguii felice e per la prima volta mi sentii bene a scuola. La stella di Wendy Evans stava cominciando a tramontare.


Stavo tornando a casa da scuola e tra progetti e relazioni ero uscita più tardi del solito. Il cielo era nuvoloso e grossi ammassi grigiastri minacciavano pioggia. Dovevo affrettarmi se non volevo bagnarmi. Tirai su il cappuccio della felpa e mi strinsi nella giacca. Proseguivo tranquilla, finché non riconobbi il ragazzo di oggi, che mi aveva lanciato un occhiolino, da un lato della strada. Che ci faceva lì? Da solo? Perché continuava a guardarmi? Sapevo di potermela cavare, ero molto più forte di lui, ma una strana sensazione di paura mista all'adrenalina mi attanagliò le gambe e poi le braccia e poi i piedi...cosa dovevo fare? Svoltai al primo angolo e mi accorsi che anche lui stava cambiando strada. Il fiato si fece corto, quasi rarefatto, mentre continuavo a camminare velocemente. Cosa voleva?
Cavolo. Non avrei mai dovuto girare a quell'angolo, era un vicolo cieco. Svoltai nuovamente e trovai un altro muro. Continuavo a svoltare, sperando di poter tornare a vedere le nubi grigiastre di poco prima. Altro vicolo cieco. Vabè Scarlett, mica ti ha seguito fin qui. Ora ti calmi e poi ricominci a cercare la via d'uscita. Ti fai troppe paranoie ultimamente. Solo perché uno ti fa l'occhiolino non significa che voglia qualcosa da te, sta' tranquilla!
Il sangue mi si gelò nelle vene quando sentii dei passi dietro di me. E ora? Magari è solo un gatto. Mi voltai, e colui che avevo di fronte stentava a chiamarsi 'gatto'. Era proprio lui. Ricordavo gli occhi celesti, così inquietanti.
"Ciao Scarlett."
Perché sa il mio nome? Ah, forse l'ha sentito oggi in mensa. Si, dev'essere così.
Non risposi, continuai a fissarlo negli occhi, quasi tremante. Notai che aveva i lineamenti tondeggianti, ancora da bambino, benché avesse la mia età, incorniciato da folti capelli biondi. Vestiva alla moda, con abiti firmati e potevo sentire l'odore nauseante della troppa acqua di colonia.
"Sai...ho fatto una scommessa." Si avvicinò lentamente a me, tenendo la testa china e le mani nelle profonde tasche dei pantaloni verde militare a cavallo basso.
" Un mio amico mi ha promesso una nuova marmitta se fossi riuscito a parlarti e la sua moto se fossi riuscito a baciarti. Che ne dici se mi fai questo favore?"
Si avvicinò ancora di più a me, alzando la testa, ed io impulsivamente indietreggiai. Aveva un sorrisetto malizioso, maligno, come quello di un leone davanti a una gazzella che non ha più via di scatto. Proprio come lui di muoveva lentamente, passo dopo passo e solo alla fine, quando sapeva che la preda stava per reagire, balzava addosso ad essa azzannandola. Che essere meschino e schifoso! Era proprio vero che i maschi non crescono mai. Ecco cosa voleva da me, proprio come avevo previsto. Cosa faccio ora? Uso i poteri? Scappo? E come? No, prendo tempo, qualcosa mi verrà in mente.
"Perché proprio io?"
"Perché tu sei la ragazza più carina della scuola, che domande."
"È davvero così importante per te una moto nuova? Per chi mi hai presa?"
"E dai, non fare la difficile, su, rilassati." Mi sfiorò un braccio con la mano e io lo tirai indietro. Avevo davvero paura, ma non potevo farglielo vedere.
"Se non vuoi con le buone, allora lo vorrai con le cattive."
Stavolta mi si gettò addosso, sbattendomi contro il muro. Urlai di scatto, poi iniziai a dimenarmi e con alcune mosse e riflessi pronti riuscii a rialzarmi e a scappare. Mi trovavo però in un labirinto di vicoli ciechi. Cosa potevo fare? Dopo pochi angoli mi ritrovai nello stesso posto, con lui davanti. Iniziò a colpirmi, ma io prontamente bloccai i suoi riflessi e gli misi le mani dietro la schiena, così forte da farlo urlare di dolore. Ma non bastava più perché lui non si stancava e continuava a colpirmi. Era passato tempo e non mi sentivo più le braccia. Mi allontanai, correndo, e lui mi seguì, di nuovo. Basta, fermati. Mi fermai davanti all'ennesimo muro piatto e poi mi voltai di nuovo verso di lui. Dovevo usare i poteri, e sapevo anche come. Balzò ancora su di me, stavolta con più foga e iniziò a toccarmi il collo. Io sopportai ripugnante, poi gli presi la mano, sentii il calore fluire dal centro del mio corpo fin lì e concentrai tutta l'energia nella mano. Vidi la sua pelle illuminarsi, come la scossa di un fulmine, mentre un sorrisetto soddisfatto si dipinse sulla mia faccia. Lui si accasciò a terra, apparentemente inerme. Oh no, di nuovo? L'avevo forse ucciso? No, non poteva essere! No, no, no! Non avrei potuto sopportarlo, anche se era la mia unica via di salvezza.
"Scarlett!" Avrei riconosciuto quella voce ovunque, la voce di Ben. Ben? Ma che ci faceva qui?
"Ben! Sono qui!" Corse velocemente verso di me, e poi mi abbracciò. Affondò il suo naso nei miei capelli e mi ci volle qualche secondo per realizzare quello che stava succedendo.
Quanto mi era mancato il suo profumo...
"Stai bene?" Mi sussurrò, il suo volto vicino al mio.
"Si, ma lui..."
"Idiota! Ma cosa credeva di fare!"
"Ben, calmati! È tutto finito. Credi che si risveglierà?"
"Ma si, si."
Si avvicinò a lui e gli mise una mano sulla testa.
"Ma cosa stai facendo?"
Un flusso viola avvolse la testa del mio aggressore, per poi dissolversi.
"Quando si risveglierà non ricorderà più niente, ne' della scommessa, ne' di te."
"Come hai fatto a sapere che ero qui?"
"Me l'ha detto Saturno, la Luna gli ha chiesto aiuto." I pianeti potevano parlare tra loro?
"Scarlett, io..."
"Tu...?" C'eravamo? Poteva dirmi qualcosa? Anche dopo tutto il male che mi aveva fatto non riuscivo ad odiarlo, a non sperare che da un momento all'altro dicesse 'Scarlett, io ti amo.'
"No, niente." Niente. Ancora niente. Illusioni su illusioni, questo era il suo ritratto.
"Sta arrivando Ethan."
"Ethan? Ti ha seguito?"
"Probabilmente."
"Scarlett!" Era vero, era proprio la sua voce. Vidi la sua figura giungere dall'oscurità, in quel labirinto di vicoli ciechi.
"Ethan!" Ci abbracciammo e poi lui mi baciò disperatamente.
"Pensavo ti fosse successo qualcosa! Stai bene?"
"No, Ethan, nulla di grave, andiamo, così ti spiego." Mi voltai con Ethan verso la luce, o il buio, insomma, lontano da lì, mano nella mano.
"Ah, grazie Ben."
"Figurati."
Gli lanciai un'ultima occhiata. Non mi piaceva comportarmi in quel modo, in fondo mi aveva salvato la vita e non stavo usando Ethan come arma da gelosia, volevo solo andarmene da lì. Dopotutto, però, non avevo neanche tutti i torti...stavo ripagando Ben con la stessa moneta. Ma perché mi aveva abbracciata? Perché se n'era andato quando stavo lottando contro il leone-grifone, alla Base? Perché non aveva detto niente, oggi, quando Wendy mi stava umiliando davanti a tutti? Perché allora, proprio ora? I suoi cambiamenti d'umore mi stavano facendo girare la testa! Dovevo riposare, non avevo dormito molto ed ero esausta.
"Ci vediamo." Fece Ethan, più freddo che mai. Lui non disse niente, rimase lì a guardarci mentre avanzavamo a grandi passi verso casa. Perché mi sentii un verme quando Ethan mi strinse forte la mano ed io non la ritrassi?


"Cosa ci faceva lui lì?" L'espressione di Ethan era rabbiosa, se avesse potuto senza essere visto avrebbe sradicato l'albero che ci faceva ombra.
"Mi ha salvata."
"Ma sentiti! Salvata! Eri in grado di salvarti anche da sola!"
"E con questo cosa vorresti dire?"
"Che mi stai tradendo con lui."
"Tradendo? Penso che tu stia dando di matto."
"Oh no mia cara, io sto proprio dicendo la verità."
"Senti, non ho voglia di stare qui per sentirti sparare idiozie, è tardi e devo andare a studiare." Mi allontanai da lui e continuai la strada da sola, ormai non mancava molto e domani avevo il compito di latino, quindi dovevo studiare.
"Tanto lo sanno tutti che sei solo una puttana." Gridò quelle parole, che come dardi infuocati mi colpirono alla schiena. Era solo una scenata di gelosia o lo pensava davvero? Cercai di trattenere le lacrime e la rabbia, ma non potei più.
Le mani iniziarono a tremare ed il bruciore si fece sempre più caldo. Arrivò presto alle mani e fuoriuscì. Mi voltai di scatto, tenendo il palmo della mano davanti a me. Il flusso arrivò così velocemente che non fece in tempo a proteggersi o a controbattere. Lo colpì in pieno petto e lui cadde a terra. Era ancora vivo. Una vocina in me diceva di soccorrerlo, ma ero troppo arrabbiata per farlo. Così mi limitai a guardarlo in cagnesco ed a voltarmi, continuando la mia strada. Sarebbe guarito in fretta. Pensavo di essere forte, che niente potesse ormai scalfirmi, invece, girato l'angolo, grosse lacrime salate mi rigarono le guance. Maledetto Ethan, maledetta Confraternita, maledetti tutti! In quel momento l'ipotesi di mettere fine a tutto era la più accreditata, ma non avevo neanche l'opportunità di scegliere. I Guardiani non potevano morire, non in questo periodo. Dovevano 'salvare l'umanità' e questo concetto rendeva tutto ancora più falso. Mi accasciai a terra ed iniziai a singhiozzare. Erano le sei e mamma sarebbe tornata solo alle 8, come papà. Potevo prendermela comoda, quindi. Non avevo ne' la forza ne' la voglia di arrivare in camera mia e piangere sul letto. Tenevo le mani incrociate sulle ginocchia, nascondendoci la testa. All'improvviso una mano calda mi toccò la spalla ed io pensai al peggio. Era sempre quello di prima? O qualcun altro? Un ladro? Un assassino? O peggio, Ethan? Forse era mamma...chissà cosa mi sarei inventata!
Alzai la testa di scatto e mi accorsi che era Ben. Ma che...?
"Cosa vuoi?" Domandai con la voce rotta dal pianto.
Lui non rispose e si mise a sedere vicino a me. Io mi scostai, per fargli capire che non avevo nessuna intenzione di parlare con lui.
"Vuoi?" Mi fece lui, porgendomi un lecca-lecca a spirale, dai mille colori. Lo riconobbi subito: li avevamo chiamati i 'lecca-lecca della risata', perché si mangiavano solo quando si era tristi. Non li avevo più visti, erano da tempo fuori commercio.
"Ma come..?"
"Ehy, sono uno dalle tante risorse. Dovresti saperlo."
Accettai il lecca-lecca della risata, scegliendo quello rosa, il mio colore preferito. Lui prese quello blu.
"Perché lo fai?"
"Che cosa?"
"Lo sai cosa..."
"Questo dici? Pensavo ti facesse piacere."
"Sei incredibile! Prima non mi consideri per tre mesi, ora ti presenti qui facendo il gentile e l'amico! I tuoi continui cambi d'umore mi fanno girare la testa!"
"Scarlett, ti devo parlare proprio a proposito di questo..."
"Sono tutta orecchie."
"Beh...non è facile da spiegare."
"Bene, allora me ne vado. Non ho ne' il tempo, ne' la voglia di stare qui a sentirti sparare idiozie. Quindi scusa, ma devo proprio scappare." Mi alzai velocemente con lo zaino in spalla, allontanandomi verso l'altro ciglio della strada, verso casa mia.
"Ti amo." Quelle due semplici parole mi colpirono come una scarica elettrica che s'irradiò in tutto il mio corpo, suscitando in me tanto odio, tanta incredulità, ma anche tanta felicità. Avevo immaginato mille scenari e mille situazioni diverse in cui avrebbe potuto dirmi quelle parole e di certo a questo non avevo mai pensato. Come poteva dire una cosa del genere? Dopo tutto quello che mi aveva fatto...
Mi voltai verso di lui e mi avvicinai velocemente. In fondo era quello che avevo sempre sognato di sentirgli dire, ma sapevo che era solo una bugia. Perché allora una parte di me diceva di fidarmi ancora di lui?
"Non è vero. Sei solo un bugiardo. Uno sporco, lurido, bugiardo. Non sai nemmeno lontanamente cosa vuol dire, amare." Gli puntai l'indice contro il petto, in segno accusatorio. Lui mi prese la mano, avvolgendola nelle sue. Com'era calda la sua pelle, proprio come ricordavo... Aveva un'espressione così innocente, quasi capace di struggermi il cuore per le parole che avevo appena detto. Obbligò i miei occhi a fondersi nei suoi, e lì vidi qualcosa che non mi sarei mai aspettata di vedere. Era tornata quella fiamma, quella di molti mesi fa, che un tempo mi faceva battere forte il cuore e forse, anche in quel momento.
"Non sono ciò che sembro." Sussurrò lui al mio orecchio, in un soffio. Adesso i nostri visi erano a pochi centimetri di distanza. Avvicinò le sue labbra alle mie e si sfiorarono. Non mi resi conto di ciò che stava succedendo, finché non aprii gli occhi. Era stato bellissimo. Era come se mille fuochi d'artificio fossero scoppiati al solo contattato delle nostre labbra, come se non ci fosse stato momento migliore in vita mia.
Lo guardai, e lui mi sorrise. Scostò una ciocca corvina dal mio viso, portandola dietro all'orecchio. Sorrisi a quella carezza, come un gatto quando fa le fusa.
"Sei bellissima." Mi sussurrò, avvicinando la fronte alla mia.
"Non so quanto tempo ho, però ricordati che...che ti ho sempre amata e che...che ti amerò sempre."
"Ma che dici?"
"Devo andare, ora." Dette queste parole mi diede un leggero bacio sulla fronte e se ne andò, stringendosi nel giaccone, verso casa sua.
Ora si che mi sentivo confusa, più che confusa.

Apri la porta con la chiave che avevo recuperato in fondo allo zaino, con l'intenzione di studiare per il compito di latino del giorno dopo. Tra tutto quello che era successo non avevo quasi aperto libro. Accesi la luce, dato che già verso le sei iniziava a fare buio. Voltandomi però, mi ritrovai mia madre di fronte. Teneva le braccia incrociate e mi stava guardando in modo accusatorio. Sobbalzai, per poi sussurrare:" Mamma, già tornata da lavoro?"
"Si, Scarlett, ma vorrei trovarti a casa, ogni tanto."
"Scusami, è che...che la lezione di matematica non finiva più e poi mi sono fermata per aiutare...si, Ally, forse non la conosci, ma mi ha scongiurata di..."
"Scarlett, adesso basta! Cosa credi, che sia stupida? Ormai tu arrivi, esci e vai quando e dove ti pare, e questo non va bene! Per non parlare poi dei tuoi voti: un cinque a latino, un quattro e mezzo a matematica...ma che ti prende? Eri una delle migliori della tua classe!"
"Mamma, non è nulla, domani ho il compito di recupero e vedrai che andrà bene, però adesso devo studiare, quindi scusami..."
"Scusami? Scusami?! No, non mi sono spiegata bene: tu da oggi non uscirai di qui se non per andare a scuola, mi hai capita?"- oh no, non poteva mettercisi anche lei! E ora cosa avrei fatto?
"Mamma, dai, calmati."
"Non devo calmarmi! Tu piuttosto, fila in camera tua, vai a studiare! Bugiarda!" Era incredibile che quelle parole fossero uscite dalla bocca di mia madre, era sempre stata la persona più gentile che avessi mai conosciuto.

Entrai in camera mia, chiudendo la porta ed accasciandomi a terra. Che confusione, troppa confusione! Tutto quello che avevo costruito con tanta attenzione e impegno mi stava crollando addosso così violentemente che non me ne stavo neanche accorgendo.
Non avevo più una migliore amica, avevo litigato con il mio ragazzo, avevo baciato uno che non era nel modo più assoluto il mio ragazzo, spinta da non so quale logica, avevo litigato con mia madre e tra poco anche con mio padre e dovevo recuperare due insufficienze. Con quale forza e concentrazione mi sarei messa a studiare latino?


Mi dirigevo a grandi passi verso il mio armadietto, come ogni mattina. Avevo mille pensieri per la testa, tra la litigata con mia madre, Ethan, Ben....non ne potevo veramente più. Qualcosa di pesante mi piombò addosso ed io non feci in tempo a scostarmi. Quando mi ripresi, focalizzai che la persona davanti a me era Selene. Indossava gli stessi vestiti firmati di Wendy, ormai era il suo braccio destro.
Mi guardò in cagnesco, poi si rialzò.
"Scusa." Dissi io, con fare frettoloso.
"Beh, almeno ti ho sentita dire questa parola almeno una volta."
"Invece io non te l'ho ancora sentita dire."
"Evidentemente perché io non devo dirla."
"Vestiti nuovi? Belli, non c'è che dire. E pensare che un giorno schifavi quelle che ora ritieni i tuoi idoli."
"Già, si cambia, sai? In meglio, fortunatamente. Wendy è davvero un'amica, mi confida sempre tutto, facciamo un sacco di cose insieme."
"Oh, ma davvero? Intendi abbinare una gonna rosa ad una camicetta....rosa chiaro?"
"No, intendo molto di più. Immagino che tu non abbia molto successo con i ragazzi, vero Scarlett? Io e Dylan stiamo insieme da un mese, ormai. Me l'ha presentato Wendy."
"In-invece ti sbagli, anch'io ho un ragazzo."
"Davvero? Quel moretto, intendi? Non ti ha lasciata ieri? Le notizie girano veloci, qui."-" Tu non puoi nemmeno immaginare le cose che faccio con Wendy, cose che tu non farai mai, tipo fumare."
"Fumare? Ma sei impazzita! Selene, Selene non puoi!"
"E perché no? Perché me lo dici tu? Fumare fa anche bene." Se non fossi stata davanti a lei mi sarei messa a piangere. Come potevo proteggerla ora? Okay, una sigaretta ogni tanto va bene, ma...ma se fossero state più di una alla settimana? Se Wendy la stesse portando sulla strada sbagliata? Ormai tutto quello che diceva Wendy era come oro e lei le obbediva senza replicare. Quando ci frequentavamo non avrebbe mai accettato e soprattutto non avrebbe continuato. Un Guardiano poteva guarire le malattie? Come potevo ora assicurarmi che stesse bene? Era pur sempre la mia migliore amica. Se si fosse ammalata, se con l'avanzare del tempo non si fosse più accorta di ciò che stava facendo? Se...se un giorno, nel più drastico dei casi, fosse morta per una malattia dovuta a quello? Il mio mondo senza di lei non avrebbe più avuto senso, senza la mia migliore amica, la persona che contava di più, più di Ben, più di Ethan. Era come una sorella per me. Come potevo ora salvarla? Come potevo proteggerla da qualcosa che non conoscevo? A cosa mi servivano dei poteri sovrannaturali se a farla stare male fosse stata una malattia umana?
Rimanevo immobile, guardandola con occhi lucidi, sperando che tutto quello fosse solo un sogno o che mi avesse detto una bugia per vendicarsi.
"Devo andare, ci vediamo Scarlett." Detto ciò si allontanò verso l'aula di biologia e sparì nella folla studentesca. Rimasi pochi secondi immobile, poi corsi al bagno e mi chiusi in uno scompartimento. Accasciata alla porta chiusa, iniziai a singhiozzare, nascondendo la testa tra le ginocchia. Che cosa avrei fatto adesso?

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Capitolo 11
*** Pace o Addio? ***


Capitolo 11
Pace o Addio?


N
ei quattro giorni precedenti non avevo fatto altro che fissare lo scherzo del mio cellulare in attesa di un messaggio di Ethan, ma non era mai arrivato niente. Il giorno studiavo, la notte piangevo. Agli allenamenti non mi guardava e non mi rivolgeva parola, ne' lui, ne' sua sorella gemella Natalie, né tantomeno Ben, che mi aveva baciata e aveva detto di amarmi. I rapporti con mia madre non erano migliorati, le dicevo si e no 'ciao' prima di andare a scuola e per quanto riguarda gli allenamenti...si, ne avevo saltato soltanto uno, dopodiché mi aveva concesso di andarci.
Ero quasi arrivata a casa da scuola, ripensando e ripensando a quello che era successo nell'ultima settimana. Con aria assente imboccai la via di casa mia, stringendomi sempre più nel giaccone. Alzando gli occhi, trovai Ethan di fronte alla porta. Era veramente bello. Quanto mi erano mancati i suoi capelli castani, i suoi occhi scuri, tanto belli, tanto misteriosi.
Lo raggiunsi a grandi passi e mi fermai davanti a lui. Volevo solo abbracciarlo e speravo che il motivo della sua venuta fosse una pace, non un addio. Non sapevo nemmeno se ce l'avrei fatta a reggere anche un altro colpo del genere.
"Ciao."- sussurrai, guardandolo negli occhi. Aveva un'espressione dura, seria, che mi fece venire i brividi. C'eravamo? Ci stavamo lasciando?
"Ciao."-seguirono alcuni momenti di silenzio in cui trovai molto interessanti le macchie di polvere sui miei stivali.
"Senti Scarlett, noi...noi dobbiamo parlare."
"Okay, non mi sono comportato bene e ti chiedo scusa, ma...ma quando ti ho visto con lui non ci ho visto più. Lo so, sono stato troppo geloso e so che non ti piace, quindi ho pensato di finirla qui. Meglio se ci lasciamo, così ti renderò libera e non sarò più geloso."- mi tremarono le gambe e stetti per cadere, perciò mi aggrappai al porticato. Non poteva farmi questo, non l'avrei sopportato! Non poteva abbandonarmi anche lui, non volevo rimanere di nuovo sola. Feci per replicare, ma poi mi zittii.
"Però...però poi ho capito di amarti troppo per smettere di farti ridere, per lasciarti andare. Quindi ti chiedo scusa e se puoi, per favore, perdonami." Un respiro di sollievo mi uscì senza ritegno. Gli gettai le braccia al collo, aggrappandomi a lui.
"Ethan, Ethan, scusami! Scusami, non volevo litigare. Per favore, ti prego, non fare mai più una cosa del genere! Mi hai quasi fatto prendere un infarto."
Lui rise ed io lo strinsi più forte, vicino a me. In quel momento non avevo bisogno d'altro. Fece per scostarsi, ma io lo trattenni. Sapeva di pulito e di casa.
"Ti prego, sta' fermo." Avevo solo bisogno di sentirlo vicino a me, di poter soffocare tutti i miei problemi in quella pelle così morbida.
"Scarlett, che succede?" Aveva intuito che c'era qualcosa di strano in me e gli fui grata di avermelo chiesto. Dovevo sfogarmi con qualcuno.
Gli raccontai di mia madre, di Selene, di quello che avevo pensato e provato, senza tralasciare dettaglio. Lui ascoltò attentamente, senza mai staccare gli occhi dai miei.
"Scarlett, è normale che tu sia preoccupata, ma sta tranquilla, non le succederà niente. Noi non abbiamo il potere di guarire, anche se..."
"Se...?"
"Alla Base forse troveremo delle risposte. Andiamo."
"Non posso Ethan..."
"Ah già, la mamma mastino, dimenticavo. Ma agli allenamenti puoi venire, giusto?"
"Si, assolutamente."
"Bene, allora cercheremo la' domani pomeriggio." -"Mi sei mancata."
"Anche tu, tantissimo."
Ci guardammo per un infinito istante, ed io rividi nei suoi occhi un pizzico di quella felicità che avevo provato un tempo.
Le nostre labbra si sfiorarono e mi ricordai di quanto fossero morbide le sue. Ma sentivo che qualcosa era cambiato... Era come se la corda che ci legava si fosse spezzata per sempre e niente o nessuno l'avrebbe aggiustata. Provai un sentimento misto alla paura, alla delusione, al disprezzo per me stessa e all'incredulità. Avevo sempre pensato che io ed Ethan saremmo rimasti insieme per sempre, che quel sentimento che ci legava non si sarebbe mai rotto... Ed ora? Cosa potevo fare? Solo far finta di non aver pensato queste cose. Forse era un sintomo dovuto alla lontananza, magari serviva solo un altro po' di tempo per abituarmi. Sfiorammo le fronti l'una con l'altra e poi lui iniziò a farmi il solletico. In genere non lo soffrivo, ma il suo tocco aveva qualcosa che...che mi impediva di non ridere. Ci fermammo quando vidi i fanali della macchina di mia madre brillare nel buio.
"Vattene, altrimenti non potrò venire nemmeno domani pomeriggio."
"Va bene, ci vediamo dopo."
"Ma che..?" Non feci in tempo a finire la domanda, perché se n'era già andato, volatilizzato nel buio. Mi affrettai ad entrare in casa, a tirare fuori due libri a caso dallo zaino, una penna, accendere la luce e sedermi in cucina a fingere di fare i compiti di matematica che in realtà avevo già fatto a scuola, ma altrimenti mi avrebbe fatto il terzo grado, quindi...
"Ciao tesoro." Fece lei col suo solito fare esausto, chiudendo la porta.
"Ehy, ciao."
"Cosa stai facendo?"
"Oh, ho appena finito matematica, sono esausta, adesso vado in camera. A dopo."
"Aspetta. Scarlett, mi spiace per ieri, ma cerca di capire, io voglio solo aiutarti e mi sono arrabbiata per il fatto che non sei quasi mai a casa perché ho avuto paura."
"Ma certo mamma, ti capisco. Mi spiace di essere stata così superficiale. Non succederà più."
Le sorrisi e la abbracciai, per poi avviarmi in camera mia. Nascosto dietro una tenta, nell'oscurità, c'era Ethan.

"Che ci fai qui? Cosa sei, mezzo vampiro?" Scostò la tenda davanti a se' e mi raggiunse a grandi passi, poi mi cinse la vita con le sue forti braccia e accostò le sue labbra sulle mie. Io mi lasciai trasportare in quel momento così perfetto, così improvvisato. Ci scostammo. Lui provò a baciarmi di nuovo, ma io voltai la testa da un lato e lui mi scoccò un tenero bacio sulla guancia, affondandoci il naso.
"Se vuoi, vedila così."
"Ethan...ti devo dire una cosa." Dovevo dirgli di Ben, del bacio, del mio senso di colpa e del fatto che avevo sbagliato e che ero solo un' idiota, perché di lui non m'importava più niente.
"Puoi dirmi tutto."- mi cinse ancora di più la vita col braccio e mi guardò negli occhi con espressione curiosa. In attesa. Non potevo dirglielo! Avremmo finito per litigare, per lasciarci, per finire tutto per sempre. Non volevo che succedesse. In fondo era solo una stupidaggine, non aveva significato niente.... No, non aveva davvero significato niente, quindi non glielo dirò. Non posso rovinare tutto ora che abbiamo appena fatto pace. Farò finta che non sia successo niente, me lo dimenticherò, una piccola bugia non può modificare il nostro rapporto. Oppure si? No, non può. Non gli dirò niente.
"Niente."
"Dai, sono curioso."
"È che... Sono davvero felice che abbiamo risolto. Sono stata malissimo in questi giorni."
"Anche io...non voglio più litigare per queste cose. Se dici che è una storia chiusa, allora ci crederò. Perché è così, giusto?"
"Ma certo che è così!" Ipocrita, ripetei a me stessa. Bel casino.
"Niente può rovinare il nostro rapporto, vero?" Domandò lui, come un cucciolo che aveva bisogno di sentirsi dire 'ti voglio bene'. Quanto avrei voluto pensare che era davvero nel modo in cui credeva lui...
"Niente può rovinare il nostro rapporto, anzi, nessuno. I amo te, e nessun altro." Ben. Tu ami Ben, non Ethan. Smettila, non è vero! Le due me, come divise in due parti diverse, una che faceva il tifo per Ethan e una per Ben, stavano litigando fra loro. Poi Ethan mi baciò e non sentii neanche un minimo di ciò che avevo sentito quando Ben mi aveva baciata. Niente fuochi d'artificio. Era come se quel bacio fosse finito sulle labbra, invece che sulla guancia Oddio, che casino. E ora cosa faccio? Niente, sopprimo questo sentimento e vado avanti con la mia vita, al fianco di Ethan.
"Sono contento per noi."
"A- anch'io sono contenta per noi." Mi sforzai di sorridere, ma ci riuscii solo per metà. I suoi occhi erano così pieni di gioia... Non potevo spezzargli il cuore, non me lo sarei mai perdonata.
"Adesso devi andare." L o spinsi via da me e lui mugolò.
"Ancora cinque minuti, mammina..."
"No, avanti! Ma tua madre non ti dice niente se torni tardi a casa?"
"No, anche perché lei crede che sia ancora a scuola al corso di potenziamento, quindi il problema non si pone neanche."
"Hai saltato il corso di potenziamento per me?"
"Penso che tu sia più importante di uno stupido corso d'inglese.... E comunque non ce l'avrei fatta a concentrarmi, quindi tanto valeva chiarirci."
"Che cosa carina!"
"Lo sai che farei anche di peggio, per te, perché sono innamorato di te."
Perché continuava a dirmelo?! Basta! Il senso di colpa continuava a salire, come l'acqua di un fiume in cui piano piano sarei affogata.
"Adesso però devi andare."
"E non mi dai neanche il bacio della buonanotte?"
Mi avvicinai e gliene diedi uno a stampo sulle labbra, trattenendolo per qualche secondo.
"Adesso vattene!"
"Va bene, va bene! Guarda te che ringraziamento!" Si mise a ridere, mentre saltava sull'albero fino a toccare terra.
"Buonanotte, ti amo." Mi sussurrò ed io mi voltai, visto che ero già in direzione letto.
"Buonanotte." Ethan, vai a casa! Stava diventando pesante. E mi vergognavo a pensarlo.
Stavo per chiudere le serrande, quando scorsi un movimento nell'ombra. Oddio, ci risiamo. E ora che vorrà? Mi balzò il cuore in gola quando mi accorsi che l'ombra non apparteneva ad Ethan, ma a Ben, che mi stava fissando, appoggiato con la schiena al tronco di un albero e le mani nelle gigantesche tasche. Sapevo che non dovevo provare quei sentimenti, che dovevo sopprimerli, ma erano come una bestia inferocita che avevo rinchiuso in una gabbia. E non poteva rimenare lì a lungo, perché presto di sarebbe liberata. Poi lui mi sorrise e capii che presto mi avrebbe raggiunto.

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Capitolo 12
*** Sei tornato da me ***


Capitolo 12
Sei tornato da me


"Che ci fai qui?" Gli chiesi io, col le braccia conserte al petto. Cavoli, com'era bello.. Non lo ricordavo così. Devo smetterla, non mi ha parlato per due settimane, perché ora si?
"Devi venire con me."
"Non penso proprio."
"Scarlett, ti spiegherò tutto, ma non qui."
"Non c'è niente da spiegare. Mi hai baciata, ti ho baciato, abbiamo sbagliato, dimentichiamocelo e viviamo felici e contenti."- mi voltai per non continuare a vedere quel suo perfetto viso ed i suoi occhi color smeraldo, ma mi trattenne per il polso.
"Non abbiamo sbagliato, seguimi ed avrai tutte le risposte che vorrai."
Era troppo convincente per non seguirlo.
"E con mia madre come faccio?"
"Non credo sia un problema, dato che sta parlando con la mia, e sai quanto durano le loro chiacchierate... Non si preoccuperà di te."
Con un cenno molto striminzito mi concesse per prima di andare, chiedendomi:
"Bisogno d'aiuto?" Gli rivolsi un'espressione come per dire 'Stai scherzando, vero?' e lui sembrò capire, perché ritrasse le mani in segno di scuse e si mise a ridere. Con un balzo mi aggrappai all'albero e, dato che da piccola mi prendeva sempre in giro perché ero poco agile, eseguii una doppia capriola, atterrando poi con i piedi per terra, come una perfetta ginnasta. Lui sorrise e mi copiò.
"Non si copia, è da maleducati."
"Oh, giusto, a te piacciono i damerini educati."
"Come scusa?"
"Hai capito.... Cioè no, scusa, non volevo dirlo...andiamo, è tardi."
"Tardi?"
"Dai, non fare domande e corri!"
Iniziammo a correre, allontanandoci dal prato intorno a casa mia, per poi inoltrarci nel bosco. Corremmo per un po' e poi Ben si fermò: eravamo arrivati in una radura, dove scorreva un limpido ruscello. Si mise a sedere su un ponticello di legno, elevato rispetto all'acqua, con le gambe penzoloni. Lo seguii e lo imitai. Aveva la mascella tirata, la fronte aggrottata e lo sguardo chino, poi lo alzò. Mi ero dimenticata di quanto fossero verdi i suoi occhi e sotto la luce del mio pianeta Protettore lo erano anche di più.
"Vedi... ho parlato con Kartik e mi ha detto che... che tutti i Guardiani assumono alcune caratteristiche dai loro pianeti, non solo fisiche, ma anche mentali. Amanda è dolce e gentile, come Venere, Ethan innovativo come Urano, tu... Bellissima e volubile, in senso buono, proprio come la Luna.. Ed a me è toccata la peggio. Io sono come Saturno, scontroso e crudele. Adesso sta parlando la parte di me ancora sana, perché Saturno mi ha concesso un po' di tempo prima che la mia mente venisse totalmente distrutta e cambiata per sempre. Ho deciso di usare questo tempo che ho a disposizione con te, visto che sei quella che ha sofferto di più. Voglio che tu sappia che non ero io, quella sera, quando abbiamo scoperto le nostre origini. Non ero io quando me ne sono andato durante il tuo primo combattimento e neanche quando stavo baciando Megan... Non sono mai stato io, è sempre stato Saturno." Quelle parole furono come un sole improvviso dentro me, come se non aspettassi altro. Ed in un certo senso era così.
"Però ero io quando ti ho vista con Ethan, mentre volevi portarlo a cena a casa tua e so che te lo meriti, ma ero troppo geloso e quando ho visto che stavate per baciarvi... Dovevo fare qualcosa. Ero io anche quando ci siamo baciati, l'ultima volta e quando ho detto di amarti. Credimi, non c'era Saturno, quello ero io. Ti amo Scarlett, io amo solo te. So che tu non mi ami, che tu ami Ethan e vorrei tanto lasciarvi stare, ma non ce la faccio. Volevo sapessi la verità perché ti ho sempre detto tutto."
Allora alzai lo sguardo ed i nostri occhi s'incontrarono. Quella strana sensazione di molti mesi fa tornò, quella dei primi giorni di scuola, prima che iniziasse tutto.
E allora capii di non volere più Ethan, ma di essere sempre stata innamorata di Ben, anche se lui... non era proprio lui.
"Quanto tempo ci rimane?" Sussurrai io con la voce rotta dal pianto e dall'emozione.
"Troppo poco tempo per sprecarlo." Disse lui tutto d'un fiato.
E allora non resistemmo più: ci avvicinammo con una foga mai provata prima e la sua bocca cercò la mia. Con Ethan non sapevo mai cosa fare, dove poggiare le mani... Con Ben invece mi veniva tutto semplice, naturale, come se fossimo destinati a farlo. Quello era un bacio vero, provato con tutti i sentimenti che possedevamo, il bacio che aspettavo da una vita.
"Ti amo, Scarlett."
"Anch'io ti amo, Ben."
Continuammo a baciarci, finché lui si staccò da me, si guardò un po' intorno e poi sorrise. Capii cosa intendeva: c'era un vecchio capanno abbandonato vicino al fiume. Risposi al suo sorriso sghembo e poi iniziammo a correre come due bambini. Entrammo nel capanno, aprendo la porta pericolante e consumata dal tempo. Lui mi cinse la vita ed io chiusi la porta alle mie spalle. Ciò che successe lì dentro fu semplicemente magico.

"Devi andartene ora." Ben mi aveva riportata a casa mia, fino alla finestra da dove poco prima eravamo scappati. Adesso nessuno dei due voleva lasciare l'altro.
"Forse dovrei."
"Vattene, avanti."
"Quando ti rivedrò?"
"Non lo so, adesso va'."
"Dimmi che ci vedremo domani."
"Non so se posso domani, e poi qui sono controllata a vista, ricordi?"
"Se trovassi un modo, mi prometti che ci vedremo?"
"Ve bene! Adesso sparisci!"
"Fai sogni d'oro mia bella Luna."
"Dormi bene mio bel Saturno." Ci baciammo un'ultima volta, lui aggrappato all'albero ed io appoggiata alla finestra di camera mia. Dopodiché scese, atterrando dopo una capriola e sparì nell'ombra. Quella notte sognai me con indosso un abito bianco e, sull'altare, Ben.

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