Shiver

di MissGordlay
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° capitolo ***
Capitolo 2: *** 2°Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° Capitolo ***



Capitolo 1
*** 1° capitolo ***


  
1°Capitolo
 
Sea and forest


Avevo sedici anni quando la mia vita cambiò, quando per la prima volta sentii davvero il mio cuore battere. Non so come avevo vissuto negli anni precedenti eppure ero lì, ancora viva, con le mie insicurezze, le miei paure, i miei complessi, e quello strano peso sul petto che non voleva andare via. Non ricordavo nemmeno quando quel peso avesse cominciato a far parte di me,forse c'era sempre stato, ciò non toglie che era qualcosa da cui non mi liberavo mai. Era come se i miei respiri si bloccassero a metà, come se non riuscissi a gridare . Questo, fino a quel 20 Settembre, in cui tutto venne capovolto e fui costretta a mettere una mano sul petto per paura che il mio cuore sgusciasse fuori, rompendo costole, tagliando la pelle, e solo per quel paio di occhi verdi che avevo visto entrare dalla porta.
Lo ricordo come fosse ieri : ero seduta con in mano il mio telefono, odiavo la mattina prima delle lezioni. Odiavo il chiasso che i miei compagni facevano, odiavo anche il fatto che ogni volta dovevano farsi riprendere per stare zitti, ma io cosa potevo fare per cambiare la situazione?Nulla. Io non facevo parte del élite della classe,io ero solo Hanna, la ragazza sempre preparata a scuola, quella a cui chiedere i compiti, quella con una taglia in più, e nulla di più. Così presi il mio cellulare e dopo aver srotolato le mie cuffie lasciai che la musica mi rilassasse. 
Adoravo l'effetto terapeutico che le canzoni avevano su di me, era come se creassero una barriera, una barriera tutta mia dove nessuno poteva entrare, dove tutto era perfetto.  Chiusi gli occhi come se la mia dose di musica stesse facendo effetto  e quando li riaprì sentii una strana morsa allo stomaco vedendo un ragazzo sconosciuto entrare in classe.
Era alto,altissimo, slanciato coperto da una maglietta bianca con scollo a V, da cui s'intravedevano dei tatuaggi. Aveva i capelli ricci nascosti da un cappello a sacchetto che mandava tutti i capelli indietro, le sue gambe muscolose erano fasciate da un paio di skinny neri stracciati sul ginocchio destro. Rimasi spiazzata vedendolo entrare proprio nella mia classe con quell'aria spaesata quanto indifferente.
Stupita, mi guardai intorno per vedere le reazioni degli altri, tutti come me erano abbastanza scioccati,ciò mi fece dedurre che non ero la sola a non sapere chi fosse. Il ragazzo continuava a mantenere la mascella contratta e si guardavi intorno incuriosito,come alla ricerca di qualcuno, qualcosa,fin quando il suo sguardo non si posò su di me. ‘’Perché su di me?’’pensai.
Mi sentii rimpicciolire nel mio posto  mentre sentivo uno strano bruciore sul petto seguito da un suono, un suono sordo agli altri ma ben udibile a me: quello del mio cuore.
Ignorai quella sensazione e mi velocizzai ad abbassare lo sguardo intimidita dai suoi occhi: così grandi, così luminosi, così belli, così verdi che no, non c'è l'avevo fatta a reggere il confronto.

Harry pov.

Avevo una morsa allo stomaco mentre entravo nel cancello della mia nuova scuola. A causa del lavoro di mia madre ero stato costretto a trasferirmi, e anche se non avevo detto niente a dire la verità, l'idea di ricominciare tutto da zero, di reintegrarmi in una città di cui non conoscevo praticamente nulla mi spaventava. Mi spaventava terribilmente.
Questo però era un mio segreto, ne mia madre, ne mia sorella conoscevano questa mia paura e probabilmente mai l'avrebbero conosciuta,perché io ero quello forte, ero l'uomo di casa. Io ero quello su cui loro contavano, e non potevo comportarmi come un bambino. Non potevo pregare la mamma di lasciarmi a casa a Pole, o di non trasferirci, loro avevano bisogno di me e io dovevo fare il ragazzo maturo.
Così mentre percorrevo il corridoio mandai giù un ammasso di saliva che sembrava volermi soffocare e prima di entrare nella mia nuova classe, misi una mano in tasca tastando il pezzo di metallo a forma di L che mi portavo sempre dietro. Il mio unico rimedio contro l'asma.
Non che ne avessi bisogno al momento, ma sapere di averlo mi tranquillizzava o almeno in parte. Entrai nella stanza che improvvisamente si fece più piccola quando tutti gli occhi furono puntati su di me, sembravo sotto esame e quella cosa non mi piaceva affatto, così feci l'unica cosa che mi riuscisse bene: maschera. Indossai la mia maschera indifferente e  iniziai a cercare un posto dove sedermi. Oltrepassai con lo sguardo il primo, il secondo e infine il terzo banco dove il mio sguardo si posò un posto vuoto. Bingo ! Pensai mentre spostavo lo sguardo sul mio futuro compagno di banco. Era una ragazza. Mi guardava con un paio di occhi celesti misti a venature verdi, contornati da ciglia lunghissime che mi sorpresero; non che non avessi mai visto un paio di chi chiari, ma mai con un accostamento di colori così perfetto. Le sue labbra rosee erano socchiuse come se fosse sorpresa  o intimorita da me, la sua coda di cavallo tirava su i suoi capelli biondo scuro e lasciavano completamente scoperto il suo viso pulito e di un rosa tenue, che faceva risaltare ancora di più le perle che aveva al posto degli occhi. Be quella ragazza dall'aria angelica sarebbe stata la mia nuova compagna di banco. Presi un respiro profondo e mi diressi a passo controllato verso di lei che continuava a guardare il suo cellulare come se ci fossero scritti i segreti del mondo, questo però non mi scoraggiò anzi posai una mano sul suo banco e mi chinai verso di lei sfoggiando uno dei miei sorrisi migliori e con l'altra mano le tolsi una cuffietta.
-Ehi ciao! E’ libero il posto affianco a te?- La ragazza sembrò scioccata e si guardò intorno come per assicurarsi che stessi dicendo proprio a lei, inclinai la testa aspettando una sua risposta , ma lei non parlò,  si limitò ad annuire mentre le sue guance diventavano color pomodoro.
Corrugai la fronte e mi sedetti affianco a lei lasciando cadere il mio zaino al fianco del mio banco, forse ero stato troppo diretto con quella ragazza? Eppure avevo sorriso e fatto il simpatico, insomma non era così che ci si comportava?. Mi appoggiai allo schienale e allungai le mie gambe fin troppo lunghe e lasciai che il mio sguardo cadesse su di lei.  Era bassina , lo potevo intuire dalle sue gambe  eccessivamente più corte delle mie, non era magra, ma dalle forme morbide che la rendeva ancora più dolce. Era una bella ragazza anche con le sue forme, ma notando la sua maglia larga e la sua timidezza immaginai che quel mio pensiero non le passava nemmeno per la testa. Di sicuro dalla reazione precedente non avrei ottenuto delle presentazioni, così presi l'iniziativa , alla fine ero io il nuovo arrivato.
-Comunque io sono Harry, Harry Styles- sorrisi gentilmente mentre porgevo una mano verso di lei. Lei mi guardò titubante e poi strinse la mia mano e solo allora mi accorsi che aveva delle mani minuscole al mio confronto. Potevo coprire una sua mano completamente senza difficoltà e questa  cosa mi fece sorridere. Si questa ragazza già mi stava simpatica anche se ancora non aveva parlato.
- Piacere- disse infine  mordendosi di nuovo il labbro. Aveva una voce morbida e quell'unica parola le era uscita come un sussurro.
- Sai dato che sarò il tuo compagno di banco almeno per questa ora, mi piacerebbe sapere come ti chiami..- ammisi strizzando un occhio cercando di farla sciogliere.
- Hanna, mi chiamo Hanna.- ammise lei guardando la penna che si rigirava tra le mani.
- E dimmi Hanna hai un cognome? Oppure sei solo Hanna?-
- McPhill- disse velocemente senza nemmeno guardarmi. A quanto sembrava non voleva parlare, e ok io avevo fatto la mia parte da bravo ragazzo, se lei non voleva parlare non era colpa mia, io ci avevo provato.
L'ora d'inglese passò all'insegna della noia più totale, dato che le cose che la professoressa stava spiegando già le sapevo perfettamente. Stranamente il programma della mia scuola mi aveva dato un vantaggio, almeno in questa materia dato che le altre erano un disastro.
Appena la campanella suonò, afferrai il mio zaino e senza nemmeno voltarmi a guardare la mia compagna di classe mi diressi fuori la classe. Non ne potevo più, volevo tornare a casa , volevo tornare dai miei amici a Pole, alla mia band che dal mio arrivo nelle nuova città sembrava essersi dimenticata di me. Volevo la mia vecchia vita, e la cosa peggiore è che non potevo, per quanto lo desiderassi oramai quello era un capitolo della mia vita, chiuso e sepolto. Non so perché fino a quel momento quel pensiero era stato meno opprimente e soffocante, ma mentre uscivo dalla mia classe sentii mancarmi il respiro. Un pezzo della mia vita era andato, per sempre. Un bruciore sul petto iniziò ad avanzare contagiando costole, muscoli ,pelle ,anima e mentre il corridoio si riempiva di gente io cercavo una via di fuga dove nascondermi. Perché volevo fare solo quello, nascondermi, chiudere gli occhi e svegliarmi da quella vita che già odiavo. Oltrepassai velocemente l'ala ovest della scuola, e arrivai davanti a una porta con scritto "Non entrare". Se c’era scritto non entrare, non sarei dovuto entrare, ma di sicuro lì nessuno mi avrebbe cercato.

 Hanna pov.

Ero stata una stupida, quel ragazzo era stato gentile con me e io avevo fatto la figura dell'antipatica, maleducata e asociale. Sbuffai con me stessa appena suonò la campanella e mi decisi a parlargli, si volevo scusarmi per il mio comportamento poco adeguato, per i miei monosillabi  appiccicati ma lui non me ne diede modo. Come una molla, appena suonò la fine dell'ora sparì come inghiottito dalla porta e io rimasi lì ferma, con le mie scuse a metà e i sensi di colpa che già avevano il sopravvento su di me. Recuperai i miei libri d'inglese quando notai qualcosa di grigio sotto il banco di Harry: il suo cappello. Mi guardai intorno come per vedere se lui ci fosse ancora, ma come volevasi dimostrare non c'era; allora lo afferrai e quasi come se fosse una cosa normale lo portai vicino al mio viso e lasciai che il suo profumo invadesse le mie narici. Non so perché lo feci, ma i profumi mi avevano sempre affascinato e quando quel ragazzo si era seduto al mio fianco un’ondata di profumi indistinti mi avevano colpito, incuriosendomi ancora di più.
Felce, pino e miele , ecco a cosa mi faceva pensare il profumo di Harry Styles, il mio compagno di banco, e dovevo ammettere che era davvero fantastico. Uscì dalla classe oramai vuota ,con il cappellino grigio tra le mani  felice di avere una scusa per parlargli di nuovo prima della prossima lezione d'inglese che si sarebbe tenuta una settimana dopo. Arrivai al mio armadietto con gli occhi che guizzavano in tutte le direzioni in cerca di una chioma riccia e un paio di occhi smeraldo, che non trovai. Come al solito io e la fortuna non andavamo d’accordo.
Ero già scoraggiata all'idea che probabilmente non l'avrei rivisto in giornata quando due ragazzi mi diedero un indizio molto importante grazie alla loro conversazione e al mio origliare.
x- Quello nuovo si droga?-
x- E che ne so io? non sono suo amico..perchè me lo chiedi?-
x- E' andato nell'ala ovest!-
Ala ovest uguale drogati. In quell'ala erano soliti andarci i drogati della scuola, per questo il preside aveva deciso di chiuderla, in questo modo pensava che non sarebbe stata più affollata da odore di erba o da ragazzi vaneggianti e con gli occhi rossi. Se da un lato la notizia mi rallegrò, dall'altro mi sentii profondamente amareggiata: come poteva un ragazzo così carino far uso di droga? Come poteva voler bruciare il suo cervello?. No non volevo crederci, così  a passo veloce mi diressi verso l'ala ovest. Il suo cappellino era stretto nelle mie mani e nella mia testa volavano immagini di Harry con una sigaretta tra le labbra e testa tra le nuvole a causa dell'erba. Sospirai una volta arrivata davanti la porta che era la sede di tutti i drogati della scuola, e prima di aprirla mi bloccai. Che diritto avevo io di preoccuparmi tanto di un suo capello? Che diritto avevo io di rincorrerlo in un area vietata, solo per restituirgli qualcosa? Che diritto avevo io Hanna McPhill di preoccuparmi dei neuroni di Harry Styles? Nessuno. Come al solito nessuno, eppure questa volta spensi quella vocina razionale nella mia testa e abbassai la maniglia aprendo la porta. Io volevo vedere, io volevo sapere se si drogava o no,io ero curiosa, io volevo vedere di nuovo quel paio di smeraldi, e non mi sarebbe importato se era giusto oppure no.
Ma quello che mi trovai di fronte non era fumo, non era droga, non erano cicche , ma solo un ragazzo con il viso basso,  a fissare le sue scarpe . I suoi occhi erano nascosti dai  ricci che gli ricadevano sul viso, ma una cosa la riuscì a distinguere bene scorrere lungo la sua guancia,arrivare fino alle labbra accarezzarle per poi scorrere sul mento :stava piangendo. In quel momento mi sentii stupida e terribilmente fuori luogo, lui era venuto a rifugiarsi dove nessuno l'avrebbe cercato e io spavalda e intrigante ero andata a invadere qualcosa che non mi riguardava. Ma poi la sua voce roca rimbombò nelle mie orecchie facendomi deglutire silenziosamente.
-Che ci fai qui Hanna?.-

 





Salve :) , è la prima volta che scrivo qualcosa su Efp, devo dire che sono molto emozionata, e non avrei pubblicato nulla (data la mia timidezza >-<), se due mie care amiche non mi avessero spinto o meglio pregato a farlo. Voglio premettere che a questa storia tengo molto, perchè la protagonista (Hanna) è ispirata a una mia carissima amica, che insieme a me sogna leggendo. Non so ancora da quanti capitoli sarà composta la storia perchè non ho ancora finito di scriverla >\< , comunque se almeno in questo capitolo la storia sembra affrontare tematiche abitudinarie , in realtà andando avanti con i capitoli capirete che la trama è molto più intrigata di ciò che sembra. Cercherò di essere precisa e vorrei pubblicare un capitolo a settima, o forse più dipende tutto dalla mia cara scuola. Non voglio dilungarmi oltre, preferisco lasciarvi ampio spazio all'immaginazione e alla critica dei personaggi, senza influenzarvi con le mie considerazioni. Spero tanto che la seguirete e che almeno questo capitolo abbia stuzzicato la vostra curiosità per il prossimo. 
XOXO
MissGordlay.

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Capitolo 2
*** 2°Capitolo ***





2° Capitolo.

Again



Hanna pov.
Una settimana.
Una settimana da quando avevo seguito Harry in bagno.
Una settimana da quando lo evitavo.
Una settimana che  avevo ripreso a sentire quel peso sul cuore.
Una settimana che non sentivo più il mio cuore battere.
Probabilmente ero solo io che avevo avuto l'illusione di sentirlo, ero stata io a illudermi di poter respirare senza ne pesi o catene, ero io che come al solito lasciavo che la mia mente vagasse, immaginasse o peggio sognasse cose che in realtà non sarebbero mai accadute. Quella volta però mi era sembrato di sentirlo, l'avevo sentito battere e questo solo specchiandomi in quelle sfere simili a pezzi d'anima di una foresta. Sì perché i suoi occhi mi ricordavano il verde di una foresta: intenso,ipnotico, disarmante,intricato. Ciò comunque non cambiava il fatto che avessi sbagliato, ero stata impulsiva,troppo presa da quella voce roca e profonda per pensare razionalmente e frenarmi da aprire quella porta. Io non lo conoscevo, io non ero nessuno e la mia invadenza lo aveva infastidito facendomi sprofondare dietro le sue parole.


- Allora Hanna ,cosa diavolo ci fai qui?- disse lui alzando il tono di voce, mentre si passava velocemente il dorso della mano sotto gli occhi. Non sapevo che fare, che dire, mi pentivo amaramente di aver aperto quella porta, di aver zittito la mia parte razionale,di aver raccolto quel cappello che ora stringevo convulsamente tra le mani.
-Io...-
-Allora Hanna cosa c'è? Sei scioccata perchè non hai mai visto un ragazzo piangere?!La mamma non te l'ha insegnato? E poi sappi che seguire le persone, quando si stanno facendo gli affari propri è maleducazione, quindi ti pregherei di non farlo più in futuro.- Mi interruppe lui bruscamente alzandosi da terra senza guardarmi. Io mi morsi il labbro con forte desiderio di scomparire, disintegrarmi, evaporare o qualcosa di simile pur di non restare lì senza riuscire a dire nulla.
-Be ..anche perchè non sopporto le ragazzine timidi e asociali!E ora togliti dal cazzo che devo passare - disse freddamente oltrepassandomi. In quel momento sembrò che qualcuno mi avesse stretto la gola in una morsa, perchè iniziai a sentire il mio respiro ridotto a dei saltelli, seguito da un paio di lacrime che scorrevano lungo le mie guancie impallidite da quel chiodo invisibile, che mi perforava piano il cuore. Continuai a stringere il suo capellino che sembrava bruciarmi le dita, mentre piano sussurravo :
-il tuo cappello Harry...-

 
Sospirai ricordando quel momento, e sospirai mentre lo vedevo entrare dalla porta. I ricci scompigliati dal vento, le labbra rosse e i suoi occhi verde bosco subito puntati nei miei. Deglutii piano e mi misi a guardare fuori dalla finestra facendo finta che non l'avessi visto, facendo finta che non lo conoscevo, perchè il pensiero di averlo vicino per la bellezza di cinquanta minuti mi agitava. Per tutta una settimana mi ero ben impegnata a ignorarlo se lo vedevo per i corridoi, o in qualche aula. Mi ero preparata a fare l'indifferente, a cercare di nascondermi dietro la mia chioma di capelli biondi, quando si sarebbe dovuto sedere di nuovo affianco a me. Eppure il mio lavaggio del cervello non aveva funzionato, dato che ero nervosa, in ansia e cercavo irrimediabilmente d'immaginare il mio banco vuoto,senza quell'ammasso di ricci e muscoli , da cui mi ero fatta odiare.
Trattenni il respiro quando sentii la sedia spostarsi e Harry sedersi in modo molto meccanico, senza emettere nessun rumore; io continuavo a guardare fuori , persa a fissare il parcheggio triste e desolato della scuola, che sembrava però il posto più interessante del mondo in quel momento.
 
-Hanna- Sobbalzai sentendo la sua voce roca dietro di me. Aveva parlato o l'avevo sognato?.
-Hanna??- disse di nuovo posando la sua enorme mano sulla mia spalla. Un brivido mi percosse il braccio ed eccolo di nuovo: il cuore. Batteva velocemente come se volesse sfrecciare via dal mio controllo, batteva come se avessi appena finito la maratona di NY, batteva così forte che mi guardai il petto confusa. Era possibile che un brivido provocasse tanto scompiglio?.
Piano mi girai guardandolo, guardai il suo viso abbronzato ,le sue labbra a cuore così perfette , guardai le piccole rughe che si formavano con la sua espressione corrucciata, i suoi ricci scomposti,  le sue guancie leggermente arrossate dal fresco di quel mattino; guardai la sua mano che ora poggiava sulla mia sedia, il suo collo da cui scendevano due collane, ed in fine guardai i suoi occhi, quei smeraldi ardenti con venature un pò gialle, un pò celesti che mi ipnotizzavano senza rendermene conto.
-Io volevo..-
-Ciao Harry! L'altro lunedì non ci siamo presentati, sono Lhona- La biondissima, magrissima, ammiratissima Lhona Kruz lo interruppe bruscamente sedendosi sul suo banco con quello charm che solo lei aveva. Lhona era forse la persona che meno sopportavo in quella scuola, e non perchè fosse una bella ragazza, ma perchè continuava a utilizzare il suo corpo per ottenere qualsiasi cosa, dai voti, ai ragazzi, dai titoli, ai posti a sedere ; sembrava che tutto girasse intorno al suo corpo perfetto.
-Scusa io ora starei...-
-Dai parli dopo con Hanna tanto lei ha tempo, vieni con me tanto dubito che stavate facendo un discorso molto costruttivo, Hanna è timida.-lei sorrise guardandomi con i suoi occhi scuri contornati da tre kg di eye-liner nero,facendomi sentire davvero come la persona più invisibile di questo pianeta.
 
Harry pov.
I suoi occhi quel mattino erano di un azzurro chiaro,tempestato da chiazze verde, che si mescolavano dando vita a un colore che nemmeno uno  dei pittori migliori sarebbe stato capace di ricreare. Non so perchè ero tanto affascinato dai suoi occhi, ma mi davano un senso di pace che non poteva non farmi sorridere.  Con lei quel giorno in bagno ero stato troppo duro, non avrei dovuto alzare la voce e scacciarla come se fosse stata la peste. Probabilmente era venuta anche lei lì per sfogarsi, o forse fumava e aveva bisogno di un tiro per rilassarsi, chi lo sa, e io invece l'avevo accusata, trattata male e mettendo tutto sul piano ‘Dell'Harrycentrismo’. Che stupido, impulsivo ragazzino ero stato. Per questo volevo chiederle scusa, per questo volevo farmi perdonare in qualche modo e ci sarei riuscito, se quella ragazza non si fosse spalmata sul mio banco.
-Scusa io starei...- tentai di dire, prima che QUELLA riprendesse a parlare come una radio rotta. Cercai di mantenere la calma e non urlarle di scomparire dal mio banco, dato che quelle con la voce nasale e le tette di fuori non mi piacevano, ma poi mi bloccai sentendo quello che la bionda stava dicendo. E allora capii che era la solita ragazza montata , che pensava al mondo come una massa di stupidi in cui l'unica che si salvava era lei. Mi girai a guardare la mia compagna di banco che piano piano si rimpiccioliva nella sua sedia, tentando di diventare invisibile sotto le parole di quella Lhona.
-Non m'interessa!- dissi facendo spegnere quel sorriso smagliante sul viso della bionda.
-Cosa non ti interessa?- chiese lei inclinando la testa.
-TU!. E tutto ciò che riguarda te , quindi scendi dal mio banco  per piacere. - la ragazza mi guardò confusa e accigliata, mentre scendeva piano  sotto gli occhi di tutta la classe che ora si era fermata a guardare la scena. Il silenzio piombò all'interno della stanza e quindici paia di occhi mi guardavano come se avessero visto un fantasma, come se avessi appena ucciso qualcuno.
Odiavo quella pressione, odiavo che tutti mi guardassero con gli occhi sgranati, e odiavo ancora di più il fatto che i loro sguardi passassero da me a Hanna, come se entrambi avessimo complottato un colpo di stato. Mentre mi trattenevo dal dire qualcosa a tutti i miei compagni sentii Hanna alzarsi, velocemente prese i suoi libri e ancora più velocemente la vidi inoltrarsi tra i ragazzi per scomparire fuori la porta. Sentii qualcosa dentro lo stomaco, forse senso di colpa,forse rabbia, forse altro, per aver fatto scappare l'unica ragazza che avrei voluto restasse. Così anche io mi alzai, afferrai le mie cose e la segui, la seguii perchè quelle parole erano ingiuste, come era ingiusto il modo in cui l'avevo trattata.  Lei non c’entrava nulla con il casino che avevo dentro, ed io stupido ancora non gli avevo chiesto scusa.
Uscii dalla classe velocemente sotto lo sguardo stupito dei miei compagni, mi guardai in giro e feci giusto in tempo a vedere la maglia bianca a strisce blu di Hanna scomparire dietro l'angolo del corridoio alla mia sinistra. Allungai il passo verso quella direzione, forse corsi, non lo so, fatto sta che la trovai, la trovai a camminare lungo il corridoio con passo trascinato reggendo tra le mani i libri, quando gliene cadde uno. Mi precipitai verso di lei e appena lei si abbassò per raccoglierlo  io ne ero già in possesso
-Harry...- disse piano lei guardandomi dal basso intanto che io riacquistavo  un respiro regolare. Sorrisi soddisfatto di me stesso e mi passai una mano tra i ricci che mi ricadevano davanti agli occhi, passandole poi il libro.
-Questo deve essere tuo -
-Si grazie - afferrò il volume con velocità dalle mie mani come se avesse paura che cambiassi idea e poi si girò riprendendo a camminare velocemente.
- Scusa ma devo andare..-. Disse quella frase velocemente quasi come un sussurro mentre già si allontanava da me, come se avesse paura della mia presenza. Ma no, non potevo permettere che scappasse di nuovo, non senza averle chiesto sinceramente scusa.  Di certo avrei potuto lasciarla andare e scegliere la strada più semplice, ma non volevo così le afferrai un polso. Lei si girò verso di me come scioccata, o sorpresa dalla mia reazione e puntò i suoi occhi color mare nei miei.
 
 Hanna pov.
-Scusa- disse piano lui addolcendo lo sguardo e allentando la presa sul mio polso così da permettermi di liberarmi. Quel suono così forte e caldo mi aveva confusa tanto che per un attimo ebbi la sensazione di dondolare da una parte all'altra, come in balia di una tempesta. Una tempesta che non erano altro che i suoi occhi. Non potevo credere a ciò che avevo sentito, non potevo credere che era appena uscito dalla classe solo per dirmi questo. Nessuno mi aveva mai rincorso, e nessuno si era mai fermato a chiedermi scusa, amico o no che fosse nessuno si era tanto preoccupato di fermarmi e guardarmi in quel modo, tanto bello quanto triste. Nessuno si era mai soffermato a pensare che forse avessi ragione che forse davvero meritassi una scusa. Ne amici, ne amiche, ne genitori, ne insegnanti. Per tutti ero Hanna: la ragazza studiosa,silenziosa,senza pensieri o forse con troppi, la ragazza che si nascondeva dietro i suoi occhiali e che sprofondava nelle sue maglie larghe, la ragazza che spesso era goffa e sbatteva agli spigoli dei banchi, quella dai kg in più e le mani piccole. Per tutti ero solo Hanna. Per tutti tranne che per lui. Lui che mi aveva chiesto scusa rompendo la catena dei miei sbagli, che forse in realtà erano sbagli degli altri. E allora zittii tutti quei pensieri, zittii quel ragionamento così bello e perfetto, che mi sembrava assurdo averlo pensato e risposi :
-Ehm…non ti preoccupare sono abituata alle offese di Lhona!-
-Ma non sei abituata alle mie…- disse lui con tono basso, dispiaciuto, remissivo mentre mi posava una mano sulla spalla. La sua mano mi fece rabbrividire di nuovo,scuotere le viscere e zittire, ma mai come le parole che stava per pronunciare.
-Quel giorno in bagno ecco io..io non pensavo quelle cose, ero solo arrabbiato con me stesso, diciamo che ti sei trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato …ed ecco.. mi dispiace…- Le sue parole mi colpirono, forse erano gli occhi grandi e maledettamente sinceri, per il tono della voce basso o per il modo di balbettare che aveva assunto ma mi sentii più leggera, come se avessi davvero messo le ali. Il peso era sparito DI NUOVO, il cuore batteva DI NUOVO, e io potevo sentirlo DI NUOVO, e tutto grazie a cosa? A un mi dispiace, una semplice parole composta da otto lettere, otto lettere che continuavano a rimbombare nella mia testa senza sosta come a farla scoppiare. Ma a me non sarebbe importato, avrei fatto a pezzi il mio cervello,  pur di sentirle di nuovo.

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The writer's corner .
Salve :) , dopo un giorno di ritardo finalmente sono riuscita a pubblicare il secondo capitolo di Shiver. In primis vorrei ringraziare tutti coloro che hanno recensito la mia storia, ringrazio tutti (anche se poi risponderò a ogni recensione ;) ) con tutto il cuore, perchè ogni vostra singola parola mi ha fatto emozionare. Quindi grazie, grazie e ancora grazie. Parlando di questo nuovo capitolo invece, potete capire meglio i caratteri dei due protagonisti e da questo capitolo inizierà ad instaurarsi tra i due un legame particolare. Spero tanto che questo capitolo vi  piaccia, perchè ogni capitolo è come una parte di me e spero ancor più di ricevere le vostre recensioni!!! 
Ora non mi dilungo oltre, vi ricordo che aggiorno una volta a settimana, anche se stavo pensando di pubblicare il prossimo capitolo sabato o venerdì dipende dagli impegni che ho a scuola :).
Per il resto spero di farvi emozionare come mi emoziono ogni volta io quando scrivo . 
XOXO
MissGordlay.

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Capitolo 3
*** 3° Capitolo ***


3° Capitolo

Pursued by memories



Pov Hanna.

Ho sempre pensato che la solitudine fosse uno stato d’animo in cui mi trovavo bene. Uno stato in cui mi rispecchiavo perfettamente, io , i miei libri, la mia musica,i miei sogni, i miei dolori, combaciavano perfettamente in questa condizione . Stranamente, mentre infilavo la chiave nella toppa della porta entrando, iniziavo a pensare che forse per tutto quel tempo non avevo capito nulla. Probabilmente mi ero comportata come la volpe e l’uva, mi ero ingannata convincendomi che la solitudine fosse il mio stato perfetto quando invece mi accontentavo, per non soffrire di qualcosa che non avevo. Quel giorno me lo sarei ricordato per molto molto tempo, perché quel giorno la porta del mio mondo era stata aperta, e ora io ero lì , ferma sulla soglia incerta se uscire o ricostruire quel muro che qualcuno aveva appena distrutto. 
Uscire o restare lì? Basare tutto su una giornata diversa, una giornata tra le risate, battute e gentilezze di Harry Stayles,era come fare un salto nel vuoto. Restare lì voleva dire essere al sicuro. Sicuro da tutto quello che poteva ferirmi, e io non ero ancora pronta a uscire allo scoperto, io ero xenofobica e il vuoto mi terrorizzava: così mentre mi sedevo sul letto confusa da ciò che sentivo lasciai che quella porta si riformasse nascondendo quel mondo che tanto bramavo. 
Lasciai che si riformasse mentre le immagini di quel pomeriggio sbiadivano davanti ai miei occhi come fumo. Lasciai che il ricordo del suo abbraccio diventasse solo frutto della mia mente , lasciai che tutto venisse risucchiato fuori da quella barriera che avevo. 
Afferrai il cappellino di Harry che era ancora in mio possesso,e lo rigirai tra le dita, accarezzandolo, osservandolo, stringendolo, come fosse stata un’ancora a cui aggrapparsi, qualcosa che mi avrebbe tratto fuori da quel muro che mattone dopo mattone mi portava via anche l’unica giornata in cui ero stata spensierata, felice, in cui avevo desiderato fare un passo fuori, oltre quella porta.
Mi allungai sul letto continuando a  stringere tra le dita quell’oggetto inanimato ma pieno di significato, fin quando i miei pensieri non furono spezzati dalle risate di mio fratello,che con poca grazia aveva spalancato la porta e ora si dirigeva tutto correndo verso di me. 
-Nannaaaaa…io mi annoio che facciamo?- la sua voce squillante e fina mi rimbombò nelle orecchie come un trapano. Adoravo mio fratello, gli volevo un mondo di bene, ma in giornate come quelle avrei voluto tanto che  trovasse qualcun altro a cui dar fastidio. Di solito il pomeriggio stava con la mamma e io potevo avere la mia libertà, ma quel giorno era diverso, era lunedì e tra tutti i giorni della settimana era quello che odiavo di più. Odiavo l’umore di mio padre e il viso di mia madre quando tornavano a casa, perché ogni lunedì pomeriggio andavano a trovare mia sorella, la mia amata sorella. Mia sorella era un anno più grande di me, aveva diciotto anni ed era malata: autolesionismo, avevano detto i medici, mancanza d’affetto dicevo io. Si perché lei era sempre stata una ragazzina forte, aveva sempre stretto i denti a ogni offesa di nostro padre, mi aveva sempre protetta , e questo fin quando non si era rotta.
 Un giorno mia sorella si era rotta per sempre senza via di salvezza, aveva abbandonato le armi, non si era preoccupata del suo scudo o del suo onore da guerriera. Un giorno aveva detto basta e si era chiusa in bagno dimenticandosi il suo nome, dimenticandosi di avere una sorella, dimenticandosi dei suoi progetti e si era armata di una lametta. Riuscivo quasi a immaginarla mentre tra le lacrime, con mano tremante premeva sulla sua pelle chiara liberando il suo dolore in un fiume rosso, quel rosso che non era solo sangue ma anche rabbia, frustrazione, non accettazione, dolore, tristezza, solitudine, mancanza d’affetto. Continuavo a immaginarla mentre si appoggiava al muro e si lasciava scivolare giù, lungo le piastrelle blu del suo bagno,pensando che ora si, ora tutto sarebbe finito, che ora finalmente poteva lasciarsi andare. Per sua fortuna o sfortuna mio padre era tornato prima a casa e il suo piano per mettere fine alle sue pene era stato sabotato,perché anche se con mille difficoltà erano riusciti a salvarla e subito sbattuta in un centro di recupero pensando che quello le avrebbe fatto bene, ma avevano sbagliato. Avevano sbagliato tutti, perché bastava solo una carezza da colui che era stato il suo angelo custode ma al contempo il suo angelo distruttore :mio padre.
Spostai lo sguardo su quel piccolo bimbo che mi guardava ancora in attesa di una risposta e lasciai volare via i pensieri alzandomi e prendendolo per mano.
-Andiamo a vedere un bel cartone. Cosa vuoi vedere?- uscì dalla stanza mentre sbattevo due o tre volte le palpebre spazzando via quel filo di lacrime pronte ad uscire, pronte a ricordarmi quanto mi mancava e quanto volessi fosse ancora con il suo scudo davanti a me.
-Peppa pigggg!- esultò trotterellando al mio fianco.
-sospirai di nuovo prima di – Ok Matty e Peppa Pig sia.-.

Harry pov.
Scesi dall’autobus con il sorriso sulle labbra mentre mi giravo a salutare Hanna, che continuava ad agitare una mano dietro il suo finestrino. La risalutai fin quando l’autobus non era lontano, poi mi girai e presi a camminare verso l’appartamento che mamma aveva preso in affitto,non era molto grande: aveva due stanze da letto ,un bagno, una cucina, e una specie di salotto che faceva da entrata. L’appartamento era provvisorio,mamma non era riuscita a finire le pratiche con l’agente immobiliare ed eravamo finiti in quel locale in attesa dell’arrivo delle chiavi della nostra nuova, vera casa. 
Arrivai davanti la porta di casa più stanco che mai, la mattinata a scuola era stata abbastanza stressante l’unica cosa che mi aveva fatto resistere dall’andarmene era stata Hanna, stare con lei mi faceva stare bene, mi sgombrava la mente da ogni pensiero negativo, e poi quella sua timidezza mi faceva comportare come il fratello maggiore e questa cosa mi stupiva. Non era da me preoccuparmi così tanto e subito delle persone con cui avevo parlato due volte, di solito facevo il simpatico, cercavo di tenere aperta una conversazione ma in realtà non ero mai davvero interessato. Quel mio comportamento protettivo e gentile lo utilizzavo solo con le persone che mi conoscevano da sempre, quelle che potevo considerare amiche, con cui riuscivo a mostrare il vero me, e non con sconosciuti. Con lei invece era diverso, mi faceva dimenticare questi miei concetti mentali ritrovandosi a un passo dal vero Harry, quello che conoscevano solo due persone: mia madre e mia sorella. Come facesse è un mistero, fatto sta che quella cosa mi spaventava, mi spaventava da morire. La mia corazza fatta di milioni di strati non poteva essere rotta così. 
Salii in ascensore con i miei pensieri che sembravano opprimermi. Presi il cellulare riguardando il suo numero che ancora doveva essere salvato nella mia rubrica, e non potei fare a meno di sorridere ripensando alla sua sorpresa mentre gli scrivevo il mio. Aveva fissato lo schermo per dieci minuti prima di ringraziarmi dicendomi che di solito nessuno chiedeva il suo numero. Sinceramente pensavo che fosse assurdo, era una ragazza così dolce, e simpatica se la si prendeva nei punti giusti, tanto che ritenevo i ragazzi di Holmes Champel davvero ignoranti in fatto di persone. 
Uscii dall’ascensore salvando il numero di Hanna e mi trovai subito  di fronte alla porta del mio appartamento, aprii svogliatamente la porta e lasciai cadere lo zaino a terra una volta entrato, quando mi bloccai sentendo una voce. Una voce forte, leggermente roca, maschile e da me conosciuta molta bene; scattai verso la cucina sperando di essermi immaginato tutto, quando mi accorsi che quello che credevo frutto della mia immaginazione era reale. Quella era la voce di mio padre. Sgranai gli occhi appena il mio sguardo incrociò quello dell’uomo che avrei dovuto chiamare padre, quell’uomo che all’età di sei anni ci aveva abbandonato lasciandoci in mezzo a una strada, costringendo in seguito mia madre a lavorare. Quell’uomo da me tanto pianto quanto odiato, ora era di fronte a me con un sorriso dipinto sul volto come se fosse appena tornato da lavoro e non da 12 anni d’abbandono.
-Cosa diavolo ci fa lui qui?- grugnii mentre avanzavo con fare minaccioso verso di lui. Mia madre che prima mi dava le spalle appena si accorse della mia presenza si alzò venendomi incontro allarmata.
-Harry calmati per favore…- scansai la sua mano sul petto quando tentò di fermarmi e mi posi di fronte a mio padre che intanto si era alzato assumendo un’espressione seria.
-Cosa cazzo sei venuto a fare??- alzai di un tono la voce, mentre i miei muscoli erano tesi al massimo, per il freno che mi ero posto per non picchiarlo fino a farmi far male i muscoli, per tutto quello che ci aveva fatto passare.
-Tesoro..papà è tornato..-disse piano la mamma posandomi una mano su una spalla per tirarmi via. Mi girai di scatto tra il ferito e scioccato per le sue parole. Era tornato? Cosa voleva dire che era tornato? Dopo dodici anni di nulla totale, in cui pensavo che fosse morto se ne usciva così, come fosse niente e tornava?
-Cosa? E’ così che funziona mamma? Una mattina si sveglia e decide di tornare e lo fa?Dopo dodici anni senza una spiegazione, dopo dodici anni di pianti, preoccupazioni lui ritorna? Stai scherzando vero?.- La mia voce era  vibrante ,più profonda del solito.
-Figliolo so di aver sbagliato… ma ora voglio rimediare- disse l’uomo di fronte a me posandomi anche lui una mano sulla spalla, e quella fu la scintilla che mi fece esplodere. Gli spostai bruscamente la mano mentre con un gesto repentino lo afferravo per il colletto del maglioncino rosso che indossava avvicinandolo al mio viso.
-Cosa credi di fare??! Rimediare?!! No tu non rimedierai a nulla!-
-Harry!!! Fermo!!!!- continuava a dire mia madre.
-Puoi ridarmi dodici anni della mia vita senza di te?? Su rispondimi puoi?? No! Puoi contare tutte le lacrime che abbiamo versato per te??Puoi togliere i muri che ho messo a causa tua?? Sai quante notti insonni ho passato a pensare a te?Sai quante volte ho gridato il tuo aiuto?? E sai ancor di più quante volte ho ricevuto una tua mano?- la mia voce tremava di rabbia, mentre le pupille dell’uomo che avevo di fronte si dilatavano.
-Harry calmati! Harryy!!!-
-No che non lo sai! Tu non sai niente di ciò che abbiamo , che ho passato! Quindi vaffanculo Des Styles!- dissi digrignando i denti per poi lasciarlo  andare con uno strattone.
-Harry smettila ..ti prego ..tuo padre vuole recuperare il rapporto a poco a poco!- ansimò quasi mia madre guardandomi in senso di supplica. Scossi la testa incredulo delle parole di mia madre, quella donna non poteva ragionare così, i suoi principi, il suo orgoglio dove era andato a finire?. La spostai piano mentre con passo pesante uscivo fuori da quella cucina,sentivo il petto ardere, e i muscoli implodere, avevo bisogno di andare via, di scaricare la rabbia che avevo dentro. Così uscì senza voltarmi, senza ascoltare mia madre e iniziai a correre lungo la strada lasciando che la tensione fosse impressa sull’asfalto grigio e freddo quanto il mio cuore. Corsi a perdifiato senza meta, sempre dritto fino a farmi esplodere i polmoni, fino a farmi scrocchiare le ossa, fino a stordirmi per la mancanza d’ossigeno. Corsi senza dar retta ai muscoli che facevano male, come se da quella corsa dipendesse tutto. Corsi come se avessi voglia di vomitare il mio cuore, che ora ferito se ne stava in un angolo a ripensare a cosa davvero l’avesse ferito: se il ritorno improvviso di mio padre o la reazione di mia madre. Corsi ancora e ancora come un cavallo impazzito fin quando non sentii il mio nome risuonare per quelle strade.
-Harry?Harry…Harry..?? – Mi fermai con difficoltà posando le mani sulle ginocchia, cercando di dare aria ai miei polmoni che rantolavano. Mi girai verso la voce che più volte mi aveva chiamato e rimasi stupito nel vedere una ragazza biondina, felpa larga e occhiali venirmi incontro. Strabuzzai gli occhi cercando di mettere a fuoco l’immagine che ancora appariva sbiadita e solo quando sentii la sua mano dietro la mia schiena e il suo viso a un palmo dal mio la riconobbi: Hanna. 
Il suo viso era un misto tra preoccupazione, sorpresa, e curiosità e forse qualcos’altro.  Mi aiutò a sedermi sul muretto del marciapiede mentre io continuavo a tossire e a rantolare prendendo fiato,forse avevo bisogno di una bombola d’ossigeno.
-Harry cosa ci fai qui? Che stavi facendo? Tutto ok?- continuava a farmi domande su domande allarmata forse dal mio continuo non parlare. Perché non parlai neanche dopo aver ripreso fiato, riuscivo solo a guardare fisso il marciapiede su cui ero seduto e a pensare alla scena che avevo appena affrontato, mia madre al suo fianco, mia madre che sceglieva lui,mia madre che mi guardava spaventata,mia madre che mi aveva appena tradito.
-Harry allora mi dici che hai? Mi stai facendo preoccupare..cos è successo? Harry?- rabbrividì riscuotendomi da quella trans momentanea e – Mio padre…-.
-Tuo padre cosa?- chiese lei accarezzandomi piano una mano con le sue piccole dita morbide.
-Mio padre è tornato…e non lo faceva da dodici anni- 
-Oh.- Tra noi calò il silenzio dopo quel suo sussurro,nessuno dei due sapeva cosa dire o cosa fare e allora feci l’unica cosa di cui avevo bisogno: l’abbracciai. La strinsi a me circondandola con le mie braccia, cercando di trovare conforto in lei , in quell’estranea con cui riuscivo a parlare, quell’estranea a cui già volevo bene.

Pov Hanna.

Sentì le sue braccia avvolgermi e tirarmi verso di lui, era strano eppure bello che mi stesse abbracciando, e benché in un primo momento mi avesse spiazzata, ricambiai stringendo quel Harry fragile che sembrava essere solo per me. E anche se lo conoscevo da poco, da pochissimo non potevo non sentirmi bene tra le sue braccia. Tutto ciò che provavo, tutto ciò che stava accadendo, tutto ciò che stavo facendo era irrimediabilmente e maledettamente irrazionale, e a me …a me piaceva, piaceva da morire perché mi faceva sentire viva. 


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The Writer's corner .
Eccomi di nuovo qui con un altro capitolo :), ringrazio innanzitutto tutte coloro che hanno recensito la mia storia, siete tutte dolcissime e mi date l'ispirazione per continuare la stroria . Questo capitolo è di passaggio, perchè i due protagonisti saranno insieme soltanto nella scena finale. In realtà questo capitolo serve per far conoscere meglio le vite dei personaggi e come avrete letto sono abbastanza complicate, ovviamente questo è solo un accenno ma pian piano potrete capire meglio le loro vite. Sappiate che in questa storia ci saranno altri due personaggi importanti, che scoprirete andando avanti con i capitolo; scusatemi tanto se per così dire ''butto la pietra e nascondo la mano'' ma non voglio anticapirvi nulla, anche se sono tentata.
Nel prossimo capitolo vi metterò ,qui sotto, il link del triler della storia ch ho creato io :3. Spero che questo capitolo vi piaccia, io adoro molto la parte finale <3
Ciauuu :)
Ps. questo è il mio profilo facebook : .https://www.facebook.com/missy.gordlay.1
  XOXO
MissGordlay



 

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