Crystal Heaven

di TheNaiker
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Preambolo ***
Capitolo 2: *** Guardandosi attorno ***
Capitolo 3: *** Una scuola di giovinastri ***
Capitolo 4: *** Background ***
Capitolo 5: *** Vecchie amicizie, nuove amicizie ***
Capitolo 6: *** Tutti per uno, tutti contro tutti ***
Capitolo 7: *** La sinistra ombra di Satoshi ***
Capitolo 8: *** Uno sguardo nell'Abisso ***
Capitolo 9: *** Incontri e Raduni ***
Capitolo 10: *** Sospetti ***
Capitolo 11: *** Pedinando sconosciuti ***
Capitolo 12: *** Storie di gemelli ***
Capitolo 13: *** Un giorno qualsiasi ad Hinamizawa ***
Capitolo 14: *** La fine di un dolce sogno ***
Capitolo 15: *** Troppo brutto per essere vero ***
Capitolo 16: *** Un passato alle calcagna ***
Capitolo 17: *** Come i bei tempi andati ***
Capitolo 18: *** La Guerra delle Frane – Disposizione dei pezzi ***
Capitolo 19: *** La Guerra delle Frane – Cicale e falene ***
Capitolo 20: *** La Guerra delle Frane – Muove il bianco ***
Capitolo 21: *** La Guerra delle Frane – Muove il nero ***
Capitolo 22: *** La Guerra delle Frane – Nemesi ***
Capitolo 23: *** I cocci del vaso di Pandora ***
Capitolo 24: *** Sognando una vita normale ***
Capitolo 25: *** Il peggiore degli amici ***
Capitolo 26: *** L'anima specchio ***
Capitolo 27: *** Battaglia tra buoni a nulla ***
Capitolo 28: *** Prova di maturità ***
Capitolo 29: *** Il giudizio della sacerdotessa ***
Capitolo 30: *** Corde di violino ***
Capitolo 31: *** Il due di picche ***
Capitolo 32: *** Frammenti di kakera ***
Capitolo 33: *** Giocare con il fuoco ***
Capitolo 34: *** Senza più un'anima ***
Capitolo 35: *** Una promessa infranta ***
Capitolo 36: *** Tutti i tipi di affetto ***
Capitolo 37: *** La riva dello Stige ***
Capitolo 38: *** Il racconto di Caronte ***
Capitolo 39: *** Una guerra senza vincitori ***
Capitolo 40: *** Muori nel dolore, riposa in pace ***
Capitolo 41: *** Separazione ***
Capitolo 42: *** Un legame doloroso ***
Capitolo 43: *** Resistere al male ***
Capitolo 44: *** When moths cry ***
Capitolo 45: *** Collasso ***
Capitolo 46: *** L'orlo del baratro ***
Capitolo 47: *** Spalanca le ali al cielo ***
Capitolo 48: *** Punto di non ritorno ***
Capitolo 49: *** ***
Capitolo 50: *** In memoria ***
Capitolo 51: *** La cinquantatreesima carta ***
Capitolo 52: *** Un rapimento assolutamente legale ***
Capitolo 53: *** I lunghi tentacoli di un dolore lontano ***
Capitolo 54: *** L'ultimo viaggio ***
Capitolo 55: *** Il sentiero di un solitario, la forza di un gruppo ***
Capitolo 56: *** Muro di gomma ***
Capitolo 57: *** Ali richiuse ***
Capitolo 58: *** Endless zero ***
Capitolo 59: *** Il ballo di Cenerentola ***
Capitolo 60: *** Una fine senza infamia e senza lode ***
Capitolo 61: *** Vincoli da rispettare ***
Capitolo 62: *** L'ultima danza con il Demonio ***
Capitolo 63: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Preambolo ***


Preambolo

Sarò breve, so quanto sono odiose le introduzioni lunghe, non temete.

Questo lavoro è la traduzione in italiano di una fiction in inglese che ho scritto (per chi è interessato, cliccate qui). In linea di massima, usando lo scarso tempo a disposizione, vorrei tradurre il mio lavoro in modo da esprimerne tutto lo (scarso :p ) potenziale. Infatti, la storia in inglese è completa, e quella italiana non sarà “difficile” da scrivere, in fondo la storia è già pronta. Ma non escludo che il testo italiano abbia delle modifiche o aggiunte, per rendere il prodotto finale più gradevole.

Perché lo faccio? Perché in fondo sono italiano, e con la nostra lingua dovrei cavarmela meglio... Scherzi a parte, questo sarà un lavoro lungo, la storia è complessa e intricata, come potrete leggere se vorrete seguirmi, e usando la mia lingua madre dovrei essere in grado di spiegarla per bene, più che con l'inglese, che conosco ma in misura minore.

Altro da aggiungere? Beh, fin dal primo capitolo si vede come i nuovi personaggi vengano da casa nostra. Sono ovviamente nomi di fantasia, ma non scelti a caso, più avanti scriverò perché ho scelto quelli. Va aggiunto poi che non so esattamente come funzioni il lavoro e lo studio in Giappone da straniero, per quanto mi sia documentato un attimo; non scandalizzatevi quindi se vi sono inesattezze. Infine, per comprendere appieno la storia, ricordo che in Giappone l'anno scolastico comincia e finisce a inizio primavera, il che significa, per esempio, che nel mese di giugno 1983 a Mion e Shion manca ancora un anno, prima di finire gli studi nella piccola scuola del paesino e andare all'Università. La cosa avrà una sua importanza.

Dovrebbe essere tutto, quindi... buona lettura.

 

T. N.

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Capitolo 2
*** Guardandosi attorno ***


 


Capitolo 1: Guardandosi attorno


Hinamizawa, 31 Agosto 1983

"Ouch! Ehi, mi fai il piacere di guidare più piano? Questa strana è tutta piena di buche!"

Proveniente dal Maniero Sonozaki, una piccola utilitaria blu stava viaggiando verso il cuore del piccolo villaggio chiamato Hinamizawa. Non era un auto particolarmente lussuosa, specialmente comparandola con le magnifiche limousine che spesso attraversavano quella stradina di campagna, segno che chi ci si trovava sopra non apparteneva a quella facoltosa famiglia. E infatti, a bordo di essa, un ragazzo stava massaggiandosi la testa dolorante, osservando seccato la sua sorella maggiore mentre stava guidando.

“Te l'ho già detto che sono in ritardo tremendo. Non mi avevate detto che dovevamo presentarci oggi, non era nel programma.”

"Vero, però dovresti organizzare meglio i tuoi impegni. Non voglio certo rischiare la mia incolumità per colpa dei tuoi ritardi cronici.”

“Però a essere onesti non ho neanche capito perchè dovevamo andare là. Li avremmo incontrati comunque nei prossimi giorni, dopo tutto. Questo è un villaggio piccolo come tanti altri, e trovare qualcuno in giro non è poi così difficile!”

Il ragazzo sospirò, e rispose: “Hai già dimenticato cosa ci ha detto il nonno, prima che partissimo? Questa è una legge non scritta, qui, e quella vecchia signora ci tiene terribilmente... E in qualche modo questo è un modo di riconoscere la sua autorità, come se fosse un re che riceve omaggio dai suoi vassalli. Senza contare che Oryou-sama è una signora di una certa età, non credo che spenda le sue giornate passeggiando allegramente per il villaggio. Penso che sia carino andare a casa sua e dire chi siamo, da dove veniamo, e così via.”

"Hmmm... Sarà. Non sono ancora diventata la serva di qualcuno, al momento.”

“E al momento penso che non sia una buona idea venire meno a questo tipo di regole. E' qualcosa di puramente formale, non è che andare là comporti delle vere conseguenze... Invece ignorarli sarebbe un pessimo biglietto da visita, non sei d'accordo con me, Flavia?”

Flavia (la giovane donna al posto di guida) non rispose subito. Ma poi disse: "E' solo perchè sono loro a comandare, qui. Se lei fosse una donna come le altre tutto ciò sarebbe stato un nonsenso. Insomma, a quel punto non sarebbe meglio andare e fare la stessa cortesia nei confronti di tutte le altre famiglie qui intorno?”

"Non hai tutti i torti, ma ti ho appena detto che questa è una regola, quasi una legge vera e propria, e personalmente non ho nulla in contrario a obbedire. Comunque penso sia meglio... no, dobbiamo proprio presentarci anche agli altri abitanti della zona, partendo dai vicini. Non possiamo restarcene a casa e ignorare chi c'è accanto a noi, tanto valeva non partire proprio per questo posto, altrimenti.”

“Anche perchè non passi inosservato qui, non è vero, Giancarlo?”

Giancarlo si guardò allo specchietto retrovisore. Già, aveva ragione. I capelli castano scuri potevano anche passare per normali laggiù, anche se averli così mossi e ricci non è cosa comune in Giappone. Il problema era piuttosto la sua faccia... e non solo la sua. Gli abitanti, nel momento stesso in cui li avrebbero incontrati per la prima volta, avrebbero notato che erano occidentali.

“Chissà se Hinamizawa è mai stata visitata da qualche forestiero... Qualcuno dall'estero, intendo.”

“Non è impossibile, sai? Il Watanagashi è una festa piuttosto popolare, e non escludo che qualche maniaco di tradizioni orientali sia venuto qui negli ultimi anni. Certo, da qui a dire che si vedono spesso ce ne passa... Già, già, stai attento, sarai al centro dell'attenzione, nei prossimi giorni!”

Flavia lo guardava sogghignando sarcasticamente, e Giancarlo per tutta risposta la squadrò perplesso, replicando: “E perchè dovrei essere io l'unico in questa situazione? Siamo decisamente sulla stessa barca, non credi sorellona?”

“Oh, ma io mi sono preparata... E poi credo di essere in grado di sopportare la cosa molto meglio di quanto non possa fare tu.

L'altro arrossì: “Non è che possa cambiare il mio carattere, adesso. Non sono di sicuro una persona comunicativa, tanto meno un leader... Perlomeno non uno confusionario e pasticcione come certe persone che conosco.”

“Ah, ah, molto divertente, ti stai riferendo a qualcuno in particolare?”

“Prova a indovinare... Insomma, dovevi proprio dire ai Sonozaki che eravamo già stati a Hinamizawa la scorsa settimana, e che non eravamo potuti andare da loro quella sera perchè eravamo tutti a letto con un febbrone da cavallo?”

“Ma se era la verità!”

“Lo so che era vero! Però potevi risparmiarti di dirglielo così! Abbiamo dato loro una pessima impressione! E meno male che non sanno che la prima volta che hai sentito il nome del villaggio tu l'hai chiamato Inamidata... Cos'è, un paese o una camicia stirata? Con la mente tornarono indietro a quello che era successo qualche giorno prima. Una volta arrivati in Giappone, dopo una breve visita iniziale a Hinamizawa, erano rimasti qualche giorno in un hotel di Tokyo, aspettando che l'Ambasciata desse loro i documenti necessari per il cambio di residenza. Inizialmente, avevano deciso che solo uno di loro doveva rimanere in quella grande città, mentre gli altri si sarebbero trasferiti subito a Hinamizawa, ma l'influenza li aveva tutti costretti a stare in albergo, visto che lasciare dei malati da soli in un piccolo villaggio non sembrava proprio una buona idea. Se non fosse stato per i documenti, sarebbero potuti anche stare nel villaggio, mentre si riprendevano dalla malattia, e avrebbero potuto conoscere prima i loro nuovi vicini. Accidenti a te, burocrazia.

“Comunque quello che ha detto loro era vero, non ha mentito. Non puoi lamentarti con Flavia solo perchè ha detto la verità, fratellino.

Una voce aveva interrotto il corso dei loro pensieri, e Flavia e Giancarlo si voltarono. Dietro di loro, seduta sul sedile posteriore, un'altra ragazza aveva cominciato a parlare. La più giovane fanciulla della famiglia. Ovviamente, Flavia non poteva fissarla a lungo, stava guidando del resto e doveva prestare attenzione alla strada. Giancarlo, invece, poté pensare a una risposta adeguata.

“Lo so, Alice. Non sto dicendo che l'abbia detto per farci sentire a disagio, anzi. Ma li hai visti? Oryou-sama e quell'altra donna sembravano così divertite da quello spettacolino.”

“Non credo che sia una brutta cosa.”

“Guarda che non sono un clown.”

Alice sospirò: “Già, invece tu sei sempre il nostro fratellino senza macchia, il solito perfettino, eh? Rilassati ogni tanto, non è successo nulla di male, in fin dei conti. E poi dovevamo giustificarci, settimana scorsa eravamo andati alla scuola del paese, e non ci eravamo recati al Maniero per presentarci. Doveva dire una bugia per proteggere il tuo orgoglio, ora?”

“Che esagerazione. Non c'è nulla di male se vai a casa loro qualche giorno dopo essere arrivato al villaggio. Non era una questione di vita o di morte.”

“Non eri mica tu quello che prima stava dicendo dell'importanza di rispettare le Buone Vecchie Tradizioni?”

Ora toccava a Giancarlo sospirare: “Si, probabilmente hai ragione. Ok, ammetto che hai preso la scelta giusta, Flavia, e ora dimentichiamo questa faccenda.”

Flavia sorrise, divertita da quella scenetta. Alice, invece, si toccò i suoi capelli ricci color castano chiaro, in segno di autocompiacimento: “Ti ho incastrato, fratellino! Lo sai, non è mai facile riuscirci, sei così contorto alle volte, e... e... Oh, come si dice in giapponese... quando qualcuno dice qualcosa che ha un significato nascosto...”

“Alice, se non conosci una parola, cercane di più semplici, oppure spiega semplicemente cosa vuoi dire. Basta dire che alcune volte parlo in modo oscuro.”

“Uff, ma perchè dobbiamo parlare in giapponese, qui? Insomma, siamo tra di noi, se parliamo in italiano non si offende nessuno!”

“Ci dovrai fare l'abitudine, temo. Primo, è un buon esercizio sia per te che per me. Secondo, anche quando saremo in mezzo agli altri dovremmo evitare di parlare una lingua che non conoscono, anche se ti vuoi rivolgere solo a me. Dovrò ricordarmi di fare altrettanto... Insomma, non sarebbe carino, non capirebbero un'acca di quello che diciamo.”

"Stupido fratellino!" fu la risposta di Alice.

"Eh già, invece di fratellino o fratellone dovresti usare qualcosa tipo Imouto, oppure Nii-chan. Che ne dici?”

Vada per Nii-chan, mi piace di più... Comunque, se uso una lingua diversa dal giapponese, è perchè voglio che gli altri non capiscano, non lo pensi anche tu?”

“Rimane il fatto che sia scortese. E, come ti ho già detto, usare sempre la loro lingua è un buon esercizio. In fondo è quello il motivo per cui ci siamo recati alla scuola di Hinamizawa, l'altra volta.”

Aveva ragione. Alice e Giancarlo avevano 18 anni, mentre Flavia ne aveva già 27. Avevano già completato la scuola dell'obbligo, che in Italia si concludeva con la fine delle medie a quel tempo, e quindi potevano viaggiare in Giappone senza problemi. Però i due più giovani del gruppo volevano comunque ottenere il proprio diploma, e dovevano studiare un altro anno. Pertanto, l'avrebbero fatto “restando a casa” (per quanto non erano esattamente a casa loro, al momento) e avrebbero sostenuto l'esame finale a Settembre dell'anno successivo, in una scuola italiana non lontana dall'Ambasciata, in qualità di privatisti. Un po' complicato come procedimento, ma nel momento in cui avevano deciso di restare in Giappone per un po' quella era la scelta migliore. E comunque non erano cattivi studenti, avrebbero passato gli esami senza troppi problemi.

Piuttosto, il problema era il loro giapponese. Quello di Flavia era perfetto, ma quello dei suoi fratelli più giovani aveva bisogno di una bella ripassata, visto che non lo avevano appreso molto tempo prima. E dove potevano migliorarlo, meglio che in una scuola? Avevano contattato il preside, prima di arrivare, e quindi avevano sostenuto un test per verificare la loro attuale conoscenza della lingua, preparato appositamente da Chie-sensei. Il giorno della loro prima visita, infatti, dovettero descrivere, oralmente e per iscritto, l'ambiente intorno a Hinamizawa, e le loro impressioni a riguardo. E i risultati furono comunicati un paio di giorni dopo, per telefono in quanto erano già a letto con l'influenza, in quel momento.

“Giancarlo sembra comprendere facilmente quello che legge o ascolta, ma quanto tocca a lui parlare non usa un vocabolario molto vasto, e le sue frasi sono troppo brevi e succinte. Alice, al contrario, commette degli errori e non dà il corretto significato ad alcuni termini, ma non ha paura di usare termini che ha appena ascoltato o letto, è più propensa a sperimentare. Necessitano sicuramente di un po' di aiuto, ma sono impressionata dal livello che hanno già raggiunto, soprattutto considerando che conoscono la lingua da non più di un paio di anni.”

Giancarlo ripeté a voce alta quelle parole, mentre ci stava ragionando sopra, come fossero una cantilena. Flavia le riascoltò con piacere, e poi rispose: “Beh, non mi sembra un giudizio negativo. Insomma, imparare il giapponese di solito è usato per definire il difficile per antonomasia.”

“E poi, direi che rispecchia fedelmente i nostri caratteri, no?” aggiunse Alice “Dovresti essere più espansivo qualche volta, quando parli con gli altri, frat... ehm, Nii-chan.”

“Già, lo so, avete ragione, non è la prima volta che me lo dite.”

“Però” Alice continuò “Non mi dispiacerebbe se ci fossero dei ragazzi della nostra età, in quella scuola. Sarebbe così noioso se fossimo i più vecchi là dentro.”

“Spiacente di deluderti, ma non penso ce ne siano. In Giappone vanno all'Università all'età di 17 o 18 anni, quindi, se siamo fortunati, incontreremo al massimo dei diciassettenni. Inoltre, quella scuola è frequentata da meno della metà dei ragazzi del villaggio, ce l'ha detto Chie-sensei, ti ricordi? Quest'anno ci dovrebbero essere diciotto studenti, compresi noi, mentre tutti gli altri vanno a scuola ad Okinomiya.”

“Che peccato... Comunque, solo trenta, massimo quaranta giovani in un villaggio di duemila abitanti? Sono davvero pochissimi!”

“E' una cosa che ha colpito anche me... Però l'invecchiamento della popolazione è una questione seria, qui in Giappone, una qualche possibile spiegazione si può trovare quindi. Anche se... sono d'accordo con te, quando speri che ci siano degli studenti di sedici o diciassette anni. Altrimenti non sarebbe solo noioso... ma incredibilmente imbarazzante. Studiare circondati da un branco di marmocchi... Brrr...”

"Ah-ah! Beh, direi che farete proprio i maestri associati, in questo caso!” esclamò Flavia. “E, a tal proposito... Che significa Spero solo che ci siano dei ragazzi della nostra età, Alice? Non è che stai cercando un nuovo fidanzato? Povero Alberto, hai intenzione di piantarlo?”

"Col cavolo!" Alice divenne rossa come un peperone "Che cosa vai dicendo? Mi sta aspettando così pazientemente, non gli farei mai una cosa del genere! Dovremo sposarci, presto, te lo sei dimenticata?”

Certo, quel presto poteva anche significare tra tre o quattro anni, pensò Giancarlo, in quel momento sua sorella era ancora troppo giovane. Ma del resto sapeva bene anche che quel piccolo dettaglio era insignificante, per Alice, che continuò: “Piuttosto, stavo pensando al nostro caro Nii-chan. Se trovasse qualche partito interessante, chi lo sa...”

“Dovrebbe sbrigarsi, infatti, non possiamo aspettare che si decida, è troppo pigro in queste cose. Sai, qui intorno è pieno di belle fanciulle dagli occhi a mandorla e dai lunghi capelli neri, dolci, gentili...”

“Se la finite di impicciarvi della mia vita, mi fate un favore!” le interruppe il ragazzo “Evidentemente in amore non ho la vostra stessa fortuna.”

Le due donne sospirarono, per l'ennesima volta. Si vedeva che erano parenti. “Fortuna, la chiama...” Poi Alice aggiunse: “Certo, va detto che saremmo stati più fortunati se le nipoti di casa Sonozaki fossero state a casa, mentre eravamo lì.”

“Vi ho detto che dovevate piantar...”

“Non stavo parlando di questo ora, Nii-chan! O perlomeno, non solo di questo. Il fatto è che conoscere qualche coetaneo prima di cominciare ad andare a scuola qui sarebbe stato molto utile. Per ambientarsi, insomma.”

Aveva segnato un punto a suo favore, questa volta, e infatti le fu risposto: “Alice, devi anche pensare che oggi è l'ultimo giorno di vacanza per loro, e quindi è anche il nostro ultimo giorno, ovviamente. Immagino che i rampolli del clan siano andati fuori da qualche parte con i loro amici.”

“Vero, ma mi chiedo dove, qui non ci sono molti luoghi di ritrovo. Magari a Okinomiya? In qualche cinema?”

“Non saprei, ci sono mille possibili risposte a questa domanda. Anche se saranno andati in qualche posto piacevole e interessante. Certamente, che so, non in una discarica...”

Si misero tutti e tre a ridere, divertiti da quell'idea stupida. Mettersi a giocare in una discarica, che idea balorda.

Una volta ripreso l'autocontrollo, Flavia si guardò attorno, ed esclamò: “OK, direi che siamo quasi arrivati. Non è che vi arrabbiate se vi lascio qui? Sono terribilmente in ritardo, e senza auto non farò mai in tempo.”

“Va bene, Flavia... Non penso ci siano problemi. Non siamo poi lontani da casa, e non avendo bagagli pesanti da portare sarà una piacevole passeggiata. A proposito, sai se le nostre cose sono già arrivate a casa?”

“Sicuro, sicuro, non ti preoccupare! Mi sono occupata della cosa personalmente!” Quell'affermazione, a onor del vero, non tranquillizzò gli altri più di tanto. Era risaputo che Flavia fosse una terribile pasticciona, in certi casi, a tal punto che tutti i loro vestiti potevano anche trovarsi in Patagonia, a quell'ora. Ma comunque dovevano fidarsi di lei, almeno per il momento.

“OK... Beh, ci vediamo allora.” disse Alice, scendendo dalla loro auto. Flavia agitò la mano per salutarli, quindi prese la sirena che le avevano appena consegnato alla centrale, accendendola, e poi li lasciò, guidando come una forsennata e ridendo come una pazza per l'eccitazione. Il tutto mentre suo fratello e sua sorella la stavano osservando.

“Meno male che non l'aveva usata prima... Te lo immagini? Io e te saremmo potuti anche passare per pericolosi delinquenti, se qualcuno ci avesse visto.”

“Sarebbe meglio che tu non glielo dicessi, Alice... Mi raccomando... Potrebbe essere pazza abbastanza da farlo davvero, la prossima volta. Tra l'altro spero non sbatta da qualche parte, queste stradine di campagna sono strette, e le loro continue curve sono un costante pericolo, soprattutto se non guidi con criterio. Anche se devo ricordarmi di stare attento a mia volta, non sono abituato alla guida a sinistra, dovrò imparare in fretta.”

“Sarà come se fossimo in Inghilterra!” commentò Alice “E comunque, non sono d'accordo con te, Flavia non è una tale irresponsabile. Dopo tutto ha cominciato ad andare così veloce solo dopo che noi siamo scese. Prima è stata molto più prudente, non voleva certo che noi ci facessimo male in qualche modo.”

“Si, lo so, hai ragione, stavo solo scherzando. In fondo è sempre stata apprensiva e premurosa con i bambini, lo era anche con noi quando eravamo piccolo. Immagino le piaccia fare la spaccona, ogni tanto, ma è più che altro un ruolo che si diverte a recitare, non sei d'accordo?”

Alice sorrise, approvando la sua opinione, prima di chiedere: “Quindi, che vuoi fare ora?”

“Innanzitutto andiamo a verificare che non manchi nulla tra i nostri bagagli, anche se più che di Flavia non mi fido delle compagnie aeree. Poi suppongo che dovremo comprare qualcosa da mangiare stasera, probabilmente la dispensa è ancora vuota, a casa. Comunque sarà meglio prendere lo stretto necessario, domani sera andremo a Okinomiya per la spesa principale. E' un paese più grosso di Hinamizawa, sicuramente ci sarà un supermercato con prezzi più bassi di quelli delle botteghe di qui.”

"Okay, signor Taccagno. Però stasera vorrei andare al mercato del villaggio. Sarà una buona occasione per incontrare qualche abitante del posto.”

“Oh... Certo. Anche se non credo incontreremo migliaia di persone là, almeno questo è quel che penso. Insomma, non sarò mica l'unico a cui non piace buttare i soldi dalla finestra, al contrario di qualcun altro che ora è accanto a me.”

“Tsk, guarda che un lavoro ce l'ho, quindi i soldi sono miei e me li gestisco come mi pare.”

Si guardarono l'un l'altro, ridendo di gusto. Alla fine quella era una scaramuccia, ma nessuno dei due l'aveva presa sul serio. Era più che altro un gioco... un modo per soddisfare il proprio ego, e il desiderio di divertirsi.

“Beh, non abbiamo molto tempo da perdere purtroppo, siamo appiedati al momento. Su, andiamo.”

“Già, magari avessi la mia bicicletta.” si lamentò lui “Sarebbe tornata proprio utile qui.”

“Vero. Però puoi sempre comprarne una nuova.”

“Scherzi? Sono affezionato a quella vecchia, lo sai. Insomma, ho tanti bei ricordi e mi dispiacerebbe disfarmene. La uso da... quanti anni? Sette?”

“Più o meno. Quando te l'avevano comprata eri troppo piccolo per quella. Eri così divertente quando cercavi di salirci sopra e pedalare...”

Giancarlo preferì fingere di non ascoltarla, e guardò per un po' la strada davanti a lui. Completamente vuota e silenziosa, priva del minimo rombo di un motore. Alice se ne accorse a sua volta, ed esclamò: “Ma dove sono finite le macchine?”

“Direi che non ci sono. Ma non è una novità, evidentemente questo è qualcosa che avviene in tutti i villaggi di queste dimensione. Inoltre, penso che a quest'ora tutti gli agricoltori del paese siano ancora al lavoro, nei campi qui vicino. Del resto adesso non fa caldo, sono le quattro del pomeriggio, e non è più estate ormai. Un buon momento per lavorare in attesa dell'arrivo della sera, e quindi sono tutti all'opera, e nessuno è a zonzo, a piedi o in macchina.” Dopo aver detto ciò, emise una risatina, e commentò: “La sirena di Flavia era completamente inutile...”

“Hmmm... Traffico o no, non avrebbe fatto differenza, non vedeva l'ora di usarla. E' sempre un simbolo di forza e autorità, e la sua utilità era un fattore secondario.”

“Francesco sarà così felice, quando saprà finalmente cosa quei sentimenti significano davvero per lei...” Ignorando cosa i due fratelli stavano dicendo sul suo conto, Francesco, l'uomo che Flavia aveva sposato solo tre mesi prima, stava sistemando la loro casa in Okinomiya. Rispetto a sua moglie era stato più fortunato, non era stato colpito dall'influenza nei giorni passati, e quindi poteva curarla, prendersi cura di lei, e successivamente occuparsi del trasloco nella loro nuova casa. Che del resto era diversa da quella dove sarebbero stati Giancarlo e Alice, i quali, non volendo essere d'intralcio alla coppia di novelli sposi, avrebbero vissuto a Hinamizawa. Il tutto lontano dai genitori, che erano rimasti a casa in Italia. Già, stavano cominciando a vivere in modo indipendente.

“Abbiamo dovuto comprare due case...” disse lui “Fortunatamente da queste parti sono decisamente economiche.”

“In campagna è sempre così” rispose lei “Siamo lontani dalle grandi città, dai luoghi dove le multinazionali mettono i loro uffici, e dalle zone di pregio. Il che non mi dispiace, almeno né noi né papà e mamma abbiamo dovuto sborsare chissà quale cifra, neanche per una casa come quella. L'ho già vista la prima volta che siamo stati qui, non è per niente piccola, assolutamente adeguata alle nostre necessità, e poi è molto confortevole e accogliente."

“Sono contento che sia così. Del resto decidono di venderle a prezzi concorrenziali anche per spingere le persone ad abitare qui. Lo spopolamento è una continua minaccia per queste comunità.”

“Sono d'accordo, Nii-chan. Ad Okinomiya è già tutto un altro discorso e... Oh, buonasera!” Alice aveva interrotto il discorso in quanto aveva intravisto, in lontananza, una donna con il figlio piccolo che stavano camminando, probabilmente verso casa. La ragazza si sbracciò per farsi vedere, e poi si avvicinò a loro, contenta di iniziare a conoscere gente nuova. La signora, invece, apparve abbastanza sorpresa di vedere degli stranieri lì, specialmente perché il Watanagashi era passato da un pezzo. Ma si riprese velocemente, rispondendo al cortese saluto, e pure il bambino, che probabilmente non aveva mai visto un'occidentale in vita sua, sorrise contento, e cominciò a parlare con la sconosciuta.

Alice, a quel punto, invitò il fratello a raggiungerli, e lui obbedì, pensando Sì, è una buona idea scambiare due chiacchiere con loro, ci faremo conoscere meglio e non saremo visti come stranieri sospettosi. In fondo, è un modo carino di presentarci. Del resto, dovremo fare così anche domani per il primo giorno di scuola, no?

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Capitolo 3
*** Una scuola di giovinastri ***



Capitolo 2: Una scuola di giovinastri


Hinamizawa, 1 Settembre 1983

Allora, vediamo... Sono le... 7 e 42. Direi proprio che non siamo in ritardo. Anzi, siamo decisamente in anticipo, potevamo dormire anche qualche minuto in più, stamattina.”

Giancarlo e Alice stavano oltrepassando la porta di ingresso della scuola di Hinamizawa, accarezzati da una lieve brezza fresca, primo segnale di un'estate sul punto di terminare. I due erano eccitati, sembrava loro di essere tornati alle elementari, quando per il primo giorno di scuola si erano avventurati per la prima volta in un edificio sconosciuto, pieno di facce nuove. E il fatto che quella scuola fosse piccola e così accogliente, illuminata soavemente e coccolata dalla prima luce di settembre... tutto ciò non faceva altro che amplificare a dismisura questa piacevole sensazione. Specialmente lei era fuori di sé per l'entusiasmo, non vedeva l'ora di incontrare i suoi nuovi amici. Però ciò che aveva appena detto suo fratello stonava un poco con quell'atmosfera. Così lo guardò ed esclamò:

"Nii-chan, smettila di fare il rigoroso ad ogni benedetta occasione. Per favore, la prossima volta dì Sono le sette e quaranta, oppure Manca un quarto alle otto, invece di congelarti per un'eternità su quell'orologio per dire l'ora esatta e spaccare il minuto, non cambia nulla se approssimi un attimo!”

Non pensavo ti desse così fastidio... Nee-chan. E' la forza dell'abitudine, starò più attento la prossima volta.”

Beh... Ad essere completamente onesti non è che mi importi così tanto. E' che questo atteggiamento è così tipico di te. Andrebbe tutto bene se ti comportassi così solo qualche volta, ma fai sempre così, con l'ora, la colazione, i vestiti. Sei così pedante da rasentare non so cosa, è quasi frustrante, sai?”

Non ho ben capito se questa sia una critica o una semplice esclamazione...” Alice non rispose alla sua provocazione, così lui disse, con aria comprensiva: “OK, comunque, la prossima volta sarò più disinvolto. O almeno ci proverò, per favore non insultarmi se lo rifaccio ancora, sai bene che sono un abitudinario e che faccio una fatica tremenda a cambiare le mie abitudini.” Detto ciò, sorrise e fece l'occhiolino, mostrando le sue buone intenzioni e ricevendo in cambio un convinto cenno di approvazione da parte della sorella. La quale poi chiese: “La classe dovrebbe essere... Mah, non mi ricordo. O forse non ce l'hanno mai mostrata? L'altra volta eravamo sempre rimasti nell'ufficio della maestra, non avevamo visitato l'edificio.”

Neanche io sono sicuro di sapere dove sia, però dovrebbe essere dietro quella porta laggiù, per esclusione. Sulle altre ci sono delle targhette, tipo Infermeria, Presidenza, Servizi... vedi?”

Hmmm... penso tu abbia ragione. Sì, ora che ci penso anche Chie-sensei ce l'aveva indicata settimana scorsa. Però, che facciamo? Entriamo subito in classe e ci presentiamo o aspettiamo la sensei nel suo ufficio ed entriamo insieme a lei?”

Bella domanda. Nessuno dei due sapeva esattamente come le scuole giapponesi funzionavano. Certo, si ricordavano di certi anime dove gli studenti si presentavano scrivendo il loro nome sulla lavagna, e solo quando erano presenti tutti, maestra e classe al completo. Però questa era una scuola di dimensioni ridotte, e comportarsi in modo informale era forse una scelta migliore, in fondo avevano detto loro che non c'erano neppure le uniformi, come invece solitamente accadeva negli istituti nipponici.

Potevano forse chiedere a qualcuno? Alice si guardò attorno, ma il corridoio in cui si trovavano era vuoto. Però c'era qualcuno in classe, potevano distintamente sentire delle voci di bambini. Forse andare là e raggiungerli era la scelta esatta. La ragazza chiamò suo fratello, e insieme si avvicinarono alla porta scorrevole. Finché Giancarlo si fermò, guardando fisso la porta come se la stesse analizzando, e suggerì a sua sorella di fare altrettanto.

Come mai?” chiese lei.

Penso sarebbe meglio cambiare idea. Andiamo in ufficio e aspettiamo Chie-sensei, sempre che non sia già arrivata.” Giancarlo aveva risposto sussurrando, invece che con il suo tono di voce normale. Alice non ne comprendeva il motivo, ma conosceva il fratello abbastanza per fidarsi di lui, ed entrambi si recarono nella stanza degli insegnanti, che in questo caso era la stanza dell'insegnante visto che di maestra ce n'era una sola. Aprirono la porta, ed effettivamente vi trovarono Chie-sensei dentro.

Buon giorno, sensei... Non pensavamo che lei arrivasse qui così presto.” disse Alice.

E' il primo giorno di scuola, non esattamente uno qualunque, quindi ho pensato di venire prima... Ma vedo con piacere che ora state bene, non sembrate più febbricitanti.”

Sicuro. Apparteniamo a una famiglia di robusta costituzione! Siamo fatti tutti di acciaio inox al 100%, potrebbero perfino mettere un bel fiocco colorato sopra le nostre teste e venderci insieme a una robusta batteria di pentole!”

La battuta dell'anno... pensò il fratello, un poco a disagio per l'uscita della sorella. Ma Chie sembrava divertita, e quindi andava tutto bene: “Sono molto contenta di sentirvelo dire... Ma come mai siete qui? Pensavo che sareste andati direttamente in classe, perlomeno per presentarvi. I bambini più piccoli saranno certamente curiosi di conoscervi.”

E' vero, e infatti stavamo per entrare, ma Nii-chan mi ha detto che era meglio venire qui, invece.”

La maestra si voltò verso il ragazzo incuriosita, e lui spiegò: “Il filo.”

Quale filo?”

C'è un sottile filo nella parte inferiore della porta, sottile ma ben teso, e che finisce sotto il tappeto. E' stato colorato della stessa tinta del pavimento, il che lo rende difficile da vedere. Considerando che l'edificio è vecchio ma in buone condizioni, non è ragionevole pensare che sia lì per un qualche restauro, o a causa di una qualche mancanza nella manutenzione; è più semplice concludere che qualcuno lo abbia posto lì deliberatamente. E non è certo lì da molto tempo, quel cavetto sembrava non usurato, quindi penso lo abbiano teso molto recentemente, o anzi questa mattina stessa. Probabilmente qualcuno è giunto qui molto presto, non appena il preside ha riaperto la scuola dopo il periodo estivo, nei giorni precedenti era tutto chiuso per le vacanze, del resto. Senza dimenticare che il tappeto stesso nei pressi della porta sembrava leggermente sollevato rispetto al pavimento, direi proprio che con ogni probabilità è stato nascosto qualcosa lì sotto."

Un filo teso, e un qualcosa nascosto sotto il tappeto. Detto così, sembra... una trappola.” commentò la sorella.

Vero. Certamente, ci possono essere altre mille motivazioni che spiegano la presenza di quel filo, però la prima cosa a cui ho pensato è proprio quella.”

Mentre finiva di parlare, altri studenti erano giunti a scuola. La porta era chiusa, e quindi non potevano scorgerli, però potevano udirne le chiassose grida, così tipiche di ragazzi spensierati.

"Mii-chan, Keiichi-kun, aspettate Rena, per favore!"

"Ha-ha-ha, mi spiace, ma lo zietto non si può permettere di perdere contro Kei-chan!"

E' tutto inutile, Mion, i tuoi proclami non mi spaventano, sarò io ad arrivare primo, sarò io a vincere!"

Una scolaresca decisamente rumorosa, direi...” commentò Alice “Ad ogni caso, sensei, penso abbia capito il modo in cui Nii-chan ragiona. Pochi fronzoli, come lei stessa ci aveva già detto per telefono dopo il test, ma molta perspicacia. Peccato solo che sia un pessimista cronico, sembra che si diverta a considerare solo gli aspetti negativi di tutto quello che gli sta intorno. Parliamoci chiaro, perché dovrebbero preparare un'imboscata ai nostri danni? Quelli manco ci conoscono!”

Giancarlo si chiuse a riccio, sulla difensiva: “Non... saprei, in fondo pensavo fosse chiaro che la mia era solo un'ipotesi.”

E allora la prossima volta formulane una più allegra e positiva. Che so, magari nel momento in cui inciamperai in quel cavo, compariranno dal soffitto miriadi di palloncini, e un lungo striscione sarà spiegato, contenente messaggi d'affetto del tipo Benvenuto, affascinante ragazzo venuto da Ovest. Ovviamente in quel caso il mittente sarebbero chiaramente le donzellette locali...”

L'imbarazzo era chiaramente visibile sul volto di Giancarlo, che infatti sospirò e diede a intendere che non gradiva l'argomento. Ma un aiuto arrivò inaspettato, da parte di Chie-sensei: “Quella che hai descritto sarebbe effettivamente una bella manifestazione di accoglienza, signorina, ma non penso sia così. Se li conosco bene come penso, la verità è più simile a quanto tuo fratello aveva ipotizzato.”

E quindi sarebbe davvero una trappola? Ma che abbiamo fatto per merit...”

Aspetta, non mi sono spiegata bene. E' effettivamente una trappola, secondo me... Ma non siete voi il suo obiettivo.”

Che intend...”

Fu interrotta un'altra volta, ma questa volta da un perentorio grido maschile. I due occidentali si precipitarono fuori dall'ufficio, e si affacciarono di nuovo sul corridoio, ma senza entrare in classe. Non era necessario farlo infatti, potevano facilmente udire quel che stava succedendo anche da lì.

"Satoko, tu, brutta..."

"Ara ara, Keiichi-san. Avevi dimenticato cosa significa andare a scuola, per me e per te, non è vero? Ora mi toccherà insegnartelo di nuovo, ma di mattina in mattina riuscirò a fartelo entrare in quella zucca.”

Se ti prendo io ti...”

"Stop, Kei-chan, non ti posso permettere di comportarti con lei in questo modo.”

Shion, non pensare neanche di interferire! E' una questione tra me e lei.”

Ti ho appena detto STOP!”

"AAAAARGH! Ma perché ti porti quel maledetto taser anche qui a scuola?”

Su, non ti preoccupare, il suo voltaggio non è abbastanza alto per uccidere qualcuno. Quello che me lo ha venduto ne era quasi certo.”

Come Ne era quasi certo? Ti rendi conto di quel che accadrebbe se per caso si fosse sbagliato?”

"Gya-ha-ha-ha!"

"Nippa~!"

Che dite, direi che dovremmo andare a fermarli.” sentenziò Chie “Questa è ancora una scuola, dopotutto, e ormai è ora di cominciare la lezione. Andiamo, allora?”

"S-sicuro" rispose Alice, sorpresa, ma eccitata dall'idea che presto avrebbe fatto parte di quella gabbia di matti. Suo fratello le seguì, all'apparenza meno contento dell'idea, tanto che camminava con un'aria assente.

Il corridoio della scuola non era particolarmente lungo, e ben presto erano nei pressi della porta. Mentre avanzavano, potevano facilmente udire le voci di chi si trovava dentro l'aula.

Ehi, stanno arrivando!”

Veloci, tutti seduti!”

Non ho mai visto uno straniero prima, non vedo l'ora!”

Certo che sono proprio dei nasoni...”

Senti chi parla, proprio tu che hai una patata al posto del naso!”

Certo, i due dovevano mettere in conto che qualcuno dei fanciulli li avesse già visti di nascosto quella mattina, oppure il giorno precedente, e che ora stesse dicendo ai suoi compagni tutto quello che sapeva al riguardo: chi erano, quanti fossero, come era il loro aspetto... Non era strano, in fondo, pensò Alice. Suo fratello del resto l'aveva avvisata, la sera precedente:

Occhio, siamo forestieri qui, e questo è un villaggio piuttosto piccolo, dovresti saper bene come le cose vanno qui. Bla bla a destra, bla bla a manca e in un battibaleno chiunque è al corrente delle ultime notizie. Un sistema a prova di bomba, manco un telegiornale locale potrebbe mai fare altrettanto. Senza contare che sono già stati informati di sicuro sul nuovo ruolo di Flavia, alla centrale di polizia si è presentata a un mucchio di gente, il giorno stesso in cui ha preso il posto dell'altro ispettore, quello che è andato in pensione. E credo proprio che abbia parlato anche di noi, è una donna a cui piace parlare del più e del meno. Insomma, non credo rimarranno scioccati alla nostra comparsa, sapranno certamente molte più cose di quante possiamo immaginare.”

Alice sapeva che ciò era presumibilmente vero, ma non ne era felice. Avrebbe di gran lunga preferito fare loro una bella sorpresa, e il primo giorno di scuola sarebbe potuto essere una bella occasione per farlo. Sfortunatamente gliel'avevano rovinata, ma poteva prendersi ancora una piccola rivincita. Arrivata giusto davanti alla porta si arrestò, e chiese agli altri due di rimanere dietro di lei, esattamente come il fratello aveva fatto un quarto d'ora prima.

Per quale motivo dovremmo...” Chie cominciò a protestare, ma Alice la zittì con un significativo “SHHHH!”, prima di acquattarsi dietro la porta. Giancarlo non disse nulla, ma aveva una mezza idea riguardo quello che lei aveva intenzione di fare. Rimase in silenzio, come la sorella, e tutti e tre si misero in attesa.

Dieci, venti, trenta secondi passarono. Un irreale silenzio regnava in quel momento, e nulla sembrava accadere. Nonostante ciò, Alice non si schiodava da lì, attendendo paziente, ma sfortunatamente per lei Chie si era invece stancata, per colpa di quello che le sembrava solo un inutile capriccio di quella nuova arrivata. La maestra accennò allora un passo, desiderosa di entrare nella sua classe, ma la porta scorrevole improvvisamente fu fatta scivolare, segno che le acque si stavano muovendo. E difatti qualcosa avvenne.

Una giovane testa di ragazza era apparsa, sporgendosi dalla porta. I suoi lunghi capelli verdi si muovevano all'unisono, come se formassero la coda di un animale, cosa che era tutt'altro che insolita visto che erano legati insieme a mo' di coda di cavallo. I due ragazzi la poterono scorgere, seccata e spazientita, mentre si era messa a strillare: “E ALLORA? CHE DIAMINE STANNO COMBINANDO? NON HO PIU' VOGLIA DI ASP...”

Si fermò, sorpresa. Il suo naso era solo a due centimetri da quello della ragazza occidentale, che evidentemente si aspettava una reazione del genere, e voleva divertirsi. I suoi grandi occhi spalancati la stavano fissando, e Alice si rendeva conto che da quella distanza doveva apparire piuttosto buffa, ma in fondo era quello che voleva. Trattenendo a stento le risate, serrò lentamente le labbra, prima di urlare finalmente “BUU!”, come si è soliti fare per spaventare un bambino. L'altra ragazza fece allora un balzo all'indietro, ma era più perplessa che spaventata, e quindi si mise a squadrarla, senza sapere cosa rispondere. Toccò quindi a Giancarlo rompere il silenzio:

Che razza di scherzo da bambini, non credi anche tu, Nee-chan?”

Sempre dietro a commentare, vero Nii-chan? Invece io credo che sia una trovata divertente, soprattutto perché non ho potuto preparare nulla di speciale prima, al contrario di chi ha piazzato quel famoso filo.”

Filo? Avevate visto...” replicò l'altra ragazza. Alice annuì, e si accorse che nel frattempo una bambina dai capelli biondi e dall'aria sveglia era uscita dall'aula, avendoli sentiti parlare. Lì osservò per vedere come erano fisicamente, e poi esclamò:

"Ara ara, che dire? Ci sono persone che arrivano qui e si accorgono subito di un tranello così banale e ci sono individui che invece non riescono ad evitarli neanche dopo secoli... Ah, Keiichi-san è un tale sempliciotto..."

E basta insultarmi!” gridò qualcuno dall'interno della classe. Questo invece doveva essere il ragazzo che aveva gridato prima, del resto il timbro della voce era identico.

A voler essere precisi questa è la seconda volta che mettiamo piede in questo edificio, però sì, ce ne siamo accorti" Il desiderio di Alice di essere al centro delle attenzioni aveva prevalso, e così i bambini che uscivano man mano dalla classe la osservarono ammirati, mentre suo fratello passò quasi inosservato. Non che fosse poco abituato a questa situazione, anzi non gli dispiaceva affatto, e al contrario della sorella lui riuscì ad introdursi nella classe senza particolari assilli. Ma non aveva calcolato che Alice lo volesse coinvolgere in quel piccolo show, e infatti lo seguì rapidamente, avendolo scorto mentre tentava di defilarsi.

Feeermo lì, tu. Così pensavi che era un giochetto da poppanti, uhm... Ma insomma, non pensi che questo sia il miglior modo per rompere il ghiaccio quando incontri ragazzi e ragazze che hanno voglia di diventare tuoi amici? Non dico di abbandonarsi a scherzi pesanti e pericolosi, però è sempre meglio agire così, piuttosto che limitarsi a un formale Piacere di conoscerla, signorina.

Guarda che non tutti devono gradire per forza quel genere di presentazione.”

Vero, ma guardati attorno! Questo mi sembra proprio un gioioso gruppetto di studenti, allegro e vivace. Avrai sentito anche tu che cosa hanno combinato prima, no?”

Comunque” la bambina bionda la fermò un momento “Giusto per informazione, sono io la geniale ideatrice dello scherzo a cui hai accennato prima. Copyright 1983, tengo molto ai diritti d'autore...” Si voltò verso i due stranieri, e sorridendo eseguì un inchino, prima di esclamare: “Mi chiamo Houjou Satoko, Piacere di conoscerla, signorina.” Aveva ripetuto l'ultima parte della frase con un tono della voce alterato, quasi in falsetto, come se fosse un'innocente presa in giro di quanto era stato appena detto da Alice. La quale, lungi dall'offendersi, a sua volta rispose con un allegro sorriso, e un Piacere di conoscerla pronunciato allo stesso modo alterato.

E quindi secondo te le è piaciuto lo scherzo...” commentò il fratello, osservando le due giovani.

Certo che sì. Puoi sempre chiederglielo, se non mi credi.”

Sospiro. “E' vero, Sonozaki Mion-san?”

La ragazza dalla verde coda di cavallo si girò verso di lui, e disse: “Direi di si, a conti fat... EHI! Aspetta un decimilionesimo di secondo! Come fai a sapere il nome dello zietto? Non sarai mica uno di quegli spregevoli stalker, uno di quelli che si divertono a passare il tempo rovinando la vita degli altri, specialmente quella delle sensuali e desiderabili signorine come me? Eh, ho ragione, forse? Cosa puoi dire a tua difesa? Tu, orrido mostro!”

Che... che tipa aggressiva... Altro sospiro: “Senti, non è difficile. Probabilmente ti sarà giunto all'orecchio che siamo stati a casa tua ieri, non eri presente in quel momento ma sicuramente ne sei stata messa al corrente. Quindi saprai anche che abbiamo conosciuto tua madre, e... direi che la somiglianza, pettinatura a parte, è palese. Certo, per un occidentale i giapponesi sono tutti uguali all'inizio, ma una volta che ti ci abitui, riesci a notare quali sono le vere somigliaze.”

La giovane Sonozaki allora urlò, emettendo una voce forte e altisonante: “E' sempre la solita storia! Tutti a dire Sei proprio tutta tua madre, Siete due gocce d'acqua, Sarai bella come lei quando sarai grande... Ma lo zietto non accetterà mai questa scomoda supposta verità!”

Sembrava davvero essersi ripresa dallo scherzetto che Alice le aveva fatto meno di due minuti prima, come pensò Giancarlo sospirando per la terza volta in pochi secondi. Già, sua sorella aveva proprio ragione, per l'ennesima volta.

Alice poté allora continuare: “Però ci avevano detto che c'erano due ragazze appartenenti alla vostra famiglia. Suppongo quindi che l'altra sia...”

... Io.” Un'altra giovane dai capelli verdi, ma al contrario della sorella questa li teneva sciolti, legati solo da un nastro giallo. All'apparenza, sembrava una ragazza molto più calma di Mion, certamente rispetto a lei si adattava maggiormente al canone di ragazza giapponese timida e cortese. Infatti, come Satoko si inchinò lievemente, e quindi disse: “Mi chiam-”

Un secondo solo, Shion.” sua sorella la fermò, tappandole la bocca con una mano “Questo losco individuo mi deve ancora spiegare alcune cosette. Capisco che dall'incontro di ieri tu possa aver capito che il mio cognome era Sonozaki, ma come la mettiamo col nome Mion? Su, sputa il rospo!”

Visto che ci tieni tanto, perché non te lo scopri da sola?” Giancarlo cominciò a infastidirsi sul serio. E poi aggiunse, dandole le spalle e allontanandosi da lei: “Se la cosa ti fa stare meglio, la prossima volta non dirò proprio niente, almeno saremo tutti felici.”

Il punto era che, secondo lui, quell'aggressività non aveva ragione di esistere, e lui non riusciva proprio a sopportare quel genere di individui. Le persone rudi erano una delle pochissime cose che lo facevano davvero innervosire, del resto. Certo, non era solito alzare la voce o ribattere in modo scortese nei confronti estranei, neppure in quegli attimi, però al tempo stesso non guardava in faccia a nessuno, quando si trattava di dire le cose come stavano, non importava se quella ragazza apparteneva alla famiglia più importante del villaggio. E anche Oryou si era accorta di quel lato della sua natura, il pomeriggio precedente. I due, in quell'incontro, si erano messi ad un tratto a discorrere di un certo argomento, e lui le aveva spiegato chiaro e tondo che non era d'accordo con lei, affermando che la sua opinione era completamente errata, a suo giudizio. Insomma, era un discreto peperino, però sapeva dire le cose con rispetto ed educazione, e non mancava di argomentare le sue tesi, così Oryou non si era arrabbiata quella volta, al contrario ne sembrò abbastanza compiaciuta, forse perchè era di ottimo umore, e si limitò a ribattere Beh, se la pensi così..., prima di cambiare argomento.

L'unica cosa che poteva intimorirlo era la reazione della sorella. Sapeva che non avrebbe apprezzato una risposa del genere verso una ragazza che aveva appena incontrato, non era il modo di iniziare un rapporto di amicizia. Però non poteva certo tornare indietro e cancellare quello che aveva appena fatto e detto.

In quanto a Mion, rimase a fissarlo per un po', pensierosa, e ben presto anche lui se ne accorse, girandosi verso di lei chiaramente a disagio. Alice voleva che facessero subito pace, prima che la situazione prendesse una brutta piega, ma Mion la anticipò, ammettendo la sua colpa: “Va bene, va bene, lo zietto riconosce lealmente di aver sbagliato, e chiede umilmente il tuo perdono. Tuttavia” continuò, con un sorriso allegro e rassicurante “Rimango curiosa di sapere quello che ti ho chiesto prima.”

Ora toccava a lui squadrarla, dubbioso e ugualmente pensieroso. Non era stata gentile inizialmente, ma in fondo aveva chiesto scusa, e doveva pur premiare un tale gesto, mostrare che lo apprezzava. E poi, non si dice forse che rispondere è cortesia?

Lo zietto...”

"E' come la sottoscritta si definisce. E quindi?"

Ieri ci hanno detto che la primogenita era stata chiamata Mion. Era stata tua madre a rivelarcelo.”

Ma perché quella donna non chiude il becco, qualche volta?”

Ehm... Dicevo, ci avevano detto che voi due vi chiamavate Mion e Shion, e Mion era la più anziana, se mi permetti di definirti così.”

Ora capisco. Se una persona si definisce zietto all'interno di un gruppo di ragazzi è perché tale persona sa di essere la più grande. Se ci fosse qualcuno più vecchio al suo interno avrebbe usato un altro soprannome. Ho ragione? Ho ragione?”

I due forestieri si voltarono verso una ragazza che prima di allora non aveva detto ancora nulla. Una ragazza apparentemente molto timida e riservata, il cui colore dei capelli era una via di mezzo tra il castano e l'arancione. Vicino a lei, uno studente con un grosso bernoccolo sulla testa e un secchio accanto, sicuramente quello che era caduto nella trappola di Satoko.

"Oh, io sono Ryuugu Rena, piacere.”

"Ciao Rena" Alice riprese il controllo della situazione “Direi che il tuo ragionamento fila che è una meraviglia... Sì, credo proprio che tu abbia fatto centro, puoi darci la conferma, Nii-chan?” Giancarlo rispose affermativamente, e Alice volse allora il suo sguardo verso chi si trovava accanto a Rena: “E quindi, il fenomeno che ha appena fatto questa pessima figura è...”

... E' Maebara Keiichi. Temo sia ancora sotto shock, temo non abbia molta voglia di parlare al momento, ma si riprenderà presto, Rena ne è sicura. Invece, la bambina dietro di voi si chiama Furude Rika.”

"Nippa~!”

Alice guardò la fanciulla dai capelli blu che aveva appena pronunciato quella curiosa parola, rimanendo in silenzio per una manciata di secondi, prima di emettere un grido di stupore e prenderla in braccio estasiata dalla tenerezza che suscitava.

E' meraviglioso, assolutamente meraviglioso! Una bimba così carina che dice una parola così dolce... Dovresti fare la mascotte, sai che tra qualche anno disputeranno le Olimpiadi, a Seul? Saresti il testimonial ideale!”

Io sono giapponese, mica coreana!” commentò Rika, adorabilmente arrabbiata.

Eh eh... Tu con gli occhiali, invece, come ti chiami...”

Non per essere maleducata, Serco-san” Chie fece notare ad Alice “Però dovresti presentarti propriamente, prima di continuare a chiedere i nomi altrui. Non sta bene”

Oh?” guardò la maestra, decisamente sorpresa “Davvero non l'ho ancora fatto?”

No, non l'hai fatto, Nee-chan...”

E allora dimmelo prima, Nii-chan! E' sempre colpa tua se combino dei pasticci come questo!”

Giancarlo non osò ribattere, e osservò la sorella mentre si muoveva teatralmente verso il centro della sala, con un incedere degno di un primo attore, prima di proferire solennemente: “Bene, signori, direi che è giunta l'ora di rivelare il mio nome, e lo farò come mi è sempre stato insegnato a casa, ossia dicendo prima il mio nome di battesimo, al contrario di come siete abituati qui in Giappone. Il mio nome è Alice Giorgia Serco, ma potete pure chiamarmi Ali-chan, direi che è molto più semplice così. Ho diciotto anni, e come avrete certamente potuto intuire dai mille indizi che vi ho lasciato, provengo dalla lontana Italia. E – probabilmente la cosa interesserà eventuali spasimanti – ho già un fidanzato, quindi non posso accettare né mazzi di fiori né dichiarazioni d'amore, dirvelo prima aiuterà ad alleviare il dolore dei cuori spezzati che lascerò sul mio cammino."

Un momento di attonito silenzio, e poi la classe esplose in una risata fragorosa. La migliore delle presentazioni, non poteva usare parole migliori. Persino Keiichi recuperò la sua energia e il suo morale. L'unico che non rise fu... beh, fu suo fratello.

Lui infatti si era messo una mano sul volto, costernato, e andava piagnucolando: “Ma perché deve sempre finire così, ogni santissima volta che incontra qualcuno...” Però qualche secondo dopo, constatando come gli altri l'avessero subito presa in simpatia, sorrise contento. Lui non sarebbe mai stato in grado di fare altrettanto, ma quello era un modo rapide e decisamente efficace per farsi nuovi amici in quell'ambiente dove nessuno li conosceva. Sì, decisamente quella era la maniera corretta di agire.

Stava continuando ad osservare la scena, quando si accorse che qualcuno stava appoggiando un braccio tutto intorno al suo collo. Era la ragazza dalla coda di cavallo, ancora una volta, la quale, essendosi piazzata dietro di lui, lo stava abbrancando in quel modo, tenendolo fermo con una stretta apparentemente robusta, come se lo stesse prendendo in ostaggio. Lo tenne in quel modo per qualche istante, finché Giancarlo preferì sedersi placidamente sulla più vicina sedia, immobile e sottomesso come un adulto che volesse lasciar fare il bambino che lo stava punzecchiando. Vedendo come lui non accennasse a tentare di liberarsi, la ragazza ghignò allegramente, e iniziò a parlare.

Senti un po', compare, non ci hai ancora detto il tuo nome. Ce lo vuoi dare, questo privilegio, o preferisci restare anonimo, giusto per commettere qualche nefandezza nei nostri confronti e non riceverne l'eventuale punizione?”

"Per chi mi hai preso, ora? Per un topo d'appartamento?"

Veramente pensavo a qualcuno di peggio di un semplice ladro... Magari un serial killer? Il cosiddetto Squartatore del Sole che Tramonta, crudele e spietato aguzzino il cui unico piacere è angariare le rappresentanti del gentil sesso?”

Come se esistesse qualcuno con quel nome!”

Be, certamente non esiste... ancora.”

Tu guarda che...”

Alice li osservò, divertita, e con un tono sibillino gli diede un consiglio dal doppio significato: “Eddai, Nii-chan, dovresti sforzarti e rispondere alle domande di una ragazza che sta dimostrando tutto questo interesse nei tuoi confronti.” In ogni caso era contenta di vedere come gli altri la stessero aiutando a far sì che lui si ambientasse nel modo corretto, sarebbe stato incredibilmente importante, e quello sembrava un inizio estremamente promettente. E infatti Giancarlo, cosciente di tutto ciò che l'esortazione della sorella poteva significare, pensò di doversi alzare, in modo da presentarsi come si deve, ma immediatamente cambiò idea, restando seduto e dichiarando:

Se proprio devo... Il mio nome completo è Giovanni Carlo Serco, ma essendo troppo lungo di solito lo abbreviano, e mi chiamano tutti Giancarlo. Voi potete chiamarmi... Uhm... Gian-kun? No, non funziona... Quindi...” Non aveva pensato a un nomignolo decente, prima di incontrarli. Alice invece si era ricordata di quel dettaglio, lei non era solita dimenticare certi particolari, quando si parlava degli amici e del modo di farsene di nuovi.

"Hmmm... Che dici di Gi-chan?" propose Rika, che stava assistendo silenziosamente a quello che stava succedendo, e voleva toglierlo d'impiccio. Giancarlo ci riflettè un secondo, e poi rispose:

Che dire... Non mi entusiasma, ma penso che sia il meno peggio che possiamo trovare.”

Che dire di Gaijin-kun, allora? Se non ti piace quello che ti ha indicato Rika, possiamo sempre usare quello.” disse la ragazza dietro di lui.

Giancarlo la squadrò di nuovo, ma stavolta non era arrabbiato. Piuttosto, appariva incuriosito. “Gaijin, dici? Ossia Lo straniero? Capisco che vengo dall'estero, ma non è offensivo nei miei confronti?”

E non è forse il tuo un comportamento altrettanto offensivo, verso noi poveri ragazzi? Stai rifiutando la nostra disinteressata amicizia, la nostra mirabile e generosa offerta, e tutto ciò al contrario di quanto tua sorella sta facendo.”

Non c'è bisogno di fare tante storie! Non sto rifiutando nulla, ho solo un carattere diverso dal suo, non sono una primadonna come lei. Chiamami Gi-chan se proprio vuoi, dovrò solo abituarmici.”

"OOOOOOKKKK! Gi-chan approvato! Un importantissimo passo del tuo soggiorno ad Hinamizawa è stato appena compiuto da te, sii fiero di ciò!"

"Mi fa piacere. E un'altra cosa..."

"Certo, Gi-chan. Ora che siamo amici, tutto quello che vuoi. Dimmi, dimmi pure."

Per favore... potresti lasciarmi? Mi stai soffocando!”

Ops, scusa! Però devi ammettere che non sei esattamente un ragazzo particolarmente muscoloso e prestante, se non riesci a reagire alla presa dello zietto!”

Alice rise, ed esclamò: “Hai presente quello che chiamano Topo di biblioteca? Ecco, ne hai davanti un perfetto esempio. Ha sempre preferito leggere un buon libro, piuttosto che stare all'aria aperta con gli altri.”

Non puoi farmene certo una colpa, Nee-chan. Mi è sempre piaciuto leggere, in fin dei conti. I gusti sono gusti, no?”

Alice, in tutta risposta, sospirò, e Mion commentò: “Vedo proprio che ad entrambi piace sospirare... Spero solo che non sia solo una brutta abitudine e non un difetto congenito dei vostri polmoni, sarebbe un problema serio. In ogni caso, direi che siete ufficialmente parte della classe, questo rito di iniziazione è infine giunto al termine. Avete qualcosa da dichiarare, prima che la lezione cominci?”

No...” rispose lui “Insomma, possiamo dichiararci vostri amici, Sonoz... Scusa, Mii-chan volevo dire.”

Ottimo. E ora andiamo, tutti ai propri posti. Chie-sensei potrebbe perdere la pazienza: è il primo giorno di scuola, ma, come il nome stesso dice, è pur sempre un giorno di scuola!”

"Yooo!" esclamarono gli altri all'unisono, prima di sedersi diligentemente. La maestra indicò ai due giovani Serco i loro posti, e mentre si accomodavano, lontani dagli altri, Alice bisbigliò una domanda a suo fratello: “Sai una cosa? Quando quella ragazza ti aveva preso per il collo, ero quasi sicura che tu ti saresti ribellato, urlandole in faccia frasi tipo Che cosa stai facendo?... Insomma, pensavo che ti saresti arrabbiato di brutto: solo un paio di minuti prima non avevi avuto uno scambio sereno di battute con lei, e in generale so quanto odi le persone aggressive.”

"Nee-chan... In realtà stavo per fare esattamente così, all'inizio."

Davvero? Allora perché...”

In un primo momento, il suo braccio era solo appoggiato su di me, non aveva usato molta forza. No, non ne aveva usata affatto. Si era messa dietro di me, ma senza dire niente, e non stava nemmeno sorridendo. Non emetteva un suono. Io non riuscivo a capire perché si stesse impegnando in quello scherzo, se la divertiva così poco. E tra l'altro, non so se l'hai notato, è parecchio più bassa di me: non potevo verificarlo da lì, ma per riuscire a posare un braccio attorno alla mia testa in quel modo si stava sicuramente alzando sulle punte.”

E' vero, mi sembra che tu sia il più alto qui, del resto sei il più vecchio tra tutti qui dentro, sensei a parte.”

E poi i giapponesi non sono famosi per la loro altezza stratosferica.”

Hmmm... Aspetta, non mi stai dicendo che è per quello che ti eri seduto su quella sedia, anche se non era il tuo posto? Solo per... aiutarla a tenerti più facilmente?”

Quella posizione era scomoda per lei, infatti. Non credo che lo facesse per divertimento, se voleva solo darmi delle noie c'erano decine di modi molto più semplici.”

"…"

Io... Io penso che non l'abbia fatto per mostrare la sua aggressività, tutt'altro. Voleva vedere la mia reazione, il mio comportamento nei suoi riguardi. In altre parole, voleva capire se tutto sommato mi piaceva come persona, se poteva essere mia amica, o se al contrario mi era antipatica sul serio.” Smise di parlare per un attimo, prima di aggiungere: “Già, prima che mi sedessi non aveva aperto bocca... E la sua presa non era particolarmente forte, come ti ho detto, quindi ero riuscito a girare il capo leggermente, quanto basta per vedere il suo sguardo. Lei non se ne deve essere neanche accorta... E quindi non ha neanche provato a nascondere il suo volto, o a cambiare espressione. E i suoi occhi... Non erano quelli di una ragazzina spensierata e dispettosa. Sembravano dire qualcos'altro.”

Ossia?”

Ti supplico, non odiarmi...”

Alice lo guardò, e alla fine concluse: “E allora avrebbe cominciato a ridere e tutto il resto solo dopo aver capito che tu l'avresti lasciata fare, che tu l'avevi bene o male accettata, è questo quello che stai dicendo...” Lasciò poi passare alcuni secondi, e percependo come tutti attorno a loro fossero sereni e come tutto fosse infine andato per il meglio, aggiunse: “Quando ti comporti così sembri così strano, Nii-chan...” A quel punto aprì il suo libro di testo, e senza dargli possibilità di replicare cominciò i suoi esercizi.

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Capitolo 4
*** Background ***



Capitolo 3: Background


Hinamizawa, 1 Settembre 1983

"Nii-chan, non è che mi spiegheresti cosa significano questi caratteri Kanji? Non credo di averli mai visti in vita mia.”

Alice stava fissando il complesso testo che Chie-sensei le aveva chiesto di leggere e comprendere, e di cui doveva scrivere un riassunto che sarebbe poi stato valutato. Non era certo un lavoro molto lungo, si trattava pur sempre di un numero limitato di pagine, e suo fratello l'avrebbe finito in brevissimo tempo; tuttavia, trattandosi di un estratto proveniente da un libro sulle leggi dell'idrodinamica, era pieno di termini specifici e difficili da comprendere appieno. Inoltre, non trattandosi di esercizi di matematica, non avrebbe potuto ricevere alcun aiuto in teoria, ma trattandosi del primo giorno di scuola, la maestra aveva fatto uno strappo alla regola, dando il permesso a suo fratello di darle ogni tanto una mano.

D'altra parte, anche Giancarlo aveva del lavoro da sbrigare, ossia realizzare un piccolo saggio di almeno tremila caratteri, riguardante similitudini e contrasti sulle diverse visioni del mondo etereo di Henri Louis Bergson e di Nishida Kitaro. Il tutto cercando di essere il più comprensibile ed esaustivo possibile. Ovviamente, Chie-sensei gli aveva consegnato un paio di libri dove poteva apprendere per sommi capi l'argomento, ma si trattava pur sempre di una materia filosofica che necessitava di molte frasi lunghe e articolate, nonché di una grande quantità di termini esatti da scegliere nel modo più opportuno. Lavoro che sua sorella avrebbe potuto compiere molto più facilmente di lui (chiaramente dopo che qualcuno le avesse insegnato l'argomento), essendo lei molto più brava nel rielaborare i concetti piuttosto che comprenderli, ma che invece toccava a lui completare.

Insomma, sfortunatamente ognuno dei due si stava occupando di qualcosa in cui non erano particolarmente capaci, qualcosa in cui il proprio fratello o sorella era decisamente più portato. Ma non era certo un caso, quello in fin dei conti era un primo test per permettere a Chie-sensei di osservare se avevano fatto dei progressi in quello che era il loro tallone d'Achille, prima di passare a lezioni ed esercizi più specifici ed efficaci.

Alice fu la prima a finire dei due. Alzò la testa, e osservò il fratello, che appariva piuttosto preso e perfino affaticato. Però, quando si accorse che l'altra lo stava guardando, mostrò un sorriso soddisfatto, il che probabilmente significava che era a sua volta sul punto di terminare, giusto in tempo per passare una pausa pranzo libera da assilli. Così, la ragazza si guardò attorno, dando un'occhiata a tutta la classe. Il silenzio era pressoché assoluto, cosa insolita, considerando che si trattava pur sempre di un aula piena di ragazzi e ragazzini. Chie stava assistendo un gruppetto di quattro o cinque studenti, tra cui si trovavano Rika e Satoko. Altri sei erano stati riuniti in un altro gruppo, non lontani da loro, tutti concentrati nello studio, mentre infine quello degli studenti più grandi era nell'angolo opposto. Shion, Mion e Rena evidentemente stavano tartassando Keiichi di domande, tanto che il povero ragazzo pareva impazzire, sbracciando e trattenendo a fatica le sue urla di frustrazione. Uno spettacolo decisamente divertente, tanto che Alice sorrise. Avrebbe voluto addirittura ridere, però in quel modo avrebbe distrutto quell'atmosfera quasi magica, senza contare che avrebbe disturbato gli altri. Il silenzio era d'oro, come in una biblioteca... E così preferì continuare semplicemente a osservare gli altri, finché la sensei si avvicinò al suo banco.

Avete finito, Serco-san?"

Sì, fortunatamente... evidentemente il mio compito era più semplice di quello di mio fratello. A proposito, tu a che punto sei, Nii-chan?”

Un attimo solo... Voglio solo essere sicuro di non aver dimenticato nulla... Questo dovrebbe andar bene così... OK, direi che ci siamo.”

Molto bene. Potreste passarmi i vostri quaderni, allora?”

Glieli consegnarono, e quindi la maestra si diresse verso Keiichi e il suo gruppo, mentre Giancarlo si accasciò sul banco stremato, chiudendo gli occhi: “Non sono tagliato a scrivere quel tipo di testi, la filosofia non mi piace per niente. Ma ho paura che dovrò abituarmici...”

Hai voluto la bicicletta, ora pedala. Hai voluto venire a vivere in Giappone, ora impara la sua lingua come si deve.”

In realtà eri tu quella che non vedeva l'ora di arrivare qui...” Comunque sapeva che lei aveva ragione, era un passo faticoso ma necessario. E in ogni caso era rinfrancante scoprire come lui non fosse l'unico a lamentarsi del carico di lavoro. Non lontano da loro, due ragazzi con i capelli verdi stavano imprecando contro la matematica e chi l'aveva creata.

Adesso basta! Non è possibile! Tutte queste pagine piene di X dappertutto... XXX qua, XXX là... Cosa sarebbe questa roba, un libro di scuola o una rivista porno?”

Urlare in quel modo non serve a un fico secco, Mion. Nolente o volente, dovrai finire quegli esercizi.”

Kei-chan, non puoi dire sul serio! Una piacente signorina si sta lamentando dei problemi della sua vita scolastica e questo è tutto quello che osi replicare?”

"...Hmmm. Già."

Tu, razza di criminale! Meriteresti che qualcuno ti prenda a calci nel sedere da qui alla fine di questo mondo infame! Sicuro, oggi comincerai le attività del club con un'adeguata penalizzazione, così la prossima volta cambierai modo di pensare!”

No, non puoi farmi questo!”

Certo che lo può fare.” rispose Shion “Sbaglio o è ancora la leader del nostro club?”

Invece no! Non lo può fare! Accidenti, neanche nelle monarchie di oggi i re e le regine hanno questo potere sui loro sudditi! Insomma, ci sono parlamenti, costituzioni, assemblee, e ogni cittadino può difendere i propri diritti!”

Allora possiamo dire che il mio club NON è come un regno moderno. Il potere del suo leader è eterno e illimitato, e lo zietto è determinato a usarlo come le pare per mostrare la forza del suo ruolo!”

Tutti gli altri studenti nell'aula non potevano fare a meno di assistere allo show, ridendo di gusto, e pure i due nuovi arrivati fecero altrettanto. Li trovavano così diversi da quelli che pensavano essere i tipici studenti giapponesi, solitamente visti come timidi ed educati, ma evidentemente quelli davanti a loro non rispecchiavano quel tipo di stereotipo. Oh, né, pazienza, non sarebbe stato un problema. Sperando di non dover più scrivere trattati almeno per il resto della giornata, Giancarlo ripose la sua penna nell'astuccio, prima che questo fosse a sua volta infilato in cartella. Richiuse poi il tutto, e si accorse, rialzando lo sguardo, che Rena si stava avvicinando a loro, sorridendo gentile.

Rena si sta chiedendo... Volete mangiare il pranzo insieme a noi? Volete?”

Questa sì che è una bella id...” rispose Alice, prima di osservare gli altri prendere delle scatole di metallo dalle loro cartelle, e diventare improvvisamente pallida come un lenzuolo.

"AAAAAAAAARGGGGHHHHH!"

Il suo urlo raggelante riempì la sala, assordando chiunque fosse al suo interno, e scuotendo le anime stesse dei presenti. Le finestre tremarono, i corvi volarono via verso l'orizzonte terrorizzati, le cicale smisero di piangere. Tutti si girarono verso di lei, temendo il peggio.

Che cosa è successo, Serco-san?” chiese uno dei bambini più piccoli.

"Il mio bentoooooo!"

Giancarlo sospirò, e riaprì la sua cartella.

"Il tuo bento? Non capisco, qual è il problema..."

"Me ne sono dimenticata! In Italia ero abituata a terminare scuola all'una e trenta, e quindi andavamo direttamente a casa! Mi è complatamete uscito di mente che qui invece devo portarmi il pranzo a scuola!”

Decisamente un problema non da poco.” esclamò Satoko “Immagino che sia il genere di cose che capita quando arrivi in un paese con cultura e tradizioni completamente diversi dalle tue.”

Lo so, lo so! E dire che pensavo di aver calcolato ogni minimo dettaglio ieir, un bel vestito adatto per la scuola, una presentazione appropriata, i giusti libri e quaderni da portare... Come è potuto succedere?”

Giancarlo prese un piccolo box di metallo, di color blu scuro, e lo appoggio sul suo banco.

E ora che faccio? Non posso saltare il pranzo come se niente fosse. Non riuscirei ad arrivare viva alla fine della giornata, morirò di fame prima! E non posso neanche usare la macchina, serviva a Flavia questa mattina. Povera me, come posso evitare questo funesto destino?”

Non è un problema! Come ho mostrato a Rika qualche mese fa, ti mostrerò come vincere il fato!”

Keiichi, capisco le tue buone intenzioni, ma le tue parole non faranno comparire panini per magia...”

Rika-chan, non è carino fare la maleducata. Piuttosto, piuttosto, Keiichi-kun, mi chiedo se, in segno di amicizia, tutti noi possiamo condividere il nostro...”

Giancarlo prese un secondo box di metallo, questa volta rosso, e lo porse ad Alice.

Tieni” disse “Ma la prossima volta ricordati di prepararlo, la sera prima. Non posso starti sempre dietro, e non puoi dimenticarti di una cosa di questa importanza.”

Alice si sciolse in lacrime, e lo abbracciò calorosamente con un radioso sorriso, come fosse un gigantesco orsacchiotto di peluche. “Nii-chan, il mio piccolo premuroso Nii-chan! Grazie, grazie!”

Ehm, prego, però ora sarei affamato, quindi cominciamo pure a mangiare, senza perderci in chiacchere o effusioni di questo tipo, OK?”

Tutti gli studenti allora spostarono i banchi, al fine di formare un cerchio da cui nessuno era escluso, e iniziarono a mangiare. L'ultima a cominciare fu Alice, che però fu anche la prima a finire, come sempre aveva un gran appetito quel giorno. E poi il bento preparato dal fratello era gustoso, per quanto poco appariscente. Ordinato ed essenziale, tale e quale a chi lo aveva composto.

Quindi lo hai fatto tu, Gi-chan?” gli chiese Rika, rivolgendosi a lui “Voglio dire, hai cucinato i bento per tutti e due? Che bravo, il bimbo, che bravo!”

Grazie... Sai, conosco abbastanza Nee-chan da poter prevedere situazioni come questa.” Alice, udendolo, sorrise, anche se era un po' imbarazzata.

Ara, non avrei mai pensato che i ragazzi sapessero cucinare. Una volta che sei costretta a constatare i risultati dei pericolosi esperimenti culinari di questo villano, pensi che lo stesso valga per tutti.”

"Satoko!" urlò Keiichi, rischiando di strozzarsi a causa della polpetta che aveva in bocca.

Kei-chan, smettila di fare il bullo con lei, e finisci di mangiare.”

Quello scambio di battute fece pensare ad Alice che Keiichi fosse davvero lo zimbello del gruppo. In ogni caso, si accorse presto che tutti avevano già consumato il proprio pasto e richiuso i loro bento, si alzò insieme agli altri, e riportarono i banchi al loro posto originario. L'intera classe pulì attentamente la sala, e quindi Mion fece un annuncio.

Ascoltatemi, ragazzi, Chie-sensei è dovuta andare a Okinomiya questo pomeriggio, quindi basta lezioni per oggi. Se volete siete autorizzati ad andare a casa, ma” scandì bene quell'ultima parola, sottolineandone l'importanza “Fareste decisamente meglio a restare qui, visto che dobbiamo proprio fare delle domande a questi tizi!” Indicò la coppia di nuovi arrivati, prima di prendere tre sedie e piazzarne due nel mezzo dell'aula, lasciando la terza per se stessa e sedendoci sopra, a un paio di metri dalle altre due sedie. Ci si era seduta alla rovescia, lasciando lo schienale della sedia davanti a sé, ma non sembrava fosse un problema per lei, e infatti non mostrò il minimo imbarazzo a restare in quella posizione, con la lunga gonna che copriva le gambe divaricate per poter stare comoda; a quel punto, appoggiò una mano sullo schienale, e con l'altra prese un foglio di carta ripiegato da una delle proprie tasche, e chiese loro di sedersi a loro volta, per iniziare quell'intervista.

Intervista?” esclamò Alice, sorpresa da tutti quei preparativi “E che cosa sarebbe questo, il Maurizio Costanzo show?"

"Il cosa?"

Alice, per favore, non parlare di cose che gli altri non possono conoscere, almeno non prima di aver spiegato di cosa si tratta..." Giancarlo continuò "Di TV giapponese ne so poco, proviamo con quella americana. Qualcuno di voi ha mai sentito parlare di un certo David Letterman e del suo show?"

Gli altri si guardarono l'un l'altro incerti, e alla fine Satoko rispose: “Uhm... No. Immagino che qui nessuno possieda una parabola, guardiamo tutti solo emittenti locali.”

Capisco... Be', come ho detto non conosco molti programmi di casa vostra, e indicarne uno simile mi riesce difficile. Insomma, non è così importante, basti dire che è una sorta di talk show, dove c'è un intervistatore che fa le domande e un ospite che risponde, come appunto sta succedendo qui.”

Ah, ora è chiaro.” replicò l'aspirante giornalista “Non potevi semplicemente descriverlo allora, visto che era così semplice? In ogni caso bando alle ciance, via con la sigla. TA-TA-TAAAAAAA-TA-TA-TAAA-TA-TAA-TAAAAAAAAAAAA ”

Risata generale. Poi, Giancarlo guardò Mion di traverso, ancora dubbioso: “Bel motivetto, davvero... Però mancano gli strumenti musicali. Niente tamburi? Niente pianoforte? Niente di niente?”

Malauguratamente, siamo una piccola compagnia, un'emittente dal budget ridotto che deve economizzare il più possibile. Comunque, ecco qui i nostri ospiti, gentili telespettatori, Alice e Giorgia Serco. Provenienti dall'Italia, e più precisamente da...”

"...Serco."

"…"

Pensavo che il vostro giapponese fosse un po' meno penoso. Non vi ho chiesto il cognome, ma il luogo di nascita.”

Alice e Giancarlo si volsero l'uno verso l'altro, e poi la ragazza rispose: “E il nostro luogo di nascita si chiama Serco, appunto.”

Un secondo di silenzio, prima che Mion saltasse sulla sedia, fingendo magistralmente di essere rimasta scioccata: “Lo sapevo! Siete la famiglia che dietro le quinte controlla il vostro villaggio! E i vostri tentacoli si sono allungati fino a raggiungere un potere tale da costringere il paese a cambiare nome, per mostrare a tutti che appartiene a voi! Oh mio Dio, che avete intenzione di fare quaggiù, di invaderci? Di estendere i vostri domini e fagocitarci come vittime sacrificali? Col cavolo! Siamo pronti a difenderci, lo Spirito di Hinamizawa è pronto a tornare in azione e vincere ancora una volta!”

Puoi farmi il piacere di piantarla con questi deliri, Mii-chan? Siamo una famiglia normale, e basta. Cose di quel genere capitano in Italia, non siamo certo l'unico caso. Voglio dire, è una coincidenza, o meglio probabilmente è il cognome ad avere origine dal paese, e non il contrario come vai dicendo.”

Oh? Capisco. In effetti, se cambiassi il mio nome in qualcosa del tipo Hinamizawa Mion potrei fare dell'ottima pubblicità per il villaggio. Basterebbe viaggiare intorno al mondo, e questo nome rimarrebbe scolpito nella coscienza di tutti."

Non sei cosi importante, Mion...” osservò Keiichi.

Lo pensi davvero? Allora dovrei fare qualcosa per diventarlo. Qualcosa che mi renda famosa, in modo che la mia celebrità si rifletta sul villaggio. Ci devo pensare un attimo...” Sfortunatamente, il modo in cui l'intervistato la stava squadrando le fece capire che non era il caso, e che era meglio cambiare soggetto.

Ehm, già, non sono io il faro dell'attenzione, non dovrei esserlo perlomeno. Il mio ruolo in questa trasmissione è quello di una valida e obiettiva giornalista, non dimentichiamolo.”

Hai bisogno di una pausa.” rispose allora Alice “Allora pubblicità, torniamo tra due minuti, rimanete sintonizzati.

Ah sì?” Mion le rispose con uno sguardo di sfida, ma in realtà stava ridendo per quella battuta, che aveva trovato azzeccata e adatta a quella specie di gioco di ruolo. Ma poi si ricompose, e chiese se qualcuno tra il pubblico, ossia tra gli altri ragazzi, avesse una domanda. Evidentemente su quel foglio non aveva scritto molto, mancava di fantasia.

Fu Keiichi a parlare: “Non ho mai sentito una città chiamarsi in quel modo. Voglio dire, se fosse una città grande come Roma, o Milano, ne avremmo sentito parlare. Quindi questa Serco non deve essere una cittadina molto grande. Magari è addirittura un villaggio, come Mion aveva detto prima.”

Hai decisamente ragione” rispose Alice “Un piccolo paesino sulle alpi, precisamente, addirittura più piccolo della vostra Hinamizawa. Ci vivono... cinquecento persone, credo.”

E quindi non siete ragazzi di città come Kei-chan, ho ragione?”

Assolutamente. Ci saranno ventimila chilometri tra i nostri villaggi... Ma direi proprio che Hinamizawa e Serco sono più simili tra loro che Hinamizawa e Tokyo, per esempio. Il modo di vivere, quello di ragionare... sono decisamente gli stessi, a quanto ho visto finora.”

Il che rende il vostro ambientamento qui particolarmente semplice, e la cosa non mi dispiace. L'anno scorso ne abbiamo passate tante, per far sì che Kei-chan si trovasse bene. Abbiamo dovuto prenderlo per mano come se fosse un bambino spaventato, portarlo a visitare il paese, raccontargli di tutto, eccetera, eccetera ... Ottimo, davvero ottimo, sono notizie come queste che soddisfano lo zietto.”

Keiichi non gradì il riferimento, e iniziò a discutere con Mion, mentre Giancarlo li fissò. Siamo più vecchi di te... Insomma, se tu sei lo zietto, noi cosa saremmo, i nonnini? Spero almeno che non cominci a soprannominarci così... Perlomeno in quell'attimo poteva sospirare senza che nessuno gliene rendesse conto, tutti erano presi dal piccolo quiproquò tra il leader del club e il cosiddetto Mago delle Parole. Finché Mion non decise che quel dibattito poteva concludersi, e tra le proteste di Keiichi riprese l'intervista, che altrimenti rischiava di non finire mai.

OK, allora... Che posso mai chiedervi... Ah, certo, che sciocca. Ali-chan prima ci ha detto di avere diciotto anni, ma tu invece non ci hai rivelato la tua età, Gi-chan. Sei più vecchio di lei?”

"No."

Oh, allora sei più giovane? Non l'avrei mai detto.”

"...Neanche."

Lo stupore più assoluto calò nella sala. Chi lo avrebbe mai detto che la vita riservasse sorprese come quella.

...Non... Non ci starete mica dicendo che siete...”

...Gemelli. Sì, esattamente come voi, anche io e Giancarlo siamo gemelli.”

"Ara ara, questa è quella che possiamo definire una piacevole coincidenza!"

Ma... Ma... Non ci credo! Non è possibile! Siete completamente diversi! Altezza, sesso, aspetto, capelli, comportamento, carattere... Insomma, sfido chiunque ad affermare anche solo che siete fratello e sorella, se non me l'aveste detto voi non ci avrei mai creduto!”

Mai sentito parlare di gemelli eterozigoti? E' come essere fratelli normali, non tutti i gemelli sono identici tra loro. Anzi, molto spesso gli eterozigoti sono maschio e femmina, e con gusti molto diversi tra loro.”

Sì, ma un conto è essere diversi, un altro è essere l'uno l'opposto dell'altro! Non avete nulla in comune!”

Questo non è vero, Mii-chan! Guarda il mio volto e quello di Nii-chan, noterai qualcosa.”

Mion seguì il suo suggerimento. In effetti Alice aveva ragione: avevano gli stessi occhi. Grandi, rotondi, di un colore marrone chiaro, così simili a delle belle nocciole. Un gran bel colore, in effetti, come Mion dovette convenire.

Sono simili, d'accordo... Però non sono sicuro siano uguali. Ali-chan, i tuoi mi paiono leggermente più scuri.”

Macché, è solo un effetto ottico. Vedi, i miei capelli sono castano chiaro, mentre i suoi sono castano scuro. E quindi, quando mi guardi in faccia, sei portato a pensare che i miei occhi sono più scuri perché istintivamente li paragoni ai miei capelli; allo stesso modo, i suoi sembrano più chiari... Ma in realtà il colore è esattamente lo stesso. Per capirci meglio, pensa a una persona che si fa fotografare con un amico molto basso per sembrare più alto, oppure a una ragazza insicura che va al ballo con una cozza per sembrare meno brutta... E' una questione di prospettive, tutto qui.”

Hmm, capisco... Sì, direi che hai colto nel segno. Però toglietemi una curiosità: ho capito che siete gemelli, però uno di voi due deve essere pur nato per primo, per esempio sappiamo tutti chi è la primogenita tra me e Shion. Per voi invece? Chi è il più vecchio?”

Ad essere sinceri non ha mai avuto una grande importanza per noi... Non ci sono dubbi sul fatto che la più vecchia sia Flavia, in famiglia, e se poi volessimo limitare il discorso ai figli maschi per questioni di eredità e quant'altro Nii-chan sarebbe l'unico in lista... Comunque, in fin dei conti sono stata io a nascere per prima, tecnicamente.”

Strano che Ali-chan abbia aggiunto la parola tecnicamente, pensò Rika. La bambina alzò la testa verso di lei, bramosa di soddisfare la curiosità suscitata da quella risposta. Ma tutti stavano ora facendo domande su Flavia, e Alice spiegò che si trattava della sua sorella maggiore, che li aveva raggiunti in quell'angolo del Paese in quanto era la donna che aveva rimpiazzato l'ispettore Oishi, appena andato in pensione. Mion era già stata alquanto informata su di lei, come richiesto dal suo ruolo di erede del casato Sonozaki, e quindi commentò ironicamente:

Una donna italiana... Nulla contro di lei, ma ci sono così tanti bravi ufficiali giapponesi qui intorno, perché andare a pescarne uno dall'estero?

Flavia è giapponese.” replicò Giancarlo, che si faceva sentire ogni volta che l'intervistatrice la metteva sul sarcastico.

"Come giapponese? I suoi tratti somatici non mi sembrano quelli di..."

Intendo dire che ha la cittadinanza giapponese, usa un po' di fantasia! Lei e suo marito hanno completato l'iter un paio di mesi fa, subito dopo il matrimonio. Era necessario per poter lavorare a tempo pieno in polizia, che era sempre stato il suo sogno, e poi vive in Giappone da quando aveva sedici anni, è stata a casa di alcuni amici di famiglia. Ha studiato qui, ha seguito la procedura, fatto i concorsi come qualsiasi altro ufficiale, e si è dimostrata un vero leader, qualcuno assolutamente in grado di ricoprire quel ruolo. Non vedo perché sarebbe dovuta essere esclusa. L'unica particolarità è stata il fatto di doversi scegliere un nome giapponese, come la legge prevedeva. Un nome da affiancare al suo, da usare nei documenti ufficiali, anche se lei lo usa solo per redigere i verbali, anche alla stazione di polizia la chiamano tutti Flavia-san, amichevolmente.”

Mi sembrava che la documentazione parlasse di un'agente chiamata Keresana-san, in effetti.”

E' il cognome dei nostri amici di famiglia, infatti, le è venuto naturale prenderlo, quando ne ha dovuto sceglierne uno. Ma di che documentazione stai parlando, ora?”

Oh, il ruolo dello zietto le impone sempre di essere informata sulle più recenti novità che possono influire sulla vita quotidiano del villaggio, non c'è nulla di segreto. Però grazie di avermene parlato, dovrò ricordare a mio zio di chiamarla Serco-san, le farà sicuramente piacere.”

Zio?”

Lascia stare, non è nulla che possa interessarvi. Piuttosto, se ho capito bene vostra sorella è qui da parecchio tempo, quindi suppongo che anche voi siate praticamente dei giapponesini, nonostante qualche impaccio con la lingua, no?”

Risposta sbagliata, ti sarebbe bastato pensare a quello che ti abbiamo detto finora per capirlo...”

Permalosetto, il ragazzo...” ammiccò Mion, divertita, e Alice replicò:

Fa sempre così quando stuzzicato, ma non è un tipo cattivo... Passando alla tua domanda, non è la prima volta che veniamo in Giappone, ma non abbiamo sempre vissuto qui, non è stato un soggiorno ininterrotto. La prima volta è stato quando io e Nii-chan avevamo solo sei anni, siamo restati con tutta la famiglia a Tokyo, per un paio d'anni. Papà lavora come direttore delle vendite per una piccola maglieria di casa nostra. Producono camicie di alta qualità e roba del genere, anzi, se siete interessati fate un fischio... Vi fornirebbero in poco tempo quello di cui avete bisogno, infatti una significativa fetta del loro mercato si trova qui in questo Paese, e la linea dei rifornimenti è piuttosto efficiente, arriverebbe tutto nel giro di quattro o cinque giorni lavorativi. Era per quello che ci eravamo recati qui, quella volta, questioni di lavoro sostanzialmente.

Ma se quello era solo un viaggio di lavoro, come mai vi aveva portati con lui?”

Immagino che ci volesse lì come apprendisti, allora. Capisci, allora come adesso il direttore dell'azienda è un nostro zio, e a papà piacerebbe che tutti e due andassimo a lavorare per loro, una volta che saremo cresciuti. Per esempio Nee-chan potrebbe occupare il posto di nostro padre, o comunque affiancarlo. Per esempio, potrebbe diventare una responsabile del marketing.”

Dici?”

Perché no? Personalmente penso che Alice sia adatta a un lavoro del genere, gestione della clientela, ricerca di mercati, eccetera. Le piace parlare con gli altri, sicuramente più di quanto piaccia a me, quel tipo di occupazione le calzerebbe a pennello. Uno volta che si sarà sposata sarà libera di andare dove vuole, magari si trasferirà definitivamente in Giappone, a curare i clienti del posto. Seguirebbe le orme di nostra sorella, quindi. Durante il nostro primo soggiorno qui, anche Flavia aveva frequentato una scuola locale, dove aveva incontrato un altro studente italiano di cui si era innamorata. Era felice con lui, al punto da desiderare di restare qui, una volta che i nostri genitori erano dovuti tornare in Italia. Aveva appena compiuto diciotto anni in quel tempo, aveva il diritto di decidere della propria vita, e i nostri genitori sapevano che in fondo è una ragazza con la testa a posto, e non ebbero nulla in contrario.”

Alice arrossì, all'idea di sposarsi con il suo ragazzo, mentre il fratello continuò:

Intanto siamo qui, a fare appunto da apprendisti, come se fossimo in prova. Ogni volta che un cliente di qui telefona a papà in Italia, lui organizza un incontro, solitamente nel pomeriggio, e noi ci presentiamo come rappresentanti dell'azienda. Siamo stati istruiti adeguatamente sull'argomento, direi, e grossomodo siamo entrambi in grado di sostenere un incontro del genere, quindi per esempio uno può recarsi dal cliente e l'altro può restare a casa, o frequentare la sessione pomeridiana di scuola.”

Quindi non sarete sempre qui con noi?” chiese Rika.

No...” rispose Alice, accarezzandone la testa “Saremo studenti un po' particolari. Comunque papà ci ha spiegato che non è nulla di impegnativo, l'ultima volta che lui si è recato in Giappone aveva un incontro di lavoro ogni 10-12 giorni, più o meno. Grazie a Dio la gente di questo Paese tende a non lamentarsi più di tanto, e sono soliti leggere nel dettaglio i volantini e i cataloghi, dove di solito si trova tutto quello che vogliono sapere. E come ricompensa per questo lavoretto, la compagnia dello zio ci paga con un piccolo salario, ci danno circa la metà di quanto pagano papà. Quasi una mancia, ma in fondo quello che cercavamo era anche un modo per sostenere le spese del viaggio, non abbiamo certo problemi finanziari ma non siamo nemmeno i Rockefeller, qualche spicciolo in più fa sempre comodo.”

La giovane si alzò, sgranchendosi le gambe, e poi concluse: “Ora capite perché abbiamo cominciato a studiare il giapponese, un paio di anni fa? Quando avevamo sei anni e siamo arrivati qui non capivamo un'acca di quello che vedevamo scritto, e abbiamo studiato nella piccola scuola italiana vicino all'Ambasciata. Stavolta invece non potevamo farci trovare impreparati, e sia il dovere che il piacere richiedevano di studiare quei caratteri Kanji così difficili, ma allo stesso tempo così affascinanti.”

Fatemi capire, allora” chiese Rika, che appariva particolarmente curiosa “Voi fondamentalmente siete venuti qui, senza i vostri genitori, per motivi di lavoro? Ma allora come mai non siete andati a Tokyo? Non c'è nessuna ragione nascosta per cui...” Era stupefacente come quella piccola volesse sapere tutto su di loro. Allora, felice di vedere come lei tenesse a loro, Alice le fece l'occhiolino, e rispose:

Devi sapere che la maggior parte della nostra clientela giapponese si trova a Krinoto, una cittadina non lontana da qui, al contrario di quanto sia Tokyo, paradossalmente. In ogni caso hai ragione, non è l'unico motivo. Flavia è stata mandata a fare l'ispettrice da queste parti, e vivere a poca distanza gli uni dall'altra sarebbe stato piacevole. Senza dimenticare che c'era qualcuno che volevamo visitare, dei cari vecchi amici che si sono trasferiti recentemente a Okinomiya.”

"E chi sarebbero? Spara, spara."

Spiacente, ma dovrai rimanere a bocca asciutta.” rispose Giancarlo, anticipando la sorella “Questione di privacy, capisci?”

Mion lo guardò, e per stuzzicarlo replicò: “Oh, fa niente, mi farò dire i loro nomi in qualche modo. Sai, lo zietto è pur sempre una Sonozaki...”

Beh, se ti interessa davvero saperlo, non ti eviterò allora questa piacevole sfida, milady. Anche se sarà meglio che tu non ti aspetti chissà quale famosa personalità, sono persone ordinarie.” Il ragazzo pensò comunque che Mion non fosse particolarmente acuta, in fondo aveva già fatto il loro nome, pochi attimi prima.

Ma allora...” chiese allora Rena, rivolgendosi ad Alice “Se ho capito bene resterete qui solo per un breve periodo, ho ragione, ho ragione?”

In realtà dipende da cosa intendi per breve periodo... Il nostro visto studentesco vale per due anni, e quindi per tutto questo periodo di tempo siamo autorizzati a vivere in Giappone ed avere anche dei lavoretti part-time, come quello che vi ho appena descritto. Non so ancora se resteremo per tutto questo periodo di tempo, dovremo pensare anche all'università in futuro, ma sicuramente non ci muoviamo prima del prossimo Watanagashi, ci siamo informati sulle tradizioni del posto, e sono davvero curiosa di assistere a questa festa... Inoltre, nel momento in cui io e mio fratello torneremo a casa, Flavia verrà a vivere a Hinamizawa nella casa dove ora stiamo noi, al momento ha affittato un appartamento a Okinomiya, ma è qui che vorrebbe risiedere. Insomma, ci sono molti aspetti da tenere in considerazione, vedremo cosa accadrà, alla fine. Chi vivrà, vedrà. Ora, ci sono altre domande?”

Dì qualcosa nella tua lingua!”

Tutti si misero a ridere, gridando ed esclamando parole tipo:

"PIZZA!"
"MANDOLINO!"
"SPAGHETTI!"
"MAMMA MIA!"

I due Serco si guardarono a vicenda muti, prima che Giancarlo facesse un cenno e cominciasse a sentenziare:

"Sti s-cècc che'l ga nià da capì che òla lengua l'è mia sèmper chéla che'l dise do la tele..."

"Ada, Giancarlo" rispose Alice, ridendo "te ghe mia da cumpatì sti por tusarì, che'l sarà mia pusibèl che'l sanno sti laur. Naaa, il ga da dir noter..."

"Dighét del bù?"

E risero a loro volta, mentre gli altri, scioccati, si stavano chiedendo cosa avessero appena detto, e che razza di linguaggio avessero usato. Giancarlo guardò Mion soddisfatto di averla zittita in quel modo, e poi spiegò:

Quando uno straniero pensa alla lingua italiana, di solito si ricorda dei film di Alberto Sordi, di Totò, o di qualche stereotipo diffuso in America... In parole povere, solo di una parte d'Italia: Napoli, Roma, Palermo... Il che non è sbagliato di per sé, tutt'altro, ma che non considera altri dialetti della penisola, come il nostro.”

Noi veniamo da un paesino delle Alpi, quindi il nostro dialetto è un po' strano... Un misto di italiano, francese e tedesco, potremmo definirlo. Voi non potevate saperlo, e prima stavamo commentando appunto questo fatto. E' come pensare che tutti i giapponesi siano samurai o personaggi di cartoni animati, è lo stesso processo mentale.”

"GWAHAHAHAHAA! Mooolto interessante, abbiamo raccolto una grande quantità di informazioni utili riguardo i nostri prossimi avversari! Preparatevi quindi, la prossima volta potremmo usare quello che avete detto contro di voi...” Quella tizia sembrava non arrendersi mai, alla faccia del bicarbonato di sodio.

Beh... almeno però ci stai dicendo che la nostra intervista è finita, vero?”

Vero. Ogni programma televisivo deve osservare dei limiti di tempo, e rispettarli permette alla pubblicità di essere trasmessa a intervalli regolari, il che implica più soldi per il proprietario, e pure per il presentatore. Sì, vi concedo di andare, se volete.”

Come desideri” ribatté Alice “Ad essere sinceri abbiamo qualcosa da fare questo pomeriggio, e penso proprio che ci dovremo sbrigare. Ci vediamo domani, allora!” La ragazza prese quindi per un braccio il fratello e lo trascinò fuori dall'edificio, dandogli a stento il tempo di prendere la cartella.

Sono già le tre, dovevamo andare là questa sera, ma se arriviamo prima è tutto di guadagnato!” esclamò Alice, correndo verso casa. Sapeva che Flavia li avrebbe presto raggiunti là con l'auto, e quindi non voleva perdere tempo. Continuò quindi a correre, e correre, incurante di una roccia che stava franando dietro di loro. Un sasso grosso come un pugno, proveniente dalla scarpata soprastante, che rotolò placidamente e si fermò sul sentiero alle loro spalle.

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Capitolo 5
*** Vecchie amicizie, nuove amicizie ***


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Nota dell'autore: Questo è l'ultimo capito puramente introduttivo sui nuovi personaggi (anche se, come potete immaginare, molte cose verranno dette sul loro conto anche più avanti). A partire dal prossimo, compariranno molto più spesso quelli del canone.

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Capitolo 4: Vecchie amicizie, nuove amicizie


Okinomiya, 1 Settembre 1983

Per favore, quando entrate dite loro che sto cercando un posto dove parcheggiare. Sarò da voi tra un paio di minuti, giusto il tempo di farmi largo tra queste file di macchine." Giancarlo chiuse la porta dell'auto, e insieme a sua sorella osservò Flavia mentre si allontanava temporaneamente.

Sarebbe stato interessante contemplarla mentre si esibisce in qualche strana manovra per parcheggiare, è una cosa che non ha mai imparato come si deve. Peccato che da qui non si riesca a vederla.”

Che cattivo che sei. Insomma, hai pur visto che non ha usato la sirena, questa volta, ha imparato la lezione.” rispose Alice.

Pff, scommetto un caffè che ieri uno dei suoi superiori le ha dato delle noie perchè l'ha accesa senza motivo, e quindi le han fatto passare la voglia di tenerla sempre in funzione con una bella ramanzina.”

Dici?”

Non è impossibile. Se fosse più sveglia l'avrebbe spenta un paio di minuti prima di arrivare nei pressi della prefettura, ma sai quanto diventa distratta, quando è su di giri.”

Vedremo. Hai detto che scommetti un caffè, vero? Glielo possiamo sempre chiedere dopo, e in fondo direi che siamo nel posto giusto per farti pagare pegno, se scopriremo che hai torto.”

Giancarlo lesse l'insegna a fianco della porta: The Hidden Cove – Bar, Tavola Fredda. Il nome lasciava ad intendere che quello fosse qualcosa simile a un covo di pirati, e in parte lo incuriosiva. Allora aprì la porta, udendo tintinnare il campanello che annunciava l'entrata di nuovi clienti, e la tenne aperta per permettere ad Alice di entrare, prima di seguirla. Una volta dentro, la prima impressione che si era fatto sul luogo si rivelò sbagliata.

Era un posto decisamente tranquillo, come l'aspetto esteriore poteva far suggerire. Una mezza dozzina di tavoli, e un bancone non particolarmente lungo. Insomma, un locale piuttosto piccolo, ma le sue dimensioni ridotte non erano un problema, all'interno vi erano solo pochi clienti, intenti a bere un caffè o a sfogliare un giornale nella pace e nel silenzio più assoluti. Un paio di finestre aperte non erano sufficienti a rischiarare completamente la sala, ma l'effetto che ne derivava non era per nulla spiacevole, dava all'insieme un aspetto ottocentesco, o perlomeno sembrava di essere in una di quei luoghi descritti da Conan Doyle nei suoi libri su Sherlock Holmes. E, esattamente come il buon vecchio Holmes, anche l'anziano uomo che si stava avvicinando a loro stava fumando la pipa.

"Alice-chan, Giancarlo-kun. Che bello vedervi, non vedevo l'ora che arrivaste!"

E' un vero piacere rivederla, Keresana-san. Non la vediamo di persona da anni.”

Già, e infatti siete decisamente cresciuti, e direi che state decisamente bene, al contrario del sottoscritto... Sto invecchiando troppo in fretta, ma alla fine della fiera è qualcosa che deve capitare a tutti, e del resto questo bar mostra chiaramente che il suo proprietario non è esattamente un giovincello. Ma per favore, ragazzi, accomodatevi pure. Noriko, il solito per me e... Per voi? Cosa volete? Offre la casa, ovviamente.”

Grazie mille, allora una cioccolata calda per me, per favore!” rispose Alice.

...E un caffè senza zucchero per me, invece, grazie.” scelse Giancarlo, prima di aggiungere “Però dovremmo aspettare che arrivino anche Flavia e Francesco, saranno qui a momenti.”

E infatti, come annunciato, la coppia di novelli sposini arrivò pochi secondi dopo. Flavia ordinò una fetta di cheesecake, visto che aveva saltato il pranzo a causa del superlavoro di quella mattinata, mentre il marito chiese un caffè corretto con del brandy. Tutti loro ricevettero presto quello che avevano chiesto, e così Kogorou Keresana potè cominciare a parlare:

Non potete sapere quanto sia felice di vedervi di nuovo tutti insieme qui, dopo tutto questo tempo. Essere qui in mezzo a voi mi fa ricordare i bei tempi a Tokyo, quando ero ancora giovane e forte...”

Giovane? Avevi già sessant'anni allora, altro che giovane.” rispose Noriko, sua moglie. L'intero gruppo si era seduto sul tavolo più vicino al bancone, così la signora poteva unirsi alla conversazione mentre preparava un Bloody Mary per uno dei clienti. “Eri talmente giovane che sei andato in pensione non appena loro se ne sono tornati in Italia, e lo hai fatto proprio per trasferirti qui e aprire questa graziosa bettola, te ne sei dimenticato?”

Non è una bettola, a me pare un posto decisamente carino.” protestò Alice, ma Kogorou la rassicurò.

Lo chiama così, ma è come un vezzeggiativo per lei, col passare degli anni si è affezionata a questo posto...” Poi, rivolto alla moglie: “Comunque, evita di ricordarmi che ora ho settant'anni, no? E poi ognuno ha l'età che si sente, non te l'ha mai detto nessuno?”

Oh, in quel caso, visto quanto ti piace lamentarti, avrai minimo minimo 970 anni, allora...”

Giusto un anno più di Matusalemme, il che significava che lei lo stava in realtà etichettando come il più vecchio essere umano che abbia mai messo piede sulla terra. Un modo brillante di prendersi gioco amabilmente di suo marito, un modo che mostrava tutta la sua cultura, e questo piaceva in particolare a Giancarlo. Sapeva che la donna possedeva una conoscenza incredibilmente profonda sui più vari argomenti, aveva senz'altro letto e riletto migliaia di libri durante la sua vita. Testi in giapponese, ma anche in inglese, francese, tedesco, italiano e altre lingue... In passato parlava fluentemente, senza esagerare, almeno sette o otto lingue, come del resto anche il marito, che le utilizzava per lavoro. Anche se in ogni caso, dato che i Keresana erano un po' invecchiati, la loro memoria stava iniziando a indebolirsi, e il loro italiano era peggiore del giapponese dei Serco, i quali quindi, anche per cortesia e senso d'educazione, avevano preferito esprimersi nella lingua di coloro che li stavano ospitando.

Era tutto così diverso dalla prima volta che erano si erano recati in Giappone con la loro famiglia. Non conoscevano una sola parola della lingua locale, quindi non potevano capire cosa gli altri dicevano loro. Inoltre, nella piccola scuola italiana a Tokyo non erano stati in grado di stringere amicizia con gli altri studenti, in quanto tutti gli altri avevano almeno un paio di anni in più di loro, e non consideravano nemmeno quei due bambini così piccoli. Pertanto, imbattersi in un'altra famiglia in grado di parlare in italiano fu una scoperta sensazionale per loro, e fortunatamente i Keresana si erano velocemente affezionati a quelli che, dal loro punto di vista, erano due bambini piccoli ed educati, ma tremendamente in imbarazzo nei confronti del mondo esterno.

C'era un motivo dietro quel legame di amicizia così velocemente formatosi. Noriko era sterile, e la coppia non aveva quindi figli, quindi Alice e Giancarlo erano come dei nipoti adottivi, per loro. Così, la donna iniziò presto a giocare con loro, scrivendo appositamente degli indovinelli che loro dovevano risolvere, e ideando con loro dei piccoli scherzi da fare a suo marito, il quale ovviamente stava al gioco. Era fuori di dubbio infatti che lei lo amasse ancora, dopo tutti questi anni, bastava osservare il modo in cui si guardavano per convincersene. Già, Giancarlo pensava che il loro fosse il modo ideale di vivere come coppia.

Eh, sì, tra amore per i libri e quant'altro i gusti di Noriko hanno decisamente influito sui miei, pensò il ragazzo, mentre stava finendo di bere il suo caffè. Appoggiò quindi la sua tazzina sul piattino, e quindi si ricordò che doveva dire loro una cosa:

"Keresana-san, dimenticavo... Il nonno vorrebbe ringraziarvi per tutti i libri e i documenti che gli avete consigliato per la sua ricerca su Hinamizawa... Come avete fatto a trovare tutte quelle fonti? In questi mesi non abbiamo quasi fatto altro che leggere tutti quei testi!” Il loro nonno non sapeva leggere i kanji, e quindi era toccato ai suoi nipoti farlo al posto suo. Era un impegno gravoso, ma era certamente anche un modo per approfondire la conoscenza della lingua, quasi una sorta di esame, visto che per loro quelli erano i primi libri in lingua giapponese di una certa complessità.

Eh eh, Noriko mi ha dato una bella mano... Ma non è stato poi così difficile. Hinamizawa è diventata abbastanza famosa in questo ultimo periodo a causa di tutti quegli eventi. Li avete letti, quindi sapete a cosa mi riferisco.”

Sì, lo sappiamo... La Guerra della Diga... e poi la Maledizione di Oyashiro-sama. Abbiamo letto gli articoli. Però, da quel che abbiamo capito, quest'anno non ci sono stati né morti né dispersi quest'anno. Hanno preso il serial killer, per caso?” Chiaramente, non prendevano neanche considerazione l'eventualità che fosse una vera maledizione.

Il caso sembra sia stato chiuso.” rispose Flavia “O comunque sul punto di essere chiuso. In realtà nemmeno io conosco i dettagli, se ne sta occupando direttamente il prefetto di Okinomiya, che ha concesso solo Oishi-san di aiutarlo. Tutti gli altri sono stati esclusi.”

Fammi capire, ha chiesto assistenza... A un poliziotto in pensione. E Oishi-san ha accettato, quindi. E gratis, perdipiù.”

Già, ma di che ti stupisci? Un bravo agente è sempre ligio al proprio senso del dovere, è qualcosa che ti rimane impresso, non importa se sei in servizio o sei stato congedato. E poi quei due sembrando essere diventati ottimi amici, di recente.”

Se vi interessa, potremmo andare tutti al club di mahjongg, lo troveremmo là di sicuro” osservò Alice “Onee-chan, sei stata tu a dirci che quel gioco era il suo chiodo fisso.”

Alice, anche se non è più un poliziotto non è che può iniziare a parlare dei segreti dei casi in corso alla prima ragazza che incontra.” Alice capì che effettivamente non era una buona idea, quindi Giancarlo continuò a parlare “Se perfino a Flavia è vietato conoscere tutti i dettagli, deve essere una questione delicata. Deve essere per quello che se ne occupa il prefetto in prima persona.”

Flavia annuì ed aggiunse: “Comunque considera che solo due persone stanno investigando sulla faccenda, se il caso fosse stato più difficile avrebbero chiesto l'aiuto di molti più uomini. A giudicare da quanto so su questa storia, penso che non abbiano chiuso ancora il caso, altrimenti avrebbero annunciato pubblicamente il nome del colpevole, e la notizia avrebbe giovato all'immagine del prefetto... Però non credo siano lontani dal farlo.”

Il prefetto appartiene alla famiglia Sonozaki, lo sai” ribattè Keresana “E non so quanto quell'uomo tenga alla sua immagine. Però sono d'accordo con te, in fondo non vedono l'ora di riabilitarsi in qualche modo, negli ultimi anni qualcuno pensava davvero che fossero loro i veri colpevoli. E chi nutriva quei dubbi non era una persona qualunque, era lo stesso Oishi-san che ora li sta aiutando. Una volta lo avevamo perfino visto qui ad Okinomiya accusarli pubblicamente, e ora invece sono amiconi per la pelle, questo mondo davvero non è normale...”

Giancarlo ci pensò per qualche secondo: “Nella lista delle vittime non c'era nessun membro della famiglia Sonozaki, mentre al contrario c'era qualcuno dei più convinti sostenitori della Diga... Hmmm... Però, non credo che potessero mai fare una cosa del genere. Perlomeno, seguire quel modo di agire sarebbe stato un contosenso.”

Cosa vuoi dire, Nii-chan?”

Immagine di essere nei loro panni, e di voler uccidere quelle persone. Se io fossi stato il capo dei Sonozaki, non mi sarei liberato solo di un paio di persone alla volta. Le avrei eliminate tutte insieme, come nel massacro della Notte di San Bartolomeo, per esempio. E poi avrei dichiarato che era tutto dovuto alla Maledizione di Oyashiro-sama, come è stato fatto nella realtà, in fondo hai letto come ci avessero creduto senza fare tante domande. Certo, sarebbe stato sicuramente meno teatrale, ma l'attenzione dei media nei confronti del villaggio sarebbe durata per meno tempo, e la possibilità di commettere degli errori sarebbe stata minore, visto che devi agire solo una volta. Quando li abbiamo incontrati ieri non mi sono sembrati dei sempliciotti, direi.”

Alice sorrise: “Nii-chan ha discusso per un bel po' con Oryou-sama sull'argomento, ieri. Come uccidere, dove nascondere i corpi... Uno scambio di opinioni un po' inquietante, però sembravano talmente presi dalla materia che nessuno aveva osato fermarli.”

Kogorou sembrò un poco perplesso: “Cioè, voi avete parlato di questo, quando vi siete presentati?”

Giancarlo apparve un pelo imbarazzato: “Insomma... In fondo è pur sempre un esercizio mentale, certamente più interessante di discorsi del tipo Bella giornata oggi, e così via.”

Senza contare che sappiamo tutti che Giancarlo, in realtà, non farebbe male a una mosca.”

Questo non è detto che sia vero” rispose lui, arrossendo.

Allora sentiamo, assassino senza scrupoli, secondo te che tipo di personaggio era il vero colpevole?” Keresana, dopo un primo attimo di smarrimento, era divertito da quel tipo di discorsi, in fondo sapeva con chi aveva a che fare.

Se proprio devo... Cough, cough... Come ho detto prima, quel modo di uccidere le proprie vittime è particolarmente spettacolare, attira particolarmente l'attenzione dei media. Quindi deve essere qualcuno a cui piaccia essere al centro dell'attenzione. Mah, probabilmente sarà stato qualche mentecatto con manie esibizioniste, e magari qualche disturbo mentale. Una di quelle persone che agisce con fare teatrale, pretendendo di comandare a chiunque, essere Dio e cose simili...”

Accidenti, tu sì che sei così cinico, Giancarlo!” esclamò il marito di Flavia, e tutti risero mentre lui arrossiva ancora di più, a disagio.

Noriko si accorse presto del suo umore, e per tirarlo su chiese a lui e alla sorella: “In ogni caso... Vostro nonno non ci ha ancora detto perchè aveva bisogno di tutti quei documenti. Che tipo di ricerca chiederà mai tutto quel materiale?”

"Ahh..." rispose Alice “nulla di particolare, in verità. Voleva solo informarsi, conoscere quante più cose possibile sul posto dove ci saremmo trasferiti. Non voleva che noi arrivassimo impreparati, all'oscuro di qualche notizia importante."

Capisco... Ma ha chiesto dozzine e dozzine di libri! Non ha un po' esagerato?”

Il nonno esagera sempre!” replicò Flavia “Voleva sapere Vita, Morte e Miracoli del villaggio. Anzi, forse voleva sapere soprattutto i miracoli...”

In realtà” continuò Alice “Più che di miracoli, il posto è pieno di racconti e leggende... Belle a leggersi, anche se un po' spaventose. Però personalmente mi è piaciuto maggiormente informarmi sull'attualità, è più utile a mio parere, e sopratutto su usi e costumi del luogo. Quei testi sono stati incredibilmente preziosi per noi... Giusto per fare un esempio, Nii-chan ha raccontato di quello che è successo a casa di Oryou-sama, ieri: se non fosse stato per voi, non avremmo mai saputo che era buona cosa andare a far loro visita direttamente a casa loro, e avremmo suscitato un'impressione peggiore. Sarebbe stato un problema non di poco conto, soprattutto per Flavia, che qui dovrà lavorare per parecchio tempo, e che dovrà spesso avere a che fare con loro, immagino.”

Sono felice di essere stato d'aiuto, comunque...” La loro conversazione continuò. I Keresana cominciarono a parlare di quello che avevano fatto dopo che i loro amici italiani erano partiti, mentre Alice spiegò come mai i loro genitori non erano lì con loro, tra un sorso di cioccolata calda e l'altro. Al contrario di quanto aveva fatto col bento a scuola, a lei piaceva bere la cioccolata con calma, era la sua bevanda preferita e voleva assaporarne ogni singola goccia, al punto da rischiare di farla raffreddare completamente, il che l'avrebbe resa imbevibile.

Invece, mentre ascoltava gli altri, Giancarlo stava distrattamente osservando la luce proveniente dalla finestra mentre si stagliava sulla parete alla sua destra, apparentemente assorto nei suoi pensieri su chissà cosa. L'aspetto della forma luminosa rettangolare che risultava da quel fenomeno era piuttosto ben definito, grazie ai raggi del sole che, tramontando, si era abbassato abbastanza da colpire direttamente i vetri della finestra; però, mentre il suo lato superiore era delimitato da una linea retta, quella inferiore era caratterizzato da contorni irregolari e frastagliati, come se ci fossero dei vasi di fiori sulla veranda che filtravano la luce. Giancarlo si alzò, andando verso Noriko, e le fece una certa domanda a bassa voce.

~-~-~-~

"Mii, dove pensi che sia andato, ora?"

Spiare da una finestra non è mai così facile come sembra, soprattutto se all'esterno c'è molta più luce che all'interno. Da lì, al di fuori del bar, non si riusciva a vedere molto, la finestra rifletteva buona parte della luce, e non si coglieva molto di quello che succedeva dentro.

Come faccio a saperlo, è difficile riuscire a capirci qualcosa in questo modo! E non riesco manco a sentire una parola, questi dannati italiani parlano più piano di quanto avessi immaginato.”

Rena non capisce perchè tu dica che dovrebbero urlare, mi chiedo, mi chiedo...”

Ho visto un film di recente dove c'era un tizio che urlava, allora ero sicura che...”

Tsk, se la tua conoscenza della vita vera è basata sui film, allora hai un problema serio, Onee...”

"Hmmm... Chissenefrega. Piuttosto, se devo azzardare un'opinione direi che è andato in bagno, deve aver chiesto a quella signora dove sono i servizi.”

La prossima volta progetterò un periscopio...”

Finalmente una buona idea, almeno la pianterai di costruire quelle trappole, tutti i santi giorni!”

Tu, fellone, come osi? La prossima volta assaggerai quello che ho preparato per te!”

Comunque, scopriremo subito se avevo ragione. Non credo che ci vorrà molto, prima che lui torni indietro, gli uomini non si lavano nemmeno le mani, quando vanno in bagno!”

Che gentile...”

Oh no! Certo, Rena ha capito!” Gli altri si voltarono verso di lei, distogliendo lo sguardo dalla finestra.

Cosa intendi...”

Siamo in pericolo, siamo. Dobbiamo nasconderci, altrimenti...”

E' troppo tardi, signorina.”

L'intero club si pietrificò, a causa dell'aura oscura che potevano chiaramente percepire dietro di loro. I loro cuori smisero di battere, il loro respiro divenne pesante e affannoso. Un terribile fato li stava sicuramente attendendo.

Che-sta-te-fa-cen-do-qui?”

Lo sapevo che non era una buona idea, stupido villano...” si lamentò Satoko, mentre Keiichi tentò di giustificare se stesso e gli altri:

"Ehm... Giancarlo-sama, devi sapere... Oggi la principale attività del club era un corso accelerato di spionaggio, e per ottenere il diploma che attestasse le nostre capacità dovevamo tenere d'occhio qualcuno senza che lui se ne accorgesse... E visto che ci sembrava una buona idea interessarci di qualche buono e gentil ragazzo che avevamo appena conosciuto e di cui volevamo sapere di più, avevamo pensato che...”

Oh, davvero? Così volevate piantonarmi...” rispose lui, sorridendo malignamente, e cominciando a camminare lentamente verso di loro.

C-che cosa stai architettando, ora? Non vedi, ci sono bambine piccole con noi, e potresti essere accusato di atti abominevoli, di incredibili nefandezze.

Allora ci potrei andare piano, con loro...” ribattè, continuando a sorridere e camminare.

C-c-c-che vuoi fare?”

Oh... Devo ancora decidere...” disse, allungano lentamente la mano destra come nelle favole la strega faceva verso i poveri Hansel e Gretel.

Comunque, se lo conosco a sufficienza, non farà nulla, tranquilli.”

L'aura oscura che li circondava scompari, e il ragazzo deluso si girò verso la porta che si stava aprendo: “Flavia!”

Perchè, vorresti dirmi che non è vero?” rispose lei ridendo “Non provare a negarlo. Anche perchè per farlo dovresti dire a un'ufficiale di polizia che avevi intenzione di commettere un crimine, cosa che fondamentalmente non ha conseguenze positive.” Poi disse agli altri “Credo semplicemente che volesse spaventarvi, prima di dirvi qualcosa del tipo Uh Uh, scherzetto...!

Non sono il tipo da usare quel genere di parole, non sono diventato un moccioso di punto in bianco.”

Questo lo dici tu, fratellino...”

Passarono un paio di secondi, e Shion si sorprese, osservando come sua sorella non stesse reagendo a quella notizia. Se si fosse trattato di Keiichi, gli avrebbe dato uno scappellotto sulla testa, gridando Non farlo mai più! Questa è una formale attività del nostro importantissimo club, e tu non sei autorizzato a interferire! Invece se ne stette tranquilla, insolitamente silenziosa, e fu invece Rika a parlare:

Gi-chan, come hai fatto a vederci? Non stavi guardando verso la finestra, nessuno lo stava facendo. Anzi, tu stavi addirittura fissando il muro...”

Deve essere qualcosa legato alla luce che entrava dalla finestra. Stava guardando da quella parte, prima.” Alice era uscita a sua volta dal bar, vogliosa di unirsi al gruppo. E così tutti si voltarono verso Giancarlo, aspettando una risposta che presto arrivò.

La parte inferiore di quella forma luminosa non era una linea netta e diritta, come quella superiore, e ogni tanto sembrava che si muovesse leggermente. Così ho pensato che ci fosse qualcosa in quella zona, accanto alla finestra, che bloccava l'ingresso della luce. Non poteva essere un oggetto appoggiato lì per caso, come una motocicletta inclinata sul muro del palazzo, perchè in quel caso non si sarebbe mai mosso da lì, e la forma non avrebbe avuto quel tremolio. Una persona che si fosse fermata li per caso sarebbe rimasta in piedi, non avendo motivo per nascondersi, e la sua sagoma sarebbe stata ben visibile, quindi anche quella possibilità era da escludere. E quando siamo entrati non ho visto nessun vaso di fiori sulla finestra, grazie al vento sarebbero stati gli unici a poter riprodurre un'ombra del genere, a parte le vostre teste...”

Capisco” commentò Shion “Quindi tu prima avevi chiesto a quella donna...”

... Dove fosse l'uscita di emergenza, quella che dava sul retro. In fondo non potevo essere sicuro che foste voi, avrei dovuto girarmi ma ve ne sareste accorti. In questo modo ho potuto fare il giro di tutto l'edificio, e verificare se avevo ragione. Ovviamente, nel caso mi fossi sbagliato, sarei semplicemente tornato indietro, senza dire nulla, tanto chi si trovava qui non si sarebbe accorto di nulla.”

Mion finì di ascoltarlo, e poi si mise a ridere: “Questo furbastro potrebbe rivelarsi un validissimo avversario...”

Che hai detto?”

OK, Gi-chan, e anche tu, Ali-chan! Questa è una richiesta ufficiale! Dovete andare via per lavoro, domani pomeriggio?”

N-no, non credo, il prossimo incontro concordato è lunedì cinque, a meno di inattese sorpr-”

OTTIMO! E allora domani, dopo scuola, siete ufficialmente invitati a restare a scuola, per accettare la mia sfida mortale! Guai a rifiutare, ma soprattutto guai ad accettare e perdere!”

Che di...”

Non so se il concetto era abbastanza chiaro, ma non vi è permesso proprio rifiutare, chiaro?”

Quindi vuoi ammetterli nel club, Mion!”

Sicuro, Kei-chan! Questi due gemellini sembrano assolutamente avere tutte le carte in regola per unirsi a noi!”

Certo, sono d'accordo!” convenne Rika “Così ci racconteranno anche tante belle storie! Nippa~!"

Ben detto, Rika-chan! Ora, chi vuole che loro due entrino a far parte del club?” Tutti i membri alzarono la mano.

Eccellente, siete contenti, Ali-chan, Gi-chan? No? Davvero? Volete dare le dimissioni, allora? Capisco i vostri dubbi, la nostra associazione non è per i deboli di cuore, ma dobbiamo attentamente prenderla in considerazione! E quindi, chi è contro le loro dimissioni?”

Ancora, tutti i membri alzarono la mano. “Peccato, dimissioni respinte, mi dispiace ragazzi!”

Alice e Giancarlo in realtà non avevano proferito verbo, ad essere sinceri, ma la fanciulla decise presto di giocare al loro stesso gioco, e di rispondere a tono ai suoi nuovi compagni di club: “Perfetto, direi proprio che a una richiesta ufficiale deve seguire risposta ufficiale: io, Alice Giorgia Serco, accetto la vostra sfida, e sono certa che mio neppure fratello mancherà a questa storica competizione che segnerà la storia di questo angolo di mondo!"

Se devo proprio...” Mion scoppiò a ridere coprendo il sospiro del ragazzo, e Keresana allora apparve a sua volta fuori dal locale.

Lieto di sentire queste nuove, ma i bravi sfidanti sanno sempre quando è il momento di mettere da parte le spade e dedicarsi a una piacevole conversazione. Perchè non entrate dentro? Mi piacerebbe offrire qualcosa anche a voi!”

Offrire? Apprezzo la vostra generosità, ma avete intenzione di finire in bancarotta, Keresana-san?”

Tu però il caffè gratis l'hai bevuto! Perchè secondo te noi dovremmo pagare, invece?” Shion non aveva tutti i torti, e la faccia imbarazzata di Giancarlo ne era il logico risultato.

Su, su, fossero tutti così i problemi!” esclamò Kogorou “Non ho certo aperto questo posto per arricchirmi! Non hai visto quanto la mia clientela è selezionata? In fondo, la concorrenza dell'Angel Mort è semplicemente asfissiante in questa cittadina, vanno tutti là a passare il tempo, soprattutto i giovani.” Shion tossì. “Qui invece abbiamo il piacere di ricevere la compagnia di pochi, ma ottimi clienti perbene con cui mi intrattengo volentieri. Non ho bisogno di denaro per fortuna, questo è solo un bel modo per combattere la noia di questa nostra vecchiaia parlando del più e del meno con altre persone.” Del resto, non avendo figli né eredi a cui destinare i loro soldi, potevano utilizzare i loro beni come meglio credevano. Era un atteggiamento comprensibile, pensò Alice.

Vi capisco.” disse a quel punto Mion “All'Angel Mort c'è sempre una tale baraonda... E ogni volta che entriamo, tutte le cameriere sciamano verso di noi, e verso questo tizio in particolare.” Diede una botta in testa al ragazzo accanto a lui, e senza badare ai suoi lamenti continuò “Kei-chan qua, Kei-chan là.... Tutte dietro a lui, e ovviamente non mancano di mostrargli per bene il loro davanzale, come per sedurlo e portarcelo via!”

E scommetto che tu vorresti essere al loro posto, e mostrargli orgogliosamente il tuo...” replicò Shion sarcastica, godendo del rossore paonazzo che era improvvisamente comparso sulle gote della sorella, e tenendosi a una distanza di sicurezza dalle sue possibili mire omicide.

Kei-chan, hai detto?” chiese Flavia. “Ah, allora questo è quel Keiichi... Un ragazzo decisamente popolare, da queste parti. Uno che ha decisamente successo con le ragazze...” Certo, il suo commento in realtà era diretto a suo fratello, e, vedendo come aveva reagito con uno stizzito Ma davvero?, vide che aveva colto nel segno. Sapeva di aver stuzzicato un nervo scoperto, e la cosa la fece ridere di gusto. Era un buono stimolo, a conti fatti, un modo per far sì che non si chiudesse troppo in se stesso come suo solito, quando non era in mezzo a familiari o strettissimi amici.

Scusate...” disse Rena, interrompendo quelle allegre scenette “Ma Rena pensa che forse dovremmo entrare. Qui diamo solo fastidio ai passanti, e una volta dentro potremo continuare tranquillamente.”

Gli altri furono d'accordo, e rientrarono tutti all'interno del bar, occupando un paio dei suoi tavoli. Tutti conversavano piuttosto allegramente, e la più vivace era Rika, che sembrava voler conoscere tutto dei nuovi arrivati. Vita, passato, storie, problemi... Voleva sapere ogni cosa, senza alcuna eccezione.

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Capitolo 6
*** Tutti per uno, tutti contro tutti ***



Capitolo 5: Uno per tutti, tutti contro tutti


Hinamizawa, 2 Settembre 1983

Mi chiedo ancora come sia possibile che non sia ancora arrivato a scuola, oggi. Che comportamento riprovevole!”

Non saprei cosa rispondere, Mii-chan, non lo conosco ancora abbastanza per giudicarlo.” le disse Alice.

Però probabilmente non è ammalato, se nemmeno Chie-sensei ha accennato qualcosa prima di iniziare la lezione. Almeno credo, avrebbero telefonato da casa in quel caso, no?”

Shii-chan, per favore, non parlare così forte. Rena non vuole disturbare gli altri, non è carino.”

Le quattro ragazze stavano studiando tutte insieme quella mattina, impegnate dalla solita maratona di esercizi e problemi di matematica. Però Keiichi non si era presentato, quel giorno, e le due gemelle Sonozaki avevano bisogno di aiuto, un aiuto che la maestra non poteva dare loro in quanto era impegnata con gli altri studenti. E così Alice aveva preso il suo posto, temporaneamente. Aveva già studiato quell'argomento specifico tempo prima, e poteva spiegarlo loro senza particolari problemi. Giancarlo, invece, era rimasto da solo, isolato in un'altra zona della classe, impegnato nel scrivere senza sosta su alcuni fogli.

Keiichi-kun è un maestro fuori dal comune, Rena l'ha sempre saputo, ma anche Ali-chan se la cava bene.” disse la ragazza dai capelli castani “Ha un modo così curioso di spiegare le cose, non l'ho mai sentito prima... E' come se capisse come ragioniamo, e quindi fosse in grado di capire subito dove sbagliamo.”

Alice sorrise: “Non fare l'adulatrice, ora, non sono così brava...”

In verità anche lo zietto è d'accordo con Rena. L'ho già detto a quello zuccone di Kei-chan una volta, si dice che per riuscire a spiegare bene una cosa devi averla imparata tre volte... Senza contare che è decisamente piacevole studiare in un gruppo di sole donne, ci comprendiamo a vicenda molto più velocemente. Però vorrei davvero sapere cosa è accaduto a quella piccola carogna.”

"Oh, Onee, non puoi passare la giornata a pensare al tuo Kei-chan... Capisco che lui sia il tuo passatempo preferito, la tua dolce compagnia, però dovresti cambiare argomento, di volta in volta.” Mion si voltò e nascose la sua faccia, seccata da quella risposta irritante e piena di insinuazioni.

Tsk, adesso non parlare di lui come se fosse l'unico scopo della mia vita.”

Perché, non è forse vero?” Sorridendo come un angelo, Shion allungò il suo collo verso la testa della sorella, appoggiando dispettosa la sua fronte sulla folta chioma di Mion, per essere sicura che lei la sentisse.

Adesso basta! Smettila di perseguitarmi e continua a studiare, questi esercizi non si risolveranno da soli.”

"Mii-chan ha ragione, Keiichi-kun è forte e può affrontate tutti i suoi problemi, sicuro, sicuro.”

Però, stavo pensando... Non potrebbe essere successo che... che lui sia caduto in una delle trappole di quella ragazza, Satoko-chan?”

"Hmmm... Penso di no, Ali-chan. Le trappole di Satoko-chan non sono pensate per tenere le loro vittime immobili per un lungo periodo, soprattutto quelle che sono regolate per entrare in funzione la mattina, quando lui deve recarsi qui a scuola.”

Sono d'accordo con Shion. Se fosse pomeriggio sarebbe tempo per le nostre attività di club, e allora in quel caso l'avrebbe anche potuto legare ben stretto da qualche parte, immobilizzandolo anche fino a sera, se necessario. Ma fare ora una cosa del genere sarebbe un favore verso la sua conclamata poltroneria, gli permetteremmo di saltare le lezioni, e questo non deve succedere per nulla al mondo...”

"Ehmm... Intendevi proprio legato per tutto il pomeriggio, prima? Non è un filo...”

...Esagerato? Nah, quando hai a che fare con Maebara Keiichi devi essere preparato a ogni situazione, e non devi aver paura a ricorrere a soluzioni drastiche, altrimenti il suo impeto e la sua energia ti travolgeranno senza pietà!”

E non dimenticare che i capolavori di Satoko-chan sono realizzati anche al fine di tenerlo occupato per tutto il tempo che lei vuole, se ciò fosse necessario per un qualsiasi motivo. Mi ricordo un giorno in cui era stata capace di piazzare nel ripostiglio della scuola 187 palloncini d'acqua (li ha contati uno per uno, le piace curare questo tipo di dettagli), ognuno legato a un singolo filo; una volta preparato il tutto, l'aveva provocato per telefono, facendolo arrivare a scuola prima del solito, e dopo averlo attirato là fece passare al nostro povero Kei-chan un brutto quarto d'ora, colpito a ripetizione da quei palloni.”

Shion socchiuse gli occhi, sorridendo per la scena che le era tornata in mente: “Ma non era Satoko-chan a comandarli, sia chiaro: lui, una volta entrato nello sgabuzzino, era inciampato in un filo, che aveva azionato il primo lancio di palloncino; a quel punto, intontito e incapace di capire quel che stava accadendo, si era messo a dimenarsi, a sbracciare per tentare di uscire, ma in quel modo non faceva altro che toccare altri fili, e azionare altri lanci... Puoi immaginare come sia andata a finire. Quando Chie-sensei se lo trovò davanti, al suono della campanella, era bagnato fradicio, con le braccia tutte ricoperte dei fili in cui si era imbattuto. Più che un essere umano, sembrava uno di quei mostri provenienti dagli abissi dell'Oceano, con tutta quell'acqua che si lasciava dietro come scia...”

Satoko, a quattro metri di distanza da loro, iniziò a sogghignare, probabilmente riusciva a sentirle mentre parlavano di lei. Chie-sensei, che le era accanto, non aveva un udito altrettanto sviluppato, e quindi non poteva immaginare la vera ragione dell'espressione facciale che la bambina aveva assunto, e non rimproverò neppure le sue quattro studentesse che chiacchieravano invece di dedicarsi ai loro compiti.

Tra l'altro” concluse Shion “Quando riuscì finalmente ad uscire da quel maledetto ripostiglio, la prima cosa che fece fu cercarla in lungo e in largo per tutta la scuola, desideroso di ottenere la sua vendetta: insomma, le motivazioni le aveva, e mostrava come sempre tutto il suo entusiasmo e la sua energia. Peccato solo che Satoko-chan sapesse quel che faceva, era rimasta placidamente in classe, e quando Kei-chan la trovò anche Chie-sensei era lì, ed era tempo di iniziare la lezione. Non poteva quindi neppure toccarla con un dito... E si dovette arrendere alla Signora delle Trappole, ancora una volta.”

Capisco. Però, considerando quanto bene ne parlate, Kei-chan deve essere davvero una persona interessante. Del resto mi avete detto che anche all'Angel Mort c'è chi ha perso la testa per lui, quindi deve avere un fascino davvero particolare...”

Le altre squadrarono Alice da cima a fondo, e due di loro parvero particolarmente preoccupate: “Tu... hai detto che avevi già un ragazzo, ieri. L'hai detto, vero?”

L'altra capì immediatamente il senso di quella domanda, e si precipitò a rispondere: “Sì, sì, infatti non mi riferivo a quel tipo di interesse verso di lui...”

Rena e Mion sembrarono sollevate dalla risposta: “Si... Sicuro, è assolutamente un elemento degno di nota, stiamo pur sempre parlando del Mago delle Parole.”

Però, un soprannome curioso.”

Ma non attribuito a caso. Dobbiamo proprio portarvi all'Angel Mort, un giorno, così capirete cosa intendiamo. Quello è pur sempre un locale, non ci sono solo le belle cameriere... ma anche i clienti. Tutti i ragazzi che si recano lì abitualmente sono ai suoi comandi, nessuno mette in dubbio la sua autorità.” Alice sorrise educatamente, e poi pensò a quel bar appariscente, di cui aveva tanto sentito parlare in quei giorni. Certo, l'Angel Mort era pur sempre un concorrente della tavola fredda dei Keresana, però, considerato il loro punto di vista sulla scarsa importanza degli affari... Non avrebbe fatto nulla di male, se ci fosse andata con i suoi nuovi amici. Avrebbe fatto loro una visita di ritorno dall'altro locale, per salutarli, e i due anziani coniugi non avrebbero avuto nulla in contrario.

Piuttosto, non riusciva a levarsi dalla testa l'entusiastica descrizione che le sue amiche le avevano fatto su Keiichi: “Certo che, per come ne parlate, sembra una sorta di Napoleone, all'Angel Mort. Tutti e tutte in visibilio per lui, tutti ai suoi ordini e... No, aspetta Rena-chan, questa funzione non ha derivata per x maggiore di cinque, c'è una radice quadrata qua sopra.”

Hai ragione, scusa, cancello subito questo grafico... Però Rena vuole togliersi una curiosità. Perchè hai lasciato tuo fratello da solo, lì in un angolo. Si sentirà triste senza nessuno accanto, si sentirà,”

Dici? Io no, non credo. Non è il tipo da patire la solitudine, decisamente. E poi sta facendo qualcosa di completamente diverso da quello che stiamo scrivendo noi, lo disturberemmo soltanto.”

Qualcosa sulla storia antica del Giappone, magari? O sulla filosofia, come il vostro lavoro di ieri? Non sai cosa darei per scambiare i miei compiti con i suoi...”

Oh, ma i suoi non sono dei compiti, è un vero e proprio lavoro, Shii-chan!”

"?"

Sta controllando il budget della scuola, sta verificando che i conti tornino alla perfezione. E poi deve anche calcolare i preventivi per gli anni prossimi, valutare le probabili necessità economiche, e così via. La maestra e il preside gli hanno dato i bilanci degli anni scorsi, e tutta la documentazione che gli serviva.”

Non mi si sembra un lavoro difficile, in tutta onestà. E' una piccola scuola, bene o male le richieste di denaro saranno sempre le stesse.”

Sicura? Non è proprio così. Ho dato un'occhiata ai suoi fogli, prima di sedermi qui, e ho visto che stava realizzando un vero e proprio modello matematico, comprendente salari (due), materiale, fornitori, manutenzione dell'edificio, inflazione, eccetera eccetera. Facendo un esempio per rendere le cose più semplici, se sai già che ogni due anni devi spendere duecentomila yen per far sì che l'edificio rimanga in piedi, mentre tutti gli altri fattori sono costanti nel tempo, allora il risultato sarà approssimativamente una sinusoide i cui apici sono rappresentati dagli anni in cui c'è questa manutenzione straordinaria. Dico approssimativamente perché c'è sempre un rumore bianco causato da fattori imprevisti, da spese inattese, tutte cose che devono essere comunque previste in qualche modo, assegnando a tutti quei valori un intervallo di tolleranza.”

Avevo detto che non mi sembrava difficile? Mi sbagliavo, questa roba è davvero difficile. Non ho capito una sola parola di quello che hai detto.”

Andate da un estremo all'altro nei vostri giudizi, vedo... Ma non è poi così complicato, Mii-chan. In fin dei conti, il processo è più semplice a farsi che a dirsi: formuli delle ipotesi che ti sembrano sensate, scrivi le formule che credi esatte, e controlli che diano dei risultati plausibili con dei piccoli test. Sono passi che, se eseguiti con criterio, non impiegano più di un paio d'ore. Ormai la parte più noiosa, cioè quella dei calcoli più complessi e ripetitivi, viene lasciata ai computer, che fanno tutto il lavoro sporco al giorno d'oggi.”

Rena guardò ammirata Alice, che continuò: “Tra l'altro, anche il Consiglio Cittadino di Hinamizawa era interessato a un rapporto del genere, sono loro a finanziare la scuola con le loro donazioni, e avere un'idea delle necessità future è un bel vantaggio, ti permette di programmare gli investimenti futuri anche in altri settori. E inoltre quello è un tipo di lavoro che può essere applicato ad altri enti della zona, e quindi la sua rilevanza aumenta esponenzialmente.”

Alice appoggiò la penna sul suo banco, e si sistemò i lunghi capelli chiari dietro l'orecchio: “I patti erano questi, dopo tutto. Chie-sensei ci aiuta a migliorare il nostro giapponese, e in cambio la aiutiamo ogni volta che gli altri studenti hanno difficoltà nell'apprendere materie scientifiche, come i vostri problemi. Oppure facciamo piccoli lavoretti come quello che sta ultimando Nii-chan. Chiaro, formalmente lo facciamo gratuitamente, a mo' di hobby, e anche la maestra ci impartisce queste lezioni gratis: il punto è che essendo ufficialmente turisti non possiamo lavorare a tempo pieno per un qualsiasi gruppo o azienda giapponese, quindi ricorriamo a questo stratagemma. In fondo va bene così, e poi è anche un modo per farsi conoscere dal Consiglio, e quindi da tutto il villaggio. In questo modo l'ambientamento qui sarà immediato.”

Ali-chan ha calcolato tutto allora. Sembrate davvero furbi... Rena si chiede se tu e tuoi fratello siete dei geni, me lo chiedo...”

"Ah ah, no, no... Personalmente l'unica cosa che mi riesce davvero bene è usare i computer. Programmare, insomma. Del resto sono una persona terra terra, mi piacciono i ragionamenti semplici e lineari, direi. Sapete, abbiamo perfino portato un Commodore 64 qui ad Hinamizawa."

"Un Pommodoro? E che roba sarebbe?"

"Shion, un Collo d'Oro è un computer. Te l'ha appena detto, hai forse le orecchie tappate, Shion?"

L'ho capito da sola, stupida Onee! Perché devi sempre tormentarmi?”

Le due gemelle avrebbero dovuto dare una ripassata anche alla loro conoscenza delle lingue straniere, non solo a quella di matematica. Questo pensò Alice, ma non essendo suo fratello si limitò a pensarlo, senza dirlo ad alta voce. In ogni caso, le due Sonozaki smisero presto di discutere, rischiavano di farsi scoprire da Chie, e quindi Mion troncò il discorso, dicendo: “Devo averne visto uno in un negozio ad Okinomiya, una volta, ma non l'ho mai usato in vita mia... Oh, be', mi mostrerai come funziona.”

Rena sorrise, e poi chiese: “E... tuo fratello? E lui?”

E lui... chi lo sa. La sua mente ragiona in modo strano, alle volte, pare sempre così ermetico. Gli piace astrarre, paragonare un problema a un altro che già conosce, per vedere se trova delle soluzioni, anche se spesso quel parallelismo pare assurdo. Gli piace usare metodi non ortodossi per giungere alle conclusioni che vuole ottenere, e stranamente spesso ci riesce, anche se non capisco come faccia. Potrebbe fare tante cose, da grande, lavorare in tanti ambiti... Anche se penso abbia già preso la sua scelta.”

Shion voleva chiedere quale fosse quella decisione, ma non ebbe il tempo di farlo. In quel momento, la porta fu aperta con un botto clamoroso, e Keiichi entrò affannato e distrutto dallo sforzo, il che però non gli proibì di urlare.

ALLARME ROSSO! È UN DRAMMA! UNA TRAGEDIA! UN TRADIMENTO! MA NON FINIRÀ COSÌ, LO GIURO!”

Adesso calmati per favore, Kei-chan, e raccontaci cosa è successo, e perché sei così in ritardo, manca un quarto alle undici.”

Giusto, Shion, devo fare mente locale... E' stato Kameda-kun.”

E chi è?” chiese Alice.

Uno di quelli che, solitamente, recitano il ruolo di suoi subordinati all'Angel Mort. Uno di quelli di cui ti ho parlato poco prima, insomma. Però... direi proprio che il cagnolino si è ribellato contro il suo padrone, se ho capito bene cosa Kei-chan sta urlando.”

Lo puoi dire forte, Shion! Stavo andando a scuola, e nel bel mezzo della strada me lo sono ritrovato davanti. Pensate, ha persino marinato la scuola per incontrarmi, è uscito fuori di senno. Altrimenti non avrebbe mai osato sfidarmi in una nuova partita di baseball, e proprio in quella di questo pomeriggio, poi! Non riesco proprio a immaginare che cosa gli sia saltato in testa di fare! Forse un rifiuto da parte di una ragazza? L'espulsione definitiva dall'Angel Mort? O forse entrambe le cose? Non me ne frega niente, la mia vendetta sarà inesorabile e spietata!”

Questo pomeriggio? Ottimo, direi che siamo liberi di rispondere a tono a questo atto proditorio!” esclamò Mion, pomposa come al solito quando si trattava di attività del club “Allora, andremo tutti al campo da baseball, dopo le lezioni! Qualcosa in contrario, miei membri fidati?”

Ovvio che siamo d'accordo, Mion!” replicò Keiichi “Questo sarà un nuovo giorno glorioso, oggi tutti capiranno che anche solo tentare di liberarsi dal mio gioco è pura pazz...”

"Maebara-kun..."

Oops. Preso da quella foga, aveva commesso un terribile errore. Keiichi si voltò lentamente, come se fosse un sospettato che la polizia era sul punto di arrestare. Aveva infatti capito la reale situazione, aveva inteso il vero pericolo che non era stato capace di evitare per tempo.

Maebara-kun,” ripetè Chie-sensei “Hai forse dimenticato che questa è una scuola, che questo è orario di lezione, e che quella che sta davanti a te è un'insegnante la cui lezione è stata appena interrotta dal tuo arrivo?”

"Ehm..."

Sentiamo, pensi che dovrei perdonarti, come se non fosse successo nulla?”

"...Forse?"

Lo sguardo assassino di Chie-sensei gli fece presto capire che non era d'accordo con lui.

~-~-~-~

Dieci minuti dopo, Maebara Keiichi era fuori dalla classe, con un orgoglio ferito, un volto depresso e un paio di secchi pieni d'acqua da tenere sospesi, uno per mano.

Per quale motivo mi è toccata questa punizione? Che ho fatto per meritarmi tutto questo? Questa è davvero una giornata storta...”

E io cosa dovrei dire, allora? È colpa tua se anche io sono qui!”

Alla sinistra di Keiichi, Mion stava tenendo un altro secchio.

Non puoi pretendere di essere sorpresa, hai urlato e disturbato la lezione perlomeno quanto me.”

E invece è diverso! C'è un'enorme differenza tra le nostre responsabilità! Ho solo reagito a uno stimolo che tu hai causato, non era mia intenzione causare quel trambusto! Ho solo seguito la tua volontà, riaffermato ciò che tu avevi dichiarato! Sei tu quello che voleva fare casino!”

Non ti ho mai chiesto di aiutarmi... E comunque accusarmi non cambierà la tua situazione.”

Non mi hai mai chiesto di aiutarti? Ma se siamo compagni di club! Io ero addirittura obbligata ad agire in quel modo, anche se non mi hai chiesto una mano esplicitamente! Anzi, io sono il presidente del club, tanto più ero costretta a sostenere un membro della mia associazione! E quindi, ammetti la tua colpa originale, e prendi il secchio dell zietto.”.

Come no. E mi spieghi come faccio? Ho entrambe le mani impegnate, grazie a te.”

Davvero non sai cosa puoi usare per sostenere un terzo secchio? Puoi sempre avvalerti del tuo ventunesimo dito.” propose Mion, il cui sorriso malizioso fece intuire a Keiichi a cosa si stesse riferendo.

T-TU, RAZZA DI PERVERTITA! Io ho rispetto del mio corpo, non oserei mai fare una cosa del genere!”

Se pensi di non essere in grado di gestire la cosa, possiamo sempre ricorrere a del viagra. Perchè non andiamo un secondo in infermeria? Nella cassetta del pronto soccorso potrebbe esserci quello di cui abbiamo bisogno.”

È fuori questione!”

E perché? Non puoi rifiutarti così senza avere nemmeno provato, potrebbe rivelarsi meno spiacevole del previsto.”

Ma a dispetto delle apparenze Mion era semplicemente felice, in quel momento. Stava passando del tempo da sola con il suo adorato Kei-chan... E riuscire a rompere il ghiaccio, anche se in quel modo un po' volgare, poteva rendere quella una buona occasione per rivelargli che lui le piaceva così tanto... che lo amava perdutamente. Già, forse era il momento giusto, erano da soli, gli altri non potevano uscire dalla classe, Rena compresa, e scherzare così con lui le permetteva di calmarsi, di acquistare quel poco di coraggio necessario. Così fece un profondo respiro, e inizio a parlare:

"Kei-chan?"

Dimmi, cosa vuoi dirmi?” Keiichi si accorse che era diventata seria, e quindi lo divenne a sua volta.

Dopo che questo benedetto incontrò sarà terminato... Perchè noi non...”

Mion non riuscì a finire la frase. Aveva il cuore in gola, le gambe le tremavano. Era certa che la sua faccia fosse diventata rossa come un pomodoro, e non osava guardare il secchio che teneva in mano per non vedersi specchiata nell'acqua e scoprire di avere ragione. In altre parole, non osava dire quelle semplici parole, e aveva il terrore che Keiichi notasse quell'imbarazzo. Ma non poteva fermarsi e pretendere che non fosse successo nulla, ormai aveva cominciato, così deglutì a fatica, chiuse gli occhi per un secondo, e poi provò a continuare: “Hai presente che c'è quella nuova gelateria che hanno aperto non molto tempo fa... È giusto accanto al campo da baseball, non dovremmo nemmeno fare molta strada...”

Davvero? In realtà, non ne sapevo nulla. Non mi reco a quel campetto da quando abbiamo disputato il mio primo incontro contro Kameda-kun. Era stato... Tre mesi fa, se non mi sbaglio.”

Davvero non ci sei mai stato? Quella gelateria è davvero un bel posto. Sono sicura che ti piacerà, un gelato dopo una partita sotto questo sole cocente è sempre qualcosa di molto gradito.”

Già, non è per nulla una cattiva idea. Ci dovremmo andare, davvero.”

Mion sorrise. Pensava di essere finalmente riuscita a compiere il più importante passo della sua vita. Si immaginò accanto a Keiichi, in quel negozietto tranquillo, dove avrebbe avuto tutto il tempo di dichiarargli i suoi sentimenti.

Già... Dovremmo...”

... Dovremmo andare davvero tutti insieme in quella gelateria, sarà divertente, sarà.”

Keiichi e Mion si voltarono repentinamente alla loro destra, scioccati. Accanto a loro, un'altra ragazza stava tenendo in mano un secchio pieno d'acqua, e non staccava gli occhi da loro.

"RENA! Si può sapere...

Rena non può lasciare da soli Keiichi-kun e Mi-chan al loro destino, non può lasciarli da soli tutti tristi e annoiati, in questo difficile momento, perché era un momento triste, non lo era?” Il modo in cui li stava squadrando fece ben presto intendere a Mion come molti significati fossero nascosti dietro quella domanda apparentemente innocua, ma Keiichi non se ne accorse. "E quindi Rena è uscita, ha preso uno di questi e giustamente lo ha riempito.”

Che dire, ci sarà penuria di secchi nel ripostiglio, adesso...” commentò Mion, guardando da tutt'altra parte.

Dici? Spero di no.” rispose Rena “ E poi... Questo secchio e così cariiino, così colorato, tutto rosso, con una bella maniglia azzurra e un carinissimo coniglio disegnato sopra... È così bello, da portarselo a caaaaasa!”

Non l'ho mai visto qui, questo secchio, l'avranno portato qui di recente. Forse un dono da parte di qualche abitante del villaggio, del resto questa è una scuola, e ai bambini piacerà di sicuro un modello del genere.” Keiichi continuò a guardarlo per un secondo, prima di concludere “Comunque non è tuo, e non puoi portarlo a casa, Rena. È riservato ai bambini e alle bambine più piccole, come Rika-chan per esempio. Però penso che tu abbia ragione, sull'altra idea che hai avuto. Dovremmo andare tutti insieme a quella gelateria, un party come si deve per celebrare la nostra vittoria. Non sei d'accordo, Mion?”

Eh? Ah, sicuro, gwah-ah-ah... E quello che verrà dichiarato Peggior Giocatore dell'Incontro dal resto del club dovrà pagare il conto per tutti!”

Mi piace, mi gusta, facciamolo! E non credere che non mi impegnerò, quindi sarà meglio che tu dia il cento per cento, o il tuo portafoglio si svuoterà in men che non si dica! Ora, che ora è? Non vedo l'ora di mangiare, devo essere pronto per il match!”

Keiichi e Rena si misero a ridere, e dopo un paio di secondi anche Mion fece altrettanto.

~-~-~-~

Quattro e mezzo del pomeriggio.

Il match in programma tra gli Hinamizawa Fighters e gli Okinomiya Titans stava per cominciare, e l'intero club era lì ad assistervi o parteciparvi. L'intero club, tranne Shion che, dissero ad Alice, aveva già un altro impegno con il dottore del villaggio, Irie Kyosuke, a sua volta assente anche se era l'allenatore in carica dei Fighters.

Spero stia bene. In realtà non mi sembrava ammalata, questa mattina.” chiese la ragazza.

Tsk, non ti preoccupare, mia sorella è troppo forte e testarda anche per essere messa fuori gioco da una qualsiasi malattia.”

Quindi sta bene, però... Giancarlo, che le aveva sentite, pensò per un istante che Shion fosse l'amante di Irie. La ragazza fisicamente era molto carina, dovette ammettere, e d'altra parte non l'aveva ancora incontrato di persona, quindi non poteva dire nulla sul suo riguardo. Per quanto ne so, potrebbe essere qualcuno cacciato da uno dei maggiori ospedali del paese, un millantatore che si è rifugiato in quell'angolo sperduto per ingannare gli ingenui campagnoli, e sedurre qualche fanciulla ignara e gentile. Forse ha invitato la povera Shion a casa sua con la prima scusa che gli è venuta in mente, prima di avvicinarsi a lei con le sue mani sporche, ossute e sudaticce, e... Nah, qualche volta esagerava con quei foschi pensieri, ed era crudele verso una persona che non conosceva neppure. Giancarlo scosse la testa, e pensò che fosse meglio concentrarsi sul match, che era sul punto di iniziare.

Sul monte di lancio, Kameda si stava riscaldando. La sua presenza era qualcosa che nessuno si aspettava, neppure i suoi compagni di squadra, e in fatti nessun giornalista era lì presente, al contrario di quanto era successo la volta precedente. Doveva essere stata un'iniziativa personale.

Giornalisti?” chiese Alice “Perché vi siete messi a parlare di giornalisti, ora? È così bravo, questo Kameda-kun?”

Oh, purtroppo lo è, certo che lo è! È un fenomeno, forse è il futuro del baseball del nostro Paese! Non vedi come sono veloci e precisi i suoi lanci?”

"Uhm, no. Non posso dire di essere un'esperta, in Europa non si gioca molto a baseball, temo."

Un Paese senza baseball... Keiichi pensò che venisse da Marte.

Capisco, però al meno supportateci. Questo è un incontro fondamentale, non possiamo permetterci di perdere. I Fighters, tra le altre cose, hanno bisogno di altri tre giocatori, visto che attualmente hanno solo sei giocatori a referto, e quindi dovremo scegliere tra di noi i membri più capaci in questo nobile sport. Mion, Satoko, vi unirete a me in questa battaglia?”

Sissignore! Siamo pronti a umiliarli ancora una volta!”

Però Rena si sta ancora chiedendo perché di punto in bianco Kameda-kun sia cambiato in quel modo, chissà.” Rena stava guardando verso di lui. Era lì, sul monte di lancio, in attesa dell'inizio delle ostilità. Pareva così sicuro di sé, delle sue capacità... Anzi, sembrava stesse guardando i suoi avversari con un aria di sfida, quasi per prendersi gioco di loro.

Rena continuava a rimanere perplessa, e il suo atteggiamento suscitò la curiosità di Alice: “Perchè dici che è cambiato? Prima come era?”

Beh...” rispose Mion “Stiamo parlando di un tizio dipendente dal cioccolato, e da ogni tipo di dolce, torte, gelati... E a quanto pare gli piaceva fare strani discorsi sulle similitudini tra le ragazze e i dolce, sul fatto che soddisfacendo la sua fame di torte soddisfaceva anche quella di ragazze, e così via... Non ho mai capito completamente cosa intendeva, ma potremmo quasi definirlo un maniaco che non sapeva bene come soddisfare la sua libido, oltre che un grande giocatore.”

Ma che... A me pare che quello sia una persona con dei seri problemi, allora! Ma almeno ora sta sfidando Kei-chan, ora, quindi potremmo dire che si sta comportando in un modo leggermente più adulto. Per quanto vada detto che sogghignare come sta facendo lui ora non è un segno di saggezza e maturità, ma è senz'altro meglio che passare le sue giornate a ingozzarsi di caramelle, o fare qualcosa di peggio...”

OK, adesso è meglio smettere di fare questi discorsi per ora, Ali-chan, lo potremo tormentare a volontà una volta che questa farsa sarà finità. Allora, la nostra squadra gioca in trasferta, quindi tocca a noi attaccare per primi, quindi bando alle ciance e andiamo!”

In realtà parlare di attacco sembrò subito fuori luogo, in quanto, dopo due terzi dell'incontro, il risultato era ancora sullo zero a zero. A causa di una breve pausa, il settimo dei nove inning sarebbe iniziato nel giro di una dozzina di minuti, prima che fosse di nuovo il turno dei Fighters per attaccare. Kameda stava già aspettando sul monte, sorridente e impaziente di riprendere il gioco, e i suoi avversari si ritrovarono costretti a fare il punto della situazione.

Accidenti, continuo a non capire perchè si stia comportando in quel modo! Lo zietto si sta stancando del suo atteggiamento da smargiasso, e non solo. Potrei almeno concedermi un po' di riposo, se questi buontemponi sapessero almeno le regole base di questo gioco!”

Guarda che non abbiamo mai usato una mazza da baseball in vita nostra, Mii-chan... Non puoi chiederci di sostituirti, se tieni davvero a vincere...”

Va bene, Ali-chan, ma almeno potresti mostrare un minimo di interesse verso la partita!”

Ma io sono interessata! Ci tengo, è anche l'incontro dei miei compagni di club, no?”

Vero, ma allora perchè ho sentito così pochi incitamenti, fino ad ora?”

Perchè le tue orecchie non funzionano, evidentemente! Quel caschetto ti rende completamente sorda, immagino.”

"Mii-chan, Ali-chan, adesso basta per favore..." In realtà, però, Rena non era preoccupata dell'apparente litigio tra le due ragazze. Sapeva che quello era il modo con cui Mion costruiva un rapporto d'amicizia con gli altri, aveva fatto lo stesso con Keiichi qualche mese prima, e sapeva che aveva avuto successo. E anche Alice, d'altronde, aveva dimostrato di stare al gioco. Piuttosto, la questione era un'altra, e Rena voleva che gli altri si focalizzassero su un altro aspetto: “Rena continuava a chiedersi come mai Kameda-kun fosse così strano, oggi. Non accennava a cambiare, e Rena non capiva, così si è guardata intorno...”

"Allora? Hai notato qualcosa?" chiese Satoko.

Sì. Ho guardato la strada accanto alla strada, e... c'è un auto là, c'è proprio un'auto. Quell'auto blu con i vetri scuri, la vedete? È lì fin da prima dell'inizio della partita, quindi mi sembrava strano. Ho provato a guardare chi ci fosse all'interno, anche se per colpa di quei vetri non è facile, e Rena è riuscita a intravvedere un uomo con un binocolo, e una donna sul sedile posteriore. Una giovane donna, così credo.”

E chi potrebbero essere? Se quell'uomo sta usando un binocolo è lì per la partita, e senz'altro non sono qui per noi.”

"Già. Rena non sa chi sono, ma... Kameda-kun si volta spesso in quella direzione. È stato grazie a lui, se mi sono accorta di quella macchina.”

Decisamente singolare come cosa, decisamente strana. Non capisco perché siano laggiù, da quella posizione non possono incitarlo di certo. Sembrerebbe piuttosto che lo stiano solo osservando. Che siano degli osservatori di squadre professionistiche? Non credo, perché dovrebbero rimanere così lontano dal campo?”

Allora forse la ragazza sul retro è la sua fidanzata, deve essere una giovane molto timida... E lui vuole dedicarle la vittoria.”

Perché non sua moglie, allora?”

Ma Kameda-kun è troppo giovane!”

E perché? Basterebbe un matrimonio segreto...”

Ma non scherziamo! Quello là non ha l'età per sposarsi! Non ce li ha, vent'anni!”

Vent'anni... Alice pensò che fortunatamente era italiana, non giapponese. In questo modo, aveva raggiunto la maggiore età a diciotto anni. E quindi, come cittadina italiana a tutti gli effetti, le era stato consentito di volare in Giappone accompagnata solo da suo fratello, di essere proprietaria di una casa ad Hinamizawa grazie all'assistenza dei Keresana, nonché di essere in grado di guidare (anche se Flavia sequestrava regolarmente la loro auto) e così via. Se fosse nata in Giappone come i suoi nuovi amici avrebbe dovuto aspettare ancora un paio d'anni.

In ogni caso, dopo una rapida discussione, Keiichi fece una proposta: “Allora, direi che dovremmo davvero dare un'occhiata a quell'auto, dobbiamo scoprire qualcosa di più sulla faccenda. Chi vuole andare là e fare qualche domanda. Io, Satoko e Mion non possiamo, siamo ancora impegnati nella partita...”

Nemmeno io sono adatto a un ruolo del genere, passerei per uno straniero pericoloso.” disse Giancarlo “Comunque, chiunque andrà laggiù tenga a mente che l'uomo con il binocolo è probabilmente solo l'autista, è la donna a essere la chiave di questo mistero. In questo caso, probabilmente gradirà più parlare con un'altra donna... O meglio ancora una bambina, gli adulti spesso non nascondono loro niente poiché pensano che non siano in grado di capire.”

Rika capì dove il ragazzo voleva arrivare: “Quindi vorresti che io vada lì, Gi-chan?”

Buona idea!” Alice assecondò suo fratello “Se preferisci, puoi portare anche me o Rena con te. Devi solo andare lì, bussare alla porta dell'auto e chiedere a quella gentile signora Chi sei? Come mai sei qui, c'è qualche problema? Ah, e ovviamente non dimenticare di aggiungere qualche grazioso Nippaaa per ingraziarti la donna, e anche per apparire più piacevole e carina. Insomma, qualcosa tipo questo.” Alice giunse allora le mani come in preghiera, chiudendo i suoi occhi e alterando il tono della voce, e quindi piegò il capo su un lato, sorridendo amabilmente ed esclamando "Nippa~!"

Perché mi stai prendendo in giro, ora? Smettila!” esclamò Rika, seccata. La bimba gonfiò le gote, mostrando la sua arrabbiatura, ma quella scelta non si rivelò saggia, in quanto agli occhi di qualcuno divenne carinissima.

"Hauuuu, quando la faccia di Rika è così carina Rena non può resistere! Non posso farne a meno, devo assulatemente portarmela viiiiiiaaaaaaa!” Rika fece allora un paio di passi all'indietro, terrorizzata dall'idea di fare una brutta fine, ma per fortuna gli altri placcarono Rena in tempo.

Magari potrai farlo più tardi, ma ora non è il momento adatto” commentò Satoko, volgendosi poi verso Rika “Ora va subito là, qui ormai siamo tutti divorati dalla curiosità.” Dopo aver detto ciò, prese la mazza e si diresse verso il box di battuta, in quanto era il suo turno. Kameda la osservò con la solita aria di sfida e sicurezza, e quindi si preparò per il suo ennesimo lancio implacabile. Ma, proprio nel momento in cui stava per rilasciare la pallina, si accorse che Rika e Rena si stavano avvicinando alla famosa auto blu, e tutto ad un tratto perse la sua baldanza: “Che state fa...” La paura si impadronì di lui, facendogli rilasciare la palla leggermente prima di quanto lui avesse voluto, e così la traiettoria della pallina stessa fu leggermente diversa. Doveva finire in mezzo al guantone del ricevitore, invece finì direttamente in mezzo agli occhi della povera Satoko, che non era in grado di evitare quella terrificante palla veloce. Svenuta per il colpo, cadde all'indietro e non si rialzò. Ma la paura di tutti scomparve non appena si resero conto che aveva solo perso i sensi, e che al momento stava vedendo le stelle per la botta.

Ehi, dove sono gli arbitri?” esclamò Mion “Questo non può risolversi solo con una semplice penalità, l'ha chiaramente fatto di proposito! Deve essere espulso!”

"N-no, io..."

"E tu non provare neanche a negarlo, Kameda!" gridò Keiichi "Hai già dimenticato quello che ti ho insegnato mesi fa, per caso?"

"K, io volevo solo..."

Volevi solo cosa? Un giorno, in passato, tu mi avevi promesso che il tuo obiettivo finale sarebbe stato proteggere le ragazzi che tu apprezzavi così tanto, e ora ti sei tramutato addirittura in un pericolo per la loro sicurezza? Come osi fare questo, come puoi pensare di passarla liscia per un tale misfatto! Ti sei rifatto gli occhi in tutti questi mesi con le cameriere dell'Angel Mort, hai certamente apprezzato le deliziose forme femminili su migliaia e migliaia di riviste, tu... tu... Non so cosa hai fatto, non posso saperlo, e non voglio saperlo! L'unica sola cosa che posso dire con certezza sul tuo conto è che tu sei un traditore, un vile, una persona che non ricorda neppure le sue promesse, che non le tiene in alcuna considerazione! Come posso io considerarti ancora un mio amico, un mio conoscente, un mio fedele vassallo e sottoposto, ora? Dovrei mandarti via su due piedi, lontano dalla mia persona, dovrei rinnegarti, dire ufficialmente a tutti Non ti conosco...”

"No, t-ti supplico, non..."

Silenzio, non ho ancora finito! Se ti è rimasto anche solo un briciolo di senso dell'onore, ammetti la tua colpa infame, e poi allontanati per sempre da questo posto! Se ti comporterai in questo modo allora forse ti perdonerò per quanto hai appena commesso, e per quello che hai fatto questa mattina. E così la tua anima non soffrirà le pene dell'inferno, la prossima volta che il tuo piede impuro calpesterà il sacro campo da baseball!

In realtà quello non era un modo molto leale per vincere quella partita, in pratica gli stava ordinando di abbandonare la sua squadra e lasciarla priva del suo miglior giocatore, ma forse era l'unica soluzione per ottenere la vittoria, affrontare i suoi lanci micidiali e segnare anche solo un punto era praticamente impossibile.

Kameda, tra l'altro, era soggiogato dal carisma di Keiichi, e si era messo a piagnucolare come un bambino: “No, no, non posso farlo! Per favore, abbiate pietà di questo ragazzo sfortunato!”

Avere pietà, dici? Perchè dovrei farlo? Su, rispondimi, invece di frignare! Perchè dovrei farlo?”

Perchè sono io a chiedertelo.”

Keiichi si voltò, la voce femminile alle sue spalle lo aveva sorpreso. Non poteva che essere lei, la famigerato donna di cui avevano parlato per tutto l'incontro era uscita dall'auto, ed era ora di fronte a lui, di fronte a tutti quanti. Era una donna giovane, all'apparenza non aveva più di trent'anni. Capelli lunghi e biondi, corporatura snella e slanciata, sembrava quasi una dea. Chi era quella signora affascinante? Chi si celava dietro quell'aspetto, dietro quell'essere disceso dal cielo, che aveva spinto Kameda a comportarsi in quel modo, in previsione di chissà quale ricompensa? Mille pensieri si accavallavano nella mente di Keiichi.

Ma la risposta giunse da una fonte inaspettata. Kameda, che si era inginocchiato per chiedere clemenza, si alzò di nuovo in piedi, e guardandola la supplicò, piangendo ed esclamando: “Madre, per favore non sporcatevi le mani in questa faccenda, posso farcela da solo...”

"M-M-madre?"

E dire che sembrava molto più giovane di quanto fosse in realtà, l'avrebbero potuta anche scambiare per un'idol, o per una famosa modella... Ma d'altra parte la chirurgia plastica e un trucco pesante possono fare autentici miracoli, oggigiorno.

Ma quindi” disse Rena “Ha fatto tutto questo, la sfida, la partita... Ha organizzato tutto questo, e si comportava così, solo per...”

... Per compiacere sua madre e renderla fiera di lui? Tutto qui?”

La mamma è sempre la mamma!” urlo Kameda, scappando via come un ladro e rifugiandosi dentro l'auto, come una lepre che saltava dentro la sua sicura tana. Sua madre lo seguì, lanciando delle sinistre occhiate a destra e a manca, ai giocatori, ai presenti e in particolare a Keiichi.

Che si fosse fatto una nuova nemica? In realtà parve di no. L'auto ripartì veloce senza che ci fossero altri sviluppi, e poco dopo Satoko riprese conoscenza: “Aaaa... Che è successo? La mia povera testa...”

Lieti di vederti di nuovo su questa terra, Satoko! Tutto a posto?”

Credo... più o meno...”

Ottimo, ma ora siediti sulla panca, non sei in condizione di riprendere a giocare, e non voglio correre rischi. Quindi... Gi-chan?”

"Uhm?"

Vai subito in campo, prenderai il suo posto. Sarai il nostro pinch runner.

Il cosa? Non ho la più pallida idea di quello che stai dicendo! È già tanto che io abbia a malapena capito come funziona questo gioco, mentre vi osservavo. Io non-”

Tu non hai nulla in contrario, e quindi entri senza fare altre storie. Chiaro?” Il tono di voce di Mion non ammetteva repliche, e il suo pugno intimidatore era un mezzo di convinzione sufficiente. Giancarlo così sospirò, in fondo partiva dalla prima base e doveva solo correre, non doveva usare la mazza per ora. Si posizionò allora sul cuscino, e iniziò la sua breve carriera come giocatore di baseball, incitato dalle grida della sorella.

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Capitolo 7
*** La sinistra ombra di Satoshi ***



Capitolo 6: La sinistra ombra di Satoshi


Hinamizawa, 5 Settembre 1983

Si, ho capito... Grazie mille, e scusa ancora per il disturbo, zio.” Dette queste parole Mion riagganciò, mentre Rika, che quella sera si trovava al Maniero insieme a lei, le chiese come era finito l'incontro di cui avevano parlato.

Quei due gemellastri... Sembrano sapere quel che fanno, laggiù. Persino zio Yoshiro ne è rimasto così colpito." Su suggerimento di Rika, la giovane Sonozaki gli aveva chiesto di unirsi al meeting a cui i due nuovi arrivati dovevano partecipare, dicendogli di impersonare un potenziale nuovo cliente. Solo per avere altre informazioni su di loro, per vedere come si comportavano in quei frangenti. “Alla fine si sono recati con quel loro amico, Keresana-san, giusto per non apparire come una coppia di ragazzini stranieri... Però, nello stesso momento in cui hanno iniziato, si sono guadagnati il rispetto degli altri. Ali-chan è stata quella che ha parlato per la maggior parte del tempo, intrattenendo piacevolmente i clienti, creando un ambiente positivo e spiegando i punti principali della questione, ma quando spuntava fuori una domanda specifica, suo fratello prendeva il suo posto, e rispondeva rapido e preciso. Il loro padre deve averli proprio istruiti come si deve...”

Rika sorrise, prima di rispondere: “Quindi... E' andato tutto bene.”

Molto bene, a quanto pare. I loro clienti sembravano entusiasti, si sono messi a dire cose del tipo E dire che siete ancora così giovani, oppure Non potevamo aspettarci niente di meno dai figli di Serco-san, eccetera eccetera. Il loro padre sembra sia piuttosto rispettato, da quelle parti, e quei due ne hanno saputo trarre vantaggio.”

Detto in questo modo, mi sembra proprio che Ali-chan sia proprio come Keiichi-kun, quando parlano sanno come attirare l'attenzione degli altri...”

Ci sono delle analogie tra di loro, in effetti. Ma Kei-chan di solito è più rumoroso, credo, tende a imporsi su ogni cosa. Oltre a tutte quelle caratteristiche che sono tipiche dei maschi. D'altra parte, il nostro Mago delle Parole potrebbe essersi appena imbattuto in una fiera avversaria, gwa-ha-ha-ha!"

Dovremmo organizzare una gara di discorsi, Mii!”

Hai davvero ragione, questa è quella che io definirei un'ottima idea! Dovremmo vestirli come se fossero senatori, e quindi chiedere loro di parlare, per convincere il loro pubblico a far fare penitenza all'altro. Mettersi ad ascoltare quello che si inventerebbero sarebbe assolutamente sublime!”

Secondo te chi vincerebbe?”

"Hmmm... Se mi devo sbilanciare direi Kei-chan, probabilmente. Ricorda che ci conosce meglio, sa quali tasti toccare.”

Capisco... E di Gi-chan che mi dici, invece? A chi potrebbe assomigliare?”

Non saprei, è un tipo alquanto silenzioso... Forse Rena-chan? No, il modo in cui si era ricordato del bento della sorella, l'altro giorno, mi ha riportato alla mente... Satoshi-kun.”

Satoshi-kun... Mi chiedo come stia adesso, Mion pensò, spero per Shion che si riprenda presto. La ragazza, al momento, sapeva solo che Irie stava ancora lavorando a una cura definitiva, ma il ritorno di Satoshi non sembrava vicino, stando alle ultime notizie.

Quel momento di malinconia, in ogni caso, passò velocemente, e Mion si mise a ridere: “Mah, non importa, non ha molto senso come discorso. Non sono certo dei cloni, hanno entrambi dei caratteri unici che li rendono acquisti preziosi per il nostro club! Ma... Puoi spiegarmi come mai sei così interessata a loro in questi giorni, Rika-chan?"

Oh, nulla di particolare. Voglio solo sapere tutto di loro, tutto, tutto, tutto... Sono così strani, Mii!"

Strano e straniero sono parole così simili, avranno la stessa origine, in effetti... Però a me sembra che tu stia esagerando un poco, no?”

No. Voglio essere sicura sul loro conto, non posso permettermi errori.”

Mion non capì il significato di quell'ultima risposta, ma Rika cambiò rapidamente argomento, e non ne parlarono più per il resto della serata.

~-~-~-~-~

Maniche lunghe? Ma non hai caldo, Gii?"

La mattina dopo era forse, in quella scuola, una delle più calde dell'intera estate, anche se Settembre era già cominciata, e i mesi più torridi erano teoricamente alle spalle. Giancarlo, tuttavia, sembrava non soffrirne. Indossava una maglietta color celeste, che non era nulla di speciale, ma ciò che attirava l'attenzione di Rika erano appunto le sue maniche, oltre ai suoi bottoni, ben chiusi alla faccia dell'afa.

Mi piace indossare vestiti comodi, non credo ci siano problemi, una volta che sono adatti a una scuola. Mi piace stare così.”

Ma il punto è proprio questo, non possono essere comodi con questo tempo!”

Per me lo sono, invece... Caldo e freddo sono concetti relativi, che dipendono da chi li prova sulla propria pelle. Non sei d'accordo?”

Uhm uhm, però è strano lo stesso, spero che tu non cominci a sudare come una fontana...”

Oh, non ti preoccupare. Nii-chan non è un freddoloso, il fatto è che non è molto sensibile ai cambi climatici, e starà bene anche così. A meno che tu non voglia ficcarlo in qualche forno acceso, in quel caso sarebbe tutta un'altra storia...” Mentre diceva ciò, Alice era incuriosita anche da quel che stava accadendo all'altro lato del corridoio. Laggiù, un nuovo episodio della Guerra Infinita era appena iniziato, e nessuno poteva prevedere chi ne sarebbe uscito vincitore, questa volta. Laggiù, Satoko stava tenendo in mano un telecomando, e, di volta in volta, ne stava premendo alcuni bottoni, apparentemente a caso, ma la sua espressione facciale non lasciava dubbi sulle sue reali intenzioni, e sul suo obiettivo. Infatti, non lontano da lei, Keiichi era intento a evitare una miriade di proiettili di gomma provenienti dalle pareti, aiutandosi con una mazza.

Era sicuramente qualcosa che la fanciulla aveva preparato quella mattina stessa, quando era entrata molto presto nell'edificio, e approfittando del fatto che il suo nemico fosse ancora a casa, nel suo letto... Ma d'altronde, sembrava che la Signora delle Trappole avesse commesso un errore. Quei proiettili erano di dimensioni piuttosto grandi, erano leggermente più piccole di una pallina da tennis, e quindi Keiichi era in grado di vederli ed evitarli anche se schizzavano qua e là a notevole velocità.

E infatti, lui le rivolse uno sguardo di sfida, prima di dichiarare: “Satoko, preparati, quando avrai finito le munizioni mi implorerai di risparmiarti!”

"Ho ho ho ho, pensi che tu sarai ancora in grado di nuocere, quando questo accadrà?”

E quindi vorresti causarmi dei danni seri? Lo sapevo, hai preparato qualcosa di molto pericoloso, con questi cosi!”

Che villano che sei, Keiichi-san. Ho calcolato tutto, compreso dove i proiettili finiscono, e quindi premo i pulsanti con criterio, non a caso. Non sarai colpito in punti vitali, come cavia mi sei necessario, e quindi non potrai dire nulla su quel che voglio o non voglio fare. Però... Se inizi a muoverti in quel modo, potrei anche fare qualche errore di calcolo, e in quel caso dirò che si è trattata di una tragica fatalità, senza che nessuno abbia il coraggio di contraddirmi.”

Finì di parlare, e premette due nuovi bottoni, ma le palline sparate furono deviate dalla mazza di Keiichi. Si era accordo che quei proiettili non parevano così pericolosi, dopo tutto erano fatti di morbida gomma, non di acciaio. Non potevano fargli particolarmente male neanche nel caso lo avessero colpito, e la cosa gli diede fiducia e autocontrollo. Era ora pronto ad affrontare direttamente il suo avversario.

E quindi tu vorresti che io mi arrenda? In questo modo detteresti le tue condizioni... Ma non pensare che una cosa del genere sia possibile. Piuttosto mi mangio le scarpe!”

Oh, lo farai, sicuro, te lo garantisco io. E allora, sei pronto?”

Vediamo!”

Satoko premette altri tre bottoni, e altri tre proiettili furono evitati. Keiichi era sicuro di vincere, conosceva la psiche di Satoko come le sue tasche ormai, e i suoi trucchetti da quattro soldi non potevano più spaventarlo. Lui era conscio di essere un eroe, il più grande di tutti, quello che un giorno avrebbe salvato il mondo dall'oscurità... Questo era quello che pensava, sorridendo come il protagonista di un fotoromanzo. Era il suo turno di attaccare, ora...

Ma la malvagia ragazzina girò allora il suo telecomando, e premette un grosso pulsante rosso presente sul retro.

Che diamine stai...” Keiichi non poté finire la frase. Una botola si aprì nel soffitto, e improvvisamente una gigantesca statua di legno cadde dritto sulla testa di Keiichi, facendolo stramazzare a terra. Satoko aveva vinto ancora una volta.

T-tu...” Keiichi era rimasto incastrato sotto la statua, impossibilitato a muoversi “Tu sapevi già come sarebbe finita... Quei proiettili di gomma erano solo un diversivo, tu...”

Come ti ho detto solo trenta secondi fa, Ho calcolato tutto. Dovresti prestarmi ascolto con più attenzione, quando ti parlo.”

Almeno, posso sapere da dove hai preso questa statua?”

Ara, è solo l'ultima scoperta di Rena, giù alla discarica. L'ho presa in prestito solo per oggi, solo per questo esperimento, solo per te. Allora, non sei contento di vedere quanto io mi prenda cura di te?”

"Ahuuuuu! Quando non le servirà più, me la riporterò viiiiiiaaaaa! E mi porterò Keiichi.kun viiiiiiaaaaa! E mi porterl tutto tutto tutto viiiiiaaaa!”

"Rena, razza di traditrice, e tu, Signora delle mie Ghette, preferirei essere lasciato in pace, qualche volta! Perlomeno, hai dato una ripulita a questa roba, prima di usarla? E' tutta sporca, c'è perfino del terriccio, qui sopra!”

Avrei voluto, ma non potevo... E' una statua di legno, se avessi usato troppa acqua si sarebbe tutta gonfiata e deformata, e avrei causato un dispiacere a Rena-chan. E poi cosa cambia? Il risultato finale non è cambiato, mi pare.”

Grazie della considerazione! Mostrami un briciolo di rispetto una volta nella tua vita! Tu...”

E i due andarono avanti a discutere così per un po'. Nel frattempo, Alice e Giancarlo stavano contemplando la scena, scioccati.

E'... normale?” chiese la ragazza “Spero stia bene, non è stato esattamente un colpo da nulla, quello.”

Oh, non ti preoccupare, la testa di Kei-chan è più dura del marmo” rispose Shion “Ci ha fatto l'abitudine, vedrai che starà bene nel giro di una decina di minuti.”

Mi chiedo da dove quelle palline venissero fuori. Spero che Satoko-chan non abbia tappezzato il muro di fori, questo è un edificio pubblico, quindi è di tutti...” Alice si avvicinò, per dare un'occhiata più da vicino. “Uhm... Oh, ora è tutto chiaro... Una parete finta.”

"Ho ho ho ho! Risposta esatta. Quello che hai di fronte a te è solo un gruppo di assi di legno che ho accuratamente dipinto, per assicurarmi che questo nostro amico sfortunato non si accorgesse della differenza. E dietro di loro, una strabiliante quantità di trappole per topo, usate a mo' di catapulta, e controllate tramite questo telecomando tutto colorato con tinte vivaci e motivi alla moda!”

Tutto chiaro... Ma hai mai pensato a un congegno a tempo, o a qualcosa che funzionasse in modo automatico, invece che con tutti quei pulsanti?”

"Hmm... Sì, ma non credo ci siano dei benefici, con quella modifica. Un funzionamento di quel tipo può facilmente incorrere in avarie. E se ci fossero stati dei problemi, prima, sarei stata in balia di quel villano...”

"Gwa-ha-ha-ha, Satoko-chan è un genio del male, ma è così giovane, deve ancora affinare le sue tecniche... Per esempio, prova a combinare entrambi i modi di controllo. Immagina: nel momento in cui raggiungi la fine della battaglia, potresti gettare a terra il telecomando dicendo Mi arrendo, così Kei-chan si avvicinerebbe a te e allora... una bella raffica definitiva, e poi tutti a festeggiare la vittoria!”

"Oh-ho, Mion-san... Capisco cosa intendi!"

Ehi, voi due, smettetela di darle consigli!” Se la Signora delle Trappole avesse iniziato a poter contare su così tanti alleati, a Keiichi non sarebbe rimasto che cercare rifugio in Groenlandia. Ma sfortunatamente nessuno si curò di quello che aveva detto, e quindi chiuse i suoi occhi, abbattuto.

Su, su, trovare nuovi modi per stuzzicare Kei-chan è sempre un argomento estremamente interessante... Ma ora vieni dalla tua Nee-Nee, Satoko!” La bambina che Shion stava chiamando, in verità, non era molto felice di sentire un invito del genere, e così per tutta risposta uscì dal corridoio e si diede alla macchia in una delle sale, inseguita dalla ragazza dai lunghi capelli verdi. Rika, dal canto suo, prese invece la mazza che Keiichi aveva usato per difendersi fino a quel momento.

Questa è come una spada, per lui.” spiegò, osservandola “Avete visto come è bravo nel brandirla, potrebbe combattere cento nemici, con questa. Ma malauguratamente per lui, Satoko è come mille nemici tutti insieme, decisamente troppi anche per lui.”

Capisco... Beh, per me un nemico sarebbe stato già troppo. Non sono per nulla capace a maneggiarla.” Giancarlo, guardando a sua volta la mazza, ripensò al suo primo incontro di baseball: “Nell'ultimo inning ho provato a colpire la palla, ma ho girato a vuoto, il mio swing lasciava a desiderare... Del resto, ve l'ho detto che era la mia prima partita.”

Questo perché vivevate su un altro pianeta, prima di arrivare qui! Ragazzo mio, almeno muovi quelle spalle, la prossima volta... Come caspita fai a non sapere nulla di baseball?” Giancarlo preferì non rispondere, ma Alice parve seccata dal commento di Mion.

"Tsk, un altro pianeta, disse la ragazza dai capelli verdi come un marziano. Spiacenti di essere stati una tale delusione, ma non siamo gli unici con un difetto del genere, qui intorno. Per esempio, che cosa sa lo zietto sul calcio, cara la mia Mii-chan?”

Quella disciplina assurda dove due gruppi di giocatori corrono dietro a una palla, prendendola a calci come fossero dei barbari senza cervello? Oh, devo aver letto qualcosa a riguardo, da qualche parte... Certo, era il primo volume del manga di Captain Tsubasa. E l'ho pure letto tutto, sono sempre interessata alle tradizioni dei popoli stranieri, al contrari di qualcuno di cui ho fatto la conoscenza la scorsa settimana.”

"Ahhh, e magari sai anche chi ha vinto la scorsa coppa del mondo, in Spagna?”

"Oh, non saprei davvero rispondere."

L'abbiamo vinta noi! Scommetto quel che vuoi che tu non hai nemmeno visto la corsa di Marco Tardelli, dopo che aveva segnato il due a zero in finale. Il più esaltante momento della storia della nostra nazionale, abbiamo sconfitto il Brasile e tutte le squadre più forti del mondiale, e abbiamo alzato la coppa dopo che non avevamo vinto praticamente niente negli ultimi cinquant'anni... E questa ragazzina non ne sa nulla?”

"Ooooh, ora hai capito come mi sono sentita qualche giorno fa, quando due dei miei amici non sapevano neppure come si gioca al nostro sacro sport, Ali-chan?"

Non accennavano a smettere di discutere, ma nessuno li divise, era chiaro che stavano litigando per gioco, loro stesse riuscivano a fatica a trattenersi dalle risate. Probabilmente si erano piaciute fin dal loro primo incontro, e quindi si divertivano in quel modo. Rika, pertanto, invece di calmarle raccolse calma la mazza di Keiichi, che era ancora a terra.

"Gii, potresti rimetterla a posto, nell'armadietto diKeiichi-kun? Per me è troppo pesante."

Giancarlo la prese, guardo l'impugnatura, e si volse verso Rika. Quindi mise la mazza dove la bambina le aveva chiesto di portarla, e non aggiunse nulla. Ma Rika lo osservava.

Non hai nulla da chiedere?”

Non avrei nemmeno il bisogno di farlo, è chiaro che vuoi parlarne. Insomma, ce lo dirai in ogni caso, o mi sbaglio?”

Di cosa state parlando, ora?” chiese Shion, che nel frattempo aveva preso Satoko in classe, e l'aveva riportata amorevolmente in corridoio.

Rika la guardò, e rispose: “Non cosa, ma chi. Il nome sulla mazza...” Gli altri capirono, e divennero seri.

Non vi abbiamo mai parlato di Houjou Satoshi, e nemmeno di Furude Hanyuu, vero? Vorrei farlo ora, se volete.” Rika riassunse la storia di Satoshi in pochi minuti. La sua famiglia, i suoi zii, i suoi tentativi di proteggere sua sorella Satoko e il fatto che se ne era andato più di un anno fa.

Ma sono sicura, siamo sicuri... che tornerà presto. Lo abbiamo... Abbiamo questa sensazione, sì. C'è qualche notizia che ce lo fa pensare.” aggiunse Shion, che era stranamente divenuta malinconica, ripensando a quel ragazzo. Forse era il suo ragazzo, pensò Alice, ma se è questo il caso non capisco se lo dica perché è la verità o solo perché vuole convincersene, solo per aiutarsi a sperare... Preferì comunque cambiare argomento, e quindi chiese: “Ma se la mazza è sua, allora come mai il suo posto è l'armadietto di Kei-chan, ora?”

Shion parve riprendersi dal suo stato di malinconia: “Perché... ormai è come un fratello per lui, anche se non lo ammetterà mai.”

Non è vero!” urlò Satoko, arrossendo. Stava ancora tenendo in mano il suo telecomando, e immediatamente premette l'ultimo bottone rimasto, causando lo sparo di un altra pallina di gomma che finì la sua corsa nella bocca di Keiichi, riempiendola come farebbe una mela in quella di un maiale arrosto. Il ragazzo emise allora un lamento curioso, più comico che preoccupante, e quindi svenne del tutto.

Tutti risero per la scena, e poi Rika terminò il suo racconto parlando della sua parente, Hanyuu, che era rimasta a Hinamizawa per una breve visita nel periodo del Watanagashi, prima di ripartire “Se ne è andata proprio qualche giorno prima del vostro arrivo.”

Un vero peccato!” esclamò Alice. Rika sorrise, ma non poté aggiungere nulla, almeno per il momento. Dalla classe, Chie-sensei li stava chiamando. Gettarono allora una secchiata di acqua calda in faccia a Keiichi (non acqua fredda, come spiegò Satoko, visto il clima di quel giorno sarebbe stato un premio piuttosto che una punizione), e successivamente entrarono in classe. Ma mentre oltrepassava la porta, Alice udì Rika dire:

Non voglio che ci siano incomprensioni... Se volete sapere qualsiasi cosa sul nostro conto, chiedetecelo.”

~-~-~-~-~

La giornata di lezioni finì in fretta, e Mion prese presto in pugno la situazione.

Ottimo, direi anzi eccellente, membri del club! Oggi potrete scegliere tra due, e ripeto due, tipi di attività. Una è il Dodgeball, un bell'incontro quattro contro quattro, l'altro è il buon vecchio Baba-nuki. OK, che volete fare, allora?"

"Baba-nuki? Sai di cosa si tratta, Nii-chan?"

Giancarlo si massaggiò il braccio destro. "E' il gioco dell'Uomo Nero, Alice. Il gioco di carte, intendo"

"Dovremmo scegliere quello, allora."

"Concordo. Inoltre, fa troppo caldo, oggi, e giocare fuori non è questa brillante idea."

Avete deciso in fretta. Rena si chiede come avete fatto a decidere in fretta, come.”

Ci volle un paio di secondi, prima che uno dei due rispondesse: “Beh, che dire... Nii-chan è un topo di biblioteca, come vi abbiamo detto. Avremo più chance di vincere se non svolgiamo un'attività fisica, capisci?”

"Sei già stata avvisata sulle terribili punizioni a cui è soggetto il perdente, nelle nostre attività, e tuttavia non vuoi approfittare degli evidenti punti deboli di tuo fratello? Il tuo è un peccato mortale, ti pentirai di aver preso una decisoione del genere!”

Non sono il tipo da giocare slealmente!” replicò Alice, che però non capiva come mai Keiichi si comportava con tanta fiducia e sicurezza nei propri mezzi, come se la magra figura della mattinata non fosse mai accaduta. Lei non sapeva che dentro di sé, infatti, il ragazzo era un poco preoccupato, non era particolarmente entusiasta all'idea di giocare nuovamente a Baba-nuki, aveva perso così tante volte, e quel gioco prevedeva sempre la stessa penalità... Quell'abito da cameriera era diventato quasi la sua seconda pelle. Ma in fondo quella volta tutto sarebbe andato in modo diverso. Erano dei novellini, quei due, non sapevano ancora cosa significava svolgere delle attività all'interno di quel club. E specialmente, non sapevano cosa significava giocare a carte, con loro... Hee-hee-hee...

Keiichi prese quindi il loro vecchio mazzo di carte, e lo appoggiò con forza sul banco, dicendo: “Ok, avete scelto di vostra iniziativa, quindi non dite che vi abbiamo costretti. Satoko, inizia subito a mescolare, e da' le carte a tutti!”

Satoko ubbidì, e iniziò a mescolare. Alice guardò le mani della sua piccola amica, e un tremendo dubbio la assalì. C'era qualcosa di strano... “Aspetta un secondo... Che cosa sono quei segni sulle carte? Li avete fatti voi le altre volte? Ma allora... non mi vorrete dire che... che... potete riconoscere ogni carta a partire dai segni che ci sono sul loro retro...”

Keiichi si mise allora a ridere, eccitato dall'idea di infliggere finalmente una punizione ai malcapitati, e quindi si alzò in piedi, gridando minacciosamente: “E' così! E' troppo tardi per ritirarsi! E allora in guardia, perché le porte dell'inferno si stanno per aprire per voi, e non vi è speranza di sfuggire ad esse!”

Dieci incontri dopo, Keiichi non poté fare a meno di osservare il punteggio sulla lavagna, sconsolato. Giancarlo aveva perso i primi due round, Alice il terzo, ma gli altri sette avevano visto proprio lui soccombere sistematicamente. No, non poteva proprio accettare un'umiliazione del genere: “Non è possibile! Accidenti, non è possibile! Come avete fatto a riconoscere tutte le carte dopo solo un paio di partite? Non è giusto, non è per niente giusto!”

Alice l'osservò divertita: “Perché, ora vorresti dire che siamo dei bari, Kei-chan?”

"No... Però come diavolo avete fatto...?"

Glielo vuoi spiegare tu, Nii-chan? L'idea è tua, in fin dei conti.”

"Idea? Che idea?"

(Sospiro) "Guarda, prova a considerare solo il numero di graffi e segni qua sopra. Era impossibile ricordare la loro forma e posizione in così poco tempo, però potevamo utilizzare il loro numero, per poterci un minimo orientare. Per esempio, la maggior parte dei giochi di carte dà molto valore agli Assi, giusto? Quindi suppongo che voi lo teniate in mano per più tempo, che lo cerchiate più spesso, e quindi quelle carte sono tra le più rovinate. Invece, il dorso del quattro di fiori è completamente liscio e privo di graffi, come una carta nuova. Vedi?”

Me ne sono resa conto quando ho notato che Nii-chan stava cercando le carte più segnate, nel secondo incontro.” spiegò Alice “Ovviamente, ci è voluto un po', perché la tecnica venisse rodata e funzionasse a dovere, ma come vedi è stata una scelta vincente... Sai, in situazioni come queste Giancarlo è un aiutante insostituibile, spesso e volentieri io mi limito a osservare quello che fa lui, nei momenti in cui bisogna usare il cervello, e poi, quando è il mio turno, prendo esempio da lui e faccio altrettanto.” Suo fratello scosse la testa sorridendo, come se volesse dire affettuosamente che Alice dovrebbe imparare a cavarsela da sola, in quei frangenti.

Keiichi, tuttavia, non era convinto: “Ma... Ma... Non potevate mica riconoscere tutte le carte, in questo modo! Insomma, i Re e le Regine hanno graffi simili, per esempio!”

Ecco perché io e Nee-chan abbiamo iniziato a tenere in mano le nostre carte in un modo particolare.”

"Che cosa?"

Devo proprio spiegarti tutto? Tenevamo le carte in maniera diversa a seconda che fossero di valore pari o dispari... Nel primo caso, erano tenute a sinistra delle altre ed erano inclinate leggermente a sinistra; viceversa nel secondo. Non è difficile fare così, soprattutto quando ti sono rimaste al massimo cinque o sei carte. E così, una volta che assegni il valore undici ai Jack, dodici alle Regine e tredici ai Re, tutti questi indizi combinati ti permettono di scegliere sostanzialmente le carte corrette. Il tutto ovviamente mentre, nel frattempo, impari ad associare i vari segni a ogni carta, come fai anche tu.”

Quindi... Entrambi sapevate le carte l'uno dell'altro! Non è giusto, siete degli imbroglioni!”

Questo non è vero, Kei-chan” ribatté Alice “E' una strategia che abbiamo deciso di seguire al momento, nel mezzo della partita e senza parlarne ad alta voce. Non è nulla di formalmente concordato, ma piuttosto un tacito accordo, se preferisci chiamarlo così. E se non ci credi ricorda che noi non sapevamo neppure che avevi intenzione di usare un mazzo tutto graffiato, prima che tu lo appoggiassi sul tavolo. D'altro canto, come tu stesso ci hai detto prima, questo è un gioco dove c'è un solo perdente, e non un solo vincitore: è assolutamente ragionevole usare accorgimenti di questo tipo. Senza contare che, se proprio ci tieni a saperlo, eri in una situazione di uno contro sette, visto che tutti i tuoi avversari hanno utilizzato la stessa tecnica, nella seconda parte di questa sessione...”

Keiichi spalancò gli occhi, scioccato. Si voltò tutto tremante verso Rena.

Mi dispiace, Keiichi-kun, ma dopo quattro o cinque partite avevo capito perché tenessero le carte in quel modo strano, e ho pensato che usare il loro sistema fosse una buona idea, ci aiutavamo a vicenda... Non sei arrabbiato con Rena, vero che non sei arrabbiato, vero?”

"Ara ara, come hai potuto non accorgerti di questo trucchetto così elementare? Io me ne sono accorta più o meno insieme a Rena-san, e anche Rika ha fatto lo stesso."

"Nippa~!" In quel momento, Rika ricordò il suo dialogo con Mion, la sera prima.

"No, era nel torto, sono così diversi da Satoshi-kun, lui era un ragazzo così pasticcione, anche quando giocava a carte con noi. Probabilmente dovrei rilassarmi, non c'è pericolo..."

"Cosa stavi dicendo, Rika? Non ho capito bene."

Accidenti, stava parlando ad alta voce? "Oh, no, no, non è nulla, Satoko! Nippa~!"

"Hmmm... OK, comunque, rimane il fatto che solo un villano come te poteva concentrarsi solo sulle sue carte, senza avere la minima idea di quello che stava avvenendo attorno a lui..."

"Satoko, smettila di chiamarmi villano!"

"Ha ha ha, guarda, Satoko non ha così torto... Nelle ultime partite anche noi ci siamo adeguate!" esclamò Mion, ridendo e guardando sua sorella "Certo, è indiscutibile il fatto che noi eravamo già in grado di scovare ogni carta da questo mazzo, senza possibilità di errore, ma i rischi sono sempre dietro l'angolo, nuovi graffi compaiono ad ogni partita, e quindi questo era un modo per essere ancora più sicuri di fare la scelta giusta.” La ragazza sospirò per l'eccitazione, pregustando quello che sarebbe accaduto di lì a poco: “...E allora, Kei-chan..."

Il sinistro tono di voce con cui pronunciò l'ultima parola fece capire a Keiichi che quel vestito maledetto era ancora lì, è che gli sarebbe toccato in sorte di indossarlo anche quella sera. Quella sera, e solo Oyashiro-sama sa quante altre in futuro.

~-~-~-~-~

"Phew, decisamente questa non è stata una scorciatoia!"

Era ormai tardi, il sole era già tramontato, ma la coppia di bambine non era spaventata dall'oscurità in avvicinamento, e continuavano a camminare sul vecchio sentiero in terra battuta. Il percorso che Rika e Satoko dovevano affrontare da scuola a casa non era solitamente così lungo, ma quel pomeriggio la strada che abitualmente percorrevano era stata bloccata da una frana, e quindi erano state costrette a una deviazione. Lo smottamento non era comunque nulla di serio, alcuni degli abitanti del villaggio stavano già rimuovendo i sassi e i detriti, e per domani mattina tutto sarebbe tornato alla normalità.”

Non mi ricordo che ci fosse mai stata una frana, a Hinamizawa. Mi suona davvero nuovo.”

Hai ragione, Satoko, avviene raramente, da queste parti. Siamo fortunati perché ci sono tanti boschi nella zona, e le montagne che ci circondano non sono così alte e ripide, quindi la terra di solito non si muove. Chie-sensei ce l'ha spiegato qualche mesetto fa, te lo ricordi?”

Huh?... Sì, hai ragione. Sai, gironzolare per le montagne e creare i miei capolavori lassù diventerebbe poco sicuro, se ci fosse davvero quel tipo di rischio. Doveri fare degli esperimenti per testare il livello di stabilità del terreno... Pensi che quel villano sia in grado di evitare una tonnellata di sassi e terra che gli frana in testa?”

Oh, Satoko, non posso risponderti, dovresti provare!”

"Ho ho ho ho, non sarebbe una cattiva idea! E poi potrei vendere alle autorità i risultati della mia ricerca, il consiglio cittadino sarà sicuramente interessato a un lavoro del genere, vorranno mettere il villaggio in sicurezza! Mi pagheranno bene, guadagnerò una spropositata ricchezza grazie a Keiichi-san, e così potremo mangiare solo tenero filetto e delizioso stufato da qui ai prossimi cinquant'anni... Basta zucche, cavolfiori e broccoletti, cominciano a darmi seriamente sui nervi!"

Rika rise di gusto, e quindi smise di parlare, non aprendo bocca finché non raggiunsero casa. Nella sua testa, stava discutendo con qualcun altro se quella strana frana fosse un cattivo presagio.

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Capitolo 8
*** Uno sguardo nell'Abisso ***



Capitolo 7: Uno sguardo nell'Abisso


Hinamizawa, 26 Settembre 1983

Satoko si era svegliata di soprassalto. Che... Che incubo aveva avuto. Così realistico, poi... Aveva sognato che lei era come impazzita, e aveva ucciso tutti, i suoi genitori, i suoi amici, suo fratello... Era realistico... ma lei non era tipo da fare cose del genere a chi le era caro. Insomma, era qualcosa che poteva succedere solo nei suoi sogni, no?

Rika tra l'altro stava ancora dormendo, era ancora molto presto. Non poteva confidarle nulla, per il momento, ma anche solo sapere che era ancora viva la fece sospirare di sollievo. E poi poteva pur sempre uscire per una breve passeggiata, in attesa del risveglio della sua amica e della colazione, giusto per avere il tempo di tranquillizzarsi completamente. Decise di fare così, e quando tornò trovò Rika sveglia, che la stava aspettando. I bento non si preparano da soli, le disse con un sorriso, e la invitò a sbrigarsi. Ma Satoko, dal canto suo, non sapeva se dirle ciò che aveva sognato o meno. In fondo si trattava di qualcosa che non era mai successo, preoccuparsene era una stupidaggine, tuttavia... Non disse nulla durante la colazione, e una volta terminata si alzò subito, preferendo andare direttamente a controllare il contenuto del suo zainetto, per essere sicura di non aver dimenticato nulla. Ma Rika al fermò, e le chiese un favore:

Questa sera... potresti aiutarmi a buttar giù una storiella, Satoko?”

Una storiella? Non sapevo ti piacesse scrivere...”

Già... Ma il fatto è che non sono brava a immaginare le storie come sai fare te. Tu sai realizzare trappole meravigliose, sono sicura che tu sai anche tessere una bella trama, e dei personaggi carini... Magari fai anche dei sogni strani e non devi nemmeno creare una storia di fantasia, ne hai già una bella e pronta da sfruttare.”

Sicuro! Ma... Qualcosa mi puzza... Ho già sentito questo tipo di scusa... Quando pretendevi di essere appassionata di manga, e in realtà c'era la Yamainu da sistemare... Sei sicura che non ci sia qualcuno che desideri ucciderti come voleva fare Takano-san?”

Ooh, Satoko, se fossi preoccupata avrei già chiesto a Keiichi-kun di aiutarmi, da sole non ce la faremmo contro un nemico del genere. Nippa~!"

Ehi, non sta bene dire cose così poco carine! Che cosa sa fare quel villano che io non so?” rispose Satoko, piccata. Ma allo stesso tempo quello strano dialogo la stava calmando. Eh già, in fondo sono una ragazza a cui piace fantasticare. Essere spaventate dalla mia stessa immaginazione, che figura barbina...

Rika osservò la sua amica sollevata, sorridendo a sua volta. Si era fatta un'idea abbastanza precisa su quello che le era successo quella notte, non serviva che glielo rivelasse. Sei ancora troppo giovane, Satoko... Quando sarai cresciuta, capirai.

~-~-~-~-~

Certo che tu ti diverti con poco...”

"Ah, Gi-chan, dovresti essere più sportivo...”

Lui si voltò, e ribatté: “Mion, non puoi parlare di sportività e codice cavalleresco dopo aver sabotato la mia pistola ad acqua! Non è... E SMETTILA DI RIDERE!”

Con quei disegni che ti ritrovi sulla faccia? Impossibile!” Come punizione per aver perso nell'attività giornaliera, avevano usato il suo volto come se fosse la tela di un quadro, e ci avevano disegnato sopra l'immagine di un gatto. E Alice, vedendo come suo fratello era stato conciato, ne rimase così divertita da chiedere di trasformare il suo viso nel muso di una volpe, anche se in teoria non era tenuta a farlo. Se Collodi fosse stato vivo e li avesse visti li avrebbe denunciati per plagio.

Comunque, è così gratificante che qualcuno abbia preso il mio posto, oggi” Keiichi aveva appoggiato una mano sulla spalla di Giancarlo “Evitare una sconfitta non è mai un brutto risultato, da queste parti. In ogni caso, non credere che l'epilogo di domani sarà diverso, non sono più il pollo del gruppo, ho imparato tutto quello che potevo imparare, e sono pronto a metterlo in pratica! Questo è l'inizio di un futuro radioso, dove supererò tutti gli ostacoli e compirò tutte le imprese che mi prefiggerò, e dove deciderò le punizioni di tutti voi, ogni giorno da qui all'eternità! Nessuno mi fermerà!”

Tsk, sarebbe bastato che sabotassero la tua pistola invece della mia, e non parleresti in quel modo. La prossima volta farei davvero meglio a scegliere personalmente la tua penalità.”

Eh? Ehi, non ci pensare nemmeno!”

Oh, Gi-chan sembra così arrabbiato per aver perso! Da domani il suo desiderio di vendetta sarà forte, fortissimo, ma Rena sarà preparata! Però... Mii-chan, perché non ci dici dove stiamo andando tutti insieme, perché?”

Non siamo tutti insieme, Rena, Rika-chan e Satoko-chan sono già andate a casa per un'altra strada.”

E mi sembra quasi strano che non siano qui con noi...” esclamò Alice “In questi giorni Rika-chan era sempre incollata a me e Nii-chan, e continuava a farci domande del tipo Come sono i vostri genitori, Quanti amici avete a casa, Avete dei sogni ricorrenti... E' una cara bambina, ma quando fa così è persino inquietante!”

“Eh eh” rispose Keiichi “Lo capisco, Rika-chan è un po' strana alle volte, ma in fondo se si comporta così è perché vi trova interessanti. I bambini sono sempre curiosi, quando vedono qualcosa che non conoscono.”

Keiichi-kun ha ragione, ha ragione. Però di solito non camminiamo per questo sentiero, quindi ci deve essere una ragione. E se Rena si ricorda bene questa strada porta alla Clinica di Irie-sensei.”

Ottimo intuito, Rena! In effetti, dobbiamo andare a prendere Shion, è piuttosto tardi e non può stare là tutto il giorno come se fosse casa sua. E poi lo zietto ha promesso che avremmo aiutato il dottore a spostare alcuni archivi... Non ho esattamente capito se è un lavoretto veloce, ma in questi casi più siamo meglio è.”

Quelle parole inquietarono Keiichi. Perché ho il presentimento che lavoreremo solo io e Giancarlo, mentre le ragazze si limiteranno a bere del tè insieme al dottore? Poi lesse l'ora sul suo orologio, e disse: “Sono già le sei e mezza di sera... Non sono certo che troveremo la Clinica ancora aperta?”

Non penso che la chiuderanno prima di una mezz'oretta, non ti preoccupare. Inoltre, di sera l'edificio è sempre vuoto, così saremo liberi di muovere gli archivi senza disturbare i pazienti, e faremo più in fretta. Ah, siamo arrivati ormai, eccola lì.”

Entrarono nella Clinica, chiamando il dottor Irie. Inizialmente, nessuno rispose, e solo dopo un paio di minuti una giovane donne si avvicinò a loro, camminando con infinita lentezza.

"Takano-san, sapete dove si trova il dottore?"

Io... non saprei... L'ultima volta che l'ho visto stava scendendo al piano di sotto con... Shion-chan, credo, circa un'ora fa... Penso siano ancora laggiù, ma non ne sono sicura.”

Mion la ringraziò, ed Alice osservò la giovane signora, che nel frattempo si era seduta su una delle sedie vicine senza aggiungere altro. Si erano già incontrati alcuni giorni prima, passeggiando per il paese, e anche quella prima volta il senso di profonda malinconia che emanava aveva colpito Alice, era qualcosa che l'aveva estremamente impressionata. Le era stato spiegato che Miyo Takano, in precedenza un'infermiera che lavorava in quella stessa struttura, ne era diventata una paziente, a causa di un esaurimento nervoso che aveva patito un paio di mesi prima. Da allora, era sempre rimasta in quel tranquillo villaggio, al fine di ottenere una completa guarigione. E' qualcosa che succede in Giappone, ogni tanto, pensò la ragazza. La vita è piuttosto stressante qui, specialmente nelle grandi città. Però, se ha avuto quell'esaurimento qui a Hinamizawa, sarebbe meglio per lei se si trasferisse da qualche altra parte, lontano dalla causa dello stress. Almeno credo... Però se è ancora qui ci deve essere una buona ragione, probabilmente, Irie non sarà mica un irresponsabile...

Mi chiedo cosa stiano facendo laggiù...” chiese Rena, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.

Non lo so, loro sapevano che saremmo venuti, quindi mi sembra un po' strano... Aspettate un minuto, scendo a chiamarli.” Mion andò dietro il bancone, e raggiunse un piccola porticina metallica con un cartello rosso che riportava la scritta “NON ENTRARE – RISERVATO ALLO STAFF”. Ruotò la maniglia, e fece una smorfia di sorpresa.

La porta è davvero aperta, non è chiusa a chiave... Allora sono veramente di sotto. OK, aspettatemi, torno subito.”

Entrò, e lasciò la porta aperta. Intanto, Keiichi iniziò a camminare lungo i corridoi della Clinica. L'edificio era davvero vuoto come gli era stato detto, e quindi si sentì libero di vagabondare al suo interno, esplorandone tutti gli anfratti. Stava cercando una cosa.

Hmm... Dove saranno mai gli archivi. Vorrei vederli, prima di trasportarli. Ho paura che Mion stia complottando per farci sgobbare, e io sono già stanco...”

Rena non saprebbe risponderti, però puoi aiutarti a cercarli, se Keiichi-kun lo desidera.”

Oh, grazie. Cominciamo subito, allora.”

La Clinica non era un edificio di dimensioni esagerate. In un paio di minuti finirono di esaminare tutte le stanza, ma non trovarono quello che stavano cercando. Però si erano imbattuti in una porta chiusa, non lontano dei bagni, quasi sicuramente dietro di essa si celavano i famosi archivi; ma non ne potevano essere certi, e in ogni caso Keiichi decise che era inutile continuare nella ricerca. Si appoggiò allora sul muro accanto all'ufficio di Irie, e chiuse gli occhi in attesa del ritorno del dottore. Rena realizzò di essere rimasta sola con lui, e infatti un silenzio assoluto regnava nella parte di Clinica in cui si trovavano. Forse era un'ottima occasione per lei, e quindi prese una sedia e si sedette accanto a lui, prendendo coraggio e porgendogli una domanda molto particolare:

"Keiichi-kun... Hai qualcosa in contrario, se domani andassimo alla discarica, solo tu e Rena...?”

Intrigante... Cosa proporresti di fare, una volta là? Hai trovato una nuova montagnola interessante, una che vorresti scandagliare per bene?

"Oh... Ahuuuu... In realtà Rena pensava di portare qualche biscotto delizioso, e quindi...”

Biscotti? Wow, li adoro! Ovvio che dovremmo andarci! Però..."

Però... C'è qualche problema? Non puoi venire con me, domani?”

No... E' che stavo pensando alla scuola. Dobbiamo aiutare Chie-sensei con il consiglio studentesco, ci saranno i genitori di tutti gli studenti della scuola, e abbiamo promesso di occuparcene.”

"Ohhhh... hai ragione, Keiichi-kun..." Rena si chiese se Keiichi avesse capito che lei le stava proponendo un appuntamento. Forse è come Mii-chan, lei è così timida quando si parla di queste cose... Quando parliamo di questo genere di discorsi sembra così imbarazzato, diventa molto timido... O forse è colpa mia, dovrei essere più diretta.

Oh, beh, non ha importanza: come le fece notare, un appuntamento romantico sarebbe stato impossibile, domani. Così Rena continuò dicendo: “Allora, l'attività del club di domani riguarderà il concilio.”

Sicuro, dovremo curare ogni dettaglio, e prevedere pure l'imprevedibile. Senza dimenticare che...”

"SENSEI! SENSEI, SENSEI!"

Il grido di Mion interruppe bruscamente il loro dialogo. L'intero gruppo corse immediatamente verso la porta che la loro amica aveva attraversato in precedenza, e quindi corsero giù per le scale, al piano di sotto. Raggiunsero un'altra porta, alla cui destra vi era un apparecchio che consentiva il passaggio solo a chi era dotato di un tesserino di riconoscimento, da strisciare lungo l'apposita fessura. Giancarlo pensò che solo chi lavorava nella struttura ne era dotato, e quindi andare oltre poteva diventare un problema, ma Keiichi si limitò a spingere la porta, e la oltrepassarono senza problemi. Come se quella macchinetta fosse fuori uso, o spenta... Però non mi sembra rotta, anzi, è nuova di zecca... Un vero spreco.

Dopo aver superato la porta, arrivarono a un corridoio, costellato di una miriade di altri ingressi, cunicoli e stanze. Trovare la camera dove si trovava Mion sarebbe stato difficile in una situazione normale, ma fortunatamente potevano sentirla mentre chiedeva aiuto, e quindi la localizzarono velocemente. Entrarono infatti in una delle stanze e trovarono la loro amica, che stava cercando di aiutare Irie, giacente a terra. I suoi occhiali erano rotti, e la sua terra era completamente macchiata di sangue.

Grazie a Dio, il medico era in buone condizioni, tutto sommato: “Non vi preoccupate, sto bene... Deve essere solo una commozione cerebrale, uno di quei traumi da nulla. Piuttosto, dovete andare a salvarla, se non l'avete trovata voi allora deve essere ancora da qualche parte, qui nei sotterranei. Lui ha una barra di metallo in mano, non so dove l'abbia presa, però...”

Aspettate, non ci starete dicendo che Shion è qui e che è in pericolo!” Irie svenne prima di rispondere, ma non aveva avuto bisogno di spiegare agli altri cosa stesse succedendo, per far comprendere loro la gravità della situazione. Shion era scesa con il dottore, lo sapevano tutti, e quindi non poteva che trovarsi lì, in una delle camere. Ed evidentemente qualcun altro era laggiù, ed era pericoloso. Mion impallidì, atterrita da quello che poteva succedere alla sorella, ma subito prese in mano la situazione, e decise all'istante di andare a cercarla.

"Ali-chan, Gi-chan, portate il dottore di sopra, al sicuro, e date una mano a Takano-san, mentre lei lo medica. Noi conosciamo il sotterraneo meglio di voi, la troveremo prima che le accada qualcosa di brutto!”. Alice annuì. Ma non potè obbedire. Un brivido le corse lungo la schiena... Si voltò lentamente, verso la porta da cui erano entrati, e vide come la via era sbarrata.

Un ragazzo, di età simile alla loro. Giovane, ma piuttosto alto, biondo, a piedi scalzi. Indossava solo una specie di vestaglia bianca, che arrivava sino alle ginocchia. I suoi occhi erano pieni d'ira, il suo collo era pieno di graffi. E la sua mano destra teneva un pesante tubo di metallo. Fu subito evidente che era del tutto fuori controllo, era stato sicuramente lui ad attaccare Irie. E con tutta probabilità stava per fare altrettanto nei loro confronti.

Chi è questo? Questa Clinica non è un manicomio, un posto per malati mentali. E soprattutto, come caspita facciamo a fermarlo... Alice non ebbe il tempo di pensare a una risposta. Il ragazzo stava osservando suo fratello con un'aria di minaccia.

Tu... Mostro... Che cosa... vuoi fare a... a Satoko? Dove... Dove si trova...?”

M-mostro?” Giancarlo non capì immediatamente cosa intendeva. Ma poi se ne rese conto. Appoggiò un dito sulla guancia, e poi guardò il polpastrello, sporco di inchiostro nero. “Accidenti, il disegno di Mii-chan... Per favore, aspetta, non intendiamo...”

Cercare di parlare con lui era del tutto inutile. Il ragazzo dai capelli biondi fece improvvisamente uno scatto e cominciò a correre verso di lui, a una velocità sorprendentemente alta.

Cavolo, se è veloce!” In meno di un secondo lo raggiunse e lo colpì con il tubo, mirando alla sua testa. Giancarlo ebbe giusto il riflesso di proteggersi con il suo braccio destro, ma il colpo fu tremendo. Chiuse gli occhi per il dolore, stringendo i denti per non urlare, ma subito con la sinistra si tenne nella zona dove era stato appena colpito. C'era una buona probabilità che si fosse rotto l'omero o la spalla.

Tu, brutto...” lanciò una furibonda occhiata al ragazzo armato, e quindi sollevò il braccio destro, lasciando quello dolorante, per colpirlo a sua volta e rispondere al suo attacco.

NO! PER FAVORE NON FARGLI DEL MALE! NON FAR MALE A SATOSHI-KUN!"

"Shion!" La ragazza era lì, parzialmente nascosta dietro a un armadio, con alcuni graffi sulla faccia e sulle braccia, ma stava bene. E nonostante tutto stava vagando per le stanze solo per trovare quel ragazzo, all'apparenza... E quindi è lui, Satoshi. Che gli è successo...

E' a lui che dovresti dire queste cose, non a me! O forse preferisci che lui ci ammazzi tutti?”

Lei non rispose. Stava piangendo, a andava ripetendo “Per favore... Per favore...”, con un tenue filo di voce. Ma l'unico risultato della sua preghiera fu attirare l'attenzione di Satoshi. Il quale urlò, facendo sussultare i cuori di tutti, e quindi si scagliò contro di lei.”

"SHION! SCAPPA, SUBITO" gridò sua sorella. Ma Shion non si mosse, pareva ipnotizzata, come se non volesse neppure tentare di difendersi. Immobile, non faceva altro che guardare il suo amato Satoshi, ripetendo il suo nome in continuazione. Si ricordava dei giorni passati, quando le accarezzava la testa, le diceva parole così dolci, piene di gentilezza e comprensione. Lo vedeva avvicinarsi a lei, ora, ma non poteva accettare quello che i suoi occhi le stavano mostrando. Non poteva essere diventato tanto violento. Era stato lui a prendersi cura di Satoko in passato, era stato lui a lavorare così duramente solo per comprarle quell'orsacchiotto di peluche gigante... Ed era stato lui a riconoscerla anche nel giorno in cui aveva indossato i vestiti della sorella... Era un angelo venuto sulla terra per salvarla, era colui che la amava, ne era sicura, e allora pensava che se continuava a fare il suo nome... forse...

Lui non riusciva ad ascoltarla, però, anche se era ormai a poca distanza da lei. Sollevò in alto la barra che teneva in mano, e lanciò il suo attacco, senza che ci fosse alcuna possibilità che si fermasse da solo.

Ma fu fermato, ugualmente. Non dalla sua volontà, ma da una sedia usata come scudo. Grazie ad essa, Mion deviò il colpo di Satoshi, e prima che lui potesse reagire afferrò l'altro capo del tubo.

Ora dammi una mano, Shion! Ragazzi, prendetelo alle spalle e bloccatelo!”

Ma Satoshi fu più lesto. Sollevò di nuovo la barra, sopraffando la sua nemica, e le diede un dolorosissimo morso nel braccio. Mion gridò di dolore, mentre i denti di Satoshi penetrarono così a fondo nella sua carne che uno schizzo di sangue ne uscì, e finì direttamente negli occhi di lui. Accecato, fu costretto a chiuderli, lasciando il tubo che cadde sul pavimento, e quindi corse via, come una bestia ferita. Mion trasalì, vedendo come il sangue fuoriusciva copiosamente dal suo braccio, ma perlomeno era salva, in qualche modo.

In ogni caso, lo shock per la scena a cui avevano assistito fu tale che nessuno parlo per tutto il minuto successivo. Poi, Keiichi finalmente prese il controllo della situazione.

Ascoltatemi, ragazzi, dobbiamo prenderlo prima che sia tardi, prima che si recida la carotide con le sue stesse unghie...” Ma guardandosi attorno si rese conto che i suoi amici non erano pronti a seguirlo subito. Irie era tuttora svenuto, Mion e Giancarlo feriti, e Shion era ancora scossa, come inebetita da quello a cui aveva assistito. Solo Rena e Alice potevano aiutarlo per ora, e Satoshi poteva facilmente procurarsi un altro tubo, o un altro genere di arma. Dovevano riorganizzarsi.

No, un attimo, Rena non era più con loro. Dove è andata? Oh mamma, non è che Satoshi l'ha...? Quell'infausta ipotesi lo paralizzò per la paura... Ma, no, eccola lì. Era andata nella stanza accanto, e da lì aveva preso una cassetta del pronto soccorso. Ottima idea, ma per favore la prossima volta diccelo prima di farlo, non è il momento migliore per andarsene in giro da soli... Nel frattempo Rena aveva aperto la scatola, e aveva preso delle bende e dei disinfettanti, per curare Mion.

Per favore, aspetta solo un minuto, Gi-chan. Rena sarà da te non appena avrà finito di aiutare Mii-chan...”

Grazie, ma prima di occuparti di me dovresti dare un'occhiata a come sta Irie, piuttosto. La sua testa è ancora ricoperta di sangue, e immagino che abbia bisogno di essere bendata. Per quanto mi riguarda, invece, non credo che le pomate siano utili, sia che si tratti di una frattura che di una semplice botta, o di un dolore passeggero.” Rena parve capire e annuì, preoccupata, e così lui continuò: “Quindi, Kei-chan, come pensi di affrontare quel pazzo omicida?”

Shion non gradì quella definizione, e reagì: “NON OSARE CHIAMARE SATOSHI-KUN IN QUEL MODO, CHIARO?”

E come dovrei chiamarlo allora, Shii-chan?” La guardò freddamente “Ha attaccato tre persone in pochi minuti, e se ne fosse stato in grado li avrebbe pure ammazzati. O forse mi sbaglio, non erano tre, erano quattro, vedendo come sei conciata direi che non è stato gentile neppure nei tuoi confronti, ho forse torto? E poi, non appena ci vedrà di nuovo ci attaccherà un'altra volta.” Shion non trovo la forza di replicare, e si inginocchiò, cominciando a piangere convulsamente. E vedendo ciò, Mion lanciò un'occhiataccia al ragazzo, arrabbiata. Razza di idiota senza cuore, sentivi proprio il bisogno di farla diventare così disperata?

Dal canto suo, lui non sembrò accorgersi di come lei la stesse guardando. Stava continuando a osservare Shion, assorto nei suoi pensieri, e a un certo punto si avvicinò a lei, e inginocchiandosi a sua volta la confortò, sorridendo. “Mi... Mi spiace, non intendevo offendere tu, o lui. E' stato... lo stress del momento, ero ancora scosso, e forse anche il dolore che sentivo al braccio ha contribuito a rendermi così nervoso. Sai, le relazioni umane... non sono mai state il mio forte, non ti curare di quello che ti ho detto prima, va bene? Ora, andiamo e cerchiamo di trovarlo, OK?” Shion annuì, continuando a singhiozzare. “Allora, visto che sei quella che lo conosce più di ogni altro, dove pensi che dovremmo cercarlo? Un angolino chiuso e nascosto? Il centro della sala principale?”

Non... Non lo so. Forse non lo conosco così bene, così bene come vorrei, forse non merito di-”

Beh, non è certo un problema” Mion li interruppe “Lo salveremo, siamo i membri del più temuto club di Hinamizawa, e io sono il suo presidente. O forse non ti fidi di me, Shion?”

"G... Grazie, Onee..."

"Eccellente. Ora, per prima cosa-"

Un rapido e ben assestato pugno dritto sulla testa di Giancarlo.

"OUCH! Ehi, avevo già chiesto scusa!"

E questa è la tua penitenza, in segno di rimorso. Secondo, Kei-chan tieni d'occhio il corridoio per favore, non possiamo farci cogliere di sorpresa un'altra volta mentre ragioniamo sul da farsi.” Keiichi obbedì immediatamente, da bravo soldato “Terzo, ora voi dovreste davvero andare di sopra. Irie-sensei è pesante per Ali-chan e per Shion, e nemmeno Gi-chan può essere davvero d'aiuto in queste condizioni. Mi raccomando, fate attenzione mentre lo trasportate. Io, Kei-chan e Rena-chan continueremo le ricerche, noi siamo in tre e lui è da solo, e poi non ci faremo cogliere impreparati, non sarà un'impresa impossibile. L'unico vero problema è l'estensione del sotterraneo, è una struttura piuttosto vasta, quindi non preoccupatevi se non torniamo dopo cinque minuti. Avete capito?”

Non mi trattare come se fossi un infermo! Il dolore sta passando da solo.” rispose Giancarlo, rialzandosi in piedi “Alla fine la mia spalla non aveva nulla di serio, a quanto pare, posso esservi di aiuto.”

A Rena piace che Gi-chan dica queste cose, ti ringrazia di cuore... Ma come ha spiegato Mii-chan prima saremo in tre quaggiù, ci aiuteremo a vicenda, e Irie-sensei ha bisogno di cure

Però siete un uomo e due donne, non posso permettere che vi succeda qualcosa di male!” Rena sorrise, ma allo stesso tempo scosse la testa, e si rivolse a Mion, affinché gli spiegasse perché non poteva stare con loro.

E infatti la ragazza dai capelli verdi esclamò: “Ohhh, quindi ti sei ricordato che in fondo lo zietto è anche una gentile donzella, ora? Prima fai il cafone, poi diventi un leale cavaliere senza macchia e senza paura... Hai forse paura che cin faccia del male?”

Giancarlo arrossì leggermente, incrociando le braccia: “Mi è ancora rimasto un po' di orgoglio, dopo tutto.”

Mion sospirò: “OK, mettiamola in un altro modo. Sono sicura che tu non sai nulla di arti marziali, o di combattimento con la katana e cose del genere. Ho ragione?”

"... Sì."

E allora puoi capire quello che ti sto dicendo. Probabilmente te lo hanno già detto quando hai visitato il Maniero per la prima volta, sono piuttosto brava nella lotta a mani nude. Potrei sconfiggerti ogni volta che lo desidero.” Gli diede un altro pugno sulla testa, ma questa volta con molta poca forza, come se fosse piuttosto un gesto affettuoso “Allora, per favore, non sentirti escluso, se ti mando lontano del centro dell'azione. E' meglio così, per tutti noi.”

Il giovane sembrò ancora un po' dispiaciuto, ma aveva capito la situazione. “Capisco. Va bene, allora, portiamo Irie-sensei al sicuro.”

Bene, andate ora, e augurateci buona fortuna. Dobbiamo andare a cercarlo, non possiamo sprecare altro tempo.”

Mion finì di dare le ultime disposizioni, e nel frattempo Alice stava aiutando Shion ad alzarsi. Non aveva aperto bocca per tutto il tempo... Aveva preferito assistere alla scena dall'esterno, e ora stava pensando.

~-~-~-~-~

Una volta che l'altra metà del gruppo li aveva lasciati, Keiichi, Rena e Mion iniziarono le ricerche per recuperare Satoshi. Il sotterraneo era pressoché abbandonato, escludendo la camera dove mesi prima erano stati messi Satoshi e le apparecchiature che controllavano le sue condizioni fisiche. Quella stanza era la prima a sinistra, ed era anche quella dove Rena era andata per prendere il kit del pronto soccorso. Quanto ai monitor e al resto, era stato quasi tutto portato via dalla Banken tre mesi prima. Non che per Irie fosse un problema, per lui erano solo seccature e cianfrusaglie che occupavano spazio inutilmente, e quindi la maggior parte delle camere era ora vuota.

Ma anche così, era una struttura complessa, piena di stanze, armadi e altri passaggi dappertutto. Fortunatamente, nel momento in cui usavi il corridoio principale come punto di riferimento potevi esplorarlo nella sua interezza, senza tralasciarne alcun anfratto; inoltre, non era la prima volta che si recavano là sotto. Una volta a settimana Takano e Irie disinfettavano e ripulivano l'intero piano, per ragioni sanitarie dovevano curare l'igiene dell'intera clinica, anche delle zone abbandonate. E una volta al mese i membri del club si univano a loro, dando loro una mano; era un tipo di penitenza, una variazione sul tema, tanto per non ricorrere sempre a costumi e compiti affibbiati ai perdenti. E quindi sapevano con una certa sicurezza dove conduceva ogni singola porta. Così, Rena e Mion iniziarono a controllare le varie stanze, mentre Keiichi rimaneva alle loro spalle, maneggiando il tubo che Satoshi aveva usato in precedenza. Il corridoio principale era a forma di elle, e quindi c'erano parecchi angoli e camere nascoste. Una nuova imboscata era senz'altro possibile, dovevano tenere gli occhi aperti.

Ma, in ogni caso, non accadde nulla che fosse degno di nota, nei successivi venti minuti. Le ragazze passavano al setaccio ogni punto delle stanze, e ogni volta che terminavano l'ispezione le richiudevano a chiave, avendo trovato un passe partout in una delle prime camere che avevano controllato. In questo modo Satoshi non avrebbe mai potuto entrare al loro interno, nel caso fosse stato in grado di scappare un'altra volta dopo che lo avevano trovato, e lo avrebbero raggiunto più facilmente. Per lo stesso motivo, avevano chiesto ad Alice di chiudere a chiave anche la porta che conduceva al piano di sopra, una volta risaliti, usando la chiave presente in una delle tasche del camice del dottore.

L'altro non poteva fuggire... Ma Keiichi era comunque un po' nervoso. Prima, cercando gli archivi con Rena, ci avevamo impiegato solo pochi secondi... Perché siamo qua da così tanto tempo e dobbiamo ancora guardare mezzo piano? Se ci impiegassimo troppo tempo a cercarlo... Non era strana come cosa, quando si era trovato al piano di sopra aveva giusto dato una rapida occhiata agli ambienti, senza perdere tempo a osservare ogni particolare, al contrario di quello che stavano facendo ora. E inoltre il sotterraneo era molto più esteso dei piani soprastanti. Quella era davvero la vecchia base operativa della Yamainu, piena di sorprese. Keiichi chiuse alloea gli occhi, e tentò di mettersi in ascolto, per percepire qualsiasi suono fosse prodotto attorno a lui.

Mion e Rena se ne accorsero presto, e quest'ultima chiese a bassa voce: “Che stai facendo, Keiichi-kun?”

Silenzio assoluto, di nuovo.” Riaprì gli occhi “Posso solo sentire solo il rumore delle ventole del sistema di ventilazione. Immagino che l'abbiano tenuto acceso perché hanno deciso di tenere Satoshi qui, per tutto questo tempo. Ma non è questo, quello che conta. Nessun rumore significa che lui sta rimanendo fermo, senza muoversi, o urlare.”

Allora... Stai forse dicendo che ci sta aspettando? Per attaccarci ancora, magari?”

Può darsi. State attente per favore, quando aprite quelle porte.”

Ma lui sapeva perfettamente che ci poteva anche essere un'altra possibilità. La peggiore di tutte, e lui non l'aveva detta per non preoccupare le ragazze. In realtà, potrebbe anche essersi già tagliato la gola a morte, con le sue stesse unghie... No, era meglio non pensarci. Dovevano tenere alta la concentrazione, in quella situazione, anche se quel silenzio era irreale, angosciante. Si mise a osservare le sue amiche, e si rese immediatamente conto che anche loro erano spaventate, e non a torto.

Avevano infatti un ottimo motivo per esserlo. Rena e Mion, tutto a un tratto, si erano imbattute in una porta sfondata, con un grosso buco nel centro. E all'interno della stanza tutte le apparecchiature erano state distrutte. Un tavolo sottosopra con le gambe spezzate, qualche monitor ridotto in frantumi, delle buche giganti sul pavimento.

Mii-chan” chiese Rena “Questo caos... Potrebbe essere stato Satoshi-kun, a causarlo?”

Mi piacerebbe dirti che non è così, però la verità è che non lo so...” Povero Satoshi-kun, e povera Shion, come si sentirà ora, dopo avere visto quanto violento è diventato il ragazzo che lei ama così tanto? Ma improvvisamente notò anche alcuni fori sul muro di fronte a lei, e capì che stavano fraintendendo tutto.

No, aspetta, Rena, questo disastro non è dovuto a Satoshi-kun, ma... a Kasai.” Shion le aveva raccontato cosa aveva fatto la sua guardia del corpo, la prima volta che sua sorella era scesa nel sotterraneo per salvare il suo ragazzo. I soldati della Yamainu volevano sbarazzarsi degli intrusi tramite un gas soppressivo, ma non avevano avuto il fegato di affrontarlo, dopo che aveva iniziato a sparare con il suo fucile a pompa. Quel disordine era solo il risultato di quella vecchia battaglia, non dell'ira di Satoshi, e l'unico motivo per cui non avevano riordinato tutto era perché quel tavolo era troppo largo per passare dalla porta, e avevano già in mente di romperlo in più parte con un'ascia, uno di questi giorni.

Mi ero completamente dimenticata di questa stanza, mi chiedo come sia stato possibile. Probabilmente è per colpa dei miei nervi, sono a fior di pelle...” Mion accennò un sorriso, e la sua amica fece altrettanto come risposta. Poi, le ragazze controllarono velocemente la camera, e una volta finito, non potendo chiudere a chiave la porta sfondata, si limitarono a passare a quella successiva.

Dieci minuti dopo, raggiunsero la fine di uno dei due rami del corridoio a forma di elle, e per raggiungere il secondo dovevano girare a sinistra. Keiichi disse alle ragazze di fermarsi, e, rimanendo nascosto dietro la parete, sporse in avanti la testa, per verificare se Satoshi li stesse aspettando lì dietro.

Rena era preoccupata, stava iniziando ad essere colta dalle stesse paure che avevano attanagliato Keiichi poco prima... Ci vuole troppo tempo per esplorare l'intera area, temo... Che cosa diremmo a Shii-chan se trovassimo Satoshi-kun morto, dissanguato dopo essersi tagliato le vene del collo con le unghie... In fondo, dopo la grande battaglia vinta appena prima del Watanagashi, lei come tutti gli altri era stata informata della Sindrome. Delle cause della patologia, dei suoi sintomi, e di quello che poteva portare. Le era stato detto anche dell'attuale stato di salute di Satoshi, che era ora ignoto solo ai nuovi arrivati, oltre che a sua sorella Satoko. Non potevano certo dirle che le sue condizioni attuali fossero così preoccupanti... E inoltre, si ricordava del periodo che aveva passato a Ibaraki, lontano da Hinamizawa. Si ricordava della sua infelicità, e del giorno in cui aveva perfino tentato di uccidersi tagliandosi le vene del pols-

L'ho trovato” disse Keiichi, scacciando i timori di Rena “E in fondo al corridoio, non è in una stanza.” Il ragazzo guardò di nuovo la barra che stava ancora tenendo in mano, e prese sicurezza, trovando il coraggio di mostrarsi e sfidarlo. Era sicuro di essere ancora in grado di farsi ascoltare da lui... forse addirittura di convincerlo.

In quanto a Satoshi, era seduto sul pavimento, con un respiro affannoso, lontano circa trenta metri da loro. Keiichi decise di farsi vedere senza indugi, e nel momento stesso in cui fu in grado di scorgere colui che riteneva essere suo nemico, l'altro si alzò in piedi, leggermente barcollante. Come arma, si stava ora avvalendo di uno di quei bastoni che solitamente era usato per le trasfusioni di plasma. Due volte più lungo e pesante del tubo di Keiichi. Ma era d'altronde troppo tardi per tirarsi indietro, e quindi chiamò Satoshi.

L'altro iniziò a ridere, come a deriderlo: “Oh, caro il mio zietto, quindi sei venuto qui finalmente per uccidere me e Satoko? Provaci, se ci riesci! Dai, vediamo se sei in grado di gettarmi nell'Abisso, come hai sempre minacciato di fare!” Aveva cominciato a ridere, ma come un disperato che si sentiva di essere in una situazione da cui non sapeva come uscire.

Le sue parole, tra l'altro, avevano colpito Keiichi: “Il suo zietto?” chiese a Mion “Sta parlando di Teppei... Ma... Non era stato ucciso prima del Watanagashi?”

L'intera storia gli era stata raccontata da Rika, la quale l'aveva appresa da Irie. Teppei e la sua amante erano parte di un'associazione criminale, coinvolta in oltre una dozzina di forti e rapine, ed erano stati uccisi prima che potessero fuggire con l'intero bottino, in quanto non avevano alcuna intenzione di dividerlo con gli altri. Lui non c'è più, ma allora perché pensa che io sia lui? So cosa può causare la Sindrome... ma io e lui siamo così diversi, come fa a confonderci...?

Beh, in quel momento concitato non poteva pensare ai dettagli, ovviamente. Satoshi urlò colmo di rabbia, come volesse far tremare le fondamenta stesse dell'edificio, e iniziò a correre verso di lui, agitando l'asta che teneva in mano come se fosse una delle sue zanne. Dal canto suo, Keiichi strinse la sua barra con forza, e aspettò che gli si avvicinasse.

Trenta metri di distanza.

Venticinque metri

Venti.

Quindici.

Dieci.

Otto.

Sei.

Cinque.

Quattro.

Tre.

Tre.

Tre.

Tre.

Tre.

Tre.

"Huh?" Keiichi uscì dal suo stato di profonda concentrazione, scioccato. Satoshi si era fermato. Stava ansimando, dolorosamente, come stravolto dalla fatica, ed era a malapena in grado di stare in piedi sulle proprie gambe. E, per di più, pareva perfino più sorpreso di lui. Lo stava fissando, cercando di tenere gli occhi aperti.

"Ch... Chi... Chi sei, tu? Non... Non ti ho mai visto." Keiichi non seppe cosa rispondere. In effetti, Satoshi era sparito prima che lui arrivasse a Hinamizawa, quindi effettivamente era la prima volta che lui lo vedeva sveglio, mentre per Satoshi era la prima volta in assoluto, e lo stava guardando perché stava tentando di capire chi fosse. In altre parole, la sua era una domanda legittima, pertinente, logica... Non sembrava più impazzito, ora. Ma era solo un momento di lucidità prima di perdere di nuovo il controllo e attaccarli, o cosa?

Satoshi non attese una risposta, da parte sua. Si voltò lentamente verso Mion e Rena, che a loro volta lo stavano fissando dietro l'angolo del corridoio, altrettanto attonite.

Le intravvide, ed esclamò: “Mi... on-cha...?" prima di svenire, e cadere per terra privo di sensi.

Mion era senza parole, guardandolo immobile, e non disse altro che: “M... Mi ha riconosciuto?”

Rena però la risveglio dal suo stato di torpore e la prese per il braccio, prima di fare altrettanto con quello di Keiichi.

Dobbiamo portarlo subito a letto. Rena si rende conto che non è carino, ma faremmo meglio a legarlo con della corda, almeno fintanto che arrivi Takano-san o Irie-sensei con un buon tranquillante.”

~-~-~-~-~

"Satoshi-kun ti ha davvero riconosciuto?" Irie si era ripreso, nel frattempo, ma quella scoperta l'aveva quasi fatto svenire una seconda volta, e pure Shion non credeva a quello che le stavano raccontando. Keiichi aveva narrato loro quel che era successo, non lesinando dettagli e dando il tempo a Rena e Mion di parlare anche ai Serco della vera storia di Satoshi. Alice e Giancarlo, nonostante fossero divorati dalla curiosità, avevano atteso il ritorno degli altri per chiedere qualcosa a riguardo, in quanto avevano paura di provocare una nuova cascata di lacrime da parte di Shion, qualora l'avessero chiesto a lei (e un pugno sulla sua testa era sufficiente, per Giancarlo). Furono informati anche della Sindrome, e non ebbero difficoltà a credere a quella malattia apparentemente così insolita e bislacca, d'altronde avevano appena incontrato un ragazzo affetto dai suoi sintomi.

Nel frattempo, Keiichi aveva terminato il suo riassunto, e Irie commentò: “E' così... così strano, già, così strano. Il Livello 5 della Sindrome non dovrebbe permettergli di riconoscere le persone accanto a lui, però... L'unica spiegazione possibile è che la malattia sia spontaneamente regredita al Livello 4, o perfino al Livello 3. Ma come è potuta succedere una cosa del genere? Quale ne è la causa?" Ci rimuginò sopra per un paio di minuti, poi decise: “Dobbiamo scoprire subito di cosa stiamo parlando, è di vitale importanza. Takano-san, per favore aiutatemi: esami del sangue, valori di pressione, elettroencefalogramma... Faremo un'analisi approfondita."

Irie sembrava particolarmente eccitato, e il suo atteggiamento non rendeva tranquilla la ormai fragile Takano, che comunque fu in grado di annuire, anche se solo dopo alcuni secondi.

Possiamo aiutarvi, in qualche modo?” chiese allora Shion, che non sapeva se essere felice o turbata.

"Hmmm... No, forse è meglio di no. L'EEG, ossia l'elettroencefalogramma, necessità di molto tempo per essere completato, ma non richiede manodopera o particolare assistenza. Inoltre, non avete passato certo un bel quarto d'ora, si vede che siete ancora un po' scossi. Dovreste andare a casa e riposarvi... Quegli archivi possono aspettare. Keiichi apprezzò decisamente quell'ultima parte della sua frase.

Irie si precipitò allora a prendere la cartella clinica di Satoshi, ma non prima di aggiungere: "Ah, grazie ancora, grazie di cuore, per quello che avete fatto per me. Ero davvero in una brutta situazione, prima, si era svuotata la sacca contenente il tranquillante, quello che abitualmente somministravamo per endovena a Satoshi-kun, e ci eravamo completamente dimenticati di sostituirla... Ma siamo stati fortunati. Queste nuove analisi ci daranno delle risposte solo tra una o due settimane, ma mi auguro che queste nuove speranze trovino conferma. Lo spero per lui, e anche per tutti voi."

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Capitolo 9
*** Incontri e Raduni ***



Capitolo 8: Incontri e raduni


Hinamizawa, 10 Ottobre 1983

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ISTITUTO IRIE

DIPARTIMENTO MALATTIE EREDITARIE

SINDROME DI HINAMIZAWA

RAPPORTO n. 131

9 Ottobre, Anno Showa 58

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Rika non staccava gli occhi dal breve dossier che Irie aveva messo sul tavolo. Aveva appena letto il titolo sul primo foglio, e quando arrivò al punto in cui si parlava di “Malattie ereditarie” non potè fare a meno di ridere. Poteva permetterselo, solo Irie e Takano si trovavano con lei, nell'ufficio del dottore. Nessun altro si trovava al piano superiore della Clinica, erano già le nove e mezzo della sera, decisamente tardi.

E da quando la nostra cara Sindrome è diventata una Malattia ereditaria, ora?” Era davvero di pessimo umore, quella sera, e Irie capì che era meglio non scherzare con lei.

Che posso dire... E' così che funziona qui, ora. Chiamarla pandemia spaventerebbe i nuovi proprietari dell'istituto, e provocherebbe tutta una serie di noie e problemi. Se invece li convinciamo che si tratta solo di un elemento locale, non ci faranno domande, e ai loro occhi sarà solo uno studio indipendente compiuto da me. Inoltre, non sto mentendo del tutto, la tua peculiarità è pur sempre qualcosa di ereditario, no?”

Rika squadrò Takano, che si era seduta su una sedia vicino al dottore, con la testa chinata verso il basso e la bocca ben chiusa, non osando dire nulla. Era tornata ad essere una semplice infermiera e nulla più... Dopo Giugno 1983, infatti, l'organizzazione segreta detta Tokyo aveva cessato di mostrare interesse verso Hinamizawa, e avevano interrotto il flusso di finanziamenti verso la Clinica. Così, per sopravvivere, Irie aveva venduto la struttura a un gruppo privato, che aveva poi assunto un piccolo gruppo di medici perché lavorassero lì con lui. La zona era comunque tranquilla, non vi erano molti visitatori da fuori, persone che arrivavano lì per ricevere cure specifiche: in altre parole, non serviva particolare forza lavoro, e quindi i suoi colleghi si recavano alla clinica solo di Lunedì, Mercoledì e Venerdì, e rincasavano verso le cinque del pomeriggio, molto prima di lui. Negli altri orari non restavano nell'edificio, anche perché non avevano un rapporto amichevole con Irie, che per loro era un collega e nulla più. Non avevano mai un colloquio non necessario con lui, e così il vecchio padrone della Clinica poteva dedicare molto tempo alle sue ricerche, per esempio quando era da solo, e comunque quando non erano attese visite.

Certe volte mi chiedo perché abbiano deciso di rilevare questa attività, ci sono così pochi pazienti da queste parti. Non credo che guadagneranno una fortuna dall'operazione. Ma questo è un loro problema, per contratto sono tenuti a tenere aperta la Clinica almeno fino al 1993, e questo è quello che conta di più per me.”

A meno che decidano di salassarsi per chiudere baracca e pagare la penale.” Rika rispose ironicamente “Comunque, non credi che sia tempo di arrivare al punto, Irie?”

Ah ah, hai ragione, Rika-chan!” esclamò l'altro ridendo, e poi aprì il dossier con qualche piccola difficoltà. Al contrario di quanto cercava di mostrare con il suo fare allegro, Irie era piuttosto stanco. Occuparsi di Takano e Satoshi, e al tempo stesso gestire la Clinica era un compito gravoso, e probabilmente non aveva dormito molto nelle ultime notti, pensò Rika. Non era impossibile che la sua stanchezza fosse stata la causa del problema della sacca di morfina vuota e non sostituita, e quindi del conseguente risveglio imprevisto di Satoshi. Shion si era offerta come aiutante a tempo pieno, ma non aveva esperienza per un lavoro del genere, la sua assistenza era preziosa ma non sufficiente. Perlomeno, il morale del medico era ancora alto. Stava facendo il lavoro che adorava, e quasi non si accorgeva nemmeno del suo affaticamento.

Nel frattempo aveva spulciato i risultati riportati sul rapporto, per quanto li avesse già letti più volte: “Vediamo... Beh, l'EEG e tutti gli altri esami dicono che le condizioni di Satoshi-kun stanno tornando alla normalità. Evitiamo di raccontarti tutti i dettagli dei risultati, sarebbero troppo complicati e non ti interesserebbero.”

Però... Mi stai dicendo che ora sta bene? Che ha sconfitto la Sindrome di Hinamizawa?”

Non ne sono sicuro.”

In che senso, scusa?”

Ti spiego. Mentre era addormentato, i vari EEG a cui lo abbiamo sottoposto in queste due settimane hanno mostrato che la sua attività cerebrale era divenuta giorno per giorno più calma, e simile a quella di un individuo in salute. Ci sono voluti sette-otto giorni affinché questo processo si completasse, però negli ultimi tempi sembrava effettivamente terminato. Così abbiamo deciso di correre un piccolo rischio: abbiamo interrotto il dosaggio di morfina, e lo abbiamo risvegliato. Volevamo controllare l'attuale livello della malattia, e per fare ciò era necessario che fosse cosciente. Hai presente, tutte quelle domande che ogni tanto rivolgiamo anche a Satoko-chan...”

E il risultato è stato...”

"Livello 2"

Rika rimase sbalordita. Livello 2 significava che il soggetto soffriva ancora di qualche leggera paranoia, ma che queste non avevano particolari effetti su di lui, e quindi l'individuo poteva passare una vita completamente normale, con i suoi parenti e amici.

Rika-chan, abbiamo formulato alcune ipotesi sul perché la malattia sia regredita a tal punto. Fino al momento in cui ha attaccato il vostro gruppo, Satoshi-kun si trovava ancora al Livello 5, non vi sono dubbi su questo. Ma durante il periodo di tempo in cui era rimasto da solo, tra i due combattimenti, è tornato al Livello 4. E successivamente, mentre era di nuovo a riposo, ha raggiunto prima il Livello 3 e poi il Livello 2. Mi piacerebbe portarlo al Livello 1 e condurlo a una completa guarigione, ma già questo è un risultato che definirei incredibile.”

Direi che come ricostruzione è elementare, ma funzione. Quindi ora è ancora sveglio?”

Sì, è così. Immagino che Satoko-chan e Shion-chan siano con lui, adesso.” Rika annuì, essendo d'accordo con lui. Era venuta alla Clinica con le sue due amiche, e nel momento in cui non si trovavano con lei in quell'ufficio c'era una sola altra possibilità. Shion era stata informata sui miglioramenti di Satoshi un paio di giorni prima, mentre Satoko non ne era ancora al corrente, almeno fino a quella sera. Forse Shii-chan avrebbe fatto meglio ad aspettare ancora un poco di tempo, prima di rivelarle la verità, trovarsi tutto a un tratto di fronte a suo fratello che tornava a casa sarebbe stata una sorpresa fantastica, ma d'altronde non è mai stata brava a mentire... Comunque, il pensiero della felicità della sua piccola amica la confortò, per qualche secondo.

Quindi... Avete scoperto anche perché sia successo tutto ciò?”

No. Ecco perché prima avevo detto che Non ero sicuro.” Irie continuò “Nel suo sangue abbiamo trovato una sostanza sconosciuta, qualcosa che non avevamo mai riscontrato prima. A una prima analisi sembra una molecola di tipo organico, forse una proteina, però era fondamentale saperne di più. Così abbiamo realizzato degli esperimenti. Sai, anche se la Sindrome è causata da un agente patogeno che si muove attraverso l'aria, prendere dei campioni di aria ci permette di vedere solo le spore del parassita, e non il parassita stesso, la nostra intera ricerca sarebbe stata molto più semplice in questi anni, altrimenti. Comunque le spore bastavano e avanzavano, per il nostro test, così le abbiamo messe all'interno di un piccolo campione del sangue di Satoshi-kun... E in pochissimo tempo sono sparite, come se disciolte in un potentissimo acido. Suppongo che, all'interno del suo corpo, anche i parassiti adulti siano stati uccisi allo stesso modo. O almeno il loro numero è calato in misura notevole: quegli organismi non sono presenti direttamente all'interno del sangue dell'ospite, ma presso il cervello e le altre cellule nervose. E' sempre stato così, in tutte le nostre analisi. Quindi è plausibile che non abbiano un contatto diretto con la sostanza in questione, ma visto che il cervello è costantemente irrorato di sangue è quasi certo che i parassiti ne siano fortemente danneggiati in ogni caso, e quindi resi inoffensivi.”

Non ci ho capito nulla! Puoi ripetere semplificando un po'?” Rika aveva un leggero mal di testa, e così si volto verso Takano, che aveva iniziato a rispondere, alzando la testa.

"Ehm... Il dottore intendeva dire che questa proteina sembra la nostra salvatrice... ma da dove spunta fuori? Dal suo midollo osseo? Da un anticorpo che si è adattato alla Sindrome? Da una fonte esterna? Non lo sappiamo. Se la conoscessimo a fondo potremmo sintetizzarla, ma al momento non possiamo farlo, bisognerà avere pazienza, prima di averla finalmente in provetta... Inoltre, quando si era svegliato abbiamo prelevato un altro campione di sangue, e la sostanza era pressoché scomparsa. E allora, cosa succederebbe se Houjou-kun tornasse ad essere affetto dalla Sindrome? Potrebbe tornare di nuovo al Livello 5... Io... Noi avremmo dovuto chiedere a Sonozaki-san di non parlare a Satoko-chan di questa storia, potrebbe... rivelarsi un disastro, se suo fratello tornasse a mostrare i sintomi terminali.”

Rika si stava visibilmente arrabbiando, ma Irie la bloccò: “Aspetta, Rika-chan, sai come Takano-san può diventare così pessimista, talvolta...” L'infermiera abbassò di nuovo il capo, come per chiedere scusa, e anche Rika parve sbollire. Era conscia che Irie aveva ragione, la donna diventava spesso malinconica e irrimediabilmente depressa, specialmente dopo i fatti di Giugno. Era anche per quello che si trovava ancora alla Clinica, non solo come addetta ai lavori ma anche come paziente.

Il dottore riprese allora la spiegazione: "Questo genere di sostanza non appaiono e scompaiono per caso, non ti devi preoccupare. Anche i comuni antibiotici svaniscono dal sangue umano, una volta che hanno compiuto il loro lavoro, e non vi è alcuna ragione per pensare che Satoshi-kun possa raggiungere di nuovo il Livello 5. Se questo ti può rendere più tranquilla, gli darò ancora il farmaco C117. Quella medicina funziona come vaccino solo per chi non ha ancora contratto la Sindrome, ma i parassiti all'interno del suo corpo dovrebbero essere deboli a sufficienza da rendere il farmaco efficace. Anzi, ancora meglio... Dovrei provare a combinare gli effetti della proteina e del mio farmaco, in qualche modo. La prima distrugge il parassita, il secondo evita che si ripresentino. No, non ritornerà mai allo stadio finale... Io... Io te lo posso assicurare."

Però Rika era ancora nervosa. Non ne comprendeva il motivo né di cosa si trattasse precisamente, ma qualcosa la stava angosciando. Un brutto presentimento. “Ah, dimenticavo... Spero che tu abbia somministrato il C117 anche ai Serco, prima che arrivassero.”

S-sicuro... Siamo stati informati per tempo del loro trasferimento qui, stavano ancora ultimando di costruire la loro nuova casa, quindi abbiamo contattato il loro medico di famiglia e gli abbiamo parlato dell'esistenza di una patologia locale. Abbiamo pure mandato in Italia un pacco con i vaccini, con la raccomandazione di assumerli non meno di due settimane prima della loro partenza. Naturalmente, dopo quello che è accaduto nel sotterraneo ho spiegato loro a cosa servissero veramente... Ma non sono preoccupato per loro. L'influenza che hanno avuto subito dopo essere arrivati a Hinamizawa mi tranquillizza, significa che il vaccino ha funzionato a dovere, e almeno loro sono immuni alla Sindrome, ora. Ma mi spieghi perché sei così arrabbiata, questa sera?”

Non... Non è nulla. Penso di aver bisogno solo di riposo. C'è qualcos'altro che mi devi dire?”

A-Allora... Vorremmo prendere un campione di sangue da tutti gli abitanti del villaggio, o perlomeno dal maggior numero possibile di loro, per controllare se qualcun altro presenta questa proteina. Disponiamo già di una vecchia banca dati, con il sangue di circa metà paese, ma vorrei completarlo. Il tuo lo abbiamo già, quind-”

Quindi addio e buona notte, ho una terribile emicrania. Per favore dite a Satoko che preferisco non aspettarla e andare a casa da sola.” Rika si era alzata improvvisamente ed era uscita dalla sala, lasciando interdetto il dottore e quasi sbattendo la porta. Una volta fuori dalla Clinica, si voltò indietro a rimirarla un'ultima volta, prima di cominciare a correre a perdifiato.

Rika! Rika!”

Rika interruppe la propria corsa quasi subito, in fondo si era resa conto che nessuno la stava inseguendo. Guardarsi le spalle era quasi un riflesso automatico, qualcosa che aveva ormai appreso da qualche vita, quando i soldati della Yamainu erano ancora una minaccia. Ora che era sola, invece, aveva ripreso a camminare normalmente, ma era ancora preoccupata.

"Rika! Rika!"

Rika non sapeva dire da quanto tempo stesse camminando, ma la cosa importante è che sapeva dove si trovava, quel vecchio mulino che poteva vedere di fronte a sé era un chiaro punto di riferimento. Fece allora una deviazione, e si avventurò all'interno del bosco che lei sapeva ergersi nei pressi del Tempio Furude. Proseguì lungo quella via per una mezz'ora, avvicinandosi lentamente a casa, ma non procedeva veloce come lei voleva, quella notte era particolarmente scura e inciampare in una qualche pietra nascosta poteva causare dei seri danni. Perché c'è così poca luce qui? Istintivamente, come per capire la ragione di quell'oscurità, aveva alzato gli occhi al cielo. Solo una sottile e curva linea bianca illuminava la terra, e lo stretto sentiero che stava percorrendo. L'ultima luna nuova si era verificata solo due o tre giorni prima, e la poca luce che arrivava era filtrata dal fitto fogliame degli alberi attorno a lei. Pian piano, si era resa conto di essere stata una stupida, e che avrebbe dovuto seguire la strada che usava di solito, più larga, sicura e illuminata. Ma era troppo tardi per tornare indietro, ora.

"Rika! Rika!"

Si voltò, e si guardò intorno. Non voleva parlare con nessuno, ma se non l'avesse fatto quella voce avrebbe continuato a tormentarla per l'eternità.

Mi puoi dire che cosa vuoi ora, Hanyuu?”

Lo sguardo di Rika era pieno di ansia e angoscia, e Hanyuu ne fu spaventata: “Hauuu, non essere così cattiva! Sei così strana stasera, che cosa c'è che ti turba?”

Rika si fermò, e la guardò per un po'. La sua antenata era preoccupata per lei, lo sapeva, in fondo era sempre stata allo stesso tempo una madre e una sorella, per lei.

Ho... Ho un pessimo presentimento. Ho paura che qualcosa di brutto stia per accadere. Forestieri che arrivano qui, l'attacco da parte di Satoshi, questa strana nuova sostanza... Che sta succedendo qui? Forse è solo un timore senza fondamento, dopo tutte queste vite trascorse, dopo tutti queste tragedie... Devo essere diventata troppo irritabile. Però...” Si era resa conto di star sudando, anche se quella non era affatto una notte afosa, e il suo cuore batteva all'impazzata. Deglutì, e strinse i pugni, tesa come una corda di violino.

Hanyuu tentò di farla rilassare: “Sei sicura? Le sacerdotesse del Tempio hanno sempre cattivi presagi, è il loro lavoro, Hau, Hauu... Io personalmente non sento nul-”

Io invece sì, ti ho detto.” Rika non aveva apprezzato il commento “Vorrei che tutto fosse sempre come è ora. I miei amici, Satoko, tu, io, e tutti quanti... Siamo così felici, in questo mondo benedetto. Ma qualcosa... o qualcuno sta cercando di distruggere il paradiso che abbiamo così faticosamente creato e difeso. Non so chi sia, non so cosa voglia fare, ma...”

Non potrebbe essere qualcuno da parte della Tokyo? Quest'estate è stata un'umiliazione non da poco, per qualcuno di loro.”

Rika ci riflettè. Tornò con la mente a tutte quelle volte in cui aveva dovuto affrontarla, ossia a tutte quelle volte in cui aveva avuto a che fare con la Yamainu, che pure aveva pensato fossero i suoi angeli custodi, inizialmente... Essere uccisa in tutti quei mondi,.. Essere in grado di salvare il suo villaggio grazie a un miracolo... Non poteva, non poteva permettere che Hinamizawa fosse di nuovo in pericolo, per nessuna ragione al mondo. Tutti i suoi sacrifici, tutto il dolore che aveva provato sarebbe stato inutile. Al solo pensiero, Rika digrignò i denti per la rabbia, e spaventò Hanyuu.

Non capisco... Perché Satoshi-kun si è dovuto svegliare adesso, senza preavviso? Per quale motivo doveva farlo? Questa novità potrebbe diventare un problema, come reagiranno Satoko e Shii-chan, al suo ritorno? Ora sono felici, ma lo saranno anche domani, e dopodomani? E se invece qualcosa andasse storto, e la loro frustrazione crescesse fino a diventare... Non lo so, non l'ho mai visto, è qualcosa che non è mai successo nelle mie vite precedenti.” Rika era nel panico, si stava trovando in una situazione che non aveva mai vissuto. In linea di massima, era solita prevedere tutto quello che accadeva, aveva accumulato molta esperienza nei mondi passati. Anche quando vi era stata la battaglia finale con Takano, in questo mondo, era perfettamente conscia dell'identità del suo nemico, delle sue intenzioni, e di molte altre cose. Ma ora era diverso, si sentiva come se non sapesse nulla di nessuno. Non poteva accettarlo, temeva che la sua mancanza di esperienza potesse portare Hinamizawa a un nuovo disastro. “Devo cercare la verità. Devo sapere, devo sapere... In tutte queste vite io sapevo tutto quello che era destinato ad accadere... Sapevo qualunque cosa, e su tutti... Invece, gli unici di cui non so tutto sono...”

~-~-~-~-~

Lontano da lei, un altro consiglio cittadino di Hinamizawa stava per iniziare. E un ospite importante sedeva tra i suoi membri.

Era parecchio tempo che Sonozaki Oryou non prendeva parte a questo genere di incontri, da prima della Guerra della Diga. Dopo gli insulti che gli Houjou le avevano rivolto, anni fa, lei era solita discutere direttamente con la famiglia Kimiyoshi in assemblee private, per decidere sulle proteste da organizzare, sulle mosse da compiere e su tutto il resto. Era un modo più pratico per dirigere il movimento di opposizione alla Diga, come un vero capo, una regina indiscussa. Ma allo stesso tempo aveva deciso di agire così anche perché temeva di essere nuovamente umiliata in pubblico, anche se non poteva ammetterlo, tantomeno a se stessa. Ora, però, dopo quello che era successo la scorsa estate, e specialmente grazie alla forza che Keiichi aveva dimostrato, aveva raccolto a sua volta il suo coraggio, e aveva preso la decisione di recarsi al concilio di quella sera, con sua figlia Akane, che al contrario di lei non era autorizzata a prendere parola durante l'incontro. Era la regola, Akane non poteva parlare mai in incontri ufficiali, né a titolo personale né a nome del clan, ma la cosa non era un problema per nessuna delle due, la donna l'aveva accettato da parecchio tempo.

Così, a parte loro, erano presenti tre rappresentanti della famiglia Kimiyoshi, compreso il loro capo Kiichiro, i più anziani abitanti del villaggio e, in rappresentanza della forza di polizia locale, Atsuko Keresana, invitata in segno di definitiva riconciliazione con le autorità dopo la Guerra della Diga e dopo le passate tensioni. L'unica assente era Rika Furude, che avrebbe dovuto rappresentare la sua famiglia, ma che aveva già informato il consiglio che non sarebbe potuta venire, a causa di un impegno improvviso. In tutto, quindi, vi erano in sala diciassette persone che dovevano deliberare di una materia alquanto importante.

Dichiaro aperta questa seduta” dichiarò Kiichiro Kimiyoshi, una volta constatato che tutti erano presenti "Dovreste essere tutti al corrente dell'ordine del giorno, quindi sapete di cosa sto per parlare."

Gli altri annuirono, pensierosi, così Kiichiro continuò: “Le frane.”

"E' vero che non è la prima volta che Hinamizawa si trova a doverle affrontare, siamo pur sempre vicini a un gran numero di montagne. Ma solitamente non avvenivano così frequentemente, e grazie a Oyashiro-sama non ne sono state riscontrate affatto durante gli ultimi anni. Invece, negli ultimi due mesi siamo stati informati del verificarsi di cinque fenomeni di questo genere. Più esattamente,” prese un foglio di carta, e cominciò a leggere “In data 5 Settembre nei pressi del vecchio edificio della guardia forestale, ora scuola del paese; in data 14 settembre non lontano dal retro dell'abitazione di Tomizawa-san; in date 20 e 22 Settembre in aperta campagna, e in data 2 Ottobre non lontano dal fiume, in prossimità del ponte di collegamento.”

Nessuno di questi casi si è rivelato essere un evento di grandi dimensioni, quindi non la definirei una situazione di emergenza. Tuttavia, abbiamo bisogno di sapere se vi sono ulteriori pericoli, e se vi sono rischi concreti per la nostra comunità. Luglio è stato un mese piovoso, ma questo non basta a dare una spiegazione a fenomeni di questa portata.”

Cosa proponete di fare, Kimiyoshi-sama?” chiese uno degli anziani.

Un nostro vecchio amico di famiglia da Okinomiya, Nabiha Seiji-san, ci ha raccomandato un esperto idrogeologo con già notevoli conoscenze sull'orografia di tutta la vallata. Sarà lui a compiere uno studio approfondito, se voi siete d'accordo.”

Quanto tempo ci vorrà, perché porti a termine il lavoro?”

"Hmmm... Non sarà uno studio breve, lo abbiamo già contattato nei giorni scorsi. Analisi della situazione attuale del territorio, campionamento del flusso del fiume, aggiornamento dell'orografia... Ci ha parlato di una sessantina di giorni.”

"Due mesi! E' troppo, potremmo non avere tutto questo tempo! Se una frana di dimensioni importanti ci colpisse...”

Non vi dovete preoccupare, Kato-san. Non dovete pensare che non ce ne siamo preoccupati. L'esperto a cui ho accennato prima farà un'analisi preliminare, per valutare il livello approssimato di pericolo, e per definire le zone più a rischio. Certamente, il suo rapporto sarà accurato solo dopo lo studio completo, ma ci ha assicurato che dovremmo essere al sicuro anche dopo le prime contromisure che prenderemo.”

Kato non rispose, e quindi il silenzio non fu interrotto per una decina di secondi. Poi Oryou iniziò a parlare:

Kimiyoshi-sama, dovresti sapere cosa queste terre significano per noi. Durante tutti questi secoli, questa vallata ci ha assicurato cibo e riparo, e continua a farlo. I nostri antenati ne erano consci, e l'hanno difesa in passato. E noi abbiamo già seguito con orgoglio il sentiero che loro hanno tracciato. Eravamo tutti qui, quando abbiamo dovuto proteggere Hinamizawa da quel progetto abominevole, abbiamo combattuto, e abbiamo vinto. In passato abbiamo salvato la vita di questa terra, ma questo non ci dà il permesso di togliergliela, ora. Pertanto, non vedo perché non dovremmo essere tutti d'accordo nel richiedere questi accertamenti... Kimiyoshi-sama, penso che tu avresti dovuto procedere anche senza l'assenso del concilio, nessuno avrebbe avuto qualcosa in contrario, una volta che le intenzioni fossero state messe in chiaro.”

Devi sempre farmi la predica, vero, Oryou? Ma Kiichiro non osò dire quello che pensava ad alta voce, era una signora ormai molto anziana ma era pur sempre la Regina dei Demoni. Invece, si limitò a dichiarare: “Quindi immagino che tutti siate d'accordo con noi. Ottimo. Lo contatterò e lo informerò della nostra decisione. Questo studio si farà, e spero che i suoi risultati siano come tutti noi ci auguriamo.”

Tutti i presenti convennero con lui. Questa volta erano sicuri di compiere la scelta corretta, e nessuno ebbe qualcosa da recriminare. Ciò rese Oryou sollevata, aveva ancora in mento quello che era successo a causa degli Houjou. Ma in fondo sapeva che quello era un capitolo chiuso, quel Maebara glielo aveva fatto capire durante l'estate. Così socchiuse gli occhi per un momento, e quindi si rivolse a Kiichiro. Gli aveva già rivelato quello che stava per annunciare, così l'uomo chiese a tutti di fare silenzio, e la lasciò parlare. Il suo discorso sarebbe stato breve, ma di enorme importanza.

"Molto bene, ora che la faccenda più impellente è stata sbrigata, ho un importante annuncio da fare, per favore ascoltatemi, odio ripetere le cose due volte.” Attese un secondo, poi continuò:

Il mio tempo su questa terra è in procinto di finire. Ho governato la mia famiglia e Hinamizawa per molti anni, e ho dovuto portate questo pesante fardello da sola, dopo che mio marito è venuto a mancare. Non ho rimpianti, e sono fiera di quello che ho fatto, quindi mettetevi bene in testa che non mi sto dimettendo per un senso di colpa, e per simili scempiaggini. In ogni caso, a partire dalla mezzanotte di domani, mia nipote Mion sarà ufficialmente il nuovo capo del clan Sonozaki. Per favore prestate ascolto a quel che dirà e deciderà, e datele buoni consigli qualora riteniate ne possa avere bisogno.”

Gli altri non dissero una parola. Conoscevano bene i suoi problemi di salute, ma non potevano immaginare che fossero divenuti così gravi. L'unico che ne era al corrente era Kimiyoshi, il quale da qualche tempo sapeva che lei soffriva di una forma di cancro che stava gradualmente peggiorando. Però era comunque strano che gettasse la spugna. Evidentemente, la sua salute era così debole che il dottore (che non era Irie, ma uno specialista di Okinomiya che l'aveva in cura da più di vent'anni) le aveva rivelato che le restava poco tempo da vivere, forse pochi mesi. Era solo un'ipotesi, ma era l'unica spiegazione che Kiichiro riusciva a darsi, altrimenti la donna non avrebbe mai compiuto quel doloroso passo.

Ora era chiaro a tutto perché l'erede della famiglia non fosse presente con sua nonna e sua madre. Come richiedeva un antico rito, al nuovo leader era consegnato un vecchio campanello, un inestimabile oggetto che era stato utilizzato nei secoli precedenti per stabilire chi fosse il capo, al fine di evitare lotte interne e faide, e quindi di rendere potente e prospero il clan. Una volta ottenutolo, il successore doveva portarlo con sé e doveva trascorrere un'intera notte da solo in meditazione, su una delle montagne di proprietà personale della famiglia e precisamente in una piccola costruzione, la cui esatta posizione era nascosta a chiunque altro. E non appena il Sole sarebbe sorto ancora una volta, il rito si sarebbe concluso e un nuovo leader avrebbe preso il controllo del villaggio.

D'altra parte, era vero che Oryou era ormai troppo vecchia, a prescindere dalla sua malattia, e che Mion aveva già preso le redini della famiglia da un paio di anni, almeno sulle questioni ordinarie e di minore importanza. In fin dei conti, era solo un riconoscimento formale di qualcosa che era già accaduto, anche se sicuramente avrebbero usato un prestanome per la gestione dei beni della famiglia, probabilmente la madre, finché Mion non avesse compiuto vent'anni e raggiunto la maggiore età. E se, da un lato, le parole di Oryou suonavano ancora arroganti, piene di sé, come quelle che era solita pronunciare anni prima, volte a rimarcare il potere e il ruolo che deteneva... Quel Per favore stonava clamorosamente con tutto il resto del suo discorso. Dopo tutto, quella vecchia donna era stata una sorta di madre prepotente nei confronti di tutto il villaggio, ma durante tutti quegli anni avevano certamente percepito quantio lei li avesse protetti. Improvvisamente, quegli anziani e rispettabili membri del consiglio si sentirono spaesati come dei bambini che avevano perso di vista i genitori.

Istintivamente, Kato volle parlare con l'ufficiale di polizia.

"Keresana-san! Keresana-san!"

L'agente non parve nemmeno accorgersi della sua voce. Kato non capiva, e cominciò ad essere lievemente offeso, finché non si ricordo di quanto gli era stato detto un mese prima. L'aveva chiamata con il nome sbagliato.

"Flavia-san!"

Flavia girò il capo e gli rispose sorridendo: “Qual è il problema! Ditemi, Ditemi pure!” I due uscirono dalla sala del consiglio, e cominciarono a passeggiare fuori, da soli. Kato le chiese:

Che cosa pensate che succederà, qui? Dopo tutto questo tempo, ci sarà un leader diverso... Se succedesse qualcosa al nostro villaggio, come si comporterà Mion-san?”

Flavia ci pensò un istante, poi rispose: “Suppongo dipenda anche da voi. Come Sonozaki-sama ha appena spiegato, consigliare bene un capofamiglia così giovane può risultare decisivo.”

Non è così consolante, come prospettiva...” Flavia lo osservò. Era preoccupato. Le ricordava il periodo in cui i suoi fratelli erano bambini piccoli, quando lei si comportava come una seconda madre per loro. Le piaceva, la sensazione che provava in quei momenti, le era sempre piaciuta, così le parve naturale comportarsi allo stesso modo con Kato, per aiutarlo e alzare il suo morale.

Ascoltate, non vi fidate di voi stessi? Il vostro obiettivo è pur sempre il benessere del villaggio, no?”

Non siete qui da abbastanza tempo. Non vi hanno forse raccontato della Guerra della Diga? Se il villaggio fosse nuovamente diviso e Mion-chan non fosse abbastanza forte...”

Se è per quello, nemmeno Oryou-sama è stata forte abbastanza da evitare quella faida, e sono sicura che lei lo sappia. Infatti credo che lei sia contenta che sua nipote faccia parte di quel “club”, potrà disporre di molti punti di vista, e ne saprà trarre profitto. Da questo punto di vista, si comporterà molto meglio di quanto abbia potuto fare sua nonna, che non ha avuto la sua stessa fortuna. Se io fossi in voi, io mi preoccuperei di chi vuole creare problemi, non di chi vuole risolverli.”

Spero abbiate ragione su Mion-chan. Il problema è che l'anno prossimo dovrà andare all'Universtià, e non so quanto tempo sarà in grado di dedicare al villaggio. Ci saranno periodi in cui lei sarà lontana da qui.”

Vero, ma come avete appena detto questo è il suo villaggio, ora. Sono sicuro che il suo orgoglio di appartenere a Hinamizawa è forte tanto quanto quello di sua nonna, e darà senz'altro il meglio di sé, per se stessa e per tutti voi. Ovviamente non posso darvene l'assoluta certezza, solo il tempo potrà farlo, ma loro sono persone assennate, Oryou-sama e Mion-chan hanno senz'altro considerato tutti gli aspetti della faccenda, prima di prendere una decisione del genere. Datele fiducia, e vedrete.” Flavia gli sorrise, e lui ricambiò, un po' rincuorato dalla sua sicurezza. La ringraziò per il tempo dedicatogli, e poi la salutò, dirigendosi a casa.

Flavia lo vide allontanarsi, mentre la sua testa era ricolma di pensieri e di speranze. Forse le mie erano solo frasi di circostanza, ma non possono che essere la verità, te ne convinci una volta che vedi quanto quei ragazzi tengano al villaggio in cui vivono. Mi piacerebbe tanto che Giancarlo possa imparare dalla loro voglia di fare.


Nota dell'Autore: Proteina nuova a parte, che è una mia invenzione, tutto quello che viene scritto sulla Sindrome di Hinamizawa è "vero", nel senso che proviene da quanto scritto nella Visual Novel. L'hanno fatta davvero complicata, lo so...

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Capitolo 10
*** Sospetti ***



Capitolo 9: Sospetti


Hinamizawa, 11 Ottobre 1983

Sul solito sentiero che portava da scuola verso casa, Satoko stava canticchiando allegramente. Dopo cena sarebbe tornata a far visita a suo fratello, e avrebbe fatto i compiti accanto a lui, come una brava sorella. Probabilmente anche Shion sarebbe andata da loro, e la bambina pensò che si sarebbe divertita ad assillarla con i suoi esercizi di matematica, qualora Satoshi non fosse stato in grado di aiutarla...

Satoko conosceva da tempo cosa fosse la Sindrome. Rika gliene aveva parlato mesi prima, e tentare di nasconderle cosa esattamente fosse successo a Satoshi era semplicemente inutile, visto che era una signorina a cui l'arguzia certo non mancava. Però a lei non importava così tanto questo tipo di dettagli. La cosa più importante era essere di nuovo insieme al suo adorato Nii-Nii, e l'orsacchiotto gigante di peluche che lui le diede come regalo di compleanno l'aveva resa ancora più felice (seppur fosse arrivato in un ritardo non esattamente lieve). L'unico problema era che non poteva ancora tornare a casa, Irie le aveva chiesto di poter trattenerlo in Clinica ancora un paio di settimane, per i controlli di routine e per poterlo dichiarare finalmente guarito a tutti gli effetti; però non vi erano obiezioni al fatto che lei lo potesse visitare ogni giorno, anzi avere qualcuno accanto a lui era un modo per tenere costantemente monitorato il ragazzo e le sue condizioni di salute. Satoshi aveva un cercapersone per contattare il dottore a ogni momento anche quando lui non era in Clinica, esattamente come Takano del resto, ma avere una persona al suo fianco era certamente meglio. Addirittura, il medico le aveva dato le chiavi dell'ingresso principale dell'edificio, da usarsi nel caso ne avesse avuto bisogno, ma solo se strettamente necessario (quindi eventuali trappole per Keiichi erano fuori discussione). Gliele avrebbe rese dopo che Satoshi sarebbe stato dimesso, le assicurò il dottore.

Ma per il momento accanto a lei c'era Rika, che era molto meno tranquilla. I Serco erano stati assenti tutto il giorno a causa del loro lavoro, e non era stata in grado di scoprire alcunchè nei loro riguardi. Era preoccupata, anzi, era ossessionata... Non si era quasi accorta che pure Mion era stata assente, il nuovo capo della famiglia Sonozaki era esausta dopo la meditazione a cui si era sottoposta la notte prima, e aveva bisogno di riposo. A Rika questo pareva non importare, e Satoko si accorse ben presto dell'umore della sua amica. La guardò per un po', dubbiosa sul fatto se si stesse sbagliando o meno, ma poi prese coraggio e le chiese quale fosse il problema.

Rika sorrise, come una ragazza gravemente malata che riceveva una visita da una persona gradita: “Satoko, secondo te... E' possibile che Gi-chan e Ali-chan possano nascondere qualcosa?”

La bionda fanciulla non si aspettava una domanda del genere. Perché si è messa a fare questi discorsi, ora? Poteva avere anche ragione, i fatti dell'estate ne erano una prova, e la cosa la preoccupava a sua volta. Ma se Rika avesse un qualche sospetto concreto le farebbe una domanda più diretta e precisa, le chiederebbe aiuto come aveva fatto per fronteggiare Takano, oppure si rivolgerebbe direttamente a tutto il gruppo, sapeva di poter contare sui suoi amici. A me questa sembra... paura, piuttosto... Dopo qualche secondo comunque si decise a rispondere:

Hmm... Potrebbe anche darsi.”

Davvero?”

Tutti hanno i loro segreti, Rika. Fatti personali, sentimenti privati che non vuoi rendere pubblici. Immagino che questa regola valga per loro... ma anche per noi. Non mi hai forse detto di non rivelare nulla a nessuno riguardo alla Sindrome, per esempio?”

Rika questo lo sapeva, era ben conscia delle storie tristi che i suoi amici si erano portati dietro in tutti quegli innumerevoli mondi, e che spesso preferivano tenere nascoste. Storie umanissime, piene di dolore e rimpianti, e grazie a cui erano maturati. Ma non era soddisfatta dalla risposta: “Sto parlando di qualcosa di diverso...”

Diverso? Come diverso?”

Diverso nel senso che non riguarda solo il loro passato, ma anzi che potrebbe diventare pericoloso per loro, e per noi.”

Pericoloso per tutto il villaggio? Penso siano troppo giovani per desiderare la distruzione, o per essere i capi di chissà quale setta!”

Questa non era un'obiezione valida, purtroppo. La sua amica non poteva ricordare quello che Keiichi, Shion, Rena, e Satoko stessa avevano commesso nei mondi precedenti, e loro erano anche più giovani dei nuovi arrivati... Non l'aveva rassicurata neppure il fatto che Irie le avesse garantito che non i due potevano essere affetti dalla Sindrome, grazie al vaccino: Okonogi e i soldati della Yamainu erano a loro volta immuni alla malattia, eppure avevano tentato di ucciderla. Così, il respiro di Rika si fece leggermente più annaspante, e Satoko, per provare a calmarla, le raccontò di un dettaglio di cui si era accorta alcuni giorni prima:

Rika... Ti ricordi quando avevamo giocato con le pistole ad acqua, il pomeriggio in cui loro dovevano andare alla Clinica per spostare quegli archivi?”

Sì.”

Sono rimasta così sorpresa quando ho visto la pistola di Gian-san esplodere in quel modo, e bagnare in quel modo la sua tuta da ginnastica.” Satoko ricordò a Rika quello che era successo. Era solo l'inizio della partita, e il loro amico stava cercando di individuare un bersaglio, dopo aver arrotolato la sua manica sinistra come segno della sua bellicosità. Ma quando, una volta che aveva deciso chi colpire, aveva alzato l'arma e premuto il grilletto, si era sentito un rumore sordo e tutta l'acqua nella pistola era uscita istantaneamente, rompendo in due parti il giocattolo e bagnandolo in modo inequivocabile, il che l'aveva decretato fuori dal gioco e l'aveva costretto a cambiarsi subito da cima a fondo, per evitare una polmonite. “Non mi ero neppure accorta che fosse mancino, fino a quel giorno. Ti ricordi? Persino la manica della sua camicia era bagnata, ma per fortuna non così tanto, non è una buona idea rimanere per molto a torso nudo, di questi tempi. Le giornate si stanno accorciando, non siamo più in estate. Forse dovremmo smettere di fare attività all'aperto, in effetti.”

Che Giancarlo fosse mancino, Rika lo sapeva. L'aveva osservato a lungo, mentre scriveva con la sinistra durante i precedenti giorni di scuola. Forse non essere destrorsi potrebbe essere un ulteriore cattivo presagio... No, quella era un'esagerazione. Nel Medioevo si pensava che i mancini fossero persone con dei problemi, da correggere assolutamente, ma quelli erano tempi passati e lei non poteva farsi influenzare da superstizioni tanto stupide e pericolose. Come sacerdotessa, lei sapeva bene quali racconti erano plausibili e quali erano semplici fandonie.

Ma perché stai dicendo che è strano, Satoko?”

Beh, è durato poco. E' stato sconfitto così in fretta, così facilmente...”

Oh, a Keiichi-kun questo capita quasi sempre...”

Sì, ma in questo caso stiamo parlando di qualcuno che era stato in grado di individuare quel filo, durante il loro primo giorno di scuola, non potevano certo aspettarsi delle trappole quella mattina, e accorgersene al primo colpo non è da tutti. E poi quel sistema che aveva architettato per riconoscere le carte del mazzo di Mion-san... Non è... Come posso definirlo... Coerente?”

Rika capì subito quello che Satoko intendeva dire. Sì, questa potrebbe davvero essere la stranezza che mi sta rendendo così nervosa, il dettaglio che non mi tornava.

La sua amica, intanto, continuava a parlare: “Ma la cosa più strana è un'altra. Non mi ricordavo di aver sabotato la sua pistola, e visto che di solito sono quella che ricorre a questo genere di tranelli, volevo scoprire l'identità di colui che mi aveva copiato. Non sei stata tu, vero?” Rika confermò, e Satoko aggiunse: “Lo sapevo, come immaginavo. Quindi, non saprei davvero dire chi ha compiuto un simile atto. Vincere in questo modo non appartiene allo stile di Keiichi-san, quindi possiamo escluderlo subito dalla lista dei sospetti. Riguardo agli altri, l'ho chiesto direttamente a loro... E tutti dichiarano di essere innocenti.”

Ne sei sicura?”

Sicurissima. La pistola poi era seminuova, ma l'avevamo già utilizzata quest'estate, quindi è difficile che si sia trattato di un'avaria accidentale, o di un errore di costruzione. Senza contare che distruggere un giocattolo in quel modo non mi piace, lo trovo uno spreco.”

Rika si massaggiò la fronte con il palmo della mano, come se avesse un forte mal di testa. “Quindi... Dimmi, Satoko... Secondo te, visto che a quanto pare c'è qualcuno che mente, potrebbe essere stata... sua sorella?”

Alice-san? Tutto è possibile. Ci ho pensato a mia volta, ma non ne capisco il perché, e poi ci sarebbero comunque molte cose da spiegare. Innanzitutto, quando avrebbe sabotato la pistola ad acqua? Era la prima volta che la vedeva, e non poteva sapere dove le tenessimo. Poi, sono fratelli gemelli, e si dovrebbero conoscere bene: se non è la prima volta che lei gli fa scherzi di questo genere lui si sarebbe preparato in qualche modo, a mio parere. Infine, perché avrebbe dovuto farlo? Dopo la partita, ha deciso di farsi pitturare il viso esattamente come lui, anche se non era necessario che lei lo facesse. L'ha fatto per puro divertimento, quindi non era una penitenza che voleva evitare... Riassumendo, sarebbe molto più semplice se qualcun altro avesse mentito, quel gruppo di volpi sa bene che potrebbero usare lo stesso stratagemma un'altra volta, se non fossero scoperti. Dico bene?”

Rika non era d'accordo. Era ancora nervosa. Stava pensando a un'altra ipotesi, come per giustificare il suo stato d'animo. “E se... fosse stato lui a rovinare la sua stessa arma?”

Questa poi. E perché avrebbe dovuto farlo?”

Non lo so. Però, se ti ricordi, aveva tirato su la manica del braccio con cui teneva la pistola. Forse voleva evitare di bagnarsela, ma in questo caso allora sapeva già quel che sarebbe accaduto.”

"No, Rika. L'acqua ha raggiunto tutto il suo corpo, non solo il braccio. L'intera tutta era bagnata fradicia. Tutta tranne l'altra manica, va bene, ma è lo stesso. Arrotolarsi semplicemente la manica sinistra era inutile, anche tu l'hai visto, quel giorno. Perfino la maglietta che indossava sotto era parecchio umida. Ma in ogni caso, se vuoi esserne sicura, basta che tu vada da lui e glielo chieda, domattina.”

Mentirebbe.”

Può darsi. Però dovresti tentare. Stiamo parlando pur sempre di un gioco che abbiamo fatto tempo fa, no?”

Rika scosse la testa. Le battevano le tempie, doveva assicurarsi che lei e i suoi amici fossero al sicuro, e doveva farlo il prima possibile.

~-~-~-~-~

"Accidenti! Da noi dicono che gli esami non finiscono mai, ma qui pure le giornate di scuola sono interminabili! E devo dire che la cosa non mi dispiace, viste le attività che si fanno qui..."

Alice guardò l'ora, erano appena passate le quattro. Le lezioni erano appena terminate, ma il pomeriggio era ben lungi dall'essere finito, il club si sarebbe radunato nel giro di qualche minuto. Dovevano solo attendere che Mion ritornasse in classe, Irie le aveva chiesto di recarsi per qualche minuto in infermeria, ma la fanciulla occidentale non vedeva l'ora di dare il via alle danze, e iniziare il combattimento quotidiano. Era impaziente, e Rena era felice di vedere tutto quell'entusiasmo:

A Rena piace che tu sia così felice di essere nel nostro club. Rena sta cominciando a pensare che Ali-chan faccia quasi paura, alle volte.”

Dici?” rispose l'altra, sorridendo “Il fatto è che sono contenta di vivere momenti come questi, faccio sempre del mio meglio per assaporarli al massimo... E poi non sono l'unica, prima ho visto lo zietto, come le piace essere definita, e mi è sembrata vogliosa di recuperare il tempo perduto, dopo l'assenza di ieri.”

"Secondo me l'ha già fatto, in realtà..." Keiichi aveva ancora in mente quello che era successo la mattina presto, quando Mion si era presentata a scuola indossando un kimono verde e irrompendo nella classe repentina e implacabile come le Forze Speciali, terrorizzando il povero ragazzo che si era trovato di fronte a una spada minacciosamente sguainata. Insomma, aveva perfettamente recitato la parte di un demonio dagli occhi verdi che voleva vendicarsi su di lui per un qualche motivo, e l'aveva terrorizzato a morte.

Ma almeno mi spiegate perché diamine si doveva portare una katana a scuola? Non sono quel genere di combattente, e non mi importa se l'ha fatto ridendo e gridando a squarciagola Dolcetto o scherzetto, Kei-chan!... Non è divertente comunque, e poi Halloween arriverà solo tra tre settimane. Questa volta ho davvero temuto di morire...”

Non sapevo che Halloween avesse raggiunto anche questo villaggio dall'aria così antica e legata alle tradizioni...” notò Alice.

Possiamo dire che è un effetto della globalizzazione... E in ogni caso, quella non era una katana, ma una nodachi, Kei-chan.” Shion si mise a spiegare la differenza “Non sono la stessa arma, tutt'altro. Potrei mettermi ad elencare tutte le caratteristiche dell'una e dell'altra, ma, per semplificare, una nodachi è di base una spada più lunga e pesante. La famiglia Sonozaki dispone ovviamente anche di svariate katane, ma sono oggetti antichi e preziosi per noi, quindi ha preferito non portare qui un'arma così inestimabile e allo stesso tempo così pericolosa. Dovresti esserle grato, per questo.”

Grato per essere stato minacciato e – a momenti – ucciso da una normale nodachi piuttosto che da una preziosa katana? Oh, che onore, che privilegio! Non mi importa nulla di che arma abbia usato, dichiarare guerra all'interno di questo edificio dovrebbe essere dichiarato crimine contro l'umanità, al giorno d'oggi! E invece lei non è stata punita nemmeno dalla maestra!” Grazie all'aiuto di Satoko, Mion era stata in grado di cambiarsi d'abito e nascondere la spada prima che Chie-sensei arrivasse.

Andiamo, Kei-chan! Non stava pianificando un genocidio di massa... Almeno non credo. Ma se tu inizi a comportarti male con lei, potrebbe pur sempre cambiare idea...”

E tu come fai a dire certe cos-” La scortese reprimenda di Keiichi era stata gentilmente interrotta. La lama della nodachi era ricomparsa, e questa volta era a pochi centimetri dalla sua carotide.

"Kei-chan, Onee è sempre Onee, e anche se il mio obiettivo primario è accudire Satoko-chan, non posso ignorare le tue parole irriguardose nei suoi confronti." Keiichi era rimasto di sasso, terrorizzato, mentre Shion stava innocentemente sorridendo, come se stesse tenendo in mano una bambola innocua invece di una trappola mortale. Alla fine, era di ottimo umore, quel giorno, ed era pronta allo scherzo. Satoshi stava ormai meravigliosamente, e un futuro luminoso la stava attendendo.

Potrei vedere un attimo quella spada, Shii-chan?” chiese Alice. Shion l'abbassò, risparmiando la vita a Keiichi, e quindi gliela porse.

E' proprio una spada molto lunga, in effetti... Il fioretto a cui sono abituata è davvero corto, in confronto a questo.”

Ah, allora sei un'appassionata di scherma?” chiese Satoko, mentre stava ultimando di preparare un secchio riservato a un certo bersaglio.

Sì... Però non sono così brava. Una nostra cugina acquisita è molto più brava... Però posso dire che me la cavo.”

Dovresti venire a trovarci al Maniero, allora, e sfidare la mamma.” propose Shion “Le fa sempre piacere imbattersi in nuovi avversari, e trovarsi di fronte a tecniche diverse... Certo, se tu accettassi lei utilizzerebbe un'arma appropriata, simile al tuo fioretto. Non combatterebbe mai con un'arma pesante come quella che hai tra le mani, per esempio.”

Dici? Beh, allora accetto volentieri, è un'ottima idea!” Sentendo la risposta, Shion sorrise perfidamente, Alice non sapeva cosa significava duellare con sua madre.

Però allora tu eri in un club di scherma, nella tua scuola in Italia? E allora eri il leader del club stesso, lo eri, lo eri?”

"Hmmm... no, Rena-chan. Sai, è la prima volta che faccio parte di un club scolastico."

"Ohhh... Davvero?"

Sicuro. Anche in Italia organizzano cose del genere, ma non è obbligatorio parteciparvi, senza contare che non credo che molte scuole organizzino corsi di scherma, da noi. Così la maggior parte dei ragazzi esce, e fa qualcos'altro... Qualcosa non collegato alla scuola, intendo. Far parte di una squadra di calcio, unirsi a un gruppo di amici, o farsene di nuovi, e così via. Ah, e ovviamente tra le varie possibilità c'è anche quella di organizzare appuntamenti con il tuo fidanzato.” Annuì solennemente.

"Ohhh..." Shion era particolarmente interessata all'argomento. “Sono certa che ti sia voluto almeno un mese per provare un approccio al tuo attuale ragazzo e sussurrargli teneramente Ti amo, magari in riva al mare, durante il tramonto, o nell'ambiente più romantico mai immaginabile. Il tutto mentre le tue gote arrossivano e i tuoi occhi si illuminavano d'immenso...” Se Mion fosse stata presente in sala, Shion le avrebbe rivolto un'occhiataccia sarcastica mentre descriveva quella scena, e sua sorella avrebbe ricambiato guardato da tutt'altra parte, distogliendo lo sguardo da lei per non darle soddisfazione. Un vero peccato che sia ancora in infermeria... Ma quanto ci vuole ancora? Quando si deciderà a tornare qui? Pensò la ragazza.

"Ambiente romantico...?" Alice scosse la testa. "Uh, no, non direi proprio. Stavamo tornando da scuola, e parlando e parlando abbiamo capito che volevamo stare insieme. Allora gli ho cortesemente chiesto se lui voleva diventare il mio ragazzo, e lui ha accettato. Molto semplice, e molto veloce. Niente regali inutili, niente cioccolato o dolci che servono solo a ingrassare, niente fiori che appassiscono in fretta e che devi gettare dopo manco un paio di giorni.”

Shion e Rena squadrarono da capo a piedi quel mostro, pietrificate dallo shock. Mai avrebbero potuto immaginare che uno dei momenti più importanti della vita di una ragazza potesse essere così asettico e privo di emozioni.”

"Ara ara, mi piace questo tipo di approccio..." esclamò Satoko "E' qualcosa di molto razionale, oserei dire. Idee chiare e nessuna possibilità di errore, né di fraintendimenti che in questo tipo di situazione sono sempre dolorosi."

Ma, mi chiedo, mi chiedo... Funziona, mi chiedo?”

Penso proprio di sì. Sono insieme da quando avevano quattordici anni, quindi questa strana storia sembra davvero durare...” replicò il fratello, mentre Rena prendeva nota “Tra l'altro, questa cosa vi da un'idea di come sia il suo fidanzato... Ma in fondo conosciamo Alberto da quando eravamo piccoli, non cominciate a pensare che Nee-chan abbia deciso di legarsi al primo che capita, ora. Prima ancora che si fidanzassero avevano speso così tanto tempo insieme che tutti a casa sapevano come sarebbe andata a finire. Sprecare tempo con corteggiamenti e preliminari annessi e connessi sarebbe stato stupido.”

"Ah, Nii-chan, non fare il cinico, immagino avessero già capito che lui fosse una persona conosciuta, e di cui ci fidavamo tutti... D'altronde, è stato un peccato che lui fosse figlio unico, capisci?”

In realtà non... No, aspetta, ora sì che capisco cosa vuoi dire! Avresti voluto che lui avesse avuto una sorella e che io mi fossi fidanzato con lei, ho ragione?”

Più o meno. Una scelta rapida, un'efficace dichiarazione d'amore, e tutti siamo felici e contenti. Avremmo anche potuto risparmiare qualche soldo per i nostri matrimoni, così...”

Non può essere! Non è questo quello che ho in mente, quando parlo di storie romantiche!” protestò Shion “Io pretendo di vivere un'esperienza indimenticabile, non una scenetta così squallida! Ma allora... se non ti piacciono i convenevoli e le smancerie... Suppongo che senza ombra di dubbio tu e il tuo ragazzo abbiate già fatto ses-”

Una gomitata in faccia a Shion, e una sul mento di Alice.

Shii-chan non deve fare questo genere di domande con dei bambini attorno, e Ali-chan non è tenuta a rispondere!” Rena la Grande Moralizzatrice aveva appena parlato, e la sua parola era legge.

"Tsk, quindi tu saresti l'unico single all'interno della famiglia?" Keiichi aveva fatto la sua comparsa dietro l'altro ragazzo, e aveva iniziato e picchiettare la sua spalla destra, per stuzzicarlo e infastidirlo.

Ma guarda, non credevo che agli uomini piacesse parlare di problemi di cuore...”

Oh, ma io sono un caso a parte. Un vero esperto di faccende sentimentali. Spalancami il tuo cuore, orsù!”

Non credo che sia il ruolo che più ti appartenga.” Tsk, due ragazze ti amano alla follia senza che tu te ne sia manco accorto, e nonostante questo pretendi di essere un angioletto dell'amore, un Cupido dai bei riccioli biondi? La guerra tra Rena e Mion per il cuore di Keiichi era cosa risaputa a tutti, e solo un cieco o un Maebara poteva non accorgersene.

Oh, non dirlo. Basta portarti in un posto tranquillo, dove ti puoi sentire a tuo agio... E da lì tutto diventa più semplice... Cominci a parlare dalle cause della tua infelicità, passando per i tuoi dubbi interiori e le tue paure... e usando un processo logico... Non c'è nessuna possibilità che io possa fallire, partendo dalla mia notevole esperienza personale."

"Ti rendi conto di quello che stai dicendo?"

Perchè, stai forse insinuando qualcosa su una mia supposta inadeguatezza al ruolo? Perchè dovresti mai pensare a una cosa del genere? Il suo dito premette sulla spalla di Giancarlo con più forza “Posso facilmente andare al nocciolo della questione, e una volta raggiunto...” Prese il suo braccio con l'altra mano, e “ZAAAAAC! Lo faccio a fette, lo spacco in due e me ne libero definitivamente” Mentre urlava ciò, aveva immaginariamente tagliato l'intero braccio del suo amico con il suo dito, come se quest'ultimo fosse stato un coltello affilato. Giancarlo non gradì, e con un moto brusco allontanò la mano di Keiichi dal suo corpo, seccato.

Ma per favore, smettila di deridermi in questo modo! Stiamo parlando di una questione sentimentale o di un cocomero maturo? Piantiamola, e cominciamo con lo stupido gioco di oggi, non mi piace aspettare così a lungo.”

Oh, fai sul serio, vedo. OK, allora se perdi nell'attività odierna dovrai accettare la nostra assistenza. Creeremo ad hoc una società specializzata nel settore, un'agenzia che chiameremo Cuori spezzati...

Shion rise: “Hai proprio ragione, Kei-chan. La proposta mi stuzzica talmente tanto che credo mi proclamerò immediatamente direttore esecutivo e capo assoluto della società... E so già dove andare a cercare, per accontentare il nostro cliente. Ci sono molte camerierine giovani e di bell'aspetto, laggiù all'Angel Mort, che non aspettano altro che incontrare qualche ragazzo serio e con un certo appeal...” La persona direttamente interessata arrossì di vergogna, e i membri del club scoppiarono a ridere all'unisono. Eccetto Rika.

Gi-chan... Posso chiederti una cosa?”

L'altro non sapeva se volesse prenderlo in giro, ma acconsenti: "Hmmm... Sì, perché no?"

Quando Keiichi-kun ha detto ZAAAAAC e ha tagliato il tuo braccio, perché hai digrignato i denti?” Gli altri si voltarono tutti verso di lei. Nessuno si era reso conto di quella cosa, nemmeno Rena.

"Hm? L'ho davvero fatto?"

"Sì. E' per questo che te lo chiedo"

Nemmeno Giancarlo ne era sicuro. Forse li ho stretti perché ero scocciato... Però non me ne sono accorto... In fondo non sarebbe poi così strano... Oh, be', non ha importanza. Si volse verso Rika, e rispose: “Allora... Dovresti averlo già capito, no? Io non sono come Nee-chan, che parla dei suoi fatti personali e dei suoi sentimenti più intimi come se parlasse del meteo di stamattina. Penso che difendere la mia privacy sia un mio diritto, e preferisco non parlare a voce alta di questioni di questo tipo.”

Rika non ebbe obiezioni immediate alla spiegazione, così lui pensò che la questione fosse chiusa, e quindi Shion cominciò a parlare: “Bene, ora dovremmo proporre delle candidature per l'attività di oggi. Ovviamente, anche il nostro amato presidente potrà dire la sua a proposito, una volta che sarà ritornata tra noi.”

Il nostro amato presidente? Shii-chan è così crudele, quando fa così!”

Perché dici così, Rena?”

Oh, mio Dio, questo villano non è in grado di notare neppure l'ironia nascosta nelle nostre frasi? Tsk, sei senza speranza.”

Ehi, aspetta un secondo, Satoko! Dove pensi di andare ora... OUCH!”

"Ho ho ho ho!"

"Questo secchio, ancora! Quando diavolo l'hai preparato?"

"Oh, Keiichi-san, dovresti prestare più attenzione, dovresti essere capace di evitare una trappola tanto banale ed elementare...”

Lo vedremo. Vedrai la prossima volta come...”

E' una bugia.”

Tutti rimasero in silenzio, udendo queste parole, esterrefatti. Rika stava osservando minacciosamente Giancarlo, che colse subito il senso di quell'ultima affermazione.

Perché pensi che sia una bugia?”

Perché lo so, e basta. Non ci sono dubbi a proposito. Ora ho capito chi di voi due era il problema, ma dovevo aspettarmelo, in fondo Ali-chan mi sembrava una persona normale, non presentava nulla di strano. Vuota il sacco, che ci stai nascondendo?”

Satoko le si avvicinò: “Rika, cosa stai-”

E LASCIAMI!” Satoko aveva appoggiato la mano sulla spalla di Rika, ma la sua amica non aveva apprezzato, al punto che la spinse subito per terra. I suoi occhi mostravano quello che stava provando, era arrabbiata, furiosa, e allo stesso tempo spaventata, molto più che nella sera precedente, quando stavano passeggiando da soli e le due bambine avevano parlato dei primi dubbi che Rika stava nutrendo. Ora quest'ultima era fuori controllo, al punto che Satoko non riusciva più a riconoscerla, e ne aveva paura.

Giancarlo guardò Rika, pensieroso. E' solo una bambina... Ma allora da dove vengono queste parole? Io... Non credo di averle fatto qualcosa di male... Almeno non intendevo farlo, se mai l'ho fatto. Forse mi odia solo perché sono uno straniero... Però quest'atteggiamento sembra... così serio, non può essere semplice diffidenza, ci deve essere dell'altro...

"Rika-chan" rispose infine, inginocchiandosi accanto a lei “L'amore, come gli altri sentimenti profondi, è qualcosa di molto importante, per me come per te e per tutti gli altri. Non è strano che io ne parli solo a un gruppo ristretto di persone, o che non ne parli affatto. Lo capirai quando sarai grande.”

Non trattarmi come una mocciosa!” Lei stava ora fissando il pavimento, sempre nervosamente.

"Rika-chan, stai esagerando ora, non sei forse una bambina, anc-”

DIMMELO! DIMMELO SUBITO! CHE HAI IN MENTE DI FARE, QUA? QUAL È LA TUA PIÙ GRANDE PAURA? CHI SEI TU VERAMENTE? RISPONDIMI!”

Silenzio. L'intero gruppo non sapeva cosa dire, né riusciva a comprendere cosa fosse successo a Rika. I suoi occhi erano tremuli, il suo tono di voce alterato dalla rabbia. Sembrava quasi posseduta da qualcosa... da una indicibile paura. E da lì non si sarebbe mossa senza una risposta. Dal canto suo, invece, era vero che Giancarlo non sopportava le persone aggressive, anche Mion l'aveva innervosito, il primo giorno di scuola. Ma era anche vero che lei era pur sempre una bambina... Dopo qualche momento di esitazione, il ragazzo congiunse indice e medio della mano destra, e simbolicamente colpì con esse la fronte di Rika, per rimproverarla.

Bimba cattiva. Non dovresti dire queste cose a una persona più grande di te, e non dovresti farlo con quel tono. Non capisci che questo non è un buon modo di portare rispetto, e che non è la maniera giusta per avere nuovi amici e andare d'accordo con loro?”

Ti ho già chiaramente detto di non considerarmi come una poppante.” Rika non si era calmanta, anzi quelle frustranti parole le stavano togliendo ogni dubbio. Se non fosse stata così piccola, probabilmente l'avrebbe perfino attaccato fisicamente sul posto.

Non ti sto trattando come una bambina, tutt'altro. Quello che ho detto è valido per i fanciulli, per gli adulti e per gli anziani, senza distinzioni. Quanto a me, la mia attività di oggi con voi finisce qui, penso sia meglio che io vada via immediatamente. Per favore, dite a Mion-chan che mi dispiace di dover lasciarvi prima del tempo.” Prese la sua cartella e uscì dalla scuola, seguito rapidamente dalla sorella, che lo stava chiamando: “Aspetta, Nii-chan!”

Camminarono per più di mezz'ora senza dire una parola. Alice conosceva suo fratello, doveva solo aspettare un po' di tempo, in modo da fargli sbollire la sua arrabbiatura. Non l'aveva dato ad intendere a scuola, ma era fuori di sé.

Alla fine, però, lei parlò, per dirgli: “Nii-chan, capisco che lei sia stata rude, ma anche tu...”

Non sono così paziente, Alice, non sono come Flavia. Lo so che è un'orfana, ma non può lasciarsi andare ad escandescenze del genere. Ha bisogno di essere più educata, le dovrebbero ricordare le buone maniere. Avrà pure un tutore, qualcuno che è responsabile per lei, e che dovrebbe dirle come ci si comporta, no? Sai forse chi è?”

Non ti so rispondere... Comunque, per favore, non fare il testardo, per una volta nella tua vita. Aspetta solo qualche giorno e poi vedremo il da farsi.”

Aspettare... Finché non l'avrò già perdonata, come al solito, vero?” Alice sorrise, sapeva di averlo appena convinto “Beh, allora le darò un'altra chance, se ti fa piacere, ma spero che anche lei si dia una calmata, altrimenti è del tutto inutile.”

In quel momento udirono un clacson proveniente da un'auto che sopraggiungeva da dietro di loro. Era Flavia.

Ehi ragazzi, vi devo scortare a casa, come una brava agente che protegge i propri cittadini? Sarebbe un'ottima occasione per utilizzare la sirena un'altra volta...”

Usarla a sproposito una volta non ti è bastato, vero?”

Sigh, perché fai lo scontroso? Accidenti, questo posto è troppo tranquillo, quando mi avevano parlato della Maledizione del Monaco speravo di dover correre qua e là senza un attimo di respiro... OK, comunque, riconosco che sarebbe un problema se qualcuno mi notasse mentre faccio partire ancora quella roba senza un vero motivo, quindi sarà meglio comportarsi da bravi poliziotti.” In quel momento li guardò meglio, e realizzò che qualcosa era successo. Qualcosa di poco piacevole. “E ora quale è il problema? Ditemi tutto.” Gli altri entrarono in macchina, e spiegarono quello che era accaduto a scuola.”

"Ahi ahi ahi," commentò Flavia alla fine del racconto "Ma lo sai che sono piccole, e che vogliono solo giocare, no?”

"Ci sono modi migliori per giocare con gli altri."

E allora insegnagliene qualcuno, se lo pensi davvero.”

Non sono un bravo maestro.”

E quindi perché te la prendi con loro?” Flavia rise, ma poi non disse nulla per qualche secondo. Era immersa nei suoi pensieri, e infatti chiese improvvisamente: “Ma alla fine hai litigato con Furude-san, ho capito bene? La bambina dai capelli blu, quella che custodisce il tempio?”

"Proprio lei."

Allora è proprio una cosa curiosa...” lo sguardo di Alice la invitò ad andare avanti, e Flavia aggiunse “Solo un centinaio di metri dietro di voi, prima della curva... Mi sono imbattuta proprio in lei. Era da sola, e stava camminando nella vostra stessa direzione.”

E' molto strano che fosse da sola. Di solito va a casa con Satoko-chan, non si separano mai... Ma allora ci stava cercando, probabilmente, e credo proprio che lo stesse facendo per chiederti scusa.” Alice si era voltata verso il fratello, contenta. “Non sei contento, Nii-chan?”

Non ne sarei così sicura.” Flavia era diventata tutto a un tratto molto seria “Per tutto il tempo in cui l'ho vista, era stata sempre dietro un albero, o dietro una curva, per non farsi vedere... Il suo aspetto, e anche il suo sguardo, non erano quelli di qualcuno dispiaciuto per qualcosa che ha fatto.”

Alice aveva un brutto presentimento: “Cosa intendi dire?”

Non osò rispondere alla domanda, temendo di conoscere alla risposta, e così fu Giancarlo a farlo.

Non ci stava cercando per scusarsi... Ci stava seguendo per tenerci d'occhio.”

~-~-~-~-~

Quella sera, una violentissima pioggia si era abbattuta sull'intero villaggio, l'autunno era davvero arrivato. All'interno della loro casa, però, Alice continuava a guardare suo fratello, preoccupata. Lui era vicino alla finestra, terribilmente a disagio, e non riusciva a staccarsi da lì.

L'aveva vista. I suoi grandi occhi spenti, i suoi lunghi capelli umidi, il suo esile corpo zuppo d'acqua, i suoi piedi sporchi di terra, la sua mano aperta appoggiata alla finestra.

Da dietro quella finestra, incurante del fatto che l'altro l'avesse notata, Rika Furude stava guardando dentro, e li stava spiando.

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Capitolo 11
*** Pedinando sconosciuti ***



Capitolo 10: Pedinando sconosciuti


Hinamizawa, 13 Ottobre 1983

In una vecchia automobile, Oishi stava fumando la prima sigaretta della giornata. Dopo la seconda boccata di fumo, appoggiò il mozzicone sul bordo del posacenere e guardò l'ora, e sospirò, vedendo quanto fosse presto. Quindi, si voltò verso il sedile posteriore, da dove una giovane bambina gli aveva rivolto una specifica richiesta.

"Lo sai che sono ufficialmente in pensione da un paio di mesi, non è vero?”

Lo so” rispose Rika “Ma ho comunque bisogno del vostro aiuto. Non posso fidarmi del nuovo ispettore.”

"Flavia-san? E perché? Mi sembra un'ufficiale degna della massima fiducia... O sei venuta a sapere di qualcosa che ti fa diffidare di lei?”

Non esattamente. Chiamiamola piuttosto... Implicazione familiare, o conflitto d'interessi.”

"Oh..." Oishi aveva già capito il soggetto della ricerca che lei gli stava richiedendo. Aveva lavorato in polizia per più di trent'anni, sapeva esattamente cosa significavano certe frasi. “Allora, cosa vuoi da me, precisamente?”

Rika fece una breve pausa, e poi disse: “Voglio che voi scopriate tutto quello che potete sul conto di Flavia, Giancarlo e Alice Serco. Sulla loro famiglia e sul loro passato. Ogni dettaglio insolito, tutto ciò che potrebbe essere sospetto, in base alla vostra esperienza.”

Oishi sollevò il capo verso il cielo, e spense la sigaretta. “Non sarà facile... In pratica quello che chiedi è un'indagine interna, e Flavia-san non dovrà accorgersi di nulla...” Ma in fondo le doveva un favore, dopo che l'aveva aiutato a scoprire la verità dietro tutte le morti che erano avvenute nei passati Watanagashi. E non essere più in servizio, poi, lo annoiava pesantemente, aver lavorato insieme al prefetto non era abbastanza per lui. Aveva bisogno di entrare in azione. “Beh, per me va bene. Vedrò cosa posso fare.”

Rika si lasciò andare a una risatina di soddisfazione. Stava facendo quello che lei pensava fosse giusto, non voleva che lei o altri corressero rischi. I suoi amici l'avrebbero ringraziata, una volta che tutto fosse finito... Ma Hanyuu stava continuando a chiamarla disperatamente, e Rika non voleva rispondere.

~-~-~-~-~

"Pertanto? Qual è la vostra opinione a proposito?"

Rika non si era recata a scuola, quella mattina. Satoko aveva informato gli altri che la sua piccola amica era arrivata a casa molto tardi, addirittura quando l'aurora stava ormai per far capolino sulla vallata: molto probabilmente aveva passato quasi l'intera nottata a spiarli, e, dopo aver dormito per due o tre ore al massimo, si era svegliata, e aveva detto a Satoko che non si sentiva molto bene. Allora, il preside chiese a Chie-sensei, Mion, Giancarlo e Alice di raggiungerlo nel suo ufficio, per discutere della materia.

Rimanere fuori per tutto quel tempo, e con tutta quella pioggia... Forse sta dicendo la verità.” ipotizzò Chie “Potrebbe avere anche contratto una bronchite, o qualcosa di questo tipo. Non possiamo lasciarla da sola in quelle condizioni.” Giancarlo era d'accordo con lei, ma per ragioni diverse dalla sua malattia.

Avreste dovuto invitarla ad entrare.” I suoi pensieri erano stati interrotti da Mion, e così si voltò verso di lei. Li stava osservando con una certa severità, come un adulto che guardava persone più giovani e che li rimproverava con lo sguardo. E a lui questo rapporto di forza non piaceva. E' piuttosto ironico, siamo più vecchi di te, al momento. Ci mancherebbe solo che si mettesse a farci una bella lavata di capo. In realtà, però, il fatto era che l'altra si sentiva in dovere di comportarsi in modo molto più responsabile, in situazioni di questo tipo, specialmente dopo la sua recente investitura. Senza contare che la sua osservazione era comunque pertinente, ed Alice infatti le rispose:

L'avremmo fatto, se avessimo potuto. Sarebbe stata una buona occasione per mettere le cose in chiaro con lei. Ma ogni volta che aprivamo la porta e uscivamo con un ombrello per chiamarla, lei scappava immediatamente e si rifugiava da qualche parte, lontano da noi, così a noi non restava altro che tornare dentro. Poi, una volta che si era fatto tardi, abbiamo deciso che era inutile restare in piedi, così siamo andati a letto.”

Hmmm... Non è strano, da parte sua.” osservò Chie-sensei “Nascondersi è sempre stata una delle cose che le riesce meglio. Ma non riesco proprio a immaginare perché il suo comportamento sia degenerato fino a tal punto.” Lei non poteva saperlo, ma ad essere sinceri i suoi studenti avevano già notato che l'atteggiamento di Rika era mutato dopo la sera in cui loro si erano imbattuti in Satoshi, e presumevano che quella storia avesse avuto un ruolo importante in quel cambiamento. Le parole di Chie avevano infatti ricordato ad Alice come Rika fosse impallidita, dopo aver sentito quello che era successo, e come fosse diventata silenziosa nei giorni successivi, prima di quello sfogo improvviso. Ma i ragazzi non potevano parlare di queste cose alla loro insegnante: Chie-sensei e il preside non erano al corrente del passato stato di salute di Satoshi né di quello attuale, e in fondo nemmeno i giovani potevano dire come lui stesse esattamente, se fosse davvero o meno, al momento.

Ma allora?” chiese il preside “Cosa avete intenzione di fare ora, Serco Alice-san?”

Vediamo... Rika-chan è il capo della famiglia Furude, amata e rispettata da chiunque qui. Non possiamo prendere sottogamba il suo atteggiamento verso di noi, ma è sempre una bambina piccola, quindi bisogna avere anche un po' di pazienza. Basterà usare un po' di tatto, suppongo che abbia per legge qualcuno che funge da genitore adottivo, un tutore, o comunque qualcuno che si assuma le responsabilità per quello che lei fa. Andremo a trovarlo, e parleremo con lui per trovare una soluzione. Spero che in questo modo lei capisca che questo non è un comportamento accettabile.”

"Hmmm... Secondo me non è una cattiva idea... Ma c'è un problema."

"A cosa ti riferisci, Mii-chan?"

"Come hai appena detto, è la Sacerdotessa del Tempio Furude... E tutti la venerano per questo. Se tu andassi e dicessi quello che è successo, tutti gli abitanti del villaggio saprebbero all'istante che lei nutre dei sospetti nei vostri confronti, che lei pensa che voi siate persone malvagie. Dovreste essere in grado di capire dove voglio andare a parare, siete anche voi dei ragazzi di campagna."

Questo era... qualcosa di inaspettato. Ma non aveva torto. I pettegoli presenti in ogni paesino di montagna possono fare più danni di qualunque altra cosa. Se tutti a Hinamizawa avessero cominciato a guardarli con diffidenza, loro sarebbero andati incontro a una sorta di isolamento, ed essere visti come stranieri venuti da fuori peggiorava ulteriormente le cose. Nessuno avrebbe voluto stare più con loro, come gli Houjou qualche anno prima. E cosa sarebbe successo, se Rika avesse deciso di dichiarare pubblicamente il suo risentimento nei loro confronti, per esempio mentre erano al mercato, o durante una funzione religiosa? Sarebbero stati considerati dei paria dall'intera comunità. Ovviamente, loro non erano gli Houjou, potevano lasciare il villaggio in ogni momento, e inoltre quello era solo uno scenario estremo, ma se una cosa del genere si fosse davvero avverata Flavia si sarebbe trovata a dover lavorare in un ambiente ostile, e la già scarsa autostima di Giancarlo si sarebbe pressoché azzerata. Alice si era resa conto che non potevano prendere la situazione alla leggera, anche se Rika era poco più di una bimbetta.

Ah, l'importanza del tuo ruolo... Se fossimo a casa nostra la prenderei a schiaffoni in faccia fino a farla rinsavire per bene, ma hai ragione, qui siamo ospiti e siamo tenuti ad osservare le vostre regole. Quindi, che cosa proponi di fare?”

Io suggerirei di parlare con lei a quattr'occhi. Non ero in classe quando è scoppiato il caso, e quando sono arrivata sia voi che Rika eravate già andati via, così mi piacerebbe sentire anche il suo punto di vista sulla vicenda, prima di dare un giudizio definivo. L'unico intoppo è il fatto che lei non sia venuta a scuola oggi, quindi...”

Giancarlo, come al solito, si limitava ad osservarli, mentre il preside stava ora facendo un lungo discorso sui buoni rapporti tra compagni di scuola. E stava riflettendo. Non capisco se lei voglia aiutarci o se voglia solo proteggere Rika da una brutta figura... Un senso di collaborazione reciproca tra le Grandi Famiglie. E inoltre... solo dieci minuti fa stava scherzando allegramente con Keiichi, come una normale teenager... o come un maschiaccio, direi piuttosto, prima stava scommettendo con lui su chi avesse il pene più lungo tra loro due! Che discorsi sono per una ragazza? Ma se quella è la “vera” Mion, allora questa apparente gentilezza, questa cortesia, quest'apprensione... potrebbero essere solo una maschera. A me sembra molto più interessata alle sue cosiddette attività del Club, e a proteggere i suoi veri membri... Deve essere il loro modo di intendere il ruolo di leader, di capo. Sì, è questa la verità. Pensavo di aver visto anche un lato umano, il primo giorno di scuola, ma alla fine lei è solo un maschiaccio...

Fu sorpreso dall'accorgersi di star pensando anche un'altra cosa: Beh, ha solo scelto le persone di cui occuparsi, chi merita il suo aiuto e chi no. Questo è un modo molto più semplice e veloce di raggiungere la felicità, così sarà più difficile dover fare scelte dolorose. Non sei d'accordo? Abbassò lo sguardo, depresso. Forse è vero, ma... Questo è il sentiero che ho scelto. Non devo rimpiangere nulla. Se questo può rendere felice Alice e gli altri, percorrerò questa strada con orgoglio e dignità. Giancarlo aprì gli occhi, che prima aveva socchiuso, appena in tempo per udire il telefono suonare, e vedere il preside che interrompeva la sua noiosa disamina per rispondere. Appoggiò la cornetta all'orecchio, e dopo qualche secondo la porse a Mion.

E' tua madre, Sonozaki-san. Mi ha detto che ha qualcosa di importante di cui ti deve parlare, qualcosa a riguardo di Furude-san.”

La ragazza prese il ricevitore, e rimase al telefono per un paio di minuti, prima di ringraziare la madre per il disturbo e riagganciare, turbata.

Rika-chan è appena stata a casa mia. Ha chiesto a mia madre di condurre una ricerca... Una specie di indagine.” Divennero tutti estremamente seri, udendo quelle parole, dire chi fosse il soggetto della ricerca era inutile. “Rika-chan voleva che la mia famiglia usasse tutti i nostri contatti privati e tutti i nostri mezzi per ottenere informazioni su... Beh, potete immaginarlo.” Stava pronunciando quelle parole con un certo dispiacere, come se si sentisse dispiaciuta per il comportamento dell'amica. Scoprire di aver torto fa male, non lo sapevi? “Fortunatamente mia madre, invece di prestarle ascolto, le ha chiesto immediatamente per quale motivo lei non fosse a scuola, e lei si è rifiutata di rispondere. Così ha chiesto a Kasai di condurla qui con la nostra auto: immagino l'abbia fatto con la forza, non credo che lei desiderasse presentarsi qui, oggi.”

Alice era ancora preoccupata: “Sto iniziando a pensare che lei non dovrebbe vivere da sola, insieme solo a Satoko-chan. Non voglio passare per una persona crudele o insensibile, però ha bisogno di un adulto accanto a lei, qualcuno che la guidi e che la rimproveri quando fa qualcosa di male. Non conosco la sua storia, ma dovrebbe avere una vera figura paterna o materna vicino, sarebbe davvero prezioso per lei.”

Ci siamo presi cura di loro per molti anni, e né Rika-chan né Satoko-chan hanno mai mostrato un'ostilità del genere, prima. Questo sembra più un evento dovuto al caso, non penso che quello che proponi possa dare degli effetti positivi.”

Parlando di questo... Forse è colpa mia.” Dietro la porta, Satoko aveva ascoltato il dialogo. E il club al completo era lì con lei. Erano tutti comprensibilmente in pensiero per la loro giovane amica, e volevano sapere tutta la verità su cosa stesse succedendo. La bambina bionda fece allora un passo avanti, e raccontò della discussione che avevano avuto un paio di giorni prima sull'incidente con la pistola ad acqua. Quando ebbe finito, Giancarlo si toccò l'orologio, mentre Alice la guardò con una certa delusione.

Oh, mamma mia... Non potevo certo immaginare che una pistola che esplode potesse causare un caos di queste proporzioni! Che razza di dietrologia si può mai venire a creare, per un evento del genere?”

Satoko era d'accordo con Alice, e annuì: “Lo so... Le ho detto che tutti hanno qualcosa di cui non vogliono parlare, che è una cosa normale... Ma lei...” una lacrima le scese dall'occhio “Ma lei sembra così ossessionata ultimamente, anche ieri si comportava in modo strano, era così nervosa. È diventata un'altra persona, è così diversa dalla Rika che ho sempre conosciuto...” Shion la abbracciò, per consolarla.

In quel momento, udirono distintamente il rumore di un'auto che si avvicinava. Kasai e Rika erano appena arrivati. Nessuno disse nulla, e tutti rivolsero lo sguardo verso l'ingresso dell'ufficio. Dopo un minuto, Kasai apparve. Stava tenendo in braccio Rika, visto che lei non voleva saperne di entrare di sua iniziativa, e lei non poteva fare altro che scalciare in aria. Non aveva graffi sul collo, o sui suoi polsi: per provare a dare una qualche spiegazione al suo comportamento, qualcuno dei membri del club aveva anche teorizzato che stesse soffrendo degli effetti della Sindrome sul suo stesso corpo... ma in passato sia Irie che la stessa Rika avevano spiegato loro che lei era la Regina Portatrice. Era immune alla malattia, non poteva esserne colpita.

Alla fine Kasai la lasciò, e lei iniziò a scrutare convulsamente tutti gli altri, cercando immediatamente di capire dove fosse colui che lei temeva di più. Mion allora le si avvicinò, per calmarla e per chiederle quale fosse la ragione di quell'atteggiamento inammissibile, ma Rika non rispose. Allora, la ragazza dalla coda di cavallo le chiese di nuovo di giustificarsi, ricordandole che entrambe rappresentavano una delle Tre Grandi Famiglie, e che quella era una richiesta formale, a cui la giovane era tenuta a rispondere.

"Oh, vedo che fai la seria, ora... Ma allora, visto che tu sei incredibilmente importante e che hai un tale potere, perché non dici a Keiichi di infilartelo su per il culo?”

Un perentorio schiaffo fu la risposta di Mion all'offesa di Rika. Era davvero fuori di sé, ora... Rika si era presa gioco del suo ruolo, tanto di capoclasse quanto di leader della famiglia Sonozaki, ma soprattutto aveva deriso i suoi sentimenti più intimi e personali. Non era abituata a reagire in modo così violento, non era solita avvalersi nemmeno della sua conoscenza delle arti marziali, escludendo l'allenamento e la passata guerra contro la Yamainu. Ma questa volta non aveva potuto farne a meno, e dopo averle ricordato la differenza di età in quel modo, sollevò gli occhi verso Rika, ancora nervosa, e vedendo come lei a sua volta la guardasse con aria di sfida si spazientì ancora di più. Quella mocciosa si era messa a piagnucolare a causa del dolore, ma la rabbia che guizzava ancora nei suoi occhi mostrava chiaramente come lei non avesse alcuna intenzione di mutare atteggiamento, nemmeno dopo un colpo del genere.

Mion disse allora: "Rika-chan... Mi fidavo di te... e mi fido ancora di te. Ma fino a poco fa pensavo che magari tu avessi notato qualcosa di strano, e che tu ti comportassi in questo modo per un motivo..." Lo sapevo... A loro importa più di lei che di noi. "Ora, invece, come posso anche solo provare a pensare che tu abbia ragione? Pensi davvero che noi siamo persone senza cervello? Guardati intorno, ci siamo sempre aiutati a vicenda, non credi che se siamo tutti qui è perché siamo preoccupati per te?"

Vi siete sempre aiutati a vicenda? Ne sei veramente sicura?” L'appello di Mion sembrava fosse entrato da un orecchio e uscito dall'altro. Ridendo malignamente, Rika stava squadrando l'amica, sorridendo come un demonio, e poi aggiunse: “Ma non farmi ridere! Guardati allo specchio! Sei solo una patetica ragazzina che pensa di essere diventata saggia e forte come un dio solo perché le è stato dato un bel campanellino colorato! Pensi che una cerimonia tanto stupida ti renda una persona migliore? Sei troppo stupida per non essere altro che una bimba debole e senza grinta, una che cerca di realizzare dei sogni troppo grandi per lei! Costruire una Hinamizawa prospera e felice? Come se fosse una cosa facile come disegnare un bel paesaggino... E poi, cos'altro? Vedere i tuoi discendenti vivere felici? Sarà già tanto se ne avrai... Non sarai mai in grado di ottenere una cosa del genere, se continui ad essere così svampita e istintiva! Che c'è, ora, hai forse paura che sia questa la verità? Certo che questa è la verità! Sei sola adesso, sarai sola in futuro, e sarai sola per sempre! Vivrai da sola, morirai da sola!”

Eccoci qua, ora Mion perderà le staffe e prenderà Rika a pugni. Sarà divertente come le spaccherà la faccia, dopo averla difesa fino ad adesso ed affermare che fosse colpa nostra... Sarà meglio restare a distanza di sicurezza, comunque, e guardarle mentre si scannano senza dire nulla. Non voglio essere coinvolto in cose del genere, se mi intromettessi complicherei solo le cose, e rischierei di farmi male seriamente...

Ma Giancarlo si stava sbagliano. Rimase di sasso,quando si accorse che Mion, al contrario di quanto pensava, non riusciva neanche a trovare la forza di rispondere a tono. Lei non riusciva a comprendere perché un'amica così cara, che conosceva fin da quando era nata, fosse diventata così cinica e spietata verso di lei... Ed esattamente come sua sorella aveva fatto qualche settimana prima nel seminterrato, lei cominciò a piangere, chiedendo a Rika Perché? Perché?... Rena e Shion tentarono di confortarla, mentre Satoko era ancora sotto shock, dopo aver udito quello che la sua amica aveva avuto il coraggio di dire, e Alice si era rivolta verso il fratello, terribilmente dispiaciuta di essere, involontariamente, la causa di quel litigio durissimo. E chiunque, nella sala, aveva l'impressione che alcune strane parole stessero risuonando nell'aria, qualcosa simile a Mi spiace, mi spiace, mi spiace...

Ma Keiichi decise allora di passare al contrattacco. Si avvicinò furioso a Rika, e le chiese ragione di quegli insulti, ma Rika non si degnò neppure di rispondergli. Il rumore all'interno dell'ufficio stava crescendo a dismisura, e la maggior parte dei presenti stava ora urlando, o perlomeno parlando a voce molto alta.

Perché ora non dici più nulla, Rika-chan? Rispondimi, almeno!”

Perché, dovrei forse farlo, Keiichi-kun?”

Certo che devi! Hai dimenticato cosa hai appena fatto a noi?”

"Hmpf, strano. Ero sicura che tu avresti detto qualcosa a riguardo di quello che voi avreste fatto per me in tutto questo tempo, non il contrario.”

"L'hai detto, quindi riconosci che ti abbiamo aiutato. E nonostante ciò ti diverti a ferirci in questo modo? Che mai abbiamo mai fatto per meritarci questa ricompensa?"

E' ancora una ragazza giovane, anche dopo quel rito d'iniziazione ha i propri sentimenti... Ma non pensavo fosse così sensibile, ho frainteso tutto... Sono stato crudele verso di lei. Davvero, le devo un favore.

"Rika-chan è senza cuore, è stata cattiva con Mii-chan!" esclamò Rena, accanto alla sua amica in lacrime. "E quello che voleva fare era esserti d'aiuto, non voleva altro che il tuo bene!"

Il mio bene? Fare quei discorsi sarebbe volere il mio bene? E cosa avrebbe fatto, se fossi stata uccisa un'altra volta?”

Uccisa un'altra volta? Chi cavolo vuole ucciderti, ora?”

Che cosa è questa storia dell'essere uccisa? Volete spiegarmi?”

"HAHAHA! Non sapete nulla di nulla, e pensate ancora di potermi dare una mano?“

ADESSO BASTA! Stai oltrepassando tutti i limiti!”

Se non so, non posso essere sicura...”

Non sai? Non sai cosa? Questa è una paranoia, altro che storie!”

E' successo tutto a causa mia, non posso negarlo. Non posso restare qui in disparte, lasciando che la loro amicizia vada in frantumi in questo modo. E' necessario sistemare la faccenda il prima possibile.

Paranoia, dici? Ha, pensavo che tu avessi più fiducia in me...”

Certo che ho fiducia in te, ma questo non ti autorizza a prendertela con gli altri, ora!”

Se pensi davvero che mi diverta a farlo, allora non è vero che ti fidi di me!”

Ma Rika, per favore!”

E anche se fosse, Rika-chan? Ho una coscienza, non dico cose a caso, ma sono ancora libero di pensare che tu sia nel torto!”

Molto interessante. Forza allora, spara, spiegami perché avrei torto.”

Rika-chan, non puoi dire una sciocchezza del genere, per favore calmati!”

Calmarmi? Lasciare che tutto vada come deve andare? Ve ne pentireste...”

Rika, nessuno vuole farti del male, qui!”

Ah, sì? Allora considera...”

"Rika." una voce calma e fredda ruppe quell'atmosfera di caos e panico, come un incantesimo. Nessun onorifico usato, non era stata chiamata come Rika-chan, o Rika-chama... Semplicemente, Rika. Una parola detta a voce normale, non urlata, ma nonostante ciò lei l'aveva udita chiaramente, a dispetto del trambusto che c'era in quel momento. Non riusciva a capire come fosse possibile... Perfino l'intero gruppo di persone si rese immediatamente conto che la sua espressione era mutata, e aveva smesso di litigare o gridare. Lei non si stava più curando di loro, ma si era voltata verso chi aveva pronunciato quella parola.

Giancarlo si era seduto su una delle sedie della scrivania, e la stava osservando. I suoi occhi erano socchiusi, i suoi gomiti sul tavolo, appoggiati in modo da permettere al suo mento di essere appoggiato sui dorsi delle sue mani. La sua calma era innaturale, specialmente in una situazione del genere. Rika non ne era certa, ma ebbe l'impressione che i suoi occhi color nocciola si fossero leggermente scuriti. Ma, soprattutto, si era accorta di come l'aria all'interno della stanza fosse diventata più pesante, al punto da farla respirare con una certa fatica. Era eccitata da quello che stava accadendo, anzi ne era persino felice... Sì, è questo quello che volevo vedere... Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo, ne ero sicura. Lo affronterò, lo batterò, e cambierò il mio destino ancora una volta...

"Rika" ripeté lui "Sarai d'accordo con me che questa è una faccenda tra me e te, non dovresti coinvolgere gli altri in questo modo, i tuoi rapporti con loro ne risulterebbero irrimediabilmente compromessi. Dovremmo parlare da soli di questa questione, qui e ora, per te va bene?” La sua occhiata gelida era un incitamento per lei, entrambi volevano sistemare tutto immediatamente, e da soli. Alice, dal canto suo, stava guardando il pavimento, come se avesse ormai accettato l'inevitabile, come se le cose non avessero potuto finire altrimenti.

Rika, pertanto, ripeté nella sua mente le sue parole, e quindi scoppiò a ridere, al culmine dell'euforia. Aveva accettato la sua sfida: “Molto bene, allora. Mandiamo questi seccatori fuori di qui, e poi vedremo chi la spunterà!” Lui non replicò, ma dopo essersi alzato andò dagli altri, e chiese loro di andarsene.

Siete sicuro?” chiese il preside, che era a tutti gli effetti il proprietario dell'ufficio “Spero non abbiate intenzione di ricorrere ad azioni estreme.”

"Tipo sopprimerla, tirandole il collo come un tacchino? Non dovreste preoccuparvi, non voglio certo finire in prigione a causa sua. Per favore, ora andate.” Il suo volto aveva quasi perso ogni espressività, e i suoi occhi erano ormai completamente chiusi, come per troncare ogni discorso e obiezione, e per aspettare che tutti avessero lasciato la sala. Rimase così per venti o trenta secondi.

Ma a un certo puntò non poté fare a meno di riaprirli. Qualcosa stava disturbando la sua concentrazione, un rumore tenue e debole, ma insistente. Si girò, e vide Mion che stava ancora singhiozzando, accompagnata fuori da sua sorella. Non ha bisogno del mio incoraggiamento, ha già così tanti amici...

Ma subito dopo si ricordò di quello che aveva pensato solo qualche secondo prima, quando era sicuro che lei non avrebbe mai pianto... Avevo torto, prima... E se avevo torto prima, può sempre darsi che lo abbia anche ora... Probabilmente la mia sarà solo una brutta figura, ma... La chiamò, e sia lei sia sua sorella si fermarono. Si avvicinò a loro, senza dire nulla, e una volta raggiuntole diede un colpetto amichevole sulla testa di Mion, simile a quello che lei gli aveva dato nel seminterrato della Clinica, alcune settimane prima. “Ragazza mia, se dopo questa storia vorrai ancora fare finta di essere un maschiaccio, sentiti pure libera di farlo. Ma allora dovresti imparare a non piangere in quel modo.” Si mise a sorridere, e poi disse “Altrimenti, sarò costretto a farmi un'altra immagine, di te. A te la scelta.”

Mion volse gli occhi al pavimento, senza rispondere subito. Poi: “Gi-chan?”

"Sì?"

MI HAI FATTO MALE, RAZZA DI IDIOTA!” Il suo potente e preciso gancio destro gli fece vedere le stelle, mentre gli altri non potevano credere a quello che avevano appena visto, prima di lasciarsi andare a una risata liberatoria. Ovviamente, Rika non abbozzò neppure un sorriso... Ma... L'atmosfera pesante che che stava respirando prima... era sparita.

Non... è... giusto!” Era il suo turno di piagnucolare, adesso. “Questa è l'ultima volta che do ascolto alla mia coscienza!”

Sei stato tu il primo a cominciare a picchiare, non provare a dire il contrario! E siccome lo zietto è stanco di doversi prendere cura di voi sconsiderati, adesso me ne vado, sbrigatevela da soli!” E così, mentre lui si stava riprendendo, gli altri se ne andarono, lasciandoli soli. Rika lo guardò... ma era ancora a disagio. Si aspettava un incontro contro un difficile avversario, non una chiacchierata con un tizio ancora seduto per terra.

Stai pensando che è un peccato che quella specie di aura oscura sia scomparsa, vero?” Giancarlo le aveva letto in testa, mentre contemplava il soffitto “Lo posso capire, e sono d'accordo con te. Avrei preferito avere un epico duello, onestamente, ed era questo quello che mi aspettavo che sarebbe successo – hai visto come mi ero preparato, su quella seria. Ma non so perché Mii-chan ha deciso di stemperare la tensione in quel modo... Beh, presumo abbia ragione, non siamo acerrimi nemici, almeno non lo siamo stati fino ad ora. Allora, vediamo di chiarire tutto... Posso sapere che ti è successo?”

Rika non rispose, esitante. Così, fu lui a prendere ancora la parola: “Uhm... Secondo me io e te siamo piuttosto simili, in fin dei conti.”

Lo pensi davvero?” Rika stava cercando di tenere alto il livello di guardia, ma non riusciva a capire se lui fosse serio o no.

Sì... E forse è questo il motivo per cui non ci siamo presi in simpatia, temo. Siamo entrambi abbastanza pessimisti, e quindi pensi che quello che non sai su di me potrebbe rivelarsi un pericolo per te. Ma allora che dovrei dire io, dei tuoi misteri? A me sembra proprio che tu nasconda parecchie cose, sei parecchio enigmatica, alle volte.”

In passato ti ho detto di chiedere tutto quello che vuoi. Avrei risposto a ogni tua domanda.”

Me lo ricordo, infatti. Ma mi spieghi come avrei mai potuto chiederti di parlarmi della Yamainu o della Sindrome, per esempio? Queste cose suonano così strane ed irreali che anche solo immaginare quello che è successo qui in estate è sostanzialmente impossibile, all'inizio. Per anche solo sospettare fatti del genere, ho dovuto aspettare di essere attaccato da un ragazzo in camice bianco che aggrediva le persone con delle sbarre di metallo, e il tutto nello scantinato semiabbandonato di un ospedale vuoto. A me sembra una trama di un B-movie, fai un po' tu...”

Rika annuì. Non potrebbe mai avere idea di quello che è successo negli altri mondi. Anzi, quasi certamente non sospetta nemmeno che ci siano mai stati altri mondi... Le uniche cose che gli altri si ricordano a riguardo sono dei dettagli, e sotto forma di sogni. Allora lei appoggiò delicatamente la mano su di lui, e con essa gli tolse dalla spalla un frammento di legno che si era appoggiato sul vestito dopo la caduta. Poi disse: “Stavo solo... Proteggendo il mio mondo... Proteggendo il mio paradiso.” Era quasi delusa, in un certo senso. Si stava rendendo conto che non aveva un nemico davanti a lei. Evidentemente, quel brutto presentimento che aveva avuto nei giorni scorsi non era certo colpa di quel ragazzo.

Il tuo paradiso?”

Già... Mi piace questo posto, questo mondo... Ma dopo quello che era successo a Satoshi-kun... Avevo paura che Shii-chan, o Satoko... Insomma, che qualcuno fosse condotto alla pazzia, e che succedesse un disastro.”

"E perché dovrebbero mai... Ah, giusto, la Sindrome... Però non capisco lo stesso, il risveglio di Satoshi-kun dovrebbe essere un evento lieto, non una fonte di stress."

"Il problema è che non si può essere sicuri nemmeno di questo. Le menti umane sono così... imprevedibili, qualche volta. Keiichi-kun me lo ha dimostrato una caterva di volte, in passato. Se Shii-chan fosse diventata gelosa di Satoko, e se a causa di questo..."

Giancarlo preferì non replicare subito, quella risposta non lo convinceva. Infatti esclamò poco dopo: “Non so cosa succederebbe in quel caso, e non so cosa succederà in futuro. Non sono Dio, né tantomeno Oyashiro-sama, visto che è in lui che credete voi. Ma posso chiederti un'altra cosa, invece?” Rika acconsentì “Pensavi davvero che un mondo dove Satoshi-kun soffriva della Sindrome, dove era costretto a restare lontano da sua sorella e dalla sua fidanzata... Un mondo dove Satoko-chan e Shii-chan erano tristi a causa della sua assenza... Pensavi davvero che quel mondo... fosse il tuo paradiso?"

Rika spalancò gli occhi. Ha ragione... Io... Io pretendevo di prendermi cura di Satoko e di Shii-chan, ma... Volevo che le cose non cambiassero mai... Ma se è così, allora avevo paura che il loro più grande desiderio si avverasse, dentro di me speravo che questo piccolo miracolo non accadesse mai... Che... Che egoista che sono stata...

"In effetti...” la fanciulla rispose infine “In realtà questo è il miglior mondo che mi sia mai potuto capitare, ma alla fine hai ragione... Mi spiace, sei contento, adesso?” Quelle ultime parole erano solitamente la battuta di Hanyuu, ma lei non avrebbe mai protestato per questa sorta di prestito. In fondo, lo spirito del suo antenato era dietro di lei, accompagnandola come aveva fatto durante tutti quei giorni, e ora era Hanyuu visibilmente sollevata. Visibilmente solo dal punto di vista di Rika, sia chiaro. Pertanto, la bambina dai capelli blu continuò, dicendo: “OK, rinuncio ufficialmente a tentare di scoprire tutto lo scibile possibile e immaginabile sulla vostra vita passata, presente e futura. Spero solo che i vostri sogni e/o paure non vi rendano mai desiderosi di distruggere e/o impadronirsi del villaggio. Sarebbe una beffa atroce, dopo il putiferio che abbiamo causato."

"Naaah... Questo villaggio è troppo piccolo." replicò lui, ironicamente "Se volessi fare veramente una cosa simile, punterei direttamente a una città più grande, e/o a uno Stato ricco e potente. Non sei d'accordo con me?"

"Hmph, ora questo furbastro osa prendersi gioco di me, e osa pure sottovalutare la magnificenza di Hinamizawa” Rika ora si stava divertendo a usare paroloni. E, mentre picchiettava col palmo della mano sulla testa di lui come per compatirlo, aggiunse poi: “Non ti offendi se ti rivelo una cosa, vero? Penso proprio che non potrò mai fidarmi completamente di te, Keiichi-kun mi sarà sempre molto più simpatico..."

Giancarlo la guardò un poco seccato, ma non era arrabbiato. Dicendo quelle cose, Rika stava sorridendo.

"Insomma, temo che una tregua temporanea sia il massimo che posso ottenere, non è vero?”

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Capitolo 12
*** Storie di gemelli ***



Capitolo 11: Storie di gemelli


Hinamizawa, 15 Ottobre 1983

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ISTITUTO IRIE

DIPARTIMENTO MALATTIE EREDITARIE

SINDROME DI HINAMIZAWA

RAPPORTO n. 132

14 Ottobre, Anno Showa 58

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"Ti ho già detto che questa roba non riesco a digerirla!” esclamò Rika, allargando le braccia “Sono così noiosi questi dossier, così lunghi e pesanti...”

Come nell'incontro precedente, era ormai sera tardi. E come l'altra volta, Rika fu costretta a sorbirsi quello che Irie-sensei e Takano avevano da dirle sulla questione della Sindrome di Hinamizawa.

Non ho mai detto che tu debba leggere un testo come questo, Rika-chan. Queste note sono utili perché mi permettono di ricordare quello che voglio dirti. Ma prima di esaminare questi risultati, c'è un'altra cosa di cui ci dobbiamo occupare e che non posso assolutamente dimenticare...”

E sarebbe?”

Questo.” Irie prese una piccola scatola nera, e l'apri davanti ai suoi occhi. Era diventato improvvisamente serio, e stava maneggiando delicatamente il contenuto al suo interno. Rika lo osservò, preoccupata dal suo atteggiamento. Che cosa è successo, ora? Una lettera da parte di qualcuno? Non sarà che la Tokyo sta cercando di ripristinare i contatti con la Clinica? Perché mai? Cosa hanno in mente, ora? Irie non le diede il tempo di pensare a una risposta. Sollevò in alto la mano, e con un'aria trionfante mostrò un piccolo e ben ricamato merletto bianco.

"Oh, Rika-chan" chiese, con gli occhi che si illuminavano, mentre stava raggiungendo uno stato di estasi profonda “Non sei d'accordo con me che questa fascetta sposerebbe alla perfezione l'abito nero da cameriera che ho comprato la scorsa settimana? Non so se sia troppo grande, ma darebbe un tocco di stile al tutto, ne sono certo, però per averne la prova mi piacerebbe che tu indossassi quell'abitino all'istante e po-”

Dieci secondi dopo, Irie stava medicando le proprie dita, dopo che Rika le aveva schiacciate con un violento colpo portato con il dossier.

Ho le mie cose, quindi per favore evitate di fare il furbo con me, Irie-sensei.” Il dottore era al corrente di quella parte del suo carattere, pertanto lei non era costretta a sorridere sempre con lui, o ad aggiungere Nippa ad ogni frase; senza contare che, dopo il suo comportamento dei giorni scorsi, non poteva più passare per una semplice fanciullina innocente. Però, pretendere di essere una bambina con le mestruazioni non era la più bella immagine di questo mondo e forse avrebbe potuto evitare di evocarla, per quanto fosse indubbiamente d'impatto, sufficiente per far cambiare argomento a chiunque.

Vedo, vedo... Penso sia meglio non esagerare, allora... Quindi, diamo un'occhiata a quello che abbiamo scoperto in questi ultimi giorni. Ti ricordi quello che ti ho detto alla fine del nostro precedente incontro?”

"Hmmm... Mi spiace, ma la risposta è no. Potete rinfrescarmi la memoria?” L'altra volta, Rika era semplicemente troppo nervosa per anche solo ascoltare quello che le stavano dicendo, quindi la cosa non era strana.

Non c'è problema. Ti ho parlato del fatto che desideravo riempire e completare il mio database di campioni di sangue, per individuare altri abitanti del villaggio portatori dell'ATPC.”

"ATPC? E' la prima volta che sento questa sigla. Per cosa starebbe?”

"Ehm, hai ragione, è un acronimo che abbiamo assegnato alla proteina che abbiamo rilevato nel sangue di Satoshi-kun. Al momento è un nome provvisorio, chiamarlo solo proteina sarebbe stato troppo generico e avremmo potuto fare confusione con altre sostanze di cui siamo soliti parlare con gli altri dottori, quando loro sono qui. Sai, questo nome proviene da...”

Rika scosse la testa, facendo capire a Irie-sensei che a lei importava solo dei risultati pratici della loro ricerca, non era interessata a curiosità o ad amenità comprensibili solo ad altri esimi luminari.

"Hmm... Sì, in effetti questo è un aspetto secondario. L'ho scritto nel dossier che ho appoggiato qui sul tavolo, ma possiamo trascurarlo. Quindi, passando ai riscontri effettivi... Alla fine ne abbiamo trovati due.”

Non è un gran risultato. Due altre persone con la proteina? Allora queste sarebbero le uniche in tutta Hinamizawa che potrebbero sopravvivere anche senza il mio aiuto, se ho ben capito come funziona il tutto.”

Posso capire cosa vuoi dire, ma non è un risultato inatteso, non essere delusa per questo. Se la sostanza fosse stata presente in un numero maggiore di persone benedette, se vuoi chiamarle così, l'avremmo individuata e analizzata molto prima. Inoltre, il fatto che ci sia almeno un riscontro ci permette di avere qualcuno in grado di donarci dei campioni da studiare, qualora fosse necessario."

"Comunque avreste dovuto accorgervene molto prima. Non avevate detto che avevate già un ricco database da usare per i testi, a vostra disposizione?”

"Non è così semplice, Rika-chan. Quando cerchi una cosa, spesso non ti accorgi neppure delle altre che sono vi sono intorno ad essa. Immagina, per esempio, di essere in una stanza interamente buia e di voler cercare una moneta: come faresti? Potresti usare un potente magnete, ti sarebbe di grande aiuto. Ma lo stesso magnete non ti permetterebbe di trovare, che so, i tuoi pantaloni, o lo specchio che usi ogni giorno, e così via, visto che questi non sono oggetti metallici. In medicina è così che funziona, quando cerchi qualche cosa usi dei test appropriati che possono individuarla, ma che al tempo stesso non controllano molte altre cose. Sai di quanti esami è composto un check up completo?”

"Mi bastano quelli a cui mi hai sottoposto in questi anni, grazie. Ma allora perché, nel caso di Satoshi-kun...”

...l'abbiamo trovato? Perchè la concentrazione nel sangue era così alta che la sostanza poteva essere notata anche con gli esami ad ampio spettro, che sono se vogliamo quelli più banali e approssimativi. Suppongo che quantità del genere fossero dovute allo stadio della malattia in cui si trovava Satoshi-kun, la forza e l'alto numero di parassiti nel suo organismo ha fatto crescere esponenzialmente il livello di ATPC. E' come nel più classico sistema preda-predatore, metti una coppia di volpi in un bosco pieno di conigli e vedrai come si moltiplicano in poco tempo.”

Quindi i parassiti facevano da “cibo” per la proteina, e una volta finiti non c'era più nulla per nutrirla, è questo che intendi.. Quindi è per quello che l'ATPC era quasi sparita, una volta che lui era tornato a uno stadio normale...”

Esatto, Rika! Hai capito perfettamente! Tra l'altro, ti posso anche dire che i due riscontri di cui ti parlavo prima sono diversi da Satoshi-kun, in quanto al contrario di lui sono portatori naturali della sostanza. La concentrazione nel loro sangue è troppo bassa per ipotizzare che sia presente come conseguenza di una malattia a Livello 5.”

OK, tutto chiaro. Ora, andiamo alla parte più interessante del discorso. Chi sono questi due famosi riscontri?”

Guarda tu stessa.” Irie le porse un paio di fogli di carta, pieni di dati, grafici e un'infinità di tabelle. Erano simili a una cartella clinica, e probabilmente lo erano a tutti gli effetti. E nell'angolo in alto a destra lei poté leggere i loro nomi.

Nel farlo, ebbe un sussulto. Sonozaki Oryou, Sonozaki Mion. Si volse istantaneamente verso il dottore, che notò il suo sguardo interrogativo e si decise a spiegarle quello che aveva scoperto. Ma prima che potesse aprire bocca, Rika sussurrò "TIME, STOP!" E il tempo si fermò davvero, ognuno restò immobile come era nel momento in cui quelle parole erano state pronunciate. Anche Irie e Takano erano ora fermi e rigidi come statue.

Ad essere sinceri, Rika non era capace di bloccare il corso del tempo. Quella breve frase non era un incantesimo, o una specie di formula magica, ma solo un modo per comunicare con Hanyuu. Voleva che lei compisse quella magia, in modo da discutere con lei su quello che aveva appena sentito. Infatti, la bimba guardò il suo antenato, e le chiese: “Hanyuu, potresti ricordarmi quante volte i nostri amici sono impazziti, in tutti i mondi precedenti?”

Hanyuu aprì la mano destra di fronte a lei, e chiuse gli occhi. Un piccolo cristallo purpureo apparve, prima di ruotare su se stesso e scomparire in qualche secondo. Hanyuu allora riaprì gli occhi, e rispose: “Nei passati 248 mondi, in 63 di loro il colpevole è stato Keiichi-san, in 61 è stata Rena-san, in 62 Satoko-chan, in 24 Shion-san e in 38 Mion-san. Perlomeno, questo è quanto abbiamo concluso durante i nostri ragionamenti.”

Pensavamo che questi conti tornassero... Ma ora Irie ci sta dicendo che Mii-chan non può soffrire della malattia. Quindi c'è un errore, nei nostri calcoli?”

Non è facile dirlo, Rika. Pensare di esserci sbagliate 38 volte, suona così strano... Sarebbe più semplice immaginare che sia Irie ad essere in errore, e non noi.”

"Hmmm... prima di dire una cosa simile, riflettiamo un po' meglio, ti va? Non avevo mai ragionato su questi numeri, ho sempre pensato che fossero dei dettagli privi di un qualche particolare significato, però adesso... Hanyuu, non pensi anche tu che questi numeri siano... anomali? Voglio dire, sappiamo che i problemi dei nostri amici si presentavano in continuazione in ogni singolo mondo, ma la persona che impazziva era scelta a caso in ognuno di essi. Preso un determinato mondo, non c'era nessun motivo che faceva sì che Keiichi fosse sopraffatto dalla paranoia prima che Rena iniziasse a prestare ascolto a quelle sciocche teorie sulle invasioni aliene.”

Non capisco, Rika.”

Nemmeno io. Proviamo a descriverle in questo modo, allora: una volta che tu ipotizzi che il protagonista della storia è scelto a caso all'interno di un certo gruppo, è come lanciare un dado, OK? Quindi, se tu lo getti un tante tante volte, le varie facce che riportano l'uno, il due, il tre... appariranno tutte un numero di volte simile tra loro, non ci sarà nessun numero che comparirà molto più spesso di un altro. Almeno, di solito è così, abbiamo provato così tante volte, anche con Satoko-chan, durante le noiose serate di pioggia...”

E se il dado fosse truccato?”

Perché dovrebbe esserlo, ora? Se lo fosse, allora ci sarebbe davvero qualcosa che influisce sulla scelta del protagonista di tutte quelle tragedie. Ma in questo caso non era così, almeno non credo. In altre parole, c'è qualcosa che non mi torna in quei numeri che tu mi hai detto.”

Gli occhi di Hanyuu erano ora ben aperti, quel discorso stava diventando estremamente interessante. “Ora comincio a capire cosa intendi... Perché il numero di tragedie che riguarda Mion-san e Shion-san è così basso, rispetto a quello degli altri?”

Rika annuì: "Visto che stiamo parlando di 250 mondi, più o meno, allora sarebbe logico supporre che ognuno di loro fosse implicato una cinquantina di volte, all'incirca. Mentre, al contrario... Puoi vedere anche tu cosa è accaduto. E quindi, che potremmo dire dei 38 casi in cui è stata coinvolta Mion? Beh... non è poi così difficile da spiegare, se ci pensi un attimo. Non siamo forse al corrente del fatto che loro due si divertano a scambiarsi i ruoli? Ce l'hanno detto tempo fa, durante l'ultimo Watanagashi. E poi sappiamo anche che hanno gusti simili... E anche che... I mondi di Shion e Mion era piuttosto simili, in definitiva.”

Hanyuu rimase pietrificata, e Rika abbozzò un amaro sorriso: “L'unica possibile conclusione è che anche nei mondi in cui pensavamo che la colpevole fosse Mion... Beh, evidentemente anche lì il cattivo di turno era sua sorella, e non lei. Se sommi 24 a 38, infatti, ottieni 62, che è un numero molto simile a quelli degli altri.”

In altre parole stai affermando che Mion-san non ha mai sofferto della Sindrome di Hinamizawa, grazie a quella sostanza? E' questo quello che vuoi dire, Rika? Ma allora... Perchè solo lei, e non Shion-san? Sono gemelle, anche lei dovrebbe essere portatrice di quella proteina, in questo caso!”

Non so rispondere a questa domanda. Probabilmente il dottore aveva intenzione di dircelo ora, ma tu hai voluto fermarlo prima che lo facesse!”

Non prendertela con me, ora! Sei stata tu a dirmi di farlo, Hauu!”

Fa esattamente lo stesso, ma se vuoi mettere le cose in questo modo per me va bene, basta che la cosa ti faccia stare meglio. Sono stata io a bloccarlo, e forse avrei dovuto aspettare un momento prima di farlo, prima di chiederti di mettere in pausa il tempo. Però ora so esattamente cosa devo chiedergli, questa riflessione è servita a qualcosa. Hanyuu, per favore, rimuovi il tuo incantesimo, e vediamo un po' quello che ha da dirci ancora.”

Un secondo dopo, Irie fu di nuovo libero di parlare, Il medico ebbe comunque un attimo di esitazione, a disagio come se avesse notato che qualcosa di stano fosse appena accaduto, per quanto non potesse dire che cosa esattamente, e quindi pensò fosse solo una sua suggestione, così riprese a spiegare:

"Rika-chan, questo risultato può sembrare inatteso, ma non è incompatibile con la nostra attuale conoscenza della Sindrome. Inoltre, il fatto che Mion-san sia una delle portatrici dell'ATPC ci permette di spiegare che cosa sia realmente successo nel seminterrato, l'altro giorno.”

E sarebbe? Potresti spiegarmelo, per favore?”

Certo, lo faccio subito. Quando mi hanno parlato, della loro disavventura, ho chiesto loro di riferirmi ogni dettaglio che tornasse loro in mente, e loro mi spiegarono che il braccio di Mion-san era stato morso da Satoshi-kun, e che alcuni schizzi del suo sangue erano finiti sui suoi occhi.”

Davvero? Non lo sapevo. A me non l'avevano detto, mi avevano parlato solo dei particolari più importanti.”

Rika-chan” disse allora Takano “Gli occhi umani sono organi dal funzionamento peculiare, in quanto sono irrorati di sangue da capillari aperti e a contatto con l'esterno. Pertanto, siamo piuttosto sicuri che il sangue di Mion-san sia entrato in contatto con quello di Satoshi-kun, e che l'ATPC sia entrata in questo modo in circolo. Il sistema circolatorio all'interno del corpo umano permette al sangue di raggiungere in brevissimo tempo tutti i vari organi, comprese le cellule nervose. Così, nel lasso di tempo in cui gli altri lo hanno cercato per tutto il seminterrato, quella sorta di antidoto ha avuto effetto all'interno del suo corpo, e l'ha curato. E' un tipo di processo che accade anche nel caso di altri batteri, e in quello di altre malattie, come per esempio l'epatite C, che può essere appunto contratta tramite il contatto con sangue infetto. In questi casi, se per una qualsiasi ragione il sangue di un paziente raggiungesse gli occhi del medico, allora quest'ultimo potrebbe seriamente rischiare di ammalarsi della stessa patologia, non importa quante precauzioni avesse preso in precedenza. In altre parole, questo è precisamente quello che è avvenuto al tuo amico, ma in questo caso stiamo parlando di una proteina benefica, siamo stati fortunati.”

E quindi sarebbe completamente guarito in soli venti-trenta minuti?”

Non completamente, ma sì, in linea di massima è stato così. Meno di mezz'ora è effettivamente un periodo di tempo limitato per un antidoto, ma in natura esistono sostanze che agiscono anche più rapidamente. Certi veleni ti mandano all'altro mondo in uno o due secondi, se li ingerisci.”

Ah. Ma allora Mii-chan ha involontariamente aiutato Satoshi-kun a guarire? E' così... ironico. Avete passato così tanto tempo a cercare in lungo e in largo una cura, e invece sarebbe bastato osservare con un po' più di attenzione le persone attorno a voi.”

Irie non era tipo da arrabbiarsi per le frecciatine satiriche di Rika, e anche in quel momento reagì a quel commento poco cortese con una risata: “AH-HA HA HA! Hai proprio ragione! Ma non è la prima vota che un problema così complesso è risolto da una soluzione elementare... Che so, che esempio potrei fare... Hai presente la pastorizzazione? Un numero esorbitante di malattie dovute al latte infetto furono debellate tutte in un colpo, e semplicemente riscaldandolo un poco...”

Va bene, ma... Potrei chiedervi un'altra cosa?”

"Hmmm... Vuoi sapere perché il sangue di Mion-san contiene l'ATPC e quello di Shion-san no, non è vero? E' normale che tu ti faccia delle domande in proposito, lo capisco.”

Rika confermò con un cenno del capo. Per lei, questa era una questione particolarmente importante. Se Shion fosse stata a sua volta protetta da quella piaga, tutti quei disastri, tutto quel dolore... sarebbero potuti essere evitati. Il loro percorso verso un mondo felice sarebbe potuto essere molto più rapido.

In realtà nemmeno io ne posso essere sicuro, Rika-chan. Ci vorrebbe molto tempo per scoprire le origini dell'ATPC, e non nego che mi piacerebbe studiarle, ovviamente solo dopo essersi sbarazzati della Sindrome. Ma intanto possiamo sempre pensare a delle ipotesi. Direi che possiamo scartare fattori ereditari, visto che Shion-san non presenta tracce della sostanza, come del resto la maggior parte della loro famiglia, Quindi... Qualche esperienza vissuta in passato che le ha permesso di sviluppare la proteina, come fosse un vaccino? Possibile, ma non probabile, non riesco proprio a immaginare a un evento di tale portata che allo stesso tempo ha coinvolto solo due persone in tutta Hinamizawa."

"Che dite se fosse qualcosa legato alle tradizioni della loro famiglia?” propose Takano “Oryou-sama è stata il loro leader fino a pochi giorni fa, e ora Mion-san ha preso il suo posto... Forse si tratta di una qualche droga che ingeriscono, e di cui nessuno sa nulla. Chi lo sa, magari anche Sonozaki Akane-san sarebbe ora immune alla Sindrome, se non fosse stata diseredata tempo fa. Dopo tutto, è certamente vero che anche in passato i capi del loro clan dovevano lasciare il villaggio anche solo per qualche giorno, in quanto come vassalli erano tenuti a rendere omaggio al loro signore. Anche se... Se ci pensate bene... Questo villaggio ha sempre sostenuto di discendere da una stirpe di Demoni, e ora scopriamo invece che il leader della famiglia che più teneva a questa credenza è l'unica che non può diventare feroce come un demonio... Questo è... uno scherzo del destino.... Uno scherzo del destino... Uno scherzo del destino...”

Solo fino a qualche mese fa, questo genere di discorsi l'avrebbe eccitata fino all'estremo. Ora invece, per quanto forse aveva ancora un minimo interesse per l'argomento, non lo mostrava affatto. E continuava a ripetere quelle ultime parole come se lei fosse un registratore rotto, senza apparentemente curarsi di quello che continuava a dire. In realtà forse non era necessariamente un male, pensò Rika, la sua passione per quel tipo di tradizioni era stata una delle cause che l'aveva portata alla follia prima, e all'esaurimento nervoso e alla depressione poi.

Quello che Takano-san ha detto che possibile, in effetti, ma... Io non riesco a credere che un rito così portentoso esista davvero. Questa proteina è quasi sicuramente prodotta direttamente dal midollo osseo di Mion-san, è improbabile che abbia un'origine esterna. Comunque, andrò a chiedere loro di informarmi sulle leggende di famiglia e sugli altri racconti che comprendono questo tipo di tradizione, forse avremo ancora fortuna.”

In ogni caso... due delle tre Grandi Famiglie presentano una sostanza in grado di ostacolare la malattia, nel corpo dei loro membri... Forse è per quello che sono diventate appunto le famiglie più importanti del villaggio... E allora che mi puoi dire dei Kimiyoshi? Hai forse scoperto qualcosa anche sul loro conto?”

No, mi spiace, Rika-chan. Al fine di trovare qualcosa di insolito, ho bisogno di sapere cosa devo cercare, o almeno devo avere già qualche informazione a riguardo. Esattamente come nel caso dell'ATPC, in fondo.”

Rika era confusa: “Prima mi hai detto che Mii-chan produceva da sola questa sostanza... Quindi vuol dire anche che l'ATPC non svanirà mai dal suo corpo?”

Penso sia così. Certo, non posso essere sicuro, come ti ho detto prima le mie sono ancora congetture. Ma ho intenzione di condurre dei test nei prossimi giorni, terrò sotto osservazione la concentrazione della proteina, e poi vorrei avvalermene per realizzare una cura definitiva da somministrare all'intero villaggio. Non ti preoccupare, questa storia mi sta rendendo fiducioso sulle nostre ricerche future. Ah, già che ci siamo, potresti andare ad aiutare Shion-san, per favore? Sta preparando la valigia di Satoshi-kun giù al piano di sotto, andrà finalmente a casa stasera. In realtà avevo detto a Satoko-chan che avrebbe dovuto pazientare ancora qualche altro giorno, ma le avevo mentito, volevo farle una sorpresa. E' un vero peccato, non potrò vedere la sua faccia, quando se lo ritroverà di fronte...”

~-~-~-~-~

La mattina dopo, a scuola nell'ufficio della maestra, Chie-sensei stava spiegando ad Alice gli esercizi da svolgere per la giornata. Essendo l'unica insegnante della scuola, non poteva occuparsi di tutti contemporaneamente, così doveva chiedere aiuto agli studenti più vecchi, delegando loro alcuni compiti, oppure, come in questo caso, assegnare il lavoro da fare prima dell'inizio della lezione.

Alice ascoltò diligentemente, e alla fine dichiarò di avere compreso tutto. Quel giorno era da sola, suo fratello era stato chiamato a Krinoto senza alcun preavviso, per questioni di lavoro, e quindi avrebbe passato la mattinata pressoché in completa solitudine, separata da tutti i suoi compagni. Per lei non era comunque un problema, e una volta terminata la breve spiegazione fece per alzarsi, ma Chie-sensei la fermò, desiderosa di chiederle una cosa:

"Alice-san... C'è qualcosa che mi stavo chiedendo da qualche settimana. Globalmente mi sembra che voi parliate un eccellente giapponese, ma non capisco perché entrambi vi rivolgiate l'un l'altro usando gli appellativi Nee-chan e Nii-chan. Questi nomi sono usati nei confronti di un fratello maggiore, oppure una sorella maggiore, quindi giocoforza uno di voi due non lo usa correttamente. Chi è il gemello più anziano, tra di voi?” Chie-sensei non era presente, quando Alice ne aveva parlato durante il suo primo giorno di scuola, e quindi ignorava quel particolare. Così, la giovane la guardò comprensiva e sorrise educatamente.

Sapete... Da un lato penso che Nii-chan sia una parola così melodiosa, suona così dolce, e mi piace usarlo come vezzeggiativo. Dall'altro, siamo entrambi consci di cosa significhino davvero quegli appellativi, e in verità nessuno di noi lo usa a caso. Io sono stata la prima ad uscire dalla pancia di nostra madre... ma allo stesso tempo è lui il fratello maggiore.”

In che senso?”

E' una storia strana... però la lezione di oggi inizierà solo tra una decina di minuti. Posso raccontarvela, se siete interessata.”

Chie la invitò a proseguire, e così Alice continuò a parlare: "Siamo nati nel Febbraio del 1965, un periodo che dalle nostre parti era stato eccezionalmente freddo. Quando la mamma cominciò ad avere la doglie, papà decise di condurla subito all'ospedale. Non era molto lontano da casa nostra, ma dovevano scendere dalla montagna per raggiungerlo, e non potevano usare altro che la loro auto. Mezzanotte era già passata, e il cielo era privo di nubi, ma allo stesso tempo la temperatura era molto molto rigida. Così, a metà strada, dopo un tornante si imbatterono in una piccola slavina inattesa, che aveva parzialmente ostruito il passaggio. Papà fece l'errore di spegnere il motore, per scendere dall'auto e controllare se in qualche modo potevano proseguire. Una volta constatato che potevano andare avanti, infatti, si rese conto che il motore non si avviava più, probabilmente a causa del freddo pungente. Inoltre, in quel punto dopo la curva non c'era pendenza, ed era impensabile scendere con il motore spento."

"Anche oggi, quella è una stradina secondaria, e di notte nessuno transita da quelle parti. E' usata solo da chi si deve recare al lavoro, o per andare in paesi più grandi per fare compere. Rimanere bloccati là poteva diventare una tragedia, e papà continuava a tentare di avviare il motore, inutilmente. Dopo quattro o cinque prove fu costretto a desistere, altrimenti avrebbe solo scaricato la batteria dell'auto senza ottenere nulla. Così, diede la sua giacca alla mamma, e la strinse a sé per farle sentire meno il gelo. Non potevano fare altro che restare in auto con i finestrini ben alzati, proseguire a piedi verso casa o verso l'ospedale sarebbe stata una follia. Ma anche così, quando la prima auto della giornata passò e li soccorse, più di sei ore erano passate, e quando nostra madre arrivò in ospedale era già stata colpita da ipotermia.”

Alice abbassò il suo sguardo, scura in volto. “Le sue condizioni apparvero immediatamente disperate. Respirava a malapena, il battito del suo cuore era irregolare, e doveva ancora dare alla luce i due bambini che teneva in grembo, e nessuno poteva dire come stessimo. E infatti, dopo poco tempo, io uscì dalla sua pancia, ma non mi muovevo affatto, e non accennavo alcun pianto. I dottori mi controllarono rapidamente, e siccome non vi era né battito né respiro, pensarono che io fossi già morta. Non potevano sprecare tempo con me, c'era un altro bambino che doveva nascere, e anche mia madre aveva bisogno di un'assistenza continua.”

Dopo un quarto d'ora Nii-chan era nato. Fortunatamente lui era ancora vivo, nessuno aveva dubbi in proposito, stava piangendo a voce incredibilmente alta, mi hanno detto. Lo appoggiarono su un banco accanto a me, e si dedicarono completamente alla mamma, le cui condizioni stavano diventando critiche. Aveva smesso di respirare, in quel momento, avevano perfino portato il defibrillatore, ma nonostante i loro sforzi il suo cuore si stava indebolendo sempre di più. Stava per morire.”

"Nii-chan, invece, stava continuando a piangere, sempre più forte. Attirati dalla sua voce, cominciarono a venire anche dalle sale adiacenti, per dare un'occhiata e vedere cosa stava accadendo, al punto che uno dei medici, spazientendosi, esclamò qualcosa del tipo “Per favore, portate quel bambino via da qui!” Non si fermava, semplicemente. L'infermiera tentò di prenderlo, ma nel frattempo le nostre braccia si erano come incastrate tra di loro, forse a causa del fatto che lui si dimenava a destra e sinistra. Era come se non volesse accettare quello che stava succedendo a sua sorella e sua madre, e non volesse lasciarmi. E proprio un momento prima che fossimo separati, come se lui fosse stato in grado di svegliarmi, io iniziai a piangere a mia volta.”

Non so cosa sia avvenuto in quegli istanti, neppure i medici lo compresero a fondo. Teorizzarono che il mio fosse solo uno stato di shock causato dall'ipotermia che la mamma aveva patito, e forse avevano ragione, chi può dirlo. In ogni caso, forse anche grazie al fatto che sentiva i suoi due bambini piangere in continuazione, anche nostra madre ebbe una reazione, e il suo battito cardiaco divenne mano a mano più regolare, finchè non si sveglio dopo qualche ora. Papà era stato presente per tutto il tempo, e a sua volta era scoppiato a piangere, finalmente libero da quell'incubo. E poi decise di cambiare i nomi che voleva darci, in ricordo di questo strano miracolo.”

Ossia? Cosa volete dire?”

"All'inizio dovevamo essere chiamati Giorgia e Francesco, ma lui pensò che altri nomi sarebbero stati più adatti a noi, dopo quello che ci era capitato. Alice, infatti, è un riferimento al personaggio di Lewis Carroll, alla ragazza che va nel Paese delle Meraviglie ed è in grado di tornare indietro e di risvegliarsi dal suo sogno; Giorgia è solo il mio secondo nome, ora. Giancarlo, invece è un nome composto: Giovanni viene dall'ebraico, e indica l'elemento divino, inteso come regalo; Carlo ha invece origini germaniche, e ricorda l'elemento umano, in quanto significa uomo libero. Ossia, secondo lui Nii-chan era stato il punto di contatto tra Dio e uomo, tra cielo e terra, quello che aveva reso possibile quell'evento così incredibile e così meraviglioso.”

Capisco. Ha davvero scelto i vostri nomi con attenzione.”

Oh, sicuro! Dopo tutto si era sentito benedetto quel giorno, pensava che se sua moglie e i suoi figli fossero morti sarebbe stata colpa sua, in quanto aveva preso la decisione di non restare a casa nonostante il gelo di quella notte. Pensò di aver ricevuto una grazia divina.”

Effettivamente, ha corso rischio decisamente alto...”

Papà, come del resto nostro nonno, non è molto bravo a prendere decisioni, non sono in grado di sopportare lo stress. Infatti, una volta che sarà tornato a casa, Nii-chan probabilmente dovrà assumere il controllo del piccolo cotonificio di famiglia. Al momento lo sta gestendo un nostro zio, ma questo è un avvicendamento che è già stato deciso.”

Non è troppo giovane?”

Non possiamo fare altrimenti. Negli ultimi dodici anni nostro zio l'ha condotto con successo, ma ormai deve andare in pensione, sta diventando troppo vecchio, e Giancarlo è l'unico che può rimpiazzarlo, nella nostra famiglia. Non lo diresti mai a una prima occhiata, ma in quest'ultimo periodo è diventato una sorta di Stella Polare per tutti noi, è molto saggio e premuroso verso le persone a cui tiene veramente, anche se sembra un ragazzo un po' burbero, inizialmente. Potremmo dire che lui è la nostra Sonozaki Mion-san, anche se un ruolo simile non esiste più, a casa nostra. Non potete immaginare quante telefonate riceviamo dall'Italia tutte le sere...”

Se suo fratello fosse stato lì avrebbe detto che stava esagerando. Ad Alice piaceva usare certe iperboli, era un gusto che aveva imparato dal nonno. Era solita notare e sottolineare solo le virtù delle persone attorno a lei, specialmente nel caso di suo fratello, anche se talvolta le sue lodi erano talmente esagerate da sembrare più un modo per prenderlo in giro. In realtà, però, le piaceva parlare bene di lui perché voleva che lui diventasse una persona forte e speciale. Temeva infatti che lei non avrebbe mai potuto diventare una donna con quelle qualità, temeva di essere una ragazza molto peggiore di suo fratello. Tutto ad un tratto, iniziò a sorridere tristemente, e a voce bassa bisbigliò: “Questo è il suo destino... E anche la sua maledizione. Probabilmente sarebbe stato più felice se solo io non fossi mai nata.

Cosa avete detto, Alice-san? Non sono riuscita a sentire le vostre ultime parole.”

Eh? Oh... Nulla, sensei.” l'alone di amarezza se ne era andato, per il momento “Nulla di speciale. Però dovremmo andare in classe, ora, comincia a farsi davvero tardi!”

La giovane sperava che nessuno avesse ascoltato quella sua frase, ma malauguratamente per lei non era così. Alice non poteva essersene accorta, ma dietro la porta dell'ufficio si era nascosta Rena, e lei aveva sentito ogni singola parola.

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Capitolo 13
*** Un giorno qualsiasi ad Hinamizawa ***



Capitolo 12: Un giorno qualsiasi ad Hinamizawa


Hinamizawa, 18 Ottobre 1983

"E allora? Chi di noi dovrebbe prenderla, ora?"

Keiichi stava tenendo in mano la mazza da baseball che aveva custodito nel suo armadietto negli ultimi mesi. In fondo, anche se l'aveva utilizzata più di una volta, il nome scritto sopra di essa mostrava chiaramente come quell'oggetto non gli appartenesse. Sull'impugnatura, chiunque poteva facilmente leggere Houjou Satoshi, ed ora, nel corridoio della scuola, il ragazzo chiamato Houjou Satoshi stava esattamente di fronte a lui, silenzioso e sorridente.

Tsk, la brutta abitudine di prendere le cose in prestito dagli altri senza chiedere il permesso. Ora vedi in che situazione ti sei trovato, Keiichi-san.”

Oh, Rena pensa che dovresti restituirla a Satoshi-kun. È pur sempre la sua vecchia mazza, ci sarà affezionato...”

Non sto dicendo che mi voglio tenere qualcosa che appartiene a lui, Rena. Il fatto è che l'ho usata spesso, e l'ho un po' troppo consumata. Piuttosto che ridargli questa, preferirei comprargliene una nuova, Sarebbe il modo più adeguato per ripagarlo del favore che mi ha fatto.”

M-Ma io non ti ho fatto nessun favore, non è necessario che tu mi ripaghi per qualcosa... Quella mazza era già vecchia e rovinata quando l'ho lasciata qui...”

"Ara ara, Nii-Nii. Keiichi-san ti sta offrendo la possibilità di avere una nuova mazza, e tu vuoi davvero rifiutare il suo nobile gesto?”

Oh, e ora perché mai hai una così alta considerazione di me, Satoko?”

Oh, mero opportunismo. È un ottimo modo per risparmiare denaro questo, così possiamo investire i nostri soldi per qualcos'altro. Per esempio quel bellissimo set di chiodi e rampini che ho visto a buon prezzo in quel negozio di ferramenta ad Okinomiya. Quelli che ho al momento in casa sono terribilmente arrugginiti, e una signorina raffinata come me non può avvalersi di un equipaggiamento di bassa qualità, per le sue trappole.”

A, così era questo, quello che ti passava per la testa!”

Oh, non starai mica pensando di cambiare idea adesso, Keiichi-san?” Satoko prese un piccolo telecomando dalla sua tasca, e pose minacciosamente il suo dito sopra di esso.

Satoko, per favore calmati. Non dovresti comportarti in questo modo, se vuoi che qualcuno faccia con piacere quello che chiedi.”

"Ma Nii-Nii..."

Gli occhi di Keiichi si illuminarono d'immenso. “Oh, Satoshi è così gentile! Grazie mille, grazie infinite, dove eri quando Satoko faceva il bulletto e mi rendeva la vita impossibile?"

"Non è vero! Non dire a Nii-Nii queste bugie!”

Va tutto bene, Satoko, so che tu sei una brava sorella. In quanto a te, Keiichi-san, non ti ho ancora ringraziato per quello che hai fatto per Satoko. Grazie a te, e a tutti gli altri, non voglio certo tralasciare qualcuno.”

Prego, è stato un piacere... ma per favore, chiamami Kei-chan, o Keiichi-kun... Quel -san mi rende un filo nervoso..."

I due ragazzi si misero a ridere, divertiti, e Satoko fece altrettanto. Non lontano da loro, invece, Alice, Mion e Shion stavano osservando la scena. Rena le aveva notate, e rapidamente si unì al gruppo.

Sembra che Kei-chan e Satoshi-kun vadano d'accordo... Non ci avrei mai giurato, hanno dei caratteri quasi opposti, più o meno.”

Ah, Shion. Invece lo zietto era sicuro che il loro spirito di squadra avrebbe trionfato sulle loro insignificanti differenze! Non sai forse che una persona cerca in un amico quello che non trova in se stesso?”

Avrei detto che era l'opposto, Onee... Di base, cerchi qualcuno che abbia i tuoi stessi interessi e hobby.”

Allora prova a spiegarmi quello che sta succedendo laggiù, se ci riesci.”

Beh, hanno pur sempre qualcosina in comune. Non hanno entrambi una grande passione per il baseball? In fondo stanno discutendo su quella vecchia mazza.”

Non è abbastanza, Shion! Quasi tutto il Giappone ne va pazzo, e nonostante questo amore che ci si condivide sai benissimo quanti omicidi e crimini vengono commessi ogni giorno, lo puoi leggere su ogni giornale e rivista di qualsiasi città del Paese!”

Guardi troppi film d'azione, Onee, troppe sparatorie... Comunque... Allora sicuramente è la mia presenza ad essere il fattore decisivo, la mia anima candida e la mia splendida gentilezza sono gli elementi che dissolvono le ombre e le tenebre nei cuori di tutti. D'altronde, se ci affidassimo solo alle tue semi-buone maniere sarebbe scoppiata la Terza Guerra Mondiale, in questa piccola scuola di campagna.”

"Shion! Stupida sorella che non sei altro!"

"Oh, non è forse vero?" Shion distolse lo sguardo da Mion, sorridendo ironicamente, mentre sua sorella le avrebbe sfasciato volentieri la faccia con la mazza di cui stavano parlando gli altri.

Oh, vediamo se hai ragione o meno, Shion...” Le falangi delle mani di Mion scrocchiarono, preparandosi all'imminente combattimento estremo tra le due.

Comunque, quei due sembrano davvero essere felici di passare quei momenti insieme. Mi chiedo se siano sul punto... di fidanzarsi, potrebbe avvenire molto presto...”

"Ehhhhh?" Rena, Shion e Mion si voltarono repentinamente verso colei che aveva espresso quell'inaspettato quanto sgradito commento.

Perchè no?” chiese Alice, constatando quanto le altre fossero scioccate dalla prospettiva.

Come, perché no? Sono due maschi!”

E allora? I tempi bui sono ormai finiti, quei secoli in cui l'amore omosessuale era proibito e punito severamente. Se loro due si innamorassero l'uno dell'altro, e volessero vivere insieme per il resto della loro vita, perché dovreste impedirlo? Hanno dei caratteri complementari, di giorno Kei-chan potrebbe andare al lavoro, mentre Satoshi-kun potrebbe aspettarlo tutte le sere, e fare la perfetta donna di casa, o uomo di casa, scegliete voi il termine che vi piace di più. E poi, una volta di nuovo insieme, potrebbero passare dei piacevoli momenti, guardando la televisione, o facendo qualcos'altro... Potrebbero essere un'eccellente famig... Ehm...”

Alice preferì non completare la frase. Le tre Demoni dai Rossi Occhi Luciferini le stavano chiaramente facendo intendere che non gradivano il quadretto che lei stava dipingendo con quelle parole.

~-~-~-~-~

"Non sei molto brava a burlarti degli altri come si deve, vero?”

Giancarlo stava finendo di medicare con un tampone di ovatta l'occhio nero di Alice, la quale riusciva a stento a stare ferma a causa del fastidio che sentiva.

"Era solo uno scherzetto innocente! Lo sapevo che quelle tre sono cotte di quei ragazzi, e volevo farle arrabbiare un pochino, ma non così tanto! Non immaginavo che la paura di perderli fosse così grande, dovrebbero imparare a essere meno suscettibili.”

La prossima volta dovresti evitare questo genere di giochini...”

La prossima volta tu dovresti aiutare tua sorella, Nii-chan! Vederla circondata da un manipolo di pazze scatenate e non darle una mano!” Si era messa ad agitare le braccia su e giù, in segno di disapprovazione “E poi so per certo che anche tu hai avuto la mia stessa idea, mentre li guardavi.”

Non dirò una parola in proposito, a meno che non sia sicuro che quelle svalvolate siano ad almeno venti chilometri dal sottoscritto...” Alice lo squadrò seccata, quella risposta voleva dire che in effetti ci aveva pensato a sua volta, ma non l'avrebbe ammesso neppure sotto tortura. Ah, il solito Nii-chan fifone...

Non lontano da loro, anche le due gemelle Sonozaki stavano parlando, e stavano discutendo di questioni d'amore, ancora una volta.

"Onee, probabilmente Satoshi-kun non sarà mai un tuo rivale, però dovresti comunque sbrigarti, presto dovrai andare all'Università, e allora potrebbe essere troppo tardi, dopo la tua partenza Kei-chan e Rena-chan avranno un anno intero per approfondire la conoscenza reciproca, teneramente da soli, qui a Hinamizawa...”

Mion arrossì violentemente: “E allora? Che dovrei fare ora?”

Che ne dici di invitare Kei-chan a casa nostra, e di presentarti davanti a lui con solo la biancheria intima addosso? Tipo quel reggiseno sexy che ti ho regalato lo scorso mese.”

Stai scherzando! Non potrei mai farlo!” Mion stava urlando adesso, e così tutti si girarono verso di lei. La giovane divenne allora ancora più paonazza, e non osò aggiungere altro.

E perché no, Onee?” Ovviamente, neppure Shion avrebbe mai indossato quell'intimo così sfacciato e provocante, ma quello era solo un dettaglio insignificante, dare noia a sua sorella era troppo divertente; a lei non importava, in fondo, che quella di fronte a lei era la nuova leader della famiglia, e poi pure Mion sembrava essere sempre la stessa, anche dopo quel riconoscimento. In fin dei conti, Shion voleva veramente aiutarla a coronare il suo sogno d'amore.

"A parte gli scherzi, abbiamo bisogno di una strategia vincente, per conquistare il suo cuore. Cosa potremmo fare...”

Ehi, non ti immischiare, Shion! Questo è un mio problema, lo devo risolvere da sola!”

Appunto! Se lo faccio, è proprio perché è un problema che coinvolge te! E' mio dovere aiutarti. Se aspettassi te, morirei di vecchiaia, prima di vedervi insieme... Hmmm...” Mion abbassò lo sguardo, quello che Shion le aveva appena detto non era piacevole, ma aveva centrato il problema, così lei non volle rispondere.

Rena vorrebbe fare una proposta, posso dirvi cosa le è venuto in mente?” Per l'ennesima volta, la ragazza da capelli castani aveva sentito tutto, e il suo sopraggiungere aveva colto tutti di sorpresa.

Rena, fammi un favore...” esclamò Shion, seccata “Non materializzarti in questo modo ogni benedetta volta, mi farai venire un infarto uno di questi giorni... In ogni caso, sentiamo, che cosa suggerisci di fare?”

Molto bene, Shii-chan... Ognuna di noi passerà una domenica da sola con Kei-chan. Da sola, sottolineo. Il ventitré di questo mese starà con Mii-chan, e sette giorni dopo starà con me. Per lui sarà come avere un appuntamento con tutte e due. E dopo che avrà passato una giornata sia con lei che con me, Kei-chan ci dirà con chi ha trascorso la giornata più piacevole, e quindi dichiarerà la vincitrice!”

Oh... Mi sembra un'ottima idea... Ma perché non ci scambiamo le date? Sarai tu la prima, domenica prossima, e noi lo prenderemo in consegna in quella successiva.”

Rena non è d'accordo...” Stavano sostanzialmente litigare su chi doveva essere la prima, ma lo facevano a ragion veduta. Avere a disposizione la seconda data avrebbe significato avere più tempo per preparare un appuntamento con i fiocchi, e sarebbe stato un vantaggio molto significativo, visto da lì al ventitré, data del primo incontro, c'erano solo cinque giorni, e non era possibile curare tutti i particolari in un lasso di tempo così breve.

Non è un problema, se tu non sei d'accordo. Tu hai avanzato la proposta, e quindi sta a noi decidere le regole, ora.”

Allora Rena può sempre rifiutare, ed annullare la sfida.”

Ma quindi, se avete bisogno di più tempo, possiamo sempre rimandare il tutto al sette e al quattordici di Novembre. A quel punto, l'assegnazione dei giorni alle due contendenti potrebbe essere fatta con il lancio della monetina, e nessuno avrebbe da ridire.”

Shion ci pensò, e poi mostrò di gradire l'idea... EHI! FERMI TUTTI! Che ci fai tu qui, adesso? Questa questione non ti riguarda!”

Alice, quella che aveva suggerito quell'ultima proposta, stava ridendo di gusto, ignorando bellamente le lamentele da parte di Shion. Rena, nel frattempo, stava sorridendo a sua volta, ma c'era qualcosa di sinistro nel suo sguardo.

Qual è il problema, Shii-chan? Non dirmi che tu avresti lasciato da sola Mii-chan, Rena non ci crederebbe neppure se tu me lo giurassi. E inoltre la tua famiglia è potente e crudele, e tu avresti potuto usare degli sporchi trucchi per vincere questa guerra. Così, visto che sapevo che tu avresti aiutato tua sorella, io ho preferito guardarmi le spalle, e ho pensato che avrei fatto bene a cercare una qualche alleata...” Sentendo queste parole, Alice sorrise determinata e salutò Rena con un saluto militare, come farebbe ogni buon soldato nei confronti del suo comandante.

L'occhio nero di prima non ti è bastato, allora.” No, non le era bastato. Alice aveva recuperato in fretta la sua energia e il suo entusiasmo, come al solito. E così, dopo aver compreso come le sue minacce fossero inutili, Shion si alzò in piedi, con lo stesso ghigno malizioso di Rena. Tuoni, fulmini e saette sorgevano dai loro occhi, come segno di sfida tra le due giovani, e infine la ragazza dai capelli verdi esclamò: “Molto bene allora, vedremo chi la spunterà! Ora, la lezione è finita, è tempo di iniziare subito i preparativi!”

Rena, Alice e Shion si dileguarono all'istante, decise e risolute. Mion, invece, rimase seduta sulla sua sedia, sconsolata. “Ma perché si interessano così tanto alla mia vita privata?” si limitò a piagnucolare, alzando gli occhi al soffitto.

~-~-~-~-~

"Wow, l'Angel Mort è tutto per noi! Questa sì che è una sorpresa!" Keiichi non poteva credere a quello che stava vedendo. Era l'unico cliente del locare, in quanto la famiglia Sonozaki aveva prenotato tutti i tavoli per non meno di due ora, al solo fine di lasciarli da soli per un po' di tempo. Mentre il ragazzo era in preda all'entusiasmo, Mion stava guardando Shion. Entrambe stavano indossando la consueta uniforme del bar, come esattamente le altre cameriere, ma la ragazza dalla coda di cavallo si sentiva a disagio.

Shion, non avresti dovuto scialacquare il nostro denaro per fare questo genere di prenotazioni. Se tu fossi il capo della nostra famiglia andremmo in bancarotta prima della fine dell'anno...”

"Oh, andiamo, Onee, non è stato poi così costoso, l'estate è terminata da un pezzo e non siamo più in alta stagione, senza contare che il nostro caro zio mi ha fatto un prezzo speciale, solo per noi. Inoltre, vedi anche tu come Kei-chan abbia apprezzato la mia iniziativa, anche se tu, prima di oggi, continuavi a dire che era solo un'idea stupida e banale.”

E continuo a pensarlo! Ogni volta che devi portare qualcuno da qualche parte lo conduci qui. E con questa uniforme così corta ora prenderemo tutte e due una bella influenza, grazie a te.” Shion sorrise sarcasticamente, facendole notare che l'impianto di riscaldamento era già stato azionato da un bel po', cosa che per il periodo non era insolita. Infatti, se da un lato l'inverno non era ancora arrivato e quella non era una giornata così fredda, dall'altro accaldare leggermente la clientela permetteva di solito di incrementare le vendite di gelati e dessert freddi. Anche questa era una strategia per curare al meglio i propri affari, in fondo, e così il gruppo di cameriere stava servendo allegramente Kei-chan, esaudendo e soddisfacendo ogni suo (lecito) desiderio e incuranti delle due spettatrici inattese che stavano spiando la scena da dietro la finestra.

Oh, Rena era sicura che Shii-chan avrebbe usato la forza della sua famiglia. Che cosa possiamo fare, Ali-chan, che cosa possiamo fare?” Colma di gelosia, la sua faccia era spalmata sul pavimento come fosse marmellata.

Non lo so, ma dovremmo nasconderci meglio, o ci troveranno... Entrare in sala potrebbe essere considerato scorretto, le regole che abbiamo concordato ci vietano di essere viste da Kei-chan, oggi, e potremmo ricevere perfino una penalità... Comunque, non siamo ancora tagliate fuori dai giochi. Voglio dire, dovremmo semplicemente aspettare lo svolgersi degli eventi. Se quello che ho notato durante i preparativi non mi ha ingannato, non saremo sole durante queste due domeniche.”

Rena concorda.” disse lei annuendo. Già, nel periodo precedente la sfida quasi tutti erano eccitati dall'idea... Keiichi non aveva il benchè minimo sospetto di quello che le altre stavano macchinando alle sue spalle “Ma allora cosa dovremmo fare, poi? Approfittare di una futura situazione favorevole? Hmmm... Dovremmo tenere lontano Keiichi-kun da loro, o causargli dei brutti ricordi... Ma Rena non vuole fargli qualcosa di male, Rena vuole solo portare Keiichi-kun a caaaaassaaaa!”

Alice rise, seppure un poco a disagio per quello che aveva appena sentito, ma la loro conversazione fu interrotta da un motivetto proveniente dall'interno. Due delle cameriere stavano trasportando una torta gigante a quattro strati: pastafrolla, cioccolato, macedonia e crema pasticcera. Sarebbe stata sufficiente per sfamare un intero esercito, ma dietro quel primo carrellino portavivande, giusto per non correre rischi, ce n'era un altro su cui era stata appoggiata una seconda torta, questa volta molto alta e completamente bianca, simile a un dolce nuziale. Keiichi stava sbavando per l'eccitazione, ed era pronto a mettere le fauci su tutto quel ben di Dio, per quanto non fosse il pranzo più salutare che una persona potesse fare; Shion, invece, era molto meno felice, avendo visto qualcosa che non si attendeva. Chiese allora a sua sorella:

Ma sei stata tu a ordinare la seconda torta? Io non mi ricordo di averlo mai fatto.”

Stai parlando con me, Shion? No, no, io non ho preparato o chiesto alcun dolce per oggi, sono rimasta tranquilla, visto che mi avevi detto di lasciar fare tutto a te.”

Ma allora chi...”

Il timore di Shion era fondato. La torta nuziale comizio a tremare, sempre di più, e le cameriere si allontanarono spaventate. Era forse una bomba? No... anche se a un certo punto esplose. All'interno, una volta che la crema era caduta completamente per terra, un ospite indesiderato era apparso, indossando un abito da sposa.

"Oh, Keiichi-san, sei così cattivo, perché in questa gara sono state ammesse solo due concorrenti? E due vecchie decrepite, due zitelle raggrinzite, per di più. Che scarsa considerazione hai di me, soprattutto dopo quello che ho fatto per te in questi mesi, ho persino cucinato i tuoi pasti, lavato i tuoi piatti... E nonostante ciò mi ritieni indegna di te?” Quel piccolo diavolo biondo si mise a ridere sguaiatamente, dopo quel discorso, orgogliosa che il suo scherzo fosse andato in porto senza intoppi.

Shion era invece furiosa: "SATOKO! Che stai dicendo? Che stai facendo? Quando Satoshi-kun lo verrà a sapere, ti prenderà a sculacciate per tutto il santo giorno! Anzi, lo farò io, se non lo fa lui! Questa volta hai commesso qualcosa che non dovevi fare! Però, allora, se tu sei qui...” Chinò nervosamente la testa, per poter guardare il ripiano inferiore del carrellino su cui si trovava la seconda torta, e lì vide una testa colorata di blu: Nippa~. "Rika-chan, anche tu! Ma da dove avete preso quel vestito da sposa, poi... Ah, certo, Irie-sensei, quando gli metto le mani addosso... Confessatelo, è stata Rena a mandarvi qui a fare le guastafeste, non ho ragione?"

Oh, tu sei perfino più perfida di Keiichi-san, quando ci fai questi affronti. Come ho appena detto, anche io sono una giovane fanciulla che presto sarà in età da marito, e qui io reclamo il mio diritto a far parte di questa speciale attività del club.”

Questa NON è un'attività del club, questa è una faccenda seria! Kei-chan, se riesci a prenderla, ti daremo un biglietto platino che ti permetterà di mangiare qui gratis e a volontà, vita natural durante!”

Davvero? Oh, mi piace, mi piace da impazzire...” gli occhi di Keiichi assunsero una luce diabolica, e si alzò in piedi come uno zombie per esaudire il desiderio della sua benefattrice. Ma Satoko era pronta a un'eventualità del genere. Sotto il suo abito, aveva nascosto una moltitudine di aggeggi e trappole assortite che le sarebbero tornate molto utili. Apri allora le braccia e piegò le gambe, pronta a combattere come una pistolera.

Mi sa che è meglio andarcene” disse allora Alice “Questo spettacolo l'abbiamo già visto diverse volte, e sappiamo bene come andrà a finire. Kei-chan sarà fortunato se domani sarà già fuori dall'ospedale. E poi, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo. Le nostre care amiche non avrebbero avuto nulla in contrario ad accettare la prima data, una volta dato loro il tempo necessario per allestire il tutto, ma in questo modo abbiamo potuto studiarle per bene, e ora abbiamo delle informazioni preziose a nostra disposizione, come il fatto che Satoko-chan e Rika-chan siano a loro volta della partita.” Quella sorta di recita che avevano preparato qualche settimana prima aveva funzionato per bene, Shion e Mion avevano pensato che la loro fosse stata una proposta improvvisa e fatta senza riflettere, e ora avevano un vantaggio importante da gestire.

~-~-~-~-~

"E ora dove diamine sono finite?" Sette giorni dopo, Shion era ancora più arrabbiata di prima. Il tutto stava procedendo nel modo opposto di come se lo era immaginato, e la sfida con Rena rischiava seriamente di avere l'esito sbagliato. Le due gemelle, infatti, stavano cercando Keiichi e l'altra squadra di ragazze, ma non riuscivano a trovarlo. Non erano alla discarica, non erano al club di mahjongg, non erano neppure a scuola, dove si Shion e Mion si trovavano ora. Anche il destino sembrava essere contro di loro, quel giorno era stato baciato da un solo più caldo del normale, per quel periodo: un pomeriggio ideale per uscire e divertirsi all'aria aperta con gli altri. Erano già le tre del pomeriggio, e dopo il disastro che si era verificato durante il primo appuntamento, una giornata piacevole per Keiichi avrebbe rappresentato la condanna per Mion.

"Shion..." sua sorella provò a calmarla "Dovremmo andare a casa, adesso. Ho... Ho altre cose a cui pensare, dovresti saperlo. Dimentichiamo questa storia...” La giovane pareva particolarmente depressa, e Shion non poteva accettarlo.

"Onee, stai forse dicendo che rinunci al tuo sogno, ai tuoi desideri? Che rinunci a combattere? No, non posso permetterti di farlo, non me lo perdonerei mai! Hai dimenticato quale è la posta in gioco?”

Però, devi ammettere che Rena-chan è stata indiscutibilmente più furba di noi, deve avere saputo di quello che è successo a noi e deve aver imparato dai nostri errori. E' per questo che non riusciamo a trovarla, hanno fatto in modo che nessuno potesse trovarli, neppure Satoko-chan, così lei...”

Perchè sei così giù di giri oggi, Onee? Shion sapeva della timidezza di fondo di sua sorella, ma quel pomeriggio era anche più malinconica del solito. Stava ancora pensando che Keiichi avrebbe preferito una ragazza più gentile e dai modi più femminili, piuttosto che una come lei? Oppure si sentiva più responsabile verso gli altri, dopo aver assunto un ruolo così importante all'interno della famiglia e del villaggio? Ora essere un leader comportava l'impossibilità di essere allegri e spensierati, almeno di tanto in tanto? No, non poteva finire così. Afferrò per il braccio la sorella, e si precipitò verso il telefono pubblico più vicino alla scuola. Fortunatamente ce n'era uno proprio dei pressi dell'edificio, grazie al fatto che la struttura in passato era usata dalla guardia forestale, per la quale era necessario disporre di un apparecchio per le telefonare di emergenza. Appena furono arrivate lì, Shion compose un numero, e attese.

"Salve, qui è Giancarlo Serco-san che parla. Posso sapere chi è al telefono, per favore?"

"Fammi il piacere di non essere così formale, Gi-chan! Sono solo Shion, non il Signore dell'Universo! Non ho tempo da perdere, abbiamo bisogno subito del tuo aiuto."

Per quella stupida sfida? Non voglio avere nulla a che fare con questa storia, l'ho detto pure ad Alice.”

RISPONDI ALLA MIA DOMANDA E BASTA! Se tua sorella avesse pianificato di nascondere Kei-chan e Rena-chan da qualche parte, quale posto pensi che sceglierebbe?”

Shion udì chiaramente un sospiro, proveniente dall'altro capo, e allora reagì sollevando gli occhi al cielo, esasperata. Ma poi udì quello che voleva sapere: “Devi pensare che forse è stata Rena-chan a compiere quella scelta, non Nee-chan... Comunque, se io fossi in voi proverei a cercarli in posti che di solito non prenderei in considerazione, quella ragazze vi conoscono a fondo. Qual è l'ultimo posto che controllereste? Quello che non vi verrebbe mai in mente?”

La ragazza dai capelli verdi ci pensò un po', e poi: “Oh, mio Dio... Il nostro Maniero... Ma allora, il posto più adatto per restare da soli sarebbe... Non mi dire che in qualche modo hanno raggiunto il tetto di casa nostra! Certo, Rena-chan potrebbe essere entrata nell'edificio, e aver portato Kei-chan con sé. La mamma non aveva alcuna ragione per lasciarli fuori, non sa nulla della nostra sfida...” La giovane udì un verso di soddisfazione dal ricevitore, e poi il segnale di telefono occupato. Aveva riagganciato. “Il solito orso solitario, a quel ragazzo evidentemente non piace fare il simpatico a tutti i costi... Be', almeno ci è stato utile. Andiamo, Onee.”

Fortunatamente Kasai li stava aspettando nei dintorni con la sua auto, così arrivarono al Maniero dopo pochi minuti. Trovarono la porta d'ingresso principale apera. “Ah-ha! Allora sono davvero qui!” Quanto Shion aveva affermato trovò poi conferma poco dopo, quando si imbatterono nel tetto della loro casa, semidistrutto. Sopra di esso, una Rena indemoniata stava maneggiando il suo giocattolo preferito, una pesante e sovradimensionata mannaia, e con essa stava cercando di colpire Satoko, che mentre ridacchiava stava correndo qua e là, fuggendo da lei.

Oh, Satoko-chan, quando ti prendo ti concerò per le feste, sarai così carina che ti porterò a caaaaaaasaaaa!” Rena non pareva molto contenta di vedere anche il suo appuntamento, il sorriso malefico che compariva sul suo volto esigeva chiaramente vendetta.

"Ho ho ho, you dovresti riuscire a prendermi, prima di dire una cosa simile..." Satoko aveva una fune in mano, e con essa creava in continuazione delle semplici trappole contro di lei, incastrandola in chiodi che aveva precedentemente preparato sul tetto, e tentando di fare inciampare Rena su quegli ostacoli.

Temo che giocheranno per parecchio tempo... Accidenti, quella bambina ne sa una più del diavolo.” disse Alice, che le stava guardando dal terreno sottostante, mortificata. Shion la raggiunse, sorridendo soddisfatta, e chiese come fosse stato possibile che Satoko le avesse trovate così rapidamente.

"Ehm... Che potrei dire? Pensavamo di aver previsto tutto, ma avevamo dimenticato che Satoko-chan e Rika-chan vi avevano tenute d'occhio, nelle scorse settimane." Le mostrò una microspia. "Satoko-chan ha disseminato l'intero vostro Maniero con questa roba, non chiedetemi quando, ma probabilmente è stato lo stesso giorno in cui ha piazzato tutti quei chiodi lassù. Resta il fatto che in questo modo ha scoperto che noi eravamo qui, e...” Si fermò per un istante, udendo un rumore assordante, causato da uno dei micidiali colpi di Rena, che aveva però solo sfiorato Satoko. Tutte e due stavano continuando a ridere, divertite da quel combattimento senza fine, mentre Alice aggiunse: “A quelle due manca una rotella, mi pare... Tutti quei buchi sul tetto, quanto verrà a costare la riparazione. adesso?"

"Oh, non è questo il problema, Ali-chan, abbiamo stipulato un'assicurazione sulla casa, sarà lei a rifondarci per i danni. Piuttosto... ero più preoccupata per la reazione di Batcha.”

Intendi tua nonna? Oh, ha solo dato un'occhiata alla situazione, e ci ha raccomandato di non fare troppo rumore. Poi è rientrata in casa... e a me pareva perfino che sorridesse, come se in fondo non le importasse di come le stessero riducendo la casa.

Questa sì che è una novità...” Shion non si aspettava che Oryou diventasse un'anziana tanto tranquilla. Certo, non si doveva caricare più delle responsabilità di essere una leader, aveva lasciato quel posto a Mion, e allora forse non sentiva più il bisogno di essere autoritaria e dispotica, non doveva indossare quella maschera crudele che incuteva terrore e rispetto. Inoltre, le era sempre piaciuto l'ambiente allegro e vivace che Keiichi sapeva creare. Detto ciò, era comunque una reazione un po' anomala... Sua nonna era davvero strana, alle volte “Ah, giusto... E Kei-chan?"

"Vuoi sapere dove è andato a finire? Beh, riesci a vedere quello squarcio enorme lassù, sempre sul tetto, vicino al comignolo? Ecco, direi che dovresti essere in grado di capire cosa sia successo. Vostra madre e Rika-chan lo stanno medicando, al momento. Ah, e ovviamente abbiamo informato anche Akane-san della nostra sfida, era giusto farlo.” Mion propose allora di andare a vedere come stesse.

Personalmente ho un'idea migliore." replicò Shion “Rena-chan, Satoko-chan, scendete da lì, per favore, le due domeniche sono ormai concluse, ed è ora di sentire qual è il giudizio finale di Kei-chan." Le due obbedirono, e raggiunsero in un battibaleno la stanza dove si trovava il ragazzo.

Stava nel bel mezzo del dojo, sicuramente il miglior posto per una scelta di tale importanza. I presenti si sedettero, silenziosi, e quindi Rika iniziò a parlare: “Keiichi-kun, infine... Hai preferito la domenica passata con Mii-chan o quella con Rena-chan?” A dire il vero, non aveva trascorso nessuno dei week-end solo con una delle ragazze, ma la questione aveva ancora un senso, e Keiichi chiuse gli occhi, pensando a una risposta.

Tutte loro rimasero a fissarlo, non osando aprire bocca. Mion deglutì, con gli occhi sgranati, terrorizzata dall'idea di ricevere una risposta negativa; sua sorella continuava a guardare prima lei e poi Keiichi, in preda all'ansia. Rena teneva il volto nascosto dietro le sue mani, continuando a scuotere la testa per non pensare all'importanza del momento; Alice sperava con tutta se stessa che il suo contributo fosse stato decisivo. Satoko stava riflettendo su cosa sarebbe accaduto se quel villano avesse davvero scelto lei invece di quelle due megere di mezz'età, e la cosa la imbarazzava. Rika e Akane, invece, si stavano limitando ad osservare la scena, la prima estremamente divertita da quello che stava succedendo, la seconda più pensierosa e con uno sguardo più serioso e composto.

Ma ora... più di un minuto era passato, nessuno era in grado di attendere un secondo di più. Si stavano scrutando a vicenda, i loro occhi brillavano e guizzavano a destra e sinistra come animali in gabbia, e stavano iniziando a trattenere il respiro, sporgendo in avanti il petto per il stress di quel momento, e non vedendo l'ora di udire il suo responso. E se avesse scelto lei? In cosa potrei aver sbagliato? Potrebbe essere possibile che... Le loro menti erano colme di pensieri simili a questi, e i loro occhi erano spalancati... Sì, anche lui aveva aperto i suoi, era finalmente pronto per parlare... Tutte loro erano immobili come statue di ghiaccio, non osavano compiere il più piccolo movimento, ma ora era tempo di sapere chi aveva scelt-

Scusate, ma non ho capito perché dovrei scegliere.”

Non dissero una sillaba per un'eternità. Erano rimaste di stucco. Un vento freddo era entrato nel dojo, e tutti i loro cuori andarono in mille pezzi all'unisono. Poi lui aggiunse:

"Dopo tutto mi sono divertito molto in entrambe queste domeniche, dovremmo farlo più spesso. Una volta con Mion e Shion, una volta con Rena ed Alice, e una volta, perché no, anche con Rika e Satoko. Ma dovremmo coinvolgere anche gli altri, non possiamo certo escluderli."

"Allora..." chiese Shion, guardando il parquet e percependo come le sue mani tremassero per la rabbia “Non ti è neppure passato per l'anticamera del cervello, di pensare che ci fosse una ragione profonda, dietro questa battaglia?”

"Ragione profonda? Battaglia? Di cosa state parlando...” Questo fu tutto. Akane si alzò e uscì dal dojo, andando a cercare le nuove bende e pomate che avrebbe dovuto usare di lì a poco.

~-~-~-~-~

Quella sera, Mion andò a letto presto. Era stanca, e sensibilmente delusa. L'atteggiamento di Keiichi verso di lei cominciava a sembrarle evidente, non mostrava un particolare interesse nei suoi confronti, non sembrava la volesse come sua fidanzata. Per lui, lei era con tutta probabilità solo un amica. Così, il suo spirito dovette cominciare a fare i conti con quella che sembrava una verità scomoda: “Kei-chan è una persona meravigliosa, e io lo amo... Ma lui non mi ama. A questo punto è chiaro che lui provi qualcosa per Rena, e che per me non ci sia speranza...”

Quella sera, Rena andò a letto presto. Era stanca, e sensibilmente delusa. L'atteggiamento di Keiichi verso di lei cominciava a sembrarle evidente, non mostrava un particolare interesse nei suoi confronti, non sembrava la volesse come sua fidanzata. Per lui, lei era con tutta probabilità solo un amica. Così, il suo spirito dovette cominciare a fare i conti con quella che sembrava una verità scomoda: “Keiichi-kun è una persona meravigliosa, e Rena lo ama... Ma lui non mi ama. A questo punto è chiaro che lui provi qualcosa per Mii-chan, e che per me non ci sia speranza...”

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Capitolo 14
*** La fine di un dolce sogno ***



Capitolo 13: La fine di un dolce sogno


Hinamizawa, 30 Novembre 1983

La notte che era appena iniziata era particolarmente buia. La luna nuova sarebbe sopraggiunta tra quattro giorni, e le pesanti nuvole scure impedivano alla debole luce lunare di raggiungere la terra. Il clima era oramai troppo rigido per permettere alle cicale di piangere ancora, con tutta probabilità Hinamizawa avrebbe presto dovuto affrontare la prima nevicata della stagione fredda. Così, la maggior parte degli abitanti del villaggio erano già andati a letto, il giorno dopo dovevano pur sempre alzarsi presto, come al solito.

La maggior parte, ma non tutti. Qualcuno era ancora sveglio. In una grande sala riscaldata, il capo della famiglia Kimiyoshi aveva appena visto qualcosa che non gli avrebbe mai permesso di riposare tranquillo, quella notte.

Questo... Questo è uno scherzo... Quell'esperto si sta prendendo gioco di noi...”

Kimiyoshi stava leggendo l'ultima pagina dello studio che avevano deciso di commissionare due mesi prima, durante una delle ultime riunioni del consiglio cittadino. Quel foglio di carta conteneva in particolare le conclusioni dell'esperto, quelle che lui aveva formulato dopo la fine della sua ricerca, e le ultime sei righe suonavano come un'oscura e sinistra maledizione:

Il rischio idrogeologico comportato dai vecchi scavi per la realizzazione della Diga, associato a quello derivante dalla composizione del sottosuolo e da altri fattori contingenti, è cresciuto esponenzialmente nell'ultimo periodo, fino a raggiungere il livello d'allarme, e il fatto che il fenomeno sia stato sottostimato negli anni passati ha permesso allo stesso di svilupparsi senza che fossero prese contromisure per contrastarlo. Vi è quindi evidenza statistica per poter affermare che una frana di dimensioni fuori dall'ordinario causerà la distruzione di Hinamizawa in un periodo che si protrae dai sei agli otto mesi a partire dal presente giorno.

Una frana dalle dimensioni spropositate in grado di spazzare via tutto, e in arrivo entro sette-otto mesi... Voleva dire che Hinamizawa non sarebbe sopravvissuta al prossimo Watanagashi. Kimiyoshi distolse allora lo sguardo da quel documento, e guardò Mion, pietrificato dall'angoscia. La ragazza lo guardò a sua volta, e poi fece un cenno con il capo, senza sorridere. Quel rapporto era la ragione della riunione di emergenza che aveva richiesto urgentemente.

Pensavo che fosse corretto da parte mia informare tutti voi circa questa situazione poco piacevole.” Dichiarò Mion, freddamente, mentre Kimiyoshi, così come gli altri membri del consiglio, non riuscivano a trovare le parole esatte da usare, per quanto fosse lampante che volessero chiedere come quell'incubo potesse essere mai possibile. “Comunque ho già ricontattato l'autore di questa ricerca, qualche giorno fa.” continuò lei nel frattempo “Ci ha indicato le zone attualmente più soggette a rischio, le montagne che potrebbero essere interessate maggiormente dalle frane, le potete leggere qui.” Mion prese una mappa gigante della zona, segnata con colori differenti, e chiese a Kasai di posizionarla al centro della sala, in modo che tutti la potessero vedere, e mentre lui obbediva diligentemente lei aggiunse: “Inoltre, l'esperto mi ha spiegato che un'estate secca o comunque un lungo periodo senza piogge seguito da un violento nubifragio potrebbe definitivamente sbriciolare il terreno.”

Sbriciolare?” ripetè Kimiyoshi mentre analizzava la mappa, deglutendo amaro. Le zone contrassegnate dal colore rosso erano quelle più ad alto rischio, e più della metà delle montagne della vallata erano state dipinte con quella tonalità. La maggior parte di loro apparteneva alla famiglia Sonozaki, ma erano comunque zone prettamente boschive, posti che il clan non aveva mai utilizzato per alcun scopo specifico, e che quindi non controllavano regolarmente. Non c'era da stupirsi, se l'erosione del terreno che si stava verificando lassù era passata inosservata.

Sì, è proprio quello che ho detto. Il suolo in quelle zone è diventato via via più sabbioso durante gli ultimi anni, stando a quanto mi è stato detto, a causa di svariati motivi, come la desertificazione dell'area e il riscaldamento globale, ma anche per fattori locali, come l'utilizzo incontrollato e lo spreco di acqua che prelevavamo dal terreno per le risaie, che ha reso la terra intorno ai campi sempre più secca e friabile. Certamente anche voi sapete dell'alto numero di pozzi che abbiamo scavato nell'ultimo periodo, per ottenere la quantità d'acqua necessaria per le coltivazioni.”

Capisco, ma quelli erano lavori necessari... E poi non ho visto boschi scomparire recentemente, e per ora non ci sono mai stati problemi nell'irrigazione delle risaie della campagna, neanche quest'anno. Se non ci fosse più acqua quei campi sarebbero all'asciutto ora, no?”

Ah... Se la cosa stesse così forse avresti ragione, ma la verità è che mi sono espressa male. Il ricercatore ha parlato di un problema riguardante soprattutto gli strati più profondi del terreno, quelli dove si trovano le falde acquifere. La quantità di acqua in quei punti è diminuita sensibilmente a causa dei nostri prelievi, molto maggiori delle piogge che rifornivano la falda stessa. Mi dispiace di non poter descrivere rigorosamente la questione, non sono molto esperta dell'argomento, e lo studio che mi è stato presentato è troppo complicato per me. Potete averne una copia, se lo desiderate.” Mostrò una sorta di libro molto alto e voluminoso, contenente sicuramente più di quattrocento pagine. Solo per leggerlo ci sarebbero voluti dei giorni, a causa dei termini tecnici e di difficile comprensione di cui il testo era presumibilmente pieno.

Però, anche in questa situazione, grazie alle piogge che arrivano di solito in questo periodo... Dovremmo ricevere l'acqua necessaria a far sì che il terreno rimanga stabile...”

Una singola tempesta violenta dopo un mese senza pioggia sarebbe sufficiente a causare il disastro che ci è stato prospettato. Non possiamo affidarci al caso. Siamo già stati fortunati in quest'ultima estate, i temporali che ci sono stati con una certa regolarità sono stati un toccasana, e hanno evitato guai peggiori. Ma non possiamo rischiare anche l'anno prossimo, e quello dopo, e quello dopo ancora. Abbiamo delle responsabilità nei confronti della popolazione.”

Ma allora non possiamo fare proprio nulla per fermare queste frane? Tipo realizzare delle reti di contenimento, oppure... costruire una specie di... di diga...” Gli altri si voltarono verso di lui, e lo stesso Kimiyoshi si stupi di sentire se stesso mentre parlava di realizzare qualcosa di molto simile a quello contro cui avevano combattuto così strenuamente in passato.

"Kimiyoshi-san, non penso che delle reti siano in grado di fermare un'intera montagna. E costruire una diga di sbarramento grande a sufficienza per scongiurare la catastrofe impiegherebbe troppo tempo, sono certa che ricordi ancora molto bene quanto dovevano durare i lavori per quella contro cui ci siamo battuti.”

Nessuno volle ribattere, non sapevano davvero cosa fare, o cosa dire. E anche Rika non poteva fare altro che contemplare la scena, silenziosa come loro. Era conscia di quello che stavano provando in quell'istante. Questa era una catastrofe voluta dal fato, e non potevano evitarla in alcun modo, al contrario della Guerra della Diga. Così, tutti stavano disperatamente cercando di trovare una possibile contromisura, immersi nelle loro paure più profonde. Finché quel silenzio asfissiante non fu interrotto da uno dei membri più anziani del consiglio, che si levò in piedi e gridò:

"Non è possibile! Non ci voglio credere! Oyashiro-sama non avrebbe mai permesso un disastro del genere. Ci protegge, e continua a proteggerci! Questo studio è un falso, ci deve essere un errore!” Tutti lo fissarono sbigottiti, e pensarono che non avesse tutti i torti. Come poteva il Monaco tradirli in quel modo? Cominciarono a discutere animatamente tra loro, e fu arduo per Mion riportare l'ordine in sala. Una volta che fu in grado di ristabilire il silenzio, comunque, rispose così a chi aveva mosso quell'osservazione:

"Garuno-san, posso comprendere come tu sia arrabbiato e preoccupato, anche io lo sono altrettanto. Ma come puoi affermare con tanta sicurezza che non siamo davvero in pericolo, assumendoti la responsabilità per tutte le persone che abitano Hinamizawa, duemila anime?” Lui non osò controbattere, e Mion aggiunse “Ho già fatto controllare questo lavoro da un altro studio, e anche loro hanno confermato tutto. Altrimenti, non vi avrei mai spaventato senza una ragione precisa. Guardate voi stesso.” Prese un altro foglio da un portadocumenti, e lo porse a Garuno. Era un testo dattiloscritto molto breve e comprensibile, come era stato richiesto dalla famiglia Sonozaki, ma sfortunatamente quello che era stato scritto su di esso era ciò che Mion e gli altri non avrebbero mai voluto leggere:

Questa ricerca è molto lunga e dettagliata, forse perfino troppo complicata in alcuni suoi passaggi. Tuttavia, i calcoli che contiene sono corretti e trattati in modo rigoroso, difficilmente criticabili.

Garuno, inquieto, riconsegnò il documento a Mion, dicendo: “Allora è vero... Ma quindi Oyashiro-sama non ci ama più, ci odia, ci disprezza... E questo è un segno della Sua ira, è la Sua vendetta inesorabile!”

Questo non è vero. Oyashiro-sama non è arrabbiato con noi." replicò Rika. Come unico membro in vita della famiglia Furude, anche lei era presente alla riunione, ed era seduta accanto a Mion e Kimiyoshi. Mostrando un comportamento serio e formale, stava mostrando un'età molto più adulta di quanto il suo corpo lasciava intendere, e la sua esile figura era capace di ispirare una qualche forma di rispetto nei suoi confronti. Ma nonostante ciò, Garuno non si era ancora convinto:

"Rika-chama, mi dispiace se suono rude e scortese, ma mi ricordo ancora di cosa vostro padre ha fatto, durante la Guerra della Diga. Ci aveva invitato ad essere meno intransigenti, ad essere più moderati, ha perfino protetto chi supportava quel progetto disgraziato! E ora tu ci stai dicendo di non preoccuparci... Dicci un po', chi sta proteggendo la tua famiglia, ora?”

Ma Mion rispose: “Non sta affermando che non corriamo alcun pericolo, anzi, eri stato tu a dirlo, prima. Inoltre, pensavo che la Guerra della Diga fosse un capitolo chiuso, quindi smettila di insultare gli altri senza ragione, sono stata chiara?” Garuno, vedendo come lei lo fissava irritata, si rese conto di quello che aveva detto, e concluse che fosse meglio non parlare per un po'. Rika allora ringraziò la sua amica, ritornando con la mente a quanto era stato fatto in passato per far in modo che il villaggio facesse pace con Satoko, dopo l'ultimo Watanagashi. L'epica guerra che avevano condotto per convincere l'Osservatorio per la Tutela dei Minori a salvarla e portarla via da Teppei era infatti avvenuta nel mondo precedente, e pertanto dovevano pensare a fare nuovamente una cosa del genere. Fortunatamente, questa volta era stato più facile, Keiichi era direttamente andato da Oryou, per spiegare la situazione, ed esattamente come l'altra volta avevano deciso di giungere a un compromesso, dichiarando che il perdono di Hinamizawa era stato accordato a Satoko come omaggio per l'audacia e lo spirito battagliero del ragazzo, una forma di riconoscimento da parte della capofamiglia della famiglia Sonozaki. Poi, la morte prematura di Teppei aveva reso le cose più semplici, ora la bambina risultava formalmente come adottata dal padre di Keiichi stesso, e nessuno la guardò più con diffidenza: in fondo nessuno odiava più Satoko, e quindi non ci furono problemi e opposizioni a quella decisione. Pertanto, Rika sperava che quella storia fungesse da lezione per tutti gli abitanti, e come esempio anche in quella difficile situazione.

Allora, Mion continuò: “Comunque, voglio essere sicura al cento per cento che questo lavoro dica la verità, esattamente come voi. Chiederò a un altro geologo di controllare quest'analisi, ci vorrà solo qualche giorno.”

E cosa avete intenzione di fare se fosse tutto confermato?” Questa era la domanda più importante, e tutti temevano di udire quello che non volevano sentire. Ma fortunatamente per ora non udirono nulla: Mion si limitò ad abbassare lo sguardo, e rispose semplicemente: “Aspettiamo prima la risposta, e poi darò la mia opinione in proposito.”

Qualche minuto dopo, quando il consiglio ebbe termine, Rika osservò un'altra volta Mion, mentre si stava alzando per uscire, senza dire nulla a nessuno. Pareva di cattivo umore, con il morale a terra, sembrava davvero tormentata e angosciata da foschi pensieri. Era così diversa dall'allegra ragazza che aveva sempre conosciuto... Stava assaggiando il peso delle sue nuove responsabilità, e aveva bisogno del sostegno di tutti. Dovrei dirlo al club, domani. Non possiamo lasciarla da sola. Anche se Irie mi ha detto che non può ammalarsi della Sindrome, ha comunque...

All'improvviso, un ombra si pose in mezzo tra lei e Mion, impedendole di scorgere ulteriormente la sua amica. Era il dottor Irie che, come al solito, l'avrebbe condotta con la sua auto dalla sala del consiglio fino a casa. Così, lei lo seguì sino alla sua macchina, e durante il viaggio gli chiese:

Irie, tu hai capito cosa vuol dire tutto questo, vero? Se questo pericolo è vero saremo costretti... a lasciare Hinamizawa, e senza avere la possibilità di combattere.” Dopo tutto quello che era successo durante la Guerra della Diga questa suonava come una beffa atroce, ma d'altronde l'imbarazzo che aveva percepito attorno a lei durante la riunione non le consentiva di sperare che qualcuno potesse trovare una soluzione migliore.

Irie, nel frattempo, stava annuendo: “Lo so, ne sono consapevole. Ma tu ora sei preoccupata soprattutto riguardo cosa accadrebbe a causa della Sindrome durante una migrazione di massa, ho ragione? Insomma... La cosa più importante sarebbe tenere tutti gli abitanti non troppo distanti da te, al fine di salvare perlomeno la loro salute mentale. Ma questo è pressoché impossibile, sicuramente alcuni di loro si trasferirebbero lontano dagli altri, a casa di qualche parente per esempio, e ciò sarebbe la loro condanna a morte.”

E quella sorta di magica proteina non è ancora pronta? Non sei ancora riuscito a sintetizzarla?”

No, malauguratamente. O meglio, ad essere precisi, l'avremmo anche già fatto, ma quella sembra una molecola decisamente instabile, si scinde velocemente in sostanze più semplici prima che faccia qualche effetto sull'organismo. Probabilmente nel sangue di Mion-san c'è qualcos'altro che funge da catalizzatore... E quindi, l'unica cura che potrei eseguire al momento è una trasfusione diretta di plasma per guarire eventuali pazienti affetti dal Livello 5, ma è un discorso che non vale per tutti: il gruppo sanguigno di Mion-san è B+, come quello di Satoshi-kun per fortuna, e pertanto non posso dare il suo sangue a chiunque, più della metà del villaggio sarebbe esclusa da questo tipo di procedura. Dovrei condurre ulteriori studi, ma ora...”

In parole povere, quale sarebbe la tua proposta? Mion ci darà certamente ascolto, ma dobbiamo avere una qualche idea da suggerirle.”

Irie era inquieto, a sua volta. Continuava a fissare con gli occhi la strada davanti a lui, ma la sua mente stava pensando a tutt'altro: “Beh... il farmaco definitivo non è ancora pronto, non possiamo somministrarlo per ora. La cosa migliore è cercare di tenere il villaggio unito intorno a te, e allora dovremmo andare tutti in quei grandi condomini e case popolari che ci sono nelle grandi città. Non è un rimedio economico, ma non riesco a vedere alternative. In ogni caso, dobbiamo evitare con tutte le nostre forze che anche solo una singola famiglia vada da un'altra parte...”

Ma si può fare una cosa del genere? Costringere duemila persone a seguirci sempre e comunque?”

Non lo so... Ma temo che per fare ciò, l'unica strada praticabile sarebbe...”

... Rivelare l'esistenza della Sindrome all'intero villaggio, ho ragione?”

~-~-~-~-~

La mattina successiva, ironicamente, fu molto piovosa. Chie-sensei aveva concesso a Mion di non seguire la lezione di quel giorno, non avrebbe comunque prestato orecchio a quello che lei o un qualsiasi altro professore le avrebbe detto in quel momento. E anche dopo la fine delle lezioni era rimasta seduta al suo posto, rimirando preoccupata la finestra e il panorama che si poteva vedere da essa. Il cielo si stava scurendo, i giorni più corti dell'anno si stavano avvicinando, e questo non aiutava a metterla di buon umore. Non se la sentiva di divertirsi o giocare con gli altri, e del resto tutte le attività del club erano state sospese da qualche giorno, da quando le erano stati recapitati i risultati di quel maledetto studio.

L'intero club, comunque, era vicino a lei. Erano al corrente della situazione da quando Mion aveva ricevuto il primo dossier, il suo morale si era improvvisamente abbassato ed era quindi chiaro come qualcosa di terribile le fosse accaduto. Ma nessuno di loro volle rivolgerle la parola, in segno di rispetto. Infatti, tutto il villaggio si trovava immerso in quella lugubre atmosfera, quel giorno. Dopo essere stati informati sull'argomento dell'ultima riunione del consiglio, nessuno voleva parlare con nessuno, né desiderava ridere allegramente come se nulla fosse. Lungo quelle strade polverose, gli occhi di tutti erano fissi sul terreno, sia che si stessero recando al lavoro sia che si stessero dirigendo a scuola. Avevano il timore di alzare lo sguardo, verso le montagne che sembravano in procinto di togliere loro tutto.

E anche da quella finestra della classe, nessuno osava guardarle. Da lì, l'unica cosa che vollero osservare era la strada che conduceva a Okinomiya, e quindi verso le città più grandi. Tutti gli studenti erano conscio che probabilmente avrebbero dovuto percorrere quella via, per salvare le loro vite, e questo li rendeva ancora più silenziosi e desolati. Così, quella quiete irreale permetteva loro di ascoltare ogni singola goccia di pioggia che cadeva e colpiva le lamiere metalliche appoggiate sul muro esterno, non lontano dall'ingresso della scuola, mentre una nebbia sottile stava iniziando a sorgere dal terreno umido, contribuendo a privare di luce l'ambiente circostante, e non c'era vento che potesse disperderla.

Mion decise allora di alzarsi, e una volta raggiunta la finestra continuò a guardare il cortile. Poi, cominciò a muovere un dito sopra il vetro appannato, lentamente. Su, poi giù, poi a destra, poi ancora giù. Stava disegnando un gattino. Ne aveva realizzati a decine per Rika in passato, quando lei era ancora una bambina molto piccola... Dopo aver finito, contemplò la sua opera per un minuto, sorridendo malinconicamente, e poi ritornò al suo banco, sedendosi nuovamente senza dire una parola. Nel frattempo, la pioggia continuava a cadere, leggera, rumorosa e interminabile.

Keiichi l'aveva guardata mentre disegnava, pensieroso, e infine si decise a parlare: “Mion, potresti dirci cosa avete intenzione di fare, ora? Vorremmo saperlo... Per darvi una mano, se possibile.” La ragazza dalla coda di cavallo sollevò la testa per volgere lo sguardo verso di lui, mentre Keiichi continuò dicendo: “Sono sicuro che tu abbia già pensato alle varie scelte da prendere in considerazione, nel caso arrivasse un'altra conferma... Hai già preso delle scelte?”

Lei lo guardò, immobile, silenziosa, come se stesse pensando a una risposta adatta. Poi scosse la testa, e spiegò: “Davvero, non saprei... Al momento non posso far nulla se non aspettare la risposta di quell'altro esperto, ma se le montagne stanno davvero per caderci sulla nostra testa, non c'è barriera e sbarramento che tenga... La scelta più logica sarebbe allora evacuare Hinamizawa, ma come posso pretendere che mi seguano senza discutere, verso un posto che non appartiene loro? Tutti gli abitanti del villaggio sono nati qui, Kei-chan, a parte la tua famiglia, e a parte Ali-chan e Gi-chan. Siamo nati qui, e abbiamo sempre pensato che saremmo morti qui. Lasciare questa valle sarebbe un colpo durissimo per molti, alcuni dei nostri compaesani potrebbero perfino togliersi la vita, pur di non dover affrontare un trauma simile, e io non posso certo permetterlo. Sai una cosa? Molti di voi erano da un'altra parte, qualche anno fa, ma vi hanno comunque detto della Guerra della Diga. Quella volta avevamo combattuto per restare in questo posto, noi volevamo, e vogliamo tuttora, stare qui per sempre, avevamo perfino rifiutato una bella somma di denaro come compensazione per l'esproprio. E fummo così forti da essere in grado di difendere i nostri diritti. Quel giorno ci eravamo sentiti forti come veri demoni, degni del loro passato e capaci di raggiungere i nostri obiettivi, e senza metodi illegali. Ma ora... Non abbiamo neppure un nemico da affrontare, qualcuno con cui prendercela. Dovremmo provare risentimento contro Oyashiro-sama ora, per questo crudele destino? In fondo sarebbe l'unico che potrebbe essere additato come responsabile per tutto ciò...” Mion sospirò “... Ma non credo che ci sia un Dio tanto spietato e vendicativo, Oyashiro-sama dovrebbe essere piuttosto un benevolo patrono, un protettore, non ho forse ragione?” Rika le sorrise, per incoraggiarla, quindi disse: “Ieri l'atmosfera in quella sala era così cupa, tutti erano così tristi e pieni di paure...”

Li posso capire.” notò Keiichi “Tutti stanno cercando una qualsiasi via di uscita, o almeno cercano qualcuno che gliela possa indicare. La prossima volta tutto il club dovrebbe essere presente al consiglio, hanno certamente bisogno di tutto il supporto e il coraggio che possiamo infondere in loro. Invitaci, e vedrai il risultato, Mion. Prenderò a schiaffoni i loro bei visetti apatici finché non sono pronti a combattere come leoni!” La ragazza sorrise, un poco sollevata, ma non sembrava volesse scherzare, o essere allegra.

Un'altra questione è il fatto che molte persone perderebbero tutto, se dovessimo lasciare il villaggio.” disse Satoko, d'accordo con Keiichi “Ci sono molti agricoltori tra noi, famiglie che dipendono interamente dai campi che coltivano, e che andrebbero del tutto in rovina, se dovessero andarsene. Sarebbe una tragedia.”

Mion accarezzò allora la testa di Satoko, e le spiegò: “Almeno questo è un problema minore, grazie a Dio. Come capo del mio villaggio, è mio dovere garantire a tutte le persone che ci vivono una vita dignitosa, e quindi saremo noi in prima persona a sostenerli finanziariamente. Sarà una spesa gravosa per il clan Sonozaki, anche considerando che perderemo a nostra volta terre, edifici e altre proprietà a causa dell'evacuazione, ma possiamo ancora permettercelo.”

Rena, Rena si sta chiedendo... Un problema serio sarà la paura delle persone di subire la vendetta di Oyashiro-sama. Molti abitanti ci credono fermamente, e potrebbero decidere di rimanere qui a tutti i costi, senza darci ascolto, anche se questo significa mettere a repentaglio le loro stesse vite. Io... Io li capirei, Rena sa come ci si sente in quei momenti.” La sua mente era rivolta ai suoi giorni tristi a Ibaraki, quando il suo unico desiderio era tornare a Hinamizawa, per ottenere il perdono per sé e per suo padre. Ora lei aveva capito che il Monaco era un Dio molto più pacifico di quanto avesse pensato in passato, glielo aveva rivelato il suo cuore, ma alcuni anni prima non era così calma e lucida, e dopo un consiglio cittadino come l'ultimo neppure molti degli abitanti lo erano, forse. Rika comunque si era girata verso di lei, per confortarla e spiegarle che lei avrebbe fatto tutto il possibile per convincerli a non avere timore del loro protettore, ma fu anticipata da qualcun'altro:

Capisco. Potrebbero decidere di disubbidire e fare di testa propria... Anche perché potrebbero pensare che una leader così giovane non sia degna della loro stima, per quanto ci sia una spada di Damocle che pende sulle loro teste. Non sarebbe strano se la loro fiducia verso Oryou-sama fosse tuttora maggiore di quella che ripongono verso di te. Le persone più anziane solitamente si fidano veramente solo di altre persone anziane, esattamente come quelle più giovani sono più a loro agio con altre persone giovani.”

Nii-chan!” Alice e gli altri non gradirono l'amaro commento di Giancarlo, di sicuro il morale di Mion non si sarebbe sollevato, con quei discorsi. E infatti, il ragazzo comprese ben presto che aveva detto qualcosa che non doveva dire, e chiese sinceramente scusa, dispiaciuto per le sue parole.

Va tutto bene, non ti devi preoccupare” rispose Mion “In effetti avevo pensato la stessa cosa. Ieri sera, alla riunione, tutti erano chiaramente spaventati, ma non mi sembrava che ci fosse qualcuno che mi volesse chiedere davvero aiuto. Batcha è ancora il loro punto di riferimento, temo, ma è troppo vecchia per prendere ancora le redini del comando, anche se emergenze come questa richiederebbero persone dal polso fermo come lei. Il fatto è che non posso chiederle di tornare ad essere il capo del villaggio, la sua salute sta peggiorando velocemente, talvolta temo che... che sia destinata a lasciarci prima dell'arrivo di questa dannata frana.”

Aveva drammaticamente ragione. Il telefono della scuola squillò improvvisamente, e a Mion fu detto di lasciare immediatamente la scuola per recarsi alla Clinica Irie insieme a sua sorella. Fuori dall'edificio scolastico, vi era già un'auto che li attendeva, ma una volta salite si accorsero che all'interno vi era stranamente loro padre, invece di Kasai. Qualcosa di serio era sicuramente accaduto. L'uomo seduto al posto di guida disse solo Mion, Shion, si tratta di vostra nonna... e loro capirono subito. Mion era particolarmente legata a lei, aveva vissuto con lei per molto tempo, e le aveva insegnato tutto quello che poteva sul guidare una famiglia importante e un villaggio; perciò, durante l'intero viaggio non fece altro che picchiettare con il piede destro il tappetino dell'auto e mordersi in continuazione le unghie, nervosamente. Shion, invece, in quanto tale non aveva passato molto tempo con lei: in passato, aveva potuto parlare con lei solo quando scambiava i propri abiti con quelli di sua sorella, e si faceva passare per Mion. Nei panni di Shion, invece, era riuscita a intrecciare un buon rapporto con lei solo negli ultimi mesi, dopo l'ultimo Watanagashi. Quindi, anche lei era in pensiero per la sorte della nonna, ma all'interno di quella macchina non era così tesa come sua sorella: mentre osservava come Mion fosse preoccupata per lei, Shion pensò di essere veramente figlia di un Dio minore.

Giunsero infine alla Clinica, e Mion si precipitò all'interno, senza neppure prendere l'ombrello per ripararsi dalla pioggia. Dentro l'Istituto, trovò Kasai e sua madre, che le stavano aspettando.

"Kasai, che è successo?"

"Mion-san... Non so come dirvelo... Alcuni dei membri del consiglio sono andati a chiedere aiuto a Oryou-sama per uscire dall'attuale situazione, e aver saputo come stavano le cose da degli estranei le ha provocato un infarto...” Mion non aprì bocca, scioccata. Effettivamente, non aveva ancora detto nulla a sua nonna, voleva essere sicura di trovare il miglior momento e le migliori parole per farlo. Non poteva certamente mentirle per sempre, Mion sapeva quanto l'anziana donna tenesse al villaggio, ma almeno sperava di farla soffrire il meno possibile, in modo da poter ricevere poi anche il suo aiuto. E invece quei disgraziati le avevano rivelato tutto, in un modo così brusco, così brutale...

Ma ad un tratto Mion iniziò a urlare: "Come è possibile? Io sono il capo della famiglia, ora, perché sono voluti andare a chiedere aiuto a lei? Avrebbero dovuto parlare con me, non con lei, se proprio dovevano sapere o proporre qualcosa! Non sapevano forse quello che Hinamizawa significa per lei? Volevano farle venire un colpo di proposito?” Dopo il primo istante di smarrimento, ora era furiosa. La giovane voleva che sua nonna passasse gli ultimi mesi della sua vita in pace e tranquillità, era stato questo uno dei motivi principali che l'avevano convinta ad accettare la sua promozione a capo del villaggio. Voleva evitarle ulteriori dolori e ansie, e consentirle di vivere felicemente il tempo che le restava, insieme alla sua famiglia e ad entrambe le sue nipoti. E ora invece quei vecchi rimbambiti insensibili l'avevano quasi uccisa. "Si può almeno sapere chi sono? Quali sono i loro nomi? Devo proprio scambiare quattro chiacchere con loro! Così impareranno in fretta che io ora son-”

"Per favore, ora basta, Mion." la interruppe la madre “Questo è sostanzialmente un ospedale, mostra rispetto per i pazienti che ci sono all'interno e smettila di urlare. Inoltre, questa tua rabbia non cambierà le cose. Cosa pensi che accadrebbe, se tua nonna fosse sveglia e ti potesse sentire mentre minacci i tuoi stessi concittadini?”

Mion non se la sentì di rispondere, digrignando i denti per evitare di piangere. Devo essere forte, devo essere forte... Mion, impara da Kei-chan, impara da Kei-chan, impara da Kei-chan... In quel momento il dottore usci dalla camera dove si trovava Oryou. Mion alzò la testa, mentre Shion e Kasai si alzariono, e Akane chiese delle condizioni della madre.

E Irie rimase fermo per un secondo, guardandoli, e poi non poté fare altro che scuotere il capo, chiedendo scusa per non essere riuscito nel miracolo.

~-~-~-~-~

Due giorni dopo, tutta la comunità del villaggio era stretta intorno al clan Sonozaki, presente al funerale di Oryou. La maggior parte di loro erano all'esterno, nell'ampio giardino del Maniero di famiglia, in quanto erano troppi per essere tutti contenuti nella sala principale della casa. Fortunatamente non pioveva più, anche se il cielo era ancora coperto da nuvole minacciose. E mentre scrutava la volta celeste prima di entrare nella stanza dove sarebbe stato celebrato il rito funebre, Kimiyoshi pensò che quello fosse il tempo atmosferico più adatto, per il loro estremo saluto a una persona riservata come lei; giunse poi a concludere che Oryou era stata a suo modo fortunata, in quanto le era stato risparmiato il tetro futuro che attendeva tutti gli altri.

Una volta all'interno dell'ambiente, Kimiyoshi trovò il clan Sonozaki al gran completo e Rika Furude, che sarebbe stata l'officiante del funerale. La sala principale non era lontano dall'ingresso, così avevano aperto tutte le porte, in modo da permettere a tutti di assistere alla cerimonia, anche dall'esterno.

Davanti a tutti, l'erede di Oryou, Mion Sonozaki, non distoglieva gli occhi dall'altare. Non poteva più indossare il kimono bianco a cui era abituata, era ora un'adulta agli occhi del suo clan. Così, il suo abito era uno di color verde scuro, adornato da alcune semplici decorazioni e da una cintura nera. Aveva persino sciolto la sua solita coda di cavallo, e aveva raccolto la sua chioma sopra la testa, con un'acconciatura simile a quella di sua madre e sicuramente più consona a un simile giorno. Si era seduta nei pressi dell'altare dove era stata esposta la foto di Oryou, e una volta lì non si era mossa di lì e non aveva incrociato lo sguardo con nessuno, né aveva scambiato parola con anima viva. In questo modo voleva dare solennità al momento e all'intero rito, come ultimo, affettuoso omaggio verso la defunta che così bene conosceva.

E continuò a fare così anche quando sentì entrare Kimiyoshi. Non era un caso. Quell'uomo era colui che voleva evitare più di ogni altro, quel giorno, non avrebbe sopportato nemmeno di guardarlo in faccia. Infatti, era stato lui a condurre il gruppo di anziani che aveva incontrato Oryou, un paio di giorni prima. E anche se Mion era cosciente delle cattive condizioni di salute della nonna, lei considerava Kimiyoshi come il colpevole morale della sua morte: lui aveva pensato che la ragazza fosse troppo giovane per affrontare una crisi tanto grave, e recandosi da Oryou aveva tradito la sua fiducia. Così, Mion stava ora pensando come fosse meglio evitare di parlare con lui, almeno per un po'. Non voleva dire cose di cui si sarebbe potuta pentire. E pure Kimiyoshi doveva avere avuto un'idea simile, in quanto aveva preferito restarsene in un angolo della sala, tranquillo: comprensibilmente, si sentiva a disagio.

Intanto, all'esterno ma non molto lontano dalla loro amica, Rena e Keiichi stavano partecipando alla cerimonia. Stavano indossando le loro solite uniformi scolastiche invernali, ma i loro giorni felici come studenti sembravano lontani, irraggiungibili. Era necessaria una prova di maturità, da parte loro. Perciò, ad un tratto Rena si avvicinò a Keiichi, e gli chiese:

"Keiichi-kun, per favore ascoltami... Durante i prossimi giorni Mii-chan sarà sotto pressione, e tutti la cercheranno, tutti le chiederanno cosa fare, tutti le chiederanno aiuto... Ha bisogno di qualcuno che possa essere il suo sostegno, qualcuno che le dia forza e coraggio per andare avanti. Per favore... Stalle vicino, Rena te lo chiede.” Keiichi annuì, e quindi Rena lasciò subito il giardino. Il ragazzo la osservò mentre lei stava lasciando il Maniero quasi scappando, senza comprendere il reale significato di quello che la sua amica le aveva appena detto.

Stava rinunciando a lui, per il bene di Mion.

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Capitolo 15
*** Troppo brutto per essere vero ***



Capitolo 14: Troppo brutto per essere vero


Hinamizawa, 5 Dicembre 1983

Il Maniero Sonozaki aveva sempre portato con sé un alone di mistero e soggezione. Edificato nel mezzo di un bosco, vicino alle pendici della più alta delle montagne di proprietà della famiglia, era stato probabilmente costruito proprio per creare quel tipo di atmosfera. Una volta attraversati i cancelli, infatti, le sue larghe ali sembravano le mani di un mostro pronto a sbranare e divorare l'incauto visitatore che osava avvicinarvisi, sia che avesse buone o cattive intenzioni; in fondo rifletteva lo spirito che i suoi passati proprietari desideravano mostrare agli altri abitanti del villaggio, il suo scopo era incutere timore e rispetto negli animi di tutta la comunità.

Ma sfortunatamente, un'atmosfera lugubre come quella poteva proteggere l'interno solo dalle azioni umane, non da una frana priva di ogni sentimento. Così, quando un'auto color verde scuro arrivò nei pressi dell'entrata del palazzo, i suoi tre passeggeri, Rika, Satoshi e Satoko, non erano scoraggiati dalla lugubre costruzione, né le preoccupazioni che si celavano nei loro cuori erano dovute al terrore che spesso poteva suscitare l'edificio. Erano attesi da qualcuno, all'interno di quella grande casa, come del resto tutto il club e pure Irie-sensei, per un incontro che si preannunciava terribilmente doloroso.

Non appena raggiunsero la sala degli ospiti, i tre giovani videro come tutti fossero già giunti, e quindi quella riunione poté iniziare rapidamente.

"Grazie per essere venuti qui, oggi." Keiichi disse. Dopo il funerale di Oryou, il ragazzo si era fatto avanti e, come Rena gli aveva suggerito, si era offerto di restare qualche giorno nel Maniero con Mion, in modo da essere di aiuto in quel difficile periodo. La ragazza fu felicissima di sentirlo pronunciare quelle parole, e aveva accettato di buon cuore la sua proposta; così, lei ora si trovava seduta accanto a lui, ed era rimasta momentaneamente in silenzio, lasciando che fosse lui a dire le frasi di benvenuto che solitamente erano prerogativa del padrone di casa. Del resto, i due non si erano neppure recati a scuola in quei giorni, la crisi che dovevano fronteggiare li costringeva ed essere impegnati tutto il giorno, e quindi Chie-sensei aveva deciso di mostrarsi comprensiva, d'accordo con il preside, dando loro il permesso di restare a casa ed affrontare la situazione al meglio delle loro possibilità.

E anche il resto del gruppo preferì non disturbare la coppia, lasciandoli soli e raggiungendoli solo quel giorno, essendo stati convocati dai due. Certo, il loro non era ancora un fidanzamento ufficiale, quello non era il miglior momento per un evento felice come quello, ma per ora era andava bene così, soprattutto per lei. Keiichi era stato un sostegno incredibile, un supporto di cui lei non avrebbe mai potuto fare a meno, e pure Shion aveva smesso di dar loro fastidio: vedere quei due convivere sotto lo stesso tetto sarebbe potuta essere una magnifica opportunità per stuzzicarli e fare strane allusione, ma dopotutto anche lei era un po' depressa dall'attuale stato delle cose, e aveva quindi pensato che sarebbe stato meglio aspettare tempi migliori, per fare una cosa del genere.

Ma sarebbero mai arrivati, quei tempi? Loro non potevano dirlo, ma le premesse non erano incoraggianti. Keiichi continuò infatti a parlare: “Stiamo chiedendo il vostro aiuto, ragazzi... I prossimi giorni saranno molto difficili, per tutta la nostra comunità, e avremo bisogno di tutto l'aiuto possibile, e di tutta l'assistenza che ci potete dare.”

Allora avete deciso di...”

"...di evacuare Hinamizawa. Già, sarà doloroso, incredibilmente doloroso. Ma è l'unica soluzione praticabile. Anche il secondo geologo che abbiamo contattato ci ha risposto che i calcoli della ricerca sono corretti, e quindi sembra proprio che non ci sia possibilità che quello studioso si sia sbagliato in qualche modo. Domani convocheremo l'intera popolazione per un raduno d'emergenza, e annunceremo la nostra decisione.”

Quella di abbandonare il villaggio, la loro terra natia, era una misura drastica, ma tragicamente non era inattesa. Ognuno di loro sapeva già che difficilmente l'esito finale sarebbe stato diverso, e in quegli ultimi giorni avevano cominciato a prepararsi a una simile eventualità. “E' un peccato, un vero peccato, Rena sa che state facendo del vostro meglio... Ma ora dove andremo, dove andremo? Avete già deciso?”

Come ci ha suggerito Irie-sensei, ci trasferiremo tutti in un un vasto quartiere di Nagoya, ultimato di recente. E' un gruppo di case e condomini terminato pochi mesi fa, e stanno cercando dei compratori, se li compriamo in blocco potremmo anche ottenere un piccolo sconto, che male non fa.”

Udendo queste ultime parole, Giancarlo lo fissò, pensieroso, e dopo un paio di secondi Keiichi lo notò: "Hmmm... C'è qualcosa che vuoi chiedere, Giancarlo?"

"No... Nulla." rispose il ragazzo, volgendo lo sguardo da un'altra parte. Ma Alice, seguendo la scena, capì presto cosa frullava nella mente di suo fratello. Se in un momento così critico si mettono a parlare di soldi, non lo fanno certo tanto per fare... Probabilmente daranno un contributo a ogni famiglia sfollata, senza sostenere tutte i costi di questo trasloco, ma anche così sarà una bella botta... Spero solo che la famiglia Sonozaki abbia davvero il denaro sufficiente ad affrontare una spesa tanto grande, rischiano di doversi svenare per pagare tutti i conti.

"E... sulla Sindrome, cosa ci potete dire? Che misure volete adottare?” chiese Rika, e Irie rispose:

"Rika-chan, come ti avevo detto un paio di giorni fa la miglior soluzione è dire la verità a tutti. Continuare a mentire causerebbe problemi e tensioni all'interno della comunità, e potrebbe accadere che il livello di stress per qualcuno potrebbe innalzarsi fino a raggiungere un punto tale che... Beh, lo sai anche tu. Spero solo che tutti credano alle nostre parole, ma ho paura che molti degli abitanti penseranno che la Sindrome sia solo uno scherzo di cattivo gusto, e fatto nel momento peggiore per di più. Ecco perché abbiamo bisogno che tutti vuoi ci supportiate, per far loro capire che questa è nient'altro che la pura verità, e che la loro vita sarà in serio pericolo se non ci ascolteranno.”

Ma finché continuano a vivere accanto a me e ai loro compaesani, possiamo fare a meno di dire loro...”

Meglio di no. Il problema è che in una grande città come quella non puoi controllare tutto. Basterebbe che un soggetto stressato prendesse l'autobus o la metropolitana, e si allontanasse abbastanza per sviluppare i sintomi della malattia. Non possiamo permetterci di lasciar morire i nostri amici in un modo così stupido.” Rika chinò allora lo sguardo, capendo il senso dell'osservazione del medico, e quindi Irie continuò: “Certamente, questo significa anche che non sarà loro permesso di lavorare fuori dalla città in cui vivono, né di andare in vacanza in qualche località lontana. Che è un po' quello che già accade adesso all'interno del villaggio, ma dopo questo trasferimento di massa sembrerà tutto più simile a una prigione, temo... Ho paura che ci sarà un gran numero di litigi e incomprensioni, dopo che ci saremo trasferiti a Nagoya. Dobbiamo essere pronti, dobbiamo essere forti, affinché la situazione non degeneri definitivamente.”

Rena guardò Mion, che non aveva ancora aperto bocca, e che continuava a tenere bassi gli occhi. Era sicura che la sua povera amica si stesse sentendo in colpa per quanto stava avvenendo, e che questo sentimento la stesse schiacciando. Probabilmente Keiichi aveva già tentato di confortarla, ma non era stato sufficiente, e poi il ragazzo doveva anche prendersi cura di tutte le questioni che riguardavano il disastro imminente. Se nemmeno lui era riuscito a consolarla, allora il morale della ragazza doveva essere davvero basso... O forse la verità era un'altra, Keiichi era riuscito effettivamente a tirarla un po' su, e senza il suo aiuto Mion sarebbe stata anche peggio, avrebbe seriamente rischiato di avere un esaurimento nervoso; in quel caso il villaggio sarebbe andato nel panico, senza una leader in grado di guidarlo.

Per Rena era difficile dire quale fosse la realtà, tra quei due scenari, ma la cosa era secondaria. In entrambi i casi era chiaro che Mion aveva bisogno di sostegno da parte di tutto il gruppo, non solo da Keiichi. Quindi, la ragazza dai capelli castani pensò di alzarsi, risedendosi poi accanto alla sua amica. Rimanendo in silenzio, era in attesa che lei le parlasse. E infatti, dopo aver aspettato un po', l'altra si decise e le chiese:

Rena-chan... secondo te... avrei potuto fare qualcosa di più? Tutto quello che ho fatto, in pratica, è stato accettare lo stato delle cose e preparare quest'esodo... Per favore, sii sincera.”

Irie smise di parlare, dopo averla sentita, quelle parole mostravano tutto il malessere che la giovane stava provando. In quanto a Rena, il suo intuito le suggeriva che Mion aveva probabilmente fatto una domanda simile anche a Keiichi e Shion, e anche a sua madre. Così, preferì non rispondere subito, riflettendo sulle parole migliori da usare, anche se sapeva che non poteva attendere troppo: si era accorta che la sua amica aveva iniziato a singhiozzare.

"Mii-chan" rispose infine “Questa non è una questione su cosa tu potevi fare, in quanto individuo. Appartieni a un club di cui sei il più fiero dei membri, l'hai dimenticato? E poi fai parte anche di un villaggio il cui Spirito ha sempre coinvolto l'intera comunità, e non solo una persona sola. Come nostra leader ti sei assunta la responsabilità per tutti noi, ma se hai fatto qualcosa di male allora tutti noi l'abbiamo fatto. Nelle difficoltà abbiamo sempre agito come se fossimo una cosa sola, e quindi condividiamo gioie e dolori, decisioni giuste e decisioni sbagliate. In fondo è per questo motivo se tu hai cercato l'aiuto di tutti, giustamente. Ha Rena torto, forse, ha Rena torto?”

E Alice aggiunse: “No, Rena non ha torto, anzi. Inoltre, questo è uno di quegli eventi dove, paradossalmente, è più facile capire cosa devi fare. Non potevi certo impedire a queste montagne di collassare, quindi andarsene da qui è la scelta migliore, per quanto abbia un prezzo piuttosto alto.” Mentre diceva ciò, la ragazza indicò la mappa già mostrata al consiglio qualche giorno prima, la quale era ora appoggiata sul tavolo in mezzo a loro. Poi continuò: “E poi, se sei il capo del villaggio, allora è tuo dovere essere un punto di riferimento, no? Mostra quindi il tuo coraggio e la tua dignità, dai una mano ai tuoi amici, e sii una guida per tutti coloro che pensi di poter aiutare.”

Mion sorrise, apprezzando le parole pronunciate da Alice, che continuò: “Vent'anni fa, in Italia, una frana di proporzioni gigantesche ha pressoché distrutto la valle del Vayont, e ha ucciso duemila persone. Invece tu, nel momento in cui sei in grado di portarci fuori da questo guaio, farai in modo che questo nuovo smottamento arrivi senza fare del male a nessuno, e così salverai duemila persone. Mi rendo conto che lasciare la terra dei vostri antenati sarà uno shock, ma caspita, salvare tutti noi sarà un risultato sbalorditivo, degno di una leader con i controfiocchi! E comunque, io e mio fratello vi aiuteremo e faremo tutto il possibile, non vi lasceremo da soli, anche se noi siamo vaccinati dalla Sindrome. Quando avremo finito con il trasloco, saremo ancora tutti assieme, e potremo sfruttare la nostra nuova casa per pensare a delle attività del club originali e diverse da quelle vecchie, che ormai sono trite e ritrite. Noi due dobbiamo passare ancora più di sei mesi qui!”

"Alice ha ragione!" esclamò Keiichi, e per stuzzicarla prese Mion letteralmente per il naso, usando due delle sue dita, e tenendole ben serrate, finché lei non inizio a urlare, e a scacciarlo con le mani come avrebbe fatto con una mosca fastidiosa.

"Tu, dannato... Se ci provi un'altra volta a fare certi scherzetti lo zietto te le taglierà, queste dita! Te le prendo e te le riduco a brandelli con un tritacarne, e poi ci faccio della buona marmellata!”

"Certe volte mi chiedo perché Onee abbia una tale ossessione sul torturare Kei-chan..." Mion arrossì violentemente, e si mise a urlare per impedire alla sorella di continuare a urlare; quindi, iniziò a darle la caccia mentre Shion se la stava dando a gambe, mentre gli altri iniziarono a ridere, sollevati.

"Rena è felice di vedere Mii-chan di nuovo così attiva! Faremo insieme quello che è necessario, e quando sarà tutto finito torneremo alla nostra vita di sempre, Io troverò perfino una nuova Montagnola con tante nuove cosa carine da portare a casa! Hauuu, cose carucce carucce da portare a caaaaaassaaaaa!”

"Montagnola? Che cos'è la Montagnola, Rena-chan?"

"Oh, sicuro, Gii non l'ha mai vista..." disse Rika, e Satoko spiegò "E' sostanzialmente una discarica alla periferia del villaggio... una discarica abusiva, se mi posso permettere. Rena la visita spesso, e di solito porta via qualcosa di carino. Almeno, qualcosa che lei trova carino, i gusti sono sempre gusti.”

"Oh, Satoko-chan è così cattiva, hauuu... Non la porterò più a casa..." Satoko scoppiò allora a sghignazzare, lasciando intendere come lei non trovasse poi così brutta quella prospettiva. Nel frattempo, Alice le stava guardando, così curiosa per l'atteggiamento che i ragazzi del club stavano mostrando: Non capisco se si stiano comportando così solo per alzare il morale a Mion o se fanno sul serio...

"La periferia del villaggio, hai detto...” commentò Giancarlo, guardando la mappa. Rena la prese, e gli indicò la zona esatta in cui la discarica si trovava: “E' su una piccola montagna, qui, segnata con il pennarello rosso, così ora è un posto pericoloso. Ma purtroppo non è un caso isolato, tutte le alture intorno a quella hanno lo stesso colore, su questa cartina.”

E' il posto da dove avevate preso quella statua di legno? Quella che Satoko-chan aveva usato sulla testa di Kei-chan l'altra volta, voglio dire.”

"Ho ho ho ho, quell'episodio ti deve avere scioccato..." Keiichi impallidì, dopo che Satoko gli aveva ricordato quello che gli era capitato quel giorno “Comunque sì, è da lì che veniva quella statua.”

"Capisco.” rispose l'altro, semplicemente.

"Allora, direi proprio che siamo pronti!” gridò Mion "Lo zietto è pronto a condurre la sua gente verso una nuova terra promessa, dove scorrono latte e miele! Faremo recuperare a tutti il sorriso perduto, e li prenderemo a calci nel sedere se non lo fanno!" Quasi tutti scoppiarono a ridere a quella frase, Irie appariva particolarmente confortato dalla reazione dei Mion, mentre Rika era semplicemente felice di vederla di nuovo così forte ed estroversa. Lo sapeva, ora quella ragazza prima così triste e silenziosa era tornata ad essere la buona vecchia Mion, e il peso di essere il capo in quei giorni turbolenti non era così pesante, come pochi minuti prima. Keiichi, Rena e tutti gli altri avevano fatto un ottimo lavoro.

Stavano tutti avendo un atteggiamento scherzoso, ora, in un ambiente rilassato e piacevole. Certamente era strano comportarsi così in momenti come quello, ma dopotutto era quello che era accaduto anche quando Mion aveva creato il club, al fine di aiutare Satoko ad avere una vita più tranquilla e di consentirle di stare lontano dalla dispotica zia per più tempo possibile. In quel periodo, infatti, Satoshi temeva che la sua presenza non fosse sufficiente per proteggerla, e il club era stato la soluzione per tutti i loro problemi: avevano iniziato a passare pomeriggi indimenticabili come studenti spensierati e privi di preoccupazione alcuna, nonostante il fatto che la vita di Satoshi e Satoko fosse tutto che felice; ma questo non era un segno di indifferenza, al contrario era il miglior modo di tranquillizzarli e aiutarli. Alla stessa maniera, anche quel giorno si stavano comportando in modo allegro e vivace e lo stavano facendo per farsi coraggio, in modo da essere pronti ad affrontare la durissima sfida che si profilava all'orizzonte. Non sarebbe stato facile, me i loro spiriti non sarebbero stati sconfitti neppure dalla definitiva scomparsa di Hinamizawa...

"Nii-chan, a cosa stai pensando, ora?"

Alice stava osservando il fratello che stava cercando qualcosa sulla mappa, mentre teneva in mano il dossier completo sulla situazione idrogeologica del villaggio. Gli altri stavano ancora circondando Keiichi e Mion, ridendo e scherzando come se quei due fossero stati una coppia di sposini novelli, e non si erano neppure accorti di quello che l'altro stava facendo.

"Che cosa stai facendo, Nii-chan? Non sapevo che tu fossi un esperto di quel campo.”

"E infatti non lo sono. Voglio solo controllare una cosa... Vedi, sulla mappa la zona dove si trova la Montagnola è contrassegnata dal numero 07, perciò... Vediamo cosa c'è scritto a riguardo su questo mattone...” Trovò velocemente la pagina corrispondente, e quindi iniziò a leggerne il contenuto. In quanto ad Alice, che era seduta accanto a lui, riusciva da lì solo a intravvedere una tabella il cui titolo era Composizione chimica del terreno, un secondo schema chiamato Osservazioni sulla struttura orogenetica e dell'altro testo, che non poté neppure provare a leggere in quanto il fratello aveva chiuso il libro, mentre stava esprimendo a bassa voce i suoi dubbi: “Hmmm... Probabilmente mi sto sbagliando, sarebbe assurdo, altrimenti.”

"Come mai stai parlando così, Nii-chan? Qual è il problema?"

Nulla, nulla, solo un piccolo dubbio che mi era venuto in mente. Prima stavamo parlando di quella statua di legno, no?”

Sì, me lo ricordo.” rispose Alice, annuendo.

Giancarlo allora riaprì il dossier, cercando la pagina che stava leggendo prima, e facendogliela vedere: “Guarda la prima tabella di questo foglio, qui dice che il terreno della zona dove si trova la Montagnola è prevalentemente composta di sabbia e pietrisco, le percentuali parlano chiaro.”

E allora?” Una voce inattesa raggiunse le sue orecchie. Lui alzò quindi gli occhi, e si rese conto che l'intero gruppo lo stava fissando, incuriosito da quello che stava dicendo. Così, l'imbarazzato ragazzo divenne paonazzo all'istante, e urlò: “M-Mi stavate sentendo, allora!”

Certo che ti stavamo sentendo!” ribatté Mion “Non dovresti parlare a voce alta se non vuoi che gli altri ti ascoltino! Ora però continua, che cosa sarebbe questa storia dei tuoi dubbi su quello che hanno scritto lì?”

Oh... Nulla di speciale, nulla di speciale, sicuramente sono io che mi sbaglio.”

Mi spiace, ma questa risposta non possiamo proprio accettarla, Gi-chan! Adesso pensane una migliore, oppure lo zietto ti farà rimpiangere di essere nato...” Un poco irritato dallo sguardo assassino di lei, lui avrebbe voluto replicare dicendo qualcosa del tipo Ma guarda, vedo che la signorina si è davvero ripresa, dopo aver pensato di essere una nullità per tutto questo tempo, non è vero? Ma dopo averla vista così triste e abbattuta nei giorni scorsi pensò che fosse meglio darle qualche altro attimo di tranquillità, e quindi non replicò e continuò a spiegare:

Sono sicuro che ti ricordi ancora quel giorno, quando Kei-chan ci aveva fatto notare che la statua che gli era cascata in testa era tutta sporca. Infatti, c'era parecchia terra sopra di essa.”

"E?"

"E... Se la mia memoria non fa cilecca, era della terra molto scura e pesante, simile al terriccio con cui si riempiono i vasi, o addirittura al letame, se mi passate il termine. Se invece fosse stata come quella che hanno riportato su questo lavoro avrebbe avuto un colore più chiaro, e sarebbe stata quasi invisibile sulla superficie di legno della statua.”

Satoko ci pensò, e commentò: "Detto così è strano, sono d'accordo, mi ricordo anche io quelle macchie scure, ripulire la statua per bene dopo averla usata per la trappola era stata una fatica non da poco... Ma forse era appunto del terriccio caduto da qualche vaso di fiori che avevano buttato in discarica, accanto alla statua. Si spiegherebbe tutto, così.”

Ora che me lo dite, sta tornando in mente anche a Rena... Ma non c'erano proprio dei cocci di terracotta intorno, quando ho trovato la statua. Inoltre, mi ricordo anche che era anche un po' affondata nel terreno, e tirarla su era stato difficile, era stato difficile veramente. Però Rena non si era arresa, era così carina, voleva portarla a casa...”

Se è così, allora la terra che c'era sopra proveniva davvero dal terreno sotto la Montagnola, non era lì per caso.” concluse Satoko.

"Aspettate un minuto, ora, datemi il tempo di capire. Non starete mica dicendo che c'è un errore in questo studio? Ma è un lavoro realizzato da un vero esperto, e poi due tecnici distinti hanno confermato che è stato fatto tutto correttamente.”

"Hanno confermato che i calcoli erano corretti, Mii-chan" osservò Giancarlo "Ma non credo proprio che abbiano controllato i dati di partenza, si sono fidati di quello che era stato scritto qui. Secondo me è qui che si nasconde la magagna... Ma non critico certo i due tecnici per questo, pensare che ci fossero errori nei rilevamenti sarebbe stato insolito. In fin dei conti quella dovrebbe essere un'operazione piuttosto elementare, o almeno credo. Voler verificare anche le misurazioni iniziali avrebbe significato dover tornare qui per un altro campionamento, ossia essere costretti a prelevare un altro po' di terra da tutte le varie zone della vallata, nessuna esclusa... il che nella stragrande maggioranza dei casi è solo fatica sprecata.”

Quindi” disse Shion “Se ho capito bene, l'analisi di per sé è corretta, ma i risultati non contano nulla perché il punto di partenza è sbagliato. E' questo che vuoi dire.”

Già. E' un po' come percorrere ogni volta il tragitto che ti porta dalla tua stanza alla cucina: scendi le scale, apri la porta, vai a destra... Se parti davvero da camera tua queste istruzioni ti portano al posto giusto, ma se per esempio parti dal cortile di casa tua e segui quei passi alla lettera rischi di trovarti in cantina e a mangiare un asse di legno al posto di una fetta di torta.” Satoko si mise a ridere, sentendo quell'esempio balordo, mentre lui continuò “Ma potrei essere ancora più categorico: mi spiegate come hanno fatto a prelevare un campione di quel terreno se tutta la zona è coperta da montagne di rifiuti? Non sono mai stato da quelle parti, ma se è davvero una discarica abusiva immagino che non abbiano gettato tutta la spazzatura solo in un angolino della montagna, ma che l'abbiano coperta per bene buttando la loro immondizia a casaccio...” Rena confermò con un cenno, e allora Keiichi prese il dossier, iniziando a leggere a sua volta.

"Aspettate... Voglio guardare anche io cosa c'è scritto qua sopra.” I suoi occhi scorsero lungo le righe del testo, e quindi disse: “Capisco... Qui non ci sono affatto riferimenti alla Montagnola... Se quella montagna collassasse quei rifiuti verrebbero trascinati con essa, e diventerebbero un pericolo notevole, qualcosa da segnalare assolutamente. Laggiù ci sono parecchi oggetti metallici che sarebbero scagliati a destra e a sinistra dalla frana... Invece qui... Non c'è nemmeno una parola a riguardo.”

Allora ci sono davvero degli errori, qui?” chiese Rika “Pensi davvero che Hinamizawa sia salva?”

Stai correndo troppo, Rika-chan.” rispose Keiichi “Qualcosa qui non funziona nel paragrafo che riguarda la Montagnola, questo è certo. E' come se quello studioso non avesse mai visitato il posto... Hmmm... Mion, tu ti ricordi quando quell'uomo è venuto per fare il sopralluogo?

Allora... Era l'undici di Ottobre, se ho fatto bene i conti. Era arrivato al Maniero con il suo piccolo team, e mi aveva detto che ci sarebbero voluti tre o quattro giorni per completare la fase di campionamento."

"Undici Ottobre?" Satoko la interruppe "Ho hoo.. I conti non tornano..." Gli altri la guardarono con un'aria interrogativa, e lei allora disse "Sapete senz'altro che la casa di Rika è attualmente protetta da uno dei miei... Ehm... innocui sistemi d'allarme, tanto per essere certi che un ladro non riesca a intrufolarsi per sgraffignare qualcosa. Quel sistema, in particolare, sorveglia tutte e due le strade che partono dall'edificio. La prima è quella che porta al Tempio Furude, e quindi a Hinamizawa, la seconda a un sentiero nei boschi, l'unico passaggio che può permettere di raggiungere agevolmente quella parte di montagna.”

Un giorno o l'altro causerai dei guai seri, con quei marchingegni...” sibilò Keiichi.

Macché, stupido villano! Io so sempre quel che faccio, e poi quella è una zona molto tranquilla, di lì passa poco gente. Forse troppo poca, perfino.”

Cioè?”

Il fatto è che mi occupo tuttora della manutenzione di quel sistema d'allarme, anche dopo essere tornata a casa nostra insieme a Nii-Nii, e posso garantire che dopo Settembre nessuno è stato sulla montagna dietro il Tempio. Nonostante ciò, questi tizi l'hanno divisa in più settori, ed è colorata principalmente di giallo, che indica un minor pericolo, ma che indica anche che ufficialmente hanno osservato e analizzato anche quella zona.”

"Gran bel lavoro, Satoko, sei l'orgoglio di tuo fratello." esclamò Satoshi, accarezzando la testa della sorella mentre lei arrossiva teneramente per i complimenti che aveva ricevuto.

"Satoko-chan è una ragazza sveglia, e sta imparando in fretta dalla sua Nee-Nee." replicò Shion, prendendosi meriti che non le appartenevano. “Ma qui mi pare proprio che questo idiota che si spacciava per esperto non ha fatto quello per cui è stato pagato... Mi chiedo se quel giorno abbia solo visitato il Maniero prima di tornarsene nella sua casuccia bella.”

Sono d'accordo con te” disse Giancarlo “Anche io penso che non abbia visto di persona tutta la vallata, e questo spiegherebbe tutte quelle inesattezze riguardo l'area della Montagnola. Non mi stupirei se avesse usato delle altre mappe per scrivere questa parte dello studio: che ne so, potrebbe aver solo dato un'occhiata ai registri del catasto... E visto che la Montagnola è una discarica abusiva, come ci ha detto Satoko-chan, è come se non esistesse per la prefettura, e quindi neppure quell'uomo ne è mai venuto a conoscenza.”

Beh, se preferite possiamo toglierci ogni dubbio a proposito.” propose Irie, che in quegli ultimi minuti era rimasto in silenzio “Aspettatemi un momento solo. Mion-san, Shion-san, potreste venire con me, per favore? Dovreste usare una delle vostre chiavi per aprire la porta di una certa stanza.” Le due ragazze si alzarono, e con il medico uscirono dalla sala, prima di tornare dopo alcuni minuti tenendo in mano tutta una serie di quaderni.

Rika spalancò gli occhi, aveva capito subito cosa stessero portando: “Irie, quelli sono... i quaderni di Takano!”

Irie annuì: "Già, hai ragione. Quelli con tutti i suoi appunti, le sue strane teorie... Ma il fatto è che penso che alcuni di questi ci possano essere d'aiuto... Suo nonno, come ben sai, aveva condotto delle ricerche sulla Sindrome, per riuscire a scoprire tutto ciò che la riguardava. E visto che era al corrente del fatto che la sua origine era legata alla palude non lontana da Hinamizawa, aveva anche fatto una completa analisi del territorio qui intorno. Beh, magari non è proprio completa, immagino che a lui interessassero solo certe zone, e inoltre questi dati sono certamente vecchi, ma immagino che possano ancora essere utili.”

Muori dalla voglia di sapere perché questi cosi sono qui, vero, Rika-chan?” Rika rispose affermativamente alla domanda di Shion, che allora disse: “In parole povere... Si sono rivelati utili quando il signor prefetto e Oishi-san si sono dati da fare per chiudere il caso di quest'estate, e quindi li avevano sequestrati in blocco. Ma d'altra parte, in fondo tutti sanno a quale famiglia appartenga il signor prefetto, e quindi eccoli qui... Ah, l'importanza di avere dei parenti dappertutto.”

Personalmente non capisco perché li tiriate fuori solo ora...” L'occhiataccia di Alice fulminò all'istante il fratello, autore di quello stupido commento, e quindi tutti aprirono i libri che Irie aveva portato. Nei successivi trenta minuti il gruppo confrontò i due lavori, trovando ben presto un'infinità di differenze e incongruenze, e siccome Irie era sicuro dell'affidabilità della ricerca di Takano, allora ad essere nel torto era certamente l'altro studio. Gli errori si accumularono e si susseguirono numerosi, a decine, e sarebbero stati ancora di più, se non avessero deciso di interrompere il confronto fermandosi circa a metà del dossier. Sarebbe stato inutile andare avanti, ormai la scarsa accuratezza del secondo lavoro era sotto gli occhi di tutti i presenti.

E adesso? Abbiamo capito che questo tomo è buono solo per pareggiare le gambe del tavolo... Ma... Come è possibile? Come può quel tizio aver fatto così tanti errori, analizzando il terreno?”

Mion, non può averlo fatto accidentalmente, spero che non sia stupido fino a questo punto. E quindi non possiamo che concludere che lui l'abbia fatto di proposito.”

L'ha fatto apposta? Ma perché, Kei-chan? E poi tutte quelle piccole frane avvenute nell'ultimo periodo, come si possono spiegare? Non capisco, non capisco...”

Nemmeno io, in realtà. Dovremmo farci un'idea chiara sulla faccenda, e telefonare all'autore di questa roba.”

Penso sia una cattiva idea.” fece notare Satoko “Non so se lui fosse sicuro di farla franca o meno, ma se io fossi in lui e qualcuno mi chiamasse dicendomi di avermi smascherato, allora taglierei la corda e scapperei in men che non si dica verso un posto sicuro, e lascerei gli altri con le pive nel sacco. Piuttosto, allora sarebbe meglio coglierlo di sorpresa e dirglielo personalmente, in questo modo sarebbe più difficile per lui fuggire da qualche parte.”

O invece potrei telefonargli, fingendo di essere uno dei suoi complici, e dirgli Ci hanno scoperti, andiamocene di qui! Sarebbe una trappola eccezionale, il panico è il peggior nemico delle persone in casi come questi.”

Sei diventato stupido o cosa, Keiichi-san? E' inutile. E' chiaro che lui ha dei complici, quel giorno non era venuto al Maniero da solo. Però non puoi nemmeno sapere come si chiamino, e non puoi imitare la loro voce perché non l'hai mai sentita. L'unica possibilità sarebbe dire di avere un raffreddore, e in quel caso potresti usare anche la tua voce vera, ma rischia di diventare tutto troppo complicato. In ogni caso, ora qui stiamo tutti dicendo che quel tizio è un criminale senza scrupoli, quando invece potrebbe anche essere solo uno sprovveduto che ha fatto un lavoro orrendo e approssimato dall'inizio alla fine, ma senza cattive intenzioni.”

Satoko, va bene tutto, ma piantala di prendermi per i fondelli e darmi dello stupido! Allora cosa bisognerebbe fare per te? Se gli chiedessimo di venire qui per chiarire alcune cose, quello mangerebbe subito la foglia, e si guarderebbe bene dal venire a Hinamizawa.”

Hmmm... Questo villano ha detto qualcosa di sensato, alla fine." Keiichi ridacchiò, notando come Satoko fosse rimasta seccata per la sua corretta critica, ma comunque la giovane non si scompose: "Direi che dobbiamo pensare a una buona strategia. Suppongo che qualcuno sappia dove si trova il suo studio, per esempio... Ah, giusto. Mion-san, come mai avevate deciso di contattare lui e non qualcun altro? Lo conoscevate?”

No, non l'avevamo mai sentito prima. Era stato... Kimiyoshi-san a fare il suo nome." mentre pronunciava quelle parole, Mion si innervosì nuovamente. Non aveva ancora dimenticato quello che era successo poco tempo prima per colpa di Kimiyoshi. “Ci aveva detto che un qualche suo vecchio amico glielo aveva raccomandato, assicurandogli che era un ottimo tecnico, in grado di svolgere rapidamente il lavoro; così, siccome nessuno aveva nulla in contrario, gli abbiamo affidato il compito di realizzare questo studio. Perlomeno questo è quello che mi hanno detto, io non ero presente durante il consiglio cittadino di quella sera.”

Allora mi sa che dovremo fare qualche domanda anche a Kimiyoshi-san, e soprattutto a questi strani amici. Però intanto che facciamo ora, Mion? Se questo lavoro è un falso e non rischiamo di morire travolti dalla frana, dobbiamo informare tutti della cosa, e subito!”

"Già, lo farò quanto prima, Kei-chan. Chiederò a tutti di venire alla seduta del consiglio, e lì decideremo il da farsi. Probabilmente, quel demente che abbiamo definito esperto fino ad ora sarà denunciato per procurato allarme, non so se abbia combinato questo casino apposta, ma di sicuro imparerà a fare le cose come si deve, la prossima volta.” Mion stava sorridendo, soddisfatta, ma i suoi pensieri non erano allegri. È così... Avrò fatto la scelta giusta, e il caro Kimiyoshi-san farà una pessima figura... In fondo, i suoi amici le avevano consigliato di essere un punto di riferimento per gli altri, ma non era costretta a rinunciare ai suoi sentimenti personali: il risentimento verso quell'uomo, per quello che aveva fatto a sua nonna, era così grande che non l'avrebbe perdonato neppure se avesse chiesto scusa pubblicamente. Questo era quello che la giovane provava nel suo cuore, questa era la decisione che aveva preso.

~-~-~-~-~

"Ah, Rena, potresti venire qui, per favore?”

"Eccomi, papà! Di cosa hai bisogno?" La sera era ormai giunta, ma nonostante ciò Rena era ancora eccitata per le ultime novità, mentre stava preparando la cena ed era tutta intenta a mescolare, cucinare ed assaggiare. Al momento, infatti, la ragazza era combattuta da due emozioni contrastanti: da un lato, era tuttora preoccupata per quella famigerata frana mortale, che teoricamente poteva ancora abbattersi sulle loro teste; dall'altro, si stava rallegrando per il fatto che probabilmente quella minaccia stessa era solo un'invenzione, creata da una ricerca realizzata in malo modo. Comprensibilmente, finché non avessero davvero dimostrato che quel pericolo non si sarebbe mai verificato lei sarebbe rimasta in agitazione.

In quanto a suo padre, si era accorto facilmente del suo stato d'animo, ma preferì comunque dirle subito il motivo per cui l'avesse chiamata: “Nella cassetta delle lettere ho trovato questa, quando sono tornato dal lavoro. È indirizzata a te.” Rena prese la busta, e notò che era fatta di un cartoncino insolitamente spesso per quel tipo di utilizzo, e che inoltre non era stato scritto il nome del mittente. Ma soprattutto, notò che il timbro postale indicava che la lettera proveniva da Ibaraki. Era stata sua madre a mandarlo? No, avrebbe scritto il suo nome sulla busta, e poi quella donna era conscia che la figlia non voleva più avere nulla a che fare con lei, ora. Ma quindi chi poteva essere stato? Rena aveva un brutto presentimento, e per toglierselo dalla testa decise di aprire istantaneamente la busta per vedere il suo contenuto.

All'interno, tre articoli provenienti da diversi giornali, ognuno dei quali riguardante la morte di un ragazzo. Tutti e tre avevano un'età simile a quella di Rena, e le date sui ritagli indicavano che si trattava di quotidiani recenti: dodici Novembre sui primi due, ventinove novembre sul terzo. Rena non poté intuirne il significato, così lesse i nomi scritti sugli articoli: le tre vittime si chiamavano Koji Seohara, Kamui Shikoku e Basho Akinori.

Rena era confusa, quei nomi non le suonavano nuovi... e mentre guardava le loro foto pensò di averli già incontrati da qualche parte. Ma all'improvviso udì il padre che la stava chiamando con un filo di voce, e quando volse lo sguardo verso di lui si accorse che era tutto ad un tratto impallidito, mentre teneva gli occhi fissi sul lato interno della busta strappata. In quel punto, c'erano alcune grandi parole, scritte con inchiostro rosso e invisibili dall'esterno a causa dello spessore del cartoncino. Poche lettere, ma dal significato chiaro e inequivocabile.

Indovina chi sarà la prossima, Reina.

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Capitolo 16
*** Un passato alle calcagna ***



Capitolo 15: Un passato alle calcagna


Okinomiya, 6 Dicembre 1983

"Oh, guarda chi si vede. Mi sa proprio che non sei qui per una visita di cortesia, Alice..."

La centrale di polizia di Okinomiya era in uno stato di agitazione, e il vicino villaggio di Hinamizawa era la causa di questo caso. La sera precedente, tutti i suoi abitanti erano stati informati che la ricerca che aveva preannunciato un imminente frana gigante era un imbroglio, e che un nuovo studio sarebbe stato fatto, per assicurarsi che la popolazione non fosse in pericolo. Furiose, le persone del posto avevano tentato di contattare ripetutamente lo studioso, che però era diventato nel frattempo irreperibile, e si erano recati anche nel suo studio a Okinomiya, dove però non erano riusciti a trovarlo. Pareva scomparso, svanito nel nulla, e la cosa non faceva altro che acuire i sospetti nei suoi confronti. Così, avevano contattato la polizia, per risolvere la situazione e scovare quell'imbroglione affinché fosse processato, e alla centrale sapevano bene cosa significava innervosire il consiglio cittadino di Hinamizawa, e quindi avevano iniziato all'istante le indagini. Tuttavia, pretendere che il caso fosse chiuso dopo sole ventiquattr'ore era pura utopia, e quella sera gli ufficiali di polizia erano ancora immersi nella fase preliminare delle indagini. Le quali non sarebbero state facili, come Flavia spiegò alle persone arrivate lì per vederla.

"Paruyuki-san non sembra proprio un ingenuo, a quanto pare si era preparato per bene a un'eventualità del genere...”

"Paruyuki-san? Si chiamava davvero così?"

"Eh già... Ma se preferito posso chiamarlo ancora l'esperto, visto che stanno continuando ad affibbiargli quel bel nomignolo, dalle vostre parti. Comunque, il punto è che la persona di cui stiamo parlando ha prelevato dal proprio conto corrente tutto quello che aveva in banca, e l'ha fatto qualche giorno prima di presentare il suo lavoro, senza neppure aspettare di essere pagato dai Sonozaki. E' stato fatto di proposito, per far perdere le proprie tracce. Se ora adoperasse la sua carta di credito lo localizzeremmo facilmente, ma se usa solo contanti, invece...”

Se è così allora era sicuro che l'avrebbero scoperto, prima o poi” commentò il padre di Rena “Aveva completato i preparativi per la fuga prima ancora che iniziassero a cercarlo. Però, una volta che l'avrete trovato, di cosa sarà accusato? Di essere un idiota che non sa fare il suo lavoro?”

Causare panico senza motivo è un crimine, di per sé, si chiama procurato allarme. Ma non sarà questo il suo unico problema. Vi ricordate che c'erano state delle altre frane, in precedenza? Erano state il fattore che avevano spinto la comunità a rivolgersi a lui, quindi abbiamo voluto controllarle a fondo... E una di loro ha attirato la nostra attenzione. Forse era la terza... O la quarta, in ordine cronologico, avrei bisogno di farmi rinfrescare la memoria, ora come ora. Comunque, non lontano dal punto in cui è stata osservata, abbiamo rinvenuto delle tracce di esplosivo.”

M-ma quindi avrebbe usato delle bombe per generarle? Però nessuno ha sentito dei forti rumori, o delle esplosioni, come mai?”

Non tutti gli esplosivi sono così rumorosi, Ryuugu-san. Ci sono polveri che hanno lo stesso effetto del tritolo, ma sono molto più silenziose. Messe a contatto con l'aria in punti strategici, come all'interno di crepe create appositamente nella roccia, queste sostanze assorbono gradualmente l'umidità presente e diventano una sorta di gel molto denso, che si espande sempre di più fino a frantumare le rocce in cui sono state inserite, facendole franare e raggiungendo il loro obiettivo. Questo processo è inoltre piuttosto lento, ci vuole più di mezz'ora affinché si completi il tutto, ma non è detto che questo sia un problema per un criminale, anzi: nel caso, potresti anche andartene in tutta tranquillità e dichiarare di essere stato da tutt'altra parte mentre la polvere entrava in azione.”

Ma quindi quella roba doveva lasciare delle tracce sul posto, o no?”

Ci stavo arrivando. Le zone in cui si sono originate le varie frane erano posti abbastanza isolati, lontani dal centro del villaggio, dai vari edifici e dai campi di riso, e quindi poteva recuperare senza assilli la sostanza una volta che il fenomeno si fosse verificato, il gel rimaneva sempre fermo nel punto di inizio dello smottamento, e non scendeva con le rocce. Senza contare che erano frane di dimensioni ridotte, come avete notato anche voi, avvenute in punti strategici dove il terreno era più friabile, il che gli permetteva di utilizzare una quantità molto ridotta di polvere, e quindi era praticamente impossibile per chiunque trovarne sulle rocce cadute giù per il pendio. Siamo stati fortunati a trovarne un poco, probabilmente non si era accorto che era rimasta qualche traccia di gel sul terreno, quella volta.”

Satoko sarebbe stata al settimo cielo, se avesse potuto sentire quella preziosissima lezione sugli esplosivi. Rena, invece, si limitò a fare dei cenni col capo. Flavia stava cortesemente rispondendo alle loro domande, in quanto voleva creare un rapporto di fiducia tra lei e la famiglia Ryuugu, da poter poi utilizzare nei minuti successivi.

"Però io non capisco ancora perché quel tizio abbia commesso una stupidaggine del genere, non capisco proprio.”

"Glielo chiederemo quando metteremo le mani su di lui. Per ora non è stato intestato a suo nome nessun biglietto aereo, ma non posso escludere che voglia lasciare il paese usando uno pseudonimo, o un nome falso. In ogni caso, non credo che la sua fuga avrà successo: sulle sue tracce si è messa pure la famiglia Nabiha, quella che aveva suggerito di affidare a lui lo studio da compiere. Si erano fidati di lui, e ora l'hanno denunciato per salvare il proprio onore, o una cosa simile...” Flavia si grattò la testa “Certo, quelli hanno proprio fatto una figura barbina, e anche l'amicizia tra loro e i Kimiyoshi ha subito un brutto colpo, suppongo. Comunque, non credo che siate qui per questo, probabilmente sapevate già la maggior parte di questi dettagli..."

Rena confermò con il capo. La lettera che aveva ricevuto la sera prima non poteva essere ignorata, così aveva deciso di recarsi alla stazione di polizia con suo padre. E avevano anche chiesto ad Alice di venire con loro, al fine di essere sicuri di parlare direttamente con l'ispettrice. Rena non aveva parlato con nessun altro dell'accaduto, temeva di diventare un ulteriore problema per tutto il gruppo: l'ormai già famosa Questione Frane era già sufficiente per impegnare tutti i suoi amici, specialmente Mion e Keiichi. Mion e Keiichi... Rena scosse la testa, tentando di non pensare a loro due, insieme. Aprì allora la borsetta, e da essa prese la busta che conteneva ancora i ritagli di giornale che aveva ricevuto, porgendola a Flavia. La donna indossò quindi un guanto, e con esso analizzò quei frammenti di carta, esaminandone a fondo tutti gli anfratti. Le parole scritte in rosso all'interno erano ora facilmente leggibili, grazie al fatto che la lettera fosse ora strappata, ma altri indizi potevano essere trovati in altri punti dell'oggetto. Pertanto, l'ispettrice aprì il suo taccuino, scrisse alcune note su di esso, e poi ripose il tutto in un sacchetto di plastica.

Dovrò chiedere di potervi prendere le impronte digitali, dopo. Le vostre saranno certamente presenti sulla busta e sui ritagli, ma spero di poter trovarne anche delle altre. E già che ci siamo... Ryuugu-san, vi eravate già imbattuta in questi ragazzi, prima di oggi?”

"Veramente... Rena non è sicura." Rena smise di parlare, ma Flavia rimase a sua volta in silenzio, per permetterle di prendere coraggio e andare avanti: “Questi articoli provengono da un quotidiano di Ibaraki, e quei ragazzi hanno la mia era. Inoltre, quando ho letto quei cognomi... In queste foto sono più vecchi di come me li ricordavo, sono cresciuti, ed è per questo che ho detto che non sono sicura. Ma penso di riuscire a riconoscerli... Almeno due di loro. A Ibaraki...” deglutì la ragazza “A Ibaraki, questi erano i ragazzi che avevo assalito con una sbarra di metallo.”

Il padre di Rena pose la sua mano sulla testa della figlia, spingendola contro il proprio petto, e quindi continuò a parlare in sua vece: “Quei cognomi suonavano familiari anche a me, ma pensavo di sbagliarmi. È stata Rena a togliermi ogni dubbio, parlandomi della nostra precedente vita laggiù senza che io gliene avessi accennato: evidentemente aveva avuto la mia stessa idea. Mi ricordavo che le famiglie di quei giovani avevano rinunciato a denunciarla, anche se uno di loro aveva riportato delle serie lesioni a uno degli occhi. Si trattava di... Seohara-san, se non mi sbaglio, e infatti si può vedere che indossa degli occhiali anche lì, sulla foto dell'articolo di giornale che lo riguarda.”

Flavia riprese il ritaglio dal sacchetto di plastica, per verificare quanto aveva appena detto, e poi l'uomo andò avanti: “Non mi hanno mai spiegato perché i loro genitori avessero deciso di non far nulla, di fingere che niente fosse accaduto, quella volta, ma secondo me fu dovuto al fatto che quella banda voleva farle del male, e i loro padri ne erano consapevoli... I tre ragazzi coinvolti frequentavano la stessa classe, ma dopo quella brutta storia due di loro furono spostati in un'altra sezione, e il terzo invece fu addirittura espulso. Come se li volessero tenere lontani l'uno dall'altro, in modo che non si influenzassero negativamente a vicenda.”

Se nessuno ha sporto denuncia per questo fatto non troverò nulla negli archivi, anche se li controllerò comunque: forse nonostante l'età sono dei pregiudicati e sono presenti su qualche altro fascicolo per un altro motivo... Per favore, continuate pure, ditemi tutto quello che sapete.”

"Non credo ci sia molto altro da aggiungere, neppure Rena si ricorda di tutti i dettagli. In poche parole, dopo tutto quel trambusto, mia figlia ha cominciato insistentemente a chiedermi di tornare a Hinamizawa con lei, e alla fine abbiamo deciso che fosse il momento di tornare al nostro villaggio natale. E dopo questi due anni passati qui, direi che abbiamo compiuto la scelta giusta: in quella città era sempre triste e depressa, invece qui è molto più serena e felice.”

Flavia si voltò verso Alice, che confermò con un cenno. Era ormai già da qualche settimana che Flavia era stata informata dell'esistenza della Sindrome: dopo tutto loro due erano sorelle, e in questo modo l'ispettrice poteva immaginare tutti i risvolti e i significati nascosti dietro quella frase, in apparenza così innocente. Nel momento di redigere il verbale dell'incontro avrebbe quindi prestato attenzione al non riportare particolari scomodi, evitando di accennare a quello che Rena aveva fatto a quei ragazzi e affermando solo che lei conosceva le vittime. Altrimenti, qualche ufficiale impiccione da Ibaraki avrebbe potuto interessarsi troppo a lei, e quello sarebbe divenuto un serio grattacapo, reso ancora più spiacevole dal trambusto che si stava verificando in zona in quei giorni. Sarebbe stata buona cosa convincere i colleghi di Flavia ad astenersi dal fare troppe domande sull'argomento.

D'altronde, era curioso come il padre della ragazza continuasse a dire abbiamo deciso, abbiamo compiuto... sebbene la madre di Rena l'avesse già lasciato, nel periodo in cui i due erano tornati a Hinamizawa. In teoria, in quella famiglia c'era solo un genitore che prendeva le varie decisioni, ma nonostante ciò lui si stava esprimendo al plurale. D'altro canto, quell'uomo non sembrava una persona in grado di esercitare una forte autorità: sicuramente la ragazza aveva un grande ascendente su di lui, ed era in grado di influenzarne sensibilmente le scelte. E così, mentre ripeteva nella sua mente le ultime parole di quell'uomo, Alice stava riflettendo sul fatto che Rena pareva avere un carattere molto forte, ma che allo stesso tempo era una ragazza tranquilla e comprensiva, una con un atteggiamento positivo e che non asfissiava le persone accanto a lei. Ora che ha dovuto rinunciare a Kei-chan, forse si potrebbe interessare a qualcun altro, ed allora potrebbe essere una fidanzata ideale per lui...

Il sorriso accennato sulla faccia di Alice la diceva lunga su quello che le passava per la testa. In quanto a Flavia, invece, grazie a Dio era concentrata sul suo lavoro, e stava rileggendo i documenti della ragazza. “Posso chiedervi una cosa, Ryuugu-san? Qui leggo che il nome di vostra figlia è Reina, ma tutti voi la chiamate Rena... E anche Alice usa quel nome, di solito. Allora questo è solo un errore di battitura? Dovreste andare a correggerlo all'anagrafe, una cosa del genere può portare incomprensioni e disguidi particolarmente seccanti...”

"Ah... no. Ha deciso da sola di chiamarsi Rena, quando siamo tornati qui, e tutti a Hinamizawa la conoscono con quel nome, ora. Oh, in fin dei conti quando sarà adulta sarà libera di scegliere se andare all'anagrafe per farselo cambiare, oppure lasciar stare e tenere il suo vecchio nome. Non vi dovete preoccupare a proposito...”

"Oh, no, non intendevo criticarla... Volevo solo essere sicura su questa cosa. Sapete, questi articoli parlano di fatti recenti, e ci saranno già delle indagini in corso a Ibaraki per le loro morti, staranno probabilmente cercando di trovare un legame tra i vari omicidi, o un unico colpevole, dopo tutto le vittime appartenevano allo stesso gruppo. Temo che i loro verbali siano ancora protetti dal segreto istruttorio, ma penso di poter trovare comunque qualche informazione utile, laggiù conosco qualcuno sin dagli anni che ho passato all'accademia di polizia... Ma se c'è qualcosa che riguarda vostra figlia, avranno parlato di una ragazza che si chiamava Reina e non Rena. Tutto qui, capite ora perché mi interessava così tanto chiarire questo aspetto?”

Mentre continuava a tenere la testa appoggiata sul petto del padre, Rena guardò la donna, udendo come stessero parlando di lei con il nome di Reina. Si stava leggermente innervosendo, lei odiava il suo vecchio nome, lo detestava. Così Flavia, per tranquillizzarla, continuò sorridendo: “Ascoltatemi, per favore, dopo che avrò scritto di questo incontro, probabilmente verrà mandato qui qualcuno da Ibaraki, per farvi qualche altra domanda. Non sarà nulla di problematico, vorranno solo sapere che relazione c'era tra voi e loro, e tutto quel genere di cose noiose che però li fa sentire meglio. Fa tutto parte della procedura, è una cosa necessaria, e poi” prese in mano il sacchetto con la lettera minatoria “in questo modo troveremo più facilmente anche l'autore di questo scherzo di cattivo gusto.”

Ma quindi Rena dovrà... parlare anche di quell'incidente?” chiese suo padre. Sarebbe stato comprensibilmente doloroso. Flavia pensò allora a una risposta, ma Rena fu più veloce.

Se è davvero necessario, lo farò volentieri, Rena è pronta a guardare in faccia il suo passato.”

Risposta molto coraggiosa, giovane signorina. Già, anche io penso che sia la soluzione più sicura: non corri certo pericolo di essere arrestata per quello che è accaduto, nessuno si era fatto seriamente male quella volta, e nessuno aveva sporto denuncia. Potrei perfino azzardarmi a dire che nessuno si curerà davvero della cosa, a loro interessa solo trovare il serial killer... sempre che ce ne sia uno. Alla fine quella sarà vista solo come una piccola scaramuccia... E allora è meglio togliersi dai piedi questa seccatura, e farlo il prima possibile, non sei d'accordo?” Rena annuì, e Flavia continuò, strizzando l'occhio: “Se preferisci, posso sempre permettere loro di interrogarti solo una volta, in mia presenza; e dopo, se vorranno sapere qualche cosa d'altro, saranno costretti a chiederlo prima a me, e io farò da tramite tra te e loro, dicendoti di volta in volta quello che chiederanno. Loro non avranno nulla in contrario, lasciare la loro grande città e venire qui è sempre stata una noia mortale per loro, si sentono così superiori... Allora, sei d'accordo con la mia idea? Tu ti fidi più di me che di uno straniero, non è vero?”

Rena si mise a ridere: “Rena pensa che tu sia un poco strana, ma a Rena tu piaci!” In tutta sincerità Flavia non apprezzò molto quello strana, ma non lo diede a intendere e cercò bonariamente di nasconderlo, in fondo quella ragazza non l'aveva certo detto per offenderla, tutt'altro.

Ottimo. Quindi, vediamo di pensare a delle ipotesi alternative. Hmm... Allora... Collegare il tuo passato alle loro morti sarebbe la scelta più ovvia, e se fosse questo il caso dovremmo cercare qualcun altro che fosse presente in quel posto preciso e in quel momento preciso. Perciò... Sei sicura che quel gruppo fosse composto da tre ragazzi, e non da quattro, per esempio?”

Rena abbassò il capo, cercando di ricordare e ripensando a quella storia con uno sguardo malinconico. Quindi, dopo una dozzina di secondi: “Erano tre, non erano di più. Rena è sicura, questa volta. Non riesco a mettere a fuoco tutta la scena, disgraziatamente, ma a me sembravano tre mostri, non posso sbagliarmi.”

Benissimo” rispose Flavia, alzandosi dalla sedia e sedendosi sulla sua scrivania, per creare un ambiente più informale ed essere sicura che Rena rimanesse tranquilla. “Possiamo escludere un terzo incomodo – no anzi, dovrei dire un quinto incomodo, in questo caso. Allora... che ne dite di un testimone esterno, estraneo ai fatti? Vediamo... Sarebbe... Poco probabile, direi. È vero che non essendoci verbali non possiamo escludere la sua presenza a priori, ma in fondo se quei giovani volevano farti del male, come mi ha detto tuo padre, allora eravate in un posto isolato, lontano dagli altri, immagino.” Rena confermò ancora, un poco a disagio. “Ma forse qualcuno vi aveva comunque seguito, chi lo sa. Altre teorie... Nah, è troppo presto per elencarle tutte. Aspettiamo quello che le impronte digitali hanno da dirci, e poi potremo trarre le nostre conclusioni.”

Flavia si alzò in piedi, ancora, e si diresse verso Rena, porgendole la mano: “Non ti preoccupare, Rena-chan, posso chiamarti così? Ti do la mia parola d'onore, signorina, andrà tutto per il meglio!” La ragazza davanti a lei sorrise, e accettò il suo invito, stringendole la mando. A quel punto, la ringraziò per il tempo che le aveva concesso, si alzò a sua volta e cominciò ad andare verso la porta d'uscita.

"Ehi, aspetta, Rena-chan! Visto che è tardi, e che il mio turno è quasi finito, perché non andiamo tutti a casa di Alice? Tu e tuo padre sarete i nostri ospiti d'onore! Dovete aspettare solo un secondo, giusto il tempo di far prendere a un agente le vostre impronte e di lasciarmi chiamare mio marito, per dirgli dove deve andare.”

"Questa sì che è una grande idea!" Alice la seguì a ruota "Stasera ho davvero voglia di una cena allegra e rumorosa, insieme a qualche buon amico!”

Siete sicuri? Non vorremmo disturbare...” Rena guardò Alice, che replicò con un sorriso.

Disturbo? Ma di che diamine stai parlando? Non assillarti con roba del genere, sarà un vero piacere, altro che disturbo! Comunque,” concluse sarcasticamente “Sarà meglio impedire a Flavia di mettere mano ai fornelli, vorrei sopravvivere questa sera... Solo che lei è capace di combinare un disastro in ogni cucina in cui mette piede, e potrebbe benissimo avvelenarci tutti...”

~-~-~-~-~

Quella sera, al Maniero Sonozaki, il telefono squillò. Era molto tardi, Mion era andata a letto molto tardi, esausta, e quasi tutti gli altri avevano seguito il suo esempio. Questo è un periodo molto stressante, hanno tutti bisogno di riposo. Ma allora chi è che sta chiamando? Per quale motivo? Spero non sia nulla di serio. Il ragazzo allora prese la cornetta, e rispose. Era Kimiyoshi, il quale stava appunto cercando lui, Keiichi.

"Maebara-san, per favore ascoltatemi... Durante tutta la giornata i nostri concittadini hanno continuato a parlare di questa storia inquietante... E sembra che sia successo ancora qualcosa di brutto.”

Il suo cattivo presagio era vero, ma lo aveva capito anche prima che il suo interlocutore cominciasse a dirlo esplicitamente. Keiichi poteva chiaramente sentirlo ansimare, dal ricevitore. Era un momento duro, per lui che era ancora uno dei capi di Hinamizawa. A causa della sua proposta alla seduta del consiglio di ottobre, Kimiyoshi si sentiva ancora in colpa, e infatti aveva anche pubblicamente chiesto scusa alla comunità per il suo errore. Ma non aveva fatto altrettanto per aver visitato Oryou e averle causato quell'attacco di cuore. Forse non si era ancora reso conto che la sua era stata una decisione infelice, o forse riteneva che non fosse responsabile per quello che era accaduto all'anziana signora, fatto sta che questa scelta aveva portato Mion a comportarsi ancora più freddamente nei suoi confronti. A causa di ciò, ora lui preferiva evitarla per il momento, e di rivolgersi piuttosto a Keiichi. Dopotutto, non era stata una cattiva idea andare a letto presto, per lei.

"Maebara-san" Kimiyoshi continuò a parlare "Questa sera, meno di un'ora fa, qualcuno degli abitanti del villaggio sono venuti da me, e mi hanno confessato che qualche giorno fa hanno venduto le loro case.”

Keiichi rimase in silenzio per lo shock. Si aspettava brutte notizie, ma non una cosa del genere. Non parlò per un po', e solo in un secondo momento iniziò a balbettare: “C-Come... Come è possibile?”

Sembrerebbe che qualcuno li abbia contattati per telefono, il giorno dopo che Sonozaki-san ci aveva parlato del risultato di quella famosa ricerca. Hanno detto di essere un ente dipendente dal governo, anche se non so dirti quale in quanto nessuno si ricorda come si chiama, si ricordano solo che si trattava di un nome molto lungo e complicato. Comunque, hanno detto loro che lo Stato era al corrente della situazione, che... che l'esperto aveva presentato il suo lavoro anche alla prefettura. Così, al fine di assisterli in quel momento difficile, hanno offerto loro una somma di denaro come risarcimento, quasi uguale al valore delle loro case e terreni. Era meno di quanto ci avevano proposto durante la Guerra della Diga, ma negli ultimi giorni la situazione era critica, e molti di loro avevano accettato senza pensarci due volte. Un piccolo gruppo di incaricati è allora venuto a Hinamizawa, e pare che abbiano fatto firmare un gran numero di contratti.”

Un gran numero, dite... Di che cifre stiamo parlando, esattamente?”

Non posso darti la certezza assoluta, nemmeno loro sapevano dire quanti fossero con esattezza... Comunque, abbiamo 95 casi confermati, ma molto probabilmente ce ne sono molti altri, e il totale supera certamente il centinaio.” Keiichi sgranò gli occhi, mentre Kiichiro aggiunse: “Questa questione coinvolge più di 300 abitanti, contando anche i familiari di chi ha firmato... è il 15% percento dell'intera Hinamizawa, come minimo.”

In soli tre o quattro giorni? No, lasciatemi riflettere un secondo. Quasi una famiglia su cinque avrebbe venduto tutto, stando a quanto mi dite. E immagino che abbiano contattato anche altre persone, che però hanno rifiutato... Ma qui non è venuto nessuno, e neppure i miei genitori sono stati chiamati da queste persone, me ne avrebbero parlato.”

Non sono venuti nemmeno da noi, se è per questo.”

"E nessuno dei membri del nostro club mi ha parlato di questa storia, fino ad ora, segno che anche loro erano all'oscuro di tutto... Quindi, come...”

Io... Io avrei una teoria a riguardo, Maebara-san. Quando ho letto la lista dei nomi che mi hanno portato, mi sono subito accorto che erano tutti vecchi contadini, o umili operai...”

Capisco cosa volete dire. Hanno preso di mira gli abitanti più povere... I più semplici da convincere.” Sì, questa ipotesi aveva un senso, e poteva anche spiegare perché i suoi amici ne erano rimasti fuori. Le Tre Grandi Famiglie non avrebbero mai accettato di vendere le terre dei loro antenati, e non erano neppure stati contattati. I padri di Keiichi e Rena erano noti artisti nel proprio campo, e appartenevano al cosiddetto ceto medio, esattamente come i Serco. Inoltre, suo padre si occupava anche di Satoko e Satoshi, come genitore adottivo. In altre parole, nessuna delle loro famiglie avrebbe avuto bisogno di un aiuto finanziario per sopravvivere, anche se fossero stati costretti ad evacuare il villaggio.

Ma non c'erano solo loro, a Hinamizawa. Insieme a loro vivevano molte altre persone, uomini e donne che fino a quel momento avevano condotto un'umile esistenza, e che in quel momento avevano avuto paura di perdere tutto, il che li aveva spinti ad accettare al volo la prima offerta che avevano ricevuto. Ma non era tutto... C'erano famiglie che non volevano vivere in quel posto. Per queste persone, Hinamizawa era un villaggio come tanti altri, se non peggio, ma loro non potevano andarsene perché non disponevano del denaro necessario per farlo. Keiichi sapeva della storia della famiglia Houjou, dei veri genitori di Satoko e Satoshi: non avevano forse affrontato a viso aperto Oryou, durante la Guerra della Diga? Il loro gruppo era una minoranza, nel villaggio, ma non erano certamente da soli. Abitanti poveri e privi di qualsiasi potere all'interno della comunità, che volevano accettare i soldi che il Governo aveva loro proposto, al fine di lasciare quell'accozzaglia di bettole puzzolenti, andare a vivere da un'altra parte e migliorare il proprio tenore di vita. Dopo che gli Houjou erano stati puniti, il loro partito era sembrato svanire nel nulla, ma i veri sentimenti di chi li aveva appoggiati non erano cambiati, neppure dopo tutti questi anni. E ora...?

No, aspetta. La situazione era persino più pericolosa di così. Si era dimenticato della Sindrome. Se avevano venduto tutte le loro proprietà, allora erano sul punto di lasciare la vallata, oppure, nella peggiore delle ipotesi, se ne erano già andati. Sarebbero stati condannati a cadere vittime del parassite, nel momento in cui si fossero imbattuti nella loro prima fonte di stress. Doveva sapere dove fossero, e doveva scoprirlo il prima possibile, ma per fortuna la risposta di Kimiyoshi a questa sua domanda lo confortò:

Ah, dovrebbero essere ancora tutti a Hinamizawa, per ora.”

Tutti?”

Sì, tutti. Infatti di solito ci si impiega qualche giorno per organizzarsi per un trasloco; certamente questo lo sai anche tu, hai avuto pure tu un'esperienza simile, in passato. Così, mentre si stavano preparando, sono stati informati che il villaggio non era realmente in pericolo, e che quindi potevano stare qui senza rischiare la loro incolumità. È stato allora che hanno deciso di venire da me per parlare di questa faccenda, in quel momento era chiaro che qualcosa non andava. Formalmente, le case in cui vivono non appartengono più a loro, avendole vendute con un regolare contratto, ma spero che tutto si sistemi in fretta, non li lasceremo certo da soli.”

Keiichi rispose di essere d'accordo con lui, ricordando la sua vita a Tokyo, e il suo trasferimento in quel villaggio. Aveva dovuto portare così tanti scatoloni pesanti, quella volta, anche se quel duro lavoro non era stato quello che lo preoccupava di più, in quei lontani giorni. Mentre si occupava del trasloco, la sua mente era ancora scossa, turbata da quello che lui aveva fatto a quella bambina, con la sua pistola ad aria compressa. In fondo, aiutarlo a superare quella dolorosa esperienza era stata la ragione che aveva spinto i suoi genitori a lasciare la capitale, e andare a vivere laggiù...

No, non era il momento di abbandonarsi ai ricordi del passato, c'era una questione molto più importante da prendere in considerazione, ora. “Quindi? Cosa hanno intenzione, di fare, ora?”

Alcuni di loro hanno già composto il numero presente sui bigliettini di visita che avevano ricevuto da quegli incaricati, e hanno già concordato un nuovo appuntamento, per trovare un modo per annullare i precedenti accordi. Ci andranno settimana prossima, mi hanno detto.”

Allora sembra che tutto sia OK adesso, ma allora perché mi avete telefonato?”

"Per tutta una serie di ragioni. Per prima cosa, dobbiamo essere sicuri che ogni abitante che ha venduto i suoi beni riesca a dichiarare nullo il proprio contratto, come quelli che hanno già telefonato. Non credo proprio che lo Stato pagherà per risarcire qualcosa che non sarà distrutto, e quindi nessuno ha interesse ad andarsene da qui senza un soldo; dirlo chiaro e tondo nel prossimo consiglio sarà abbastanza. In secondo luogo, penso che tutte le persone coinvolte gradirebbero avere un avvocato che li assista, per essere certi di non rischiare nulla, sai bene come vanno certe cose: i legali che la famiglia Sonozaki utilizza di solito sarebbero l'ideale, in modo da occuparsi di tutti questi casi contemporaneamente, e spero che Mion-san non abbia nulla da ridire in proposito. Infine, questa storia ci insegna che dobbiamo pensare a una qualche direttiva da dare a tutta la popolazione, questo villaggio si è sempre fondato sulla forza che si crea combattendo tutti insieme, lo sai molto bene anche tu.”

"Certo. Ecco, vedrò cosa posso fare..." Kimiyoshi non rispose, e Keiichi, notandolo, gli chiese se ci fosse qualche altro problema

"Oh... Beh, il punto è che... Che ti ho chiamato perché... C'è un'altra ragione, una di tipo irrazionale, se la vogliamo chiamare così. Se questi trecento abitanti fossero stati mandati via, se fossero stati scacciati dal loro villaggio natale, la nostra forza effettiva sarebbe stata minore, e io ho ancora paura che a Tokyo vogliano tuttora mettere le mani sulla nostra bella valle per costruire quella maledetta diga. So che probabilmente non hanno più intenzione di fare una cosa del genere, tornare un'altra volta sui propri passi diventerebbe un imbarazzante paradosso, per loro... Ma ho bisogno di sentire che noi siamo forti e tenaci come qualche anno fa. Per favore aiutateci, Maebara-sama, abbiamo tutti fiducia in voi.”

Maebara-sama... Kimiyoshi era spaventato per quello che stava succedendo, non poteva che essere altrimenti. Oryou aveva protetto il villaggio per tantissimo tempo, e ora lui temeva di non essere abbastanza forte da rimpiazzarla degnamente. E allora stava cercando qualcuno che potesse farlo al suo posto, e visto che Mion era ancora arrabbiata nei suoi confronti, si era rivolto a Keiichi, trattandolo con il massimo rispetto e deferenza. Il suo giovane interlocutore se ne accorse, e iniziò a sentire sulla propria pelle l'importanza del ruolo che gli veniva assegnato e le responsabilità che esso portava. Era un compito non da poco, ma comunque lui non ne era spaventato. Hanno tutti fiducia in me... Il ragazzo sorrise, onorato da una tale responsabilità. “Ho capito tutto. Grazie per avermi telefonato, Kimiyoshi-san."

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Capitolo 17
*** Come i bei tempi andati ***



Capitolo 16: Come i bei tempi andati


Hinamizawa, 8 Dicembre 1983

Il preside stava suonando la campana, per annunciare la fine di un altro giorno di scuola. Udendola, Mion si alzò velocemente in piedi e, una volta sistemata la sua cartella, uscì dalla classe, accompagnata come in una tetra processione da Keiichi e Shion. Non era di buon umore, qualcuno aveva telefonato dal Maniero per l'ennesima volta, pregandola di tornare immediatamente a casa dopo la fine delle lezioni. Si trattava sicuramente di qualcosa di importante, ancora una volta, e quindi i tre uscirono rapidamente dalla scuola e salirono sull'auto che era stata portata lì per loro, mentre i loro amici non potevano fare altro che osservarli da una delle grandi finestre dell'edificio. Satoko e Rena erano tornate con la mente ai giorni felici che avevano passato tutti insieme a scuola, scontrandosi l'un l'altro durante le varie attività che decidevano di intraprendere di volta in volta.

E' un bel po' che il nostro club non si riunisce... Rena pensa che questo sia un vero peccato, è un vero peccato.”

Il tempo per le risate è finito, qui, organizzare delle attività solo per divertirsi e passare il tempo stonerebbe con il loro stato d'animo... Però ormai temo che il nostro club si sia definitivamente sciolto, anche se non ancora ufficialmente.”

Per Satoko queste era una notizia tremenda. Il club era stato la sua ancora di salvezza, in passato, ma ora alcuni dei suoi membri principali stavano diventando adulti, erano trattati come tali, ed erano coinvolti in una situazione complessa, difficile da risolvere. Certamente, i loro amici più giovani potevano ancora tornare molto utili, ma questa volta la faccenda richiedeva un'esperienza e una sensibilità che loro non avevano ancora sviluppato, e questo Satoko l'aveva capito in fretta. La cosa non le piaceva per niente, ne era frustrata, tanto che iniziò a commentare la situazione affermando: “Comunque, è un peccato anche che Nii-Nii non sia saggio a sufficienza per dare loro dei buoni consigli...”, il tutto mentre stava osservando seccata il fratello, che le stava accanto.

S-Satoko... Questa non è una cosa carina da dire...” si limitò a replicare lui. Ma in realtà, anche se l'osservazione della sorella era un poco scortese, aveva effettivamente centrato il punto. Satoshi era sempre stato un ragazzo paziente e premuroso, ma non era mai stato deciso e risoluto, non era mai stato una persona pronta a fare da guida per i suoi amici e risolvere la situazione. Inoltre, per più di un anno era stato assente da scuola, ed aveva passato tutto quel tempo completamente isolato dal mondo esterno. Keiichi, e anche tutti gli altri, era cresciuti in quel periodo, erano maturati, Satoshi invece no... Senza dimenticare che la sua lunga assenza da scuola sarebbe stato un handicap insormontabile per lui: con la sua attuale preparazione, non avrebbe mai potuto passare gli esami di ammissione all'università, che in teoria avrebbe dovuto frequentare l'anno prossimo. Per quanto andasse comunque detto che anche solo avere una vita normale era già una sorta di miracolo, considerando le sue passate condizioni di salute.

"Satoko-chan" aveva intanto risposto Rena "Io non sono d'accordo con te. Io penso che il nostro club esista ancora... Semplicemente, qualcuno di noi è dovuto andare via, lontano da noi, perché il dovere li ha chiamati. Ma sono sempre i nosti cari amici.”

Lo pensi davvero?”

Rena confermò con un cenno del capo. “Questo sarebbe comunque stato l'ultimo anno per Mii-chan e Shii-chan, no? Lo sapevamo, ne eravamo al corrente. È questo, quello che succede nella vita, e in particolare quando sei a scuola. Le persone più anziane ci devono lasciare a un certo punto, e al loro posto ne arrivano delle altre più giovani. Questo è anche cosa vuol dire crescere... Ringraziare per l'aiuto che ti è stato dato, e fare altrettanto verso chi è arrivato dopo di te. Un giorno, quando Satoko-chan sarà una signorina più grande, sarà lei a tenere le redini del club, e sarà lei a guidare i suoi più piccoli amici.”

Lo pensi davvero?” chiese di nuovo lei, questa volta gonfia di orgoglio. “Il capo della classe... Wow!”

"Oh, certo, perché non dovresti diventarlo? Ma tieni in mente che, una volta che tutto si sarà sistemato, Mii-chan, Shii-chan e Keiichi-kun torneranno a far parte del nostro club, e uno di loro ridiventerà il nostro leader, anche se solo per poco tempo.”

"Oh ho ho ho, non è certo questo il problema, potrei sfidarli per il potere, se necessario, li detronizzerei all'istante! Non c'è nessunissima possibilità che Keiichi-san mi possa tenere testa...”

Satoshi rise. Vedere la sorella così desiderosa di diventare il leader del club lo divertiva, anche se non riusciva a comprendere come mai fosse così importante per lei. Lui era stato più di un anno lontano da scuola, e poi non era mai stato un membro molto battagliero del club. E quindi le attività che aveva svolto con loro nei mesi scorsi rappresentavano un modo piacevole per passare il tempo con i suoi amici, ma non erano qualcosa di così fondamentale. Al massimo, aveva mostrato più interesse in passato, prima che iniziasse a soffrire dei sintomi terminali della Sindrome. In quei giorni le attività del club permettevano a Satoko di passare dei bei pomeriggi, lontana dai loro zii, e tenere il club stesso in vita sarebbe potuto diventare una priorità... Ma ora era tutto diverso, per lui. Teppei e sua moglie erano morti, e adesso lui vedeva lo scioglimento di quel club come un peccato, ma non come una tragedia, al contrario di quel che pensava Satoko. Satoshi era fatto così.

Teppei e sua moglie non erano più in vita, già... E non era strano che Satoshi potesse pensare alle loro morti con serenità, come se lui non avesse avuto nulla a che fare con quella storia. Nessuno gli aveva ancora detto che era stato lui ad uccidere sua zia, e anche lui si era dimenticato di tutto. Era tuttora sotto osservazione, si era ripreso dalla malattia solo poco tempo prima, e Irie voleva evitargli altre esperienze traumatiche; oltre a ciò, parlare a Satoshi di quello che aveva fatto sotto l'influsso della Sindrome avrebbe potuto ricordare a Satoko che lei era responsabile per la morte dei loro genitori... Era ancora troppo giovane per affrontare il suo passato. Così, se uno dei due Houjou avesse ricordato qualcosa, gli altri avrebbero detto loro la verità, ma altrimenti avrebbero aspettato che fratello e sorella diventassero adulti, prima di raccontare quella storia.

Tutto ad un tratto, Satoko si accorse che Rena se ne stava andando, e le chiese dove si volesse dirigere.

Oh, nulla di speciale, Rena voleva tornare solo a casa. Sai, si sta facendo tardi e fuori è già quasi tutto buio, quindi...”

Vero, hai ragione, dovremmo andarcene anche noi, non c'è niente da fare qui. Farei meglio a raggiungere Rika, ha dovuto starsene a casa per fare l'inventario di tutta la roba che conserva nel Saiguden, come fa prima di ogni inverno. Tsk, come possono darle il permesso di non venire a scuola anche se non è malata? Non è giusto...”

Rena rise per l'esclamazione della sua amica, e poi salutò lei e il fratello, prima di incamminarsi verso casa. Il sole era già tramontato, il cielo si stava rapidamente scurendo, e andare alla discarica per una piccola esplorazione non avrebbe portato a nulla. Non avrebbe mai potuto vedere nulla senza una torcia, e poi lei non era mai stata là di notte.

Mai? Davvero io non sono mai stata là di notte? La sua mente rievocò un incubo che aveva avuto qualche tempo fa. In quel sogno orrendo, lei voleva che quell'uomo trovasse una morte orribile. Quell'uomo... Quel Teppei... Quel vigliacco che aveva minacciato il suo adorato padre, un po' di tempo fa. Perché non si riprendeva la sua amante Rina e basta, invece di fare tante storie e accusarlo di avergliela rubata? Tutti sarebbero stati più felici. E così, in quell'incubo terribile lei era stata costretta infine a condurlo alla discarica di notte, e lì lo aveva attaccato di sorpresa con la sua mannaia, colpendolo in mezzo alla fronte e ucc...

Rena rimosse dalla mente questi pensieri, scuotendo il capo. Quella tragedia non era avvenuta nel mondo reale, per fortuna. Ad essere onesti, non aveva mai neppure incontrato Teppei, in realtà, men che meno l'aveva mai visto in compagnia di suo padre. Rena sapeva solo che il suo unico genitore voleva comprare una casa per la sua amante Rina, e questa decisione poteva portare tutti verso un disastro, sarebbe stato il primo passo verso la realizzazione di quell'incubo. Se suo padre avesse acquistato davvero quell'appartamento, Teppei avrebbe fatto la sua comparsa e allora...

Grazie a Oyashiro lei aveva potuto contare sui suoi amici, però. Fu sufficiente chiedere consiglio a Mion, e questa mossa fu quella che le diede il coraggio di guardare in faccia le proprie difficoltà con successo, senza per questo fare del male ad anima viva. La giovane aveva chiesto a suo padre di poter parlare con lui, e quindi gli disse chiaramente di smetterla di comportarsi come una marionetta nelle mani di Rina, e di reagire. Suo padre le diede ascolto, e da quel giorno non vide mai più quella donna.

Ora padre e figlia erano felici e contenti, da soli, lontano da quell'amante, e lontani dalla prima moglie di lui... Rena non poté fare a meno di sorridere, forse in quel periodo lei amava davvero suo padre. Si sentiva in competizione con le altre donne, e anche la madre non era altro che una nemica, non era altro che colei che voleva portarselo via, lontano da lei. E così, dopo che Rina era stata scacciata, in qualche modo lei era soddisfatta di vedere come papà fosse di nuovo solo per lei, e per nessun'altra. Sì, era questa la verità... Rena si soffermò allora a pensare a sua madre, alla donna che aveva lasciato il marito per andare a vivere con un altro uomo. Le aveva persino annunciato che era rimasta incinta, durante il loro ultimo incontro. Ma quel bambino esisteva davvero, o era solo un modo per prendersi gioco di lei? Era nato davvero? Come lo avevano chiamato? Avevano avuto altri bambini, oltre a quello? Erano felici?

Rena non sapeva rispondere a queste domande, e onestamente non le interessava affatto sapere queste cose. Non li aveva più incontrati dopo la fine del suo soggiorno a Ibaraki. Fate quel che vi pare, ma state lontani da noi e lasciateci in pace... Beh, Rena non poteva mentire a se stessa, suo padre era stata la sua ragione di vita, durante la sua adolescenza, e avrebbe fatto qualunque cosa per lui, qualunque cosa... Sì, probabilmente era quasi diventato come un marito per lei. Com'è che la chiamano... Sindrome di Elettra? Devo aver letto qualcosa a riguardo, ma non ricordo dove... Comunque, anche se quella fosse stata la verità, in fondo era stata solo una fantasia giovanile, ora lo vedeva solo come il suo affettuoso genitore, e lei aveva iniziato a provare interesse per un'altra persona... Un altro ragazzo, più o meno della sua stessa età. Ma adesso lui sta con lei... Rena tentò di scacciare anche quel pensiero e concluse che avrebbe fatto meglio ad andare a casa in compagnia di qualcun altro, a partire dalla volta successiva; altrimenti, quei fantasmi angoscianti avrebbero continuato ad aleggiare nella sua mente.

Ma c'era anche un altra motivazione, che la spingeva a non voler più andare a casa da sola. Rena si stava voltando in continuazione per vedere quello che c'era alle sue spalle, e stava ora ammirando i campi di riso che la circondavano. Il cielo sopra la sua testa stava per diventare completamente nero, ma intanto c'era ancora luce sufficiente per guardarsi attorno, e nessuno avrebbe potuto pedinarla in quella zona senza essere notato. Lì non c'erano alberi, non c'erano case né altri edifici, non c'erano neppure dei pali di larghezza sufficiente per nascondere la sagoma di una persona. Solo qualche piccolo e sparuto cespuglio, oltre ovviamente alle pianticelle di riso. Però... Insomma, da un lato era quasi impossibile che qualcuno la potesse spiare, laggiù, ma dall'altro vi erano molti altri punti dove ciò non era affatto difficile. Lungo la strada da scuola a casa, vi erano decine e decine di anfratti dove ci si poteva nascondere, e dove quindi si potevano anche organizzare degli agguati...

Stava pensando ai ritagli che aveva ricevuto per posta, e al messaggio minaccioso riportato sulla busta. Era tutto così ironico: in passato era ossessionata dall'idea che Oyashiro-sama la stesse seguendo dappertutto, portandola sull'orlo della pazzia, e ora c'era un altro persecutore, questa volta uno umano. Ma questo non significava che fosse meno pericoloso del Monaco. È cosi, dovrei chiedere a qualcuno di accompagnarmi a casa... ma chi? Di solito Keiichi sarebbe stata la prima scelta, il primo a cui pensare, ma non era il caso di disturbarlo, stavolta, la Questione Frane lo stava assorbendo completamente, e lei non voleva che i suoi problemi lo angosciassero più di quanto lui non fosse già; inoltre, non voleva passare del tempo con un ragazzo già impegnato con un'altra, non lo trovava giusto. In quanto agli altri, Rika, Satoko e Satoshi vivevano dall'altra parte del villaggio, rivolgersi a loro era fuori luogo, mentre Shion e Mion erano a loro volta impegnate con la faccenda dei contratti firmati. Eh già, mi sa che la cosa migliore è chiedere ad Ali-chan e Gi-chan di accompagnarmi, a partire da domani. Sanno già della lettera che mi hanno mandato, mi aiuteranno. Talvolta i due ragazzi non sarebbero potuti venire con lei, sarebbero stati assenti da scuola a causa del loro lavoro part-time; però, fortunatamente, quella circostanza avveniva abbastanza di rado, e per il momento la soluzione che Rena aveva trovato avrebbe fatto al caso suo.

A quel punto Rena alzò il suo sguardo, e si ritrovò dove non immaginava di essere: “Questa è... la casa di Keiichi-kun, come ho fatto a finire qui?” Era la forza dell'abitudine. Fino a pochi giorni prima, lei era solita recarsi ogni mattina a casa del ragazzo, al fine di incontrarlo e proseguire da lì verso la scuola, prima solo con lui e poi anche con Mion e Shion, una volta che le due gemelle li raggiungevano per la strada. Quello era un sentiero che conosceva bene, e lo aveva percorso senza neppure accorgersene, immersa come era nei suoi pensieri. Imbarazzata, decise subito di andarsene, ma nel girarsi notò una grande auto nera accanto al garage. Era la macchina di Kasai, Rena ne era sicura.

"Questo vuol dire che anche Mii-chan e Shii-chan sono qui, probabilmente. Rena si chiede come mai sono qui, come mai sono venute qui?”

La ragazza controllò l'ora. Erano le sei e mezza, aveva camminato per più di due ore, senza che se ne rendesse conto, persa nei meandri della sua mente. Si stava facendo tardi, come le suggerivano i lampioni accesi, e doveva anche preparare la cena per lei e per suo padre... Ma era semplicemente troppo curiosa. Rena oltrepassò il cancello aperto, e suonò il campanello.

Ma in quel momento udì una vocina che veniva da dentro di lei. No, aspetta, che stai facendo? E se stessero preparando un fidanzamento ufficiale, se stessero per fare un annuncio ai genitori di Keiichi-kun? Rena sarebbe di troppo... Poteva essere uno scenario possibile, in effetti, anche in un momento così convulso come quello. Prima di sposare Mion, Keiichi sarebbe stato adottato dalla famiglia Sonozaki, per far sì che prendesse il loro cognome e portasse avanti quella gloriosa casata. Non potevano agire diversamente: se Keiichi non avesse assunto il cognome del clan il nome Sonozaki si sarebbe perso per sempre, Akane aveva avuto solo due figlie femmine e nemmeno un maschio. Magari è per quello che Mii-chan diceva di voler essere un maschio, qualche volta, in fondo ha a cuore le sorti della sua famiglia... Non era strano comunque che lo volessero legare alla loro famiglia. In quei pochi giorni si era rivelato un aiuto a dir poco fondamentale per la famiglia Sonozaki, e averlo per sempre accanto a sé avrebbe dato a Mion una grande, grandissima forza. Le avrebbe permesso di affrontare con fiducia ogni problema, presente e futuro. Rena conosceva la sua amica... In realtà lei non era l'invincibile maschiaccio che pretendeva di essere a scuola, era invece una donna così fragile, e aveva bisogno dell'aiuto di qualcuno così forte da spezzare perfino il filo del destino, specialmente ora.

È vero, devono essere qui per questo motivo. Rena non può stare qui. Chiedere a Keiichi di andare a vivere al Maniero per qualche giorno aveva aiutato Mion, ma al tempo stesso era stato doloroso per Rena; con quell'invito, la giovane aveva sostanzialmente rinunciato a lui, e aveva passato tutta la notte successiva piangendo. Rena non voleva sentirli mentre i due annunciavano il loro fidanzamento ufficiale: indubbiamente era felice per i suoi amici, ma aveva anche paura di non essere in grado di trattenere le lacrime, e non voleva che gli altri vedessero che lei stava soffrendo a causa di quella straziante rinuncia. Pensò allora di correre via, ma era troppo tardi, qualcuno stava aprendo la porta, dopo aver chiesto chi fosse a colei aveva suonato. Era la madre di Keiichi, che le diede cordialmente il benvenuto e la lasciò entrare, invitandola ad andare nel salotto, dove Rena incontrò le persone che aveva immaginato di trovare lì dentro.

Shion le chiese come mai lei fosse lì, e Rena spiegò che aveva visto l'auto all'esterno, e che aveva immaginato che ci fossero novità sulla Questione. Con un cenno allora Mion invitò Keiichi a dirle quello che era successo, e lui cominciò a parlare. Ma mentre il ragazzo stava spiegando il problema, la ragazza dalla coda di cavallo rimase immobile, e si stava lentamente massaggiando l'avambraccio. La sua amica lo notò subito: quello era un punto particolare, infatti... era quello dove Satoshi l'aveva ferita con il suo morso, quel giorno nel seminterrato della Clinica. Dopo più di due mesi, sulla sua pelle c'erano ancora i segni dei suoi denti, anche se questi stavano poco a poco svanendo da lì, e senza lasciare nessuna cicatrice se tutto andava per il meglio. Quello che aveva ricevuto quella volta non era stato un colpo indolore, si doveva essere sentita come afferrata da una bestia affamata, e forse aveva temuto di vedersi strappare l'intero braccio. Vedere quei segni ogni volta che si toglieva la maglia non era certo piacevole, per Mion, ma almeno erano ormai in autunno inoltrato, e l'inverno si stava avvicinando a grandi passi. La ragazza poteva iniziare a indossare abiti pesanti dotati di maniche lunghe, che potevano coprire tutto.

Per di più, non aveva mai ricevuto delle scuse per l'avvenuto. A Satoshi non era stato detto nulla di tutto ciò, dopo che lui era tornato a una vita normale: lui non si ricordava di nulla, e in fondo farlo sentire in colpa era ingiusto anche nei suoi confronti. La Sindrome era la vera responsabile, non lui. Però, se in buona fede lui le avesse chiesto cosa le era accaduto al braccio, quella sarebbe stata una beffa atroce, come se si stessero prendendo gioco di lei. Povera Mii-chan... Sei stata così sfortunata in passato, hai dovuto soffrire così tanto... Ma ora Keiichi-kun è accanto a te, la tua vita sarà piena di eventi felici e gioiosi...

"Rena?" Keiichi la strattonò lievemente per un braccio, risvegliandola dai suoi pensieri "Ehm... Hai sentito cosa ti ho detto?"

"Oh... no, mi spiace Keiichi-kun, mi spiace... Rena non è stata una brava ragazza, questa volta... Potresti ripetere, per favore?"

Keiichi sospirò. "Ti ho appena chiesto di prendere in mano uno di questi fogli, e di dargli un'occhiata."

Rena obbedì, e ben presto il suo dito si soffermò sulla prima riga di quel testo. "Questo è... un contratto? Uno di quelli di cui ci avete parlato ieri, ho ragione?”

"Esatto. Firmando uno di questi, rinunci a tutti i beni che possiedi a Hinamizawa, in cambio di un risarcimento. Tutti gli accordi firmati sono già stati registrati, così ci siamo informati. Sai quanti di questi sono stati portati agli uffici competenti, negli ultimi giorni?”

Rena scosse la testa, preoccupata da quello che la risposta poteva essere. E quello che le fu detto non le piacque affatto: “126 contratti. Che coinvolgono 534 abitanti, più del 25% dell'intera popolazione del villaggio.”

Così tante persone?”

E' così. Non dimenticarti che da queste parti molte case sono abitate da più di una famiglia, e che in altre ci sono coppie di anziani che vivono ancora con le famiglie dei loro figli. Spesso un solo accordo riguarda sei-sette persone.”

Oh, vedo... Capisci, io vivo da sola con papà, Rena non ci aveva pensato... Ma ora... Che cosa faranno? Hanno intenzione di andarsene così?”

Ho paura di sì, e non saranno felici di dover lasciare tutto.” Keiichi prese un altro foglio di carta, proveniente da uno studio legale. “Questa nota ci è stata mandata da uno dei cugini di Mion, un avvocato. Ieri gli abbiamo dato le copie di alcuni dei contratti firmati, in modo da permettergli di studiarli, e lui li ha esaminati. Puoi leggere tu stessa quello che ci ha risposto.”

Rena prese la lettera, e mentre leggeva iniziò a muovere il suo dito lungo le righe del contratto che aveva di fronte a lei, finché non trovò infine il passo che stava cercando. Era una piccola nota a margine, scritta in fondo al testo a caratteri minutissimi, così piccoli da essere quasi illeggibili: “... Nel caso che il rischio dovuto alla friabilità del suolo sia dimostrato come infondato, o qualora non raggiunga una soglia sufficientemente alta, l'indennità corrispondente alla vendita delle proprietà del firmatario sarà ridotta di un ammontare pari all'89% della somma di cui sopra, concordata tramite il presente accordo in base a... No, aspetta. Prenderanno l'89% in meno? Ma non è possibile!”

E' possibile, invece. Visto che abbiamo detto a tutto il villaggio che quello studio non è corretto e che non c'è alcun pericolo, i nostri amici riceveranno a malapena un decimo di quello che speravano, e dopo che avranno ricevuto quei due spiccioli saranno costretti ad andarsene da Hinamizawa.”

Ma questa è una frode. Non è nient'altro che una frode!”

"Hai ragione, ma loro hanno firmato, e facendolo hanno dichiarato di aver letto e accettato tutto il testo di questo documento, compresa questa postilla. Comunque, come hai detto anche tu, questo non è un accordo equo, e combatteremo affinché venga annullato.”

Ma perché dovrebbero preparare un inganno del genere? Quello che li aveva contattati era un ente pubblico, e...”

Il Japanese Office for Services on the Territory, dici?” Keiichi indicò il nome riportato sul contratto che Rena stava ancora tenendo in mano “Oh, che dire... abbiamo chiesto al nostro amico avvocato di controllare anche questa cosa... E pare proprio che non esista una società pubblica con quel nome. Quello è un gruppo privato, creato non molto tempo fa, con un nome che poteva facilmente ingannare chi doveva firmare questo accordo.”

E chi è il capo di quell'organizzazione? Ci deve essere qualcuno che la controlla.”

"Non lo sappiamo. È una società creata con capitali esteri, e formalmente gestita non da una persona in carne ed ossa, ma da altre compagnie simili, a loro volta controllate da altre società, e così via... E' un po' complicato anche solo da spiegare, neanche io sono sicuro di aver capito bene come funziona. Comunque, stiamo facendo delle indagini per capire chi tiene davvero le redini di quel groviglio di enti e gruppi assortiti, ma ci vorrà tempo, quelli che hanno ideato un sistema del genere lo hanno fatto appunto per non essere scoperti. Si sono persino accordati con persone di altre città, quando hanno dovuto trovare qualcuno che andasse per il villaggio per far firmare i contratti. Abbiamo chiesto a chi ha venduto di fare un identikit di quegli “incaricati”, e li abbiamo già portati alla centrale di polizia, ma ho paura che una frode così complessa e ben organizzata abbia utilizzato dei complici ben preparati, difficilmente rintracciabili alla fine dell'intera operazione. Qualche delinquente specializzato in questo genere di crimini, voglio dire.”

"Però, nel frattempo, se la situazione è questa... I nostri amici saranno costretti ad andarsene... e...” Rena non finì la frase. Anche Kasai e i genitori di Keiichi erano in sala.

"Rena, sei in pensiero per quello che potrebbe fare la Sindrome, ho ragione?”

Rena fissò Keiichi, sorpresa, ma Shion intervenne per chiarire ogni dubbio. “Non ti preoccupare, loro sanno già tutto... In questo momento dobbiamo accettare anche l'aiuto degli adulti in cui abbiamo più fiducia, ma loro non possono certo consigliarci per bene, se non sono al corrente di tutto. Ne abbiamo parlato anche ai miei genitori, ma a parte loro nessun altro lo sa, non siamo diventati dei chiacchieroni così all'improvviso. E non mi sono certo scordata di chiedere loro di non rivelare niente a nessuno, e sono sicura che mi ascolteranno.”

Capisco... Allora, che cosa avete intenzione di fare?”

"Beh, su questo contratto è scritto che l'accordo non entra in vigore prima della fine del mese in cui è stato firmato e registrato, quindi abbiamo più di tre settimane per organizzare qualcosa. Abbiamo già contattato la polizia e informato il prefetto, ossia uno degli zii di Mion, che ci ha suggerito di radunare tutte le persone coinvolte e di andare da lui insieme a loro, per mostrare pubblicamente l'importanza e le dimensioni di questa frode, e per chiedere giustizia in modo adeguato. Ma noi abbiamo in mente di fare qualcosa di più grande. Questa non è un torto fatto a una sola persona di Hinamizawa, questo è un torto fatto a tutto il villaggio, e tutto il villaggio risponderà a tono. Faremo vedere a tutti che noi non accettiamo di essere divisi in questo modo, e che non siamo da soli! Verranno anche da Okinomiya, ne sono certo!”

"Hai capito, Rena-chan?" esclamò Mion, che abbozzò infine un sorriso, spinta dall'eccitazione "Se una persona è colpita, due risponderanno; se pietre sono lanciate contro due persone, quattro risponderanno e lanceranno pietre... Questo è lo Spirito di Hinamizawa, e noi stiamo per rinverdire i fasti di tutte le guerre che abbiamo condotto finora. Faremo tesoro di tutti i momenti in cui siamo stati capaci di cambiare il nostro destino, come durante la Guerra della Diga. Siamo pronti ad affrontarli, e sono convinta che tutti faranno altrettanto.” Mion non aveva mai parlato, dopo l'arrivo di Rena, ma la scelta che lei e Keiichi avevano preso le aveva ricordato quello era stato fatto da sua nonna e dagli altri capi del villaggio. Le audaci parole del ragazzo avevano infiammato il suo cuore, e in quel frangente lei si sentiva degna di loro, degna dei suoi grandi antenati.

E anche Rena annuì sorridendo, convinta e sollevata, grazie alla fiducia che traspariva dalle parole dell'amica. “Sì, è vero, dobbiamo fare qualcosa qualcosa di grande, ma nulla che sia fuori dalla legge... Quando volete realizzare questa grande dimostrazione?”

"Oh, la faremo molto presto, ed è per questo che noi siamo qui e non a casa nostra!” replicò Shion “Kei-chan aveva bisogno del telefono per chiamare amici, compagni di classe, sottoposti dell'Angel Mort, gente conosciuta, gente sconosciuta, chiunque possa venire, insomma! Dovrà convincerli uno a uno, e quindi passerà molto tempo con quella cornetta in mano... Purtroppo la nostra casa ha solo una linea telefonica, e ne abbiamo bisogno per le comunicazioni più importanti. Ah, Onee, perché non modernizzi quel Maniero così vetusto e fuori moda, dovresti metterlo al passo coi tempi...”

"Oh, per me andrebbe anche bene, però dovrei usare la tua paghetta per coprire le spese, sicuro!”

"Tu, mostro crudele! Come osi rivolgere queste minacce alla tua piccola amatissima sorellina!”

Mion e Shion erano felici, sentendosi dire queste cose. Erano due sorelle che volevano sempre aiutarsi a vicenda, che non avrebbero mai lasciato l'altra nel momento del bisogno. E così, da brave sorelle che si vogliono bene, le due ragazze cominciarono a litigare animatamente, tirandosi l'una i capelli dell'altra mentre gli altri stavano cercando di dividerle, tra una risata e l'altra.

~-~-~-~-~

Mentre Keiichi stava finendo di spiegare gli ultimi dettagli a Rena, con una telefonata dalla sua Clinica Irie-sensei aveva chiesto a Rika di venire da lui per alcune nuove scoperte sull'ATPC, e la fanciulla lo raggiunse in serata, dopo cena. Rika era abituata a questi incontri, in special modo dopo il ritrovamento di quella proteina, ma quella volta era diverso. La Questione Dighe stava coinvolgendo l'intero villaggio, e se Irie aveva deciso di spostare la sua attenzione verso un altro problema, allora ci doveva essere qualcosa di estremamente importante. Infatti, il dottore prese velocemente un grafico disegnato a mano e lo mostrò a lei, preoccupato. Rika lesse il titolo in cima al foglio. “Valori di ATPC all'interno del sangue di Sonozaki Mion. Che cosa significa questo, Sensei?”

"Lo puoi vedere anche tu, Rika-chan. Questo disegno indica la quantità di proteina che abbiamo rinvenuto nel suo sangue in queste settimane. Sai, stiamo avendo delle difficoltà nel sintetizzarla, così abbiamo dovuto prelevare dei nuovi campioni, di tanto in tanto, anche per capire che cosa andava storto nei nostri tentativi e nei nostri esperimenti. Il primo valore risale al giorno dopo la sua investitura come capo della sua famiglia, mentre quelli successivi sono stati fatti ogni dieci giorni, vedi le date scritte in cima? Ovviamente, stiamo parlando di prelievi di sangue molto ridotti, di dimensione paragonabile a quella di una siringa. Se gliene avessimo preso di più sarebbe potuto diventare pericoloso, non pretendo certo che una persona si privi di una sacca di sangue ogni settimana. Ma il punto è...”

E' cosa?”

"Riesci a leggere l'andamento di questo grafico, vero?” Rika la osservò. Andando da sinistra a destra, la linea che riportava il valore di ATPC saliva sempre di più.

Vedo che in questi ultimi giorni la concentrazione della proteina nel suo sangue è cresciuta a dismisura... Ma allora che cosa vuol dire?”

"Rika-chan, qualunque sostanza di questo mondo può nuocere al corpo umano, se presente in quantità eccessiva. Anche l'abuso di vitamine può portare a terribili malattie: assunte normalmente sono utili e necessarie sia per te che per me, ma se esageri puoi incorrere in problemi al fegato, cattivo funzionamento dei reni, e persino gravi danni al sistema nervoso. Questo discorso vale per ogni sostanza, e l'ATPC non è un'eccezione.”

"Quindi stai dicendo che il valore dell'ultima osservazione è troppo alto?”

"No, per ora non posso ancora dimostrarlo. Questa concentrazione è comunque inferiore a quella che presentava Satoshi-kun quando abbiamo rilevato l'ATPC per la prima volta. Ma quello era un caso particolare, un paziente che soffriva del Livello 5 della Sindrome. E inoltre la differenza tra i due valori si sta riducendo, questo trend è un qualcosa che non mi rassicura circa la sua salute.” Rika annuì, comprendendo la causa del disagio del medico, e poi lasciò che il dottore continuasse: “La quantità di proteina nel sangue di sua nonna era simile a quella che Mion aveva nei primi rilevamenti, quindi direi che quella è la soglia di “normalità”, quella che lei dovrebbe avere di solito, anche se con così pochi dati non ne ho la certezza. Quello che posso dire invece è che le analisi successive non dicono nulla di buono.”

In altre parole, ora c'è molta più ATPC di quello che dovrebbe... E quali... quali potrebbero essere le conseguenze di questa cosa, Irie?”

"Non so davvero risponderti, questa è ancora una sostanza sconosciuta. Possiamo solo ragionare su quello che era successo a Satoshi-kun, quella sera giù nel seminterrato.”

Rika lo invitò a continuare a parlare: “Ti ricordi quando ti ho parlato del sistema preda-predatore? Il valore di ATPC è così alto perché ci sono molti parassiti all'interno del sistema nervoso, e solo per quello. Lo potremmo paragonare a un anticorpo, secondo me, a un qualcosa che reagisce solo a quel tipo di intrusi, quindi escluderei altri fattori esterni, per ora. Quindi, cosa aumenta il numero di parassiti, di solito? Generalmente la causa principale è lo stress, una volta che il soggetto rimane lontano dalla Regina Portatrice e si verificano tutte quelle altre cose che conosci bene anche tu. Nel caso di Satoshi-kun, la fonte di stress era la presenza dei loro zii a casa loro, ma una volta che loro non c'erano più questo fattore era sparito. Così, dopo che l'ATPC ha eliminato i parassiti formatisi in passato Satoshi-kun è guarito, e quindi anche la proteina era lentamente svanita: era come un predatore che non poteva trovare altre prede da mangiare, e perciò era destinato a morire di fame. Nel caso di Mion-san, invece, ci deve essere ancora un fattore che le porta uno stress continuo, costante e ininterrotto.”

Ossia il suo ruolo come guida della famiglia?”

"Forse. Tieni in mente che Oryou-sama aveva una quantità di ATPC molto bassa dentro di sé, ma questo potrebbe differire da persona a persona, potrebbe essere soggettivo. Magari anche questa faccenda delle frane potrebbe essere una motivazione, sta diventando una crisi seria. Infatti, se ci pensi, questo potrebbe essere definito come il fattore di stress che stiamo cercando. Una fonte di tensione e di ansia che esiste ancora, al contrario di quello che aveva dovuto affrontare Satoshi-kun. In questo modo, la proteina dentro di lei sta tentando di togliere di mezzo i parassiti nel suo sistema nervoso, ma quelli che sono eliminati sono rimpiazzati da altri proprio a causa del suo stato di agitazione.”

"Quindi ci sarebbe una sorta di guerra all'interno del suo cervello, ora capisco che cosa ti turba... Ma allora dici che Mii-chan avrebbe raggiunto gli stadi finali della Sindrome, senza la proteina? È strano... Non è mai stata lontano da Hinamizawa in vita sua, per quanto ne so io.”

Non è vero. Non ti ricordi che solo qualche giorno fa è andata a Nagoya per contattare i costruttori di quei condomini? Quando tutti noi eravamo disperati perché dovevamo lasciare il villaggio per sempre, a causa di quella fantomatica frana gigante? Ci era andata da sola in qualità di capo del villaggio, mentre Maebara-san era rimasto nel maniero per tenere la situazione sotto controllo, ma è tornata solo dopo...” Irie fece mentalmente il calcolo “Dopo un giorno e mezzo, a causa di disguidi e contrattempi durante il soggiorno e il viaggio. E anche solo lasciare il villaggio e le cittadine circostanti per 36 ore è sufficiente, dovresti saperlo.”

Irie aveva ragione. Finché stavano tutti a Hinamizawa o anche solo a Okinomiya non rischiavano nulla, ma Nagoya era troppo lontana, gli ormoni curativi che lei secerneva come Regina Portatrice non raggiungevano quella città, e rimanere senza di essi anche solo per un periodo molto breve poteva rivelarsi fatale. Era come andare sott'acqua senza una bombola d'ossigeno, anche un secondo di troppo in apnea poteva provocare una tragedia. E Rika l'aveva già vissuto sulla propria pelle. Le parole di Irie le avevano ricordato tutti i mondi dove Keiichi era rimasto un paio di giorni lontano di loro, a casa di alcuni suoi parenti. Due giorni, non uno di più. E nonostante la brevità della sua assenza, quando era tornato a casa la Sindrome aveva annebbiato la sua mente, spingendolo a non fidarsi più dei suoi amici, oppure a commettere la follia di uccidere Teppei per salvare Satoko... Nessuno di quei mondi era finito bene. E ora, lei poteva aver commesso lo stesso errore. Rika aveva abbassato la guardia, credeva che Mion fosse al sicuro, grazie all'ATPC, e così si era scordata di quell'importante dettaglio, ma ora... Che cosa le sarebbe potuto succedere?

No, forse stava diventando nevrotica adesso, come aveva fatto qualche tempo prima con Giancarlo. Non dovrebbe pensare sempre allo scenario peggiore, il dottore le aveva ricordato che Mion non poteva essere affetta dalla Sindrome, non avrebbe mai perso la testa. Recuperando l'autocontrollo, Rika chiese allora a Irie cosa fare.

"Non possiamo obbligarla a prendersi qualche giorno di riposo, sarebbe inutile. Anche se la costringessimo a letto, continuerebbe a essere assillata dalle sue preoccupazioni, dalla sorte degli abitanti del suo villaggio, dai loro problemi... Il fattore di stress non sparirebbe. Tutto quello che possiamo fare è aiutarla, farla sentire a suo agio, per quanto possibile, per fare in modo che quelle fonti di ansia facciano meno danni possibile. E poi speriamo che questa storia finisca in fretta.”

Irie guardò Rika, quando finì di parlare. La bambina sembrava triste, e pensierosa: “Sono spiacente di averti dato queste cattive notizie. Neppure io sono sicuro di quanto ho appena detto, magari Mion-san non avrà problemi. Però ho visto qui dati, questo livello di ATPC così simile ai valori di Satoshi-kun... Volevo essere sicuro che lei non corra rischi. Va da sé che darò al resto del club gli stessi consigli che ho dato a te, tutti noi dobbiamo sostenerla, come è giusto fare in periodi come questo.”

Non è un problema, Irie, non ti devi rimproverare, hai fatto la scelta giusta. Sono d'accordo sull'importanza di non lasciare la sua vita in mano al fato. Sarò pronta, saremo tutti pronti. Ma ora stavo pensando a qualcos'altro, a una cosa che hai detto prima...”

Il dottore le chiese a cosa si riferisse, confuso, e lei ribatté: “Irie, un minuto fa hai detto che l'ATPC nel sangue di Oryou-sama non era così presente come in quello di Mii-chan, e che questo era un elemento soggettivo. Per esempio, potrebbe significare che Oryou-sama era in grado di sopportare lo stress e di non aver bisogno della proteina, al contrario di sua nipote.”

E' una possibilità... Ma cosa vuoi dire con questo?”

Beh... Mettiamola in questi termini... Mi chiedo se Mii-chan sia davvero pronta ad essere il capo del villaggio...”


Nota dell'Autore: Tzk, cercare di descrivere per bene il funzionamento della Sindrome non è mica facile, hai sempre paura di essere noioso. Tra l'altro, nella storia originale sono un po' vaghi, dicono che si tratta di un parassita trasportato via aria, ma così non funziona bene secondo me (insomma, perché Irie doveva passare il tempo ad aprir cervelli in allegria, se poteva trovare il parassita anche nell'aria che respirava?) Sarebbe stato molto più carino descriverla come se fosse qualcosa simile all'AIDS, che tra l'altro stava iniziando ad espandersi proprio in quegli anni Ottanta, sarebbe stata un'analogia carina.

Comunque, per i prossimi capitoli ci vorrà più tempo che per gli altri. Un po' per impegni, e un po' perché sono tra i più lunghi della mia storia...

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Capitolo 18
*** La Guerra delle Frane – Disposizione dei pezzi ***



Capitolo 17: La Guerra delle Frane – Disposizione dei pezzi


Okinomiya, 18 Dicembre 1983

Le giornate di sole, d'inverno, sono le più fredde di tutto l'anno. Durante le notti, l'assenza di nuvole impedisce alla Terra di trattenere il poco calore che le viene dato dal debole Sole del periodo, come un uomo che va a letto senza coperte e non riesce a riscaldarsi. Inoltre, se una mattina passi accanto a un bosco e la notte prima è stata rigida a sufficienza, puoi vedere tutti gli alberi ghiacciati, e i loro rami coperti da una moltitudine di sottili e delicate stalattiti. Uno spettacolo affascinante, un trionfo del freddo che però avrebbe ucciso quelle piante, se esse non si fossero preparate per quel gelo, perdendo le foglie e sbarazzandosi di tutta l'acqua di cui potevano fare a meno. Al fine di sopravvivere, Madre Natura ordina alle sue creature di congelarsi e andare in letargo, e così era successo anche nei dintorni di Hinamizawa.

Con quel tempo, camminare per strada la mattina presto non sarebbe stato piacevole per nessuno, ma fortunatamente hanno inventato le automobili. Così, mentre la sorella li stava guidando a Okinomiya, Giancarlo poteva guardare attraverso il vetro il panorama che si stagliava intorno a loro, seduto confortevolmente sul sedile posteriore. Il Sole era ancora nascosto dietro le montagne, ma la sua luce stava iniziando a illuminare il mondo circostante, consentendo al ragazzo di realizzare quanto fredda fosse stata la nottata precedente. Spero solo che il ghiaccio non mi faccia finire per terra come un salame, a Okinomiya... È ancora presto, e finché il Sole non avrà sciolto tutto le strade saranno scivolose come non mai, anche solo camminare sarà meno semplice del solito. Per quanto il vero problema sarà dover aspettare fuori per più di un'ora, dopo che saremo arrivati. Con questa temperatura... Brr...

Ma non potevano fare diversamente. Anche se era domenica, Flavia doveva recarsi al lavoro, dopo averli condotti in quella città, e pertanto aveva bisogno dell'auto di famiglia, come al solito. In fondo potevano già considerarsi fortunati per il fatto che la donna avesse passato la notte a casa loro a Hinamizawa, permettendo loro di avere qualcuno che li conducesse a destinazione. Le alternative, infatti, sarebbero state chiedere un passaggio a qualcuno o, peggio ancora, andare dal villaggio a Okinomiya in bicicletta. Il corpo del povero ragazzo non sarebbe mai stato in grado di sopportare quello sforzo, si sarebbe certamente preso una bella polmonite, lui e sua sorella Alice.

Tra l'altro, era davvero necessario tutto ciò? Dovevano davvero andare a Okinomiya, con tutti gli altri? Che cosa avrebbe mai potuto fare, laggiù? Gli avevano parlato della Guerra della Diga, quando più di mille persone avevano manifestato contro la sua costruzione. La loro forza e il loro coraggio li avevano condotti alla vittoria, e così erano stati capaci di salvare il luogo dove erano nati dalla distruzione. Ora la sua famiglia stava per unirsi agli altri abitanti del villaggio, per dare il proprio sostegno a chi aveva venduto i propri beni a quel gruppo di farabutto, dopo essere stati da loro ingannati. Avrebbero combattuto tutti insieme... Ma allora quale contributo avrebbe potuto dare, lui? Non era mai stato un leader, non era coraggioso a sufficienza per farlo, era solo un elemento in più in un gruppo già abbastanza grande di per sé. Non c'era una grande differenza, tra il radunare una folla di 2000 persone e il radunarne una di 2001.

Alice è diversa da me, può perfino diventare decisiva. Lei è brava a dare fiducia agli altri, le piace coinvolgerli nell'azione. Non ha paura di trovarsi in gruppi numerosi, anzi spesso ne diventa la leader trascinatrice. È sempre così entusiasta, quando fa qualcosa che lei pensa sia giusto fare. Questo lo so molto bene... È stata lei a convincermi a venire con lei e Flavia a Hinamizawa, sarei rimasto a casa bello tranquillo, altrimenti. Nel mio caso, invece... Non c'è nessuna differenza tra me e una statua di legno. Avrei anche potuto chiedere a Rena di portare qui Kenta-kun al mio posto, sarebbe stato più utile di me.

Forse quel genere di foschi pensieri era ispirato dal clima di quel giorno. Avevano quasi raggiunto Okinomiya, e la periferia della cittadina era tutta ricoperta da una densa nebbia. Nessuna bici appariva davanti ai loro occhi, né vi erano passanti che camminavano lungo i marciapiedi. Era domenica, e una particolarmente fredda: la città era inquietante, tanto era calma e silenziosa, e quell'aspetto spettrale che aveva suggeriva un leggero senso di malinconia a cui però nessuno poteva sfuggire, compreso chi stava viaggiando su quella macchina. Nessuno all'interno dell'auto stava parlando, infatti, così la mente di Giancarlo poteva continuare a lavorare indisturbata, ripetendo tra sé e sé quello su cui stava riflettendo e nutrendo il suo sentimento di disagio.

Finché qualcuno non cominciò infine a parlare: “Non sono mai stata in una dimostrazione così grande. Spero che vada tutto bene e che non ci siano incidenti.”

Giancarlo guardò allora verso i sedili anteriori. Da lì, Alice non poteva nascondere il suo stato di eccitazione, mentre Flavia si limitò a sorridere senza distogliere lo sguardo dalla strada.

E questa esclamazione cosa sarebbe? Una paura reale o una frase di circostanza? Nee-chan, è ovvio che una persona dica di sperare che le cose vadano bene, a meno che tu non sia una masochista o una persona che ragiona in un modo un po' contorto.”

"Nii-chan, domenica prossima è il venticinque dicembre, che fine ha fatto il tuo spirito natalizio? Dovresti essere più buono, almeno in questo periodo, no? Il mio era solo un tentativo per rompere il ghiaccio, questa macchina stava diventando un mortorio...”

Non era mia intenzione essere rude... Ma questo genere di frasi non mi sono mai piaciute, non significano mai nulla di concreto e sono dette tanto per dire qualcosa.”

E allora di cosa dovremmo parlare? Abbiamo perfino un'ospite con noi, non possiamo certo metterla a disagio!”

Alice puntò il dito alla sinistra del fratello, dove era seduta Rena. Quest'ultima allora arrossì, e disse: “Rena non vuole essere una seccatura. Non dovete comportarvi in modo diverso dal solito solo perché ci sono anche io, Rena non vuole dare fastidio, Rena non vuole...”

Ma l'altra ragazza rispose ridendo: “Oh, non ti preoccupare, stiamo solo scherzando, questo è sostanzialmente un gioco tra me e lui. È un qualcosa a cui siamo abituati, e Nii-chan in realtà è tutto tranne che arrabbiato con me, fa solo finta di esserlo. E poi stavi cercando qualcuno che ti potesse guidare fino a qua, non potevamo abbandonarti al tuo destino.” Il padre di Rena aveva trascorso la notte a Okinomiya, dopo essere stato chiamato dalla sartoria per cui disegnava di solito il suoi abiti, e lasciarla da sola non era molto sicuro, dopo il messaggio minaccioso che aveva ricevuto, così Alice le aveva offerto di stare a casa loro la notte prima, in modo da poter partire prima per la città.

Non era neppure la prima volta che Rena veniva a casa loro. Alice, infatti, era estremamente gentile con lei, voleva che la ragazza diventasse un'amica di famiglia. Voleva che lei si sentisse come se fosse a casa propria, e nel fare ciò stava cercando di tirare in mezzo anche il fratello, il più possibile. Quella mattina, del resto, Alice si era seduta davanti, il che era insolito per lei: lo aveva fatto per costringere Giancarlo a mettersi accanto a Rena, e ora voleva evitare quel silenzio pericoloso e imbarazzante. Voleva che parlassero, che si conoscessero meglio, e si stava facendo in quattro perché ciò accadesse, animata da una segreta speranza. Rena sarebbe una meravigliosa fidanzata per lui, e ora che Keiichi è impegnato con Mion lei è libera... Se questi due cominciassero a parlarsi davvero, a passare del tempo insieme, e a piacersi... Se cominciassero a volersi bene... Se cominciassero ad amarsi, infine... Sarei così felice...

Peccato solo che suo fratello, per il momento, aveva cominciato solo a sospirare: “OK, OK, allora, di cosa dovremmo parlare? Di questi felloni a cui stiamo dando la caccia? Potrebbe essere interessante, anche perché siamo a pochi centimetri dalla responsabile dell'inchiesta che sarà probabilmente condotta di qui a breve.”

"E cosa dovrei rispondere?" esclamò Flavia "Al momento non è che ne sappia molto più di voi, formalmente hanno sporto denuncia solo due giorni fa, e il prefetto in persona mi ha chiesto di aspettare la dimostrazione di oggi, prima di cominciare l'iter delle indagini. Beh, in fin dei conti non avrei molto materiale a disposizione per l'investigazione, ci sono stati un paio di riscontri tra il nostro database e i quattro identikit che i Sonozaki ci hanno portato, ma si tratta di criminali che hanno avuto precedenti penali a Tokyo, probabilmente è da lì che vengono. Scommetto un caffè che è là che sono ora, ed ecco perché abbiamo mandato i nostri rapporti agli agenti che operano nella capitale, ma nel frattempo non c'è molto di più che possiamo fare. In altre parole... mi spiace, ma tutti quei campagnoli dovranno aspettare, anche se questo è quello che hanno fatto fino ad ora. Attendere, attendere e ancora attendere... Spero che ora non comincino a metterci fretta, invece.”

Infatti, alcuni giorni prima, gli avvocati ingaggiati dalla famiglia Sonozaki avevano ricevuto garanzie da parte del Japanese Office for Services on the Territory, più semplicemente detta JOST, ossia dal gruppo che aveva fatto firmare tutti quei contratti. Quella società aveva dichiarato loro che si sarebbe presa cura di ogni cosa, e quindi agli abitanti del villaggio fu detto di aspettare che arrivasse la data dell'appuntamento che avevano concordato con quell'ente, appunto. Solo che in detto giorno non si presentò nessuno da parte di quel gruppo, si erano presi gioco di loro un'altra volta. E avendo mangiato la foglia, le persone truffate si erano rivolte subito alla polizia per denunciare gli imbroglioni.

E quei fessacchiotti erano pure avvocati, dico io!” commentò Alice “Come hanno fatto ad essere così ingenui a fidarsi di quella gente?”

"Rena lo sa perché, Shii-chan me lo ha detto!" la ragazza replicò "Il fatto è che loro contavano sul timore che quelle persone potevano avere nei confronti del clan Sonozaki, e anche dello Spirito di Hinamizawa. Sapete, combattere ancora come durante la Guerra della Diga, o portare avanti delle cause contro di loro, può diventare una storia molto lunga, complicata e dispendiosa. Speravano tutti in una soluzione più semplice, pensavano che anche i nostri avversari avessero molto da perdere, sfidandoci.”

Alice annuì. "Vedo. Ma allora perché hanno cercato di effettuare una frode del genere, e in questo modo poi? Non ha senso, la famiglia di Mii-chan è incredibilmente ricca e potente, non lascerà che rimangano impuniti. E inoltre il nostro villaggio ha combattuto strenuamente durante gli anni passati, quei bricconi dovrebbero sapere a cosa stanno andando incontro.” Rena sorrise, sentendo Alice parlare di Hinamizawa come del nostro villaggio. Era contenta che la sua amica si fosse ambientata così bene.

"Sì, è molto strano, questo è vero." ammise Flavia “Il loro era un piano molto dettagliato, di sicuro, basta rileggere i contratti per capirlo. Hanno fatto firmare alle loro vittime degli accordi dove il prezzo delle loro terre diminuiva se veniva provato che il rischio di frane era inesistente. Non hanno aggiunto quella postilla per caso, sapevano sin dall'inizio che non c'era nessun pericolo, il che vuol dire che quell'esperto era certamente loro complice. Ma non è tutto: erano anche sicuri che noi avremmo scoperto che quella roba era una montatura, e che l'avremmo reso pubblico. Altrimenti quella famosa noticina non avrebbe avuto alcun valore, e i firmatari avrebbero chiesto loro il prezzo pieno per comprare i loro beni. La JOST non si sarebbe mai potuta rifiutare di pagare... vale a dire, non avrebbero mai ottenuto quel prezzo stracciato, no?”

Quindi, se non l'avessimo scoperto da soli... Stai dicendo che ce l'avrebbero fatto comunque notare, in qualche modo?” chiese Alice.”

Penso di sì. Vi ho già detto che quell'esperto lavorava per conto loro, vero? Immagino che una volta arrivati al periodo natalizio il nostro caro amico studioso avrebbe detto una cosa del tipo Ops, scusatemi, mi sono sbagliato... e in questo modo avremmo avuto solo pochi giorni per una controffensiva degna di questo nome. È solo una mia ipotesi, però credo sia la più ragionevole, a mio parere. Anche perché questa teoria spiegherebbe anche la fuga dell'esperto... È potuto scappare senza alcun intoppo, e questo perché era stato tutto pianificato: quel tizio aveva già preparato tutto l'occorrente per tagliare la corda al momento opportuno, e la nostra scoperta l'ha solo obbligato ad accelerare i tempi. Certo, io spero che la sua sparizione sia dovuta al fatto che sia solo scappato, ma ci sono anche possibilità peggiori, potete immaginare quali.”

Già, se i suoi complici avessero voluto sbarazzarsi di un testimone pericoloso avrebbero potuto ucciderlo...”

Quello che Rena bisbigliò a bassa voce rese inquieta Alice, che non gradì quella macabra prospettiva e preferì cambiare argomento, così chiese: “Allora, secondo te, siamo stati tutti fortunati, visto che abbiamo mangiato la foglia prima di quanto pensassero... Non si aspettavano questo contrattempo. Ma dal loro punto di vista, quindi, avrebbero dovuto pensare a una contromisura. Non penso abbiano intenzione di rimanere con le mani in mano, ora che il loro piano rischia di andare a monte.”

Hai ragione, Alice... E io penso che lo scopriremo presto. Ti hanno detto di come avevano tentato di organizzare un incontro con le loro vittime, dopo che li avevate smascherati."

Quei truffatori non ci sono neppure andati, non hanno avuto il coraggio di mostrare le loro facce.”

Appunto. È stata questa la loro prima reazione. È chiaro che con quella mossa volevano guadagnare del tempo, in modo da prepararsi ad affrontare questa battaglia. Non sarà così facile venirne a capo.”

Quello che si stava delineando non era un quadro molto allettante, e gli altri rimasero in silenzio. Quindi Rena chiese: “Ma è legale, quello che hanno fatto, è legale? Ora loro possono davvero andare a casa di quelle persone sfortunate, dire che tutte le loro cose appartengono adesso a loro, e mandarli via da là?”

E' legale, temo, hanno comunque firmato tutti un accordo formale, dopo tutto. La questione è un'altra, ossia se questi contratti sono equi o meno, e sarà su questo che i Sonozaki baseranno la loro offensiva, per chiedere di annullarli. La JOST è presumibilmente una società ricca e potente, e per un singolo contadino sarebbe impossibile fronteggiarli. Ma se tutti loro restano uniti, e se con questa dimostrazione riescono a rendere di dominio pubblico la frode che hanno subito... Saranno cavoli amari per quel gruppo, anche perché avranno contro tutti i media, e onestamente credo che alla fine saranno costretti a capitolare, e pure in tempi rapidi. Almeno lo spero.”

Mentre udiva la risposta di Flavia, Rena osservava il ragazzo seduto accanto a lei. Giancarlo stava ancora guardando fuori, apparentemente non interessato a quello di cui stavano parlando. Allora la giovane gli chiese a cosa stesse pensando.

"No, nulla... È che è tutto così strano. Quelli che hanno comprato tutte quelle case sapevano dove andare, sapevano chi avrebbe accettato di firmare, sapevano a chi rivolgersi. Sapevano tutto, a prima vista. Devono aver studiato per bene il villaggio, la sua comunità, e quindi anche il suo passato. E nonostante ciò decidono di attaccare il villaggio così? Anche se il loro stratagemma avesse funzionato fino in fondo e la frode fosse stata scoperta solo negli ultimi giorni dell'anno, avrebbero dovuto comunque avere a che fare con la reazione di questa gente, che sarebbe stata forse anche più violenta, proprio per il poco tempo che sarebbe rimasto loro. In altre parole, sapevano che avrebbero dovuto combattere contro lo Spirito di Hinamizawa, sia che il loro piano iniziale abbia avuto successo sia in caso contrario. Perciò, ci deve essere una ragione che li rende fiduciosi, che li spinge a pensare che lo Spirito non sarà in grado di batterli.”

Qualcosa che riesca a neutralizzarlo, in qualche modo?”

O qualcuno. Il nostro vero nemico potrebbe essere perfino... qualcuno più importante dello stesso clan Sonozaki.”

Flavia trasalì, mentre suo fratello continuò: "I Sonozaki sono potenti, non voglio certo negarlo, ma loro rappresentano solo una “forza locale”, se posso chiamarli così. Non hanno mai nutrito interesse verso quello che succedeva fuori da questa zona del Paese, il loro mondo è composto solo da Hinamizawa, Okinomiya e la vallata circostante. Non che la mentalità degli altri abitanti del villaggio sia diversa... Sicuro, questo legame con la propria casa è sempre stata la loro forza, i Sonozaki e le altre Grandi Famiglie hanno sempre avuto un controllo capillare del proprio territorio; ma allo stesso tempo questa è anche la loro più grande debolezza, il loro potere non è così grande come potrebbe essere, e fuori dalla loro tana sono molto deboli, una famiglia come milioni di altre, al contrario di altre persone e gruppi in Giappone.”

Senza dimenticare che la JOST è una società internazionale, che quindi potrebbe essere anche più forte di così.” Giancarlo fece un cenno col capo, sentendo l'osservazione preoccupata di Rena, mentre Alice fissò a lungo i due seduti sul retro.

La fiducia che si poteva respirare fino a poco tempo prima era bruscamente svanita, e ora molti spettri aleggiavano all'interno dell'auto, anche a causa del pessimismo di cui le parole del ragazzo erano permeate. Il suo punto di vista, infatti, era completamente diverso da quello della sorella, e non solo in quell'aspetto. Alice considerava ormai Hinamizawa come la sua seconda casa, invece suo fratello si reputava ancora un ospite, che parlava degli abitanti del villaggio come se fossero una categoria di persone a cui lui non apparteneva. Essenzialmente, questa diversità era dovuta ai loro due caratteri, e anche alla loro vita futura: Giancarlo, l'estate successiva, sarebbe dovuto tornare in Italia, a casa aveva un ruolo che non poteva ignorare, mentre Alice era libera di stare dove voleva e a lei lo spirito di quella gente piaceva. Ne apprezzava la forza di volontà, si sentiva a suo agio in loro compagnia, e se avesse voluto forse avrebbe persino deciso di vivere lì per sempre, dopo aver chiesto al suo fidanzato di raggiungerla.

Comunque, i due gemelli rimasero molto sorpresi, quando dopo un attimo di smarrimento videro Rena sorridere, e affermare: “Rena sa che questa non sarà una passeggiata. Ma Rena è anche sicura che ce la faremo anche questa volta. Dovremmo essere più ottimisti qualche volta, anche perché, sapete... Oyashiro-sama è con noi, ora.”

I tre Serco la guardarono, curiosi. Ma Alice stava sorridendo a sua volta: “Sì, è così, i pensieri di Nii-chan sono spesso foschi e pessimisti, manco fosse uno iettatore. Avrebbe davvero bisogno di qualcuno che gli faccia vedere il lato più bello e allegro delle cose!”

E Flavia aggiunse ironicamente: “Ah, certo, questa sarebbe una storia molto carina. In ogni caso, faremmo meglio a parcheggiare qui la macchina, se andiamo oltre troveremo il traffico congestionato, molte strade sono state bloccate per permettere la vostra dimostrazione. E quindi, fuori dai piedi, scendete da qui, e buona fortuna, a voi e anche a tutti gli altri.”

Nessuno ebbe nulla in contrario, e una volta appiedati i tre iniziarono a camminare verso la piazza dove avrebbero incontrato gli altri. Ci sarebbe voluta una dozzina di minuti per raggiungere il luogo, e pertanto c'era il tempo di parlare di altro. Col gomito, Alice iniziò infatti a dare una serie di leggeri colpetti alla schiena del fratello, per incoraggiarlo, e infatti lui disse infine: “Rena-chan... Per favore, resta accanto a noi, almeno fino a quando non saremo con i nostri amici. Questa manifestazione può diventare una grossa fonte di pericoli, e non è il caso di correre rischi. Cerca di rimanere insieme a noi, e almeno a qualcuno dei membri del club.”

Quello che aveva detto aveva un senso. L'uso del nome Reina nella lettera minatoria suggeriva che l'autore del messaggio provenisse probabilmente da Ibaraki, piuttosto che da Hinamizawa o Okinomiya, e quindi si trovava plausibilmente molto lontano dalla ragazza. Ma d'altro canto non avevano trovato impronte digitali sospette sulla busta, e il messaggio stesso era stato scritto in stampatello; perciò, un esame calligrafico non avrebbe dato risultati apprezzabili, e quindi al momento gli inquirenti non potevano identificare il mittente. Non si poteva escludere che lo stalker vivesse vicino alla sua vittima... Anche se l'individuo in questione non aveva mandato altri messaggi, né aveva tentato di contattarla, e inoltre gli ispettori da Ibaraki non si erano più fatti vivi, dopo aver interrogato Rena la prima volta. Forse quello era stato solo uno scherzo di cattivo gusto.

Ma non possiamo abbassare la guardia, direi.” disse Alice “Così, per oggi Nii-chan sarà il tuo Principe Azzurro...”

Oddio, magari Principe Nero sarebbe più appropriato.” ribatté il fratello, indicandosi la giacca e i pantaloni.

Rena rise, divertita. “Allora Rena dovrebbe fare la Principessa Verde, vero che dovrebbe farlo?”

Sì, forse... E se seguiamo questa logica Onee diventerebbe la Regina Blu, quindi.” I tre si girarono, per vedere chi avesse parlato alle loro spalle. Shion, Satoshi e Satoko erano lì, e si stavano avvicinando ai loro amici.

Blu, dici?” commentò Alice “Hmm, mi aspetto di vederla con addosso uno di quei vestiti da mille e una notte, questo è un giorno speciale per lei.”

Assolutamente. Per l'occasione ha scelto uno di quei kimono elaborati fino all'inverosimile, pieno di ghirigori, decorazioni e roba simile. Si è anche rinchiusa per ore in camera sua, solo con me e la mamma, per indossare quell'abito senza rovinarlo e per sistemarsi i capelli come si deve. Non ha permesso a nessuno di entrare finché non fosse pronta, neanche a papà, lei tiene molto al fatto che sia tutto perfetto, ed è anche per questo che pure Kei-chan è stato tutto messo in ghingheri, con quella bella giacchetta ora è proprio un figurino. Questo sarà il nostro show, in linea di massima, un modo per far vedere a tutti la forza della famiglia Sonozaki.” Shion, al contrario della sorella, stava indossando invece un cappotto grigio assolutamente ordinario e privo di ornamenti particolari, ma per lei non era un problema. Non era lei il capo del clan, e non voleva essere il centro dell'attenzione quella mattina. Quello era il momento di sua sorella, non il suo.

Rena chiese allora che cosa prevedeva il programma della giornata, e Satoko rispose: “Oh, abbiamo intenzione di partire da Piazza Yumizuka, come concordato all'inizio, e poi il corteo si snoderà lungo questo percorso.” La fanciulla mostrò all'amica un foglio di carta con sopra una breve lista di vie e un semplice disegno del tragitto che avevano scelto. “Ci sarà qualche ufficiale di polizia lungo la strada, giusto per garantire la sicurezza di tutti, e per mostrare agli altri che questa è una dimostrazione autorizzata e non violenta. Poi, una volta raggiunta la prefettura, aspetteremo davanti al cancello d'ingresso per una mezz'oretta, e quindi farà la sua comparsa il capo di tutta la baracca, ossia il prefetto nonché caro zio di Mion-san. A quel punto Keiichi-san gli spiegherà il quadro della situazione a voce alta...”

Anche se il prefetto sa già tutto?” chiese Alice.

Sissignora, gli abbiamo parlato della cosa solo in via informale, ma è necessario anche un atto ufficiale come questo, per dare solennità al tutto e per dare più autorità a noi e a quelli che stiamo aiutando. Cose come queste hanno un grande impatto sull'opinione pubblica... Vedrete, Keiichi-san sembrerà uno di quei famosi oratori, e quando avrà finito di parlare il prefetto risponderà che si occuperà di tutto, mentre gli altri applaudiranno e inneggeranno ai loro leader. Certo, qualcuno potrebbe far notare che i due protagonisti di questa epica scena saranno presto parenti, in futuro, ma questo non avrà una particolare importanza, dopo che le nostre richieste saranno accolte e dopo che tutti avranno capito che quello che chiediamo è assolutamente legittimo. Abbiamo tenuto conto di ogni dettaglio, come potete vedere, non credo sarà molto difficile riuscire a spuntarla. Chissà, oggi potremmo anche trovarci tutti a pranzare a casa nostra, forse."

Ma questa è una marcia di protesta o una farsa?, pensò Giancarlo, mentre sentiva sua sorella commentare: “Ora però state esagerando, sembra quasi che vi stiate montando la testa... Partiremo dalla piazza alle nove in punto, e la camminata per raggiungere la prefettura non durerà meno di due ore, se ho fatto bene i calcoli, no?”

Non sto dicendo una bugia, Ali-chan. Il prefetto dovrebbe fare la sua apparizione a mezzogiorno, più o meno, così noi potremmo essere di ritorno a Hinamizawa verso le due. Però, ovviamente, se preferite possiamo anche rimanere tutto il giorno a Okinomiya, per celebrare la nostra vittoria. C'è il sole stamattina, e questa temperatura glaciale si alzerà in fretta.”

Giancarlo allora disse “Ma non vi sembra di essere troppo fiduciosi? Ne state parlando come se tutto fosse già finito per il meglio...”

Ah, uomo di poca fede, giriamo a destra al prossimo incrocio, e vedrai a che punto possiamo arrivare con la nostra forza.”

Fecero come era stato loro suggerito, e una volta svoltato l'angolo ammirarono la scena di fronte ai loro occhi, scioccati. Una folla di dimensioni inimmaginabili era già là, e la piazza stessa riusciva a stento a contenerli tutti. Ragazzi giovani, anziani, casalinghe, lavoratori... Sembrava in quel momento che il villaggio al completo stesse davanti a loro.

"Il villaggio al completo, dite? Oh, no, no.” esclamò Shion. “Qui non c'è solo Hinamizawa, all'interno di questa ressa potete trovare molta gente di Okinomiya, più qualcuno che è venuto da altri villaggi della zona. Onee e Kei-chan hanno già fatto delle stime, alla fine ci dovrebbero essere qua ottomila partecipanti, zucca più, zucca meno.”

Ottomila... Era un numero gigantesco, in effetti, anche perché quella zona era priva di città popolose, ricche di abitanti a cui chiedere aiuto, e quindi era più difficile radunare tanta gente. Inoltre, una cosa che colpi molto Alice fu il fatto che erano già tutti lì sebbene mancassero ancora più di quaranta minuti all'inizio della manifestazione. Erano tutti lì, e l'atmosfera intorno a loro era così allegra e tranquilla. Dall'angolo della piazza, infatti, lei poteva intravvedere qualcuno dei suoi amici. Non lontano, c'erano Irie e Takano, che stava sorridendo per una volta; forse era la prima volta che Alice la vedeva così felice. Accanto a lei, un uomo alto e muscoloso, in apparenza leggermente più vecchio di lei. Indossava degli occhiali, ma non sembrava affatto un intellettuale, con ogni probabilità era più abituato alla palestra che alla biblioteca. Forse è il suo ragazzo, ma non l'ho mai visto a Hinamizawa. Chi potrebbe essere allora? Drizzò allora le orecchie, e sentì Irie chiamarlo Tomitake-san.

Come mai guardi da quella parte? Ti interessa sapere chi è?” le disse allora Shion. Alice annuì, chiedendo l'identità di quell'uomo, e lei rispose: “Beh... È una sorta di soldato, almeno questo è quello che mi ha detto Onee. Takano-san e lui sono amici molto stretti, penso che non mi sbaglierei se dicessi che sono fidanzati, ma quei due non l'hanno mai dichiarato ufficialmente. Immagino che sia perché lui deve sempre stare lontano da queste parti a causa del suo lavoro, e Takano-san non lo può seguire perché il suo stato di salute non glielo consente. Ma quando sarà guarita... chi lo sa, quella relazione potrebbe diventare molto interessante. Ma per ora Tomitake-san viene a Hinamizawa solo quando riesce, per poterla vedere almeno di tanto in tanto.”

Capisco...” Quando avevano parlato a lei e a suo fratello della Sindrome e della grande battaglia contro la Yamainu, avevano accennato anche dell'esistenza di un alleato chiamato appunto Tomitake, anche se prima di quel giorno Alice non poteva certo sapere quale fosse il suo aspetto. Così, quello che Shion le aveva detto ora era sufficiente, e non chiese altro sul conto di quell'uomo. Probabilmente lui è stato vaccinato contro il parassita, esattamente come noi, ecco perché lui può uscire ed entrare nel villaggio ogni volta che vuole, diversamente da Takano-san.

Quindi Alice si voltò verso un altro gruppo di persone. Satoshi e Satoko stavano parlando con alcune donne di mezz'età, in modo amichevole e tranquillo. Anche quelle signore erano di Hinamizawa, Alice le conosceva, ma loro erano gentili con i due ragazzi, nonostante il loro cognome e quello che esso rappresentava in passato: anzi, a un certo punto avevano anche cominciato a ridere. La giovane italiana allora guardò Shion, che stava osservando la stessa scena sorridendo felice, e pensò Ora capisco, questa protesta non serve solo ai Sonozaki, per mostrare la loro grandezza. Hanno organizzato tutto ciò anche per rinforzare i legami e le amicizie che ci sono all'interno del villaggio, tra i suoi abitanti. Gli Houjou sono felici, perché sono stati di nuovo accettati dalla loro comunità; Takano è felice, perché ha potuto incontrare Tomitake. E poi, ci sono anche gli altri... Tutta questa marcia, tutto quello che sta accadendo oggi... è un modo per ricordare i bei vecchi tempi, e per ripercorrere i passi che in quei giorni avevano compiuto con orgoglio e fiducia... Ma mentre stava concludendo ciò, Alice si accorse che Shion la stava prendendo per un braccio, e strattonandola le stava chiedendo di seguirla.

Ho capito, arrivo... Ma aspetta un secondo, dove è Nii-chan adesso? Dovevamo stare vicini a Rena-chan, e invece quello svanisce non appena arriviamo qui!” Ma il punto era che anche Rena non era più lì, e Alice se ne rese conto. Senza di lei, i due giovani avevano iniziato ad addentrarsi nella folla, senza che nessuno li notasse. Il ragazzo aveva chiesto all'amica di venire con lui, in quanto stava cercando qualcuno, e quattro occhi sono sempre meglio di due. Fortunatamente, durante la ricerca la maggior parte delle persone in piazza avevano già qualcuno con cui parlare, e quindi non li avevano fermati; tuttavia, la buona sorte di Giancarlo stava per finire, e infatti una mano muscolosa afferrò la spalla sinistra del ragazzo: “Ehi, tu, dove pensi di andare?”

"Veramente..." Rispose lui, guardando chi l'avesse bloccato e riconoscendo lui e i contadini accanto a lui.

"Serco-san, non ti ho ancora ringraziato per i tuoi consigli da favola! Scambiare quel vecchio magazzino per dei nuovi trattori è stato la mia salvezza, non sai quanti soldi sto risparmiando grazie a te!

N-Non era nulla di speciale... Di solito quel deposito era semivuoti, e quindi bastava usare qualche semplice formula di analisi e ottimizzazione per...”

Non c'è bisogno di fare tanto il modesto!” rispose l'agricoltore, colpendo violentemente la schiena del ragazzo con la mano aperta, e facendolo tossire per il botto. “Oh, strano, non mi sembri poi così robusto... Ma chissenefrega, i geniacci non hanno bisogno di un corpo scolpito nella roccia. Sentiti libero di venire a casa mia tutte le volte che vuoi, saremo felici di offrirti una birra.” E così continuò a dare ceffoni sulla schiena del malcapitato, divertendosi a tormentarlo amichevolmente, mentre gli altri stavano ridendo per lo spettacolo. Il loro era un segno genuino di apprezzamento e amicizia, certamente, ma intanto questo gesto di sincera fratellanza rischiò di far sputare fuori i polmoni al ragazzo, il che non era il massimo.

Comunque, alla fine arrivò una voce che lo salvò: "Gii, ti stai facendo dei nuovi amichetti?"

Riprendendosi dall'esperienza traumatica, Giancarlo si voltò verso Rika, che stava sorridendo come ogni piccola bambina adorabile di questo mondo.

"Mettiamola così..."

"Questa è una buona cosa. Essere un bravo vicino è sempre la scelta migliore. Nippa~!" Ma mentre stava terminando quella frase, la bimba si accorse che i suoi piedi non toccavano più il terreno. Rena l'aveva presa in braccio, e stava per portarsela a casa, incapace di resistere alla sua dolcissima e bellissima giacchettina rossa e bianca, la quale rendeva Rika simile a uno dei piccoli aiutanti di Babbo Natale.

"Heeeeeeey, peeeer favooooorreeee asspeeeeeeetttaaaaa, Reeeeeeena-chaaaaaaan!" gridò Rika, che riusciva a stento a parlare, tenuta saldamente da Rena sbattuta a destra e a sinistra dalla sua corsa rapida e implacabile. Sembrava proprio che se ne stesse andando sul serio verso casa, con lei in braccio come trofeo... Ma fortunatamente la giovane fu bloccata ad un certo punto, da una coppia di anziani che iniziò a parlarle.

Oh, guarda chi si vede, tu non sei mica Ryuugu-san? Una dei loro amici?” Due facce conosciute la stavano fissando, divertite dalla scena.

Eccovi qui, Keresana-san, stavo cercando giusto voi!” esclamò Giancarlo “Sono molto contento di vedervi qui.” Non stava mentendo, per lui quei due erano a tutti gli effetti membri della famiglia, specialmente in quella lontana zona del mondo.

Sì, immaginavamo che tu ci stessi cercando, è per questo che siamo qui!” disse Kogorou Keresana “Dopo tutto questa sembra un'occasione irripetibile per assistere a qualcosa di entusiasmante. Non potevo certo restare con le mani in mano a casa!”

"Spero solo che tu non te ne penta, caro, questa sera sarai talmente esausto che ti infilerai sotto le coperte senza neppure mettere qualcosa sotto i denti...” replicò la moglie.

Tsk, lasciamo stare questo genere di discorsi, non ho alcuna intenzione di stare qui ad ascoltare le tue reprimende.” disse lui, seccato “Piuttosto, Giancarlo-kun, abbiamo incontrato gli altri tuoi amici, prima, e ci hanno chiesto di dirti di andare da loro, nel caso ti avessimo visto. Sono in mezzo alla piazza, nei pressi della fontana, non puoi sbagliarti.”

"S-s-s-sì, a-anche io volevo dirvi p-prop-prio questo, prima...” aggiunse Rika, mentre come un'ubriaca dopo la sbornia cercava di riprendere il controllo di sé, dopo l'esperienza che aveva appena avuto in braccio a Rena “A-andiamo subito là, è meglio...”


Nota dell'Autore: ho diviso il capitolo della versione inglese in due parti, in modo da non scrivere un pezzo troppo lungo, e anche per pubblicare questo prima, oltre che per aggiungere qualche sfizioso dettaglio. Farò lo stesso anche con un altro capitolo, il che farà sì che la famosa "marcia di protesta" di cui ho iniziato a parlare oggi comprenderà ben 5 capitoli (accade parecchia roba durante questo evento)

Ah, nel caso, ditemi cosa ne pensate della storia fino ad ora, mi piacerebbe sentire opinioni/critiche/insulti/minacce di morte etcetera etcetera...

 

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Capitolo 19
*** La Guerra delle Frane – Cicale e falene ***



Capitolo 18: La Guerra delle Frane – Cicale e falene


Okinomiya, 18 Dicembre 1983

Due minuti dopo aver lasciato i Keresana, l'intero club era finalmente riunito nei pressi della fontana, attorniato da tutte le persone che i ragazzi avevano radunato. Come Shion aveva anticipato loro, sua sorella stava indossando un magnifico kimono blu, con i capelli raccolti nella parte superiore della testa, formando una crocchia non molto diversa da quella di sua madre. Gli zoccoli che portava erano forse un poco piccoli, non sarebbe stato facile camminare durante la marcia con quelli indosso, ma erano le uniche calzature che ben si adattavano a quell'abito tradizionale.

Shion la osservò, e pensò: È curioso, in un certo senso, un abito blu come quello non dovrebbe essere il più adatto ad una come Onee, lei in questo momento rappresenta ufficialmente la famiglia Sonozaki, il clan dei Demoni. Forse un vestito rosso sarebbe stato più indicato per lo scopo, o anche uno verde. Ma ora è lì, accanto a Kei-chan, ed è semplicemente meravigliosa... Non vuole ottenere il rispetto tramite la paura, come faceva la nonna in passato, lei vuole essere una leader carismatica, capace di convincere gli altri con le sue idee e la sua forza di volontà, non con la paura che riesce a incutere in loro. Anche Mion doveva pensare una cosa simile, il suo sguardo era visibilmente soddisfatto, e il suo fiero aspetto aveva suscitato l'invidia della sorella, almeno per un secondo. Quella manifestazione le avrebbe dato un forte senso di realizzazione e di fiducia in sé, era pronta a mostrare al mondo che lei era degna del ruolo che Oryou ed i suoi antenati le avevano affidato.

Non lontano da lei, Kimiyoshi. Il suo sguardo era un poco dimesso, al contrario di quello di Mion. Negli ultimi tempi i due non avevano parlato molto tra di loro, preferivano evitarsi per sfuggire a quel senso di disagio che provavano l'uno a causa dell'altro. Il capo della famiglia Sonozaki non sembrava più furente nei suoi confronti... ma ora lo trattava con indifferenza. Sembrava che volesse evitare ogni contatto con quello che era stato una volta un suo caro amico. E pertanto, l'unico con cui Kimiyoshi poteva discutere al momento era Nabiha Seiji, quello che tempo prima gli aveva fatto il nome di quello studioso criminale. L'uomo partecipava a sua volta alla marcia, spiegando di voler salvare il buon nome della sua famiglia, e ora lo stavano informando degli ultimi dettagli della manifestazione.

Infine, Keiichi. Sembrava che stesse andando al suo matrimonio, con la sua elegante giacca nera, la cravatta rossa, e il gel sui capelli, pettinati con cura dalla madre. Il tipico abbigliamento di chi si reca a un incontro importante, o a una cerimonia indimenticabile, e dopotutto era lì in veste ufficiale, quell'abito era il più consono al ruolo che quel giorno avrebbe recitato insieme al prefetto. E Rena, voltandosi verso di lui, sentì il cuore sussultare. Lei sapeva che dopo quella giornata sarebbe stato annunciato il suo fidanzamento con Mion, gettando nello sconforto anche lo stuolo di cameriere che affollavano ogni giorno l'Angel Mort. Ma il dolore che lei stava provando per questo stava pian piano diminuendo, anche grazie alla gentilezza e alla premura che Alice le aveva dimostrato nei giorni scorsi. Stava lentamente accettando lo stato delle cose, seppellendo i suoi antichi sentimenti, e ora era felice per i suoi amici.

C'era molto che poteva ancora fare per loro, dopo tutto. E infatti vide presto Keiichi e Mion mentre raggiungevano la testa della manifestazione, dopo aver spiegato agli altri cosa avevano intenzione agli altri e dopo aver chiesto loro di coinvolgere gli altri partecipanti il più possibile, urlando proclami e facendo dei canti in coro con il resto delle persone. La coppia di giovani prese poi il comando di quell'agguerrita moltitudine, e iniziarono a camminare con decisione verso il loro obiettivo. L'ora X era infine giunta.

La folla percorse le prime due strade, urlando al mondo quello per cui erano lì, quello per cui stavano combattendo. Quella era tuttora una mattinata fredda, il pallido Sole di quel giorno non era forte a sufficienza per riscaldare la città, ma questo non li scoraggiava. Anzi, Alice, che camminava nell'avanguardia della marcia, poteva persino vedere la felicità nei loro occhi. Erano felici, quella dimostrazione ricordava loro l'orgoglio e il coraggio che avevano dimostrato durante la Guerra della Diga. La maggior parte di loro gridava un paio di frasi, e poi chiacchierava tranquillamente con le persone vicine, ridevano in allegria e quindi urlavano qualcos'altro, di nuovo. Quella era una protesta, ma soprattutto quello era un modo per mostrare come Hinamizawa fosse viva, e che i legami tra i suoi abitanti erano molto stretti, dotati di radici profonde. Sembrava quasi che la cosa più importante, per loro, non fosse ottenere il loro obiettivo, bensì restare insieme, tutti uniti per combattere e per tentare di ottenerlo. Questo è... fantastico. Non posso restarne fuori. Alice, pensando ciò, raggiunse Shion e Satoko, che stavano coordinando le urla della folla, non lontano da lei, tramite l'uso dei motti più appropriati. Una volta con loro, lei iniziò a fare come loro, urlando con forza tutta eccitata, e gli altri apprezzarono il suo spirito di iniziativa, ripetendo i suoi slogan e applaudendola. La ragazza era felicissima di sentire quanto positivamente era apprezzata dagli altri, si riteneva parte integrale di quel gruppo, e quindi anche lei era felice.

Vicino a lei, Satoko stava cercando di coinvolgere suo fratello, come se la giovane straniera l'avesse sfidata a fare meglio di lei. In passato la sua famiglia Houjou si era trovata dal lato opposto, si erano trovati contro la maggior parte della popolazione, e quindi erano odiati per questo. Ma ora stavano combattendo insieme a loro, per un comune obiettivo, gli antichi rancore non avevano più ragione di esistere. Così, quello che ora stavano compiendo era l'ultimo passo di un processo di pacificazione con la comunità, e questo era quello che volevano. Così, per incitarlo lei spingeva Satoshi ancora e ancora, finché anche lui si decise, e cacciò un grido. Un boato proveniente dalle persone accanto a lui accolse con gioia e soddisfazione il suo sforzo, mentre gli altri iniziarono a stringergli la mano, o a spettinarlo amichevolmente con la mano. Satoshi era un poco imbarazzato, ma in fondo dimostrò di apprezzare quei gesti affettuosi.

E Shion stava facendo altrettanto. Era accanto al suo fidanzato, ed era al settimo cielo, vedendo lui e Satoko in quella situazione. Nel profondo del suo cuore, stava ringraziando la sorella per avere organizzato quella marcia. Ormai non odiava più la sua famiglia... Non aveva mai provato rancore verso Mion, ma non poteva sopportare quello che era successo agli Houjou in passato, al dolore e all'isolamento dovuto in larga parte ai Sonozaki. Ora, invece, erano tutti insieme, forse a causa anche della morte di Oryou. La vecchia leader del clan era vista come la donna che li odiava di più, e non importava se questo non era vero, questa percezione era stata per molto tempo la causa dell'esclusione di Satoshi e Satoko... Shion, improvvisamente, iniziò ad essere dispiaciuta per il destino della nonna. Solo la sua morte avrebbe portato a un completo risanamento dei rapporti tra gli Houjou e il villaggio, e questo implicava che era condannata a non vedere più la sua comunità felice, finché era in vita. Forse... forse lei aveva persino deciso di lasciarsi morire, dopo aver constatato la forte volontà e lo spirito battagliero di Keiichi. Hinamizawa era in buone mani, la sua presenza non era più fondamentale, e se avesse lasciato questo mondo prima, allora questo processo di pace sarebbe terminato prima. Nel suo cuore, Shion stava finalmente cominciando a capire quanto Oryou avesse sofferto, e la stava perdonando per tutto quello che era accaduto in passato.

Quindi, la ragazza dai capelli verdi guardò Rika, che stava precedendo tutti gli altri, camminando fianco a fianco con Kimiyoshi, Keiichi e Mion. La fanciullina stava rimanendo in silenzio, e stava mentalmente discutendo con Hanyuu di quello che era stava avvenendo. L'antenata di Rika stava ritornando con la mente ai tempi antichi, quando utilizzare lo Spirito di Hinamizawa voleva dire combattere una vera e propria guerra contro i villaggi vicini, e contro i gruppi nomadi di banditi. Avevano affrontato delle dure battaglie, affrontando strenuamente nemici il cui numero era sovente più alto del loro, e in barba a ciò avevano spesso vinto, senza mostrare la benché minima pietà verso gli sconfitti... Erano state quelle lotte violente a creare la loro passata reputazione di figli dei Demoni, dopo tutto, molto sangue era stato versato in quelle guerre. Usare la forza del villaggio in quel modo, così pacifico e nonostante ciò così efficace, era un risultato sbalorditivo: la Guerra della Diga non aveva causato direttamente alcuna morte, ma c'erano stati diversi incidenti. Stavolta, invece, non si sarebbe verificato nulla di ciò, tutto sarebbe stato come quando avevano salvato Satoko dalle grinfie di Teppei, in quell'altro mondo. Rika era particolarmente fiera di quella marcia.

Mion, invece, per quanto fosse vicino a Rika, era immersa in pensieri di tutt'altro genere, semplicemente non poteva ricordarsi di quello che era successo negli altri mondi. Anche se, in verità, lei non stava pensando affatto. Si stava concentrando, mentre si avvicinava quatta quatta a Keiichi. E quindi, SLAP!, un improvviso e doloroso schiaffone sul collo del malcapitato. Keiichi cadde sull'umido catrame di cui era fatta la strada, rischiando di imbrattare la sua giacca nuova di zecca, e quindi si rialzò all'istante, desideroso di ottenere vendetta e di fare alla ragazza una bella lavata di capo. Ma entrambi si stavano sbellicando dalle risate, mentre si inseguivano a vicenda... Era un modo per stemperare la tensione, e infatti anche chi si trovava accanto a loro non poteva fare a meno di ridere. Dopo la fine di quella storia, sarebbero tornati a scuola, si sarebbero riuniti di nuovo al club, a sarebbero stati di nuovo felici. Mion sapeva che non poteva più tornare ad essere la ragazzina senza pensieri che era stata fino all'estate scorsa, aveva una famiglia da governare, ma per questo aveva Keiichi accanto a lei, e poi poteva permettersi ancora qualche scherzo e qualche attività divertente, insieme ai suoi amici. Non era necessario che lei smettesse di essere il rumoroso ragazzaccio che era solita essere.

Subito dietro a Rika, Mion e Keiichi, anche Rena stava camminando. Lei era sicura di percepirlo. Oyashiro-sama era con loro, era così vicino a lei, anche se non riusciva a vederlo. Quello spirito unito che si respirava tra la gente, quel senso di amicizia e compartecipazione... Era quello che aveva cercato per tutti questi anni. Quelle emozioni erano quello di cui aveva bisogno, Rena sapeva che in futuro avrebbe dovuto affrontare altri periodi difficili, oltre a quello che stavano passando ora, ma sapeva anche che avrebbe potuto contare sui suoi amici, come durante la relazione tra Rina e suo padre, ma non solo... Poteva avvalersi del supporto di tutta Hinamizawa, nessuno nel villaggio avrebbe rifiutato di darle una mano, e lei a sua volta avrebbe dato una mano a chiunque ne avesse necessità. Senza contare che era vicinissima ai suoi più cari amici, non poteva temere di essere assalita dal tizio che aveva mandato quel messaggio, circondata come era da tutta quella gente premurosa nei suoi confronti. Quella lettera minatoria sembrava lontana e innocua come non mai.

La folla continuò a marciare e proclamare slogan per un po' di tempo, percorrendo le larghe strade di Okinomiya. Ma ad un tratto, guardando dietro di lei, Rena notò un bambino piccolo che faceva capolino sopra la marea umana che seguiva i ragazzi. Era probabilmente sulle spalle di qualcuno, la giovane non lo avrebbe mai visto altrimenti. Ma dopo un paio di secondi, comunque, il fanciullo indicò qualcosa o qualcuno, e rapidamente scomparve dalla vista. Mi chiedo chi fosse, mi chiedo... Non sono riuscita a riconoscerlo da qui. Oh, beh, va tutto bene, spero che si stia divertendo come ci stiamo divertendo noi.

Rena non fu l'unica ad aver assistito a quella scena. I Keresana raggiunsero facilmente il punto in cui avevano visto il bambino ergersi sopra gli altri, facendosi strada tra le persone attorno a loro, e lì trovarono Giancarlo. Stupiti di vederlo così lontano dal resto del club, gli chiesero cosa era successo.

Oh... nulla di che. Stava piangendo, si era perso tra tutti questi sconosciuti, così l'ho preso in spalla per permettergli di cercare i suoi genitori. Fortunatamente erano nelle vicinanze, ma me lo aspettavo, mamma e papà gli erano scappati di vista solo qualche secondo prima, così tutto è OK, adesso.”

Mi sorprendi, veramente.” rispose Kogorou “Qui stiamo tutti urlando, tutti cantando a squarciagola come se andassimo a una festa... E tu ti metti a guardare un bambinetto che piange e singhiozza con la sua debole vocina tremante?

Non stiamo urlando tutti come forsennati, Keresana-san. Io non lo sto facendo, non sono abituato a farlo.”

Dovresti iniziare, allora. Questa è l'occasione migliore per cominciare a dare un po' fiato ai polmoni, direi.”

Giancarlo scosse la testa. “Non riesco davvero a vedere per quale motivo dovrei mai farlo. La mia voce è pressoché inutile, quaggiù, come la mia presenza qui temo. Non è che gli altri ci ascolteranno solo se io inizio ad alzare i toni come il resto della comitiva.”

La moglie di Kogoro replicò quindi, con una citazione dotta come sempre: “Madre Teresa di Calcutta una volta aveva detto Noi pensiamo che quello che stiamo facendo è solo una goccia nell'oceano, ma all'oceano mancherebbe per sempre quella goccia, se lei non gliela portassimo. Non pensi che questa frase calzi a pennello con questa situazione?”

Questo non è lo stesso scenario. Madre Teresa è una donna santa, degna del massimo rispetto, ma qui non stiamo cercando di riempire un oceano, quanto piuttosto una vasca da bagno... Meno della metà di questa gente sarebbe abbastanza, per ottenere il loro scopo, il loro eccesso di megalomania li ha portati a strafare, secondo me. E poi, anche voi potete vedere quanto sono belle e comode le vie su cui stiamo camminando, hanno scelto le strade più importanti per la manifestazione: sono un bel tappeto rosso che permette a tutte queste persone di passare senza problemi, e che sottolinea il potere e l'influenza di chi le sta guidando, come a voler dire chiaro e tondo che con i Sonozaki non si scherza. Inoltre, tutti questi poliziotti che stanno chiudendo le vie laterali, come a scortarci... Ho visto anche Flavia, prima, ha salutato la maggior parte dei partecipanti, rilassata e serena. Questa è solo una cerimonia formale, non una protesta dove combatti per qualcosa che non sei sicuro che ti daranno. A dirla tutta, questa è... una specie di parata, un'adunata celebrativa. È tutto così facile, quando la persona che dichiari di voler convincere è già d'accordo con te.”

E sono tutti felici per questo, è giusto che lo siano. Perchè tu no? Preferiresti una guerra vera, piuttosto?”

Una guerra vera? No, no, non voglio che qualcuno si faccia male, non volevo dire questo. Certo, vedo anche io che sono tutti contenti, non li rimprovero per questo, in fondo con questa marcia proteggeranno la loro comunità, sono sicuri di raggiungere il loro scopo. Date un'occhiata al club, là. Satoko, Shion, anche Alice... Stanno guidando gli altri, sono a loro agio nell'ambiente in cui stanno, ora, e stanno facendo quello che pensano sia la cosa giusta da fare. Tra l'altro, nel momento in cui sta con loro neppure Rena ha bisogno che le stia addosso, è per questo che io sono qui, lontano da loro, lontano da tutti...”

Keresana si era accorto che non stava più usando onorifici, pronunciando quelle ultime parole, e comprese velocemente la ragione. Giancarlo non stava parlando con lui, stava parlando con se stesso.

"Vero..." continuò "Loro sono felici, rumorosi... Rumorosi, davvero... Riuscite a immaginarlo? Quando sono arrivato a Hinamizawa, prima di prendermi quell'influenza, la prima cosa che ho notato è stato il rumore delle cicale. Sembravano insetti così felici, così pronti a mostrare il loro desiderio di vivere felici, sotto il caldo sole dei mesi d'estate. Ce ne sono molte anche in Italia, questo è vero, ma da noi sono tranquille, non sono felici come le vostre, o almeno questo è quello che pensavo io. Già, le cicale fanno rumore... E tutti loro, e anche Alice... Loro sono cicale. Cicale piene di energia, gioiose, e felici. Felici, sì... felici... felici...” I suoi occhi spenti stavano diventando umidi, e in silenzio il suo volto si contorse in un triste sorriso, di cui tutti rimasero ignari e verso cui tutti rimasero indifferenti. A parte i Keresana.

Quindi.” disse Kogorou “Tu non sei una cicala, l'hai detto tu. Allora che cosa sei?”

Io?” Giancarlo lo adocchiò sorpreso, con uno sguardo assente. Non aveva mai pensato a una cosa del genere, e rimase per più di un minuto in silenzio, senza abbozzare una risposta. Poi, la sua bocca si aprì di nuovo. “Io sono una falena.”

"Una falena?"

Lui annuì. “La falena è un insetto solitario, che vaga durante la notte, e che si accontenta della poca luce che proviene dalla luna, o da una lampada. La potete osservare dopo il tramonto, quando la luce del sole ha già lasciato questo mondo, la potete vedere, mentre vola da sola, silenziosa, senza osar disturbare nessuno. Non sono rumorose come le cicale. Le cicale cantano per attirare compagni dell'altro sesso, e in questo modo formano gruppi molto grandi... Una falena non sente questo bisogno.”

Questo non è vero.” la coppia tentò di scuoterlo “Se le falene fossero sempre da sole, non potrebbero mai generare larve, e la specie si estinguerebbe in men che non si dica.”

Non è vero, dite? Fa lo stesso, per me è come se lo fosse. Le... Le mie falene...” pose l'accento su quel termine “Le mie falene sono destinate a una vita separata dalle altre razze, a un'esistenza solitaria... È per questo che non sono triste per il fatto che Alice stia con gli altri, lasciandomi qui da solo. Siamo diversi, le nostre strade su questo mondo crudele sono diverse. Loro sono là, mi hanno dimenticato, ma è giusto che sia così: le cicale con le cicale, le falene con le falene... e quindi da sole.”

Non dovresti pensarla in questo modo. Non fa bene al tuo carattere.”

"E perché mai, Keresana-san? Guardate la prefettura, è di fronte a noi, ormai." La osservarono. Un edificio costruito recentemente, piuttosto grande e imponente, pieno di larghe finestre protette da grate. Era stato realizzato accanto a un incrocio a forma di T, un incrocio le cui altre due strade erano state bloccate da un gran numero di poliziotti. Venti gradini di granito vi erano tra la strada e l'ingresso principale, una rampa di scala ideale per il magnifico spettacolo che stava per essere messo in scena da Keiichi e dal prefetto. "Riuscite a capirlo, adesso? Questo largo viale diritto, quel palazzo gigantesco... È come essere in un enorme teatro, o in un'antica cattedrale... La prefettura stessa è un magnifico altare... E tutto è pronto per...”

Giancarlo non finì la frase, i suoi occhi tornarono improvvisamente alla normalità. Sul lato destro della strada, un piccolo cantiere occupava una sezione della carreggiata, a non più cinquanta-cento metri dalla prefettura, appena prima dell'incrocio. Un paio di tombini sollevati, un piccolo container e un furgoncino, due o tre carriole, e dell'altro materiale da costruzione. Nessuno vi stava lavorando all'interno, il che era normale, in quanto era pur sempre domenica.

"Questa è davvero bella!" esclamò Noriko, la moglie di Kogorou, mentre contemplava quell'ammasso di roba stipato alla bell'e meglio “Sembra proprio che qua ci sia qualcosa di effettivamente inaspettato, anche per loro. Se solo fosse stato un poco più grande sarebbe stato un bel grattacapo, avrebbe intralciato il passaggio... Oh, in fondo va anche bene così. I Sonozaki non potevano certo modificare il percorso o cambiare i loro piani per un intoppo tanto insignificante. Tra l'altro, per fortuna oggi è giorno festivo, ma anche se non lo fosse stato non avrebbe fatto differenza, sarebbero andati a cercare il responsabile del cantiere e gli avrebbero chiesto di non lavorare e di restare a casa per la mattinata. Il rumore dei martelli pneumatici e le bestemmie urlate dai muratori avrebbero stonato con l'epicità di questo giorno, e avrebbe dato un tocco surreale al tutto...” Mentre parlava, il loro giovane amico non smetteva di fissare quella zona, senza quasi prestare ascolto al commento della donna. In effetti, quel cantiere era un intruso in quell'ambiente, qualcosa di bizzarro, e per questo motivo lui appariva quasi affascinato da quei comunissimi attrezzi e da quelle lamiere lucenti.

Passarono trenta minuti, mentre quasi tutta la folla stava gridando motti e massime, e intonando canzoni su Hinamizawa e sull'importanza di proteggerla. Ma infine, si fermarono. Qualcuno aveva aperto le porte del palazzo di fronte a loro, e una figura signorile ne venne fuori, fermandosi sulla cima della scalinata, ritto e autorevole come una statua greca.

Il mio nome è Sonozaki Saborou, Governatore e Prefetto del distretto di Okinomiya per grazia dell'Imperatore. Gli organizzatori di questa protesta, i leader di questa dimostrazione sono pregati di mostrarsi ai miei occhi, e di rendere conto delle ragioni di questa manifestazione.” Udendo ciò, due giovani apparvero in fondo alla stessa scalinata, procedendo con passi calmi e risoluti, e uno di loro iniziò a parlare, con il medesimo tono solenne:

"Sonozaki-sama, il mio nome è Maebara Keiichi, e io rappresento la folla che qui si è radunata provenendo dai villaggi di Hinamizawa, Okinomiya, Takatsudo, Kiyotsu, Matsumoto e Tanikawa. Siamo giunti dinanzi al vostro cospetto per denunciare un grave misfatto, il quale sta minacciando tuttora la fiorente e prospera comunità di Hinamizawa, il luogo dove attualmente ho l'onore di risiedere. Due mesi or sono, un geologo ha seminato paura ed apprensione nei cuori di tutti noi, presentando uno studio dove dichiarava che che il nostro villaggio stava per essere distrutto da un tragico cataclisma, da una frana di proporzioni inaudite che avrebbe travolto ogni cosa sul suo cammino. Quella ricerca è stata anche portata presso la vostra prefettura, al fine di rendere questa frode più credibile, pertanto potete facilmente verificare le mie parole. Malauguratamente per noi, l'uomo in questione apparteneva con tutta probabilità a un'organizzazione criminale, in quanto, alcuni giorni dopo questa notizia foriera di sciagura, molti dei nostri concittadini sono stati ingannati. Soggiogati dalle loro legittime preoccupazioni, sono stati convinti a firmare accordi dove si impegnano a vedere i loro beni in cambio di un ridicolo ammontare di denaro. Nessuno di questi malviventi è stato al momento rintracciato, dopo la scoperta di questa frode da parte nostra, e ora tutte le persone di cui sono portavoce temono di perdere tutto quello che possiedono. Come cittadino di quest'umile villaggio, io non posso accettare la situazione che si è venuta a creare, e chiedo giustizia a voi e all'istituzione che voi rappresentate.”

Migliaia di mani applaudirono vigorosamente, mostrando di approvare le sue parole. Il prefetto guardò allora il giovane, con fare serio:

E quindi, cosa può fare questo modesto servo dell'Imperatore per voi, e per tutti i vostri compagni?”

"Come vi ho detto in precedenza, noi chiediamo giustizia per tutta la nostra popolazione, non desideriamo nulla di più di quanto sia giusto chiedere. Vogliamo che sia garantito ai nostri sfortunati amici che tutti i loro contratti saranno considerati nulli, e che non avranno valore legale, in quanto sono stati firmati grazie a un atto fraudolento e intimidatorio, e solo grazie a questo. Vogliamo che tutti quei criminali di cui abbiamo accennato siano consegnati alla giustizia quanto prima, e che le loro precedenti frodi siano scoperte e rese pubbliche, al fine di permettere alle eventuali altre vittime di essere risarcite, e non parliamo solo di quelle che abitano presso questo distretto, ma anche delle altre che sono state raggirate, in tutto il resto del Paese. Vogliamo che sia condotta una vera ricerca sulla situazione corrente del nostro territorio, in modo da non essere più avvicinati da questo genere di truffatori in futuro.”

Un altro applauso scrosciante. Tutti sembravano aver studiato la loro parte, e Keiichi era un attore eccezionale, ma non era la prima volta che dimostrava di avere quel dono.

E quindi” rispose ancora il prefetto “Che cosa mai potrà accadere, qualora io non esaudisca le vostre richieste?”

"Vi è stato detto di quanto accaduto durante la Guerra della Diga, di quello che con un senso di soggezione e ammirazione viene chiamato Spirito di Hinamizawa, e di quella che è la reale forza del nostro villaggio. Prestavate già servizio in questo palazzo quando quei fatti hanno avuto luogo, non è difficile per voi rievocarli nella vostra mente. E pertanto, se non è vostra intenzione fare quello che vi sto chiedendo in qualità di cittadino e suddito di questo Paese, allora vi posso garantire che non daremo tregua né a voi né a ogni altro ufficio che sia competente in materia. Non vi daremo respiro, vi assilleremo con le nostre manifestazioni e le nostre proteste, finché non cambierete idea e ci darete l'assistenza e l'attenzione che meritiamo!”

Un'ultima ovazione, fragorosa come e più di quelle precedenti. Mion guardò allora Keiichi, sorridendo. La figura di quello che sarebbe diventato un giorno suo marito era imponente, affascinante e carismatica, era quella di un ragazzo che stava crescendo in fretta. Era quasi un adulto, ormai, pronto a combattere per le persone a cui teneva. E per lei, anche.

Il prefetto chiuse gli occhi, prendendosi ad arte una pausa come per riflettere sul quello che il suo interlocutore aveva appena detto, quindi li riaprì e rispose: “Maebara Keiichi-san, ho udito le vostre parole, e posso vedere le ragioni che vi hanno spinto a recarvi qui. Non posso restare immobile dopo che una questione tanto dolorosa è giunta alle mie orecchie, e quindi ho intenzione di prestarvi ascolto, e di fare quanto mi è concesso pe-”

Non riuscì a terminare la frase. Una tremenda esplosione distrusse una delle sale al pianterreno della prefettura, lanciando in aria frammenti di cemento e una scia di fumo nero che avvolse le persone che più si erano avvicinate a quella stanza dell'edificio. E pochi attimi dopo, qualcuno iniziò gettare pietre e sassi contro il palazzo, rompendo i vetri di alcune delle finestre.

Che diavolo stanno facendo?” gridò Mion, sgomenta. Ma nessuno poté rispondere, nessuno aveva visto chi aveva commesso quell'atto criminale, tutti avevano chiuso i loro occhi a causa dell'esplosione, ed erano confusi. E mentre quei vandali sconosciuti avevano smesso rapidamente di lanciare quei ciottoli, una seconda violenta esplosione investì un altro ufficio del palazzo, distruggendolo completamente.

Nessuno era in grado di capire cosa stesse succedendo, e la moltitudine cominciò istintivamente a urlare, e a muoversi freneticamente, correndo a destra e a sinistra senza una direzione e uno scopo precisi. E qualcuno arrivò addirittura al punto di gettare nuove pietre verso la prefettura, prendendole probabilmente dal piccolo cantiere non lontano da loro, I bambini stavano piangendo, mentre i loro genitori stavano tentando di calmarli e portarli al sicuro, prendendoli in braccio e andando via con loro. Gli anziani invece rimanevano immobili, le loro vecchie e deboli gambe non permettevano loro di lasciare velocemente il luogo, e quindi se ne stavano lì, paralizzati dal terrore di essere travolti dalla folla, qualora la calca avesse iniziato a scappare in massa verso una certa direzione. Ma perfino gli adulti erano tutto fuorché calmi, temevano di essere coinvolti in un disastro, in un tentativo di strage, e continuavano a urlare, protestando ora contro chiunque: contro chi lanciava le pietre, contro chi aveva organizzato la marcia, contro i Sonozaki, contro i Kimiyoshi, contro i Furude, contro Keiichi, contro il prefetto stesso, contro la polizia che stava cercando di contenere la folla e che non era capace di garantire la loro sicurezza...

L'intera situazione stava degenerando, e nessuno del club sapeva cosa fare. Immediatamente Satoshi aveva abbracciato Satoko, per proteggerla. Giancarlo era ancora nella retroguardia della folla, troppo lontano anche solo per provare a dare una mano in quel momento. Quanto Rika e Rena, loro stavano tentando di rassicurare tutti, parlando per mezzo del megafono che avevano usato durante la marcia, ma era tutto inutile. Shion ed Alice, invece, stavano guardando Keiichi e Mion, che non erano preparati a fronteggiare un'eventualità tanto imprevista e poco ipotizzabile all'inizio. E anche tutti i poliziotti presenti erano stati colti alla sprovvista, inclusa Flavia. Le istruzioni che avevano dato loro raccomandavano di non fare nulla per l'intera durata della manifestazione, e ora non sapevano quali azioni intraprendere, erano troppo pochi per occuparsi di quell'immenso oceano di persone.

Mion fissò Keiichi, e lo supplico: “Kei-chan, per favore! Io... Io non so cosa fare, è spaventoso! Per favore, aiutami!” Ma anche il ragazzo era spaventato, tanto quanto lei, sembrava davvero che non ci fosse alcuna soluzione. Così, vedendo come l'altro rimaneva impietrito di fronte a quello scenario sconfortante, Mion concluse che tutto ciò che avevano organizzato per quel giorno era definitivamente compromesso. Era così frustrante... La giovane serrò gli occhi, in preda alla rabbia, mordendosi le unghie e chiedendosi le ragioni di quel disastro.

Ma infine, Satoko si liberò dall'abbraccio di suo fratello, avendo notato una cosa molto importante. Al piano terra di quell'edificio, vi erano tre sale con una finestra che dava sull'incrocio. Ma vi erano state solo due esplosioni, solo due di loro erano stati devastati da quelle bombe. Almeno per ora.

Ragazzi, via da là! Anche quella salterà in aria, tra poco!" Gli altri la sentirono, e tentarono di seguire il suo consiglio. Ma mentre si stava voltando per scappare, Rena fu improvvisamente spinta con forza verso il terzo ufficio, cadendo per terra. Chi era stato? La ragazza sentì i rapidi passi di qualcuno che si stava allontanando convulsamente da lei, ma in quel momento non si mise a cercare di identificare quella persona, per prima cosa doveva alzarsi e fuggire, anche se un leggero dolore proveniente dalla sua caviglia destra le impediva di eseguire quel movimento rapidamente come lei avrebbe voluto. Comunque, in linea di massima stava bene, così si rimise in piedi, ma nel farlo guardò verso l'ufficio, era lontana meno di mezzo metro dalla finestra, ora. E osservando l'interno della stanza vide un oggetto che non avrebbe mai voluto vedere. Su uno dei tavoli vi era una specie di orologio digitale, e l'ora scritta su di esso riportava il numero 00:05.

E, un secondo dopo, 00:04.

Rena rimase immobile. Aveva capito. Provò a scappare, ma il suo piede dolorante non le permetteva di muoversi velocemente.

Era troppo tardi. Chiuse gli occhi, volgendo il volto lontano dalla finestra, ma sentiva la sua fine avvicinarsi...

Ma inaspettatamente qualcuno le afferrò il braccio, e iniziò a correre per portarla lontano da lì.

"K-K-Keiichi-kun...!" Il ragazzo non disse nulla, non aveva il tempo di rispondere. Si allontanarono fino a circa cinque metri di distanza dalla finestra, quando anche il terzo ufficio esplose, scagliandoli a terra a causa della devastante onda d'urto che fu generata. Ma prima di finire sul duro cemento della strada, il giovane la abbracciò, come a proteggerla. Entrambi colpirono violentemente il terreno, ma solo Rena si rialzò, mentre guardava scioccata il sangue che fuoriusciva dalla testa del suo coraggioso amico.

A quel punto, le grida provenienti dalla folla divennero insostenibili, e tutte le persone vicine a Keiichi andarono su tutte le furie. Lo stress generato da quella catena di eventi era così forte che Takano cominciò a grattarsi il collo, scorticandolo con le unghie e urlando disperatamente È la Yamainu! È la Yamainu! Nel mezzo di quel caos, fu sentita solo da Irie e Tomitake, i quali stavano tentando di tranquillizzarla, nonostante lei volesse liberarsi in continuazione dalla loro stretta e scappare lontano, come una bestia feroce che non si dà pace dopo essere stata rinchiusa in una minuscola gabbia. Grazie a Dio, il previdente dottore aveva portato con sé una siringa e una fiala con una piccola dose di morfina, e la iniettò all'istante nel braccio della sventurata donna, che dopo alcuni attimi concitati infine si calmò e svenne.

Tutto stava andando per il verso sbagliato, adesso. Tutti i membri del club, Rika, Mion, Rena... Mentre fissavano straniti Keiichi ancora a terra, immobile, si sentivano come se il mondo intorno a loro stesse cadendo a pezzi. La loro vita, le loro speranze, i loro sogni... tutto ciò stava crollando inesorabilmente di fronte ai loro occhi, e il terrore di ciò che poteva succedere stava prendendo il controllo delle loro menti e dei loro spiriti. Gli altri ragazzi non trovavano il coraggio di parlare, rimanendo in silenzio col cuore in gola e in pensiero per il loro leader privo di sensi, in quei secondi che parevano eterni.

Ma finalmente, Keiichi si rimise in piedi, lentamente, appoggiando una mano sulla strada e assistito da Satoko. Era ancora contuso, qualche goccia di sangue stava ancora uscendo dalla sua testa, e il suo abito era completamente strappato, ma lui si sforzò addirittura di sorridere, per rassicurare tutti.

Non... Non è la prima volta che la mia zucca si macchia così di rosso, non vi preoccupate. Sono ancora qui, pronto a combattere.”

Coloro che avevano assistito alla scena furono sollevati dal vederlo così. Ma non potevano cessare di essere in agitazione. La maggior parte della folla stava continuando a urlare, cercando di capire cosa stesse accadendo. Qualcuno stava ancora lanciando oggetti verso il palazzo, mentre qualcun altro stava ora provando a salire le scale per chiedere all'immobile prefetto cosa avesse intenzione di fare per riportare la calma, ma veniva bloccato dal cordone di polizia. Keiichi e gli altri tentavano di fermarli, ma senza successo. Gli agenti non erano in numero sufficiente per contenerli, e presto i più facinorosi avrebbero sfondato il blocco, sarebbero saliti, e nessuno poteva prevedere quello che sarebbe potuto succedere.

Ma improvvisamente, i ragazzi smisero di agitarsi e urlare, esattamente come la polizia ed il resto della folla.

Sulla cima della scalinata, accanto al prefetto che non si aspettava una mossa del genere, era apparsa una figura calma e sicura di sé, che stava chiedendo a tutti di fare silenzio con un gesto della mano destra.

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Capitolo 20
*** La Guerra delle Frane – Muove il bianco ***



Capitolo 19: La Guerra delle Frane – Muove il bianco


Okinomiya, 18 Dicembre 1983

Senza parole, tutti stavano osservando l'uomo apparso accanto al prefetto, sulla cima della scalinata. Un individuo basso e di corporatura snella, sulla cinquantina, dai capelli neri e dal paio di occhiali assolutamente ordinario. Il suo aspetto non era alcunché di speciale, ma il suo volto non era sconosciuto ai presenti, e questo dettaglio non trascurabile era quello che attirava l'attenzione della folla.

"Nabiha-san!" esclamò Kimiyoshi "Che state facendo, lassù?"

Voglio solo parlare, me prima devo aspettare che tutti si diano una calmata.” Mentre diceva ciò, si guardò attorno, e si voltò verso il Sole, che stava scomparendo un piccolo gruppo di nuvole. Stare in quel punto a quell'ora del giorno sarebbe potuto diventare seccante per lui, solitamente chi si trovava lì era costretto ad avere la luce del Sole in faccia, ma in quel momento lui era stato fortunato. E lui si sentiva fortunato... Nel mezzo di queste inebrianti emozioni, guardò in basso, verso quella folla immensa. Ognuno di loro era fermo, silente, in attesa delle sue parole come la più composta delle assemblee. Come erano i loro sguardi, come erano le espressioni generate dai loro volti? Lui non ne era sicuro, in tutta onestà, quelle nuvole avevano anche privato la piazza della maggior parte della luce, e ora tutte quelle persone apparivano come un'unica macchia indistinta da quella distanza: l'uomo da lì poteva scorgere chiaramente solo quei folli ragazzini in prima fila, nessun altro. Beh, non aveva importanza, quello sarebbe stato il suo personale momento di gloria, il giorno in cui lui e la sua famiglia avrebbero riguadagnato l'onore e il rispetto che avevano perso in passato. A casa sua, tutti sarebbero stati fieri di lui, specialmente quel ragazzo che faceva tanto il difficile... Nabiha poteva sentire il suo cuore battere all'impazzata, come un tamburo, ma non poteva essere spaventato, adesso. Fece quindi un profondo respiro, e parlò:

"Sonozaki-sama, governatore di questa città, vi chiedo formalmente di prendere i provvedimenti necessari affinché Maebara Keiichi-san e Sonozaki Mion-san siano tempestivamente messi agli arresti, nel più breve tempo possibile."

Silenzio. Nessuno rispose, come sotto l'influenza di una stregoneria paralizzante. Che... Che cosa stava succedendo? Quale era il significato di quella richiesta, perché quell'uomo l'aveva formulata così, senza preavviso...

Arrestati... Sotto quale accusa?” chiese il prefetto, che era il più abituato a quel genere di situazioni, e quindi l'unico che era rimasto lucido anche in quella circostanza.

"Avete appena detto cosa ha causato questa protesta. Hanno piazzato bombe, hanno ripetutamente lanciato pietre contro questo edificio e contro la vostra persona. Sono pericolosi, violenti, e il vostro ruolo vi impone di non ignorare queste azioni criminali. Ovviamente, non potete stabilire al momento l'identità dei veri colpevoli, sarebbe impossibile, e non potete arrestare tutte gli individui qui presenti, così coloro che li hanno guidati fino a qui devono assumersi tutte le responsabilità per quanto avvenuto.”

Così io dovrei condurli in prigione, secondo il vostro punto di vista, anche se non hanno fatto nulla di male.” Il prefetto non poteva ribattere dicendo Non possono aver messo quelle bombe, li conosco, anche se questa era certamente la verità. Sarebbe stato un conflitto di interessi, e per non peggiorare la situazione era costretto a comportarsi nel modo più imparziale possibile. In altre parole, le accuse di Nabiha erano legittime, e lui non poteva difendere i ragazzi, altrimenti avrebbe dovuto ammettere l'intera messa in scena, e ci sarebbero state gravissime conseguenze per lui e per i suoi complici. Il prefetto Sonozaki stava iniziando a comprendere quanto pericolosa stava diventando l'intera faccenda.

Nabiha, infatti, quasi ignorò l'obiezione che gli era stata rivolta. “Non importa. Il loro villaggio si è già rivelato essere un problema per le autorità e perfino per il Governo, in passato, e i loro leader sono stati gli ispiratori del loro desiderio di ribellione. Non vi è dubbio alcuno che abbiano intenzione di ripetere ciò che hanno fatto anni prima, e questa volta sembrano pronti ad avvalersi anche della violenza, come avete potuto vedere. Questa marmaglia obbedisce a quei due ragazzi, anche se sono ancora molto giovani: quell'applauso fatto all'unanimità lo ha confermato, e quindi bisogna fare in modo che essi non possano nuocere ulteriormente al resto della comunità.” In fin dei conti, l'uomo non stava puntando a far imprigionare Keiichi. La sua cattura sarebbe stata solo un'inevitabile conseguenza degli eventi, il vero obiettivo di Nabiha era far sì che Mion fosse dichiarata in arresto: porre la capofamiglia del clan Sonozaki in una situazione tanto imbarazzante sarebbe stato un colpo durissimo da digerire, per lei, e questo lui lo sapeva.

"Nabiha-san!" gridò allora Kimiyoshi "Perché ci stai facendo questo?" Anche il resto della folla iniziò a rumoreggiare, i presenti stavano iniziando a capire quale fosse il vero intento di quella persona e che cosa stava avvenendo, ma il loro nemico non parve spaventato dai loro gesti intimidatori.

"Kimiyoshi-san, non è nulla di personale. Sto facendo ciò in qualità di comune cittadino giapponese. E inoltre in questo modo proteggo i miei interessi.”

"Come i tuoi interessi? Ti spiace dire le cose come stanno e spiegarci che vuoi dire?"

Nabiha prese un biglietto da visita dalla sua tasca, e con disprezzo lo lanciò verso la moltitudine, prima di dichiarare a voce alta: “Io sono qui come rappresentante della JOST, la società che è stata così ingiustamente infangata in questo luogo. Dopo essere stato informato su quello che stava per succedere qui, sono stato mandato tra voi per dare un'occhiata, per tenere sotto controllo la situazione, e ho fatto bene, direi. Non possiamo certo tollerare che un gruppuscolo di violenti fanatici possa continuare ad attaccarci e minacciarci, privandoci del diritto di lavorare e crescere come possiamo.”

"No..." rispose Kimiyoshi "Tu mi avevi detto che eri qui solo per salvare il tuo onore, dopo quello che quell'uomo aveva osato farci!”

"E infatti ora sto salvando il mio nome, non negarlo. Oltre a quello degli uomini per cui lavoro, non sei d'accordo con me? Prima ci stavi insultando, e ora io sono qui per difendere me e quelli a cui tengo.”

"Questo non è quello che mi hai detto prima! Io pensavo... Io pensavo che tu ci avresti aiutato! E io ero così felice di avere almeno una spalla a cui appoggiarmi!”

Ma davvero? E che cosa ti avrei detto, esattamente?

Kimiyoshi aprì la bocca ma non trovò parole per rispondere, così Nabiha proseguì. “Ti avevo detto che io volevo tutelare la mia reputazione, ma non avevo specificato da cosa volevo proteggere, te lo ricordi? Sono sicuro che tu hai frainteso le mie parole, che pensavi che io fossi dalla vostra parte, e sei andato in giro a dirlo a tutti... Ti sentivi in colpa per quella brutta figura che avevi fatto, e volevi trovare un rimedio a qualsiasi costo, ho forse torto?”

Kimiyoshi chinò il volto, preda dell'imbarazzo e dell'angoscia. Non sapeva cosa fare, le sue braccia tremavano, mentre il resto del suo corpo rimaneva immobile, incapace di muoversi. Mion allora lo guardò, e vedendolo così abbattuto si sentì dispiaciuta. Posso capire i suoi sentimenti, adesso... Se solo non fossi stata così rude con lui, così indifferente, forse il suo senso di colpa non sarebbe stato così forte, non sarebbe divenuto disperato a tal punto, e non avrebbe cercato qualsiasi maniera per redimersi. Avrei dovuto stargli più vicina, in questo modo avrebbe potuto scoprire il vero obiettivo di Nabiha-san. L'ho lasciato da solo... È... colpa mia, è tutta colpa mia. Ma cosa potrei fare per lui, adesso?

La ragazza guardò Keiichi, cercando aiuto. Lui realizzò subito in cosa consisteva la preghiera della giovane, ma non poteva passare all'attacco, evidentemente la sua testa insanguinata gli doleva ancora. Inevitabilmente, toccava a Mion rispondere, quindi: “Hmm... Beh, hai proprio una bella faccia tosta!” gridò alzando il capo “Sei venuto qui nonostante tutto quello che la JOST ha fatto a noi e a Hinamizawa... Hai ingannato tutta quella gente, e hai pure il coraggio di far vedere la tua faccia qui e di dire che sei buono e puro un angioletto?

Sei libera di discutere con me e con il prefetto della legittimità degli accordi che abbiamo firmato, è un tuo diritto se ci tieni. Ma non in questa maniera. Voi state dichiarando categoricamente che noi siamo dei criminali, descrivendoci come i più malvagi dei diavoli – il che è ironico, visto che sareste voi quelli che dicono di discendere dai Demoni, solitamente. Non volevate concederci il nostro diritto naturale a difenderci, e per impedirci di esprimere il nostro punto di vista avete radunato tutte queste rumorose persone in questo luogo. Ma non potevate controllarle, così avete lasciato che si comportassero a loro piacimento, e loro hanno iniziato ad atteggiarsi a vandali da strada, senza che il prefetto stesso avesse il tempo di rispondere al bel discorsino di quel ragazzo. Dimmi, come pensi che possiamo discutere, con certi fanatici a piede libero?”

Mion si mise a riflettere su una risposta adeguata. Lei e Keiichi non erano pronti per un vero duello verbale, quella mattina. Si aspettavano di dover solo parlare con il prefetto, ripetendo delle frasi preparate qualche giorno prima, ma ora avevano un reale avversario di fronte a loro. Keiichi era sempre stato un buon oratore, ma non poteva aiutarla in modo efficace ora, e quindi ora necessitavano di un buon piano, un piano che non avevano elaborato perché ritenuto non fondamentale. Mion aveva bisogno di sapere cosa dire, ma chi era in grado di suggerirglielo, ora come ora?

Mentre la sua mente si arrovellava inutilmente su ciò, la giovane guardò Nabiha, dal fondo della scalinata. Lui stava ricambiando il suo sguardo torvo, sorridendo, sicuro di vincere. Lei non poteva arrendersi alla prima difficoltà, doveva stringere i denti... Ma ora non doveva convincerlo, doveva sconfiggerlo, non era come le altre volte. Quando Keiichi aveva dato loro coraggio per affrontare la Yamainu, con il suo atteggiamento positivo, e quando lui aveva dovuto persuadere Oryou e il consiglio cittadino ad aiutarli nel salvare Satoko dagli abusi di Teppei... In quelle circostanze, tutti i loro interlocutori erano già d'accordo con lui, e Keiichi si era limitato a dare loro la forza di ammetterlo e di agire di conseguenza. E anche in quei casi era stata Rena a dare un contributo determinante, dicendo le cose giuste al momento giusto, mentre lei non aveva avuto un ruolo simile, e questo la rendeva triste...

Improvvisamente, però, si rese conto di una cosa. Ma... Ma... Come, combattere contro Teppei? Quando lo avremmo fatto? È strano. Teppei è stato ucciso prima del Watanagashi, non lo abbiamo mai visto a Hinamizawa negli ultimi mesi. E nonostante questo... riesco a ricordare che abbiamo combattuto contro le cattiverie che faceva a Satoko-chan... Come se... Come se... Come se ciò fosse successo in un altro mondo... Non era la prima volta che aveva quei deja-vu, così rimase di sasso per un paio di secondi, prima di scuotere energicamente il capo. Non era quello il momento opportuno per bloccarsi in questo modo. Così sollevò la testa e urlò con rinnovato vigore:

Credi davvero che ci arrenderemo così facilmente? Sei pazzo da legare, se lo pensi. Abbiamo un villaggio da difendere, ed affermare che non hai fatto nulla di male non ti salverà dalla nostra ira. Desideri veramente una lunga guerra, tra voi e noi? Non ne uscireste vivi.”

Questo lo dici tu... Se è necessario, vi affronteremo. Vi ho già detto che stiamo proteggendo i nostri interessi, e non sono spaventato dall'idea di un processo. In fondo suppongo che la JOST sia abituata ad andare in tribunale, tutte le importanti società lo sono. Ma la questione è se voi siete pronti a una lunga guerra di logoramento.”

L'abbiamo già fatta una volta, e l'abbiamo vinta.”

Ma questa volta è diverso. La gentaglia che hai sguinzagliato fin quaggiù ha appena mostrato la sua vera natura, e l'inevitabile risultato di questo loro comportamento sarà il tuo arresto. E senza il loro leader, senza tutte le persone che sono sul punto di lasciare il vostro villaggio... Non sono sicuro che riuscirete a resistere per molto. Anzi, mi sto chiedendo come mai tu sia ancora lì, libera di darmi altre noie.”

Perché, non posso neppure difendermi, adesso? Sto facendo quello che prima stavi facendo anche tu. E poi è il prefetto a decidere, non tu, e finché non da ordini in proposito io posso stare qui.”

Giusto. E allora sentiamo cosa ha da dire lui sulla faccenda...”

E il prefetto non poté fare altro che fissare i due contendenti. Non sapeva che fare per aiutare sua nipote Mion, Nabiha sapeva bene quello che stava facendo. Per ogni risposta diversa da quella che lui voleva sentire, l'uomo avrebbe usato il legame di parentela che li univa come arma, dichiarando che era uno scandalo che un'autorità non arrestasse una persona pericolosa solo perché zio della stessa. Il prefetto esitò, incerto se aprir bocca o meno... Ma fortunatamente fu infine preceduto da qualcun altro:

"E tu pensi che lo Spirito del nostro villaggio sarà fermato da una cosa del genere? Siamo ancora tutti insieme, e coloro che saranno scacciati da casa loro combatteranno fianco a fianco con quelli che resteranno. Non credere di poterci dividere così! E poi, smettila di fare l'accusatore, hai dimenticato quello che hai fatto? Dare loro un decimo di quello che spetta loro, questa è una frode, questo è il vero crimine!”

Mion si voltò alla sua destra. Keiichi era ancora accanto a lei, tenendo aperti gli occhi a fatica e toccandosi le tempie. Nelle sue condizioni attuali, lui non era in grado di aiutarla come vorrebbe, ma comunque voleva farle sentire la sua presenza, voleva darle tutto il supporto di cui era capace, e aveva pronunciato quelle parole per mostrarle quale era la linea di pensiero da seguire. Nabiha era il cattivo, in tutta questa storia, e doveva essere lui a doversi difendere, non il contrario. Lei allora sorrise, felice. Non era da sola, tutti i suoi amici le stavano attorno, per rincuorarla. E mentre Rena iniziò a medicare Keiichi, utilizzando una cassetta di pronto soccorso proveniente dall'infermeria della prefettura, Mion girò lo sguardo verso Nabiha, con gli occhi pieni di forza e speranza.

Allora, Nabiha-san, come intendi replicare a questa frase? Quella nota sugli accordi dimostra chiaramente che tu sapevi della falsità di quella ricerca, e che eri pronto ad approfittarne. Inoltre, puoi forse negare che il nome completo della JOST – Japanese Office for Services on the Territory – poteva causare delle incomprensioni e dei fraintendimenti? E poi perché quei tizi avrebbero voluto comprare un villaggio destinato ad essere distrutto da una frana, come andavano dicendo i tuoi inviati? Un terreno pieno solo di rovine e macerie non vale pressoché nulla, e in teoria avreste perso una valanga di soldi, acquistando le nostre proprietà pagando il valore che avevano prima della catastrofe... A meno che voi non sapevate già che c'era qualcosa sotto.”

Oh” rispose lui “Ci sono così tanti utilizzi per una valle senza case, non sei d'accordo? In fin dei conti, qualche annetto fa anche il Governo voleva buttare giù tutto e destinare la vostra zona ad altri scopi. E comunque, non sento neppure il bisogno di replicare alle tue stupide domande da ragazzina ingenua... Lasciamo che sia il tuo popolo a dire la sua.”

Che vuoi dire?”

Nabiha chiuse gli occhi, e allargando le braccia urlò, con il tono di voce più forte che poteva produrre:

"Cittadini del villaggio di nome Hinamizawa, prestatemi ascolto! Qui, dinanzi a voi io, Nabiha Seiji, dichiaro ufficialmente che non ero a conoscenza dell'infondatezza della teoria sulla frana gigante, e la nostra società è conscia che chi ha venduto tutti i propri beni sta rischiando di essere risarcito con un ammontare di denaro non sufficiente a soddisfare i bisogni primari delle loro famiglie, il che potrebbe essere causa di spiacevolissime conseguenze. Quella nota era stata aggiunta solo per proteggere gli investimenti della compagnia che sto rappresentando, ma io desidero immediatamente fare ammenda per questo torto: ognuno dei firmatari, senza alcuna eccezione, riceverà il cento per cento del reale valore delle loro proprietà, e quella nota stessa da noi sarà considerata nulla. Sono pronto a firmare personalmente dei nuovi accordi formali, che cancelleranno quelli precedenti. Questi nuovi contratti saranno molto brevi e concisi, saranno fatti unicamente di due o tre linee, senza alcuna postilla nascosta; potete scriverne voi stessi il testo, se preferite. In cambio, io vi chiedo come unica condizione di lasciare Hinamizawa subito dopo aver firmato il contratto e ricevuto il denaro pattuito. Rispondetemi, vi soddisfa la mia proposta?”

Questo è un ricatto, una mera estorsione, non una proposta! Come puoi anche solo sperare che questo ti salvi dall'accusa di frode?”

Io non ho fatto quell'annuncio per proteggermi dalle tue stupide accuse, Sonozaki-san. Guarda dietro di te.”

Mion non ebbe nemmeno il bisogno di voltarsi. Il vociare che veniva dalla folla era abbastanza per farle capire. Molti di loro non avevano trovato scorretta quell'offerta, e i leader della protesta potevano sentire alcuni mentre esclamavano, dal cuore della folla, che avrebbero accettato di buon grado. Il momento era critico, e Alice stava guardando freneticamente a destra e sinistra, come se stesse cercando qualcosa, contemplando l'intera scena per tentare di comprendere come la situazione si stesse evolvendo. E anche gli altri membri del club stavano ascoltando impotenti le frasi sconcertanti provenienti da quella moltitudine, mentre la loro stessa comunità sembrava sul punto di tradirli.

"Riesci a cogliere il punto adesso, Sonozaki-san?" spiegò Nabiha, mentre iniziava a scendere lungo la scalinata, fermandosi dopo una decina dei venti gradini. “Una singola persona può essere intelligente e sveglia quanto vuoi, ma le folle sono sempre molto stupide. Non sono governate dalla ragione, ma sono guidate da sentimenti irrazionali, dalla paura e dalla rabbia. In particolare, sono tutti spaventati, ora. Hanno visto quello che è successo, sanno quello che sta per succedere a te, e quindi stanno iniziando a temere che combattere insieme non sarà una strategia vincente come durante la Guerra della Diga. Il 25-30% della vostra popolazione andrà via immediatamente, e una volta che sarete senza leader e con solo un pugno di persone dalla vostra parte...”

Non è vero!”

E invece lo è. Prima non potevano ammetterlo, avevano paura di voi come avevano avuto paura di Oryou-sama, ma molte persone tra voi non vedevano l'ora di scappare dal vostro adorato paradiso, di fuggire dal vostro villaggio, e quello che ho appena proposto loro può dare loro l'opportunità di realizzare i loro sogni. L'esistenza di questi individui a Hinamizawa era una cosa nota a tutti, voi compresi. Ecco perché costoro accetteranno in massa la mia generosa proposta: nessuno sa con precisione quante persone vogliono lasciarvi, hanno sempre tenuto nascosto questi sentimenti, e contarli è impossibile... Quindi, in teoria potrebbero essere in parecchi, potrebbero essere la stragrande maggioranza dei firmatari, e gli altri che hanno stipulato i primi contratti saranno terrorizzati dall'idea di essere isolati, lasciati da soli, inermi, incapaci di difendersi... e infine cacciati da Hinamizawa in cambio solo di una piccola mancia. Vedrete, il loro attaccamento al loro paese natale verrà meno, alla fine, e nessuno di loro si rifiuterà di firmare. Un notevole vantaggio, per me, tutto ciò semplificherà molto le cose.”

Mion rimase ghiaccio. Non era possibile... L'intera folla alle sue spalle stava discutendo, e non potevano neppure sentire quello di cui lei e Nabiha stavano parlando. I loro cuori erano lontani da lei, adesso, e non l'avrebbero mai aiutata in quel momento, se lei ne avesse avuto bisogno. Doveva trovare la forza di reagire, ma per fortuna i suoi amici erano ancora con lei, e Rena prese la parola, chiedendo con rabbia all'uomo che li aveva sfidati:

Perché state facendo questo? Se date il 100% a tutti per tutto, perché lo state facendo? Non guadagnerente un centesimo dall'intera operazione!”

"Beh, in una situazione normale avresti assolutamente ragione, ma non in questo caso. Non chiedetemi perché, ma la JOST è incredibilmente interessata al vostro villaggio. Per riuscire a mettere la mani sulle vostre case, hanno promesso di darmi addirittura tre volte la somma di denaro che spenderò per comprare il vostro paesello.”

E per farne che cosa? Per venderla al Governo e costruire la Diga?”

"Kimiyoshi-san, non fatemi ridere. Non so quale sia il loro scopo ultimo, ma se avessero voluto fare una cosa simile, io avrei dovuto comprare altri villaggi oltre a Hinamizawa, dovresti saperlo meglio di me. L'acqua indispensabile per il funzionamento della Diga avrebbe sommerso non solo il vostro borgo, ma anche altri nelle vostre vicinanze. O piuttosto pensavi di essere diventato il centro dell'Universo?”

Lo so, Nabiha-san! I loro abitanti si sono perfino uniti a noi, oggi, e non li voglio dimenticare di certo. Ma mi ricordo anche che il nostro era stato l'unico villaggio a combattere realmente contro la Diga, in passato, e per voi sconfiggerci avrebbe significato sbarazzarsi della seccatura più pericolosa.”

L'unica vera seccatura qui è la tua voce, Kimiyoshi-san... Insomma, io non so quale futuro è stato riservato alla vostra vallata, e personalmente non è che me ne importi. Personalmente mi reputo come uno dei loro collaboratori esterni, il che non è una cattiva idea. Loro non sanno tutto di me, e al tempo stesso io non so tutto di loro. È molto sicura come strategia, questa, nessuno inguaia nessuno in questo modo, non siete d'accordo?”

Nabiha li stava sfidando, ora, divertito da tutta la disperazione che stava assaporando attorno a sé. Quel senso di eccitazione lo stava facendo sentire vivo, importante e realizzato. Il dolce sapore del dolore altrui deliziava la sua bocca, e gli sguardi persi nel vuoto dei suoi antagonisti riempivano la sua vista.

Perlomeno, possiamo sapere se lo scopo principale della JOST era comprare casa nostra, e mandarci via? Che abbiamo fatto di male per renderli così crudeli nei nostri confronti? Una volta che Hinamizawa sarà cosa loro, cosa ne sarà dei suoi abitanti? Continueranno a tormentarci anche dopo?”

Non lo so. I tuoi orecchi hanno seri problemi, venti secondi fa ti ho spiegato che non sono al corrente di tutti i loro progetti. Forse lo fanno per hobby, si divertono a rendere la tua vita un inferno, Kimiyoshi-san.” Nabiha sorrise, prendendosi gioco del suo vecchio amico.

"Tu, figlio di... Pensi che il nostro villaggio si arrenderà così facilmente?” urlò Mion, ripetendo quello che aveva già detto prima “Mi prenderò tutta la responsabilità per questi incidenti, se devo proprio, ma così i miei amici saranno liberi di metterti i bastoni nelle ruote, e insieme al resto del villaggio combatteranno finché...”

Sì, certo, va bene, ho già sentito questa storia, Sonozaki-san. Però dimmi, quante persone credi che vi spalleggeranno, nei giorni che verranno?”

Cosa?”

"Oh, questa è nient'altro che la verità. Pensi che tutti gli abitanti di Hinamizawa posseggano la casa in cui vivono? O hai dimenticato che c'è anche chi l'ha presa in affitto? Vedi, in questi casi, l'effettivo proprietario di quegli edifici può sempre decidere di mandare via coloro che vi abitano all'interno; con un piccolo preavviso, ovviamente, ma quello non è un problema significativo.”

"Non può essere... E quindi, quelle case in realtà appartengono a... a...”

"Eh, già. Ho già comprato la maggior parte di quelle proprietà diversi mesi fa, spesso i loro vecchi proprietari non erano neppure di Hinamizawa, oppure semplicemente non si sono mai fatti domande su chi voleva acquistare le loro case, così ho potuto condurre a termine tutta l'operazione senza essere notato, ho agito nell'ombra, se preferite metterla in questi termini. E in questa maniera avevo il controllo dei domicili di altri 150-200 individui, un ulteriore dieci per cento della popolazione del vostro villaggio. Oh, nel caso vi interessi saperlo, sono anche certo che molte delle persone che non ho ancora contattato verranno da me spontaneamente, mettendo volontariamente in vendita le loro case. Hanno tutti una fifa tremenda di perdere tutto, adesso, e io potrei recitare la parte dell'uomo d'affari senza cuore, rilevando tutti i loro beni per un tozzo di pane, ma alla fine preferisco proporre loro la stessa offerta che ho fatto agli altri. Darò loro l'esatto valore di quei campi e di quegli edifici, non un centesimo in meno... Questo renderà le cose più rapide e semplici.”

Mion iniziò ad annaspare ed ansimare, come se le mancasse l'aria, mentre Nabiha continuò: “Hai capito, finalmente? Alla fine, sono fiducioso sul fatto che non più di otto-novecento persone saranno ancora ad Hinamizawa, al termine di questa mia offensiva. Privati di te, il loro leader spirituale, e privati della maggio parte della popolazione, pensi che riusciranno ad opporsi al loro destino per molto tempo? Ne sarei sorpreso. Comunque, se anche decidessero di impedire il trasloco degli altri, la polizia non sarebbe gentile con loro, al contrario di quello che è successo durante la Guerra della Diga. Tra l'altro, devo proprio dire che io ero venuto qui per dare un'occhiata alla situazione nel suo complesso, ma quelle esplosioni sono state manna dal cielo, un regalo davvero gradito.” Si avvicinò a Mion, e le sussurrò nell'orecchio: “Già, mi sa tanto che ti devo ringraziare, per tutto quello che hai fatto per me...”

Questo era troppo. Non sopportando di essere umiliata fino a questo punto, lei tentò di colpirlo al volto con il suo pugno, ma lui corse via, muovendosi più rapidamente di lei, e quindi risalì qualche gradino, prendendosi gioco della sua avversaria e ridendo della sua scortesia e aggressività, mentre gli altri stavano disperatamente tentando di bloccare la loro compagna infuriata, la quale l'avrebbe certamente ammazzato se avesse potuto. Dopo che Mion fu in grado di calmarsi, poi, Shion chiese: “E cosa accadrà a coloro che hanno intenzione di resistere a oltranza a Hinamizawa? Tecnicamente, possono sempre restare a casa propria se lo desiderano, non hanno firmato nulla che li obbliga a sloggiare.”

Oh, ti assicuro che se ne dovranno andare presto, che piaccia loro o no. Vedi, comprare i terreni e le proprietà altrui mi ha garantito altri vantaggi molto significativi: per esempio, mi ha permesso di controllare anche i canali di irrigazione nella loro interezza, senza dimenticare la quasi totalità dei mulini. Sarà impossibile per chiunque lavorare in quei campi di riso, non riusciranno mai a sopravvivere, se vorranno fare i testardi e continueranno a vivere lassù. Ho calcolato anche questo aspetto del problema, e infatti ho scelto con criterio che cosa comprare all'inizio.”

Sei un mostro! Questo... Questa roba non può essere legale! Sei pronto persino a lasciarli morire di fame, per raggiungere il tuo obiettivo?”

Dovreste biasimare voi stessi, invece di urlarmi in faccia e prendervela con me, Sonozaki-san. Quelle infrastrutture erano vitali per il vostro villaggio, e nonostante ciò non ve ne siete presi cura, lasciando che cadessero in mano mia.”

Beh, allora potremmo tutti contattare direttamente la JOST e cedere loro baracca e burattini. Almeno quel sostanzioso extra lo darebbero a noi, e tu rimarresti a mani vuote. Sarebbe una piccola consolazione, per quanto magra.”

Mion, Kimiyoshi e Rika guardarono stupefatti Keiichi, che aveva fatto quell'assurda proposta. “Kei-chan come puoi pensare che noi...” Era ovvio che lui lo stava solo provocando, non stava parlando seriamente, ma anche solo sentire quelle parole era sufficiente per farli sudare freddo. Mion, in particolare, non avrebbe mai accettato una cosa del genere, ma udendo il ragazzo lei si era voltata per istinto, verso la folla che aveva radunato, e si rese conto di qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere. Con loro, c'era visibilmente molta meno gente, adesso. Molte persone se ne erano già andate via, non riuscendo a capire di quello che stava succedendo nei dintorni del palazzo, e stanche di dover aspettare delle notizie e delle spiegazioni che non arrivavano mai. Molti altri stavano facendo altrettanto, la ragazza poteva vederli mentre raggiungevano a piedi i vicoli secondari adiacenti al lungo e maestoso viale che avevano percorso in precedenza. Quanto agli effettivi abitanti di Hinamizawa, i quali erano tra i pochi rimasti ancora lì, essi continuavano a discutere l'uno con l'altro senza giungere però ad alcuna conclusione degna di nota. Parlavano tra loro, per decidere autonomamente il da farsi, e ignoravano totalmente quello che i loro leader stavano dicendo. Mion concluse di aver fallito, e delusa da se stessa iniziò a piangere. Ma la risata fragorosa di Nabiha risuonò allora nella sua testa, e la fece rialzare meccanicamente il capo.

"Maebara-san, alla faccia dell'emicrania lancinante che ti sta probabilmente tartassando, hai appena detto l'unica frase sensata della vostra giornata! È un vero peccato che uno come te sia mandato in gattabuia. Comunque, sicuro, se vogliono agire così sono liberi di farlo, ma allora devi raccomandare loro di contattare la JOST tutti insieme, immagino che i gran capi della nostra società non si metteranno a trattare con un contadino alla volta, conoscendoli. Per quanto mi riguarda, poi, è vero che così guadagnerei meno denaro, ma d'altra parte questa storia verrebbe a finire in tempi molto più rapidi, senza ulteriori noie, e io riceverei prima il mio compenso, il che non è mai una brutta cosa.”

Era una provocazione, detta per rispondere a un'altra provocazione. Nabiha era conscio del fatto che l'orgoglio di Hinamizawa non avrebbe mai accettato un compromesso tanto umiliante. E neppure quello di Mion l'avrebbe mai fatto. La giovane spalancò gli occhi, colmi di rabbia, e le verdi iridi al loro interno divennero ad un tratto rosse, iniettate di sangue. I suoi denti furono digrignati con forza, serrati strettamente fino quasi al punto di spezzarsi per la tensione; i suoi pugni erano chiusi tanto da farne scricchiolare le falangi, mentre le unghie penetravano per la collera nel palmo della mano, facendo uscire qualche goccia di sangue che andava poi a lambire i polsi e scivolare lungo le dita; le sue vene risaltavano pulsanti sul suo collo e sulle sue tempie, che stavano diventando rapidamente violacei; i suoi capelli furono messi in disordine dai suoi continui sussulti, e ora le cadevano sciolti dietro le spalle, seguendo il movimento della sua testa tremante come le code di una mostruosa creatura.

Il suo volto non era più quello di un essere umano. Era quello di una Demone.

"Tu", sibilò lei "Tu sai chi sono io, chi siamo noi, vero? Noi siamo Sonozaki Mion, noi siamo il capo di una delle tre Grandi Famiglie dell'Onigafuchi. Non ci importa se gli altri ci lasciano da soli, noi non te la daremo mai vinta, non ci arrenderemo mai, fosse l'ultima cosa che facciamo. E se qualcuno si unisce a noi, gli daremo tutto il denaro di cui ha bisogno per vivere. Possiamo mantenere loro e le loro famiglie per sempre, ed è quello che faremo. E nel frattempo, a te sarà riservato un orribile destino, sarai fatto a pezzi dalla nostra potenza. Sai bene le storie che girano intorno al nostro casato... Abbiamo una stanza intera dedicata espressamente a persone come te...”

All'udire ciò, gli altri si allontanarono inconsciamente da lei di qualche passo, terrorizzati. Era ancora l'amica che avevano sempre conosciuto? Sembrava davvero un'altra persona, malvagia, crudele, completamente diversa dalla vera Mion. E poi, quel parlare di sé al plurale... era come se in lei ci fossero due personalità distinte, come se il diavolo che si diceva dormisse dentro di lei si fosse svegliato, e ora stesse insieme a lei, dicendo quello che diceva lei, e dandole il diritto di affermare Noi siamo Sonozaki Mion.

Certo, loro sapevano che lei stava facendo tutto ciò per il loro bene, ne erano sicuri, però quella scena li aveva fatti comprensibilmente rabbrividire. Al contrario di quanto stava facendo Nabiha, il quale invece si stava aspettando una reazione del genere. Quella davanti a lui era la Regina dei Demoni, lui lo aveva ben presente, ed anzi era lieto di averla ora di fronte a lui. Quel senso di eccitazione era quello che stava cercando. E quindi, invece di correre via o spaventarsi, lui non ebbe la minima esitazione. L'uomo fece un respiro profondo, e quindi rispose:

"Sonozaki-chan, piantala di offendermi. Ti diverti a minacciarmi, a fare la voce grossa, ma la verità è che non puoi mantenere queste macabre promesse. Tsk, non riesci proprio a farti un'idea di quello che succederà, eh? Stai per essere mandata in prigione con delle accuse estremamente gravi, e quasi sicuramente tutti i conti correnti che appartengono alla vostra famiglia saranno congelati, è questa la procedura che gli inquirenti seguono di solito, durante questo genere di indagini. Tu non hai ancora vent'anni, in teoria non hai raggiunto la maggior età e quindi il proprietario di quei conti è un prestanome, forse potrebbe essere tua madre; però il nocciolo della questione non cambia, quei soldi non sono tuoi ma è come se lo fossero, tutti qui sanno chi è il vero capo – tra l'altro l'hai appena ripetuto non più di trenta secondi fa. Terroristi come te meritano di perdere tutto quello che hanno depositato in banca, e non so per quanto voi possiate resistere, usando solo i contanti che avete a casa vostra.”

"TERRORISTI?" L'ira di Mion raggiunse il culmine, Nabiha la stava trattando come una mocciosa, deridendola e facendosi beffe di lei, e questo la mandava su tutte le furie. Accecata da una frustrazione mai vissuta prima, si morse allora le labbra, e un fiotto di sangue vermiglio iniziò a zampillare fuori da lì, mentre la sua pressione sanguigna raggiunse livelli tali che le vene sul suo collo iniziarono a pulsare fuori da ogni controllo, mentre il suo petto smetteva di respirare. La sua pelle si scurì repentinamente, i suoi occhi agitati le dolevano come se glieli stessero strappando. Furiosa come non mai, afferrò la manica destra del suo prezioso kimono blu, e con un forte strattone la strappò completamente fino all'altezza della spalla, riducendo a brandelli anche parte della sottoveste tradizionale che indossava sotto il kimono stesso; rimanendo poi col braccio scoperto, in questo modo faceva anche vedere a tutti come le sue unghie avessero intaccato anche la superficie della sua bella pelle, la quale si era ora arrossata e riempita di graffi.

Deturpata nel volto, nel corpo, negli abiti e nell'anima, Mion aveva ora un aspetto spaventoso, terrificante come la Morte stessa.

"COME OSI CHIAMARCI TERRORISTI!” urlò lei, come a voler scuotere le viscere della terra e richiamare una legione di mostri dall'inferno. “La nostra vendetta sarà inesorabile, passerai le pene dell'inferno, e allora ci chiederai in ginocchio di essere ucciso, di essere rapito dai demoni!”

"E adesso vorresti spaventarmi in questo modo? Io so tutto sulla tua famiglia, sono al corrente di come tua nonno aveva guadagnato quella fortuna, sareste ancora un branco di pecoroni senza un soldo, senza i suoi trucchetti. E ho anche visto come tua nonna è stata in grado di ottenere il rispetto che prima non avevate. Ti piacerebbe fare come lei, vero? Dai, allora, andiamo alla vostra sala delle torture, se ci tieni tanto. Sarebbe una forma di intrattenimento molto interessante.”

Non provocarmi, potresti pentirtene...”

"Hmm, il debole potere della tua famiglia non ci fa paura, non vi avremmo mai affrontati, se non fosse così. Forse non so io quanti negozi e ristoranti sono sotto il vostro controllo, grazie al denaro che avete prestato loro? Oh, posso solo immaginare quanto alti siano i vostri tassi d'interesse, potreste essere non solo una famiglia di terroristi – perché lo siete, diciamoci la verità – ma anche una di usurai. E quando sapranno in che luogo buio stai per essere mandata, probabilmente qualcuno delle vostre vittime prenderanno coraggio e denunceranno le nefandezze che avete commesso in tutti questi anni. Questa ha tutta l'aria di essere un'occasione irripetibile per loro, se decidono di fare questo passo saranno libere di non pagarvi più un centesimo.”

Chi ti ha dato il permesso di insultarci in questo modo? Non siamo noi i criminali, quel ruolo spetta a te!”

Bla, bla, bla... Non sono io quello che sta insultando, almeno non sono l'unico a farlo. Tu non riesci neppure a renderti conto di quello che stai blaterando in questo preciso momento, vero?”

Beh, forse l'ho fatto, forse ho usato parole pesanti, ma anche se fosse, non lo meriteresti, forse? Il vostro desiderio è distruggere Hinamizawa, il nostro mondo, e pure hai la faccia tosta di farti vedere in pubblico e dichiarare di essere un uomo puro e di buoni propositi! Che sarà di tutta la nostra gente, non ci hai pensato?”

Per tutta risposta, Nabiha scese nuovamente le scale, fermandosi a un paio di gradini da Mion. La quale ricominciò a urlare, minacciandolo e augurandoli le peggiori sofferenze possibili. Era fuori controllo. E così, sentendo quelle parole, il suo antagonista sorrise, soddisfatto, prima di indicare con il dito alcuni individui non lontani da loro, forse gli unici che stavano ancora assistendo alla loro battaglia di nervi. Quei tizi stavano facendo fotografie, scrivendo sui loro quaderni, parlando ai loro registratori portatili, in modo da prendere appunti e non dimenticare alcun dettaglio.

Riesci senz'altro a riconoscerli, loro sono i giornalisti attirati fin quaggiù dalla vostra marcia. Sono sicuro che sei stata proprio tu a chiedere loro di venire qui, per sottolineare la grandezza della vostra dimostrazione, la magnificenza della vostra famiglia, e ora loro sono i testimoni della vostra sconfitta. Sei stata tu a preparare tutto, sei stata tu a tirarti la zappa sui piedi, tu e nessun altro. Chissà che cosa stanno scrivendo adesso, dopo aver visto quello che avete fatto, e dopo aver sentito tutto quello che hai detto, con quelle parole piene di odio e tipiche più di una cagna rabbiosa che di una persona civile.... Non vedo l'ora di leggere i loro reportage, anche se temo di saperne già il loro contenuto, pressappoco. Cara mai, sei destinata ad essere ritratta come l'orco cattivo, sui loro articoli. E da qui il passo è breve, dovresti sapere come funziona, tutti i media ti descriveranno come una delle ragazze più feroci e spaventose che l'umanità abbia mai avuto, un'orribile persona, indegna della loro compassione. E quindi, di riflesso, la causa di Hinamizawa sarà irrimediabilmente compromessa... Insomma, architettando questo stupido piano, ti sei scavata la fossa da sola, milady.”

Tu... Tu... Non ti perdonerò mai, non mi darò pace finché non te l'avrò fatta pagare...”

Ottima idea. Vai avanti a minacciarmi davanti a loro e ai loro microfoni, mi stai rendendo la vita facile. Continuare a delirare non ti condurrà a nulla, a parte un ulteriore peggioramento della tua situazione, che in realtà non servirebbe neanche.” Nabiha stava ancora sorridendo. Il suo comportamento, il suo atteggiamento erano studiati per continuare a provocarla, e ci stava riuscendo benissimo. Per questo motivo si era avvicinato a lei per la seconda volta, per questo motivo le aveva detto quelle parole così irritanti. E vederla così disperatamente arrabbiata, mentre cercava una qualsiasi via di salvezza che la potesse portare fuori da quell'incubo, si era rivelato essere incredibilmente appagante per lui. Quello stato delle cose era la conferma del risultato finale di quel duello. Lo sapeva lui, lo sapeva Mion. Era Nabiha il vincitore.

Gli altri membri del club, tentando di dare supporto alla loro compagna, si avvicinarono ai due, con sguardi furiosi e intimidatori. Ma i loro volti tradivano il loro disagio e la loro paura. Non sapevano cosa fare, si sentivano smarriti. Se solo Keiichi fosse stato bene, se solo non avesse quella ferita al capo che non gli permetteva di ragionare... E dietro di loro, vi era altrettanto scoramento. La maggior parte della folla aveva già lasciato il posto, e presso quel largo viale non vi erano rimaste ormai che duemila persone, ossia la popolazione di Hinamizawa. Costoro stavano guardando ora a Mion e Nabiha, senza parole né coraggio, per capire infine quale destino li attendesse. Erano tutti depressi, immersi in un silenzio desolante.

Sei un criminale! Non provare a negarlo!” urlò allora Shion, come per proteggere la sorella “Hai anche ucciso quell'esperto, per impedirci di trovarlo e chiedergli il nome del vero colpevole! Ecco perché non lo troviamo da nessuna parte!”

Questa non è altro che una volgare accusa, pensi davvero che io farei mai una tale follia, rischiando di rovinare tutto? Piccola ingenua. Io non so assolutamente di cosa stai parlando, e questo è tutto.” E dopo aver detto questo, Nabiha voltò loro le spalle, e iniziò a risalire le scale, lentamente.

Torna subito qui, Nabiha!” gridò Keiichi “Non abbiamo ancora finito!”

E invece sì.” rispose lui, mentre chiudeva gli occhi e provava pietà per qui poveri idioti “Non posso sprecare altro tempo con voi. Maebara-san, se avete altre domande, i nostri legali saranno lieti di risponderti... Oh, certo, non potrai stare a sentirli, mi sono sbagliato. Loro parleranno solo ai tuoi amici, non a te, visto che non sei più un uomo libero, a partire da questa mattina. Sonozaki-sama” disse poi al prefetto “Per favore fate quello che siete supposto di fare. Tergiversare ulteriormente sarebbe una grave inadempienza del vostro dovere.”

Udendo ciò, il prefetto si voltò verso il capo della sua famiglia, impotente, dispiaciuto, incapace di trovare una soluzione. E Mion, vedendo la sua delusione, si era arresa. Aveva fallito, si sentiva un'idiota, una persona completamente inutile, un'imbecille... Batcha, Batcha... perdonami. La giovane chiuse gli occhi e iniziò a piangere disperatamente. Ma subito dopo, gli altri la videro diventare pallida come un foglio di carta e collassare al suolo, e fu subito chiaro quello che stava accadendo. Mion stava respirando affannosamente e gemendo in preda alle convulsioni, stesa sul marciapiede, e tutto il suo corpo stava visibilmente tremando. All'istante Shion si precipitò sulla sorella e tentò di aiutarla, chiamandola per nome e dandole degli affettuosi schiaffetti sulle guance, mentre Satoko e Satoshi invitavano gli altri ad allontanarsi per farla respirare, ma i loro sforzi non servirono a niente, Mion non accennava a riprendersi. La ragazza stava davvero male.

"Che roba è questa... Epilessia?" chiese Keiichi, immobilizzato dallo shock. Rimase lì impietrito per diversi secondi, finché non fu spinto via da Irie, che aveva capito velocemente le condizioni di Mion e che aveva raggiunto il gruppo per poterla soccorrere. Chiese subito a Satoko di andare al ristorante di fronte a loro, per avere dell'acqua da dare alla sua amica, mentre Rena fu mandata al più vicino telefono pubblico, per chiedere l'intervento di un'ambulanza. Dopo aver fatto ciò, il medico alzò leggermente il capo di Mion, prima di darla la sua giacca per non farla soffrire di freddo. Quindi disse, per rassicurarli: “Non vi preoccupate, starà bene tra poco, questo tipo di attacchi non impiega molto tempo a finire.”

Rika osservò la sua amica. La sua lotta drammatica doveva essere stata un'enorme fonte di stress, per la sua mente, e quella sua rabbia sembrava così simile a quelli che erano i sintomi causati dal Livello 5 della Sindrome di Hinamizawa, lei lo aveva visto così tante volte nei mondi passati. Ma quello svenimento era strano, anomalo... La bambina rifletté allora su quello che Irie aveva detto sugli effetti collaterali dell'ATPC, e tentò quindi di guardare il dottore dritto negli occhi, per provare a capire quello che passava nella sua testa. Irie se ne accorse, e per darle una risposta lui scrollò lievemente le spalle, dandole ad intendere che tutto era possibile, e che il dottore avrebbe sì cercato di scoprire la verità, ma solo in un secondo momento. Quello non era il momento più adatto per discutere di quella sostanza.

Anche Nabiha si era fermato, per guardarla mentre giaceva ai piedi dei suoi compagni. Era un poco dispiaciuto di vederla in quello stato, in realtà. Ma dopo tutto, quello non era stato un gioco, ma una vera e propria guerra. Se non avesse fatto di tutto per vincere, il suo destino sarebbe stato segnato. E così, quando Keiichi lo chiamò di nuovo, ordinandogli di restare lì almeno in segno di rispetto verso Mion, lui non degnò il ragazzo neppure di uno sguardo, limitandosi a rispondere: “Non c'è nulla che io possa fare per lei, in fin dei conti. Inoltre, la vostra amica si sta già rialzando, come puoi vedere anche tu.”

Aveva ragione. Mion era ormai di nuovo in piedi, sempre assistita dalla sorella che sorreggendola le impediva di cadere. Tuttavia, il suo sguardo era pieno di tristezza e delusione. Era sicura che il suo villaggio fosse appena stato condannato a morte, e non era in grado di trovare una soluzione. In fondo, quell'emozione era tipica del suo carattere. Se conosceva un modo per superare i suoi problemi, allora era capace di trovare un'insospettabile energia dentro di lei, e diventava una vera leader, pronta a trascinare i suoi amici alla vittoria. Era stato il caso della guerra contro la Yamainu, quando all'inizio si era mostrata scettica, ma dopo aver ascoltato il piano di Keiichi e Satoko per sconfiggerli si era convinta e aveva dato il meglio di sé per far sì che il loro sogno divenisse realtà, con risultati sorprendenti e superiori alle aspettative. Perfino Okonogi aveva riconosciuto la loro superiorità.

Ma altrimenti, se non vedeva via d'uscita dal loro destino nefasto, allora lei iniziava a starsene sulle sue, immobile, incapace nemmeno di alzare lo sguardo, o di parlare, o di dare una mano a chiunque. Dal suo punto di vista, se lei pensava che un problema avesse scarse possibilità di trovare una soluzione, allora per lei era del tutto inutile provare a fare qualsiasi cosa, e se costretta lo faceva con poco impegno ed entusiasmo. E, purtroppo, quello era il caso. Si sentiva battuta, sconfitta, umiliata, e pensava ora che per loro non ci fosse più nulla da fare.

No, non poteva finire così. Rika non si era ancora stancata di combattere, aveva vissuto sulla propria pelle così tante morti, così tante orribili tragedie... Senza farsi sentire da nessuno, la fanciulla bisbigliò TIME, STOP!, per chiedere ad Hanyuu di congelare il flusso del tempo. Ma la sua antenata non obbedì. Rika guardò dietro di lei, sorpresa.

"H-Hanyuu, perché ti stai rifiutando...?"

"Rika, mi spiace di non aver fatto quello che mi hai chiesto, ma che hai intenzione di fare? Fermare tutto per più tempo possibile?”

No, non volevo solo guadagnare tempo, volevo anche pensare a una soluzione...”

"Rika, dovresti saperlo. Io posso fermare il tempo per un ammontare pari a 14.400 dei miei battiti cardiaci, e visto lo sforzo che mi chiedi corrisponderebbe a dieci-dodici minuti effettivi, più o meno. E una volta che gli effetti della magia svaniscono devo aspettare 1.440.000 secondi, prima di poter lanciare di nuovo lo stesso incantesimo. Capisci, ora? Spremersi le meningi, da sola, e per così poco tempo... Questo genere di tentativi è solo fatica sprecata, temo. Faremmo molto meglio a chiedere dei suggerimenti dai nostri amici. Il destino di Keiichi-san e Mion-san è quello di finire in una cella, ma non saranno tenuti in isolamento, lontani da noi. Basterà chiedere qualche autorizzazione, e otterremo il permesso di parlare con loro, di volta in volta. Quei due sono ancora in grado di aiutarci, anche in prigione.”

Rika si morse la lingua, frustrata, ma dovette ammettere che Hanyuu aveva ragione, e che non c'era null'altro che lei potesse fare, per il momento. Allora alzò gli occhi al cielo arrabbiata, verso Nabiha. E facendolo, un fatto inaspettato la sconvolse.

Hanyuu non aveva congelato il tempo, ma lì, a metà della scalinata, Nabiha era completamente fermo, e non si stava muovendo.

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Capitolo 21
*** La Guerra delle Frane – Muove il nero ***



Capitolo 20: La Guerra delle Frane – Muove il nero


Okinomiya, 18 Dicembre 1983

Nabiha stava fissando la cima della scalinata, vicino all'ingresso del palazzo della prefettura. Lassù, qualcuno si era seduto sul primo gradino, come se lo stesse aspettando. Silenzioso, solitario, separato da tutti gli altri. La sua nera giacca lo faceva rassomigliare a una macchia scura sul bianco marmo di cui erano fatti gli scalini.

L'uomo squadrò il suo volto, riconoscendolo: “Oh, questa sì che è una sorpresa, mio caro piccolo gaìjin. Quando sei arrivato lì? Non mi ero accorto che eri salito, prima.”

Giancarlo non si mosse, e non disse una parola. Si limitò a sospirare in modo quasi impercettibile, mentre ascoltava ciò che l'individuo davanti a lui stava dicendo: “Mi spiace per il triste spettacolo che questi villani hanno offerto ai tuoi occhi. Con i loro atti vandalici hanno causato notevoli danni a questo edificio pubblico, ma fortunatamente hanno distrutto solo quelle sale al piano terra, l'ossatura del palazzo in sé è solida, ed essendo rimasta integra non corre alcun rischio. Sai, io faccio l'architetto di professione, e quindi penso di saperla lunga in proposito, la potenza di fuoco di quelle bombe non era sufficiente per far crollare tutto, secondo me. E in fondo credo che anche loro lo sapessero, con quegli ordigni volevano spaventarci, non ucciderci, e lo dimostra il fatto che hanno colpito quelle tre stanze specifiche: sono tutte sale per gli archivi, non veri e propri uffici, e quindi non c'era nessuno dentro che potesse rimanere coinvolto.”

Nabiha sorrise, e poi continuò “Ma la cosa peggiore è stata vederli lanciare tutte quelle pietre, e verso un parente della loro leader, per giunta... Queste dimostrazioni sono sempre così difficili da tenere sotto controllo, il prefetto ha atteso uno o due secondi di troppo per rispondere all'appello di quel ragazzo, e quelli hanno risposto scagliando quei sassi e commettendo questo affronto. Beh, questo è il segno dell'irrazionalità che ogni folla di questa terra porta con sé, non sei d'accordo con me? Anche tu devi aver sentito di molti incidenti simili a questo nel tuo Paese, e anche da altre parti nel mondo.”

Quell'uomo non riusciva a smettere di parlare, per l'eccitazione e per il senso di onnipotenza che provava. Si era informato sul conto di tutti coloro che vivevano a Hinamizawa, e sapeva che in un confronto verbale l'unico che poteva davvero infastidirlo era Keiichi. Ma il dolore provocato dalla sua ferita ancora aperta sul capo non gli aveva permesso di farlo. Quanto gli altri, essi non avevano le sue stesso doti, oppure semplicemente non erano al corrente di tutto quello che succedeva all'interno del clan Sonozaki, il che impediva loro di conoscere la situazione e di rispondere a tono alle accuse che il loro avversario aveva rivolto loro. Nabiha si sentiva tranquillo, la faccia di quel ragazzo era triste e silenziosa, non furente o arrabbiata, non rappresentava certo una minaccia, e così l'uomo continuò:

"Quel povero prefetto, deve essere stato un brutto trauma per lui... Si è visto il capo del suo clan venire da lui, come avevano concordato nei giorni scorsi, e di punto in bianco quelli che erano con lei sono impazziti e lo hanno attaccato. Un vile tradimento, io lo definirei così, una dimostrazione dell'incapacità di quei bifolchi di cogliere le conseguenze dei loro atti istintivi. Però, sai... in parte riesco anche a mettermi nei loro panni. Questa è una questione molto seria, non credo che l'iniziativa di un funzionario pubblico sarebbe bastata per risolvere tutto, anche se stiamo parlando di un'autorità del rango del prefetto. La loro sarebbe presto diventata una questione di portata nazionale, con delle ripercussioni anche sulle relazioni tra Giappone e gli altri Paesi; del resto, fondamentalmente la nostra società ha sede all'estero. Chiedere aiuto ai parenti non sarebbe stato sufficiente, per quei ragazzi.”

Giancarlo stava continuando a restare in silenzio. Nel frattempo, una gelida brezza si era alzata, e il freddo pungente spinse molte delle persone che erano ancora sul posto a stringersi nelle loro giacche.

Non parli?” concluse Nabiha “Lo capisco, non è una cattiva idea, il vostro gruppo ha già parlato anche troppo, quest'oggi. Comunque, vediamo... Forse dovrei indicarti uno di coloro che hanno scagliato quelle pietre? Già, forse dovrei, è il mio dovere di onesto cittadino. Per esempio... Riesci a vedere quella?” puntò il dito a una ragazza non lontana da loro “Lei è stata l'ultima a smettere di lanciarle, l'ho vista con i miei occhi.”

Gli altri membri del club potevano sentire quello che lui diceva, e Shion si voltò verso la ragazza. “Yukiko-chan... Hai davvero fatto questo?” La conosceva molto bene, in passato avevano lavorato insieme all'Angel Mort, e Shion sapeva che quella giovane aveva un carattere istintivo, ma non pensava che potesse arrivare a tanto.

Yukiko, però, non poté fare altro che ammettere il suo errore. Chinò il capo, e iniziò a piangere disperatamente. “Mi dispiace, mi dispiace, davvero, davvero... Ho perso la testa, e avevo visto altra gente che faceva la stessa cosa, prendendo quei ciottoli dal cantiere, così presa della foga io...” Le ultime parole furono attutite dalle mani con cui si era coperta il volto, ma il loro significato era chiaro a tutti.

Rika guardò la sventurata fanciulla per un po'. Anche lei la conosceva, quella ragazza era di Hinamizawa come loro, anche se lei frequentava la scuola di Okinomiya e quindi non si incontravano molto spesso. Tutti sapevano che Yukiko aveva una personalità vivace, ma non era aggressiva, tutt'altro. E, nonostante ciò... Rika era nervosa. Siamo davvero noi i responsabili di quello che è accaduto, allora? Sembra proprio che ci siamo rovinati... Ora quella sembra davvero depressa, non sarà mica stata colpita dalla Sindrome? Ma non è possibile, il suo collo è privo di graffi. Già, probabilmente il morbo non aveva niente a che fare con l'accaduto, il suo comportamento era stato influenzato dal suo stato di eccitazione, in quel momento era stata solo trascinata dagli altri. Ma ora non importava. Mion e Keiichi sarebbero stati costretti ad assumersi le responsabilità anche di quello che aveva fatto Yukiko, sarebbero andati in prigione, pagando simbolicamente per tutti. Rika era consapevole di tutto ciò, e questo l'aveva delusa profondamente.

"Trovo significativo il fatto che l'abbia detto solo ora.” disse infine Giancarlo, rompendo il suo mutismo ma senza quasi lasciar trasparire alcuna emozione “Parlarne prima sarebbe stato controproducente per te, i tuoi obiettivi erano Mii-chan e Kei-chan, erano loro quelli su cui dovevano ricadere tutte le colpe."

Oh, l'hai notato? È vero, hai colto nel segno, non avevo bisogno di accennarlo, prima. Ma ora è stato mostrato agli occhi di tutti che quei due sono dei delinquenti, così non devo più preoccuparmi di sottolineare questo aspetto.”

Passò qualche secondo. Poi Giancarlo chiese, con il suo flebile tono di voce: “Mi chiedo come mai tu ti sia fatto vedere da queste parti, stamattina...”

Al sentire queste parole, Nabiha fissò il ragazzo. Sembrava molto tranquillo... Anche se tranquillo non era il termine corretto. Sembrava distaccato, in realtà. Insensibile, freddo. Non era arrabbiato, o eccitato, il modo in cui parlava era l'opposto di quello con cui Mion si era espressa fino a qualche attimo prima. Anzi, al contrario di lei, quel forestiero non sembrava nemmeno curarsi di quello che stava per accadere agli altri: i poliziotti avrebbero seguito i suoi compagni sull'ambulanza diretta all'ospedale più vicino, per portarli in prigione una volta medicati. Sarebbero finiti in carcere, con accuse infamanti, alla stregua di delinquenti comuni, ma nonostante ciò lui se ne rimaneva lì, come se nulla stesse accadendo. Discutere con uno come lui non sarebbe stato per nulla appassionante, quel suo modo di parlare così apatico e noioso non avrebbe mai infiammato il cuore di Nabiha... Il quale concluse che quell'occidentale non doveva essere una persona interessante, come erano invece gli altri suoi amici.

"Sono spiacente, ma vi devo lasciare.” spiegò infine l'uomo, salendo gli ultimi gradini della scalinata, e spingendo la porta d'ingresso che conduceva all'interno del palazzo “Nelle ore che seguiranno sarò terribilmente impegnato, tutti quei campagnoli verranno da me per mettersi d'accordo e firmare i nuovi accordi, e quindi non posso stare a trastullarmi qui con voi e mettermi a discutere di quello che è appena successo a causa vostra. Chi lo sa, forse sono stato perfino troppo generoso, avrei anche potuto imporre condizioni di pace più dure, vista la situazione. Quelli farebbero meglio a sbrigarsi ad accettare, potrei sempre cambiare idea da un momento all'altro.” Quelle parole non erano rivolte solo al ragazzo vicino a lui, quello era un vero e proprio diktat, una sorta di sentenza definitiva con cui Nabiha voleva invitare i suoi nemici ad arrendersi senza fare altre storie, rinunciando a ogni velleità di resistenza e ad ogni barlume di speranza.

"Oh, immaginavo che tu non volessi stare qua con noi.” rispose Giancarlo, osservandolo con la coda dell'occhio, senza neppure voltare il capo verso il suo interlocutore “Lo so che vuoi usare l'ingresso secondario della prefettura per raggiungere la tua auto e allontanarti da qui. Ucciderti non risolverebbe nulla, più che come il capo dei cattivi potremmo definirti come un ambasciatore, no? Però passare attraverso tutta quella gente per lasciare questo posto sarebbe comunque molto pericoloso per te, anche se ora sono tutti fermi e zitti. Sono lì, bloccati dall'angoscia, e ti stanno guardando come i bambini guardano spaventati un genitore prepotente, ma come hai detto tu poco fa le folle sono belve istintive, e non si sa mai cosa potrebbero farti, se tu andassi là in mezzo a loro.”

Mi spieghi dove vuoi arrivare?”

A questo. Se fossi in te, io non me ne andrei, né dall'ingresso principale né da quello secondario. Ti devi difendere, e rinunciare a farlo potrebbe portarti ad avere molto presto un bel paio di manette ai polsi.”

Dovrei difendermi da te, quindi?” Nabiha si era girato, squadrando con un poco di disagio quel ragazzo strano. Sentendolo parlare, provava una sensazione sgradevolissima, e lui non riusciva a intuirne la ragione. Meglio non abbassare la guardia, pensò l'uomo, sta agendo così di proposito. Deve aver visto quello che è accaduto a Sonozaki-san prima, e ha probabilmente imparato la lezione. Nabiha si allontanò perciò dalla porta, e scendendo un paio di gradini per poterlo vedere di nuovo in faccia gli disse: “Ti prego, allora, continua pure.”

Come desideri” rispose Giancarlo, parlandogli come se i due fossero da soli. Da come si stava comportando, sembrava davvero che non ci fosse nessun altro insieme a loro, era come se stesse ignorando la gente ancora ai piedi della scalinata. "Capisci, una volta concluso che quello studioso era un truffatore e un criminale, anche chi ha suggerito a Kimiyoshi-san di ingaggiarlo diventa sospetto, è una cosa naturale. Però mia sorella Flavia mi ha detto che fino ad ora non erano emersi indizi concreti contro di te, avevano già fatto dei controlli ma volevano aspettare la fine di questa giornata prima di cominciare con le indagini vere e proprie. A posteriori questa è stata una clamorosa ingenuità, ma del resto fino ad oggi in pochi potevano prevedere quello che sarebbe successo qui. Fatto sta, comunque, che prima di oggi la polizia non poteva accusarti di nulla.”

Non può farlo neanche adesso, se è per questo, per il semplice motivo che non ho fatto nulla di male, nulla di illegale. Su, ammettilo.”

Più tardi. Forse.”

Nabiha lo scrutò, cercando di capire dove quello volesse andare a parare. A che gioco sta giocando? Si sta forse facendo beffe di me? Non gradiva affatto quell'atteggiamento così innaturalmente calmo, quel fuori programma lo stava snervando, e poi non era necessario che lui passasse altro tempo laggiù, aveva fatto quel che doveva fare, così fece per voltarsi e raggiungere il portone, ma le parole del ragazzo lo fermarono ancora una volta.

Sai, probabilmente ne sei già al corrente, ma per mantenermi ho un piccolo impiego part-time da queste parti. Esattamente come te, io rappresento una società straniera, visto che lavoro per un piccola fabbrica tessile italiana. Quindi vedo le cose anche da punti di vista particolari, come quello prettamente monetario... E mi sono accorto che questo è stato veramente l'affare del secolo, per te. Insomma, hai una vaga idea di quello che andrai a spendere per acquistare il villaggio? Lo sai già?”

Oh, sicuramente sarà una bella somma di denaro, ma non l'ho ancora calcolata.”

Beh, facciamo due conti, allora. Ogni famiglia di contadini a Hinamizawa possiede un campo che si estende almeno per un paio di ettari, e quindi le risaie della comunità occupano non meno di cinque o sei chilometri quadrati. Aggiungiamo sette-ottocento case, e i boschi intorno a tutti questi terreni, ossia altri dieci chilometri quadri, come minimo. Ora, semplifichiamo per facilitarci la vita, e diciamo che il valore di ogni edificio è dieci milioni di yen, mentre valuterei ogni ettaro di bosco circa un milione di yen e ogni ettaro di campo coltivato cinque milioni. Alla fine della fiera, il prezzo per comprare Hinamizawa e la campagna circostante si aggira sui dodici-quindici miliardi di yen.”

Kimiyoshi sobbalzò, ascoltando dal fondo della scalinata quella fredda serie di cifre. “Come può quel ragazzino parlare del nostro prezzo, come se niente fosse? Quello sta parlando del nostro mondo, della nostra vita, non ha alcun rispetto per il nostro dolore.”

"Questo non è vero, Kimiyoshi-san.” ribatté Alice “Nii-chan sembra un ragazzo rude, talvolta, ma sa quello che sta facendo.”

Non si direbbe.” replicò lui, seccamente

Ma è così, Kimiyoshi-san. Nii-chan non scherzerebbe mai con il dolore altrui. Lui sa bene cosa è il dolore, lui l'ha vissuto sulla propria pelle, tante tante volte.”

A quelle inquietanti parole, gli altri si girarono verso di lei, per chiederle cosa volesse dire. La giovane però non pareva intenzionata a spiegarsi. Stava sorridendo, ma aveva una luce sinistra nei suoi occhi. Incurante di quello che le persone vicino a lei le stavano dicendo, cominciò a salire lungo la scalinata, per avvicinarsi a Nabiha e soprattutto a suo fratello. I suoi movimenti erano lenti, meccanici, come se lo spirito di Giancarlo la stesse chiamando a sé. E quando Rena tentò di seguirla, insicura sul cosa fare ma determinata a non lasciarla comunque da sola, una voce la fermò. Era la stessa voce che l'aveva fermata qualche ora prima, quando in un momento molto più allegro lei aveva preso in braccio Rika per portarsela a casa.

Ke-keresana-san, siete voi...” disse.

Già. Rena-chan, e anche voi altri, state tutti qui, per favore. Non dovete andare lassù.”

Ma loro stanno...”

Lo vedo anche io, quello che stanno facendo. Ed è per questo che vi dico che li disturbereste soltanto, se voi andaste da loro.”

Rika replicò: “Ma noi siamo i loro amici, non vogliamo certo disturbarli! Abbiamo sempre combattuto le nostre battaglie tutti assieme, abbiamo sempre agito in questo modo!”

E loro hanno sempre agito in quest'altro modo, invece. È lo stesso concetto. Che siate i suoi migliori amici o dei semplici conoscenti, loro non sono abituati a risolvere i loro problemi stando in grandi gruppi. Sono abituati a fare tutto da soli, specialmente Giancarlo-kun. Lo distrarreste soltanto... anzi, gli dareste fastidio.”

Cosa intendete dire?” chiese Keiichi.

Molto semplice. Fino ad ora, avete mostrato loro come Hinamizawa conduce le proprie battaglie. Avete mostrato loro lo Spirito del vostro villaggio, le vostre motivazioni, la vostra forza, il vostro modo di vedere le cose. Ora è tempo che quei due facciano altrettanto, e che combattano come sanno fare. State qui e guardatevi lo spettacolo, sarà istruttivo, nel bene e nel male.

Ma... cosa accadrà, adesso? Sono davvero in grado di...”

Rika era sensibilmente preoccupata, ma Keresana non rispose alla sua domanda. Bastò il suo sguardo, lievemente malinconico, a convincerla in qualche modo a desistere dal fare obiezioni e dall'interferire. Così, non poté far nulla che annuire, alzando gli occhi e volgendoli nella stessa direzione dove anche l'anziana coppia stava guardando. L'atmosfera lassù stava divenendo surreale, e stranamente questo la stava calmando.

Sulla cima della scalinata, Nabiha stava continuando a tenere d'occhio Giancarlo, tentando di capire quale fosse il vero obiettivo del ragazzo. Rimase per un poco in silenzio, pensieroso, ma sentendo l'urgenza di replicare alle stime appena pronunciate non poté esimersi dal rispondere: “Quindici miliardi... Sì, penso sia possibile. Mi sembra una cifra ragionevole, visto di cosa stiamo parlando. Durante la Guerra della Diga, il Governo aveva offerto in totale venti-ventidue miliardi, stando alle cronache del tempo. E dire che in quel periodo questi tizi avevano rifiutato la proposta, anche se generosamente era stato offerto loro più del valore effettivo dei loro beni.”

"Molto bene, allora. Quindi, possiamo dire che stai per spendere una cifra di quel genere, una volta terminato tutto sarai ricompensato con il triplo di questa somma, il che ti farà guadagnare qualcosa dell'ordine dei trenta miliardi di yen. Stupefacente, davvero.”

"Va avanti..."

"Pensavo fosse già chiaro... non è un pelo esagerato? La vostra società sarà anche grossa, ma non può spendere come un Governo. Quale gruppo privato investirebbe mai una tale vagonata di soldi per un singolo progetto, e per uno così rischioso, per di più?”

"..."

Giancarlo smise di parlare, e rimase in silenzio per il minuto successivo, finché Nabiha si grattò la testa, rendendosi conto della sciocchezza detta: “Sì, forse l'ho sparata grossa, prima. Vedere tutta quella ressa furiosa verso di me mi ha reso troppo eccitato, in quel momento. È stata la mania di protagonismo a farmi straparlare. Comunque rimane vero il fatto che io ho a disposizione il denaro per acquistare tutto il villaggio, e che sarò estremamente ben pagato alla fine, su questo non hai motivo di dubitare. Inoltre, triplicazione o no, le somme che sono in ballo in questa storia restano comunque enormi, e questo ti può far capire come la JOST non abbia alcuna intenzione di farsi ostacolare da un branco di rozzi contadini.”

Giancarlo sorrise. Stava ora guardando il marmo dei gradini sotto di lui, ora, come a voler ignorare anche colui con il quale stava parlando: “Beh, ora capisco perché prima non sapevi l'esatto valore di Hinamizawa: se ti avessero pagato in rapporto a quanto spendevi, come tu avevi detto a Mii-chan, allora la tua avidità ti avrebbe spinto a calcolarlo parecchi giorni fa, per scoprire quanto avresti guadagnato; anzi, in teoria, a te sarebbe convenuto dare agli abitanti del posto perfino più soldi di quanto avete pattuito alla fine, aumentando le tue spese avresti aumentato in proporzione anche il tuo compenso... Invece, a quanto pare la tua paga reale è una somma di denaro predefinita, indipendente da tutto il resto... Beh, insomma, abbiamo appurato che tu sei uno a cui piace raccontare delle frottole, ogni tanto.”

Il suo avversario gli lanciò una gelida occhiata. Non aveva gradito quel commento: “Stai insinuando che non rispetterò gli accordi presi, quindi? Una volta che ho firmato i contratti definitivi, sarò formalmente vincolato, e dovrò obbligatoriamente fare quello che sarà scritto sopra di essi. Non sto solo dando la mia parola d'onore, non mi piace che tu faccia tanto il diffidente.”

"Oh, sono desolato, non intendevo dire che tu eri solo un bugiardo. Dopo tutto eri stato sincero, quando avevi indicato a tutti quello che Yukiko-san aveva fatto, e la reazione di quella povera ragazza ci ha facilmente permesso di verificarlo. Sì, se dovessi riassumere in poche parole quello che hai fatto oggi, direi che tu sei stato attento a dire la verità su quello che noi potevamo controllare, mentre sul resto hai avuto mano libera, essendo tu libero di dire quello che volevi senza che nessuno ti potesse rinfacciare alcunché, e ne hai approfittato per divertirti alle nostre spalle e spaventarci. Oh, beh, dettagli. In ogni caso, precedentemente io volevo solo sottolineare il fatto che tu stai per diventare molto ricco, grazie a quella molto fortunata catena di eventi. E in cambio di quest'immenso premio, dovrai solo dare quattro spiccioli a qualche complice e ad alcune comparse. Il famigerato esperto, per esempio, o quelli che hai sguinzagliato per tutto il villaggio al fine di far firmare i primi contratti. E anche quelli che hai convocato qui oggi, e gli altri tuoi aiutanti...”

Di chi diavolo stai parlando, ora?”

Ah, mi spiace nuovamente, sono un disastro con i discorsi, dovrei sempre partire dall'inizio. Sai, non sono bravo a fare l'oratore e a trovare belle parole come Kei-chan, o anche come Nee-chan. Sono molto più dotati di me in questo ambito, ma ora sono qui io e tocca a me parlare.”

"Se proprio avevi bisogno di aiuto, avresti dovuto dirlo, no?”

Nabiha si girò. Dietro di lui, Alice si era appena intromessa, reclamando la sua parte.

"Oh, conosco bene la mia sorellina, sapevo che avresti ficcato il naso senza che io te lo chiedessi...” rispose Giancarlo, continuando a sorridere e fissare i gradini su cui era tuttora seduto “Comunque, se vuoi avere un ruolo in questo piccolo gioco, per me va bene, Alice. Quanto a te, Nabiha-san, sono sicuro che quando sei salito quassù tu avevi già notato quel piccolo cantiere, situato vicino all'incrocio.”

Nabiha non rispose. Quei due avevano toccato un tasto dolente.

"Vedi, da qui si possono scorgere delle carriole nuove, e dell'altro materiale in quel punto... Ora, lì ci sono molte meno pietre di quante ce n'erano alcuni minuti fa, si può immaginare dove siano finite, ma a parte questo non vi sono altre differenze rispetto a prima, ora il cantiere è esattamente come lo abbiamo trovato quando siamo arrivati qui. E in tutta onestà non è facile capire che lavoro stiano effettivamente facendo, non hanno affisso i cartelli con il nome della ditta costruttrice, e non ci sono prefabbricati né impalcature all'interno del recinto che delimita l'area. Secondo te perché hanno portato quella roba laggiù, allora? Perché hanno aperto quel cantiere, in altre parole?”

"E che ne so, se le carriole e le pale sono ancora nuove di zecca può darsi che debbano ancora iniziare i lavori.”

"In teoria sarebbe anche possibile, ma quel recinto racchiude un'area molto ristretta, e hanno portato relativamente poco materiale, quindi il loro dovrebbe essere un lavoro rapido, suppongo. Quindi, perché hanno già portato tutto l'occorrente sul posto, quando sarebbe stato più sensato farlo il giorno stesso dell'inizio dei lavori? Qualche vandalo avrebbe potuto danneggiare o sabotare i loro attrezzi da lavoro, e sarebbe stato un peccato, specialmente perché quelli sembrano appunto nuovissimi, appena comprati.”

E allora non è come abbiamo detto, e hanno già iniziato a lavorare lì dentro. Ma mi hai chiesto di restare per fare quattro chiacchiere su come si gestisce un cantiere, adesso?”

Oh, ancora un attimo di pazienza. Non possono avere già intrapreso i lavori, come ho detto prima la loro è senz'altro una faccenda veloce, completabile in non più di due giorni. In questo caso, di solito utilizzano due giornate consecutive, per esempio lunedì e martedì, oppure mercoledì e giovedì... E non venerdì e lunedì, o sabato e lunedì, come sarebbe in questa circostanza. Non ha senso lavorare un giorno, riposare per i due successivi e finire in quello ancora dopo. E poi, per l'appunto, le carriole non sono sporche di cemento, segno che non le hanno mai usate e che non hanno ancora iniziato a lavorare lì dentro.”

Mi dai sui nervi, mi sembra solo di perdere tempo, qui con te. Ma allora per te hanno cominciato sì o no?”

In un certo senso, né l'uno né l'altro.” il sorriso di Giancarlo divenne più accentuato “Il punto è che quel cantierino ha avuto un ruolo molto significativo in questa storia. Mi viene da pensare che chi aveva organizzato questa protesta non si aspettava di imbattersi in un cantiere qui, e che la cosa abbia dato loro un leggero fastidio. Però non potevano certo fare una deviazione per un intoppo così piccolo, il loro desiderio era percorrere questo lungo e maestoso viale diritto e rendere questa manifestazione un magnifico show, come degli sposi che camminano per tutta la chiesa per raggiungere l'altare di fronte a loro. Ma questo microscopico dettaglio è diventato fondamentale, quando la moltitudine ha preso a rumoreggiare, e a protestare con violenza. Far loro trovare un posto pieno di sassi e materiale da costruzione è stata... una notevole fortuna per te, se la possiamo definire così.”

Giancarlo fece una pausa, il che spinse Alice a continuare il discorso del fratello. Lei aveva capito benissimo dove lui voleva arrivare: “Ci sono troppe coincidenze, mi sa. E quindi mi chiedo... Quel cantiere è stato messo lì per fare dei veri lavori? O si trova qui per altri scopi? Sembra quasi parte di un piano diabolico... Per farci le idee più chiare bisognerebbe sapere la vera identità di chi ha commissionato quel cantiere, e di chi ha chiesto le autorizzazioni necessarie. La casa accanto al recinto è disabitata, mi pare, quindi dovremmo pensare a qualcun altro... Chissà, saremmo maleducati se ipotizzassimo che sei tu il mandante, Nabiha-san?”

Nabiha si voltò verso di lei, e rise nervosamente. “Quindi ora state dicendo che è colpa mia, se quella roba era lì e la vostra gente l'ha usata per i loro comodi? Beh, potete sempre controllarlo. Non ci sono cartelli, ma avranno pure chiesto i permessi a qualcuno. E anche assumendo che sia io il responsabile, come potevo sapere la data della vostra marcia? Non potevo certo tenere aperto un cantiere così piccolo per tutto dicembre senza un valido motivo, sarebbe sembrato sospetto, e le autorità non mi avrebbero mai dato l'autorizzazione.”

"Non sarebbe strano se ti fossi avvalso di un prestanome, per fare in modo che il tuo nome non comparisse da nessuna parte. E sulla data della dimostrazione...” Alice guardò il fratello, che completò la sua frase:

"Oggi era il giorno più probabile, anzi era in pratica l'unica vera possibilità. Era prevedibile che l'avrebbero organizzata di domenica, in modo da radunare un maggior numero di persone a casa dal lavoro. Quindi, passiamo al setaccio tutte le date possibili, partendo dal 5 dicembre, giorno in cui abbiamo scoperto la magagna: domenica 11 stavamo ancora aspettando i tuoi incaricati si occupassero di tutto, come ci avevano promesso per telefono; domenica 25 è Natale, la dimostrazione sarebbe stata decisamente più piccola perché molti avrebbero preferito starsene a casa e passare la giornata in famiglia, mentre altri avrebbero lasciato Okinomiya e le altre cittadine per andarsene in vacanza; infine la domenica dopo sarebbe stata Capodanno, i contratti che gli abitanti avevano firmato entrano in vigore appunto in quel giorno, e quindi sarebbe stato troppo tardi per quella gente. Rimane solo una domenica, questa...”

"Ah-ha, Nii-chan, ora è chiaro perché quegli impiegati ci avevano chiesto di aspettare qualche giorno, quando li avevano contattati per la prima volta. Volevano cancellare l'11 dicembre dalla lista delle possibili date. Sapeva quale era la domenica giusta, e ci ha fatto trovare quelle pietre pronte per essere lanciate!" Alice stava iniziando addirittura a prenderci gusto, ora.

Ma Serco-san, non potevo essere sicuro che voi avreste scelto davvero questa data. Se per un qualsiasi motivo avreste preferito un altro giorno, un sabato, o un'altra domenica...”

"Nabiha-san" replicò Alice "Basta coi giochetti. Questa era comunque la giornata più probabile, e tu eri pronto a sfruttarla. E comunque, non sarebbe stato un problema se ti fossi sbagliato, quelle bombe sarebbero comunque state lì, preparate per fare quello per cui sono state piazzate.”

Allora, mi state accusando...?” Nabiha stava perdendo il suo autocontrollo.

...Di essere il vero colpevole dietro questi incidenti, sì.”

Questa è pazzia!”

"Pazzia? Questo è davvero il peggior termine che potevi usare. Nii-chan ti ha spiegato nei dettagli il percorso logico che lo ha portato a questa conclusione, e dire che l'hai pure trovato noioso, fino a pochi minuti fa...”

"Forse tu non pensavi ch'io loico fossi?*" aggiunse il fratello "In fin dei conti, che senso ha offrire prima una cifra pari all'intero valore dei loro beni, poi portarlo con un inganno a un decimo e poi e ritornare alla somma originaria? Sarebbe stato più naturale fare direttamente l'ultima proposta, senza perdere tempo con inutili trucchi, e molti di loro avrebbero accettato senza battere ciglio... A meno che fin dall'inizio il tuo vero obiettivo fosse gettare fango sullo Spirito di Hinamizawa, e in particolare sul clan Sonozaki. Tu volevi che scoprissimo tutto, tu sapevi che loro avrebbero reagito con delle dimostrazioni di massa, come avevano già fatto anni fa, e ti sei occupato degli ultimi dettagli una volta conosciuta la sede della protesta. La loro umiliazione sarebbe stata tanto più grande quanto numerosa era la folla guidata da loro, e una volta che le famiglie leader si fossero tolte dai piedi la delusione sarebbe diventata il sentimento principale tra la comunità e tu non avresti incontrato ulteriori seccature.”

"Tsk, e adesso magari mi direte che gli incidenti di prima non sono colpa vostra! Anzi, mi direte che non sono mai accaduti! Quella ragazza, prima, ha ammesso di essere colpevole! Ha gettato più di un sasso, e lo ha confessato!”

"Ha confessato di aver imitato il comportamento di qualcun altro, il che è diverso, completamente diverso.” spiegò Alice “Quando ti ritrovi in mezzo a un gruppo di uomini urlanti, quando non comprendi che cosa sta succedendo attorno a te, quando vedi che gli altri non fanno altro che gridare e fare gesti violenti... Allora diventa naturale seguire il loro esempio. È sbagliato, ma comprensibile. Non nego che lei abbia fatto una cosa cattiva, ma non la condanno per questo, soprattutto perché se Yukiko-chan ha detto di aver copiato qualcuno vuol dire che è stato questo qualcuno il primo a cominciare, e non lei. E mi chiedo da chi mai abbiano preso ordini, questi loschi figuri...” Il suo sguardo penetrante spiegava perfettamente quello che intendeva.

"E quindi? Siete consci di quanto sono gravi le vostre accuse? Dovrei scrivere una lettera a qualcuno. Inutile rivolgersi alle autorità locale, sia il prefetto che l'ispettrice capo di questa città sono amici vostri, ma non sarà difficile trovare qualcuno che si occupi di mandare via gli stranieri che danno fastidio, sarete rispediti al vostro miserabile paese prima di quanto possiate immaginare, e non vi sarà mai più permesso di tornare di nuovo qui...”

Giancarlo fece un cenno col capo, ed Alice, vedendolo, rispose allora:

"Siamo pronti ad andarcene, se questo serve a salvare gli altri."

"Cosa?" Nabiha parve arrabbiato, per la prima volta in quella giornata.

"Se sarà necessario, saremo anche disposti a lasciare questo posto. Non lo faremo col sorriso sulla faccia, ma non ci faremo certo influenzare da queste stupide minacce a vuoto.”

Minacce a vuoto?”

Certo, perché cosa sarebbero, sennò? Tu non farai mai quello che stai dicendo, non andrai mai a scomodare persone tanto importanti solo per mandare via la nostra piccola famiglia. Sarebbe controproducente per te, chiedere l'intervento di autorità maggiori ci permetterebbe di dare ancora più risalto a questa storia di quanto ne abbia già ora, e la cosa non sarebbe piacevole per voi, non ho forse ragione?”

Nabiha non rispose. Non sapeva cosa rispondere. Aveva studiato il piano nei minimi dettagli, aveva accuratamente preparato ogni singola mossa, aveva pensato a ogni possibile replica che poteva dare agli attacchi dei suoi nemici. Ma aveva calibrato il tutto pensando di doversi trovare di fronte ai Sonozaki, non a quei due ragazzini. Si aspettava reazioni furiose dettate da una rabbia primordiale ed istintiva, come era del resto stato all'inizio, non una serie di pacati ragionamenti e fredde deduzioni. Le contromosse adatte ad affrontare Mion ed il suo clan erano assolutamente inefficaci contro questi avversari imprevisti, ed ora lui si sentiva preso alla sprovvista.

L'uomo tentò allora di riflettere su cosa stesse andando storto. Il ruolo che si era immaginato per se stesso era quello che i Sonozaki avevano preparato quel giorno per Keiichi. Come il ragazzo, anche lui poteva paragonarsi al protagonista di una recita: aveva studiato la sua parte prima di entrare in scena, sapeva quali sarebbero state le frasi dette dai suoi interlocutori, aveva le idee ben chiare sulle azioni e sui gesti da fare. E, come la più atroce delle beffe, anche lui si era scontrato con degli imprevisti, esattamente al pari di Keiichi e della sua amica. Nabiha doveva ora fare i conti con un qualcosa che non era ipotizzabile all'inizio, ed effettuato tra l'altro da stranieri, persone che lui quasi non conosceva. E così temeva di non essere capace di venirne a capo, un po' come lo stesso Keiichi lui era sostanzialmente un bravo attore che però non sapeva come comportarsi in situazioni fuori dal copione, non studiate a tavolino.

In altre parole, quel duello tra lui e i due Serco era in tutto e per tutto come quello appena conclusosi tra lui e Mion. Solo che questa volta era dalla parte sbagliata.

Non era così che doveva andare, non era quello il genere di nemico che voleva avere di fronte. Ai propri occhi, Nabiha doveva interpretare la parte del prode guerriero in grado di affrontare e sconfiggere il drago feroce e spietato proveniente dagli abissi degli inferi, e la folla condotta lì dai Sonozaki impersonava perfettamente quella bestia, grazie alle loro leggende e alle loro tradizioni legate al culto dei Demoni. Con quella battaglia, lui voleva dimostrare a sé stesso di essere qualcuno, e invece ora quei mocciosi lo stavano logorando con quelle frasi insinuanti e capziose. Non era più un uomo contro ottomila belve, ma un uomo contro due persone, e il cambiamento di scenario lo stava inquietando enormemente.

E Alice si accorse del suo stato di confusione, sorridendo soddisfatta. Era il momento di chiudere i conti, e quindi esclamò: “Nabiha-san, con chi credevi di avere a che fare? Quando sei da solo contro una moltitudine come questa, devi sempre prendere in considerazione la possibilità che spunti fuori qualcuno che riesca a trovare il modo di conciarti per le feste. Oh, sicuramente ti sei informato su tutti gli abitanti potenzialmente pericolosi per te, ma non potevi certo sapere ogni cosa di quelli arrivati per ultimi. Hai studiato l'intero mazzo di carte, ma ti sei scordato dei due jolly.”

Giancarlo guardò i due contendenti, pensieroso. Alice aveva preso il controllo della situazione, e stava continuando a parlare, per vincere e salvare il villaggio in cui ora viveva. Come persona, lei era molto più forte di come appariva ad una prima occhiata, al contrario del suo avversario sapeva cosa dire, e avvalendosi delle sue doti di ragazza espansiva e discreta parlatrice stava facendo in modo che tutto finisse per il meglio, senza ulteriori complicazioni. Il suo aiuto era necessario, e sicuramente non avrebbe mai perso. In qualche modo, Giancarlo provò una certa invidia verso colui che l'avrebbe sposata, un giorno.

Comunque, quell'ultima metafora... Le deve essere nata in testa pensando a tutte le attività del club, essere capaci di analizzare i segni e le caratteristiche di ogni singola carta è vitale per non perdere, durante quei giochi. In realtà non mi dispiace neanche come paragone, i jolly sono usati solo in casi speciali, non sono carte come le altre... Ma se è così, allora Alice non è un jolly. Si è ambientata alla perfezione in questa comunità, è così felice quaggiù. Certo, ha un suo carattere distinto e diverso da quello di tutti gli altri, ma lei non è poi così diversa dalle altre carte del mazzo, in fondo si era integrata completamente anche nella marcia di oggi, a giudicare da come urlava e incitava gli altri sembrava avesse sempre vissuto nel villaggio. Non credo che mi sbaglierei, se dicessi di essere l'unico jolly di questo strano mazzo chiamato Hinamizawa.

Giancarlo ormai sapeva come tutto sarebbe andato a finire. Aveva deciso di non parlare più, non era neppure più interessato a quello che Nabiha stava dicendo: “Sono stanco di sentirvi lanciare accuse a casaccio. Avete prove di quanto state dicendo? Altrimenti, io me ne vado di qui, e vedremo se nei prossimi giorni avrete ancora voglia di scherzare.”

"Oh, mamma, che banalità" rispose Alice "Hai proprio finito le idee, hai detto la classica frase che il colpevole dice alla fine di ogni giallo scadente. Vediamo di essere un po' più originali di te, allora... Mi chiedi di mostrarti delle prove? E io ti rispondo che non ne ho per nulla bisogno.”

Prenderti gioco di te non ti salverà...”

"E chi sta scherzando? Io no di certo. Questa è una piazza piena di gente, non un tribunale pieno di giudici coi parrucconi, e quindi le prove non sono così fondamentali. Ti sei dimenticato di quelli che avevi indicato prima?” e con un gesto scenografico mosse la mano rivolgendola verso il gruppo di giornalisti, che erano ancora lì, attirati da quello show inconsueto. Poi disse: “Pensaci solo un momento, che cosa staranno scrivendo, ora? Staranno riportando gli incidenti appena avvenuti, assolutamente... ma non sono così sicura che si stiano focalizzando solo sui Sonozaki, adesso, hanno trovato del materiale molto più interessante per i loro articoli. Ci sono così tanti indizi e domande irrisolte sul tuo conto, e il tuo comportamento sta generando una marea di dubbi legittimi sul tuo reale ruolo in questa vicenda. Preparati, quei rotocalchi ne parleranno per moltissimo tempo, e i loro lettori saranno felicissimi di leggere le ultime notizie su quello che fai, loro adorano appassionarsi a questo genere di storie, avidi come sono di misteri, intrighi e dettagli inquietanti... Non sono Mii-chan e Kei-chan i veri mostri, quella parte appartiene a te, ed è giusto che tutti lo sappiano.”

Il suo era solo un bluff, in fin dei conti, lei non poteva essere sicura di quello che avrebbero realmente scritto quei reporter, e d'altronde loro non potevano avere nessuna prova contro di lui, visto che non avevano avuto il tempo di cercarle. Comunque, Alice era certa che il suo inganno avrebbe funzionato, il suo avversario aveva ormai perso la testa, e per destabilizzarlo ancora di più lei guardò in basso, alzando teatralmente il braccio e indicando con esso i suoi amici, per invitarli a prendere la parola. Bastò uno scambio di sguardi per capirsi, e infatti Satoko annuì, prima di portare le mani attorno alla bocca, e urlare a squarciagola.

"Buuuuuuu, vattene, mooooostroooo!" tuonò la bambina, con quanto più fiato aveva in corpo. Gli altri membri del club seguirono presto il suo esempio, e nel giro di pochi secondi tutta la folla che si trovava sotto la scalinata stava facendo altrettanto. Chiunque fosse rimasto lì lo stava contestando, accusandolo di essere un uomo senza cuore, un criminale, pure un potenziale assassino, che mirava al cuore di quella comunità. E questa volta era tutto molto diverso, rispetto a pochi minuti prima, in quanto quelle grida di denuncia sembravano fatte a ragion veduta, ora, e non dettate solo dalla rabbia e dalla disperazione. Il loro era un boato senza fine, qualcosa che Nabiha non era più in grado di sopportare, qualcosa a cui lui non poteva più resistere... Alice stava facendo rivivere lo Spirito di Hinamizawa, come una fenice che risorge dalle sue ceneri.

Giancarlo volse gli occhi verso gli altri, come smarrito per un momento. Mi ero scordato di loro, era come se li avessi rimossi dalla mia mente, come se non esistessero per me... Se non fosse stato per Alice, non avrebbero mai avuto la possibilità di aiutarmi, e di riabilitarsi ai propri occhi. Per quanto tempo sono stati laggiù, senza dire una parola? Dieci minuti? Forse. O forse... Forse non sono mai stati in silenzio, forse hanno parlato di continuo durante tutto il tempo, incitando Alice e dandole sostegno, e io non me ne sono neanche reso conto, preso com'ero dai miei ragionamenti contorti. È sempre la solita storia, li ho ignorati, ho ignorato tutti. Perchè devo fare sempre così? Perché mi devo sempre isolare dal mondo? In realtà i suoi timori non erano fondati, gli altri erano rimasti semplicemente in silenzio durante tutto il loro dialogo, preoccupati per il loro futuro ma allo stesso tempo affascinati dal sangue freddo di quei due ragazzi. Però questo lui non poteva saperlo.

Quindi osservò Nabiha, il quale stava sudando, adesso. Il genere di terrore che l'uomo stava provando era lo stesso che anche gli altri ragazzi del club avevano provato fino a poco prima. È solo un burattino, alla fine. Non ha la leadership di un vero capo, non è il tipo da organizzare una truffa del genere e gestirla in modo efficiente. Gli hanno dato delle indicazioni, gli hanno insegnato una parte, e lui è riuscito a recitarla solo parzialmente. Questa storia non è ancora finita. Non ancora.

In ogni caso, il loro nemico aveva totalmente perso il controllo. Non riuscendo a reagire in alcun modo, era come se stesse gettando la spugna. Il bluff di Alice aveva avuto successo.

"Non potete affermare che io sia un terrorista. Non ho ucciso nessuno! I-i-io avrei potuto ordinare loro di portare granate invece di pietre, se avessi voluto causare un massacro!” Subito dopo aver finito di parlare, Nabiha trasalì, capendo quello che lui aveva detto davvero.

"Ah, che gentile” disse infatti Alice “Ora stai persino confessando di tua spontanea volontà, centinaia e centinaia di orecchie hanno appena sentito la tua voce. Quanto alla strage non fatta e a tutto il resto... Immagino che tu volessi fare la parte dell'eroe senza macchia e senza paura che travolge e annichilisce il suo spietato nemico, è così? Sai, in psicologia lo chiamano titanismo, credo che dovresti andare da un bravo psichiatra... Chissà, forse in precedenza le nostre accuse ti suonavano addirittura false, anche se sapevi che i colpevoli non eravamo noi: eri talmente convinto di essere un semidio solitario che le nostre ti sembravano parole al vento, e questo ti permetteva di stare calmo. Ma ora... Il tuo bizzarro senso dell'onore e le tue manie non ti permetteranno di sottrarti alla realtà dei fatti, alle tue responsabilità.”

Bada a come parli, posso ancora difendermi. E poi ho appena detto che non volevo ferire nessuno, prima, se ti fidi di quelle ultime parole allora devi anche tenere in conto questo!”

Giancarlo fece quindi il gesto di ruotare la mano aperta, come fosse impastata dentro qualcosa, e Alice mostrò di aver capito a cosa alludeva: “Beh, se sei davvero architetto come dici potrebbe anche darsi che tu abbia calcolato la forza e il posizionamento di quegli esplosivi, in modo da non causare troppi danni. Non so se l'hai fatto perché avevi davvero a cuore la nostra sicurezza, però so che a te conveniva che nessuno rimanesse contuso. Innanzitutto, usare ordigni troppo potenti avrebbe costretto il prefetto ad evacuare l'edificio, il che ti avrebbe impedito di stare in cima a queste scale per parlare e fare il tuo spettacolino. Ma soprattutto, se qualcuno fosse rimasto ferito o peggio ancora ucciso, ci sarebbero state indagini approfondite, e forse avrebbero scoperto delle contraddizioni nella tua versione dei fatti, intuendo chi potesse essere il vero colpevole. Senza decessi, invece, il caso sarebbe stato chiuso in breve tempo, e tutto sarebbe finito nel migliore dei modi, per te. E per assicurarti di evitare spiacevoli morti, suppongo che questa mattina hai mandato in prefettura un uomo di tua fiducia: qualcuno che piazzasse le bombe e che chiudesse a chiave le sale degli archivi che tu avevi intenzione di far saltare in aria. Avrà avuto un passepartout, una chiave per entrare e uscire indisturbato, e poi oggi è domenica, questo palazzo è pressoché deserto...”

C-come fai a saperlo?”

Andiamo, non ci vuole Nii-chan per arrivarci! Nel momento in cui dici di aver preso le dovute precauzioni per proteggere le vite di tutti, tu devi avere fatto una cosa tipo questa, non può che essere così. D'altro canto è difficile trovare un altro modo per rendere “sicure” quelle bombe, non credi?”

Alice smise di parlare, tenendo lo sguardo fisso sul suo avversario, che nel frattempo stava ora guardando per terra, avvilito, demoralizzato. Il loro nemico non sembrava più voler accennare una qualche reazione, pareva tutto finito, e così la ragazza iniziò a camminare tranquillamente lungo la scala per raggiungere il prefetto, al fine di invitarlo a prendere le misure necessarie per occuparsi della situazione, ma nel farlo aveva voltato le spalle a Nabiha, e presto avrebbe compreso che aveva commesso un errore. All'improvviso, un pugno rabbioso la colpì violentemente sulla nuca, facendola tossire convulsamente e quasi cadere giù dalle scale. Alice fece appena in tempo ad afferrare la ringhiera davanti a lei, per evitare conseguenze peggiori, e dopo essersi ripresa dal colpo lei si voltò adirata verso il responsabile.

"Sono stufo di te, puttana!" urlò Nabiha "Perché non sparisci dalla mia vista, e non vai a crepare da qualche parte? Mi faresti un vero piacere!” Cominciò ad avvicinarsi a lei, con uno sguardo truce e animato dalle peggiori intenzioni.

"Brutto..." esclamò allora Shion, rendendosi conto di quello che stava accadendo "Ragazzi, andiamo da quel brutto ceffo a insegnargli le buone maniere, non ci si comporta così con un membro del club!". Tutti iniziarono a correre su per la scalinata, ma si fermarono subito dopo, colti dalle vertigini. Da sopra le loro teste, ognuno di loro poteva chiaramente percepire una terrificante aura oscura, che sommergeva ogni cosa e che li stava invitando a non immischiarsi e a rimanere lontani dai loro due amici. Un immane senso di paura, dolore e sofferenza riempì i loro cuori e le loro menti, paralizzandone gambe e braccia, e quasi l'angoscia impediva loro di respirare, come se le porte dell'Inferno si fossero spalancate sotto i loro occhi, e tutto il Male di tutti i mondi in cui avevano vissuto si fosse concentrato in quel punto preciso. Rika si mise una mano sul petto, provando una nausea indicibile, e sentendosi come se le stessero aprendo la pancia a mani nude e le stessero strappando il cuore a viva forza. Che cosa sta succedendo? Cos'è questa energia maligna, questa rabbia repressa che sta esplodendo lassù? È... così forte che l'abbiamo sentita tutti, e non solo io ed Hanyuu... La bambina alzò lo sguardo, e quidni deglutì con molta fatica, non poteva credere a quello che stava vedendo. In quel momento, quell'aura così cupa e spaventosa non era loro nemica. Quella nera oscurità non apparteneva affatto a Nabiha, quest'ultimo ne era anzi il bersaglio, anche se lui non se ne era forse nemmeno accorto.

Sopra i loro amici, sulla cima della scalinata, Giancarlo si era frapposto tra sua sorella e quell'uomo, e ora i suoi occhi lo stavano scrutando, colmi di un sentimento che non era possibile definire.

Per un momento, Nabiha si sentì a disagio. Stava sentendo freddo, un freddo così intenso e agghiacciante da irrigidire ogni suo singola parte del corpo, a dispetto degli abiti pesanti che indossava. E aveva notato qualcosa di strano, in quel ragazzo. Ero certo che i suoi occhi non fossero così scuri, prima... Ma poi prese coraggio, nonostante il suo istinto gli gridasse di fermarsi e di scappare il più lontano possibile, e così si azzardò ad esclamare, con una voce traboccante di tutto l'astio e l'odio di cui una persona poteva essere capace: “E allora, piccolo bastardo, cosa vorresti fare? Vuoi proteggere quella cagna di tua sorella?”

L'uomo scoppiò a ridere, e quindi prese un vecchio coltello dalla sua giacca, dopo averlo estratto dalla sua raffinata fodera. “Ti piace? Quest'arma ha più di cinque secoli, i miei antenati l'hanno conservata nel corso delle generazioni affinché arrivasse a me in tutto il suo fulgore, per portare me e la mia famiglia al ruolo che meritiamo. Hanno inciso il mio stesso destino, su questa lama lucente.”

Nessuno rispose, inducendo Nabiha ad andare avanti: “Ma voi, stupidi ragazzi stranieri senza un briciolo di senso dell'onore, voi questo non lo capirete mai. Pensavate davvero che i soldi fossero l'unica ragione che mi spingesse? Che imbecilli. Una volta che questa storia sarà finita, tutti non potranno fare altro che constatare il mio valore, la mia grandezza, avrò battuto questa folla immensa, questo Spirito diabolico, questa gente indegna di vivere! Tutti mi daranno rispetto, tutti proveranno timore nei miei confronti, come quello che hanno verso i Sonozaki, no, anzi, più che verso i Sonozaki! Pensate che sia invidioso? Certo che lo ero! Ci hanno defraudato del nostro posto, ci hanno rubato la nostra dignità, prima dell'ultima Guerra Mondiale loro non erano nulla, e dal giorno alla notte si sono trovati ad essere il clan più importante di tutta la zona, mentre noi sprofondavamo nell'oblio! Ecco perché ho fatto tutto ciò, ecco perché ho obbedito ai miei impulsi e alla mia infinita brama di sfidare tutti voi! Ma ora, io, ora, io, io...”

Nabiha stava delirando, era ovvio. Sapeva che il futuro riservatogli dal destino non sarebbe mai stato quello che lui aveva desiderato, ma lui non poteva accettarlo, ed era pronto a non darsi per vinto, senza curarsi delle conseguenze delle sue azioni. Era deciso a portare quanta più gente possibile con sé, mentre sprofondava nella sua dannazione, e usare quel pugnale acuminato come sarebbe potuto servire allo scopo. Tutto ciò, mentre Giancarlo lo stava ancora osservando, duro, silente, mentre Alice lo stava tenendo per un braccio e lo stava pregando: “Nii-chan per favore... Non è successo nulla, ti prego...”

Ma il fratello scosse la testa, e allontanandola con un gesto delicato ma risoluto si diresse verso l'uomo che le aveva fatto del male, prima di dire una semplice frase. “Nabiha, hai fatto qualcosa che non avresti mai dovuto fare.”

Cosa?”

Giancarlo non rispose, di nuovo. Lo stava guardando, con degli occhi vuoti e inespressivi come quelli di una statua. Il ragazzo era ormai lì, a meno di un metro dall'altro, e con una voce priva di qualunque espressività disse: “Nabiha, come ti permetti di parlare di onore e di battaglie leali, dopo quello che è successo? Prima hai detto che non volevi che qualcuno si facesse male, ma sei veramente sicuro che sia andata così?”

Il suo nemico non osò replicare, stupefatto, così Giancarlo gli suggerì di scendere, tramite un dito che ineluttabilmente puntava alle sale ridotte in cenere. “Probabilmente non ti sei accorto di nulla, eri così fiero di venire su, in cima alle scale, avevi fretta di presentarti a tutti come una specie di potente divinità che sapeva tutto e che poteva sconfiggere chiunque, ma subito dopo le esplosioni, qualcuno è entrato in quelle stanze devastate, e ha fatto una macabra scoperta.”

"In che senso..." Nabiha stava sudando freddo, presagendo quello che stava per sentire. Non riusciva a spiegarsi come fosse possibile, ma stava sentendo una mano gelida che gli sfiorava continuamente il cuore, il quale sussultava di continuo a causa di quelle terribili carezze. E ogni volta che si sentiva toccato, una cascata di brividi atroci percorreva il suo corpo, paralizzandolo. Era assurdo, certe cose non accadono nella realtà. Però il petto gli doleva, indiscutibilmente, mentre la saliva spariva dalla sua bocca e le membra gli tremavano.

L'altro se ne rese presto conto, ma non ebbe la minima esitazione. “Oh, non mi credi? Beh, puoi controllare tu stesso le mie parole? Forza, scendi al piano di sotto ed entra nella sala che è stata distrutta per prima. Troverai un lenzuolo, e un cadavere sotto di esso. Stai intuendo dove voglio arrivare, non è così?”

No, non è possibile... E non hanno chiamato un'ambulanza? Sono stati dei...”

Basta che guardi a cosa è rimasto della sua faccia per capire perché non l'hanno fatto. È completamente sfigurata, poverina. Puoi dedurre che era una giovane donna solo osservando i suoi abiti, e il resto del suo corpo inerte. La spiegazione più logica è che sia rimasta chiusa dentro la stanza grazie alla tua brillante genialata, e che fosse molto vicina alla bomba quando è esplosa, anche se non lo sapremo mai per certo.” Giancarlo avrebbe potuto aggiungere che visto lo stato del cadavere la donna era stata investita in pieno dalla deflagrazione, che era morta sul corpo e che non aveva sofferto, ma non lo fece. Nabiha aveva attaccato sua sorella, e ora lui voleva rendere il suo dolore interiore il più insopportabile possibile. Non avrebbe avuto pietà.

Quanto all'altro, Nabiha si sentiva male, quella mano fredda stringeva ora il suo cuore con più forza, tastandolo nella sua interezza, e il suo crescente malessere gli fece cadere il coltello dalle mani. "N-no... Io mi ero ripromesso che... che...”

"Che cosa? Che combattevi solo per spirito di sfida verso le altre famiglie, senza considerarne tutti gli eventuali risvolti? Che eri qui per divertirti, per interpretare un eroe audace e coraggioso come quelli dei cartoni animati? E magari pretendevi davvero che non spillare il sangue di nessuno avrebbe mantenuto pura la tua anima, alla faccia della fortuna che avresti guadagnato grazie alle disgrazie altrui. Ma per favore, tieniti per te certe idee cretine. Non hai neppure verificato che tutti stessero bene, avevi una voglia matta di salire quassù e fare il tuo show, mi sbaglio forse? E così, non hai visto che l'ambulanza arrivata per curare Mi-chan e Kei-chan si sta occupando anche del corpo di quella donna – oh, eccoli là per l'appunto, lo stanno portando fuori dalla sala proprio adesso.”

Nabiha impallidì, assistendo alla scena del cadavere appoggiato sulla barella e ricoperto solo da un lenzuolo macchiato di sangue, mentre veniva caricato sul mezzo e portato via. “Ma... Ma... I tuoi... I tuoi amici... Non hanno fatto nulla, nemmeno loro! Erano tutti impegnati a parlare con me!”

"Oh, te ne sei reso conto anche tu... verissimo, su questo devo proprio darti ragione...” Giancarlo si voltò verso i membri del club, che seppur distanti potevano vedere il suo sguardo severo e inquisitore. “Che cosa hanno fatto loro per lei? Nulla? Non dico che fosse loro dovere salvarle la vita, era del tutto impossibile farlo, ma almeno notare che cosa fosse successo e dedicarle un pensiero, una preghiera... Ma in fondo quella non viveva nel loro villaggio, il celebre Spirito di Hinamizawa è un eccellente guardiano dei suoi abitanti, ma di tutti gli altri se ne frega bellamente. Ipocriti. Comunque, Nabiha, tu sei anche peggio di loro, sei stato tu a ucciderli.”

Ma quello è davvero Gi-chan?, si chiese Rika, scioccata. È questo quello che pensa di noi, in realtà? Non capisco se ci stia aiutando o condannando... Come... Come è possibile? È sempre stato un ragazzo abbastanza tranquillo e taciturno, in linea di massima, come ha fatto a diventare così cinico e crudele? Quindi la fanciulla tentò di rispondere formalmente: “Sono sinceramente dispiaciuta di non averla vista, prima di adesso. È mia intenzione recarmi personalmente dalla sua famiglia, per porgere le mie scuse e fare ammenda per il mio peccato.”

Giancarlo diede alla bambina un'ultima fredda occhiata, prima di emettere un grugnito indistinto e rivolgersi nuovamente all'altro: "E tu, Nabiha, che cosa pensi di fare? Confessare tutto e stare in carcere per il resto della tua vita? Oppure hai delle idee più articolate in mente? Tutto inutile. Tanto la tua anima è destinata alla perpetua perdizione, il tuo spirito non troverà mai pace, qualunque cosa fai.”

Smettila di umiliarmi in questo modo! E tu, che cosa avresti fatto per lei?” Da parte di Nabiha, si trattava dell'ultimo tentativo di difesa, che però fu rapidamente smontata.

"E dove pensi che sia stato io, mentre voi altri stavate urlando e facendo proclami?” Giancarlo stava continuando a tenere il suo sguardo fisso su di lui, come uno spirito vendicativo che emetteva la sua sentenza di condanna. Nabiha non poteva più sopportare i suoi occhi accusatori, e si inginocchiò, iniziando ad annaspare dolorosamente per l'aria. Quella mano di ghiaccio che sentiva in petto non gli dava più tregua, e le sue lunghe dita fredde stavano afferrando il suo cuore in fibrillazione, stringendolo e penetrando in profondità dentro di esso come a volerlo smembrare e ridurre in poltiglia, facendogli soffrire le pene dell'inferno. Una sensazione orribile. Temendo di andare incontro alla più orrenda delle morti, cominciò a tenersi il torace con la mano destra, e da quel momento non disse più nulla, costretto a prestare ascolto a cosa gli stava dicendo quel lugubre Angelo dell'Oscurità.

"Per favore, non cercare di evitare la tua colpa frignando come un poppante, adesso. Sei adulto, e quindi prenditi le tue responsabilità per quello che hai fatto, anche se questo non ti salverà dalle profondità degli inferi. Sarà divertente vedere come ti sentirai nei prossimi giorni, il tuo rimorso e il tuo malessere ti inseguiranno fino alla fine dei tuoi giorni. Non sarai mai più capace di dormire in pace, d'ora in poi, l'immagine di quella faccia spappolata riempirà i sogni di tutte le tue notti, anche se non l'hai mai vista di persona. Così, verrà il giorno in cui cercherai disperatamente la morte, anche se l'unico risultato sarà condurti da un'umida cella alla dannazione eterna.”

Nabiha sentiva freddo, terribilmente freddo. Il suo respiro divenne convulso, ed si era sdraiato sulla scalinata, in lacrime.

Oh, ma la cosa più spassosa sarà vedere cosa rimarrà del tuo cosiddetto onore, di quello a cui dicevi di tenere di più... È stupefacente, con questa messinscena lo hai totalmente disintegrato, la tua famiglia sarà costretta a camminare per strada ed essere indicata dagli altri come dei rinnegati, dei lebbrosi. È come se tu li avessi maledetti. Tu sei di Okinomiya, tu vivi in questa stessa cittadina, se mi ricordo bene, tutti coloro che hanno a che fare con te e con loro verranno a sapere di cosa hai combinato. Già, i tuoi genitori ripudieranno il loro figlio, rinnegando i tuoi crimini e chiedendosi dove hanno sbagliato; i tuoi fratelli, le tue sorelle, tua moglie, se per caso ne hai trovata una, e poi i tuoi figli e figlie, se ci sono... tutti soffriranno per colpa tua, tormentati da quello che hai fatto, e per tutto il resto della loro esistenza non faranno altro che pregare Dio di essere uccisi, e di non vivere più in questo incubo in cui tu li hai portati!”

Nabiha vomitò, disgustato da quel destino, mentre i suoi occhi stavano tuttora secernendo lacrime amare, e il suo capo veniva poggiato su uno dei gradini della scala.

"Ah, mi stavo dimenticando... Che cosa potrebbe accaderti, adesso? La tua amata JOST non si arrenderà, forse, ma non penserà solo a noi. Non ti perdoneranno mai per il tuo fallimento. Probabilmente manderanno qualcuno per toglierti di mezzo, forse la tua fine sarà la stessa che è stata riservata a quello studioso. Pensi di poter scappare da loro? A sentire quello che gridavi prima non credo che ciò sia possibile. Sarebbe interessantissimo andare a vedere cosa sta passando in quella tua testolina senza cervello. Ehi, non rispondi? Forza, dai, non farmi perdere la pazienza. Oh, sto parlando con te...”

"Basta. Fermati, ora."

Giancarlo sentì che qualcuno gli aveva messo una mano sulla sua spalla, subito prima che lui desse un calcio al corpo di Nabiha, per spingerlo a parlare. L'avevano fermato appena in tempo, ma lui non gradì, e si voltò rabbiosamente verso chi l'aveva bloccato: "RENA! Levati dai piedi!"

In quell'istante, la ragazza poteva dare un'occhiata da vicino ai suoi occhi, una volta di un bel color nocciola, ma ora neri e vibranti, da cima a fondo. Pupilla e iride erano indistinguibili, tanto erano scuri. Riflettevano l'oscurità che la sua anima stava emanando. Ma lei non si spaventò, anche lei conosceva bene quel genere di sentimenti, avendoli vissuti in prima persona, e sapeva cosa fare per calmarlo. Indicò con la mano Nabiha, senza togliere l'altra dalla spalla dell'amico, e quindi gli disse dolcemente: “E' finita, è tutto finito. Non è più indispensabile che tu continui.”

Il ragazzo contemplò allora la scena desolante, osservando colui che prima era suo nemico. Non poteva più essere definito così, oramai. Adesso, lui era quasi sdraiato sugli scalini, non osando alzare lo sguardo verso chi si trovava attorno a lui, mentre il suo corpo lentamente scivolava giù per la gradinata e il suo stesso vomito sporcava il suo volto e i suoi capelli. Le paure e le ombre celate nel suo spirito si erano infine risvegliate, ed ora lo stavano assillando senza che nessuno potesse trovare il modo di aiutarlo.

Ho... Ho davvero fatto questo?” chiese Giancarlo, come se si fosse dimenticato di tutto, mentre i suoi occhi riacquistavano gradualmente il loro colore originale “L'ho davvero ridotto in questo stato?”

Si riprenderà presto, ne sono convinta.” replicò Rena, che in verità temeva di stare mentendo “Faremo in modo che lui guarisca da questo esaurimento nervoso, e io sono certa che tu voglia dargli una mano, insieme a me, ad Ali-chan e a tutti gli altri. Comunque, direi che è ora di terminare questo scontro, va bene?” La ragazza sorrise, e i suoi modi gentili consentirono all'altro di calmarsi, e di dissipare temporaneamente le tenebre che popolavano la sua mente.

Giancarlo si guardò quindi attorno. Tutto il club si era raggruppato lì vicino a lui, e Alice era accanto a Satoko e Satoshi. La sorella stava tentando di nascondere quello che le era successo, ma le sue guance arrossate tradivano le lacrime che le erano scese dagli occhi, e il fratello sapeva benissimo di esserne stata la ragione. Nel frattempo, gli occhi dell'intera folla stavano guardando lui, senza aprire bocca e senza trovare la forza di commentare in alcun modo quello a cui avevano appena assistito. Giancarlo si vergognò allora di se stesso, chiudendo i suoi occhi pieno di rimorsi.

Già, è vero. Ora mi ricordo come mai è meglio che io rimanga da solo.” sussurrò, tristemente.

Hmm? Cosa hai detto? Rena non ha capito bene.”

No, nulla, Rena-chan.” Ma intanto la sua mente era abitata solo da un pensiero. L'ho fatta piangere. Sono un mostro, solo un mostro. L'ho fatta piangere. Sono un mostro, solo un mostro. L'ho fatta piangere. Sono un mostro, solo un mostro. L'ho fatta piangere. Sono un mostro, solo un mostro. L'ho fatta piangere. Sono un mostro, solo un mostro. L'ho fatta piangere. Sono un mostro, solo un mostro...

"Per favore fate ciò che dovete, io devo andare.” disse al termine, dopo un lunghissimo attimo di silenzio. E dopo aver abbassato il capo, lui scese le scale, e camminò velocemente tra gli altri, passando veloce nel mezzo della moltitudine con il solo desiderio di allontanarsi da essa e lasciare quel luogo. E mentre faceva ciò, il ragazzo seguitava a bisbigliare una parola italiana che gli altri non potevano capire.

"Ali-chan, hai capito che cosa stava dicendo?" chiese Rika, dopo che lui se n'era andato. Aveva fatto quella domanda, ma in qualche modo aveva presagito quale sarebbe stata la risposta. E infatti, Alice si asciugò le lacrime che le erano ancora rimaste sul volto, prima di dirle lentamente quello che la bambina si aspettava.

Vedete... Io... Credo... Che abbia detto... Scusatemi.


* "Forse tu non pensavi ch'io loico fossi?" è una citazione della Divina Commedia di Dante, ossia dell'Inferno (XXVII, 123). Si riferisce a una frase detta da un diavolo, il quale, dopo essere stato in grado di battere Francesco d'Assisi in un duello verbale grazie alla sua capacità di usare la logica, aveva ottenuto in premio l'anima di Guido di Montefeltro. Questa frase, detta per prendersi gioco di quest'ultimo. Insomma, non ci sono solo i diavoli stupidi che ricorrono alla forza bruta, secondo la tradizione.

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Capitolo 22
*** La Guerra delle Frane – Nemesi ***



Capitolo 21: La Guerra delle Frane – Nemesi


Okinomiya, 18 Dicembre 1983

Nel bene e nel male... Ora capisco che cosa volevano dire le parole di Keresana-san, prima."

Sulla cima di quella scalinata ora sferzata dal vento, Rika non poteva evitare di guardare Alice, che era stata raggiunta intanto da una preoccupata Flavia, e che trovò la forza di replicare solo dopo qualche istante di esitazione: "Non so neppure se è il caso di andarlo a cercare, ad essere sincera. Lasciarlo da solo in balia dei suoi incubi potrebbe essere la scelta sbagliata... Ma potrebbe esserlo anche mettersi sulle sue tracce. Non vorrei che lui si imbarazzasse ancora di più, si potrebbe sentire come un bambino piccolo che ha sempre bisogno di aiuto. È sempre stato un ragazzo con la testa ben salda sulle spalle, non credo che commetterebbe mai una qualche follia, però...”

"Io opterei per andarlo a cercare, onestamente.” replicò Keiichi “Posso comprendere quale sia il suo stato d'animo, ora come ora, ma non possiamo dimenticarlo in questa maniera. Alice, vuoi venire con me? E voi altri, vi va di unirvi alle ricerche?”

"No, aspetta, Kei-chan." rispose Mion, che ora si era in parte ripresa, e che stava meglio. "Abbiamo ancora molte cose da fare qui, e personalmente vorrei che tu..."

"Lo so, ma questa è una questione urgente, Scusi, signor prefetto, lei sarebbe in grado di sbrigarsela da solo con Nabiha-san, nel caso?”

Beh, sì, penso di sì, però...”

Perfetto, allora noi andiamo, il resto può aspettare. Ci occuperemo più tardi delle altre cose, intanto seguitemi.”

Mion non fu felice di udire quella risposta. Perchè mi lasci da sola, Kei-chan? Capisco che Gi-chan non si trovi in una situazione piacevole, ma ora il tuo posto è qui. Io ho bisogno di te, ora più che mai... E invece vedo che ti preoccupi per gli altri quasi più di quanto tu ti stia preoccupando per me, come se per te io non fossi nulla... nulla di speciale...

Quell'ultimo pensiero la fece sentire male. Lentamente, un'amarissima verità si stava facendo strada nella sua mente, mentre il suo cuore veniva straziato da un'avvilente conclusione.

Certo, ora capisco tutto. In questi giorni mi ha aiutato come nessun altro avrebbe mai potuto fare, è stato davvero un compagno insostituibile. Senza di lui non avrei mai potuto superare questo periodo così arduo. Io però pensavo che questo fosse l'inizio della nostra vita insieme, lo pensavamo tutti... Shion mi aveva persino suggerito di cominciare a fare i preparativi per il nostro matrimonio, e non lo faceva solo per infastidirmi. Però oggi non ha esitato a gettarsi nella mischia per salvare Rena-chan dalla morte, rischiando anche di morire e abbandonandomi nel mezzo di quel caos. E ora vuole coordinare le ricerche per trovare Gi-chan... Ma quindi... Il punto è che lui ci ha aiutato perché ci ritiene suoi amici. Kei-chan tiene tantissimo a tutti i suoi compagni, e darebbe la vita per ciascuno di noi, ma lo farebbe per amicizia, solo per amicizia, nient'altro che per amicizia. E perciò per lui sarei solo un'amica, nulla di più? Sarei solo la presidente del club scolastico di cui lui fa parte? E dire che a casa nostra discutevamo spesso del nostro fidanzamento, Shion e la mamma erano così eccitate... Ma lui non ha mai parlato seriamente con noi di questo, e non perché l'argomento lo imbarazzasse. Però non è colpa sua. Qualcuno di noi gli ha mai chiesto quali fossero i suoi veri sentimenti? No, nessuno, mia sorella non l'ha mai fatto, mia mamma neanche, io neppure. Accidenti, sono stata così stupida... Durante tutto questo periodo avevo paura che Rena-chan potesse portarmelo via, ma alla fine lui non sembra provare qualcosa di particolare, per nessuna di noi due. Dopo tutto, avrei dovuto capirlo già il mese scorso, quando avevo accettato la sfida di Rena-chan e Kei-chan non aveva scelto nessuna di noi, dopo le due domeniche passate in nostra compagnia... Ora capisco tutto, davvero. Lui è il migliore amico che una persona possa mai immaginare, ma al tempo stesso non è il miglior fidanzato che una ragazza possa avere. Mi viene da chiedermi se Rena-chan fosse già giunta a questa mia stessa conclusione, quando gli aveva chiesto di venire a casa nostra per assisterci: forse in fondo l'aveva lasciato andare perché sapeva che non l'avrebbe mai potuto avere per sé, e si era messa il cuore in pace...

Mion dovette nascondere rapidamente questi foschi pensieri. Il prefetto stava invitando gli altri a non perdere la calma, illustrando loro la difficoltà di trovare Giancarlo in tempi brevi: siccome il giovane se n'era andato fuggendo e mischiandosi tra la folla, nessuno poteva dire quale strada avesse preso, e non era possibile controllare quel dedalo di vicoli e viuzze neppure dividendosi in gruppi. Molto meglio attenderlo a casa sua, semplicemente: se davvero era il ragazzo giudizioso descritto da Alice, non c'era ragione di essere tanto preoccupati.

"Giudizioso... Hmph. Lo zietto non è sorpreso che lui se la sia data a gambe. Ha utilizzato la rabbia che aveva in corpo come arma da usare contro Nabiha-san, e ha deliberatamente deciso di tagliarci fuori dallo scontro, invece di chiedere il nostro sostegno. E questo è stato il risultato. Non mi piace questo modo di agire, è una scelta che ti fa solo rimpiangere quello che fai. Ed è stato pure fortunato, anche Nabiha-san ha commesso degli errori fatali, quel suo desiderio ossessivo di stare al centro della scena è stata la sua condanna; per quel tizio sarebbe stato sufficiente farci arrestare ed andarsene subito dopo, invece... E' successo un discreto casino quassù, ma nulla che valga realmente la pena di ricordare.”

Mentre diceva ciò, guardò quello che succedeva alcuni gradini più in basso. Nabiha veniva tenuto per le braccia da due alti agenti di polizia, ciondolante come fosse un sacco di terra inanimato, e veniva così portato lentamente verso l'infermeria della prefettura, da dove sarebbe poi stato condotto verso la centrale, dopo avere verificato il suo stato di salute. La ragazza gli riservò un'occhiata gelida, e quindi volse lo sguardo dalla parte opposta. I suoi più recenti pensieri l'avevano messa di cattivo umore, ma essi non erano l'unica ragione del suo atteggiamento severo ed ipercritico. Alla fine, la sua famiglia non era stata capace di salvare il proprio villaggio, ed era stato qualcun altro a doversi sobbarcare l'onere, qualcuno al di fuori del clan Sonozaki. Un esito alquanto sgradito, che le aveva dato una bruciante delusione.

"Quello non è il vero carattere di Nii-chan" protestò Alice, decisa a difendere il fratello "Nabiha-san mi aveva colpito con violenza, e la sua aggressività ha portato Giancarlo ad avere quella reazione. Non è cattivo, si preoccupa solamente per la sua famiglia, per chi gli vuole bene... Non si comporterebbe mai in quel modo verso i suoi amici. Sfortunatamente, quando si arrabbia così tanto, il sangue del suo bisnonno si fa sentire dentro le sue vene.”

Vostro bisnonno? E che c'entra lui, ora? Non verrete a raccontarci di qualche bizzarro influsso proveniente dagli spiriti dei vostri antenati trapassati, adesso?” commentò Mion, seccata.

Oh, no, non intendevo questo... Sapete, quando io e Nii-chan siamo venuti alla luce lui era ancora in vita, è morto solo quando noi avevamo quattro anni. I nostri nonni e i nostri genitori si sono sposati quando erano molto giovani, e quindi la cosa era stata possibile.”

Siete stati fortunati, allora. C'è gente qui che non ha mai visto nemmeno i propri genitori, voi invece avete potuto addirittura conoscere il vostro bisnonno...”

"Questo non è vero." Alice abbassò il capo, mentre una nuova lacrima iniziava a solcare la sua guancia "Il nostro bisnonno non era una brava persona."

Gli altri si voltarono verso di lei. "Cosa... intendi... dire..." Tutti si preoccuparono, vedendo come la loro amica si fosse incupita repentinamente, e Rena in particolare pareva oltremodo turbata. Le era tornato in mente il dialogo tra Alice e Chie, quello che lei aveva udito di nascosto un paio di mesi prima, quando le due avevano parlato della nascita travagliata dei due gemelli. E facendolo, si era ricordata di come la giovane si fosse rabbuiata al termine quel racconto. C'è qualcosa che non va, c'è come un'ombra che si cela dentro il suo cuore, e che l'angoscia nel profondo. Qualcosa di cui non vuole o non può parlare...

Alice era però troppo scossa per spingerla a parlare, pensò Rena, così la ragazza dai capelli castani non insistette, e lasciò che l'altra si riprendesse dal suo torpore, rialzando lo sguardo e sorridendo agli altri, prima di dire: "Oh, niente, non è il caso di perdere tempo con questa storia. Non dovrei mancare di rispetto alle persone morte, e questa vicenda appartiene al passato. Invece, vorrei capire che cosa succederà adesso, potreste chiarirmi le idee?”

"Come... come volete... Nabiha-san voleva che noi fossimo descritti come mostri, ma è caduto vittima del suo stesso tranello. Beh, possiamo dire che in fondo è andato tutto bene, e allo stato attuale delle cose direi che possiamo procedere come da programma, per raggiungere il nostro obiettivo e annullare questi contratti. Direi che al 99 percento tutto sarà di nuovo a posto prima della fine del mese.”

Queste si che sono belle notizie, zio Saborou” rispose Shion “In ogni caso, visto che il nostro piano originario era incoronare Kei-chan come nostro leader e guida suprema, chiederemo a quei giornalisti di non scrivere tutti i dettagli di come si è conclusa questa dimostrazione.”

Ci ascolteranno?”

E chi lo sa. Diremo loro che saranno liberi di dipingere Nabiha-san a loro piacimento, ma l'eroe deve essere Kei-chan, e nessun altro. Non potranno ignorarci completamente, del resto è a questo che serve finanziare la maggior parte dei quotidiani locali... Non chiediamo loro di travisare la realtà, questo probabilmente non lo farebbero mai, visto anche il numero di testimoni qui in giro... ma solo di omettere una trascurabile minuzia.”

Mion diede il suo assenso con un cenno del capo, e Alice mostrò di gradire: "Sono d'accordo con la vostra idea, e anche Nii-chan l'apprezzerà. Non gli è mai piaciuto stare al centro dell'attenzione.” Tutta la popolazione di Hinamizawa sarebbe stata al corrente della verità, loro erano stati presenti ed avevano assistito a tutta la scena; chiunque altro, invece, avrebbe pensato che la marcia si fosse conclusa come secondo i piani, e che il prefetto avesse dato alla polizia il consenso ad esaudire le richieste dei Sonozaki, senza significative complicazioni.

"Ad ogni modo" continuò il prefetto "Oltre a occuparmi di quello che Maebara-san ha pubblicamente proposto all'inizio del nostro incontro, è mia intenzione raccogliere un maggior numero di informazione su questa società chiamata JOST. Mostrare loro che siamo pronti a un secondo assalto li scoraggerà dal prepararci degli altri scherzi. Non saremo colti impreparati, la prossima volta.”

"Benissimo... Ah, cambiando argomento, come hanno fatto a piazzare quelle bombe all'interno di quelle stanze?" chiese Satoko, sempre attenta a quel genere di aspetti tecnici.

"Rena aveva dato una sbirciata all'interno, quando mi ero ritrovata accanto alla finestra... C'era una specie di sveglia sul tavolo dentro la sala, e invece di un orario l'apparecchio mostrava un conto alla rovescia, credo che si trattasse effettivamente di quello, Rena lo crede proprio.”

"Una sveglia appoggiata sul tavolo... Hmm... era forse un apparecchio di forma quadrata e color blu scuro, che mostrava numeri bianchi?” Il prefetto apparve un poco a disagio, il che era uno spettacolo decisamente curioso, considerando anche con quanta compostezza e serietà l'uomo aveva affrontato i momenti appena passati. “Beh, temo che quelli fossero gli orologi attualmente in dotazione alla prefettura. Devono averli sabotati e resi delle bombe a orologeria, e la cosa non è poi così improbabile come potrebbe sembrare, visto che stavamo ristrutturando quella zona dell'edificio, e nessuno si sarebbe mai accorto di un orologio che scompare e riappare dopo qualche minuto, modificato. È una cosa spiacevolissima da ammettere, ma quell'uomo e i suoi complici ci hanno provato come il livello di sicurezza sia assolutamente inadeguato, da queste parti. I responsabili della struttura ne risponderanno direttamente a me, ma per prima cosa faremo controllare tutti gli altri orologi del palazzo e, soprattutto, bisognerà identificare la donna che è stata coinvolta dalla prima esplosione.” Il suo volto assunse un'espressione particolarmente cupa ed assorta “Temo che sia una delle impiegate della prefettura, forse una segretaria, ed è mio dovere comunicare la triste notizia alla sua famiglia, se il mio timore corrisponde a verità.”

Dopo aver detto questo, l'uomo li lasciò, spingendo la porta ed entrando nell'edificio. Dava l'aria di essere spossato e deluso, quel decesso era stato una notizia dolorosa per lui. Si sentiva responsabile per la salute ed il benessere dei suoi collaboratori e dei suoi compagni di lavoro, e invece quella donna era morta nella sua stessa prefettura, a causa di qualcosa che lui forse poteva evitare: la cosa era fonte di grande malessere per lui, e questo sentimento si palesava nei suoi gesti e nei suoi movimenti, nonostante i suoi sforzi per dissimularlo. E gli altri non poterono che provare aspetto ed ammirazione per quel così forte senso del dovere, mentre nei loro cuori meditavano sul fatto che avevano sì vinto quella battaglia, ma non c'era stato stato un lieto fine per tutti.

Quindi, Satoko ruppe nuovamente quella cortina di silenzio, dicendo: “Ah, è vero. Rena-san, tu eri vicina alla finestra prima che saltasse in aria, come ci hai detto. Ma come mai eri lì? Perché non sei scappata di corsa, quando vi ho avvisato del pericolo?

"Oh, Rena non ve l'aveva ancora detto, Satoko-chan ha ragione... Però il fatto è che qualcuno mi aveva spinto impedendomi di rialzarmi in tempo, ne sono sicura.”

"Qualcuno? E chi?" chiese Satoko, e Rena rispose narrando loro la storia della lettera che aveva ricevuto, e degli articoli di giornale al suo interno. Non era un racconto allegro, e mentre lei finiva la sua storia gli altri divenivano via via sempre più seri e turbati. D'altronde, potevano capire la ragione per cui lei ne aveva parlato solo ai Serco, fino a quel giorno, la ragazza riteneva che il gruppo dovesse avere altre priorità, senza farsi distrarre da altro. Ma ora comunque la minaccia rappresentata dalla JOST sembrava più lontana e meno pressante, così potevano dedicarsi al suo problema, e aiutarla in modo efficace.

Comunque, la prossima volta parlacene subito. Non vorrei che ti succedesse qualcosa di brutto, ci resteremmo tutti male.” concluse Satoko, e quindi Rena promise, in un ampio sorriso.

Ad ogni modo, questa volta c'era stato un vero tentativo di ucciderla, non si trattava più solo di un'intimidazione di tipo verbale, così la legge permetteva a Flavia di istituire un vero programma di protezione per lei: due poliziotti l'avrebbero scortata in ogni luogo in cui la ragazza si sarebbe recata, e inoltre sarebbe stata sempre in compagnia anche di un membro del club, scelto a rotazione tra i suoi vari amici al fine di limitare il senso di fastidio che Rena avrebbe provato inevitabilmente. Shion propose che quel ruolo fosse affidato a più di un membro alla volta, in quanto voleva evitare che Keiichi e Rena rimanessero da soli in certi giorni, temendo la gelosia di sua sorella; ma fu estremamente sorpresa, quando sentì Mion risponderle che la cosa non avrebbe fatto una grande differenza, senza mostrare interesse per quell'aspetto e senza nemmeno arrossire a dispetto dell'argomento. Che cosa sta accadendo, ora? Sembra quasi che a Onee non importi più nulla di Kei-chan... C'è qualcosa che non va, qui. Mah, glielo chiederò una volta ritornate a casa.

Nel frattempo, Flavia aveva comunque suggerito a Rena di darle in prestito la sua giacca, ricevendo in cambio quella della donna per non patire il freddo. L'ispettrice lo faceva a ragion veduta, e infatti lo prese in mano solo dopo aver indossato dei guanti, avendo cura di spiegare cosa volesse fare: “Se qualcuno ti ha davvero spinto, c'è una probabilità molto alta che ci siano le impronte del colpevole su quest'abito. Aspettate solo un giorno o due, e sarò in grado di darvi una risposta.”

Speriamo in bene.”

Me lo auguro anche io. Ah, Rena-chan, un'ultima cosa... Tu eri in piedi, prima di essere buttata giù da quello spintone, no? Il colpo che hai ricevuto ti è sembrato arrivare dall'alto o dal basso? Può essere utile per provare a dedurre la statura del tuo aggressore.”

Credo sia venuta orizzontalmente, come quando si spinge un portone senza maniglie...” Rena mimò il gesto.

Quindi parliamo di una persona alta all'incirca come te. Buono a sapersi.”

Che sia una ragazza, quindi? Se si coglie una persona di sorpresa non è necessaria molta forza per farla cadere.”

Assolutamente. Tutto è possibile, ma vi dirò di più molto presto.”

~-~-~-~-~

Mentre gli altri facevano il possibile per restare uniti e incoraggiarsi a vicenda, Giancarlo era da solo, un'altra volta, mentre la sua mente naufragava nel suo sconfinato mar di pensieri, il quale era tutto tranne che dolce. Il tapino stava andando a casa a piedi, una fatica che sarebbe durata più di due-tre ore, ma non era quella prospettiva a spaventarlo. Era in pensiero per un'altra cosa, infatti: si era reso conto di conoscere solo una strada che portava da Okinomiya a Hinamizawa, ed era obbligato a percorrerla, per non smarrirsi. Gli altri l'avrebbero facilmente localizzato, nel momento in cui fossero tornati indietro a loro volta, ma lui non poteva cambiare strada, se non voleva perdere l'orientamento.

"Io... Io non voglio più incontrare nessuno di loro, almeno non oggi.” pensò a voce alta “Voglio starmene da solo, per adesso.” Il sole era oramai scomparso, erano circa le quattro del pomeriggio, e la luce cominciava già a lasciare quella terra, come sempre accade a quelle latitudini in inverno a quell'ora. Però la temperatura non si era ancora abbassata troppo, nel frattempo, e così lui poteva proseguire nel suo cammino senza sentire eccessivamente il freddo; d'altronde, era anche cosciente che con quel suo passo sarebbe arrivato a casa non prima delle sette di sera, quando tutto intorno a lui sarebbe stato ingoiato dall'oscurità, ma ai suoi occhi questo pareva irrilevante.

"Io... Come posso avere la presunzione di giudicare gli altri, come ho fatto prima con quell'uomo? Nabiha è stato un fiero avversario, ma aveva mostrato di possedere un po' di pietà, quando Mii-chan era caduta a terra a causa di quell'attacco epilettico. Io invece ho continuato ad attaccarlo finché Rena mi ha fermato, e chissà per quanto ancora avrei infierito crudelmente su di lui se non ci fosse stata lei...” L'infelice scosse la testa, strizzando le palpebre e chiudendo gli occhi nel vano tentativo di dimenticare tutto.

E ora, che posso raccontare ad Alice? L'ho... l'ho fatta piangere, so bene quanto lei odi questo tipo di comportamento... So quanto lei odi me, quando faccio così. Non vorrei mai trovarmi faccia a faccia con lei stasera, ma temo di non poter evit-”

Il suono inatteso di un clacson gli fece troncare a metà quel suo discorso interiore. E qualcuno lo chiamava a gran voce: "Niiiii-chaaaaan!"

Giancarlo ruotò quindi il capo verso chi aveva gridato, incuriosito. Da quando era arrivato in Giappone con la sorella, si era man mano abituato ad essere chiamato con quell'appellativo, ma questa volta era differente, in quanto non era stata sua sorella a pronunciarlo. E quando vide un'auto parcheggiare dietro di lui sul ciglio della strada, rimase ancora più sorpreso. Era una vecchia utilitaria grigia dall'aspetto un po' scalcinato, con la ruote lisce, la targa quasi illeggibile e uno dei due fari irreparabilmente spento, verosimilmente si era fulminata la lampadina. Ma alla faccia dell'aspetto di quella carretta scassata, le tre persone che si trovavano a bordo stavano sorridendo, e lo stavano guardando, segno che stavano cercando proprio lui.

Ehi, ciao. Hai bisogno di un passaggio?” gli chiese l'uomo al posto di guida, abbassando il finestrino con la sua rumorosa manovella.

Lì per lì, Giancarlo pensò fossero degli sconosciuti, dei passanti gentili che lo avevano visto lungo la via. Però si trovava ancora a Okinomiya, come facevano a sapere che lui non era di li e che non era vicino a casa? Forse lo avevano visto alla prefettura, ma non era sicuro che quelli fossero di Hinamizawa. Forse allora erano dei complici di Nabiha, che volevano vendicarsi su di lui? No, non poteva essere neanche questo, non avrebbero mai usato un'auto tanto malandata, e poi c'era anche un bambino, su uno dei sedili posteriori. Oh, beh, almeno gli altri non mi raggiungeranno per strada. Tanto vale beneficiare di questa opportunità. “Va bene, se volete sarà un piacere, però non credo di avervi mai visto...”

Dicendo ciò, i suoi occhi cascarono sul ragazzino, di cui prima aveva solo intravisto la sagoma, e capì perché gli avevano offerto quel passaggio.

Questa poi, tu sei... sei quel bambino che si era perso.”

E tu sei quello straniero che mi ha preso in braccio e mi ha alzato sopra gli altri, per aiutarmi.” Il bimbo fece un radioso sorriso, felicissimo di quel nuovo incontro. Era stato lui a chiamarlo, prima.

Accidenti, non vi avevo riconosciuto, all'inizio... Perdonatemi.”

Non fa niente, Nii-chan. Per favore, perché non sali in macchina? Sarà divertente andare a casa tutti assieme.” Giancarlo accettò volentieri, e l'auto riprese il suo viaggio con una persona di più a bordo.

Il bimbo non poteva trattenersi dal fissare dritto negli occhi il loro nuovo ospite. Era eccitato, all'idea di sedere accanto a una persona di aspetto così diverso dal suo, e alla fine moriva dalla voglia di fargli delle domande. Infatti, dopo pochi metri lui chiese: “Non so neanche come ti chiami. Quello sulle scale aveva detto che il tuo cognome era Serco, quello l'ho sentito, ma il tuo nome non l'ha mai detto...”

D-davvero? Il mio nome è Giancarlo, piacere di conoscerti.” rispose il ragazzo, un po' turbato da tutta quell'espansività ma comunque compiaciuto per l'innocenza che il fanciullo mostrava.

"Ghiannaro?" provò a ripetere l'altro.

Andiamo bene. Capisco che lui conosca solo i nomi di casa sua, ma questo fa abbastanza pena come tentativo di pronuncia. E grazie a Dio non ho usato il mio nome completo... "No, ascoltami bene, io non ho detto Ghiannaro, ma Giancarlo. Gian-car-lo. È diverso, molto diverso.”

Ghi...”

Gi, non Ghi.”

Gi...Gi-a... No, è troppo difficile.”

Lasciamo stare. Se preferisci puoi chiamarmi Gi-chan, o Nii-chan. Da queste parti fan tutti così, ormai."

"Nii-chan andrà bene." rispose lui piccato, mentre i suoi genitori seduti ai posti davanti stavano ridendo di gusto per quel buffo duetto “Io invece mi chiamo Koji, e loro sono mamma e papà.”

"Siamo Shiro e Yume Tatewaki, è un piacere fare la tua conoscenza." spiegò la donna davanti a lui “Spero che nostro figlio non ti stia dando fastidio, gli piace spesso fare il ficcanaso e importunare il prossimo...”

No, no, si figuri! Tutt'altro, tutt'altro!” replicò Giancarlo, senza poi troppa convinzione.

Sai” continuò quindi la donna "In realtà avevamo già sentito parlare di te e della tua famiglia, l'arrivo di stranieri fa sempre notizia in posti come questo, ma non è che di voi sapessimo molto, non conoscevamo neppure il tuo nome di battesimo, fino a poco fa.”

Già, non siamo avvezzi a bazzicare dalle parti del centro del paesello, solo per fare i pettegoli con le altre comari.” aggiunse il marito, completando la frase della moglie con un tocco di colore.

Ma quindi siete anche voi di Hinamizawa?”

Non proprio. Forse non ci hai mai incontrato, viviamo in una casetta isolata, ma non troppo lontana dal villaggio. Hai presente quella nei pressi del fiumi, quella che si può vedere di sfuggita dopo aver attraversato il ponte...”

"Oh, quel vecchio edificio grigio? Sì, penso di aver capito a quale vi riferite. Quindi suppongo che Koji-kun vada a scuola a Okinomiya, non siete molto distanti da lì.”

"Hai ragione. Siamo paesani di confine, a dirla tutta. Se guardi l'anagrafe e il catasto siamo residenti a Hinamizawa, però dobbiamo andare a Okinomiya quasi per ogni cosa, per le compere, per la scuola...”

Anche per il lavoro?”

No, per quello non dobbiamo spostarci, lo facciamo vicino casa, nel nostro piccolo appezzamento di terra. Comunque noi andiamo nel villaggio solo per occasioni speciali, come il Watanagashi o i recenti raduni fatti per la Questione Frane.”

Capisco.”

E così via. I quattro discorsero amichevolmente per una decina di minuti, parlando dei più disparati argomenti e creando un ambiente informale e confortevole. Al punto da indurre Giancarlo a fare una domanda delicata. Diventando improvvisamente malinconico e scuro in volto, il giovane chiese agli altri: “Per favore, siate sinceri... Siete stati presso la prefettura fino alla fine di tutto, immagino, altrimenti ve ne sareste andati prima di me... Quindi... Pensate che io abbia fatto così male, comportandomi in quel modo? Ho combinato un bel guaio, laggiù...” Stava per mettersi a piangere, le lacrime gli stavano scendendo da sole, e stavolta lui non sarebbe stato in grado di contenersi. Ma una sorprendente risposta lo lasciò di stucco.

"Guaio? Perché guaio?" replicò infatti Koji, sinceramente stupito da quell'affermazione che lui trovava assurda, prima di aggiungere entusiasticamente "Sei stato incredibile! Quello faceva paura, sembrava un mostro spaventoso, ma tu sei stato fortissimo! Una vera furia, un guerriero invincibile! Voglio diventare come te, quando sarò grande!

L-lo pensi davvero?”

Hai voglia!” esclamò il padre “Tu non lo puoi sapere, ma io sono stato uno di quei contadini decerebrati che avevano firmato quei maledetti contratti.”

Giancarlo lo guardò allora negli occhi attraverso lo specchietto retrovisore, stupefatto, mentre l'uomo proseguì: “Già, sono stato un rimbambito, non posso negarlo. E dire che in televisione e sui giornali ci avvertono sempre di leggere ogni piccola nota su quei dannati pezzi di carta... Però, quando mi avevano detto della frana gigante che era stata pronosticata, me la sono fatta sotto come un poppante. Dovevo pensare alla mia famiglia, specialmente ora che mia moglie è incinta, Koji avrà presto un fratellino o una sorellina.”

"Oh, congratulazioni. A dire il vero, non l'avevo notato, immagino che nascerà la prossima estate.”

Yeah, il pargolo verrà alla luce in Giugno. E in barba a tutti i miei sforzi stavo condannando lui e il resto della mia famiglia a una vita miserabile. Quando ho sentito quel tale fare il suo bel discorsetto, ho pensato che non fosse il caso di fidarsi di lui, al contrario di quel che stavano facendo quelli in parte a me. Quello andava dicendo che ci avrebbe pagato, ma figuriamoci... Avrebbe trovato un altro escamotage per farcela di nuovo sotto il naso. Che pensi che sarebbe mai successo, senza il tuo intervento?”

Non saprei cosa rispondere...”

Appunto, nemmeno io potrei dirti che frullava in quella mente diabolica. Ma era senz'altro qualcosa di brutto, che mi venga un colpo se non è così. Non avremmo visto il becco di un quattrino, in un modo o nell'altro. E poi, è una cosa così rilevante, se tu sei stato un filino troppo rude con lui? È stato un atteggiamento umanamente accettabile, e in tutta sincerità hai detto solamente cose che io condivido. Quanto agli altri, sono consapevoli del fatto che tu gli hai fatto una bella lavata di capo, ma immagino che sappiano anche che il tuo comportamento aveva delle nobili intenzioni, e non se ne cureranno più del dovuto. Domani sarà tutta acqua passata, vedrai.”

Avete un modo eccentrico per dire quello che pensate...”

Beh, non è forse così? Già che ci siamo, ti dirò che non mi dispiace che qualcuno abbassi la cresta ai Sonozaki, una volta ogni tanto. Non voglio mettere in dubbio il loro ruolo di gruppo dominante, ci mancherebbe, e capisco che in queste occasioni il villaggio va tenuto unito, però certe volte hanno delle teste talmente dure che non ascoltano le opinioni degli altri, e non si accorgono di quello che accade intorno a loro: erano presi solo e unicamente dal cercare quello scellerato studioso, e così non hanno visto quell'altra gente che passava e proponeva accordi. Se solo fossero stati più attenti, tutto questo non sarebbe mai avvenuto, forse. Senza contare che a quel clan piace esagerare ed atteggiarsi a una sorta di dei, di esseri infallibili, quasi soprannaturali, e la cosa me li rende un po' odiosi. Mi ha fatto piacere che tu li abbia criticati, forse è per questo che mi sei simpatico.”

G-grazie per la stima...”

E su col morale! Non li hai mica rimproverati per odio, no?”

No, no, è chiaro che io non li odi, anzi..." Giancarlo stava riflettendo su quello che gli era stato detto, e infine si decise a sorridere: “Hmm... Bah, riassumendo il tutto, alla fine aiutare Koji-kun è stata la miglior decisione della giornata...”

"Oh, e perché?" chiese il bambino.

Perché” rispose lui, tirandogli il naso in amicizia “Se tu dici che sono stato bravo, ti credo.”

"Ouch! Ehi, lasciami andare!" Koji gli diede uno schiaffo per liberarsi, e subito dopo lo ripagò con la stessa moneta, ridendo divertito. Così, mentre veniva torturato dal suo fratellino onorario, Giancarlo poté pensare sollevato: Beh, non so se mi sono comportato poi così bene, ma forse sono meno peggio di quello che temo. Mi viene da sospettare che in ogni gruppo ci debba essere qualcuno che critica gli altri, in modo costruttivo: fa bene a tutti, ci consente di crescere. E anche se ho sbagliato, in ogni società civile abbiamo la facoltà di chiarire e giustificare le nostre azioni, ed è quello che farò. Questa sera, a casa con Alice, e domattina, a scuola con gli altri. Ne sono convinto, saranno clementi con me.

~-~-~-~-~

Ha fallito! Quel demente, quel demente ha fallito!”

Lo so che ha fallito, l'ho visto anche io. Non c'è bisogno di schiumare di rabbia e perdere la testa, cara.”

Cara, mi chiama. Puah. Non prendermi per i fondelli. Spero almeno che non comincino a sospettare di noi, adesso.”

Non credo, ho fatto le cose per bene. Comunque mi occuperò della cosa personalmente, e una volta che si saranno calmate le acque valuteremo le prossime mosse da compiere.”

Lo spero per te. Se tra qualche giorno mi ritrovo i poliziotti in casa giuro che ti ammazzo. Sono stata chiara, Goemon?”
 


Nota dell'autore: E la giornata della marcia finisce così. Nel testo che avevo scritto in inglese questi ultimi fatti erano quasi liquidati in poche righe, qui hanno assunto dignità e fanno un capitolo a sè. Ciò mi ha permesso di caratterizzare meglio un paio di personaggi secondari, oltre a sottolineare alcuni concetti e temi che ricompariranno più avanti. Molto di quello che è stato scritto negli ultimi capitoli riapparirà in futuro con toni ben più drammatici

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Capitolo 23
*** I cocci del vaso di Pandora ***



Capitolo 22: I cocci del vaso di Pandora


Okinomiya, 19 Dicembre 1983

Era pomeriggio, uno di quelli freddi e accompagnati da un clima rigido ed inospitale, come era solito nel gelido inverno di Okinomiya. La posizione geografica, lontana dal mare e dalle spiagge, non consentiva alla temperatura di alzarsi a sufficienza da essere piacevole, al contrario si potevano scorgere anche due o tre stalattiti di ghiaccio, che scendevano dai tetti di moltissime case, in special modo quelle vecchie e fatiscenti, oppure quelle abbandonate. Nessun pedone si azzardava a avventurarsi all'esterno, e tutti avevano preferito usare le proprie auto o un qualche mezzo pubblico, anche per gli spostamenti più brevi. Non era il periodo adatto per le passeggiate romantiche, buscarsi una brutta influenza non era esattamente la miglior dimostrazione d'affetto, per un innamorato.

Eppure, i negozianti della città non erano dispiaciuti per il freddo, anzi di solito la cosa giovava ai loro affari. Grazie ad esso i clienti erano maggiormente tentati di entrare nei loro locali, per dare un'occhiata all'interno e riscaldarsi un poco. E questo fu quello che fecero anche Alice e Rena, quel pomeriggio. Avevano fatto visita all'Hidden Cove, la tavola fredda dei Keresana, in modo da attendere confortevolmente l'arrivo di Giancarlo, il quale doveva andare a prendere l'auto di famiglia e condurli alla stazione di polizia della città, che era abbastanza lontana da lì. Alice, in particolare, voleva evitare di dover camminare fuori, in balia di quella temperatura così bassa.

Rena invece aveva altri generi di pensieri in testa, stava rimirando il tavolo che si trovava a lato del loro. Due ufficiali stavano bevendo un caffè caldo, mentre controllavano che nulla di male succedesse alle due ragazze. Gli agenti non erano lì per caso, anzi facevano parte del programma di protezione testimoni che Flavia aveva voluto per lei. Però la giovane si sentiva comunque a disagio, a causa della situazione, la presenza di quei due uomini aveva un che di invadente. Rena invece era abituata a restare da sola alla discarica, e non era una vista piacevole, tutta quella gente lì radunata solo per lei. In ogni caso non c'era nulla che lei potesse fare, nulla fuorché continuare ad aspettare, nella speranza di ricevere infine delle notizie importanti dalla centrale; e ciò era decisamente plausibile, se Flavia la voleva da lei l'ispettrice doveva avere qualcosa di molto importante da dire, forse le indagini avevano avuto una svolta. In fondo c'erano davvero delle impronte sul mio cappotto, quindi saranno riusciti a dare un volto allo stalker. Presto...

No, non poteva innervosirsi a tal punto, non doveva avere fretta, adesso. Non poteva certo sedersi sugli allori ed aspettare che quel futuro radioso così fortemente desiderato arrivasse da solo, ma non doveva neppure sprecare tutto con quell'atteggiamento così impulsivo, e poi si non stava così male lì, in fin dei conti. Si trovava accanto a un'amica in un ambiente calmo e rilassante, e poi aveva già fatto la conoscenza di quegli ufficiali in precedenza, erano persone cortesi, del resto avevano raggiunto il caffè grazie alla loro auto, e avevano già avuto occasione di instaurare un dialogo con loro. Malauguratamente però si erano dovuti fermare, Alice si era improvvisamente ricordata di dover andare a ritirare la macchina di Flavia dall'officina, e la donna non avrebbe mai perdonato alla sorella una tale dimenticanza; tuttavia, avendo di recente cambiato il portafoglio e essendosi scordata di spostare la patente in quello nuovo, la ragazza fu costretta a mandare suo fratello al suo posto. Una scelta obbligata che Alice non gradì troppo, lei avrebbe preferito che a rimanere da soli nel locale fossero Giancarlo e Rena, e così quest'ultima poteva facilmente notare come la compagna fosse un tantino delusa, anche se non ne conosceva il motivo. O, per essere più esatti, stava iniziando ad intuire la ragione della sua frustrazione, e di tutto il suo comportamento in generale, anche se non era ancora certa. Dovrei chiederglielo, un giorno. Vorrei evitare altre incomprensioni. Ma nel frattempo, Rena stava guardando anche alla clientela all'interno della sala, e la sua mente decise di cambiare argomento.

"Ci sono molte più persone qui dentro, rispetto alla prima volta che siamo venuti qui, rispetto a quella volta...” commentò.

Sì, è proprio così. Io e Nii-chan abbiamo dato loro qualche buon consiglio per far crescere i loro profitti. Sai, la concorrenza dell'Angel Mort sarebbe insostenibile, normalmente, così abbiamo suggerito un approccio differente. Ossia, qualcosa che non abbia nulla in comune con quel bar, e quindi qualcosa di più simile a un club culturale, piuttosto che a una pasticceria chiassosa come quella. L'abbiamo reso un luogo molto tranquillo e familiare, dove gli anziani possono avere piacevoli discussioni, e Keresana-san è molto felice di avere un gran numero di nuovi amici con cui fare conversazione. Ma questo non è solo un posto per vecchi, puoi vedere che ci sono anche delle altre studentesse laggiù, e non solo loro. Questo bar, all'occorrenza, può diventare anche una locanda ideale per lo studio, basta solo che tu non sia di disturbo per gli altri.”

Capisco. Rena capisce il vostro punto di vista. L'Angel Mort è sempre pieno zeppo di clienti, ma la maggior parte di loro sono ragazzi maschi attratti anche dalle... Oh, Rena non dovrebbe essere così cattiva.”

Va tutto bene, Rena-chan.” La porta del bar fu spinta da qualcuno, facendo tintinnare il campanello collegato all'uscio, e altre due ragazze fecero la loro comparsa “Io e le mie ex-colleghe conosciamo molto bene l'atteggiamento anormale di quegli invasati, dopo tutto ho lavorato per un bel po' da quelle parti. Nessuna di noi ti farà la predica se tu dici la semplice verità.”

"Shii-chan, questa sì che è una sorpresa! E Satoko-chan, anche lei qui... Ma Satoshi-kun? È così strano che lui non sia con voi, dov'è finito, dove?”

"Oh, Nii-Nii dovrebbe essere qui a momenti, Kasai-san ogni tanto si diverte a stare da solo con lui."

Alice poteva facilmente intuire di che tipo di divertimento si parlasse, e di quanto poco quel divertimento fosse tale per Satoshi, ma non disse nulla a riguardò, ed abbozzò solo un sorriso, prima di chiedere: “Quindi è stato Kasai-san a condurvi qui, con la sua macchina suppongo... E gli altri? Sono rimasti a scuola ad Hinamizawa?”

"Che dire... Sì, più o meno. Non sono a scuola, però sono ancora da quelle parti, Irie-sensei ha chiesto loro di raggiungerli alla Clinica, e la loro non mi è sembrata una questione di pochi minuti, quando li ho sentiti.”

"Immagino..." Rena abbassò lo sguardo, preoccupata "Rena pensa che il dottore volesse parlare di ieri, dell'attacco di panico che ha avuto Mii-chan... Lo pensate anche voi? Lo pensate anche voi?”

La maggior parte di loro si mostrò d'accordo con lei. “Sarebbe strano, altrimenti. In fondo dovranno andare a parlare di nuovo col prefetto, molto presto. Ho paura che... che Irie-sensei voglia accertarsi delle reali condizioni di salute di Onee. Quando è svenuta, ieri mattina... abbiamo avuto tutti il terrore che quella perdita di sensi potesse essere un effetto dell'APTX, o qualunque sia il suo nome.”

"Si chiama ATPC, Shii-chan." la corresse Alice "Comunque spero che si tratti solo di una sorta di check-up, un controllo di routine. Stamattina lei sembrava davvero in ottima forma..." Risero tutti, al ricordo di quello che era avvenuto a scuola quel giorno. Non appena entrata in classe, la prima cosa che Mion aveva fatto era stato afferrare il braccio destro dell'ignaro Giancarlo e scagliarlo con veemenza contro il pavimento, con una delle sue mosse di arti marziali più letali e devastanti. Era un modo per ristabilire le vere gerarchie tra i due, almeno così disse la ragazza al termine: era lei il capo là, dichiarò con voce tonante prima di scoppiare a ridere come suo solito, e al menagramo non era concesso di prendere quelle iniziative senza chiedere prima il suo permesso.

"Però forse Mion-chan poteva risparmiarselo, non c'era bisogno di arrivare a tanto.” esclamò Satoshi, che intanto era stato in grado di sfuggire alle attenzioni di Kasai e a unirsi al gruppo “Non credo che quel ragazzo abbia poi la stoffa del leader, è diverso da lei, non è certo un suo concorrente.”

"Nii-Nii ha ragione" sogghignò Satoko "Però è stato entusiasmante vedere con che foga l'abbia colpito. Gli ha dato talmente un brutto colpo che si è tenuto tutto dolorante il braccio per due o tre minuti... La sua mossa è stata terrificante! Insomma, è il caso di fare altre ipotesi. Forse... forse il dottore voleva anche sapere che cosa avessero in programma di fare?” La bambina diresse gli occhi verso Shion, che rispose:

Certo, è possibile anche questo. Ieri sera Onee ha ufficialmente ringraziato Kei-chan per quello che ha fatto per la sua famiglia, e lo ha autorizzato a tornare a casa sua, stanotte.” La ragazza abbassò lo sguardo “Io e la mamma siamo rimaste di sasso quando l'abbiamo sentita dire così, ma è lei che comanda, e inoltre Kei-chan non ha avuto nulla in contrario in proposito, anzi sembrava sollevato, come se la Questione Frane e la faccenda in sospeso con la JOST fossero le uniche ragioni che lo spingessero a vivere da noi... Mi chiedo che cosa sia andato storto, tra loro due...”

Nessuno volle replicare, sul momento. Erano consci che Shion fosse estremamente delusa dal comportamento della sorella, ma allo stesso tempo era dispiaciuta per lei. Dopo tutti quei mesi in cui Mion non aveva parlato di altri che di Keiichi, in cui andava dicendo di quanto lui fosse interessante e di come si fosse ricordato di lei e avesse regalato la bambola a lei invece che a Rena... Forse quello era stato il giorno più felice della sua vita, a vederla in faccia sembrava davvero così. Fino a quel momento temeva di essersi comportata come un maschiaccio, qualcuno che nessuno avrebbe mai voluto avere intorno come fidanzata; qualche volta iniziava pure a piangere, mentre si confidava con me... Quel giorno invece era al settimo cielo, sperava davvero di avere una chance con lui... Ma allora forse il problema è che in questo periodo lei si è dovuta comportare in modo diverso, e Kei-chan non ha gradito. Doveva comportarsi sempre come un maschiaccio, quindi? No, non è possibile, la situazione richiedeva una grande serietà, Onee non poteva pretendere di ignorare questa crisi, e lui se ne deve essere reso conto, per quanto gli possano piacere le ragazze chiassose e allegre... Ma quindi, qual è stato l'intoppo...

Infine, Shion aggiunse qualcos'altro, a voce alta: “Beh, forse il nocciolo della questione è che quei due siano stati colti di sorpresa da quello che è accaduto, e non se la sono sentita di andare avanti insieme, temendo di non riuscire a tener testa ad altri momenti critici. Del resto quel ragazzo strambo ha semplicemente dovuto prendere il controllo della situazione, non potendo fare altrimenti, come una specie di leader provvisorio, un sostituto, o una roba simile. Già, deve essere così, così si può spiegare anche perché lei lo abbia schienato per terra quest'oggi, lui ieri ha fatto una cosa che in un contesto normale non avrebbe mai dovuto fare.”

Rena rise: "Magari Shii-chan ha ragione, Gi-chan sembrava davvero un leader, alla prefettura, anche se Rena pensa che lui non voglia fare la parte del ragazzo carismatico. Voleva proteggere noi, e anche sua sorella, tutto qui.”

Accomodante e comprensiva come sempre, eh, Rena-san?” disse Satoko, che però si fermò vedendo come Alice stava scuotendo la testa.

Disse infatti quest'ultima: “Dovreste evitare di dirgli queste cose di persona, arrossirebbe nel giro di uno o due nanosecondi, e di punto in bianco potrebbe risvegliarsi il suo istinto omicida... Comunque sì, sono fondamentalmente d'accordo con voi, quando dite che lui ha sentito la necessità di far così, eravamo tutti in serio pericolo.” Gli altri la osservarono, mentre lei proseguì “Sapete, fin da quando abbiamo iniziato a frequentare le elementari, noi due siamo soliti avere degli atteggiamenti opposti, per non dire complementari, e da allora non siamo mai cambiati. Quando tutto va bene, Nii-chan tende a scomparire, e ogni volta tocca a me stuzzicarlo e stimolarlo per farlo parlare un po' con i nostri compagni di classe, e anche con le altre persone... Faccio in modo che lui non si isoli completamente, e che mostri il suo vero ego al mondo esterno. Voglio che gli altri capiscano che Giancarlo è una persona piacevole con cui avere a che fare, sotto sotto. Invece...”

Alice bevve un altro sorso del caffè che aveva davanti, prima di andare avanti. “Invece, quando il frangente inizia a diventare problematico, quando c'è qualcosa che non va sul serio... Lui prende il controllo di tutto, e aiuta sia me che le altre persone a cui tiene davvero. Non so davvero come faccia, io fatico a stargli dietro in quei momenti, ma è come se sentisse un fortissimo senso del dovere che lo spinge anche se in apparenza la situazione appare disperata; tra l'altro sa sempre cosa fare, e potrei dire che si sente perfino a suo agio in quei momenti, può suonare strano ma è la verità. Noi due...” sorrise di nuovo “Noi due siamo diversissimi, non potremmo essere più diversi di così. Io sono un girasole, che punta sempre al Sole e che si gira sempre verso di esso per crescere forte e rigoglioso; lui è un gelsomino, che appare timidamente solo quando la notte è scura ma che emana il suo profumo anche e soprattutto quando la luce non c'è.”

"Girasole e gelsomino..." ripeté Satoko. Alice sorrise nuovamente, guardandola.

"Ti piace questa metafora? È stata la nonna a crearla, quando eravamo piccoli, lei ha sempre adorato i fiori, e poi le sono sempre piaciute le poesie di Pascoli. Pensando a quell'immagine, mi ha spiegato che la vista dei girasoli è un punto di riferimento per gli insetti diurni, mentre l'aroma del gelsomino è un richiamo per quelli notturni. Il giorno e la notte, per l'appunto. Io e lui apparteniamo a due mondi contrastanti, in un certo senso, non sembriamo per nulla fratello e sorella, e non solo come aspetto fisico.”

"Hey, guarda che avete anche delle somiglianze!" esclamò Shion "Siete tutti e due bravi a scuola, per esempio, e siete brave persone. Vale a dire, vi preoccupate dei vostri amici, anche se tuo fratello usa un modo bislacco per mostrarlo, direi.”

"Lo so, lo so. Dopo tutto in quella similitudine ho parlato comunque di due fiori, non di due oggetti che non hanno nulla in comune. Per di più aggiungerei che entrambi possiamo diventare parecchio ostinati, se ci mettiamo in testa qualcosa... Ma questo non cambia molto. Il punto è che noi siamo molto, molto differenti, più di quanto sono di solito dei fratelli. Abbiamo scelto strade opposte per affrontare il Male, ed entrambi abbiamo accettato la via scelta dall'altro. Ancora più che amore o affetto, tra di noi c'è un fortissimo rispetto... Nessuno di noi potrebbe fare quello che l'altro ha fatto finora, e quindi ci apprezziamo a vicenda, in segno di stima. Non ricordo di aver mai litigato seriamente con lui, in tutti questi anni...”

In effetti abbiamo battibeccato più io e Onee nell'ultima settimana di quanto voi avete fatto in quasi quattro mesi, da quando siete arrivati qui...” notò Shion.

A Rena piacciono questi vostri sentimenti di ammirazione, ma non sono d'accordo sul fatto di mettere sullo stesso piano i vostri atteggiamenti. Non si può restare lontani dagli altri, non sempre almeno. Di tanto in tanto ci sono momenti in cui devi per forza interagire con il mondo esterno ed essere più espansivi, altrimenti gli ostacoli davanti a te diverranno insormontabili. Ecco perché Rena preferisce il modo in cui hai combattuto con noi, invece di startene sulle tue e fare quello che ha fatto tuo fratello.”

Alice annuì, ma rispose: "Capisco perfettamente il tuo punto di vista, e vorrei tanto che anche Nii-chan potesse seguire questo suggerimento... Ma il fatto è che non poteva. Non può stare con me, non può percorrere la mia stessa strada, perché lui è stato costretto a sceglierne un'altra.”

Che significa?”

Vi ricordate quello che vi ho detto ieri? Vi avevo accennato del nostro bisnonno... e sul fatto che lui non era stata una brava persona. Già...” gli occhi di Alice parvero spegnersi “Lui era un mostro.”

Nessuno replicò, l'aria attorno a loro si era fatta improvvisamente cupa e triste, e le successive parole della ragazza acuirono questa sensazione: "Era un mostro, null'altro che un mostro. Dopo la seconda guerra mondiale ha permesso al cotonificio di famiglia di crescere e crescere, sempre di più, e molte persone lo stimavano per la sua abilità. Ma il prezzo da pagare per averlo avuto tra di noi è stato il dolore e la sofferenza che ha causato a tutti noi. Non era un uomo violento, ma pretendeva di avere un'autorità assoluta su di noi, e non accettava nessuna critica. Era cinico, spietato nell'umiliare figlio e nipoti.”

Spietato...”

Già. Mi hanno raccontato che un giorno aveva espressamente proibito a nostro zio di andare dal medico per il morbillo di suo figlio, anche se la malattia non accennava a guarire ed anzi sembrava peggiorare, e lo aveva costretto a restare al lavoro. Quell'uomo si era messo a delirare dicendo che un suo discendente non poteva aver bisogno di assistenza medica per una cosa così insignificante, e quindi era arrivato al punto di vietare a chiunque di somministrargli delle medicine. E così, quello stesso pomeriggio nostro cugino ebbe delle complicazioni ed entrò in un coma profondo, da cui riusci ad uscire solo dopo alcuni giorni di terapia intensiva in ospedale. Quella malattia ha però lasciato delle tracce profonde sul suo corpo, gli ha fatto perdere parzialmente la vista, ed anche oggi è pressoché cieco... Ma la cosa più orribile fu il commento del bisnonno sulla faccenda. Lungi dall'essere pentito o dispiaciuto, disse in faccia allo zio: Che idiota, dovrei diseredarlo per aver umiliato me e la mia stirpe in questo modo... Non lo diceva tanto per nascondere il suo rammarico, era serissimo, questo era davvero quello che pensava.”

"E... quale fu la reazione di vostro zio?"

"Era furioso, è chiaro, e smise di parlargli per un po'. Però lui lavorava al cotonificio, come molti in famiglia, e vivere in un piccolo villaggio è sempre un problema, quando litighi con una delle persone più influenti della comunità, sapete bene di cosa sto parlando...”

Shion deglutì, mentre udiva le parole dell'amica. “Lo zio non poteva rompere i rapporti con lui, in qualche modo. Se l'avesse denunciato avrebbe rischiato di essere a sua volta incriminato, quello finito in coma era pur sempre suo figlio, senza contare che avrebbe perso il lavoro, e cosa ancor peggiore la sua famiglia sarebbe stata ostracizzata, isolata da tutti... Il bisnonno teneva tutti in pugno, in quel tempo, e potrei citarvi molti altri esempi che riguardano il nonno, mamma, papà... Ma per favore non fatemeli ricordare. Sapete, la bisnonna era morta di parto, dando alla luce il nonno. Era il suo primogenito, ma perdere sua moglie era stato un colpo durissimo per lui, e probabilmente era stato quello a rendere il suo carattere quello che era.”

"E nessuno dei suoi parenti aveva trovato il coraggio di..."

"Il nonno ha avuto due figli e una figlia, che poi si è sposata a sua volta. Ma in tutti quegli anni in cui quell'uomo è stato in vita nessun'altro dei maschi di famiglia si è rivelato essere un uomo forte, capace di resistere al suo dispotismo. Papà non era diverso, e poi era troppo giovane, forse. Non aveva autorità, a comandare era solo una persona. Vedete, dalle nostre parti i latini lo avrebbero chiamato pater familias, e infatti il bisnonno esercitava un vero e proprio patriarcato, con potere assoluto di vita e di morte su chiunque. Una consuetudine che esisteva in passato, ma che era andata via via sparendo. E lui invece stava cercando di ripristinarla, riuscendoci con conseguenze a dir poco agghiaccianti sulla pelle dei suoi stessi parenti.”

Non deve essere stato gradevole. Però è tutto finito, grazie a Dio.”

Hai ragione. Negli ultimi anni della sua vita aveva iniziato a rendersi conto che la sua morte era ormai prossima, e così intraprese gli studi dell'occulto. Magia, stregoneria, strani esperimenti, e tutto ciò che riguardava lo spiritismo. Mi ricordo tutte quelle pile di libri, quando ero una bambina piccola... Avevo paura che cadessero dal tavolo e mi schiacciassero, erano pesanti e polverosi. Non osavo toccarli, emanavano la stessa aura spaventosa del loro proprietario, e formavano una sinistra enciclopedia che trattava un po' di tutto, compresa la storia passata di Serco, il nostro villaggio.”

Alice fece una pausa, e quindi continuò: "Serco non è Hinamizawa. È un paesino molto più piccolo, microscopico, e in passato c'erano ancora meno abitanti, non più di cento o centocinquanta individui. Una cosa come lo Spirito di Hinamizawa non avrebbe mai funzionato, un gruppo di dimensioni così ridotte non è in grado di intimidire i propri nemici, neppure se coeso e ben unito. Per spaventare eventuali malintenzionati, e per tenere lontane le armate che talvolta facevano la loro comparsa nella zona, dovevano pensare a qualcos'altro... Ed evidentemente lo avevano fatto, visto che nel Seicento qualche studioso della zona aveva scritto una marea di testi su una strana forma di magia che gli abitanti di Serco potevano evocare. Per dare a quella teoria una parvenza di fondamento scientifico, avevano parlato di un fantomatico apparato all'interno del corpo umano, simile più o meno a un sistema circolatorio alternativo. Usando termini astrusi del tipo “flussi figmatici”, “rapporti simpatetici” e altre simili scempiaggini, avevano ipotizzato che dentro ogni singola persona ci fosse una scintilla in grado di darle la forza di affrontare ogni minaccia e pericolo, usando il potere emanato dai loro stessi nemici per moltiplicarlo e dirigerlo contro di loro. In altre parole, se un abitante di Serco veniva attaccato, non si verificava il contrattacco di due abitanti, come nel caso dello Spirito di Hinamizawa, bensì quel singolo abitante avrebbe acquisito la potenza di due persone, e avrebbe contrattaccato da solo. Potremmo definirlo un altro genere di Spirito, uno dal sapore più individualista se vogliamo, ma che avrebbe portato risultati devastanti una volta che tutto il villaggio avesse combattuto insieme...”

Avevano descritto tutto nei minimi dettagli.”

Vero, ma durante il Barocco facevano spesso così, prima della rivoluzione scientifica i maghi e gli stregoni erano equiparati agli scienziati veri e propri. Era qualcosa correlata alla mente di ogni persona, in fin dei conti. Una specie di magia che sgorga dall'interiorità, e per rendere omaggio a questa tradizione i nostri antenati si sono sempre dedicati allo studio e alla lettura. È una consuetudine che è sopravvissuta fino ad oggi, nella nostra famiglia, generalmente abbiamo sempre preferito le attività intellettuali a quelle fisiche, e Nii-chan ne è un perfetto esempio. Sapete, una delle cose che mi ha stupita ad Hinamizawa è stato scoprire che le leggende locali parlano di una discendenza dai Demoni, il che invece implica una certa forza bruta e prestanza fisica... mentre a casa nostra noi non abbiamo mai amato combattere con spade o altre armi. Nella nostra famiglia non troverete mai vecchie lame mistiche, piene di racconti orgogliosi e mitici, al contrario di quanto avviene per i Sonozaki o i Furude: questo perché i vostri padri sembravano basarsi sulla forza dei loro corpi, mentre i nostri fondavano tutto su quella della propria mente. È un interessante parallelismo, non trovate?”

"Ma scusa, tu non ci hai forse detto che tiri di scherma, Ali-chan?”

"Sì, ho imparato qualcosa sul come si usa un fioretto, ma personalmente sono un'eccezione all'interno dei Serco, e poi non sono un granché. Forse è appunto perché non siamo una famiglia di combattenti, se io non sono una brava spadaccina.”

Alice sospirò. “Comunque, tutto ciò non toglie che questa sia comunque una cosa assurda. Qui a Hinamizawa più una persona è attaccata più gli amici lo soccorrono, il che è umano e meraviglioso; da noi invece, stando a quel che hanno scritto lì, più una persona è attaccata più essa acquisisce forza, fino a diventare fortissimo, una specie di Dio... Il che non ha senso, è qualcosa di estraneo alla natura delle persone. Tra l'altro era tutto clamorosamente falso, la storia ha dimostrato che gli abitanti dei secoli passati erano soliti nascondersi nelle mille caverne della campagna circostante, ogni volta che un esercito sopraggiungeva. Era normale, erano troppo pochi per anche solo pensare di resistere. Ma quei folli ciarlatani evidentemente han fatto finta dimenticarsi, e hanno steso fiumi di parole su carta... Tra l'altro quello era il periodo della Caccia alle Streghe, un fenomeno che però ha colpito l'Italia solo marginalmente, per fortuna, quella storiella doveva essere sembrata improponibile anche alla gente del periodo, e così non c'erano stati incidenti degni di nota da noi, altrimenti forse noi non saremmo neppure nati. Insomma, tutto dimostrava che quelle erano solo frottole, ma il nostro bisnonno ci credeva...”

"E' una storia molto interessante” la interruppe Rena "Ma come mai ce la stai raccontando?”

"Già, è vero, sto divagando, forse lo sto facendo anche per provare a spiegare quello che ha provato Nii-chan ieri, ma lasciatemi spiegare... Il nostro bisnonno ha speso moltissimo tempo leggendo quei libri, forse per trovare qualcosa che gli potesse garantire una vita più lunga, ma naturalmente non riuscì a ottenere nulla, finché la depressione non lo portò alla pazzia. Lasciato da solo, abbandonato da tutti, devastato dalla disperazione, non poteva che andare incontro a una triste fine, e così ci lasciò quando io e Nii-chan avevamo quattro anni. Ma la sua influenza continuò a perseguitarci anche negli anni successivi.”

"All'inizio, chiesero a uno zio di nostra madre di dirigere il cotonificio, era appena andato in pensiono ed era la persona più adatta per quel compito. Poi pensarono a chi doveva prendere il posto del vecchio capo, e la scelta più ovvia era il suo unico figlio, ovvero nostro nonno. Ovviamente, non era una guida autoritaria, nessuno voleva più avere un capo come il bisnonno, le loro ferite interiori stavano ancora sanguinando. Inoltre, il bisnonno stesso voleva che il suo erede fosse come lui, e obbedire al suo volere era una delle ultime cose che volevano. Però in quel frangente il nonno doveva restaurare i collegamenti con i nostri parenti all'estero, i quali non volevano più avere a che fare con noi, doveva fare i conti con quello che era successo in passato, e doveva trovare un equilibrio impossibile tra l'essere una brava guida sempre presente e il non essere un tiranno ossessivo. Era difficile, se non irrealizzabile, per lui. Il nonno non era mai stato un uomo forte, e ogni volta aveva paura di essere troppo crudele, anche se quell'atteggiamento significava tergiversare troppo e non prendere alcuna decisione, il che lo rendeva inutile. Sarebbe stata la fine della nostra famiglia, e ben presto quest'amara verità gli balzò agli occhi. Quando noi avevamo otto anni, lui gettò la spugna, e chiese a papà di prendere il suo posto.”

"Quando abbiamo saputo della notizia, noi eravamo in Giappone, a Tokyo. Vi abbiamo già parlato di questo periodo. Noi eravamo sereni, laggiù, a quella telefonata era stata un brusco risveglio, un fulmine a ciel sereno. Papà è paradossalmente anche più impacciato del nonno, non capiva la ragione della scelta degli altri membri della famiglia, e non sapeva davvero che pesci pigliare. Casa nostra era piena di angoscia, ma sapevamo che lui non si poteva tirare indietro, e quindi dovevamo tornare nel nostro villaggio natale. Mi chiedo... Mi chiedo se Flavia abbia deciso di restare in Giappone a causa di questo, mi chiedo se lei abbia chiesto di continuare a vivere qui con i Keresana non per avere una vita più indipendente, ma perché voleva scappare da quell'incubo. Non l'ho mai chiesto loro, ma forse anche mamma e papà l'hanno pensato, nessuno di noi voleva che lei andasse avanti a patire per quella situazione, e così la lasciarono andare. Sì, deve essere questa la verità, e non li condanno per essersi comportati così.”

"Papà non era pronto per quel ruolo, e le sue prime decisioni lo fecero immediatamente capire. Mi ricordo un giorno, quando mi ero intrufolata di soppiatto in camera sua... Lo vidi piangere disperatamente, come un bambino, abbracciato da sua moglie che non sapeva cosa dire per rincuorarlo. È sempre stato un uomo tranquillo, che desiderava una vita tranquilla, e invece quello stress indicibile lo stava letteralmente facendo a pezzi. Una vista orribile che mi lasciò di stucco. Divenni furibonda, fuori di me, più di quanto una bambina possa essere normalmente. Non sono mai stata così arrabbiata come in quel giorno, neppure negli anni seguenti. Colta dall'ira, andai all'istante al cimitero del paese, alla ricerca della sua tomba.”

Gli altri capirono all'istante a chi appartenesse la tomba di cui Alice stava parlando, lo si indovinava dal risentimento che filtrava tra le sue parole, così non le chiesero nulla e la lasciarono continuare. Potevano vedere i suoi occhi, tremolanti a causa degli infausti ricordi che le riaffioravano dalla mente, mentre i pugni chiusi palesavano come lei si stesse trattenendo a stento. Era la prima volta che la vedevano così furiosa, e la sua voce non riusciva a celare il suo stato d'animo.

Stavo portando con me un pesante bastone, quel giorno, l'avevo trascinato lungo la strada. E quando sono arrivata davanti alla sua tomba, non ho pregato, anzi. Ho colpito la lapide, violentemente. Volevo frantumarla, ridurla in mille pezzi. Quell'uomo aveva spazzato via tutta la felicità della nostra famiglia, della sua stessa famiglia, l'aveva condannata a una vita orrenda. Io non potevo perdonarlo, non potevo, non potevo, e così ho colpito, e ho colpito, e ho colpito, e ho colpito, e ho colpito, e ho colpito, e ho colpito, e ho colpito, e ho colpito... senza che nessuno mi fermasse, ero da sola in quel cimitero di campagna, o almeno pensavo di esserlo... Ma ero troppo piccola e debole, allora. Dopo tutte quelle bastonate la pietra tombale era rimasta integra, senza alcuna crepa. Mi sentì così frustrata, pensavo di essere una nullità, una bambina messa al mondo per caso. Ma in quel momento guardai la cima della lapide. Su di essa, c'era una piccola statua, la figura di un angelo.”

Almeno questa... Almeno questa... E' stato questo quello che ho pensato. Non poteva pretendere di essere un angelo, non potevo accettarlo, gli avrei impedito una volta per tutte di farsi passare per un uomo casto e puro. Raccolsi tutte le forze che mi erano rimaste, e diedi un ultimo colpo. La statuetta volò via in pezzi, e fini nel cespuglio accanto alla tomba. Ce l'avevo fatta, ma non mi sentivo meglio per questo: guardai il marmo deturpato della lapide, senza dire una parola, per diversi interminabili minuti... E quindi mi sedetti sulla pietra tombale, singhiozzando col volto solcato dalle lacrime cercando di non farmi trovare. Tornai a casa molto tardi, quella sera.”

Ad un tratto, Alice smise di apparire arrabbiata, e il suo sguardo divenne malinconico: “La sera dopo, qualcuno in famiglia chiese che tutti si riunissero in salotto. Ognuno di noi aveva trovato un pezzo di carta che li convocava, chi in cucina, chi nell'agenda, chi in camera da letto, ma su nessuno di essi vi era stato scritto il nome del responsabile. Molti erano curiosi, pensavano a uno scherzo riuscito male. Ma quanto tutti furono lì, io notai la porta della sala aprirsi lentamente, e da lì entrò Nii-chan. In quell'attimo sembrava così deciso che tutti rimasero a bocca aperta e non potevano fare a meno di guardarlo, ipnotizzati, e lui dal canto suo non li fece aspettare e andò subito al sodo. Fece un discorso molto breve, non è mai stato bravo a parlare, ma le sue parole sembravano dettate da una volontà quasi soprannaturale... Disse che, dopo aver visto quello che stava accadendo ai suoi parenti, aveva preso la decisione di prendere subito il comando della famiglia, a partire dalla fine di quella riunione, e chiunque avesse avuto da ridire in proposito avrebbe dovuto replicare immediatamente o tacere per sempre.”

Ne sono certa, il giorno prima lui mi aveva vista, là al cimitero. Io credevo di essere sola, ma un piccolo angelo custode mi osservava. Un angelo vero, non come quella piccola statua bugiarda. Doveva aver capito in qualche modo i miei sentimenti, e quelli degli altri, ed ha voluto caricarsi sulle spalle le preoccupazioni e il dolore di tutti. Mi ricordo che quando finì di parlare il nonno si avvicinò a lui e lo scrutò a lungo. Era a disagio, angustiato da quello che una scelta del genere poteva comportare... Ma allo stesso tempo ne era anche affascinato, non sono sicura di poter dire chi dei due era l'adulto e chi il bambino, in quel momento. E nemmeno gli altri dissero alcunché, si limitarono a fissarsi l'un l'altro, cercando di comprendere se quella fosse la soluzione migliore. Nessuno ne trovò una più adatta, infatti, sapevano tutti come si sentisse papà in quel periodo. Dopo tutto, questa decisione sistemava tutto, era un modo per fare pace con il passato, e quindi il nonno si inginocchiò infine accanto a lui, gli carezzò la testa con un sorriso e gli rispose solo Non ti preoccupare, ti daremo tutti una mano.

Questa storia assomiglia tantissimo a quello che è successo ieri...” commentò Rena “Ma è stata davvero la scelta giusta? Era un bambino così piccolo...”

"Non lo so davvero” replicò Alice “Come ho già detto, ogni membro della nostra famiglia è comunque libero di prendere iniziative e fare quello che vuole, al contrario di quello che accadeva alcuni anni fa, Nii-chan ha il ruolo di dare consigli ma non può e non vuole dare ordini. E ad ogni modo, dopo quella sera l'aura di paura e malessere intorno a noi se ne andò piano piano. Vedete, la prima cosa che Giancarlo fece come capo fu ridurre le dimensioni del cotonificio, riportandole indietro a quelle che erano prima dell'arrivo del bisnonno, vendendo capannoni, licenziando il personale in esubero, eccetera. Lui non voleva una compagnia di dimensioni troppo grandi, e un qualsiasi economista si sarebbe strappato i capelli in quanto era una decisione priva di senso dal punto di vista manageriale ed economico, ma anche se fu un'operazione costosissima gli altri lo lasciarono fare, era un chiaro gesto dimostrativo per rompere con il passato. In un secondo momento, nell'estate successiva lo portarono in Belgio, Svizzera e Francia, per rinsaldare i legami con i rami minori della famiglia. Ci è voluto un po' di tempo per riuscire nell'impresa, ha dovuto recarsi là anche gli anni successivi, ma in qualche modo ce l'ha fatta. Ognuno di noi si era come liberato da un enorme fardello, alla fine, avevamo trovato qualcuno che fosse determinato abbastanza da far da punto di riferimento per tutti noi: qualcuno forte a sufficienza per portare il peso dei loro timori, delle loro incertezze... e anche dei loro peccati, senza per questo soccombere sotto quel carico di responsabilità. Nii-chan aveva deciso di fare quello che poteva per salvare la sua famiglia, e anche me. Mi ha permesso di non essere travolta dal dolore e dalla rabbia che stavo provando in quei giorni così travagliati.”

Alice sorrise, alzando gli occhi e sembrando stranamente un poco spossata: “Ecco perché tutti a casa nostra provano un rispetto enorme nei suoi confronti. Deve passare tutte le sere a rispondere al telefono, i nostri parenti vogliono sempre sapere come sta, che cosa succede da queste parti... No, ora sto esagerando, ma comunque telefonano molto di frequente, chiedendo anche la sua opinione sugli argomenti più disparati, visto che spesso il suo punto di vista conta parecchio in famiglia. Oltre a questo, i suoi genitori, i suoi zii, e anche io... Vorremmo tutti che lui trovasse una brava ragazza con cui passare tutta la vita: quel giorno ha compiuto quella decisione di sua spontanea volontà e senza dubbio la rifarebbe anche oggi, ma il ruolo che si è scelto per sé non è certo un passatempo rilassante, ha bisogno di tutto il supporto possibile; è per questo che avere una fidanzata e poi una moglie sarebbe meraviglioso per lui, sarebbero senz'altro felici insieme, e lui avrebbe una spalla su cui contare. Già, mi piacerebbe molto che anche lui possa vivere felice, esattamente nella stessa maniera in cui lui mi ha permesso di esserlo. È stato il mio angelo custode, ora io voglio fare lo stesso, ricambiargli il favore. Sono al corrente che dentro la sua anima dormono ancora assopiti tutto il dolore e la rabbia repressa della sua famiglia... e io mi auguro che ciò non abbia delle ripercussioni sulla sua vita. Non lo voglio lasciare da solo, nemmeno ora, e pertanto ho bisogno del vostro aiuto.”

Alice aveva finito di parlare. Aveva abbassato lo sguardo un'altra volta, e i suoi occhi erano lucidi. Ma fortunatamente una mano raggiunse la sua, e la strinse con delicatezza. Rena, colei alla quale era rivolta in particolare l'ultima parte di quel lungo discorso, la stava guardando sorridendo, e quel volto dolce e rassicurante era tutto quello che la sua amica voleva vedere, le due non dovettero aggiungere una parola.

~-~-~-~-~

Qualche minuto dopo, Giancarlo era arrivato. Dopo aver salutato gli altri, ricordò a Rena ed Alice che era già tardi, ed i tre lasciarono il posto, diretti alla centrale di polizia. Così, Satoko, Satoshi e Shion poterono continuare a chiaccherare da soli, senza altri che li potessero disturbare.

Pensate che Alice andrà a dire a suo fratello di quello che ci ha raccontato?” chiese la ragazza dagli occhi verdi.

Decisamente.” replicò Satoko “Quello non è uno stupido villano come un certo ragazzaccio di mia conoscenza, se ne accorgerebbe comunque in poco tempo.”

Sono d'accordo con te.” aggiunse Satoshi “Già, deve essere così...”

Il ragazzo era pensieroso, e le ragazze lo notarono in men che non si dica. Cosi gli chiesero quale fosse il problema, e lui rispose: “No, nulla... Stavo pensando a Giancarlo-san, e a Keiichi-san... E devo dire che sono invidioso."

Invidioso?” Shion non poteva credere a quello che il suo fidanzato stava dicendo.

Satoshi confermò con un cenno e poi spiegò: “Ieri mattina, li ho visti entrambi... Sono tutti e due molto forti, già, sono forti. Hanno combattuto secondo la loro natura, e hanno vinto, impossibile negarlo. Che cosa ho fatto io, invece? Che cosa potrei mai fare per loro, anche ora?” Il ragazzo sorrise, e quindi continuò: “Il fatto è che quando ho accettato di far parte del vostro club, qualche mese fa, io ero contento di essere tornato con Satoko, e anche con te, con tua sorella, e tutti i nuovi ragazzi che non avevo ancora incontrato... Ma io voglio anche fare qualcosa per ripagarvi della vostra gentilezza nei confronti miei e di Satoko. Mi piacerebbe mostrarvi la mia gratitudine per tutto quello che avete fatto per noi, perché avete salvato le nostre vite, ed è impossibile negare pure questo. Solo che ieri mattina ho improvvisamente realizzato di essere... di essere inutile.”

Shion scrutò il ragazzo, assorta nei suoi pensieri. Quello di Satoshi non era un modo molto ottimista di descrivere la sua attuale situazione, ma non aveva tutti i torti. Prima di raggiungere il Livello 5 della Sindrome ed impazzire, era stato un sostegno insostituibile per Satoko, l'aveva salvata dalla disperazione e dalla follia. Ma ora Teppei e sua moglie non erano più lì, e la bambina non era più minacciata da nessuno. E perciò che cosa poteva mai fare lui, adesso? Non era un genio, l'anno che aveva trascorso lontano da scuola l'aveva in sostanza costretto ad abbandonare ogni proposito di andare all'università. Il suo fisico non era prestante e atletico, Keiichi era più robusto di lui sebbene fosse più giovane, e d'altronde Irie gli aveva consigliato di giocare nella sua squadra di baseball appunto per consentirgli di sviluppare una qualche tonicità muscolare. E neanche il suo carattere era molto forte, quello di sua sorella stava diventando molto più fermo e deciso del suo, anche grazie alle sue recenti esperienze. Detto bruscamente, era solo un ragazzo daltonico e pasticcione, un imbranato, uno sfiduciato, una persona senza qualità apparenti. In passato aveva saputo solo sopportare le sue angosce e proteggere Satoko e Shion, ma ora quale era il suo ruolo?

Shion ci rifletté sopra per un pezzo, finché non fu interrotta dal volto interrogativo di Satoko, che la stava guardando e stava rimuginando più o meno sulla stessa materia. La fanciulla voleva bene a suo fratello, chiaramente, ma questo non le impediva di essere critica ed obiettiva, come suo solito. Shion doveva fare qualcosa, e quindi diresse lo sguardo verso il suo fidanzato, sorridendo. C'era qualcosa che poteva dire, per sollevare l'animo di lui e di sua sorella: rammentandosi di un breve monologo che Keiichi le aveva detto tempo addietro, mentre lei era ancora in attesa del ritorno del suo adorato ragazzo, la giovane modificò qualche parola ed infine parlò: “Ascolta, Satoshi-kun... Io ti potrei di re che tutti abbiamo bisogno di te, esattamente come i figli hanno bisogno dei genitori, le sorelle dei fratelli, le mogli dei mariti... Ma suppongo che tu questo già lo sappia. Quello che ti posso dire, invece, è che nessuno di noi può dire con certezza quale sarà il nostro ruolo nel futuro, io non posso, tu non puoi, Kei-chan non può... Avviene sempre qualche cosa di inaspettato, e spesso e un cambiamento talmente importante da decidere quello che dobbiamo fare, da indicarci la strada da seguire. Perciò, non assillarti con queste paure, che sono legittime ma che sono eccessive. Devi essere pronto, tutto qui. Intanto aspetta, Satoshi-kun, il tuo momento arriverà, e allora noi saremo fieri di averti accanto ed essere tuoi amici.”




Nota dell'Autore: credo si sia capito, a me piace dare ai personaggi creati da me un background molto solido, paragonabile a quello dei protagonisti del canone. Questo è il punto di vista di Alice sull'intera storia, più avanti (un bel po' più avanti) ci sarà anche quello di Giancarlo, e di altri personaggi. Spero di averla caratterizzata bene, nel caso mi direte voi. 
Ah, per inciso, grazie allo strafalcione di Shion ho potuto spiegare da dove ho preso spunto per il nome ATPC... :P

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Capitolo 24
*** Sognando una vita normale ***



Capitolo 23: Sognando una vita normale


Okinomiya, 19 Dicembre 1983

E quindi... Vi ha parlato di quella vecchia storia.”

Rena annuì, provando un poco di vergogna nel guardarlo in faccia e riuscendo a sentire il quasi impercettibile sospiro prodotto dal suo interlocutore. Lei e Giancarlo si trovavano da soli, immersi nel silenzio dell'auto di Flavia mentre si dirigevano verso la centrale di polizia di Okinomiya. In un certo senso ciò era dovuto al fatto che Alice avesse fatto attendere tutti al locale dei Keresana: in teoria i tre ragazzi e i due poliziotti avrebbero potuto anche raggiungere il posto con la sola auto degli agenti, ma la giovane aveva voluto che suo fratello e la sua amica viaggiassero con l'altra auto, in modo da discutere a mente fredda di quell'argomento delicato. Avrebbe giovato alla loro intesa, e comunque non correvano alcun rischio, Alice e gli ufficiali li avrebbero seguiti come un'ombra lungo tutto il percorso, a bordo dell'altra autovettura.

Rena si era infatti astenuta dal mentirgli, e in tutta sincerità gli aveva rivelato quello che la sorella aveva loro narrato. Vuotare il sacco la fece sentire meglio, ma non le piacque constatare come il suo compagno di viaggio non paresse voler provare a rispondere, o dare delle giustificazioni. Imperterrito, lui non aveva occhi che per la strada davanti a lui, e anche lei preferiva non parlare, temendo di toccare qualche tasto dolente. L'interno dell'auto era divenuto il regno di una pace inquietante, rotta solo dal flebile rumore del motore e del sistema di riscaldamento.

D'altro canto, a Rena era evidente che quello stato di impasse non sarebbe durato a lungo. Gli occhi lucidi e assorti di Giancarlo tradivano il fatto che lui stesse pensando a una risposta. E così, mentre aspettava che l'altro trovasse la forza di dire quello che serbava nel suo cuore, l'attenzione di lei si focalizzò su qualcos'altro. Arrivando dal nulla, una foglia secca aveva improvvisamente terminato il proprio volo su parabrezza dell'auto, rimanendo incastrata sotto uno dei tergicristalli. Era indubbiamente caduta da un albero mesi prima, durante l'autunno, ma in un modo o nell'altro essa aveva continuato a vagare per tutto quel periodo, evitando l'opera dei netturbini e di chi puliva regolarmente le vie cittadine.

Rena la osservò, interessata. Non riusciva a definire esattamente quello che sentiva, ma trovava che ci fosse una certa affinità tra lei e quel tremulo oggetto. Da dove verrà mai? Quanto ha vissuto, quanto ha sofferto? E soprattutto... per quanto riuscirà a rimanere intatta, ancora? Quella foglia dal colore marrone si era totalmente rinsecchita, arricciata intorno al suo friabile stelo, ed era impossibile dedurre da quale specie di albero si fosse separata. Era una foglia e niente più, una foglia come mille altre, assolutamente ordinaria e ormai prossima a finire la propria esistenza. Se qualcuno l'avesse anche solo calpestata per caso, o presa in mano per una qualsiasi ragione, l'avrebbe agevolmente ridotta in frantumi. Forse perfino un vento più forte del solito avrebbe avuto il medesimo effetto. Povera piccola... pensò Rena. Istintivamente, la ragazza provò il bisogno di proteggere una cosa tanto fragile. Voleva portarsela a casa, come la statua danneggiata di Kenta-kun che teneva ancora nel proprio appartamento, e come tutti gli altri oggetti che conservava là. Che fosse una cosa rotta, o del tutto inutile... queste minuzie non avevano alcun valore per lei. Quella fogliolina era sicuramente adatta a far parte dell'ambiente quieto e tranquillo che si era costruita nel tempo nella propria abitazione, e questo le era sufficiente. Voleva che quella cosina inerme sfuggisse all'oblio che pareva attenderla ineluttabilmente, che quell'essere una volta vivente fosse al sicuro per un altro po', nella stessa misura in cui lei lo desiderava per se stessa. E così, la ragazza iniziò ad abbassare il finestrino alla sua sinistra, protendendo poi il braccio all'esterno per provare a raggiungerla. Le cinture di sicurezza non rappresentavano un problema, l'avrebbe comunque raggiunta con i polpastrelli...

Ma prima che la sua mano potesse sfiorarla, la foglia si liberò da sotto il tergicristallo e schizzò via dietro di loro, verso un nuovo volo, che forse sarebbe stato l'ultimo. Con un pizzico di delusione, Rena ne seguì la traiettoria con lo sguardo finché poté, e alla fine le augurò buona fortuna nel suo cuore.

Il ragazzo che le era seduto a fianco non aveva parlato, durante tutto il tempo. Si era limitato a contemplare la scena, tenendo un occhio sulla strada, e l'aveva lasciata fare, forse con un poco d'incoscienza. Ma ora che la foglia non c'era più e il finestrino era stato rialzato, si decise a risvegliarsi dal torpore in cui era caduto, ed aprì infine bocca.

"Rena, vedi... Non è che sia arrabbiato con Nee-chan, per avervene parlato. Ieri è stato un giorno molto stressante per tutti, ed immagino che noi vi dovessimo una spiegazione per quello che è successo. Penso che Alice volesse farvi capire che non mi sono comportato in quella maniera per crudeltà o cattiveria, lo so che le sue intenzioni erano buone. Però non posso nemmeno dire che io sia contento, non è bello per me rivangare quei ricordi, non è qualcosa di cui vai fiero.”

Rena si girò verso di lui, stupita. “Perché Gi-chan non ne va fiero, perché? Hai salvato...”

Giancarlo le impedì di dire altro. “Immagino tu ti riferisca all'ultima parte di quel racconto, non è così? Lo capisco... Io invece pensavo soprattutto all'inizio, a quei fatti orrendi. Io... Io sono abituato a cercare sempre il lato più buio delle cose, dovrei cambiare questa brutta abitudine.”

Lì per lì, Rena non volle ribattere. Ma poi chiese: “Però Gi-chan è fiero di quello che ha fatto, vero?”

Un ulteriore pausa, prima che lui rispondesse: “Io... Ho fatto quello che ritenevo fosse la cosa giusta, questo è tutto. Andare in giro a dichiarare di esserne fiero vorrebbe dire vantarsene e...” le sue labbra abbozzarono un sorriso “E questo non appartiene alla mia natura. In casi come questi puoi essere appagato da come ti sei comportato, ma non credo ci sia poi molta gente a cui piaccia pavoneggiarsi nel ricordare eventi così tristi.” Era un modo un poco eccentrico e contorto di dire che era comunque felice di averlo fatto, ma Rena questo l'aveva capito, e quindi sorrise a sua volta, soddisfatta da quello che aveva udito.

Quindi lui aggiunse: “Sai, abbiamo avuto solo un gigantesco colpo di sfortuna, alla fine... La bisnonna era deceduta nei primi mesi del 1916, suo marito era stato chiamato al fronte appena qualche mese prima. Chissà cosa sarebbe potuto succedere, se l'avesse trovata ancora in vita, dopo la fine della guerra... Prima del suo ritorno a casa non era stato messo al corrente della sua morte, la Grande Guerra fu un periodo difficile, in particolar modo per i soldati costretti a restare per mesi in trincea, rintanati dietro buche maleodoranti e sempre in pericolo di vita, sempre sotto stress. Avevano paura di gettarlo nella depressione e nella follia, temevano che potesse cercare il suicidio, e quindi aspettarono la fine del conflitto per dargli quella notizia.”

Voleva così bene a sua moglie, le voleva bene?”

Se chi stava accanto a lui si è comportato in questo modo suppongo che fosse così, ma non ne posso avere la conferma, nessuno me ne ha mai potuto o voluto parlare, ed è passato troppo tempo da allora. Sta di fatto che fu un dolore terribile per lui, la decisione di nascondergli tutto finché fu possibile si rivelò tragicamente errata. E a peggiorare le cose, poi, ci si mise anche la Spagnola, che colpì lui e tutta la famiglia.”

La Spagnola?”

Già... Fu una pandemia di proporzioni mai viste, verificatasi subito dopo la fine della guerra. Dicono che abbia ucciso più persone di quanto abbiano fatto quattro anni di combattimenti, parliamo di milioni e milioni di vittime; forse gli anziani di qui se la ricordano ancora, a causa di quel virus sarà morto qualcuno anche in questo angolo di mondo. E anche il nostro bisnonno pareva destinato a fare quella fine, ma il suo fisico dimostrò di essere robusto, e riuscì a sopravvivere, al contrario dei suoi genitori.” Il ragazzo fece una pausa, prima di proseguire: “Chiaramente, io non ero là in quegli anni e non posso garantirtelo, però... Rimanere da solo, con il suo unico figlio da accudire... deve essere stata un'esperienza che l'ha segnato nel profondo. Credo che sia stato per salvare quello che era restato della famiglia, se lui iniziò a sviluppare quel temperamento così severo e autoritario. O in alternativa può essere stata la malattia ad indebolirgli il cervello, anche se devo dire che questa sarebbe un'ipotesi talmente beffarda...”

Stai cercando... di giustificarlo, Gi-chan?”

Il giovane italiano fissò Rena per un secondo, scordandosi della strada dinanzi a lui. Poi replicò: “No, non sto dicendo questo. Non potrei mai scusarlo. Senz'altro ci sono state delle valide cause che lo hanno spinto ad assumere quell'atteggiamento, ma non può essere perdonato solo per queste scuse. Lui era morto quando io ed Alice eravamo ancora piuttosto piccoli, ma eravamo già cresciuti a sufficienza per poter respirare l'atmosfera di terrore in cui tutti vivevano. Chiunque” e accentuò quella parola “Chiunque deve sempre avere ben chiaro in mente quello che è giusto e quello che è sbagliato, almeno a grandi linee. Avere un passato difficile non ti autorizza a fare quello che vuoi, e a causare agli altri la stesso dolore a cui tu sei stato costretto. Invece lui ha fatto persino di peggio. Sono sicuro che mamma, papà, il nonno, e tutti gli altri... abbiano sofferto molto, molto, molto di più di quanto abbia sofferto quel demonio.”

Giancarlo stava respirando affannosamente, adesso. Un velo di rabbia repressa aveva fatto capolino nei suoi occhi, e le sue mani stavano ora tenendo il volante con estrema forza, come se volesse serrare i pugni nel tentativo di ricacciare lontano quei foschi pensieri. Ci volle qualche secondo, prima che lui recuperasse il proprio autocontrollo, e si scusasse con Rena: “Mi spiace, non dovrei comportarmi in questa maniera. Non è corretto provare odio nei confronti dei morti, in fondo non possono più farci nulla, una volta messi tre metri sotto terra. E invece un risentimento del genere non fa altro che avvelenare lo spirito. Talvolta Alice mi dice che è per questo che non riesco a tollerare le persone aggressive: mi ricordano il passato, e quindi mi portano a reagire in modo sconsiderato e a commettere il loro stesso errore.”

Rena allora gli sorrise nuovamente, mossa dal desiderio di incoraggiarlo: “Oh, mi ricordo ancora il vostro primo giorno di scuola qui, quando volevi far finta di essere uno che era arrabbiato con Mii-chan... Ma non mi avevi dato l'impressione di essere un ragazzo cattivo, sembravi piuttosto un adorabile brontolone, anche in quella circostanza... Non dovresti essere così severo con te stesso, non sei la brutta persona che pensi di essere.”

Oh, in quel senso...” Giancarlo provò ad articolare una risposta, mentre l'imbarazzo l'aveva fatto diventare rosso come il semaforo che l'aveva costretto a fermare l'auto “Il fatto è che Mii-chan non ha una personalità aggressiva, a dispetto di quello che sembra. Ha pregi e difetti come chiunque altro, ma non è una ragazza meschina, al contrario, è una persona gentile e amichevole, davvero.”

Hai ragione” ribatté Rena, dirigendo lo sguardo sulla mano del suo interlocutore poggiata sulla leva del cambio, e posando dolcemente la propria sopra di essa “Mii-chan è un'amica speciale, e anche tu lo sei. Rendi Rena felice, non ti scordare mai di quello che sei.”

Giancarlo non sapeva cosa rispondere, al colmo della soggezione, ma quel complimento gli aveva visibilmente fatto piacere.

~-~-~-~-~

Non molti minuti dopo, la coppia giunse alla centrale, come prestabilito. Non appena il motore fu spento Giancarlo scese dalla macchina e aprì cavallerescamente la portiera a Rena, che ricambiò la cortesia ringraziandolo. Di lì, i due raggiunsero l'ingresso del palazzo e quindi le scale, che li condussero al piano superiore dove Flavia li stava attendendo con trepidazione. E non era da sola.

Keiichi-kun, Rena non si aspettava di vederti qui! Ma perché sei venuto, perché sei venuto?”

Oh, chiamatelo interesse verso i compagni di avventura... Ora che la JOST non è più in cima alla lista delle faccende da sbrigare possiamo dedicarci a te, ora. Maebara Keiichi non trascura mai i propri amici!” Curiosamente, era proprio lì che stava il cuore del problema, ma lui di questo non si era ancora reso conto, o perlomeno non ne dava la sensazione.

Ma... sei venuto da solo? Voglio dire, Mii-chan, Rika-chan...”

Oh, quanto a loro...” Keiichi mostrò un certo impaccio nel rispondere “Penso siano ancora alla Clinica, se non ci sono stati dei fuori programma. Mi hanno detto che Mion doveva sottoporsi a un esame, e che doveva svestirsi, così il sottoscritto sarebbe stato fuori posto, con loro.”

Ed in pratica ti hanno intimato di andartene.”

In sostanza, sì. Mi sono ritrovato senza nulla da fare, e visto che papà doveva andare ad Okinomiya per affari gli ho chiesto di darmi uno strappo... Ed allora eccomi qui.”

Ah...” Alice chiese ancora “E quindi? Prima ti chiamano, poi ti scacciano... Mi chiedo che cosa doveva rivelarti di tanto importante Irie-sensei. Era stato lui a convocarti, inizialmente, e a sentirlo sembrava così importante...”

Guarda, dopo tutto non era alcunché di speciale, puoi immaginare facilmente quello di cui abbiamo discusso. Lui...”

Cough, cough” Flavia aveva tossito per fermare il torrente oratorio di Keiichi, e per ribadire il concetto prese in pieno la testa del malcapitato con un poderoso colpo della sua mano aperta, adoperata a mo' di spada come se stesse dividendo un cocomero maturo in due parti uguali. “Ragazzi, saremmo già in ritardo, quindi sarà meglio andare subito nel mio ufficio, ma non prima di aver provveduto con una borsa del ghiaccio alle lamentele di questo qui. Altrimenti ce lo ritroveremo tra i piedi tutto frignante, mentre si accarezza la testolina in eterno...”

Rena, Alice e gli ufficiali risero di gusto, mentre Giancarlo guardò il suo sfortunato amico, compatendo il tapino per la sua malasorte. Quindi, il gruppo al completo seguì Flavia, che si sedette sulla sua sedia d'ordinanza e aprì un cassetto, rovistando animatamente tra le scartoffie per riuscire a prendere qualcosa. Poi ne aprì un secondo, poi un terzo. Divenne istantaneamente nervosa, anche un bambino avrebbe capito che non riusciva a trovare quello che stava cercando, e difatti cominciò a guardarsi intorno, per provare a richiamare alla memoria dove mai l'avesse cacciato. Una scena per nulla inaspettata, del resto il caos assoluto all'interno dell'ufficio era un chiaro indizio sulla personalità della proprietaria: i documenti disordinatamente sparsi a destra e manca, le innumerevoli chiazze di caffè sulla scrivania, gli archivi e i soprammobili riempiti con cartacce e fascicoli fino a farli traboccare... Flavia era il perfetto esempio di emancipazione femminile: come lavoratrice era un fenomeno di carisma e volontà, come donna di casa era un autentico disastro. Ma andava tutto bene, siccome aveva sposato un uomo che era tutto l'opposto: era suo marito che di solito si occupava delle faccende domestiche.

Però... Però ero sicura di averla vista da qualche parte...” Mentre sollevava mobiletti e scaraventava cassetti in ogni dove nella vana speranza di trovare l'oggetto delle sue brame, Flavia si grattò nevroticamente il cranio, assillata dall'idea di essere costretta a dover ripetere tutto a voce e temendo di non ricordarsi tutto. Ma il suo stato d'animo mutò quando guardò Rena. La ragazza stava sorridendo e stava tenendo in mano una sottile cartelletta gialla, su cui avevano scritto la data di quel giorno ed il cognome Ryuugu.

Era sotto una delle gambe del tavolo... Rena pensa che Flavia-san stesse cercando questa, ho ragione, ho ragione?”

Si, esatto, eccola qui! Grazie mille Rena-chan, saresti una validissima assistente, fammi un colpo di telefono nel caso cercassi lavoro! Di sicuro mi aiuteresti più di quei due pusillanimi dietro di te.”

Hey!” replicarono i due giovani ufficiali “L'abbiamo tenuta d'occhio tutto il giorno, e tu ci ringrazi così?”

Ah, sicuro, me l'ero scordato. Beh, mi sa che vi devo un caffè allora.”

Caffè forte per me, tieni in mente almeno questo.” esclamò uno di loro, prima di sorridere divertito. Non era un litigio serio, quello era solo il metodo che Flavia usava per creare un ambiente di lavoro gradevole e rilassato, e gli altri avevano dimostrato di apprezzarlo. Pertanto, l'ispettrice non ebbe il bisogno di rispondere a quella punzecchiatura e prese il dossier dalle mani di Rena, aprendolo sulla scrivania dopo aver spazzato via degli altri documenti con il braccio. Dalla cartelletta, poi, tolse quattro fogli di carta e li mostrò agli altri, appoggiandoli a loro volta sul tavolo. Tre di essi furono posizionati l'uno accanto all'altro, il quarto invece fu messo in disparte.

Queste sono impronte digitali” osservò Keiichi, leggendo le prime righe e scorgendo le illustrazioni “Quindi è di questo che vuoi parlare. Allora ne avete rinvenute anche sulla giacca di Rena, vero?”

Verissimo. Oddio, siamo in inverno e io avevo paura che il colpevole avesse indossato dei guanti, sarebbe stato normale, ma siamo stati baciati dalla dea della fortuna. Come potete vedere, abbiamo fatto dei confronti, utilizzando anche quelle che avevamo preso dai corpi delle tre vittime. E abbiamo scoperto qualcosa di molto intrigante. Ora, questo foglio” prese di nuovo quello che aveva sistemato lontano dagli altri, e lo mostrò al suo pubblico “riporta l'impronta trovata ieri sul cappotto di Rena-chan, mentre gli altri tre” indicò le pagine rimaste sulla scrivania “contengono quelle dei tre ragazzi uccisi, quelli di cui si parlava negli articoli che ti hanno mandato insieme alla lettera minatoria vittime. Notate niente?”

Ti sembra l'occasione buona per giocare?” le chiese Giancarlo, seccato.

Eddai, sarà una cosa veloce, non farmi sentire in colpa... Su, su, provate a darmi una risposta.”

I ragazzi osservarono i quattro pezzi di carta, provando a capire che cosa dovessero capire. Rena, che era seduta sull'altra sedia dell'ufficio e quindi la più vicina al tavolo, commentò: “Assomiglia tanto ai test che Irie-sensei fa fare a Satoko-chan ogni mese: anche lui usa dei fogli di carta con dei disegni sopra, e Satoko-chan deve dire che cosa le sembrano. Settimana scorsa l'ho portata alla Clinica e l'ho guardata mentre teneva gli occhi fissi su quelle macchie nere...”

Davvero?” chiese distrattamente Keiichi, il quale stava analizzando i disegni a sua volta. Ed ad un tratto un illuminazione lo raggiunse, e spalancò gli occhi. “Aspettate, le impronte sul foglio che hai in mano, e quelle che ci sono qui...” alzò una delle schede sulla scrivania, e lesse il nome in cima. “Seohara Koji-san... È così, sono identiche! È lui il colpevole!”

Frena l'entusiasmo” replicò Flavia, facendo di no con la mano “Non credi che sarebbe stato troppo elementare se fosse stato così, Maebara-kun? Che gusto ci sarebbe stato? Inoltre, un ragazzo passato a miglior vita un mesetto fa non può fare del male a nessuno, a meno che tu non creda a zombie e baggianate simili... Guarda più attentamente, per favore.”

La giovane donna gli diede anche il foglio che lei teneva in mano e così Keiichi riesaminò le due schede. E dopo alcuni secondi scoprì la verità. Appoggiò nuovamente i documenti sul tavolo, e spiegò la sua nuova ipotesi: “È tutto chiaro, non sono le stesse impronte. Ma ci sono delle notevoli somiglianze tra di esse, e non sono sicuro che sia una casualità.”

Risposta esatta. Fortunatamente le schede delle vittime si trovavano insieme a quelle dei sospetti, così abbiamo potuto controllarle tutte. Sapete, in un caso normale non vai mai a pensare che un cadavere possa risultare colpevole, così di solito lo escludi dalla lista...”

Essere un pochino confusionaria ha dei vantaggi, in effetti.” commentò Rena, sorridendo “Ma cosa significa questo? Cosa significa? Se quel ragazzo è morto non può aver fatto nulla.”

Oh, come posso dirlo... Non ne possiamo essere sicuri, ovviamente, ma come ha detto Maebara-kun non possiamo ignorare questa somiglianza. In fin dei conti, da un lato è vero che ogni individuo ha impronte digitali diverse da quelle degli altri, in caso contrario sarebbero inutili per le indagini... Ma d'altro canto la loro struttura di base è un fattore ereditario. Archi, cappi, spirali... Le forme presenti e il modo in cui sono posizionati in linea di massima sono predeterminati all'interno di una famiglia, e si possono distinguere le impronte di due consanguinei solo tramite le cosiddette minutiae, ossia i particolari più piccoli. Potrei parlarvene a lungo, ma riassumendo ci basta sapere che le impronte di madre e figlio, per esempio, non sono propriamente le stesse, ma sono decisamente simili.”

In altre parole, ci stai dicendo che il colpevole è uno dei parenti di Seohara-san, ho capito bene?”

Flavia lo squadrò, e quindi annuì.

È la prima cosa a cui ho pensato anche io. È pur vero che questo dettaglio poteva risultare molto significativo, ma non potevo certo catalogarlo come prova concreta. È un indizio, ma d'altronde anche persone che non si conoscono tra loro possono avere impronte paragonabili tra loro, è come avere il medesimo colore degli occhi o dei capelli. Era comunque un punto di partenza, e da qui ho condotto delle ulteriori ricerche, per avere la conferma che questa fosse la pista giusta da seguire.”

Ma se non ne eri certa non si poteva andare a prendere le impronte digitali dei suoi parenti? Ti saresti subito tolta il dubbio, e senza margine di errore.”

No. Nessuno ha mai rilevato le loro impronte, la polizia di Ibaraki non aveva dei sospetti reali nei loro confronti. Avevano tutti un alibi di ferro per il primo delitto, quello di Seohara Koji-san per l'esattezza, e anche per gli altri omicidi non era emerso nulla di strano che li riguardava. E contattare la polizia di Ibaraki per chiedere che fossero loro prese le impronte, unicamente sulla base di una teoria così vaga... Capita anche voi che non mi avrebbero mai dato ascolto.”

Flavia sospirò, ma poi riprese di buona lena il suo discorso. “Tuttavia, non sono una che si arrende facilmente, e volete sapere la parte più interessante? Il padre di Rena-chan mi aveva raccontato che Seohara-san era stato colpito sopra l'occhio sinistro, il giorno in cui l'aveva assalita con i suoi due compagni, e la botta gli aveva causato dei seri danni alla vista, oltre ad un dolore atroce. Beh, io non sapevo questo dettaglio, nessuno me ne aveva parlato e nel suo fascicolo non se ne fa accenno, così ho controllato le sue vecchie cartelle cliniche, e lì non c'è proprio traccia di questa cosa. Nessuna operazione chirurgica, nessuna cicatrice, niente occhiali speciali. Nulla.”

Rena obiettò allora: “Ma quando mi hanno spedito quei ritagli di giornale, con quel messaggio così spaventoso... C'era una sua foto su uno degli articoli, e lì portava degli occhiali...”

Assolutamente, ma quelli erano lenti ordinarie, usate per combattere una comune miopia dovuta a cause naturali. I suoi problemi di vista non erano stati originati da un incidente, le cartelle mediche parlano chiaro.”

E quindi Rena aveva torto...” concluse lei, abbassando gli occhi verso il pavimento. Ma Flavia si accorse subito del mutamento nel suo stato d'animo, e non le permise di deprimersi: “Lo so quello che stai provando, Rena-chan. Va tutto bene, dammi solo qualche secondo per finire il discorso e tutto ti sarà più chiaro. In fin dei conti, questa storia mi ha permesso di scoprire una cosa fondamentale, potremmo definirla una vera e propria svolta nelle indagini.”

La ragazza si girò verso di lei, chiedendole di andare avanti con lo sguardo: “Questo è il punto: stando alla cartella clinica, Seohara Koji-kun era in buona salute, ma all'interno della sua famiglia c'era qualcuno meno fortunato... Grazie ad un'intuizione, ho controllato anche lo stato dei suoi parenti, ed ho scoperto che il suo fratello minore ha sofferto per colpa di una malattia, un grave disturbo agli occhi che lui ha avuto diverso tempo fa.”

Come... Come è possibile? Rena non capisce.”

Rena-chan, non credo di sbagliarmi se dico che tu eri sotto stress in quel periodo, essere assalita da tre persone non è mai piacevole, e non penso che tu ti sia interessata a quello che è successo loro dopo i fatti di quel giorno. Non volevi neppure sapere i loro nomi, volevi che loro tre sparissero dalla tua vita. D'altronde, anche Oishi-san sapeva di quella ferita che gli avevi inferto, quindi non era frutto della tua fantasia. Capisci ora quello che è accaduto? Hai colpito uno di loro, ma nessuno dei tre che hanno confessato la loro colpa aveva ferite serie, al contrario del fratello di uno di loro...”

Non ci credo... Suo fratello... Si è preso la colpa di tutto, e ha detto a mamma e papà di essere stato lui.”

Tombola. Penso anche io che sia avvenuta una cosa del genere. I genitori degli aggressori furono informati di quello che era stato fatto dai loro figli, ma può essere che non abbiano saputo la verità nella sua interezza. Seohara Koji-san sapeva che tre persone dovevano ammettere il loro crimine, in quanto tu potevi sempre sporgere denuncia, in teoria; però sperava che tu potessi scambiare lui con il fratello. E poi loro due appartenevano entrambi allo stesso gruppo di ragazzi, non deve essere stato difficile mentire. Forse ha perfino detto che il suo fratellino si era opposto alla sua trovata, che voleva proteggere Rena-chan, chi può dirlo.”

Gli è stato così facile architettare una simile bugia?” chiese Keiichi.

Immagino di sì, visto che questo è esattamente quello che ha avuto luogo, se la nostra teoria è corretta. In fondo gli altri due ragazzi non avevano ragione per contraddirlo, probabilmente li aveva convinti; inoltre nessuno aveva formalmente denunciato il fatto, né loro né Rena-chan, così nessuno ha mai condotto delle indagini approfondite... Già, non ci deve essere voluto chissà che sforzo, per organizzare il tutto. Suppongo che Seohara Koji-san l'abbia fatto per proteggere suo fratello, era un valido studente e non voleva che fosse espulso da quella scuola. Personalmente non riesco ad immaginare un movente differente... Altrimenti, cosa potrebbe mai essere? Rimorso? Paura? Desiderio di celare qualche cosa d'altro? Lo ritengo improbabile, anche se non posso escluderlo, in fondo è passato parecchio tempo da allora, ed adesso lui non può dirci la verità. Anche se devo dire che lui non è riuscito a salvarlo completamente... A quanto mi hanno detto suo fratello è cambiato drasticamente, da quando ha avuto quell'incidente.

Flavia si interruppe. Desiderava controllare la reazione di Rena, prima di continuare. La giovane, ai suoi occhi, pareva infatti a disagio, preoccupata per quello che ancora doveva essere detto su quella storia. Era umano, comprensibile. L'ispettrice, pertanto, appoggiò una mano sul capo di lei, per incoraggiarla: “Ragazza mia, non è giusto che tu ti senta in colpa per questo, è stata colpa loro, non tua. Colpa loro, e solamente loro. Non lo pensi anche tu?”

Che cosa è successo a quello?” fu la stringata replica di Rena. Flavia sospirò, e riprese a spiegare: “I dottori ipotizzano che quell'incidente e la conseguente ferita abbiano danneggiato non solo il suo occhio, ma anche il suo cervello... Dopo un periodo di ricovero in ospedale, pare che abbia mutato il suo carattere, iniziando ad assumere un atteggiamento molto rude e violento. Ha addirittura smesso di frequentare la scuola, c'erano settimane in cui non riusciva semplicemente a tenere in mano un libro, potete immaginarvi i suoi voti. I suoi genitori non sapevano davvero che pesci pigliare, e neppure suo fratello riusciva ad aiutarlo. I suoi sono... come posso spiegarli... subitanei sbalzi d'umore, così riporta la sua cartella clinica. Un momento è quieto e tranquillo, un ragazzo del tutto normale, e il momento dopo impazzisce e attacca chi gli sta accanto.”

Detta così sembra schizofrenia.” ipotizzò Alice.

Forse, ma nella cartella non lo hanno mai chiamato esplicitamente con quel nome, ed io non sono un medico. So solo che uno psicologo l'ha preso in cura per qualche mese, e ho fatto una fatica immane a scoprire pure questo, i suoi genitori non volevano proprio parlarne. Deve essere stato un misto di orgoglio e vergogna, da parte loro. Mettendomi nei loro panni li giustifico anche, deve essere una di quelle esperienze che lascia il segno.”

E quindi la tua ricostruzione dei fatti lo indica come il colpevole, sorellona... Ma non avevate sospetti nei suoi confronti, prima di oggi?”

Come vi ho già detto in precedenza, aveva un buon alibi. E visto che stiamo parlando di qualcuno con probabili disordini mentali, non possiamo neppure affermare con certezza che lui abbia realmente ucciso qualcuno. Pensateci, forse gli ultimi omicidi gli hanno dato la “forza” di passare all'azione e minacciarti, ma magari non è lui il responsabile dei tre delitti. A sentire i colleghi di Ibaraki, poi, vi erano parecchie persone che potevano essere considerate sospette, molto più di lui... Le stesse vittime avevano dei lati oscuri nel loro background. La famiglia di Akinori-san aveva già dovuto fare i conti con fatti di sangue, una sua cugina era morta investita da un mezzo pesante, non troppo tempo prima; una storia per nulla divertente, ma ora non ha importanza. Quanto a Shikoku-san, aveva persino dei contatti con un gruppo di delinquenti legati alla Yakuza, mi hanno detto, e gli agenti incaricati delle indagini stanno ancora investigando in quella direzione, al momento. Stiamo parlando di una questione molto seria, ma che per fortuna pare non collegata con il nostro caso, considerando gli ultimi sviluppi.”

Direi che è tutto chiaro...” concluse Keiichi, posando una mano sulla spalla di Rena, più o meno come Flavia aveva fatto pochi secondi prima “Allora? Dove si trova questo ragazzo, ora? Suppongo l'abbiate già arrestato.”

Beh... temo che tu abbia torto. Ti sei dimenticato che ieri era ad Okinomiya, in mezzo a voi? Ecco, per arrivare qua in tempo per la manifestazione se ne è andato da casa sabato scorso, e i suoi genitori non hanno assolutamente idea di dove possa essere andato.”

Oh, mio dio... Questo sì che è un bel problema!”

Non prendertela con me!” si lamentò Flavia “Non sono certo io che devo dirigere il caso, anzi, quelli di Ibaraki mi farebbero delle storie se solo mi azzardassi a farlo! Certo, sarebbe ora che qualcuno andasse da loro ed insegnasse a quei poliziotti perdigiorno come si svolge questo lavoro... Oh, be, fa niente. Se è tornato ad Ibaraki lo troveranno in fretta, e se è rimasto qui da qualche parte lo troveremo noi. Senza compagni di fuga, senza soldi, senza neppure una meta, non può certo continuare a darsi alla macchia per molto tempo.”

Sarà sufficiente non lasciare mai Rena-chan da sola, e non correrà nessun rischio.” aggiunse Alice, desiderosa di sollevare l'umore della sua amica “Ad ogni modo, rendiamo utile questo dialogo interminabile. Se è stato lui a spingerla per terra, mi spiegate come diavolo ha fatto a sapere che lei si trovava ad Okinomiya, ieri? Non poteva certo seguirci da Hinamizawa, l'abbiamo portata noi alla punto d'inizio della marcia, e se qualcuno ci avesse pedinato ce ne saremmo accorti. Invece non c'era nessuno dietro di noi, ne sono sicura.”

Ti rispondo io” spiegò Keiichi “In accordo con i Sonozaki abbiamo fatto tantissima pubblicità alla manifestazione, e avevamo dichiarato che ogni abitante del villaggio sarebbe stato presente, per dare più forza alla protesta. Era molto più probabile che Rena fosse con noi, piuttosto che da sola a casa propria. Inoltre, posso intuire anche perché sapeva del fatto che anche il terzo ufficio della prefettura sarebbe saltato in aria, e perché l'avesse spinta in quella direzione... In fin dei conti c'erano già state due esplosioni, due delle tre sale al piano terra erano stata devastate dal botto, e la fine che la terza avrebbe fatto era relativamente prevedibile. Tra l'altro ci hai detto che in condizioni normali quello è un ragazzo intelligente, quindi non può non averlo capito.”

Anche se avesse avuto un attacco di schizofrenia in quel momento?”

Penso di sì. Satoko aveva urlato a gran voce quel che stava per succedere, se ti ricordi, quindi non ci voleva questo cervello, per farsi un'idea delle circostanze.”

Quindi, se dovessimo descriverlo in poche parole” osservò Flavia “E' qualcuno che non spia Rena-chan tutto il tempo, non è uno vero stalker da questo punto di vista. Un individuo che sarebbe quasi normale, senonché ogni tanto impazzisce senza alcuna ragione apparente e va all'attacco di persone inermi. In effetti il quadro combacerebbe perfettamente con la sua supposta schizofrenia, grossomodo. Ma in questo caso, deve essere tornato alla normalità dopo quella crisi, e quindi dove si potrebbe essere diretto?”

Stiamo parlando di una sorta di novello Dr. Jekyll & Mr. Hyde, perciò potrebbe anche essere che si sia dimenticato di tutto quello che ha fatto, dopo aver recuperato il controllo di sé... Quindi, lì per lì, non sarebbe stato neppure in grado di accorgersi di essere ad Okinomiya. Se questo fosse lo scenario, allora è plausibile che abbia vagato per qualche minuto tutto stranito, prima di incrociare qualche passante a cui chiedere data e luogo se non addirittura la propria identità, un po' come chi è affetto da amnesia. Ma dopo? Non ha telefonato ai suoi parenti, ce l'avrebbero detto. Che abbia degli amici anche qui ad Okinomiya?”

Non sarebbero amicizie molto raccomandabili, allora. Immaginatevi la scena, senza alcun preavviso vi ritrovate in casa un ragazzo dall'aria stravolta di cui conoscete bene le condizioni di salute, non lo accogliereste mai senza battere ciglio e lo bombardereste di domande per capire che cosa gli è accaduto, e probabilmente dopo chiamereste comunque i suoi genitori per informarli. A meno che non siano amici che non lo vedono da molto tempo, e che quindi non sanno della sua malattia, ma anche in quel caso il suo aspetto dovrebbe far sorgere più di un sospetto.”

Pensi possa avere dei complici, allora? Qualcuno che sa di quello che sta facendo, e che lo vuole aiutare?”

E chi potrebbe mai essere? Qualcun'altro che odia Rena-chan? Nah, questa ha tutta l'aria di essere l'azione di un folle solitario. Comunque, dobbiamo trovarlo, e per farlo renderemo pubblica la sua sparizione, spero che la sua famiglia capisca. In questa maniera sarà più arduo per lui nascondersi, e se davvero quel tizio vive a casa di amici o conoscenti faremo sì che chi lo sta ospitando venga a sapere della verità, magari ci aiuteranno perfino.”

OK, per me va bene, ma adesso...”

Rena è dispiaciuta di esservi così tanto di disturbo.” le amare parole della ragazza interruppero il dialogo tra Flavia e Keiichi. Stava tenendo la testa china sul petto, senza osare guardare nessuno dei suoi amici dritto negli occhi. Non era solo Seohara a tormentarla, c'era anche il suo triste passato. Quel passato che aveva voluto evitare a tutti i costi, sin dal giorno in cui aveva fatto ritorno ad Hinamizawa, e che aveva voluto cancellare dalla propria vita, arrivando al punto di cambiare il proprio nome. Ed ora, quel passato la stava inseguendo, raggiungendola per l'ennesima volta, e dimostrandole che esso era esistito e che non poteva essere rinnegato. Quindi non posso passare una vita normale, come tutti gli altri? Non potrò mai mettermi il cuore in pace, non può farlo anche Seohara? Perché deve fare della mia vita un inferno, invece di rimanere con la propria famiglia, a lenire il proprio dolore...

Ma Keiichi, sentendola, ebbe la prontezza di replicare subito. Non voleva che la sua amica annegasse nella disperazione. “Rena, che cosa vuoi che facciamo, per renderti felice fino in fondo?”

Rena alzò lo sguardo, colta di sorpresa da quella stramba proposta: “Io... Rena non saprebbe cosa suggerire...”

Per l'appunto. Il fatto è che non c'è una vera risposta a questa domanda. Le persone devono sempre prendere delle decisioni, e queste rendono spesso infelice qualcun altro. Ma pretendere che qualcuno sia triste per colpa nostra è come pretendere di essere Dio... di essere come Oyashiro-sama. No, anzi, come qualcuno anche più potente di lui, neppure Oyashiro aveva un tale potere sui suoi concittadini. Neanche lui poteva rendere le persone tristi o contente a comando, e forse Lui se ne è sempre dispiaciuto, per non essere stato capace di portare la propria gente alla felicità.”

Con un tenue movimento del capo Rena mostrò di essere d'accordo, e il suo amico continuò: “Nessun essere umano ha mai avuto un tale potere e mai lo avrà, grazie a Dio, se un uomo lo avesse andrebbe subito incontro alla follia e alla disperazione. D'altronde, se c'è qualcosa che possiamo fare per rendere una persona più felice, è giusto farla; e capisco anche i casi dove c'è qualcuno che dice di stare bene e di non aver bisogno dell'aiuto degli altri, ma dove tutti sanno che in realtà non è così e che lui sta pregando dentro di sé di essere soccorso... Ma tutto questo senso di responsabilità non può costringere gli altri a fare quello che non vogliono. Al tuo prossimo puoi dare suggerimenti, consigli... ma la scelta finale appartiene a lui, ed è solo sua la colpa se questa si rivela sbagliata. Se tu forzassi la mano a chi desideri aiutare, li porteresti all'infelicità proprio perché non sarebbero liberi di percorrere la strada che vogliono, anche se quest'ultima fosse per te quella sbagliata.”

Quegli incitamenti parvero risvegliare Rena dall'apatia in cui era sprofondata, e quindi Keiichi insistette: “Spero che questa chiacchierata ti abbia aperto gli occhi... Se un uomo è infelice, è anche a causa delle proprie azioni, di qualcosa che lui stesso ha fatto, e di cui lui si pente; i fattori esterni hanno solitamente un ruolo minore. Ma quindi dare la colpa agli altri non risolve i tuoi problemi, anzi: se Seohara-san pensa che tu abbia in qualche modo distrutto la sua esistenza, allora è solo uno stupido paranoico che non ha capito nulla della vita, che non risolverà mai nulla, e lui non ha il diritto di rovinare anche la tua. Non sei d'accordo con me, Rena? Questa storia finirà molto presto, ci hai sentito mentre discutevamo, e poi siamo tutti vicini a te, sia chi si trova ora in questa stanza sia gli altri tuoi amici.”

La ragazza seduta accanto a lui sorrise, felice di sentire quelle belle parole, ed Alice applaudì a quello show di oratoria: “Gran bel discorsetto, Kei-chan. A volte ho l'impressione che quello che ti esce dalla bocca abbia anche la capacità di risvegliare i morti, se necessario.”

Oh, non è che mi sia inventato chissà cosa, eh eh. Flavia aveva già detto tutto quello che c'era da sapere, e l'ho ripetuto senza aggiungere nulla, rielaborando i concetti con termini differenti. Siamo già passati per situazioni come queste.”

Resta il fatto che questo sia un dono notevole, vanne fiero. Sei così diverso da Nii-chan...”

Giancarlo, che stava assistendo all'intera scena in un angolo senza partecipare, si senti tirato in mezzo e non gradì. Rispose allora: “Senti un po', a giudicare da quanto parlate direi che voi tre siete più che sufficienti per tirarla su di morale, o renderla felice, se devo usare le vostre parole. Rena-chan ha già tutto il sostegno di cui ha bisogno... Perchè devi sempre coinvolgermi in tutto quello che fai, Nee-chan?”

Perché creare un atmosfera amichevole e cordiale richiede la presenza di ognuno, senza rompiscatole o menagrami guastafeste tra i piedi. Non ti è concesso rimanerne fuori.” Alice gli ghermì il braccio e lo trascinò verso il centro del gruppo. “Bene, ora che sei qui va tutto bene.”

No che non va bene. Kei-chan ha appena detto che non è giusto dare ordini al prossimo, e dopo due o tre secondi tu invece fai l'opposto...”

E questo perché tu rappresenti l'eccezione, caro mio, l'eccezione che conferma la regola.”

Oh, Rena pensa che lui appartenga alla categoria dei ragazzi che non ammetteranno mai di gradire l'amicizia altrui.” disse la ragazza dai capelli castani, la quale stava ora contenendo a malapena la risata “Gi-chan è veramente un ragazzo fuori dall'ordinario, lo è, sì sì, lo è, lo è!”

A quell'esclamazione, Giancarlo la fissò impacciato, rosso come un peperone, mentre Alice scoppiò a ridere: “Eh sì, questa è la miglior descrizione che si può fare di lui!” Era molto contenta di quel commento, sembrava un promettente segnale dell'interesse di Rena nei confronti del fratello “Però, se dovesse servire, potremmo mandare Nii-chan a casa di Rena-chan per qualche giorno, come ha fatto Kei-chan per la Questione Frane...”

N-n-no, grazie mille” rispose lui, nel panico “Non voglio fare la sua stessa brutta figura...”

E così tutti si abbandonarono a una risata fragorosa. Tutti tranne Keiichi, che aveva perso il filo del discorso e non riusciva proprio a capire a cosa si stessero riferendo.








Nota dell'autore totalmente scorrelata dal capitolo: qualcuno ha visto il trailer di Higurashi Kaku? Io sto già sbavando O.O

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Capitolo 25
*** Il peggiore degli amici ***



Capitolo 24: Il peggiore degli amici


Hinamizawa, 23 Dicembre 1983

Quando la nonna verrà a sapere che non andremo alla messa di Natale ci rimarrà malissimo... Ci tiene sempre così tanto...”

I due giovani Serco si trovavano di fronte a un gigantesco edificio, che si ergeva maestoso dinanzi ai loro occhi e il cui scopo primo era ispirare rispetto e timore nei confronti dell'entità che esso rappresentava. Ma, in barba a quello di cui stavano parlando, esso non si trattava di una chiesa, ma di un maniero. Quello dei Sonozaki, a voler essere precisi.

Certamente l'ascendente e la maestosità di quel palazzo erano simili a quelli di una cattedrale, in fondo, e quindi era naturale che Giancarlo si lasciasse scappare un commento del genere. Comunque, Alice gli si avvicinò con fare disilluso, e gli rispose: “La chiesa più vicina si trova a Nagoya... Non faremmo in tempo a raggiungerla neanche se partissimo in questo momento, in pratica. E poi la neve degli ultimi giorni sarebbe un'ulteriore gatta da pelare, se volessimo andarci, molte delle stradine intorno a Okinomiya sono impraticabili, e ci renderebbe il viaggio anche più lento di quanto non sarebbe già, non credi anche tu? E non ti scordare che lasciare gli altri nel momento del bisogno solo per andare a una messa non è propriamente un atto da bravi cristiani.”

Veramente ti staresti dimenticando del Collegio di Santa Lucia, Nee-chan, quella non è molto lontana da qui. Shii-chan ci ha vissuto per un bel po' di tempo prima di scappare, e mi sembra che una volta ci abbia detto che ci fossero anche delle suore, da quelle parti. Insomma, se delle religiose vivono lì avranno pure un posto dove pregare, che so, una cappella...”

Non sarebbe una buona idea. Shii-chan non ha dei bei ricordi riguardo a quel collegio, quella volta lo aveva definito catena di montaggio per fabbricare signorine ricche di buone maniere e povere di cervello. Quel luogo non le è mai piaciuto, secondo lei chi dirigeva la baracca non era gente degna della fiducia altrui.”

Va bene, ma non puoi farti influenzare ogni volta da quello che dicono gli altri, adesso. Non sarei sorpreso se fosse stata lei, con il suo atteggiamento, a mettersi nei guai con suore e direttori e quant'altro, talvolta quella ragazza è troppo istintiva... Dimmi la verità, se a Shii-chan piacesse solo chi si butta dal tetto di un grattacielo, tu lo faresti?”

E questa dovrei prenderla per una risposta? Nii-chan, quello che volevo dire è che non mi troverei mai a mio agio in quell'istituto. Io non ci sono mai stata, ma ti posso dire che quel posto ha un che di sinistro, per me. Ci sono stati perfino degli omicidi lì dentro, qualche tempo fa, e a quanto pare hanno voluto insabbiare tutto, non hanno mai scoperto il nome dell'assassinio, né il movente. Shii-chan era lì quando quella storia ha avuto luogo, e se non ti fidi di lei puoi sempre andare a cercare delle notizie su qualche vecchio giornale.”

Mi chiedo se ci sta anche un articolo sulla sua grande fuga dal collegio, allora... Non nego che abbia avuto del fegato nello scappare, se l'avessero presa la sua punizione non sarebbe stata solo andare a letto senza cena... Però mi chiedo se la stiano ancora cercando, dopo tutti questi mesi...”

No, no, non è possibile. Anzi, è molto più plausibile che non l'abbiano cercata affatto, o che abbiano smesso dopo pochi giorni. Ormai il trambusto causato dalla sua sparizione non poteva essere più evitato, rischiavano solo che il loro buon nome andasse a farsi benedire del tutto, e poi i Sonozaki avevano anche deciso non pagare più la sua retta, quindi...”

Quella adora causare grattacapi, te lo dico io... Vai a capire per quale oscura ragione abbia deciso di mettersi con un ragazzo così monotono, invece.”

Misteri della vita!” rise Alice “Ma perché non glielo chiedi di persona, se sei così curioso?”

Giancarlo preferì troncare la discussione, temendo che quel confronto verbale fosse perso in partenza: “Non importa. Convengo che entrare in una chiesa e cantare allegramente non sia molto rispettoso verso i nostri amici, quindi sarà meglio lasciar stare. Su allora, entriamo nel Maniero e facciamo questo fioretto, sperando che Dio non se la prenda con noi – e neppure la nonna...”

Alice si divertì un mondo, sentendo quelle strampalate quanto insolite uscite del fratello, e quindi entrò insieme a lui prima nella casa e poi nella sala dove avrebbero preso parte all'incontro a cui erano stati invitati. Ognuno dei loro amici era già presente, così non fecero altro che salutare e sedersi: anche Rena era già arrivata, aveva raggiunto l'edificio con Rika e i soliti due ufficiali di polizia, e fortunatamente sembrava di buon umore, nonostante i deludenti risultati delle indagini sul conto del suo stalker, il quale non aveva ancora un volto. Perlomeno, ora come ora stava bene, e si sentiva protetta. Così, Mion poté passare subito ad illustrare lo scopo di quel raduno, senza perdere tempo.

Mettiamo subito le cose in chiaro” spiegò “La JOST è ufficialmente scomparsa dalla faccia della terra.”

Quella breve dichiarazione spiazzò tutti coloro che la udirono. Mion non stava sorridendo, al contrario aveva un aspetto molto serio e composto. Non erano buone notizie, quindi? D'altronde, non erano stati loro a sconfiggere la JOST, anzi non avevano fatto nulla per contrastarla, a parte la marcia di protesta, quindi cosa poteva essere accaduto nel frattempo? Tali erano gli assilli che riempivano le loro menti, e per fugarli fu necessario che la ragazza dalla coda di cavallo aggiungesse dell'altro: “Almeno, questo è ciò che lo zio prefetto mi ha confidato. In data ventun dicembre, ossia non più di due giorni fa, la società denominata Japanese Offices for the Services on the Territory ha formalmente cessato ogni sua attività ed è stata posta in liquidazione. Tutti i beni di sua proprietà sono stati venduti od assegnati ad altri gruppi, sempre in modo tale che risalire ai fondatori della compagnia fosse impossibile. La polizia si sta ancora cimentando in questa impresa, ma oramai temo che non avranno successo, sapete come funzionano queste cose.”

E quindi possiamo concludere che l'unico vero scopo della JOST era mettere le loro sporche manacce su Hinamizawa, a conti fatti.” esclamò Keiichi “L'avevano creata solo sei mesi fa, apposta per questo motivo, e ora ha già smesso di esistere. Be', abbiamo corso un bel rischio, e forse non siamo ancora fuori pericolo... Che ci dici di Nabiha-san? Gli avranno fatto il terzo grado, ovviamente.”

Sicuro. In realtà sono stati costretti ad aspettare che lui si riprendesse almeno in parte, dopo quello che qualcuno gli aveva fatto.” si girò verso Giancarlo, lanciandogli un'occhiataccia critica “E dopo lo hanno subissato di domande, in maniera da fargli sputare fuori tutto quello che sapeva. Malauguratamente, gli esiti non sono stati soddisfacenti.” Mion picchiettò su una piccola pila di documenti appoggiati sul tavolo in mezzo a loro, in modo da indirizzare l'attenzione di chi la stava ascoltando “Qui ci sono delle copie della sua deposizione firmata, potete leggere voi stessi quello che ha dichiarato.”

Satoko guardò quei fogli, incuriosita: “Ma non dovrebbero essere rapporti segreti, tenuti al sicuro nella loro centrale? Come mai si trovano qui?”

Non è nulla di grave, Satoko-chan, possiamo concederci una piccola trasgressione della legge, in questi casti. Volevo solo essere sicura di evitare altre spiacevoli sorprese, nessuno ci farà delle storie per questo. Piuttosto, focalizziamoci sulle questioni importanti e leggete.”

Ogni membro del club raccolse una copia di quel testo, e fecero quanto Mion aveva suggerito loro. Nella sua stringata ricostruzione dei fatti, Nabiha aveva narrato la sua storia. La sua famiglia era infatti in declino, a causa della dipendenza dal gioco d'azzardo di suo padre, il quale aveva perso enormi somme di denaro; col passare degli anni, la loro influenza ad Okinomiya e le zone circostanti era andata via via scomparendo, in particolar modo a vantaggio dei Sonozaki. Lui non poteva accettare una simile decadenza, ma al tempo stesso si era reso conto di non poter far nulla per impedirla, decidendo di nascondere i suoi veri sentimenti e continuare a spacciarsi per un amico dei Kimiyoshi. Non si sarebbe mai ribellato al suo destino, se non avesse incontrato quell'uomo...

Nabiha aveva riportato difatti di essere stato contattato da un uomo, un giorno in una birreria. Un uomo di cui non conosceva il nome, ma che gli aveva porto su un piatto d'argento l'opportunità di riguadagnare l'onore e la dignità che i suoi antenati avevano in passato e che negli ultimi tempi avevano smarrito. Forse quello sconosciuto era cosciente di quello che era successo alla sua famiglia e di quello che lui provava dentro di sé, forse era al corrente che sotto quella maschera di affabilità e belle maniere c'erano un odio e un astio mai sopiti, e quindi gli aveva fatto una proposta precisa. In cambio della sua collaborazione per il suo piano di conquista gli offrì denaro e la fama perduta, ammaliandolo con la prospettiva di diventare l'uomo più importante di tutta Okinomiya. E questo era proprio quello che Nabiha voleva. Non ci volle molto, perché accettasse.

Quindi questo era il suo movente” commentò Rena, mentre terminava di leggere “Suppongo che il denaro fosse il premio minore, per lui. Il suo vero desiderio era cercare di ritornare ad essere qualcuno di importante, di sentirsi un uomo realizzato. Ed invece l'unico risultato che ha ottenuto è stato quello di lasciare sua moglie e suo figlio da soli. Rena è così dispiaciuta, è così dispiaciuta...”

Tuttavia questo non spiega per quale motivo il nostro amico si sia fidato di un tizio del genere, mai incontrato in vita sua. Gli ha promesso mari e monti in cambio in operazione rischiosa come quella... Una cosa talmente fuori dal mondo...”

Rika squadrò Shion, colei che aveva pronunciato quelle ultime parole, e si lasciò ad un amaro sorriso. Invece no, non è nulla di assurdo, anzi... Basta essere disperati, e comincerai a credere ad ogni speranza che ti viene portata agli occhi, vera o falsa che sia, e cerchi di afferrarla senza nemmeno farti domande. Lo so molto bene, i quaderni degli appunti di Takano, pur pieni di leggende improbabili e di storie sugli alieni, ci hanno provocato talmente tanti disastri e tragedie nei mondi passati... In fondo in fondo non penso che Nabiha-san sia molto diverso da noi. Ha commesso degli errori ed è caduto a causa delle sue paure e delle sue fissazioni, ma a differenza di noi non ha avuto una seconda possibilità, un secondo mondo per imparare dai suoi errori. Mi dispiace per lui, veramente, è stato decisamente più sfortunato di noi. Non dovremmo lasciarlo da solo, non voglio farlo, anche se è stato nostro nemico.

Nel frattempo, Alice stava continuando a leggere: “Perciò gli avrebbero dato facoltà di firmare tutti quei contratti a loro nome, avvalendosi delle coordinate bancarie di un conto corrente da cui Nabiha-san non poteva prelevare direttamente... il che è ovvio visto che teoricamente lui poteva sempre riempirsi le tasche e svignarsela, lasciandoli con un palmo di naso. Poi... Beh, sono solo dettagli tecnici che per noi sono inutile, immagino. Quindi non sapeva neppure come quel compare si chiamasse, un vero peccato. Ma perché volevi che leggessimo questa roba noiosa, Mii-chan?”

Perchè volevo essere sicura che voi sappiate tutto quello che so io, giusto per poter fare a meno di ulteriori spiegazioni” rispose lei freddamente “Infatti ora tocca a me chiedervi una cosa: qual è la vostra opinione su tutta questa storia? E soprattutto, cosa dovremmo aspettarci, d'ora in poi?”

Qui hanno scritto che l'uomo che aveva ingaggiato Nabiha sapeva del suo stato d'animo, quindi non penso sia un forestiero. Dovremmo concentrare le ricerche sulle persone che vivono in zona, sulla popolazione di Okinomiya.”

O su quella delle città vicine, ma di base sono d'accordo con te, Satoko.” In realtà quest'ultima condizione includeva anche la stessa Hinamizawa, ma Keiichi preferì non dirlo esplicitamente. “Inoltre dovremmo restringere il cerchio considerando solo i cittadini più facoltosi, gli unici in grado di avere le risorse necessarie per...”

Sì, sì, mi sono soffermata anche io su questo aspetto, e per tanto tempo” disse Mion, interrompendo l'amico senza degnarlo di uno sguardo “Ma il punto è che se procediamo con questo ragionamento arriviamo a un vicolo cieco. La famiglia Sonozaki è di gran lunga la più ricca della zona, e nessun altro dispone delle risorse e dei fondi necessari per un'impresa così mastodontica. D'altro canto, non possiamo escludere che una società esterna abbia finanziato la persona o le persone che stiamo rintracciando, esattamente come è accaduto per Nabiha-san, in modo tale da fondare la JOST e tutto il resto. Ma questo significherebbe che chiunque potrebbe essere stato la mente di questo piano, e saremmo punto e a capo.”

Qui leggo che non c'è una descrizione del ricercato...” notò Shion, rileggendo il testo “Come è possibile? Nabiha-san deve averlo visto in qualche modo, se lo ha incontrato in una birreria!”

Non è che lo abbia incontrato in birreria di persona. È stato contattato via telefono, mentre si trovava lì, ed anche nei giorni successivi si sono sempre parlati con una cornetta in mano. È evidente che lo spiavano e che attendessero il momento più adatto per circuirlo, l'alcool tende sempre ad esasperare la depressione e la tristezza delle persone, e Nabiha-san avrebbe avuto meno obiezioni con un boccale colmo davanti. E se volete proprio saperlo, le varie telefonate che hanno avuto con lui sono sempre state effettuate tramite telefoni pubblici di Okinomiya, così è impossibile localizzarne l'autore.”

Dobbiamo battere delle altre piste, allora. Per esempio, sappiamo del movente di Nabiha-san, ma che dire di quello dei suoi mandanti? Se lo scoprissimo... Dobbiamo fare delle ipotesi.”

Stai pensando a qualcosa che riguarda la Diga, Ali-chan?”

Heh? Bah, in realtà no, a dire la verità penso che se mirano a costruire la diga allora hanno scelto la strategia errata. Al fine di realizzarla, avrebbero dovuto acquistare altri tre o quattro villaggi oltre ad Hinamizawa, come Kimiyoshi-san mi aveva spiegato domenica scorsa. In questo caso, i nostri avversari avrebbero fatto meglio a comprare prima gli altri paesini, e solo dopo si sarebbero occupati di noi. Vale a dire, procedendo così ci avrebbero fatto terra bruciata intorno e per loro sarebbe stato più facile: noi saremmo rimasti totalmente da soli, senza la possibilità di chiedere aiuto ai vicini. Io, Nii-chan e Flavia ne abbiamo discusso a casa, e siamo giunti tutti alla medesima conclusione.”

Però” osservò Shion “Se avessero comprato gli altri villaggi prima di attaccarci avrebbero speso una vera fortuna, e ben prima di iniziare il loro piano vero e proprio. Non potevano certo ignorare il fatto che avrebbero anche potuto perdere questa battaglia, cosa che grazie a Dio è effettivamente accaduta, e in questo caso avrebbero perso valanghe di denaro senza concludere un accidente.”

Oh, per quello sarebbe bastato aggiungere un'altra postilla al contratto, dove scrivi che paghi non subito ma solo dopo alcuni mesi, ad operazione conclusa. A quel punto, qualora quei criminali avessero dovuto tagliare la corda per colpa nostra, lo avrebbero fatto senza sganciare un centesimo. Così funzionerebbe, no?”

Resta il fatto che delle persone così ricche da comprarsi una vallata non dovrebbero avere interesse a complicarsi la vita per guadagnare altro denaro. Cosa se ne dovrebbero mai fare?”

Hai ragione, Shii-chan, non riesco proprio a vedere quello che ci è successo come una Seconda Guerra della Diga.”

Ok, ok, ho capito quello che volete dire” Mion le interruppe bruscamente “Quindi, possiamo scartare l'idea del complotto per costruire la Diga. Altre idee?”

A dirla tutta...” disse timidamente Rika “Ci sarebbe... la Sindrome.”

Nessuno rispose. Usare quella malattia solo per arricchirsi? Quella teoria era un orrendo abominio, ma del resto sapevano che qualcuno ci aveva già provato in passato, senza curarsi dell'immane dolore che avrebbe causato, quindi non potevano escludere che fosse così. Comunque, Satoko obiettò: “Però qualcosa non tornerebbe anche qui. Se la verità fosse questa allora quelli sarebbero interessati solo ad Hinamizawa e non a tutta la valle, e qui corrisponde... Ma quindi non avrebbero fatto meglio a concentrarsi sugli abitanti, invece che sulle case? Avrebbero potuto rapire qualcuno di noi, invece di generare un caos del genere... No, non mi convince...”

Magari hanno trovato qualcosa di interessante che noi non sappiamo, non si può affermare a priori che non è così.” ribatté Keiichi “La Sindrome è ancora materia di studio, e una nuova scoperta può sempre cambiare le carte in tavola. Fatemi pensare, forse erano interessati alla Palude dell'Onigafuchi, ai miasmi che produce e che condizionano l'aria che si respira qui... Per quanto ne sappiamo potrebbero aver condotto delle ricerche parallele, in questi ultimi anni. Da una parte Irie-sensei veniva lasciato da solo con i suoi studi insieme a Takano; dall'altra, degli scienziati di cui non sappiamo alcunché realizzavano degli altri esperimenti, forse finanziati dalla stessa Tokyo. E notate che se fosse così allora loro potrebbero ignorare dettagli del parassita che noi invece conosciamo, come potrebbe essere l'ATPC di Mion... Degli ipotetici studiosi senza scrupoli l'avrebbero fatta rapire all'istante, nel momento in cui avessero scoperto quello che circola nel suo sangue. Mi sembra che molti aspetti calzino a pennello.”

Però, Kei-chan, allora ci devi anche dire in che modo questi altri scienziati avrebbero fatto i loro test” replicò Mion “Il parassita vive solo all'interno del cervello umano, lo sai.”

Non saprei cosa risponderti... Però è anche vero che la Tokyo non si fidava molto di Irie-sensei, e quindi avrebbero potuto chiedere a qualcun altro di fare ricerche simili, anche per confrontare i risultati, e... Già, te lo ricordi? Quel ragazzo morto qualche anno fa, non lontano dalla Fossa di Yagouchi, quello che hanno trovato privo di vita nell'auto con suo padre...*” Shion abbassò lo sguardo, udendo quella vecchia storia.

"No, non possono avere usato loro come cavie. I loro cadaveri erano intatti quando li hanno rinvenuti, se non mi sbaglio. Il fatto è che sappiamo il destino di tutte le persone scomparse negli ultimi anni, comprese quelle colpite dalla Maledizione del Monaco. No, se ci sono degli altri studiosi in questa storia di sicuro non hanno utilizzato esseri umani, per analizzare la Sindrome.”

Ma potrebbero avere usato degli animali” osservò Giancarlo “Lo fanno spesso nelle ricerche mediche... Topi da laboratorio, scimmie... E anche maiali, quelle bestie hanno molte malattie in comune con gli uomini.”

Potrebbe essere possibile, potrebbe essere possibile?”

Non lo so, Rena-chan, dovremmo chiedere a Irie-sensei. Personalmente penso che sia fattibile, e po-”

Forse non hai capito quello che ti ho detto prima” Mion lo interruppe di nuovo, come aveva fatto prima con le altre ragazze “Ma non credo che la Sindrome sia la via giusta da seguire. Diventerebbe tutto troppo complicato, a mio parere, e quello che sto cercando sono buone idee e strategie, non dei voli pindarici o dei castelli in aria, quindi per favore passiamo ad altro.”

Allora che dite di-”

Potresti attendere un secondo, Satoshi-kun? C'è qualcosa che devo chiarire, prima.” Keiichi si era voltato verso Mion, che lo stava fissando senza tradire alcuna emozione, e così le chiese, senza giri di parole: “Perchè ti stai comportando in maniera così scorbutica, oggi? Ci stai facendo sentire tutti a disagio, signorina.”

La ragazza si assicurò allora di tenere ben ritto il capo, come per dare enfasi a ciò che era in procinto di dire, e quindi: “Di cosa stai parlando, ora? Ci sono questioni molto più importanti da prendere in esame, e tu invece vorresti parlare della mia supposta arroganza? Sarebbe fuori luogo, non lo pensi anche tu?”

Forse, ma non riesco più a ignorare il tuo comportamento. Credi che noi saremo in grado di aiutarti davvero, se continui ad atteggiarti così?”

Da quando in qua non riesci più a sopportarmi, Kei-chan? Sei diventato deboluccio, non immaginavo che tu potessi essere spaventato da una bazzecola tanto insignificante. Se mi comporto in questo modo sarà perché penso che debba comportarmi in questo modo, punto. O piuttosto pensi che io lo faccia per capriccio, per divertirmi?”

Kei-chan non ha tutti i torti, Mii-chan, anche io ho avuto la stessa impressione” replicò Giancarlo “Da una settimana a questa parte hai iniziato a fare la seriosa... Qualche volta diventi anche cinica ed insensibile. Non posso dirti di conoscerti bene, visto che non sarebbe vero, ma nell'ultimo periodo la tua personalità è mutata completamente, e temo che a nessuno qui piaccia questo cambiamento.”

Oh, sicuro, il Lupo Solitario ha parlato. Dopo quello che hai combinato domenica scorsa hai pure il coraggio di rimproverarmi, di farmi questo bel sermone? Aspetta, non eri mica tu quello che se n'è andato via scappando come un verme, piagnucolando tutto in lacrime Scusatemi, Scusatemi alla fine del tuo bel show?”

Gli occhi di Rika guardarono sgranati la sua amica, non credendo a quello che stava dicendo. Che le è preso? Hanno ragione, oggi è... sembra arrabbiata con tutti noi. A vederla cosi non pare fidarsi nemmeno dei suoi amici, anzi, è come se non ci considerasse più tali. Ai suoi occhi non siamo quasi più un problema che un sostegno... So bene di come lei detestasse il fatto di essere considerata un maschiaccio, specialmente da Keiichi, però questo atteggiamento non è certo la soluzione ai suoi problemi, anzi. Possibile che questi siano gli strascichi della loro separazione? Possibile che averlo lasciato abbia avuto queste ripercussioni sul suo carattere? O questi sono piuttosto... gli effetti di quella proteina sulla sua personalità? Spero proprio che l'ATPC non la stia avvelenando, in qualche modo...

Involontariamente, questa sua ultima domanda trovò risposta nella reazione che ebbe Giancarlo: “Immagino di aver toccato un nervo scoperto... Sbaglio o sei delusa per non essere stata in grado di aiutare le persone del tuo stesso villaggio?” Mion spalancò gli occhi, e Giancarlo sogghignò, realizzando di aver fatto centro, così lui proseguì: “Posso intuire quello che sta frullando nella tua testa... Sei assillata dall'idea che tu non sia stata sufficientemente forte per proteggerli, ti sei pentita di essere svenuta nell'attimo più difficile. E pertanto adesso stai provando a convincerti che ora sei diventata più forte, che puoi fronteggiare le crisi che verranno in futuro, ma l'unico frutto di questo tuo tentativo è stato farci sentire come degli inetti, come dei ragazzini arrivati fin qui per errore. Ho già visto questa scena e so dove porta un atteggiamento così autoritario e dispotico; anche tu avresti già dovuto apprendere questa lezione, ti ricorderai senz'altro quello che era avvenuto quando Rika-chan si era messa di fronte alla finestra di casa nostra a spiarci, e quanto tu sia stata inutilmente seria, quel giorno. Insomma, evita questo genere di comportamento che non fa bene né a noi né a te stessa e datti una calmata.”

Non erano le parole giuste. Mentre ancora le stava udendo, Mion si levò in piedi d'impulso, e sorridendo ironicamente si avvicinò al ragazzo che si era azzardato a pronunciare quell'insulto. Dal canto suo, invece, lui non le toglieva gli occhi di dosso, rimanendo seduto sulle sue gambe. Si stava preparando a difendersi dall'impetuosa replica della giovane, che giunse presto: “A sentirti parlare si direbbe che tu sappia sempre tutto, vero piccolo idiota? Sapresti già dirmi quali saranno le conseguenze del mio atteggiamento, è così? E allora illuminami, forza. Però, se la mia memoria non mi inganna, non eri stato capace di prevedere il modo in cui sarebbe finito il tuo così brillante show, settimana scorsa, a meno che tu sapessi fin dall'inizio che saresti fuggito come un verme e che tu abbia fatto tutto di proposito, il che sarebbe buffo...”

Mion si inginocchiò nuovamente, a pochi centimetri da lui, e con la mano destra gli prese la guancia, tastandogliela con le dita per infastidirlo: “Ah, un'altra cosa... Shion mi ha informato della storiella cretina che tua sorella ha raccontato qualche giorno fa... Così tu odieresti le persone cattive ed aggressive? Le persone come me, forse? Sono odiose, non riesci a convivere con loro, le vorresti veder crepare, le detesti, come detesti me... Dimmelo, se sono in errore.” Con la mano gli fece ruotare lievemente il capo, e poi gli sussurrò nell'orecchio: “Sarà divertente, quando vedrai cosa può fare una donna con questo comportamento che ti irrita così tanto... Morirai d'invidia, comprendendo di aver torto marcio...”

E vorresti fare tutto da sola?” Giancarlo cercava di muoversi il meno possibile, cercando di trattenersi, ma istintivamente aveva allontanato un poco la propria testa dalla sua, estremamente infastidito. Accorgendosene, lui tentò di evitare il suo sguardo beffardo, ed aggiunse: “Non sono sicuro che i tuoi amici ti seguiranno, se non ti dai una calmata.”

E perché non dovrebbero?” Mion si rialzò, soddisfatta da quella scena “Sono conscia di aver ancora bisogno di loro, non li sto rinnegando. Ed è proprio questo il nocciolo della questione. Io non sono come te, sei tu quello che pretendeva di fare tutto contando solo sui tuoi mezzi, sei tu quello che si è pentito di quello che ha fatto, stai forse provando a dimenticarlo? Non ho intenzione di compiere il tuo stesso errore, e il fatto che mi stia comportando in maniera diversa dal solito è dovuto solo alla situazione, ma a quanto pare questo non ti entra in testa. E tutto questo in barba ai miei sforzi di essere gentile ed amichevole nei tuoi confronti, ti ricordi quello che ho fatto lunedì? Ti ho dimostrato la mia superiorità con una mossa spiritosa, avevo persino riso a crepapelle con tutti gli altri, per farti sentire a tuo agio, integrato nel nostro gruppo.”

Mi hai scagliato contro il pavimento, e mi hai fatto male. Pensavi forse che l'avrei apprezzato, sul momento?”

E' questo quello che intendo. Ti lamenti quando sto scherzando, ti lamenti quando divento seria... Che cosa pretendi da me? Perché non mi lasci in pace?”

E quindi il problema sarei io?”

... Sì, il problema sei tu.” rispose infine lei, dopo un secondo di esitazione.

Giancarlo dovette pensare allora a una replica, ma era titubante sul cosa dire. Quindi, disse dopo una breve pausa: “Io semplicemente non riesco a capire questi sbalzi d'umore. E neanche Kei-chan riesce a farsene una ragione, l'hai sentito anche tu.” Nel dire ciò, aveva abbassato la testa, come segno di sottomissione, ma Mion non si calmò, anzi parve alterarsi ancora di più, per quell'affermazione così dimessa. Voleva sentire da lui una risposta maggiormente violenta ed irruente, il suo desiderio di sfida ma ancor più il suo animo inquieto bramavano avere un avversario dinanzi a lei, e quindi lei insistette:

Sì, è così... Non mi piaci, per niente. Non riesco ad apprezzare le persone come te, semplicemente rappresenti quello che io non voglio essere. Un uomo senza nessun amico fidato, freddo ed insensibile. Qualcuno convinto di poter fare tutto da solo, ma che in realtà non capisce di dover per forza farlo così perché non ha nessuno al suo fianco. Qualcuno... destinato infine ad essere perseguitato dai rimorsi di coscienza, per gli errori che commette e continuerà a commettere, visto che è proprio la sua visione del mondo ad essere una fesseria. Mi... Mi dispiace, ma se andrai avanti su questa strada la tua vita non potrà che essere miserabile, non avrai mai un vero momento di felicità, sarai sempre tormentato dai tuoi dubbi, che non saranno mai dissipati appunto perché non hai nessun amico a cui chiedere consiglio. E io non voglio fare la tua stessa fine, stanne certo.”

Mion sghignazzò, e quindi aggiunse: “Però ad essere sincera mi stai un po' sorprendendo, adesso. Supponevo che tu avresti reagito a queste mie parole, un po' come hai fatto nei confronti di Nabiha-san... In verità desideravo mostrarti la reale differenza tra me e te, desideravo che le tenebre uscissero ancora una volta dal tuo cuore, per farti vedere quello che sei nel profondo... Invece... Su, cosa ti è successo? Forse il tuo senso dell'onore ti proibisce di attaccare una fanciulla? Hmm?”

Onee, stai davvero esagerando, ora.” Un braccio si frappose tra i due. Apparteneva a Shion, che si era intromessa in quel confronto, decisa a redarguire la sorella: “Dannazione, che ti è preso? Non ti passa neppure per l'anticamera del cervello che c'è un motivo, se Gi-chan non sta reagendo? Chiunque lo potrebbe capire, lui non ti considerava una nemica, perlomeno fino ad ora. È per questo che si è limitato ad ascoltarti con questa pazienza!”

Mion osservò allora gli altri. I loro sguardi variavano a seconda delle emozioni che lasciavano trasparire, ma sostanzialmente avevano tutti il medesimo significato. Satoko e Satoshi si guardavano l'un l'altro, impacciati; gli occhi di Rena erano lucidi, pieni di tristezza, mentre quelli di Rika e Keiichi la stavano scrutando severi, colmi di ira per il suo atteggiamento irresponsabile. Quanto ad Alice, lei stava tenendo il proprio sguardo fisso sul parquet della sala, e al tempo stesso i suoi pugni chiusi erano poggiati sulle sue gambe, come a trattenersi. Era lampante, tutto il gruppo la pensava come Shion.

Ma nonostante ciò, Mion non si arrese: “Oh, io però penso che in qualche maniera avrebbe dovuto reagire, non sei d'accordo Shion? Il suo piccolo orgoglio non gli dovrebbe permettere di restare così in silenzio. Nessuno avrebbe avuto nulla da ridire se lui avesse risposto a tono, in fondo io sono stata molto sgarbata, l'hai detto anche tu. Invece quello ha deciso di non difendere la propria dignità e neppure quella della propria famiglia, come se non gliene importasse un accidente. Non lo credi anche tu? Non la pensi come me, forse? Ma alla fine questo è anche un buon modo per mostrargli il male che può fare agli altri, grazie a questa sua misantropia. È colpa sua, se tutto ciò sta avvenendo.”

E piantala! Tu stessa stai dicendo di star facendo la sgarbata, quindi perché diamine...”

Adesso basta, Shii-chan, non è necessario che tu mi difenda oltre.”

A quelle tristi parole, Shion si voltò dietro di sé, dominata dallo scoramento e dall'amarezza. Giancarlo si era alzato in piedi, ma non per combattere per il suo orgoglio, o per se stesso. Sembrava rinunciare a difendersi, sembrava voler tirarsi indietro, ed infatti le aveva chiesto di non continuare ad urlare. Quindi, lui cominciò a camminare lentamente verso la porta, con gli occhi persi nel vuoto. Quello che era successo tra lui e Nabiha aveva lasciato dei segni profondi, in quel frangente aveva il terrore di fare altrettanto nei confronti di quei ragazzi, e questo lui non lo voleva, a costo di farsi insultare in quel modo.

Come Shii-chan ti ha detto poco fa” bisbigliò infine con una voce quasi impercettibile, senza osare guardare gli altri negli occhi “Io non volevo litigare, davvero, e non voglio farlo neppure adesso, non con te. In ogni caso, se non mi vuoi più nel tuo villaggio basta che tu lo dica, sei tu il capo qui, io sono solo un ospite. Se lo desideri davvero, posso andarmene anche adesso.”

Nii-chan...”

Nee-chan, potresti venire a casa con me? Preferirei... non camminare da solo, se possibile, non sono sicuro di sentirmi molto bene.” E, senza neanche attendere una risposta dalla sorella, raggiunse la porta d'ingresso e facendola scorrere lasciò la sala, lento e ciondolante come un pallido fantasma silenzioso.

Nessuno parlò, l'atmosfera all'interno del dojo si era fatta pesante. Finché improvvisamente Rena percepì un rapido spostamento d'aria dietro di lei, e si voltò repentinamente. Ma prima che qualcuno potesse abbozzare una reazione, tutti videro la lama di una spada che sfiorava la giugulare di Mion. Era stata Alice. Infatti, dopo aver notato l'arma appesa sul muro dietro di lei, l'aveva rapidamente tolta dal suo supporto e, veloce come il vento, l'aveva sguainata e diretta al collo di quella che aveva considerato un'amica fino alla fine di quell'incontro. Era appassionata di scherma, sapeva certamente come usare una spada, anche quelle più pesanti del suo solito fioretto. E questo lo sapeva anche Mion, la quale doveva stare attenta a quello che faceva.

E ora ascoltami con attenzione, Sonozaki” gridò Alice, con tutto il fiato che aveva in corpo. I suoi occhi color nocciola tremavano in preda alla collera, i suoi denti venivano digrignati, e anche la sua voce suonava mossa dall'ira, alterata come se avesse qualcosa in gola che le bloccava l'aria. La sua non era più la voce di un angelo, e la sua mano sembrava determinata a tagliare sul serio la gola di Mion, tanto che gli altri temevano che un tentativo di fermarla avrebbe condotto ad un macabro esito. Pochi giorni l'avevano sentita parlare del suo bisnonno, e avevano notato con quanto dolore e risentimento lei avesse ricordato quei giorni lontani, ma non avrebbero mai pensato che quella ragazza solitamente così allegra e gioiosa potesse tramutarsi in una persona così violenta.

Ali-chan, per favore, che hai inten-”

La rabbiosa occhiataccia di Alice fu abbastanza per zittire Satoko, e così la ragazza poté rivolgere nuovamente i suoi occhi collerici verso Mion, che stava ora guardando il pavimento, fingendo di ignorarla come se non volesse cercare di calmarla e far pace, tutt'altro.

Hmm...” replicò infatti quest'ultima “Ed io che pensavo che dei due tu fossi la gemellina calma e gentile, Ali-chan...”

Questo non mi vieta di prendermi cura di mio fratello, Sonozaki” il tono con cui pronunciava quel cognome non lasciava spazio a dubbi sul suo stato d'animo “Hai detto di essere al corrente della storia di Nii-chan, l'hai detto, vero? E allora lasciami dire una cosa. Nessuno, nella nostra famiglia, accetterà mai che qualcuno si comporti così verso di lui. È un fortissimo senso di rispetto che tutti abbiamo per lui, e questo è un sentimento genuino, non è dovuto a interessi personali od altro, come probabilmente pensi tu. Io, in particolare, gli devo molto, gli devo forse tutto... Ed ho promesso a me stessa che avrei fatto tutto quello che mi era possibile per garantirgli un'esistenza serena. Non provare a chiedermi di scegliere tra Hinamizawa e Nii-chan, perché io non avrei esitazioni a decidere.”

E quindi?” ribatté Mion, in apparenza per nulla impressionata.

E quindi... Te lo dirò nel modo più chiaro possibile. Se a Nii-chan succede qualcosa di male, allora ti giuro su quello che ho più caro al mondo che Hinamizawa cesserà di esistere, e non per colpa della JOST. Quando avrò finito con te, mi pregherai in ginocchio di essere rapita dai demoni. E non pensare che mi fermerò a causa delle conseguenze che ci sarebbero.”

Dopo aver pronunciato quelle parole minacciose, Alice si voltò. Gettando sprezzante la spada per terra, si allontanò dagli altri e quindi uscì, sbattendo con forza la porta scorrevole del dojo subito prima che Kasai sopraggiungesse, attirato da quel trambusto.

Un angosciante silenzio si impadronì della sala per dei secondi che parevano eterni. Rika non sapeva se incolpare Mion per il suo comportamento o Giancarlo ed Alice per la loro reazione sbagliata. Oppure se rimproverare gli altri, e anche se stessa, per non aver fatto nulla per evitare che quella scena avesse luogo. Una scena che le ricordò il periodo in cui era sulle tracce dei Serco, pensando che stessero nascondendo qualcosa di losco. Rivedendo il tutto da questa prospettiva ti permette di comprendere quanto io sia stata cattiva, in quei giorni. Ed ora Mion dovrà fare i conti con questa stessa esperienza, spero che lo capisca presto, altrimenti... La bambina deglutì, scacciando un'idea spaventosa a cui non voleva neppure pensare. Comunque... Guardare, e solo guardare, senza muovere un dito, o provare a parlare, o farsi vedere in qualche modo... Io e gli altri siamo rimasti immobili, in balia di quello che accadeva davanti ai nostri occhi... Mion e Alice hanno gridato, litigato, sono perfino diventate nemiche, forse... E lo hanno fatto come se nessun altro fosse stato presente in questa sala, ci hanno completamente ignorato. Ora capisco come si sentiva Hanyuu, quando negli altri mondi diceva di essere un dio inutile... E' frustrante. La fanciulla dai capelli blu guardò allora il suo invisibile antenato, che stava pensando la stessa cosa e che non sapeva cosa dirle per provare a rincuorarla.

E così, Rika rivolse lo sguardo all'indirizzo di Keiichi, che annuì all'istante, captando con l'istinto che cosa lei volesse da lui. C'era una sola cosa che potevano fare, allo stato attuale delle cose. “Andiamo a cercare Alice, dobbiamo fare quattro chiacchiere con lei e suo fratello prima che sia troppo tardi.”

Non capisco perché dovrei mai fare una cosa simile.” replicò la ragazza dalla coda di cavallo, contemplando la porta chiusa.

E adesso non fare la riottosa, Mion! Li odi fino a tal punto, adesso?”

Non è questo il problema...” la voce della giovane iniziò a suonare rotta, da un pianto che si sforzava di trattenere “Sto cominciando a pensare che quei due dovrebbero evitarmi, per il loro stesso bene...”

Questo non è vero” rispose Rena “E te lo dimostreremo in men che non si dica. Usciamo di qui, se conosco bene Ali-chan la raggiungeremo presto.” La ragazza afferrò l'amica per il braccio, e la trascinò a viva forza per due o trecento metri fuori dal Maniero, seguita dal resto del gruppo.

Per favore lasciami! Non puoi trattarmi come se fossi una poppante!” urlò Mion. Si sentiva spossata, voleva andare in camera sua, stare da sola, lontana dagli altri, lontana da tutti, lontana dal mondo intero. Ma Rena fece orecchie da mercante e continuò a spingerla per qualche altro metro, finché non la zittì con un gesto del suo dito indice, indicando con l'altra mano un masso nei pressi di un vecchio albero. Quindi, si nascosero dietro un alto cespuglio, in modo da vedere senza essere visti.

Da dietro quell'arbusto, potevano vedere che c'era qualcuno, su quel masso. Lì sopra, vi era seduta Alice, la quale stava piangendo disperatamente, come una bambina, mentre suo fratello, che l'aveva a sua volta intravista, le si stava avvicinando a grandi passi, per abbracciarla, chiederle cosa fosse successo e confortarla.

Ali-chan ci aveva detto, una volta... Di non essere capace di fare la ragazza aggressiva... Ha lasciato quel ruolo a Gi-chan, molti anni fa. La rabbia è qualcosa di assolutamente estraneo alla sua natura, e ora ne hai la prova, Mii-chan. La nostra amica ha lasciato la sala in fretta e furia perché si era accorta che le cominciavano a scendere le prime lacrime dalla faccia. Non era furiosa, era solo spaventata...”

Rena fece quindi una pausa, per vedere come Mion reagiva a quella spiegazione. La ragazza stava osservando i due gemelli, maschio e femmina, e lo sconforto si era impadronito di lei.

Io...” commentò infine con un sussurro, chiudendo le palpebre che si erano fatte pesanti “Io non so più che fare, con quei due...”



*Keiichi si sta riferendo a quello che gli è stato raccontato nel Nekogoroshi-hen (ossia l'OAV della prima serie, la storia del bambino scomparso nella cava e la successiva morte di lui e del padre)





Nota dell'autore: Scusate il ritardo, sono stato fermo col mal di denti... :(
Comunque, dolore passato a parte, sono riuscito alla fine a terminare la versione inglese di questa storia (350 mila parole! E quella italiana sarà anche più lunga...). Ora potrò dedicarmi solo a questa, e prevedo di aggiungere anche un paio di capitoli extra, ovviamente ben legati alla trama principale (uno di questi arriverà presto, ve lo dirò esplicitamente quando arriverà).
Infine, può darsi che Mion vi sembri un po' Out of Character... E' voluto, ma tutto ha una spiegazione, e il prossimo capitolo ve la darà (anche se in parte si può intuire da quello che ho già scritto fino ad ora).

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Capitolo 26
*** L'anima specchio ***



Capitolo 25: L'anima specchio


Hinamizawa, 23 Dicembre 1983

Il tragitto per ritornare dal sentiero al Maniero fu molto breve, ma quei pochi passi furono tutto tranne che piacevoli, per Mion. Lo scoramento in cui era piombata aveva fatto passare a tutti la voglia di parlare, tanto che, immaginando quello che stava ribollendo nella mente della sorella, Shion pensò che fosse qualcosa che doveva sistemare da sola con lei, pertanto chiese ai loro amici di lasciarli, asserendo Non vi preoccupate, ci penso io. E loro avevano obbedito, anche se un poco riluttanti, consentendo alle due gemelle di rincasare placidamente e dirigersi verso la camera di Mion, che raggiunsero immediatamente senza informare Kasai o altri parenti di quello che era davvero accaduto. Shion non si sarebbe mai staccata dalla sorella ed era pronta a rimanerle incollata come un'ombra, decisa a vegliare su di lei, ma ora come ora tutto quello che poteva fare era guardarla, impotente. Così, dopo aver richiuso la porta alle loro spalle, la ragazza dalla coda di cavallo contemplò lo spazio buio e privo di luce intorno a lei, prima di accendere con uno stanco gesto una piccola lampada sulla sua scrivania. Si stava facendo tardi, e il Sole pareva freddo e lontano come mai prima d'ora.

Trascinandosi stancamente, Mion si aggrappò alla sua vecchia sedia, usata centinaia di volte nel passato, e dopo essersi seduta si chiuse in se stessa, nel gorgoglio dei suoi pensieri, iniziando a fissare la piccola finestra da dove poteva scorgere la neve caduta nei giorni precedenti sulle case, sui sentieri e sugli alberi. Una scena che la deprimette ancora di più, nonostante il periodo natalizio. Perché è qui? Chi l'ha fatta venire giù, che senso ha? Non poté evitare di soffermarsi sulla miriade di film e manga in cui la neve è sinonimo di romanticismo, calma e serenità, in cui essa appare gradita e benvenuta agli occhi dei vari protagonisti e personaggi... Stavolta, invece, era tutto diverso, quelle bianche distese erano solo degli ulteriori intrusi, in quel momento. Qualcosa che dolorosamente si intrometteva, che si faceva beffe delle sue pene. La neve era infatti lì, abbondante, invitante, un compagno di giochi ideale per giovani e meno giovani; ed anche lei si era divertita così tante volte a tirare palle e fare pupazzi, da piccola, ma ora il suo umore non le permetteva di allietarsi a quei ricordi. Sembrava tutto una presa in giro... sicuramente tanti dei suoi piccoli compagni di scuola stavano passando un pomeriggio entusiasmante, tra candide battaglie e grasse risate. Come se a loro non importasse dei suoi sentimenti...

Mion chiuse gli occhi. Non è vero, non è questa la verità... Perché la gente dovrebbe essere triste o preoccupata per causa mia? Non posso ordinare loro di non essere felici, sarebbe crudele. Mi va già bene che ci sia Shion al mio fianco, a conti fatti... Anzi, forse persino la sua presenza è più di quel merito... Io... Io non sono degna del suo aiuto, dell'aiuto di nessuno...

Il cuore di Mion era profondamente attanagliato dal dolore, e non sapendo che fare Shion la chiamò per nome, in maniera da farle sentire la sua presenza. Lo fece due, tre, quattro volte, finché l'infelice sorella sollevò i suoi occhi lustri lustri, e le pose una semplice domanda, in tono dimesso. “Shion, secondo te... Riuscirò mai a combinare qualcosa di buono, nella mia vita?”

E come no? Guarda che ti devo andare a dire... Di buone azioni ne hai già fatte a bizzeffe, Onee. Che ti passa per la testa, per arrivare al punto di venire fuori con queste sparate?”

Va bene, ma mi stavo riferendo a qualcos'altro... Stavo riflettendo al modo in cui mi comporto con gli altri... a come interagisco con loro.” Mion abbassò di nuovo lo sguardo, e quindi aggiunse: “Prima non so perché ho agito così, non so per quale motivo io sia stata così rude. È stato più forte di me, e adesso non riesco a perdonarmi. Penseranno che io sia un mostro, che io li voglia cacciare, e forse potrebbero decidere addirittura che sia meglio per loro lasciare Hinamizawa. Essere odiati dal capovillaggio non ti rende la vita facile, da queste parti.”

Però tu non li odi, a giudicare da quello che stai dicendo anche adesso. Io non mi farei questi problemi, i litigi anche violenti fanno parte della vita quotidiana.”

E invece qui il problema c'è, e anche bello grave. È sufficiente che io abbia dato l'impressione di essere ostile nei loro confronti, ed ora non so quello che andranno a pensare di me. Non vorranno più vedermi, ed è solo colpa mia. Quando era ancora viva, Batcha mi aveva detto di lasciar entrare nel villaggio l'aria fresca e salutare che soffia da fuori, e qui invece sto dimostrando di non aver capito nulla, visto che con il mio modo di fare sto cominciando a scacciare i nuovi arrivati...”

Ma piantala! Lo sai che non è vero!” scattò in piedi Shion, senza però ottenere dalla sorella più di un mugugno come risposta. In quell'istante Mion stava distrattamente osservando un punto ben definito del muro, laddove vi era appeso il grazioso specchio che lei adoperava abitualmente per controllare il proprio aspetto. Dalla sedia su cui ancora si trovava, poteva constatare tramite l'immagine riflessa che il proprio maglione si era in qualche modo impigliato nello spigolo della sedia stessa, e quel piccolo intoppo aveva fatto sì che il vestito risultasse tirato da quei due o tre fili aggrovigliati, e che quindi il colletto fosse lievemente abbassato. In principio lei non ci aveva fatto caso, il suo umore non le permetteva di curare quel genere di dettagli, ma cambiò presto idea quando si accorse che in tal modo si poteva scorgere una macchiolina scura sul fondo del proprio collo, o perlomeno così parve ai suoi nervi scossi. A quella vista, la ragazza serrò gli occhi, per evitare di guardare, e subito dopo si raddrizzò il maglione tirando su il colletto. Quella minuscola chiazza, infatti, era un particolare di un disegno ben più vasto, cioè del lugubre tatuaggio che da anni portava sulla propria schiena, del marchio che ogni giorno le ricordava chi era davvero: un fantasma che la inseguiva fin dal giorno in cui le avevano impresso sulla pelle quell'immagine, e che in quei giorni si stava via via facendo più vicino e minaccioso ed insistente. Un incubo che lei non voleva vivere, ed allora, rifiutandosi per l'ennesima volta di ammettere di essere malvagia come quel Demone dipinto, la giovane preferì non pensarci neppure. Non voleva neppure vedere quel disegno, per quanto le fosse possibile.

Mion alzò quindi gli occhi in un'altra direzione, verso la sorella. Shion la stava guardando a sua volta, preoccupata, non l'avrebbe mai lasciata da sola senza prima essere riuscita a rinfrancarla. Il vecchio Maniero non era il posto migliore per un animo solitario assillato dai dubbi e dagli affanni, specialmente quando le tenebre notturne calavano su di esso. Shion avrebbe proseguito nella sua opera di conforto finché riteneva opportuno farlo, e questo sua sorella lo sapeva. Così, sapendo che era solo una questione di tempo, Mion decise infine di parlare, con un debole sussurro che tuttavia fu abbastanza, in quella stanza piccola e dominata dalla più completa tranquillità.

Shion, ti ricordi tutti quei pomeriggi che abbiamo trascorso assieme, qui o a casa di Kasai, parlando di Kei-chan? Quando tempestavo le tue povere orecchie dicendo di come lui fosse un ragazzo molto interessante, di come passavo i pomeriggi con lui e gli altri... e di come temevo che lui mi vedesse unicamente come un maschiaccio... Te lo ricordi? Avevo il terrore che lui fosse più interessato ad un tipo di fidanzata più remissiva e femminile, piuttosto che a una come me. E quell'idea mi innervosiva, mi spingeva a comportarmi in modo ancor più impacciato e rumoroso, a stuzzicarlo e seccarlo, il che peggiorava solamente le cose, dal mio punto di vista. Però, mentre prima tornavamo a casa, mi sono accorta di una sfumatura che non mi aveva mai sfiorato la mente. Perché mi comporto in quel modo solo con Kei-chan? Nei confronti degli altri non sono una particolare molestatrice, ogni tanto faccio degli scherzi anche a loro, però...”

Ma dai, io credo che Kei-chan sia il tuo bersaglio preferito, tutto qui. Non vedo nulla di strano in questo, anche Satoko fa lo stesso. Ed inoltre lui è un maschio, non si è mai arrabbiato seriamente per le tue burle. Al contrario, le ha sempre apprezzate, come segno di sincera amicizia.”

Sono d'accordo, ed è questo il punto. A me piace comportarmi in quella maniera con Kei-chan, ma non oserei mai fare altrettanto con Satoshi-kun, per esempio.”

E lo credo bene!” rispose Shion, punta sul vivo “Azzardati a fargli del male e giuro che ti prenderò a calci nel culo da qui a casa sua, in modo da costringerti ad inginocchiarti davanti a lui e chiedergli umilmente scusa!”

Mion sorrise malinconicamente, apprezzando il fatto che sua sorella stesse tentando di sollevarle il morale nel suo classico stile. Comunque, il flusso dei suoi cattivi pensieri non poteva essere fermato, e così continuò: “Lo so.... Però mi sono chiesta come mai non l'abbia fatto neppure prima, quando tu non lo conoscevi ancora e lui non era nulla di speciale per te. Voglio dire, non è che non lo faccio per paura di ritorsioni, c'è dell'altro... Sai, mi torna in mente il giorno in cui ho creato il Club, a causa del fatto che Satoko-chan era una bambina triste ed isolata da tutti: anche Satoshi-kun era depresso, come la sua sorellina. Aveva bisogno di una amica, esattamente come Kei-chan, ma in quel caso mi sono regolata in tutt'altra maniera. Niente scherzi pesanti, niente atteggiamenti da maschiaccio... Sembravo... Sembravo una brava ragazza, in poche parole. Mi ricordo di aver parlato spesso con lui, e lo facevo quasi sussurrando, quasi avendo paura di urlare troppo forte. Avevo paura che usare il mio tono di voce normale lo potesse infastidire, o anzi fargli del male... Sai, ha solo qualche mese in meno di me ma per lui ero quasi una sorella maggiore, per lui. E so bene che lui mi ha ringraziato, per questo.”

Nulla di strano. Satoshi-kun necessita di un approccio differente, e quello era il metodo più consono per interagire con lui. Specialmente durante il suo periodo più difficile non poteva permettersi di essere maltrattato pure a scuola, e tu l'avevi capito, quindi hai adattato il tuo comportamento in funzione di questo fatto. Ti sei solo presa cura di lui e di Satoko, con tutte le misure e le conseguenze del caso... E quindi dove sarebbe il problema? Io non lo vedo proprio.”

Fino a qualche giorno fa avrei detto lo stesso. Ma ora ho più di qualche dubbio, in proposito.”

Hmm?”

Mi riferisco a quello che è avvenuto presso la prefettura durante la Guerra delle Frane, ormai la definiscono tutti con quel nomignolo, e a quello che si è verificato nei giorni successivi. Quando ho visto quel ragazzino combattere contro Nabiha-san da solo, senza la nostra assistenza, e vincere anche grazie alla rabbia che serbava nel cuore, lì per lì ho pensato che fosse qualcosa di straordinario, non così distante da un miracolo. Ma quando è scappato via, dispiaciuto per quello che aveva fatto al suo avversario... La mia impressione fu che lui avesse usato una via sbagliata per arrivare a un obiettivo giusto. E ciò non mi piacque affatto, lo trovavo... contro natura. Il giorno dopo, a scuola, ho provato a coinvolgerlo maggiormente nelle nostre attività, volevo mostrargli la via giusta, ecco perché l'ho preso per un braccio e lo buttato per terra. Sfortunatamente, questa mossa non è bastata, e non solo per lui, ma anche per me.”

E questo cosa verrebbe a significare?”

Ho iniziato a ritenere Gi-chan un caso disperato. Era irrecuperabile, secondo la mia opinione, come se fosse affetto da una malattia incurabile, peggio della Sindrome. Ormai quei due abitano qua da qualche mese, e nonostante tutto lui è sempre rimasto un po' sulle sue, in disparte, non ben integrato nel club... Così mi sono convinta pian piano che non sarebbe mai cambiato, che non fosse in grado di sviluppare un atteggiamento socievole. Non mi chiedere perché, ma dopo gli eventi di domenica scorsa non lo volevo più intorno a noi, pensavo che il suo vero ego avrebbe finito col rovinare lo spirito del nostro gruppo.” Mion abbassò lo sguardo, affranta “Di recente, anche quando mi sforzavo ad essere gioiosa e solare, qualcosa dentro di me mi incitava a diffidare di lui, portandomi ad essere più... più... aggressiva verso di lui. Quella vocina interiore voleva che io lo detestassi... E senza rendermene conto ho iniziato a copiare il suo stesso atteggiamento, anzi, a comportarmi anche peggio. Non riesco proprio a divertirmi ed essere allegra con lui, come con Kei-chan... Mi sto sentendo come se fossi in competizione con lui, come se lo stessi sfidando di continuo, e come se cercassi di sconfiggerlo usando le sue stesse armi.”

E quindi mi vorresti venire a dire che stavi cercando di sfidarlo, sto pomeriggio, quando hai preso a fare la rude e la scontrosa? E cosa sarebbe successo se lui avesse accettato? Pensavi di batterlo, in quella gara stravagante?”

Mion ci rifletté sopra genuinamente. Sembrava non aver neppure pensato a quello che sarebbe potuto succedere in quella circostanza, ed infatti replicò: “Boh, chi lo sa. La mia è stata una reazione istintiva, per così dire. Come un leone mosso dal desidero di proteggere il proprio territorio, e a cui non importa se il nemico è un altro leone, un inerme piccione viaggiatore o un bel gruppo di bracconieri armati fino ai denti. È guidato dal proprio istinto, che gli dice cosa deve fare per forza, e il probabile esito di quella lotta passa perfino in secondo piano...”

In altre parole lo stavi facendo perché, dal tuo punto di vista, stava “invadendo il tuo territorio”, ossia imporre la sua visione del mondo e cancellare la tua, ho ragione? Ti sentivi male perché ti sembrava di essere attaccata.”

Attaccata... Sì, questo è proprio il termine esatto. Prima sentivo il bisogno di difendermi, ed anche adesso non è cambiato nulla, anche se questa sensazione è così sgradevole. Mi sarebbe piaciuto urlare, dimenarmi come una furia per sfogarmi... Ma non sono neppure capace di arrabbiarmi come si deve, riesco solo a dare l'impressione di esserlo.”

Shion fissò la sorella per un po', quindi levò gli occhi al cielo e sentenziò: “Beh, non credo che quello che hai detto sia un difetto, dopo tutto. Restare calmi e non perdere la pazienza è un dono raro quanto prezioso.”

Mion, all'udire l'ultimo commento della sorella, ne capi il reale significato. Shion era sempre stata estremamente protettiva nei confronti delle persone a cui voleva bene, come per esempio Mion stessa, Satoko, Satoshi... senza dimenticare, sebbene in misura minore, tutti gli altri membri del club, nonché molti altri. E se un qualsiasi fattore esterno costituiva una minaccia per uno di loro, lei era pronta a combattere per loro senza alcuna esitazione, diventando rapidamente apprensiva e molto aggressiva, soprattutto se avveniva qualcosa di grave. Così, uno dei suoi più grandi pregi poteva tramutarsi in uno dei suoi peggiori crucci, visto che la ragazza era solita perdere la pazienza molto spesso, senza riuscire a mantenere il sangue freddo e finendo col pentirsi di quello che diceva o faceva quando era fuori di sè. Shion era perfettamente conscia di ciò, ed in fin dei conti non le piaceva troppo questo lato del suo carattere, vi erano state circostanze in cui avrebbe preferito rimanere lucida e calma. Ecco perché aveva espresso quel commento con cognizione di causa.

Comunque aveva torto, e Mion cercò di spiegarle il motivo: “Non sto parlando del perdere le staffe o meno... Vedi, quando la situazione è critica anche io perdo il controllo, solo che nel mio caso non è dovuto alla rabbia, ma a qualcos'altro. Magari lo facessi per uno scatto d'ira...”

E per cosa lo fai, allora?”

Per insicurezza, per disperazione... Ci sono stati casi in cui non sapevo dove sbattere la testa, dove non sapevo che fare. In passato questa cosa mi ha tormentato più e più volte, mi ricordo...” si bloccò, scoraggiata da quello che le stava per uscire di bocca. Nella sua testa le era apparsa la scena di sua sorella catturata dalla Yamainu, quel giorno nella grotta, e quella volta solo Rika fu in grado di salvarla. Mion non era stata capace di trovare una migliore soluzione, e non aveva potuto fare altro che piangere ed abbracciare Satoko con il cuore colmo di angoscia. Quegli istanti erano stati così simili a quelli passati alla prefettura, pochi giorni prima... Il piano che aveva escogitato con l'aiuto degli altri era stato mandato a monte, e solo l'intervento di qualcun altro li aveva tolti d'impiccio. Mion pensava di non aver imparato niente, dopo tutti quei mesi, e si sentì stupida ed inutile, in quel frangente.

La ragazza guardò di nuovo negli occhi Shion, prima di aggiungere: “Sì, ci sono stati giorni in cui pensavo di essere io, quella nel torto... Ma non potevo accettare che fosse Gi-chan ad avere ragione. Non sarebbe stato giusto, andava contro tutto quello in cui credo, l'importanza del gruppo, la forza degli amici... e pensavo che sarebbe stato doloroso anche per lui, se il modo corretto di comportarsi fosse stato il suo. Non si può fare il duro ed infierire sugli altri, e poi rimpiangere di averlo fatto.”

E quindi?”

E quindi ho cominciato a provare una sensazione strana, da cui ho provato sollievo solo diventando aggressiva... come lui. Sono diventata simile a lui, o se preferisci a come io lo considero attualmente. Ne ho copiato il carattere, insomma, come ho già fatto varie volte in passato... Qualche volta mi chiedo se io abbia una mia natura, o se sono solo uno specchio che riflette quella degli altri. Cortese con il cortese Satoshi-kun, allegra con l'allegro Kei-chan, oppure rude con il... rude Gi-chan, so che non è gentile descriverlo in questi termini ma rende molto bene l'idea, questa è la mia opinione.”

E quindi tu litigheresti con me solo perché io sarei una persona litigiosa?” ribatté Shion, sarcastica.

Più o meno...” la franca risposta di Mion spiazzò la sorella “Inoltre, con Batcha sono sempre stata tranquilla e un po' chiusa, mentre con Oishi-san ho sempre avuto un rapporto difficile, fino all'estate scorsa... Potrei farti decine di esempi, in cui io mi comportavo esattamente come la persona che avevo davanti.”

La ragazza dalla coda di cavallo finì il suo discorso, ma i suoi pensieri correvano svelti. Già, questa è la verità nuda e cruda... Con gli altri abitanti del villaggio io sono gentile perché loro sono gentili con me, riconoscono il mio ruolo all'interno di Hinamizawa... E con Shion mi diverto ad azzuffarmi perché lei si diverte... D'altronde, quando l'ho costretta a strapparsi le unghie, sono stata terribilmente fredda ed insensibile, verso di lei... Stavo assorbendo il carattere di Batcha in quel momento, anzi, quello che lei voleva mostrare alla famiglia. E il mio è stato come sovrascritto, neutralizzato. Ero stata così debole, le mie proteste hanno avuto come unico risultato quello di farmi togliere a mia volta le unghie. Abbiamo passato delle settimane con le bende sulla mano, e per ottenere cosa? Nulla, è stato tutto vano...

Rimirò allora lo specchio che aveva visto prima, con la mente piena di dubbi. Chi sono io, in realtà? Chi è Sonozaki Mion? Ho un mio carattere, o mi limito ad essere una maschera che muta di giorno in giorno, a seconda di come gli altri mi trattano? O forse... è tutto un effetto di quella proteina, un sintomo dovuto all'ATPC che scorre nelle mie vene... e che stravolge quella che è la mia anima? Se fosse così, questa sarebbe una maledizione, piuttosto che un dono. Non avrei mai voluto avere quella roba nel mio sangue, questa storia mi farà diventare matta...

Non si accorse di aver detto quelle ultime parole a voce alta. Ne ebbe il sentore solo quando vide Shion intristirsi repentinamente, e comprese immediatamente quello che aveva fatto. Con il suo astio aveva dipinto l'ATPC come una sciagura, ma quella stessa sostanza aveva salvato Satoshi, e Shion si sentiva ora colpevole per essere felice grazie alle disgrazie della sorella.

Mi rincresce, non intendevo insultarti, o farti stare male...”

Va tutto bene, Onee.” rispose lei, sorridendo “Non sono certo all'oscuro del tuo stato d'apprensione. La tua reazione è assolutamente normale.”

La mente di Mion allora seguitò a perdersi nel flusso dei suoi assilli. Mi chiedo se io e Shion siamo davvero quelle gocce d'acqua che crediamo... Fisicamente non si discute, ma emotivamente non potremmo essere più diverse. Lei ha imparato a difendersi, fin dal periodo poco piacevole vissuto all'Accademia di St. Lucia. Si è man mano costruita un proprio carattere, al contrario di quanto abbia fatto io, forse è dovuto al fatto che lei non ha l'ATPC nel proprio sangue? Non saprei cosa rispondere... In passato lei non parlava molto con le altre persone di Hinamizawa, sotto le sembianze di Shion non le incontrava di frequente. E questo le ha permesso di poter scegliere le persone di cui potersi fidare, e di cui curarsi. Immagino che mia sorella verrebbe in soccorso di tutto il villaggio solo per aiutare me, e non per altri motivi particolari... Ma potrebbe anche non farlo. Lei può scegliere. Io mi devo occupare di tutti indistintamente, invece, io non ho questa libertà. Il mio stesso ruolo mi impone di operare per il bene comune, una cosa che ho accettato molto tempo fa... Anche se queste catene si fanno insopportabili, ogni tanto...

Onee? Oneeeeeee? Dove sei finita? In che mondi dorati sta viaggiando la tua testolina?”

Mion non aveva notato che sua sorella stesse cercando di comunicare con lei, e solo due bottarelle neanche tanto lievi sulla fronte ebbero il potere di risvegliarla. “Ah, Shion, scusami... Però potresti evitare di seccarmi di continuo, almeno in momentacci come questo.”

Ah, a dire il vero dovrei essere io, quella dispiaciuta. Non potevo resistere, è stato più forte di me.” Shion abbozzò una risata “Comunque, io ritengo che tu abbia torto. Satoshi-kun è un ragazzo tranquillo, ma non è il fessacchiotto imbelle che stavi dicendo poco fa. Kei-chan è un giovane forte, espansivo ed intraprendente, ma come tutti ha le sue debolezze, e non può fare tutto da solo. E lo stesso vale per Gi-chan, se ho capito come ragione lui risponderà sì per le rime, ma solo se provocato, e da persone che non stima. Tu... tendi ad osservare solo un lato del carattere delle persone, quando le incontri per la prima volta, e ti focalizzi su quello nel “decidere” come comportarti con loro. In questo modo, poi vai a pentirti di come hai condotto il primo approccio... Non ti sei dimenticata di come eri in pensiero per l'immagine di te che avevi dato a Kei-chan, vero? Nei mesi scorsi non facevi altro che ripetere che avresti voluto ricominciare tutto dall'inizio, per dimostrare di non essere un maschiaccio, mostrargli la tua parte più femminile, eccetera eccetera. È la stessa cosa, anche adesso. Hai paura di essere considerata una ragazza cattiva e scorbutica? E allora sei sempre in tempo a mutare atteggiamento, nessuno ne avrà a male, anzi.”

La stai facendo un po' troppo semplice, tu” replicò Mion “Io temo che sarà più dura di come la stai descrivendo, non si può voltare pagina così, dal giorno alla notte.”

Shion non rispose, e sorrise per aiutare la sorella a farsi forza. Mion fece quindi altrettanto, anche se il suo gesto parve molto più stentato e forzato. Non dovrei preoccuparmi troppo di quello che l'ATPC sta facendo al mio corpo. Non perché non mi importi, ma perché non ci posso dare nulla. Finché Irie-sensei non scopre qualcosa di concreto a riguardo, ogni paura astratta peggiorerà solo la mia condizione... Però... Però...

Mion stessa non era molto convinta dal suo ragionamento. Però, guardando di nuovo lo specchio, poteva vedere come non era da sola, Shion le era andata vicino, e ora quella superficie trasparente rifletteva due immagini, invece di una. Quella vista le ricordò che non l'avrebbero lasciata in balia degli eventi, e quella constatazione fu un'ancora preziosa a cui aggrapparsi.

Vi era infatti un'altra questione che l'angustiava. “Shion, sai... C'è un'altra cosa che mi preoccupa.”

E che cosa sarebbe, Onee? Per favore, spalanca il tuo cuore, rivela i tuoi sentimenti più profondi alla tua amatissima sorellina, subito, senza alcuna paura! Di che si tratta, allora? Capelli con doppie punte? Borse sotto gli occhi impossibili da celare? Un qualche preoccupante ritardo nel tuo ciclo mestruale?”

Sono ancora seria, Shion, non prendermi in giro!” la ragazza dalla coda di cavallo aveva serrato gli occhi irritata, e quindi l'altra gemella preferì tornare sui suoi passi, lasciando parlare Mion che spiegò: “Non mi sono mai scordata del giorno in cui Kei-chan era arrivato ad Hinamizawa, venendo a mettere radici da noi. Nel momento stesso in cui lui ha messo piede nel villaggio, ha subito catturato l'attenzione di tutti, con la sua simpatia e disinvoltura, ed il fatto che fosse arrivato fin qui da un posto lontano... In tanti hanno cominciato a ronzargli intorno, anche Batcha e la mamma... Hanno seguito passo passo tutto quello che faceva, pur senza incontrarlo di persona, anzi era proprio per questo che si erano risentite per non aver ricevuto una sua visita di presentazione, all'inizio. Erano entrambe un po' deluse, le sentivo parlottare tra di loro, ma non smettevano di tenerlo d'occhio, anche a causa delle parole entusiaste che io raccontavo sul suo conto.”

In fondo a loro Kei-chan piaceva, come carattere ed inclinazione intendo...”

E io ne so il perché. Avere dei nuovi abitanti in questo villaggio così fuori mano è sempre un'ottima notizia, specialmente se sono giovani. Non ci sono molti ragazzi della nostra età, ad Hinamizawa, e la maggior parte frequenta la scuola di Okinomiya invece della nostra, segno che a loro non importa così tanto del loro paese natale: non sarei scioccata se quelli si trasferissero da qualche altra parte, lontano da noi, una volta diventati adulti... e senza un numero decente di persone giovani e volenterosi il villaggio sparirebbe nel giro di una manciata d'anni. Lo sappiamo tutti, no? Ecco il motivo della loro eccitazione per l'arrivo di Kei-chan, lui rappresenta tuttora il futuro di Hinamizawa, lui era visto così, e sono stati tutti felici di sapere che i suoi genitori avevano deciso di stabilirsi qui stabilmente. Gli anziani del paese pensavano di avere finalmente un futuro... Anche se esageravano con quelle dimostrazioni di esaltazione, a mio modesto parere. Tra l'altro, la capacità di Kei-chan di essere un bravo oratore e un leader nato ha accresciuto a dismisura questa loro attitudine... Fino al punto di... di farmi morire d'invidia. Già, ero invidiosa di lui.”

Davvero?” chiese Shion, attonita, e Mion confermò.

Non mi piaceva il modo in cui erano tutti così contenti di parlare con lui, o anche solo stargli vicino. Era quasi un semidio, per loro, ma d'altro canto lui non apparteneva a nessuna delle Tre Grandi Famiglie, così le loro lodi mi suonavano come assurde ed innaturali. Forse era tutto dovuto al fatto che Kei-chan era un ragazzo, e io una ragazza? So bene di quanto Batcha volesse un erede maschio, e di come in principio non fosse molto estasiata dall'idea di aver avuto due nipotine e nessun nipotino, ma comunque rimaneva ingiusto. Dovevo attaccarmi un pene tra le gambe e diventare un ragazzo, forse? Mi ricordo che una volta ho persino detto ad alta voce di voler diventare un maschio, però il mio era uno scherzo, di sicuro non è che ci potessi fare qualcosa, riguardo questo problema.”

E quindi? Cosa hai fatto, allora?”

Ho passato delle notti insonni, arrovellandomi il cervello... e ho concluso che ci fosse solo un modo per risolvere il dilemma. La nonna voleva vedere l'uomo che avrebbe governato la famiglia, prima di morire, e ho pensato che fosse giusto che Kei-chan appartenesse a una delle Grandi Famiglie, per ristabilire quest'ordine naturale.”

Mi stai dicendo che ti sei innamorata di lui solo per questo senso d'invidia? È stata solo... una tua scelta consapevole? non era vero amore, quindi?”

Sì e no. Non è stato amore a prima vista, questo è vero. Ma quella prima scintilla artificiale è stato l'inizio di tutto. Voglio dire, mi era simpatico come ragazzo, lo trovavo comunque un personaggio molto positivo. Kei-chan è un ragazzo pieno di vita e di mille pregi, una persona estremamente interessante che ha indubbiamente un fascino considerevole. Tutte le cameriere dell'Angel Mort lo apprezzano, sia le single sia quelle con già un fidanzato – certamente l'hai notato anche tu. E conoscendolo meglio, cercando la maniera di aprire il suo cuore, ho cominciato ad amarlo seriamente. Solo che non è andata come speravo... Dicono che se sono rose fioriranno, ma in questo caso sono rimaste ben chiuse, temo. Beh, magari il mio è stato un corteggiamento fatto in modo errato, ma che potevo fare allora? Forse quel giorno alla prefettura mi ha solo dato una mano, aprendomi gli occhi. Mi ha riportato alla mente quello che era in fondo questa storia – solo una semplice cotta, e nulla di più.”

Shion aveva appena udito una confessione che per certi versi era anche umiliante, e lei lo capì subito: “Sei troppo severa con te stessa, adesso. I tuoi sentimenti erano sinceri, non devi farti una lavata di capo per questo. E poi chi ti ha detto che è finita, tra voi due? Pensi davvero di arrenderti dopo la prima crisi da nulla?”

Non è questo il punto, Shion... C'è qualcos'altro. Sì, ancora, c'è qualcos'altro.”

Con una mera occhiata, Shion chiese alla sorella di cosa stesse parlando, e Mion rispose: “Domenica scorsa, in prefettura, ho visto quel ragazzo che non si arrendeva al Male, a costo di mostrare la propria natura più intima. Una natura che ribolliva di rabbia, ma che emanava anche un enorme orgoglio e una grandissima forza e fiducia nei propri mezzi. Quello sapeva cosa stava facendo, anche quando la situazione appariva irreversibilmente compromessa. Non si è arreso, al contrario di quello che ho fatto io.”

E quindi...” Shion non smetteva di guardarla, pendendo dalle sue labbra.

Dopo che tutto era finito, ero sicuramente arrabbiata con Gi-chan, ma in parte lo invidiavo, esattamente come ho invidiato Kei-chan in passato, anche se per una ragione differente. E anche adesso, lo sto invidiando.” Mion si prese una pausa, sembrando confusa, ma poi riprese il discorso: “Ma io non voglio fare lo stesso errore due volte. Gi-chan ed io non abbiamo nulla in comune, una storia tra noi due non funzionerebbe mai, e poi lui deve ritornare in Italia la prossima estate, lui non è una “minaccia” come poteva essere Kei-chan. E poi Rena sta dedicando molto del suo tempo con lui ed Ali-chan, negli ultimi giorni, se anche fossi interessata lei è arrivata prima di me, e non avrei speranze di batterla. Quindi dovrei scegliere un'altra strada, un approccio differente per sopprimere questa mia invidia, sperando che sia uno migliore di quello che ho preso la volta scorsa. Che cosa faresti al mio posto, Shion?”

L'altra non sapeva come aiutarla. C'era un'ombra gigantesca nella parte più profonda dell'anima di Mion, un'ombra che la stava divorando dal di dentro. E Shion, incapace di trovare il bandolo della matassa, non era in grado di curarla.

Il piccolo presepio sopra il caminetto si intonava molto bene con il silenzio che giaceva nel salotto di casa Serco. La penombra generata dalle luci spente accentuava la malinconia di quell'ambiente, e suggeriva a Giancarlo di non parlare e di guardarsi intorno senza dire una parola. Non aveva voglia di chiacchierare con anima viva, in fin dei conti, anche perchè per inciso non vi era nessuno con cui farlo, in quella camera. Dopo una cena consumata all'interno di un'atmosfera surreale, Alice e lui avevano brevemente discusso di quello che era successo, e sua sorella in particolare temeva che il fratello decidesse di andare a comprare quella sera stessa il biglietto di ritorno per il loro paese natale. Lui però aveva preferito non rispondere alle sue domande incalzanti, voleva avere un poco di tempo per riflettere sulla vicenda. Tra l'altro, dopo quel dialogo Rena aveva telefonato chiedendo loro di venire a casa sua, per una questione importante, ma lui si era rifiutato proprio per quello stesso motivo, tanto che Alice dovette andarci da sola per un senso di cortesia nei confronti dell'amica; il giovane temeva che lei volesse parlargli ancora dei fatti del pomeriggio, fargli una sorta di sermone sul rapporto tra amici, e lui non era dell'umore giusto per sorbirselo. Indubbiamente, ora aveva tempo per rimuginare con calma, assorto nelle sue riflessioni e nel mezzo di quel Mare della Tranquillità.

A casa sua, pensò, non aveva mai avuto un gran numero di amici, tra i compagni di classe ed i ragazzi della sua età. Era abituato ad interagire solo con persone sensibilmente più vecchie di lui, e considerava le relazioni con i coetanei ed in generale con i giovani come non importanti, non necessari. Perché aveva sperato che le cose ad Hinamizawa sarebbero state diverse? Gli adulti del villaggio avevano un rapporto tutto sommato accettabile con lui, Giancarlo li aveva aiutati a risolvere un numero piuttosto elevato di problemi concernenti questioni economiche o tecniche. Dall'altro lato, invece, era già venuto ai ferri corti con Rika solo poche settimane prima, ed ora aveva si era ripetuto con Mion. Che cosa sarebbe avvenuto a scuola, alla fine delle vacanze natalizie? Rischiavano di non parlarsi più, fino alla fine dell'anno scolastico... Ed il ragazzo reputò pertanto che fosse saggio mettersi in disparte e rimanere in un angolo, senza farsi coinvolgere da quello che succedeva nel villaggio fino alla fine del suo soggiorno ad Hinamizawa. Ma era questa una decisione ragionevole? Non era meglio piuttosto tornarsene subito a casa, risparmiandosi mesi di imbarazzo? D'altro canto Alice non avrebbe mai accettato una scelta simile, lei voleva che lui restasse, e poi quella sarebbe stata come un'ammissione di debolezza, e lui non poteva permettersi di comportarsi in quel modo, quel che era rimasto della sua autostima sarebbe stato azzerato...

La pendola del soggiorno rintoccò le nove di sera, e Giancarlo si girò verso il telefono. Come di tanto in tanto capitava, c'era una probabilità abbastanza alta che qualcuno dall'Italia stesse per chiamare per sapere che cosa succedeva da quelle parti. Prima l'incomprensione con Rika-chan, poi l'affare con Nabiha, adesso questo... A casa penseranno che io sia diventato una testa calda, tutto ad un tratto. Avrebbe voluto non parlare con nessuno, ma non avrebbe potuto fare altrimenti se il telefono avesse squillato. Io non sono un bravo leader, perché mai mi sono messo in questo pasticcio... E' già un miracolo se mi riesce di proteggere gli altri, io non sono capace di tenere il male lontano da me, sono capace solo di tenerlo lontano dagli altri. Io... Io sarò sempre un uomo infelice, alla fine... Però devo essere forte, devo essere pronto ad affrontare quello che la Vita ha in riserbo per me, almeno per il loro bene. La mia felicità deve andare in secondo piano, questo lo sapevo da molto tempo, ormai...

Senza preavviso, un suono meccanico gli fece ruotare il capo con un sussulto. Tuttavia, non si trattava del telefono, ma del campanello della porta d'ingresso. Non poteva essere Alice, lei aveva lasciato la casa solo qualche minuto prima ed inoltre sarebbe entrata direttamente senza nemmeno suonare. Poteva essere qualcuno del club? Tutto era possibile, anche se poteva essere anche qualcun altro. Pertanto, incuriosito, Giancarlo raggiunse la porta e, dopo aver acceso le luci, guardò attraverso lo spioncino della porta per vedere chi fosse.

Rimase di sasso, attonito per un istante. M-mion? Era l'ultima persona che si aspettava. La sua prima reazione fu di allontanarsi dalla porta e non rispondere, fingendo che non ci fosse nessuno in casa. Lui non desiderava incontrarla, temeva di combinare dei nuovi pasticci, e del resto neppure Alice avrebbe voluto vederla, se fosse stata lì. Ma, volente o nolente, dovette cambiare idea rapidamente, avendo acceso le luci era impossibile far pensare alla visitatrice che l'abitazione fosse vuota. Giancarlo prese quindi in mano il pomello della porta, pensando alla ragione per cui lei fosse qui. Vuole chiedere scusa, forse? Sembra talmente rattristata, talmente delusa, però... Non voglio stare a sentirla, non oggi. Toccò allora con l'altra mano la porta di legno, e rimase in attesa per qualche secondo. Non vi furono altri suoni di campanello, Mion non premette il pulsante un'altra volta, restando in piedi immobile di fronte all'ingresso e tenendo basso il proprio sguardo. Non sta insistendo... Se non rispondo se ne andrà, allora? Rinuncerà a parlare con me, e tornerà a casa sua? Ma mentre stava pensando questo, il suo corpo stava girando la chiave della porta, per aprirla. È meglio così, è comunque mio dovere darle ascolto, e sentire quello ha da dirmi, è così che mi hanno cresciuto.

Mion entrò allora nella sala, lentamente, senza neppure salutare. Raggiunse il centro della stanza, ed aspettò che lui richiudesse la porta. Quindi lei gli chiese se era da solo, ricevendo una risposta affermativa.

Capisco...” commentò la ragazza, con fare sommesso. Stava guardando al presepe che Giancarlo stava fissando in precedenza, e successivamente aggiunse: “Se lo scenario non cambia in fretta il vostro non sarà un buon Natale, dico bene?”

Il giovane era in ambasce, combattuto tra la diffidenza e la pena. Si sta prendendo ancora gioco di me? O è arrivata fin qui a piedi per un motivo valido? E perché mi ha chiesto se ero da solo? Cercò allora di guardarla negli occhi, per cogliere un indizio sulle sue vere intenzioni, ma lei gli stava ora dando la schiena, e il suo sguardo rivolto in basso non gli dava l'opportunità di capire cosa Mion volesse fare. Così, lui fece un passo verso di lei, per scoprire quale fosse il suo scopo ultimo.

Per favore, non muoverti.” replicò lei, rimanendo voltata di spalle e accorgendosi dei suoi movimenti con l'udito “Sono qui solo per una ragione, e quando avrò terminato sarai libero di mandarmi via, se lo vorrai. Per favore, dammi la possibilità di dirti una cosa.”

Sentiamo.”

A quella parola, la giovane si girò nuovamente verso di lui, e prima che lui potesse reagire si inginocchiò, fino quasi a prostrarsi sul pavimento. Teneva la faccia a contatto con le fredde piastrelle, ed iniziando a gemere disse quello che aveva nel cuore.

Mi dispiace” gridò Mion, piangendo disperata come un bambino “Mi dispiace Mi dispiace Mi dispiace Mi dispiace Mi dispiace Mi dispiace Mi dispiace Mi dispiace Mi dispiace Mi dispiace Mi dispiace Mi dispiace Mi dispiace Mi dispiace Mi dispiace Mi dispiace Mi dispiace Mi dispiace Mi dispiace....” continuò così per più di due o tre minuti, prima di pronunciare qualcos'altro. Solo dopo aver ripetuto quelle poche lettere decine di volte, la ragazza alzò con infinita lentezza il capo, guardando verso di lui; quindi, si strofinò gli occhi con una mano, per ripulirsi le guance dalle ultime lacrime, e spiegò: “Vedi, Shion mi aveva suggerito di chiedere scusa il prima possibile, e in linea di massima sono d'accordo con lei, non volevo causarvi un tale dispiacere a te o ad Ali-chan. In effetti, devo scambiare quattro parole anche con lei.” Detto ciò, si passò di nuovo la mano sugli occhi. Sebbene facesse di tutto per trattenerle e per celarle, altre lacrime le stavano scendendo lungo il viso. E anche il suo discorso era pieno di dolore e contrizione: “Ma voglio fare molto di più, di quello che mia sorella mi ha consigliato di fare... Ci ho riflettuto sopra, mentre passeggiavo dal Maniero fino a casa vostra... E il mio desiderio è quello di fare la brava ragazza, d'ora in poi... Voglio rimediare a quello che vi ho fatto, ed allora... Perché tu e tua sorella non venite al centro di Okinomiya con noi, domani? Sarà una giornata bellissima ed indimenticabile, ve lo prometto.”

Ma in realtà Giancarlo non era così contento di sentire che lei gli chiedeva perdono. Era molto imbarazzato da quella scena e così, comprendendo quale fosse lo stato d'animo della sua amica, cercò di farla sentire maggiormente a proprio agio: “Mii-chan, sono lieto che tu voglia fare pace, ma è tutto OK, adesso, diciamo che non è successo niente, va bene? Non è accaduto nulla per cui tu debba scusarti, e...”

Non vuoi venire con noi, quindi? Hai già degli impegni? Forse è perché domani è la vigilia di Natale, e tu devi incontrare dei parenti o degli amici da qualche parte. Allora facciamo un'altra data? O un altro giorno?” chiese lei, palesemente preoccupata.

N-no, non volevo dire questo, a parte i Keresana non abbiamo amici intimi in Giappone, e se insisti saremo felici di unirci a voi, ma tu non devi umiliarti in questo modo. Non devi sentirti in debito con noi, Mii-chan.”

Non ti deve importare, quello che mi tocca fare. Io non voglio che tu mi odi, io non voglio che voi ci odiate, io non voglio che nessuno odi nessuno, e se posso far sì che questo si avveri sarò felice di tollerare un piccolo sacrificio. Sarà una giornata splendida, domani. Farò la brava ragazza...”

L'altro le porse la mano e l'aiutò nel rialzarsi, invitandola a bere una tazza di cioccolata calda, ma era ancora allarmato per quello a cui aveva appena esistito. Quella era indubbiamente stata un'iniziativa di Mion, Shion non le avrebbe mai detto di abbassarsi a tanto. Anzi, osservandone il morale sembrava inconsueto che le avessero concesso di andarsene a zonzo da sola, senza farsi accompagnare da Kasai o qualcun altro: che fosse venuta di nascosto, senza dire nulla? Giancarlo non poteva saperlo a priori, poteva solo percepire come la voce della ragazza fosse ancora piena di tristezza e i suoi occhi parevano svuotati di ogni personalità. E mentre lui correva dal soggiorno alla cucina poteva udirla mentre ripeteva quelle succinte parole. Farò la brava ragazza, Farò la brava ragazza, Farò la brava ragazza, Farò la brava ragazza, Farò la brava ragazza, Farò la brava ragazza... Questo era tutto ciò che Mion diceva, ininterrottamente, e anche Giancarlo si sentiva un idiota, per non essere in grado di trovare la maniera di fermare quello spaventoso ritornello, così inquietante e senza fine.
 


Nota dell'autore: rilasciare un capitolo ogni dieci/dodici giorni penso sia la cosa migliore... un buon compromesso tra l'esigenza di non andare di fretta e il non far attendere troppo.
Capitolo tosto, uno dei più difficili da rendere bene, in quanto ha una forte componente psicologica/introspettiva che volevo caratterizzare per il meglio. Spero che vi sia piaciuto. :)

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Capitolo 27
*** Battaglia tra buoni a nulla ***


Nota dell'autore: fino all'ultimo sono stato indeciso sul dividere o meno questo capitolo in due... Ma il fatto è che sembra lungo solo perchè ha molti più dialoghi, scorre via velocemente, e poi non c'era un punto dove potevo troncare il discorso, così ho lasciato un capitolo solo.
Secondariamente, in questo capitolo alcuni personaggi giocano a biliardo... Ho messo le regole più semplici possibili (ossia imbucare con il pallino/boccino/biglia bianca le altre in ordine numerico, e tenendo il turno finchè non si sbaglia). Questo, in modo che tutti possano seguire l'evolversi del match.






Capitolo 26: Battaglia tra buoni a nulla


Okinomiya, 24 Dicembre 1983

Ah, la nostalgia di passare la vigilia di Natale lontano da casa tua...”

I commenti di Alice risuonavano nella stanza. La sua voce poteva squillare in tutta la sua limpidezza cristallina, visto che si era tolta un enorme peso dallo stomaco: il fatto che Mion fosse andata a casa loro per scusarsi dell'accaduto le aveva permesso di chiarirsi con l'amica, e la cosa le era stata di grandissimo sollievo. Come Rena aveva detto agli altri nel Maniero il giorno prima, lei non era infatti una persona che tenesse il broncio per molto tempo, e l'assenza di una ragione per essere arrabbiata la faceva sentire meglio. Certo, Mion non era ancora del suo solito umore, non aveva ritrovato quella spensieratezza e quell'allegria che la contraddistingueva, e questo inquietava sia Alice che gli altri, ma senz'ombra di dubbio avrebbero architettato qualcosa, anche per lei.

Del resto erano nel luogo giusto per divertirsi, Kasai li aveva condotti in un bel posticino, prima di doverli lasciare per delle commissioni. Alice, insieme al club al gran completo, aveva infatti messo piede in una delle sale più anguste del centro ricreativo di Okinomiya, un posto che avrebbe avuto difficoltà nel contenere un gruppo più numeroso del loro, ma che era comunque stato riservato a loro per tutto il pomeriggio, così non vi era spazio per criticare o fare la difficile. Nessuno li avrebbe mai disturbati, lì... Il salottino era appena più grande di una stanza per il karaoke, con un vasto tavolo proprio nel mezzo coperto da un lunghissimo lenzuolo logoro che quasi lambiva il pavimento e che poteva anche far inciampare qualcuno, se non fossero stati attenti. Un mobile talmente grosso che a prima vista dava l'idea di occupare la maggior parte dello spazio della saletta, ma a parte quella specie di illusione ottica l'ambientino era molto accogliente: placido, ben riscaldato e con un paio di piante ornamentali in due degli angoli, quelli più distanti dalla porta d'ingresso; vi erano poi sedie in abbondanza, nessuno sarebbe stato costretto a restare in piedi, così non si udirono lamentele. Avevano tutto l'occorrente per le loro attività, là dentro.

Mii... E allora, che cosa c'è in programma, qui?” chiese Rika, dal basso dei suoi occhioni tondi.

C'è davvero il bisogno di dirlo?” rispose pomposamente Keiichi “Allacciatevi le cinture, perché questo pomeriggio sarà riempito da una pletora di giochi. Tutti quelli che conoscete, tutti quelli che abbiamo provato almeno una volta nella vita... Già, oggi sarete coinvolti in quello che i posteri ricorderanno come le celeberrime Hinamiziadi!”

E tu hai già vinto la medaglia d'oro per il nome più cretino dell'anno, Keiichi-san. Hinamiziadi... da dove sarebbe spuntata fuori, quest'accozzaglia di suoni informi? Tra l'altro, non potremmo classificare l'evento in questa maniera manco volendo: per fare una cosa che assomigli alle Olimpiadi dovremmo disputare tutti i tipi di gare possibili ed immaginabili, anche quelle all'aperto... E qui dentro non si può.”

Non è che possiamo uscire come se niente fosse, se è per questo... Sfacchinare e sudare con questo freddo andrebbe bene solo se il tuo obiettivo fosse il suicidio. Considera questo come uno di quei meeting indoor che organizzano per l'atletica, ne fanno a bizzeffe durante l'anno.”

Va bene, va bene, però fammi il favore di trovare un nome migliore. Hinamiziadi fa troppo pena, un po' come il ragazzo che l'ha ideato.”

E allora trovane tu uno più adatto, Satoko” Keiichi le si avvicinò a grandi passi felpati, con un'occhiataccia minacciosa “Oppure la Signora delle Trappole ha così poca fantasia da non riuscire a pensare a un nome?”

Ringrazia la tua buona stella che sia la prima volta che vengo in questo centro!” mugugnò lei, impertinente e per nulla intimidita “Altrimenti ti avrei tolto la parola di bocca con un'efficace ed irresistibile serie di trappole e accorgimenti vari, adatti allo scopo.”

E secondo te perché vi abbiamo portato qui, invece che da qualche altra parte? Non ho trascurato questo dettaglio, quando ho pianificato questa giornata!”

Oh, è così il nostro caro villano sta cominciando a crescere, poco alla volta...”

Questa è quella che gli umani definiscono esperienza. Comunque, bando alle ciance e occupiamoci delle questioni serie. Che punizione avete in serbo, per il disgraziato che arriverà ultimo?”

Pensavamo a una cosa appropriata, a tema natalizio... Il nostro trattamento speciale consisterà nel fare indossare alla persona in questione della casta biancheria intima di colore rosso abbinata ad una bella barba folta. E una volta così agghindato lui o lei dovrà girovagare per la città proclamandosi come il Babbo Natale del Duemila, con l'obbligo di restare fuori fino alle otto di sera. Mi sembra ragionevole, sarà uno show notevolissimo da vedersi, ci sarà da divertirsi.”

Oh, Rena adora l'idea di Shii-chan! Sarà così carino carino, da portarselo a caaaaassaaaaa!”

Hey, perché parlate tutti al maschile? Mi avete già dato per spacciato, vero? Povere ingenue, questo non accadrà ma, mettetevelo bene in testa!”

Però lo trovo un po' esagerato.” commentò Alice “Non vorrei che a uno di noi venisse una brutta polmonite, il meteo ha preannunciato una serata fredda come poche.”

Naaah, Kei-chan è un ragazzo tosto, supererà questa punizione come fosse un bicchier d'acqua, fidati.”

Ah-ha, Shion! Ecco la tua confessione, hai scelto questa penitenza perché eri sicura che sarebbe toccato a me! Anzi, scommetto che eravate talmente fiduciose che avete portato solo l'intimo rosso per uomini, e non quello per le donne... Ma vi pentirete di essere state così presuntuose!”

Se mi dessero un nichelino per ogni volta che ho sentito queste parole... Non lo pensi anche tu, Onee?”

Mion non rispose. Era immobile, e stava sorridendo in direzione degli altri, come farebbe una madre apprensiva nei confronti dei propri figli piccoli senza intromettersi nei loro giochi. Poi, disse solo: “Se lo dici tu, Shion... Comunque, anche io penso che Alice abbia ragione, è un po' crudele da parte tua maltrattare Kei-chan come se fosse la tua bambola di pezza...”

Quel tono così dimesso contrastava clamorosamente con il suo solito atteggiamento, e gli altri si resero conto immediatamente che qualcosa non andava, rimanendo indispettiti e dispiaciuti. Shion e Satoshi, dopo essere venuti a sapere di quello che Mion voleva organizzare, si erano presi cura in sua vece dei vari preparativi, in maniera che tutto andasse per il verso giusto ed al fine di conseguire un duplice obiettivo: tutto il gruppo sperava difatti che venissero superate le ruggini che c'erano state tra Mion stessa e la coppia di occidentali, ma anche che, finalmente, l'umore della ragazza dalla coda di cavallo migliorasse un poco. Del resto Shion era venuta a sapere di quello che si era verificato a casa dei Serco la sera prima, e se da un lato era contenta del passo indietro compiuto dalla sorella, dall'altro era perplessa per il modo in cui lei lo aveva fatto, così remissiva e timorosa. Mion sembrava aver male interpretato il suo consiglio, andando contro la propria natura... Il ruolo della ragazza timida ed arrendevole non le si addiceva, perlomeno considerando l'immagine che aveva sempre dato agli altri. Era così strano, quel mutamento... La giovane non pareva davvero stare bene.

Conseguentemente, Shion si avviò a grandi passi verso di lei, per assicurarsi che l'altra stese bene, ma qualcuno la precedette. Alice si fermò dinanzi a Mion e la osservò senza muoversi. Non distoglieva lo sguardo da lei, come se stesse esaminando una statua antica, a partire dalle gambe della ragazza e salendo fino al torso, al petto ed infine alla faccia, soffermandosi in particolare sui suoi occhi. Tuttavia, lungi dal dire qualcosa riguardo quello che era avvenuto il pomeriggio prima, Alice la fissò a lungo, immobile, nel tentativo di carpirne i sentimenti, le emozioni, quello che stava pensando. E anche se non era l'unica ad essere attratta dall'inaudito atteggiamento di Mion, lei era la sola a mostrare in modo così esplicito la sua curiosità, come se fosse la più interessata. Finché l'oggetto della sua analisi provò un disagio tale che fu obbligata a chiederle se ci fosse qualcosa che non andava.

No, nulla, volevo solo controllare una cosa.” rispose lei “E' tutto così... singolare.”

Cosa vuoi dire?”

Ma Alice si limitò a sorriderle con una pizzico di imbarazzo e sì allontanò da lei, andando da Keiichi ed invitandolo a dare il via alle danze. La giovane prese infatti un mazzo di carte e un foglio di carta strappato dallo zaino che aveva portato con sé, e una volta poggiatili sul tavolo scrisse i nomi di tutti sopra di esso.

Si era parlato di sette attività, stamattina, vero? Se vogliamo completarle tutte sarà meglio non sprecare altro tempo, cominciamo subito!”

Il primo quindi è un gioco di carte? Un po' banale, ma va bene, sarà utile per il riscaldamento.”

Già, solo che useremo il mio mazzo, questa volta... Sarà intrigante vedere come vi comportare con delle carte senza graffi e trucchi vari... Solo che questo non sarà l'unico scoglio da superare, per voi.”

Cioè?”

Prendine una o due, e capirai quello che intendo.”

Rena fece quanto le era stato consigliato, e rimase di stucco nel vedere cosa teneva in mano. “Ma che tipo di carte sono queste? Che tipo sono, chissà?”

Ti piacciono? Sapete, quello con cui siete abituati a giocare è il cosiddetto mazzo francese, di gran lunga il più famoso sulla faccia della terra. Ma non è l'unico, nei secoli passati ne sono state realizzate centinaia di varianti, in Italia, Francia, Spagna... Ci sono una marea di città che hanno il proprio mazzo personalizzato, diversissimi l'uno dall'altro, così come da quello francese. Se in quello classico i semi sono infatti cuori, quadri, picche e fiori, qui sono denari, spade, coppe e bastoni. Lo stile in cui sono disegnate è totalmente differente...”

Ma per quale motivo dici che questo complicherà le cose?” chiese Keiichi, prima di prenderle a sua volta in mano. Quindi, le osservò più attentamente, ed iniziando ad intuire la verità aggiunse: “Aspetta, sbaglio o ci sono meno carte rispetto al solito? Dove sono le regine... E questa che razza di carta sarebbe...?”

Non ci sono regine in questo mazzo” spiegò Mion “Lo conosco bene anche io... Il fatto è che in passato anche io ne possedevo uno come quello, insieme a tutti gli altri giochi che mi avevano regalato da piccola. Me lo aveva donato uno dei miei zii di Okinomiya, di ritorno da un viaggio all'estero.”

E chi era?” chiese Rika “Dovreste sapere che non ci si può allontanare troppo, altrimenti la Sindrome...”

Infatti credo che sia morto poco tempo dopo, ma ero troppo piccola allora, non saprei dirti i dettagli... Comunque, il punto è che quel mazzo l'ho smarrito da qualche parte. Mi spiace, altrimenti l'avrei portato a scuola ogni tanto, per variare un po'. Mi spiace, sono una tale pasticciona qualche volta...” Mion sorrise gentilmente ed educatamente, socchiudendo gli occhi. In quel frangente assomigliava quasi a Rena, forse cercava volontariamente di imitarla, ma quella scena parve solamente innaturale, al pari di quella precedente. Shion era estremamente preoccupata, era la prima volta che una persona dall'aspetto così calmo la spaventava a tal punto.

Ma per la sorellona avrebbe fatto questo ed altro. Non si sarebbe mai data per vinta, doveva aiutarla a non aver paura del proprio ego, ed Alice venne in suo soccorso. “Hai ragione, Mii-chan, non ci sono regine in questo mazzo, e questo non è l'unico ostacolo per chi non è avvezzo a queste carte. Penso proprio che vi insegnerò alcuni dei giochi che pratichiamo a casa nostra, per esempio... Che pensate della briscola? Da noi è un po' come il mahjongg qui in Giappone, tutti ci giocano e qualcuno ha una vera e propria fissazione, soprattutto tra gli anziani. Potremmo organizzare un mini torneo... Siete pronti, vero? Spero di sì, ma vi dico subito che vi pentirete presto di averci invitato in questo posto, oggi. E prima che mi dimentichi... Che non vi venga in mente di segnare con le unghie anche queste carte, il mazzo è il mio e preferisco non ritrovarmelo tutto rovinato!” Alice sorrise malevolmente, prima di concludere “Eh, sì, voglio proprio vedere come la Regina dei Giochi si comporta, in un gioco dove le Regine non sono contemplate...”

Lo vide in fretta. Alla fine del gioco, sul tavolo della saletta vi era il foglio con i punteggi di ogni giocatori. Per quella prima attività si attribuivano dieci punti al primo, otto al secondo e così via fino all'ultimo, che prendeva un solo punto. E, desolatamente, colui che aveva ottenuto quel misero punto era stato Maebara Keiichi.

Non è giusto! Non sapevo neanche che carte tenevo in mano, andavo nel pallone in continuazione!” La sua protesta non era infondata, in realtà. Alice, Giancarlo e Mion avevano un vantaggio significativo, anzi decisivo, siccome conoscevano bene le carte e sapevano distinguerle, cosa non semplicissima per un neofita. Inoltre, anche senza segni e graffi sul loro retro, potevano farsi un'idea su cosa avessero gli altri, specialmente Keiichi... Era sufficiente controllare per quanto tempo le fissasse per cercare di riconoscerle: qualora avesse pescato una carta difficilmente confondibile, come un asso, lui lo capiva subito e degnava quella carta solo di un rapido sguardo; se invece era un cinque o un sette, carte molto simili tra loro e facilmente confondibili, allora le scrutava a lungo, aggrottando le sopracciglia. Era come un libro aperto, e anche gli altri si accorsero in fretta del trucco e lo utilizzarono a proprio vantaggio.

Satoko, tra l'altro, si divertiva pure a prenderlo in giro: “Ara ara, questo povero villano non sarà mai in grado di fare una partita come si deve, non importa che mazzo usiamo. Smettila di frignare, pensi che io fossi in una situazione migliore della tua?”

Keiichi si levò allora di scatto, ferito nell'orgoglio. Squadrò da capo a piedi i suoi fieri avversari, senza neppure considerare una resa, e dichiarò con voce tonante: “OK, facciamo sul serio, adesso. Andiamo a pescare il nostro solito mazzo, e vedrete come sarà terribile la mia vendetta!” Artigliò le carte con cui avevano sempre giocato, e le mostrò a tutti, come se fossero l'origine e la fonte della sua dignità e della sua sicurezza: “Iniziamo subito, è tempo di passare alla seconda attività! Devo recuperare il terreno perduto, e quando l'avrò fatto andrò in estasi, pregustandomi la punizione che vi toccherà in sorte oggi e in futuro!” Mescolò quindi il mazzo con decisione e abilità, e distribuì energicamente le carte.

Sei giochi dopo, le Hinamiziadi erano terminate. Mion, che continuava a comportarsi da brava ragazza ma che non si era scordata come si gioca, aveva vinto quell'improvvisata manifestazione, guidando per distacco la classifica finale. A seguire, vi erano Shion, Satoko, Alice, Rika, Giancarlo, Rena, Satoshi. E l'ultima ruota del carro, con solo nove punti complessivi a referto, era stranamente Maebara Keiichi.

Ah, quanto mi sarebbe piaciuto essere la vincitrice!” si lamentò Shion “Una vera disdetta che Onee avesse preso un vantaggio incolmabile, dopo la prima parte del pomeriggio... Non sta bene giocare con un mazzo di cui solo tu conosci i segreti, al contrario di noi altri...” Non lo diceva solo per scaricare la colpa della propria sconfitta. Nei giochi di carte lei era anche meglio di Mion, avevano spesso fatto delle partite una contro una a casa loro, e Shion era conscia della propria capacità. Però non aveva mai dato il meglio di se stessa durante le attività del club, in parte perché meno motivata della sorella, in parte perché in fondo l'unica cosa che contava era far perdere Keiichi. Anzi, si sentiva libera di dare il massimo solo quando vestiva i panni della sorella, in quanto diveniva suo preciso compito quello di preservare la sua nomea di Regina dei Giochi e di dare giustizia a quella che era ancora la presidente del club. Insomma, sotto le spoglie di Shion non le rimaneva che sospirare e recriminare, finendo col dire: “Beh, resta il fatto che ci sarà una compensazione assolutamente soddisfacente per quest'onta, non sei d'accordo con me, Kei-chan...?

Prese allora un piccolo sacchetto di cartoncino, nascosto sotto il tavolo, e lo aprì di fronte a tutti. All'interno, vi era un'interminabile barba bianca e una scatola, la cui etichetta riportava L'intimo adatto per la notte del 31 dicembre! Non lasciate nulla al caso, e attirate su di voi la buona sorte per l'anno che verrà! Vedendo Keiichi trasalire alla lettura di quelle eloquenti scritte, Shion emise un sorrisino spaventoso dai contorni malefici, terrorizzando il ragazzo il quale si precipitò svelto verso l'uscita, che fu però trovata bloccata dalle sagome di Satoko e Rika. Le due bambine lo avevano preceduto, intuendo l'antifona, e a Keiichi non rimaneva alcuna scappatoia.

Kei-chan” sussurrò Shion, già inebriata al pensiero di quello che le sue pupille avrebbero presto ammirato.

Per favore, ragazze...” strillò Keiichi, come se fosse giunto davanti al Demone dell'Oltretomba... Ma un fatto imprevisto venne in suo soccorso, ossia un ospite inatteso che aprì la porta dall'altra parte, entrando nella stanza.

Ciao ragazzi, allora va tutto bene qui?”

No che non va bene, Domiro-san. Avete salvato la mia vita, grazie per essere arrivato qui nel momento opportuno, vi sarò debitore in eterno.”

Rika, sentendo il nome dell'uomo di mezz'età che era appena apparso dinanzi a loro, concluse che Keiichi lo conoscesse di già, ma lei no. Forse è un amico di suo padre? Capelli cortissimi e neri, probabilmente colorati con una costosa tinta, e un paio di occhiali ricercati dalle lenti sottilissime; alto più della media e magro, e con addosso abiti formali a dispetto dell'edificio gioioso in cui si trovavano. Rika non si attendeva una visita, tanto meno da uno sconosciuto, così chiese in giro l'identità di quell'individuo.

Ma come, Rika-chan, non l'hai riconosciuto?” esclamò Shion “E' lo zio Sonozaki Domiro, l'avvocato ufficiale di famiglia. Tu stessa l'hai incontrato alla prefettura non più di qualche giorno fa, evidentemente la tua memoria avrebbe bisogno di una bella sistematina...”

Ah, giusto...” Rika annui, un poco dispiaciuta per quella brutta figura, le era completamente uscito di mente chi fosse quell'uomo, e per uscire d'impaccio sorrise teneramente verso di lui, commentando deliziosamente: “E' carino incontrarvi di nuovo, allora. Nippa~!”

Certo che ne avete di zii!” disse Satoko quasi gridando “Io mi ricordavo di lui, ma non mi avevate detto che fosse un vostro parente. Quanti diamine ne avete, Nee-Nee?”

Shion rise, sollazzata da quella domanda: “In verità nemmeno io conosco il numero esatto... L'albero genealogico del nostro clan è composto da una miriadi di rami e rametti minori, forse nel contado ci sono uomini che non sanno neppure di essere un Sonozaki... Sai, è il risultato della politica di famiglia degli ultimi quarant'anni, quella di far sposare i nostri parenti con persone di quante più famiglie possibile, in modo da intrecciare alleanze ed accrescere il nostro potere e la nostra sfera di influenza, e quindi puoi capire il caos che si viene a creare alle volte...”

Ma perché si trova qui? Perché si trova qui? Rena vorrebbe tanto saperlo.”

Oh, di lavoro lui si occupa di sciocchezzuole legali, però a tempo perso è anche l'amministratore ed il responsabile del centro ricreativo, e quindi capita che lo si veda qui. Vedete, la nostra famiglia ha un peso significativo in un considerevole numero di imprese ed attività, quaggiù, metti uno zio qui, un cugino là... Lo facciamo non tanto per interesse personale, guadagnare molti soldi da una struttura pubblica è un'operazione impraticabile e presumibilmente illegale, ma in quanto questo è pur sempre un segno di distinzione e di prestigio, un modo per rinforzare l'autorità che Onee è in grado di esercitare.”

Non è corretto che tu mi infastidisca con queste allusioni, Shion.” rispose Mion, lamentandosi educatamente.

Ed allora? Il posto è di vostro gradimento?” chiese Domiro, i cui occhi si erano posati sul tavolo. Vedendo come ci fosse ancora il lenzuolo sopra di esso le sue labbra si lasciarono scappare un verso di leggera sorpresa, e pertanto disse: “Oh, non l'avete ancora usato? Avrei detto il contrario... Immagino che abbiate giocato a qualcos'altro.”

Scusa? Che significherebbe questo, zio?”

L'uomo sollevò allora la pesante tovaglia bianca, ripiegandola accuratamente e dopo averla riposta su una sedia chiese a Keiichi di dargli una mano nel rimuovere la tavola di legno appoggiata sul tavolo, il quale evidentemente non era proprio un tavolo normale.

Oh, questa è bella!” esclamo Keiichi infatti “Come ho fatto a non accorgermene prima? Questo è un tavolo da biliardo!”

Eh, eh, non è strano che non ve ne siate resi conti... Questo lungo straccio lo copriva da cima a fondo, e in questo mdo sembrava solo un vecchio mobile d'altri tempi. Un bel biliardino di seconda mano, donato al centro da un bravo cittadino che era morto senza eredi che non sapeva a chi lasciarlo, pace all'anima sua. Solo un secondo, ora, qua sotto ci dovrebbe essere un cassettone... Ah, eccolo qui.” Lo aprì, e da esso tirò fuori un paio di stecche, una lavagnina nera su cui scrivere il punteggio e un gran numero di palle di ogni colore. Quindi aggiunse: “Perché non ci giocate un po'? Non mi sembra ancora così tardi, può essere un bel passatempo.”

OK... Ma c'è qualcuno qui che sa giocare a biliardo?” chiese Satoshi, rimirando una delle stecche “Sono desolato, ma sono abituato a maneggiare solo la mia cara vecchia mazza da baseball, non ho mai tenuto in mano una di queste.”

Neanche io.”

Rena neppure.”

Non guardate me.”

Idem con patate. E tu, Onee?”

Non ho mai giocato a biliardo, ad essere onesta.”

Oh, questa non l'avevo mai sentita. Pensavo che la Regina del Giochi fosse il gran guru di ogni gioco e sport di questa terra.”

Non in questo caso, Kei-chan. La ragione è che un incontro di biliardo si disputa tra soli due sfidanti, così non ne ho mai studiato le regole.” Non stava mentendo stavolta. Quando aveva creato il club non era molto brava nei giochi, così aveva fatto di tutto per imparare e migliorarsi, divorando a ripetizione libretti di istruzioni come se fossero romanzi. Tuttavia si era specializzata in quelle discipline che richiedevano un gran numero di contendenti, da quattro in su, e questo in funzione appunto del gruppo che aveva creato. Quello che lei aveva sempre agognato, infatti, era praticare dei giochi che coinvolgessero tutti i suoi membri, non solo due di essi, così sport ed attività come il biliardo erano state da lei trascurate, visto che in teoria non ci avrebbero mai dovuto giocare. Fino ad adesso, almeno: la proposta dello zio Domiro la stava costringendo in pratica a fare una partita. E il problema che lei non sapesse nulla di stecche e carambole non era grave, poteva pur sempre prendere delle lezioni. In fin dei conti, si poteva dedurre dagli sguardi dei suoi amici come questo fosse esattamente quello che volevano che lei facesse.

Ma...” obiettò lei “Non c'è nessuno che mi possa insegnare, qui...”

Veramente io posso.” ribatté Domiro, sfilandosi la sua giacca d'ordinanza “Stando spesso al centro ho appreso le regole di ogni gioco che si trova tra queste quattro mura. Vediamo, prima di tutto...”

No, aspettate. Se proprio dobbiamo, almeno insegna a due di noi, non solo a me, altrimenti non avrei nessun avversario.”

Keiichi si fece avanti. “Osservazione pertinente. Eccomi qui allora, la vostra cavia preferita è a vostra disposizione. Sono sempre entusiasta di affrontare nuove sfide, non vedo l'ora di cominciare!” A mo' di inciso, questo era anche uno stratagemma per sottrarsi alla penalità che avrebbe dovuto scontare, così stava prendendo due piccioni con una fava.

Passò così più di un ora. Mion e Keiichi dimostrarono di imparare le basi di quello sport molto rapidamente, seguiti con attenzione dallo sguardo degli altri. Le regole, i cenni storici, il modo corretto di piegarsi per colpire... Una sfilza di parole e nozioni che si susseguirono l'un l'altro ininterrottamente. Finché Domiro, soddisfatto e contento per il successo del suo corso accelerato, decise di sgranchirsi le braccia, e fece quindi un'ulteriore proposta: “Sentite un po', perché non disputiamo un incontro tra voi due? Seguiremo le regole del biliardo a quindici palle, ossia quello dove devi imbucare le palle in ordine numerico crescente, ma con una piccola modifica: assegneremo un punto per ogni palla in buca, ma quando rimarrà solo il pallino riporremo le altre biglie di nuovo sul tavolo, disponendole nella loro posizione iniziale. Tutto ciò finché uno di voi non raggiunge... diciamo 80 punti. Che ne dite?”

Dico che la passione per i duelli bizzarri deve essere una caratteristiche della vostra famiglia... Ma per me va bene.” Dopo l'approvazione di Keiichi anche Mion annuì, anche se esitante, e quella che aveva da ridire fu Satoko. Ricordandosi di quello che era stato suggellato dalle attività precedenti, decise di interferire in quella nuova sfida e foglio della classifica alla mano bofonchiò: “Keiichi-san, non fare lo gnorri! Devi ancora sottoporti alla punizione che avevamo concordato prima, e tu in barba a tutto ciò ti vorresti cimentare in quest'altra prova? Ti comporti come se questo pezzo di carta neanche esistesse, per te!”

E quindi quale sarebbe la tua obiezione, Satoko? Se preferisci, possiamo giungere a un accordo, il doppio o niente. Se io vinco questa partita la mia penalità sarà annullata, e ce ne andremo a casa come se nulla fosse accaduto; se io perdo, invece, indosserò quel ridicolo costumino non solo stasera, ma anche tutto il giorno di Natale! Ci stai?”

Apparentemente stava firmando la sua condanna a morte, affrontare la Regina dei Giochi con tanta baldanza era un suicidio. Così Satoko commentò: “Se lo desideri... Fa' un po' come ti pare. Voglio proprio vedere.” e si risedette al proprio posto.

Altri piagnistei?” urlò Keiichi, pieno di rabbia agonistica “No? Bene bene, allora! Iniziamo!”

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Male male... fermiamoci qui...” pianse lui, cinque minuti dopo. Il punteggio, scritto sulla lavagnetta, riportava inequivocabilmente 43 punti per Mion e 17 per Keiichi. L'inerzia dell'incontro era chiara, l'esito pure. “Non ci credo, non può essere, perché sono tanto scalognato? Sarebbe bastato avere qualche rimbalzo favorevole, una qualsiasi carambola, ed io...”

E tu le avresti prese di santa ragione, comunque” replicò Shion “Non puoi battere Onee in uno sport che avete appena imparato a giocare, lei è in grado di assimilare quello che le viene insegnato in un lasso di tempo brevissimo. Allora, Kei-chan, questi li vuoi indossare adesso o a fine partita?” Keiichi non volle nemmeno girarsi verso di lei, sapeva che nelle sue mani c'era ancora quella spaventosa scatola contenente le sue future mutande. Così, preferì osservare Mion con gli occhi di un cane bastonato, immaginandosi già alla mercé di quel branco di arpie sanguinarie.

Dal canto suo, la ragazza dalla coda di cavallo si era accorta di essere osservata, in quell'attimo. Sapeva dello stato d'animo di Keiichi, ed attese qualche secondo prima di colpire il pallino. E, subito dopo averlo fatto, il supposto ragazzo sfortunato si rese conto che la sua avversaria non aveva dato abbastanza forza, cosicché la biglia bianca si fermò accanto a quella che doveva imbucare, sfiorandola come con una carezza.

Oh, un attimo di tregua, alla fine...” disse Keiichi.

Già ho fatto un errore.” dichiarò lei, sorridendo “Per te potrebbe essere una buona occasione per rimontare, Kei-chan.”

Certo che lo è, hai commesso una leggerezza che non ti potevi permettere!” tuono lui, recuperando il proprio vigore, e segnando subito un punto. “Ed ora...”

Ma Satoshi si frappose tra lui ed il pallino, all'improvviso, e disse: “Mion-san, ho la sensazione che tu abbia sbagliato il colpo di proposito...”

La sua insinuazione lasciò tutti interdetti. Ma lui illustrò subito come mai la stesse accusando di ciò: “Vedete, questo tipo di atteggiamento non mi è nuovo: adesso non è più così, ma quando Satoko era molto piccola e giocavo con lei io non potevo impegnarmi seriamente, ed ero solito fare la stessa cosa che hai fatto tu adesso. Ho riconosciuto questo modo di agire perché lo conosco molto bene, e per quanto io desideri sbagliarmi...”

Shion lo fissò, incredibilmente sorpresa. Quello spirito d'iniziativa era così inconsueto da parte del suo fidanzato, ma soprattutto non poteva credere alle parole che aveva pronunciato. Però, poi vide la sorella abbassare il volto ed arrossire di vergogna. Quella era la conferma, ciò che Satoshi aveva ipotizzato corrispondeva a sacrosanta verità, e quindi Shion le si avvicinò, ansiosa di sapere perché si fosse comportata in quel modo.

Che... Che dire...” rispose lei, con un'assurda lentezza ed il capo sempre chino “Pensavo che fosse crudele verso Kei-chan, e io non volevo essere crudele, perciò pensavo che fosse meglio...”

No che non è meglio!” replicò la gemella “Non lo hai mai lasciato vincere, come non hai lasciato mai vincere nessuno in vita tua! Per quale oscura ragione ora stai perdendo la trebisonda e alzando bandiera bianca?”

Mion non disse nulla, ed anche Shion preferì non proseguire, temendo di provocare altri danni con la sua veemenza. Si ritirò, e tornando sulla sua sedia mormorò: “Se le cose stanno così allora faremmo meglio ad andare tutti a casa, non ha senso continuare così, mi è anche passata la voglia.”

Rika guardò quindi la sua amica, sconsolata. Era abituata a vedere i suoi amici comportarsi in un modo anomalo, in passato, ma non a vederli così freddi e calmi, al contrario. Nei vecchi mondi, la Sindrome li rendeva sempre violenti, aggressivi, fino a rasentare il limite del cinismo e della malvagità più assoluta.... Certamente non volevano divenire tale, ma la malattia dentro di loro, combinata con il loro dolore e le loro paure, era talmente forte da sopraffare il loro cervello e la loro volontà. Ora, invece, Mion era depressa, punto e basta, ed anche gli altri subivano questa influenza nefasta, perdendo ogni ardore e giovialità. Un'anomalia di segno opposto a quelle che aveva sempre fronteggiato. Quale ne era la causa? Il sospetto portato dall'ATPC riapparve nella sua mente, e girandosi verso Hanyuu si avvide che lo spirito vicino a lei stava ricambiato il suo sguardo attonito.

Lo so cosa stai pensando, Rika.” Per riuscire a darsi una spiegazione di quello che osservavano, entrambe provarono a paragonare l'attuale situazione a quella di Satoko in alcuni dei mondi passati. Quando Teppei era andato a vivere da lei, la bambina presentava un atteggiamento innaturalmente calmo, pretendendo di stare bene e implorando i suoi amici di non preoccuparsi per lei, anche se loro sapevano benissimo che la sua apparente serenità era solo una finta maschera. Adesso, che cosa succederebbe se Mion cominciasse a fare lo stesso? Questa dannata Sindrome non vuole proprio lasciarci in pace...Quella Sindrome, quella Sindrome, quella Sindrome... Era il chiodo fisso di Rika, un fantasma disgustoso che perseguitava la sua mente tanto da essere il capro espiatorio a cui addossare tutte le colpe. Tanto che alla bambina venne poi un'altra, inquietante idea. No, non è corretto, quello che penso... In fondo le persone impazziscono anche per altri motivi, la Sindrome di Hinamizawa non è l'unica causa degli esaurimenti nervosi della gente, e nemmeno l'ATPC lo è. E se fosse qualcosa di completamente scorrelato, invece, qualcosa che non abbiamo mai preso in considerazione? Un trauma interiore, un'esperienza dolorosa? Se fosse così... Non sarebbe neppure una tragedia, anzi: se la sua depressione non fosse legata a una malattia incurabile potremmo fare molto di più per lei, da un punto di vista psicologico...

Alice notò che Rika era come piombata in uno stato di catalessi, a causa delle vorticose riflessioni che avevano luogo nella sua mente, e si sentì impotente, in quel scoramento generale. Così, fece la prima cosa che le venne in testa, e diede una spinta a suo fratello: “Lei aveva detto che eri tu il problema, ieri, te lo ricordi? E allora datti da fare e trova una maniera per aiutarla.”

E che pensi che possa fare, io?” protestò lui. Ma Alice non si curò di quella critica ed alzò la mano per prendere la parola.

Avrei un ideuzza, se non vi dispiace... Sono d'accordo con voi, quando dite che se Mii-chan non vuole infierire su Kei-chan allora la partita non ha più senso. Però allora perché non operiamo una sostituzione?”

Varrebbe a dire?” la interrogò Keiichi.

Ragazzo mio, hai combattuto valorosamente – alla faccia delle risate che Satoko-chan si sta facendo mentre sta sentendo queste mie parole. Ma perché adesso non lasci fare un tentativo anche a Nii-chan?”

Ma se non ho mai giocato a biliardo!”

Perché, loro sì? Fino ad oggi ne sapevano quanto te. E poi non si tratta di sollevamento pesi, ma di una materia in cui conta anche il cervello. Potresti anche avere una chance di vittoria. Inoltre, sono convinta che tu li abbia osservati con attenzione durante la lezione e la loro partita, potremmo dire che tu abbia ormai una buona infarinatura sull'argomento.”

Lui la guardò, inquieto, ma sapeva che ogni discussione sarebbe stata vana. L'aveva convinto, sostanzialmente, e all'altro non aveva altra scelta se non chiedere a Keiichi di consegnargli la sua stecca, e rimettere il pallino nel punto in cui si trovava prima del tiro che Mion aveva volutamente sbagliato.

Provaci ancora, Mii-chan” le spiego “Hai tirato apposta troppo piano, prima, e questo tipo di favori non mi interessano. Anzi, vorrei che l'ultimo punto di Kei-chan mi venisse tolto, ricominceremo dal punteggio di 43 a 17.”

Ma così è uno scontro impari, e io non...”

Non ci pensare neppure, Mii-chan. Sono io che scelgo di partire con queste condizioni, quindi non farti questi crucci.”

E allora perché non ti prendi anche la mia punizione?” sbraitò Keiichi, prima che Shion e Satoko gli tappassero la bocca all'unisono.

La tua penitenza è una questione solo tra te e Shii-chan, non cercare nemmeno di tirare in mezzo noi altri.” rispose lui, sapendo di mentire. Era stata infatti Mion a vincere le Hinamiziadi, era lei ad avere l'ultima parola in proposito. Peccato che, con il suo attuale stato d'animo, lei lo avrebbe lasciato andare senza decidere per alcuna punizione, e le altre ragazze non avrebbero avuto nulla in contrario a prendere momentaneamente il suo posto. Grazie alla loro assistenza, Giancarlo poteva dedicarsi a Mion, e quindi le disse: “Comunque, le tradizioni devono essere rispettate, e in quest'angolo dell'universo non si fanno mai giochi senza mettersi d'accordo sulle penitenze, ho ragione? Quindi dovremmo pensare a qualcosa. Che cosa proponi?”

Ti ho già detto che non voglio punire te e nessun altro. Perché mi volete trasformare in un mostro spietato?” Pronunciata quella domanda, la ragazza si mise a singhiozzare, incapace di trovare una reazione migliore. Giancarlo andò verso di lei, e si arrestò solo quando ormai i loro due volti erano giunti quasi a contatto. Mion teneva gli occhi bassi, e lui non riusciva a guardarla in faccia neppure da quella distanza così ravvicinata... E così, avendo finito le idee e non sapendo che altro fare, il ragazzo fece un respiro profondo, e le domandò:

Mion-chan, per quale ragione tu vuoi che io sia tuo amico?”

La giovane alzò finalmente gli occhi verso di lui, sorpresa da quello strano quesito, mentre lui andava avanti: “A giudicare dalla tua espressione immagino che tu ti attendesse un altro genere di frase ad effetto, qualcosa del tipo Non devi abbatterti così, Sii te stessa e sarai felice, Siamo tutti qui per aiutarti, Ti vogliamo bene per quello che sei e non devi cambiare, eccetera eccetera. Sta attenta, non dico che queste frasi siano fandonie, al contrario credo che corrispondano a verità, però sono concetti che ti può dire chiunque, qui, e che suppongo tu abbia già appreso da sola. Perciò avrei intenzione di sviscerare un altro punto della questione, se non ti dispiace.” Pose il bastone sul bordo del tavolo e mentre si inclinava in avanti si appoggiò con le mani su quest'ultimo, cercando di trovare i termini migliori per esprimere quello che aveva in mente.

Mion-chan” aprì infine bocca “Io non sono mai stato una persona amichevole, lo so molto bene, e non lo voglio mettere in discussione. Non è facile per me affezionarmi a qualcuno, e certamente non posso farlo nei tuoi confronti, se non la smetti di comportarti in questa maniera. Pensi forse che io potrei mai essere amico di una persona talmente falsa da rinnegare la propria indole così sfacciatamente?”

E quale sarebbe la mia indole autentica? Dai, dimmelo” sbraitò lei “Qualche volta penso di non averne alcuna... Qualche volta...” fece una pausa “Qualche volta penso di non essere una persona normale... Di non essere una persona, proprio. L'avete visto tutti, sicuramente ne siete a conoscenza, con qualcuno sono gentile, con qualcuno sono fredda, con qualcuno sono cattiva...”

Quelle erano riflessioni di cui il club era già al corrente, dopo averle sentite il giorno prima nella camera della sorella Shion le aveva confidate loro nella speranza di trovare tutti insieme una via per soccorrerla. Non ci erano riusciti, ma almeno quelle parole non suonavano nuove, così lui aveva pensato a una possibile risposta.

Hai mai provato a cercare un comun denominatore? Qualcosa che leghi tutti questi aspetti della tua personalità?”

Lo squadrò di nuovo, confusa da quella strana metafora. Sentir parlare di frazioni e matematica in generale non le era mai piaciuto.

A me sembra tu stia delirando.”

Uhm... un cenno di aggressività, vedo. Deve essere perché stai discutendo con me.”

Mion fece un passo indietro, rendendosi conto di aver fatto qualcosa che odiava, e quindi riabbassò lo sguardo, stringendo i denti per la frustrazione. Questo, mentre l'altro diceva: “Scherzi a parte... Se tu ripensi al tuo atteggiamento verso Kei-chan, a quello verso Satoshi-kun e a quello verso di me... Ritieni davvero che non ci siano punti in comune? Il mio parere è che ce ne siano, invece. C'è un dettaglio che mostri in tutti questi casi.”

E sarebbe?” chiese lei all'istante, con un velo di ansia.

Giancarlo provò allora a sorriderle per tranquillizzarla: “E' abbastanza andare a considerare la ragione per cui tu hai agito così, durante tutto questo tempo. In tutte e tre le circostanze volevi che noi ci sentissimo a casa nostra, in modo da costruire il legame più forte possibile tra noi e te, e tra noi ed il resto del villaggio. Volevi che Satoshi-kun si sentisse meno isolato dagli altri, volevi che Kei-chan si sentisse a proprio agio, e volevi che anche io stessi bene. Proverei a dedurre che, nel mio caso, tu abbia inconsciamente pensato che una certa rudezza avrebbe fatto al caso tuo, in modo da riuscire a stabilire un rapporto con me. È normale adattarsi alle abitudini degli altri, per venire incontro alle loro necessità.”

Non capisco.”

Nemmeno io ne sono tanto sicuro, sai che non sono un maestro dell'oratoria. Comunque, rendiamo le cose più semplici. Tu vuoi che nessuno di noi stia da solo. Usando ogni mezzo a tua disposizione, desideri che nessuno rimanga lontano dagli altri, e a tal scopo cerchi di creare un “club” che includa ciascuno di noi, non importa se tale gruppo sia un posto dove giocare allegramente o dove combattere all'ultimo sangue. A te basta che noi siamo tutti insieme, per fare quello in cui riusciamo meglio e per condividere i nostri sentimenti. Sbaglio?”

Mi chiedo se Gi-chan abbia ragione, pensò Shion. Era una teoria plausibile, dopo che la sua schiena era stata sfregiata dal tatuaggio Mion aveva vissuto in totale solitudine, sotto l'occhio severo di sua nonna Oryou e senza qualcuno a cui aprire veramente il suo cuore. Rika e Satoko erano troppo piccole per diventare amiche intime, Satoshi non era un ragazzo socievole e aveva già i propri problemi a cui pensare, tutti gli altri erano lontani da Hinamizawa, in quel tempo... Non aveva nessuno con cui parlare, nessuno con cui sfogarsi. Perfino Shion era in una condizione migliore della sua, all'Accademia, lei aveva avuto dei momenti difficili ma aveva almeno qualche buona amica con cui passare delle giornate meno angoscianti. Sua sorella invece era da sola, confinata nella sua torre d'avorio, e le sue paure erano costrette a rimanere dentro il suo cuore, avvelenandolo e rendendola timorosa di tutto. E quindi, creando il Club, aveva aiutato non solo gli Houjou, ma pure se stessa, dandosi l'opportunità di avere molte persone con cui dialogare felicemente... Era anche un espediente per dimostrare al mondo di essere lì, di essere utile e di poter ottenere una vita serena nonostante tutto. Si era messa alle spalle quel periodo duro della sua esistenza, era questo il suo fine in quel tempo. Non deve essere stato facile per lei, povera Onee.

In altre parole” terminò Giancarlo “Hai capito, ora? Se continui a comportarti così, pretendendo di fare la gentile ed ignorando quello che ti stiamo dicendo, fai solo qualcosa di assolutamente contrario a quello che hai costruito finora. Sentiti libera di agire come meglio credi, io non voglio forzare nessuno... però ho l'impressione che neanche a te vada del tutto a genio questo tuo atteggiamento, ho colto nel segno? Ho la sensazione che tu stia cercando di isolarti, ora come ora.”

Mion continuava a fissare il pavimento, imbarazzata. “Io desideravo soltanto...”

... Che tutti fossero felici, ne sono consapevole. Ma questa è un'impresa più grande di te, nessun uomo o donna può farcela da solo. Immolarti sull'altare della collettività in questo modo non renderà gli altri felici o migliori, se hanno un minimo di sensibilità saranno anzi dispiaciuti per te. Modificare leggermente il tuo carattere in funzione di chi ti sta a fianco è un'ottima cosa, ma anche gli altri devono fare altrettanto, altrimenti è inutile. Se non facessi la mia parte la mia sarebbe unicamente la pretesa di un sacrificio, e in un certo senso è anche colpa mia. Insomma, a conti fatti Nee-chan ha fatto bene a spingermi, prima, devo anche io cambiare un poco, mostrare un pelo di entusiasmo in più...”

Riprese in mano la stecca, usandola come se fosse una lunga spada e dirigendola verso il collo di Mion “Ecco perché ti sto sfidando, adesso, ed ecco perché ho deciso di accettare la punizione che ora tu ideerai.”

E' davvero così?” rispose lei, stringendo con più forza la propria arma da gioco.

Sicuro. Non sono appassionato di queste competizioni all'ultimo sangue, e personalmente non piace l'idea di punire il perdente anziché premiare il vincitore, ma sto accettando le tue regole a cuor leggero, sei tu la padrona di casa e sei stata tu ad averle formulate, tanto tempo fa. Allora, toccava a te colpire il pallino e io ho una montagna di punti da recuperare, quindi diamoci una mossa!”

Un sorriso.

Mion sorrise, alla fine. Probabilmente non era ancora guarita, ma sembrava ora stare non stare così male... Con quell'espressione del viso stava dando dei segnali di miglioramento. Un enorme sollievo attraversò le menti di tutti coloro che erano presenti, il che fu accentuato dalle parole della giovane: “Beh, se vuoi che lo zietto ti rompa il culo sei il benvenuto...” Forse era solo a causa del fatto che Giancarlo stesse cercando di imitare l'atteggiamento positivo di Keiichi, ma in quel momento Mion pareva aver recuperato molta della sua energia. Con la stecca, mirò alla pallina che doveva imbucare e si accinse a colpire, dichiarando: “Visto che questo è un duello uno contro uno, lo sconfitto dovrà accompagnare a casa il vincitore...”

Non mi sembra complicato, ma con che macchina? E poi da quando tu hai la patente?”

E chi ha parlato di macchina, zuccone? Non hai visto il vecchio tandem incatenato alla porta d'ingresso, quando siamo entrati? La catena della bici è un po' dura ed arrugginita, ma non sarà un problema per me, visto che il trionfatore non pedalerà manco per un metro...”

Acc... Vai sul pesante! Hai idea di che ora sia? È già buio là fuori!”

Non mi dirai che stai già rimpiangendo di avermi detto quelle belle parole e di aver risvegliato il demonio dentro di me, ora...”

No...” rispose lui, in parte turbato dallo sforzo titanico che rischiava di attenderlo al varco “Mi hanno insegnato a prendermi la responsabilità delle mie azioni, e quindi eccomi qui, andiamo avanti.”

Alcuni secondi dopo, il punteggio recitava: Mion 45 punti, Giancarlo 17. Ma ora era il turno di quest'ultimo: il ragazzo si alzò dalla propria sedia, e si fermò accanto al pallino da colpire, immobile come una statua di ghiaccio. Stava riflettendo. Alice aveva ragione prima, questo non è sollevamento pesi, e neanche una battaglia con le pistole ad acqua... Devo usare la mia materia grigia, una buona strategia può risultare decisiva, qui. Mion commette di rado un errore, e questo le ha permesso di prendere il comando e costruirsi un bel vantaggio, ma ha il difetto di eseguire solo colpi relativamente semplici, nulla di più di quanto Domiro-san gli ha mostrato durante l'ultima ora. Le manca un pizzico di fantasia... Ho capito come lei colpisce il pallino, ho seguito le lezioni dell'avvocato... Ora devo mettere tutto in pratica, se voglio avere una chance. O ancora meglio, dovrò correre dei rischi, improvvisare, provare a calcolare in anticipo le traiettorie di ogni palla...

Doveva mandare in buca la palla contrassegnata dal numero tre, ora. Avrebbe potuto farlo facilmente, ma con un tiro normale la biglia successiva sarebbe stata quasi impossibile da affrontare, il pallino si sarebbe verosimilmente fermato dietro un gruppo di palle che non poteva toccare, e sarebbero state un ostacolo insormontabile. Però non poteva darsi per spacciato così presto: si protese in avanti per colpire, ma indirizzò la stecca in un modo che gli altri non avevano mai visto. Con la punta del bastone stava mirando alla parte bassa del pallino, invece che al cuore dello stesso. Appariva completamente storto, con quella posa.

Si può sapere che ti è venuto in mente?” esclamò Mion “Non è quella la tecnica giusta per colpirla, così il pallino andrà avanti e indietro a caso per tutto il tavolo! Non hai sentito quello che lo zio Domiro-san ci ha illustrato, prima?” Si girò verso l'avvocato, che però non le rispose. Quel movimento lo aveva interessato, e stava seguendo l'istante con attenzione.

Forse... Sì è messo in quella posizione di proposito... E magari...”

Il ragazzo diede un colpo secco alla stecca, e il pallino colpi la sponda prima di dirigersi verso la biglia numero tre, che fu centrata ed imbucata. Dopo, però, il pallino stesso tornò bizzarramente indietro, facendo dietrofront come tirato da una forza misteriosa. Si arrestò solo dopo un paio di secondi, in una zona da dove si poteva raggiungere la numero quattro senza eccessiva difficoltà in quanto non vi erano ostacoli in mezzo.

Wow, bella mossa. Come hai fatto?”

Mion-chan” le spiegò lo zio “Il suo tiro è stato particolare, ha usato il concetto di effetto, che non è così elementare e richiede un po' di allenamento, prima di essere padroneggiato al meglio. Colpire il pallino in basso consente al giocatore di far indietreggiare il boccino dopo che questo ha colpito il proprio bersaglio, e dà quindi molte più opzioni di scelta sulla mossa da fare. Però io avevo capito che voi non avevate mai giocato a biliardo, Serco-san.”

Ed infatti è così. In realtà basta sapere qualcosa di fisica degli urti ed avere un granello di intuizione, l'idea era di far ruotare il pallino come appunto la ruota di una bicicletta che va in retromarcia. Anche se, riassumendo” aggiunse lui, sghignazzando con una punta di sarcasmo “Possiamo dire che fondamentalmente mi sono avvalso delle buone vecchie equazioni che Mii-chan adora così tanto.”

Mion si voltò da tutt'altra parte, per non dargli la soddisfazione di ammirare la sua faccia seccata, così lui si concentrò sul biliardo e proseguì. Tuttavia, dopo qualche altro tiro, mancò la palla numero undici, e la parola tornò alla sua avversaria.

Accidenti, che peccato...” disse lui, affranto, mentre toccava ora a Mion ridere della grossa.

Capita, non ti devi crucciare per questo.” commentò Domiro “Facendo tiri più complessi anche la probabilità di errore aumenta. E comunque la partita non è ancora finita.”

Infatti, qualche minuto dopo sulla lavagnetta si poteva leggere 52 punti per Mion, 37 per Giancarlo. C'era ancora una quindicina di punti da recuperare, ma sarebbe stato sempre più difficile rimontare. Mion stava apprendendo in fretta lo stile del suo nemico, e in brevissimo tempo fu in grado di copiarne alla perfezione le mosse. A lui non restava che inventarsi qualcos'altro... Ciò, intanto che la ragazza dai capelli verdi imbucava facilmente la biglia numero quindici, l'ultima che si rimaneva sul tappeto verde; dopo aver rimesso le quindici palle sul tavolo, successivamente, Mion colpì ancora, senza che alcuna palla finisse in buca, e quindi era di nuovo il turno di Giancarlo, che fece rapidamente sei o sette punti di fila, prima di realizzare che la boccia numero otto era un obiettivo irraggiungibile. A causa di una carambola non messa in preventivo, la biglia bianca aveva terminato la propria corsa in un angolino, accanto alla numero quattordici, mentre il bersaglio si trovava dalla parte opposta, chiusa tra la numero dieci e la numero tredici.

Ha tutta l'aria di essere un tiro di quelli tosti. Vediamo che riesci a combinare...” esclamò Mion, genuinamente curiosa. Il giovane rimase silente per due o tre minuti, prima di scuotere il capo, e l'altra disse allora trionfante: “Quindi è veramente un colpo irrealizzabile, anche per il nostro grande eroe!”

Una roba del genere. Però c'è una cosa che posso fare. Non posso portare la otto dentro la buca, ma posso sempre tenerla lontano.” Prese la stecca e colpì. Giocando di sponda, il pallino andò a sfiorare lievemente la biglia a cui mirava e dopo se ne andò, tornando al punto di partenza. La numero otto, invece, si spostò solo di un paio di centimetri, fermandosi giusto in mezzo alle altre due. Colpirla di nuovo sarebbe stato ancora più difficile di prima, ora.

Hmph, mi è andata di lusso, ho rischiato di non toccare del tutto l'altra palla, e in quel caso mi avreste pure tolto dei punti... Comunque, sta a te tirare, Mii-chan.”

La sua avversaria analizzò la disposizione della sfere sul tavolo, e quindi urlò: “E mi spieghi come faccio a prendere la otto, ora?” Si era appena resa conto che con quella mossa apparentemente inutile lui le aveva girato quella patata bollente. Visto che il bersaglio si trovava tra altre due biglie, infatti, non sarebbe mai stata in grado di raggiungerla senza toccarne prima un'altra, il che significava automaticamente un punto per Giancarlo.

Potremmo definirlo un tiro di difesa, direi.” commentò Domiro “Il suo scopo non era segnare direttamente un punto, ma rendere il tiro dell'altro impossibile, o almeno molto molto difficile... Anche se la cosa che mi stupisce di più è vedere come voi stiate facendo passi da gigante e in così poche ore. Avete del talento come autodidatta, Serco-san.”

G-Grazie” rispose lui, arrossendo leggermente “Ma ho solo cercato di usare la testa, provare con l'immaginazione, ed essendo a corto di esperienza purtroppo ho anche dovuto fare delle prove e cimentarmi con dei tiri troppo ardui, avete visto quanti ne ho sbagliati in questo incontro. Grazie a Dio, di tanto in tanto giocavo a bocce, a casa mia, e la cosa mi ha aiutato non poco.”

Hai barato, allora!” strillò Mion.

Ma che barare e barare!” replicò lui “Perché non pensi al prossimo colpo, invece di star qui a rompermi le scatole!”

Figlio di...”

Tralasciando le ingiurie, il match stava diventando appassionante. Mion stava ancora conducendo la gara, ma ora il distacco era di soli due punti, 77 a 75. Le sarebbero stati sufficienti altri tre punti per trionfare, ma la tensione nell'aria era palpabile, e l'incontro era ancora in bilico tra i due contendenti. La ragazza giapponese imparava rapidamente il modo di giocare del suo avversario e usava i suoi stessi trucchi, spesso anche migliorandoli, come si evinceva dal minor numero di errori. Da parte sua, Giancarlo cercava sempre nuovi stratagemmi e colpi, sempre più complicati e rischiosi, al fine di cogliere l'altra di sorpresa: il risultato era che di tanto in tanto commetteva degli errori, ma prendeva delle scelte molto più originali di quelle di Mion, essendo in grado di trovare delle soluzioni laddove la giovane non riusciva a scorgerle. Gli altri erano in religioso silenzio, stupefatti da quel combattimento senza esclusione di colpi.

Sapete” giudicò Domiro, egualmente affascinato “La mia opinione è che se rigiocassero questa partita da capo Mion-chan vincerebbe senza troppi problemi. Serco-san non può continuare così, prima o poi le idee finiscono e la sua avversaria è più brava di lui nel singolo colpo. Però in questo match non è ancora detta l'ultima parola, e non saprei proprio pronosticare chi andrà a vincere...”

Ed infine, il confronto raggiunse il suo apice: 79 a 79, e stecca a Giancarlo. Il colpo da eseguire non era facile, al contrario, era a giudizio di tutti il più complesso di tutto il duello. Il tiro di difesa di Mion era stato straordinariamente efficace, il pallino era nei pressi di una delle sponde corte e la biglia numero nove era a contatto di quella opposta, proprio nel mezzo del lato del tavolo, lontana dalle buche e circondata da altre tre palle. Anche solo arrivare a colpirla senza toccare le altre sarebbe stato un traguardo sensazionale, vista la dislocazione dei vari pezzi, e se non ci fosse riuscito qualsiasi tiro di difesa sarebbe stato dichiarato non valido, dando a Mion un tiro facile e quindi la vittoria. In altre parole, doveva imbucare quella maledetta palla, ora o mai più.

Ci rifletté, e ci rifletté a lungo, senza concedersi un attimo di sosta. Ma per quanto si spremesse le meningi non sembrava che ci fosse alcuna chance di uscire da quell'impiccio. E così, per lo sconforto, alzò gli occhi al soffitto della sala, rimanendo in quella postura finché non disse con un filo di voce: “In fondo che ho da perdere? Proviamoci.” Si mise in posizione, cercando di raccogliere quanta più concentrazione poteva, e mirò a una delle buche di mezzo, dove non vi erano altre palle. Sembrava che volesse imbucare lo stesso pallino, ammettendo la propria sconfitta.

Oh, come mai lo fai? Sarebbe un vero peccato se tu gettassi la spugna adesso...” disse Satoshi. Gli altri non mossero un muscolo, specialmente Mion. Non riusciva ad intuire quale fosse, ma era certa che lui avesse un piano, lo svolgimento della gara era un'ampia garanzia di ciò. Ed infatti alla fine colpì, con quanta più forza aveva in corpo.

La sfera bianca colpì violentemente il bordo della buca, emettendo un rumore secco, e quindi si sollevò in aria, impennandosi e ruotando su se stessa ad altissima velocità, mentre si dirigeva nella giusta direzione. Mion se la vide volare davanti ai suoi occhi, scioccata da quella mossa in apparenza priva di senno, e ne seguì la traiettoria per svariati secondi, finché non atterrò sul tavolo come una bomba sganciata da un aereo, prendendo in pieno la palla numero nove che cominciò a muoversi verso la buca lungo la sponda, mentre le altre furono spazzate via dall'urto solo in un secondo momento. Il tiro era buono, e la bilia da imbucare andava.

Andava, e si avvicinava lentamente al bersaglio, rotolando con un estenuante movimento. Poco a poco, centimetro dopo centimetro, la distanza dal traguardo si accorciava sempre di più. Gli altri tenevano gli occhi fissi sulla palla, ammaliati da quel colpo pazzesco, e istintivamente protendevano in avanti le loro teste per vedere come sarebbe andata a finire. Pareva loro che si fosse compiuto un miracolo dinanzi ai loro occhi, e la bilia rotolava, e rotolava...

Finché non si fermò.

Si era fermata a meno di cinque millimetri dalla buca, rimanendo lì come nella più atroce delle beffe. Inoltre, il pallino era lì vicino, ed il colpo successivo sarebbe stato elementare. Sostanzialmente, Mion aveva vinto.

Era finita, e rimasero tutti senza parole per un po', come rapiti dall'estasi. Poi:

Phew! Che sfida, ragazzi, congratulazioni ad entrambi!” si complimentò Keiichi, colpendo per l'eccitazione il bordo del tavolo con il suo pugno vigoroso, svariate e svariate volte. Pessima scelta... Le gambe consumate di quel mobile non sopportarono quei poderosi urti, e una di loro cedette sul più bello, facendo crollare l'intero biliardo a terra con un boato clamoroso. Per fortuna, l'intero collasso fu anticipato da un sinistro scricchiolio, cosicché Giancarlo, Mion e Domiro fecero appena in tempo a balzare all'indietro e fuggire lontano dal tavolo, evitando di farsi male, mentre dopo aver udito il pazzesco rumore molte altre persone stavano entrando nella saletta, per verificare cosa fosse successo oppure se serviva aiuto.

S-stiamo tutti bene, non vi preoccupate...” li rassicurò Mion, sedendosi su una sedia ed ancora parzialmente scossa.

E ringraziamo il cielo per questo” aggiunse Satoko “Ma ora che ripagherà il danno?” guardò di traverso Keiichi “Spero che i tuoi genitori non se ne abbiano troppo a male, stupido villano... Sai, giocattoli come quello sono abbastanza costosi, inclusi quelli usati.”

Non giungiamo a conclusioni affrettate, non credo ci sia bisogno di aprire il portafoglio” la corresse Alice, esaminando il tavolo “Questo aggeggio non mi sembra rotto, e la gamba era solo avvitata male, secondo me. Datemi una mano, ci vorrà solo qualche minuto per sistemare questo macello.”

Prontamente, gli uomini del gruppo sollevarono il tavolo con le tre gambe ancora attaccate, mentre Satoko rimise la quarta al proprio posto, assistita da Rika. Una volta controllato che tutto fosse a norma, poi, Shion andò verso Keiichi.

Come va, Kei-chan? Sudato?”

Non troppo, dai. Non era così pesante da spostare, pensavo peggio.”

Ma a me tu dai l'impressione di essere stanco e sudato, dovresti cambiarti d'abito se non vuoi beccarti un'influenza.”

Ho detto che sto bene...” Keiichi si voltò verso di lei, e un brivido corse lungo la sua schiena. Shion stava tenendo in mano un paio di boxer rossi.

Di la verità, ti eri dimenticato di queste...” disse la ragazza, sorridendo come un innocente angelo torturatore.

DOVRETE PRENDERMI, PRIMA!” Come un fulmine di guerra si era girato e aveva iniziato a correre all'impazzata. Ma una robusta fune bloccò il suo piede destro prima che potesse dileguarsi, facendolo sfracellare al suolo con un notevole tonfo simile a quello causato poco prima dal biliardo. Keiichi lo sapeva, sapeva chi era stato a prenderlo al lazo. Una bambina impicciona dai capelli biondi... Satoko aveva previsto il suo tentativo di fuga, e si era premunita con l'attrezzatura più adatta, rimediata verosimilmente in una delle altre stanze.

Kei-chan” lo rimproverò Shion “Dove volevi andartene, tutto da solo? Vieni con noi, e ci divertiremo per sempre... e sempre e sempre e sempre...”

Alice, Shion e Satoko lo legarono quindi come un salame, usando la corda usata pochi secondi prima per fermarlo, e successivamente cominciarono a trascinarlo via, mentre ridevano ed invitavano gli altri a seguirle. “Onee, vuoi partecipare alla festa? Sarà da sballo, te lo assicuro!”

Mi spiace, ma temo che dovrò restare qui, Shion, c'è una cosa che devo assolutamente chiedere a Domiro-san. Ci vediamo stasera a casa, voi andate pure.”

Beh... come desideri. Ragazze, via, all'avventura!”

PER FAVORE LASCIATEMIIIIIII....” L'appello disperato di Keiichi non trovò risposta, e le sue urla riecheggiarono nell'aere fino a quando la porta della stanza non fu richiusa. Così, Mion diede un'occhiata a Domiro e stava per chiedergli quello che doveva, ma si fermò in quanto si accorse che loro due non erano soli.

Gi-chan? Che ci fai ancora qui tra i piedi? Non sei andato con gli altri?”

Uhm, no, e per ben due motivi. In primis, vedere un maschio nudo non mi eccita. In secundis, ero curioso. Non so cosa hai in programma di fare qui, ma non penso che tu riuscirai a farlo molto bene, con quella caviglia slogata.”

Mion si guardò il piede. “Così te ne sei accorto?”

In realtà non è farina del mio sacco, devo ringraziare Rena per questo. Mentre quelle tre svitate stavano vessando il povero Kei-chan lei mi ha detto di aver notato un movimento anomalo della tua gamba, mentre scappavi dal tavolo, e mi ha chiesto di restare per dare una controllatina. Lì per lì non era sicura che ti fossi fatta male, ma il fatto che tu ti sia seduta ne è stata la conferma, era ovvio che non eri in condizione di stare in piedi. Non volevi affaticare la caviglia più del necessario, il che è legittimo.”

Mion annuì. “Nulla di serio, in verità. Non mi fa molto male, altrimenti vi avrei chiesto una mano, te lo giuro. Infatti è proprio di questo che volevo parlare con lo zio Domiro, volevo che mi desse uno strappo al Maniero, non posso certo andare in bici con questo piede.”

Veramente... Mi spiace deluderti, Mion-chan, ma io non ho un'auto. Non l'ho mai avuta, non ho neppure la patente di guida... Non abito lontano da qui, e poi in questa città il traffico è spesso congestionato, negli orari di punta. Non ha senso per me comprarne una...”

Ma tu guarda... Questo sì che è una brutta seccatura! E Kasai non è ancora arrivato, dove si sarà cacciato?” Lesse l'ora sull'orologio appeso alla parete, mancava un quarto alle sei. “Doveva essere qui alle cinque e mezza... Facciamo un colpo di telefono. Domiro-san, potresti andare al telefono pubblico più vicino e contattare il Maniero a mio nome? La mamma dovrebbe essere ancora a casa, e da brava impicciona lei sa sempre dove si trovano i suoi sottoposti.”

L'avvocato si riabbottonò la giacca e lasciò la stanza, mentre Giancarlo stava fissando la caviglia di Mion. “Dovremmo fasciarla. Sai dove posso trovare l'armadietto del pronto soccorso, in questo centro?”

La ragazza scosse la testa: “Non lo so, non vengo qui molto spesso... Le nostre attività di solito si disputano ad Hinamizawa, vicino alla scuola, qui ad Okinomiya veniamo soprattutto per le partite di baseball. Però... che avresti intenzione di fare?” si lasciò scappare una risatina “Curarmi da brava crocerossina, come nelle scene più mielose e cretine dove i ragazzi bendano le loro fidanzatine amorevolmente? Come se non lo avessi visto in decine di anime da quattro soldi?”

La pianti di prendermi in giro?” si indispettì lui, voltandosi in direzione opposta “Per inciso non potrei farlo neppure volendo, non so medicare un piede come si deve, ti causerei più danni che altro. Aspetta un secondo, vado a cercare qualcuno, ci sarà un'infermeria o una struttura del genere, qui dentro.”

Almeno in questo, fu fortunato. Nella sala accanto, tra le persone che giocavano a mahjongg vi era una paramedica, che accettò di buon grado di andare con lui; così lui la portò dove stava Mion, naturalmente dopo aver fatto un salto nell'infermeria. E mentre la donna si adoperava con maestria con bende e pomate, anche Domiro tornò nella stanzetta, e quindi la ragazza poté sentire quanto era stato detto al telefono mentre la sua caviglia veniva rimessa in sesto.

Vediamo... per dirla in breve, il padre di Mion-chan è stato chiamato d'urgenza ed è dovuto andare a Nagoya, così ha richiesto anche la presenza di Kasai, il quale è stato preposto ad accompagnarlo via auto fino a destinazione. Non saranno di ritorno prima di sera.”

Le disgrazie non vengono mai da sole” fu la considerazione di Giancarlo, dopo che l'uomo cessò il proprio riassunto “Flavia è ancora in servizio, è di pattuglia fino alle otto di stasera, e non posso certo chiederle un passaggio. A sto punto a chi possiamo telefonare? Ai genitori di Kei-chan? Al padre di Rena?”

Ho un'idea migliore, Gi-chan. Ora che ci penso, la prefettura non è poi così lontana da qui, e l'altro nostro caro zietto era così mortificato, per non essere stato capace di scovare i veri proprietari della JOST. Non si rifiuterà di prestarci una delle sue auto blu, e poi qui abbiamo qualcuno che può comunque guidare, in fin dei conti...”

Stai parlando di me, immagino. Usare i mezzi della prefettura... deve essere la potenza della famiglia Sonozaki...”

Sicuro, che lo è. Ad ogni modo, c'è un piccolo problema. Lo zio non accetterà di far vedere che le macchine dell'ente che dirige vengono usate anche per fini privati, quindi non chiederà mai a nessuno di condurne una qui al centro ricreativo. Il vegliardo tiene molto alle apparenze... Quindi, rovesciando il vecchio proverbio, se la montagna non va da Maometto, Maometto dovrà andare dalla montagna. E visto che Shion e gli altri non saranno di ritorno prima delle nove, credo, come facciamo? Li aspettiamo qui per tre ore senza fare nulla, impalati come dei salami stagionati, e poi andiamo là tutti assieme?”

Ma Domiro dissipò subito i loro dubbi: “Se volete recarvi subito là, fatelo pure. Io tanto devo rimanere qui fino all'orario di chiusura del centro, mezzanotte. Quando arrivano dirò loro dove cosa devono fare per tornare ad Hinamizawa.”

Faremmo meglio a muoverci, allora.” disse il ragazzo “Se partiamo con un certo anticipo non faremo aspettare gli altri inutilmente, visto che con la tua caviglia malconcia ci impiegheremo molto più tempo di loro a spostarci... Anche se spero di non farti camminare affatto.”

E come faresti?”

Adesso sei tu l'ingenua... Sei stata tu a farmi notare il tandem all'uscita. Domiro-san, potete darmi le chiavi del lucchetto che la tiene incatenata al lampione? Avrei intenzione di prendere quella bici e portarla all'interno un secondo, accanto alla porta di questa stanza. In questo modo Mii-chan dovrà saltellare sulla gamba sana per un paio di metri, non di più. Spero solo che l'addetto alle pulizie non mi faccia delle scenate, probabilmente insudicerò il pavimento... ma in fondo non lo faccio per divertimento, sono sicuro che capirà. Al massimo prendo in mano lo spazzolone e do una ripulita alle eventuali strisciate lasciate per terra.”

~-~-~-~-~

E così, qualche minuto dopo, Giancarlo stava pedalando, e Mion lo guardava dal sedile posteriore, attenta a non muovere il piede dolorante. Fuori era ormai buio, ed il tandem era sprovvisto di dinamo, ma le vie di Okinomiya erano illuminate a festa per il periodo natalizio, e quindi i due potevano vedere bene dove mettevano le ruote. Inoltre, la serata era meno fredda delle precedenti, e pertanto era perfino piacevole andare in bicicletta, sebbene fosse fine dicembre. D'altro canto, Giancarlo doveva pedalare per due, e non essendo mai stato un ragazzo forte fisicamente la loro velocità di crociera era piuttosto ridotta, fatto che rendeva Mion dispiaciuta per lui, a causa dello sforzo che lei lo costringeva a sopportare.

Sono desolata, davvero.” urlò lei, per essere sicura che lui la potesse sentire tra i suoni assordanti del traffico “Il match era finito in parità, non dovrebbero esserci punizioni per nessuno dei due.” In effetti, tecnicamente diceva il vero, ma in pratica non era così: se da un lato nessuno poteva negare che lei stava per vincere, dall'altro era stato il caos generato da Keiichi ad impedirle di realizzare quell'ultimo punto. Non era facile dire davvero come fosse finito l'incontro, se in pareggio o meno, e ciò non le piaceva affatto, non poteva accettare che l'altro si sottomettesse in quella maniera senza un motivo concreto.

Tanto che lui preferì rispettare il suo orgoglio, e replicare con queste parole: “Nah, non è nulla di grave, e poi non sto infrangendo nessuna delle regole del club. A inizio partita avevamo solo deciso che saremmo andati a zonzo su questo tandem, e che il vincitore non avrebbe pedalato; non ci eravamo messi d'accordo sull'eventualità che la gara finisse in un pareggio. E poi una penitenza ci deve essere comunque, non pensi anche tu?”

Ma tu prima avevi detto che detesti le penitenze, che preferisci un premio al vincitore!”

Hai ragione, è vero. Io penso che sia più gratificante ricevere un qualche riconoscimento, piuttosto che obbligare il perdente a fare qualcosa che non vorrebbe. Anche la vita reale sarebbe molto più bella e semplice, se funzionasse così... E poi un sistema di questo modo non esclude del tutto le punizioni, in fondo non ottenere un premio è di per se stesso una sanzione, a rigor di logica.”

Ma allora, a seguire la tua linea di pensiero, pure evitare la penitenza giornaliera delle nostre attività può essere paragonato a un premio, e quindi i nostri punti di vista combacerebbero, sarebbero identici... Oh, mamma, non mi ci raccapezzo più...”

Oh, beh, riguardo la prima parte di quello che hai detto, concordo con te, però se vuoi scansare i castighi del club allora ti basterebbe stare lontano dal club, punto... Ma il nocciolo del discorso è che se voi siete d'accordo nell'usare il metodo delle penitenze, io non mi oppongo di certo. Sono visioni del mondo diverse dalla mia, ma assolutamente degne del mio rispetto e molto interessanti da provare, presentano indubbiamente dei risvolti degni di nota. Deve essere per quello che ho accettato il castigo che hai architettato prima della partita di biliardo... Io in principio pensavo addirittura a portarti in spalla per un pezzo di strada, il che era anche peggio di questo. Sarebbe stato curioso, però, avrei voluto provare a farlo almeno una volta, in certi film è una scena quasi abusata, ormai.”

Mion era dietro di lui, e pur sentendo perfettamente quello che lui aveva appena detto non si sentì imbarazzata da quell'idea balorda ed equivoca. Se fosse stato Kei-chan ad offrirsi di portarmi in braccio, le macchine attorno mi avrebbero scambiato per un semaforo acceso. Invece, stavolta, nulla di nulla... Però mi chiedo se lui invece sia arrossito, dopo averlo detto. Da lì, non poteva dedurlo, poteva solo vedere come la testa del ragazzo si fosse impercettibilmente inclinata verso il basso, mentre la sua bocca continuava a parlare: “Però non avrei mai potuto farlo... Le mie braccia non sono abbastanza muscolose. Non ho un briciolo di forza, temo, saremmo cascati per terra dopo cento metri o meno. Tsk, in quegli sceneggiati i maschi ce la fanno anche se sono mingherlini, e questo tipo di incidente non accade mai. Non sarò mica io il primo a fare una figuraccia del genere?!”

E quindi fa' un po' di esercizio, diventa prestante come Kei-chan, per esempio... Ah, già che ci siamo, non mi dispiacerebbe vedere come sta con solo quelle mutande addosso, spero che Shion abbia portato una macchinetta fotografica usa e getta, con sé...”

Oddio, io invece non ci tengo proprio a vederlo! Non mi stupirei se lo avessero arrestato con l'accusa di disturbo della quiete pubblica od oltraggio al buoncostume... Magari è stata perfino Flavia a schiaffarlo in prigione, come ti ho detto prima è di ronda fino a stasera...” Mion lo sentì ridere sommessamente, e poi aggiungere “Io non so onestamente come faccia a sopportarvi, dopo tutti questi mesi di angherie... Non sarei capace di prendere il suo pesto e fare come lui, davvero.”

Nessuno ti ha mai chiesto di farlo... Ma quindi tu ritieni che siamo troppo cattive, nei suoi confronti?”

"Bah, se quello accetta sempre questo compito con quel sorriso ed entusiasmo... No, credo di no. Ma penso che dipenda solo dalla differenza di carattere tra me e lui.” Fece una pausa e premette la leva del freno, dovendo svoltare a destra all'incrocio. Poi, una volta raggiunto il rettilineo seguente, proseguì: “Io non sarei stato capace di fare del vostro gruppo quell'allegra combriccola che è oggi, così salda, così coesa e felice. Non sarei stato capace di aiutare te, o Rika-chan, o Shii-chan, o Rena-chan, o qualcuno degli altri... Come ha fatto lui.” Smise ancora di parlare, ma questa volta non a causa di una curva. Quello che stava dicendo gli stava uscendo a fatica dai polmoni, come se avesse un groppo in gola “Io sono un po' geloso, ad essere sinceri. Vorrei essere un po' come lui, ogni tanto. Forte, affidabile, un vero leader. Forse la mia famiglia sarebbe più felice se io fossi così.” Erano arrivati a un cartello di stop, e quindi le sue dita avevano raggiunto nuovamente i freni. Nel frattempo, entrambi avevano poggiato un piede sull'asfalto, per non cadere, ed ora erano lì fermi, in quel punto della strada.

Sono sentimenti... curiosi, Gi-chan. Pare quasi che tu venga da un altro mondo. Come fa uno che possiede un cotonificio ad essere invidioso di una persona qualunque?”

Non fraintendermi, adesso. Noi non siamo certo miliardari... I Sonozaki sono di gran lunga più facoltosi dei Serco, se proprio lo vuoi sapere, non ci sono dubbi in proposito. Piuttosto potrei dire che apparteniamo a una specie di ceto medio, un po' come la famiglia di Kei-chan... A conti fatti la nostra è più una fabbrica artigiana che un'industria vera e propria, se avessi i soldi che mi escono dalle orecchie non dovrei fare quel lavoro part-time. Non che la cosa mi faccia schifo, sono contento che la nostra sia una società piccola piccola, non voglio che si ingrandisca come bramava il mio bisnonno. Il denaro mi interessa fino a un certo punto, immagino che oltre un certo ammontare i soldi portino più stress che benefici reali. Lavorare solo per guadagnare sarebbe meno appagante, quasi una seccatura.”

Non si erano ancora mossi da quel cartello, e per di più il ragazzo ora aveva finito di parlare. Visto dal sedile dietro, a Mion dava la sensazione di essere un po' giù di corda. Ed infatti, quando d'improvviso si girò verso di lei, Giancarlo non stava sorridendo, bensì vi era un alone di tristezza nei suoi occhi. “Sì, probabilmente sono invidioso, e non solo di lui, temo. Invidio tanta gente su questa terra... Però so anche che Madre Natura mi ha assegnato un altro compito, alla fine. Non posso fare quello che ha fatto Kei-chan, non ho ricevuto le sue stesse doti, e quindi vorrei tanto fare quello che è nelle mie corde, nelle mie possibilità. Magari questo non sarà abbastanza per garantire la felicità eterna a chi mi vuole bene, alla mia famiglia, ai miei amici... Magari non sarò mai forte abbastanza per cambiare il Destino, come Rika si diverte a dire talvolta... Però se io faccio tutto quello che posso, almeno potrò comparire al cospetto di Dio in pace con me stesso, quando sarò morto. Non avrò alcun rammarico... E' tutto quello che posso ottenere, ma non è poco. Tu cosa ne pensi?”

Penso quello che ti ho detto dieci secondi fa, e cioè che sei matto da legare. Pedala, va.”

Giancarlo eseguì, non senza brontolare, e così non poté vederla mentre sorrideva. Comprendere come ci fossero altre persone con le sue stesse ansie e paure era confortante, e Mion era contenta che le avesse rivelato il processo mentale attraverso cui lui le aveva fronteggiate. Non riusciva proprio ad immaginarselo come fidanzato o marito, era assurdo, ma poteva comunque diventare un amico dai consigli inestimabili. In fondo lui non era una persona perfetta, non pareva un Dio come Keiichi; anzi aveva dei difetti enormi che lei stava cominciando a conoscere davvero; tuttavia lui aveva già percorso quella via così irta di asperità e sofferenza che a lei pareva profilarsi all'orizzonte. Quel ragazzo dall'aspetto così scontroso e combattuto poteva essere la sua preziosissima coscienza.

Gi-chan...” disse quindi lei, abbracciandogli il torso con le braccia ed appoggiando il capo alla sua schiena “Se in futuro io avessi bisogno di un qualche parere da una persona fidata... Mi aiuteresti, anche dopo che sarai tornato a casa tua in Italia?”

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Capitolo 28
*** Prova di maturità ***



Capitolo 27: Prova di maturità


Hinamizawa, 27 Dicembre 1983

In inverno i panni stesi non asciugano mai.

Le basse temperature non ti consentono di godere dell'aiuto di un caldo sole, e se sei talmente smemorato da lasciar fuori per una volta i tuoi abiti per tutta la notte li ritrovi la mattina dopo ricoperti da una snervante pellicola di brina, costringendoti a tenerli appesi per ancora altro tempo prima di riporli negli armadi.

E siccome questo era stato malauguratamente quello che la madre di Keiichi aveva fatto per errore, suo figlio poteva ancora contemplare l'intimo rosso ancora appeso a fianco dei caloriferi, come reliquia della sua più recente umiliazione. Il ragazzo sospirò, abbattuto da quella vista, e quindi cambiò stanza per evitare quello spettacolo avvilente, dirigendosi verso la cucina.

A causa di quella punizione esemplare, la sua giornata di Natale non era stata così piacevole, per il suo ego. Gli altri ne avevano avuto una migliore, probabilmente, vedendo anche quanto erano stati deliziati dal suo involontario show in mutande. E per lui era una magra consolazione, il fatto che la maggior parte di loro non avesse assistito a quello che aveva avuto luogo a casa sua durante il pranzo di Natale... Suo padre, vedendolo entrare dalla porta conciato in quel modo, era andato in visibilio e fantasticava di una nuova era in cui ragazzi e – soprattutto – ragazze sarebbero andati in giro come mamma li ha fatti, senza provar vergogna alcuna per le proprie nudità. Un'esclamazione a dir poco sconcertante, soprattutto perché Rena e suo padre si trovavano in quella stessa stanza, e solo un paio di ganci destri del figlio lo avevano fatto rinsavire, almeno temporaneamente. Dopo di che, la madre del ragazzo trovò finalmente che il castigo di Keiichi era durato abbastanza e che lui doveva vestirsi con abiti adatti al momento e alla giornata, ingiungendo al grato figlio di correre in camera sua e cambiarsi. Perlomeno il pomeriggio era stato passato in un modo meno inquietante.

C'era anche Rena con noi, ieri... Non poteva andare da qualcun altro? Mi sarei risparmiato una figuraccia, pensò lui. Il club non voleva che la loro compagna d'avventura passasse anche solo un istante da sola, anche se erano già passati dieci giorni dall'aggressione che aveva subito e non vi erano indizi su dove il suo assalitore fosse andato o su che fine avesse fatto. Non sarei stupito se fosse morto in qualche angolo buio di Okinomiya, o della campagna circostante... a me ha dato tutta l'impressione di essere un elemento pericoloso, un lunatico. Però non posso dirlo con certezza, sarebbe troppo bello se fosse vero, e Flavia e gli altri fanno benissimo a non abbassare la guardia ed a vegliare su di lei.

Ad essere sinceri, ad un estraneo Rena non sarebbe parsa preoccupata o giù di corda: come al solito, anche in quei giorni lei continuava a sorridere ed a scherzare con i propri amici, e non si abbandonava mai a sbalzi d'umore. Ma Keiichi, che la conosceva bene, sapeva che la sua poteva trattarsi benissimo di una maschera. In passato, quando suo padre aveva avuto una storia con Rina, lei si era rifiutata di parlare ad anima viva della faccenda, comportandosi come se tutto stesse andando bene. Nessuno si sarebbe mai accorto che lei si trovava in una situazione tanto difficile, ed erano venuti a saperlo solo quando il suo stato d'animo non le permetteva di sopportare oltre quell'immane peso che lei trasportava nel proprio cuore. Mi chiedo se stia facendo lo stesso anche oggi, senza che noi ce ne rendiamo conto... Se fosse così, sarebbe un guaio... Ho paura che non riusciremmo a starle accanto come vorremmo, nonostante tutto quello che abbiamo passato insieme... Keiichi sapeva bene che Rena si fidava molto di lui e degli altri, però nel suo animo covava ancora una paura persistente, un timore maligno che non voleva proprio lasciarlo tranquillo. Aveva paura di sbagliarsi.

Vai a capire perché quel maniaco la veda come il fumo negli occhi. Che gli ha fatto di male? Rena si è solo difesa, quel giorno, lui e la sua banda non volevano certo essere fare i galanti con lei. Devo ammettere che il fatto che lei avesse reagito malmenandoli con la mazza da baseball potrebbe essere pure definito come abuso di legittima difesa, però...

Keiichi scosse il capo, non si doveva più occupare degli altri scagnozzi di quel ragazzo, se così li si poteva chiamare. Quegli sventurati non erano più in vita, e l'ipotesi più verosimile era che fosse stato lui a toglierli di mezzo. E quindi, quale poteva essere il movente che poteva spingere lo stalker? Il ragazzo si sedette su una delle sedie della cucina, osservando sua madre Aiko mentre preparava il pranzo. Noi siamo tutti grandi amici, dentro il nostro club, ma ci sono molte cose che non sappiamo l'uno dell'altro, specialmente sul nostro passato. Ci fidiamo a vicenda, e io non cercherei mai di scoprire quello che i miei compagni hanno vissuto prima di incontrarmi, se non me lo raccontano è perché pensano che io non abbia interesse a conoscerlo. Però questo significa anche che ci potrebbe essere una qualche ragione di cui Rena è al corrente e noi no, qualcosa di grande, terribile. Qualcosa che Rena non vorrebbe mai rivelarci... Però lei è una ragazza con la testa con le spalle, ci direbbe tutto se fosse necessario, e se non lo ha fatto è perché pensava di poterne fare a meno. Anche se... se fosse qualcosa di cui neanche lei si ricorda, invece? O qualcosa che lei pensa sia irrilevante, ma che non lo è per quello squilibrato? Allo stato attuale tutto è possibile, dannazione.

Keiichi rimase seduto per un periodo di tempo piuttosto tempo, spremendosi le meningi vanamente. Si sentiva come un uomo chiuso in un vicolo cieco che si guardava intorno in attesa che qualcuno lo vedesse e gli tendesse la mano. E non ci volle molto prima che lui concludesse che tra quelle quattro mura vi era solo una persona che lo potesse consigliare. Suo padre era un tizio un poco eccentrico e vaneggiante, usando un eufemismo, ma perlomeno sua madre era una donna dallo spiccato buon senso, capace di essere calma e saggia anche nella burrasca. Poteva dargli dei buoni suggerimenti, ed infatti lei, tra un fornello e l'altro, aveva già captato l'insolito atteggiamento imbronciato del figlio: per un po' lo aveva lasciato in pace, preferendo terminare di preparare tutto l'occorrente per il pranzo, ma una volta che il tutto era stato messo a bollire Aiko aveva qualche minuto libero, e quindi sollevò un'altra sedia e si posizionò accanto a Keiichi, chiedendogli conto di quell'inconsueta apatia.

Mamma, tu pensi che il tuo passato si possa mettere sulle tue tracce, se tu cerchi di lasciartelo alle spalle?”

Lì per lì, la donna rimase stupita di quella domanda. Suo figlio era abituato ad interrogarla su questioni molto più pratiche e concrete, mentre quella sembrava più tipica di un filosofo astratto, piuttosto che di un giovane come lui. Se il suo pargolo aveva quei dubbi, ci doveva essere una ragione estremamente valida. “Perché mi stai chiedendo questo, Keiichi?”

C'è una cosa che mi sta tornando in mente, e che vorrei tanto verificare. Ti ricordi di quella bambina, vero?”

La donna se lo ricordava. Keiichi non ebbe bisogno di aggiungere altro, la sua perspicace madre sapeva benissimo a chi si riferiva con l'espressione quella bambina. Non poteva che essere quella il cui ricordo aveva tormentato il suo ragazzo negli ultimi anni, un argomento che suo figlio aveva sempre preferito evitare. Ovvero, si trattava della fanciulla a cui lui aveva sparato con la sua pistola ad aria compressa quando viveva ancora a Tokyo, cambiando per sempre l'esistenza di entrambi.

Quel lontano periodo della sua vita non era stato felice, per lui. Era uno studente annoiato, un po' sotto stress per le alte aspettative che i suoi genitori avevano sempre avuto su di lui, e per sfuggire a tutto ciò cercava qualcosa di più eccitante della sua infinita routine quotidiana. Non era certo a corto di denaro, i suoi buoni voti gli garantivano dei sostanziosi extra sulla paghetta, e quindi non fu un problema per lui comprare quell'arma che aveva visto esposta in vetrina. Era divertente prendere di mira i più piccoli, sentirli frignare mentre avevano la pistola puntata addosso... Almeno così pensavo. La verità, invece, è che quello era il modo meno noioso di passare il tempo libero che conoscevo, allora. Ritenevo di non avere altra scelta, non avevo amici con cui divertirmi, non ero simpatico a molti a scuola... Così di giorno in giorno lui sparava, e sparava, seminando il panico tra i bambini e non curandosi dei primi sospetti che mamma e papà stavano cominciando ad avere sui suoi pericolosi passatempi.

Finché la sua strada non si incrociò con quella di una bambina, la quale stava passeggiando da sola. Un bersaglio troppo invitante per poter resistere, e quindi Keiichi aveva iniziato a molestarla, con quella pistola che aveva maneggiato così tante volte. Ma ad un certo punto, un colpo mal calibrato andò dove lui non voleva, e la colpì inavvertitamente all'occhio sinistro. La fanciulla si inginocchiò in lacrime sul marciapiede, implorando disperatamente l'aiuto di sua madre, e il suo volto sfregiato dal sangue terrorizzò il suo aggressore tanto da farlo fuggire immediatamente, senza prestarle soccorso e lasciandola completamente da sola in mezzo alla strada. Aveva paura di essere visto in faccia da lei, o da qualcun altro... Se l'era data a gambe come il peggiore dei vigliacchi, ed era andato subito a casa, chiudendosi a chiave nella sua stanza e scansando ogni occasione di contatto con i suoi genitori. Ciò, finché l'angoscia non gli rese più possibile tenere la bocca chiusa. Una mattina chiese di parlare loro per una questione urgente, e confessò ogni cosa.

Era a causa di questi fatti incresciosi che loro si trovavano ad Hinamizawa, adesso. Dopo averlo condotto alla stazione di polizia, aver messo a verbale l'incidente e pagato la sua cauzione, la famiglia Maebara era giunta alla conclusione che il ragazzo fosse stato caricato di troppe responsabilità, che le aspettative dei genitori l'avevano logorato fino a fargli commettere quella bravata, e che pertanto avesse bisogno di un posto tranquillo dove ricominciare da capo con una nuova vita. Così avevano fatto, abbandonando forse per sempre quella grande città, ma in questa maniera erano poco informati di quello che avveniva a Tokyo, alle persone che conosceva laggiù, e specialmente a quella bambina. I genitori di lei avevano fortunatamente una buona assicurazione sanitaria, così i Maebara non avevano dovuto sborsare denaro per le cure di cui lei aveva sicuramente bisogno, ma questo implicava anche che loro non potessero sapere come stava, e di cosa avesse sofferto per la precisione. E Keiichi teneva molto a sapere che cosa le fosse successo davvero, la sua coscienza non gli dava tregua: aveva perfino letto lunghi libri ed articoli sulle possibili conseguenze di un colpo ad aria compressa che raggiunge l'occhio di un bambino. Su quei testi aveva scoperto che la sua vita non era in pericolo, ma che poteva riportare delle lesioni permanenti nella zona interessata... Non era un'ipotesi confortante, e il fatto di non sapere quali fossero esattamente le condizioni della sua vittima lo rendeva solo più angustiato, riempiendo la sua testa delle più fosche eventualità. Perciò, Keiichi aveva sempre cercato di rimuovere quei ricordi, non accennando a nessuno di quella storia così dolorosa da rievocare; ora che quelle ombre gli parevano più vicine, però, lui non poteva più ignorarla.

Mamma” disse il ragazzo a sua madre “Mi piacerebbe sapere come sta quella bambina, adesso. Sai, Rena in questi giorni sta affrontando il suo passato, e ora penso sia arrivato il mio turno. Vorrei controllare che stesse bene, ma non conosco neppure il suo nome.”

Beh, se la metti in questi termini allora capisco come mai ti sia venuta in mente lei. Ma sei sicuro di volerla incontrare?” Aiko era in parte preoccupata. Al contrario di Keiichi, lei sapeva come la fanciullina si chiamava, ma aveva preferito non farne parola con il figlio. Era scritto sui documenti che lei e suo marito avevano dovuto firmare al tempo, allo scopo di pagare la cauzione. D'altronde, pure i genitori della vittima erano stati tenuti all'oscuro dell'identità dell'aggressore, era stato detto loro solamente che si trattava di un minorenne che era stato preso sotto custodia, e le cui generalità non potevano essere divulgate appunto a causa della sua minore età. In questo modo, se lui avesse confermato il suo desiderio, loro lo avrebbero anche potuto incontrare senza sospettare chi fosse veramente.

In quanto a Keiichi, lui mostrò che il suo non era un capriccio estemporaneo, era determinato ad andare fino in fondo, ed infatti le rispose: “Sì, lo voglio.” Ma lui sapeva anche che non poteva recarsi a Tokyo. La Sindrome era una minaccia che incombeva sulle loro teste, una spada di Damocle che non gli consentiva di allontanarsi troppo da Hinamizawa.

"Hmmm, beh, immagino che in questo periodo sia a casa per le vacanze natalizie, e allora perché non la invitiamo qui con i suoi genitori? Sarebbe una bella scampagnata, per loro.”

La proposta di Aiko poteva rappresentare la soluzione ai dubbi di Keiichi. Una volta Irie gli aveva spiegato come funzionava la malattia, in modo da regolarsi sugli spostamenti che si potevano e non si potevano compiere: quel giorno gli fu detto che i parassiti si potevano intrufolare nel corpo umano solo tramite un prolungato soggiorno in quella che veniva chiamata la zona “rossa”, la quale corrispondeva all'incirca a un cerchio di cinque chilometri di raggio a partire dalla Palude dell'Onigafuchi. Un'area che includeva il Tempio, la scuola e la maggior parte del villaggio, ma non casa sua, che si trovava nella periferia di Hinamizawa: del resto la loro abitazione era stata costruita di recente su uno dei terreni che la famiglia Sonozaki aveva venduto per attirare nuovi abitanti.

In altre parole, chiunque si limitava a visitare casa sua senza entrare nel cuore del villaggio era al sicuro. Questo Keiichi poteva dirlo con certezza: la Magione Maebara, come era chiamata dai compaesani a causa delle sue dimensioni estese oltre la media, era anche una galleria d'arte per le opere di suo padre, e ogni tanto qualcuno da fuori veniva per visitarla ed eventualmente comprare qualche pezzo; nessuno di loro era mai stato male dopo essersene andato, segno che non avevano contratto nulla di nulla. E lo stesso sarebbe accaduto a quella bambina e ai suoi genitori, se fossero stati attenti. Sarebbe stato sufficiente organizzare un incontro lungo abbastanza da assicurarsi che non avessero il tempo per fare visite turistiche del posto, e non avrebbero corso rischi. Avrebbero fatto ritorno alla capitale sani come dei pesci.

Era definitivamente una buona proposta, e Keiichi esclamò sorridendo: “Mamma, hai ragione! Gran bella idea, sapevo di poter contare su di te!”

Sua madre ricambiò il sorriso, e quindi proseguì: “Possiamo offrire loro un tour gratuito della galleria di tuo padre, la troveranno interessante. E, ovviamente, anche le spese del loro viaggio da Tokyo ad Hinamizawa saranno a carico nostro.”

Sì, ma ora mi sorge un dubbio... Non penseranno che sia strano? Un artista che vive in un villaggio sperduto nella campagna sceglie loro e soltanto loro, invitandoli a dare un'occhiata a casa sua. Io avrei dei sospetti, se fossi in loro. E poi se avessero già degli appuntamenti...?”

"Hmmm... Fammi pensare a un modo per sistemare la cosa...” Aiko era patita di gialli, avrebbe trovato una buona scappatoia. Ed infatti, dopo alcuni istanti: “Allora, io penso che si possa dire loro che la nostra galleria è sempre disponibile per una visita, e proporremo loro di decidere tra un ventaglio di possibili date, non penso che sempre impegnati per molti giorni di fila. E riguardo la tua prima obiezione... Beh, ti dimentichi che non più di un anno e mezzo fa vivevamo anche noi a Tokyo. Dichiareremo che tuo padre aveva scattato delle foto durante uno dei vecchi festival scolastici del suo istituto e che recentemente le ha visionate, reputando degni di nota alcuni dei suoi disegni. Non credo scopriranno mai la bugia, se mi ricordo bene la sua scuola è solita fare delle piccole mostre di pittura, la conosco piuttosto bene visto che anche io l'ho frequentata, a suo tempo.”

E quindi papà vorrebbe incontrare l'autrice di quei disegni per avere delle informazioni e cogliere qualche nuova ispirazione per i suoi capolavori. Questo è il tuo piano... Sì, mi piace, mamma, penso anche io che se la berranno. Grazie davvero, è il tipo di suggerimenti che stavo cercando.”

Ottimo. Ma ora dammi una mano a scovare tuo padre, è fuori da qualche parte e abbiamo bisogno anche di lui per fare tutto questo. Anzi, sarà meglio che tu vada da solo, o il mio stufato sarà presto immangiabile.”

~-~-~-~-~

Grazie per essere venuta sin qui, Rika-chan.”

La Galleria d'Arte Maebara era illuminata a festa, adornata e preparata a puntino come in occasione della visita di un qualche critico autorevole che veniva ad ammirare una nuova strabiliante opera. Ma, diversamente da quelle occasioni, il tipo di ospiti invitati era diverso: il giorno dopo sarebbe stato Capodanno, ma la famiglia di Kiriko aveva accettato la proposta ed era giunta volentieri fino a lì.

Per l'appunto, quello era il nome della bambina. Keiichi non vedeva l'ora di incontrarla, di parlare con lei, ma si era reso conto anche che una fanciulla così giovane poteva avere dell'imbarazzo nell'instaurare un dialogo con qualcuno molto più grande di lei, così aveva chiesto a Rika di unirsi a loro, in modo da far sentire l'ospite come a casa sua.

Veramente, grazie ancora” ripeté lui “Spero che tu riesca a farla sentire a suo agio, io non ci riuscirei mai da solo.”

Non è che sia un favore incredibile, lascia stare i ringraziamenti. Alla fine non sono neanche sicura di essere la persona più indicata per eseguire questo compito.” Replicò lei, sghignazzando e fissando col collo di traverso un angolo a caso della stanza. “Comunque, bada a quello che dici, ti sei agghindato talmente bene che lei penserà che tu la voglia sposare...”

Stai scherzando, spero!”

"Hmmm... forse. Sai, un damerino così giovane ed affascinante diverrebbe rapidamente il sogno nascosto di ogni ragazzina.”

Keiichi arrossì. Non era la prima volta che veniva frainteso e confuso per una sorta di pedofilo, specialmente dopo aver aiutato Satoko ad essere accettata dalla comunità; quella reputazione poteva causargli anche qualche grattacapo, un giorno o l'altro... Comunque, quelle improvvise frecciatine da parte di Rika non erano una novità per lui, e trovò anche la sfacciataggine di rispondere: “Non ci posso fare nulla, io qui rappresento solo il lavoro del vecchio. E poi eri l'unica a cui potevo chiedere soccorso, invitare Satoko avrebbe significato tirare in mezzo anche Satoshi e Shion, e Kiriko-chan si sarebbe anche spaventata, vedendosi circondata da tanti sconosciuti.”

Ci sono altri bambini nella nostra scuola, potevi rivolgerti a Tomita-kun, od a Otakura-kun...”

Ma tu eri la scelta più ovvia, cerca di mettermi nei miei panni per favore...”

Rika sospirò, facendo un gesto sconsolato con la mano come a dire OK, OK... lasciamo stare. Non c'era tempo per le discussioni, avevano udito il rumore di un'auto. I due andarono alla finestra, e videro che gli ospiti erano arrivati. Keiichi volò quindi verso la porta, per aprirla, ma fu anticipato dalla madre, che trovandosi già presso l'uscio fu più rapida di lui e che con grande cortesia li fece accomodare all'interno.

Per primi, furono i suoi genitori ad entra. Una coppia assolutamente ordinaria, come miliardi di altre che popolano la terra. Keiichi quasi li ignorò, e puntò direttamente a chi c'era dietro di loro. Tenuta per mano da sua madre, Kiriko aveva fatto la sua comparsa. Era più alta di quanto lui si ricordava, cosa logica visto che erano passati all'incirca un paio d'anni dall'incidente. I bambini crescono in fretta...

Quanti anni poteva avere, allora? Non più di sette od otto, presumibilmente. Nonostante l'aumento di statura, era una fanciullina più bassa della media e dai capelli neri, non troppo diversa dalla maggior parte delle sue coetanee che Keiichi aveva visto in vita sua. Però una cosa saltava all'occhio. Un paio di grandi occhiali che le coprivano la zona superiore del volto. A lui non pareva che lei li indossasse, quel giorno, dopo tutto se li avesse avuti sarebbe stato quasi impossibile colpirla direttamente nell'occhio: era la prima volta che la vedeva con delle lenti addosso, non poteva che essere così. L'unica conclusione era che avesse iniziato ad usarli dopo il loro incontro. Glieli avevano prescritti proprio a causa di quella ferita, allora? Disgraziatamente, tutto lasciava ad intendere che fosse così. I suoi non erano occhiali normali, infatti. Sulla lente sinistra vi era disegnato un gattino dipinto a colori vivaci, che copriva tutta la superficie della lente. L'immagine di per sé era molto carina, allegra e simpatica, molto adatta all'età di chi la indossava; però, come Keiichi e Rika capirono immediatamente, lo scopo di quella vispa figurina non poteva essere altro che celare alla vista degli altri quello che giaceva dietro quella lente.

Keiichi si senti stringere il cuore, al pensiero. L'occhio sinistro di quella sfortunata piccola non era per nulla a posto, era lampante. Aveva dovuto patire molto per colpa di quello che le era successo e, se portava ancora i segni di quel dramma orribile dopo tutto quel tempo, allora essi non se ne sarebbero mai più andati, l'avrebbero accompagnata per tutto il resto della vita. Come una cicatrice che segna l'aspetto esteriore, e pure quello interiore... Anche il suo carattere doveva essere cambiato, dopo quell'incidente: quel giorno Kiriko era da sola, passeggiava tranquilla e indipendente per le strade; ora si stava nascondendo dietro sua madre, spaventata, non faceva un passo senza di lei, come se non volesse essere notata da nessuno. Era una bambina triste, disperatamente sfregiata nel suo corpo e nella sua anima. E lui si sentiva l'unico colpevole di ciò.

Il ragazzo deglutì. No, non posso farmi prendere dal panico, ora. Non l'abbiamo chiamata qui per guardarla in faccia e farmi pietrificare da come appare adesso. Dopo tutto, sapeva già prima che c'era una buona probabilità che quel colpo di pistola aveva avuto delle conseguenze permanenti. Doveva fare i conti con la realtà, e non poteva starsene con le mani in mano in quell'angolo della stanza. Fece quindi un passo avanti, supportato da un cenno di Rika, e poi un altro ancora, riducendo pian piano la distanza tra lui e la bambina. Quando le fu vicino a sufficienza, le sorrise amichevolmente e la salutò, seguendo l'esempio del padre che stava dando il benvenuto agli altri due invitati.

Buongiorno, signorina. Il mio nome è Maebara Keiichi, è un piacere fare la tua conoscenza. Come ti chiami?”

A queste parole, lei abbracciò con più forza le gambe della madre, ma non per paura. Non sembrava l'avesse riconosciuto, in apparenza, avrebbe avuto una reazione più violenta e scomposta, urlando per il terrore. Keiichi era titubante, non sapeva se stava facendo la cosa giusta... Lui non poteva immaginare che lei era solita fare così in segno di autodifesa. Le sue condizioni di salute facevano sì che Kiriko si trovasse spesso nella situazione di essere adocchiata e fissata dagli altri, che la guardavano con un senso di shock e compassione. La vedevano, attratti da quelle strane lenti, pensavano Povera bambina, che le sarà successo?, e quindi continuavano ad osservarla come si scruta una bestia mutilata dietro le sbarre di uno zoo e non come un essere umano normale. Nulla da meravigliarsi, pertanto, se quell'atteggiamento le provocava un certo malessere e se si nascondeva per sottrarsi a quella penosa cerimonia: tutto quello che voleva era essere accettata e considerata come ogni altro bimbo di questo pianeta, e quell'eccessiva attenzione a cui era sottoposta poteva solo disturbarla.

Ad ogni modo, Keiichi continuò a sorriderle per rassicurarla, e Rika faceva altrettanto. I due non volevano che la loro giovane ospite si sentisse un pesce fuor d'acqua, volevano che passasse un bel pomeriggio, in maniera il sollevare il morale a lei e quindi anche a Keiichi stesso. Il loro tentativo ebbe presto successo, e la piccola si fece lentamente vedere, rispondendo con le gote rosse di timidezza: “Il m-mio n-nome è Domoto Kiriko, p-p-piacere di incontrarvi.”

La bambina stava tenendo il volto fisso in direzione del pavimento, ora, per evitare gli sguardi indiscreti degli altri. Così, Rika fu costretta ad inginocchiarsi accanto a lei, in modo da farsi comunque vedere in faccia. Kiriko fece per allontanarsi, timorosa per l'intraprendenza mostrata da quella sconosciuta, ma la fanciulla dai capelli blu fu più veloce e le propose: “Perché non vieni con me? Diamo un'occhiata a questi disegni, sono strambi ma fanno tanto ridere!” Chiuse poi i suoi grandi occhi blu, ed esclamò “Nippa!~” L'altra allora annuì, ancora un poco impacciata ed insicura, così Rika la prese per mano e le due iniziarono a visitare la galleria, precedute da Keiichi.

Durante le successive due ore, il gruppetto ammirò caterve di dipinti e lavori di ogni genere, e l'artista autore di quelle opere bislacche chiedeva continuamente alla piccina di dare la sua opinione in merito, dichiarando ampollosamente di considerarle necessarie e di importanza strategica. Come era prevedibile, data la loro scarsa conoscenza dell'arte, in principio Kiriko e Rika non riuscivano a dire altro che “roba buffa”, ma col passare del tempo e della mostra le due cominciarono a fare raffronti con le opere viste prima, scegliendo quelle che piacevano loro di più ed argomentando. Certo, rimaneva il fatto che fondamentalmente tutto rimaneva innanzitutto “roba buffa”, ma Maebara Ichiro non si scompose a quella definizione, anzi scoppiava talvolta a ridere, e si metteva di buona lena a raccontare loro come gli fosse venuta l'ispirazione per un certo lavoro, oppure narrava la storia della sua vena artistica, tentando di coinvolgerle e condividere con loro i valori e i principi di fondo delle sue opere. Era al culmine dell'entusiasmo, mentre pronunciava quelle parole orgogliose, e non mostrava alcun segno di volersi fermare, anche se il suo giovane pubblico non pareva capire una parola di quello che andava vaneggiando, alla faccia del suo sforzo titanico.

Ma come? Non riuscite ad immedesimarvi, a comprendere quello che questo significa per me? Non riuscite ad avere sentore del mio spirito, tra le pieghe di questi capolavori?” Iniziò a piagnucolare lui, inginocchiandosi con un consumato attore melodrammatico.

Non credo sarebbero le prime, ammettilo vecchio” commentò Keiichi “Personalmente nemmeno io ho mai capito perché la critica apprezzi queste cianfrusaglie, ma immagino dipenda dal fatto che io non adori l'arte come fai tu.”

Come osi dire quest'eresia?” gridò il vecchio “Tu sei mio figlio, sangue del mio sangue, viscere delle mie viscere, e questo è il mio lavoro, questa è la mia passione, questa è la mia vita! E miriadi di persone da tutto il mondo hanno apprezzato i miei sforzi, risultato dei miei strazianti conflitti interiori, loro sanno e amano lo stile con cui interagisco con le più disparate correnti intellettuali, il modo in cui soddisfo i loro gusti e le loro necessità! Pletore e pletore di clienti, ogni anno, ogni mese, ogni giorno! Vengono dai quattro angoli del globo, tutti a vedere i miei pezzi da collezione, e null'altro! Su questo mondo infame vi sono artisti di ogni sorta, uomini e donne dall'indiscutibile talento, ma loro scelgono me, e con il loro denaro mi consentono di proseguire nella mia ricerca, sostenendomi coi loro finanziamenti ed acquistando i miei dipinti e le mie sculture! Questo perché oggigiorno la gente cerca qualcosa di nuovo, una nuova visione della realtà che ci circonda, un che di inesplorato e inedito che li possa portare verso nuovi inebrianti orizzonti!”

Era chiaro da dove Keiichi avesse preso la sua capacità di parlare, ora.

E' questa, quella che si può fregiare del nome di arte moderna! In passato noi abbiamo dovuto obbedire ai capricci dei committenti e non ci era permesso mostrare i nostri sentimenti, pena la fame e gli stenti. Il compratore, il potente del posto voleva un ritratto da quattro soldi? E un ritratto da quattro soldi gli veniva consegnato. Il compratore voleva un affresco gigante? E un affresco gigante gli veniva consegnato, dopo che il pittore aveva trascorso dieci anni della sua preziosissima esistenza sempre barricato in una stanza a respirare i miasmi malsani della vernice fresca ed a imbrattare pareti come un qualsiasi imbianchino della domenica. I grandi della Terra comandavano a bacchetta, e a noi non restava che abbandonare i nostri hobby ed interessi per esaudire ogni loro più stupido incarico, e magari a fine lavoro dovevamo anche stare a sentire le lamentele del cliente, che aveva si ridire su tutto e che se gli veniva voglia si rifiutava pure di pagare l'opera, accampando come pretesto un'inezia qualsiasi; così lasciava il povero artista con un quadro inutile in casa e con tanti soldi in meno a disposizione, sai che bello. Ma noi non avevamo scelta, morire di fame era l'unica alternativa a questo ricatto. Ora, invece... Tutti hanno capito che un maestro del dipinto può raggiungere vette molto più alte quando è libero di aprire il suo cuore e il suo spirito al mondo. Qualunque imbrattatele che si sia diplomato nella peggiore scuola di pittura ti può disegnare il brutto nasone di un eminente signor nessuno, ma solo un Van Gogh poteva avere il lampo di genio di dipingere quei stupefacenti Girasoli. Ed io, Maebara Ichiro, io solo l'unico che può risollevare l'Arte contemporanea dalla decadenza in cui sta sprofondando, solo io poss-”

Io pensavo che questi disegni fossero buffi, ma anche lui è tanto buffo...”

Lentamente e meccanicamente come una marionetta a cui avevano tolto la carica, Ichiro si girò verso Kiriko, che aveva appena distrutto il suo idillio con quella quindicina scarsa di parole, mentre tutti ridevano sotto i baffi. Che ingrata, che ingrati, tutti. Nessuno lo capiva veramente, nessuno capiva il fine ultimo della sua vita. Lui era un essere solitario, destinato a non essere seguito o amato, come richiedeva la buona vecchia figura del Poeta Maledetto. Si alzò in piedi, si inginocchiò di nuovo, si coprì gli occhi con il braccio e scoppiò teatralmente a piangere a dirotto, manco fosse un poppante a cui avessero tolto dalle mani il suo lecca lecca preferito.

Rika allora sorrise, e spiegò all'altra bimba: “Kiri-chan, è solo perché siamo piccole. Quando cresceremo ci piaceranno queste cose, e forse ci appassioneremo alla pittura e faremo dei disegni anche migliori! Nippa!~”

Solo che intanto la stessa aveva pensieri di tutt'altro umore. Accidenti a te, Keiichi, dovrai darmi come minimo 2000 Yen per ogni ora che ho sprecato qui a fare la babysitter... Stai parlando della Sacerdotessa del Tempio Furude, mica di una mocciosa qualsiasi! Farai meglio a pagarmi fino all'ultimo centesimo, altrimenti la prossima volta che faremo le attività di club io non avrò pietà, e vedrai... Hanyuu era atterrita, percependo i veri propositi di Rika. Ma quest'ultima si calmò ben presto, ed anzi si rallegrò alla vista dell'altra fanciulla. Kiriko aveva chiuso l'occhio destro per l'eccitazione, agitando le manine e dando l'idea di essere tanto felice ed allietata da quella scena. Rika non poteva vedere come fosse l'altro occhio, il gatto disegnato sulla lente lo stava tuttora coprendo, ma la bimba dagli occhi blu e lo spirito al suo fianco erano sicure che anche quello si fosse chiuso teneramente, seguendo l'espressione di giubilo che il resto del volto stava producendo. Quella davanti a loro era una bambina come tutte le altre, anche se aveva quell'orrendo handicap, ed aiutarla a rendersi conto di questa verità l'avrebbe aiutata non poco a convivere con se stessa.

Tanto che Kiriko si lasciò infine sfuggire una risatina, e i suoi genitori la guardarono. Furono molto ma molto contenti di vederla sorridente, probabilmente non accadeva molto spesso. Perciò, la donna annuì e si voltò verso il marito, il quale chiese a Rika di andare a giocare con la loro figlia in un'altra stanza, mentre i grandi sarebbero andati da un'altra parte per scambiare quattro chiacchiere. Quindi, coerente con quanto aveva appena detto, chiese al padre di Keiichi di condurli in un posto dove potevano parlare di una cosa di cui volevano accertarsi. Ichiro li guidò attraverso un corridoio fino al soggiorno, dove ognuno si sedette intorno al tavolo. Successivamente, dopo un lungo momento di silenzio, l'uomo disse a Keiichi quello che doveva dire.

"Maebara-kun, vorrei chiederti una cosa. Io e mia moglie avevamo un dubbio, e penso sia il momento di chiarirlo per bene. Ci stavamo chiedendo se tu eri... quello che le ha... Beh, insomma, che le ha... sparato. Intendo a Kiriko...”

Keiichi non rispose, rigido, così il padre della bambina chiuse gli occhi e si prese un profondo respiro, realizzando come quella fosse davvero la verità. Il ragazzo di fronte a lui non pareva in grado di trovare la forza di rispondere, così l'uomo continuò: “Vedete, questo invito ci è sembrato strano sin dall'inizio. Sapevo qualcosa sul conto di tuo padre, sapevo che era effettivamente un artista, però eravamo comunque un po' tesi, temevamo perfino che fosse una specie di truffa, un inganno... Finché non ti abbiamo visto. Non ci avevano rivelato l'identità del colpevole, a suo tempo, ma ci avevano detto che si trattava di un ragazzo più o meno della tua età. E vedendo come eri premuroso nei confronti di Kiriko abbiamo pensato che le cose stessero così.”

Keiichi non aveva pensato a cosa fare, nel caso l'avessero riconosciuto. Ma, vistosi colle spalle al muro, lo capì rapidamente. Si alzò in piedi con un forte senso di dignità e quindi si accovacciò per terra fino quasi a prostrarsi, rimproverandosi aspramente per quello che aveva commesso tempo addietro.

Domoto-sama, sono mortificato! Mi dispiace immensamente per quello che vi ho fatto! Sono pronto ad espiare i miei peccati, farò tutto quello che mi chiederete per ripagarvi del debito che ho nei vostri confronti!”

I Domoto si guardarono l'un l'altro, cercando di mettersi d'accorso su una possibile risposta. Erano ancora arrabbiati con lui, aveva pur sempre distrutto la vita della loro unica figlia, e con essa anche la loro. Però aveva anche organizzato tutta quella messinscena al solo fine di chiedere loro perdono, aveva dato loro l'opportunità di trascorrere un pomeriggio piacevolissimo, e d'altro canto sembrava pentitissimo di quello che aveva fatto in passato. Era davvero un'altra persona... Ed il padre della bambina decise di attendere in silenzio un paio di minuti. Voleva verificare se quel ragazzo si sarebbe rialzato in fretta, oppure se sarebbe rimasto in quella posizione umiliante, dimostrando quanto fosse grande il suo rimorso. E, difatti, Keiichi non si mosse. Dava l'impressione che non si sarebbe spostato da lì per tutto il tempo necessario, anche delle ore se avesse dovuto, fin quando qualcuno non avrebbe risposto alle sue parole. Un gesto di grande responsabilità, che l'uomo apprezzò. Pertanto, lo invitò a risedersi, e ricominciò a parlare:

Maebara-kun, io e mia moglie proviamo ancora molto risentimento per tutta questa storia, lo puoi intuire facilmente. Dopo... dopo l'incidente la nostra piccola ha dovuto subire un'interminabile sequenza di interventi chirurgica, e non è guarita completamente. Non guarirà mai completamente. Soffre tuttora di un distacco permanente dell'iride, di un glaucoma e di una membrana epiretinica. Ho imparato queste parole a memoria, ormai, a furia di ripeterle nella mia testa in continuazione... Inoltre, ogni tanto il suo occhio sinistro diventa ad un tratto rosso sangue, a quanto pare perché uno dei capillari si rompe, e non è una vista piacevole quando avviene. È per questo che indossa quegli occhiali. Il suo occhio sarà pressoché inutilizzabile per tutta la sua vita, non vedrà mai più come una persona normale, e con quei disturbi sarà sempre considerata una diversa, anche dai suoi amici. Ovviamente lei è ancora nostra figlia, e la amiamo anche così, non la lasceremmo mai al suo destino. Mi rendo conto di quanto tu sia sinceramente dispiaciuto, però... Non possiamo perdonarti così a cuor leggero, come se non fosse accaduto nulla. Per favore cerca di capirci, dacci almeno un po' di tempo, siamo un po' scossi per quello che è successo oggi, in questa casa.”

Keiichi alzò il capo, e fece un segno di assenso, mentre suo padre aggiunse: “Domoto-san, vi comprendo perfettamente, e comprendo anche il vostro dispiacere. Non vogliamo forzarvi a perdonarci, naturalmente, ma la mia famiglia vorrebbe seriamente far pace con la vostra. Questo non cancellerà quello che è stato, ma darà a tutti noi la chance di avere una vita più serena. Prendetevi pure tutto il tempo di cui avete bisogno, la porta di questa casa sarà sempre aperta per voi.”

Capisco...” terminò Domoto, prima di richiamare la figlia e dare il commiato: “Grazie mille per questo invito, l'abbiamo gradito, davvero. È stata una visita molto proficua, i vostri sforzi sono stati encomiabili. Non dimenticherò mai questa giornata. Sono sincero, davvero.”

Prese Kiriko per mano, e uscì dalla Magione seguito dalla moglie, guardandosi indietro verso coloro che li avevano ospitati con un velo di tristezza ed incertezza negli occhi. Ma prima di scomparire dietro la porta che veniva richiusa, la bambina si girò verso Keiichi, salutandolo con la mano rimasta libera ed esclamando con un sorriso: “Ciao, Onii-chan!”

Keiichi alzò il braccio per ricambiare il suo saluto, e quindi sentì nuovamente il rumore della loro auto, mentre questa si allontanava. “Onii-chan... mi considera un fratello, ora. È... buffo, per usare le sue parole.” Quindi si voltò verso la madre: “Tu sapevi già che loro avrebbero capito tutto, ho ragione mamma?” Lui sapeva che a lei piacevano le storie dalla trama complessa, aveva anche scritto qualche racconto giallo. Era impossibile che il suo piano potesse essere smascherato così facilmente.

Ed infatti, lei ammise tutto. “Come puoi immaginare, non ci sono foto dei suoi vecchi disegni in questa casa, non ne abbiamo mai fatti e tu non hai pensato a realizzare dei falsi, vero? A loro sarebbe bastato chiedere di vedere quelle foto, e avrebbero dedotto che qualcosa non tornava. Senza contare che come piano è troppo improvvisato e raffazzonato, chiunque nutrirebbe dei sospetti verso dei sconosciuti che senza motivo apparente ti invitano nella loro abitazione. E anche se fossero state delle persone un po' tontolone, avrebbero mangiato la foglia solo guardando il modo con cui ti comportavi con Kiriko-chan. Te l'hanno detto anche loro, e io conosco bene il mio ragazzo.”

Quindi tu volevi che loro scoprissero chi fossi veramente.”

Certo, del resto qualche giorno fa ti avevo chiesto se eri sicuro di voler compiere questo passo. Se la tua coscienza ti consiglia di fare pace con qualcuno, allora è giusto che tu non nasconda la tua colpa. Non avrebbero mai potuto perdonarti, se non avessero saputo per cosa devono perdonarti, ti pare? Un giorno lo dirai anche a quella bambina, ma per il momento è troppo piccola, cominciamo con il sistemare le cose con i suoi genitori.”

Ho capito, però... che cosa faranno loro, adesso? Ritieni che ci metteranno una pietra sopra, oppure...”

Non lo so, Keiichi. Questa non è una storia di fantasia o uno show televisivo, nella vita di tutti i giorni le persone difficilmente sono talmente magnanimi da perdonare velocemente gli altri per un peccato grave. Ci vorrà qualche tempo perché loro prendano una decisione, e non so nemmeno quanto ci impiegheranno. Però posso dirti una cosa: forse sono ancora arrabbiati per quello che tu hai fatto in passato, ma di sicuro non lo sono per quello che hai fatto oggi. Sono coscienti che tu sei in pena per quello che è successo, e hanno preso atto di questo tuo tentativo. Non sei più un mostro, ai loro occhi. Forse decideranno comunque di non vederti più, pensando che il ricordo sia troppo pesante per essere superato, tuttavia li abbiamo aiutati ad andare avanti, in modo che quell'orribile esperienza non li segni più di quanto non abbia già fatto. Abbiamo fatto loro un bel favore, a prescindere dalla scelta che faranno.”

Keiichi-kun non deve sentirsi triste, per nessun motivo” concluse Rika, sorridendo “Ha fatto quel che poteva umanamente fare, ha fatto quel che doveva per cambiare il suo destino, e deve essere fiero di sé per questo. Sta a loro fare l'ultimo passo, ora. Ma io sono sicura che tutto finirà nel migliore dei modi, Kiri-chan è una bimba brava brava brava. Nippa!~”

Keiichi ignorava che queste parole erano soprattutto il tentativo di Rika di non farlo cadere in depressione, con tutte le conseguenze che ciò avrebbe portato, ma comunque le apprezzò e sorrise a sua volta, sollevato. Il suo cuore era un poco più leggero, dopo questo faccia a faccia. Con questi sentimenti nell'animo, quindi, si infilò frettolosamente una giacca per uscire dalla Magione, accompagnato da Rika, ed i due presero le loro biciclette. Si stava facendo tardi, ed il ragazzo voleva accompagnarla a casa per ringraziarla dell'enorme favore che lei gli aveva fatto.

 



Nota dell'autore: il primo che si azzarda a parlare di filler sarà preso a calci sul posto e portato a casa. :)
Questo è l'inizio di una minitrama che riguarda squisitamente Keiichi, e che lo vedrà fare i conti col passato ed il presente allo stesso tempo. Ma lo vedrete.

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Capitolo 29
*** Il giudizio della sacerdotessa ***



Capitolo 28: Il giudizio della sacerdotessa


Hinamizawa, 2 Gennaio 1984

Vivere a casa sua è una noia mortale...

Questo è quello che Rika andava pensando, mentre i suoi occhi si aprivano per dare il buongiorno al mattino che le si stava prospettando dinanzi. Le braccia che si stiracchiavano, le dita che davano una grattatina alla nuca... In quei momenti poteva muoversi come voleva, non aveva paura di svegliare nessuno: Satoko era tornata a vivere con suo fratello, da quando lui era tornato a casa, così lei era libera di fare quello che più le aggradava. Ma al tempo stesso, la cosa non le piaceva più di tanto, avere un'altra inquilina con cui convivere sotto lo stesso tetto aveva dato un pizzico di brio alla sua soporifera vita quotidiana, ed anche se la sua abitazione era poco più grande di una casa per le bambole non vi erano certo problemi di sovraffollamento.

Perlomeno, Satoko era felice così, e quindi anche Rika se n'era fatta una ragione. Ed allora, la bimba si permise un lieve ruttino, frutto del troppo vino bevuto la mezzanotte scorsa: forse era un verso po' indecente per una ragazzina della sua età e del suo lignaggio, ma tanto nessun orecchio umano l'avrebbe mai udito, al diavolo il bonton. Una volta accesa la radio, lei quindi risistemò le coperte del letto in cui tante volte aveva dormito insieme a Satoko – e dentro il quale tante volte si erano divertite combattendo sotto le lenzuola – e dopo si sporse fuori dalla finestra per vedere come era il cielo.

Il sole che la colpì in faccia era beneaugurante. Per quella giornata il clima non sarebbe stato glaciale, al contrario di quello che si era verificato per Capodanno, anzi vi era perfino meno brina del solito sui rami degli alberi che circondavano casa sua. Se si fossero uditi gli uccellini cinguettare, l'avrebbe anche potuta scambiare per una cartolina di inizio primavera... Rika fu allietata da quell'immagine, lei avrebbe voluto che tutti gli inverni fossero miti come quella mattina, aveva sempre odiato il freddo. Voleva sfruttare al meglio quel bel tempo, così si vestì in fretta e furia e fece colazione. Dopodiché, uscì dalla porta d'ingresso per andare al Tempio, per controllare che tutto fosse in ordine. Da bravo cagnolino Hanyuu le venne dietro, come al solito.

Come preventivabile, nessuno aveva ancora fatto visita all'edificio sacro. Raramente all'alba qualcuno si arrampicava lungo la scalinata fin lassù per una preghiera, tanto più in inverno, quando le strade ghiacciate dissuadeva chiunque dal mettere il naso fuori; i nudi alberi che Rika conosceva molto bene erano le uniche creature che frequentassero il luogo a quell'ora. Un silenzio assoluto regnava sulla zona, la stagione fredda suggeriva ad ogni altra forma di vita di non provare ad avvicinarsi... In quei periodi dell'anno, quando viveva ancora con lei, Satoko era solita chiamare quel posto il Regno del Ghiaccio. Però quella mattina la brina aveva risparmiato il tetto della costruzione, e non vi erano stalattiti minacciose che penzolavano dalle grondaie. Ottima cosa, pensò Rika, quella giornata si preannunciava mite e pertanto più persone sarebbero giunte a visitare il tempio; un maggior numero visitatori, poi, significava anche un maggior numero di donazioni. Elemento non trascurabile, quelle offerte avevano una certa rilevanza, per lei: quei soldi erano un significativo mezzo di sussistenza, dato che Irie non poteva garantirle gli stessi introiti che le dava in passato. Dopo la debacle della Yamainu, le risorse a disposizione del medico erano state drasticamente diminuite, e quindi la bambina doveva stare attenta a non sprecare inutilmente denaro.

Non che mi crucci per queste cose” concluse Rika, mentre spazzava il cortiletto di fronte al tempio con una scopa d'altri tempi “Penso che vivrò un'esistenza simile a quella dei miei antenati. Povera ma dignitosa.”

Però qualche spicciolo extra farebbe al caso nostro. Sai, la vita è piena di eventi imprevisti, ed anche di spese che all'inizio non avevamo messo in conto.”

Rika guardò in che stato si trovasse il tetto. Effettivamente aveva bisogno di una risistemata, i supporti che tenevano ferme le tubature delle grondaie sembravano malfermi ed arrugginiti, mentre alcune delle tegole – diciamo pure molte delle tegole – erano incrinate a causa delle intemperie e dovevano essere sostituite. Ma lei non possedeva la somma necessaria per intraprendere i lavori, ed Hinamizawa era una comunità troppo piccola per racimolare il capitale occorrente solo con le decime e le donazioni. In quell'umile villaggio vi era forse solo una famiglia che poteva permettersi di sborsare una cifra del genere... ma Rika non si sarebbe mai abbassata a chiedere loro una cosa simile. Magari non era testarda come Mion, ma in quanto capo di una delle Tre Grandi Famiglie aveva pur sempre un orgoglio da difendere.

Però” disse Hanyuu “Sarebbe un vero peccato se tutto il tempio venisse giù, distrutto da una catastrofe naturale, e noi dovessimo ricostruirlo. Questo posto è pieno di racconti su spiriti e divinità che scendono dal cielo e attaccano gli edifici sacri con pietre angolari e spade magiche. Ci sono anche storie su demoni che assistono la sacerdotessa del tempio, nonché di streghe, fantasmi, maghi di ogni tipo e genere, vampiri che vivono in castelli e che si avvalgono di nebbie scarlatte per compiere le loro scorribande, e poi...”

Corri troppo di fantasia, Hanyuu. So che il ruolo della sottoscritta, come miko di Hinamizawa, è sempre stato quello di proteggere il mio piccolo mondo, ma anche solo immaginare che incidenti come quelli possano davvero succedere... Beh, è pura follia, allucinazioni degne solo di uno che ha battuto la testa contro un palo. Abbiamo già dei grattacapi concreti su cui concentrarci, e per i nostri bisogni effettivi le offerte attuali vanno più che bene. Ma se sarà il caso, difenderò queste poche monete che mi sono state donate a costo della mia stessa vita, eliminando i marrani che cercheranno di sottrarmele e condannando al supplizio eterno le loro anime impure!” minacciò lei, afferrando la scopa e maneggiandola a mo' di falce vendicativa.

Hauu! Ma mi ascolti, quando parlo? Lo so che sei forte, ma gli incidenti sono sempre dietro l'angolo, e noi potremmo sempre aver bis-”

Tutto il villaggio sarebbe dalla mia parte, in quel caso. Inoltre, Hanyuu, il mio dovere qui è in primis quello di pregare per l'intercessione di Oyashiro-sama, ossia della tua. Quindi, il mio ruolo mi consente di invocare l'intervento di un essere sovrannaturale dai poteri infiniti, che può proteggermi ed assicurare il mio benessere, evitandomi questo genere di problemi. Non sei d'accordo con me?”

Ma io non sono in grado di fare una cosa del genere, hauuu!”

Ed allora io sono una truffatrice ed una ciarlatana, visto che impongo alla popolazione di avere rispetto per un dio inutile.” ribatté Rika, riponendo la scopa dove l'aveva presa.

Fu solo dopo quel commento che Hanyuu si rese conto dell'acido sarcasmo che permeava tutte le ultime frasi della sua amica. Chiuse allora gli occhi in segno di collera e pestando ripetutamente il terreno con i piedi gridò “Hauuuu! Sei cattiva, sei un Demonio! Perché ti diverti sempre a prenderti gioco di me?”

Rika non rispose, divertita dall'imbarazzo che traspariva dalle parole dell'altra, così andò diritta verso il Saiguden, il magazzino nonché rimessa del tempio. Fece alcuni passi e non disse più una parola.

Rika, perché non parli? Non sai quanto ti odio, quando tu fa-”

Psst, Hanyuu, non fiatare. Guarda laggiù, la porta del Saiguden è stata aperta.”

La dea fantasma si voltò dove la sua discendente le indicava, e realizzò immediatamente come lei avesse ragione. La porta a scorrimento dell'edificio era stata fatta scivolare verso destra, e vi era ora una stretta feritoia tra quest'ultima e la parete. Qualcuno l'aveva usata aveva dato un'occhiata all'interno, o peggio ancora era entrato richiudendo parzialmente l'ingresso alle proprie spalle.

Io... Io pensavo che non saremmo mai più andati incontro a questi problemi.” piagnucolò Hanyuu “Speravo che Takano-san e Tomitake-san fossero gli unici che volessero dare un'occhiata là dentro.”

Hmmm... anche io ne ero sicura. E comunque non mi sembra di scorgere qualcuno all'interno, non vedo nessuno muoversi, né ci sono accendini o torce accese.” commentò Rika, spiando dalla fessura “Ad ogni modo sarà meglio ispezionare la sala, ho paura che abbiano rubato qualcosa.” La bambina spalancò completamente la porta, e prese una pila elettrica appesa a fianco dell'ingresso. Il Saiguden era un edificio molto antico, sulle sue pareti non vi erano certo lampade da accendere.

C'è qualcuno qui?” gridò lei. Uno spiffero d'aria che passava da una fenditura nel muro fu l'unica risposta che udì, non certo inaspettatamente.

Devono essere stati qui durante la notte, non vedo altra spiegazione.” esclamò Hanyuu, esaminando le suppellettili e i paramenti della sala “In realtà mi pare che non manchi niente, a quanto sembra è stato solo un curiosone che voleva farsi un giretto qui. Un innocuo intruso, direi, ci è andata bene.”

Per favore non chiamatemi intrusa. Questa è casa mia tanto quanto è casa vostra.”

Rika ed Hanyuu si girarono repentinamente nella direzione da dove proveniva la voce. Seduta sul piedistallo della gigantesca statua di Oyashiro, una giovane in abito da sacerdotessa li stava scrutando, con fare serio. Capelli blu, lunghi e lisci, quasi identici a quelli di Rika, solo impercettibilmente più chiari. A parte questo dettaglio, quella bambina sembrava la sua copia esatta.

Chi... chi diamine saresti, tu?” disse Rika stupefatta, avvicinandosi a lei ed appoggiando la torcia sul parquet. Lì per lì si era messa a pensare che quella di fronte a lui fosse una delle mille altre Rika che avevano vissuto ed erano morte nei mondi precedenti, uccise da Shion o sventrate da Takano in una diversa Hinamizawa. Però quel fantasma non recava alcuna ferita sull'addome, né sul collo o da altre parti, quindi non poteva essere così... Ed infatti Hanyuu confutò quest'ipotesi impallidendo ancor più del consueto, e balbettando il nome di quella ragazza.

Ouka, non avrei mai pensato che ti avrei rivisto! Non sai quanto sia felice di incontrarti di nuovo!”

Ouka? Rika disse tra sé e sé, sbarrando gli occhi. Quel nome non le era nuovo, tutt'altro. Era la figlia di Hanyuu, quella che lei aveva avuto quando era ancora in vita e possedeva un proprio corpo terreno, secoli fa. Ed era stata lei, in quel tempo, ad uccidere sua madre.

In quei giorni remoti, molte persone nel villaggio provavano astio nei confronti di Hanyuu, a causa di quelle lunghe corna ossute, che instillavano negli animi il timore che quella donna fosse solo un mostro disumano, un demone che non doveva avere nulla a che fare con loro. Dal loro punto di vista non avevano neppure completamente torto, visto che era realmente una demone. Si era dovuta trasferire insieme al suo clan all'Onigafuchi, come chiamavano allora Hinamizawa, cercando di integrarsi con la popolazione locale. Qui Hanyuu era presto convolata a nozze con il figlio del sacerdote del villaggio, che si era invaghito di lei, innamorandosi perdutamente di quella sconosciuta. Ma altri suoi compaesani erano terrorizzati dai demoni, e il loro panico cresceva con il crescere del numero di matrimoni misti che rendeva loro impossibile distinguere i membri delle due razze, capire chi apparteneva ad un gruppo e chi all'altro.

Non sapendo con chi arrabbiarsi, allora queste persone iniziarono a prendere di mira Hanyuu, in quanto simbolo di ciò che odiavano. Lei era vista come il capo del gruppo dei demoni, e quindi iniziò ad essere vittima di minacce ed intimidazioni, che sfociarono velocemente in atti violenti. L'atmosfera di tensione nel villaggio aumentava a vista d'occhio, ed Hanyuu sentiva di dover fare qualcosa... E decise di ricorrere ad una soluzione estrema. Sentendo di essere la causa ultima di quell'odio, chiese a sua figlia Ouka di ucciderla.

Un omicidio perpetrato tramite un pugnale rituale... Un uccisione che fu il primo Watanagashi, il più autentico, in quanto era un tentativo di ripulire i peccati di tutti. Anche se, prima di colpirla, Ouka aveva promesso a sua madre che avrebbe costruito un mondo migliore, dove non fossero richiesti sacrifici per salvare Hinamizawa. Ecco perché lei aveva insegnato agli abitanti ad avere paura di Oyashiro, il motivo per il quale tutte quelle spaventose leggende e storie erano state create: il gruppo degli umani era troppo ostinato per farsi convincere che Hanyuu non fosse un mostro, quella reputazione non l'avrebbe mai lasciata neanche dopo la morte, così Ouka sfrutto quelle dicerie a suo favore. Dichiarà a tutti che Hanyuu era in effetti una Demone, ma che ormai il sangue della sua gente aveva pervaso i corpi e le anime di tutti, altrimenti un gruppo di demoni non si sarebbe mai unito al villaggio senza un buon motivo, e loro non potevano odiare quelli che ormai erano loro compagni di vita. Inoltre, persuadendoli che il Oyashiro proteggeva Hinamizawa grazie ai suoi discendenti, Ouka si assicurò che se stessa e la sua famiglia non corressero altri rischi. Gli uomini, dediti all'odio ma ancor più alla superstizione, cominciarono a temere di essere maledetti, in caso commettessero altri atti malvagi nei loro confronti.

Questo spiegava molto, per esempio la ragione della somiglianza tra Rika ed Ouka. In fondo erano l'una l'antenata dall'altra. Ma come aveva fatto quella ragazza morta secoli prima a tornare lì? E perché? E soprattutto, come mai era così seria e accigliata, nonostante avesse appena rivisto sua madre dopo tutto quel tempo?

Madre...” sussurrò Ouka, senza mostrare alcun sentimento “Madre...”

Dimmi, dimmi per favore, che cosa vuoi dirmi?”

Madre... perché mi avete tradito?”

Hanyuu sentì il cuore fermarsi, a quell'ultima parola. Tr-radito? Quando? Come? Non riusciva a comprendere per quale ragione sua figlia le stesse facendo un'accusa tanto infamante ed orrenda.

Non capite, vero, Madre? Lo intuisco, basta guardarvi in faccia. Fate uno sforzo, allora. Vi ricordate cosa vi ho detto, in quell'ultimo giorno, mentre alzavo la mia spada contro di voi?”

Che avresti creato un villaggio dove i sacrifici non erano necessari. Me lo ricordo perfettamente.”

E quindi, perché mai avete espresso il desiderio di morire, la scorsa estate?”

Istintivamente, Hanyuu ruotò il capo lontano, scansando gli occhi di Ouka. Aveva ribrezzo ad ammetterlo, ma quelle di sua figlia non erano fandonie: quando Takano aveva puntato la pistola contro Mion, durante il confronto finale nella foresta, lei volle proteggere la sua amica e tutti gli altri, frapponendo il proprio corpo tra le due e sapendo che con quella decisione si era autocondannata a morte. Se ciò fosse accaduto, sarebbe stato un nuovo sacrificio, non diverso da quello che aveva compiuto secoli prima quando lei possedeva un vero corpo. Però, allo stesso tempo Hanyuu aveva sempre pensato di aver fatto la scelta giusta, doveva forse lasciar morire Mion? Ouka era fin troppo cattiva, con lei.

Così alzò il capo e rispose: “Quindi ci hai visto combattere, suppongo tu conosca tutti i dettagli di quella vicenda. Secondo te avrei dovuto comportarmi in maniera diversa, Ouka?”

Avreste dovuto pensare ad un piano migliore, per evitare quell'incontro così azzardato. Perchè dovevate andare da Miyo Takano mentre era ancora armata? Avreste potuto forzare quella donna a sparare il suo ultimo colpo in modo da non ferire nessuno, e dopo avreste avuto tutto il tempo di questo mondo per dirle quello che le dovevate dire. Ma non è questo il punto.”

Non sono mai stata brava ad escogitare delle valide strategie, e d'altronde sono stata costretta ad agire in fretta quel giorno. Ma continua, per favore, a cosa ti riferisci con quell'ultima frase?”

Al fatto che se non vi foste sacrificata voi lo avrebbe fatto qualcun altro. Non eravate l'unica persona pronta a commettere questo sacrilegio, infatti, non siete stata l'unica a rinnegare tutti gli sforzi che io ho compiuto per realizzare il mio sogno.” Ouka abbassò gli occhi tremanti, quindi continuò: “Dopo la vostra morte, ho fatto tutto quanto era in mio potere per costruire un villaggio migliore, un posto dove nessuno avesse il diritto o il dovere di uccidere, e di farsi uccidere. Mi sarebbe bastato questo... fin dall'inizio ero consapevole che l'Onigafuchi non sarebbe mai divenuto un paradiso, dove tutti sono felici. Quella visione del mondo così utopistica è in contrasto con la natura umana, e io non potevo cambiarla.”

Lo capisco.”

Sul serio? A me sembrava che voi volevate cambiare questa regola, invece. Rispondetemi, per favore, perché in tutto questo tempo avete tentato di realizzare un mondo dove tutti sono beati e contenti, come delle belle statuine imbambolate ed ignare di come funziona la vita?”

Signorina, noi volevamo un mondo dove tutti potessero sopravvivere e decidere che fare della propria vita, liberi dalla Sindrome e dalle proprie paure. Nulla di più, credimi.”

Ouka non si attendeva una risposta da Rika, e perciò la guardò di traverso, ingiungendole con il solo sguardo di stare buona e lasciar parlare lei ed Hanyuu. Poi disse: “E voi pensate veramente che i loro cuori, dopo essere stati liberati dal vostro brillante intervento, non verranno occupati da nuove paure, da nuove angosce? Gli esseri umani hanno sempre dei timori che covano nell'intimo più profondo, e devo dire che ciò non è neanche una cattiva cosa, a pensarci bene. Una lattante che non ha paura del buoi si sveglierebbe nel cuore della notte e se ne andrebbe a zonzo tutto contento per tutta la cosa, finché non va a sbattere il capo contro lo spigolo di un tavolo. Le persone hanno bisogno delle paure, non capite che liberandole fareste loro solo del male?”

Sei un essere umano anche tu, Ouka, ti ho sempre detto di non dimenticarlo. Non parlare di loro come se fossero una razza a sé stante a cui tu non appartieni. Ed inoltre, forse le persone hanno bisogno di essere spaventate, ma di sicuro non oltre un certo limite. Se questa soglia viene superata, quell'inquietudine diventa ossessione, e chi ne soffre non può fare altro che continuare a pensarci, rimanendo immobili in balia di quello che avviene attorno a loro.”

E forse sapete indicarmi dove sta esattamente questo limite, Madre?”

Dipende a seconda della persona di cui stiamo parlando, ogni individuo è in grado di raggiungere un limite diverso. Qualcuno non può sopportare nemmeno un granello di stress e collasserebbe alla prima sofferenza, qualcun altro invece può trarne addirittura giovamento e se non esagera può trovare energie per fare persino cose che altrimenti non riuscirebbe a compiere.”

Questa è una falsa risposta. La verità è che neanche voi siete capace di dire dove sta il limite per ogni persona. Non conoscete a sufficienza il cuore di ogni uomo o donna di questo mondo, e probabilmente neanche quello degli abitanti di Hinamizawa.”

Perchè non la pianti con queste cretinate e vieni al punto?” gridò Rika, innervosendosi. Non le piaceva l'aspetto di quell'altro spirito, Ouka sembrava molto aggressiva ed arrabbiata nei confronti delle altre due. No, arrabbiata non era il termine esatto... Sembrava piuttosto disgustata.

Vuoi proprio saperlo, Rika-chama?” rispose lei, deridendola “Avevamo provato ad usare un metodo pacifico ed innocuo, per fare in modo che la comunità accettasse la presenza di mia Madre, ma era stato tutto inutile e quegli empi l'avevano condotta alla disperazione e quindi alla morte. Mi erano rimaste due alternative, quindi, per far loro cambiare idea sul nostro conto: usare la violenza o la paura. Personalmente, ho tentato di combinarle.”

Hai torturato gli stessi contadini che dicevi di voler proteggere, come monito per gli altri?” ipotizzò Rika, scandalizzata.

No, non l'ho mai fatto. Li avrei considerati come dei sacrifici in caso contrario, e dovresti aver capito che quest'argomento è tabù per me. Così ho fatto ricorso a qualcos'altro. Io volevo che nessuno si unisse al villaggio e che nessuno se ne andasse, perché desideravo che quello che era accaduto a me e mia Madre rimanesse segreto, sconosciuto a chiunque al di fuori dell'Onigafuchi, e che andasse via via dimenticato nei meandri del tempo. Volevo anche che la famiglia che loro detestavano di più diventasse quella che adoravano di più... La loro stessa vita sarebbe dipesa da quella della famiglia Furude. Già... Avete capito che cosa feci, allora?”

Rika no, ma Hanyuu si. Fece un passo in avanti, e rispose amaramente: “Hai generato la Sindrome di Hinamizawa.”

Ouka annuì.

Rika quindi guardò dubbiosa Hanyuu, che spiegò: “Quando ero ancora in vita, quella malattia non esisteva ancora. Avevo già immaginato che quei parassiti fossero apparsi in un secondo momento, era l'unica conclusione, però non potevo sapere la loro vera origine. Sai, Rika, gli abitanti del villaggio non avrebbero mai cercato di uccidermi, se ai miei tempi fossi stata la Regina Portatrice. Non ci avevi mai pensato? Con te sono tutti gentili, come lo erano stati con tua madre, con tua nonna, e così via. Inconsciamente sanno che loro ti devono la propria esistenza, e quindi ti trattano bene... La mia storia invece era stata l'opposto. Mi disprezzavano, non riuscivano a sopportare la mia presenza, le mie corna in particolare, e non dovendo dipendere da me non avevano ragione di ringraziarmi, anzi.”

Capisco. In effetti il ragionamento fila.”

Rika era già al corrente della storia della vita di Hanyuu, ma non aveva mai riflettuto su questo dettaglio. Anche se lei era una sua ava, non aveva mai avuto il ruolo di Regina Portatrice. Avrebbe trascorso una vita migliore, se fosse stato così... La bambina dai capelli blu, quindi, si avvicinò alla spalla della sua amica e pose una mano sopra di essa, mostrando di capire quello che Hanyuu aveva provato. Successivamente, si voltò verso Ouka. Rika non era sorpresa che quello spirito fosse stato capace di ideare dal nulla una piaga tanto terribile, era una potente mezzodemone figlia di Oyashiro, a conti fatti. E così lei disse arrabbiata: “Quindi tu avresti messo a punto una barriera tanto complicata solo per “proteggere” il villaggio? Una malattia così complessa classificata in cinque livelli distinti, la Regina Portatrice, la strana proteina dentro il sangue di Mii-chan...”

Mi credi, se ti giuro che questo sistema funzionava molto più semplicemente, in passato? La Sindrome è stata generata da me, questo è vero, ma in un secondo momento ha sviluppato in autonomia delle caratteristiche a cui io non avevo affatto pensato. Una sorta di evoluzione della specie. È lo stesso processo dell'educazione di un figlio: tu gli dai le istruzioni di base quando è piccolo, gli insegni come si parla, come si cammina, ma c'è sempre una parte di lui che non puoi controllare, e una volta cresciuto inizia a comportarsi in modo indipendente, apprendendo cose che tu non conoscevi nemmeno e compiendo azioni di cui tu rimani all'oscuro... Ma ora questo non ha importanza: forse c'è stata una causa razionale che ha portato la Sindrome allo sviluppo attuale, ma personalmente non so quale sia e non sono interessata a scoprirlo.”

Ouka continuò: “Comunque, io ero rimasta soddisfatta dalla mia opera. Avevo ottenuto il mio obiettivo, li avevo convinti che lasciare il villaggio sarebbe stata la loro condanna a morte. Non era stato neppure troppo ardua come operazione, le persone allora lasciavano raramente la loro terra natia, io non ho fatto altro che portare all'estremo questa peculiarità, mostrando loro cosa sarebbe avvenuto se mi avessero disobbedito; voi stesse potete ancora vedere le apparecchiature che abbiamo ideato, qui dentro. Senza tralasciare il fatto che quella gente era estremamente superstiziosa... Secondo le leggende locali la foresta intorno all'Onigafuchi era colma di mostri e spiriti maligni, e io ho approfittato di queste favolette. Ho giocato con le loro anime, e anche con le vostre corna, Madre, ho usato il vostro aspetto di un tempo per ricordare agli uomini il terrore che covavano nelle loro menti, per essere certa che mi dessero ascolto. È stato così che il villaggio si è compattato intorno a sé, è stato così che è nato lo Spirito di Hinamizawa. Il mio piccolo paesino di campagna non era un mondo perfetto, non ho mai avuto la presunzione di affermare che lo fosse, però tutti i suoi abitanti lavoravano insieme, combattevano insieme, uniti. Era il massimo che una donna poteva fare su questo mondo maledetto. E ne ero orgogliosa, fino a qualche anno fa.”

Poi cosa è successo?”

La Guerra della Diga. Hinamizawa cessò di essere un luogo isolato dal resto della terra, come era stato in passato. Si era trasformato in un insieme di case incluso in un Paese più grande, un Paese che aveva smesso di far finta che quel gruppo di contadini non esistesse. Il Governo aveva intrapreso uno studio approfondito del territorio, al fine di costruirvi la diga, e così facendo aveva distrutto la barriera che io avevo eretto tra Hinamizawa ed il mondo circostante, hanno costretto i vostri padri ad avere di nuovo contatti con le persone di fuori. E il risultato di ciò si è visto subito. Brama di denaro, vendetta, vecchi rancori assopiti... La comunità del mio villaggio ha iniziato a farsi la guerra ed a dividersi in fazioni, in men che non si dica. I Sonozaki contro gli Houjou... A me non importava chi sarebbe risultato vincitore di quel conflitto, io ero furiosa con loro e con me stessa perché il sangue aveva ripreso a scorrere copioso. In passato gli uomini di questa valle di lacrime temevano Oyashiro-sama perché temevano me e mia Madre, ma al giorno d'oggi troppi anni erano passati, e i contendenti non avevano timore della vendetta del Monaco, preferendo curare unicamente i propri interessi personali. Anche se devo dire che mi è dispiaciuto enormemente, quando ho assistito all'annichilamento e all'azzeramento di tutte quelle Hinamizawa, lungo il vostro peregrinare.”

Quindi ci hai viste muoverci da un mondo all'altro, in questi anni?”

Ouka annuì. “Esattamente. Ed ora vorreste sapere perché non vi ho aiutato durante le vostre traversie, ho ragione? Basta pensarci un attimo. Mia madre ha potuto raggiungere il vostro mondo solo dopo il compimento di un piccolo miracolo, ovverosia il fatto che per sette generazioni il primogenito della famiglia Furude fosse una femmina. Nel mio caso, invece, io potevo materializzarmi solo a condizione che questa consuetudine si protraesse per altre sette generazioni, partendo da tua figlia, Rika.”

E lo stesso varrebbe per i tuoi discendenti, quindi? Ogni sette generazioni appare uno spirito diverso?”

No. Tutta l'energia magica che possedevamo è stata consumata il giorno in cui ho privato mia Madre della vita con la mia spada cerimoniale. Come conseguenza, i nostri discendenti non hanno mai avuto alcun tipo di energia spirituale, e non possono fare ritorno a questo mondo. Io stessa avevo smesso di ricorrere alla magia, dopo quel giorno, ed anche ora io e Madre siamo come spettri che possono solo ricorrere agli incantesimi che utilizzavamo prima di quell'atto sacrilego, mentre i nostri figli e nipoti non erano nulla di più di semplici esseri umani, escludendo la quisquiglia del ruolo della Regina Portatrice. Erano come te, Rika. Tu hai goduto della magia non grazie a doti tue, ma solo grazie ad un aiuto esterno.”

Varrebbe a dire... Hanyuu e Bernkastel...”

Appunto. Ma torniamo al nocciolo della questione. Io avrei voluto aiutarvi, sinceramente, ma non ho mai potuto farlo, ero lontana da questo mondo. Avrei voluto aiutarvi... ma poi ho visto una cosa in quest'ultima Hinamizawa che mi ha fatto inorridire, e cambiare idea. Ho visto una cosa che reputo peggiore della Morte stessa.”

E qui ti riferisci al mio tentativo di proteggere gli altri.” la interruppe Hanyuu “Ti ho già spiegato che avevo accettato il mio destino, desideravo solo dare ai miei amici e a tutto il villaggio una chance di vivere felici. Non ho bisogno di giustificarmi oltre, per questo.”

Ma il punto è che, a prescindere da quello che fate voi, loro non saranno mai felici.”

Cosa te lo fa credere?”

Il fatto che sia la pura verità, loro sono come te e hanno i tuoi stessi vizi e le tue stesse virtù. In quella caverna, quando la Yamainu era sul punto di catturarti... Prima Shion ha preso un Kalashnikov per farvi guadagnare tempo, poi tu risali dal fondo di quel pozzo e ti consegni a loro solo per salvarla, dopo ancora è il turno di Mion che si erge a difesa del gruppo con Takano che le vuole sparare con l'ultimo proiettile rimasto... Ed infine anche mia Madre... Avete offerto la vostra vita per salvare quella degli altri, ma non era questo, il futuro che reclamavo per la mia gente. Non volevo che le persone arrivassero a tanto, non è questa l'idea di un mondo buono in cui vivere. Voi non stavate rischiando di morire, voi eravate sicuri di morire, facendo quelle scelte. Eravate tutti nuovi sacrifici ai miei occhi, ed in questa maniera avete dimostrato solamente che l'opera di tutta la mia vita è stata assolutamente inutile, una perdita di tempo. Dopo secoli e secoli, nulla è cambiato su questa cinica terra.”

Non ero certo entusiasta di morire, quel giorno.” replicò Rika “Contavo però sulla possibilità che potesse accadere un miracolo.”

Tsk, è la stessa cosa. Miracolo o no, tu ti stavi offrendo come agnello sacrificale. Però dovrei ringraziarvi. Grazie al vostro cosiddetto miracolo, io ho potuto giungere fin qui.”

Posso chiederti perché?”

Se proprio ci tieni, signorinella.” rispose Ouka sarcasticamente. Era davvero una sua antenata, caratterialmente Rika assomigliava a lei molto più di quanto non assomigliasse ad Hanyuu. “Vedi, prima ti ho detto che avrei potuto comparire in questo mondo solo se le tue discendenti fossero state femmine per altre sette generazioni. Almeno questo era quello che credevo fino a poco tempo fa; ma evidentemente mi sbagliavo, considerando che ora mi trovo puoi dedurre che c'era un altro modo per viaggiare tra le dimensioni, chiaro? Allora, vediamo... Sai già della teoria del bilanciamento e dell'equilibrio tra Bene e Male nell'Universo, vero? Se qualcosa di buono avviene da una parte, qualcosa di cattivo avviene da un'altra parte per qualcun altro, in modo da preservare questo rapporto di forze. In altre parole, se un miracolo positivo ha luogo, allora un miracolo negativo deve aver luogo.”

Non capisco.”

E' un vero peccato, dovresti studiare più a fondo la storia e le tradizioni del tuo villaggio. Comunque, io volevo solo mostrarti quanto il destino possa essere ironico, alle volte. Grazie ad un miracolo sei stata in grado di salvare Hinamizawa, per adesso; ma ora, grazie ad un miracolo di natura opposta al vostro, io ho potuto entrare in questo mondo. È stata proprio l'energia interiore sprigionata dal vostro prodigio a rendere possibile il mio. Nel giorno stesso in cui avete sconfitto la Yamainu, io ho potuto fare ritorno.”

Rika iniziò a sudare freddo. Ouka stava affermando che lei era giunta davanti a loro a causa di un miracolo foriero di cattive notizie. Quella sua antenata non mostrava emozione alcuna, mentre parlava, era in tutto e per tutto come la grande statua di Oyashiro dietro di lei. Calma ed immobile, ma al contempo terribile e minacciosa.

Ouka continuò: “Ho riflettuto a lungo sul vostro comportamento, seriamente. Un ammontare di tempo pari su questo pianeta a centinaia di secoli... Ma non siate sorprese, posso facilmente giocare con i piani temporali, un po' come avete fatto voi traslando le vostre anime da un mondo all'altro. Ho riflettuto, senza sosta, finché non mi sono resa conto che la conclusione era una soltanto. Non posso criticarvi più di tanto per quello che avete fatto, in fin dei conti. Se una singola persona fa qualcosa di sbagliato la si può punire per correggerla, ma se un gruppo intero commette quel peccato, è necessario guardare oltre, verso le ragioni profonde che spingono quel vasto numero di persone. Altrimenti qualcun altro ripeterebbe lo stesso errore dopo poco tempo, rendendo ogni punizione stupida e futile.”

E queste ragioni profonde? Dove sarebbero?”

Dentro il cuore di Hinamizawa, è lì il problema. Lo stesso Spirito che ho instillato nei vostri cuori, la stessa comunità a cui appartenete, i vostri stessi valori... Sono loro la causa di questi disastri.”

Non chiamarli disastri!” gridò Hanyuu “Non osare definirli in questa maniera! Al contrario, quei gesti eroici sono stati gli esempi più puri di-”

Per favore chiudete il becco, Madre.” troncò netto Ouka, dando segnale di cominciare a perdere la pazienza. Non poteva accettare che qualcuno difendesse quello che lei aveva provato ad eliminare durante tutta la sua esistenza, non voleva udire parola in proposito, anche se a parlare era la donna a cui lei aveva tenuto di più in vita. Pertanto, costrinse Hanyuu a rimanere in silenzio, poi proseguì: “Non nego che io abbia commesso degli errori, mentre edificavo dal nulla la nuova Onigafuchi; forse avrei dovuto scegliere un modo d'agire diverso. Combattere tutti insieme, guidati dallo Spirito che io stessa ho generato, è qualcosa di meraviglioso, ma se il passo successivo di quest'azione è perdere la vita per salvare quella altrui allora non mi sta bene. Forse è stata colpa mia, voi vi comportate così perché io ho istruito i vostri padri a comportarvi così, ma adesso sono qui per rimediare.”

Ed allora che vorresti fare?”

Ouka emise allora un sorriso leggero e raccapricciante, forzando Rika a compiere un passo indietro. Se mai vi era stato un Demone in tutta la storia del villaggio, esso si trovava ora di fronte ai loro occhi. “Cosa posso fare, Madre? È semplice, posso fare solo una cosa. Azzerare Hinamizawa, sradicandone ogni traccia fin dalle fondamenta...

Rika era certa che in quel momento il suo cuore avesse cessato di battere. Il suo corpo non rispondeva a nessuna sua direttiva, la sua anima e la sua volontà erano state annichilite dal mero sguardo di quel fantasma. Guardando affannosamente le proprie braccia ebbe un sobbalzo, notando quanto essere fossero diventate pallide come lenzuola. Si sentiva alla mercé della propria avversaria, senza possibilità di sfuggire al suo controllo. Ma doveva reagire. Mandando giù un boccone amaro di saliva, riprese il dominio di mente e corpo e bisbigliò: “Quindi... eri tu quella che tirava le fila dietro Nabiha-san, il mese scorso...”

Non è esatto” replicò lei, continuando a sogghignare “Se fosse così, avrei già perso la mia battaglia. Il fatto è che ho aspettato, prima di scendere in campo, ed assistendo da lontano alla Guerra delle Frane ho visto come io non sia l'unica ad avere del risentimento nei vostri confronti. Non mi sarei fatta avanti, in caso contrario. Invece, ora come ora ho una... collaborazione amichevole con un altro uomo, quello che ha guidato Nabiha-san fino a quell'impresa sfortunata.”

E questo allegro birbone è magari quello che vuole ammazzare Rena? Hai forse alterato la sua mente per renderlo una docile marionetta ai tuoi ordini?”

Ho detto che collaboro con lui, non che lo controllo, ascoltate quello che vi dico. E poi io non cambio la natura delle persone, non ho un tale potere. Io non sono una dea onnipotente, come del resto non lo è neanche mia Madre. Quando il mio corpo posava ancora piede su questa terra, il mio potere mi premetteva di guardare nei cuori delle persone, ma non di cambiarli; inoltre, potevo rendere espliciti i loro desideri più nascosti, facendo in modo che gli individui interessati riuscissero a comprendere di possederli. È un potere utile per conseguire i propri obiettivi, soprattutto nel caso questi istinti sopiti si abbinino bene con la mia volontà ed i miei sentimenti, ma non ti permette di fare tutto. D'altra parte, sono al corrente che vi è uno stalker sulle tracce di una delle vostre amiche, anche se io non lo conosco né l'ho mai visto. Per quanto la sua presenza non prevista mi intrighi, il suo atteggiamento così imprudente non dipende da me.”

Come possiamo crederti?”

Potete non credermi, se lo desiderate. Però sappiate che le cose si sviluppano spesso con risvolti inaspettati, un po' come ha fatto la Sindrome. Inoltre, il mio primo scopo non era di eliminare quella ragazza, visto che non avevo intenzione di togliervi la vita, all'inizio. Il male era nel villaggio, non nei suoi abitanti. Vi avrei costretto a lasciare le vostre case, via da questo posto orribile... Ma voi avete resistito, fieri ed oltremodo ostinati, facendomi capire una cosa: Hinamizawa e la sua popolazione sono un'unica entità indissolubile, sono stata io a forgiarvi in questa maniera, alla fine. Perciò, non posso liberarmi di questo paesino senza liberarmi di voi.

Tu... Tu hai in progetto di ucciderci tutti! Duemila persone, uomini, donne, bambini... Tutta la tua gente! Come fai anche solo a pensare di commettere una simile mostruosità!”

Voi avete deciso di fare i testardi e non andarvene, quindi affrontate le conseguenze delle vostre azioni. E poi sareste comunque destinati a morire. In passato avete già mostrato di essere disposti a gettare la vostra vita, provando che essa non è così importante per voi. Sto solo risparmiando ai vostri discendenti un'esistenza miserabile, satura di questi ideali nefasti e traviati.”

E per fare questo tu vuoi far tirare le cuoia a tutti noi, grazie tante! Come fa la tua anima a sopportare un crimine efferato come questo?”

Non che voi abbiate fatto cose molto diverse, in precedenza. Avete rifiutato una vita che vi era stata donata da qualcun altro. La vostra vita non appartiene a voi, alla fine, è piuttosto un regalo che vi è stato portato dai vostri genitori. O adesso pretendete di essere venuti alla luce di vostra iniziativa?”

Non ho voglia di discutere di filosofia. A me pare solo che tu sia venuta qui per soddisfare la tua sete di rabbia verso me, verso tua madre e verso gli altri. Ti sei fatta una bella gita di piacere solo per vomitare il tuo fiume di parole, sfogarti su di noi ed annunciare la fine di Hinamizawa? Che bel vantaggio che ci concedi, grazie mille!”

Oh, no, non sono venuta fin qui solo per il piacere di una bella chiacchierata.” Rika non se n'era manco accorta, ma Ouka si era spostata, e si ergeva a pochi centimetri da lei, ora.

Rika!” urlò Hanyuu, presagendo le intenzioni della figlia “Scappa, corri!”

E' troppo tardi, Madre.” Ouka protese un braccio in avanti, e con esso penetrò nel petto di Rika attraverso la pelle e la carne, senza che l'arto incontrasse apparentemente una qualche resistenza. Senza smettere di ridere, stava mirando al suo cuore, mentre la vittima di quel sortilegio percepiva chiaramente la mano fredda dell'altro e sentiva la propria saliva risalire lungo la gola. Nulla poteva fermarla, e nel giro di pochi attimi Ouka teneva in pugno il fulcro della vita di Rika, lo maneggiava come se fosse un'inerme pallina di gomma, ed a Rika sembrava che lei stesse piazzando qualcosa al suo interno, come fosse una pallina in una sfera di pongo. Non ebbe però occasione di abbozzare una minima reazione, ed un secondo dopo Ouka era di nuovo lontana da lei, dopo aver concluso il proprio lavoro.

Ouka, che hai fatto?” chiese Hanyuu trafelata, intuendo che non fosse nulla di buono.

Oh, solo una piccola precauzione. Sapete molto bene quello che succederebbe qualora la Regina Portatrice morisse, non è così? Chiunque nel villaggio manifesterebbe i sintomi terminali della Sindrome, e nessuno potrebbe evitare una morte atroce e dolorosa. Nel giro di un paio di giorni non rimarrebbe anima viva in quest'angolo della vallata.”

E?”

Questo è il simbolo della dipendenza delle vite degli altri dalla tua. Se tu muori, loro muoiono... Ma perché non fare in modo che ciò valga anche in senso opposto?”

Quindi tu stai dicendo che se qualcuno nel villaggio muore allora io faccio la stessa fine? È a questo che serviva quello strambo rito?” Rika si diede della rimbambita per non essere stata abbastanza scaltra da capire che Ouka stava pianificando qualcosa di grosso. Quello spettro non avrebbe fatto la sua comparsa dinanzi a loro senza una ragione, la porta aperta del Saiguden era una trappola, e loro ci erano cascate.

Ed infatti l'altra ribatté: “Solo sotto certe condizioni, ma in linea di massima hai ragione.”

E quali sono queste certe condizioni?”

Rika, è mia ferma convinzione che il luogo in cui io ho vissuto e tu vivi tuttora sia semplicemente maledetto, e che le persone che lo abitano non possano ottenere nemmeno una vita serena, pertanto farò tutto quanto è in mio potere per liberarvi da questo infinito giogo, anche se voi non capite quanto pietose siano le vostre esistenze, allo stato attuale. Tuttavia vi darò una chance, per guadagnarvi la vostra sopravvivenza.” L'assenza di sentimenti nei suoi occhi divenne ora totale. Ouka le stava fissando come una dea senza umanità. “Devo andare, non c'è nient'altro di cui dobbiamo parlare, adesso. Ricordatevi questo, soltanto: Se qualcuno tra gli abitanti di Hinamizawa decide di sprecare la propria vita per salvare voi o qualche altra persona dello stesso villaggio, allora tu lascerai questo mondo all'istante, e l'intera Hinamizawa soccomberà a causa della Sindrome. E quindi, se volete provare a sconfiggermi ve ne concedo facoltà, ma dovrete farlo con le mie regole. Trovate un modo di resistermi che non implichi la perdita della vita per nessuno, e vedremo cosa riserverà per noi il destino. In tal caso, sarò lieta di ammettere la mia sconfitta se arriverà.”

Ti piace fare la carogna, non è vero, Ouka?” Rika stava digrignando i denti per la frustrazione.

E' questo il metodo con cui ero abituata a risolvere i problemi per dare un futuro migliore a me ed agli altri, quando ero in vita. Il solo possibile modo che può funzionare, tra quelli che io posso utilizzare concretamente. E se questo non basta per garantire un buon avvenire, allora lo userò per risparmiarvi ulteriori sofferenze. Mi dispiace, ma mi assicurerò che voi non possiate celebrare il prossimo Watanagashi. È mia volontà evitare che soffriate più del dovuto e del necessario, non desidero farvi più male di quanto non serva.”

Non puoi immaginare quanto odi sentire queste ultime parole. Essere uccisi per un'assurdità simile è di per sé una morte dolorosa come poche.”

Ouka la scrutò freddamente: “Puoi avere di me l'opinione che più ti garba, non cambierà una virgola della tua situazione. Non è nulla di personale, sto solo facendo l'occorrente per evitare un futuro doloroso per il mio paese natale.”

Evitarci i dolori del futuro non significa togliercelo del tutto.”

Il fantasma davanti a lei non replicò. Era divenuta pallida, dall'aspetto incredibilmente spossato. Senza aggiungere una parola, si limitò a svanire, mentre Rika gridava il suo nome a voce alta per invitarla a tornare indietro, senza risultato. E quindi, non appena le due si ritrovarono di nuovo da sole, Hanyuu volò verso Rika, e controllò immediatamente quello che sua figlia aveva combinato dentro il suo corpo. Ci vollero solo un paio di secondi, prima che lei scoprisse quello che era successo. “Un... un sigillo spirituale...”

E che roba sarebbe, Hanyuu? Non ho mai sentito di una stregoneria con quel nome.”

E' un sigillo che viene attivato e spezzato se lo stato della tua anima cambia in un modo determinato a priori. Per favore, dammi un minuto, te lo spiegherò nella maniera più comprensibile possibile.” Hanyuu smise di parlare e chiuse allora gli occhi. Nella sua testa, stava facendo lo sforzo di ricordare quanti più dettagli lei conosceva sulla materia, in modo da avere le idee chiare e dare alla sua amica le necessarie informazioni. Molto tempo era passato dall'ultima volta in cui lei aveva sentito di quella magia, ed era opportuno fare mente locale.

Rika” disse infine, quando si sentì pronta “Qualsiasi cosa che avviene in questo villaggio ha delle ripercussioni sulla vita di chi vi è coinvolto, e ne cambia spesso l'umore. Questo influisce il suo stato mentale, il suo atteggiamento verso il mondo esterno, e se l'evento è sufficientemente importante anche la sua anima subisce degli effetti, buoni o cattivi a seconda del tipo di fatto di cui stiamo discutendo.”

Mi sembra ragionevole, Hanyuu. Per esempio, se uno sconosciuto investisse tua madre con la sua auto, un fortissimo senso di vendetta sorgerebbe dal tuo cuore, e odieresti una persona che prima non consideravi. Oppure, se tu sei una fumatrice accanita e improvvisamente rimani in cinta senza volerlo, puoi trovare la forza di smettere con le sigarette, per proteggere la salute del tuo bambino. In questo caso sarebbe un effetto positivo, perché tali sono i sentimenti generati.”

Perfetto. Questo è vero in ogni situazione, e si può intuire che queste conseguenze sono anche più marcate nel caso si parli di questioni di vita o di morte. Se qualcuno nel villaggio morisse, ci sarebbero delle pesanti ripercussioni sullo spirito di chi lo conosceva, ed anche sul tuo, Rika. Un cambiamento che la tua volontà non può fermare in alcun modo, e che questo spirito può captare ed analizzare. E questi fenomeni dipendono anche dalla tipologia di morte che ha riguardato la persona... Facciamo un altro esempio, sarà più facile da capire: ragioniamo sul nostro Club. Se uno dei nostri amici, Dio non voglia, commettesse suicidio per una qualsiasi ragione, tu ti sentiresti comprensibilmente smarrita, e proveresti a svelare le motivazioni che lo hanno condotto a quella decisione; se invece fosse ucciso da un pazzo omicida allora andresti su tutte le furie, e faresti di tutto per capire chi è il colpevole. E così via.”

Rika era tutta orecchie. Avrebbe trovato più tardi qualche altro particolare utile su una vecchia pergamena, ma le informazioni di Hanyuu sembravano essere assolutamente soddisfacente. Anche se non capiva come mai la sua antenata avesse fatto degli esempi tanto sinistri. Forse era perché quella storia le aveva fatto richiamare alla memoria un triste passato.

Questo è il modo con cui questo sigillo riesce a funzionare” andò avanti lei “Se qualcuno decidesse di dare la vita per salvare la tua, il tuo spirito reagirebbe in una certa maniera, e quello che Ouka ha piazzato dentro di te se ne accorgerebbe, rompendosi e rilasciando un'immensa quantità di energia, il che avrebbe come risultato... Hauu, dovresti essere capace di dedurlo da sola.”

Hanyuu contemplò il piedistallo della statua, il punto in cui Ouka era sparita. “Ha utilizzato tutto lo scarso potere che le era stato dato per generare questo incantesimo, ora era talmente stanca che non aveva altra scelta se non ritornare all'altro mondo. Ora come ora pensò che si limiterà ad assistere alla guerra che sta per iniziare, senza recitare un ruolo attivo.” L'antenata di Rika appariva come preoccupata, pensierosa. Era evidentemente mortificata per sua figlia, sapeva bene che non c'era nulla che poteva fare per lei. “Mi chiedo se sia lei, quella nel giusto, quando ha dichiarato che noi non potremo mai essere felici. Dal mio punto di vista possiamo solo puntare a una vita non miserabile... Ma suppongo che questo sia comunque un obiettivo degno di essere inseguito.”

Era la cara, vecchia, pessimista Hanyuu. Rika tentò di allontanare da lei questi tristi crucci, facendo sì che lei si concentrasse sul sigillo che lei aveva in corpo, e su un modo per renderlo innocuo: “Però, se ho ben capito, mi basterebbe non essere informata sulla morte di queste persone, o ho frainteso qualcosa? Se vivessi come se nulla fosse accaduto, allora...”

Ci avevo pensato anche io, però non sarebbe fattibile. Immagina, restare lontana dagli altri, inconsapevole, senza curarsi del destino dei nostri amici... Nonostante la tua illusoria scontrosità, non riusciresti a fare una cosa simile. Inoltre, basterebbe che tu pensassi che uno di loro sia morto per quella ragione, magari anche solo notando che non lo incontri da giorni... per far entrare in azione il sigillo, anche se non ti dicessimo nulla, anche se ti mentissimo... Quella sfera di energia si basa sui tuoi sentimenti e sulle tue emozioni per agire, non necessariamente su quello che succede nella realtà. È una faccenda da trattare con i guanti. Ed inoltre c'è da considerare la questione della tua funzione di Regina Portatrice. Nel momento in cui la malattia è stata creata da una sacerdotessa, non sarei sorpresa se ci fosse una sorta di connessione tra la tua anima e quella del resto del villaggio. Qualcosa che lavora a livello inconscio, invisibile anche ai miei occhi, intendo dire... No, adesso stiamo divagando. Il succo della cosa è che nessuno di noi deve morire, per nessun motivo, né per un sacrificio né per qualsivoglia altra ragione.”

Vero. Ma tu non conosci un incantesimo per rimuovere il sigillo, Hanyuu?”

Sarebbe bello se fosse così, hauu.... Il fatto è che i miei poteri si sono quasi azzerati, dovendoli adoperare per viaggiare ogni volta in una nuova Hinamizawa, mentre quelli di Ouka erano rimasti ancora sostanzialmente integri. Non ho energia a sufficienza per fare quello che chiedi... ma anche se l'avessi, mi rifiuterei di eseguire quell'incantesimo. Il sigillo e la tua anima sono ora profondamente collegati l'uno all'altro, sono come una cosa sola, e separarli bruscamente porterebbe delle bravi conseguenze al tuo spirito, rischieresti di non sopravvivere. Dobbiamo aspettare che la sua carica magica si esaurisca da sola, direi tra cinque o sei mesi.”

Ossia dovremmo attendere fino al Watanagashi. Temo che i complici di Ouka siano al corrente di questa sua mossa, ed attaccheranno prima di quella data... Ora capisco quello che voleva dire, prima.”

Vero, sono d'accordo con te, Rika, mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace...” Rika, udendo queste parole, diede alla sua antenata un leggero ed amichevole schiaffo sulla guancia. Hanyuu doveva finirla di scusarsi ad ogni occasione, o non avrebbe mai imparato. Così, la bambina dai capelli blu chiese: “Allora? Che si fa?”

Vediamo, faremmo meglio ad informare gli altri. Ma con che parole? Non possiamo dire che uno spirito è venuto dal nulla a scagliare maledizioni. Sei il capo del clan Furude, ma al di fuori del club non so quanti persone ti crederebbero. La polizia potrebbe negarti il suo aiuto, ed anche la maggior parte degli adulti, il consiglio cittadino, e gli altri. Avremmo bisogno di prove concrete, ma non saprei neanche dove cercarle.”

C'è anche un altro approccio, signorina.” replicò Rika, sorridendo. Si era soffermata sul ruolo di Hanyuu nella guerra contro la Yamainu, e le era venuta un'idea. In un certo senso, aveva bisogno di un assistente.

Hauuu?”

Beh... Non ti piacerebbe tornare a fare un'altra visitina ad Hinamizawa, Hanyuu?”
 



Nota dell'autore: Ladies and gentlemen, la prima vera cattiva della storia. :)
Ouka Furude non è un personaggio di mia invenzione, anche nella storia originale è la figlia "vera" di Hanyuu. In questo capitolo ho infatti mescolato cose "realmente accadute" e cose di mia invenzione: Hanyuu, quando era in vita, era effettivamente una demone e sì, è morta per mano della figlia per lo scopo raccontato in questo capitolo (si intravvede qualcosa in Higurashi Rei). Tra le cose che ho inventato io c'è invece il fatto della creazione della Sindrome da parte di Ouka (ma penso si integri bene con il resto) ed ovviamente il suo odio verso sua madre (nella storia originale è sostanzialmente un personaggio buono, anche se solo accennato, qui per nulla...)
Se avete dubbi o opinioni da dare, chiedete pure.

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Capitolo 30
*** Corde di violino ***



Capitolo 29: Corde di violino


Hinamizawa, 2 Gennaio 1984

Non fu necessario, per Rika, informare gli altri che c'era un pericolo in avvicinamento. Nel momento stesso in cui lei stava terminando di dibattere con Hanyuu di quello che era successo loro, la polizia aveva appena rinvenuto il nascondiglio del giovane stalker di Rena: si trovava in uno dei pioppeti che circondava Hinamizawa, in prossimità del villaggio abbandonato di Yagouchi. Lì, avevano scoperto una piccola caverna, al cui interno vi erano dei pagliericci usati come giaciglio, nonché avanzi di cibo e un paio di fotografie che ritraevano la ragazza da cui era ossessionato.

Le aveva ritagliate da un annuario scolastico, uno di quelli risalenti al suo periodo ad Ibaraki, come suggeriva la sua espressione nelle immagini: Rena non era sorridente, su quelle foto. Quello era stato il peggio periodo della sua vita, odiava sua madre, odiava quelli che dicevano di essere suoi amici, odiava la scuola, e soprattutto odiava se stessa. In quei giorni non aveva altro desiderio se non tornare ad Hinamizawa, come il Monaco le intimava in continuazione... E tutti questi sentimenti così veementi e strazianti trasparivano in quelle fotografie, attraverso i lineamenti del suo volto ed i suoi occhi privi di vita. Un'immagine perfetta per chi la detestava, visto che da lì appariva una ragazza cinica e crudele, incapace di sorridere.

Tutto era stato abbandonato lì, in quel posto fuori dal mondo, così lontano da ogni centro abitato. L'unica a conoscenza di quella piccola grotta era Satoko, che però mai si era immaginata che quel criminale potesse rifugiarsì fin lassù. Quel luogo era un nascondiglio alquanto scomodo, molto distante dal villaggio e dalla casa che lui spiava, e in teoria vi erano zone molto più adatte per far sparire le proprie tracce, nella fitta foresta o in altre grotte più accoglienti. Inoltre, quell'antro era molto vicino alla Fossa, il punto dove, molti anni prima, un bambino e suo padre avevano trovato la morte, asfissiati ufficialmente dalle esalazioni tossiche di zolfo. Era un luogo molto pericoloso, secondo il parere di tutti, e Rika non mancava mai occasione di ricordare a Satoko di non andare fin là per le sue trappole. Perchè mai quel tizio doveva rintanarsi in una zona tanto impervia e ricca di rischi? Era mai possibile che quel ragazzo fosse tanto forestiero da non sapere delle storie che circolavano su Yagouchi e la fossa? Eppure si era informato di Okinomiya e della marcia di protesta, evidentemente, visto che lui era stato lì pronto ad assalire Rena.

Satoko ritenne di aver avuto non poca fortuna, a non essersi imbattuta in quello psicopatico durante le sue esplorazioni nella foresta o la preparazione delle varie trappole. Sarà pure Rena quella minacciata, ma quell'invasato poteva essere armato e pericoloso. Trovarselo di fronte non sarebbe stata la cosa più piacevole... anche se lei sapeva decisamente come difendersi, specialmente in quei boschi che erano la sua seconda casa. Chissà, forse è stato l'altro ad essere stato fortunato a non incontrarla, anzi forse quel ragazzo si era informato anche sul suo conto ed aveva dedotto che fosse meglio starle lontano ed usare un piano differente per raggiungere i suoi scopi.

Così, quando Flavia le aveva chiesto una lista di tutti i possibili nascondigli della zona, lei non sapeva se aggiungere o meno quell'angusta cavernetta. Aveva deciso di includerla, facendo la scelta corretta. Meglio non rischiare, dopo tutto. E visto che conosceva l'area meglio di chiunque altro aveva condotto gli ufficiali di polizia in quella caccia: è stato per questo motivo che Satoko fu in grado di vedere le foto di Rena prima che gli agenti le raccogliessero come prove.

All'inizio, quella vista fu un vero shock per lei. La ragazza sulle fotografie non assomigliava per nulla all'amica che aveva sempre conosciuto. Era abituata ad avere a che fare con una compagna calma e paziente, ma quelle immagini raffiguravano piuttosto una teppista, una persona cattiva, qualcuno che ce l'aveva con tutto e tutti. Il suo periodo ad Ibaraki deve essere stato davvero duro, pensò Satoko. La bambina tornò allora con la mente ai giorni della Guerra della Diga, in cui lei non apparteneva ancora al club, ed in cui lei non poteva divertirsi con i suoi amici. E si rendeva pian piano conto che in quegli anni lei non era così diversa da come era Rena. Escludendo il suo Nii-Nii, in quel remoto passato a lei non importava seriamente di qualcuno. Stava lontano da tutti, non si informava di quello che accadeva nel villaggio, e non avrebbe battuto ciglio se tutti gli altri abitanti fossero spariti dalla circolazione. Pur desiderando di farne parte, pur guardando gli altri giocare felici, lei provava indifferenza verso le loro vite, la stessa indifferenza che pensava gli altri provassero nei suoi confronti. Dovevano essere sentimenti molto simili a quelli provati da Rena in quella grande città.

D'altro canto, Satoko si ricordava anche che da piccola faceva comunque del suo meglio per essere una brava bambina, un po' per il bene di Satoshi, che era sempre sotto stress nell'accudirla, ed un po' perché credeva che la sua solitaria esistenza sarebbe migliorata, in quel caso.

Il suo spirito stava lentamente rievocando i giorni della tua infanzia, prima ancora dell'inizio della Guerra della Diga e dell'ostracismo della sua famiglia. Lei giocava a nascondino con gli altri bambini, e per sbaglio si era intrufolata nel Saiguden. Il sacerdote del villaggio, vale a dire il padre di Rika, si era accorto che c'era stato un intruso, ma la sua figlioletta si era presa la responsabilità per l'accaduto, ricevendo in cambio una severissima punizione. Era stato il suo peccato originale, e Satoko si era arrabbiata tantissimo con se stessa. Se da una parte non le piaceva l'atteggiamento riservato a lei ed al fratello, dall'altro si sentiva responsabile per quello che era successo loro. Proprio per questo motivo si era volontariamente isolata dagli altri coetanei, in quel tempo: credeva che avrebbero avuto ulteriori problemi se non lo avesse fatto, voleva creare una barriera tra sé ed il mondo esterno. Ed aveva continuato così per mesi ed anni, finchè un'idea di Mion non permise al club di venire alla luce, in modo che lei fosse quasi obbligata a farne parte.

Però vi erano anche altre anomalie. I ricordi di Satoko presentavano dei buchi... Non si ricordava, per esempio, delle settimane immediatamente precedenti e successive alla morte dei suoi genitori. Che era accaduto in quel periodo, di preciso? Lei non era in grado di dirlo, il che era curioso, visto che allora vi erano stati fatti importanti... Le sembrava così bizzarro, constatare che anche nel proprio passato vi erano delle ombre. Avrebbe dovuto chiedere a suo fratello di darle una mano a rinfrescarsi la memoria. Satoshi era spesso reticente sull'argomento, ma in un modo o nell'altro avrebbe parlato, pensò la giovinetta.

Del resto, non si ricordava molto dei suoi genitori, erano deceduti quando lei era molto, molto piccola. Si rammentava solo alcune scene frammentate, qua e là... Però si ricordava anche che non li amava particolarmente. Era molto più legata a suo fratello, mentre mamma e papà erano visti da lei con un pizzico di sospetto, non si fidava completamente di loro. Anzi, sua madre era un po'...

Mah, non aveva senso rivangare il passato, ora come ora. In fondo abbiamo passato tutti dei periodacci, ma se Rena è riuscita a superarli, perché io non dovrei? Concluse Satoko, mentre esplorava gli ultimi anfratti della caverna. Era vuota, non vi era nessuno al suo interno. E allora lui dove si era cacciato? Non lontano dall'ingresso c'erano dei mucchi di braci ormai raffreddate. Il calore aveva abbandonato quei rimasugli di legna, quindi quel fuoco non era stato spento da poco. Questo voleva dire che la notte prima lui aveva già lasciato quel posto, le gelide notti nei boschi imponevano l'accensione di un focolare, a meno di non voler morire d'assideramento. Quando si era allontanato da quel posto, quindi? Un indizio a tale quesito giunse da uno dei poliziotti, che rinvenne, sotto ad un pacchetto vuoto di patatine, uno scontrino fiscale emesso da uno degli esercizi di Okinomiya.

Allora è stato da quelle parti, Flavia-san, anche dopo la Guerra delle Frane. Ma non avevate chiesto a tutti di segnalare la sua presenza, nel caso avessero visto il suo brutto muso da qualche parte.”

Certo che l'ho fatto!” fu la risposta della donna “C'è persino il suo identikit ancora incollato a lato della porta principale della stazione di polizia. Però tieni presente che l'abbiamo appeso due settimane fa, e le persone sono un po' troppo inclini a dimenticarsi delle cose che non interessano loro. Gli uomini hanno così tante cose a cui pensare... Va beh, ad ogni modo c'è un dato degno di nota qui sopra. Guarda la data di questo scontrino, Satoko-chan.”

Il trenta di dicembre... Quindi era qui, non più di due o tre giorni fa.”

Infatti, se solo non avessimo avuto scalogna... O se solo fossi brava ad usare i metodi intimidatori di Oishi-san. Quei negozianti laggiù non avrebbero ignorato i suoi consigli, sicuro.”

Non ci possiamo fare molto, temo, tra l'altro il vecchio ispettore è partito per l'Hokkaido con sua moglie, di recente. Concentriamoci sul nostro obiettivo, Flavia-san, dovremmo andare a fare due domande alla persona che ha venduto questo articolo al fellone che stiamo rintracciando.”

Lo penso anche io, anche solo per avere la prova finale che si tratta davvero del fratello di una delle altre tre vittime. Sai, siamo certi al 99% che sia lui, ma meglio non rischiare... Non tanto per la questione del reperire le prove per determinare che lui è davvero lo stalker, una volta acciuffato basterebbe confrontare le sue impronte digitali con quelle rinvenute sul cappotto di Rena il giorno della marcia; è più un problema morale, per così dire. Andare a dire ai suoi genitori che suo figlio è un criminale quando forse non è vero sarebbe davvero un brutto scherzo.”

Flavia quindi lesse la merce riportata sulla ricevuta fiscale, ed aggiunse: “Anche se la storia si preannuncia complicata... Forse il negoziante non l'ha denunciato perché lui nella bottega non ci è proprio entrato.”

In che senso?”

Guarda qui, sullo scontrino si parla di prosciutto, carne ed altro cibo piuttosto costoso... Mi spieghi come fa un ragazzino scomparso da settimane ad avere tutti questi soldi da sprecare? Se fossi in lui io cercherei di usarne solo lo stretto indispensabile per durare il più a lungo possibile, ammesso di averne. Mi sembra lampante, chiunque agirebbe in questa maniera... invece lui fa tutto l'opposto, non si preoccupa di fare economia. A meno che quel ragazzo, invece di entrare nella bottega, aspetti fuori per derubare un altro ignaro cliente. Una rapida attesa, un colpo in testa e via, gambe in spalla con il sacchetto pieno di cibarie e lo scontrino ancora dentro la busta. Si spiegherebbe tutto, così.”

Un ladro, allora?”

Più o meno. Non è carino da parte di una poliziotta dire una cosa del genere, ma dal suo punto di vista è una cosa accettabile, tanto la sua posizione è già grave ed un furtarello in più o in meno cambia poco... Farò un controllo per vedere se qualcuno ha denunciato reati simili nel negozio dove è stato stampato lo scontrino, ma temo che nessuno si sia scomodato, vista la piccolezza del reato di cui stiamo parlando.”

E quindi qual è la nostra prossima mossa? Non è qui, ha lasciato la caverna, ed allora la domanda più importante adesso è... Dove si è nascosto?”

La cosa più plausibile è che abbia scoperto un rifugio migliore, non poteva immaginare che noi oggi salissimo fin quassù. Andarlo a scovare in questi boschi sarà un bel grattacapo... Mi ricordano un po' le storielle del nonno, dove i Nazisti passavano tutto il giorno a perlustrare inutilmente le foreste per acchiappare i partigiani rintanati su per le montagne intorno al nostro paesino natale. È come cercare il classico ago nel pagliaio.”

Satoko annuì, comprendendo le difficoltà di quella ricerca. Era una bella gatta da pelare. Come Signora delle Trappole si sentiva comunque autorizzata ad avere una propria opinione in merito, e lei riteneva che teoricamente la migliore strategia fosse un'imboscata, utilizzando un'esca opportuna. Però non era una soluzione accettabile, dato che l'esca non sarebbe potuta essere nessuno al di fuori di Rena, e Satoko pensava che farle correre quel rischio sarebbe stata una pazzia. Avrebbero dovuto tirar fuori qualche altra idea, e gli altri avrebbero dato una mano.

Rena aveva il diritto di essere messa al corrente della scoperta di Satoko e della polizia, anche se non erano esattamente buone notizie. Quello stesso pomeriggio fu convocata con gli altri al Maniero, e la bambina dai capelli biondi comunicò quello che le era stato detto di riferire. Rena apparve immediatamente turbata da quelle nuove, ed il sorriso che si sforzò di esprimere un momento dopo non cancellò la prima impressione che aveva fatto agli altri. Tutto il gruppo di amici sapeva quale fosse il suo reale stato d'animo, ed a loro non piaceva il modo in cui si stavano mettendo le cose.

Mion, in special modo, dava segni di nervosismo. Come leader del club si sentiva responsabile per la situazione della sua compagna ed appariva inquieta anche più di Rena, sebbene tutti fossero pronti a dare il proprio contributo per la causa. Era tesa, ne aveva abbastanza di quella storia. Quella vicenda seccante non pareva prossima a concludersi, ed anche il ritorno di Hanyuu fu salutato più freddamente di quanto Rika si fosse aspettata. Sfortunatamente, i problemi con cui dovevano convivere non permettevano un caloroso benvenuto, o una qualche festa di bentornato, i suoi vecchi amici non se la sentivano di celebrare con euforia il suo nuovo arrivo. Così, gli unici che mostrarono davvero un po' di interesse in lei furono Satoshi ed i due Serco, che non l'avevano mai vista in vita loro e che si erano subito incuriositi a causa delle sue corna.

Non pensavo che una persona potesse averne” aveva commentato Alice “Però queste hanno tutta l'aria di essere vere. Non è una patologia, vero? Non stai male, non è vero?”

Ma figurati!” aveva replicato Shion “Persino Kei-chan si era intestardito sul capire cosa fossero, la prima volta che lei è venuta ad Hinamizawa. Ma in fondo che ce ne frega? Sono assolutamente normali, tutti i maschi su questo pianeta ne portano uno con sé. Non hai anche tu un cornino tra le tue gambe, Gi-chan?”

Giancarlo la guardò di sbieco, mentre Satoshi girò lo sguardo lontano da Shion, a disagio. Alice invece si sentì stuzzicata da quella battutina, e rispose allusiva: “Bene bene... Penso proprio che sia molto significativo, il fatto che tu abbia immediatamente parlato di quel genere di organo... Ah, queste ragazzine giapponesi, così timide ad un primo impatto e così pervertite nella sostanza.”

Shion arrossì leggermente, imbarazzata: “Ehi, vacci piano! Questa non è farina del mio sacco, ho solo ripetuto quello che Onee aveva detto a voce alta l'altra volta. Tra noi due è lei quella sgarbata, non io! Sono stata chiara?”

Uh? E così l'hai pensata tu questa trovata, Mii-chan?”

Ah? Oh, sì, si certo.” rispose Mion, senza in realtà curarsi di quello che i suoi amici stavano dicendo. La sua mente era presa da altri tipi di crucci, ed era sensibilmente giù di tono. E mentre fissava il panorama dalla finestra, non si era resa conto che Rika e Shion stessero andando da lei, per vedere comprensibilmente se lei stesse bene o se avesse bisogno di qualcosa. A Mion avrebbe effettivamente giovato avere un po' più di morale, in quel momento stava iniziando a temere che tutti i loro sforzi fossero vani. La Guerra della Diga, la Maledizione di Oyashiro-sama, le peripezie della famiglia Houjou, la Yamainu, la Guerra delle Frane, ed ora questo stalker... Questo villaggio sembra condannato a non ottenere mai la pace, a prescindere da quanto ci impegniamo... Anche se salvassimo Rena, che cosa accadrebbe dopo? Già, perché accadrebbe davvero qualcos'altro, non lasciandoci altra scelta se non combattere e combattere, ora e sempre... Ed allora perché mai combattere? Una volta che Irie ha finito di testare quel vaccino dovremmo lasciare tutti liberi di andarsene dove hanno voglia, verso una vita migliore. Non posso forzarli a vivere in un mondo come questo, sempre ai ferri corti con qualcuno...

Dentro il suo cuore, Mion era scoraggiata dall'idea che il mondo felice sognato da lei fosse solo un'irraggiungibile chimera. Una prospettiva per nulla allettante. Si alzò quindi in piedi, ed ignorando quello che gli altri avevano da dirle fece un paio di passi verso la porta: “Shion, sono un po' stanca, dovrei riposare. Ragazzi, se avete delle domande rivolgetele a mia sorella, o a mia madre. Ci vediamo.” Raggiunse quindi la porta, e facendola scorrere la aprì, uscendo dal dojo ed lasciando la compagnia del gruppo.

Rika si girò allora verso Keiichi: “Che cosa possiamo fare, adesso? Mii-chan avrebbe bisogno di sostegno.”

Qualche mese fa mi sarei offerto di andare a parlare con lei, ma dopo quel che è successo alla prefettura... Non me la sento di riprovarci, almeno non in questo modo.” Keiichi sapeva di aver deluso Mion quel giorno, facendole intendere che non provava nulla per lei. Shion, in un momento di confidenzialità, glielo aveva detto chiaro e tondo, spiegandogli che Mion si era sentita come tradita da lui. Non essendo uno sciocco, il ragazzo si era subito scusato con Mion per l'equivoco, però ora capiva che fosse meglio non illuderla un'altra volta. “Credo sia meglio usare un approccio differente. Le starò vicino, questo è sicuro, ma lo farò insieme a tutti voi, come parte del suo gruppo di amici e del suo club.”

Pensi che riusciremo a tirarla un po' su?”

Perchè no? È una ragazza forte, dopo tutto. È nel mezzo di un periodaccio, ma lo supererà alla grande.”

Ma Rika non si dava per vinta. Keiichi stava sopravvalutando la sua amica, e lei invece non voleva che Mion fosse lasciata da sola: la sua mente rischiava di essere invasa dai più foschi pensieri, in quel momento così duro: “Però qualcuno dovrebbe salire in camera sua, ha bisogno di aprirsi e di confidarsi con qualcuno. Chi vuole andare da lei?”

Secondo l'opinione di Rena, noi dovremmo evitare gruppi troppo numerosi, altrimenti Mii-chan si chiuderebbe dentro un muro di silenzio. Shii-chan è quella più adatta a parlare con lei, la conosce molto bene e sa che tasti toccare.”

E ci dovrei andare da sola? Hmmm... Preferisco essere in compagnia, grazie. Allora... Satoshi-kun, che ne dici di venire con me. Ed anche tu, Gi-chan?”

Io?”

Certo. In questi ultimi giorni quella testa bacata di Onee ha parlato più con te che con me, ti è già uscito di mente quello che avete fatto al Centro Ricreativo di Okinomiya?”

Ma...”

Niente obiezioni, sarà meglio sbrigarsi. Se ci impieghiamo troppo la troveremo sotto le coperte ed eviterà ogni contatto con noi, facendo finta di essere andata in letargo come un orso delle steppe.”

Posso venire anche io?”

No, Rika-chan. Come ha detto Rena, è meglio se non saliamo in troppi.”

Ma Shii-chan, io penso tuttavia...”

Non insistere, Rika-chan, non è il caso. Ci vediamo dopo, ragazzi, noi andiamo.”

Alice guardò da lontano i tre che uscivano dalla stanza, e quindi osservò Rena la quale annuì pacatamente. Le era tornato in mente il giorno in cui Rena stessa l'aveva invitata a casa propria, dove si erano scambiate dei buoni consigli. Questo era avvenuto qualche sera prima, nello stesso momento in cui Mion era andata a casa dei Serco per scusarsi con Giancarlo... E Rena aveva detto ad Alice una cosa importante. Lasciando andare da solo suo fratello, senza la compagnia di Rena, Alice sperava che quelle impressioni fossero corrette.

Nel frattempo, invece, Hanyuu fu adocchiata da Rika, che per il disappunto si era un po' spazientita. Lo scopo della sua nuova reincarnazione, in assenza di obiettivi precisi, era di avere un controllo più dettagliato di tutta la situazione. Nei loro propositi, almeno una delle due doveva essere presente ad ogni incontro, o fatto, od evento che tirasse in ballo uno o più membri del club. Ma ora stavano lasciando quattro dei loro amici da soli in camera di Mion, nel mezzo di una brutta gatta da pelare. Non era un buon inizio. Ed inoltre, se avessero deciso di fare di testa propria ed andare comunque insieme a loro per partecipare al dialogo avrebbero solo peggiorato le cose, sarebbe apparsa una mancanza di fiducia nei loro confronti. Così, dopo un istante di riflessione, Rika decise di afferrare il suo antenato per il braccio, mentre gli altri le chiedevano sgomenti cose volesse fare, e la trascinò fuori dal dojo. Li avrebbe seguiti, ma non sarebbe entrata in camera di Mion. Sarebbe rimasta fuori ad origliare, senza perdersi una parola di quello che veniva detto. Voleva essere informata di tutto.

Rika salì a tre a tre le scale, cosa stupefacente considerando la sua stazza così minuta, e si fermò solo quando fu nei pressi dell'ingresso della stanza; dopodiché si nascose dietro il muro, per essere certa di non essere scovata da chi si trovava dentro. La cosa funzionò, tanto che Shion non si era accorta di quanto il resto del gruppo fosse vicino a loro, mentre richiudeva la porta della camera di sua sorella. Era normale, non si aspettava che fossero lì, era molto più presa dal capire quali fossero le condizioni dell'umore di Mion, ed anche quelle della sua salute. La giovane non mangiava molto ultimamente, a causa di quegli assilli che non le lasciavano un attimo di respiro, ed il suo conseguente indebolimento poteva portarle qualche seria malattia, tenendo anche conto che era ormai inverno inoltrato e le brutte influenze erano sempre in agguato, smaniose di infettare nuove vittime.

Shion diede un'occhiata a quella stanza che ben conosceva, di dimensioni piccole e dall'aspetto abbastanza umile e spoglio, a dispetto dell'opulenza della famiglia Sonozaki. Un letto tradizionale posato sul pavimento, un guardaroba, una scrivania e uno specchio sopra di essa. Una comune e dimessa abat-jour sul tavolo era l'unica fonte di luce attiva, la vecchia lampada che penzolava dal soffitto era stata spenta da Mion, e questo dava un'atmosfera malinconica ed allo stesso tempo soffocante alla camera.

Shion stazionò quindi vicino alla scrivania, notando come uno dei suoi cassetti fosse stato aperto. Al suo interno, poteva scorgere i compiti di matematica che sua sorella doveva completare prima della fine delle vacanze invernali, ma quei fogli erano ancora bianchi. Su di essi vi erano riportati solo le istruzioni e i testi dei vari esercizi, Mion non aveva scritto alcuna risposta a quelle domande in quei giorni, nonostante ne avesse avuto comunque il tempo. Chie-sensei non ne sarebbe stata contenta, ma ora come ora quello era un problema minore. Shion chiuse delicatamente il cassetto e guardò allora verso l'angolo della scrivania. Là sopra, appoggiata contro la parete, c'era una bambola. E non una bambola come le altre, era quella che Keiichi le aveva donato in regalo, quella scorsa estate. L'aveva data a lei invece che a Rena, riconoscendo che lei aveva un lato femminile, e per questo motivo quella cosa era diventata terribilmente importante per lei, era il suo più grande tesoro. Le ricordava i vecchi tempi felici.

Era un cimelio dall'inestimabile valore affettivo, per lei, anche se in teoria non era niente di speciale. Del resto, se la si osservava di sfuggita non era nulla di più di una comune bambola, tale e quale a migliaia di altre in giro per il mondo. Lunghi capelli biondi realizzati con crini di cavallo dipinti, grandi occhi blu, una pelle di ceramica bianca ed un abito ordinario adornato con nastrini ordinari. Giocattoli come quello si trovavano in giro a poco prezzo, non era qualcosa di costoso o molto ricercato. Ma se gli si dava una seconda occhiata, si poteva notare come essa fosse estremamente ben tenuta e conservata. Il corpo della bambola era stato adagiato contro il muro con la massima premura, in modo da non causare alcun graffio sulla ceramica; la folta chioma era ben pettinata, impossibile rinvenire anche solo un nodo tra i capelli, mentre il vestito era lindo e perfino stirato, come un abito nuovo riservato alle persone vere. Era lampante che Mion trascorresse molto tempo a sistemarne l'aspetto, ogni qualvolta si rinchiudeva nella tranquilla sicurezza della sua cameretta. Da sola, senza timore di essere vista, la teneva in braccio, ed indiscutibilmente quella bambola era il suo giocattolo preferito, tra le decine e decine di giochi che le avevano regalato nel corso degli anni. Era il simbolo della sua femminilità, che non era mai scomparsa del tutto e che era stata come risvegliata dal magnifico dono di Keiichi; ed anche se il suo sogno d'amore era tramontato lei ricordava con piacere quel gesto di squisita gentilezza nei suoi confronti.

Non c'era da stupirsi, perciò, se Mion aveva iniziato a considerare quella bambola come una seconda sorella, quasi una bambina vera da accudire. Di tanto in tanto, in passato, Shion era solita nascondersi dietro la porta della camera, esattamente nel punto dove si era messa anche Rika quel giorno; lo faceva per poter sentir parlare sua sorella, la quale si rivolgeva alla bambola come se questa le potesse rispondere. Mion le narrava i suoi segreti più inconfessabili, i fatti e i sentimenti che lei non osava condividere con nessuno, neppure con la sua sorella di carne. Lentamente, quel giocattolo era divenuto una parte di lei, una compagna con cui era in perfetta simbiosi e a cui poteva rivolgersi, una sorta di demone guardiano. Infatti, tra sé e sé la ragazza pensava che quella bambola rappresentasse il Demone che i Sonozaki avevano sempre dichiarato di portare dentro di loro, e l'idea non le dispiaceva: nella sua rappresentazione quello non era uno spirito selvaggio e pericoloso, ma uno di tipo benigno, placido e paziente che aveva i suoi stessi desideri, e cioè quelli di avere una vita normale, non violenta. Se il clan pretendeva che ci fosse davvero un Demone nel suo cuore, allora a lei andava bene, per la giovane era sufficiente che quell'entità non volesse spaventare o perseguitare gli altri, come la sua padrona. In questo modo, sarebbe stato evidente che un essere simile non avrebbe fatto male ad anima viva se non costretto, alla faccia di quello che raccontavano le tradizioni e le leggende del villaggio. Così, con un rito immaginario noto solo a lei, durante tutti quei mesi aveva tentato di spostare quello spirito dalle profondità della sua mente a quella bambola, in modo da sentirsi liberata, quasi esorcizzata. Mion sapeva di essere un po' ridicola, ma si sentiva una persona più normale, in questo modo.

Shion non si azzardò a toccare la bambola. Non ne aveva neppure bisogno, vedendo come i suoi capelli erano ben pettinati si era già fatta delle ipotesi su quello che sua sorella aveva combinato nei due minuti in cui era rimasta da sola. Fece due passi verso il letto, sotto il quale sua sorella si era accucciata. Mion avrebbe voluto andare a dormire, per provare a liberarsi temporaneamente da quei cattivi pensieri, ma gli altri erano stati più veloci. Così, Shion decise di approcciare il dialogo prendendo alla larga l'argomento, e chiese a sua sorella come mai non avesse ancora fatto i compiti.

Ti pare che sia il momento di pensare ai compiti a casa?” rispose lei “Mi sembra di sentire Chie-sensei, la maestra continua a tartassarmi e a dirmi che non sarò preparata a sufficienza per passare l'esame di ammissione all'università, se non mi applico come si deve. Ma come faccio a trovare la concentrazione per studiare? Ho già una marea di cose a cui devo pensare che mi riempiono la giornata, e per la scuola rimangono solo le briciole. Forse se Batcha fosse vissuta qualche anno in più sarei stata libera di dedicarmi seriamente allo studio, ma così... Dovrei smettere di pensare di andare all'università, ho affari più impellenti da affrontare.”

Shion sospirò, sconsolata. Lei sapeva quanto importante fosse completare il proprio corso di studi e conseguire la laurea, per sua sorella. Mion voleva imparare quante più cose possibile, in modo da utilizzare poi questa conoscenza per il benessere di Hinamizawa. Ma ora stava giungendo alla conclusione che il suo villaggio necessitava di un sostegno più concreto ed immediato, e lei non si poteva esimere. La ragazza aveva sempre desiderato che il suo paese natale avesse un futuro migliore, ma per far si che esso avesse un futuro lei doveva salvarne il presente.

La giovane dalla coda di cavallo vide sua sorella che passeggiava nervosamente lungo la scrivania. Shion prese in braccio la bambola per un momento, accarezzandone il volto. Non riusciva a capacitarsene, ma quella bambolina aveva un aspetto triste, ora, come se stesse riflettendo le emozioni della sua proprietaria. Era una parte di Mion, e come tale trasmetteva all'esterno i suoi medesimi sentimenti. La riadagiò sul tavolo, questa volta posizionandola in modo che fosse seduta al centro di esso. Quindi fece all'altra gemella questa domanda: “Allora, hai già deciso come occuparvi di tutte le mille faccende che ti stanno perforando il cranio?”

Mion scosse la testa: “Personalmente non ho molta energia ultimamente. Le cose stanno succedendo troppo in fretta, mi servirebbe davvero un po' di tregua, un po' di riposo, ma non posso permettermelo. Temo che un'altra sventura accadrà, se mi faccio da parte, e se fosse così tutti i miei sforzi precedenti andrebbero a farsi benedire.”

E io che pensavo di essere il solo pessimista del gruppo.” commentò Giancarlo “No, mi sto scordando di Rika-chan, in realtà, ma tant'è. Il succo della questione è: Perché stai pensando in maniera così negativa? Questo non è da te.”

Ho avuto bravi maestri.” rispose lei, stringatamente, e l'occhiata che lanciò a lui spiegava chiaramente a chi si riferiva con quell'ultima parola.

Giancarlo non gradì quell'allusione. È davvero la mia presenza ad influenzarla in questo modo? La sto davvero tramutando in una donna senz'anima, in una disperata senza grinta? Ho fatto male a starle intorno in questi giorni, non avrei dovuto sfidarla a quella partita a biliardo. Sono stato solo d'intralcio, quella partita avrebbe dovuto farla Alice, forse con la sua spensieratezza ed il suo brio avrebbe avrebbe rallegrato molto di più Mion, mia sorella è una ragazza piena di risorse. È... è colpa mia. Quando le persone mi stanno troppo vicino diventano sempre tristi e mogie mogie... Vorrei tanto che questo non fosse vero...

Rialzando il capo, Giancarlo udì Satoshi parlare: “Io... Io penso di sapere come tu ti senta, Mion-san. Ti ricordi di quando Satoko era depressa, due anni fa? Io non sapevo che cosa fare, ero sicuro che in quanto Houjou io e lei non avremmo mai avuto un futuro felice. Senza il tuo soccorso, io non sarei mai stato capace di...”

Quello era qualcosa che io potevo sistemare da sola. Ma ora è tutto diverso, tutto di gran lunga più complesso. Questa volta c'è un vero nemico con cui fare i conti, qualcuno che vuole fare del male a Rena-chan, oppure fare del male a tutti noi, non ho capito bene neanche questo. Davanti a noi non c'è solo l'aura di terrore e diffidenza verso gli Houjou, c'è un avversario in carne ed ossa.”

Teoria condivisibile. Infatti non ho una risposta ai tuoi problemi. Però... Però... Posso dire che ho vissuto i tuoi stessi patimenti, tempo fa. È qualcosa che.... sono stato in grado di sconfiggere, in qualche modo. E se una persona debole come me è stata forte abbastanza per farcela, non vedo come una ragazza caparbia come te non possa...”

Non sono forte come credi tu, Satoshi-kun. Ma grazie mille per le tue parole d'incoraggiamento, le apprezzo molto.”

Shion ebbe però l'impressione che quelle di Mion fossero solo espressioni di cortesia, dette perché così imponevano le circostanze. Si acquattò quindi vicino a sua sorella, sedendosi sul suo stesso letto per squadrarla per bene da vicino. Solo che Mion reagì a quest'azione alzandosi in piedi, per evitare le sue occhiate interrogative: si appoggiò sulla scrivania, aprendo e chiudendo i cassetti e tenendo bassi gli occhi. Shion si rimise allora in piedi e camminò verso di lei, ma l'altra gemella la stoppò con un segno inequivocabile della mano.

Mi spieghi perché te ne vuoi star lontana da me, Onee?”

E tu mi spieghi perché mi vuoi stare così appresso, invece, Shion? Mi reputi una poppante immatura, adesso?”

Che cosa? No, come fai a pensare che io abbia quest'immagine di te?”

E allora considerami come un'adulta a tutti gli effetti, e mostrami un minimo di rispetto.”

Veramente... non credo che Shion-san ritenesse che tu fossi come una bambina che ha bisogno di sua madre.” replicò pacato Satoshi “E' solo in pensiero. Posso capire che a volte lei sia... sia un poco iperprotettiva, e che a te questo atteggiamento non piaccia, tuttavia... Dovresti metterti nei suoi panni, e trovare uno stimolo per reagire. Penso che molta gente qui abbia bisogno della tua energia, altrimenti... altrimenti rischiamo di non farcela.”

Te l'ho già detto, ti sbagli quando pensi che io sia una donna forte, Satoshi-kun. Questo non è vero, non è vero affatto.”

Io so che è vero... invece. L'hai provato molte volte, prima del mio coma. E non solo allora... anche dopo che io ero sparito tu non ti sei persa d'animo, con Satoko e gli altri...”

Shion annuì, ringraziando Satoshi per le sue parole. Stava facendo del suo meglio per aiutarla, nel solo modo che lui poteva immaginare, ossia comparando le peripezie di Mion con quelle che avevano affrontato lui e Satoko; e questo perché lui non voleva sentirsi ancora una volta inutile. Pensava di non essere stato capace di tutelare a dovere sua sorella, negli anni precedenti, e quel senso di smarrimento era qualcosa che lui era determinato a non vivere più. D'altro canto, non riusciva a trovare una maniera effettiva con cui assisterla realmente. Poteva vedere lì Mion, davanti a lui, che stava esibendo il lato più fragile della sua natura, quello che più si avvicinava al carattere di lui e pertanto quello che lui poteva più facilmente comprendere. Ma, proprio per questo, siccome lui non aveva trovato la forza di farsi coraggio quando era stato il suo turno allora lui non sapeva che pesci pigliare per Mion.

Satoshì guardò allora Shion, che si trovava bloccata all'incirca nella sua stessa situazione. La ragazza aveva timore che qualsiasi cosa le uscisse dalla bocca avrebbe potuto peggiorare le cose... E ricorrere a Keiichi e alla sua capacità oratoria per elaborare un discorso adeguato aveva i suoi pro e contro: i suoi discorsi erano come le sigarette, una volta che ti ci abitui il loro effetto cala a vista d'occhio, finché non diventano totalmente inefficaci. A Mion le arringhe della sua vecchia fiamma sarebbero parse vuote e prive di significato, dette solo perché obbligati a dirle ma non perché ci si crede fermamente.

Shion richiuse gli occhi, al colmo della frustrazione. Ma quando li riaprì di nuovo vide che qualcun altro si era appoggiato sulla scrivania, giusto a poca distanza da sua sorella.

Mii-chan” disse Giancarlo “C'è una cosa che non dovresti tralasciare. Suppongo che tu voglia un avvenire felice per tutti noi, per tutto il tempo che ci sarà permesso restare su questa terra. Ho ragione?”

Mion confermò con un cenno. “Ottimo. Allora, immagino che ora tu stia pensando che, anche se tu combatti per il bene di Hinamizawa e dei suoi abitanti, il villaggio potrebbe andare incontro a una fine miserabile. Corretto?”

Un altro segno di assenso da parte della ragazza. “Bene, quindi... Non ti è venuto in mente che se tu ti arrendessi, se noi ci arrendessimo, saremmo tutti destinati sicuramente a finire male?”

Sicuramente?” Mion lo squadrò, incuriosita dal tono di voce con cui lui aveva sottolineato quel termine.

Certo, sicuramente. Rena, senza supporto, incontrerebbe molte più difficoltà nel convivere con questo bel casino, e senza il tuo impegno cosa sarebbe successo lo scorso dicembre? So che le fatiche umane non conducono sempre ad un esito felice, ci sono molte storie veramente accadute che testimoniano il contrario. Ma fare del proprio meglio è tutto quello che ci è rimasto, in questo pazzo mondo, se facciamo quello che è i nostri mezzi ci permettono di fare potremo sempre camminare a testa alta. Se non ci mettiamo all'opera, invece, non combineremo mai nulla di buono, la nostra vita sarebbe lastricata di rimpianti, ed anche la nostra morte lo sarebbe.”

Quindi tu brameresti di fare quello che ti è concesso di fare... Mi già parlato di un concetto di questo tipo, qualche giorno fa, mentre stavamo pedalando su quel tandem.”

Se mi ripeto è perché credo a quel che affermo. Quando ti raccontano di eventi tragici, quando ne leggi a iosa sulle prime pagine dei giornali, quando guardi i notiziari in televisione... Capisci fin dall'infanzia che questa terra non è libera dal male. Capisci che ogni idillio, ogni ambiente sereno, ogni momento in cui ti senti felice ed appagato... tutte quelle situazioni sono fragili e mutevoli come paradisi di cristallo, che durano meno dello sbattere delle ali di una farfalla. Nella vita di tutti i giorni, sentenze come E vissero per sempre felici e contenti non trovano mai riscontro nella realtà.”

Mi sto perdendo. Che cosa dovrebbe fare Mion-san, secondo te?” spiegò Satoshi.

Applicarsi con abnegazione, direi.” rispose Shion “Giusto per fare in modo che il nostro piccolo mondo assomigli il più possibile ad un paradiso. È questo che intendi?”

Direi di si. Gli ideali sono come le stelle: non riuscirai mai a toccarle con le tue mani ma, come il marinaio nel mezzo di quel deserto d'acqua che è l'oceano, le scegli come tua guida e seguendole con costanza raggiungerai il tuo destino.”

Gran belle parole” commentò Shion “Chi li ha pronunciate?”

Un tizio di nome Carl Schurz... un politico tedesco del secolo scorso, se non mi sbaglio. Sapete, non è che ci siano stati solo filosofi giapponesi nella storia del mondo, abbiamo avuto pensatori anche noi in Occidente, abbiamo sviluppato una nostra cultura autonoma.”

L'unica cosa che vedo è che a voi piace ripetere paroloni che manco vi appartengono...”

Non c'è nulla di male in proposito, Shii-chan. In aggiunta, questa frase mi è stata insegnata qualche anno fa da Keresana-san, qualche anno fa, durante il nostro primo viaggio in Giappone – sto parlando di sua moglie adesso, è lei che me l'ha detta, suo marito non è mai stato patito di letteratura. Quella donna ha sempre avuto la mania di citare personalità sagge del passato, e personalmente penso che sia una buonissima abitudine, una volta che utilizzi quelle parole con criterio e sei cosciente di quello che significano veramente.”

Shion mostrò comunque di voler cambiare argomento, rischiavano di divagare ora, così i tre si girarono verso Mion. Era ovvio che la giovane non fosse stata ancora convinta, e difatti disse: “Mi state chiedendo di battermi contro qualcosa di astratto, qualcosa che non so neanche cosa io. Dare il meglio di me? Fare quello che posso? Va bene, ma in concreto siamo ancora al punto di partenza, non vedo l'uscita di questo tunnel infinito.”

Vuoi un obiettivo concreto? Basta porre le cose nel modo giusto. Pensaci, non devi metterti in testa di fare tutto da sola, ti perderesti in un bicchier d'acqua. Invece, quando abbiamo avuto lo scontro con la JOST, tu hai combattuto per dare a tutti noi un futuro da vivere ad Hinamizawa e non da un'altra parte. Questo non voleva dire creare un mondo idilliaco dove essere felici per l'eternità, ma era uno scopo preciso e tangibile, ed intanto l'hai ottenuto. Anche in questo caso è lo stesso. Prova a focalizzarti su piccole azioni che puoi compiere, se vuoi fare qualcosa di utile. Una alla volta. E passo dopo passo ti accorgerai di essere pressoché indispensabile per la tua comunità ed i tuoi amici.”

Ma tu mi stai incitando ad impegnarmi per dare ad Hinamizawa una gioia che rischia di durare manco un giorno, forse! Quando... Quando avevamo affrontato la Yamainu io speravo che, dopo averli battuti, avremmo trascorso una vita tranquilla, magari costellata solo da questioni di minore entità. Adesso, invece, tu stai dicendo che la mia esistenza – ed anche la vostra, per inciso – non sarà altro che una guerra senza fine, senza un secondo per godere di quello che abbiamo costruito intorno a noi.”

Non esageriamo, non metterla così sul drammatico, Mii-chan. Non è che ogni mese salta fuori qualcuno che cerca di distruggere Hinamizawa, adesso...”

Mion non apprezzò quella sfumata ironia, e i suoi occhi saturi di rabbia fecero rapidamente pentire Giancarlo di quella frecciatina. Assolutamente, quel ragazzo non era bravo a parlare e non sapeva quando fermarsi... Ad ogni modo, la gemella dalla coda di cavallo aggiunse poi: “E' così mortificante... Sarebbe...Sarebbe tutto molto più facile, se fossi una maga o una strega dai poteri illimitati. Potrei spazzar via tutti i miei problemi con la bacchetta magica, con un semplicissimo gesto. Insomma, basterebbe far così...” Bruscamente, cominciò a roteare intorno a sé stessa, facendo delle piroette ed allungando il braccio in avanti, come se in questa maniera cercasse di scacciare simbolicamente tutto quello che la circondava, tutte le noie ed i contrattempi che la angariavano.

Non fu una buona idea. Si era dimenticata di quello che Shion aveva fatto un minuto prima, e con quel gesto inconsulto commise l'irreparabile.

La sua adorata bambola era ancora lì, seduta in mezzo alla scrivania, invece che al suo solito angolo accanto alla parete. Senza poter neanche tentare di evitarla, la colpì violentemente con il polso, e prima che Mion potesse capire cosa fosse successo essa aveva già raggiunto il bordo del tavolo. E dopo averlo superato, iniziò a precipitare verso il pavimento, con la testa rivolta verso il basso.

I quattro udirono allora un forte rumore, stridente come quello di vetri in frantumi, insopportabile a tal punto che non riuscirono a fare a meno di chiudere gli occhi. Dopo averli riaperti con un po' di fatica, poi, li mossero lentamente in direzione della scrivania, presagendo che non sarebbe stata una scena carina. Scendendo insieme al resto del volto, i loro sguardi calarono sul punto in cui la bambola era caduta.

La testa si era staccata dal corpo, ed era rotolata a un metro dalle spalle, mentre uno dei due occhi di vetro era uscito dalla sua orbita, dal posto in cui si sarebbe dovuto trovare. Probabilmente era finita dentro la testa stessa, come una biglia in un vaso di terracotta. Il naso si era spezzato a sua volta, schizzando fino all'angolo opposto della stanza. La debole barlume prodotto dalla lampada era abbastanza per far luccicare quel minuscolo frammento di porcellana, con un effetto di luce che pareva voler mostrare a tutti dove quel pezzetto fosse andato. L'unica cosa non completamente rotta erano i suoi capelli... La maggior parte dei crini erano rimasti attaccati alla fronte, ma uno o due di essi erano rimasti sulla mano di Mion, come marchio indelebile che indicava la colpevole di quella distruzione, inchiodandola alle sue responsabilità. Gli altri capelli, invece, si erano spostati e coprivano ora la bocca della bambola, nonché l'occhio che era rimasto al suo posto.

Conciata in quella pietosa maniera, la faccia di quello che una volta era il giocattolo preferito di Mion sembrava guardare implacabile verso la sua vecchia padrona. Il suo occhio mancante, l'assenza del naso, i capelli spostati in quella posa innaturale... davano a quel volto un'aria disturbante, era in tutto e per tutto l'aspetto di una ragazza morta, di un corpo immobile e di una testa che non si sarebbe mai più mossa di lì, che l'avrebbe continuata a fissare anche se Mion le aveva inconsciamente ordinato di non guardarla. Per quanto quello sguardo appartenesse ad un oggetto inanimato, esso la stava condannando... No, non è che la stesse condannando, ad essere precisi. La triste ragazza era improvvisamente giunta alla conclusione che quel volto sfigurato la stesse osservando perché lo spirito al suo interno aveva compassione di lei.

Giancarlo raccolse il naso dall'angolo della camera, e quindi raccattò anche la testa, riappoggiandola sulla scrivania. Poi andò a tastare il corpo, che inizialmente dava l'aria di essere ancora integro, tenuto insieme dal suo vestitino. Ma nel momento stesso in cui lui affondò il dito nel petto della bambola, il suono prodotto chiarì all'istante che quello era divenuto in pratica un sacchetto pieno di cocci.

Si voltò allora in direzione di Mion, dispiaciuto. La ragazza non si muoveva, pallida ed immobile come se il suo cuore fosse andato in pezzi. Avrebbe voluto urlare, esprimere tutta la rabbia che provava contro sé stessa, ma non lo fece. Si trattenne e si permise solo di voltargli le spalle, decisa a non mostrare la propria faccia piangente agli altri, almeno non quel giorno. Lentamente, lei bisbigliò: “Hai... visto... Gi-chan? Il discorso che hai fatto può avere un senso, ma parte dal presupposto che io sia utile. È qui la magagna, non hai considerato l'ipotesi che io sia piuttosto un fastidio... Pensavo di essere solo un maschiaccio, una volta, ma in verità io sono qualcosa di decisamente peggio, sono una pasticciona, una casinista, un'imbranata, una buona a nulla, un fallimento... Non so perché mai Batcha non si sia mai accorta di ciò e abbia scelto me, ritenendo che potessi tenere in mano le redini della famiglia come un grande capo...”

Mi... Mion...”

Immagino tu ti ricorda bene di qualche giorno fa, quando ti ho dato il permesso di consigliarmi ogni tanto, quando ne avevo bisogno? È stato un errore da parte mia. Ma non perché non mi fidi di te, quanto piuttosto perché non mi fido di me. Io non devo ricevere consigli, per il semplice motivo che io non merito di avere un ruolo tanto importante. Dovrei farmi da parte... Sprofondare nell'anonimato... E lasciare che gli altri non mi degnino più di uno sguardo. Nel più totale isolamento sarò meno triste di così...” Come spinta da una forza invisibile, Mion si girò verso di loro, con una lentezza infinita. I suoi occhi erano diventati come dei pozzi senza fondo, pieni di nulla se non di una completa oscurità. Stava divenendo a sua volta una bambola rotta. “Per favore, raccogliete gli ultimi cocci, e gettateli nella spazzatura. Anche se... Questa bambola... non dovrebbe essere l'unica cosa a fare questa fine, qui dentro.”

Giancarlo si sentiva in colpa per non essere riuscito a cavare un ragno dal buco, non voleva che quel dialogo finisse in modo tanto tragico, ma Shion lo prese per la spalla, scuotendo la testa: “Gi-chan, capisco quello che ti frulla nella testa, ma penso che adesso ci dobbiamo levare dalle scatole.”

Lo pensi davvero?”

Sì. Ci sono volte dove devi riflettere su te stesso, con nessuno che ti dia noia attorno. Conosco Onee come le mie tasche, non ti preoccupare. Verranno momenti in cui saremo in grado di aiutarla in modo più efficace, ma quel giorno non è oggi. Lascia stare.”

Mion annuì, per confermare che quanto detto da Shion corrispondesse anche al suo desiderio. Aveva un aspetto esausto, voleva solo andare a letto, nell'accogliente oscurità della sua piccola camera. Perciò, a Giancarlo non restò che terminare di raccogliere tutti i pezzi della bambola e dire tra sé e sé Mi dispiace, ci ho provato a pensare positivo, ma non sono il grande motivatore che vorrei essere..., prima di uscire con gli altri due dalla stanza. Dopo aver chiuso la porta, i ragazzi videro quindi Rika e gli altri, che avevano sentito ogni cosa. Rena guardò Shion e le chiese come sua sorella stava, secondo lei.

L'altra chinò il capo, e quindi rispose: “Vi mentirei se vi dicessi che sta bene. Ma non è la prima volta che la vedo così disperata. Anche in passato era così, quando eravamo piccole e lei se ne stava in disparte...”

Veramente? Veramente?”

Ah-ha. E nonostante tutto lei aveva trovato la forza di affrontare le proprie paure, alla fine, grazie anche a qualche aiuto esterno. È per questo che non mi arrendo, anche se sono in pena per lei. So che lei è perfettamente in grado di fronteggiare questo tipo di depressione. No, non mi arrendo di certo, la sorella di Sonozaki Shion non è una mezza cartuccia, lo vedrete.”

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Capitolo 31
*** Il due di picche ***



Capitolo 30: Il due di picche


Hinamizawa, 6 Gennaio 1984

Due ragazze, da sole, sedute sulle proprie ginocchia dentro una delle mille stanze del Maniero Sonozaki. Davanti a loro, uno specchio alto quanto una persona. Vicino a loro, un pettine, una spazzola ed altri oggetti per la cura della persona.

Una delle fanciulle prese in mano una banda elastica, e con cautela iniziò con essa ad acconciare la lunga chioma verde dell'altra, e quando ebbe terminato una lunghissima coda di cavallo era apparsa. Quindi prese la spazzola e cominciò a farla scivolare su e giù per quella chioma, per far sì che essa divenisse liscia e priva di nodi sgradevoli. Ci volle un po' di tempo per farlo, e quel movimento ripetitivo segnava i secondi ed i minuti come una sorta di pendolo umano. Ma il risultato di quell'operazione fu molto soddisfacente, non poteva essere migliore, come assentì l'altra ragazza con un sorriso ed un cenno di approvazione. Così, la giovane dai capelli verdi si alzò, rimirando la coda di cavallo ed il resto. La lunga gonna rosa, la maglietta bianca a maniche corte con sopra un gilè giallo, la cravatta ben annodata. Non indossava quegli abiti da molto tempo, come minimo da tre o quattro mesi, e si era disabituata ad averli addosso; però le stavano decisamente bene, ed in pochi attimi si sentì a suo agio, dopo tutto erano leggeri e comodi. Senza dire una parola la ragazza verificò ogni dettaglio del suo look ed infine emise un sorriso di compiacimento, avendo osservato come tutto fosse al suo posto. Nessuno avrebbe mancato di rispetto al capo del clan Sonozaki, una volta preparato come si deve.

L'altra ragazza ammirò di nuovo la folta chioma dell'amica, e quindi le chiese: “Pensi che nessuno ti riconoscerà, Shion-san?”

La fanciulla interpellata si voltò verso Satoko, che l'aveva appena criticata con quell'osservazione. Era la prima volta che assisteva alla trasformazione di Shion mentre cambiava identità e si metteva i panni di sua sorella, così era normale per lei avere delle perplessità.

Pensi che qualcosa possa andare storto?”

Onestamente non saprei. Siete davvero identiche, devo ammetterlo. Ma il tuo carattere non può essere lo stesso del suo, nel vostro modo di fare ci sarà sempre una minima differenza, se posso esprimere la mia umile opinione. E se la gente con cui hai quest'incontro ufficiale fosse sveglia a sufficienza potrebbero scoprire la verità...”

Ma io li conosco già quei fessacchiotti, e non hanno mai avuto il minimo sospetto fino ad ora, sarei genuinamente sorpresa se oggi andasse in maniera diversa. Ora, dov'è la mia giacchietta? La prefettura di Okinomiya è un edificio riscaldato fino all'esagerazione, un forno a tre piani, ma fuori è ancora inverno e lo sarà per un bel po'. Accidenti, perché lo zietto odia il freddo fino a sto punto? Pagherà uno sproposito per la bolletta del gas!”

Ognuno ha le sue piccole manie. Intanto, ecco la giacca.” Satoko aprì una grande busta di cellophane e, facendo attenzione a non sgualcire nulla, ne estrasse un grazioso cappottino di colore blu, fresco di lavanderia. Lo porse a Shion, che la ringraziò ed indossò il capo d'abbigliamento, dopo essersi alzata, per verificare allo specchio se quella giacca si abbinava bene con la gonna che spuntava fuori al di sotto di esso.”

La combinazione in effetti lasciava più di un dubbio. Satoko, guardando la sua sorellona adottiva, storse il naso e commentò: “Hmm... Una giacca invernale e una gonna estiva... Non sono certa che vada bene, ti scambieranno per una buontempona.”

Shion era meno pessimista. “Io non credo... Fortunatamente questa è una gonna lunga, sarà sufficiente indossare dei calzini caldi e comodi, o anche delle calze di nylon se necessario. E poi gli abiti che arrivano alle caviglie vanno di moda in quest'ultimo periodo, ad Okinomiya ho visto sciami di ragazzine indossarli anche d'estate, pure per andare a scuola.”

Suderanno non poco...”

Ah, grondano acqua come fontanelle viventi, ma per la moda sarebbero disposte a fare follie. Comunque, il punto è che non mi preoccuperei della gonna, lo riterranno qualcosa di assolutamente ordinario. E poi dopo che sarò entrata in prefettura mi libererò in men che non si dica di questa giacca, farà un caldo bestiale là dentro e non voglio certo puzzare per il sudore.”

Ah.”

Insomma, non capisco quale sia il problema” esclamò Shion, che stanca di quelle critiche aveva indirizzato a Satoko un sorriso diabolico “In fin dei conti andrà tutto per il meglio, ma se non sarà così ho le spalle coperte. Se quelli avran da ridire se la prenderanno con Onee, non con me. I vantaggi di prendere il suo posto e di passare per lei...”

Satoko rinunciò a continuare, commiserando l'immaturità della sua amica. Lasciando stare quelle futili diatribe, chiese a suo fratello Satoshi di entrare, in quanto voleva chiedergli il suo parere maschile. Sarebbe stata sua l'ultima parola, Staoko sapeva che Shion teneva terribilmente al punto di vista del suo ragazzo, e se lui avesse detto che lei poteva andare allora così sarebbe stato. Solo che Satoshi si mostrò titubante.

Allora, Nii-Nii? Secondo me come le sta?”

Beh, io...”

Silenzio.

Allora? Satoshi-kun?”

Io... Io...”

Silenzio.

Ho capito, va.” insinuò Satoko “Non gli piace, ma è troppo impacciato per ammetterlo, è troppo buono per causare un dispiacere.”

COSA? NON CI CREDO!”

No, Satoko, non è vero..:”

E allora? Perchè non dici nulla?”

Veramente... Il fatto è che io non sono esperto di abiti, non me ne intendo... E quindi...”

E quindi non puoi dire il tuo parere perché non ne hai uno, eh?”

Satoshi arrossì di sconfitta, e Shion chiuse gli occhi. Gli uomini, tsk. Che pazienza ci voleva con lui, talvolta... Ma alla fine, vuoi perché comunque la sua fidanzata gli piaceva, vuoi perché voleva essere gentile, il responso ultimo di Satoshi fu positivo, con gran sollievo della sua fidanzata.

I preparativi erano quindi ultimati. Satoko raccolse il pettine, la spazzola e tutto l'armamentario e li ripose al loro posto, un grosso beauty case nero. Mi chiedo se Mion-san e Shion-san usino le stesse spazzole, quando si devono pettinare a vicenda... pensò la bambina. Prendersi cura di quella massa di capelli non doveva essere banale, e si aveva sempre bisogno dell'assistenza di qualcuno. Sarebbe quindi stato naturale, per le due gemelle, usare gli stessi strumenti per sistemare il proprio look: prima una delle due si occupava dell'aspetto dell'altra, e una volta che l'operazione era terminata le due si invertivano i ruoli, usando gli stessi pettini e fiocchi per risparmiare tempo. Non era una cattiva idea, certamente nessuna delle due si faceva problemi ad usare gli oggetti dell'altra sorella, e poi era sicuramente un'ottima occasione per scambiarsi quattro chiacchiere, in un rilassante momento della loro giornata. In passato, quando Shion era segregata all'Accademia e Mion viveva nel Maniero, tutto questo era impossibile, e azioni come quelle dovevano essere molto più tristi e noiose. E questo Satoko lo comprese in fretta.

A parte questo, però” aggiunse la bimba “Sono ancora allarmata per i prossimi giorni... Voglio dire, dovrai sempre prendere il posto di Mion-san, d'ora in poi?”

Hmm... No, onestamente non mi garberebbe. Possiamo dire che questo sia un aiuto straordinario da parte mia, un rimpiazzo fatto una tantum... ma non posso impersonare Onee ogni volta che ha un incontro ufficiale con qualcuno. Non ci sono abituata, e non mi hanno istruito a tenere le redini di famiglia, al contrario di lei.”

Ma è irragionevole pensare che sarà di nuovo in sesto in un giorno o due... Le servirà più tempo, non lo ritieni anche tu, Nee-Nee?”

Shion sollevò gli occhi al soffitto. Sì, forse Satoko aveva ragione. Quel pomeriggio Mion non era in condizione di incontrare qualcuno al di fuori del suo gruppo di amici, ed anche questi ultimi avevano più di un problema a sillabare più di qualche parola con lei. Sembravano essere definitivamente tramontati i buoni vecchi tempi in cui lei amava perdersi in chiacchiere e scherzare con gli altri... Si sentiva abbattuta, incapace di avere un moto d'orgoglio che le permettesse di reagire, e nonostante gli sforzi dei suoi compagni stava divenendo poco a poco una persona apatica.

Così, nella speranza che questo processo non fosse irreversibile, Shion aveva fatto quello che poteva, almeno per il momento, ossia rimpiazzarla nel convegno informale tra il prefetto di Okinomiya, alcuni pezzi da novanta locali ed il boss della famiglia Sonozaki. Ma se da un lato si sentiva già una miracolata, per il fatto di non essere costretta ad indossare il kimono, abito che detestava avere addosso, dall'altro francamente lei pensava di non essere indicata a ricoprire quella posizione a tempo indefinito, d'altronde a lei importava poco di quello di cui doveva disquisire con quei tizi, per esempio. La JOST? Rena? Qualcos'altro? Non me ne frega un accidente... Non ci diranno nulla di nuovo, tirando le somme. Mi spaventa di più l'atteggiamento di Onee, al momento.

Mion non era stata neppure interpellata riguardo la sostituzione tra le due, infatti. Quando Shion aveva annunciato alla sorella la sua decisione di indossare i suoi abiti, era rimasta di sasso dalla reazione che l'altra aveva avuto. Anzi, era rimasta di sasso dalla mancanza di una reazione. Aveva solo mosso in maniera pressoché impercettibile le sopracciglia, come a dare stancamente il consenso a Shion, e dopo un ringraziamento che assomigliava quasi ad un flebile soffio Mion se n'era andata dalla stanza per starsene da sola, come se fosse stata liberata da quella che riteneva un'inutile seccatura.

E quindi? Che hai in mente di fare, se Mion-san non recupera? Eh, Nee-Nee?” chiese ancora Satoko, dubbiosa.

OK, non lo so, sei contenta ora?” rispose Shion “Non potevo mica rifiutarmi e lasciarla in mezzo alla tempesta, ma per ora non ho in tasca una brillante strategia da seguire. Per elaborarla ci sarà tempo, ora abbiamo delle noie formali da sbrigare, o te ne sei scordata?” Ma, sfogo di nervosismo a parte, lei sapeva che la bambina bionda aveva tutto il diritto di essere perplessa. Infatti proseguì quasi scusandosi: “Io... Io non posso dire che sia stata una mia scelta, questa. Sono stata obbligata a mettere in piedi questa farsa, potrei dire. Onee deve solo restare in camera sua e riposare fino a domattina, e anche per tutto il weekend, se occorrerà. Ma per consentirle di fare una cosa simile allora io devo prendere il suo posto, che alternative avrei, altrimenti?”

Mentre terminava di illustrare il suo punto di vista, Shion notò che il suo fazzoletto era caduto fuori dalla tasca, forse a causa di qualche movimento brusco dovuto al suo scatto di nervi. Non era nulla di nuovo, lei era cosciente di avere un carattere fumantino, così si chinò per riprenderselo. Sarebbe stato carino se Satoshi glielo avesse raccolto per lei, ma lui di solito aveva la testa tra le nuvole... Era meglio se ci pensava lei, dopo tutto dentro di sé si era presa l'impegno di vegliare sul suo ragazzo come sulla sua sorellina, e non c'era tempo per la galanteria, specialmente per una cosa tanto banale come quella. Lei amava Satoshi per quello che era, non per quello che non era. Quindi, si inginocchiò e raccolse il fazzoletto.

Nel farlo, si accorse che accanto ad esso vi era qualche granello di polvere, che formavano una chiazza grigia sul legno marrone. Doveva essere della cipria caduta mentre Satoko la stava truccando. Così, senza neppure pensarci, Shion si mise a disegnare su quella macchia con la punta del dito indice, come se quella fosse una lavagna bianca. Come pittrice era probabilmente meno dotata ed allenata di sua sorella, ma quella non era certo una prova di stile, la ragazza si ricordava che Mion era solita riprodurre immagini di animali, quando voleva svagarsi un po'. L'aveva fatto anche a scuola, una volta, di fronte a tutti gli altri... Così Shion volle provarci. Se da una parte il suo lavoro non sarebbe stato esposto al Louvre, dall'altra il suo scopo era solo stemperare la tensione, farla stare meglio. Insomma, Shion voleva provarci per una volta, dopo tutto stava impersonando Mion, adesso.

Il suo tentativo durò solo pochi secondi. La polvere sul pavimento non bastava, e le linee da lei tracciate erano in pratica invisibili, solo lei riusciva a riconoscerle e solo perché avendole fatte sapeva dove stavano. In sostanza non poteva disegnare nulla su quella superficie, forse era perché lei non era l'autentica Mion, era soltanto sua sorella... Una sua copia, un suo clone. Un falso, a dirla tutta. Anche quando erano piccole, nessuno si curava della piccola Shion, tutti tenevano una certa distanza da lei. Oryou le aveva garantito la sopravvivenza, non uccidendola come imponeva la tradizione nel caso di parto gemellare, ma molti suoi parenti all'interno del casato mormoravano che la vecchia donna fosse stata troppo di buon cuore, verso la sua nipotina.

Certe volte Shion pensava che i membri più anziani della famiglia la considerassero solo una copia di riserva, da usare solo se qualcosa di brutto accadeva a Mion. Se Mion non fosse mai esistita, l'importanza di Shion sarebbe cresciuta esponenzialmente. Però quelli non erano discorsi da fare, non era giusto desiderare il male a qualcuno per il proprio tornaconto, tanto più quando quel “qualcuno” era la propria sorellina. Dannazione, è tutta colpa di quei rimbambiti da casa di riposo. Perchè non mi possono apprezzare come Shion, invece di costringermi a spacciarmi per Onee, solo per ricevere un briciolo di attenzione e gratificazione? Non vorrei sentire il bisogno di dovermi cambiare d'abito, ma quei ritardati non mi lasciano altra scelta. Se non fosse stato per sua sorella, Shion si sarebbe convinta di essere ignorata da tutta sua sorella. Ma in fondo andava bene così, era uno stato di fatto che lei aveva accettato da lungo tempo.

Tutti gli affetti di cui aveva bisogno erano in quella stanza, escludendo Mion. Shion chiuse gli occhi e si gratto la testa, per rimuovere quegli ingombranti spettri che appartenevano al passato. Aveva imparato a condividere anche le proprie paure con la sorella, a dire il vero non poteva fare diversamente visto che non era capace di dire bugie, gli altri si accorgevano subito quando mentiva. Nessuna delle due gemelle avrebbe mai potuto celare all'altra quello che stava pensando... Il che le consentiva di comprendere quali incubi regnavano nella mente di Mion. Ecco cosa passava per la testa di Shion, mentre finiva di dare gli ultimi ritocchi al travestimento, ed ecco perché infine lei parlò, rivolta ai due ragazzi che erano con lei:

Satoko-chan, Satoshi-kun... Per favore, potreste restare al Maniero, mentre sono via? Se voi veniste con me sarebbe sospetto, visto che vi vedono sempre insieme con Shion. Preferisco non correre rischi, e d'altra parte Onee necessita del vostro aiuto molto più di me. Non lasciatela da sola per nessuna ragione, in queste ore, ve ne prego.”

~-~-~-~-~

Nel frattempo, la maggior parte dei membri rimanenti del gruppo era all'interno della Clinica Irie. Il medico doveva fare un annuncio importante, e fortunatamente si trattava di ottime notizie. Non era un caso che il dottore avesse organizzato quel piccolo convegno informale, era uno stratagemma come un altro per sollevare loro il morale in quel periodo turbolento.

Avrei invitato anche Mion-san qui, ma doveva andare ad una riunione con il prefetto, mi hanno detto, e non volevo attendere il suo ritorno... Sarete al settimo cielo, una volta che vi avrò detto quello che ho da dirvi.”

Ad occhio e croce, hai fatto una qualche passo in avanti significativo verso la realizzazione della cura definitiva contro la Sindrome. Ho fatto centro?”

Rika aveva un modo tutto suo per polverizzare l'eccitazione degli altri, ed le parole inespressive che pronunciò fecero cascare le braccia ad Irie per la delusione. Non che fosse poi così arduo intuire che cosa avesse scoperto il medico, nel momento in cui era lui a portare quelle “buone notizie”, Rika non aveva dovuto fare uno sforzo esagerato. Ma comunque, il sempre gioviale dottore recuperò velocemente il suo sorriso ed esclamò: “Eh già, hai proprio ragione. Mi sto avvicinando tantissimo alla soluzione di questo enigma, di questo problema ancestrale che ha attanagliato la popolazione nei secoli. Non potete immaginare quanto sia felice di poter fare un'affermazione simile!”

Hauuu, è un traguardo notevolissimo, congratulazioni!" rispose Hanyuu.

Rena sorrise, udendo l'esclamazione della sua piccola compagna di scuola. In effetti era un bel po' di tempo che non sentivano buone notizie, e la trovata di Irie era esattamente quello di cui avevano bisogno. Anche se vedere lo stato in cui si trovava Takano smorzò non poco quell'entusiasmo. Muta, malinconica come sempre, dopo quell'estate... Anzi, le sue condizioni sembravano inesorabilmente peggiorare. In qualche modo, nelle settimane passate, vedere tutti i suoi ex-avversari felici e così cordiali verso di lei la rendeva meno triste, le dava la possibilità di subire meno lo stress. Ma negli ultimi giorni i ragazzi avevano dovuto pensare a mille altre cose, non avevano tempo per giocare con lei o tra di loro, e l'ambiente all'interno della scuola aveva sofferto di questo cambiamento, al pari di quello dentro la Clinica. E la sparizione di quella rassicurante atmosfera di pace stava avendo effetti deleteri sulla psiche di Takano. Tuttora, dinanzi a loro, la donna non stava sorridendo affatto, come invece era solita fare quando stava bene e quando il suo volto scherniva con il suo ghigno dall'apparente serenità i suoi giovani ed ingenui bersagli. Ora non aveva voglia di reagire ad alcun stimolo esterno... Irie temeva di aver fatto male a chiederle di far parte all'incontro.

Rika l'aveva compreso, e non le piacque l'immagine di quella donna così abbattuta. Mi chiedo se guarirà mai da questa specie di malattia... Ma soprattutto mi chiedo se il destino di Mion sarà lo stesso di quello di Takano. Quest'assenza di volontà, questa disperazione che non può essere dissipata da alcuna speranza... Sono desolata per Takano, ma non credo di poter fare nulla di speciale per lei. Mion invece mi spaventa così tanto. Che accadrà se perdesse la testa? Che le succederebbe, che succederebbe ai suoi amici, ed a me? Lei è il capo del nostro club, della famiglia Sonozaki, di tutto il villaggio... Gli altri non potranno rimanere impassibili di fronte al suo collasso, al suo esaurimento nervoso, e se fosse così il Caos si impadronirebbe di Hinamizawa...

Scosse energicamente il capo. Quella catastrofe non sarebbe mai avvenuta, l'avrebbe impedito, ed inoltre le parole del medico erano state espresse appunto per dar loro una nuova speranza. Così, visto che gli altri avevano notato il suo gesto improvviso, quando Keiichi ed Irie le chiesero se avesse un problema lei rispose che era tutto OK, così il dottore proseguì nella sua spiegazione.

Allora... Per farla breve, ho sintetizzato delle sostanze che stabilizzano quel gruppo di molecole. Vi ricordate quando vi ho detto che la proteina ATPC si decomponeva e diventava inservibile, passato un po' di tempo dalla sua estrazione dal sangue di Mion-san? Ecco, alla fine ho trovato la giusta combinazione di enzimi che rallenta questo processo per il tempo che ci occorre. Se ora iniettassimo un siero di quel mix di sostanze nelle vene di un essere umano, sono quasi sicuro che i risultati sarebbero eccellenti.”

Quasi sicuro? Rena non è certa di aver capito.” chiese la ragazza dai capelli castani.

Sì, quasi. In effetti non l'ho detto a caso... Ho fatto un soddisfacente numero di esperimenti in vitro, ma avrei bisogno di fare delle ulteriori prove. Al momento non vi è nessuna urgenza, nessun paziente grave da curare, e quindi io farei a meno di somministrare un vaccino che non so se è sicuro.”

Quanto tempo?” chiese Rika, dritta al punto.

Beh, che posso risponderti... Qualche mese? E' il lasso di tempo standard impiegato da test di questo genere, quando hai da provare un vaccino di solito gli esperimenti danno il loro esito dopo un bel po' di tempo. Però, se fila tutto liscio e senza intoppi, tutti riceveranno la loro dose di siero in una novantina di giorni, a partire da oggi.”

Facendo due calcoli, vorrebbe dire aspettare la fine di Marzo, come minimo... Però, quella era la previsione di Irie-sensei, la migliore delle ipotesi. Più realisticamente questa cura arriverà ad Aprile, o a Maggio, o a Giugno... ed Ouka ci ha detto che noi moriremo prima del prossimo Watanagashi, e se fosse così il vaccino sarebbe inutile. Abbiamo bisogno di quella medicina, per noi sarebbe un'arma formidabile, uno scudo da usare contro le possibili strategie del nostro nemico, che sa della Sindrome. Ma non è questo, l'unico motivo. Tutti i sacrifici che Irie ha fatto per arrivare fino a qui con le ricerche... Sarebbero state vane, se noi morissimo prima che lui mettesse a punto il suo siero. Sarebbe un peccato, se una triste fatalità cancellasse tutto quello che ha fatto in questi anni: questo è il lavoro a cui ha dedicato la maggior parte della sua vita come dottore, questa è diventata la sua ragione di vita... In un certo senso, se non raggiungesse il suo obiettivo farebbe una fine simile a quella che ha fatto Takano quando si è trovata nell'impossibilità di dimostrare le teorie del nonno... Ma questa è una cosa che non deve succedere, oppure...

Oh, direi che va bene così” esclamò Hanyuu, interrompendo il filo del discorso interiore di Rika “Possiamo aspettare un paio di mesetti, considerando quanto è durato il vostro studio fino ad ora... Basta avere ancora un tantinello di pazienza. Per favore, continuate pure a lavorare con passione e devozione, senza bisogno di andare di fretta, non vorrei trovarmi ad ingerire una sostanza poco sicura e piena di pericolosissime controindicazioni...”

N-Non mi azzarderei mai a commettere una leggerezza del genere..:” replicò Irie, con un velo di imbarazzo. Lui ignorava che il commento di Hanyuu non era rivolta a lui, quanto piuttosto a Rika. Lei aveva inteso quali fossero i pensieri della sua discendente, e voleva farle capire che l'ansia e la fretta erano le peggiori consigliere che potessero avere, in quel momento. Irie doveva essere lasciato libero di finire il suo lavoro senza assilli, metterlo sotto pressione non era una buona scelta. Rika, dal canto suo, annuì lievemente, avendo recepito il messaggio, ed Hanyuu sorrise cordialmente, rincuorata.

Però, quelle parole rappresentarono anche la fine di quell'incontro. Senza preavviso la porta dell'ufficio del medico fu spalancata con un botto notevole, e tutti rivolsero lo sguardo a chi aveva compiuto quel gesto, scioccati.

To-Tomita-kun!” gridò Keiichi “Come hai fatto a sapere che eravamo qui? E che sei venuto a fare?”

Porto notizie della massima importanza, dovevo riportarvele subito!” rispose il ragazzino, annaspando dopo la lunghissima corsa a perdifiato “Rena-san, alcune donne dicono di aver visto un giovane sospetto, non lontano dal villaggio. Un forestiero, non l'hanno mai visto da queste parti. Ma soprattutto, pare che stesse vagabondando per tutta la zona, con una foto di te tra le sue mani!”

CHE COSA?” gridarono Shion e Keiichi in coro. Rika sgranò gli occhi, e Rika si fiondò addosso a Tomita per subissarlo di domande e chiedergli quanti più dettagli possibile.

Dove si trova ora? Che aspetto ha? È armato? Rispondi, per cortesia!”

I-Io non l'ho visto di persona, ma stando a quanto mi hanno detto l'hanno scorto per l'ultima volta nei pressi del Tempio.”

Quanto tempo fa?”

L'altro lesse l'ora sull'orologio appeso alla parete e fece un paio di rapidi calcoli, prima di rispondere: “Venti, trenta minuti al massimo.”

Non può essersene andato molto lontano dal Tempio, allora!” concluse trionfante Keiichi “Questa è un'occasione incredibile, ha commesso un errore imperdonabile! Dobbiamo prenderlo, ora!”

E come? Come?” chiese Rena, la meno contenta di quella notizia.

Se solo Satoko fosse qui... L'avremmo potuto condurre nei meandri della foresta che circonda quella costruzione, non ne sarebbe uscito vivo... Ma lei è dovuta andare con suo fratello a casa di Shion e Mion... E chiamarla ora ci costerebbe troppo tempo.”

Posso prendere il suo posto, allora.”

Questa poi. Sei sicura, Rika-chan?”

Oh, non sarà nulla di complicato, quando Satoko viveva con me mi ha insegnato qualche trucchetto carino, e mi ha spiegato come funzionano le trappole vicino alla mia casetta. L'ha fatto per darmi le istruzioni necessarie a non caderci dentro, ma anche per la manutenzione di quelle funi e di quelle carrucole, dovevo curare io che fosse tutto ben rodato, lei non poteva occuparsi di tutto... Quindi non vi preoccupate, so bene quale tipo di marchingegno è più adatto a un certo tipo di avversario... Nippa~!”

Il sorriso di Rika era inquietante e fuorviante, e l'espressione facciale ne sfigurava quasi il viso, a metà tra la più dolce gioia di una bambina innocente ed il più crudele desiderio di una donna sadica. Voleva vendicarsi, sfogare la sua rabbia sul quella carogna, e la sua volontà divenne forte come mai prima d'ora. Le era stato dato un bersaglio, ed aveva in mente il modo migliore di abbrancarlo.

~-~-~-~-~

Fu relativamente semplice ingannare il loro obiettivo e guidarlo al punto desiderato. Keiichi aveva telefonato a suo padre e gli aveva chiesto di rintracciare un ragazzo con una foto in mano vicino al tempio. L'uomo aveva prontamente obbedito senza porre obiezioni, in fin dei conti lui era un artista visionario che cercava continuamente nuovi stimoli e fonti di ispirazione, da cui solitamente derivava il fatto che avesse parecchio tempo libero da usare per le attività più strambe, e la proposta di suo figlio rientrava tra queste.

La ricerca fu rapida, il ragazzo aveva continuato a vagare nella zona vicino al tempio, e uno straniero è sempre immediatamente riconoscibile, in un paesello di campagna. Una volta individuatolo, Maebara Ichiro andò dal ragazzo con l'intento di attaccar bottone e, tra un'allusione e una battuta, gli fece intendere che l'oggetto dei suoi desideri e delle sue manie passava la maggior parte dei propri pomeriggi in una certa radura in mezzo al bosco, talvolta con i suoi amici, talvolta da sola. Gli indicò perfino il percorso da seguire per arrivare a quel punto, l'interesse del giovane per l'argomento era evidente e non fu neppure necessario chiedergli se aveva capito tutto. Una volta completato il tutto, l'uomo telefonò di nuovo a suo figlio, per confermare che l'operazione era andata a buon fine. Ora toccava a loro.

Il club aveva preparato le cose per bene: Rika, Hanyuu, Keiichi e Rena erano pronti a riceverlo con tutti gli onori. La ragazza dai capelli castani era al centro di quel prato, per fungere da esca come pianificato, mentre gli altri erano dietro un gruppo di cespugli, in attesa dell'arrivo della loro ignara vittima.

Rena non si spostò di lì per un bel po' di tempo, con l'ansia che stava pian piano crescendo dentro di lei. Che cosa sarebbe accaduto, quando lui fosse arrivato e avesse scorto la fonte di ogni sua paranoia di fronte a sé? Stando a quanto Keiichi e Rika avevano programmato, i movimenti del loro obiettivo erano stati previsti nei minimi dettagli ed il piano era stato elaborato di conseguenza. Infatti, il tragitto dalla mulattiera che il maniaco avrebbe utilizzato alla radura dove si trovava il gruppo era sostanzialmente obbligato, a causa della fitta vegetazione che rendeva impervio ed impraticabile ogni altro passaggio; i due avevano approfittato di ciò per riutilizzare una vecchia buca profonda, realizzata in passato da Satoko e celata tramite sterpaglie nel mezzo di quello stretto sentiero. Rimanendo in mezzo al prato Rena era inoltre al riparo da ogni eventuale agguato tra gli alberi, all'altro non sarebbe rimasto che un attacco diretto... e se quel tizio avesse corso davanti a lui sarebbe precipitato fino in fondo al fosso senza poter allungare le mani su di lei.

Ma quel ragazzo sarebbe stato così ingenuo da non subodorare il tranello che avevano piazzato per lui? Non era sembrato uno stupido nelle sue azioni precedenti, era stato quasi capace di ucciderla alla prefettura, e solo il miracoloso intervento di Keiichi l'aveva salvata. Quella volta nessuno aveva visto niente, quel criminale era svanito nel nulla, non lasciando tracce su dove si fosse diretto, su dove si fosse nascosto, su quali erano le sue future intenzioni... Ci era voluto parecchio tempo per trovare il suo vecchio nascondiglio, aveva scelto un posto a cui nessuno aveva pensato, ed era ancora in circolazione a dispetto delle ricerche a tappeto della polizia.

Era scaltro, chiaramente. Non era un inetto, sapeva il fatto suo. E quindi, che cosa avrebbe fatto lei se lui fosse stato previdente e avesse portato con sé una pistola? In quel caso avrebbe potuto spararle da una distanza anche ragguardevole, avrebbe potuto ucciderla non appena fosse riuscito ad intravvederla, senza dover neppure entrare nella radura ed avvicinarsi alla trappola. Tutto il loro piano sarebbe stato inutile, ed i suoi amici non sarebbero mai riusciti ad essere veloci a sufficienza da bloccarlo; né lei avrebbe potuto scappare, l'albero più vicino era ad almeno cento metri, e non vi erano massi o altri oggetti dietro cui mettersi in salvo. Sarebbe stata un facile bersaglio, se solo lui fosse armato. Perchè Keiichi-kun non ha pensato a questa eventualità? E perché non l'ho fatto io?

No, questo non era possibile. Quello stalker non poteva avere un'arma con sé. Gli altri abitanti del villaggio l'avrebbero notato, ed il padre di Keiichi aveva assicurato loro che andava tutto bene. Inoltre, si ricordava dalle foto sugli articoli di giornale che le altre vittime non erano state eliminate con un'arma da fuoco, quanto piuttosto con dei corpi contundenti, o delle lame di coltello. Sarebbe stato curioso se lui le avesse riservato un trattamento diverso per una ragione qualsiasi. Doveva mantenere i nervi saldi, Keiichi avrebbe pensato ad una contromisura per qualsiasi imprevisto, anche nel caso fosse apparsa dal nulla una pistola. Doveva restare calma... Ma anche se il suo sguardo non lo mostrava, era paralizzata dallo spavento.

Perchè Keiichi-kun non è il mio fidanzato? Perchè non ha mai ricambiato gli stessi sentimenti che provavo io per lui? So bene di aver rinunciato a lui, però ora la sua assistenza mi sarebbe inestimabile, averlo al mio fianco invece che dietro quei rovi... Il fatto è che si sentiva da sola, sebbene i suoi compagni fossero a breve distanza. Keiichi non aveva voluto diventare il suo fidanzato, e d'altra parte lei aveva rifiutato di avere una relazione con Giancarlo, con gran delusione di Alice la quale aveva spinto i due a passare molto tempo insieme, stimolandoli a dialogare di frequente. Quest'ultima pensava che quei due avrebbero formato una coppia ben assortita, ma in fondo nessuno di loro provava qualcosa di speciale per l'altro, e Rena glielo aveva spiegato chiaramente. Alice era parsa molto demoralizzata per quella rivelazione, oltre che per il fatto di aver frainteso i sentimenti dei due, ma dopo un attimo di smarrimento sembrava aver capito ed anzi l'aveva ringraziata per la sua sincerità.

Sta di fatto che ora Rena era da sola. Non vi era più neppure la protezione dei due poliziotti che la scortavano fino a un paio di giorni prima, era stata lei a chiedere a Flavia di assegnare loro un altro incarico. La presenza di quegli ufficiali, per quanto fossero cortesi e facessero del loro meglio per non essere indiscreti, stava divenendo di giorno in giorno sempre più oppressiva. Tutto quello che si augurava per se stessa era una vita normale come quella di chiunque altro, e finchè gli agenti non avessero smesso di seguirla come un'ombra questo non sarebbe stato possibile. Rena sapeva bene che quando incontrava gli altri abitanti, al mercato, al tempio, o dovunque era solita andare... essi la compativano, perché doveva per forza essere controllata a vista da quei due poliziotti. Non riusciva ad accettarlo, avere un'esistenza serena era qualcosa di terribilmente importante, per lei, una questione vitale. Aveva addirittura paura di impazzire se la situazione non fosse mutata. Lei preferiva avere attorno solo i propri amici fidati, non avrebbe accettato di cambiare opinione in proposito, e la sua forza di volontà fu tale da convincere infine anche Flavia. Stava rischiando qualcosa, a causa della sua scelta? Stavano forse rischiando i suoi compagni? No, secondo Rena. Lei sapeva cosa essi fossero in grado di fare, se necessario, la guerra contro la Yamainu aveva dimostrato le loro doti.

Tuttavia, realizzò di sentirsi inerme, dinanzi a quel nemico. Dove è finita la mia “nata”, la mia mannaia? Si rammentò di averla lasciata alla discarica, ben nascosta dentro il piccolo camioncino abbandonato che lei aveva trovato e riadattato a casa di emergenza. Non voleva che qualcuno la trovasse, quell'accetta ricurva era un'arma che poteva ferire se usata incautamente. E così, proprio questa precauzione aveva fatto sì che essa fosse lontana da lei, al di fuori della sua portata. Era obbligata a farne a meno, anche se ne aveva bisogno, maneggiarla l'avrebbe calmata. In fondo alcune persone sono solite ruotare una penna tra le dita per riuscire a sopportare la pressione e lo stress... Lei invece faceva roteare una mannaia ed se ne andava a zonzo per la discarica. Al di là delle apparenze non c'era molto differenza, pensandoci bene.

Quel lungo processo mentale la stava conducendo verso ricordi che aveva riposto in un angolo sperduto della sua memoria. Come lo chiamavano, quel giochino in cui facevano le evoluzioni con le biro... “Ronin Mawashi”, o una cosa del genere... Si era imbattuta in quella moda ad Ibaraki, la prima volta, era solita guardare da lontano gli altri studenti che si dannavano l'anima per muovere all'infinito le loro penne nelle più affascinanti acrobazie, creando con destrezza dei veri e propri numeri solo per stupire i loro compagni di classe. A lei in realtà quella mania non piaceva, non la entusiasmava... persuadere il padre a fare ritorno ad Hinamizawa era il suo unico chiodo fisso. Ed infatti, la cosa cominciò ad affascinarla realmente solo nella scuola del suo adorato villaggio, quando vide Keiichi cimentarsi in quel gioco. Era appena arrivato da Tokyo, ed anche lui era al corrente di quel genere di intrattenimento: il modo in cui era capace di far girare la propria biro aveva attirato subito l'attenzione di tutti, specialmente quella di Mion, la quale, punta sul vivo, apprese in men che non si dica le maniera corretta di ruotare matite ed altri attrezzi di scrittura. Tutto ciò solo per il piacere di sfidarlo, ed in pochi giorni lei era in grado di eseguire magnifiche combinazioni. I due avevano passato molti pomeriggi con quel tipo di attività di club, insieme al resto del club, cercando di determinare chi fosse il Signore delle Penne Rotanti. Tutti erano felici durante quei giochi e Rena pensava ogni tanto di essere fuori posto, in mezzo a quel gruppo di ragazzi esagitati...

Il rumore improvviso di un passo risvegliò Rena dal lungo susseguirsi dei suoi sogni. Vicino all'ingresso della radura poteva individuare una forma indistinta. Era lui.

Rika e Keiichi avevano piazzato dei rametti secchi in quel punto del prato, così il rumore provocato dall'arrivo di una persona avrebbe reso subito manifesta la sua presenza. Quel trucchetto le avrebbe consentito di proteggersi da ogni brutta sorpresa, però... Le stavano nascendo dei dubbi. Era davvero lui, il ragazzo che avevano visto al villaggio? Non sembrava cattivo, visto da lì, e poi non riusciva a definirne i lineamenti del volto, era troppo lontano ancora. Però, mentre si avvicinava, Rena poteva scorgere il bianco oggetto che teneva nella sua mano destra, con tutta provabilità un foglio di carta. Doveva essere il retro della fotografia che la ritraeva, e questa era una prova schiacciante.

Quel ragazzo continuava a camminare in avanti, con fare apparentemente lento e placido. Non si ferma, mi deve aver visto e vuole avvicinarsi a me... Perchè lo sta facendo? Qual è il suo piano? Era ancora distante, c'erano ancora almeno venti-trenta metri tra i due giovani, ma Rena poteva distinguere i suoi capelli castani e la sua bassa statura. Era verosimilmente più bassa anche di lei, pensò la ragazza, ed il suo aspetto era reso anche più buffo dal paio di occhiali che portava sugli occhi.

Un paio di occhiali... Ripeté Rena mentalmente. C'era qualcosa che non andava, qualcosa che non aveva previsto. Si sentiva in soggezione, non era sicura di quello che stava accadendo, ed il fatto di essere cosciente di rischiare la vita non la aiutava. Pian piano si stava convincendo che Keiichi e Rika avessero deciso di imbastire quel tranello in modo troppo avventato ed imprudente, che i loro calcoli fossero errati, e che il loro piano non avrebbe avuto buon esito. La cosa non le piaceva per niente.

Ryuugu Rena?” la interrogò improvvisamente il ragazzo. Si doveva essere reso conto che lei poteva essere davvero la ragazza che stava cercando.

Che doveva dirgli, ora? Lei pensò che a quel pazzo non doveva sembrar vero di averla lì, dinanzi a sé ed impossibilitata a fuggire: gli doveva parere talmente incredibile che le aveva chiesto persino quale fosse il suo nome, per conferma. Dal canto suo, Rena sapeva il nome del suo pedinatore, ma non si era mai soffermata sulla maniera più appropriata per rispondere ad un eventuale dialogo. Essere aggressiva ed intimidirlo? Apparire spaventata per dargli delle false sicurezze? Rika le aveva solo consigliato di stare ferma lì, ma non aveva aggiunto alcuna altra raccomandazione, infatti erano tutti persuasi che quel ragazzo avrebbe corso all'impazzata verso di lei, attaccandola subito senza perdere tempo in colloqui. Non avevano immaginato che volesse attaccar bottone, che una scena come questa potesse mai aver luogo. Quindi, teoricamente la ragazza poteva ribattere quello che più gradiva, non avendo istruzioni a tal proposito. Inizialmente, allora, lei non disse proprio nulla.

Ryuugu Rena?” chiese di nuovo lui senza battere ciglio, invitandola a dare risposta “Siete voi Ryuugu Rena?”

Sì, il mio nome è Ryuugu Rena.” disse infine lei, con un tono del tutto inespressivo. Erano a dieci metri di distanza, ora, e quindi la ragazza poteva osservarlo da vicino. I suoi occhi erano marroni, dello stesso colore dei capelli. Basso e magro, con un numero non indifferente di lentiggini sulla faccia. E, come aveva già notato prima, portava un paio di occhiali piuttosto spessi.

Inconsciamente Rena fece un passo all'indietro. Il modo con cui si era presentato era... disturbante. Non era apparso come la belva furiosa che lei si era immaginata. Forse era una persona simile a lei, un ragazzo i cui sentimenti non comparivano all'esterno ma che sotto sotto era un vero demonio. Tra l'altro non aveva armi né in mano né nelle tasche, l'unica cosa che trasportava era quella foto. Oppure si stava sbagliando e aveva una pistola nascosta da qualche parte? Che cosa doveva fare ora, perché si era buttata allo sbaraglio in quel modo così insensato? Questo non era da lei. Aveva riposto tutta la sua fiducia nel tranello messo a punto dai suoi amici e non aveva fatto domande, anche a causa della scarsità di tempo a disposizione, però ora si stava cominciando a pentire di averlo fatto. E poi, non doveva essere già scattata la trappola? Forse non era entrata in funzione a causa di un intoppo? Lei non sapeva di preciso dove fosse la buca, era impossibile localizzarla tra le sterpaglie che coprivano tutta la radura. Però, se Keiichi e Rika non si erano fatti avanti voleva dire che stava andando tutto bene. A meno che quel ragazzo non fosse stato da solo, che di proposito si fosse fatto vedere spaesato nel villaggio per attirarli nella sua trappola, che tutto facesse parte di un suo piano, che nel frattempo qualcuno avesse assalito di nascosto i suoi amici e li avesse neutralizzati, e che... Rena non sapeva più che cosa pensare.

Nel frattempo il ragazzo aveva cessato di camminare. Era sì e no a una decina di passi da lei. Rena era sconcertata, che cosa le sarebbe accaduto se questo facesse tutto parte del piano di quel maniaco. E perché stava sorridendo? Stava forse pregustando quello che le avrebbe fatto, nella sua mente malata? Lei non riusciva ad intuire il significato di quello strano ghigno, si sentiva disorientata. Quel pazzo stava preparando qualcosa di terribile, ed il fatto che non stesse mostrando nessun segno di malevolenza o malvagità lo rendeva ancora più spaventoso.

Eccolo, è qui. Siamo alla resa dei conti. Lentamente, senza neppure guardarla in faccia, lui si mise una mano dietro la schiena, come a prendere qualcosa da una delle tasche. Era quello il momento di agire, ora o mai più... Ed infatti Rena udì un suono meccanico proveniente da dietro di sé. Keiichi e Rika avevano azionato una leva che avevano accanto a loro, e lei scorgendoli con la coda dell'occhio sorrise rinfrancata. Allora stava andando tutto bene, come avevano previsto... Che bello avere amici su coi contare, mi salveranno! Ho fatto male a diffidare di loro, perdonatemi... Questo ragazzino non mi farà del male, sono al sicuro, e prestò potrò vivere in pace ed armonia qui ad Hinamizawa, dopo aver aiutato anche Mii-chan. Sì, questo maniaco non mi perseguiterà più, non oserà più pronunciare il mio nome con tanta arroganza, non oserà più guardarmi in viso, non oserà più chiamarmi Ryuugu Rena come se io fossi una sua proprietà. Già, non oserà più chiamarmi...

Chiamarmi...

Rena si bloccò, all'improvviso, colpita da un terribile sospetto.

R-R-Ryuugu Rena?” gli chiese balbettando “Hai detto Ryuugu Rena?”

Quello di fronte a lei non ebbe il tempo di rispondere. Un tronco gigante era apparso dal nulla dietro di lui, proveniente da chissà dove, e l'impatto violento lo scaraventò verso il punto dove si trovava la buca, che fece il lavoro per cui era stata costruita.

Un secondo dopo, Keiichi e Rika erano a fianco di Rena, sorridenti e trionfanti. Erano estasiati dall'idea di aver catturato quella carogna, dal fatto che uno dei loro incubi fosse giunto alla fine, ed erano certi che anche le altre questioni che avevano in sospeso si sarebbero risolti alla stessa maniera.

Ma la loro soddisfazione venne presto meno, notando la reazione della loro amica. Rena non era felice, sembrava piuttosto sorpresa. Sorpresa e dispiaciuta. Con una lentezza quasi esasperante, trovò solo la forza di bisbigliare: “Non... Non è lui...”

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Ci vollero un paio di minuti per superare l'imbarazzo ed aiutare il ragazzo a risalire dal fondo della buca. Grazie a Dio Rika aveva suggerito a Keiichi di portare con loro la scala che teneva dietro casa sua, così lui potè ritornare su rapidamente e senza particolari problemi; dopodiché, ricevette le scuse degli altri.

Io... Rena è veramente dispiaciuta di averti causato un'esperienza come questa.” spiegò la ragazza castana “Abbiamo pensato che tu fossi una persona cattiva, quel maniaco che ci sta rovinando l'esistenza, e ne eravamo così sicuri da non controllare che tu corrispondessi al suo identikit. E pensare che Rena ha visto dozzine di volte la sua brutta faccia sulle foto e sui disegni... Rena si è resa conto dell'abbaglio solo quando l'hai chiamata per nome... Sai, in quella lettera lo stalker aveva usato il suo vecchio nome, Reina, intendo. Tu invece hai usato quello giusto, Rena avrebbe dovuto capire subito che tu eri innocente, l'avrebbe dovuto capire subito, l'avrebbe dovuto capire subito. Però... Però lei era talmente convinta che tu fossi lui che...”

Va tutti bene, è anche colpa mia” rispose lui, dimostrando di avere una bella dose di pazienza e comprensione “Sono venuto fin qui senza annunciare il mio arrivo e senza presentarmi, devo essere sembrato a tutti come un individuo sospetto.”

E quindi abbiamo preso un granchio, che bella notizia.” esclamò Keiichi, incrociando le braccia “Comunque, possiamo sapere chi diavolo sei, una volta per tutte?”

Ah, sicuro, devo ancora rivelarvelo.” Lo sconosciuto si erse ben ritto sulla schiena, nel tentativo di riguadagnare il proprio decoro perduto, ed infine annunciò: “Il mio nome è Nabiha Daijiro, piacere di fare la vostra conoscenza.”

Nabiha-san?” urlò Rika, scioccata dal riecheggiare di quel cognome.

E' così...” rispose lui, visibilmente inquieto “Sono... il figlio di colui che avete imprigionato a seguito della Guerra delle Frane. Il figlio primogenito, nonché figlio unico, per l'esattezza.”

Era letteralmente una cosa allucinante. Davanti a loro avevano un ragazzo che probabilmente non era più vecchio di loro, nonostante il fatto che suo padre fosse invece piuttosto avanti con gli anni, certamente oltre la sessantina. Doveva averlo avuto quando era già piuttosto anziano... Era una curiosità non da poco, ed Hanyuu stava per chiederglielo a voce alta, ma Rika la fermò prima che potesse aprire bocca, pestandole vigorosamente il piede senza che gli altri se ne accorgessero. La bambina dai capelli viola non era in carne ed ossa ad Hinamizawa nelle settimane scorse, tecnicamente non poteva aver mai visto quell'uomo dal vivo e non era una buona scelta far capire agli altri che lei conosceva cose che non poteva conoscere. Avrebbe causato domande scomode, Hanyuu doveva stare attenta a quello che diceva, e quel – probabilmente – lieve dolore sarebbe stato un adeguato promemoria.

D'altra parte Hanyuu, che si trattenne dall'urlare per non andare incontro dopo a punizioni più pesanti e più speziate, era ancora morsa dalla curiosità. E Rika stessa, da brava discendente, non poteva negare che quel suo dubbio aveva un qualche senso. Così prese il posto della sua antenata ed in sua vece chiese a Daijiro della disparità di età tra lui e suo padre.

Io ho sedici anni” replicò lui. Coetaneo di Keiichi, in fin dei conti “E mio padre ne compie sessantadue, il prossimo mese... Capisco che vi interessi questa differenza, è una cosa di cui mi chiedono conto in molti. Il fatto è che lui è convolato a nozze molto tardi, era in vista dei suoi quarant'anni. Suppongo che il dio dell'amore operi anche in questo modo.”

Al cuor non si comanda, dicono in effetti.” ribatté Keiichi “Ma adesso, andiamo alla parte più succulenta di questo piccolo interrogatorio. Vale a dire, per quale caspita di motivo sei qui? Perchè stavi cercando Rena?”

Avete tutto il diritto di chiedermi una cosa simile, ve lo riconosco, ed è mia intenzione dissipare i vostri legittimi dubbi. Sono giunto al vostro cospetto solo al fine di chiedere scusa e fare ammenda.”

Rena lo fissò a lungo, interessata non solo allo stile insolito con cui parlava ma anche ai contenuti delle sue frasi: “Sono cosciente delle nefandezze che mio padre ha compiuto nei vostri riguardi. È mio dovere confessare che nell'ultimo periodo lui aveva iniziato a comportarsi in una maniera inusitata per lui, era ossessionato dalla supposta importanza del nostro prestigio familiare e dal modo per riconquistarlo. Non lo condanno per questo, posso intendere le ragioni ultime che lo hanno pressato e spinto, ma non accetto il metodo che ha prescelto per ottenere questo scopo. Guidare persone innocenti e non responsabili verso la rovina non ci rende meritevoli di un maggiore rispetto, è tutto l'opposto, invece. Mio padre ha però ignorato questa verità naturale e non si è battuto contro la follia che montava dalle profondità del suo animo. Indi per cui, ha compiuto quegli atti insani.”

Immagino fosse troppo fissato con le sue manie di grandezza per darvi ascolto.” disse Rika, con una sentenza che era un misto tra il commento dell'accaduto e la critica al ragazzo.

Non ci avrebbe prestato orecchio, questo è assodato. Anche se devo dire che io non ero presente in questo distretto, questi eventi mi sono stati raccontati in forma di riassunto da mia madre. All'epoca dei fatti, io risiedevo ad Osaka con i miei zii, e ho seguitato a farlo fino all'inizio dell'anno corrente. Tuttavia, non appena mia madre mi ha informato io mi sono precipitato ad Okinomiya e una volta occupatomi delle questioni familiari ho principiato le ricerche per trovarvi, Ryuugu-san. L'ho fatto per una sola ragione, la quale è chiedervi umilmente perdono.”

Chiedere perdono a me, dite? A me, a Rena?” La ragazza aveva cominciato perfino a dargli del lei ed a mettere le mani avanti, tanto era bizzarro quel modo di esprimersi.

Assolutamente. So dell'incidente che vi è capitato, durante le tre deflagrazioni presso il palazzo di prefettura. So del fatto che qualcuno ha tentato orrendamente di privarvi della vita, e mi rincresce moltissimo di ciò, sapendo che senza mio padre ciò non sarebbe mai potuto avvenire. Un conoscente che lavora per il signor prefetto mi ha riportato ogni dettaglio, e mi ha anche consegnato una fotografia che vi ritrae. Non avendovi mai incontrato in vita mia non vi avrei mai riconosciuto, altrimenti.”

State parlando del pezzo di carta che stavate maneggiando, state parlando di quello... Ma non dovreste chiedere scusa per quella storia. Vostro padre non ha nulla a che fare con quel criminale, non ha cercato di uccidermi.”

Questo non è vero, non completamente perlomeno. Quell'empio ha manipolato a proprio vantaggio una situazione favorevole che si è venuta a creare per colpa del mio genitore, e quindi egli ha delle responsabilità. Il che implica il fatto che anche io ne abbia.”

Che cosa vuoi dire?” chiese Rika, meno suggestionata dai termini del ragazzo.

Sono qui in qualità di rappresentante della mia famiglia. Mio nonno è deceduto diversi anni or sono, e mio padre è tuttora agli arresti, quindi è mio compito prendere il controllo della situazione. Sono qui per pagare il debito che i Nabiha hanno nei vostri confronti. Pertanto, ecco a voi la mia modesta proposta: finchè non riterrò compensato il suddetto debito, mi considero come vostro servitore: se necessitate di un qualsiasi favore che voi pensate io possa soddisfare per voi, non esitare a contattarmi per delucidarmi le vostre volontà. Ogni qualvolta sarò chiamato, io verrò immediatamente da Okinomiya ed esaudirò le vostre richieste. Vi prego di accettare.”

Gli altri lo guardarono, stupefatti.

T-tu non sei normale...” commentò Keiichi, alla fine “Ma devo ammettere che ragioni come uno di quei samurai che si leggono nei libri...”

Il clan Nabiha era in passato una famiglia di combattenti, quindi non avete torto. Ci è sempre stato inculcato nella mente un fortissimo e sempiterno senso dell'onore, anche se mi duole dire che non sempre lo adoperiamo a fin di bene, come voi stessi avete potuto constatare in passato.”

Siete come i Sonozaki, essenzialmente.” replicò Rika “Quel senso della dignità guerriera chiamato Bushido vive ancora in questa parte del mondo isolata dal resto del globo.” Visto dalla sua prospettiva Daijiro era un ragazzo fuori dall'ordinario, ma verosimilmente non era pericoloso, anzi era più mansueto di molta altra gente di sua conoscenza. In aggiunta a questo, il fatto che fosse nato ad Okinomiya e che avrebbe continuato a viverci gli permetteva di non aver particolari problemi con la Sindrome, non avrebbe mai contratto il parassita nel momento in cui le sue visite ad Hinamizawa non si fossero protratte più del dovuto. Ad ogni modo, Irie avrebbe somministrato il nuovo vaccino anche a lui, una volta che questo fosse stato messo a punto.

Tiriamo le somme, vah!” esclamò a gran voce Keiichi, sorridendo ironicamente “Potremmo avvalerci dei tuoi servigi anche per questioni minori, se ho capito bene. Sai, papà mi ha chiesto recentemente di prendere chiodi e martello e provare a riparare il tetto di casa nostra, ed al-”

NO CHE NON POSSIAMO!” strepitò Rena, scagliando un montante ben assestato alla guancia di Keiichi e facendolo volare a qualche metro di distanza “Non è giusto, non sta bene, non voglio avere quel tipo di schiavo. Non riuscirei mai a portarti a casa mia!”

C-condurmi a casa vostra, state dicendo?” rispose Daijiro, non sicuro di aver capito bene, guardando l'altro ragazzo che intanto era svenuto per il destro ricevuto a tradimento “Sarebbe un qualcosa di non convenzionale e forse sconveniente, vivere sotto lo stesso tetto con una giovane rappresentante del gentil sesso... Ma se la reputate una condizione imprescindibile mi adeguerò, io ardo dal desiderio di ripagare il mio debito, o mi sentirò in eterno in colpa nei vostri confronti.”

Ma non sarebbe giusto, ho detto...” obiettò la ragazza dai capelli castani. Lo stato d'impaccio tra lo straniero e gli altri stava diventando serio, e fu Hanyuu a venirne fuori con un'altra idea.

Rena-san, perché non gli chiedi di usare il suo tempo libero per stare con tutti noi, come una specie di nuovo amico? Dal suo punto di vista lui ci scorterebbe e si occuperebbe della nostra sicurezza... Dal nostro, ci potremo divertire con un nuovo compagno di giochi.”

Rika annuì con entusiasmo, convenendo che quella fosse un eccellente consiglio, mentre Rena ci pensò sopra più a lungo, sollevando gli occhi al cielo. Sapeva di non avere altra scelta, e perciò sospirò e rispose: “Rena pensa che sia la scelta migliore, lo pensa davvero. Siete d'accordo con noi, Daijiro-kun? È un compromesso soddisfacente, non lo credete anche voi?”

Penso anche io come voi, quando asserite che è un metodo fuori dall'ordinario per permettermi di fare quello che mi sono prefisso di fare. Ma se voi non avete nulla in contrario, sarà lo stesso per me. Finchè non sarete salva e quel marrano non sarà portato dove merita, resterò in vostra compagnia tutto il tempo che desiderate, e quanto mi sarà possibile. L'unica cosa che mi rincresce è il fatto che dovrò comunque frequentare la scuola di Okinomiya ed in quei momenti non mi sarà concesso di adempiere al mio compito, ma per il resto farò quanto è nei miei mezzi.”

Rena lo guardò di nuovo, con un'espressione perplessa. Sembrava una persona testarda, quel tipo di ragazzo cocciuto che non cambia mai le sue decisioni, una volta che le ha prese. Non sarebbe mai riuscita a persuaderlo che non doveva sentirsi in debito con lei, probabilmente non ci sarebbe riuscito nemmeno Keiichi. Volente o nolente, doveva arrendersi a quello stato di fatto.

Ah, un'altra cosa.” domandò Hanyuu, interrompendo quel discorso “Che cosa stavi prendendo dalla tua tasca dietro la schiena, prima? Intendo prima che quel tronco... Hauu, hai capito cosa voglio dire, hauuu...”

Oh, deduco che voi vi stiate riferendo a questo.” Si mise di nuovo la mano dietro, frugando in uno dei taschini, finchè non mostrò un piccolo fazzoletto di seta. “I miei occhiali erano leggermente opachi a causa del vapore, l'aria di questa zona è molto umida in quanto siamo in una foresta... E non potevo vedere Ryuugu-san bene come avrei voluto. È questo il motivo che mi ha istigato a chiederle se fosse davvero lei, in precedenza, potevo solo intravvedere una giovane di sesso femminile davanti a me, ma non potevo coglierne la vera identità. Ad ogni modo, prima di colloquiare con lei, era mio desiderio avere lenti perfettamente pulite, non solo per poterla osservare correttamente ma anche per presentare di me un'immagine più decorosa ed avere un dialogo appropriato con lei. Non volevo dare l'impressione di essere un individuo sciatto dall'aspetto trascurato.”

Un... dialogo... appropriato?" chiese Rena, sempre più confusa. Era davvero una persona strana... Di solito era lei a spiazzare gli altri con il suo atteggiamento, ora invece si trovava nella posizione opposta. Però... c'era qualcosa di lui che le piaceva non poco. La cortesia e le buone maniere erano evidentemente fondamentali, per lui, anche se ciò significava risultare un po' buffo; però era estremamente onesto con se stesso e con gli altri. Mostrava all'esterno la propria vera natura, e non desiderava ingannare gli altri, al contrario di quel che avevano fatto, per esempio, sua madre e Rina nei confronti di suo padre. Era un'ottima cosa. E così, senza essere in grado di trattenersi, si mise a ridere sommessamente, e poi la sua risata divenne sempre più forte, fino a quasi a sganasciarsi. Era la prima volta in vita sua che rideva così tanto per la felicità, o per un motivo gioioso.

Quindi, sotto gli occhi attoniti di tutto il gruppetto, che non credeva a quello che stava vedendo, la ragazza sorrise sinceramente, e chiese ufficialmente a Daijiro di unirsi al club per il weekend che stava per approssimarsi. Lui accettò di buon cuore, e dopo aver aspettato che Keiichi si riprendesse dallo svenimento tutti lasciarono il luogo discutendo e chiacchierando amabilmente.

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Capitolo 32
*** Frammenti di kakera ***



Capitolo 31: Frammenti di kakera


Okinomiya, 22 Gennaio 1984

Wow, che meraviglia! Non siete d'accordo con me, ragazze?! Sono fantastici, mi verrebbe voglia di avere in mano un bel mazzolino di fiori e dire il mio sì!”

Le ragazze del club si erano fermate ad ammirare la vetrina di uno dei più famosi negozi di tutta Okinomiya. Lo spettacolo che avevano di fronte agli occhi le aveva rapite come mosche attirate dal miele, cosa non inconsueta visto che l'aggrupparsi di donne era un fenomeno piuttosto comune, davanti a quella bottega. Quello, infatti, era un negozio di abiti da sposa.

Questi lunghi strascichi bianchi vengono dall'Occidente, ad una prima occhiata.” commentò Alice “Od almeno sono stati cuciti sul modello di quelli di casa mia... Non pensavo che le giapponesi fossero così infatuate di questo tipo di abiti nuziali, immaginavo che seguiste rigorosamente le vostre tradizioni.”

E invece non è così” rispose Shion “Questi veli trasparenti e questi vestiti di pizzo ispirano sempre un certo fascino. L'alternativa qui sarebbe indossare un abito tradizionale con un pesante cappuccio bianco, come a volersi nascondere, non farsi vedere in faccia... Ed in estate ti tiene troppo caldo, sudare il giorno del proprio matrimonio non fa mai piacere, senza contare il fatto che non si riesca a vedere quello che ti succede attorno.”

Non è conveniente affermare una scortesia simile” ribatté Daijiro, che quella mattina era l'unico maschio in quella compagnia di donne e che era stato incaricato di trasportare tutti i pesanti scatoloni, risultato del loro shopping. “Nei secoli passati le nostre femmine si sono sempre avvalse di quella sorta di abiti. Suppongo che sia a causa del fatto che loro lo ritenessero un vestito consono al rito che stavano celebrando, a dispetto di quanto voi lo stiate criticando.”

Un vestito consono al rito... perché non parli come mangi una buona volta, Daijiro-kun?” rispose lei, seccata, mentre Rena rideva, divertita da quello scambio di battute.

Comunque” continuò Alice “Non capisco come fate ad indossare un abito da sposa occidentale. Voglio dire, quello dovrebbe essere riservato ai matrimoni fatti in chiesa con rito cristiano, ed immagino che nessuno di voi appartenga a questa religione, ho ragione?”

Oh, no, no. Non è necessaria quella cosa, invece, Rena lo sa bene. Basta effettuare la cerimonia seguendo la formula protestante e tutto va bene.” spiegò la ragazza dai capelli castani “Se usi questo trucco puoi indossarlo senza commettere nessun sacrilegio, puoi farlo anche se sei scintoista, per esempio. Posso capire che sia forse un pochino ipocrita, dal tuo punto di vista, ma non c'è nulla di male, in fondo, non c'è nulla di male.”

Huh? Funziona davvero così, in questo Paese?”

Rena confermò. “Papà ha disegnato e venduto molti abiti da sposa in tutti questi anni, è parte del suo lavoro di stilista. Mi ha fatto perfino vedere un paio di modelli terminati, anche se personalmente non mi hanno mai incuriosito più di tanto, in quanto l'idea di sposarmi non mi entusiasma poi tanto... Anche se non posso certo dire a papà che i suoi lavori non mi interessano, ci rimarrebbe malissimo, malissimo...”

Tutto chiaro... Comunque non è che mi offenda perché usate i nostri abiti nuziali, ci mancherebbe solo questo. Se vi piaciono non c'è ragione di non indossarli... Solo che lo trovo un pochino insolito.” Alice avrebbe voluto aggiungere che lo trovava un po' fuori luogo, ma non lo fece per urtare la sensibilità altrui.

Ammesso che Shion ne avesse, di sensibilità: “Tsk, quando mi avevano sbattuto a studiare all'Accademia dovevo assistere con le mie compagne a decine e decine di matrimoni, facevamo il coro delle voci bianche, ci credereste? E tutte le spose che ho visto avevano quel tipo di vestito. Chissà quanto hanno dovuto sborsare, sposarsi in quella chiesa non era gratis, i religiosi dicevano chiaro e tondo che in quell'occasione si accettavano delle “offerte” anche cospicue... Bah, sorvoliamo. A loro non gliene fregava un tubo, quelle svalvolate non facevano che sorridere e dire Che bella giornata, oggi, che bello, che bello... Mi sembra ovvio che a loro piacesse quel tipo di rito così cerimonioso ed altisonante, con la promessa di amore eterno e tutto il resto; lo vedevano come il più bello e romantico, anche se non capivano una beata fava di quello che il sacerdote recitava...”

Oh, sei cattiva, Mii-chan!”

Dico la verità, tutto qui. Questa deve essere la forza della soggezione provocata dai costumi esotici, da quello che non si conosce bene, e suppongo che questo genere di matrimoni stia diventando sempre più comune. Quando la mamma si era sposata con papà, invece... Ah, i bei vecchi tempi. Ti ricordi quante volte ci hanno annoiato a morte con i loro racconti, Onee?”

Mion non si girò neppure, pareva che non l'avesse nemmeno udita parlare. Stava tenendo il proprio sguardo fisso sulla vetrina, non molto diversa dai manichini che c'erano dall'altra parte del vetro. Shion la chiamò allora un'altra volta, e finalmente la ragazza dalla coda di cavallo sembrò ritornare indietro nel loro stesso mondo.

Che... Che cosa stavi dicendo, Shion?” chiese, confusa.

Shion si voltò da un'altra parte per l'esasperazione, e poi spiegò alla sorella: “Ti stavo domandando se avevi ancora in mente la storiella che la mamma ci racconta di continuo, quella sulla storia del suo matrimonio.”

Oh, quella...” replicò lei distrattamente “Sì, è impossibile non ricordarsela...”

Immagino sia qualcosa di avvincente.” esclamò Alice “Perché non me la raccontate? Cosa è avvenuto in quel giorno?”

Allora...” disse Rena, che aveva saputo della storia direttamente da Oryou, quando l'anziana donna era ancora in vita “Il fatto è che anni fa Akane-san si era innamorata con un membro secondario della Yakuza.

Va detto che non si trattava di un pezzo grosso, anzi...” la interruppe subito Shion “Era un pesce piccolo, a quei tempi. Di sicuro la mamma non si era messa con lui per interesse.”

Vero, Shii-chan. Comunque, il problema era che nessuno della famiglia Sonozaki l'aveva indicato come potenziale partito per l'erede del casato, e nessuno aveva approvato la loro relazione. Akane-san avrebbe dovuto lasciarlo per evitare punizioni peggiori... Però lei si è ribellata contro quella decisione, si è ribellata, anche se questa scelta significava mettersi contro tutto il clan, ed in particolare contro sua madre, che allora era il capofamiglia. Hanno perfino incrociato le loro spade in uno spettacolare duello, potete immaginarlo, chissà? Come quelli che si vedono nei film, come quelli, solo che la loro è stata una lotta vera, dove si combatteva per qualcosa di reale. E Akane-san è riuscita perfino a vincere, così le è stato consentito di decidere autonomamente della propria vita, a patto di rinunciare ai suoi diritti di successione che sono andati quindi a Mii-chan. La nostra amica aveva un futuro già scritto prima ancora di nascere.”

Tutto chiaro... Ora ho capito perché le redini della vostra famiglia non sono andate ad Akane-san, me lo sono chiesta molte volte senza trovare una risposta...”

Ed ora lo sai” replicò Shion, accennando un sorriso malizioso “Il giorno seguente al grande duello era già tutta agghindata con il suo abito da sposa bianco... Uno di quelli tradizionali, ovviamente, identico a quello di sua madre, dopo tutto. Forse era addirittura lo stesso, dovrei verificarlo. Ci sono molte foto che raffigurano quel giorno glorioso, possiamo mostrartene qualcuna se lo desideri.”

Sarebbe stuzzicante, sì. Mi piacerebbe proprio vedere come si celebra un matrimonio giapponese, uno di questi giorno, deve essere interessante. Alla fine, è la forza della soggezione provocata dai costumi esotici, come tu stessa hai dichiarato sì e no un minuto fa...”

Oh, lo vedrai presto, spero. È un evento meraviglioso, come lo è dappertutto del resto.” esclamò Hanyuu. Si ricordava ancora del giorno in cui era toccato a lei sposarsi, secoli prima. Era avvenuto tutto in un passato ormai remoto, e quindi il suo era stato a tutti gli effetti un matrimonio celebrato secondo la tradizione, per ovvi motivi. Con ogni probabilità non era stato molto diverso da quello di Oryou o di Akane; nonostante le sue corna e la sua natura demoniaca, quella di Hanyuu era stata una normalissima cerimonia, come quelle riservate ai comuni esseri umani. A lei era piaciuto così, era anzi molto contenta di essere stata trattata come una persona ordinaria, almeno quel giorno.

In ogni caso, le altre erano passate a fare ipotesi sui matrimoni che ancora dovevano venire, così Shion iniziò ad arrovellarsi sui possibili nomi di chi sarebbe stato il prossimo a giurare amore eterno. “Chi potrebbero essere i prossimi fortunati? Dovremmo organizzare un totosposina!”

Rena non vuole neanche pensarci! Rena non vuole!”

Allora dovremo rivolgerci a qualcun altro. Sarebbe carino se presto toccasse ad Onee, non pensi che dovresti pensarci su?”

Mion non rispose alla provocazione di Shion. Sua sorella stava facendo il possibile per coinvolgerla nel loro dialogo, ma lei sembrava assente come un fantasma, sebbene si trovasse proprio in mezzo a loro. Shion perse d'un tratto il suo sorriso, il suo tentativo di farle passare del tempo in maniera tranquilla e rilassante stava fallendo. In fondo era per quello che si erano recate tutte ad Okinomiya. Mettere da parte per un momento la JOST, la situazione di Rena, e tutte le altre preoccupazioni... Ma quel suo atteggiamento rinunciatario era disarmante. Prendersi gioco di lei non era neppure divertente se lei non reagiva, ed in quel modo lo spirito di iniziativa di Shion stava pian piano scemando.

Anche Rika stava osservando la sua amica, inquieta. Stava assomigliando sempre di più a Takano, o meglio alla triste versione di Takano degli ultimi tempi. Ed allora era Mion irrecuperabile, come quell'altra? E dire che il carattere di Takano era così differente da quello di Mion... La prima era sempre stata una donna quieta e dal sangue freddo, che faceva ricorso principalmente al proprio cervello e alla propria perspicacia; la seconda, invece, era una ragazza piena di energia che non esitava ad avvalersi della propria prestanza fisica... Avevano due personalità agli antipodi, allora come potevano i loro destini essere tanto analoghi?

Alice si rese conto di quanto l'atmosfera si stava facendo pesante e per rasserenarla dichiarò la prima cosa che le venne in mente: “C-Capisco... Però quello che intendo è che non capisco come mai non abbiate nulla in contrario a mettervi addosso quegli abiti così pesanti e poco pratichi. E non mi riferisco solo ai vostri, ma anche ai nostri... Che si tratti di cappucci o veli bianchi... Sarebbe meglio indossare un tailleur, o qualcosa di quel tipo. Almeno non rischieremmo di inciampare negli strascichi, non ci sarebbe il rischio di fare delle orrende figure... Ma purtroppo non puoi esimerti dall'indossare quella roba scomoda, nel momento in cui ti sposi in una chiesa e tocca a te fare la sposa.”

Oh, molto carino, e tipico della tua cinica mancanza di sentimenti. E dove sarebbe il romanticismo, se non indossassi qualcosa di speciale?” commentò Shion con ironia, tentando di farle da spalla nella creazione di un dialogo concitato che aveva come scopo l'innalzamento del morale di Mion.

Grazie per avermi definito una persona cinica... Pfui, romanticismo? Costringere la donna che ami a ricoprirsi con quella quintalata di pizzetti bianchi che ostacolano ogni movimenti, tu osi chiamarlo romanticismo? Veli che ti impediscono di vedere bene davanti a te, scarpette dai tacchi spezzacaviglie, strascichi infiniti che si sporcano e si lerciano in un secondo o due... Sopravvivere a una tortura simile è qualcosa di memorabile, sfido che nessuna si dimentica del giorno in cui ci si è sposati. So che la vita di coppia è una guerra continua, ma almeno rendi piacevole il primo giorno della tua convivenza, no?”

Tu e il tuo becero modo di vedere le cose... Perché non ti soffermi invece sulla maestosità di un evento come questo, una volta che tutto è stato organizzato come si deve? Non puoi vedere tutto solo da un punto di vista materiale, pensa ai significati più profondi. Marito e moglie lo fanno in segno di amore saldo ed eterno, e in quel giorno straordinario tu dichiari tutto ciò al resto del mondo, come a voler scolpire nella pietra i tuoi sentimenti. Una cosa di cui tu vai fiera per il resto della tua vita, e che ricordi con piacere. Cosa è in confronto l'impaccio causato dal vestito, se in questo modo ti senti come una principessa che va incontro al suo principe azzurro, almeno per un giorno?”

Ma certo... Un giorno sei una principessa, e il giorno dopo magari sei la schiava di tuo marito! Dio salvi la Coerenza... E' molto meglio mettere subito le cose in chiaro, piuttosto, preferisco mille volte avere un marito che mi rispetta e un'umile cerimonia, invece del contrario.”

E perché non possiamo avere un bravo marito e una cerimonia con i fiocchi, invece? Le due cose non si escludono necessariamente, anzi! Un matrimonio perfetto è tale solo se anche lo sposo lo è!”

Pfff, adesso stai parlando come se la quadratura del cerchio fosse possibile. Un matrimonio perfetto non esiste, così come non esiste nulla di perfetto a questo mondo. E visto che ci deve essere qualcosa di sbagliato, scelgo di gran lunga il male minore.”

Quadratura del cerchio? Di che stai vaneggiando, ora? E comunque, almeno provaci, a realizzare qualcosa di perfetto, a fare sta benedetta quadratura! Non si può rinunciare così senza nemmeno tentare...”

Scusate, ma Rena pensa che abbiate torto entrambe, è questo che pensa.”

Le due litiganti fermarono la loro disputa, voltandosi verso la loro compagna castana. “Oh? Che cosa vuoi dire, Rena?”

Beh... Rena ritiene... Rena ritiene che personalmente lei non si dovrebbe sposare proprio, con nessun tipo di rito. Sarà molto più felice se farà così.”

Nessuna di loro capì cosa significavano quelle parole, all'inizio. Poi Shion, ripensando alle passate vicissitudini della sua amica, ebbe un'illuminazione. Non era la prima volta, quella mattina, che Rena mostrava di non gradire l'idea di sposarsi, evidentemente parlava sul serio. “Stai dicendo... Che preferiresti non essere la moglie di nessuno, ho capito bene?”

Rena annuì, malinconicamente. “Più o meno è così, Shii-chan ha capito. Fare una cerimonia, una qualsiasi cerimonia, voglio dire... Sarebbe una dichiarazione di fedeltà, dove tu affermi di voler vivere con il tuo compagno per sempre. Il matrimonio è principalmente la manifestazione di questo desiderio, secondo l'opinione di Rena? Ma in fondo perché vuoi fare una cosa simile? Hai davvero bisogno di un rito di quel tipo per dimostrarlo, non basta la tua parola? Se sei una persona fedele non ti serve dirlo così... Mentre se non lo sei fai solo soffrire di più il tuo partner, quando lo lasci e lo tradisci. Ecco perché Rena non vuole essere la moglie di nessuno, se essere la moglie di qualcuno vuol dire questo.”

Stava ripensando alla storia della sua amica, ed i suoi occhi stavano assumendo un'espressione che diveniva gradualmente sempre più triste: “Quando decidi di abbandonare tuo marito, o tua moglie, è perché tu non vuoi più stare con lui o con lei. Inizi ad odiare e respingere la persona che tu avevi dichiarato di amare e desiderare per sempre. E allora perché ti sei sposato con il tuo partner? Forse l'altro si era davvero fidato di te, credeva nelle tue promesse e nelle tue intenzioni. Hai tradito la fiducia che lui ha riposto in te. Ed allora non è molto meglio convivere assieme senza alcun rito ufficiale, senza alcuna dichiarazione di amore eterno? Una separazione successiva sarebbe decisamente meno dolorosa, per come la vede Rena. Rifletterebbe il desiderio di non essere una persona ipocrita, e Rena disprezza dal profondo del suo cuore quelle che cambiano idea con troppa facilità.” Rena era divenuta terribilmente cupa, mentre recitava quelle ultime parole.

Ma un aiuto giunse inaspettato. Hanyuu le stava accanto, ed il suo desiderio di aiutarla era forte, tanto da indurla a dire questo: “Hauu Hauu... Rena-san, io credo di comprendere come ti senti ora, e posso dirti di aver vissuto anche io un'esperienza simile, tempo fa.”

Una bimbetta come te?” chiese Shion, ma Rena la fermò, alzando la mano, ed invitò Hanyuu a continuare, cosa che lei fece: “Il fatto è che essere coerenti per tutta la vita, senza mai cambiare idea né opinioni... non credo sia possibile. Anzi, penso che non sia neppure augurabile.”

La giovane dai capelli castani non distoglieva gli occhi da Hanyuu, che proseguì: “Ci sono occasioni nella tua vita in cui ti rendi conto che l'opinione che avevi su qualcosa o su qualcuno non corrisponde a quello che quest'ultimo è davvero. Può capitare che l'individuo in questione sia migliore di quello che pensavi, ma può succedere anche l'inverso, ossia che questa persona sia peggiore di quanto tu speravi. Cosa dovresti fare, in questi casi? Non cambiare idea comunque? Faresti del male agli altri, o a te stessa, a seconda dei casi... Capisci cosa intendo? Avere sempre le stesse opinioni dalla nascita alla morte è qualcosa che appartiene più a una mummia priva di raziocinio che a una persona assennata.”

Quindi dovrei cambiare opinione su quello che è successo quando i miei hanno divorziato? Non sarebbe solo colpa di mia madre? E che avrebbe fatto mio padre, allora, per meritare il tradimento di quella svergognata?” chiese Rena, le cui parole ribollivano ora di risentimento. Lo stato di Mion stava rabbuiando anche tutti gli altri.

Sei ancora condizionata da quello... Non mi sorprende.” Hanyuu inclinò il capo verso il basso, provando ad elaborare la miglior risposta che poteva. Un buon compromesso sarebbe spiegarle che la colpa raramente appartiene a una sola delle due parti... Ci deve essere stato qualcosa che il padre di Rena ha fatto e che sua madre non ha apprezzato, qualcosa che l'ha istigata a lasciarlo per mettersi insieme al suo nuovo compagno... A meno che non fosse una donna di facili costumi e di gusti mutevoli. Ma allora perché suo padre avrebbe sposato una persona simile? Avrebbe mai potuto Rena crescere con questa natura così forte e meravigliosa, a contatto solo con un padre spaventato e una madre arrogante? Avrebbe mai potuto lei ammirare una donna del genere, quando era ancora una bambina piccola, cambiando opinione solo dopo aver scoperto la sua tresca amorosa? Sappiamo che nei primi anni di vita Rena adorava entrambi i suoi genitori, infatti. Il punto è che credo che il soggiorno ad Ibaraki abbia stravolto il carattere di sua madre... ma non sarebbe strano se avesse fatto lo stesso anche con suo padre, potrebbe avere avuto un ruolo attivo in tutta la vicenda. A conti fatti, di quello che è successo durante il loro divorzio noi abbiamo solo una versione, quella di Rena. Se avesse deciso di “tagliare” una parte della verità, quella più scomoda? Potrebbe averlo fatto anche inconsciamente, per avere una visione migliore di suo padre, per riuscire a convivere almeno con uno dei suoi due genitori? È possibile, ma allora rischierei di offenderla, se io le rivelasse la mia reale opinione e dicessi che suo padre potrebbe non essere senza macchia...

Hanyuu stava andando nel pallone, e non sarebbe mai stata in grado di dare una risposta sensata. Fu allora una vera fortuna che qualcuno prese il suo posto. Si trattava di Daijiro: “La vera questione non dovrebbe avere come oggetto il dilemma se mutare le proprie opinioni sia cosa buona o meno, dal mio umile punto di vista. Quando giurate fedeltà eterna verso il tuo coniuge, attraverso qualsiasi cerimonia esistente, voi proclamate una solenne promessa. Date la vostra parola d'onore che mai abbandonerete il vostro partner al suo destino. E rompere tale promessa, rinnegare il vostro giuramento... E' un peccato dei più empi. Mi hanno sempre allevato affinché io non venga mai meno alla parola data, e sono lieto che mi sia stato impartito questo precetto. Forse i miei genitori ed i miei avi sono nati e cresciuti in un mondo diverso da quello di adesso, ma io mentirei a me stesso se mi conformassi al modo odierno di pensare.”

E quindi?”

E quindi ritengo che vi sono giuramenti più affidabili e giuramenti meno affidabili. Ed è difficile, se non improbo, discernere a quale categoria appartiene quello che il tuo partner declama il giorno delle vostre nozze. Pertanto, penso che l'opinione di Rena-san sia sensata. Non lo considererei un problema, se la mia futura compagna decidesse di non unirsi a me con un rito formale. La sua parola ed il suo autentico desiderio di essere mia moglie mi sarebbero sufficienti, così come la mia parola lo sarebbe per lei.”

In altre parole, la tua donna ideale è una persona che come te mantiene le promesse e non rinnega i propri doveri, uh?” commentò Shion, incrociando le braccia. Nessun altro aggiunse una parola, in segno di profondo rispetto verso la sua visione del mondo. Era qualcosa di coerente, di condivisibile. E Rena, a cui quelle frasi non erano dispiaciute, abbozzò un doloroso sorriso, rincuorata dal fatto di non sentirsi poi così sola, nel suo modo di pensare. Così, la malinconica ragazza riuscì anche a pronunciare con una certa fatica un flebile Grazie dalle labbra.

~-~-~-~-~

Sempre ad Okinomiya, ma in un'altra zona della città, Satoshi e Keiichi stavano ultimando i loro preparativi. Erano carichi, l'incontro tra gli Hinamizawa Fighters ed i Takatsudo Devils sarebbe iniziato nel giro di una trentina di minuti. Dovevano disputare la partita ad Okinomiya, in quanto a Takatsudo, paesino microscopico di due-trecento anime, non vi era neppure un campo da baseball; così i due ragazzi si erano dovuti recare nella cittadina per unirsi alla loro squadra, la quale aveva bisogno di altri due giocatori da schierare per essere al completo, quella volta. E mentre si stavano allacciando le stringhe delle scarpe, non lontana da loro vi era Satoko che li stava tenendo d'occhio, come giocatrice di riserva e sostituta di Irie, che non era potuto venire ad Okinomiya. Era l'unica ragazza del gruppo che non era andata a fare shopping selvaggio con le altre: in parte perché doveva sempre usare il proprio denaro con parsimonia, non appartenendo ad una famiglia ricca, ed in parte perché fare compere non le piaceva poi così tanto, quando non si trattava di materiale per fabbricare nuovi alambicchi e nuove trappole. Si sentiva molto più utile con la squadra di baseball.

Dopo aver indossato l'uniforme della loro squadra, i due ragazzi si sedettero sulla panca, per consumare un veloce pasto leggero. Mezzogiorno era passato da non molto, e dovevano essere al massimo delle loro forze, per portare i loro compagni ad una nuova sfavillante vittoria. Pertanto, Satoko diede a ciascuno una cassettina contenente i loro bento, prima di recuperare il proprio e sedersi sul cofano di un'automobile parcheggiata non lontano dalla panca. Quei pranzi al sacco erano stati preparati con amore da Shion, che si era anche ricordata del fatto che Keiichi non sapesse come prepararsi i pasti: sua madre si era dovuta allontanare da Hinamizawa con il marito per tutto il giorno, e quindi il ragazzo si era trovato in una situazione non propriamente comoda, rischiando di dover saltare il pranzo. Grazie a Dio, Shion aveva avuto pietà di lui per una volta.

Ma un dettaglio lo turbava. Sul bento di Satoshi, Shion aveva scritto il suo nome, così come su quello di Keiichi, così Satoko sapeva quale box lei doveva dare ad ognuno... Però a Keiichi stesso questo non tornava. Il cibo presente nelle due confezioni era esattamente lo stesso, quella distinzione non aveva ragione di esistere, teoricamente. Lì per lì il sospettoso giovane pensò ad una piccola tranello nascosto tra le cibarie, tipo una trappola per topi. Ma sarebbe stato troppo inconsueto, non nello stile di Satoko o di Shion... Così Keiichi esaminò il tutto, finché non alzo tutta la scatola e ne guardò il fondo. Ecco il vero motivo... C'era una noticina lì sotto, scritta su un pezzo di carta incollato sul metallo del box:

ATTENZIONE! In caso di ingestione accidentale consultare il medico.

Il ragazzo ridacchiò nervosamente, leggendo quelle paroline nascoste. “Oh... Molto, molto, molto divertente, considerando che io teoricamente dovrei mangiarmela tutta, questa roba...”

Ma che vai dicendo, stupido villano... E' solo uno scherzetto innocente, non ci abbiamo certo messo del topicida, dentro.” rise Satoko, che poi fece finta di pensarci su “Perlomeno non credo ce ne sia, ad essere onesti Nee-Nee non mi ha detto se il tuo cibo è pienamente commestibile, quando me lo ha consegnato.”

O-oh, grazie mille...” Keiichi disse a se stesso che poteva escludere con cuore sereno la presenza di possibili veleni presenti nel suo cibo – non che Shion non ne fosse capace, ma se l'avesse voluto l'avrebbe fatto dopo la partita, non prima. Però non era del tutto convinto, e ci volle uno sforzo non indifferente per mandare giù il primo boccone e realizzare di essere ancora vivo dopo averlo fatto. Rassicurato da quella constatazione, lui poté andare avanti con il secondo, e poi con il terzo, mandando giù tutto anche con una certa voracità.

Finì di mangiare prima di Satoshi, così dovette attendere che lui facesse altrettanto, picchiettando il terreno con il piede a causa della fretta. Quindi, i due restituirono le scatole vuote a Satoko, che le schiaffò insieme alla sua in un sacchetto di plastica. Quindi presero una mazza e cominciarono subito i loro esercizi di riscaldamento.

Avrei bisogno di rinfrescarmi la memoria.” chiese Satoshi a Keiichi “Che cosa succede su vinciamo la partita?”  

Allora, se Irie-sensei ha fatto i calcoli esatti dovremmo riuscire ad ottenere il secondo posto del campionato. Arrivarxi sarebbe un grandissimo risultato, perché solo i primi due saranno ammessi alla fase finale. E visto che gli Okinomiya Titans sono già matematicamente primi, sarebbe uno scontro alla morte tra noi e loro.”

E se vinciamo le finali, che succede?”

Non ne sono sicuro... Ma temo che la risposta esatta sia semplicemente Nulla. Questo è solo un campionato locale, non è che chi vince va a disputare tornei più importanti, purtroppo. Gli organizzatori non si sono neppure preoccupati di acquistare una coppa per chi arriva primo!”

E' un peccato... Mi sarebbe piaciuto, se il vincitore fosse stato ammesso al Koshien.”

Il Koshien? Tsk, quella lega è solo per le squadre scolastiche più importanti. Temo che non faremo mai parte di quel mondo dorato... Sia noi che i nostri avversari siamo formazioni troppo deboli per quel livello, in giro per il Giappone ci sono centinaia e centinaia di squadre più attrezzate di noi.”

Hai ragione... Probabilmente ho cominciato ad avvicinarmi al baseball troppo tardi. Avrei potuto essere un giocatore molto migliore di quello che sono adesso.”

Stai rimpiangendo di non esserti allenato con la mazza sin da quando eri piccolo, quindi?”

Ora che sono così appassionato, sì...” ammise Satoshi, ruotando le spalle “Ora quegli alti obiettivi sono troppo lontani per essere raggiunti.”

E chi lo dice? Forse non è tardi, invece.”

Lo pensi davvero? Voglio dire, ottenere un contratto nei campionati più ricchi ed importanti, o andare in America a giocare... sono traguardi fuori dalla mia portata, decisamente. Però forse hai ragione, potrei valutare l'idea di far parte di una lega minore. Meno denaro, ma qualche concreta possibilità di sfondare, almeno lì.”

Pensi di poterti guadagnare da vivere in questo modo? Non sarà facile, Satoshi.”

Ma è fattibile, comunque. E poi, sai, non ci sono molte altre cose in cui me la cavo, siamo realisti. Non pretendo di accumulare una fortuna, mi accontenterei di vivere onestamente con la paga che quelle squadre mi darebbero. Vivere con Satoko, e con Shion, intendo dire...” le gote del ragazzo biondo si tinsero di un lieve rossore, mentre la sua bocca finiva di parlare.

Però... prendere questa decisione vorrebbe dire lasciare Hinamizawa per un bel po'. Forse per sempre.”

Satoshi interruppe il riscaldamento, ed appoggiò la mazza sul terreno.

E' vero, questa sarebbe la conseguenza più sgradevole di questa scelta di vita. Tuttavia... Potrebbe non essere necessario. Potrei comunque continuare a vivere qui, spostandomi solo per gli allenamenti e le partite. Ci sono un paio di società che hanno la propria sede in città vicine ad Hinamizawa, mi sono informato. Se volessi far parte di una vera squadra mi rivolgerei a loro, per prima cosa.”

Sperando che ti prendano. Anche se la vita da pendolare non è per nulla facile.”

Insomma... Passerei tanto tempo lontano dal villaggio, ma vivrei qui con voi per il resto dell'anno. In questa maniera Shion e Satoko non dovrebbero trasferirsi, non dovrebbero separarsi dai loro amici e parenti. Ho riflettuto a lungo sul mio futuro, in questi giorni, ed una volta che tutto si sarà messo per il meglio io seguirò la mia strada.”

Keiichi lo guardò a lungo, mentre Satoshi riprese a muovere la mazza. Quel ragazzo non era come le altre glielo avevano descritto, o almeno non era più così. Il fatto di non dover più preoccuparsi di Satoko lo aveva trasformato, ora poteva pensare anche a se stesso, e ciò non era una cattiva cosa, alla fine. Prima di entrare in coma aveva spesso trascurato la propria salute, rischiando anche grosso; ora invece sembrava avere più fiducia nelle proprie capacità. Era migliorato.

A Keiichi non rimase allora che contemplare il campo da baseball, notando che i loro compagni di squadra li stavano chiamando per cominciare l'incontro. Il giovane si lasciò sfuggire un sorriso, lieto di osservare quella nuova forza che proveniva dalle dichiarazioni ottimiste del suo amico, e mentre si indossava il casco protettivo esclamò: “Beh, vedremo che riuscirai a combinare...”

~-~-~-~-~

Come già detto, Irie non aveva potuto venire al campo da baseball, mentre i suoi giocatori erano intenti a cercare di conquistare quella vittoria così agognata. Lui aveva ben altri compiti da ottemperare, ed era dovuto rimanere ad Hinamizawa, alla Clinica, per vegliare sulla povera Takano.

La donna conosciuta come Miyo Takano, inizialmente, doveva essere mandata in prigione, dopo essere stata arrestata l'estate prima dall'unità Banken. Avrebbe dovuto essere giudicata da una commissione appositamente creata per valutare il suo operato, almeno ufficialmente, ma tutti erano sicuri che nel momento stesso in cui l'avessero lasciata da sola lei sarebbe stata eliminata da chi temeva che la donna potesse rivelare qualche segreto scottante. Irie non poteva permetterlo, e in accordo con Tomitake trovò un espediente: dichiarò che Takano soffriva della Sindrome di Hinamizawa nel suo stadio terminale, e che la commissione disciplinare avrebbe avuto il permesso di esaminare il suo caso solo dopo che fosse guarita o almeno tornata ad uno stato di salute accettabile.

Non stava mentendo, dopo tutto, la donna aveva bisogno di cure. Il giorno della sua sconfitta, Takano aveva riempito il proprio collo di graffi e segni, causati dal suo ingovernabile istinto di recidersi la gola, a causa del parassita. Se allora non l'avessero bloccata in tempo avrebbe compiuto certamente il suicidio, senza neppure aver bisogno della pistola che Okonogi le aveva prestato. Non sarebbe mai sopravvissuta senza una terapia intensiva. Perciò, era stata ricondotta alla Clinica, e da quel momento non aveva mai più lasciato Hinamizawa, escludendo brevi uscite in occasioni speciali, come durante la Guerra delle Frane quando anche lei aveva fatto parte della folla che aveva protestato contro quella truffa illegale.

Ma era poi così al sicuro, in quel palazzo? Tomitake non poteva stare con lei per tutto il tempo che lui avrebbe desiderato. I continui impegni di lavoro non gli permettevano di avere un momento di relax, da spendere con la donna che lui considerava ormai come la sua fidanzata. A dirla tutti non aveva mai dichiarato i propri sentimenti per lei però, vedendo come lei si comportava nei rari pomeriggi in cui i due erano insieme, lui poteva concludere di essere a sua volta qualcuno di speciale per l'ex infermiera dell'Istituto. Doveva solo attendere che lei recuperasse la propria salute, e nel frattempo avrebbe continuato ad occuparsi delle sue questioni di controspionaggio. Lavori estemporanei legati alla sua passata specializzazione ed al suo vecchio mestiere di cecchino, come collaborare alla progettazione di nuovi fucili appositi per sparare da distanze considerevoli, e così via... Erano impieghi gravosi che lo rendevano occupato per quasi tutto il giorno, ma che gli consentivano di guadagnare bene. Quel denaro gli sarebbe servito in un secondo momento, per la sua vita futura insieme alla sua compagna.

Paradossalmente, Tomitake doveva stare lontano da Takano, la donna che amava, e doveva farlo per il suo stesso bene. Lavorare per il controspionaggio era qualcosa di imprescindibile, necessario per cercare di scoprire qualche informazione, qualche voce di corridoio che riguardasse la Tokyo, l'organizzazione vera responsabile delle passate azioni criminali di Takano; nello specifico, l'uomo voleva capire cosa quegli individui misteriosi volessero veramente fare della donna, ora che lei era stata presa dalla polizia. Qualche diceria l'aveva già raccolta, per quanto non potesse essere in grado di controllarne l'autenticità, però erano buone notizie: le due fazioni che componevano la Tokyo erano ancora lacerate da quella lunga faida per il controllo dell'organizzazione, solo che il pretesto per scatenare quella lotta era cambiato, passando dall'Affare Hinamizawa ad un'altra questione. Si stavano scannando riguardo una certa isola nell'Oceano Pacifico, in cui erano avvenuti dei fatti strani, ma non c'erano dati precisi a riguardo, e comunque questo importava relativamente a Tomitake. A quest'ultimo bastava sapere che Takano era stata pressoché dimenticata da quei tizi.

Se vogliamo, la morte di Miyo poteva essere utilizzata al massimo dal partito di Koizumi, in modo da far perdere influenza alla fazione opposta: gli avversari di Koizumi erano quelli che si erano apposti al Progetto Alphabet, ossia allo studio della Sindrome di Hinamizawa per scopi militari, e quindi l'assassinio di colei che dirigeva quelle ricerche sarebbe ricaduto su di loro, sarebbero stati accusati di cinica crudeltà e di inutile spietatezza verso le persone che avevano la sola colpa di lavorare o aver lavorato per il partito avverso. Però, siccome Koizumi stesso era stato un grande amico del nonno di Takano sin dalla Seconda Guerra Mondiale, Tomitake era convinto che il suo gruppo non le avrebbe mai fatto del male, in segno di rispetto verso quell'antico legame di amicizia, anche se Koizumi era morto tre anni prima e la sua fazione era ora gestita da amici e discendenti. Per quel genere di persone, così legata ai vecchi principi, il denaro era importante ma l'onore ancora di più; uccidere la donna che il loro vecchio capo proteggeva sarebbe stata un'onta terribile. Insomma, le cose per Takano non si erano messe male, da quel punto di vista.

L'unico vero rischio che aveva corso era stato l'arrivo di una spia ad Hinamizawa, per valutare lo stato della donna. La sua presenza era arrivata a Tomitake tramite una serie di indiscrezioni, stando alle quali uno sconosciuto sarebbe venuto per verificare di nascosto se Takano potesse essere ancora pericolosa per la segretezza dell'organizzazione. Chi lo aveva mandato? Non potendo nascondere al centro di controspionaggio la propria vera identità, non era improbabile che quegli uomini sapessero di lui, del fidanzato del soggetto considerato, e di che lavoro aveva, tutt'altro; quindi il mittente doveva essere qualcuno che era probabilmente al corrente del luogo in cui Tomitake lavorava attualmente, e del fatto che lui avrebbe sentito delle voci su chi stava mandando. Anzi, quelle voci potevano essere state messe in circolo proprio dal mandante. Era quindi altamente plausibile che fosse stato qualcuno collegato al partito di Koizumi ad inscenare il tutto: un atto dovuto, al fine di tranquillizzare l'intero gruppo, di cui Tomitake era stato deliberatamente messo al corrente, in modo da preparare le opportune contromisure.

Il tacito accordo tra mandante e Tomitake prevedeva perciò il convincimento della spia. Avvertito per tempo, Irie avrebbe provato all'emissario che Miyo Takano era ora innocua, cosa effettivamente vera tra l'altro, e quindi tutta la Tokyo si sarebbe scordata di lei, non ritenendola più una minaccia. Questo era il piano.

E fu davvero così che andò. Un bel giorno, un uomo si presentò sotto falso nome alla Clinica e, tenuto sotto osservazione da un Irie teso e nervoso come non mai, si limitò a una breve visita e ad uno stringato colloquio con l'infermiera. Una volta compiuta questa formalità, il soggetto se ne andò e non torno mai più. Tutto si era concluso come meglio non poteva, e levando gli occhi al cielo Tomitake ringraziò lo spirito di Koizumi, tra sé e sé. Non l'avrebbe mai potuto incontrare di persona, ma quello doveva essere un brav'uomo, dopo tutto.

Adesso il corpo di Takano era salvo, e non servivano neppure delle guardie del corpo, per la sua sicurezza. Ma si poteva dire lo stesso della sua anima? Il suo ragazzo doveva vivere lontano, ed a lei rimaneva poco da fare, escludendo la parte di lavoro da infermiera che riusciva ancora a compiere. Così aveva preso l'hobby di trascorrere i pomeriggi e le sere passeggiando per le stradine scoscese del villaggio, incontrando gli altri, incontrando gli anziani al tramonto della vita, incontrando i bambini che invece si affacciavano ad essa, incontrando i lavoratori indaffarati, incontrando le casalinghe altrettanto indaffarate, incontrando sconosciuti e forestieri, incontrando i ragazzi e le ragazze del club. Più di una volta aveva si era trovata lungo la via di fronte a Keiichi, e Mion, e Rena, e tutti gli altri, mentre si stuzzicavano e si davano fastidio a vicenda. Anche se ogni tanto si era imbattuta in loro in altri tipi di situazioni, come quando aveva scorto Mion e Keiichi da soli, mentre arrossivano teneramente... Erano ancora i giorni in cui quei due sembravano destinati a legarsi per la vita.

Ma sebbene tutti quegli incontri fossero piacevoli, Takano non poteva fare a meno di sentirsi un corpo estraneo a quella piccola società. Le persone in mezzo a cui viveva erano quelle che lei voleva sterminare, né più né meno. Se da una parte non li considerava più topi da laboratorio da usare unicamente per le sue teorie, dall'altra riteneva di essere irreparabilmente diversa da loro. Pensava che non si sarebbe mai potuta ambientare lì. Perchè si trovava ad Hinamizawa, dopo tutto? Solo perché non aveva altra alternativa, la Sindrome l'avrebbe uccisa se avesse messo piede fuori dal villaggio e dall'area circostante. Pertanto, lei non si considerava tanto un'abitante di quel paesino di campagna, quanto piuttosto una prigioniera, rinchiusa in una cella che non aveva sbarre, ma che non poteva essere comunque oltrepassata. Era condannata ad avere a che fare con gente dalla mente semplice che non aveva nulla in comune con loro, questo era il suo modo di vedere quel soggiorno forzato.

L'ambiente che la circondava era tranquillo, tutto sommato, eppure ella non poteva trattenersi dal ragionare in quel modo così pessimista. Quell'estate, quando lei aveva combattuto e perso, le era cascato il mondo addosso. Ed in quei boschi così tetri e minacciosi, mentre fuggiva da neanche lei sapeva cosa... Aveva visto Oyashiro-sama, un'altra volta. Una giovincella dalle sembianze quasi umane, che dopo il termine della battaglia le aveva porto la mano invitandola a restare nel villaggio, promettendole che sarebbe stata accettata dalla comunità e che di lì in poi la sua vita sarebbe stata molto più felice. Ma come poteva lei nutrire una speranza simile? Quel giorno, la cupa atmosfera attorno a lei era la stessa di quella che l'aveva terrorizzata il giorno in cui era fuggita dall'orfanotrofio. Una fitta foresta, l'assenza di luce, una pioggia incessante che le martellava senza pietà il cranio. Non poteva essere una coincidenza, la sua vita era stata scritta da un Dio cinico e spietato, che l'aveva destinata ad un'esistenza ingrata. E così, nonostante l'offerta che Oyashiro le aveva fatta il suo cuore era troppo attanagliato dai cattivi ricordi per far nascere un sentimento di serenità e desiderio di redenzione: quando la Banken l'aveva arrestata lei era esplosa in lacrime, ma le sue lacrime non erano solo di sollievo. Erano anche di disperazione, sapeva bene che il suo incubo era ben lungi dall'essersi concluso.

Ed infatti, nei mesi successivi Takano non stabilì mai un vero rapporto con il resto del villaggio. Era solita camminare da sola, persa nei suoi pensieri e nelle sue fantasie, e la Sindrome non era la sola responsabile di quell'atteggiamento, alla faccia di tutti i segni che la Banken aveva rinvenuto sul suo collo. C'erano delle ragioni più profonde dietro il suo comportamento. Durante tutti quegli anni si era buttata anima e corpo nel provare che le ricerche del nonno corrispondessero a verità, e non si era mai prefissata altro scopo. Tomitake le era sempre stato vicino, e la sua presenza era divenuta di giorno in giorno sempre più gradevole, ma la donna non aveva mai perso di vista quale fosse il suo obiettivo primario. Infatti era pronta perfino a sacrificarlo sull'altare degli studi del nonno, quando l'aveva catturato e portato al quartier generale della Yamainu per un interrogatorio: l'avrebbe ucciso con le proprie mani, se fosse servito a qualcosa. Le teorie sulla Sindrome di Hinamizawa erano tutto per lei, e dopo aver mostrato la loro autenticità non le sarebbe importato nemmeno di morire, non aveva altri scopi per cui vivere.

Ora, al contrario, che cosa volevano che facesse, lei? Solo fare da spalla ad Irie in Clinica, come una qualsiasi infermierina decerebrata appena diplomata nella peggiore delle scuole specializzate? Dopo tutto quello che aveva studiato, doveva rassegnarsi ad un ruolo così umile? Takano si rifiutava di fare quella fine, ma la verità è che non aveva altro da fare oltre a quello. Quando il medico le chiedeva di assisterlo lei solitamente obbediva, ma senza alcun entusiasmo, senza traccia di un minimo sorriso. Neanche prima era abituata ad essere molto estroversa, a parte qualche rara occasione, ma le barriere immaginarie che isolavano lei dal resto del mondo stavano diventando sempre più spesse. In fin dei conti, lei aveva tentato di essere Dio, ma ora le stavano impedendo di essere perfino una donna dignitosa.

Poteva essere aiutata dal vaccino che Irie stava per completare? Forse. I più recenti test che il dottore aveva eseguito su di lei mostravano ancora che la donna soffriva del terzo o quarto livello della malattia, quindi era tuttora ad uno stadio avanzato della patologia. Quei parassiti non l'aiutavano di certo a stare meglio, ma non poteva eliminarli per il momento, il suo gruppo sanguigno era A-, quindi, al contrario di Satoshi, lei non poteva essere curata tramite una trasfusione del sangue di Mion. E comunque, quella terapia non sarebbe stata abbastanza, le sue manie di depressione non erano dovute solo a quello. Avrebbe avuto bisogno anche della compagnia del suo ragazzo, ma ciò non era possibile... Ora che la Tokyo non sembrava più sulle sue tracce, Tomitake avrebbe voluto starle più spesso vicino, ma nel frattempo era costretto per contratto a lavorare per il controspionaggio fino alla fine del 1984. Lasciare prima quel posto di lavoro non era fattibile, se avesse fatto qualcosa di anomalo rischiava perfino l'accusa di essere una spia, in qualche modo.

Takano pareva essere destinata a restare da sola per un altro poco, pertanto. I suoi sentimenti più reconditi e nascosti non si sarebbero mai manifestati all'esterno, non avendo nessuno che le stesse accanto, ma forse nessuno era cosciente di quanto ciò fosse una brutta cosa.

~-~-~-~-~

Da qualche parte in una grande metropoli del Giappone, una notte gelida stava inesorabilmente ghiacciando le strade, rendendole viscide e poco sicure. Lì, un autista era seduto nella prima auto di lusso, in attesa di qualcuno. Una sosta forzata che si era protratta per molto tempo, ma fortunatamente stava per terminare. Attraverso il finestrino opaco poteva intravvedere la donna dai capelli grigi e lisci che si stava avvicinando alla portiera posteriore dell'auto, con un'andatura molto lenta, quasi esitante.

Infatti, la donna appariva estremamente perplessa e preoccupata dagli ultimi sviluppi. Non riesco a farmene una ragione, perché Tawanabe se l'è svignata in quel modo dall'associazione? Il suo tradimento non resterà impunito, ma ora ho altre cosa a cui dedicarmi. Ci sono troppi fifoni spaventati nel nostro gruppi, ed il partito di Koizumi continua a darci delle noie... Ci sta sfuggendo tutto di mano. Di cosa avete paura, branco di smidollati? Di crepare? Per piacere non prendetemi per i fondelli, abbiamo affrontato faccende molto più spinose in passato, ed in ballo ci sono montagne di soldi che convincerebbero un santo a sgozzare i suoi genitori. D'altronde, l'Affare Okinawa è stato un vero disastro, la nostra posizione si sta rapidamente complicando ad ogni momento che passa. Se non ne veniamo fuori in fretta con un'idea saremo messi fuori gioco prima di quanto possiamo immaginare. Forse sto diventando vecchia, devo ritirarmi... No, ma che vado dicendo. Devo trovare una soluzione, ma ora sono troppo stanca, ho bisogno di riposare. Ci rifletterò sopra domani mattina.

La donna si sedette sul sedile posteriore dell'auto e chiese all'autista di riportarla a casa. Dopo aver udito il motore che veniva avviato, e mentre scorgeva i movimenti del guidatore che con la mano ingranava la marcia, lei abbassò il parasole che si trovava davanti a lei. Era una limousine, anche i sedili posteriori ne avevano uno, ed incollato sopra di esso c'era un piccolo specchietto, che la signora voleva usare per dare un'occhiata al proprio trucco. Aveva il dubbio che l'uomo d'affari con cui aveva appena avuto un appuntamento avesse ricevuto una cattiva impressione di lei, a causa di qualcosa di strano sulla sua faccia altrimenti impeccabile, e se era il caso si voleva rimettere velocemente in ordine con un poco di cipria e di rossetto. La donna apparteneva alla categoria di persone che tengono sempre alle apparenze, anche se devono andare a casa al termine di una lunga giornata.

Ma, improvvisamente, fu accolta da una brutta sorpresa e la sua mente fu occupata da tutt'altro genere di pensieri. Accanto allo specchietto, qualcuno aveva piazzato un fogliettino di carta. Su di esso, avevano scritto una manciata di sinistre parole:

Buona notte, mia cara Nomura-san.

Nomura-san? Squadrò a lungo quella riga, sudando freddo. Perché la stavano chiamando in quel modo? Non era certo il suo nome vero, da molti anni lo teneva sempre nascosto a tutti. Però quel nomignolo non le suonava nuovo, doveva essere uno dei mille altri che aveva utilizzato durante le varie operazioni... Quello lo aveva usato quando aveva affrontato quella questione che riguardava quello sperduto villaggio tra le montagne... Come si chiamava... Non se lo ricordava, non utilizzava più quel soprannome da mesi, ormai.

Ad ogni modo, la cosa non importava. Aveva passato molti pericoli, durante la sua vita, e molti individui l'avevano minacciata anche di morte, per i motivi più diversi. Aveva esperienza, aveva vissuto in prima persona più di un attentato, e sapeva benissimo cosa quel messaggio funesto significava davvero. Incurante del fatto che l'auto stesse procedendo a piena velocità, lei si precipitò verso la maniglia della portiera, cercando disperatamente una via d'uscita. Che morisse pure l'autista, lei voleva solo portare a casa la pelle.

Ma era troppo tardi. Una gigantesca esplosione fu udita in tutte le case e gli edifici adiacenti alla strada, e un'infinità di persone arrivò presto sul luogo dell'incidente, ad ammirare impotenti le alte fiamme che divampavano dalla macchina divorando implacabilmente essa e tutte le persone a bordo. Una scena che rischiarava quella notte buia e priva di stelle, squarciandone temporaneamente le tenebre, ma che al tempo stesso aveva gettato tutti gli spettatori nello sconforto, a causa delle vittime che stava causando.

Tuttavia, tra le centinaia di occhi che guardavano quella meraviglia spaventosa di fiamme e distruzione, ce n'erano due particolarmente interessati a quello spettacolo. Due occhi glaciali e privi di umana pietà, che nella loro inespressività si stavano assicurando che niente fosse rimasto della donna conosciuta una volta come Nomura.



 


Note dell'autore

Questo capitolo mi serve per fare il punto della situazione, per presentare il nuovo personaggio introdotto nel capitolo precedente, e per chiarire un paio di punti. Dal prossimo riprendo la trama principale per non lasciarla più (credo). Come al solito mi sono basato sulle informazioni della storia originale, può darci che qui ci siano nomi che non avete mai sentito ma io non ho inventato (quasi) niente. 


Gli ultimi due o tre capitoli sono stati rilasciati a breve distanza l'uno dall'altro, un po' perchè ho avuto più tempo libero e un po' perchè sennò non finisco più questa storia (sono circa a metà...). In futuro penso che tornerò alla solita scadenza dei dieci-dodici giorni, visto che non voglio fare le cose di fretta. Comunque coi prossimi capitoli faccio il botto, la trama avrà una vera e propria svolta, stay tuned.

PS: Visto il finale di questo capitolo, mi aspetto una recensione da una certa persona... :p

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Capitolo 33
*** Giocare con il fuoco ***



Capitolo 32: Giocare con il fuoco


Hinamizawa, 4 Febbraio 1984

Ma perché ci devo andare, con loro? Non è che io non abbia voglia di muovermi, però...”

Keiichi era rimasto un po' sconcertato, quando gli fu detto per telefono che tutto il gruppo aveva un appuntamento per tornare alla prefettura, fissato per il giorno dopo. L'ultima volta che ci era andato con i suoi compagni era stata un'esperienza spossante, molte cose erano accadute dinanzi a quel palazzo e non tutte erano state piacevoli. D'altronde, era suo dovere non lasciare gli altri da soli, e la faccenda puzzava di importanza, in quanto era stata richiesta la presenza di tutto il club, così rispose che avrebbe fatto parte della combriccola, come consueto. Così, dopo le normali frasi di commiato, il ragazzo riagganciò la cornetta ed andò filato a cercare sua madre per un consulto.

Mamma, secondo te... Questa brutta storia finirà mai, un giorno?”

All'udire quella domanda corrucciata, Maebara Aiko osservò il figlio, con uno sguardo dall'aria pesantemente triste. La sua domanda aveva perfettamente senso, in fondo lei e suo marito lo avevano trasferito ad Hinamizawa proprio per condurre una vita meno stressante, lontano dai bagordi e dal caos che si poteva respirare nel centro di Tokyo. Però ora si trovavano nel bel mezzo di un grattacapo che non aveva alcuna intenzione di risolversi rapidamente, e ciò doveva essere un bel po' snervante per il loro ragazzo. Keiichi non avrebbe mai abbandonato i propri compagni di avventura, ma i dubbi che stavano sorgendo nella sua testa erano comprensibili, oltre che assolutamente condivisibili. Così, la donna si prese qualche secondo per pensare alla miglior risposta che potesse dare, prima di spiegare infine questo: “Keiichi, tu hai letto il mio romanzo, una volta, non è vero? Quel giallo che avevo realizzato per quella vecchia gara di scrittura.”

Sì, l'ho fatto. Ma cosa c'entra quella storia, ora?”

Quando ho spedito il mio manoscritto ai giudici del concorso, li avevo pregati di mandarmi una lettera di risposta con un breve commento che contenesse le loro impressioni, una piccola recensione. Di solito in gare come quelle si limitano a leggere il testo senza dirti nulla – se sei fortunata, altrimenti rischi che te lo buttino nel cestino della carta straccia senza degnarlo di uno sguardo.”

Volevi quindi il parere di un esperto, allora.”

Già, non c'è molta gente che trova la voglia di leggere le opere di uno scrittore sconosciuto come me, quindi volevo cogliere la palla al balzo. Loro furono tanto gentili da esaudire la mia richiesta... E sai cosa mi scrissero?”

No.”

Che la trama in sé era passabile, l'intreccio era curato e non banale, ed il finale lasciava spunti d'interpretazione che lo rendevano appetibile ed interessante. Tuttavia, i protagonisti ed i personaggi secondari sembravano fatti di cartapesta. Non erano realistici. Man mano che la storia procedeva, si comportavano come se avessero scordato quello che gli altri avevano fatto loro, e nel gran finale agivano come se nulla di male fosse accaduto nelle centinaia di pagine precedenti. Si muovevano guidati non dalle esperienze passate o da un loro modo peculiare di essere o pensare, ma solo dalle necessità della trama, il che li rendeva poco coerenti e credibili. Forzavo le loro gesta, anche se esse non avevano senso, perché altrimenti sarebbe stato l'intreccio a non esserlo: per esempio, uno dei personaggi prima non si accorgeva di una cosa elementare che chiunque avrebbe notato, e sei pagine dopo faceva un ragionamento alla Sherlock Holmes che permetteva alla storia di andare avanti. Non andava bene per niente, era il punto debole del romanzo, mi dissero.”

Era solo il loro parere. Non è detto che quanto abbiano riportato sia la verità.”

Potresti anche avere ragione, ma la loro opinione conta più della mia, o della tua. Potrebbero avere torto, potrebbero non aver colto alcuni significati della storia, però sono pure esperti del settore, quindi è più probabile che loro abbiano visto giusto, non lo pensi anche tu? Sono una patita di gialli e polizieschi, non è un caso che la mia storia appartenesse a quel genere, ma a me piace concentrarmi sugli indizi e sui processi logici che portano a smascherare il criminale. Le vicende secondarie mi hanno sempre lasciata indifferente, così come tanti altri fattori che compongono un racconto fatto per bene. Anche un giallo dovrebbe avere un piccolo lato psicologico, un qualcosa che parli dei vari personaggi e che li renda più accattivanti, ma io non sono stata brava a caratterizzarli come si deve. Non vedevo l'ora di giungere alle parti del romanzo che mi stuzzicavano maggiormente, e la conseguenza è stata la fretta con cui ho buttato giù il testo degli altri capitoli. Non ho descritto le mie creature in maniera decente, sono uno identico all'altro, senza nessuna particolarità che li rendesse davvero unici, senza una psicologia ben definita... E' per questo che alla fine il mio lavoro non è piaciuto. Ideare gli stratagemmi utilizzati dal cattivo di turno è stato il mio chiodo fisso, ma l'antagonista stesso era talmente spersonalizzato che poteva essere anche una macchina o una scimmia antropomorfa, nessuno avrebbe notato la differenza.” Aiko deglutì, sorridendo amaramente in direzione del pavimento appena pulito, e quindi fissò dritto negli occhi suo figlio, aggiungendo: “Adesso però sto divagando. Torniamo al punto, è meglio.”

Quello che vorrei spiegarti, Keiichi, è che la natura umana è dannatamente complessa, molto più di quanto appare in lavori come questo, e ci sono problemi e situazioni che non verranno mai risolte, che rimarranno in sospeso per l'intera esistenza di una persona. Uomini e donne che si odiano per tutta la loro vita, e che non esiterebbero a nuocere al loro nemico ogni volta che ne hanno la possibilità. Ma questo significa forse che devi passare tutte le tue giornate a guardarti dai tuoi nemici senza fare null'altro? Non credo proprio, ci sono tante altre cose di cui bisogna obbligatoriamente occuparsi, e non ci si può rovinare l'esistenza facendosi dispetti a vicenda. E poi ci sono i momenti divertenti da vivere con i propri amici, momenti di felicità che esistono anche se da qualche parte del mondo c'è qualcun altro che non puoi proprio sopportare. È normale non risultare simpatico a tutti. Quindi, il mio consiglio è di dare a questa storia la giusta importanza: stai attento ogni volta che senti il nome di quella gentaglia nei paraggi, ma non avvelenarti l'anima ogni secondo della tua vita a causa loro.”

Quindi mi stai suggerendo di convivere con questa sensazione?”

Al momento, sì. Purtroppo la vicenda sta andando per le lunghe, e non se ne vede la via d'uscita, quindi la parola d'ordine è non perdere la testa. Resta vicino ai tuoi amici, ma sentiti libero di giocare a baseball, ogni tanto, oppure va a fare compere con qualcuno, oppure fa quello che più ti piace. Non trascurare i tuoi impegni, ma non lasciare che la paura ti domini, mostra ai tuoi avversari che non hai timore di loro. Un modo non violento ma molto efficace di dimostrare la propria forza e vincere le guerre.”

Ma comportarsi così per mesi, o per anni... Non è uno scherzo.”

Vero. Ma io non credo che questa storia andrà avanti per sempre. Il denaro è il padrone di questa terra, disgraziatamente, e temporeggiare eccessivamente costa parecchi soldini, anche per loro. Questo vale sia per la JOST che per il pedinatore di Rena. Quindi, se nulla di rilevante succedesse nei prossimi giorni... Beh, sarebbe il segno che nulla avverrà più, secondo me. Resistete ancora un paio di mesi, e dopo potrete dire di avere vinto.”

~-~-~-~-~

Aiko aveva visto giusto, ma non nel modo che avrebbe voluto. Il giorno seguente, quando Keiichi raggiunse gli altri alla prefettura, si rese immediatamente conto dell'aura di apprensione che circondava i suoi amici. E non era certo dovuto al brutto tempo che c'era quel pomeriggio, per quanto fosse una fredda domenica, ma non più di tante altre di quel periodo. E la causa non era neppure l'imprevisto di dover girare i tacchi e tornare ad Hinamizawa presso il Maniero dei Sonozaki, sebbene fossero appena arrivati ad Okinomiya e non avessero avuto occasione di parlare con il prefetto. Comunque Keiichi non volle far perder tempo, e salì su una delle auto in dotazione, insieme a Shion, Kasai e gli Houjou. Una volta partiti, la curiosità prese il sopravvento, ed il ragazzo chiese a Shion cosa ci fosse dietro quel cambio di programma.

Hanno richiesto con urgenza la presenza di Onee giù al maniero, è tutto quello che so.” rispose lei, non aggiungendo altro. Keiichi, preoccupato dal tono della spiegazione, si sforzò di chiederle maggiori dettagli, ma Shion scosse la testa, replicando che è tutto quello che sapeva di quella storia. Sua sorella era stata contattata per telefono non appena messo piede in prefettura, e alla fine di quel breve colloquio aveva chiesto a tutti di tornare al villaggio subito con lei, dando l'impressione di essere in pensiero e di non aver gradito il soggetto della telefonata, ma senza dare dei perché. E questo perché nell'ultimo periodo Mion stava parlando sempre di meno con gli altri, diceva ormai meno dell'indispensabile, e farle storcere qualche parola di bocca era più di un'impresa. A Shion, Keiichi ed il resto del club non rimaneva che attendere di nuovo ad Hinamizawa e chiedere delucidazioni alla madre delle due gemelle dai capelli verdi, visto che era stata lei a chiamare dal Maniero. Akane ne sapeva certamente di più e non si sarebbe rifiutata di parlare con loro.

Il tragitto dalla prefettura al Maniero durò quasi mezz'ora, e nessuna parola fu sentita in auto durante il viaggio. Nessuno aveva parlato, nessuno trovava la forza di farlo. Keiichi non poteva verificarlo, ma era quasi certo che la scena era la stessa anche nelle altre macchine che si muovevano con la loro, e probabilmente aveva ragione. A parte Mion nessuno capiva cosa stesse succedendo, e non vedevano l'ora di arrivare per scoprirlo. La paura dell'Ignoto li stava lacerando, e provocava nei loro cuori un'inquietudine insostenibile.

Ma quando furono finalmente in vista del maestoso edificio, una prima sorpresa li scioccò. Nei dintorni del cancello principale del Maniero, vi erano parcheggiate un gran numero di auto. E, cosa ancora più sorprendente, la maggior parte di loro erano limousine, o comunque auto di lusso. Nel momento stesso in cui Kasai spense il motore di quella che li avevano portati a casa, Shion scese con un salto e corse verso quelle macchine così costose, notando come alcune di esse le fossero familiari: “Questa è quella di zio Yoshiro, ne riconosco la silhouette, e quella appartiene alla prozia... Ma perché sono tutte qui? Non attendevamo delle visite, quest'oggi, mamma non me ne ha proprio parlato. Ma allora che...?”

Dovremmo andare dentro.” suggerì Satoshi “Mion-san ci ha già preceduto, e immagino che ci sarà tutto più chiaro una volta che avremo visto che cosa stanno facendo là.”

Shion annuì, e poi si dirigette lesta verso l'edificio, aprendo bruscamente la porta d'ingresso. La sua corsa febbrile fu però fermata da sua madre, che li stava aspettando e che chiese loro di non fare alcun rumore, prima di scortarli fino alla sala più grande ed importante del palazzo. Nel far ciò, la donna usò una via secondaria, in quanto la strada più diretta presentava un metal detector che avrebbe causato loro delle spiacevoli perdite di tempo. Loro non avevano certo armi con sé, quel controllo era solo inutile e deleterio nel loro caso.

Un metal detector?” chiese comunque Satoshi, incuriosito dal sapere che in una casa privata ci fosse un marchingegno del genere.

E'... Qualcosa che abbiamo ereditato dal periodo in cui era Batcha a comandare.” spiegò Shion “Sai, oggi quei mafiosi la Yakuza non portano il rispetto che mostravano nei secoli passati verso le altre autorità, e spesso reclutano dei killer professionisti per liberarsi dei personaggi indesiderati... Perlomeno questo è quello che la nonna diceva. Anche se personalmente lo ritengo più uno dei tanti mezzi con cui incutere paura, più che altro era per suggerire agli altri che con lei non si scherzava mai. Non aveva un vero e proprio scopo, quella macchina, qualunque assassino sapeva bene delle ritorsioni a cui rischiava di andare incontro, qualora avesse voluto fare qualcosa di inopportuno nei confronti di Batcha...”

Beh, immagino sia stata comunque accesa, e quindi nessuno dei partecipanti agli incontri può avere con sé spade o pistole... Capisco... No, aspetta. Mi spieghi come fai a sapere quello che tua nonna era solita dire? Oryou-san non voleva vederti molto spesso, sei stata tu a rivelarmelo... O mi sbaglio? Non è che è stata Mion-san ad accennartene...”

Shion si limitò a sorridergli e quindi fece scivolare la porta della stanza. In quel momento, una gigantesca sala si stagliò davanti ai loro occhi. Un salone freddo e spoglio, ma al tempo stesso pieno di persone. In un angolo vi erano i capi della famiglia Kimiyoshi; al loro fianco Rika ed Hanyuu, come rappresentanti della famiglia Furude, e poi il resto del club. Queste persone erano presenti in qualità di spettatori, posizionati dietro gli altri, e non avevano il diritto di prendere parola od intervenire in alcun modo nella discussione che stava per iniziare.

Seduti più avanti rispetto a loro, vi erano Mion, suo padre ed un limitato numero di parenti. Dinanzi a questi ultimi, invece, vi era il grosso del casato Sonozaki, inclusi parecchi membri provenienti da Okinomiya. Più di quaranta persone in tutto, compresi uomini, donne e bambini. Forse non c'era tutto il clan in quella sala, ma sicuramente lì vi erano confluite tutte le sue personalità più influenti.

Mentre si inginocchiava a fianco dei suoi amici, Shion si accorse che non volava una mosca nella stanza. Un totale silenzio vi regnava incontrastato, tutti sembravano assorbiti in un profondo stato di raccoglimento e concentrazione. Non era insolito, i Sonozaki erano infatti uomini che avevano sempre cercato di dare di sé l'immagine più seria possibile, come se volessero spaventare le persone con cui avevano a che fare. Erano abituati a comportarsi in quella maniera, anzi forse non conoscevano nemmeno un altro modo per instaurare un dialogo con il prossimo, nelle occasioni ufficiali. La loro faccia torva, i loro occhi immobili e straniti, le loro rughe che aiutavano a dare un aspetto mostruoso al tutto. I loro spiriti guerrieri erano in trepidazione per l'inizio di quella ennesima battaglia, inizio che stava effettivamente per arrivare.

Neppure Mion era immune a questo atteggiamento. Precisamente come il resto della sua famiglia, la ragazza stava cercando di mostrare il lato più crudo, crudele ed insensibile della propria natura, quello che più si addiceva ad un concilio che riguardava l'intero casato. Ma possedeva lei un carattere tanto perfido? Shion ne dubitava fortemente, anche se quest'ultima si stava chiedendo soprattutto come mai lei fosse stata ammessa a quella riunione. Lei era la figliola prodiga, quella ripudiata dalla sua stessa famiglia. Perché si era potuta accomodare a pochi metri dalla sua sorella capofamiglia senza che nessuno obiettasse? E perché c'era anche sua madre, quella che anni prima aveva ripudiato il suo ruolo di erede del casato e che era stata bandita da ogni evento ufficiale? Ed i suoi amici, poi? Shion poteva spiegarsi come mai Rika fosse lì, ma per quale ragione era stato dato anche agli altri il permesso di assistere ad un convegno tanto importante della famiglia Sonozaki? La ragazza era angosciata da quello che poteva esserci in serbo per la sua sorella gemella, c'era qualcosa di grosso che bolliva in pentola.

Ma eccoli qui. Mion diede il via alle danze, e dichiarò: “Posso chiedervi chi di voi ha fatto richiesta per un incontro così urgente e di tale importanza? Sono molto impegnata in questo periodo, lo sapete.”

Sono stata io.”

Una voce fredda risuonò nell'aria, tra l'informe massa demoniaca che sedeva di fronte a Mion. La ragazza si girò verso colei dalla quale erano fuoriuscite quelle tre parole, e sollevò le sopracciglia in un gesto di lieve sorpresa, quando vide di chi si trattava.

Oh, zia Megumi, non mi ero resa conto che anche tu ci avevi onorato con la tua presenza. Non ci vediamo da parecchio tempo, e pure questa visita è inaspettata, francamente non pensavo che ti avrei più rivisto da queste parti.”

Megumi Sonozaki non mosse un muscolo, e continuò a scrutare con uno sguardo severo la nipote. Ad essere onesti, più che la zia di Mion era la sua prozia, e la cosa aveva una certa rilevanza, poiché si trattava della sorella di Oryou. Sei anni più giovane della vecchia capofamiglia del clan, fisicamente le assomigliava abbastanza, anche se rispetto ad Oryou era leggermente più alta e magra, il che le permetteva di dimostrare qualche anno in meno della sua reale età. Nonostante ciò, gli effetti dell'invecchiamento stavano cominciando a fare la loro comparsa anche sul suo volto, ed i solchi che si stavano pian piano scavando sopra i suoi occhi le donavano un'aria di rispetto ed autorità che in pochi riuscivano a suscitare, là dentro.

Però Mion non provava quei sentimenti verso di lei, non era soggiogata dal carisma di Megumi, al contrario. Tra le due donne non correva buon sangue, anche se in realtà non si odiavano neppure esplicitamente. Semplicemente, tendevano ad ignorarsi e questo per non rievocare quello che era stato in passato. Quando Mion e Shion erano venute alla luce, infatti, la maggior parte della famiglia pretendeva a gran voce che la più piccola delle due fosse soppressa all'istante, come se fosse un cane rabbioso, in ottemperanza alle tradizioni familiari che vedevano di cattivo auspicio la nascita di due o più gemelli. Tra i pochi che si erano opposti a questa idea vi erano state Oryou ed appunto Megumi. Però, diversamente dalla sua scorbutica ma in fondo buona sorella, il motivo che aveva spinto Megumi a prendere quella posizione non era affatto nobile. Il fatto era che non era più interessata agli affari di famiglia, e che anzi si era augurata che Shion vivesse e che portasse davvero sciagure e tragedie al casato, come dicevano quegli antichi racconti; ciò a causa di quello che era accaduto in occasione del matrimonio di Akane.

In quel tempo, come tutti ad Hinamizawa sapevano, a causa della sua decisione di sposare un uomo che non aveva ricevuto l'approvazione di sua madre, Akane era stata a suo tempo diseredata da Oryou e quindi le era stato tolto ogni potere decisionale. Nel giro di pochi minuti tutti nel villaggio vennero a conoscenza di quella notizia, ed anche Megumi. La donna allora iniziò a nutrire delle speranze per la successione, per sé o almeno per i suoi futuri discendenti: in quanto sua unica sorella, era la parente più stretta che fosse rimasta ad Oryou. Ma ricevette un'amara sorpresa, quando scopri che quest'ultima aveva scelto di dare questo privilegio al primogenito della donna che aveva apparentemente ripudiato. Aveva nominato erede un bambino che doveva ancora nascere, e di cui non sapeva neanche se fosse stato maschio o femmina. Sembrava una pazzia, e non solo agli occhi di Megumi, ma Oryou era stata irremovibile.

Le due donne litigarono furiosamente, a causa di quella scelta, e quel giorno Megumi sommerse la sorella di parole ingiuriose. Che razza di coerenza è questa? Gran bel modo di punire quella meretrice di tua figlia! Quando tirerai le cuoia sarà ancora lei a prendere il controllo di Hinamizawa, grazie all'influenza e all'ascendente che avrà sui suoi figli! Sarà lei a comandare davvero nel villaggio, alla faccia dei bei proclamini che hai fatto contro di lei! Quindi è cosi che i Sonozaki si occupano di questo genere di faccende, eh? Bisogna essere delle rimbambite per agire così: ti curi solo di salvare le apparenze e poi lasci tutto come era prima. Ma sentirai presto cosa avranno da dire le altre Grandi Famiglie, e pure le altre persone del villaggio. Ti prenderanno per i fondelli, rideranno alle tue spalle credendoti una governante rincoglionita! Anzi, rideranno alle nostre, di spalle, perché ti abbiamo lasciato fare! Non hai capito che ci siamo giocate il rispetto che la gente aveva verso la famiglia Sonozaki, per colpa tua? Ma figurati se ti è passata per la testa una cosa simile, sei solo una test...

Oryou non le aveva consentito di terminare la frase, ma i toni di quella furiosa diatriba non accennarono a calmarsi, e quel conflitto tra i due membri più influenti della famiglia rischiava di sfociare in un conflitto aperto che sarebbe stato a dir poco funesto per le sorti del clan. Ma Oryou, che era pur sempre la leader in carica, trovo la forza di resistere alla foga di sua sorella. Forse perché lei voleva comunque bene a sua figlia anche dopo una simile onta, forse perché era suo desiderio che il potere andasse comunque ad una sua diretta discendente... fatto sta che la donna non cambiò idea. L'abito mentale e lo stesso modo di ragionare tramandatole dal suo lignaggio le imponeva di non desistere dal percorrere quella che secondo lei era la strada giusta: con il suo solito tono autoritario, fece capire allora alla sua avversaria ed a chiunque altro che non sarebbe mai tornata sui suoi passi e che non avrebbe accettato nessun'altra critica sul suo operato.

E così, vedendo sfumare le sue ambizioni, Megumi smise di provare interesse verso le questioni familiari, e verso i suoi stessi parenti. Quando un paio di anni dopo le figlie di Akane finalmente nacquero e le fu chiesto il suo punto di vista sull'affare Shion, lei rispose stancamente questo: Lasciatela pure vivere, tanto non causerà più danni di quanti ne ha fatti Oryou-sama. Non crucciatevi per questa questioncina da quattro soldi, la famiglia è stata già condannata alla distruzione mesi fa... Megumi era conscia che la sua parola non aveva più valore, ne aveva avuto la dimostrazione in passato. Ed infatti, per suggellare quel distacco che si era venuto a creare, la donna si era trasferita da Hinamizawa ad Okinomiya, risposandosi – il suo primo marito era morto durante la Seconda Guerra Mondiale, quando lei aveva solo trent'anni e già un figlio a cui pensare. Da allora, non aveva più parlato con nessun altro membro vivente della famiglia, fino a quel giorno. Lontana dal mondo in cui una volta viveva, e lontana anche dal denaro che Oryou usava abbondantemente sotto forma di prestiti, per tenere a bada le escandescenze dei parenti ed assicurarsi che essi obbedissero ad ogni sua direttiva.

Megumi non si identificava più in quel mondo. In tutti quegli anni aveva continuato ad isolarsi nella sua torre d'avorio, ignorando quello che aveva luogo ad Hinamizawa e quello che succedeva alla sua vecchia famiglia. D'altronde, neppure Oryou teneva a sapere ciò che faceva sua sorella, il suo orgoglio era troppo cocciuto per soccombere sotto i colpi dei rimorsi, e non aveva quindi conosciuto l'uomo con cui Megumi si era risposata. Non si era fatta dire neppure come si chiamava il suo nuovo marito, cosa inconsueta per la famiglia Sonozaki, sempre al corrente di tutto quello che si verificava nella propria zona di influenza. Oryou non voleva saperlo, e Mion aveva deciso di rispettare la volontà della sua nonna, ormai deceduta.

In fondo neanche a lei piaceva quella vecchia scontrosa. Megumi non aveva voluto la morte di Shion, quando se ne era discusso, ma si era sempre comportata gelidamente con entrambe le gemelline. Con il passare del tempo, alcuni degli altri parenti si erano fatti un esame di coscienza ed avevano mostrato buon cuore, cercando di essere un poco più gentili con Shion: si erano pentiti di aver desiderato la morte di quella bambina appena dopo la sua nascita, ma le facevano quegli atti di cortesia solo quando erano lontani da Oryou, per il terrore di essere scoperti dalla matriarca e screditati agli occhi degli altri, per non dire peggio. Quell'altra donna, invece, dava comunque l'impressione di essere come quelli che consideravano Shion come mera spazzatura di cui disfarsi. Mai nessun biglietto d'auguri, mai nessun gesto di affetto... A lei non importava nulla della sua nipote, esattamente come non le importava di nessun altro elemento della famiglia, e questo indispettiva non poco Mion, per cui invece le questioni che riguardavano il clan erano fondamentali. Era per questo motivo che la ragazza dalla coda di cavallo non la riteneva quasi più una parente, e quindi non si aspettava di vederla a quell'incontro formale insieme a zii e cugini. Ma siccome nessuno l'aveva bandita ed estromessa ufficialmente, fino a quel momento, lei aveva perfettamente facoltà di prendere parte a quel raduno, esattamente come chiunque altro degli invitati.

Ma proprio per la scarsa considerazione che Megumi aveva per le questioni di casa Sonozaki, era difficile provare a formulare ipotesi sulla ragione per cui lei era giunta lì, in quella giornata così fredda e sferzata da un vento ghiacciato. Nondimeno, era stata lei a chiedere di organizzare il tutto, come lei stessa aveva confermato dopo che Mion aveva chiesto di sapere chi ne era responsabile. La curiosità della ragazza stava raggiungendo il suo apice, e la vecchia prozia avrebbe soddisfatto presto la sua brama di sapere. Megumi scivolo di qualche centimetro in avanti, rimanendo seduta sulle sue gambe, ed infine parlò, con voce ferma per essere certa che tutti sentissero bene:

Sonozaki Mion-sama, sono qui per chiedervi cortesemente di dimettervi, e di lasciare il comando della nostra amata famiglia a qualcun altro per il bene di tutti noi.”

Non vi fu anima viva che si azzardò a fiatare. Quella pretesa era qualcosa di mai sentito in tutta la storia della famiglia Sonozaki. Un giovane leader, maschio o femmina, che di proposito rinuncia al proprio potere ed alle proprie responsabilità... Non era mai avvenuto, nessuno aveva mai neanche ipotizzato uno scenario del genere. In fondo, per assumere il comando del casato c'era un rito specifico da rispettare passo per passo, ed anche Mion lo aveva compiuto: una cerimonia tediante e stancante, ma che dava alla persona che lo eseguiva il diritto di essere il capo del clan per tutta la vita. E gli unici casi di capifamiglia che prima di morire consegnavano i propri poteri ai discendenti coinvolgevano persone molto avanti con gli anni, anziani che si erano resi conto di non essere più in grado di detenere quel posto, come per esempio aveva fatto anche Oryou l'anno precedente. Una cosa di questo genere non era mai capitata ad una giovane ragazza nel pieno delle sue forze, se fosse successo adesso con Mion sarebbe stata una novità di portata incalcolabile, una vera e propria rottura irreversibile con il passato.

Lo shock provocato dalla richiesta diede le vertigini a tutti i presenti, ed anche Mion preferì non replicare, lasciando la parola a sua madre: “Sono cosciente che tu vedi a Mion-sama come ad una usurpatrice, anzi ne siamo tutti coscienti, qui. Sappiamo che tu non l'hai mai ritenuta degna del tuo amore e della tua riverenza, ma potresti illustrarci delle valide motivazioni a supporto di questa bizzarra proposta?”

Megumi non guardò la donna neanche di striscio, c'erano ancora degli attriti mai risolti, tra di loro. Così, continuò ad osservare quella che considerava solo come una ragazzina immatura e rispose, con parole affilate e prive di calore come coltelli di ghiaccio: “Tenere le redini del casato non rientra nelle tue capacita. Ne ho avuto prova lo scorso dicembre, quando ho visto con quale grado di impreparazione voi abbiate fronteggiato Nabiha-san ed il suo piano folle. Siamo stati costretti a ricorrere ad un aiuto esterno per venire a capo della questione, ed anche oggi non ci è noto il nome di chi ha davvero tentato di condurci alla rovina. Solo qualche mese è passato dal tuo insediamento, ma tu hai già reso chiaro a tutti quanto inadeguata tu sia.”

Alla nostra rovina, dici... Non pensavo che tu ti reputassi ancora un membro effettivo della famiglia, zietta.” Fu questa la prima reazione di Mion. I suoi occhi erano ora fermi e ben indirizzati in direzione di Megumi, e la stavano squadrando con un malcelato astio. Ma il suo atteggiamento era ancora influenzato da quello che le era successo in tutto il periodo precedente, e la ragazza dimostrò in fretta di essere ancora titubante e di non essere in condizioni di affrontare la propria avversaria con fermezza. Megumi stessa sorrise beffardamente, probabilmente compiaciuta di vedere la propria nipote in un tale affanno, e quindi fece un cenno all'uomo seduto alla sua sinistra, che repentinamente si alzò e camminò verso Mion ed Akane.

Non l'ho mai visto da queste parti al Maniero, non è certo tuo marito?” commentò quest'ultima “Ci puoi fare l'immenso piacere di spiegarci chi è questo?”

Ma dai... Potremmo definirlo un semplice subordinato, un servitore. Trovo curioso che tu non ne sappia nulla, voi gran capi sapete sempre tutto, di solito.”

Invece no, che non lo sapevamo. Non ci risulta che tu sia tanto ricca, e dare la paga a più di due o tre tirapiedi deve essere un onere piuttosto gravoso, per te e tuo marito.”

Hmph, una volta che disponiamo del denaro necessario per mantenerli non vedo cosa ci sia di male. O invece credete che spetti solo a voi, il privilegio di avere dei servi? Non siete dei re incoronati per grazia di Dio, ficcatevelo in quella testaccia dura.”

Akane non prestava quasi attenzione alle parole di Megumi, era invece concentrata sull'uomo che si stava facendo loro sempre più vicino. Era un individuo di un'età paragonabile alla sua, piuttosto basso ma dall'aspetto robusto e prestante. Indossava un completo nero, nero come i suoi capelli corti ed i suoi occhi spenti, ed il suo sguardo era compito e serio, torvo e corrucciato come se stesse presenziando ad un funerale. Non vi era alcun barlume di gioia ed umanità nel suo volto cupo.

L'uomo si fermò solo quando si trovò a mezzo metro di distanza da Mion. Quindi si inginocchiò lentamente. Molto lentamente.

E, all'improvviso, si mosse a tradimento.

Prima che qualcuno potesse anche solo provare a fermarlo, un corto coltello di ossidiana era apparso da sotto la manica dell'energumeno, e con un movimento abile e preciso aveva tagliato con esso il kimono di Mion, lacerandolo in due parti uguali. Senza che una singola goccia di sangue fosse versata, i pezzi dell'abito che fino a poco prima la coprivano discesero silenziosamente dal corpo della ragazza, ed i suoi amici furono colti dallo sgomento più assoluto. La schiena della loro compagna era rimasta nuda, e quello che vi era sopra era ora visibile a tutti quelli che sedevano dietro di lei.

Sulla schiena di Mion avevano potuto vedere il tatuaggio che da anni lei portava su di sé.

La ragazza dalla coda di cavallo si rese conto in un lampo di cosa aveva voluto fare quell'uomo con quel gesto, ed afferrando le due parti del kimono tentò di rivestirsi, tenendo gli stracci uniti con le braccia in un vano tentativo di nascondere il suo disegno. Purtroppo, quel suo movimento disperato non serviva a molto, le trame ed i colori impressi sul suo dorso affranto erano facilmente notabili da chiunque.

Solo dopo qualche secondo interminabile Kasai arrivò per coprirla pietosamente con la propria giacca. Ma era troppo tardi. Tutti avevano visto quel viso demoniaco dalle fattezze spettrali, quegli occhi assetati di sangue, quelle corna bestiali circondante da rovi secchi ed aggrovigliati su loro stessi... Avevano visto ogni dettaglio di quel disegno, avevano visto cosa i Sonozaki pensavano della vera natura del proprio capo, ed anche della loro.

Una tiepida lacrima cadde dall'occhio di Mion, mentre Megumi sghignazzava soddisfatta. Ora era chiaro perché così tante persone erano state invitate. La donna voleva che l'umiliazione della nipote fosse contemplata da quante più persone possibile, in modo che quella memoria non potesse essere cancellata. Così, la vecchia megera esclamò: “Avete compreso tutti quello che voglio dire, ora. Il nostro è stato un atto doloroso, ma dovuto per salvare l'onore ed il buon nome del casato. Esso ha sempre basato il suo potere sulla paura che il suo leader era in grado di suscitare nel prossimo e sul rispetto che da esso giustamente veniva, non era solo una questione di ricchezza o di antiche tradizioni. Un capo forte è importantissimo per la nostra sopravvivenza, anzi potremmo dire che vitale, indispensabile. Se non sei in grado di garantire questa forza, Mion-san, allora faresti meglio a farti da parte e non causare ulteriori imbarazzi a tutti noi.”

E magari tu vorresti prendere il suo posto, razza di strega?” gridò Keiichi, che non poteva più rimanere in silenzio di fronte a quello spettacolo raccapricciante.

Non mi sembra che qualcuno ti abbia dato il permesso di parlare, qui. Resta al tuo posto e non disturbarci oltre.” rispose Megumi, brevemente.

Pfui, anche se disobbedissi la vergogna che cadrebbe su di me sarebbe infinitamente più piccola di quella che dovresti provare tu! Ti rendi conto di quello che hai fatto?”

Questi mocciosi impudenti... Comunque, se proprio ci tieni mostrerò di avere più senso di dignità di quanto ne abbia tu, e risponderò alla tua domanda irriguardosa, anche se è stata posta con termini alquanto scortesi. Io non voglio quel posto di cui tu stai vaneggiando, ci ho rinunciato anni fa, e non avrei alcuna ragione di avanzare delle pretese per esso. Ma vi sono altri uomini qui che possono reclamare quel ruolo a buon diritto, ed è anche per tale motivo che ho radunato molte persone in questo luogo. Ogni membro del nostro clan dovrebbe riflettere coscienziosamente su questa eventualità, e se pensa di avere i requisiti per essere il nuovo capofamiglia gli sarà concesso di proporre la propria candidatura, che sarà discussa insieme alle altre. Mi pare un suggerimento equo, non faccio preferenze.”

Stai parlando come se Mion si fosse già arresa ed avesse già lasciato il posto libero! Ma non illuderti, non sarà così semplice!”

Ti piacerebbe trascinarmi verso una lunga battaglia verbale, come quella alla prefettura con Nabiha-san, vedo... Mi hanno informato dei dettagli di quel giorno, e personalmente sono una che ama più i fatti delle parole. Ora che tutti l'hanno vista, come puoi pensare che possa ancora essere una brava leader?”

Ha molti amici che si preoccupano di lei, esattamente come succede per ogni buona guida. Una persona completamente isolata dal resto del mondo e senza alcun consigliere non può essere un valido capo, per il semplice motivo che più teste ragionano meglio di una e che con dei buoni suggerimenti dall'esterno chiunque può dare di più di quello che darebbe in solitario.”

Megumi aveva sempre vissuto sola, lontana dalla famiglia, e quindi quella breve arringa non le piacque per nulla, come l'espressione sulla sua faccia dimostrava chiaramente. Lui non l'aveva fatto apposta, ma quello di Keiichi era stato un colpo basso. Ma aveva poca importanza, dopo tutto. Il ragazzo era deciso a non arrendersi, avrebbe preso il posto di Mion per qualche istante se fosse occorso, e gli altri gli avrebbero dato una mano volentieri. Ma prima di affrontare a viso aperto quella serpe c'era qualcos'altro di cui si doveva occupare. Senza dire nulla, Keiichi fece un gesto con la mano a Shion, che capì subito cosa fare: andò da Hanyuu e la pregò di portare con sé Mion fuori dalla sala. Al momento, non era psicologicamente in grado di sostenere il feroce dibattito che sarebbe sorto di lì a poco, il suo animo scosso aveva bisogno di riposo.

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Nei trenta minuti successivi al fatto, Mion rimase immobile in camera sua, seduta sulla sedia accanto alla propria scrivania, con Hanyuu che si dannava l'anima per trovare qualcosa di appropriato per confortarla, senza successo. La ragazza dai capelli verdi si era sfilata il suo kimono strappato, buono ormai solo per la pattumiera, ed ora indossava i suoi consueti abiti invernali. Nel vestirsi, però, non aveva aperto bocca ed anche dopo si era astenuta dal proferire anche una sola parola, compiendo le varie azioni meccanicamente come se la sua stessa anima le stesse scivolando fuori dal corpo, in punta di piedi e senza far rumore. La sua piccola amica era angosciata da quella visione, le frasi che ogni tanto le rivolgeva non ricevevano risposta e le pareva quasi di parlare ad un oggetto inanimato, ad un pupazzo di gomma, piuttosto che ad una persona in carne ed ossa.

Hanyuu era disorientata. Cercando di rendersi utile, appoggiò un bicchiere pieno d'acqua sulla scrivania, invitando Mion a berne un sorso; tuttavia, quando non poté che constatare tristemente che l'altra non rispondeva neppure alla sua offerta, a lei non restò che fissare l'amica che non si muoveva da quella sedia, delusa. Mi hanno chiesto di salire in camera sua con lei perché sapevano che non posso essere utile in una discussione seria... Però io non riesco ad aiutare neanche lei. Non riesco a trovare la chiave che mi permetta di aprire il suo cuore, tutto quello che posso fare è continuare a chiamarla per nome, come un'inutile giradischi... Mi piacerebbe così tanto, se le persone fossero come libri aperti per me, sarei così contenta se fossi in grado di leggere nelle loro menti. Se solo la psicologia fosse stata inventata qualche secolo prima l'avrei senz'altro studiata con dedizione, per sapere tutto quello che c'è da sapere, per essere davvero di supporto per gli altri... Ora, invece... Cosa posso fare davvero? Convincerla che lei non è realmente una Demone? Lo sa già, credo. Od almeno ci spero... Ma se avessi torto? Se pensasse di avere qualcosa di anormale dentro di sè, di essere diversa dal resto della comunità a causa di quello che c'è sul tuo corpo, di non essere accettata per questo motivo... Sono sentimenti che posso capire con facilità, li ho vissuti anche io quando ero veramente in vita, quando ho dovuto chiedere ad Ouka di uccidermi. L'avevo fatto perché la popolazione umana del villaggio odiava i demoni, e le mie corna erano il simbolo di ciò che loro ripudiavano... Povera Ouka, che cosa ti è successo per essere cambiata così drasticamente? Quale dramma, quale circostanza ti ha portato a desiderare di distruggere il villaggio che così tanto adoravi...?

In quel momento, Hanyuu udì la porta della camera cigolare leggermente, mentre veniva fatta scivolare. Una figura conosciuta apparve dietro di essa, prima di entrare e richiudere la porta alle proprie spalle.

Gi-chan” esclamò Hanyuu, che non si aspettava visite “Perché sei venuto qui? Il raduno di sotto è già finito?”

"No che non è finito. Per nulla. Stanno ancora urlando come dei pazzi scatenati, si stanno scannando come delle bestie. Dovreste riuscire a sentirli anche da qui, anche se siamo belli lontani... Aspettate un secondo.” Il ragazzo riaprì l'ingresso della stanza, ed un rumore di sottofondo riempì la camera. Hanyuu aguzzò allora le orecchie e dopo un paio di secondi sorrise. Prima non se ne era accorta, ma ora che Giancarlo glielo aveva fatto notare lei poteva distinguere le varie voci che provenivano dalla sala al piano di sotto; non poteva decifrare le parole esatte che venivano pronunciate, ma poteva facilmente dedurre che a parlare erano soprattutto Keiichi e Shion, che non si erano dati certo per vinti.

Si stanno davvero sgolando... Ma non mi sembrano affatto provati dallo sforzo, per fortuna.” disse lei, mentre l'altro richiudeva di nuovo la porta.

Hai ragione... Mi avrebbero fracassato i miei poveri timpani, se fossi rimasto laggiù un minuto di più.”

In effetti... Ma come mai sei qui, a parte questo?”

Non sono un bravo oratore, non è una novità per voi. Non riuscirei ad urlare come fanno quegli assatanati, non sono mai stato davvero in grado di farlo, e poi ci sono già abbastanza litiganti in quel vespaio là sotto. La situazione è abbastanza tesa, con parenti e amici che si accusano l'un l'altro, idealisti che si scontrano con opportunisti, vecchi rancori risvegliati... Suppongo che non si siano neppure accorti che io li abbia lasciati alle loro diatribe.”

Hanyuu si sforzò di sdrammatizzare, e provando a sorridere disse: “Se fosse così, Mion-san ti darebbe del codardo che se l'è data a gambe svignandosela dal luogo dell'azione.”

Lo farebbe se stesse bene, temo...” replicò lui mogio a voce bassa, sospirando e guardando verso l'altra ragazza nella stanza “A proposito, come sta, adesso?”

Hanyuu perse il sorriso appena assunto, e scuotendo il capo rispose: “Non da segni di vita... Voglio dire, fisicamente è a posto, solo che non si muove di un millimetro, sembra una statua di gesso.”

Giancarlo si accostò allora a lei, e le chiese con voce tranquilla: “Mii-chan, sono io, Giancarlo... Come va?”

Nessuna risposta.

Io volevo... chiederti scusa, in qualche modo. Avrei dovuto intuire che quella gente aveva in mente qualcosa di losco, e quando ho visto quel tizio andare da te mi sono scesi i brividi lungo la schiena. Però... Non ho mai avuto dei gran riflessi, ed il mio istinto non funziona mai come dovrebbe. Ho sempre bisogno di un po' di tempo per capire veramente quello che accade attorno a me.”

Nessuna risposta.

Il giovane sorrise, mestamente “E' un po' come nelle attività di club che abbiamo effettuato nei mesi in cui sono stato qui, ti ricordi? Ho sempre perso ad ogni benedetta prima partita, ed ho sempre dovuto attendere la seconda per elaborare una contromisura... Meno male che di solito facciamo molte partite di uno stesso gioco in una singola sessione, così spesso recuperavo il terreno perduto e riuscivo a sopravanzare almeno Kei-chan...”

Nessuna risposta.

E poi c'è stato il giorno in cui abbiamo giocato a biliardo, è successo poco tempo fa, non te lo sei scordato, non è vero? Ho dovuto assistere per un'ora a te e Kei-chan che vi davate battaglia, prima di capire qualcosa di quel gioco. Se avessi dovuto iniziare io quella partita... Sarebbe stato un disastro, avrei rischiato di tirare una biglia nell'occhio di qualcuno. È per questo che temo che sia anche colpa mia, quello che ti è accaduto di sotto. Se fossi stato più perspicace, più pronto, più... più istintivo...” A vederlo negli occhi, sembrava che Giancarlo credeva davvero di essere responsabile per quello che era stato. Non era felice di dire quello che stava dicendo.

Ma tanto da Mion non venne nessuna risposta, ancora.

L'hai vista?” commentò Hanyuu “Hauu, fa così da quando si è seduta lì, e io non so che fare...”

Era effettivamente una scena avvilente, per chi cercava di risollevarla da quella depressione. Un po' abbattuto, il ragazzo cercò un'altra sedia su cui mettersi, ma ce n'era una sola in quella stanza, quella su cui stava Mion. Così, non gli rimase altra scelta se non inginocchiarsi sul parquet. Lui era un poco più alto di lei, così con quella postura la testa di Mion si stagliava sopra quella di Giancarlo, ma la differenza di altezza era piuttosto limitata, così da essere accettabile per degli eventuali dialoghi. Una volta che lui si fu accomodato, quindi, il giovane cercò di chiamarla due o tre volte senza ricevere risposta. Pertanto si fermò e la guardò per qualche minuto, sempre seduto a poco spazio da lei. Rimanendo fermò lì, stava cominciando a riflettere su una strategia alternativa.

Se ne stette impassibile in quella posizione per qualche tempo. Ma poi, con cautela iniziò ad alzare il proprio braccio e, dopo aver delicatamente spostato la mano di Mion che era d'intralcio, cominciò a sfiorarle la gamba con un dito, spostandolo su e giù come se stesse seguendo il disegno di una delle sue vene. Ovviamente in realtà non riusciva a vederle, sotto i jeans della ragazza, ma la cosa non aveva importanza, era solo un modo affettuoso per stuzzicarla e darle fastidio, quasi un solletico. Infatti, mentre lo faceva andava dicendo: “Non mi sembra che tu te la senta di parlare o di fare dell'altro, così penso che non ci siano problemi se vado avanti così, no? Chi tace acconsente, dicono.”

Lui proseguì con quel gesto per quattro o cinque minuti, con quel movimento placido ed allo stesso tempo ostinato. Ed alla fine la ebbe vinta, tanto che Mion disse infine con voce fiacca: “Per favore basta, mi stai annoiando.”

Oh, sento che sei ancora tra noi, allora. Buone notizie.” replicò lui, rialzandosi appagato da quella stringata risposta. Successivamente, si appoggiò contro il muro ed aggiunse solo: “Io sono qui, a disposizione. Se pensi che ti possa aiutare a sentirti meglio, sfogati pure su di me. Aspetterò qui pazientemente, non ti preoccupare se nessuno fiata per un po', so attendere quando serve.”

Detto ciò, fece quanto aveva annunciato, e non parlò più. I tre erano ora lì, immobili nella quiete di quella stanza angusta, creando un'irreale atmosfera che veniva rotta di tanto in tanto solo da delle grida più forti del solito, urli e strepiti che venivano ancora dalla sala principale del Maniero dove si stavano battendo gli altri. Hanyuu non osava comprimere un muscolo, timorosa di infrangere quel silenzio così significativo: temeva che avrebbe commesso un grave peccato, se lo avesse fatto, così fece del suo meglio per passare inosservata e non produrre alcun rumore, in attesa che lo svolgersi degli eventi facesse il suo corso.

Passò il tempo, e loro erano ancora lì. Mion seduta sulla propria sedia, Giancarlo adagiato contro il muro, Hanyuu che guardava prima l'una e poi l'altro. Erano tutti in ansia, speranzosi che qualcuno degli altri cedesse allo stress crescente, ma era evidente che in quella battaglia di nervi vi era una sfavorita, una persona già indebolita e scossa da quello che aveva dovuto sopportare neanche un'ora prima. Giancarlo ed Hanyuu ne erano coscienti, e vegliavano su di Mion come angeli custodi che proteggevano la persona loro assegnata, con enorme e premurosa pazienza.

E difatti, alla fine lei dovette arrendersi. Pian piano si girò verso di loro, chiedendo: “Siete ancora lì?”

Hanyuu rispose di sì: “Hauu, te l'avevamo detto che ti avremmo lasciata tranquilla, ma anche che non avremmo desistito. Non ti vogliamo abbandonare.”

Sì... E' vero...” Mion accavallò le gambe per stare più comoda, e poi girò la sedia per riuscire a guardarli in faccia senza ruotare la schiena. La ragazza deglutì per farsi forza, e quindi iniziò a vuotare il sacco.

Hanyuu-chan, Gi-chan... voi pensate che la zia Megumi abbia ragione?"

NO! ASSOLUT-" Hanyuu cominciò ad urlare, ma Giancarlo la fermò mettendole una mano sulla spalla. Dopo aver fatto ciò, il giovane le chiese: “Perché pensi una cosa del genere?”

Ci vollero più di trenta secondi per lei per rispondere: “Beh... L'avete visto. Il mio tatuaggio...”

Mion deglutì nuovamente, prima di proseguire.

Quel tatuaggio dovrebbe essere il marchio che dimostra la mia appartenenza alla gloriosa stirpe demoniaca che ha governato su Hinamizawa durante tutti i secoli scorsi. Dovrebbe essere un segno della mia forza e della mia determinazione, ed invece...”

Invece... La ragazza riprese a piangere, ed Hanyuu le si fece vicino, tentando di abbracciare la sua amica triste, per quanto le sue braccia corte glielo permettessero. La bambina avrebbe voluto essere più alta, per avere arti più lunghi e poterla stringere a sé con più affetto, ma questo non le era permesso. Pur non lasciandola, Hanyuu si sentiva un po' stupida in quella situazione... Si sentiva un po' inutile, a dire il vero.

Ma la sua testa fu presto riempita dal dolore di Mion.

Io non lo voglio, questo tatuaggio!” urlò la ragazza, cadendo preda di una profonda angoscia “Io non lo voglio, questo tatuaggio! Dà un'immagine sbagliata, di me! Mi descrive come una donna forte, una donna che non teme nulla, una donna in grado di sconfiggere nemici ed ostacoli cento volte più grandi di lei. Ma guardatemi, invece! Sono una ragazzina che non sa fare altro che piangere e lamentarsi come una poppante. Non sarei triste se in qualche modo mi dessero una forza straordinaria... Magari fossi forte come un Demonio, magari fossi un Demonio in tutto e per tutto! Io vorrei tanto esserlo! Sarebbe meglio, se lo fossi! Ma invece non è così... Ai miei avi questo tatuaggio ricordava quanto erano forti, a me invece ricorda quanto sono debole, mi ricorda quello che non sono... Io vorrei essere quel mostro che raccontano nelle storie di famiglia, almeno sarei meglio di quanto sono adesso... Io non valgo un centesimo di quello che valeva Batcha...”

Mion stava urlando a squarciagola, ora, ma nonostante ciò nessuno, al di fuori della camera, udì alcuna parola del suo dolore. Erano tutti ancora nella sala, assorbiti da questioni di altra natura, e non potevano immaginare quello che stava avendo luogo al piano di sopra. Non potevano avere idea che Mion si fosse sciolta in lacrime, tuttora abbracciata da Hanyuu, mentre Giancarlo assisteva alla scena. Questo, finché quest'ultimo non disse: “Mii-chan, non ti offendi se ti dico una cosa?”

Che... Di che cosa si tratta?”

Mii-chan, se penso a quello che ci hai appena detto mi viene da concludere che tu sia troppo influenzata dal tuo tatuaggio. Mi rendo conto che tu non lo possa rimuovere dalla tua schiena, ma non puoi permettergli di causarti così tante sofferenze. È il tatuaggio ad appartenere a te, non tu al tatuaggio.”

Mion istintivamente spinse via Hanyuu lontano da sé, anche con una certa foga, e quindi si dirigette a grandi passi verso colui che si era permesso di darle quel suggerimento fuori luogo.

Sentivi proprio il bisogno di dirlo, vero?" chiese lei arrabbiata “Ma tu lo sai cosa significa vivere con questa roba addosso? Tutti che puntano il dito verso di te e ti indicano come la grande leader che verrà, la futura portatrice dello Spirito Demoniaco che secondo la tradizione scorre da sempre nelle vene dei Sonozaki. Tutti si aspettano cose strabilianti da te, e ti mettono addosso delle tali responsabilità da rendere la tua vita un vero inferno... Tu non hai idea di cosa vuol dire essere schiacciati da questi sentimenti, non hai idea della miriade di notti che ho passato insonni... Questo tatuaggio è l'emblema di quello che un leader Sonozaki aspira ad essere... E tu ora mi fai la predica e mi dici che dovrei dimenticarmi di tutto come se niente fosse? Come se quello sulla mia schiena fosse solo un mucchietto di nei colorati?”

L'unica cosa che vedo ora è che con me fai la voce grossa. Potevi usarla anche prima, o sbaglio?” I due si stavano guardando con una certa animosità, ed Hanyuu era incerta se provare a separarli o meno. I due rischiavano di venire alle mani, a vederli così indispettiti l'uno verso l'altro.

Sempre bravo a cambiare argomento, non è vero? Non fa niente, tanto te lo ripeto: tu non sai cosa vuol dire convivere con un segno che cambia così tanto la tua vita.”

Ma piantala. Il tuo è solo un acquarello, a conti fatti.” rispose lui seccato.

COSA?” Mion picchiò violentemente la scrivania con un pugno di potenza spaventosa, e quindi inveì contro l'altro, furibonda: “Questo tatuaggio ha stravolto la mia stessa vita, e quella dell persone che mi sono vicino, e tu hai il coraggio di definirlo un acquarello? Questo non è un gioco, ma tu non riusciresti a capirlo neppure se rimanessi a spiegartelo per i prossimi cento anni! E... E poi...” la ragazza cominciò ancora a lasciar cadere delle lacrime, troppo esausta anche per continuare ad essere furiosa.

Mii-chan, guarda...” si limitò lui a commentare, cambiando d'improvviso atteggiamento e calmandosi “A me basta vedere che tu sia stata capace di uscire dal tuo stato di prostrazione. Almeno mentalmente non sei più in caduta libera.”

Ti basta questo, eh? Anche se significa obbligare gli altri a disprezzarti a causa del tuo comportamento, ho capito bene?” rispose lei, scossa e combattuta da un misto di rabbia, disperazione e confusione “Io... Io lo so che l'hai fatto apposta, a provocarmi, non sono nata ieri. Ci sono cascata, avrei dovuto mangiare la foglia prima. Così non va affatto bene, io non voglio arrivare ad odiare qualcuno solamente per riuscire a trovare la forza di reagire. Io... mi rendo conto che tu hai fatto il cattivo solo per spingermi a stringere i denti, però...”

Più che stringere i denti direi stringere le zanne, visto che parliamo di Demoni.” la interruppe lui, ironicamente.

Sì, quello che vuoi.” replicò lei annoiata. Mion aveva recuperato una parte della sua verve, ma ora aveva di nuovo abbassato lo sguardo. C'era una cosa di cui voleva accertarsi. “Comunque, non parlavi seriamente quando tu hai riso del mio tatuaggio e l'hai chiamato solo un acquarello, dico bene?”

Giancarlo stava per rispondere, ma una voce lo anticipò: “Hauu, sì, anche io avevo qualcosa da chiederti in proposito, Gi-chan.”

Entrambi si voltarono verso Hanyuu, si erano quasi scordati che c'era anche lei in camera.

Che cosa intendi?”

Beh... Rika mi ha raccomandato di fare attenzione al modo con cui le persone soppesano le proprie parole... anche le tue... ed il modo con cui hai detto quella frase mi ha colpita. Vedi, tu hai detto “Il tuo è solo un acquarello... “Il tuo è solo un acquarello”... Hai sottolineato il tuo, hai detto così...

Mion sgranò gli occhi, guardandolo ed avendo un primo sentore di dove Hanyuu voleva arrivare. “Il tuo? In che senso, scusa?”

Giancarlo sospirò tristemente, come per raccogliere un po' di coraggio, e poi cominciò a sbottonarsi la camicia.

Avete ragione, in realtà c'era una cosa che volevo dirvi, dopo quello che è avvenuto al piano di sotto. Altrimenti avrei usato altri termini, probabilmente.” Il ragazzo sospirò ancora, nervoso, a disagio, chiaramente quello che stava facendo gli pesava, ma era pronto ad andare avanti. “Mion, non intendevo mancare di rispetto alla sofferenza a cui sei dovuta andare incontro in tutti questi anni, a partire dalla realizzazione del tatuaggio sulla tua schiena, e posso capire il dolore che provi anche adesso. Lo conosco, perché so cosa significa avere il corpo marchiato da qualcosa, ed io... vorrei che tu lo sapessi. Ma al tempo stesso, quando ho detto quella frase volevo spiegare anche un'altra cosa. Non devi sentirti condizionata troppo da quel disegno, a prescindere dai significati che esso ha per te. Devi metterti in testa che tu sei comunque libera di scegliere il tuo destino. E questo perché, nonostante tutto, quel tatuaggio non può aver rovinato la tua vita tanto quanto questo ha fatto con la mia.”

Giancarlo finì di sbottonarsi e si levò la manica destra della camicia. Ed a quella vista, per un momento, a Mion venne da vomitare.


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Capitolo 34
*** Senza più un'anima ***


NOTA IMPORTANTE: In questo capitolo ci sono molti riferimenti alla nascita di Giancarlo ed Alice (seconda parte del cap. 12, "Storie di gemelli") ed alla storia della stessa Alice ("I cocci del vaso di Pandora ", capitolo 23). Se c'è qualcosa che non vi è chiaro nella storia che seguirà, date un'occhiata a quelle parti, vi permetterà di comprendere meglio i fatti di questo capitolo.

 


Capitolo 33: Senza più un'anima


Hinamizawa, 5 Febbraio 1984

La scena a cui Mion fu costretta ad assistere era agghiacciante. Davanti ai suoi occhi giaceva un braccio sfregiato, deturpato da due lunghe linee scure. Due interminabili cicatrici che partivano dalla spalla e percorrevano tutto l'arto fino quasi al polso, sfigurando la sua pelle che a causa di esse era tutta ricoperta di chiazze di un innaturale color violaceo. Una quantità spaventosa di grinze e macchie simili a vecchi ematomi ricolmava le zone del braccio vicine a quei tagli, circondati da una marea di eczemi verosimilmente dovuti al pietoso stato dell'arto. La stessa cute appariva in alcuni punti più spessa, condensata in ammassi di grumi di pelle che formavano come delle sottili montagnole che costeggiavano le ferite, mentre in altri era più fragile e delicata ed era possibile intravvedere le vene sottostanti; una pelle ruvida e punterellata da cima a fondo da quei segni sgradevoli. Qualcosa di spiacevole alla vista e, probabilmente, anche al tatto. Qualcosa di cui vergognarsi, in definitiva.

Mion rimase a bocca aperta, attonita. Quelle cicatrici sembravano essersi chiuse da molto tempo, il che significava che Giancarlo viveva in quelle condizioni da anni... Ed un braccio così malconcio doveva probabilmente essere sottoposto a dei controlli periodici, in modo da tenere sotto controllo il suo stato di salute. Vivere con un arto tanto malridotto non doveva essere un divertimento, forse ne aveva addirittura perso in parte la funzionalità e lui non poteva eseguire con esso tutti i movimenti che una persona sana può compiere. Non c'era da stupirsi che lui preferisse celarlo agli altri. Ma la cosa più insolita era che quelle cicatrici seguissero una linea rettilinea, lungo tutto quell'arto torturato. La loro forma non era per nulla irregolare, come sarebbero state nel caso di un incidente fortuito, ed erano di gran lunga troppo lunghe... Quelle ferite gli erano state inferte da qualcuno, di proposito.

Mion continuò a fissare il braccio, dominando i conati, ed infine chiese sbalordita: “Quelle... quelle due... cose lì... che cosa...”

Ce n'è una terza in realtà, sul retro del braccio, solo che tu non puoi vederla da lì.” Disse lui titubante, prima di ruotare di qualche grado la spalla, in modo che l'altra potesse scorgere un'altra linea sinistra che come le altre marchiava in modo indelebile anche quella parte del corpo. Ora avevano visto abbastanza, ed Hanyuu impietosita gli porse di nuovo la camicia, per invitarlo a rivestirsi. Trattenendo le lacrime, lui la ringraziò per il gesto ed obbedì: era stato già sufficientemente duro togliersi l'abito e mostrare quello sfregio così umiliante, sarebbe stato inutilmente doloroso per lui continuare a tenere il braccio ben in vista.

Io... Io non...” Mion balbettò, non avendo neppure chiaro cosa voleva dire “Io non sapevo... che tu... Se lo avessi... Io... Io... non sapevo...”

Ad essere sincera, invece, io sospettavo che ci fosse qualcosa sotto.”

Anche Rika era salita nella stanza, ora. Dopo tutto, il concilio al piano inferiore sembrava non finire mai, ed il fatto che né Hanyuu né Giancarlo fossero più ridiscesi le aveva consentito di intuire che qualcosa di importante stava succedendo di sopra. La bambina adocchiò quindi Giancarlo ed aggiunse: “Scusa se sono cinica, ma questi segni mi spiegano molte cose... Le maniche lunghe indossate anche d'estate... La tua reazione quando Keiichi aveva finto di tagliarti il braccio con il dito... Allora non avevo tutti i torti, quella volta, quando ho dichiarato a tutti che tu stavi nascondendo qualcosa.”

Giancarlo preferì non girarsi verso di lei: “Ammetto che avevi le tue ragioni... Ora però spero che abbiate capito perché ho detto che i segni che ho io hanno stravolto la mia vita, obbligandone le scelte. Nee-chan ogni tanto si diverte a prendermi bonariamente in giro ed a darmi del topo di biblioteca... Ma alla fine io sono diventato una persona del genere perché non potevo fare altrimenti. Queste ferite sono estremamente invalidanti, a causa loro non posso intraprendere nessuna vera attività fisica: non posso portare pesi eccessivi, non posso svolgere attività manuali pesanti, non posso praticare sport che richiedono l'uso delle braccia, non posso subire colpi troppo forti... Logico allora che mi chiudessi tra quattro mura sicure, non c'erano molte altre possibilità, a casa avevamo tutti il terrore che le cicatrici si potessero riaprire in qualsiasi momento, che quest'arto tenuto assieme con ago e filo si smembrasse all'improvviso. Il dolore provato sarebbe stato insopportabile, lo scorrere del sangue sarebbe stato... Beh, lasciamo stare.”

Giancarlo sfiorò con il dito la superficie ruvida della scrivania, dove una volta si trovava la bambola che Mion aveva accidentalmente ridotto in frantumi, e poi continuò: “Sapete una cosa? Quando Alice ha iniziato a tirare di scherma, avrei voluto imitarla, sfidarla come fanno tutti i fratelli e le sorelle. Sarei diventato il suo rivale... ma non ho mai potuto farlo. Una stoccata subita nel posto sbagliato mi avrebbe squarciato il braccio ed avrebbe causato il pandemonio nella sala d'armi. Dovevo starmene in disparte, guardare i suoi allenamenti ed i suoi incontri. È stato un vero peccato... anche per Alice. Se io fossi stato nelle condizioni fisiche di sfidarla a duello si sarebbe allenata con più passione, sapendo di avere un avversario in famiglia. Avrebbe avuto più stimoli, sarebbe diventata una spadaccina molto più dotata di quanto sia ora, temo. Vedermi lì mogio su di una panchina, invece, come se fosse isolato da lei... Deve averla disincentivata non poco.”

Ma perciò... Hauuu... C'era qualcun altro che sapeva di questo... Oltre Ali-chan e Flavia-san, ovviamente?”

Sì, loro due non sono le uniche. Ad essere onesti anche Irie-sensei ne era al corrente. Era improponibile nascondergli una cosa di questo tipo, fintanto che siamo qui lui è anche il nostro dottore ed alla prima visita medica avrebbe scoperto la magagna. Gli abbiamo chiesto di non parlarne con nessun altro, e lui ha accettato.”

Non mi sorprende. E' sempre stato un professionista sensibile.”

Non ne dubito, Rika-chan...” Ci fu una pausa da parte del ragazzo “In teoria avremmo dovuto informare anche Chie-sensei, se fossi stato uno studente ordinario della vostra scuola, ma visto che noi la frequentiamo solo per migliorare il nostro giapponese siamo stati esonerati dalle ore di educazione fisica, e quindi abbiamo potuto fare a meno di dirglielo. Lei al momento non sa nulla di questa storia, come voi... almeno fino a poco fa.”

Ca...Capisco...”

Giancarlo sorrise tristemente alle altre ragazze. “Dire questo però non basta, ora... Non ci vuole molto per capire quale domanda frulli nelle vostre teste...”

Infatti” confermò Rika “Da dove vengono.”

E' vero...” ripetè Mion “Che cosa ti è successo, per farti male fino a quel punto?”

Il ragazzo chiuse gli occhi, nel tentativo di costringere la sua mente a raccogliere un antico ricordo che essa non voleva evocare. E mentre li teneva ben serrati, iniziò a narrare quello che era stato. “Voi sapete già della nascita mia e di Alice, ed anche del nostro bisnonno. Alice ve ne aveva parlato, se non mi sbaglio.”

Sì. Le difficoltà che Ali-chan aveva avuto a svegliarsi... ed il fatto che quell'uomo non aveva esattamente un cuore d'oro.”

Già, questo è un eufemismo... Nee-chan vi avrebbe parlato del fatto che il nostro bisnonno aveva iniziato a studiare i culti e le arti esoteriche, negli ultimi anni della sua vecchiaia. Probabilmente aveva paura di dover lasciare presto questo mondo, e si diede da fare per apprendere in fretta le pratiche che si diceva fossero usate dai nostri antenati.”

Che si diceva?”

E' così. Forse questo non lo sapete, ma il vecchio borgo di Serco era stato costruito nel tredicesimo secolo, tutto intorno alla cima di una collina. Case vecchie, d'altri tempi, disposte per la maggior parte lungo il pendio. Gli storici del posto hanno spiegato che era stato edificato in quel punto e con quella forma perché in questo modo sarebbe stato un poco più facile difenderlo, era un luogo sopraelevato con una sua importanza strategica per controllare le vie commerciali che transitavano più a valle. È da lì che proviene il nome stesso Serco. Il villaggio, visto dall'alto, ha le sembianze di una circonferenza, data la sua particolare conformazione, e “Serco” viene appunto da una parola del nostro dialetto che significa “cerchio”. E qui sta il punto, purtroppo. C'è chi diceva che in realtà il nostro paese natale fosse stato edificato in quella maniera per potenziare al massimo gli incantesimi di chi lo abitava, e additava la sua stessa forma come prova a supporto delle loro tesi. Un cerchio, ossia forma circolare, ossia circuiti. Circuiti magici. I cerchi sono sempre stati il simbolo di magia ed alchimia, in passato, le leggende che riportavano di riti oscuri e misteriosi si sprecavano, accumulandosi con il passare dei secoli. Molte persone ci hanno creduto, e sventuratamente anche il bisnonno.”

Era soprattutto interessato allo sviluppo del proprio circuito magico, il suo... Sympathiae Sanguis, o come diavolo avevano denominato quella chimera sui libri. Vedete, dopo che se n'è andato per sempre i suoi testi erano ancora lì nello studio e io gli ho dato persino una lettura, prima di chiedere che fossero bruciati. Lui andava matto per quella roba, voleva imparare ogni singola nozione contenuta in quelli che riteneva testi quasi sacri. Immagino che il suo scopo fosse potenziare le proprie capacità magiche, diventare una sorta di stregone anche per garantirsi un'esistenza più longeva. Un po' come quei personaggi dell'Antico Testamento che di solito morivano solo all'età di otto-novecento anni.”

Quella che si può definire un'età avanzata.”

Vero, ma non ho fatto quell'esempio per caso. Lui era un uomo molto religioso, non mancava mai ad una funzione religiosa, si recava tutti i giorni in chiesa, in prima fila. Ovviamente il suo era un comportamento ipocrita, tipico più di un bigotto intransigente che di una persona pia. Non si può andare a messa, dichiarare di confessare i tuoi peccati, agire come un uomo puro cantando che Dio è Amore, e poi tornare a casa e rendere la vita impossibile ai tuoi stessi parenti, come se le parole che hai pronunciato in precedenza fossero una filastrocca per bambini.”

Molta altra gente fa così.” rispose Hanyuu “Lo capisc-”

LO SO CHE NON ERA L'UNICO!” la interruppe lui bruscamente, spaventandola “NON C'E' BISOGNO CHE TU ME LO DICA! MA E' SBAGLIATO, PUNTO! Mi dite che senso ha, allora?” Giancarlo aveva alzato la voce, tremante, ma subito si morse la lingua. Non riusciva a trattenere completamente la sua frustrazione, dopo tutto quel tempo, cosa che colpì moltissimo Rika. Doveva esserci qualcosa di grosso, dietro, e la bambina non toglieva gli occhi dal ragazzo, che respirava profondamente per riguadagnare almeno in parte il proprio autocontrollo. “Scusate. Non volevo. Sarà meglio proseguire.”

Prima volevo dire che il nostro bisnonno era in circa di una sorta di prodigio che gli potesse assicurare una vita più lunga. Un qualche dono mistico, forse portatogli da un angelo mandato da Dio in persona. Doveva essere stato soggiogato da tutti quei libri polverosi, colmi di riferimenti deliranti alla Bibbia ed ai Misteri Sacri, oltre che accenni ad Angeli, Santi e simili creature. Era il modo in cui quegli studiosi descrivevano le loro ricerche scientifiche, se così li possiamo chiamare; a quei tempi facevano così, e condivano il tutto con il redigere il testo nel latino più complicato che riuscivano a scrivere. E così, quel Sympathiae Sanguis era visto come un regalo, una virtù concessa a pochi umani privilegiati dopo che questi avevano compiuto delle imprese od altri atti eroici. Era un dono che veniva poi usato per combattere il Male, per uccidere il demonio con dei riti e delle cerimonie molto complessi. Uccidere i Demoni, sarebbe così buffo...” Giancarlo ghignò amaramente, con un breve singhiozzo “Se ciò fosse stato vero, in teoria io potrei essere qui solo per ammazzarvi tutti...”

Il ragazzo mosse il capo, cercando di allontanare quell'idea da sé, e quindi girò lo sguardo verso Rika. “Le persone che pretendono di essere Dio, oppure di essere mandate da Dio... le persone che pensano di avere sempre ragione a prescindere, convinte di possedere la Verità assoluta... sono quelle che mi spaventano di più, Rika-chan. Non c'è alcuna possibilità che tu riesca a convincerli che loro abbiano mai torto su qualcosa, se non sei totalmente d'accordo con loro ti accusano immediatamente di essere un inviato del diavolo e non ti danno più ascolto. Dominati da un'insana esaltazione stanno a sentire solo quello che dice la loro testa, che lentamente diventa ai loro orecchi come un messaggero divino, o addirittura come Dio stesso, e quindi sono intrappolati in un circolo vizioso che non porta altro che guai a loro ed alle persone vicine a loro: dichiarano di non dover rendere conto a nessuno di quello che fanno, che devono obbedire solo a Dio o ad un'altra entità non ben definita, il che alla fine è solo un modo che utilizzano per non dover obbedire a qualcuno. Usare il nome di Dio in questo modo è molto conveniente, non siete d'accordo? È quello che il nostro bisnonno stava facendo. Vaneggiava di condurre le sue ricerche per un nobile proposito, come se un Angelo gli avesse ordinato di vivere per sempre e di continuare ad essere un immaginario ambasciatore dell'Altissimo. E non escludo che ne fosse seriamente persuaso, alla faccia di quello che aveva fatto alla sua stessa famiglia negli anni passati: il suo cervello aveva cominciato a perdere colpi, a quanto mi hanno riferito. Non ho problemi a crederlo, quell'uomo stava studiando disperatamente su quei tomi affermando di obbedire ad una volontà divina... Stava cercando qualcosa che Dio aveva preparato appositamente per lui, qualcosa che gli consentisse di ottenere quello per cui si stava dannando l'anima. In altre parole, stava cercando un miracolo.”

Un miracolo?” chiese Hanyuu. A lei non era mai capitato di sentire pronunciare quel termine con una connotazione tanto negativa. Lei ed i suoi amici avevano sempre voluto un miracolo che li salvasse, lo avevano sempre bramato con tutte le loro forze, quando si erano battuti contro Takano. Era forse l'unica via che avevano verso una vita felice. Ma il loro caso sembrava decisamente differente: nemmeno Ouka aveva parlato dei Miracoli con un tale disprezzo, quando era apparsa di fronte a loro nel Saiguden.

La bambina allora si girò prima verso Rika, e poi verso Giancarlo. Il ragazzo stava cercando di mandar giù la propria saliva, ma la sua gola riarsa sembrava ostruita da un ostacolo invisibile che ne occludeva il passaggio. “Sì, il bisnonno stava ricercando un miracolo. E la nostra nascita, per come si era evoluta e per l'epilogo che aveva avuto, sembrava davvero un miracolo."

I suoi occhi caddero sulle ruvide striature del pavimento. “Il modo in cui Alice era stata in grado di sopravvivere era sembrato incredibile agli altri, e per i medici era complicato elaborare delle spiegazioni razionali che potessero reggersi in piedi. Tra le corsie della clinica giravano delle ipotesi, ovviamente, e la più plausibile era stata il verificarsi di un principio di assideramento che l'aveva colpita durante il travaglio e da cui era riuscita a riprendersi rocambolescamente... Però non vi era certezza, anzi, tutti quei luminari brancolavano nel buio ed era impossibile fare degli esami per testare le varie teorie. Nee-chan era risultata essere una bambina in salute dopo le analisi che avevano effettuato per precauzione, ogni congettura su una patologia o una indisposizione preesistente andava a farsi benedire, quindi era difficile inventarsi dell'altro. Un semplice shock? Un incidente durante il parto? Non sapevano che pesci pigliare. Ma la cosa, in fondo, contava fino a un certo punto: anche se i dottori avessero capito cosa era successo davvero, il nostro bisnonno non l'avrebbe mai accettato. Per lui era stato un prodigio, compiutosi con il benestare di Qualcuno in cielo al fine di indicargli la retta via per le sue indagini arcane, e chiunque dissentiva con lui era uno stupido idiota che non capiva nulla dei segreti della vita, non importava se l'altro era un semplice contadino od il primario dell'ospedale. Quello era un miracolo, il segno che stava aspettando da sempre, la sua mente malata non aveva bisogno di sapere altro. Secondo lui, ero stato io a salvare la vita di mia sorella.”

Non appena gli giunse notizia della nostra inconsueta venuta al mondo, quell'uomo si rintanò nel suo studio e non fece altro che leggere e consultare i suoi testi per i successivi tre anni, cercando di dare un'interpretazione “ragionevole”, dal suo punto di vista. Si era messo a vaneggiare che io avessi attivato il mio Sympathiae Sanguis involontariamente, per permettere ad Alice di sfuggire da morte certa; però questo suonava strano anche a lui, c'era qualcosa che non funzionava in quel dogma. Secondo lui io ero troppo piccolo, un bambino non poteva usufruire di quella sorta di magia, stando a sentire i suoi sacri libri; solo i membri più anziani della famiglia potevano avere i requisiti necessari, solo una persona vecchia poteva utilizzarla, come se fosse un rimpiazzo per la forza fisica che essa perdeva progressivamente: le fibre fatte di potere magico che col passare del tempo sostituiscono le fibre muscolari del corpo...”

Le sue indagini durarono qualche anno senza risultati di rilievo, a quanto ne so. Non riusciva a venire a capo della faccenda, l'infruttuosità delle sue ricerche lo rendeva sempre più nervoso, e di solito era il resto della famiglia a subire le conseguenze della sua frustrazione. Il primo ricordo che ho della mia vita sono io accanto a mia madre che stava piangendo, in camera sua...” La sua mano era ora chiusa a pugno, appoggiata sulla scrivania, e Rika la poteva veder tremare di rabbia “Quell'uomo non riusciva a capacitarsi di non essere in grado di scoprire la verità. Quei suoi volumi erano gli emissari della saggezza divina, come potevano non dirgli che cosa era successo veramente? Era snervante, per lui, ed allora cominciò a cercare qualcosa che giustificasse questo smacco. Cominciò a chiedersi chi fossi io realmente... Non poteva essere colpa di quei libri, era impossibile, non poteva accettarlo, quindi doveva essere colpa mia. Se la mia natura ultima non era descritta in quei libri ispirati da Dio, allora io ero una creatura che Dio non aveva considerato nel suo progetto divino, qualcosa di cui Dio non si era occupato, che Lui non aveva creato. E se ero qualcosa di estraneo a Dio, allora dovevo essere un diavolo, uno spirito maligno. E conseguentemente lo era anche Alice, visto che io avevo voluto salvarle la vita ed un demonio non fa mai nulla a fin di bene.”

Posso interromperti un momento?” chiese Hanyuu, alzando la mano “Come fai a sapere tutte queste cose sul modo di pensare del tuo bisnonno? Avete trovato un suo diario, forse?”

Ne aveva uno, in effetti, ma me ne sono sbarazzato senza neppure aprirlo, era di sicuro pieno di frasi deliranti. Io... Io so tutto questo perché me ne ha parlato un giorno, quando avevo quattro anni. Quella volta mi impartì una specie di lezione, come se fosse un insegnante che si dava arie con la sua dottrina e si faceva beffe dell'alunno di fronte a lui. Io... non mi dimenticherò mai quelle parole... Non mi dimenticherò mai quel giorno.”

Il ragazzo emise un debole suono indistinto, impossibile da definire. Un rumore che sorgeva dalle viscere della sua anima, dalla sua delusione più recondita e profonda.

Quel giorno, mi prese per il braccio e mi strattonò fino al suo studio, di cui chiuse subito la porta a chiave. Ero troppo giovane per oppormi, non capivo neppure quello che aveva in mente di fare. Non riuscivo a sopportare l'odore acre del fumo di sigaretta che saturava l'aria della stanza, perciò non ero certo lieto di stare là, però non c'era nulla che potessi fare davvero. Ero piccolo ma ero già cosciente del fatto che mi sarebbe potuto succedere qualcosa di brutto, se mi fossi ribellato al suo volere e l'avessi fatto arrabbiare, ero pietrificato dalla paura. Mi ricordo bene quel momento, era lì appiccicato a me, mentre mi faceva sedere sulla poltrona... Era euforico, i suoi occhi erano agitati, andava farneticando che avrebbe continuato quello che tanti venerabili saggi del passato avevano iniziato, che avrebbe aggiunto nuove pagine colme di sapere su quei vecchi libri di testo. Avrebbe descritto quello che su di essi non era ancora presente, per il bene della Conoscenza di cui lui era portatore. E per fare una cosa del genere, mi disse mentre appoggiava un fazzoletto sul mio naso, c'era solo un modo. Avrebbe esaminato con i suoi stessi occhi il circuito che risiedeva all'interno del mio corpo...

Giancarlo fece una pausa, il racconto della sua storia stava diventando sempre più faticoso. Hanyuu gli suggerì di interromperlo, se non se la sentiva, ma lui rispose che andava tutto bene, mentre con il braccio sinistro sorreggeva quello destro e gli altri credettero di udire più di un lamento giungere debolmente dalla sua bocca.

Mi risvegliai un paio di minuti dopo, io allora non sapevo leggere l'ora ma la posizione delle lancette sull'orologio a parete mi fece pensare che era passato poco tempo; era stato il rumore assordante che c'era in sala a destarmi da quel sonno innaturale, provocato dal cloroformio che probabilmente avevo inalato. Non ho mai scoperto chi aveva dato l'allarme, Alice me lo avrebbe detto se fosse stata lei. Però mi ricordo la porta sfondata, mi ricordo tutte quelle persone che correvano verso di me, o via da me, mi ricordo gli urli di panico, i gesti di rabbia e shock, la gente che chiedeva a gran voce di chiamare un'ambulanza... Ma prima che potessero poggiarmi una mano sugli occhi per impedirmi di guardare, i miei occhi caddero sul mio braccio, che mi stava facendo incredibilmente male. E quella fu la cosa più brutta che ho mai visto in vita mia.”

Il ragazzo chiuse i propri occhi, quella scena raccapricciante era ancora davanti a lui e lui non voleva vederla. “C'erano quei tagli così spaventosi, sul mio braccio... tutto scarnificato... Tutto quel sangue che fuorusciva... Quelle incisioni erano talmente profonde che potevo vedere delle macchie bianche vicino al gomito, potevo scorgere perfino le mie stesse ossa!” Aveva iniziato a gridare “Mi aveva dissezionato come si fa con le cavie da laboratorio... La mia stessa carne era stata smembrata, manco fosse una bistecca da quattro soldi, io non riuscivo a muovere la mano, no, avevo il terrore di muoverla! Avevo paura che se l'avessi mossa il dolore che provavo sarebbe cresciuto a dismisura, non avrei mai resistito ad un male così forte! Io mi misi a piangere, piansi come mai avevo pianto e come mai avrei fatto dopo, mi avevano rovinato la vita per sempre, non sarei tornato più come ero prima, ero stato profanato, ero divenuto un bambino privato della sua stessa anima!”

Aveva iniziato a piangere, davanti a tutte le altre ragazze, ma dopo alcuni istanti si fermò, prima ancora che qualcuno provasse a consolarlo. Quella storia triste non era stata conclusa, doveva andare avanti.

Mi portarono in fretta e furia all'ospedale, per sottopormi ad un intervento chirurgico d'urgenza. Mi sembra quasi d'offendere me stesso con queste parole, ma sono stato addirittura fortunato, i medici avevano paura che io andassi incontro a conseguenze ben più gravi, avrei potuto anche perdere l'uso dell'intero arto... Anche se da quel giorno il mio braccio è quello che voi avete appena visto, ed è destinato a rimanere così per sempre.”

Un'altra pausa.

Vedete, io non ero mancino, nei primi anni della mia vita. Quando mi davano fogli e pastelli ero solito colorare con la mano destra. Ma dopo quel giorno ho iniziato ad usare la sinistra per scrivere e fare ogni altra cosa, anche se il movimento non mi veniva affatto naturale. Non avevo altra scelta, dovevo far riposare l'altro braccio il più possibile, specialmente nei mesi immediatamente successivi a quel... quell'evento.”

Ma... che ne è stato del tuo bisnonno, dopo? La tua famiglia, la polizia, il tuo paesino... hanno sorvolato anche su un crimine così orribile, solo perché era il capo indiscusso?”

Il ragazzo a quelle parole sollevò il capo, assumendo improvvisamente una posa molto seriosa: “No, non l'hanno fatto. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Forse c'erano degli odi mai sopiti contro di lui, anzi sicuramente ve ne erano, ed anche parecchi: fatto sta che gli diedero la caccia, risoluti a non fargliela passare liscia, solo che lui se l'era svignata nel trambusto generale, dopo la scoperta di quello che mi era successo. Lo cercarono per giorni e giorni, nei boschi circostanti e nei villaggi vicini, finché non lo trovarono, proprio a casa nostra. Non si sa come, ma è riuscito a raggiungere in qualche maniera il suo studio, forse attraverso un passaggio segreto, e lì era morto.”

Era stato... ucciso da qualcuno, forse? Qualcuno che voleva vendicarsi dei soprusi subiti senza essere visto?”

A me non hanno dato questa versione. La ricostruzione ufficiale riportò che la causa del suo decesso era stato un infarto. Era molto vecchio, e la scena di come i suoi parenti avevano ridotto lo studio dopo la sua ultima atrocità può aver contribuito a farlo star male, quindi quella era un'ipotesi plausibile. Però è ovvio che questa può non essere la verità, io personalmente non ho mai riletto il fascicolo del caso, non ho mai desiderato farlo... Francamente non posso escludere che le cose siano andate diversamente dal racconto ufficiale: magari qualcuno l'ha realmente fatto secco, nascondendo la verità a tutti. E comunque nessuno voleva controllare a fondo come quell'uomo fosse morto, nessuno gli voleva così bene da voler appurare l'effettivo svolgimento dei fatti. La rabbia ed il dolore erano troppo freschi, dentro tutti noi, ed al suo funerale fu presente quasi solo il sacerdote che officiava il rito.”

Mi torna alla memoria il periodo in cui io ero a letto in ospedale... Alice era andata a trovarmi, una volta. Non riusciva a smettere di piangere, disturbando gli altri pazienti... Uno di loro le aveva perfino intimato di piantarla, minacciando di chiamare un infermiere. Bestia maleducata ed insensibile, non l'ho più degnato di uno sguardo da quel giorno. Comunque, anche io chiesi a mia sorella di asciugarsi gli occhi. Era così triste, non si dava pace, sembrava lei quella col braccio a pezzi... Io non volevo che lei stesse così in pena, ma lei mi aveva risposto che non poteva farci niente, perché si ricordava che anche io avevo pianto come un disperato, quando mi avevano ritrovato nello studio. Io prima avevo pianto, così lei ora stava piangendo. Lei era infelice perché io non ero stato in grado di soffocare le mie lacrime.”

Non stava più parlando alle ragazze, ora. Il suo era un monologo rivolto alla sua anima, come se nessuno fosse più attorno a lui. “Non era... Non era giusto. Perché io dovevo farla soffrire così tanto? Le sue pene non avrebbero reso più leggere le mie. Io dovevo... nascondere il mio dolore agli altri. Promisi a me stesso che non avrei mostrato all'esterno i miei sentimenti, da quel giorno. La mia vita era già stata rovinata, ridotta a spazzatura... Ma potevo ancora scongiurare che quelle degli altri andassero incontro allo stesso destino.”

E quindi sei diventato questo fantomatico topo di biblioteca.” Rika lo interruppe, risvegliandolo da quell'avvilente stato di incoscienza. “Ma non pensi che sia... ironico, come epilogo? Tutti voi odiavate quell'individuo, ed eppure tu alla fine hai preso a studiare e leggere libri esattamente come lui.”

Lui si girò verso di lei di scatto, sorpreso e con un granello di confusione nei suoi occhi. “Io... Non ci ho mai pensato, non l'ho mai vista in questi termini, suppongo che tu non abbia tutti i torti. Però, come ho detto prima, non è che avessi delle alternative... Una volta che il mio corpo era stato messo fuori uso, il mio cervello era tutto quello che mi era rimasto, così dovevo imparare ad usarlo nel modo più efficiente."

Un'altra cosa. In precedenza, quando hai detto di aver deciso di celare la tua natura al mondo esterno, stavi parlando come se tu fossi diventato un ragazzo molto introverso, ma dopo tutto io ho visto persone molto più timide di te, nella mia breve vita...” Rika sembrava estremamente interessata a lui, e d'altronde non era la prima volta che mostrava questa morbosa curiosità. Qualche tempo prima aveva promesso che non avrebbe cercato di sapere tutto del suo passato, ma visto che lui aveva volontariamente rinunciato a quel diritto lei voleva trarne vantaggio e scoprire quante più cose le era concesso.

Credo che la risposta sia perché le persone sono influenzate da quello che avviene intorno a loro, come ho detto. Queste... cicatrici hanno sconvolto la mia vita, ma dopo quel giorno ne sono arrivati degli altri, altri giorni con i loro fatti e le loro situazioni, e l'esperienza che ti fanno acquisire ti inducono a cambiare poco alla volta. Credo proprio di essere stato un bambino riservato, quando ero giovanissimo, ma poi è arrivato un giorno in cui sono stato obbligato a raccogliere il poco coraggio che avevo in corpo.”

Il giorno in cui hai annunciato ai tuoi parenti che tu avresti preso subito il posto di tuo padre come capofamiglia, suppongo.”

Lui annuì: “Hai ragione, Rika-chan. Quella volta pensai che la mia vita ormai era già stata distrutta, ma che non fosse necessario che mio padre facesse la stessa fine, non sei d'accordo? E poi la mia esperienza passata mi portava ad odiare il fatto che gli altri soffrissero per una cosa che potevo evitare. Sapevo che quello era un lavoro drammaticamente difficile, che non era affatto un gioco da ragazzi e che mi stavo incatenando ad un ruolo gravo di responsabilità, ma alla fine io ero comunque condannato a non essere felice come gli altri bambini; poi, se avessi falliti, la mia esistenza non sarebbe comunque peggiorata, era già un disastro così... Fu questo quello che pensai. Ero un ragazzino che ragionava vedendo sempre e solo il lato buio e cattivo delle cose.”

Non credo tu sia cambiato così tanto da allora, onestamente...”

Giancarlo abbozzò un sorriso stanco, in reazione alla battuta scherzosa di Rika: “Sì, forse hai ragione. Ma anni fa ero molto peggio di così. Se dovessimo riassumere quel ruolo dovremmo dire che esso richiede una persona estroversa, comunicativa, coinvolgente... Spigliata, e disinvolta... Tutto ciò... era qualcosa che andava contro la mia effettiva natura, ma io avevo dato la mia parola che l'avrei fatto, quindi dovevo farlo costi quel che costi. Senza contare poi un'altra cosa... Se la persona con i segni più pesanti del passato avesse dato prova di non volersi arrendere, allora anche il resto della nostra famiglia avrebbe reagito, non lo pensi anche tu? Era una cosa che potevo fare solo io, ma non per mie doti particolari, quanto piuttosto per le circostanze. Ma io non avevo nulla da ridire, ero soddisfatto così, mi bastava dissolvere quella paura persistente che continuava ad affliggere le anime di tutti noi.”

Pertanto stai affermando che il tuo era un sacrificio, a conti fatti.” commentò Hanyuu. Quel discorso disincantato le aveva rammentato quello che Ouka le aveva fatto poco tempo prima.

Un sacrificio... No, non credo che sia stato una cosa di quel genere. Per essere tale, la mia vita avrebbe dovuto essere qualcosa di valore... Ma non era così. Non ho mai pensato che fosse così. Dalla mia prospettiva, stavo usando qualcosa che altrimenti sarebbe stato completamente inutile. Era come... come usare il tronco di un albero che un boscaiolo ha già abbattuto con la sua motosega. Tenerlo intero e riposizionarlo in verticale sulle radici non permetterà alla pianta di tornare in vita, è già morto; però puoi usarlo per accendere un focolare e consentire agli altri di sopravvivere al freddo e per garantire loro una notte più confortevole. Certo, forse distruggi quello che è rimasto di quel pezzo di legno, ma lo fai per una causa legittima e nessuno si lamenterà per questo, dopo tutto non c'era nulla che si potesse fare per resuscitare l'albero originario.”

Adesso però stai descrivendo la tua scelta come se fosse stata solo fonte di sofferenza. Non dovresti esagerare così, non fa bene al tuo umore.” esclamò Mion, aprendo bocca per la prima volta dopo un po' di tempo.

Hai ragione, ed infatti è stato così, soprattutto all'inizio. Quando mi è toccato di viaggiare all'estero per dialogare con i parenti emigrati, ma anche a casa mia... Puoi immaginarti quante volte mi abbiano rinfacciato quello che il bisnonno aveva fatto loro? Mi accusavano di voler fare lo stesso, di essere fatto della sua stessa pasta. Certo, avevano paura, ora lo so... e quindi avevano scaricato su di me tutta la tensione generata da quei sentimenti. Udire tutti quegli insulti rivolti a me, e non riuscire a rispondere... La sensazione di essere inadeguato, di esserti caricato un fardello più grosso di te... Talvolta mi chiedevo Ma chi me lo ha fatto fare? Sarei impazzito, senza il supporto dei miei parenti più stretti. È stato così difficile, ci è voluto così tanto tempo per riportare la situazione alla normalità.”

Però ce l'hai fatta, allora.” replicò Hanyuu, sorridendo “E' un risultato di cui andare orgogliosi.”

Solo perché tutti volevamo che andasse così. Se fossi stato da solo non sarei riuscito a cambiare quel destino, sarei stato solo un moderno Don Chisciotte che si batte contro i mulini a vento. E poi nessuno a casa mia mi vedeva come un nemico, nessuno era arrabbiato con me. Erano solo arrabbiati con lui. Avevano il terrore che il passato che li aveva fatti soffrire potesse ritornare, era quella l'origine della loro aggressività. Quando dopo un po' compresero la verità divenne tutto molto più facile. Anche se... ho passato così tante giornate terribili, devo dire...” Il ragazzo aspirò violentemente con il naso, probabilmente per evitare che altre lacrime gli scendessero lungo le guance.

Però non ho ancora capito per quale motivo la tua famiglia ti ha lasciato percorrere questo percorso irto di spine. Ma non ce l'avevano, una coscienza?”

Avevo insistito, senza sentire ragioni. Non avevano potuto fare altro che arrendersi, alla fine.”

Non fa differenza. I bambini sono spesso testardi, quando si impuntano su qualcosa, ed è preciso dovere degli adulti...”

Ma io avevo insistito, e insistito, e insistito...”

Ho detto che non è questo il punto...”

Ma io avevo insistito...”

Perchè continua a ripeterlo? All'improvviso a Rika era venuto un lampo di genio, schiudendo ai suoi occhi la verità.

Gi-chan... Sei sicuro che... Non ti sia successo null'altro, in quei giorni?”

Giancarlo non osò guardarla in faccia. Non rispose per diversi secondi, mentre il suo volto rimirava la parete, assente ed immobile. Il suo spirito sembrava essere da tutt'altra parte, incredibilmente lontana dal suo corpo. Una parte della sua vita gli stava passando davanti, e ci volle parecchio prima che lui bisbigliasse infine questo: “E'... E' qualcosa di ancora più assurdo di quanto vi ho narrato fino ad ora.”

Sono abituata a sentire storie che sembrano impossibili, non indugiare, prosegui.”

La tristezza e lo sconforto erano dipinti sul viso di Giancarlo, ma lui decise di accontentarla. Aprì la sua bocca con un'esitazione e lentamente rispose: Avevo fatto un sogno, in quel tempo...”

Rika digrignò il tempo, allo stesso tempo felice e furiosa di avere udito quella risposta. Lo sapevo, accidenti, lo sapevo... Allora è successo anche a lui... Si è ricordato di un mondo passato. La bambina però tornò rapidamente alla calma, mettendosi in ascolto dell'ultima parte della storia del ragazzo.

Nelle notti precedenti alla mia decisione, avevo sognato più e più volte della morte di tutta la mia famiglia. Alice diventava tutto ad un tratto violenta ed incontrollabile, per una ragione che mi sfuggiva, e nonostante gli sforzi di tutti sembrava impazzire poco a poco, fino al punto di uccidere la mamma per errore con un bastone molto pesante. Papà andava su tutte le furie e la strangolava in preda all'ira facendola soffocare, prima di commettere a sua volta suicidio dopo aver realizzato cosa aveva commesso. Ma questa catena non si interrompeva qui, anzi andava avanti con i miei zii, i miei nonni... tutti morti, riversi a terra, uno dopo l'altro... tutti cadevano privi di vita, ammazzati davanti ai miei occhi. E non appena tutto era giunto a compimento io rimanevo da solo, separato da tutta la mia famiglia, disprezzato dalla mia comunità che non si era scordata delle azioni del mio bisnonno... In quell'incubo ero come maledetto, indirizzato ad una vita miserabile e senza speranze di salvezza dentro un grigio orfanotrofio...”

Il suo respiro si era fatto estremamente annaspante ed irregolare, e si era seduto sul pavimento, come un uomo a cui la forza stava venendo meno. Quei ricordi erano ancora vividi nella sua mente e lo avevano segnato nel profondo, ed anche ora avevano un tale potere su di lui da causargli quasi delle convulsioni, per quanto egli li reputasse solo parte di un orrendo sogno. Per lui quelli erano dolorosi come una disgrazia vera ed in fondo quei fatti non erano immaginari, ma questo lo sapevano solo Rika ed Hanyuu.

Va tutto bene.” disse allora quest'ultima, prendendolo per mano “Quelle cose non sono mai successe in questo mondo, ne sei consapevole, vero?”

Sì, lo sono... Ma quell'incubo era così realistico, non sono mai stato in grado di cancellarlo fino in fondo dalla mente... Ed anche quel suono che udivo alla fine del sogno mi tormentava, stava rendendo la mia vita un inferno.”

Di che suono stai parlando?”

Giancarlo rialzò la testa, realizzando che gli altri non potevano sapere nulla di quella storia. “Sì... Sto alludendo ad un suono specifico. Intendevo il suono di un carillon.”

Come, un carillon?”

Non era il suono di un carillon qualsiasi. Potevo riconoscerlo facilmente. Era quello che il nostro bisnonno era solito tenere nel suo studio. Sapete, quel giorno... Lui l'aveva azionato, messo in funzione. Io non so dirvi perché l'avesse fatto, magari era un espediente come un altro per tenermi tranquillo, prima di compiere quel... quella cosa. Era la prima volta che lo sentivo suonare, l'avevo sempre visto spento, e quella melodia inquietante mi entrò ben presto in testa. Continuai a sentirla distintamente anche durante il poco tempo in cui ero privo di sensi e pure durante la corsa disperata in ospedale, anche se naturalmente il carillon non si era spostato dalla stanza. Le mie orecchie udivano quella nenia in sottofondo, laggiù in clinica, e poi a casa, e poi all'asilo... Quelle poche note hanno angosciato la mia mente per molto, molto tempo.”

Si avvicinò alla scrivania di Mion, e la toccò di nuovo con il dito: “Giorni, settimane, mesi dopo... quella musichetta era ancora lì che mi risuonava in testa, infatti. Non riuscivo a rimuoverla, non mi lasciava in pace. Era... Era il simbolo di quello che era avvenuto al mio braccio, stava diventando una persecuzione.” Si mise a sorridere stranamente, deformando i lineamenti del volto in un modo inusuale “E dire che quel carillon non esiste più, al giorno d'oggi. Qualche mese dopo la morte di quell'uomo, per puro caso, qualcuno lo aveva inavvertitamente messo in moto e io subito ero corso via, traumatizzato da quel suono infernale, strepitando e sbavando manco fossi posseduto da un demonio. Non credo di aver mai corso così veloce come in quell'occasione, hanno dovuto rincorrermi fino alla vecchia torre medievale... Ah, certo, voi non potete sapere dove si trova, la torre è una vecchia costruzione abbandonata per nulla vicino a casa nostra, il che vi dovrebbe far capire quanto la mia non fosse stata una fuga breve.”

Il giorno dopo il carillon era scomparso dal luogo in cui era sempre stato, e qualcuno se ne accorse. Dopo una veloce indagine, saltò fuori che Alice l'aveva ridotto in frantumi, scagliandolo giù da una ripida scarpata non lontana da casa. Nee-chan non si fece problemi a confessarlo, dando ad intendere di essere stata fiera di averlo fatto, e la punizione che ricevette per quel gesto fu piuttosto molle, si limitarono a proibirle di mangiare dolci per un paio di giorni. Non potevano rimproverarla severamente, dopo quello che era successo a me la giornata prima. Inoltre, lei non diede l'impressione di essere spaventata da quel castigo, immagino fosse convinta di non aver fatto nulla di male, e gli altri si erano resi conto che nessuna punizione l'avrebbe dissuasa dal pensare di aver fatto la cosa giusta. Così io andai da lei e le chiesi perché avesse compiuto un gesto simile. Per tutta risposta, mia sorella si limitò a sorridere e ad abbracciarmi; poi mi propose di giocare a nascondino con lei.”

Non ci vuole un genio a capirlo. Si era esposta in quel modo solo per proteggermi, incurante di sgridate e castighi altrui. Quell'oggetto mi stava facendo impazzire, il suo suono era come un Uomo Nero che mi stava dando la caccia... E lei se ne è sbarazzato nel modo più drastico che conosceva: forse i miei genitori l'avrebbero semplicemente nascosto, ma l'effetto non sarebbe stato altrettanto forte. Con il suo gesto io mi ero sentito meno solo, c'era qualcuno che poteva capirmi, e lentamente quella melodia assordate se ne andò lasciandomi in pace, scomparendo dai miei giorni e dalle mie notti. Penso proprio che io ed Alice abbiamo un ottimo rapporto a causa di quello che ci è accaduto in quel periodo: ci avrete già fatto caso, noi due raramente litighiamo, in generale. Personalmente io non riuscirei a farlo... La vedo come un vero e proprio Angelo Custode, sarebbe una specie di sacrilegio dirle qualcosa di sgarbato."

"E quindi, ricapitolando, tu ti eri dimenticato di quel suono... fino a quando hai iniziato ad avere quegli incubi sulla strage della tua famiglia, ho capito bene?”

D-diciamo di sì... Hai capito bene. Però francamente non pensavo che quella musica fosse fuori posto, al contrario... Quella melodia mi aveva accompagnato durante tutti i miei periodi più tristi, durante tutti i giorni peggiori della mia esistenza... Quelle note dovevano essere suonate, pure in quello scenario. Forse le udivo in quel pezzo del sogno perché ero io a desiderarle, forse era autosuggestione, o paranoia: erano presenti in mezzo a quelle tragedie ed a quelle morti immaginarie perché erano necessarie, dal mio punto di vista, la loro assenza sarebbe stata una stonatura, un'anomalia. Quel motivetto era stato l'inizio del mio incubo, anni prima... E quindi doveva anche rappresentarne la fine: tutto avrebbe acquisito un senso, per quanto assurdo e irrazionale. Almeno così pensavo. Mentre la mia anima naufragava in quell'oceano di pazzia, quel suono dolce avrebbe reso la mia fine meno traumatica, quasi più poetica... Lo so, dovevo essere matto a pensare una cosa simile.”

Io ti capisco, invece, ragazzo mio, pensò Rika. Quello era il segno della follia che stava per afferrarti. Il “sogno” di Shii-chan era analogo al tuo: alla fine del suo incubo lei si ricordava che sua sorella la inseguiva anche dopo che questa era morta per mano sua, il che in teoria sarebbe impossibile, e la pressava fino al punto da spingerla a buttarsi giù dal palazzo in cui si era rifugiata. Mentre tu continuavi a percepire il suono di un carillon che non poteva funzionare perché non più presente su questa terra. Il senso vero di tutto ciò è che le persone non hanno bisogno della Sindrome per ammattire, purtroppo...

La bambina dai capelli blu fece dunque qualche calcolo a mente. Lui aveva avuto quella catena di sogni all'età di nove anni, quindi il tutto doveva essersi consumato approssimativamente otto o nove anni fa. Rika era già nata in quel periodo, anche se non da molto tempo, quindi era possibile che il giovane si fosse ricordato di qualche esperienza che lui aveva vissuto in un mondo precedente, come effetto collaterale dei viaggi tra un universo e l'altro che Rika stessa aveva compiuto. Dopo tutto nelle prime Hinamizawa Hanyuu poteva riportarla indietro al momento della sua nascita, al contrario di quanto avveniva negli ultimi mondi dove loro ricominciavano solo da una o due settimane prima del Watanagashi del 1983, quello fatale. In parole povere, lui aveva memoria di quello che aveva visto in altri mondi, esattamente come capitato ad altri ragazzi del gruppo, a Rena, a Shion, e così via. Però questo significava che non vi erano state solo molteplici versioni di Hinamizawa, ma anche molteplici versioni di Serco, così come più New York, più Parigi... Quante persone sulla terra erano in grado di rievocare ricordi di altri mondi, a causa loro? Rika temette di aver creato una generazione di persone che credevano di essere maghi e chiaroveggenti, a causa di questi strani sogni.

Tranquilla, non funziona così, Rika, Le comunicò Hanyuu telepaticamente, Le persone hanno questo genere di esperienza solo qualora vogliano cambiare qualcosa che non vogliono più vivere, e solo se la loro volontà e forte a sufficienza. Non è un dono dato a caso. E' successo a Keiichi-kun, a Shii-chan, a Rena-chan... Deve essere successo anche a Gi-chan, è assodato, e non escludo che in giro per il pianeta sia avvenuto anche ad altri individui, ma il loro numero non può essere molto elevato, anzi deve essere piuttosto ristretto. Persone come i nostri amici si contano sulle punta delle dita, e questo ci deve anche ricordare di quanto siamo state fortunate ad averli con noi...

Rika fece un cenno di approvazione, ringraziandola per la sua spiegazione. Quelli erano gli effetti spiacevoli dei viaggi nel tempo, sostanzialmente, in molti film di fantascienza mettono in guardia contro questi fenomeni, supplicando i protagonisti di non cambiare il passato per non stravolgere il futuro... Ma ora non c'era tempo di pensarci. La fanciulla smise di riflettere su quei paradossi temporali, doveva ascoltare Giancarlo mentre questo finiva la propria storia.

Qualche giorno dopo l'apparizione di quegli incubi ho fatto una visita al cimitero del villaggio. Alice non era in casa, i nostri genitori erano andati come sempre al lavoro, e io mi ero messo sulle sue tracce, sentendo dai nostri vicini che era stata vista da quelle parti. Entrai quindi nel camposanto, che era a poche centinaia di metri dalla nostra abitazione, e lì la trovai, come mi era stato suggerito, solo che al suono della sua voce mi preoccupai. La sentivo gridare, la sentivo furente, così mi nascosi dietro una delle lapidi che erano in prossimità dell'ingresso e la spia. Era fuori di sé, non l'avevo mai vista così arrabbiata, stava colpendo a ripetizione la tomba del bisnonno con un bastone che aveva preso chissà dove. Esattamente come nell'inizio dei miei incubi... Era il primo passo verso l'Inferno che quelle visioni mi avevano preannunciato. Io ero impaurito a morte da quella scena, non riuscivo a muovere un dito. I sogni che mi atterrivano si stavano tramutando in realtà, ed io mi sentivo come in mezzo ad una tempesta, in balia delle correnti.”

Che potevo fare, a quel punto? Ero un bambino di nove anni. Dovevo riferire agli altri quello che avevo visto? Ma in quegli incubi qualcuno aveva effettivamente informato la mamma del comportamento di Nee-chan, ed il risultato era stato appunto la loro morte... Quella notte non chiusi occhio, quella visione non aveva bisogno che io mi addormentassi, per ricordarmi della sua volontà di invadere il mio mondo. Mi sentivo in trappola, ed avevo il terrore di parlarne ad anima viva, neppure Alice sapeva di essere stata vista.”

La mattina successiva ci pensai, e ci pensai, e ci pensai... A momenti non mi accorgevo neanche di essere a scuola, quel giorno, le lezioni della maestra non avevano alcun senso di esistere, per me. Sia gli insegnanti che i compagni di classe erano solo dei fantasmi per me, nulla di più di figure irrilevanti, esseri che non avevano alcuna importanza. La mia mente era dominata da questioni di ben altra urgenza, cose a cui dovevo trovare una soluzione prima che fosse troppo tardi, e quindi continuavo a spremermi le meningi... Fin quando non giunsi ad una risposta. Chi era la causa di tutto? Il bisnonno. Perché gli adulti erano tristi? Perché nessuno era in grado di prendere il suo posto. E pertanto... potete vedere anche voi la logica conclusione di questo ragionamento, no?” Il ragazzo sorrise, come per consolare se stesso “Io so che forse quella non fu la miglior soluzione possibile, ma allora ero troppo piccolo per pensare a qualcosa di meglio. Ma almeno ha funzionato, e ho fatto tutto da solo, il mio rimedio ci ha permesso di scacciare il fato che ci attendeva. Quando mi resi conto che tutto era andato per il verso giusto, potei tirare un sospiro di sollievo, per me non chiedevo nulla di più dalla vita. Anche se...”

Anche se?” chiese Hanyuu.

Anche se ogni tanto mi domando come io sia stato capace di sognare quello che stava per succederci. Una cosa del genere non dovrebbe essere fattibile, giusto? Ed io credevo di essere una persona come tante altre, escludendo chiaramente queste cicatrici. Tuttavia, quella storia ha cambiato definitivamente il mio punto di vista. Forse il bisnonno non aveva poi tutti i torti, forse io ero un ragazzo strano, forse...” Il suo volto produsse una smorfia di cocente demoralizzazione “Forse quello che mi ha fatto ha contaminato il mio corpo, ed anche la mia anima. Per quale ragione io ed Alice siamo così incompatibilmente diversi? Perché lei pensa sempre in modo allegro e positivo, ed io sono tutto l'opposto? Noi siamo fratello e sorella, dovremmo avere molto in comune, invece la sua anima è bianca e la mia è nera. La sua è luminosa, la mia è scura. Già... la sola risposta ragionevole è che l'oscurità che albergava nello spirito di quell'uomo sia penetrata dentro la mia. Sì, deve essere così. Rika-chan, giusto qualche minuto fa tu mi hai detto che io adoro i libri precisamente come lui. Hai perfettamente ragione, e questo è dovuto al fatto che io sia esattamente uguale a lui, un'anima che vaga nel buio e che non vede mai la luce. Ed allora, con quel gesto lui non avrebbe solo tagliato il mio braccio: mi avrebbe reso una persona incapace di raggiungere la propria felicità personale, un uomo che può solo provare a custodire quella degli altri. Vi hanno mai parlato di Mosè, quello della Bibbia? Era riuscito nell'impresa di condurre gli Israeliti fuori dall'Egitto, lontano dalla schiavitù; ma sin dal principio lui era stato messo al corrente che avrebbe solo assistito all'arrivo del suo popolo nella Terra Promessa, senza che a lui fosse permesso entrarvi, e questo per colpa della sua iniziale mancanza di fede in Dio. È così, lui dovette starne fuori. Ed anche io, io posso solo provare a dare un futuro migliore ad Alice ed alla mia intera famiglia. Un futuro migliore del mio, intendo. Questo perché viste le nostre vite, Mii-chan, sono io quello maledetto, non tu.

Sembrava quasi delirante, ora. Il suo volto aveva smarrito ogni espressività, le sue pupille nere si erano espanse moltissimo fino a far pressoché sparire le sue iridi color nocciola, dando al suo sguardo un'aria ancor più cupa di quanto non era già di solito. Però gli altri erano stupiti pure dall'assenza di rabbia e risentimento nelle sue frasi. Non vi era alcuna brama di vendetta, in esse. Qual era la probabilità che lui si rivelasse pericoloso per gli altri, quant'era forte il rischio che assumesse un atteggiamento violento per una qualsiasi ragione? Rika congetturò che quello scenario fosse quasi impossibile, grazie a Dio il vaccino di Irie lo difendeva dagli effetti deleteri della Sindrome e presumibilmente il loro compagno era assolutamente innocuo, in quel senso; ad ogni modo, l'oscurità e le paure che avvelenavano lo spirito di quel ragazzo si erano manifestati all'esterno per la prima volta dopo anni, e vedere quel lato così affranto e disperato della natura nascosta del suo amico non aveva fatto piacere a Rika. Mion e Rena non erano le uniche con dei problemi.

Alcuni secondi dopo aver smesso di parlare, lo sguardo di Giancarlo parve tornare alla vita. Le sue guance recuperarono il proprio rossore perduto ed anzi un tenue imbarazzo le colorò più del consueto. Non si sentiva a proprio agio, rendendosi conto di cosa avesse detto, ed infatti si affrettò a scusarsi: “Mi spiace, amici miei, non intendevo spaventarvi od annoiarvi con questi racconti deprimenti. Quello che conta veramente è che tu possa comprendere di non essere la prima a passare un momento delicato, Mii-chan. Le esperienze felici e quelle infelici sono parte integrante dell'esistenza di un essere umano, e per millenni le persone sono cresciute e maturate grazie ad esse. Se milioni di individui ce l'hanno fatta a superare le difficoltà, perché non dovrebbe riuscirci una ragazza forte come te?”

Io non sono una ragazza forte, l'ho detto anche a Satoshi-kun.”

Invece lo sei. Specialmente se confrontata con il sottoscritto. Non negarlo, lo sai che tra noi due c'è un abisso, purtroppo per me.”

Ed infatti tu non mai sei venuto a capo del tuo periodo buio. Almeno, non mi davi l'impressione di averlo fatto, considerando quello che hai dichiarato poc'anzi.”

Lui ci rifletté sopra per un minuto e poi rispose: “Ho compiuto le mie scelte, ho fatto quello che potevo, questo è tutto. Io so che non sarò mai del tutto felice, ma è così che va la vita vera. Se questo fosse un mondo di fantasia allora sarebbe tutto più facile, potremmo ambire a costruire il nostro Eden, il nostro paradiso... Ma qui possiamo solo fare del nostro meglio per cogliere una gioia molto limitata. Avrei avuto una vita più serena con delle decisioni differenti? Forse. Ma io non mi pento di quello che ho fatto. La mia natura... potrebbe anche essere simile a quella del mio bisnonno, sono pur sempre sangue del suo sangue, ma niente mi forza a copiare quello che ha fatto lui, per fortuna. Posso essere comunque un uomo migliore di lui, e questo è già qualcosa.”

Sei sempre ottimista, vedo... Comunque ho capito che io non dovrei considerarmi come la ragazza più disgraziata di questo mondo, ti devo proprio ringraziare per questo. Davvero.”

Sei ironica o cosa?”

Chi lo sa? Ma piuttosto, c'è un'altra cosa che mi turba. Tu hai fatto le tue scelte, ma che dire delle mie? Quello che andava bene per te potrebbe andare meno bene per me, non ci hai pensato? Vale a dire, ho capito che posso risolvere la faccenda in qualche maniera, ma prima devo affrontare la parte più spinosa della questione, ossia capire quale è la vera soluzione del mio problema. Riconoscere di non essere adatta a questo ruolo, fare un passo indietro e lasciare il comando del clan a qualcun altro? Oppure provare a dimostrare di essere una leader autorevole e combattere contro coloro che aspirano ad usurpare il mio scettro? Qual è la migliore scelta, quella che porterà più felicita alla nostra famiglia? Nessuno di noi può dare la risposta a questo enigma, ma se c'è qualcuno che può elaborarne una quella sono io, nessuno di voi conosce i Sonozaki come li conosco io. Però questo significa che nessuno può veramente darmi una mano, perlomeno riguardo a questo. Devo pensarci con le mie sole forze...”

Rika ed Hanyuu assisterono mute al termine di quel dialogo, insicure sull'attuale stato della situazione. Sia Mion che Giancarlo sembravano esausti, quello che era avvenuto nella camera da letto della ragazza era stato molto stressante e questa volta avevano seriamente bisogno di un poco di riposo. Inoltre, Mion era in angoscia per le questioni che era suo dovere affrontare nuovamente. Qualcosa di grosso, di spinoso, con ardue scelte da prendere. Ma allo stesso tempo la giovane stava mostrando i primi segni di una reazione. Per un attimo aveva guardato in faccia il fondo dell'Abisso, ma per il momento era stata capace di risalire. Quello che stava per cominciare non sarebbe stato un periodo tranquillo e libero da preoccupazioni, ma tutti si sarebbero fatti pronti, sperava Rika.

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Capitolo 35
*** Una promessa infranta ***



Capitolo 34: Una promessa infranta


Hinamizawa, 5 Febbraio 1984

Rika ed Hanyuu uscirono dalla camera da letto di Mion, e lì dalla porta contemplarono il panorama che appariva loro dalla finestra del corridoio. Gli alberi erano mani spoglie prive di foglie, gli animali erano ben rinchiusi nelle loro tiepide tane, la natura nella sua interezza era addormentata, nell'attesa di quel risveglio previsto per la stagione primaverile... Ma stranamente le due bambine potevano sentire un rumore. Che cos'era? Non era un suono sconosciuto, loro lo avevano udito decine di volte, ma in altri contesti. Era il verso delle cicale. Come facevano ad essere lì, tra le piante, in pieno inverno? Era febbraio, faceva troppo freddo perché quegli insetti potessero sopravvivere e non c'era nulla da mangiare per loro, nelle desolate radure e nelle risaie senza riso della vallata. E quindi... Rika si concentrò, per sentire meglio.

Il rumore era scomparso, ora un silenzio totale regnava sui boschi e sulle montagne. Era stata solo una loro suggestione, forse? Perchè mai una cosa simile dovrebbe capitare loro? Era inquietante, ma entrambi avevano percepito quel suono, così non poterono trovare una spiegazione plausibile. Forse la fonte era qualcos'altro, un oggetto che aveva prodotto un frinire simile a quello dell'insetto. Una macchina? Due oggetti indefiniti che sfregavano l'uno contro l'altro? Un suono registrato proveniente da un televisore, acceso e spento da qualcuno che si trovava in una delle cento camere del Maniero? Tutto era possibile, e le due bambine si trovavano un po' a disagio a causa di quel rumore inatteso, ma questioni ben più urgenti ne avrebbero presto attirato l'attenzione.

Difatti, le due giovinette decisero di ridiscendere le scale, rinunciando a porre ulteriori domande a Mion e Giancarlo dopo aver udito quella lunga storia. La ragazza dai capelli verdi voleva riposare, per poi riflettere in tranquillità su quello che avrebbe fatto meglio a fare, mentre lui aveva preferito andarsene dal Maniero, e si era seduto nella propria auto in attesa che la sorella lo raggiungesse. Pertanto, la scelta migliore per le due bambine era ritornare alla sala principale dell'edificio, da dove non proveniva più alcun rumore. Il consiglio del clan Sonozaki era terminato pochi minuti prima, e la maggior parte dei partecipanti aveva già lasciato il posto. Dentro la sala vi erano rimasti solo i vari membri del club, insieme ad Akane e Kasai. Tutti loro erano indaffarati nel commentare quello che avevano sentito e quello che era stato deliberato.

Alla buon'ora! Eccovi qui, non sapevamo più dove cercarvi...” esclamò Keiichi “Dove vi eravate cacciate?”

Di sopra.” rispose sinteticamente Rika, seccata dal fatto di essere rimproverata.

Come sta Onee?” chiese Shion, che non aveva bisogno di sentire da loro dove fossero state, per capire che cosa le due avessero combinato al piano di sopra.

Hmmm... Poteva andare peggio, tutto sommato non sta così male. Sta meglio di come stava prima di tornarsene lemme lemme in camera sua, questo è certo. Comunque era spossata, aveva bisogno di riposo e penso che a quest'ora si sia già addormentata. Sarà meglio che voi aspettiate prima di andare da lei, qualora vogliate scambiare due chiacchiere con lei.”

Attenderò l'ora di cena, allora. Non penso che lei abbia mangiato a mezzogiorno, stasera avrà una fame da lupi e non potrà non scendere in sala da pranzo. Non preoccupatevi, si alzerà presto da quel letto.” Quella fu la risposta di Shion, che temeva di ricevere notizie ben peggiori e che quindi riuscì anche a sorridere un poco, mentre una inquieta Alice chiese: “E Nii-chan? Perchè non è qui con voi? Dove è andato adesso?”

E'... fuori dal Maniero, a prendere una boccata d'aria fresca.”

Sarà meglio che esca anche io per chiedergli di rientrare, se le cose stanno così. Abbiamo questioni della massima urgenza da discutere, e mi piacerebbe...”

No, non credo sia una buona idea, Ali-chan. Lascialo da solo, almeno per ora.”

Hmmm? Come mai?”

Rika sì indico il braccio destro con l'altra mano, ed Alice comprese immediatamente quello che era successo. Loro ora sapevano. Così, la ragazza trovò solo la forza di replicare “Sì... va bene...”, e quindi scrutò malinconicamente il pavimento. Già, quella storia non deve essere stata dolorosa solo per lui, pensò Hanyuu. Ali-chan si deve essere sentita terribilmente in colpa per le disavventure che il fratello ha dovuto incontrare. Può darsi che abbiano sviscerato l'argomento parlando con loro un'infinità di volte, che lui abbia cercato di rassicurarla in mille modi, ma quel sentimento non è qualcosa che svanisce tanto facilmente, ti rimane sempre qualche dubbio. Se solo Ali-chan fosse nata con un parto normale e senza complicazioni, il braccio di Gi-chan sarebbe integro ora, ed ho paura che lei non riesca a levarsi questo chiodo fisso dalla testa...

Hanyuu, tuttavia, non sapeva se la ragazza era stata a suo tempo messa al corrente degli incubi di Giancarlo. Dalle parole di lui sembrava che il giovane si fosse occupato di tutto da solo, in quell'epoca lontana, senza chiedere aiuto o mettere al corrente gli altri... Ma poteva sempre averne parlato con Alice in un secondo momento, come un fedele che si rivolge al proprio padre confessore per dare sollievo alla propria anima. Era stato effettivamente così? Dopo un attimo di riflessione, avvalendosi della propria esperienza Hanyuu ipotizzò di no. Shion aveva ammesso alla sorella di aver avuto dei sogni orribili in passato, questo era vero, ma Giancarlo pareva piuttosto appartenere a quella categoria di persone che preferisce non parlare di se stesso, se non forzato a farlo. Quello che era successo in camera da letto era solo una reazione disperata alla disperazione di Mion, secondo lei: se non fosse stato lo stato pietoso dell'amica a spingerlo, lui avrebbe mantenuto il silenzio sull'argomento per sempre e nessuno avrebbe sospettato nulla di quello che si celava nel suo braccio e nella sua infanzia.

Hanyuu preferì non aggiungere nulla al segno che Rika aveva fatto ad Alice. Ovviamente, gli altri non potevano conoscere il vero significato del gesto, ed anche se Rena aveva intuito che non era nulla di positivo tutto quello che loro potevano fare era osservare la loro piccola amica, perplessi. Ad ogni modo non c'era tempo di fare domande sulla questione, erano ancora con la mente rivolta a qualcos'altro, così cambiarono rapidamente l'argomento della questione. Infatti, non appena Rika ed Hanyuu chiesero quale fosse stato il risultato della riunione, Shion assunse un'espressione oltremodo seria e rispose: “Abbiamo un mese. Un mese di tempo a partire da oggi. Il cinque marzo tutta la famiglia sarà di nuovo invitata qui e discuteranno un'altra volta su questo affare. Solo i membri del clan avranno il diritto di essere presenti, quel giorno, ma ogni partecipante potrà dire la propria opinione. Ognuno, comprese io e la mamma, il che è curioso... Però siamo in pensiero. La voce di Onee conterà più di quella di qualunque altro, visto che è lei la leader in carica, ma se tutto il clan o quasi le si rivolterà contro non le rimarrà che alzare bandiera bianca.”

E quindi da questo ne consegue che i Furude, i Kimiyoshi e gli altri non saranno ammessi, tra un mese... Ma stringendo, l'esito di oggi è... nullo? Tutto rinviato al cinque marzo, come se oggi non fosse avvenuto nulla?”

Non è del tutto vero... Non puoi immaginare quanto possa essere lungo un mese. Quelli che si oppongono ad Onee non riusciranno a fare fronte comune, ognuno vorrà un po' di potere per sé e per fare ciò intrecceranno in continuazione nuove alleanze, ordiranno degli intrighi gli uni contro gli altri – e contro Mion, naturalmente – al fine di mettere le loro sudicie mani sul ruolo che attualmente è in mano a lei. Una ignobile e vergognosa corsa alle prebende, né più né meno. Nonna Batcha non è più qui per rimettere tutti in riga con il suo carisma, la paura che lei era in grado di suscitare non li trattiene più dal tentare di soddisfare la loro sete di potere. Onee dovrà mettersi in contatto con parecchia gente, se si deciderà a combattere... Farebbe bene a cercarsi qualche amico ed alleato fidato all'interno della famiglia.”

Sono gli effetti collaterali del potere basato sul terrore.” commentò Keiichi “Nessuno mette mai in discussione le tue decisioni, ma una volta che la fonte della paura viene meno spariscono anche le ragioni per obbedire, e le critiche feroci piovono a ripetizione.”

Comunque, non è nostra intenzione lasciarla in balia delle correnti” aggiunse Akane “La prima cosa che ho intenzione di fare è condurre qualche ricerca esaustiva sul conto della cara zia Megumi. Io pretendo di sapere tutti i dettagli della sua situazione attuale, prima di compiere la prossima mossa. Non ci incontravamo da molto tempo, dal mio punto di vista è quasi comparabile ad una sconosciuta, ora.”

Udendo quel tono di voce, che per la donna erano insolitamente colme di disappunto, Rena pensò che quelle parole indicassero anche il desiderio di Akane di rigettare la sua parente, rinnegarla come se non avesse mai avuto nulla a che fare con lei. Megumi aveva fatto qualcosa che non si doveva azzardare a fare, tutti i rami del clan avrebbero sofferto a causa di quel conflitto interno, e quindi ci doveva essere una motivazione sensata che avesse istigato quella donna così solitaria ad immischiarsi negli affari di famiglia. Una persona che aveva vissuto lontano da tutti per anni, e tutto ad un tratto aveva avuto quell'idea... Il suo atteggiamento era a dir poco bislacco, a dirla tutta.

State sospettando che qualche brutta compagnia le abbia fatto il lavaggio del cervello, facendola uscire di senno?”

Non è impossibile. In questo momento è come parlare di un oggetto sconosciuto ricoperto da un drappo rosso... Ogni sua descrizione può rispecchiare la verità, o non rispecchiarla. Aspettiamo qualche informazione in più prima di fare delle conclusioni.” Le parole di Akane suonavano fredde e distaccate, non mostrando alcun affetto verso la sua zia, e Rena non ne fu sorpresa, stava comprendendo quali fossero le contrastanti emozioni che squassavano il cuore delle donna.

Così, quando udirono Kasai fare un'ipotesi molto grave e pesante, nessuno ebbe un fremito di sorpresa. La maggior parte di loro stavano pensando la stessa cosa: “Signora, dovremmo anche appurare se Megumi-san è stata la vera mandante di quello che è successo durante la Questione Frane... Avrebbe potuto organizzare tutto quel caos per indebolire la posizione di Mion-sama.”

In altre parole lei sarebbe stata quella che ha contattato Nabiha-san, per dargli le istruzioni necessarie.” esclamò Shion “Sarebbe possibile... Ve lo ricordate? Onee ci disse una volta che solo la famiglia Sonozaki disponeva del denaro necessario per gestire un'operazione su scala così vasta, nessun'altro abitante della zona è così facoltoso... Ed in effetti il colpevole potrebbe appartenere al clan, se questa teoria fosse vera... Si spiegherebbero molte cose in questo modo, alla prefettura avevamo pensato che Nabiha-san volesse colpire Onee per danneggiare il villaggio, invece era il contrario, l'attacco ad Hinamizawa sarebbe solo un trucco per avere un pretesto per mettere in dubbio l'autorità del capo attuale. Inoltre, la prozia aveva un movente più che valido per agire...”

Fortunatamente Daijiro-kun non è qui, pensò Rena. Sentire ancora quello che suo padre ha combinato sarebbe stato gravoso per lui. Però è davvero questa la verità? Abbiamo rischiato di perdere tutto, le nostre casa, il nostro villaggio, forse anche la nostra stessa vita... solo per degli intrighi di potere? Questa gente considera così importante il potere che detiene il capofamiglia dei Sonozaki? Più importante del benessere della collettività? Voglio dire, avrebbero messo le mani su tonnellate di soldi e di proprietà, ma avrebbero governato un villaggio abbandonato, in sostanza. Come fa quella donna a dormire bene, la notte? Se volesse più denaro potrebbe anche ricorrere a vie legali contro il ramo principale, potrebbe avere qualche possibilità di successo; magari non sarebbe carino nei confronti della sua famiglia, ma sarebbe un metodo legale che non farebbe male a nessuno. In questo modo, invece, Hinamizawa, le sue case, il suo Tempio, questo stesso Maniero... tutto questo si tramuterebbe in un desolato villaggio fantasma.

La ragazza dai capelli castani guardò gli altri, e si accorse che Akane stava fissando le pareti della sala. Muri di antica fattura, esattamente come il resto del Maniero, ma ben tenuti e conservati, come pretendeva il prestigio del temuto clan Sonozaki. Il suo aspetto era intonso, perfetto... tranne che nel punto esaminato dalla donna, il quale mostrava un segno profondo, probabilmente causato da un affondo di spada. Apparentemente quell'incisione rovinava l'armoniosa levigatezza di quelle assi di legno, ed inoltre non era presente su un angolo nascosto ma al centro della parete, il che lo rendeva facilmente individuabile. Però né Oryou nè Akane avevano mai fatto riparare quella piccola crepa ed avevano chiesto a Mion di fare altrettanto, in quanto entrambe erano molto legate a quel simbolo.

Non tutti lo sapevano, ma quella camera era zeppa di ricordi tristi e ricordi felici, tuttora vivi specialmente nella mente della donna dai capelli verdi. Infatti, quello era il posto in cui aveva duellato con Oryou per ottenere il permesso di sposare l'uomo che amava e che sarebbe divenuto suo marito. Quel segno era stato uno delle tante conseguenze di quella battaglia all'ultimo sangue e così, se per un ospite di passaggio quella era solo un'imperfezione sulla parete, per Akane esso era molto di più. Una fotografia del suo passato, un cimelio di famiglia prezioso tanto quanto la sua spada, od un qualsiasi monile o gioiello. Chi aveva provocato quell'incisione durante il duello, chi ne era stata l'autrice? Madre o figlia? Rena aveva appreso la storia direttamente da Oryou, che tempo prima l'aveva presa in simpatia, ma l'anziana signora non aveva mai fatto cenno di quel dettaglio; Rena, così come ogni altro ragazzo nella sala, non poteva dire chi avesse effettuato quel taglio nel muro, e forse neppure Akane conosceva la risposta. Ma non importava. A giudicare dal modo in cui l'altra fissava il muro, la giovane poteva concludere che quell'incisione era un ricordo di memorie dolci e felici. Sì, se Mii-chan dovesse lasciare il Maniero anche Akane-san sarebbe obbligata a seguirla, non potrebbe certo vivere sotto lo stesso tetto con Megumi-san... E perdere questa casa per sempre sarebbe un colpo terribile con lei, anche se di solito non perde mai l'autocontrollo ed è sempre così composta ed assennata.

Questo era quello che transitava per la mente di Rena. In silenzio, la ragazza vide Akane che si risvegliava dal torpore in cui era caduta e girò il capo verso gli altri. La donna si era accorta che Satoko aveva alzato la mano per chiedere educatamente la parola. E difatti, una volta che poté parlare, quest'ultima segnalò che c'era qualcosa che non funzionava in quella ricostruzione. Keiichi le chiese di cosa si trattava, e lei rispose:

E' semplice... Se lo scopo di quella tizia fosse stato solo quello di allearsi con Nabiha-san ed attaccare Mion-san, tutte quelle frane avrebbero dovuto iniziare a verificarsi solo dopo la sua promozione. Invece ce ne sono state moltissime anche prima di quel giorno, piccole ma osservabili. Ti ricordi, Rika? Quest'autunno ci siamo imbattute in qualche smottamento andando da scuola a casa, ed anche durante la settimana in cui discutevamo dei riti che Mion-san doveva effettuare per diventare il capo della sua famiglia, ne sono sicura.”

Capisco...” replicò Keiichi “Se avesse voluto usare questo stratagemma per sconfiggere Mion avrebbe pianificato il tutto in modo che il tranello entrasse in funzione dopo la sua incoronazione, non prima. Inoltre, organizzare tutto questo per ottenere il potere... Mi sembra un po' esagerato, secondo me. So che stiamo parlando dei beni del casato Sonozaki, una fortuna considerevole, però ci sono vie molto più convenienti per provare a prenderseli.”

Forse lei sapeva già della cerimonia che stavate per fare.” si intromise Hanyuu “Avrebbe potuto sistemare i preparativi prima del rito del passaggio delle consegne, in modo che tutto fosse pronto senza dover fare le cose di fretta. Vedete, la trappola che ci hanno teso non è qualcosa che si può allestire in pochi giorni.”

Io non la penso così.” disse Akane “Mia madre non aveva detto niente ad anima viva, escludendo me e mio marito, e posso assicurarvi che nessun'altro era al corrente della promozione di Mion, fino alla sera dell'annuncio al consiglio del villaggio. Se non fosse così staremmo parlando di una fuga di informazioni, una grave falla nel nostro sistema di sicurezza, e Kasai non avrebbe piacere a sentire queste cose. Non è vero, Kasai?” La guardia del corpo non rispose, immobile come gli insegnavano anni ed anni di esperienza al servizio dei Sonozaki, e bofonchiò solo un laconico suono indistinto che però bastò a confermare quanto Akane aveva detto.

Però può essere anche che Mii-chan non fosse il loro bersaglio, all'inizio. Magari voleva solo detronizzare il capo della famiglia Sonozaki, a prescindere dal fatto che il suo nome fosse Oryou o Mion. Insieme a Nabiha-san, Megumi-san può avere pianificato il suo complotto per distruggere Oryou-sama, e quando ha saputo che Mii-chan ne aveva preso il posto quella donna ha fatto spallucce ed ha indirizzato verso di lei il suo assalto senza cambiare una virgola al suo programma. Può essere?”

No, Rika-chan, io non credo. Accusare Sonozaki Oryou di essere un'incapace... Bisognerebbe avere del gran fegato. Non avrebbe mai funzionato, pensare di riuscire in un intento simile sarebbe stata pura pazzia. Certo, Megumi-san avrebbe forse usato termini diversi nei confronti della sorella, affermando per esempio che lei era troppo vecchia per questo incarico, ma sarebbe mai stata in grado di affrontarla? Ha già perso una volta molti anni fa, contro di lei, quindi non penso che se la sarebbe sentita di rischiare. E poi, se avesse dichiarato guerra ad Oryou, non avrebbe trovato alleati in famiglia, tutti avrebbero avuto paura dell'anziana e terribile capofamiglia, nonostante al sua età ed il suo stato di salute.”

Ma allora avrebbe potuto effettuare qualche modifica al suo piano, una volta che le avevano detto della promozione dell'erede del casato, no?”

Huh? Che vuoi dire, Ali-chan?”

La mia è solo una congettura... Ma immaginate questa scena: Megumi-san sta architettando qualcosa contro Oryou-sama, ma improvvisamente deve tornare sui suoi passi a causa delle notizie che riceve da Hinamizawa... Per esempio, se avesse fatto le cose immaginandosi che allo scontro finale il ruolo di Mii-chan sarebbe stato ancora solo “erede dei Sonozaki”, e non già “capo effettivo del clan”. Essendo stata sempre all'oscuro delle mosse di Oryou-sama, Megumi-san non sapeva del fatto che Mii-chan sarebbe diventata il leader del casato così presto, non si aspettava una promozione tanto anticipata, un imprevisto non da poco. Deve pensare a qualcosa che possa adattarsi meglio alla nuova leader, e ci vuole tempo per farlo... Ed infatti è venuta al Maniero a fare il suo spettacolo solo due mesi dopo la Guerra delle Frane, ha atteso per un lasso di tempo non indifferente.”

Hmmm... Troppo complicato, per i miei gusti.” replicò Satoko dopo aver rimuginato per qualche secondo su quell'eventualità “Se tu avessi ragione loro avrebbero dovuto rinviare tutto il loro piano a data da destinarsi, non solo una parte di esso. Cioè, la Questione Frane avrebbe dovuto avvenire più tardi in quel caso, che so, all'inizio di quest'anno o anche dopo. Rinviare solo la seconda parte dell'operazione, ossia l'attacco a Mion-san... non ha senso, per me, perdi il fattore sorpresa e dai ai tuoi avversari la facoltà di premunirsi e difendersi dalla tua offensiva. Non escludo che sia come dici tu, però se fosse così allora quella donna non si sarebbe comportata in maniera del tutto razionale, secondo il mio modesto parere."

Il tuo ragionamento non fa una grinza, è vero. Non sono brava ad avventurarmi in queste ipotesi così contorte, temo, questo è più pane per i tuoi denti che per i miei. Forse Nii-chan sarebbe più adatto di me per questo genere di sfida, ma fa niente. Al massimo chiederò la sua opinione a casa.”

Ma almeno qualcuno sa se quella tizia si era infiltrata tra la folla, quel giorno alla prefettura? Qualcuno l'ha vista? Da un punto di osservazione privilegiato avrebbe potuto controllare la situazione più facilmente. Se fosse stata nelle nostre vicinanze...”

E' vero, ma la sua presenza sarebbe parsa stranissima. Tutti ad Hinamizawa sanno della sua misantropia, è una caratteristica che ha sviluppato con il passare del tempo, dopo che aveva dovuto lasciare il Maniero. Non avrebbe mai potuto stare nel cuore di tutta quella ressa, le sarebbe venuto un attacco di panico... Per quanto ne so io, attualmente lei adora restarsene chiusa in casa o comunque in stanze piccole, lontana dagli altri sventurati esseri umani che popolano questa valle di lacrime.” Shion digrignò, mentre si abbandonava a quei non piacevoli commenti sulla zia “La nostra cara amica odia gli spazi aperti, è così... come la chiamano, quella paura...”

Agorafobia.” rispose Akane.

Shion si voltò verso di lei: “Agorafobia, ho capito bene? Buono a sapersi, grazie mille mamma. Certo, non possiamo escludere la sua implicazione in tutto il casino che c'è stato allora, in teoria avrebbe potuto mandare un paio di servi a compiere il lavoro sporco, un po' come ha fatto non più di due ore fa. Però non abbiamo prove a riguardo, non possiamo accusarla di nulla per non rovinare il buon nome del clan, e quindi sembra che dovremo procedere con assoluta cautela. E dunque, il problema ora è pensare a una buona strategia da suggerire ad Onee. Che cosa dovremmo fare? Immagino che molti nostri parenti verranno a chiedere un'udienza con lei, dandole e chiedendole suggerimenti, pregandola di dare consigli sul da farsi... Io penso proprio che non saremo soli, quelli che sono più legati alle antiche tradizioni dei Sonozaki saranno dalla nostra parte.”

Lo pensi, Shii-chan? Lo pensi?”

Sì... Che le piaccia o no, zia Megumi ha lanciato una dichiarazione di guerra con tutti i crismi al capo della sua stessa famiglia, ed allontanarla dal suo posto sarebbe qualcosa di mai visto, inaudito. Ci sono molte persone nel clan che a priori non accetterebbero questa troncatura con il passato, zii che non cambierebbero le tradizioni per tutto l'oro del mondo. Forse riuscite ad immaginarvi come ragionano: loro amano le cose che vanno avanti nello stesso identico modo in cui sono andate in passato, un cambiamento repentino e di questa portata potrebbe portare sfortuna ai Sonozaki, nonché attirare l'ira di Oyashiro-sama e così via. Il loro punto di vista è sempre stato questo.”

Ed allora, questa volta, noi non dobbiamo modificare una cattiva abitudine” concluse Rika, sorridendo “Al contrario dobbiamo proteggerne una positiva. Assicurarci che niente cambi. È questo che intendi, Shii-chan?” La bimba poi chiuse gli occhi ed esclamò teneramente Nippa~!

Beh, p-più o meno hai ragione, Rika-chan...”

Alla fine, era tutto l'opposto di quando avevano il compito di salvare Satoko da Teppei: quella volta dovevano essere intraprendenti, attaccare simbolicamente gli altri, il centro per la tutela dei minori, il consiglio cittadino, Oryou... Ora invece dovevano difendere Mion e loro stessi da un assalto esterno. Rika smise di sorridere, cercando di trarre le logiche conclusioni da quanto aveva appena udito. Non erano stati in grado di capire esattamente cosa ci fosse dietro quella storia, ma avevano intuito che ci doveva essere qualche collegamento tra Nabiha e Megumi, anche Ouka aveva detto che c'era qualcun altro dietro la vicenda alla prefettura e due attacchi frontali in un periodo così breve non potevano essere una coincidenza. Ma cosa aveva detto la sua antenata, di preciso? Rika si sforzò di ricordare. Che cosa aveva detto Ouka, al Saiguden...
 

...Non mi sarei fatta avanti, in caso contrario. Invece, ora come ora ho una... collaborazione amichevole con un altro uomo, quello che ha guidato Nabiha-san fino a quell'impresa sfortunata...”
 

Un altro uomo... esclamò la fanciulla tra sé e sé. Sì, aveva usato quelle parole, non si era riferita ad una donna, ma ad un uomo. Quindi Megumi sarebbe innocente? Oppure è solo un'altra marionetta controllata da qualcuno dietro le quinte? Oppure che altro? Forse non dovrei fidarmi dei vaneggiamenti di Ouka, alla fine si è autodichiarata come nostro arcinemico e ci avrebbe potuto parlare anche solo per confonderci le idee, per sviare i nostri sospetti... No, come hanno detto Shion ed Akane abbiamo bisogno di saperne di più prima di giungere a delle conclusioni. Aspettiamo prima che gli altri scoprano qualcosa sul conto di quella donna, e le nostre deduzioni saranno più accurate.

Allora” disse quindi Keiichi “Possiamo farci già delle idee su chi probabilmente combatterà con noi, e su combatterà contro di noi? Shion, sarebbe un aiuto inestimabile se tu riuscissi a dirci a grandi linee chi sarà dalla nostra parte, dobbiamo avere le idee chiare sugli schieramenti di forze.”

In realtà non posso farlo, temo. Non così dettagliatamente come vorresti. Quello che mi chiedi è una cosa che Onee saprebbe fare molto meglio di me, lei conosce i segreti più inconfessabili del clan, quelli che la nonna le ha rivelato in totale confidenza. Probabilmente potrebbe descriverti con dovizia di particolari la maggior parte dei rami della famiglia, la loro composizione, la loro attitudine verso la Casa Madre, eccetera... Al contrario io non ne conosco poi così tanti, anche se potrei dirti che, per esempio, zia Yono dovrebbe essere con noi, e con lei anche altri... Insomma, riassumendo ci sono molti di noi che la supporterebbero, suppongo a causa della forza dei vincoli di sangue ed obbedienza che li legano a lei, quindi tralasciamo inutili allarmismi, per ora. Naturalmente dovrà parlare con molta gente nelle prossime settimane, sarà un lavoro stancante come pochi, però...”

Sono sicura che mia figlia ce la può fare.” Akane la interruppe bruscamente, non senza motivo. “Piuttosto, che un'altra cosa che voglio mettere in chiaro. Shion, non pensi che sia meglio farti da parte? Intrometterti così pesantemente nelle vicende familiari non è compito tuo, lo sai.”

Sua figlia si girò di nuovo verso di lei, ma Shion non parve sorpresa di udire quell'invito. Lei sapeva già quello che sua madre le stava per rammentare: “Quando sei stata accettata in questa casa dopo il periodo al collegio, hai fatto una solenne promessa a tua nonna: hai giurato che mai ti saresti immischiata nelle questioni del clan, che sono riservate a tua sorella. Avresti vissuto ad Hinamizawa come ogni altra persona ed in cambio avresti ignorato questa parte della vita dei Sonozaki, non avresti mai detto la tua in queste situazioni e non avresti mai imposto la tua opinione su quella di Mion. È una cosa che ho imparato a fare anche io, a suo tempo, quindi impara. In fondo le passate tradizioni raccomandavano di far sì che questa casa fosse abitata da meno persone possibile, eppure sei stata ammessa qui, considerati fortunata. Per favore, quindi, mostrati riconoscente e merita questo privilegio. Oppure hai dimenticato la tua promessa?”

No che non l'ho dimenticata” Shion rispose svelta “Ma tu credi che io abbia avuto una possibilità di scelta? Quella non è stata l'unica promessa che ho fatto a qualcuno, ed in questo caso ho dovuto decidermi tra due impegni che mi sono presa. Non potevo evitare di venire meno ad almeno una promessa.”

Akane la squadrò, cercando di leggere la verità negli occhi della figlia. La ragazza non era mai stata brava con le menzogne e sua madre lo sapeva: bastarono pochi secondi per verificare che Shion fosse stata sincera, e non ci volle molto più tempo per farsi un'idea sull'argomento dell'altro giuramento che lei aveva fatto.

Che hai detto a tua sorella?” chiese infatti la donna, senza perdere un istante.

Che non l'avrei mai lasciata da sola. Come sua... sorellina minore era mio dovere morale assisterla, tanto quanto le mie capacità mi consentono di farlo. Le tradizioni di famiglia mi hanno sempre interessato meno del benessere di Onee. Durante il periodo in cui stavo avendo quei strani sogni, quando sognavo di fare male a Satoko ed a voi tutti... Lei mi ha sostenuto, mi ha dato la forza di non farmi influenzare da quegli incubi, sono andata avanti grazie a lei. Senza il suo aiuto non mi sarei mai sentita autorizzata a considerarmi parte di questo gruppo, ed anche di questo villaggio; avrei vissuto separatamente, da sola ad Okinomiya e diffidando di ognuno di voi, esattamente come ha fatto zia Megumi. Io e lei ci assomigliamo più di quanto pensiate, e posso anche azzardarmi a dire che posso capire quali siano i suoi sentimenti, sia quelli del passato che quelli odierni. Non li condivido, questo è assodato, ma posso vedere il percorso interiore che ha compiuto e che ne ha plasmato in questo modo il carattere. In definitiva, io sono diversa da lei perché Onee mi è stata vicina più di quanto la nonna lo è stata con sua sorella, e perché io ho accettato il suo aiuto al contrario della zia. Sono stata fortunata.”

Stai dichiarando che non è solo colpa sua, direi... Pensi che io e tua nonna avremmo potuto fare qualcosa in più per lei?” Non c'era rabbia nelle parole di Akane, solo un pizzico di disappunto e rimpianto. Ed infatti Shion non si sentì attaccata e rispose placida:

Vallo a capire. Io allora dovevo ancora venire al mondo, non ero lì per giudicarvi. È qualcosa che voi dovresti sapere meglio di chiunque altro, mamma. Io dico solo che il mio destino sarebbe stato lo stesso di zia Megumi, senza l'intervento di Onee. Priva dell'amore della maggior parte della famiglia, isolata e separata dall'affetto altrui, mandata a vivere in un'altra città, non cambia che l'abbia deciso lei o no... Sì, se fossi stata in lei sarei diventata una donna infelice e cattiva verso l'intero genere umano, un po' come è diventata lei. Infelice e senza compagno, per di più... Senza il sangue di Onee, Satoshi-kun sarebbe ancora in quel seminterrato, sotto il piano terra della Clinica. Un motivo in più per sentirmi in debito con lei, le devo tutto, ed ecco perché la promessa che ho fatto a lei ha un valore infinitamente più grande di quella che ho fatto alla nonna, e di quelle che farò anche in futuro a chiunque altro.”

Rika emise un radioso sorriso, chiaramente contenta di sentire quella dichiarazione di affetto. Era forse la prima volta che Shion parlava pubblicamente di sua sorella in un modo tanto caloroso. Tutti sapevano che c'era un forte legame tra le due gemelle, lo sapevano anche i sassi, ma entrambe erano abituate a nasconderlo, facendo finta di spendere il loro tempo stuzzicandosi e facendosi vicendevolmente dei dispetti. Era un segreto di Pulcinella, ma loro erano felici di mostrare il loro rapporto in questi termini, così gli altri non avevano mai avuto nulla in contrario.

Comunque” continuò Shion, accorgendosi che quello che aveva ammesso era un poco imbarazzante “Non è che il mio scopo sia quello di rimpiazzare Onee, non ho in mente di diventare il capo, qui. Sia io che lei siamo consce che la scelta dell'erede legittima è stata presa definitivamente il giorno in cui hanno disegnato un tatuaggio sulla sua schiena, e io non ho certo pretese o rimpianti. Io sto facendo questo per un fine non egoistico, che sarebbe dare una provvidenziale mano a quella signorina” sogghignò ancora, alla fine “Visto che lei non riuscerebbe mai a compiere quest'impresa da sola...”

Offendere lei è un po' come offendere te stessa...” Satoshi osò replicare “Non siete forse identiche, fisicamente parlando?”

Satoshi-kun!” gridò lei, colta in castagna e rossa come un peperone, mentre gli altri risero rumorosamente, prima di discutere gli ultimi dettagli.

~-~-~-~-~

Fumare un sigaro è una piacevole attività, se lo puoi fare in tranquillità nella quiete del tuo salotto. E lo diventa ancora di più quando ricevi buone notizie. Una lettera era stata fatta scivolare sotto la porta della sua casa e non appena fu vista essa fu aperta, in modo che un messaggio conciso ed inequivocabile potesse essere letto:

Domani dopo le nove di sera.

141, quartiere di Kabenochi, quarto piano.

Poteva essere un'imboscata da parte di quegli uomini? No, non poteva esserlo, avevano tutto da perdere da un gesto che ormai appariva anche a loro come insensato. A quell'ora, si erano resi conto certamente di essere caduti in una trappola per topi da cui non sarebbero usciti vivi, se non si fossero comportati come lui si aspettava. La morte preventiva della loro compagna doveva aver fatto loro aprire gli occhi, essi non potevano fare altro che obbedire diligentemente alle sue direttive, se volevano sopravvivere. Così, lui poteva prendersi la briga di recarsi personalmente sul posto, non si fidava di nessun altro al di fuori di sé, neppure di quella donna che considerava in fondo una buona a nulla, una persona senza virtù né doti degne di nota. Forse, l'appartamento in cui si sarebbe recato per ritirare il pacco sarebbe stato vuoto, nessuno gli avrebbe dato il benvenuto, ma questo sicuramente non importava, la cosa più importante era il fatto che lui sapeva già quello che avrebbe trovato a quell'indirizzo. Maneggiando il pezzo di carta, l'uomo lo porse a colui che nell'ombra era in piedi a lato della sua poltrona; quindi, spegnendo il mozzicone che teneva nell'altra mano poté commentare soddisfatto:

Hai visto, vero? Quel piccolo botto ci è stato molto utile... La Tokyo non ci causerà ulteriori seccature, d'ora in poi.”

Tutto stava andando come secondo i piani, e la sua autostima, accresciuta dal successo, gli suggerì di accendersi un secondo sigaro, cosa che lui fece di buona lena.

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Capitolo 36
*** Tutti i tipi di affetto ***



Capitolo 35: Tutti i tipi di affetto


Hinamizawa, 11 Febbraio 1984

Quella che stava per affacciarsi su Hinamizawa era la più tipica delle fredde mattinate di Febbraio. Una dove la brina della notte precedente velava di bianco tutti i sentieri e le mulattiere del villaggio, e dove le poche strane asfaltate del paese erano un continuo pericolo a causa del ghiaccio. Una mattina che ti invitava cordialmente a non metterti in viaggio ed a restartene a casa, in barba a quelli che erano i tuoi impegni quotidiani.

Tuttavia, nonostante ciò, due ragazze dai capelli verdi si erano incamminate lungo il loro consueto tragitto dal Maniero alla scuola, sfidando la temperatura estremamente rigida ed il clima avverso. Avvolte nei loro giacconi caldi e confortevoli, entrambe procedevano pensierose, assorbite da quello che stavano leggendo sul foglio di carta che era stato loro consegnato prima di lasciare la loro abitazione. Sopra di esso, Kasai aveva scritto di suo pugno ogni informazione che aveva scoperto sul conto di Megumi Sonozaki.

La loro non fu una lunga lettura. Il rapporto era composto di un unico foglio su cui vi erano riportate poche righe redatte a mano con l'inchiostro nero di una penna stilografica. Un riassunto molto conciso, specchio del fatto che non ci fosse molto da parlare, di lei. Dopo aver lasciato il resto della sua famiglia, si era risposato con un uomo d'affari di mezz'età, il quale le aveva consentito di condurre un esistenza decorosa e consona al facoltoso stile di vita con cui la signora Sonozaki aveva passato l'età giovanile e quella adulta. A parte quella notizia di gossip, però, non c'erano altre notizie interessanti che coinvolgessero lei e suo marito, le loro apparivano in tutto e per tutto esistenze ordinarie, indistinguibili da quelle di tante altre. Ma allora che cosa era successo alla loro parente? Perchè Megumi aveva cambiato comportamento così improvvisamente, quale era la ragione di quella svolta? Lanciare un ultimatum a Mion imponendole di lasciare la guida della famiglia, cosa di cui la donna si era disinteressata per una ventina d'anni... Qualcosa doveva essere accaduto, ma Kasai non era riuscito a identificare che cosa esattamente.

Un risultato deludente. Shion lesse cinque o sei volte il resoconto, e non si potè trattenere dal commentare: “Sembra che il lavoro di Kasai sia stato inutile, se dobbiamo andare a vedere il succo della cosa, Onee.”

No, non è vero... Non dovresti mancare di rispetto a quello che gli altri hanno fatto con fatica. Kasai ha fatto del suo meglio, Shion. Piuttosto, su questo foglio ci sono dei dettagli che ci permettono di dedurre qualche dato in più.”

E sarebbero? Che ti frulla in testa, visto che a me non viene in mente niente?”

Francamente io non li ho ancora scoperti, ma ci saranno sicuramente. Dovrei solo prendermi un po' più di tempo per esaminare questo rapporto...”

Shion preferì non insistere sull'argomento, far cambiare opinione a sua sorella era sempre stato qualcosa al limite della fantascienza. Per farla breve, le due gemelle sapevano già quello che avrebbero fatto nelle settimane seguenti. L'attuale capo del clan Sonozaki ci aveva riflettuto nei giorni precedenti, e la sua meditazione era giunta infine ad una conclusione, Infatti, non appena le due raggiunsero la scuola Mion e Shion si recarono direttamente nell'ufficio di Chie-sensei, in quanto desideravano parlare con lei con urgenza. Nei due giorni prima erano stati assenti dalle lezioni e dovevano giustificare la cosa, ma quella non era l'unica motivazione per cui erano andate dalla maestra. Dopo aver aperto la porta e salutato caramente la loro insegnante, la ragazza dalla coda di cavallo le si avvicinò ed iniziò a fare il discorso che si era prefissata di pronunciare.

Sensei, volevo informarla che ho deciso di imbarcarmi anima e corpo nella battaglia che mi si prospetta davanti, e che sono pronta a combattere per preservare il mio ruolo all'interno della famiglia Sonozaki. Penso fermamente che questa sia la scelta migliore, dati gli sviluppi più recenti. Tuttavia, al fine di adempiere al mio dovere, dovrò dedicarmi a tempo pieno a questo gravoso compito, facendo tutto ciò che è nelle mie capacità. Pertanto... Non mi sarà possibile frequentare l'università. Questo sarà l'ultimo anno che trascorrerò a scuola. La decisione che ho intrapreso non mi darà tempo sufficiente per studiare, e quindi non sarò mai in grado di prepararmi adeguatamente per gli esami di ammissione. Voglio ringraziarvi sinceramente per tutto quello che voi avete fatto per me in qualità di educatrice, siete stata una maestra eccellente... Però mi duole pregarvi di non assegnarmi più compiti di matematica, da fare a scuola od a casa. Non avrei il tempo per svolgerli a casa mia ed inoltre non sarei per nulla motivata a finirli, sarebbero inutili visto che i miei studi termineranno definitivamente in meno di due mesi. Vi ringrazio ancora, Chie-sensei... ma ho preso la mia decisione e devo fare un piccolo sacrificio per salvare qualcosa di più grande.”

La maestra la guardò con una certa delusione. Chie riconosceva che l'allieva faceva tutto ciò in buona fede, però lei pensava comunque che fosse un peccato. Mion non era mai stata una studentessa brillante ma era una ragazza cocciuta e probabilmente sarebbe riuscita a vedere a capo delle sue difficoltà in campo scolastico, in uno scenario normale. Ma la vita non va mai come ti aspetti, e quegli eventi imprevisti richiedevano la sua continua presenza ed attenzione. Chie sospirò, mostrando di accettare la sua decisione, e quindi si voltò verso l'altra gemella: “E tu, Shion-chan, invece? Quali sono i tuoi piani per gli anni a venire?”

Neanche Shion frequenterà l'università” rispose la ragazza dalla coda di cavallo “Ma questa non è una sorpresa, in famiglia lo sappiamo da molto tempo. Non ha mai voluto andarci, lo ha detto anche a voi, sensei. Suppongo che finito l'anno scolastico se ne starà qui ad Hinamizawa.”

Capisco...”

La differenza tra gli approcci che le due avevano sempre avuto verso la scuola era comprensibile, a conti fatti. Alla fine, il pungolo che aveva stimolato Mion a studiare sodo e ad applicarsi era il desiderio di imparare tutto quello che c'era da imparare, al fine di usare quella conoscenza per migliorare la vita di tutti gli abitanti del suo villaggio natale. Shion invece non aveva mai avuto quel desiderio, i suoi ricordi infelici sulla vita nell'Accademia di Santa Lucia l'avevano pesantemente influenzata, quindi non si era mai appassionata alla scuola: tutto quello che voleva per sé era vivere insieme a Satoshi e nel frattempo aiutare i suoi amici quando necessario. I libri per lei erano totalmente inutili, roba buona solo per tappare in buchi negli scaffali delle biblioteche.

Beh...” replicò allora Chie “Devo dedurre che voi abbiate intenzione di studiare solo gli argomenti obbligatori per completare il vostro ultimo anno... Non vi dirò certo che sono felice di sentire ciò, perché sicuramente non lo sono, ma se pensate che questa sia la vostra strada io non mi opporrò, sarebbe vano. Almeno, mi piacerebbe chiedervi di assistermi con i bambini più piccoli, allora. Ho sempre bisogno di un po' d'aiuto qui... Per voi va bene?”

Entrambe le gemelle furono d'accordo, così l'insegnante aggiunse: “Bene. Ma ora dovreste andare dagli altri in classe. Vi stanno aspettando certamente.” Shion annuì, e quindi lasciò l'ufficio, seguita a ruota dalla sorella.

Beh, abbiamo superato la parte più difficile della giornata.” commentò la giovane dalla coda di cavallo “Ora ci aspetta qualcosa di più piacevole. Sei pronta? Spero di sì.”

L'altra diede solo un cenno col capo, come risposta, mentre la sorella era ormai in prossimità dell'ingresso dell'aula, con la mano poggiata su di essa e pronta per far scivolare la porta a scorrimento. Una cosa che avevano fatto tante volte, ma questa era diversa. All'interno tutti si erano zittiti, non appena si erano resi conto che Mion e Shion erano dall'altra parte della porta. Qualcosa di insolito, estremamente inconsueto... Le due erano abituate al caro trambusto infernale che veniva da quella classe ogniqualvolta che Chie non si trovava lì; un baccano assordante, provocato solitamente da Keiichi e Satoko. Quella mattina, invece, tutto taceva, come se ognuno fosse in attesa trepidante di qualcosa, aspettando che questo qualcosa accadesse prima di osare di aprir bocca.

La porta fu aperta, lentamente...

BUON COMPLEANNO, RAGAZZE!”

L'urlo gioioso di Keiichi riempì la stanza e gli altri seguirono entusiasticamente il suo esempio, congratulandosi con le due gemelle. In fondo, tutti erano davvero in attesa di qualcosa. Erano in attesa del loro arrivo.

Tsk, lo zietto sta diventando davvero vecchio, tra un po' mi dovrete chiamare nonnino.” esclamò la ragazza dalla coda di cavallo, che pareva di buon umore dopo le passate vicissitudini “Quanti anni ho, adesso? Diciotto, se so ancora contare.”

Se fossimo in Europa tu saresti appena diventata maggiorenne.” ribatté Alice, ridendo e ponendo un braccio sulla spalla dell'amica “Qui invece dovrai ancora aspettare un altro paio di annetti...”

Fa lo stesso. Con tutto quello che ci è capitato siamo cresciuti tutti in fretta, qua, ci dobbiamo comportare come adulti e quindi siamo già adulti nella sostanza, anche se non lo siamo anagraficamente. Le convenzioni decise per comodità dai vari governi non ci rendono più o meno saggi di quello che siamo davvero.”

Sì, è vero” rispose Keiichi “Ma la maggiore età porta sempre il suo fascino peculiare. Guidare un'auto propria, votare... E' come un rito d'iniziazione, quando ti lasci alle spalle quel giorno hai sempre la consapevolezza di essere una persona più vecchia e matura.”

Mah...” commentò l'altra, scettica “Difficile da dire una cosa del genere. Ci sono dozzine di membri molto più vecchi di noi, nella nostra famiglia... E dovremo trovare il modo di gestirli, presto. Quando andremo a parlare con quelle vecchie mummie loro ci vedranno solo come dei mocciosi immaturi, vista la differenza d'età.”

Colpa loro, allora. Presumere che le persone più giovani non possono insegnare loro qualcosa è solo un preconcetto che non permette di imparare. Un sintomo di arroganza, punto.”

E' a loro che dovresti dire queste cose, temo.” Lei si sedette al suo posto e quindi aprì la propria cartella, estraendo da essa un lungo foglio di carta arrotolata a mo' di papiro. Lo appiattì sul banco e poi esclamò: “Perlomeno, dovresti chiarire quel concetto a quelli che abbiamo riportato su questo documento.”

Keiichi osservò il foglio, incuriosito. A prima vista era una sorta di albero genealogico, ed anche se non vi era stato scritto il cognome da nessuna parte fu subito evidente che si trattava di quello del clan Sonozaki. Su di esso, come riportava l'intestazione in alto, vi erano tutti i nome dei membri viventi del casato, ma la cosa più rilevante era il fatto che molti di loro erano stati segnati con pennarelli di colore diverso: la maggior parte era stata evidenziata in verde, ma vi erano anche simboli di altre tonalità, blu, viola e rossi; infine, qualche nome era scritto con un carattere più piccolo di quello degli altri ed era completamente privo di segni.

Avresti fatto meglio ad aggiungere una legenda, o qualcosa che spieghi il significato di tutti questi ghirigori colorati...” concluse Keiichi, mentre finiva di passare al setaccio il documento ed alzava il capo verso la ragazza dalla coda di cavallo.

Kei-chan, non ci vuole poi così tanto... Non c'è nulla di astruso. I nomi senza alcun segno appartengono ai bambini più piccoli, quelli che attualmente non hanno potere decisionali e che non avranno voce in capitolo: sono quelli che possiamo tralasciare. I segni verdi mostrano chi probabilmente si unirà a noi nella nostra lotta, mentre quelli rossi indicano chi starà dalla parte della zia Megumi. I blu si riferiscono a chi è ancora indeciso e a chi interessa poco del nome del capofamiglia.”

E quelli viola? A cosa corrispondono?”

E lasciami un secondo per finire di spiegare, caspita! Quelli lì sono coloro che hanno dichiarato di essere con noi, ma di cui non ci fidiamo. Nel loro caso, abbiamo sospetti fondati che stiano facendo un doppio gioco ai nostri danni... Non ce ne sono molti, grazie ad Oyashiro, ma per noi è vitale riconoscere immediatamente questi esseri meschini. Dobbiamo controllarli tutti, è a questo che serve una buona rete di informazioni... conoscere lo schieramento a cui appartiene un certo parente non ci consente di dire qualcosa su quello di suo fratello, o di suo figlio: le guerre interne e le faide tra membri dello stesso clan mettono spesso padri contro figli, fratelli contro sorelle...”

...E prozia contro nipote.” commentò Satoko, riferendosi al grado di parentela tra Mion e Megumi. “Sicuro, vedo che qui in un unico nucleo familiare ci sono nomi con colori diversi, segno che il padre sta con voi ed il figlio no... Comunque, questa mappa è davvero dettagliata, avete raccolto una marea di informazioni in così pochi giorni. Roba degna di esperti dello spionaggio.”

Esagerata. Siamo state capaci di sbrigare il tutto solo perché ci siamo barricate in casa, tra ieri e l'altro ieri. Sia io che Shion abbiamo passato intere giornate a telefonare agli altri e ad esaminare al microscopio le loro mosse, mentre la mamma ci dava il suo punto di vista sulla via da seguire e Kasai faceva delle ricerche supplementari. Sapete, queste questioni traboccano sempre di intrighi e trappole, devi essere pronta a fronteggiare ogni evenienza. Un tizio magari dichiara di volerti supportare e un secondo dopo ti tradisce per un tozzo di pane, pugnalandoti alle spalle.”

Capito... Comunque, dimentichiamoci di questi assilli per ora, abbiamo una lezione da cominciare, ed oggi è anche un giorno speciale da celebrare!”

Rena concorda” disse la ragazza dai capelli castani “Quando avremo finito con la scuola anche Daijiro-kun starà insieme a noi, lo ha promesso a Rena, e se stiamo tutti insieme ci divertiremo tanto...”

Mi spiace fare l'uccello del malaugurio, ma temo che non potremo sollazzarci quanto volete voi. Lo zietto vi dovrà lasciare da soli, questo pomeriggio, deve andare al Maniero e potete facilmente intuire perché.”

Immagino di saperlo... Un altro noioso incontro che però è necessario per avere una visione migliore della situazione. Ci ho preso, Mion?”

Hai fatto centro, Kei-chan...” sospirò lei, mostrando di non essere particolarmente entusiasta all'idea di andare da quei vecchi bacucchi “Ne informerò Chie-sensei una volta che entra in classe, mi sono scordata di accennarglielo, prima. Ma adesso” concluse, abbassando la voce per timore di essere sentita “Andiamo veloci ai nostri posti, si sentono i suoi passi e sarà qui a breve. Eh, già, è così ogni volta: parli del diavolo ed eccolo che arriva...”

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Lo scarso interesse di Mion e Shion in quello che stavano scrivendo per compito divenne presto manifesto, quel giorno, e tutti i loro compagni di classe lo capirono nel giro di pochi minuti. Più di un'ora era passata da quando avevano preso in mano le loro biro e nonostante ciò le due avevano terminato di scarabocchiare solo la prima delle dodici pagine che erano state loro assegnate come lavoro per quella mattina. Gli altri fogli bianchi erano ancora lì, intoccati, appoggiati sui loro banchi senza che l'inchiostro nero delle penne li avesse sfiorati; sembrava che le ragazze non li avessero neppure notati, per loro era come se non esistessero.

La ragione di questo atteggiamento era ovvia. Quegli esercizi, ai loro occhi, mancavano di un vero scopo, il che le rendeva completamente demotivate. Forse erano in grado di eseguirli; o forse no, e quanto avevano già scritto era allora pieno di errori e refusi, ma a loro non importava. Un paio di volte Shion si era perfino alzata per andare ai banchi dove erano seduti Giancarlo ed Alice, per vedere che cosa stavano facendo e per leggere i libri che erano stati consegnati loro dalla maestra. Ciò non era strano, era risaputo che la ragazza amava la letteratura molto più della matematica, ma lasciare a metà i propri compiti era qualcosa che lei non aveva mai fatto, sebbene la giovane possedesse comunque una natura alquanto ribelle.

Nessuno se la sentiva comunque di biasimarla per questo comportamento, nemmeno Chie. L'unica cosa che l'insegnante decise di fare fu separarle ed associare ognuna di loro con un bambino, pregandole di assisterli con i loro compiti, esattamente come aveva proposto loro nel suo ufficio. Non era granché, ma era un tentativo come un altro per tirarle su di morale.

Fortunatamente le ore corsero via veloci, e la pausa pranzo arrivò con la campanella del preside. Il club non vedeva l'ora che venisse quel momento e così tutti si precipitarono a spostare solerti i loro banchi, per formare un grande cerchio e festeggiare degnamente il compleanno delle gemelle. Una torta di proporzioni titaniche apparve misteriosamente, preparata il giorno prima da Rika e Satoko, mentre Keiichi non la smetteva di cantare canzoni di compleanno, giungendo al punto di cominciare a dare sui nervi. Grazie a Dio, Rika lo interruppe presto con un secchio colmo di acqua gelata che cadde da una botola nel soffitto, il che gli fece letteralmente mordere la lingua e gridare come un maniaco. L'edificio scolastico era tuttora pieno delle trappole di Satoko, e Rika sapeva meglio di chiunque altro dei punti in cui erano piazzate e del modo con cui attivarle: le due le avevano realizzate insieme mesi prima, Rika aveva collaborato con la sua piccola amica. Già, uno di questi giorni Keiichi si sarebbe dovuto decidere a finanziare una bonifica della struttura, se aveva intenzione di sopravvivere laggiù.

Ad ogni modo, la gustosa torta alla crema – adatta quasi più ad un pranzo nuziale che ad una festa di compleanno – svanì nel nulla piuttosto rapidamente e quindi i banchi furono rimessi al loro solito posto. Ma visto che avevano ancora un'ora prima della partenza di Mion (e prima dell'inizio delle lezioni pomeridiane), tutti decisero di comune accordo di fare un gioco, in memoria dei vecchi tempi.

Anticipiamo le nostre attività, allora? Capisco... Mion-san è costretta a lasciarci prima del solito, quindi è chiaramente una mossa saggia. E poi è tanto che non facciamo dei giochi qui a scuola, queste sì che sono grandi notizie!” commentò Satoko, eccitata.

Sono d'accordo, ma che gioco proponete?” chiese Satoshi “Volete ricorrere al buon vecchio gioco dell'Uomo nero?”

Ancora? Ne ho fin sopra ai capelli, di quelle carte maledette! La vostra non è passione, è dipendenza!” protestò Alice, storcendo il naso “Perché non proviamo qualcosa di nuovo, per una volta? Per esempio... Beh, vediamo, che ci si può inventare...” La ragazza gonfiò buffamente le guance, pensierosa e disperatamente in cerca di qualche attività che non riguardasse quelle dannate carte da gioco.

Perché non proviamo il Ronin Mawashi?" suggerì Rena "Quel vecchio gioco è tornato in mente a Rena qualche giorno fa, e non ci divertiamo con quello da tanto tempo. Sarebbe carino, sarebbe. Vero che sarebbe carino? Vero?”

E che roba sarebbe?” chiese l'altra, toccandosi nervosamente la sua chioma castano chiara. Ci volle qualche minuto per dire ad Alice che con quel nome giapponese si indicava un gioco che in quel Paese era ancora molto in voga: si prendeva una penna in mano e dopo un attimo di concentrazione la si doveva far roteare con velocità e destrezza, facendola trotterellare intorno alle dita come se fosse un bastone per majorette in miniatura; il tutto per creare le combinazioni di mosse più immaginifiche ed affascinanti, al fine di stupire amici ed avversari. Nel loro caso, tutti i membri del club si sarebbero cimentati in quest'attività ed una giuria imparziale avrebbe decretato il miglior giocoliere del gruppo, mentre il perdente sarebbe stato sottoposto alla sua usuale punizione.

Però dovremmo trovarla, questa brava giuria.” sottolineò Alice “Non possiamo giudicare noi stessi, non sarebbe giusto e rischieremmo di andare incontro a complotti per far perdere uno anziché un altro, trucchi, combine, nonché ricorsi, dispute accese e quant'altro...”

Tu ora stai dimenticando che qui ci sono molti potenziali arbitri, in questa classe.” rispose Keiichi, puntando il dito verso gli altri bambini in aula, quelli che teoricamente non appartenevano al club. “Possiamo facilmente creare una commissione di almeno otto-nove membri obiettivi ed al di sopra di ogni sospetto, che ne dici?”

E comunque” proseguì la ragazza dalla coda di cavallo “Non ti dovresti crucciarti così tanto, Ali-chan. In questa disciplina il cervello non conta, una mano esperta ed agile è molto più utile... Ho una mezza idea su chi dovrà indossare questo, durante il tragitto fino a casa...”

Mille grazie per la tua fiducia nella mia abilità...” si lamentò Giancarlo, seccato di constatare come lei stesse alludendo a lui, mentre pronunciava quelle parole equivoche. Ma contemporaneamente il ragazzo era anche curioso di sapere a cosa si riferisse con il termine indossare, e poi voleva pure capire che cosa lei stesse cercando, visto che dalla posizione in cui si trovava non riusciva a scorgerla mentre la pulzella rovistava nei pressi della sedia di Chie.

Il volto della ragazza si deformò in un sorriso inquietante, fingendo di non averlo sentito, finché non trasse fuori repentinamente un gigantesco costume da orsacchiotto di peluche, nascosto Dio solo sa come dietro la cattedra dell'insegnante. Era stato portato lì da Satoko, la quale aveva una fissazione per quell'animale, ed aveva architettato un nuovo modo sperimentale per celarlo agli occhi di tutti, evidentemente riuscito bene in quanto Chie-sensei non aveva mai avuto il minimo sospetto sulla presenza di quell'ingombrante costume. Forse c'era un passaggio segreto, sotto la scrivania? Da lì Giancarlo non poteva vedere il trucco usato per l'evenienza, ma la cosa non aveva importanza, per il momento. Bisognava pensare all'attività che era sul punto di iniziare, dopo essersi assicurati che Rena non decidesse su due piedi di portarsi quel vestito a casa. E dopo averlo strenuamente difeso dall'assalto della ragazza, che effettivamente avvenne, il gioco poté finalmente cominciare.

Fu Keiichi a dare il via alle danze. La sua penna bianca iniziò a volteggiare leggera in aria, librandosi sinuosa e delicata come la penna di un cigno. Il suo movimento era incredibilmente veloce e preciso, le sue dita affusolate gli permettevano di controllare la biro perfettamente, come se essa fosse solo un'altra delle falangi della sua mano. Non aveva disimparato quella disciplina, anche se erano passati molti anni, anzi, e l'ammirazione generale del pubblico fu la logica conclusione del suo numero.

Ben fatto” commentò la ragazza dalla coda di cavallo, quando la performance di Keiichi ebbe termine “Sembra davvero che non finirai in ultima posizione, almeno non oggi...”

Grazie per i complimenti, fanno sempre piacere. Il punto è che il Ronin Mawashi mi ha sempre affascinato, mi sono allenato moltissime sere quando ero a Tokyo. Una pratica fatta solo per soddisfazione personale, comunque, non ho mai partecipato a delle vere gare, neanche a quelle della scuola che frequentavo allora.” Il suo livello di autocompiacimento accrebbe quando la giuria gli assegnò il punteggio massimo, era matematicamente impossibile poterlo battere. E successivamente, cosa che era comunque prevedibile, nessuno riusci neppure ad avvicinarsi al suo risultato: Shion, Mion, Alice e Rena fecero delle esibizioni decenti, chi più chi meno, ed i loro spettacoli furono apprezzati dagli spettatori, ma nessuno fu premiato tanto quanto Keiichi, il cui show aveva dimostrato una destrezza senza uguali.

Era ora il turno di Satoshi. Il ragazzo si trovava un po' a disagio, temendo di non essere all'altezza di suoi rivali, ed infatti non appena la sua mano afferrò la pena essa iniziò a tremare, facendo vibrare in modo innaturale il piccolo attrezzo e mostrando come la sua presa fosse poco salda. Avrebbe di gran lunga preferito avere la sua mazza da baseball tra le mani, quel nuovo genere di sfida lo spaventava un poco. Shion gli augurò mentalmente buona fortuna, ma quello che era stato preannunciato da quelle avvisaglie sinistre si avverò puntualmente: dopo un paio di movimenti ed evoluzioni elementari, la penna gli scivolò via dalle dita e cadde per terra, sul freddo pavimento dell'aula. Le regole decise prima della competizione prevedevano senza possibilità di fraintendimenti che questa evenienza sanciva la fine della sua prova, e quindi Satoshi dovette sedersi al suo posto, in parte rammaricato e deluso, tanto da dover essere consolato da Satoko, la quale però non poteva far nulla per evitare che al fratello fosse dato un punteggio infimo.

Era quasi impossibile ottenere un risultato peggiore del suo, per quelli che dovevano ancora esibirsi, l'esito della gara pareva già scritto. Difatti, Rika ed Hanyuu si limitarono a controllare con premura la rotazione della penna, tenendola con facilità nelle loro mani. Il loro show non fu nulla di sensazionale, ma il loro punteggio fu migliore di quello di Satoshi, ed a loro bastava questo per mettersi al sicuro dal castigo che attendeva l'ultimo classificato.

Infine, toccò a Giancarlo l'onore di chiudere la sfida. Come Rika ed Hanyuu, il suo compito era unicamente quello di non commettere errori stupidi, ed in quel modo avrebbe scansato l'ultima posizione. Era un po' impacciato in quella categoria di giochi, ma alla fine era conscio di quello che doveva fare, non ci voleva molto per farcela, era assolutamente abbastanza tenerla...

Tradimento. Appena prima che lui iniziasse l'esibizione, un colpo improvviso raggiunse il suo avambraccio, come la pesante sbarra di un passaggio a livello che si abbassava inarrestabile sulla strada sottostante. Colto di sorpresa, quel gesto gli fece cadere la penna dalle mani, cosa che lo irritò moltissimo... Allora il ragazzo si voltò subito nella direzione da cui era venuto l'assalto ignobile, e così facendo vide una coda di cavallo ed una faccia sogghignante.

Che razza di scherzo è questo?” le chiese lui.

Che dire...” gli rispose lei “Ho pensato che tu saresti proprio carino, con quel costume addosso. E dunque, ho fatto in modo che il tuo punteggio fosse anche più basso di quello di Satoshi-kun. Ti ricordi le regole? Penna sul pavimento vuol dire show concluso.”

Ma se non ho neanche cominciato!”

Chissenefrega. Nessuno avrà il fegato di contraddirmi, e dovresti essere in grado di vedere quanti punti ti hanno assegnato, vero?” Poiché lui non aveva eseguito nessuna evoluzione, al contrario di Satoshi, aveva ottenuto uno zero assoluto, il peggior esito tra quelli a disposizione. Inevitabilmente, aveva perso.

E subito, il costume fu trionfalmente preso dal suo posto ed avvicinato al banco del ragazzo, per rimembrargli del suo prossimo futuro. Siccome aveva raggiunto il proposito che si era prefissata prima di entrare in azione, la ragazza dalla coda di cavallo iniziò a ridere sguaiatamente, incurante del fatto che nel frattempo Giancarlo la stesse scrutando con attenzione.

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Hauuu! Me lo voglio portare via a caaaaaassaaaaaa! Lo metto giusto accanto a Kenta-kun, Rena può farlo? Rena può farlo, per favore?”

Non è possibile, mi rincresce.” rispose Alice, che si stava divertendo da matti “Ha bisogno di troppe cure, e poi non può essere messo dove capita, è un animaletto molto delicato.”

Sotto quella tonnellata di stoffa, Giancarlo stava soffocando, ed le aperture in corrispondenza degli occhi erano decisamente troppo piccole. La strada per riuscire a raggiungere la propria casa sarebbe stata ardua da percorrere. “E m-m-meno male che siamo a febbraio, altrimenti sarei arrostito qua dentro! Fa un caldo bestiale, qua dentro!”

Non prendertela con noi, non abbiamo il potere magico di abbassare le temperature.” rispose Satoko “E' normale soffrire di caldo con un costume pesante sopra, e specialmente con quel costume. Inoltre, non sta forse arrivando carnevale? Dovresti essere grato per non dover scegliere il vestito per quest'anno.”

La bambina non aggiunse nient'altro. Mentre finiva di parlare, si accorse che stava sopraggiungendo un'auto. Chi si trovava a bordo? Mion aveva già salutato la compagnia, dopo aver preso con energia la sua cartella, e se ne era andata da scuola diverse ore prima. Era stato Kasai a portar via la loro amica, con una macchina molto ma molto più lussuosa di quella.

Con un'ultima sgommata ed una frenata al limite, l'utilitaria si fermò ed una figura annaspante ne uscì tutta trafelata e senza fiato.

Da-Daijiro-kun!” esclamò Rena, scioccata dall'espressione esausta del ragazzo.

Io... Io...” ansimò lui, riprendendosi dal fiato corto “Ce l'ho fatta... Avevo promesso di... di arrivare da voi questo pomeriggio... E' per questo che... che... E' per questo che sono qui...”

Ma... Perché sei ridotto ad uno straccio?”

Satoko-chan ha ragione. Sembri così pallido, Rena è preoccupata, Rena è preoccupata.”

E'... una lunga storia. Codesto pomeriggio l'automezzo su cui mi ero seduto ha sofferto di un'avaria, e sapevo già che la mia fida bicicletta aveva una ruota a terra sin dal giorno prima di ieri, così ho dovuto prendere l'autovettura di cui di solito si avvaleva mio padre. Lui ovviamente non ha facoltà di usarla finché si trova agli arresti, quindi non se ne avrà a male se la prendo in prestito solo per il giorno odierno. Solo che la via per Hinamizawa era stata ostruita, una frana aveva bloccato temporaneamente il passaggio.”

Una frana? Un'altra?” quell'evento aveva rievocato ricordi infelici.

Veramente...” lui si era visibilmente imbarazzato mentre parlava, conosceva bene l'identità di chi aveva causato le altre frane in passato. “Veramente sì, è questa la verità. Essendo la strada inaccessibile ho dovuto utilizzare una deviazione, ma ho finito la benzina e ho dovuto avventurarmi mezz'ora per vicoli e stradine prima di raggiungere la più prossima stazione di rifornimento. E poi avevo dimenticato di chiudere le portiere della mia utilitaria, così quando ho fatto ritorno con la tanica piena mi sono imbattuto in due scortesi ladri che stavano cercando di impadronirsi della mia auto, e ho dovuto combattere per difendere me stesso e le mie cose. Sono stati loro che mi hanno causato questi graffi da poco conto, ma alla fine sono risultato vincitore e loro hanno dovuto desistere. Queste ferite non sono nulla di serio, sto bene, davvero, tanto che infine sono riuscito nell'impresa di arrivare fin qui ed adempiere alla mia promessa.”

Che dire, questo non è stato esattamente il tuo pomeriggio fortunato...” commentò Satoko, facendo una risatina “Per favore, ricordami di non andare da nessuna parte quando sono insieme a te, temo per la mia vita.”

Ma rinfrescami la memoria, tu non avevi solo sedici anni?” esclamò Keiichi “Ce l'avevi detto la prima volta che ci siamo incontrati, se non ho le traveggole... E quindi come fai a guidare una macchina, senza patente?”

Ho dato la mia parola d'onore a Rena-san, e quelle convenzioni che tu riporti sono mera spazzatura, una volta che presti la dovuta attenzione e ti viene impartito il modo di guidare coscienzioso. Oppure stai asserendo che io sia una persona troppo immatura per imbracciare il volante di un'auto?”

Immaturo magari no, ma bizzarro quello sì... replicò Rika sarcasticamente, naturalmente a bassa voce per non farsi sentire. Hai realmente rischiato di essere arrestato per una stupidaggine come questa.

Nel frattempo, Keiichi stava fissando Daijiro, scettico. “Adesso sembri proprio tale e quale a Mion, per come parlate. Lei aveva detto circa la stessa cosa sull'inutilità delle convenzioni sociali, quest'oggi... Deve essere così che educano i figli da queste parti.”

Rena non vuole che voi litighiate, ora!” gridò improvvisamente la ragazza, arrossendo ma decisa a stroncare quella discussione sul nascere “Rena è lieta di vedere che anche tu sei qui, che cosa possiamo fare adesso, che cosa? A me piacerebbe tant-”

Mi dispiace interromperti, ma o-onestamente io ti avevo promesso di scortarti a casa, ieri, e questo era quanto volevo accingermi a fare, mia madre desidera avere uno scambio di opinione con te e tuo padre. Lei arde dalla voglia di conoscerti, ci sta già aspettando a casa tua.”

Sono d'accordo, dovremmo andarcene tutti a casa, si sta facendo tardi.” disse Giancarlo “E io non vedo l'ora di togliermi tutta questa roba di dosso. Via il dente via il dolore, non lo pensate anche voi?”

Hmmm, ma sei così carino... A Rena non importa quello che dicono i suoi amici, lei vuole portarti a casa sua...”

Era proprio tempo di andare, specialmente per evitare di essere sequestrati da una certa pazza scatenata. Così, Giancarlo, Alice, Satoshi, Shion e Satoko si avviarono verso casa seguendo una delle vie del paese, mentre Keiichi, Rena, Rika, Daijiro ed Hanyuu presero la strada opposta. Era meglio scegliere sentieri differenti, l'attenzione di Rena verso il costume poteva diventare estremamente pericoloso per chi lo stava indossando. Ed infatti quella curiosa prospettiva era così divertente che il primo dei due gruppi cominciò a parlare di quell'argomento, vagliando tutti i possibili scenari riguardo quello che la loro amica avrebbe potuto fare con quel pupazzo.

Ha ha ha...” proclamò Satoko “Rena-san è divertente quando si comporta così, ma oggi in fondo era come la cara vecchia ragazza che conosciamo. O, più precisamente... Come quella che conoscevamo prima che cominciasse questa storia dello stalker...”

Pensi che questa sia stata una sorta di reazione da parte sua, Satoko?”

La fanciulla annuì verso suo fratello, che le aveva fatto quella domanda, ed Alice commentò: “Concordo con voi, ragazzi... Sta cercando di tornare ad una vita normale, libera da quel genere di problemi. È ragionevole, secondo me, e questo è un segno di forza notevole. Inoltre, se dovessimo aspettare l'arresto di quel ragazzo per poter stare meglio... rischieremmo di fare notte, e non penso che cospargerci il capo di cenere in eterno sia una buona idea.”

Ara ara, hai così poca fiducia nella tua sorellona, Ali-chan?"

Non è che io non creda nelle abilità di Flavia... Ma tu dovresti sapere come finiscono queste storie: l'uomo ricercato scompare definitivamente senza lasciare tracce e nessuno riesce più a vederlo da vivo. Forse ritroveremo solo il suo cadavere decomposto, un giorno, in fondo al fiume o nelle aree più impenetrabili delle foreste intorno ad Hinamizawa, o forse non rinverremo mai più i suoi miseri resti mortali, dopo che sarà passato a miglior vita. Le cronache passate e presenti sono colme di esempi simili a questo, basta leggere qualche giornaletto o qualche rotocalco da quattro soldi per convincersene.”

Tipo quale? Sono curiosa...”

Il gruppo continuò con quel soggetto per un po', dibattendo di racconti immaginari e resoconti reali che a loro parere avevano qualche attinenza con la storia della loro compagna, finché non dovettero separarsi, essendo giunti ad un incrocio. Erano sul punto di separarsi, ma Satoko si accorse che Giancarlo stava tentando di sfilarsi una delle maniche del costume.

Ehi, fermo lì, tu! Non puoi farlo! Devi tenerlo finché non arrivate a casa! Era questo il castigo del gioco di oggi e tu hai accettato il regolamento, prima di giocare! Sapevi a cosa potevi andare incontro!”

Lo so, non ti scaldare! Mi rimetterò subito la manica, ma prima devo fare qualcosa, se non ho il braccio libero non posso tenere questo in mano.” Il ragazzo stava ora maneggiando un piccolo pezzo di carta e con noncuranza lo infilò dentro una delle tasche di Shion, la quale era rimasta immobile, presa alla sprovvista ed indecisa sul come reagire a quel gesto. Quindi, lui aggiunse: “Stai attenta, signorina, tieni quel foglio ben chiuso e leggilo solo quando sei a casa, se qualcuno scoprisse questo messaggio prima di allora causerebbe un bel trambusto e tu te ne pentiresti, intesi?”

Dopo, come promesso, si rinfilò la manica del costume e se ne andò rapidamente, lasciando gli altri divorati dalla curiosità, ed in particolar modo sua sorella.

~-~-~-~-~

Non mi hai ancora spiegato che diavolo c'era su quel foglietto di carta...” gli chiese Alice, quando i due rincasarono dopo l'estenuante camminata – così era stata per Giancarlo, perlomeno.

Lui, da parte sua, si tolse prima la testa del costume, e poi rispose: “Aspetta solo un attimo, Nee-chan, sono sicuro che lei presto sarà qui...”

Lei? Ti riferisci a Shii-chan? Allora l'hai invitata qui, o sbaglio?” Alice lo guardò di traverso. Che senso aveva il suo atteggiamento? Suo fratello non si era comportato in quel modo così misterioso e dalla faccia sembrava inspiegabilmente divertito, nonostante la sauna asfissiante che aveva appena fatto sotto quel vestito così pesante. Ci doveva essere una valida ragione, da qualche parte.

La ragazza smaniava dal desiderio di sapere la verità, ma non ebbe il tempo di fantasticare su delle ipotesi. Mentre stava raccattando dalla mensola il pentolame necessario per preparare la cena, Alice udì suonare il campanello dell'ingresso e chiese al fratello di aprire la porta. Lui obbedì, ma non appena ruotò la maniglia della porta un'ombra si proiettò all'interno rapida come una saetta nera, e la vista del ragazzo fu coperta da uno sfondo bianco.

Ora dimmi che significa questo!” una voce urlò piccata, facendo andare Alice verso l'entrata per vedere che cosa stava accadendo, e lì scorse Shion che stava premendo il foglio di carta che aveva ricevuto sul naso di Giancarlo, tenendo al contempo un'espressione piuttosto seccata.

Shii-chan, qual è il problema, non capisco...” chiese la giovane, prima che la sua attenzione si focalizzasse su quello che stava tenendo in mano. “Questo è quello che Nii-chan ti ha messo in tasca, quando eravamo con gli altri... Me lo fai leggere, per favore?” Shion acconsentì ed Alice prese il foglio, leggendo le seguenti parole:

Il giorno del tuo compleanno non è ancora finito, Mii-chan.

Tutto qui? Che banalità, oserei dire che è indegno di te, Nii-chan. Certo che il suo compleanno ha ancora delle sorprese per lei, al Maniero avranno senz'altro preparato una festa con i fiocchi, però...”

La voce di Alice le si strozzò in gola, piano piano. “No, aspetta... Mii-chan?” La ragazza fissò con gli occhi sbarrati il messaggio che aveva davanti, tenendoselo appiccicato al naso, e poi guardò la ragazza dai capelli verdi che aveva di fronte a sé, sbigottita. Indubbiamente quella aveva l'acconciatura e gli abiti di Shion, i capelli sciolti, il nastro giallo che teneva ferma la parte posteriore della chioma, l'uniforme dell'Accademia doveva aveva studiato per anni... Come faceva ad essere Mion? Ma se non lo era, qual era il motivo di quella sua reazione rabbiosa ed istintiva?

Puoi chiederlo direttamente a lei, se vuoi.” rispose suo fratello, togliendo ogni dubbio “Ti risponderà che non ho frainteso la sua vera identità.”

E'... è vero, Shi... ehm, volevo dire... Mii-chan?”

La ragazza non rispose, rimanendo con il volto corrucciato, ed Alice sospirò. “Hmm... A pensarci bene hai ragione, la Shion di oggi sembrava un po' troppo silenziosa, confrontata con i suoi standard, ed anche con la Mion di oggi. Ma da qui a dire che si sono scambiate di ruolo e di vestiti ce ne passa... Come sei riuscito a svelare il trucco...”

E' tutta colpa di Shion, ne sono sicura.” replicò Mion, stringendo nervosamente i pugni “Dopo che a Satoshi era caduta la biro, lei ha voluto evitare a tutti costi che perdesse, senza curarsi delle conseguenze. E visto che Kei-chan aveva già eseguito la prova prima di lui, tu eri l'unico che lei poteva davvero sabotare. Dannazione, Shion, dovevi davvero fare una cretinata del genere? Satoshi-kun non è un lattante che ha sempre bisogno della sua assistenza, deve smetterla di fare l'angelo custode iperprotettivo. Non gli sarebbe successo nulla di male se avesse dovuto indossare quel costume per cinque minuti, sarebbe sopravvissuto a quel castigo così infantile!” Come ogni brava leader, Mion poteva ormai farsi un'idea del processo mentale che portava i suoi subordinati a comportarsi in una certa maniera, e sua sorella non era certo un'eccezione.

Quindi è tutto vero... Ma allora sei stata la fidanzata di Satoshi-kun's per un giorno? Mi sembra singolare che a tua sorella andasse bene.”

Satoshi-kun era al corrente del nostro scambio, non ti preoccupare... E' l'unico che riesce a distinguere noi due. O almeno era l'unico finché quell'idiota in parte a te non ha cominciato a dire a mari e monti che Mion sono io.”

Veramente lo ha solo scritto su quel pezzo di carta, non ha spifferato i vostri segreti ai quattro venti...” esclamò Alice, cercando amichevolmente di calmarla “Io manco mi ero accorta di niente, non essere cattiva con lui. Ma comunque, cambiando argomento, come mai avete organizzato questa cosa?”

Era il regalo di Shion per me. Lo sapete anche voi, questo periodo è problematico per me, e lei sta facendo del suo meglio per renderlo meno pesante. Negli ultimi giorni mi sono sobbarcata un lavoraccio infame, ho dovuto telefonare a tutti quelli che conoscevo, per mettermi in contatto con loro, informarmi su ogni cosa possibile ed immaginabile... E' stato terribilmente stancante e stressante, rimanere chiusi in casa in quel modo tutto il santo giorno senza concedersi nessuna pausa, nessun momento di relax. Shion mi deve aver visto a pezzi, e quindi si è offerta di prendere il mio posto all'incontro di oggi. Ma non solo, allo stesso tempo lei voleva che io mi rendessi conto di una cosa. Non me l'ha detto esplicitamente, ma non ci voleva molto per capacitarsene.”

Di che cosa stai parlando?”

Mia sorella desiderava che io vedessi quanto voi eravate premurosi verso di me. Quanto voi eravate preoccupati per la mia salute e quanto eravate pronti a darmi una mano. Vedete, queste cose sulla solidarietà umana te le dicono una miriade di volte, ma non te ne convinci mai del tutto, una parte di te ha sempre paura che quelle cose siano presenti solo nei telefilm. Ma se osservi tutto da un punto di vista esterno è molto più facile esaminare tutto e vedere che è davvero così. Credo proprio che la ringrazierò di cuore quando torna a casa, scoperte come questa ti fanno sentire molto ma molto meglio.”

Fa piacere che tu riesca ad esteriorizzare così le tue impressioni, non ti fa altro che bene.” sorrise Alice, che chiese poi: “Però... Anche così... Quello che Shii-chan ha detto a Chie-sensei in tua vece... Era comunque vero?”

Avete sentito il colloquio nel suo ufficio, quindi, suppongo che ci fosse qualcuno dietro la porta. Beh, possiamo dire che le orecchie di Rena funzionano ancora alla perfezione...” Mion sorrise tristemente “In ogni caso sì, è vero, non avrebbe senso altrimenti dichiarare una cosa e poi fare il contrario... Non andare all'università sarà un sacrificio doloroso, in fondo stiamo parlando di uno dei miei sogni che va in fumo, ma non ci posso fare molto. Non la pensate come me?”

Capisco...” rispose l'altra, mortificata per il destino della sua amica “Ma come mai tu sei venuta fin qua così di fretta, dritta a cercare lui? Volevi assicurarti che non ti avesse dato quel messaggio per errore?”

Mion scosse la testa, e Giancarlo spiegò alla sorella quello che lei voleva dire con quel cenno del capo: “Una volta che tu scrivi frasi come quella, stimoli la curiosità delle persone. Mii-chan ha letto che stava per arrivarle una sorpresa, in sostanza, e che io ne sapevo qualcosa, perciò voleva scoprire di cosa si trattava il più presto possibile. Chiaro, no? Diciamo che la sua venuta non era inaspettata, da parte mia, e devo dire che hai fatto la scelta giusta, Mii-chan. Il punto è che la roba che ti devo consegnare è molto fragile, sballonzolarla a destra e manca sarebbe stato inopportuno.”

Né Alice né Mion avevano la più pallida idea di quello che lui stava dicendo, ma il giovane le invitò ad attendere un minuto, quindi corse su per le scale verso la sua camera da letto, in cui prese un pacco abbastanza voluminoso da sotto il letto. Sorreggendolo delicatamente, ridiscese i gradini e tornò in salotto, evitando movimenti bruschi, scansando oggetti che potevano fargli perdere l'equilibrio ed infine appoggiando delicatamente il tutto sul tavolo davanti a Mion.

Ecco qui” disse lui “Certamente ti aiuteremo a portarla a casa, del resto tu avresti trovato questo scatolone direttamente al Maniero, se voi due non aveste inscenato questo scambio di ruoli e non ci fosse stato questo piacevole contrattempo. Su, aprilo per favore, questo è il mio regalo per te.”

Per me?” esitò Mion, puntando il dito su se stessa “Ma... ti sei dimenticato che oggi non è solo il mio compleanno? Povera Shion, non hai preparato nulla per lei?”

E non dipingermi come un insensibile! Non potevo dare una cosa come questa a Shii-chan, per una ragione molto semplice. Questo regalo non è un dono “ordinario”, è qualcosa che potevo dare solo te perché è qualcosa che già ti appartiene.”

Hmmm? Che razza di... Cosa...”

Apri la scatola, e capirai cosa intendo. Forza, che voglio vedere che faccia fai.”

Lei lo fece, e non potè dire nulla, tanto la voce le si strozzò dall'emozione. Era... una bambola. No, precisiamo, era la sua bambola. Quella che aveva accidentalmente ridotto in cocci sul pavimento del Maniero, quasi un mese prima, ed ora era lì, di fronte a lei, di nuovo intera e bella come nuova. Sì, non poteva sbagliarsi, era proprio la sua bambola, avrebbe potuto riconoscerla tra mille.

Ora ti sei resa conto del motivo per cui ti avevo detto quelle cose?” illustrò Giancarlo, appagato dalla reazione stupefatta di Mion “Mi avevi detto di gettarla nel cassonetto dell'immondizia, quel giorno, ma io pensavo che fosse un peccato, così ho raccolto tutti i frammenti ed ho chiesto a qualcuno di rimetterli assieme. Sai, a Krinoto c'è un rinomato negozio di bambole, era stato Keresana-san a suggerirmi di andare da quelle parti. Non era stato facile ripararla, mi hanno detto, ma alla fine sono stati in grado di rimetterla in sesto. Lo vedi anche tu, sembra proprio un balocco nuovo di fabbrica, adesso.” A quelle parole Mion sollevò il colletto dell'abito della bambola, e neanche lì si poteva scorgere alcuna crepa, né era visibile alcun segno che potesse ricordare come il mese prima la sua furiosa impulsività l'avesse distrutta, rendendola irriconoscibile. Ma era la sua adorata bambola, non ci potevano essere dubbi in proposito.

Ma quand'è che l'hai portata per farla aggiustare?” chiese Alice “Non mi ricordo di averti mai visto tornare a casa con questo scatolone.”

Perché pure tu eri via, quel giorno. Ti ricordi la domenica in cui tu e le altre ragazze siete andate ad Okinomiya a fare shopping?”

Quale, scusa? Oh, giusto... Quando siamo state lì ad ammirare tutti quegli abiti da sposa, ora ci sono arrivata. È vero, tu non eri venuto con noi ad Okinomiya, quel giorno... Ma-” si avvicinò a lui, bisbigliandogli nell'orecchio in modo che Mion non sentisse “Deve esserti costato un occhio della testa... Forse una bambola nuova sarebbe stato più economico, invece di riparare un giocattolo vecchio e rotto, no?”

Come risposta il ragazzo le mise dolcemente il polso della mano destra sul naso, ed agitò velocemente l'altra come a dire che la cosa non aveva importanza, quindi parlò a Mion in questi termini: “Io spero che tu abbia compreso il vero significato di questo dono. Una volta mi avevi confessato di essere un disastro vivente, mi ricordo bene? Bene, allora quando fai qualcosa di sbagliato puoi sempre rimetterlo a posto. Sempre. Non ci sono disastri a cui è impossibile rimediare, almeno in parte. Funziona per le bambole, e funziona con tutto il resto.”

Ma in questo caso sono stata io a rompere la bambola, e sei stata tu a ripararla. Se fosse come dici tu allora avrei dovuto essere io, quella che la doveva risistemare. Avrei dovuto essere io, quella che sistema i casini che combino...”

La critica di Mion lo colse alla sprovvista, confondendolo. La verità era che lui non aveva pensato ad un buon discorso e Giancarlo aveva usato delle parole sbagliate, come al solito. Eppure, non appena si accorse di essere giunto ad un punto morto tentò subito di uscirne fuori, ed esclamò “F-fa lo stesso, insomma, devo essere io quello che ti deve riportare alla mente il potere dell'amicizia e di tutta quella roba di cui voi andate sempre blaterando?” Alice iniziò a ridere sotto i baffi, spingendo il fratello recalcitrante a proseguire, anche se lui ne avrebbe fatto volentieri a meno: “Considera questo come... come una modo per aiutarti a vivere la tua vita con un atteggiamento positivo. Hai mai letto il libro Canto di Natale, di Charles Dickens? Non dirmi che non conosci la trama, hanno fatto pletore di film e cartoni animati basati su di essa... Ed allora, per fare un parallelismo, tu impersoneresti l'avido Scrooge, quello che deve imparare una lezione e che deve ricevere la visita dei tre fantasmi; questa bambola è lo Spirito del Passato, i tuoi amici sono lo Spirito del Presente, mentre infine... infine...” il suo monologo iniziò nuovamente ad avere degli intoppi, non riusciva a trovarne uno che andasse bene per fare la parte dello Spirito del Futuro. Perché mi metto a fare cose che non riesco a finire come si deve? Questa me la potevo risparmiare.

Forse potremmo usare la mia famiglia per quel ruolo.” suggerì ad un tratto Mion, notando la sua esitazione “Megumi-san, in particolare, visto che è lei che dovrò sfidare a duello il mese prossimo, in fin dei conti.”

No...” rispose lui, grattandosi convulsamente la nuca “All'interno di quella vecchia storia i tre Spiriti sono entità benevole che tentano di aiutare il protagonista a maturare, mentre Megumi-san di sicuro non vuole fare la gentile con te... No, in realtà sta metafora del cavolo non funziona per nulla, temo. Dimentichiamola prima che ci fonda il cervello, va.” concluse lui, desiderando di sparire dalla faccia della terra a causa del fatto che inevitabilmente le due ragazze si erano messe a ridere della sua magra figura.

Alice era contenta, comunque. Era al settimo cielo per aver visto suo fratello impegnarsi così attivamente per la loro compagna. Certo, forse poteva metterla al corrente di quello che aveva in mente, in questa maniera la bambola sarebbe stata donata a Mion come regalo da parte di entrambi. Sarebbe stata una scelta più educata, da parte sua. Però in fondo a lei non importava molto di fare bella figura, Alice sapeva che quello era il modo con cui suo fratello era solito comportarsi, in quelle circostanze, Giancarlo aveva agito così in buona fede. Lui non poteva regalare a Mion una bella giornata, come avevano fatto Alice e gli altri membri del club, non sarebbe stato nelle sue corde, così era stato costretto a pensare a qualcosa di più originale.

D'altra parte... In quel soggiorno, suo fratello stava lentamente mutando, e fortunatamente in meglio. Non avrebbe mai parlato dell'amicizia in quei termini così positivi, qualche mese prima; ora, invece, stava descrivendo se stesso ed il club come se le fossero una cosa sola, in modo da sostenere una delle sue amiche. Era stato più complicato di quanto ci si era augurati all'inizio, ma il ragazzo si stava finalmente ambientando in quel tipo di società. Forse era perché pensava di aver trovato una sua utilità, lì.

Mion, intanto, aveva cominciato ad accarezzare dolcemente il suo tesoro ritrovato. Era meraviglioso, averla di nuovo tra le mani... Ma ad un tratto realizzò una cosa. Risistemò la bambola nella scatola, e si girò verso i due gemelli: “C'è una cosa che mi sono sempre scordata di chiedervi... Ma quando è il vostro compleanno? Mi piacerebbe... ripagarvi, in qualche modo. Restituirvi il favore.” Alice una volta aveva detto a Chie-sensei che i due erano nati a febbraio, il medesimo mese di Mion e Shion: Rena l'aveva sentita dietro la porta dell'ufficio della maestra e aveva rivelato quel dettaglio all'altro. Però siamo già a febbraio, quasi a metà... E quindi... Un pessimo sospetto venne a Mion, e sfortunatamente risultò essere fondato.

Ti ringrazio moltissimo per il pensiero, ma temo che non sia attuabile.” rispose infatti l'altra ragazza. “Noi abbiamo compiuto gli anni il sette di febbraio, quattro giorni fa.”

Come immaginavo, accidenti a me... Mion chinò il capo, dispiaciuta.

N-no, non devi sentirti in colpa, adesso!” esclamò allora Alice, vedendo la reazione di lei “Noi due abbiamo deliberatamente scelto di non farne parola con nessuno, dopo tutto il momento non era dei più adatti per delle feste esagerate, tu e tua sorella siete dovute stare a casa da scuola, perfino. Non eravamo dell'umore giusto per celebrare in pompa magna il compleanno, abbiamo evitato cose inutili.”

Presumo però che via abbiano telefonato dall'Italia, per farvi gli auguri. I vostri genitori non vi avranno certo dimenticato.”

E noi non dimentichiamo loro, certo. Ma che c'entra quello? Ci hanno chiamato, mamma, papà, il mio ragazzo Alberto... Mi manca quel birbantello, lo ammetto. Ma pretendere di festeggiare in barba ai vostri sentimenti attuali sarebbe stato crudele, non era giusto.”

Alice ha ragione” continuò Giancarlo “E poi io non ho certo riportato la bambola da quell'officina per ottenere una ricompensa da te, non credo di essere un tale opportunista. È stato un piacere, davvero, e non ti devi sentire dispiaciuta per questo. Tra l'altro, dopo quello che era successo quel giorno io sapevo esattamente che cosa regalarti, senza paura di sbagliarmi. Scegliere un dono gradito è un qualcosa di improbo, talvolta, hai sempre il terrore di commettere un errore clamoroso portando qualcosa che l'altro detesta, ma in questo caso è stato tutto molto più semplice.”

Ma così non va bene, anche se in ritardo io vorrei organ...”

Ma i due non vollero sentir ragioni, insistendo gentilmente che lei non doveva sentirsi in debito con loro. E poiché Mion era attesa al Maniero per cena, loro presero la propria auto (presa in prestito da Flavia, visto che il giorno successivo sarebbero dovuti andare lontano per lavoro, alla faccia del fatto che sarebbe stata domenica) e con essa la ricondussero a casa.

Così, quando fu tarda sera, Mion era ancora in piedi, sola in camera sua, sorridente con la bambola che era tornata da lei, come una figliola prodiga. Shion era già rincasata ed era andata direttamente a dormire, stremata dagli impegni ufficiali di famiglia, e non sapeva del magnifico regalo che aveva ricevuto la sorella; ma Mion glielo avrebbe presto detto, quello non era certo un problema. La giovane era intenta solo ad accudire alla bambola, guardando il cielo stellato che vegliava silenzioso su di lei. Era tutto bellissimo, la bambola era bellissima. Come il giorno in cui Keiichi gliel'aveva data per la prima volta. È vero, come quel giorno... Sono così felice che si siano ricordati di me, questo dono mi sta... mi sta... Stava provando quegli stessi antichi sentimenti, tutto era come quel giorno lontano.

Come quel giorno... No, non può essere. Mion fissò la bambola, ancora, ed una paura atroce prese ad attanagliare il suo cuore e la sua mente.

O mio Dio... Per favore, no, questo no...

~-~-~-~-~

In questa stanza fa troppo caldo... Troppo caldo, troppo caldo, troppo caldo... Perché è tutto così caldo? La mia gola è consumata dall'arsura e mi brucia, come se all'interno vi fossero le fiamme dell'Inferno. Il dolore, il mio senso di panico sta perfino crescendo, ora, vorrei non avere una gola. Non avrei dovuto grattarmi il collo così tanto, prima. Ma non potevo fare a meno di grattarmelo. C'è qualcosa... C'è qualcosa sotto la mia pelle. Che sarà mai? Che cosa si muove sotto questa cute? Non so cosa sia, ma la sua presenza è intollerabile... intollerabile...

In questa stanza fa troppo freddo... Tropo freddo, troppo freddo, troppo freddo... Perché è tutto così freddo? Il mio stesso sangue sta sgorgando dalle ferite del mio braccio, ed il poco calore che il mio organismo riesce a generare fluisce fuori con esso. Il dolore, il mio senso di panico sta perfino crescendo, ora. Chi è il colpevole di questi graffi, chi mi ha fatto del male? C'è qualcuno... c'è qualcuno in questa piccola stanza, anche se appare vuota e spoglia. Chi sarà mai? Non so chi sia, ma la sua presenza è intollerabile... intollerabile...

Che mi sta succedendo? Perché quel tipo mi ha guidato sin qui, in questa specie di ripostiglio umido e inospitale? Per sorvegliarmi? Per tenermi d'occhio? Io... Io odio questo posto, qui dentro mi sento come una bestia in una gabbia. Quando potrò uscire, quando apriranno quella porticina? Sono seduto sul pavimento, no, sodo acquattato sulle mie ginocchia in uno degli angoli, ma non sono un animale. Io... non credo di esserlo. E mi sento orribilmente, qui. Io... Io non voglio restare qua, per favore... per favore, qualcuno... qualcuno mi aiuti...

Odio stare accucciato qui, odio stare accucciato qui... Voglio fuggire via, voglio fuggire via... Perché mi fate piangere, perché mi fate piangere? Lasciatemi in pace, chiunque voi siate, lasciatemi in pace. Per causa vostra io sono in lacrime, in questa stanza oscura. Datemi quiete, od almeno ditemi il vostro nome, la vostra sola esistenza mi sta conducendo alla follia.

Io... Io non mi sento per niente bene... Il mio cuore sta esplodendo, la mia mente sta collassando... un misto nauseabondo di saliva e vomito sta fuoriuscendo dalla mia bocca e non c'è maniera di fermarlo... Le mie braccia, la mia gola, ogni singolo membro del mio corpo mi duole in modo straziante, come se punto da un immenso sciame di insetti velenosi, come se essi fossero dotati di volontà propria e quella volontà stesse ordinando loro di staccarsi dal resto del mio corpo tormentato... Sono condannato a vivere così per il resto della mia vita, finché la morta non verrà a prendermi? Che cosa ho fatto per meritarmi un supplizio del genere? No, ti prego risparmiami... Per favore... qualcuno...

Che diavolo volete, da me? Ah, già... Me ne ero scordato... Se lo facessi mi lascereste libero, non è vero? Avrò una vita normale, non è vero? Mi sentirei davvero meglio, non è vero? Ho capito, non ho nulla contro la vostra proposta... Era quello che volevo fare sin dall'inizio. Mi state solo chiedendo di fare quello che io volevo fare già di mio. Forse non mi hanno rinchiuso qui dentro per niente, mi stanno aiutando a loro modo... Quando mi daranno il permesso di muovermi potrò fare ciò che mi ero messo in testa, nessuno mi fermerà... Perché ora posso sentire la mia eccitazione che ruggisce dalle profondità della mia anima. Perché il mio scopo, il mio unico scopo, è la vita di quella ragazza, di quel mostro. Non posso battere da solo il malessere che provo dentro di me, ma posso sempre causare a quella disgraziata un dolore simile al mio. Starà male tanto quanto sto male io. So dove vive, so cosa fare per compiere la mia missione... Una volta che l'avrò ammazzata io potrò stare meglio. Si pentirà di averci malmenati, quel giorno ad Ibaraki.

E questo perché tutto quello che ci è successo è solo colpa sua. Tutto, tutto il Male che io ho dovuto sopportare durante la mia vita inutile... E' stato causato da lei, non da me. Da lei e da nessun altro. Ma ben presto lei se ne renderà conto, ve lo garantisco io che se ne renderà conto...

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Capitolo 37
*** La riva dello Stige ***



Capitolo 36: La riva dello Stige


Hinamizawa, 19 Febbraio 1984

Grazie a Dio non sono andati in mezzo al bosco, si sono dimenticati di prendere gli ombrelli prima di uscire...”

Il padre di Rena stava guardando fuori dalla finestra, apprensivo. Una leggera pioggerella aveva appena iniziato a scendere, inumidendo a mo' di rugiada tutto ciò su cui si posava, e ciò rendeva quella domenica assolutamente inadatta per andare ad Okinomiya a fare shopping, anche se la mattinata aveva dato l'impressione di promettere un giorno soleggiato e sgombro da nubi. Non era andata così, ma in fondo era troppo tardi per tornare indietro, per loro, e probabilmente avevano già trovato un posto dove ripararsi da quello che poteva anche essere uno scroscio passeggero.

Anche se, a dirla tutta, non stava piovendo affatto nel luogo in cui si trovavano Rena, Daijiro, Satoko, Rika ed Hanyuu. Almeno non per il momento, seppure ci fosse poca distanza tra loro e la casa della famiglia Ryuugu. Scherzi della Natura. Alla fine, infatti, il gruppetto non era andato per vetrine per fare acquisti, al contrario di quel che temeva il padre di Rena, ma si erano messi giusto dietro il Tempio Furude, per una specie di allegro picnic. Mezzogiorno però doveva ancora arrivare, un po' come anche gli altri loro amici, e quindi non avevano ancora mangiato.

Il resto della combriccola era ancora al Maniero, intenta a raccogliere quante più informazioni sulle ultime notizie che riguardavano la faida all'interno del clan Sonozaki. Non che ci fossero chissà quali novità sensazionali, ma era importante che Mion sentisse la loro vicinanza ed il loro supporto. Dopo tutto, avevano organizzato quel picnic per la medesima ragione, volevano dare un attimo di svago sia a lei che a Rena: i giorni precedenti erano stati caratterizzati da un sole ed un caldo fuori stagione, decisamente atipici per il mese di febbraio, così Keiichi aveva pensato che fosse una buona idea approfittarne. Le previsioni davano per domenica ancora bel tempo – sbagliando, però, come poté constatare il padre di Rena – e quindi tutti si erano occupati dei preparativi, in modo da concedere alle loro due amiche una piacevole pausa, lontano dalle loro pressanti preoccupazione. Naturalmente si trattava di un'attività sobria e tranquilla, pacifica e priva di qualsiasi gioco turbolento: una cosa di quel tipo sarebbe stato un segno di insensibilità, dato lo stato d'animo delle loro due amiche, e permettere loro di rilassarsi era la loro priorità assoluta.

D'altronde andava anche detto che, se si escludeva la famiglia Sonozaki ed il club, tutto il resto del villaggio non dava la sensazione di essere particolarmente turbato dalla situazione. Sicuramente, le lotte interne per la successione di quel casato così importante per la comunità aveva dato alla cittadinanza materiale di cui discutere e su cui fare pettegolezzi a volontà, ma nessuno pareva essere davvero preoccupato di quello che sarebbe potuto accadere se Mion fosse stata deposta. La brutta figura che lei aveva fatto due mesi prima alla prefettura aveva causato degli strascichi, il fatto che la ragazza non fosse stata in grado di risolvere autonomamente la grana dovuta al tradimento di Nabiha aveva instillato dubbi nelle menti di molti; un numero non indifferente di suoi concittadini era ora scettico sulle sue effettive capacità come leader. In fin dei conti, poi, la faida sembrava più una questione che coinvolgeva solo il clan Sonozaki, e non l'intero villaggio: i comuni abitanti non erano sicuri su chi fosse più indicato come guida, senza contare che mettersi dalla parte di Mion voleva dire inimicarsi il partito avverso, tra le cui fila potevano trovarsi anche amici di vecchia data. Era una lotta tra persone dello stesso villaggio, quasi una guerra civile... Nessuno quindi smaniava dalla voglia di sbilanciarsi, fingendosi totalmente disinteressato alla vicenda, e ciò rendeva ancora più incerti i reali schieramenti tra le due parti.

Sintetizzando, era inutile che Keiichi si prodigasse nel tentativo di incitare la comunità ad unirsi con loro, un po' come aveva fatto per salvare Satoko in quell'altro mondo. Il nemico non era una persona isolata, un singolo malvagio, come in passato era stato Teppei, per esempio. E non era neanche il retaggio di un odio verso gli Houjou che ormai non esisteva più. Keiichi non poteva compattare il villaggio attorno a Mion per il semplice motivo che tutte e due le parti in lotta appartenevano al villaggio stesso, ed un'arringa troppo veemente ed esagerata avrebbe perfino rischiato di rendere quella spaccatura più profonda e quindi irreversibile. Dovevano muoversi con molta più cautela.

D'altronde, anche i Kimiyoshi si erano un po' defilati, limitandosi a chiedere di tanto in tanto se ci fossero dei nuovi sviluppi. Per loro valeva lo stesso discorso del resto del villaggio, ma essi avevano anche un'altra motivazione specifica che li spingeva a prendere le distanze: il loro capo Kiichiro era ancora un poco spaventato da Mion. Lui aveva paura che la ragazza non l'avesse ancora perdonato per quello che era avvenuto il giorno della morte di Oryou, si sentiva in parte responsabile per il decesso dell'anziana donna e perciò preferiva restare per il momento in disparte. Oryou non era mai sembrata una persona che dimenticava facilmente, in vita, ed il vecchio Kimiyoshi non era del tutto certo che la nipote fosse poi tanto diversa da sua nonna. Pertanto, sopraffatto dai sensi di colpa, non aveva più fatto parola con lei dell'argomento, il che non gli permise di capire come Mion l'avesse in realtà perdonato da lungo tempo; inconsciamente, si erano ricreate le stesse condizioni che si erano verificate anni prima tra Oryou e la famiglia di Satoko, una cappa di incomprensione che era estremamente sgradevole per entrambi, anche se nessuno di loro lo avrebbe mai confessato.

Deve essere così stressante, povera Mii-chan... andava pensando Rena. Io sono stata più fortunata di lei, le sue peripezie non sembrano finire mai, al contrario delle mie... La ragazza dai capelli castani si stava man mano convincendo di essere al sicuro, con il passare dei giorni. E mentre rifletteva ancora su questo, si voltò verso gli altri, Daijiro in particolare. Era un giovane molto interessante, dal suo punto di vista. Durante il breve periodo in cui la sua strada si era incrociata con la loro, si era sempre comportato con serietà, in ogni circostanza, dalle più esilaranti alle più cupe. Non scherzava mai, sembrava così diverso dagli altri, non si concedeva neppure una risata, quando era con loro... Non gli piaceva fare lo spiritoso, con i suoi modi da adulti sembrava un vecchio di sessant'anni più che un ragazzo di sedici. Forse quella era la sua effettiva natura, forse era così fin da quando aveva mosso i primi passi; forse era dovuto al fatto che si sentiva in dovere di proteggerla, come se fosse un agente in servizio permanente che non poteva permettersi pause; forse il punto era che suo padre non era più a casa loro e che non sarebbe tornato a breve, il che lo caricava indubbiamente di responsabilità... Erano tutte teorie possibili ma nessuno oltre a lui poteva sapere la verità. Insomma, si erano fidati di lui fin da subito e non si erano informati sulla sua reputazione ad Okinomiya, fare ricerche sul suo conto era una cosa priva di senso ed i loro sforzi erano indirizzati a qualcosa di più urgente, al momento. L'unica cosa che Rena poteva concludere per ora era che normalmente un ragazzo come lui non si sarebbe mai amalgamato bene con il club, aveva un atteggiamento di gran lunga troppo serio. Però quella non era una situazione normale, ed un compagno così solerte e disponibile era a dir poco un dono prezioso. Il gruppo aveva bisogno di tutto l'aiuto che riusciva a reperire e tutti avrebbero volentieri chiuso un occhio sul suo carattere così poco loquace.

Infatti, quello era il tipo che, una volta che prometteva una cosa, faceva di tutto per mantenerla. Dare la propria parola, per lui, equivaleva a pronunciare un solenne giuramento, degli accordi o dei contratti scritti per lui erano carta straccia. Era così ironico, da questo punto di vista, era davvero l'opposto di suo padre in questo, era la sua nemesi. Al contrario di suo figlio, in passato quell'uomo si era largamente avvalso di quei pezzi di carta per ingannare il prossimo. Forse non era una coincidenza, magari era il tentativo di Daijiro di distinguersi da lui, per mostrare di essere diverso? Se fosse così allora sarebbe innegabile che Daijiro-kun nutra del risentimento verso suo padre, credo... Dovremmo chiedergli che ne pensa di lui, uno di questi giorni..., concluse Rena.

Quel nuovo arrivato la stuzzicava. Il suo comportamento pareva innaturale per un giovane dell'età di Daijiro, e la maggior parte delle persone avrebbe detto che la sua eccessiva lealtà era un difetto, che lui non sapeva come andavano le cose in questo mondo, però era sempre coerente con se stesso e poi era un ragazzo calmo e privo di sbalzi d'umore, cosa che a Rena piaceva. I due stavano passando sempre più tempo insieme, proprio a causa della scelta del ragazzo di farle da guardia del corpo, e conseguentemente anche i loro rispettivi genitori avevano cominciato ad incontrarsi frequentemente. Passavano più tempo insieme che separati, oramai, il padre di Rena e la madre di Daijiro gradivano la compagnia reciproca evidentemente.

Quella tra i due adulti non era comunque nulla di più di una normale amicizia, ovviamente. La donna era pur sempre ancora sposata con suo marito e non avrebbe mai considerato l'eventualità di un divorzio, anche se l'uomo era sotto arresto e non poteva badare a lei. Ai due bastava riuscire a rigenerare quell'ambiente gradevole che da molto tempo mancava nelle loro case, e l'atmosfera che stava sorgendo tra quei due nuclei familiari era discreto ma allo stesso tempo dolce e piacevole. Visto dagli occhi di Rena, lei e suo padre non vivevano più da soli, ma tutto era incredibilmente differente dalla volta in cui l'uomo era fidanzato con Rina, quella che in realtà era l'amante di Teppei... L'aura di disagio che Rena aveva percepito quell'estate era ora assente e la ragazza considerava i loro nuovi ospiti come persone gradite: rappresentavano quasi le parti mancanti della sua famiglia originaria, anche se la giovane non poteva proprio guardare alla madre di Daijiro come se fosse la sostituta della propria. Erano troppo diverse.

La nuova ospite pareva piuttosto la tipica casalinga che era abituata a trascorrere tutta la propria vita a casa, troppo sottomessa e timida per assomigliare alla donna che aveva dato Rena alla luce. E non poteva neppure ritenere Daijiro come un fratellastro, a dispetto del benessere che lei solitamente provava quando era in sua compagnia: dopo tutto non ne aveva mai avuto uno, e non considerava tale quello che sua madre aveva avuto dal suo amante prima di svignarsela con lui. Ma a lei andava bene anche così: Rena immaginava che entrambe le famiglie avessero l'una bisogno dell'altra, al fine di dare coraggio ad ognuno dei loro membri, e questo la stava facendo contenta di aver incontrato Daijiro, anche se in circostanze particolari.

Pazienza. Non era ora di pensare quel genere di sogni malinconici. Rena si risvegliò da quei dolci pensieri, giusto in tempo per osservare Satoko mentre la bambina stava terminando di controllare che tutto fosse pronto per il picnic. Tenendo in una mano un quadernetto ed una penna blu nell'altra, la fanciulla stava facendo il conto delle provviste: “E il pane sta qui, in parte alle polpette di polpo, mentre la mia torta di riso dovrebbe essere sotto questo tovagliolo... Infatti, eccola qui, perfetto.” Satoko annuì compiacendosi della propria organizzazione “Allora, oserei dire che qui c'è proprio tutto...”

Satoko ha ragione!” Rika l'assecondò “Avremo da bere e mangiare finché non ci scoppierà il pancino... Nippa~!”

Bere e mangiare...” commentò Hanyuu, fissando la tovaglia intorno a cui i cinque erano seduti, finchè non esclamò “Hauuu! Rika, non è vero! Qui c'è abbastanza cibo da sfamare un esercito, ma non c'è nulla da bere, manco un bicchier d'acqua! Dov'è finito il succo di frutta che abbiamo comprato ieri?”

Veramente... è... come posso dire...” Rika stava cercando di farsi venire in mente una giustificazione, sentendosi colta in castagna. Il giorno prima, presso un'enoteca di Okinomiya, la bambina aveva speso impulsivamente una parte considerevole del budget per il picnic, per comprare una bottiglia di vino pregiato, molto costosa e solitamente fuori dalla portata delle sue tasche. Aveva ceduto alla tentazione, visto che di quel tipo di bevande lei andava matta, ma quando si rese conto che a causa di quell'acquisto non le era rimasto il denaro sufficiente per comprare anche il succo di frutta era ormai troppo tardi. Sperava che nessuno se ne accorgesse, ma visto che si era scordata di portare da casa delle bottiglie d'acqua quell'assenza era diventata evidente (anche se era stata Hanyuu a notarlo... Satoko si era occupata di controllare solo le cibarie e non le bevande, prima. A sua discolpa c'era il fatto che la loro presenza sarebbe dovuta essere qualcosa di scontato).

Ovviamente Rika non poteva ammettere il proprio errore, così, siccome non sapeva che inventarsi, perse rapidamente la pazienza e cercò di metterla in rissa, urlando: “Hanyuu, non farmi domande a cui non posso rispondere! Il succo sarà da qualche parte di sicuro, non sarà mica svanito nel nulla, non è come te che scompari ogni volta che c'è bisogno! Alza i tacchi e andiamo a prenderlo a casa, ora!”

E se non dovessimo trovarne?” Hanyuu aveva un mezzo sospetto di quella che era la verità ma non poteva essere più esplicita, agghiacciata dal volto di Rika che in un millisecondo si era tramutato in un qualcosa di inenarrabile.

Noi andremo a raccattare dell'acqua, che potremmo fare sennò? E per noi, io intendo te! Per piacere piantala di essere così pessimista e dammi una mano con sta faccenda!” Hanyuu non osò replicare, sapeva che Rika poteva tramutarsi in un demonio dall'indole decisamente vendicativa verso coloro che le facevano un qualche sgarbo.

Se preferite ci può andare Rena, allora.” propose la ragazza castana “Rena non vuole scomodarvi.”

Sei sicura?” chiese subito Rika. In effetti, offrendosi di andare stava salvando lei ed Hanyuu da una notevole seccatura, portare i cestoni pieni di bottiglie d'acqua non era un lavoretto da nulla per delle bambine così deboli fisicamente.

Perché no?... Oh, se siete preoccupati per l'incolumità di Rena, Daijiro-kun può venire con lei! Vero che verrà, Daijiro-kun, vero che verrà?” L'altro ragazzo fece un lieve cenno d'assenso con il capo, senza muovere altro muscolo, così la bimba dai capelli blu diede ai due la chiave della porta d'ingresso, raccomandando loro di non smarrirla. Quindi, i ragazzi andarono in direzione della casa di Rika, che era poco distante.

Durante la breve passeggiata i due non parlarono. Daijiro era una persona di poche parole e anche Rena lo era, quando non era stuzzicata da Keiichi o Mion, perciò raggiunsero di buona lena la piccola casa che la giovane conosceva molto bene. Lì, capirono facilmente che davvero non vi era succo di frutta da nessuna parte, come temeva Hanyuu, e quindi cercarono per delle bottiglie piene d'acqua. La ricerca fu svolta in silenzio, con i deboli rumori dei piedi che camminavano sul parquet come unica fonte di suono, e Daijiro aprì bocca solo quando trovo numerose bottiglie di plastica vuote. Le mostrò a Rena, che annuendo ne prese alcune e le pose nel lavandino per riempirle una alla volta; l'acqua di rubinetto era perfettamente potabile ad Hinamizawa, quindi non vi era pericolo nel berla. Dopo due o tre minuti avevano terminato l'operazione, così raccolsero un portabottiglie in plastica posizionato proprio sotto il lavandino e lo utilizzarono, in modo che Daijiro potesse adoperarlo per trasportare tutta quell'acqua con più facilità.

Uscirono allora dalla casa, e la ragazza richiuse a chiave la porta. Nuvole minacciose si stavano profilando ora all'orizzonte e ben presto avrebbero raggiunto le loro teste, ma la pioggia non sarebbe arrivata prima di un'ora, presumibilmente. Non erano le nubi, la ragione dell'improvvisa agitazione di Rena. Non sapeva dire perché, ma il suo istinto stava continuando ad intimarle di non voltarsi verso il bosco a sinistra dell'edificio. Perché non dovrei farlo? Che cosa ci può essere dietro quei pochi alberelli? Si stava spaventando, ma allo stesso tempo era mossa dalla curiosità, ed alla fine decise di disobbedire all'ordine che quella vocina interiore le stava impartendo: si dirigette verso quel punto specifico, prontamente seguita da Daijiro che aveva nel frattempo appoggiato delicatamente il portabottiglie sul gradino davanti alla porta. Il ragazzo le chiese dove stesse andando, ma Rena non volle rispondere.

La ragazza fremeva infatti dal desiderio di raggiungere il punto da cui le era stato detto di stare lontano. Il suo cattivo presentimento era corretto... Sopra le radici di un albero che si ergevano fuori dal terreno, vi era un oggetto che lei conosceva benissimo, in quanto lo aveva usato una valanga di volte. Si trattava della sua arma preferita, della sua nata, ossia della sua mannaia.

Perché si trovava lì? Quella era la sua mannaia, poteva riconoscerne il manico usurato e graffiato in un paio di punti. Però era inconcepibile che fosse lì, lei lo aveva nascosto con cura alla discarica e nessuno poteva sapere l'ubicazione esatta del suo nascondiglio. Lei lo teneva solitamente nascosto appunto per evitare che qualcuno lo trovasse e si facesse male... Ma quindi qualcuno lo aveva deliberatamente preso, qualcuno che l'aveva spiata quanto serviva per sapere di quel dettaglio o che perlomeno aveva avuto tempo a sufficienza per cercare nella discarica qualcosa che appartenesse a Rena. In entrambi i casi un'ipotesi sulla sua identità balzava subito nella mente... Una persona che aveva posizionato quell'oggetto in quel posto per attirare la sua attenzione, che non poteva essere uno dei suoi amici... Il sesto senso della ragazza la spinse a girarsi alla propria destra, ed in questo modo l'autore di quel gesto apparve finalmente all'interno del suo campo visivo.

Eccolo lì, a nemmeno dieci metri di distanza da lei. La sua faccia sporca, i suoi capelli neri unti di chissà quale sostanza. I suoi occhi vividi ed animaleschi, la sua irta barba incolta. Le sue movenze barcollanti, la sua postura inclinata verso l'avanti in modo così anormale. I suoi abito strappati e cenciosi, le sue scarpe rovinate e consumate. Il suo respirò così pesante, la sua saliva che colava dal bordo delle sue labbra. E soprattutto, la sua gola costellata di graffi, sangue raggrumato ed ogni altro genere di ferite. Tutto insieme, quell'essere mostruoso si addiceva più ad una bestia selvaggia piuttosto che ad un essere umano, ma alla fine quella figura era chiaramente quella di un ragazzo, un ragazzo di cui Rena presupponeva di conoscere l'identità. Nonostante tutti quei segni che ne avevano sfigurato i lineamenti, mostrava più di un punto in comune con una delle foto che le erano state mandate insieme ai ritagli di giornale: assomigliava a Koji Seohara, una delle tre vittime, e conseguentemente quello di fronte a loro doveva essere per forza suo fratello. Quello che l'aveva pedinata per tutto questo tempo, quello che la polizia stava ricercando.

Dal suo aspetto, il ragazzo pareva mosso dalle peggiori intenzioni, e Daijiro si frappose tra i due, facendo da scudo con il proprio corpo. Ma l'altro cominciò a parlare, tenendo a freno con fatica la propria ira: “Finalmente ci incontriamo, da soli, senza che nessuno ci metta i bastoni tra le ruote, Ryuugu Reina.” Era come se non riuscisse neppure a vedere che c'era anche Daijiro con loro, ed il suo tono di voce era estremamente spiacevole all'udito. Ma il suo respiro divenne ancora più affannoso dopo quelle prime parole e quelle che seguirono dalla sua bocca scioccarono Rena: “Io sono stanco, Reina. Stanco di questa storia, stanco di queste insensate schermaglie che non portano a niente e non finiscono mai. Ecco perché sono qui. Sistemiamo questa storia una volta per tutte, qui, ora... Saremo entrambi più contenti, così.”

Che cosa proponi?” chiese la ragazza.

Io non lo ascolterei neanche, quel folle.” Daijiro la mise in guardia “Non mi garba affatto quello che è in procinto di fare, faremmo bene a lasciare questo luogo e contattare...”

La polizia? Non sono d'accordo con te, povero troglodita, sarebbe una pessima idea.” rispose Seohara, sputando per terra e provando poi a ricomporsi, assumendo un atteggiamento meno animalesco “Io fuggirei all'istante, se lo faceste, nelle profondità di questi boschi impenetrabili e ricchi di rifugi naturali in cui io posso rintanarmi. Come sapete questa foresta è immensa e voi non avreste una seconda chance per catturarmi e mettermi in una cella come avete fatto con quell'altro. Potreste pentirvi amaramente di questa scelta, un giorno.”

Rena lo scrutò da capo a piedi. Non riusciva a capire che cosa quel pazzo avesse in testa... Si era anche resa conto che non poteva nemmeno chiamarlo per nome. Si era abituata a definirlo solo come il fratello di Seohara Koji... Ma non si era mai chiesta quale fosse il suo nome, visto che chiaramente lui ne aveva uno. Al contrario del suo avversario poteva utilizzare solo il suo cognome, per chiamarlo, e questo era bizzarramente frustrante, era una sorta di vantaggio psicologico che lei gli aveva concesso, specialmente perché lui pareva divertirsi molto nell'etichettarla in continuazione come Reina, nomignolo che lei odiava come la morte. Lui si stava avvalendo di quel termine con noncuranza, come se fosse una cosa di sua proprietà... come se Seohara sapesse che lei detestava essere chiamata con quello e lo stesse adoperando per farle perdere il controllo e commettere un'ingenuità. Una situazione di asimmetria tra i due che Rena non riusciva proprio a sopportare.

Ad ogni modo, c'era una cosa che lei aveva bisogno di comprendere: “Mi puoi spiegare come facevi ad essere sicuro che io sarei venuta qui? Probabilmente ci hai visto preparare il picnic presso il Tempio ed hai pensato di trarne vantaggio per mettere in atto questo piano... Ma in teoria anche altri potevano venire qui a prendere l'acqua. Rika-chan, o Satoko-chan, o Hanyuu-chan... Ognuna di loro poteva prendere il mio posto, ed io sono giunta qui di mia spontanea volontà. Ma tu aspettavi me...”

Il fatto è che non importava chi sarebbe venuto da me... Come hai detto tu io ero ben al corrente che tu eri laggiù, potevo udire la tua vocina irritante, il tuo risolino odioso... Sarebbe stato sufficiente neutralizzare chiunque fosse venuto qui, in qualche modo, e tu saresti venuta a dare un'occhiata alla situazione, vedendo come nessuno tornava indietro da questa casa. Ma ovviamente non avrei fatto male a nessuno di loro, sei tu quella che voglio. Che dici, ti sembra accettabile come stratagemma? Avresti mai lasciato i tuoi amichetti da soli alla mia mercé? Io non credo proprio.”

Non avresti fatto del male a loro, uhm? Col cavolo che Rena ti crede...” Catturare Satoko o Rika non poteva essere facile, soprattutto in quel posto pieno di trappole, ma forse lui aveva preparato un buon piano. Questo era quello che stava rendendo Rena così nervosa, tanto da replicare: “E nel caso nessuno fosse venuto qui? Noi due abbiamo lasciato le altre solo perché non avevamo nulla da bere... Che avresti fatto, se non avessimo avuto bisogno di nulla? Non potevi andare alla zona del picnic e assalirci tutti assieme, saremmo stati troppi per te.”

Rena stava tenendo quel dialogo anche per guadagnare del tempo prezioso. Era sicura che tutto il club stava per giungere al luogo concordato per il picnic, e la sua prolungata assenza sarebbe sembrata presto sospetta. Rika e gli altri sapevano dove lei si era recata e si sarebbero precipitati per sostenerla e vedere quello che stava avvenendo lì. Ma il problema risiedeva nel fatto che l'altro sembrava così calmo, a dispetto del suo aspetto quasi grottesco. Aveva elaborato qualcosa di speciale per loro? E cosa? Che cosa sarebbe successo, se gli altri non fossero venuti da lei per un qualsiasi motivo? Da lì lei non poteva scorgere nulla di anomalo, però... Rena era in pensiero proprio perché non riusciva a farsi un'idea di quello che la stava aspettando, ed il sorriso del suo nemico la stava facendo diventare sempre più ansiosa ed irrequieta.

Se non fosse venuto nessuno...” rispose lui, nel frattempo, come se stesse giocando con loro al gatto col topo “Oh, beh, in quel caso... Avrei atteso che si facesse sera, semplicemente. Voi siete consci di chi attualmente vive in questa costruzione.” La sua mano si poggiò sulla parete dell'abitazione di Rika “Una rapida chiamata a casa tua e tu saresti volta fin qui in men che non si dica, per provare a salvare la tua minuscola amica. Non avrei neppure dovuto prenderla in ostaggio, fatica sprecata, sarebbe bastato farti anche solo credere che lei fosse in pericolo... Ma bando alle ciance, c'è una ragione precisa se la tua arma giace qui. L'ho portata qui sotto ai tuoi occhi perché ti servirà, nel nostro duello?”

Duello?”

G-già...” stava ansimando, ora, bramando di metterle le mani addosso come una bestia fa con la sua preda. “Se noi due abbiamo un punto in comune, esso è il nostro desiderio di mettere fine a questa vicenda. So che tu ne hai abbastanza della mia esistenza, è lo stesso per me. Se tu condividi questi miei sentimenti, allora, io ti propongo di dare un degno epilogo a questa noiosa grana. Ci combatteremo a vicenda, ed il vincitore si libererà da questo insostenibile fardello.”

E che mi dici del perdente?”

Non riesci ad arrivarci?” scoppiò in una risata convulsa, sollazzato da quella domanda che lui trovava così stupida “Se io perdo, non sarò in grado di sopravvivere ad un fallimento così terribile, non ci sarà più posto per me dove continuare a vivere. Sarò un uomo marchiato a vita, destinato alla prigione o ad una veloce morte. Ma se tu perdi... Allora... Potrò davvero soddisfare la mia sete con il tuo caldo sangue...”

Ryuugu-san, non sei costretta ad accettare questa pazzia!” protestò Daijiro “Questa è follia allo stato puro! E tu, fedifrago dei miei stivali” gridò all'indirizzo di Seohara “Non ti rendi conto che sei già stato maledetto da te stesso, anche se ti riuscisse di prevalere su Ryuugu-san? Assumiamo pure che per qualche fortunata circostanza tu riesca a sconfiggerla: che cosa faresti dopo? Tutti sarebbero sulle tue tracce, cercando orribile vendetta o bramando di spedirti in gattabuia. Nessuno ti soccorrerà, nessuno ti presterà aiuto, neanche a casa tua, neanche tra i tuoi cari. Sarai condannato ad un'esistenza più che miserabile, e ad una morte anche peggiore.”

Io sono già condannato, a dire la verità.” sibilò lui, come unica risposta. “Sia che mi sbarazzo di Reina sia che non lo faccio. Una morte in più non cambierà il mio fato, da questo punto di vista, ma almeno può liberare il mio spirito da questo persistente senso di angoscia.”

Per colpa di quello che hai fatto a quegli altri ragazzi... Ed anche a tuo fratello, vero?”

Non voglio parlare di quello, adesso!” gridò Seohara furibondo, come se con quell'allusione avessero toccato un suo nervo scoperto. Poi si sbrigò ad aggiungere “Ma ora, Reina, rispondi subito alla mia proposta. Accetti o rifiuti? Io non ho tempo da sprecare e tu non avrai un'altra opportunità, te l'ho già detto. Se inizierai a temporeggiare io me ne accorgerò e scapperò prima che voi possiate combinare qualcosa. Gli altri arriveranno troppo tardi per provare a catturarmi.”

Era tutto assurdo, Rena ne era cosciente. Ma quel ragazzo si era appellato al suo stesso desiderio di vivere un'esistenza placida ed ordinaria, lontana da quel tipo di stress e da ogni altra fonte di problemi o angoscia. Lei odiava le persone che rovinavano la vita degli altri, in passato aveva odiato Rina, aveva odiato Teppei, ed ora stava odiando Seohara con tutto il cuore, in quanto ostacolo tra sé e quello che lei desiderava. Senza neppure accorgersene, aveva raccolto la mannaia dal terreno e aveva iniziato ad esaminarlo con fare minaccioso. Daijiro intanto la guardava e l'avrebbe voluta fermare, ma era contemporaneamente spaventato dallo sguardo che aveva la sua amica. C'era qualcosa di spaventoso, annidato nell'anima di Rena, e lui si arrabbiava contro se stesso per non avere la sua spada con sé. Avrebbe almeno combattuto al suo posto, se avesse potuto, in un attimo avrebbe reso quel ragazzo incapace di nuocere ad anima viva.

Rena abbassò gli occhi, i quali si erano messi a tremare leggermente per la rabbia. Era stata convinta da quella chiamata proveniente dal diavolo in persona... Sospirò, cercando di concentrarsi, e si mise di tre quarti, stringendo forte la sua arma per prepararsi all'attacco imminente. Ma prima dichiarò: “Chiedo solo due condizioni, Seohara-san.”

Ryuugu-san, per favore, no...” la pregò Daijiro, ma la giovane non le diede ascolto.

Due condizioni... E sarebbero?”

Prima di tutto, voglio sapere che arma hai intenzione di usare. Non sta bene continuare a celarla, se vuoi uno scontro leale.”

L'altro sorrise, divertito da quella richiesta, e pose una mano dietro la schiena, tirando fuori un secondo dopo una pistola che prontamente esibì alla sua nemica. Una pistola comune, nulla di speciale, ma essendo un'arma da fuoco aveva un vantaggio significativo. La mannaia di Rena non poteva certo dividere in due i proiettili, lei non era così brava e la lama della sua arma non era così affilata da consentire una mossa del genere. Che poteva fare...

Ah, se ci tieni a saperlo” disse Seohara, intrufolandosi nei suoi pensieri “Io avrò solo un colpo in canna, nel senso che effettivamente ho solo un proiettile con me. Evitalo, e la vittoria sarà tua. Perché lo faccio? Chiamalo un favore che io sto per darti, anche se tu non lo meriti. Il nostro duello sarà ad armi pari, così. Ma tu mi hai richiesto un'altra condizione, quindi sbrigati a pormela, io non vedo l'ora di vederti strabuzzare gli occhi e collassare per terra esanime, con il proiettile in mezzo alla fronte... E quindi che altro vuoi?”

Voglio che Daijiro-kun possa assistere a questo scontro... a questa farsa. Solo come precauzione, vorrei correre meno rischi possibili. Non sarei sorpresa se tu ricorressi a qualche trucchetto da quattro soldi, ed il suo compito sarà infatti controllare che non succeda nulla di strano. Ah, ovviamente a lui non deve succedere nulla.”

Parli come se io non potessi vincere in una battaglia corretta, vedo... Ma non mi importa, fai come meglio credi.” Aveva dato il suo consenso “Ora, lascia che questo duello cominci. Sentiti libera di attaccare quando vuoi, ti aspetto al varco.”

Solitamente in quel tipo di combattimenti era quello con la pistola che poteva fare la prima mossa, almeno nei film andava così, ma per Rena era lo stesso. Una pistola automatica come quella era un'arma a lungo raggio, al contrario della sua, così la migliore strategia era quella di cancellare tale handicap e correre verso di lui, cambiando costantemente direzione in modo da non costituire un bersaglio facile. Alzò quindi la mannaia e si lanciò all'attacco con uno scatto felino. La ragazza corse, veloce come il vento impetuoso, risoluta come una tigre affamata, imprevedibile come la Morte stessa, mentre Seohara rimaneva semplicemente immobile, cercando con non poca difficoltà di prendere la mira con la propria arma. Immediatamente lui diede prova di non essere un bravo tiratore, la sua mano stava visibilmente tremando. Sì, vincere quella sfida non era impossibile, pensò lei. Anzi, la differenza di livello tra i due pareva tale che Rena valutò l'ipotesi di non fargli troppo male. Gli avrebbe inferto solo una lieve ferita, disarmandolo senza ledere alcun organo vitale.

C'erano solo dieci metri tra i due, ma la corsa della ragazza non sarebbe stata breve. Rena doveva prestare la massima attenzione, facendo un passo a destra, uno a sinistra, e quindi uno di nuovo a destra. Zigzagare era fondamentale, per far sì che il ragazzo arrivasse a portata della sua mannaia senza mai dargli una vera occasione di spararle. Lo avrebbe messo sotto pressione, lo avrebbe spinto a sparare a caso in modo che quasi sicuramente l'avrebbe mancata, e una volta che lui aveva usato il suo unico colpo lei avrebbe conseguito una facile vittoria. Già, Rena pensava che lui non avesse mentito, quando aveva dichiarato di avere con sé un unico proiettile, gli sembrava sincero, anche se del tutto alienato e fuori dal mondo.

Cinque metri di distanza. Un passo in avanti, un passo di lato, un altro passo in avanti. Da lì, lei poteva vedere i suoi occhi selvaggi e feroci, ma era perfino troppo tardi per aver timore del suo sguardo. E poi lei non aveva certo paura. Le sembrava di rimembrare un altro duello, avvenuto parecchio tempo addietro, un'altra battaglia in cui la sua arma si era incrociata con quella di qualcun altro... Ma quell'altra volta il suo avversario non era stato così malvagio, non lo era per niente. Si trattava di Keiichi... Sul tetto della scuola. Allora si erano combattuti a vicenda, e lei stava adoperando la sua nata anche in quell'occasione. La mannaia di lei, contro la mazza da baseball di lui. Solo che quella notte Keiichi non era arrabbiato per nulla, pareva invece molto calmo e determinato ad... ad aiutarla. Ma quando era successo, quel...

Quello smarrimento durò giusto un momento. Quella storia non aveva mai avuto luogo, era solo una specie di sogno realistico e lei lo sapeva. Ora doveva occuparsi di Seohara, e quello non era come Keiichi. Seohara non era più un essere umano, aveva rinunciato a quello status. Adesso era solo una creatura degna di disprezzo, che non meritava di vivere. Forse era anche per quello che lei non conosceva il suo vero nome, ipotizzò Rena. Lei ad un tratto divenne contenta di non saperlo, non aveva bisogno che qualcuno glielo rivelasse, i nomi propri sono riservati alle persone ed agli animali amichevoli. Nessuno ne assegnerebbe mai uno alla bestia che sta cercando di sbranarlo, oppure ad una cosa ributtante, non era forse così? La ragazza cominciò a correre anche più veloce, smettendo di zigzagare per fare in modo che quella vicenda così scocciante potesse finire il più presto possibile.

Tre metri di distanza. Seohara dava l'impressione di essere rimasto sorpreso dal cambio repentino di strategia della sua avversaria, non aveva ancora sparato, anzi aveva anche rinunciato a mirarle al volto e non sembrava neppure in procinto di rimettersi in posizione. La mannaia di Rena, invece, si stagliava ora alta sopra la testa della sua padrona, pronta a calare come una ghigliottina sopra il suo sfortunato nemico. Con tutta la forza che aveva in corpo lei la stava tenendo in quella posizione ed ormai stava per colpirlo, rapida ed implacabile come un'ineluttabile sentenza di Morte. L'armatura più robusta non avrebbe avuto la forza di resistere alla sua furia, ora.

Due metri di distanza. Le pupille di Rena stavano incessantemente dando la caccia a quelle di Seohara, come per spaventarle e sottometterle, per fargli capire chi era il più forte tra i due. I suoi occhi erano spaventosi, le vene al loro interno erano apparse all'esterno gonfie di sangue, dando ad essi un terrificante velo rosso. L'eccitazione che lei stava vivendo aveva dato loro un aspetto mostruoso, mille volte peggio di quello di Seohara. Questo perché il Demone che dormiva dentro lo spirito di Rena si stava risvegliando e stava per mostrare tutto il proprio incontrollabile potere, contro quel miserabile. La ragazza non poteva rendersene conto, ma ora stava il suo volto si era contorto in un orripilante ghigno malefico e il suo sguardo assassino stava localizzando il punto esatto in cui colpirlo.

Un metro. La mannaia cominciò a scendere. Rena voleva solo ferirlo, o stava cercando di ucciderlo? La giovane non era sicura di essere in grado di dare una risposta a quella domanda, ma per lei non contava, in quel momento. Il suo unico obiettivo era far sì che la sua arma raggiungesse il corpo di lui, che lo facesse cadere a terra e che non gli permettesse più di rialzarsi, ed in questa maniera quella storia avrebbe cessato di tormentarla.

Mezzo metro. Rena rimirò la lama tagliente che si stava pericolosamente avvicinando al volto lercio e pallido di Seohara. Lei stava ridendo, adesso... Sì, stava proprio ridendo. Non avrebbe mai mancato il suo bersaglio, ed a lei non importava affatto se lui fosse morto dopo la fine di quel duello. A chi importava di quel disgraziato, alla fine? Non era nulla di più di un bastardo, dopo tutto. Neanche i suoi genitori volevano più saperne di lui.

Pochi centimetri. Sì, eccoci, siamo alla resa dei conti. Ti ho...

Pfffff....

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Rena si svegliò all'interno di una piccola costruzione, una baracca che lei non aveva mai visto. Dove sono? E cosa mi è successo? Si sforzò di ricordare. L'ultima cosa che le ritornava alla mente era una nuvola grigia che proveniva dal terreno e che l'avvolgeva inesorabilmente.

Una nuvola grigia? Esclamò ad alta voce. Poteva essere gas soporifero? Sì, poteva esserlo. Le era stato detto infatti che Satoko stava facendo degli esperimenti proprio con quella roba, negli ultimi tempi, e che aveva già costruito delle trappole a base di gas. Nulla di davvero pericoloso, alla fine... Ma fatto sta che quei marchingegni esistevano, e Seohara doveva esserne al corrente, visto che ne aveva appena riciclato uno. Ecco per quale motivo l'aveva incontrata in quel punto. C'erano molte altre zone apparentemente più adatte per un'imboscata... Ma quel dettaglio cambiava le carte in tavola. Vicino alla casa di Rika aveva tutto il materiale per mettere in atto il proprio tranello, grazie appunto alle trappole di Satoko.

Ora la memoria le era tornata nella sua interezza. Si ricordava che la faccia di quel ragazzo le pareva stranamente pallida... Ma c'era una ragione per questo. In quel momento, il suo stato di estrema eccitazione non aveva permesso a Rena di vedere il fazzoletto bianco che si era appoggiato sul naso. Probabilmente lo aveva bagnato con dell'acqua prima di incontrarla, in modo da evitare di inalare quel gas per l'ammontare di tempo sufficiente per correre via dalla nuvola ed attendere che essa si dissolvesse, prima di raccattare la sua avversaria da terra mentre Rena era priva di sensi e portare in quell'eremo solitario.

La ragazza si ricordava anche di qualcos'altro, anche se vagamente... Quando lei era ancora semi-cosciente, prima di svenire del tutto l'aveva sentito pronunciare alcune parole, ed il suo tono di voce esprimeva tutto il risentimento che lui provava verso di lei. Che cosa aveva detto... “Benv...” Non aveva sentito l'ultima parte, era partita per il mondo dei sogni prima di poterla udire. Comunque, era logico teorizzare che “Benv” stesse per “Benvenuta”, ma benvenuta a cosa? Dopo un breve ragionamento, Rena concluse che la continuazione più probabile fosse “Benvenuta all'inferno”. E lei non gradì affatto quella cupa prospettiva.

La giovane si rialzò in piedi, ad ogni modo. La prima cosa che andava controllata era la sua esatta posizione, e quindi andava ispezionato quel piccolo edificio. Era una costruzione minuscola, ma costruita con un legno di ottima qualità, poco più largo di uno sgabuzzino. Niente finestre sulle pareti, e solo una spartana porta scorrevole che la ragazza raggiunse immediatamente, per aprirla e dare un'occhiata fuori. Solo alberi, di fronte a lei. Si trovava lì, sperduta nel mezzo della foresta, su uno dei monti che circondavano Hinamizawa. Poteva riconoscere la forma dei colli circostanti, e fu sollevata di scoprire che non era poi così lontana da casa.

Ma a chi apparteneva quella specie di rifugio per cacciatori? Poteva averlo costruito da solo Seohara? Impossibile, l'abitazione era piccola ma solida e tirata su con tutti i crismi dell'edilizia: chiodi non arrugginiti ed assi ben robuste tenevano in piedi il tutto, ciò non poteva essere opera di una sola persona. Per compiere un lavoro del genere era necessario un considerevole gruppo di persone, come minimo cinque o sei forti e muscolosi lavoratori. Quindi Seohara aveva usato una costruzione preesistente per il suo piano... Non c'era dubbio che era stato quel ragazzo a trascinarla fin lassù, ma quello non era il suo nascondiglio, la serratura della porta non era stata forzata e non sembrava che qualcuno avesse vissuto per giorni lì dentro.

Era così. Rena non poteva esserne sicura, ma ci aveva visto giusto. Seohara non l'aveva usato come nascondiglio, ma quella costruzione non era un luogo come un altro. Quella era la piccola costruzione dove, non più di qualche mese prima, Mion aveva passato l'intera notte al fine di completare il rito richiesto per divenire il nuovo leader della famiglia Sonozaki. Una casetta umile e solitaria, senza finestre e senza comfort, dove l'unica cosa che potevi fare era riflettere sulla tua vita futura al riparo da occhi indiscreti.

Pertanto, quello era teoricamente anche un covo perfetto in cui nascondersi, visto che era sempre vuoto salvo casi eccezionali. Solo che quel ragazzo non l'aveva mai usato, Flavia e la polizia avevano perquisito la zona in passato, quindi era chiaro che lui non aveva mai vissuto là dentro, durante tutto il periodo in cui era ricercato. Però forse conosceva il luogo, e aveva deciso di usarlo per il grande giorno. Dopo tutto, considerato il fatto che aveva avuto molto tempo a disposizione, Seohara era stato libero di esplorare l'area e di esaminare la costruzione, pensando che essa poteva tornargli molto utile in un prossimo futuro; al tempo stesso, durante le sue ricognizioni doveva essersi imbattuto anche nelle trappole di Satoko, disseminate per tutta la foresta, ed aveva trovato con calma il modo con cui tenerle a bada. Facendo così aveva potuto studiare il modo con cui esse funzionavano in generale, così da poter riutilizzare almeno quelle più elementari a proprio vantaggio.

Ma tant'è. Riconoscendo le forme delle montagne posizionate ad oriente nella vallata di Hinamizawa, Rena dedusse dalla posizione del Sole che era già mattina. Quanto tempo aveva dormito? Lei era arrivata al Tempio quando era ormai giunto mezzogiorno, quindi era passata tutta una notte. La ragazza non sapeva molto dell'argomento gas soporiferi, però riteneva che il loro effetto non potesse durare per moltissimo tempo, così poteva escludere di avere dormito per più di un giorno. In altre parole, era presumibilmente il venti di febbraio, lunedì. E lei era lì, isolata dal resto del mondo. Gli altri dovevano essere certamente preoccupati per lei. Un altro grattacapo che causo ai miei compagni... Amici miei, mi dispiace. È colpa mia...

Però era lunedì, per l'appunto. Lei avrebbe dovuto essere a scuola, a quell'ora. Quindi, anche se Daijiro non avesse ancora avvertito gli altri, ormai tutti avrebbero dovuto capire che qualcosa non andava. No, aspetta, perché Daijiro-kun non dovrebbe dire loro nulla di questa storia? Ieri sera tutti sapevano già tutto, le ricerche saranno iniziate subito. Di sicuro il suo amico era corso da Rika e dagli altri che stavano ancora attendendo il loro ritorno, la polizia ed il villaggio avevano organizzato delle squadre di soccorso che erano entrate in azione pochi minuti dopo la sua scomparsa. Ed erano ancora sulle tracce di quel tipo, indubbiamente.

Ma tutto questo si sarebbe verificato solo se Daijiro avesse potuto dare l'allarme. E se invece... non avesse potuto farlo, per una qualsiasi ragione? Il suo leale amico non avrebbe mai permesso a quel folle di portarla via con sé, normalmente... A meno che...

Trasalendo, Rena si ricordò improvvisamente che Seohara aveva un unico proiettile nella propria pistola, stando a quanto aveva affermato, ma anche che lui non l'aveva utilizzato contro di lei. Aveva preparato qualcos'altro per neutralizzare il suo attacco, così non aveva avuto bisogno di sparare. Ma in quel caso lui avrebbe dovuto pensare a sbarazzarsi di ogni possibile testimone, per avere più tempo a disposizione, e per farlo aveva ancora quel colpo in canna... Quella ricostruzione dei fatti era inquietante, ma poteva essere tragicamente vera, ed il fatto che Daijiro fosse rimasto con loro dietro precisa richiesta di Rena stava mortificando ancora di più l'animo della ragazza. Inoltre Daijiro stesso era disarmato e non si sarebbe potuto difendere contro una pistola a mani nude. E poi lei non poteva certo confidare nelle promesse da marinaio di quel bieco malfattore, l'aveva già tradita usando quel gas solo poche ore prima, ed a Rena non restare che sperare che la vita del suo amico fosse stata risparmiata, anche se non vi era per lei alcuna possibilità di sapere se lui stesse bene, per il momento...

La ragazza scosse la testa, per darsi una calmata. Mi preoccuperò di questo dopo. Non doveva essere pessimista, allo stato attuale delle cose, lei era conscia che Daijiro non era il bersaglio primario di quell'assatanato, ed il rumore provocato dallo sparo della pistola poteva causare al suo rapitore delle seccature di non poco conto, avrebbe messo in allarme chiunque fosse stato nelle vicinanze.

Ora Rena doveva scoprire quale fosse la miglior cosa da fare, partendo dalle informazioni che poteva raccogliere intorno a sé. La sua mannaia non si trovava lì, forse lui l'aveva gettata via, codardamente. Quel maniaco doveva essere fuori, in attesa che lei uscisse da quell'edificio e corresse via cercando scampo. Sarebbe stato strano se lui non fosse stato lì, ben armato, mentre teneva sotto osservazione la porta d'ingresso con un binocolo o anche con il solo ausilio della sua vista; Rena se lo immaginava seduto sul ramo di un albero, visto che prima le era parso più una belva che un uomo. In fondo, in quella sperduta parte della vallata, lui poteva attendere quanto gli pareva, senza temere di essere disturbato da intrusi. E quel che era peggio era il fatto che lui aveva già scoperto che lei si era svegliata, in quanto prima lei aveva istintivamente aperto la porta: non essendoci finestre, lei era stata costretta a far scivolare la porta per farsi un'idea su dove si trovava, ma così aveva fatto il suo gioco. Ora Seohara era pronto a riceverla, una fuga a sorpresa non avrebbe mai funzionato.

Quel maledetto stava recitando, allora, mentre era con lei e Daijiro in parte alla casa di Rika. Sebbene il suo aspetto dicesse il contrario, lui aveva affermato di voler finire quella vicenda con un combattimento leale, ma lui non era un samurai, non aveva quel senso dell'onore che caratterizzava guerrieri e cavalieri e che in Giappone chiamavano bushido. Ma perché condurla lì con quel pretesto, allora? Non era abbastanza drogarla con quel gas a tradimento e poi sopprimerla, invece di inscenare quell'inutile sceneggiata con la mannaia e tutto il resto? Sarebbe stato più semplice... a meno che quel gas non funzionasse solo a corto raggio. Lui forse doveva necessariamente spingerla ad andare in un punto ben preciso, quello in cui si trovava lui, altrimenti il fumo non avrebbe avuto effetto... Rena non era sicura di quella spiegazione, Satoko avrebbe potuto dare un'opinione molto più autorevole a tal proposito, ma ora come ora quella era l'unica ipotesi che lei era riuscita a fare, ed infine non poteva certo sprecare tempo prezioso a rimuginare su delle teorie alternative.

Rena stava ora rimproverando severamente se stessa. Se solo avesse ascoltato Daijiro non si sarebbe ritrovata in una tale situazione di pericolo. Forse Seohara aveva escogitato qualcosa anche nel caso in cui lei si fosse rifiutata di duellare, ed il risultato sarebbe stato lo stesso, ma quella considerazione non cambiava una virgola di quello che Rena aveva fatto. Il suo subconscio aveva dato forza al suo istinto animale, il quale aveva sopraffatto la sua razionalità. Ora lo sapeva, ora Rena si era resa conto che stava provando un grande piacere, mentre cercava di assalire Seohara con la mannaia per toglierlo di mezzo. Non era solo un modo di difendere se stessa ed i suoi cari, era anche un modo per far sgorgare fuori il lato più crudele ed aggressivo della sua natura. Questo perché esisteva davvero, un lato aggressivo della sua natura, le ne era convinta. L'avrebbe ucciso, se non fosse stata fermata dal gas.

Non era la prima volta che si comportava così... Quando veniva messa sotto pressione, lei diventava qualcosa di molto diverso dalla solita Rena, la parte repressa del suo carattere veniva alla luce e talvolta si poteva tramutare in un qualcosa di molto violento, cosa che a lei non piaceva. In passato lei credeva che quei cambiamenti d'umore fossero dovuti all'influenza di Oyashiro-sama, ma ora? Quella non poteva più rappresentare una scusa. Rena pensava di conoscere il proprio cuore molto bene, ma forse si sbagliava.

La giovane fece allora un profondissimo sospiro. Quelle erano constatazioni molto dolorose, ma rimanere a soffermarsi troppo su di esse sarebbe stato controproducente, meglio prepararsi al peggio. Se lei avesse tergiversato troppo lui avrebbe potuto anche stancarsi di aspettare ed irrompere subito nel rifugio, intrappolandola e non lasciandole scampo. Doveva andarsene... Ma in quale direzione? Lei non conosceva i sentieri di quel settore di foresta, ma se avevano edificato lì quell'abitazione ci doveva essere una mulattiera nelle vicinanze, altrimenti non avrebbero potuto portare il materiale da costruzione. Inoltre, era risaputo che Hinamizawa si ergeva nella parte inferiore della vallata, vicino al fiumiciattolo che scorreva tra le pietraie; per di più, quando aveva aperto la porta aveva identificato il pendio e si era fatta un'idea di come esso procedeva attraverso gli alberi. Concludendo, correre verso il basso era probabilmente la scelta più saggia, la discesa le avrebbe consentito di percorrere più strada faticando meno, sfuggendo dalle grinfie di quel mostro, e prima o poi avrebbe incontrato una strada con qualche auto o una casa abitata.

Era infatti di vitale importanza che lei corresse come il vento. Lui aveva probabilmente delle altre armi da fuoco con sé, anche più potenti della pistola che aveva mostrato in precedenza. L'uscita attraverso la porta dell'edificio sarebbe stato il momento più delicato, visto che lui sapeva che lei doveva per forza passare di lì per andarsene, e magari in quel momento stava mirando proprio a quel punto, attendendo pazientemente come un pescatore che si aspetta che l'esca lanciata faccia il proprio lavoro. In fondo l'aveva portata sin lassù anche per quello, dentro quella casupola lei era facilmente controllabile. Ma Rena doveva rischiare per provare a salvare la propria vita. Dopo un altro sospiro per prendere coraggio, la ragazza deglutì, mentre percepiva il proprio cuore battere all'impazzata come se esso volesse schizzarle via dal petto. Si mise allora una mano sul torace, come a voler calmare il proprio corpo, e poi si acquattò dietro la sezione di parete immediatamente a sinistra della porta. Quindi, pose l'altra mano sulla maniglia dell'ingresso e, con un movimento rapido e secco, fece quello che doveva fare. Aprì la porta, pronta a vedere che mossa faceva l'altro.


Nota dell'Autore: Vi starete chiedendo perché lo Stige nel titolo del capitolo... Beh, nel mito quel fiume è celebre per la palude, detta appunto Palude Stigia, esattamente come Hinamizawa è famosa in Higurashi anche per la sua palude. È anche un riferimento all'inferno in cui Seohara vuole gettare Rena, mentre lei sta cercando di salvare la pelle.

Occhio che questo è Higurashi, e non è detto che ci sia un lieto fine. Vi ho avvisati.


 

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Capitolo 38
*** Il racconto di Caronte ***



Capitolo 37: Il racconto di Caronte


Hinamizawa, 20 Febbraio 1984

Non appena la porta fu spalancata, ci fu il silenzio. Rena non mise subito il piede fuori dall'uscio, rimase prudentemente dietro il muro per vedere che cosa sarebbe accaduto. Nessuno sparo. Nessun suono di arma da fuoco. Quindi quel tipo non stava aspettando che lei spuntasse fuori dal rifugio? La ragazza prese un bastoncino ricavato da un pezzetto di un'asse di legno che aveva trovato già scheggiata; poi, aiutandosi con esso sporse all'esterno il proprio cappello, in precedenza appoggiato sul pavimento. Era una sorta d'esca, per verificare se da fuori ci fosse una qualche reazione. No, non ci fu nulla. Allora, prendendosi tutte le possibili precauzioni, la giovane si affacciò fuori dalla porta per controllare la situazione nei boschi circostante: effettivamente non vi era anima viva, a quanto riusciva a vedere. Già, mi viene in mente solo adesso... Se avesse voluto spararmi alla prima occasione utile lo avrebbe fatto di già, quando avevo aperto la porta per la prima volta. Sarei già morta, se avesse voluto togliermi di mezzo subito.

Lei mosse allora uno o due passi fuori dal rifugio, tastando il terreno per meglio ispezionare l'ambiente circostante. Da lì il suo sguardo poteva intravvedere un vecchio sentiero per muli nascosto dietro delle fila di alberi, il quale pareva scendere con una certa ripidità giù per la montagna. Percorrerlo era la scelta più ragionevole, ma anche la più prevedibile: forse Seohara si aspettava che lei andasse per quella strada ed aveva preparato una nuova trappola per dare seguito al supplizio che aveva imbastito per lei... Però aveva forse delle alternative, Rena?

Forse sì, forse no. Ma ora c'era anche un'altra questione che la stava rendendo inquieta. Perché era stata condotta in quella piccola catapecchia? Okay, sulla carta lei poteva essere tenuta d'occhio facilmente, lì, ma la porta non era stata chiusa a chiave e la ragazza aveva potuto uscire quando aveva voluto. Ed inoltre pareva proprio che lui non tenesse sotto osservazione l'ingresso della casupola, lei non riusciva a scorgerlo da nessuna parte, come se quel tizio si fosse volatilizzato. Di fronte a lei vi erano solo alberi e qualche sparuto animaletto svolazzante.

Tuttavia non poteva essere lontano da là, non avrebbe avuto senso... Oppure al suo sequestratore era successo qualcosa, dopo che lui l'aveva lasciata lì priva di sensi? Era stato individuato ed arrestato? No, non era plausibile, in quel caso qualcuno l'avrebbe già liberata ed ora lei starebbe già ad Hinamizawa, a quell'ora. Aveva avuto un incidente, allora? Era più probabile, come teoria, i boschi sono sempre pericolosi e nascondono spesso delle insidie a chi si avventura all'interno di esso con la mente distratta: magari Seohara aveva il pensiero fisso sulla sua preda, come capita a quel tipo di psicopatici, e non aveva guardato dove metteva il piede... Ma quello sarebbe stato un clamoroso colpo di fortuna, per Rena, e lei non si poteva permettere di abbassare la guardia a causa di speranze effimere come quella; tra l'altro, anche in quella circostanza il corpo del ragazzo sarebbe dovuto essere da quelle parti. Magari inerme, magari svenuto... ma sarebbe stato lì vicino, e lei l'avrebbe localizzato con una rapida esplorazione... No, anche quell'ipotesi doveva essere scartata, probabilmente.

Insomma, dove poteva essersi cacciato? Quell'anomalia la stava rendendo esitante, impedendole di scappare veloce come aveva pianificato all'inizio. Per di più, appoggiata alla parete esterna del rifugio vi era anche una vecchia motocicletta: Rena suppose che l'altro l'avesse usata per portarla fin lassù dopo averla rubata ad un ignaro abitante della zona, caricarsi sulle spalle una persona e salire a piedi con essa lungo il pendio sarebbe stato faticosissimo. Ovviamente, quel ragazzo non si era dimenticato di sabotare il serbatoio del mezzo dopo averlo adoperato: una macchia nera aveva imbrattato l'erba sottostante, e la moto stessa era ora inservibile.

Però, questo significava che anche lui doveva essere appiedato, ora, quindi non poteva essere lontano. In un luogo da dove poteva osservare la situazione... Ed in effetti Rena si sentiva spiata, anche se non riusciva a trovarlo. Di fronte a lei non c'era nessuno... Di fronte a me... ma allora... Sì, Rena spalancò gli occhi, avendo un'improvvisa ispirazione.

Il tetto...” bisbigliò, girandosi repentina verso la casa.

E si lasciò sfuggire un lamento, realizzando suo malgrado di aver colto nel segno. Seduto sulla cima della costruzione, lui era lì. Le sue gambe arrivavano a lambire le vecchie grondaie, con le suole delle scarpe appoggiate ad esse in modo da essere più comodo e da non cadere a causa della rugiada caduta la notte prima sul tetto. I suoi occhi, invece, erano fissi su di Rena, al massimo dell'eccitazione. Le pupille erano quasi scomparse, riducendosi a minuscoli puntini neri sulle sue retine che schizzavano ora dall'alto in basso, ora da destra a sinistra, ora da un angolo all'altro. E questo gli dava un'aria ancora più spaventosa, la sua inesauribile sete di sangue era palese, ma quello che preoccupava maggiormente la ragazza era il fucile che lui teneva nella mano destra, impugnato come se fosse un bastone da passeggio, uno scettro simbolo del suo dominio.

Eppure, Rena mostrò di saper dominare il senso di panico che provava nell'animo. La giovane sollevò gli occhi in alto verso di lui, e quindi gridò, sperando che qualcun'altro potesse udire le sue parole: “Mi stavi aspettando con ansia, non è forse vero, Seohara?”

L'altro si limitò ad emettere un grugnito di soddisfazione. C'era in fondo una buona ragione, se lui non le aveva ancora sparato. Da quella postazione lui poteva sorvegliare la casa senza alcuna difficoltà, ma non poteva vedere direttamente la porta, men che meno mirare al suo bersaglio. Non che fosse una seccatura così fastidiosa, lui poteva sempre sentire il rumore prodotto dai movimenti della ragazza, per intuire che si era svegliata e per dedurre che cosa lei stessa facendo. Inoltre, guardandolo in faccia Rena pensò che l'altro non volesse ucciderla subito, non sarebbe stato per nulla entusiasmante, dal suo punto di vista; se fosse stata così tonta da non notarlo sul tetto, lui l'avrebbe chiamata certamente, per farle capire dove si trovava e quale sarebbe stato il suo destino. O forse, visto il suo modo di ragionare, lui avrebbe sparato un colpo d'avvertimento contro uno degli alberi vicino, anche se l'impatto sarebbe stato diverso il risultato non sarebbe variato.

Mi stavo davvero stufando di starmene spaparanzato quassù, ti sei fatta desiderare...” rispose lui, finalmente “Avevo cominciato a temere che il gas avesse fatto troppo effetto e che tu avessi già tirato le cuoia, là sotto. Sarebbe stata una vera delusione se fosse andata così, io avevo allestito un confronto finale così meraviglioso, solo per te, ed avevo paura che tu avessi rovinato tutto come l'altra volta. Ma ora... Tu sei qui, alla mia mercé... Ed ora...”

Il suo fiato si era fatto corto, stava annaspando per l'aria. Il suo corpo sembrava soffrire come se gli stesse venendo un infarto e le ferite sul collo si erano riaperte, lasciando fuoriuscire del sangue copioso per un'ulteriore volta. Ma avrebbe resistito a quel malessere, la sua unica ragione di vita era ora di fronte a lui, non si sarebbe ritirato da quella sfida per tutto l'oro del mondo. Avrebbe trionfato, l'avrebbe fatta a pezzi, del futuro gli importava poco.

E Daijiro-kun?” chiese Rena, turbata da quello che poteva essere avvenuto al compagno. “Che cosa gli hai fatto?”

Sta... Sta bene, già, sta bene. Ho solo fatto in modo che... che non ci dia più noia, te lo posso garantire.”

Quelle parole potevano voler dire tutto ed il contrario di tutto. Daijiro era davvero al sicuro? Era vivo, incolume? O piuttosto era avvenuto qualcosa, durante il periodo in cui lei dormiva e non poteva proteggerlo,... Con quella frase Seohara non le aveva risposto affatto, alla fine. Ma Rena non poteva rimuginare su quello che era stato del suo amico, al momento. A malincuore, era costretta a preoccuparsi di se stessa, ed infatti l'altro aggiunse dell'altro, inghiottendo il sangue che gli saliva dalla gola. “Io... Io non sono una persona cattiva, non sono come te... Ed infatti voglio provartelo. Ti spiegherò le regole.”

Regole? Questo non è un gioco. Non si gioca con le vite altrui.”

Invece lo è. Non l'hai ancora capito? Lo è diventato dopo che ho vinto il nostro duello di ieri, quindi ora devi obbedire alle mie regole.”

Tu non hai vinto un bel niente, hai barato!”

IO HO VINTO, TI HO DETTO!” gridò lui, non accettando quel rimprovero. Quindi quel finto duello del giorno prima aveva davvero una funzione, per lui... Era un modo per dimostrare la propria superiorità, per giustificare quanto stava commettendo... Forse sapeva del club di Hinamizawa, durante il periodo in cui aveva tenuto d'occhio la propria vittima, e così aveva saputo del fatto che chi vinceva un gioco poteva imporre dei castighi al perdente. Perciò, per poter fare ciò su Rena, la sua mente deviata aveva sentito il bisogno di batterla in una sfida, anche se aveva dovuto ricorrere al gas soporifero per non rischiare di essere sconfitto.

Il suo modo di vedere un gioco era infatti drammaticamente diverso da quello di Rena: “Tu sei davvero una ragazzina stupida... Allora sarà meglio mettere le cose in chiaro. Qui io sono il cacciatore, e tu sei la preda.” Alzò quindi il fucile verso di lei ed a Rena furono immediatamente chiare le sue intenzioni; dalla posizione in cui lei si trovava, poi, la ragazza non poteva coglierlo di sorpresa, lui stava troppo in alto su quel tetto maledetto. Era un giocattolo nelle mani dell'altro, adesso, un topolino bianco che corre qui e là ma che non può fuggire dalla gabbietta in cui l'hanno rinchiuso. Quel mitomane voleva spassarsela a sue spese ed all'interno di quell'immenso parco di divertimenti che era la foresta nessuno avrebbe disturbato il suo svago.

Comunque lui non smetteva di parlare, così Rena decise di star lì ad ascoltarlo. Poteva sempre dire qualcosa che poteva essere interessante anche per lei: “Ad ogni modo, ti lascerò una piccola possibilità di sopravvivere. Da lì dovresti riuscire a vederla, vero?”

Di cosa diavolo stai blaterando?”

Oh, ero convinto che tu riuscissi a notarla... Beh, sto parlando di questa.” alzò l'altro braccio, impugnando con esso la mannaia di Rena “Penso proprio che la porterò sempre con me, almeno finché non termineremo il nostro gioco. Se sei abbastanza in gamba potresti anche riuscire nell'impresa di sottrarmela, in maniera di avere un'arma con cui combattermi... Ma provare a prendermela può diventare molto rischioso, puoi intuire cosa succederebbe se il tuo tentativo non andasse a buon fine. Potremmo definirlo come... uno stimolo per incentivarti a non starmi troppo lontano, un'altra variabile in gioco nella nostra piacevole attività ricreativa. Scappare e dirigerti sempre e solo verso quelle tre o quattro catapecchie a fondo valle sarebbe un suicidio, sono troppo distanti per le tue piccole ed ossute gambette, temo. Così mi sa che dovresti cercare di elaborare una buona strategia per battermi, un qualche trucchetto per confondermi... Ma ne sarai in grado? Io ne dubito... Comunque il tempo per le ciance è finito... Comincia a correre, se tieni alla tua vita...”

Senza dire altro, prese la mira e sparò. Colpì l'albero immediatamente alla sinistra della ragazza e frammenti di corteccia volarono via tutto intorno a lei, rischiando anche di ferirla all'occhio. A causa di ciò, il suo corpo si mosse da solo spinto da quello spavento, e dopo essesi girata di centottanta gradi le sue gambe cominciarono a mulinare in fretta, correndo via dal suo avversario che intanto ricaricava l'arma e rideva.

Passarono pochi secondi, e già Rena lo aveva perso di vista. La ragazza era tutta concentrata nel correre lungo il pendio, senza mai voltarsi dietro di sé, scivolando in modo controllato nei punti dove il terreno era più friabile e saltando come un gatto dove invece radici ed altre barriere potevano intralciare la sua fuga. Il tempo le pareva non passare mai e gli alberi che gli venivano incontro non erano nulla di più di meri ostacoli che bloccavano il suo procedere, figure maligne che si frapponevano tra lei e la sua sospirata salvezza. I loro rametti spogli, lunghi ed ossuti come tetre dita di un nero essere mostruoso, andavano continuamente ad impigliarsi nei suoi vestiti, poco adatti ad una corsa tra i boschi; a lei non rimaneva che dare di tanto in tanto dei violenti strattoni per disincastrarsi, ma la sua fuga ne risultava inevitabilmente rallentata. Se non altro, una volta che superava i vari alberi essi divenivano una risorsa più che una seccatura, poiché essi non consentivano al suo inseguitore di vederla bene; certo, se fosse stata estate il folto fogliame che ci sarebbe stato avrebbe svolto un lavoro anche migliore, ma anche così andava bene. E comunque gli stivaletti che aveva scelto di indossare per il picnic si prestavano bene a muoversi nel fango, il che le permetteva di correre incessantemente. Ciò, finchè una pietra nascosta nel terreno la fece inciampare, costringendola a mettere una mano sulla pianta vicina per non cadere giù da un piccolo dirupo.

Riprendendo fiato, la ragazza si concedette un secondo per riflettere meglio su quello che le stava accadendo. Dove si trovava ora, esattamente, dopo quella lunga sgroppata? Non poteva dirlo con precisione, ma doveva nascondersi da qualche parte, così guardò giù verso la scarpata in cui aveva rischiato di precipitare. Era profonda solo tre o quattro metri ed il terreno sottostante pareva morbido a sufficienza: allora piegò le ginocchia e saltò giù, atterrando sul fango ed appoggiando le mani per terra in modo da essere sicura di non farsi male. L'operazione era andata a buon fine, ed ora l'altro non poteva scorgerla, visto che la scarpata la proteggeva dalla vista altrui come avrebbe fatto un normale muro di cemento. Se voleva prenderla in quel punto, Seohara avrebbe dovuto andare da lei.

Però era proprio questo, il punto. Quel maniaco la stava davvero inseguendo? Come faceva a starle alle costole, in quel labirinto di legno? L'aveva lasciata fuggire, e da solo non poteva rintracciare i suoi movimenti nella foresta. Forse c'era qualcosa che le avrebbe proibito di allontanarsi troppo da lui? E che poteva essere, un'altra trappola rubata da quelle di Satoko? Difficile a dirsi. Quella era una zona che la sua piccola amica non aveva mai esplorato, era un tratto di bosco troppo distante dal villaggio, dove raramente qualcuno mette piede, ed infatti Rena non aveva incontrato nessuna trappola durante la sua corsa spasmodica. D'altro canto, lui poteva anche essere più veloce di lei, in realtà, loro non sapevano nulla sul conto di Seohara, né sulle sue doti fisiche. Però rimaneva il problema di riuscirla a trovare, in quella fitta foresta... Come faceva a spararle se non la vedeva neanche?

Oppure non aveva bisogno di vederla?

Rena si stava sforzando di rimanere celata alla vista del suo nemico, ma se ciò fosse inutile? Una volta Mion e Shion le avevano narrato che la Yamainu era solita controllare i movimenti di Irie tramite una microspia nascosta sotto il colletto del suo camice. Seohara poteva aver fatto lo stesso? Ne aveva avuto l'opportunità, quando lei era dormiente nella casupola... Il dubbio spinse la ragazza a togliersi in fretta giacca e cappello, aprendo nervosamente ogni singolo risvolto e passando al setaccio ogni singola tasca ed ogni punto che poteva tornare utile a quel proposito. Strappò con rabbia persino i bottoni del cappotto, per non correre rischi, ma l'unico esito che ebbe quella ricerca furono un paio di unghie rotte.

Rena non aveva nulla di sospetto addosso. La frustrazione della ragazza era palpabile, e veniva esacerbata anche dal vento gelido che si era alzato in quel momento. Sentendo freddo, si rinfilò la giacca, ora del tutto sdrucita e strappata in un paio di punti, ma non poté abbottonarla in quanto appunto non vi erano più bottoni. Gli spifferi inclementi d'aria cominciarono allora a passare senza pietà attraverso il cappotto rovinato ed il gelo intirizziva le pallide membra della povera ragazza. E se da un lato non vennero lamenti dalla sua bocca né iniziarono a cadere lacrime dai suoi occhi, dall'altro era innegabile che lei si trovasse in grande difficoltà. Perché sono sola, qui? Rena vuole... Io voglio i miei amici... I suoi cari la stavano certamente rintracciando senza sosta, ma quanto tempo avrebbero impiegato a venire in suo soccorso? Dove stavano conducendo le ricerche, in che luogo della valle? Se fossero arrivati troppo tardi, non ci sarebbe stata speranza per lei.

Ma non era il momento di abbattersi. Era vitale per lei capire in anticipo che cosa l'altro avesse preparato per lei. Forse si stava avvalendo di un complice il cui ruolo era monitorare in continuazione la sua posizione? Non avevano mai parlato di quell'eventualità, alla centrale di polizia, ma non poteva essere del tutto escluso che lui non fosse solo; avere un compare dà sempre notevoli vantaggi a quel genere di delinquenti.

Ma chi poteva essere tanto fuori di testa da aiutare un tizio del genere? Un mercenario era fuori discussione, un fuggiasco non poteva avere il denaro necessario per permettersi di assoldare altra gente, tanto più se si considerava da quanto tempo lui era assente da casa: se aveva dei soldi da parte, li aveva ormai già usati per sopravvivere, altro che spenderli per pagare un complice. Niente mercenario, quindi... Una persona che condivideva lo stesso odio nei confronti di Rena, allora? E chi? Un altro parente dei ragazzi che lei aveva bastonato con la mazza da baseball, quel giorno ad Ibaraki? Era sostanzialmente impossibile, la polizia li aveva accuratamente interrogati uno ad uno e non era apparso nulla di rilevante. Non vi erano altri dispersi, oltre a Seohara.

Le riflessioni di Rena risultarono essere un buco nell'acqua, in sostanza. Elaborare un piano più articolato non avrebbe avuto successo, l'unica scelta possibile era continuare ad andare verso il basso, passando là dove la foresta era più fitta in modo da rimanere celata agli occhi del suo stalker. Rami e tronchi l'avrebbero protetta anche da eventuali proiettili vaganti, in questa maniera. Ma che sentiero doveva prendere, adesso? Rena guardò giù, in fondo alla vallata. Quando aveva cominciato a correre non aveva seguito la mulattiera che aveva intravisto all'inizio, il panico che aveva vissuto dopo il primo sparo l'aveva spinta a dirigersi da tutt'altra parte, rifugiandosi attraverso gli alberi giusto dietro di lei.

Si trovava pertanto in un punto diverso da quello deciso prima della fuga. Da lì poteva ancora vedere il pendio che scendeva giù e giù verso il fiume, ma non c'era una vera e propria stradina su cui poggiare il piede in sicurezza, la densissima schiera di alberi copriva tutto il panorama davanti a lei e le pietre sporgenti tappezzavano il terreno rendendolo insidioso ed inadatto ad una rapida corsa. La ragazza non avrebbe mai potuto andare veloce come si augurava, ma doveva comunque provare. Rena era ancora lì, accanto al dirupo che aveva saltato poc'anzi, ma rimanere nascosta dietro quella scarpata per troppo tempo sarebbe stato troppo pericoloso: quello non era un buon punto di osservazione per lei, Seohara poteva sopraggiungere dalla cima della montagna in qualsiasi momento e se lo avesse fatto la giovane non se ne sarebbe neanche accorta. Così, si guardò attorno ed infine scorse un corridoio tra due gruppi di alberi che poteva essere usato come sentiero di emergenza, e subito riprese a correre, sperando che fosse una via d'uscita da quell'incubo orribile.

Ma la sua non fu una scelta felice. Dopo una curva a destra ed un centinaio di metri le due ali di alberi ai lati si stringevano, rendendo il passaggio più difficoltoso ed angusto. La cosa non era bizzarra, si parlava pur sempre di un sentiero naturale non creato dall'uomo, ma quella scoperta non le fu di conforto. Dovette rallentare ulteriormente, e ciò innervosì Rena. Le sembrava quasi che il suo obiettivo si stesse allontanando da lei, e la sua mente si stava soffermando sui minuti e sulle ore necessari per raggiungere di nuovo Hinamizawa, su quanto tempo avrebbe dovuto soffrire prima di tornare al villaggio e riabbracciare i suoi am-

CHI VA LA'?” gridò lei all'improvviso. Un crepitio che veniva dalla sua destra l'aveva messa in allarme, e si era girata all'istante verso la fonte di quel potenziale pericolo. Ma lì non c'era nessuno. Forse era stato solo uno dei tanti piccoli animaletti della foresta, uno scoiattolo che aveva saltellato su quello che rimaneva delle foglie morte cadute nell'autunno precedente. Rena non aveva visto nessuna bestiola, in verità, però a lei sembrava l'unica spiegazione plausibile. E poi lei voleva pensare che fosse andata così, che fosse stato solo un animale, l'alternativa era ipotizzare che il suo stato di stress l'avesse suggestionata facendole sentire qualcosa di inesistente. Rena sperava di non aver perso la testa, ci mancava solo che andasse in paranoia, sarebbe diventata un bersaglio facile se avesse perso l'autocontrollo.

In ogni caso, vero o finto che fosse, quel rumore aveva fermato la sua fuga. Di fronte a lei, il pendio non procedeva più verso il basso, bensì vi era una risalita lunga circa trecento metri, probabilmente una piccola collina situata sul versante della montagna. Aggirarla non era una scelta saggia, in quei punti il bosco diventava talmente fitto da rendere estremamente lenta l'andatura, al contrario di quel che sarebbe avvenuto scalando quel piccolo rilievo che pareva più facile da percorrere. Avventurarsi fino in cima alla collinetta e poi ridiscendere da lì non sarebbe stato arduo, la pendenza era decisamente accessibile e lei avrebbe raggiunto prima il proprio traguardo; certo, andare in alto quando sai che devi andare in basso poteva risultare beffardo ed un po' irritante, ma Rena disse a se stessa di stare calma, e fece il primo passo sulla collina.

Bang.

La violenza della forza d'inerzia fece cadere Rena sulla soffice erba, e dopo essersi ripresa dallo shock lei immediatamente si pose una mano sulla cima della propria spalla destra, prima di contemplare come essa si fosse tutta insanguinata. Mi ha sparato? Come ha fatto a... La giovane si voltò ed intravvide una figura indistinta, più in alto sulla montagna. Non era capace di distinguerne i lineamenti da così lontano, ma non aveva dubbi sulla sua identità, l'autore dello sparo non poteva essere nessun altro.

La ragazza decise di non dare ascolto alle alte grida di giubilo che provenivano da quell'insolente, e ridiscese subito in fondo alla collinetta, riparandosi dietro il più largo degli alberi circostanti. Si era resa conto di essere stata una sciocca a salire su quel rilievo: in quel modo, per qualche momento non c'erano più alberi che si frapponevano tra lei ed il suo inseguitore, in linea d'aria, al contrario di quanto avveniva prima quando lei correva verso il basso, così lui poteva vederla bene e spararle con cura. Su quella collina lei costituiva in bersaglio non difficile da colpire e quindi una deviazione si rivelò indispensabile. Dopo aver controllato che la ferita non fosse nulla di serio e dopo averla bendata provvisoriamente con il proprio fazzoletto, lei girò allora a destra, circumnavigando la collina ed aprendosi a fatica la strada tra i rovi spinati.

Ma allora in precedenza aveva avuto torto, evidentemente. Il giorno prima, quando l'aveva incontrato per la prima volta dopo anni, quando lui le aveva fatto trovare la mannaia per sfidarla a duello... Le aveva dato l'impressione di essere un cattivo tiratore, la sua pistola con un solo proiettile tremava e lui non riusciva neppure a prendere la mira. Sembrava uno che non riusciva neanche ad impugnare un'arma da fuoco. Ora invece doveva cambiare per forza idea, Seohara l'aveva appena colpita da una distanza ragguardevole, anche se solo di striscio. D'altronde, era strano che lui sapesse dove si trovava lei, che lui avesse previsto che lei sarebbe andata proprio su quella collinetta... Ma forse il suo urlo di prima gli aveva dato un prezioso indizio, poteva essere. Rena comprese che doveva evitare di urlare. Che doveva essere il più silenziosa possibile, come un topo che non voleva farsi sentire dai gatti che gli stanno dando la caccia... Anche se paragonarsi ad una preda era incredibilmente frustrante, per lei. Era evidente che questo era proprio quello che Seohara bramava di farle vivere, ma la ragazza non poteva farci nulla, per il momento. Era disarmata e doveva stare al suo gioco, intanto. Ma quando mi sarò salvata ti farò vedere io...

Propositi di vendetta o meno, Rena aveva ormai capito che la stava attendendo una lunga e angosciante fuga. Per tantissimo tempo non fece nient'altro che correre, e correre, e correre, sempre mirando a raggiungere il fondo della valle. Andava verso il basso ogni volta che riusciva ad individuare il pendio della montagna, e ogni volta che glielo permettevano la conformazione del terreno e la disposizione della vegetazione. Uno sforzo estenuante, che però non pareva mai coronato dal successo. Hinamizawa sembrava non apparire mai, la meta sembrava sempre lontana, inafferabile; i suoi occhi vedevano solo alberi, cespigli, piante e macigni. Ma dove diamine era la fine della foresta? Certo, la giovane sapeva bene che tutte le montagne intorno al villaggio erano coperte da quel tappeto verde, ma perdersi all'interno di quella specie di giungla era inquietante, soprattutto perché molto tempo era trascorso, il freddo sole invernale era già vigliaccamente finito dietro quelle stesse nere alture, e meno luce stava ora filtrando tra i rami degli alberi. Lei invece non conosceva alcun riparo per sé, in quella zona, e non si poteva permettere il lusso di passare la notte all'aperto, il minimo colpo di sonno l'avrebbe consegnata nelle mani del suo aguzzino. Lei doveva assol-

Fzzzz.

Il capo di Rena scattò ancora, ruotando rapido come una turbina, mentre gli occhi cercavano sbarrati di individuarlo. Eccolo, è lì!

Invece no. Intorno a lei solo corteccia marrone, e nessuna traccia di pelle umana.

Allora... Non era lui. Rena aveva immaginato di aver sentito un rumore, ed era sbiancata in volto. Non vi erano suoni, lì, solo il suo respiro affannoso. Un falso allarme, nuovamente. Ma quell'ansia la stava ora soggiogando, non le permetteva d-

E' lui! Un altro ronzio, un altro brivido. Un'altra delusione.

Rena stava andando in iperventilazione, adesso. Il nodo che sentiva in gola non le consentiva di prendere aria e le impediva addirittura di emettere una qualsiasi parola. Era terrificante, come sensazione. Stava cominciando a vederlo seduto sui rami degli alberi, a notarlo acquattato dietro gli arbusti, in piedi sulle pietre più grandi, appoggiato su qualche tronco, di fronte a lei, a destra, a sinistra, alle spalle... Ormai vedeva Seohara in tutti i posti in cui lui poteva stare, come il suo peggiore incubo, e Rena non poteva fare a meno di voltarsi ogni volta, in balia di un panico pietrificante da cui non era in grado di uscire. Se solo avesse avuto la sua mannaia, con lei... Forse non sarebbe bastato a salvarla, ma avere la propria arma in mano l'avrebbe aiutata a sentirsi meglio, imbracciarla era un po' come tenere in braccio un tenero orsacchiotto di peluche da portare a casa, per lei. Ed invece essa era lì, imbrattata dalle sudicie mani di Seohara, e lei invece era disarmata, in fuga dai pericoli come mai aveva fatto prima, lei che preferiva affrontarli a viso aperto.

Seohara? È lui, sta lì? No, non era neppure lì.

La fanciulla levò allora gli occhi in alto, al cielo, cercando di trovare un Sole che non era più lì. Avrebbe voluto piangere, ma non le era consentito fare neppure quello. I suoi gemiti avrebbero potuto attirare l'attenzione del suo inseguitore e l'avrebbero deliziato, lei sapeva che lui le voleva infliggere quanta più sofferenza possibile. Doveva respingere la disperazione che le stava attanagliando il cuore, doveva essere forte e raccogliere il coraggio che aveva ancora in corpo, a dispetto della presenza asfissiante di Seohara, a dispetto dell'assenza di tutti i suoi amici, a dispetto di tutto. Non c'era più vento, tra l'altro, e la luce della sera si stava indebolendo sempre di più. Un cielo rosso si stagliava sopra la sua testa, presagendole un futuro nefasto che stava per abbattersi su di lei, e ben presto il freddo e l'oscurità sarebbero piombati su Hinamizawa, avvolgendo in un abbraccio oscuro l'intero bosco ed ogni forma di vita al suo interno. Non vi era alcun Dio benigno che sarebbe venuto in suo soccorso, non vi era alcun compagno che poteva darle una mano. Rena era sola contro il suo passato più nero.

Finché qualcosa cambiò.

Dove... Dove si troverà mai? Andava chiedendosi lei. Ma non si riferiva più a Seohara, questa volta. Si stava riferendo a qualcosa che poteva aiutarla, si stava riferendo ad una novità che poteva rappresentare una svolta.

Il flusso sei suoi orrendi timori aveva smesso di fluire nel suo cervello. Rena poteva udire un rumore soffice e continuo, differente di quelli che si era abituata ad ascoltare tra gli alberi. Questa volta, non si trattava di un suono spaventoso, tutt'altro. Acqua? Questa è acqua che scorre... Che si tratti del torrente? Rinfrancata da quella inattesa, sbalorditiva speranza, la ragazza fece un ultimo scatto, e finalmente si ritrovò fuori dalla foresta.

Ora lei sapeva con precisione la propria posizione. Era stata su quel ponte una marea di volte, era un modo sicuro per attraversare la gola, in fondo alla quale si trovava il piccolo fiume che caratterizzava la vallata; Rena lo aveva percorso molte volte in quanto era il tragitto più rapido per andare da casa propria alla discarica, o viceversa. Lo usava nelle sue passeggiate solitarie, ma anche con i suoi amici, camminando gioiosamente... anche se Keiichi e Satoko sembravano sempre un po' perplessi, quando salivano su quel ponte, ed il loro passo su quella struttura solida era ogni volta molto titubante come se esso rievocasse loro dei cattivi ricordi. Del resto, gli altri non riuscivano mai a capire perché quei due si immusonivano in quei frangenti e si divertivano a prenderli bonariamente per i fondelli, suscitando l'ilarità generale.

Adesso, quantomeno, lei sapeva che itinerario seguire, e quindi pose subito il piede sul ponte.

Eccoti qui, alla buon'ora...”

Rena non era sorpresa. La voce veniva dall'altro capo del ponte, e per guardarlo lei dovette semplicemente sollevare il capo.

Seohara era infatti lì, ridacchiante, imbracciando sempre la mannaia di Rena in una mano ed il fucile nell'altra. Ansimante, spossato, stremato, ma determinato a completare il lavoro che aveva iniziato. Doveva aver corso ad una velocità disumana, per averla raggiunta in quel punto.

Come hai fatto a prevedere che io sarei arrivata qui a questo ponte?” chiese Rena, non perdendo la calma.

Lui non disse una parola.

RISPONDIMI!”

Io... posso... sentirlo... annusarlo...” La pronuncia di lui si era fatta lenta fino allo sfinimento. La sua schiena ricurva, i suoi canini sporgenti, i suoi occhi sanguigni che non si staccavano dalla visione della sua preda. Cosa fosse rimasto di umano in lui, nessuno poteva dirlo, ed anche le parole che grugnì dopo confermavano questa constatazione: “Io posso percepire il tuo odore... Il tuo orribile, nauseabondo, fetido odore, il tuo puzzo repellente...”

Rena ingoiò la propria saliva. Davvero non era più una persona civile, quella di fronte a lei, ogni parte di lui si era tramutata in un'orrenda bestia che non desiderava altro che immergere le proprie zanne nel sangue umano. Però aveva ancora conservato le proprie capacità intellettive, evidentemente... Non era stato guidato lì solo dal suo istinto, il ragazzo aveva intuito che la fanciulla non poteva affrontarlo direttamente senza un'arma, sebbene lui avesse provato ad usare la mannaia come esca: Rena avrebbe cercato di raggiungere il villaggio, ma per poterlo fare avrebbe dovuto superare obbligatoriamente quello strapiombo ed attraversare quel ponte sarebbe stata probabilmente la sua prima opzione. Seohara lo aveva dedotto, ed aveva giocato d'anticipo.

Tuttavia... Lui dava l'idea di credere a quello che aveva appena detto. “Il tuo fetore...” ripetè infatti “Mi inebria, mi riempie le narici, ma non è solo quello... Posso percepire anche la tua paura, il tuo terrore, la tua angoscia... Li posso vedere, li posso assaggiare, e sono così deliziosi... Heh heh...”

Alzò il proprio fucile, mirando ora alle gambe di lei. Finchè non fosse riuscita a fuggire dal ponte, Rena sarebbe stato un bersaglio facile, su quel corridoio di assi di legno lei non poteva certo correre a destra o sinistra. Ma la ragazza sapeva anche che tornare a scappare nella foresta non era una mossa intelligente, lui le avrebbe sparato subito mentre lei gli dava le spalle e poi Rena non voleva ricominciare a svignarsela nel bosco, avrebbe solo rinviato la loro resa dei conti.

Non lascerai mai più questo posto, sarà la tua tomba... Ed il meglio deve ancora arrivare...”

Gli occhi famelici di quell'invasato erano saturi di rabbia, l'adrenalina scorreva a fiumi nelle sue vene facendole risaltare su quello che rimaneva del suo collo martoriato. Ma qual'era la motivazione ultima che lo incitava a fare tutto ciò? L'istinto di Rena le suggerì che lei doveva scoprire cosa desse una tale forza al suo avversario; lei doveva sapere, anche se non capiva perché. Ma in fondo non aveva molto da perdere, così decise di seguire quella sensazione. Tutto ad un tratto, senza che lui se lo aspettasse lei sussurrò questo: “Posso chiederti una cosa, prima di proseguire?”

Hmm... E cosa sarebbe? Se me lo chiedi adesso deve essere qualcosa di importante. Potremmo chiamarlo l'ultimo desiderio di un condannato a morte... Ed allora perché non esaudirlo? Dai, spara...”

Perché?”

Perché, mi dici?”

Sì, perché. Perché stai commettendo questa follia? Che ti è successo, per convincerti a pensare che io sia stata la causa della tua rovina?”

Quella era l'ultima domanda che Seohara si aspettava, adesso, ed il ragazzo fissò Rena genuinamente sorpreso. Ma dopo un momento di incertezza lui cominciò a sorridere, poi a ghignare, sempre di più, incontrollabile... ed infine esplose in una lunga risata demoniaca.

VUOI VERAMENTE SAPERLO?” sbraitò lui, ringhiando così forte da fare quasi risvegliare i morti dal loro sonno eterno. Seguitò poi a ridere per tantissimi minuti, e ci volle molto prima che lui si calmasse. Quindi, le diede un'occhiata feroce come non mai. Era pronto a parlare... La osservò, compatendo la situazione in cui si era cacciata, e quindi disse: “Sai... Il problema non eri solo tu.”

Il suo racconto iniziò: “Quando eri ad Ibaraki eri una personalità piuttosto famosa, Reina-san. I tuoi eccessi, le tue manie di persecuzione, la tua depressione da malati mentali... Chiunque nella nostra scuola sapeva di te e molti studenti spettegolavano tra la relazione tra tua madre e quell'altro uomo, vociferando che era tutta colpa di quella loro scappatella, se tu stavi male. Immagino che all'epoca tu e tuo padre foste tra i pochi che erano all'oscuro di quella tresca, va sempre così. Arriva la pazzoide, la pazza furiosa... Era così che ti definivano quando ti vedevano, un poco irridenti un poco spaventati. Eh, già, dicevano tutti che era colpa dell'irresponsabilità di tua madre, se ti ritrovavi con quel brutto carattere. Ma in fondo a nessuno importava veramente, a nessuno di noi importava di te. Nel momento in cui tu non eri pericolosa l'unica cosa che dovevamo fare era assicurarci di evitarti e di non avere nulla a che fare con te.”

Ma si sa, le persone fuori di testa vengono da genitori fuori di testa... Non avevo ancora appreso questa verità naturale, in quel periodo, ma presto avrei imparato quest'amara lezione. Un giorno, mentre ritornavo da scuola, mi imbattei in tuo padre, non lontano da casa nostra. Mi avevano detto di dove vivevate e la vostra abitazione non era nel nostro quartiere, anzi era molto lontano da lì. E quindi come mai si trovava in quella zona? Non era in abito da lavoro, e io non mi spiegavo perché si aggirasse da quelle parti. Tanto più che la mia inquietudine accrebbe a dismisura, quando lo rividi due giorni dopo, e poi ancora il giorno successivo, e poi ancora tante, tante altre volte... Lui era sorridente, ogni singola volta che il mio sguardo incrociava il suo. Fischiettava, canticchiava... La relazione extraconiugale di sua moglie non lo aveva affranto per nulla, anzi sembrava proprio fregarsene.”

La singolarità di quell'atteggiamento mi paralizzava ma mi eccitava al tempo stesso, ed anche mio fratello fu colto da una curiosità a dir poco morbosa. Era risaputo che la vostra famiglia era composta di gente bizzarra. Non vi erano sartorie e negozi d'abbigliamento dalle nostri parti, il nostro era un quartiere prettamente residenziale, quindi lui non si dirigeva mai nella zona per questioni di lavoro. Poteva essere un individuo pericoloso per il nostro vicinato, o addirittura per la nostra famiglia? Dovevamo verificare, così un giorno giungemmo alla conclusione che uno di noi doveva starsene in casa in gran segreto, marinando le lezioni. Fui sorteggiato io, dopo una conta, e pertanto la mattina dopo ingannai i miei genitori facendo finta di recarmi a scuola: feci il giro dell'isolato e mi nascosi dietro il muro di casa mia, una volta che mio padre se ne era andato al lavoro, assicurandomi che mia madre non mi vedesse. Certo, l'uniforme scolastica che avevo addosso poteva rappresentare un impiccio, visto che eventuali passanti avrebbero potuto intuire che io ero uno studente che non stava andando a scuola... ma da quelle parti non girava mai molta gente, intorno alle otto-nove del mattino, proprio perché lì non c'erano negozi od uffici in cui recarsi. Andavano tutti dritti in metropolitana senza badare a chi passava loro accanto. Sarebbe bastato utilizzare vicoli secondari, e nessuno mi avrebbe dato delle noie.”

Non dovetti aspettare molto, una volta nascosto. Lo vidi arrivare prima di mezzogiorno. E sembrava voler andare proprio a casa mia, con la sua classica faccia da ebete e con un mazzo di fiori appena comprato da qualche parte. Che voleva fare? Lo seguì con gli occhi, ed i miei dubbi si dimostrarono fondati. Quell'uomo aveva raggiunto casa nostra, ed aveva suonato il campanello, sicuro che gli avrebbero aperto. Il fatto che mia madre fosse in casa per aprire la porta non era insolito, infatti, lei era pur sempre una comune casalinga. Lo salutò cordialmente e lo lasciò entrare...”

Rena stava cominciando a capire dove lui voleva arrivare.

Un'idea bizzarra fece capolino nella mia mente, ma io non volevo crederci. Anche al costo di venire scoperto, decisi di entrare a mia volta. E la scena che apparve davanti ai miei occhi fu qualcosa che mi stravolse, per il resto della mia vita.”

Seohara cominciò a graffiarsi furiosamente la gola, spillando altro sangue dalle vene che aveva sul collo.

Si stavano baciando come due esaltati.” disse infine lui, con tutto l'odio che aveva nel cuore “Tuo padre stava baciando mia madre, la stava svestendo, sfilandole la gonna, e lei stava ridendo, non voleva fermarlo, anzi... Loro due erano amanti e nessuno di noi ne era al corrente, ci avevano tutti presi per fessi. Io non potei fare altro che correre via immediatamente, scioccato da quello spettacolo, e dopo pochi passi mi trovai a vomitare sul marciapiede.”

Il ragazzo deglutì: “Quella scena fu disgustosa, ma mi spiegò molte cose... Parecchie persone a scuola avevano preso in odio tua madre, a causa del suo comportamento infedele, ma tuo padre era persino peggio, nessuno sapeva di lui, il suo peccato era ignoto a tutti. Non so quando la relazione tra lui e la mamma abbia preso piede, ma non sarei sorpreso se mi dissero che si incontravano da molto tempo, erano anni che tutte le sere mia madre si recava ad una scuola di cucito e anche quello svergognato del tuo genitore doveva essere stato là, come maestro, o consulente... Sì, io ne sono sicuro. Nella tua famiglia è stato tuo padre il primo a farsi un'amante, tua madre gli ha solo reso pan per focaccia, reagendo di conseguenza. Tua madre non era cattiva come tuo padre, perlomeno.

Rena era una statua di sale.

Quando descrissi a mio fratello quanto avevo visto, lui non riusciva a credermi, e di certo non lo critico per questo, era naturale. Ma alla fine capì che io non avevo nessun motivo per mentire con una dichiarazione tanto clamorosa e si fidò delle mie parole. Allora che potevamo fare, noi due? Rivelare tutto a nostro padre poteva rivelarsi un disastro, lui era sempre stato un uomo geloso e noi non volevamo che i nostri genitori si lasciassero, per non dire di peggio... Avevamo necessità di trovare un escamotage che ficcasse in testa a tuo padre che non era una buona idea avere un rapporto con nostra madre, ma colpirlo direttamente era pericoloso. Se lo avessimo ferito, o ucciso, la polizia avrebbe indagato sul vero movente delle nostre azioni ed esso sarebbe potuto venire alla luce, e noi non sapevamo come avrebbe reagito nostro padre. Dovevamo colpirlo in maniera più indiretta, pensammo allora nella nostra ingenuità... E la cosa migliore era colpirlo negli affetti, prendendosela con la sua unica figlia che lui adorava tanto.

M-ma allora” balbettò Rena “Quel giorno voi volevate... vendicarvi? Su di me?”

Sarebbe stato divertente, lo devo ammettere.” ribatté lui, cercando di intimidirla “Sarebbe stata una maniera di unire l'utile al dilettevole, e trovare dei complici non fu complicato, come puoi immaginare, ci sono sempre dei ragazzi depravati in giro che non riescono mai a trovare il modo di trovare una compagna. Sai, uno di loro era anche un parente stretto di uno dei tuoi pochi amici di infanzia, non so se un cugino o qualcosa d'altro...”

Lo so... povera Nagisa-chan...” Disse Rena dolcemente. La ragazza aveva rimosso quella vecchia amica dalla propria mente, dopo il suo ritorno ad Hinamizawa, ma ora quel racconto le stava ricordando quella parte triste della propria vita. La ragazza di cui stavano parlando era perfino morta in un incidente dopo che Rena se ne era andata da Ibaraki, e quest'ultima non era neppure andata al suo funerale, anche se era stata informata della notizia, pur di non lasciare il suo adorato villaggio. Rena prese allora a rimproverarsi per la sua mancanza di tatto, e per la propria irriconoscenza.

Ma qualcosa andò storto, nel nostro piano.” continuò lui “Come tu sai molto bene... Hai reagito con una veemenza tale che nessuno di noi potè resisterti... E dopo quel giorno ti sei rivelata essere la persona disgustosa che sei veramente, sì, tutti abbiamo capito che in realtà non sei altro che una donna cinica e violenta. Tale padre, tale figlia. Se solo tu non avessi reagito in quel modo tutto sarebbe andato come programmato... Vedi, in teoria questa notte avrei potuto anche completare il lavoro che avevo intrapreso coi miei compagni quel lontano pomeriggio. Tu dormivi, non avresti mai potuto ribellarti...” La sua bocca si contorse in un ghigno orripilante “Ma oramai era troppo tardi, violentarti adesso non avrebbe mutato nulla in sostanza, e poi avevo il timore di essere in qualche modo infettato dal tuo corpo, se ti avessi toccata più del dovuto. Nulla sarebbe cambiato di quello che è stato, il passato è passato... Già, il mio unico conforto è stato il fatto che dopo quei giorni tuo padre non incontrò più mia madre, ma questa era sicuramente una consolazione troppo magra per appagare il mio odio.”

Rena non sapeva che pensare, quella storia l'aveva lasciata di stucco. Ma poteva fidarsi delle sue parole? Perchè mai lui avrebbe dovuto tessere una bugia tanto complessa? Solo per condurla alla disperazione, forse? Difficile a dirsi, in quel caso Seohara avrebbe appena dato prova di essere un eccellente attore, dato il modo in cui si comportava durante il racconto e le occhiate di vera rabbia che le rivolgeva di tanto in tanto. Naturalmente poteva anche essere una storia falsa di cui lui però si era autoconvinto, per avere un motivo in più per disprezzarla con tutte le sue forze, però... Suonava tutto troppo complicato per essere frutto di un'invenzione.

E poi come faceva lui a sapere che lei non sapeva niente di quella vicenda? In teoria suo padre poteva anche averglielo confessato per chiederle perdono, per quanto poteva saperne Seohara. Come sapeva allora che la ragazza ne era stata all'oscuro fino ad allora, invece? A meno che... A meno che lui fosse certo che io ignorassi tutto in quanto fino ad oggi ho vissuto con mio padre. Dal suo punto di vista, se fino ad oggi io ho acconsentito a vivere sotto lo stesso tetto con lui è solo perché non sapevo tutta la storia, e perché ritenevo colpevole solo mia madre. Deve essere così... Era un malato di mente, ma non era uno sciocco, lo aveva già dimostrato in precedenza mostrandosi anche più scaltro di lei.

Ed allora, dove stava la verità? Rena volava con la mente al suo primo periodo ad Hinamizawa dopo essere tornata da Ibaraki. Suo padre era molto spesso depresso, e la ragazzetta pensava allora che quello stato fosse dovuto al recente divorzio da sua moglie, dal fatto che ne sentiva la mancanza. E forse ciò corrispondeva anche alla realtà, forse davvero lui voleva tornare a vivere con lei. Ma ora Seohara le aveva detto che lui non era l'uomo che lei pensava, che non era una persona pacifica e devota solo a moglie e figlia come Rena aveva sempre ritenuto.

Quelle nuove rivelazioni, infatti, davano una nuova interpretazione al passato. Quel sentimento triste e malinconico che aveva avuto il padre di Rena dopo la separazione dalla moglie erano causati non solo dalla delusione per il matrimonio fallito, ma anche per i rimorsi e per i rimpianti che aveva provato. Da una parte, aveva subodorato che il tentativo di stupro che sua figlia stava per subire dai figli di quella donna era anche e soprattutto un avvertimento indirettamente indirizzato a lui, e l'uomo era dispiaciuto di aver causato alla propria pargoletta una simile esperienza. Dall'altra, era conscio anche che sua madre poteva averlo lasciato anche a causa della sua infedeltà: lui aveva deciso di non vedere più la propria amante ma era troppo tardi, aveva portato la madre della sua bambina a sentire l'influsso malefico di quel genere di tentazione, e lei non era stata in grado di sottrarsi ad essa, innamorandosi infine di un altro uomo anche per ripicca nei confronti del marito. La madre di Rena aveva voluto capire cosa ci fosse di piacevole nel tradire il partner, e da quel circolo vizioso non era più stata capace di uscire.

Per fortuna, Rena era conscia anche che la propria presenza era stata una vera e propria ancora di salvataggio, per il padre. Il fatto che sua figlia fosse così forte di carattere, nonostante quello che lui le aveva fatto vivere, lo aveva enormemente incoraggiato, e piano piano lui aveva trovato il coraggio di reagire a quel trauma e di sottrarsi dalle cattive influenze di Rina e Teppei. Ma la ragazza dei capelli castani non immaginava di avere avuto un tale ruolo in quella vicenda, tra vendette incrociate e colpe nascoste, questo no.

Comunque, c'era qualcos'altro nel discorso di Seohara che le aveva fatto drizzare le antenne: “Perchè nei tuoi deliri parlavi di consolazione troppo magra? Che cosa pretendevi? E che cosa è successo, dopo?”

Dopo quello che ci hai fatto? Oh, è facile a dirsi... Non hai notato nulla, che mi riguarda? Ci dovrebbe essere un dettaglio che tu conosci molto bene...”

Io non sono qui per risolvere i tuoi indovinelli!”

Eh, sì, hai ragione, tu sei qui per crepare per mano mia... Quindi non ricordi? Stando alle cartelle mediche, io dovrei soffrire di qualche serio disturbo visivo, o una cretinata del genere... In teoria, io dovrei indossare degli occhiali.”

Non aveva torto. Quelle parole fecero tornare in mente a Rena di quello che Flavia le aveva raccontato su quel ragazzo. In effetti non c'erano lenti sul suo volto, sebbene le cartelle parlassero dei suoi problemi alla vista. Rena allora guardò meglio la fronte di lui e così, sotto quella patina di sporco e sangue secco, le sembrò di distinguere una specie di linea più scura, come una piccola cicatrice subito sopra il suo occhio sinistro. La ragazza sapeva perché essa si trovava in quel punto, era stata lei a generarla, il giorno in cui lui e gli altri avevano cercato di metterle le mani addosso.

Vedi, io e mio fratello avevamo preparato quel piano insieme, e quindi si era sentito colpevole per la sventura che mi era capitata, aveva paura che la mia vita fosse completamente rovinata, così dichiarò a tutti di essere l'unico autore di quel gesto, prendendosi tutte le colpe al posto mio. Se penso che lui non era neanche con noi, in quell'attimo... Era dovuto rimanere nella sua classe, per un motivo che non ho mai capito. Ma ad ogni modo non poté proteggermi dal futuro nefasto che mi attendeva al varco. All'inizio non ne sapevo il perché, ma di recente ho cominciato ad andare estremamente spesso all'ospedale, almeno una volta a settimana se non di più. Nessuno mi aveva spiegato la ragione, inizialmente, ritenevo che fosse a causa delle fitte che continuavo a sentire vicino al mio occhio offeso... Ma volevo sapere, così mi nascosi un'altra volta, questa volta dietro la porta dello studio del medico che mi aveva in cura: in questo modo riuscii ad udire quello che il dottore andava dicendo ai miei genitori. Il mio stato di salute era peggiore di quello che pensavano... Dicevano che non solo l'occhio, ma anche il cervello era stato irrimediabilmente danneggiato."

Scaraventò la mannaia di Rena contro il terreno, furiosamente. Mentre la frustrazione lo incitava a proseguire. “E' successo alla fine di quest'estate... Quei luminari da strapazzo parlavano di schizofrenia. Non mi accorgevo mai quando avveniva, ma ogni tanto diventavo violento, come un criminale, come un mostro, e quando tornavo alla normalità non mi ricordavo di nulla. E tutto ciò era dovuto al colpo che mi hai inferto alla testa, e a nient'altro, il mio sistema nervoso ha ricevuto danni permanenti, non sarei mai potuto tornare alla normalità...”

Dopo aver scoperto questa atroce verità, alla prima occasione guardai negli occhi tutti i membri della mia famiglia. Allora, mi resi conto che loro avevano paura di me, ma che allo stesso momento mi compativano. Non ho mai saputo se ho fatto loro qualcosa di male, io mi dimentico sempre tutto. Non sapevo più che fare... Ho buttato via i miei occhiali e mi sono sempre rifiutato di indossarli da quel giorno, non volevo vedere i loro volti turbati per causa mia. Ero diventato una specie di moderno Dottor Jekyll e Mister Hyde, e la pozione che aveva permesso questa trasformazione eri tu. È tutta colpa tua, Reina-san.“

Colpa mia... pensò lei. Questa affermazione combaciava con molti dei dati in possesso della giovane... Questo poteva infatti spiegare come mai fosse passato così tanto tempo tra l'arrivo delle lettere minatorie ed il suo primo attacco, e tra quest'ultimo e quello che stava lanciando adesso: nei periodi di tempo che intervallavano questi gesti violenti lui era molto meno cattivo e la sua rabbia era tutto sommato controllabile, al contrario di quello che stava avvenendo in quel momento. Rena cercò di immaginarsi come potesse essere lui in un momento “normale”, tra un attacco di follia e l'altro. Chiuso in un qualche nascondiglio mentre cerca di spiegarsi per quale motivo lui fosse così sporco e sanguinante, o perché gli altri gli stessero dando la caccia... Una scena desolante.

Ma c'era ancora un tassello mancante, in tutta quella vicenda: “Fammi capire bene. Hai dimenticato tutto anche riguardo gli omicidi, quindi? Anche di quando hai tolto la vita a tuo fratello, quello che ti aveva protetto condannandosi e prendendosi responsabilità non sue?”

L'altro rise, mormorando. “Esatto... Io non mi ricordo nulla, non voglio ricordare. Io non ho bisogno di quei ricordi. Chi sta parlando, ora, Jekyll o Hyde? Il vecchio me stesso o quello nuovo? Tu riesci a capirlo? No, e tanto non ha importanza, visto che entrambe le mie nature ti odiano. Noi vogliamo solo sbarazzarti di te, una volta per tutte. Questo è il nostro unico desiderio. Non c'è posto per me in questo mondo, e quindi non mi curo di quello che è stato in passato o di quello che sarà in futuro; ma perlomeno morirò con un rimpianto in meno.” Smise di sogghignare, ed alzò il fucile contro di lei, di nuovo, maneggiandolo stavolta con entrambe le mani: “Il tempo di parlare è finito. Ora che il tuo ultimo desiderio è stato esaudito, puoi farmi il favore di tirare le cuoia? Non ne posso più di sopportare la vista della tua faccia.”

E senza attendere un'ulteriore risposta, al colmo di una devastante eccitazione, Seohara prese la mira e premette il grilletto.

Bang.

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Capitolo 39
*** Una guerra senza vincitori ***



Capitolo 38: Una guerra senza vincitori



Hinamizawa, 20 Febbraio 1984

Lo sparo echeggiò in aria a lungo, mentre l'intera struttura del ponte su cui si trovavano ondeggiò a lungo, dondolando come un pendolo. La canna del fucile che aveva sparato fumava di un gas grigio, ma colui che aveva appena effettuato il colpo non ne era compiaciuto, anzi. Il proiettile aveva terminato il proprio volo dentro il legno massiccio di uno dei piloni che sosteneva la costruzione, e Seohara non riusciva a capacitarsi di averla mancata. Come era possibile? Era sicuro di aver mirato ad una delle sue ginocchia, ed invece quella era ancora in piedi dinanzi a lui, scrutandolo con un'occhiataccia di sfida. A lui era andata male e questo perché non si era accorto che, mentre l'altro le stava per sparare, Rena aveva afferrato una delle corde che fungevano da ringhiera e le aveva dato un paio di strattoni molto violenti, in modo da fare oscillare tutto il ponte in maniera quasi impercettibile ma tuttavia sufficiente per rendere l'esecuzione del colpo più problematica: la mossa era stata vincente, tanto che effettivamente Seohara aveva perso l'equilibrio e si era trovato a sparare da tutt'altra parte.

Ora il ragazzo doveva ricaricare l'arma, e Rena ebbe un paio di secondi per scappare via dal ponte e tornare in sicurezza sulla terraferma, dove avrebbe potuto elaborare una strategia migliore. Non poteva fare altro per adesso, sfortunatamente il ponte stesso era troppo lungo e Seohara era troppo lontano da lei, altrimenti l'avrebbe colto di sorpresa mentre inseriva un nuovo proiettile e si sarebbe ripresa la propria mannaia, la quale giaceva ora sul terreno, sul lato opposto della gola.

Quanti proiettili poteva avere portato lui con sé? Poteva lei cercare di temporeggiare, sperando che tra un colpo e l'altro finisse a corto di munizioni? No, tergiversare in quel modo non era proprio possibile, il suo avversario si era presumibilmente attrezzato per un combattimento lungo ed estenuante e quindi si era premunito a dovere, portandosi tutte le cartucce che poteva. Ma dove le aveva nascoste? Non portava nessun marsupio o zaino, e lei non aveva fatto caso a dove lui aveva ficcato le mani per prendere un nuovo proiettile dopo il primo sparo sul ponte, Rena si era preoccupata solo di raggiungere immediatamente la terraferma. A questo punto l'unica alternativa è una tasca bella larga, o una cosa del genere, ma sarà davvero così? Se mi sbagliassi sarebbe una tragedia. Capire quel dettaglio era essenziale, trovare un modo per privarlo delle sue munizioni poteva essere un'idea decisiva per salvarsi la vita. Per il momento, la ragazza aveva concluso che lo avrebbe costretto a sparare almeno un altro colpo, ovviamente facendo modo di evitare anche quello, al fine di vedere dove lui tenesse la propria riserva di pallottole.

Nel frattempo, lui l'aveva inseguita come previsto, attraversando di corsa tutto il ponte sul quale non vi era più nessuno. Questa era una buona notizia per Rena, che voleva raggiungere l'altra estremità. Innanzitutto perché attraversare la gola era necessario per raggiungere Hinamizawa, giusto nel caso fosse riuscita in qualche modo a fuggire da quello scontro insensato ed a rifugiarsi a casa propria; secondo, perché la sua mannaia era appunto dall'altra parte del ponte, ed averla di nuovo tra le mani sarebbe stato un significativo passo in avanti. Ma per fare ciò avrebbe dovuto appunto percorrere tutto il ponte, ed in quel lasso di tempo lui avrebbe potuto facilmente spararle alle spalle. La cosa migliore era correre allora subito dopo che lui aveva effettuato il colpo di fucile, forse in questo modo lei avrebbe avuto il tempo di coprire quella distanza senza rischiare... Quanto tempo ci impiegava lui a ricaricare? Quel fucile non sembrava un'arma moderna, pareva piuttosto un'antiquata doppietta da caccia, e quindi il nuovo proiettile non poteva essere inserito prima di una manciata di secondi, grazie a Dio.

Almeno, questo era quello che pensava lei. Ma cosa sarebbe successo se i suoi calcoli si fossero rivelati errati? Il ponte era una struttura decisamente lunga e correre pericoli insensati era fuori questione, Rena avrebbe voluto avere il tempo sufficiente per attraversarlo in relativa sicurezza. Per guadagnare altri secondi, che avrebbe potuto fare? Cercare di disarmarlo, approfittando di un momento in cui ricaricava? Fisicamente lui era molto più robusto di lei ma la ragazza l'avrebbe colto di sorpresa, lui non si sarebbe mai aspettato un attacco frontale in quella situazione. Gli avrebbe sottratto l'arma, gliel'avrebbe buttata giù nel dirupo... Sembrava una buona soluzione, in fondo lei non avrebbe potuto usarla dopo avergliela presa, visto che non aveva munizioni con sé: sarebbe stato un mero pezzo di metallo nelle sue mani, buono neppure per provare a spaventarlo, e comunque lei non sapeva neanche come utilizzarlo per bene se avesse potuto. L'importante era assicurarsi che anche lui rimanesse disarmato, il che sarebbe stata un'ottima cosa; inoltre, le occasioni per provare ad assalirlo non mancavano, visto che lui doveva fermarsi per ricaricare dopo ogni sparo. Non avrebbe dovuto attendere molto.

Seohara le si stava avvicinando, ora, mirando al petto della propria preda. Lei non aveva più tempo di pensare ad una strategia. Continuando a fissarlo, la ragazza indietreggiò lentamente verso il bosco, finchè la sua schiena non si appoggiò ad un albero. Si era fermata lì di proposito, invitandolo a venirle sempre più vicino, in modo da averlo a tiro per il suo attacco imminente. E se da un lato lei sapeva che lui non l'avrebbe mancata da così poca distanza, dall'altro il suo piano la costringeva a comportarsi così, non aveva altra scelta.

Il ragazzo si arrestò a dieci metri da lei, una distanza che accontentava entrambi i contendenti. Lui la guardò di sottecchi, grattandosi nervosamente il collo con le unghie di una mano e ridendo come un demonio che torturava un'anima dannata, mentre con l'altra mano premeva la sicura del fucile. Forse quel folle non capiva cosa stava architettando la sua nemica, ma tutta quella storia noiosa sarebbe presto giunta alla fine, e gli bastava sapere questo. Sarebbe bastato cliccare il grilletto un'altra volta...

Bang.

Mancata. Rena, non appena aveva visto che lui stava muovendo il dito sul grilletto, era balzata sul largo ramo sopra la propria testa e con un'agile piroetta si era arrampicato su di essa, frustrando ancora il proprio avversario che con il proprio sparo aveva colpito solo l'aria. Ora, lei poteva osservarlo da una postazione privilegiata e lo poteva guardare mentre sbavava di rabbia ed estraeva altri due proiettili dalla manica sinistra. Ecco dove li teneva. Adesso era tempo di agire.

Con un prodigioso salto felino si avventò sul suo nemico ed atterrò sul suo braccio destro, quello che teneva il fucile. Il guaito di dolore che lui subito emise fu agghiacciante, sembrava il suono di una bestia sventrata da un macellaio. Gli aveva rotto qualche osso? Rena non ne era certa e non sapeva neanche se sperarlo o meno ma non pareva fosse andata così, vedendo come lui si era rialzato prontamente e come avesse mosso il braccio dolorante. Era solo stata una forte botta, nulla di più.

Dove era andata a finire l'arma del suo avversario, ora? Eccola lì, ancora sul terreno, l'impatto lo aveva costretto a lasciarla cadere ed ora giaceva là, a disposizione del primo che fosse stato in grado di raccoglierla. I due rivali si fissarono a vicenda, e quindi corsero verso di essa, in una sfida drammatica l'uno contro l'altra. Chi fosse stato capace di mettere le mani su di essa avrebbe probabilmente trionfato.

Seohara si stirò quasi la spalla per allungare il braccio, Rena fece altrettanto. Chi sarebbe stato più veloce? Erano vicinissimo al loro oggetto del desiderio. Se fosse stato lui ad afferrare il fucile, non ci sarebbe stata possibilità per Rena, l'arma era stata caricata e lei non avrebbe avuto il tempo di allontanarsi. Ma se fosse stata lei a prenderla, allora sarebbe stato Seohara ad essere indifeso di fronte a lei, non avrebbe mai potuto trattenerla lì o cercare di nuocerle: tutto il piano del ragazzo per ucciderla sarebbe andato in fumo e tutte le sue speranze sarebbero state vane. Era il momento decisivo, le loro mani erano lì, lambivano il fucile...

Per fortuna, Rena fu la più rapida. Con le dita abbrancò l'arma del suo nemico, spingendolo con il gomito, e subito si rialzò per buttare via l'arma, inclinando il corpo all'indietro per scagliarla più lontano.

NO, NON FINIRA' COSI'!” Seohara ebbe un sussulto d'orgoglio e prima che lei potesse fare quello che aveva in mente le si avventò addosso, per bloccarla in qualsiasi modo. La afferrò giusto in tempo per evitare che la ragazza potesse liberarsi dell'arma come voleva: intralciata nei movimenti, Rena era riuscita a scagliare comunque il fucile ma la traiettoria del suo volo andò troppo in alto, risultando molto breve e non raggiungendo il burrone, anche a causa della distanza tra i due ed il ponte. L'arma ricadde sul terreno vicino a loro, generando un sinistro stridio metallico.

Rena, nel frattempo, era a caduta a sua volta sull'erba, travolta dall'impeto di lui. La spalla che si era prima ferita le faceva ora male, a causa di quell'ultimo urto ricevuto, ma la ragazza recuperò in fretta il proprio autocontrollo e si accorse che il suo nemico non la stava attaccando, il che le dava un istante per analizzare la situazione. Seohara si era già rialzato e stava correndo velocemente verso il proprio fucile, ignorando per il momento la propria preda. Era troppo tardi per provare ad anticiparlo e non aveva presumibilmente il tempo per rifugiarsi di nuovo nella foresta, così aveva solo una possibilità: “La mia mannaia...”. Si mise in piedi e cominciò a correre verso il ponte, decisa a percorrerlo tutto.

L'inizio del ponte fu raggiunto in un lampo, e le gambe di Rena corsero verso l'estremità opposta. Il suo cuore batteva all'impazzata, le sue orecchie potevano sentire il rumore prodotto dal fucile mentre veniva ricaricato alle sue spalle. Seohara aveva scelto un posto insolito per nascondere i propri proiettili, ma finché stavano nella sua manica lei non poteva sottrarglieli in alcun modo, come aveva pianificato prima. Forse aveva una specie di tasca in quel punto, riempita fino all'orlo di cartucce da sparare, o forse si era inventato un chissà quale altro escamotage. Ma tant'è. Rena aveva deciso di andare a recuperare la propria arma, per come si erano sviluppate le cose era di gran lunga la scelta migliore. Ma dopo che avrebbe fatto? L'avrebbe attaccato frontalmente? Quel dubbio angosciante la stava stressando mentalmente, ma intanto doveva compiere un passo alla volta, non poteva permettersi il minimo errore.

I suoi passi si fecero sempre più pesanti, ed anche se non si voltava dietro di sé Rena poteva percepire la canna del fucile che si alzava in direzione della sua schiena. E pure la corsa del suo inseguitore, che stava raggiungendo a sua volta la cima del ponte per poterle sparare alle spalle senza essere disturbato dalle corde e dalle impalcature che lo avrebbero altrimenti ostacolato nel prendere la mira. Lei non poteva fermarsi per nessuna ragione al mondo, non poteva concedersi il lusso di rallentare o fermarsi per rifiatare. La sua vita sarebbe stata il prezzo da pagare per quell'errore madornale e Rena non poteva fare altro che continuare, anche se era ormai stremata per tutti gli sforzi sostenuti correndo giù dalla montagna ed affrontando a viso aperto il proprio nemico. La sua spalla ferita sanguinava tuttora, i suoi piedi l'angariavano con delle fitte interminabili, ma non si poteva fermare.

La ragazza udì il click della sicura del fucile. Lui era pronto a sparare ancora una volta. Ma lei aveva già passato la metà del ponte ed una volta raggiunta la fine di quel lungo camminatoio avrebbe potuto afferrare la sua arma adorata, in quel modo si sarebbe potuta difendere. Non poteva arrendersi proprio adesso...

Raggiunse l'altra estremità, senza più fiato. Si abbassò per rendere più difficile l'operazione al suo avversario e iniziò a scandagliare il terreno per individuarla.

Dove si è cacciata? Sono sicura che lui l'abbia tirata da queste parti...

Eccola! Sbrigati, Rena, sbrigati se ci tieni alla pelle!

Bang.

Lo sparo, arrivò. E questa volta il proiettile stava volando rapido verso la testa della ragazza, senza alcun margine di errore. Non era più tempo di giocare, e Seohara voleva finirla una volta per tutte.

La pallottola volò, e volò. Veloce, implacabile, diritta verso il proprio bersaglio.

Un istante dopo, un fortissimo rumore metallico fu udito per una buona parte della vallata.

Il proiettile era stato deviato. Rena aveva usato la propria mannaia come se fosse stata una katana ed aveva colpito la pallottola mutandone la traiettoria e facendola perforare solamente il terreno ai suoi piedi.

La giovane sospirò di sollievo, l'aveva scampata per un pelo. Il suo unico cruccio era che la sua arma non era affilata come una spada vera, non le era possibile dividere in due un proiettile, come succedeva in tanti film. Avrebbe intimorito il suo avversario, se ci fosse riuscita. Ora, invece, poteva vedere il segno profondo che il colpo aveva lasciato sulla lama della propria mannaia. Essa non sarebbe mai più tornata come nuova, in quella zona si era irrimediabilmente scheggiata, ma quello era ora l'ultimo dei suoi problemi.

Piuttosto, doveva trovare il modo di riavvicinarsi a lui. Seohara aveva già ricaricato il proprio fucile e non le avrebbe permesso di assalirlo con la sua arma da taglio. Rena non poteva fare altro che passare di nuovo attraverso il ponte, come in una specie di partita a scacchi dove la strategia era più importante di forza fisica ed impeto. Ma come tornare dall'altra parte della gola senza farsi sparare?

No, stava considerando il problema dal punto di vista sbagliato. Era ovvio che uno dei due dovesse camminare lungo tutto il ponte per andare dall'altro, ma perché doveva essere lei a farlo? Seohara stava visibilmente perdendo il lume della ragione, stava continuando a maciullare la carne del suo stesso collo con le dita della mano sinistra. La sua gola, i suoi polsi, la maggior parte del suo corpo era oramai ricoperta da uno strato di liquido sanguinolento. E forse lui pensava che il dolore causato da quelle ferite fosse colpa di Rena, come se fosse lei a graffiarlo, e non lui. Il suo stesso ego era consumato dal suo proposito, quindi poteva essere facilmente provocato.

Seohara-san” gridò lei “Se tu pensi ancora che questa vigliaccata conservi ancora uno straccio di onore, perché non vieni qui ad affrontarmi faccia a faccia, invece di startene là con un fucile in mano come un codardo?”

Quel piccolo stratagemma funzionò perfettamente, malgrado la sua semplicità. Il ragazzo reagì ruggendo come se il suo orgoglio fosse appena stato umiliato e si precipitò verso il ponte per attaccare la sua nemica, inclinandosi in avanti e caricando come un toro a cui era stato fatto vedere uno sgargiante drappo rosso. Rena aveva raggiunto il proprio obiettivo senza correre rischi, e questo le diede fiducia.

D'altra parte c'era anche della delusione in lei, quando si rese conto di quante funi robuste sostenessero il peso di quella struttura. Ragioni di sicurezza le avevano richieste, ovviamente, i costruttori erano stati previdenti, ma se solo quelle corde fossero state più sottili, o più vecchie, o più consumate... Avrebbe potuto tagliarle con la mannaia, facendo precipitare quella bestia immonda giù con tutte le assi e le impalcature senza che lui avesse chance di sopravvivere. Ed anche se lui fosse scappato in tempo o si fosse aggrappato alle corde ancorate sull'altra estremità, sarebbe stato costretto a rimanere dall'altra parte del dirupo, impossibilitato a mettere le mani su di lei, e la ragazza avrebbe potuto sfuggirgli molto facilmente correndo nel bosco o lungo il sentiero.

Però Rena sapeva che anche se avesse potuto lei avrebbe esitato a recidere quelle funi. Facendo crollare il ponte con Seohara sopra c'era un'estrema possibilità di ucciderlo, e sotto sotto lei non voleva questo. Dentro il suo cuore c'era ancora un forte pentimento per quello che aveva pensato quando l'aveva attaccato il giorno prima, quando aveva desiderato la morte del suo avversario, e Rena voleva essere differente da lui. Non voleva essere un mostro, come Seohara dava l'impressione di essere.

La giovane si allontanò allora dal ponte, in attesa del sopraggiungere di lui. Poteva osservarlo mentre quel pazzo zigzagava lungo il ponte, come ubriaco di rabbia. Il suo corpo ciondolante stava puntando verso di lei e la sua postura ingobbita e scomposta gli assegnava un'immagine di una creatura informe, quasi una sorta di fanghiglia che strisciava sul terreno e cercava di fagocitare la sua vittima. Si muoveva come se non la potesse vedere bene, come se sapesse che Rena era lì ma non riuscisse a scorgerla distintamente... e dire che lui era lì per lei, a conti fatti. La sua stessa brama era così forte da non consentirgli di capire bene che cosa stesse accadendo intorno a lui, il che includeva l'oggetto del suo stesso desiderio. Era mosso più da un istinto primitivo che dalla ragione, ed il suo tremare pareva innaturale. Vibrava, pareva sentire freddo, pareva sentirsi male... Non sarebbe sopravvissuto alla fine di quel giorno, qualunque fosse stato l'esito di quella battaglia.

Le sue condizioni stavano rapidamente peggiorando e Seohara dovette avvicinarsi fino a meno di dieci metri di distanza da lei, prima di riuscire davvero a capire dove lei fosse. Impulsivamente prese la mira e sparò ma il proiettile colpì solo l'erba, finendo piuttosto lontano da Rena. Quest'ultima si era perfino resa conto che la canna della doppietta da caccia non era neanche rivolta verso di lei, in quel momento, così non aveva avuto timore di essere colpita... Un vero peccato che questa volta avesse un paio di bossoli già pronti in mano, così ricaricò in un lampo senza che l'altra avesse il tempo di provare ad attaccarlo e disarmarlo.

Quel folle era a malapena in grado di respirare, ora. La sua bocca era spalancata, la sua gola doveva dolergli in maniera indicibili, tanto era insanguinata e ridotta in uno stato pietoso. Ma che senso ha per lui ridursi così male? Perchè sta sopportando tanto dolore per uno scopo così assurdo? Rena avrebbe desiderato che lui si arrendesse, entrambi sarebbero stati più felici... Ma Seohara avrebbe mai accettato una proposta simile? Lei non era come Keiichi, non era in grado di convincere il prossimo con dei discorsi azzeccati. Inoltre era chiaro come quello di fronte a lei avesse contratto la Sindrome, non era più una persona con cui si poteva discutere civilmente e non avrebbe sentito ragioni. Non avrebbe dato ascolto a nessuno, men che meno l'avrebbe dato a lei. Ma Rena sentiva il bisogno di fare comunque un tentativo... Si mise dinanzi a lui e cominciò a parlargli: “Per quanto tempo hai ancora intenzione di combattere, Seohara? Non sei in condizione di proseguire così.”

L'altro, tremolante, sollevò leggermente il capo e le rivolse un'occhiata dallo sguardo assente, come se avesse capito che lei stava parlando a lui ma non riuscisse a comprendere cose stesse dicendo. In tutto e per tutto uguale ad un mastino che guarda immobile il padrone mentre questo gli rivolge la parola.

Dammi risposta, per favore.” continuò la ragazza “Quanti colpi hai ancora a tua disposizione? Non puoi avere munizioni infinite all'interno di una manica. Che cosa pensi che succederà, quando il tuo fucile diverrà inservibile?”

Non lo so” replicò lui, affaticato “Ed onestamente non me ne frega un cavolo. Un proiettile basta ed avanza per sistemare tutto, bene o male. Non sei d'accordo?”

Per nulla. Ne hai già usati molti negli ultimi minuti, e a me risulta che non sia stato sistemato niente. Siamo ancora qui, punto e a capo.”

E allora... vediamo se dopo questo altro tentativo avrai ancora l'impudenza di dirlo!”

Il fucile era nuovamente pronto a sparare. Tuttavia c'era qualcosa di diverso, ora. Per lui sarebbe stata l'ultima occasione di vincere, Rena ne era sicura. Le sarebbe bastato costringerlo a sbagliare ancora e con la sua mannaia avrebbe colpito la canna della doppietta, danneggiandola definitivamente in modo da metterla fuori uso. Non c'erano trappole lì ed i due erano troppo vicini perché lui avesse il tempo di ricaricare ancora; questa volta non si sarebbe lasciata ingannare, e sapeva esattamente cosa doveva fare. C'erano altre strategie che potevano essere usate? Forse sì... Rena pregò Oyashiro affinché tutto andasse per il verso giusto, sperando che la sua spalla dolorante non la tormentasse in quell'istante cruciale. E quindi alzò la propria arma, tenendo i piedi ben piantati davanti al proprio avversario.

I due contendenti erano quasi a contatto, non più di cinque metri l'uno dall'altro. Seohara l'aveva sempre mancata, in precedenza, ma ora stava cercando di calmarsi, cercando di trovare una concentrazione che gli permettesse di non sbagliare più.

Lui era pronto. Lei era pronta.

Un sorriso luciferino apparve sul volto di Seohara, e il suo dito giunse a contatto con il grilletto.

Bang.

Un gridò riempì l'aria.

E Seohara si inginocchiò, urlando mentre la sua mano sinistra strofinava energicamente i propri occhi ed il fucile cadeva a terra.

Che cosa era avvenuto? Mentre parlava, usando i propri stivaletti Rena aveva scavato poco a poco una piccola buca nel soffice terreno sabbioso su cui si trovava, quindi vi aveva inserito il proprio piede. Quando l'aveva visto sul punto di sparare, aveva scagliato in aria quel piede come a voler dare un calcio, e tutta la sabbia era finita sugli occhi di Seohara, accecandolo per un momento e facendogli sparare da tutt'altra parte.

Quella era l'occasione che Rena stava aspettando, il suo nemico inerme, il suo fucile abbandonato per terra, non lontano da lui. La giovane corse a più non posso, coprendo i pochi metri che c'erano tra lei e lui, e così prese in mano l'arma del ragazzo per lanciarla lontano e sbarazzarsene subito. Sì, ormai aveva le mani sul fucile ed era la fine di un inc-

Bang.

Rena collassò per terra, sopraffatta dal dolore acutissimo. La sua mano destra, quella che stava cercando di prendere il fucile, era divenuta un orrendo spettacolo di sangue e carne lacerata, straziante a vedersi. Come era possibile? L'arma di quel pazzo era appunto sotto la sua mano ed era scarica, senza proiettili in canna, non poteva essere diversamente. Ma allora...

Pensavi davvero che tu potessi toccarla con le tue mani sudice? Speravi che io fossi un tale ingenuo, mia povera Reina? Non sono nato ieri.”

La ragazza dai capelli castani si volse verso colui che la stava deridendo, e così facendo constatò la presenza di un fumo grigio, proveniente da una piccola pistola nella mano di Seohara. Un fumo di beffa. Così si era preparato anche per un'eventualità simile... Si aspettava una mossa del genere da parte della sua nemica...

Questo giorno...” mormorò lui “è il più importante della mia vita. Anche più importante di quello in cui io e te ci siamo incontrati per la prima volta. Pretendevi davvero che per quest'oggi non avessi calcolato ogni più piccolo dettaglio, ogni più microscopica minuzia? Avevo elaborato un buon piano per conciarti come si deve, quel giorno ad Ibaraki, nessuno ci avrebbe potuto vedere e saremmo stati al di sopra di ogni sospetto. Solo la tua reazione da bestia ci ha rovinato... ma oggi berrò il dolce nettare della vendetta. Io sono più furbo di te, io sono meglio di te, e non c'è nulla che tu possa fare per ribaltare questa verità assoluta!”

E prima che lei potesse anche solo provare a rialzarsi, Seohara le sparò alla gamba.

Rena si morse il labbro inferiore e chiuse la propria mano a pugno per il dolore. Solo la sinistra però, visto che la destra stava ancora sanguinando e faceva un male atroce. Il dolore era tale da costringerla a chiudere gli occhi, così non lo poté vedere mentre lui gettava via la sua mannaia. Gli spasmi non lasciavano un attimo di tregua a Rena, ed a causa loro la ragazza quasi non riusciva a comprendere i deliranti discorsi che lui le rivolgeva: “Ho passato innumerevoli notti a pensare che io non sarei dovuto venire in questo mondo, Reina. Nessuno aveva bisogno di me, al contrario... Sono stato causa di molti problemi, di molta sofferenza, lo riconosco. Ho accettato questa triste verità e sono disposto anche a liberare questo mondo dalla mia presenza, una volta che sarà tutto finito. Ma quello che non posso accettare è il fatto che tu eri destinata ad una vita da sogno. Tu, una persona infame, anche peggiore di me, saresti stata felice per sempre, senza il mio intervento. Perché tu potevi ed io no? Tu hai fatto piangere amaramente decine di persone, né più né meno, un po' come me. Ma perché la mia sorte doveva essere diversa dalla tua, allora?”

Nel frattempo aveva scagliato la sua piccola pistola giù per la gola ed aveva ripreso il suo fucile, inserendo lentamente un nuovo proiettile. Rena era alla sua mercé, incapace di difendersi efficacemente, e lui poteva ora prendersela comoda.

Sin dall'inizio avevo pianificato di toglierti di mezzo con questa doppietta, e non vedo ragione di cambiare questa decisione. È sempre meglio quando le cose vanno come desideri che vadano. Durante queste settimane ho preparato ogni cosa affinché oggi io potessi stare ritto di fronte a te, da solo, con quest'arma. Sai, questa apparteneva a mio padre. Non l'aveva mai usata ma gli piaceva avere un'arma sotto mano da usare in caso di emergenza. A disposizione di tutti, potremmo dire, non l'aveva nascosta molto bene, era come se ogni membro della nostra famiglia avesse il permesso di imbracciarla. E quindi l'ho presa in prestito prima di partire per questo villaggio dimenticato da Dio, da questo schifo chiamato Hinamizawa. Come fai a sentirti bene in mezzo a quel gruppo di baracche puzzolenti, come hai fatto ad ordinare a tuo padre di tornare qui con te?”

P-piantala di caricare tutto di un'aria epica, questa non dovrebbe essere una guerra tra due acerrimi nemici.” osò replicare lei “Volevi uccidermi con quel fucile fin dall'inizio, dici? Ma se non l'hai mai usata, quel giorno alla prefettura. Oppure si ricorda male Rena?”

CHIUDI QUELLA CAZZO DI BOCCA!” le comandò lui a voce tonante, colpendola in testa con il calcio del fucile ed aprendole una nuova ferita, questa volta sulla fronte. Rena immediatamente biasimò se stessa per quello che aveva appena detto: ormai sapeva già che usare la logica non funzionava solitamente con chi era colpito dalla Sindrome e provocare quell'esagitato era l'ultima cosa da fare.

E secondo te mi avrebbero davvero permesso di zompettare qua e là con questa in mano, tra tutte quelle persone? Sei rimbambita fino a questo punto?” e per dare maggior enfasi a quella dichiarazione le sparò ad una delle ginocchia, come se il suo dogma fosse rinforzato da quell'azione. Successivamente, incurante del disperato grido di dolore di Rena, ricaricò ancora fischiettando e proseguì nel suo folle vaneggiamento.

Te lo immagini? Non avevo mai visto questo fucile in casa mia, prima di prenderlo. Suppongo che papà l'avesse nascosto, che avesse paura che io lo scovassi, e che la mia schizofrenia potesse spingermi a commettere qualcosa di terribile... E non credo che avesse torto nell'essere pessimista... dopo tutto io non sono normale, io non sono normale... E questo lo devo solo a TE!”

Un altro sparo, ora indirizzato ad uno dei piedi di Rena. La ragazza stramazzò per terra, prona, abbattuta da un dolore indicibile che le giungeva da ormai tutte le membra del corpo, qualcosa che l'aveva gettata in una disperazione da cui era impossibile uscire. Intravvedendo quello che la stava aspettando, iniziò ad augurarsi di spirare il più presto possibile, in modo da sfuggire dalle grinfie del suo aguzzino che non vedeva l'ora di continuare a torturarla. Seohara, da parte sua, non mostrava invece alcun segno di umana pietà. Rimanendo in piedi sopra la faccia di lei, il ragazzo non sembrava nulla di più di una bestia immonda che stava sbranando e riducendo a brandelli la preda così fortemente agognata, prima di poterla finalmente mangiare. Ed infatti lui la guardò e commentò così:

Sai, quando eri ancora nel bosco e ti ho sparato, io avevo mirato alla tua testa, non è che volessi rendere la fine della tua vita un tale inferno... Ma tu hai voluto fare le cose complicate, hai voluto provare a salvarti cercando di appropriarti di quest'arma non una ma ben due volte... Così ho dovuto fare questo, ho dovuto farlo in questo modo. Condanna te stessa se ora stai soffrendo. Ma vediamo per bene... le tue gambe, le tue braccia, la tua testa... tutto il tuo corpo è sul punto di essere distrutto, tutti i membri e i tuoi organi sono stati dissacrati, Reina. È così... soddisfacente, così eccitante, sarebbe bello mettermi ad accarezzare il tuo volto, mentre davanti a me si contorce in questa morte così dolorosa... Oh, no, mi sbagliavo, mi sono scordato di una parte di te, il tuo busto... Allora, per prima cosa la parte inferiore.”

Fuoco, ed anche la schiena di Rena cominciò a perdere sangue. Lei non urlò questa volta ma stava piangendo amaramente per colpa di quello che le stava avvenendo e guardava solo l'erba a contatto con la sua faccia, per scansare almeno la faccia del suo torturatore. Quello era l'unico granello di dignità che le era rimasto, ormai.

Ed ora il gran finale, la parte superiore, il petto... Ma devo evitare accuratamente il tuo curori e le altre parti vitali del tuo corpicino, te l'ho detto che voglio giocare un po' di tempo con te... Dove dovrei mirare...” cercò un'altra pallottola nella manica ma il suo volto espresse un certo disappunto quando si rese conto di una cosa: “Accidenti, mi è rimasto solo un proiettile, che disdetta... Non mi sarei dovuto liberare dell'altra pistola così in fretta, sarebbe tornata molto utile, e non ho voglia di usare ancora il calcio del fucile o le mani nude, quindi... Oh, beh, questa è la fine di tutto, signorina, siamo proprio al capolinea...” Con la punta dell'arma tastò lascivo la zona del petto di Rena dove si trovava il cuore, come se la canna del fucile fosse un gelido dito che si muoveva lussurioso sulla sua schiena, e quindi lui sussurrò infine: “Sayonara, piccola strega...”

Le sue orecchie furono riempite dal suono dello sparo, ed ora era tutto compiuto. Poteva esplodere in una risata drammaticamente liberatoria.

Era tutto finito.

~-~-~-~-~

O no?

Perché la ragazza ai suoi piedi stava ancora tremando?

Perché... Come era possibile che fosse ancora viva?

E... di chi era la mano che aveva afferrato il suo braccio, impedendogli di sparare?

Prima non l'aveva neppure notata. Era così convinto di aver premuto il grilletto che il suo cervello aveva sentito un suono che in realtà non era mai stato prodotto, il suono di un proiettile che usciva dalla canna del fucile. Stava pregustando la grande gioia che gli spettava per il fatto di essere stato capace di fare quello che si era prefissato, ma a causa di una sorta di autosuggestione pretendeva di averle sparato quando in verità non l'aveva fatto.

Quell'ultimo bossolo era infatti ancora all'interno della canna e non sarebbe stato semplice da sparare. Risvegliandosi finalmente da quel dolce sogno, il malvagio ruotò la sua testa con grande sforzo, come se il suo capo fosse bloccato nel movimento, e quindi guardò il volto del guastafeste, per capire chi fosse.

Chi... Chi osa...” Ci vollero molti secondi per riconoscerlo, finché Seohara non esclamò: “Tu... Sei ancora qui, smettila di rompermi le uova nel paniere!”

E perché dovrei?” replicò l'altro, con una voce che Rena riconobbe immediatamente. Si girò con fatica verso di lui, tuttora dolorante, ed il suo volto si illuminò con un sorriso di sollievo e felicità, quando lo vide accanto a lei: “D-D-Daijiro-kun...”

Daijiro fisicamente era più dotato di Seohara. Malgrado fosse spossato per aver corso senza sosta per raggiungerli, era un ragazzo prestante, più allenato e robusto del suo avversario; anche se di solito dava il meglio di sé con una spada in mano, Daijiro poteva combattere molto bene anche senza alcuna arma, dando filo da torcere a chiunque. Ed infatti, con un calcio ben assestato fece volar via Seohara, il quale si sfracellò contro il terreno. Quel pazzo non poteva tenere testa al suo amico arrivato così tempestivamente; però quel folle aveva ancora la sua doppietta da caccia, la stringeva forte nelle proprie mani ed era già carica, come tutti e tre sapevano bene: “Riuscite ad immaginare cosa potrei fare con questa? Ho solo un proiettile, ma un colpo basta ed avanza per mandarti al Creatore, ficcanaso, e la tua amichetta lì dietro è conciata tanto male che può essere spedita all'altro mondo anche senza un'arma da fuoco, anche se francamente avrei preferito riservare a lei l'ultimo colpo."

Perchè non fai un tentativo, visto che sei così confidente nei tuoi mezzi?” rispose Daijiro “Anzi, non dovresti farlo, sarebbe meglio anche per te. Ma la domanda che dovresti porti ora è un'altra... In tua opinione, io sono qui da solo?”

Seohara lo fissò sbigottito mentre l'altro proseguì: “Io posso incedere rapidamente, sono più veloce nella corsa, ma non ci vorrà molto tempo prima che gli altri si uniscano a noi. Ed allora?”

Il pazzo furioso ringhiò ed emise un urlo disumano come un demonio accoltellato a morte. Ma non si era arresto ancora, aveva ancora un colpo in canna e mirò subito alla peste che gli stava rovinando tutto.

D-Daijiro-kun, corri..." bisbigliò Rena, con tutta la poca forza che le era rimasta in corpo, mentre un rivolo vermiglio le usciva dalla bocca. Quella scena le ricordava quella accaduta tra Takano e Mion sotto la pioggia nella foresta, l'estate prima. C'erano così tante somiglianze... un nemico già sconfitto che vuole guastare la vittoria dello schieramento avverso, con una pistola ed un'ultima pallottola. La ragazza si ricordava di quello che era avvenuto allora, la disperazione negli occhi di Takano era tale e quale quella che vi era in quelli di Seohara, erano animali in trappola senza chance di fuga. E Rena sapeva cosa potevano fare le persone senza più niente da perdere, Rena non voleva rivivere quel tipo di esperienza, ecco perché era tanto preoccupata adesso. Era tesa, spaventata, quei due ragazzi erano troppo vicini ed un eventuale sparo non avrebbe mancato Daijiro...

D-Daijiro, ti prego...” ripeté lei. Ma l'amico non si mosse di un millimetro, non dando ascolto alla sua supplica. Al contrario, prese a camminare risoluto verso Seohara. Si avvicinava a lui, mostrando dei nervi d'acciaio, e pregava l'altro di tranquillizzarsi e di non sparare, senza mai smettere di parlare.

Resta dove sei! Non fare un passo, altrimenti...” gridò il folle, spaventato da una tale dimostrazione di temperamento. E Daijiro non obbedì al suo ordine, lo stress nella mente di Seohara crebbe a tal punto da farlo arrendere alla paura. Quello che fino a poco prima era uno spietato aguzzino era in preda al terrore e non poté fare altro che sparare, pur di provare ad allontanare l'altro da sé.

Bang. Un'ultima volta.

Seohara aveva chiuso gli occhi terrificato, prima di sparare quell'ultima cartuccia. Li aprì solo in un secondo momento, insospettito dal rinculo del fucile, anormalmente più forte del solito, e dall'estrema vampata di calore che le sue mani avevano percepito. Riaprì gli occhi, ed essi videro quello che lui non avrebbe voluto vedere.

La sua arma era esplosa. La sua mano sinistra, quella che di solito appoggiava sulla canna per mirare meglio all'obiettivo, era ora tutta ricoperta da gravissime ustioni e neanche l'altra appariva in buone condizioni.

Cosa... Come...” tentò di esclamare “Perché non sento dolore, anche se mi avete conciato così...”

Non posso rispondere a quest'ultima domanda” ribatté Daijiro “Ma è per quel motivo, se ti andavo chiedendo di non sparare. Quando avevo afferrato il tuo fucile per non lasciarti uccidere Ryuugu-san, la canna si era mossa in modo anomalo dal suo supporto e molta polvere ne era uscita. La prima cosa che ho pensato è che si trattasse di polvere da sparo proveniente dal proiettile danneggiato o difettoso, ma non ne potevo essere sicuro. Forse avrei dovuto dirtelo prima, e per questo me ne scuso, ma temevo che tu avresti pensato che fosse una mia invenzione.”

E quindi, quando il grilletto è stato premuto la polvere da sparo fuori dal fucile avrebbe preso fuoco e mi avrebbe ridotto in questo stato, è questo quello che stai affermando?” Seohara vibrò di rabbia, prima di ruggire: “QUESTA È TUTTA COLPA VOSTRA! L'AVETE FATTO APPOSTA, A MANOMETTERE IL FUCILE!”

Allora illuminami su come avrei potuto fare una cosa simile, sono curioso. Avrei potuto sconfiggerti con mille altre procedure, sicuramente più onorevoli e dignitose di questo accidente. Ad ogni modo, se tu ancora brami duellare con me sono a tua disposizione, ma è mio parere che tu non possa combinare molto in quelle condizioni. A questo punto dovresti aspettare l'arrivo dei miei compagni, i quali potrebbero anche trovare una maniera per aiutarti, anche se non meriteresti un tale trattamento di favore.” Dopo aver pronunciato quelle parole, Daijiro decise di voltarsi, ignorando l'ormai inerme Seohara che si era prostrato per terra e che lacrimava sommesso mentre quel che restava del suo mondo crollava a pezzi. Daijiro preferì andare da Rena, che aveva perso molto sangue e che si stava visibilmente indebolendo: l'amico, prestandole i primi soccorsi, stava temendo che lei potesse morire dissanguata, e si prodigò nel riempirla di bende e fasciature.

Fatevi forza. Quando gli altri arriveranno vi porteremo all'ospedale più vicino. Kasai-san e la sua automobile non dovrebbero essere troppo distanti da qui, sarete presto alla Clinica, curata dalle amorevoli braccia di Irie-sensei.” Rena non ne era sicura, ma a lei sembrava quasi che lui stesse piangendo, il che era davvero insolito per un giovane come lui che raramente mostrava i propri sentimenti all'esterno.

N-non ti preoccupare, Rena venderà cara la pelle.” rispose lei “Ma... come hai fatto a trovarci?”

E' bastato udire i primi spari che ha effettuato il tuo persecutore. Fortunatamente ci troviamo all'interno di una vallata silenziosa, nondimeno, così puoi udire dei colpi d'arma da fuoco anche da una distanza ragguardevole, così ci siamo precipitati fin quaggiù. Sai, ci sono anche gli altri, non stavo bluffando, prima. Arriveranno, vedrai.”

Rena sorrise. Se non fosse scappata dal piccolo rifugio in cui l'avevano stipata, se non avesse corso come una forsennata giù per il pendio fino a raggiungere il ponte, loro non avrebbero sentito nulla e sarebbero stati troppo lontani da lei nel momento del bisogno. Tutte le sue pene non erano state inutili, pertanto. Era consolante. La ragazza chiuse allora le palpebre, ma Daijiro le suggerì di non addormentarsi, i feriti gravi devono sempre rimanere svegli per tutto il tempo permesso dalle loro serie condizioni di salute; inoltre, doveva anche confortare gli altri quando sarebbero arrivati, i loro passi preoccupati e trafelati potevano ormai essere sentiti dalla ragazza e lei doveva far vedere loro che non si sentiva così male.

Keiichi e gli altri giunsero infatti dopo pochi istanti. E non appena la videro per terra, con il torace tenuto sollevato dal braccio di Daijiro, tutti cercarono subito l'auto di Kasai, che si trovava nei paraggi, per condurla all'ospedale più vicino, che era per l'appunto la Clinica Irie. I ragazzi avevano pressochè ignorato Seohara, istigati da un misto tra il disprezzo nei suoi confronti e l'apprensione verso la loro amica ferita. Non lo videro mentre si rialzava in piedi di nuovo, e mentre iniziò a dichiarare, con un filo di voce: “Così, eccoci qui...”

Che vai blaterando, adesso? Non ti è bastato ancora quel che abbiamo passato?” gli chiese Rika, seccata. Non era stanco di combattere inutilmente? Non aveva ancora accettato la propria sconfitta? Che pensava di poter fare, contro tutti quegli avversari? Non poteva neppure fuggire, oramai, anche Flavia e la polizia erano stati contattati e Satoko e Satoshi lo tenevano d'occhio, anche se da lontano.

Io... Sarei stato contento, se solo avessi avuto un piccolo colpo di fortuna. Se almeno quest'ultimo giorno fosse andato come avevo voluto. Chiedevo solo questo, chiedevo un giorno in cui il mio destino non veniva scritto dagli altri...”

Che diamine...” esclamò Rika. Quelle parole insane la stavano innervosendo seriamente e si era avvicinata a quel tizio per dargli un sonoro schiaffo. Ma cambiò idea, pietrificata dallo sgomento, quando si rese conto di quello che lui stava realmente facendo.

Con la sua mano destra, l'unica che poteva ancora utilizzare, aveva iniziato a dilaniare la sua stessa gola. Gli effetti finali della Sindrome lo stavano portando alla morte.

Ogni giorno che ho trascorso su questa terra... E' stato un percorso di dolore e miseria...” confessò, tra un lamento e l'altro “Perchè sono nato, perché sono stato portato qui da mia madre? Per patire le pene dell'inferno, come una bestia? Io non volevo... Sarebbe stato molto più sopportabile se gli altri avessero condiviso i miei rimpianti, le mie paure, ma gli altri sembravano tutti così felici, senza nessuna eccezione... Sarebbe stato abbastanza vedere almeno un'altra persona che soffriva come me... Avrei potuto affrontare con un briciolo di coraggio in più la mia vita, sapendo di non essere il solo... Mi sarei sentito meglio. Ma così... Non posso andare avanti in questa maniera...”

Le sue unghie stavano scavando sempre più in profondità nella carne della sua gola.

Ragazzi, bloccatelo subito, prima che sia troppo tardi!” urlò Rika “Quello si sta ammazzando con le sue stesse mani!”

Ma era già troppo tardi. Prima che qualcuno potesse fare qualcosa, i suoni prodotti dalla sua voce cominciarono a risultare indistinguibili. Sangue copioso sgorgava dalla sua gola come sorgente che zampilla acqua fuori dalla montagna, e le pupille dei suoi occhi perdevano la loro luce, finché non raggiunsero un esanime bianco privo di brillantezza. Le lacrime si mischiavano con il sangue, e la vista di quel macabro suicidio convinse Shion ad andare da Satoko per coprirle gli occhi con la mano, per non farla assistere agli ultimi, tragici secondi di quel misero essere. Una scena orribile ma che tuttavia era destinata ad esaurirsi in fretta. Dopo un ultimo urlo di dolore, il corpo di quel ragazzo collassò verso la terra e le braccia insanguinata si aprirono, allontanarsi dalla gola martoriata e stendendosi sulla soffice erba verde. Lì, Seohara spirò.

Gli altri non poterono fare altro che assistere alla scena. Poi, Rika si avvicinò a quello che era ormai il cadavere di uno dei loro nemici, e premurosamente gli chiuse gli occhi con un movimento delle dita, facendogli malinconicamente un augurio: “Possa la tua anima trovare la pace che hai cercato in vita, Seohara-san.”

Successivamente rivolse al gruppo queste parole: “Rena, ed anche voi altri... So che questo ragazzo ha compiuto moltissimi crimini e peccati orrendi, ma per favore non siate così severi con lui. Ora avete visto come la Sindrome può davvero trasformare la gente, avete capito? Seohara-san era diventato qualcosa che non rispondeva più alla propria volontà, qualcosa che commetteva azioni che il normale Seohara non avrebbe mai fatto. È stato traviato da un desiderio malvagio, che quel parassita ha ingigantito nella sua testa... Un lato oscuro delle persone che troppo spesso è più forte dello spirito dell'uomo che lo custodisce dentro di sè. Questa morte, questa disavventura non è risultato dell'odio tra gli individui – almeno, non è solo il risultato dell'odio – ma della mostruosità che quella dannata malattia instilla nella mente della gente. L'ultimo periodo della sua vita è stato a dir poco miserabile, una continua fonte di stress... Con queste premesse posso capire che non abbia retto, per favore siate un minimo comprensivi ed indulgenti, soprattutto con i morti. La sua famiglia soffrirebbe ulteriormente se noi mostrassimo dell'astio nei loro confronti, e noi non ne trarremmo alcun vantaggio.”

Capisco che cosa vuoi dire.” rispose Shion “Se la mamma fosse qui sarebbe d'accordo con te. Ogni volta che ne ha occasione ci riempie la testa con sta storia di rispettare il nemico, dopo che questo ha finito di combattere contro di noi... Se muore è buona cosa andare al cimitero a visitare la sua tomba, dice... L'abbiamo fatto anche nei confronti di una persona che Oishi-san stimava moltissimo, una volta l'abbiamo incontrato proprio a quella lapide mentre portavamo dei fiori. E'... una forma di umanità e di rispetto, appunto...”

Va bene, ma ritengo che non dovremmo sprecare altro tempo.” replicò Kasai, che intanto aveva portato l'auto sul luogo della battaglia “Dobbiamo assistere Ryuugu-san. La stenderemo sul sedile posteriore ed uno di voi le siederà accanto per tenere sotto controllo il suo stato di salute. Avete obiezioni a riguardo?”

Hmmm... No, non ne ho. Hai assolutamente ragione, Kasai, non dovrei perdermi in chiacchiere in momenti come questi.” ammise Shion, imbarazzata. “Chi dà una mano a Kasai? Rena va spostata con cautela.”

Si offrì Keiichi, che andò da Rena la quale non si era mossa dalla posizione in cui l'avevano trovata. Daijiro continuava a sorreggerne la testa con la mano ma la ragazza sembrava non provare neppure a muoversi. Keiichi pensò che fosse dovuto alle sue brutte ferite, una persona in quelle condizioni va spostata il meno possibile: “L'unica cosa che mi dispiace veramente è il fatto che quel tipo strano non risponderà mai a nessuno dei nostri dubbi. Tutta questa storia sta diventando ogni giorno più inquietante... E ci sono molti quesiti che hanno bisogno di una spiegazione... Oh, ci penseremo dopo. Quel che importa è che io non mi arrendo di certo, dobbiamo ancora sistemare la questione tra Mion e sua zia, e Rena ci darà una bella mano ora che può farlo davvero. Non è così, Rena?”

Sia Rena che Mion annuirono, sorridendo per incoraggiarsi a vicenda, e quindi Keiichi chiese alla compagna ferita se se la sentiva di provare perlomeno ad alzarsi per fare quei pochi passi che l'avrebbero portata alla macchina. La ragazza scosse il capo in segno di diniego, e Keiichi esclamò: “Non ti preoccupare, fa lo stesso! Ti porterò sulla schiena: hai delle ferite mica da ridere, questo mi sembra lampante, però non dovresti avere delle fratture scomposte, i proiettili normali di solito non ne provocano, immagino, quindi ti posso caricare in spalla senza farti più male di quanto tu non riesca a sopportare. Piuttosto, Rena, puoi metterti in posizione, per piacere? Voglio dire, dovresti metterti seduta e allungare le braccia davanti a te, così da abbracciarmi il collo per consentirmi di issarti sulla mia schiena. Poi io e Daijiro ci occuperemo del resto. Ma finché sei lì così semisdraiata non posso caricarti come si deve, e non vorrei dover cominciare a toccarti a destra e manca per riuscire a tirarti su... Insomma, non sta bene...” Keiichi arrossì “Se metto le mani dove non devo rischio di toccarti in certi punti... Beh, suppongo ci siamo capiti.”

Gli altri risero, divertiti da quello spettacolino ammazzatensione. In un certo senso il suo comportamento poteva perfino suonare irrispettoso verso il ragazzo appena trapassato, ma la verità era che tutti erano mentalmente sfiniti per la grande paura che avevano avuto fino a pochi minuti prima. Avevano avuto l'immenso timore che a Rena fosse successo qualcosa di orrendo, ed ora avevano un forte bisogno di allentare lo stress.

Tuttavia, quell'atmosfera serena svanì e cedette il posto ad una nuova angoscia, quando si accorsero che Rena non sorrideva affatto.

Che cosa c'è, Rena-san?” le chiese Satoko.

I... Io non riesco a muovermi.” sussurrò lei “Non riesco ad alzarmi, non riesco a girarmi...”

Rika e Mion subito vennero al suo fianco, e le chiesero come si sentiva.

Rena non riesce a muoversi.” ribadì la loro amica “Le mie mani mi fanno male, la mia spalla è ferita, e poi...”

E... poi?”

E poi...” pianse lei “Non sento più le gambe, c'è qualcosa che non va, mi sento come paralizzata, davvero...”

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Capitolo 40
*** Muori nel dolore, riposa in pace ***



Capitolo 39: Muori nel dolore, riposa in pace


Hinamizawa, 21 Febbraio 1984

“Sensei, sensei, come sta allora?”

Era ancora mattina presto, una nuova giornata era appena iniziata, ma nessuno era andato là, in quel vecchio edificio usato in passato dalla guardia forestale ed in seguito riadattato come scuola del villaggio. Nessuno aveva voglia di studiare od insegnare, quel giorno ad Hinamizawa. Le menti ed i corpi di ognuno erano da tutt'altra parte, non lontani da una camera tinta di un bianco sgargiante e luminoso. Erano tutti in attesa, senza alcuna eccezione. Chie, il preside e tutti gli studenti della scuola si erano recati lì, tutti insieme come nella più allegra delle gite scolastiche, ma a giudicare dai loro sguardi sembravano partecipare ad un funerale più che ad una scampagnata. Erano preoccupati, le loro facce erano assorte e cupe, mostrando tutta la loro inquietudine e tutte le paure che nutrivano nella loro mente.

Difatti, nello stesso momento in cui Irie uscì dalla stanza della Clinica in cui era ricoverata attualmente Rena, il dottore fu circondato dall'intera classe, con i membri del club in prima fila. Il medico era stato invitato dalla ragazza a lasciare la camera, in quanto voleva restare da sola con il proprio padre. Voleva parlare a quattr'occhi con lui, in privato, e nessuno era autorizzato ad entrare finché lei non aveva finito.

La maggior parte dei suoi amici non sapeva ancora la ragione di quella decisione, loro non erano stati con lei nell'istante in cui Seohara le aveva rivelato quello che il padre di Rena aveva fatto ad Ibaraki. Pensavano fosse una scelta dovuta ad uno stato di confusione causato dall'esperienza vissuta, che Rena volesse addirittura solo consolare suo padre dicendogli che andava tutto bene e che non doveva preoccuparsi per lei; in fondo sarebbe stata una cosa tipica di lei, Rena era sempre stata una che si curava in special modo delle condizioni degli altri e di suo padre nello specifico, anche quando era lei quella nella situazione peggiore. Questo era quello che pensavano tutti. Tutti tranne Daijiro, che aveva trascorso tutta la notte in Clinica con lei al suo capezzale, e che pur sapendo la verità non ne aveva fatto ancora accenno ad anima viva. Avrebbe fatto un'amara sorpresa al resto del gruppo, quando si sarebbe deciso a vuotare il sacco, ma adesso la cosa più impellente era sapere dello stato di salute della loro compagna, e quindi tutti si erano precipitati da Irie non appena lo avevano scorto.

Ahimè, tuttavia, tutti si resero conto all'unisono che il medico non si sentì a proprio agio, udendo quella prevedibile domanda, cosa che era di pessimo auspicio. Ed infatti, dopo essersi aggiustato gli occhiali il dottore guardò fuori dalla finestra come a voler cercare di far chiarezza nella propria testa, riordinando così le idee. Quindi, dopo aver appoggiato la cartella clinica della propria paziente sul tavolino, Irie si sedette su di una sedia e cominciò ad illustrare quello che aveva diagnosticato sulla condizione di salute di Rena:

“Ryuugu-san dovrà essere sottoposta a degli esami più approfonditi, prima di essere trattata in maniera opportuna, ma quello che abbiamo scoperto fino ad ora non è positivo... Abbiamo medicato la maggior parte delle ferite che le sono state inferte, e quelle guariranno senza ulteriori complicazioni, ma ce n'è una che ha causato dei danni gravissimi e non so se saremo in grado di curarla con una qualche terapia. Sto parlando del proiettile che ha raggiunto la sua schiena.”

“Ha danneggiato il fegato, o uno dei reni?” chiese Satoshi “Ha bisogno di un intervento chirurgico?”

Irie scosse la testa: “No... Temo che la scienza medica non possa fare molto per lei, al nostro attuale grado di conoscenze. Sarebbe vano perfino ricorrere alla chirurgia.” Prese un paio di lastre ai raggi x e mostrandole agli altri puntò il dito verso un punto bianco situato al centro di esse, quello che rappresentava l'appendice finale della colonna vertebrale di Rena. “Quel proiettile ha intaccato questa zona, danneggiando seriamente il midollo spinale all'interno. Questa è una ferita molto grave, poiché questa parte del corpo è quella preposta al controllo ed al movimento degli arti inferiori dell'individuo.”

“Non c'è nulla che potete fare, allora?”

“Nulla, mi rincresce dirlo. Ho studiato neurologia per anni, ma sono impotente tanto quanto voi in questo momento, e ciò è così umiliante... Un intervento rischierebbe solo di peggiorare ancora di più la salute della paziente, quello è un punto delicatissimo del corpo umano.”

“E perciò...” deglutì amaro Rika.

“Temo che Ryuugu-san non sarà più in grado di reggersi in piedi e camminare. Mi dispiace.”

La sala si riempì di un silenzio di morte. Nessuno osava aprire bocca, e tutti potevano udire solo il soffice rumore causato dall'acqua calda che fluiva lungo le tubature all'interno dei muri che li circondavano. La loro misera amica sarebbe stata costretta a passare il resto della propria vita segnata dal supplizio di una sedia a rotelle... Era terribile, ma i ragazzi non potevano restarsene lì, immobili e senza fiato, abbandonati da ogni briciola di coraggio. Fu quindi il turno di Mion, per parlare, affinché il gruppo riuscisse ad uscire da quel mutismo così cupo: “Capisco, sensei. A nome di tutti, vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per lei, e per noi.”

“Sono desolato, veramente, Sonozaki-san. Se solo fosse in mio potere di fare di più... Ma avete ragione, ci sono altri pazienti qui e scoraggiarsi porterebbe solo ad una minore dedizione nei loro confronti. Con permesso.” Irie passò attraverso la piccola folla di fronte a lui e lasciò lo studio. Era stato un resoconto molto breve e stringato, il suo, ma formalismi e frasi di circostanza sarebbero suonati fuori luogo in quel contesto. Andava bene così.

I bambini più piccoli della classe, d'altronde, si sentivano spaesati. Che cosa significava che lei non poteva più camminare? Sembrava tutto così assurdo, alle loro giovani ed immature anime, a loro pareva quasi più uno scherzo, Irie in fondo si divertiva a a fare il buffone di tanto in tanto. Però vedevano anche come i ragazzi più grandi fossero seri, come non ridessero, allora doveva essere tutto vero... Non sapevano come comportarsi, così uscirono a loro volta dalla sala, dicendosi l'un l'altro che era meglio non stare in quello studio dall'aria così pesante. La maestra ed il preside, vedendoli, pensarono che fosse meglio andare con loro e suggerirono ai loro allievi di controllare se era finalmente possibile andare a visitare Rena, oppure se la loro amica era ancora impegnata nel colloquio con suo padre.

Il club quindi rimase da solo, e stette dentro lo studio per discutere sulla questione e per chiedere più particolari a Daijiro riguardo l'accaduto. Il loro amico raccontò loro sommariamente quello che conosceva della storia, e quello che gli era stato detto da Rena durante la notte che aveva passato in ospedale con lei. In questo modo, tutto il gruppo venne a sapere di quello che Seohara aveva gridato a Rena.

“Questa è davvero una storia strana.” commentò Satoko, dopo che il ragazzo ebbe finito “Ora capisco di cosa sta parlando veramente Rena, nella sua stanza con suo padre, e perché non vuole attorno nessun altro intanto. Ma non pensate anche voi che ci sia un che di... irrazionale in tutto questo racconto?”

“Hauu, che cosa intendi?” chiese Hanyuu.

“Voglio dire, perché gli è saltato in testa di uccidere Rena-san? Qual è stato il fattore vero che lo ha spinto? Non capisco...”

“Non avevamo parlato di schizofrenia, prima? Non so quanto abbia senso star lì a dannarsi l'anima per capire cosa lo ha mosso, quel genere di persone non ha mica bisogno di una motivazione logica, purtroppo!” la criticò Keiichi.

“Lo so bene, stupido villano! Meglio essere più precisi, allora: quei fatti passati ad Ibaraki risalivano ad un bel po' di tempo fa, son passati non meno di due o tre anni. Ed allora, perché lui si è fatto vivo ad Hinamizawa solo di recente? E perché ha assalito solo Rena-san e non – per esempio – anche suo padre? In fondo quell'uomo è sempre stato una persona riservata e solitaria, che viaggia da solo, sarebbe stato un obiettivo molto facile da colpire. E poi ai suoi occhi la colpa vera non era di Rena, quanto piuttosto di suo padre. O sbaglio?”

“Non l'ho mai vista da questa prospettiva, onestamente.” rispose Shion, avvolgendo il collo di Satoko con il proprio braccio e stringendola a sé “Non abbiamo mai considerato il padre di Rena come un soggetto a rischio, ma avremmo dovuto farlo anche senza sapere tutta quanta la storia che c'era dietro. Possiamo dire che l'ha davvero fatta franca, quell'uomo...”

“Io non la penso così. Se questa storia è vera Rena lo guarderà con occhi diversi, d'ora in poi, quindi non è che l'abbia passata davvero liscia, anzi. Il rapporto rovinato con la propria figlia sarà il prezzo da pagare per non averle detto la verità, o perlomeno rischia di essere così.”

Shion fissò allora Alice, seccata ma consapevole che le parole di quest'ultima fossero sensate: “Devo ammettere che hai ragione... Ma tu pensi che la relazione tra loro due non possa essere ricostruita, quindi?”

“Oh... No, grazie a Dio. Francamente non ho ragione per supporre che quei due non riescano a far pace. Per quanto ne so io quell'uomo non ha altri parenti nel dintorni se escludiamo Rena, e lo stesso vale per lei in sostanza, visto che con sua madre non ci torna di sicuro. Il futuro immediato non sarà un periodo facile per loro, ma penso davvero che riusciranno a chiarire le cose tra di loro. Sono quasi obbligati a farlo, in un certo senso, è come se non avessero nessun altro parente al mondo, ed inoltre sono sufficientemente maturi da capire che chiunque può commettere un errore, non importa quanto grave esso sia.”

“Sono d'accordo” commentò Satoshi “Ma questo non risponde al quesito di Satoko... Perchè quel ragazzo non ha cercato di fare del male anche al padre di Rena-san? C'erano state molte occasioni per attaccare entrambi contemporaneamente, quando erano insieme a casa propria per esempio.”

“Dunque...” Satoko provò a congetturare “La ferita sopra il suo occhio gli era stata inferta direttamente da Rena, quindi lui forse credeva che era lei la maggiore responsabile dei suoi guai. Però non escludo che Seohara-san stesse pianificando anche di uccidere il padre in un secondo momento... o che pensasse che la morte della figlia fosse già di per sé una punizione adeguata per lui. Ho sempre pensato che quello appartenesse al genere di adulti che non riesce a superare da solo la perdita di un caro, vedi quello che gli è accaduto quando sua moglie gli ha chiesto il divorzio.”

“Io non penso che lui volesse eliminare entrambi, le lettere minatorie erano state indirizzate solo a Rena-san.” disse Hanyuu “Personalmente... Io ritengo che il suo desiderio di distruggere solo la vita di Rena-san e non quella del padre seguisse il... bisogno di cercare una specie di equilibrio naturale.”

“Ti puoi spiegare meglio? Non riesco a capire.”

“Ci proverò, hauuu. Lui aveva già ucciso tre ragazzi, che erano coetanei sia suoi che di Rena-san. Perchè mirare ad un adulto, dopo di loro? Daijiro-san ci ha detto che stava cercando una ragione di vita, un senso da dare alla propria esistenza, e perciò non sarebbe stato strano se avesse cercato di dare anche un senso alle morti che c'erano già state. Rena-san rappresentava la più normale continuazione di quella serie di morti, e tutto sarebbe sembrato più «coerente» agli occhi di Seohara, se mi permettete di adoperare questo termine. Il tentato stupro ad Ibaraki era stato l'evento più importante della sua vita, e dopo aver tolto di mezzo gli altri assalitori la persona più ovvia da prendere di mira era a quel punto proprio la vittima, per chiudere il cerchio e liberarsi di tutti quelli che erano stati coinvolti in quella brutta vicenda. Vi è chiaro quello che intendo? Spero di sì.”

“Hmmm...” rimuginò Rika, perplessa “Non abbiamo informazioni a sufficienza per dire se questa è la verità. La mia umile opinione è che questa sia un'analisi alquanto delirante, ma in fondo stiamo parlando di un ragazzo che ha finito la propria vita guidato solo dalla pazzia e dalla disperazione, quindi non posso escludere questa interpretazione. Sì, potresti anche avere ragione, Hanyuu, ma questo discorso avrebbe davvero un senso solo se il primo omicidio fosse stato involontario. Voglio dire, se tu togli la vita a qualcuno di proposito lo fai perché c'è già un motivo dietro e non hai bisogno di andare a cercarne uno con degli strani ragionamenti; sarebbe tutto diverso se, per esempio, la prima vittima di questa serie fosse in realtà deceduta a seguito di un incidente fortuito, e non per colpa di un omicidio vero e proprio. La cosa potrebbe anche funzionare, anche perché se ben ricordo il primo a morire era stato Seohara Koji-kun, il fratello del killer. Non mi risulta che abbia mai detto di odiarlo, a Rena-chan e Daijiro-kun, anzi... Se fosse morto così, «per caso», non ucciso da nessuno, allora quel folle sarebbe stato spinto a cercare un senso che lo rendesse meno insensato, e avrebbe messo in moto tutto questo meccanismo di cui abbiamo parlato.”

“Mi sto perdendo... Non ci capisco molto.” esclamò Shion.

“Stiamo facendo ipotesi sulla prima uccisione, tutto qui.” Hanyuu aggrottò la fronte “Qualcuno si ricorda da qualche dossier come era stata trovata la prima vittima?”

“Io sì” rispose Saoshi, che in passato aveva appunto visionato tutte le cartelle del caso insieme a Shion, per trovare qualcosa che potesse essere utile a Rena. Naturalmente lo avevano fatto solo loro, i due si erano messi d'accordo sul fatto che a Satoko dovessero essere risparmiate quelle letture pesanti, noiose e piene di dettagli scabrosi.

“Ottimo. E quindi?”

“Quei documenti affermavano che la sua testa era stata fracassata... Ma l'arma del delitto era stato presumibilmente qualcosa di metallico, come un tubo di dimensioni non troppo grandi o una mazza da baseball. Un oggetto che non si rompe e non si spezza, non come il legno o la terracotta: non avevano trovato schegge sulla vittima.”

“Hanno mai parlato della possibilità che fosse un incidente? Che ne so, che avesse solo battuto la testa contro una superficie dura?”

“No... Hanno scritto che difficilmente poteva essere stato qualcosa di diverso dall'omicidio. Non mi ricordo i particolari ma la polizia tendeva ad escluderlo in quanto non vi erano oggetti pericolosi intorno a lui, al momento della sua morte: non riuscivano a pensare in che modo potesse essersi fatto male da solo, nel luogo del delitto. Per di più, uno dei suoi più cari amici era stato pugnalato a morte quello stesso giorno, quindi hanno subito pensato a due omicidi intenzionali, commessi eventualmente dalla stessa persona.”

“Pugnalato... Capisco, non era stato un incidente, quindi probabilmente avevamo torto...” concluse Rika, fissando con disappunto il pavimento piastrellato.

“Non necessariamente.” replicò Keiichi “Tu prima hai detto che Seohara-san avrebbe trovato la morte di suo fratello senza senso solo se non fosse stato lui a ucciderlo, giusto? Beh, il fatto che la prima morte sia stata il risultato di un assassinio non implica che il suo colpevole sia stato per forza Seohara-san.”

“Capisco. Quindi tu pensi che la prima morte di questa serie non sia stata dovuta a quello sventurato.”

“E' un'ipotesi, ma non è una chimera come teoria. In fondo l'assassino poteva essere benissimo qualcun altro, che ne so... Che ne dite degli altri due ragazzi? Tutti li hanno esclusi dalla lista dei possibili sospetti, ma pensare che siano colpevoli è meno assurdo di quanto possa apparire ad un primo impatto. Mi sembra di ricordare che ci avessero detto che uno di loro avesse delle conoscenze... poco raccomandabili. Uno abituato ad agire nell'ombra e nel sommerso, con dei contatti con il mondo della criminalità.”

“Stai parlando di Shikoku-san, adesso.” disse Satoshi “Sì, mi ricordo quella parte della documentazione, anche Flavia-san ce ne aveva accennato. Allora, secondo te esiste la possibilità che questa persona sia stata quella che ha eliminato Seohara Koji-san, e che quindi suo fratello avesse solo cercato vendetta uccidendolo a sua volta prima di perdere definitivamente la capacità di intendere e volere?”

“Più o meno sto pensando proprio questo. Seohara-san in fondo non ha mai confessato quel crimine, neanche quando si era trovato da solo con Rena. Non scordatevi che all'inizio ci hanno detto che lui aveva un alibi per il primo omicidio, lui era da un'altra parte quando suo fratello era morto, ma poi abbiamo tutti pensato che fosse un alibi falso costruito su misura, dopo quello che è accaduto nei messi successivi. Però... se invece fosse stato vero? Avrebbe potuto imbattersi nel cadavere del fratello senza averlo mai toccato, e la sua mente sarebbe collassata a quella vista, non riuscendo a fronteggiare quella perdita dopo tutto quello che aveva passato negli anni. Una volta liberatosi di chi aveva ucciso suo fratello, Seohara-san avrebbe perso il controllo e avrebbe pensato che fosse «giusto» cancellare da questo mondo anche gli altri coinvolti nell'attacco che avevano fatto contro a Rena ad Ibaraki, lei inclusa. Quel gruppo continuava ad essere la sorgente dei suoi mali, allora quel gruppo doveva essere distrutto.”

“Ara ara, una teoria molto affascinante, spiegherebbe molte cose, a partire dal fatto che il padre di Rena-san non è stato mai attaccato, per non parlare del fatto che quello sentisse il bisogno di uccidere la nostra amica quasi come una missione. E dà una spiegazione anche al tanto tempo passato tra i fatti ad Ibaraki ed il sorgere della sua brama di vendetta, stando alla tua versione dei fatti lui avrebbe deciso di entrare in azione solo dopo che suo fratello era stato ammazzato da uno dei suoi amici; sarebbe stato come se a Seohara-san fosse scattata una molla in testa, alla notizia di quella morte. Sì, come congettura questa mi piace proprio.”

Satoko non aggiunse altro. In una situazione normale lei avrebbe aggiunto qualche commentino acido solo per irritare Keiichi, ma il contesto in cui si trovava non le consentiva di fare battute allusive. Trovando molto più adatto un atteggiamento composto, si limitò a guardare verso Rika, che annuì e rispose:

“Per pretendere che sia una ricostruzione affidabile, dovremmo trovare almeno un movente che potesse indurre Shikoku-san a desiderare di uccidere Seohara Koji-san... Non escludo che ce ne sia stato uno e che le cose siano andate come avete detto, ma la verità è che non sapremo mai come sono andate le cose. Persino Seohara-san aveva detto di non ricordare, non ci avrebbe dato delle risposte neppure se adesso fosse ancora vivo, immagino, a meno di ricorrere a qualche psicologo strizzacervelli di quelli bravi.”

“Veramente Flavia mi ha detto che una volte ce n'era davvero uno che lo aveva in cura, prima che lui fuggisse da Ibaraki” suggerì Alice “Ne aveva fatto parola anche alla stazione di polizia. Che c'era là con me e Rena, quel giorno... Non mi viene in mente... Oh, non importa, è un dettaglio privo di importanza. Quello che conta è: secondo voi dovremmo contattarlo, per avere qualche informazione utile?”

“Non credo che sarebbe utile.” ribattè Keiichi “Se Seohara-san gli avesse detto qualcosa di importante, qualcosa che facesse presagire il suo piano criminoso... Beh, quello psicologo sarebbe andato filato dalla polizia per informare chi di dovere della sua pericolosità, almeno suppongo che sia così che si procede. L'avrebbero bloccato prima che potesse venire ad Hinamizawa, in quel caso, e forse gli avrebbero messo indosso una camicia di forza e l'avrebbero spedito in un qualche istituto speciale per malattie mentali.”

“Conosciuto con il tetro nome di manicomio, direi.” commentò una Shion irritata, che non gradiva discorsi sull'isolare le persone dalla propria famiglia. Era un'esperienza che aveva già vissuto sulla propria pelle, e questo le bastava.

“Sì... hai ragione, non è un bel pensare. Ma sarebbe stato necessario, hai visto quanto una persona fuori di senno può fare agli altri. Non era uno stupido, affatto: aveva preparato un sotterfugio per intrappolare Rena, che non è certo un'allocca; aveva creato un'aura di terrore intorno a lei, come nel più sofisticato dei piani e delle congiure. Ma allo stesso tempo, ogni volta che si trovava di fronte a lei agiva come una bestia selvaggia, apparentemente senza neanche pensare a quello che stava facendo. Mi sembra quasi assurdo, mentre lo sto dicendo, ma dentro di lui coesistevano la furbizia più scaltra e l'istintività più irrazionale, senza che questo portasse a dei conflitti interiori. Non siete d'accordo con me, quando dico che è strana come cosa?”

In effetti lo era, da un punto di vista esterna, ma Rika ed Hanyuu sapevano che quel tipo di comportamento era più consueto di quanto gli altri potevano immaginare, in quanto avevano a che fare con una persona colpita dalla Sindrome di Hinamizawa. Le due fanciulle avevano ancora bene in mente quello che era successo nei mondi passati. Quella volta che Shion aveva invitato Satoko e Rika al Maniero Sonozaki, facendosi passare per Mion ed ingannando tutti con un trucco semplice ma efficace... Aveva torturato le sue vittime con una ferocia inconcepibile per una persona normale. E quella volta che proprio Rena aveva intrappolato tutta la classe dentro la scuola, con una bomba che era esplosa in così tanti mondi e che solo una volta Keiichi era riuscito a disinnescare, prima di sfidare Rena stessa a duello sul tetto... Era così che andavano le cose, da quelle parti: quando la follia ti prende e ti avvolge intorno a sé, lei usa tutte le tue abilità per condurti al disastro, adoperando anche il tuo cervello, che in teoria dovrebbe essere la tua più grande difesa contro di essa. La tua stessa intelligenza usata per far del male a te stesso ed al prossimo.

Comunque Rika capiva quello che Keiichi intendeva dire con le sue parole. Naturalmente non poteva parlare in pubblico delle passate Hinamizawa, così gli rispose solo che per lei tutto era possibile, a causa di quello che la Sindrome può fare al corpo e alla mente umana.

“Ah, sicuro, visto che stiamo parlando di questo” Giancarlo la interruppe “C'è qualcos'altro che non mi torna. Quando avrebbe contratto la malattia, Seohara-san? Voglio dire, finchè è rimasto ad Ibaraki lui era «sano», pazzia nascente a parte. D'altro canto, possiamo supporre che la prima volta che si era recato ad Hinamizawa lui era già del tutto fuori di testa.

“Continua.”

“Potremmo pensare una cosa... come fai a dire quali siano esattamente gli effetti della Sindrome, nel caso di quel ragazzo? Cioè, cosa era dovuto alla sua reale pazzia, e cosa invece al parassita nel suo cervello? Non dimenticare che prima parlavamo di schizofrenia, ossia di una patologia in cui si alternano momenti in cui si è normali a momenti in cui si va fuori controllo... e quindi in alcuni istanti lui poteva essere perfino “normale”. Avrebbe potuto addirittura chiedere aiuto nei momenti di lucidità, se avesse voluto. Invece... Nessuno l'ha mai visto da queste parti fino ad un paio di giorni fa, come se avesse sempre cercato di nascondersi... come se fosse sempre in condizioni di follia.”

“Vieni al punto.”

“Tu prima stavi affermando che lui portasse su di sé i segni della malattia di questo posto, ed infatti ieri tutti abbiamo visto come si è reciso la gola, però... Quando avrebbe iniziato a mostrare i sintomi finali? Intendo dire, di sicuro aveva i famigerati parassiti in corpo, è inevitabile una volta che vieni al villaggio senza il vaccino che avete somministrato a me e ad Alice. Però manca uno dei requisiti fondamentali per manifestare la patologia nella sua forma completa, ossia il lasciare Hinamizawa dopo esserci stato. Ed è qui il nocciolo della questione. Personalmente non credo che non abbia mai lasciato il villaggio o l'area circostante da quando si era trasferito qui. Di sicuro non è mai tornato ad Ibaraki, nessuno l'ha più visto da quelle parti; è rimasto sempre nascosto nei boschi, od al massimo a Okinomiya che non è un posto lontano a sufficienza per dire che ha lasciato la zona... Non si è mosso da qui, il che è comprensibile visto che qui stava anche l'obiettivo della sua brama ossessiva.”

Rika lo squadrò perplessa: “In parole povere tu mi dici questo: arrivato ad Hinamizawa lui non aveva la Sindrome nel suo stadio finale, nel momento della morte invece ce l'aveva, ma nel lasso di tempo tra questi due momenti non c'è mai stata un'occasione in cui può averla contratta veramente. In effetti i conti non tornano. Ma quindi? Che ti devo dire? Forse ti sbagli, c'è stato un momento in cui se ne è andato da qualche parte per un qualche motivo ed allora...”

“Non penso che questo sia molto probabile. Ti ricordi quando Flavia e Satoko-chan avevano rinvenuto il suo primo nascondiglio, dentro quella caverna nella foresta? Era un posto lontano dalle solite vie di comunicazione, e quindi per lui non era semplice lasciare quel luogo per andarsene lontano. Credo anzi che la polizia avesse detto che probabilmente lui avesse passato quasi tutte le notti lì, vero Satoko-chan?”

La bimba bionda confermò e quindi Rika perse goffamente un poco della propria pazienza, mentalmente se la stava prendendo con lui. Dovresti dire queste cose ad Irie-sensei, allora, non a me! Che ti dovrei rispondere, che le teorie sulla Sindrome andrebbero riviste? Non sono mica un medico o un luminare! Solo per un momento, la fanciulla pensò di rinunciare a comportarsi da dolce bimbetta, come era solita fare quando era in compagnia, e di replicare in modo sgarbato. Non le sarebbe spiaciuta la sensazione di rispondere a tono, per una volta, sarebbe stato più appagante di dire ancora paroline assurde tipo Nippa, certe volte le sembrava un atteggiamento così innaturale... D'altra parte, il suo improvviso cambio di attitudine sarebbe parso estremamente curioso agli occhi degli altri e Rika rischiava di andare incontro a delle altre noie...

Fortunatamente, l'altro si accorse che lei non era dell'umore adatto per ascoltare lunghi discorsi contorti, così non insistette e disse solo: “Io... avevo solo un dubbio. Posso capirlo, non dobbiamo sbattere la testa contro un muro per cose come queste, non ha più importanza.” Se lui non avesse fatto un passo indietro Rika avrebbe rischiato di perdere l'autocontrollo... ma in questo modo quel velo di rabbia che stava comparendo sul volto della bambina poté svanire senza lasciare traccia né strascichi.

Gli altri iniziarono allora a ridacchiare, e Giancarlo non capiva perché. Non aveva notato che nel frattempo la sua sorella maggiore Flavia era arrivata lì con una collega e si era messa a ridere affettuosamente di lui alle sue spalle, realizzando con che facilità suo fratello potesse essere sottomesso da una bambina così piccola. Lui non gradì particolarmente.

Ad ogni modo, dopo un attimo di amichevole presa in giro, la giovane donna tornò seria, in quanto era comunque lì in qualità di pubblico ufficiale e non solo come amica di Rena. Doveva raccogliere tutte le testimonianze disponibili su quello che era capitato il giorno prima e quindi andò da Daijiro per farsi dare tutti i ragguagli del caso, siccome la ragazza dai capelli castani era ancora chiusa nella sua stanza d'ospedale con suo padre. Da Rena sarebbe andata in un secondo momento.

Il racconto di lui non durò più di cinque minuti, Daijiro sapeva come dire le cose in modo conciso senza però tralasciare nulla, e la collega di Flavia prese nota di ogni minuzia sul proprio taccuino. Però il rapporto non sembrò soddisfare l'ispettrice. Al contrario, Flavia parve alquanto scettica.

“Ho riportato... qualcosa di errato?” chiese il ragazzo alla fine, notando lo stato d'apprensione della sua interlocutrice.

“No, non volevo dire questo. Ma posso chiederti se tu sei assolutamente sicuro che loro due hanno pronunciato quelle precise parole?”

“Chiedete troppo, non ero lì quando si sono parlati tra loro. È stata Ryuugu-san a raccontarmi la storia sforzandosi di dare un resoconto il più fedele possibile, e non credo di aver frainteso dei passaggi. Che cosa vi rende così dubbiosa, Flavia-san?”

“Uhm... Il punto in cui parlavi del suo fucile, credo.”

“In questa storia ci sono parecchie occasioni in cui è stato usato, a quale ti riferisci...”

“Ah, scusa, temo di non essermi spiegata bene. Io non mi riferivo a quando lui l'ha usata, ma a quando ne ha parlato, all'inizio del tuo racconto. Stando alla tua versione dei fatti Seohara-san aveva dichiarato che quel fucile apparteneva a suo padre, vero?”

“Sì, Ryuugu-san aveva sottolineato quella parte quando mi aveva narrato tutto, quindi non mi posso essere sbagliato su questo dettaglio.”

“Beh, allora qui c'è qualcosa che non quadra... Nessuno ha mai informato la polizia della presenza di quest'arma, non ci risultava affatto che la sua famiglia detenesse dei fucili, anzi non sapevamo neanche che il ricercato fosse armato. Che tenessero quella doppietta da caccia in casa illegalmente, senza autorizzazione, allora? Sarebbe una faccenda molto grave, se Seohara-san l'ha presa senza dire nulla a suo padre staremmo parlando probabilmente del furto di un'arma da fuoco, un oggetto bello pericoloso! I suoi genitori avrebbero dovuto riportare tutto immediatamente alla polizia, nello stesso momento in cui avevano scoperto che il fucile mancava da casa loro. Rischiano di essere incriminati, per questi reati.”

“Volete arrestarli? Metterli in prigione?” chiese Rika “Nessuno ha ancora detto loro che ne è stato dell'unico figlio che era rimasto loro, e non vorrei portarli alla disperazione. Farli soffrire troppo sarebbe crudele.”

Flavia comprese il punto di vista della fanciulla, ma non poteva fare a meno di segnalare alla centrale quel nuovo elemento, non si poteva sottrarre a quella procedura. Poteva chiedere agli ufficiali di Ibaraki di avere del tatto nei confronti della sventurata coppia, ma non poteva proibire loro di adempiere al loro dovere. D'altro canto, Flavia temeva che i suoi colleghi insensibili avrebbero mostrato poca delicatezza verso il dolore altrui, e la preoccupazione di Rika aveva reso anche lei poco fiduciosa verso l'atteggiamento che loro avrebbero assunto con i genitori di Seohara. Che cosa poteva inventarsi, per convincerli a non essere rudi con loro...

La donna si accorse improvvisamente che una mano era stata appoggiata sulla sua spalla. La collega accanto a lei la stava chiamando da un minuto o due, ma lei non se ne era neppure resa conto. Chiedendo scusa – ed irritandosi in quanto era ora il turno di Giancarlo per prendersi gioco di lei – Flavia chiese cosa l'altra volesse dire, ricevendo questa risposta: “Sono decisamente convinta che la famiglia di Seohara-san non abbia mai avuto armi in casa.”

“Intendi dire che non le ha o che non le ha mai registrate?”

“Che non le ha proprio. Il fratello del ricercato era stato eliminato in casa propria, ai tempi, e la polizia di Ibaraki aveva ispezionato l'abitazione alla ricerca di indizi. Se avessero trovato un'arma da fuoco ne avrebbero tenuto conto nei loro rapporti, l'avrebbero scritto da qualche parte, tanto più nel caso di un'arma tenuta illegalmente in casa; invece nei loro resoconti non appare nulla di tutto ciò.”

Flavia annuì, mostrando di aver capito l'osservazione, e quindi esclamò: “Beh, ha un che d'imbarazzante... Sicuro, i suoi genitori non ci avevano detto che il loro figlio aveva sottratto un fucile ed in effetti non vedo una reale ragione perché loro ci nascondessero la verità. Senso di vergogna per il reato del figlio? Assurdo, con tre omicidi che ballano la scomparsa di un fucile è roba da poco, tanto valeva vuotare il sacco a quel punto; che poi gli assassini non siano tutti colpa sua, come avete supposto voi prima, è un fatto secondario, cambia relativamente avere due o tre morti sul groppone.”

“Se ipotizzassimo una loro complicità?” si azzardò a suggerire la collega.

“In questo caso dovremmo pensare che avessero celato l'arma in un luogo sicuro durante le indagini per il primo caso, e che abbiano taciuto sulla sua esistenza al fine di non farci capire che lui era armato, per dargli maggiori possibilità di sorprendere Rena-chan... Tsk, troppo complicata come teoria, se ci fosse stato un fucile a casa Seohara prima o poi avremmo comunque scoperto la sua esistenza. Mi sto sempre più convincendo che quel fucile l'abbia preso da qualche altra parte.”

“Anche perché” aggiunse Daijiro “Ryuugu-san mi ha detto che lui durante il duello si era avvalso anche di una pistola automatica ordinaria. Posto che come dite voi il padre di Seohara non aveva registrato il possesso di alcuna arma, a quel punto diventerebbe pressoché impensabile che lui abbia celato l'esistenza di due di esse. Molto più semplice dedurre che l'individuo in questione non ne avesse davvero mai avute, e che il ricercato le avesse rimediate da qualche altra parte, mentendo poi a Ryuugu-san sulla loro provenienza.”

“La pistola che aveva gettato giù nella gola, sì, me la ricordo. Farò setacciare tutto il dirupo non appena esco di qui, prima la troviamo meglio è. Anche se temo che, dopo essere precipitata da una tale altezza, quell'arma da quattro soldi si sia ridotta in frantumi. Si deve essere proprio sfracellata contro le pietre... Mi sarebbe piaciuto mettere le mani almeno sul fucile, ma purtroppo neanche quello esiste più, maledetto sia quell'ultimo proiettile difettoso. Così è impossibile identificare quell'arma, avremmo potuto scoprire da dove viene, e chi gliel'ha data.”

“Non ci dovrebbe essere un numero di serie, su ogni arma?” chiese Shion “Magari tra i frammenti del fucile o della pistola c'è ancora quello che lo riporta. Potrebbe essere sopravvissuto all'esplosione, o alla caduta.”

Flavia emise un lamento: “Penso che se quel ragazzo era davvero il furbo malvivente che voi avete descritto allora quei numeri non esistono più. Li avrà cancellati con un raschietto, o una lima, in fondo voleva mentire sulla provenienza di quelle armi e quelle cifre potevano sbugiardarlo. Non appena la scientifica troverà i frammenti farò verificare questo particolare, ma già ora non sono ottimista sui risultati.”

“Sono d'accordo con voi” osservò Rika “Anche perché sono sicura che... che qualcuno molto scaltro l'ha aiutato e rifornito, durante tutto questo tempo. Non si saranno dimenticati di cancellare una cosa che avrebbe potuto identificarli.”

Tutti si girarono verso di lei, sorpresi. Come faceva ad esserne talmente sicura? Tutto ad un tratto, senza che gli altri potessero vedere cosa la portava a ritenere ciò? Hanyuu la osservò ed immaginò che la sua sicurezza era dovuta a quanto Ouka le aveva detto al Saiguden. Quel giorno lo spirito della sua antenata aveva dichiarato di non aver mai incontrato Seohara e di essere alleata con un fantomatico Mister X... Che evidentemente non corrispondeva allo sventurato ragazzo. Poteva essere stato proprio quest'ultimo sconosciuto, quindi, ad essere colui che tirava le fila dietro tutta questa vicenda. Questa persona poteva essersi imbattuta in Seohara, in qualche modo, e poteva aver intuito che il suo desiderio cieco di vendetta poteva tornargli utile. Certo, fidarsi delle parole di chi si era esplicitamente dichiarata sua nemica poteva essere una follia, ma quella teoria sembrava quella che più combaciava con la realtà: invece di pensare a Mion e Rena alle prese nello stesso tempo con due avversari indipendenti l'uno dall'altro, il che era una coincidenza decisamente strana, si poteva pensare ad un unico attacco coordinato su due fronti contro le due ragazze, organizzato da una mente sola e capace. Con chissà che obiettivo ultimo...

“Puoi darci uno straccio di spiegazione su quello che stai dicendo ora, Rika?” chiese intanto Satoko, che ovviamente non poteva immaginare nulla di quello che l'amica sapeva. “Alcune volte fai quasi paura, quando ti comporti così.”

La bambina dai capelli blu valutò i pro e i contro, prima di rispondere. Agli altri non aveva ancora detto niente sull'apparizione della sua antenata ed ora non sapeva come il gruppo avrebbe reagito ad una tale rivelazione. Forse Keiichi le avrebbe anche creduto, come gli altri suoi amici, ma che dire degli adulti? La lotta tra Mion e Megumi per la leadership del clan Sonozaki non coinvolgeva solo quella famiglia, nonostante le apparenze, ma tutto il villaggio avrebbe imboccato destini diversi a seconda di chi avrebbe vinto. E in una guerra di vaste proporzioni si ha bisogno di tutto l'aiuto che si riesce ad ottenere... ma raccontare fatti al limite della fantascienza, quali la comparsa di uno spirito del passato, poteva comportare la perdita di preziosi alleati che potevano trovare quella storia davvero troppo assurda per essere creduta e che quindi smettevano di aver fiducia nel gruppo di Mion, finendo inevitabilmente attratti dallo schieramento avverso. La cosa migliore, così, sembrava non raccontare tutto, per il momento, e Rika decise di tacere su quell'incontro.

“E'... una specie... di presentimento” spiegò lei, alla fine “Quando l'ho visto ho avuto come l'impressione che seguisse le indicazioni di qualcun altro.”

“Quindi secondo te c'è ancora in giro qualcuno che desidera la morte di Rena?” chiese Keiichi “Se fosse così lei sarebbe ancora in pericolo.”

“Però se è così c'è qualcosa che non mi è chiara.” replicò Satoko “Immagina che loro siano un gruppo numeroso. Se io fossi in loro e portassi Rena-san in quel bosco, allora lancerei un attacco in massa, e non manderei un solo uomo a cercare di ucciderla. Uno scontro uno contro uno non ha mai un esito scontato, se invece l'avessero circondata non avrebbero corso rischi. Sarebbe stato dieci volte meglio, per loro.”

“Satoko non ha tutti i torti, indubbiamente... Ma io mi fido di te, Rika-chan.” esclamò Keiichi “Avevi avuto ragione in passato... Avrai ragione anche sta volta.”

Gli altri si mostrarono d'accordo con lui, e Rika apprezzò quella fede così forte in lei. Però la critica di Satoko era pertinente, in effetti, ci doveva essere una spiegazione se questo famigerato Mister X aveva mandato Seohara allo sbaraglio. Si guardò attorno, per vedere dove fosse Mion.

“Mii-chan, ci puoi aiutare?”

La ragazza con la coda di cavallo sembrava un po' distratta, ma rispose comunque all'appello di Rika: “Huh? Che... che posso fare per te?”

“Ti ricordi l'estate scorsa? Quando ti avevo raccontato che stavo disegnando un manga, e quando tu ci hai parlato di tutte quelle storie di complotti ed intrighi tra le due fazioni della Tokyo, quelle che combattevano senza esclusione di colpi per assumere il controllo dell'organizzazione e che non avrebbero esitato ad uccidere la Regina Portatrice? Eri stata tu ad avere quelle idee, ed io vorrei sentire il tuo punto di vista anche su questa questione, forse puoi darmi una valida interpretazione di questa vicenda.”

“Come... Come volete. Vediamo un po'...” La ragazza ammirò il soffitto della clinica, cercando di generare dal nulla una possibile teoria. “Dovrei cominciare dal fatto che qualcuno controllava Seohara, e che questo qualcuno potrebbe anche non avere intenzione di fare del male a Rena, non direttamente almeno...”

Mentre lei parlava, Alice stava osservando il fratello, Stranamente lui non stava mettendo becco nella discussione, il ragionamento era di solito la sua specialità. Perchè non sta parlando, invece? Come se volesse restarne fuori...

Certo, non sembrava indispensabile dare una mano a Mion, visto che quest'ultima chiese presto agli altri di avere un foglio di carta ed una volta ricevutolo iniziò a scrivere su di esso. Un segnale inequivocabile, aveva avuto quella che poteva essere una buona idea. Così, Alice si limitò a guardare le mani della sua amica mentre esse erano intente a disegnar caratteri in modo da realizzare uno schema chiaro e semplice da leggere.

“Eccolo qui, ho finito!” annunciò lei, al termine “Dovrebbe andare bene...” Esaminò quello che aveva scritto, con uno sguardo però non del tutto soddisfatto, tanto che dopo pochi secondi si affrettò ad appallottolare il foglio ed a gettarlo nel più vicino cestino dell'immondizia, dicendo: “Nah, faccio prima a spiegarlo a voce, sarà più chiaro a tutti. Sapete, la conclusione che ho raggiunto è che, partendo da questi presupposti, c'è un nemico a piede libero che aveva un qualche rapporto con Seohara-san: qualcuno che aveva uno scopo diverso dal suo ma che in qualche modo era legato a quello che Seohara-san stesso si era messo in testa di fare.”

“Bene. E quale sarebbe questo proposito?”

“Se lo sapessi, sarei Oyashiro-sama, o un'altra specie di Dio...” Sentendola, Hanyuu tossì.

“Sarebbe più facile se conoscessimo l'identità di questo nemico senza volto... L'ipotesi più banale sarebbe supporre che questa persona misteriosa sia in realtà Megumi-san... E in questo caso sarebbe un gioco da ragazzi indovinare chi sarebbe il suo vero obiettivo...”

Tutti guardarono sbigottiti Giancarlo, che aveva pronunciato quelle parole decisamente insinuanti, e poi puntarono gli occhi su Mion. Che razza di idea poteva essere quella? Poteva essere possibile? Nondimeno, udendo quella teoria la ragazza dalla coda di cavallo non poté nascondere un certo disagio, eppure trovò istantaneamente la forza di rispondere: “Non ci credo, abbiamo fatto delle indagini accurate sul suo conto e non è spuntato fuori il minimo sospetto. Con le sue ricerche Kasai ha escluso categoricamente che la zia sia mai stata ad Ibaraki negli ultimi anni, e la possibilità che abbia incontrato Seohara-san da qualche parte rasenta lo zero. D'altro canto, mi auguro con tutto il cuore che Megumi-san non sia caduta così in basso da disprezzare la vita umana fino a questo punto, mandare quel ragazzo a morte sicura per spingerlo ad ammazzare l'oggetto del suo odio viscerale... Voglio dire, che cosa ci ha guadagnato la zia dalla lotta tra Seohara-san e Rena? Era solo una messinscena, secondo te, uno spettacolo di burattini? Un modo buono come un altro per mostrare a tutti che io non sono brava a proteggere i miei amici, e quindi che non sono in grado di tutelare il mio clan? Un trucchetto per mettermi in cattiva luce? Per farmi stare male, per deprimermi ancora di più?”

“Non saprei... Bisognerebbe vedere se ha funzionato. Come ti senti ora?”

Una domanda semplice e tagliente come la lama di un rasoio, che fece abbassare gli occhi a Mion. In fondo, era proprio quella la ragione che la rendeva così distratta, la ragione per cui lei stava parlando meno degli altri, e meno di quanto facesse solitamente. Mion si sentiva in colpa per quello che Rena aveva vissuto sulla sua pelle. Come fa questo a...

Ma non poteva ammettere questo senso di vergogna, né agli altri né tantomeno a se stessa, e le ci volle poco per comprendere come la domanda di lui in realtà contenesse anche la risposta: Non ti devi sentire in colpa, non è colpa tua. Giancarlo non l'aveva detto a voce alta, ma era come se lo avesse fatto. Pertanto, la ragazza rialzò lo sguardo e quindi replicò quasi gridando: “Mi sento bene, che domande! Sono più forte di quello che credi, signorino. E se farmi sentire in pena era il vero obiettivo della zietta, allora ha miseramente fallito. I vecchi sottovalutano sempre i giovani, pensano sempre di avere a che fare con dei mocciosi.”

Sapendo quanto orgogliosa fosse Mion, per una volta Giancarlo aveva toccato il tasto giusto. “Era quello che volevo sentire da te.” sorrise lui “Un conto è essere tesi per i tuoi amici, non ignorare i loro problemi; un altro conto, invece, è paralizzarsi per colpa di paure e timori assortiti e decidere di non far nulla, terrorizzati dall'idea di fare qualcosa di sbagliato? Ti ricordi quando Rika-chan spiava me e Nee-chan a casa nostra, e noi tutti abbiamo avuto quella piccola disputa? Non posso certo dire che ero felice di vederla appiccicata al vetro della finestra di casa mia, ma dovevamo sistemare la cosa in qualche maniera e così abbiamo fatto.”

“Oh sicuro, come potrei dimenticarlo?” aggiunse Flavia, saccente “E dopo che tutto era finito siamo andati a casa e tu ti sei abbuffato di caldarroste.”

“Non ci posso fare nulla, scusa tanto.” replicò lui seccato “Io amo le castagne ed Ottobre è il culmine della loro stagione. Adesso non dovrei mangiarle perché sennò fai del sarcasmo?”

“Adesso siamo arrivati a disquisire di frutta secca... Pfui” mormorò Mion, cercando di sembrare di buon umore “Almeno il nonno amava gli ohagi e Batcha poteva fargli piacere cucinando quei tortini... Nel tuo caso, invece, la tua compagna dovrebbe solo raccattarli da terra o tirarli giù dai rami degli alberi, e poi pelarle e scaldarle... Come genere di cucina sarebbe davvero poco gratificante.”

Il ragazzo arrossì, colpito nei suoi gusti e nelle sue abitudini mangerecce, mentre Shion picchiettò ripetutamente la schiena della sorella con il gomito, per punzecchiarla: “Onee, non dovresti fare questo genere di discorsi ad un ragazzo, potresti deluderli, oppure rischia anche di fargli venire delle strane idee in testa...”

Mion la scrutò, apparentemente impassibile e senza parole. Quindi, dopo un momento: “Oh, sicuro, dovrei fare più attenzione a quel che dico.” Non rispose altro, e pareva più divertita che irritata dal commento di Shion.

“E comunque” concluse Flavia “Personalmente non vado pazza per le castagne come te, io preferisco di gran lunga le fragole. Forse è perché preferisco la primavera all'autunno, da piccola ero sempre contenta di farne una scorpacciata perché era il segnale che i freddi giorni dell'inverno erano finiti. Peccato che – miseriaccia – ora siamo a Febbraio e non ce ne siano molte in giro... E dire che in questi giorni ho davvero una voglia matta di fragole...”

“E da quando ce l'avresti?” le chiese Alice, che subdola aveva fiutato il messaggio implicito “Da dove salta fuori questa storia? Spesso e volentieri le donne che dicono di avere voglia di qualcosa sono in dolce attesa, non è che per caso sei rimasta incinta?”

“Oh, non saprei... Questa mattina presto la vostra sorellona ha ricevuto una notizia sensazionale...” rispose Flavia, sibillina, prima di ridere colma di gioia. Sì, era chiaro che Alice aveva colto nel segno, e tutti lo capirono. La donna aspettava un figlio e l'aveva appena usato come pretesto per uscire da quell'argomento così triste e pesante.

“Perchè ci devi sempre fare questi giochetti... ed io sempre lì a cascarci...” brontolò Giancarlo, prima di essere travolto dalle altre ragazze che circondarono l'ispettrice e la sommersero di domande a raffica:

“Oh mio Dio! E' vero? Davvero?”

“Sono così contenta per voi, congratulazioni!”

“E' un maschietto? O una femminuccia? O forse volete scoprirlo solo quando viene alla luce?”

“Che nome avete scelto per lui, o per lei? Come avete intenzione di chiamarlo? Ce l'avete un'idea di base o siete indecisi? Potrei suggerirvi un paio di nomi giapponesi dal significato profondo ed affascinante...”

“Quando dovrebbe arrivare?”

“Anche Rena sarà felicissima di saperlo. Glielo diremo tutti insieme, le daremo una bella botta di vita!”

E così via. Specialmente Alice era eccitata, non vedeva l'ora di essere chiamata «zia» da un dolce fagottino che saltellava indeciso sulle proprie gambette, ma anche Satoko e Shion sembrarono entusiaste, offrendosi di aiutarla quando necessario in qualità di aspiranti babysitter, nonostante al parto mancassero ancora un bel po' di mesi. Flavia stette comunque al gioco e si disse lieta di prenotare i loro servigi per l'anno successivo.

“Perlomeno, ci sono buone notizie anche in questo periodo tormentato.” concluse Rika, che stava contemplando da lontano la scena delle sue amiche che continuavano a ronzare intorno alla futura madre con ogni sorta di curiosità e domanda personale, non lasciandole respiro. “Però sono ancora preoccupata...”

Hanyuu era alla sua sinistra, e sentendola dire ciò la osservò in silenzio, chiedendole con lo sguardo implorante cosa intendesse dire. E la sua discendente, a bassa voce, rispose così: “Io non riesco ancora a scorgere quello che il destino ha imbastito per noi. Tuttavia... Tuttavia temo che non sia nulla di buono. Noi abbiamo sconfitto il fato una volta, combattendo tutti assieme, ma ora esso sta compiendo la sua vendetta colpendoci uno alla volta, impedendoci di unire le forze come vorremmo.” Si allontanò da lì, lasciando il gruppo, e camminò fino a raggiungere la finestra, rimirando il panorama da lì esattamente come aveva fatto Irie qualche minuto prima. “Mii-chan è stata la prima ad essere maledetta, grazie all'ATPC nel suo sangue. Io sono stata la seconda, a causa di Ouka, ed ieri è stato il turno di Rena. A questo punto mi sembra inevitabile farsi questa domanda... Ora a chi tocca?”

 


Nota dell'Autore: Mi sembra di scrivere una fanfic di Detective Conan, quando stendo questi capitoli. A volte rischio di perdermi nei meandri della mia stessa mente bacata... :p

Scherzi a parte, questa parte, oltre a “chiudere” la guerra Seohara-Rena, mi serve anche ad introdurre la sequenza successiva. Ho ricordato cose che diverranno molto importanti più avanti, e quindi rimanete sintonizzati :)

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Capitolo 41
*** Separazione ***



Capitolo 40: Separazione



Hinamizawa, 25 Febbraio 1984

Rena fu costretta a soggiornare alla Clinica per un po' di tempo, a causa delle sue condizioni fisiche, ma lei non se la prese troppo per questo, Andare a casa sarebbe stato imbarazzante, al momento. Lei e suo padre volevano prendersi qualche giorno di riflessione per pensare a quello che era successo, ed entrambi avevano ritenuto che la cosa migliore fosse non incontrarsi ed a non vivere sotto lo stesso tetto, per ora. Come ogni bravo parente degno di questo nome, l'uomo le telefonava ancora di tanto in tanto, per informarsi sulla sua salute, o sulla data del suo rientro a casa, o se lei avesse bisogno di qualcosa. Ma non andavano oltre a queste domande elementari, nei loro brevi dialoghi. Tra loro sarebbe mai potuto tornare tutto alla normalità, un giorno? Alice aveva detto agli altri di essere ottimista ed anche il resto del gruppo lo sperava, ma la vera risposta a questa domanda la conoscevano solo i membri della famiglia Ryuugu, nel loro cuore. Loro, e nessun altro.

Piuttosto, vi era ora una faccenda più urgente a cui pensare. Quella mattina a scuola, alla fine delle lezioni, Mion aveva annunciato che il giorno successivo si sarebbe recata a Kiyotsu. Così, senza preavviso.

“E sta storia da dove salta fuori?” chiese infatti Keiichi “Quello è un villaggio microscopico, quattro case in croce, io non ci sono mai stato... Che ci devi fare là in capo al mondo?”

Kiyotsu era uno dei villaggi più vicini ad Hinamizawa, andando a piedi era anche più vicino di quanto non fosse Okinomiya. Ma era popolato da meno di trecento anime, la maggior parte delle quali erano di contadini, e non c'era mai nulla di interessante da quelle parti. Situato dietro una delle montagne tutte intorno alla vallata, era priva di negozi, di cinema, di circoli sportivi e di qualsiasi altro tipo di struttura che potesse fornire una qualche forma di intrattenimento; difficilmente qualcuno da fuori ci si recava, infatti, e non era un caso che il villaggio si fosse spopolato con il passare degli anni, come era capitato in passato ad altre località simili come Yagouchi e molte altre. Nonostante ciò, vi era ancora qualcuno che risiedeva su quelle pendici, e quel qualcuno aveva evidentemente meritato l'attenzione della ragazza dalla coda di cavallo.

“Lassù ho dei parenti, ed avrei intenzione di approfittare della loro casa per tenere il prossimo raduno di famiglia. Qualche giorno dopo la sfida che Megumi-san mi ha lanciato, avevo contattato il resto del clan facendo loro una proposta: se gli altri concordavano con me sul fatto che lasciare la guida del casato fosse una pazzia, allora ci saremmo dovuti incontrare da qualche parte per discuterne pacificamente da persone civili, in modo da trovare una soluzione rapida e soddisfacente.”

“Immagino che abbiano accettato tutti o quasi.”

“Tutti magari no, ma una buona parte sì. E poi... Ci sarà qualcuno di molto interessante, un ospite d'onore... A quanto mi hanno detto, la radice di tutti i nostri mali ci delizierà con la sua presenza.”

Keiichi la fissò. Mion cercava di essere naturale, ma si vedeva che era nervosa: “Non vorrai dire...”

"...Che anche Megumi-san sarà lì con noi. Ha affermato che non metterà becco nella discussione ma che vuole stare proprio a sentire quello che io ho da dire.”

“Mion, sei sicura che andrà tutto bene? Sento puzza di trappola lontano un chilometro.”

“Come commento è divertente, detto da qualcuno che il novantanove percento delle volte non riesce a scansare le trappole di Satoko-chan...” rispose lei, sforzandosi di essere scherzosa “Ma non ti crucciare, non sono ingenua e mi sono assicurata che non possano farmi del male in alcun modo.”

“Sicura sicura?”

“Sicurissima. Tutta la famiglia sa di questo incontro, l'ho informata io, e se qualcosa di male accadesse a me, oh... Loro la pagherebbero a caro prezzo. La zia brama il potere come nulla altro al mondo, ma se attaccasse la mia persona si alienerebbe il consenso di tutti i suoi sostenitori ed in pochi la vorrebbero ancora come nuova leader: Megumi-san passerebbe per una persona che non esita ad uccidere gli altri membri della famiglia per fini egoisti e personali... Avrebbero tutto da perdere, se decidessero di togliere la vita alla sottoscritta e gettarne i resti agli squali.”

“La cosa ha un suo senso, ma non dovresti parlare così, comunque. Da quando sei diventata una pessimista? Non ti fa bene parlare della tua morte con questa nonchalance!”

Mion sorrise: “Grazie, Kei-chan, apprezzo il fatto che ti curi di me. Terrò in mente tutti i consigli che vorrai darmi... Ma tu non dovresti essere così in pensiero per la mia incolumità. Dopo tutto sono stata io a proporre questo raduno, in teoria se c'è qualcuno che deve temere un'imboscata programmata quella è la zia. Anche se...”

“Anche se?”

“Anche se è vero che ho bisogno del tuo supporto. Vedi, il punto è che devo convincerli con le parole, e non sono certa che la mia autorità basti a rimetterli in riga?”

“E quindi ti serve un certo «Mago delle Parole», ho capito bene?” Keiichi sogghignò “Ah, non è un problema, lo zio Keiichi sarà ancora una volta dalla tua parte. Riuscirò in qualche modo a trovare il modo di liberarmi e venire con voi.”

“Lo zio Keiichi? Adesso cominci anche a rubare le battute mie, le battute dello zietto? Va bene, va bene...” Keiichi la stava anche aiutando a tirar su il proprio morale, questa era una delle cose in cui lui era più bravo.

“Se Keiichi-san viene, vengo anche io.” esclamò Satoko, e Rika annuì vigorosamente.

“Mii-chan non sarà mai lasciata da sola al proprio destino, Nippa~!”

Gli altri seguirono prontamente l'esempio delle due bambine e circondarono allegramente Mion per farle sentire il proprio sostegno. Ovviamente, Rena non si sarebbe unita a loro nel tragitto verso Kiyotsu, era bloccata sul letto della Clinica, e verosimilmente Daijiro avrebbe preferito restare ad Hinamizawa con lei: il ragazzo non era al villaggio con loro, in quel momento, e quindi non potevano chiederglielo di persona, però era evidente che lui si sarebbe sentito fuori posto in mezzo a tutti quei Sonozaki e che restare accanto a colei che voleva proteggere lo avrebbe fatto stare un pochino meglio, un pochino meno in colpa per quello che era capitato a Rena. Non sarebbe stato un problema non averlo con loro, in fondo Daijiro non sapeva certo parlare come Keiichi; al gruppo bastava sapere che anche chi non avrebbe partecipato all'incontro sarebbe stato comunque con loro, con lo spirito. L'attuale capo del clan Sonozaki non era affatto isolato, come Mion stessa poteva chiaramente percepire.

“Quindi è tutto deciso. Per che ora dove essere là, per la precisione?” chiese Satoshi “Ci potremmo incontrare tutti assieme qua a scuola un'ora prima, in modo da organizzarci per il trasporto.”

“Ottima pensata.” concordò Shion “Per ora, noi siamo in otto se non mi sono rimbecillita con la conta. Ci occorreranno come minimo un paio di macchine in più.... Beh, Ali-chan può usare l'auto di famiglia, ma comunque ce ne serve almeno un'altra...”

“Ah, giusto, prima che mi dimentichi, c'era una cosa che volevo dire.” Mion interruppe la sorella, con un atteggiamento che era divenuto estremamente serio. Quindi, girandosi verso Alice, le chiese: “Ali-chan, devo chiedere a te e tuo fratello di rimanere qui ad Hinamizawa, mentre noi siamo via.”

Una richiesta inaspettata, giunta come un fulmine a ciel sereno, ed infatti l'altra ragazza strabuzzò gli occhi, perplessa: “Perchè?”

“Io... Io non voglio che voi veniate con me solo per fare numero. Preferisco così. L'edificio in cui terremo il raduno non è particolarmente vasto, e ci saranno già caterve di zii, cugini ed altri parenti che ci attenderanno. Portare là più persone di quante me ne servono potrebbe risultare anche controproducente, passerei per una ragazzina insicura a cui piace circondarsi di amici e leccapiedi solo per racimolare qualche pizzico di autostima. Inoltre, per quanto riguarda la questione del trasporto sollevata da Shion... Beh, non è quello il problema, non sarà difficile trovare una soluzione, sono una Sonozaki dopo tutto e non una qualsiasi.”

“Sei sicura che non ci sia nulla che io e Nii-chan possiamo fare per te, allora?”

“Potete stare qui e tenere d'occhio la situazione ad Hinamizawa. Non mi piacerebbe che ne approfittassero per venire qui e fare qualcosa che noi non avevamo previsto, ed avere un paio di vedette fidate che controllano il villaggio è sempre una buona cosa. Sì, potete fare questo.”

Come decisione questa poteva avere un senso, ma Alice non ne era entusiasta, in verità. Sembrava quasi una giustificazione che Mion aveva trovato al momento, una scusa per tenerli lontani dagli altri. Se lo avesse pensato prima, allora lo avrebbe detto all'istante e con chiarezza, in modo da non lasciare adito a dubbi. Invece, il sentire come tutti volessero venire con lei l'aveva resa un po' agitata. Non gradiva l'idea, evidentemente, voleva allontanarne qualcuno da sé. “Io... Io spero che non ne abbiate a male, per questo...” concluse quindi la ragazza, un po' inquieta sapendo di non aver fatto una proposta piacevole.

Infatti, ad Alice dispiacque di essere stata relegata ad un ruolo secondario, ma non potè fare altro che accettare: “A me sta bene, se pensi che possiamo darti una mano così, allora faremo quello che desideri. Questo è il tuo villaggio, di sicuro ne conosci i segreti meglio di chiunque altro e sai come agire di conseguenza. Sei d'accordo con me, Nii-chan?”

Anche Giancarlo era perplesso, e non rispose. Non sembrò apprezzare la decisione che gli era stata prospettata davanti. Ed infatti alzò la mano per prendere parola, prima di chiedere: “Posso sapere la ragione per cui noi dobbiamo stare qui?”

“Ho già risposto a questa domanda.”

“Non è corretto. Perchè hai scelto noi due, come guardie? Io penso che Alice ed io saremmo più utili insieme a te. Dovresti incaricare qualcun altro.”

“E chi sarebbe il tuo candidato ideale? Chi dovrebbe starsene ad Hinamizawa solo soletto?” L'altro fece per aprire bocca, ma Mion lo anticipò: “Prima che tu risponda, sappi che abbiamo già deciso che mia madre verrà con noi, anche se lei e la zia non si possono vedere. Stiamo per discutere su una faccenda di vitale importanza che interessa tutta la nostra famiglia, e non intendo essere influenzata dai capricci e dagli odi di quella donna.”

“Allora... Se non è un problema posso prendere io il loro posto.” suggerì Satoshi “A me non dà fastidio restare in una zona tranquilla.”

“Fuori discussione. È inutile fare i timidi o i reticenti, sappiamo tutti che presto farai parte a tutti gli effetti del clan Sonozaki e devi cominciare a partecipare attivamente a quello che succede all'interno della famiglia.” Shion divenne paonazza all'udire le parole della sorella, ma la causa del suo disagio non era tanto il sentir strombazzare ai quattro venti del proprio rapporto sentimentale, quanto il fatto che lei non riusciva a capire perché Mion stesse parlando così acidamente.

Neanche il ragazzo gradì quella risposta più di tanto. Giancarlo riteneva che la sua fosse una critica legittima, e quella ripicca ricevuta da Mion non era quello che voleva sentire. Lui voleva sapere perché lei aveva deciso in quel modo, non gli andava bene accettare la sua autorità senza capire cosa ci fosse dietro. Quindi le si avvicinò, e sostenendo il suo sguardo le chiese: “Non è che magari c'è un altro motivo, Mii-chan?”

“Vuoi proprio saperlo?” replicò lei, dopo aver temporeggiato un attimo “Io non ci tengo a vederti eseguire un altro show come quello che hai fatto alla prefettura durante la Guerra delle Frane. Saresti contento se tu ripetessi quello che hai combinato al povero Nabiha-san, se tu scappassi come un disgraziato in preda ai rimorsi che desidera solo di morire per la vergogna? Perchè l'altra volta è successo proprio questo, non negarlo. E ringrazia il cielo che Daijiro-kun sia una persona giudiziosa e che non provi risentimento nei tuoi riguardi, dopo il modo in cui hai trattato suo padre.”

“Quindi è questo quello che ti condiziona.” ribattè lui “Hai così paura che io possa impartire una lezione a qualcheduno dei tuoi parenti, forse?”

“Non sarebbe così male, se tu fossi in grado di indurre la zia Megumi a fare un passo indietro... Ma non sei forte abbastanza da riuscire in un'impresa del genere. Quella vecchia strega ne ha viste tante e di esperienza ne ha a bizzeffe, ha vissuto sotto lo stesso tetto di Batcha per anni e non è un pesce piccolo come Nabiha-san. Ti faresti solo del male se tu ci provassi.”

“Adesso però mi stai parlando come se io volessi venire con voi e fare il gradasso, comportandomi come un prepotente che vuole imporre le proprie regole ad amici e nemici... Io non voglio certo farlo. Voglio solo dare una mano, non causare altri guai. Me ne starò tranquillo, lo prometto.”

“Tu non capisci proprio... Io non voglio che tu stia con noi, domani. Non ti voglio tra i piedi.”

“Ma perché.”

“Perchè saresti solo d'intralcio.”

Mion lo stava guardando con un'aria cattiva.

“Io... sarei...”

“... D'intralcio. Una palla al piede. Che potresti fare, una volta salito fin lassù con noi ed entrato nella stanza? Niente, non avresti il diritto di parola, probabilmente, visto che non sei un membro della famiglia. E Kei-chan basta e avanza per me, come consigliere. Ci saranno molte persone al mio fianco, domani, persone che mi daranno suggerimenti, protezione, aiuto... Quale sarebbe il tuo posto in questo scenario, dimmi? Che cosa puoi darmi tu che gli altri non possono?”

Giancarlo non rispose, e Mion terminò il proprio discorso: “Non è che io voglia essere scortese, ma devo anche dire le cose come stanno. Mi ricordo che una volta tua sorella aveva paragonato lei e te ai due jolly di un mazzo di carte. Lei ci aveva visto giusto, quel giorno, aveva colto nel segno più di quanto tu possa pensare. Cerca di capire cosa significa realmente, questa metafora... Quando si gioca a un gioco di carte, quasi sempre la prima cosa che fanno gli sfidanti è cercare i jolly nel mazzo e scartarli, separandoli dal resto delle carte. Questi due pezzi di cartoncino osservano delle regole proprie, distinte da quelle degli altri, e sono inclusi solo in giochi speciali... in eventi speciali, quindi. Quello di domani non è un giorno speciale, quindi non ha senso che tu ti immischi. Cerca di fare il bravo e di capirmi, per favore.”

L'altro ragazzo era visibilmente rattristato, ma Mion aveva parlato e non c'era niente che potesse farle cambiare idea. Non era il primo litigio tra i due, si ricordavano tutti il giorno in cui la ragazza aveva scaricato la propria rabbia contro il compagno di classe, qualche mese prima; ma questa volta era diverso. Nessuno dei due pareva arrabbiato con l'altro, erano piuttosto presi da una specie di incertezza e irrequietezza. Entrambi stavano cercando di ribellarsi a una paura ignota che non riuscivano a delineare con precisione ma che li turbava dal profondo.

Ad ogni modo, Alice si interpose tra i due, cercando di stemperare quella tensione snervante: “Va bene, va bene... Io e Nii-chan ce ne staremo buoni e andremo a trovare Rena-chan e Daijiro-kun, se sarà il caso. Terremo alto il suo morale, vero che lo faremo, Nii-chan?”

“Se tu desideri farlo sei libera di andarci, Nee-chan, ma personalmente allora preferisco starmene a casa mia. Non sono bravo a risollevare le giornate altrui, specialmente con l'umore che ho oggi.” Il giovane raggiunse l'uscita dell'aula in cui si trovavano e si limitò ad augurare questo: “Buona fortuna per domani, allora. Spero che tutto si risolva per il meglio, ne abbiamo tutti bisogno.” Fece scorrere la porta, e lasciò la classe.

In quel momento, Rika fece un segno ad Alice, che comprese immediatamente il suggerimento e lasciò a sua volta il luogo per raggiungere il fratello. La bambina dai capelli blu, invece, si rivolse a Mion: “Tu pensi che sia stata una buona idea? Alla fine non voleva fare nulla di male, e a me sembra che tu abbia ferito un poco il suo orgoglio.”

“Non dubito della sua buona fede, tutt'altro. Non intendevo umiliarlo, anzi... Io cercavo solo di proteggerlo.”

“Da cosa?”

“Da se stesso. Non mi farebbe certo piacere vederlo soffrire. Quel giorno alla prefettura era stato un esempio chiarissimo di quel che intendo, te lo rammenti? Se l'era svignata, pentendosi di come aveva conciato Nabiha-san. Ma potrei ricordarti anche altre occasioni, tipo il giorno in cui mi eravamo soli e lui mi ha mostrato le sue... le sue cicatrici...”

Anche gli altri sapevano di quelle vecchie ferite, ormai, Alice e Flavia avevano parlato a tutto il gruppo di quella storia. Poco a poco, quindi, i ragazzi che erano lì stavano iniziando a capire come Mion si sentisse, mentre lei si sedeva sulla sedia guardando attraverso la finestra un panorama spoglio e privo del minimo alito di vento. “Questa volta non mi sbaglio. C'è un lato oscuro nel suo carattere, e questo mi fa paura... E non sono l'unica. Anche Rena mi ha confermato questo timore, ha la mia stessa opinione al riguardo, me ne ha parlato una volta. C'è... qualcosa dentro di lui che poco alla volta sta... consumando e corrompendo tutta la sua anima.”

Rika si girò verso Hanyuu, che facendo spallucce diede ad intendere di non aver notato nulla di tutto ciò, e di essere dispiaciuta per questa mancanza. Così, compatendo la sua inutile antenata, la fanciulla chiese a Mion “E secondo te che cosa c'è, dentro di lui? Uno spirito maligno, un demonio come quello che i Sonozaki dicono di avere? Sarebbe ironico, ma appropriato viste le tradizioni e le leggende di Hinamizawa.”

“Sinceramente non lo saprei nemmeno dire. Ecco perché avevo chiesto anche l'opinione di Rena a riguardo... E lei mi aveva risposto con una frase che mi ha fatto meditare molto... Mi ha detto che per lei il problema di Gi-chan non è la presenza di qualcosa, quanto la sua assenza. Nel suo animo c'è un enorme vuoto, simile a un buco nero che non lascia fuoriuscire neppure un filo di luce. C'è... qualcosa che gli manca, qualcosa che non ha mai avuto in tutta la sua vita.”

“E di cosa si tratta?”

“Non lo so, e neanche Rena lo sa.” Mion osservò il proprio banco e poi Alice, prima di sussurrare a voce più bassa per non farsi sentire da quest'ultima: “Presumibilmente nessuno può rispondere a questo quesito, neppure Gi-chan stesso. Deve essere per questo motivo, che le sue sorelle vorrebbero che si trovasse una fidanzata: sperano di trovare un modo per colmare questo vuoto.”

Meno male che Irie lo ha vaccinato. Se Mii-chan ha ragione, non voglio nemmeno pensare a quello che sarebbe potuto succedere se la Sindrome l'avesse colpito...

Mentre Rika stava riflettendo su di ciò, Mion proseguì: “Sono consapevole che lui stia lottando contro questo suo lato oscuro: il giorno in cui mi ha restituito la bambola dopo averla rimessa a nuovo... io sono convinta che lo abbia fatto anche perché si sentiva in qualche modo dispiaciuto per quello che mi aveva fatto vedere.”

Mion sollevò il capo. Qualche giorno prima mi aveva mostrato il suo braccio martoriato, e quindi voleva dimostrarmi di avere anche un lato migliore, di provare di non essere un tizio col muso lungo incapace di provare felicità. Lui non si piace quando si arrabbia e diventa spietato come alla prefettura, non si piace per niente, ed ho capito che la sua vera indole è molto più gentile e premurosa, però... E' questo il punto, io non so se lui sia in grado di trattenersi, quando è messo sotto pressione, e perciò io credo che sia meglio che lui stia lontano da Kiyotsu e dalla zia, per ora. Non saprei dire cosa potrebbe avvenire, in caso contrario. La parte peggiore del suo ego potrebbe prendere il sopravvento, se qualcosa andasse storto, e Gi-chan allora potrebbe fare qualcosa di cui successivamente si pentirebbe.

Mion guardò Rika, e ripetè la seconda parte della sua riflessione ad alta voce. Solo la seconda, però.

“E' meglio che lui stia lontano da tua zia, dici...” commentò la bambina, quindi “Capisco. Però così sembra che tu abbia intenzione di... tutelarlo anche a costo di essere vista come una tiranna. A costo di costringerlo a detestarti... Perchè non puoi negare che tu sia stata poco carina con lui, adesso.”

Mion chinò mogia mogia il capo: “Io... Io non credo che appartenga a quella categoria di ragazzi. Non è uno che tiene il broncio in eterno, credo che sia uno di quelli che dà sempre un'immagine di sé peggiore di quello che è in realtà. Lui non ha mai imposto la sua volontà sulla mia, in tutte le volte in cui noi abbiamo dibattuto in questi mesi. Alla fine ha sempre obbedito... Sono fiduciosa sul fatto che accetterà la mia decisione, alla fine. In fondo lui mi ricorda un po' Batcha. Non è cattivo nel profondo, se lo fosse si sarebbe comportato molto peggio, prima; è solo un semi-imbranato che non riesce a relazionarsi al meglio con le altre persone. Può sembrare un po' freddo e severo con gli altri, ma fa così solo perché fa altrettanto con se stesso. Anzi, con se stesso lo è anche di più, credo.”

Shion tenne d'occhio la sorella. Quel discorso le aveva fatto rizzare le orecchie. E' stranissimo vedere come le persone cambiano gusti ed opinioni, ogni tanto... Di solito è rena a venir fuori con queste osservazioni strane sulla personalità degli altri, non è da Onee fare una cosa del genere. Mi chiedo come abbia fatto a capire certe cose, ammesso che siano vere. Sembra così seriamente preoccupata...

Shion era concentrata nei suoi pensieri, e quindi non fece molta attenzione a quello aggiunse dopo l'altra gemella: “Ma anche se mi sbagliassi, sono pronta anche a questa evenienza. Anche se lui decidesse di provare un risentimento autentico nei miei confronti, anche se lui non dovesse più fare pace con me, lo accetterei. Il potere comporta responsabilità, implica la disponibilità a compiere qualche sacrificio necessario. Questo è il mio lavoro, a suo tempo mi avevano avvisato di quello a cui andavo incontro, e sono preparata.”

Spero solo che non dovremo compierli, questi sacrifici. Ne ho già visti abbastanza..., pensò Rika. Le parole e le minacce di Ouka le ronzavano ancora in testa, e lei non aveva assolutamente intenzione di lasciarla da sola.

~-~-~-~-~

Il giorno dopo, come da copione, si recarono presso il villaggio di Kiyotsu. Alice, Rena e Daijiro rimasero alla Clinica di Hinamizawa, mentre Giancarlo restò a casa propria in attesa di novità; tutti gli altri, invece, andarono a quel paesino che si inerpicava sulle montagna, a bordo di auto che con difficoltà si facevano strada tra sentieri e mulattiere non adatte a mezzi motorizzati.

Mion aveva chiesto di stare da sola, nella macchina di Kasai, ed era stata accontentata. Non avere nessuno con cui chiacchierare non sarebbe stato un problema, in fondo la sua testa era già piena di assilli. La ragazza non riusciva ancora a capire perché Megumi non la volesse più come capo del clan... Voleva prendersi quel potere per sé, dopo essere stata come esiliata per tutti quegli anni? Ma aveva già una certa età, aveva superato la sessantina, e l'unico figlio che aveva avuto dal primo matrimonio era morto tempo prima; anche se avesse assunto il ruolo di capofamiglia, cosa sarebbe successo alla sua morte, senza alcun erede diretto? Vi sarebbe stata una nuova faida, molto probabilmente, dopo tutto se fosse riuscita a diventare la nuova leader il suo esempio avrebbe mostrato che tutti possono rivoltarsi contro chiunque, all'interno del clan. Ed anche se Megumi avesse designato un successore prima di passare a miglior vita molti non lo avrebbero riconosciuto rifiutandosi di obbedirgli, sulla scia di quanto avvenuto appunto tra lei e Mion. Insomma, sia che la zia puntasse ad assumere il comando sia che lo volesse lasciare a qualcun altro, come annunciato nel precedente incontro, una vittoria di Megumi avrebbe condotto i Sonozaki ad un rapido declino, senza alcuna possibilità di resurrezione, e Mion non poteva permettere che questa decadenza potesse avere luogo.

Ma Mion stessa era davvero in grado di assicurare loro un futuro migliore di questo? Al momento sapeva che molti dei membri della sua famiglia la vedevano solo come una ragazzina che non aveva ancora un marito che potesse badare a lei... I Sonozaki erano un clan profondamente ancorato alle proprie antiche tradizioni. Ma anche se avesse voluto compiacerli, chi avrebbe mai potuto scegliere come partner? Keiichi l'aveva rifiutata, nella sostanza, e Mion doveva escluderlo dalla lista dei papabili pretendenti. Satoshi era esclusiva proprietà di sua sorella, e lei non si sarebbe mai azzardata a sottrarglielo. E Giancarlo era escluso per principio. Che dire di Daijiro, allora? Sembrava un ragazzo onesto e irreprensibile, di sani valori... ma anche lui era fuori dalla sua portata. Quello si era poco a poco abituato a passare un incredibile quantità di tempo solo con Rena, la cercava sempre ogni volta che lui si recava ad Hinamizawa, ed anche Rena era sempre contenta di vederlo... Quel ragazzo era l'unica ragione che le consentiva di sorridere, in quel periodo tormentato alla Clinica. E se prima Mion non credeva all'amore a prima vista, ora osservandoli si stava ricredendo. Quei due formavano una coppia bene assortita, decisamente. Auguro loro buona fortuna...

Dove poteva cercare un compagno di vita, quindi? Un matrimonio di convenienza, arrangiato dalla madre con un buon partito che viene da chissà dove? No, Mion non voleva avere uno sconosciuto in casa. Ci sono moltissimi uomini che all'esterno appaiono irreprensibili ma che nella vita familiare si rivelano essere violenti e crudeli... perlomeno, la ragazza voleva avere come compagno qualcuno che conosceva e rispettava. Un possibile pretendente da Okinomiya, quindi? Lei aveva degli amici che vivevano là, poteva essere una soluzione. Però non la soddisfaceva del tutto... Sob, sono davvero una frana quando ho a che fare con i ragazzi...

“Mion-san, siamo giunti a destinazione. Le auguro di avere successo.” disse improvvisamene Kasai, scuotendo Mion dal torpore. La ragazza si risvegliò dal suo monologo interiore, quindi usci dall'automobile.

Insieme con i suoi compagni di classe, incontrò i parenti lì presenti, salutandoli cordialmente. Poi, giunsero in vista di Megumi, sempre incollata al suo servo silenzioso. Quello che giorni prima aveva strappato il kimono di Mion con il suo coltello, facendole esibire contro la sua volontà il tatuaggio che tuttora portava sulla schiena. La ragazza ebbe un brivido di freddo, vedendolo, ma sapeva anche che Kasai era stato istruito affinchè la seguisse come un'ombra: questa volta avrebbero evitato sorprese decisamente inaspettate e spiacevoli.

Non lontano da loro, un altro individuo stava fissando il gruppo di ragazzi che stava sopraggiungendo. Nessuno di loro lo aveva mai visto dal vivo, ma le gemelle Sonozaki avevano già visto una foto che lo ritraeva. Era il secondo marito di Megumi, Goemon. Una persona comune dall'aspetto attempato, sicuramente aveva più di settant'anni. Più basso di sua moglie a causa di un leggero incurvamento della schiena, aveva come tratto distintivo un labbro leporino sopra il quale vi era un paio di baffi grigi e sottili. Nella mano destra teneva un bastone da passeggio, ed il suo incedere aveva un che di incerto ed esitante. Ma i suoi occhi grigi erano vispi e guizzanti, tradendo un'intelligenza di molto sopra alla media. Uno sguardo intimidatorio a cui però Mion non volle sottomettersi, e perciò la ragazzo si preparò spiritualmente per la battaglia, entrando decisa nella sala. Shion la seguì subito, ma era inspiegabilmente agitata. C'era qualcosa che l'aveva messa in allarme. Quando l'avevo visto in fotografia non avevo avuto questa impressione, ma ora... Non so perché, ma è come se io l'avessi già visto da qualche parte, tempo fa...

Di lì a poco, l'assemblea ebbe inizio, e Megumi fu la prima a parlare: “Prima di discutere su tutto quello che volete, vorrei fare le condoglianze al vostro gruppo per la tragica sventura avvenuta alla vostra amica Ryuugu Rena-san. E' stato un increscioso incidente a cui non vorremmo mai assistere, ma è tipico di questa vita dovere affrontare questi eventi sfortunati. Sono convinta che questo sia stato un duro colpo per voi, Mion-san... La vostra amica era in pericolo e voi siete arrivati quando era troppo tardi...”

“Figlia di una...” Mion digrignò tra sé e sé “Sta insinuando che sia stata solo colpa mia...” Ma recuperò in fretta l'autocontrollo, doveva prendere la parola per cercare di convincere i membri indecisi della famiglia a mettersi dalla sua parte. La sera prima Keiichi aveva composto per lei un discorso che lei aveva rapidamente imparato a memoria, ed i ragazzi erano piuttosto ottimisti sul fatto che con esso avrebbero ottenuto il loro scopo.

Ma era davvero così? Mion ormai stava parlando da qualche minuto, e non riusciva ad intuire se le cose stessero andando bene. Si aspettava domande e critiche, specialmente da Megumi o da qualcuno del suo seguito. Invece, stava solo ascoltando... La ragazza dalla coda di cavallo le posava lo sguardo addosso ogni dieci secondi, per vedere se ci fosse un qualsiasi segno di reazione, ma non succedeva nulla. Era pur vero che il giorno prima la donna aveva annunciato che non sarebbe intervenuta in prima persona nel dibattito, però Mion si aspettava che quella vipera non avrebbe mantenuto questa promessa, che l'avrebbe violata. Invece... Invece gli unici dubbi a cui lei dovette rispondere provenivano da altri partecipanti all'incontro, e non si trattava di nulla di difficile o pericoloso da gestire, per lei. Tutto filava fin troppo liscio.

Mion finì di esporre le proprie ragioni dopo una ventina di minuti, e chiese infine se vi erano dubbi ulteriori. Li aveva convinti? Lo avrebbe saputo presto. Ed infatti una mano fu lentamente alzata per chiedere il permesso di parlare, e Mion vide che apparteneva a Megumi. La ragazza lo sapeva, la zia stava per compiere la propria mossa: “Le tue sono frasi carine ed appropriate, ma come facciamo a sapere che esse rispecchiano la verità? Abbiamo bisogno di fatti, non di parole, e quindi ho qui una proposta su misura per te.”

Una proposta? “Che hai in mente di fare?”

“Prima dimmi se accetti.”

“Mi spiace se sono insistente, ma di te non mi fido. Prima di accettare o meno voglio sapere tutti i dettagli.”

“Che rompiscatole... va bene, va bene, è ancora una richiesta ragionevole, quindi la esaudirò. Goemon, te ne occupi tu, caro?” La donna si alzò in piedi con un solenne movimento, e quindi aggiunse: “Nel frattempo, devo chiedere a tutti gli altri di lasciare con me questa stanza. Non voglio che qualcuno interferisca o che li influenzi negativamente.”

“Spero vivamente che questa non sia una trappola.” mugugnò Akane.

“Ti ho detto che verrò con voi, non ti angosciare. Sarò il vostro ostaggio. Se qualcosa di male succedesse a tua figlia, beh... passerei un brutto quarto d'ora.”

Keiichi e Rika però rimasero contrari all'idea. I due preferivano rimanere, consci che ci poteva essere qualcosa di losco sotto, ma Mion disse loro che andava tutto bene ed a loro non rimase che obbedire, riluttanti, seguendo gli altri fuori dalla stanza. Quindi, quando la porta dietro di loro fu richiusa, Mion fissò l'uomo di fronte a lei, guardinga. Se Megumi si fidava a tal punto del marito per il suo piano, allora Goemon Sonozaki doveva essere matto almeno tanto quanto lei; per di più, di lui non conosceva neanche la voce, non lo aveva mai sentito parlare, e la cosa la lasciava un po' a disagio. Comunque si fece coraggio e gli chiese: “Allora, che cosa vuoi che io faccia, per convincervi ad alzare bandiera bianca una volta per tutte?”

“Ci ho pensato a lungo in questi giorno, ad essere sincero, ed alla fine delle mie riflessioni sono giunto alla conclusione che tu dovresti dare dimostrazione pratica di quello che hai detto. Tu hai dichiarato che il tuo fine ultimo è tutelare la famiglia, quindi io voglio verificare se tu sei in grado di proteggere qualcuno.”

Mion non disse nulla, aspettando che l'altro continuasse. “Sì, è naturale, tu vuoi sapere di più... Farò del mio meglio per non dimenticare nessun dettaglio, è tuo diritto essere trattata così. Mettiti comoda, non sarà una storia breve... Non ti fa niente se fumo, vero?”

La ragazza scosse la testa, dandogli il permesso, e lui estrasse una pipa di legno dal suo taschino. Quindi, dopo averla accesa e dopo aver contemplato il fumo che iniziava a fuoriuscire dall'estremità, l'uomo prese a parlare: “Sai, è molto tempo che studiamo il villaggio ed i suoi abitanti. Molto, moltissimo tempo. Potrei perfino affermare di conoscere i fatti più recenti di Hinamizawa meglio di voi.”

“Ma davvero?”

“Eh, già. Sappiamo addirittura dell'esistenza della Sindrome, sebbene voi abbiate fatto di tutto per tenerla nascosta – l'avete fatto a ragion veduta, per motivo più che valido, ora non fraintendermi.”

La coda di cavallo della ragazza ebbe un sussultò e volò sopra la testa di Mion, mentre tutto il suo corpo ebbe un fremito per lo shock. Perchè quell'uomo si era messo a parlare di quella roba?

“Mion-san, io e te apparteniamo alla famiglia Sonozaki, ed è inutile ricordare come entrami sappiamo molto bene come vanno le cose in questo mondo... Ma al contrario di quello che ha fatto il ramo principale del clan in tutti questi anni, io e mia moglie sappiamo come sfruttare al massimo le risorse di cui disponiamo. In passato, avevo già avuto notizia della presenza di un'organizzazione segreta che aveva operato da queste parti: un'associazione a delinquere il cui obiettivo era il conseguimento del potere tramite i mezzi più vari e sleali. Certamente non sapevo se erano solo voci di corridoio o se in esse vi era un fondamento di verità, ma se un gruppo così potente si era interessato a questo posto allora bolliva qualcosa di grosso in pentola, così ho voluto controllarle... E la conferma arrivò da quella donna che lavora ancora all'Istituto Irie... Takano-san, mi pare che si chiamasse. I dati di cui eravamo in possesso affermavano che lei avesse fatto parte di quell'organizzazione, e devo dire che è stato facile farle rivelare tutto quello che sapeva. Non abbiamo neppure dovuto ricorrere alle minacce, l'abbiamo incrociata in un giorno in cui era rimasta da sola e lei non ha opposto resistenza. Era così debole e fragile, quel giorno, chissà cosa deve aver passato negli ultimi tempi.”

“Da Takano-san scoprimmo che l'organizzazione era chiamata con il nome di Tokyo, e che non era composta di moltissimi membri. Essa ha un gran numero di collaboratori, ma il gruppo di coloro che detengono effettivamente del potere all'interno dell'associazione è piuttosto limitato. Non è stato facile rintracciare qualcuno all'interno della Tokyo, ma alla fine le descrizioni di Takano-san ci hanno permesso di identificare una donna dai capelli grigi che soleva farsi chiamare con svariati nomi fittizi: alcune volte era Takagi, altre volte Watanabe, altre ancora Nomura... Quale fosse il suo vero nome non contava, ciò che importava era il fatto che attraverso lei siamo riusciti a stabilire un contatto con i membri principali di quella cricca... E gli abbiamo gentilmente fatto notare che, se volevano evitare grane, loro dovevano fare due cose per noi: la prima era metterci al corrente di tutto ciò che sapevano su quella strana storia della Sindrome e di Hinamizawa che anche Takano-san ci aveva accennato; la seconda, consegnarci tutto il materiale che avevano ancora su questo affare. E, giusto per essere più persuasivi, ci siamo liberati in modo spettacolare di uno dei loro subordinati. Ovviamente, ne conoscevamo soltanto uno, e così quella signora dai mille nomi ha fatto una brutta fine...”

“La sua macchina è saltata in aria tempo fa, un'esplosione coi fiocchi. Forse un po' troppo appariscente per i miei gusti, ma perlomeno è servita allo scopo. Poco tempo dopo mi hanno recapitato un bel pacco con quello che avevo richiesto. Ovviamente non avevo il timore di ritorsioni, avevo fatto il modo di rimanere nell'ombra e loro non avrebbero neanche saputo chi o cosa colpire per difendersi; inoltre, in fondo l'affare Hinamizawa per loro era divenuto solo una seccatura e loro sapevano che una volta ottenuto quello che volevo io li avrei lasciati in pace. In fondo quel genere di persone sono tutte uguali, possono sembrare spaventosi ma di base sono governati da una paura tremenda di perdere quello che hanno; per tenere quel poco potere che possiedono sono pronti a tutto, ad uccidere ma anche ad obbedire senza fare domande, se necessario. Io ho avuto il mio pacco, e quindi ora per me è come se non li avessi mai incontrati, e lo stesso vale per loro. Ognuno per la sua strada.”

Mion non riusciva a capire perché quell'uomo stesse sprecando tempo con quel racconto apparentemente infinito ed inutile. Non vedeva l'ora di sentirne la parte più importante, parte che doveva venire prima o poi, anche se un orrendo presentimento le faceva stranamente sperare che quella parte non arrivasse mai.

“Mi hanno fatto trovare un grosso scatolone, dicevo” proseguì Goemon “Pieno di cartelle ingiallite e sostanze a me ignote... Erano giusto quello che mi aspettavo. Tutta la domentazione che riguardava la Sindrome, più un simpatico regalino inatteso. Il fatto è che la Tokyo, mentre era in attesa dei risultati del dottor Kyousuke Irie, aveva contattato un microbiologo affinchè mettesse a punto una nuova versione del parassita. Una nuova malattia simile all'altra ma con caratteristiche diverse... ed alla fine saltò fuori che la versione rinnovata della Sindrome poteva essere trasmessa da individuo ad individuo solo tramite il contatto diretto con del sangue infetto. In compenso, hanno stimato che il nuovo parassita è cinque volte più aggressivo e dannoso per l'organismo umano. Un vero e proprio microrganismo killer.”

“Irie-sensei ne era stato tenuto all'oscuro, però gli uomini dell'organizzazione tenevano ancora in grande considerazione il suo lavoro. I due ceppi erano comunque imparentati ed era vitale sapere se il parassita potesse essere usato come arma biologica o se era qualcosa di ingestibile. Volevano aspettare i risultati ottenuti dal dottore prima di venderlo o di usarlo, così lo tenevano lì, e sai una cosa? Mi è stata anche recapitata una siringa piena di una sostanza che conteneva il microrganismo potenziato...”

“Oh, mio...”

“Eh, già, ormai ti è chiaro che cosa mi abbiano regalato, e quale leggerezza abbia compiuto la Tokyo. Una risorsa di incredibile potenziale, che era stata sottovalutata da tutti. Avevano paura di quello che avevano tra le mani, ma la paura è una cattiva consigliera, un po' come la fretta. Ero colmo di gioia, quando mi sono trovato davanti a quella piccola meraviglia in provetta, ma dovevo fare dei test prima di utilizzarla al meglio. Chi potevo scegliere? Se avessi preso una cavia tra gli abitanti del vostro ridicolo villaggio, voi avreste senz'altro notato la sua scomparsa ed io avrei potuto imbattermi in alcune seccature. Però... in giro c'era una cavia che poteva soddisfare tutti i requisiti senza controindicazioni, e l'ho scoperta per caso. Ne ho sentito parlare accidentalmente quel giorno quando tutti voi eravate alla prefettura a manifestare... Mi riferisco al moccioso che voleva far fuori la vostra amica.”

“Seohara-san?”

“Ah, allora il suo cognome era quello? Francamente non gliel'ho mai chiesto, non era un'informazione significativa. Sapevo solo che dopo quel giorno lui se l'era svignata da Okinomiya sfuggendo alle forze dell'ordine, mi bastava questo. Per me, a quel punto l'unica cosa importante era trovarlo prima di voi, non potevo permettervi di rubarmi un soggetto così prezioso per i miei esperimenti. Ho incaricato la guardia del corpo di mia moglie – sì, proprio quella che ti ha tranciato il vestito l'altra volta – di coordinare le ricerche con gli altri servi di famiglia, e miracolosamente siamo arrivati prima voi, l'hanno scovato dentro una delle piccole grotte che costellato la vallata e così me l'hanno portato fino a casa mia ad Okinomiya. Era diffidente, comprensibilmente, però ciò non mi ha impedito di fargli quello che avevo in mente.... Ossia inoculare il nuovo parassita dentro il suo corpo.”

“La sua mente si è sfaldata nel giro di poche ore, un processo che potevi persino notare ad occhio nudo, semplicemente guardandolo. Ma la sua ossessione per quella Ryuugu-san non svanì, anzi. Potrei dire che era già fuori di testa prima di ricevere la malattia... Il suo unico desiderio era togliere la vita a quella ragazza, portarla all'inferno se vogliamo. Inoltre io sapevo qualcosa della morte di alcuni suoi amici, era stato lui a parlarcene durante un delirio provocato dal parassita che si impadroniva del suo cervello, così ho pensato che potevo fargli il lavaggio del cervello. Sarebbe stato divertente, fargli dimenticare quello che era successo davvero agli altri ragazzi, convincerlo che in qualche modo era stata Ryuugu-san ad ucciderli, anche se in quei giorni era lontana decine di chilometri da loro... Ho manipolato il suo passato, in altre parole, solo per valutare le sue reazioni. Che furono deludenti, dal mio punto di vista. Nonostante le ripetute crisi che aveva sofferto, Seohara-san si è sempre rifiutato di accettare questa teoria, e non perché fosse inverosimile o assurda. Era come se si sentisse in parte in colpa per loro, forse era lui l'assassino, forse aveva assistito alle loro morti ed il suo subconscio quindi opponeva resistenza a me...”

“Non sono uno psicologo, quindi non so quale fosse la verità, però la mente umana mi affascina... E' sempre piena di sorprese. Materialmente, quel ragazzo incolpava la propria preda della morte degli altri ragazzi, anche se era lampante che qualcun altro aveva commesso quel gesto; ma allo stesso tempo, il suo disprezzo verso di lei non era tale da fargli prestare ascolto alle mie parole, anche se quello che gli stavo dicendo poteva dargli un ulteriore motivo per odiarla. E cercare di insistere con lui si dimostrò essere sbagliato, visto che diventava violento contro tutto e tutti ogniqualvolta veniva stuzzicato oltre una certa soglia. Chissà, magari quella di Seohara-san verso Ryuugu-san era una tipica relazione di odio-amore, magari lui era ossessionato da lei anche perché lui l'amava, nel suo subconscio, e ad Ibaraki non aveva mai trovato il coraggio di confessare i suoi sentimenti nei suoi confronti, che poi si sono deteriorati in quanto il suo sogno d'amore non veniva coronato... Ma sono solo congetture che mi diverto ad elaborare, ora è certamente troppo tardi per scoprire se questa è la verità e tu non sei qui per sentire le mie deviazioni mentali.”

“Piuttosto, ti interesserà sapere che ho perfino dovuto fare ricorso a massicce dosi di morfina per tenerlo a bada, l'iniezione di parassiti lo aveva condotto ad un continuo stato di estrema agitazione, sembrava un cane rabbioso. Almeno, io credo che quello stato fosse dovuto alla Sindrome, però in teoria poteva anche essere causato dalla sua follia preesistente... Andava gridando che suo fratello era stato ucciso dai suoi amici, e che quello che gli dicevo io era un'assurdità che gli avrebbe guastato la sete di vendetta... Stupidaggini. Per quanto ne so io, forse stava mentendo anche a se stesso, forse era un modo per non ammettere di essere stato lui ad accoppare suo fratello, ma ora non me ne frega niente. Smisi ben presto di ascoltare le sue farneticazioni, non mi è mai piaciuto cercare di persuadere dei pazzi irrecuperabili, suppongo sia lo stesso per te, no? Tutto quello che potevo fare a quel punto era nutrire il suo odio verso Ryuugu-san, o almeno nutrivo la parte di lui che realmente la disprezzava, sbarazzandomi nel contempo di quella che invece la amava. Ho aspettato che raggiungesse il culmine del suo potenziale, quindi gli ho dato tutto quello che gli serviva per mettere in atto il suo mortale proposito, suggerendogli la migliore strategia da utilizzare. Infine, il giorno dopo lo lasciai libero, affinchè potesse andare incontro al proprio destino.”

“Ecco da dove spuntano il fucile, e quell'altra pistola... Sei stato tu a dargliele... SEI TU DIETRO A TUTTA QUESTA STORIA!” Mion urlò, alzandosi in piedi istintivamente.

“Puoi fare a meno di strillare, per favore? Tanto è inutile, questa vecchia sala è stata insonorizzata tempo fa. E se non ti dai una calmata non sarò un grado di finire la mia storia, sai, la parte migliore deve ancora arrivare...”

“Che vuoi dire?”

Un ghigno maligno comparve sulla faccia di lui: “Io voglio più informazioni, voglio un altro test... Quel Seohara-san sarebbe stato un elemento perfetto e nessuno avrebbe pianto per la sua morte, ma la sua schizofrenia mi impediva di vedere quali fossero esattamente gli effetti del nuovo parassita; insomma, non capivo cosa era dovuto alla Sindrome e cosa alla sua normale follia. Quindi, mi serve un altro riscontro, un altro topino da laboratorio. Ho pensato che dovevo rivolgermi a qualcuno al di fuori della famiglia Sonozaki, ovviamente non potevo mettere a rischio la vita di un membro del clan, ma in fondo ci sono duemila anime ad Hinamizawa tra cui scegliere, no? ... E se da una parte è vero che ti sei portata con te la maggioranza dei tuoi amichetti, dall'altra è anche vero che non potevi invitare qui tutta la popolazione, qualcuno doveva restare a casa. Così ho chiesto ad un paio dei miei servi di andare ad Hinamizawa per prendere uno dei tuoi, solo per il gusto di fare un nuovo esperimento...”

Mion impallidì, mentre lui pronunciava queste parole: “E' così, a quest'ora... Una delle persone a cui tieni di più nel tuo villaggio sta portando nel suo corpo il parassita rinforzato.”

“Sei... un mostro. E chi hai scelto?”

“Veramente non ho fatto nessuna scelta. Ho solo detto ai miei seguaci di cercare qualcuno che avesse un rapporto stretto con te, ma non potevo sapere chi sarebbe rimasto nel villaggio. Credo che la scelta del soggetto per il test sia stata fatta a caso, alla fine.”

Gli occhi di Mion iniziarono a schizzare su e giù all'impazzata, mentre cercava di capire chi fosse stata la vittima tra coloro che erano rimasti al villaggio. Kimiyoshi? Ufficialmente loro due non avevano mai fatto pace dopo la morte di Oryou, quindi gli scagnozzi di Goemon avevano probabilmente ritenuto che lei non tenesse a lui; quella situazione aveva paradossalmente salvato la vita di quell'uomo... Rena, allora? In fondo poteva essere vista come la più intima delle sue amiche, escludendo Shion, però ora si trovava alla Clinica: non poteva muoversi e quindi non poteva difendersi, però era circondata da infermieri, dottori, pazienti. Come si faceva a colpirla,ad iniettarle la sostanza venefica? Senza contare che suo padre era con lei, esattamente come Daijiro, ed anche Alice...

Oh, no... Mion giunse alla verità. Alice ci era andata da sola, alla Clinica. C'era invece qualcuno che non era andato con loro, che aveva deciso di stare da solo a casa propria. Il bersaglio ideale.

“G-Gi-chan...” sussurrò lei lentamente, tremando. Ma subito le venne in mente una cosa: No, aspettate un secondo, Irie-sensei non lo aveva mica vaccinato, prima che quei due arrivassero ad Hinamizawa? Dovrebbe essere al sicuro, e forse Goemon questo non lo sapeva. Lui non sa tutto della Sindrome, sa solo quello che sapeva la Tokyo, infatti non ha fatto parola dell'ATPC che ho io nel sangue. Però... come faccio ad esserne sicura...

Sfortunatamente, dall'alto della sua vita piena di esperienze, Goemon aveva intuito l'argomento dei suoi pensieri e fece capire come lui invece sapesse anche del vaccino. “Onestamente, non avevo preferenze, forse hanno scelto qualcuno che aveva nel corpo l'antidoto del dottor Irie... Io non avevo nulla in contrario, anzi potrebbe avere dei risvolti interessanti da analizzare. Il vostro siero è efficace contro la vecchia versione del parassita, ma non so davvero come possano andare le cose in questo caso, visto che avrete a che fare con la nuova malattia. Di solito, in circostanze come queste gli anticorpi non hanno proprio alcun effetto, non riconoscono il nuovo agente patogeno e non lo osteggiano in alcuna maniera, lasciandolo prosperare all'interno dell'organismo colpito. Sai, è come l'influenza invernale, ogni anno devono realizzare un nuovo vaccino visto che il ceppo virale muta in continuazione e quindi quello di dodici mesi prima è buono solo per essere buttato nel cesto dei rifiuti.”

Goemon si stava divertendo alle sue spalle, ed a lui piaceva questa sensazione. L'uomo si sollevò in piedi, facendo un passo in avanti per guardare Mion dritta negli occhi: “Però c'è ancora qualcosa che desidero rivelarti. Nel precedente test ho atteso un po' di tempo prima di somministrare il parassita a Seohara-san, prima di darglielo volevo controllare come stava e l'ho tenuto segregato in casa mia in attesa che arrivasse il momento propizio. Ma una volta inoculata la malattia, quel ragazzo non è riuscito a sopravvivere più di tre giorni, come tu stessa puoi confermare visto che hai assistito al suo suicidio. Non so se questo dato valga per tutti gli affetti della nuova Sindrome o se vari invece da persona a persona, ma più o meno è questo il periodo di tempo che ti sto dando. Chiunque sia stato scelto dai miei servi, hai settantadue ore per salvare la sua vita e la sua anima.”

“Quindi la vita degli altri è insignificante, per te? Ti piace star lì ad uccidere gli altri solo per la tua soddisfazione personale? Per un esperimento motivato solo dalla tua curiosità?” Mion era fuori di sé.

“Datti una regolata, non mi risulta che Seohara-san fosse un angelo... Nessuno verserà una lacrima a causa della sua morte. Se non l'avessi trovato io sarebbe stato arrestato dalla polizia e sarebbe stato destinato all'ergastolo. Una vita in prigione senza più un futuro davanti o una morte dolorosa ma rapida mentre si cerca di realizzare un obiettivo, chi può dire quale di queste condanne è la peggiore? Inoltre... Io non credo che a questo mondo ci sia una persona che non meriti di essere punita. Chiunque abbiano drogato i miei uomini, non sarà stata una cattiva scelta... O adesso vuoi dirmi che il vostro villaggio è composto solo da uomini e donne puri di cuore?”

“Non credere di essere meglio di Seohara-san o di chiunque altro, anzi.”

“Potresti avere ragione. Ma la tragica fine di Seohara-san non è stato solo un mio capriccio. Non ti scordare che lui è stato in grado di portare a compimento pure un obiettivo secondario che gli avevo affidato: sbarazzarsi di uno dei tuoi compagni e metterti maggiormente sotto pressione. Non è stato uno spreco di risorse, al contrario.”

“Ci sono modi migliori per fare in modo che le persone facciano penitenza per i peccati commessi, non lo pensi anche tu?” ruggì lei “Ed ora, che cosa pensi che accadrà, una volta che esco di qui e rivelo a tutti quello che hai osato fare con quel povero disgraziato?”

“Se vuoi aprir bocca, fallo pure... Ma non sono sicuro che la famiglia ed il resto del mondo possano credere alle tue parole. Chi darebbe credito ad una teoria talmente fantasiosa ed irreale, senza nemmeno uno straccio di prova. Forse i tuoi amici ed i tuoi più stretti collaboratori potrebbero essere così ottusi da farlo, ma che mi dici della polizia, del resto del villaggio, di tutti gli altri? Pensaci solo un secondo. Sindrome sconosciuta? Parassiti dagli effetti catastrofici? Non è facile da accettare una cosa del genere. Io te ne ho parlato perché sapevo che ne eri a conoscenza, bastava vedere i rapporti stretti tra tua sorella e quell'altro paziente, quel... Houjou Satoshi-san, mi sembra che si chiami. Ma una persona che ne è all'oscuro non ti crederebbe mai, anzi potrebbe cominciare a considerarti una tizia delirante ed a prendere le distanze da te, unendosi quindi alla nostra causa. Otterresti l'effetto opposto di quello che vuoi, perciò faresti meglio a moderare i termini. Senza contare che non penso che tu abbia molto tempo da buttare via, a conti fatti.”

“I miei amici si fidano ciecamente di me, non provare nemmeno a dubitarne. Ma... allora? Perché mi hai raccontato questa storia? Potresti pentirtene prima o poi.”

“Megumi ti conosceva bene, sapeva che eri simile a tua nonna, e quindi mi ha dato dei buoni consigli. La pressione e lo stress sono i tuoi peggiori nemici, ed infatti basta guardarti in faccia per vedere il sudore che sta iniziando a colarti dal collo. Ti stai rendendo conto di stare andando nel pallone, il fatto di non sapere che pesci pigliare ti sta bloccando, paralizzando. Su, vediamo quanto riuscirai a resistere prima di crollare del tutto...”

“Dammi solo una ragione per cui non dovrei ammazzarti con le mie mani, qui ed ora... Mi hanno insegnato a combattere, di sicuro sono più allenata di te. Un vecchiaccio come te non avrebbe alcuna chance di tenermi testa, e tu lo sai!”

“Vuoi una ragione? Basta chiedere. Il fatto che tu ed io siamo qui da solo ti ha protetto da ogni possibile trappola da parte mia, visto che ovviamente tutti avrebbero capito all'istante chi sarebbe stato il colpevole. Ma questa regola vale anche al contrario, non sei d'accordo? Se tu mi uccidi, tu sarai accusata d'omicidio e la tua reputazione come leader di famiglia sarebbe rovinata per sempre, ti vedrebbero tutti come un capo incapace che non conosce mezzi diversi dalla violenza per liberarsi degli ostacoli, incurante anche del fatto che questi ultimi erano membri della tua stessa famiglia. E poi saresti sbattuta direttamente in prigione, impossibilitata a governarci e ad aiutare chicchessia. Tu non fai paura come Oryou-sama, tutto il clan ti ripudierebbe e ti allontanerebbe dal comando, per evitare che tu semini il terrore anche tra di loro; così io e Megumi otterremmo comunque il nostro scopo principale, non è forse così?”

Mion non sapeva cosa replicare. Era chiaro che lui traesse piacere nel confonderla, Goemon sembrava avere fiducia in se stesso, diversamente da lei. Si stava ripetendo la situazione che si era verificata alla prefettura, durante la Guerra delle Frane... Le spiaceva ammetterlo, ma era quella la verità. “Ora capisco tutto... Noi non riuscivamo a comprendere che avesse fatto la zia a manipolare Nabiha-San, ma avevamo controllato solo le sue mosse... non le tue. Il piano di Seohara-san, quello di Nabiha-san, ed ora questo... Avevano tutti qualcosa in comune, erano tutti ben architettati, consideravano anche il minimo dettaglio... Suppongo che siano stati tutti farina del tuo sacco, o sbaglio?”

Goemon rispose con un sorriso deridente, e la ragazza non ebbe bisogno di sentire altro: “Allora, quel giorno tu volevi che tutti se ne andassero per sempre da Hinamizawa solo per mettere le mani sul potere che possiedo io? Solo per colpa della faida tra voi e me? Che bisogno c'era di coinvolgere tutta la comunità?”

“Ho i miei metodi.” fu la sua risposta. Poche parole, che fecero però svanire il suo sorriso per un momento. Forse non gli piaceva ricordare la Guerra delle Frane perché aveva perso quella battaglia, ma Goemon non sembrava aver più voglia di parlare. Non che Mion ne avesse, invece.

La ragazza si precipitò verso la porta, ma prima di aprirla esclamò, senza voltarsi verso di lui: “Seohara-san e Nabiha-san hanno utilizzato piani preparati da te, ed entrambi hanno fallito. Cosa ti fa pensare che invece questo avrà successo?”

“Il fatto che stavolta me ne sto occupando io personalmente. Quei due idioti erano troppo stupidi per gestire da soli tutte le variabili, non avevano la flessibilità mentale per adattarsi alle varie situazioni. Ma io sono di tutt'altra pasta, non l'hai ancora capito?” L'uomo controllò l'ora sulla sveglia appesa alla parete e poi aggiunse: “Mia casa Mion-sama, ti invito cordialmente a correre, il tempo vola veloce... Vedi, avrei potuto decidere di sequestrare il nuovo topo di laboratorio come avevo fatto per il primo caso, ma non l'ho fatto. Ho deciso di lasciarlo libero per vedere come si comporta, e come vi comportate voi, ma potrei sempre cambiare idea per sottoporlo a dei test più specifici. Solo che in questo caso firmerei la sua condanna a morte... Immagina la mente dell'ospite divorata pezzo per pezzo dal parassita, mentre non gli viene prestata nessuna cura che lo possa salvare... Dai, voglio vedere come avete intenzione di toglierlo o toglierla dai pasticci...”

Mion non volle stare con lui un secondo di più. La porta fu fatta scivolare bruscamente, fino quasi al punto di farla uscire dal binario e gettarla lontano dall'ingresso, e la ragazza corse alla disperata verso gli altri. Era chiaro che era inutile valutare se accettare o meno la sua provocazione, il guanto di sfida era stato già lanciato e Goemon aveva tirato in mezzo persone che Mion voleva rimanessero estranee alla questione. Non glielo avrebbe mai perdonato, questo affronto.

La giovane raggiunse in men che non si dica gli altri, e subito cercò di capire dove si trovasse uno dei suoi zii, quello proprietario dell'edificio. C'era una cosa che doveva assolutamente fare, subito.

“Oji-san! Il telefono, per favore! Dove si trova?”

Mion aveva afferrato il parente per la camicia e bloccato dalla sorpresa l'uomo non rispose immediatamente. Keiichi e Rika, invece, volarono da lei e le chiesero che cosa fosse accaduto di tanto grave nella sala. Qualcosa di terribile doveva esserci stato, il suo comportamento era inequivocabile, ma i ragazzi non potevano sapere cosa.

“IL TELEFONO, CRISTO SANTO!” gridò lei implorando lo zio, senza nemmeno sentire gli amici che la chiamavano. L'uomo di mezzo età allora alzò il braccio sinistro, indicando con gli occhi sbarrati una porta non lontana, ed allora la ragazza si scagliò veloce verso di essa, seguita da tutti gli altri. La porta fu spalancata, e non appena scorse il ricevitore lo afferrò con tutta la forza che aveva in corpo. Il dito cercò furiosamente di far girare il disco del telefono per comporre il numero, ma il panico e la fretta di farlo il prima possibile le rendeva i movimenti meno fluidi, facendole perdere secondi che lei temeva fossero determinanti. Prendendosela con se stessa, la ragazza finì di comporre il numero, ed iniziò ad udire dalla cornetta il segnale libero del telefono. Ma lei non voleva sentire quel suono angosciante. In quell'attesa spasmodica, Mion sperava con tutto il cuore di ricevere una risposta dall'altro capo del telefono.

~-~-~-~-~

Un momento dopo, all'interno della casa di Giancarlo ed Alice, il telefono squillò. Squillò, squillò, squillò, per più di tre minuti, senza avere alcuna intenzione di smettere di suonare. Ma tanto era tutto inutile. Nessuno rispondeva, nessuno avrebbe mai potuto farlo, semplicemente perché in casa non vi era nessuno che potesse farlo. La porta d'ingresso era aperta, mossa dal vento, e chi prima vi era all'interno era stato portato fuori.

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Capitolo 42
*** Un legame doloroso ***



Capitolo 41: Un legame doloroso



Hinamizawa, 26 Febbraio 1984

“Ali-chan, vi prego! Risvegliatevi!”

Satoko stava cercando di farla riprendere, dopo averle portato un bicchiere d'acqua che le aveva fatto bere a piccoli sorsi. La bambina bionda, esattamente come gli altri, era appena rientrata ad Hinamizawa, dopo che Mion aveva chiesto loro di ritornare precipitosamente da Kiyotsu. Durante il viaggio, aveva infatti raccontato per sommi capi la sfida che Goemon aveva messo in atto: poche parole che furono però l'unica cosa che lei disse in auto, visto che in seguito si era chiusa dietro un muro di silenzio da cui non voleva affatto uscire. I suoi occhi erano spenti, aveva appena incassato un altro colpo durissimo, un colpo da cui forse non si sarebbe più ripresa... Mion non parlò più, né in macchina né dopo, tanto che toccò a Keiichi l'amaro compito di informare Alice di quello che era capitato al fratello. Un racconto breve e doloroso.

Alice non sapeva infatti nulla di quello che pareva essere capitato a Giancarlo, si trovava ancora alla Clinica e non era ancora rincasata. E comprensibilmente, quelle che udì da Keiichi furono le peggiori notizie che lei poteva ricevere; uno shock talmente inatteso e devastante da farla svenire sul posto. Irie era accanto a lei e fu abbastanza rapido da prenderla al volo prima che la sua testa andasse a sbattere contro il comodino dietro di lei; delicatamente, ne posò il corpo sul pavimento, mentre Keiichi era andato a cercare un letto libero da cui prendere un cuscino, da usare momentaneamente per sollevare il capo della giovane da terra. Dopo di che, le ragazze cominciarono a cercare di ridestarla da quel mancamento.

Come detto, si trovavano ancora tutti alla Clinica, infatti. L'abitazione della famiglia Serco era ora vuota, e la porta d'ingresso era stata visibilmente forzata dall'esterno con una sega elettrica, lasciando pochi dubbi su quello che era avvenuto all'interno. Dovevano essere più di uno, in modo da non lasciarlo scappare, ed una volta immobilizzatolo gli avevano iniettato la sostanza contenente il parassita potenziato. Probabilmente lo avevano sedato con del gas soporifero o con un fazzoletto affogato nel cloroformio, in modo da poterlo drogare e poi allontanarsi indisturbati.

Ma questa intanto era solo una teoria e non c'era tempo da perdere a formulare ipotesi. Alice non poteva più stare a casa sua, sembrava troppo pericoloso lasciarla da sola. Prima ancora di dirle quello che era successo, avevano già deciso di mandarla al Maniero Sonozaki, era più sicuro e l'edificio era talmente grande che c'era sempre una camera libera per amici ed ospiti. Inoltre, per una ragazza dai nervi scossi come era lei adesso, era sicuramente meglio vivere a contatto con altre persone, piuttosto che in una casa vuota piena di foto ed oggetti che le ricordavano il fratello scomparso, quello insieme a cui si era abituata a convivere. Temevano che lei potesse compiere delle sciocchezze per la disperazione.

Gradualmente, la ragazza sventurata si riprese dallo svenimento. Shion la osservava mentre lei faticosamente si rimetteva in piedi ed al contempo pensava di capire come l'amica si stesse sentendo. Anche lei sarebbe uscita dai gangheri, se fosse capitato qualcosa a Mion, od a Satoshi, oppure a Satoko che ormai era come una sorellina adottiva per lei. Shion non avrebbe esitato ad andare da quei mostri senza pietà, a tagliare loro la testa con un colpo secco della katana che i Sonozaki possedevano da generazioni. Li avrebbe giustiziati senza curarsi delle conseguenze, ma non avrebbe avuto rimpianti se fosse andata in carcere per cose come questa. Chissà se Ali-chan è della mia stessa pasta...

Lentamente, Alice si era rialzata, aiutata sempre da Keiichi che la teneva per mano. La ragazza si guardò a destra e poi a sinistra, smarrita, come se stesse cercando un punto di riferimento, qualcosa su cui potesse appoggiarsi. Quindi, camminò verso Mion, che aveva guardato la scena senza dire o fare nulla.

Alice proseguì oltre l'altra ragazza, senza fermarsi, senza parlarle, senza degnarla di uno sguardo. Rika, che stava osservando la scena, pensava che le due avessero qualcosa da dirsi, ma evidentemente non era questa l'intenzione di Alice. Quest'ultima, piuttosto, sembrava diretta verso la porta della stanza in cui si trovavano. Pareva che volesse uscire, andarsene.

“Dove vuoi andare?” le chiese Satoshi.

“A casa mia. C'è una cosa che voglio andare a prendere, prima di fare qualsiasi altra cosa.”

“Di cosa parli?”

“Io...” suggerì Daijiro “Io ho una mezza idea di cosa si tratta. Desideri andare a prendere un'arma, ho colpito nel segno?”

“Un'arma?” trasalì Rika. Quel discorso non le piaceva affatto “Che diavolo ti sta passando per la testa, Ali-chan?”

“Io... Io devo...”

“... vendicarmi? Contro gli zii di Mion?” Keiichi completò la frase in sua vece “Calmati, ti prego. Io capisco quel che provi, veramente. I pensieri che hai in mente sono qualcosa di umano ed io non me la sento di incolparti per questo... Però sai anche tu che dovresti tenere a freno il tuo istinto. Per prima cosa non credo che ci sia molto che tu possa fare da sola, l'hai vista anche tu la guardia del corpo che li protegge, e non sarà neanche da sola; intrufolarsi a casa loro è a dir poco impossibile... E poi non sai neanche dove abitino esattamente, sai solo che sono di Okinomiya. Certo, tra di noi c'è gente che conosce il loro indirizzo, ma non penso che troverai qualcuno disposto a rivelartelo, visto quello che hai intenzione di fare.”

“Io... capisco... Però...”

La ragazza socchiuse gli occhi e ritornò in sé. Alice non era istintiva e cocciuta come Shion, e bloccarla si rivelò non difficile. “Però voglio avere ancora la mia spada accanto a me. Questi giorni saranno terribili, lo so già, e voglio avere un qualche «supporto», anche solo psicologico. Sapete, quando ero piccola, ho iniziato a praticare la scherma mossa da uno scopo preciso: avevo promesso a me stessa che con la mia lama avrei protetto la mia famiglia e Nii-chan in particolare. Se tutti questi anni passati a far parate e stoccate si rivelassero inutili... Se io mi rivelassi inutile... sarebbe così frustrante.”

“Nessuno ha detto che tu sia inutile, qui” replicò Keiichi “C'è molto che puoi fare per tuo fratello. Sappiamo che loro lo hanno lasciato libero di girovagare dove preferiva, quindi tu potresti darci dei consigli su dove pensi che si stia nascondendo ora come ora. Sei quella che lo conosce meglio, no?”

“Non capisco cosa ti faccia pensare che loro non l'abbiano catturato, invece. Limitarsi a dargli quel parassita della malora sarebbe stato da cretini, secondo me. Anche perché avranno voluto verificare che il nuovo ceppo virale abbia avuto effetto, avranno voluto assicurarsi che lui fosse stato realmente infettato da quella malattia. Invece di svignarsela a mani vuote avrebbero potuto portarlo via senza problemi, aspettando che... che i tempi siano maturi per fare quello che stanno complottando. E il tutto sulle spalle del mio Nii-chan.”

“Calmati, hanno deciso di non comportarsi così, apparentemente. Goemon-san ha dichiarato che voleva vedere cosa avrebbe combinato lui, una volta infettato e lasciato libero di muoversi. Ora, avrebbe anche potuto mentire, però credo che non l'abbia fatto, almeno su questo punto. Non ha forse detto così, Mion?”

La ragazza dalla coda di cavallo si girò stancamente verso chi gli aveva parlato, annuendo con un movimento impercettibile del capo senza però aprire bocca. Sembrava davvero intenzionata a non dire nulla, come se le sue corde vocali fossero paralizzata da un dolore intenso. Sembrava apatica, non interessata a quello che stava avvenendo intorno a lei, e gli altri non sapevano se essere più preoccupati per il ragazzo lontano da loro o per la ragazza vicina a loro.

Anche Rena vide la faccia scura dell'amica, sebbene fosse ancora immobile sul suo letto d'ospedale. Erano pur sempre nella sua stanza, gli altri avevano infatti trovato Daijiro ed Alice lì dentro, quando erano tornati in tutta fretta da Kiyotsu, cosicchè anche lei era venuta a conoscenza di tutta la vicenda. E così, seduta sul materasso, aveva avuto modo di riflettere. Si ricordava del giorno in cui Alice aveva puntato la spada dritta verso Mion, minacciandola di vendicarsi su di lei qualora suo fratello avesse corso delle disavventure per colpa sua. Forse era seria in quel momento, forse no. Ma in questo caso si poteva dire che era colpa di Mion? Probabilmente no, era chiaro che Mion non avesse lasciato Giancarlo a casa apposta, per farlo drogare. Neanche Alice lo pensava, a giudicare dalla sua espressione più cupa che arrabbiata... però pareva quasi che fosse Mion stessa, a sentirsi colpevole senza che nessuno le dicesse nulla.

Questa eventualità inquietava Rena. Che sia questa la verità? Che Mii-chan si stia maledicendo per non essere stata capace di proteggere gli abitanti del suo stesso villaggio? In fondo può sempre dire di essere stata lei ad averlo costretto a rimanere ad Hinamizawa. Povera Mii-chan, si sentirà la sola responsabile, starà pensando di essere la peggiore capofamiglia che abbia mai posato piede sulla terra... Ma non dovrebbe essere così severa con se stessa. Non è solo colpa sua. Per esempio, se solo quel testone avesse deciso di venire qui con sua sorella e con Daijiro-kun, invece di starsene da solo... Avremmo dovuto convincerlo ad unirsi a noi... Anche se devo dire che l'unico risultato sarebbe stato quello di dare la malattia a qualcun altro. Quegli uomini erano decisi ad infettare qualcuno, se non fosse toccato a Gi-chan sarebbe toccato ad un altro, anzi avrebbero anche potuto iniettare la malattia anche a più di una persona, se necessario. Avrebbero cambiato bersaglio, tutto lì. Ma comunque Mii-chan non deve essere così pessimista, a vederli così mogi sembra che Gi-chan sia già morto ma possiamo salvarlo in qualche modo. E se ci riusciamo anche Mii-chan starà meglio, si convincerà di essere una persona migliore di quello che pensa adesso. Qui in gioco non c'è solo la vita di Gi-chan, ma anche quella di Mii-chan, e quindi anche quella di tutti noi... Se Goemon-san e Megumi-san vincessero questa guerra non oso pensare a quello che potrebbe succederci...

Si vedeva come Mion fosse depressa, sapere di essere una delle responsabili di quello che era successo all'altro l'avviliva fin nel profondo dell'anima. Dentro di sé si stava dando dell'incapace, e non sapeva come venirne fuori. Le accuse che provengono da sé stessi sono spesso le peggiori, in quanto non vi è possibilità di difendersi.

Anche Rika ed Hanyuu erano preoccupate, ma per un'altra ragione. Ouka aveva detto loro che Hinamizawa era sul punto di essere distrutta... ma come? La faida sembrava riguardare solo il clan, se si escludeva singoli individui come Rena e Giancarlo... Come poteva una guerra all'interno di una famiglia portare alla fine del villaggio? Ci doveva essere una parte del piano di quei malvagi che loro non avevano ancora capito, e ciò le rendeva anche più angosciate. Tutti i dati a loro disposizione le confondevano, più che guidarle

In quell'attimo di panico, Keiichi fu forse l'unico a non perdere del tutto la testa: “Adesso calmatevi ragazzi, ci manca solo che abbiate le traveggole! Dobbiamo pensare ad una buona idea, e ragionare a freddo ci darà una bella mano. Ora, visto che sappiamo per certo che non è rinchiuso da nessuna parte, dove potrebbe essersi cacciato? Dove potrebbe essere scappato?”

“Sarà scappato da qualche parte.” rispose Satoko “Escludiamo il villaggio, qualcuno l'avrebbe visto, ed escludiamo anche le zone troppo lontane da qui, non ha lasciato casa sua da molto tempo. Poi, se posso dire la mia eliminerei dalla lista delle opzioni anche le montagne ed i boschi. Lo so che sarebbero ottimi posti per far perdere le proprie tracce, dopo tutto è esattamente quello che ha fatto Seohara-san, ma Gi-chan non conosce quelle lande impervie, per quanto mi risulta, e se gli è rimasto ancora un granello di cervello ne starà lontano. Rimarrebbe intrappolato in uno dei miei marchingegni, altrimenti.”

“Non sarebbe male se succedesse, almeno così riusciremmo a trovarlo” replicò Rika “Ma temo che non accadrà, come hai detto anche tu. La Sindrome non azzera la mente delle sue vittime, ed il nostro amico ha probabilmente conservato la lucidità necessaria per non fare quella fine... Dobbiamo cercare da qualche altra parte, penso.”

Keiichi la pensava come lei: “Probabilmente aveva un obiettivo ben definito davanti agli occhi, per essere fuggito subito dopo essere stato colpito dalla nuova malattia. Se non fosse stato così avrebbe avuto un periodo di smarrimento, si sarebbe fermato, e noi l'avremmo forse beccato ancora qui, prima che potesse far perdere le proprie tracce. Quindi se ne è andato con uno scopo preciso... e non c'è motivo per pensare che tale scopo sia lontano da Hinamizawa. Dobbiamo focalizzare i nostri sforzi nelle zone circostanti, nella periferia del villaggio. Ma dannazione, non l'ha proprio visto nessuno?”

“Penso di no, ed è un vero peccato... Possiamo essere sicuri che sia passato inosservato: vedi, le persone che soffrono dei livelli più avanzati della malattia tendono ad agire in modo estremamente anomalo e violento. Se qualcuno lo avesse notato da qualche parte lo avrebbe riportato alla polizia od ai propri concittadini, lo sapete che ad Hinamizawa le voci corrono veloci. Anche noi ne saremmo venuti presto a conoscenza, avremmo udito le chiacchiere delle persone qui nella Clinica, se l'avessero visto.”

“Tutto chiaro... Accidenti... Mion, dobbiamo fare delle ricerche approfondite su questo tuo zio Goemon-san, dobbiamo sapere tutto di lui, e non solo di lui o di sua moglie, ma di tutti quelli che hanno avuto o hanno ancora un legame con lui. Non possiamo compiere due volte lo stesso errore!”

“Ce ne occuperemo noi” lo rassicurò Shion “Ma non ora, abbiamo cose più urgenti a cui pensare. Anche se...”

“Anche se...”

“... Ho un sospetto che proprio non riesco a scacciare dalla testa... Sono sicura al cento per cento che... che quel tizio l'ho già visto da qualche parte.”

“Beh, è un tuo parente, in fondo, non è che la cosa mi sorprenda più di tanto.”

“QUESTO LO SO, KEI-CHAN!” gridò lei, nervosamente “Ma tieni a mente questo: lui e sua moglie sono sempre stati lontani dagli ultimi anni e non hanno mai avuto niente a che fare con gli altri rami della famiglia. Lo zio Goemon-san, nello specifico, non hai mai preso parte a nessuno dei raduni di famiglia che Batcha organizzava periodicamente, anche dopo essersi sposato con Megumi-san. Immagino che non lo facesse per non scontentare la zia. Aggiungi poi che anche io ero rimasta molto tempo lontana dalla famiglia, rinchiusa in quel collegio maledetto... In conclusione, è improbabile che io lo abbia mai visto, anche solo per sbaglio. E nonostante ciò... ho la sensazione di averlo già incontrato da qualche altra parte... E non per questioni legate ai Sonozaki.”

“In altre parole, l'unico possibilità che ti rimasta... E' averlo incontrato prima che lui fosse accolto all'interno del vostro clan.” osservò Rena “Prima del suo matrimonio, quindi.”

“Capisco...” quella supposizione fece riflettere la ragazza dai capelli verdi per alcuni secondi, finchè lei non disse: “Però non ho mai conosciuto qualcuno chiamato Goemon, è la prima volta in vita mia che sento questo nome, ecco perché mi sento un po' spiazzata. Chiaro, ho incontrato molte persone di cui non ho mai saputo il nome, è una cosa che capita a tutti... Tuttavia...”

“Approfondiremo la questione, uno di questi giorni.” Daijiro la interruppe “Ma ora, come avete detto in precedenza, vi sono questioni maggiormente impellenti. Ci serve assistenza per scoprire dove si è rifugiato... Ed il nocciolo della questione è proprio qui. Perchè non chiamate la vostra famiglia, Alice-san? Dove sono i vostri genitori, i vostri nonni? Un vostro parente è in pericolo di vita e nessuno dalla vostra madrepatria viene a trarlo in salvo, almeno per provarci? Questo è un atteggiamento inammissibile! Come possono mostrare una tale insensibilità?”

“Non è così semplice, non siate severi con loro.” rispose Irie, che pose una mano sulla spalla di Alice, la quale non aveva avuto piacere nell'udire tutte quelle critiche pesanti verso la propria famiglia “Daijiro-kun, ti stai dimenticando della Sindrome. Se qualcuno giungesse ad Hinamizawa senza essere vaccinato non avrebbe più il permesso di andarsene, in quanto se lo facesse svilupperebbe la malattia nella sua forma completa. Ed anche mandando un vaccino subito a casa loro, il pacco contenente le siringhe arriverebbe là solo dopo qualche giorno, se non di più; senza tralasciare il fatto che dopo aver iniettato il siero esso diverrebbe efficace solo dopo qualche settimana, e questo perché ci vuole tempo affinchè l'organismo sviluppi gli anticorpi necessari. Se metti assieme tutto ciò, capirai che la loro famiglia potrebbe venire qui solo tra un mese, decisamente troppo tardi perché possano fare qualcosa.”

“Pertanto, non li avete neppure messi al corrente di cosa si è abbattuto su di lui?”

“Per adesso no.” spiegò Alice “Sarebbe solo uno spavento inutile per loro, come ha illustrato il dottore non c'è nulla che possano fare, sono del tutto impotenti. Noi non siamo una famiglia ricca o potente, nessuno di noi è un guerriero valoroso. Anche se non ci fosse la Sindrome, loro sarebbero solo degli stranieri in una terra straniera, esattamente come eravamo noi quando siamo arrivati qui. Cosa potrebbero combinare, se venissero in nostro soccorso? Poco o niente. Ecco perché preferisco non dir loro niente, per ora. Ho già abbastanza grattacapi al momento.”

“Tutto chiaro...” commentò Shion “Questo dannato vaccino richiede troppo tempo e troppe procedure. E la cosa peggiore è che non è servito a niente per Gi-chan, è questo il paradosso.”

“Shion-san!” esclamò Satoko, che aveva notato come Irie non avesse preso bene le parole della giovane.

Shion mise una mano sulla bocca, pentendosi di averla aperta, ma il dottore accarezzò la testa della bambina bionda, dicendo: “No, la tua amica ha ragione, non arrabbiarti con lei. Sicuramente la Sindrome ha avuto degli effetti deleteri sul suo corpo e sul suo spirito, altrimenti non svanirebbe senza una buona ragione. Io... ho bisogno di chiedere scusa a tutti voi.”

“Non siete obbligato a farlo.” replicò Rena “Questa non è la Sindrome che conosciamo, se Rena ha capito bene, questa è una malattia diversa, e voi non potevate neutralizzare un microorganismo che non conoscevate neanche, prima di oggi. Nessuno può negare il miracolo che avete compiuto con la vecchia versione della patologia, non potete pretendere di poter fare l'impossibile. Non è colpa vostra.”

“La penso come Rena” aggiunse Rika “Ma anche se non è la stessa essa è un derivato della Sindrome di Hinamizawa classica, quindi qualche elemento in comune ce lo deve avere. Il funzionamento stesso della malattia deve essere simile. Ci deve essere qualcosa fisso nel suo cervello, qualcosa che sia la sua più grande ossessione, il suo vero chiodo fisso... Che cosa potrebbe essere? Riuscire a capire quello sarebbe un bel passo in avanti, perché ci permetterebbe di capire dove è diretto.”

“Gran bella domanda...”

“Uhm...”

“Beh...”

“Magari potrebbe essere qualcosa legato alle cicatrici che ha sul braccio?”

“Idea interessante. Ma in questo caso quali potrebbero essere gli effetti sul suo comportamento? Quello che gliele ha provocato è morto e sepolto da un pezzo, e lui non può affibbiare la colpa di ciò a nessuno che sia ancora in vita.”

“Però potrebbe mettersi sulle tracce di qualcuno che lui ritiene che sia colpevole. Potrebbe cercarsi un capo espiatorio contro cui sbollire... Magari potrebbe andare persino da Megumi-san, in fondo nessuno di noi la amava e lo stesso valeva per lui.”

“No, non credo, dovrebbe affrontare le stesse problematiche di cui abbiamo parlato prima anche con te, Ali-chan. Lui non sa dove gli zii vivono per la precisione e poi dovrebbe trovare un modo di liberarsi delle loro guardie del corpo prima di mettere le mani su di loro.”

“Ammesso però che un individuo sotto l'influsso della Sindrome si faccia fermare da quelli che per lui sono «dettagli trascurabili».”

“Quindi pensi che possa davvero andare ad attaccarli frontalmente?”

“No, non dico questo. Ho solo ricordato che il loro indirizzo è noto solo al clan Sonozaki, se escludiamo gli enti amministrativi. È un indizio. Non ce lo vedo proprio uno con la faccia da pazzo che va in comune per chiedere in che via risiede una certa persona, lo porterebbero alla centrale di polizia su due piedi.”

“Quindi secondo te non andrà da Megumi perché non può, ma sceglierà un altro capro espiatorio. È corretto come ragionamento?”

“Può darsi. Tu che dici, Mion? Voi siete gli unici a sapere dell'indirizzo dei vostri zii, vero?”

Mion non si mosse, come se non avesse manco udito le parole di Keiichi. Il quale, vedendola in quello stato, preferì continuare a parlare, per dissipare quell'atmosfera fredda ed esasperante che in caso contrario avrebbe saturato la stanza. “In ogni caso, dobbiamo organizzare un efficiente sistema di ricerca: la scomparsa ha avuto luogo solo qualche ora fa, pertanto non deve essere andato lontano. Rika-chan, tu e Mion per favore andate al villaggio e chiedete aiuto: sarà meglio che nessuno di noi rimanga da solo d'ora in poi, per nessun motivo, e la comunità ascolterà i capi di due delle tre Grandi Famiglie. Sensei, voi invece state con Rena e telefonate alla polizia chiedendo espressamente di Flavia-san: mettetela al corrente di quello che è stato, vedrete che ci darà tutti gli uomini che può mandare dalla centrale. Nel frattempo, gli altri di noi si divideranno in due gruppi e cominceremo la ricerca mentre aspettiamo i rinforzi. Ci sono domande?”

Niente domande. Tutti erano pronti a dare il proprio contributo, ma nessuno di loro era libero da quella pesantissima inquietudine che pervadeva tutta la stanza. Anche con Rena loro avevano fatto del loro meglio, eppure la loro amica aveva comunque perso l'uso delle gambe e questo non era di buon auspicio. In aggiunta a ciò, erano consapevoli che occupandosi di Giancarlo essi tralasciavano temporaneamente il problema di Mion, della faida nella sua famiglia che la stava portando al limite della sopportazione. Loro sapevano in che stato si trovasse lei e la decisione, sebbene obbligata, era anche dolorosa; perlomeno, i ragazzi speravano che la ricerca non richiedesse troppo tempo, lo stesso Goemon aveva indicato loro che la cosa non si sarebbe protratta per più di tre giorni. La loro speranza era riuscire a scovarlo per tempo, curarlo, e poi tornare a fronteggiare quella guerra interna tra i Sonozaki, con il loro compagno di nuovo al loro fianco.

Ma a parte quello, lo stato d'animo di Mion pareva estremamente allarmante. Lei appariva depressa, lei era depressa, fin nel profondo dell'anima. Di un umore così anormalmente basso. Era naturale essere così a terra? Era solo una conseguenza dell'attuale situazione, o piuttosto c'era qualcos'altro dietro...?

Rika ebbe improvvisamente un brutto sospetto, una cosa di cui voleva accertarsi. Si avvicinò al dottore e gli chiese di chinarsi verso di lei, in quanto voleva sussurrargli qualcosa nelle orecchie senza che gli altri udissero. Irie obbedì, e Rika lo pregò così: “Sensei, la supplicò, quando avremo finito qui chiedete a Mii-chan di rimanere alla Clinica per un momento ed analizzate il suo attuale livello di ATPC. So che lo tenete monitorato ogni due o tre giorni, ma temo che quello che sia successo oggi le abbia fatto schizzare in alto la quantità di quella sostanza nel sangue. E questo non è un bene.”

“Ma ne sei sicura? Maebara-san ha detto di mandarla ad Hinamizawa con te...”

“Ho sentito quello che Keiichi-kun ha deciso. Ma non tormentatevi per questo, se siete preoccupati per la mia sicurezza allora sarà Hanyuu a venire con me, non andrò al villaggio da sola. Mii-chan, invece, non si deve muovere da qui finchè non le avete preso un campione di sangue, poi potrà andare dove le pare. Credo che avrà qualcosa da obiettare, ma ritengo anche che costringerla a rimanere qui un paio di minuti in più sia molto meglio per lei.”

“Hmmm... Non sono convinto, però... se insisti, seguirò il tuo consiglio...”

“Vi prego, fatelo. Ho un orrendo presentimento...”

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Sta cominciando a grandinare. Sì, lo presupponevo, le nubi erano scure come non mai, l'ultima volta che ho alzato la testa verso il cielo. Non è strano che pioggia e ghiaccio stiano arrivando giù sulla terra. Per fortuna sono stato sufficientemente rapido da giungere qui, questo è un buon riparo e né gocce né chicchi mi raggiungeranno qui dentro, saranno deviati da quel vetro gelido. Niente e nessuno mi raggiungerà qui, finchè non lo voglio io. L'unica persona che in teoria potrebbe farlo non ha la possibilità di farlo, questo lo so benissimo.

E' così, il Sole non è più qui a riscaldarmi. E' giusto così, è come deve essere. Non c'è alcun Sole per me, non c'è mai stato alcun Sole, per me. Il mio Sole mi ha lasciato per sempre quel giorno quando avevo quattro anni. Quel giorno il mio bisnonno lo ha spento per sempre, quel giorno hanno deciso che io non potevo essere una persona felice, ed infatti da quel giorno sono diventato un figlio dell'oscurità. Mi hanno costretto a divenire quello che sono attualmente, senza che avessi possibilità di scegliere un fato diverso. E tutti gli altri hanno accettato questo stato delle cose senza opporsi. Mia nonna mi aveva detto che io rassomigliavo ad un pallido gelsomino notturno, mentre Alice era un coloratissimo girasole... Mi aveva detto che potevo fiorire solo di notte, nel buio. Sicuramente quella volta voleva farmi piacere con quella frase, non ho dubbi in proposito... Ma con quella metafora mi ha fatto capire anche un'altra cosa: io non avrei mai potuto godere della luce del Sole. Sarebbe troppo forte e calda per me, mi brucerebbe, mi appassirebbe. Deve essere per quello, se io non riesco ad essere coinvolto dall'allegria degli altri, quando loro sono felici. Non riesco a condividere la loro gioia, non riesco a sentirla dentro di me...

Beh, almeno quelle parole mi hanno aiutato ad accettare la mia situazione. Ho accettato me stesso, e questa era la cosa più importante. Io non sarei mai potuto divenire felice come una persona normale, non sarei potuto divenire felice come è destinata ad esserlo Alice, però potevo almeno mettermi il cuore in pace, uscire da quella disperazione provocata dalla mia condizione. Una consapevolezza che poteva essere equiparata ad un poco di felicità: non era molto, ma pur sempre qualcosa. La mia esistenza sarebbe stata dignitosa, non completamente inutile ed indegna, questo era quello che pensai allora.

Però... il mio altro me stesso accetterà mai questa triste verità? Parlo di quello che ha umiliato Nabiha alla prefettura, quello che provava un sadico piacere nel raccontare la mia storia a Mion... C'è una parte di me che adora vedermi soffrire, che pretende che io continui a soffrire, come un titano fiero di definirsi ribelle e felice di andare incontro alla pesantissima punizione di Zeus: quella figura mitologica non si doleva di essere condannato a causa del suo essere, al contrario ne provava una fortissima goduria, era quasi un segno di distinzione. Era orgoglioso di essere punito.

Dovrei piantarla con queste dotte citazioni, faccio davvero pena. Quel che conta è che c'è una parte di me che vuole essere maledetta. Ma perché lo vuole? È questo che non capisco. Dovrei andare fiero di quello che ho dovuto sopportare in passato? Forse sì... Ma non riesco ad andare fiero di quello che devo sopportare oggi, e men che meno di quello che dovrò sopportare in futuro, perché non mi aspetta un avvenire roseo se vado avanti su questa strada. Posso convivere con questo male di vivere, ma non posso esserne felice. Se lo fossi, sarei qualcosa di inumano.

Ecco perché mi piacerebbe così tanto rivoltarmi contro questo destino. Ma non so come si fa. Vorrei che le altre persone vedessero che io non sono quel genere di persona, che non sono solo un uomo triste e malinconico che non sono solo quello... Ecco perché ho voluto riparare la bambola che Mion aveva rotto. Era il mio tentativo di mettere in mostra il lato migliore di me, quello più luminoso. Io ero conscio che la storia che le avevo raccontato su di me le aveva fatto capire che lei non era l'unica a dover avere a che fare con un marchio sul proprio corpo, ma d'altro canto quella non era una favola per bambini, non era una storia felice, ed io non volevo che mi vedesse solo come un ragazzo triste e solitario. Desideravo fare qualcosa di piacevole, che portasse allegria, ero convinto che quel regalo così inatteso la rendesse felice e così era stato. Ero tanto contento di vederla piacevolmente sorpresa, era la prova che io posso fare anche sorridere la gente e non solo condurla alla malinconia od alla disperazione. Era una prova di cui avevo anche io bisogno. Una prova di cui soprattutto io avevo bisogno. Volevo che Mion si accorgesse della parte migliore di me, di quella più positiva.

Tuttavia... nessuno degli altri mi ha chiesto qualcosa sul perché di questa mia iniziativa. Nessuna domanda, nessun commento... niente. Come se non fosse successo. Forse l'hanno apprezzato, ma se è così non mi hanno certo mostrato questo sentimento. Neanche Alice, neanche Mion l'ha fatto, è per questo che sono così scontento... Era normale un atteggiamento simile? Capisco che la situazione non fosse delle migliori, ma almeno una reazione, qualcosa... Oppure per loro era uguale? Avere un... amico triste invece di un amico felice? Fa lo stesso, per loro? Non si sono occupati del mio stato d'animo, alla fine, mi hanno quasi trascurato... Però con Mion si sono comportati in maniera diversa...

Le stavano sempre attorno, come il prezzemolo... Me lo ricordo, il giorno del compleanno di Mion e Shion. Quella volta io mi ero accorto del loro scambio di identità, e loro due furono scioccato, quando glielo dissi. Mion aveva incolpato la sorella, per questo, ma non sapeva che la verità era ben diversa... La verità era che avevo avuto l'impressione che entrambe fossero diverse dal solito. Una sorta di sesto senso, assolutamente irrazionale. Non sarei in grado di spiegarlo ma nel momento stesso in cui ho visto le due gemelle ho pensato che Mion fosse in realtà Shion e viceversa. Qualcosa dentro di me continuava ad insistere che fosse così, fino al punto di persuadermi anche se non c'era un ragionamento logico dietro.

Fu il mio istinto a guidarmi, quella volta... E dire che non mi sono mai fidato del mio istinto, in vita mia. Ho sempre ritenuto che un processo mentale e razionale fosse meglio di una decisione presa di colpo e basata solo sulle sensazioni del momento. Lo faccio per un motivo ben preciso, dopo quello che mi è successo da piccolo... Quel giorno... Io sapevo che il bisnonno non fosse una brava persona, ma il mio istinto mi aveva detto che andava tutto bene, quella volta, e così l'avevo seguito fino al suo studio senza essere preoccupato più di tanto. Quanto mi sbagliavo. Non sapevo ancora che dopo quegli eventi la mia vita sarebbe cambiata per sempre, non avevo intuito che lui voleva tagliuzzarmi il braccio a causa delle sue manie.

È buffo. I film e i libri sono sempre pieni fino all'orlo di persone che hanno orrendi presentimenti che poi si rivelano essere fondati. Io invece non li avevo avuti, quel giorno, ed infatti ebbi drammaticamente torto. Qualche volta vorrei tanto che la vita reale fosse come la trama di un libro... Forse sarebbe più prevedibile.

Quel giorno mi ha stravolto per sempre. Avevo smesso di dare ascolto a quello che l'istinto mi diceva, ho sempre cercato di riflettere con calma su tutto, a costo di sembrare così spesso una persona svampita e dallo sguardo assente, a costo di reagire con una lentezza anormale. Quando con gli altri ho giocato con le pistole d'acqua parevo più una tartaruga che un ragazzo, e quelli giù a ridere... Ridevano di me, ma era naturale. Solo perché in quelle occasioni il mio istinto diceva una cosa ed io ne facevo un'altra. Ed invece... Durante il compleanno di Mion quella vocina dentro di me si era fatta così insistente, così forte e pedante... che io dovetti per forza obbedirle, anche se non prima che arrivasse sera. E quella volta il mio istinto aveva avuto ragione... i pregiudizi che avevo avuto contro di lui si erano rivelati immotivati.

Quindi potevo avere torto anche su altre cose? Forse avevo torto sul modo con cui avevo deciso di vivere? Ho sempre pensato che finchè mi fossi caricato sulle spalle tutte le angosce dei miei familiari essi avrebbero potuto vivere felici ed allo stesso tempo io avrei potuto trascorrere un'esistenza dignitosa. Non ho mai preteso di essere un Dio, non ho mai desiderato che tutto il mondo fosse felice... ma almeno speravo di migliorare la vita della mia famiglia, almeno la loro. Ma è davvero così? È davvero questo, quello che è successo? Forse, se fossi in grado di guardare nei loro cuori, scoprirei i loro sentimenti... Ma desideri come questo non hanno senso di esistere. È una cosa che nessuno può fare, tantomeno io.

L'amara verità, però, è che non posso continuare così. Non posso pensare di rendere felici sia la mia famiglia che me stesso, è impossibile. Fino ad ora mi sono sobbarcato il peso della responsabilità di mio padre, di mio nonno, di mia madre... ma contemporaneamente non volevo diventare un miserabile, qualcuno verso cui gli altri provavano solo della pietosa compassione. La sera in cui ho scelto di prendere il controllo della mia famiglia, per quanto mi era possibile... Quella sera avevo pensato che se fossi diventato troppo triste e derelitto gli altri si sarebbero resi conto della mia condizione e si sarebbero intristiti a loro volta. Per farli stare meglio, dovevo dimostrare di farcela, di cavarmela, e di essere forte a sufficienza. Dovevo farmi forza. Ma stavo chiedendo a me stesso qualcosa che andava oltre le mie capacità. Se non sei Dio non puoi dissolvere i peccati altrui. Qualcuno se ne deve fare sempre carico, avrei dovuto capirlo il giorno stesso in cui avevo annunciato di voler prendere il posto del mio bisnonno. Ed alla lunga se vado avanti con questo fardello sono condannato ad essere un disperato maledetto. Mentre se getto la spugna e me ne libero sarà la mia famiglia ad essere condannata. Ho cercato di trovare un qualche compromesso, fino ad ora, una specie di quadratura del cerchio, ma questa possibilità non esiste. Il dolore non sparisce per magia, a qualcuno deve andare. O io o loro. Chi credevo di essere, Gesù Cristo? Che idiota...

E' questa l'ultima verità. Un sacrificio “parziale” sarebbe inutile, devo decidere se essere felice o permettere agli altri di esserlo. Che dovrei scegliere?

No, in realtà ho già preso la mia decisione. Così formulata, la domanda contiene già la risposta. Se continuo ad essere il capofamiglia, allora sarò triste. Se smetto, la mia famiglia sarà triste, e quindi anche io. Detto così, la strada da prendere è ovvia. E poi avevo già intrapreso questo cammino quel giorno lontano, cambiarlo ora sarebbe assurdo. Non posso tornare indietro, sarebbe un colpo insopportabile per i mie cari, ed anche per me. Sarebbe la fine della nostra famiglia.

Devo azzerare quel che rimane di me stesso. Sotterrerò quel che rimane della mia anima insieme a tutti i peccati che ho preso su di me.

È così.

È così.

È così...

Ma perché? Perchè devo rinunciarci, alla fine? Rena una volta mi aveva detto che saremmo stati bene...

Io non voglio fare questo nuovo sacrificio. Io non voglio farlo, è troppo per me...

Sto piangendo, adesso. Posso sentire le mie lacrime calde sulle guance, assaggiare il loro gusto salato ed amaro al tempo stesso dentro la mia bocca. Non ricordo di aver mai pianto davanti ad altre persone, forse l'ultima volta è stata ancora il giorno in cui quell'uomo ha inciso il mio braccio, segnando tutta la mia vita. Però, ogni volte che mi ritrovavo da solo ero libero di sfogare il mio scoramento, lontano dagli occhi dei miei genitori, lontano da papà, lontano da mamma, lontano dal nonno, lontano da Alice... Potevo lasciar fuoriuscire il mio dolore, almeno temporaneamente. In pubblico non piango da tanto tempo, ma da solo ne ho versate di lacrime...

Sono troppo debole per rappresentare il modello di persona che la mia famiglia vorrebbe, ne sono consapevole. Posso essere solo un bastone malandato e scricchiolante a cui appoggiarsi in caso di necessità. Non mi sarà concesso di avere una mia vita, tutto quello che posso fare è permettere agli altri di averne una...

Però...

Però io voglio... Io voglio averla...

Oh, mamma... Mi sto grattando furiosamente la gola. Sta scendendo un rivolo di sangue dalle unghie, e posso sentire il dolore che proviene dal collo. Ho del sangue che mi risale da lì fino alla bocca, ne percepisco il sapore. Non posso sbagliarmi questa volta, il mio istinto e la mia mente dicono la stessa cosa, questa non è un'allucinazione. Questo mica era quello che era capitato anche a Seohara-san? Non sono forse gli effetti della Sindrome? Rika-chan ed il dottore ci avevano riempito la testa descrivendoci tutti i dettagli di questa strana malattia.

In fondo è così. Io non voglio andare avanti a caricarmi di un peso che non riesco più a trasportare, ma non voglio neanche annunciare ai miei che desidero lasciarli al loro destino. C'è una terza via, quindi. Sì, c'è.

La pazzia. Ed è lì che questi parassiti mi stanno guidando.

Almeno penso che sia così.

Per fortuna.

Non voglio evitare la follia che mi sta conquistando. Non voglio oppormi ad essa. La accetto deliberatamente. Di mia spontanea volontà, mi lascio annegare in questo oceano di pazzia.

Scegliere un'altra strada sarebbe troppo doloroso... Sì, sono un debole. Un codardo. Uno con la coda di paglia. Lo so bene. Ma forse così sarò meno infelice di quanto sarei altrimenti, tutto sommato. Questa è l'unica via che mi è rimasta per avere una vita piena solo di sofferenza, e la cosa importante è non uccidere o ferire nessuno. Non credo ci sarà qualcuno che se ne lamenterà, se faccio così, nessuno soffrire a causa mia. I miei genitori non capiranno mai che divento pazzo per colpa di quello che nutro nel cuore, penseranno che sia dovuto solo alla Sindrome... Non la prenderanno troppo bene, ma il loro dolore non sarà eccessivo. Ce la faranno, alla fine, tutte le ombre del passato andranno via con me, non dovrò darle a nessuno. Rika-chan mi aveva avvertito che le persone affette da questa malattia hanno il brutto vizio di togliere la vita agli altri... Ma nel mio caso l'unica vita che toglierò sarà la mia, ed io lo accetto.

Non commetterò suicidio, comunque, non credo che sarebbe utile. Anche se diventando matto è un po come se lo facessi... Sto per prendere quello che è rimasto della mia esistenza e gettarlo via alle ortiche. Non è necessario che io sia normale, basta che non soffra più, basta che non sia troppo infelice. Già, è questa la mia scelta... In fin dei conti, una melodia ha fatto la sua comparsa nella mia mente. Una melodia che conosco bene.

Questo suono è quello del carillon... Quello che il bisnonno teneva nel suo studio, quello che era in funzione mentre il braccio veniva reciso, quello che Alice aveva distrutto, quello che aveva caratterizzato tutti i miei incubi... Prima non mi ero neanche accorto della presenza di quelle note, ma ora le sento chiaramente. Questa melodia mi perseguiterà come un'ombra fino al giorno della mia morte... Inutile resistergli. Questo suono incessante eseguito a ripetizione, questo dolce segno del mio ingresso della follia... E' il collegamento che c'è tra me ed il bisnonno. La prova autentica che io sono un suo discendente, e che non posso ribellarmi al suo stesso infausto destino. Come lui, anche io sparirò dalla terra dei vivi, come è giusto che sia.

E dunque, Sorella Pazzia, conducimi dove più ti aggrada, ti seguirò. Mi hai aspettato pazientemente per anni, sin da quel giorno, non è vero? Deve essere stata un'attesa lunghissima, noiosa, scusa se mi sono lasciato desiderare. Ora però sono qui, docile e pronto a fare quello che desideri. Mostrami la via, Sorellona, cullami nel tuo grembo rassicurante, e fammi vedere quello che hai preparato con amore per me, dopo tutto questo tempo di atroce penitenza. Dai, mostrami a cosa di buono mi ha portato questa incessante sofferenza.

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Capitolo 43
*** Resistere al male ***



Capitolo 42: Resistere al male



Hinamizawa, 27 Febbraio 1984

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Questo numero, sottolineato sul foglio di carta davanti a Rika, era appena entrato al centro della sua attenzione. Dopo aver chiesto l'aiuto di tutta la popolazione del villaggio per setacciare la zona in cerca di Giancarlo, la bambina dai capelli blu era tornata in tutta fretta alla Clinica, per essere informata il prima possibile dei risultati degli ultimi esami che il dottore aveva eseguito su di Mion. Quest'ultima, dopo che le era stato prelevato il sangue per l'analisi, era stata lasciata andare insieme agli altri ragazzi della scuola, che sotto la guida di Shion e Keiichi era impegnato nelle ricerche. Il gruppo di amici aveva ricevuto l'ordine di non lasciare da sola Mion per nessun motivo, Rika aveva notato come la sua compagna si stesse rinchiudendo in un silenzio sempre più assoluto ed isolante. Stava mostrando ormai una totale indifferenza a quello che gli altri le dicevano, sia che fossero consigli sia che fossero tentativi di consolarla e risollevarla. Un atteggiamento che aveva convinto Rika della necessità di controllare con urgenza il suo stato di salute.

Rika si trovava quindi seduta, dentro l'ufficio di Irie, ancora senza fiato a causa della corsa che aveva fatto e che l'aveva stremata. Accanto a lei il medico, il quale stava rileggendo gli altri fogli di quella cartella clinica, in modo da essere certo di non trascurare niente. All'esterno, tutto si stava tingendo di un malaugurante color nero: una nuova notte stava iniziando ad avvolgere il villaggio con la sua lunga coperta scura e ciò non era positivo per le squadre di soccorso, riuscire a stanarlo sarebbe stato più complicato. Rika era nervosa ma in quel momento non poteva neppure sfogarsi con Hanyuu: la sua antenata non era più in forma spirituale accanto a lei ma si trovava insieme agli altri ragazzi, lontana da lei ed impegnata nella ricerca. Rika avrebbe voluto averla lì vicino ma in fondo era stata lei ad avere l'idea di riportare Hanyuu alla forma materiale, non poteva prendersela con nessun altro per questo. Quindi, l'unica cosa che le era rimasta era parlare con Irie, e presto lo dovette fare.

“Irie” domandò la bambina, alla fine “Che cosa è questo numero? Non riesco a capire, ma se è in mezzo al foglio deve essere piuttosto importante.”

Il dottore raccolse una penna dalla scrivania e con essa picchiettò sul numero che Rika aveva indicato, per essere certo che lei si riferisse a quello. Quindi, rispose semplicemente: “E' la quantità di ATPC dentro l'ultimo campione di sangue di Sonozaki-san.”

“Ah. E... è un buon valore, o no? Perdonami, Irie, ma io non so molto di questa materia. A me sembra un numero tanto piccolo, visto che è molto meno di uno, ma è davvero così o mi sbaglio?”

“Capita sempre quando parlo a dei profani della medicina, non ti crucciare. Però... quel numero non è bello da vedersi, temo. Un valore più che critico. Vedi, è cinque volte più alto di quello che abbiamo rilevato in tutte le analisi precedenti. Non è normale, non è per niente normale.”

“Il che vuol dire che avevo ragione, lo stato di apatia di Mii-chan non è naturale. Irie, pensi che questa anomalia nel suo sangue possa essere la vera causa del suo comportamento così indifferente? Che influisca fino a questo punto sulla sua personalità? Mii-chan è sempre stata una ragazza energica, attiva... Ora sembra così passiva, così imbambolata, invece.”

“Non ne sono sicuro al cento per cento, questa sostanza è ancora per larghi tratti sconosciuta... Ma non lo escludo. L'attuale livello di ATPC dentro di lei è... sia una causa che una conseguenza di questo, a seconda di come la vedi. Infatti suppongo che una quantità così alta sia dovuta ad una reazione del suo corpo, una reazione di tipo immunologico intendo: in questo periodo il suo organismo è stato sottoposto ad uno stress pesante e continuo, e normalmente il parassita attaccherebbe una persona nelle sue condizioni... Quindi è per questo che il suo sistema immunitario produce tutta questa ATPC.”

“Quindi, riassumendo: più stress uguale più ATPC, e più ATPC uguale meno coscienza dell'ambiente circostante.”

“Un effetto a catena, Rika-chan. Potremmo dire che il suo corpo non aveva scelta, questa sostanza è come se avvolgesse Mion-san in un enorme batuffolo di bambagia. Può suonare bizzarro ma l'ATPC pare quasi utilizzata per abbassare il livello di stress che lei deve sopportare. La intontisce come se fosse morfina ed evita che la tensione che deve subire continuamente superi un livello eccessivo, portando però degli effetti collaterali.”

“Alla faccia degli effetti collaterali, Irie. Quella sostanza sta devastando la personalità di Mii-chan, ne sta azzerando la volontà, non è una cosa da poco!”

“Ma se non ci fosse sarebbe anche peggio, forse. L'alternativa per lei sarebbe recidersi le arterie della gola con le proprie unghie e morire a causa del parassita, ed è solo grazie all'ATPC se questo non avviene.”

“Per favore, Irie, non mettere le cose in questi termini... Faccio fatica già così ad orientarmi ed a capire cosa devo pensare. Mii-chan è... quasi come una marionetta di per sé, ora. Non reagisce, non decide, non fa nulla di autonomo, imita solo quello che facciamo noi per forza d'inerzia. L'unica cosa che fa da sola è soffrire senza permettersi di aprire bocca e mostrare all'esterno i propri sentimenti... Basta vederla per capire come sta. Avremmo bisogno del suo apporto, ma finchè sta così...”

“Per farla stare miglio bisognerebbe eliminare la fonte del suo stress, ma non possiamo farlo per adesso, Rika-chan. Dobbiamo trovare Serco-san, per prima cosa, ed una volta che lo avremo tratto in salvo vedrai come la salute di Mion-san migliorerà. È evidente come il pensare di non essere stata capace di proteggerlo sia stata una delle maggiori cause dei suoi patemi, e dobbiamo metterle in testa che può ancora salvarlo, che può ancora proteggerlo.”

“Va bene, ma che mi dici di Megumi-san e Goemon-san? Anche loro sono sorgente di malessere, per Mii-chan, e non possiamo farli svanire nel nulla con la bacchetta magica. Fin quando questo problema esiste lei non riuscirà a stare meglio.”

“Hai ragione, purtroppo. Ma una cosa alla volta. Prima veniamo a capo di tutti gli altri fattori, quelli su cui possiamo intervenire subito. Vedrai che Mion-san si riprenderà un poco anche se rimarrà da sistemare la faida. Almeno spero. È la nostra unica possibilità, prego Oyashiro-sama che sia davvero così...”

“Uno scienziato che prega un Dio... Mah. Ci rimane solo questo... Lo spero anche io.” concluse Rika, sul punto di perdere la testa per la disperazione.

~-~-~-~-~

Il giorno successivo, la scuola di Hinamizawa rimase chiusa, anche se era un lunedì.

La maggior parte degli studenti non avrebbero mai trovato gli stimoli per andare là e studiare, e quindi il preside, prendendo atto dello stato d'animo generale, aveva concesso eccezionalmente un paio di giorni di riposo per permettere loro di dedicarsi solo alla ricerca del disperso ed agli altri loro impegni. Shion l'aveva ringraziato a nome della sorella, Mion era come chiusa in se stessa, ermeticamente separata dal mondo esterno, ed aveva smesso di parlare con chiunque.

Paradossalmente, era addirittura Alice che cercava di consolarla, nonostante l'immensa angoscia che anche lei provava per la scomparsa del fratello, nonostante avrebbe voluto versare lacrime amare per l'ansia che sentiva nel cuore, nonostante volesse sentire anche lei delle parole di conforto da qualcuno. Dopo essersi trasferita al Maniero, Alice aveva visto le condizioni dell'amica, ed aveva concluso che era suo dovere essere forte, per Mion, per Giancarlo e per se stessa. Lei era cosciente che questo era tutto quello che poteva fare al momento, ma intanto questo bastava per avere una ragione per andare avanti.

D'altronde, Giancarlo non era stato avvistato da nessuna parte. Il che era strano, non poteva essere andato molto lontano. Keiichi si stava innervosendo, le trappole che Satoko aveva piazzato qua e là dimostravano senza ombra di dubbio che nessuno era passato dalle loro parti e quindi una sua fuga nei boschi diventava qualcosa di praticamente impossibile. Il loro compagno non era come Seohara, non aveva certo una grande agilità e non poteva avere avuto neanche il tempo di studiare quei dispositivi nascosti per neutralizzarli o usarli a proprio vantaggio; inoltre, nessuno vedeva una possibile motivazione che l'avesse potuto spingere da quelle parti, a meno che non avesse intenzione di farla finita tra le montagne... Ma quelle non erano cose da pensare, si disse Keiichi tra sé e sé, dovevano essere più ottimisti.

Ovviamente, quasi tutto il resto del villaggio dovette andare al lavoro, quella mattina, il riso non cresce da solo, così molti dovettero lasciare le squadre di soccorso, dopo una lunga e spossante nottata trascorsa setacciando ogni angolo di Hinamizawa. Naturalmente questo non significava che avevano gettato la spugna, anzi andando nelle campagne avrebbero anche coperto una zona di ricerca molto più ampia ed avrebbero riportato alla polizia ogni traccia che poteva ricondurre al fuggiasco. Comunque, durante tutta la giornata gli unici che lo stavano formalmente cercando erano gli ufficiali di polizia, coordinati da Flavia, ed alcuni abitanti del paese, in particolare vecchi, donne e disoccupati. Più Keiichi, Daijiro, Rika, Hanyuu ed Alice, la quale, dopo essere stata ospitata al Maniero per la notte, si era offerta di dar loro una mano.

Vi era un motivo se gli altri non erano con loro. La situazione stava peggiorando di minuto in minuto. I pettegolezzi giravano rapidi ed il resto del clan Sonozaki venne presto messo al corrente di come Mion avesse reagito allo svolgersi degli eventi messo in moto dalla macchinazione di Goemon. I membri più eminenti del casato erano inquieti e preoccupati, anche coloro che supportavano il ramo principale volevano controllare se quelle voci di corridoio così allarmanti fossero vere: così, nel primo pomeriggio contattarono il Maniero, annunciando un'immediata, straordinaria riunione da tenersi alle cinque di quello stesso giorno. L'ordine del giorno sarebbe stato il sapere in che modo il loro attuale capo stava pensando di venire a capo di quella faccenda. Una seccatura inaspettata e potenzialmente devastante, che fece sì che lo stato di ansia all'interno del Maniero salisse in maniera prevedibile e comprensibile.

“E ora che si fa?” si chiese Shion, camminando avanti e indietro nella sua stanza come un'indemoniata “Che si fa ora? Datemi un consiglio, cavolo! La presenza di Onee è imprescindibile, ma non possiamo far vedere a tutti come si è ridotta! È come se le si fosse lobotomizzato il cervello, che figura ci facciamo? Siamo perduti, se i vegliardi di famiglia si rendono conto di come è malconcia.”

“Lo so che non ti entusiasma, ma temo che dovremo ricorrere al solito trucchetto...” rispose Satoshi, il quale si trovava lì con la sorellina “Chiedi a Mion-san di riportarti tutti i particolari di quello che Goemon-san le ha detto, in modo da non fare degli errori evitabili, e quindi... Beh, dovrai prendere il suo posto ancora una volta.”

“Shhh!” lo zittì Satoko “Non parlare così forte, Nii-Nii. Akane-san o Kasai-san potrebbero entrare in qualsiasi momento e sentirci. Se udissero che Nee-Nee vuole rimpiazzare Mion-san si scatenerebbe il finimondo, per loro sarebbe un vero e proprio colpo di stato, un'usurpazione!”

Shion diede però ad intendere di non concordare con lei. “No, Satoko, non fargli una lavata di capo per una cosa così stupida. Onee ha già dato a me ed a Kei-chan tutti i ragguagli del dialogo tra lei e lo zietto, non è questo il punto. Piuttosto... Sto pensando che sarà pressochè inutile stare lì a parlare per due ore su cosa vogliamo o non vogliamo fare per sbrogliare la matassa. Pensaci. Loro laggiù saranno in attesa di «Mion». Il problema non sarà il fatto che questa «Mion» uscirà da camera mia e non da camera sua, in fondo staranno tutti ad aspettarmi nel salone e non vedranno da dove vengo, però... Nel momento in cui esco di qui con voi due, la mamma e Kasai capiranno subito lo scambio di persona; non sono nati ieri, noteranno immediatamente il repentino cambio d'umore. Non sono una brava attrice, non riuscirei a simulare la depressione di Onee... Senza contare che, al contrario, devo dare al clan proprio l'immagine opposta di quello che lei è adesso.”

“Ma allora, se tu dai l'idea di essere forte e decisa, tua madre scoprirà la verità su te e Mion-san. Se invece dai l'idea di essere debole, i vostri parenti vi abbandoneranno definitivamente al vostro destino. E' così?”

“Esatto. Ero sicura che tu avresti capito, Satoko. Non sono brava a sufficienza per mentire a tutti, trovare un compromesso tra questi due stati d'umore è troppo difficile per chiunque, figuratevi per me. Rischierei di fare più danni di quanti ce ne servano, e se posso evitare meglio. Penso che faremmo meglio ad ingannare solo gli altri membri del clan, in fondo non ci conoscono bene come la mamma...”

“Ed infatti sono loro, che dobbiamo menare per il naso! Capisco il tuo punto di vista, Nee-Nee, tua madre rimarrà un po' di sasso vedendo la differenza tra la vera Mion e quella che vedrà stasera.... Ma non abbiamo scelta, dobbiamo andare per il male minore, non esitare e sii forte. Le confesseremo tutto quando avremo finito, se sarà il caso, ma per ora non diciamole nulla. Per questa sera, tu sarai agli occhi di tutti una forte e determinata Sonozaki Mion, e nessuno sarà informato della tua vera identità. Ora però sbrighiamoci con sta coda di cavallo, non abbiamo tutto il giorno!”

“In realtà... E' un'altra cosa, quella che mi fa riflettere. Io pensavo che non avrei mai dovuto impelagarmi in questioni di famiglia, una volta che il ruolo di leader era stato dato ad Onee.” sospirò Shion “Pensavo che avrei passato una vita da ragazza normale... Invece è già... la quarta volta? La quarta volta in pochi giorni che indosso i suoi abiti e fingo di essere lei. La mamma potrebbe pensare che io voglia usurpare il suo ruolo... Ma il fatto è che io non voglio proprio farlo! Non voglio rubare il posto ad Onee, far finta di essere lei. Sia chiaro, mettetevelo in quella capoccia, questa è l'ultima volta che mi metto nei suoi panni, intesi?”

“Intesi!” rispose Satoko, che sorrise e si alzò, prima di controllare che il corridoio fosse ancora libero. Operazione necessaria, al fine di andare nella camera adiacente per raccattare i vestiti di Mion senza destare sospetti. Fortunatamente Akane e Kasai erano al piano di sotto, intenti a sistemare la sala dei ricevimenti per accogliere gli ospiti inattesi, così la bambina potè sgattaiolare fuori dalla camera di Shion con una certa tranquillità. Il raduno sarebbe iniziato tra non meno di quaranta minuti, i tre ragazzi avevano tempo di fare tutto senza fretta.

Satoko aprì delicatamente la porta della camera da letto di Mion, trovandola all'interno. La luce era spenta, l'altra sembrava quasi un manichino senza vita... E non era una sorpresa inaspettata. Sebbene gli altri si fossero prodigati con una lunghissima litania composta di dolci frasi e premurosi gesti di conforto, la sua povera e sfortunata amica si era barricata in camera sua, implorando di essere lasciata sola. E questo Satoko lo sapeva. Che doveva fare quest'ultima, allora? Stava entrando pur sempre nella stanza di Mion, per prendere un kimono che apparteneva a lei, e le buone maniere avrebbero invitato Satoko a parlare; però la bambina non sapeva che dire, o se era il caso di dire qualcosa.

Ad ogni modo, si rese ben presto conto che le sue perplessità non avevano ragione di esistere: la sua silenziosa amica non si sarebbe curata di lei, continuava a fissare la finestra tenendo la testa appoggiata al lato destro dell'imposta. Mion pareva non avere nemmeno intenzione di chiederle come mai fosse entrata, era già tanto se si era accorta che qualcuno si era intrufolato in camera sua... mentre Satoko ebbe l'impressione di guardare una statua di cera, piuttosto che un essere umano. Se non l'avesse conosciuta anni prima, avrebbe detto di essere insieme ad una ragazza cieca, muta e sorda al tempo stesso, ma così non era. Colma di una sgradevolissima sensazione di disagio andò ad aprire il guardaroba senza fare rumore. Mion forse se ne rese conto ma non la guardò, né mosse il capo. Preda dell'angoscia più terribile mai provata da animo umano, se ne rimaneva immobile, come se la sua volontà fosse stata letteralmente annichilita, come se avesse esalato l'ultimo respiro e la sua anima avesse già abbandonato il suo corpo. In tutto e per tutto, una ragazza con ancora gli occhi aperti ma già sulla strada di un coma apparentemente irreversibile, in attesa forse di una morte che per lei fosse liberatrice.

Satoko provò pietà per lei, ma non poteva fare granché per lei, al momento. La bambina si morse il labbro con i canini per la frustrazione e poi tornò velocemente alla camera di Shion, facendo attenzione a non sporcare il kimono che portava in mano. Entrò, e dopo aver posato il vestito sul tavolo chiese a Satoshi di uscire, in quanto la loro amica doveva spogliarsi per prepararsi all'incontro.

“Lo faccio subito...” rispose Satoshi “Ma prima di andare fuori, vorrei chiedervi una cosa. Vorrei fare parte del vostro raduno. Non sono necessari inviti ufficiali, vista la fretta con cui hanno organizzato il tutto.”

“Vuoi venire con me? Lo apprezzo, molto, veramente, fosse per me ti inviterei sempre... Ma posso sapere come mai? Gli altri non capirebbero mai per quale ragione un Houjou vorrebbe essere presente in una disputa tra Sonozaki, e potrebbero persino avere dei dubbi sulla mia vera identità.”

“Mi... Mi voglio premunire, spero tu comprenda. E poi non è stata tua sorella a dire che presto farò parte della vostra stessa casa? Sarà questo che risponderò loro, se avranno da ridire sulla mia presenza.”

“Sa-satoshi-kun!” gridò Shion, assumendo l'aspetto ed il colorito di un pomodoro maturo, prima di riuscire poi a ribattere “Va bene, me lo ricordo, ma tu in teoria dovresti diventare il partner di Shion, non quello di Mion! I sospetti fioccheranno su di me, se glielo dici.”

“Fa lo stesso. Il fatto che loro non vedano nessuna Shion non significa che io non possa prendere parte. Posso dichiarare di rappresentare me e te, se preferisci. Davvero, vorrei essere d'aiuto... e questa potrebbe essere una discreta chance per me. Ti prego, sii comprensiva.”

La ragazza dai capelli verdi non trovò il coraggio di obiettare ancora. Ma, ad una prima occhiata, Shion non riusciva a scorgere quale fosse stata la molla che scattando aveva fatto cambiare così tutto ad un tratto Satoshi. Come mai era così cocciutamente ostinato... Non era mai stato così intraprendente, era sempre stato un ragazzotto tranquillo che se ne stava sulle sue e che non desiderava nulla di più di una vita tranquilla, per sé e per Satoko.

Però, alla fine... Era solo preoccupato per la sua famiglia, che una volta era composta solo da lui e da Satoko, ma che ora includeva anche lei, Shion. La mente della giovane ritornò al periodo in cui si erano appena incontrato, quando lui l'aveva protetta mettendosi in mezzo tra lei e qui teppistelli. Quel giorno Satoshi aveva avuto una fifa blu nell'affrontarli, quei ragazzacci erano più grandi e fisicamente molto più prestanti di lui. Però la salute di quella ragazza, allora sconosciuta, aveva assunto una grande importanza e Satoshi era pronto ad affrontare qualsiasi cosa per lei, in modo da essere sicuro che lei rimanesse intonsa.

Anche oggi era lo stesso. Satoshi sapeva già che non sarebbe stato in grado di battersi degnamente con i parenti della sua futura moglie. Erano terrorizzanti, i loro volti raffiguravano sempre qualcosa di minaccioso ed intimorente, e poi quel ragazzo non era un bravo parlatore come Keiichi. Tuttavia, lui temeva che succedesse qualcosa di brutto a lei, aveva paura che qualcuno dei più critici e diffidenti avesse un atteggiamento violento verso «Mion», e lui voleva evitarlo. Non sapeva ancora come, ma l'avrebbe fatto. Satoshi desiderava essere la guardia del corpo di Shion, il suo angelo custode, e lui riteneva che per farlo fosse necessario stare sempre alla sua destra, in quel momento ed in quelli successivi. E comunque lui non era inutile, affatto: il solo sapere che l'avrebbe avuto accanto era abbastanza per rendere Shion un po' più calma, e quello era già un risultato degno di nota.

Shion brontolò ancora, ma ormai il dado era tratto. La ragazza sapeva che, nell'istante stesso in cui avesse accettato Satoshi al raduno, anche Satoko avrebbe chiesto altrettanto, volendo stare con il fratello e la sorella adottiva. Però, pensava lei tenendo in mano il kimono che avrebbe presto indossato, il loro gesto era ammirevole e Shion stessa non poteva dire che non lo apprezzava. Lei si stava convincendo che i due Houjou sarebbero sempre venuti in suo soccorso, ogni volta che gli altri avrebbero messo in discussione le scelte e le azioni del ramo principale del loro clan. Ma non solo. Satoshi e Satoko erano parte della sua famiglia, ma anche lei ormai era parte della loro... Shion, per la prima volta, si sentì davvero anche una Houjou, oltre che una Sonozaki. Logico che si comportino così, a questo punto...

La ragazza dai capelli verdi guardò allora Satoshi, stavolta con curiosità. Che avrebbe potuto fare per lei, al dibattito? Una cosa c'era, e lei lo sapeva. Satoshi, quando serviva, poteva diventare un muro indistruttibile dietro cui potersi rifugiare. Niente e nessuno avrebbe potuto raggiungerla, con un simile riparo. Un partner ideale in quell'atmosfera così tesa... Ma quel fidanzato non era solo questo, pensò Shion. Batcha odiava i loro genitori, ed ora i figli della coppia che appoggiava la costruzione della Diga sono al fianco delle nipoti di una dei capi di chi si opponeva ad essa. Senza rancori per il passato, tutti insieme... Sono grandi, Satoshi-kun è grande, immenso. Un fenomeno. Ogni tanto... ogni tanto penso che sarebbe il partner ideale per il leader della famiglia Sonozaki. Ma questa cosa non l'ho mai voluta confessare ad Onee...

~-~-~-~-~

Nel frattempo, Rena era da sola, sempre alla Clinica Irie, e stava contemplando dalla finestra il cielo che si stava colorando di nero, a causa delle nuvole dense di pioggia che facevano la propria comparsa da dietro le montagne.

Era sola per modo di dire, in realtà. Non vi era nessuno del suo gruppo di amici con lei, erano tutti impegnati nella ricerca o nel raduno dei Sonozaki, ma si trovava pur sempre in un edificio occupato da decine di persone impegnate per una faccenda o per l'altra. Non correva certo rischi, le infermiere erano state istruite affinchè facessero capolino nella stanza ogni cinque o sei minuti, giusto per verificare che tutto fosse a posto e per non correre pericoli. D'altronde, quella comunque era forse la prima volta che nessuno dei suoi compagni stava con lei, dal giorno dell'incidente, e questa occasione le aveva dato modo di riflettere con calma.

Poco a poco, stava cominciando a perdonare suo padre. Qualche giorno prima, subito dopo essere stata sistemata in quella piccola stanza fredda e così poco confortevole, Rena aveva ricevuto una visita da parte sua, e lì l'uomo le aveva confessato tutta la tremenda verità. Seohara aveva ragione, lui aveva avuto un amante diversi anni fa... Ma aveva già espiato quella colpa, a suo tempo. Era stato difficile per lui riprendersi da quello che gli era capitato ad Ibaraki, ed anche ad Hinamizawa per colpa della sua storia con la compagna di Teppei, Rina. Quel periodo travagliato era stato il suo castigo, ed ora Rena pensava che fosse sufficiente. Era ormai tempo di perdonarlo. In fondo quella volta lo aveva tenuto sulle spine per parecchie ore, chiusi nella sua stanza d'ospedale, non facendo neppure entrare gli amici che volevano sincerarsi sulle sue condizioni di salute; e poi non si erano più parlati faccia a faccia da quel giorno... era stata una penitenza ulteriore, per lui. Rena riteneva che così bastasse ed avanzasse.

In fondo ognuno era responsabile per le azioni compiute. Se sua madre aveva deciso di convivere con il suo nuovo partner lo aveva fatto in seguito ad una sua scelta libera ed autonoma, e non solo a causa del tradimento di suo marito. Allo stesso tempo, Rena avrebbe coscientemente continuato a vivere con il padre perché è questo che aveva deciso, e non perché dimenticava quello che lui aveva fatto. Rinfacciargli quello che aveva commesso, odiarlo per questo... sarebbe stato inutile, alla fine, e poi la ragazza si era resa conto di avere ancora bisogno di lui, esattamente come suo padre aveva bisogno di lei. Entrambi erano dei feroci peccatori, a dirla tutta, però potevano ancora aiutarsi a vicenda convivendo con i loro crimini passati.

Era questa la vera differenza tra lei e Seohara, quindi. Diversamente da lui, lei poteva accettare quello che gli altri avevano fatto, in quanto riconosceva di non essere migliore di loro. Tutte quelle esperienze, ed anche quei sogni strani... Quei sogni in cui uccideva Rina e poi Teppei nella discarica, e poi cercava di dare fuoco alla scuola di Hinamizawa... Le avevano insegnato qualcosa, sebbene lei non riuscisse a capire da dove spuntassero fuori quegli incubi. Odiare gli altri, rinnegare i propri amici e compagni di vita... poteva portare solo dolore e sofferenza, a lungo termine, poiché fare una cosa simile significa non aver capito chi sei veramente. Tutti hanno sul groppone colpe anche gravi, nessuno escluso, ma quelle stesse colpe possono diventare gli stimoli che spingono le persone a migliorare, ad aiutare il prossimo a superare le difficoltà dovute ai propri errori. Non si vuole che gli altri vivano le proprie esperienze più dolorose, si vuole invece che essi abbiano un futuro migliore di quello che era stato il proprio passato. Questo valeva per suo padre, e questo valeva anche per lei.

Aiutare suo padre a migliorare, allora... Era questa la risposta che lei stava cercando? La mente di Rena continuava ad essere affollata dai dubbi, non sapeva come doveva comportarsi esattamente con il genitore. Era il momento di chiedere alla Clinica di essere dimessa subito, o doveva aspettare che fosse suo padre a chiederlo? Doveva attendere che lui le chiedesse esplicitamente scusa, a lei ed alla famiglia Seohara, o doveva fare lei il primo passo? Magari avrebbe dovuto contattarli, loro vivevano certamente tuttora ad Ibaraki... Oppure in questa maniera avrebbe fatto le cose troppo in fretta? Un giorno o l'altro avrebbe dovuto prendere una decisione su quelle questioni, ma non era ancora tempo per dedicarsi ad esse.

Ora, invece, Rena era più preoccupata per Mion, piuttosto che per la sua stessa salute o per la sua famiglia. Le avevano detto del fatto che la sua amica si era chiusa in se stessa, senza più aprire bocca dal suo ritorno a Kiyotsu. Si era rintanata in camera sua, le avevano riportato, ed era rimasta lì per tutta la sera. Rena temeva che avesse fatto lo stesso anche la giornata dopo. Praticamente un fantasma immobile ed impotente. In che modo potevano darle la forza di reagire...? Era complesso, rispondere ad una questione del genere. Presumibilmente la cosa migliore sarebbe stata localizzare Giancarlo e far vedere a Mion che era ancora curabile, a dispetto della nuova Sindrome che l'aveva colpito. Ma dove poteva trovarsi? Rena si ricordava dei suoi vecchi sogni, si ricordava che le persone che pativano per colpa di quella malattia erano solitamente ossessionate da qualcosa e che ogni loro azione era effettuata in funzione di quell'insano chiodo fisso che ronzava loro di continuo in testa. Che cosa poteva mai essere questo pensiero ricorrente, nel caso del suo amico...

Knock, knock.

All'improvviso, Rena udì qualcuno bussare alla porta della sua stanza, qualcuno si trovava lì dietro. Chi poteva essere? Irie? Takano? No, loro avrebbero annunciato a voce il loro arrivo e se fosse stata un'infermiera qualsiasi sarebbe entrata senza attendere che Rena desse il permesso. La porta alla sua destra era invece ancora chiusa, quindi doveva essere qualcun altro. La ragazza decise allora di sedersi sul letto, tirandosi su con l'aiuto delle proprie braccia, e successivamente pregò il visitatore di entrare ed accomodarsi nella stanza.

Il pomello si mosse delicatamente, e due figure si affacciarono all'interno. Di chi si trattava. Alla ragazza non pareva di averli mai visti. Due persone di mezz'età in abiti civili, quindi non medici o chirurghi specialisti, all'incirca della stessa età di suo padre. Un uomo e una donna, forse marito e moglie, persone assolutamente normali. Erano lì per una ragione? Rena pensò che fosse così. C'era qualcosa di strano in loro, qualcosa di importante, ma che lei non riusci a notare, lì per lì.

Tutto si sarebbe chiarito però nel giro di pochi secondi. L'uomo cominciò a parlare, ed all'inizio disse solo: “Buongiorno, signorina... State, bene, Ryuugu-san? Ci hanno detto che... avete avuto un grave problema alle gambe.”

“Io... Rena sta bene, in fin dei conti. Rena ha passato giorni peggiori di questo, non rattristatevi della sua salute. Ma posso chiedervi chi siete, chi siete?”

“Oh, certo, sono stato poco educato... Il mio nome è Seohara Kuzo, e lei è mia moglie Yoko. Noi due siamo... eravamo i genitori del ragazzo che vi ha ridotto in queste condizioni.”

Rena sbiancò in volto. Sì, ora aveva compreso perché quei due attirassero la sua attenzione in quel modo. Qualcosa dentro di lei le aveva detto che quelle facce avevano un che di familiare, e ciò era dovuto al fatto che l'aspetto fisico di quell'uomo era incredibilmente simile a quello di Seohara. E quindi, quella accanto a lui è la vecchia amante di papà... Vive ancora con suo marito, vedo... Un senso di istintiva ed ingovernabile rabbia emerse dall'animo della ragazza. Quella donna era la peccatrice originale di tutta quella storia, insieme a suo padre era stata lei il fattore scatenante che aveva provocato tutti quei drammatici eventi e tutto quel dolore. Chissà se lui sapeva qualcosa, della storia amorosa che aveva avuto la moglie. Chi le ha dato il diritto di venire qui ad insudiciare questa stanza con la sua presenza? Se questa non fosse mai esistita, saremmo stati tutti meglio...

La donna si accorse che Rena la stava insistentemente fissando con un'aria tutt'altro che benevola, e quindi abbassò lo sguardo, a disagio. Ma allo stesso tempo, la ragazza si rese conto che non poteva prendersela con lei: quel sentimento di ira era crudele verso quella signora. Rena pensò di essere un po' ipocrita, qualche secondo prima era intenta a fare tutte quelle poetiche riflessioni sulla bellezza del perdono, ed ora invece... In fondo, proprio come il padre di Rena, anche Seohara Yoko aveva sicuramente patito molto a causa della sua relazione extraconiugale, la giovane poteva notarla dal modo in cui la donna guardava il marito. Un velo di persistente tristezza riempiva quei piccoli occhi grigi, ed un misto di ansia e rimpianti aveva negli anni invecchiato il suo volto. Non era più la donna piacente ed affascinante che in tempi lontani aveva stregato il padre della ragazza, facendone il suo amante.

Rena non poteva saperlo, ma stava passando un'esperienza identica a quella che Keiichi aveva avuto non molto tempo prima, quando si era trovato davanti alla bambina a cui aveva sparato nell'occhio quando ancora viveva in città. Un pezzo del suo passato era nella stessa camera in cui si trovava lei, e da questo non si poteva scappare. Inoltre, il suo stato di smarrimento veniva acuito dal fatto che questa visita non fosse stata organizzata da lei, ma era qualcosa che la coglieva impreparata.

Tuttavia, riprendendosi da quel senso di inquietudine, la ragazza si rese conto di essere stata scortese verso la donna, e quindi voltò il capo in un'altra direzione, dispiaciuta. Ma l'uomo accanto a loro intervenne, per spazzare via l'imbarazzo che stava crescendo in quella stanza in modo palpabile: “Non vi preoccupate, Ryuugu-san, so tutto del mio passato, mia moglie me lo ha raccontato anni fa. So anche di tutto il resto, dei fatti avvenuti ad Ibaraki, dei fatti avvenuti qui...”

“Ca... Capisco...” Rena rispose, senza guardarlo in faccia.

“E sono qui per chiedervi scusa. Dal più profondo del cuore.”

Rena stava ancora osservando il muro alla propria sinistra, quando udì questa ultima frase, e non ebbe alcuna reazione. Voleva evitare lo sguardo della moglie di lui, e poi non sentiva il bisogno di guardarli in faccia, quella dichiarazione non le giungeva inaspettata. Dopo tutto loro erano lì per farle visita, le buone maniere richiedevano delle parole di circostanza, da parte loro. Non è una sorpresa che si fingano desolati per quello che mi è stato fatto, mugugnò Rena tra sé e sé...

Ma cambiò drasticamente idea quando sentì un rumore indistinto, simile un tonfo, che pareva provenire da loro e che l'aveva convinta finalmente a voltarsi verso la coppia. Ed i suoi occhi si sgranarono stupefatti, a quella scena. Sia l'uomo che la donna si erano prostrati ai suoi piedi, senza osare alzare lo sguardo. Quella non era una visita di cortesia, i due signori erano sinceramente straziati dal rimorso.

“Seohara-san” esclamò perciò Rena, realizzando come loro avessero cominciato pure a gemere “Non vi dovete sentire obbligati a...”

“No, devo farlo, invece. Non troverei pace altrimenti. Vedete, ad Ibaraki ebbi paura, fui un codardo. Quando suo fratello è venuto da noi autoaccusandosi di averti attaccato da solo, quel giorno lontano... avrei dovuto capire che lo stava coprendo. Non era da Koji fare una meschinità del genere, era sempre stato un ragazzo relativamente tranquillo. Sicuramente più del suo fratello minore. Io penso... che assumendosi le colpe di tutto Koji sperasse che l'altro imparasse la lezione e diventasse una persona migliore, ma...”

L'uomo si rimise lentamente in piedi, asciugando le proprie lacrime con la manica della sua giacca, e poi si avvicinò alla parete. Quindi, richiuse la finestra della stanza. Lo fece in quanto riteneva che così avrebbe fatto un gesto cortese verso Rena, le persiane erano aperte ed un vento glaciale stava cominciando ad soffiare dentro la camera. La ragazza nel letto sorrise annuendo come segno di apprezzamento, ed allora lui aggiunse, mestamente: “Ma il mio più grande errore risale ad un periodo molto più recente, Ryuugu-san... Dovevo capire che quel ragazzo non era più normale... Era come indemoniato, potevo vedere il suo comportamento a casa, ed avrei dovuto riportarlo ai dottori che lo avevano in cura. Ma avevo paura di aver preso un abbaglio, temevo che l'avrei rovinato completamente se avessi fatto la scelta sbagliata. Inoltre, avevo il terrore di scatenare le chiacchiere ed i pettegolezzi dei vicini, il mio buon nome era divenuto più importante della salute del mio stesso figlio. Gli altri condomini sapevano già che lui era costretto a recarsi dallo psicologo, se qualcos'altro gli fosse successo tutti avrebbero detto che la nostra famiglia era composta da dei disgraziati...”

“Ora fermatevi, ve ne prego... Non dovreste umiliarvi fino a questo punto, non è giusto...”

“No, è mio dovere farlo. Avrei dovuto tenerlo d'occhio ed invece non l'ho fatto... Quello era un ragazzo malvagio fin nel midollo, ora lo so, ed è solo colpa mia se è stato lasciato libero di agire.”

“No, non sono sicura che sia solo colpa vostra.” Rena diceva questo non solo per consolarlo. Lei stava ormai provando pietà per il loro figlio maledetto. Era al corrente della schizofrenia di lui, e sapeva anche che con tutta probabilità era stata lei la causa di quella malattia. Quando avevano tentato di violentarla ad Ibaraki lei lo aveva colpito in testa con una mazza da baseball e tutte le notizie che aveva raccolto con il passare del tempo avevano convinto Rena a concludere che fosse stato quella contusione a danneggiare irreversibilmente il suo cervello.

Infine, a Seohara non era stata data la stessa seconda possibilità che Rena aveva invece avuto. Da sola, con calma e nella piena facoltà delle sue capacità mentali, lei aveva potuto scegliere di perdonare suo padre per quello che aveva fatto, cosa che a quel ragazzo non era invece stata permessa, a causa dei danni che il suo cervello aveva ricevuto e che non gli avevano permesso di riflette davvero sull'accaduto. Il suo stato di schizofrenia gli aveva impedito di imparare dalle esperienze passate, e questo lo aveva condannato a odiare tutto e tutti, Rena compresa, senza avere opportunità di provare a cambiare e maturare. In un certo senso, la giovane riteneva che Seohara fosse spiritualmente figlio del suo periodo di depressione ad Ibaraki.

Ma le parole che giunsero dalla bocca di quell'uomo la lasciarono sbigottita: “No, invece è colpa mia. Come ti abbiamo detto in precedenza, lui non è mai stato un ragazzo bravo e gentile. Anche quando era molto giovane, anche quando era in salute, si divertiva a rendere la vita impossibile agli altri, facendo una serie di scherzi anche pesanti e pericolosi. Basta ritornare indietro al giorno in cui lui e gli altri sui «amici» hanno cercato di... di farti quella brutta cosa. Il fatto che volesse vendicarsi su di te, quel giorno, era causato dalla malvagità che risiedeva nella sua vera natura, del resto prima di quell'incidente lui era sano, mentalmente parlando. La sua schizofrenia non ha creato una parte di lui che prima non esisteva, ne ha solo risvegliato una che era già presente nel suo cuore. Sarebbe comunque diventato un uomo cattivo, a prescindere da ogni possibile malattia del cervello. Ecco perché sto dicendo che io e mia moglie dobbiamo prendercela solo con noi stessi. Abbiamo fallito come educatori, è stato questo a portare alla morte i nostri due figli, è questa la verità.”

“Io... Rena crede di capire...” la ragazza si era resa conto di quanto loro fossero dispiaciuti, e di quanto costasse loro ammettere una cosa del genere. Lei non voleva che quei due si deprimessero per quello che il loro figlio aveva combinato, e desiderava dare loro una mano, in qualche modo... Ma allo stesso tempo quella coppia le stava insegnando qualcosa di estremamente fondamentale. Rena aveva imparato dai propri errori, dai propri peccati... Ma poteva fare lo stesso anche apprendendo quelli degli altri. Non le stavano dando dei suggerimenti, esplicitamente, però con il loro racconto le stavano mostrando fino a che punto fosse importante mantenere un forte legame con i propri parenti in difficoltà. I Seohara avevano fatto qualcosa di sbagliato in passato, sia i figli che i genitori, e non erano stati in grado di rimediare perché nessuno di loro aveva prestato attenzione a quello che gli altri membri della famiglia stavano vivendo.

Rena poteva fare tesoro di questa lezione, e poteva ancora evitare che questo dramma si ripetesse nella relazione tra lei e suo padre. La ragazza sapeva che sia lei che il genitore avevano compiuto tante azioni sbagliate, e che avere dei dubbi sull'onesta dei propri cari non era necessariamente un errore se serviva a rimetterli sulla retta via; però lasciarlo da solo anche solamente per un secondo di più sarebbe stata la scelta peggiore che potesse fare. Dinanzi a lei aveva un esempio tangibile di quello che significava l'assenza di sostegno e comprensione tra familiari, poteva ora capire distintamente a cosa rischiava di andare incontro se non faceva pace con suo padre. Voleva evitare di fare la stessa fine, per lei e per il suo adorato genitore.

Era questa la rivelazione di cui aveva bisogno. Poco a poco, parlando con quelle persone dall'aria così grigia e dimessa, la ragazza stava prendendo coscienza di essersi riappacificata con il suo sanguinante passato di Ibaraki, o perlomeno con una parte significativa di esso. Certo, la madre di Rena non avrebbe mai più voluto avere un rapporto con la figlia dopo che questa aveva deciso, ai suoi occhi, di «tradirla» ed andare a vivere con suo padre invece che con lei; questo capitolo non sarebbe mai stato chiuso. Tuttavia poteva ricostruire una relazione piacevole con le altre persone con cui aveva vissuto in quel periodo, i coniugi Seohara in particolare. Forse un giorno sarebbero venuti a trovarla anche i genitori degli altri ragazzi coinvolti in quella vicenda, e Rena sarebbe stata lieta di accogliere anche loro, in modo da curarsi vicendevolmente le antiche ferite. Grazie a Dio, quella triste storia avvenuta ad Ibaraki tanti anni prima era ormai solo una parte della sua vita che lei aveva lasciato alle spalle.

Imparare dalle esperienze altrui... Questo ragionamento poteva valere anche per Mion? Rena lo sperava. Avrebbero potuto rievocarle qualche vecchia storia, ne conoscevano tante, la loro amica poteva apprendere qualcosa udendo quali scelte e strategie gli altri avessero preso in passato. Chi era tra loro il più adatto a raccontargliele? Satoko aveva una mente acuta ed era sempre disposta a ragionare su trucchi passati e futuri. Keiichi non era certo un allocco e da bravo oratore avrebbe dato al tutto un'ambientazione tale da suscitare per forza l'attenzione di chi ascoltava. Rika ed Hanyuu conoscevano molte storie sul remoto passato di Hinamizawa, quando si parlava di antiche tradizioni e leggende erano un'enciclopedia vivente, e sicuramente ce n'erano un paio che avrebbero calzato a pennello con la situazione di Mion. Infine Alice e Giancarlo avrebbero dato loro una mano con la storia, una volta che lui fosse stato salvato.

Rena sorrise ancora, guardando le prime gocce di pioggia che precipitavano dal cielo. Alla fine avrebbero trovato un modo per risollevare Mion dall'abisso in cui era sprofondata, tutti i suoi amici si curavano di lei. Non c'era possibilità che la loro amicizia si guastasse, erano ragazzi con la testa sulle spalle. Litigi ed incomprensioni tra compagni possono essere all'ordine del giorno, ma basta essere persone assennata per venirne a capo e superare tali momenti: anche quando Alice le aveva chiesto di fidanzarsi con suo fratello e Rena aveva rifiutato, l'amica aveva capito dopo una comprensibile delusione iniziale ed il rapporto tra loro non si era deteriorato, tutt'altro. La ragazza era conscia di non essere lei la sua compagna ideale, quindi aveva educatamente detto di no a quell'offerta. Rena sapeva di aver fatto la scelta giusta, in fondo...

In fondo...

Il chiodo fisso...

L'ossessione...

Oh, mio Dio...

Rena iniziò tutto ad un tratto a sudare freddo, ed i coniugi Seohara vicino a lei lo notarono velocemente.

“Ryuugu-san, che cosa c'è che non va?”

“Io...” sussurrò lei, facendo un'immensa fatica a far fuoriuscire la voce “Io pensavo che noi avessimo più tempo, ma...”

La ragazza cercò in tutti i modi di uscire dal letto ed alzarsi in piedi, senza però riuscire a farlo. Anzi, per poco non cadde per terra. Ovvio, praticamente non aveva più le gambe. Allora Rena allungò il braccio per afferrare una pulsantiera che aveva accanto al cuscino e premette all'impazzata il bottone rosso che vi era su di essa, fino al punto da spezzarsi un'unghia e far sanguinare il dito. Voleva chiamare Irie-sensei, voleva che venisse lì subito. Era urgente.

“Ryuugu-san” ripeté Seohara Kuzo, spaventato dalla grande frenesia con cui si muoveva lei “Per favore rispondetemi, che cosa c'è che non va?”

“Non... Non abbiamo un minuto da perdere, o sarà un disastro... Mii-chan è in pericolo...”

 



Nota dell'autore: Tenetevi forte, si entra nella fase calda, ed il prossimo sarà uno dei capitoli centrali della storia. Titolo: "When moths cry", quando le falene piangono...

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Capitolo 44
*** When moths cry ***



Capitolo 43: When moths cry


 

Hinamizawa, 27 Febbraio 1984

Il cielo era ora completamente buio, e la pioggia si stava rapidamente intensificando. Un vento impetuoso flagellava senza sosta gli alberi e le mura del Maniero con un impeto tale da sembrare in grado di spazzare via tutto il palazzo come un fragile castello di carte, se solo avesse voluto. I segni dell'imminente tempesta avevano terrorizzato i pochi uccelli che ancora osavano volare sopra la zona sfidando il tempo gelido, non lasciando loro altra scelta se non trovare un rifugio di fortuna dietro il primo riparo che riuscivano a scorgere. Ciò, mentre il rumore causato dalle gocce di pioggia che martellava le tegole e le grondaie della casa stava diventando sempre più fragoroso, giungendo al punto da risultare insopportabile: una musica dal ritmo tanto inconsueto quanto sospetto, al punto che in quella situazione chiunque sarebbe stato spinto a sporgersi dalla finestra per vedere se fosse tutto a posto sul tetto, incurante per un attimo dell'acqua piovana. E questo fu ciò che anche Mion fece, seppur con riluttanza.

Nonostante gli altri avessero paura che fosse così, lei non era ancora in uno stato vegetativo, di tanto in tanto reagiva ancora ad uno stimolo esterno, ma solo se questo non proveniva da voce od azione umana. Le persone l'avevano fatta patire abbastanza, ora era come se volesse evitare ogni contatto con loro, per quanto le fosse concesso di farlo. Anche se loro non volevano farle male, anche loro volevano essere gentili, essi finivano per causare nuovo dolore, volontariamente o no. Satoshi, Kimiyoshi, Keiichi, Nabiha, Rena, Megumi e suo marito, Giancarlo... Nella sua testa Mion stava continuamente elencando tutti gli elementi di quella lista, come se fossero stazioni della sua personale via crucis. Per colpa di tutti loro, i suoi ultimi mesi erano stati i peggiori della sua vita, sebbene la maggior parte di quelle persone non avesse mai voluto essere la causa di questa sofferenza, e questa ultima constatazione rendeva la ragazza anche più delusa. Il suo vecchio Club, per lei, aveva sempre rappresentato la fonte di tutte le sue speranze, la sorgente da cui erano scaturite tutte le esperienze più gioiose e meravigliose di cui aveva goduto nella sua vita; ma ora, le peggiori frustrazioni che recentemente l'avevano messa in croce avevano la loro origine proprio nel Club stesso e dai suoi membri. A quel punto, tanto valeva troncare ogni rapporto con gli altri esseri umani, pensava Mion. Che fossero amici o nemici, non importava.

La ragazza non voleva più parlare con loro. Non ne aveva voglia per ora, piuttosto sarebbe rimasta lì da sola, in camera sua o da un'altra parte, per tutto il tempo necessario per stare meglio. Anche per l'eternità, se era il caso. Ma Mion si rendeva anche conto che gli altri avrebbero continuato ad infastidirla, con le loro seccanti paroline... Dove poteva nascondersi, per evitarli? Doveva uscire dalla sua cameretta. Ma non poteva uscire dalla porta principale e camminare per i corridoi del Maniero: quando Satoko era venuta nella sua stanza per portar via il suo kimono, lei si era fatta un'idea di quello che stava combinando sua sorella Shion, lo scambio d'identità non era di sicuro una novità per lei. Tuttavia, questo significava che se lei fosse uscita e gli altri l'avessero vista, allora la gente nel Maniero avrebbe assistito alla scena di due «Mion» che vivevano insieme nello stesso edificio: magari una era impegnata nel colloquio con la famiglia e l'altra si aggirava tra un piano e l'altro, girovagando tra le stanze. Non era il caso, avrebbe messo in un'enorme difficoltà sua sorella, costringendola a tirar fuori chissà che scuse e spiegazioni. D'altra parte, ci voleva troppo tempo per acconciare i propri capelli come quelli di Shion, specialmente in quanto era da sola e non aveva nessuno che glieli potesse pettinare per lei, quindi anche quella eventualità dovette essere scartata.

Nondimeno, c'era un posto dove lei poteva ottenere la pace che lei bramava. Mion raddrizzò la propria schiena, ed aprì per bene la finestra, che fino ad allora aveva tenuto parzialmente chiusa. Quindi, pose prima un piede fuori, e poi l'altro, andando a finire sul cornicione. Era al primo piano, ma un balzo sull'erba ammorbidita dall'acqua non la spaventava, e per la pioggia battente bastava un buon ombrello. Tanto l'avrebbe usato solo per un paio di minuti, giusto il tempo di camminare dall'edificio principale fino alla grotta dove secoli prima i suoi antenati avevano messo a punto la sala delle torture. Lei aveva la chiave del portone d'ingresso alla caverna, insieme a quelle di tutte le altre sale del Maniero, in fondo era lei la leader del clan, quindi non c'erano problemi a quel riguardo. Inoltre, il fatto che stesse piovendo la rassicurava sul fatto che le altre finestre e le porte scorrevoli della casa fossero ben chiuse. Che si trovasse nel dojo, nel salone o nelle altre stanze del palazzo, nessuno dall'interno poteva vederla mentre lei usciva dalla finestra di camera sua, saltava giù e passeggiava nel giardino.

Ed in effetti tutto andò come lei si augurava. Non voleva che gli altri si mettessero a cercarla in preda a chissà che tribolazione, quindi per ogni evenienza aveva lasciato in camera sua un breve messaggio in cui aveva scritto Sarò di nuovo a casa prima di cena, non siate in pensiero. Forse quel foglietto sarebbe stato inutile, i suoi parenti si sarebbero messi comunque sulle sue tracce se l'avessero scoperto, ma di più Mion non poteva fare per calmare gli altri. Lei si occupò solo di non far rumore e di aprire la pesante porta di ferro che abitualmente bloccava l'accesso alla grotta, confidando che nessuno lì dentro l'avrebbe disturbata.

La ragazza richiuse il portone alle proprie spalle, senza però usare chiavistelli o assi di legno per bloccarla. Tanto nessuno si sarebbe scomodato per andare là. Dopo tutto il raduno tra Shion ed i suoi ospiti, chiunque essi fossero stati, sarebbe di certo durato a lungo e forse lei sarebbe tornata a casa prima che qualcuno scoprisse che lei non era più in camera sua. Inoltre, quello in cui si stava avventurando ora non era un posto dove le persone potevano trascorrere delle ore in modo piacevole, soprattutto quello il cui morale era già di per sé piuttosto basso. La scarsità di luce dava all'intero ambiente un aspetto alquanto sinistro e c'erano solo una manciata di sgabelli e tappetini per potersi sedere.

Ciò non era un problema per Mion, d'altronde. Non voleva mettersi comoda su di essi, l'ultima volta che qualcuno si era seduto su quei tappetini era stato il giorno in cui avevano obbligato Shion a strapparsi tre delle sue unghie. Non esattamente un ricordo felice. Tra l'altro, lo strumento che avevano utilizzato per quell'operazione era ancora lì, insieme a molti altri attrezzi di tortura, riposto su uno dei tavoli della stanza più vasta della caverna. Mion preferì non andare a vederlo, neppure per sbaglio, così si affrettò a dirigersi verso una delle sale adiacenti, per vedere se riusciva a trovare una sedia un po' più comoda in vista delle due o tre ore che avrebbe trascorso lì in quel mare di buia tranquillità. Avrebbe atteso il tempo necessario per essere sicura che l'incontro nell'edificio principale fosse terminato, prima di ritornare là.

L'unico vero fastidio che stava provando era il freddo pungente della grotta. Mion non si era sfilata la giacchetta che aveva indossato prima di uscire da camera sua, ma la temperatura bassissima all'interno di quell'antro stava cominciando a farle battere i denti. Fortunatamente, non lontano dalla ragazza c'era un braciere, solitamente usato per illuminare la stanza e per riscaldarla quanto bastava. Mion allora lo accese prontamente con un fiammifero e successivamente su sedette sulla vecchia sedia di legno che aveva nel frattempo rinvenuto. Ora lì si stava un poco meglio, poteva percepire il fievole calore che dal fuoco le arrivava sulle mani e sul resto del corpo, e sentire la legna scoppiettare per il calore era rilassante. In questo modo quell'attesa, quel momento di tregua sarebbe stato meno noioso, meno cupo, meno pesante...

Creeek.

Mion sussultò, udendo quel rumore. La porta aveva cigolato, si era mossa, la giovane avrebbe riconosciuto quel rumore tra mille. Era stato uno spiffero d'aria? Difficile. Era pur vero che il vento quel giorno era forte e che lei non aveva chiuso a chiave il portone, ma si trattava di un uscio di metallo, molto pesante. Quindi, qualcuno l'aveva seguita, spingendo a sua volta la porta. Ma chi poteva mai essere? Uno qualsiasi dei suoi amici l'avrebbe chiamata per nome dicendo qualcosa del tipo Mii-chan, sono io, prima di varcare la soglia. E gli altri membri della sua famiglia avrebbero fatto lo stesso, magari con altre parole in rispetto al ruolo che lei tuttora deteneva. Mi avrebbero chiamato Onee, o Mii-chan, o Mion-san, o Sonozaki-sama... In ogni caso, lei avrebbe dovuto udire almeno una di queste espressioni, le quali le avrebbero anche permesso di intuire chi fosse davvero l'ospite indesiderato.

Invece, la ragazza era ancora avvolta dal silenzio. La spiegazione più probabile era che si trattasse di un intruso, ma di chi si trattava? Prima di raggiungere la grotta una persona giunta da fuori avrebbe dovuto attraversare il cancello che sbarrava la via verso il Maniero, strada pattugliata da Kasai: c'era un evento ufficiale in corso nella casa, quindi sua madre e Shion si erano certamente occupate anche della sicurezza, ed era da escludere che la sua fidata guardia del corpo avesse lasciato il posto di blocco. Altre vie non ce n'erano, tutta la tenuta Sonozaki era circondata da un muro piuttosto alto.

A Mion doleva il capo, forse il suo stato d'animo le stava facendo avere le traveggole. Oppure c'era davvero qualcuno che si celava nell'oscurità della caverna? Mion chiuse gli occhi, interrompendo perfino la respirazione per provare a captare anche il minimo rumore.

E da lì, lei poteva sentire il suono ritmato di alcuno passi che venivano dalla zona in cui si trovava il portone. Le scarpe di quello sconosciuto calpestavano la pietra di cui era fatto il pavimento, ed in quello spazio chiuso il crepitio prodotto veniva amplificato dall'eco, rendendolo piuttosto semplice da percepire. Ciò significava che l'estraneo non stava cercando di mascherare in qualche modo la propria presenza. Era lampante che lui l'avesse vista aprire la porta, altrimenti avrebbe pensato che fosse chiusa come al solito e non avrebbe provato ad addentrarsi in quella cavità. Quindi sapeva che lei si trovava lì dentro... Stava forse cercando proprio lei? Forse era la guardia del corpo di Megumi, venuta fin lì per sopprimerla dopo essersi sbarazzato di Kasai? No, non poteva essere, il loro piano era far sì che gli altri vedessero quanto lei fosse debole ed incapace quando doveva venire a capo di una circostanza sfavorevole, glielo avevano detto loro; ucciderla avrebbe avuto l'effetto opposto, le avrebbero risparmiato quelle pene e paradossalmente togliendole la vita l'avrebbero salvata da una brutta situazione.

Quindi quell'ignoto visitatore non era stato mandato dagli zii. Qual era la sua identità, allora? Mion non aveva chiuso l'uscio che separava l'ambiente più grande della caverna da quello secondario in cui si trovava lei ora, quindi poteva cercare di intravvedere quello che si muoveva laggiù nella sala principale; ciononostante, se in una stanza normalmente illuminata lei avrebbe potuto scorgere lo sconosciuto da una distanza decente, in quel caso dovette pazientare che lui le si avvicinasse sensibilmente. In quasi tutta la grotta era buio pesto, ed il braciere che aveva acceso prima illuminava solo la zona immediatamente vicina, la fiamma non era sufficientemente forte per rischiarare tutto. Per fare una cosa simile Mion avrebbe dovuto dare fuoco a molte più torce.

E, come beffa, l'intruso aveva probabilmente visto lei, grazie proprio al braciere, e stava camminando con un ritmo quasi meccanico in direzione della giovane. Sì, Mion doveva attendere, l'altro non voleva coglierla di sorpresa, e l'ombra che cominciava a definirsi davanti a lei indicava come lui non fosse armato. I suoi deboli passi divennero sempre più forti, segno che ormai lui era sul punto di raggiungerla.

Era a non più di cinque metri da lei...

L'altro si fermò, e Mion potè finalmente guardarlo in faccia.

Impallidendo come un fantasma, quando si rese conto di chi si trattava.

"G-G-Gi-chan..." sussurrò, senza forza nella voce.

“Girava voce che tu non parlassi più a nessuno. Quindi stai meglio di quanto pensino loro, alla fine...” Fu questa la sua risposta. In qualche maniera si doveva essere informato del suo stato di salute. Nelle ultime ore Mion non aveva voluto colloquiare con il mondo esterno, questo era vero, ma questo perché lei non sapeva che fine avesse fatto lui, esattamente come non lo sapeva nessun altro. Ora che aveva davanti a lei quello che si poteva definire come il fattore scatenante del suo malessere, invece, la ragazza aveva ripreso a biascicare di nuovo qualche parola, un po' sollevata, un po' ancora in pensiero.

Si vedeva subito, infatti, come lui non stesse per niente bene. Il suo collo era coperto da sangue e tagli, simile più alla pelle viscida e squamosa di un serpente piuttosto che a quella di un essere umano; però non era una cosa imprevista, tutte le persone che avevano sofferto della Sindrome avevano sempre mostrato quei sintomi. Ma questo non era tutto. Benchè il clima fosse freddo ed inclemente, la manica destra del suo maglione e quella della maglia sotto di esso erano stati strappati via, e Mion poteva contemplare ancora una volta le cicatrici che già in passato l'avevano lasciata interdetta. Ma il suo braccio non era segnato solo da quelle vecchie ferite, ora. I segni di uno, due, mille morsi coprivano ogni centimetro di pelle, ed infinite vermiglie linee di sangue iniziavano dalla cima della sua spalla e finivano la propria corsa sopra il suo polso. Un paio delle sue cicatrici si erano riaperte.

Era come se avesse cercato di amputarsi il braccio in quella maniera.

Però Mion non capiva, c'erano dozzine di modi migliori per farlo... A meno che quei morsi fossero i segni di qualcos'altro, del suo odio verso quelle cicatrici. Forse non aveva mai avuto intenzione di recidersi il braccio, ma provava un profondo disprezzo verso di esso e verso quello che rappresentava. Quindi, un profondo disprezzo anche verso se stesso. Ed il fatto che avesse usato quella tecnica così rozza... beh, doveva avere agito senza pensare, impetuosamente. Il dolore lancinante che aveva certamente provato in quei frangenti era visto da lui come una punizione da infliggere alla propria persona, come penitenza, come castigo per quello che lui era. Assurdo, ma la logica non funziona mai bene con le persone affette dalla Sindrome, Satoshi era in uno stato simile quando li aveva assaliti nel seminterrato della Clinica.

Ma il particolare che spavento di più Mion furono gli occhi, nel momento in cui lui fu abbastanza vicino da consentire alla torcia di dare luce al suo volto. I suoi occhi erano neri, completamente neri. Le sclere, le loro parti bianche, erano totalmente svanite, come anche gli iridi. Tutto era stato assorbito, fagocitato, mangiato dalle nere pupille che si erano espanse fino al punto di coprire ogni angolo dell'occhio. Un allargamento mostruoso che sembra innaturale, impossibile, ma su di lui era appena successo, Mion lo poteva vedere con i propri occhi... Quelle pupille non erano normali. Entrambe erano come rotte, spezzate, marchiate da una quantità abissale di crepe ancora più scure che le attraversavano da cima a fondo, sembravano degli specchi rotti dalla veemenza di un pugno, o di un urto troppo violento per essere sopportato. Degli specchi in frantumi i cui cocci rimangono uno accanto all'altro solo perché sono incollati alla base dietro di loro. Degli specchi che non possono essere riparati da nessuno, e che possono solo essere gettati nella spazzatura.

Di solito dicono che gli occhi siano lo specchio dell'anima.

Quegli occhi erano quelli di qualcuno che era sprofondato nella follia più nera e disperata. Una persona così non si sarebbe fermata, il suo comportamento non sarebbe stato influenzato neppure dalla fragilità manifesta che l'aspetto di Mion tradiva.

Lui la stava fissando con una certa apparente freddezza, infatti. Aveva appena detto di essere cosciente della situazione di difficoltà in cui si trovava lei, ma non le aveva chiesto come stava, né accennava a darle delle parole di incoraggiamento. Come mai si trovava lì con lei, in realtà? Mion se lo stava chiedendo, e quindi ebbe l'ardire di fargli quella domanda.

Udendola, lui riprese a camminare ed in meno di secondo le fu quasi addosso. Il petto di lui entrò a contatto con il seno di lei, mentre i suoi occhi la fissavano silenti, come se stesse tergiversando per un attimo sul da farsi. Ma poi: “Io ero venuto qui per chiederti solo una cosa, Mii-chan. In verità avrei voluto chiedertelo in un luogo più appropriato, forse sarebbe stato meglio da parte mia farsi avanti prima che arrivassimo in questa grotta oppure anche dopo, solo che mentre ti ho vista entrare mi sono detto che avrei comunque dovuto farlo qui, visto che il tempo che ho è limitato e non avrò un'occasione migliore. Però, poi...”

Era fin troppo calmo, considerando lo stadio attuale della malattia che lo stava divorando. Immobile fino all'incutere spavento.

“...Però, poi, mentre camminavo verso di te, ho cambiato idea, ho capito che tutta una perdita di tempo. Vuoi sapere che cosa stavo per dirti?” fece una pausa “Desideravo... chiederti un appuntamento. Sarei stato al settimo cielo se tu avessi acconsentito a diventare la mia fidanzata.”

Nessuno dei due disse qualcosa, per svariati minuti. Mion e Giancarlo sentivano solo lo scoppiettio del braciere alla loro destra ed il rumore delle gocce di pioggia che filtravano tra le rocce per cadere una alla volta in certi angoli del pavimento. Un orologio naturale che scandiva lo scorrere del tempo. Mion non voleva commentare o rispondere alla frase che aveva appena udito, facendo un passo indietro si era messa a guardare solo le piastrelle di pietra ai suoi piedi, mentre Giancarlo diede l'idea di essere esitante sul continuare o meno il proprio discorso, sembrava combattuto tra il restare e lo scappar via.

Ma alla fine, dopo che parecchio tempo se ne era andato, lui andò avanti a parlare, mentre un sorriso spento e dal dubbio significato era comparso sulla sua bocca: “Vedi, io so cosa mi sta succedendo, Rika-chan mi aveva riempito la testa con i suoi racconti su questa malattia. E devo dire che soffrire di questa Sindrome è un po' come essere ubriachi... Smetti di mentire agli altri e non hai più timore di causare loro dei dispiaceri, ti senti temporaneamente sollevato dai problemi che ti affliggono nella vita di ogni giorno, e così ti senti libero di rivelare i tuoi sentimenti più segreti, quelli che racchiudi nella parte più intima del tuo cuore. In fondo hai appena sentito i miei, vero? Fossi stato bene sarei stato zitto... Potremmo affermare che dovrei ringraziare i parassiti che stanno banchettando col mio cervello. Anche se...”

Deglutì, facendo uscire un nuovo zampillo di sangue dalla gola. “Anche se non ci voleva molto per arrivare alla conclusione che dirti tutto fosse inutile. Io non sono nulla di speciale per te, non è forse così? A te le persone come me non piacciono, tu preferiresti legarti a ragazzi più forti, più capaci, più fiduciosi nelle proprie doti. A ragazzi migliori di me, in parole povere. Lo capisco, non te ne sto facendo una colpa...”

Mion alzò gli occhi.

All'improvviso, senza che lei potesse accennare una reazione, lui aveva afferrato una delle sue braccia, e con una voce strozzata disse: “Però... Io voglio vivere con te, io non voglio rinunciare a te. Sarebbe troppo doloroso, io sono stanco di fare tutti questi sacrifici. Lo so che una vera relazione è impossibile, per mille ragioni validissime, ma io non voglio accettare questo mio destino, non questa volta. Io non voglio, io non voglio...”

Le afferrò l'altro braccio, mentre una lacrima cadde dal suo occhio di tenebra. “Per favore, non mi pregare di lasciarti, non voglio farlo... Io voglio... Io voglio te.”

Mion finalmente rispose. Riabbassò il capo, quasi vergognandosi di quello che era sul punto di dire, e sussurrò: “Quindi erano questi i tuoi veri sentimenti... E tu in fondo ti comporti così solo della malattia, però...”

La ragazza fece una pausa, e quindi aggiunse poche, mortali parole: “No... Io però non voglio...”

Una frase durata un secondo, che però furono per lui una pugnalata al cuore. Giancarlo concluse di essere stato respinto dalla persona a cui teneva di più. Una sterminata distesa di nuove crepe apparve nei suoi occhi. Quindi, prima barcollò, emettendo un debole lamento, poi la sua presa riprese forza, e replicò: “Lo sapevo... Tu non mi vuoi... Lo avevo immaginato, ecco perché prima ero titubante nell'aprire il mio cuore... Tuttavia... Tuttavia... Io non riesco a rin... E' troppo difficile per me, morirei se alzassi bandiera bianca...”

Giancarlo stava piangendo, ma ciò non gli impedì di tenerle ferme le braccia e poi spingerla all'indietro, fino a farla cadere per terra.

~-~-~-~-~

Ti supplico, Mion, cerca di metterti nella mia posizione... Ne ho già viste abbastanza, nella mia vita. Il giorno della mia nascita. Il giorno in cui il mio braccio mi è stato sottratto a causa della follia del mio bisnonno. E poi il giorno della mia forzata investitura, quando ho gettato alle ortiche quel che restava della mia vita.

E poi tutti gli altri giorni.

Io non volevo fare quello che ho fatto, in tutta la mia vita. Ma non ho mai avuto davvero scelta. Non sono bravo a fare il leader, è un ruolo che non mi calza per niente. Non sono una persona comunicativa, odio dialogare con gli altri, odio suggerire o comandare loro di fare qualcosa. Sono il ragazzo meno adatto di questa terra ad essere un capo, ed invece sul libro del destino è stato scritto così... Tutto quello che vorrei fare nella mia vita è leggere, starmene tranquillo e fare la brava persona introversa.

Io non sono come te. Quando hai dovuto gestire la questione dello strano comportamento di Rika, poco dopo il nostro arrivo ad Hinamizawa... E quando tu avevi organizzato con Keiichi quella marcia di protesta di fronte alla sede della prefettura... Lo hai fatto con dedizione ed applicazione, ma sempre con un meraviglioso sorriso disegnato sulla faccia. Mi rendevo conto che tu eri felice di occupare quel ruolo, era quello che tu desideravi realmente fare. Ed io potevo ammirarti per il modo in cui riuscivi a coinvolgere le altre persone, tutti voi eravate parte di un unico gruppo, eravate come un solo uomo. Insieme facevate quello che lo Spirito di Hinamizawa ha sempre raccomandato di fare.

Ed anche nei momenti più bui, quando tu iniziavi ad essere mogia e sconsolata, tu non hai mai desistito dal coordinare le ricerche per trovare Rena dopo che era stata rapita, ti sei buttata anima e corpo anche nella tua guerra contro tua zia Megumi... Tu ed i tuoi amici siete persone fuori dal comune, straordinari, ed è stato un onore vivere a contatto con voi, seppure questo periodo della mia vita sia durato davvero troppo poco tempo. Dopo tutto, Alice si era subito resa conto del valore delle persone con cui eravamo andati a vivere, ed è stata in grado di adattarsi perfettamente, al contrario di quanto abbia fatto io. Avrei potuto imparare molto da voi, ma non l'ho fatto... La mia natura scontrosa è stata più forte del mio desiderio di migliorare. Perdonatemi, per questo mio peccato.

Deve essere per questo motivo, se ho sempre pensato di essere inconciliabilmente diverso dagli altri, di appartenere ad un altro genere di persone. Differente, e non in senso positivo... Keresana-san, una volta, mi aveva chiesto che cosa eravamo. Io gli risposi che voi eravate cicale, e io una falena. Le cicale sono sempre in cerca dei loro simili, il frinire delle loro femmine viene prodotto appunto per attirare i maschi... Una falena invece vive da sola. E muore da sola, senza avere l'opportunità di andare incontro ad un destino più clemente. Questo fu quello che pensai della nostra vita, quel giorno, e ritenevo che l'avrei sempre pensata così.

Però, lentamente, da quella volta... Io ho cominciato a non accettare più questa verità, a ribellarmi contro questo fato. Confidavo che se avessi trovato una ragazza forte e solare come fidanzata, allora anche io sarei diventato un uomo migliore, e tutti ne avrebbero tratto giovamento da questo mio cambiamento. Tu eri così diversa da me... Tu eri meglio di me, in ogni aspetto. Così credevo che avrei dovuto passare più tempo possibile al tuo fianco, per poter maturare un po' come persona, e per rafforzare la mia forza di volontà. E quando mi sono reso conto che io potevo darti a mia volta una mano, al centro ricreativo di Okinomiya... Fui felicissimo, mi sentii realizzato come mai prima d'ora. Ero contento di poterti restituire la possibilità di sorridere, pensavo che se fossi riuscito a farlo anche con gli altri la mia vita avrebbe potuto assumere un senso. Trascorrere le giornate insieme a te ed agli altri divenne piacevole, estremamente piacevole e così, giorno dopo giorno... Ho cominciato ad amarti.

È così. La tua bambola, quella che avevi rotto per sbaglio, quella che avevo fatto riparare riportandotela il giorno del tuo compleanno... Quello non era un regalo da parte di un semplice amico, perlomeno io non l'ho mai visto in questi termini. Te l'ho donata come un ragazzo dona un anello di fidanzamento alla propria amata. Mi domando se tu te ne sia mai accorta...

Se solo ripenso ai primi giorni che ho vissuto qui, non avevo questa grande considerazione di te, ti reputavo sostanzialmente solo un maschiaccio aggressivo e noioso. Ma quando ti ho visto piangere per la prima volta, a causa di quello che Rika ti aveva urlato in faccia a scuola, ho dovuto riconoscere di avere torto. Come in un'infinità di altre volte. Avevo capito che il fatto che tu fossi diversa da me non costituiva un problema, anzi poteva rappresentare la cosa migliore che mi fosse capitata. Rimanere con te mi avrebbe reso una persona degna di vivere. Ecco perché ti amo, tu sei tutto quello che io non sono mai stato. Tu sei il Sole, io sono la Luna, ed io speravo che noi due ci potessimo completare a vicenda.

Ma tu avresti mai provato un sentimento speciale come questo, verso di me? Temevo non l'avresti fatto. Che potevo darti io, a parte un attimo qualunque di compagna, a parte un aiuto stupido che chiunque altro poteva darti? Non sono riuscito a rispondere a questa fondamentale domanda. Ecco perché ho fallito.

Ed ecco perché non sarò mai il tuo ragazzo...

Ma nonostante questo...

Io non posso accettarlo...

Non posso...

Piuttosto voglio morire...

SVEGLIATI, ADESSO!

TORNA IN TE, GIANCARLO!

~-~-~-~-~

Giancarlo spalancò gli occhi, come se si risvegliasse da un sogno agrodolce. Una voce lo aveva chiamato per nome...

Da dove proveniva? Non era quella di Mion, l'avrebbe riconosciuta, e non c'era nessun altro nella grotta. Una voce misteriosa, che però era servita per fargli recuperare momentaneamente la lucidità. Comprese di star giacendo per terra, ed allora si guardò attorno per capire che cosa stesse avvenendo, prima di notare come il suo corpo non stesse appoggiando sulla nuda pietra, ma su qualcosa di più caldo e soffice. Si girò verso il basso, e subito si rizzò in piedi per lo shock ed il terrore.

Mion era lì. La sua giacca, la sua maglietta, erano state ridotte in brandelli, tagliate a pezzi da qualcosa... Qualcosa la cui identità non fu difficile da scovare. Era stato infatti lui a farle questo, c'erano pezzetti di stoffa sotto le sue unghie. Anche il reggiseno della ragazza non era più al suo posto, e da lì lui poteva vedere il seno nudo della sua vittima. Quanto al torace della ragazza, esso era coperto nella sua totalità, dalla cima delle spalle fino al fondo del ventre, da un liquido disgustoso e trasparente, e Giancarlo provò orrore nello scoprire di lì a breve che si trattava della propria saliva... Il suo istinto l'aveva istigato, ingannato, e gli aveva fatto compiere un'azione tremenda... Ed a poco serviva dire che Mion non era completamente svestita ma aveva ancora i jeans addosso, segno che lui non le aveva usato violenza: Giancarlo pensò comunque di aver commesso il più grave dei peccati, un'atrocità per cui non esisteva rimedio.

“Che... cosa... stavo...”

Mion non rispose. Non lo stava guardando in faccia, teneva gli occhi chiusi, rivolti al pavimento, e gemeva, come una bambina che non sapesse come difendersi. Lei non aveva opposto resistenza, sembrava... E lui non riusciva a vederne la ragione, la cosa lo stava facendo sentire ancora peggio. Anche se lei era una donna fisicamente Mion era più forte di lui, l'aveva dimostrato in più di un'occasione, se avesse voluto l'avrebbe facilmente immobilizzato. Perchè invece era rimasta inerme, non muovendo un dito per fermarlo? Gli avrebbe consentito di farle qualsiasi cosa, forse? Gli avrebbe consentito pure... di violentarla?

Giancarlo si allontanò da lei, schifato da quello che lui stesso le stava per fare. Non si sarebbe mai perdonato per quel sacrilegio... Ed il suo stato di panico accrebbe ulteriormente quando sentì dei passi che venivano veloci dalla porta. Allucinazione della Sindrome? Non impossibile, ma improbabile, gli altri stavano sicuramente cercando Mion, era passato ormai molto tempo da quando aveva lasciato camera sua ed avendo trovato l'ingresso della caverna spalancato quelli avevano senz'altro capito dove cercare.

Istintivamente, decise che doveva fuggire. Ma dove? Quell'antro buio e disorientante sembrava immenso, però sapeva che non poteva uscire da dove era entrato. Forse nella direzione opposta vi era un'altra uscita, aveva visto delle scale che conducevano nelle profondità della grotta, prima... Era un azzardo, ma non poteva fare altro che andare da quella parte.

Iniziò a correre, ma si arrestò dopo nemmeno due passi. Non poteva lasciare Mion in quelle condizioni, seminuda e senza neppure qualcosa da mettersi addosso in quell'ambiente gelido ed inospitale. Si sfilò allora il proprio maglione, maglione con cui vestire la ragazza. Però, vedendo come esso fosse privo di una manica e ricordando come fosse stato proprio lui a strapparla il giorno prima a causa delle sue crisi di rabbia... Si sentiva sempre peggio, pensava di essere diventato un essere mostruoso senza più alcun diritto di essere considerato un essere umano.

D'altronde, meglio quel vestito che niente. Mion era ancora lì, ferma come una bambola rotta, immobile come una marionetta a cui avevano tagliato per sempre i fili. Giancarlo la aiutò a sedersi sulla sedia, issandola a viva forza, e poi le fece indossare il maglione.

Tutto ciò, mentre a sua volta stava vomitando l'anima a forza di lacrime, accarezzando il volto ed i capelli della sua amata per provare miseramente a farla stare meglio, e ripetendo in continuazione “Mi dispiace... Mi dispiace... Mi dispiace...” Lui era conscio di essere dannato, di essere maledetto, ma non voleva che gli altri avessero il suo stesso destino. Soprattutto Mion.

Pertanto, finì di assisterla per quanto poteva e poi, giusto un momento prima dell'arrivo degli altri, le diede un disperato bacio sulla fronte e scappò giù nella gola, lungo le ripidissime rampe di scale che parevano condurlo negli abissi dell'inferno.

La fuga in quel sentiero nero e stretto, circondato da speroni di roccia e rigagnoli di fango, fu per lui un percorso di angoscia e contrizione. Si sentiva così diverso, rispetto all'attimo in cui era entrato di soppiatto nel Maniero, nascosto dentro il cofano di una delle macchine degli ospiti... Era stato sufficiente fermarli durante il loro tragitto con una manciata di chiodi e approfittare della situazione intrufolandosi nell'auto. In fondo stava aspettando una chance per entrare in quell'edificio gigantesco e protetto da sofisticati sistemi di sicurezza, e quelle persone sembravano l'ideale, anche se non sapeva nemmeno chi fossero davvero. A lui non importava, d'altro canto.

Ora, al contrario, tutti sapevano che lui era stato lì. Mion forse non avrebbe parlato ma il maglione che le aveva lasciato era riconoscibile. Che cosa gli avrebbero fatto, una volta che avessero messo le mani su di lui? Giancarlo non ne aveva idea ma il suo cuore era pieno di dolore e rimorsi, come stretto da una spira di pungenti spine avvelenate che lo stavano lentamente soffocando. Non gliene fregava più niente, della sua eventuale punizione futura. Gli avrebbero strappato le unghie? Cavato gli occhi? Lacerato la carne? Cambiava poco. Anzi, quel tipo di supplizi poteva perfino essere la sua occasione per redimersi, almeno in parte. Un modo per tentare di pagare il proprio debito...

Il ragazzo si chiese perché stesse correndo, a quel punto. Se voleva farsi prendere, se voleva essere castigato, allora era meglio tornare indietro... D'altronde, aveva raggiunto l'uscita di quel tunnel. Fuori, una tempesta dalla violenza mai vista ad Hinamizawa stava flagellando il bosco nelle vicinanze, ed uscire con quel tempo non sarebbe stato salutare, ma ormai non aveva più tempo per badare a quelle sciocchezze. Uscì dalla caverna, e cominciò a correre, verso una meta che neanche lui sapeva quale era.

Evitare alberi isolati lo avrebbe protetto dai fulmini, ma non lo riparò dalla pioggia incessante. Procedere oltre non era fattibile, il vento gli faceva finire l'acqua piovana negli occhi e lui non riusciva a vedere davanti a sé, così fu costretto a rifugiarsi nel primo riparo che individuò, ossia un'altra grotta. Una di dimensioni molto ridotte, questa volta, Giancarlo ne toccò il fondo dopo circa una dozzina di passi. Ed una volta lì, il ragazzo si sedette su una sporgenza della roccia, cominciando a sciogliersi in un pianto che però non aveva nulla di liberatorio. Si era accucciato contro la parete in fondo a quella piccola cavità, nascondendo il volto dietro braccia e gambe, ma questo non avrebbe mai cancellato quello che era stato pochi minuti prima.

“Gi-chan.”

Un'altra voce. Chi era, questa volta? Come avevano fatto a trovarlo così in fretta? Erano passati un paio di minuti, non di più. Oppure lui si era addormentato senza rendersene conto, facendo trascorrere molto tempo e dando ai suoi inseguitori il tempo di localizzarlo? Giancarlo era confuso, non riusciva a capire da quanto stava lì dentro e temeva di essere ormai definitivamente preda delle sue allucinazioni.

Ammesso che esse fossero tali. La sua curiosità ebbe infatti un sussulto e lui alzò il capo per controllare se riusciva a vedere chi lo avesse chiamato. Facendo questo, osservò l'ingresso della caverna, rimanendo quasi accecato dalla luce abbagliante di un fulmine che stava cadendo dal cielo.

E lì, attorniata da quel cielo temporaneamente bianco e luminoso, vi si poteva distinguere la figura di una bambina.

“Rika-chan...”

“Gi-chan, che cosa è successo?” Fece un passo dentro la caverna.

“NON TI MUOVERE! STAI LONTANTA DA ME!” gridò lui, arretrando e premendo con la schiena sulla parete della caverna, tutto tremante “E' meglio se stai lontana, io... io sono un mostro...”

“Certo che sei un mostro, se tu mi chiedi di starmene fuori sotto questa pioggia.” rispose lei, spietata “Non ho neppure un ombrello come puoi vedere tu stesso, sono corsa direttamente fin qui senza fare deviazioni, non ho avuto il tempo di procurarmene uno.” La bambina fece un altro passo, ormai era dentro.

“Come hai fatto a scoprire che io mi trovavo qui?” chiese lui.

“Rena-chan ci ha chiamato per telefono e ci ha messo in guardia sul fatto che tu probabilmente eri nei dintorni del Maniero. Così mi sono precipitata fino al loro ingresso, e quando sono arrivata qua ho visto Shii-chan che stava impazzendo per trovare sua sorella. Conosco molto bene la conformazione della grotta che contiene la sala delle torture, e sapevo che avresti usato l'uscita secondaria, visto che tutti stavano entrando da quella principale. A quel punto, viste le condizioni del tempo e le tue, non mi restava che concludere che tu ti saresti certamente appollaiato dentro il riparo più vicino a quell'uscita, ossia questo posto.”

“Nelle mie condizioni... Sì, hai visto giusto...”

“Tua sorella era preoccupata da far spavento, dovresti saperlo da solo. Dove diavolo ti eri cacciato? Che nascondiglio hai utilizzato?”

“Ha importanza?”

“Visto il contesto, sì. Robe come questa possono sempre ripetersi, e fa sempre piacere imparare cose nuove dagli altri.” Con quelle domande, Rika stava cercando di calmarlo, lei sapeva bene come la Sindrome potesse stravolgere anche le persone più mansuete e pacifiche.

“Come... Come vuoi...” rispose lui, facendo fatica a fare arrivare alla bambina la sua risposta “Beh... Avevo pensato che Rena-chan era là, bloccata alla Clinica senza potersi muovere da lì, così non avrebbe avuto niente da ridire se avessi preso in prestito il suo nascondiglio segreto...”

“Perciò tu hai passato l'ultima notte alla discarica, dentro il suo camioncino scassato?” esclamò Rika, sinceramente sorpresa “Non ci avrei mai pensato, quel posto di solito è riservato a Rena-chan ed alle sue ricerche di tesori nascosti tra i rifiuti... Però in effetti quella non è formalmente roba di sua proprietà, chiunque può usarla. Bella trovata, avrei dovuto aspettarmelo.”

“Nessuno mi avrebbe cercato là.” continuò lui, in balia della più feroce depressione “Rena-chan dovrà stare per sempre su una sedia a rotelle, non si potrà più avventurare da quelle parti, e voi altri non conoscete la discarica bene come lei... Come hai detto tu laggiù c'è la carcassa di un furgoncino, un posto perfetto per restare da soli ed anche dormire senza essere disturbati.”

“Capisco...”

Entrambi smisero di parlare, delusi. Nessuno di loro voleva che questo scenario si verificasse, ma non erano stati in grado di evitarlo. Ed ora, erano privi di qualsiasi difesa, dinanzi al proprio destino. Nell'estate scorsa, Rika si era augurata che tutti i peccati di Hinamizawa fossero stati lavati via dal villaggio, dopo che loro avevano sconfitto Takano mesi prima, ma ciò si era rivelata una falsa speranza. Ed ora stavano tutti pagando le conseguenze di quell'errore di valutazione. Il male avrebbe sempre continuato ad annidarsi tra loro, in un angolino, non poteva essere cancellato del tutto. I paradisi non esistono, su questa terra.

“Rik... No, Furude-san" chiese lui ad un tratto, cambiando il nome di proposito, come se non si sentisse più degno di essere suo amico e non si volesse più prendere questa confidenza con lei “Che cosa pensi che sia diventato io, adesso?”

“Dovresti chiederlo a te stesso, io non posso rispondere a dilemmi simili.”

Un fulmine più forte degli altri raggiunse il terreno, a non molta distanza dalla grotta.

“Io... Io non lo so davvero... Vedi, quando mi sono ritrovato da solo ho riflettuto, per ore, non ho fatto altro che riflettere... Ed ho dedotto alla fine che la felicità non mi potrà mai appartenere. È qualcosa che rimarrà fuori dalla mia portata, finchè vivrò. Se questo fosse vero, ne conseguirebbe che io debba sacrificarmi, diventare una sorta di martire sull'altare della serenità dei miei cari, in modo da dare agli altri l'opportunità di condurre una vita normale. Altrimenti tutto quello che io ho fatto fino ad oggi sarebbe inutile. Tu che dici, Rika-chan? Dovrei... compiere questo passo, questo sacrificio? Condannarmi all'infelicità eterna?”

“Non dirlo neppure per scherzo!” alzò la voce lei “Io non voglio sentir parlare di sacrifici!”

“E perché no?” ribattè lui, non comprendendo appieno la ragione della foga di quella reazione “Alla fine, sarebbe meglio per tutti... Lascia che io mi azzeri completamente, io sono troppo debole per stare su questa terra, io sono come mio nonno, come mio padre, che non hanno mai avuto la forza di sostenere il peso che io ho sulle spalle... Io sono troppo debole per meritare di vivere.” Giancarlo deglutì ancora “E' questo quello che ho pensato, e che penso anche in questo momento.”

Si girò alla sua destra, scorgendo un ragno che risaliva la parete: “Però una parte di me non voleva proprio accettare questo futuro. Dentro di me c'era ancora una parte umana, una parte che voleva per sé e per me un avvenire migliore di quello che mi si presentava davanti. Quell'altro me stesso non voleva accettare il fatto che io avessi scelto per me un'esistenza miserabile e così poco appagante, non voleva accettare che io diventassi il capro espiatorio per tutti i peccati della mia famiglia... Quella parte voleva... Io volevo...”

“Lo so cosa desideravi, l'abbiamo capito tutti. Non devi sforzarti di ripeterlo se la cosa ti fa sentire male, capisco anche io che sia doloroso rievocare certe cose.”

“Ti... Ti ringrazio... Era difficile convincere me stesso ad accettare una vita senza alcuna gioia, e per farlo avevo anche pensato di accogliere la follia dentro me stesso, in modo da rendere questo supplizio più sopportabile fino al giorno della mia morte. Ma non potevo presagire che questa pazzia mi portasse a fare del male a Mii-chan... proprio a lei... Questo era...” ricominciò a gemere “Questa era l'ultima cosa che volevo! Io volevo che gli altri fossero felici, tutti, nessuno escluso. La mia famiglia, il vostro villaggio, Nee-chan, Mii-chan... Mii-chan... Se vi foste sbarazzati di me voi avreste potuto...”

“Ti rendi conto di che enorme fesseria stai parlando?” urlò Rika, agitata da un insieme di rabbia e desolazione “Tutte le persone che hai appena citato hanno bisogno di te. Tutti abbiamo bisogno di ogni briciola di aiuto che riusciamo a raccattare in giro, questa è una verità universale che vale per ogni persona di questo mondo e in ogni momento della sua vita, felice e meno felice... Ed ora tu mi vai dicendo che ci sentiremmo meglio senza di te? Ti prenderei a ceffoni se potessi. Che si inventerà la tua famiglia una volta che non ci sarà più? Costruirà un pupazzo di gomma con le tue sembianze e lo nominerà nuovo capofamiglia?”

“I... Io... Io..."

Giancarlo non riuscì a trovare una risposta a quella pesante provocazione, era consapevole che Rika in fondo aveva ragione. Ma poco dopo trovò il coraggio di dire: “E' troppo tardi, ad ogni modo. Io... Io so che la Sindrome mi sta uccidendo, i segni ed i graffi che mi sono procurato sul collo mi hanno fatto capire presto che cosa quei tizi mi hanno iniettato ieri, ma questa consapevolezza non mi salverà la vita. Io ho commesso un peccato a cui non posso porre rimedio, io non posso continuare a vivere con voi o da qualche altra parte come se non fosse accaduto nulla...”

Il ragazzo lasciò uscire dalla sua bocca uno strano lamento un po' strozzato, come se la sua gola fosse ostruita da qualcosa. Che cosa stava succedendo? Dall'ingresso della grotta non riusciva a vedere fino in fondo, dove si trovava Giancarlo, anche a causa del cielo scuro alle sue spalle che non dava abbastanza luce. Tuttavia, un presagio nefasto la stava mettendo in allarme come mai le era capitato prima.

L'altro aveva affondato due delle sue unghie giù per la gola, e con esse si stava recidendo la sua stessa carne.

“Io...” pianse lui con tutto il dolore che aveva in corpo “Io voglio crepare, farei meglio a crepare. Tutta la mia vita ha solo causato guai ed infelicità a tante persone, ed ora io non posso più fare i conti con i miei peccati. Io voglio togliermeli dai piedi, e per farlo io devo morire...”

Fece scivolare le proprie unghie come lame giù per la gola fino alla base del collo, provando una sofferenza straziante che avrebbe messo in ginocchio chiunque. Nondimeno, lui era contento di percepirla, di provarla sul proprio corpo. Era un modo per pagare anche in minima parte il suo debito, così alzo la testa verso Rika, come per salutarla un'ultima volta... Ma lei non era più lì, all'entrata della caverna. La bambina era invece accanto a lui, come una figura spettrale che non voleva lasciarlo in pace. Come ha fatto a muoversi così rapidamente? Che cosa ha in testa di far...

Non ebbe il tempo di domandarglielo. Il giovane sentì un lieve pizzico proveniente dal braccio, simile alla puntura di un insetto velenoso. Ed un secondo dopo crollò al suolo, svenuto.

Rika stava maneggiando una siringa vuota, e stava ammirando il desolante spettacolo di fronte a lei. “Può suonare bizzarro, ma sei stato fortunato... Questa la portavo con me sin da ieri sera, da quando Mii-chan mi aveva raccontato di quello che ti avevano fatto. Sai, non è come quella che volevo somministrare a Rena in quell'altro mondo, alla discarica... Questo è un sedativo, non ti ucciderà, al contrario potrebbe salvarti la vita.”

La bambina prese il proprio fazzoletto e lo avvolse tutto intorno al collo del compagno di sventura, per arginare in qualche maniera il flusso di sangue dalla gola che non accennava a fermarsi. Successivamente, si volse indietro verso l'uscita della caverna, da dove non arrivava più acqua. L'acquazzone aveva cessato di abbattersi sulla foresta, o almeno così pareva. Rika sperava che fosse così, chiamare i soccorsi sarebbe stato meno problematico.

Doveva infatti portarlo all'Istituto Irie. Da sola non ci sarebbe mai riuscita, ma provvidenzialmente vi erano altre persone non lontane da loro: pochi minuti prima, infatti, Rika aveva letto la situazione prima di chiunque altro ed aveva percorso lo stesso passaggio che Giancarlo aveva adoperato per fuggire, consentendole di raggiungerlo piuttosto in fretta. La bambina non aveva detto agli altri dove stava andando, ma era fiduciosa sul fatto che anche Kasai e gli altri avrebbero intuito che lui non poteva scappare che da quella parte, e quindi a quell'ora dovevano essere ormai nei paraggi. Sarebbe uscita dalla grotta per avvisare gli inseguitori della posizione del fuggiasco, e loro se lo sarebbero caricato in spalla. Una volta medicate le sue ferite avrebbero pensato a qualcosa per i parassiti che aveva nel corpo.

Le cose intanto andarono come lei sperava. Nel giro di una trentina di secondi Rika intravvide un primo gruppo di ricerca che usciva dall'entrata secondaria del tunnel ed all'istante agitò il braccio per farsi vedere. E mentre loro si affrettavano per venirle incontro, lei si voltò ancora verso il suo amico dalla storia così tormentata, bisbigliando: “Non sono stata in grado di soccorrere Rena prima che quel matto le spaccasse la colonna vertebrale, ma mi auguro proprio di poter salvare almeno te, Gi-chan... Hanyuu ogni tanto si diverte a schernirsi descrivendosi come un dio inutile, io spero solo di non dovermi definire un'amica inutile, invece.”

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Capitolo 45
*** Collasso ***



Capitolo 44: Collasso



Hinamizawa, 28 Febbraio 1984



...

FREQUENZA CARDIACA: 68 bpm

...


Immobile, Alice stava tenendo lo sguardo fisso sul cardiogramma che ogni secondo veniva aggiornato, sul piccolo apparecchio elettrico appoggiato a fianco del letto su cui stava riposando suo fratello. Lo guardava da brevissima distanza, venti centimetri al massimo, tanto che i bip ripetitivi prodotti dal dispositivo stavano martellando i suoi timpani. Una vista che le stava stravolgendo la vita, fino al punto da rendere il suo respiro spasmodico ed irregolare.

“Bpm significa battiti al minuto, vero?” chiese con voce sommessa, abbattuta.

“Sì” rispose un'ombra con un tono privo di emozioni.

“Sessantotto battiti al minuto... Non sono un po' pochi, Takano-san?”

L'infermiera, che si era soffermata vicino a lei, annuì gravemente: “Avete ragione, forse è una controindicazione del farmaco che Rika-chan gli ha iniettato. Non so esattamente quale sostanza le sia stata consegnata da Irie-sensei, quindi non ne posso essere sicura. Se volete maggiori ragguagli dovreste recarvi da lui.”

“Questa non è la risposta che volevo ricevere, ma temo che tu abbia torto... Quindi immagino che non ci sia nulla che possiamo inventarci per migliorare quel numero.”

“Se gli somministrassi qualcosa senza sapere quale sostanza gli ha dato Rika-chan rischierei seriamente di avvelenarlo...” Takano osservò il paziente, mogia, prima di rassettargli il cuscino e aggiungere: “Gli farei solo del male... come ho sempre fatto, direi...”

Quell'atteggiamento così sconsolato e derelitto minò il morale di Alice ancora di più. Però lei sapeva di non essere la sola a navigare in cattive acque. Nella camera adiacente alla loro, anche Mion stava riposando, in uno stato di coma non dissimile da quello di Giancarlo. Il giorno prima l'avevano infatti rintracciata all'interno di quella grotta inospitale; l'avevano trovata che stava piangendo, ma nel giro di pochi secondi aveva smesso di gemere e versare lacrime. Aveva interrotto qualsiasi verso, qualsiasi lamento. Non piangeva più, non si muoveva più, non parlava più. Era come un giocattolo le cui batterie erano esaurite, bisognò prenderla in braccio per portarla via dalla caverna, e fu Kasai ad occuparsi del suo trasporto fino al Maniero prima e all'Istituto Irie poi. Il suo stato era tale che nessuno provò nemmeno a rianimarla, era chiaro a tutti anche senza analisi che non sarebbe servito a niente: il livello di ATPC dentro di lei doveva essere andato fuori controllo, oltre ogni soglia critica. Quella sostanza la stava paralizzando come il veleno di un serpente... E tuttavia, essa era anche l'unica cosa che le permettesse di non essere travolta dallo stress dovuto al dramma a cui aveva preso parte. Senza quella roba, la Sindrome l'avrebbe colpita all'istante e lei sarebbe morta dopo una travagliata agonia. Una cruda verità, che induceva Irie ad avere persino paura di curarla per diminuire la quantità di sostanza nel sangue.

Perlomeno, ora la sventurata stava dormendo e Shion, Rika e Keiichi vegliavano sul suo sonno. Sua sorella in particolare era andata nel panico e per riuscire a darsi una calmata aveva cominciato a parlare al vento, senza mai concedersi un istante di sosta. Si continuava a chiedere: “Perchè... Perchè Onee ha in corpo questo dannato intruglio e io non ce l'ho? Che senso ha? Siamo sempre state sorelle identiche in tutto e per tutto, anche io dovrei avere quella roba nel sangue! Ed invece... Ma perché...” Ripeteva quel quesito come fosse la melodia di un carillon rotto, cercando una risposta che non avrebbe mai potuto trovare da sola.

“Irie ci aveva detto che era presente solo nel sangue di Mii-chan ed in quello della sua nonnina...” le rispose Rika, pronunciando teneramente le prime parole che le vennero in mente per impedire all'amica di proseguire quel ritornello sconsolato. “Ma lui non sa che origine ha quella sostanza, per ora. In fondo adesso sta dirigendo i suoi studi per una cura contro i suoi effetti dannosi, sta facendo del suo meglio...”

“Il sangue di Mion e quello di vostra nonna... Quindi possiamo escludere fattori ereditari.” replicò Keiichi, lanciando un'occhiata a Shion “Altrimenti ce ne sarebbe anche dentro le vene di tua madre, ed anche dentro le tue. Siete tutte femmine quindi il sesso dell'individuo non c'entra, non è come l'emofilia dove solo i maschi ne soffrono i sintomi, per esempio. Quindi... Che cosa potrebbe essere? Forse la causa è da cercare nel fatto che entrambi erano leader del clan Sonozaki.”

“Onee lo è ancora, non ti azzardare ad usare il passato” mugugnò Shion, nervosa “E comunque, che vorresti dire con quello?”

“Può... può darsi che il fattore scatenante sia collegato alla loro investitura. Il tatuaggio che avevano dipinto sulla loro schiena potrebbe essere realizzato con un metodo tradizionale tramandato da generazioni, e magari gli artisti per quelle occasioni usano delle erbe speciali con dei principi attivi che stimolano il loro organismo in modo da...”

“Corri troppo, Kei-chan. Anche la mamma porta sul dorso quel tatuaggio, prima di sposarsi con papà era lei l'erede designata della famiglia. E non c'è traccia di ATPC nel suo sangue, quindi il tuo bel castello di carte va a farsi benedire.”

“Se le cose stanno così allora dovremmo indagare nel rito che Mion ha dovuto eseguire prima di divenire capofamiglia a tutti gli effetti... Quella notte che aveva dovuto dormire in quel piccolo rifugio sperduto nella foresta. Forse ha dovuto compiere un'azione particolare, ha dovuto, che so, bere qualcosa, un qualche intruglio...” Il ragazzo ci rimuginò sopra per un secondo o due, ma poi si grattò la testa in segno di sconfitta “Nah, sto facendo cilecca un'altra volta, lei in quel tugurio microscopico ci era andata dopo che Satoshi ci aveva attaccato al seminterrato ed in quella circostanza era stato il suo sangue a curarlo, il che comporta che Mion avesse già l'ATPC in corpo prima di sottoporsi a quel rituale. La verità è che le nostre non sono altro che congetture che non sono di alcuna utilità, senza altre informazioni possiamo solo stare qui a fantasticare senza cavare un ragno dal buco.”

Ma Rika non era d'accordo con lui, anche se non rivelò agli altri questa impressione, bisbigliando qualcosa tra sé e sé facendo attenzione a non essere udita dagli altri. Le fantasie di Keiichi l'avevano fatta riflettere: Forse in parte ci ha preso, quando dice che il ruolo di quelle due centrava con l'ATPC, ma non nel senso che lui immagina... Se l'origine della Sindrome è stata Ouka, come ha affermato lei quel giorno al Saiguden, allora non sarebbe strano se fosse anche la causa di quella roba che sta avvelenando Mii-chan....

Rika si mise a disegnare col dito sulla finestra. Quella volta Ouka ci aveva detto che aveva creato la Sindrome col suo bel parassita... Ma sicuramente non deve aver impiegato molto a rendersi conto di quanto distruttiva poteva diventare quella malattia, le persone possono impazzire ed autodistruggersi con un nonnulla per colpa sua... Doveva fare i conti con quelle caratteristiche del parassita che si erano “sviluppate autonomamente”, per dirla con le sue stesse parole. Ed allora... lei aveva già garantito alla famiglia Furude un ruolo molto importante, in quanto Regine Portatrici potevamo aiutare la nostra comunità a non ammalarsi, ma Ouka dovette anche pensare ad un rimedio, nel caso la Sindrome avesse preso a flagellare gli abitanti del villaggio, e chi usare se non il capo di un'altra delle Tre Grandi Famiglie...?

La bambina scosse però la testa, l'ultima parte di quella ricostruzione non la convinceva appieno. No, i conti non tornano, altrimenti qualcuno avrebbe saputo qualcosa dell'esistenza di una tale sostanza nel sangue dei Sonozaki, anche solo in forma di leggenda o storiella da raccontare ai bambini prima di andare a dormire. Mettere a punto una cura e poi tenerla nascosta a chi ne ha bisogno è da matti, per non dire da criminali, e poi molte persone sono morte a causa della Sindrome, soprattutto durante la Seconda Guerra Mondiale, quindi se l'ha creata non è stato per curare i suoi concittadini. È più probabile che lei volesse «proteggere» il villaggio facendo sì che le famiglie più importanti avessero un antidoto per sopravvivere alla malattia, qualsiasi cosa sarebbe successo. I leader dovevano sopravvivere ed un modo valeva l'altro, non importava se li si condannava ad una vita schifosa e gli altri crepavano. Dal punto di vista di Ouka, una volta che i capi stavano fisicamente bene tutto era a posto...

Rika alzò gli occhi al soffitto, guardandone il cemento imbiancato. Potrebbe essere così. Una sostanza assegnata da capo a capo grazie ad una specie di maledizione lanciata da Ouka... Nessuna teoria scientifica, in questo caso, solo stregoneria. In passato, per quanto ne so, nessuno degli antenati di Mii-chan ha sviluppato sintomi paragonabili ai suoi, ma c'è una spiegazione per questo: nei secoli scorsi la vita ad Hinamizawa scorreva molto più tranquilla e nessuno metteva in discussione l'autorità dei Sonozaki, così i loro capi dovevano fronteggiare un livello di stress molto più basso del suo. Ma quindi, se la interpretiamo in questo modo, allora l'ATPC potrebbe essere... potrebbe essere la vera identità del «Demone» che il casato Sonozaki ha sempre sostenuto di avere in corpo. Una sostanza diabolica, nel vero senso della parola, tramandata ai discendenti nel corso delle generazioni... Ed il tatuaggio raffigurato sulla schiena del leader sarebbe a questo punto il marchio che indica chi porta quella roba. Indicherebbe chi non può morire per la Sindrome. Una tradizione che avrà avuto origine ancora una volta a causa di Ouka, quella peste avrà detto qualcosa ai Sonozaki del tempo ed ha dato il via al tutto... Tsk, una volta i Demoni erano creature mostruose e gigantesche con le corna, ora scopriamo che in realtà sono enzimi e proteine che manco si vedono a occhio nudo e che a prima vista non fanno paura a nessuno.

Rika riabbassò il capo, e chiuse gli occhi. Aveva iniziato ad annaspare leggermente, le mancava l'aria. Potrebbe essere davvero così. Quando Ouka ha creato la Sindrome, non si è occupata solo della propria famiglia... Ha dato l'immunità non solo al capo dei Furude, ma anche a quello dei Sonozaki. Mi chiedo se valga lo stesso pure per quello dei Kimiyoshi, non abbiamo mai verificato nei mondi precedenti, e mi sono scordata di chiedere a Irie se lui aveva fatto dei controlli in proposito... Per quanto Hanyuu mi aveva detto una volta che Ouka ed i Kimiyoshi non siano mai andati d'accordo in vita, loro erano tra quelli che più detestavano sua madre per le corna che aveva in testa. Non mi stupirei se quella lunatica li avessi esclusi da questa protezione.

Tuttavia... L'unica vera cosa importante è che tutta questa mia teoria sia completamente inutile, per noi. Non ci illumina sulla strada da percorrere per trovare una cura per Mii-chan o Gi-chan, ed è questa l'unica cosa che conta, adesso...

Ma un cigolio risveglio Rika dal suo intontimento. Irie era appena uscito dal suo ufficio, dove fino a pochi attimi prima stava analizzando i risultati delle analisi che aveva fatto eseguire su Giancarlo. Aveva cercato di effettuare il tutto nel minor tempo possibile: Takano non era ancora in grado di assisterlo come si deve, la depressione in cui era scivolata continuava ad attanagliarne animo e spirito; pertanto, essendo l'unico dottore a sapere della Sindrome e potendosi occupare solo di un paziente alla volta, il medico era stato costretto a scegliere se visitare prima Mion o Giancarlo. La scelta era caduta su quest'ultimo, ma solo perché Irie aveva già un'idea dello stato di salute della ragazza, tenuta da lungo tempo sotto osservazione. La giovane aveva bisogno di riposo per il momento, aveva diagnosticato il dottore, così si era concentrato sull'altro.

Però, ora era sbiancato in volto e quando il gruppo si avvide della sua presenza fuori dallo studio essi corsero subito verso di lui, spaventandosi a loro volta quando videro di che umore era. Alice, comprensibilmente, parve fin dall'inizio la più preoccupata: “Sensei, allora... come sta?”

“Andiamoci a sedere da qualche parte, abbiamo bisogno di parlarne con calma.”

Quella risposta non era un buon segno. Se il paziente fosse stato bene Irie lo avrebbe detto subito, per liberare immediatamente tutti da quel peso che avevano sul cuore. Ad ogni modo, i ragazzi ubbidirono e in poco tempo raggiunsero la piccola sala conferenze dell'Istituto; a quel punto, Irie ripose i fogli di carta sul grande tavolo di fronte a lui ed illustrò lo stato del malato: “Quando lo avete condotto qui insieme a Mion-san, Serco-san si trovava in una condizione di coma farmacologico, generato dal contenuto della siringa che Rika-chan gli ha somministrato prontamente. Quindi... inizialmente avevo ritenuto che fosse praticabile una cura tramite trasfusione del sangue di Mion-san, all'incirca come è stato nel caso si Satoshi-kun: i disturbi causati dall'eccesso di ATPC sembrano riguardare solo la portatrice originaria, non le persone che la assumono in un secondo momento senza produrla. Anche se il paziente non soffriva della Sindrome che conosciamo tutti, valeva certamente la pena di provare, dopo aver controllato ovviamente che i loro gruppi sanguigni fossero compatibili.”

“Ma sfortunatamente non lo sono.” lo fermò Alice “Il gruppo di Mii-chan è B positivo, vero? Quello di Nii-chan è 0 positivo, invece... Lui non può ricevere il suo sangue.”

“E' quello che abbiamo appurato, infatti. Ma... non è questo il vero problema, ora. Teoricamente speravo di fare come con Satoshi-kun, tenerlo in coma finché non viene realizzata una cura adeguata... Ma stavolta non mi è consentito.” Irie si pulì gli occhiali con un piccolo pezzetto di stoffa grigia che teneva nel taschino, poi continuò: “Questa mattina ho chiesto che fosse sottoposte ad accurate ed approfondite analisi del sangue, ed ho trovato qualcosa che non mi sarei mai sognato di trovare. Il numero di globuli bianchi è salito vertiginosamente, superando di molte volte il valore standard.”

“Io... non capisco proprio, sensei.”

“Nemmeno io sono certo di aver compreso tutto, ma... ho formulato una possibile spiegazione. Vi ricordate senz'altro di quando tuo fratello è stato vaccinato, insieme a vostra sorella maggiore ed a te, prima di arrivare ad Hinamizawa. Ora, è altamente probabile che quel vaccino abbia un ruolo in questa storia. Non era stato studiato per affrontare la nuova versione della malattia, ed infatti il paziente non è riuscito a difendersi; però, con il passare del corpo esso si è progressivamente adattato ed ha permesso all'organismo di produrre anticorpi specifici ed adeguati per combattere contro questo tipo di Sindrome. Anzi, vedendo la concentrazione di globuli bianchi che salta fuori dalle analisi penso che il vaccino abbia già vinto questa battaglia e che si sia già liberato dei parassiti, o perlomeno è sul punto di farlo.”

“Ma questa è una notizia fantasmagorica!” esultò Keiichi “Alice, non sei felice? Tuo fratello si riprenderà prima di quanto tu possa immaginare!”

Ma Alice non era dello stesso avviso. Il dottore lo avrebbe detto subito, se le cose stavano davvero così. “Sensei, per piacere finite questa storia... Ve lo si legge in faccia che siete dispiaciuto.”

La ragazza era terribilmente seria e Keiichi impallidì, guardando stralunato Irie il quale si morte le labbra. Al medico non rimase che spiegare: “Avete ragione. In questo preciso momento lui ha una febbre molto alta e per di più, come ho già detto, il numero di globuli bianchi nel suo sangue va oltre ogni limite accettabile. Sono davvero troppi. L'organismo di Serco-san è stato attaccato da un parassita molto violento ed aggressivo, ed esso ha prodotto una reazione altrettanto violenta... fino al punto da perdere il controllo della situazione. Adesso nel suo corpo ci sono troppi anticorpi, i quali stanno distruggendo non solo quel che rimane dei microrganismi invasori, ma anche le cellule sane del proprio ospite. Il suo cervello, i suoi tessuti muscolari, il suo midollo osseo, i suoi organi interni... Il suo intero organismo è sotto attacco, da parte dei suoi stessi globuli bianchi. In altre parole... sta esibendo tutti i sintomi di una leucemia fulminante. È... una malattia molto grave.”

L'intero gruppo era sbiancato in volto, udendo quelle ultime, lapidarie sentenze. Quanto ad Alice, dovette sedersi sul pavimento per non cadere a terra svenuta. Rika inghiottì amaramente la propria saliva, e poi chiese: “Ma guarirà se lo curiamo, no? Questa non è una malattia ignota.”

Irie non trovò la forza di guardarli in faccia: "Io... non sono sicuro che si riprenderà tanto presto. Prima non ho avuto il coraggio di dirvi una cosa... Lo stato di coma in cui si sta trovando lui non è normale, è sospetto. E temo che sia dovuto alla malattia che lo sta divorando, e non al sedativo che gli avete iniettato ieri. Naturalmente lo sto sottoponendo ad un trattamento d'emergenza, gli sto somministrando gli antibiotici più efficaci e potenti che ho in Clinica, ma la situazione rimane comunque critica...”

Irie si fermò. Davanti a lui, aveva percepito come un'anima che si ingrossava, che si tingeva di un nero profondo, più scura di ogni notte a cui aveva assistito.

Alice si stava rialzando, usando Satoshi come stampella, e dopo averlo fatto fece un respiro profondo, prima di fare al dottore una domanda secca e drastica, per troncare ogni discorso: “Sensei, c'è qualche possibilità che lui riesca a sopravvivere? Siate sincero, per favore.”

Irie distolse lo sguardo da lei.

Ed Alice non lo apprezzò.

“SENSEI, VI HO FATTO UNA DOMANDA!” gridò lei come una belva, terrorizzando chiunque si trovasse intorno a lei “VI HO CHIESTO SE SOPRAVVIVERA' O NO!”

Irie voltò di nuovo il capo, dando un'occhiata agli occhi vividi e spalancati di lei, ed allora serrò le labbra, tentando di trovare la lucidità per rispondere. Così, disse infine questo: “Ho paura che non ce la farà. In qualche maniera è sopravvissuto alla Sindrome, grazie al vaccino, ma anche questa è una malattia che troppo spesso si rivela mortale, soprattutto nella forma violentissima che ha colpito tuo fratello. Senza contare che lui adesso è particolarmente debilitato, a causa dei parassiti che l'hanno indebolito oltre modo. Lui è... è destinato a lasciare questo mondo in uno o due giorni al massimo, a meno che non accada un miracolo. Io...”

Irie singhiozzò, non riusciva più a sostenere lo sguardo altrui a causa della vergogna. “Io non so come dirvelo, ma forse sarebbe stato meglio se io non l'avessi mai vaccinato, a suo tempo. Se non avesse avuto anticorpi nell'organismo la Sindrome occuperebbe ancora il suo corpo ma non avremmo assistito ad una reazione così autodistruttiva da parte del suo sistema immunitario; lo avremmo potuto mantenere in uno stato di coma indotto, fino al giorno in cui avremmo trovato una cura. In questo caso, invece, non abbiamo questa possibilità, un coma non ferma questo genere di patologia. Mo... Morirebbe in uno stato di incoscienza, ma morirebbe comunque.”

“In altre parole” mormorò Alice con parole che vibravano di collera “Nii-chan non morirà per colpa della Sindrome, ma per colpa della roba che ci avete fatto iniettare prima di arrivare qui...”

“I... I... Io non so davvero come scusarmi, per questo. Io... Io...”

Alice sembrava sul punto di saltargli addosso ed ammazzarlo con le sue stesse mani, tanto che Keiichi le strinse la spalla con una mano per essere sicuro che non facesse delle pazzie. Ma un secondo prima che perdesse del tutto il controllo, alla ragazza cascarono le braccia, le quali dondolarono a lungo ai lati dei fianchi come se lei non potesse più muoverle. Una molla le era scattata in testa, ed Alice disse solo questo, con una voce che era diventata meccanica e priva di espressività: “Non dovete chiedere scura. Ve ne prego, fate solo quello che è necessario per cercare di guarirlo.”

Irie avrebbe voluto trovare una buona risposta, ma purtroppo non vi erano parole che potessero andare bene per il contesto. Perciò, sentendosi un codardo, si defilò silenziosamente dalla sala, c'erano altri due pazienti in condizioni pessime ed anche Mion necessitava di un monitoraggio adeguato, non poteva certo essere trascurata.

Rika, invece, andò da Alice. Non poteva permettere che lei diventasse preda dello sconforto, quella folle faida si era già lasciata alle spalle troppe vittime innocenti.

“Ali-chan, come stai? Come ti senti?” Rika prese la mano di Alice tra le proprie, ma subito le ritrasse. Il corpo di Alice era divenuto freddo, aveva perso ogni traccia di calore umano.

“Io... sto bene...” rispose l'altra ragazza, anche se tutto in lei dimostrava l'opposto. Stava mentendo, questo era evidente. Alice si sedette stancamente su una delle sedie della stanza ed una volta in quella posizione non fece altro che rimirare il tavolo davanti a lei. Nessun altro osò scandire una qualche parola di conforto, tutto il gruppo era giù di corda per quello che aveva sentito ed i ragazzi pensavano che ogni frase di circostanza sarebbe suonata ipocrita e fuori luogo. Il silenzio si protrasse per diverso tempo, e fu Alice stessa a infrangerlo alla fine, dicendo qualcosa che gelò il sangue a tutti.

“Io... credo che... sia colpa mia. Tutta colpa mia.”

“Colpa tua? Perché?” saltò subito sulla sedia Satoko.

“Perché... Tutto quello che ho fatto fino ad ora, nella mia vita, ha avuto solo l'effetto di ferire Nii-chan... Il giorno in cui siamo nati, io sarei dovuta morire... Invece sono rimasta su questa terra, ed a causa di quel prodigio a lui è stato tagliato un braccio in quanto credevano che ci fosse della magia nelle sue vene, maledette quelle leggende e le loro teorie della malora. E che dire del resto... A otto-nove anni io avevo cercato di distruggere la tomba del bisnonno, al cimitero, ed a causa di questo lui aveva concluso che tutti noi avessimo disperato bisogno di aiuto e così si è immolato caricandosi di responsabilità che non gli appartenevano. Qualche anno dopo io ho trovato un fidanzato, e questa cosa l'ha reso ancora più triste e malinconico perché lui non riusciva ad incontrare la sua anima gemella. L'anno scorso io gli ho suggerito di venire ad Hinamizawa con me, ed ora lui è andato incontro a questa fine, l'avete udito anche voi cosa gli è successo. Io, io, io... sempre io.”

“Fammi capire... sei stata tu a consigliargli di venire qui? Altrimenti saresti arrivata da sola, al villaggio?”

“Già... Io speravo di lasciargli trascorrere un periodo piacevole e senza pensiero, i nostri genitori ed anche gli altri erano d'accordo con me, e quindi ero felice a mia volta, speravo di aver fatto la cosa giusta per una volta. Quanto mi sbagliavo, invece...” la luce stava svanendo dai suoi occhi “I suoi fantasmi, il suo passato lo hanno inseguito pure qui, e lo hanno guidato fino a... a questa pazzia artificiali. Ora cosa dovrei fare? Quando lui aveva deciso di prendere il posto di papà e del nonno, si era preso sulle spalle anche tutto il male che io serbavo nel cuore, e mi aveva assicurato che non mi sarei dovuta preoccupare. Era stato il mio salvatore, la rabbia che si annidava dentro di me stava per sopraffarmi, stava per farmi diventare matta. La rabbia ed il dolore per quello che era successo alla nostra famiglia per colpa di quell'uomo... Era troppo per me, non ce l'avrei mai fatta da sola. È stato solo grazie a lui se fino ad oggi ho potuto condurre una vita normale, è stato lui a ridarmi il diritto di averla, questa vita normale. Ma ora... non ci sarà più nessuno che si occuperà di pagare il prezzo dei miei peccati.”

“I tuoi peccati?” strepitò Keiichi “Di che diavolo vai blaterando, ora? Peccati? Io non voglio sentirti più parlare di peccati in quella maniera! L'hai detto tu stessa che tuo fratello ha trovato il modo di espiarli, no? Ed allora non farti influenzare così tanto da quella roba! È qualcosa che appartiene alla vostra infanzia, pensate al presente una buona volta! Si commette il peccato una volta, si fa la penitenza una volta, poi basta! Tu sei una ragazza calorosa e gentile, piena di grandi qualità, non devi pensare di essere uno schifo! Non devi pensare di meritare tutto il male possibile!”

“Mi dispiace, ma il tuo ragionamento non è corretto, Kei-chan. Non ci può essere una singola penitenza per il mio peccato, esso non può essere lavato via solo una volta, perché io lo commetto ogni giorno della mia esistenza, dal primo fino all'ultimo...” Si girò verso Keiichi, guardandolo di sbieco con la testa appoggiata sulla spalla destra, e sorridendogli con un sorriso privo di felicità. “Kei-chan, il mio peccato è vivere... Essere su questo mondo, respirare, mangiare, parlare, avere sentimenti... Io non sarei dovuta stare qui, il mio posto dovrebbe essere tre metri sotto terra, invece io sono qui dinanzi a voi a seminare il male ed il dolore a chi voglio bene, e voi tutti ne vedete le conseguenze.”

“Non è vero, Ali-chan...” disse Rika, che stava iniziando a realizzare come Alice e suo fratello avessero qualcosa in comune, in fondo. Nei loro primi anni di vita, i due gemellini si erano sentiti entrambi in colpa per quello che avevano vissuto le persone intorno a loro, e nel loro piccolo avevano cercato di farli sentire meglio. La loro infanzia doveva essere stata molto complicata. La vera differenza tra i due stava nel fatto che, per raggiungere lo scopo, avevano scelto sentieri contrapposti: Giancarlo si era premunito di liberarli da un fardello scomodo e pensante, andando a dichiarare che si sarebbe occupato di tutto al posto del proprio padre; Alice invece aveva assunto una natura più allegra e dolce nei loro confronti, in maniera da garantire loro un futuro più piacevole e libero da ansie.

Ma ora che le veniva impedito di avere quell'atteggiamento nei confronti di suo fratello, Alice si sentiva inutile, se non dannosa. E quindi, il lato più oscuro e cupo che di tanto in tanto faceva capolino nell'indole di Giancarlo stava ora comparendo anche nel cuore di sua sorella, come se il male e la pena che prima risiedevano nell'anima di lui si fossero trasferiti in quella di lei. Quei sentimenti nefasti non sarebbero svaniti con la morte del loro vecchio padrone, sarebbero stati tramandati per sempre all'interno di quella famiglia maledetta.

Ed infatti, Alice confessò: “Non ho scelta... Se Nii-chan muore tocca a me prendere il suo posto. Nostro padre non potrebbe mai essere in grado di fare una cosa simile, idem nostro nonno, non riuscirebbero a sopportare il fatto che mio fratello è uscito di senno anche per colpa del compito che gli hanno assegnato. Se però lo faccio io, si sistema tutto... e potrò ripagare il debito che ho con tutti. Io non dovrei essere qui, ma almeno sarò un po' meno di disturbo.”

“A me sembra di sentire solo delle fesserie!” urlò Keiichi “Ci puoi spiegare per una volta perché è così gravosa sta storia dell'essere guida della vostra famiglia e tutto il resto? Pazzia dovuta al dolore causato dai fatti di un passato morto e sepolto, vita con spettri che ti costringono ad essere tristi, responsabilità che ti ammazzano moralmente... Anche Mion faceva lo stesso, io non vi capisco proprio. Credere a quella robaccia, questa sì che è la vera pazzia!”

“Kei-chan...” sussurrò Alice. Ma quel discorso così appassionato non poteva convincerla. Si avvicinò all'amico, e gli spiegò: “Kei-chan, ti ringrazio per le tue parole, si vede che vuoi aiutarmi, ma per sfortuna tu hai torto... Quello che è successo in quegli anni non è qualcosa che appartiene solo al passato. A causa del nostro bisnonno noi abbiamo un cugino cieco, per esempio, e lui non recupererà la vista per un miracolo solo perché è una cosa accaduta anni fa. E lo stesso vale... o valeva... per Nii-chan e per il suo braccio. Ma non è tutto, ci sono state molte altre persone che hanno perso qualcosa o qualcuno per colpa di quell'uomo, persone che nutrono ancora del risentimento verso di lui e di conseguenza verso la famiglia a cui apparteneva. Questi segni del passato non sono ancora scomparsi, guarire quelle ferite richiederà un processo molto lungo, non si possono dimenticare in un giorno. Io stessa non posso mettermi ad esigere che queste persone si comportino come se nulla fosse successo, sarebbe disumano: loro non possono farlo, perché al giorno d'oggi ci sono ancora delle tracce dentro il loro spirito, e neanche noi possiamo. Ecco perché il ruolo del capo della nostra famiglia è quello di fare tesoro di quello che è stato, e di portare la nostra croce. Detenere del potere significa usarlo con responsabilità.”

“Non è vero, non è vero...” ripetè allora Keiichi, frustrato per non essere capace di farle cambiare idea, o di tirarla su in qualche modo. Non era stato in grado di dare una vera risposta ai dubbi di un'amica, una scena che non gli sembrava neppure nuova. Eppure credeva di essere maturato, di avere imparato a vedere il lato nascosto dei suoi compagni di scuola, quello che loro tendono a tenere nascosto. Pensava di avere capito come si diventa più sensibile, in modo da scorgere prima i problemi degli altri e soccorrerli prima che fosse troppo tardi. Ed invece pareva proprio che non fosse così... Il ragazzo si dette dello stupido, per quello stato di impotenza.

Ed infatti, lui si trovò definitivamente spiazzato, quando sentì Alice chiedergli: “Sentiamo, dunque, che cosa dovrei fare adesso, ora che Nii-chan è come se non fosse più vivo? Lasciarne cadere la memoria nell'oblio, dimenticarlo? Vivere in memoria di lui, ricordandolo ogni giorno? Vie di mezzo non ce ne sono in pratica, dedicargli un pensiero un giorno sì e uno no sarebbe da infami... Dai, ti sto ascoltando, dammi risposta. Però voglio che tu mi spieghi per bene perché dovrei fare una scelta invece che un'altra.”

Keiichi rimase zitto, ed Alice chiuse gli occhi. “Lo sapevo, tu non conosci la risposta. Non ti condanno certo per questo, il mondo degli adulti è pieno di momenti difficili e decisioni sofferte. Personalmente... Credo che la nostra famiglia sia destinata ad essere infelice, per il resto della nostra vita. Forse è scritto nelle stelle. Hai assistito a che fine abbia fatto mio fratello, lui aveva cercato di percorrere quel sentiero di patimenti da soli, ha cercato di sobbarcarsi da solo quell'onere per darci un futuro migliore, e questo è il risultato...”

La ragazza annuì, con gli occhi gonfi di lacrime “Ci ha provato, e io lo ammiro per questo. Ma il mio fato non prevede che io sia felice, così come non lo prevede quello dei miei cari. Io... Io forse farei meglio a... lasciare il mio ragazzo, dirgli che è finita tra noi. Non voglio che anche lui si rovini, desidero che almeno la sua vita sia meglio della mia...”

Alice si mise una mano davanti alla bocca, come per impedire a del vomito di uscire. “Mi spiace, non mi sento molto bene, ho bisogno di una boccata di aria fresca.”

“Veniamo con te, Ali-chan.” disse Keiichi “Non sei ancora da sola, almeno questo.”

Alice sorrise. Forse il suo era un gesto di cortesia, forse era sincero. Gli altri non ne erano sicuri, ma ricambiarono con risate ed altri sorrisi, prima di uscire tutti insieme. Tutti, escludendo Rika ed Hanyuu, che udirono Keiichi esclamare, mentre usciva: “Ali-chan, non devi essere così pessimista. Tuo fratello non è ancora morto, no? Ci sono dozzine di film in cui le persone sembrano destinate a morire senza possibilità di salvarsi ed invece sopravvivono grazie ad un evento prodigioso, od alla inarrestabile forza di volontà di chi si trova con le spalle al muro. Non perdere la speranza, cose come questa accadono con una frequenza sorprendente, noi l'abbiamo già vista una scena simile la scorsa estate...”

Le due bambine non sentirono altre parole, gli altri avevano chiuso la porta alle proprie spalle, lasciando Hanyuu e Rika da sole. Quindi, quest'ultima tornò indietro alla stanza dove si trovava Giancarlo, per leggere nuovamente il valore del cardiogramma.


...

FREQUENZA CARDIACA: 65 bpm

...


Lui stava dormendo, così era come se le due bambine fossero da sole. Rika poteva quindi parlare nel modo in cui di solito si esprimeva quando non era con gli altri: “Ne hai di fegato, Keiichi, non ti arrendi neanche se ti puntano la pistola alla tempia... Ma tu ora stai riponendo le tue speranze in un miracolo, ora. Perchè senza di esso Gi-chan non potrebbe sopravvivere. Ed è questo il punto... non ci sarà nessun miracolo, questa volta...”

“Non ci sarà?” chiese Hanyuu “Come mai, Rika? Quando abbiamo combattuto contro Takano un miracolo è arrivato davvero...”

“Sì, ma questo perché in quell'occasione abbiamo tutti desiderato questo miracolo, con tutte le nostre forze. Affinchè esso diventi realtà è infatti strettamente necessario che tutti noi lo vogliamo, che tutti i nostri amici bramino questo portento. Tutti, io e te comprese. Ma in questo caso... questo requisito non sarà mai soddisfatto, temo, perché tra noi c'è qualcuno che questo miracolo non si realizzi.”

“Ma qui non c'è nessuno che si augura che Gi-chan muoia! Perchè tu stai alludendo ad una crudeltà del genere? Anche se ha assalito Mii-chan là al Maniero, sappiamo tutti la verità su cosa è successo davvero ieri e nessuno tra di noi gliene farebbe mai una colpa!”

“Questo non è vero, Hanyuu. Non è vero che tutti vogliono una sua guarigione. Perchè ieri Gi-chan stesso ha chiesto di lasciare questo mondo, prima di cadere in coma per colpa della siringa. E finchè continua a vivere una parte di lui continuerà a desiderare la morte, anche se è privo di conoscenza, impedendo che questo miracolo si avveri.”

Hanyuu rimase immobile: “Secondo il tuo parere, quindi... lui non voleva essere salvato, ieri? Voleva che lo lasciassimo morire?”

“Penso che sia stato così. E so anche perché. La prima cosa che mi ha detto quando l'ho trovato in quella minuscola caverna fu di stare lontano da lui in quanto reputava di essere un mostro. Si stava toccando il braccio, mentre affermava quell'assurdità... Ma che razza di bestia poteva mai presumere di essere? I quaderni di Takano non esistono più, di sicuro non è stata quella donna a riempirlo di idee balorda... Quindi doveva essere qualcosa legato alle leggende ed ai racconti che gli hanno raccontato quando era molto piccolo. Niente demoni od invasioni aliene, bensì... Magia. Pensò che, in quel momento, lui credesse davvero che tutto quello che sapeva sui supposti circuiti magici nel suo braccio corrispondesse a verità. Che il suo... Sympathiae Sanguis fosse reale, e che il suo istinto lo stesse costringendo ad inseguire ed uccidere tutti i Demoni di questo mondo, come Mii-chan, per esempio. Te lo ricordi, Hanyuu? Ce lo ha detto lui, una volta.”

Hanyuu confermò. Lei era conscia che la sua discendente era appassionata di antiche tradizioni e sicuramente aveva tenuto bene a mente quello che le era stato rivelato sui costumi di casa Serco. Ma d'altra parte, se quello che Rika le aveva rammentato era vero, allora c'era una sola, logica conclusione: “Deve aver pensato di essere in qualche modo controllato da quello che era presente dentro il suo braccio tumefatto, e quindi deve aver dedotto di aver attaccato Mii-chan in quanto nelle leggende del villaggio si dice che la famiglia che lei guida sia composta di Demoni. Le ha fatto del male anche se lui non voleva farlo... I suoi veri sentimenti verso quella poveretta non sono di odio, al contrario, ormai l'abbiamo capito tutti, e rendersi conto di averle fatto questo è stato un colpo mortale, per lui.”

“In altre parole...” Hanyuu finì il discorso “Lui voleva morire perché temeva che se avesse continuato a vivere avrebbe rischiato di tornare da Mii-chan e finire quello che aveva iniziato. Aveva paura di ucciderla, e piuttosto che fare una cosa simile...”

“Esatto... Si era morso ripetutamente il braccio come a volerselo amputare, e questo perché stava cercando di non sottomettersi ad esso, stava rifiutandosi di obbedire a quella specie di ordine categorico impartitogli dalla sua suggestione. Non voleva fare strage di diavoli, men che meno di quella diavolessa... Mi immagino cosa il suo subconscio stia passando, ora che non è più sotto effetto della Sindrome, stando a quello che ci ha riportato Irie-sensei prima. Il suo ultimo desiderio prima di svenire era così disperato, così pieno d'angoscia... Ha espresso la volontà di chi non voleva più vivere. E questa volontà non può cambiare finchè non si riprende, cosa che non avverrà in quanto lui appunto non vuole. È un cane che si morde la coda, accidenti...” Rika si mangiucchiò le unghie, nervosamente.

“Quindi il suo ultimo desiderio è quello che conta veramente.” commentò Hanyuu.

“Appunto. Lui non può cambiare questo desiderio finchè non torna cosciente. In realtà questo requisito è... perfino ragionevole, dopo tutto, è come rispettare le ultime volontà riportate sul testamento di una persona sul letto di morte.” Rika si morse il labbro inferiore, mentre lo diceva. Non era una metafora allegra o brillante, non li avrebbe certo messi di buon umore, anche se andava detto che si adattava bene nello scenario attuale.

Hanyuu aveva comunque capito cosa intendeva, ed ora stava affannosamente cercando di intuire cosa li stesse aspettando: “Sono... sono così dispiaciuta per lui, e per la sua famiglia... Però... Rika, stavo ragionando su una cosa... Secondo te, che ne sarà di loro? Di Gi-chan ed Ali-chan, e di tutta la loro famiglia? Pensi che quello che era successo loro negli altri mondi, quello che lui crede di aver solo sognato... Pensi che si possa verificare anche in questo, ora che non lo può più evitare?”

“Quella storia dove ogni persona di casa loro impazzisce e dove si uccidono l'un l'altro? Tu pensi che Ali-chan potrebbe fare una cosa...”

Quell'eventualità rese la bambina dai capelli blu estremamente irrequieta “Io non saprei... Certo, la perdita del fratello sarà un colpo terribile per lei, però perdere la testa fino a quel punto... Quei fatti erano successi quando loro due erano piccoli, a quanto mi ricordo io. Io non so ci siano ancora le circostanze adatte a far ripetere quell'infausto destino, ma confido che Ali-chan sia maturata un po' con il passare degli anni. Almeno spero, nel caso faremo del nostro meglio per tenerci in contatto, di sicuro il futuro che li attende sarà tutt'altro che roseo.”

Rika cercò di camminare fino ad una delle sedie, ma si fermò quando si trovava più o meno a mezzo metro da essa. “Non mi piace questa storia. Rena-chan ci può dare solo un sostegno morale, ora, Mii-chan è come se non ci fosse, Gi-chan sta per lasciarci per sempre, ed io...”

“E... tu...?” Hanyuu non si aspettava che Rika finisse la frase con quelle parole. Perchè si era messa a parlare di se stessa? L'antenata si voltò verso di lei, e rimase impietrita. La sua piccola amica era infatti caduta per terra, come distrutta a seguito di uno sforzo immane. Rika era stremata.

“Ugh...” gemette lei, toccandosi il petto nella zona in corrispondenza del cuore.

“Rika! Rika! Come stai? Per favore, rispondimi!”

“Che... che domanda cretina. Io... non sto molto bene, lo capisci da sola.” rispose Rika, rialzandosi faticosamente ed arrampicandosi sulla sedia per sedersi su di essa e rifiatare. “E' un po' che mi fa male il cuore, ma non posso lasciare che gli altri se ne accorgano. In realtà queste fitte non mi sorprendono affatto, basta ripensare a quello che sta accadendo in questa saletta... Ti ricordi il sigillo spirituale che Ouka mi ha messo nel petto, tempo fa?”

Hanyuu capì istantaneamente a cosa lei si riferiva: “Oh, no. Questo no...”

Rika annuì, madida di sudore: “La sfera di energia che avrebbe il compito di rompersi sotto certe condizioni e quindi di uccidermi. Il punto è che Gi-chan, a voler dire le cose come stanno, ha scelto di morire per salvare Mii-chan, quindi ha scelto... di sacrificare se stesso... E se gli riesce di completare questa operazione e di morire su questo letto d'ospedale, allora il requisito necessario all'esplosione del sigillo sarà soddisfatto. E del mio cuore non resteranno che le briciole.”

“Ti imploro, Rika, non dirle nemmeno certe cose! Ti dobbiamo portare via...”

“E da chi, dal dottore? Irie-sensei non può fare nulla per curarmi, questa non è una malattia come quelle scritte sui suoi mattoni di medicina!” replicò Rika “Non ti crucciare, Hanyuu, finchè Gi-chan rimane in vita anche io lo sono. Spero solo di stare bene a sufficienza da poter combinare qualcosa prima che lui tiri le cuoia e mi porti con sé. Diamoci una mossa, quindi, perché se io lascio questo mondo anche tu vieni con me, lo sai che non puoi mantenere questa forma materiale se io non ci sono più.”

“Ho capito... ma Rika, io ho paura. Che cosa possiamo fare, in un lasso di tempo così limitato? E cosa sarà degli altri, una volta che noi non saremo più con loro?”

“Questo è quello che mi preoccupa di più, in effetti. Più della metà del nostro club sarà sostanzialmente fuori gioco, se a noi tre succede qualcosa di brutto. E Keiichi-kun ha bisogno del supporto di un gran numero di persone per mostrare la sua forza e le sue qualità migliori. Da solo, senza la maggior parte dei suoi amici... si sentirà smarrito, come in tutti quei mondi in cui non si fidava di noi e finiva per ammazzare Rena-chan e Mii-chan, oppure come quelli in cui cercava di salvare Satoko senza chiedere aiuto. Quanto ad Ali-chan, senza suo fratello sembra così diversa, così fiacca, senza nessuno stimolo per proseguire la lotta... Satoko, Satoshi-kun e Daijiro-kun possono fare poco, riguardo alla faida tra i Sonozaki, non rientra nelle loro competenze... Ed infine c'è Shii-chan. Sicuramente lei non si arrenderà mai, manco se rimanesse da sola a combattere contro un esercito di nemici, ma sai bene come quella forsennata ogni tanto perde la testa; senza delle persone a fianco che l'aiutino a tenere i nervi a posto è come una bomba ad orologeria. Beh, vedendo questo riassunto non c'è molto da stare allegri...”

“Rika...”

“Il nostro gruppo sta come collassando... Cercare sempre l'aiuto dei nostri amici è sempre stata la nostra miglior virtù, ma può essere visto anche come il nostro punto debole, non abbiamo mai negato di dipendere l'uno dall'altro... Ed i nostri amici lo sapevano, ci hanno studiato e ne hanno tratto giovamento. Hanno colpito alcuni di noi, ci hanno isolato dal resto del villaggio affermando che questa fosse solo una lotta interna alla famiglia Sonozaki, e così siamo alla loro mercé, incapaci di trovare una reazione che sia una. Perchè è chiato che non si fermeranno, dopo aver ottenuto il potere all'interno del clan, Ouka ha detto chiaro e tondo che voleva far piazza pulita ad Hinamizawa, niente superstiti... E temo a questo punto che anche Goemon-san e Megumi-san abbiano questo obiettivo, sotto sotto... Ugh!”

Il cuore di Rika le dolse ancora, come se la stessero pugnalando a morte. Le pulsavano le tempie, la saliva le riempiva fino all'orlo la bocca. La fanciulla cadde di nuovo a terra, ma diede un colpo secco con la mano sulle piastrelle per fare in modo di non sdraiarsi completamente a terra. Quindi, con l'altra si strinse il petto, quasi strappando la maglia che indossava, mentre i suoi denti si consumavano a forza di digrignarli. Non era arrabbiata, ma non potendo urlare quello fu il modo migliore che le venne in mente per sentire meno dolore. Rika stava ansimando, tossendo come se avesse la bocca piena di sangue, l'aria fresca non sembrava quasi raggiungere più i suoi polmoni.

“Che ti venga un colpo, Ouka...” esclamò Rika, quando il dolore tornò ad essere sopportabile “Non so se prima di incontrare quella pesta Goemon-san credeva a tutte queste cose, sigilli spirituali, sacerdotesse che vengono da un tempo remoto... Ma sicuramente quei due si sono messi d'accordo, non avrebbero escogitato un piano concepito in questo modo altrimenti. Per di più Ouka ci conosce bene e quindi ha dato al suo complice tutte le informazioni di cui aveva bisogno, debolezze, difetti, l'esistenza dell'ATPC... Quei due hanno arrangiato un bello stratagemma. Gi-chan era stato scelto per l'iniezione perché era rimasto da solo ma chiunque sarebbe servito al loro scopo, in fondo il loro obiettivo doveva essere per forza Mii-chan, lei era già conciata male, scioccata dai traumi che ha avuto nelle ultime settimane, e poi si preoccupa dei suoi amici in una maniera che definirei quasi eccessiva, esagerata. Chissà, se non fosse stato Gi-chan a sacrificarsi allora questo ruolo sarebbe toccato a lei, in un modo o nell'altro... Ma adesso non ha senso fare ipotesi. Devo ammetterlo, Ouka ha calcolato tutti i dettagli, e quel demonio di Goemon-san si è rivelato la spalla ideale... Ugh!”

Rika aveva chiuso gli occhi una terza volta.

“Rika, non gettare la spugna! Ora tu ed io andiamo a casa, subito! Rimanere qui alla Clinica a curarsi non ci servirebbe a niente, però devi almeno riposare un attimo!”

“O... OK... Suppongo che possa darti qualche consiglio utile, anche sotto le lenzuola... Faremmo meglio ad usare la mia bici, grazie a Dio casa nostra non è così lontana. Non mi piace starmene con le mani in mano ed essere più un peso che altro, ma non credo di avere alternative...”

“Non devi biasimarti per questo, un bravo comandante sa quando è il caso di ritirarsi. Ora però aspetta un secondo, saremo fuori di qui in un battibaleno.

“Ti ringrazio, Hanyuu... Di cuore...”

“Non è nulla di speciale, Rika. Figurati.” Sorridendole come farebbe una madre con la propria figlia, Hanyuu iniziò a correre in direzione dell'uscita, ma curiosamente sentì il bisogno di fermarsi. Aveva l'impressione che la sua discendente le volesse dire ancora qualcosa. Ed infatti aveva ragione. Rika aprì ancora bocca, sfinita. “Hanyuu?”

“Sono qui, dimmi pure.”

L'altra stava celando la faccia, ma la bambina dai capelli viola poteva comunque udirla piangere. E difatti, Rika l'aveva chiamata per il terrore che stava straziando il suo cuore ed il suo spirito. Il disastro che stava travolgendo il suo mondo era troppo per lei. Si sentiva inutile, tutto quello che insieme avevano fatto per contrastare il loro nemico non era bastato, anzi, ed ora la sua volontà cedeva di fronte all'evidenza di ciò che aveva colpito i suoi amici ed il suo paese. Stava iniziando a percepire l'approssimarsi della fine, e le lacrime che scendevano copiose dal viso erano la prova della sua impotenza.

“Io... Io ho paura, Hanyuu...”


...

FREQUENZA CARDIACA: 63 bpm

...

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Capitolo 46
*** L'orlo del baratro ***



Capitolo 45: L'orlo del baratro



Hinamizawa, 28 Febbraio 1984

Rika si sentiva agonizzare. Era già tardi, e tutte le porte e finestre della loro piccola abitazione erano state serrate per conservare il calore all'interno della casa. Hanyuu l'aveva obbligata ad andare a letto, pregando il cielo che quel riposo potesse alleviare le intense fitte che di tanto in tanto la colpivano e che parevano intenzionate a mandarla all'altro mondo. Tutto vano, anche sotto le coperte il suo cuore continuava ad essere preso da spasmi e dolore acutissimo, il quale non voleva proprio saperne di diminuire o di cessare. Rika sapeva già che l'attendeva una lunga notte insonne, nessun sonnifero le sarebbe stato d'aiuto. Forse l'unico che poteva risultare efficace era quello che aveva somministrato a Giancarlo il giorno prima, per impedirgli di uccidersi... Aveva ancora una o due provette di quella roba da qualche parte, in uno dei cassetti, quando l'aveva se l'era fatta consegnare da Irie si era premunita di richiederne più dosi. Bastava riempire una siringa con quel ritrovato ed il gioco era fatto... Solo che quel siero rischiava di essere troppo efficace, la quantità contenuta in ciascuna delle provette era quella indicata per un adulto, non per una bambina; se avesse assunto un dosaggio eccessivo, avrebbe dormito per più notti consecutive, per non dire peggio... Sarebbe stata una morte indolore, in realtà, ma Rika non era ancora in vena di suicidi. Ne avrebbe fatto a meno, prudentemente. Viste le circostanze, era molto meglio rimanere svegli per la notte che sonnecchiare per giorni e giorni col pericolo di morire nel sonno senza poter far nulla per impedirlo.

Rika era in ansia. Lei era conscia che in teoria avrebbe dovuto andare dagli altri, la mattina dopo, per provare a concordare insieme a loro le contromosse da adottare. Avrebbe dovuto recarsi alla Clinica per visitare i suoi amici ricoverati e per incontrare la parte del gruppo ancora in grado di lottare, ma come avrebbe potuto farlo, in preda a quel dolore infinito? Lei non voleva che i suoi compagni se ne accorgessero, ma la sua eventuale assenza avrebbe attirato l'attenzione di tutti, specialmente in giorni come quelli. Che cosa poteva inventarsi, per tranquillizzarli... Malauguratamente, era impossibile per lei venirne fuori con un buon pretesto. E in loro presenza non poteva comportarsi come se non avesse nulla, le fitte erano troppo forti e frequenti e Satoko avrebbe mangiato la foglia in un secondo. Le avrebbero ordinato di restare alla Clinica per accertamenti, ma ciò sarebbe stato perfettamente inutile e lei invece voleva essere libera di aiutarli, non rinchiusa in una stanza d'ospedale che a quel punto sarebbe diventata la sua tomba.

Inoltre, le disgrazie non vengono mai sole. Hanyuu non era più con lei, in quel momento, era scomparsa senza dire nulla. Dove se l'era svignata? Rika non poteva alzarsi ed andare a cercarla per farle una bella tirata d'orecchi, non era davvero in condizione di farlo. E non era neanche in grado di contattarla telepaticamente, come invece poteva fare la sua antenata: quella via di comunicazione era infatti a senso unico, e questo perché solo Hanyuu poteva usarla, quando si trovava nelle vicinanze; Rika invece non si era mai potuta avvalere di quel potere, lei non era uno spirito o una demone e per dirle qualcosa doveva sempre aprire la bocca ed emettere suoni come ogni altro essere umano.

Non poteva contattarla, perciò. Prima di lasciarla lì la sua antenata le aveva solo detto che sarebbe uscita, ma senza spiegarne né la ragione né la destinazione, cosicché Rika non aveva possibilità di saperne di più. Hanyuu sembrava pensierosa e l'altra non aveva potuto carpire cosa aleggiasse nella sua testa; ma se l'aveva abbandonata mentre lei era in preda alle convulsioni, allora ci doveva essere un motivo tremendamente serio... Rika si augurava che quella non stesse per commettere un gesto disperato, un ennesimo sacrificio... Siccome se ne stava verificando già uno proprio in mezzo a loro, le due bambine non avevano più nulla da perdere, e la fanciulla sapeva che Hanyuu poteva anche essere pronta a tutto, senza curarsi delle conseguenze e delle ripercussioni. Non va bene, io non voglio che faccia follie...

Fortunatamente, la sua parente non voleva commetterne. Aveva detto a Rika lo stretto indispensabile solo perché voleva raccogliere la concentrazione il più possibile. Non sarebbe stata una passeggiata, quella che stava per intraprendere.

A piedi, Hanyuu aveva raggiunto la Clinica. Una camminata silenziosa, effettuata nell'ombra senza che nessuno potesse scorgerla... In fondo era già mezzanotte passata, la probabilità di incontrare qualcuno nel tragitto era remotissima ed infatti lei non aveva incrociato anima viva nella campagna e lungo i sentieri. Faceva troppo freddo, infatti. Ad Hinamizawa come in ogni altro villaggio o città, gli uomini erano al riparo nelle loro confortevoli case, e non vi erano cicale o falene intorno ad Hanyuu, erano tutte morte mesi prima, non appena il freddo inverno aveva mandato le sue prime avvisaglie con le sue brine e le sue gelate. I figli di quei miseri insetti erano ancora vivi, ma erano ancora dormienti, sotto forma di uova e di larve, ed avrebbero atteso l'estate prima di volar via, saltare e cantare. La fanciulla si trovò quindi in totale solitudine, quando arrivò dinanzi all'ingresso; nessuna altra traccia di vita la accompagnò mentre saliva la rampa di scale che la condusse alla porta. In quel luogo vi era lei, e poi il nulla.

Quasi tutte le luci esterne dell'edificio erano state spente, ed ogni porta dell'istituto era stata accuratamente chiusa e sbarrata. Ma questo non era un problema. Con un trucco dall'apparenza semplice e naturale, Hanyuu fece viaggiare la porta all'indietro nel tempo, ritornando fino all'ora della giornata in cui era aperta per accogliere i clienti ed i visitatori della Clinica; in questo modo poté varcare la soglia e non appena gli effetti dell'incantesimo si furono esauriti l'ingresso tornò ad essere ben sigillato. Peccato solo che Hanyuu non fosse il Demonio di un tempo, che non avesse più i poteri di Oyashiro... Aver volato da un mondo all'altro con Rika per tutte quelle Hinamizawa l'aveva indebolita enormemente, quasi prosciugandone tutte le capacità magiche; il fatto di aver assunto una forma materiale, poi, aveva avuto l'effetto di amplificare questo suo infiacchimento. Oramai la sua abilità nel manipolare il tempo si era ridotta così tanto che riusciva solo ad eseguire incantesimi dalla durata estremamente limitata, e per farlo doveva concentrarsi per svariati minuti. In una battaglia caotica e frenetica questi difetti l'avrebbero reso un potere inservibile, ma ora che era da sola e poteva muoversi con relativa calma quelli erano intoppi accettabili. Aveva tutta la notte per fare quello che voleva fare.

Hanyuu prese a camminare nei corridoi della Clinica, cercando di orientarsi nell'oscurità. Non c'era nessuno sveglio, lì, anche Irie era tornato a casa propria diverse ore prima, per godere di un po' di meritato riposo dopo aver somministrato a Giancarlo un potentissimo antibiotico, come ultimo, disperato tentativo di curare la sua anemia. Takano aveva fatto lo stesso, neanche lei si trovava più lì. Così, in quelle sale buie vi era solo silenzio, quell'aria con il classico odore sterilizzato di ospedale si stava celermente raffreddando in quanto il sistema di riscaldamento dei piani superiori erano stati scollegati. Chiunque ad una prima occhiata avrebbe concluso che l'edificio fosse completamente vuoto.

Ma Hanyuu sapeva che non era così. Andò alla porta che conduceva al seminterrato, si fermò davanti ad essa per raccogliere le energie, ed usando ancora lo stesso trucco attraversò anche quell'ingresso. Scese quindi le scale ed infine raggiunse la destinazione del suo viaggio.

Vicino a lei, si ergevano due porte aperte, ognuna delle quali conduceva ad una stanza che conteneva un paziente. Due ambienti identici, asettici e puliti come quelle di ogni struttura ospedaliera che si rispetti. Nel contemplarli, però, gli occhi di Hanyuu si velarono di un'aria triste e sinistra, poiché ognuna di quelle persone aveva alle proprie spalle una tragica storia.

Innanzitutto, la bambina si diresse verso quella alla sua sinistra: diede un'occhiata all'interno per controllare che non vi fosse nessuno sveglio e poi entrò. Da sempre pudica e timorosa, in un contesto normale lei prima di farlo avrebbe chiesto il permesso, ma qui non lo fece, tanto nessuno le avrebbe risposto. Infatti, l'unica persona che vi trovò fu Mion, tuttora dormiente.

Era stata lasciata lì dalla sua famiglia, a malincuore, ma altre scelte non ce n'erano. Tutto il Maniero stava lavorando a tempo pieno per dare assistenza alla loro leader, facendo telefonate, usando la propria influenza, rimanendo aggiornati sulle ultime novità... Anche se il capo non poteva guidarli più visto che era «momentaneamente assente», come Shion preferiva dire. Era fuor di dubbio che nessuno al Maniero era ancora andato a dormire, erano tutti impegnatissimi... Tuttavia questo implicava anche che nessun Sonozaki poteva venire per tenere d'occhio in prima persona la salute di Mion. Non si trattava di un atto di negligenza, Irie aveva assicurato loro che fisicamente lei stava assolutamente bene, tutti i dati raccolti lo affermavano inequivocabilmente. La cosa migliore per lei era rimanere alla Clinica e riposare. In fondo non era da sola, qualcuno si era offerto di restare per la notte nel seminterrato, ma questa persona non era lì, al momento.

Hanyuu si stava guardando da quest'ultima, infatti. Sapeva che non poteva farsi vedere, sarebbe stato imbarazzante farsi individuare e dover dare delle spiegazioni, se non addirittura passare per una malintenzionata ed una traditrice. No, adesso forse esagero, non mi daranno mai della traditrice... Però ci farei comunque una magra figura. Ma devo rischiare, lo faccio in buona fede...

Prima di fare qualsiasi altra cosa, Hanyuu doveva capire dove si trovasse l'altra persona. Non era nella stanza di Mion, quindi doveva essere nell'altra, e non sentendo passi doveva essere ferma là... Tuttavia, prima di uscire da lì, la fanciulla diede un ultimo sguardo alla sfortunata amica dalla coda di cavallo. Le macchine collegate a lei non davano nessun segnale d'allarme, apparentemente la paziente stava riposando in pace, simile ad una principessa in attesa del bacio di un principe azzurro che però non sarebbe mai giunto. Hanyuu ebbe il magone, al pensiero di quello che aveva passato quella poveretta. Farei meglio a lasciarla da sola, ora, in silenzio. Spero di salvare anche te, Mii-chan, facendo questa cosa con lui...

La bambina lasciò la stanza e raggiunse quella adiacente.

“Come volevasi dimostrare. Eccola qui...” Hanyuu sussurrò, cercando di non far rumore. Seduta su di una sedia accanto al letto, Alice stava dormendo, spossata. Sino a pochi minuti prima, era rimasta in piedi a far di guardia per sorvegliare Mion e suo fratello, ma poi la stanchezza aveva prevalso su di lei e non aveva potuto fare a meno di crollare dal sonno. Seduta sulla sedia, si era spinta in avanti ed aveva allungato le braccia e tutta la parte superiore del corpo, protese ora sul letto stesso. Hanyuu la guardò desolata, le guance di quella ragazza erano ancora rosse ed umide, il suo riposo era alquanto irrequieto e convulso, disturbato. Doveva aver pianto, prima. Era stato un giorno pesantissimo per lei, il peggiore della sua vita, e la bambina dispiaciuta per lei non osò disturbarla.

A dirla tutta, il fatto che Alice stesse dormendo era un'ottima cosa, per lei. Non era costretta a spiegare quello che aveva in testa di fare, ed infatti non era per lei che Hanyuu era venuta lì. Era venuta per quello che stava riposando sotto le braccia della sorella.
 

FREQUENZA CARDIACA: 57 bpm


 

Anche Giancarlo stava dormendo. Aveva dormito tutto il giorno, ed avrebbe continuato a farlo per tutta la notte, e per la giornata dopo, e poi ancora... “Spero di impedirgli di dormire in eterno.” disse Hanyuu di soppiatto. Lei era lì per lui, Hanyuu aveva sentito Rika spiegarle che l'ultimo desiderio di quel ragazzo era stato quello di morire, che questa volontà avrebbe impedito ad un miracolo di accadere... Ma forse lei poteva ancora fargli cambiare idea, anche se lui era privo di conoscenza. Ogni altra persona sulla Terra sarebbe stata incapace di parlare ad un individuo in coma, ma lei poteva. Era comunque lo spirito di un antico Demone potente, aveva il potere di contattare la sua anima prima che lui passasse a miglior vita, ed in quel modo gli avrebbe parlato con la forza della sua energia spirituale.

Era un'abilità che aveva utilizzato solo un'altra volta, in un passato vecchio di secoli, quando lei era ancora viva ed Hinamizawa portava ancora con orgoglio il suo antico nome di Onigafuchi. In quel tempo, una persona era stata seriamente ferita, tanto da finire in coma e lottare per diversi giorni tra la vita e la morte, e gli abitanti stavano continuando ad accusare un contadino che dal canto suo si era invece professato innocente. Le dispute su chi fosse davvero il colpevole stavano diventando di giorno in giorno sempre più accese e brutali, e per sedare gli animi lei aveva contattato l'anima della vittima per farsi rivelare il vero nome dell'aggressore. In questo modo venne a sapere che quel contadino era effettivamente estraneo ai fatti, però la magia che aveva effettuata non era di tipo curativo, Hanyuu non ne conosceva di quelle, così il poveretto rese l'anima a Dio pochi minuti dopo aver comunicato con lei.

Quella storia non aveva avuto un lieto fine. Fu una delle occasioni che spinse la sua stessa gente a diffidare di lei. Un essere dai strani poteri che non aveva salvato la vita del loro compagno... Era sospetta, l'aveva lasciato morire perché non poteva guarirlo o perché non voleva? Loro si chiedevano questo. Se non avesse avuto delle corna in testa le avrebbero dato della strega e l'avrebbero messa al rogo sulla pubblica piazza all'istante. Per di più, quel contadino scagionato aveva molti nemici che avrebbero voluto vederlo condannato, e quei vili non avevano gradito il suo intervento intempestivo. Le faide erano vive e presenti anche in quell'era. E così, quella fu una delle ragioni del suo allontanamento dalla comunità, dell'astio che la popolazione dell'Onigafuchi provava verso di lei, e delle manifestazioni violente di odio che finirono per costringere Hanyuu a chiedere ad Ouka di ucciderla, per riportare la calma. “Anche quel contadino fu ucciso nei disordini, alla fine, io quel giorno non fui in grado di salvare nessuno...” Sussurrò la bambina, ripercorrendo quegli eventi “E magari i miei poteri non salveranno nessuno neanche oggi. Tuttavia... Ci devo provare. Se non altro voglio garantirgli una morte più serena, se sarà il caso. È tutto quello che posso fare, Rika, io desidero provare a me stessa di non essere una persona inutile...”

Hanyuu chiuse gli occhi, assicurandosi di non sfiorare Alice per far sì che continuasse a dormire, e quindi si concentrò per più di un quarto d'ora, prima di fare un tentativo azzardato. Mettersi in contatto con lo spirito di lui.

La fanciulla appoggiò la mano destra sul petto di Giancarlo, ed essa iniziò ad emanare una calda aura celeste. L'anima di Hanyuu stava usando tutte le proprie energie per raggiungere quella del ragazzo.

Gi-chan...

Gi-chan...

Gi-chan...

Nessuna risposta.

Hanyuu riaprì gli occhi, sorpresa. Non era riuscita a trovarlo, a generare un legame tra il suo spirito e quello di Giancarlo. “Come... come può essere? I miei poteri si sono indeboliti fino a tal punto? L'altra volta ero riuscita a comunicare con il mio interlocutore, perlomeno...” La fanciulla pose la mano sulla zona del petto dove risiedeva il cuore del ragazzo, e lei non percepì alcun fremito di calore proveniente da lì. Esso batteva ancora, le macchine a cui era attaccato lo testimoniavano, ma era freddo come se fosse immobile. “Sembra quasi che... che la sua anima abbia già lasciato questo corpo. Però questo dovrebbe essere impossibile, lui è ancora vivo. Dove mi sto sbagliando? Dovrei fare un altra prova, forse non avevo raccolto abbastanza carica magica.”

Si concentrò ancora, facendo ricorso a tutto il suo potere, e quando sentì di essere al massimo delle proprie forze allora procedette nuovamente.

Niente.

“Come se avesse già lasciato questa valle di lacrime...” ipotizzò Hanyuu “Sono intervenuta troppo tardi?” Era così frustrante rendersi conto di essere inutile, ma non c'era molto altro che poteva fare. Alice, dal canto suo, stava ora leggermente tremando, non stava indossando una giacca, finché era rimasta sveglia era troppo stressata ed agitata per accorgersi del freddo. Ora però aveva davvero bisogno di una coperta, e la bambina gliev'avrebbe data volentieri, solo che non poteva farlo. In quell'edificio teoricamente l'unica persona cosciente doveva essere Alice, lei e nessun altro: se per caso si fosse destata nel cuore della notte con qualcosa di pesante addosso, la ragazza avrebbe comprensibilmente pensato che fossero stati suo fratello oppure Mion a farle quel gesto caritatevole, ed Hanyuu non voleva che la sua amica nutrisse delle false speranze. Così, l'unica alternativa era andare a cercare il dispositivo che regolava il riscaldamento del seminterrato, in modo da regolare il termostato per alzare la temperatura di tre o quattro gradi.

Una volta eseguito ciò, lei tornò di nuovo indietro, fissando il letto e chi ci era sopra. Osservare i due gemelli che dormivano placidamente insieme sarebbe stata una scenetta adorabile, normalmente, ma quel caso era tutto l'opposto, purtroppo. Quell'immagine innocente era il frutto di una tragedia che si era abbattuta su di loro con una forza inaudita, ed apparentemente l'epilogo che li attendeva non dava loro neppure l'illusione di una flebile speranza... Non essendoci altre sedie libere, Hanyuu si sedette per terra, delusa per la propria inutilità, e continuò a tenere gli occhi sui suoi derelitti amici. Però, presto si accorse che da quella posizione poteva intravvedere qualcosa che altrimenti non avrebbe scorto. C'era qualcosa sotto il letto. Che cos'è? Hanyuu procedette carponi fino a raggiungere il letto e quindi si abbassò per bene per riuscire a distinguere quell'oggetto sconosciuto.

“Ma quella è... una spada?”

Lo era, in effetti, ben chiusa nella propria guaina. Come mai si trovava lì?”

Hanyuu sapeva che Alice si intendeva di scherma, e quell'arma probabilmente apparteneva a lei. Non si trattava infatti di una katana, quanto di una lama piuttosto corta, di tipo occidentale. La sua amica era riuscita a portarla in Giappone dall'Europa in barba alla dogana, chissà come, chissà perché... E dire che non era nulla di speciale, c'erano milioni di spade buone come e più di quella, ma sulla sua elsa Hanyuu si accorse che vi erano delle parole. In hoc signo vinces. Poche lettere, incise nel metallo dell'impugnatura. Evidentemente si trattava di latino, ma Hanyuu non conosceva quella lingua e si chiedeva cosa significasse quella specie di massima.

Quindi quell'arma era di Alice... L'aveva appoggiata lì sotto per evitare che gli altri la scoprissero, una spada dentro una Clinica poteva seminare il panico. Certo, il rischio di farsi scoprire era calcolato, alla ragazza bastava rifare ogni mattina il letto del fratello al posto dell'infermiera, ed in questa maniera nessuno se ne sarebbe mai accorto. Ma anche se Takano l'avesse notata, in una delle sue frequenti visite al seminterrato, il suo perenne stato di depressione la rendeva facile da convincere. Non avrebbe mai detto nulla ad Irie, se persuasa con gli argomenti giusti.

Ma perché Alice l'aveva portata con sé alla Clinica? Che volesse... commettere il suicidio, nel momento in cui Giancarlo fosse passato a miglior vita? Hanyuu faticò ad ingoiare la propria saliva, atterrita da quell'ipotesi, ma rapidamente compresa di essere stata un po' troppo precipitosa. Alice amava essere al centro dell'attenzione, ma non in quel genere di momenti. Inoltre, se avesse voluto compiere un insano gesto ci sarebbero stati modi molto più semplici e pratici per farlo, un oggetto come quello poteva sempre essere rinvenuto in qualsiasi momento. Senza dimenticare che lei non aveva mai parlato di suicidio, il giorno prima. Aveva detto di disprezzare la propria esistenza, ma non aveva mai detto di voler mettere fine ad essa; al contrario, aveva spiegato che sarebbe rimasta in vita per... sacrificarsi, per portare avanti quello che suo fratello aveva iniziato. Sacrificarsi, ancora questa storia... Hanyuu non pensava che avrebbe mai odiato una semplice parola in maniera così esplicita.

Ma allora, quale ragione l'aveva istigata a portare quell'arma in quella stanza? Hanyuu ci rifletté a lungo, tanto non c'era molto altro da fare per lei lì sotto. Si ricordò di quello che l'amica le aveva detto, a lei ed anche agli altri compagni. Quando era piccola, Alice aveva intrapreso lo sport del fioretto in quanto voleva proteggere il fratello, a modo suo, come una vera spadaccina... Quindi, forse era stato un istinto irrazionale a guidarla. Voleva vegliare su di lui ed avere quella lama al proprio fianco la faceva sentire meglio, con essa le sembrava di fare del proprio meglio per essere il suo angelo custode. Così dimostrava a se stessa di essere in grado di fare qualcosa per il fratello, e ciò era di conforto al suo subconscio. Hanyuu comprendeva perfettamente questi sentimenti, anche lei li aveva provati dozzine di volte, e pensò che fosse un bene per Alice credere a questa specie di superstizione. Era comunque una forma di consolazione, non poco per il suo cuore ferito.

Ad ogni modo, un arma come quella in una stanza d'ospedale era inquietante, pericolosissima se fosse finita nelle mani sbagliate... Forse se ne doveva liberare? O era più prudente lasciarla dov'era... No, la verità era che lei non poteva proprio portarsela via. Nessuno sapeva che quella lama si trovava lì sotto e nessuno doveva saperlo, eccetto Rika al massimo. Se però Alice avesse scoperto la sparizione del suo fioretto, la sua reazione sarebbe stata imprevedibile, soprattutto contando quanto fosse già scossa. Era meglio non agitarla più del dovuto, e poi sarebbero stati tutti accanto a lei, nel momento in cui suo fratello sarebbe deceduto, se necessario le avrebbero sicuramente impedito di fare gesti disperati con o senza spada. Bastava tenerla sotto osservazione e lei non avrebbe fatto pazzie.

Hanyuu avrebbe fatto meglio a non toccare alcunchè. Tutto doveva rimanere così com'era, per adesso, pertanto non c'era più nulla che lei dovesse fare in quel luogo. La bambina preferì allora tornare a casa, là avrebbe almeno assistito Rika meglio di quanto aveva potuto fare verso Giancarlo... Anche se nel suo cuore la fanciulla temeva ancora che la sua vera natura fosse quella di un essere perfettamente inutile ed inservibile. Lo era stata in passato, lo stava diventando anche adesso.

~-~-~-~-~

La mattina seguente, all'Istituto Irie, nessuno si accorse dell'intrusione avvenuta la notte prima. Il medico stesso non era un chiaroveggente e non poteva avere il minimo sospetto di quello che Hanyuu aveva fatto, avrebbe trovato infatti tutto al proprio posto. Così, il dottore non si era fatto problemi ad aprire il cancello principale della Clinica, alle sette e mezzo come tutte le mattine. Poi, sempre seguita da Takano scese le scale per andare al piano sottostante, in modo da controllare la salute dei suoi due pazienti. Superò la pesante porta di metallo che divideva il sotterraneo dalla scalinata e quindi entrò.

Una volta nel seminterrato, trovò ogni cosa come sempre, stavano tutti ancora dormendo. L'unica cosa un po' inconsueta era il fatto che la temperatura fosse un poco più alta rispetto alle mattine precedenti, ma forse era una sua impressione, o forse era stata Alice a toccare il termostato avendo sentito freddo. Nulla di insolito.

Si diresse dunque nella stanza in cui riposava Mion. La ragazza sembrava nelle stesse condizione di quando l'aveva lasciata la sera prima... Dormiva, ma il suo sonno non era certo naturale. Non era dovuto da stanchezza, né da un farmaco datole dal dottore, quanto invece da una sostanza tremenda che scorreva dentro le sue stesse vene, pericolosa quanto il diavolo in persona. L'ATPC non era più una risorsa, per loro, ora era solo un nemico mortale.

Avrebbe dovuto trovare un rimedio per guarirla. Però era da solo in quell'impresa, con un budget limitatissimo e senza altri specialisti che potessero intraprendere quegli studi con lui. Gli altri medici che lavoravano alla Clinica sapevano che la giovane fosse malata, l'avevano vista mentre la portavano nell'edificio in tutta fretta, ma allo stesso tempo loro ignoravano di quale malattia soffrissero sia Mion che Giancarlo. In fondo era proprio Irie a volere tenere nascosta al mondo l'esistenza della Sindrome, e quasi temeva che i suoi colleghi scoprissero la verità curiosando nelle cartelle cliniche ben sigillate dei due pazienti.

Timore infondato, però. Gli altri dottori non mostravano alcun interesse per quei due. Non erano ospiti paganti, Irie li aveva accolti gratuitamente e gli altri medici della struttura avevano pensato che non avesse senso occuparsi di persone che sostanzialmente non consentivano loro di trarre alcun guadagno. Uomini in camice privi di scrupoli e principi, per loro il sacro giuramento di Ippocrate era carta straccia... Ma in fondo questo spiegava anche perché Hanyuu non avesse trovato anima viva nella Clinica, la notte precedente: siccome quegli ospiti non erano regolari pazienti non c'era nessuno incaricato formalmente di tenerli sotto controllo, e questo rendeva il lavoro di Irie un filo meno complicato, quantomeno non doveva rendere conto del proprio operato a nessuno.

Irie prese rapidamente nota dei dati di cui necessitava su Mion, e quindi si voltò per uscire dalla stanza. Ora era il turno di Giancarlo e nella sua camera il dottore avrebbe trovato pure Alice. Era ancora relativamente presto, il dottore immaginò che lei stesse dormendo, probabilmente attaccata a suo fratello. Se quella ragazza avesse sentito i passi suoi e di Takano sarebbe venuta loro incontro per salutarli e chiedere loro se vi erano novità, se avevano scoperto una qualche cura miracolosa... Il medico avrebbe voluto farla riposare per ancora qualche minuto, era stata una notte terribile per lei, ma non poteva, Giancarlo andava continuamente monitorato e poi doveva farsi restituire da lei la copia della chiave del cancello principale, che le aveva prestato per la notte. Rimanere rinchiusi in un edificio senza vie d'uscita non è mai una buona idea, si può sempre aver bisogno di uscire per una qualsiasi ragione.

La salute di Giancarlo doveva essere testata nuovamente... Anche se non pareva che ci fosse molto che Irie potesse fare per lui. Le sue condizioni erano a dir poco disperate, ed il dottore si sentiva impotente, se si escludeva la continua somministrazione di antibiotici che risultavano però pressoché inefficaci. A quel punto la cosa migliore che potesse fare era incoraggiare Alice... Ma in quel caso sarebbe stata una buona idea mandare Takano nella stanza di Mion, quella donna aveva un'aria triste e sconsolante, come sempre negli ultimi mesi, e se la ragazza l'avesse vita con quello stato d'animo allora le parole di Irie sarebbero suonate false ed ipocrite, tanto valeva non dirle proprio altrimenti.

Allora, lui raccontò all'infermiera una piccola bugia: “Takano-san, vorreste restare qui accanto a Mion-san? Vorrei che voi teneste d'occhio questa paziente, per informarmi subito qualora succedesse qualcosa di nuovo.” L'uomo sapeva già che non sarebbe accaduto nulla alla ragazza, ma quello era il modo più semplice per conseguire il suo scopo.

Ed effettivamente, la donna annuì immediatamente, in fondo non aveva nessuna ragione specifica per andare con lui nell'altra stanza. Così Irie sorrise ed uscì dalla camera, da solo.

Il dottore superò la porta, girò a sinistra, ed in quell'esatto istante fu colpito alle spalle. Un colpo violento e ben assestato, che portò il povero medico a crollare a terra, privo di sensi.

~-~-~-~-~

Un uomo in fuga nel bosco che circondava la Clinica. Il corpo di una ragazza sulle sue spalle, ed una macchina che lo attendeva non lontano da lui.

Tutto era proceduto secondo programma. A quell'ora i primi pazienti erano già arrivati all'istituto per prendere posto ed essere visitati, ma lì dentro non c'erano ancora dottori o assistenti, escludendo Irie e Takano. Quindi, il padrone di quel figuro aveva elaborato un piano semplicissimo che però aveva funzionato senza alcun intoppo. Sapevano che il loro bersaglio era lì alla Clinica, ed avevano studiato il comportamento del dottore e dei suoi collaboratori: ogni volta che scendeva nel seminterrato per un qualche motivo, Irie non richiudeva mai la porta dietro di sé, non lo faceva in quanto la sua presenza poteva sempre essere richiesta in qualsiasi momento da un paziente o da un ospite, a causa del suo ruolo di primo piano nella struttura. Avevano poi previsto un suo arrivo particolarmente mattiniero, quel giorno... il fatto di avere due pazienti in quelle condizioni, poi, lo avrebbe spinto a scendere al piano di sotto il prima possibile, senza attendere che arrivassero le infermiere e le addette della portineria. In quel modo, avevano capito come quel medico ragionava, e tutto si era svolto come loro avevano calcolato.

Irie era andato giù lasciando le porte aperte e quindi l'uomo l'aveva seguito. Dopo aver messo fuori gioco il dottore, lo sconosciuto sapeva che Takano sarebbe stata troppo fragile e spaventata per abbozzare una reazione e che lei non si sarebbe messa in mezzo, così lui aveva potuto prelevare Mion senza essere disturbato e poi tornare indietro lungo lo stesso percorso che aveva seguito per entrare. Una volta di nuovo al piano terra, aveva posato il corpo esanime della ragazza dalla coda di cavallo su di una sedia a rotelle che aveva precedentemente preparato accanto alla porta, poi le aveva messo sopra la testa un cappuccio per far sì che nessuno potesse riconoscerla ed infine l'aveva spinta senza dare nell'occhio fuori dall'uscita principale, come fosse un inserviente che portava una paziente a prendere una boccata d'aria fresca. Nessuno dei malati avrebbe visto nulla di strano, e non essendoci ancora infermiere al bancone della reception nessuno gli avrebbe dato dei contrattempi. Non appena si fu allontanato dalla Clinica, l'uomo abbandonò la sedia a rotelle e prese in braccio la ragazza, in maniera da proseguire più velocemente la propria fuga attraverso il terreno sconnesso del bosco.

Ed allora, lui adesso scava correndo veloce, fiducioso che nulla di imprevisto sarebbe successo. Avrebbe raggiunto la propria auto in meno di un paio di minuti. Anche se c'era un'altra cosa che lo preoccupava: la ragazza che stava trasportando non si era ancora svegliata nonostante il trambusto... Il punto era che il suo padrone non gli aveva spiegato cosa stesse succedendo davvero, gli aveva solo dato un ordine da eseguire. Però, era insolito, lo trovava davvero strano... Le avevano dato del calmante, alla Clinica? No, non poteva essere, quella gente era nel mezzo di una tempesta, sarebbe stato folle costringere la propria leader a dormire in quel modo. Ma se non era sotto sedativo come mai non aveva ancora aperto gli occhi? Forse a causa di quella strana sostanza che aveva conosciuto prestando orecchio alle conversazioni del suo padrone? Era possibile, lui spesso andava parlando di quell'intruglio come di un portento capace di fare cose inimmaginabili.

A lui però ciò non piaceva. Operare in quel modo non era per nulla leale, quel sotterfugio lo faceva sentire come un lestofante che compiva un atto scorretto e impietoso verso persone che in fondo non gli avevano fatto nulla di male. Era disonorevole. Ma questa era la precisa volontà del suo padrone, e lui non poteva venire meno al suo dovere. Tutto quello che poteva fare a quel punto era garantire la sicurezza dell'ostaggio finché non fosse giunto al luogo in cui doveva andare...

“Eccoti qua, finalmente.”

Una voce arrestò la sua fuga. Si voltò alla propria destra, e vide colei che gli aveva parlato.

“Oh, guarda chi si vede... Tu non sei mica la guardia del corpo di Megumi-san?”

“E tu sei quella ragazzina che viene da fuori, l'occidentale...”

Alice fece la propria comparsa dietro uno degli alberi, ed ella lo squadrò da cima a fondo, prima di dire: “Ti suggerisco di metterla giù, abbiamo una faccenda da sistemare io e te. Sai, in teoria avrei potuto fermarti prima... Ti avevo visto risalire le scale del seminterrato, ma ero un po' troppo lontana da te in quel momento ed al piano superiore della Clinica non potevo fare nulla perché lì dentro c'erano troppe persone innocenti, non sapevo come avresti reagito se ti avessi messo alle strette. Ma ora siamo da soli.”

L'uomo obbedì, appoggiando Mion su uno dei tronchi d'albero che si ergevano attorno a loro: “Tu pensavi che io li avrei usati come ostaggio, signorina? Io non appartengo a quella categoria di uomini. Ma allora anche tu vieni dalla Clinica, tu dovevi essere in una delle altre stanze... Posso domandarti come hai fatto a superarmi? Non penso di aver corso piano, ma tu non hai neppure il fiatone.”

“E' stato sufficiente girarti intorno. Ieri ero andata là con la mia mountain bike, così ho potuto usarla per muovermi molto più rapidamente di te. Inoltre ho trovato la vostra auto parcheggiata quassù, quindi era ovvio capire dove te la stavi svignando.”

“Capisco.”

Alice aveva mostrato di avere un po' d'intuito, era pur sempre sorella di suo fratello. Però pareva nervosa, furente. Come se stesse cercando di dissipare dalla mente le proprie preoccupazioni, sublimando il dolore che aveva provato fino a quel momento. Per lei, quell'uomo rappresentava tutto il male che il suo mondo aveva dovuto subire, e la ragazza era pronta a sfogare su di lui tutta la propria rabbia. Quel malintenzionato sarebbe stata la sua vittima sacrificale, avrebbe pagato per quello che i suoi padroni avevano fatto, e così Alice avrebbe fatto pace con se stessa. Avrebbe provato a tutti di essere realmente in grado di difendere le persone a cui teneva. Ecco perché era così aggressiva, ora.

Infatti, adesso era in pensiero per Mion. Nessuno si aspettava che i loro avversari avessero il fegato di andare alla Clinica, ci doveva essere uno scopo ben definito se avevano tentato di sequestrarla. Perciò si mise ad incalzare quell'uomo: “Beh, tocca a te rispondere. Perché l'avete rapita? Che volete fare con lei, non vedete che quella poveretta ha già sofferto a sufficienza?”

“Sono desolato, ma non posso rispondere a questa richiesta.”

“Perché? È stato il tuo capo a proibirtelo? Di sicuro lui non si aspettava che tu potessi essere intercettato da chicchessia, io non credo che ti abbia dato delle indicazioni del tipo Se vieni catturato tieni la bocca chiusa.

“Non hai torto. Però converrai con me, se ti dico che questa sarebbe comunque la volontà del mio signore. Puoi facilmente dedurlo, perciò io rispetto questo volere anche se non mi è stato comunicato a voce alta.”

“Come desideri.” replicò lei “Allora mi viene da pensare che sarebbe fiato sprecato chiederti di lasciarla qui e tornartene da dove sei venuto. Ho ragione?”

“Ce l'hai.”

“Tutto chiaro. Quindi mi rimane solo una scelta.” La giovane sguainò la spada che aveva nascosto sotto il letto di Giancarlo. Se l'era portata dietro. “E' così. A me non rimane che ripeterti ancora di lasciarla stare. E questa volta, che ti sia chiaro che io non sto scherzando.”

Con un riflesso felino, l'uomo mise una mano sotto la manica del braccio opposto, e subito un coltello acuminato spuntò da essa.

“E cosa succede se io non obbedisco? Vuoi batterti con me, per la vita della tua amica?”

Alice abbassò lo sguardo, ma poi rispose fiera: “Sì. Sarebbe questa la mia decisione. Io non ero vicina a mio fratello, nel momento in cui lui aveva bisogno del mio aiuto, e purtroppo non ho potuto essere il suo scudo. Però posso ancora proteggere i miei amici, la mia intera vita avrà un senso se lo faccio, e sono sicura che questo è quello che Nii-chan vorrebbe che io facesse. E dunque” gli lanciò un occhiata piena fino all'orlo d'ira e combattività “Qual è la tua risposta ultima?”

“E' perfino superfluo che te lo dica.”

Sprezzante, l'uomo tolse il coltello fuori dalla custodia “Questo è il mio dovere. Non vi è nulla di personale ma se insistete nel mettermi i bastoni tra le ruote allora è mio compito liberarmi di voi, senza avere scrupolo alcuno.”

“OK, accetto questo risultato.” Alice alzò la guardia “Anche adesso, io non desidero toglierti la vita, della tua morte non me ne faccio niente di per sé, ma fermarti e salvare Mii-chan è la mia priorità. La sua vita è più preziosa della mia, ed anche della tua, non esiterò se dovrò eliminarti... Perché se mi costringi a decidere tra la sua anima e la tua, che cosa sceglierò mai, secondo te?”

“Pff”, mormorò l'altro “Con queste belle parole tu hai solo firmato la tua condanna a morte, di tua spontanea volontà. Sei stata tu a compiere questa scelta, quindi non biasimare nessun altro se il tuo cuore smetterà di battere.”

“AH, SI'? QUESTO LO VEDREMO!” urlò Alice, sentendo una rabbia incontrollabile salirgli dalle viscere. Ed allora via, balzò in avanti, caricando feroce quell'uomo con la spada dritta alla sua gola, veloce come l'artiglio lucente di una Furia.
 

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Capitolo 47
*** Spalanca le ali al cielo ***



Capitolo 46: Spalanca le ali al cielo


Hinamizawa, 29 Febbraio 1984

 

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Il primo assalto fu imperioso per forza ed audacia, ma non portò frutti. L'uomo fu lesto a sufficienza da schivare la sua stoccata ed a contrattaccare con il pugnale, obbligando Alice ad indietreggiare per scansarlo. Nulla di inaspettato, anche prima di cominciare il duello lei era conscia che non sarebbe stata una passeggiata, conosceva già la destrezza del suo avversario: l'aveva visto la prima volta che l'aveva incontrato, era riuscito a tagliare il kimono di Mion prima che qualcuno potesse provare a fermarlo, neanche Kasai era stato in grado di stopparlo. E poi, se lui era davvero una guardia del corpo allora sapeva come difendersi e come neutralizzare i propri nemici. Lei doveva prestare la massima attenzione.

Ad ogni modo, il suo obiettivo primario non era ucciderlo, né ferirlo o disarmarlo. Doveva solo guadagnare tempo. Alla Clinica, prima di cominciare l'inseguimento, aveva visto Irie per terra, svenuto. Però sembrava stare bene tutto sommato e neanche Takano era stata ferita. Non ci sarebbe voluto molto tempo, prima che lui si riprendesse e chiamasse la polizia, ed anche se il dottore non si fosse risvegliato per tempo ci avrebbe pensato l'infermiera a fare qualcosa, prima o poi. Almeno Alice sperava che andasse così. I due sfidanti non erano così lontani dell'Istituto, li avrebbero rintracciati facilmente se lei fosse riuscita a tenergli testa, anche solo temporaneamente.

Se solo Mion fosse capace di ridestarsi da quel sonno... Sarebbe stata un inestimabile aiuto, una brava combattente come lei sarebbe stata manna dal cielo. Invece stava ancora dormendo, come se non stesse succedendo nulla intorno a lei. Però Alice si trovava lì per lei, in fin dei conti, era lì proprio per salvare la sua amica, era lei quella che doveva fare la salvatrice. Se Mion fosse stata in grado di soccorrerla allora sarebbe anche stata in grado di difendersi, non si sarebbe fatta rapire ed adesso loro non sarebbero lì in quel bosco. Ora, invece, Alice doveva fare tutto da sola.

D'altra parte, quel tizio stava cercando di ucciderla o mirava solamente a renderla innocua? Era difficile da capire, ad una prima occhiata. Dopo tutto, lasciare una scia di cadaveri alle proprie spalle non è una buona idea per una persona che vuole fuggire in silenzio... Ma anche prelevare Mion e portarla da qualche altra parte sembrava una mossa senza senso. Quei malvagi dovevano avere un piano che lei non riusciva a carpire, al momento, e quindi forse erano disposti a sopprimere chiunque altro si fosse messo in mezzo. Infatti, il primo colpo di quell'uomo sembrava diretto al cuore di Alice, non al braccio o ad una parte non vitale. Lui non stava scherzando.

Alice osservò l'uomo, per meglio studiarlo ed analizzarne le mosse. Lui, dal canto suo, la stava fissando a sua volta, tenendo alto il coltello ed apparentemente preparandosi ad un altra carica. Quel tizio aveva sicuramente capito che lei stava facendo sul serio e che non era intimidita dall'idea di una battaglia. L'atteggiamento di quella guardia del corpo mostrava che lui aveva accettato la sua sfida, ed ora stava facendo scivolare il piede destro in avanti, come se fosse pronto a passare all'attacco, ed infat-

Corse rapido come un fulmine, il pugnale che mirava al collo di Alice, la lama lucente che fu in un batter di ciglia a contatto degli occhi di lei, e-

Un suono metallico.

Con un riflesso istantaneo, lei era stata capace di sollevare la spada e deviare la sua pugnalata, prima che essa la raggiungesse.

Barcollando, fece quindi un passo indietro, come per evitare di cadere a terra, ma immediatamente dopo si fermò. Lui aveva puntato alla giugulare, un colpo che sarebbe stato fatale se avesse avuto successo. Quindi era fuor di dubbio che volesse ucciderla. Probabilmente aveva ricevuto istruzioni in proposito, gli avevano intimato di sbarazzarsi di ogni seccatura nella maniera più rapida e sbrigativa. La sua doveva essere una missione della massima importanza, per i suoi padroni.

Quello era stato lesto, comunque. Molto più di quanto lei si fosse aspettata. Alice non sapeva nemmeno come aveva fatto a parare il suo colpo, la sua era stata un riflesso istintivo più che una risposta volontaria. Ma la verità era che l'uomo era un eccellente guerriero, certamente molto più dotato di lei. Sconfiggerlo sarebbe stato fuori dalla sua portata, a meno di non usufruire di un inatteso colpo di fortuna... La cosa migliore era fare del proprio meglio per difendersi, per finire quel duello con un pareggio, fino al momento in cui gli altri fossero arrivati e le avessero dato una mano.

Stava riconoscendo di essere più debole di lui, dopo un singolo assalto, per quanto il coltello del suo avversario fosse un'arma inferiore al suo fioretto. Alice era già conscia che le proprie doti avevano bisogno di essere affinate, prima di partire per il Giappone il suo maestro le aveva spiegato quali fossero attualmente i suoi limiti. Come schermitrice, lei combatteva con una foga che nessun altro aveva nella sala d'armi. Durante gli incontri con gli altri spadaccini, lei adorava attaccarli senza sosta, incalzandoli e non dando loro il tempo di riposare, ma non lo faceva in modo dissennato: amava anche pensare alle prossime mosse, al prossimo attacco da sferrare. Però lo faceva anche quando doveva mettersi sulla difensiva e questo era un male, in quanto in quei momenti avrebbe fatto meglio a pensare a trovare il modo di proteggere se stessa e non quello di affondare il colpo. Doveva essere più paziente, le avevano raccomandato.

Ma anche se si applicava, lei non era mai stata in grado di colmare quella lacuna, e ciò era dovuto alla sua natura interiore. Alice aveva intrapreso la scherma perché aveva sempre trovato congeniale combattere con una spada. Correre con la sua arma bene in mano incontro ai propri nemici, che fossero bestie o uomini, attaccarli e sconfiggerli, per far sì che essi non potessero nuocere a lei od alla sua famiglia. Anzi, a lei importava che fossero i suoi cari quelli al sicuro, i suoi parenti, il suo fidanzato, i suoi amici... Non se stessa. Era per quello che a lei interessava più attaccare che difendersi, voleva provare di essere di una qualche utilità agli altri. Essere ferita non era la sua più grande paura, era molto più spaventata dall'idea di diventare un giorno solo un peso morto, una palla al piede.

Forse sarebbe stato tutto diverso se anche suo fratello avesse potuto praticare quello sport, quando erano piccoli. Avere la possibilità di disputare un duello amichevole e piacevole, dove il suo avversario non era un nemico da eliminare a tutti i costi... Le avrebbe permesso di dedicarsi maggiormente agli altri aspetti della scherma, quelli più tecnici, ma anche quelli più gradevoli e divertenti. Sarebbe stato bello... ma non era possibile. Il braccio di Giancarlo non gli consentiva di unirsi alla sorella, una stoccata nel punto sbagliato e le sue ferite si sarebbero potute riaprire.

Alice si era sempre allenata da sola, quindi, e non aveva mai migliorato le sue abilità in fase difensiva, come avrebbe voluto il suo istruttore. Ed esse erano malauguratamente quello di cui lei aveva bisogno ora. Doveva temporeggiare, attendere le mosse altrui, mantenere la calma. Il suo maestro le aveva raccontato che i duelli si vincono anche grazie ad una buona guardia, e questo era il caso. Alice doveva principalmente tenere la lama alta per essere pronta a parare gli attacchi nemici, anche se a lei non piaceva quell'approccio, odiava starsene ferma senza muoversi, durante una battaglia come durante la vita di tutti i giorni: in quel modo le sembrava di non aver voglia di risolvere da sola quel problema, di aspettare che qualcun altro lo facesse al posto suo. Ma adesso non aveva scelta, quel test sarebbe stato probante per lei, doveva dare prova di aver imparato le preziose lezioni ricevute in sala d'armi e di saperle mettere in pratica. L'altro era più abile, con tutta probabilità, mentre lei mostrava qualche difetto da un punto di vista tecnico, ma lei avrebbe cercato di camuffare questa differenza di livello, di annullarla prendendo le scelte tattiche corrette. Avrebbe mostrato il suo valore, sarebbe stata fiera di se stessa.

 

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“Senti un po' tu.” urlò Alice, guardando l'altro dritto negli occhi “Mi spieghi perché vuoi fare una cosa tanto detestabile? Non mi riferisco al combattere contro di me, so bene che sono stata io a sfidarti, quanto a quello che hai combinato a Mii-chan. Sequestrare una ragazza che non si può difendere e portarla Dio sa dove. E non mi rispondere che segui solo degli ordini.”

“Io seguo solo degli ordini.” replicò lui secco, invece.

“Mi stai prendendo per i fondelli? Questo è quello che ti avevo detto di non rispondere! Una scusa puerile come questa non ti salva dalle tue responsabilità! Pensi di essere una persona meno cattiva, se i peccati che commetti li fai perché qualcun altro ti ordina di farli? Il male che causi agli altri è esattamente lo stesso.”

L'altro non rispose ma passò di nuovo all'attacco ed Alice fu costretta ad un'ennesima difficile parata. Quello non sembrava avere voglia di chiacchierare, probabilmente era addestrato a liberarsi delle seccature nel minor tempo possibile, e cincischiare con quella ragazzina doveva parergli una mera perdita di tempo.

Però parlare e guadagnare qualche secondo prezioso era esattamente quello a cui mirava la ragazza, invece, così lei non gli diede chance di ignorare l'argomento: “Rispondimi! Pensi che la tua colpa sarà forse perdonata, solo perché affermi di essere un semplice burattino nelle mani di qualcun altro? Tu sai che non è così, tu stai compiendo questo obbrobrio perché hai accettato di farlo, sei perfettamente cosciente di quello che stai facendo! È troppo facile scaricare le responsabilità di quello che fai sugli altri!”

Il suo avversario continuava a tenere la bocca chiusa, ma con riluttanza. Alice si era resa conto di quanto lui volesse parlare e ribatterle parola per parola, ma evidentemente qualcosa gli impediva di farlo, forse un codice dell'onore, forse un ordine dei suoi datori di lavoro. Qualunque cosa fosse, però, essa era qualcosa di non insuperabile, sarebbe bastato non demordere e continuare a tartassarlo. Alice era pronta a buttare giù questa resistenza, e per la terza volta esclamò: “Tu sei colpevole esattamente come Goemon-san e Megumi-san! Come minimo dovresti accettare questa verità, è da vigliacchi nascondersi dietro comandi e direttive altrui. Materialmente sei tu quello che sta facendo del male a Mii-chan, tu e nessun altro, ficcatelo in testa.”

“E quindi dovrei disobbedire loro?” chiese lui, finalmente. Alice era riuscita ad indurlo in qualche modo ad avere un dialogo con lei.

“Probabilmente sì, dovresti. Se loro ti impartiscono l'ordine di eseguire un'azione sbagliata, tu hai tutto il diritto di rispondere loro a tono con un bel No, non posso farlo. Anzi, tu hai il dovere morale di replicare così, per salvare la tua integrità.”

“Io devo loro molto, ed ho giurato di servirli fedelmente. Non è mio desiderio mettere in dubbio la loro autorità, non ho mai voluto farlo.” Il senso di onore e dovere di quello sconosciuto ricordava quello di Daijiro. Se fosse stato lì con lei forse il suo amico sarebbe stato capace di persuaderlo, loro due parevano ragionare sulla stessa frequenza d'onda e si sarebbero potuti intendere a meraviglia. Ma Alice era da sola, invece, così doveva pensare ad un modo per conseguire quel risultato senza aiuto dall'esterno.

“Non fa differenza. Seneca ha scritto che è buona cosa non dare ascolto alle richieste cattive, anche se esse provengono da uomini che in passato ti hanno aiutato.” Quel genere di citazione era più tipico di suo fratello che di lei, a dire il vero, però quello era anche un modo per percepire la sua presenza accanto a lei, come se lui fosse al suo fianco e combattesse con lei. Alice aveva il bisogno di non sentirsi del tutto sola, aveva bisogno di sentire lo spirito di Giancarlo dentro di sé.

“Seneca? E chi sarebbe, un filosofo di casa tua? Un ciarlatano, direi. Lui non sapeva nulla di noi, ed io non vedo la ragione per cui si possa dire un'oscenità simile. Tu non vuoi capire il nostro punto di vista, perciò a me non interessa capire quello di voi stranieri. Lascia stare, non ho nulla contro di te ma tu non puoi giudicarmi, tu vieni da una cultura diversa. Non puoi comprendere quello che il mio padrone rappresenta per me.”

“Forse invece sì. A te non piace quello che stai facendo, ne sono persuasa. L'idea di rapire una giovinetta ti fa storcere il naso. Se non fosse così, tu avresti risposto in maniera più convinta, prima. Limitarsi a dichiarare di obbedire ad una volontà altrui... Significa che si ha dei dubbi su quello che il tuo capo ti ha intimato di fare, e su quello che si sta facendo. Una persona che pensa di non eseguire un comando è una persona che ritiene che tale ordine sia ingiusto, anche se poi finisce per decidere di chinare il capo perché non osa dire la propria. Come ragionamento fila, direi.”

“Non necessariamente. Io potrei semplicemente farli fregandomene di ogni loro aspetto morale. Se fosse così eseguirei il tutto in maniera impersonale come una macchina, ignorando tutti, te compresa.”

“Ma è davvero così?”

L'uomo non rispose. Stava guardando il proprio coltello, facendo finta di controllare che fosse ben affilato. Poi: “No, le cose non stanno così. La verità è che io temo che il mio padrone stia cercando di scatenare qualcosa di tremendamente ingiusto. Qualcosa che personalmente non vorrei mai fare.” Alzò lo sguardo “Ma il destino non dipende da me, io non voglio essere negligente, trascurare il mio dovere. Tentare di convincermi sarebbe vano, per te, quindi non iniziare nemmeno.”

“E' la tua ultima risposta?”

“Lo è.”

“Perché? Tu non sei cattivo come i tuoi padroni, è bastato discutere un secondo con te per capirlo.”

“Perché ho compiuto la mia scelta, esattamente come te. Se la strada che percorrerò si rivelerà quella sbagliata, peggio per me, accetterò le eventuali punizioni. Anche se non sono certo che ne arriveranno. Da quanto ho potuto vedere non sei per nulla male con quella spada, sarebbe un piacere duellare con te in tutt'altro contesto, ma mi duole dirti che non sei ancora al mio livello. Te ne sarai resa conto anche tu.”

“E?”

"Tu non ti sei arresa, i tuoi occhi appartengono ad una donna che non si è ancora data per vinta. Io non ti rimprovero per questo, al contrario. Continuare a combattere è una tua scelta, nessuno ti obbliga a farlo ma il tuo senso di lealtà ti spinge a proseguire. In altre parole, puoi comprendere cosa intendo io, ora? Tu ed io siamo uguali.”

“... No, non è vero.”

“Lo è, invece.”

“HO DETTO CHE NON E' VERO!” tuonò Alice, rabbiosa “Tu non hai capito niente, perché stare qui davanti a me non è stata una scelta, per me... Io non sto decidendo di avere a che fare con te, ti sto affrontando perché io ci sono costretta. Per colpa tua e dei tuoi padroni, Nii-chan non è più con noi, sta... per morire. Ed il ruolo che aveva ricoperto fino ad ora, tutte gli oneri gravosi che si era dovuto accollare negli anni... Sono passati a me, dal primo all'ultimo. Ora sono io che li devo gestire, è mio dovere farlo. Questo è l'unico modo per redimermi dai miei peccati, questo è l'unico modo per dimostrare di essere nata per una ragione.” La ragazza si trattenne dal piangere. Quel discorso iniziato per convincere il suo avversario aveva finito col ferire più lei che lui.

“Sono qui per aiutare Mii-chan, questo è ovvio” riprese lei “Ma prima di tutto sono qui perché questo è l'unico sentiero che mi sia rimasto da percorrere. Se prendo il posto di Nii-chan, potrò concedere a me stessa il diritto di vivere, avrò un compito da svolgere che spiega a tutti perché sono ancora qui. Sì, è questa la risposta che cerco. Se ti fermo, allora mostrerò a tutti che sono degna di stare in mezzo a loro. E non importa in che maniera ti sconfiggo!” Alice rise con un'espressione torva e sinistra, come se la pazzia si fosse impadronita della sua anima.

In quanto all'altro, la guardò con uno sguardo di lieve commiserazione, quasi ad essere dispiaciuto di quello che la sua nemica stava provando. Lei non stava mentendo, quella non era una tattica per intimorirlo. Le tenebre che lei aveva allevato nel proprio cuore in tutti quegli anni stavano finalmente venendo alla luce, causando in lei uno stato di eccitazione. Giusta o sbagliata che fosse, le pareva di aver trovato la strada da seguire, la via da percorrere da lì fino alla fine dei suoi giorni. La felicità era una cosa riservata solo a persone spensierate e libere da ogni assillo, alla fine... Ora Alice si era resa conto per quale motivo suo fratello era sempre così mogio, e quella consapevolezza la faceva sentire come sollevata, le pareva di comprendere meglio Giancarlo così, e dunque il peso che percepiva dentro si sé si sarebbe fatto più leggero.

Una verità dal sapore agrodolce, che le stava facendo svanire ogni dubbio e perplessità, e la ragazza riteneva che non avrebbe raggiunto un traguardo migliore di quella condizione di cosciente rassegnazione. Avrebbe fatto quel che andava fatto. Ed allora, l'uomo di fronte a lei stava lentamente divenendo il simbolo del suo passaggio da una gioiosa giovinezza ad una triste età adulta, una cerimonia di iniziazione vera e propria che lei voleva portare a termine nel minor tempo possibile. Alice era disposta addirittura ad ammazzarlo con le sue stesse mani, se necessario. Se prendersi la vita di quell'estraneo era indispensabile per essere utile ai suoi amici, allora avrebbe compiuto questo rito sacrificale. Per lavare via un peccato dal suo cuore, lei non si sarebbe fatta scrupolo di macchiarlo con uno ancora più pesante.

 

ALLARME!

FREQUENZA CARDIACA: 37 bpm

 

Scintille.

Scintille che volevano sopra le teste dei duellanti, zampillanti come gocce d'acqua che fuoriescono da una fontana animata, create dai ripetuti contatti tra le due lame. Risoluti, determinati, entrambi stavano dando l'anima per togliere la vita all'altro.

Alice non aveva l'abilità del suo sfidante, l'altro non stava bluffando prima, quando aveva detto di essere di un livello superiore. Le sue mosse erano leste e fulminee, ed il pugnale nella sua mano danzava come un serpente che ipnotizzava la propria preda prima di avvolgerla nelle sue spire. Un momento strisciava quasi a contatto col suolo, e il momento dopo si librava in aria fin sopra la testa della sua vittima. Rapido ed imprevedibile come un implacabile predatore, era deciso a togliere la vita alla ragazza, freddo ed ineluttabile come le tre Parche della mitologia che secondo il volere di Ade recidevano il filo rosso simbolo dell'esistenza di ogni essere umano.

Ma Alice poteva tenergli testa. Da un punto di vista tecnico, lei aveva qualche difetto in più ma ci stava mettendo maggior grinta e la sua spada correva avanti e indietro, piombando sul suo nemico come il pungiglione di un insetto velenoso. Quel duello ricopriva un'importanza straordinaria per lei, e quella guardia del corpo non poteva permettersi di abbassare la guardia nemmeno per un istante.

La giovane era conscia di quanto vitale fosse la sua resistenza. Gli altri non erano ancora arrivati, ma lei non poteva dire quanto tempo fosse trascorso dall'inizio della battaglia. Poteva ricordare solamente una, due, mille attacchi, mille parate, mille rispose, ma c'era stato così poco riposo tra un assalto e l'altro, chissà minuti erano passati...

Alice si sentiva strana. I suoi occhi le dolevano terribilmente, facendole soffrire un patimento mai vissuto prima. Rika le aveva raccontato che aspetto avevano preso le pupille di suo fratello, in quella caverna... Forse c'era qualcosa di anormale nelle vene dei loro occhi, qualcosa che in certe situazioni le gonfiava oltre misura, facendole sembrare delle fratture nere che solcavano le loro retine. Durante la sua pazzia gli occhi di Giancarlo erano diventati neri come la pece... Forse anche i suoi erano diventati così. Lei non poteva esserne sicura, naturalmente, ma in fondo loro due erano fratello e sorella, sarebbe del tutto normale se fosse stato così. E persino quell'uomo stava ora avendo qualche esitazione, dopo aver incrociato il suo sguardo. Il suo visto doveva avere assunto un che di agghiacciante.

Anche i suoi occhi dovevano essere scuri, adesso. Scuri e segnati dalle stesse crepe. Il tempo sembrava essersi fermato, intorno a lei, acuendo ulteriormente quella sensazione di vertigine tutta nuova. Ma quindi ciò non era un effetto della nuova Sindrome? Rika, descrivendo quello che c'era stato tra lei ed il ragazzo, aveva ipotizzato che quel volto così mutato fosse dovuto alla versione potenziata del parassita, che attualmente non doveva trovarsi affatto nel corpo di Alice. Se quei figuri avevano fatto ricorso ad una iniezione era perché non c'erano metodi più semplici per inoculare la malattia, quindi nessuno degli altri non erano stati contagiati ed erano al sicuro, per il momento. Perciò... se non fosse causata dalla Sindrome, quel l'emozione? Se fosse un sentimento già presente di per sé nello spirito dei membri della sua famiglia, qualcosa di inciso fin dall'inizio nel profondo del loro DNA? Un qualcosa dovuto alle loro remote esperienze... al loro lontano passato.

Il suo bisnonno non aveva mica condotto studi approfonditi sul Sympathiae Sanguis? Si trattava di qualcosa che andava oltre la comprensione e l'abilità umana, qualcosa che poteva obnubilare la natura autentica delle persone. Il loro parente auspicava di poter trovare il metodo per dominarla, di espandere i propri orizzonti grazie ad essa e di diventare qualcosa di più di un semplice uomo. Però tutti i testi studiati al tempo concordavano sul fatto quell'elemento fosse già presente dentro di lui, e dentro i suoi discendenti e che ogni tanto esso si manifestava all'esterno in maniera incontrollata.

Pareva assurdo? Forse, ma tutto sommato avevano scoperto che una cosa più o meno paragonabile esisteva proprio lì in Giappone. Avevano sentito tante di quelle dicerie sul fatto che la popolazione di Hinamizawa discendesse dai Demoni e che qualcuno di loro ospitasse ancora una di quelle entità all'interno del proprio corpo. Secondo loro, c'era un lato bestiale nel subconscio di ogni abitante, e perciò lo stesso poteva valere anche per lei. Ci poteva essere una sorta di diavolo dentro di lei, come pure dentro suo fratello, solo che a casa loro lo avevano chiamato con quel nome latino. Ma alla fine che cosa era veramente quella roba? Un vero demonio, un interruttore che stravolgeva di punto in bianco la gente, o cos'altro? La risposta giunse alla mente di Alice in un lampo.

Si trattava della paura degli esseri umani. Allevata e nutrita sempre di più da una marea di fattori, essa può giungere a prendere il controllo del proprio ospite. Un sentimento in grado di impossessarsi di chiunque, e che ben si sposa con i loro desideri... Alice, infatti, da un lato aveva il terrore di non avere il diritto di vivere, dall'altro ella bramava ardentemente di trovare il modo di guadagnarselo, con qualsiasi mezzo. Voleva che il suo desiderio di avere un'esistenza migliore fosse finalmente coronato.

Se così era, quel Demonio non era uno spirito indipendente, separato da quello della persona che lo accoglieva. Viceversa era una parte di lui: una creatura fatta di paura, rabbia, peccato, desiderio, volontà istintiva... La metà irrazionale dell'animo umano che vede l'ambiente circostante solo come fonte potenziale di pericoli e minacce ed a partire da questo reagisce di conseguenza. Un impulso che istiga l'individuo ad essere ostile contro il noto e l'ignoto che non può governare, senza guardare se il pericolo è certo, probabile o impossibile.

In questo caso l'insidia era reale, ma non aveva quasi importanza... Nel suo stesso sangue, Alice poteva sentir ribollire la propria collera. Lei si era impegnata a rimpiazzare il fratello, ed ora stava pensando che fosse una buona cosa che il lato oscuro di lui si fosse ricongiunto con lei. La giovane stava percependo tristezza e rancore allo stesso tempo, emozioni che conosceva ormai molto bene...

Adesso aveva capito come si era sentito Giancarlo quel giorno alla prefettura, quando si era pappato Nabiha in un sol boccone. Quel desiderio malsano di distruggere l'uomo che si ha davanti, quella volontà di ripagarlo con la stessa moneta, di fargli provare ciò che lui ha fatto provare alle persone a cui lei teneva. Alice non odiava quel servo dei malvagi in quanto tale, non in quanto nemico suo, ma in quanto nemico dei suoi amici. Con le sue azioni quell'essere aveva contribuito a causare giorni e giorni di straziante tribolazione per tutti i suoi compagni, aveva alterato per sempre la loro vita una volta serena, e ciò l'aveva profondamente scandalizzata. Era quella la motivazione finale che la spingeva a detestarlo.

Lei non riusciva a sopportare più che persone del genere continuassero imperterriti a seminare il male. Lo avrebbe distrutto, perché il suo ruolo era essere una guardiana per le persone a cui voleva bene. La sua nuova ragione di vita era l'unica cosa rilevante, metodi e conseguenze non contavano. E siccome il suo obiettivo adesso era non lasciar cadere Mion nelle loro sudicie mani, lei era decisa ad impedirglielo, costi quel che costi.

“Tsk, non ne vuoi proprio sapere di arrenderti?” gli chiese quindi, dopo l'ennesimo assalto infruttuoso.

“Sai già la risposta.” ribatté l'altro.

Alice sputò per terra. “Figuriamoci. Beh... non mi lasci altra scelta, preparati perché deve essere destino che uno di noi due caschi stecchito, alla fine di questo scontro. Tu non me la daresti mai vinta, neanche se ti ferissi, neanche se ti tagliassi di netto il braccio... Se tu svenissi, torneresti a rappresentare una minaccia non appena ti ridesteresti.”

“Hmph.” replicò l'altro, accarezzando la propria lama. “E tu saresti disposta a convivere con questo peccato per il resto della tua vita? Essere arrestata con l'accusa di omicidio, invecchiare segnata da quest'onta e tormentata dai ricordi di questo giorno? Io ho già avuto esperienza di una cosa simile, l'ho vissuta sulla mia pelle... E ti assicuro che se hai una coscienza non riuscirai mai più ad essere felice, per quanto tu possa continuare a vivere.”

“Ne sono consapevole. Ma forse tu parli così perché non sai che il mio fato è già stato scritto, non lo decido io. Sto pian piano prendendo coscienza di come Nii-chan si è sentito in tutti questi anni, le scelte difficili comportano sempre ripercussioni dolorose e responsabilità... Io mi sono fatta carico di prendere il suo posto, e perciò anche i suoi peccati e la sua tristezza... Lui mi ha sempre detto che la sua non sarebbe stata una vita allegra... Ed ora ho capito perché. Non ti curare di me, bada a te stesso piuttosto. Per me non è più una questione di avere la tua morte sulla coscienza o no... Non posso modificare più nulla del mio avvenire, oramai. Questo... Questo è il sentiero che ho scelto. Non devo rimpiangere nulla. Se questo può rendere felice gli altri, percorrerò questa strada con orgoglio e dignità.”

Non ne era cosciente, ma Alice stava esattamente parlando come suo fratello, parola per parola. Aveva usato una frase che lui aveva pronunciato identica, mesi prima.
 

ALLARME!

FREQUENZA CARDIACA: 32 bpm



 

Il suo antagonista era ora un poco più lontano da lei, tanto che Alice potè dare una rapida occhiata alla ragazza tuttora svenuta alla sua destra. Mion era ancora lì, priva di sensi...

Mentre duellava, lei aveva quasi creduto di essere da sola, contro quell'uomo. Si era completamente scordata che ci fosse un'altra persona in quello stesso luogo, anche se essa non poteva fare nulla per ribaltare le sorti di quel duello. Quella di Mion era una presenza invisibile.

Alice stava riuscendo però a proteggerla, nel frattempo, e ne era particolarmente lieta. Alla fine, lei era quella amata da suo fratello... Rika non aveva avuto bisogno di rivelarle quello che si erano detti lei e Giancarlo due giorni prima, prima che il malato andasse in coma. Alice aveva già intuito tutto. Quando in autunno aveva cercato di combinare un fidanzamento tra lui e Rena, quest'ultima aveva rifiutato la proposta spiegandole che lei non era il genere di partner che andava bene per quel tipo di ragazzo. Secondo l'amica, lui avrebbe costruito un feeling molto migliore con qualcuno in grado di interessarlo e sensibilizzarlo su quello che avveniva intorno a lui. Una compagna più espansiva, più energica sarebbe stata adattissima... Come Mii-chan, come lei. Rena pensa che se loro due cominciano a stare più a contatto allora potrebbero cominciare a piacersi sul serio. Io ci metto la mano sul fuoco, sul fatto che Gi-chan possa apprezzare entrambi gli aspetti della natura di Mii-chan, quella allegra ed esuberante e quella gentile e femminile, basta farglieli conoscere. In fondo si completano a vicenda: Gi-chan ha bisogno di qualcuno che gli dia entusiasmo e voglia di fare, Mii-chan ha bisogno di qualcuno che sia ostinato abbastanza da non cedere davanti alle difficoltà e che sappia cosa fare anche nel momento più buio...

Fu questo quello che Rena aveva detto ad Alice, quel giorno. Quest'ultima non era sicura però che fosse davvero così, perciò aveva preferito non interferire nei rapporti tra loro due ed osservarli senza mettere il naso nella faccenda. Shion aveva fatto l'opposto con la relazione tra Mion e Keiichi e la storia non era andata in porto, quindi magari era meglio tentare un approccio più discreto, aveva pensato Alice. Però alla fine Rena aveva avuto ragione... Quando Mion fu obbligata dal contesto a chiedere l'aiuto di tutti, loro due avevano iniziato a parlarsi spesso riguardo gli argomenti più disparati e lui aveva scorto la vera indole della ragazza, che a Giancarlo piacque a tal punto da suscitare quella catena di emozioni che poi si tramutò in vero e proprio affetto. Ed Alice era felicissima di vedere una cosa simile, ma temeva di rovinare tutto mettendosi in mezzo e facendo da terzo incomodo, così era rimasta in disparte... Anche se in questo modo nessuno aveva mai capito se la loro giovane amica ricambiasse quel sentimento.

Ma paradossalmente quell'ultimo nodo da sciogliere era un aspetto secondario, ora. Adesso la priorità era impedire che a lei fosse fatto del male, e se lui fosse stato lì con lei anche suo fratello si sarebbe fatto in quattro per difenderla. Se pretendeva di avere lo spirito di Giancarlo accanto a sé, allora Alice doveva comportarsi in tutto e per tutto nel modo in cui si sarebbe comportato lui in quelle circostanze.

Se il suo spirito fosse lì con lei...

Lei ci sperava. Non voleva essere una disgrazia, un'altra volta. Nel suo cuore lei portava un unico desiderio, che doveva avverarsi.

La giovane alzò lo sguardo di nuovo verso il suo nemico, per tenerlo sott'occhio...

E trasalì.

Quando diamine le si era fatto così vicino? Con un balzo inaspettato si era fiondato su di lei, prendendo vantaggio dal suo momento di esitazione. I rimpianti che giacevano ancora nel fondo del suo cuore l'avevano tradita ed ora doveva parare il colpo di quell'uomo, doveva parare il suo affondo prima che...

… Prima che fosse troppo tardi.

Ma non poté farlo.

Il coltello affondò nella sua spalla destra, bevendone il sangue caldo e facendola gridare di dolore. Impossibile continuare a tenere in mano la spada, che cadde sul morbido terreno e che fu allontanata da un lesto calcio della guardia del corpo che colpì col piede l'elsa e la fece sobbalzare lontano dalla scena del combattimento. Ora lei era disarmata.

L'uomo estrasse il pugnale dal corpo di lei e contemplò le macchie scarlatte che si erano disegnate sopra di esso. Un fiotto di gocce dello stesso colore sgorgava fuori dalla spalla della sua vittima, e mettere la mano sulla ferita non impediva al sangue di continuare a fuoriuscire impietoso.

“Ora voglio sperare che tu ti arrenda.” disse lui, voltandosi verso la ragazza svenuta e raccogliendola da terra “Non c'è più nulla che tu sia in grado di fare per rovesciare la situazione. Combattere a mani nude e con quel taglio sarebbe un suicidio per te, ti consiglio di correre a farti medicare.”

Ormai lui considerava quel duello chiuso, apparentemente non aveva interesse a toglierle la vita.

Ma Alice digrignò i denti.

“No... Io... Non posso...”

“Proseguire sarebbe una follia.”

“HO DETTO CHE NON POSSO!” urlò lei con tutto il fiato che aveva in gola, cercando di non piangere “Te l'ho già detto che non posso darmela a gambe! Non ti posso proprio permettere di portarla via, non so neppure che avete in mente di farle.”

“Ho già dato risposta di questo, prima. Io non posso rivelarti nulla poiché non mi è concesso farlo, non vi è nessuna motivazione personale per il mio comportamento.”

“Ed allora io non ti lascio andare. Mio fratello mi ha passato di mano un compito... Andare avanti sul sentiero che lui ha intrapreso. E visto che lui non voleva che a Mion fosse torto un capello, io non posso proprio concederti di rapirla. Se io la salvo, la sua anima sarà sollevata, sarà... redenta, portata in salvo, perché non si sentirà più in colpa per quello che le stava per fare l'altro ieri. Non si sentirà più un verme, e la sua morte sarà più serena di quanto sia stata la sua intera esistenza... Tutta la sua vita è stata un vero inferno, e solo a causa mia...”

“Quindi?”

Alice lo guardò diritto in faccia, con occhi rossi come fiamme degli Inferi: “Io non ho la mia spada, ma ci sono tutti i bastoni ed i rami che voglio. Io non ti darò un attimo di tregua fino a quando non la lascerai stare. Questo sarebbe il volere di Nii-chan, ed allora questo sarà il mio, pure.”

Lui chiuse le palpebre, rassegnato. “Perciò stai dichiarando che il tuo destino è quello di morire qui.”

Le pupille rosse di lei seguitarono a fissarlo, ma ora c'era anche un'aria di dignità e consapevolezza nel suo sguardo. Ed infatti rispose: “Sono pronta, se questo è il mio futuro lo acetto. Io non sono come Kei-chan, che possiede la forza di rivoltare come un calzino il fato della gente. Io sono più fragile di lui, e di tutte le persone che conosco. Già, sono fragile. Però so almeno farmi carico delle mie scelte, e delle mie responsabilità. Se ti lascio fare quello che avete in conto di fare, allora la mia coscienza renderebbe la mia vita qualcosa di molto peggio della morte stessa, la mia anima sarebbe assillata dai rimorsi per tutti gli anni a venire... Io non posso farlo, piuttosto mi faccio ammazzare. E se questa deve essere l'ultima azione di Alice Giorgia Serco, che sia!”

Si piegò in avanti, e con la spalla sana lo caricò con tutta la forza che aveva in corpo.
 

ALLARME!

FREQUENZA CARDIACA: 28 bpm

 

L'impeto di Alice fu qualcosa che lasciò di stucco il proprio avversario. Di stucco ma al tempo stesso ammirato. Con quella rincorsa, lei era stata capace di colpirlo allo stomaco e con il peso del proprio corpo lo aveva costretto a far cadere Mion a terra una seconda volta, avrebbe perso l'equilibrio altrimenti. Era l'inizio dello scontro finale, e quel primo attacco era come una provocazione. Ma lei non poteva andare avanti senza un'arma. Cercare di rimettere le mani sulla propria spada avrebbe significato mostrare le spalle al nemico e ciò sarebbe stata la sua condanna a morte. Lui non le avrebbe mai consentito di averla di nuovo tra le mani, così Alice dovette cercare un bastone abbastanza robusto da essere utilizzato come mazza. In fondo aveva già maneggiato quella di Keiichi e di Satoshi, in un paio di occasioni e per puro divertimento, ed anche se quello non poteva essere considerato un allenamento sufficiente lei non aveva altra possibilità. C'era forse un grosso ramo secco, lì nelle vicinanze? Difficile a dirsi. Si trovavano nel mezzo di una foresta, quello era vero, ma gli alberi immediatamente intorno a loro erano troppo giovani e scheletrici, con fronde troppo sottili per servire allo scopo.

Ma Alice non si sarebbe certa tirata indietro per una piccola seccatura come quella. Non poteva correre da nessuna parte per cercare dei rami più robusti, l'altro ne avrebbe approfittato per colpirla a tradimento o scappare con Mion in spalla. Quindi... perché non usare addirittura un tronco, invece di un sottile ramicello? Come appena detto, quegli alberi erano piuttosto esili e ce n'erano un paio non lontani da lei, divelti dal vento o dagli animali selvaggi...

No, quel ragionamento faceva acqua da tutte le parti. Usare come arma un albero intero? Per quanto potesse essere sottile, sarebbe stato improponibile, davvero troppo pesante. Soprattutto ora che poteva avvalersi solo di un braccio sano. L'unica vera possibilità era la sua spada, così... in qualche maniera doveva riprenderla senza dar modo a lui di ferirla alle spalle o fuggire. Doveva intontirlo, disarmarlo per il tempo necessario per precipitarsi dove lui l'aveva gettata, ed il solo modo per fare una cosa del genere era scagliarsi su di lui un'altra volta, al fine di farlo cadere sul terreno a causa dell'impatto, sperando anche che battesse la testa da qualche parte.

Ce la farò, pensò Alice, Devo farlo per Mii-chan, per Nii-chan, per tutti gli altri. Se io fallisco sarà la fine di tutto... Si preparò ad un nuovo attacco, mentre l'altro teneva il coltello puntato contro di lei, per scoraggiarla. Non lo avrebbe più colto di sorpresa, ma doveva provarci.

Aveva solo una possibilità. Se lei avesse fallito lui l'avrebbe facilmente pugnalata una seconda volta, e la ragazza avrebbe potuto non sopravvivere a quella seconda ferita.

Alice si guardò la mano insanguinata. La vista di quel rosso la rese ancora più arrabbiata, ed eccitata, e determinata, ed il dolore era svanito come per magia.

Cominciò allora a correre, verso di lui...

“Mii-chan! Ali-chan! Dove siete?”

Una voce bloccò la sua foga. Si trattava di... Satoshi? Sì, era lui, quella chiamata veniva dal bosco, lontano non più di cento metri da loro. E sicuramente non era da solo. Satoko, Shion, Flavia, e tutti gli altri... Li avevano trovati, forse a causa del loro combattimento lungo e rumoroso. Esattamente come quando erano in cerca di Rena, la squadra di soccorso era arrivata appena in tempo.

All'istante, tutte le paure e le angosce scomparvero dal suo cuore. Sono così contenta, sono stata in grado di salvare Mii-chan. Questo pensò lei, iniziando a piangere. Allora non sono solo spazzatura, non sono solo qualcuno che sa solo far soffrire la gente... Ho fatto quel che desideravo fare, per i miei amici...

“Satoshi-kun!” gridò poi con gioia, girando il capo verso la direzione da cui proveniva la voce “Noi siamo qui...”

“Sono spiacente, ma sembra che non abbiamo più tempo. Devo lasciare questo posto prima che loro arrivino, e io non posso permetterti di metterti ancora in mezzo.” Una voce fredda e lapidaria giunse alle sue orecchie, gelandone lo spirito. Proprio come qualche minuto prima, si era distratta. Proprio come il suo insegnante le aveva ricordato svariate volte, si era dimenticata di proteggere se stessa.

Ed il suo nemico aveva colto l'opportunità al volo. Pugnalandola al cuore a sangue freddo.

“Ugh...” Alice assaggiò il suo stesso sangue mentre esso le risaliva in bocca, ed iniziò a sentire freddo. Una sensazione che la terrorizzava, si era resa subito conto di cosa le stava succedendo... Ma allo stesso tempo lei non sapeva dire se ciò fosse una cosa brutta o buona, aveva compiuto quello che era il suo obiettivo, la sua vita le pareva un prezzo congruo per la vita di Mion, e poi non era sicura che ci fosse davvero un posto per lei, su questo mondo. Quando era piccola aveva desiderato di non essere mai nata, ma ora che stava lasciando questa terra non era più così dispiaciuta di essere esistita. Dopo tanti pasticci, aveva combinato qualcosa di buono.

I suoi occhi non le facevano più male... Dovevano essere tornati alla normalità, almeno loro. Alice non era più furiosa, contro quello che la stava uccidendo, o contro il suo bisnonno, o contro se stessa, o contro qualsiasi altra persona viva o morta. Aveva fatto pace con tutto il suo passato ed i suoi rimorsi. Alla fine, Nii-chan sta per lasciare questa vita con me, Irie era stato categorico. Stiamo per volare su fino in Cielo, dove entrambi saremo felici, lontani da tutte le sofferenze che abbiamo patito in vita. Le nostre lacrime saranno asciugate, però...

Una goccia salata le scese lungo la guancia. Però le persone che rimarranno qui non saranno felici, la nostra morte darà loro nuovo dolore, e poi qui c'è ancora così tanto da fare per portare tutti in salvo. Nonostante ciò, io mi sto ritirando, non farò più nulla con loro, non mi è concesso continuare a vivere al loro fianco. Io... Io ho fatto quello che era nelle mie potenzialità, credo, ho fatto la mia parte... Il fardello che Nii-chan ha portato per tutto questo tempo era troppo pesante per me, io non sarei mai stata capace di rimpiazzarlo a dovere, quindi è meglio così, è stato meglio così. Dopo tutto io e lui eravamo diversi fin nel midollo sebbene fossimo gemelli, lo sapevamo tutti. Eravamo l'uno l'opposto dell'altro. Però... Però allora, forse... Io non voglio che lui mi accompagni fin lassù, non oggi, non adesso, non in questo modo...

Se... Se solo il mio ragazzo fosse stato qui con me, forse avrei potuto fare qualcosa di più... Tuttavia... Non ho più rimpianti... Mi piacerebbe che le sue mani tenessero le mie, in questo ultimo istante, mi piacerebbe che le sue labbra sfiorassero le mie per l'ultima volta, ma lui non può, è così distante...

Ma sono contenta così. Vi amo tutti, ragazzi. E ti amo, mio caro Al...

L'uomo estrasse il coltello dal petto, ed Alice non sentì più nulla.

La ragazza cadde all'indietro, priva di vita, e rovinò al suolo. La sua anima aveva lasciato il suo corpo, per sempre.

Quanto al suo nemico, egli la osservò per un secondo, con uno sguardo compassionevole e che mostrava tutta la stima che lui aveva di lei. Era turbato da quello che era successo. “Mi rincresce di essere stato costretto a fare questo. Veramente. Mi auguro che voi riposiate nella pace, mia giovane signora. Hai combattuto per quello in cui credevate tu ed i tuoi amici, cosa che io non sto facendo, e quindi sei degna di tutto il mio rispetto. Spero che tu trovi oltre la morte quello che hai cercato per tutta la tua vita, sarebbe un premio ben meritato... Signorina, tu ti disprezzavi, prima, valevi molto più di quel che credevi; sei molto meglio del mio padrone, temo. Ma non ho tempo da perdere adesso, devo sbrigarmi a portare quell'altra ragazza alla macchina, se mi sbrigo riesco ancora ad evitare gli altri.”

Una volta concluso quel commiato, lui lasciò il luogo della sfida, lasciando che il corpo esanime della sua avversaria potesse riposare. Il corpo di Alice era disteso candidamente sul morbido prato, come una bambina appena nata, cullata dalla brezza e dormiente nel più dolce dei letti. E le sue braccia erano aperte, distese, come la ali spalancate di un meraviglioso angelo bianco.

Perchè Alice era divenuta un angelo, adesso. La sua anima splendente stava volando verso il Paradiso, ed essa non era da sola.

 

FREQUENZA CARDIACA: 0 bpm

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Capitolo 48
*** Punto di non ritorno ***



Capitolo 47: Punto di non ritorno


Hinamizawa, 29 Febbraio 1984

Al riparo dalla tempesta di cui lui stesso era autore, Goemon Sonozaki stava aspettando il ritorno del suo servo nel tepore della sua casa di Okinomiya. L'aveva mandato ad Hinamizawa quando il Sole era ancora ben lungi dal sorgere, ormai erano passate parecchie ore dalla sua partenza, anche se mezzogiorno doveva ancora arrivare. Attaccare in quel momento della giornata tornava infatti utile non solo per prendere di sorpresa la fazione opposta, ma anche per avere più tempo per riflettere su eventuali mosse successive. Aveva tutto il giorno di fronte a lui, non aveva mai amato l'idea di lavorare con i minuti contati.

Il piano originale che aveva messo in atto d'accordo con la moglie era infatti quello di condurre Mion ad Okinomiya, a casa loro. Sua moglie aveva insistito sull'importanza di averla alla loro mercé: una volta portata lì, quello stesso pomeriggio lei l'avrebbe mostrata a tutti membri del clan che supportavano il cambio di leadership. Avrebbero fatto vedere a tutti cosa era stato di lei, avrebbero messo alla berlina il suo bel tatuaggio una seconda volta, e li avrebbero resi tutti testimoni della sua condizione miserabile. Una volta fatto ciò, Megumi avrebbe riunito un'assemblea straordinaria dove tutto il casato avrebbe assistito alla detronizzazione finale della ragazza: chiunque avrebbe dovuto ammettere che Mion non era più in grado di comandare e che quella che avevano visto attiva e dinamica negli ultimi giorni non poteva che essere Shion, agghindata come la sorella al fine di spacciarsi per lei.

Ufficialmente, difatti, a tutto il clan era stato detto che era Shion quella ricoverata all'Istituto Irie, malata e bisognosa di riposo. I loro parenti non avevano avuto dubbi particolari sulla veridicità di quella fandonia, dopo tutto ogni volta che andavano al Maniero vedevano una ragazza con la coda di cavallo che discorreva loro con calma e risolutezza. Un illusione perfetta, tutti credevano di aver parlato con Mion, di persona o via telefono... Ciò non sarebbe mai stato possibile senza l'abnegazione di Shion, che ormai passava più tempo nei panni di sua sorella che nei propri. Paradossalmente, le storie tradizionali che si tramandavano tra i Sonozaki erano piene di maledizioni ed eventi nefasti che riguardavano la nascita e l'esistenza di gemelli all'interno del clan, ma avere avuto Shion a disposizione era invece per Mion una vera e propria benedizione, un'ancora di salvataggio a cui aggrapparsi.

In ogni caso, sebbene il ramo principale della famiglia si prodigasse nel mascherare la verità, Goemon aveva mangiato la foglia: aveva intuito che quello era solo un trucco, che quella ancora in grado di combattere non era la vera Mion. Però non poteva provarlo, finché non era in grado di portare quella ragazza ad Okinomiya per esibirla agli altri. Lui stesso ne era certo solo perché Ouka Furude gli aveva parlato della cosiddetta ATPC e dei suoi effetti: se c'era una gemella con quei sintomi alla Clinica ella non poteva essere che Mion, non ci poteva essere margine d'errore. Comunque non poteva muoversi in modo avventato, quelli che erano dalla loro parte non dovevano lasciare indizi alla fazione avversa sui loro incontri segreti e sul loro piano per rovesciare la loro leader attuale, altrimenti avrebbero rovinato tutto.

Ouka Furude... Goemon si ricordava la prima volta che quella «cosa» era apparsa di fronte a lui. L'uomo non poteva credere ai suoi occhi. Ma quello spirito gli aveva rivelato di aver letto nel suo cuore... e aveva capito quanto lui smaniasse per aver vendetta. Questo fu quello che lo spirito gli spiegò, ed il fatto che lei avesse affermato di condividere i suoi stessi sentimenti lo aveva convinto a fidarsi di lei. Il suo desiderio di vederli soffrire e morire era troppo forte per non cogliere la palla al balzo. Ouka gli aveva mostrato tutti i punti deboli di coloro che si sarebbero opposti a lui e gli aveva dato indicazioni su come liberarsi di loro.

Infatti aveva costruito il proprio complotto sopra quello di sua moglie. Megumi voleva che Mion fosse isolata dal resto del gruppo, che fosse umiliata... E lui avrebbe fatto sì che quella mortificazione fosse tale da spingere quella ragazza a suicidarsi per la depressione e la vergogna. Ouka le aveva detto tutto, lei sapeva tutto della natura di quella ragazza, sarebbe stato quello il sacrificio finale. Quello che conseguentemente avrebbe poi ucciso anche Rika, grazie al sigillo di energia che lei stessa aveva piazzato nel suo corpo, e che quindi avrebbe portato tutto il loro mondo al disastro. Ed anche se gli avevano detto che c'era un altro morente nella Clinica, Goemon aveva deciso di procedere secondo programma, per non correre rischi.

Quando si erano parlati, loro due? Subito dopo il fallimento di Nabiha, quando tutto il villaggio si era recato presso la prefettura. Anche in quel primo caso, con la Guerra delle Frane, era stata sua moglie a cercare di mettere nei guai Mion. Era stata lei a compiere il primo passo, era stata lei a tirarlo in mezzo. L'intenzione di Megumi, allora, era stato spingere tutta quella comunità ad affrontare una traumatica diaspora, un esilio drammatico. Lo Spirito di Hinamizawa sarebbe stato annichilito perché Hinamizawa stessa avrebbe cessato di esistere, e gli abitanti da soli sarebbero stati una facile presa, Mion compresa. Solo che qualcosa era andato storto, qualche ostacolo imprevisto aveva messo loro i bastoni tra le ruote e Goemon si era trovato nella scomoda posizione di dover far depistare le indagini altrui per evitare che lui e la sua consorte fossero scoperti. In quella circostanza lui si era trovato nel bel mezzo della tempesta, trascinato solo dalla voglia di rivalsa di Megumi, non aveva un fine specifico. Era lì semplicemente perché non aveva niente di meglio da fare, guidato più dall'apatia che da altro.

Ma quando si imbatté in Ouka... Aveva scoperto quale era il suo vero obiettivo... Lui non voleva conseguire solo del potere all'interno del clan, lo voleva radere al suolo, ed avrebbe disintegrato tutto il villaggio e chi ci viveva dentro. E quello spettro gli aveva illustrato la via da seguirla per raggiungere quello scopo. Gli aveva spiegato della Sindrome e dell'importanza della vita di Rika. E gli aveva anche detto che se anche una sola persona nel gruppo degli amici di Mion fosse morta in seguito ad un proprio sacrificio, allora quella mocciosa sarebbe crepata e tutta Hinamizawa avrebbe seguito quella sorte, senza alcun superstite. L'uomo non sapeva come ciò fosse effettivamente possibile, ma le aveva prestato fiducia poiché si era reso conto che lei fosse davvero uno spirito potente e non solo un fantasma vuoto e derelitto. C'era qualcosa di magico e sovrannaturale dentro di lei, così Goemon non aveva messo in dubbio ciò che lei gli aveva rivelato.

E poi, questo era quello che anche lui desiderava. Ouka aveva letto anche la sua mente ed aveva risvegliato la parte più cattiva della sua anima. Come lei odiava i membri viventi della famiglia Furude, pure lui odiava quelli della famiglia Sonozaki, quella a cui lui stesso apparteneva. E non lo faceva senza ragione. Quello spirito gli aveva rammentato perché lui li odiava così tanto.

“Yuzo...” sussurrò l'uomo “Tu e tuo figlio potrete finalmente riposare in pace, e poi io potrò raggiungervi serenamente. Presto... avrò la mia vendetta.”

Goemon si strofinò gli occhi, come per risvegliarsi da un sonno, da uno stato di estasi. Aveva dormito poco nelle ultime notti, specialmente nell'ultima, visto che l'aveva trascorsa dando indicazioni alla propria guardia del corpo e mandandolo all'attacco a compiere la propria missione. Tuttavia, si alzò dal divano e guardò che ore fossero. Il suo servo avrebbe dovuto ritornare di lì a pochi minuti... Anzi, stava pensando che ormai sarebbe dovuto già essere lì, gli aveva affidato apposta un'auto. Era in ritardo.

Per quanto una disavventura del genere non fosse poi così grave. Il suo suddito poteva arrivare in ritardo, poteva anche fallire e tornare a mani vuote, tanto le sue fonti gli avevano riportato che Mion era ridotta talmente male che probabilmente si sarebbe ammazzata comunque, a breve. Forse l'avrebbero fermato durante la sua scorribanda, forse l'avrebbero perfino arrestato, ma neppure quello sarebbe stato un vero imprevisto: tanto ai suoi occhi quella guardia del corpo era tipo da uccidersi all'istante vergognandosi del proprio disonore; piuttosto che tradire il proprio padrone e farsi portare in carcere per essere interrogato, quello era tipo da ammazzarsi. Ah, fedeltà d'altri tempi... Ogni finale di quella storia sarebbe andato più che bene, a Goemon.

In fondo voleva lì quella ragazza soprattutto per assecondare la volontà di sua moglie, per accontentarla. Non poteva deluderla, per lui era una pedina fondamentale: tra loro due era lei quella che apparteneva davvero al clan, in fondo lui era solo un parente acquisito, e poi i mezzi e le conoscenze di quella donna erano di vitale importanza per il conseguimento del suo obiettivo. Megumi poteva ancora essergli utile nel caso di uno sviluppo inatteso, lui non era tipo da eliminare i propri complici prima del tempo con frasi di saluto del tipo Addio, non mi servi più, ora muori. La sua fine sarebbe giunta solo alla fine di tutto, e lui non ci poteva fare molto, in realtà...

“Povera cara” disse l'uomo tra sé e sé “Non immagina che, una volta che Rika sarà morta, lei andrà incontro al suo stesso destino...” Infatti, al contrario di lui, Megumi era completamente all'oscuro della Sindrome. Ma allo stesso tempo aveva vissuto ad Hinamizawa per anni e proprio dentro il Maniero a contatto con Oryou e tutti i pezzi grossi del casato. Senza l'influenza benigna della Regina Portatrice la sua vita sarebbe terminata in fretta, esattamente come per il resto di quella comunità maledetta, quasi certamente.

Goemon era forse dispiaciuto per l'incombente morte della sua compagna? Boh, neanche lui era in grado di rispondere a quella questione. Però, a lui sembrava di essere alquanto indifferente alla sorte di Megumi. Anni prima, i due si erano sposati solo perché avevano una cosa in comune. L'odio. Erano molto simili tra loro, ed avevano trovato conveniente mettersi insieme anche per non invecchiare da soli. In fondo Megumi disprezzava tutti i Sonozaki come lui disprezzava l'intera Hinamizawa, e questo non faceva di lei un angelo. Quella donna non aveva dei veri pregi, era mossa solo dalla propria invidia e dalla propria suscettibilità, forse era per quello che la vecchia Oryou aveva preferito Mion a lei, come erede. Vai a saperlo. Quanto a lui, l'uomo non voleva ucciderla esplicitamente, ma se fosse morta nessuno avrebbe pianto per lei, sarebbe andato tutto bene. Agli occhi di Goemon, la dipartita della moglie assumeva tutte le caratteristiche di un passo un po' noioso ma necessario.

E ciò sarebbe avvenuto molto presto. Alla Clinica aveva un contatto. Usando il denaro della moglie aveva corrotto uno dei medici il quale lo teneva informato continuamente di quello che stava accadendo a Mion. Un vero e proprio agente sotto copertura che fingeva di essere disinteressato a quello che succedeva nel seminterrato, ma che in realtà teneva tutto sotto osservazione. E questo aveva rivelato a Goemon non solo delle condizioni critiche della ragazza, ma anche di quelle ancor peggiori del suo amico. Chi sarebbe morto prima, lei o lui? Era quello il tipo di morte che Ouka auspicava? L'uomo non ne era sicurissimo ma ciò non rappresentava un vero problema. Anche se per puro caso Rika fosse sopravvissuta, lui li avrebbe pressati, sempre più da vicino, finchè non l'avrebbe sfiancata costringendola ad un qualche gesto estremo, o se proprio l'avrebbe soppressa lui stesso con le sue mani. In fondo aveva già sistemato a dovere diversi elementi del loro club, Goemon aveva la situazione sotto controllo e loro non sarebbero mai stati in grado di passarla liscia.

Anche da lì, lui poteva udire le loro grida di paura, poteva gustare il loro dolore e la loro disperazione. Quello era il più succulento dei cibi per lui, l'unica cosa che sembrava in grado di appagare la tristezza di cui il suo spirito era colmo. Goemon ammirò lo spettacolo che si poteva osservare dalla finestra, e si scoprì di essere orgoglioso dell'inferno che aveva creato a sua immagine e somiglianza.

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Il seminterrato della Clinica di Hinamizawa ribolliva di un silenzio surreale.

Il cardiogramma che stava monitorando il cuore di Giancarlo era stato spento, tenerlo acceso era solo corrente sprecata. Ora, la stanza dove lui era stato internato era divenuto né più né meno una camera mortuaria, che conteneva solo un cadavere, ed una persona in vita.

Takano stava asciugando l'ultimo sudore di quel corpo ormai immobile, rimanendo in piedi a lato del letto. Non aveva fatto null'altro, durante gli ultimi attimi della sua agonia, aveva solo contemplato quello che si stava verificando di fronte ai suoi occhi, senza muovere un dito per provare a salvare il ragazzo morente, e solo dopo aver dichiarato l'ora ufficiale del decesso aveva disattivato l'apparecchiatura. Tanto l'altro non dava più segni di vita.

La donna era sola, Irie doveva ancora riprendere conoscenza, il colpo che gli avevano dato fu forte e doloroso, ed era ancora privo di sensi. Il medico giaceva infatti tuttora lì, dormiente in una posizione scomoda... Ed anche se il suo corpo non era così pesante da non poter essere spostato in una normale postura distesa, l'infermiera non aveva mentalmente la forza di andare lì e sistemarlo.

Aveva usato il proprio fazzoletto, ed aveva premuto un bottone. Tutto qui, Takano non aveva fatto null'altro, ed ora stava ammirando la desolazione che la circondava, e quella che le riempiva l'anima. Non aveva controllato lo stato della testa contusa di Irie, non aveva chiamato la polizia, non aveva informato nessuno di quello che aveva visto. A lei non importava più di nulla di ciò.

“Questo era... inevitabile.” commentò lei “Ciò è quello che capita quando combatti contro qualcosa di più grande di te. Un'esperienza che ha distrutto anche me, l'anno scorso. Ho combattuto contro Dio, contro una forza illimitata, ed ho perso. Non poteva finire in modo diverso, a vedere come è finita per voi direi che questa sacrosanta verità valga per chiunque ci provi. Eh, ora lo so.”

Si sedette sulla sedia presente nella stanza, quella su cui Alice aveva passato la notte. La luce stava svanendo a poco a poco dai suoi occhi inerti, ed i suoi movimenti erano lenti e senza energia. Takano era stanca di tutto.

“Sai, ragazzo mio...” disse, parlando al cadavere “Quando avevo incontrato quella bambina con le corna, lei mi aveva proposto di essere un tutt'uno con voi. Aveva detto che c'era posto anche per me, qui ad Hinamizawa. Mi aveva detto che potevo riprendere una nuova vita, circondata solo da amici e libera dai fantasmi che mi hanno inseguita per tutti questi anni... Ed io mi ero lasciata convincere. Veramente. Quella era sembrata così sincera, lei credeva in quello che diceva, e potevo vedere che la mia felicità era importante, per loro. Hanyuu-chan mi aveva allungato la mano convinta che io potessi passare un'esistenza gioiosa, mi aveva offerto quell'opportunità ed io avevo accettato.”

“Però... Lei non poteva mantenere quello che aveva promesso. Nessuno di quei ragazzi poteva. Non è colpa loro, sai? Hanno fatto del loro meglio. Ma il punto è che questo posto non sarà mai benedetto da un Dio gentile. Loro hanno provato a trasformarlo, ed il risultato è stato uno schifo. Ora tutti loro stanno soffrendo...”

“Io sapevo già che il destino di Hinamizawa sarà sempre quello di essere dannata, loro non sono mai stati in grado di farmi cambiare del tutto idea. Me ne ero accorta anni fa, il primo giorno in cui sono venuta qui, tutti quei dissapori sulla diga, tutti quei conflitti tra famiglie, una Sindrome che marchia per sempre quelli che colpisce... Una vera allegria non può sorgere tra queste montagne scure, ma non ho mai considerato questo neppure un contrattempo. In fondo non ho desiderato essere felice, da quando sono arrivata qui. Non cercavo felicità né per me, né per loro... Anzi, io avevo cercato di diventare la sorgente finale del male. Di essere il vero Dio malvagio di questo posto, colei che condanna gli esseri umani ad una vita ignobile e buia, e quindi alla morte.”

“Io ero disperata, in quei giorni così grigi, così volevo che lo fossero anche loro. I loro patimenti avrebbero alleviato i miei... Ma non sarei mai riuscita a raggiungere questo obiettivo, questo l'ho capito di recente. Quel ruolo di essere crudele è già occupato, da un'entità spaventosa che sta mettendo in croce tutto il villaggio. Qualcosa di incomparabilmente più grande di quello che io avrei mai potuto fare, il fatto che quei ragazzi siano stati sconfitti lo dimostra chiaramente. Certe volte mi chiedo perché non mi abbiano lasciato vincere, vista la fine che stanno per fare, non sarebbe cambiato nulla ed io sarei stata soddisfatta del mio operato... Ma va bene anche così. Non sarà Oyashiro-sama, magari, ma c'è davvero una forza oscura che sta cercando di costruire un eterno supplizio per tutti noi.”

Takano singhiozzò. Vaneggiava, diceva cose dal significato fumoso e tutt'altro che chiaro. “Un miracolo non avrà mai luogo, qui... E se non c'è speranza per te, amico mio, figurati se c'è per me. Non c'è posto per me, su questa terra.”

La donna si sbottonò parzialmente il camice, in maniera da permettere alla mano di arrivare ad un taschino che aveva cucito di nascosto sotto l'indumento, qualche giorno prima. Da lì, afferrò una pistola, e poi un proiettile.

“Irie-sensei non ha la più pallida idea di questo piccolo nascondiglio... meno male...” Fatto ciò, lei appoggiò il bossolo sulla sedia per un momento, in modo da aprire il caricatore più facilmente, e quindi lo riprese per infilarlo nell'arma. Precedentemente l'aveva tenuta scarica perché non voleva che essa sparasse accidentalmente, voleva evitare che qualcuno si ferisse per colpa sua.

Ma ora era tutto diverso.

Takano diede una veloce occhiata alla porta. Era ancora da sola, nessuno l'aveva raggiunta dal piano superiore. Ne poteva essere ragionevolmente sicura, la presenza del corpo fermo del dottore in parte all'ingresso della stanza era un efficace sistema d'allarme: se qualcuno fosse sceso nel seminterrato si sarebbe messo a gridare nel momento stesso in cui avesse visto Irie svenuto e così l'intruso avrebbe rivelato a lei il suo arrivo. Però la donna desiderava essere certa al cento per cento: prese una chiava dalla tasca del camice del medico e con essa chiuse per bene la porta.

Ora era come se non ci fosse più nessuno con lei. Era libera di fare quello che stava per fare.

“Ho ancora quel giorno davanti agli occhi... Okonomi mi aveva consegnato una pistola con una sola pallottola, invitandomi ad ammazzarmi. Allora mi ero rifiutata, non potevo arrendermi ad un tale destino... E quello sparo finì col ferire nessuno, il proiettile era finito contro un albero, formando un bel buco tra l'altro... Povera pianta, sono andata a vederla dozzine di volte dopo quel pomeriggio. Era il simbolo di quello che era stato... Il monumento in memoria di quella vecchia storia. Ora lo so... Quel giorno doveva finire in un altro modo, quel colpo avrebbe dovuto togliere di mezzo qualcuno...”

Il corpo dell'infermiera chiuse gli occhi, sorridendo amaramente: “Penso che Okonogi mi avesse dato il suggerimento corretto, quella volta... La pistola che mi aveva prestato è stata sequestrata dalla Banken mesi fa, ma dopo tutto questa è una quisquilia, il mondo è pieno di armi da fuoco... Il dolore antico e quello presente, quello che ho sofferto io e quello che hanno sofferto loro... E' troppo per me. La mia mera esistenza è la causa di tutto... L'odioso Dio che mi ha creato si è divertito ad assegnarmi una vita disgustosa, ed io sono stufa di intrattenerlo... Non posso sopportarlo un minuto di più...”

“Sono spossata, Hanyuu-chan... Sono così desolata, che io non possa compiere quanto ti ho promesso... Sono spiacente, per tutto, è solo colpa mia...”

Takano si sedette sul letto dove stava il corpo di Giancarlo, e pronunciò queste parole: “Non ti dispiace se lo faccio qui, vero? Sono troppo stanca anche per andarmene da un'altra parte...”

Poi, mise la canna della pistola dentro la bocca.

I suoi occhi erano lucidissimi, alla stregua di limpide pozze d'acqua... Ed improvvisamente una visione apparve dinanzi a lei.

“Nonno, sei tu...”

Lo spirito di quell'uomo così gentile con lei era ancora lì, porgendole la mano. Loro due avrebbero vissuto insieme, lontani da tutte le sofferenze che lei aveva passato nella propria vita... Che bello...

Takano sorrise, piangendo come una fanciullina che aveva appena ritrovato i propri genitori. Era come se il suo cuore si stesse infine sciogliendo, tutti i suoi patemi si stavano dissolvendo. La sua anima si stava librando lontana dal corpo... Insieme a suo nonno, avrebbe vissuto il sogno che lei si era sempre augurata.

E quindi, premette il grilletto.

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A distanza di qualche chilometro dalla Clinica, l'uomo che aveva rapito Mion non ebbe il tempo di fuggire con il suo bottino. Altri due visitatori sgraditi avevano messo piede nel luogo in cui aveva duellato contro Alice.

Satoko e Satoshi erano stati messi in allarme da Rena. La ragazza dai capelli castani era infatti ancora ricoverata nell'Istituto, non si era ancora mossa da quel posto a causa della sua condizione di salute. Ormai era lì da molto tempo, ma per fortuna quello doveva essere l'ultimo giorno d'ospedale per lei, suo padre l'avrebbe presto portata a casa. Così, Irie le aveva spiegato quella mattina lui si sarebbe presentato molto presto nella sua stanza per un ultimo check up di routine, subito dopo aver visitato Mion e Giancarlo.

Era stato proprio l'inspiegabile ritardo del medico a far sorgere a Rena dei sospetti. Lei aveva un brutto presentimento, Irie avrebbe mandato qualcuno ad avvisarla di un eventuale contrattempo, perciò scendendo dal letto aveva preso la propria sedia a rotelle ed era andata alla finestra della propria camera, per guardar fuori. E da lì, aveva visto Mion mentre veniva trascinata via ed Alice mentre inseguiva lei e l'uomo che l'aveva rapita. Rena lo riconobbe, aveva già visto quel figuro scortare in un'occasione Megumi come un'ombra, e da quell'immagine ne aveva tratto le ovvie conclusioni; dunque, la ragazza si precipitò fino alla sala d'accoglienza per cercare qualcuno. Una volta là, si accorse che non vi erano ancora arrivati dottori, infermiere od impiegati, così prese il telefono in prima persona e chiamò la polizia per dare l'allarme.

In un secondo momento, dopo aver riagganciato e lasciato la reception, Rena si era resa conto di non riuscire a rintracciare né Irie né Takano, nelle varie stanze del piano terra, e quindi si era preoccupata anche per loro, giungendo però rapidamente alla conclusione che fossero sotto i suoi piedi, nel seminterrato. Quell'uomo infatti aveva Mion sulle spalle, quindi tutto doveva essersi verificato nella camera in cui lei era ospitata. Ma lì non avrebbe mai potuto raggiungerli, lei non poteva scendere le scale, non avrebbe mai più potuto farlo per il resto dei suoi giorni. Per di più dal piano sottostante non avrebbero mai potuto udire la sua voce anche se avesse urlato, loro erano troppo lontani e le mura dell'edificio erano insonorizzate. Se almeno avesse potuto mandare giù qualcuno per controllare la situazione, ma al momento non vi era ancora nessun membro dello staff a cui chiedere aiuto, quelli si sarebbero fatti vedere solo dopo una mezz'oretta buona; impossibile anche contare sulla collaborazione dei pochi pazienti che avevano già preso posto nella Clinica, tutti ottantenni rachitici condotti lì da figli e nipoti, i quali se ne erano andati subito al lavoro dopo aver parcheggiato là i propri parenti. Anziani che a malapena si reggevano in piedi... Individui privi di una qualsiasi utilità, come lei.

Maledicendosi per non essere in grado di assistere Irie o Takano, Rena aveva concluso allora che l'unica cosa che poteva fare per loro era aspettare gli altri medici. Volendo essere ottimisti loro sarebbero potuti arrivare prima del solito, ma lei era conscia che anche nel migliore dei casi lei avrebbe dovuto attendere una ventina abbondante di minuti: il resto del personale non era mai arrivato in anticipo alla Clinica, e non c'era motivo per pensare che quel giorno potesse essere diverso dagli altri. Era una vera disdetta, il fatto che Irie fosse solito entrare così presto, rispetto a tutti i colleghi. Lo scagnozzo degli zii non avrebbe avuto tutto quel tempo per mettere in atto il suo piano, altrimenti.

Rena non poteva fare nulla per quelli che erano rimasti nel seminterrato. Ma poteva fare ancora qualcosa per Mion ed Alice, che erano fuori. Quell'uomo era scappato dalla Clinica attraverso i boschi, una zona che Satoko aveva presumibilmente disseminato di trappole e congegni. La sua piccola amica conosceva bene la zona ed il suo intervento sarebbe stato decisivo... Però non doveva venire da sola, suo fratello sarebbe dovuto restare con lei. E quindi la ragazza decise di chiamare anche loro e con poche parole concise li mise al corrente di quello che era accaduto, pregandoli di andare a dare una mano ad Alice.

Fu proprio questa chiamata di Rena a far sì che i due Houjou si trovassero lì, di fronte a quell'uomo. Satoshi aveva corso a perdifiato nella direzione in cui avevano udito le grida della battaglia, e Satoko l'aveva seguito a ruota, giungendo al luogo dello scontro pochi secondi dopo di lui. Ma quando erano arrivati, non avevano potuto che constatare che tutto era finito. Alice stava distesa sul terreno, morta, nel mezzo di una pozza di sangue.

“Ali-chan...” pianse Satoko, rendendosi conto di essere venuta troppo tardi. Ma non era l'occasione di dolersi per la sorte della sua amica, colui che l'aveva realisticamente uccisa era davanti a loro. Trasportare il corpo di Mion non gli aveva permesso di correre veloce e quindi lui non aveva avuto il tempo di darsela a gambe senza essere visto.

“Accidenti...” commentò l'uomo, vedendosi negata ogni possibilità di fuga.

“Tu, non ti muovere! Sta fermo dove sei!” urlò Satoshi.

“E se non obbedisco?”

“La questione non è di decidere se obbedire o no.” esclamò Satoko “Semplicemente non hai altra scelta. Capisci, mentre Nii-Nii stava facendo capolino qua e ti distraeva, io ho fatto un giro da queste parti ed ho fatto un paio di tagli alle gomme della tua auto. Non puoi andare da nessuna parte, ora.”

Il loro nemico li adocchiò con un'aria gelida. “Tu hai deciso di mandare avanti il tuo compare e di non dirigerti qui subito, allora... Forse avete perso secondi fondamentali. Non credete che la vostra amica sarebbe ancora con voi, se voi non aveste fatto nessuna deviazione?”

L'acida critica dell'uomo intimorì Satoko, che sentendosi punta sul vivo abbassò gli occhi, chiedendosi se ciò fosse vero. Ma Satoshi venne in sua difesa: “Non accusare Satoko di qualcosa che hai fatto tu, adesso! Lei ha corso al massimo delle sue possibilità, ma sarebbe arrivata in ogni caso dopo di me, questo è normale. Non... Non potevamo evitare che questa morte avesse luogo.”

Non era un allegro modo di consolare quello del ragazzo, ma come osservazione aveva perfettamente senso. Satoko abbracciò grata il fratello.

“Già, forse potresti avere ragione.” ribatté l'altro “Tuttavia, vi sarà senz'altro chiaro come io non sia uno che scherza. Non sono qui per divertirmi, lasciatemi stare e non impicchiatevi, oppure il vostro destino sarà il medesimo di quello di questa povera ragazza.”

“Sai già quale è la nostra risposta. Questo invito è assurdo, non sta né in cielo né in terra.”

“... Sì, temo di sapere cosa avete intenzione di fare, signorina. Non vado matto per fare questo genere di cose, ma visto che ci tenete e mi obbligate a farlo...”

Per l'ennesima volta, era obbligato ad adagiare Mion sull'erba, ma diversamente da prima tenne il proprio coltello nella sua custodia, andando invece a prendere la spada di Alice che era ancora nelle vicinanze. La sollevò con una certa forma di rispetto, in quanto appartenente ad un nemico onorevole che ora non c'era più; ma al contempo era un'arma più lunga ed efficace del suo pugnale, una che poteva infliggere ferite mortali più facilmente, e con essa avrebbe potuto porre fine a quella storia più celermente. Senza scordare il fatto che i due ragazzini parevano disarmati.

Satoko, dal canto suo, stava viceversa cercando di capire cosa potevano combinare contro di lui. Malauguratamente il loro avversario non era incappato in nessuna delle sue trappole, in quanto al contrario di quanto Rena presumeva lei non ne aveva piazzata alcuna in quella zona. La bambina non aveva minato la zona intorno alla Clinica, temeva di ferire qualcuno dei pazienti, forse per un eccesso di prudenza visto che era improbabile che uno dei malati si mettesse a girovagare per i boschi. Ma anche se l'avesse fatto, il loro antagonista aveva tutta l'aria di essere qualcuno con grande esperienza, forte come un samurai proveniente dai tempi antichi. Avrebbe evitato ogni suo tranello con maestria. Ed ovviamente era fuori questione crearne delle altre sul momento.

Anche la probabilità di essere soccorsi dai propri amici era alquanto remota. Keiichi, Rika, Hanyuu ed i Sonozaki erano stati sicuramente avvertiti da Rena, ma sarebbe passato molto tempo prima che loro arrivassero, in quanto non conoscevano bene la zona come lei. I suoi compagni per esempio non sapevano che in tutta l'area c'era solo un posto dove si poteva nascondere un grosso mezzo di trasporto da usare successivamente, ecco perché Satoko aveva scovato il posto esatto così velocemente, conducendo là anche suo fratello. I loro rinforzi sarebbero arrivati molto più tardi, loro due si sarebbero dovuti arrangiare da soli.

Avevano comunque ancora una chance. Lei sapeva che Satoshi l'avrebbe protetta, offrendosi di combattere contro quel tizio anche ciò voleva dire affrontare a mani nude un tizio armato di spada. Ma lui non sapeva che la sorella aveva davvero un'arma con sé. L'ultimo dei suoi ritrovati, un esperimento che aveva raccolto da un cassetto appena prima di partire, sospettando che potesse tornare utile e prezioso. Però non l'aveva mai testata, quella roba... Ma non c'era più tempo per questioni di lana caprina. Alla malora le esitazioni ed i tentennamenti, l'avrebbe provata sul posto.

Trasse fuori un fazzoletto dalla tasca, e dopo averlo aperto ne consegnò il contenuto a suo fratello.

“Nii-Nii, ti prego, indossa questo.”

Nelle mani di Satoshi, era apparso un guanto, fatto su misura per la mano destra del ragazzo.

“Do... Dovrei mettermelo? Perchè...”

“Fallo subito, per l'amor del cielo! È la nostra sola risorsa. Se ci riesce di vincere sarà solo grazie a questo.”

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Satoko l'aveva intuito, Rena aveva chiamato tutto il gruppo per dare l'allarme. Quello che lei non poteva sapere però era che l'amica non era riuscita a parlare con ognuno. Nessuno aveva risposto, da casa Furude. Nessuno avrebbe mai avuto la forza di farlo, là.

Il cuore di Rika si stava come spaccando in due, straziando ogni brandello dell'anima della fanciulla. Tanto che lei aveva pregato Hanyuu di non prendere neanche la cornetta. Parlare con loro non sarebbe servito a un accidente, Rika sapeva che era ormai giunta la sua ora.

“Rika, non farmi questi scherzi!” la supplicò Hanyuu "Per favore, fatti forza!”

“Tu... ugh... Tu sai già che questa cosa non si può contrastare. Questo dannato sigillo di energia... Sta... sta per... Il dolore sta diventando insostenibile... Mi sa che...”

Rika tossì violentemente, sputando fuori grumi di sangue.

“Rika... Rika...”

Hanyuu non smetteva di piangere, battendosi il pugno sul petto e disperandosi per non essere in grado neppure di recare un minimo sollievo alla propria discendente. Tutto quello che poteva fare per lei era pulirle la faccia lercia di rosso con un fazzoletto. “Mi spiace di non avere più l'abilità di tornare indietro nel tempo con te, attiverei quella magia all'istante se mi fosse concesso farlo. Ma i miei poteri si sono indeboliti in tutti questi secoli, dopo tutte le volte in cui ho dovuto far ricorso ad essi... Mi dispiace, Rika, sono inutile come uno straccio usato...”

“Ma per piacere... Non mi seccare con questi nonsensi.” replicò l'altra, in agitazione “Sentirti cianciare queste stupidaggini mi sta rendendo questo momento anche più brutto di quanto non sia già... Però... Se sento questo dolore... Questo significa che Gi-chan è passato a miglior vita. Sono triste per lui, sinceramente... Ma la verità è che sono triste per tutti noi. Questa... E' questa la fine di tutto? Ve... Veramente...?”

Rika si sentiva morire. Quello che Ouka aveva posizionato nel suo corpo era entrato in azione, dopo che tutti i requisiti per la sua attivazione erano stati definitivamente soddisfatti, ed ora stava lacerando ogni fibra del suo povero cuore, il quale stava ora battendo in maniera incontrollata, sentendo di essere abbrancata dagli artigli della morte. La bambina sudava a più non posso, i suoi occhi e la sua bocca erano spalancati, le vene ed altre macchie scure risaltavano dalle sue sottili braccia. Si sentiva come se l'intero si corpo si stesse irrigidendo...

Lei si era quasi dimenticata quel genere di dolore. Il suo corpo era stato smembrato in così tanti mondi maledetti, ma ormai pensava che quella storia appartenesse solo ad un orrido passato. Tuttavia, ciò non le impediva di essere sarcastica “Forse... Forse è questo che le persone vivono durante un infarto... O quando si innamorano. Molto istruttivo, non c'è che dire.”

“Per favore non scherzare, Rika, almeno non in questo momento!”

“Che... che dovrei fare, dunque? Dammi... perlomeno il permesso di guardare in faccia il mio destino con dignità. Lasciami morire come voglio...”

Rika chiuse gli occhi.

“Non essere così cattiva! Abbi coraggio, resisti, troveremo un modo per farcela! Abbiamo già fatto un miracolo, te lo ricordi Rika?”

Rika non rispose.

“Rika, ti ho detto di non scherzare! Per l'amor di Dio, cerca di comprendermi, questo è un periodaccio anche per me, non farmi stare peggio del necessario.

Rika non rispose.

“Rika, dimmi qualcosa! Vuoi deciderti o no a degnarmi di uno sguardo?”

Rika non rispose.

Hanyuu continuò a parlare, urlandole nelle orecchie, spingendola con le mani per incitarla a replicare, ma stava cominciando a capire.

“Rika? Rika, Rika, Rikaaa! Rika, dimmi qualcosa ti ripeto! Non puoi farci questo! Rika..."

Rika non rispose, perché non poteva. Il suo cuore aveva cessato di battere, e quello davanti ad Hanyuu era ormai solamente un cadavere senza vita.

“Rika... Ri... ka... RIKAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!”

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Capitolo 49
*** ***



Capitolo 48



Nii-chan, sono io...

Per favore, ascoltami. So che riesci a sentirmi, anche qui.

C'è un'ultima cosa che io posso fare per te.

Il giorno in cui io e te siamo nati, tu hai salvato la mia vita. Te lo ricordi? Io ero morta, dopo il parto di nostra madre, ero morta prima ancora di poter piangere. Immobile come un bambolotto guasto da quattro soldi che trovi dal rigattiere. Ma poi, il mio cuoricino aveva magicamente ripreso a battere, senza un motivo... Ero come risuscitata, i dottori che ci attorniavano non sapevano dire che cosa mi fosse successo, non sapevano dare una spiegazione razionale, quindi non ce n'era proprio una, se ci fosse stata l'avrebbero trovata, non ho ragione? Ed allora, l'unica interpretazione che riuscii a dare a questa storia era il fatto che fosse stata la tua presenza, a trarmi in salvo. La mia anima stava abbandonando il mio piccolo corpo, e la tua ha reagito trattenendola e riportandola indietro.

Non sono mai stata del tutto convinta che la mia sopravvivenza fosse stata una buona cosa. Ci sono stati così tanti giorni grigi in cui desideravo di non essere mai venuta alla luce, ci sono state così tante notti scure in cui supplicavo la morte di venire a prendermi... Ma... Ma tu eri sempre lì, insieme ai nostri cari, insieme al mio fidanzato. Senza di voi la mia esistenza sarebbe stata un autentico supplizio, un inferno vivente.

Non riesco veramente a capire come siete stati in grado di non farmi sentire una persona disgustosa... Forse in famiglia siamo persone speciali, del resto ho sempre pensato che tu avessi una tempra fuori dall'ordinario... In fondo ce l'avevano detto in tutte le salse quando eravamo piccolissimi... Quel «Sympathiae Sanguis». Io non ci ho mai creduto, onestamente. Ma in fondo voi volevate che io fossi felice, esattamente come io lo volevo per voi. Ho sempre desiderato il meglio per te, per la mamma, per il papà, e quando Irie mi ha detto che saresti morto io desideravo così tanto di poter fare qualcosa da aggrapparmi ad ogni singolo granello di speranza. Ero pronta a convincermi di essere come una superdonna, come una strega vera e propria, pur di trovare la forza di affrontare quel figuro e salvare Mii-chan.

Eh, già. Quando ho combattuto con lui, coltello contro fioretto... Mi sentivo proprio strana, mi pareva di essere diversa dal solito, mi facevano male gli occhi. In quel momento avrei tanto voluto avere dei poteri speciali, avrei tanto voluto trarre in salvo tutti e rovesciare l'intera situazione. Anche se in realtà sapevo già che al massimo potevo far perdere tempo a quell'uomo finché non arrivavano gli altri. Beh, almeno quello l'ho fatto, il rapitore non è riuscito a fuggire... Però una volta raggiunto il mio obiettivo la mia volontà era come svanita, per un attimo non avevo più uno scopo concreto davanti e quella è stata la mia fine...

Lo so di essere un po' fuori di testa, ma il punto è che non ero poi così mogia, mentre lasciavo il mondo dei vivi. Può suonare assurdo, ma il giorno della mia morte è stato il più appagante di tutta la mia vita, per me. Ho dato la prova tangibile di non essere immondizia, alla parte di me stessa che mi odiava.

Tuttavia, il semplice fatto di aver portato a termine quello che mi ero prefissata non faceva di me una persona con poteri magici. Non ero una semidea, sarei una pazza se ritenessi di esserlo mai stata... Se fossi stata una persona così potente, sarei stata invincibile, Oyashiro-sama stesso sarebbe stato una nullità al mio confronto. Ed invece ho perso, diciamoci le cose chiare e tonde. Nessuno può essere imbattibile. Io non posso, tu non puoi, i nostri amici neanche.

Ma questo vuol dire che neppure i nostri nemici lo sono.

Ecco perché io non posso permettere che tu venga con me.

Io ero una ragazza normale. Non ero nulla di particolare, anzi... Sono stata debole e paurosa, in tutti questi anni... Ma perlomeno oggi sono stata capace di essere forte. E se io posso fare una cosa del genere, anche tu puoi.

Io voglio che tu rimanga quaggiù, con gli altri. Ci incontreremo un giorno, quando avrai goduto di una lunghissima vita e la tua anima serena andrà definitivamente al cospetto dell'Altissimo, ma non oggi.

Sarà il nostro piccolo miracolo privato. Gli altri ci hanno ripetuto più e più volte che un prodigio può avvenire, se tu lo desideri con tutte le tue forze. Un evento così estremamente improbabile, come vincere una sfida a testa o croce un milione di volte, ma non è del tutto impossibile... Però, per l'appunto, bisogna augurarselo. E io so che tu non volevi più vivere, prima di svenire preda di un peccato di cui tu non sei responsabile... Sono cosciente di quello che tu hai fatto l'altro ieri, a Mii-chan. E comprendo i tuoi sentimenti, i tuoi rimpianti, il tuo pentimento.

Eppure, sono sicurissima che tu sotto sotto voglia continuare a vivere. Continuare a vivere, ed assaggiare quella felicità che ti è sempre sfuggita durante l'intera nostra infanzia.

Lo so che è così. Ti conosco. Ero tua sorella, anzi, lo sono ancora adesso.

E quindi desidero che questo miracolo accada. Lo desidererò con tutta me stessa. La mia sola volontà... Diverrà così grande e sterminata da essere sufficiente per tutti e due. Non importa che tu non sia in condizione di volerlo, basta che lo faccia io. Prendo le tue veci, e faccio accadere questa grazia.

Perché io me lo auguro davvero, per te... Questo sarà il mio più grande desiderio. Quello che mi renderà felice fino in fondo, anche se non sarò più in mezzo a voi.

In tutti questi anni tu ti sei preso carico dei miei peccati e del mio dolore, cosa che io non avrei mai potuto fare... Ora io mi prendo carico delle tue speranze. Il mio spirito prenderà il tuo per mano, lo renderà potente e inarrestabile, e così ti guiderò per le vie di questo mondo. Perchè se c'è un fondo di verità in tutte quelle voci sulla magia nel nostro sangue... Allora ce la posso fare.

Ti sto portando indietro, fratello mio.

E dopo averlo fatto, noi due saremo costretti a dividerci, e camminare su sentieri divergenti.

Tu su questa terra, io da qualche altra parte.

È giusto così. E sarà così, perché lo voglio per te, e per tutti gli altri.

Ed allora ti prego, svegliati. Mostra a questa gente di che pasta sei fatto veramente.

Svegliati.

Ti prego, svegliati. In piedi.

In piedi, e buona fortuna, Nii-chan.

 

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Capitolo 50
*** In memoria ***



Capitolo 49: In memoria



Hinamizawa, 29 Febbraio 1984

Satoshi indossò lesto il guanto come Satoko gli aveva consigliato di fare. Un indumento di stoffa grezza, piuttosto pesante rispetto a tanti altri ad una prima occhiata simili; però sul dorso della mano il ragazzo sentiva stranamente freddo. C'era qualcosa di metallico, spigoloso come una specie di scatoletta di ferro, in quella parte del guanto... Non sembrava affatto un comune capo di vestiario. Però non capiva il senso di esserselo messo, l'altro aveva in mano una spada, quella di Alice, lui al contrario era sostanzialmente disarmato. Avrebbe dovuto fermarlo con un pezzo di stoffa?

“Che ci devo fare con questo?” esclamò infatti Satoshi. “Quello ci sta venendo addosso!”

“Nii-Nii, spicciati! Immagina di avere una palla da baseball in mano e di essere un lanciatore! Tiragliela in faccia, colpiscilo insomma!”

“Che cosa?”

“Muoviti, per l'amor del Cielo! O preferisci farti infilzare?”

Satoshi allora obbedì e strinse la mano destra come se stesse impugnando un oggetto con essa. E magicamente ebbe l'impressione che davvero qualcosa fosse comparso tra le sue dita, anche se non poteva vedere cosa visto che il suo pugno era ben chiuso. Però poteva percepire che si trattava di una cosa piccola ma insolitamente pesante per le sue dimensioni. Che genere di diavoleria aveva concepito questa volta sua sorella? Glielo avrebbe chiesto dopo ma perlomeno ora le parole della sorella stavano acquisendo un qualche senso, visto che adesso lui possedeva realmente qualcosa da scagliare. E poi anche se non era un gran lanciatore l'altro era ormai ad una ventina di metri, un bersaglio bello grosso più facile da mancare che da colpire. Così caricò il braccio, e tirò.

Una piccola sfera nera uscì dalla sua mano. Da dove spuntava mai? Sembrava una perla scura leggermente più grande di quelle che usualmente si vedono dal gioielliere, lucente e luccicante. Ed inoltre, produceva uno strano rumore... Simile a quello di un'aspirina o di una qualsiasi altra pastiglia effervescente che viene messa in un bicchiere d'acqua. Migliaia di bollicine infinitesimali di gas fuoriuscivano dalla biglia, facendola pian piano mutare di colore ed illuminare sempre di più...

L'altro individuo non era spaventato da quell'oggetto non identificato. Quello non era un proiettile, Satoshi non l'aveva gettato ad una grande velocità e lui poteva lucidamente distinguere la sfera mentre essa gli veniva incontro. Così sollevò prontamente la spada e la collocò in posizione verticale, in modo da impattare la biglia e dividerla in due parti perfettamente uguali, come se quella fosse una comune pallottola. Intercettarla con una prova di destrezza non fu un problema, e lui la colpì proprio nel mezzo.

Ma questo era proprio quello che Satoko si aspettava. Quando la pallina entrò in contatto con la lama metallica, una vampa di fuoco venne improvvisamente fuori da essa e le fiamme si abbatterono dritte sul malcapitato bersaglio, il quale fu obbligato ad indietreggiare ed inginocchiarsi per evitare quelle lingue di fuoco.

“Che...” si chiese lui, riprendendosi dallo shock.

“La mente umana ragiona in modo così bislacco, ogni tanto. Pensavi davvero che io fossi una tale ingenuotta? Non sono così scema da tirarti delle semplici biglie pensando di poterti fermare così. Per inciso, quella roba avrebbe reagito in quella maniera anche se si fosse scontrata con il tuo corpo invece che con la «tua» spada, o perfino se fosse finita sul terreno ai tuoi piedi... Quindi cercare di scansarla non serve proprio a una ceppa, mio caro.”

“Bel colpo” commentò Satoshi “Quindi non avevo neppure bisogno di essere troppo preciso, avevi calcolato tutto... Ma posso sapere come funziona questo marchingegno? Ci sono altre palline all'interno di questo guanto?”

“Ovviamente sì, anzi grazie per avermelo chiesto, ti devo dare le ultime istruzioni su come adoperare questa arma vera e propria!” Satoko fece l'occhiolino “Ogni volta che chiudi il pugno, una sfera si muove da un piccolo sacchetto sul dorso del guanto e va a finire nel palmo grazie ad una minuscola feritoia nel tessuto. Nii-Nii, tieni bene a mente che una volta estratta dal caricatore la biglia va tirata entro dieci secondi, perché come hai capito è rischioso tenerla troppo in mano. Quelle sfere sono composte infatti di due strati, ognuno dei quali reagisce con l'ossigeno dell'aria in un modo particolare. Il rivestimento esterno infatti si consuma poco a poco, rilasciando bollicine di gas, ed inoltre si distrugge facilmente tramite ogni contatto con un altro oggetto; quello esterno, invece, è una sostanza in polvere di mia creazione ed ha una reazione immediata...”

“...Andando ad esplodere con tutte quelle fiamme. Capisco...”

Satoko annuì. Quel marchingegno era il risultato di una lunga serie di esperimenti, forse sarebbe divenuto il suo capolavoro. Originariamente, il suo desiderio di sicurezza aveva fatto sì che lo strato esterno fosse spesso e non erodibile dall'aria: era progettata per rompersi solo quando colpiva qualcosa. Ma durante i primi test era saltato fuori che quell'involucro non era fragile a sufficienza e molte palline non esplodevano. Rendere quel rivestimento più sottile era però fuori di testa, la biglia poteva infrangersi e saltare in aria quando si trovava ancora nella mano del suo proprietario... Così le era venuta l'idea di un rivestimento robusto all'inizio che si indebolisce pian piano, e renderlo consumabile dall'aria sembrò la miglior soluzione. Una volta che lo strato interno fosse inserito sottovuoto all'interno del guscio non vi erano ulteriori ostacoli e dieci secondi erano un tempo di innesco accettabile, pure le normali bombe a mano avevano una procedura simile.

Piuttosto, c'era un altro problema. Il loro nemico era stato colto di sorpresa dopo quel colpo impossibile da prevedere, ma ora si stava rialzando. Non aveva ricevuto danni significativi, e questo perché Satoko aveva temuto a suo tempo di realizzare un'arma troppo potente e pericolosa. Ora invece quella rischiava di risultare troppo debole: “Pensavo che fosse più efficace contro bersagli vivi in movimento... Invece no... Avrei dovuto fare più prove, peccato.” concluse lei.

“Non ho tempo da buttare con voi...” sibilò la guardia del corpo, passando ancora all'attacco.

“Nii-Nii, ancora!”

Satoshi eseguì subito l'ordine, ed una nuova fiamma investì il loro avversario, che fu costretto a fare nuovamente un passo indietro. Si rimise però in piedi in un secondo e quindi li assalì in un lampo, prima di essere respinto dal fuoco di una terza biglia.

“Hey, Satoko.” si chiese Satoshi tra un colpo e l'altro, quando si rese conto che l'altro aveva smesso di attaccarlo per studiare meglio la situazione “Quante palline ci sono qua dentro? Non possono essere infinite!”

“Già...” replicò lei, vendendogli vicino e parlandogli a bassa voce per non farsi sentire dal loro nemico “C'è un'altra questione che va maneggiata con cura. Come ti ho detto prima, nel guanto c'è una piccola sacca, un contenitore in cui vengono alloggiate le sferette e da cui vengono prese una ad una. Però ogni busta contiene solo sei colpi e quello che stai usando ora è mezzo vuoto, adesso. Ma non ti preoccupi, ho altri sacchetti con me, non sono una sciocca.”

“Quanti ne hai presi?”

“Quindici, contando anche quello che stai utilizzando.”

Satoshi fece un rapido calcolo. “Allora ci sono rimaste in tutto ottantasette biglie. Non sono poche... Ma tra tre colpi dovrò ricaricare. Mi devi spiegare come.”

Satoko rispose eccitata “Basta che apri lo scompartimento sul dorso, vedrai che il sacchetto vuoto esce automaticamente, e poi ci metti quello nuovo nella stessa posizione. È un'operazione che viene naturale una volta che l'hai eseguita un paio di volte, non preoccuparti, ho disegnato il guanto in modo che fosse praticissimo da usare.” La bambina sembrò quindi assumere un atteggiamento pensieroso, poi aggiunse: “Per favore non arrenderti al primo intoppo. Queste pallottole hanno meno potenza di fuoco di quello che presumevo, ma ce la faremo. Tu assicurati solo che quello non riesca ad avvicinarsi a noi!”

Satoshi fece quello che la sorella lo pregava di fare, e con un paio di colpi ben assestati respinse il loro avversario, costringendolo ad allontanarsi. Successivamente, rendendosi conto che non c'erano più munizioni dentro la sua arma, usò l'apertura che Satoko gli aveva indicato per eliminare la sacca vuota ed inserire quella piena, appena consegnatagli dalla sua partner di lotta. In effetti quei sacchetti assomigliavano a delle bustine di zucchero, solo che erano un po' più larghi: custodie che aderivano al buco nel dorso del guanto senza alcun problema, e l'intera procedura di sostituzione durò meno di due secondi. La sua sorellina sapeva come costruire strumenti che funzionassero al meglio.

L'effetto collaterale, tuttavia, fu che anche l'altro aveva assistito a quella scena. La guardia del corpo aveva appena scoperto che la loro arma richiedeva di essere ricaricata dopo un certo numero di spari, volendoli chiamare così, e quindi avrebbe provato a sfruttare a proprio favore quel difetto di progettazione. Dopo tutto l'uomo non aveva altra scelta, doveva rendere quei due ragazzi incapaci di dargli fastidio, altrimenti non sarebbe riuscito a portar via Mion senza delle ennesime seccature. Lui non poteva che attaccare ed attaccare, avvicinandosi, usando la spada come scudo per deviare la traiettoria delle biglie incendiare e procedendo ogni volta all'indietro o di lato per non farsi ustionare da eventuali fiamme sprigionate dalle sfere stesse; quindi, ripetere il tutto per fargli consumare tutti i colpi. Il suo obiettivo ultimo diventava essere vicino a sufficienza nel momento in cui Satoshi doveva cambiare il sacchetto, e neutralizzarlo prima che potesse tirargli delle nuove biglie.

Così, non appena il ragazzo finì ancora le palline, la guardia del corpo fece uno scatto e in un lampo gli era addosso, pronto a troncargli di netto il braccio con la spada. La lama acuminata si scagliò sul corpo del malcapitato giovane, rapida ed implacabile, e Satoshi fu capace di schivarla in tempo solo perché in quel punto il morbido terreno celava una buchetta naturale, dentro la quale era andato ad affondare il piede dell'aggressore. Il suo assalto era stato rallentato da quel colpo di sfortuna e non poté quindi evitare il calcio che il ragazzo biondo gli diede al corpo, in maniera da spingerlo lontano per il tempo sufficiente per ricaricare.

Ma ora? Aveva a disposizione altri sei colpi, ma che si sarebbe inventato una volta che non li avrebbe più avuto? Quel malvagio avrebbe riprovato, e Satoshi non poteva sempre contare sulla propria buona stella. Satoko dovrebbe provare ad escogitare qualcosa, mentre io lo tengo occupato...

Nel frattempo, altre quattro sfere esplosive erano già state lanciate. Il suo antagonista lo stava pressando, sperando in qualche sua ingenuità od in qualche errore che potesse risultargli fatale. Ed ora gli si stava nuovamente facendo sotto minaccioso. Satoshi preparò il colpo, e sparò la quinta pallottola, facendo indietreggiare l'uomo di un paio di passi.

E adesso? L'altro era a pochi metri da lui ed era fermo, stava visibilmente attendendo che lui sprecasse il sesto ed ultimo proiettile. E quindi...

“Nii-Nii, ricarica!”

La voce argentina di Satoko lo scosse da quel torpore, e Satoshi si stupì di vedere un altro sacchetto pieno nella mano sinistra. Era stata sua sorella a porgerglielo... Un'ottima idea, in effetti, e sia Satoshi che la guardia del corpo capirono all'istante in cosa consistesse quel suggerimento. L'uomo sprintò verso di lui agitando la spada, ma il giovane fu più lesto e fu in grado di posizionare la nuova sacca prima di essere sfiorato dalla lama. L'altro fu costretto a rinculare l'ennesima volta, per non farsi travolgere dalle fiamme, e li guardò con uno sguardo decisamente alterato, sentendosi comunque beffato dalla trovata di una ragazzina.

“Eh, eh, non sei obbligato a tirar fuori quello vecchio solo quando l'hai del tutto svuotato, Nii-Nii” commentò la bimba “Puoi anche buttare il caricatore quando ci sono ancora dei colpi dentro. Vale lo stesso anche per le pistole normali, perché questo dovrebbe essere diversi? Magari abbiamo sprecato un colpo, ma il gioco è valso la candela, direi, abbiamo guadagnato dell'altro tempo, e questo qui ha capito che non ci può approcciare alla leggera, noi dobbiamo essere presi sempre con le molle...”

La loro ormai era in tutto e per tutto un combattimento a livello strategico, più che a livello di mera abilità. Satoshi talvolta cercava di sorprenderlo lanciando due o più proiettili di fila oppure aspettava dei momenti opportuni, e scagliando l'ultimo del gruppo di sei in situazioni particolari e assolutamente fuori dall'ordinario: per esempio, usava spesso la sesta biglia subito dopo la quinta, per spingerlo ad allontanarsi di più e non dargli il tempo di colpirlo con la spada. Satoshi, comunque, si teneva generalmente sulla difensiva, si trovava un po' più comodo in quella posizione. Gli bastava tenerlo distante.

In quanto al loro nemico, egli stava ora aspettando delle circostanze più propizie. In fin dei conti loro dovevano ricaricare ogni sei colpi, e quei sacchetti non potevano durare in eterno, prima o poi dovevano finire. Lui non poteva perdere troppo tempo, ma forse era meglio restare a distanza di sicurezza da quella coppia, quindici-venti metri, in maniera da non riportare danni significativi. Una volta terminate le loro munizioni sarebbero stati in suo potere...

Ma contemporaneamente, lui non voleva che quel momento arrivasse. Si sentiva a disagio. Quei due giovani, esattamente come la loro compagna prima... Stavano resistendo strenuamente al torto che anche lui stava perpetrando nei loro riguardi. Loro stavano facendo ciò che era nei loro mezzi, credendo fermamente in quello per cui combattevano. Diversamente da lui. La guardia del corpo cominciò a pensare di essere dalla parte sbagliata, di stare al fianco del Male. Lui non intendeva essere un cattivo, commettere azioni orribili... Però d'altronde lui non poteva nemmeno arrendersi così, senza neanche opporsi a loro. Il suo onore sarebbe stato irrimediabilmente compromesso da un comportamento del genere, avrebbe perso ogni forma di rispetto da parte degli altri, ed anche da parte di se stesso. Lui avrebbe alzato bandiera bianca solo di fronte ad un rivale più forte di lui... E forse quel ragazzo poteva rivelarsi così forte da riuscire in questo miracolo... Una speranza impronunciabile era apparsa nella testa di quella persona così tormentata dai rimorsi di coscienza.

Satoshi non poteva sapere del turbine di emozioni che circolava nel cuore dell'uomo. La sua mente sperava solo che il baccano prodotto dalle dozzine di esplosioni fosse un richiamo sufficiente affinché gli altri li localizzassero e li raggiungessero, ma questa fiducia stava man mano scemando con il passare del tempo. I loro amici non si facevano vivi, evidentemente avrebbero dovuto batterlo contando solo sulle loro forze...

E poi Satoko si era come acquattata per terra, al riparo dallo scontro. Da lì il fratello non riusciva a vedere che cosa stesse facendo, era troppo impegnato a tirar biglie infuocate per prestare attenzione agli strumenti da lavoro che erano comparsi accanto a lei. La sorella si limitava a dargli nuovi sacchetti quando lui ne aveva bisogno, ma a parte questo se ne stava inebetita in quella posizione e non gli dava nemmeno consigli su come e quando usare l'arma che lei stessa gli aveva affidato. Come Signora delle Trappole, lei era sicuramente più adatta di lui ad adoperare quella specie di lanciagranate giocattolo, Satoshi invece aveva ogni volta dei dubbi, pensava di star tirando le sferette sempre negli istanti sbagliati...

Insomma, il ragazzo non riusciva a comprendere che cosa stesse concertando lei, tutto quello che lui riusciva a fare era scagliare nuove palline, sostenendo anche l'indolenzimento del braccio che iniziava a complicare il tutto. Non era abituato a quel genere di sforzo, lui si era sempre allenato da battitore, non da lanciatore, però doveva fare buon viso a cattivo gioco, di alternative non ce n'erano. Al momento, lui poteva usare ancora quattro sacchetti pieni, doveva dosarli saggiamente però non era ancora a secco, ed...

“Nii-Nii, dopo questa ci è rimasta solo una sacca!” lo avvisò Satoko a voce alta, porgendogliene una.

“Eh? Come, una sola? Di già?” Quella notizia giunse come un fulmine a ciel sereno. Doveva aver perso il conto, era sicuro di aver ricaricato al massimo una decina di volte, non gli sembrava di aver usato così tanti proiettili... Forse si era autoingannato, nel suo subconscio desiderava avere ancora molti colpi a sua disposizione e quindi si era immaginato di averne consumati meno di quanto non fosse in realtà. Una sorta di autosuggestione che gli aveva giocato un brutto scherzo.

Ma alla fine gli erano rimasti allora solo dodici colpi, non ventiquattro. Non poteva usarli a caso, doveva adoperarli con parsimonia. Tuttavia, la guardia del corpo insisteva nell'avanzare, tutte quelle fiamme gli avevano solo bruciacchiato la pelle della mano ed i lembi del cappotto, ma non aveva riportato danni importanti, così poteva attaccarli al massimo della sua forza, inducendo Satoshi a cercare di far di tutto per allontanarlo, ancora, ed ancora, ed ancora... Prima ancora di accorgersene, il ragazzo aveva consumato tutto il penultimo sacchetto, e quindi non gli rimase che fare ricorso a quello dopo.

Passarono pochi secondi ed altri tre colpi se ne erano andati. Il suo avversario aveva evitato due sfere e si era riparato dalla terza con l'aiuto della propria spada. E così era libero di avanzare verso di loro. Ormai l'aveva capito, le ultime parole della bambina lo avevano insospettito ed ora ne aveva avuto la conferma: Satoshi era ormai a corto di palline, e vederlo così esitante gli faceva estremamente piacere.

“Dai, perché non lanci più nulla? Sto arrivando, non vedi? Oppure hai paura di usare i tuoi ultimi colpi in canna?”

“S-S-Satoko, che cosa dovrei fare?” esclamò il giovane, nel panico.

“Non è che tu abbia questa gran scelta, Nii-Nii” replicò flemmatica Satoko, ancora inginocchiata “Continua a colpirlo, ma non sciupare le ultime biglie.”

“C-ci provo...” Satoshi usò istantaneamente un proiettile, l'altro si era fatto loro davvero troppo vicino e lui aveva assoluto bisogno di farlo ripiegare. E pochi attimi dopo anche il colpo successivo era stato espulso dalla sua mano.

Satoshi non sapeva davvero che pesci pigliare, adesso. Si ricordava che in giro c'era ancora un sacchetto con una biglia dentro, era quello che Satoko gli aveva fatto buttare via in precedenza, per prendere in controtempo la guardia del corpo... Ma dove era andato a finire? C'erano molte buste ai suoi piedi e lui non poteva riconoscere quella non del tutto vuota. E naturalmente non poteva perdere tempo a cercarla, sarebbe stato un facile bersaglio.

L'uomo ora correva veloce contro di loro, un'altra volta. Non si poteva fare altrimenti, il giovane doveva agire in fretta. Strinse il proprio pugno destro ancora, e sparò.

Un'altra fiamma apparve, ed il suo nemico fu costretto a balzare all'indietro. Ma ora stava ridendo soddisfatto. Aveva capito che quello era il loro ultimo colpo.

“SATOKO!” gridò Satoshi, girandosi verso la sorella “E ADESSO CHE FACCIAMO?”

“Adesso facciamo questo!” replicò lei, rialzandosi repentina e spiaccicandogli in mano qualcosa.

Satoshi spalancò gli occhi. Non ci credeva.

“Un altro... sacchetto?”

Si trattava di un altro sacchetto, in effetti. Una bustina uguale a quelle precedenti, con la differenza che uno dei due lati era coperto da un sottilissimo strato di plastilina.

“Ma... Prima non mi avevi detto che...”

“Credi che ci sia tempo per le spiegazioni, qui? Non stiamo mica bevendo una tazza di tè con gli amici, qua! Datti una mossa a ricaricare, e assicurati di tenere la parte con la plastilina in alto in modo da non imbrattare niente. Quindi mira e spara, subito!”

“Roger!” rispose Satoshi, che però non aveva capito bene che diamine stesse tramando la sorella. Cercò di inserire la nuova sacca nella tasca sul dorso, non senza qualche difficoltà, in quanto la plastilina rendeva il tutto più alto e quindi era più complicato richiudere il guanto. Però infine ce la fece e si voltò verso il nemico, il quale a sua volta non stava capendo più nulla. La guardia del corpo non riusciva a venire a capo di quello che i due fratelli stavano facendo, e pur di mettere fine a quella vicenda si scagliò allora verso di loro, roteando la spada sulla propria testa come una scimitarra e volando su di loro come un angelo della morte. Il suo aspetto era terribile e maestoso, reso ancora più funereo dal Sole che era giusto dietro di lui e che lo risaltava con le sue luci e le sue ombre. La lama che impugnava era ora a meno di un metro dalla gola di Satoshi, e l'uomo stava pregustando il gusto del sangue che sarebbe sgorgato dal collo del ragazzo... Alla fine, quella speranza nascosta che lui nutriva inconsciamente sembrava destinata a rimanere incompiuta... Lui doveva vincere, quei due sarebbero morti, esattamente come la loro amica...

Ma Satoshi fu in grado di stringere la mano a pugno, sentendo anche male a due dita, e riuscì a sparare un attimo prima di morire.

Un altro sparo.

Un'altra fiamma.

Ma questa volta, fu molto più violenta e devastante. Con un urlo dolorosissimo, l'uomo fu scaraventato lontano, con il braccio destro pesantemente ustionato. La spada volò via a sua volta ed atterrò a diversi metri da loro, mentre il fuoco prodotto dalla sfera fu così intenso da spingere Satoshi a prendere Satoko e proteggerla con il suo stesso corpo, mentre la prendeva e la portava via.

“Stai bene?” chiese alla sorella, dopo che tutto era finito.

“Sì, nulla di rotto.” rispose lei, mentre suo fratello la stava posando a terra. “Quel fuoco danneggia veramente solo i bersagli che entrano a contatto con la sfera ed il materiale infiammabile, le fiamme di per sé scottano solamente un poco. Noi eravamo ad un metro da lui, una distanza che basta ed avanza per rimanere praticamente intonsi. Ma ora ricarica, per piacere.” Gli diede un'altra bustina, prima di andare a raccogliere la spada. “Quel sacchetto ha cinque proiettili come quello che hai appena usato, sta attento... E non dimenticare che quello ha ancora il suo pugnale, Nii-Nii. Questo è ancora pericoloso.”

“Questo... Non è esatto...” replicò la guardia del corpo, che nel frattempo si era rialzato con immane fatica. “Il coltello lo tenevo sotto la manica del mio braccio destro, ma ora non so neanche dove si trova, l'onda d'urto l'ha fatto schizzare da qualche parte.” Satoko diede un occhiata in giro ed in effetti individuò il pugnale che era finito non lontano dalla spada. Quindi raccolse entrambe le armi e scrutò l'uomo che stava malinconicamente sorridendo “A vedere come vi comportavate ero sicuro che voi non aveste più proiettili, ed invece avevate conservato il meglio per il gran finale. Me l'avete proprio fatta... Sono stato uno stupido, ho meritato di perdere...”

“Francamente Satoko ha ingannato pure me. Sorellina, perché mi avevi detto che avevo pochissime biglie da lanciare, quando non era vero?”

“Non avevo intenzione di mentirti... Non volevo che tu usassi troppo in fretta quelli che avevi a disposizione. Avevo bisogno di ritagliarmi qualche secondo di tempo per fare una cosa.” La bambina prese un sacchetto vuoto che aveva riposto in una delle sue tasche, e lo lasciò cadere sul terreno insieme agli altri “E' una vera fortuna che abbia portato con me il mio kit di emergenza... Così ho preso in prestito due delle buste di palline che avevi, Nii-Nii.”

“Ah, ecco. Adesso comprendo perché i conti non mi tornavano, prima.” Satoshi guardò il gruppo di buste vuote rimaste per terra, e contandole si avvide che effettivamente ce n'erano solo quattordici, e non sedici come sarebbe dovuto essere. Togliendo quello «speciale» che gli era stato dato all'ultimo secondo, ne veniva fuori che lui aveva usato solo tredici sacchetti normali dei quindici complessivi.

“Oh, te ne eri accorto allora...” commentò Satoko, mal celando la propria soddisfazione. “Vedi, dopo aver preso i due sacchetti pieni, ho usato una siringa per forare la confezione ed estrarre delicatamente l'esplosivo dalle singole palline di una delle due buste. È un'operazione da compiere con le pinze, devi tenere le sferette nel sacchetto senza estrarle, e poi prendere l'esplosivo stando attento a non fare entrare l'aria nella bustina, altrimenti gli strati esterni delle varie sfere si sarebbero consumati a contatto con l'ossigeno e quindi sarebbero finiti col saltarmi in aria tra le mani. Adesso capisci perché ho cercato di guadagnare un paio di minuti.”

“Quindi è per quello che hai coperto il tutto con la plastilina. Per sigillare tutti i fori che hai fatto con la siringa.”

“Certo. Fai un buco con la siringa, estrai l'esplosivo dalla prima biglia, richiudi subito prima che entri troppa aria e via con le successive. A quel punto, una volta recuperato tutto il materiale dal primo sacchetto, lo inietti dentro le biglie del secondo... Quindi ogni pallina finisce per contenere il doppio della quantità solita di esplosivo. Dentro le palline viene a crearsi una pressione notevole, e quindi l'effetto finale viene più che triplicato, come hai avuto modo di constatare.”

“Tutto chiaro... Ma non era un po' rischioso per te, anche con tutte queste precauzioni? Hai corso un serio pericolo, maneggiare quella roba instabile...”

“Lo so bene, ma era mio dovere provarci. Se è per quello ho messo nei guai anche te. Se qualche cosa fosse andato storto tutto il guanto sarebbe esploso e ti saresti fatto molto male al braccio. Forse avresti addirittura perso la mano destra... Ma dovevo tentare. Se avessi potuto ci avrei pensato io ad indossare quell'arma, ma le mie braccine sono troppo gracili per tirare bene degli oggetti a distanza sufficiente, e poi il guanto in sé era stato cucito su misura per te. E in quanto a te.” Satoko si girò verso il tizio dolorante “Abbiamo ancora cinque proiettili identici a quello che ti ha preso in pieno, quindi ti suggerisco di gettare la spugna o le conseguenze saranno a dir poco pesanti, per te. Se una di quelle biglie potenziate ti prende la testa o una parte vitale del corpo potresti anche rimanerci secco... Non avrei mai voluto arrivare a questo punto, ma mi hai costretto tu.”

“Non ti crucciare per questo, signorina.” rispose lui “Questa è la guerra, e noi siamo suoi soldati. Essere feriti a causa di uno scontro fa parte del gioco, lo si accetta facilmente, e poi arrendersi ad un nemico leale e di valore non è disonorevole. Ti sei presa la tua vendetta per la dipartita di quella ragazza.”

“Spiacente, ma non è per questo motivo che combattevamo.” replicò Satoshi “Se fosse stato così, allora la morte di Alice-san sarebbe stata bilanciata solo dalla tua. Invece tu sei ancora in vita... La sua battaglia ha permesso a noi di intraprendere la nostra, ma non desideravamo di... di reagire a questa perdita spillando altro sangue. Noi non siamo killer come te, e come quelli che hai fiancheggiato fino ad oggi.”

“Ah... Evidentemente il vostro modo di ragionare è l'opposto del mio. Durante una guerra, questo genere di riflessioni sull'utilità della morte altrui non ha modo di esistere, di solito.”

“Stai parlando come un guerriero proveniente dai tempi antichi, proprio.” osservò Satoko, mentre lo legava con una fune robusta in modo che non potesse sfuggire loro, ma evitando contemporaneamente di fare troppo male al braccio ustionato “Io però ho sempre pensato che i vecchi samurai preferissero il suicidio piuttosto che ammettere una sconfitta.”

“Eh, sì, in teoria dovrei obbedire al mio padrone fino alla morte... Questo sarebbe il mio senso del dovere, il mio bushido, tuttavia... Tuttavia... Io ho paura di quello che il mio signore sta tramando...” La coscienza di quell'uomo stava infine prendendo il sopravvento, piegando anche la sua volontà. Quello non era cattivo.

Satoshi lo aiutò a rialzarsi. “Ne discuteremo dopo, ci sono molte questioni di cui dobbiamo discorrere insieme agli altri.”

“Beh, non conosco molto delle congiure del mio padrone, disgraziatamente. Ne so meno di quanto vorrei dirvi. Lui mi ha sempre tenuto all'oscuro dei suoi intrighi, tutto quello che posso dirvi sono sospetti, timori...”

“Sono già qualcosa. Ogni brandello di informazione è fondamentale, per noi. Ma ora torniamo alla Clinica, dobbiamo medicarti un poco e poi dobbiamo avvertire la polizia.”

“Mi sembra giusto...” La volontà di combattere della guardia del corpo era totalmente svanita, così Satoshi poté anche raccogliere il corpo di Mion per riportarlo indietro, senza temere che il loro prigioniero si ribellasse per scappare. Tanto che, in forma confidenziale, Satoko osò chiedere: “Possiamo sapere il tuo nome? Vorrei chiamarti in un modo diverso da un semplice tizio.

“Come desideri... Io sono Mamiya Takeshi.”

“E noi siamo la famiglia Houjou. Piacere di fare la tua conoscenza.” Satoko non poteva spiegarsi come mai però, anche se le loro convinzioni erano opposte, lei rispettava quell'individuo. Lui emanava un'aura di dignità, aveva il volto di un uomo d'onore trascinato in quella vicenda solo dai vincoli di ubbidienza che aveva con quel vile di Goemon. Lui non avrebbe voluto commettere quello che aveva commesso, e la fanciulla aveva voluto mostrare di apprezzare quei sentimenti combattuti. Non fosse stata legata, la guardia del corpo sarebbe sembrata un padre di famiglia che conduceva i figli a fare una passeggiata.

Al punto che dopo pochi secondi, Mamiya aggiunse un'altra cosa: “Signorina, posso ringraziare te e tuo fratello?”

“E... per cosa?”

“Perché sconfiggendomi mi avete fermato. Io non voleva segnare il mio sentiero di tutte queste morti... Quando mi sono battuto contro di voi, e contro quella ragazza... Mi sentivo come se stessi facendo la cosa sbagliata. Non potevo trovare l'ardire di disobbedire al mio padrone, ma qualcosa dentro di me mi stava urlando a voce sempre più alta che avrei fatto meglio a lasciar perdere. Ero troppo legato al mio... senso dell'onore, ed anche ai miei padroni, ero troppo debole per trovare la forza di agire di testa mia. È assurdo, lo so, un bravo guerriero non dovrebbe essere influenzato da questo genere di fragilità emotive nel bel mezzo di uno scontro, a meno che non voglia morire in battaglia. Però sentivo il bisogno di essere battuto, di essere arrestato, in modo da terminare questo mio percorso di follia. Cercavo un rivale forte abbastanza da bloccarmi... Potrei dire che il mio onore è salvo, così, e ora che le mie mani sono tenute ferme da questa corda esse non si macchieranno di altro sangue.”

“Gli adulti sono tutti pieni di contraddizioni, lo sai certamente anche tu, non rimproverarti per questo. Ma quindi ti stai pentendo di quello che hai fatto?”

“No, questo non è corretto. Ho giurato di obbedire ai miei padroni per quanto mi fosse concesso, pertanto non biasimo me stesso per avere seguito i loro comandi. Sto solo dicendo, che non mi piaceva molto quel che stavo facendo, e che non sono troppo rattristato di non poterlo più fare. Se solo quella vostra amica non fosse morta... Non avrei potuto desiderare epilogo migliore, per me.”

Nè Satoko né Satoshi riuscivano a venire a capo di quel discorso che a loro suonava quasi insensato. Loro non potevano ricordarlo, ma nel mondo precedente, quando Keiichi era andato al Maniero per convincere Oryou a dare il suo appoggio per salvare Satoko da Teppei, la vecchia leader dei Sonozaki si trovava nella stessa situazione di Mamiya. L'anno prima, la vecchia signora sapeva bene che non perdonando gli Houjou faceva la cosa sbagliata, ma d'altro canto temeva di perdere il rispetto del villaggio, se avesse dato il proprio beneplacito a quel branco di mocciosi. Oryou non era sufficientemente coraggiosa, lei sapeva solo muoversi nel modo in cui il suo ruolo le ordinava di comportarsi, e quindi aveva bisogno di un «avversario» vigoroso che fosse in grado di prendersi ogni responsabilità e di imporre la propria volontà su quella di ogni altro essere. Allo stesso modo, adesso anche l'uomo di fronte a loro richiedeva una persona forte che potesse rompere quei vincoli di convenienze, quelle catene invisibili che non si potevano rompere con incudine e martello.

Satoko non poteva comprendere questo, era troppo piccola per ora. Pertanto, si girò solo alle proprie spalle, verso il corpo esanime di Alice. Non potevano prendersi sulle spalle il suo cadavere, per il momento, Satoshi si era già caricato Mion mentre il braccio bruciato di Mamiya non gli consentiva di trasportare grossi pesi. Tutto quello che potevano fare per la loro amica era andare alla Clinica e dire ai medici quello che era stato di lei. E poi, informare i loro genitori di quello che era successo ai loro figlioletti. Due morti una a ridosso dell'altra, nello stesso giorno o quasi, senza che la loro famiglia potesse muovere un dito per aiutarli... Satoko sapeva molto bene cosa significava perdere i propri cari, ed era dispiaciuta per i rimorsi e le pene che il loro padre e la loro madre avrebbero vissuto. Probabilmente sarebbe stata Flavia a sobbarcarsi l'onere di telefonare a casa loro, una chiamata amarissima che avrebbe acuito il suo dolore. Forse lo shock per la notizia avrebbe addirittura rischiato di farle perdere il bambino che aveva in grembo... Avrebbero dovuto usare il massimo tatto, nel dare a Flavia quella triste notizia. Satoko sperava di poter evitare un aborto spontaneo, almeno quello, però era conscia che in ogni caso quello che attendeva tutta la famiglia Serco sarebbe stato un altro, terribile periodo della loro vita.

Compartecipazione della sofferenza a parte, nondimeno, non c'era nulla che Satoko e Satoshi potevano fare per loro, ora. Così, la bambina si sedette sull'erba accanto alla testa immobile della ragazza, accarezzandone i capelli con le dita e ripulendone il volto dalle macchie di sangue che lo stavano ancora sfregiando. Una volta fatto ciò, si rialzò e tornò dagli altri che si stavano recando all'Istituto Irie, indirizzando nel contempo una preghiera ad Oyashiro-sama per l'anima di Alice.

~-~-~-~-~

Ma le orrende notizie non erano ancora finite, per Satoko. Dopo aver aperto il portone d'ingresso della Clinica ed essersi assicurata che Mion fosse assistita a dovere, la fanciulla era andata dritta da Rena, sempre seduta sulla sua sedia a rotelle, mettendola al corrente di quanto accaduto. Una volta che lei ebbe concluso il suo rapporto, però, la sua compagna dai capelli castani le aveva risposto affermando di aver effettuato decine di telefonate a Rika, senza però che nessuno avesse mai risposto. Se non ci fossero stati problemi a casa Furude, Rika o Hanyuu avrebbero preso la cornetta per dire che andava tutto bene, così invece era chiaro che qualcosa di serio non andava.

“Oh, mamma, sta storia non finisce più...” si lamentò Satoko, allargando le braccia per la frustrazione.

“Rena si sta mettendo nei tuoi panni, ma non possiamo fare altro. Dobbiamo mandare voi. Gli altri sono probabilmente ancora nei boschi, devono ancora tornare e non c'è modo di contattarli. Avremmo dovuto dare loro delle trasmittenti, però nella fretta non ci siamo premuniti... Tant'è, per favore, andate. Rena ormai è pessimista a prescindere, e rapire Mii-chan da qui potrebbe essere stata solo un'esca per poter mettere le loro mani su Rika-chan indisturbati... Non vi preoccupate, dirò ai nostri amici che state bene e dove siete andati. Grazie a Dio almeno lo staff della Clinica è arrivato ed Irie-sensei ha finalmente recuperato dallo svenimento, l'ho visto mentre gli stavano curando un brutto bernoccolo. Pensate, mi hanno detto che in questo momento stanno perfino cercando di sfondare la porta della stanza di Gi-chan, giù al seminterrato... Non sanno perché ma pare che qualcuno l'avesse chiusa a chiave, dopo il sequestro di Mii-chan.”

Sembrava ci fossero ancora nubi scure, all'orizzonte. Satoko sospirò: “Bene, se devo proprio farlo... Andiamo, Nii-Nii, accompagnami a casa di Rika. Non è il periodo adatto per andarsene a zonzo da soli, per le vie di Hinamizawa.”

Satoshi obbedì, ed i due uscirono di nuovo dalla Clinica lasciandosi alle spalle un certo trambusto, sperando che almeno questo funesto presagio non fosse fondato.

 

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Capitolo 51
*** La cinquantatreesima carta ***



Capitolo 50: La cinquantatreesima carta



Hinamizawa, 29 Febbraio 1984

Non c'erano campanelli accanto all'ingresso della casa di Rika. Non ce ne sono mai stati, la sua abitazione era piuttosto vecchia, le mura non erano state dotate di quel marchingegno ed ogni visitatore che si presentava lì doveva annunciare il proprio arrivo a suon di urla o colpi contro la parte, stando attento a non picchiare per errore la porta scorrevole troppo fragile per resistere a delle botte forti. Ovviamente, in questo modo per i proprietari della casa era più difficile accorgersi che c'era qualcuno che voleva parlare con loro.

Dunque, quando Satoko e Satoshi gridarono i nomi di Rika ed Hanyuu più e più volte senza ricevere risposta, essi sperarono che quel silenzio fosse solo dovuto al fatto che le due bambine non li avessero sentiti. In particolare, il maggiore degli Houjou continuò a picchiare con la mano sullo stipite, mentre la sorella chiamava ad alta voce le sue due piccole amiche, ma quella casa sembrava veramente vuota. E conseguentemente i due fratelli cominciarono ad essere in pensiero sul serio. Rika ed Hanyuu potevano comunque non essere lì, ma allora dove erano finite? Non più di due giorni fa il preside aveva permesso loro di assentarsi dalle lezioni per qualche tempo, una vacanza straordinaria che via via si sarebbe prolungata finché quella situazione di emergenza non fosse stata risolta, pertanto non erano a scuola. Inoltre, Rena aveva telefonato loro quando era mattina presto e anche lì nessuno si era fatto vivo al ricevitore, quindi già in quel momento le due Furude erano «sparite»... Perché lasciare la loro casa all'alba, allora? A scuola non erano, a casa dei loro amici non erano, al Tempio non erano... prima di andare a casa di Rika, Satoko aveva fatto una capatina anche là per controllare che non ci fosse qualcuno. Ovviamente anche quella zona era risultata spettralmente vuota, invece, e quindi non rimaneva che provare e riprovare lì, in quella piccola casetta dall'aspetto dimesso. Anche se dopo quindici minuti di urla e tentativi sembrava tutto fiato sprecato.

“A questo punto dovremmo entrare” propose Satoshi “Hai ancora con te la chiave d'ingresso?”

“No che non ce l'ho.” rispose Satoko, sconsolata “Avevo preferito rendergliela dopo essere tornata a casa nostra, temevo che fosse scortese da parte mia tenere in tasca le chiavi di qualcun altro senza permesso. Qui io ero solo un'ospite, tutto sommato, non ero certo la padrona.”

“Giusto. Però non vorrei dover buttare giù la porta... Facciamo il giro dell'edificio prima, per vedere se c'è qualche finestra socchiusa che non abbiamo notato, o un passaggio.”

Ci volle solo una manciata di secondi per compiere l'operazione, ma il risultato non fu quello sperato. Tutte le imposte della casa erano serrate per bene, come Rika le metteva di solito per la notte. Pareva quasi che nessuno le avesse aperte al sorgere del Sole, e quindi risultava impossibile sbirciare all'interno da lì. Cosa che terrorizzava Satoko, lei sapeva che la sua amichetta era sempre mattiniera, quando convivevano sotto lo stesso tetto entrambe si alzavano molto molto presto, per occuparsi della manutenzione e della pulizia del Tempio oppure per piazzare qualche nuova trappola per Keiichi. A Rika non era mai piaciuto dormire, piuttosto si alzava a mezzanotte per trangugiare un bicchiere di vino e per guardare fuori malinconica... Era fuori discussione che stesse ancora sonnecchiando, ci doveva essere un'ottima ragione se le finestre e la porta di casa sua erano ancora chiuse.

Satoko prese a pensare che qualcosa di orribile fosse capitato alle due bambine. Sicuramente, l'intera vicenda era qualcosa che riguardava principalmente i Sonozaki, ma anche Rika poteva essere un obiettivo sensibile, tutto il club sapeva del suo ruolo di Regina Portatrice ma anche il loro nemico era al corrente della Sindrome, avevano usato il parassita per fare del male ai loro amici quindi sapevano al cento per cento dell'importanza strategica di quella fanciullina. Mettendola in questi termini sembrava una pazzia aver trascorso la notte in posti diversi e non tutti assieme... Ma erano state proprio Rika ed Hanyuu a voler stare da sole. Satoko non riusciva a capire perché questa decisione, ma lei non sapeva che Rika aveva già iniziato a sentire degli spasmi terribili al cuore e che orgogliosamente voleva evitare che gli altri lo sapessero.

La loro minuscola compagna non voleva essere causa di altri problemi, con quella scelta, ma alla fine aveva ottenuto l'effetto opposto. I due Houjou erano inquieti, non sapevano se andare a dare l'allarme agli altri o se entrare dentro la capanna con le cattive. Dovevano però sapere la verità subito... Così Satoko disse al fratello di buttare giù la porta, e così disse con voce forte e chiara: “Rika, se sei dentro e non puoi aprire per un motivo, per favore sta' lontana dal muro, noi stiamo per fare irruzione!”

Satoshi obbedì alla richiesta della sorella, e prese la rincorsa. Ma prima che potesse raggiungere la porta, essa scivolò verso sinistra, ed una figura minuta dalla faccia conosciuta apparve.

“Perchè Satoko vuole rompere la mia porta? Questa costa tanti soldini e lei sa che noi non siamo molto ricche, dovremmo attingere dalle scarse risorse del tempio per ripararla.”

Una bambina dai capelli blu stava dinanzi a loro, ridendo.

“R-Rika...!?”

“Sì? Come mai siete venuti fin qui? Avete bisogno di qualcosa?”

“Ma n-noi temevamo che ti fosse accaduta una disgrazia?”

“Eh, esagerata, credevi che fossi morta, adesso?” sembrava quasi che Rika si divertisse a canzonare la sua amica, la quale stava cercando di riprendersi dalla sorpresa, mentre il fratello tentava di capirci qualcosa.

“E... E... Queste finestre con la tapparella abbassata, e il fatto che tu ed Hanyuu-chan non rispondevate al telefono... Pensavamo vi fosse accaduto qualcosa, che vi fosse venuto un malore, che vi avessero rapito, o peggio...”

“L'ingresso era chiuso a chiave, no? Dei sequestratori frettolosi non si sarebbero mai preoccupati di richiudere la porta, avreste trovato tutto spalancato. Usa la testa, Satoshi-kun!”

“Ma...”

“Non mi risulta ci sia l'obbligo di aprire le finestre tutte le mattine, volevo solo che il calore non uscisse dalla nostra camera da letto... E poi, riguardo il fatto che non ti abbiamo sentito... Eravamo ancora nei nostri lettoni caldo. Oggi fa così dannatamente freddo.”

Satoko non riusciva a crederci. Entrò rapidamente in casa e lesse l'ora sulla sveglia appesa alla parte. “Rika, sono già le dieci e un quarto! Tu non hai mai dormito così tanto!”

“C'è sempre una prima volta.” replicò l'amica, sorridendo gentilmente “Mi dispiace se vi ho fatto preoccupare, Satoko... Non pensavo vi sareste allarmati così. Aspettiamo che Hanyuu abbia finito, poi andiamo alla Clinica, va bene?”

“Hanyuu-chan? Dove si trova?”

“Attaccata alla cornetta... sta parlando a Rena-chan, presumo. Sta spiegando anche a lei perché non abbiamo risposto prima.” Satoshi intanto era entrato a sua volta e sporgendosi in avanti dalla porta aveva dato un'occhiata all'altra stanza, per vedere appunto la bambina dai capelli color violetto mentre dialogava via telefono con qualcuno. Dalla Clinica stavano giungendo ad Hanyuu notizie sia buone che cattive, che la agitavano non poco, e la fanciulla non sapeva se essere felice o no. Provava un turbinio di sentimenti ed emozioni contrastanti che erano facilmente osservabili da Satoshi, attraverso il modo con cui la bambina reagiva di volta in volta.

Comunque il ragazzo potè confermare a Satoko che quanto Rika aveva affermato corrispondeva a verità, e quindi la sorella commentò: “Mi hai fatto venire un colpo... Phew, allora non eri in pericolo. E meno male che avete avvisato anche Rena-chan, potrà sospirare di sollievo anche lei.” Il comportamento della sua vecchia coinquilina era qualcosa di assurdamente imprevedibile, di tanto in tanto, tuttavia vederla viva e vegeta era una liberazione, per lei, considerando come stavano appena pochi secondi prima. Perciò, Satoko salutò con la mano Hanyuu, la quale dal canto suo aveva appena concluso la propria conversazione con Rena ed aveva appena riappeso il ricevitore, prima di andare insieme a loro.

Il gruppo dei quattro ragazzi erano ora nel piccolo salotto della casa, ma l'avrebbero lasciata molto presto. Rika, difatti, propose subito: “Dobbiamo andare alla Clinica, tutti quanti. Non ho voglia di far colazione, non sono affamata, piuttosto ho una certa fretta. C'è qualcuno con cui vorrei fare una chiacchierata, laggiù.”

~-~-~-~-~

Satoko rimpianse di aver lasciato la propria bici a casa. Rika fece di corsa tutto il tragitto da casa sua all'Istituto Irie e solo Satoshi riusciva a stento a tenerle il passo, mentre la sorellina era rimasta indietro con Hanyuu. La sua piccola amica dai capelli blu quindi era entrata nella clinica quasi da sola, spingendo il portone principale con una foga inconsueta, e non appena dentro localizzò velocemente Rena, che la stava aspettando insieme a suo padre ed a Daijiro i quali nel frattempo erano giunti lì a loro volta.

“Salve Rena, ed anche voi. Lui dove è?”

Nessun convenevole, una domanda rapida e concisa. Per telefono avevano raccontato ad Hanyuu di quello che era successo al seminterrato, ma non era stato necessario che quest'ultima dicesse qualcosa agli altri presenti in casa. Rika lo sospettava di già, quella era l'unica ipotesi che potesse spiegare perché era ancora viva.

“Dovrebbe essere ancora al piano di sotto, questa mattina è stato un viavai di gente dopo quello che c'è stato. Rena non può venire con te, sfortunatamente, così non può dirti che cosa sta avvenendo laggiù, però...”

“Ti ringrazio per l'informazione. Mi spiace, ma devo lasciarvi subito. Hanyuu, Satoko, Satoshi-kun, sentitevi liberi di stare qui con Rena se volete, io devo andare.” Senza aggiungere altro, la bambina volò alla porta che conduceva al seminterrato, ed in un balzo raggiunse il piano inferiore.

“Dove lo hanno ficcato... Sì, deve essere questa la stanza...” Impetuosamente, mise la mano sullo stipite dell'ingresso e notò che stranamente non c'era più la porta. Un istante dopo, lei era dentro la camera.

Quelli che si trovavano qui si voltarono verso di lei, attirati dal rumore improvviso e dal suo respiro affannoso, e così quattro occhi la fissavano. Due di essi appartenevano ad una infermiera che stava assistendo il paziente. Gli altri due, invece, erano del paziente stesso. Ossia Giancarlo.

“Rika-chan... Sei qui.” Lui sembrava in salute, come un convalescente sul punto di essere dimesso dall'ospedale. “Ti stavo aspettando, onestamente... Immagino tu voglia parlare con me, perciò...” Si girò verso l'infermiera “Per favore, potreste lasciarci da soli?”

“Ma Irie-sensei mi ha raccomandato di restare qui per tutt...”

“Non fatevi problemi, signora.” rispose educatamente il ragazzo “Se sarà il caso chiarirò tutto con il dottore, dopo. Per ora, se il medico vi muove delle critiche ditegli che Rika-chan è qua con me, Irie sarà comprensivo, lo so.”

La donna era esitante, ma il paziente insistette finché lei non dovette arrendersi. Uscì dalla stanza, poi, dopo aver raggiunto l'ingresso, si girò e fece per chiudere la porta alle proprie spalle, ma non poté farlo visto che di porte lì non ce n'erano più, prima gli inservienti l'avevano buttata giù per entrare. Perciò si allontanò e basta.

“E' un peccato che l'abbiano ridotta a pezzetti, ho sempre preferito gli ambienti chiusi, specie in questo tipo di momenti... Qualche volta penso di essere agorafobico.” Sembrava quasi che lui volesse giocare, mai suoi occhi erano tristi e grigi, dando a vedere sentimenti di tutt'altro genere. Infatti, subito dopo il ragazzo chiese “Rika-chan, potresti dirmi dove è Nee-chan, per piacere? Se avesse potuto si sarebbe precipitata qui, sapendo che mi sono risvegliato... Ma nessuno mi ha detto che fine ha fatto, anche se sto andando avanti a chiederlo a chiunque vedo arrivare.”

“In tutta sincerità... Non saprei...”

Non era una frase fatta, quella di Rika, lei non stava mentendo. Davvero non lo sapeva ancora. Hanyuu sì, aveva parlato con Rena per telefono, ma l'altra non aveva neppure voluto sentire che cosa si erano dette durante la conversazione, aveva fretta, aveva in testa solo di correre ed arrivare alla Clinica; ed anche lì era scesa al seminterrato in pochi secondi, non aveva avuto praticamente modo di dialogare con nessuno, così non aveva avuto possibilità di sapere che cosa fosse realmente successo quella mattina nella foresta. Pertanto, alla fine toccò a Satoko dar loro la spiacevole notizia, dopo essere arrivata anche lei nella stanza.

“Io... sono... desolata, Gi-chan. Ali-chan... Lei... Lei è...”

Non dovette concludere la frase. Giancarlo socchiuse gli occhi, sforzandosi di non manifestare il proprio dolore, ed emettendo solo un debole lamento che però la diceva lunga sul suo stato d'animo. Ma poi disse: “Questo non è il giorno per le lacrime, mi sa. Eppure, devo dire... che me l'aspettavo, che in una certa maniera lo sapevo già. Qualcosa dentro di me continuava a sussurrarmelo, come una premonizione... Temevo fosse accaduto proprio questo. Però, anche a presagirlo così... fa male comunque.”

“Non ho capito. In che senso sapevi già che cosa era successo a tua sorella?”

“Beh... Mentre non eri ancora qui, ho parlato con Irie-sensei. Mi ha spiegato che cosa ho avuto, sai, e bene o male ho ricostruito buona parte della vicenda, mi ricordo distintamente quel tizio che veniva a casa mia e mi iniettava del liquido strano... Era... Quella guardia del corpo, il leccapiedi di Megumi-san...”

“Lo immaginavo.” commentò Rika, mentre Satoko esclamava “Comunque, quell'uomo è stato catturato questa mattina, così non devi più temerlo, sarà tenuto sotto controllo.”

“Buono a sapersi... Ma adesso mi stavo riferendo a qualcos'altro, qualcosa a cui non avrei proprio dato credito, se fossi stato in un contesto normale. Prima, Irie-sensei mi ha detto di avere analizzato in fretta quello che l'elettrocardiogramma aveva registrato... E c'era un dato che lo aveva lasciato di stucco. Prima di essere spenta, l'apparecchiatura ha riportato per ben dodici minuti la completa assenza di battito da parte del mio cuore. Il mio corpo non avrebbe mai potuto resistere per tutto quel tempo senza che il sangue fosse pompato, io... io ero morto, in quei minuti.”

“Da... Davvero?”

“Credo di sì” annuì “L'ultimo ricordo lucido che mi è rimasto prima del momento del mio risveglio è un pizzichio che ho sentito sotto la pelle del collo, a casa mia. E' lì che mi hanno iniettato quel veleno, dopo si fa tutto confuso...”

“Quindi hai cancellato dalla mente quello che è accaduto a casa di Mii-chan, dentro quella caverna?”

A quelle parole, il ragazzo guardò Rika come folgorato, allargando le palpebre. “Quello è qualcosa che vorrei davvero dimenticare, ma hai ragione, ho ancora davanti agli occhi quello che è stato in quel giorno, è vero... Però non è questo il punto. Questi sono gli ultimi ricordi «razionali», per così dire, tuttavia... Anche dopo aver perso conoscenza ci sono molte altre scene che mi tornano in mente. Non so se riesco a descriverli, sono vaghi e io non sono bravo a raccontare... Era qualcosa di paragonabile ad un sogno: hai un'idea parziale di quello che ti avviene intorno ma tu non puoi fare nulla per cambiarlo, e quindi pensi di essere inutile. Sei... immerso nel tuo corpo come se fossi in una sorta di vasca da bagno piena d'acqua, quando sei a mollo puoi sbracciarti quanto ti pare ma tanto la tinozza non si muove di un centimetro.” un sorriso mogio “Qualcosa che ti immobilizza l'anima, non provi né caldo né freddo, il mondo esterno non ti dà più nessuna sensazione. E quindi ti ritrovi in questo contenitore senza poterlo più controllare o muovere, ti senti quasi a bagnomaria perché il tuo stesso organismo non risponde ai tuoi comandi... Deve essere così che funziona la Morte...”

“Quindi, in soldoni, vivevi in un corpo che non ti apparteneva più.”

“Una roba del genere... Come ti ho detto, io non sono in condizione di parlarne con precisione, era un sogno, un'allucinazione, la mia mente era piena di pensieri ricorrenti, di assilli, di emozioni istintive... Ma ora non sarei capace di descriverli, la mia memoria farebbe cilecca. Sai, molto spesso ti capita di fare dei sogni durante la notte e la mattina dopo non ti ricordi più che cosa ti è successo in essi. Sai solo che ne hai fatto uno... Ma non sai dire come era.”

“Quindi non sapresti raccontare quello che hai passato. Non penso che questi buchi di memoria siano una cosa brutta, morire è un passo che tutti siamo destinati a compiere, ed avere gente in giro che strimpella ai quattro venti come si suppone che sia non è mai il massimo. Di solito ti prendono per uno svitato, se ti va bene.”

“Forse hai ragione... Ma c'è una cosa che mi ricordo molto bene, di quel sogno.”

“Quale è?”

“Mi sentivo strattonato. Una mano calda ed allo stesso tempo tenace, che mi teneva fermo dentro il mio corpo. Mi stava... trattenendo in questo mondo, ne sono sicuro, mi impediva di volare via. È stata quella mano a tenermi qui con voi fino al momento in cui mi sogno svegliato. E per quanto non riesca a spiegarmi come ciò sia possibile, sono convinto che senza quell'ancora di salvataggio io sarei passato a miglior vita. Quella era una mano gentile e premurosa, dolcissima, come... quella di Nee-chan.”

Giancarlo inclinò il capo. “Ecco perché temevo che qualcosa di male le fosse avvenuto. Se quell'esperienza era in qualche maniera autentica, allora poteva essere davvero lei. Ma per essere lì con me in quell'universo allora doveva aver lasciato anche lei questo mondo, come il sottoscritto. Quindi... Rika-chan, tu pensi che sia possibile che lei mi abbia salvato, riportandomi in vita?”

“Io... non posso escluderlo completamente” ammise Rika. Le ultime parole di quel ragazzo le avevano fatto sovvenire ciò che Alice aveva narrato loro circa la loro nascita. Quel giorno, stando alla versione di quest'ultima, era stato come se suo fratello l'avesse salvata, afferrando il suo braccino e garantendole il diritto ad esistere. Ed ora, sembrava che avesse avuto luogo l'esatto opposto. Era credibile come teoria? Alice era un'umana semplicissima, non era Bernkastel od un'altra strega dai poteri occulti. Però Rika non aveva motivo di negare quella ipotesi, non se la sentiva di rifiutarla; inoltre, pensare ad una sorella in grado di fargli da angelo custode avrebbe forse alleviato il dolore di Giancarlo per quella perdita così pesante.

Lui era chiaramente giù, infatti. E Satoko, per rincuorarlo, esclamò allora: “Andiamo, tu dovresti essere fiero di te! Ce l'hai fatta, hai sconfitto la nuova versione della Sindrome, senza nessun aiuto! Nessuno aveva mai tenuto testa neanche a quella vecchia... Avresti dovuto vedere come erano felici i medici e tutti gli altri, quando ti hanno visto vivo e vegeto!”

Il giovane sorrise compassionevole: “Ti ringrazio per il tentativo, ma temo che tu stia mentendo per farmi contento. Hai torto, temo... Per entrare qui, loro hanno dovuto sfondare la porta, lo potete immaginare anche voi. Solo che lo spettacolo di fronte a loro non ha fatto loro piacere, su questo posso scommetterci.”

“Che... Cosa intendi?” chiese Satoko.

Rika ebbe un brutto presentimento: “Prima hai detto che il cardiogramma era stato spento da qualcuno, qualcuno che aveva anche girato la chiave per chiudere la porta, suppongo. Chi c'era con te?”

“C'era Takano-san. Non so cosa stesse facendo qui con me, ero ancora nel mondo dei sogni, allora, ma... Vedete, il pandemonio originato dagli energumeni che buttavano giù la porta... Deve essere stato quel fracasso a farmi destare del tutto, come una madre eccentrica che alza il figlio a suon ceffoni per mandarlo a scuola...” Giancarlo si mise una mano sull'occhio destro, ripensando a quello che stava per dire “In quel momento ho cercato lentamente di uscire dal letto per dir loro di fermarsi, ma non potei farlo. Dopo tutto, la primissima cosa che i miei occhi videro da sveglio non fu uno spettacolo piacevole.”

Fece una pausa, poi andò avanti: “Sulle mie gambe c'era il cadavere di Takano-san, ed una marea di sangue. Era morta, il suo petto sulle mie ginocchia, la sua testa sul mio stomaco... La sua faccia mi fissava con quegli occhi aperti, ma la parte inferiore del volto era stata ridotta a brandelli. Si era sparata in bocca, per terra c'era ancora la pistola. A momenti non la riconoscevo, tanto era sfigurata... E tutte le lenzuola erano rosso sangue, parevano le tende di un teatro più che le coperte di un letto d'ospedale. Sai, Rika, gli inservienti hanno dovuto cambiarle, ed hanno dovuto anche cambiarmi d'abito, puoi vedere ancora i panni sporchi laggiù in quell'angolo, nel caos si sono dimenticati di portarli in lavanderia.

Rika diede loro un'occhiata e li contemplò per un secondo. Poi, torno a concentrarsi sulle parole dell'amico: “Non è stato un risveglio dolce, direi... La prima cosa che ho pensato alla vista di quello scempio è stata Che sta succedendo qui? Quello scenario, quelle persone che volevano quasi fare irruzione, quelle grida di sbigottimento... Io ero scioccato, pietrificato da quel corpo che mi fissava come una marionetta incompleta. Ero spaventato, ho impiegato qualche minuto per calmarmi, dopo che gli altri erano entrati ed avevano scoperto il cadavere.

“Una reazione giustificabile, Gi-chan... Suppongo che le spoglie di Takano-san siano state già portate alla camera mortuaria della Clinica, a quest'ora. Mi rincresce per lei, ed anche per Tomitake-san... Comunque, posso capire che cosa tu vuoi dire. Le persone pensano a questo tipo di ritorno alla vita normale come se fosse quello di una Bella Addormentata, abbracciata dai tiepidi raggi del Sole, circondata da uccellini canterini e baciata da un affascinante principe azzurro: in parole povere, come al più bello e al più dolce degli eventi concepibili. Il tuo risveglio invece è stato un filo peggio di questa sorta di idillio... Ma la Realtà è troppo spesso molto più crudele delle favolette per bambini.”

“Rika, certo che sei cattiva! Usa un po' più di delicatezza!” si lamentò Satoko, sinceramente sorpresa dall'assenza di tatto della sua amica.

“Va tutto bene, non è certo questo un problema” la rassicurò Giancarlo “Quello di Rika-chan è un modo particolare di raccontare le cose, ma non dice il falso. Per inciso, potreste farmi un favore? Prima, ho sentito che hanno portato Mii-chan non lontano da qui. Non sono riuscito a vedere dove esattamente ma deve essere qui in giro... Senza la porta le voci dall'esterno non sono più attutite e mi è sembrato di udire Kei-chan e Shii-chan che parlavano di lei. Allora mi piacerebbe che qualcuno andasse a dare uno sguardo là fuori e mi dicesse dove si trova esattamente e pure come sta. Potresti farlo per me, Satoko-chan?”

“Certo, ci vado subito.” La bambina bionda lasciò Rika e Giancarlo da soli, ed i due seguitarono a parlare indisturbati.

“In che condizioni pensi che stia?” chiese lui.

“In quelle in cui stavi tu fino a poco tempo fa. Dormiente in stato di profonda catalessi, ed apparentemente destinata a non svegliarsi tanto presto.”

Il ragazzo si morse il labbro inferiore. “Mi piacerebbe vederla, ma temo che intralcerei soltanto il lavoro dei medici. Sicuramente si stanno prendendo cura di lei.”

“E quindi perché hai chiesto a Satoko di andarci? Mandare là qualcuno o andarci in prima persona è la stessa cosa da questo punto di vista.”

“Vero. Ma Satoko-chan può andare da Shii-chan e porle delle domande, se è il caso. Personalmente, invece, io preferirei non incontrare gli altri, per adesso. Vorrei un attimo di tregua, prima di ributtarmi nell'occhio del ciclone. Spero tu capisca...”

“Sì, sì, lo capisco.”

Rika era esitante se lasciarlo da solo o no, ma all'improvviso il giovane tirò fuori dal nulla una domanda inquietante: “Rika... Perché sono riuscito a fermarmi prima di fare del male a Mii-chan in modo irreparabile, quel giorno?”

“Lei è una persona speciale per te. Questa dovrebbe essere una motivazione sufficiente.”

“No che non lo è. Ho paura che non lo sia, Irie-sensei mi ha detto che quella che avevo in corpo era una versione della malattia ancora più virulenta del solito, e tu mi hai spiegato in passato che la Sindrome ti fa dimenticare le tue relazioni con gli altri. Non ci sono più amici per te, solo nemici.”

“Questo non è sempre vero.”

“Ma generalmente lo è. Non importa se quelli davanti a te sono i tuoi genitori, figli, fidanzati, coniugi, amici... Tu aspiri solo ad eliminarli, in tutte le maniere possibili. Vuoi farli soffrire nella stessa misura in cui soffri tu, e dopo desideri la loro morte. Quindi, perché mi sono fermato in quella circostanza? Non è stato perché la amavo... No... E' stato perché il vaccino dentro di me aveva cominciato a fare effetto, e solo per quello. Senza di esso, senza la sostanza che Irie-sensei ci aveva somministrato prima di arrivare qui... Io... Io l'avrei... Oh, mio Dio, che le stavo facendo...” Si mise le mani sul volto, iniziando a piangere, divorato dal rimorso di quello che stava cercando di compiere quel giorno.

Rika lo stava fissando. C'era un'idea che stava prendendo forma nella sua mente.

“Gi-chan, posso dirti una cosa?”

“Fallo pure.” rispose lui, sempre tenendo il suo viso coperto dietro le mani.

“Il tuo è proprio un errore concettuale, Gi-chan. Parti da un presupposto sbagliato in partenza. In tutti questi anno hai sempre preteso che caricarti delle responsabilità di tutti gli altri era la cosa migliore che tu potevi fare. È stato questo il percorso logico che ti ha portato e prendere il posto di tuo padre e diventare la guida della tua famiglia, no? Ma questo non è giusto. Fare questo genere di sacrifici è fatica sprecata, non risolvi nulla e ottieni solo di far preoccupare quelli che hanno a cuore il tuo benessere. Occupandoti di ogni cosa tutto da solo, non li hai resi felici, non li hai protetti affatto, al contrario li hai solo resi più angosciati.”

“Ma... Non c'era nient'altro che potevo fare. La mia famiglia sarebbe stata portata alla disperazione, se nessuno avesse preso le redini della situazione...”

“Altra fesseria. Potevi dividere questa zavorra tra tutti voi. Un compito poteva essere assegnato ad un membro, un altro compito ad un altro membro, eccetera. Avreste condiviso questo amaro calice causato dal vostro passato, ed il peso trasportato sarebbe stato molto molto più leggero.”

“Lo credi veramente?” tolse le mani via dalla faccia.

“Sì. Ali-chan ha commesso il tuo stesso errore. Fare tutto da soli e tenere gli altri fuori da questo sentiero di sofferenza non è un modo di redimersi dai peccati commessi da sé stessi o da altre persone. Non posso accettare che sia l'unica maniera, almeno, ci sono tante altre strade decisamente meno costellate di dolore. Posso comprendere perché voi vi siate comportati così, ma non posso consentire che tu prosegua così. Diversamente da tua sorella, a te è stata data l'opportunità di cambiare.”

“Quindi la pensi così... Forse... Hai ragione.” concluse lui “Non avrei dovuto lasciare Nee-chan fuori da tutto, avrei dovuto coinvolgerla maggiormente. Non sapere nulla di quello che è davvero il Male non l'ha protetta, lei era curiosamente così pessimista quando considerava la situazione all'intero della nostra famiglia... Quando ne parlava in privato con me, di frequente andava dicendo che lei era allegra e spensierata solo per alzare il morale degli altri... Lo faceva per dare un suo contributo, temeva che le pene dei fatti passati avrebbe continuato a tormentarci, per sempre... Ma in fondo non è detto che debba essere così. Io so che tutta la mia famiglia vuole dimenticare il periodo sotto il giogo del nostro bisnonno... E ce l'avremmo fatta, prima o poi. Avremmo vissuto la nostra vita.”

“Allora in questo caso tu eri più ottimista di tua sorella... Bizzarro, di solito avveniva il contrario, quando vi sentivo parlare.”

“Lo ero perché conoscevo i rapporti di solidarietà tra i nostri parenti, li conoscevo meglio di lei. Una volta che ti abitui all'oscurità ti accorgi sempre che a conti fatti essa non è così scura come ti aspettavi.”

“Ne convengo.” L'abbozzo di un sorriso era apparso sul volto di Rika. “Ma ora, che hai intenzione di fare? Mi hai ascoltato prima, quando eri piccolo hai deciso di sacrificarti per la salvezza di tua sorella, ma oggi lei ti ha dato una seconda chance, possiamo metterla così. Ne consegue che tu sei autorizzato ad avere una nuova vita... Qual è la tua decisione in proposito?”

“Io...” Giancarlo si ammutolì, non sapeva davvero cosa rispondere.

“Lo immaginavo che saresti rimasto muto come un pesce. Ed allora te lo dico io. Il più grande desiderio di tua sorella era che tu vivessi felice, giusto? Quindi, visto che tu hai deciso di essere responsabile anche per lei, tu devi darle ascolto e trovare la tua via per la felicità, o quantomeno per un'esistenza serena. Questo è il tuo dovere da adesso in poi, devi esaudire quel sogno, per dare omaggio all'eroismo di Ali-chan.”

“Non sarà facile... Prima di tutto devo fare una telefonata. Devo... Devo mettere al corrente la nostra famiglia che... che...” Lui si stava intristendo di nuovo, ma Rika appoggiò una mano sopra la sua.

“A quello penseremo più tardi, ce ne occuperemo quando sarà il momento, non ti lasceremo da solo. Non possiamo proprio permetterti di accollarti quest'onore senza darti nemmeno una mano, te l'ho appena detto che questa non è la cosa giusta da fare. Prima mangiamo qualcosa, piuttosto, sarai affamato ed hai bisogno di essere in saluto. Tra l'altro ormai è mezzogiorno ed anche io ho saltato colazione, pure io sto avendo i crampi allo stomaco...” Giancarlo sorrise, lieto di vedere come lei stesse facendo del suo meglio per risollevargli il morale, anche se questa non era esattamente la miglior dote di Rika.

In quell'istante, i due udirono un rumore proveniente dalle rotelline in movimento di un lettino. Entrambi ruotarono il capo verso l'ingresso privo di porta e da lì videro passare una cuccetta coperta con un lungo lenzuolo bianco, che celava quello che aveva l'aria di essere un cadavere adagiato sotto di esso. Stavano verosimilmente portando quel corpo alla camera mortuaria, accanto a Takano.

“Quella era lei, ho indovinato?” sussurrò lui, notando dalla forma assunta del lenzuolo che si trattava di qualcuno alto approssimativamente come Alice, e chiudendo gli occhi per lo strazio.

“Io... temo di sì. Che venga loro un colpo, quelli hanno la sensibilità di un tavolino, sapevano che tu eri qui e farla transitare qui davanti è...”

“Dai, adesso piantala” la consolò Giancarlo “Ne ho già viste tante in vita mia, non è questo quello che mi può buttare giù, Rika-chan. In fondo volevo vederla un'ultima volta, poi dovrò badare ad organizzare il suo funerale, capisci... Riportare tutto il suo corpo in Italia sarebbe un'operazione impraticabile, seppellirla qui lontano dalla sua famiglia non avrebbe senso... La farò cremare, suppongo che esistano delle agenzie che se ne possano occupare, ad Hinamizawa od a Okinomiya.”

“Naturalmente ce ne sono, ne abbiamo anche noi una nel villaggio, ma tu non dovresti fare certi discorsi, non ti fa bene... Ti deprimi soltanto.”

“Non mi deprimo, tranquilla. Io e te apparteniamo a due religioni differenti, ma tutte le fedi considerano un po' la Morte come un passaggio da una vita terrena ad un altro genere di esistenza, no? Mi hanno sempre insegnato che un giorno avremmo rivisto i nostri cari e che dall'altro mondo essi ci possono custodire e guidare... E questo è quello che voglio credere. Alice sarà sempre con tutti noi, ed il funerale non sarà un Addio, quanto un Arrivederci a presto, ci vediamo.

Mentre diceva quelle parole, si levò la flebo dal braccio sinistro e scese dal letto, per lasciare la stanza. Irie probabilmente lo aveva avvertito di non muoversi da lì, ma Rika si era guardata bene dal fermarlo, lei sapeva dove lui stava andando. Entrambi attraversarono quindi l'ingresso e la bambina lo scortò fino all'entrata della camera mortuaria, dove si fermò ed osservò Giancarlo mentre rimuoveva il lenzuolo che copriva le spoglie terrene di Alice. Lui rimase immobile per diverso tempo, ma poi cominciò ad accarezzarla, chiamandola per nome con dei bisbigli. Successivamente, si sedette sul suo stesso lettino e, dopo averne sollevato il tronco, mise il capo della sorella accanto al proprio, tenendola in braccio come se stesse cullando una figlia appena nata. Chiudendo gli occhi e sorridendo, Giancarlo le cantava una canzoncina lieve lieve, una ninna nanna, e di tanto in tanto le toccava delicatamente i capelli, per rendere il suo lungo sonno più dolce e placido.

E Rika non poteva esserne sicura, ammirandoli dall'entrata, ma lei stava avendo l'impressione che anche Alice stesse sorridendo.

~-~-~-~-~

La fanciulla rimase lì per un po' a guardare la scena, fino al momento in cui Hanyuu la trovò. La bambina dai capelli color violetto era scesa a sua volta lungo le scale per cercarla.

“Hanyuu” le chiese Rika, quando si accorse di avere di nuovo al suo fianco la sua antenata “Sarà mai possibile per lui essere felice? Dimmi solo il tuo punto di vista.”

“Questa è stata una lezione per lui, senza dubbio.” rispose lei “Quest'esperienza per lui ha avuto la stessa funzione di quella che gli altri mondi hanno ricoperto per il resto dei nostri amici. Convivere con le proprie angosce, pensare alle sue cause, cercare di trovare un modo per venirne a capo... Ha vissuto in un mondo solo quello che noi abbiamo provato in decine di Hinamizawa, e spero che faccia tesoro di ciò. Ha appreso qualcosa di importante.”

“E sarebbe?”

“Io non lo so, questo lo sa solo lui, se ti interessa faresti bene a chiederglielo. Io so solo che il suo sentiero verso una vita felice è ancora tanto lungo, al pari di quello di ognuno di noi, ed arrivare a quell'obiettivo richiederà parecchio tempo. Ma il peggio è passato, perlomeno per lui, e sono convinta che sia in grado di maturare dopo quello che è accaduto a lui, ed anche a sua sorella. Ali-chan sarebbe al settimo cielo, se potesse sapere che quello che ha dovuto patire renderà suo fratello un uomo migliore, un giorno.”

Rika allora si convinse a lasciare i due gemelli da soli ed a tornare nella camera in cui si trovava prima. Qualora qualcuno dello staff dell'istituto si fosse recato là ed avesse trovato la stanza vuota si sarebbe potuto allarmare, quindi lei si prendeva l'incarico di rassicurare eventuali visitatori, dicendo loro dove si era cacciato il paziente. Era meglio non causare guai ulteriori, anche se quasi tutti gli altri erano nella sala dove era ricoverata Mion, quella che sembrava nelle condizioni più critiche. Come Hanyuu spiegò a Rika, lei era ancora in coma: siccome Irie era ancora stordito dal colpo ricevuto precedentemente, Keiichi e Shion avevano interpellato uno dei medici della struttura affinché verificasse che la malata non avesse riportato dei traumi o degli altri inconvenienti, dopo che era stata portata via con la forza dalla Clinica. Quello poteva essere un evento stressante per un organismo provato, poteva metterlo a dura prova, ed ogni più piccola escoriazione o ferita doveva essere medicata al più presto.

Ma non era di lei che le due ragazze volevano chiacchierare, ora: “Insomma, Hanyuu, che cosa mi è successo, in realtà? Perchè sono ancora qui in vita a dimenarmi in questo mondo di matti?”

“Per una volta posso dissolvere tutti i tuoi dubbi, Rika. Il fatto è che anche il sigillo spirituale trapiantato nel tuo corpo da Ouka aveva captato la morte di Gi-chan, ed era entrata in azione per ucciderti.”

“Ed allora come mai sono ancora qui?”

“Perchè anche lui è ancora vivo. Io non so come ciò sia stato possibile, ma lui è tornato dal regno dei morti, ed il sigillo è stato costretto a cancellare i suoi effetti, facendoti resuscitare dopo averti ammazzato. Dopo aver fatto questo, si è dissolto senza lasciare traccia.”

“Ma è fattibile? A me suona assurdo.”

“Questo è quello che è appena successo a te, quindi certo che è fattibile. Se lui moriva, anche tu morivi; ma se lui moriva e poi risorge nel giro di pochi istanti, beh, allora tutto il sistema di Ouka va in crisi. Per spiegarti, vediamo un po'... E' come quando vai a caccia di conigli con un fucile. Immagina di individuare una preda valida e di spararle. Tu la colpisci effettivamente, ma quando vai al punto dove si trova l'obiettivo per metterlo nella borsa della cacciagione scopri che era solo un pezzo di tronco e non un animale... A quel punto non puoi fare altro che accettare di aver buttato via un proiettile, è esploso, andato perso per sempre, esso non tornerà più nel tuo caricatore, mentre i veri conigli sono rimasti illesi e sono liberi di zompettare allegramente a destra ed a sinistra. In altre parole, il colpo di Ouka è stato sì sparato, ma è come se fosse andato a vuoto, e non può più essere usato...”

“Che metafora da decerebrati.”

“Non me n'è venuta nessuna migliore, sul momento. Probabilmente quella sfera energetico-spirituale non funzionava esattamente così, sarebbe stato più efficace se avessi parlato di una proiettile che rimane in canna a causa di certe condizioni, oppure... Boh, non importa, almeno spero che tu abbia capito che il sortilegio di mia figlia non rappresenta più una minaccia per te.”

“Quindi ora i nostri amici sono anche liberi di sacrificarsi senza portarsi dietro nella tomba anche me... Beh, spero che non debbano comunque mai arrivare a tanto. Piuttosto, che cosa ci aspetta al varco, adesso? Loro volevano distruggere Hinamizawa, far sì che non ne rimanesse traccia. È stata proprio Ouka a dircelo, ed il loro piano per fare una cosa così efferata era proprio uccidere me con questo trucco. Ora che la loro magia è andata a farsi benedire, invece...”

“Potrebbe anche non essere così, Rika. Pensaci, spingere le persone ad uccidersi in modo che quel sigillo esplodesse... Poteva anche funzionare, ma a me sembra un complotto troppo legato al caso ed alla fortuna, specialmente se consideri quanto a quel Goemon-san piaccia escogitare trame complicate e sofisticate. Lasciare una parte rilevante del suo piano al fato... Non sarebbe da lui, se ho capito bene come ragiona il nostro nemico.”

“Hmmm... A meno che lui non fosse sicuro che questo sigillo sarebbe esploso... In fondo, portare Mii-chan allo stremo, e poi fare lo stesso con Rena-chan, con me, con Gi-chan... Qualcosa ci sarebbe dovuto accadere, prima o poi. Ci stavano portando alla disperazione, e tu sai cosa vuol dire essere disperati da queste parti, con dei parassiti mangiacervello in corpo. L'elemento fortuna è molto più piccolo di quanto tu immagini. Ma forse potresti avere ragione tu e torto io, dovremmo sviscerare l'argomento con gli altri, dopo.”

Il tempo era infatti ancora una volta tiranno. Come concordato nell'incontro di febbraio, il raduno finale che avrebbe interessato tutti i rami del casato Sonozaki si sarebbe tenuto il cinque marzo, ossia in meno di una settimana. Quella sera, il loro clan avrebbe deliberato se Mion poteva continuare ad essere la loro leader o no, ed entro quella data Rika ed il club dovevano elaborare qualcosa per rimettere in piedi la loro amica, ma la bambina era anche conscia che i loro avversari non avrebbero gettato la spugna. Non appena avessero scoperto cosa era davvero successo, Goemon e Megumi non sarebbero certo stati a guardare, non ci voleva molto per capirlo.

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Capitolo 52
*** Un rapimento assolutamente legale ***



Capitolo 51: Un rapimento assolutamente legale


Hinamizawa, 1 Marzo 1984

Il giorno dopo essere scampate miracolosamente da morte certa, Rika ed Hanyuu fecero ritorno alla Clinica. Quel pomeriggio, per telefono, Shion aveva detto loro che c'erano importanti sviluppi e l'intero gruppo si sarebbe radunato alle cinque e mezza. L'istituto Irie era l'unico luogo adatto all'incontro, in quanto il convalescente Giancarlo doveva rimanere lì per gli accertamenti.

Rika sperava di udire finalmente qualche notizia liberatoria. In teoria la guardia del corpo arrestata la mattina prima poteva rivelarsi essere una preziosa risorsa per loro, ma erano rimasti delusi quando vennero a sapere che lui non sapeva molto del piano dei suoi padroni. Non era strano, Goemon e Megumi erano consci che mantenere segrete delle informazioni sensibili era vitale per loro, nel caso qualcosa fosse andato storto, e quindi gli avevano detto solo lo stretto indispensabile. L'unica rivelazione di un certo interesse fu la citazione di certi fatti avvenuti riguardo un altro omicidio, quello di una donna conosciuta solo con il soprannome Nomura, nomignolo che lui non aveva mai sentito prima di quel momento. La guardia del corpo aveva sentito accidentalmente uno dei deliri di Goemon, in cui lui parlava di un'esplosione che aveva ridotto in pezzi l'auto della vittima, sistemando definitivamente quest'ultima. Però quella era solo una voce, alla fine, non c'erano prove, non sapevano neppure la vera identità della morte ed accusare ufficialmente il loro nemico di quel misfatto non avrebbe portato a nulla, senza indizi concreti.

Però, come consolazione, potevano ora denunciarlo come la mente dietro il tentativo di rapimento di Mion, il suo servo aveva vuotato il sacco in questo senso. Questo era un crimine minore, rispetto all'altro, però era sufficientemente grava da consentire alla polizia di sbatterlo in prigione o comunque di metterlo in una situazione in cui difendersi o discolparsi era difficile. In fondo era un Sonozaki per diritto acquisito, un elemento di una delle famiglia più influente della zona, però la faida in essere lo privava di quel tipo di protezione solitamente inespugnabile, in quanto al momento non c'era più un clan unito e coeso che potesse fare muro per lui. Tanto che quella mattina presto Flavia era stata autorizzata dietro mandato ad andare alla sua casa ad Okinomiya per prelevarlo e portarlo alla centrale; tuttavia, Goemon era sparito. Scappare via era un'ammissione di colpa, in sostanza, ma ora dovevano trovarlo... Sua moglie, che era rimasta a casa, aveva affermato di non sapere dove era fuggito il marito, e forse in questo non stava facendo la gnorri; tuttavia, aveva anche dichiarato di non avere nulla a che fare con il tentativo di sequestro, e questa era clamorosamente una fandonia manifesta. Tutti lo sapevano bene, però la guardia del corpo aveva testimoniato di avere ricevuto istruzioni solo da Goemon, non aveva mai parlato con l'altra padrona di quell'operazione e questo comportava che non ci fossero prove per incriminarla del sequestro. Megumi era libera di stare a casa, almeno per adesso... Però la posizione dei due signori sembrava destinata in ogni modo a peggiorare, una parte fondamentale della loro congiura era stata sventata, e queste erano belle notizie per il partito di Mion.

Tutto succedeva così in fretta, e Rika ed Hanyuu passarono tutto il tempo della passeggiata fino alla Clinica cercando di soffermarsi su ciò che sapevano attualmente, valutando tutti gli aspetti di quello scenario in continua evoluzione. E dire che all'istituto Irie ci arrivarono anche con un certo anticipo, ben trenta minuti, cosicché pensarono di scendere al seminterrato dopo aver chiesto al dottore il permesso di accedervi. Dunque, le due raggiunsero facilmente la stanza di Mion, la quale fu trovata ancora in stato dormiente. Al suo capezzale, vi era Giancarlo che la teneva per mano, in silenzio.

Li avevano trovati come li avevano lasciati. Dopo essere stati messi al corrente della morte di Alice, infatti, anche i loro vecchi amici Keresana erano venuti a fargli visita alla Clinica, la sera prima, e lo avevano visto accanto al letto dell'amica, il che era un comportamento comprensibilmente umano. Però allo stesso tempo non diceva una parola, il che era più inconsueto visto che spesso in questi casi le persone parlano anche con chi è in coma, cercando di far sentire la propria presenza e sperando che il dormiente possa comunque sentire quelle parole in qualche maniera. I Keresana avevano chiesto a Giancarlo perché non cercasse di comunicare con lei, e lui aveva risposto questo: “Io non sono in grado neppure di fare questo... Io a parlare faccio schifo. Fin dal mio arrivo ad Hinamizawa, ogni volta che aprivo bocca procuravo danni... La prima volta che sono venuto qui al seminterrato ho fatto piangere Shii-chan... Alla prefettura sono diventato più aggressivo e cattivo di quanto non fosse necessario e con le mie parole ho vomitato la mia rabbia su Nabiha-san... Al Maniero, ho mancato di rispetto a Mii-chan e dopo pochi giorni le sono saltato addosso... Perchè dovrei aprire bocca, allora? Farei solo altro male agli altri... Quindi la miglior cosa da fare è scaldare la sua mano. È l'unica opportunità che mi è rimasta per esserle in qualche modo di conforto...”

Non si era ancora sbarazzato dei suoi rimorsi. E così lui voleva stare lì, attaccato a Mion, pregando per la sua anima finché non fosse avvenuto un miracolo... Ma per quanto tempo lo avrebbe continuato a fare, allora? Nessuno poteva dire se e quando la ragazza si sarebbe svegliata. Il resto del gruppo doveva trovare il modo di trascinarlo via da quell'apatia, di riportarlo in mezzo a loro. Giancarlo poteva pur sempre tornare loro utile e poi avrebbe fatto bene al suo morale... Però Rika non se la sentiva di discutere su quelle materie con lui con solo Hanyuu al fianco, si sarebbe sentita più forte insieme a tutto il club. Pertanto, visto che dalla cima delle scale il medico la stava invitando a risalire, disse all'altra di restare un attimo con i due giovani, e poi andò da Irie.

“Eccomi qui. Qual è il problema, adesso?”

“Beh... Vedi quei due uomini là? Desidererebbero parlare con te.”

Rika fissò l'ingresso principale. In effetti, vi erano due figuri incravattati e vestiti di nero da capo a piedi, intenti a fumare una sigaretta ed immobili in attesa di qualcosa, o di qualcuno.

“E che vogliono quelli da me? Quei due non si metterebbero a parlare con una bimba senza un motivo. Spero solo che non sia un'altra trappola...”

“No, non penso che sia possibile. Quelli sono ufficiali di polizia in borghese, mi hanno mostrato il loro distintivo ed io per precauzione ho chiesto persino conferma alla loro centrale ad Ibaraki. Le centraliniste mi hanno assicurato che non sono impostori, sono stati regolarmente spediti qui dai loro superiori.”

“Ibaraki? Questi sono giunti sin qui da Ibaraki?” La vecchia casa di Rena... Ma io non sono mai stata da quelle parti, invece. Perchè cercano me e non lei? Capirei se volessero fare ancora delle domande a Rena, ma nel mio caso...

Rika accettò comunque di uscire dalla Clinica, ed andò dai due sconosciuti, che erano subito fuori dalla porta. Quando fu da loro, fu però molto sorpresa di vedere con loro anche Kimiyoshi. Come mai anche lui era lì? La bambina non osava chiedere, ed allora i quattro entrarono nell'auto degli ufficiali, che fu presto messa in moto per lasciare il posto.

“Stiamo per andare alla stazione di polizia, ho capito bene?” chiese Rika, prudentemente.

“Sì, siamo stati incaricati di fare questo.” rispose uno dei poliziotti “Ci dispiace di avervi disturbati, le indagini comportano un gran numero di spiacevoli fastidi, sia per noi che per i cittadini che abbiamo l'onore di servire.”

“Spero che sbrighiate la pratica in fretta.”

“Saremo il più rapidi possibile, non vi preoccupate.”

“Rika-chan, non dovresti essere così nervosa.” osservò Kimiyoshi “Stanno facendo solo il loro dovere, non essere sgarbata con loro.”

“Ah... Ci proverò.” Rika ammise che lui non aveva torto. Pensandoci più attentamente, se quegli sconosciuti avessero cercato di sopprimerla o di portarla via con loro, lo avrebbero fatto mentre era a casa, in compagnia solo di Hanyuu. Da quella prospettiva sarebbe stato tutto più semplice per degli eventuali scagnozzi di Goemon: l'unico intoppo in quel caso sarebbero state le trappole di Satoko tutte intorno alla loro abitazione, ma i loro nemici questo lo ignoravano, non avrebbero mai tenuto conto di quell'elemento e avrebbero fatto irruzione nella loro abitazione senza tanti complimenti... In altre parole, non avrebbero mai organizzato un piano tanto complicato da attuare alla Clinica, sotto gli occhi di dozzine di persone e con mille imprevisti che potevano rovinare tutto. Ed inoltre Kimiyoshi era con lei, e sicuramente la famiglia di lui sapeva dove stavano andando tutti assieme. Rika doveva stare calma.

La bambina dai capelli blu volse il capo allora all'incrocio che si profilava all'orizzonte, di fronte all'auto in movimento. Quella era una strada che lei conosceva molto bene, lei era abituata a percorrerla ogni volta che andava ad Okinomiya con i suoi amici, ed ora avrebbero curvato a sinistra, prima di raggiungere la loro destinazione nel giro di qualche minuto...

All'improvviso, si alzò in piedi nella macchina, e si appiccicò al finestrino per controllare se aveva visto bene. Avevano svoltato a destra.

“Ehi! Dove diavolo stiamo andando?” gridò lei.

“Alla stazione di polizia, te l'hanno già detto.” rispose Kimiyoshi.

“Ma questa non è la direzione giusta! Avremmo dovuto girare dall'altra parte, la centrale è uno dei primi edifici che si incontrano quando si entra ad Okinomiya, è subito dopo il ponte, e...”

“Okinomiya?” esclamò uno degli ufficiali. “No, no, signorina, qui c'è stato un malinteso. Stiamo tornando ad Ibaraki. È per questo che Kimiyoshi-san viene con voi, in qualità di vostro tutore: senza di lui non avremmo l'autorizzazione a portare una bambina così lontano da casa sua. È stato lui a consentirci di portarvi con noi, ed anche il preside della vostra scuola è stato informato per tempo. Tutte le persone preposte alla vostra tutela ci hanno dato il permesso di prelevarvi e condurvi con noi.”

“Era mio dovere farlo.” concluse Kimiyoshi, sorridendo a quella che giuridicamente era la sua figlia adottiva “Dopo tutto non c'era motivo per non farlo. Noi siamo cittadini responsabili, vero che lo siamo, Rika-chan?”

Rika non ci capiva più un'acca. Lei non era mai uscita da quelle quattro case di campagna che lei conosceva o dalle cittadine circostanti, il suo ruolo nel villaggio glielo impediva, e quel fulmine a ciel sereno la sbalordì più di qualsiasi altra cosa. Lasciare la propria terra natale, anche solo per poche ore... La fanciulla non aveva mai pensato che Hinamizawa fosse una gabbia, per lei: non poteva mai allontanarsi del tutto dal paese, come un criminale condannato a non mettere piede fuori dalla propria cella. Ma allo stesso tempo a lei questo non era mai pesato tanto, essenzialmente Rika aveva sempre adorato Hinamizawa e se questa era una prigione allora era la più dolce delle carceri, per lei. L'unico cruccio era il fatto di non poter mai andare in vacanza al mare o in qualche località di villeggiatura, però era un aspetto minore. I suoi antenati avevano convissuto con quel legame con gioia ed anche lei lo aveva presto accettato. Non si sarebbe mai trasferita da quell'amabile agglomerato di capanne, era il posto in cui era nata e non l'avrebbe cambiato per tutto l'oro del mondo.

Rika era molto legata ad Hinamizawa... Forse anche troppo, ormai ci ho fatto il callo, si prese in giro la bambina, a bassa voce. Alla fine, ribellarsi a quei due poliziotti e pretendere di restare a casa a tutti i costi avrebbe portato più contro che pro. E poi, fortunatamente quella visita ad Ibaraki sarebbe stata molto rapida ed indolore, sarebbe tornata nel villaggio presto, non poteva assentarsi per molto tempo. Mesi prima, parlando del suo trasloco, Rena le aveva narrato che c'erano circa duecentocinquanta chilometri tra Hinamizawa ed Ibaraki, ed il viaggio durava abitualmente quattro ore, considerando i pezzi di tragitto percorsi via treno e quelli via macchina. Quindi, sarebbero arrivati nella grande città non prima della sera tardi. Probabilmente le avrebbero offerto di passare la notte la per sistemare la questione il mattino dopo, ma lei avrebbe rifiutato in quel caso. Avrebbe insistito per sbrigare la pratica il prima possibile, passando la notte insonne, e poi sarebbe tornata ad Hinamizawa prima che fosse troppo tardi. Se fosse stata lontana dal villaggio per più di trentasei ore la Sindrome avrebbe fatto impazzire tutti, ma se l'assenza fosse stata più breve di quel periodo non sarebbe successo nulla di tutto ciò, quindi bastava darsi una mossa, di qualunque cosa si trattasse.

“Potete dirmi come mai stiamo andando fin là, esattamente?” chiese quindi lei, ancora irritata.

“Allora, abbiamo bisogno della vostra deposizione per il caso Seohara. E poi ci sono un paio di questioni burocratiche che dobbiamo completare, ma non è nulla di serio, non vi preoccupate.”

Seohara? Quello che ha costretto Rena sulla sedia a rotelle? “Volete che io testimoni? Ma quel ragazzo è morto, suppongo che non ci siano processi a suo carico.”

“Sì e no. Ovviamente non vi saranno procedimenti penali verso quel giovane, ma questa storia non è ancora conclusa, il caso non è ancora chiuso. Recentemente abbiamo scoperto che qualcuno lo ha protetto durante il periodo in cui si è nascosto nei boschi intorno al tuo villaggio.”

Rika non poté evitare di emettere un verso di compassione. Adesso, ci sono arrivati. Lei questo lo sapeva molto bene, e sapeva anche l'identità di quel complice. Si chiamava...

“Questa mattina, un uomo di nome Sonozaki Goemon-san si è costituito affermando di aver dato a Seohara-san della consistente assistenza per i suoi crimini, e si è consegnato alla polizia. Ecco perché la vostra presenza è richiesta. Abbiamo bisogno di una conferma della sua versione dei fatti.”

Rika non poteva credere alle sue orecchie.

Che... Cosa sta accadendo, qua? E perché hanno scelto me, per andare ad Ibaraki?

~-~-~-~-~

Mentre Rika si dirigeva verso la stazione dei treni, gli altri erano arrivati alla Clinica ed avevano chiesto di lei al dottor Irie. Il medico li mise al corrente della visita degli ufficiali, e quando pronunciò la parola Ibaraki Rena serrò le labbra, immediatamente consolata da Daijiro. Ripensare a quel nome le aveva fatto rammentare cosa esso fosse significato per lei durante tutto il suo passato, sia remoto che recente. Ma ad ogni modo, il gruppo di ragazzi pensò che fosse meglio contattare Flavia e chiederle di raccontare tutto quello che lei sapeva su quell'inattesa visita. Keiichi compose il numero di telefono, e dopo dieci-quindici secondi lei rispose. Il ragazzo spiegò quello che sapevano dell'accaduto, e rimase scioccato di sentire che l'ispettrice non ne sapeva nulla di quella storia.

“Sei... Sei sicura?” chiese lui.

“Figurati se non lo sono. Il buco in cui siamo qua ad Okinomiya è così piccolo che tutti veniamo velocemente a conoscenza di quello che avviene dentro queste quattro mura. Se l'ordine fosse partito da qui, l'avrei saputo, e di certo non sono stata io ad impartirlo.”

“Aspetta... Non era questo quello che intendevo... Noi sapevamo già che non eri tu la responsabile, quelli venivano da Ibaraki... Però pensavo che tu sapessi di questa vicenda più di quanto non sapessimo noi. Credevo vi avessero informato, voglio dire, in fondo stanno venendo alla vostra centrale insieme a Rika-chan...”

“Veramente non ci hanno detto niente. E Rika-chan qua non si è ancora vista, oggi. Vabbè, vado a sentire gli altri, magari qui c'è qualcuno che non ne è del tutto all'oscuro e che si è dimenticato di avvisare, se ho notizie vi chiamo subito.”

Keiichi la ringraziò e riagganciò la cornetta, ripetendo ad Irie quello che l'ispettrice gli aveva detto.

“Questo è strano...” commentò il dottore “Loro erano poliziotti, è impossibile che mi abbiano ingannato... Avevano anche affermato di aver contattato il preside, e che lui aveva dato il suo consenso dichiarando di aver compreso la situazione.”

“Facciamo un colpo di telefono al preside, allora.” suggerì Satoko “Conosco il suo numero di casa, raggiungerlo non sarà un problema anche se è già uscito da scuola.”

“Sono d'accordo, dimmi il suo numero, per favore.” Satoko si avvicinò al telefono e compose il numero per Keiichi, cosicché lui doveva solo attendere in linea finché l'altro non avesse risposto.

E non appena udì una voce all'altro capo del telefono, il ragazzo prese subito la parola: “Signor preside, sono Maebara Keiichi. Mi rincresce disturbarla e di saltare i convenevoli, ma dobbiamo chiedervi conto di qualcosa di molto importante. È vero che oggi due ufficiali di polizia vi hanno telefonato per informarvi che avrebbero portato Rika-chan alla centrale?”

“Oh... Sì, è corretto.” confermò l'uomo “Mi avevano spiegato che per un caso dovevano portarla ad Ibaraki. Mi hanno garantito che...”

“No, solo un secondo. Mi state dicendo che quelli non stanno andando ad Okinomiya... LA STANNO PORTANDO AD IBARAKI?!”

Udendo quelle parole, Irie trasalì, e ogni altro presente si lasciò sfuggire un'esclamazione di stupore.

“Beh... In effetti è così. Per loro era indispensabile averla a propria disposizione, mi hanno detto, così sono stati incaricati di condurla fin laggiù, naturalmente insieme ai suoi genitori od a chi ne faceva le veci. Mi rendo conto che un viaggio così lungo sia stressante per una bambina della sua età, ma non potevo certamente impedire alle forze dell'ordine di compiere il loro dovere, e poi non vogliono certo nuocerle, questo mi pare assodato...”

Il preside smise di dare spiegazioni, si era accorto che Keiichi aveva già riagganciato. Infatti, lui si era subito staccato dal telefono ed ora stava fissando con aria da rimprovero il povero Irie, il quale iniziò a scusarsi, chiudendo gli occhi per il dispiacere: “Sono desolato, davvero, sono desolato... Probabilmente lo avevano detto anche a me, ma mi devo essere distratto e non ho udito quella parte...” La verità era che il medico era terribilmente spossato, in quegli ultimi giorni. Tante notti passate insonne, per trovare una cura per Mion ed anche per Giancarlo, quando anche lui era in coma. Sprofondato nel suo lavoro, il medico non si era curato di riposare un poco ed ora era totalmente esausto, pagandone a caro prezzo le conseguenze. Gli altri erano consci della sua situazione, così nessuno ebbe il coraggio di fargliene davvero una colpa.

Inoltre, il telefono aveva ripreso a squillare. Era di nuovo Flavia. Keiichi rispose ed illustrò all'ispettrice quello che avevano appena scoperto.

“Io... capisco...” disse lei, quando l'altro ebbe finito “Dannazione, hanno agito nel nostro distretto senza dirci niente, come hanno osato... Mi farò sentire... Ad ogni modo, pure io ho grandi notizie per voi, Ibaraki sarà sulla bocca di tutti, oggi. Ci sono indiscrezioni secondo cui Sonozaki Goemon è stato arrestato questa mattina, e si troverebbe proprio là al momento. Inoltre, gli agenti hanno messo sua moglie al corrente della posizione del marito e lei ha dichiarato all'istante che avrebbe fatto i bagagli per andare da lui... Qualcosa di grosso bolle in pentola, da quelle parti...”

“Puzza di tranello lontano un miglio. Grazie mille, ti dobbiamo un favore.” Keiichi troncò la conversazione e riportò tutto agli altri. “Ragazzi, qui il tempo stringe, dobbiamo prendere una decisione adesso. Rika-chan non può stare lontana dal villaggio per più di trentasei ore, lo sappiamo tutti: se sforasse questo limite, allora tutta la nostra comunità contrarrebbe la Sindrome e impazzirebbero all'unisono, scannandosi a vicenda. Sarebbe la fine di tutti noi. Qualcuno deve andare ad Ibaraki, ma dobbiamo stare cauti perché potrebbe essere tutto un trucco per coglierci alla sprovvista. Dovremo dividerci, temo, alcuni di noi devono restare qui per monitorare la situazione ad Hinamizawa. Quindi, chi se la sente di andare ad Ibaraki per vedere come sta Rika-chan e per capire che diamine stanno combinando da quelle parti? Io sono disponibile a partire, se non avete nulla in contrario.”

“Rena si ricorda ancora un po' di come è fatta Ibaraki.” disse la ragazza sulla sedia a rotelle “Lei conosce le strade, e dove si trovano gli edifici principali. Lei... Io dovrei decisamente fare parte del gruppo che parte.”

“Mi sembra sensato.” convenne Keiichi “E Daijiro ti accompagnerà.”

“Anche io voglio venire!” protestò Satoko “Stiamo parlando di Rika, io non posso lasciarla là così, senza far niente!”

“Posso capire i tuoi sentimenti, Satoko, ma tu non puoi venire con noi. Tu saresti molto più utile qui nel villaggio, se qualche malintenzionato volesse trarre vantaggio dalla situazione e ci attaccasse a tradimento come quella guardia del corpo, le tue trappole e la tua capacità di usarle sarebbero la nostra salvezza. Lo stesso vale per te, Hanyuu.”

Quest'ultima acconsentì a questa richiesta, seppur a malincuore, mentre Satoko fu visibilmente irritata da quello che in pratica era un ordine, ma non ebbe da ridire. In fondo Keiichi aveva dato una motivazione valida per esso. Shion allora la abbracciò, per ringraziarla per la sua comprensione, e poi aggiunse: “Kasai verrà con voi, anche in qualità di finanziatore: la famiglia Sonozaki si prenderà carico di tutte le spese, biglietti del treno, pernottamento nell'hotel, e via dicendo. Per favore, ragazzi, andate a casa e preparate subito le vostre valigie, Kasai vi porterà subito nelle vostre abitazioni, dobbiamo sbrigarci.”

“Molto bene.” concluse Kasai, che era con loro. “Per andare alla stazione ferroviaria useremo il nostro furgone, in questo modo Ryuugu-san sarà molto più a suo agio. Ed una volta raggiunta la nostra destinazione ad Ibaraki vi contatterò subito, Shion-san, per sapere se vi sono stati nel frattempo degli sviluppi. Ma ora seguitemi, vi prego.” I tre ragazzi obbedirono ed uscirono dall'edificio. Satoko li osservò mentre si allontanavano, e quindi chiese a Shion: “Per inciso, Nee-Nee, qualche minuto prima tu dicevi che volevi dirci una cosa.”

“Sì, ce l'avevo... Ma non era così importante da avere la precedenza su questa questione. Per di più, visto che noi altri dovremo stare ad Hinamizawa avrò tutto il tempo di raccontarla. Però, prima, andiamo al piano di sotto, almeno così la sentirà anche Gi-chan.” Satoko, Shion, Satoshi, Hanyuu e Irie raggiunsero il seminterrato e quindi, una volta che furono entrati nella stanza dove stavano Mion e Giancarlo, ognuno di loro prese una sedia. Successivamente, Shion sospirò, e iniziò la sua narrazione.

“Kasai, ieri, aveva finalmente trovato degli scampoli di tempo per investigare su Goemon-san. A causa di tutte le traversie di questi giorni lui non aveva potuto scoprire un accidente, prima, ma ora finalmente avevamo avuto un momento di respiro ed abbiamo scoperto qualcosa di molto significativo. Come potete immaginare, anche se lo chiamiamo Sonozaki Goemon-san quello non è il suo vero cognome: è sua moglie Megumi-san quella che appartiene davvero alla famiglia, lui invece ha deciso di cambiare il proprio nome associandolo a quello del nostro clan. In fatti, prima di spostarsi lui era conosciuto all'anagrafe come Hayufuki Goemon-san. Reperire queste informazioni è stato più arduo di quanto non potessimo supporre, lui aveva cambiato tutti i documenti ed i dati. Carta d'identità, patente di guida... Riportavano solo il suo cognome acquisito.”

“E questa curiosità cosa ha a che fare con il resto?” chiese Satoshi.

“Ha molto a che fare... Quando l'ho visto a Kiyotshu, la scorsa settimana, avevo avuto l'impressione di averlo già incontrato da qualche parte... Ed avevo ragione, quando Kasai mi ha riferito quel cognome la verità mi è saltata agli occhi in un lampo. L'avevo visto decine di volte quando ero piccola, conoscevo tutta la sua famiglia... Perchè quello adesso vive ad Okinomiya, ma in realtà è originario di Hinamizawa, esattamente come noi.”

“Davvero?” chiese Satoko.

“Sicuro. Non l'ho mai conosciuto come Goemon, non mi avevano mai detto quale fosse il suo nome di battesimo. Ma per anni l'ho visto come il parente di una persona con cui avevo avuto dei rapporti molto stretti. Ma diciamo le cose con ordine. Questa sarà una storia piuttosto lunga e controversa, e non una dal lieto fine...”

~-~-~-~-~

Come Rika aveva presupposto, i poliziotti erano stati istruiti affinchè le facessero passare la notte ad Ibaraki, in quanto avevano raggiunto la città quando erano ormai le nove e mezza di sera. In quel caso, lei sarebbe andata alla centrale solo il giorno successivo, ma fortunatamente lei fu abbastanza cocciuta da convincere i suoi accompagnatori a sveltire la procedura. Ciò nonostante, anche così lei si sentiva a disagio, mentre varcava la soglia dell'ingresso principale di quel mastodontico edificio. Quella stazione era molto più grossa di quella di Okinomiya, doveva infatti occuparsi della sicurezza di una città decisamente più vasta. Una costruzione molto estesa composta da molteplici piani ed ancora piena zeppa di lavoratori ed agenti, a dispetto della tarda ora. Una giungla di cartelli indicava la direzione per ogni dipartimento della struttura, e quel caos spinse Rika a stringere la mano a Kimiyoshi, il quale le sorrise, notando come lei fosse in ansia. Comunque, gli ufficiali che erano con loro non avevano bisogno di analizzare la mappa del palazzo per sapere dove andare, lo sapevano già: i quattro raggiunsero un ascensore, camminando attraverso una selva di persone indaffarate, e quindi salirono al terzo piano.

Una volta usciti da lì, presero il primo corridoio a sinistra, e spinsero una modesta porta in legno, simile a dozzine di altre uguali alla sua destra ed alla sua sinistra. Una volta aperto l'ingresso, si accomodarono in una piccola stanza, dove un terzo ospite stava seduto, evidentemente in attesa del loro arrivo. Senza sorridere, quello sconosciuto fece un cenno e con il gesto della mano invitò i due ospiti a mettersi comodi sulle altre sedie della saletta; dunque, invece di salutarli cordialmente lui non disse una parola ma anzi si piegò in avanti per prendere un oggetto. Sembrava la classica persona che non ama il suo mestiere, e che vuole sbrigare il tutto il prima possibile per andare a casa, non interessandosi di sapere se il lavoro compiuto è buono o meno. Non che la cosa fosse necessariamente un male, pensò Rika. Ottimo, questo non vuole perdere tempo. Siamo in due a voler finire questa roba in fretta, amico.

Ma la soddisfazione della bimba scomparì rapidamente, quando l'altro mostrò di avere in mano un sacchetto di plastica, al cui interno vi era un oggetto che conosceva molto bene.

Si trattava di un coltello cerimoniale. Il quale in teoria sarebbe dovuto stare dentro il Saiguden, a pochi passi dal Tempio di Hinamizawa. Perchè era lì, invece? Erano anni che non toccava più quell'arnese, se si eccettuavano i giorni dell'inventario in cui lo prendeva in mano per controllare che fosse a posto e che non fosse andato smarrito. Quando aveva fatto l'ultima verifica di quel tipo? A dicembre, lei se lo ricordava, e quella volta la lama era ancora lì. Quindi...

Anche Kimiyoshi lo aveva riconosciuto. Aveva visto il padre di Rika utilizzarlo per dei riti, quando lui era ancora vivo, ed il suo manico riccamente decorato era inconfondibile. L'uomo si girò allora verso la bambina, e verso l'ufficiale che lo stava tuttora maneggiando.

“Come... Come mai lo avete voi? Dove lo avete trovato?” chiese l'uomo.

“Quindi ammettete che questo oggetto non vi è ignoto.” replicò l'agente con una smorfia. Quindi egli continuò: “Mentre i miei colleghi vi stavano guidando fin qui, altri dettagli ci sono stati rivelati dal criminale reo confesso. Non più di un'ora fa, Sonozaki-san ha modificato la sua versione dei fatti ed ha asserito che la qui presente Rika Furude-san ha avuto una parte nella vicenda, seppur piccola, contribuendo col minacciare Seohara-san con detto coltello. Dobbiamo verificare la cosa, non essendoci indizi concreti nessuno vi sta accusando di nulla allo stato attuale, ma temo che questa non sia una teoria totalmente campata per aria in quanto sul pugnale abbiamo rinvenuto delle impronte digitali appartenenti presumibilmente ad una bambina, troppo piccole per essere di un adulto di altezza normale. Ecco perché sono necessari dei controlli.”

Rika impallidì. Quell'ufficiale di mezza età la stava trattando con freddezza, senza badare alla giovanissima età della sua interlocutrice. Ma questo era ancora niente... Perché la stavano accusando di quel crimine? Seohara era pazzo di suo, non serviva torturarlo con quel pugnale per farlo uscire di senno, e comunque lei non lo avrebbe mai fatto. Anche se lei stava iniziando a capire alcune cose. Il fatto che Goemon avesse parlato di quella cosa alla polizia solo pochi minuti prima non era strano, era un modo per portarla ad Ibaraki senza troppi imprevisti: in questo modo, i due agenti mandati a prelevarla ad Hinamizawa pensavano solo che lei avrebbe dovuto rispondere a delle domande, ed era questo quello che avevano detto ad Irie ed al preside. Se questi ultimi avessero saputo che la loro pupilla rischiava qualcosa di serio, avrebbero potuto opporsi ed avrebbero forse impedito che lei fosse portata fin là. E lo stesso avrebbe fatto anche Kimiyoshi, che infatti era ora alterato in volto.

Evidentemente, Goemon la voleva ad Ibaraki con lui... Ma perlomeno non poteva farla accusare di aver pugnalato direttamente Seohara. Non c'era sangue sul coltello, e sul cadavere del ragazzo non vi erano quel genere di ferite, l'autopsia non poteva averle riscontrate. Il suo nemico non aveva potuto ordire un'accusa di omicidio, ma già quella di concorso in tortura era davvero molto grave.

“E quando avrei fatto una cosa del genere, stando alle sue parole?” chiese Rika, pensierosa.

“Sonozaki-san ha dichiarato di non conoscere la data esatta. Ha affermato di averlo segregato in una stanza nascosta e di averti invitato a seviziarlo anche in sua assenza. Tuttavia è certo che tu abbia portato a termine il compito in quanto nel giro di qualche giorno ha riscontrato degli effetti notevoli sulla psiche di Seohara-san, il quale era divenuto più malleabile e disposto a seguire i vostri ordini. Questa è la sua versione completa, potete leggerla se lo gradite.” Rika non guardò neanche i fogli di carta che gli stava porgendo. Lei temeva una risposta di quel tipo, in questo modo lei non poteva praticamente scagionarsi: Seohara era stato irrintracciabile per settimane, la bambina non poteva dire di non aver mai avuto la possibilità di commettere il misfatto; inevitabilmente, in un periodo così lungo vi erano frangenti in cui lei era rimasta da sola e quindi non aveva un alibi, per esempio durante le notti.

“Ma allora non ci sono impronte di adulto, su quel coltello?” chiese Kimiyoshi, incredulo.

“No. Sonozaki-san ha dichiarato di non averlo mai toccato, e che tu l'hai lasciato nella sua abitazione di Okinomiya. Ed effettivamente questa mattina, intorno alle dieci, abbiamo trovato il pugnale nel punto che ci era stato indicato. Il fatto che non ci siano impronte di uomini adulti farebbe pensare che non è stato lui a portare lì il pugnale, ma che solo Furude-san l'abbia fatto... Ah, tra l'altro è stato in quell'istante che abbiamo rivelato alla consorte quello che era stato di suo marito, e ci ha chiesto subito di venire ad Ibaraki per visitare suo marito. Penso che alloggi in un hotel non lontano dal nostro quartier generale, ora.”

“Ma non potrebbe avere adoperato dei guanti?” replicò Kiichiro Kimiyoshi, tentando di difendere Rika “Nei film mostrano sempre che se li indossi non lasci impronte digitali sugli oggetti. Potrebbe avere usato quel coltello in quel modo e...”

“Difficilmente una cosa simile è fattibile. Quando si usano i guanti, non solo non si lasciano impronte, ma si ottiene anche il risultato di cancellare quelle già impresse in precedenza. La stoffa del guanto ha lo stesso effetto di un panno passato su una superficie sporca, capite che succede? Viene tutto pulito... Invece, le impronte di bambino che abbiamo rinvenuto noi sono tutte ben definite, come se Furude-san avesse davvero portato questo oggetto a casa del sospettato, e nessun altro l'avesse toccato successivamente. E converrete con me, quando dico che è assurdo ipotizzare che Sonozaki-san abbia rubato una prima volta il coltello, tormentato Seohara-san con esso, ripulito le impronte digitali dalla lama, restituito il pugnale a Furude-san per farle lasciare le sue impronte, rubato l'arma una seconda volta e contattato la polizia per farlo ritrovare da noi a casa sua. È complicato perfino da dire, immaginatevi a farlo.”

“E voi vi fidate di una persona che ha cambiato la sua deposizione in corsa? È un bugiardo, certo che è un bugiardo! Ha raccontato una bella favoletta per salvarsi la pelle!”

“Non sto dicendo che lui abbia detto la verità al cento per cento. Ma la sua favoletta combacia con molti indizi di cui noi eravamo in possesso, quindi potrebbe essere attendibile. Inoltre, voi dovreste spiegarmi quale trucco di magia ha permesso al pugnale di arrivare a casa del sospetto. Anche solo osservandolo posso dire che questo è senz'altro un oggetto sacro, tipo una reliquia, non dovrebbe essere custodito in un posto sicuro?”

“Veramente...”

Rika rimaneva in silenzio, lasciando litigare a parole Kimiyoshi e l'altro ufficiale. L'ultima frase dell'agente le aveva fatto venire un'idea, come sacerdotessa del Tempio lei poteva anche considerare teorie irrazionali. Ouka... Vuoi vedere che è stata lei... Il giorno in cui quello spirito era venuto al Saiguden per piazzare quel sigillo di energia nel corpo della sua discendente, potrebbe averne approfittato anche per sgraffignare il pugnale. Non lasciare nessuna impronta era semplice per un fantasma... Forse quel furto era stato un suggerimento datole al tempo da Goemon, avere quell'oggetto a disposizione poteva tornare utile, per mettere i propri avversari in una situazione scomoda. Ed il fatto che Ouka l'avesse rubato a Gennaio, con largo anticipo rispetto agli ultimi fatti, era anche la prova che era Rika il vero bersaglio sin dall'inizio. Lei e non Mion.

“Non ci posso credere!” protestò Kimiyoshi, nel frattempo “Questa farneticazione è da beoti! Come suo padrino, non posso accettare che mia protetta sia accusata a cuor leggero!”

“Siete libero di non crederci. Ecco perché vi sto dicendo che dobbiamo verificare.”

“E che succede se alla fine dei vostri test voi non vi accorciate di avere torto marcio? Avete intenzione di mandarla ad un riformatorio, ora?”

“Per piacere camatevi, Kimiyoshi-san. Furude-san dovrà restare ad Ibaraki solo un paio di giorni, in un alloggio scelto dalla polizia, in modo da lasciarci eseguire le nostre indagini. Ovviamente le spese sono tutte a carico del dipartimento. Sono certo che non sarà un grande fastidio, domani è venerdì, si sta approssimando il fine settimana. Prendetela come una vacanza gratis.”

Furude-san dovrà restare ad Ibaraki solo un paio di giorni...

Ad Ibaraki solo un paio di giorni...

Un paio di giorni...

Per un momento infinito, Rika si sentì come se il suo cuore fosse stato trafitto da mille lame. Ora aveva capito tutto. Non sarebbe stato difficile provare la sua innocenza, sebbene l'ufficiale avesse detto il contrario non c'erano degli elementi concreti per affermare che lei era una bambina pericolosa, erano solo congetture... Ma per Goemon quello era irrilevante. Il suo era solo un castello di carte, ma a lui bastava che esso durasse per poco tempo. Sarebbe stato sufficiente tenere Rika lontana da Hinamizawa per più di trentasei ore, e tutti i suoi abitanti sarebbero andati incontro alla follia mortale della Sindrome. Era così che funzionava... E Goemon pareva pronto ad andare anche in prigione, pur di conseguire il suo obiettivo.

Tra l'altro, Rika si rese presto conto che non poteva scappare da Ibaraki per tornare a casa sua. Era una bambina troppo piccola, senza denaro con sé. Nelle sue condizioni, tornare ad Hinamizawa prima che fosse troppo tardi era qualcosa di inconcepibile. Ed anche se ci fosse riuscita per puro caso la polizia l'avrebbe ritrovata senza sforzo, sapevano dove cercarla visto che lei doveva stare per forza là. L'avrebbero ricondotta ad Ibaraki, con molti più sospetti su di lei proprio a causa di quella fuga eventuale.

Per di più, non poteva nemmeno contare su Kimiyoshi. L'uomo non sapeva nulla della Sindrome, e secondo lui soggiornare due o tre giorni là era la soluzione migliore, per dissipare ogni ombra sul conto della sua figliastra: “Bene, non c'è null'altro che possiamo fare... E va bene. Resteremo qui per un po', e mostreremo che Rika-chan è al di sopra di ogni sospetto e calunnia.”

“Eccellente.” rispose l'ufficiale, richiamando i due colleghi che li avevano accompagnati fin lì e chiedendo loro di condurli al loro albergo.

Come Rika si stava immaginando, c'era solo un modo per salvare il villaggio... Seguire la legge, cercare i propri amici e sconfiggere i propri avversari sul loro stesso campo, ossia trovando il modo legale di tornare a casa prima che fosse tardi. Avrebbe telefonato a casa, una volta arrivati nella loro stanza.

Ma prima...

“Per cortesia, posso chiedervi un favore?” chiese la fanciulla all'ispettore.

“Di cosa avete bisogno, Furude-san?”

“Desidererei parlare con Sonozaki Goemon-san. Qui ed ora.”

“Posso sapere il motivo?”

“Ci sono un paio di cosette che dovrebbe proprio spiegarmi. Ah, e vorrei che voi usciate dalla stanza, dopo che sarete arrivati.”

“Io questo non posso farlo, sono spiacente. Io non posso lasciare da soli un criminale ed una persona informata dei fatti che lo riguardano.”

“Capisco. Quindi, avete qualcosa in contrario se voi rimanete qui a sorvegliarci? A questa condizione, potreste acconsentire a condurlo qua?”

“Uhm...” lui ci riflettè sopra “Se lo volete proprio, posso permettervelo. Ma tenete bene in mente che ogni cosa decidete di dire nel vostro dialogo può essere usato contro di te e contro il vostro padrino. Conoscete i vostri diritti.”

“Non farti problemi per questo. Portatemelo qui, ci sarà da divertirsi.”

Venti minuti dopo, l'autore di tutto questo casino arrivò nella loro stessa stanza. Chiaramente Goemon era ancora dentro il palazzo di giustizia, avendo dato la sua ultima deposizione di recente non era ancora stato sbattuto in prigione. Quel che è peggio, la sua faccia non era quella di uno che stava per diventare un detenuto. Era sorridente, invece, come se il suo piano fosse finalmente andato in porto, e si era permesso addirittura di salutare Rika e Kimiyoshi come se fossero dei buoni vecchi amici. Però questa è la tua ultima risorsa, caro mio. Pensò Rika. So che tu nel tuo cuore speravi che io morissi a causa della maledizione di Ouka, basta guardarti in faccia per capirlo...

“E' un piacere incontrarvi di nuovo.” Goemon inziò a parlare, ironicamente “Sono lieto di vedervi in salute. Avete incontrato mia moglie, per caso? Era da queste parti solo pochi minuti fa...”

“Goemon-san!” Kimiyoshi strillò “Che ti salta in mente di mettere in atto questa pazzia? Io pretendo una risposta, da te!”

Goemon non rispose. Rika, dal canto suo, voleva che l'uomo parlasse per più tempo possibile, gli avrebbe fatto sputare fuori tutto quello che sapeva. Una parola sbagliata detta nel momento sbagliato, e lei avrebbe potuto cogliere un indizio prezioso su quello che si poteva fare per mandare in fumo questa congiura. Tuttavia, ora Rika doveva scegliere attentamente le proprie domande, con Kimiyoshi e l'altro ufficiale a ronzare intorno lei doveva evitare di parlare della Sindrome, e di molti altri argomenti. Questo, a meno che qualcuno non fosse intervenuto, e Rika sperava che fosse così.

Improvvisamente, infatti, lei udì una debole voce di bambina.

“TIME, STOP!”

Ed il tempo si congelò.

Rika conosceva quell'incantesimo, Hanyuu lo aveva evocato svariate volte. Ma la cosa strana era il fatto che quella voce non apparteneva a lei, quanto piuttosto ad un altro suo antenato.

A fianco di Goemon, si era messa Ouka.

“Allora, adesso che il tempo è fermo gli altri non si accorgeranno di nulla, non ci disturberanno. Gli unici che sono coscienti in questo momento siamo io, te e Goemon-san, potremo discorrere insieme liberi di dire quello che vogliamo. Era questo, quello che volevi. Sei contenta, Rika?”

“Eh, già, non posso affermare che questa sia una sorpresa. Buona sera, piccola ladra.”

Lo spirito parve offeso da quel complimento tutt'altro che piacevole, ma non osò ribattere, un segno che era stata realmente lei a prendere il coltello. Pertanto, Rika sorrise con un ghigno di sfida e continuò a dire: “Avevo inteso che tu fossi scomparsa quel giorno al Saiguden, Ouka... Avevo inteso che i tuoi poteri erano andati esauriti dopo che avevi concentrato tutta la tua energia in quella dannata sfera che avevi messo dentro di me, e che dopo quella stregoneria eri stata costretta a lasciare questo mondo...”

“Hai dimenticato quello che ti ho detto nel nostro ultimo incontro? I miracoli eseguiti dagli altri sono il carburante che mi consente di unirmi a voi. La prima volta è stato grazie alla vostra prodigiosa vittoria contro la Yamainu...”

“...E questa seconda volta è stato grazie al fatto che io e Gi-chan siamo stati capaci di sfuggire alla morte, rocambolescamente. Quindi, il ruolo di questi miracoli è quello di consegnarti un certo ammontare di energia magica che tu puoi spendere a tuo piacimento finchè non la esaurisci completamente... Interessante.” Rika ridacchiò “Avete voglia di mettere un altro sigillo spirituale nel mio cuore, ora?”

“No, quel trucco non sembra essere efficace contro di te... E onestamente vorrei fare più che altro da mera spettatrice, stavolta. Sono stanca di combattere per non so manco che cosa. Tutto quello che ho fatto di recente è stato avvertire il mio caro amico che il primo sigillo non ha dato il risultato atteso.”

“Non mi sarei dovuto affidare a quella roba. Magia, pfui.” sibilò Goemon, seccato. Ouka diceva il vero prima, evidentemente il legame tra i due permetteva all'uomo di parlare anche se il tempo era cristallizzato in quel frangente.

“Il nostro piano era perfetto, mi faresti un piacere se tu non te la prendessi con me.” replicò lo spettro “Tu hai costretto con successo qualcuno del suo gruppo a sacrificarsi, e la sfera energetica è veramente esplosa, facendo morire Rika-chan. Tutto era andato come previsto, e solo un miracolo impossibile da mettere in preventivo ha potuto sbarrarci la strada. Ora, vediamo piuttosto se questo rimedio d'emergenza che tu hai elaborato su due piedi ha qualche chance di funzionare.”

“Hmph” Rika derise Goemon “Ed allora avresti confessato di proposito? Non riuscirai ad uscire di gattabuia tanto presto. Andare in prigione per sbarazzarti di noi... Saresti davvero disposto a questo... sacrificio?” La bambina calcò l'accento su quest'ultima parola, enfatizzandola a gesti.

“Io sono pronto a tutto, per mettere fine a questa storia.”

“Anche a morire?”

“Anche a morire.”

Quell'affermazione suscitò la curiosità di Rika, ma la fanciulla doveva sbrigarsi. Quando Hanyuu evocava quella magia, essa aveva effetto per meno di un quarto d'ora. Era plausibile che anche l'incantesimo di Ouka avesse quel genere di durata, e dopo che il tempo si fosse rimesso in moto lei non avrebbe più potuto chiedere a Goemon quello che le premeva sapere.

Pertanto, la bambina gli chiese un semplice quesito. “Goemon-san... Puoi dirmi chi sei veramente, per piacere?”

L'uomo si intristì di colpo a quella domanda. “Non ti hanno raccontato la mia storia, direi... Sono leggermente sorpreso. So che il mio volto mostra inclemente i segni del tempo, anche per colpa delle pene che hanno segnato i miei ultimi anni, però confidavo che uomini come Kimiyoshi-san mi avessero riconosciuto.”

“Non l'ha fatto. Se fosse stato così mi avrebbe messo al corrente, immagino.”

“Mi sembra ragionevole, come osservazione. Capisco quindi. Rika-chan tu vuoi sapere la verità? Se questo è il tuo desiderio, io lo esaudirò, ammetto di sentire il bisogno di descrivere la mia rabbia repressa a qualcuno, anche se si tratta della persona che voglio distruggere. In fondo tutto è stato messo a punto per la battaglia finale, ora che tutti i pezzi sono stati disposti non c'è più niente che io possa fare, visto che sarò obbligato a vivere in un penitenziario per i giorni a venire. Non cambierà nulla, se io vi racconto la verità. Però questo non sarà un racconto allegro, né una storiella gioiosa di quelle per fare addormentare i bambini prima di mandarli a letto, ti sto avvisando...”

 



Giusto nel caso non sia chiaro: Nella trama principale dell'Anime vi era la convinzione, da parte di chi studiava la Sindrome, che se Rika moriva allora nel giro di 36 ore tutto il villaggio contraeva la malattia. Questo valeva anche per chi lasciava il villaggio per un periodo di tempo sufficientemente lungo: alla prima causa di stress, che fosse Satoshi, la diffidenza dagli amici, il complotto sugli alieni... Chi andava e poi tornava ad Hinamizawa finiva con l'uscire di senno. Quindi, se gli abitanti stanno lontani da Rika per oltre 36 ore danno di matto... Spero che questa postilla chiarisca il trambusto che sta succedendo, e perchè i cattivi stanno cercando di portar via Rika dal villaggio, seppur temporaneamente.

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Capitolo 53
*** I lunghi tentacoli di un dolore lontano ***



Capitolo 52: I lunghi tentacoli di un dolore lontano



Hinamizawa e Ibaraki, il passato ed il presente

“Yuzo è COSA? Non prendermi per i fondelli, se è uno scherzo lo trovo di pessimo gusto!”

Una donna aveva spento il televisore presente nella stanza. Stava guardando un notiziario riguardante il Massacro di Monaco, avvenuto quello stesso giorno durante i Giochi Olimpici, ma ora lei e l'uomo al telefono che era con lei erano concentrati su un'altra tragedia, una che li colpiva personalmente. Hayufuki Goemon, la persona che aveva lanciato quell'esclamazione di stupore, aveva appena ricevuto la peggiore notizia della sua vita e la mano che impugnava ancora il ricevitore stava tremando al pensiero di quello che aveva sentito.

“Sono desolato.” spiegò lo sconosciuto all'altro capo del telefono “Ma mezz'ora fa hanno rinvenuto i corpi di due persone che corrispondono alla descrizione di vostro figlio e vostro nipote. Gli ufficiali hanno analizzato i documenti di identità nel portafoglio, quindi non ci dovrebbero essere possibilità di errore. Li hanno localizzati all'interno della loro automobile, la quale sembra essersi ribaltata più volte dopo essere precipitata dalla strada adiacente alla scarpata che conduce al fiume. Ad una prima ricostruzione l'impatto è stato fatale, impossibile per loro sopravvivere ad una caduta del genere, sono entrambi morti sul colpo senza soffrire.”

“Ma dove è successo? Dove diavolo erano?” gridò Goemon, fuori di sé.

“Sono stati scoperti non lontano da Yagouchi, conoscete la zona dove si trova la Fossa, vero? Erano lì vicino, pare che loro due stessero tornando indietro da là, ma quell'incidente è stato mortale per loro. Di nuovo, mi spiace veram-”

“Basta chiacchiere! Dove sono, adesso?”

“Alla stazione di polizia di Okinomiya, credo, la scientifica deve ancora eseguire l'autopsia. È solo la procedura standard, temo che non scopriranno nulla di interessante. I corpi vi saranno restituiti pr-”

Goemon aveva interrotto la conversazione, sbattendo violentemente la cornetta contro il telefono.

“Maledizione, stavano tornando a casa... Allora Yuzo lo aveva perfino trovato... Non è giusto, questo... Perchè non sono andato con loro? Forse la ricerca lo aveva stremato, la stanchezza lo ha portato a commettere un errore al volante e così...”

Poco a poco, stava realizzando di averli persi entrambi. Le due persone che lui amava di più. Suo figlio Yuzo, un uomo di buon cuore ma allo stesso tempo dalle grandi doti, coltissimo, con un futuro luminoso davanti a lui... Era l'orgoglio di suo padre... Ed invece lo aveva lasciato per sempre, portandosi dietro il suo primogenito, di soli cinque anni, un bimbetto che riempiva i giorni di suo nonno con gioia e vivacità...

Il nipotino era svanito nel nulla un paio di giorni prima, mentre giocava con i suoi amichetti presso la cava abbandonata. Il gruppo di ragazzini era stato scacciato da un uomo misterioso con indosso degli abiti grigi, ma nessuno di loro aveva potuto dare un identikit di quell'individuo né sapevano dire dove era finito il loro compagno. Non arrendendosi di fronte a ciò, Yuzo e suo padre avevano telefonato a chiunque potesse sapere qualcosa, a tutti i bambini del villaggio uno ad uno nessuno escluso: avevano contattato i Kimiyoshi, il Maniero Sonozaki, la scuola, e tutte le famiglie della comunità. Non vi era edificio che non avesse ricevuto una loro telefonata, ma niente, nessuno era in grado di dare loro una risposta soddisfacente. Perciò, l'unica possibilità per Yuzo era uscire ed avventurarsi in quella medesima zona, sperando di trovarlo, ed aveva insistito affinché il padre rimanesse a casa con la nuora, la quale stava poco bene essendo a sua volta in pena per il proprio pargoletto. Sarebbero rimasti in attesa di una qualche fantomatica telefonata da parte di qualcuno. L'anziano uomo temeva che questa non fosse una decisione felice, ma dovette chinare il capo davanti all'ostinazione del figlio e lo lasciò partire. Ma ora si stava pentendo di quella sua arrendevolezza.

Yuzo era il suo unico figlio, Goemon non ne poteva avere altri. La sua prima moglie era morta di parto, dando alla luce il loro erede, ed ora lui era da solo, senza più parenti veri: con la nuora non era mai andato in conflitto, ma non aveva mai stretto un rapporto intimo con lei... La donna avrebbe fatto ritorno alla casa dei suoi genitori e non avrebbe mai più rivisto il suocero, se non in rare occasioni. Goemon non aveva più nessuno, non aveva erede, ed il suo cognome sarebbe morto con lui. Per lui, questa era una vergogna bruciante.

Il casato Hayufuki, nell'antichità, era una famiglia decisamente influente ad Hinamizawa. Forse non al livello dei Kimiyoshi, dei Furude o dei Sonozaki, ma nessuno di questi clan poteva prenderli alla leggera, e prima dell'Era Meiji vi erano stati periodi in cui essi erano praticamente riveriti come la Quarta Grande Famiglia del villaggio, ricoprendo incarichi di importanza strategica. Ma dopo la Prima Guerra Mondiale, il loro potere aveva subito un rapido declino, eclissandosi a tutto vantaggio di altri, in particolare dei Sonozaki. Goemon aveva assistito alla loro decadenza per tutta la sua vita, e pensare di essere l'ultimo membro in vita del proprio lignaggio era insopportabile. Era troppo vecchio, probabilmente, per risposarsi ed avere un altro figlio.

Ma dall'altro lato, la morte di Yuzo non lo convinceva affatto. Al volante, lui era stato sempre un guidatore prudente, era conscio delle insidie che le strade di campagna celano dietro ogni curva, e non avrebbe mai compiuto una manovra od una sterzata rischiosa, men che meno dopo aver appena ritrovato il suo figlioletto. Un incidente d'auto era certamente possibile, però gli appariva quantomeno strano... Ed inoltre, quando aveva telefonato loro, tutti i compagni di classe del suo nipotino avevano parlato di un uomo con un'uniforme grigia. Non se l'erano immaginato. Che ci faceva lì un uomo, in quella cava dismessa? Chi era? La zona doveva essere abbandonata da diverso tempo, non ci dovevano essere intrusi. C'era qualcosa in quella ricostruzione che Goemon non riusciva a spiegarsi, così aveva deciso di recarsi alla stazione di polizia di Okinomiya, per pretendere di saperne di più.

Laggiù, si era imbattuto nel detective Oishi, che all'epoca era ancora lontano dall'andare in pensione. Con lui aveva avuto una lunga chiacchierata, e mentre rileggeva i rapporti dei colleghi l'ispettore fece delle allusioni ad uno strano odore che veniva dalla vettura delle vittime, qualcosa di simile a uova marce, come se si trattasse di zolfo. L'ufficiale aveva affermato che si trattava di una puzza alquanto forte e penetrante... Ma non poteva essere: anche assumendo che Yuzo avesse recuperato il figlio nei pressi della cava, e che lì avesse inalato i vapori di zolfo che l'avevano indotto a svenire e perdere il controllo dell'auto... Avrebbe avuto quegli attacchi di nausea immediatamente, e non dopo aver guidato per un po'. Lo avevano ritrovato ad una certa distanza da Yagouchi, quindi non si era sentito male alla partenza... E poi Oishi lo aveva informato che stando alle relazioni della polizia non era stata accertata la presenza di altri uomini alla cava. Se così fosse i bambini avrebbero mentito... Le due versioni dei fatti mostravano delle anomalie incompatibili tra loro. Ma pensare che fossero dei fanciulli innocenti a dire il falso era pura follia, quindi qualcosa non quadrava nella ricostruzione ufficiale dei fatti: la discussione con Oishi instaurò in Goemon più dubbi di quanti ne avesse risolti.

Però, queste erano solo critiche astratte senza veri e propri indizi a carico, così l'uomo non aveva potuto convincere nessuno a proseguire le indagini. Ma anche se avesse avuto delle osservazioni concrete da fare, continuare a spingere la polizia a continuarle sarebbe stato infruttuoso: senza neanche esprimergli le sue condoglianze, quel detective non sembrava particolarmente disposto ad aiutarlo, quell'ispettore pareva un gradasso che guardava tutti dall'alto in basso. Non gli aveva dato una buona impressione.

Allora, poco alla volta, si era reso conto di non avere alleati in quella battaglia. Nessuno dava l'idea di preoccuparsi sinceramente di scoprire cosa fosse successo ai suoi parenti, tutti volevano riporre quella brutta storia nel dimenticatoio ed andare avanti come se nulla fosse stato. I ragazzi di Hinamizawa non ebbero più il permesso di andare a Yagouchi od alla cava per le loro attività ricreative, ma a parte quello non furono prese affatto delle misure cautelative, e non vi fu anima viva che volle dare supporto a colui che aveva perso figlio e nipote. Goemon si era sentito tradito dalla sua comunità, e così aveva deciso di lasciare il villaggio per trasferirsi ad Okinomiya, ignorando la secolare tradizione che imponeva a tutti Non lasciate mai il villaggio, non entrate mai nel villaggio. Goemon rinnegò tutto ciò, e quindi raggiunse presto la propria nuova abitazione, facendo orecchie da mercante ai consigli dei suoi concittadini i quali gli andavano suggerendo invece di restare ed aspettare che il proprio dolore passasse da solo.

Nella sua nuova residenza, aveva presto incontrato Sonozaki Megumi. Vivevano a pochi metri l'uno dall'altro, e quella donna di mezz'età aveva qualcosa in comune con lui, entrambi avevano lasciato Hinamizawa, la loro terra natale, ed entrambi nutrivano del rancore contro di essa, anche se quello di Megumi era, a dire il vero, molto più esacerbato e radicato nel suo animo. Lei avrebbe voluto la morte di tutta quella comunità di uomini empi, lui invece aveva sviluppato perlopiù dell'apatia e dell'indifferenza verso le sorti di quel villaggio che lui aveva ormai ripudiato, voleva far finta che esso non esistesse più. Ad ogni modo, i due avevano ritenuto di essere simili dopo tutto ed avevano deciso di convolare a nozze, risposandosi. Per loro era troppo tardi per avere un figlio, però forse vivendo insieme avrebbero mitigato il loro reciproco malessere, respingendo il timore di diventare anziani da soli. Goemon decise persino di cambiare il proprio cognome, per voltare pagina e troncare con il passato, supponendo che fosse meglio mettere fine al suo clan glorioso in quella maniera più rapida, invece che con una lunga agonia rappresentata dalla sua vecchiaia. Aveva iniziato ad augurarsi di dimenticarsi di tutto, in modo da essere lasciato in pace fino alla propria morte. Ma il destino aveva altri progetti per lui.

~-~-~-~-~

Il racconto di Shion si concluse a questo punto. Lei non sapeva niente del passato recente dell'uomo, Kasai non poteva scoprire nulla della sua vita privata, ma quello che aveva raccontato spiegava comunque moltissime cose. Per quanto ci fosse un dettaglio che Satoko voleva assolutamente fosse chiarito.

“Allora Goemon-san era parente di quelle due vittime della Fossa... La conosco già questa storia, una volta l'abbiamo raccontata anche a Keiichi-san e Rena-san..."

“Infatti.” replicò Shion “Quando lui telefonò al nostro Maniero, io non sapevo che dirgli, anche se ero piccola volevo trovare una frase che lo potesse consolare. Mi ricordo che mi aveva chiesto anche di quell'uomo con la giacchetta grigia, mi aveva implorato di provare a descriverlo, ma non ero proprio in condizione di farlo... Quello sconosciuto a Yagouchi mi aveva terrorizzato, me ed anche gli altri bambini, così ho corso via da quello spiazzo con tutto il fiato che avevo in corpo, non mi era neanche passato per la testa di fermarmi ed a fissare il suo brutto muso per memorizzarne i tratti e dare un identikit... Però questa per Goemon-san non era una buona risposta, tanto che mi aveva ripetuto la stessa domanda tre, quattro volte... Forse qualche altro bimbo gli aveva detto di qualche particolare degno di nota, e voleva averne conferma da me, vai a saperlo... Che mi venga un colpo, in quel periodo lui aveva un aspetto incredibilmente più giovane, ed anche la sua voce è cambiata da così a così, sembrava davvero un'altra persone, forse è stato il dolore a stravolgerlo anche fisicamente... Fino ad oggi non avevo proprio il sospetto che Goemon-san e l'uomo che mi aveva telefonato allora fossero la stessa persona.”

“Non ti crucciare di questo. Piuttosto.. Quando abbiamo parlato di quella storia, mi ricordo, eravamo tutti conciati con quegli abiti da cosplay... Solo che eravamo con Mion-san, non con te. Ed avevamo detto che era stata Mion-san ad andare a Yagouchi quel giorno a giocare a nascondino con gli altri bambini, ed era stata ancora Mion-san a parlare con Goemon-san per telefono. Anche gli altri adulti mi hanno sempre raccontato tutto in questi termini, quindi non sono io a ricordare male... Non è che ci stai nascondendo qualcosa, Nee-Nee?”

Satoko stava cominciando a farsi un quadro di quella che era la verità.

E Shion non volle negarlo. “Ehm... Sì, lo ammetto... Quel giorno, quando eravamo andati l'ultima volta con Kei-chan e Rena, io e Onee ci eravamo scambiate di posto. Ormai ci dovreste essere abituati. È divertente, in fin dei conti... Anche se sono stata costretta a mettermi indosso quel patetico costumino bianco e nero...”

“Quindi, era stata Nee-Nee a rischiare di passare a miglior vita, quel giorno alla cava...” dedusse Satoko, dispiaciuta. “Ma chi poteva immaginare che quel posto fosse la base della Yamainu? Almeno ora gli assassini sono in gattabuia, però lasciarli a piede libero per tutti questi anni... Mi vengono i brividi solo a pensarci.”

“Avrei dovuto capire che erano loro quando ce li siamo trovati di fronte quest'estate.” commentò Shion “Le stesse uniformi grigie, lo stesso berretto anonimo. Il volto di quell'uomo non me lo ricorderò mai, però quei vestiti non mi usciranno più dalla testa. D'altronde, arrestarli allora era impraticabile come operazione, non avevano lasciato alcuna traccia e nessuno sapeva che fine avesse fatto quell'intruso.”

“Già. In ogni caso, mi chiedo che molla sia scattata nella mente di Goemon-san, per spingerlo ad odiarci fino al punto di ucciderci tutti...”

Satoko non poteva saperlo, questo, ma ciò era quanto l'uomo stava riferendo a Rika, là ad Ibaraki. Il suo racconto era ovviamente molto più esaustivo e particolareggiato, e poteva dare risposta a quello che Shion non poteva spiegare.

~-~-~-~-~

Gli altri, infatti, ignoravano che era già qualche mese che Goemon sapeva degli affari della Yamainu.

Lui aveva cambiato il proprio cognome e quindi il vecchio casato di cui faceva parte aveva sostanzialmente cessato di esistere, però gli era rimasto il patrimonio di famiglia, una somma di denaro non indifferente con cui si era assicurato la possibilità di effettuare degli investimenti proficui. Se si includevano poi le disponibilità finanziare della nuova moglie, che era pur sempre una Sonozaki, si poteva capire come avesse fatto lui a divenire, nel giro di pochi anni, un uomo d'affari di un certo successo. E forse lo sarebbe stato ancora di più, se durante il suo primo viaggio di lavoro non avesse cominciato a sentirsi male. Dopo un paio di giorni dalla sua partenza, la sua testa aveva iniziato ad essere sconquassata da delle forti fitte, i suoi occhi si erano arrossati, e tutta la sua pelle gli bruciava a causa di un prurito impossibile da tollerare. Un malessere profondo, da cui era misteriosamente guarito solo dopo il suo ritorno ad Okinomiya... Così, Goemon aveva concluso che scaramanticamente fosse meglio restare a casa e compiere solo tragitti brevi e rapidi, nel caso invitando a casa propria chiunque fosse interessato a fare accordi con lui. In questo modo avrebbe forse perso qualche buon affare, ma avrebbe preservato la propria salute.

Ma anche così, parlando di lavoro con i vari addetti del settore, si accorse che nel mondo finanziario vi era qualcuno che conosceva molto bene Hinamizawa, anche se non erano mai stati in quella zona del paese. Goemon chiedeva loro di venire a casa sua per discutere di accordi commerciali ed altro, e di tanto in tanto ne spuntava fuori uno che commentava Okinomiya? Ne ho sentito parlare, è quella cittadina vicino ad Hinamizawa, vero? Quello era un controsenso, che genere di affarista poteva essere interessato ad un mucchio di catapecchie senza alcun valore o potenziale? Lui non poteva saperlo a quel tempo, ma quelli non erano uomini di finanza come gli altri: era appena entrato in contatto con alcuni membri dell'organizzazione segreta detta Tokyo.

Tant'è, quell'anomalia così bislacca lo stimolò a interessarsi di nuovo dei fatti che riguardavano il suo vecchio villaggio natio. Era estate, e gli giunse alle orecchie che qualcosa di strano era avvenuto all'infermiera dell'Istituto Irie, una donna di nome Miyo Takano. Stando alle sue fonti, gli risultava che qualcuno l'avesse vista attorniata da forestieri in tenuta grigia, uomini a cui lei dava ordini... e sembrava anche che qualche giorno dopo lei avesse avuto una specie di esaurimento nervoso. Era stato un cambiamento alquanto repentino nella personalità di quella donna, e poi quelle uniformi grigi, così familiari, così simili a quelli descritti dagli amici del suo nipotino anni prima... Era tutto irrazionale, ma un piccolo sospetto stava nascendo in un cantuccio del suo cervello, e quindi aveva deciso di far visita all'infermiera, che era stata ricoverata alla stessa Clinica in cui aveva lavorato fino a poco prima, ad Hinamizawa.

Fu un dialogo molto stringato. La giovane donna era da sola, quasi segregata nell'edificio senza che ci fosse nessun altro essere umano accanto a lei, come se tutti l'avessero lasciata al suo destino. Goemon aveva potuto parlare con lei indisturbato, e subito si era reso conto che l'ego di Takano era andato in mille pezzi, regredendo ad uno stato infantile, debole e così facile da influenzare. Non avrebbe fatto resistenza, non avrebbe cercato di insabbiare la verità, così lui le aveva fatto una domanda molto diretta: Che cosa avete fatto a Yagouchi? Takano aveva risposto Nei nostri quartier generali? Che cosa è successo, adesso?

Goemon non aveva bisogno di sapere altro, e se ne era andato, lasciandola di nuovo da sola.

Aveva trovato i veri responsabili della morte di Yuzo. Dopo quella rivelazione, tutta la nausea ed il disgusto che aveva provato dopo la scomparsa del figlio erano riemersi, ed il suo spirito stava ora gridando vendetta. Ma questo non era abbastanza per lui: sfruttando fino in fondo le numerose conoscenze della moglie ed i propri potenti mezzi, Goemon condusse delle ricerche approfondite e scoprì moltissime cose sulla Tokyo e sull'esistenza della Sindrome di Hinamizawa. Brandelli di informazione, dicerie, notizie non confermate... Non fu possibile scoprire tutto sulla malattia e sul suo funzionamento, ma era chiaro che per chiunque lasciare il villaggio e l'area attorno ad esso poteva essere mortale. Un tabù, nel vero senso della parola... E se da una parte Goemon era al sicuro finchè stava ad Okinomiya, dall'altra si era reso conto che non poteva più lasciare quella parte del paese. Sembrava una storia fantascientifica, ma spiegava come mai si fosse sentito così male, durante il suo primo viaggio lontano da lì... Anche se suonava tutto così irreale, l'uomo decise di crederci, aveva vissuto sulla propria pelle i sintomi della Sindrome; fu sua moglie invece a ridere di quelle frottole e di lui che dava loro credito. Megumi lo invitò più volte a scendere dalle nuvole, ma lui la ignorò.

Tuttavia, in Ottobre, vi furono sviluppi che stravolsero tutta la situazione. Megumi aveva deciso di trascorrere una settimana ad Ibaraki, sebbene il marito le avesse chiesto di restare ad Okinomiya. Lui le aveva suggerito più volte di non muoversi, ma lei non diede ascolto ai suoi consigli, visto che voleva stare il più lontano possibile da Hinamizawa, in maniera da avere una scusa convincente per non andare ad assistere alla cerimonia di promozione di Mion come nuova leader del clan. La signora odiava con tutto il cuore la moglie, non meno di quanto detestava Oryou, e quindi non volle sentire ragioni: se ne andò senza il marito, il quale invece non intendeva muoversi di un millimetro da casa sua. Ed a quanto pare, ci aveva visto giusto.

Dopo essere tornata nella città, una settimana dopo, Megumi aveva conciato ad agire in modo sconclusionato. Era arrabbiata, era furibonda. Improvvisamente, la sua brama di rivalsa si era risvegliata, ed ora desiderava null'altro che la rovina di chi aveva preso le veci di Oryou. Nondimeno, lei aveva bisogno del suo aiuto per fare ciò, non aveva le doti per elaborare un buon piano di battaglia, così gli ordino di prepararne uno. Goemon obbedì ed il risultato fu la Guerra delle Frane, con il tentativo da parte di Nabiha di umiliare Mion e Keiichi.

In quel periodo Goemon non voleva ancora la distruzione del villaggio. Aveva organizzato il tutto solo perché sua moglie lo aveva costretto a farlo. In fondo, lui sapeva la vera identità del colpevole della morte di Yuzo, ma Takano era ridotta in uno stato pietoso... Stava già pagando per il suo crimine, non serviva altro.

Tuttavia, erano questi i suoi veri sentimenti, dentro il suo cuore? No, non lo erano. Elaborando quel primo piano in modo quasi distaccato, lui aveva seguito la volontà di Megumi ma non vi era stato alcun entusiasmo nei suoi gesti. Aveva fatto qualcosa a cui non era veramente interessato, lui in realtà stava cercando qualcosa di diverso... come un vero scopo per cui andare avanti a vivere.

Ed a Dicembre, dopo il fallimento di Nabiha, la venuta di uno spirito dinanzi ai suoi occhi glielo aveva fatto comprendere. Era stata Ouka a dirglielo, infatti. Gli aveva rivelato di aver letto il suo animo e lo aveva invitato ad accettare la sanguinosa verità: non era stata solo Takano a macchiarsi del sangue di suo figlio, ma anche tutto il villaggio, dal primo dei capi all'ultimo dei contadini. Non avevano condannato la donna che aveva dato l'ordine di uccidere Yuzo, anzi quei maledetti l'avevano accolta nel loro gregge, dandole una seconda chance; le avevano permesso di vivere, camminare e comportarsi come se nulla di male fosse capitato. In questo modo, Hinamizawa non aveva mostrato alcun rispetto verso le morti passate. Lo avevano tradito, in altre parole. È così, negarlo gioverebbe solo a quegli empi, gli aveva detto Ouka, Ed anche tu in fondo alla tua anima pensi che sia stata colpa loro. Non te ne devi vergognare, hai tutto il diritto di avercela a morte con loro. Guarda in fondo al tuo cuore, e vedrai che è così...

Ed era effettivamente così. Era quella la strada da percorrere, la tradizione affermava che Hinamizawa discendeva da una feroce stirpe di Demoni sventrauomini, e questa metafora indicava come in realtà essi fossero figli del Male e del Peccato. Erano esseri crudeli, privi di pietà... Non erano veri umani, anche se ne avevano assunto l'aspetto. Non avevano il diritto di vivere, dovevano essere trattati peggio dei criminali più malvagi, dovevano essere soppressi, come le più feroci delle bestie.

E quella certezza, quel fondo di verità che gli era stata messa davanti agli occhi stava facendo sì che un senso di rabbia si ergesse dalle profondità più remote del suo spirito... Aveva capito quale era il fine ultimo della sua esistenza. Il suo vero carattere, le sue emozioni più autentiche stavano venendo a galla, dopo che si erano assopite per tutti quegli anni... Negli ultimi tempi si era comportato in modo apatico, distaccato da tutto, in quanto non sapeva davvero cosa potesse fare della sua vita; la sua stessa permanenza su questa terra pareva priva di significato senza suo figlio. Ma ora... Takano Miyo avrebbe presto subito la devastante violenza della sua vendetta, ma non sarebbe stata l'unica.

In ogni caso, Goemon concluse che per poter raggiungere il proprio obiettivo era di vitale importanza saperne ancora di più. Le sue ricerche si protrassero per i giorni successivi, e sporadicamente visitava ancora Takano, cercando di estorcerle nuovi inestimabili dettagli da lei. Quella donna non poteva aver fatto tutto da sola, non era sicuramente ricca a sufficienza da potersi permettere le paghe di tutti quei tizi in grigio; però doveva anche impedire ad Irie di vederlo insieme a lei, così approfittò di tutti i momenti in cui l'infermiera era da sola, come durante la pausa pranzo o sulla strada di ritorno per casa. In quelle circostanze non c'era mai nessuno con lei, gli altri membri del club erano tutti intenti ad occuparsi degli strascichi che c'erano stati dopo la Guerra delle Frane, e nessun altro pareva aver voglia di dedicare tempo a quell'infermiera dalla psiche distrutta. Ma anche se fosse stato scoperto e qualcuno lo avesse scovato accanto a lei, in caso di emergenza lui avrebbe fatto ricorso ad una bugia, asserendo di essere un vecchio amico del suo defunto patrigno, il dottor Takano. I colleghi dell'infermiera, Irie compreso, avrebbero probabilmente creduto a quella menzogna, non avendo mai conosciuto di persona il genitore adottivo di Miyo, e quest'ultima non lo avrebbe smascherato, in quanto la sua volontà era stata ormai annichilita e viveva le proprie giornate in maniera del tutto passiva ed inerte. E poi, nessuno dei suoi vecchi concittadini lo aveva mai riconosciuto, né Kimiyoshi né Akane Sonozaki né altri... Goemon poteva dormire sonni tranquilli.

E difatti per tutto quel tempo nessuno si era intromesso nelle sue indagini, permettendogli di scoprire tutto quello che c'era da scoprire, come l'esistenza di un contatto tra l'infermiera e l'organizzazione Tokyo, vale a dire la donna etichettata con il nomignolo di Nomura.

E da lì, Goemon aveva ricostruito il resto della storia. Aveva convinto la Tokyo a collaborare, mostrando loro cosa sarebbe avvenuto altrimenti, e pertanto aveva anche ottenuto la nuova versione della Sindrome, in un insieme di provette contenente il nuovo siero. Ouka gli aveva spiegato cosa fare, insieme a lei avrebbe messo in piedi un piano infallibile e lo spirito lo avrebbe assistito...

~-~-~-~-~

“Io non direi che era poi così infallibile.” commentò acida Rika, quando lui ebbe finito. Tutto intorno a lei e Goemon era ancora immobile, pietrificato dal sortilegio di Ouka, così poteva parlare ed esprimersi liberamente, senza dover prestare attenzione a quello che diceva.

“Io credo che fosse un buon stratagemma, il nostro.” rispose l'altro “Ed infatti aveva funzionato. Sai, il delitto perfetto non esiste a questo mondo e non esisterà mai, e l'imprevisto è sempre in agguato... Personalmente devo confessare che ero sicuro che sarebbe stata Mion-san a morire per prima, nel vostro gruppo, riesci a crederci?”

“Sì e no. Cosa intendi per la precisione?”

“Come te lo posso spiegare... Io so come ti senti, quando scopri che non puoi proteggere le persone a cui tieni. È un sentimento di cui ho già fatto esperienza, quando Yuzo mi ha lasciato per sempre. E nel momento in cui devi avere a che fare con questa sensazione una, due, mille volte... Ti viene da pensare che faresti meglio a morire, in maniera almeno da non essere d'intralcio agli altri. È questo quello che doveva succedere a quella tua amichetta. A furia di figuracce e di colpi durissimi da digerire, Mion-san sarebbe stata portata allo stremo delle forze, ed alla fine si sarebbe arresa e si sarebbe lasciata morire, senza nemmeno permettere agli altri di tentare di guarirla o curarla. Sarebbe stato un bel sacrificio, così pensavo, ed in questo modo lei avrebbe causato anche la tua morte, grazie alla maledizione della tua antenata, quella che ormai conosci così bene.”

“Sei uno sciocco, Mii-chan non farebbe mai una cosa del genere.”

“Questo è da vedere. L'ATPC è davvero una sostanza molto interessante, dai risvolti a dir poco sorprendenti, ed Ouka mi ha illustrato per filo e per segno quale sarebbe stata la conclusione della sventurata esistenza della tua compare. La depressione, e quindi il coma, e quindi un inconscio desiderio di morire. Un lugubre sentiero da cui era impossibile deviare. Sai, prima di inscenare il tutto, l'avevo studiata per bene come si fa con i topolini da laboratorio... E Mion-san appartiene alla categoria di persone che necessita di un «vento favorevole», di un supporto che le dia fiducia in se stessa e le permetta di trovare un po' di coraggio, in modo da dare sfoggio delle proprie capacità. In altre parole, se il contesto diventa critico, senza vie d'uscite, se tutto pare destinato a finire male senza possibilità di rimediare... lei perde ogni forza che ha dentro di sé, e l'autostima precipita sotto i tacchi.”

Goemon fece una risatina, prendendo il fazzoletto per ripulirsi dai baffi sporchi di saliva, e poi seguitò “A quel punto combina il tutto con la proteina nel suo sangue, ed ottieni il risultato. Una volta che lei fosse andata sotto stress la proteina avrebbe fatto il resto, e Mion-san non sarebbe mai scampata al suo ultimo destino. Capisci? È... Divertente giocare con lei, farla sentire la più inutile degli esseri umani. In tutti questi mesi, il mio passatempo è stato perseguitarla con gli scenari più cupi e drammatici, assicurandomi che lei non avesse nessun indizio per trovare una soluzione ed uscire d'impaccio: ha passato le sue notti martellandosi la testa per cercare un qualsiasi espediente che le consentisse di proteggere gli altri, quella ragazzina castana, quell'altro ragazzo, la sua famiglia, il suo villaggio... E non ha mai avuto successo, come hai visto anche tu. La frustrazione sarebbe stata la logica conseguenza di tutti questi smacchi, e quindi sarebbe caduta in depressione, con gli esiti che tu ben conosci. Non avrebbe mai potuto scappare da questa disfatta. Però...”

“Però?”

“Però qualcosa non è andato per il verso giusto. A qualcuno del vostro gruppetto è saltato in mente di gettare alle ortiche la propria vita, prima che lo facesse lei, e quindi evidentemente ci sono stati degli intoppi nel mio piano. Il sigillo spirituale non ha avuto l'effetto desiderato e tu sei ancora su questa terra, esattamente come Mion-san.”

“Puoi dirlo forte... E sarà uno spasso contemplare la tua faccia, quando anche la tua ultima speranza residua crollerà come un castello di carte. Che cosa ti fa pensare che questo tuo ultimo inganno possa andare a buon fine?”

“E ti dovrei pure rispondere?” ribatté lui deridendola, prima di replicare, apparentemente cambiando argomento “Non lo sai? Quando avevo scambiato quattro chiacchiere con Takano-san, lei andava spesso dicendo che quello che era successo era colpa sua. Era colpa sua se gli altri si trovavano in pericolo, era colpa sua se nessuno era felice, era colpa sua se non c'era ancora una cura per la Sindrome... Quella donna era veramente col morale a terra ed era per quello che ripeteva quelle cose sul suo conto. Ma non sapeva di avere assolutamente ragione, anche più di quanto lei stessa pensava. Senza di lei, Yuzo sarebbe ancora vivo, e tutto questo caos non si sarebbe mai verificato...”

Rika si sentì dispiaciuta per la sua vecchia avversaria. Lei non voleva che Takano facesse una fine tanto miserabile, ma alla fine lei e gli altri non erano stati in grado di tirarla su di corda e di farla stare meno male. Quella di Takano era forse una situazione irrecuperabile, una che non poteva essere risolta da nessuno, tuttavia Rika pensava comunque di aver fallito, in quel caso.

Ad ogni modo, il loro villaggio non era certamente ancora perduto, ed allora si permise di rispondere: “C'è un'altra cosa che voglio proprio chiederti. Perchè hai deciso di escogitare questo tipo di piano? Andare in gattabuia per costringermi a stare lontana da Hinamizawa... Non era più semplice rapirmi e basta?”

“Sarebbe stato più semplice, concordo, ma c'erano numerosi fattori che mi hanno convinto ad agire in quest'altro modo. In primo luogo, se anche questo trucco non avesse funzionato mi sarei trovato in una cattiva situazione, mi sarei trovato nella posizione di non poter più fare alcuna mossa, e poi oramai avevo già i poliziotti alle calcagna, sono troppo vecchio per fare il latitante e la prigione sarebbe comunque stata presto la mia nuova casa. Secondariamente, in questo modo tu sei costantemente monitorata dalla polizia di Ibaraki, un elevatissimo numero di ufficiali che tengono gli occhi fissi su di te ventiquattrore su ventiquattro: i miei pochi uomini non avrebbero mai potuto fare altrettanto... Terzo, così non ci sarà mai alcuna protesta da parte del villaggio, in quanto ufficialmente non ti è successo ancora nulla di male, nessuno ti sta accusando di niente a conti fatti: in parole povere, manca un motivo plausibile per protestare o fare manifestazioni di massa. Ed infine, a me non importa di finire in arresto, se ciò è necessario per ottenere la vittoria decisiva. Vedi, avrei potuto rapirti prima che tutta questa storia iniziasse, mesi fa, forse sarebbe stata la scelta vincente, ma io non mi sarei divertito in misura soddisfacente. Io volevo che voi tutti soffriste... Provaste la Paura con la P maiuscola... Volevo che voi viveste l'angoscia, il senso di abbandono che io ho vissuto quel giorno...”

“Pfui!” esclamò Rika “Questo genere di sproloqui è il tipo di discorso che odio di più in assoluto. Ed allora perché non mi hai ucciso all'istante, se trovare il modo di tenermi d'occhio era una tale seccatura?”

“Per la stessa ragione. I tuoi amici naturalmente sanno bene della Sindrome, e se ti avessero trovata morta avrebbero perso ogni speranza all'istante. Io, invece, voglio far loro pensare che hanno ancora una piccola, infinitesima possibilità di salvarti. Io voglio vederli mentre si dannano l'anima, mentre si fanno in quattro per provare ad evitare l'inevitabile. Soffriranno molto, molto di più in questa maniera... Se lo meritano, meritano ogni goccia della pena che li sta attendendo al varco...”

“Tu... Tu sei un mostro.”

“Vi ringrazio del complimento, Rika-chama.”

“Prego, è stato un piacere.” La crescente arroganza di lui stava rendendo la bambina sempre più arrabbiata, ma punzecchiature a parte lei stava facendo del suo meglio per mantenere l'autocontrollo. Così chiese ancora: “Però... Mi stai dicendo che tu sei pronto anche a morire come noi, a fare la nostra medesima fine? Visto che sei in cella, ora, tu sarai probabilmente spedito lontano da me, ed allora sarai destinato a morire per la Sindrome, visto che anche tu sei di Hinamizawa ed i parassiti sono pure dentro il tuo corpo.”

“Sì e no.”

“Smettila di prendermi per i fondelli e parla chiaro, invece di andare avanti con sti giri di parole? Che vuoi dire?”

“Rika-chama, che cosa sai tu davvero su questa malattia? Io sono convinto che tu attualmente creda che, se tu muori, allora automaticamente ogni abitante del tuo villaggio andrà incontro al tuo stesso destino nel giro di trentasei ore al massimo... Ma sei sicura che questa sia la verità?”

La bambina lo guardò stralunata, e notando ciò Goemon sorrise, compiaciuto. “La mia povera, piccola Rika-chama... Pensi davvero di essere così importante, adesso? Il Grande Disastro che ti sta spaventando non è poi così certo, neanche dopo la tua dipartita. La documentazione che la Tokyo mi aveva recapitato al tempo parla chiaro, c'è un altro requisito fondamentale che serva per far sì che la follia sia instillata nelle menti di tutti, ossia uno stress pesante ed insopportabile. Senza di esso, nessuno morirebbe per la Sindrome, anche se tu non ci fossi più.”

Rika strabuzzò gli occhi. Irie non le aveva detto di questo dettaglio... I casi erano due: o lui pensava che fosse troppo complicato per lei, oppure lui non lo sapeva proprio... Ma in entrambi i casi, la Tokyo aveva davvero fatto condurre degli studi per conto proprio, probabilmente commissionandoli ad un secondo microbiologo, in modo da comparare i risultati e controllare l'affidabilità di quelli del medico. E così erano venuti a conoscenza di elementi che il dottore ignorava. Ma era vera quella rivelazione? Chi poteva dire con matematica certezza che ciò fosse effettivamente così e che Irie avesse torto? Allora lei poteva morire in pace senza causare ulteriori tragedie e morti?

Ma soprattutto, poteva dare fiducia a quello che le stava dicendo Goemon? La risposta immediata a questo quesito fu chiaramente un bel no secco, ma intanto continuare ad ascoltarlo poteva essere una buona idea, così questo fu quello che fece Rika.

“Signorina, non pensare ora che Hinamizawa sia salva. Per mettere le persone sotto stress ci sono un'infinità di modi... Non mi stupirei se la faida tra i Sonozaki ne fosse uno. Immagina, una persona dell'uno o dell'altro schieramento che tutto all'improvviso da di matto, senza neppure che io intervenga... Ma rischiare ed affidarmi al caso non appartiene al mio stile, non voglio certo che per un colpo di fortuna riusciate a farla franca... Così ho pensato ad un metodo efficace. In fondo ho a disposizione anche la nuova versione della Sindrome e sarebbe stato poco carino non usarla, non sei d'accordo? Adoperarla sarebbe stata una degna conclusione del mio piano.”

Goemon fece teatralmente una pausa, poi aggiunse: “Al contrario della tradizionale versione della malattia, il parassita potenziato deve essere iniettato direttamente nel sistema circolatorio dell'organismo ospite, altrimenti non ha effetto: ma una volta che lo fai, non ci sono altre condizioni da soddisfare, non serve che ci sia una fonte di stress. Dieci, venti persone cadranno presto preda della nuova Sindrome. In questo modo gli altri assisteranno a quello che succede ai loro concittadini, non capiranno la ragione del loro impazzimento e della loro successiva morte: saranno terrorizzati, diffideranno l'uno dell'altro... Ah, la paura dell'Ignoto... E quindi il loro livello di stress raggiungerà una soglia sufficientemente critica per... Essere soggiogati dalla malattia normale. Puoi immaginare come andrà a finire, un effetto domino che nessuno può fermare: tutto quello che devo fare sarà attendere che il requisito delle trentasei ore sia soddisfatto, in modo che la malattia normale possa fare il suo corso senza ostacoli. Una volta che tu sarai stata lontana da Hinamizawa per un giorno e mezzo, potrò scatenare l'inferno... In un lampo il nuovo parassita abbatterà i fortunati che ho scelto, e gradualmente quello vecchio colpirà gli altri, uno ad uno, finché non avrà sterminato chiunque. Una catena di eventi che non si può bloccare, una volta messa in moto, ed anche se tornerai ad Hinamizawa dopo lo scadere del tempo non potrai fare più nulla, sarai totalmente impotente. Nessuno potrà fare più nulla, le loro paure e le loro angosce li ucciderà tutti...”

Rika trattenne il fiato, lei sapeva che quelle minacce non erano campate in aria. Nei mondi passati, Keiichi, Shion, Rena... Loro erano tutti andati lontano dal villaggio per una certa quantità di tempo, chi ad Ibaraki, chi in un collegio, chi per una visita a parenti... E dopo essere ritornati avevano iniziato a mostrare i sintomi avanzati della malattia, impazzendo e portando quelle vecchie Hinamizawa al disastro, non importava se lei era con loro o no, dopo quella lunga e fatale separazione. Rientrare al villaggio in ritardo anche solo di un minuto avrebbe condannato tutti, senza poter salvare nessuno.

Ma visto che il tempo era ancora fermo tutto quello che poteva fare, intanto, era continuare ad ascoltare il delirio di lui. Rika doveva essere forte, ci potevano ancora essere informazioni preziose che lei poteva estorcergli, così la bambina gli chiese: “Ecco perché ti serviva testare il morbo anche su Seohara-san e su Gi-chan, dico bene? Quelli erano anche degli esami per analizzare il comportamento della malattia, allora.”

“Tombola. Sei furba, considerando quanto tu sia ancora piccola. Mi hanno detto che il tuo amico è sopravvissuto, onestamente mica me lo aspettavo... Una cosa del genere potrebbe anche ripetersi, dunque. Ma non importa, anche se ci fosse uno su mille che riesce a sopravvivere alla nuova od alla vecchia malattia, egli si troverà di fronte alla tragedia, alla morte di tutti gli altri, alla fine di Hinamizawa... Rimpiangerà di non essere crepato, una posizione non certo invidiabile.” Goemon scoppiò in una risata maligna, al culmine dell'eccitazione.

“Ma vaffan...” mormorò Rika “Suppongo che tu abbia intenzione di inoculare il parassita solo dopo la scadenza di queste famigerate trentasei ore.”

“E' quello che ti ho appena detto. Devo essere un pochino paziente, un piccolo effetto collaterale del mio piano altrimenti perfetto. Anche se in realtà potrei anche non farlo, la Sindrome vecchia potrebbe fare anche tutto il lavoro sporco da sola. Quello che conta veramente è che tu sarai bloccata qui per giorni a causa delle indagini della polizia... Dare alla tua comunità un'ora in più o in meno da vivere non cambia poi così tanto.”

“Questi sono dettagli, tu avevi altre priorità, penso.”

“Più o meno. Certo, ho messo in conto che voi potreste cercare di usare l'ATPC come vaccino di emergenza, ma... Quante persone riuscirete a curare per tempo? Duecento? Cento? Cinquanta? Il sangue di Mion-san può essere dato per trasfusione solo ad una piccola percentuale della popolazione del villaggio, non potete dissanguare quella ragazza, ma anche se ci fossero sopravvissuti la loro anima è destinata ad essere spazzata via. Quei pochi, sparuti contadini dovrebbero comunque lasciare il loro villaggio natale, strappati via violentemente dalla terra in cui sono nati e cresciuti e dalla comunità che hanno sempre adorato... Perderebbero tutto, con un futuro incerto davanti... Che vita pensi che avrebbero, secondo te? Un vero purgatorio... Molto peggiore di quello che sarebbe invece il mio, di avvenire. Lo Spirito di Hinamizawa cesserebbe di esistere, per l'eternità.”

“Sì, avevo il presentimento che fosse così... Infatti, temo proprio che tu sopravviveresti anche ad un disastro del genere, anche se originariamente vieni dal nostro stesso villaggio. Tu ci detesti, ma al tempo stesso saprai sempre quello che sta succedendo e saprai anche che devi sempre mantenere la calma. Avere il controllo di se stessi permetterebbe di non avere stress, e quindi...”

“Ci stai arrivando alla fine, era ora... Questo deve essere quello che vogliono dire, quando dicono che la conoscenza è potere. Io non sono così mammalucco come Takano-san, che voleva sbarazzarsi di voi senza manco accorgersi di avere la malattia nel suo stesso sangue e senza pensare ad uno straccio di scappatoia per sopravvivere dopo la conclusione della sua guerra. Che donna senza cervello... E non dimenticare comunque che io non starò in cella per molto, il crimine che ho confessato non è poi gravissimo. Ho solo ammesso di avere favoreggiato Seohara-san, nulla di più. Non ci stiamo riferendo ad un omicidio o ad un reato di quelli seri... Ed il fatto di appartenere tuttora ad una famiglia potente come i Sonozaki mi darà una mano ulteriore... Farò ritorno ad Okinomiya molto, molto presto...”

“Non finirà così. Prima affermavi di non aver detto nulla della Sindrome, a tua moglie. Lei non ne sa nulla.”

“Già, ma tanto lei non mi avrebbe mai creduto, la conosco dopo questi anni. Quando ho fatto iniettare il siero nel corpo di quelle cavie, ho dovuto inventarmi una bugia e le ho detto che era «solo» una droga potente ed implacabile, da usarsi in casi disperati. Ma quindi? Dove vuoi arrivare?”

“A questo. In accordo a quello che abbiamo concluso fino ad ora, anche Megumi-san sarebbe destinata a morire per colpa della malattia... Ha tutto da perdere. Vedrai quando gli diremo la verità, si renderà conto di quanto l'ha fatta grossa e ci darà una mano. E tu non potrai farci niente, visto che sarai sempre rinchiuso in prigione.”

“Io sono consapevole che lei passerebbe a miglior vita, come tutti gli altri zoticoni della vostra campagna. Anche lei è di Hinamizawa, del resto. Ma anche così, lei non vi darà mai, mai ascolto. Il suo risentimento verso Mion-san e verso chi le è amico è cieco e feroce, vi metterebbe i bastoni tra le ruote a prescindere da quello che volete fare. Ed anche se le raccontate della Sindrome lei vi darà dei bugiardi, e basta. Ha fatto così con suo marito, figuratevi se non lo fa anche con il suo acerrimo nemico...”

“Ma lei deve aver pensato che c'era qualcosa di strano nel tuo atteggiamento... Non può pretendere che sia tutto a posto, non può accettare la tua confessione alla polizia senza battere ciglio. Deve intuire che c'è qualcosa sotto.”

“Veramente mi è bastato dirle che sono stato obbligato a farlo, che l'ho fatto per proteggere lei da voi. È un po' incoerente ed illogica, come pretesto, ma funzionerà, come ho appena detto lla conosco, non è mai stata una donna molto arguta. Tutto quello di cui ha bisogno è un motivo nuovo di zecca per odiarvi, Megumi non riesce proprio a sopportarvi, e dal suo punto di vista le persone che lei odia raccontano solo frottole... Lei ha fiducia solo in quello che penso io, di solito, e non solo perché l'ho assistita nel raggiungimento dei suoi obiettivi... Ma in fondo non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire, non te l'hanno mai detto?”

“Stai parlando di lei come se fosse solo una stupida pedina da muovere a tuo piacimento, per te. Tu non l'hai mai amata, ho ragione? Perchè mai l'hai sposata, allora?”

“E' una domanda meno banale di quello che sembra, in tutta franchezza, concedimi un secondo per definire per bene il mio rapporto con lei... Come ti ho già illustrato, noi due avevamo delle caratteristiche in comune, così era normale passare del tempo insieme, e personalmente, quando mi sono unito con lei, io mi auguravo solamente di ricominciare la mia vita da capo. Forse sarebbe stata un'ottima opportunità per aiutarsi a vicenda e dimenticare le ombre del nostro passato, ma oggi posso dire che non è andata così... Non sono triste per lei, Megumi non è un angelo, non lo è mai stato. Hai sempre disprezzato il ramo principale della sua famiglia... Non so se il suo comportamento è stato distorto dalla Sindrome, ma anche se fosse così il parassita avrebbe solo reso più evidenti sentimenti che albergavano già nel suo cuore. Lei è veramente così... E se morirà avrà solo quello che merita, niente di meno, niente di più.”

“Ora ti diverti a parlar male di lei, ma fino ad oggi ti sei divertito ad usare a man bassa le risorse ed i contatti dei Sonozaki, per scoprire la tua verità ed organizzare la tua vendetta, o sbaglio?”

“Se c'è una lingua lunga in questa stanza, non è certo la mia... Ma hai ragione, quel che va detto va detto.”

“Grazie per i complimenti, Goemon-san. E grazie anche per le informazioni, molto presto ti pentirai di avermi detto queste cose.”

“E perché dovrei? Che cosa pensi di essere in grado di combinare, ora? È troppo tardi per fermarmi, adesso. Il fatto che tu debba restare lontano da Hinamizawa per un periodo lungo... ti proibirà di vegliare sulle duemila e passa persone del tuo villaggio, la Sindrome non aspetterà certo il tuo rientro per colpire, e tu non puoi dire alla gente di non farsi prendere dal panico, è qualcosa di incontrollabile, che non dipende dalla volontà umana... Privati della tua presenza e con un alto livello di stress, la loro fine è segnata.”

“La vedremo! Stai parlando troppo presto, per i miei gusti!”

“Basta così.” disse ad un tratto Ouka, interrompendo i due. Ed un secondo dopo, il flusso temporale fu sbloccato, e tutti coloro che si trovavano intorno ai due contendenti ricominciarono a muoversi. L'incantesimo dello spirito era giunto al termine. E tutti coloro che si trovavano nella sala furono alquanto stupefatti di sentire Rika dire: “Non ho nient'altro da dire.” Loro non l'avevano proprio sentita parlare, bloccati com'erano dalla magia, ed erano esterrefatti di vederla allontanarsi dalla stanza.

Rika chiese a Kimiyoshi di lasciare la stazione di polizia con lei, in modo da andare fino all'hotel a cui gli ufficiali avevano accennato in precedenza. La fanciulla era a dir poco in pensiero, lei era conscia che l'altro volesse solo giocare con lei, un po' come aveva fatto con Mion nelle settimane precedenti. Forse le aveva dato anche delle false indicazioni, facendole un discorso pieno solo di menzogne. Ma c'era una cosa che Goemon sembrava aver dimenticato. Giancarlo aveva patito delle pene inimmaginabili per colpa del parassita, però era riuscito a sopravvivere... Perciò, forse il suo organismo aveva reagito alla Sindrome iniziando a produrre anticorpi forti a sufficienza per combattere contro la nuova patologia. Un po' come quello che succede quando guarisci dal morbillo, non ti ammali più di quella malattia. Poteva diventare una risorsa preziosissima per tenere a bada le minacce di Goemon, e quell'uomo forse non ci aveva pensato...

A meno che invece avesse previsto anche quello. Goemon era fisicamente fuori dai giochi, ma sicuramente si era premunito preparando qualcosa di appropriato. Loro dovevano stare tutti assieme, Rika non avrebbe mai e poi mai lasciato nessuno al proprio destino. Era stufa di vedere i propri amici fare una brutta fine.


Author's note: Intanto scusate il ritardo :p
Secondariamente... Direi che è chiara ora l'identità di Goemon, alla fine... E' il padre dell'uomo che è morto nel Nekogoroshi-hen, il primo OVA della serie. Spero che voi abbiate apprezzato quest'idea, è un modo per usare i vecchi personaggi della serie senza doversene inventare di nuovi ogni volta. Come sempre, se avete dubbi chiedete.

 

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Capitolo 54
*** L'ultimo viaggio ***



Capitolo 53: L'ultimo viaggio



Ibaraki, 1 Marzo 1984

L'albergo che avevano scelto per Rika e Kimiyoshi non era nulla di speciale, si trattava di un piccolo edificio costruito subito dopo la seconda guerra mondiale e dotato solo di una manciata di stanze di piccole dimensioni, ma perlomeno era confortevole al punto giusto. La camera che era stata loro assegnata aveva due letti morbidi e caldi che li invitavano al riposo; tuttavia, sebbene fosse già molto tardi, nessuno di loro sentiva il peso della stanchezza. Rika sapeva già che non sarebbe riuscita a dormire, quella notte, aveva una marea di cose che doveva assolutamente fare, la prima delle quali era telefonare a qualcuno ad Hinamizawa: all'inizio, aveva composto il numero di casa Maebara, e la madre di Keiichi rispondendo le disse di essere sollevata dal sapere che stava bene, anche perché sapeva che, solo poche ore prima, il figlio aveva fatto le valigie per andare ad Ibaraki, e solamente per trarre lei in salvo; la donna, come del resto anche il marito, era una persona comprensiva ed aveva dato volentieri il permesso al figlio di andare, ben sapendo come lui lo avesse fatto per una nobile causa.

Rika la ringraziò per quelle notizie e mentre riappendeva il ricevitore si mise a riflettere su quello che le era stato detto. Keiichi, e probabilmente anche qualcun altro, si trovava da qualche parte ad Ibaraki per trovarla... E questa ricerca era sicuramente coordinata. La base dei suoi amici non poteva che essere il Maniero, questo era poco ma sicuro, così fece una seconda telefonata, questa volta ai Sonozaki. Fu Shion a rispondere, e dopo averle chiesto come stava la ragazza pregò Rika di darle l'esatta ubicazione dell'hotel in cui soggiornavano. Avrebbe contattato Kasai e gli altri in modo che questi la raggiungessero in men che non si dica.

Non più di quindici minuti dopo, Kasai fu lì. Non appena giunti in quella grande città, l'uomo aveva affittato un nuovo furgone in maniera da rendere più comodi i loro spostamenti, e con esso aveva condotto tutti fino all'albergo, guidati da Shion che gli aveva mandato l'indirizzo tramite il suo cercapersone. Rika li attese all'entrata della struttura, e successivamente salirono subito su fino alla loro camera. Fatto ciò, Kasai scollegò il normale apparecchio telefonico fornito dall'albergo e lo sostituì con un altro, dall'aspetto massiccio e luccicante. Doveva essere nuovo di zecca.

“Che cos'è?” chiese Rika.

“Un vivavoce.” spiegò lui, conciso “Con questo affare potremo parlare tutti con quelli che stanno all'altro capo del telefono, e non solo chi tiene in mano la cornetta. Sarà come se fossimo tutti nella stessa stanza.”

Rika non ne aveva mai visto uno, ed il suo volto mostrò una certa sorpresa. In questo modo non erano solo due persone a comunicare per telefono, ma tutti avrebbero udito all'istante quello che dicevano dall'altra parte. Era molto meglio così, avrebbero sprecato meno tempo. Pertanto, all'istante chiamò di nuovo il Maniero, e questa volta fu Satoko a rispondere. Anche lei era ancora in piedi, e si trovava a casa dei Sonozaki in quanto Shion l'aveva informata di essere stata contattata dalla loro amica scomparsa, e quindi erano in attesa di altre novità da Ibaraki. Infatti, la loro compagna bionda fu estremamente contenta di risentire ancora la sua voce, ed a Rika ci volle un minuto buono per dirle di asciugarsi le lacrime e ripeterle che non poteva stare meglio, implorandola di non allagare il parquet del Maniero a furia di piangere.

Dopo di che, Rika venne a sapere che anche Shion, Hanyuu, Satoshi ed Akane erano nella stessa stanza dove c'era anche Satoko e che essi potevano comunicare tutti insieme con quelli ad Ibaraki; evidentemente pure loro stavano utilizzando un vivavoce. Inoltre, scoprì anche che tutti loro ormai sapevano del passato di Goemon e delle ragioni che lo stavano istigando alla vendetta, così loro poterono saltare a piè pari l'argomento e passarono a fare il punto della situazione.

Shion parlò per prima: “Allora, tu non puoi proprio venire a casa adesso, Rika-chan?”

“No, per ora no. Formalmente non mi stanno accusando di nulla, ma mi hanno detto che hanno bisogno di me per i prossimi due o tre giorni. Suppongo che vogliano comparare le diverse versioni dei fatti, fare delle analisi e roba del genere.”

“E queste analisi di 'sta ceppa non le possono fare ad Hinamizawa, o ad Okinomiya almeno?”

“In teoria potrebbero anche farlo, però condurre le varie operazioni ad Okinomiya sarebbe a dir poco scomodo per loro.” si intromise Keiichi “In quel caso sarebbero costretti a trasferire molti ufficiali fin là, senza contare la documentazione del caso e tutto l'equipaggiamento del caso, e poi dovrebbero ogni volta telefonare ai loro quartieri generali per fare rapporto ed informare i propri superiori delle novità. Dal loro punto di vista non c'è nessun motivo per fare una cosa simile...”

E Satoko aggiunse: “Non possiamo neppure dimenticare che loro non possono spostare Goemon-san dal carcere di Ibaraki, e se loro venissero qua ad Hinamizawa con Rika il paragone tra quello che diciamo noi e quello che dice lui sarebbe decisamente più problematico da condurre. Uhm... Loro non possono sapere che cosa stanno facendo veramente, ma per loro è molto più facile chiedere a Rika di stare là con loro, ed una volta che hanno avuto il permesso dai suoi tutori non c'era problema, legalmente parlando.”

In effetti... pensò Rika, Loro non sanno nulla della Sindrome, quindi non possono immaginare quello che vuol dire tenermi rinchiusa qui... Non posso certo prendermela con loro, ma non posso neanche dire loro la verità, è troppo assurda per essere creduta. Non mi crederebbero mai. Ed anche il povero Kimiyoshi, anche lui all'oscuro... Mi chiedo che cosa stia capendo davvero di questa riunione.

“Però forse” suggerì Rena “La polizia potrebbe riuscire a sbrigare tutto domani, e quindi ti lasceranno andare prima che sia troppo tardi? Potrebbe essere così? Potrebbe?”

“Sei troppo fiduciosa, Rena” replicò Shion, disillusa “In casi come questo ti dicono sempre Non abbiate timore, sarete liberi in due giorni, ma lo fanno solo per intenerirti ed infatti poi finisci col passare là con loro tre, quattro, cinque giorni, visto che chissà come mai sono spuntati fuori degli inconvenienti non previsti o delle novità che cambiano tutto... Pensare che Rika-chan possa andare a casa prima di quanto vi abbiano detto sarebbe da ingenuotti di prima categoria. Comunque” chiese poi “Da un punto di vista formale tu potresti tornare a casa quando vuoi, Rika-chan? Nel senso, non hai l'obbligo di dimora ad Ibaraki ventiquattr'ore al giorno, ho capito bene?”

“Penso che Shion-san abbia colto nel segno...” rispose Kasai, il quale era accanto alla finestra “Anche se temo che la stiano monitorando.”

“Huh?”

“Ci sono due agenti in borghese che ci stanno tenendo d'occhio. Li ho individuati mentre stavamo entrando, erano in un angolo nascosto della strada, piazzati in modo da essere quasi invisibili. Però il fatto che stessero mangiando dei panini li ha traditi, se lo fanno in auto è perché vogliono restare lì per un bel po'. Ad ogni modo non paiono avere brutte intenzioni, non sono pericolosi per la vostra incolumità.”

“Sì, anche Rena li ha visti. La loro è una macchina blu scuro.” La giovane dai capelli castani appoggiò le mani sulle ruote della sua sedia a rotelle e facendole ruotare si spinse in avanti verso la finestra, vicino allo stesso Kasai, osservando da lì la strada su cui si affacciava l'albergo. “Riesci a scorgerli da qui, Keiichi-Kun? Giusto a sinistra dell'ingresso, quella utilitaria a lato del lampione... I due uomini seduti dentro stanno fissando in continuazione questo piccolo hotel, e certamente si sono anche accorti che Kasai-san li ha scoperti. I poliziotti stanno facendo in modo che Rika-chan non possa fuggire via.”

“Vedo, vedo” commentò Keiichi “Quindi sanno che noi siamo con lei. Oh, beh, nulla di grave.”

“Nulla di grave? No, questo è MOLTO grave, invece!” gridò Kimiyoshi, che pur facendo fatica a seguire il filo del discorso non era d'accordo con il ragazzo “Hanno così poca fiducia in noi, adesso? Prima ci spediscono qui e poi hanno paura che ce la svigniamo? Mi sentiranno, gliela faccio passare io la voglia di trattarci come delle pezze!”

“Per favore calmatevi, Kimiyoshi-san. Quei due agenti potrebbero trovarsi qui anche per evitare che qualcuno faccia del male a Rika-chan, che la possa rapire... Per loro la nostra amica potrebbe essere anche un testimone che qualcuno potrebbe voler eliminare, e dunque...”

“Avrebbero dovuto chiederci l'autorizzazione prima, se era quello il caso! Per piacere aspettatemi, non ci vorrà molto. Lo faccio per voi... ma non solo per voi.”

“Che cosa intendete?”

“E' colpa mia se Mion-san giace in quel letto d'ospedale in quelle condizioni, alla fine. Sono il vero responsabile della morte di Oryou-sama, io non posso negare che il suo infarto sia stato causato da me, ed io so che Mion-san si è risentita non poco per questo. Forse nel suo cuore mi ha già perdonato senza dirmelo, un po' come sua nonna aveva perdonato gli Houjou tanto tempo fa, ma esattamente come Oryou-sama lei non lo ammetterà mai a meno che non sia io a fare il primo passo. Viste le circostanze, io e lei non abbiamo mai avuto tempo per mettere le cose in chiaro, e personalmente io avevo persino paura di farlo, pensavo che sarebbe stato un brutto colpo per il mio orgoglio. Ma ora ho capito che non avevo capito niente, e visto che adesso non posso fare nulla per Mion-san, allora il miglior modo per pagare pegno è dare una mano a voi e fare per voi quello che è nelle mie capacità. Non vi preoccupate, arrivo subito. Con permesso.”

E l'uomo usci dalla stanza d'albergo. Kimiyoshi-san è un brav'uomo, a conti fatti... In ogni caso, Rika non l'aveva mai visto comportarsi così impulsivamente, quello che era successo quel giorno doveva aver messo pure lui sotto stress. Ma il fatto che lui non si trovasse più in quella camera presentava anche qualche implicazione positiva, ora potevano parlare molto più tranquillamente della Sindrome e di tutto il resto. Perciò, Rika si sentì autorizzata ad informare i presenti di quello che Goemon le aveva rivelato sui suoi piani, e così Shion fece una proposta che il povero Kimiyoshi non avrebbe mai potuto capire: “Ragazzi, qui dobbiamo inventarci qualcosa. Perché non chiediamo il permesso di portare Rika-chan a casa durante la notte per poi riaccompagnarla ad Ibaraki la mattina dopo? Per la polizia sarebbe lo stesso, l'avrebbero comunque a loro disposizione, mentre per noi invece cambierebbe tutto...”

“Ma Shii-chan, il viaggio da Hinamizawa ad Ibaraki è bello lungo, non è uno scherzo. Anche se lasciassimo questo albergo immediatamente e riuscissimo ad eludere le guardie là fuori... Non saremmo a casa prima delle tre di notte...”

“E dopo un riposino breve potrebbe ripartire, tornando alla stazione di polizia giusto in tempo per il sorgere del sole. Lo so che andare avanti e indietro sul treno sarebbe parecchio stressante per una bambina piccola come Rika-chan, a portarla a spasso così non ci facciamo una gran figura, però sarebbe una questione di pochi giorni, e farla restare al villaggio anche solo per qualche minuto costituirebbe la nostra salvezza, visto che venendo tutte le notti il tempo passato dalla sua ultima ultima permanenza ad Hinamizawa sarebbe sempre meno di trentasei ore...”

“Ed allora tu la faresti rientrare nel villaggio ogni notte, per resettare questo conto alla rovescia...” Keiichi ci riflettè sopra “Come opzione può avere un senso, è ragionevole, ma temo che non andrebbe bene. Dal punto di vista dei poliziotti, la nostra sarebbe una richiesta assurda: andare ad Hinamizawa, restarci lì per un secondo e poi tornare indietro... Perchè una persona normale desidererebbe fare questo? A loro sembrerebbe che Rika-chan deve fare qualcosa di importantissimo ad Hinamizawa, qualcosa di collegato a questo caso, vista l'urgenza... Sarebbe sospetto, come se volessimo occultare delle prove, o nascondere qualcosa. Anzi, gli agenti potrebbero addirittura di bloccarla del tutto ad Ibaraki e trattenerla per qualche giorno in qualche altra struttura, per precauzione. Ed in quel caso sarebbe la nostra fine.”

“E per la stessa ragione” dedusse Satoko “Noi non possiamo farla ritornare a casa in segreto, come una ladra di notte. Se ci sono poliziotti lì, la scoprirebbero in un battito di ciglia, e saremmo obbligati a dare delle spiegazioni imbarazzanti, improponibili... E naturalmente è fuori questione cercare di neutralizzarli con una trappola od una imboscata, rischiereste solo di essere arrestati, faremmo solo il gioco di Goemon-san.”

“E' vero... Cavolo, il nostro villaggio non può neanche darci una mano, organizzare una marcia od una manifestazione sarebbe impossibile in così poco tempo, radunare tutte quelle persone fino ad Ibaraki sarebbe difficilissimo,considerando l'aspetto logistico.”

“Appunto, e poi sarebbe inutile. È stato proprio Goemon-san a spiegarmelo, nel momento in cui non mi stanno accusando di nessun crimine, non c'è nessuna motivazione per protestare. Nuocerebbe solo alla reputazione del nostro villaggio, senza ottenere nessun risultato utile.”

“E se provassimo con qualcos'altro... Shion-san non potrebbe usare il potere della famiglia Sonozaki, per indurli e restituircela?”

“Non può.” Akane corresse Satoko “Noi non siamo così forti da modificare quello che avviene lontano da Hinamizawa. Non siamo così grandi, temo.”

“Ed allora” propose Shion “Io suggerirei di usare un pretesto straordinario, qualcosa a cui non possono dire di no.”

“Un pretesto straordinario? Tipo cosa?” chiese Satoshi.

La ragazza dai capelli verdi ci pensò un attimo, e poi venne fuori con questo: “Beh... Potremmo adoperare... Il funerale di Ali-chan...”

“Scusa?”

Gli altri rimasero scossi da quell'idea inquietante. E la stessa Shion non potè fare a meno di tacere per un secondo, prima di chiarire: “Lo so che è macabro, ma è la nostra unica possibilità. Dopo tutto, è pur vero che non lo abbiamo ancora celebrato, gli eventi non ce l'hanno mai consentito. E Rika-chan è la sacerdotessa del tempio del villaggio, quindi sarebbe suo compito essere presente alla cerimonia per poterla officiare...”

“Rena pensa che sarebbe una mancanza di rispetto verso di lei, ed anche verso Gi-chan... Sarebbe cattivo, calpestare i sentimenti della loro famiglia... E comunque, non sarebbe una buona soluzione. Kimiyoshi-san ed il preside avevano già concesso il permesso di portarla qui, allora affermare che Rika deve fare marcia indietro perché c'è un funerale da celebrare suonerebbe strano e sospetto... Inoltre, una volta completato il rito, loro la riporterebbero ad Ibaraki e noi saremmo punto e da capo.”

“Avete... Ragione... Scusatemi se volevo usare Ali-chan per questa cosa, non volevo fare la cinica...”

“Non fartene una colpa, Shii-chan, ti possiamo comprendere. Però spiegatemi una cosa. Tutta questa sceneggiata sui Sonozaki, la Guerra delle Frane, il rapimento di Mii-chan e tutto il resto... Se Goemon-san voleva uccidere tutti gli abitanti del villaggio portandoti lontana da loro, non poteva direttamente dare l'ordine di sequestrarti evitando tutto questo sfacelo?”

Rika chiuse gli occhi. Lei sapeva che questo era solo un piano di emergenza, dovuto al fatto che la maledizione di Ouka non era riuscita nell'intento di ucciderla. Ma il punto era che lei non aveva mai rivelato agli altri dell'esistenza di quell'altro spirito e del sigillo energetico che le aveva piazzato nel cuore al fine di eliminarla. Da un lato, lei temeva di non essere creduta, uno spettro che viene dal passato e lancia incantesimi su di lei... Il loro villaggio era stracolmo di racconti simili, ma convincerli che questa era una storia vera era tutto un altro discorso... Per quanto l'estate prima i suoi amici avessero dato prova di fidarsi di lei quando si era trattato di sconfiggere la Yamainu.

Dall'altro lato, però, Rika non voleva neanche umiliare Hanyuu: per lei sarebbe stato mortificante far sapere al gruppo che la figlia della sua antenata era la vera responsabile di tutte le peripezie che loro avevano affrontato, e Rika voleva evitare di aprir bocca a riguardo, almeno finché non fosse stata obbligata dal contesto. Infatti, sin da quel giorno alla prefettura di Okinomiya loro sapeva di dover combattere contro un nemico; tuttavia, tra tutti i possibili antagonisti, lo spirito di un loro antenato era il più inatteso e sgradito. Non era un caso che Hanyuu fosse rimasta scioccata, quando avevano incontrato Ouka al Saiguden e l'avevano sentita dichiarare i suoi insani propositi. Non poteva credere a quello che sentiva, sua figlia era sempre stata una brava ragazza in vita, con lei condivideva il sogno di costruire una migliore Hinamizawa, una comunità dove non serviva il sacrificio di nessuno ma dove ognuno faceva la propria parte... Ed invece ora Ouka voleva estirpare il male da quella vallata nella maniera più tragica ed estrema. Per quale ragione era diventata così malvagia e vendicativa? Loro non riuscivano a capacitarsene. E così, Rika ed Hanyuu avevano preferito momentaneamente mantenere il segreto, renderlo pubblico avrebbe avuto l'effetto di rigirare il coltello nella piaga.

Però, stando così le cose, il momento di vuotare il sacco era finalmente giunto. I loro amici dovevano sapere tutto, ed anche se le due bambine erano ai capi opposti della linea telefonica, Rika poteva percepire che Hanyuu stava annuendo, per darle il coraggio di raccontare tutta la verità. La fanciulla dai capelli blu emise un lieve lamento, e poi disse tutto quello che c'era da dire.

Fortunatamente, anche se gli altri parvero indispettiti dalla sua iniziale reticenza, tutti mostrarono di capire come mai avesse agito con tale prudenza. Sapevano che la loro piccola amica aveva sempre odiato far preoccupare i suoi compagni: era come durante la guerra contro Takano, quando Rika aveva cercato di tenere nascosta la verità fino all'ultimo momento, affermando che quello che chiedeva loro era solo qualche spunto per il manga che stava disegnando ed ammettendo tutto solo quando non aveva potuto fare altrimenti.

“Eh eh, mi sa proprio che certe persone non cambiano mai...” esclamò Keiichi “C'è una parte di te che rimarrà sempre la stessa, a prescindere da quello che capita.”

“Mi spiace...”

“E basta con le scuse, è una cosa che vale per tutti, non solo per te. Tra l'altro... Non mi ricordo chi era stato... Ma una volta mi hanno detto che le persone non devono necessariamente sapere tutto dei propri amici, per poterli considerare tali.”

“Credi che sia così?”

“Sicuro! Nessuno ha bisogno di «amici» che pretendono di scoprire ogni dettaglio della nostra vita, sarebbe un sintomo di scarsa fiducia in noi... Ma se queste persone pensassero che non siamo affidabili, che razza di amici sarebbero?”

“Anche io devo averlo sentito da qualche parte, questo adagio.” aggiunse Satoko “Mi chiedo chi ne sia l'autore, non mi sembra d'averlo letto su un libro...”

“Hauuu, Rena non l'ha mai sentito! Perché Rena è sempre così scalognata? Perché?”

Non stavano discutendo se il racconto di Rika fosse vero o falso, stavano parlando di altro... Avevano subito accettato quello che la loro compagna aveva detto loro, lo consideravano reale senza metterlo neppure in dubbio. I suoi cari vecchi amici si erano fidati di lei, e Rika fu enormemente lieta di capire che era così.

“Insomma” concluse Keiichi, riprendendo il filo del discorso “Ora si spiegano quintalate di roba... Il piano di Goemon-san ha tutta l'aria di essere una scelta di ripiego, un'opzione da usare solo nel caso che Rika-chan non ci avesse lasciato prima... E per di più, capisco anche perché ha messo in pratica questo tranello così di fretta... Lui aveva pochi giorni per compiere la sua vendetta, prima che fosse troppo tardi.”

“Davvero?”

“Già, deve essere così” Satoko prosegui “E scommetto che Goemon-san non ti ha rivelato questo piccolo, scomodo particolar.”

“Oh... Avete ragione.”

“Ovviamente, Rika-chan. Stasera, alla centrale di polizia, lui voleva spaventarti, ma questa parte della favoletta avrebbe generato l'effetto opposto. Ma la verità è che quell'uomo ha usato la crociata della moglie come scusa, come paravento per coprire il suo vero intrigo, ci sei? Però, visto che l'incontro decisivo tra i membri del clan Sonozaki è stato programmato per il cinque di questo mese, dopo questa data la faida sarà comunque giunta al suo termine, qualunque sia l'esito, e quindi lui sarebbe costretto ad agire allo scoperto. Megumi-san è molto più dura di comprendonio di Keiichi-san, ma anche lei scoprirebbe subito le magagne del marito se lui continuasse a cospirare dopo la fine della sua guerra personale: in un battibaleno Goemon-san si ritroverebbe senza alleati né amici, con una probabilità pressoché nulla di vincere. Anzi, io leverei dalla frase pure il «pressoché».”

“Ah, Rena ci è arrivata. Se lui è così di fretta allora il suo ultimo inganno avrà presumibilmente delle crepe, dei difetti, e noi dobbiamo trovarle per mandare tutto per aria. Ha ragione Rena, ha ragione?”

“Certo che ce l'hai!” rispose enfatico Keiichi “Possiamo vincere, possiamo farcela.”

“Ma quale sarebbe il punto debole di questo suo piano?” chiese Shion.

“Uhmm... E' qui che viene il bello... Temo che ci sia una sola maniera per venirne a capo.”

“Che sarebbe?”

“Dimostrare che Rika-chan è completamente estranea a questi fatti, con delle prove schiaccianti che facciano capire a quegli zucconi che le loro verifiche non sono necessarie, in modo da avere il permesso ufficiale per riportarla a casa immediatamente.”

“In sostanza, una cosa assolutamente legale... OK, io non ho nulla in contrario, ma come facciamo in una sola giornata? C'è qualcuno che ha un lampo di genio, qui?”

“Dobbiamo scambiare due paroline con il capo delle indagini, secondo me i suoi subordinati non oserebbero mai lasciarla andare senza la sua autorizzazione. Quei pusillanimi di ufficiali senza fegato né attributi si barricherebbero dietro frasi idiote come Io non ho l'autorità per fare questo, Sto solo eseguendo a degli ordini, E' il mio dovere, Non posso assumermi la responsabilità... Blah, blah, blah, ciucia lì, ciucia là... E' molto meglio andare dritti al nocciolo del problema, ed avere a che fare a chi ha dato il comando di condurre Rika-chan ad Ibaraki. Sapete chi è il boss di turno, in questo caso?”

“Come posso dirvelo...” sussurrò Rika “Glielo abbiamo chiesto, mentre eravamo ancora nei loro quartieri generali. O meglio, lo ha fatto Kimiyoshi-san, io avevo la testa tra le nuvole, ero chiusa coi miei pensieri... E gli hanno risposto che il capo responsabile dell'inchiesta è... niente di meno che il Questore di Ibaraki in carne ed ossa.”

“Wow! Non esattamente un tizio qualunque...”

“Il caso di Seohara-san ha avuto una grande risonanza anche in una metropoli vasta come questa, si parla pur sempre della morte di quattro adolescenti, pertanto c'è stato un notevole dispiegamento di forze da parte loro, ed il loro superiore ha preso direttamente le redini delle indagini. Sapete, lo chiamano anche «Il Commissario», perché prima faceva quello di mestiere...”

“Ed alla faccia di tutte queste risorse siamo stati noi a risolvere questo giallo, svelando la verità... Mah, che vadano alla malora. Rika-chan, hai già parlato con questo signore? Sarebbe carino sapere che tipo di persona è, per decidere quale strategia seguire.”

“No, purtroppo la mia buona stella è andata a farsi una vacanza. Ci hanno ripetuto più volte che era assente, e che non sarebbe ritornato ad Ibaraki prima di domani sera.”

“Questa sì che è sfortuna.” commentò Shion “Ma siamo certi che questa non sia una frottola inventata su due piedi per tenerci lontani da lui? Non vorrei che questo commissario-barra-questore appartenga a quella categoria di persone che odia dare spiegazioni e pensa di essere un essere superiore a chiunque altro, tipo un semidio.”

Ma sua madre la rimproverò: “No, stavano dicendo la verità. Oggi anche il prefetto di Okinomiya era stato convocato a Tokyo per un raduno tra pubblici ufficiali, ed anche lui rincaserà solo domani.”

“Quindi il gran capoccia delle forze dell'ordine di Ibaraki sarà raggiungibile solo domani sera... Ma quindi mi viene da pensare che domani starà a casa tutta la serata, per tornare al lavoro solo il giorno dopo... Per noi sarà troppo tardi!”

“Forse no.” Rika diede a Shion un lumicino di speranza “Io avevo la testa ad altro mentre Kimiyoshi chiedeva dove era questo fantomatico commissario, ma mi ricordo che gli avevano dato un piccolo foglietto di carte, glielo avevano consegnato come risposta a quella domanda. Immagino che sia qualcosa che lo riguardi...” La bambina si alzò in piedi e frugò nelle tasche del cappotto di Kimiyoshi, adagiato sopra il letto.

“Eccolo qui.” esclamò lei, quando rinvenne il pezzo di carta.

Keiichi lo lesse mentre Rika lo teneva in mano “Uhm... Ha tutta l'aria di essere un volantino su di una festa in cui hanno invitato personalità ed autorità di ogni ordine e grado.”

“Nulla di più facile che il capo della polizia sia presente a quell'evento. Dove e quando...”

“Domani alle nove in punto, alla Grande Sala delle Conferenze della città. Vuoi davvero partecipare a quel gran gala, Kei-chan?”

“E' la nostra sola chance per illustrargli la nostra causa, ho paura... Considerando i nostri vincoli di tempo, Rika-chan deve andar via da Ibaraki prima della mezzanotte di domani, altrimenti sarà una tragedia. Anzi, dobbiamo chiedere anche a qualcuno di controllare quando parte l'ultimo treno della serata... Ad ogni modo, il problema più urgente è trovare la maniera di intrufolarsi in questa festa per incontrare quell'uomo. L'ingresso non sarà certo libero.

"Oh, Maebara-kun..." sospirò Akane “Un minuto fa tu stavi sopravvalutando la nostra famiglia, adesso fai l'opposto. I Sonozaki potrebbero non essere forti a sufficienza per mutare il corso della legge ad Ibaraki, però abbiamo un nome abbastanza famoso per ricevere degli inviti per domani sera, specialmente se non è uno di quei party riservati a pochi intimi. E direi proprio che non è questo il caso, non distribuirebbero volantini a destra e manca altrimenti.”

“Allora? Potete garantirci che saremo tutti alla festa, domani?”

“Certamente. Lasciate fare a me ed a mio marito, non ve ne pentirete.”

“Eccellente. Non sarà cortese da parte nostra disturbano un evento mondano piacevole come quello, ma è letteralmente una questione di vita o di morte. Comunque, dovremmo indossare perlomeno il nostro abito più formale ed elegante, non possiamo certo entrare alla festa con i vestiti che abbiamo addosso adesso.”

“Giusto. Manderemo qualcuno a portarveli. Avviseremo i vostri genitori di quelle che sono le vostre intenzioni, saranno loro a preparare i vostri bagagli.”

“Ops...” fece notare Satoko “In quanto a me ed a Nii-Nii, non sono sicura di avere vestiti adatti...”

“Oh, se è per quello... Me ne occuperò io.” Shion la confortò “In casa ci sono dozzine di armadi con abiti che non usiamo mai, troveremo qualcosa di comodo per voi, sarete dei figurini. Oppure, se preferite, possiamo chiedere a Irie-sensei: ci metto la mano sul fuoco, sarebbe felice di prestarvi quell'uniforme cosplay da infermierina che ha acquistato qualche tempo fa, sareste l'attrazione della serata...”

“Oh buon Dio, vi prego, no! Sono stanca di sottostare alle torture di quel pervertito!”

A quell'esclamazione, gli altri risero di gusto, ed un sorriso apparve anche sul viso di Rika, udendo come i suoi amici stessero cercando di tirarsi su di morale l'un l'altro.

“Bene, è tutto deciso!” concluse Keiichi, sfruttando quel momento di sollievo per dare la carica “Domani accompagneremo Rika-chan alla centrale, visto che immagino dovrà stare lì tutto il giorno o quasi. E già che ci siamo cercheremo di convincere i sottoposti del commissario che tenerla lì è un errore madornale; temo che sarà solo fiato sprecato però non voglio lasciare intentata alcuna strada. Quindi, la sera saremo tutti alla Sala delle Conferenze, e questa volta dovranno starci a sentire, con le buone o con le cattive!”

“Chi sarà quello che porterà le valigie?” chiese Rena.

“Uhmm... In realtà stavo pensando che faremmo meglio a venire tutti ad Ibaraki con voi. Anche Megumi-san si trova laggiù, è lampante che stanno concentrando là tutti i loro sforzi, e non qua ad Hinamizawa. Se stanno preparando qualcosa, lo stanno facendo in quella città.”

“Ne sei convinta, Shii-chan?”

“All'incirca. Per distruggere l'intera popolazione di Hinamizawa velocemente e senza lasciare tracce, le uniche maniere sono togliere la vita a Rika-chan oppure tenerla lontana dal suo villaggio, ed in entrambi i casi dovrebbero entrare in azione ad Ibaraki, visto che lei ora si trova là. Sarei scettica sul fatto che questo possa essere un diversivo, abbiamo già concluso che Goemon-san non ha avuto molto tempo per pensare a qualcosa di troppo articolato. Va da sé che non possa esserne completamente certa, non gli posso mica entrare in testa a quello, però è un rischio che vale la pena correre a mio parere, più persone siamo ad Ibaraki meglio è.”

“In parole povere... Avete intenzione di venire qui anche voi?”

“Non dovremmo, Kei-chan? Non possiamo starcene con le mani in mano e lasciarvi nell'occhio del ciclone!”

È bello vedere come resistiamo e stiamo ancora uniti e forti, nonostante tutto, pensò Rika. Anche in questo momento, ardiamo tutti dal desiderio di soccorrerci...

Ma era davvero così? Quel desiderio lo provavano veramente tutti? Un dubbio le era sorto in mente, e questo le ricordava quello su cui aveva riflettuto in precedenza. Magari Goemon-san aveva calcolato tutto, e questa volta non potevano permettersi alcun errore... Non potevano concedersi il lusso di lasciare qualcuno da solo, neanche per sbaglio, i risultati si erano visti nei giorni scorsi. Pertanto, chiese ad un tratto: “Saremo tutti qui ad Ibaraki, allora?”

“Sì, Rika-chan. È quello che ti abbiamo appena detto.”

“Nessuno escluso? Neppure Gi-chan?”

La domanda piombò come un fulmine a ciel sereno. Shion non rispose, e Rena disse: “Perchè stai chiedendo di lui, Rika-chan?”

“Perchè non si trova con gli altri al Maniero, almeno non ho ancora sentito la sua voce. Lui è rimasto alla Clinica, dico bene?”

“Io... credo di sì.” rispose Satoko.

Il pensiero di Rika volò indietro ai fatti dei giorni precedenti. Io posso immaginare come si sta sentendo adesso... Sono sicura che abbia passato tutto il tempo al capezzale di Mii-chan, tenendo la mano della sua amica nelle sue per riscaldarla... E' ancora arrabbiato con se stesso per quello che le ha fatto, non si è ancora perdonato... Ma io non voglio che lui scivoli nella disperazione e nella rassegnazione, non ne verrebbe più fuori. Io un'altra Takano non la voglio... Gi-chan deve capire che c'è qualcuno che si prende cura di lui, indipendentemente da tutto.

Così, la bimba dagli occhi blu propose infine: “E' necessario che anche lui ci raggiunga qui. Potremmo aver bisogno di una testa in più.”

“Non ho nulla in contrario.” ribattè Shion “E non credo che Irie-sensei si opporrà alla richiesta, fisicamente lui sta bene. Io però mi domando se Gi-chan sarà d'accordo. Temo che non andrà al settimo cielo, all'idea di andare via dall'Istituto... Già di suo è un tipo complicato da entusiasmare, se poi aggiungi il suo stato d'animo attuale...”

Sia ad Ibaraki che ad Hinamizawa, le persone presenti cominciarono a guardarsi negli occhi con un senso di smarrimento. Ora che sua sorella Alice non era più con lui, l'unica che forse era in grado di convincerlo a raccogliere il poco coraggio che gli era rimasto stava riposando in pace accanto a lui, e gli altri non avevano la più pallida idea di come fare per sradicarlo da quella stanza d'ospedale. L'immagine lì demoralizzò, cominciarono a temere che il destino riservato a quei due ragazzi sarebbe presto divenuto anche il loro... L'intero gruppo stava perdendo ogni briciola di determinazione, pareva che non fosse possibile modificare il loro tragico fato che si stagliava all'orizzonte. Tutti potevano ascoltare distintamente i passi della loro fine che si approssimava alle loro spalle...

“No, col cavolo che lo accetto!”

Un grido potente riempì improvvisamente l'aria della stanza dell'albergo, tanto quanto quella della sala del Maniero.

Gli altri si guardarono a vicenda, colti di sorpresa da quelle parole. Chi le aveva pronunciate?

Era stato Keiichi. Era stato Keiichi, che poi continuò urlando: “Quello lì verrà con noi, se è questo che vuoi! Non ti preoccupare del modo di persuaderlo, di quello me ne occupo io!”

“Sul serio?”

“Sul serio. E siccome sono deciso a fare tutto quello che posso, adesso, nessuna cosa o persona di questo dannato pianeta riuscirà a fermarmi, chiaro?

“Ma...”

“Ma un corno! Io non intendo starmene in disparte a girarmi i pollici mentre questa storia va avanti! Non potrei manco morire in pace, sapendo che non ho fatto nulla per cambiare il mio destino! Io non posso convivere con questa sensazione, non sarei più capace di guardarmi allo specchio! E dunque, se voi volete stare qui e continuare a piagnucolare, fate pure come volete, ma poi non lamentatevi se vi capita qualcosa di brutto! Allora, chi è con me?”

“Ke...”

“IO NON VOGLIO SENTIRE DOMANDE, ORA, VOGLIO SENTIRE RISPOSTE! CHI È CON ME, HO DETTO?”

Gli altri non credevano a quello che udivano, una tale dichiarazione di forza, così assurda dato il contesto... Ma, grazie ad essa, ognuno sentì un nuovo fuoco ardere nei loro cuori. Lo sapevano, avevano tutti capito che Keiichi non si stava arrendendo, sarebbe stato il loro comandante, anche oggi, anche quel giorno, anche se erano lontani da tutti gli altri loro compagni di lotta, dalla loro Hinamizawa... Quel ragazzo sarebbe stato in grado di far sorgere dal nulla un nuovo miracolo, potevano annusare nell'aria che era così, e perciò lui li avrebbe condotti alla vittoria. Scuotendoli con quel grido di guerra, Keiichi li aveva infettati con quel nuovo, bruciante entusiasmo.

Lui non avrebbe mai capitolato di fronte al suo fato. In tutto questo tempo, sin dall'inizio di quella storia, lui non era mai stato capace di aiutare davvero chi si era trovato in difficoltà, si era sempre sentito in balia degli eventi, correndo qua e là forsennato per evitare l'inevitabile, né più né meno degli altri. Perlomeno, questo era quello che lui stava pensando adesso di se stesso. Ma ora non ne poteva più di continuare per questa strada, ora avrebbe smesso di essere mosso dal destino come una marionetta, ed avrebbe cominciato a reagire di conseguenza, influenzando a sua volta il destino stesso e tutti quelli che erano intorno a lui, amici o nemici che fossero. Avrebbe guardato il futuro negli occhi, ed avrebbe fatto capire anche alla Provvidenza chi era che comandava lì. E tutti questi sentimenti si erano mescolati insieme, miscelandosi e formando quell'urlo sconquassante che aveva risvegliato ogni anima del gruppo dal torpore in cui erano affondati. Quello era il loro caro vecchio Keiichi, sempre pronto a trascinarli, ad animarli, ad incitarli a non cedere, ed infatti Rena lo ringraziò di cuore per quel grido di orgoglio.

“Mi piace che tu non ti sia arreso, saremo tutti con te, Keiichi-kun. Ma cosa hai in mente di fare, nello specifico? Il tempo delle visite alla Clinica sarà certamente finito, ormai è già notte, e nella stanza in cui hanno ricoverato Mii-chan non c'è nessun telefono, hanno solo un cercapersone e con quello non si può mandare dei lunghi messaggi con cui dar forza. Tu poi sei ad Ibaraki adesso, Keiichi-kun, e non puoi parlargli di persona.”

“Troverò un modo. Il fatto che l'orario delle visite sia scaduto non è grave, basta che la Clinica sia ancora aperta, Irie-sensei capirà. Qualcuno sa se è possibile entrarci adesso?”

“Sì, sì, si può ancora farlo.” Satoko lo riassicurò “Le porte principali della struttura dovrebbero essere già state chiuse, a dire il vero, ma Gi-chan ha ricevuto una copia delle chiavi, ed anche se lui non volesse aprire io ne ho un doppione. Andare da lui è facile, consideralo già fatto.”

“Ottimo. Le cose devono cambiare, qui, ne ho fin sopra i capelli di guardarmi le spalle e mettermi sempre e solo sulla difensiva. È il nostro turno di attaccare, e Megumi-san e Goemon-san impareranno presto quanto noi siamo brillanti nel farlo!”

“Lo spero anch'io!” esclamò Rena “Domani vedranno tutti di che pasta siamo fatti...”

“Già, sicuro!”

“Si pentiranno di averci sfidati, li rimanderemo a casa con la coda tra le gambe!”

“Se siete così decisi, allora sono con voi...”

Rika sorrise, si era levata un peso non indifferente. Per l'ennesima volta, Keiichi era riuscito nell'impresa di permettere ai suoi amici di superare quel momento di rassegnazione, ed ora li aveva di nuovo preparati alla lotta. Kimiyoshi, non appena fosse tornato dal piano inferiore, sarebbe stato messo al corrente del loro piano di battaglia, e senz'ombra di dubbio avrebbe dato loro tutta l'assistenza di cui era capace... Questo perché, nel giorno che stava per iniziare, tutto sarebbe stato sistemato, tutto sarebbe stato deciso, e Rika avrebbe avuto bisogno dell'aiuto di ogni singolo membro del club in mezzo a cui era cresciuta. Ogni singolo membro, senza alcuna eccezione.

~-~-~-~-~

Come Shion aveva immaginato, Giancarlo era ancora immerso nell'oscurità, nel buio del seminterrato della Clinica. Silenzioso, immobile, stava passando la notte insonne vegliando sulla ragazza davanti a lui, come un triste e derelitto angelo custode. Non era necessario per lui guardarsi intorno o parlare, non gli serviva: del resto pensava di essere da solo in quell'edificio, soprattutto a quell'ora della giornata. Dunque, rimase vivamente sorpreso e spaventato, quando udì cigolare una porta. Era quella che conduceva dal piano terra dell'edificio fino appunto al seminterrato, quindi evidentemente qualcuno stava sopraggiungendo...

“Chi va là?” cercò di chiedere ad alta voce senza però ottenere l'effetto desiderato, visto che il fiato gli si era strozzato in gola e le sue parole erano suonate tutto tranne che perentorie.

“Sono solo io. Ti ho fatto venire i brividi?”

Una ragazza che sogghignava davanti a lui.

“Shii-chan, non è il tempo di scherzare...”

“Io in verità pensavo che lo fosse. Ogni tanto tu fai troppo il serio.”

Il ragazzo sospirò, indispettito: “Basta con queste burle da cretini, per piacere, non sono dell'umore giusto. Perché sei venuta qui, invece? È già mezzanotte.”

“Volevo informarti che stiamo tutti partendo per Ibaraki, per togliere d'impaccio Rika-chan. Ci faresti un favore se venissi anche tu, tua sorella Flavia è già a casa tua a prepararti la valigia con suo marito. Ti farò un ragguaglio con tutti i particolari mentre torniamo indietro.”

“Io non ho voglia di andarci.” troncò lui il discorso.

“Lo presupponevo. Preferiresti restare qui fermo con Onee, magari?”

Lui tenne la bocca chiusa, e Shion si sedette allora in fondo al letto della paziente.

“Gi-chan” disse lei teneramente, fissando il volto di Mion apparentemente sereno “Non fare storie, ti prego. Pensi di essere il solo che sta soffrendo per quello che sta succedendo a lei? È anche mia sorella, non te lo dimenticare.

“Io... Non sto dicendo questo... Non voglio negarlo...”

“E nonostante questo puoi vedere che io sto cercando di essere fiera ed andare avanti insieme ai miei amici. Perché tu non dovresti fare altrettanto, allora?”

“Perché... Perché... Perché...”

“Perché cosa?” lei lo pressò.

“Perché... E' diverso... Io non voglio... Fare del male a qualcuno, se facessi qualcosa, qualsiasi cosa, rischierei di...”

Shion lo guardò: “Questo era precisamente quello che Kei-chan pensava che tu avresti detto... Lo sai?”

“No...” Giancarlo osservava solo il pavimento, adesso.

“Ecco perché ci ha dettato questo per telefono.”

Gli porse un foglio di carta.

“Lui si trova ad Ibaraki, al momento, quindi non poteva parlarti di persona, ma anche se l'avessimo potuto non l'avremmo fatto. Ormai ti conosciamo, sappiamo che tu odi parlare od ascoltare lunghi discorsi o arringhe piene di roba retorica. Però sappiamo anche che ami i libri e leggere in generali, quindi ecco qua. Piglia e divora queste poche righe, sono certa che ti aiuteranno.”

Lui ebbe un'esitazione, ma poi obbedì. A tutti gli effetti quel testo era composto da solo cinque o sei righe senza premesse e senza fronzoli, scritte nel consueto stile giapponese. Tanto valeva far contenta Shion, ci voleva poco.

Il messaggio era il seguente:


 

Giancarlo, ascolta.

Noi non possiamo prometterti che vinceremo senza il minimo dubbio. Questo dipende da noi, da te, ma anche da altri fattori che solo Oyashiro-sama conosce. Quello che posso prometterti, però, è che se tu sarai dalla nostra parte allora ti sentirai meglio. Se anche combattessi per poi perdere, la tua anima farebbe pace con la tua coscienza, in quanto tu saresti cosciente di aver fatto quello che era nei tuoi mezzi. Figurati come ti sentiresti in caso di vittoria...

Non te ne pentiresti, e ti garantisco che sarebbe molto più semplice poi scusarsi con Mion, una volta che quella si alza dal suo letto. Ti saresti già sdebitato.

Quali sono le nostre percentuali di vittoria, al momento? Vai a saperlo? Forse è qualcosa di vicino allo zero, o forse è quasi il cento per cento. Però siamo tutti d'accordo che con te sarebbero un poco più alte di quanto non siano adesso. Non vorrai abbassare le nostre probabilità di sopravvivere, spero.

Il nostro treno parte da Okinomiya alle due di stanotte. Scegli se venire con noi o meno. Ti aspetteremo.

Keiichi.


 

“Non avrei mai immaginato che Kei-chan potesse scrivere cose simili.” commentò Giancarlo, quando ebbe terminato la lettura “Lui non era mica quello dalla volontà di ferro in grado di capovolgere perfino il flusso del destino? A vedere quello che vi ha dettato invece sembra quasi appoggiarsi a quello che il fato ha in serbo per noi. In pratica sta dicendo «Tu vieni, poi incrociamo le dita»...”

Shion replicò: “Gi-chan, leggi con più attenzione. Noi non abbiamo scritto quello in cui crediamo noi. Abbiamo scritto quello in cui credi tu. Tu non hai mai avuto completa fiducia in te, e forse tu sei effettivamente troppo debole per stravolgere le carte in tavola... Ma puoi sempre modificare un pochino il futuro delle persone che ti circondano. Dare il tuo contributo, intendo. Non è molto, lo so, ma è qualcosa che è nelle tue possibilità, ed è qualcosa che può fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta. Comunque, adesso gira il foglio.”

Lui lo fece e guardò l'altra pagina del pezzo di carta. Lì, poteva leggere le firme di tutti i membri del club.

“Come mai questa trovata?” chiese.

“Giusto un simbolo di come ognuno sia in attesa del tuo ritorno.” spiegò Shion “Ti piace?”

“Sì, ma...”

“Ma? La pianti di continuare a criticare e fare il difficile?”

“No, non volevo, più che altro c'era una cosa che mi sembrava strana... Qui c'è anche la firma di Kei-chan, e quella di Rena-chan, e quelle di Rika-chan e Daijiro-kun... Non dovrebbero stare tutti ad Ibaraki, adesso? Come hanno fatto a mettere qui il loro autografo?”

“Eh eh eh...” tossì lei “Tecnicamente questi sono dei falsi... Ma è come se fossero autentici. Avrebbero firmato più che volentieri se fossero stati qui, lo sai bene.”

“Sì... Forse...”

“E qui c'è un altro nome che potresti avere piacere a leggere. Dai un'occhiata all'angolo in basso a destra.”

Giancarlo diresse lì lo sguardo, e spalancò gli occhi, commentando lentamente: “Questa è... La firma di Mii-chan...”

“Certo che lo è. Ovviamente non l'ha fatta lei di persona, l'ho scritta io di mio pugno in sua vece, non è la prima volta che mi capita se devo essere sincera. Ma Onee avrebbe fatto lo stesso se avesse potuto.”

“Quindi, secondo voi, lei sarebbe d'accordo con... con voi... In fin dei conti, questa firma... Assomiglia così tanto a quelle che faceva di solito, l'ho vista scarabocchiare su così tanti documenti, a causa dei suoi impegni...”

Giancarlo stava leggermente balbettando e stava abbracciando il pezzo di carta, tenendolo al petto come se fosse una bambola che gli era stata appena regalata. Vedere il nome di Mion in teoria doveva essere un elemento insignificante, ma a lui aveva fatto uno strano effetto psicologico. In fondo Shion aveva imparato a riprodurne fedelmente la firma, dovendo sostituirla spesso era una cosa necessaria per non essere smascherata. Ed a Giancarlo doveva essere scattata una molla: in fondo stava parlando con una ragazza dai capelli verdi che assomigliava appunto a Mion, e nella sua testa si era generata come una sorta di autosuggestione, era un po' come parlare all'altra gemella, quella che era sdraiata sul letto e che non poteva parlare. Era un po' come parlare alla ragazza a cui voleva bene, ed essere confortato da lei in persona. Ne aveva tremendamente bisogno.

Pertanto, alla fine disse con un filo di voce: “Mi sa proprio che non abbia scelta, o sbaglio?”

“No, in realtà ce l'avresti. Ma sappiamo già quale decisione stai per prendere. È normale passare un periodo di sbandamento, quando ti trovi a perdere qualcosa di prezioso, ma prima o poi bisogna ripartire, ad un certo punto viene spontaneo, o almeno è così per la maggior parte delle persone. Tu lo hai già fatto una volta quando eri piccolo, lo puoi fare ancora... Vieni da una famiglia di testardi ed ostinati, dopo tutto, e se c'è una cosa che ti hanno insegnato, questa è ricominciare da dove sei caduto e ritrovare una nuova via lungo cui incamminarsi.”

“E questo tu come lo sai?”

“Lo so perché è quello che Onee pensava di te. Se vogliamo dire le cose come stanno, Kei-chan col tempo ha imparato ad essere qualcosa di più di un semplice uomo: è come un Dio splendente che non conosce sconfitta, forte, bello, imbattibile, qualcuno che non devia mai dal sentiero che ha scelto. Tu invece sei una persona fragile che non è mai sicuro di quello che sta facendo, ma che continua lungo la sua strada perché sa che è comunque la cosa più giusta da fare, o almeno è la meno scorretta. Lui è il possente Sole, la cui luce è troppo potente per qualsiasi ombra, tu sei la flebile Luna che non potrà mai illuminare come quella stella così immensa e calda, ma che al tempo stesso può portare un po' di chiaro nei momenti in cui il Sole stesso sparisce dietro la linea dell'orizzonte...”

In realtà, quelle metafore così poetiche non erano farina del sacco di Shion, ma di quello di Rena. Era un concetto che l'amica aveva elaborato al telefono insieme agli altri, prendendo spunto da quello che Alice aveva detto loro una volta, tanto tempo prima. E Shion si era imparato il discorsetto a memoria, anche se non stava certo mentendo mentre lo ripeteva. Anche lei credeva in quello che stava dicendo... E poi era un modo dolcissimo per prenderlo bonariamente in giro, si sentiva perfettamente a suo agio mentre pronunciava quelle parole che non le appartenevano.

Così, la giovane alla fine lasciò andare un tenero sorriso, e Giancarlo non replicò. Non era più necessario che si parlassero, ormai si erano intesi benissimo.

“Posso avere solo un minuto?” le chiese solamente.

“Prego.”

Lui si sedette sul letto dove si trovava Mion, e questo suggerì a Shion che fosse meglio alzarsi da lì. Quindi, il ragazzo prese un oggetto da una tasca della camicia che aveva sotto il golfino. Si trattava di un orologio da tasca.

“Mii-chan, spero tu possa ascoltarmi...” Iniziò a dire, mettendole l'oggetto in mano, e chiudendo delicatamente le dita della mano attorno ad esso. “E' solo un normale orologio, non ha un gran valore economico... Ma me lo avevano regalato quando avevo nove anni, dopo la sera in cui avevo deciso di rimpiazzare mio padre. Con questo ho un fortissimo legame affettivo, perché durante tutto questo tempo mi ha sempre ricordato che lo spirito della mia famiglia è sempre con me, nella buona e nella cattiva sorte. Ed anche ora che siamo a migliaia di chilometri di distanza, esso mi fa tornare in mente che nella mia vita non sarò mai del tutto da solo... Però adesso io voglio che lo tenga tu, spero che ti possa aiutare tanto quanto ha aiutato me in passato. Voglio dartelo, poiché mi sa... che devo davvero andare via, stanotte. Non sono sicuro di avere la forza che i tuoi amici dicono che abbia, non so se posso dare un qualche contributo per la causa, ma se su questo mondo c'è davvero un posto per me... Allora a maggior ragione ci sarà per te. Come gli altri stanno aspettando me, io aspetterò te. Lo stiamo facendo tutti, in fondo. So che ci vorranno mesi ad Irie per trovare una cura, sono conscio che la mia sarà un'attesa lunga, ma sarò paziente. Materialmente non posso stare al tuo fianco tutto il tempo, però posso almeno cercare di creare un legame tra me e te, tramite questo orologio... E quando ti sarai svegliata sarai libera di scegliere se restituirmelo o no. Anzi, forse è meglio se me lo rendi, questo non è un regalo.” fece uno sforzo per sorridere a quella sua battuta “Consideralo più che altro un prestito. Spero di vederti presto mentre mi ridi in faccia e me lo ridai indietro.” Le diede gentilmente un bacio sulla fronte, sistemandole una ciocca di capelli con le dita, e quindi si rimise in piedi.

“Possiamo andare? Suppongo che troveremo Flavia e Kasai-san, qua fuori. La sorellona è sempre stata veloce con i bagagli, avrà già finito.”

Shion annuì, e mentre uscivano dalla stanza due occhi spenti stavano seguendo la loro camminata ed il loro incedere, come se Mion potesse davvero guardarli ed augurargli buona fortuna. Quanto a Shion, invece, stava continuando a sorridere, al punto che Giancarlo le chiese il motivo.

“Posso dirti una cosa?” spiegò lei, divertita “Kei-chan era come un Dio, ti ho detto prima, era un modello da imitare, il più forte ed affascinante di tutti i maschi di questo mondo, e probabilmente per Onee sarebbe stato il miglior partner possibile. Ma alla fine... Neanche tu sei tanto male.”

E la ragazza accelerò istantaneamente il passo, quasi correndo sulle scale che conducevano al piano terra e quindi all'uscita, e senza osar controllare se con quell'insinuazione lei lo avesse fatto arrossire o arrabbiare... oppure se piuttosto l'avesse fatto semplicemente sorridere di piacere.

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Capitolo 55
*** Il sentiero di un solitario, la forza di un gruppo ***



Capitolo 54: Il sentiero di un solitario, la forza di un gruppo


 

Ibaraki, 2 Marzo 1984

Per quel che si vedeva, fuori dal treno non c'era nulla al di fuori delle tenebrose oscurità. Per quel che si sentiva, fuori dal treno si scava scatenando il diluvio.

A causa delle avverse condizioni climatiche, la velocità generata dal pesante motore di quella moderna e potente locomotiva era stata leggermente diminuita, al fine di garantire un viaggio sicuro e confortevole per i viaggiatori presenti, tuttavia ciò comportava anche il fatto che sarebbero giunti ad Ibaraki non prima dell'alba. Un ritardo che non era stato messo in conto all'inizio, ma fondamentalmente questo era un problema minore: le previsioni del tempo avevano assicurato un Sole splendente per tutta la giornata che stava per cominciare, ed i ragazzi che erano saliti sul treno avrebbero sfruttato quei minuti extra per riposare qualche attimo in più. Dovevano essere in forma perfetta, le fatiche che li stavano aspettando avrebbero cambiato il loro avvenire per sempre, in bene o in male.

E così, i loro occhi erano tutti chiusi, eccetto quelli di Giancarlo. Il giovane non pareva stanco, e stava guardando i ragazzi seduti e dormienti accanto a lui. Ammirare il panorama fuori dal finestrino era sciocco, era troppo buio fuori, la pioggia incessante era osservabile solo grazie alle gocce sottili che si schiantavano contro il vetro. Insomma, era molto più sensato contemplare il sonno altrui... Per quanto quest'ultimo non fosse molto profondo, e probabilmente traboccava di terribili premonizioni e di incubi che avrebbero rizzato i peli sulla schiena di chiunque.

Erano tutti preoccupati per quello che sarebbe successo nel giorno che stava per sorgere, ed alcuni arrivavano perfino a sussultare durante il loro riposo, di tanto in tanto, e non a causa dei rari sobbalzi del vagone. Satoko, Satoshi e Shion si stavano abbracciando a vicenda, come fossero una famiglia unita composta da padre, madre e figlia, come se l'impianto di riscaldamento del treno non funzionasse a dovere e loro tre sentissero freddo. In quanto ad Hanyuu, invece, lei era seduta sulle tiepide gambe di Akane: anche la donna aveva deciso di venire con loro, ed ora stava tenendo sopra il suo grembo la bambina, come una specie di orsacchiotto di pezza... Ora era chiaro da chi Mion avesse preso la sua passione per le bambole. E quei cinque sarebbero potuti rimanere così fino a destinazione: il treno era quasi vuoto, a causa dell'ora tarda a cui stava viaggiando, e l'assenza di ogni sorgente di rumore permetteva loro di avere un momento di pace. Il suono della tempesta di pioggia era attutito da quello prodotto dal treno stesso, e quest'ultimo rumore dava una sensazione di rilassatezza, li cullava come una ninna nanna automatica e ininterrotta.

Stavano tutti dormendo, concluse Giancarlo. Lui no, invece, li stava osservando e preferiva restare in silenzio per non svegliarli. Il ragazzo non desiderava riposare, nei giorni scorsi aveva dormito anche troppo ed ora aveva voglia di rimanere desto. Tuttavia, diversamente dagli altri i quali si erano ormai concentrati su quello che sarebbe stato in futuro, lui continuava ad essere ossessionato da ciò che aveva avuto luogo in passato. La fine di Alice e quella di Mion insistevano nel riempire ogni suo pensiero e lui non riusciva a scacciarli dalla propria testa.

Lui era conscio della differenza sostanziale che c'era tra gli altri membri del club e lui. Giancarlo aveva sempre creduto di non essere come loro, e forse questa era la ragione per cui lui aveva sempre incontrato delle difficoltà nel familiarizzare con i suoi nuovi compaesani, durante tutti quei mesti. Alice era l'opposto, con i suoi nuovi amici lei si divertiva da morire, come se si conoscessero da sempre, mentre lui... Lui si sentiva spesso spaesato, qualcosa non andava bene per niente, dentro di lui: il modo di comportarsi di quella gente straniera sembrava incompatibile con il suo, e quella impressione lo aveva fatto sempre sentire diverso da loro. Una consapevolezza dal gusto spiacevolmente amaro, che anche adesso lo induceva a pensare che per lui fosse meglio starsene un po' in disparte, in un angolo, a ripensare a quello che era avvenuto. Questo era tutto quello che desiderava per sé, su quel treno...

Però, disgraziatamente non poteva fare così. Alice era passata a miglior vita solo due giorni prima, e gli avevano detto del coma di Mion subito dopo. A Giancarlo sarebbe piaciuto avere giorni, settimane, mesi a sua disposizione per isolarsi come un eremita e perdersi nei suoi pensieri, sperando pian piano di metabolizzare quelle tragedie. Nei film di solito le persone nella sua situazione avevano un periodo considerevole di tempo, fatto di depressione e malinconia, ma a lui invece questa cosa era stata negata dalle circostanze. Era stato impacchettato e spedito ad Ibaraki quasi contro la sua stessa volontà, lo svolgersi degli eventi lo avevano richiesto, e si trovava ora nella condizione di dover per forza gestire quella nuova sfida insieme agli altri, come se il destino se ne fregasse del suo stato d'animo. Naturalmente il club non voleva costringerlo a far piazza pulita del passato ed a metterselo alle spalle in maniera così ruvida e brusca, non lo facevano apposta, però a lui pareva davvero che per il suo lutto non ci fosse nemmeno dello spazio. The show must go on, lo spettacolo deve andare avanti, non dicono sempre così?

D'altronde, descrivere i suoi compagni in questi termini era un po' crudele, ed il giovane si rese conto immediatamente di essere troppo severo verso di loro. Quella forzatura era poi così negativa, per lui? Giancarlo sapeva già che non sarebbe più uscito da quello stato di paralizzante malinconia, se avesse cominciato a chiudersi in se stesso e non avesse lasciato fuoriuscire il suo dolore all'esterno. Sarebbe sempre rimasto un ragazzo triste e derelitto, preda di una moltitudine di rimorsi, ed il tempo avrebbe solo peggiorato questi sentimenti, piuttosto che placarli. I suoi amici avevano capito tutto questo, allora? Lo stavano pressando da vicino apposta, proprio per farlo andare avanti, oltre quel momento di sbandamento? Giancarlo non ne aveva la piena certezza, ma concluse che trovarsi in quella situazione fosse paradossalmente la cura migliore, per lui. La tradizione dice spesso che quando si cade da cavallo bisogna rimontare subito in sella, altrimenti non si trova più il coraggio di farlo. Qui doveva essere lo stesso, e perciò lui fece lo sforzo di ragionare sullo scenario attuale e non su quello del passato, mettendo da parte le sue pene personali.

Lasciando stare tutto il resto, pensava lui, come poteva essere utile? Una volta che avevano scoperto le intenzioni del loro nemico e che avevano deciso le loro contromosse, il club poteva muoversi come un eccellente unità d'attacco, simile ad un vero e proprio reparto militare, e questo lo poteva fare sia con lui che senza di lui. Shion sapeva rimpiazzare in modo efficace sua sorella, quindi era come se non mancasse nessuno nel loro gruppo: ce l'avrebbero fatta, esattamente come avevano fatto quando avevano battuto la Yamainu. La storia della guerra tra loro e Takano era ormai ben nota a Giancarlo, gliel'avevano narrata tempo fa... Il malefico piano di quei cattivi per annichilire Rika e tutto il villaggio con lei, ed il mirabile modo con cui il gruppetto di amici era stato in grado di obbligarli alla resa, aiutati da tutti i loro amici, la polizia, la famiglia Sonozaki, e gli altri...

Il flusso dei pensieri di Giancarlo proseguiva imperterrito. Quella situazione era forse simile a quella del loro racconto? Più o meno. La sopravvivenza di Rika aveva colto Goemon impreparato, una situazione simile a quella di Takano quando le era stato detto invece che la bambina era morta troppo presto rispetto alla sua «tabella di marcia»... Ed ora Keiichi e gli altri stavano per fare una mossa decisiva. Una volta tratta in salvo la loro amica, il loro avversario sarebbe stato costretto a soggiornare in una cella per molto tempo, e Megumi non sarebbe più stata un ostacolo serio, con il marito reo confesso in prigione e senza il suo più prezioso alleato. Forse l'avrebbero incrociata al party ad Ibaraki, quello di cui avevano parlato la sera prima, ma loro erano comunque coscienti di avere un considerevole vantaggio anche in quel caso, in quanto la parola di Goemon sarebbe stata considerata al pari di quella di un vile criminale che aveva ammesso la sua colpa, mentre Rika non aveva fatto nulla di male, in pratica. Senza contare che una bambina suscita sempre simpatia, ed avrebbe avuto il pubblico neutrale dalla sua parte... Sarebbe bastato provare la propria estraneità ai fatti, in modo da convincere le autorità di questa innocenza così palese, e loro sarebbero risultati vittoriosi.

Tutti loro, capitanati da Keiichi, stavano per parare l'ultima disperata offensiva dei loro antagonisti, e non era la loro prima volta, erano dei veterani ormai. La scorsa estate avevano neutralizzato ciascuno dei contrattacchi della Yamainu, ed ora avrebbero fatto lo stesso. Almeno si sperava... Certamente, loro non erano mai sembrati del tutto preparati alle reazioni dei loro nemici, sia durante la loro prima guerra che durante quella attuale, anzi spesso venivano messi alle strette, mentre gli avversari prendevano l'iniziativa. Quei ragazzi erano in grado di ribattere alle mosse altrui, nella maggior parte dei casi, ma in caso di emergenza il club si era trovato più di una volta con le spalle al muro, in quanto non erano capaci di prevedere per tempo le strategie altrui. Ma ora non sarebbe accaduto nulla di inaspettato, non era così?

Giancarlo si grattò la testa, perplesso. Dopo tutto, che genere di stratagemma potrebbero aver pensato Goemon e Megumi? Che razza di controffensiva poteva mai essere scatenata, visto il contesto in cui stavano? Senza la loro guardia del corpo i due zii di Mion erano privati del loro braccio destro ed erano troppo vecchi per fare chissà cosa, da soli. Come se non bastasse, quella donna non pareva un fulmine di guerra in quanto ad acume e scaltrezza, e che cosa avrebbe potuto ideare senza il marito, rinchiuso in un'umida cella ed isolato ermeticamente dal mondo esterno? Certo, Goemon aveva cercato di separare Rika dal villaggio, in modo da provare a scatenare tutta la furia distruttrice della Sindrome, però la bambina aveva amici a bizzeffe e questa sarebbe stata la sua salvezza. Quell'uomo pareva aver commesso un errore da principiante, come poteva pretendere che il suo piano avesse successo, mentre doveva rimanere per forza fuori dai giochi?

Era anche vero che Goemon poteva aver previsto le mosse dei ragazzi. La decisione di Keiichi di andare a parlare con il questore capo di Ibaraki non giungeva inaspettata, considerando tutte le alternative era anzi l'unica scelta possibile, non potevano proprio fare altrimenti. Andare a quella festa, e parlare con quell'autorità per implorarla di lasciare andare Rika... I loro nemici potevano avere immaginato questa scena, e Goemon era indubbiamente una mente sveglia. Quindi poteva aver preparato tutto prima di costituirsi, in maniera da mettere loro i bastoni tra le ruote senza nemmeno incontrarli di persona?

No, sarebbe stato troppo complicato, Giancarlo poteva accorgersene... Per tenere Rika lontana dal villaggio aveva confessato un crimine minore, accettando anche di essere arrestato. Ma appunto grazie a questa decisione... cercare di intralciarli ulteriormente era praticamente impossibile, era sorvegliato a vista dalle guardie. Non aveva senso come strategia, punto e basta. Quella di Goemon pareva una mossa disperata, l'ultima risorsa, ma così si era scavato la fossa con le proprie mani. Per il club sarebbe stato sufficiente non perdere il controllo, dimostrando di avere imparato la lezione di quello che era avvenuto durante la marcia di protesta presso la prefettura di Okinomiya. Già, quel giorno... Dopo quelle esplosioni ed il discorso di Nabiha, Giancarlo aveva mostrato il proprio lato peggiore, e si stava ancora rammaricando di quello che aveva commesso quella mattina...

Esplosioni?

La testa del giovane rievocò i fatti di quel giorno, riportandoli nella sua mente. C'erano state esplosioni, in effetti, ce n'erano state ben tre. E Rena aveva corso il pericolo di essere travolta dalla terza, era stato Keiichi a salvarle la vita quella volta. In un certo senso quello era stato l'inizio delle incomprensioni tra lui e Mion, poiché quest'ultima aveva finalmente capito di essere solo un'amica per lui, niente di più di quello che era appunto Rena. Per quella ragazza era stato un brutto colpo.

Però quegli ordigni non erano stati gli unici di quel periodo. Prima della protesta ad Okinomiya c'erano state molte frane generate da polveri speciali ed esplosivi sofisticati. Flavia aveva illustrato loro tutti i dettagli della tecnica e del metodo adoperati. Poteva essere stato Nabiha, il padre di Daijiro, il solo autore di questi atti di vandalismo? Forse sì, aveva un motivo per odiare i Sonozaki, al pari di Goemon e Megumi, così poteva avere innescato tutte le bombe, quelle che avevano causato gli smottamenti e quelli che avevano danneggiato il palazzo di prefettura. Lui lo aveva ammesso, dopo essere stato incarcerato? Giancarlo non se lo ricordava, quell'uomo era sempre stato criptico e misterioso sui particolari del suo complotto; e poi tutte le avversità dei quei mesi li avevano spinti a dimenticarsi di lui e ad occuparsi di altro, forse sbagliando. Quel colpevole aveva fatto qualcosa di incredibilmente sbagliato, aveva addirittura ucciso una persona completamente estranea ai fatti per conseguire il suo scopo, ma era pur sempre il genitore di uno dei loro compagni di sventure... ed invece Daijiro era stato l'unico a mostrare un po' di premure nei suoi confronti, facendogli visita ogni tanto. Se fossero stati tutti più cortesi nei suoi confronti, magari l'uomo avrebbe rivelato loro qualche indizio di inestimabile valore, per quanto potesse apparire un individuo orgoglioso e restio a fare questo genere di gentilezze...

Ma la verità era che loro si erano scordati di lui, così si erano preclusi questa possibilità. I membri del club, qualche volta, commettevano ancora l'errore di trascurare chi si trovava fuori dal loro gruppo, specialmente se si confrontava questo atteggiamento con quello assunto nei confronti dei loro cari e dei loro amici più intimi. Era sufficiente richiamare la recentissima morte di Takano, per giungere a questa tesi. In questo aspetto dovevano ancora migliorare.

La conseguenza di tutto ciò era che loro dovevano scoprire la verità senza alcun aiuto esterno. La domanda centrale era infatti questa: sapevano tutti che Nabiha non aveva fatto tutto da solo, era noto che qualcuno l'aveva contattato, qualcuno che faceva riferimento alla famigerata JOST. Tuttavia, poteva Nabiha avere la competenza minima necessaria per assemblare in perfetta solitudine una bomba così complessa, seppure artigianale? Magari ce l'aveva, l'uomo era sempre stato geloso della sua privacy e neppure Daijiro poteva dire quali fossero gli hobby del padre, visto che spesso lui usciva di casa per rientrare solo dopo diverse ore. Neanche la polizia era riuscita a stabilire se avesse creato lui quelle bombe, ma in fondo avevano già una confessione e non avevano più approfondito... ma con tale ragionamento, questa minuzia diveniva fondamentale. Forse il suo amico Daijiro avrebbe dovuto essere più invasivo e ficcanaso, in questo, ma si sapeva che quel ragazzo non era un tipo loquace neanche con i propri familiari e che non parlava con nessuno se non necessario. Non era un caso che quando si fermavano a discutere lui era quello che apriva meno la bocca.

Anche se in realtà c'era un'altra questione da sottoporre agli altri... Si parlava di bombe... E la morte di quella donna, Nomura... Non era avvenuta a Tokyo, mentre Nabiha era già in prigione? Quell'incidente era collegato alla loro vicenda, Goemon l'aveva detto a Rika, e c'era stata una deflagrazione anche in quell'occasione. Quindi, se i due eventi erano legati a filo doppio, anche l'autore doveva essere il medesimo, e quindi non poteva essere Nabiha. Doveva essere ancora a piede libero... E doveva essere il responsabile di tutti gli ordigni, quelli che avevano originato gli smottamenti, quelli che avevano seminato il panico alla prefettura... Il padre di Daijiro non ne aveva mai prodotta una, probabilmente.

In parole povere, c'era un altro protagonista in questa guerra. Ma chi era questo sconosciuto mister X, quest'ombra che si aggirava? Megumi poteva essere esclusa a priori, troppo anziana per maneggiare esplosivi e per andare a Tokyo ad eliminare Nomura senza lasciare tracce. Se fosse stata la guardia del corpo, probabilmente lo avrebbe confessato dopo essere stato battuto da Satoko e Satoshi, e quindi ora le bombe non sarebbero più una minaccia; inoltre, dopo aver lottato contro di lui i due Houjou lo avevano descritto come un uomo colmo di dignità e senso dell'onore... Giancarlo non lo aveva mai incontrato, ma da quel ritratto lui pensava che una persona di quella pasta non ucciderebbe mai i propri nemici con degli ordigni vigliacchi. Poteva essere direttamente Goemon, allora? Loro non sapevano molto delle sue reali doti e delle sue passioni, però si poteva escludere anche questa alternativa: la guardia del corpo aveva ascoltato di soppiatto il suo padrone mentre egli ricordava la morte di Nomura, ed a lui non era sembrato che ne parlasse come se fosse una sua opera personale. Quel tipo di individui si sarebbe pavoneggiato delle proprie imprese, se ne sarebbe vantato, anche se non c'era nessuno intorno a sé... A Giancarlo, Goemon dava l'impressione di essere un pallone gonfiato, ed il suo servo avrebbe istantaneamente mangiato la foglia ed avrebbe intuito tutto, se il padrone fosse stato realmente il colpevole.

Tirando le somme, la conclusione più semplice era che ci fosse un'altra persona coinvolta, una persona che loro non avevano mai visto... Il che era logico, i nemici che stavano fronteggiando erano pur sempre rappresentanti di una famiglia benestante, ed il denaro per ingaggiare mercenari e specialisti non mancava. In aggiunta a ciò, Goemon aveva detto a Rika di voler intenzione di inoculate il nuovo parassita nel sistema circolatorio di un certo numero di persone, al fine di generare il caos e dare alla Sindrome il potere di fare piazza pulita nel villaggio... Ma per fare questo aveva bisogno di un assistente, lui era detenuto in prigione al momento... a meno che non volesse uscire dal carcere, in un modo o nell'altro, ma anche per evadere avrebbe avuto bisogno di un complice, alla sua età il suo fisico non gli permetteva sforzi molto alti o prolungati. E comunque dal suo atteggiamento non pareva che lui volesse fuggire... era molto più plausibile che questa specie di terrorista maniaco delle bombe avesse ricevuto istruzioni per uccidere Rika in un primo tempo e poi prendersi cura del resto di Hinamizawa. Goemon non l'aveva affermato espressamente, ma di sicuro non voleva nessun superstite, ed invece la bambina dai capelli blu non sarebbe mai morta per colpa della Sindrome, lei era immune: quella canaglia doveva pensare ad un diverso stratagemma per togliere di mezzo anche lei e completare la sua vendetta.

Ma come avevano in programma di sopprimerla? Una bomba nelle fondamenta della sua casa di Hinamizawa? No, quell'individuo era sicuramente uno straniero, e molti contadini del villaggio avrebbero notato il suo comportamento sospetto. Non poteva agire comodamente lì, in pieno territorio nemico... Dopo tutto, a loro tempo pure Tomitake, Okonogi e la Yamainu avevano messo in piedi una copertura, un'attività ed un mestiere il cui scopo era mascherare le loro reali missioni, in maniera che quella gente di campagna si abituasse alla loro presenza: per esempio, Tomitake aveva dichiarato di essere un fotografo, mentre Okonogi aveva aperto un negozio di fiori ad Okinomiya. Era lo stesso principio, questo nuovo servo non poteva entrare ad Hinamizawa e pensare di passare inosservato, specialmente in quella fredda stagione dove i turisti che si avventuravano da quelle parti si contavano sulle dita di una mano senza dita.

Vi era poi un altro aspetto: non si poteva tralasciare il fatto che Goemon e la sua marmaglia non disponevano di molto tempo per eliminare Rika. Quell'individuo doveva occuparsi di tutto prima del raduno finale del clan Sonozaki, come aveva giustamente fatto notare Keiichi nel colloquio che aveva avuto via telefono con gli altri. Un'osservazione pertinente e correttissima. E quindi, siccome il loro bersaglio si trovava ad Ibaraki proprio grazie a loro, allora era lì che stavano macchinando qualcosa, in quella metropoli, e non per forza con l'ausilio di un altro ordigno.

Ma dove potevano mai colpire? Volevano forse fare irruzione alla stazione di polizia con delle armi, come se fossero un commando? Era impossibile, sarebbe stato un suicidio per loro. Inoltre, i suoi amici sarebbero rimasti con lei dovunque l'avrebbero mandata, ed allo stesso tempo Rika non avrebbe mai lasciato i suoi compagni. La probabilità di riuscita di una soluzione del genere era ridicola. Il club sarebbe sempre rimasto unito, sempre, comunque e dovunque.

Sempre e comunque...

E dovunque...

Dovunque...

Dovunque...

Giancarlo strabuzzò gli occhi, come se si fosse risvegliato di colpo. Squadrò quelli che aveva accanto, scioccato da un'idea che stava prendendo piede nella sua testa. Stava pensando ad una possibilità che non aveva ancora preso in considerazione. Forse il mio è solo l'ennesimo errore da imbecilli... Ma... Che abbiano pensato a quella cosa...?

~-~-~-~-~

“Mi manca Akasaka...”

“Hau?”

Era di nuovo mattina, ed il camioncino noleggiato da Kasai si stava lentamente dirigendo verso la centrale di polizia, attraverso il traffico sovraffollato della città. Quel tragitto breve ma contemporaneamente lungo era abbastanza snervante, a causa della velocità così bassa permessa dalle auto che li precedevano, ma ci si poteva consolare con il fatto che il mezzo scelto per il loro trasporto era provvisto di quattro file di sedili: almeno i passeggeri potevano stare comodi.

Una magra consolazione, tale e quale al Sole che aveva effettivamente fatto capolino dopo la notte piovosa, ma che non aveva dato a nessuno la verve necessaria per mettersi a chiacchierare: le parole pronunciate da Rika erano state le prime dette sul furgone, da quando loro avevano lasciato l'albergo. Seduta in terza fila, al fianco di Hanyuu, la fanciulla aveva espresso quell'esclamazione, sintomo di quello che le passava per la mente, e dopo che le fu chiesto cosa intendesse dire, lei si girò verso la propria antenata, ribadendo seccata: “Mi manca, ho detto. Vorrei averlo accanto a me, in questo momento.”

Satoko conosceva molto bene il forte legame tra la sua piccola amica e quel poliziotto così speciale, ma non poteva dire nulla per incoraggiarla, per la semplice ragione che lei non si trovava con loro. Difatti, non appena la seconda parte del gruppo fu arrivata ed Ibaraki per ricongiungersi al resto della comitiva, dopo un breve dialogo era stata chiamata da Giancarlo affinché loro due andassero a fare una capatina in un certo posto. Lui era stato stranamente enigmatico, ma non pareva in vena di scherzare ed aveva esibito una certa insistenza, vincendo l'iniziale titubanza del resto del club. La bambina aveva dunque obbedito alla richiesta e gli altri erano stati persuasi ad accettare quella momentanea separazione: la coppia aveva lasciato il gruppo, il quale si stava genuinamente chiedendo che razza di tarli ci fossero nella testa di quel ragazzo... E sebbene li avessero lasciati andare, loro erano un po' ansiosi circa lo stato umorale di Giancarlo: temevano che quella decisione tanto strampalata fosse dovuta ad una perdita di lucidità indotta dal suo smarrimento nei giorni precedenti, e questo contribuiva ad irritare Rika.

Fatto sta che Satoko non fosse lì con loro, e dunque toccava a qualcun altro prendere la parola per calmarla. Keiichi, che era seduto a destra della fanciullina, si volse verso di lei, udendo le sue ripetute esternazioni, e quindi disse: “Posso immaginarlo, Rika-chan. Ma in questa circostanza lui non può aiutarci. Sai, quest'oggi non intraprenderemo nessuna lotta a livello fisico. Se l'avessimo fatto allora il suo sostegno si sarebbe rivelato indispensabile, come anche quello di Tomitake-san. Ma stasera avremo solo una discussione civile con un elemento di spicco delle autorità locali, a meno che non riusciamo a far rinsavire prima gli altri poliziotti: sarà una guerra di parole ed argomentazioni, non di mera forza bruta, ed Akasaka-san non potrebbe spalleggiarci a dovere, non potrebbe darci una grande mano.”

“Però io vorrei comunque averlo qui con noi. La sua presenza mi rassicurerebbe.”

“Non può venire, in ogni caso. Lo sai che si è dovuto ritrasferire a Tokyo dopo quest'estate. Il suo lavoro comporta una grande responsabilità, ha dei doveri verso il suo Paese e non può venire ad Hinamizawa ogni volta che desidera, oppure ogni volta che tu lo convochi. Chiamarlo adesso lo preoccuperebbe soltanto, ha comunque una famiglia a cui pensare, oggi come oggi, e da là non c'è nulla che può fare per noi.”

Rika se ne dispiacque, ma disse di comprendere. Akasaka era distante chilometri e chilometri da lei, non l'aveva più visto dalla fine dello scorso Watanagashi. Chiaramente di tanto in tanto si telefonavano, per sapere come stavano, e quindi la bambina si era abituata col tempo ad aggiornarlo periodicamente sulle loro avventure, ma Akasaka non poteva intervenire in difesa di Rika, era troppo lontano, e poteva solo cercare di darle supporto morale dall'altro capo della cornetta. Lui non poteva lasciare il suo lavoro e precipitarsi da lei, era comunque un agente di speciale di polizia e pure i suoi colleghi avevano bisogno di lui, per colpa di un caso importante che stavano esaminando nella capitale. Abbandonarli sarebbe sembrato un segno di egoismo. Senza scordarsi del fatto che l'uomo non poteva viaggiare per il Paese a suo piacimento, dovendo badare anche al bambino che sua moglie aveva appena avuto da lui: la sua famiglia aveva delle necessità a cui Akasaka non poteva venire meno.

Quanto a Tomitake, il giorno prima lo avevano informato per telefono della morte della sua amata Takano. Fino a quella chiamata lui risiedeva ancora a Tokyo, separato dalla sua donna ed all'oscuro di tutto. Quando gli parlarono dell'accaduto, non poterono vederlo in faccia dal ricevitore, ma non era difficile intuire come lui non l'avesse presa affatto bene. Chissà se aveva pianto, a causa di quelle notizie infauste... Loro non potevano saperlo: quello era sempre stato un uomo forte, ma loro non avevano mai assistito ad una sua reazione ad un evento tanto traumatico. Ma la beffa più crudele era il fatto che lui avesse scelto di stare lontano da Takano appunto perché voleva difenderla: vivere nella capitale gli aveva permesso di studiare meglio e monitorare i movimenti dell'organizzazione Tokyo, però in quella posizione non aveva potuto fare nulla per salvarla. Sfortunatamente, il gruppo di ragazzi aveva dovuto fare le valigie per Ibaraki prima che Tomitake arrivasse ad Hinamizawa, e così non avevano potuto provare a dargli nemmeno una parola di conforto. Era toccato ad Irie farlo... Non sarebbe stato piacevole, ma il medico era il più indicato per quel compito, conosceva Takano e Tomitake da moltissimi anni.

Keiichi sperava che il dottore potesse aiutare Tomitake a superare quella perdita, ma ora i ragazzi dovevano lasciare fare a lui, dovendo focalizzarsi obbligatoriamente su qualcos'altro. Il furgone su cui si muovevano oltrepassò una serie di semafori, ed il silenzio che vi era a bordo aveva un qualcosa di ipnotico: solo i rari colpi di clacson delle auto imbottigliate insieme a loro interrompevano quella specie di catalessi. Quest'atmosfera sarebbe durata per tutto il loro viaggio?

No, non l'avrebbe fatto. “Almeno Rika-chan è ancora in vita, abbiamo ancora una chance di togliere dai guai il nostro villaggio.” disse improvvisamente Shion, seduta di fianco a Shion sulla fila davanti a quella di Rika. La ragazza voleva dissipare l'aura di disagio che tutti stavano respirando, così aveva pronunciato le prime parole che le erano venute in mente. E poi aggiunse: “Non possiamo battere la fiacca perché abbiamo una fifa blu del passato, sarebbe irresponsabile nei confronti dei nostri amici e del nostro villaggio.”

“Shii-chan ha ragione” continuò Rena, seduta accanto al sedile del guidatore, la quale voleva stare al suo gioco e dare seguito al tentativo di Shion “Noi dobbiamo essere forti, non ci potremo concedere nessuna debolezza quando saremo al cospetto dei poliziotti.” Daijiro, dietro di lei, annuì con convinzione e Keiichi li assecondò.

“Ok, è così che appariremo agli occhi di quei bifolchi. Fare baccano non sarà probabilmente sufficiente quest'oggi, ma se facciamo il diavolo a quattro alla centrale metteremo in risalto la nostra causa ed il questore sarà informato sul nostro conto anche prima che noi lo incontriamo. L'unico peccato è il fatto di non poter usare la nomea del clan Sonozaki per intimidirli, in questa parte del mondo quel cognome vale come qualsiasi altro.”

“Hai ragione. E' per questo che, per esempio, non ho la coda di cavallo oggi. Mi sono acconciata come la solita Shion, e sarà con questo nome che mi conosceranno alla stazione di polizia. Affermare di essere la capa di una potente famiglia proveniente da un angolo sperduto del Giappone suonerebbe esotico a loro, e forse li affascinerebbe anche un tantinello, ma a parte quello non sarebbe di alcuna utilità.”

“Eh eh. Vedi, stavo riflettendo su una cosa... Secondo la mia opinione sarebbe stato un bel vantaggio se Rika-chan fosse rimasta nascosta in casa sua l'altro giorno, quando io e Satoko eravamo andati a cercarla. Avremmo fatto credere loro che era morta, e quelli non l'avrebbero mai «rapita» in quanto avrebbero pensato che non c'era nessuno da rapire.”

“Lo pensi davvero, Satoshi-kun?” Rika ci rimuginò sopra, e poi criticò: “Ma per farlo avrei dovuto barricarmi in casa. Invece, l'altro ieri io ero istintivamente uscita per andare alla Clinica, non potevo far credere tutti di essere morta visto che mi avevano notato dozzine di testimoni, era troppo tardi per inscenare tutto... Senza contare che voi volevate buttar giù la porta, io dovevo venire fuori, e se qualcuno della combriccola di Goemon mi spiava da lontano allora mi aveva comunque già visto viva...”

“Lo capisco, Rika-chan. Tu eri preoccupata, e tu dovevi chiedere ad Irie-sensei cose che dovevi assolutamente sapere. Nessuno ti farà la predica per questo. Comunque, io penso che se fossimo stati in grado di depistarli, allora...”

“No, Satoshi-kun, a Rena spiace dirtelo ma lei non la pensa come te.” lo riprese gentilmente la ragazza sulla sedia a rotella “Se loro hanno davvero uno spirito sovrannaturale dalla loro parte, Goemon-san e Megumi-san avrebbero scoperto la verità nel giro di pochi minuti, i nostri sforzi per nascondergliela sarebbero stati assolutamente vani. Ed anche se ci fossimo riusciti per un miracolo... beh, le conseguenze sarebbero state le peggiori possibili. In accordo a quanto sappiamo noi, il piano di Goemon-san è di spargere i parassiti nuovi su larga scala e decimare tutta la popolazione di Hinamizawa, ma attualmente è costretto ad aspettare che Rika-chan sia morta da trentasei ore, o che rimanga lontana dal villaggio per un analogo lasso di tempo. Immaginate cosa sarebbe successo se avesse pensato che la nostra amica fosse deceduta, avrebbe ritenuto di avere il via libera ed avrebbe inoculato la Sindrome potenziata a tante persone, causando una strage... Al contrario, finché lui sa che Rika-chan sta bene, lui è obbligato a rinviare il suo pazzo proposito, deve tenere il freno a mano tirato ed aspettare che venga il momento propizio, per lui. Insomma, non è come quando abbiamo sconfitto la Yamainu, anzi qui è l'opposto... Quella volta avevamo fatto capire che lei era morta, stavolta invece dobbiamo farle vedere che è ancora viva e vegeta, e che non ha alcuna intenzione di morire.”

“Mi sembra giusto... Mi dispiace di aver...”

“Ti scongiuro in ginocchio non ti scusare per così poco!” lo supplicò Keiichi, mentre il furgone svoltava a destra “Tutte le opinioni e le idee sono benvenute, ne abbiamo uno sconfinato bisogno ora. Piuttosto, c'è qualcos'altro che mi assilla... Questa Ouka... E' uno spirito, giusto? Quindi è qualcosa di comparabile ad una Dea, ad un essere superiore, vero?”

“Ti stai domandando se è onnipotente?” chiese Rika, disincantata “No, non lo è. Avere un Dio inutile al tuo fianco non è garanzia di vittoria, lo so molto bene.” Stava fissando di sbieco Hanyuu, mentre affermava questo. “Il potere di Ouka ha dei limiti ben definiti, non è un'entità imbattibile.”

“Limiti, dici? Che sarebbero?”

“Principalmente, non può spiare nessuno di noi senza farsi notare da Hanyuu o dalla sottoscritta. È una nostra parente ed i vincoli di sangue tra noi e lei ci possono suggerire la sua posizione, nel caso stia entro un certo limite di distanza da noi.”

“Quindi se sta lontana Ouka non può sorvegliarci e se è vicina voi la localizzate all'istante, ci ho preso?”

“Assolutamente. Secondariamente, se non ha un alleato in carne ed ossa lei non può fare nulla di concreto. Può terrorizzare altri esseri umani nei modi più disparati, ma non può, per esempio, aprire materialmente una porta, afferrare un utensile, guidare una macchina... E soprattutto lei non può uccidere nessuno, da sola. Ha bisogno sempre di un aiuto esterno per fare ognuna di queste cose, e questo spiega perché si sia rivolta a Goemon-san, per esaudire i propri desideri.”

“Ma prima non avevi parlato di quella sfera di energia nel tuo cuore? Era stata Ouka a piazzartelo, voleva spazzarti via con quella, e lei lo aveva messo da sola, di sicuro non l'hai aiutata tu. Non doveva ucciderti quel sortilegio?”

“Al tempo, non facciamo confusione. Se Ouka avesse avuto davvero il potere di ammazzarmi, lo avrebbe fatto subito, trafiggendomi con una spada od una stregoneria di quelle mortali, e non con un metodo così dannatamente complicato, non pensate anche voi? Invece, lei aveva fatto ricorso ad una sfera di energia e non per caso. Vedete, quella roba poteva essere attivata solo se uno di voi si fosse sacrificato, quindi si parla di un'azione effettuata da qualcun altro, e non direttamente da lei. Un gesto simbolo della volontà autonoma di chi la esegue, indipendente dalla magia e da chi l'aveva evocata. Quindi io sarei morta perché qualcuno avrebbe deciso di togliersi la vita... ed Ouka mi avrebbe ucciso solo «indirettamente», per interposta persona, capite?”

“Più o meno... Però insieme a Goemon-san e Megumi-san è stata lei a creare tutto quel pandemonio, e se qualcuno di noi avesse commesso suicidio sarebbe stato per colpa loro, non nostra... In questo senso, non sarebbe stata una nostra decisione, non sarebbe stato nulla di realmente indipendente...”

“Fa lo stesso. Potete mettere un pezzo di formaggio su di una trappola per topi, in modo da stimolare il roditore ad andare lì, ma alla fine se vi riesce di catturarlo è solo perché quella povera bestiola decide davvero di andare sopra la trappola, non siete voi a spingerla là a calci. È la volontà di quel ratto che permette il passo decisivo di questo processo, e qui è la stessa cosa. Ouka non vi stava costringendo a sacrificarvi, volendo potevate rifiutarvi, lei vi dava solo un motivo per farlo. Un motivo estremamente buono, lo ammetto, ma solo quello. Lei non vi aveva dato un ordine categorico.”

“Non sono sicuro di aver capito bene... Ma penso di essermi fatto un'idea del concetto di base, e cioè che Ouka-chan è uno spettro che può spaventarci, ma che può fare poco altro oltre a quello. Prima di parlare con te avevo paura di non avere nessuna possibilità di spuntarla contro di lei... Ma ricapitolando a me sembra uno spirito alquanto inutile, oserei dire.”

“Oh, beh, non è una verità così sorprendente, per me. Sono deliziosamente abituata agli dei inutili. Nippa~!” Rika si mise a ridere, mentre Hanyuu cominciò a strillare, lamentandosi dell'impudenza della sua discendente. Keiichi, invece, era quasi un po' a disagio, non avrebbe mai pensato che la sacerdotessa del Tempio di Oyashiro-sama potesse pronunciare certe frasi sulle divinità. Comunque, il ragazzo andò avanti rapidamente: “C'è altro da aggiungere?”

“Non tanto. Potresti trovare interessante il fatto che la sua prerogativa principale è leggere nelle menti e nei cuori delle persone, incluse le vostre. Potrebbe non essere un elemento vitale, ma tenetelo bene a mente, se e quando ci sarà il faccia a faccia con i nostri nemici. Ah, ovviamente non possiamo parlare di lei con nessun'altra persona, passeremmo per dei mentecatti.”

“Va beh, questo mi pareva sottinteso, non ci crederebbe nessuno.”

“Bene. Ed infine...”

“Infine?”

“Di questa cosa non sono neanche del tutto convinta. L'ultima occasione in cui ho visto Ouka era giusto ieri, al quartier generale della polizia, mentre era con Goemon-san. Ed in quel momento era come delusa, demoralizzata. Voleva fare da spettatrice all'incontro che si sarebbe tenuto tra me e lui, però c'era una punta di disappunto nei suoi occhi. Forse era solo una suggestione, ma il mio intuito mi dice che non sarà lei il nostro peggior nemico, quest'oggi. Dovremo concentrarci di più sui suoi alleati.”

“Pensi che voglia solo godersi lo spettacolo dall'esterno?” commentò Hanyuu.

“Esattamente. Questo è quello che volevo dire. Sembra quasi che voglia lasciare fare tutto a Goemon-san...”

Hanyuu allora sorrise, e quindi guardò fuori dal finestrino. Vicino a loro, c'era un edificio mastodontico, ed il camioncino si era arrestato definitivamente.

“Siamo arrivati a destinazione?” chiese la bambina.

“Esatto.” rispose Kasai, mentre slacciava la cintura a Rena la quale infatti non arrivava al pulsante da premere, non potendo muovere il bacino.

“Dunque, fuori di qui, non abbiamo un secondo da scialacquare.” suggerì Akane. I ragazzi si voltarono tutti in direzione della quarta fila di sedili, da cui aveva parlato la donna, ed ognuno di loro fece un cenno col capo, compreso Kimiyoshi che era seduto accanto alla signora. Poi, lasciarono Kasai, che doveva trovare un posto per parcheggiare il loro veicolo, ed una volta fatto ciò raggiunsero la porta d'ingresso della centrale.

“Ed allora che stiamo per fare, che stiamo per fare?” esclamò Rena.

“Il nostro primo passo è sostanzialmente obbligato, gli ufficiali stanno sicuramente aspettando Rika-chan, da qualche parte in questo palazzo. Però andremo tutti insieme là dove deve andare, e così potremo scambiare due simpatiche parole con i signorotti che hanno ricevuto l'ordine di darci il benvenuto. Ci sarà da divertirsi, vedrete.”

 

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Capitolo 56
*** Muro di gomma ***



Capitolo 55: Muro di gomma



Ibaraki, 2 Marzo 1984

 

ore nove del mattino

Al secondo piano dei quartieri generali delle forze dell'ordine di Ibaraki, c'era un ufficiale che era in attesa di Rika. L'uomo avrebbe dovuto darle il benvenuto e cominciare a gestire i primi analisi che erano in programma, a partire da quello sanguigno, dalla rilevazione delle impronte, e così via. Tuttavia non si aspettavano davvero di ricevere una visita da parte di un gruppo così vasto: l'addetto credeva che avrebbe incontrato solo una piccola bambina spaurita, accompagnata al massimo dal suo patrigno, invece si era trovato davanti una fiumana umana composta da due adulti e sette ragazzi. Ed allora, la prima cosa che l'ufficiale fu in grado di proferire fu un elementare: “Chi... Chi sareste voi? Chi vi ha dato l'autorizzazione ad entrare?”

“Siamo i compari della signorina che avete convocato qui oggi.” rispose Akane, brevemente “Abbiamo bisogno di parlare con il supervisore di tutta l'indagine.”

“Mi dispiace, ma il questore non sarà di ritorno ad Ibaraki prima di questa sera. Sarà disponibile alla centrale solo a partire da domani.”

“Questo lo sappiamo già, chiedo venia per non essermi espressa correttamente. Intendevo dire che io sono certa che lui abbia accortamente incaricato qualcuno affinché prendesse temporaneamente le sue veci mentre lui non era qui. Ci deve essere un delegato, un vice, da qualche parte in questa stazione di polizia.”

“Effettivamente ci sarebbe... Posso contattarlo, ma in base a quale richiesta? È una persona sempre molto occupata ed indaffarata, come potete indovinare.”

“C'è stato un errore increscioso, temiamo. Furude Rika-chan è totalmente estranea ai fatti di cui state investigando, e non c'è bisogno di obbligarla a rimanere in questa città.”

“Ma... Io posso comprendere la vostra apprensione, tuttavia nessuno la sta accusando di nulla, noi dobbiamo fare solo delle verifiche. Lei resterà qua solo per un paio di giorni, giusto per farle qualche altra domanda ed attendere il risultato delle analisi. Vedete, gli esiti degli esami spettroscopici richiedono alcune ore, ma avremo tutto entro domani, e con dei raffronti veloci ed indolori saremo in grado di farci le idee più chiare...”

“Avrete tutto domani? Così non riuscirete a fare tutto questa sera, se mettiamo le cose in chiaro. Che sorpresona, non me lo sarei mai aspettato.”

“E'... Ma per quale motivo avete tanta fretta di tornare nel nostro villaggio? Non capisco.”

“Questa è una faccenda molto delicata.” Keiichi troncò bruscamente il discorso “Ora, dove possiamo trovare il vice di cui state parlando? Devo mettergli in zucca che sta commettendo una castroneria di dimensioni bibliche.”

“Sentite un po', datevi una regolata, noi qui stiamo facendo il nostro lavoro, non potete mettervi ad insultarci adesso.”

Ci mancava solo il poliziotto nevrotico, pensò Rika.

“Ci dispiace, il nostro amico è stato un po' troppo istintivo” si scusò Rena “Ma aveva le migliori intenzioni di questo mondo. Per favore, noi dobbiamo realmente spiegare la situazione a qualcuno che possa intervenire per noi, oppure sarà una tragedia!”

“Non vedo come possa venire fuori una tragedia, da questo controllo di routine. È una cosa così insignificante...”

“Quindi non possiamo neanche farci uno scambio di opinioni con l'attuale responsabile?”

“No, no, potete farlo, è vostro diritto... Ma non potete entrare in un ufficio ed interpellare un agente od un rappresentante delle forze dell'ordine senza avere prima ricevuto una qualche forma di autorizzazione formale. Soprattutto nel caso di un ufficiale di rango elevato, ogni giorno ci sono decine di persone che vogliono parlare con i capi della polizia di Ibaraki, e se tutti facessero di testa propria sarebbe il disordine assoluto...”

“E va bene... Dove possiamo ottenere questa autorizzazione?”

“Dovete scendere e tornare alla sala dove si trova la reception, la segreteria intendo. È nei pressi dell'ingresso principale, non potete sbagliarvi... Lì descrivete il vostro problema agli addetti, sono certo che vi daranno un'assistenza adeguata.”

“Se proprio dobbiamo...” commentò Keiichi “OK, andiamo tutti giù... No, anzi, è meglio dividersi in due gruppi. Io, Kimiyoshi ed Akane andremo al piano terra, per ottenere questo benedetto appuntamento. Gli altri rimarranno con Rika-chan, non si separeranno da lei nemmeno se casca il palazzo per un terremoto, in maniera da controllare quello che sta succedendo quassù ed eventualmente per dare una mano per velocizzare questa noiosa tiritera. Se sarà il caso manderemo qua qualcuno per dirvi di venire giù da noi, ma per il momento noi tre bastiamo ed avanziamo, per andare in segreteria e fare il giusto casino. Per adesso direi che è questa la cosa giusta da fare.”

Il ragazzo uscì allora dalla stanza ben scortato dai due adulti del gruppi, lasciando l'ufficiale di polizia lievemente irritato per essere stato considerato come una mezza calzetta da quel moccioso arrogante. Keiichi spinse il bottone per richiamare l'ascensore, il quale arrivò puntualmente senza farli attendere. “Bene, un colpo di fortuna!” esclamò “Avevo paura di trovare chissà che ressa qua dentro, però sembra che non dovremo aspettare... Sia lodato Oyashiro-sama!”

Ed infatti, in meno di trenta secondi furono di nuovo al piano terra... Ma la loro buona sorte si esaurì in fretta, giacché la folla che pensava di trovare all'ascensore si era invece concentrata tutta alla portineria della stazione di polizia. La lunghissima serpentina di individui che li precedevano si stagliava di fronte ai loro occhi, e tale spettacolo fece loro intendere che più di buona stella ora potevano parlare di iella nera.

“Oh mamma... Mi rendo conto che siamo in una città bella grossa, ma qui si sta esagerando!” Tutta quella fiumana umana si era precipitata alla segreteria della centrale, proprio quel giorno. Quanti erano? Dodici, quindici, venti... Ci volle un po' di tempo anche solo per contarli. Quelli erano venuti tutti insieme quella mattina, certamente per i motivi più disparati, e sicuramente la ragione che li aveva portati ad andare dalla polizia era più che legittima... Ma rappresentavano un notevole fastidio non messo in preventivo. Ed inoltre Keiichi notò che tutta quella fila di individui che si snodava lungo il corridoio era servita da una sola singola donna, una giovane segretaria tanto gentile e cortese nei modi quanto lenta nei movimenti, così che la coda non sembrava proprio procedere. Contemplando l'esasperante calma della signorina, il ragazzo credeva di ammirare un essere più simile ad un bradipo femmina che ad un umana.

Keiichi trascorse i successivi venti minuti picchiettando nervosamente sul pavimento con il piede destro, mentre Akane e Kimiyoshi non poterono fare altro che sedersi sugli sgabelli poggiati lungo le pareti della sala. Tanto ci pensava l'altro a tenere il posto in fila. Ma come mai avevano lasciato quell'inserviente da sola, si chiedeva il ragazzo? Non avevano visto quanta gente ci fosse davanti a quell'ufficio? Magari la folla di quel giorno era un'eccezione, un evento fuori dall'ordinario; magari Keiichi era stato particolarmente scalognato e di solito si recavano là molti meno cittadini di quanti ce ne fossero quella mattina, però si trattava comunque di una negligenza bella e buona. In aggiunta a ciò, c'era anche il fatto che stranamente il resto della folla non si stesse lamentando di quel ritardo, stavano attendendo il loro turno con una compostezza quasi irreale: se avessero mostrato dei segni di nervosismo e di fretta, Keiichi avrebbe potuto cavalcare l'onda per spingere gli addetti ad affrettare i tempi; invece così, sentendosi in minoranza, lui non poteva alzare la voce, sarebbe stato etichettato come uno straniero maleducato, un ragazzaccio di campagna che non rispettava il duro lavoro degli altri. Con quella reputazione, la polizia avrebbe sentito meno volentieri la sua richiesta, e la cosa doveva essere evitata a prescindere. Insomma, oltre al danno pure la beffa.

Come minima consolazione, finché era bloccato lì il ragazzo poteva riflettere. Lui stava facendo tutto questo per i suoi amici, e questo era una verità assodata, ma allo stesso tempo quella consapevolezza lo faceva sentire insolitamente a disagio. Durante il suo soggiorno ad Hinamizawa, sin dal primissimo giorno in cui aveva fissato la propria dimora nel villaggio, lui aveva considerato i suoi compagni di classe «solo» come degli amici, e non come qualcos'altro. Era stato proprio questo a creare una catena di fraintendimenti con alcuni di loro, con Rena all'inizio, con Mion poi. Per lui, trovare dei bravi compagni ad Hinamizawa era stato decisivo, gli avevano consentito di iniziare una nuova vita nel villaggio dopo quello che aveva fatto in passato prima di trasferirsi.

Ma contemporaneamente, quella smania di trovare degli amici lo avevano indotto a reputare tale chiunque gli mostrasse benevolenza. Agli occhi di Keiichi, anche le due ragazze del gruppo erano amiche, non comprendendo i loro veri sentimenti verso di lui: il giovane non aveva mai amato nessuna delle due, in realtà, per lui l'amicizia era molto più importante addirittura dell'amore. Ed ora era troppo tardi per rimediare a quell'inconveniente, tuttavia voleva comunque trovare il modo di mettere una pezza per raddrizzare un po' tutto. Lui era cosciente di aver in qualche misura deluso sia Rena che Mion, non ricambiando i loro sentimenti, e sapeva anche che prima o poi avrebbe dovuto porre in chiaro le cose anche con loro due, dopo che quella storia fosse finalmente giunta a conclusione... Dovrei mettere la testa a posto, uno di questi giorni... Ma per poterlo fare devo prima venire a capo di questo casino. Mi farò forza, sarò inarrestabile, lo farò per tutti noi.

Alla fine, dopo un'attesa spasmodica arrivò il loro turno. Kimiyoshi ed Akane si alzarono e si unirono a Keiichi, mentre la segretaria li salutò con un tono di voce inespressivo, prima di domandar loro meccanicamente la ragione della loro visita.

“Dobbiamo interloquire con il responsabile del fascicolo riguardante il caso Seohara.”

“Oh, quello?” La signorina sfogliò una pila caotica di pezzi di carta ed altri documenti, per poi trovare quello che stava cercando. “Hmmm... Sì, allora a voi interessa parlare con il signor questore capo, allora, però al momento lui sarebbe...”

“... Fuori città, lo sappiamo, lo sappiamo. Infatti noi ora vogliamo scambiare due chiacchiere con il responsabile attuale, quello nominato dal vostro capo per prendere momentaneamente il suo posto, quello incaricato di dirigere tutta la baracca finché non torna.”

“Scusi?”

“Beh, il questore avrà nominato un sostituto temporaneo, no?”

“Ma vi ho detto che il questore non c'è oggi...”

“Ed infatti io devo parlare con il vice, non con lui!”

“Oh, avreste dovuto dirlo subito...”

A Keiichi stavano per saltare i nervi, quella segretaria pareva essere piuttosto lenta di comprendonio per non dire di peggio. Comunque lei disse poi “Vedo subito, aspettate solo un istante...” e quindi si mise alla ricerca di qualcosa. Solo che nel farlo si era messa a scartabellare nuovamente la catasta di fogli che aveva appena esaminato, e ci volle una trentina di secondi prima che capisse di stare controllando il mucchio sbagliato. A quel punto, esaminò il cassetto alla propria destra ed aprì una cartelletta contenente un numero ridotto di direttive e circolari, prendendo successivamente il telefono e facendo cadere due volte il ricevitore mentre maldestramente tentava di incastrarselo tra guancia e spalla. Perdendosi in un'infinità di scuse, la segretaria riprese il controllo della situazione e compose un numero interno, che evidentemente aveva letto nella cartella. Fatto ciò, scambiò poche righe di dialogo con qualcuno all'altro capo della cornetta, ed infine annunciò questo: “Vi sta aspettando. Quarto piano, terza porta a sinistra.”

Keiichi ringraziò a denti stretti, e con Akane e Kimiyoshi si voltarono per tornare all'ascensore. Solo che, nel farlo, sentirono con la coda dell'orecchio la segretaria commentare: “Questi bifolchi di campagna... fanno sempre un casino infernale.”

 

~-~-~-~-~

 

ore undici e trenta

“Come è andata? Come è andata?”

Rena non stava più nella pelle, e stava attendendo fuori dal loculo in cui era stata accompagnata Rika. Shion, Satoshi e la maggior parte del loro gruppo era entrata a sua volta in quella stanzetta, seguendo la bambina e l'ufficiale che l'aveva in custodia, ma la giovane sulla sedia a rotelle aveva preferito rimanere fuori al fine di controllare quando avessero fatto ritorno Keiichi, Akane e Kimiyoshi. Avrebbe mostrato loro dove avevano portato gli altri, sarebbe stato un buon modo per non smarrirsi in quei corridoi dall'aspetto così labirintico.

E difatti, non appena scorse i tre che tornavano indietro, Rena si sbracciò per farsi notare e chiese loro subito dell'esito del loro incontro. Malauguratamente, quella domanda era più che altro una frase fatta, posta quasi più per una questione di buone maniere che per altro: l'espressione accigliata dei loro volti diceva infatti tutto sul quanto poco soddisfacente fosse stato il loro tentativo.

“Abbiamo discusso a lungo con il delegato, ci abbiamo messo più di mezz'ora.” spiegò il compagno di scuola “Per la verità mi aspettavo anche di peggio, lassù, credevo che avrei sbattuto contro uno zotico testardo, invece era una persona anche gentile, se devo essere onesto, meglio della segretaria di sicuro. Ma non è un uomo coraggioso, per usare un eufemismo. Non ci darà mai il permesso di riportare Rika-chan ad Hinamizawa, senza il consenso del suo superiore.”

“Non gli avete suggerito di telefonare al suo capo? Sarebbe stato abbastanza descrivergli la nostra situazione, in modo che potesse comprendere l'assurdità del credere che Rika-chan abbia qualcosa a che fare con questo, e...”

“No, Rena, non è così semplice. Prima di tutto, ci hanno detto che il questore sarebbe stato impegnato per tutta la mattina, ha pur sempre fatto un viaggio di lavoro, mica è in vacanza. Fosse stato libero adesso sarebbe rincasato prima ad Ibaraki, a quanto pare. E poi il caso in cui ci hanno coinvolto è molto delicato per la polizia di questa città, Seohara aveva ucciso tre dei suoi amici e uno di loro era persino suo fratello, perciò non tratteranno mai il caso alla leggera, vorranno essere sicuri di aver analizzato ogni minuzia: è inconcepibile che il questore lasci partire Rika-chan solo dopo una discussione via telefono, vorrà quantomeno parlarle di persona, solo che per farlo dobbiamo aspettare che si faccia sera.”

“E così? Qual è la prossima mossa?”

“Nel frattempo aspettiamo che Rika-chan e gli altri abbiano finito, dovremmo andare a mangiare per essere al massimo. È quasi ora di pranzo e suppongo che l'ufficiale che è con loro vorrà presto fare una pausa. Non ci vorrà molto prima che abbiano terminato, almeno per stamattina.”

“E dopo aver messo qualcosa sotto i denti?”

“Dopo, quando il signore sarà tornato al lavoro, noi continueremo a stare qui. La nostra presenza continua ed asfissiante gli metterà per bene in testa che noi non stiamo scherzando, e che siamo seriamente in pena per il destino della nostra amica. In un secondo momento, se non ci riuscirà di farli rinsavire, allora non ci rimarrà che metterci in ghingheri per il parti di stasera. La preparazione del tutto richiederà del tempo e dobbiamo assicurarci che il marito di Akane-san sia realmente stato in grado di procurarci degli inviti.”

“Mi sembra di capire che tu ti fidi ciecamente di noi.” commentò Akane, ironica.

“Non possiamo rischiare. Dobbiamo verificare che tutto sia a posto, per quanto ci sia permesso farlo. Con o senza invito noi andremo a quella festa, ma come potete immaginare dovremmo orchestrare delle strategie differenti a seconda che siamo ospiti graditi o meno.”

“Verrà anche Rika-chan?” chiese Kimiyoshi.

“Verrà con noi, deve farlo. I Sonozaki hanno richiesto un invito per tutti noi, e Rika-chan è autorizzata ad andare dovunque vuole, all'interno del perimetro della città, non è stata sbattuta in prigione; guardarla negli occhi e parlare con lei potrebbe pure convincere il questore, chi lo sa. E poi apparteniamo tutti allo stesso gruppo, siamo sulla stessa barca, ed abbiamo sempre gestito questi problemi insieme, non è così?”

 

~-~-~-~-~

 

tre del pomeriggio

“Alleluia, eccovi qui! Dove siete stati tutto questo tempo, a gironzolare per Ibaraki?”

Giancarlo e Satoko si erano appena ricongiunti con il gruppo, il quale si trovava tuttora alla centrale. Keiichi stava perdendo la pazienza, a furia di esigere la maggior celerità possibile da parte degli ufficiali. Spingerli ad accelerare certe procedure, a saltarne delle altre... Aveva dato una solo risultato evidente, ossia il fatto che gli agenti avessero cominciato a fingere di non sentirlo, ignorando lui ed i suoi comandi. I poliziotti avevano tutti più paura delle ritorsioni del questore che di quelle del ragazzo, ed essi volevano evitare le sanzioni che avrebbe portato il trasgredire le sue direttive. Ecco perché il giovane aveva rivolto quella domanda piccata ai due ex-assenti, non appena li aveva visti. A Keiichi sembrava che quei due si fossero quasi sottratti alla lotta, togliendo a tutti loro delle preziosi chance di successo.

“Ci siamo occupati di un bel po' di cose, villano.” rispose tuttavia Satoko, non così impaurita dalla reprimenda di Keiichi “Ed abbiamo perfino dato un'occhiata all'edificio dove la festa di oggi deve aver luogo, stasera.”

“Ah, sì?”

“Già. È un palazzone di una certa dimensione, ma meno grosso di quello che mi aspettavo... Pensate a qualcosa di vasto più o meno come il Maniero Sonozaki, solo che quello dove andremo noi è un palazzone a più piani, quattro per la precisione. Ogni piano è preposto ad uno scopo diverso, però strutturalmente sono piuttosto simili: ognuno di loro è composto da un salone principale e da una manciata di camere secondarie, a parte il sotterraneo che è riservato per il parcheggio delle macchine – ed infatti c'è un ingresso separato per chi entra nel palazzo con l'automobile, diverso da quello adoperato dai pedoni. Però il fatto più interessante è un altro: che tu venga dall'ingresso del garage sia o che entri da quello al piano terra, devi passare attraverso due porte in rapida sequenza per raggiungere il salone del piano terra.”

“Due porte? Cioè?”

“Aspetta, adesso te lo spiego per bene. Se arrivi dall'ingresso che dà sulla strada, quella per i pedoni voglio dire, allora ti trovi davanti ad un grosso portone girevole di quelli extra-lusso, e dopo che l'hai superata fai giusto due passi per fermarti di fronte ad una porta tagliafuoco, che devi tirare se vuoi entrare. Invece, se tu sali dal garage al piano di sotto, una volta che hai salito le scale ti imbatti in un portone metallico molto pesante e quindi subito dopo in un'altra porta tagliafuoco, identica alla prima. Infine, quando vuoi andare dal salone al piano terra a quello del primo piano, che è quello dove dobbiamo andare... Ecco, pure in quel caso devi passare oltre due portoni, che sono piazzate sopra subito dopo la rampa di scale.”

“Quindi per andare da una stanza all'altra non basta mai una porta?”

“Eh eh, una roba del genere. E per di più stanno anche assemblando un metal detector, davanti alle scale che portano al primo piano. Il questore di Ibaraki non sarà la sola autorità a questo evento mondano, e la sicurezza non è stata messa in secondo piano... Saranno in una botte di ferro, con tutte le misure cautelative che hanno preso.”

“Un bel casino. Ma come mai hanno inserito tutti quei portoni nel palazzo? Solo questioni di sicurezza?”

“Questo penso lo sappia solo l'architetto che lo ha progettato. Però io mi sono fatta qualche opinione in proposito. Ho scoperto che usano quelle sale anche per piccoli concerti e spettacoli musicali. Quindi, in modo da garantire una buona acustica, hanno aggiunto le porte tagliafuoco per rendere i vari ambienti del tutto insonorizzati. Gli altri usci sono più oggetti di lusso installati per fini estetici, non darebbero mai l'effetto desiderato, perciò i costruttori hanno voluto mettere tutti quei portoni in modo da unire gusto del bello e praticità. La struttura dell'edificio permetteva le doppie porte, così hanno deciso di fare in questa maniera, almeno questo è quello che penso... Quelle porte sicuramente attutiscono ogni rumore, e dall'esterno non si sente nulla di quello che succede all'interno. E viceversa.”

“E se ho capito bene, allora nessun suono del piano terra arriva al primo piano, proprio perché hanno realizzato le doppie porte anche tra questi locali. È così?”

“Sarei sorpresa se non lo fosse. Naturalmente non potevo sperimentarlo di persona, oggi tra piano terra e primo piano era tutto un viavai di operai indaffarati a preparare il gala di stasera, e non potevo certo dar loro fastidio aprendo e chiudendo le porte a mio piacimento. Avrei ostruito il passaggio e mi avrebbero cacciato a calci. Comunque, a giudicare quello che sono stata capace di esaminare, tutte le stanze della struttura sono state separate con almeno una porta tagliafuoco, se non con due di esse. La mia teoria spiegherebbe tutto, l'architetto avrebbe fatto questo per essere assolutamente certo che nessun rumore proveniente da una sala possa disturbare quello che succede nelle altre.”

“Oh.”

“E dimenticavo... Tutto il perimetro dei vari ambienti è stato costellato di colonne. Ce ne sono a bizzeffe in ciascuna stanza, da dentro sembra di stare in un Tempio Greco. Li hanno messi in fila ad intervalli regolari ad un metro di distanza dalla parete, in modo da creare una sorta di passaggio, un corridoio che corre lungo tutto il muro. Non lo so, se quegli elementi hanno solo uno scopo estetico o se hanno anche una ragione più concreta... Avrei bisogno di trovarmi faccia a faccia con il progetto, per capire se il peso di tutto l'ambaradan è sostenuto da delle pareti portanti, da quelle colonne o cos'altro.”

“Stupefacente... Satoko-chan adora tantissimo vedere come sono fatti i palazzi!” esclamò Shion “Dovrebbe fare l'ingegnere, quando crescerà!” Satoko arrossì, lieta di sentire quei complimenti.

Ma c'era un'altra cosa che la rendeva inquieta. Aveva promesso di non rivelare nulla, ma nella sua testa temeva che qualcosa potesse andare storto. Sarebbe stato orribile.

 

~-~-~-~-~

 

cinque e mezza del pomeriggio

Keiichi aveva gettato la spugna, per il momento.

Come avevano già previsto sin da qualche giorno, il loro tentativo di convincere gli ufficiali a rimandare Rika a casa si era risolto con un buco nell'acqua, la polizia semplicemente non aveva idea dell'urgenza della questione, e dopo tutto il club non poteva parlare loro della Sindrome. La probabilità di essere ascoltati era praticamente nulla. Così, la bambina sarebbe stata attesa alla centrale anche per il giorno seguente, il che era inaccettabile per i ragazzi. A loro, non restava altro che andare al gala di cui si era parlato, a cui avrebbe partecipato anche il questore; dunque, siccome a quell'ora gli agenti avevano concluso i test ed i controlli incrociati della giornata, tutto il gruppo si era recato all'hotel, per indossare i loro abiti migliori per la serata che stava per iniziare.

Completata questa operazione, ognuno dichiarò di essere pronto per andare alla Sala dove si sarebbe tenuto l'evento. Nessuno se la sentiva di cenare, erano troppo tesi per aver voglia di mettere qualcosa nei loro stomaci.

 

~-~-~-~-~

 

otto e trenta della sera

L'ora era giunta, alla fine. Con addosso i loro abiti più eleganti, si stavano dirigendo alla Grande Sala delle Conferenze di Ibaraki, per prendere parte alla festa che vi si sarebbe tenuta. Keiichi aveva deciso di non usare il vestito adoperato durante la Guerra delle Frane ed aveva fatto ricorso ad uno smoking nero, con una bianca camicia ed una cravatta a righe rosse. Giancarlo era agghindato in modo simile, eccetto la cravatta la quale era tinta di un blu monocromatico. Satoshi, che odiava le cravatte soffocanti, aveva scelto una giacchetta marrone scuro, infilata sopra di una maglietta i cui bottoni superiori erano slacciati; con questo stile dava l'aria di essere un ragazzo molto più affabile ed estroverso di quanto non fosse in realtà, ma così lui si sentiva bene. Daijiro aveva esitato se indossare a sua colta una giacca senza cravatta od un kimono più tradizionale, tipo quello che suo padre usava in quelle occasioni, ma su consiglio di Rena si era diretto verso la prima delle due opzioni. Per ultimo, Kimiyoshi non indossava un abito particolare né ricercato: al pari di Kasai, lui non si sarebbe introdotto nel salone, aveva ritenuto di essere più utile se rimaneva fuori dal palazzo per tenere d'occhio eventuali sviluppi. I due uomini sarebbero restati alla centrale di polizia, che non era lontana da lì, ed avrebbero fatto irruzione solo se fossero giunte alle loro orecchie delle notizie significative.

Passando alle donne del gruppo, Shion indossava un lungo abito da sera di color violetto, adornato di una cintura di tessuto dello stesso colore e di una rosa bianca sul petto; non era assolutamente il completo adoperato usualmente dalle leader del clan Sonozaki, ma lei aveva deciso così come forma di rispetto verso la sorella. Anche Akane aveva fatto lo stesso, e la signora portava un vestito relativamente ordinario, nero con una banda verde scura all'altezza della vita, molto più austero di quello che Mion avrebbe avuto se fosse stata in mezzo a loro. A Satoko era stato consegnato un abito a scacchi blu e viola, con una lunga gonna che sfiorava il terreno ed un fiore nero applicato sulla sua fascia per capelli. E la bambina bionda aveva anche aiutato Rena a prepararsi, così la fanciulla sulla sedia a rotelle era fasciata in un elegante abito rosa con una scollatura discretamente pronunciata ed una violetta il cui stelo era direttamente annodato su una ciocca di capelli. Hanyuu e Rika, infine, indossavano entrambe un kimono: la prima ne aveva scelto uno bianco e celeste, la seconda, che non voleva sembrare una bambolina, ne aveva prediletto invece uno dai toni più scuri, senza decorazioni appariscenti.

Così composto, il gruppo salì le scale che collegavano la strada all'ingresso maggiore, quello per i pedoni, e quindi spinsero il bel portone girevole, tutto istoriato con dei bassorilievi alquanto artistici. Una volta che tutti furono dentro, Keiichi tirò la maniglia della porta tagliafuoco, che galantemente lui tenne aperta per il tempo necessario a permettere alle ragazze di accomodarsi all'interno.

“Però sarebbe stato più carino se l'avessero tenuta spalancata.” commentò Shion, un poco seccata “Invece di costringere ogni ospite a tirare la maniglia. Questo dovrebbe essere un evento formale di un certo livello, no?”

Satoko rispose: “Lo scopo delle tagliafuoco è quello di essere aperte solo in caso di emergenza, o comunque quando necessario, non si può tenerle aperte, sono progettate in modo da chiudersi automaticamente. Non servirebbero a niente, altrimenti.... Le hanno messe lì per insonorizzare la sala e per proteggere chi si trova dentro da eventuali fiamme, ma esse possono farlo solo se sono ben chiuse ed appoggiate contro lo stipite.”

“Ho capito, ma potevano chiedere ad uno dei camerieri di restare davanti all'uscio e di aprire la porta ogni volta che arriva qualcuno, perlomeno. Sarebbe stato il minimo.”

“Uhm... Sì, devo ammettere che hai ragione, Nee-Nee, avrebbero potuto farlo. Forse ci sono stati degli intoppi nell'allestimento della serata e sono rimasti indietro con i preparativi, e quindi in questo caso avrebbero avuto bisogno che ogni addetto rimanesse nella sala e si sbrigasse per completarli... Ma sono solo congetture, in realtà non saprei risponderti.”

“Un'organizzazione ineccepibile, vedo... Tsk.”

“Io non sono responsabile di questo, perché lo dici a me invece di andare da loro?”

“No, la verità è un'altra.” spiegò Daijiro, rompendo per una volta il suo silenzio stampa “La porta davanti a noi era stata effettivamente lasciata bene aperta, ma il signore di mezza età che ci precedeva l'ha accidentalmente richiusa, rimuovendo il cuneo di legno che era stato posizionato per tenere fermo il tutto.”

“Ed allora che si vergogni! Possibile che a quel vecchiaccio non sia passato per la testa che la porta fosse così per una ragione?”

“Non essere così impetuosa adesso, Nee-Nee. In fin dei conti era una sciocchezzuola questa, robetta da poca. E poi qui non siamo qui per divertirci.”

Shion convenne con lei, e dunque si guardò attorno. Come Satoko aveva descritto loro nel pomeriggio, l'ambiente aveva l'aspetto di un tempio greco. Pieno di colonne qua e là, fino all'inverosimile, ed arricchito dalla presenza di alcune statue di quello che probabilmente era marmo bianco. Inoltre, da quella posizione si potevano intravvedere anche le altre porte tagliafuoco: quella che conduceva al garage, saggiamente nascosta dietro una colonna, e quella che introduceva al piano superiore, subito dopo la scalinata; ve n'erano poi anche di più semplici e spartane, probabilmente erano quelle che chiudevano le stanze più piccole del piano, ripostigli, anticamere, eccetera. C'era anche un ascensore, sulla destra, ma teoricamente non era previsto che fosse utilizzato per quella sera. In altre parole, un locale dal look antico miscelato con elementi moderni di architettura... La cosa aveva un che di originale, ma il risultato non era spiacevole alla vista, i vari pezzi erano stati combinati con sapiente maestria: le tagliafuoco erano state dipinte intelligentemente, affinché si adattassero bene al resto della sala e dessero l'idea di rappresentare un maestoso cancello che portava gli ospiti alle varie stanze del palazzo. Non stridevano per nulla con il resto dell'architettura.

Per inciso, il salone che avevano raggiunto non era per nulla vuoto. C'erano moltissime persone all'interno, la maggior parte delle quali pareva pronta al gala. Non meno di trenta-quaranta invitati. Forse quello che cercavano era insieme a loro, ma i ragazzi non potevano riconoscerlo, non lo avevano mai visto in faccia prima.

“Come mai è qui, tutta questa gente?” chiese Hanyuu, confusa “La festa avrebbe dovuto aver luogo al piano di sopra, non in questo.”

“Stanno tutti aspettando che la serata abbia inizio.” spiegò Akane, che aveva saputo dei dettagli dell'evento da suo marito “Per l'esattezza, stanno aspettando di essere chiamati dai maggiordomi. Il programma prevede infatti che uno dei servi faccia da araldo... E tra un po' comincerà a recitare una lista degli ospiti. Uno alla volta, sarà fatto il nome di tutti e quando sarà il nostro turno dovremo passare attraverso il metal detector, per poi entrare nell'ambiente del primo piano.”

“Come procedura mi sembra alquanto strana.”

“Mai quanto chi l'ha ideata. Il questore è una persona dai gusti bizzarri, mi hanno detto. Un individuo particolare, con un gusto marcato per le attività piacevoli e per gli intrattenimenti originali e ricchi di espedienti. Gli piace divertirsi, ogni volta che gli viene data l'opportunità. Non diresti mai che lui è un'autorità di spicco, quando ci parli...” Da quella descrizione pareva proprio che l'uomo con cui avrebbero avuto a che fare avesse qualcosa in comune con Mion, ma nessuno osò dirlo, ricordando in che stato fosse l'amica. Ad ogni modo, anche Keiichi aveva pensato questo ed aveva concluso che si potesse fare tesoro di questa interessante rivelazione: usare i parallelismi tra la sua amica e quello sconosciuto poteva essere utile per capire come prenderlo, che argomenti e parole usare, in maniera da essere sicuri di convincerlo. Un'informazione preziosa.

Ma ora il cameriere stava per prendere parola, come predetto da Akane. Il servitore annunciò che avrebbero chiamato gli invitati in ordine alfabetico, usando le lettere occidentali come riferimento. Ovviamente, lui non si azzardò a dirlo ad alta voce, ma questo sotterfugio era un modo per accertarsi che il questore, organizzatore dell'evento, fosse convocato per primo in quanto il suo cognome era Abanura. Un'altra stravaganza... Indubbiamente questo è un soggettone, pensò Satoko, mentre sentiva Akane che spiegava sottovoce a tutti questa curiosa sottigliezza. Ma questa cosa aveva anche dei risvolti positivi, così potevano capire subito chi fosse il signore in questione, quale fosse il suo aspetto... Ed eccolo lì, un uomo sulla sessantina, apparentemente dallo sguardo dimesso e dalla statura particolarmente bassa. Occhi e capelli grigi, una corta barba incolta; però si vedeva che lui amava parlare con chi gli stava appresso, e non appena si avvicinava a qualcuno lo salutava divertito, senza tralasciare nessuno. Ad una prima occhiata, c'era persino il rischio che lui non prendesse seriamente la loro causa, sembrava un tipo spensierato che se ne fregava dei problemi dell'esistenza... ma se ricopriva la carica di questore non poteva essere tanto negligente, il gruppo poteva fare a meno di avere questa paura.

Comunque, ci fu qualcosa di imprevisto in quel processo: nel giro di cinque minuti, loro avevano chiamato tutti gli ospiti, ma non era stato citato il nome di nessuno del loro gruppo. Furude Rika pensava che il suo cognome garantisse a lei e ad Hanyuu di essere piazzate abbastanza presto nella lista, ed invece si stavano rendendo conto che tutti loro sarebbero stati gli ultimi dell'elenco.

“Immagino ci sia stato un errore.” esclamò Keiichi.

“Forse no.” ribatté Rena “Non scordatevi che siamo ospiti dell'ultimo minuto, i Sonozaki hanno contattato l'organizzazione della festa molto tardi. Penso che siano stati obbligati ad aggiungere i loro nomi solo dopo che avevano scritto tutta la lista su quella preziosa pergamena, e che non abbiano pensato a rimettere a posto l'ordine dei nomi. Forse è stata la fretta.”

“Plausibile... Sì, questa è la spiegazione più logica. Deve essere così.”

Ed infatti, quando tutti gli altri individui avevano già lasciato la sala al piano terra, il maggiordomo cominciò a fare anche i loro nomi, elencati a loro volta in ordine alfabetico. Sospiro di sollievo, c'era il timore che per un qualche impedimento non avessero ottenuto l'invito.

Furude Hanyuu-san...

Furude Rika-san...

Houjou Satoko-san...

Houjou Satoshi-san...

Maebara Keiichi-san...

Nabiha Daijiro-san...

Ryuugu Rena-san...

Sonozaki Akane-san...

Sonozaki Shion-san...

Ognuno di loro superò il metal detector senza che vi fu segnale da parte della macchina, ed uno alla volta andarono tutti al piano di sopra, a parte Rena che doveva per forza usare l'ascensore, e tutti entrarono nel grande salone del ricevimento. Poi...

Serco Giancarlo-san...

Il ragazzo passò nel metal detector, e questo suonò.

“Oh, questa è proprio bella!” esclamò lui.

“Avete degli oggetti metallici con voi? Siete pregato di svuotarvi le tasche.” chiese prontamente uno degli addetti.

“Beh... No, non credo. Non ho chiavi con me, non ho neppure il mio orologio.”

Uno degli inservienti camminò quindi sotto il sensore, per assicurarsi che lo strumento non fosse tiltato, e questa volta non ci furono suoni di allarme. Fu allora di nuovo il turno di Giancarlo, e la macchina emise ancora il suo meccanico segnale.

“Siete sicuro di non avere nulla di particolare con voi?” gli fu chiesto una seconda volta. Gli inservienti non avevano fretta, potevano prendersela comoda in quanto lui era l'ultimo della lista, dopo di lui non vi era nessuno che dovesse ancora aspettare.

“Non capisco... Nelle mie tasche non c'è più nulla, ed anche prima avevo solo il mio portafoglio ed il mio fazzoletto con me...”

“Allora dobbiamo perquisirvi. Ordini dall'alto, è nostro dovere eseguire la procedura, spero che possiate comprendere.”

“C'è qualcosa che non va?” chiese Rika, che dal primo piano si era accorta che lui non era ancora entrato e che così era riuscita dal salone per dare un'occhiata a quello che succedeva sotto, chiudendo la porta alle proprie spalle e ridiscendendo le scale.

“Hmm... No, non penso.” Giancarlo la rassicurò “Per piacere, torna su e raggiungi il party. Non abbiamo tempo da sprecare e penso che Kei-chan stia aspettando te, prima di intraprendere il suo show. Vi raggiungerò entro qualche secondo.”

Un cattivo presentimento corse lungo la spina dorsale di Rika. “No, preferisco aspettare che i camerieri abbiano finito con te. Possiamo ancora concederci il lusso di perdere un minuto o due.”

“Non è il caso di farlo, Rika-chan. L'operazione potrebbe richiedere più di un paio di minuti.”

“E io non voglio lasciarti solo, contento?”

La replica della bambina lasciò lui a bocca aperta. E Rika continuò: “Io non voglio che il nostro gruppo si divida ancora. Ho già visto quello che accade quando lasci le persone indifese e senza nessuno che li possa aiutare. Ti abbiamo già abbandonato una volta e anche tu hai visto quello che sono stati capaci di farti. Ti hanno iniettato la nuova Sindrome nelle vene, sei stato in bilico tra la vita e la morte... Ed io non voglio ripetere lo stesso errore.”

Stava cominciando a piangere.

Allora, Giancarlo si inginocchiò e la carezzò la nuca. “Rika, sono felice che tu ti prenda cura di me, ma tu devi andare. Quella volta io volevo venire con voi, te lo ricordi? Era stata... Era stata Mii-chan ad impormi di restare ad Hinamizawa. Ora, sono invece io che voglio che tu vada senza di me. Dovete andare su tutti insieme, il questore deve assolutamente scambiare due parole con la persona direttamente coinvolta in questo caos, sennò potrebbe rifiutarsi, capisci? Per quanto mi riguarda, poi... A parlare faccio schifo, lo sai bene, non hanno bisogno di me ma hanno bisogno di te. Per favore, fa' questo sforzo. Ogni secondo è vitale, non possiamo permetterci nessun rinvio o ritardo. Ti prego, va, adesso.”

Ma Rika rispose, tuttora lacrimante “Tu... Tu hai in mente qualcosa, ho ragione? Sai qualcosa che io non so... Ma che succederebbe se qualcosa di orribile capitasse a...”

“Non mi faranno nulla di male, dopo tutto non sono da solo, ci sono due o tre persone che mi voglio perquisire. Inoltre noi siamo dentro uno dei posti più sicuri di Ibaraki, non sei d'accordo con me?”

“Ma... Io non voglio che tu...”

“Rika, te ne prego, fidati di me.” ripetè lui “Voi tutti dovete far capire a quel tizio che deve darti l'autorizzazione a lasciare questo posto. Focalizzatevi su questo, solo su questo, e riuscirete a far sì che questo miracolo diventi realtà. Siete voi quelli con la forza di capovolgere il vostro destino, no? Quindi dovete stare l'uno vicino all'altro, dovete stare tutti assieme, ed il mio compito appunto è quello di darvi la possibilità di usare questo potere.” Dopo aver detto questo, lui la girò e gentilmente la risospinse verso l'ingresso della sala del primo piano, dove la festa aveva già avuto inizio.

“Gi-chan...” sussurrò Rika ancora, mentre Satoko la prendeva per mano e la conduceva dentro il salone, chiudendo definitivamente la porta. La bambina dai capelli blu era preoccupata, e non poté fare a meno di porre una domanda alla sua piccola amica bionda: “Per favore, Satoko, dimmi, che cosa avete fatto tu e lui, mentre non eravate con noi?”

“Ritieni che il problema al piano di sotto sia collegato a quello?” Pure Satoko era visibilmente in pensiero, le parole di Rika le avevano fatto capire qualcosa, ma alla fine scosse il capo: “No, ho dato la mia parola d'onore che non avrei detto nulla fino alla fine, Rika. Mi ha spiegato che se avessi aperto bocca avrei rovinato tutto, noi dobbiamo pensare solo al discorso da fare al questore, a nient'altro.”

“Come volete...” Rika si era decisa, ed avrebbe esaudito questo desiderio del suo amico. Si era rammentata di quell'altro mondo quando aveva lasciato Keiichi da solo, e lui come risultato aveva ucciso Teppei e scatenato un disastro, ma adesso lei si stava finalmente rendendo conto che avrebbe fatto meglio ad essere meno ansiosa e paranoica, talvolta. Non metteva in dubbio la buona volontà di Giancarlo, ed era conscia che credere nei propri amici non significa obbligatoriamente tenerli sempre accanto a sé, come farebbe una madre apprensiva con i propri pargoletti: significa anche lasciare ogni tanto che essi si arrangino da soli, come fa la stessa madre quando i figli crescono e maturano; aiutandoli, se necessario, ma lasciandoli anche stare quando loro pensando a ragion veduta di essere in grado di reggersi sulle proprie gambe. Quel loro compagno era fatto così, evidentemente, non sarebbe mai stato un leader, non sarebbe mai stato a suo agio in un gruppo numeroso, e Rika stava iniziando ad accettarlo. Ogni membro del suo club aveva le proprie peculiarità, ed andava perciò trattato in modo specifico e diverso dagli altri.

E dunque, quando gli altri suoi amici andarono da lei e da Satoko per domandarle quale fosse il problema, Rika chiuse gli occhi, sorridendo e rispondendo:

“No... Non è nulla. Va tutto bene. Sistemiamo questa cosa, ora. Una volta per tutte, va bene?”
 

~-~-~-~-~
 


ore nove della sera

Al piano terra, pareva che ci fossero solo i due addetti e Giancarlo. I due servitori gli avevano chiesto di seguirli in uno stanzino per la perquisizione, ma lui aveva deciso di rimanersene lì impalato, immobile dinanzi al metal detector.

“Volete opporvi al controllo?” gli chiesero “Come volete, non siamo poliziotti e non abbiamo l'autorità per trattenervi, ma in questo caso sappiate che non sarete ammesso alla cerimonia che si sta tenendo di sopra.”

“Non è che voglia fare i capricci” replicò lui “Ma perquisirmi sarebbe del tutto inutile.”

“Inutile? Per quale ragione?”

Probabilmente perché sa già che io non vi darei il tempo di farla. Suppongo che mi stia aspettando...”

Una voce improvvisa che lasciò di sasso i due camerieri, i quali repentinamente e convulsamente si girarono a destra ed a sinistra per scorgere chi avesse parlato. E, dalla porta tagliafuoco che conduceva a quella girevole e quindi all'uscita per pedoni, era appena apparso un uomo che nessuno aveva mai visto. Un uomo con un sorriso demoniaco sulla faccia ed un telecomando nella sua mano destra.

“Buonasera, signor Bombarolo.” disse freddamente Giancarlo.

“Buonasera, signor Aspirante Guastafeste.” rispose con un ghigno l'altro, prima di premere uno dei bottoni del telecomando.

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Capitolo 57
*** Ali richiuse ***



Capitolo 56: Ali richiuse



Ibaraki, 2 Marzo 1984

Un rombo sordo e tonante corse per tutta la sala del piano terra, ed una nuvola di polvere saturò l'aria rendendola densa e fuligginosa. Nessuna delle persone dentro l'ambiente aveva potuto vedere alcunché, erano stati costretti a serrare le palpebre per proteggere i loro occhi da fumo e detriti, ed avevano dovuto attendere che quella specie di nebbia si diradasse, prima di cogliere il significato di ciò che aveva appena avuto luogo. Sia le colonne ornamentali accanto alla porta che conduceva al primo piano che quelle adiacenti all'uscita per pedoni erano collassate e quindi crollate, formando cumuli e montagnole di macerie che ostruivano totalmente il passaggio. Le due tagliafuoco in questione erano forse rimaste illese, ma ora erano come chiuse a chiave, l'ammasso di pietre e cemento non permetteva a nessuno di raggiungerle ed aprirle.

E l'artefice di quelle bomba si ergeva adesso di fronte a loro, manifestando compiaciuto una pazza allegria. Il suo look era piuttosto sciatto, indossava solo un paio di blue-jeans logori e sdruciti ed una sporca maglietta grigia la cui manica era strappata, facendo sì che la stoffa cadesse dalla spalla fino al braccio come fosse un vecchio straccio semplicemente poggiato sulla sua pelle. Quell'essere non si curava del suo aspetto esteriore, era un misantropo che non degnava di stima le opinioni altrui, ma il suo aspetto sconcio e dimesso non era quello che stava attirando l'attenzione, in quell'istante.

“Stavi aspettando me?” gracchiò il nuovo venuto sprezzante, desideroso di fare il bulletto e di irritare il ragazzo, il quale ricambiava fissandolo con fare arcigno.

“Diciamo di sì. Eri tu che facevi suonare l'allarme del metal detector anche se non indossavo nessun oggetto metallico, vero? Ci stavi osservando, magari con una microcamera, e quindi ogni volta che andavo sotto i sensori tu schiacciavi uno di quei bottoni...”

“Vedo che hai fatto centro! Sono contento di avere un moccioso così acuto qua, sarai certamente in grado di riconoscere la mia grandezza e la mia infinita genialità... Ma sono curioso di sapere come sei stato capace di intuire che sarei venuto a cercarti.”

“E' stato molto facile. I nostri nomi erano stati messi in fondo a quell'elenco, ma i nostri cognomi erano stati teoricamente ordinati alfabeticamente: ossia, prima c'erano gli ospiti originari, chiamati partendo dalla A fino alla Z, e poi è arrivato il nostro turno, con i nostri nomi disposti sulla pergamena seguendo lo stesso principio di base. Quindi Hanyuu è stata convocata per prima, seguita da Rika e così via. Solo che qualcosa non quadrava.”

“Te ne sei accorto, uhm?”

“Appunto. Quest'ultimo ordine era errato. I giapponesi possono non essere abituati a catalogare i nomi con le lettere di casa mia, e credo che nessuno dei servi se ne sia reso conto, ma ogni occidentale avrebbe notato che Serco dovrebbe venire prima di Sonozaki. Sai, l'iniziale di questi due cognomi è la stessa, quindi potrebbero essersi confusi e non si sono accorti di questo tuo trucchetto... Perché è di questo che si tratta. La conseguenza di questa anomalia infatti è stato il fatto che io passassi in ultima posizione, dopo che tutti gli altri erano già stati accolti al piano di sopra: nessuno di loro ora può tornare indietro. Rena si è sbagliata prima, non era un caso il fatto che i nostri nomi fossero gli ultimi della lista... Non era una questione di problemi nella prenotazione degli inviti, era qualcosa fatto intenzionalmente da qualcuno, appunto perché io finissi per ultimo senza che nessuno nutrisse dei sospetti. Relegare solo il mio nome in fondo al foglio avrebbe reso il giochino molto più visibile, ad altre persone sarebbero sorte delle perplessità, così invece tutto aveva una spiegazione plausibile... Mentre al contrario, ipotizzare che questi errori fossero casuali o dovuti solo al destino era assurdo, lo capirebbe chiunque che servirebbero troppe coincidenze per rendere possibile una cosa del genere. Era lampante che fosse tutta opera di qualcuno... Opera tua, nello specifico. Fammi indovinare, avrai sottratto il documento originale e lo avrai falsificato in qualche modo alterando l'ordine degli ospiti, per poi rimetterlo a posto. Volevi che io fossi da solo, in questa sala, e quindi hai approfittato delle bizzarre abitudini del questore per raggiungere le tue mire. Mi sembra tutto chiaro.”

“Però non potevi escludere che fosse solo una sbadataggine dello staff. Come hai detto anche tu, da queste parti non si usa scrivere i nomi con quel tipo di ordine. Non convieni forse con me, quando dico che anche questa era una possibilità?”

“Hai la testa dura... No, avevo pochi dubbi a riguardo. Vedi, se la lista fosse stata scritta correttamente allora io sarei venuto prima di alcuni signori il cui cognome iniziava per T. Ti ho già spiegato come mai hai agito in quel modo, anche se tu dovresti sapere già tutto. Ma se non ti ho ancora convinto, c'è un altro indizio, un altro errore che hai commesso e che avrebbe fugato ogni possibile dubbio residuo.”

“In altre parole?”

Giancarlo non è il mio vero nome di battesimo, anche se quasi tutti mi conoscono con quello. È solo un'abbreviazione, all'anagrafe io sono conosciuto come Giovanni Carlo. Però questa cosa non è un segreto assoluto, l'ho detta ai miei amici, ed anche i Sonozaki ne sono al corrente, gliene ho parlato il giorno stesso in cui sono giunto ad Hinamizawa. E visto che stiamo parlando di un evento formale di alta società, loro hanno sicuramente dato il nome esatto al personale dell'organizzazione. Su quella pergamena, in altre parole, ci sarebbe dovuto essere il nome completo, e non quello breve... Ma tu non sapevi di questo particolare, probabilmente lo staff non aveva ancora completato il papiro e tu non sapendo che scrivere l'hai compilato in modo erroneo. Suppongo che sia stata una mancanza provocata anche dalla fretta.”

“Così, se tutto fosse stato a posto, allora l'araldo avrebbe annunciato un nome diverso, capisco...” il bombarolo ridacchiò “Oh beh, il fatto che tu abbia mangiato la foglia non è un problema. Avevo messo in preventivo che tu potessi farlo, ma andava bene così, tu non potevi neppure dichiarare ad alta voce che sarei arrivato. Se loro avessero anche solo sospettato che ci fossero delle bombe qui, allora la cerimonia sarebbe stata cancellata, il questore sarebbe ritornato a casetta sua e questo avrebbe voluto dire «Game Over» per voi, visto che non avreste più avuto chance di parlare con lui fino a domattina... A meno che non aveste avuto la bella pensata di fare irruzione in casa sua per imporgli di sentire le vostre ragioni, il che sarebbe stata un'idea terribile perché vi avrebbero messo le manette ai polsi prima ancora di aprire bocca...” Giancarlo digrignò i denti, il suo interlocutore aveva più di una rotella fuori posto ma aveva ben chiara la situazione in cui tutti loro erano immersi fino al collo.

“B-b-bombe?” aveva strepitato uno dei due addetti nel frattempo, sotto shock ma ancora lì per sentire quello che i due si stavano dicendo “Chi diavolo siete?”

“Ah, giusto, non siamo proprio da soli...” commentò l'uomo “Che rottura di scatole. E pure l'esplosivo al plastico piazzato sulla porta del garage ha fatto cilecca. Non siamo bloccati qui come avremmo voluto...”

I due membri dello staff colsero la palla al balzo ed immediatamente si voltarono verso la porta appena citata, sperando di avere una via d'uscita si fiondarono a rotta di collo verso di essa. Giancarlo annusò puzza di trappola e cercò di fermarli, ma fu tutto vano. I due individui superarono il cancello, ed un secondo dopo quel terrorista premette un altro pulsante sul suo apparecchio, causando una nuova esplosione che rese inaccessibile anche quel passaggio, seguendo lo stesso schema delle precedenti esplosioni. Ora tutte le uscite erano fuori servizio.

“Non ti fare problemi, sono ancora integri...” disse l'uomo, proseguente con il suo noioso gracchiare “Io li ho solo costretti a vegetare per un po' giù nel garage, in compagnia di un paio di colleghi. Sai, ora come ora anche l'ingresso riservato alle macchine è ridotto allo stato di un'antica rovina, piena di detriti e pezzi di cemento che manco un cantiere... Nessuno può entrare né uscire da qui, adesso.”

“Immaginavo che ci fosse qualcun altro di sotto, ma non capisco ancora come mai non abbiano dato l'allarme... Ah, certo, le tagliafuoco. Erano loro a farti stare tranquillo.”

“Sicuro. Una volta poggiate contro il muro, quelle porte sono come sigillate a tenuta stagna, e tutto è a prova di boato qua dentro. Gli ordigni erano tutti in questa sala, dunque dal garage non hanno sentito niente di quello che succede qui, e lo stesso vale per il piano superiore, grazie a quelle strepitose finestre che sono state a loro volta insonorizzate. E se aggiungi le grate che hanno installato su ogni vetro, allora capisci che questo luogo è appena diventato una prigione. Un palazzo fatto apposta per essere buttato giù a suon di bombe, non convieni con me?”

“Quindi la serata di sopra sta continuando come se niente fosse.”

“Assolutamente, è questa la parte divertente di questa storia. Vedi, le colonne che ho fatto franare al suolo non sono fondamentali per sorreggere questo edificio, sono solo decorazioni. Facendole crollare con una ridotta quantità di esplosivo, quindi, posso fare sì che il rombo prodotto sia assorbito dalle pareti e dalle porte, mentre le vibrazioni non sono sufficienti per far destare sospetti nelle teste dei partecipanti di quella festa. Loro non si sono accorti di nulla, ma tanto anche se così non fosse... Non potrebbero uscire da là, il cumulo di pietrisco da questa parte del muro impedisce alla porta di schiodarsi da quella posizione e di aprirsi...”

“E nessuno dalla strada ha potuto percepire il rumore delle deflagrazioni, poiché c'era sempre stata una porta tagliafuoco tra i punti delle esplosioni ed il mondo esterno. Perciò nessuno ha sentito il bisogno di chiamare la polizia. È una tabella di marcia molto... razionale, la tua.”

“Mille grazie per averlo apprezzato.” lo ringraziò l'altro “L'unico boato che qualcuno poteva udire era quello che riguardava l'ingresso che collegava il garage alla strada, in quanto non ci sono cancelli particolari lì, così sono stato cauto ed ho usato un differente genere di esplosivo. Ti ricordi il gel che ho usato per causare le frane, un po' di tempo fa? Certo che te lo ricordi, tua sorella è un piedipiatti... Quella specie di polvere è come una bomba silenziatrice, e quindi non c'è stato proprio nessun Boom!, lì. E comunque quell'entrata dà su di una strada secondaria, e dubito molto che lì ci fossero persone che potessero notare i rumori dei calcinacci che venivano giù. Ah, e se stai pensando a quello... C'era un telefono di emergenza nel garage, ma mi sono assicurato che non potesse funzionare stasera, così quei poveri fessacchiotti di sotto sono diventati dei semplici topolini caduti nella mia deliziosa trappola, che schizzano di qua e di là per cercare una via di scampo, appunto come delle cavie appena imprigionate in una scatola chiusa. E di sopra, invece, non ci sono proprio degli apparecchi per contattarli...”

“Il tuo pare proprio un bel piano, lo riconosco.”

“Mi stai sfidando, mocciosetto? Perchè usi il verbo parere? Il mio è un buon piano, punto. Efficace, imbattibile, mirabile in ogni suo aspetto. Ed anche molto affascinante, esteticamente parlando. Dovresti ragionare su quello che gli imbecilli al piano di sotto stanno vivendo. Da soli, incapaci di fuggire o implorare soccorso, consci che ci sono bombe nel palazzo ed all'oscuro di quello che sta per accadere... Non pensi che se la stiano letteralmente facendo addosso nei pantaloni, in questo momento? Non convieni con me, riguardo a questo?”

Giancarlo lo osservava. Quello al suo cospetto non era come la guardia del corpo sconfitta da Satoko, sembrava invece una specie di mercenario senza alcun senso dell'onore, uno che traeva piacere dal far soffrire le proprie vittime. Gli mancava una rotella, probabilmente. Ma se era così allora c'era qualcosa di curioso: da una parte, si sollazzava col tormentare lo staff della serata con quell'atroce terrore psicologico, e mostrava di gradirlo; ma dall'altro stava anche tenendo gli altri ospiti ignari delle bombe che aveva attivato, e diceva di essere fiero di ciò. Se invece le persone del piano di sopra avessero scoperto quello che era successo sarebbero tutti andati nel panico, ed una persona sadica come quella sarebbe andata al settimo cielo... C'era una contraddizione, nell'indole di quel maniaco.

Ma dopo un breve ragionamento il giovane realizzò quale fosse il filo conduttore che caratterizzava quell'individuo. Al piano superiore, Keiichi ed il suo gruppo stavano dando dimostrazione del proprio coraggio, si stavano battendo per la loro sopravvivenza, stavano discutendo, stavano facendo del loro meglio, stavano dando anima e corpo... Non avrebbero mai fatto nulla di tutto questo, se avessero saputo quello che li stava aspettando al varco. E pensare che i loro sforzi e le loro speranze sarebbero state solo fatica sprecata, a causa di ciò che quelle bombe stavano facendo... Un'emozione inebriante come nessun'altra, per un uomo fuori di testa come quello. I suoi occhi trasudavano follia, era impossibile da celare la cattiveria con cui stava guardando le colonne ridotte in pezzi ed il ragazzo che avrebbe fatto la stessa fine. Era eccitato per quello che stava per fare. Questo è... completamente matto... Giancarlo sperava che almeno Rika si fosse fidata di lui, prima, e che non avesse cercato di aprire nuovamente la porta al primo piano, scoprendo che non si apriva più. Lui voleva che lei si curasse solo di quello che dovevano fare con il questore, di questo psicopatico si sarebbe occupato lui da solo. I suoi amici dovevano far brillare al massimo la propria luce, se volevano aver successo.

E che gli venga un colpo, non era certo detta l'ultima parola. La battaglia tra loro due era iniziata da molto prima che entrassero nella Sala delle Conferenze, ma non era ancora giunta al suo culmine, ed il primo passo da compiere era capire che cosa stesse complottando il bombarolo. Quelle tre minuscole esplosioni non sarebbero certamente state le uniche della serata, e se quell'uomo voleva forzarlo a restare lì con lui, allora c'era qualcosa che aveva in mente di fare. Ed infatti fu questo, quello che Giancarlo gli chiese: “Dunque, che cosa hai in serbo con me?”

“Oh, mettiti comodo, la fretta è cattiva consigliera, non te l'hanno mai detto?”

“Ho le mie buone ragioni, per aver voglia di mettere la parola fine a tutto questo.”

“Se ti garba così... Puoi vedere le telecamere installate sotto gli angoli del soffitto di questa sala?” L'uomo indicò una di esse con il suo indice sinistro “Ce ne sono alcune in ognuno dei piani di questa topaia, un sistema automatico di monitoraggio che torna molto utile, per chi lavora qui ma non solo per loro. È una sciocchezza prenderne il controllo, per dare un'occhiatina a quello che succede tra queste mura quando non sei qui, non convieni con me? E non devi neanche prenderti la briga di tenere sott'occhio gli schermi ventiquattr'ore al giorno, questi gioiellini possono essere modificati e si possono aggiungere accessori che automaticamente scattano delle foto ogni volta che le videocamere vedono una figura umana in movimento. Hai presente la telecamera all'ingresso del secondo piano? Ecco, è quella che avevo modificato... Poi basta scandagliare a mano le immagini stampate, esaminarle e togliere quelle che ritraggono il personale, ed ecco qua il risultato... Ho solo dovuto ispezionarle poco prima dell'inizio della mia entrata in scena, tanto se era il caso si potevano usare anche le scale antincendio per entrare ed uscire dal secondo piano senza essere notati... tuttavia, in generale, non essendo questo un palazzo privato non era difficile avere il permesso di entrare, almeno fino a questa sera.”

“A me sembri davvero il lato oscuro di Satoko-chan, niente di più...” sorrise nervoso Giancarlo “Ma quindi hai osservato anche me e lei, mentre eravamo qui oggi.” Il ragazzo diede uno sguardo fulmineo a tutte le stanze secondarie intorno al quella più grande, cercando di identificare quella che gli interessava. Si trattava della sala di sorveglianza, la quale era giusto dietro il folle ma che aveva la porta spalancata: non vi era nessuno dentro, quel posto in verità non era molto usato. Il questore era patito di stramberie ma quando si passava alle cose serie lasciava tutto al caso... Un classico. La sicurezza per la serata lasciava un po' a desiderare, nessuno si aspettava particolari problemi per quella serata, ma quanto si erano sbagliati... E, soprattutto, non c'era nessuno al suo interno, non c'era possibilità che qualcuno avesse azionato l'allarme da quella specie di ripostiglio per le scope. Giancarlo non poteva che cercare di controbattere a quello che gli veniva detto.

“Sicuro” rispose infatti l'uomo “Quella piccola macchinetta ha scattato delle foto di voi due mentre sgattaiolavate in questo edificio, saranno state le nove e mezza di stamattina, ed anche immagini di voi mentre ve la date a gambe, all'una di pomeriggio. Dopo di voi non ci sono stati ospiti indesiderati...”

“A sentire come parli direi che bene o male ci conoscevi. Ti hanno raccontato parecchio dell'identità di questi «intrusi», a quanto pare.”

“Oh... Sì, è la verità. Avevo scansionato il vostro gruppo durante tutto questo tempo, mentre il mio capo e la sua consorte si stavano piacevolmente distraendo con tutti voi. Ma io non volevo certo prendermela con una bambina così piccola come la tua amichetta, non ci sarebbe stato gusto. Guidare per mano un adulto fino alla propria disperazione è molto più stimolante... più appagante. Ed inoltre, ardevo dalla smania di spare una cosa da te... Tu mi stavi aspettando, tu sapevi che cosa mi diverto a fare, e perciò presumo che tu avessi anche dedotto che ci fossero degli esplosivi in questa stanza. Io ho capito come mai non hai avvertito il personale, il gala sarebbe stato annullato e abbiamo già detto che cosa avrebbe significato per voi, ma non riesco proprio a vedere la ragione per cui hai lasciato che queste prime bombe scoppiassero. Perché non le avete disinnescate, questa mattina?”

“Oh, se è per quello... La risposta è elementare: lo abbiamo fatto perché il tempo era tiranno con noi. Le abbiamo lasciate stare, dovevamo badare alla bomba più grossa... Quella che avevi piazzato al secondo piano. L'abbiamo vista, sai, cinque scatole di plastica che contengono cinque cariche esplosive azionabili tramite un sistema centrale, un congegno a tempo programmato per emettere onde radio ad una ora definita a priori. L'avevi posizionata abilmente, in un punto tale che nessuno potesse localizzarla ma che al tempo stesso causasse la maggior quantità di danni possibile. Queste pareti non potrebbero rimanere in piedi dopo una deflagrazione del genere, se avvenisse. Quindi... è questo il tuo vero piano... Tu vuoi buttare giù tutto il palazzo, con tutte le persone che ci sono dentro, e noi moriremo tutti per colpa di questo. Non credo che sia un sistema molto... pratico per prendersi la vita di Rika-chan, se posso dire la mia, ma posso capire che ha comunque un senso, visto che ha sempre tutta la combriccola di amici intorno a lei e non è mai lasciata da sola, ed in questo modo non tornerebbe mai ad Hinamizawa, non da viva perlomeno.”

“Hmm?” sorrise il mitomane, divertito da quel discorso.

“Sai” proseguì Giancarlo “Mi ero già fatto delle idee su cosa mi aspettava in questo palazzo prima ancora di arrivarci. Ed una volta formulata l'ipotesi che tu volessi ammazzarci tutti facendo ricorso al tuo hobby preferito, dovevo pensare al posto in cui avresti installato questa bomba gigantesca... Il primo piano, quello della festa, era fuori discussione, mentre nel seminterrato c'è il garage e con tutti i passanti che transitano là sotto qualcuno poteva notare che c'era qualcosa di inconsueto. Anche il piano su cui ci troviamo noi adesso può essere tolto dalla lista delle possibilità, per la stessa ragione. Insomma, per esclusione la cosa più ragionevole era supporre che tu avessi scelto uno degli altri piani, quelli vuoti ed inutilizzati che stanno sopra il primo, ed in particolare quello più vicino al luogo della serata di gala, proprio per essere sicuro che la forza d'impatto dello scoppio facesse più danni ed eliminasse tutti. Satoko-chan me l'ha spiegato, se tu l'avessi messa troppo in alto avresti rischiato di lasciare intatte le fondamenta e di tenere in piedi l'edificio, invece innescandola più in basso si può far accasciare il tutto come un castello di carte. Tirando le somme... Sapevamo all'incirca dove cercare. Il secondo piano era la nostra risposta, e posso dire con orgoglio di non essermi sbagliato.”

“Come pensavo...” quella sorta di terrorista scoppiò in una risata agghiacciante “Sì, hai ragione, in questi giorni hanno trasformato la sala di sopra in un magazzino, in cui stipare alla bell'e meglio l'occorrente per il party. Formalmente pochissime persone hanno ricevuto il nullaosta per entrarci, per la maggior parte addetti ai lavori e camerieri, e negli ultimi due o tre giorni non ci era andato quasi nessuno, in quanto sedie e tavoli erano sostanzialmente già stati portati nel salone... In pratica c'erano scatoloni e nient'altro, le altre persone non avevano motivo per andarci, di solito chi saliva con le scale o l'ascensore andava alla palestra del terzo piano oppure al piccolo cinema del quarto... Ah, giusto, se vuoi proprio saperlo qualche minuto fa è stato bloccato anche il passaggio dal primo al secondo piano. La tua amichetta non è più in grado di salire le scale per rovinare tutto, anche se vi foste messi d'accordo prima sarebbe tutto inutile.”

Giancarlo smise per un istante di respirare, sentendo un nodo in gola. Quello non era solo un assassino... Quello era matto da legare: “Sei fuori di testa. Quindi non ti ha nemmeno sfiorato l'idea che anche tu stai per essere dilaniato dalla bomba con noi? Tu non puoi scappare da qui, esattamente come noi.”

“Non obbligatoriamente. Quando tu... pratichi questo lavoro, quando impari a fare il dinamitardo e ti guadagni il pane radendo al suolo un po' di tutto, allora apprendi anche qualche rozza nozione di architettura, la tua carriera non decollerebbe mai altrimenti. E disponendo le cariche d'esplosivo nel modo in cui ho fatto io, c'è una piccola sezione di questo edificio che verrà giù. Quello, precisamente.” Indicò con il dito un angolo del salone “Prova a disegnare col pensiero un quadrato, lungo quattro metri e largo tre, a partire dalle pareti... Ecco, quella è l'area sicura. Io resterò lì e così non mi capiterà niente. Questo palazzo cesserà di esistere, ed anche il sotterraneo verrà travolto, quei poveri balordi qui sotto non sopravviveranno mai... L'intero baraccone sparirà per sempre dalla faccia della terra... a parte quel piccolo cantuccio. Ed ovviamente dopo che tutto sarà finito la polizia mi lascerà in pace, senza uno straccio di prova nessuno sospetterà di qualcuno che si è salvato per miracolo da questo drammatico incidente, anzi potrei anche vendere la mia storia per una camionata di soldi ad un qualche rotocalco, ad una di quelle riviste da strapazzo... Ah, ma naturalmente tu non hai il permesso di stare lì con me...” Esibì una pistola che fuoriusciva dalla tasca “Non sono abituato a fare ricorso a roba di questo genere, non è nel mio stile. Tecnicamente avrei potuto adoperarla per sbarazzarmi di quei seccanti inservienti, prima, non convieni con me? Ma non sarebbe stato divertente. Tuttavia, con te potrei fare un'eccezione alla regola, se non farai il bravo...”

“Hmph, Io non affiderei la mia vita a calcoli di questo tipo, se fossi in te. Basta fare un errore di valutazione e le conseguenze per te non sarebbero delle più rosee...”

“Mi piacere correre sul filo del rasoio” il matto si leccò le labbra con la sua stessa lingua “E' questo, quello che mi fa sentire vivo. Tu non capiresti mai queste cose...”

Giancarlo si diede un'occhiata intorno. Poteva raggiungere il secondo piano, usando l'ascensore? No, la spia luminosa rossa sul pannello accanto ad esso mostrava chiaramente che la cabina era ancora al primo piano e che lì si era bloccata, finendo fuori uso per una qualche avaria. Era salita sopra perché Rena l'aveva usata in precedenza, non potendo avvalersi della lunga rampa di scale che tutti gli altri avevano percorso. E la cosa non era dovuta al caso: il bombarolo sapeva dello stato di salute della ragazza, sapeva che sarebbe stata costretta a farne uso, ed evidentemente aveva trovato un modo di sabotare l'ascensore, in maniera che si rompesse automaticamente dopo essere salito al primo piano.

Altre ipotesi... Sì poteva forse usare il telefono della segreteria o quello della sala di sorveglianza, per contattare qualcuno? Neanche quello: c'erano sicuramente dei sistemi di comunicazione in quei camerini, ma anche se fossero stati ancora in funzione lui non avrebbe mai potuto prendere la linea, era sotto tiro, lo avrebbero freddato prima che avesse potuto comporre un numero. In altre parole, lui non poteva raggiungere la stanza dove stava il mega ordigno, nessuno poteva. Doveva confidare in quello che lui e Satoko avevano fatto in giornata. In fondo avevano avuto tempo a iosa per disporre il tutto, quel posto era sempre stato vuoto e nessuno li aveva disturbati nella loro opera. Avevano fatto tutto quello che era in loro potere, ed ora si poteva solo sperare che questo fosse abbastanza.

Non sarebbe stata una passeggiata, questo era lampante. Il suo antagonista era un guru, in fatto di trappole, esplosivi e chincaglierie simili. E sembrava che avesse calcolato tutto: la sua mente perversa era convinta di non aver omesso alcun dettaglio... Ora capisco come si sente Keiichi quando si trova a tu per tu con Satoko e le sue diavolerie...

“Ah, un'altra cosa che potresti voler sapere...” continuò il maniaco “Sai chi c'è, sopra le nostre teste?”

“Al piano di sopra, dici? Mi prendi per scemo? Certo che lo so. Ci sono i miei amici, col questore e qualche altro invitato di contorno.”

“Eh eh, io non lo definirei di contorno. Tra questi altri ospiti, c'è anche qualcuno che non ti aspetteresti mai.”

Giancarlo lo squadrò con occhi interrogativi, e pertanto lui completò la frase: “I loro nomi non erano sulla lista che l'araldo ha decantato prima ad alta voce, ma ci sono anche loro, il questore voleva farvi una sorpresa... Signore e Signori, pure Sonozaki Goemon-san e Sonozaki Megumi-san sono stati chiamati alla festa!”

Udendo ciò, Giancarlo rimase impietrito. “Come è possibile... Goemon-san dovrebbe essere chiuso nella sua cella, non dovrebbe potere uscire, ed inoltre...”

“Siete stati voi a renderlo possibile. Il questore ha ricevuto dei dettagliati ragguagli circa il caos ed il trambusto che avete seminato alla stazione di polizia. Sapeva anche che sareste venuti qui, la lista degli invitati ce l'aveva anche lui, e che la moglie del mio capo era a sua volta ad Ibaraki, così ha organizzato una bella resa dei conti pensando che ne sarebbe venuto fuori qualcosa di entusiasmante. Senza farne parola con nessun altro, lui ha ordinato che anche loro fossero portati al party di stasera, in modo da avere un divertente faccia a faccia, solo che per tenerli nascosti li ha fatti condurre direttamente al primo piano prima dell'arrivo degli altri partecipanti. Non sai cosa avrei pagato per vedere la faccia dei tuoi compagni, quando si sono trovati davanti ai loro cari nemici giurati...”

“Oh, mio Dio... E tu lo sapevi...”

“Mi sembra naturale, il mio padrone non ne era all'oscuro, per forza di cose, e corrompendo una guardia o due ha trovato un espediente per avvertire anche me. Francamente, il nostro piano originale non prevedeva la sua presenza qui, il palazzo doveva venire giù senza di lui, ma alla fine l'ho convinto a prendere parte in questo gioco. Voglio dire, nel momento in cui lui si metterà nel mio stesso angolo della sala, contro la mia stessa parete, anche lui riuscirà a scamparla. Non importa che stia un piano più in alto di me. Si metterà in un punto isolato, agli altri darà l'impressione di un cane in trappola che arretra fino all'angolo del salone. Nessuno si lamenterà se lui assume quella posizione, al contrario i tuoi amichetti saranno felici di vederlo, penseranno di averlo in pugno, si metteranno a ridere tra loro...”

“Noi non siamo come te.” replicò Giancarlo, scuro in volto “Noi non traiamo piacere dalle sofferenze altrui. Non ci divertiamo a fare quello che stiamo facendo.”

“Forse, ma fatto sta che al mio capo basterà stare nell'angolo che gli ho indicato all'orario stabilito. Quando sarà il momento sarà tutto finito, noi ci salveremo e... A proposito, a che ora avevo impostato il timer?” Il pazzo osservò l'orologio “Oh, mancano solo cinque minuti, io avevo settato l'ordigno per le nove e dieci, e io sto a cincischiare con te... Beh, che dire, ormai nessuno ha più il tempo di fare qualcosa per rovesciare la situazione, il destino non si può più mutare, non convieni con me?”

“Alle nove e dieci... Certo che è una strana ora, di solito usano orari come mezzanotte, o le nove in punto, per fare esplodere delle bombe... Che c'è sotto?”

“Oh, quella è una piccola sorpresa che volevo dare al mio padrone, un omaggio. Io non ho scelto quest'ora a casaccio, ma è un ricordo del passato. Il nove di ottobre era stato il giorno della morte dei suoi discendenti, è questa la sua ossessione... Il 9 del 10, che diventa 9:10 sul display della bomba. Carino come regalo, no? Con questa decisione la vostra morte diventa un segno del fato, come un karma maligno che non scorda il male commesso dai peccatori di questa terra. Non convieni con me che questa sia stata un'idea brillante, meravigliosa? Dovresti cominciare a cogliere questa verità, noi con voi abbiamo solo giocato, come un bambino che ha catturato un topolino in una scatola chiusa e che se la spassa scuotendola a ripetizione per terrorizzare l'animaletto al suo interno... La tiri in alto, la agiti come un sonaglino, la tambureggi come se fosse uno strumento di percussione... E intanto la bestiolina dentro al buio rimane talmente frastornata che non può scappare dalla scatola anche se continua a correre per i quattro angoli della scatola sperando di scovare una via di salvezza che non c'è. Quel topolino è destinato ad una fine misera, non conta quanto si impegna, e voi altrettanto...”

Il giovane trattenne il senso di nausea, andando poi a replicare: “E'... interessante osservare come ti piace ciarlare di queste cose. Le videocamere stanno ancora registrando ogni cosa, o mi sono perso un passaggio?”

“No, hai ragione. Anche il mio strumentino è ancora lì se è per quello, ma starsene zitti e muti sarebbe un tale peccato, non convieni con me? È eccitante far mostra delle proprie abilità a qualcuno che è destinato a morire nel giro di... Fammi ricontrollare... Tre minuti, per l'esattezza. Rimanere di fronte al proprio avversario, scuoterlo come il topolino nella scatola, dirgli che entro pochi secondi passerà a miglior vita, vedere ogni speranza che si dissolve nei suoi occhi, ed infine ammirare la sua morte mentre tu rimani in vita... Queste emozioni ti danno un'eccitazione tale da farti sentire un profeta mandato da Dio, qualcuno le cui parole sono legge... No, no, ancora meglio, questo ti dà il diritto di essere come Dio stesso, la forza di affermare di essere possente come Lui, di poter decidere il destino degli altri uomini, poter dire chi può vivere e chi no. C'è forse un'esistenza migliore della mia? No, non c'è, non convieni con me?”

Giancarlo provò a fare un passo.

“Buono, sta buono...” lo minacciò lo psicopatico, puntandogli la pistola al capo e continuando a ridere, mentre la mano con il telecomando si spalmava sul suo volto come se fosse quella di una persona che stava perdendo il lume della ragione. I suoi occhi assetati di sangue spuntavano tra un dito e l'altro e non perdevano di vista la sua preda succosa.

Poi, l'uomo si ricompose ed alzò in alto il telecomando a mo' di trofeo: “Sai quale è la parte migliore di questo gioco? Anche se voi aveste disattivato il congegno a tempo che supervisiona il mio capolavoro, io potrei sempre farlo detonare con questo... C'è un tenero pulsantino nero dedicato proprio a quella bomba, infatti. Per carità, non servirebbe neppure, so già che non l'avete fatto, non ci siete riusciti, se solo aveste provato a rimuovere l'antenna preposta a ricevere il segnale la carica esplosiva sarebbe istantaneamente esplosa e vi avrebbe fatto saltare per aria... E' buffo che sia proprio io a dire una cosa del genere, ma devo ammettere che il mio piano è a prova di bomba, non convieni con me? Non convieni con me? Su, dillo che convieni con me.”

“Sta tua manfrina sta diventando trita e ritrita.”

“Oh, cambierai prestissimo quel tuo caratterino che ti ritrovi, dopo che avrai realizzato di non avere nessunissima speranza di portare a casa la pelle. Allora, vediamo, che cosa avete fatto tu e la tua amichetta per provare a disinnescare la bomba?” si mise l'indice ed il pollice sotto il mento, come a fingere di riflettere “Avete tagliato un paio di cavetti, cosa inutile visto che il mio gioiellino può esplodere anche senza fili, in quanto c'è un sistema ad onde radio che governa il tutto. Avete cambiato l'ora impostata sul dispositivo, in modo che esplodesse più tardi, ma io me ne sono accorto ed ho ripristinato l'ora iniziale. Avete costruito e celato sopra il rivestimento dell'ordigno una sorta di microscopica unità radio, il quale emetteva onde elettromagnetiche che andavano a sovrapporsi con quelle generate dall'unità che si deve occupare di azionare la bomba, in maniera da disturbare la detonazione e compromettere l'innesco... ma io l'ho scovata prima che fosse tardi, grazie ad un giocattolino che può localizzare tutte le fonti radio. Siete saliti sul tetto con le scale antincendio per mettere un altro aggeggio che disturbasse le onde radio, ma ho ridotto anche quello ad un ammasso di ferraglia. Avete spostato tutti gli snodi ed i contatti che collegavano le varie cariche alle pareti portanti dell'edificio, in modo che questo non venisse giù con l'esplosione, ma naturalmente io ho rimesso tutto a posto.”

Il dinamitardo si infilò il mignolo nel naso, come a ripulirselo. “Ho anche controllato che le cinque scatole con l'esplosivo fossero ben sigillate, avevo messo un bollino particolare che si sarebbe strappato se qualcuno avesse cercato di schiuderle... Ed essendo rimasti tutti intatti, potevo essere sicuro. Evidentemente avete capito che cercare di aprirle era troppo pericoloso, non le avete manco toccate. Molto saggio da parte vostra, va detto, le bombe non sono un gioco, anche io ho preferito non aprirle. Poi, che altro? Ah, ma certo, quelle trappole così carine che sono state messe vicino all'ingresso del secondo piano, per cercare di non farmi arrivare lassù... Volevate che io cadessi in una di esse, ma la so più lunga di voi... Le ho scansate a dovere, ed ho risistemato tutto quello che voi avete sabotato. Ho dimenticato qualcosa? No, questo è davvero tutto... Non convieni con me, sul fatto che io sia stato bravo?”

Guardando Giancarlo in viso si sarebbe detto che avesse appena visto la morte in faccia. Pallido, bianco, smorto, con le gambe tremanti. Quello in pochi minuti aveva sventato tutti quei trucchetti che lui e Satoko avevano escogitato in ore di tempo... Era un pazzo furioso, ma sapeva il fatto suo.

“Allora, è quasi ora di crepare, per te...” l'uomo continuò a gracchiare, mentre cominciava ad indietreggiare verso l'angolo sicuro dell'ambiente “E' stato divertente, assolutamente... Ma io non potevo perdere. La chiave della battaglia tra voi e me è stato il fatto che io ho potuto recarmi al secondo piano dopo di voi, in modo da sistemare ogni cosa. Un vantaggio decisivo, avevo io l'ultima parola, e chi ha l'ultima parola è sempre destinato a vincere, alla fine. Forse, se uno di voi fosse stato di guardia all'ingresso, avreste avuto una piccolissima chance di vittoria, ma voi dovevate agghindarvi per il party, non potevate rinunciarvi. Ed ora... Ti è rimasto un solo minuto, per le tue patetiche speranze e per i tuoi sogni da fallito. Usalo bene.”

L'uomo abbassò la mano col telecomando e sollevò quella con la pistola. “Mi auguro di non doverla usare, tu volevi che questo palazzo rimanesse in piedi ed hai perso, quindi accetta la tua sconfitta e muori con essa. Muori, e portati appresso tutto il tuo villaggio. Cercare di sopravvivere venendo nella zona sicura sarebbe disonorevole... ed inoltre, se fossi in te non riuscirei a continuare a vivere braccato dal fantasma della distruzione della comunità che hai amato così tanto...” Il pazzo rise ancora, facendo quasi perdere la pazienza a Giancarlo, e poi concluse: “Hai nulla da dire, prima che scocchi l'ora finale?”

“Solo una cosa. Credi seriamente di essere un Dio? Non farmi arrabbiare, tu non sei una cosa di quel genere. A casa nostra ci hanno sempre insegnato che Dio è un'entità benigna, che ama le proprie creature come se fossero figli suoi. E tu non sei neppure un Demone. I Demoni hanno un senso sviluppatissimo della dignità e dell'onore: questo me lo ha insegnato la gente di Hinamizawa, hanno... hanno sempre dato prova di battersi con potenza ma anche con rispetto, unendo le loro forze e combattendo tutti insieme.”

“Ma davvero? E stasera tu invece hai cercato di sconfiggermi da solo, piccolo ipocrita. Forse è per questo che hai perso...”

Giancarlo non rispose. Stava fissando solo il pavimento, chiedendosi cosa sarebbe successo. Tutte le esperienze di quel periodo ad Hinamizawa gli stavano passando davanti, gli attimi gioiosi e quelli cupi, i sentimenti dei suoi amici, le speranze di tutti gli abitanti... Il coma di Mion e l'incidente di Rena, ma allo stesso tempo il potere di Mion di saper sopportare il dolore e quello di Rena di saper dare il meglio di sé nelle avversità... E poi il coraggio di Satoko, l'ostinazione di Keiichi, la gentilezza di Satoshi, la premura di Shion, la compostezza di Daijiro, il sostegno di Hanyuu, il senso del dovere di Rika... E la forza d'animo di sua sorella... L'attenzione che tutti loro avevano dato a lui, proprio a lui, nonostante il suo atteggiamento, nonostante la sua indole, nonostante la sua natura, nonostante quello che era successo, nonostante tutto... Tutto il suo mondo gli si era concentrato davanti, nello spazio di un attimo. I pugni di Giancarlo vibravano, come in preghiera silenziosa, mentre il suo cuore impazzito ticchettava molto ma molto più velocemente della bomba. Lui non voleva proprio guardare negli occhi il suo nemico. Se era la sua ora, l'avrebbe trascorsa con dignità.

Quanto all'altro uomo, lui avrebbe desiderato camminare verso Giancarlo, per fissarlo ed umiliarlo con un'ultima occhiata irridente, ma non poteva. La bomba sarebbe esplosa entro venti secondi, non poteva lasciare il punto sicuro. Però quel silenzio sorto così all'improvviso gli stava dando sui nervi, e così non poté fare a meno di pronunciare un'ulteriore frase: “Tu sei convinto che io non sia Dio, né un Demone, vedo... Va bene, per me, va bene... In fondo non conta l'opinione di uno a cui rimangono dieci secondi di vita.”

Il mitomane non poteva staccare gli occhi dal giovane, il suo sangue gonfiava le sue retine e le sue tempie pulsavano a non finire... Come se stesse pregustando un pasto delizioso, l'uomo osservava quello che era sul punto di essere travolto e ridotto in pezzi dalla veemenza dell'esplosione... Ed infine il folle sentì il bisogno di dire un'ultima cosa: “Io non sono Dio? Io non sono un Demonio? Non sono un angelo? Non sono un diavolo? Non cambia un accidente, l'unica cosa importante è questa: io sono meglio di te, povero disgraziato, non convieni con me?

Cinque secondi all'esplosione.

Un'ultima, malvagia risata da parte di quell'essere. Giancarlo non era più in grado di sopportarla, ma sapeva perlomeno che tra poco non avrebbe più udito quel suono così spiacevole ed irritante.

Quattro secondi.

Giancarlo stava pregando sua sorella, come se fosse il suo angelo custode, supplicando Alice di proteggere con le sue ali lui e tutti i loro amici.

Tre secondi.

Giancarlo chiuse gli occhi, perfino respirare non aveva più senso.

Due secondi.

Il bombarono si acquattò rapidamente, premendo con la schiena sul pavimento, serrando a sua volta gli occhi e mettendo le braccia davanti al volto. Aveva assunto una posizione fetale che gli permetteva di proteggersi meglio dalle schegge e dai detriti volanti.

Un secondo.

Giancarlo riaprì gli occhi tutto d'un tratto, ed improvvisamente sollevò il capo, guardando il male davanti a lui invece di continuare a fissare il pavimento.

Zero secondi.

Boom.

~-~-~-~-~

Le cinque scatole saltarono in aria all'unisono, esattamente come il loro creatore si augurava, ed un boato immenso si ripercorse sommergendo ogni cosa si trovasse intorno a loro. Un'onda d'urto che si udì anche nelle case adiacenti, facendo sì che tutti si girassero con il capo verso il palazzo da dove era provenuto il botto. Un fulmine così spaventoso da far subito pensare a tutto l'isolato che una terribile tragedia li avesse appena colpiti... Nessuno avrebbe mai potuto sopravvivere ad una bomba tanto potente e devastante. Non importava quanto fosse resistente e ben costruito l'edificio, la quantità di esplosivo era troppa per qualunque costruzione.

L'ordigno aveva fatto il suo lavoro. Tutto era andato come previsto, concluse il maniaco delle bombe rimanendo chiuso nel suo angoletto.

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Capitolo 58
*** Endless zero ***



Capitolo 57: Endless zero


Ibaraki, 2 Marzo 1984, ore 21:10

Le cinque scatole saltarono in aria all'unisono, esattamente come il loro creatore si augurava, ed un boato immenso si ripercorse sommergendo ogni cosa si trovasse intorno a loro. Un'onda d'urto che si udì anche nelle case adiacenti, facendo sì che tutti si girassero con il capo verso il palazzo da dove era provenuto il botto. Un fulmine così spaventoso da far subito pensare a tutto l'isolato che una terribile tragedia li avesse appena colpiti... Nessuno avrebbe mai potuto sopravvivere ad una bomba tanto potente e devastante. Non importava quanto fosse resistente e ben costruito l'edificio, la quantità di esplosivo era troppa per qualunque costruzione.

Tutto era andato come previsto, concluse il maniaco delle bombe, chiuso nel suo angoletto.

Tuttavia, dovette cambiare rapidamente idea, quando riaprì gli occhi e vide che tutto era rimasto al suo posto, intatto, compreso il ragazzo.

~-~-~-~-~

“C.... C... Che...”

L'uomo non poteva credere a quello che stava vedendo. In lontananza gli era sembrato di udire il boato dell'esplosione, era difficile confonderlo con altri rumori. Però non era successo niente, neanche una crepa nella parete, si era sbagliato? No, non era concepibile una cosa simile, e le mura stavano ancora tremando, ci doveva essere stata l'onda d'urto da qualche parte, quindi... Istintivamente, il pazzo afferrò stretto il telecomando e premette il bottone che doveva attivare la bomba principale. Lo schiacciò più e più volte, senza ottenere alcun risultato.

“Risparmiati almeno l'umiliazione di star lì chinato su quel telecomando” disse Giancarlo, freddo. “Finiresti col spaccarti il dito. Il fatto è che le tue cariche esplosive non possono più saltare in aria, per il semplice motivo che lo hanno già fatto pochi secondi fa, come del resto avevi pianificato tu stesso.”

“Ma... Ma... Questo è impossibile! Come diavolo hai fatto?”

“Phew, il mio cuore è un autentico tamburo.” replicò il ragazzo, ignorando totalmente quello che l'altro aveva appena detto “Sai, prima mi prendevi per i fondelli, dicendo che in questa sala c'era qualcuno che si stava trastullando facendosi beffe dell'altro. Quella metafora del topo e della scatola era crudele, non credi? Però in quel momento avevi preso un granchio colossale, non hai capito chi tra noi due era veramente il bambino che scuoteva la scatola e chi era il topo in trappola...”

“TI HO FATTO UNA DOMANDA, RAZZA DI BASTARDO!” gridò il maniaco “Come hai fatto a mandare a monte il mio piano infallibile?”

“Strano, l'ultima volta che ho controllato non era così infallibile. I nostri altri espedienti erano puri specchietti per le allodole, in realtà noi eravamo abbastanza sicuri che tu li avresti neutralizzati, quello che avevamo constatato durante la Guerra delle Frane e quello che avevi creato qui oggi ci hanno dato la conferma delle tue abilità. Ma la verità è che noi volevamo che le tue bombe funzionassero a dovere... Facciamo un giochino.” Giancarlo inclinò il capo sulla sinistra “Noi avevamo capito come funzionava il tuo sistema di sorveglianza, o meglio, Satoko-chan l'aveva capito. Ed una volta che lo si è analizzato si poteva dedurre che tu sapevi solo che noi ci fossimo intrufolati dentro: avendo solo una foto o due da visionare, non eri in grado di sapere cosa abbiamo fatto davvero, là dentro, visionare tutto il video ti avrebbe portato via troppo tempo. Ora, io ti ho detto che i tuoi marchingegni hanno fatto il loro lavoro perfettamente, che la tua detonazione è proceduta senza intoppi. Perciò, che cosa potrebbe essere successo secondo te?”

“Non ho tempo per questi scherzetti!”

“Prima però mi pareva che ti divertissi a farli con me. OK, chiariamo le cose in fretta... Gli ordigni sono esplosi a loro tempo, grazie al tuo eccellente sistema radio, ma il punto è che essi non erano più al secondo piano. Già, infatti tu, là sopra, avevi solo controllato che i rivestimenti delle bombe fossero integri... Solo che non li potevi aprire, per paura che si azionassero per errore. Hai solo controllato che nessuno li avesse forzati, e noi effettivamente non l'avevamo fatto. Noi non li abbiamo aperti, ma li abbiamo presi e portati via, rimpiazzandoli con delle copie identiche, solo che queste ultime erano piene di cavi che non erano collegati a niente. Così, quando è arrivata l'ora X, le bombe vere erano ben sopra il tetto del palazzo, in una zona dove hanno potuto rilasciare il loro potenziale distruttivo senza fare del male ad anima viva.”

“CHE COSA?”

“Ma come, non hai visto il pallone aerostatico, quello con le insegne pubblicitarie che hanno agganciato al tetto di questo posto? L'hanno ancorato alla ringhiera della piccionaia per sponsorizzare l'apertura di un nuovo centro commerciale, e quindi era lì pronto per noi... Una follia non sfruttarlo. Lo abbiamo tirato giù, abbiamo incollato sopra le cinque scatole di plastica con del nastro adesivo e poi lo abbiamo fatto volare di nuovo. Era tenuto legato al tetto con una corda robusta lunga una trentina di metri, in modo che l'ordigno risultasse abbastanza lontano da divenire inoffensivo ed allo stesso tempo abbastanza vicino da essere comunque attivato dal tuo segnale radio. Satoko-chan può essere tranquillamente paragonata ad un esperto di fama internazionale, lei sapere cosa si poteva toccare e cosa no, ed aveva rimosso le scatole con attenzione. Fatto ciò, le abbiamo riposte dentro la sacca sportiva che Satoko-chan si era portata con sé: in questo modo nessuna telecamera poteva riprendere quello che avevamo realmente in mano, e dopo siamo saliti sul tetto con le scale antincendio. Lì di dispositivi che filmavano non ce n'erano, così abbiamo potuto completare ogni cosa senza preoccuparci di dovere agire nell'ombra. Insomma, tutto al riparo dagli addetti ai lavori, loro credevano che ci dirigessimo alla palestra al terzo piano, e poi loro erano tutti ai piani inferiori, usando le scale antincendio non ci avrebbe notato nessuno.”

“Ora capisco... La tua amica aveva solo quello zaino con sé, credevo contenesse solo chiavi inglesi e strumenti con cui cercare di rovinare il mio lavoro...”

“Ed era così, almeno nel momento in cui eravamo entrati. Vedi, noi sapevamo perfettamente quale fosse la telecamera del secondo piano di cui avevi preso il controllo, era quella che monitorava gli ingressi al magazzino. Satoko-chan le aveva spente temporaneamente ed esaminate scrupolosamente una ad una, prima di passare all'azione. Un vero peccato però che quell'apparecchio controllasse solo la zona dell'entrata, un peccato per te intendo, così non potevi scoprire quello che avevamo in mente... Tu ti fidavi troppo delle tua capacità, volevi giocare con noi e scoprire da solo tutte le nostre mosse, come se noi ti avessimo proposto un semplice enigma da risolvere solo con il cervello... Che errore, solo un montato come te poteva commetterlo...”

“Non era stato un errore... L'area coperta dalle altre telecamere era troppo vasta e le figure umane in movimento sarebbero state troppo piccole per essere rilevate dal mio sistema automatico, la verità è che devo perfezionarlo... Ma anche così, controllando gli ingressi, pensavo di essere tranquillo... Non potevo star lì a guardare tutto il tempo gli schermi, non puoi biasimarmi per questo... Ma anche così... Ma anche così... Quando ho ricontrollato tutto il sistema le cariche esplosive erano ancora al secondo piano e voi avevate già lasciato l'edificio!”

“Allora non ci senti, quando ti parlo. Tu hai solo verificato che le scatole che contenevano il tutto fossero ancora lì, ma non hai esaminato il loro interno. Non potevi aprirle e rompere i sigilli, sarebbe stato un azzardo anche per il costruttore di quelle bombe, sarebbe bastato un movimento od un'apertura troppo brusca. Così non ti sei reso conto che gli involucri stessi erano lievissimamente diversi dal solito.”

“Che...”

“Quella ragazza può fare dei veri e propri miracoli, se si mette d'impegno... Usando i materiali presenti in quell'improvvisato magazzino, Satoko-chan è stata in grado di riprodurre copie fedelissime di quelle scatole. Plastica, colori, peso, anche i sigilli sull'apertura... Io stesso non avrei potuto distinguere gli originali dalle copie. Beh, quella bambina potrebbe fare la falsaria da grande, se volesse. Farebbe un mucchio di soldi con denaro ed opere d'arte contraffatte.”

“E quindi mi stavate menando per il naso come se fossi lo scemo del villaggio! Ma perché ricorrere ad un piano così complesso?”

“Oh, i motivi non mancano. Abbiamo già detto in tutte le salse che io e Satoko-chan dovevamo agire nell'ombra, affinché la festa si tenesse regolarmente ed il questore e gli altri invitati non fossero evacuati da qui, giusto? Questa è una ragione... Ma c'è anche dell'altro. Capisci, noi avevamo quasi la matematica certezza che limitarsi a disinnescare le bombe sarebbe servito a poco: tu avresti notato che li avevamo sabotate e le avresti rimesse in sesto. Lo stesso sarebbe accaduto se le avessimo soltanto portate via, le avresti rimpiazzate. La migliore soluzione perciò era ingannarti e confonderti lei idee. Ma quindi dove mettere gli ordigni veri? Essendo a piedi non potevamo uscire da questo posto con le bombe nello zainetto, sarebbe stato pericolosissimo, una condanna a morte. E poi non potevamo immaginare un posto dove lasciare quella roba mortale, non siamo mai stati in questa città prima. Così ho pensato a qualcosa di più raffinato, per poter conseguire tutti i nostri obiettivi...”

“Obiettivi? Che vai dicendo?” l'uomo sembrava sul punto di perdere completamente la trebisonda.

“Non ci arrivi? Prima di tutto, io volevo assicurarmi che tu non potessi usare i tuoi giocattoli per minacciare le nostre vite, ed il miglior metodo per farlo era privarti di essi in modo definitivo; dopo tutto, è lo stesso procedimento che usano quando trovano delle mine innescate in un terreno oppure una vecchia bomba inesplosa: gli artificieri non la portano via, la fanno saltare in aria. Secondariamente, questo è un sistema validissimo per dare l'allarme. Gli ordigni che avevi fatto brillare per bloccare gli accessi non sono stati uditi all'esterno per colpa delle tagliafuoco, ma per quello sul pallone aerostatico è tutto un altro paio di maniche... Il rombo fragoroso avrà attirato l'attenzione di decine di persone, le quali avranno ormai scoperto che tutti gli ingressi all'interno non sono apribili senza una buona ragione. Certo, il vetro delle finestre è di quello opaco e non permette di vedere bene da fuori quello che succede qui... E le grate sulle finestre stesse impedisce di irrompere da esse... Ma quanto ci vorrà prima che rimuovano le porte tagliafuoco con un'ascia e sgombrino il passaggio dai detriti? Dieci minuti? È meno di quel che pensi.”

L'altro sbavava di rabbia, ma Giancarlo fece finta di non vederlo: “Ed infine, c'è la ragione più importante di tutte... Fino ad oggi, noi non avevamo la prova che tu fossi l'autore di questi gesti, le altre morti, gli altri attentati... Ed io supponevo che tu non ti saresti mai fatto vedere se non avessi avuto la convinzione di essere in una botte di ferro. Non per fare l'immodesto, ma sin dall'inizio avevo ipotizzato che tu fossi da queste parti, se insieme alle bombe c'è un'antenna che deve ricevere dei segnali radio... Allora c'era da scommettere che nelle vicinanze ci fosse anche qualcuno che questi segnali li poteva inviare, per mezzo di un telecomando. E quindi ho pensato alle telecamere che sorvegliano questo luogo: speravo che questi gingilli potessero riprendere qualcosa di interessante, per esempio qualcuno con un dispositivo in mano che guardava in questa direzione, ma il tuo show di poco fa è stato molto di più di quanto mi augurassi. Tu non avevi paura di essere filmato, hai parlato come un rimbambito vanaglorioso e pieno di sé, e non ti sei preoccupato di spegnere le videocamere: tanto ai tuoi occhi ogni registrazione sarebbe stata distrutta dalla deflagrazione... Anzi, lo staff della sala di sorveglianza si sarebbe potuto insospettire, vedendo degli schermi che diventavano completamente neri. Solo che ora la situazione si è ribaltata da così a così, e sui nastri c'è riportata ogni tua parola... E non è tutto, neanche Goemon-san e Megumi-san saranno in una posizione invidiabile, una volta che la polizia avrà ascoltato tutto. Un bel regalo per Kei-chan e gli altri, inatteso da parte tua.”

“L-Li farò a pezzi, quei nastri! E farò a pezzi pure te, non dirai a nessuno quello che ti ho detto! Nessuno mi può mandare in prigione, io sono DIO!”

“Sì, potresti anche provare a cancellare le registrazioni, ma la tua situazione non cambierebbe. I nastri sono ben nascosti sotto tutti quei macchinari della sala di sorveglianza, e raggiungerli non sarà un'operazione rapida... Gli altri verranno presto qui, da fuori, non avrai mai il tempo di distruggere tutte le prove. Senza tralasciare il fatto che gli inservienti nel garage sanno che sei tu quello che ha scatenato le prime esplosioni, ed infine... Usando le tue stesse parole... Chi crederebbe sulla tua innocenza, chi crederebbe che non sei stato tu a portare qui quella bomba titanica, anche senza la testimonianza delle videocamere? Il tuo congegno non ha fatto male a nessuno, ma le tue intenzioni erano ben diverse, sarai accusato di tentato omicidio plurimo, penseranno che tu volevi massacrare tutta la gente che si è radunata qui questa sera, ed avranno ragione. Potresti persino essere condannato a morte...” In teoria, anche Satoko e Giancarlo potevano avere delle noie, avevano nascosto a tutti quello che stava mettendo in atto quel folle, però le prove dimostravano che avevano salvato la vita a dozzine di persone, li avrebbero sicuramente rilasciati dopo una breve inchiesta, una formalità più che altro.

La vera gatta da pelare era un'altra. Giancarlo sapeva che il maniaco stava bluffando, prima, quello non aveva un vero interessa a distruggere le cassette delle videocamere: era solo un mercenario che aveva già compreso di essere comunque condannato ad essere catturato, e non aveva a cuore il destino del suo padrone, non avrebbe mai aggravato la propria posizione per sbarazzarsi di alcune prove. Tuttavia, l'uomo stava iniziando a perdere il controllo di sé, e questo era qualcosa che il giovane non voleva. L'altro era ancora armato, Giancarlo doveva stare attento a quello che diceva. Ma non solo per evitare che quello sparasse... Si ricordava di quel giorno alla prefettura, quando aveva mostrato il suo lato oscuro sfogandosi su Nabiha quando questo non era più in grado di difendersi... Non voleva ripetere lo stesso errore, non voleva più essere così cinico e risentito verso il mondo intero, voleva migliorarsi, dare la dimostrazione di essere una brava persona dopo tutto. La maligna tentazione di schiacciare quel mitomane e di infierire su di lui era fortissima nel suo spirito, ma doveva essere più forte di queste sue debolezze.

Nel frattempo, il pazzo sibilò, annaspando per l'aria: “Però... Non capisco una cosa... Il tuo... Il tuo gruppo aveva sempre adorato agire tutti insieme, rimanendo compatti, restando uniti. Se tu fossi stato come loro non saresti venuto qui con solo una di loro, stamattina, ed ora non avresti accettato di avere questo faccia a faccia da solo... Se fossi stato come loro non ti saresti mai separato dagli altri, e probabilmente avrei vinto io... Perchè tu ti comporti in questa maniera... Che cosa è andato storto...”

Giancarlo non rispose.

“DIMMELO!” urlò l'altro, puntandogli di nuovo la pistola alla tempia.

Mah, forse non è una cattiva idea farlo contento, è una buona idea per guadagnare del tempo mentre i miei salvatori arrivano... “Se proprio vuoi saperlo. Sì, soggiornare qui in Giappone mi ha insegnato molte cose, sull'importanza degli amici, sulla forza che ti può essere data dallo stare insieme, e così via. Quei ragazzi sono davvero fissati con l'idea dell'amicizia, secondo me... E li ringrazierò sempre per questa lezione così inestimabile, sul serio, il fatto che abbia chiesto a Satoko-chan di darmi una mano con questa faccenda prova che io abbia appreso qualcosa da loro... Ma contemporaneamente, io non posso neanche dimenticare chi sono io.” Giancarlo fece una pausa “Durante tutta la mia vita, io mi sono occupato di tutto da solo, ho preso le decisioni più importanti della mia vita senza chiederne conto a nessuno. Forse ho sbagliato a comportarmi così in passato, non saprei dirlo... Ma anche queste esperienze vissute in solitaria mi hanno permesso di imparare molto. Capisci? Dimenticare il passato è stupido, anche se è doloroso, è molto meglio trovare il giusto modo di combinare tutti questi ricordi, questi modi di agire, in base alla situazione, alle proprie doti, ed alle necessità mie ed altrui. Non credi che sia questa, la migliore scelta possibile?”

Il ragazzo proseguì. “Il Sympathiae Sanguis, il chiodo fisso del mio bisnonno, è qualcosa di diametralmente opposto allo Spirito di Hinamizawa. Racconta di una forza che l'individuo riceva da qualcosa che ha dentro di sé, non dall'esterno tramite i suoi concittadini. È una forma di potere più... individualista, potremmo definirla così. E così... queste qui...” si guardò il braccio destro, quello ricoperto di cicatrici “Queste non sono solo il simbolo del mio passato inteso come fatti concreti, ma sono anche quello del mio passato inteso come modo di ragionare, come background in cui è stato forgiato il mio carattere... Questi tagli sono parti di me, io sono diventato un tutt'uno con queste ferite. E se è vero che non sarò mai contento di aver dovuto patire questa sofferenza, è altrettanto vero che non posso ripudiarle e rifiutarle, questi segni sono qui, questo è il mio braccio, e ciò è qualcosa da cui non posso più transcendere, finchè sono vivo.”

L'uomo si spinse con più forza contro la parete dietro di lui, mentre Giancarlo aggiunse: “Riesci ad arrivarci, adesso? Io non sono un leader, io non so fare discorsi, io non so combattere con un'arma, io non so costruire delle trappole, io non so dare coraggio ai miei amici, io non so essere una persona gioiosa, io non so trasmettere forza a chi è con me, io non so fare nessun miracolo, io non sono Dio, io non sono un Demone, io non sono nulla di speciale... Tutto ciò che ho è la mia mente e la mia anima, e quello che ho imparato dalla mia nascita ad oggi. E se essere me stesso è la strada migliore per aiutare i miei compagni... Perchè non dovrei esserlo?”

Quel terrorista mancato lo stava ora fissando con gli occhi tremanti, spaventato a morte. Lo sguardo di Giancarlo aveva assunto un qualcosa di intenso e inquietante, i suoi occhi erano completamente neri, in frantumi, identici a quelli che aveva quando era saltato addosso a Mion... Ma ora c'era anche una sfumatura rossa più chiara, dentro di essi... C'era una qualche convinzione profonda che gli consentiva di restare calmo. Ed il ragazzo andò avanti: “Io devo ancora finire di imparare da loro, lo ammetto candidamente, non sono ancora bravo a lavorare in collaborazione con gli altri, e credo di essere ancora oggi una persona insicura... Però almeno ho recuperato un poco di autostima. Tu, invece... Pretendi di essere un fenomeno, di sapere tutto, di poter battere chiunque ed in qualunque momento, ma a conti fatti... Sei solo un omuncolo che ha paura di tutto, includendo te stesso. Una persona che continua a vantarsi è una persona che cerca disperatamente di dimostrare di essere qualcuno, poiché ha paura di essere nessuno.”

“Questo non è vero! Mi conosci da neanche venti minuti, che cosa pensi di sapere su di me?” L'uomo strinse le palpebre sottraendosi a quel duello di occhiate “E non mi guardare in quel modo!”

“Quindi non sarebbe così? Ed allora perché continuavi con quello stupido ritornello prima, quel Non convieni con me...? Me lo sai dire? Certe abitudini sembrano robette trascurabili ma spesso dicono tantissimo della tua reale indole. Tu non facevi altro che ripetere quell'espressione, e sai che ti dico? Tu chiedi in continuazione se gli altri sono d'accordo con te perché tu hai il timore che ogni tua decisione, ogni tua mossa, ogni tua azione sia dannatamente sbagliata, e così cerchi l'approvazione altrui per sentirti meglio... Come un poppante che ha appena imparato a stare in piedi. Le persone che giocano con le paure degli altri lo fanno perché sanno quanto esse sono terribili: le hanno vissute in prima persona e non sono riuscite a venire a capo delle proprie, quindi credono che nessuno possa farlo e le usano come arma... Gli uomini come te sono individui che sono stati battuti dai loro incubi, e fanno di tutto affinché gli altri vivano il loro medesimo senso di impotenza. Allora, ho colpito nel segno?”

Quello doveva realmente essere un nervo scoperto. In risposta a quell'osservazione, il pazzo ruggì come una bestia mentre veniva squartata dal macellaio. Le sale erano insonorizzate ma Giancarlo temette quasi che al piano di sopra si potesse percepire comunque un urlo tanto selvaggio. Ad ogni modo, l'altro aveva definitivamente perso la testa. Il ragazzo ebbe il dubbio di aver commesso lo stesso errore fatto con Nabiha... Ma presto si rese conto del fatto che quello di fronte a lui era irrecuperabile già da molto tempo. Anche senza il suo intervento era condannato a perdere del tutto il lume della ragione, prima o poi.

Infatti, l'uomo adesso gli stava puntando addosso la pistola. “Sì-sì-sì-sì-sì-sì... Io posso essere già con un piede nella fossa, ma non sarò da solo... Ti trascinerò all'Inferno con me... Non credere di scappare, qui ci sono proiettili a iosa, e sei stato a far sì che non ci fossero uscite di emergenza... Ti sei tirato la zappa sui piedi, ed ora crepa, piccolo bastardo...”

Giancarlo si lasciò andare ad un triste sorriso. Quello era il punto debole del suo piano. Accettando quella specie di duello tra lui e quello psicopatico, aveva ottenuto tutto quello che i suoi amici cercavano: una prova decisiva contro Goemon e sua moglie, la salvezza di tutti, la possibilità di parlare con le massime autorità di Ibaraki... Ma tutto questo richiedeva un prezzo... E questo prezzo era la sua vita.

Lui si aspettava che il suo avversario avesse un'arma con sé. Potendo mettere il metal detector fuori uso il folle non aveva problemi di quella sorta, non c'erano timori di essere scoperti per lui. Giancarlo invece non aveva nulla con sé, gli addetti alla sicurezza se ne sarebbero facilmente accorti, lui avrebbe avuto delle notevoli grane e non solo lui, essendo un amico del circolo di ragazzi che chiedevano la libertà di Rika avrebbe messo anche loro in una situazione alquanto scomoda. Senza contare che non avrebbe mai vinto in un combattimento, sia che fosse a mani nude sia che fosse con delle armi; lui era sempre stato un mingherlino, troppo debole fisicamente per sopraffare un uomo armato di pistola. Inoltre, come aveva appena sentito dall'altro, non c'erano nascondigli decenti in quella sala sconfinata, né in quelle adiacenti. Non c'erano in giro chiavi per provare a barricarsi nelle stanze secondarie, ed i soccorritori non sarebbero mai arrivati in tempo per salvarlo da quella fine.

Aveva pensato a come aiutare Hinamizawa, ma si era dimenticato di prendersi cura di se stesso. Sì, lui ed Alice erano sempre stati come il giorno e la notte, agli occhi degli altri, ma avevano tante cose in comune, e questa era una di quelle... Erano fratelli, in fondo. E sarebbero morti entrambi alla stessa maniera.

Giancarlo aveva gonfiato il petto e rimaneva impassibile dinanzi al suo fato. Scappare dalla sua esecuzione era inutile, era troppo tardi per escogitare un trucco per portare a casa la pelle. Vedeva già il suo nemico che muoveva il dito per premere il grilletto, non c'era più tempo per niente.

Nee-chan, aspettami, sto arrivando...

Chiuse gli occhi sapendo che non li avrebbe mai più riaperti, mentre dalle palpebre uscivano solo lacrime.

Bang.

~-~-~-~-~

Giancarlo li riaprì quando sentì di aver urtato contro il pavimento.

Qualcuno o qualcosa lo aveva spinto via, facendo sì che il primo colpo di quell'assatanato fendesse solo l'aria. Si era graffiato i polsi finendo a terra, ma intanto era ancora vivo... Ma chi era stato? Loro due erano da soli, non c'era anima viva intorno a loro, tutte le porte e le finestre erano sbarrate, ed era a dir poco assurdo pensare che fosse stato il suo nemico a strattonarlo, la cosa non avrebbe avuto il minimo senso e poi gli bastava vedere la sua reazione furibonda per capirlo.

Chi lo aveva salvato, quindi? Qualcuno ci doveva essere, lui era fermo, non era inciampato, aveva sentito una grande forza che lo spingeva via all'improvviso... Di chi si poteva trattare? A quel punto la prima cosa che gli poteva venire in mente era che lo avesse fatto un qualche spirito. Ouka, forse? Quello spettro di cui Rika le aveva parlato? E perché mai avrebbe dovuto dargli una mano, loro due appartenevano a fazioni opposte.

Perché vuoi morire?

Qualcosa che mai avrebbe previsto di sentire. Una vocina dentro di sé. Chi era? Se l'era sognata? Sembrava la voce di una bambina, una voce che Giancarlo non aveva mai udito, però gli suonava stranamente familiare.

Perché vuoi morire? Dimmelo, perché?

Di nuovo, allora non era un frutto della sua immaginazione o dello stesso. Tra l'altro, Giancarlo pensò di essere il solo a poterla sentire. Quel bombarolo non aveva battuto ciglio, al ripetersi di quel suono, quindi non aveva captato nulla. Ma chi diavolo era?

Perché vuoi morire? Perché non desideri di vivere?

Ancora. Quella presenza le aveva chiesto per tre volte la stessa domanda senza risposta. Tre era sempre stato considerato un numero associato al divino... Che fosse il suo angelo custode? Sembrava un'idea cretina ma era l'unica che riusciva a formulare. Tanto che il ragazzo sentì il bisogno di rispondere, di giustificarsi.

“Non è che voglia lasciare questo mondo...” bisbigliò, incurante del fatto che il pazzo lo stesse sentendo e lo stesse fissando di sbieco, pensando che Giancarlo stesse ammattendo a sua volta “E' che però non ho altra scelta... Nascondersi dietro le colonne non servirebbe, sono troppo lontano da esse e quello mi sparerebbe non appena girate le spalle.”

Quindi vuoi buttare via il dono di tua sorella?

“Non lo sto buttando via. In fondo l'ho usato per dare la possibilità di vincere ai miei... amici. Va bene così, non chiedo altro per me.”

Dovresti farlo, invece, dovresti chiedere di più per te stesso.

“E' troppo tardi per fare questi discorsi. Cosa può togliermi di impiccio, adesso? Ci vorrebbe... un miracolo?”

Ed allora perché non vuoi questo miracolo? Perchè non lo brami con tutte le tue forze?

“Perché dovrei farlo? Non cambierà nulla...”

Perché non dovresti? Che cosa ti resta? Che cosa hai da perdere, in fondo?

“Io...”

Un miracolo ha bisogno di essere voluto, altrimenti non accadrà mai.

“Io...”

Se vuoi qualcosa, trova la forza di dirlo. Forse non basta per far sì che esso diventi realtà, ma devi avere almeno il coraggio di ammetterlo. Mostra la forza della tua volontà.

“Io...”

Mostra che vuoi vivere.

“Io...”

Che vuoi essere felice.

“Io...”

Che vuoi una vita migliore per te e per gli altri.

“Io...”

Che questa è la tua volontà.

“Io...”

Che questa è la tua volontà e che può sconfiggere la sua, Nii-chan.

“Io...”

“Io...”

“Io...”

“Tu?” chiese improvvisamente il maniaco, spazientito. “Che diamine vuoi, adesso? La pianti di esprimerti a monosillabi, che diventi irritante?”

“Vuoi davvero saperlo?” si decise lui “Se pensi che finisca così, ti sbagli di grosso. Io... Io voglio vivere...”

Sembrava che quelle ultime tre parole fossero state pronunciate da due persone distinte, invece che da una sola.

E Giancarlo continuò: “Vedrai, in qualche modo ce la farò... Non so come, ma ci sarà qualcosa che mi salverà... Io non voglio morire, io non voglio morire... E non morirò... E' questo quello che desidero, per me.”

“Se ci credi così tanto.” esclamò l'altro, premendo il grilletto.

Giancarlo richiuse gli occhi.

~-~-~-~-~

E fu costretto a riaprirli una seconda volta. Sentendo qualcosa di simile ad uno spiffero d'aria sul suo volto, il ragazzo si voltò verso il dinamitardo, giusto in tempo per vedere qualcosa che volava ad alta velocità e colpiva la mano con cui il suo nemico maneggiava la pistola. L'arma schizzò via e cadde a terra, mentre l'uomo fu costretto ad indietreggiare afferrando la mano contusa con quella sana; quindi, il folle dirigette lo sguardo da tutt'altra parte, lontano da Giancarlo. Che cosa stava avvenendo? Il ragazzo guardò in basso verso i piedi del suo avversario, per farsi un'idea di che razza di proiettile lo avesse salvato. E lì, vide un oggetto che conosceva benissimo.

“Quello è... il mio orologio da tasca, quello che avevo dato a...”

Qualcuno da dietro il giovane lo aveva scagliato contro il folle armato, come un lanciatore di baseball che ha come bersaglio il guantone del suo compagno di squadra. Giancarlo non sapeva che pensare... Se non che ci fosse un'altra persona, lì. Ed infatti, mentre il terrorista stava cercando di ricomporsi e riprendere in mano la pistola, un'ombra esile e scura planò rapida e leggera su di lui, passando a pochi millimetri dal ragazzo, ed elegante come una libellula essa acchiappò l'uomo per il braccio, scaraventandolo contro il muro prima che lui potesse dire qualcosa. Il malcapitato si infranse contro la parete, e dopo un grido tremendo e lancinante fece una certa fatica a rialzarsi di nuovo, con le articolazioni degli arti intirizziti dal dolore ed con lo spirito ferito nell'orgoglio. Chi aveva commesso quell'oltraggio?

Era una ragazza. Una ragazza con un completo sportivo ed una lunga, verdissima coda di cavallo.

Gli occhi di Giancarlo erano rotti dall'emozione. “M-M-M-M-M-M-M...”

“Non sai quanto mi fai ridere, mentre cerchi di biascicare il nome dello zietto.” replicò Mion “Ma un signorino gracile come vossia non dovrebbe intraprendere un combattimento corpo a corpo contro un vile come questo. Dovreste assumere una guardia del corpo affidabile, come per esempio la sottoscritta, non credi?”

“As-Assumere te?”

“TU? NON ERI FINITA SUL LETTO DI MORTE, PUT...”

Mion si diresse di nuovo verso il criminale, ed un'occhiataccia della ragazza fu sufficiente ad intimorirlo a morte, impedendogli pure di finire la frase. Lei non aveva paura, lei faceva paura, i suoi occhi non emanavano alcuna luce, erano al pari di perle lucide ma nere, scure quanto il buio più profondo della palude dell'Onigafuchi. Essi fissavano l'uomo dinanzi a lei come se fosse una preda che non poteva più fuggire, una preda da afferrare con le proprie fauci. Occhi sicuri di sé, decisi, forti. Quelli erano gli occhi di un demonio, quelli erano gli occhi della Regina dei Demoni.

L'uomo distolse il proprio sguardo da quello della ragazza, incapace di sorreggerlo, e quindi cominciò a correre gattonando ed allungando la mano verso la pistola, che era finita di nuovo sul pavimento dopo l'attacco di Mion. Ma prima che potesse raggiungerla, qualcuno sparò un colpo, che sfiorò le dita del pazzo ed andò a ridurre in frantumi le piastrelle subito accanto. Non c'era solo Mion lì, evidentemente, e l'altro capì di non avere più chance di vincere, irrigidendosi in quella posizione inginocchiata e cominciando a frignare come un lattante. Talmente immobile da permettere alla ragazza di ignorare il maniaco e aspettare tranquillamente che i soccorsi arrivassero con delle corde per legarlo come un salame.

Del resto il suo alleato arrivò subito. Un uomo muscoloso, una persona che Giancarlo aveva incontrato molto di rado, ma che non gli era del tutto sconosciuto. “Voi siete... Tomitake-san, corretto?”

“Per l'appunto.”

Mion fece le presentazioni, mentre il ragazzo raccoglieva l'arma ed estraeva le pallottole per scaricarla. Poi la giovane spiegò: “E' stato lui che mi ha raccontato tutto, dove avevano portato Rika-chan, che cosa volevate fare per riportarla ad Hinamizawa, eccetera eccetera... Irie-sensei lo teneva al corrente della situazione, e così Tomitake-san ha fatto altrettanto con me. Sai, alla Clinica non avevo trovato il dottore, mi hanno detto che è ancora a casa mia con papà, in attesa di una vostra chiamata, nel caso abbiate bisogno di qualsiasi cosa.”

Tomitake non stava sorridendo, mentre gli altri due stavano parlando. Come Giancarlo stava immaginando, Mion lo aveva incrociato all'Istituto Irie, dopo essersi ridestata. Tomitake era lì per fare un'ultima visita a Takano, era stato messo al corrente di quello che le era capitato, e voleva vederla prima che fosse cremata e riposta nella sua urna cineraria. E così, quando i due si erano incontrati, lui aveva narrato a Mion in che scenario si fossero cacciati gli altri e lei gli aveva chiesto subito di portarla ad Ibaraki, al fine di stare al loro fianco in quella battaglia cruciale. Erano arrivati in città in pochissimo tempo, senza fare le valigie, solo che per far prima avevano deciso di non avvisare neppure il medico, né il padre di Mion – i quali infatti non avevano parlato agli altri del risveglio della ragazza, in quanto non lo sapevano nemmeno loro. Fortunatamente, avevano percorso il viaggio usando il fuoristrada di Tomitake, dentro il cui bagagliaio si trovava anche un fucile di precisione che si era rivelato utilissimo per fermare definitivamente il mitomane. Tomitake era stato fondamentale, e ciò era un sollievo anche per lui: aiutare i ragazzi a vincere la loro battaglia era per lui un modo per espiare i propri peccati, per il fatto che non fosse con la sua amata Takano nel momento del bisogno. Pertanto, ora erano riusciti a sottrarre Giancarlo ad una morte triste, però per Tomitake non era il momento di essere contento.

“Ah, prima che mi dimentichi.” concluse intanto Mion, raccattando l'orologio del ragazzo che giaceva ancora sul pavimento e spolverandolo con le dita “Questo è di tua proprietà, suppongo, grazie per avermelo prestato. Credo che non si sia guastato dopo l'urto, meno male.”

“E' un cimelio molto resistente, di quelli di una volta, non li costruiscono più così robusti...” replicò Giancarlo “E comunque, non sta bene usare le cose degli altri con questa leggerezza. Non si poteva evitare di scagliarlo contro il muro? Per me questo ha un grande valore affettivo, ci sono affezionato.”

“E' sempre un piacere ricevere i ringraziamenti dalle persone che ti sono riconoscenti.” rispose Mion con un accento sarcastico “Tuttavia, mister Ingrato, il fatto è che io non sarei mai arrivata mai in tempo se mi fossi limitata a correre, e gridare a quell'invasato di fermarsi non sarebbe servito ad un accidente, e tu lo sai bene.”

“Hmmm... Sarà. Comunque” chiese il ragazzo “C'è qualcosa che mi piacerebbe sapere da te...”

“Tu vuoi sapere come sono riuscita a sgattaiolare qua dentro, vero? Sempre a fare queste richieste, dovresti cambiare argomento ogni tanto, per esempio propormi qualcosa di più galante ed audace...”

“Mii-chan!!”

“Lo so, lo so. Comunque, la chiave di tutto è stata la grata della finestra accanto alla porta.... Basta disporre di tempo, utensili adatti ed un po' di forza fisica, ed in questa maniera la si può forzare. Tomitake-san mi ha dato una bella mano, ed anche altri passanti, quell'esplosione ha fatto rizzare i peli sulla schiena a parecchi. Ci metto la mano sul fuoco, che non hai neppure sentito il vetro rotto dai nostri pugni...”

“Ehm... Ho timore che tu abbia ragione... La mia attenzione era stata attirata da qualcos'altro, io avevo pur sempre una pistola puntata alla testa, prima...” Giancarlo era imbarazzato, e Mion cominciò a ridere di gusto. Il ragazzo poi chiese “Però il mio dubbio vero era un altro. Voglio dire, quando... quando ti sei svegliata? E come?”

“Ah, dici quello... E' successo questo pomeriggio presto. Ero da sola, non c'era nessuno che mi guardava, perciò non saprei dirti come ci sono riuscita...”

“Però se parli così allora sai di essere stata in coma.”

“In un certo senso lo sapevo anche mentre dormivo. Cioè, avevo l'impressione di essere in quella situazione, ma non riuscivo ad aprire gli occhi... Ero cosciente ma allo stesso tempo non lo ero, quell'ATPC è più potente della morfina, potrei rivenderla come surrogato di sonnifero per elefanti. Non so davvero che prodigioso processo abbia avuto luogo nel mio corpo, per permettermi di riprendermi ed essere qui... Tuttavia...”

“Dimmi.”

“Ho avuto la sensazione che negli ultimi giorni qualcuno teneva la mia mano tra le sue, in quel letto... E penso che fossi tu... Mi riscaldavi un poco e quel tepore era piacevole, rilassante. Il mio sonno era migliore con quel calore... Fino all'istante in cui hai lasciato la mia mano per andar via da Hinamizawa e venire qui. Da lì in poi ho iniziato a sentire freddo, e non era per niente gradevole. Temevo di rimanere al gelo da sola, ma non solo... Se mi avevate lasciato al freddo, se mi avevate lasciato in solitudine allora doveva essere successo qualcosa di terribile, qualcosa che non volevo che accadesse... Chiamiamolo orribile presentimento... E così volevo spostarmi da quella posizione così sgradita... E quindi ho cercato di muovermi, fino a riuscire a svegliarmi...”

“Un po' come un bambino che non sente più la presenza della madre accanto e comincia a piangere... Quindi secondo te sei stata in grado di rialzarti perché me ne sono andato, è questo che stai dicendo? Allora se fossi sempre stato con te tu avresti continuato a dormire... Se lo avessi saputo prima...”

“Dovresti piantarla di rimproverarti, non credo ci fosse nessuno che poteva immaginarsi una cosa simile...” La fanciulla si avvicinò a lui, e gentilmente si mise ad accarezzargli il capo. Era una scena familiare, per lei, ma anche per lui... Era quello che Satoshi era abituato a fare con Shion, ma Mion e Giancarlo li stavano imitando a parti invertite.

“Ci siamo scambiati i ruoli...” chiese infatti Giancarlo, che se ne era accorto e si sentiva a disagio.

“Perché no? Che c'è di male? Tra noi due, tu saresti una perfetta mogliettina col grembiule ed io il perfetto maritino in giacca e cravatta...”

“MION!”

“Hai dimenticato di aggiungere l'onorifico -chan, signorino. Tu sai che cosa significa chiamare una persona così, da queste parti. Lo si fa solo tra sposini, fidanzatini o tra padre e figlia... Scegli tu...”

Giancarlo divenne più paonazzo di un pomodoro, peggio della più timida delle donzellette. Usando l'espressione Mion invece di Mion-chan aveva appena confessato che l'altra era una persona molto importante per lui, e la logica conseguenza di ciò era ovvia a chiunque. Quella non era forse la più romantica dichiarazione d'amore che si fosse mai verificata su questo pianeta, ma di sicuro era la più bislacca in assoluto.

“Stavo scherzando.” disse poi Mion, per rabbonirlo “Devi ancora apprendere molto sulle relazioni personali, caro mio, non puoi fartela sotto dalla vergogna ogni volta.”

“Questo succedeva anche a te, quando cercavi di conquistare Kei-chan.”

“Ma oggi è diverso. Tu ti stai comportando in maniera anche più sconclusionata di quanto avessi mai fatto io, così io mi sento più a mio agio adesso. Comunque, se la cosa ti infastidisce non ti tocco più la testa in questa maniera.”

“No, per me va bene, se vuoi farlo...” Giancarlo non osava guardarla in faccia, mentre lei continuava ancora a sfiorargli la nuca. “Però... Se ti piace farlo, allora... Io che cosa sono per te?”

Il sorriso di Mion si fece incredibilmente dolce “Hai presente il giorno in cui mi hai restituito la bambola? Te lo ricordi? Ci sono delle differenze gigantesche tra Kei-chan e te, potremmo dire che sei la sua nemesi, ma tra queste diversità ce n'è stata una che mi ha colpito, quel giorno. Kei-chan mi è sempre stata accanto in qualità di amico, e di nient'altro; tu invece hai fatto tutto quello che hai fatto perché io non ero solo un'amica per te... Quando mi hai fatto mostra delle tue ferite, quando hai riparato la mia bambola, quando hai cercato di darmi la forza di ripartire da capo... Un ragazzo confusionario e chiuso come te non troverebbe la sfacciataggine per fare tutto questo, senza una ragione forte. E non mi riferisco soltanto al bisogno di fare la cosa giusta, ma a qualcosa di più personale e sentimentale.”

“Era tutto... così visibile?”

“Per me, sì... Ma io avevo paura di quello che poteva accadere... Gian, posso chiamarti cosi? Il punto è che io avevo paura di rimanere di nuovo deluso, come quel giorno alla prefettura. Io non volevo più ferirmi con i miei stessi sentimenti, avevo paura che neanche tu fossi la persona giusta...” la voce di Mion era ora rotta, e toccò ora a Giancarlo prenderle la spalla, portarla vicino a sé ed incoraggiarla.

“Mion-ch... anzi, Mion... Io lo capisco, non ti farò una lavata di capo per questo.. Ma se tu senti ancora il bisogno di fare qualcosa per poterti perdonare, allora abbiamo qui di fronte a noi una gran bella chance. I nostri amici sono ancora lassù che devono finire la loro parte, sarebbe sciocco non andare a ricongiungerci con loro.”

“Hai ragione. Ormai sono convinta che ce la faremo, il nostro club è forte, ogni suo membro lo è. Inclusa me, incluso te. Se tu trovi la forza per non ledere il corpo di questo povero zietto neanche sotto gli effetti della Sindrome, devi essere qualcuno di speciale, a modo tuo. Mi sbaglio?” Mion era divertita di vedere come l'altro lo fissava, Giancarlo era un po' seccato di sentire quella maniera così poco canonica di ricevere dei complimenti.

“Ehi, lì dentro! Avete bisogno di qualcosa?” chiese qualcuno da fuori la finestra infranta.

“Sì, dateci una mano!” rispose Giancarlo “Vi prego, uno di voi chiami la polizia, questo criminale va ammanettato e portato alla centrale di polizia, e poi cerchi soccorsi. Gli altri vadano all'altro ingresso a sgomberarlo dai detriti, ci sono altre persone nel garage, verrà loro un attacco di cuore se qualcun non li va a salvare!”

Il loro interlocutore prontamente eseguì la richiesta, ed in pochi secondi un agente che pattugliava la zona entrò per prelevare il dinamitardo, che ormai era più una statua di sale inerte che un essere vivente. Dopo averli visti allontanarsi, Mion chiese: “Non dovremmo usare una scala per raggiungere le finestre al primo piano? Se ci vedessero al di là del vetro capirebbero subito che qualcosa di importante è accaduto, qua sotto. E poi ci tengo a far loro vedere che ora sto bene.”

“Ci ho pensato anche io, ma tutte le finestre di questo edificio sono sigillate in modo da schermare ogni suono, e poi prima di entrare ho notato che ci sono tende che coprono tutti i vetri del primo piano. Non ti noterebbero mai... E scardinare le grate del primo piano sarebbe inutilmente pericoloso, con solo una scala e senza una vera impalcatura esterna. Quanto alle scale antincendio, possono essere usate solo per uscire dal palazzo, non per entrare, in quanto le porte che da esse conducono dentro non possono essere aperte dall'esterno a meno che le blocchi con un cuneo di legno o con un altro oggetto che impedisca loro di chiudersi... E poi non siamo più di fretta, con l'ultima esplosione questo posto è stato bonificato da cima a fondo dalle bombe: è molto più ragionevole ritornare alla porta che collega questo piano con quello superiore e ripulirla dalle macerie. Una volta che avremo finito la porta sarà di nuovo apribile e gli altri potranno uscire senza patemi.”

“Ai vostri ordini." Giancarlo, Mion e Tomitake cominciarono a spostare le pietre ed i pezzi di cemento, collocandoli a lato della porta. Ma il ragazzo era ancora assorbito da un pensiero subdolo e ricorrente, che continuava a sfiorargli la mente. Stava continuamente lanciando occhiate alla pistola che il pazzo aveva lasciato cadere e che chissà come era rimasta lì senza che l'agente intervenuto non l'avesse raccolta. Guardava l'arma, e guardava anche il soffitto sopra la propria testa.

“Mion” chiese infine, interrompendo il proprio lavoro “Sarebbe così brutto se usassi questa per sparare a Goemon-san, per prendermi la mia vendetta? Dopo quello che hanno fatto a... a mia sorella... So che quell'uomo è un tuo parente, però ha commesso così tante malefatte che non merita più di vivere e...”

“Certo che sarebbe sbagliato!” lo sgridò Tomitake “Vuoi farti arrestare per colpa sua? Non dovresti neanche pensare di fare questa...”

Ma Mion lo arrestò con un gesto gentile del braccio, dicendo: “Gian, tu sai già la risposta, sai già che sarebbe orrendo rovinare tutto con questa pazzia. Lo sai già, se tu volessi davvero ammazzarlo, se tu stessi anche solo valutando l'idea, te lo saresti tenuto per te, l'avresti tenuto segreto finchè non avessi avuto occasione di sparargli. E poi quell'arma ora è scarica, i proiettili sono stati estratti prima, con che vorresti colpirlo allora? Questa tua esclamazione non rappresenta la sua reale volontà, questa è piuttosto... uno sfogo amaro...”

Gli occhi di Giancarlo si inumidirono, stavano ammettendo questa verità. Prese la pistola per porgerla a Tomitake, e poi confessò, tra un calcinaccio e l'altro: “Sì, avete ragione. Goemon-san e Megumi-san riceveranno la loro giusta punizione, ma non da me. Sarà qualcosa di giusto e legale che li fermerà, è questo il modo corretto di agire. Abbiamo battuto tutti i loro sottoposti, loro sono i prossimi.”

“E' questo lo spirito.” esclamò Mion, prima di poggiargli una mano sulla spalla. “Ah, mi stavo dimenticando, scusami per questo... Sono dispiaciuta per quello che è stato di tua sorella. Veramente, mi piacerebbe tornare indietro per far sì che questo non fosse mai accaduto.”

“Alice...” sussurrò lui “Sì... Alice... Io... Io...”

Giancarlo smise di lavorare, guardando la ragazza. Era stufo di mentire a se stesso, non poteva più respingere quello stimolo irrefrenabile che lo spingeva a piangere. Ed allora, lui abbracciò la sua fidanzata, e premendo il capo sul petto di lei si sciolse in un fiume di lacrime di sconforto.


Nota dell'autore: Siamo in dirittura d'arrivo, 4 capitoli ancora + epilogo :=)

Avevo pensato a tantissime varianti per questo ultimo paio di capitoli, strutture ed intrecci narrativi diversi, esiti diversi (Giancarlo che muore veramente, ma sarei stato cattivo...). Cercare di rendere l'idea prima di un palazzo da cui non si può uscire, poi di una bomba che non può essere fermata, poi ancora di una svolta decisiva... E' tosto, ma tutto sommato non mi dispiace il risultato.

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Capitolo 59
*** Il ballo di Cenerentola ***



Capitolo 58: Il ballo di Cenerentola



Ibaraki, 2 Marzo 1984

Più o meno mentre Mion stava facendo la sua entrata in scena al piano inferiore, ossia dopo l'ultima, grande esplosione, Sonozaki Goemon era ancora barricato nell'angolo in cui il suo complice gli aveva intimato di restare, ma stava ora cominciando ad innervosirsi. Lui sapeva che gli ospiti della festa avevano smesso di salire lì sopra alle nove in punto e si aspettava che la famigerata «Ora X» sarebbe giunta poco dopo, al massimo con qualche minuto di ritardo, invece sembrava che stesse passando un'infinità di tempo senza che non ci fosse nulla... Ed aveva iniziato a chiedere con insistenza che ore fossero, nevrotico, visto che in quanto carcerato non aveva nessun orologio al polso. Le varie risposte che riceveva erano contraddittorie, c'era chi diceva che fossero ancora le nove, c'era chi sosteneva che fossero già le nove e dieci... Goemon sperava che i suoi timori fossero infondati, che la sua brama di vederli tutti morti lo stesse inducendo ad avere fretta, a pensare che il tempo trascorresse più velocemente di quanto non fosse. Ma quando gli fu risposto che erano quasi le nove e mezza, giunse infine alla conclusione che il caro patito delle bombe aveva fallito.

Questa non ci voleva... Lui conosceva la natura del suo sottoposto, quello non era come la sua guardia del corpo, o come Nabiha, o come Seohara. Se lo avessero interrogato avrebbe sputato il rospo senza fare tanti complimenti, con buona pace dei problemi che avrebbe causato ai suoi padroni. La polizia avrebbe scoperto tutti i misfatti che lui aveva commesso in quei mesi e la sua permanenza in prigione si sarebbe allungata di svariati anni, anzi non sarebbe più uscito dalla cella... Perché quell'imbranato non aveva fatto piazza pulita alla stazione ferroviaria di Ibaraki, per esempio, invece di prendere di mira il palazzo in cui si trovavano adesso? In modo da bloccare i ficcanaso e rendere più difficoltosi i loro spostamenti verso Hinamizawa? Ma no, quello andava matto per i fuochi d'artificio, se non faceva qualcosa di spettacolare non era contento... Però Goemon si rese poi conto che neanche la sua era una buona idea, i treni non sono gli unici mezzi di trasporto esistenti ed anche senza binari i suoi avversari avrebbero potuto facilmente affittare una macchina e svignarsela, dopo la fine di quel gala.

L'uomo si sentiva come se stesse perdendo il suo autocontrollo, stava formulando teorie e congetture sballate, e prendersela con gli altri era solo deleterio per lui. Doveva stare calmo e mantenere il sangue freddo, e poi doveva soffermarsi sul creare qualche scappatoia. Escogitare qualcosa per rendere meno critica la sua posizione nei confronti della legge... Ma intanto doveva vincere la sua guerra contro quei decerebrati che si professavano protettori di Hinamizawa. Per farlo bisognava solo tenere Rika lì in quella città fino a mezzanotte, affinché non potesse partire e raggiungere il suo villaggio prima che fosse troppo tardi. Doveva solo guadagnare meno di tre ore, a partire da adesso, non un minuto di più: bastava che il questore ordinasse ai suoi sgherri di trattenerla almeno per la notte, anzi anche meno di una notte... Il suo trionfo era ancora a portata di mano...

Goemon cominciò a valutare pro e contro di ogni possibile decisione. Aveva pochi istanti per farlo, da quell'angolo poteva ascoltare le accese parole di Keiichi che spiegavano a tinte vivaci la loro situazione a tutto il pubblico della sala. Tutti i partecipanti della vesta li osservavano come se stesso recitando un melodramma, ed anche i poliziotti lì presenti li guardavano divertiti. Sia Goemon che i ragazzi erano considerati alla stregua di un puro spettacolo di intrattenimento, ed era fior di dubbio che il questore avrebbe fatto vincere lo schieramento che più lo aveva entusiasmato... Ma forse quell'atteggiamento degli ospiti avrebbe potuto anche essere usato a suo favore. Certo, doveva pensare attentamente a cosa dire.

Goemon notò che alcuni gli si erano fatti vicino e che lo invitavano a lasciare quell'angolo per fare un passo avanti e ribattere a quello che stavano dichiarando sul suo conto. Che cosa poteva inventarsi? La miglior mossa era costruire una teoria che non potesse essere verificata in quattro e quattr'otto, qualcosa che convincesse le autorità ad affermare Non possiamo rilasciare la vostra amica perché non siamo del tutto sicuri, per ora... Ma che cosa poteva andare bene per un simile scopo? Ad una prima occhiata non vi era bugia che poteva riuscire in un miracolo del genere. Goemon del resto non si aspettava di doversi divincolare da una situazione come quella, pensava che tutti gli altri sarebbero crepati prima, così non aveva pensato a nulla di appropriato.

Mordendosi le labbra, scrutò la moglie. Megumi era a breve distanza da lui, probabilmente lei condivideva con lui il suo desiderio di mettere i bastoni tra le ruote a quel branco di mocciosi, ma la donna non stava facendo nulla di concreto. Stava lì, immobile, zitta, come collaboratrice non valeva un fico secco. Perché non si era sbarazzato della consorte mesi fa? Che se ne faceva? Era solo una palla al piede, una persona noiosa che sputava sentenze su chicchessia ma che poi tornava utile solo in qualità di elemento della famiglia Sonozaki, ma a parte quello non aveva abilità personali da sfruttare... Dopo tutti quei mesi di convivenza sua moglie non si era guadagnata il suo rispetto, vista la sua pochezza lei poteva anche morire per lui. Se lo sarebbe meritato.

“Non volete esercitare il vostro diritto di difendervi, allora?” gli chiese all'improvviso direttamente il questore, irritato da quella reticenza da parte di Goemon.

“Non può farlo” disse Keiichi “Nessuna menzogna può cancellare il fatto che sia lui il responsabile di tutto, e lui ne è consapevole.”

“Posso farlo invece” rispose infine Goemon, guardandolo come un serpente “Dammi solo un secondo per pensare alle parole adatte.”

“Oppure ad una fandonia adatta.”

“Chiudi il becco e lasciami il mio diritto di replica, mi vuoi levare anche questo?” ribatté l'uomo, nervosamente.

Nondimeno, Goemon era conscio di trovarsi in una posizione spinosa e non sapeva come uscirne. Mettere in piedi una bugia e continuare a sostenere che Rika avesse preso parte alle torture su Seohara? Ma quell'altro ragazzo si stava rivelando essere un eccellente oratore, Goemon lo sapeva sin dalla Guerra delle Frane quando i suoi servitori gli avevano riferito del discorso del giovane alla prefettura. Keiichi avrebbe individuato la falla nella sua teoria in un battibaleno, assistito dai suoi stupidi amici. Goemon invece doveva guadagnare tempo, con un qualche sotterfugio, ed allora...

… Ed allora gli sembrò che gli occhi di Keiichi si stessero arrossando, come se da esse sgorgasse sangue a non finire. I suoi occhi stavano assumendo un aspetto minacciosamente demoniaco, si stava tramutando in un mostro assetato di sangue, ed anche i suoi amici, ed anche tutti gli altri astanti... E' assurdo, non può essere... Che cavolo...

Goemon scosse la testa, e quando riaprì gli occhi tutto era tornato alla normalità. L'uomo non sapeva che pensare. Un'allucinazione, quindi? E dovuta a cosa? Stanchezza? Nervi tesi? Paura? Digrignò i denti, dopo quell'ultima parola.

Ma nessuna di quelle poteva essere la risposta esatta... Anche altri partecipanti all'interno della sala si stavano massaggiando le tempie con le dita, oppure avevano uno sguardo incredulo come se avessero visto qualcosa di sorprendente... Stavano vivendo la sua stessa esperienza, forse? Avevano visto qualcosa di irreale sul volto di quel giovane? No, li poteva udire mentre vociferavano bisbigliando tra loro, spettegolando di cose varie... Ombre scure, mostri, od altre entità disturbanti... E tutti erano un po' presi dall'apprensione, notando come la loro fosse un'allucinazione di gruppo. Per l'amor di Dio, che cosa sta accadendo?

Per lui era difficile pensare che fosse opera di Ouka, quello spirito lo avrebbe certamente informato prima di questa eventuale mossa, invece ora lei non si faceva vedere da nessuna parte per dare spiegazioni. Probabilmente la sua discendente l'avrebbe localizzata se lei fosse stata lì, quindi Goemon riteneva che Ouka stesse cercando di far perdere le proprie tracce, di agire rimanendo nell'ombra. Però avrebbe dovuto avvisarlo prima... Oppure neanche lei centrava niente con quelle visioni?

Ma finalmente gli arrivò una risposta, e dalla fonte più inaspettata. Sua moglie gli si era accostato e senza neanche guardarlo in faccia gli rivelò: “Ora hai capito che ho combinato, mentre li stavamo attendendo...”

“Hmm?”

“Hai notato tutte le candele sui tavoli e sui candelabri appesi alla parete? Ho... aggiunto qualcosa di speciale a quelle fiammelle, mentre tu te ne stavi impalato in quell'angolino. Renderà tutto molto più pepato.”

“Qualcosa di speciale, dici? Alludi all'incenso che ti sei portata dietro, se ho capito bene.”

“Appunto. Con quella polverina puoi fare quello che vuoi. Costringerli a farsela sotto, azzerare la loro volontà, convincere il questore che sono loro i colpevoli... Fa' la tua scelta.”

“Oh, grazie mille per il gentile pensiero.” rispose Goemon. Sì, quella della moglie era una buona trovata, aveva portato quella sostanza da Okinomiya, immaginando che prima o poi avrebbero affrontato i loro nemici... Era la loro estrema risorsa. Forse non dovrei lasciarla morire, almeno adesso sta mostrando di avere una sua utilità. Meglio tardi che mai... Dovrei trovare una qualche idea che le permetta di sopravvivere, però se le raccontassi della Sindrome non si fiderebbe. Quindi... Potrei ricorrere all'ATPC, magari prelevandolo una volta che Mion-san avrà tirato le cuoia. Basterò fare una controllata ai gruppi sanguigni che possiedono, ma ci penseremo prima o poi.

Nel frattempo, anche Akane aveva ascoltato quello che la signora aveva detto al marito. E subito aveva alzato la voce, senza riuscire a celare una certa dose di panico: “Megumi, hai davvero fatto ricorso a quello?”

“Ah-ha...” aveva replicato l'altra, annuendo.

“Di cosa... state parlando, adesso?” chiese Rika, la quale stava iniziando a sua volta a soffrire di convulsioni.

“Oh” snocciolò Megumi “E' un piccolo trucchetto di magia che i Sonozaki usano da generazioni, al fine di instillare la paura nelle persone che devono avere a che fare con loro. Anche la vostra amichetta dormiente lo conosceva, presumibilmente, ma stasera non è qui per mettervi in guardia dai suoi effetti... Che peccato, non credete anche voi?”

“Akane-san, potete spiegarci a che si riferisce? Quella lì si sta divertendo a restare sul vago e tenerci sulle spine.” chiese Satoko, che stava iniziando a sentire le stesse sensazioni di Rika, al pari ormai di tutti gli altri.

“E'... ugh... Una sorta di intruglio che se bruciato produce un gas inodore dagli effetti allucinogeni. Grazie a Dio è sostanzialmente innocuo a lungo termine ma nei minuti successivi all'inalazione può produrre visioni come quelle che stiamo vedendo... Il fatto è che prima hanno lasciato Megumi-san da sola quassù, erano tutti o quasi al piano di sotto e così lei ha avuto tutto il tempo di piazzare la sostanza ed aspettare che i vapori facessero effetto. Ora l'aria è satura di quella roba.”

“Non possiamo aprire le finestre per far cambiare l'aria, allora?”

“Non faremmo più a tempo, credo. Anche se le spalancassimo adesso per avere più ossigeno, il gas che abbiamo già inspirato nel nostro corpo ci farà avere le traveggole per i prossimi venti o trenta minuti, questo è quello che i libri antichi del Maniero hanno sempre riportato. Dovremo trovare il modo di gestire nel modo opportuno queste visioni, prima di poter affermare di essere di nuovo a posto. State attenti, non è uno scherzo, quelli non ci daranno un attimo di tregua...”

“Non sono sicura di aver capito del tutto. Siamo in pericolo, quindi? E di cosa?”

“E' difficile spiegarlo, diventa tutto molto più ovvio una volta che lo provi sulla tua pelle. Capirai presto quello che intendo. Anche se non credevo che quella roba fosse così efficace...”

“Almeno, mi dici che roba è? Una droga?”

“Potremmo definirla così... Ma non causa dipendenza se non la assumi troppo spesso, se vuoi sapere questo. Comunque, il fatto che sappiamo di che cosa si tratta non ci salverà necessariamente. Megumi certamente sa come adoperarla, si è portata quella polvere fin qua di proposito, ed anche Goemon deve saperne qualcosa di come funziona. La impiegheranno... per costringerci a compiere azioni che non vogliamo fare e dire cose che ci potrebbero mettere nei pasticci. In questo momento, quei due sono come streghe con il potere di evocare le nostre peggiori paure, i nostri incubi più spaventosi, i nostri ricordi più tristi. Insomma, tutte le cose che noi vorremmo tanto rimuovere dalla nostra mente, ma che sono ancora lì...”

“Che cosa significa? Che...”

“Quanti dubbi che ti frullano in testa.” mormorò Megumi, che l'aveva sentita “Vuoi una dimostrazione pratica? Sarò lieta di dartela. Ormai il gas ha fatto effetto, possiamo dare inizio alle danze...” La loro avversaria li aveva lasciati parlare per un po', quel senso di incertezza che serpeggiava tra i ragazzi poteva fare al caso suo. Ma ora era per lei il momento di passare all'azione.

Prima che però potesse farlo, Rika ed Hanyuu si scambiarono un paio di occhiate molto significative. Akane non si ricordava che quella polvere fosse così potente, e si stava parlando di qualcosa che assomigliava a della magia... Doveva essere opera di Ouka. La loro parente ci aveva messo lo zampino, potenziando esponenzialmente gli effetti del gas; doveva essere quella la sua parte nella battaglia finale, e probabilmente aveva disseminato quell'operazione di una serie di sorprese che nessuno poteva aspettarsi. In fondo svelare quello che si trovava nei cuori delle persone era il suo più grande dono, lei stessa lo aveva dichiarato, quindi non c'era nulla di strano nel fatto che quegli incubi stessero prendendo forma. Che quegli spettri non fossero solo fantasmi incorporei, che potessero avere il potere di attaccarli sul serio? Impossibile saperlo prima di vederlo con i propri occhi, ma era fondamentale tenere alta la guardia. Almeno ora sapevano quale parte avrebbe recitato la loro antagonista, era pur sempre un grattacapo in meno.

Rika ed Hanyuu osservarono quindi Megumi che si rivolse a Rena, dicendole: “Ryuugu-san, non avevo occasione di discorrere con voi da molto tempo, da prima del vostro piccolo incidente...”

La ragazza dai capelli castani indietreggiò all'istante, rinculando un poco con la sua sedia a rotelle e ruotandola in modo da fissare la donna mettendosi di tre quarti.

Megumi proseguì: “Quando avevamo invitato i tuoi amici a venire a Kiyotsu, per fare quattro chiacchiere con noi, tu non avevi potuto partecipare, eri immobilizzata nella clinica del tuo villaggio insignificante, mi ricordo bene? Noi avevamo parlato anche di te, quella volta. Sappiamo della tua vita precedente qui ad Ibaraki, abbiamo scoperto parecchi cosette... Quanto spesso ti sei fermata con i tuoi compagni a parlare di quello che hai passato qui? Non sarei sorpresa se la risposta fosse mai... Però in questa città tu avevi degli amici, una volta. Avevi degli amici, degli ottimi amici, e non solo quelli...”

Rena si guardò intorno con occhi tremuli. Accanto a lei, quattro figure erano apparse, come fantasmi del suo passato. Le prime tre appartenevano ai ragazzi di Ibaraki che avevano tentato di farle violenza tanto tempo fa, e tra essi vi era Seohara il quale faceva sfoggio del suo collo sfigurato, trafitto da tutti i graffi che si era fatto prima di morire a causa della Sindrome. La quarta, invece, era quella di Ozaki Nagisa, sorellastra di una dei tre assalitori, e pure una delle pochissime amiche di Rena ad Ibaraki. Quegli spettri la stavano circondando immobili come statue, fissando in maniera totalmente inespressiva la giovane prostrata sulla sua sedia a rotelle, del tutto simili a quattro torri di pietra costruite ai quattro angoli di un castello medievale.

“Ad Hinamizawa tu stavi conducendo la tua esistenza come se questi non li avessi mai incontrati, non è vero? Tuttavia non si può avere l'arroganza di far finta che il passato non sia mai accaduto. Non hai mai fatto loro visita dopo la tua partenza, non hai mai lasciato il tuo caldo nido, avevi il terrore di fare un passo fuori dal tuo villaggio, peggio di una bambina che ha paura di allontanarsi dalla sua mammina. Non è forse così?”

“No, ti sbagli.” rispose Daijiro, prima che Rena potesse farlo “Tu vorresti cercare di farla sentire in colpa, come se in quella storia fosse lei quella nel torto, e gli altri no. Ma io ti dico che se loro tre avessero voluto davvero provare a chiedere scusa, allora sarebbero venuti loro ad Hinamizawa per visitarla, o come minimo avrebbero fatto una telefonate per tastare la situazione e capire se c'era lo spazio per una riappacificazione. Ed invece non hanno fatto niente di tutto ciò, né Seohara-san né gli altri due: quei miserabili non avevano alcuna intenzione di pentirsi e fare ammenda per i loro peccati. Non posso sapere se hanno preferito stare lontani da lei per cercare di rimuovere quel giorno dalla loro mente oppure perché pensavano di non aver fatto nulla di grave, però in entrambi i casi Ryuugu-san non ha fatto nulla di male. Se vuoi insultare qualcuno, insulta quelli che hanno cercato di rovinarle la vita, lascia stare la loro vittima.”

“Come sai che stiamo parlando proprio di loro?” spalancò gli occhi Rena “Queste visioni dovrebbero essere solo mie, dovrebbero essere generate da ognuna delle nostre menti, quindi le mie dovrebbero essere diverse dalle tue, le nostre vite sono state sempre separate fino a pochi giorni fa... Però tu... Riesci a vederle comunque?”

“Io... Non saprei dare una valida risposta... Fatto sta che riesco a scorgere anche io quello che scorgi tu...” Daijiro si era lievemente imbarazzato.

“Oh, capisco.” sorrise Rena “Condivisione delle emozioni... E' carino da parte tua...”

Daijiro arrossì un poco: “Fo... Forse. Considera che ho visto le fotografie di quei ragazzi, le loro immagini erano sui ritagli di giornale che ti aveva spedito Seohara-san, e quest'ultimo l'ho conosciuto di persona. Solo che vorrei che mi fosse chiara una cosa...” Il ragazzo indicò lo spettro dall'apparenza femminile “Chi è lei?”

“Oh, Nagisa-chan... Lei è... Una parente di uno dei tre ragazzi di quella combriccola. Lei era una delle persone che mi capivano un poco, ad Ibaraki, non ce n'erano mote come lei, anzi forse era l'unica che si sforzava di comprendere come mi sentivo... Ma francamente devo ammettere che non le davo molto ascolto, dopo il divorzio tra i miei genitori avevo solo un'idea fissa che mi girava in testa... Trovare il modo di tornare a casa mia, ad Hinamizawa.”

“E tu ti definiresti sua amica?” sputò sentenze Megumi “Oh, che bella amica che eri per lei... Non l'hai mai degnata di una telefonata, di una visita, per dirle che ti stava succedendo o per chiederle come stava...”

“Sarebbe interessante sapere come fate a sapere certe cose, signora.” ribatté Daijiro, che non sopportava proprio di vedere come Megumi se la prendesse con Rena.

Ma la ragazza lo rassicurò. “Va tutto bene, Daijiro-kun. In effetti io non ho mai cercato di mettermi in contatto con lei, ma se non l'ho fatto è perché lei non poteva rispondermi. Nagisa-chan è deceduta qualche tempo fa, un camion l'ha investita... Me ne aveva parlato un'ufficiale, mentre ero sotto scorta. Sai, ogni tanto si davano il cambio e talvolta venivano anche da qui...”

“Posso conoscere il nome dell'ufficiale in questione?” chiese il questore, incuriosendosi sul caso e desideroso di verificarlo per appurare se la giovane stesse dicendo la verità o se stesse solo recitando.

“E' una donna, il distintivo che mi aveva mostrato diceva che si chiamava... Minai Tomoe-san... Potete chiederle altri dettagli in seguito, se la storia vi intriga.” Rena sollevò il capo “Ma non è questo il punto della questione. Il punto è che forse sapete che i genitori di Seohara-san sono venuti a trovarmi, alla Clinica, ed hanno implorato sinceramente il mio perdono per quello che il loro figlio mi ha fatto, ed io sono loro estremamente grata per questo gesto. E sono sicuro che anche i padri e le madri degli altri due coinvolti nella vicenda farebbero altrettanto, se venisse loro rivelato dove sto attualmente. In conclusione, per quale ragione io dovrei fare piazza pulita del passato? Tu stai affermando che è questo quello che voglio fare, ma non è così, non è vero, tu non sai niente di me, tu non sai niente di Ryuugu Rena. La sottoscritta accetta la sua vita ad Ibaraki in quanto parte saliente della sua esistenza, ed anche se non ne vado particolarmente fiera conservo comunque i ricordi di quel periodo. E questo perché io voglio fare ricorso a quelle memorie, un giorno, quando risulteranno fondamentali. Quando i miei amici saranno preoccupati, o tristi, o arrabbiati per qualcosa che è accaduto loro... Io mi avvarrò delle emozioni che ho provato quella volta, per riuscire a capirli e ad aiutarli. La mia vita è la mia risorsa più preziosa: la mia vita passata, quella presente e quella futura sono tutte ugualmente importanti per me. Non cercare di indurmi a ripudiare una parte di me, Megumi-san, non ci riusciresti.”

Agli occhi di Rena, lo spirito di Nagisa parve sorridere dolcemente, felice per le parole che la sua amica aveva orgogliosamente pronunciato; quindi, tutte e quattro le figure spettrali svanirono, mentre Daijiro teneva la mano alla compagna, ed i due giovani insieme guardavano nel cuore di Megumi con fermezza.

“Ara ara, e questo sarebbe il tuo brillantissimo piano, Megumi-san?” commentò Satoko “A me sembra piuttosto una trovata mediocre... Spaventarci con degli ectoplasmi, ci prendi per bambini in fasce che devono ancora iniziare a crescere... Ed allora perché non parliamo della qui presente, per risparmiarci un po' la fatica?”

Accanto alla fanciulla, si stagliava ora la figura di Teppei, e la memoria dei mondi passati stava iniziando a sgorgare da un cassetto nascosto della sua mente, andando a miscelarsi con quella della sua vita presente, anche se lei non ne era completamente conscia: “Al contrario di Rena-chan, io non provo nessuna compassione per questo qui. Tuttavia, pure lui mi ha insegnato una lezione, anche se non aveva certo intenzione di farlo. E non sto parlando solo dell'importanza di essere autosufficiente ed indipendente dal mio Nii-Nii, non solo dell'essere una persona forte. So bene che mio zio e mia zie erano individui crudeli, ma Teppei era anche un codardo, oltre che un cattivone. Lui desiderava tornare a casa dei miei solo perché aveva una fifa blu di affrontare quelli che avevano fatto la pelle alla sua amante; ad un primo acchito era un mostro, ma in realtà era in grado di fare il prepotente solo con chi era più debole di lui. Ed io non voglio essere come lui.”

Lo spettro al suo fianco scomparì, come risucchiato da un buco nero verso un luogo dove non avrebbe intimorito più nessuno. “Io sarò diversa. Io voglio essere forte, in modo da non dipendere completamente da Nii-Nii o da chiunque altro. Però voglio anche fare a meno della mia forza, quando è il caso di farlo. La potenza è nulla senza il controllo, dicono... ed infatti io adoro preparare trappole, dare fastidio, stuzzicare quelli che considero miei amici, ma lo faccio solo se so che loro sono in grado di difendersi. Keiichi-san è un valoroso antagonista, anche se fondamentalmente è uno zotico villano, e se a scuola lo sfido a ripetizione è perché sono consapevole che lui è in condizione di replicare alle mie offensive, così solitamente mi rivolgo a lui quando cerco un leale avversario. Ma non farei lo stesso con uno dei miei compagni di classe più piccoli, per esempio, anche perché non ci sarebbe gusto.”

“Non potrei essere meno d'accordo” aggiunse Satoshi, vedendo con la coda dell'occhio l'immagine di sua zia Tamae alla sinistra “Ed io devo confessare che la maturazione di Satoko ha avuto delle profonde influenze anche su di me. Ora lei sarebbe in grado di vivere da sola, senza aver bisogno di essere sostenuta da me o da Shion, che ha sempre fatto molto per lei. Se lei riesce a superare tutte le difficoltà che le si parano davanti ed a divenire così fiduciosa nei propri mezzi, cosa impedisce a me di fare la medesima cosa? E' questo, ciò che mi sono detto tra me e me, dopo essermi risvegliato dal coma. Credo di non essere così imbranato come in passato, posso affermarlo a testa alta: non sono più paralizzato dai timori per la salute della mia sorellina, diversamente da qualche anno fa, il che mi ha permesso di accrescere la mia autostima. Penso di essere stato realmente d'aiuto per i miei amici, che è una cosa che non avrei mai sperato fino a qualche tempo prima. Questo è qualcosa di meraviglioso.”

“Anche io la penso come voi.” concluse Shion. Al suo fianco vi erano due immagini: quella di sua nonna Oryou e quella di sua sorella Mion, con l'aspetto truce e freddo che le avevano mostrato il giorno in cui l'avevano costretta a recidersi le unghie, in segno di distinzione. “Una volta io disprezzavo il mio clan... Ma recentemente ho cambiato il mio modo di vederlo, ed ora so che è vitale difenderlo e prendersi cura della sua prosperità. E nonostante avessi promesso che non mi sarei intromessa con gli affari di famiglia, ho dovuto rompere il giuramento; eppure sono convinta che la nonnina non mi avrebbe fatto chissà quale ramanzina, se fosse stata ancora in vita per farlo, avrebbe riconosciuto la mia buona fede. Il tatuaggio che designa l'erede dei Sonozaki è sulla schiena di Onee, non sulla mia, ma ciò cambia poco... Il nostro casato, al pari di tutta Hinamizawa, è qualcosa che appartiene anche a me, ed è mio compito fare quello che è necessario per il loro benessere, non siete d'accordo? Onee, la nonna... Mi mancano, anche se anni fa quasi le detestavo... Ecco perché...” si appoggiò un dito sulla fronte, passandoselo sopra gli occhi come a ripulirsi la pelle dal suo stesso sudore e tracciare al contempo una riga con un pennarello immaginario “Ecco perché non ho proprio voglia di lasciarti fare quello che hai intenzione di farci.”

Gli altri le sorrisero, annuendo, mentre Goemon li fissava pensieroso. Non sta andando bene... Per niente. Questa battaglia sta diventando una noiosa lezione di vita piena di roba mielosa e sdolcinata, altro che duello epico. È tutta colpa di Megumi... Ha scelto la tattica sbagliata, ma alla fine offendere ed attaccare i suoi nemici a testa bassa è l'unica cosa che sa fare. Ma lasciamo stare le critiche inutili, ora... Che cosa dovrei ideare? Non posso spaventare questi cuori di leone, sembrano averne già passate abbastanza alla faccia della loro età e hanno l'esperienza che serve loro per mantenere il sangue freddo... Però posso provarci con gli altri, ed anche con il questore... In fondo è lui che devono convincere, una parola di troppo e loro sono finiti.

“«Devo fare quello che è necessario»... Sei spassosa, sul serio” replicò alla fine, indirizzando la sua frase a Shion “Stai parlando come se tu fossi la leader della tua famiglia, adesso. Hai fatto presto a lasciarti tua sorella alle spalle... Perché non ti sei proposta come candidata, durante gli altri raduni del clan? Avresti avuto il mio voto.”

“Come se avessi potuto.” rispose lei, dispiaciuta.

“Perché no? Tu in fin dei conti mi dai l'aria di essere una ragazza che non teme le responsabilità. Ti sei presa cura di quell'altra bambina lì con te, come una signorina apprensiva che non si dimentica di niente e nessuno... E poi Mion-san è tua sorella gemella, te lo sei scordato? Niente di più naturale che rivendicare il suo posto, una volta che lei sparisce di scena. Riflettici sopra, se solo aveste cambiato il vostro ordine di nascita, se solo tu fossi uscita dal ventre di tua madre appena pochi secondi prima, chi lo sa che cosa avresti fatto da grande... Non ti ha mai sfiorato, questa idea? Io presumo che tu ci abbia pensato più di una volta, non ti crederei se tu affermassi il contrario.”

“Smettila di tediarmi, e vieni al punto.” Shion si stava seriamente innervosendo.

“Hai ragione.” sogghignò Goemon, che aveva avuto un lampo di genio che gli sembrava ottimo “Vedi, Ouka non sarà qui accanto a me, forse, non ci starà aiutando... Ma con questo gas che ci ammorba l'aria posso evocare un eccellente surrogato...” L'uomo fece un ampio gesto solenne con il dorso della mano, come a svelare un oggetto nascosto sotto un telo.

Perché dice che Ouka non è con lui? Perché dice che lei non sta facendo nulla per lui? Pensò Rika Ma se queste illusioni ottiche sono opera sua... A meno che lei e Goemon non si siano messi d'accordo e che questo tizio qua sia all'oscuro di quello che sta facendo la sua alleata... Interessante...

Quindi, sentì l'uomo che le parlava mentre lei lo stava tenendo d'occhio: “Rika-chama, c'è qualcuno che dovresti conoscere... Tu la conosci questa, non è vero?” Le sue parole ruggenti furono sufficienti per rendere la nuova ombra visibile a tutti i partecipanti, e con un turbinio di farfalle azzurre l'immagine di Ouka fece la sua apparizione, sprezzante verso il suo intero pubblico.

“Molto carina” replicò la fanciulla dai capelli blu, senza battere ciglio “Tu non la vedi al tuo fianco in questa battaglia finale ed allora la rimpiazzi con quel clone?”

“Non ci vedo nulla di sbagliato. Non me ne faccio nulla del suo potere, a me basta far capire a tutti voi chi è lei in realtà.”

“Io... Non comprendo...” disse il questore, incapace di farsi un quadro della situazione, un po' come il resto degli altri ospiti.

“E' tutto semplicissimo. Ouka-chan, perché non alzi la manina destra per mostrare quello che tieni lì?”

Rika diresse lo sguardo a quella parte del corpo dello spirito, e trasalì. Quella Ouka maneggiava una spada.

“Che cosa vorresti fare con un'arma?” gridò Satoko “Quella è una visione, non è un oggetto reale! Non può ferirci!”

“Invece può farlo” la contraddisse Rika “Grazie all'allucinogeno ed a tutto il resto, la sensazione di essere attaccati e pugnalati sarebbe così realistica che il tuo istinto e la parte irrazionale di te stessa non sopporterebbero il trauma... Il tuo cuore potrebbe davvero cedere, se quella lama ti trapassasse il petto. Sentiresti il freddo del ferro che ti attraversa la carne, anche se quella spada non è vera, e qualcosa dentro di te ti farebbe pensare Sono morta, e non c'è nessun modo per evitarlo...”

“Eh eh, non avrei potuto usare termini migliori di quelle” rise Megumi “O piuttosto vorreste testarlo personalmente, per convincervene?”

I commenti di Rika e di sua moglie avevano dato una nefasta idea a Goemon. Forse avrebbe potuto fare molto di più che fermarli... Combinando quell'effetto della loro sostanza con la sua volontà ed il suo cervello, lui avrebbe potuto azzerare la loro essenza ed il loro animo, senza margine di errore. Rika era il bersaglio più ovvio... E così il fantasma a cui lui aveva dato viva prese ad avanzare, brandendo la spada con tutta l'aria di voler fare a fette chiunque le si parasse avanti, mentre il gruppo di ragazzi si compattò facendo quadrato attorno alla bambina. Quanto agli altri ospiti, essi rimanevano annichiliti di fronte a quella catena di eventi per loro inspiegabile: erano incerti se essere al riparo dai pericoli o no, visto che a pochi centimetri da loro vi era l'immagine credibile di una ragazza che roteava una lama acuminata, e quindi se ne stavano tutti alla larga, lasciando i contendenti da soli nel mezzo della sala.

“La mia Ouka non era così cinica!” protestò allora Hanyuu “Lei aveva un cuore, lo possiede tuttora, le ho insegnato a prestare ascolto alla sua coscienza.”

“Ne sei sicura? Questa è la più precisa rappresentazione di lei che potevo fare.” replicò Goemon “Io non sono un costruttore di marionette o di maschere, io non sono capace di costruire delle versioni false delle persone. Quella che vedi è la copia esatta di quello spirito, il ritratto sputato di come lei è apparsa davanti a me... E la sua discendente è identica a lei, non è certo meglio della sua antenata.”

“Questo non è vero!”

“Lo possiamo verificare subito.”

Ed il fantasma di Ouka, attaccò, mulinando la sua spada sopra la testa come una donna posseduta da un demonio e puntandola dritta alla gola di Rika.

Ma fu respinto, con vivo rincrescimento di Goemon. Un altro spettro aveva fatto la sua comparsa, un essere in grado di costringere l'altra figura a ritornare sui suoi passi, e si trattava del clone di qualcuno che il gruppo conosceva a menadito.

Era la copia di Rena. Ritta sulle sue gambe senza alcuna sedia a rotelle, con gli occhi di ghiaccio, la sua mannaia nella mano destra, la sua solita giacchetta bianca ed il suo consueto berretto. Era stata quella a respingere la prima offensiva.

“Chi... Chi l'ha...”

“Io l'ho creata.” rispose la vera Rena “Poco fa, voi avete detto che in sostanza noi siamo diventate simili a streghe dai poteri illimitati, così ho pensato che concepire una figura capace di proteggerci fosse una buona idea. Non volevo fare l'immodesta, è solo che se ho ben capito come funziona noi dovevamo riferirci ad immagini che conosciamo molto bene, che possiamo disegnare con precisione, così ho preferito usare me stessa per non correre rischi...”

“Mica male come trovata. Perciò siamo come dei che possono dare la vita a dei servi, almeno finché dura l'effetto del gas... E' ironico. Takano-san si sarebbe divertita da matti qui, se fosse ancora viva.”

Siamo come dei... In grado di cambiare le regole a nostro piacimento... Keiichi ripeté mentalmente nella sua testa.

“Ah, ora credete che mi sia infiacchito?” urlò Goemon “Non sono ancora finito!”

E dopo la sua esclamazione il suo spettro riacquistò forza, e con un secondo attacco esso travolse il simulacro di Rena, scagliandolo con il suo impeto contro la parete, che sarebbe stata demolita se la figura che l'aveva colpita fosse stata reale. Ma visto che essa era solo un fantasma, il muro rimase intatto e la figura svanì senza produrre il minimo rumore.

Tuttavia, la Rena in carne ed ossa soffrì il colpo, come se fosse stata lei ad essere stata colpita. Percependo il legame tra la sua mente e l'allucinazione che lei aveva plasmato, la giovane si strinse il petto con la sua mano destra, tenendo la bocca chiusa con i denti per impedire alla sua saliva di cadere dalle labbra. Daijiro si precipitò prontamente da lei, poggiandole una mano sullo stomaco ed aiutandola a non cadere dalla sedia a rotelle per colpa dello spasmo, però quella era stata comunque una brutta botta. E tutto, mentre Goemon la irrideva: “Hai visto, adesso? Se una mia visione si batte con una tua visione e vince, allora la batosta che subisce la tua si ripercuote su di te, con tutto il dolore conseguente... Immagina se il mio colpo è forte a sufficienza da uccidere, puoi intuire il risultato... Questo non è un combattimento da condurre sul piano fisico, questo è un duello di menti, un duello di volontà. E non esiste né in cielo né in terra che la tua volontà possa sopraffare la mia.”

“Forse la tua volontà è forte, te lo concedo...” rispose un po' affannata l'altra “Ma mi chiedo... Sarà più forte di quella di tutti noi messi assieme?” E quindi la ragazza esclamò “Ragazzi, uniamo le forze! Possiamo farlo! Lui vuole giocare con noi, quindi facciamolo contento! Dobbiamo concentrate tutto quello che abbiamo in un altro spirito!”

“Che tipo di spirito?” chiese Shion, presa in controtempo da quell'esclamazione tanto improvvisa quanto rabbiosa.

“Lo so io!” replicò Keiichi, dopo aver riflettuto per un paio di secondi “Pensiamo a qualcuno che conosciamo tutti. Qualcuno forte come un Dio, con potere infinito. Qualcuno che simbolizzi perfettamente il nostro villaggio ed il nostro ardore, la nostra voglia di combattere...”

“Ara ara, penso di sapere a chi ti riferisci... Mi piace...”

“Onestamente non mi ci raccapezzo più, mi spiace...” disse Daijiro, ansioso in quanto non riusciva a cogliere l'idea che il resto del club sembrava invece aver colto immediatamente ed all'unisono.

“Non ti preoccupare, basta che mi stai dietro, vedrai.” rispose Rena, sorridendogli dolcemente ed unendo le mani del ragazzo con le sue.

Tutti i giovani si concentrarono allora su di un pensiero fisso, su di un'immagine ben definita. Lo fecero a lungo, mentre il tempo pareva fermarsi intorno a loro. Non avrebbero mai smesso di farlo, neppure se lo spettro di Ouka li avesse attaccati e avesse loro trafitto il cuore... Ed alla fine, dopo una violenta raffica di vento un'altra effigie fu chiamata alla vite. Una dagli occhi rossi, dalle lunga corna sul capo, e dal tradizionale abito scuro che la ricopriva fino ai piedi. Nella mano teneva non un'arma qualsiasi, ma la Onigari-no-Ryuou, una spada leggendaria, il più sacro dei tesori celati nei meandri del Tempio Furude. E nonostante ciò, il fantasma era ben degno di maneggiarla, in quanto le mani che la impugnavano erano quelle del suo legittimo proprietario. Quello di fronte ad Ouka era Oyashiro-sama in persona.

“Sarà interessante vedere come reagirete, quando vedrete cadere anche questo vostro ultimo baluardo.” ribatté Goemon irritante, riconoscendo che cosa i suoi nemici avevano creato tutti insieme “Distruggendolo, facendolo a pezzi... Io potrei ferire a morte tutte le vostre anime contemporaneamente, visto che tutti avete contribuito a dargli forma, e quella fine sarà dolorosa... Molto dolorosa, per voi... Cadrete della disperazione, quando vi accorgerete che neanche Oyashiro può sconfiggervi. Non troverete più la forza per andare avanti, dopo che avrò finito con questo spettro...”

Hanyuu contemplò il nuovo fantasma, un po' spiazzata. Quell'immagine di Oyashiro-sama apparteneva indiscutibilmente ad un uomo, non aveva l'aspetto che aveva avuto lei in vita. Era davvero diverso, molto più alto ed anziano, con una pelle scura e degli arti magri fino al punto da parere un po' troppo ossuti. Ma in fondo non era poi strano, gli altri non avevano mai saputo come era davvero Oyashiro-sama, così si erano un po' inventati dal nulla il suo aspetto fisico, basandosi su disegni e racconti orali. Nessuno aveva mai parlato di quel Dio come di una donna, era sempre stato descritto come un essere autoritario dai connotati maschili... Ma in fondo il look di quell'immagine era solo un fattore secondario. L'elemento più importante era il vigore e l'aura di forza spropositata che emanava: gli occhi di Oyashiro si incrociavano con quelli di Ouka, colmi di decisione e desiderio di proteggere il proprio mondo.

“Avrei voluto proprio assomigliare a questo ritratto, quando ero viva...” sussurrò infine Hanyuu.

“Non sei poi così diversa da questa cosa.” replicò Rika, continuando a scrutare i due fantasmi in attesa. “Tu e questo ritratto di Oyashiro-sama non siete estranei, in fondo hai contribuito a crearlo, quindi c'è un pezzetto del tuo spirito, incastonato a mo' di gemma nel mezzo dell'animo di quell'immagine.”

“Però io e lui non siamo gli stessi.”

“Perché questo non è stato creato per essere un tuo clone. Questo è come gli altri hanno sempre guardato a Oyashiro-sama, ma i racconti tradizionali non riproducono sempre la verità per forza. Puoi vedere tu stessa come la «Ouka» evocata da Goemon-san non corrisponde a quella reale, e poi non ha avuto neanche alcuna reazione, sebbene quella di fronte a lei dovrebbe essere sua madre e non un'entità qualsiasi. Il punto è che questa «Ouka» è solo l'insieme di quello che Goemon-san pensa di sapere su di lei, e quindi è qualcosa di incompleto: per esempio, visto che il nostro caro nemico non sa della parentela tra te e lei, anche il suo spettro la ignora e ti guarda come se fossi una perfetta sconosciuta. Immagino che la vera Ouka non gli abbia detto tutto, avrà tralasciato di metterlo al corrente di informazioni che lei giudicava secondarie.”

“Ho capito... Goemon-san voleva che il suo famiglio fosse esattamente come la mia figliola prediletta, ma ovviamente lui non sa tutto di lei e quindi la sua riproduzione non può che essere un falso mal concepito. La vera Ouka non deve essere lontana da qui e le deve essere venuto un colpo, vedendo come l'hanno disegnata. Certo, la nostra versione di Oyashiro-sama pare un Dio potente, non inutile come me...”

“E basta con questa litania, per carità! Certo, il nostro evocato pare proprio fatto di una buona pasta, ma dobbiamo controllare se l'apparenza corrisponde alla sostanza. Mettiamo alla prova, ti va?”

E da lì in poi, il loro duello divenne una lotta senza esclusione di colpi.

“Pensate davvero che...”

“Basta poco per scoprire che...”

“Ed anche così, perché dovrebbero...”

“Se siamo qui, allora...”

“La legge permette di...”

“E perché allora causare un putiferio tale da...”

“Perché noi siamo...”

“Che cosa pretendete di fare, dopo...”

“Noi non possiamo perdonare...”

“Non vi azzardate a dire...”

La guerra di anime tra Goemon ed il club di Hinamizawa prese il volo, con uno scambio di domande, risposte, insinuazioni, critiche e controcritiche. E dopo ogni frase sillabata da uno dei contendenti, lo spirito corrispondente guadagnava nuovo vigore ed assorbiva la forza spirituale di cui erano permeate quelle parole, attaccando quello avversario con rinnovata energia. Le loro esclamazioni erano come fili che governavano marionette sovrannaturali, le quali reagivano di conseguenza come espressione della volontà dei loro proprietari. Un morso, una pugnalata, uno scontro. Un attacco, una parata, una risposta, una seconda parata, e poi i duellanti ricominciavano dall'inizio come se fossero stati su di una giostra. Ouka ed Oyashiro danzavano nell'aere come aquiloni, ognuno desideroso di recidere il filo vitale dell'altro, di costringerlo a cadere e di precludergli ogni facoltà di volteggiare in alto. Il tutto, mentre il loro pubblico li ammirava ammaliato, estasiato da quella guerra dalle dimensioni mistiche ed il cui significato reale era loro ignoto. Gli ospiti non parteggiavano per nessuna delle due parti, e poi non sarebbero stati in grado di dare una mano ad uno di loro, così rimanevano in disparte a contemplare la scena, affascinati ed a bocca aperta.

Goemon era capace di tenere testa all'intero club, da solo. La sua tenacia ed il suo sforzo era encomiabile, sebbene il suo scopo fosse tutt'altro che lodevole. Sua moglie invece stava lontana dall'azione, lei era una donna dalla mente limitata, comparata a quella di suo marito, e quindi non sapeva trovare le risposte ed i cavilli adeguati in tempo utile per poter partecipare al dibattito; in fondo non era una parlatrice come Goemon, o Keiichi, ed era molto meno acuta di Rena, o Satoko, o chiunque altro nella sala. Tutto quello che sapeva fare era insultare i propri nemici, ricorrendo a prese in giro e ad ogni sorta di umiliazione, nella speranza che qualcuno dei ragazzi perdesse la pazienza e che l'immagine di Oyashiro perdesse quindi un poco della sua energia.

Al contrario, Shion stava ricoprendo un ruolo molto più attivo di Megumi, ed anche di sua madre Akane. La giovane era presa da un istinto animale, ed era quella che faceva più uso della sua aggressività. Lei considerava quella coppia di vecchiacci come i maggiori responsabili di quello che era capitato ad Oryou e Mion, e la paura di non vedere più la sorella con gli occhi aperti la spingeva a comportarsi in maniera più irruenta del solito. Avrebbe continuato ad urlare anche se avesse perso la voce a furia di grida e strilli.

Ad ogni modo, quel duello si stava protraendo troppo, allungandosi più del necessario. Pensò Keiichi, quanto potevano resistere ancora? Quegli esseri incorporei non parevano stanchi, comprensibilmente, ma gli umani che li controllavano invece lo erano. Sotto stress, il gas che avevano inalato poteva fare loro qualche brutto scherzo, rischiavano di svenire tutto ad un tratto, o perfino di avere effetti collaterali molto gravi. Akane non era la leader del clan Sonozaki, forse a lei non era stato rivelato tutto di quell'essenza ed evitare conseguenze infauste era importantissimo. Inoltre, il combattimento non sembrava sul punto di finire, il tempo giocava contro di loro. Per colpa del senso di eccitazione dovuto alla nuvola di gas, la loro percezione delle ore e dei minuti era probabilmente stata alterata, totalmente distorta, e forse la mezzanotte era già stata scandita dagli orologi di tutta Ibaraki senza che loro se ne fossero accorti... Doveva trovare una soluzione, ed in fretta...

“Ne ho pieni i cosiddetti di voi! Volete arrendervi o no?” esclamò Goemon.

“La domanda più idiota che si sia mai sentita nella storia dell'universo. Congratulazioni, hai vinto il premio speciale!” replicò il ragazzo, che non aveva ancora voglia di gettare la spugna.

“Oh, davvero?”

“Ci puoi scommettere. Ammira il nostro fantasma, laggiù.”

La spada di Oyashiro iniziò a far sgorgare lampi di fuoco, mentre Keiichi proseguì. “Questa figura non rappresenta solo le anime di coloro che vedi davanti a te stasera, ma pure quelle di chi si trova in altri luoghi, di chi vive oggi ad Hinamizawa e di chi ci ha vissuto negli anni e nelle ere passate. Noi non siamo da soli, anche Mion è qui, anche Alice e Giancarlo lo sono, anche Kimiyoshi e Kasai, anche Takano ed Irie, anche Tomitake ed Akasaka... Ed anche tutti gli altri... Questo è il nucleo centrale dello Spirito del nostro villaggio, questo Oyashiro-sama è l'emblema stesso dello Spirito di Hinamizawa, e questo perché è sempre stato così. Oyashiro-sama è il simbolo della nostra anima.”

“Bel discorsetto... Che però non tiene conto della realtà. Ti sei già dimenticato della faida tra i Sonozaki? Anche alcuni di quelli che mettevano in discussione la leadership di Mion-san venivano da Hinamizawa. Il tuo piccolo villaggio idilliaco non è così unito e coeso come stai cercando di farci credere.”

“Tu però stai parlando di persone che hanno agito con coscienza, loro non stanno complottando di causare una catastrofe come stai facendo tu. Ci prenderemo il tempo necessario e spiegheremo loro come stanno le cosa, dopo che questa storia sarà finita, e loro saranno contenti di essere convinti da noi.”

“La tua ingenuità è così commovente... Sai, per ogni cosa che la mente umana può concepire, esiste qualcos'altro che può cancellarla. Osserva, ed apprendi questa lezione.” La spada di Ouka divenne tutta umida, come se quella lama metallica fosse una sorgente da cui sgorgava acqua cristallina. “Questi due esseri sono i simboli delle nostre anime, Keiichi-san. L'hai detto anche tu, ed io la penso come te. Solo che la tua è tempestosa ed ardente come il fuoco che circonda l'arma del tuo paladino, mentre la mia è calma e regolare come l'oceano che fuoriesce dalla spada del mio burattino. Però sai che succede, quando il fuoco e l'acqua entrano in contatto, no? Secondo te quale di questi elementi andrà a vincere?”

“L'acqua, è ovvio.” declamò trionfante Megumi, che finalmente aveva occasione di intromettersi.

“Risposta affermativa, cara... La natura è uno specchio delle passioni umane, la passione ed i sentimenti più impulsivi durano meno di un fuoco di paglia, al contrario della razionalità e della capacità di giudizio... E questo si ripercuote sui nostri campioni. C'è spesso un legame molto saldo tra noi e l'ambiente nei nostri paraggi... Ma non ti basare solo sulle mie parole, verifichiamolo per l'ennesima volta. L'idea ti alletta, vero?”

Gli altri ragazzi si preoccuparono per la fiducia che il loro nemico nutriva in se stesso e perciò si diedero da fare per tramutare il fuoco della spada di Oyashiro in qualcos'altro che fosse in grado di neutralizzare la lama acquosa di Ouka. Ma non poterono. La forte volontà di Keiichi proibiva loro di farlo, con gran disappunto di tutti.

“Kei-chan” lo supplicò Shion, dopo che se ne era accorta “Che stai facendo? Hai intenzione di fare il testardo ed accettare la sua sfida, forse? Sarebbe una pazzia, per favore non essere zuccone, una volta nella vita...”

“Ti fidi di me?” replicò lui, semplicemente.

“Kei-chan...” la ragazza dai capelli verdi non si aspettava una risposta del genere, ma alla fine disse solo: “Molto bene, guidaci. Ti seguiremo senza fiatare.”

“NE HO FIN SOPRA I CAPELLI DI VOI, VE L'HO GiA' DETTO UNA VOLTA!” tuonò Goemon “IL GIOCO E' FINITO! CREPATE, TOGLIITI DAI PIEDI, STUPIDO FANTASMA, E PORTATI CON TE TUTTI I LORO SPIRITI FIN NELLE VISCERE DELL'INFERNO!”

Lo spettro di Ouka si slanciò contro di loro e contro Oyashiro, con un impeto feroce... L'altro doveva fermarlo in qualche modo, od avrebbe preso in pieno i ragazzi, così sollevò la propria spada ardente, contro la lama blu della propria nemica. Immobile, lo spirito del Monaco attendeva il colpo.

Che arrivò.

Nonostante le due in guerra fossero solo entità spirituali, la potenza dell'impatto fu tanto forte da far scuotere intensamente le mura nel palazzo fino alle fondamenta, spingendo tutti a temere che l'edificio non potesse reggere una tale scossa. Le lampade ed i candelabri caddero giù dai tavoli e dalle pareti, ed una luce accecante si abbatté sugli occhi di chiunque fosse presente in sala, costringendoli a chiudere le palpebre per un secondo. Ma quando li riaprirono, tutti realizzarono all'istante chi era il vincitore. Quel duello non era reale in senso fisico, dopo tutto. Non seguiva le regole consuete.

Ed infatti, il fuoco era stato in grado di bruciare l'acqua, risalendo lungo tutto il suo flusso, ed ora l'immagine di Ouka era circondata da fiamme che la stavano ustionando, finché essa non poté fare altro che scomparire, sconfitta.

Goemon gridò di dolore a causa della ripercussione a cui era stato sottoposto, mentre il club esultò e Megumi lo fissava smarrita; e dunque, inginocchiandosi l'uomo guardò il ragazzo che si ergeva sicuro davanti a lui. “Che... Cosa...” farfugliò lui, mentre anche la visione di Oyashiro si dissipava tranquillamente e senza controindicazioni per chi l'aveva evocata.

“Hai fatto un errore determinante... Io non sono solo un tipo impulsivo, anche io ho un cervello... Sai, ci ho impiegato un bel po' di tempo, ma alla fine sto cominciando a capire come funziona questo gas, ci sto prendendo la mano. Il fatto è che sin dall'inizio le nostre erano solo allucinazioni, Goemon-san. Illusioni ottiche. Il mondo reale obbedisce a regole ben definite, come l'obbligo per gli oggetti di restare ben agganciati al terreno per via della forza di gravità, oppure la necessità per ognuno di mangiare qualcosa per sopravvivere, eccetera eccetera. L'acqua che ha la meglio sul fuoco sarebbe un'altra verità incontrovertibile di questa terra, ma se si passa al mondo dell'immaginazione tutto cambia... Ci basta capire che quelle esalazioni possono anche permetterci di scatenare la nostra fantasia, ed a quel punto mi è sufficiente avere una volontà più forte della tua per stravolgere ogni regola. Quindi, riepilogando, se io desidero che nella nostra allucinazione il fuoco possa bruciare l'acqua e tu desideri invece che l'acqua continui a prevalere, il risultato finale dipenderà da chi è capace di imporsi sull'altro.”

Keiichi andò appresso a Goemon “Adesso hai capito che tu non sarai mai in grado di batterci? Tu sei razionale, come la maggior parte degli anziani che conosco, ma la tua fantasia è molto meno sviluppata della nostra. In aggiunta a ciò, noi siamo molti di più, tu ti stancherai in fretta non avendo nessuno che ti possa dare il cambio. L'hai detto anche tu prima che non avevi più voglia di proseguire nel duello, no? Hai meno energia, meno abilità, meno forza di volontà... Quanti minuti pensi di resistere ancora, prima di capitolare?”

“Io... Io... Io non sono ancora finito...” il vecchio uomo si rialzò, risoluto a dare vita ad un nuovo fantasma. Ma fu bloccato da una mano inattesa.

“Sonozaki Goemon-san, per cortesia fermatevi.” rispose il questore “Abbiamo visto abbastanza. Avete combattuto una notevole battaglia, ma ora ammettete la vostra sconfitta. Riconoscete a questi giovani il loro meritato premio. Loro chiedevano l'immediato rilascio della loro amichetta, se non mi sbaglio.”

“No, non potete, io posso ancora...”

“Il vostro punto di vista non muterà il mio, sono desolato.” replicò l'ufficiale “Io non sono obbligato a seguire i vostri ordini e credo anche che, se questi forestieri hanno compiuto un così lungo viaggio ed un duello così avvincente, allora lo hanno fatto per una buona causa.”

“Quindi siamo liberi di andare?” esclamò Satoko, che ancora non ci credeva “Per piacere, qualcuno può dirci che ore sono?”

A quella richiesta, uno degli invitati controllò il proprio orologio da polso. “Sono... le dieci e mezza.”

“Wow, così presto? Non avremo neanche i minuti contati. Devo confessare che mi sembrava che fosse passato molto più tempo...”

“Suppongo che sia stato un effetto di quella sostanza allucinogena, ancora.” spiegò Akane “Ora, qualcuno può aprire finalmente quelle finestre? Sarebbe una vera cortesia se qualcuno lo facesse.”

Un inserviente obbedì solerte, e la donna lo ringraziò per un cenno, senza accorgersi però di quello che stava accadendo dietro di lei. Goemon era ancora sulle sue ginocchia, il suo istinto di combattere era definitivamente svanito e lui aveva iniziato anche a lacrimare, ma non era da solo. Ad un paio di passi da lui, Shion stava tenendo in mano un candelabro, impugnandolo come un bastone.

La ragazza lo guardava rabbiosa, e percependo la sua presenza Goemon sollevò il capo, incorrendo nei occhi assetati di Shion.

“Ora sarebbe finita...” disse lei lentamente, mentre la sua mano le tremava “Gli altri sono salvi, almeno... Ma per colpa tua, Onee... Onee è ancora...”

Non era ancora al corrente di quello che c'era stato al piano di sotto.

“Shion, che ti sta saltando in testa?” la chiamò Rika, attirando l'attenzione di tutti.

“NON INTROMETTETEVI! IO NON LO POSSO PERDONARE! NON PUO' PASSARLA LISCIA!” La ragazza dai capelli verdi ruggì, per tenere gli amici distanti da lei.

“Shion, torna subito qui!” le comandò Akane “E' comunque un membro della tua stessa famiglia, portagli rispetto! Ha gettato la spugna, è chiaro che non ci darà più fastidio, non c'è bisogno di attaccarlo oltre.”

Ma la figlia non voleva dare ascolto alla madre. “Io... Non sono come te, come la nonna, come Onee... Io non voglio avere pietà. A causa sua, Satoko ha rischiato di morire, ed Onee potrebbe non svegliarsi più... Io non posso lasciarlo andare... IO NON POSSO...”

La ragazza alzò in alto la sua arma improvvisata, sul punto di spaccare la testa a Goemon e fracassargliela. I suoi occhi si stavano scurendo, colmandosi di tutto il risentimento che lei era stata costretta ad ingoiare fino a quella sera. Il suo istinto non le avrebbe mai permesso di arrestarsi in tempo, mentre Goemon non cercava nemmeno di reagire in quale maniera, rimaneva immobile e chinato come un condannato a morte che accettava il suo supplizio e che anzi lo accettava come il male minore: meglio una morte rapida che un'orta lunga e logorante, per lui. E tutti erano troppo lontani da Shion per poterla fermare materialmente prima che lei completasse la sua vendetta.

Tuttavia, una semplice parola poté fare quello che le persone non potevano. “Shion.”

La giovane volse il capo, sentendosi chiamata, e fermò il movimento della sua arma, andando a guardare colui che aveva pronunciato il suo nome. “Sa-Satoshi-kun...”

“La guerra è finita, per favore trattieniti, non ha più senso fare una cosa come quella.”

“Però... Io non posso...”

“Shion, non sprecare la tua vita per lui. Che cosa sarebbe di te, dopo che l'avrai ammazzato? E che cosa sarebbe di me? Non ne verrebbe fuori nulla di buono, l'unico risultato sarebbe il tuo arresto. Lascia che la polizia lo prenda in custodia per riportarlo in cella, un bell'ergastolo sarà una punizione sufficiente, per lui.”

“Sì... Hai ragione... Come al solito... Ho sempre bisogno della tua calma...” Shion cominciò a singhiozzare e ripose delicatamente il candelabro su uno dei tavoli adiacenti, mentre il questore stava dando disposizioni agli ufficiali presenti nel salone come invitati, al fine di scortare Goemon al commissariato di Ibaraki – ed anche Megumi, che dal canto suo non smetteva di strillare come una gallina e prendersela con chiunque. Una volta alla stazione di polizia, poi, gli agenti si sarebbero occupati di tutto.

Shion si era tranquillizzata, e lei non poteva nemmeno immaginare quanto le parole del suo fidanzato fossero state sagge: sua sorella sarebbe salita al piano di sopra nel giro di pochi minuti, una volta che Mion e quelli con lei avessero rimosso tutti i detriti dalla porta tagliafuoco, e le due gemelle si sarebbero potute finalmente ricongiungere ed abbracciare, dopo la burrasca di quelle giornate così turbolente.

Quella lunga, spaventosa guerra fratricida era sostanzialmente giunta al suo epilogo.

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Capitolo 60
*** Una fine senza infamia e senza lode ***



Capitolo 59: Una fine senza infamia e senza lode



Ibaraki, 2 Marzo 1984

“Quindi, per dirla breve, ve la siete sbrigati senza l'aiuto dello zietto.

Mion stava rosicando. Sperava di avere una particina nello scontro finale, il suo orgoglio ferito richiedeva soddisfazione, ma quando era riuscita finalmente a sgomberare il passaggio per il primo piano, la battaglia aveva già avuto il suo compimento. Così, dopo aver risposto alle inevitabili domande sul suo stato di salute, tutto quello che potè fare la ragazza fu mormorare, farfugliando di essere stata lasciata dietro.

“Tsk” replicò Shion “A te piace troppo tergiversare, Onee. Se fossimo stati fermi ad aspettare te, quelli ci avrebbero cucinato a puntino con tanto di patatine fritte e salsa di soia.”

“Molto divertente. Sai, io mi stavo già prefigurando uno di quei showdown dove l'eroina appare dal nulla sulla punta più alta di un grattacielo, oppure dove fa irruzione dopo un'esplosione e da una falla polverosa nella parete, ovviamente illuminata con i fari del caso ed accompagnata da una colonna sonora di tutto rispetto...”

“Un trionfo delle banalità, quindi. In quella maniera ci avresti ridotto al ruolo di mere comparse, alla faccia di quello che abbiamo dovuto sostenere fino ad oggi... Sei così ingrata quando ti atteggi così, Onee.”

“Vuoi che dia uno sberlone a quella testona tarlata che ti ritrovi, Shion?”

“Non fare la scortese con Shii-chan, non c'è bisogno che tu lo faccia.” disse Rena “Tutto sommato noi siamo un gruppo saldo, e tutti i suoi membri hanno coraggio in abbondanza: in club come il nostro il leader ha un ruolo meno importante, siamo perfettamente in grado di recitare la nostra parte anche senza essere comandati a bacchetta. E poi il tuo spirito era qui con noi, vero che lo era? Vero che lo era?”

“Oh... Non sono così sicura di essere contenta che sia finita in questo modo, ma lasciamo stare. Piuttosto, dobbiamo sbrigare qualche altra pratica, in questo covo di banditi? Non penso che abbiamo molto tempo da buttare.”

“Vallo a chiedere al signore laggiù.” Keiichi puntò l'indice verso il questore, il quale si sentì in dovere di rispondere, sentendosi trascinato in quella discussione strampalata. “Voi siete un gruppo fuori dal comune, non ve l'hanno mai detto?”

“Noi siamo quello che siamo, siamo sempre stati così. Preferiamo badare al succo delle cose, nel momento in cui le circostanze ci permettono di scansare i formalismi. E quindi, non ci dovreste dare una certa autorizzazione? Siamo spiacenti, ma andiamo abbastanza di fretta.”

“Non ho mica capito perché non avete voglia di stare qui un altro po', sembra quasi che questa nostra città vi faccia schifo, ma alla fine questi erano i patti. Ci avete offerto un gran bello spettacolo, stasera, e con le registrazioni ottenute dalle telecamere del piano terra non dovremmo aver bisogno di ulteriori indagini, abbiamo compreso tutti quello che stavano cercando di fare questi bifolchi. Oltre a ciò, confido che il pazzoide che hanno preso in custodia qua sotto decida presto di sputare il rospo e confessare tutto, e quando accadrà scopriremo quello che c'è ancora da scoprire. Non ci servite più, siete liberi di andare dove più vi aggrada.”

Ed il pubblico applaudì, mentre Keiichi li osservava un po' a disagio. I partecipanti al gala, insieme al questore stesso... Avevano concesso ai ragazzi quello che essi avevano richiesto, ma quelle non sembravano brave persone. Sentendoli, ed esaminando l'atteggiamento che avevano assunto durante tutta la cerimonia, sembrava che quelli avessero ascoltato il loro appello non perché lo ritenevano legittimo, non perché pensavano che fosse la cosa giusta da fare, ma solo perché alla fine avevano inscenato quel combattimento che li aveva divertiti. Dal punto di vista di quegli uomini e quelle donne, rilasciare Rika non era un atto di giustizia compiuto a favore di un gruppo di cittadini, era invece una specie di ricompensa concordata con una compagnia di attori che avevano eseguito la loro recita, o peggio ancora con un gruppo di gladiatori che avevano appena trucidato i propri avversari in un'arena. I promotori della festa avevano sfruttato loro e la loro storia solo per assicurare ai loro ospiti un qualche sollazzo, come se tutta la loro vicenda fosse solamente una maniera originale e spassosa per passare la serata. Ora capisco perché Rena se ne è andata da qua e perché non era allegra, all'idea di tornarci... Ma alla fine Keiichi non aveva interesse a cambiare il loro modo di pensare, né il modo in cui essi consideravano i suoi amici. La cosa più importante era che permettessero a Rika di ritornare ad Hinamizawa, le motivazioni passavano in secondo piano. Così il ragazzo non insistette.

“Allora” esclamò Satoko “Che cosa succede adesso? L'incontro finale della famiglia Sonozaki deve ancora avere luogo di qui a qualche giorno, e non sarà annullato solo perché quei due non potranno partecipare.”

“Oh, non sarei in pensiero se fossi in te, se pensi a quello che hai appena detto puoi trovare la risposta da sola.” la ragguagliò Akane “Il raduno non sarà cancellato, inviteremo comunque tutto il parentado per discutere su chi deve ricoprire il ruolo di leader del clan, ma senza i principali oppositori di Mion non penso che qualcuno metterà seriamente in dubbio il suo potere. Mia madre l'ha prescelta, e questo è quanto, nessuno andrà contro la volontà di Oryou e contro le nostre usanze secolari. Sarà confermata senza alcun problema.”

“Queste sì che sono belle notizie.”

“Puoi dirlo forte.” aggiunse Mion “Se escludete lo zio Goemon e la zia Megumi, gli altri che prima non mi volevano come capa riceveranno la mia clemenza e la mia grazia. Conosco tutti da quando dovevo ancora imparare a camminare, e non sono cattivi, immagino che non ci fosse nulla di personale che li inducesse a schierarsi contro di me, magari quei due ciarlatani hanno detto loro delle falsità su di me che li hanno traviati. Male lingue, al diavolo.”

“E dei due che hai escluso, invece? O se preferisci, che pensi di fare coi due ciarlatani, come li hai appena chiamati?”

“Allora... Non è che lo zietto ci possa fare molto per loro o contro di loro, francamente. Il loro destino non è nelle mie mani, sulle loro teste pendono accuse a non finire, accuse di tipo penale, e sarà la polizia ad occuparsi di tutto, tenendo fuori tutti gli altri. A meno che io non decida di costituirmi parte civile nel processo, ma personalmente non ho questa gran smania di tirarla ancora per le lunghe, al momento, lascerò che ogni cosa faccia il suo corso. Inoltre, presumo che quei due non vogliano neppur sentire le parole scuse o perdono, se ho capito bene come ragionano.”

“Hai ragione... Che dire... Magra consolazione, mi porteranno lontano da voi, non vi vedrò mai più...”

Tutti si girarono verso Goemon, che aveva pronunciato quelle ultime parole, e quindi Rika ribatté: “Sei proprio disposto a morire, folle?”

“Sì... Sarò condannato ad una lunga detenzione, ma mi impacchetteranno per spedirmi nella prigione di Ibaraki, a centinaia di chilometri dal vostro villaggetto. Il discorso è sempre quello, io sono di Hinamizawa e la distanza unita allo stress causato da questa umiliazione farà entrare in azione i parassiti nel mio corpo, liberandomi da questa tortura... Il mio piano mi avrebbe permesso di sopravvivere, se avessi vinto, ma se l'esito della nostra battaglia diventa così infausto allora io preferisco crepare.”

“Quindi ieri stavi bluffando spudoratamente, quando bofonchiavi che la prospettiva di andare in gattabuia non ti faceva né caldo né freddo.”

“Non ti voglio manco rispondere.”

“Per l'amor di Dio, qualcuno mi può spiegare che cosa è questa storia?” chiese il questore, seccato “E' tutto il tempo che ripetete di gente che muore a caso e di emergenze. Roba da sbattervi tutti in manicomio.”

Al sentire ciò, Rika era dubbiosa. Doveva metterlo al corrente di tutta la vicenda? Se gli avessero nascosto tutto, quello poteva risultare capace di impuntarsi e mettere loro i bastoni tra le ruote, era pur sempre una potente autorità locale. Ma prima che la bambina potesse aprire bocca, l'uomo agitò la mano davanti alla bocca e riprese a parlare: “Oh, beh, non importa. L'unica parte che mi sembra intrigante è il fatto che il vostro avversario voglia stare il più lontano possibile da voi. Però è nostro dovere punirlo adeguatamente, in qualche modo... Così, mi è venuta un'idea...”

“Che razza di idea?” un terribile presentimento era venuto in mente a Goemon.

“Riassumendo, voi avete commesso il vostro ultimo crimine qui ad Ibaraki, avete provato a causare una strage qua dentro, però va detto che quasi tutte le altre vostre malefatte sono state compiute nel distretto di Okinomiya, compresa la tortura a cui avete fatto ricorso per piegare la volontà di Seohara-san. Oltre a ciò, voi provenite da quella zona del paese. Pertanto, perché mai dovreste essere giudicato qui e non là? Mi hanno riferito che hanno costruito una nuova struttura penitenziaria da quelle parti, nei pressi della prefettura di Okinomiya. Starai a pochi passi da Hinamizawa, per sempre. Le guardie carcerarie di lì saranno lietissimi di darvi il benvenuto, sarete sbattuto in cella non appena le procedure burocratiche lo permetteranno. È molto comoda come soluzione, più di ogni altra.”

“COSA?” urlò l'anziano uomo “No, voi non potete farmi questo!”

“E perché no?” rispose il questore “A me pare che voi non vogliate essere condotto laggiù, forse perché là c'è qualcuno che ha dei conti in sospeso con voi, io non posso saperlo questo. Considera questa ulteriore punizione come un piccolo regaluccio da parte mia. I criminali devono soffrire per colpa dei loro peccati, mi sembra naturale.”

C'era un che di sadico, nell'indole di quell'ufficiale.

Quanto a Goemon, lui sapeva che quella minaccia non era una battuta, né uno scherzo. Lo avrebbero davvero rinchiuso nella prigione di Okinomiya, in attesa del processo. Al cento per cento sarebbe stato giudicato colpevole, non avrebbe mai lasciato quel posto e non si sarebbe mai allontanato da Hinamizawa e da Rika. Così bloccato, non sarebbe mai stato lontano a sufficienza per sviluppare i sintomi della Sindrome, sarebbe sempre stato sano fisicamente. Era maledetto, la sua dannazione consisteva nel restare in vita, nel rimanere in carcere per anni, senza la possibilità di una morte rapida e salvatrice. Quel destino era orrido ai suoi occhi, qualcosa che non poteva sopportare: tutti quei giorni monotoni e sempre uguali, obbligato a vivere con il suo rimorso per non essere riuscito a farcela, e con tutti i suoi rimpianti... Senza una chance per cercare di rovesciare le proprie sorti, o almeno per provare una vendetta... Non poteva tollerarlo, era più forte di lui.

“No, non è questo il finale che avevo progettato per me!” gridò lui, fuori di testa “Io volevo una vittoria, un trionfo! Non voglio cadere nell'oblio, dimenticato da tutti! Se devo perdere, io allora voglio una sconfitta epica, una dove alla fine muoio, non una cosa come questa. Preferisco mille volte tirare le cuoia, piuttosto!”

“Che diavolo gli è saltato in mente, ora?” commentò freddamente sua moglie, all'oscuro di quello che il marito stava realmente dicendo.

Goemon non le diede neanche ascolto ed andò dritto da Shion, con passi corti e trafelati. I suoi occhi bovini erano aperti a più non posso, le funeste prospettive che gli si erano aperte improvvisamente davanti lo terrorizzavano e lui era pronto a fare qualsiasi cosa pur di evitarle. Così esclamò verso la ragazza: “Tu, tu volevi uccidermi prima, giusto? Molto bene, allora, prendi un oggetto pesante, afferra quello che stavi tenendo in mano pochi secondi fa, e fai quello che il tuo istinto ti stava suggerendo! Spaccami la testa con quel candelabro, su, avanti!”

Shion non rispose. Stava solo osservando quell'essere ormai patetico, con una certa compassione. Aveva pietà di lui, lei non avrebbe mai fatto del male ad un uomo ridotto così male. Sì, perché anche se lui non se ne stava rendendo conto la pazzia stava lentamente prendendo il controllo della sua mente, e Goemon non riusciva a fare altro che continuare a provocare tutti, per cercare di far arrabbiare qualcuno, mandarlo fuori dai gangheri e farsi uccidere da lui. Senza successo.

“Tu, perché non mi odi? Siete diventati dei rimbambiti sentimentali che non riescono neanche ad odiare una persona? Non ci credo, non è possibile! Tu, ti ho reso una ragazza paraplegica... Tu e il tuo fidanzato dovreste fare qualcosa per pareggiare i conti con me... E tu, ho ucciso tua sorella, come fai a restare così calmo ed insensibile? Il mio servo aveva una pistola, usala... E tu, tuo padre non uscirà mai dalla sua prigione, grazie a me, non sei furioso con me? E tu, ho rovinato la tua vita... E tu... E tu... E tu...”

“Sta diventando stucchevole, per piacere portatelo via da qui.” sussurrò il questore, stanco di ascoltare quei deliri che di divertente non avevano più nulla. Al che subito due poliziotti eseguirono l'ordine, afferrandolo per le spalle e trascinandolo verso il portone d'uscita, mentre l'uomo stava urlando e strillando.

“Ouka! Portami via da qui! Non puoi fare questo proprio a me, dopo tutto quello che abbiamo fatto insieme! Dammi una seconda chance! Ti imploro, Ouka! Ouka! OUKAAAA!”

Che fosse la Sindrome o no a fargli urlare quelle frasi colme di follia non importava, in entrambi i casi la sua mente era destinata a sprofondare in un abisso di dannazione.

Semplicemente non riesce ad accettare di continuare a vivere in quelle condizioni, pensò Rika. A me sarebbe piaciuto mettermi davanti a lui e dichiarargli in faccia «Scacco matto, amico», ma rigirare il coltello nella piaga era troppo cattivo anche per me. Temo che il suo fato ultimo sia quello di impazzire comunque, anche se la Sindrome non lo colpisse: anche se il parassita non può agire nel suo corpo, il fatto è che lui non vuole passare la sua vita in carcere, non vuole avere la coscienza di vedersi rinchiuso ogni giorno dentro quattro mura, così la pazzia è l'unica via d'uscita che gli è rimasta per uscire da quel futuro che lui ripudia così ferocemente...

La bambina si portò verso il questore e perciò gli raccomandò questo: “Non posso sapere se dicendole questo sto facendo un favore a Goemon-san o no, però devo chiedervi di prendervi cura di lui con delle misure molto restrittive. Ho paura che cercherà di commettere il suicidio appena ne avrà occasione, una volta che sarà finito in cella.”

“Lo terremo a bada, non dubitate. Non gli permetteremo di fuggire dalle sue colpe.”

“Avete la mia gratitudine. Nel frattempo, che mi dite di Megumi-san? Sarà condotta anche lei ad Okinomiya?”

“Probabilmente andrà così. A giudicare da quanto vedo, la signora non ha paura di quello che sarà il suo avvenire, al contrario del marito, ma le accuse di cui sono imputati sono identiche, ed il caso che li riguarda è il medesimo, quindi saranno giudicati attraverso un unico processo. Sarebbe inutilmente costoso agire in maniera diversa, da parte nostra.”

“Capisco. Un'ultima cosa, allora. Sono costretta a chiedervi di non far parola a nessuno di quello che è capit...”

“E perché dovrebbero tenere la bocca chiusa?” Keiichi la interruppe “Non c'è nulla di male in quello che ha avuto luogo qui, e tutto ha una sua logica interpretazione. Ognuno qua dentro è consapevole che quelle visioni non erano spiriti reali o fantasmi, erano dovuti solo all'effetto di un gas allucinogeno. Ci mancherebbe solo che ci considerassero alla stregua di maghi pericolosi, siamo solo gente semplice di campagna, e loro sono abbastanza svegli da capirlo. Non ci sono misteri o dettagli segreti da nascondere qua, se i signori vogliono divulgare l'accaduto ai quattro venti che facciano pure.”

Finendo la frase, Keiichi gli fece l'occhiolino. Rika pensò che forse lui aveva mangiato la foglia, che forse aveva intuito che quella serie di allucinazioni fosse dovuta all'intervento di Ouka, però dicendo questo lui le rendeva la vita molto più facile. Gli altri invitati avrebbero pensato che l'unica ragione della comparsa degli spettri erano i vapori emanati dalla sostanza adoperata da Megumi, dando loro questa versione dei fatti si sarebbero messi il cuore in pace; se invece avessero fatto i vaghi ed ordinato a tutti di non parlarne, avrebbero instillato dei dubbi, dei sospetti, e la cosa poteva portare a delle complicazione ed a degli strascichi in futuro. Il fatto era... che Rika in tutti quegli anni si era abituata a celare agli altri tutto quello che era legato all'ambiente del mistico od a qualcosa che pareva inspiegabile, come la vera identità di Oyashiro-sama, la Sindrome di Hinamizawa, Ouka stessa, e così via. Però stavolta era meglio fare come consigliava Keiichi. Dovrei cambiare i miei modi, uno di questi giorni.

Non c'era molto altro da dire, a quel punto. Se il racconto che Goemon aveva fatto a Rika il giorno prima era vero, allora sua moglie Megumi era ad alto rischio di essere colpita dai sintomi finali della Sindrome, ma in caso di emergenza Mion le avrebbe donato il suo sangue come cura, un po' come aveva fatto con Satoshi mesi prima: le due erano parenti, il loro gruppo sanguigno era lo stesso. La donna non sarebbe mai morta prima di aver scontato la propria pena, ed il gruppo avrebbe tenuto un occhio anche sulle condizioni di salute di Goemon. Così, siccome erano già le undici, i ragazzi salutarono velocemente tutti gli astanti e volarono giù per le scale verso il mezzo di trasporto di Tomitake, in modo da correre verso la stazione di polizia e mettere al corrente Kimiyoshi e Kasai che tutto era finito. Avevano ancora un'oretta scarsa, il tempo per lasciare la città c'era ma dovevano sbrigarsi.

Lungo il viaggio nell'automezzo, però, Keiichi aveva ancora un dubbio. “Rika-chan, posso chiederti una cosa?”

“Per favore fallo. Ora abbiamo tempo di occuparci di tutte le altre pratiche senza assilli, non è più un problema per me rispondere.”

“Beh... Tu ci avevi parlato di quello spirito, Ouka... Ma non mi sembra che lei sia fisicamente apparsa, alla fine. Cioè, ho capito che in quelle evocazioni lei ci ha messo lo zampino, e che durante la battaglia Hanyuu ha detto che quella affrontata era una falsa immagine di Ouka, che non era quella vera: anche Goemon-san aveva affermato di aver plasmato con la sua mente un ritratto di lei, evocando quell'entità, quindi quella autentica era altrove... Secondo te dove si era rintanata durante il combattimento, perché non si era mostrata in pubblico? E poi che ne sarà di lei ora? Non può certo andare in prigione, come un essere umano.”

“Anche Rena vorrebbe saperlo...” lo assecondò la ragazza dai capelli castani “Noi non eravamo da soli in quel salone, in qualche modo riuscivo a percepire un'altra presenza, ma vederla era impossibile...”

“Io... Non saprei rispondere a queste richieste, davvero... Però non vi preoccupate, non siamo più in pericolo, noi...” e mentre lo diceva, chiuse lentamente gli occhi, presto imitata da Hanyuu.

“Rika-chan? Hey, Rika-chan?” la incalzò Keiichi, picchiettandola dolcemente. Ma la bambina non riaprì gli occhi e non disse più nulla. Dava tutta l'impressione di essere caduta in un sonno profondo.

Pertanto, Keiichi fece per scuoterla con più vigore al fine di svegliarla, ma Satoko lo rimproverò: “Villano, lasciala riposare, deve essere esausta poverina. Se vuoi farle il terzo grado per sapere tutto, aspetta almeno domani, quando si sarà un po' ripresa.”

~-~-~-~-~

Ma in realtà Rika non era completamente priva di conoscenza, in quel momento. Con la mente, lei aveva viaggiato con Hanyuu indietro fino al Saiguden. Era molto tardi, ed il luogo era molto buio, ma una tremula candela accesa stava rivelando loro che qualcuno le stava aspettando, dentro.

“Buona notte, Ouka.” prese la parola Rika, con l'aria di aver voglia di dileggiare la propria interlocutrice “Il nostro piccolo show è stato di tuo gradimento?”

“Rika, per favore sii più gentile con lei. E tu, Tesoro, come ti senti?”

“Ho passato giorni migliori, Madre, grazie per l'interessamento...” mormorò lo spiritò, pacatamente. Nè Rika né Hanyuu sapevano dire come stesse effettivamente Ouka. Il suo aspetto non era felice, o compiaciuto, o arrabbiato, o triste, o esausto, o deluso. L'unica emozione che traspariva dal suo volto era un certo disorientamento. Ed infatti proseguì: “Madre, ed anche tu, Rika... Potete spiegarmi qual è il vero significato di tutta questa storia? Che morale c'è alla fine di tutto questo?”

“Che cosa vorresti che ti fosse detto, esattamente?”

“Il senso di ciascuna delle azioni che io e voi abbiamo compiuto su questo mondo durante tutti questi secoli. A me sembra che siamo punto e a capo. Le persone sono ancora obbligate a fare ricorso al sacrificio di se stessi, per salvare gli altri, come stava per fare quel ragazzo giusto stasera, al piano terra della Sala delle Conferenze. Ed io sono certa che anche gli altri avrebbero fatto lo stesso, durante i loro ultimo duello contro Goemon-san, se ci fosse stata l'occasione. Quindi perché? I miei sforzi sono forse stati vani? Non hanno capito nulla di nulla, durante tutte queste centinaia di anni?”

“Tu desideravi vedere come noi siamo capaci di combattere, stasera. È per questo che hai avuto un ruolo così passivo, vero? Potevi fare molto di più, che aiutare del gas improbabile a far evocare delle figure. Sei stata in disparte tutto il tempo.”

“Da sola quella sostanza sarebbe stata pressoché inefficace. Ho voluto aggiungere un po' di sapore alla vostra vita. Però... Devo dire che ero rimasta così affascinata, vedendo come il vostro gruppo lavora così bene, così armoniosamente integrato nel vostro mondo privato e nelle sue regole, anche se presentava degli enormi e manifesti difetti di base. Eravate così affiatati che non avevo l'audacia di provare a distruggervi direttamente, avrei fatto male se avessi compiuto un tale gesto, o almeno era così che mi sentivo. Però... Io non riesco ancora ad accettare che un mondo fondato sul sacrificio sia l'unico possibile. Un mondo dove qualcuno muore per far vivere qualcun altro, e dove le persone fanno morire i propri simili per sopravvivere. Un mondo guidato da esseri razionali non dovrebbe assomigliare ad una giungla, dove non vige altra legge se non quella del più forte...”

“Ouka, non saltare a conclusioni affrettate, adesso. Consentimi di fare una distinzione: a noi non piaceva vedere i nostri amici che si facevano massacrare per la nostra salvezza, mettitelo bene in testa. È il contrario, noi siamo tristi ogni volta che essi sono costretti a soffrire a causa nostra, od a causa di una qualsiasi altra ragione, e noi facciamo sempre di tutto per dare loro un'alternativa. Ma noi abbiamo anche preso la decisione di accettare le loro scelte, come segno della loro volontà. Se qualcuno decide di fare un piccolo sacrificio per il bene di tutti, noi non possiamo dire che è colpa sua, non possiamo fargli la ramanzina; al più possiamo prendercela con noi stessi, per aver fatto sì che quel cammino di penitenza fosse l'unico percorribile per lui, e quindi cerchiamo di migliorarci per evitare che ciò si ripeta. Però non possiamo impedire che questo qualcuno faccia la sua scelta, non possiamo togliergli il libero arbitrio. Ha deciso così, scientemente, e perciò merita a prescindere il nostro rispetto. In certi casi la sofferenza delle persone è ineluttabile, temo, sappiamo tutti che i paradisi terrestri non esistono nella realtà e che bisogna rinunciare a qualcosa, per ottenere qualcos'altro o per concederlo alle persone che ami.”

“Sono conscia di tutto questo, Madre. Se lo scopo è nobile, io posso concepire la possibilità che le persone passino attraverso il dolore e le pene, addirittura lo approvo. Tuttavia, questo dovrebbe essere auspicabile solo quando il prezzo da pagare per il bene finale è tollerabile, e non eccessivo. Buttare al vento la propria vita è troppo, non importa l'obiettivo a cui tu puoi aspirare per te o per i tuoi cari. E' la morte eroica, quella che io rifiuto.”

“Ouka, io capisco che tu dici questo perché sei una brava ragazza, dietro le apparenze, ma come ho appena detto, noi non abbiamo il diritto di obbligare gli altri a comportarsi come vogliamo noi. Non siamo burattinai che controllano le loro bamboline inanimate, non possiamo dire loro cosa fare. Le persone sono responsabili per le proprie azioni.”

“In altre parole, non è cambiato niente dal passato, dopo tutti questi anni?”

“Non è vero, Ouka” illustrò Hanyuu “C'è qualcosa che è totalmente mutato. In quella vecchia Hinamizawa, quando io e tu eravamo vive, tutto il villaggio voleva che io mi suicidassi. Loro odiavano i loro vicini, ed anche se stessi, perché a loro non piaceva l'idea di avere del sangue demoniaco nelle proprie vene: erano spaventati perché credevano di non essere normali, di essere diversi. Pensavano di essere mostri, non si accettavano, e dunque odiavano me come simbolo della loro anormalità, non mi volevano più tra i piedi, ed il mio supplizio era qualcosa che loro si auguravano di cuore. Bramavano la mia sofferenza. Oggi, invece, nessuno vuole che ci siano dei morti, tra di noi. Ci si preoccupa del benessere dei nostri amici e compagni, ed anche l'abitante più povero ed emarginato non è mai lasciato al suo destino. Questo è il miglior risultato della nostra battaglia – ed anche di quella che pure tu hai combattuto in passato. Abbiamo modificato il modo di pensare della gente di Hinamizawa.”

“Non mi sembra un granché come risultato.”

“Lo è, invece. Il ruolo di un leader, e di persone come te e me, non è quello di rendere felice l'intero genere umano. Noi non siamo Dei onnipotenti, come tu mi hai rammentato non molto tempo fa, ma non siamo neanche completamente dei fantocci inutili: possiamo fare una cosa fondamentale per la nostra comunità, e questa cosa è lasciare che le persone cerchino la propria felicità in maniera autonoma. Assicurare loro la facoltà di fare ciò che essi desiderano, entro limiti ragionevoli, e permettere loro di incamminarsi sulla propria strada. Non va bene lasciare che le persone a cui teniamo vadano incontro ad un epilogo orribile senza fare niente per aiutarli, ma se noi impedissimo ai nostri amici di fare qualcosa per salvarci, se facendo ciò li portassimo alla disperazione... Allora commetteremmo un peccato ancora più grave, in quanto le loro menti sarebbero dilaniate dai rimpianti, e le nostre si troverebbero in una situazione che non riesco nemmeno a descrivere.”

“Io... Non capisco...”

“Ouka, noi non vogliamo comandare a bacchetta la gente. Nessuna delle nostre visioni del mondo è perfetta, concorderai con me su questo, però è mio dovere dirti che quella che io e Rika portiamo nei nostri cuori porta molta più felicità di quanto possa fare la tua, a conti fatti. Un'esistenza fatta seguendo le proprie inclinazioni è molto più appagante di una dove segui soltanto gli ordini altrui, secondo me. Per favore, lascia che noi viviamo secondo la nostra volontà, è l'unico favore che ti chiediamo.”

“L'unico favore, Madre... Tu non desideri che io vada incontro ad una punizione, quindi... Mi permetterete di andare via, anche se ero quella dietro Goemon e Megumi? Non avete intenzione di punirmi?”

“Come se potessi trovare un poliziotto che abbia il potere di mettere te in arresto, mia cara Ouka. E non credo che ci siano sbarre che possano davvero rinchiuderti. Seriamente, la punizione ed il carcere dovrebbero essere dei deterrenti, un metodo per istigare le persone a non ripetere i loro errori, ma ormai ci siamo accorte entrambe che ciò non è necessario per te. Inoltre, io non ho mai avuto il potere di condizionare lo stato di uno spirito in nessun modo, né da viva né da morta, quindi non potrei infliggerti una punizione neppure se lo volessi.”

“Però il punto è che voi non volete proprio infliggermela, questa punizione.”

“Chiaro. Tu sei mia figlia e lo sarai sempre, ma questo non è il solo motivo che mi spinge ad essere buona con te. Tu non hai resto Goemon e Megumi persone cattive, loro erano già così prima di incontrarti. Loro avrebbero comunque compiuto quelle azioni meschine, prima o poi, quello era il compito che il destino aveva scritto per loro: e quei due non volevano certo opporsi a questo loro fato, anzi erano felici di seguirlo. La loro volontà non era come quella di Keiichi-san, quindi non ti crucciare per quello che hai fatto verso quella coppia di depravati. Inoltre, mi piace penare che l'Ouka maligna sia stata sconfitta qualche minuto fa, con quel duello bizzarro di spiriti tra noi ed i nostri avversari. Lo so che si trattava di visioni ed allucinazioni che poco avevano a che fare con il tuo vero essere, quella versione cattiva di te non ti rappresentava affatto, però considerala una sorta di punizione rituale, diciamo che il castigo che doveva andare a te è andato al fantoccio che ti copiava. Funziona così anche il Watanagashi, infatti: il materasso che Rika sventra ogni estate non è direttamente legato con i peccati degli uomini, in fondo è un pezzo di mobilio e basta, tuttavia questa cerimonia esprime il nostro incessante desiderio di migliorare ed i nostri concittadini si sentono veramente più puri e liberi, dopo che si è conclusa.”

“E ciò sarà sufficiente, per non farmi sentire in pena?”

“Me lo auguro di cuore. Se tu senti il bisogno di fare ancora penitenza, potresti indossare degli abiti strani ed umilianti, o dipingerti la faccia con dei disegnini buffi... Nel nostro club facciamo sempre così, e ti posso garantire che come castigo non è per nulla uno scherzo.”

“Ti sei rammollita in tutti questi anni, Madre...”

“Lo so bene, Ouka.”

Ed Hanyuu interruppe il dialogo. Non aveva più nulla da dire e perciò l'unica cosa che faceva adesso era osservare il fantasma della propria figlia, lanciandole degli sguardi dolci e materni. Lei avrebbe voluto abbracciarla, ma quella era in forma spirituale e toccarla non era fattibile. Nondimeno, entrambi erano consci di quelle che erano le emozioni dell'altra, ed a loro due ciò bastava. Tutto il loro risentimento non aveva più ragione di esistere, e si era dissolto in un sussurro.

“Hmmm... Non sono ancora stata convinta dalle vostre idee balorde...” commentò Ouka al termine “Ma suppongo che il vostro discorso abbia una sua logica. OK, vi do una possibilità. Fate quello che volete, terrò d'occhio come ve la cavate. E se la strada che avete imboccato vi condurrà alla felicità... Beh, allora riconoscerò che forse non vi sbagliavate.”

“Tu non sei proprio disposta ad ammettere il tuo errore, eh?” la criticò Rika.

“Assolutamente. In fondo, sono pur sempre tua antenata.”

Ed Ouka sorrise, prima che la sua anima lasciasse il Saiguden per raggiungere la serenità che stava cercando da così tanto tempo. Hanyuu sperò che sua figlia potesse finalmente essere felice, dopo la sua travagliata vita terrena e tutte le difficoltà e le delusioni che aveva incontrato anche dopo la morte. Rika, invece, chiuse di nuovo gli occhi, lasciando volare via il proprio spirito, libero di riflettere su quello che era stato, su quel mondo strano, ma tanto affascinante.

~-~-~-~-~

Questa è la fine, alla fine...

Giochi di parole a parte, ce l'abbiamo fatta. L'ultimo concilio tra i membri della famiglia Sonozaki non sarà un gran problema, sarà una formalità che durerà manco cinque minuti, giusto il tempo di fare la conta dei presenti e fare le votazioni per alzata di mano. Mion sarà confermata come capo del loro clan, anche se è stata sotto osservazione per un certo tempo: lei non ha mostrato polso e sangue freddo in questa storia, è una verità innegabile, però non vedo come questa lacuna possa portare i suoi parenti a chiederle di dimettersi. Basterà chiarire un paio di cose e loro capiranno che nella sua posizione nessuno avrebbe potuto fare di meglio, senza alcun aiuto esterno. Il loro riserbo non è insensato, è comprensibile, ma nessuno dei Sonozaki ora pensa che Mion debba lasciare. Andrà tutto bene.

Riguardo la Sindrome... Beh, ora che non ci sono più emergenze impellenti Irie può lavorare sul vaccino senza nessuna urgenza. Mion è più forte dell'ATPC che le avvelena il sangue, l'ha dimostrato risvegliandosi prima che fosse troppo tardi, e lei può convivere con quella sostanza finché rimane monitorata. Inoltre il dottore aveva annunciato che la cura era a buon punto, presto i parassiti e tutto ciò che li riguarda saranno solo un ricordo del passato. Prima dell'inizio dell'estate, ogni abitante sarà vaccinato a dovere e la Sindrome smetterà di tormentare i nostri corpi ed i nostri spiriti. Il sangue di Mion curerà la vecchia malattia... e quello di Giancarlo farà da antibiotico per quella nuova, nel caso saltasse fuori qualcun altro con i suoi stessi sintomi, per esempio se qualche altro «esperimento» di Goemon facesse la sua comparsa dopo essere stato nascosto per mesi in qualche buco sconosciuto. Irie potrebbe usare anche gli anticorpi che l'organismo di quel ragazzo ha probabilmente generato, potrebbero essere utili come risorsa, ma l'uso di questa opzione spetta al medico, non a me.

Se riguardo indietro, devo dire che si sono formate molte coppie durante questi anni tempestosi. Shion e Satoshi, Rena e Daijiro, Mion e Giancarlo... Le loro unioni dureranno tantissimo, ci scommetto, loro hanno già sostenuto insieme ostacoli che stroncherebbero un elefante e non c'è motivo per credere che non rimarranno saldi davanti alle difficoltà che incontreranno più avanti, nella loro futura vita di tutti i giorni. Comunque, è divertente vedere come oggi Keiichi sia rimasto da solo, nonostante ci fossero due potenziali spasimanti nel nostro gruppo che erano cotte di lui, e ce ne siano ancora molte altre per Hinamizawa ed Okinomiya. Oh, beh, è un ragazzo dotato di parecchio fascino, non ci metterà molto a trovare qualcuno.

Ad ogni modo, non mi sento del tutto appagata, sono un po' dispiaciuta. Non per la fine che hanno fatto Goemon e Megumi, hanno avuto quello che si sono meritato. Sono triste da quello che è stato riservato a molti altri. Nabiha, Seohara, Alice, e Takano. Ed anche l'handicap di Rena... Loro hanno commesso errori nelle loro vite, come ogni altra persona normale loro non erano infallibili, ma hanno pagato il prezzo di peccati compiuti soprattutto da altri. Abbiamo detto ad Ouka che questo non è un mondo ideale, solo pochi minuti fa, ma talvolta mi piace dimenticarmi di quella che è l'indole umana, e mi piace chiedermi perché non possiamo essere tutti felici, come pensiamo quando siamo piccoli...

E non sono nemmeno sicura se questo sia un epilogo bello o brutto. È un lieto fine, questo? Non me la sento di associare la nostra esistenza a frasi del tipo «E vissero per sempre felici e contenti», perché non so se in futuro lo saremo davvero. Anzi, temo che non sarebbe vero, le storie vere non finiscono sempre bene, non sono favolette. Ma io accetto che sia così. E come Rena mi ha detto una volta, noi dobbiamo cercare la felicità nel mondo che ci è stato affidato, con le sue problematiche ed i suoi limiti: è la sola vita che ci è stata consegnata, quindi dobbiamo trarne fuori il massimo.

Lo so, suona così assurdo, pronunciato da me, ma questa è la verità. Questo è il nostro solo mondo, quello che condividiamo con tutte le altre persone; questo è il nostro piccolo e personale paradiso di cristallo, un posto dove gli uomini devono combattere duramente per costruire la propria beatitudine, e noi non possiamo sprecarne neppure un frammento. Orsù, continuiamo a coltivarlo come fosse un giardino di rose, ed apprezziamo il risultato che conseguiamo con fatica, qualunque esso sia. Questo poiché, per assurdo, non è ottenere l'obiettivo la cosa più importante della nostra vita. La cosa più importante è il modo in cui tenti di ottenerlo, la strada ed i sacrifici che hai sostenuto per raggiungerlo, e quanto tu sei soddisfatto di questo obiettivo, ed anche di te stesso.
 

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Capitolo 61
*** Vincoli da rispettare ***



Capitolo 60: Vincoli da rispettare



Hinamizawa, 21 Giugno 1984

Anche il Watanagashi di quell'anno si era concluso, e andandosene via esso si era portato con sè anche la Sindrome di Hinamizawa.

Due o tre settimane prima del festival, il dottor Irie era riuscito finalmente a mettere insieme la versione definitiva del vaccino e lo aveva somministrato all'intera comunità, supportato dalle Tre Grandi Famiglie che avevano svolto un ruolo fondamentale nel rassicurare la popolazione, dichiarando che fosse un farmaco precauzionale contro la prossima influenza invernale. Certo, a dire il vero Kiichiro Kimiyoshi non sapeva quale fosse il vero scopo di quella vaccinazione di massa, e non poteva intuire quanto fosse cruciale il siero che veniva iniettato; però aveva notato quanto Mion Sonozaki e Rika Furude si preoccupavano che tutti la ricevessero. Se quelle due davano tanta importanza all'operazione, allora non c'era ragione per non fare come loro, aveva pensato Kimiyoshi, e poi lui si considerava ancora in debito con Mion.

Tutto era andato per il verso giusto, apparentemente. La reale efficacia del vaccino non poteva essere testata per il momento, tecnicamente avrebbero dovuto aspettare che passasse un po' di tempo e che qualcuno lasciasse il villaggio per un po', però il dottore era fiero e fiducioso nelle capacità del suo prodotto, e quindi nessuno nutriva dubbi sulla validità della sua ricerca. Irie tra l'altro era riuscito a completare il tutto giusto in tempo in quanto gli era stato comunicato, non più di una settimana dopo aver vaccinato tutti, che sarebbe stato rimosso dalla carica di direttore della Clinica che dirigeva. A partire da luglio quel posto sarebbe passato ad un altro... I nuovi proprietari della struttura non avevano apprezzato il fatto che lui avesse contravvenuto al regolamento della struttura dando alloggio a dei pazienti gratuitamente, sebbene fossero suoi cari amici e li avesse ospitati nel seminterrato dell'edificio senza togliere spazio ai visitatori paganti. Tutti nel villaggio pensarono che i padroni dell'Istituto fossero gente senz'anima, ma il medico non diede l'idea di esserne particolarmente dispiaciuto. La Clinica aveva esaurito il compito per cui era stata edificata anni prima, alla fine.

Quella era la ragione per cui si trovavano lì Satoshi e Shion, in quella Clinica. Stavano assistendo Irie nel raccogliere e riordinare la sua roba, prima di portarla via da quello che un tempo era il suo ufficio. Il dottore avrebbe desiderato portare tutte le proprie cose a casa sua, ma il suo appartamento non era abbastanza ampio da accogliere tutta quella documentazione e quei libri di testi, così si dovevano organizzare, passando ogni cosa al setaccio per decidere cosa conservare e cosa buttare via. I due innamorati erano da soli, il resto del club doveva ancora aiutare il villaggio a smontare tutte le impalcature ed i paramenti che avevano decorato Hinamizawa in occasione del Watanagashi. Quest'ultimo era un lavoro lungo, il festival era terminato già quattro giorni prima, in una nottata limpida e piuttosto fredda, però i giorni successivi erano stati molto piovosi ed il villaggio aveva preferito attendere il bel tempo, prima di completare la disinstallazione di chioschi e bandieroni che andavano riposti con cura.

Pertanto, i due giovani erano da soli, Irie era stato sostanzialmente licenziato in tronco però giuridicamente doveva lavorare per i proprietari della Clinica fino alla fine di giugno, così Shion e Satoshi potevano dialogare tra loro senza aver timore di essere disturbati, e stavano parlando di cose che non avrebbero mai rivelato se fossero stati in un gruppo più largo. Specialmente Satoshi si stava concedendo certe confidenze che usualmente teneva per sé, Shion aveva assunto un atteggiamento più silenzioso in quell'istante. Quello che il suo fidanzato le stava dicendo non le importava molto, ma non perché il suo compagno la stesse stufando: semplicemente la giovane era turbata da un turbine di cattivi pensieri che le affollavano il capo da ormai diverso tempo. Infatti, lei non aveva quasi notato il fatto che lui avesse appoggiato sul tavolo adiacente una pesante scatola piena di rapporti, confessando all'improvviso: “E' un po' assurdo, ma mi manca la mia vecchia vita...”

“E' davvero così?” rispose lei distrattamente.

“E' così che mi sento... Qualche tempo fa, io dovevo preoccuparmi di Satoko, di proteggerla dovunque andasse. Continuare a sorvegliarla ininterrottamente era stressante, spossante... ma era anche gratificante. Mi permetteva di considerarmi utile, avevo qualcosa di concreto da svolgere e questo mi impediva di naufragare nella noia e nell'apatia...”

“Non ti ho mai sentito parlare con toni così melodrammatici, Satoshi-kun.”

“Eh eh, queste parole sono farina del sacco di Rena-chan, non del mio... Me le aveva confidate qualche giorno fa durante il Watanagashi, mentre eravamo nei pressi della piattaforma dove Rika-chan stava presenziando la cerimonia.”

“Hmmm... Non mi ricordo di averla sentita mentre pronunciava questa storia... Quindi Rena-chan e tu eravate da soli...” insinuò Shion, i cui occhi tradivano una tinta di gelosia.

Ma Satoshi carpì dove stava andando a parare lei, e si mise a ridere. “Mi dispiace, Rena-chan è una ragazza meravigliosa ma non è il mio tipo. Insomma, sarebbe strano se ora non potessimo neanche discutere con i propri amici, di tanto in tanto.”

“Sono... Desolata... Non intendevo dire che... Il punto è che negli ultimi giorni non sono di buon umore, visto che... Beh, non ho voglia di dirtelo adesso.”

“Va tutto bene.” Con un sorriso confortante, il ragazzo pose il palmo della mano sulla chioma di lei, facendola scivolare lungo i suoi lunghi capelli lisci. A Shion venne in mente che lui forse sapeva già di quelli che erano stati gli sviluppi più recenti che riguardavano la sorella, per quanto questo non poteva essere possibile, però lei non trovò il coraggio di finire il proprio discorso, così lei lo lasciò proseguire: “Sai, io trovo che quello che Rena-chan mi ha detto corrisponde a verità. Ora che Satoko è cresciuta in modo così indipendenti, mi sento come se mi mancasse qualcosa... Negli ultimi anni, non ho fatto altro che tutelare la sua salute e la sua felicità, controllando che non stesse mai troppo male. Ma ora, che mansione è rimasta per me? Sono come disoccupato, la mia sorellina non ha bisogno del mio aiuto, ed ovviamente neanche tu ne hai, al massimo è vero l'opposto. Quindi, io dovrei cercare qualche altro scopo, qualcosa che mi consenta di ritenermi di nuovo utile, e recentemente avevo pensato alla prospettiva di unirmi ad una squadra di baseball. Però nessuna società seria mi ingaggerebbe, ho iniziato ad allenarmi troppo tardi nella mia vita per diventare un giocatore di valore.”

“Allora?”

“Allora ho concluso che avrei fatto meglio a fare quello che so fare meglio.”

“E questo cosa sarebbe, un gioco di parole?”

“Ma no, Shion... Intendo dire prendermi cura di qualcuno, dare un momento di tregua e di conforto ai bisognosi. Ho una certa esperienza in merito, non sarei un novellino, penso che me la caverei meglio di tanti dottori che hanno studiato in qualche università e che però non hanno mai avuto esperienza pratica sul campo. E c'è un posto dove posso realizzare tutto questo, vicino ad Hinamizawa.”

Shion ci rimuginò sopra per un secondo, e poi rispose: “Il Centro per la Tutela dei Minori di Okinomiya...”

“Esatto. Una volta che avrò compiuto l'età minima avanzerò formalmente la richiesta per ottenere un lavoro in quella struttura. Spero che mi accettino, mi accontenterei anche di una collaborazione part-time all'inizio...”

Satoshi avrebbe lavorato per quelli che negli altri monti non volevano salvare Satoko da Teppei, in altre parole... C'era qualcosa di paradossale in quell'idea, e Shion si rese conto della sua bizzarria, anche se vagamente, così si trovò ad obiettare: “Ma dal loro punto di vista tu non hai nessun curriculum vitae! Per loro tu sei un ragazzino senza nessuna competenza, uno che deve ancora crescere!”

“Ci proverò una, due, tre volta. Ancora, e poi ancora. Posso diventare parecchio ostinato, se voglio.”

E lui troncò ogni dialogo, prendendo energicamente in mano una nuova pila di libri e fogli di carta, da portare fuori. Shion lo ammirò per un po' mentre lui superava lo stipite della porta, e poi bisbigliò: “Perciò, tu stai desiderando di prenderti cura di qualcun altro, Satoshi-kun. A te piacciono le responsabilità, non c'è che dire...”

~-~-~-~-~

Quella sera, un'altra coppietta giovane si trovò nella situazione di essere da sola. Daijiro stava accompagnando Rena a casa, spingendo gentilmente la sua sedia a rotelle mentre lui camminava. Avevano tempo per chiacchierare, scambiarsi le proprie impressioni, che erano così diverse l'uno dall'altro. I sentimenti della ragazza che veniva spinta, infatti, erano calmi e sereni, riflettendo la felicità che Rena provava nel vivere l'esistenza placida che lei aveva sempre sognato per sé; Daijiro, invece, era consumato da tarli che gli erano stati piantati in testa qualche giorno prima. Non ci volle molto tempo prima che Rena se ne accorgesse, e questa chiese a lui quale ne fosse la ragione, girando il capo verso il giovane e sorridendogli.

“Daijiro-kun? Che cosa succede, che cosa succede? Hai un muso, stasera, hai un muso...”

“Oh...” il ragazzo avrebbe preferito non rispondere, ma nonostante la conoscesse da relativamente poco tempo lui sapeva già che nascondere le cose a Rena non avrebbe portato a niente.

“Io sono... preoccupato.”

“Per cosa?”

“Per mio padre. Speravo che per lui ci fosse qualche chance di mondarsi dai peccati che si porta sul groppone, invece... Non sembra essere intenzionato a redimersi in qualche modo. Se si capacitasse dell'oltraggio che stava per commettere verso tutti voi, il suo soggiorno in prigione sarebbe più sereno, potrei rendergli visita con maggiore frequenza, ed il suo reinserimento in una vita normale ed onesta sarebbe meno difficoltoso. Al contrario, lui... Lui non critica se stesso ed il suo operato, ed a stento mi sopporta quando vado a trovarlo. Non vuole neppure che voi veniate con me a vederlo, lo sapete purtroppo.”

Con il suo solito stile un po' sgangherato e strampalato, Daijiro aveva espresso il proprio dispiacere. La ragazza che era con lui allora gli chiese di fermarsi, e poi gli rispose: “Rena ti capisce, pure lei teme che tuo padre cominci ad odiare anche te prima o poi, perché tu hai un buon rapporto con quelli che lo hanno umiliato in prefettura e mandato in carcere...”

“E' ciò che spaventa anche me... Riassumendo, lui resterà rinchiuso per un grande ammontare di tempo, quindi l'eventualità di una vendetta da parte sua non mi inquieta, tuttavia... Come dovrei comportarmi con lui? Io dovrò prendere il suo posto all'interno della mia famiglia, chiedendo scusa al prossimo per quello che lui ha compiuto. Però, comportandomi così, penso di fare qualcosa che non è completamente giusto: la sua volontà sarebbe quella di non cercare il perdono altrui, il suo orgoglio non lo consentirebbe mai, ed io invece eseguirei l'azione opposta... Prendendo le veci del capofamiglia, per così dire, mi piacerebbe dire che siamo tutti dispiaciuti per quello che è stato, che mio padre è pentito dei suoi crimini, ma non sarebbe vero. Dovrei raccontare delle menzogne secondo te, Rena?”

La ragazza sulla sedia a rotelle lo guardò, assorta. Poi, rispose con dolcezza: “Daijiro, quando qualcuno cade e non riesce a rialzarsi con le proprie forze, diventa dovere degli altri tirarlo su e ridargli fiducia, anche se lui non chiede esplicitamente assistenza. Ma dopo che chi ne ha bisogno è stato soccorso a sufficienza, tocca a lui trovare la forza per controllare le proprie gambe e non cadere un'altra volta. Questo è lo stesso caso. Tu l'hai aiutato ad avere una seconda opportunità, sistemando tutte le grane che aveva in sospeso e facendo pace con noi, i suoi nemici passati; però, il passo decisivo per la sua redenzione deve essere compiuto da tuo padre, non da te. Se lui non vuole essere perdonato e accolto, lo mostrerà immediatamente con il suo comportamento, e non c'è molto che tu possa inventarti per cambiare le carte in tavola se lui non vuole. Certo, ha ancora tempo per cambiare la sua indole e sistemarsi, l'occasione che tu hai concesso a lui è ancora lì pronta per essere sfruttata. Spero si ravveda, se ha a cuore il futuro tuo e di tua madre... A proposito, come sta lei ora? Non la vedo dal Watanagashi.”

Il tepore che proveniva da quelle dolci parole riscaldò Daijiro. Lui era così contento di averla conosciuta, il suo modo di comportarsi gli dava non poca fiducia nei suoi mezzi. Il ragazzo allora sorrise e provò a rispondere, ma l'altra gli chiese di rimanere in silenzio per un secondo.

“Perchè?” le chiese lui.

“Ascoltale.” Rena si mise una mano dietro l'orecchio “Le cicale. Stanno cantando, è la prima volta che si sentono in giro quest'anno.”

“Hai ragione. Finora l'estate non è stata per nulla calda e questo giorno di sole è venuto dopo fin troppe settimane di pioggia e maltempo. Quegli insetti non avevano ancora avuto la possibilità di emettere il loro verso caratteristico.”

“Anche Rena lo crede. Nel periodo precedente non era stato loro concesso di cantare, ma ora possono. Non pensi anche tu che questa sia una metafora della nostra situazione, non lo pensi anche tu? Loro hanno sofferto nei giorni scorsi ed ora stanno gridando di gioia; allo stesso modo, noi abbiamo sofferto nei mesi scorsi, ed ora viviamo con gioia.”

“Come immagine è davvero suggestiva... Ma è davvero così? Per me c'è anche un altro aspetto da considerare.”

“Daijiro-kun, che cosa vuoi dire?”

“E' molto semplice... Noi possiamo udire il rumore prodotto dalle cicale, ma non possiamo capire quale sentimento stiano provando esattamente. Se fossero anche solo cani, o gatti, allora potremmo avere degli indizi sulle loro emozioni, basterebbe vedere come muovono la coda e cose del genere; ma per gli insetti ciò non vale proprio. Non ho mai visto nessuno in grado di riconoscere lo stato d'animo delle cicale solo udendo il loro lamento.”

“Rena comprende... Rena pensava che fossero cicale felici perché Rena è felice, e quindi lei stava instillando le proprie emozioni all'esterno riflettendole anche nel mondo circostante. Rena è felice, dal tuo punto di vista, quindi le cicale devono essere felici... Il che non è necessariamente vero. Eh eh, Daijiro-kun sta rapidamente apprendendo da Rena, rimanere vicino a lei deve portare a questo tipo di conseguenze. Chi sta con lo zoppo impara a zoppicare... Però devo dire che non hai ancora imparato bene. Rena deve confessare che non è del tutto felice, infatti.”

“Come mai? Sei ammalata?”

“No... Vedrai presto quello che intendo dire. Piuttosto, come mai tu stavi supponendo che le cicale fossero tristi, Daijiro-kun? C'è una ragione?”

Il giovane non diede subito risposta, stava fissando la rossa porzione di cielo in cui il Sole era appena tramontato, sparendo dall'orizzonte.

“Non ce ne dovrebbero essere, in realtà. A quanto ne so non c'è nulla di male che dovrebbe accadere. Però, forse... Chi lo sa...”

“Non sei l'unico ad avere queste sensazioni, Daijiro-kun. Anche Rena le ha, ma io ho anche il presentimento che sapremo presto di cosa si tratta.”

~-~-~-~-~

“Keiichi-san, riuscirai mai a sconfiggermi un giorno?”

La mattina dopo, alla fine delle lezioni, Satoko stava punzecchiando il suo nemico favorito, come suo solito. Quel giorno però non era come la maggior parte degli altri, questa volta lei e Keiichi erano gli unici membri del club impegnati nel combattimento. Mion era assente da scuola, tanto che quando avevano chiesto a Shion perché non fosse venuta lei aveva solo agitato la mano, come a dire Ve lo dico dopo: non pareva comunque che si trattasse di nulla di serio, la ragazza avrebbe risposto in maniera differente altrimenti, così i suoi compagni non si erano preoccupati più di tanto. Shion era infatti sembrata pensierosa e non sembrava aver voglia di giocare con gli altri, ma non era la prima volta che la vedevano così, ogni tanto sembrava avere la luna storta e se ne stava sulle sue, così tutti avevano immaginato che quel magone fosse dovuto al fatto che lei era spesso oltremodo apprensiva. E perciò, visto che di per sé Rika, Satoshi, Hanyuu e Rena non erano compagne bellicose ed aggressive, erano rimasti solo Satoko e Keiichi, i quali stavano scrivendo un nuovo capitolo della loro personale rivalità.

“Ci sarà da spassarsela. Che cosa hai in serbo per me?”

“Un ritorno lungamente atteso, amico mio.” Satoko mise una mano in tasca e ne trasse fuori un guanto, indossandolo con una mossa lesta. “Lo riconosci?”

“Veramente credo di non averlo mai visto prima.”

“Ah, sicuro, è vero... E' il guanto che ho dato a Nii-Nii per combattere contro la guardia del corpo, quando abbiamo salvato Mion-san. Di recente ho affinato le sue caratteristiche e ne ho realizzato uno adatto alle mie manine vellutate, ma dovevo testarlo. Ed allora, sarai tu in grado di battere quest'arma terrificante, od almeno di sopravvivere per più tempo di quanto fosse riuscito il tirapiedi di Goemon-san, a suo tempo?”

“Un gioco rischioso... Mi piace assai... Proviamoci!”

Satoko strinse il pugno e si preparò per il suo primo colpo, al settimo cielo per l'eccitazione. Lei amava come Keiichi era sempre pronto ad approfittare di ogni occasione per sfidarla, loro due erano in sintonia, ragionavano sulla stessa lunghezza d'onda... Avrebbe davvero voluto averlo sempre accanto a lei, come amico e compagno, per tanto e tanto tempo. Era un peccato che ci fosse quella differenza d'età tra di loro... Ma ora Satoko doveva pensare alla sfida di quella mattina. Grazie al suo artefatto avrebbe buttato giù quel villano dal suo piedistallo, gli avrebbe fatto abbassare la cresta, e...

“Che COOOOOOOOSAAAA?”

Il loro duello fu interrotto per cause di forza maggiore. L'esclamazione repentina e stupefatta di Rika li aveva fermati sul più bello, facendo quasi cadere Satoko per terra per colpa della forza d'inerzia. Perché la loro amichetta aveva gridato così a squarciagola? I due corsero subito dal cortile fino in classe per saperlo, seguendo i loro amici che a loro volta si erano radunati lì.

Il tragitto fu breve e tutti si ritrovarono insieme nell'aula nel giro di una manciata di secondi. Là, trovarono la loro piccola amica che stava fissando stralunata Giancarlo. Da lui, lei aveva udito una notizia che Rika non si sarebbe mai aspettata, una notizia che lei non avrebbe mai voluto ascoltare.

“E' così, Rika-chan. Mi rincresce. Oggi è stato il mio ultimo giorno di scuola qui. Dopodomani raggiungerò l'aeroporto di Haneda, e da lì prenderò l'aereo che mi riporterà a casa in Italia. Ho già prenotato il volo, ormai è tutto confermato.”

“Ma... Ma...”

“Rika-chan, ve lo avevo detto sin dal primo giorno in cui io e mia sorella siamo venuti qui. Tu lo sapevi che non mi ero trasferito per rimanere qui per sempre. Quando ci siamo trasferiti qui, la nostra tabella di marcia prevedeva un soggiorno ad Hinamizawa della durata di un anno, e poi avremmo fatto ritorno al nostro Paese. Sto solo compiendo quello che avevamo deciso mesi fa, dopo tutto non posso rimanere lontano dalla mia cittadina natale, ho dei doveri da rispettare laggiù e non posso venire meno ai miei impegni.”

“Ma io credevo che la situazione fosse mutata...” Rika si girò verso il banco vuoto di Mion “Ora è chiaro perché lei è assente, oggi. Posso solo immaginare quello che sta facendo a casa, adesso...”

“Non volevo coinvolgerla. È già abbastanza arduo così, in questa maniera. Se avete domande da formulare lasciate stare lei, intuite anche voi che non sarà dell'umore giusto, chiedete a me.”

“Tu sai che sarà una pugnalata alle spalle, per lei. Hai intenzione di piantarla così in asso, da un giorno all'altro?”

“Non è un bel modo per raccontare la situazione, Rika-chan, ma non avevo scelta. Io e Mion-chan abbiamo entrambi un ruolo da ricoprire. Lei deve stare ad Hinamizawa, per essere la leader dei Sonozaki. Io devo tornare al mio villaggio, per continuare quello che avevo iniziato anni fa. Devo occuparmi degli affari di famiglia, e della loro vita... Cerca di comprendermi, ti prego. Sai, fosse stato per me io sarei partito subito dopo aver sistemato tutti i nostri problemi, in modo da evitare che si verificasse questa situazione logorante: sono stati mio padre e mio madre a convincermi a restare qui ancora due o tre mesi, avevano insistito affinché rimanessi ad Hinamizawa almeno fino al Watanagashi, come desiderava mia sorella, anche se dopo quello... quello che è capitato ad Alice... Personalmente non avrei rinviato la partenza, volevo portare la sua urna cineraria ai nostri genitori prima possibile, a Marzo, e comunque questo è un compito che devo assolutamente assolvere, ne sento il dovere morale. Sono stato meravigliosamente bene qui, serberò sempre questi dolci ricordi nel mio cuore, ma non posso nemmeno dimenticare i miei doveri verso Nee-chan.”

“Si, me lo ricordo, quando tu avevi chiamato tuo padre, ed anche il fidanzato di Ali-chan, non era stato uno scherzo. Però... i due mesi che erano venuti dopo erano stati bellissimi, per te e Mii-chan, sembravate così felici, eravate usciti con le vostre biciclette, avete avuto un paio di appuntamenti, avevate visto i vostri album delle fotografie. E dunque... Quando avete deciso... Di dividervi in questa maniera?”

“Rika, lo avevamo sempre saputo, non avevamo neppure avuto necessità di dircelo a voce alta. Ci eravamo dichiarati durante la guerra contro Megumi-san e Goemon-san – perché quella era una guerra, con tutti i crismi del caso – ma se lo avevamo fatto era per darci della fiducia l'un l'altro e soprattutto perché negarlo sarebbe stato ancora più assurdo, oramai. Entrambi ci giudichiamo come persone deboli che hanno bisogno l'uno dell'altro, e poi... Io mi sento come se... Mion fosse la mia anima gemella...” Giancarlo stava assumendo visibilmente un certo imbarazzo, non gli piaceva parlare dei propri sentimenti più intimi, ma si stava ora mettendo in mostra per attirare su di sé l'attenzione e distoglierla dalla sua ragazza. Si stava offrendo come bersaglio, come capro espiatorio, era un espediente per proteggere lei, in maniera che gli altri non andassero da Mion per porle domande scomode.

“Comunque” andò avanti lui “Noi non potevamo vivere insieme fino alla fine, ne eravamo consapevoli sin dall'inizio. Ecco perché io volevo andarmene via da qui subito, e non ora a giugno, io speravo che così il dolore della separazione potesse essere più lieve. Ma mia madre non aveva apprezzato l'idea, ed insieme a Flavia ed a suo marito mi avevano persuaso, portandomi a cambiare opinione. Insistevano a dire che Alice avrebbe apprezzato che io fossi rimasto fino all'estate, come concordato l'anno scorso...”

“Mi spiace.” commentò Rika “Ma c'è una cosa che non mi è chiara. Perché ci date questa notizia solo adesso? I vostri amici sono rimasti all'oscuro di tutto fino ad ora... E' abbastanza nel tuo stile, lo ammetto, ma non è da Mii-chan agire così nell'ombra, affatto. Perché avete scelto questo modo di agire? Perché un preavviso così breve? In questa maniera sembra quasi una fuga, la tua, come se tu tagliassi la corda e scappassi da qui, dalla tua seconda casa, dai tuoi compagni di avventura, dalla tua fidanzata...”

“Per dirla bruscamente, volevamo tagliare la testa al toro. Non volevamo che voi vi immischiaste. Avevamo ben presente quello che avreste fatto, se ve ne avessimo concesso la possibilità. Non ci avreste dato un attimo di respiro, cercando di convincere me a restare, o a trovare un'alternativa alla separazione... Sarebbero stati sforzi vani, noi abbiamo già preso la nostra decisione.”

“E questa è la ragione per cui Shii-chan era così taciturna e scorbutica, di recente... Di sicuro era al corrente delle vostre macchinazioni... L'avrete pregata di non rivelare alcunché, dovete aver discusso molto con lei per spingerla ad arrendersi di fronte al fatto compiuto, ed alla fine ha acconsentito anche se certamente era riluttante. Avremmo dovuto cogliere quell'indizio.”

“In un certo senso. Però ora è troppo tardi. Per favore...”

“Per favore un cavolo a merenda!” ringhiò Keiichi “E chissenefrega, se ho due ore o due anni per mettere a posto le cose! Compare, non ci avevi detto una volta che la tua famiglia non era come i Sonozaki? Che a voi non serviva un leader forte ed autoritario, che non lo volevate? Ed allora perché non ci rinunciate del tutto? Sarebbe semplice, e tu non dovresti sloggiare da qui.”

“Keiichi...” Giancarlo sussurrò triste “Mi spiace, ma non posso. Pensa solo alle nostre peculiarità. Per ricoprire un ruolo del genere ci vuole una certa preparazione, saper gestire i beni familiari, conoscere la psicologia ed i bisogni di tutti gli zii ed i cugini, e tanto altro... Non voglio fare la figura del pallone gonfiato, ma nessun altro oltre a me ha i requisiti necessari per occupare quel posto. I miei parenti si sono appassionati tutti ad altri ambiti, pensavano che quella carica fosse ormai destinata a me, ed abbandonarli dal giorno alla notte sarebbe un tradimento gravissimo. Ci vorrebbe troppo tempo per trovare ed istruire un sostituto, non posso tirarmi indietro.”

“Non ce bisogno che tu lo faccia. Puoi dirigere tutta la baracca anche da qui. Potresti stabilire comunque la tua dimora ad Hinamizawa, occupandoti delle situazioni ordinarie dei tuoi tramite telefonate o lettere, ed ogni tanto viaggeresti in Italia con tua moglie per dare un'occhiata più da vicino a quello che avviene là, ed andare a trovare i tuoi genitori. Perchè no?”

“Perchè no, dice questo... Ci dovresti arrivare da solo. È assurdo pretendere di essere in grado di governare due famiglie contemporaneamente. Dovremmo volare da un villaggio all'altro ogni volta che c'è una matassa seria da sbrogliare, ed andare da un capo all'altro del pianeta non è un viaggio da niente. Passerei più tempo in aeroporto che a casa... E che succederebbe se ci fossero due problemi simultanei, uno qua e uno là?”

“Tu e Mion potreste separarvi temporaneamente, in quel caso.”

“Kei-chan, non ti arrendi... Ma la tua proposta non si regge in piedi. Che leader potrebbe mai riuscire a conservare il suo potere, nel momento in cui rimane sempre lontano da quelli che guida? Forse un capo che basa la sua forza sulla paura e sulla crudeltà potrebbe, però non voglio diventare una persona di quel genere... E quindi, se per qualche pretesto ci fosse una disputa, sarebbe facile per anche solo uno dei litiganti rifiutare l'autorità mia o di Mion. Io non voglio scegliere questa impostazione, rimanere così lontano mi impedirebbe di scoprire quali sono le vere magagne di un certo problema. Insomma, non me la sento di rimanere così lontano da loro... A meno che tu non voglia che tutta la mia famiglia si trasferisca in massa per vivere qui, il che sarebbe la più fenomenale assurdità che ho mai sentito in vita mia.”

“Ma i tuoi cari ti verrebbero incontro, ne sono convinto! E poi...” Keiichi abbassò lo sguardo.

“Stai pensando di telefonare a casa mia in Italia, vero?”

L'altro ragazzo non rispose, il che equivaleva ad una confessione.

“Piuttosto prevedibile...” commentò Giancarlo “Posso immaginarmelo, ti piacerebbe cercare di persuaderli, con la tua parlantina veloce ed accattivante, cercheresti di dare loro la forza di andare avanti senza di me in modo che siano loro a dirmi di restare qui per sempre. E probabilmente i miei genitori accetterebbero, perfino.”

“Davvero? E dunque perché tu non ha-”

“Aspetta, non ho ancora finito. Loro ti darebbero ascolto, ma non solo perché sei tu che vai a parlare loro, non è solo una questione di doti oratorie. Se tu telefonassi, loro concluderebbero che questa tua iniziativa riflette un profondo desiderio di rimanere da parte mia, qualcosa che io vorrei ardentemente ma che mi vergogno di chiedere loro. E quindi si troverebbero nella posizione di dover per forza accettare questo sogno del loro figlio, non credo sarebbero così sfacciati da rifiutarsi, li conosco. Ma per loro sarebbe un sacrificio immane. Ho già visto in passato come si comportano in questi frangenti, si sentirebbero persi, non riuscirebbero a capire che pesci pigliare, sarebbero incerti sul chi prenderebbe il mio posto, come dopo l'abdicazione di mio padre... Perché, in un angolo della loro testolina, se ne avrebbero a male perché ai loro occhi avrei gettato la spugna. Voglio dire, non lo penserebbero con cattiveria, non intendo questo, ma il nocciolo della cosa è che io sono il successore due capofamiglia che hanno dovuto compiere un passo indietro perché non riuscivano a tollerare lo stress e la pena che questa carica comportava. E quindi riterrebbero che io ho fatto lo stesso e che io sto nascondendo la mia ritirata dietro una supposta volontà di mettere radici in Giappone. Non posso giocare loro questo tiro mancino, passerebbe il messaggio che nessuno ha la forza di sopportare questo peso, che le ferite aperte dal mio bisnonno non possono essere sanate, che sono condannati ad essere maledetti dal loro passato. Causerei un enorme dolore a troppe persone, genitori, zii, cugini, solo per il mio tornaconto personale. Non sarei mai felice sapendo di aver commesso un simile peccato, la mia coscienza non me lo permetterebbe mai. È questa la verità, nessuno nella famiglia Serco è nato col cuor di leone, noi non siamo mai stati guerrieri o persone sanguigne come i Sonozaki. Il fatto che da piccolo mi sia dovuto proporre io la dovrebbe dire lunga...”

“Neanche Ali-chan lo era?”

“Neanche Alice. Lei era estroversa, assolutamente, ma lei non ha mai avuto quel tipo di coraggio di cui stiamo parlando, se ci pensi bene. Siamo sempre stati mossi dal nostro senso del dovere, che però è una cosa diversa dall'avere intraprendenza e forza d'animo. Alla lunga la differenza si nota, una persona senza entusiasmo non riuscirebbe a sostenere a lungo lo stress dovuto ad una tale responsabilità... Ed infatti anche io sono stato tante volte lì lì per cedere... Per piacere, non rendetemi le cose più difficili di quanto già non siano.”

“Allora... Non c'è nulla che possiamo fare, per te e per Mion?”

Giancarlo andò da Keiichi, da Rika, e da tutti gli altri che lo avevano raggiunto durante la discussione: “No, non questa volta. Il succo è che io e lei abbiamo pensato ad ogni possibile via di uscita, prima di giungere a questa conclusione, io avevo già pensato a delle ipotesi simili a quelle che voi avete formulato, ecco perché sapevo come ribattere ad esse, sapevo già che non sarebbero andate bene... Abbiamo pensato ad ogni scappatoia che poteva essere immaginata, ma niente... Noi siamo incatenati ai nostri posti, il che da una parte ci ha permesso di essere un riferimento per le persone attorno a noi, ma dall'altra questi vincoli ci stanno comandando su cosa possiamo o non possiamo fare. Questa è solo una conseguenza delle decisioni che abbiamo preso responsabilmente in passato, dunque ci siamo arresi alla fine. Sarei così terribilmente triste se tradissi tutti i miei cari, se commettessi quest'azione così somigliante ad un peccato, e lo stesso vale per Mion... Per cui, vi supplico... non rendetemi le cose più difficili di quanto già non siano.”

“Non serve ripetere, capisco cosa vuoi dire.” commentò Keiichi, amareggiato.

Ed anche Rena, enormemente dispiaciuta per quello che stava udendo, gli chiese: “Però tu verrai a farci visita, ogni anno, ogni estate, o perlomeno ogni volta che puoi? Lo farai? Lo farai?”

“Non ho ancora deciso... Avevo parlato anche di questo con Mion. Non vedersi più sarebbe crudele, ma anche tornare qui per lasciarsi dopo pochi giorni sarebbe triste... Quindi, la risposta più assennata che posso darvi è «Probabilmente sì, ma non adesso». Vorrei che passasse qualche tempo prima di un'eventuale seconda permanenza qui, come minimo. Lasciare che si calmino le acque ci aiuterà a maturare un po' e ad affrontare tutto questo con più coscienza e serenità...”

Nessuno osò rivolgergli ulteriori domande. Era lampante che anche solo dare quelle spiegazioni era straziante, per lui, e loro volevano risparmiargli almeno quelle sofferenze. Così, lui li salutò con un cenno del capo, e poi lasciò l'aula.

Rena osservò Daijiro, e successivamente la finestra. Da lì, lei poteva ascoltare il verso delle cicale. E come il suo ragazzo le aveva detto il giorno prima, il loro rumore suonava diametralmente opposto a quello che lei aveva immaginato allora.

Le cicale non stavano cantando di gioia. Stavano piangendo lacrime amare, tormentate da un'immensità di rassegnazione.

~-~-~-~-~

“Non è difficile mettersi nei panni di Shii-chan, hauu.” commentò Hanyuu al termine “Non ci ha detto nulla e li ha lasciati agire come meglio credevano, quando forse era meglio bloccarli subito, ma non è mia intenzione farle delle prediche per questo. Invece, ce l'ho con me stessa. Come diamine si fa a non accorgersi che qualcosa non andava? In casa Sonozaki non sono brave a mentire e tenere nascosti i segreti, era evidente che nella loro testa ci fossero dei brutti nuvoloni.” Quindi la bambina si voltò verso gli altri “Nessuno di voi aveva mai avuto il sospetto che ci sarebbe stato un tale casino?”

“No.”

“No.”

“Io no.”

“Neppure io.”

“Io invece devo ammettere che avevo qualche dubbio...” confessò Rena, alzando timidamente il braccio “Mi ricordavo bene che Gi-chan non poteva stare ad Hinamizawa per sempre e credevo che prima o poi i nodi dovessero venire al pettine. E poi lo avevo visto comportarsi in maniera insolita di recente. Non erano tranquilli, in tutti i sensi.”

“Quindi tu avevi una mezza idea di quello che li stava assillando?”

“Sì... Ma Rena ha preferito rispettare il loro silenzio, strimpellare ai quattro venti quello che loro volevano tenere segreto sarebbe stato orribile. Avevano sicuramente una buona ragione per comportarsi così, Rena si fidava di loro e si fida anche adesso.”

“Io non mi ci raccapezzo più.” protestò Keiichi “Perché di punto in bianco state tutti ricominciando a non confidarvi più con i vostri amici?”

“Perché questa è stata la loro scelta, ed anche se Rena è in disaccordo con loro lei non dare loro questo dispiacere! Riflettici sopra, Keiichi-kun... Qualunque, qualunque soluzione che riusciremmo eventualmente a trovare comporterebbe di base la separazione di uno di loro dalla sua rispettiva famiglia, dal suo mondo. Noi sappiamo già che Mii-chan non può abbandonare il clan Sonozaki, se solo ci provasse susciterebbe un caos di proporzioni mai viste, e potrebbe generare una seconda faida tra di loro, violenta e infausta come e più di quella che abbiamo appena scongiurato, e non saprei dire cosa potrebbe accadere allora. La presenza di Mion è un requisito imprescindibile per il benessere dell'intera Hinamizawa. E quindi perché pensare che per Gi-chan e la sua famiglia sia diverso? Noi non sappiamo come funziona esattamente il tutto dalle sue parti, non ce l'hanno mai descritto, però una divisione traumatica non sarebbe un evento senza conseguenze, presumo, altrimenti non credo che lui si farebbe tutti questi problemi ad insediarsi qui per tutta la vita ed a lasciare che i suoi parenti si gestiscano da soli. Evidentemente, c'è ancora molto da sistemare dalle loro parti, prima che la famiglia Serco possa trovare finalmente la sua pace, ma noi non conosciamo davvero la loro situazione, conosciamo solo quello che Gi-chan ed Ali-chan ci avevano accennato, quindi... Insomma, quello che vorrei spiegarvi è che non possiamo neppure proporre un vero rimedio, in quanto non siamo a conoscenza di tutti gli aspetti del problema.”

“Come quadro della situazione non è piacevole, ma temo che sia assolutamente corretta... Shion, potresti dirci come sta Mion, come morale intendo?”

Shion era rimasta zitta tutto il tempo, non li guardava neppure, come se fosse con la testa tra le nuvole. Ma ora era stata chiamata in causa e doveva rispondere. “E come caspita credi che stia? E' devastata, ridotta ad uno straccio. Non è uscita dal Maniero per giorni, ieri non credo abbia mangiato, ed ultimamente non vuole parlare con nessuno, neanche con la mamma o con me... Non ho la più pallida idea di come trattarla, per farla stare meno male... Ma suppongo che il tempo è l'unica cosa che possa lenire le sue ferite affettive, in casi come questi.”

“Ci conto” rispose Rika “Anche se talvolta la situazione peggiora invece di migliorare, e queste ferite non guariscono mai...”

“E' vero. Francamente neanche io ho fiducia in quello che ho appena detto...”

“Shion, che cosa significano queste parole?”

La ragazza dagli occhi verdi non replicò. Stava tenendo il capo chino.

“Shion?”

“Sai, il fatto di essere stata informata in anticipo di questa partenza ha i suoi vantaggi... Sto rivangando su questa separazione da quando me ne hanno accennato per la prima volta... Dopo il dialogo con Satoshi-kun, dopo averli visti... Qui stiamo parlando della felicità di quei due, a conti fatti, e noi dobbiamo mettere in atto quanto è in nostro potere per garantirgliela. Non dobbiamo lasciare nessuna strada intentata, e per nessuna intendo nessuna... Prima di passare all'azione ho aspettato che voi foste informati nella maniera che loro avevano programmato, non volevo disobbedire loro, e poi desideravo avere il vostro supporto...”

“Ci puoi spiegare che cavolo hai in mente, dannazione? Ci manca solo che tu ti diverta a recitare la parte della misteriosa, adesso.”

“E' presto detto, Kei-chan. Voi non potete più fare nulla per loro, ma io sì.

“Che...”

“Sta muto, tu. E voi, seguitemi.”

I ragazzi andarono tutti nella stanza del preside, e lì Shion prese il ricevitore del telefono senza neppure chiedere l'autorizzazione al suo legittimo proprietario. Il modo di agire vigoroso e perentorio della ragazza era comunque eloquente e l'uomo protestò solo per un momento, dopo di che ascoltò con gli altri quello che lei diceva attraverso la cornetta. Era ovvio che avesse chiamato qualcuno al Maniero, in quanto dalle sue parole traspariva che lei stesse organizzando un incontro ufficiale con sua sorella e sua madre.

Dopo un breve ma vivace scambio di battute, la giovane riagganciò e con un gesto convulso invitò tutto il gruppo ad uscire con lei dalla scuola, verso il cortile dove Kasai arrivò con il suo mezzo dopo alcuni minuti.

“Shion, non ci capisco nulla...” disse Keiichi, una volta sul furgone.

“Shh. Mi devo concentrare per bene. Non sarà una passeggiata di salute, e in parte mi terrorizza l'idea di essere quella che terrorizza, per una volta.”

“Ma che...”

“Shhh.”

L'atmosfera dentro la vettura si stava facendo pesante, e neanche una mosca avrebbe avuto il permesso di ronzare in quel momento, sarebbe stata zittita anche lei. Shion stava attirando su di sé gli sguardi di tutti i suoi compagni, lei lo sapeva bene, ma non sembrava tenerne conto, era come se non ci fossero. Stava seduta con le dita delle mani incrociate appoggiate davanti alla bocca, come in preghiera. I suoi occhi erano vispi e fermi al tempo stesso, la sua testa colma di ogni sorta di dubbi, paure e dilemmi sul passo cruciale che lei stava per compiere.

Era meglio mettere le cose in chiaro il prima possibile, e pertanto, non appena furono in prossimità dell'ingresso della villa dei Sonozaki, Shion saltò giù dal furgone quasi senza aspettare che esso si fermasse. Rischiando di slogarsi una caviglia, corse poi rapida fino al cortile interno, seguita dagli altri, finché non raggiunse la saletta dove Mion e sua madre li stavano attendendo, aprendo di botto la porta scorrevole, spalancandola e facendola addirittura uscire dai binari lungo cui solitamente scivolava. La sua sorellina dalla coda di cavallo apparve quindi al cospetto di tutti, vestita solo di un semplice kimono bianco indossato forse in tutta fretta, e ognuno vide come lei cercasse di mantenere un aspetto serioso e dignitoso, anche se era un poco disturbata e resa inquieta da quella convocazione improvvisa, oltre che da quel modo di arrivare da parte di Shion. Ormai lei sapeva tutto del modo di regolarsi di sua sorella, era lampante come essa stesse escogitando qualcosa di grosso.

Ed infatti quest'ultima si sedette in ginocchio, lievemente affannata per la corsa, prima che la madre Akane le chiese conto della ragione di quell'udienza tanto urgente. Shion fissò le due donne di fronte a lei, fece un respiro profondo per prendere coraggio, e poi disse con calma glaciale queste parole:

“E' molto semplice. Sonozaki Mion, io vi prego di restituirmi il posto che ti ho prestato qualche anno fa. Ovvero, io ti ordino di rendermi il ruolo di leader che tu mi hai rubato quando eravamo bambine. Non appartiene a te, quello. Esso spetta a me. Il trono dei Sonozaki è mio, non tuo.”

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Capitolo 62
*** L'ultima danza con il Demonio ***



Capitolo 61: L'ultima danza con il Demonio



Hinamizawa, 22 Giugno 1984

Dopo aver parlato, Shion rimase in religioso silenzio e Mion la fissò a lungo, in quella stanza gelida. Le poche parole appena pronunciate in quel dojo così spoglio ed austero erano la rottura di una promessa che Oryou aveva fatto fare a quella che credeva fosse la minore delle due gemelle, e quel gesto di ribellione era quindi qualcosa che non poteva essere fatto alla leggera. Ma Shion era pronta a tutto, ora, loro stavano parlando di niente di meno che la felicità e la vita stessa di Mion.

“Qual'è il significato di questa richiesta balorda?” chiese quest'ultima, dominando la propria meraviglia.

“Vorrei saperlo anche io.” aggiunse Akane “Sperò che questo non sia solo uno scherzo di cattivo gusto, non lo gradirei affatto. Che cosa è questa storia del posto rubato?”

“Ve lo dico subito, anche se potrebbe farlo anche Onee visto che sa benissimo a cosa alludo. Madre, ti ricorderai il pomeriggio in cui hanno disegnato il tatuaggio sulla sua schiena, spero che sia così visto che era stato un momento fondamentale delle nostre vite. Allora... Non avevi notato nulla di strano nelle tue figlie, nei giorni successivi a quel rito?”

“No” rispose la donna, non riuscendo a fare a meno di avere un momento di esitazione.

“Ne sei sicura? Realmente?”

“Che cosa stai cercando di farmi dire?” esclamò Akane, irritata “Certo che avevo notato che Mion era a disagio, ma non era anomalo, vivere quell'esperienza è molto spesso un evento traumatizzante, soprattutto perché non sei avvisato dalla tua famiglia prima che ti disegnino quell'immagine. Però è sempre stato così nel corso dei secoli, non c'era nulla di nuovo. Neppure io mi ero comportata in maniera tanto differente da lei, quando era stato il mio turno.”

“E quindi ti era sembrato normale anche il mio malessere, in quel periodo?”

“Eri in pensiero perché tua sorella era rimasta scioccata, era naturale...” Ma la madre delle due identiche gemelle stava iniziando a scandire più lentamente le proprie parole. Stava cominciando a intuire quello che Shion stava per affermare.

“Non era proprio così” disse la giovane, infatti “Il punto è che durante la nostra infanzia, secondo noi, voi vi preoccupavate solo del benessere di quella che voi chiamavate Mion, non dell'altra, così in quel lontano periodo non ci eravamo abituate a... ad invertirci le nostre capigliature ed i nostri vestiti. Questa pratica non l'abbiamo utilizzata solo di recente, ma era una cosa che accadeva anche anni fa, è per questo che siamo così brave a farci scambiare l'una per l'altra.”

A quella sentenza, tutti avevano capito dove Shion voleva arrivare, ma la ragazza continuò comunque imperterrita: “Mamma, se la nonna si fosse arresta alle tradizioni di famiglia ed avesse ordinato di uccidere la più piccola delle due gemelle, io sarei ancora viva ed Onee no. Attraverso le nostre azioni abbiamo provato di meritare quell'atto di clemenza, accettando quello che avevate deciso per noi, ma quando eravamo piccole non potevo permettere che voi trattaste mia sorella in modo così insensibile, così io avevo piacere a concederle qualche giorno di felicità, scambiandoci i nomi e lasciando che lei fosse considerata come Mion, e quindi come una bambina che avesse un qualche valore per la famiglia. Ed avevamo effettuato questa operazione anche il giorno in cui avevate chiamato il tatuatore.”

“Ma dunque... Nee-Nee sarebbe la vera Mion, ho capito bene?” chiese Satoko con gli occhi aperti dallo shock, mentre la Mion con la coda rimaneva in silenzio e non tentava neppure di confutare quel racconto e di negare tutto.

“Esattissimo. Con il disegno sul torso di mia sorella noi non potevamo più tornare ai nostri nomi originali, l'avrebbero scoperto in massimo due giorni allora non ci rimaneva altro che fare buon viso a cattivo gioco ed accettare quanto era avvenuto. Fatto sta che non molti giorni dopo mi avevano impacchettato e spedito lontano dal Maniero, prima nella nostra casa di Okinomiya e poi al collegio di Santa Maria, quello da cui sono dovuta evadere.”

Tutti sapevano che Shion non era capace a mentire, si notava subito quando ci provava, quindi era ovvio che lei fosse sincera, e perciò sua madre fu obbligata a darle credito. Certo, il fatto di non essersi mai accorta di questi scambi non le faceva fare una bella figura. “Acconciarvi i capelli con stili diversi non era sufficiente, quindi... Se fossi stata più sveglia avrei tenuto i capelli lunghi a una e corti all'altra, per non confondervi... Ma come mai stai tirando fuori questa storia solo adesso?”

“Le cose sono cambiate qua ad Hinamizawa... Fino a qualche tempo fa avrei avuto una fifa blu a rivelare certe scabrosità, ma io oggi so che i Sonozaki non sono così cattivi come credevo, ed ora posso dire la verità senza paura di rappresaglie. Inoltre, qui non siamo in mezzo ad una folla, è più che altro una rimpatriata tra familiari, e quindi ci possiamo permettere certe intimità con voi. È per questo che ti sto chiedendo questo, sorella: Fatti da parte, Sonozaki Shion.

“Tu sai che il mio nome è Mion. Non mi faccio chiamare Shion da parecchi anni.”

“Ma per favore. Tu non ti fai chiamare Shion dall'ultima volta che ti sei spacciata per me e ti sei acconciata con i capelli sciolti, il che è successo decisamente di recente. Cosa saranno, una decina di giorni al massimo? Ma proviamo un piccolo indovinello, ti va?” lei si sfilò il fiocco da dietro la testa “Perché non mi aiuti a legare i miei capelli in modo che io abbia una coda, proprio come quella che c'è dietro la tua zuccona dura come il marmo? E poi magari ci infiliamo tutte e due dietro un paravento, in modo che nessuno veda gli abiti e che spuntino fuori solo le nostre teste... Sarebbe divertente vedere gli altri mentre cercano di capire chi è chi. Distinguerci e decidere chi è il vero leader del clan Sonozaki diventerebbe una cosa non immediata, anzi, la maggior parte di loro punterebbe il dito a casaccio.”

Quella che i ragazzi avevano sempre conosciuto come Mion deglutì.

“Tagliamo corto. Che cosa vuoi, quale è la tua proposta finale?” chiese Akane.

“Non mi interessa costringervi ad avere una ragazza con scritto «Sonozaki Shion» sulla carta d'identità. Causerebbe un parapiglia che non avrebbe precedenti, roba da mandare il parentado nel panico più assoluto e da far girare tutti a destra e manca come un branco di galline che ha sentito il rumore della volpe nel recinto.”

“Ed allora?”

“Rivoglio solo il mio posto indietro. Vi ho raccontato la verità apposta, se mi fossi solo offerta per invertirci i ruoli i miei genitori od altri avrebbero avuto delle perplessità, vi sareste chiesti Ma è giusto così?... Invece alla luce di questa informazione sapete bene che è giusto, anzi è come sarebbe dovuta andare fin dall'inizio.”

“Vuoi tagliare corto?” Akane aveva i nervi a fior di pelle, e faticava a mantenere il suo solito aplomb.

“Insomma, mamma, a partire da oggi, se voi non avete nulla in contrario, io mi faccio etichettare come «Sonozaki Mion» e faccio in tutto e per tutto quello che ha fatto lei fino ad oggi, ed anche tutto quello che si suppone faccia negli anni a venire. Mi prenderò sulle spalle l'incarico di proteggere Hinamizawa al posto suo, grazie anche alle consulenze di Kei-chan se sarà il caso. Farò la pulzella obbediente, non farò delle bravate se ottengo il potere, non vi angustiate prima ancora che io cominci. Nessuno al di fuori di questa sala lo immaginerà mai, faremo in modo che i nostri parenti non mi guardino mai la schiena, anche se non credo che nessuno ci proverà mai in quanto non avrebbero motivo; ma se proprio l'idea non vi lascia tranquilli posso anche chiamare qualcuno per tatuarmi qua dietro con lo stessa effigie che ha Onee. Alla fine di tutto la mia cara sorellina sarà libera dai suoi impegni e potrà andare dove le pare e piace, oltre che togliersi ogni possibile sfizio che ora le è precluso.”

Era ora chiaro a che cosa stesse mirando Shion. Non c'era nessuna trovata che potesse permettere a Giancarlo di restare lontano dal suo paese natale, ma il viceversa non era necessariamente vero, proprio grazie all'esistenza di una gemella di Mion. Una volta esentata da tutti i suoi impegni, quest'ultima avrebbe potuto fare le valigie senza che nessuno le dicesse niente, e raggiungere la sua metà. Avrebbero vissuto insieme nel villaggio di Serco, ed ogni tanto sarebbero tornati in Giappone in visita, per esempio durante le ferie o le vacanze. La Sindrome non era una minaccia per lei, non lo era mai stata d'altronde, quindi poteva farlo davvero.

A meno che il suo orgoglio non le vietasse di fare quel passo.

“Tu mi stai suggerendo di raccontare un'altra bugia, allora...” disse Mion “Come se non ne fossero girate abbastanza. Mi stai chiedendo di prendere il tuo posto, di essere ciò che non sono... Finirei col rinnegare cosa sono stata io in questi anni, in altre parole. Non ti sono bastate tutte le fandonie e tutte le voci che ci hanno quasi distrutto, in passato? Ci hanno portato solo incomprensioni e malumori a iosa, e nessun aiuto concreto.”

“Mion” rispose Keiichi “Noi-”

“Non questa volta, Kei-chan” Shion lo interruppe, mettendogli una mano in faccia “Lo capisco anche da sola che vorresti aiutarmi, ma questa è la mia battaglia. E tornando a te, Onee, c'è un dettaglio che stai trascurando. Tu sei destinata a raccontare una bugia ad Hinamizawa, a prescindere dalla scelta che qui stiamo prendendo. Se voi accogliete il mio appello, allora tu passerai la tua vita conosciuta come Sonozaki Shion, menando per il naso tutti tranne noi. Se tu ti rifiuti, invece, il nome di Mion ti rimarrà appiccicato addosso, anche se in realtà non ti appartiene, e quindi anche in questa circostanza imbroglieresti tutti tranne noi, che conosciamo questo segreto. Perciò, dal punto di vista del villaggio non ci sarebbe alcuna differenza tra una opzione e l'altra, non cambierebbe niente a nessuno, ed allora perché rinunciare alla tua felicità?”

“Come non ci sarebbe alcuna differenza? Eccome se ce n'è! Tu non sai nulla sul condurre una stirpe del nostro calibro, e sul come si gestisce un paese come Hinamizawa. Dopo aver fatto di me l'erede della nonna, mi hanno insegnato tutto quello che sapevano sul come maneggiare adeguatamente le varie problematiche sull'argomento. Essere prudenti e ragionare su quello che ti capita intorno non rientra nel tuo stile, tu sei troppo impulsiva, ed al contrario la prima cosa che mi hanno raccomandato è stata di non prendere scelte affrettate. Non posso lasciarti una tale responsabilità, non sarei mai quieta sapendo che tu devi barcamenarti in mezzo a tutti quei casini.”

“Tu però hai appreso tutto questo, che cosa ti fa pensare che io non possa fare lo stesso? Razza di arrogante-montata-boriosa-pallonegonfiata-comarechepretendedisaperetutto. Io ho tutto il tempo di assimilare le basi del mestiere, non siamo più in una situazione di emergenza, e gli altri saranno entusiasti di assistermi. La nonna voleva che Kei-chan fosse la prossima guida morale del villaggio in quanto promesso sposo dell'erede del casato.” Shion lanciò un ghigno significativo a Keiichi il quale arrossì spiazzato “Ma lui può fare lo stesso anche come semplice amico di famiglia o collaboratore. Dopo tutto, i libri di storia traboccano di consiglieri potenti ed importanti che però sono sempre rimasti nell'ombra. Inoltre, ti ho già rimpiazzato dozzine di volte, durante i raduni cittadini, le assemblee, le convocazioni, gli eventi ufficiali, e tutte le altre sciocchezzuole di tal sorta... senza contare il periodo in cui tu non eri in grado di muoverti dal letto per colpa dell'ATPC. L'esperienza non mi manca, non sono all'oscuro di questa difficile e profonda arte nascosta. E poi non dimenticare il fatto che quello che hai imparato tu non andrà sprecato, credo che anche Gi-chan abbia bisogno di una spalla capace per sistemare le sue grane familiari ed apprezzerebbe molto una fidanzata in grado di dargli pareri e consigli.”

“E quindi mi vorresti far scappare da Hinamizawa come una ladra, senza dire niente? Io... anzi, no, «Shion» sarebbe vista come qualcuno che è dovuta sparire per un motivo molto serio, e partirebbero subito le insinuazioni su un attrito tra lei ed il ramo principale della famiglia, se non di peggio, qualche malelingua arriverebbe a dire che «Mion» l'ha fatta sparire perché le dava fastidio magari per problemi di successione. Non ci tengo a sentire certi pettegolezzi, e come nuova leader tu saresti messa in una spiacevole situazione. Tu sai quanto la gente adora sparlare di cose di cui non sono informati.”

“Non ho mai detto che tu devi sgattaiolare via stanotte! Lascia che il tuo tesoruccio parta questa domenica da solo, come secondo copione, e poi potrai ricongiungerti con lui tra due mesi o tre, alla fine dell'estate. Avrai tutta la calma del mondo per dire arrivederci ai tuoi compaesani, spiegando che devi andare in qualche cantuccio remoto del pianeta per fare una certa cosa. Basterà fare le cose senza fretta e loro non avranno il minimo sospetto: se preferisci puoi anche decidere se dire loro che vai in Italia insieme a quello là oppure se mentire ed affermare che vai da un'altra parte, lascio a te la scelta. O meglio, potresti anche tenere Gi-chan all'oscuro di tutto, se ti va. Mi immagino già la scena, lui che apre la porta inconsapevole ed all'improvviso gli viene un coccolone vedendo il tuo faccione sorridente. Uno shock da Guinness dei primati...”

“Molto divertente. Ma lasciami capire: se tutto va come stai complottando tu, allora la ragazza che tutti reputano Sonozaki Mion si fidanzerebbe con Satoshi-kun, è così?”

“Esatto.”

“E non ti è venuto in mente che questa unione sarà vista da tutti come insolita? Chiunque ad Hinamizawa sa che è «Shion» quella innamorata di Satoshi-kun, ne sono al corrente anche i sassi, e se vedono sua sorella che si lega a lui mentre lei lascia il paese... Se siamo fortunati penseranno che «Mion» ha esiliato «Shion» per fregargli il promesso sposo.”

“E se siamo sfortunati?”

“In quel caso scopriranno tutta la montatura, ossia che «Shion» ha sottratto il posto a «Mion» di nascosto usurpandole il trono di casa Sonozaki, e che così facendo è rimasta con il suo attuale fidanzato.”

“Hmmm... Non penso che andrebbe così, finché tu rimani qui un mese o due nelle veci di «Shion» e dai l'impressione di essere serafica e pacifica, come ho appena suggerito. Certamente non posso escludere che compaiano dei chiacchericci da parte di qualche biascicona che non ha un accidente da fare nella vita, però se stessimo a sentire tutto quello che la gente dice non verremmo mai a capo di nulla, ci sarebbe solo da perderci la testa. Inoltre, considera che al momento «Sonozaki Mion» non è impegnata con nessuno, ufficialmente, con Gi-chan vi siete limitati a qualche scampagnata pomeridiana, non avete fatto annunci pubblici alla comunità appunto perché sapevate che dovevate dividervi prima o poi; quindi il capo della nostra famiglia può scegliere il partner che più le aggrada. E non negare che in passato Satoshi-kun piaceva anche a te...” il viso di Shion lanciò occhiate eloquenti.

Mion fece finta di ignorarle: “Però io non credo che il suo ragazzo sia pronto per un incarico tanto gravoso. Stai imponendo a Satoshi-kun di fare qualcosa che va oltre le sue potenzialità. Scommetto che l'hai trascinato fin qui senza dirgli una parola di quello che avevi in conto di fare qua.”

“Ah, sì? E io invece ti giuro che è l'esatto opposto di quel che affermi tu. Satoshi-kun può riuscure a fare anche questo. Giusto ieri mi aveva spifferato di aspirare ad un'assunzione presso il Centro per la Tutela dei Minori di Okinomiya, seguendo la sua indole che lo porta a desiderare di prendersi carico dei problemi di qualcuno. Ma io ho progetti più ambiziosi per lui... Si sentirebbe pienamente realizzato se lo gli dessimo l'opportunità di essere una brava chioccia che offre rifugio a tutto il villaggio sotto le sue calde ali. Naturalmente dovrebbe apprendere moltissime cose sul come si amministra una popolazione di duemila anime, come me, ma io non credo che sarebbe un cattivo punto di riferimento a cui appellarsi, al contrario. Ed infine sarebbe l'epilogo ideale per mettere la parola fine alla Guerra della Diga, per sempre. Gli eredi delle due famiglie antagoniste che si sposano.... Non saremmo più costretti a fare i conti con i nostri fantasmi, saremmo a posto.”

“Va bene, però fondamentalmente mi stai escludendo dal nostro gruppo, dal nostro club. Sono stata io a crearla dal nulla, ed ora mi tagliate fuori senza farvi domande... Tu sai che la nostra coesione è sempre stata la fonte della nostra forza, il club è la nostra seconda casa e tu mi stai sfrattando...”

“Onee, io ritengo che stiamo guardando la situazione da due punti di vista contrapposti. La nostra allegra combriccola dovrebbe essere uno strumento per raggiungere i nostri obiettivi. Non un traguardo a cui fermarsi, ma un punto di partenza attraverso cui possiamo puntare più in alto Anni fa tu l'avevi formato per aiutare Satoko, in modo da farle passare dei pomeriggi lontana dai suoi zii e darle qualche attimo di conforto, e tutti i giochi che abbiamo praticato ci hanno dato delle giornate indimenticabili, ieri e oggi. Ma se ora il club diventasse un ostacolo, se ci impedisse di raggiungere la felicità... In quel caso dovremmo trovare il coraggio di separarci da esso. Non è indolore, ma è necessario. Come i passerotti cresciuti che lasciano il proprio nido, o come i giovani che lasciano la casa dei genitori per andare a vivere la loro età adulta, è lo stesso.”

“Non avrei mai creduto che tu fossi in grado di ricorrere a certe figure retoriche, Shion.”

“Sono giorni che mi soffermo su questi pensieri... In aggiunta a ciò, devo darti anche una prova di poter ambire al ruolo che voglio prendere per me stessa. Che non sono un'ignorante. Ecco perché ho composto questo discorsino da sola, senza chiedere il parere di Kei-chan, o di Satoshi-kun, o di Rena, o di nessun altro. Mi sono chiusa in camera tutta la notte a provare e riprovare, con i fogli in mano a declamar paroloni mi sembrava di essere l'Amleto di Shakespeare.”

Mion la squadrò, un po' scocciata a dire il vero, prima di dichiarare a bassa voce: “Sta il fatto che io non posso lasciare il Giappone così. La legge parla chiaro, diventerò maggiorenne solo dopo il compimento dei vent'anni, e partire da sola non mi è permesso.”

“Bene, bene, vedo che sei rimasta a corto di argomenti... Ti sei scordata che se va tutto come dico io tu sarai chiamata Shion? Kasai è sempre stata al suo fianco negli ultimi anni, e continuerà a farlo anche in futuro. Troverà senz'altro da fare laggiù: farti da guardia del corpo personale, avere qualche scambio di opinioni con i cacciatori locali, trovarsi una compagna – che sarebbe anche ora - e tanto altro...”

“Smettila con questa follia, Shion, mi hai scocciato. Lo sai già che non accetterò mai, non importa quanto vai avanti a parlare.”

Le due gemelle si scrutarono negli occhi, sostenendo senza parole l'uno lo sguardo dell'altra.

“Il tuo stupido orgoglio, sempre in mezzo, hm?” commentò Shion, dopo qualche secondo.

“Sì, è proprio il mio orgoglio, quello che tu definisci stupido... E' stato questo a sorreggermi, dal giorno in cui mi hanno disegnato sopra quel tatuaggio. Ficcatelo bene in testa, io non verrò mai al mio dovere solo per un interesse personale... Sarebbe inammissibile.”

“Onee, perché sei così testarda? Io-”

“E' abbastanza, Shii-chan. Mion, potrei parlare con te solo un minuto?”

Delle parole calme che nessuno si aspettava. Shion trasalì, e si girò dietro di sé, verso la porta.

“Gi-chan, perché sei qui? Chi ti ha detto che eravamo tutti qui?”

“Qualcuno mi ha dato un colpo di telefono, dicendo che se non fossi venuto me ne sarei pentito amaramente.”

“Eh eh...” sghignazzò Satoko, strofinandosi il naso con l'indice.

“Sei stata tu? E quando l'hai... Prima di arrivare qui, forse? Ma come...” esclamò Rika, prima di sorridere “Oh, beh, cercare di capire come hai fatto, stiamo parlando della celebre Signora delle Trappole. Nippa~!”

“Sono contenta che tu ti sia unito alla festa.” commentò allora Shion “Ma come ho detto a Kei-chan, devo chiederti di non intrometterti...”

“Shion, se tu vuoi diventare una persona saggia, un giorno, devi anche comprendere quando è ora di ritirarsi” spiegò Akane “Questa questione riguarda principalmente loro due, quindi è giusto che siano loro a decidere cosa fare.”

“Però io vorrei...”

“Per cortesia, non insistere. Prima accusavi tua sorella di avere la testa dura, ma ora stai facendo la medesima cosa anche tu. In fondo loro sono cresciuti, possono discuterne civilmente anche senza di noi.”

“Grazie, Akane-san.” dichiarò il ragazzo, prima di proseguire: “Mion, sono rimasta dietro la porta scorrevole per un po' e ho sentito buona parte di quello che vi siete detti. Ho avuto anche modo di rifletterci sopra. E sono giunto ad una conclusione.”

“Che sarebbe?”

Lui sospirò, profondamente, e poi disse: “Sonozaki Mion, c'è differenza tra sacrifici che servono a qualcosa e sacrifici che rovinano la propria vita senza poi cavare un ragno dal buco. E se non ascoltiamo i nostri amici, il nostro sarà il secondo caso.”

“Cosa?”

“Se tua sorella si offre liberamente di prendere il suo posto allora tutto cambia. Prima io temevo che non ci fosse soluzione, ma ora sono felice di scoprire di essermi sbagliato. E così, io vorrei chiederti di venire con me, ma so già che tu mi risponderesti che sarebbe egoista da parte mia, poiché dal tuo punto di vista starei usando la disponibilità di tua sorella a mio vantaggio. Io ti replicherei che non ho plagiato Shii-chan e che questo è un desiderio che viene dalle sue stesse labbra, che ha fatto tutto di sua spontanea volontà e che tutto il gruppo sembra essere d'accordo con lei a giudicare dalle loro facce; successivamente continuerei spiegando che farei un grosso dispiacere a tutti se io non cogliessi la palla al balzo e non facessi pubblicamente questa proposta. Tu mi diresti che non è vero, che tua sorella si sta solo sacrificando controvoglia facendo qualcosa che va contro la sua effettiva volontà, e io ribatterei che secondo me non è così, che farei stare male lei e tutti i nostri amici se non mi mostrassi della loro stessa opinione; non sarebbe contento nessuno, se mi ritirassi senza combattere, in fondo è nostro compito fare quello che è nei nostri mezzi per garantire la felicità altrui, no? E poi aggiungerei che tu così potresti andare ancora all'Università, in Italia si comincia a frequentarla all'età di diciotto o diciannove anni, e quindi saresti ancora in tempo. Io so che ti è dispiaciuto doverci rinunciare, non ti sei potuta preparare per tempo a causa delle circostanze e non avresti mai potuto superare quell'esame d'ingresso così selettivo...”

“Non so una sola parola della vostra lingua, per me è ostrogoto, come potrei essere in grado di andare nelle vostre scuole.”

“Avresti un anno intero per imparare l'italiano, ed io ti farei da maestro per seguirti passo passo. E se credi di non essere capace di apprenderlo in dodici mesi, ti sbagli, ti ho visto superare prove ben più difficili... Comunque, io ho paura che tutte queste motivazioni non sono sufficienti per convincerti. E dunque non mi rimane che fare qualcosa che francamente non sono bravo a fare. Già, io preferisco evitare di chiacchierare, piuttosto la mia idea è questa: ti sfido a duello, Sonozaki Mion.”

Lei spalancò gli occhi, colpita. “Vorresti sfidarmi? Tu? Proprio tu?”

“Sì. Il tuo club – anzi, il nostro club – ha sempre fondato la sua esistenza sul concetto dei duelli e delle partite, attraverso le varie attività ed i vari giochi, ed allora io ho intenzione di ricorrere a questo sistema anche per venire a capo di questa diatriba così importante. Solo che questa volta ci sarà un premio, non una penitenza, e questo premio sei tu. Se io vinco, sarai obbligata a partire con me. Se vinci tu, allora sarai libera di vivere dove vorrai, e nessuno ti farà ulteriore pressione.”

“E che succede se io non accetto il tuo guanto di sfida?”

“Il leader del club che rifiuta un duello che le viene lanciato? Impossibile, il tuo orgoglio non te lo permetterebbe mai e poi mai. Comunque, non dovresti temere di essere obbligata ad una scelta che non gradisci. Se davvero sei così decisa a restare con le unghie ad Hinamizawa, allora fa' del tuo meglio e così mi sconfiggerai senza sforzi eccessivi. Lo sai, io non sono mai stato un fenomeno nei giochi, battermi non è complicato.”

Mion era visibilmente tentata, non osava rispondere. Fu Akane a parlare, invece: “E dunque? Che cosa suggerisci, concretamente? Vorresti fare il samurai ed incrociare la tua spada con la sua? Oppure pensi ad un gioco sulla falsariga di quelli che praticavate a scuola?”

“Stavo pensando a una cosa...”

“Prima di dirci quale è la tua risposta, valuta attentamente ogni cosa, giovane uomo.” continuò la donna “Tieni bene questo in mente: se tu scegli una disciplina che coinvolge principalmente la vostra forza fisica, Mion risulterebbe probabilmente vincitrice, non credo che ci siano dubbi in proposito; viceversa, se tu ti affidi ad una sfida che implica per lo più l'uso delle vostre abilità mentali, allora è presumibile che sia tu a prevalere, però sarebbe antisportivo da parte tua, visto che sei tu quello che ha lanciato la sfida e che la posta in gioco non è precisamente uno scherzo. Dovresti mostrare di essere un cavaliere, innanzitutto.”

“Avete uno strano modo di descrivere come stanno le cose, signora... Però devo ammettere che come disamina non è campata in aria...”

“Ehm... Hauuu... A tal proposito, io avrei una mezz'idea...”

Nessuno si poteva attendere che ora fosse Hanyuu a intromettersi. Keiichi però le diede corda e le diede coraggio, dicendole: “Sentiamo, su. Rivelaci la tua dritta.”

“Oh, grazie... Secondo il mio parere, c'è solo un modo per organizzare un duello leale ed alla pari. Sapete, la saggezza popolare afferma che l'essere umano è diviso in tre parti: corpo, mente ed animo. Ora, sappiamo per certo che Mii-chan è meglio di Gi-chan riguardo la sfera fisica, mentre i rapporti di forza si rovesciano in quella mentale, così per rompere questa situazione di pareggio non ci rimane che comparare i vostri spiriti...”

“Ma è davvero possibile, lo è?” chiese Rena.

“Sì, penso di si. Dobbiamo misurare quanto è forte la vostra volontà riguardo questa svolta fondamentale della vostra esistenza, e conosco un metodo per controllarlo. Vi ricordate la polverina che Megumi aveva usato ad Ibaraki?”

“Quella che causava le visioni? Ancora?” rimuginò Keiichi “Sì, posso intuire a grandi linee cosa stai cercando di fare. Vuoi fare ancora ricorso a quella sostanza. Però io avevo capito che quella roba era stata efficace solo grazie ad Ouka, che da sola non bastava per generare allucinazioni...”

“Dici?” disse Akane, un po' delusa “Però le leggende di famiglia dicono il contrario... L'idea di Hanyuu-chan mi solletica, in fondo mi spiacerebbe se non funzionasse...”

“Funziona, funziona, vedrete che funziona anche così... Ouka non è indispensabile... Non vi preoccupate...” sussurrò Hanyuu, che poi guardò Rika ridendo e pensando In fondo son pur sempre la madre di Ouka, quel giochino lo conosco anche io... Dopo tutti questi secoli mi è rivenuto alla mente vedendo Ouka evocarlo ad Ibaraki. Ci penso io, Rika, mi occupo io di lanciare quest'incantesimo e di far apparire gli spiriti...

Rika vide lo sguardo dell'amichetta e capì cosa aveva in mente, così non si fece problemi e diede il proprio benestare, chiedendo ad Akane di proseguire con la sua idea. La donna recuperò il suo entusiasmo, ed ordinò a Kasai: “Per favore, potresti andare a recuperarne un po'? Sai dove la conserviamo, vero?”

La guardia del corpo obbedì, rizzandosi in piedi e lasciando la sala, mentre la donna continuò: “Sarà di ritorno entro una trentina di secondi, se non ci sono intoppi o disguidi. Ad ogni modo, dopo che i cristalli di allucinogeno saranno posti sul fuoco ci vorrà del tempo per consentire al gas di avere effetto e di dare una forma spettrale ai loro sentimenti più intimi, perciò perché non finiamo questo discorso? Potrebbero giungere al nostro orecchio degli spunti degni di nota.”

Mion osservò Kasai che stava appoggiando alcune candele, attraverso cui provocare la combustione della polvere e sprigionare il gas, e poi disse: “Io non voglio un combattimento lungo, sarebbe inutile. Solo un fantasma a testa, solo un colpo a testa. Chi vince il primo scontro sarà dichiarato vincitore, niente recriminazioni, niente reclami. Hai qualcosa in contrario?”

“No, per me va bene.” Giancarlo confermò.

Qualche minuto passò, dominato da un silenzio totale, mentre Akane, Kasai ed il resto del club stava in attesa. Rika stava ricordando il vecchio mondo in cui Keiichi aveva soccorso Rena battendosi a duello con lei sul tetto della scuola... Anche in quel caso si era trattato di un gioco, un'attività dove non vi erano state punizioni ma dove si era stabilito qualcosa di molto importante. Ed ora Giancarlo e Mion stavano intraprendendo una sfida simile. Usiamo sempre questo metodo, alla fine. Il nostro deve essere un abito mentale dovuto a tutte le attività che abbiamo fatto nel nostro club, ormai ci siamo talmente abituati che non riusciamo a pensare a nessun altro sistema... Concluse malinconicamente la bambina. Nondimeno, in un certo senso lei era ancora agitata e poteva notare come anche i suoi compagni fossero ansiosi. Seduti sulle proprie gambe, i loro muscoli erano tesi, gocce di sudore cadevano lungo le loro guance, ed il loro respiro era pesante. Erano tutti in allerta, consci che quell'ultima battaglia stava per avere inizio. Hanyuu, in particolare, sembrava sotto sforzo, evidentemente stava facendo qualcosa di grande, pur nella sua immobilità... Chissà in cosa consiste di preciso, questo sua stregoneria. Sta facendo tutto di sua iniziativa, ma non deve essere facile neanche per lei...

Ma improvvisamente Mion esclamò: “Questo è intrigante... In tutti questi anni sono morta dalle risate assegnando i vari castighi a chi era solito perdere durante le nostre attività, non saprei neanche dire quante volte ho condannato Kei-chan ad indossare quei vestitini da malato mentale... Ed ora lo sto ripetendo ancora una volta, ma c'è qualcosa di diverso... Se io perdo, allora la mia punizione sarebbe seguirti come una cagnolina legata col guinzaglio, Gi-chan.”

“Lo so che nel nostro club siamo soliti ragionare solo in termini di punizioni e penitenze, però non mi piace sentirti dire che stare con me sarebbe un tale supplizio, Mion. Non mi va giù questa maniera di raccontare le cose, non ti farei mai questo sgarbo se pensassi che sia davvero questa la verità.”

“E perché, non sarebbe forse una condanna, allora? Non c'è nessun premio per me in questo gioco. C'è solo una possibile punizione. Per te è lievemente diverso, visto che una ricompensa c'è, anche se c'è un castigo molto pesante, se perdi... La vita è piena di punizioni, meritate o immeritate, ci sono molte più sventure che onori su questo mondo. È così che funziona su questa terra, ecco perché ci regoliamo così anche noi.”

“Questo è ciò che pensi realmente o invece è quello che vuoi farci credere? Alla fine, il compenso per la vittoria è la tua vita, e se mi sconfiggi ti lasceremo usarla come più ti piace. Né io né Shii-chan ti creeremo noie, in questo caso. Se tu non avessi accettato, invece, tua sorella avrebbe continuato a tempestarti con domande e rimproveri. Insomma, c'è indiscutibilmente un bel premio anche per te, lo vedi da sola.”

“C'erano molti altri metodi per eliminare questo inconveniente. Avrei ottenuto lo stesso effetto anche solo allontanando Shion dal Maniero. Scacciarla da Hinamizawa e confinarla ad Okinomiya, o ancora più lontano...”

“Come se tu potessi mai farlo.”

“E' una sfida? Potrei raccoglierla, ti farei vedere io.”

“Sembra quasi che stiano litigando, ora.” commentò Satoshi.

“E' solo perché sono nervosi entrambi...” ipotizzò Shion “Conosco Onee come nessun altro, e per me non è arduo capire che cosa la scombussola. Tutti e due sono consci di giocarsi molto, in questo istante, e perciò...”

Non completò la frase. Era rimasta di stucco. Le pareti della stanza in cui stavano discutendo si erano sbriciolate come fossero composte di polvere e cenere, e le persone all'interno si erano trovate tutto ad un tratto all'aria aperta. Il parquet di legno massiccio aveva ceduto il posto ad un'infinita distesa d'erba, mossa da un placido vento tiepido, ed uno splendido cielo costellato di stelle sorvolava le loro teste incredule, mentre una gigantesca luna bianca illuminava il palcoscenico, ammantata da un'aurora boreale che decorava l'astro in modo simile ad uno scialle che avvolge il collo di un'elegante signora. Montagne nere apparivano in lontananza, ed a tutti loro parve di trovarsi nel mezzo di una grande, silenziosa valle incontaminata, che nulla in comune aveva con quella dove si ergeva Hinamizawa.

Il gas stava avendo effetto.

Rika non smuoveva gli occhi dai due contendenti. Chi era stato, tra loro, il creatore di quel mondo fittizio? Era meraviglioso ed inquietante al tempo stesso, visto che nessuno al di fuori di loro poteva immaginare a cosa servisse quella scena e cosa avrebbe avuto di lì a poco. Tuttavia, fu presto chiara una cosa. Presumibilmente, era Mion l'autrice di tutto questo, poiché Giancarlo stava osservando assorto in una direzione ben definita, e cioè verso la luna piena.

Lì, sopra, vi era una fanciulla, seduta sul bordo inferiore del satellite, con le gambette che ciondolavano nel firmamento come se si trovasse su un'altalena celestiale. Apparentemente era di un'età paragonabile a quella della sua creatrice, sebbene il volto di quella visione fosse segnato da una moltitudine di tagli e cicatrici. La sua pelle era bianca, bianchissima, ancora più pallida della luna su cui si trovava, ed i suoi lunghi capelli neri non erano sufficienti per coprire un paio di rigonfiamenti in prossimità delle tempie, e bastò esaminarli un attimo per concludere che si trattava di corna. Un grigio kimono privo di qualsiasi ornamento e due occhi rossi, tondi ed inquisitori completavano il quadro.

“Che ne dici allora, della mia fantasia?” chiese Mion al suo sfidante, contemplando compiaciuta l'essere che lei aveva plasmato “Spero ti abbia mandato in estasi, ho messo tutta me stessa in quell'immagine, ed essa simbolizza molte cose della mia vita. Piuttosto, dove si è cacciato il tuo spirito? Non lo vedo da nessuna parte. Non se la sarà mica battuta a gambe? Oppure l'hai ficcato in qualche angolino nascosto perché hai paura di perdere?”

“No, è proprio di fronte a te.”

Mion guardò davanti a sé. Alla destra di Giancarlo, c'era una bambina, quasi invisibile in quella notte così brillante ed illuminata da luna e stelle. Più giovane di Rika, di Hanyuu e di Satoko, indossava una veste nera molto semplice, una gonna che arrivava fino ai piedi e che impediva a chiunque di vederne le calzature. Gli occhi vitrei e trasparenti del fantasma erano a stento visibili, celati dietro una tenda di capelli d'argento lasciati sciolti e che le cadevano non solo dietro la nuca ma anche davanti alla faccia.

“A me da l'idea di qualcuno appena dimesso dall'ospedale, oppure evaso dal manicomio...” commentò acida Mion “Vuoi vincere davvero con lei?”

“Le apparenze possono ingannare.” rispose lui.

“Ti piacciono i luoghi comuni, eh? Sì, quello che dici è verissimo, però anche l'aspetto del mio spettro può fregarti. Cicatrici a parte ha un bel faccino, però è molto più letale di quanto ti attenderesti... Ma scoprirai molto presto quanto può essere velenosa la mia guerriera.”

“Ehi, Rika.” Hanyuu chiese a bassa voce “Che cosa rappresentano queste allucinazioni per loro, secondo te? Le hanno create partendo dalle loro emozioni e dalle loro paure, giusto? Quindi devono essere l'icona di qualcosa che sentono nel profondo.”

“Beh, riguardo a Mii-chan io avrei pure un'ipotesi. Se analizzi attentamente la ragazza che ha evocato ed hai una buona memoria, puoi dedurre che assomiglia parzialmente al Demonio che le hanno impresso sulla schiena. Possiamo definire quello stesso spettro come un demone, in fondo, le corna sono illuminanti a tal proposito.”

“L'osservazione mi sembra pertinente. E dunque...”

“...A me pare il simbolo del suo ruolo. Il Demone nel suo corpo, quello che la lega a questa terra. Il disegno che ha addosso deve averla ispirata, e quindi ha chiesto l'intervento di quello spirito adoperando il tatuaggio come punto di partenza. Quell'essere diabolico... E' l'insieme di tutto quello che lei è per Hinamizawa e per il clan Sonozaki. La ragione per cui lei non si vuole muovere.”

Hanyuu si accarezzò nervosamente le corna. “Capisco. È appassionante, davvero... E che mi dici del fantasma di Gi-chan?”

“Nel suo caso devo arrendermi, non ne ho la minima idea. Quel minuscolo spettro sembra impersonare qualcuno con dei tratti giapponesi, con gli occhi a mandorla e tutto, quindi non credo che sia Ali-chan da piccola. E poi, se mi consenti, gli occhi di quello spirito mi sembrano «normali», colore a parte. Voglio dire, non sono come uno specchio frantumato, come quelli che gli avevo visto in faccia quel giorno nella grotta quando lui era andato fuori di testa. Perciò non dovrebbe rappresentare un sentimento negativo, e dire che io invece mi aspettavo da lui l'evocazione di una creatura terribile ed oscura. Ma oltre a questo non so andare, e quello che ti ho detto potrebbe pure essere errato...”

“A dare ascolto alla tua opinione, pare quasi che lui abbia richiamato qualcosa che non gli appartiene. È giusto?”

“Io non dico niente, Hanyuu. Sono solo congetture pensate a caso. Ma possiamo chiederglielo più tardi, se sei curiosa.”

La bambina dai capelli color violetto annuì, e quindi tornò ad ammirare lo spettacolo che si stava consumando al loro cospetto. Il demone di Mion si era alzato in piedi, fissando quelli di sotto con un'occhiata irridente, e lunghe zanne acuminate erano apparse sulle sue mani ossute.

“Io non ho bisogno di nessun arma” mormorò la fanciulla dalla coda di cavallo “Io non necessito di una spada, o di una pistola, come hanno fatto gli altri ad Okinomiya o ad Ibaraki. Quello che ho provato in tutti questi anni, prima del tatuaggio, ed anche dopo... E' qualcosa che può fare del male, che può uccidere psicologicamente. Sai che un paio di volte avevo pensato al suicidio, dopo che mi avevano marchiato a fuoco con quel disegno? Ecco cosa intendo. Ed ogni goccia di questa letale potenza è stata trasferita fino al cuore del mio fantasma... E' per questo che esso è così forte. L'anima che lo ricolma fin nel midollo è qualcosa di devastante, che tu non puoi contrastare. Ho una grande fiducia in quell'entità... Già...”

Il demonio abbandonò la luna che lo aveva generato, e si elevò in aria, volando con ali che nessuno riusciva a scorgere. Con impeto indicibile, esso si scagliò contro Giancarlo e lo spettro al suo fianco, con occhi gonfiati di sangue ed adrenalina. La sua piccola antagonista, invece, rimaneva immobile, guardando l'altro con uno sguardo serio e preoccupato, e non stava facendo niente. Tutto ciò, mentre il vento nella vallata immaginaria si stava intensificando, fino al punto che gli altri riuscivano a fatica a tenere gli occhi aperti e solo perché si erano messi una mano sulla fronte per proteggere la propria vista.

Il demonio si stava approssimando a gran velocità contro il suo nemico, sbilanciato in avanti con le braccia spalancate e le zanne sguainate, e chiunque realizzò che quel singolo impatto sarebbe stato decisivo.

I due spiriti entrarono in contatto, ed un flash inglobò tutto e tutti.

E dopo che la luce se ne fu andata, il cielo stellato era scomparso, risucchiato chissà dove, e ogni cosa era tornata alla saletta del Maniero in cui tutto era iniziato. Il duello si era concluso, e la presenza di un solo spirito stava inequivocabilmente sancendo il nome del vincitore.

“Che... cosa è successo, per l'amor di Dio?” esclamò esterrefatto Keiichi.

“Per dirla breve, quando i nostri fantasmi si sono toccati... Quello di Mion è stato come polverizzato.” spiegò Giancarlo “Non è stato in grado di sostenere la forza d'urto della collisione.”

“Come... Come...” balbettò Mion, sotto shock.

“Mion, questa era principalmente una battaglia tra due volontà, dico bene? Come hai detto tu, le armi non servono a un piffero in questo tipo di scontri. Perciò io ho dato una dote precisa a questa dolce bambina: una forte, fortissima volontà. Anche più robusta della mia. Nella propria testa, questo essere non ha fatto altro che ripetere e ripetere Io voglio vincere, io voglio vincere, io voglio vincere... E la sua anima è stata così implacabile da scrivere il destino e l'esito di questo duello, senza nessun altra azione o aiuto esterno da parte mia o di altri. Tutto qui.”

“Quindi la tua volontà è stata più forte della sua, è così, è così?”

“No, Rena-chan, non è del tutto esatto. Se vogliamo essere corretti al cento per cento, dobbiamo dire che la volontà della visione dalla mia parte del terreno è stata più forte di quella della visione opposta.”

“E non è la stessa cosa, solo detta in modo più complicato?” chiese Satoko, confusa.

Giancarlo scosse il capo, come a dire che le cose stavano in modo diverso, e così si levò in piedi, camminando verso Mion. La quale aveva iniziato a versare lacrime amare, non digerendo la cocente sconfitta, ed incespicando con le parole la ragazza disse questo: “Bene, hai vinto... Ed il tuo premio sarà una sposa a cui hai levato tutto, dall'orgoglio alla volontà fino all'anima stessa. Che cosa rimarrà di me, se le mie opinioni vengono calpestate così? Tu hai appena dimostrato che io non sono nient'altro che una persona debole, incapace di imporsi e di far valere le proprie ragioni... Sono sempre stata alla mercé di chi desidera che io faccia qualcosa, anche se io non sono d'accordo, e sarà così anche nei giorni a venire...”

“Mion, per piacere, non buttarti così giù.”

“Non posso rinunciare a piangere, mi spiace. Senza il supporto dei miei compagni, senza barare... Io non posso vincere nessuna partita uno contro uno, neanche se do il massimo... Sono una buona a nulla.”

“Questo non è vero. Ascoltami una buona volta, io ho vinto grazie ad una sola ragione, e questa ragione è che ho imbrogliato. Questo non era un duello uno contro uno, non lo era mai stato sin dall'inizio.”

“Io... non capisco...” farfugliò Mion, stralunata, mentre le sue lacrime venivano asciugate dal fazzoletto di Giancarlo “Stai affermando che l'anima di Ali-chan era con te e che ti ha assistito dandoti forza?...”

“No, non dico necessariamente questo. Qualcuno mi ha aiutato, ma non è stata Nee-chan. Osserva più da vicino la mia allucinazione, e vedrai la verità.”

“La tua... Sicuro, le visioni non se ne vanno finché qualcuno non apre la porta per fare entrare aria fresca...” La ragazza dagli occhi verdi analizzò attentamente l'aspetto del fantasma. Dietro a quella cascata di capelli, quella bambina stava gentilmente sorridendo e stava anche tenendo la mano chiusa a pugno in corrispondenza del suo stomaco, come se avesse un oggetto al suo interno. Mion se ne accorse e quindi abbassò lo sguardo verso quelle dita fragili ed affusolate, fino a quando esse non furono aperte.

C'era davvero qualcosa nella mano. Un fiocco di color azzurro cielo.

“Non riesco a vedere una mazza da qua, miseriaccia!” si lamentò Shion “Che cavolo sta succedendo là? Togliti di mezzo, Gi-chan, non mi fai vedere niente!”

Né Giancarlo né Mion risposero, e quest'ultima con due dita prese delicatamente il fiocco che la bambina teneva nella mano. “Io... credo di riconoscerlo, questo... Non me lo sono mai dimenticato.” Con un gesto della mano, Mion chiese allo spirito di girarsi, in modo da darle le spalle. Quindi, la giovane cominciò a toccare i capelli dello spettro il quale mansuetamente la lasciava fare. Sposta qui, muovi lì, sistema là... La chioma selvaggia e disordinata di quella visione fu presto rimessa a posto con cura e amore; e quando Mion le posizionò il fiocco dietro la nuca per tenere fermo il tutto, l'operazione di acconciatura era stata ultimata. Essa era durata pochi secondi, ma il risultato fu a dir poco impressionante.

“Che mi venga un colpo!” urlò Keiichi, una volta che Mion ebbe esibito il risultato del suo lavoro “Quel fantasma è la copia sputata di Shion! Il colore dei suoi occhi e dei suoi capelli sono diversi, ma a parte quello sembra davvero il suo clone in miniatura! Ci metto la mano sul fuoco che era proprio uguale a quella, quando aveva cinque anni!”

“Kei-chan, ma tu ci sei o ci fai? Ti sei già dimenticato quello che ho detto pochi minuti fa?” la vera Shion lo rimproverò “Prima del giorno in cui avevano disegnato il tatuaggio su Onee, ero io quella che si chiamava «Mion» e che portava la coda di cavallo, e viceversa. In altre parole, quello spirito non è la raffigurazione della sottoscritta, ma quella della mia cara sorellina.”

“Cioè, Mii-chan è stata battuta da... se stessa? È andata così?”

“Suppongo che io vi debba delle spiegazioni.” li interruppe Giancarlo “Mion, io sono convinto che nel tuo intimo ci sia una parte che vuole restare ad Hinamizawa ed una parte che vuole partire con me. Io lo so perché qualche minuto fa ci sono passato anche io, dietro la porta scorrevole: mentre vi sentivo, una vocina dentro di me andava avanti col dire che io ero solo un egoista che voleva costringerti a prendere una scelta che non volevi; ma poi ne era spuntata fuori anche una seconda che mi spingeva a prendere il coraggio a due mani, spiegandomi che avrei fatto l'infelicità di tutti se non avessi compiuto questo passo. Ci ho dovuto riflettere parecchio, prima di giungere alla conclusione che sfidarti fosse la strada migliore per decidere il nostro fato.”

“Potremmo dire che una tua metà ha convinto l'altra, allora. Uno di quei conflitti interiori che si leggono nei libri.” commentò Rena, rasserenata per la piega che stava prendendo la serata.

“Già. Ovviamente il tempo per pensare ad un buon piano mancava, così ho dovuto improvvisare. Solo che io pensavo ad una sfida di tipo intellettuale, una in cui avevo un certo vantaggio. Solo che tua madre si è messa a parlare di duelli leali, ed Hanyuu voleva usare di nuovo il gas allucinogeno, ed a momenti andavo nel panico. Ho dovuto meditare in fretta e furia ad un rimedio, ed alla fine per pura fortuna ho avuto un lampo di genio. Il discorso di Akane-san mi aveva fatto tornare in mente che quella sostanza ha in qualche modo il potere di risvegliare le emozioni più nascoste. Se la mia supposizione era corretta, se davvero un lato del tuo essere desiderava di vivere con me, allora valeva la pena correre questo rischio... E quindi ho permesso ad una parte del tuo animo di potenziare e dare forza al mio spettro. Da cui il suo aspetto fisico così simile a te, c'è anche la firma di Mion in questa visione. Gli occhi ed i capelli glieli avevo cambiati io, non volevo che tu scoprissi tutto troppo presto, e direi che è andato tutto come doveva andare.”

“E sintetizzando? In termini più semplici, di grazia?” chiese Daijiro.

“Questa non era una battaglia tra la volontà di Mion e la mia, ma una battaglia tra una metà di lei e l'unione tra l'altra metà e me, combinati insieme. Uno scontro due contro uno, per riassumere al massimo, ed allora capisci che l'esito non poteva che essere questo, visto che Mion stava combattendo contro se stessa più un aiuto esterno. Comunque, leale o no, questa piccola scaramuccia ha dimostrato quale è il desiderio più radicato nel suo cuore. Sono certo che anche senza il mio contributo la guerra tra le due visioni sarebbe finita così.”

“Non me ne ero neanche resa conto... Anche io ho inconsciamente creato questa bambina, dunque... Ma se è così io non ho perso...”

“Tu non hai solo perso. Hai sia vinto che perso.”

“Ma quindi? Che cosa dovrei fare? Avrei dovuto scegliere il da farsi in base all'esito del duello, ma se ho vinto e perso allo stesso tempo come mi regolo? Restare o andare via...” Mion osservò con aria interrogativa il ragazzo “A meno che... Le parole che avevi usato per descrivere le regole... Sicuro... Ora capisco tutto, ti eri cautelato prima...”

“Di che cosa state...” chiese Hanyuu, che stava perdendo il filo del discorso e che si guardava intorno per chiedere delucidazioni.

Se io vinco, sarai obbligata a partire con me. Se vinci tu, allora sarai libera di vivere dove vorrai, e nessuno ti farà ulteriore pressione.” ripeté Rena a memoria “E' tutto chiaro, ora, formalmente è stato formulato tutto in modo deliziosamente intelligente. Se Mii-chan ritiene di aver perso, se ne deve andare necessariamente da Hinamizawa, punto e basta. Se invece reputa di aver vinto, allora è libera di scegliere la propria residenza, il che significa che non è costretta a restare qui a priori. Se vuole andare via, può farlo senza violare i termini della sfida.”

“Ed effettivamente abbiamo potuto constatare che dentro di te c'è una forte volontà che si augura di poter vivere con me.” completò l'analisi Giancarlo “Tiriamo le somme, qual è la tua decisione finale? Non c'è nessuno in questa stanza che vuole la tua infelicità. Neanche tu lo vuoi.”

Mion accarezzò la testa della bambina frutto della sua immaginazione, come se fosse figlia sua. “Io... Io ho ancora dei dubbi... Come faccio ad essere certa che questa bambina è seriamente una parte di me? Potresti avermi mentito, forse questa è solo il simbolo del tuo animo che si è rivelato essere più forte del mio...” Era l'ultima linea difensiva di Mion, che cadde rapidamente.

“Mion, se vuoi posso dartene la prova.” replicò infatti il suo fidanzato “In questi ultimi mesi, tu mi hai mostrato dozzine di foto. Ma visto che tu e Shii-chan avete tenuto nascosta la verità sulla vostra infanzia fino ad oggi, il tuo album di fotografie conteneva solo immagini della bambina che si faceva chiamare «Mion», ossia di quella che portava la coda di cavallo. Non ci sono ritratti della sorellina coi capelli sciolti. In altre parole, come potevo prevedere il colore del fiocco, come facevo a sapere che ne portavi uno celeste? Se fossi stato l'unico a plasmare l'immagine di questo spettro, allora avrei dovuto sparare una tinta a caso... anche se alla fine avrei scelto il colore giallo, visto che il nastro che adesso lega i capelli di Shii-chan è così. E avrei sbagliato... Magari tu l'hai fatto senza capacitartene, ma sei stata tu ad aggiungere questo particolare.”

“Sono stata io... Ma se tu stessi mentendo spudoratamente, se invece avessi visto di nascosto una mia foto da bambina con quel fiocchetto? Come puoi provarlo?”

“Vero, non posso. Riguardo a questo... Ti devi fidare di me. Abbi fiducia in tutti noi, ti prego. Ed abbi fiducia in quello che senti nel cuore. Sono consapevole di quanto sia una decisione difficile, moralmente, sei combattuta tra la parte di te che vuole partire e la parte di te che vuole stare. Entrambi esistono, lo so, e senza suggerimenti esterni sarebbe arduo decidersi. È questo, infatti, che ha spinto me e gli altri tuoi amici ad inscenare tutto questo, ed a supplicarti di darci ascolto. Ti imploro, ascolta il nostro consiglio, e non te ne pentirai, te lo prometto su quanto ho di più sacro al mondo.”

Mion si guardò attorno. Ognuno dei presenti la stava osservando, confortandola e dandole animo con dei dolci, meravigliosi sorrisi caldi ed amichevoli. Anche lo spirito che era ancora accanto a lei faceva lo stesso, come se quel pezzo separato della sua psiche la stesse a sua volta incoraggiando. E dunque, percependo tutto quel calore che le invadeva il petto, il cuore e l'anima, Mion finalmente si convinse, e produsse il loro medesimo sorriso.

“Oh, alzo bandiera bianca. Mi fido di voi.” concluse lei, liberandosi dal più pesante di tutti i fardelli.


 


Nota dell'autore: Manca solo l'epilogo, che è breve (più un sintetico “Making of”, con le mie considerazioni), poi per questa storia sarà tutto compiuto...

Ho avuto il dubbio se alla fine era meglio tenere separati i due piccioncini o farli vivere insieme, sapete? In fondo ormai entrambe le scelte sono “banali”, visto che per ciascuno di questi due finali ci sono dozzine di anime/libri/film/etcetera che li presentano. Poi alla fine ho pensato «Vabbè, di fatti negativi ne ho messi abbastanza», così ho optato per il finale più “allegro”, anche perché così ho potuto scrivere quest'ultima battaglia spirituale.

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Capitolo 63
*** Epilogo ***



Epilogo: Have a nice life, see you in Heaven



Questo mondo, ora e per sempre.

“Devo davvero domandarti una cosa... Chi credevi di prendere in giro prima, in tutta sincerità?Confessalo, tu eri in combutta con la mamma e con Hanyuu-chan, al piano di sotto.”

Giancarlo si voltò verso la sua nuovissima fidanzata, sorpreso da quell'osservazione. Entrambi erano nella camera da letto di Mion, guardando fuori dalla finestra ed ammirando la bianca luna placida che sorgeva di fronte a loro. Erano da soli, finalmente in grado di avere un momento di relax, e quell'intimità dava loro l'occasione di dire quello che pensavano senza restrizioni o vergogna alcuna. Tuttavia, le parole che aveva emesso la ragazza non erano dolci e tenere come quelle che lui si era aspettato.

“Come mai nei sei tanto convinta, Mion?”

“Perché se ripercorro tutto il flusso degli eventi, mi viene da pensare che è stato tutto troppo perfetto, dalla tua prospettiva. Il fatto che tu avessi pensato ad un piano che prevedeva l'evocazione di quello spirito etereo... Un discorso sensato ma che mi era suonato come studiato a tavolino prima ancora di iniziare... Tu avevi previsto tutto, sapevi già quello che la mamma e Shion stavano per fare. Eri al corrente che mia sorella aveva in mente di venire qui al Maniero, e che Hanyuu avrebbe proposto quel genere di sfida.”

“Eh? Ma ci credi, se ti giuro che non ne sapevo niente invece? Te l'ho detto e te lo ripeto, Akane-san mi aveva preso in controtempo, mi aveva quasi rovinato i piani, così ho dovuto trovare una pezza che tamponasse l'intoppo, ed in pochi secondi... Il che è inconsueto per me: ho sempre amato avere tempo per valutare attentamente i pro ed i contro di ogni opzione, ma oggi non mi era consentito farlo, perciò ho dovuto fare quello che di solito non faccio, ovverosia contare sul mio istinto. Ma presumo che sia normale, le persone crescono ed acquisiscono saggezza, apprendendo cose che prima non utilizzavano. Vedi, quest'oggi, di sotto, prima che Hanyuu tirasse fuori la storia del gas stupefacente, io pensavo di sfidarti ad un duello di cervelli, però per un attimo avevo anche pensato al caro vecchio braccio di ferro...”

“Ti avrei stracciato in un nanosecondo, intellettualoide da strapazzo.”

“A meno che tu non avessi deciso di perdere intenzionalmente. Capisci, la parte del mio monologo sulla tua volontà di rimanere o andare sarebbe stata valida anche in quel caso, sarebbe tutto dipeso dal tuo impegno nella sfida, e quest'ultimo sarebbe stato appunto legato a quale era il tuo vero desiderio.”

“Non sta né in cielo né in terra che lo zietto potesse perdere di proposito. La sottoscritta dà sempre il massimo in tutto quello che fa.”

“Sicura? Non lo sapremo mai. Comunque, c'è un'altra questione che dovremmo discutere.”

“Spiegati.”

“Come dovrei chiamarti, a partire da stasera? Mion o Shion?”

“Che domanda da rimbambiti! Chiamami...”

La ragazza dai capelli verdi si bloccò. Non era una domanda stupida, a tutti gli effetti. Finchè si trovavano ancora ad Hinamizawa, lei doveva per forza essere etichettata come «Shion», in quanto lo scambio con la propria sorella avrebbe avuto luogo quella stessa notte. Ma che avrebbe deciso, quando avrebbe levato le tende per trapiantarsi e mettere radici in Italia? Teoricamente avrebbe potuto scegliere il nome che più le piaceva, nessuno l'aveva mai conosciuta lontano dal suo villaggio. Poteva farsi chiamare «Shion», ma poteva anche dichiarare di essere «Mion», anche se ce n'era un'altra ad Hinamizawa, i suoi ex-concittadini non l'avrebbero mai smascherata. Dopo tutto, lei adorava ancora il suo vecchio nome, era il simbolo di quello che era stata negli ultimi dieci anni: l'emblema che le ricordava di non essere stata inutile, dopo che nella sua prima infanzia era stata isolata e ripudiata dalla maggior parte della sua famiglia. Rinunciarci le avrebbe causato un grosso dispiacere...

La giovane ebbe un momento di incertezza e Giancarlo lo notò. Così, ci rimuginò per un secondo o due e quindi sentenziò: “Ti chiamerò Neko-chan.”

Lei lo fissò, scettica. “Huh? Neko? Vorrebbe dire... Un gatto, quindi? Che genere di idea demente è questa?”

“Solo un giochino di parole. Tu probabilmente non lo puoi sapere, ma il suono dell'appellativo «Mii-chan» è quasi identico al termine italiano «micia», che appunto si riferisce alla femmina del gatto. E visto che in giapponese «gatto» si dice «Neko», ecco che il cerchio si chiude. Non credo che ci sia qualcuno in giro in grado di cogliere il nesso tra i vari nomignoli, potremmo usarlo anche qui ad Hinamizawa se per te va bene, almeno questo sarà un ricordo del tuo passato, una testimonianza di quello che è stato. L'importante è distinguerti da tua sorella, il modo in cui lo fai non conta, giusto? Inoltre, io trovo che come soprannome ti calzi a pennello, non ti sarai scordata l'abito da cosplay che hai dovuto indossare qualche settimana fa, come penitenza per aver perso nei nostri giochi, vero? Con quella lunga coda e quel paio di orecchi finti sembravi una vera Catwoman...”

“Che trovata idiota...” ma a Mion piacque, e pertanto concluse che non aveva nulla in contrario e che probabilmente avrebbe usato quello. Invece, si rammentò di un'altra cosa, e prima di dimenticarsela prese lesta un oggetto dalla sua tasca.

“Questo appartiene a te, compare.” disse, porgendo l'orologio di Giancarlo al suo legittimo proprietario “L'avevo fatto controllare, per essere sicura che non si fosse rotto od ammaccato, però mi sono sempre scordata di restituirtelo, in questi mesi.”

Il giovane gli diede un'occhiata, e quindi con la propria risospinse lentamente la mano di Mion con il cimelio verso il petto di lei: “Puoi tenerlo, se lo desideri. Consideralo come un mio regalo. Ti è stato già molto utile, in fondo.”

“Però io credevo che questo valesse molto, per te.”

“E' così, infatti. Ma io voglio che ce l'abbia tu, adesso. In questi anni mi ha permesso di non arrendermi mai, però ora quel suo ruolo si è esaurito. Ora desidero che tu cominci a sentirti anche parte della mia famiglia, è questa la motivazione dietro la mia decisione.”

“Oh... Se insisti... Piccolo arrogante, certo che hai una bella faccia tosta, in pratica stai affermando che io sono una femminuccia debole debole e che ho bisogno del tuo orologio scassato per migliorare.”

Lui divenne paonazzo. “No, non intendevo essere sgar...”

“Yeah, yeah” ribatté lei, divertendosi a prenderlo bonariamente in giro “Comunque, ora io non voglio trovarmi di fronte ad altre sorprese sgradite, adesso. Abbiamo già avuto abbastanza grattacapi in questi mesi, e la maniera migliore per evitarli è non lasciare nulla al caso. Dobbiamo organizzarci per bene, la nostra vita futura sarà pianificata a dovere in ogni suo particolare, con date e scadenze precise. D'ora in poi io esigo di non andare più incontro ad imprevisti, chiaro?”

~-~-~-~-~

I due seguitarono a discutere del loro avvenire per un bel po', ma non sapevano ancora che programmare gli anni a venire della loro vita insieme si sarebbe presto rivelato inutile. Loro non si erano ancora decisi sul nome da usare per la ragazza, se Mii-chan, Shii-chan o Neko-chan, però il fatto fu che, durante quella stessa notte fredda, un evento imprevedibile ed imprevisto accadde davvero.

Il fatto fu che, durante quella stessa notte fredda, quella ragazza così bizzarra rimase incinta.

~-~-~-~-~

Qualche estate dopo, la sedicenne Rika Furude si stava recando al suo Tempio, sempre scortata da Hanyuu. La sua antenata la stava accompagnando in volo, infatti era tornata allas sua forma spirituale in quanto altrimenti avrebbe avuto dei seri problemi con la comunità: la sua incarnazione aveva dei limiti strutturali, non cresceva in altezza come una bambina normale, avrebbe sempre avuto sempre l'aspetto fisico di una fanciullina e gli abitanti del villaggio avrebbero nutrito dei seri sospetti sulla natura di quell'essere, avrebbero pensato ad una malattia e l'avrebbero condotta da uno specialista, se non peggio. Così, aveva escogitato la prima scusa che le era venuta in mente, ed aveva tolto il disturbo, simulando un trasloco in un'altra parte del Giappone. Ogni tanto fingeva di scrivere delle lettere, quindi non c'erano problemi.

Per una volta, non erano coi minuti contati, stavano in attesa di un'amica che doveva arrivare a sua volta al Tempio, e nel frattempo potevano ripensare a quello che era successo nell'ultimo periodo.

“Non ne posso più.” esclamò Rika “Perchè Satoko e Keiichi-kun devono sempre menarmi per il naso ed infastidirmi? Mi farebbero un gran piacere se mi lasciassero in pace, devo mettere a punto i preparativi per il Watanagashi!”

“E perché non dovrebbero chiedere il tuo aiuto? Non hanno fatto nulla di strano nella loro procedura, dal loro punto di vista hanno fatto quello che dovevano fare.”

“Anche tu ti ci metti? Lo so che dovevano rivolgersi a me, però evitarmi quella brutta figura... Sono stata io ad annunciare il loro fidanzamento ufficiale, come se avessero avuto vergogna a farlo da soli!”

Hanyuu non poteva fare a meno di ridere, cosa che cercò di nascondere con il polso, mentre Rika continuava a lamentarsi. “Lo so che hanno sempre amato spendere del tempo assieme, che si sono sempre divertiti a stare l'uno a contatto dell'altra nelle varie attività di club, mentre si battevano a colpi di trappole e di tranelli, però quei due hanno... sei, sette anni di differenza, come età! Satoko non si poteva scegliere un partito più giovane?”

“Ci sono coppie che vanno d'amore e d'accordo anche con una differenza maggiore, sai? Non dimenticare, per esempio, che la moglie di Kimiyoshi-san ha quindici anni in meno di suo marito... E forse Satoko è la ragazza giusta per Keiichi-san, hanno un modo simile di guardare alla vita, la considerano entrambi come una grande avventura da vivere in compagnia dei loro amici...”

“Se lo dici tu... Hanyuu, riesci ad immaginarti che tipo di figli pestiferi potrebbero avere quei due buontemponi? Preparati a quanto di più simile c'è ad un inferno vivente...”

“Ah, se prendono dalla madre, i futuri pargoli di Keiichi-san saranno una bella gatta da padre per il loro padre... Bambine piccole e vivaci che nel giro di un amen imparano come divertirsi con i propri genitori. Povero Keiichi-san, non lo invidio di certo.”

“Tsk, loro hanno il brutto vizio di parlare troppo, ed anche tu. Qualche volta prego il cielo che le mie orecchie si stacchino dalla mia testa e volino via... Non conosci qualche maledizione o qualche sortilegio che potrebbe fare al caso mio?”

“Non ritieni di stare esagerando? Io non so nessuna magia che possa fare una cosa simile, sarebbe più che altro una barzelletta. Piuttosto, potresti risparmiarti la fatica di rispondere con quell'esclamazione tanto maleducata, quando ti avevano comunicato la loro decisione.”

“Quale esclamazione... Ah, giusto, intendi dire quella in cui gli ho urlato in faccia: Tu e lui, tutta la vita insieme? Ma che caz...”

“E la ridice ancora! Se gli altri potessero sentirti sarebbero confusi e penserebbero di fare qualcosa di sbagliato, udendo quelle parole orribili ed ignominiose provenienti da nientemeno che la loro sacerdotessa! E ci è andata bene che l'altra volta noi eravamo da soli a casa di Satoko, però lei non si aspettava certo un commento così villano!”

“Okay, lascia stare, facciamo finta che non l'ho mai detto...” Rika sollevò la testa, seccata, riflettendo sull'attenzione ricevuta da Keiichi da parte delle ragazze del gruppo. Tutti erano sicuri che lui avrebbe scelto una tra Rena e Mion, nel 1983... Ma alla fine Keiichi aveva favorito quella che meno si immaginavano, all'inizio, e se la coppia era felice così gli altri non si sarebbero fatti venire dubbi o scrupoli di sorta. Ed in un certo senso, quello era stato l'unico evento fuori degli schemi di quegli ultimi anni. Come nuova leader del clan, Shion aveva dato subito prova di essere una degna nipote di Oryou, mostrando di essere anche troppo cocciuta ed impulsiva, e senza l'intervento di Satoshi avrebbe causato diatribe a non finire con gli altri membri della famiglia i quali non avevano gradito uno stacco così netto con il passato... Ma tutto si era concluso per il meglio tra i Sonozaki, nessuno aveva il minimo sospetto su dove si trovasse la vera «Mion», ed Akane non rimpianse mai di aver lasciato partire l'altra sua figlia.

Rika si stava rendendo conto di essere ormai divenuta l'unico membro rimasto single dell'antico club. Tutti i suoi compagni avevano trovato un partner, un marito o una moglie... Non che fosse un gran problema, il suo status sociale le permetteva facilmente di incontrare potenziali pretendenti: bastava setacciare la la zona in cerca di qualcuno che potesse nutrire degli interessi nei suoi confronti, essere la Signora del Tempio di Himamizawa le consentiva di avere un certo appeal verso i ragazzi del luogo ben intenzionati. La stirpe dei Furude non si sarebbe estinta con lei, non sarebbe rimasta zitella a lungo... Però il fatto di non avere tuttora nessuno la indispettiva un poco. Forse era dovuto alla sua natura, alla sua indole... Però non era grave, finchè non andava in menopausa aveva tutto il tempo che voleva.

Dopo alcuni minuti, ad ogni modo, Rika ed Hanyuu furono raggiunte da una voce conosciuta.

“Senpai, senpai! Eccoci qua... Spero che non siamo in ritardo.”

“No, Kiriko-chan, arrivi giusto in tempo.”

Una ragazza con lunghi capelli neri si era unita a loro, e non si trattava di una perfetta sconosciuta. Era Kiriko, la bambina che tanti anni fa era stata ferita da Keiichi nell'occhio, e che quest'ultimo aveva accolto per un giorno a casa propria per riappacificarsi con lei. Dopo i fatti del 1984, la giovanetta era stata invitata a trascorrere tutte le estati ad Hinamizawa insieme ai propri genitori, completamente spesati dalla famiglia Sonozaki. In un certo senso era diventata un'ospite gradita per tutto il villaggio, anche se di base era non poco timida, però aveva l'aria di divertirsi un mondo in mezzo a quella gente, tra una visita alla Galleria d'Arte Maebara e una scampagnata tra i prati della vallata.

Naturalmente, anche lei aveva qualche anno in più ora, era diventata una signorina molto alta, e non indossava più le speciali lenti colorate che aveva quando era piccola. Erano troppo infantili, e quindi lei si era fatta crescere dei lunghi capelli corvini che usava come drappo per nascondere l'occhio leso. I medici consultati per lei, compreso Irie, erano stati unanimi nel diagnosticare che quell'occhio non sarebbe mai guarito, anche un'operazione sarebbe stata vana, e quindi era condannata a restare in quella condizione per tutta la sua esistenza. Ma lei aveva dato l'impressione di aver superato mentalmente quell'handicap e in più di una circostanza lei aveva confidato che quelle estati in campagna erano i periodi più belli della sua vita. Si era portata anche un'amica dalla città, una certa Miwako, una gran chiacchierona... Una che teneva una piacevole compagnia, comunque, avevano l'aria di divertirsi tutte, le ragazze. E Rika aveva effettivamente bisogno di aiuto, e visto che Satoko non era disponibile per oggi, toccò a Kiriko e Miwako assisterla nella sistemazione dei paramenti e degli addobbi per il Watanagashi. Le due nuove arrivate mostrarono di gradire molto quel compito, per loro era una novità.

Spalleggiate dall'invisibile Hanyuu, le tre giunsero al Tempio, e passarono alcuni minuti in cerca di festoni ed altre decorazioni. Ma la giovane dai capelli blu poteva osservare che, mentre Miwako continuava a parlare a più non posso elogiando e magnificando ogni statua e dipinto che notava, Kiriko aveva uno sguardo assente. Con il suo occhio sano, ammirava il panorama che si scorgeva dall'ingresso del vecchio tempio, le montagne, le case ed il cielo. Rika le domandò allora che cosa stesse facendo, e l'altra le rispose: “Sono spiacente, Senpai... Ma stavo pensando... che questo posto è un vero paradiso. Ora capisco come mai Keiichi-san ha deciso di trasferirsi dalla nostra città per vivere qui. Non era solo una questione di rimorso per quello... che mi aveva fatto.”

“No, ti sbagli, questo non è l'Eden, o Terra Promessa che dir si voglia.” ribattè Rika con poche parole concise “Non farti ingannare dalle apparenze, Hinamizawa non sarà mai l'idillio che tu stai dicendo. Questo mucchietto di case e campi di riso possono essere un bel posto in cui stabilirsi, ma non puoi paragonarlo ad un paradiso, se così fosse potremmo passare beatamente le nostre giornate in panciolle senza curarci di nulla, invece anche qui ci sono sempre dei problemi da affrontare.”

“Forse avete ragione, senpai. Tuttavia questo è un magnifico posto dove riposare. La scuola è sempre così tosta, durante tutto l'anno, e potersi concedere il lusso di distrarsi in un luogo così rilassante è così bello...”

Rika sorrise, e di punto in bianco recitò con la calma assoluta di una dea:
 

La formica che ha raccolto il grano per tutta l'estenuante estate
ora può riposare in pace e godersi il suo meritato premio
giacché la rumorosa ed insolente cicala sta spirando, lontana dalla sua tana.

L'orso bruno è ormai quieto, nel mezzo del suo eterno riposo,
perché il suo stomaco affamato è ora stato reso colmo e sazio
mentre il freddo e l'uomo rimangono lontani dalla sua grotta ben chiusa.

Tuttavia, il genere umano è stato escluso da questo fato benigno,
poiché il Male non rimane mai distante dal suo cuore impuro,
e chi non scende non è detto che salga.


 

“Uhhh, bellissima! Molto bella!” esclamò l'affascinata Miwako, quando Rika ebbe terminato “Sei stata tu a comporla? Dovresti fare la poetessa!”

“No, mica l'ho scritta io. Me l'ha insegnata... un'amica.”

“E chi è, chi è, chi è?”

“Calmati, ogni cosa a suo tempo. Forse ve lo narrerò un giorno.” Rika sorrise ancora, e si alzò dalle scale del Tempio. Successivamente, chiese alle due: “Andiamo? Qui per ora abbiamo finito, dobbiamo aspettare l'aiuto degli adulti prima di issare le decorazioni più pesanti.”

Ed il terzetto lasciò il posto, cullate dal canto delle cicale, e dirigendosi ad est, guardando il cielo scarlatto e le nuvole purpuree. In quel punto, il giorno dopo, il Sole sarebbe sorto ancora, per baciare ancora una volta con i suoi raggi benigni quella valle così fuori dall'ordinario.

 


 

...

The End.




 


 

 


425000 parole circa dopo, siamo arrivati alla fine... Ringrazio tutti quelli che mi hanno letto. Sono riuscito a portare a compimento una storia a cui pensavo ormai da un po' di tempo, e che ha preso forma mentre la scrivevo, in certi punti era addirittura lei ad indirizzare me, visto che i passaggi precedenti mi prendevano per mano visto che c'erano azioni pressochè obbligate in certo punto. È stato un lavoro lungo, di cui sono orgoglioso, anche se devo dire che ho fatto dei tagli. Non mi sarebbe dispiaciuto aggiungere ancora un paio di minitrame che riguardavano alcuni dei personaggi, però l'avrei allungato davvero troppo.

Per il futuro? Non credo che ne scriverò altre così lunghe, almeno per ora... Magari mi metterò a recensire qualcos'altro.

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