A week to fall in love

di iloveroseandrosie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mi eri mancata. ***
Capitolo 2: *** Charlie ***
Capitolo 3: *** Rosie ***
Capitolo 4: *** Insieme ***
Capitolo 5: *** Quella notte ***



Capitolo 1
*** Mi eri mancata. ***


Circa tre mesi fa, Rose si era dovuta trasferire con la sua famiglia in Francia a causa del lavoro del padre e a Charlie non era restato altro che il ricordo del suo sorriso, del suo profumo, della sensazione che le dava starle vicino, delle emozioni che provavo semplicemente guardandola. Ma Rose non sapeva nessuna di queste cose, Charlie era troppo spaventata dall’eventuale reazione dell’amica. Come poteva dire alla sua migliore amica che ne era innamorata? Forse poteva, ma non ora, non così senza essersi preparata un discorso ben strutturato e ben pensato. Non lì. Non in mezzo all’aeroporto.
Era un giorno come tutti gli altri, se non fosse per il fatto che Rose tornava a fare visita all’amica dopo tre mesi nei quali si erano accontentate di telefonate, skype e messaggi. Si sentivano ogni giorno, sempre per messaggio e se riuscivano si chiamavano a fine giornata per raccontarsi i vari pettegolezzi, ma soprattutto per sentire la voce dell’altra, per ricordarsi quanto era bello avere sempre vicino l’amica. Charlie quasi non credeva che era veramente lì, davanti all’uscita dell’aereo della SUA Rose. Non aveva ancora metabolizzato l’idea che la stava per rivedere, per riabbracciare.

Rose intanto, stava aspettando che il nastro, lento come non mai, le portasse la sua valigia. Vicino a lei c’erano dei ragazzi così volgari che la stavano squadrando dalla testa ai piedi da quando erano saliti sull’aereo. Continuavano a stuzzicarla, a dire frasi con doppi sensi e cose sinceramente troppo stupide per uscire dalla bocca di un gruppo di diciottenni. Voleva solo recuperare la sua valigia così da poter rivedere Charlie, la sua migliore amica, che non vedeva da mesi. Le mancava, più di qualsiasi altra cosa, più di quanto a un nuotatore possa mancare l’aria dopo un allenamento, più di quanto possa mancare l’acqua nel deserto. Insomma, le mancava. E tanto. E tra pochi minuti l’avrebbe rivista. Non ci poteva credere.

Charlie si guardava intorno per rendere la situazione reale, per far capire al suo cervello che era davvero lì. Guardava le porte d’uscita del gate, dalle quali cominciavano ad uscire le prime persone dell’aereo diretto a Londra, partito poche ore fa dalla città dell’amore, Parigi. Una famiglia piena di valigie che faceva un rumore pazzesco, una coppia che si teneva per mano e si dirigeva verso l’uscita dell’aeroporto ancora un po storditi dal viaggio, un gruppo di amici che scherzava e rideva in francese. Charlie cercò di seguire la conversazione, aveva fatto solo due anni di francese e poi aveva optato per lo spagnolo, decisamente più facile. Le parve di capire che la loro discussione fosse su una ragazza che a quanto pare non era niente male seduta dietro di loro, con un paio di jeans, capelli biondi, occhi verdi chiari e maglione beige. Niente male, ottimi gusti ragazzi, sembrava quasi… E poi la vide. Stava cercando qualcuno, me, e non capiva dove doveva andare. Era lei quella di cui parlavano i ragazzi: bionda, occhi di un verde che quasi non esiste nella scala dei colori, maglione beige, quello che le avevo regalato io l’anno prima per il suo compleanno. Era bellissima. Se l’era quasi dimenticato quanto fosse bella dal vivo. Charlie scosse la testa come per scacciare dalla sua testa quei pensieri per andare in contro alla sua amica appena atterrata.

Rose non se lo aspettava, non si aspettava il fatto che vederla dopo tre mesi le facesse sempre lo stesso effetto: come se una fiamma si accendesse proprio in mezzo allo stomaco e si propagasse in tutto il corpo, come se tante scintille le girassero intorno e si posassero sulla sua pelle. Eppure anche quella volta sentiva tutte queste emozioni, forse erano fin più forti delle ultime volte. E non pensava ad altro che lasciare tutto e correrle nelle braccia e restarci li per sempre. E forse lo avrebbe fatto.

Charlie dal canto suo era come imbambolata. Più la guardava più si rendeva conto di quanto la amasse e di quanto volesse stare con lei, sempre. Corse da lei e le gettò le braccia intorno al collo, non curandosi del fatto che stavano bloccando il traffico. Dopo qualche secondo, un uomo sulla sessantina cominciò a spintonarle per far capire di lasciare un passaggio. A quel punto, Charlie si staccò e non poté far altro che notare una lacrima sul viso di Rose, una lacrima forse di gioia per essersi ritrovate o forse di tristezza per la consapevolezza che questo sentimento era destinato a finire presto perché l’aereo di ritorno era solo una settimana dopo. Senza dire una parola, prese una delle sue due borse e si diresse verso l’uscita dove aveva lasciato la macchina.

A causa del signore si erano dovute lasciare andare, cosa che non avrebbe davvero voluto fare, almeno non per i seguenti dieci minuti. Vide che la sua amica aveva notato la lacrima che le era scesa durante l’abbraccio, e aveva apprezzato il fatto che non avesse detto nulla a riguardo, non avrebbe saputo cosa dire. Nel senso che sì, lo sapeva cosa avrebbe dovuto dire, ma non avrebbe potuto farlo. Non ancora. Rose notò che Charlie non parlava, ma quel silenzio non le dava fastidio, anzi era rilassante, era naturale. Si avvicinò all’amica e la prese sottobraccio, e sentì un sussulto da parte di Charlie che subito nascose dicendo che faceva freddo e che doveva comprarsi una giacca più pesante.

Charlie si maledì mentalmente per essersi lasciata scappare il brivido che le aveva provocato il tocco di Rose. Infatti, non appena entrate in macchine, accese il riscaldamento al massimo, come per far vedere all’amica che era vero che aveva fredda. Dio, che impacciata che era! Dopo aver messo la prima e avere schiacciato sull’acceleratore, cominciò a parlare.

“Com’è andato il viaggio? Ho sentito dei ragazzi che parlavano di una certa ragazza misteriosa che a quanto ho sentito era una vera bomba sexy! La conosci?” disse Charlie scherzando.
“Oh, vuoi dire quella ragazza dagli occhi verdi e i capelli biondi, che un po’ mi assomigliava? Cavolo se l’ho vista! Non sono riuscita a staccarle gli occhi di dosso per tutto il viaggio! Haha! Lascia stare guarda, quei ragazzi erano davvero volgari, avresti dovuto sentire che cosa dicevano! Secondo me pensavano che non capissi il francese perché prima di partire ho chiamato mia mamma e hanno sentito che le parlavo in inglese… ragazzi!”
“Beh dai se non altro hai fatto conquiste! Haha!” E non hai conquistato solo loro, pensò Charlie.
Ma non quella che avrei voluto conquistare, pensò quasi di rimando Rose.
“Allora dove mi porta signorina?” disse Rose cercando di scacciare i pensieri tristi dalla sua testa, almeno per quella sera.
“Sorpresa.”
“Mi sei mancata, Charlie.” che si limitò a guardarla con uno sguardo dolce, che poteva lasciare intendere qualsiasi cosa, rispondendo silenziosamente.
A Rose non restava quindi nient’altro che scegliere la musica e mettersi comoda in attesa della sua sorpresa. 

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Capitolo 2
*** Charlie ***


Ero  sempre più sorpresa dell’effetto che le faceva il fatto di avere Rose seduta a meno di mezzo metro da me. Non mi  ricordavo di aver mai provato un sentimento così forte. Basta, ora dovevo concentrarmi per non fare un incidente, ma era così maledettamente difficile farlo nel modo giusto da quando Rose aveva detto la frase “Ti da fastidio se mi cambio un secondo? Mi sento brutta con questi pantaloni addosso!”, e nonostante la mia risposta fosse stata un “Certo, ma io penso che tu sia bellissima con qualsiasi cosa tu indossi” e aver ricevuto uno sguardo tra il malizioso e il riconoscente, Rose cominciò a cercare nella sua borsa dei vestiti puliti. Aveva un profumo così buono! Non riuscivo a pensare ad altro che fermare la macchina e baciarla, ma non potevo farlo. Almeno non ancora.

Trovati pantaloni che stava cercando, dopo vari insulti diretti alla cerniera della valigia che non voleva fare il suo lavoro, si risedette vicino a me e cominciò a sfilarsi quelli sporchi. Se Rose avesse potuto sentire il battito del mio cuore in quel momento, o avesse potuto percepire la mia eccitazione, sicuramente avrebbe capito i miei sentimenti per lei. Per fortuna era troppo impegnata con l’apertura della zip dei pantaloni.
“Ho un problema con le zip oggi! Sembra che tutte le cerniere che tocco si sigillino all’istante!” urlò lottando contro l’apertura dei suoi pantaloni.
Io non feci altro che ridere e cercai di evitare qualsiasi commento, avendo paura di sembrare inappropriata. Quando finalmente riuscì a liberarsene, i miei occhi scorsero una mutandina di pizzo rosa molto carino, con sopra scritto “I’ve always loved you”. Per un attimo il suo cervello pensò che le avesse messe già pensando di togliersi i pantaloni davanti a me così che potessi vederle, ma poi tornai in possesso della ragione e mi auto insultai per averlo anche solo pensato.

Finito il cambio di guardaroba, arrivammo sane e salve a destinazione (cosa non del tutto scontata visto l’effetto che mi faceva averlo vicino). La loro prima sera insieme dopo mesi. Stavo preparando quella serata da tanto, forse troppo tempo. Ci pensavo da quando Rose mi confessò che prima di partire voleva assolutamente andare a bere qualcosa al bar del Tate Modern, che offriva la stessa visuale di Londra che potevi avere stando in cima al London Eye. Non potemmo andarci a causa di varie cose,
tra le quali la scuola e le vacanze estive, ma ora sentivo che era il momento giusto per farlo. Era una cosa, lo ammetto, abbastanza romantica, e la cosa non mi dispiacque. Non appena arrivammo all’ultimo piano, tolsi la benda dagli occhi di Rose facendo attenzione a non farle male tirandole i capelli. La sua faccia fu la cosa più bella che io avessi mai visto. Era un misto di eccitazione, felicità, commozione e amore. Amore per la sua città, per il fatto di essere qui con me, e speravo anche per me. Dopo essermi assicurata che non stesse avendo un infarto, le chiesi “Allora, la prima parte della sorpresa ti piace?”, e lei, girandosi e guardandomi dritta negli occhi mi rispose “Tanto, forse troppo di quanto in realtà dovrebbe piacermi”. E questa è la frase che per tutta la serata mi fece pensare: che l’avesse detta in riferimento a qualcos’altro, o meglio a qualcun altro? Per esempio, me?

Diedi il mio nome al cameriere che ci accompagnò subito al nostro tavolo, che dava proprio sul Tamigi, con a sinistra il London Eye e a destra il Big Ben.
Non poteva andare meglio di cosi. Per il momento.
Rose, evidentemente ancora scossa dalla sorpresa, non aveva ancora detto niente dopo la fatidica frase che mi fece fare mille viaggi mentali. Appena il cameriere arrivò e ci chiese cosa desideravamo bere, dicemmo all’unisono “Un Martini Royale, per favore” nel nostro bellissimo accento londinese, il suo così perfetto da fare invidia alla Regina. Subito iniziammo a ridere, e la tensione si allentò.
“Charlie, non avrei potuto immaginare sorpresa più bella di questa, sei un’amica davvero speciale” disse Rose.
“Non avrai immaginato che non ti preparassi un ritorno con i fiocchi! Per chi mi prendi, una dilettante?” dissi io scherzando e tirando indietro i capelli con un gesto altezzoso.
“In effetti qualcosina lo avevo immaginato ma mai avrei pensato a una cosa come questa! Sei la migliore. Lo sei sempre stata e lo sarai sempre, per me .”
“Suvvia, come siamo sentimentali… però è vero, anche tu per me sei e sarai sempre la più speciale di tutte, ma ora brindiamo, a noi! Alla nostra amicizia speciale!” dissi mentre arrivavano i drink, chiedendomi perché tutte le volte che la situazione diventava sempre un po’ più romantica, dovevo sempre rovinare tutto buttandola sullo scherzo.

Sorseggiammo il nostro Martini per qualche istante, Rose persa nella vista della magnifica Londra, io persa nella vista della mia magnifica amica.
Parlammo di tutto e di tutti, facendo battute, scherzando e ridendo come due sceme.
“Mi era mancato tutto questo! Solo oggi mi sono resa conto di quanto sto bene con te!” dico in un momento di euforia, causato in parte dal drink e in parte dalla voglia che avevo di lei.
“Oh, Charlie anche tu, tanto! Ti voglio bene” mi dice guardandomi, alternando lo sguardo dagli occhi alla mia bocca. La tensione si poteva vedere talmente era forte, e per poco non mi sono fiondata dall’altro lato del tavolo a baciarla, ma non era il momento giusto, non ancora.
Mi limitai quindi a sorriderle cercando di inviarle quanto più amore si possa inviare ad un’altra persona tramite un’espressione, e a dirle “Anch’io. Forse troppo”.

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Capitolo 3
*** Rosie ***


“Anch’io. Forse troppo.” Queste furono le parole esatte di Charlie. Per un attimo sono rimasta interdetta, non sapevo che cosa intendesse, a cosa si riferisse. A dire la verità ero ancora scossa per l’incredibile sorpresa che mi aveva fatto. Non potevo crederci! Forse anche lei provava qualcosa per me, ero troppo contenta. Ma dovevo contenermi, prima quando le ho detto una frase che poteva essere colta in due modi, non ha apprezzato molto…

Finiamo il nostro aperitivo, e ci dirigiamo verso l’uscita, dopo esserci fatte scattare una foto insieme con il magnifico panorama alle nostre spalle, di modo da ricordarci questa serata indimenticabile per sempre. Mentre le passo il cellulare per farle vedere quanto bene stiamo insieme, le sfioro delicatamente la mano e sento un fremito che parte dalla punta delle dita e attraversa tutto il braccio, e penso che l’abbia avvertito anche lei da come chiude gli occhi e inspira profondamente. La guardo negli occhi, e sorrido. Lei mi sorride. Non potrebbe andare meglio!

Dopo essere uscite dal palazzo, mi dirigo automaticamente verso Trafalgar Square, dove di solito andavamo sempre dopo aver bevuto qualcosa per stare ancora un po’ insieme, ma mi sento tirare per un braccio con Charlie che, sorridendo, mi diceva “Dove stai andando? Abbiamo un’altra sorpresa che ci attende!”. Incuriosita, decisi di seguirla, sorridendo e ridacchiando imbarazzata.

Erano ormai le nove e mezza, era già buio e se giravo la testa a sinistra, potevo vedere il London Eye illuminato con i colori della nostra bandiera. Oh, come sei bella Londra! Affrettai però subito il passo, rendendomi conto che Charlie era due metri avanti a me. Appena la raggiunsi, mi chiese se mi era mancata (la città, capiamoci) e non potei fare altro che rispondere “Si, tanto. Ma non più di quanto non mi sia mancata  tu” e detto questo, la presi per mano. La sua mano era fredda ma calda allo stesso tempo, morbida e piccola. La sentì trasalire come, rabbrividire al mio tocco, e dopo avermi lanciato uno sguardo confuso, strinse le dita intorno alle mie, continuando a guardare davanti a sé.

Camminammo in silenzio per dieci minuti più o meno, sempre tenendoci per mano. Non avrei mai pensato di essere capace di una cosa così coraggiosa, e stavo mentalmente esultando per il fatto che Charlie non avesse scherzato ironicamente sul fatto che ci stavamo tenendo per mano.

Non capivo dove mi stava portando, continuavamo ad uscire ed entrare in strette viuzze delle quali sinceramente, nonostante io fossi una londinese ad hoc, non ne sapevo l’esistenza. Dopo un po’, arriviamo in questa piccola piazza (mai vista prima), con in mezzo una grande fontana e intorno tanti piccoli muretti sui quali le persone potevano sedersi. Sembrava di essere in Italia, in una piazza di Roma, dove, tra l’altro, sogno di andare da quando avevo sette anni. Era bellissimo, tutto era perfetto, anche se ero un po’ in ansia per la prossima sorpresa.

E non feci neanche in tempo a finire il mio pensiero, che Charlie mi disse: “Tre, due, uno…”

E in quel momento il mio cuore era felice. O forse stavo avendo un infarto. 

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Capitolo 4
*** Insieme ***


“Tre, due, uno…” Eccoli. Seconda sorpresa, andata. Aveva così tanta paura Charlie che questa cosa non funzionasse! Suo fratello aveva un amico che lavorava nel settore pirotecnico, in poche parole, organizzava le serate dove venivano lanciati i fuochi d’artificio in Trafalgar Square per l’anno nuovo. Quindi aveva un sacco di conoscenza in quel settore e, con la scusa di provare a vedere quali erano le migliori angolazioni per lanciarli il giorno di capodanno (era il weekend prima, quindi ci poteva stare), lo aveva convinto a fare i fuochi d’artificio solo per loro due. Charlie finalmente tirò un lungo respiro di sollievo, pensando che per fortuna era tutto andato alla perfezione. Tutto tranne un ultima cosa. Doveva confessarle quello che provava per lei, se non era già abbastanza ovvio dopo quella sera.

Rose dal canto suo, era imbambolata da quella vista, da quella sorpresa. Non poteva credere ai suoi occhi! Lei amava i fuochi d’artificio! Senza pensarci, cominciò ad urlare di gioia, gridando che Charlie era la migliore amica che qualcuno potesse desiderare e che non vorrebbe nessun altro vicino se non lei. Calmatasi, riprese a respirare normalmente e, cercando la mano di Charlie, si mise a godersi lo spettacolo.

Charlie era davvero emozionata. Si stavano tenendo per mano! Di nuovo! Il suo piano aveva funzionato quindi! Girò la testa per vederla in faccia e dirle che la amava e che voleva stare con lei, quando Rose le gettò le braccia intorno a collo, dicendole in un orecchio “Grazie, Charlie. Non ti spaventare ma… ti amo”.

E detto questo, Rose baciò la sua migliore amica. Fu un bacio lento, dolce, pieno di amore e di gioia. Le labbra di Charlie erano morbide, e Rose non avrebbe più voluto staccarsi.

“Ti amo anch’io” disse Charlie, e continuarono a baciarsi sotto le mille luci provocate dai fuochi d’artificio, e la loro vita in quel momento non poteva andare meglio. 

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Capitolo 5
*** Quella notte ***


Arrivate in camera di Charlie (per fortuna che erano veramente vicine a casa sua,  altrimenti non si sa quanto avrebbero resistito a non spogliarsi li in mezzo alla piazza), cominciarono subito a togliersi le scarpe, e a levarsi la giacca. Charlie intanto stava cercando di slacciare i pantaloni di Rose ma, visto che oggi le cerniere ce l’avevano con lei, levò le mani dell’amica come per dirle “faccio io” e le portò sotto la sua maglietta, come segno di incoraggiamento. Continuavano a baciarsi, e l’atmosfera si faceva sempre più calda, sempre più passionale. Aspettavano questo momento da mesi ormai, e tutta la tensione sessuale che avevano imprigionato, stava finalmente uscendo fuori, di colpo.

Appena Rose riucì a toglierle la giacca (anche li la cerniera sembrava non essere dalla loro parte), Prese Charlie e la buttò sul letto mettendosi a cavalcioni su di lei. La guardava come se fosse stata una specie di visione, una dea. Continuando a baciarsi, fece scorrere le mie mani su tutto il suo corpo vibrante al suo tocco, e sentì la sua lingua assaporare la sua. Un sentimento di gioia e di eccitazione la pervase dalla testa ai piedi, e fu in quel momento che perse il controllo delle sue azioni.

Le tolse la maglietta e restò qualche secondo ad ammirare la bellezza del suo corpo, delle sue curve. Era davvero bellissima, perfetta. Cominciò a palparle il seno, prima quello destro, poi quello sinistro, e mentre Charlie le toglieva il maglione, Rose si sfilò del tutto i pantaloni e restò in mutandine e reggiseno. Dopo due minuti, erano entrambe in biancheria intima, sul letto di Charlie, impegnate a baciarsi con una foga quasi sovrannaturale.

Rose sentì la mano di Charlie scendere lentamente sul suo corpo, soffermandosi prima sul mio seno, poi sull’ombelico, per arrivare alle sue mutandine. Intanto, anche se a fatica, Rose le stava slacciando il reggiseno, e cominciò a leccarle i capezzoli, che divennero praticamente subito turgidi al contatto con la sua lingua. Non appena Charlie arrivò con la faccia allo stesso livello del bacino di Rose, emise un risolino divertito, al che l’amica si stoppò e le chiese cosa c’era di divertente.

“Le tue mutande. In macchina avevo notato la scritta “Today is your lucky day!” ma non avevo detto niente. Ora poss…”

“Ti amo” la interruppe senza pensare. Le uscì di getto.

Dopo uno sguardo capace di addolcire il più temibile assassino di tutti i tempi, Charlie la stava baciando non più con la foga di prima, ma questa volta con una tenerezza e una dolcezza tale da far quasi svenire Rose. E dopo quel bacio che sembrò durare un’eternità, le disse con la voce più dolce del mondo, “Ti amo, Rose. Più di quanto tu possa immaginare”. E detto questo, riscese giù sul suo corpo, tracciando un percorso invisibile con la sua lingua, fino ad arrivare alle mutande, che le sfilò in un nanosecondo.

Continuarono a fare l’amore per tutta la notte, non avendone mai abbastanza. Verso le prime luci del mattino, Charlie si distese accanto alla sua amata, e cominciò ad accarezzarle i capelli, con uno sguardo negli occhi sia triste che felicissimo. Rose se ne accorse e le chiese cosa c’era che non andava, se non le era piaciuto o se se ne stava pentendo.

“No questo mai, sono felicissima Rose, non poteva andare meglio di così ieri, spero che continuerà ad andare in questo modo per altri cento anni. Non ti lascerei mai, ti amo più di qualsiasi cosa. Però…” cominciò a dire Charlie.

“Però…? Charlie mi spaventi…” la incoraggiò preoccupata la sua amica, ormai diventata la sua ragazza.

“Però Rose, come faremo? Tu stai qui solo una settimana, e poi saremo di nuovo separate e chissà quando ci vedremo di nuovo…” disse con una lacrima che le rigava il viso al solo pensiero di dover porre una fine a quel momento idilliaco.

“Charlie non piangere, ora siamo insieme, godiamoci questi momenti. E poi, mi sono dimenticata di dirti una cosa.” Disse con uno sguardo malizioso.

“Cosa?”

“Visto che tra due mesi comincio l’università, ho convinto mia mamma a farmi venire qui, a Londra. In realtà a lei ho detto che era perché qui le università erano migliori, il che non è del tutto falso, ma il motivo principale sei tu. Sei il mio tutto, Charlie.”

“Ti amo Rose. Non vedo l’ora che tu venga a studiare qui, così da poter stare insieme sempre. Potremmo passeggiare nel parco, studiare insieme, andare a ballare la sera, come ai vecchi tempi.” Disse Charlie baciandola.

“Abbiamo ancora una settimana da goderci Charlie, e non voglio fare altro che restare in questo letto, e eventualmente alzarmi per andare a prendere una bottiglia di vino e qualcosa da mangiare. Ti amo”

E ricominciarono a fare l’amore, questa volta con la consapevolezza che non sarebbe stata una cosa fine a se stessa, che una volta finita la settimana sarebbe tutto finito, ma con un futuro.

Un futuro insieme. 

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