Sotto la tua pelle

di MmeBovary
(/viewuser.php?uid=70176)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Contatti ***
Capitolo 2: *** Imprevisti ***
Capitolo 3: *** Mistificazioni ***
Capitolo 4: *** Orgoglio ***
Capitolo 5: *** Scatti ***
Capitolo 6: *** Follie ***
Capitolo 7: *** Accelerazioni ***
Capitolo 8: *** Ritorni ***



Capitolo 1
*** Contatti ***



1. CONTATTI






“Idiota.”
La parola borbottata con rabbia da una voce maschile profonda e strascicata si disperse tra le foglie umide della foresta, assieme alle volute di vapore leggero che salivano lentamente dal terreno nell’aria tiepida di maggio.
“Incapace.”
La risposta non si fece attendere molto a lungo e andò a sommarsi alla scia di offese che già si trascinava dall’uscita del castello fino a quel punto del viale ormai poco lontano dall’entrata della Foresta Proibita.
“Sfregiato.”
Harry Potter rise di quello che ormai era considerato il suo soprannome giù nei bassifondi Serpeverde.
“Serpe.”
Draco Malfoy rovistò nella propria mente alla ricerca di una parola che potesse finalmente mandare davvero fuori dai gangheri la sua nemesi di sempre.
“Codardo.”
“Ehi Malfoy, codardo a chi?”
Beccato.
“A te, demente!”
“Brutta serpe!”
“Sbaglio o l’hai già usato questo?”
“Malfoy!”
Il Serpeverde si voltò verso la fonte di quell’interruzione del suo idilliaco litigio con San Potter.
“Granger, lo sai che il mio cognome non è considerato un’offesa, vero?”
Hermione puntò le braccia sui fianchi e arricciò il labbro superiore in una smorfia contrita.
“A parte il fatto che questo dipende dai punti di vista…” – Harry a quella frecciatina soffocò una risata per l’espressione offesa del biondastro accanto a lui –  “…In realtà stavo solo richiamando l’attenzione di sua maestà qui presente per fargli notare che forse sarebbe il caso che lui e il suo compagno di giochi là” – e indicò il Cercatore Grifondoro – “Smettessero di spararsi insulti a raffica!”
Entrambi i ragazzi dimostrarono una maturità degna di due ragazzini dell’asilo puntandosi vicendevolmente l’indice contro e belando all’unisono un proverbiale “Ma ha iniziato lui!”
Dopodiché si fissarono in cagnesco, stizziti dalla reciproca accusa.
Hermione scosse il capo sconsolata. Sempre la stessa storia…
“Forse se la smetteste di tirare giù tutti i santi del Cielo ogni volta che v’incrociate in corridoio eviteremmo situazioni come questa.”
“Ma è stata colpa sua!”
Ancora una volta la frase fu pronunciata con una precisa sovrapposizione di voci che avrebbe fatto invidia a un coretto della chiesa e ancora una volta fu seguita da un corollario di insulti non indifferente.
“Ma la volete finire?! Non saremmo qui a doverci sopportare anche il sabato sera se voi due non aveste sentito il bisogno di lanciarvi maledizioni in corridoio e io non avessi dovuto fermarvi!”
“Errore, Mezzosangue…” – la corresse Draco – “Non saremmo qui se solo quella vecchia acida della Mc Granitt non ci avesse interrotto mentre stavo per fare a pezzi Potter…”
“Tu stavi per fare cosa?!” – saltò su il diretto interessato – “Ma se eri a un passo dallo svenire dopo quello Schiantesimo che ti ho spedito in pieno petto…”
“Ma figurati!”
“E invece è così!”
“Potrei prenderne una ventina dei tuoi patetici Schiantesimi, Potter… In realtà funzionano niente male come piacevole massaggio, sai? Sono così delicati…”
“Dannazione, ma non ci riuscite proprio a non mangiarvi vicendevolmente per trenta secondi?!”
Hermione si massaggiò le tempie doloranti. Una punizione con quei due era davvero troppo per i suoi poveri nervi stanchi, già stremati dall’approssimarsi inesorabile dei MAGO.
Considerare poi che avrebbe dovuto rinunciare a qualche ora di studio notturno per andare a scontare la punizione nella Foresta Proibita con quel jukebox di insulti che erano Harry e Malfoy non era esattamente un pensiero confortante.
Quello era il loro vero ultimo anno di scuola. Da quando l’anno prima Harry aveva sconfitto Voldemort, Hogwarts aveva lottato per tornare alla normalità. L’ultimo folle anno di insegnamenti dettati dalla visione oscura della Umbridge era stato ufficialmente annullato e gli studenti erano stati invitati a tornare per recuperare i semestri perduti. Harry, Ron, e Hermione frequentavano dunque finalmente l’ultimo anno, perso alla ricerca degli horcrux, e Draco frequentava con loro, assieme ad uno smagrito gruppo di Serpeverde. Il dormitorio si era quasi svuotato dopo la battaglia e la sconfitta. Ma le celle di Azkaban erano ben più popolose.
E ora, a poche settimane dalla fine della propria carriera scolastica, Hermione si doveva vedere punita per aver tentato di evitare che il Bambino Sopravvissuto facesse di nuovo esplodere qualche corridoio fresco di restauro! Pazzesco. 
Allungò il collo verso la fine del sentiero dove un’enorme figura scura coperta di pelliccia sventolava verso di lei una manona guantata di pelle di drago.
“Hagrid!” - lo salutò cortesemente. Almeno la compagnia del mezzogigante le avrebbe rischiarato un po’ la serataccia.
Percorse i pochi passi che la separavano dal limitare del bosco con tutta la fretta di allontanare le proprie orecchie dal rinnovato coretto di offese tra i due ragazzi alle sue spalle e si abbassò piegando le gambe all’altezza delle ginocchia per portarsi al livello del grosso muso rugoso di Thor.
“Ehy, ciao bello…”
Il cagnolone le leccò affettuosamente le mani strusciando contro di lei il proprio grande corpo, piacevolmente caldo in quella notte che diventava sempre più fresca.
La grazia tuttavia non era il punto forte di quel bestione di una novantina di chili che finì, girandosi un po’ troppo in fretta, col darle un colpo tremendo coi fianchi, rischiando di mandarla a gambe all’aria.
Fortunatamente un corpo in piedi alle sue spalle frenò la sua caduta e Hermione si aggrappò con forza alla sua divisa per non rovinare nel fango del sentiero umido di rugiada serale.
“Scusa, Harry…” – borbottò rimettendosi finalmente in posizione eretta. Quando vide chi aveva davanti però le sue labbra schioccarono in una smorfia di delusione. I risvolti del mantello che stringeva tra le dita non erano di un caldo rosso ed oro e decisamente lo stemma Grifondoro non vi risaltava sopra in tutto il suo gentile splendore. No, era seta verde e argento quella che le scivolava via serafica tra le mani accompagnata da uno sguardo di profondo disgusto del suo proprietario.
“Sai che ora lo dovrò bruciare questo povero mantello, vero, Mezzosangue?” – soffiò con il suo tono distante e superiore la Serpe bionda, gettando a terra la sigaretta ormai esaurita.
“Quante storie, lo ho solo spiegazzato un po’…”
“Nah, nah…” - Il ragazzo scosse la testa, avvicinandosi a lei quanto bastava perché l’insegnante di Cura delle Creature magiche non sentisse le sue parole – “Tu l’hai toccato… L’hai contaminato…”
Hermione sentì le guance andarle in fiamme. Dannato spocchioso stupido marmocchio viziato! Ma chi si credeva di essere per potersi ritenere offeso dal suo tocco? Dopo tutto quello che era successo l’anno prima, ancora pensava di potersi nascondere dietro a idee tanto superate? Doveva essere più cocciuto di un troll di montagna.
La smorfia soddisfatta che gli increspava le labbra sottili mentre troneggiava su di lei, crogiolandosi nel pensiero che lei non potesse reagire con la forza davanti ad un insegnante, le fece praticamente perdere il lume della ragione. Solitamente non era da lei meditare vendetta.
Probabilmente se fosse stato qualcun altro a fare quello che lei stava per fare lo avrebbe persino biasimato.
Sì, lo avrebbe ritenuto decisamente molto sciocco.
Eppure lo fece.
Senza curarsi troppo della presenza di Hagrid alle sue spalle si alzò di scatto sulle punte e sfiorò con la propria guancia sinistra il volto eburneo del ragazzo davanti a lei, lasciando che il proprio fiato gli solleticasse l’orecchio.
Fu un contatto fugace ma maledettamente… intimo. E sfrontato.
Irrispettoso. Proprio quello che doveva essere.
La consapevolezza delle possibili conseguenze per tanta sfacciataggine si perse dietro l’illusione del trionfo quando Draco, dopo un attimo di smarrimento, piegò il capo nella direzione opposta a quel contatto, furente per quell’ennesima mancanza di rispetto nei suoi confronti e indietreggiò di un passo. Quando tornò a posare gli occhi sulla Granger il suo sguardo era più pesante del piombo.
Lei però non sembrò intimorirsi minimamente.
“Ora bruciati anche la faccia allora, Malferret…”
Ogni possibile replica da parte del biondo fu interrotta dall’intervento dell’insegnante.
“Hermione! Per tutti i vermicoli! Che vi state discutendo tu e Malfoy? Siete in punizione ragazzi, fateci i bravi!”
La ragazza rivolse uno sguardo di puro miele al Custode delle Chiavi, sbattendo le lunghe ciglia scure.
“Scusa Hagrid… è che la Serpe qui voleva dirmi una cosa… Oh, ma è nuova quella sacca che hai al collo?”
Draco alzò un sopracciglio sconcertato mentre quel bruto peloso si faceva docile come un agnellino e borbottava in quella sua lingua sgrammaticata qualcosa su un ottimo affare a Notturn Alley.
Cielo, la Mezzosangue era scaltra. Aveva saputo benissimo come circuirlo e distrarlo per evitarsi un peggioramento della punizione. Alla faccia dell’innocenza.
“Incontro ravvicinato con una vendetta in puro stile femminile?”
Una voce calibrata su un tono di finto candore attirò di nuovo la sua attenzione. Potter si era portato alla sua sinistra e sogghignava sommessamente della sua umiliazione lanciando occhiate traverse alla sua gota profanata dal contatto con la Sanguesporco.
Malfoy sentì la pelle in quel punto solleticare come se dovesse prendere vita propria e abbandonare il suo corpo. Resistette alla tentazione di sfiorarsi con le dita, tenace nella sua finta indifferenza.
Un ringhio soffocato però gli riecheggiò nella gola. Quella dannata Mezzosangue si era permessa di prendersi gioco di lui e ora pure lo Sfregiato rincarava la dose! Non appena fuori dal campo visivo di Potter, si portò una mano al volto strusciando con aria assente le sue lunghe dita affusolate attorno ai propri tratti, sulla pelle morbida di dopobarba. Sì, una sensazione fastidiosa di formicolio gli era rimasta attaccata alla carne assieme al profumo delicato di lei anche dopo un contatto tanto leggero.
Un ultimo sbuffo rabbioso esternò la sua incredulità per tanta sfrontatezza da parte della Grifondoro prima che la replica all’insinuazione di Potter gli salisse naturale alle labbra.
“Pezzente.”
Harry non perse il sorriso.
“Rammolito.”
“Incapace.”
“Viziato.”
E il coro riprese in tutto il suo splendore…
 
 
˜***˜
 

“Allora ragazzi. Come sapete siamo tutti qui perché voi tre ci avete fatto un bel casino oggi in corridoio…”
Draco sbuffò, alzando gli occhi verso il cielo scuro e a malapena visibile ora che si trovavano  all’interno della Foresta Proibita. Quel bestione peloso (l’insegnante, non il cane) li aveva portati fin lì evitando a fatica che lui si scannasse, strada facendo, con Potter e ora infieriva sulla sua già martoriata pazienza con un discorso che si prospettava lungo e noioso.
“E falla finita, Malfoy… Che è colpa tua se sono qui…” – lo rimbrottò Hermione affibbiandogli pure una leggera gomitata nelle costole.
Il ragazzo si limitò ad accusare il colpo con una smorfia annoiata.
“È anche colpa del tuo caro amico San Potter se è per questo…”
“Sei tu che lo provochi.”
“Seh, come no… Vediamo la realtà solo dal punto di vista da cui la vogliamo vedere…”
“Cosa vorresti dire con questo, che non sono obiettiva?”
Il loro scambio di battute fu interrotto dal vocione di Hagrid.
“Allora Hermione ti ci metti anche tu? Già è difficile tenere a freno questo qua...” e sbatté pesantemente la mano sulla spalla del povero Harry che era stato costretto poco prima a stare rigorosamente attaccato a lui e a una distanza di sicurezza di almeno due metri da Malfoy. Il gesto, pensato solo per indicare il ragazzo citato nel discorso, ebbe il sorprendente effetto di fargli affondare gli stivali nel fango della foresta di almeno un paio di centimetri e di strappargli un gemito sommesso di dolore.
“Oh, scusa, Harry… E voi due fateci attenzione a quello che vi dico, che è importante…”
“Scusa…” – mormorò la ragazza senza però ottenere una simile eco da parte della Serpe.
“Dunque, dicevo… Siete qui per scontare una punizione. Gazza come al solito ci avrebbe voluto che venivate appesi al soffitto per gli alluci, ma la Mc Granitt ha detto di no, ovviamente, e allora ha deciso che venivate con me nella Foresta…”
Hermione ascoltava solo distrattamente quelle frasi mentre ripensava alle parole di Draco. Sì, era vero, in effetti spesso era anche Harry ad infastidire il Serpeverde ma generalmente era più probabile il contrario. E comunque lei era obiettiva nel giudicare i fatti. Come si permetteva lui di sputare sentenze simili?
“Secondo te io non sarei corretta nei miei giudizi?”
Il Serpeverde lasciò scivolare verso di lei un’occhiata bieca e priva di interesse. Cos’aveva ora la Mezzosangue da blaterare di giustizia?
“Come, prego?”
“Prima hai detto che osservo la realtà solo dal punto di vista che voglio.”
Ah, ecco qual era il problema… La sua morale si era sentita messa in discussione dalla sua annotazione di poco prima e la sua cocciutaggine le impediva di lasciar cadere il discorso.
“E lo confermo” – frecciò il Serpeverde distogliendo lo sguardo da lei per fingere di fissare l’insegnante al quale in realtà non prestava la benché minima attenzione.
“E perché, di grazia?” – cominciò a scaldarsi la Grifondoro, offesa effettivamente nel suo orgoglio di persona integerrima e irritata dal fatto che lui non la guardasse neppure in faccia mentre le parlava.
“Ma perché è ovvio che da brava Grifondoro hai pregiudizi ineliminabili verso noi Serpi e da brava Mezzosangue verso noi Purosangue. Non sei più obiettiva di me neanche per un attimo Granger… È solo che le tue prospettive sono rovesciate rispetto alle mie e tu fingi di non accorgertene…”
La giovane aggrottò le sopracciglia, turbata. Non si era aspettata una risposta tanto sensata. Era preparata a contrastare una fiumana di offese, ma un simile sfogo la coglieva impreparata…
“Io…” – incespicò in cerca di una risposta e poi tacque.
Il suo mutismo fu commentato da una risata beffarda.
“Ma non mi dire che ho scalfito la tua patina di eterna sicurezza made in Gryffindor…”
Lei serrò la mascella e gli rivolse un’occhiata torva, pronta a replicare.
“Suvvia finitela ho detto!” – li riprese per l’ennesima volta Hagrid – “Avete capito quello che ho spiegato?”
“Sì, certo…” – mentirono entrambi, pur non avendo ascoltato una parola.
“Bene allora ora vi divido in due squadre, e le divisioni ce le ha dette la professoressa Mc Granitt, non io, quindi non ti ci incavolare con me Herm, dopodiché…”
“Perché dovrei incavolarmi?” – lo interruppe la giovane, vagamente preoccupata.
Il mezzogigante proseguì imperterrito il suo discorso e l’unico segno che avesse sentito la sua domanda fu il rossore colpevole che gli invase le gote da sotto la barba ispida.
“…dopodiché avrete due ore per cercare i Vividifico per la lezione di domani…”
“I Vi…che?” – sbottò Draco strabuzzando gli occhi.
“Ma allora non ci hai sentito prima!” – tuonò il Custode delle Chiavi – “I Vividifico sono le creature che ci dovete trovare per domani… Piccole, verdi, simili a fate ma senza ali, vivono in delle fossettine che si scavano sotto il muschio e sono capaci…”
“Sì, sì, il resto l’ho sentito…” – mentì Draco per far tacere quella valanga di informazioni a suo dire superflue. L’insegnante proseguì illustrando la divisone in squadre.
Dovevano trovare qualcosa e avevano due ore per farlo, rifletté Draco. Sicuramente lui sarebbe finito in squadra col cane mentre San Potter e la sua fida compagna venivano premurosamente tenuti insieme. Sarebbe bastato trovare una radura abbastanza tranquilla stravaccarsi su un tronco e farsi un pisolino di due ore per poi mostrarsi desolatissimo di non aver saputo rintracciare, seppure dopo lunghe ed estenuanti ricerche, nemmeno un Vivi-come-si-chiama
Già pregustava il meritato riposo.
“…con Malfoy.”
Il suono del suo nome lo riportò alla realtà. Si preparò ad afferrare il collare di Thor quando notò con sorpresa le facce scandalizzate dei due Grifoni davanti a sé e l’andatura mesta con cui Potter andava a piazzarsi accanto all’insegnante. Che stava succedendo?
“Come, scusi?” – chiese svogliatamente sperando che nulla stesse per rovinare i suoi piani.
“Ho detto che Harry verrà con me e Thor…” – ripeté il mezzogigante – “E tu e Herm andrete insieme.”
Una sensazione acida di nausea lo colpì alla bocca dello stomaco. Eh no… La Mezzosangue attaccata alle calcagna no…
“Ma è ridicolo!”
“Lo ha deciso la professoressa. Ci ha detto che se tu andavi con Harry vi facevate fuori prima di aver trovato mezzo Vividifico e che se andavi da solo eri capace di non fare nulla…”
“Accuse infondate…” borbottò, stizzito per essere stato preceduto nei suoi piani e beffato.
“Non fa piacere neanche a me, sai, Malfoy?” – lo informò la ragazza – “Ma se riesci a frenare i tuoi istinti razzisti per un paio d’ore, giusto il tempo di trovare un paio di creaturine, poi potrai far passare tutto il tempo che vorrai prima di rivedermi.”
La risposta del ragazzo fu uno schiocco di lingua che suonava a metà tra un modo per trattenere la nausea e muto assenso.
“Non litigate tra voi, mi raccomando! Ricordate di fare attenzione al potere di cui vi ho parlato. Per il resto i Vividifico non ci possono fare niente… Sono creature che amano la pace dopotutto. Ora voi andate di là e noi di qua. Ci vediamo fuori dalla foresta tra due ore.”
Hermione indugiò sull’idea di chiedere un chiarimento riguardo quale fosse il potere di cui aveva parlato mentre lei era troppo impegnata a litigare per ascoltarlo, ma poi pensò che sarebbe stato come ammettere una distrazione e preferì tacere. Dopotutto quanto potevano essere pericolose delle fatine senz’ali che vivevano sotto il muschio?
Lanciò un’occhiata colma d’invidia a Harry, il quale la salutava allontanandosi per una tranquilla passeggiata in compagnia di Hagrid, mentre per lei si prospettava una serata d’inferno.




...To Be Continued...



***
NdA: Salve. Casomai abbiate letto altre mie storie e vi stiate chiedendo come mai questa assomigli più, per stile e tono, alle mie prime che non alle mie ultime pubblicate, beh, la risposta è che ho iniziato a scrivere questa storia nel giugno 2009.
Sembra una vita fa.
Non l’ho mai pubblicata non perché non mi piacesse, ma perché non ha ancora un finale e speravo di concluderla prima di metterla online. Per ora non angustiatevene, ci sono parecchi capitoli già scritti, manca solo il finale, quindi non resterete a bocca asciutta ad attendere la mia ispirazione a lungo.
Essenzialmente non ho ancora deciso come debba finire, ma oggi ho decretato che se non inizio a pubblicarla non avrò mai la motivazione per mettermi a pensare al finale, quindi eccomi. Ho fatto un po’ di editing (certe cose che mi sembravano fighissime 5 anni fa ora mi fanno roteare gli occhi al cielo e chiedermi cosa avessi in mente), ma la storia è quella che avevo immaginato ed è tendenzialmente comica, al contrario della maggioranza di quello che scrivo ora. Anche se forse per la fine la mia vena tragica potrebbe emergere un po'...
Se notate incoerenze di qualsiasi tipo, imputatele al fatto che a riprendere una storia dopo anni qualche cosa si tende a confonderla. Senza contare che non sapevo nemmeno come finisse la serie di Harry Potter quando ho iniziato a scrivere questa fic. Rileggendola ho notato che parlavo di Silente come preside e Piton come prof di Pozioni. Che ne sapevo che la Row li avrebbe gentilmente fatti fuori. T__T Comunque, li ho sostituiti e spero non mi sia sfuggito altro.
Se vi interessa, restate in attesa, pubblicherò regolarmente i capitoli a venire (tanto sono pronti!).
Arrivederci a tutti,
MmeBovary.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Imprevisti ***


2. IMPREVISTI





“Allora, Granger... Ci vediamo qui fra…uhm… un’ora e tre quarti?” – precisò Malfoy non appena Hagrid e Harry furono fuori portata d’orecchio.
Si lasciò cadere a sedere su un vecchio tronco rovesciato e coperto di felci, con tutta l’intenzione di non fare una pluffa fino allo scadere del tempo.
Lei portò le mani sui fianchi e fronteggiò quella Serpe sfrontata.
“Eh no, carino! Tu lavorerai con me alla ricerca di quei cosi! Non sia mai che io ti lasci qui a poltrire!”
Il ragazzo scosse il capo.
“L’unico modo che hai per trascinarmi con te in questa assurda ricerca è probabilmente legarmi ad una tua gamba…” – soffiò.
“Non essere ridicolo Malferret…” – frecciò lei in risposta – “Se ti avessi legato ad una gamba preferirei segarmela prima di fare un passo attaccata a te…”
Lui accolse la provocazione con un’alzata di spalle e un sorriso.
“Vale lo stesso per il sottoscritto. Quindi chi ci costringe a passare insieme le prossime due ore della nostra vita? Svolgi il tuo compito. Porta a termine la tua missione. Salva il tuo curriculum dall’onta di questa punizione e soprattutto lasciami in pace!”
Hermione scosse i folti ricci castani senza smettere la propria posa autoritaria.
“La punizione è stata data a entrambi quindi non farei il mio dovere se non sorvegliassi anche te nello svolgimento della ricerca… Senza contare che…” – le sue parole si spensero in un colpo di tosse imbarazzato che attirò l’attenzione del biondo.
“Senza contare che cosa, Granger?”
“Niente.”
“Oh sì invece… Senza contare che da sola per la Foresta hai paura, vero?”
Lei arrossì violentemente e tentò di negare.
“Ma se ci ho passato molto più tempo di te!”
“Ciò non toglie che la prospettiva di scorrazzarvi senza il tuo San Potter non sia per te allettante…”
“Piantala, Malfoy!”
“L’indomita Granger senza macchia e senza paura ha paura allora…”
La Grifondoro mise il broncio.
“Non sono di ghiaccio io…”
Draco arricciò le labbra in una smorfia stanca. Detestava e fomentava al tempo stesso il cliché di uomo di ghiaccio che aleggiava attorno alla sua figura e che in fin dei conti aveva creato lui stesso.
Principe delle Serpi.
Uomo di ghiaccio.
Figlio di Mangiamorte…
Quante etichette per una persona sola…
“Dovrei cogliere un riferimento alla mia persona, Granger?”
“Vedi un po’ tu… Puoi dimostrare il contrario?” – ritrose la bruna lasciandosi cadere seduta al suo fianco.
Draco le lanciò uno sguardo obliquo cercando di capire cosa avesse in mente con quel gesto e involontariamente si irrigidì, allontanandosi da lei.
Hermione scosse il capo. Non aveva alcun secondo fine oltre quello di riposare le gambe nel sedersi accanto a lui ma la irritava il fatto che il solo contatto con lei lo schifasse tanto.
“Guarda che non mordo, Malfoy…”
Il ragazzo sogghignò sornione.
“Ah, no? Beh neanche io… fuori dalla camera da letto…”
La reazione della Grifondoro fu uno scatto di vergogna subitaneo. Tornò in piedi e gli rivolse le spalle, evidentemente pentita di aver tentato con lui un approccio umano. Niente da fare con la Serpe avrebbero dovuto litigare per quelle due ore così come per il resto dell’anno e poi finalmente le loro strade, con somma gioia di entrambi, si sarebbero divise probabilmente per sempre.
Draco intanto si faceva beffa del suo pudore ostentando un sorriso tronfio di soddisfazione per averla saputa mettere in imbarazzo.
Col tempo aveva capito che c’erano poche cose in grado di far perdere le staffe alla Granger e che esse erano, nell’ordine: toccare anche solo con un dito i suoi preziosi amici e compagni di Casa, offendere le sue origini babbane e infine fare lascive insinuazioni sulla sua vita sessuale. Se si voleva farla arrossire bastava menzionare la parola sesso…
“Che c’è, Granger, a te e a Weasley piacciono altri tipi di giochetti?”
“Falla finita Malfoy!”
Le guance di Hermione avevano raggiunto la tonalità del succo di melagrana matura. La sua natura riservata le rendeva imbarazzante parlare di certi argomenti anche con sua madre, figuriamoci con la Serpe! E poi le chiacchiere riguardo la sua storia con Ron, che la inseguivano da ben un anno, erano ormai decisamente soffocanti e fastidiose. Si erano scambiati un bacio nell’entusiasmo e nella disperazione della battaglia, fine della storia. Bisognava forse parlarne più che del Torneo Tre Maghi?
Il giovane alzò le mani in segno di resa.
“Se vuoi che la finisca la cosa è semplice. Tu lasciami qui e vai a caccia di Vidifidici…”
“…Vividifico…” – lo corresse lei.
“…Vivi-come-diamine-si-chiamano-difico e non dovrai sopportare la mia presenza oltre, così come io non dovrò sopportare la tua.”
“Pensi che se per una volta svolgessi un compito come tutti perderesti lo scettro di perfetto figlio di papà viziato?”
“Non sono io quello viziato qui…” – soffiò il ragazzo, puntando lo sguardo in alto, ben oltre la spessa coltre di foglie scure. In alto verso i propri pensieri che gli sfuggivano dalla mente e si attorcigliavano a quei rami come edera velenosa, esattamente come si erano attorcigliati attorno alle sue ossa e al suo animo, marcendo lentamente.
Viziato lui? Lui che da diciassette anni combatteva una lotta silenziosa col mondo per non essere visto solo come il pallido riflesso di suo padre? Lui che ad ogni giorno che aveva passato fino ai sedici anni aveva fatto una croce su ventiquattrore in meno che lo separavano da un apparentemente inevitabile destino da Mangiamorte? Farsi marchiare come una bestia per servire un megalomane Mezzosangue che non lo avrebbe considerato più di un insetto. Per come era andata a finire, poi…
Viziato lui? Solo perché per un po’ aveva avuto il rispetto di quella mandria di pecore che si chiamava Serpeverde?
Forse che il mondo si metteva in ginocchio sorridendo ad un suo schiocco di dita? No… Non era San Potter il Bambino Sopravvissuto lui…
“Questa è bella!” – sbottò Hermione – “Ora le ho sentite proprio tutte! E allora chi sarebbe quello viziato scusa, io per caso?”
“Per esempio.” – convenne il giovane.
“Ehy io ho lottato ogni giorno per ottenere quello che ho! O pensi che a noi Mezzosangue, come ci chiami tu, il rispetto venga regalato per Natale?”
“Penso che sia facile parlare di lotta quando ogni giorno il mondo ti accoglie con un sorriso solo perché hai una sciarpa rossa e oro al petto e non strisci fuori da un covo di Serpi e Mangiamorte. Penso che non sia troppo difficile non perdere la voglia di lottare quando praticamente tutto il mondo è dalla tua parte!”
Hermione rimase nuovamente spiazzata dalle sue parole. Non aveva mai visto l’esistenza di un Serpeverde sotto questa prospettiva… Però non voleva dargliela vinta un’altra volta.
“Tu non hai idea di cosa sia la mia vita, soprattutto per merito di spocchiosi razzisti come te.” – borbottò offesa per essere stata liquidata con tanto poco garbo.
“Se è per questo tu non hai idea di cosa sia la mia per merito di ipocriti perbenisti come te.”
“Gli ipocriti perbenisti sono pronti ad aiutare chi chiede una mano…”
A quella frase Malfoy si ritrovò con uno scatto di rabbia a spezzare involontariamente tra l’indice e il medio un rametto caduto con cui stava giocherellando. La Mezzosangue stava forse estendendo le sue mire da santa all’improbabile fine di salvare lui, la povera pecorella smarrita? Spingerlo a chiedere aiuto e proteggersi sotto l’ampia ala dei Grifoni? Ridicolo…
“Ridicolo…” – confermò a voce alta scagliando con forza il ramo spezzato in mezzo alle felci umide.
Un piccolo grido acuto seguì quel gesto impedendo a Hermione di replicare.
“Che diamine hai fatto, Malfoy?!”
Il Serpeverde scattò in piedi mentre la Grifondoro si precipitava a controllare quale potesse essere la fonte di quell’urlo di dolore.
“E che ne so… Ho solo lanciato un ramo…”
La ragazza scosse il capo mentre tirava fuori dalle felci umide un piccolo gnomo con una brutta ferita sul naso bitorzoluto.
L’esserino recalcitrava e si divincolava per sfuggire alle sue mani che lo tenevano per la collottola.
“Dobbiamo curarlo… Guarda cosa gli hai fatto…”
“Aveva a non starmi intorno…” – sibilò la Serpe con una smorfia di disgusto per quell’essere fastidioso, rumoroso e sporco che si agitava davanti ai suoi occhi inveendo contro di lui con frasi e offese sconnesse.
“L’hai ferito quindi è tuo dovere curarlo.”
“Cos’è questa, una citazione dal manuale del perfetto martire?”
“No, da quello della semplice persona civile! E ora vuoi aiutarmi, per favore?”
Sottolineò l’ultima parola con uno sguardo implorante mentre lo gnomo si faceva sempre più pestifero e alzava le tozze braccina sopra alla testa per graffiarle le mani.
Draco sembrò soppesare attentamente l’idea di lasciarla lì in difficoltà e togliersi di torno e per un attimo la Grifondoro credette che lo stesse davvero facendo.
Il giovane le rivolse le spalle e fece qualche passo nella direzione opposta alla sua, ma proprio quando la giovane stava per richiamarlo con una vasta scelta di ingiurie, egli si piegò mettendosi a sedere sui propri talloni ed allungò una mano tra le radici bitorzolute di un vecchi albero coperto di licheni e funghi.
Hermione stette a guardare mentre il Serpeverde riemergeva da quel groviglio verde con un’espressione di stanchezza annoiata sul volto e una manciata di un’erbetta viscida e rossastra tra le dita.
La Grifondoro la osservò più attentamente e finalmente la riconobbe.
“Artiglio del diavolo…” – mormorò ammirata. Quell’erba aveva un forte potere curativo e se applicata fresca su di una ferita era in grado di favorirne la guarigione e lenire il dolore.
Draco si limitò ad accennare un sì con la testa mentre schiacciava un po’ di quella pianta tra le dita e le porgeva l’impiastro ottenuto.
“Ora però su quella bestiaccia ce lo spalmi tu…” – borbottò pulendosi le mani con una smorfia infastidita.
Hermione annuì senza protestare e applicò la poltiglia rossastra sul naso scottato dello gnomo. Questo improvvisamente smise di divincolarsi e restò come paralizzato tra le sue dita. Le sue palpebre si abbassarono e la ragazza sentì che ora dormiva profondamente.
Quello però non era tra gli effetti curativi di quella pianta…
“Malfoy, cosa diamine hai mescolato all’artiglio del diavolo?” – sbottò mettendo lo gnomo disteso di nuovo tra le felci.
“Niente…” – negò la Serpe evitando di guardarla, ma senza ottenere che lei smettesse di accusarlo con gli occhi – “E va bene forse potrebbe essermici finita anche qualche spora di quei funghi laggiù, almeno così ha smesso di urlare… Si sveglierà tra poco…”
“Malfoy!”
“Beh, che c’è? Hai curato la ferita di quello stupido brutto coso, non ti basta?”
“Se è per questo l’hai curato anche tu.” – puntualizzò la ragazza.
“Vai a dire in giro che mi hai costretto a fare l’infermiere per gnomi e giuro che non arrivi a domani…”
“Ma quanto sei permaloso! Ti fa così ribrezzo l’idea per una volta di aver aiutato qualcuno?”
Draco sbuffò rumorosamente nella sua direzione per manifestare tutta la sua insofferenza per quei discorsi e poi si volse per non doverla guardare oltre.
“E tu devi per forza salvare tutti?!” – esplose, assieme ad un improperio poco signorile.
“C’è anche chi non si lascia salvare…”
Malfoy, che in quel momento le rivolgeva la schiena, le lanciò un’occhiata scura da sopra la spalla.
Quella frecciatina era forse mirata a disseppellire il discorso di poco prima? Non demordeva proprio, la Granger.
Lo guardava in modo strano, in quel momento. I suoi occhi dorati erano fissi su di lui mentre teneva le braccia incrociate sotto il seno e le gambe piantate a terra, leggermente divaricate in quella posa autoritaria che adorava tanto. Un alito leggero di vento soffiava dal fitto della Foresta scompigliando ulteriormente i suoi capelli castani e muovendo con delicatezza le pieghe della sua gonna al ginocchio che le copriva appena le gambe magre.
I suoi occhi castani emanavano un calore particolare e confortante che in quel momento però andava del tutto sprecato. Barricato dietro la sua indifferenza Draco riusciva solo a pensare a quanto quei discorsi gli dessero fastidio.
Non voleva essere salvato da nessuno, lui.
“Forse non c’è niente da salvare…” – disse all’improvviso, cogliendo la Grifondoro di sorpresa.
“E questo che vorrebbe dire?”
“Lascia perdere…”
Non c’era niente da salvare in lui. Non aveva mai smaniato all’idea di diventare servo di quel Sanguesporco di Riddle semplicemente perché lo riteneva degradante per se stesso, non certo perché avesse chi sa quale scrupolo morale nel professare un’ideologia contraria a quella dei “retti” e “buoni” come quel vecchio pazzo di Silente.
E se non aveva ucciso Silente quella sera di due anni prima non era tanto per buon cuore, quanto per una codardia viscida di cui non smetteva di vergognarsi. Avrebbe preferito averlo fatto ed essere additato come assassino che dover convivere col pensiero di essere stato tanto debole.
La Granger doveva essersi fatta un’idea un po’ troppo romanzata di lui se lo vedeva come l’innocente vittima delle circostanze da sottrarre alle grinfie del destino crudele.   
Non c’era proprio nulla d’innocente in lui.
“Non puoi sparare frecciate simili e poi dirmi di lasciar perdere!”
“Ho detto lascia perdere!” – ringhiò lui sempre più irritato dall’essersi portato da solo su un terreno scivoloso – “Vuoi andare a cercarli quei maledetti Vividifico o hai cambiato idea?!”
La ragazza sembrò vacillare tra la voglia di approfondire il discorso e la necessità di cogliere al volo quell’occasione prima che Malfoy ritirasse l’offerta.
“E va bene, andiamo.” – concluse senza troppa convinzione.
“Perfetto…”
“Già, perfetto…” – ironizzò mentre il Serpeverde già la aveva superata e s’incamminava verso il fitto del bosco.
Un rumore sinistro alle sue spalle la fece sussultare. Chissà cosa diamine c’era in quella foresta…
“Ehy Malferret, aspettami!” – berciò affrettando il passo per raggiungerlo.
Il giovane non piegò neppure il capo mentre le lanciava la solita occhiata diffidente, probabilmente per scoraggiarla dall’avvicinarsi oltre.
Hermione però camminando tra quell’intrico di rami e piante da cui spuntavano improvvisamente piccoli occhi gialli o code che guizzavano via prima che si potesse riconoscerne il proprietario si sentiva sufficientemente a disagio da ignorare i suoi avvertimenti. All’ennesimo batter d’ali che le passò appena sopra il capo all’improvviso non poté impedirsi di attaccarsi d’istinto al bicipite del biondastro al suo fianco.
Draco s’immobilizzò. Sentiva il cuore di lei battere velocemente contro il proprio fianco. Anzi, dentro il proprio fianco… Era così vicina a lui come non lo era probabilmente mai stata, almeno non tanto a lungo, e ciò gli dava l’impressione che il suo battito cardiaco da cerbiatta spaventata gli stesse penetrando la carne rimescolando il suo sangue freddo di serpe.
“Staccati, Mezzosangue… Stai sfidando un po’ troppo la mia pazienza stasera.”
Lei sembrò ritrovare il contegno e si separò da lui con un gesto imbarazzato.
“Scusa. Non mi piace la Foresta di notte…”
“Ma davvero? E io che credevo volessi solo saltarmi addosso…”
Ecco che alla minima allusione poco casta la Granger offriva un saggio di tutte le tonalità di rosso percepibili dall’iride.
Gli regalò uno sguardo torvo e un cazzotto nelle costole e poi lo oltrepassò senza rivolgergli una parola, in barba a qualsiasi propria paura, ben decisa a conservare il proprio orgoglio Grifondoro fino alla fine.
 
 
˜***˜
 
“Malfoy, vieni a vedere qua sotto? Ti pare che assomigli a una tana quella?”
Draco non si prese nemmeno il disturbo di voltarsi, troppo intento ad osservare lo scempio che il fango del bosco aveva compiuto sulle sue scarpe nuove, costate la bellezza di 20 galeoni d’oro.
“Ti pare che possa fregarmene qualcosa?” – soffiò con voce strascicata mentre si passava i pollici sulle punte dei mocassini di fattura italiana in pelle lucida.
Dannata melma, dannata foresta, dannata punizione.
Osservò con stizza che non faceva che peggiorare la situazione e dette forfait mentre con un sospiro annoiato rovesciava la testa all’indietro.
I suoi capelli di un biondo irreale si intrufolarono mollemente tra le fessure del tronco su cui si appoggiò la sua nuca. Il fresco umidore del legno si propagò verso il suo collo dandogli un leggero brivido.
Il vento in quella piccola radura dove si trovavano continuava a soffiare mite tra le piante del sottobosco, carezzando bacche rosse gravide di succo e steli aridi, irti di spine, immettendosi con lascivia innocente sotto le pieghe della sua camicia e solleticandogli il fisico magro da Cercatore di Quidditch.
Sarebbe stata una sensazione persino piacevole…
“Allora Malfoy, ti muovi?!”
…se non fosse stato per la compagnia poco gradita.
“E se non ne avessi voglia?” – mormorò senza riaprire le palpebre abbassate.
“Fattela venire!”
Draco non la degnò di una risposta, concedendole al massimo di costringersi allo sforzo di aprire gli occhi. Nella fitta oscurità della foresta distinse via via il prato verde intenso che si estendeva sotto i suoi piedi intervallato da grandi pozze scure di melma su cui fiorivano gigli magici, grandi come piatti da portata e di un forte colore azzurro. Il contorno dello spiazzo erboso dove si trovavano era delimitato da faggi e sequoie secolari attorno a cui si arrampicavano arbusti e cespugli carichi di frutti dall’aspetto tanto invitante quanto mortale. Bacche rosse e viola dalle forme oblunghe o tondeggianti pendevano da rami apparentemente troppo sottili per reggerle, circondate da foglie verdi dalla superficie liscia come vetro. Candidi fiorellini rosa sbocciavano tra quell’intrico di nodosità e curve lignee dando un aspetto ancora più angelico a quelle tentazioni mortali. La maggior parte di quei frutti infatti era abbastanza velenosa da stendere un ippogrifo dopo un solo assaggio. In fondo è sempre così: sono le cose più desiderabili quelle che fanno più male…
E lo spettacolo più desiderabile infatti era un altro.
Davanti ad un grosso monte di terra coperto da una coltre di morbido muschio verde scuro stava piegata la Granger, intenta a scrutare se quello potesse essere uno dei nascondigli indicati da Hagrid.
Teneva le gambe vicine e rigide, temendo probabilmente che se si fosse appoggiata sulle ginocchia avrebbe potuto sporcare le calze chiare. Il suo busto scendeva con una morbida curva verso il basso dove la sua bacchetta illuminava il terreno e quella posa ingenua aveva trascinato in alto l’orlo della sua gonna ben oltre il limite consueto.
“Però…” – commentò Draco con un fischio – “E io che mi aspettavo un paio di mutandoni grigi da nonna…”
Il suo sguardo indugiava lascivo sulle rotondità della Grifondoro, sulle sue cosce fasciate non, come avrebbe creduto, da banali collant, ma da autoreggenti candide e sulla biancheria di pizzo rosa che faceva capolino da sotto la gonna… Una malizia che da una santarellina come la Mezzosangue lui di certo non si sarebbe mai aspettato.
Alle sue parole Hermione scattò in piedi abbassando con un colpo deciso l’orlo del proprio indumento. Il suo volto sperimentava una nuova gradazione di cremisi.
Rosso rabbia.
“Come ti permetti! Maniaco!” – sbottò, al limite dell’autocontrollo.
“Ehy sei tu che mi hai detto di voltarmi…” – si giustificò la Serpe, beandosi di vedere la sua ira montare ancora.
“Per guardare il muschio, non la mia biancheria!”
“Allora dovevi metterti in una posa meno oscena…”
“Io non ho pose oscene!”
Malfoy rise della sua indignazione.
“Certo… sarebbe contrario alla morale di voi Grifoni, suppongo…”
Hermione gemette per la frustrazione, alzando le braccia al cielo.
“Falla finita con questa solfa sui codici della nostra Casa. Sono certa che la vita a Serpeverde non è molto diversa…”
“Sì, certo, continua a illuderti…”
La ragazza replicò con una risposta che per il tono rasentava il limite del puro ringhio e come controbattuta non ottenne che altre frecciatine in puro stile Malfoy.
I due giovani erano così intenti a litigare che ancora una volta si dimenticarono di curarsi del mondo attorno.
Non si accorsero che qualcosa intorno a loro cominciava a muoversi…
Non si resero conto che un piccolo essere dalla pelle verde bottiglia era uscito fuori da una cavità del muschio…
Non fecero caso al fatto che quel Vividifico stesse ascoltando le loro parole, pronto a ritorcergliele contro grazie al proprio potere di cui Hagrid aveva parlato per ben due volte senza ottenere mai la loro attenzione…
Distrazione fatale la loro.
“Tu non potresti mai essere un Grifondoro solo perché sei troppo infido e codardo!” – berciò Hermione per ribattere all’ennesima offesa alla sua Casa.
“E tu non reggeresti un’ora tra le Serpi con questa tua morale da quattro soldi!”
“Dio, Malfoy! Mi stai dando davvero sui nervi…” – sbottò Hermione, esausta, portandosi le mani alla testa dolorante – “Quanto ti odio…”
Vicino ai loro piedi in quell’istante un essere alto venti centimetri si concedeva un sorriso raggiante. Ora sapeva cosa fare…
Vidificat Inversum!”
I due giovani sentirono la terra sotto i loro piedi tremare.  I rami si fecero più folti attorno a loro e l’oscurità più penetrante. Il buio sembrava doversi conficcare sotto le loro palpebre e ottenebrare per sempre la loro mente tanto era denso…
“Cosa diamine sta succedendo?!” – urlò Draco per sovrastare il rumore dei tronchi che vibravano come impazziti.
“Non lo so!” – rispose con lo stesso tono angosciato Hermione, cercando con la bacchetta un nemico verso cui lanciare un incantesimo.
“Mezzosangue, fa’ qualcosa!”
Il tono del Serpeverde rasentava l’isteria mentre tentava con lo sguardo di farsi largo tra le tenebre opprimenti. Sentiva la vegetazione chiudersi a guscio attorno a loro, come pronta a schiacciarli e la luce della sua bacchetta si disperdeva nell’oscurità prima ancora di poter illuminare ad un centimetro da lui.
“Sto pensando, sto pensando!”
“Pensa più in fretta!”
“E perché non pensi tu allora?!”
Ancora una volta le loro parole si trasformarono in un litigio che fu stavolta però di breve durata. L’oscurità si fece ancora più prepotente e scavò nella loro mente portandoli all’oblio.
Con un’ingiuria da scagliarsi reciprocamente ancora tra le labbra, i due scivolarono a terra senza forze mentre il Vividifico accanto a loro sorrideva di trionfo.
Oh, sì aveva scelto proprio bene il modo di sfruttare il suo potere. Quel potere di cui quei due non sapevano nulla ma che presto avrebbero sperimentato in prima persona…



...To Be Continued...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Mistificazioni ***


 
3. MISTIFICAZIONI



Quando finalmente riaprì gli occhi, Hermione Granger non riuscì a pensare che a una cosa: la sua testa stava per spaccarsi in due.
Con un gemito sommesso di dolore si portò le mani alle tempie massaggiandole delicatamente mentre mille lampi bianchi esplodevano dietro le sue palpebre abbassate.
Lentamente la sua memoria cominciò a trasmetterle brandelli di informazioni utili.
La rissa in corridoio, la punizione serale, il litigio con Malfoy, l’improvvisa oscurità.
Scattò a sedere come se si fosse scottata, spalancando gli occhi. Cos’era successo? Dov’era finita?
Le sue cornee faticarono non poco ad adattarsi alla luce improvvisa e all’inizio tutto ciò che poté vedere furono macchie di colore confuso. Sprazzi rossi e dorati, il grigio uniforme di uno sfondo che non sapeva identificare, il bianco candido di un qualche fiore su un tavolo davanti a lei.
Abbassò di nuovo le palpebre con un mugolio di sofferenza più forte del precedente e poi si decise a riaprirle per gradi.
Finalmente iniziò a mettere a fuoco qualcosa. Le tende di un letto Grifondoro in cui lei stessa era distesa assunsero il loro consueto aspetto di fronte ai suoi occhi stanchi. Le pareti in pietra grezza si delinearono più precisamente nei loro contorni. I non meglio definiti fiori si riappropriarono delle loro caratteristiche di calle e troneggiarono davanti a lei da un tavolo in mogano su cui faceva bella mostra di sé lo stemma del Grifone.
Hermione tirò un sospiro di sollievo. Se non altro era finita in un luogo amico.
Quando però si decise a muoversi capì che c’era qualcosa che non andava. Non solo perché il semplice gesto di muovere un muscolo le aveva provocato una fitta di emicrania al limite dell’umana sopportazione e neanche perché improvvisamente si era resa conto di non avere indosso il benché minimo capo di biancheria sotto le lenzuola.
No, quello che non andava affatto bene era che per alzarsi si era tirata dietro la seta purpurea che copriva le sue forme nude e si era resa conto che qualcosa le impediva di trascinarla oltre.
O forse sarebbe stato meglio dire qualcuno
Con il cuore che le impazziva nella gola Hermione si voltò verso la propria destra e lo stomaco le si rigirò.
Non poteva essere quello che sembrava…
Avvicinò una mano tremante verso il rigonfiamento antropomorfo che occupava l’altra metà del letto e che restando completamente avvolto dal lenzuolo le nascondeva la sua identità.
Un brutto presentimento le assalì la bocca dello stomaco mentre il gesto incerto delle sue dita svelava una sottile cascata di corti capelli biondi e presto il panico ebbe finalmente il sopravvento sul suo autocontrollo.
Con un gesto brusco del braccio strappò letteralmente il lenzuolo dal volto addormentato e dal torace di Draco Malfoy lasciando la sua pelle nuda esposta alla luce del mattino.
No, no, no, no…
Doveva essere un incubo. Non poteva essere vero.
Si pizzicò forte un braccio e una fitta di dolore le attraversò i nervi. Dannazione era troppo vero.
La nausea la assalì prepotentemente assieme ad un fiume di pensieri e improperi che sfociarono sulle sue labbra in un’unica parola.
“PORCO!”
Il ragazzo accanto a lei ebbe uno scatto e aprì gli occhi. Come lei prima, mostrò evidenti difficoltà ad adattarsi alla luce e il suo dolce risveglio fu accompagnato da un contorno di imprecazioni varie.
“Ma che…”
La sua frase si spense a metà quando cominciò a mettere a fuoco la situazione.
Era in un letto Grifondoro. Bizzarro.
Era nudo. Ancora più bizzarro.
C’era qualcuno accanto a lui, che lo aveva appena svegliato urlando. E qui avrebbe potuto pensare che non ci fosse nulla di male ma una tale assurdità svanì dalla sua mente quando la parte razionale del suo cervello, appena attivatasi, associò l’immagine della ragazza seminuda che si copriva ostinatamente con un lenzuolo rosso porpora ad un nome e un volto.
Hermione Jane Granger.
Lasciò andare la mascella in caduta libera per lo stupore. Come c’era finito in camera della Mezzosangue, nudo, nel suo letto?!
“MANIACO! STUPRATORE!” – sbraitava intanto la ragazza lottando per ottenere il possesso esclusivo del lenzuolo e potersi finalmente alzare.
Lui si sollevò leggermente sui gomiti permettendo così alla stoffa di scivolare via dalle sue forme, lasciando scoperti anche l’addome teso, i fianchi, le gambe longilinee e, beh, anche qualcos’altro…
“Ma porca…” – con un’imprecazione degna di uno scaricatore di porto Hermione si girò per dare le spalle alle nudità di Malfoy che lei stessa aveva appena svelato – “E copriti, maniaco!”
“Ma se mi hai appena fregato il lenzuolo tu?” – si giustificò il giovane, sempre più confuso.
La Grifondoro afferrò una delle tende del baldacchino e con una forza che lei stessa non si sarebbe aspettata la strappò da tutti i suoi anelli e la gettò malamente addosso alla Serpe.
“Contento ora?!”
“Io stavo bene anche prima…” – buttò giù lui, caustico come sempre – “Eri tu quella a disagio, mi pare…”
“Per forza!” – esplose lei con un urlo aquilino – “Sei un maniaco bastardo stupratore!”
Draco si rabbuiò in volto mentre si tirava addosso come meglio poteva la tenda rosso e oro.
“Ehy piano con le offese… Io non ho fatto proprio nulla…”
“Ah sì?  E come ci sono finita nuda accanto a te?!”
Hermione sentiva il formicolio delle lacrime stuzzicarle gli occhi e il naso. Cosa le aveva fatto Malfoy? Perché non ricordava nulla? Perché stavano dividendo lo stesso letto?!
“Senti Granger io ne so quanto te…” – borbottò tirandosi a sedere – “So solo che quando la terra ha iniziato a tremare è diventato tutto buio e che poi mi sono svegliato con te che mi perforavi un timpano coi tuoi insulti.”
La ragazza parve calmarsi un attimo.
“Vuoi dire che non abbiamo…” – annaspò in cerca delle parole – “…che non è successo nulla stanotte?”
“No, che io ricordi no.”
Hermione avvampò. Se lui non l’aveva stordita e portata a letto allora come c’era finita lì?
Lì dove, poi? Si volse intorno per cercare di definire meglio in che luogo si trovasse.
“Dove siamo?” – chiese a voce alta.
Il Serpeverde aggrottò le sopracciglia con aria sorpresa.
“Credevo fossimo in camera tua.”
“Nah…” – notò la giovane – “Questa stanza è orientata a est quindi deve far parte del Dormitorio maschile e poi non riconosco nessuno di questi mobili… Quindi non è neanche la camera di Harry o Ron…”
Draco lanciò un’occhiata in giro. Le sue iridi argentee trovarono un tavolo in mogano con intarsiato al centro in legni diversi un grifone rampante, un cassettone di ottima fattura rifinito in oro, un armadio nello stesso stile, un tappeto dagli intricati disegni arabeggianti, un divano rivestito in broccato rosso e diversi specchi dalle cornici lavorate. Tutta mobilia che incontrò la sua piena approvazione. Di chiunque fosse quella stanza doveva essere qualcuno con diversi gusti in comune con lui.
“Questo è il tuo regno, Grifondoro. Se non lo sai tu dove siamo…” – soffiò con disprezzo nella direzione della Granger.
La Grifondoro sentì il bisogno di allontanarsi da lui e gli rivolse improvvisamente le spalle andando ad appoggiare i palmi sul tavolino di mogano davanti al letto per riprendere fiato.
Draco intanto picchiettava pacatamente le dita sul comodino, incerto sul da farsi. Il suo sguardo poi incrociò il collo e la schiena semiscoperta della Mezzosangue di fronte a lui ci mancò poco che gli prendesse un colpo.
“Oh, Merlino…” – biascicò, certo di essere sul punto di prendersi una strigliata di dimensioni colossali e improvvisamente disgustato da se stesso. Non poteva essere vero…
“Cosa?” – sbottò la giovane con voce astiosa.
Il ragazzo scrollò le spalle.
“Cosa?!” – ripeté, irritata dal suo silenzio.
“Niente. Solo… che tu ti ricordi, avevi un succhiotto sul collo ieri sera?”
La Grifondoro trasalì per la sorpresa della domanda così inopportuna in quel momento.
“Cielo, no! Ovvio che no, che cavolo c’entra ora, Malferret?”
“Niente, niente… è solo che non mi pareva infatti…”
“Ancora non capisco come questo possa entrarci con…”
La voce le morì in gola mentre lo specchio sulla specchiera dell’armadio lì davanti le rendeva il riflesso del suo collo.
Sul lato destro una grossa macchia violacea segnalava senza pudore un succhiotto fatto non più di poche ore prima.
La rabbia le risalì le viscere e le infiammò il sangue. Un rossore prepotente si impossessò delle sue gote delicate e le lacrime tornarono a pungerle gli occhi. Ma non voleva piangere. No, non avrebbe pianto. Qualunque cosa Malfoy le avesse fatto non meritava il suo dolore.
“PORCO! MANIACO! STUPRATORE!”
“Ricominci Mezzosangue? Io non ti ho fatto nulla…”
“A parte un succhiotto sul collo e chissà che altro?!”
“Io non ricordo di averti mai toccato e sinceramente non è che l’idea mi alletti particolarmente, sai? Anzi… Al momento ho una certa voglia di fare un po’ di gargarismi con della pozione sbiancante…”
Hermione ripensò alle sue parole quando aveva afferrato per sbaglio il suo mantello “Tu l’hai toccato Mudblood… L’hai contaminato…”. Possibile che colui che si riteneva offeso anche solo dal suo tocco la avesse…
Con un gemito di frustrazione si lasciò ricadere, ormai senza forze, sul letto. L’ampio lenzuolo rosso si drappeggiò attorno ai suoi fianchi sottili come le gonne pompose di una bambola antica sul talamo di una sposa.
Draco la guardava combattuto tra il disgusto e una pietà senza compassione. La Mezzosangue gli faceva semplicemente pena nelle sue pose da verginella profanata. Lui non le aveva fatto nulla di propria volontà, di questo era certo. Quindi poteva smetterla di recitare quella commediola e rinfrescargli la mente su come erano andati i fatti se lo aveva effettivamente trascinato lei a letto con sé.
La ragazza però lo precedette e riprese la parola.
“Sei sincero quando dici di non avermi…” – si bloccò ancora una volta per riformulare meglio la domanda – “…di non ricordare di avermi fatto nulla?”
Lui annuì svogliatamente.
“E tu?” – insinuò lascivo e perfido.
“Certo che lo sono!” – si indignò la ragazza che per punirlo di tanta sfrontatezza iniziò a tempestare il suo petto di pugni rabbiosi.
“Ehy, ehy, ferma…”
Draco cercò di bloccarle i polsi sottili e delicati.
“Lasciami!”
Hermione diede uno strattone alla sua presa e si liberò andando ad afferrare il vaso di calle sul tavolino. Con tutta la forza che riuscì a racimolare lo scagliò nella direzione del Serpeverde mancandolo per un soffio e centrando invece la parete.
Una pioggia di fiori candidi si sparse sul pavimento di dura pietra e fu spazzata via poco dopo dall’aprirsi repentino della porta.
“Ehy tutto bene?”
Hermione ebbe un attimo di smarrimento e sentì le ginocchia cederle mentre quella voce le percuoteva le orecchie, tanto inaspettata quanto gradita.
“Harry…” – mormorò con voce appena udibile. Aveva bisogno di lui, del suo migliore amico. Di sentirsi consolare e dare una spiegazione razionale a tutto quello che stava succedendo.
“Potter…”
La voce di Draco le ricordò che non era sola. L’idea che il Cercatore Grifondoro potesse tirare le somme di quella situazione equivoca e fare intuizioni strane le trasformò il sangue in puri cristalli di ghiaccio.
“Oddio, Harry, non è come sembra, giuro!” – si affrettò a precisare seguita da una risata sarcastica di Malfoy il quale non finiva mai di stupirsi di come un Grifone potesse mettere la propria morale davanti a tutto.
Senza considerarlo troppo Hermione si slanciò invece verso il proprio migliore amico allacciando le braccia dietro al suo collo.
“Grazie a Dio sei qui…” – mormorò con le lacrime agli occhi.
La reazione di Harry però non fu proprio quella che si sarebbe aspettata.
Fu assurda, totalmente illogica e assolutamente spiazzante.
Prima di tutto il moro respinse il suo tocco e appoggiando le mani sui suoi avambracci la allontanò da sé e poi disse qualcosa che Hermione faticò molto a capire.
“Ehy, Granger! Che diamine vuole una Serpeverde Purosangue da me? Se mi salti addosso così va a finire che Draco mi spacca la faccia… Geloso com’è!”
Hermione lo fissò con aria incredula.
Non una sola delle cose che aveva detto aveva senso per lei.
Una Serpeverde?
Una Purosangue?
Malfoy chiamato con un soprannome e lei rilegata al cognome?
Malfoy geloso di lei?
Che diamine significava?!
“M-ma Harry… cosa…?”
Lui non parve sentirla nemmeno, troppo intento ad allontanarsi e riprendere la via della porta.
“Scusate il disturbo piccioncini, mi ero preoccupato perché ho sentito delle urla e dei rumori ma a quanto pare ho frainteso…” – concluse la frase con una strizzata d’occhi che poco lasciava ai sottintesi.
Hermione si sentì avvampare.
“No! No! Non stavamo facendo… oddio… quello che pensi!”
Il Cercatore però era già indietreggiato oltre lo stipite e annuiva con aria totalmente assente.
“Sì, sì, certo, come no… Draco ci vediamo in Sala Comune… uhm… diciamo quando avete finito… Ok?”
E senza aspettare una risposta che tanto non sarebbe arrivata il moro sparì dalla loro vista.
Il silenzio regnava nella stanza. Solo un’ape, entrata chi sa quando, ronzava in quell’aria colma di tensione cercando la via d’accesso per l’interno delle calle spezzate. Ma anche in quella totale assenza di rumori Hermione aveva la sgradevole sensazione che qualcosa dentro di lei stesse urlando e poco ci mancò che urlasse davvero anche lei.
Si lasciò cadere a terra senza un fiato invece, tra i cocci del vaso infranti e i cadaveri martoriati dei fiori. Il lenzuolo rosso attorno al suo corpo si venò d’acqua e si insinuò tra le crepe della pietra come il sangue di una vergine immolata su un altare.
Strinse convulsamente le gambe portandosi le ginocchia al petto e per la prima volta da quando si era svegliata si sentì veramente nuda
Sapeva da prima di non avere nulla indosso ma la consapevolezza della propria assenza totale di difese la raggiunse solo in quell’istante.
Un singhiozzo si spezzò sulle sue labbra tremanti mentre cercava di drappeggiarsi il lenzuolo appesantito dall’acqua fin sopra le spalle. Non voleva che Malfoy la vedesse, non voleva che vedesse neanche un centimetro della sua pelle.
La sua bocca… La sua bocca doveva essere stata maledettamente vicina se le aveva lasciato quel segno…
Un’ondata di nausea le risalì la gola.
“Sei uno spettacolo patetico…” – la informò il biondo Serpeverde.
“E tu sei un violentatore…”
“Ancora?! Come te lo devo dire che mi fai schifo, Mezzosangue? Non ti toccherei neanche con le pinze!”
Questo non servì certo a risollevarle l’umore, anzi aumentò pericolosamente il tremore delle sue labbra.
“E ora non piangere, Granger, sei già abbastanza penosa così. Vestiti e scendiamo giù per provare a capire che cazzo sta succedendo.”
Hermione si passò una mano sulla guancia prima che una lacrima potesse rigarla e con uno sforzo quasi superiore alle sue forze si rimise in posizione eretta.
Per quanto le dolesse ammetterlo Malfoy aveva ragione. Stare lì a piangersi addosso non aveva senso, soprattutto perché ancora non avevano chiarito cosa fosse successo. Magari era un brutto scherzo, un pessimo parto del distorto senso dell’umorismo di qualche Serpeverde.
E poi doveva ancora dare un senso alle parole di Harry.
Draco intanto si era alzato e rovistava sotto il letto e dietro il divano in cerca dei vestiti che la sera prima erano stati lanciati in giro per tutta la stanza.
Raccattò una camicia con lo stemma Grifondoro e una con quello del buon vecchio Salazar, i suoi boxer e un paio di mutandine in pizzo rosa che già la sera prima aveva avuto modo di apprezzare.
Hermione gliele strappò letteralmente di mano, infuocata in viso come nell’animo.
Lui fece spallucce e iniziò a vestirsi.
Qualcosa però non quadrava…
Quando infilò il proprio braccio dentro la manica della camicia Serpeverde il suo bicipite fece attrito con la stoffa pregiata, fermandosi a metà. Con un brusco strattone che per poco non fece saltare mezze cuciture riuscì a raggiungere il polsino il quale però arrivò a metà del suo avambraccio.
“Ma che diamine…”
Tentò di infilare anche l’altra manica ma l’impresa si rivelò superiore alle sue forze o per meglio dire alla sua taglia… Quella camicia non poteva essere sua. La sfilò frettolosamente e se la pose davanti, trovandosi a contemplare il serpente della sua casa che gli sorrideva biecamente da una camicetta candida con un marcato punto vita femminile e il taglio perfetto per accogliere una generosa taglia di seno.
Stranito volse lo sguardo verso la Granger la quale aveva esattamente il problema opposto al suo. La camicia Grifondoro che portava indosso le copriva il corpo fino a metà coscia seppellendo le sue forme delicate sotto un’abbondanza di stoffa composta con un taglio indubbiamente maschile.
“No…” – sussurrò senza più forze Hermione mentre le tornavano alla mente le parole di Harry.
Ehy, Granger! Che diamine vuole una Serpeverde Purosangue da me?
“No, no, no…”
Si piegò sotto il divano con un gesto brusco che le costò un giramento di testa peggiore dei precedenti.
Frugò con le mani delicate sulla fredda pietra finché le sue dita s’impigliarono in quello che cercava.
Una gonna e un paio di pantaloni.
Li tirò fuori con braccia tremanti, timorosa che la loro vista eliminasse ogni possibile dubbio su quello che stava succedendo.
Quasi pianse quando vide che il verde e l’argento così come il rosso e l’oro brillavano tra le sue dita, ma ognuno sull’indumento sbagliato.
Gonna verde e pantaloni rossi.
Che diamine vuole una Serpeverde Purosangue da me?
…una Serpeverde Purosangue da me?
…una Serpeverde Purosangue?
… una Serpeverde…
… una Serpeverde…
“No…” – ripeté per l’ennesima volta.
“Ehy, Granger, ti si è incantato il disco?”
Lei non ascoltò nemmeno la provocazione di Malfoy. Scagliò quella gonna che non poteva, che non doveva, essere sua a terra e corse verso la porta della camera, colta da un brutto presentimento.
La spalancò finché la maniglia non sbatté contro la parete interna della stanza e la targhetta affissa all’esterno fu finalmente visibile.
Quattro righe di lettere dorate, incise da una magia potente che non poteva essere frutto di un semplice scherzo, scintillarono sotto gli occhi suoi e del suo compagno di punizione, colpite da un raggio di luce mattutina.
 
Draco Lucius Malfoy,
Prefetto,
Settimo anno,
Grifondoro
 
E in quell’istante Hermione seppe che non avrebbe retto oltre. L’ultima immagine che il suo cervello le rimandò fu quella del pavimento che si avvicinava a velocità spaventosa.
E poi, il buio.






...To Be Continued...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Orgoglio ***


4. ORGOGLIO




“Mezzosangue… ci sei? Allora vuoi farmi il favore di aprire gli occhi, per Merlino?”
Hermione sbatté confusamente le palpebre e tentò di sollevare il capo.
Una fitta tremenda le attraversò la nuca laddove un enorme bernoccolo segnalava l’impatto avvenuto con il terreno.
“Io un favore a te non lo faccio neanche morta… stupratore…” – sibilò riconoscendo la voce di Draco.
Dannazione era svenuta davanti a lui. La vergogna le rodeva il fegato.
“Allora non sei morta…” – soffiò l’altro in risposta – “Peccato…”
“Fottiti Malfoy…”
“Che per caso ci hai preso gusto?”
Hermione avvampò, rendendosi conto di cosa avesse appena detto. Per il momento qualsiasi allusione o riferimento anche solo casuale all’ambito sessuale in presenza di Malfoy doveva essere categoricamente evitato.
Almeno finché non avessero chiarito cosa diamine era successo in quella notte che inspiegabilmente era sfuggita ai loro ricordi.
Una notte intera…
Un’illuminazione improvvisa attraversò la mente della Grifondoro a quel pensiero.
“Che sciocca…” – mormorò tirandosi in piedi e correndo alla ricerca di un qualsiasi calendario o agenda.
Aveva dato da subito per scontato che fosse trascorsa una notte ma forse non era così. Chi le assicurava che fosse effettivamente il 14 di maggio? In quella realtà in cui si era svegliata improvvisamente Serpeverde – e rabbrividì al solo pensiero – poteva benissimo essere un’altra data.
“Infatti!” – proclamò soddisfatta trovando un’agenda abbandonata sul tavolo.
Le cifre delle date erano magiche, come nell’agenda che Harry le aveva regalato per Natale, e quelle che indicavano il giorno in corso erano illuminate di un rosso brillante.
12 maggio.
Il suo volto si rabbuiò quando prese coscienza di quel numero.
12?
Dannazione erano… tornati indietro nel tempo?
No, la cosa non era così semplice da spiegare. Quando lei usava la sua Giratempo mica si ritrovava schierata tra le file delle Serpi…
“Trovato qualcosa d’interessante?” – si informò Malfoy raggiungendola alle spalle.
Hermione rabbrividì quando il calore del suo torace nudo divenne percepibile vicino alla sua schiena coperta solo da una camicia maschile leggera.
“A quanto pare oggi è il 12 maggio.”
Draco sembrò non sconvolgersi troppo a quella rivelazione. Evidentemente anche per lui la scoperta di essere Grifondoro era stata sufficiente a rendere marginale qualsiasi altro shock.
“Di chi è questa?” – chiese sfilandole dalle mani l’agenda magica e sfogliandola fino a raggiungere il retro della copertina.
“Ehy! Potresti chiedere prima di togliere la roba di mano!”
Ma il ragazzo non la ascoltava. Con la bocca piegata in una smorfia disgustata teneva gli occhi fissi su quel quadernino consumato.
Hermione si sporse a guardare anche lei e un gemito frustrato le sfuggì dalle labbra.
Diamine… Quel mondo in cui si erano svegliati sembrava essersi messo d’impegno per incasinarle la vita…
Sulla carta bianca dell’agenda infatti era attaccata l’etichetta standard che la scuola stampava per ogni suo studente. Inalterabile e immodificabile, come la targa sulla porta di quella stanza. Solo che questa recitava una formula leggermente diversa, anche se altrettanto inverosimile:
 
Hermione Jane Granger,
Prefetto,
Settimo anno,
Serpeverde
 
Ciò che la indispettì di più però furono le poche lettere vergate sotto quell’etichetta da una piuma intinta nell’inchiostro indelebile. La indispettì riconoscere in quelle forme la propria calligrafia e la indispettì leggere ciò che evidentemente lei stessa doveva aver scritto come puntualizzazione a quella targhetta, ritenendola insufficiente a esprimere tutte le caratteristiche della sua persona.
Purosangue
Questo raccontava di lei la sua calligrafia.
Una parola aggiunta con studiata noncuranza al di sotto di quelle che avrebbero dovuto essere le sole informazioni importanti su di lei.
Purosangue, come le aveva ricordato Harry poco prima, a ben vedere.
Aveva sentito il bisogno di puntualizzarlo.
Perché poi? E, soprattutto, era davvero così?
“Ora le ho viste davvero tutte…” – borbottò Draco alle sue spalle sbattendo malamente il libriccino sul tavolo – “Basta. Infilati quella divisa Serpeverde e filiamo giù a cercare di capirci qualcosa.”
Hermione ubbidì, rivolgendogli stizzosamente la schiena mentre iniziava a sbottonarsi di nuovo la camicia.
Quando arrivò a farla scivolare sulle spalle però sentì il bisogno di controllare cosa lui stesse facendo e rabbrividì.
Il giovane era seduto sulla sponda del letto e la guardava. Evidentemente annoiato teneva su di lei i suoi languidi occhi grigi come se non avesse di meglio da fare che rivolgere le sue attenzioni ad una Mezzosangue.
Purosangue… le ricordò una vocetta dentro di lei.
Per un po’ di tempo perlomeno.
“Ti spiacerebbe tanto voltarti, Malfoy?”
Lui arricciò le labbra in uno dei suoi ghigni sarcastici e si lasciò ricadere all’indietro sul letto portando un braccio dietro la testa.
Quel gesto evidenziò la linea marcata del bicipite e delineò i contorni dei suoi addominali.
Hermione sentì improvvisamente la gola secca ma finse di ignorarlo.
Si voltò di nuovo verso il muro e pregò silenziosamente che il rampollo Malfoy non decidesse di alzarsi a tradimento.
Quando si fu infilata ogni singolo indumento verde e argento che aveva trovato in giro si portò davanti allo specchio per contemplare il risultato.
“Oh mio Dio…” – mugolò con disprezzo – “Sembro una Serpe…”
Draco, vestito ormai di tutto punto anche lui, si portò alle sue spalle.
“Eh no, cara Granger…” – le sibilò a un centimetro dall’orecchio, sbattendole la sua agenda tra le mani – “Tu sei una Serpe a quanto pare.”
Nelle sue parole giaceva un astio che andava ben oltre il loro quotidiano rancore.
Era l’idea che la Mezzosangue in quella realtà in cui si erano svegliati avesse preso il suo posto che lo irritava? Probabilmente.
In realtà non avrebbe saputo dirlo neanche lui.
Trovava un gusto perverso nell’idea di torturare il suo orgoglio Grifondoro insistendo sulla piaga aperta dello scambio di Case e al tempo stesso sentiva di stare facendo del male a se stesso.
“E tu sei un ipocrita perbenista a quanto pare…” – berciò lei in risposta riutilizzando le stesse parole con cui egli la aveva sbeffeggiata nella Foresta.
Draco rise amaramente mentre si sistemava il colletto inamidato attorno al collo.
“Perché, credi forse che queste camicie Grifondoro le vendano con la morale cucita addosso? No, Granger… Io sono sempre io. Non fare l’errore di scambiarmi per una brava persona solo perché ho i tuoi colori addosso…”
La replica fu uno sbuffo che nascondeva una risata sarcastica.
“Non ci sono molte possibilità che tu mi induca a fare un tale sbaglio, furetto.”
Lui una brava persona? C’erano più probabilità che lo scambiasse per un Troll di montagna…
“Secondo te cosa ci è successo?” – mormorò a quel punto Hermione, cambiando completamente discorso, con gli occhi nuovamente fissi sull’etichetta di quella che sembrava essere la sua agenda.
“Una maledizione?” – azzardò Malfoy.
“Tanto forte da confondere tutta la scuola, targhette delle porte incluse? Mi sembra improbabile…”
“Allora vorrà dire che è solo un sogno… Ahia, ma sei scema?”
La Mezzosangue in tutta risposta gli aveva appena rifilato un pizzicotto su un fianco.
“Ti sembra ancora un sogno?”
“Casomai un incubo…” – borbottò il biondo massaggiandosi la parte offesa.
“Forse siamo finiti in una sorta di realtà alternativa… Tipo un mondo parallelo. Resta da capire come abbiamo fatto a capitarci. Io direi di andare a chiedere aiuto alla Mc Granitt.”
“Sì per farci prendere per pazzi… ‘Salve preside, so che in questo mondo io sono Serpeverde ma in realtà dovrei essere Grifondoro, glielo giuro preside, so anche il nostro inno a memoria…’” – ironizzò la Serpe imitando la sua voce con un tono inverosimilmente acuto.
“Ah ah…” – finse di ridere la ragazza – “Molto divertente Malfoy, molto divertente… Hai qualche idea migliore?”
“Dato che io e te sembriamo essere gli unici che si rendono conto di quanto questa giornata sia surreale direi che dobbiamo cavarcela da soli. Evita di andare in giro a dire che non sei una Serpeverde o va a finire che per stasera ci rinchiudono tutti e due al reparto malattie mentali del San Mungo.”
Per quanto le costasse fatica Hermione dovette ammettere con se stessa che il biondastro aveva ragione.
“Allora direi di cominciare con l’andare in Biblioteca. Cerchiamo di capire quale incantesimo, illusione o creatura fa tremare la terra, ti avvolge nel buio e poi ti fa risvegliare con tutti i connotati scombussolati.”
Malfoy annuì. Afferrò quella che più verosimilmente era la sua tracolla e si avviò verso la porta.
Hermione gettò l’agenda dentro l’unica borsa femminile che trovò in giro e si affrettò a seguirlo. Per quanto detestasse la sua compagnia, l’idea di trovarsi sola in quel mondo alla rovescia la terrorizzava non poco.
“Ehy Draco… eccoti finalmente.” – la voce cortese di Harry li accolse in Sala Comune.
Malfoy aggrottò le sopracciglia, evidentemente irritato da tanta confidenza da parte della Sfregiato e non ebbe neanche la buona creanza di rispondere al saluto.
Fu Hermione a farlo al posto suo.
“Ciao, Harry.”
Il Grifondoro spalancò gli occhioni verdi come se non si fosse aspettato tanta cortesia.
“Granger, sei sicura di stare bene? Di solito il massimo della gentilezza che ottengo da te al mattino è un ‘Vai a quel paese, Sfregiato…’ e invece stamattina siamo passati dall’abbraccio addirittura al saluto civile.”
Hermione boccheggiò mentre il rossore le invadeva le gote. Lei che diceva certe cose al suo migliore amico?!
“Io…”
“Stamattina è di buon umore…” – la interruppe Draco che iniziava a capire come interpretare la sua parte – “Sai, capita dopo una nottata come quella che abbiamo passato…”
Vide le orecchie della ragazza accanto a sé raggiungere un’insperata tonalità cremisi mentre registrava il senso di quell’affermazione.
Per fortuna però non lo zittì con stizza come faceva di solito.
“Capisco…” – convenne Harry – “Allora riaccompagni la tua Serpe nei suoi bassifondi e poi ci vediamo a lezione?”
“Lezione?” – sbottò Hermione senza riflettere. No, loro dovevano andare in biblioteca!
Il Cercatore Grifondoro fraintese il senso del suo stupore.
“Sì, Granger, hai presente quelle ore in cui te ne stai seduta in fondo all’aula a lanciare frecciatine a noi Grifoni o a sputare offese ai Mezzosangue? Quella per noi mortali si chiama lezione.”
La ragazza sbiancò. Il suo ritratto delineato dal Cercatore rosso e oro sembrava quello del ragazzo che se la rideva sotto i baffi al suo fianco. Lei era una tale vipera in quella realtà?
Stava per ribattere in propria difesa ma Draco ebbe la prontezza di afferrarle una mano e trascinarla via.
“Allora ci vediamo nell’aula di…” - esitò. Che lezione avevano i Grifoni il venerdì mattina?
“…di Pozioni.” – gli venne in aiuto Potter.
“… sì giusto, di Pozioni. A dopo, Sfregiato.”
E con questo finale che lasciò il bambino Sopravvissuto sempre più confuso uscì dal quadro della Signora Grassa, stringendo ancora tra le dita la mano delicata della Mezzosangue.
Quando furono fuori da lì Hermione riprese improvvisamente coscienza di quanto fosse accaduto.
Sentì la presa della mano di Malfoy attorno alla propria come bruciarle la carne e con uno strattone si liberò da quella morsa.
“Che diamine ti è venuto in mente?!” – sbottò senza smettere di percepire il calore della sua pelle su di sé anche ora che erano separati.
“Cercavo solo di non sputtanarci subito, Mezzosangue. Ma a quanto pare l’idea che dovremo recitare non ti è entrata in quella testaccia dura.”
“Senti, la testaccia dura sarà la tua…” – ribatté lei – “Visto che a quanto pare non hai capito che se chiami Harry Sfregiato e me Mezzosangue qui ci prendono per pazzi tutti e due!”.
Il giovane fece una smorfia. Quella parte della recita gli sarebbe costata particolarmente fatica.
“Vediamo di fare in fretta a tornare alle nostre vite, ok? Comincio a non sopportarti più…”
“È reciproco…” – soffiò Hermione incamminandosi giù per le scale.
Il venerdì mattina la lezione di Pozioni dei Grifondoro era insieme ai Serpeverde quindi avrebbe dovuto godere della compagnia di Malferret anche durante quell’ora.
Era proprio vero quello che diceva il proverbio. Non c’è mai limite al peggio…
 
 
˜***˜
 
“Herm! Finalmente! Che fine avevi fatto?”
Hermione si guardò intorno nell’aula di Pozioni con aria confusa cercando la fonte di quella voce femminile dal tono così amichevole eppure estraneo.
Individuò il volto sorridente di Pansy Parkinson pochi banchi più avanti. Stava chiamando lei? Probabilmente sì. In quella realtà dovevano essere amiche.
Le sorrise stucchevolmente cercando di racimolare tutte le informazioni che la sua memoria aveva su quella ragazza.
Serpeverde.
Settimo anno.
Purosangue e spocchiosa fanatica del Sangue.
Che altro? Probabilmente niente… Non si erano mai scambiate due parole in croce in sette anni, se non qualche rara offesa e ora avrebbe dovuto fingersi la sua migliore amica.
La prospettiva non era allettante.
Passò accanto al banco dove Draco sedeva alla destra di Harry senza provare neanche per un secondo a nascondere il disgusto che quella vicinanza gli procurava. Una smorfia increspava le sue belle labbra sottili mentre guardava con sospetto, tenendola tra due dita, la propria cravatta gialla e rossa, neanche avesse avuto stretta attorno al collo una vipera velenosa.
“Allora, Hermione? Come mai questo ritardo? E che accidenti hai fatto ai vestiti?”
La ragazza si dette un’occhiata veloce. In effetti aveva un aspetto orrendo, ma il merito era tutto di quel mostro di cortesia di Malfoy che alla sua richiesta di accompagnarla al Dormitorio Serpeverde per cambiarsi aveva risposto “ È nei Sotterranei. Trovatelo.”. Così lei si era persa per ben tre volte tra quei cunicoli umidi per poi demordere e dirigersi in tutta fretta verso l’aula di Lumacorno prima che le lezioni cominciassero e il professore magari infierisse su di lei e quella giornataccia togliendole 10 punti per il ritardo. 
Per questo aveva ancora indosso i vestiti spiegazzati che aveva raccattato nella Torre Grifondoro e non si era potuta neanche sciacquare il viso.
“Io… ho fatto tardi. Mi sono vestita in fretta.”
La sua compagna di banco piegò le labbra a forma di cuore in un sorriso malizioso.
“Ahn… capisco. Il Mezzosangue ti ha trattenuta nel suo letto a lungo, eh?”
Hermione non capì subito il senso di quelle parole. Chi doveva averla trattenuta a letto?
“C-come scusa?”
“Ma sì… Malfoy. Sei andata da lui ieri sera, come ogni notte, e stamattina arrivi tutta trafelata e spettinata. Digli di darsi una calmata o tra un altro paio di anni così non avrai più neanche la forza di presentarti a lezione!”
La giovane restò basita. Troppe informazioni da assorbire in un colpo solo.
Lei e Malfoy stavano insieme da anni.
Lei andava a letto con Malfoy.
Malfoy era un Mezzosangue.
Per quanto quest’ultima informazione a ben vedere fosse ovvia alla luce del fatto che tutto ciò che li riguardava era invertito, la giovane la registrò solamente in quell’istante.
Lei Purosangue e Draco Mezzosangue.
Sentì una morsa stringerle lo stomaco ma non capì perché.
Sicuramente era la paura di dover dire a Malfoy che per il momento avrebbe dovuto abbandonare le sue arie da principe del mondo e accettare che nelle sue vene scorreva quello che lui da sempre considerava sangue sporco.
Eppure c’era qualcos’altro che aggiungeva farfalle allo svolazzare del suo stomaco.
Un’idea insidiosa che le scivolava lungo la gola e le impastava il ventre di un piacere di cui si vergognava prima ancora di aver capito di provarlo.
C’era soddisfazione nel suo animo.
C’era orgoglio.
Oh, non il suo orgoglio Grifondoro. Quello doveva averlo lasciato nell’armadio con le sue camicie da Grifone perché per il momento la sensazione che si insinuava nel suo corpo era ben più bieca di qualunque altra che un discendente di Godric potesse essere fiero di sentire.
Il suo era orgoglio Purosangue.
Lei aveva sangue puro nelle vene. Niente per cui qualcuno potesse farsi beffe di lei. Nessuna integrità da difendere. Ora il rispetto le sarebbe spettato di diritto…
Stupida.
Si dette subito della stupida.
Cosa andava a pensare? Quella non era la realtà. E comunque le sue erano idee assurde. Lei era felicissima che i suoi genitori fossero babbani e non aveva rimpianto mai per un solo momento di non avere un pedigree come quello dei Malfoy da snocciolare davanti a vecchi bacucchi bigotti.
Prese fiato scrollandosi di dosso quei pensieri viscidi che le avevano annebbiato la mente.
Se non si sbrigava a tornare alla sua vita la convivenza con le Serpi le avrebbe dato alla testa…
“Svelta, mettiti seduta…” – le bisbigliò Pansy vedendola imbambolata in mezzo al corridoio mentre Lumacorno già si apprestava ad iniziare.
Hermione alzò lo sguardo e vide gli occhietti acquosi del professore fissi su di sé.
Dannazione. Da quando aveva undici anni se un professore la guardava in quel modo voleva dire una sola cosa per lei.
Punizione in arrivo.
Si mise a sedere e attese una bella frecciata. Signorina Granger vuole tè e pasticcini o pensa di sedersi? Signorina Granger vuole farci l’onore di unirsi a noi o dobbiamo mandarle un invito scritto? Signorina Granger…
“Signorina Granger, va tutto bene? La vedo pallida. Vuole andare da Madama Chips?”
Hermione inghiottì il groppo che le si era formato in gola.
Wow…
“N-no… Io sto bene. Grazie.”
Si mise a sedere con le ginocchia che quasi le tremavano.
Però…
Fare parte della Casa di Lumacorno aveva i suoi vantaggi…
Girò leggermente il capo e lanciò un’occhiata oltre la propria spalla, verso Draco.
Il ragazzo teneva il volto appoggiato al pugno, puntando il gomito contro il banco. I suoi occhi grigi avevano assunto sfumature plumbee mentre guardava avanti con aria assente. Sembrava stesse pensando…
“Ehy, te lo mangi con gli occhi anche a lezione ora?”
Hermione si voltò di scatto verso la propria compagna di banco, arrossendo fino alla radice dei capelli.
“No! No, io non stavo affatto…”
“Oh andiamo, non devi mica vergognarti sai?” – replicò la giovane, masticando la punta di una piuma con fare annoiato – “Ce ne ho messo ad accettare l’idea che tu potessi provare un benché minimo interesse per quel Mezzosangue, per quanto sia oggettivamente quasi attraente, ma ormai puoi finirla di vergognartene. In nome della nostra amicizia l’ho accettato”
Hermione accennò un sì con il capo, tanto per rispondere qualcosa a quel sorriso così radioso che la ragazza davanti a lei le regalava.
E così i Serpeverde erano disposti a chiudere un occhio sulle origini di coloro che lei frequentava perché la ritenevano amica. Questo era decisamente un comportamento che la stupiva.
Ma ormai quel giorno sembrava deciso a non lesinare sulle sorprese…





...To Be Continued...






***
NdA: Grazie a chi segue e chi recensisce.
In questo capitolo si crea solo un altro po' di contesto, ma il prossimo sarà piccante, preparatevi. 

MmeBovary.





 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Scatti ***


5. SCATTI






Ci sono luoghi che hanno un aspetto familiare.
Sono luoghi che risvegliano in noi ricordi sopiti e sensazioni dimenticate accendendo le nostre ore del dolce desiderio di riacciuffare il passato che fugge.
Sono solitamente i luoghi dove passiamo più tempo ad assorbire, come delicate spugne di mare, i momenti della nostra vita, per poi rilasciarli in stille preziose di ricordi vaghi.
E il posto dove Hermione aveva speso la maggior parte di quegli ultimi sette anni era senz’ombra di dubbio la Biblioteca di Hogwarts.
Entrando in quel luogo così noto quel pomeriggio, dopo essersi finalmente cambiata e rinfrescata, sentì un peso sollevarsi dal suo petto e lasciarla libera di respirare. Abbassò le palpebre e l’odore dei tomi vecchi e ingialliti riecheggiò nella sua testa come passi tra le sacre volte di una chiesa.
Finalmente qualcosa che riconosceva.
“Granger, riapri gli occhi o comincerò a credere che tu sia davvero del tutto fuori di testa.”
Hermione sbuffò.
Eccola lì la rovina della sua giornata. Possibile che non potesse permetterle di godersi neppure un attimo di gioia dopo quello che aveva passato?
“Malfoy, non è che potresti farmi un favore?” – mormorò con aria angelica – “Metti la lingua tra i denti… e masticala!”
“Cominci a diventare acida, Granger?”
“Comincio a diventare allergica alle Serpi…”
Il ragazzo si lasciò andare a una risata mentre con un gesto enfatico le indicava i propri vestiti.
“Allora sei inguaribilmente insofferente a te stessa, Mezzosangue, perché il sottoscritto qui sembra non avere più nulla a che fare con i Sotterranei…”
C’era una nota di rammarico nella sua voce, dietro quel tono da strafottente che aveva deciso di assumere per forza e Hermione ne capì il motivo.
In quella mattinata passata in vesti Serpeverde aveva avuto modo di sorprendersi di come i Grifondoro potessero essere ostili verso qualcuno solo per via del colore della sua divisa e di come invece le Serpi, per quanto lei le ritenesse ancora infide e bugiarde ed esitasse a fidarsi, potessero essere solidali.
A Draco dovevano mancare esattamente come a lei mancavano i suoi amici. O forse in una maniera diversa, più… più fredda, più Serpeverde insomma.
Sorrise a quell’idea.
“Che accidenti hai da sorridere adesso?” – borbottò Draco prendendo un libro da uno scaffale.
“Niente…” – ridacchiò la giovane. Malfoy che sentiva la nostalgia di qualcuno era un pensiero tanto paradossale quanto…beh, dolce, sì, questa era la parola giusta. Dolce.
Si mise anche lei in cerca di qualche tomo che potesse aiutarli. Poggiò la borsa sul tavolo e si incamminò tra gli scaffali lignei su cui le tele di piccoli ragni studiosi tessevano ricami impreziositi di polvere bruna.
Come antichi testimoni di tempi passati e magie antiche, i volumi della Biblioteca stavano fermi nel posto a loro assegnato subendo con dignità le carezze materne che Hermione riservava alle loro costole scorrendoli uno ad uno.
Ve ne erano riguardo incantesimi, maledizioni, pozioni e sortilegi, ma nessuna pareva fare al caso loro.
“Senti questa?” – berciò Malfoy dal tavolo un’oretta più tardi, mentre lei ancora rovistava tra gli scaffali – “Qui dice che con un incantesimo si possono scambiare le esistenze di due persone…”
Hermione si affacciò tradendo una speranza che però fu subito fatta a pezzi.
“Ah, no aspetta… Intende che si può far passare l’anima di una persona nel corpo di un’altra. No, direi che i nostri corpi sono l’unica cosa che non abbiamo cambiato…”
La Grifondoro si lasciò cadere, esausta sulla sedia accanto alla sua. Avevano sfogliato pagine e pagine senza venire a capo di niente. Sembrava che nessun libro parlasse d’incantesimi capaci di sconvolgere il mondo al punto da farlo apparire come un Universo parallelo.
“Già ti arrendi, Mezzosangue?”
Lei gli scoccò uno sguardo di fuoco.
“Proprio non ti entra in testa che in questa realtà il Mezzosangue sei tu, vero?”
Il ragazzo scrollò le spalle scuotendo la testa.
Aveva accettato la notizia con una calma che Hermione non si sarebbe mai aspettata.
“Essere Purosangue è questione di sentirsi Purosangue.” – le aveva spiegato col suo immancabile tono altero – “E non basterà neanche sapere che la Terra gira al contrario per togliermi l’idea che per diritto di nascita io sono un gradino al di sopra di te… Mezzosangue…”
Poco c’era mancato che Hermione lo strangolasse. Ragionare con quello spocchioso razzista era praticamente una missione persa in partenza.
Con un tonfo un’altra pila di libri atterrò dalle mani della Grifondoro sul tavolo già ingombro a dimostrazione del fatto che lei non aveva alcuna intenzione di arrendersi.
Mentre Draco si dedicava a un manuale di Pozioni Polisucco e simili, la ragazza prese il primo libro della montagna che aveva appena creato e iniziò a scorrerne le pagine ingiallite.
Si trattava di un’edizione scolastica che riassumeva nozioni di varie materie per argomento. Hermione ne scorse l’indice. La sua unghia corta ma ben curata si fermò sotto la linea che indicava una sezione particolare.
Il sesto capitolo era dedicato allo “scambio”. Trasfigurazioni, Pozioni, Erbologia, Incantesimi, Cura delle Creature Magiche. Per ognuna di quelle materie c’era qualcosa di potenzialmente utile.
“Qui dice che c’è un’erba capace di creare, se ingerita da due persone, allucinazioni tanto forti da sembrare pura realtà in cui uno crede di essere l’altro… Però dice che durano al massimo un’ora o due…”
“E io non ricordo di essermi messo a mangiare nessun’erba Granger. Quindi a meno che questa cosa non fosse mischiata con l’insalata a cena scarterei l’idea.”
“Tu hai trovato nulla?”
“No e comincio a esaurire la pazienza, quindi piantala di ripetermelo, ok?!”
“Scusa tanto!” – sbottò la giovane – “Con te non si possono scambiare più di due parole senza passare alle offese, eh?”
“No, infatti, quindi vedi di lasciarmi in pace.”
Hermione ringhiò una rispostaccia a mezze labbra ma poi decise che ignorarlo era l’unica soluzione per evitare di rodersi il fegato.
Passò alla sezione di Incantesimi sullo scambio. Si poteva impossessarsi del corpo di una persona, imitare il suo aspetto, la sua voce, i suoi comportamenti. Era possibile anche cambiare i propri connotati diventando l’opposto di se stessi ma nessuno di questi casi era simile al loro.
Hermione stava per voltare nuovamente pagina quando fu richiamata da una tossettina secca alle proprie spalle.
“Ehm ehm…”
Ruotò su se stessa facendo perno sul bracciolo della sedia e si trovò a fissare Dennis Canon con in mano la sua più fedele compagna, la macchina fotografica ereditata dal fratello Colin.
“Sì?” – chiese cercando di non essere né troppo cortese né troppo scorbutica. Non aveva idea di quali fossero i suoi rapporti con il Grifondoro.
“Io sarei qui per le foto del servizio…”
“Quale servizio, microbo?” – saltò su Draco, degnandosi finalmente di girarsi nella sua direzione.
Dennis parve sorpreso forse dall’epiteto poco carino con cui era stato indirizzato o forse che i protagonisti del suo servizio fotografico avessero dimenticato il loro impegno.
“I-il pezzo sulla coppia del mese per la Gazzetta di Hogwarts…”
A quelle parole Hermione avrebbe potuto giurare di aver toccato il fondo di quella giornata.
Povera illusa… In realtà il bello doveva ancora venire…
“Stai scherzando, vero, Dennis?” – gemette disperata.
“No…” – mugolò quello, sempre più confuso – “Ve l’ho detto una settimana fa. Siete stati scelti come coppia più bella del mese e quindi il trafiletto della sezione rosa della Gazzetta di questo numero sarà su di voi.”
“Che schifo…” – borbottò Draco con una smorfia prima di prendersi una gomitata nelle costole dalla Granger che non aveva alcuna intenzione di far saltare la loro copertura solo perché lui non era in vena di foto.
“Ma sì, certo… scusa, ci eravamo scordati. Scatta pure.”
Il Grifondoro sorrise finalmente un po’ meno incerto e dopo aver girato attorno al tavolo appoggiò l’occhio alla propria macchina per poi ritrarlo però quasi subito.
“Eh no, ragazzi… Così non va…”
I due in questione si guardarono reciprocamente. Cosa avevano di sbagliato?
Draco sedeva morbidamente sulla sua sedia. Una gamba era piegata e appoggiata al tavolo che aveva davanti. Hermione invece sedeva alla sua sinistra sull’ultima sedia del tavolo, composta come sempre e a più di mezzo metro di distanza dal biondo.
“Dovete stare più vicini, ragazzi. Così non sembrate neppure fidanzati. Sembra più che vi odiate!” – ridacchiò il fotografo senza rendersi conto della gaffe appena fatta.
Hermione arrossì mentre sollevava lo sguardo verso Malfoy come per chiedergli silenziosamente il permesso di avvicinarsi.
Senza attendere una risposta che avrebbe potuto non piacerle si alzò dalla propria sedia, lasciandovi sopra il libro che stava consultando, e fece alcuni passi nella sua direzione. Appoggiò con decisione una mano sulla coscia di Draco, spingendo la sua gamba verso il basso finché essa non scivolò giù dal tavolo. Poi prese tutto il coraggio che le restava e si sedette in braccio a lui.
Pregò ardentemente che il ragazzo non la scaraventasse in terra né cominciasse a offenderla a ruota.
E con sua somma sorpresa niente di simile avvenne.
Draco si sistemò meglio sulla propria poltrona trascinandola verso il proprio petto con un gesto fluido, come se quella fosse la cosa più naturale del mondo. Il seno di lei fece pressione sul suo petto da sotto la camicetta mentre la ragazza rovesciava il capo arrossato dalla vergogna nell’incavo della sua spalla, sottraendosi al suo sguardo.
Il battito dei loro cuori si sovrappose e nessuno dei due avrebbe saputo dire se fosse davvero il proprio a correre a quella velocità spaventosa che percepivano nel petto…
Fu il rumore metallico di un otturatore a riportarli alla realtà.
“Perfetto…” – borbottava Dennis girando loro intorno – “Guarda qui Granger… Draco, fai uno dei tuoi sorrisi, dai… Ancora una, ok…”
Hermione si staccò subito dal petto del giovane, avendo intuito che quel supplizio fosse arrivato ad una fine.
“Fatto.” – confermò Canon – “A questo punto manca solo la foto di rito.”
“La foto di rito?”
Draco ebbe un brutto presentimento. Quale poteva essere una posa irrinunciabile per un servizio su di una coppietta?
“Sì, quella del bacio.”
Appunto.
Sentì la Mezzosangue tremare tra le sue braccia e ne dedusse che non lo avrebbe mai fatto. No, mai si sarebbe abbassata a concedere le sue labbra alla sua bocca velenosa di Serpe.
Tanto valeva stuzzicarla un po’ allora…
“Oh, certo… Per te non ci sono problemi, vero, amore?”
La ragazza strabuzzò gli occhi, certa di aver capito male.
“Come scusa, amore?”
“Per te non è un problema darmi un bacio davanti all’obiettivo, giusto, amore?”
Il loro sembrava un perverso gioco di falsità. Calcavano la parola amore con tutta l’enfasi che potevano, tanto da riuscire a renderla praticamente un insulto.
“Oh, sono certa che Dennis potrà farne a meno… Non mi pare il caso…”
Il fotografo scosse il capo.
“Eh no… Questa è d’obbligo… Insomma qual è il problema?”
“Nessun problema.” – frecciò Draco – “Giusto?”
Hermione storse le labbra. Dannata Serpe. Voleva farle fare la figura dell’idiota.
Beh, non ce l’avrebbe fatta.
“Giusto.” – mormorò prima di fare quella che sarebbe ufficialmente salita al primo posto tra le più grandi cavolate della sua vita.
Poggiò entrambe le palme sui pettorali di Draco e poi avvicinò le labbra alle sue. Le loro bocche si sfiorarono con la leggerezza con cui una farfalla si posa su di un fiore dal gambo delicato, attenta a non spezzarlo. Gli occhi ancora aperti, Hermione poté leggere uno stupore fin troppo compiaciuto nelle iridi grigie del Serpeverde sotto di lei.
I loro fiati si infransero sugli angoli delle reciproche bocche ancora serrate.
Non appena percepì il rumore dell’otturatore che scattava la Grifondoro ebbe la prontezza di allontanarsi da quel contatto così vizioso e pericoloso che si stava creando, ma la sua fuga arrivò presto ad una fine.
Senza chiederle il permesso Draco le passò una mano dietro la nuca, attirandola nuovamente a sé. I loro volti si scontrarono stavolta con una forza maggiore. Le loro fronti quasi combaciarono mentre le loro bocche si univano di nuovo. Era strano, per entrambi, trovarsi in quella situazione di assurda intimità perché era indicibilmente…naturale. Era come se i loro corpi si ricordassero quei gesti, come se per colpa delle notti passate insieme in quella realtà tutta invertita, ora le loro mani si muovessero da soli alla riscoperta di corpi già conosciuti.
Draco catturò il labbro inferiore di Hermione tra i denti, senza nemmeno pensarci, e afferrò con forza i suoi boccoli bruni costringendola a reclinare il capo e a darle facile accesso alla sua bocca.
La sua lingua si spinse con ardore aldilà della chiostra perlacea dei denti, saggiando ogni centimetro di quell’antro dal sapore delizioso.
Sì, aveva un buon sapore la Mezzosangue, oltre che un buon profumo, come aveva scoperto poco prima quando lo aveva sorpreso andando a sederglisi in collo.
Hermione dopo un attimo d’iniziale smarrimento gli passò le mani attorno al collo spingendosi verso di lui. Le sembrava di averlo fatto un milione di volte, sebbene fino a poche ore prima avrebbe giurato che il contatto più intimo mai avuto con Malfoy era quello schiaffo che gli aveva rifilato al quarto anno.
Draco le catturò i fianchi e fece scivolare le sue gambe attorno alle proprie portandola a cavalcioni su di sé. Il pizzo del suo reggiseno faceva attrito contro la stoffa leggera delle loro camicie, rendendosi percepibile fino alla sua pelle, eccitandolo più di quanto avrebbe voluto.
Fece scivolare le mani verso il basso arrivando ad accarezzare le natiche della ragazza da sopra la stoffa pieghettata della gonna verde e argento, strappandole un gemito di sorpresa.
“Ah-ehm…”
Un altro colpetto di tosse imbarazzato ricordò loro che non erano soli. 
“Dato che è un servizio per la Gazzetta e non un porno…” – ridacchiò un po’ a disagio Dennis – “Credo che possa bastare così. Quindi vi lascio soli.”
Detto questo sparì, portandosi via la sua macchina, le sue foto e tutta la magia del momento.
Per Hermione fu come un secondo brutto risveglio. Si vide improvvisamente in braccio a Malfoy con la gonna che le era salita oltre il limite di ogni umana decenza e il sapore del biondastro ancora sotto la lingua.
Le sue gote s’infiammarono mentre senza riflettere sulle ragioni o sulle conseguenze del proprio gesto alzava la mano e stampava cinque dita roventi sulla guancia del Serpeverde per poi scattare in piedi goffamente.
“Ahi! Ma sei impazzita?!” – protestò quello.
“Tu sei impazzito!” – urlò lei in risposta – “Cosa diamine ti è venuto in mente di fare?”
“Ehy, sei tu che mi hai baciato…”
“Sì ma tu mi hai costretta con le tue battutine e i tuoi amore… E poi il mio bacio era molto diverso da quello che mi hai dato tu!”
Il ragazzo schioccò la lingua in un gesto di dissenso e poi si chiuse in un mutismo ostile.
Hermione, ora in piedi di fianco a lui lo guardava cercando di penetrare le ragioni dei suoi gesti.
E anche dei propri in realtà.
Sì, perché se il Serpeverde aveva fatto una follia dandole quel bacio lei non era certo stata da meno nel rispondergli e il perché lo avesse fatto non le era assolutamente chiaro. Sapeva solo che quando aveva percepito il sapore voluttuoso della sua bocca sulla propria la sua tanto amata razionalità era andata a farsi un giro da qualche parte lasciandola sola con inconsci ricordi fasulli di due anni insieme che non erano mai esistiti, con i propri istinti primari e con un desiderio sordo che non sapeva di poter provare.
“Perché l’hai fatto…” – sussurrò con la voce che già s’incrinava per un pianto che tentava di evitare.
Il giovane prese dal tavolo una piuma, giocandoci con la sua solita lentezza annoiata prima di risponderle.
“Perché mi andava.”
Hermione serrò le palpebre per fermare quelle stupide lacrime che rischiavano di tradire il suo turbamento. La aveva baciata perché gli andava… E questa gli pareva forse una giustificazione sufficiente?
“Malfoy… tu… tu…”
Un gemito strozzato concluse la sua frase al posto di quel “sei un bastardo” che aveva programmato. Con una mano a coprirle la bocca la Grifondoro scappò via da lì senza voltarsi indietro.
Le lacrime, stille salate di dolore, le intrappolavano le ciglia in una ragnatela pesante che le offuscava la vista.
Solo una rotolò giù tra le sue dita. Rotonda perla, figlia dell’umiliazione e dell’incredulità, lasciò un solco bollente di pena sul suo volto gonfiandole gli occhi e il cuore.
Neanche Hermione sapeva perché piangesse. Stupida, stupida ragazzina – si disse. Non c’era ragione di piangere né nella realtà né in quel mondo parallelo. Eppure non riusciva a impedirselo…
“Hermione, aspetta…”
Draco scattò in piedi sulla sedia mordendosi subito la lingua e sperando che lei non avesse sentito le sue labbra pronunciare il suo nome.
Stava sicuramente entrando troppo nella parte.
Afferrò al volo la propria tracolla e la borsa della Mezzosangue e poi si avviò anche lui verso l’uscita della Biblioteca alla ricerca di quella stupida Grifondoro che scoppiava in lacrime per una cosa tanto sciocca come un bacio.
Beh, non tanto sciocca a pensarci bene. Perché quello che aveva fatto aveva sorpreso anche lui. Non sapeva come gli fosse saltato in mente, ma quando aveva sentito il sapore della Mezzosangue così vicino alle sue labbra non aveva saputo proprio resistere. Il suo corpo si era praticamente mosso da solo.
Scrollandosi di dosso quei pensieri assurdi uscì dalla Biblioteca lasciando tutti i libri sparsi sul tavolo.
“Ehy, signor Malfoy! Cosa crede di fare?” – lo redarguì subito la bibliotecaria – “I libri presi dagli scaffali si rimettono al loro posto!”
Draco emise un gemito frustrato. Dannazione ci mancava solo questa. E ora chi la ribeccava più la Mezzosangue?
Per sua fortuna in quel momento entrò in Biblioteca Pansy Parkinson, una delle sue poche amiche nella realtà da cui proveniva e lì, a quanto aveva capito, confidente di fiducia della Granger.
“Pansy, perfetto. Ci pensi tu a sistemare i libri di Hermione, vero? Io devo scappare. Grazie, ciao…” – e con un perfetto sorriso sornione la mollò lì sotto lo sguardo severo della bibliotecaria.
La Parkinson represse un accidenti in fondo alla gola. Quello stupido Mezzosangue la aveva incastrata.
Rimandando le sue intenzioni di fare un giro di soppiatto tra gli scaffali della sezione proibita, Pansy cominciò a riordinare la valanga di tomi che la sua amica aveva consultato. Libri di Incantesimi, di Pozioni, di Trasfigurazioni… Chi sa cosa stava studiando.
“Perfetto, ho finito.” – informò la bibliotecaria.
“Veramente ne manca ancora uno signorina. Là, sulla sedia.”
Pansy fece il giro del tavolo e notò il volume scolastico che Hermione aveva abbandonato per permettere a Dennis di scattare le sue foto. Lo prese in mano e la pagina a cui era stato lasciato si girò. Quella seguente riguardava la Cura delle Creature Magiche e il tema dello scambio.
La ragazza posò gli occhi sul primo paragrafo.
 
“Curiosi fenomeni di scambio sono stati testimoniati anche da coloro che hanno avuto contatti con quelle strane creature chiamate Vividifico. Questi esseri, simili a fate verdi e senz’ali, sono molto amanti della quiete e della pace e sembrano divertirsi a confondere le esistenze di persone che trovino in atteggiamenti non pacifici. Il loro unico potere è quello di creare delle potentissime illusioni. Gli ignari maghi coinvolti si vedono circondare dalle tenebre, dopodiché entrano in una sorta di trance e vivono un’esistenza di sogno reale e palpabile quanto la loro.
Se ciò può apparire a prima vista divertente, in realtà questi scambi hanno avuto spesso conseguenze tragiche. Maghi e streghe convinti di essere impazziti si sono tolti la vita in sogno e ciò li ha portati alla morte anche nella realtà. Altri semplicemente non si sono mai svegliati, incapaci di riemergere dalla realtà alternativa dipinta da queste creature. L’unico modo per sfuggire alla verosimilissima illusione dei Vividifico infatti è…”
 
Pansy chiuse il libro, stufa di leggere e accertatasi che Madame Prince non guardasse lo rigettò sula sedia, non avendo voglia di ritrovare il suo scaffale. 
Chissà perché a Hermione interessavano certi argomenti.
O forse era un caso che il volume fosse aperto più o meno a quella pagine.
Già… Probabilmente di Vividifico Herm non aveva mai sentito neanche parlare.







...To be Continued...




 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Follie ***




6. FOLLIE
 



Quella sera di metà maggio l’umidità della terra riempiva l’aria di uno scrosciare continuo di fragranze.
Un odore denso di note muschiate si spandeva nell’aria assieme alla nebbia sottile e ai rumori del Castello che si apprestava alla cena. I profumi delle rose in fiore si sommavano in abbinamenti azzardati che gravavano sull’olfatto senza contegno alcuno.
Seduta sull’erba, Hermione sbatté le ciglia impastate da un sottile ricamo di rugiada e lacrime.
Non aveva pianto alla fine. Aveva ricacciato indietro quel folle istinto di sfogare un dolore di cui non capiva l’origine e si era imposta di controllarsi.
La leggera traccia salata che la sola lacrima sfuggita le aveva lasciato impressa sulla guancia era l’unica testimonianza di quel momento di debolezza.
Hermione lasciò ricadere la testa all’indietro appoggiando la nuca al tronco della vecchia betulla sotto cui era seduta.
Uno straccio di cielo violaceo si presentò ai suoi occhi attraverso l’intrico di rami e foglie ad annunciare la venuta del tramonto.
Hermione sospirò. Era già passato un giorno.
O forse sarebbe stato meglio dire che era passato solo un giorno, perché in realtà quelle poche ore erano state pesanti come anni e anni di vita.
Eccezione fatta per alcuni momenti. Quel bacio con Draco era stato come un’ondata di adrenalina che aveva accelerato anche lo scorrere del tempo per lei…
“Oh che sciocca che sono…” – si redarguì prontamente. Non doveva indugiare su certi pensieri folli. Ogni attimo con Malfoy era insopportabile. Punto e basta.
Se ora avesse cominciato a fantasticare su quel bacio che lui le aveva dato tanto perché ne aveva voglia sarebbe impazzita.
E se invece fosse stata già pazza?
L’orribile presentimento che qualcosa in lei non andasse le coprì la schiena di sudore freddo.
E se lei fosse stata davvero una Serpeverde Purosangue e semplicemente fosse impazzita e si fosse convinta del contrario? Dopotutto il resto del mondo lo era.
No, la sanità mentale non è questione di percentuali, si disse. Lei era certa di essere chi era e non sarebbe bastata la magia o illusione di cui era prigioniera per convincerla del contrario.
Con una rinnovata sicurezza e un sorriso incerto che le indugiava sulle labbra Hermione si apprestò ad alzarsi per tornare a cercare Malfoy e riprendere le ricerche.
“Hermione!”
Una voce maschile la fece voltare verso la salita che portava al castello.
Un ragazzo alto e moro procedeva verso di lei tenendo le mani in tasca e lo sguardo puntato su di lei con aria pacificamente amichevole.
La Grifondoro impiegò qualche attimo per associare al suo volto un nome dopo un secondo di confusione totale in cui il suo cuore aveva ritenuto superfluo persino battere avendo scambiato quella voce per quella di Harry.
In realtà quello era Vincent Tiger. Nella sua realtà era lo stupido scagnozzo di Malfoy, l’idiota che disprezzava da anni. Come per Pansy quella mattina tutte le informazioni che possedeva su di lui erano queste.
Il ragazzo invece sembrava ritenersi in stretti rapporti di amicizia a giudicare da come le venne incontro sorridente per poi sedersi accanto a lei.
“Allora, boss? Come mai qua tutta sola? Il Mezzosangue ti ha dato buca?” – ironizzò prima che lei si girasse verso di lui con un sorrisetto tirato che sperava nascondesse la sua amarezza.
Tiger le prese il mento tra le dita tozze e le sollevò il volto facendo risplendere in un basso raggio del sole al tramonto la traccia umida di quell’unica lacrima traditrice.
“Ehy, che ti ha fatto quel Grifondoro maledetto?!” – tuonò facendosi improvvisamente serio – Devo forse andare a suonargliele per bene?”
“No, niente, niente!” – si affrettò a giustificarlo Hermione – “Non mi ha fatto niente… è solo che… abbiamo litigato.”
Le coppie litigano, no? Quella le era sembrata la scusa più plausibile per il suo umore.
“Ma va? Primo litigio in almeno… – si mise a contare sulle dita – …almeno due mesi!”
La giovane sussultò per la sorpresa. Era la prima volta che lei e Malfoy non avevano screzi per sessanta giorni? Per Millesettecentoquaranta ore? Per ottantaseimilaquattrocento minuti?
Il solo pensiero era folle.
“Capita…” – buttò lì con l’intenzione di iniziare un discorso di cui temeva di potersi pentire – “Dopotutto noi due siamo molto diversi…”
“Eh già…” – convenne il ragazzo, accennando ai colori delle loro divise.
“Eppure stiamo insieme…” – borbottò Hermione cercando le parole giuste per formulare la propria domanda senza sembrare pazza – “Non ti sembra incredibile?”
Vincent scrollò le spalle.
“Dovrebbe?”
“Beh, all’inizio ci sarai rimasto male. Insomma, lui è un Mezzosangue e un Grifondoro…”
Tentava di ragionare come un Serpeverde. Voleva capire, saziare la propria curiosità bramosa di dettagli. Come avevano fatto lei e Malfoy a finire insieme? Come l’avevano presa gli altri?
“Ero sorpreso devo ammetterlo. Ma non deluso, non potrei mai esserlo di te. Quello che fa Hermione Granger deve essere giusto. Ero scioccato anche, comunque, lo eravamo tutti, che tu, che da quando eravamo piccoli così” – simulò un’altezza di una cinquantina di centimetri con la destra – “te ne andavi in giro a snocciolare il tuo albero genealogico a memoria e tiravi morsi e calci a chi non ritenevi degno del tuo rango, che proprio tu insomma fossi stata capace di superare queste storie e accettare l’amore di qualcuno così diverso.”
Hermione lo fissava come rapita dal suono dolce delle sue parole. Sembrava di ascoltare un troll che cantava una ninna nanna: era oltremodo strano vedere il grosso e burbero Tiger come una figura amichevole e di conforto, cercare tra le pieghe roche della sua voce cavernosa un riparo dalla tempesta dei propri sentimenti. Eppure era proprio quello che lei stava facendo.
“E come ho fatto?” – le uscì detto senza pensare che forse quella domanda sarebbe risultata sciocca.
Tiger infatti rise ma la sua era una risata divertita, non di scherno.
“Hai bisogno di sentirtelo ridire da me dopo che hai litigato col Malfoy?”
La giovane annuì.
“Beh… da quel che mi hai raccontato tu è iniziato tutto quella sera di due anni fa in cui la Sprite vi ha puniti per averle distrutto mezza serra durante un vostro litigio mandandovi a curare le sue aiuole di fiori babbani. Avete passato la prima ora ad offendervi, la seconda a studiarvi silenziosamente  a vicenda, la terza a parlare e la quarta… beh, ehm-ehm, lo sai… Per essere precisi tra le calle visto che, a quel che mi hai detto, non siete neanche tornati al Castello e avete preferito approfittare del riparo di una folta aiuola di candide calle per…”
“Ok, ok, ho capito!” – Hermione arrossì di botto. Ma quanti dettagli aveva raccontato a Tiger?! Era così priva di pudore?
Improvvisamente le si parò davanti agli occhi l’immagine che aveva visto al proprio risveglio.
Un vaso pieno di calle bianche.
Non poteva essere un caso…
“E ora quei fiori sono un po’ una fissazione per lui, giusto? – tentò di indovinare.
“Beh, più che altro lo sono per te, direi, dato che gliene regali un mazzo ogni settimana. Dici sempre che quando in camera di Draco non ci sarà più una calla allora nel suo cuore non ci sarai più tu.
Hermione trattenne una risata amara.
In quel momento i cadaveri distrutti di quei fiori che lei stessa quella mattina aveva scagliato contro il muro giacevano senza più bellezza né importanza nella pattumiera e di certo lei era l’ultima a poter aspirare ad un pezzo di cuore di Draco Malfoy.
“Si parla del diavolo…” – disse improvvisamente Vincent, indicando un punto alle spalle di Hermione.
La ragazza si voltò e vide Draco che avanzava verso di lei. L’aveva trovata, alla fine.
“Sicura che non vuoi che lo meni?”
“No, grazie, Vincent. Ma ti farò sapere se cambio idea.”
L’idea di avere quel gorilla a disposizione era, in fondo in fondo, quasi allettante.  
Il ragazzo fece un cenno affermativo, poi si alzò e si allontanò, lasciandola sola con Draco, cui, en passant, lanciò un’espressiva occhiata del genere ti tengo d’occhio.
Draco aggrottò le sopracciglia, non sapendo a cosa dovesse tale avvertimento, poi si piazzò davanti alla Granger, troneggiando su di lei con le mani in tasca e lo sguardo di qualcuno che si aspetti delle scuse.
“Posso sapere perché, quando penso che anche tu ti renda conto che dobbiamo continuare a lavorare per tornare alle nostre vite normali, tu ti senti in diritto di piantarmi nel bel mezzo di una ricerca per venirtene qua a piangere?! Che c’è, senza Potter e Weasley non sei in grado di venire a capo di niente? O ti manca forse la mamma, povera piccola Granger?”
Draco sputò quelle parole con una rabbia mista a una marea tale di emozioni contrastanti, da far suonare ogni parola come un insulto, un’accusa, o un molto maldestro tentativo di dialogo.
Voleva suonare cattivo, per sembrare il Draco di sempre, ma in realtà quel bacio aveva sconvolto lui quanto lei.
Hermione si alzò, tranquillamente. Le era venuta la tentazione di rinfrescare la traccia dello schiaffo lasciata poco prima sulla guancia di Malfoy, ma poi si era detta che non ne valeva la pena.
“Se tu sei un codardo che non sa nemmeno affrontare le sue emozioni, Draco, non ne ho colpa io…”
Il ragazzo aprì le labbra per rispondere a tono, ma Hermione glielo impedì, tappandogli letteralmente la bocca con una mano, prima di proseguire con quello che riteneva uno sfogo di necessaria importanza.
“…ma la sottoscritta è un essere umano e non mi interessa se tutto il casino in cui ci siamo ficcati, ancora non so come, non ti tocca e non ha fatto vacillare nemmeno per un secondo quella maschera di strafottenza che ti sei incollato alla tua stupida faccia pallida… La cosa ha toccato me, ha fatto vacillare me, mi sta facendo chiedere se non ho perso una rotella o due…”
“Granger, non dire sciocchezze,” – la interruppe lui, afferrandole la mano con cui gli tappava la bocca, per riacquisire il diritto alla parola – “ci ricordiamo entrambi di essere stati a litigare nella foresta un secondo e a letto in questo posto assurdo il secondo dopo, non siamo semplicemente pazzi, solo vittime di una qualche magia. E appena becco chi mi è stato a farsi venire questa idea…”
“Cosa? Tuo padre lo verrà a sapere e non ne sarà affatto contento?” – lo sbeffeggiò la Grifondoro, imitando la sua voce con un farsetto profondo e pretenzioso, – “Vuoi far saltare qualche altra testa? Non penso sia possibile, dato che ora i tuoi amati genitori sono i miei e tu sei ufficialmente il pargolo di due dentisti Babbani!”
Il Serpeverde s’incupì. Lei lo aveva privato della sua frase preferita e aveva sbeffeggiato il suo orgoglio. Draco tirò un calcio a un mucchio di sassi, sfogando un attimo la rabbia, tirò su col naso, si sgranchì le nocche e provò ad inspirare forte. Niente, nulla lo calmava. Quella situazione e l’aria saccente di Hermione stavano firmando la sua condanna al reparto malattie mentali del San Mugo.
“Dannazione, stupida ragazzina, vuoi capirlo che, qualsiasi cosa succeda io resto il Purosangue di noi due? E io so di essere sano di mente! Se voi nati Babbani siete un po’ tarati e sotto quel tuo cesto di capelli orrendi si nasconde una gran massa di segatura, peggio per te! Convinciti di aver ragione! Convinciti di essere pazza! Tanto meglio per te, così io me ne trovo da solo il modo di tornare nel mio mondo e ti lascio qui per sempre a marcire nelle segrete di Serpeverde! Così possiamo goderci entrambi uno schifoso, freddo futuro da figli di Mangiamorte, fammi sapere come ti ci trovi, senza il calore della tua aureola da eroina della Seconda Guerra Magica, dannatissima vipera che non sei altro!”
La ragazza lo fulminò letteralmente con gli occhi. Eppure la sua mente, scremando il discorso dalle offese, continuava a rielaborare le ultime parole dette da Draco. Aveva definito il destino da Malfoy come schifoso? Aveva parlato di marcire a Serpeverde? Che concetti strani tra le labbra di quel ragazzo che il cappello parlante aveva assegnato alla casa di Salazar in meno di mezzo secondo.
Lui si accorse di cosa stesse pensando e sgranò gli occhi, avendo realizzato di averle dato spago per un altro fantastico discorso moralizzatore come gliene aveva propinati nella Foresta Proibita.
“Eh, no, Granger, adesso non venirmi di nuovo a chiedere col cuore in mano se non voglia darmi alla difesa del bene con tutta l’anima perché dovresti aver capito anche tu che la risposta è no. Forse non muoio di gioia all’idea di essere stato il burattino di un’ideologia nata da qualcun altro, di sicuro non mi piace che la mia famiglia sia finita nello schieramento che ha perso la guerra, ma di certo ora non mi metterò a salvare micetti dagli alberi…”
“E se ci fosse del Grifondoro in te, oltre la camicia?” – lo stuzzicò Hermione, curiosa di sapere dove quella conversazione potesse virare.
“Ora mi fai credere di essere effettivamente impazzita.”
“Parlo sul serio.”
“Ok, allora ho risolto i tuoi dubbi: sei matta da legare.”
“Forse hai ragione tu. E forse tu sei ugualmente pazzo, Malfoy.”
Lui sbuffò, stringendo i pugni rabbiosamente. Era come combattere contro un mulo in una gara a chi avesse la testaccia più dura!
“I Purosangue e i ricchi non sono mai pazzi, Granger. Casomai, eccentrici.”
Lei schioccò la lingua in segno di disapprovazione.
“Sarebbe l’eccentricità dunque che ti ha spinto a baciarmi poco fa, o l’essere diventato pazzo?”
“Non so, cosa ha spinto te a rispondere al bacio?”
Draco le stava ripassando la patata bollente che lei gli aveva appena servito con quella domanda.
“Io ho già ammesso di essere fuori di senno. La tua scusa qual è?” – trionfò Hermione, puntellando le mani sui fianchi con aria ancora più saccente.
Il ragazzo aveva seriamente voglia di prenderla a sberle. Possibile che potesse farlo sentire così pieno di emozioni tutte allo stesso tempo? Parlando con lei dubitava, si stupiva, si metteva in gioco, si arrabbiava, si esponeva, si difendeva, s’infuriava… Tutto allo stesso tempo. Era quasi troppo per una persona sola, per la barba di Merlino!
“Non c’è niente di strano in quello che ho fatto! Eravamo in una situazione scomoda con Canon e ce ne ho tirati fuori! Basta!”
“Questa è la più grande balla che abbia mai sentito da quando dicesti di esserti merito il ruolo nella squadra di Quidditch…”
Draco le ringhiò contro un insulto irripetibile, poi la afferrò con entrambe le mani per le braccia, tremando di rabbia.
“Vuoi vedere una cosa folle, Granger? Ti piacerebbe vedermi perdere la testa per davvero?”
Se la portò a un centimetro dal naso, afferrandole la gola con la destra, fino ad affondare le dita nella carne tenera tra il mento e la mascella, fino a strapparle un gemito strozzato di dolore che si spense sulle sue labbra.
Draco, infatti, qualcosa di folle lo fece, ma non strangolare la Grifondoro come una parte di sé lo stava implorando di fare.
No, la zittì, ma in una maniera ancora più folle e imprevedibile: con un bacio.
Forse lo stesso istinto che lo aveva guidato quando la aveva sentita sulle proprie ginocchia poco prima lo stava spingendo a cercare quel contatto insensato, o forse aveva semplicemente perso il controllo e la ragione e nemmeno lui sapeva cosa stesse facendo. In ogni caso Hermione si trovò un secondo prima a temere per la propria vita e il secondo dopo a sospirare di piacere.
Fu un bacio rude, cattivo e senza pudori, ma anche uno di quei baci che non si scordano facilmente. Le lingue, ruvide e asciutte per via delle troppe parole lanciatesi l’uno contro l’altra, si strusciarono convulsivamente. Le loro fronti cozzarono assieme. Draco lasciò la gola di Hermione, le afferrò i capelli, spettinandoli, tirandoli – tirando lei più vicina. Senza aprire gli occhi, senza riprendere fiato, i due si trovarono avvinghiati, con le braccia di uno che distruggevano il vestiario dell’altro, staccando bottoni, strappando collant, slacciando cinture. Si spinsero lontano da occhi indiscreti, nell’angolo riparato tra una serra e un vecchio muro coperto di muschio.
Si separarono soltanto quando un alito di vento più marcato fece arrivare alle loro narici un profumo ben noto, proveniente dalla serra di fiori babbani della Sprite che si trovava giusto accanto a loro.
Era odore di calle in fiore.
Entrambi sentirono una sorta di nodo allo stomaco e quel senso di confusione che si prova quando un odore o un sapore dimenticati riemergono dagli strati più profondi del nostro essere per risvegliare ricordi altrettanto persi nell’oblio. La confusione era ancora maggiore perché nessuno dei due ricordava di aver mai fatto niente di ciò che quel profumo rievocava, eppure entrambi si perdevano nella dolce sensazione di essere già stati così vicini, di aver già assaggiato le altrui labbra, aver già conosciuto l’altrui corpo, in un tempo e in un mondo lontani che esisteva solo nella loro mente o forse ovunque tranne che nella loro mente.
“Anche tu…” – sussurrò Hermione, con titubanza, – “…hai un’orribile sensazione di dejà-vu?”
Dracco annuì, senza staccare la fronte dalla sua o abbassare la mano con cui le cingeva la nuca. Il suo sguardo era rivolto a terra, la sua mente era altrove.
Tentava di afferrare sensazioni effimere e ricordi che avevano la consistenza della nebbia. Non solo aveva riconosciuto come orribilmente familiari il sapore e il profumo della Granger, ma gli pareva di poter ricordare la sensazione appagante di stringerla tra le proprie braccia, la leggerezza indescrivibile in cui galleggiava il suo spirito quando faceva l’amore con quella creatura che tutto, dalla loro educazione ai loro caratteri diametralmente opposti, sembrava impedirgli di avere.
Eppure lui sapeva di non averla mai baciata, mai abbracciata, mai fatta sua.
Perché diamine aveva quei ricordi che tutti in quell’universo parallelo sembravano aspettarsi da lui?
“È come se ricordassi qualcosa che non è mai successo…” – mormorò, digrignando i denti e respirando profondamente per non perdere la calma.
Era una sensazione che dava la nausea, il non sapere più cosa fosse nella propria mente.
Ma respirare gli faceva solo inspirare più profondamente l’odore dei capelli di Hermione e la fragranza sottile delle calle in fiore.





... To Be Continued ... 
NB: prossimo capitolo previsto dopo il 15 giugno.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Accelerazioni ***



7. ACCELERAZIONI





Dietro una serra di calle in fiore due giovani corpi intrecciati erano fermi al suolo, respirando lentamente all’unisono come avessero un animo solo.
Il sole si apprestava a sparire dietro l’orlo della foresta, ricamato delle foglie di mille alberi diversi, e il buio si faceva strada tanto nell’aria quanto nella mente di quei due ragazzi immobili.
Erano entrambi affannati, accaldati, confusi.
Dietro alle palpebre abbassate, le pupille si muovevano frenetiche, per ripercorrere i contorni confusi di immagini mai viste.
Dietro le labbra ancora dischiuse il sapore dei baci appena scambiati era dolce tortura.
Sotto le sue dita Draco sentiva scorrere i capelli di Hermione e vi si aggrappava come fossero la corda che gli impediva di sprofondare.
Non sentiva l’erba sotto i propri piedi. Solo il vuoto, l’assoluta mancanza di certezze. Non sapeva più chi fosse.
Hermione strofinò il naso contro la sua guancia. Gli sembrava di conoscere quella sensazione di prurito, come avesse passato ore a sfiorare quella pelle ispida di un accenno di barba. Era rassicurante, come il palmo ruvido di suo padre, come il petto morbido di sua madre. C’era qualcosa di ancestrale nel benessere che le scatenava.
Si sentiva come ubriaca. Era tutto troppo strano e troppo eccitante.
“Forse dovremmo fermarci e riflettere. Se ieri qualcuno mi avesse detto che sarei stata qui, con te, l’avrei mandato a farsi vedere da Madama Chips…”
Draco non dette neanche segno di averla udita, ma allontanò le dita dai suoi boccoli, senza smettere di inspirarne il profumo.
“Non sono sicuro che riuscirò a fermarmi…” – mugolò contro le sue labbra.
La sua mano era già affondata tra le sue cosce.
Hermione sospirò senza ritegno.
“Non sono sicura di volerti fermare…”
L’ultima sua parola si spense in un sussurro umido dell’ennesimo bacio.
No, non avevano intenzione o modo di fermarsi. L’alchimia segreta di quei baci aveva scatenato qualcosa di irrefrenabili, facendo loro scoprire, senza pudore, quanto si desiderassero.
Un sonoro tonfo, seguito da un fruscio di arbusti che si spezzano, però, li fermò eccome e li fece schizzare in piedi all’istante.
“Oh, dannato vaso! È uscito dal nulla!”
Hermione tentò di rivestirsi come poteva e sfoderò la bacchetta nella direzione della voce.
“Chi va là?” – urlò, forse più infastidita dell’interruzione che non spaventata.
Una mano dalle corte dita grassocce riemerse da un cespuglio non lontano, seguita a ruota da un braccio coperto di foglie e dal volto imbarazzato di Neville.
Draco borbottò tra i denti un’imprecazione irripetibile, per la quale Hermione gli sferrò una gomitata poco discreta.
“Neville, Neville? Ehi, tutto ok?”
Dietro di lui stava accorrendo, saltellando con leggerezza, Luna Lovegood, seminascosta da un enorme mazzo di fiori selvatici.
“Sei sparito, credevo ti avesse rapito un goblin dei prati.”
Solo in quell’istante la ragazza notò gli altri presenti.
Un silenzio imbarazzato regnava nell’aria.
Draco e Hermione tentavano di richiudersi i vestiti come potevano. Ostentavano una falsa calma al limite del ridicolo, ma la situazione era surreale.
Fu Luna a spezzare il mutismo generale.
“Oh, vi abbiamo interrotto. Volete un dente di leone? – porse a Hermione un fiore dal suo mazzo – si dice che sia un afrodisiaco straordinario.”
La ragazza arrossì fino alle punte dei capelli, mentre Draco esplodeva in una risata compiaciuta alla  vista delle sue gote color melograno.
“I-io… Grazie, Luna, ma…”
“Puoi accettarlo, tranquilla, io ne ho un sacco, Neville me ne ha appena regalati a manciate.”
Draco si teneva la pancia, piegato in due dallo sghignazzare, ma riuscì a sibilare un “E bravo Paciock!” tra le convulsioni dell’ilarità.
Il Grifondoro in questione fissava i cespugli da cui era emerso e sembrava pensare che forse stare a faccia giù dentro un rovo era una situazione più gradevole di quella.
Improvvisamente si ricordò qualcosa che forse poteva cambiare il discorso e salvarlo, senza dover ricorrere all’auto-Schiantarsi.
Si ficcò le mani in tasca e tirò fuori una serie di cartine di cioccorane e una figurina un po’ sgualcita, che doveva essere lì da un po’.
“Draco, quasi dimenticavo! È da ieri che dovevo fartela vedere! L’ho trovata!”
Il ragazzo si scrollò di dosso gli ultimi strascichi delle risate convulse e assunse un’aria a dir poco perplessa.
“Scusa, Paciock, che cosa avresti trovato?”
Stava per aggiungere una battuta crudele, ma si ricordò all’ultimo che probabilmente in quel mondo nessuno si sarebbe aspettato da lui cattiverie gratuite verso un compagno di Casa e si dovette mordere la lingua.
Neville gli piazzò davanti un sorriso a trentadue denti e una figurina il cui soggetto faceva non meno sfoggio della propria dentatura.
Sia Draco che Hermione persero la parola nel leggere la didascalia.
Draco Malfoy, studente a Hogwarts durante la Seconda Guerra Magica, ha combattuto con coraggio a fianco dell’amico Harry Potter, distruggendo Horcrux e apportando un significativo contributo alla sconfitta delle forze di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
“Non puoi immaginare le cioccorane che ho dovuto mangiare per trovarla!” – scalpitava Neville, confuso sul perché il suo compagno di casa non sembrasse entusiasta della propria gloria.
Persino il Draco in miniatura della figurina aveva assunto un’aria offesa in seguito agli occhi orripilanti della propria versione in carne ed ossa.
“Oh, posso immaginare quante ne hai sbafate…” – borbottò Malfoy, adocchiando la pancia prominente del ragazzo, stavolta senza alcun ritegno per le apparenze da mantenere.
La sua compagna di sventure non si prese neanche la briga di rimbrottarlo – ad ogni modo né Neville né Luna parevano aver capito la battuta. La seconda, in particolare, forse neanche l’aveva sentita, presa com’era a fissare un punto indefinito poco sopra le loro teste.
“Questo è troppo!” – esplose Hermione, strappando la figurina dalle mani di Draco – “E immagino che una mia figurina non esista neanche per sogno!”
“Beh…” – si giustificava Neville – “Non è che tu abbia combattuto proprio con noi, Granger…”
“Ti sei preso tutto!” – continuava Hermione, rivolta a Draco, come se l’altro ragazzo non avesse mai neanche aperto bocca – “E che diamine! Cos’altro vuoi della mia vita, Malfoy? Cos’altro ti è toccato? Ti sei pure baciato Ron?”
Le labbra sottili di Malfoy si aprirono per lasciar passare un lamento di disgusto.
“Per Salazar, Granger, non esagerare. E stai tranquilla…” – aggiunge in un sibilo gelido – “quando riavremo le nostre vite potrai tornartene da Lenticchia, se è questo che ti preoccupa.”
Lei si irrigidì. Forse aveva detto la cosa sbagliata.
La magia di pochi minuti prima era scomparsa. Erano tornati ai litigi sprezzanti di sempre e Hermione si chiese se fraternizzare con la Serpe non fosse uno sforzo sisifeo.
“Io e Ron non stiamo insieme. Ma questi non sono affari tuoi.”
Draco stava per ribattere, ma Luna gli schiaffò un fiore violaceo sotto al naso.
“Malva. Calma gli spiriti, pone fine ai battibecchi.”
Hermione sorrise, mentre il ragazzo di fronte a lei sembrava pronto a sbranare a morsi sia la malva che la mano che la reggeva.
“E credo ve ne serva parecchia. Che vi prende ragazzi? Sembrate tutti sotto sopra.”
Neville tentò di allontanarla. Non era la persona più sveglia del castello, ma aveva capito che tirava una brutta aria.
“Luna, dai, continuiamo il giro delle serre, forse Draco e la Granger vorrebbero stare soli.”
La Lovegood scrollò le spalle e saltellò nella direzione da cui era venuta, con Neville che incespicava tra i cespugli per raggiungerla.
“Comunque” – urlò lei prima di piegarsi per raccogliere una margherita – “Siete strani davvero. Sembra che vi abbia scambiato un Vividifico.”
A Hermione parve che qualcuno le avesse risucchiato tutta l’aria dai polmoni.
Il suo sguardo e quello di Draco si trafissero a vicenda.
Sembra che vi abbia scambiato un Vividifico.
“Biblioteca!”
Lo urlarono all’unisono, nell’istante in cui entrambi iniziavano a correre verso il castello.
I piedi, frenetici, scivolarono sulle pietre muschiate, scalzarono teneri ciuffi d’erba, saltarono i gradini a due a due, fino a posarsi sulla soglia della biblioteca.
Hermione afferrò la maniglia un istante prima di Draco, trovandosi con la mano sotto la sua.
Improvvisamente le parve che quelle gambe che l’avevano fatta volare fino là fossero diventate di gesso. Se qualcuno l’avesse toccata sarebbe crollata come polvere.
I due ragazzi sembravano rendersi conto solo ora di quanto fossero vicini alla soluzione. Probabilmente quelle creature che Hagrid li aveva mandati a cercare erano la chiave per capire cosa fosse successo e la verità era in qualche libro dietro a quella porta.
“E se scopriamo che non è reversibile?”
Hermione dette voce al suo primo pensiero, ma Draco rispose mettendo in parole il suo secondo.
“E se scopriamo che lo è?”
Draco si rese conto di aver parlato con un brivido. Credeva di averlo solo pensato, nel momento in cui la sua mano si era intrecciata con quella di Hermione.
E se scopriamo che lo è, tu vorresti tornare indietro?
Dopo tutto quello che avevano provato… Avevano aperto il Vaso di Pandora e tentare di ritapparlo e tornare alla vita di sempre sarebbe stato probabilmente una condanna alla follia.
Quell’ennesimo momento di silenzioso stallo fu interrotto da un ignaro Tassorosso del secondo anno che uscì dalla biblioteca e costrinse i due ragazzi a mollare la maniglia.
Le loro mani rimasero a mezz’aria per un lungo secondo, prima che i ragazzi varcassero la soglia con un sospiro.
Quella giornata sembrava andare avanti per pause infinite e improvvise accelerazioni di ritmo, rifletté Hermione.
Lo shock del risveglio, le lezioni che sembravano non lasciarli mai liberi, la corsa in biblioteca, le ricerche senza sbocco per lunghissime ore, quel bacio che li aveva sconvolti peggio di un Confundus, l’incertezza che ne era seguita, l’illuminazione data da Luna, il dubbio paralizzante su quale sarebbe stato il passo successivo.
Pausa, avanti veloce, pausa, avanti veloce.
Hermione si sentiva al limite del black out come il nastro di una cassetta maltrattata, ma si avviò lo stesso verso la sezione di Cura delle Creature Magiche, non senza notare il libro che aveva smesso di consultare poco prima e che Pansy aveva abbandonato su una sedia. Le cadde l’occhio sull’indice, che prima non aveva letto e notò la sezione su Vividifico.
“Ci sarei arrivata se Dennis non ci avesse interrotto.” – sbuffò.
Anche se, non fosse stato per Colin, non sarebbe arrivata ad altro. A quel bacio che l’aveva stravolta, a quei ricordi non suoi che le avevano aperto un mondo di possibilità. In quel mondo essere una Serpeverde non voleva dire essere un’algida creatura che non sa amare. In quel mondo un Grifondoro poteva abbassare il proprio sguardo fiero verso i bui Sotterranei di Hogwarts e vedere qualcosa di buono in chiunque.
“Granger, ti sei incantata?”
Lei si riscosse. Era rimasta con il libro in mano a mezz’aria. Lo spinse verso Draco.
“Leggi tu, io non ho il coraggio.”
Il ragazzo rise sotto i baffi.
“L’indomita Granger senza macchia e senza paura ha paura” – la sbeffeggiò con le stesse parole che aveva usato nella Foresta ore prima. Con la differenza che stavolta la sua voce aveva una nota autoironica e comprensiva che era mancata la prima volta. Era come se facesse il verso a se stesso e Hermione stavolta, invece di arrabbiarsi, ritrovò un briciolo di calma perché seppe che aveva paura anche lui.
“Insieme” – gli disse, allora, con le dita intrecciate alle sue sopra alla copertina consunta e screpolata del libro.
Lui annuì solamente, sollevato.
Aveva paura di dire quello che pensava da quando poco prima si era ritrovato a snocciolare come un idiota il suo perverso desiderio di restare in quel mondo contorto e rovesciato.
Certo, non vedeva l’ora di tornare un Serpeverde Purosangue e di rimettere piede nella fresca e confortante aria umida dei Sotterranei. Ma guardare il mondo dall’alto di chi si eleva sopra una torre di onore, lealtà e buoni propositi rispettati invece che dall’instabile piedistallo di un casato e una parola tanto vana come “sangue” non era stata una brutta sensazione.
Suo malgrado aveva dovuto ammettere che l’amicizia bonaria e senza pericolo di accoltellamenti alle spalle dei Grifoni era piacevole. Almeno per un giorno.
E poi c’era il fattore Hermione. Sarà stato quel falso corpo Mezzosangue e Grifondoro che si ritrovava in quella realtà, ma stringerla a sé era stata una delle sensazioni più complete e confortanti che avesse mai provato. Baciarla era per lui come per un affamato e assetato mordere la polpa di una mela fragrante. Saziava ogni suo bisogno.
“Malfoy, ora sei tu che ti sei incantato.”
Lui grugnì una mezza scusa, poi spalancò il libro davanti a Hermione e, in piedi dietro di lei, prese a sfogliarne le pagine. Il suo braccio le sfiorava il fianco ogni volta che girava un foglio e quell’effimero contatto gli dava il briciolo di forza necessario ad andare avanti.
Presto furono alla pagina giusta ed entrambi i loro corpi si irrigidirono mentre leggevano tutto quello che avrebbero saputo se non fossero stati troppo intenti a litigare per ascoltare Hagrid:
 
“Curiosi fenomeni di scambio sono stati testimoniati anche da coloro che hanno avuto contatti con quelle strane creature chiamate Vividifico. Questi esseri, simili a fate verdi e senz’ali, sono molto amanti della quiete e della pace e sembrano divertirsi a confondere le esistenze di persone che trovino in atteggiamenti non pacifici. Il loro unico potere è quello di creare delle potentissime illusioni. Gli ignari maghi coinvolti si vedono circondare dalle tenebre, dopodiché entrano in una sorta di trance e vivono un’esistenza di sogno reale e palpabile quanto la loro.
Se ciò può apparire a prima vista divertente, in realtà questi scambi hanno avuto spesso conseguenze tragiche. Maghi e streghe convinti di essere impazziti si sono tolti la vita in sogno e ciò li ha portati alla morte anche nella realtà. Altri semplicemente non si sono mai svegliati, incapaci di riemergere dalla realtà alternativa dipinta da queste creature. L’unico modo per sfuggire alla verosimilissima illusione dei Vividifico, infatti, è ritrovare la creatura nell’illusione e convincerla del proprio ravvedimento. Inutile dire che se trovare un Vividifico è cosa ardua, per molti porre fine a uno screzio è quasi cosa impossibile. Un consiglio: la cosa migliore per chi si renda conto di essere vittima di un’illusione ad opera di queste creature, è… tornare sui propri passi. La soluzione vi aspetterà laddove tutto è cominciato.”
 
Draco e Hermione si scambiarono un’occhiata perplessa.
“Direi che è chiaro che una di queste creature si sta divertendo a incasinarci la vita…” – mormorò Hermione.
“…ma che diamine vuol dire che la soluzione ci aspetterà laddove tutto è cominciato?!” – finì per lei la frase il ragazzo alle sue spalle.
Lei scrollò le spalle e si lasciò andare leggermente contro il suo petto.
Era un piccolo gesto, quasi involontario, ma pieno di significato. Una parte di lei pensava ancora che Malfoy se la sarebbe scrollata di dosso. Dopotutto non c’era nessuno in biblioteca e non aveva bisogno di mantenere le apparenze. Invece il ragazzo non lo fece. Al contrario, anche lui sembrava apprezzare quel contatto.
Dopo un minuto lui perse quel briciolo di pazienza che aveva e iniziò a sbuffare come un toro.
“Beh, allora?”
“Allora che?”
“Allora, Granger, dov’è il tuo famoso ingegno, risolvi questa sottospecie di indovinello che l’autore del libro si è divertito a ficcare al posto di una spiegazione o devo pensare che le lodi del tuo ingegno siano state grandemente immeritate?”
Lei si voltò per rifilargli uno sguardo da belva feroce. Con la pazienza, Draco, aveva perso anche ogni sorta di cortesia e dolcezza che le fosse parso di intravedere.
Non poteva dimenticarsi con chi aveva a che fare per più di pochi beati secondi.
“Forse, Malfoy, in questo mondo al contrario sono diventata ottusa come te!”
Lui fece una smorfia sarcastica.
Era divertente far scaldare la Granger. Specialmente ora che ogni frecciata e ogni gesto strozzato di rabbia aveva il retrogusto eccitante di un desiderio carnale crescente.
“Allora, proverò io ad offrire una soluzione con il mio sopraffino cervello mezzo Babbano…” – celiò con un inchino pomposo.
Ma dietro al sorriso di bronzo c’era l’inquietudine del non aver idea di cosa volessero dire quelle parole.
Dove tutto è cominciato.
Dove avevano cominciato a odiarsi? Mh, difficile a dirsi. Lui dalla nascita aveva poppato latte e odio per i Mezzosangue.
Dove erano nati? Nah, troppo indietro. Non c’entrava nulla.
Tornare sui propri passi.
“Magari…” – tentò con un brivido di eccitazione per l’intuizione improvvisa – “…nella Foresta, dove ci ha beccati.”
Hermione si rimproverò per non esserci arrivata per prima.
“Ma certo! Lo ritroveremo dov’era! C’è un solo problema, suppongo… Come torniamo in quel posto?”
Prima di tutto avrebbero dovuto uscire di nascosto e intrufolarsi nella Foresta Proibita. E poi avrebbero dovuto ritracciare i propri passi fino a quella piccola vallata muschiosa dove per l’ultima volta erano stati una Grifondoro e un Serpeverde. Ma come? Quella sera avevano vagato quasi a caso, litigando ogni due metri, prendendo i primi sentieri che capitavano a tiro, solo per dimostrarsi a vicenda che non avevano paura di proseguire.
Draco sghignazzò e chiuse il libro con un tonfo.
“Frego il mantello dell’invisibilità a quel coglione di Potter e poi il posto lo ritrovo io,” – snocciolò con uno sguardo sicuro – “noi Malfoy abbiamo un senso dell’orientamento eccezionale.”
 
 
Due ore dopo, Draco e Hermione erano immersi fino alle caviglie nello spesso fango di una radura della Foresta in cui non avevano mai messo piede prima e nessuno dei due aveva la minima idea di dove fossero, sebbene solo Hermione fosse disposta da ammetterlo.
“Senso dell’orientamento eccezionale i miei stivali…” – borbottava Hermione.
Si aggrappò ad un grosso albero coperto liane per fare forza sulle braccia e districarsi dal fango.
Ogni passo era una fatica immane.
Il ragazzo accanto a lei parve sul punto di piangere quando tirò su dalla melma un piede fasciato solo da un calzino vuoto. La Foresta si era risucchiata la sua preziosa scarpa fatta su misura.
“Io so dove siamo!” – urlò, nondimeno.
Mentiva, e gli si leggeva in faccia.
Aveva avuto il mantello dell’invisibilità che avevano usato per arrivare fino a là, ma non per averlo sgraffignato come un vero Serpeverde. Potter lo aveva beccato con le mani tra i suoi calzini e gli aveva semplicemente detto “Cerchi il mantello? È nell’ultimo cassetto, te l’ho detto un milione di volte, prendilo pure, ma vedi di non farci niente di zozzo sotto se stai andando dalla Granger, ok?”.
Potter gli aveva tolto la soddisfazione di fregarlo con la sua galanteria. E ora il buio totale di quella notte illune lo umiliava nuovamente facendolo passare per un idiota.
Hermione staccò con un gesto bruto un ramo secco da una pianta coperta di lucide foglie viola e grandi come mani. Lo ficcò in terra avanti a sé e lo usò come leva per uscire dalla fanghiglia e arrivare sana e salva su un intrico di radici dall’aspetto meravigliosamente asciutto.
“Secondo me dobbiamo andare a sinistra.”
In risposta Draco sbuffò solamente.
“Mi hai sentita?”
“Ti ho sentita, Mezzosangue! È da ore che ti sento andare avanti come una radio rotta! E comunque è a destra che dobbiamo andare! E passami quel bastone che altrimenti non esco mai più da questo posto infernale.”
Lei gli lanciò addosso il ramo secco. Il legno lo colpì alla spalla, facendo un piccolo crack contro la sua scapola ossuta, per poi cadergli accanto.
“Ahi, dannazione, stai diventando violenta?!”
Hermione si tolse il fango dalle scarpe con estrema calma.
“No, te l’ho solamente passato. Per un cercatore hai dei riflessi piuttosto lenti.”
Il ragazzo parve diventare più viola delle foglie alle sue spalle. Uscì dalla melma con tre falcate rabbiose e spinse Hermione contro il tronco alle sue spalle prima ancora che lei potesse rendersi conto di quello stava facendo.
“Hey, Malfoy, che cosa…”
“Questa è la goccia che fa traboccare il calderone! Io sono un ottimo cercatore!” – sbraitò lui.
Le sue mani, puntellate ai lati del volto di Hermione sbatterono contro la corteccia e piccoli trucioli scuri caddero a terra. Un uccello nero, da qualche parte sopra le loro teste, spiccò il volo.
Hermione si rese conto con stupore che per qualche assurda ragione non aveva paura.
Probabilmente avrebbe dovuto. Malfoy le pareva sempre più fuori di testa ed era sola con lui nella Foresta Proibita.
Eppure…
C’era qualcosa di eccitante nel modo in cui le braccia sottili ai lati del suo volto si tendevano vicino a lei. C’era qualcosa di voglioso nel modo in cui il bacino del ragazzo la inchiodava contro il tronco alle sue spalle. E c’era qualche cosa che sapeva di desiderio negli occhi grigi di Draco.
Era come essere in un abbraccio. Un abbraccio alla Malfoy.
Hermione incrociò le proprie mani dietro al suo collo. Un abbraccio alla Granger.
Lo sentì irrigidirsi, ma non perdere la posizione.
“E va bene,” – cedette lei – “sei un bravo cercatore, ma non venirmi a dire ancora che hai un ottimo senso dell’orientamento perché per come ti sei orientato finora se usciamo vivi di qui entro domani mattina sarà già stato un miracolo.”
Lui fece scivolare le mani sui suoi fianchi. Le dita carezzarono la gonna della stoffa, poi la pelle della coscia. Non dava segno di averla ascoltata minimamente, ma Hermione, forse per una conoscenza subdola che quel corpo Serpeverde aveva, era certa di aver trovato il trucco per calmarlo e ammansirlo. Lei aveva dato l’impressione di cedere almeno su un punto e questo gli permetteva di calmarsi mantenendo intatto l’orgoglio.
“Forse non usciremo vivi di qui, no, Granger e soprattutto forse non ritroveremo mai quella bestiaccia dannata che ci ha mescolato le vite…”
La sua voce era una carezza rude che le sfiorava il collo, puntinato dalla pelle d’oca che il freddo della foresta e quelle parole roche le scatenavano.
Stava dicendo la verità, forse erano davvero alla fine dei giochi.
La Grifondoro in lei le diceva di non mollare, mandarlo a quel paese e continuare a cercare.
La Serpeverde in lei le sussurrava lascivamente di godersi quelle ultime ore sulla terra e fregarsene di tutto, mollare ogni senso della relatà.
E per una volta Hermione si lasciò andare.
Chiuse gli occhi, si aggrappò al collo di Draco e unì le proprie labbra alle sue.
Fu un bacio lento, dapprima, umido di una lacrima sfuggita a chissà chi dei due, sofferto come un addio, carico di speranza come un benvenuto.
Draco sollevò Hermione tra le braccia, con le mani aperte a ventaglio sulla sua schiena nuda al di sotto della camicetta.
Sentiva il sangue scorrere verso il bacino, vedeva le labbra gonfie di baci di quella ragazza pazzesca che lo mandava in bestia e in estasi nello stesso istante e secondo dopo secondo dimenticava perché mai erano in quella foresta, perso e felice mentre tutto il suo essere si beava di lei.



***
Nda: Scusate il ritardo! Prometto che il prossimo (e ultimo) capitolo arriva!
MmeBovary.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Ritorni ***


 

8.RITORNI






Finirono tra le lenzuola setose di Draco in così poco tempo da far pensare che ci fosse voluto un miracolo per non essere stati beccati da nessuno.
Infatti, tutto erano stati tranne che attenti a non farsi scoprire, mentre tra un bacio, una carezza, uno sguardo, rincorrevano il desiderio di stare più vicini, stretti sotto un mantello dell’invisibilità troppo piccolo per entrambi.
Se qualche Grifondoro insonne avesse volto lo sguardo al limitare della foresta quella notte, probabilmente avrebbe creduto di sognare vedendo ogni tanto una mano, una gamba, una ciocca di capelli castani sbucare al chiarore delle torce che illuminavano il cortile deserto.
Ma la notte è amica degli amanti e la Signora Grassa, a volte, anche.
Li fece entrare nel dormitorio senza neanche uno dei soliti rimproveri, senza scandalizzarsi dell’ora o dei vestiti verde e argento di Hermione. Strizzò invece l’occhio con un sospiro che pareva il preambolo di una delle sue interminabili sviolinate sui suoi amori passati, ma li lasciò entrare senza altri indugi.
Hermione sentì le mani di Draco sul suo corpo non appena furono al sicuro dietro una porta chiusa.
Qualche bottone della sua camicetta volò a terra con un tintinnio che suonava come un tsk-tsk di disapprovazione tutta Serpeverde. La cravatta di Draco seguì la stessa traiettoria e in breve tutto il superfluo fu messo da parte.
In un angolo della stanza giaceva un cumolo di vestiti color oro, rosso, verde, argento, avvitorcolati in un’indistinguibile montagna pacifica. In un altro angolo, invisibili ma presenti, giacevano montagne di pregiudizi, stereotipi, falsità e sprezzante orgoglio. Idee sciocche per le quali nel cuore di due giovani ragazzi non c’era più posto di quanto non ce ne fosse per i vestiti sulla loro pelle.
 
Nessuno dei due parlava. Le parole avrebbero rovinato tutto. Bastava toccarsi e sentire il calore del corpo dell’altro per capire.
Draco stava giusto crogiolandosi nel pensiero di quanto fosse piacevole la Granger per una volta che stava zitta, quando lei restò ad occhi sgranati a fissare il comodino per un lungo istante e poi se ne uscì con un “Draco, aspetta…”
La risposta fu un grugnito di disapprovazione.
“No, davvero, aspetta, manca una cosa.”
“Sì, Granger, un paio di tue rotelle. Ma ti mancano dalla nascita, tranquilla, sai sopravvivere senza.”
Riprese a coprirle il collo di piccoli baci, certo che una volta sceso sotto la clavicola e raggiunte le morbide curve dei seni le avrebbe fatto dimenticare qualsiasi mancanza presunta o veritiera la sua mente perfezionista le avesse fatto notare.
Lei invece si dimostrò più cocciuta del previsto.
“Solo un attimo.”
Saltò giù dal letto, prese la sua bacchetta e corse alla finestra.
“Confermo, ti mancano diverse rotelle.”
In risposta lei fece solo uno stizzito gesto di impazienza e pronunciò un incantesimo che lui non colse – era un comportamento così tipico di lei, così da Hermione.
La visione del suo corpo nudo bagnato dalla luce della luna, con ancora impressa la morbidezza dei baci, con ancora vivo il rossore nella carne laddove le sue dita avevano stretto e martoriato… beh, era un po’ troppo per restare lì a guardarla comportarsi da perfezionista.
“Vuoi dirmi, cosa mai potrebbe essere così fondamentale da giustificar…oh…”
S’interruppe a metà della frase.
La risposta era entrata volando dalla finestra, attirata dall’incantesimo di richiamo di Hermione: una pioggia di calle bianche.
Ancora umidi e tiepidi di serra, i fiori strappati andarono a riposare le loro teste candide sul comodino indicato dalla bacchetta di Hermione fino a formare un mazzo scomposto.
“Ecco,” bisbigliò Hermione con le gote in fiamme, “adesso c’è tutto…”
Lui chiuse gli occhi e inspirò i profumi della stanza con una risata soddisfatta.
Sì, ora c’era tutto.
Era tutto nuovo e tutto familiare. Sconvolgente e rassicurante.
Dava quasi le vertigini.
O forse dava veramente le vertigini.
Aprì gli occhi e la stanza gli sembrò più buia del previsto.
“Granger non ti pare che…”
“Cosa?”
“Non hai come la sensazione che la torre si sia mossa?”
“Sarà mica che ti faccio tremare le gambe, Malfoy?” celiò lei prima di tuffarsi sotto le coperte.
Lui fece un’espressione di studiata insofferenza, poi sparì tra le lenzuola e chiuse gli occhi per ignorare la sensazione strana che la stanza si stesse facendo più scura e opprimente...
Un istante dopo l’intera Torre fu inghiottita dall’oscurità.
 
 
 
I dreamed that you bewitched me into bed
And sung me moon-struck, kissed me quite insane.
(I think I made you up inside my head.)
 
God topples from the sky, hell's fires fade:
Exit seraphim and Satan's men:
I shut my eyes and all the world drops dead.
 
 
 
Quando riaprì gli occhi Hermione era distesa in una piccola radura della Foresta Oscura, aveva la faccia affondata nel muschio e il sapore del sangue sotto la lingua.
Provò ad alzarsi, ma la testa le pulsava come se dentro ci fosse un poltergeist a prenderle a schiaffi le cervella.
“Ma che diamine…”
Le ci vollero parecchi secondi per mettere a fuoco la scena: uno spiazzo libero circondato da faggi e sequoie cui si avvinghiavano arbusti carichi di bacche rosse e viola deliziose quanto mortali, una montagna di muschio che sembrava quasi una tana e Draco Maloy, a pochi passi da lei, che la fissava con uno sguardo stranissimo il cui significato avrebbe potuto spaziare dal terrore alla preoccupazione all’empatia più assoluti. Hagrid e Potter lo stavano aiutando a rimettersi in piedi.
Niente calle bianche, niente letto, niente… bhe… altro.

Le venne spontaneo tastare i propri vestiti. Aveva indosso il mantello Grifondoro.
All’improvviso la sua mente riuscì a ridare un senso a quello che vedeva.
Erano stati mandati nella Foresta Oscura per una punizione ed era… era svenuta? 
Aveva sognato?
No, il Vividifico. Era riuscita a tornare indietro. La soluzione vi aspetterà laddove tutto è cominciato.
Era cominciato tutto con loro due in un letto accanto a un mazzo di fiori. Come aveva fatto a non pensarci?
“Hermione, sei tutta intera?”
Deglutì in silenzio e per Hagrid quello parve un assenso sufficiente.
“Che cosa è successo, ragazzi? Per tutti gli Ippogrifi, non tornavate più, ci siamo venuti a cercarvi…”
Il mezzo Gigante aveva il terrore negli occhi e controllava Draco da capo a piedi, come se avesse paura che ne mancasse un pezzo.
Lui lanciò ad Hermione un altro dei suoi sguardi indecifrabili.
Cosa stava pensando?
Preferì non chiedere e rispondere piuttosto a Hagrid e alla sua pioggia di cosa-vi-hanno-fatto.
“C’era uno gnomo… ferito… lo abbiamo… curato, sì, e sedato… Credo che Draco abbia esagerato con le spore di funghi del sonno che ha preso per quello gnomo,” spiegò docilmente Hermione con tono da maestrina, “e ci abbia fatti secchi tutti e due per un po’, direi.”
Non sapeva cosa altro inventare. Non era neanche sicura di cosa fosse vero: era successo tutto nella sua testa o anche Malfoy aveva gli stessi ricordi? O lui aveva sognato qualcosa di completamente diverso?
Sicuramente Malfoy non era convinto da quella spiegazione su funghi e gnomi, tanto più che mentre lei la sciorinava, lui si sarebbe detto interessatissimo alla forma dei propri piedi da quanto intensamente si fissava le scarpe.
“Io non sbaglio mai le dosi”, sentenziò in risposta.
Hermione si fece rossa, ma affrontò il suo sguardo.
“Beh, stavolta sì.”
“Forse tu sei inciampata sulla bacchetta e ci hai fatti secchi tutti e due.”
“Come osi…”
“Smettetela di litigare, voi due!” li rimbrottò Hagrid, “e Harry, aiuta Draco ad alzarsi da quella pozza di melma, per favore.”
Potter gli tese con riluttanza una mano che lui rifiutò invece senza esitazione.
Anche se lo sguardo della Grifondoro di fronte a lui lo inchiodava a terra, si alzò in piedi con un gesto deciso.
Circondato da un ronzio di domande cui non voleva rispondere, chiacchiericci confusi, e imprecazioni varie ed eventuali, si incamminò insieme al gruppo mal assortito verso l’uscita della Foresta.
Hermione lo guardò di soppiatto per tutto il tempo del percorso. Sembrava stanco, spossato; aveva i vestiti sporchi di fango e il volto arrossato.
Come mentre la baciava…
Scacciò quel pensiero.
Era successo sicuramente solo nella sua testa e se glielo avesse raccontato, lui avrebbe riso di quella sua idiozia.
Eppure sembrava così vero.
Possibile fosse falso?
No…
Sì?
Si disse che domandare era lecito.
“Senti, Malfoy, tu non hai sognato, per caso…?”
Lui parve divenire più bianco del solito.
“Granger, non so cosa pensi che dovrei aver sognato, ma devi aver battuto la testa. Forse era un’emorragia cerebrale la tua, non un sogno.”
Hermione si lasciò sfuggire una risata amara.
Non riusciva a capire se il Serpeverde stesse fingendo. Forse no, forse le ultime ore da lei vissute come un’incredibile realtà erano solo il frutto di una brutta botta in testa e lui non poteva averne ricordo.
Ad ogni modo, forse era meglio così.
Il solo pensarlo le dette un conato di vomito. L’amarezza di quella menzogna a se stessa era evidente. Pochi minuti prima – almeno nella sua testa – era immersa nella gioia più pura, adesso era solo immersa nella fanghiglia.
Non c’era niente di meglio in questo, al massimo era più facile, più facile che non affrontare quelle sensazioni assurde che la avevano stravolta e le avevano fatto saltare il cuore in gola come fosse un boccino impazzito.
Non era mai successo. Tutto quello che aveva vissuto non era mai successo
Continuò a trascinare i piedi verso casa.
Si sentiva infinitamente stanca.
 
Dormì fino a tardi il mattino dopo, cullata da sogni di baci e torturata da pensieri di addii.
Quando si svegliò si era quasi convinta che l’illusione creata dal Vividifico fosse stata solo nella sua mente e che Draco avesse vissuto tutt’altro.
Ne era quasi convinta.
Finché aprì gli occhi
E il suo cuore mancò un battito.
Morbidamente posata sul suo comodino, una candida calla recisa profumava l’aria tiepida della mattina. 
 


~The End~



***
NdA: Salve. Ce l'ho fatta. Pensavo di metterci giorni, ci ho messo anni, ma ce l'ho fatta. Spero di non avervi deluse. Ho optato per un lieto fine soft. Mi piaceva troppo questo effetto "lascio alla vostra immaginazione" ;)
Chiedo perdono per l'attesa; siamo a San Valentino, non odiatemi! :)
Ultima cosa, la poesia citata: poche righe da Mad Girl's Love Song di Sylvia Plath. Bellissima.
Ecco una traduzione, ma non rende come l'originale -  che vi invito assolutamente a leggere per intero:

Sognai che mi stregavi per portarmi a letto
M’incantavi e baciavi alla follia.
(Sono convinta di averti inventato.)

Giù Dio dal Cielo, spenti i fuochi infernali,
Fuori Serafini e schiere di Satana:
Io chiudo gli occhi e tutto il mondo muore.


Un bacio a tutte,
MmeBovary.

     

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2387814