Scelta di un uomo di V@le (/viewuser.php?uid=4138)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Carcerazione ***
Capitolo 2: *** Prigionia ***
Capitolo 3: *** Esecuzione ***
Capitolo 4: *** Epilogo di un uomo ***
Capitolo 1 *** Carcerazione ***
Credits:
Una parte
dell'introduzione in corsivo è preso da Wikipedia. Le
canzoni
usate sono tratte da "Notre Dame De Paris", dalla versione italiana di
Pasquale Panella.
Legenda:
Introduzione (tra il
titolo della fic e il titolo del primo capitolo)
Inconscio dell'inquisitore (in tutti i capitoli)
Canzoni (cantate)
SCELTA DI UN UOMO
Nel
XVI secolo il tribunale della Santa Inquisizione seminavano il terrore
nell'Europa occidentale e, soprattutto, in Spagna.
Il suo compito esplicito era mantenere e difendere
l'integrità della fede, esaminare e proscrivere gli errori e
le false dottrine.
Un capitolo a parte nella storia del tribunale dell'Inquisizione
è rappresentato dalla cosiddetta "caccia alle streghe".
Così
migliaia di innocenti persero la vita per scelta di qualcuno che si
credeva un rappresentante di Dio in terra, quando dimostrava
semplicemente che mostro sia l'essere umano.
Questo qualcuno allora si chiamava inquisitore.
CARCERAZIONE
"Monsignore l'inquisitore Neji Hyuuga."
Un uomo alto, distinto e imponente mosse i suoi pesanti passi nella
piazza del villaggio.
L'ennesimo villaggio che visitavano. L'ennesimo villaggio che
perquisivano. L'ennesimo villaggio in cui avrebbero lasciato il segno
con una forca giustamente usata.
Giustamente?
Il novizio appena dietro di lui annunciò a gran voce che nei
giorni seguenti avrebbero depurato il luogo dalla piaga della
stregoneria e
che i paesani avevano il dovere di collaborare nell'indicare gli
individui sospetti.
Tutte le persone presenti parlottavano fra di loro e qualcuno scrutava
diffidente la comitiva ecclesiastica, ma all'inquisitore non importava:
sapeva che sarebbero corsi tutti da lui per accusarsi a vicenda di
diavolerie e malocchi, affidandosi alla sua autorità per
prevalere.
Senza mascherare il disgusto che gli tingeva gli occhi, Neji si
voltò e si diresse verso il proprio alloggio.
Feccia umana, ecco cos'erano: egoisti fino alla nausea e con meno vera
fede di quanta potesse averne un cane randagio.
Ma proprio lui parlava?
Il sole cominciava ad abbassarsi.
L'inquisitore Hyuuga, chino sul tavolo a riscrivere il rapporto del
giorno precedente, fu non poco infastidito nel sentire bussare
insistentemente
alla porta.
"Avanti" comandò con la sua voce profonda e angosciante.
Perché quando parlava davvero angosciava l'animo.
Il novizio entrò piano, ma sicuro.
"Monsignore, ci è stato segnalato un sospetto."
"Sono tre giorni che ci vengono segnalati sospetti e da contadinotti
agitati per contese territoriali. Non accetterò altri
colloqui
con insulsi mentitori."
"Monsignore, è il signor curato del villaggio che ci ha
avvisati."
Neji alzò lo sguardo dal rapporto. Il curato, in quanto uomo
religioso, non poteva avere fini reconditi denunciando un
infedele. Ma in quei tempi neanche il consacrato si poteva dire per
certo onesto e sincero.
Acconsentì a riceverlo.
L'uomo, dall'aspetto tipico di un chierico, raccontò di aver
assistito ad un akelarre durante il quale una gitana arrivata da poco
nel villaggio aveva invocato a gran voce il demonio ballando nuda
intorno ad una piccola ombra che non poteva essere altro che un essere
diabolico.
Sciocchezze...
"Siete certo di quello che dite, signor curato?" domandò
scettico l'inquisitore "non vorrei mandare al rogo una povera zingara
solo perché i vostri occhi vedono quello che è
dettato dalla superstizione."
"Monsignore, osate mettere in discussione la mia parola?"
sbottò
di rimando il religioso "Dio nostro signore mi ha fatto assistere a
quell'abominevole scena perché i servi del demonio non
turbino
più gli animi dei nostri fratelli cristiani! Devo forse
pensare
che vossignoria non s'interessa di una sì nobile causa?"
Neji gli rivolse bruscamente lo sguardo con gli occhi spalancati.
Come osava... quando non aveva neanche idea di cosa significasse essere
quello che lui era!
"Arresterò questa gitana che vi inquieta tanto, signor
curato, e
la interrogherò. Se è vero che è una
strega,
verrà condannata e giustiziata" annunciò con tono
forzato
"altrimenti sarà liberata."
Il chierico, dopo un'occhiata acida, si alzò e si
offrì di condurlo personalmente dalla ragazza.
Il suono del tamburello faceva ridere e saltare i bambini,
mentre
i giovani osservavano con facce da ebeti la gonna che volteggiava e
girava.
La gitana ballava con una tale energia, con una tale leggerezza, che
anche le vecchie più sospettose la guardavano partecipando
all'allegria generale e gettando una piccola moneta nel cappello tenuto
da una piccola bambina dai capelli bianchi e gli occhi socchiusi.
Quando fu arrivato al seguito del religioso, l'inquisitore
studiò la ragazza: era molto giovane, non poteva avere
più di sedici anni, dalla carnagione abbastanza chiara e i
capelli castani raccolti in due crocchie sulla testa.
Aveva un sorriso straordinario.
Neji si riscosse scuotendo il capo e diede l'ordine al novizio, che
chiamò a gran voce:
"Voi, gitana!"
La ragazza smise di ballare e si voltò verso di loro,
tenendo il tamburello con entrambe le mani.
I paesani cominciarono a parlottare.
Il novizio riprese:
"Per ordine di monsignore l'inquisitore Neji Hyuuga, vi dichiaro in
arresto."
Due uomini della scorta della comitiva ecclesiastica l'afferrarono, non
lasciandole neanche il tempo di stupirsi.
Immediatamente la bambina col cappello le si avvinghiò alle
ginocchia.
L'inquisitore Hyuuga squadrò malamente la piccola albina e
ordinò:
"Allontanate quella vagabonda e portate via l'arrestata."
La gitana non oppose resistenza, ma quando vide spinta da una parte la
bambina, gridò:
"Ananche!"
Ma, costretta a voltare l'angolo, non la vide più.
"Zingara
qui nessuno sa niente di me
Zingara
è la strada la madre mia
Zingara, zingara
non si sa come amo, né chi
Zigara, zingara
la mia mano sa tutto di me..."
L'inquisitore Hyuuga la sentì canticchiare quelle insensate
frasi quando entrò nella stanza dove la giovane era stata
precedentemente interrogata dal novizio.
Quando lo vide entrare, quella si zittì subito. Poi
gettò un'occhiata al foglio che l'uomo teneva in mano.
"Il ragazzo che ti ha interrogata mi ha consegnato le risposte al
Malleus Maleficarum. Sai cosa significa?"
La gitana sbuffò.
"Sono una povera vagabonda, non so neanche di cosa state parlando."
"Parlo del manuale con cui noi inquisitori capiamo se una persona
è una strega o meno. E qua, zingara" sputò con
disprezzo
agitandole davanti il foglio "c'è scritto che tu sei una
strega."
"Mi condannereste solo per quello che è scritto in un libro?"
Neji studiò la sua risposta e il suo viso, e si accorse che
aveva le labbra rosee e pallide, dai contorni delicati e tondi, appena
socchiuse per respirare.
"Qui è scritto" disse riscuotendosi e leggendo gli appunti
del
novizio "che voi dichiarate di essere stata nel luogo indicato dal
signor curato e di aver fatto ciò di cui siete accusata.
Questa
si chiama confessione, quindi avete confessato di aver partecipato ad
un akelarre."
"Non è quello che ho detto!" sbottò la ragazza
incrociando le braccia.
Allora gli occhi dell'inquisitore caddero sul petto, scoperto
poiché il vestito era lacero e chissà quanto
vecchio.
"Ballavo una danza che mi insegnò la mia nutrice poco prima
di
morire: la stavo mostrando ad Ananche" continuò lei.
"Chi è Ananche?"
Era una parola stranamente familiare, ma che non riusciva a collocare
fra i suoi ricordi. Forse ai tempi dei suoi studi...
"Quella povera bambina a cui mi avete strappato."
"Ah, l'albina..." camminò intorno al tavolo, per poi
fermarsi
dietro la sedia su cui era la gitana "lo sapete che le albine sono
considerate portatrici del diavolo? Di conseguenza il curato avrebbe
ragione a dire che stavate danzando intorno ad una creatura diabolica."
Quella si voltò e lo fissò con sguardo duro.
"Soltanto perché una persona è diversa, deve
rappresentare per forza il male?"
Neji si lasciò scappare un mezzo sorriso di scherno e
ritornò al proprio posto.
"Questa vostra impertinenza vi porterà solo alla condanna,
spero che ve ne rendiate conto."
"L'unica cosa di cui mi rendo conto è che migliaia di
innocenti
muoiono solo perché dei mostri come voi lo ordinano..." fece
lei
a bassa voce, ma sentita.
"Come ti permetti!?" ringhiò l'inquisitore Hyuuga in preda
ad improvvisa collera "Ma lo sai chi sono io! Un religioso, un
rappresentante della Santissima Chiesa Cattolica!"
Ma la zingara non pareva per nulla spaventata dalla voce rabbiosa
dell'uomo.
"E quanto ci crede vossignoria in quella Santissima Chiesa Cattolica?"
Gli occhi di Neji si spalacarono. Le vene sulle tempie cominciarono a
pulsare vistosamente.
Come? Come poteva averlo scoperto?
In un moto di rabbia, l'afferrò per le spalle e la costrinse
al
muro, stringendo il più possibile senza neanche accorgersene.
"Tu! Squallida misera vagabonda e strega! Non devi neanche osar
mettere in discussione la mia autorità, non tu! Tu che non
sai
niente di me e della mia vita!"
Con lo sguardo basso, la gitana rispose a mezza voce:
"So che occhi come quelli significano un'infelicità
profonda. Tanto basta per capire che non hai più fede."
La mente gli si annebbiò quel che serviva per non rendersi
conto
che le sue mani le stavano afferrando il collo, bramando di toglierle
il respiro, mentre i suoi polmoni desideravano inspirarlo.
Poi d'un tratto riacquistò lucidità e si
sentì
trattenuto da un uomo della sua scorta, mentre davanti al lui il
novizio era inginocchiato vicino alla gitana, che tossiva con una mano
sul collo.
"Portatela in prigione immediatamente!" ordinò imperioso,
scrollandosi di dosso il soldato "Domani mattina verrà
portata in
piazza, dove la forca sarà pronta per l'esecuzione, e la
sentenza verrà letta davanti all'intero villaggio."
Si
avvicinò alla ragazza e sibilò con cattiveria:
"Trovatevi un Dio da pregare stanotte,
perché chissà dove potreste essere domani."
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Prigionia ***
PRIGIONIA
Quella
notte Neji non
riuscì a prender sonno. Poteva godere solo di un leggero
dormiveglia, il quale era puntualmente agitato da sogni impuri e
immagini voluttuose.
Al centro di tutto ciò, lei.
Quella insignificante zingara che si era permessa di mettere in
discussione la sua posizione, la sua autorità, la sua vita...
Quella giovane che aveva
preso in
prestito il corpo di Venere perché gli umani potessero
saziare i
propri occhi avidi di lussuria...
Si rizzò a sedere di scatto, come per far
scivolar via quei pensieri impudichi.
Guardò oltre la finestra e il cuore gli si fermò
per
qualche istante: con le unghie quasi conficcate nel vetro e due occhi
rossi e lampeggianti, l'albina che era detta chiamarsi Ananche.
Ma dopo che ebbe strizzato gli occhi, non la vide più.
Un'allucinazione, uno scherzo della mente.
Il fato che veniva a
riscuotere il suo tributo.
L'inquisitore Hyuuga si alzò e si vestì, mentre
per la
prima volta le due forze perennemente contrastanti nella sua anima
puntavano nella
stessa direzione.
La ragiove voleva raggiungere lei per capire cosa stesse succedendo.
L'istinto voleva lei, e basta.
Ebbene, avrebbe accontentato entrambe.
La ragazza era accovacciata in un angolo della cella, tremante per il
freddo, diffidente della guardia che la controllava, con lo sguardo
rivolto al piccolo buco nella roccia che le permetteva di vedere un
fazzoletto di cielo.
Non si accorse che, al posto della guardia, era entrato l'uomo che
l'aveva fatta rinchiudere, ma cominciò a canticchiare come a
consolarsi un po':
"Ali in
gabbia, occhi selvaggi
non potranno più volare
E l'infanzia dagli oltraggi
tornerà mai ad amare?"
Neji si avvicinò alle pesanti sbarre di ferro, osservandola
muovere quelle labbra rosee. E desiderò poterle mordere.
"Cosa ho
fatto io di male?
Io ballavo per le strade
e cantavo per la gente
quelle melodie gitane..."
L'uomo si spostò ad un lato della cella, in modo da non
esser visto, facendo aderire la schiena al muro.
Sentiva una tempesta crescergli dentro, percepiva sensazioni
sconosciute e la ragione sembrava venir sempre meno.
Quella zingara sarebbe diventata la sua
dannazione!
Quella gitana sarebbe
stata il suo paradiso...
E tramutò le emozioni in un sussurro che non si scontrava
col
basso canto della prigioniera, ma anzi sembrava accompagnarlo e
completarlo.
"Io so
cos'è la passione
ma non lo so se è veleno
Io non so più cosa sono
e se ragiono o se sogno
Annego e il mare è lei
sento i sentimenti miei
che non ho sentito mai
L'onda che non affrontai"
Si voltò nella direzione della ragazza e si
aggrappò disperatamente al muro col le mani.
"Mi
distruggerai, mi distruggerai
e ti maledirò finché avrò vita e fiato
Mi distruggerai, mi distruggerai
Tu mi hai gettato nell'abisso di un pensiero fisso
Tu mi distruggerai, mi distruggerai
mi distruggerai..."
Strofinando le unghie contro la fredda pietra produsse un fastidioso
stridore, che mise in allerta la gitana.
"Chi è là? Smettetela..." richiamò lei
balzando in piedi, quasi con voce implorante.
Probabilmente non riusciva a sopportare quel suono.
L'inquisitore si manifestò e quella indietreggiò
fino al
muro, sentendosi in trappola anche se li separavano più di
tre
passi e le sbarre.
"Voi?"
"Già" rispose lui avvicinandosi ancora di più
alle aste metalliche "io. Forse la mia presenza non vi aggrada?"
"Al contrario, vossignoria: mi mettete i brividi."
La rabbia cercò di montargli dentro.
"La vostra impertinenza non desiste neanche in prigione, vedo."
"Cosa ci fate qui?" chiese lei stringendosi nelle spalle.
"Sono il prete che viene prima di morire" fu la prima scusa che gli
venne in mente.
"L'avevo detto io" distolse lo sguardo dall'uomo "un altro innocente
che viene assassinato."
"Ti dichiari innocente?" Neji rovesciò il capo all'indietro
e rise quasi sadico "La superbia è un peccato, sai?"
"Lo è anche uccidere una persona."
Era la seconda volta che lo zittiva e questo non lo poteva soffrire.
"Tu, squallida..." si placò, per poi sogghignare "ma che
importa. Tanto domani penderai da quella forca, spogliata della tua
impertinenza e della tua stessa vita."
"E allora? Io starò bene. Rimarrà almeno la
dignità di essere umano, a me."
E il fuoco bruciò vivo negli occhi e nel cuore.
E l'istinto ebbe finalmente la meglio sulla ragione.
"Dovessi morire dannato e andare all'Inferno, ti spoglierò
anche
di quella dignità che ti tieni tanto stretta!"
sbottò
senza curarsi di tener bassa la voce.
La zingara si premette le mani sulla testa, confusa e intimorita.
"Tutto questo odio verso di me..." tornò a guardarlo "e solo
per aver detto la verità?"
"Odio?" con gli occhi percorse i lineamenti del viso, le curve del
gracile corpo, quelle dannate labbra rosee "Quello che provo
è
tutt'altro che odio..."
L'altra scosse la testa, incredula.
"Voi siete pazzo!"
"Pazzo? Forse..."
In un attimo la porta della cella si aprì e negli occhi
della gitana scalpitò il terrore.
"...ma a causa tua."
Si avvicinò, imponente e fermo, fino bloccarle ogni via di
fuga, inchiodandola alla parete col peso del proprio corpo.
"Lasciatemi... vi prego, lasciatemi..." implorava lei, dimenandosi
più che poteva.
Le tappò la bocca con una mano e con l'altra
cercò i bottoni dello straccio che indossava.
Ossessivi i suoi pensieri uscirono dalle sue labbra, sempre in un
sussurro che andò piano piano ad alzarsi in grido.
"E quel mio
cuore d'inverno
è un fiore di primavera
e brucia dentro l'Inferno
come se fosse di cera
Sei tu che soffi sul fuoco
tu, bella bocca straniera
Ti spio, ti voglio, t'invoco
Io sono niente e tu vera!"
Strappò la stoffa e se ne liberò, trovandosi
così
a sovrastare una piccola creatura nuda e singhiozzante dal viso umido
di lacrime.
La costrinse ad abbassarsi fino a terra con sé.
"Mi
distruggerai, mi distruggerai
e ti maledirò finché avrò vita e
fiato..."
Singhiozzava ancora. Povera stupida.
L'inquisitore Hyuuga si sistemò la veste e uscì
dalla
cella con il suo solito fare distinto e superiore, facendo rientrare la
guardia, il quale non notò il rivolo di sangue che dalle
gambe
della prigioniera riempiva i piccoli fossati fra le mattonelle pietrose
del pavimento.
Allora la ragazza si rialzò faticosamente e cercò
di coprirsi alla meno peggio coi resti del suo vestito.
Con voce rotta dal pianto e le lacrime che segnavano solchi sulla sua
pelle, canticchiò:
"Ali in
gabbia, occhi selvaggi
non potranno più volare
E l'infanzia dagli oltraggi
tornerà mai ad amare?"
Sebbene avesse soddisfatto il suo desiderio voluttuoso, il
sonno dell'inquisitore quella notte fu comunque tormentato.
Si era addormentato con la coscienza di ciò che aveva fatto
e
rendendosi conto che neanche conosceva il nome di quella zingara. Non
era attanagliato dal rimorso, ma sentiva comunque qualcosa formicolare
nel ventre, qualcosa di fastidioso.
Qualcosa peggiore del
rimorso.
Tale sensazione non lo abbandonò, neanche quando il viso di
una
bambina dai capelli bianchi e gli occhi rossi e lampeggianti gli
comparve in sogno, sussurrandogli con la sua vocina stridula:
"Il Fato verrà a riscuotere il suo tributo: Lui
dà a
ognuno ciò che si merita... presto verrà anche da
te..."
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Esecuzione ***
ESECUZIONE
Il
cielo era grigio quella
mattina. Non per via delle nuvole quasi del tutto assenti o di una
qualche nebbia. Semplicemente era grigio.
Era la prima ora del giorno e Neji passeggiava fuori dall'edificio dove
la comitiva inquisitoriale alloggiava, privo di sonno.
Il volto dell'albina quella notte gli aveva impresso nel petto un senso
di gelo estremamente fastidioso e il suo nome gli pulsava in mente
senza significato.
Ananche... Ananche...
Doveva essere una lingua antica.
Latino? No... Greco, magari? Forse. Non era mica aramaico...
L'inquisitore scosse leggermente la testa come per scrollarsi quella
parola di dosso.
Immediatamente dopo sentì un urlo acuto provenire dalle
prigioni, dove la zingara stava rinchiusa.
"No! Lasciatemi!" la sentì implorare con voce rotta.
Chiuse gli occhi e respirò profondamente.
Lui, uomo di Chiesa, aveva posseduto e violentato quella ragazza. Lui,
uomo di Dio, aveva fatto del male ad un altro essere umano.
Lui, uomo consacrato, ma uomo, si era innamorato di una gitana.
Così si ritrovò a cantare, come in quella notte
appena
passata tra violenza e passione, i suoi sentimenti, i quali parevano
molto più razionali dei suoi pensieri.
"Non
concoscevo te, ma un po' d'eternità
fu un mare per me la
vasta castità
nella quale versai tutto
il sangue dell'adolescenza
Non avevo che due
amanti, la religione e la scienza...
...Oh...
Sono un prete innamorato
di te
La mia anima
è il tuo fiato..."
D'istinto si avvicinò al buco nella pietra che permetteva
alla prigioniera di vedere un fazzoletto di cielo grigio.
Raggiuntolo, vi sbirciò dentro: la vide.
Era rannicchiata in un angolo, vestita della veste bianca che si dava
alle condannate a morte.
Non piangeva, ma le gote ancora umide scintillavano
nell'oscurità della cella.
Neji tornò eretto e fissò la terra polverosa
davanti a sé con sguardo vuoto.
"Evitavo le
donne, non mi facevo male,
c'era in me la forza di
una cattedrale
Poi ti vidi e sentii
dentro me l'uragano
e un fuoco che
svegliò il sonno di un vulcano...
...Oh...
sono un prete innamorato
di te..."
E la voce bassa ed impastata di pianto di lei fermò il suo
canto, facendogli rizzare le orecchie per poter cogliere ogni parola e
ogni sfumatura di suono.
Non vedeva che lei era in ginocchio, il viso alto a rimirare quel
fazzoletto di cielo grigio, le labbra rosee piegate in preghiera.
"Ave Maria
Perdonami
Non so che ho fatto ma
tu
lo sai...
...Ave
Maria
Questo è un
mondo di pazzi e non l'amo...
...Ave
Maria
Io non ho pace
Fammi dolce e
più caro l'amaro
È questa la
mia preghiera...
...Ave Maria
Parlo a te come amica
pagana...
...Ave
Maria
Io amo un uomo
Tu proteggilo come io
l'amo
...Ave Maria..."
Neji spalancò gli occhi, mentre la rabbia gli montava dentro
vestita di un altro nome.
Uomo? Quale uomo? Di che uomo parlava?
E fu così che conobbe la gelosia.
Con passi nervosi si allontanò il più possibile
da lì, lasciando scorrere fuori il flusso di pensieri.
"La
carne fatta a pezzi, tu non sai cosa sia
Tu
subisci l'amore, mi prendo il tuo disprezzo
Io
so la gelosia del mio cuore scoppiato
Io
so che non sei mia, so che da te sono odiato..."
Una mano si aggrappò al ramo più vicino e se non
fosse
stato per quella, sarebbe crollato a terra, sopraffatto dal mostro
appena conosciuto.
Un uomo... lei amava un altro uomo...
Il suo viso ritornò serio e, distinto come sempre, si
diresse
verso l'edificio, pensando che la ragazza quella mattina avrebbe smesso
di amare chiunque.
Essendosi allontanato troppo presto, non aveva sentito le parole che la
gitana aveva pronunciato piangendo dopo il suo canto:
"...per favore, aiutalo... aiutalo a capire, aiutalo a rendersi
conto... ne ha bisogno, Mari, ti prego... salvalo..."
Il grigio del cielo era diventato più scuro alla quarta ora
della giornata.
I paesani, accostati gli uni agli altri nel parlottare, guardavano
intimoriti l'imponente forca costruita al centro della piazza.
Quando la comitiva inquisitoriale arrivò, qualcuno
guardò
addirittura con compassione la ragazza legata che sommessamente seguiva
Neji Hyuuga.
Raggiunta la terrificante costruzione in legno, il novizio vi
salì sopra, insieme a due guardie che tenevano l'accusata,
con in mano un foglio di pergamena.
"La qui presente gitana, di nome Tenten, è accusata di aver
partecipato ad un akelarre, testimone il signor curato del villaggio,
di aver dato falsa testimonianza e di avere provato a stregare e
sedurre monsignor l'inquisitore Hyuuga..."
A quelle parole, la zingara si voltò verso Neji e
cominciò a gridare:
"Non è vero! E' una menzogna! Non ho mai fatto niente del
genere!"
Mentre si dimenava nel tentativo vano di liberarsi, quella poca
compassione evaporò dalla folla, lasciando spazio solo a
diffidenza e crudeltà.
Un frate della comitiva le puntò un dito contro e a gran
voce fece:
"Guardate
gli occhi, c'è fuoco in lei!"
Il popolo seguì il frate:
"C'è
il fuoco di una strega in lei!
E' pagana,
gitana, straniera, lei!"
Neji sentiva di provare quasi pietà per la zingara, ma poi
rammentò che il suo cuore era rivolto ad un altro uomo.
La gelosia lo pose a capo di quella folla accusatrice.
"E via,
confessate
Siete voi l'accusata."
La gitana, con le lacrime agli occhi, riuscì a stento a
rispondere per i singhiozzi.
"Sono
vittima e lo sapete
che non ho niente da
confessare..."
L'inquisitore la trafisse con lo sguardo, per poi ordinare con un cenno
al novizio di concludere.
"Tenten, per tutte le accuse appena elencate siete condannata alla
forca. Che il Signore nostro Dio abbia pietà di voi."
Fra strattoni e l'improvviso silenzio calato sulla piazza, il cappio fu
posizionato attorno al bianco collo della zingara, che continuava a
piangere e a scuotere lentamente il capo, incredula che quella fosse
davvero la fine.
Neji la raggiunse nel suo solito atteggiamento.
"Vi avevo avvertito che la vostra impertinenza vi avrebbe portato qui"
si abbassò in modo che solo lei potesse sentirlo
"così
almeno capirai quanto sia importante scegliere nella vita... e quanto
sia pericoloso fare la scelta sbagliata."
Tenten deglutì ed ebbe il coraggio di replicare in un
sussurro:
"Eppure io ho accettato le vostre di scelte sbagliate."
La rabbia montò, annebbiandoglia ancora la mente. Al che
l'inquisitore Hyuuga ritornò al proprio posto, alzando una
mano.
Uno...
Tutti i paesani avevano gli occhi fissi sul suo arto.
Due...
Anche quella misera zingara che era e sarebbe sempre stata la sua
dannazione.
Quella giovane gitana
che, solo per una notte, era stata il suo paradiso.
Tre.
...
Dopo il rumore prodotto dalla corda che si tendeva, si diffuse un
silenzio palpabile.
I piedi nudi dondolarono un po' prima di acquisire la
staticità
tipica della morte e le palpebre degli occhi, rimasti aperti, vennero
abbassate dal boia.
Neji le fissò il viso e si soffermò sulle labbra,
che da
rosee erano diventate subito violacee, e sentì nuovamente
quel
formicolio al ventre, quella pesante sensazione con cui il rimorso non
sembrava poter competere...
Si riscosse dai suoi pensieri accorgendosi, insieme agli altri
presenti, che le nuvole si stavano addensando, acquistando il medesimo
colore del cielo, mentre un impetuoso vento cominciava ad incalanarsi
per le strette vie del villaggio.
Gridi di stupore e stridule urla cominciarono ad echeggiare per la
piazza; la gente cominciò a fuggire, a correre verso le
proprie
case o comunque ad allontanarsi da lì.
Quando la piazza si fu svuotata, l'inquisitore vide tutti gli uomini
della comitiva stramazzare al suolo e contorcersi dal dolore, mentre
orribili pustole comparivano sulla loro pelle.
Orripilato, indietreggiò e si voltò per scappare,
ma la
visuale che gli si presentò lo bloccò: il corpo
senza
vita della gitana a terra su cui era chinata un bambina... una bambina
dai capelli bianchi.
"Tu..." sibilò l'uomo, rammentando l'immagine che lo aveva
tormentato quella notte.
La piccola albina alzò lo sguardo, rivolgendogli i suoi
occhi
rossi e lampeggianti, per poi ergersi in tutta la sua misera altezza.
Con la voce ormai a lui familiare, sussurrò, essendo
comunque distintamente sentita:
"Io ti avevo avvertito, ma tu non hai voluto ascoltare..."
"Cosa? Di che stai parlando?" domandò Neji, ormai nel panico.
"Il Fato viene sempre a riscuotere il suo tributo: Lui dà ad
ognuno ciò che si merita... tu hai scelto di non ascoltare e
ora
pagherai."
L'inquisitore sentiva il terrore impadronirsi del suo animo, senza che
ci fosse più una distinzione tra istinto e ragione: ormai
non
aveva più senso.
"Ma chi sei tu?! Che vuoi da me?!" urlò a squarciagola, come
solo la paura permette.
"Ancora non l'hai capito?" la bambina si avvicinò di qualche
passo, continuando a fissarlo "Mi manda il Fato: sono qui per
riscuotere il tributo."
Gli occhi dell'uomo si spalancarono al lampo che gli
illuminò la mente.
Ananche.
Dal greco antico: fatalità.
La fatalità
che veniva a riscuotere il tributo.
La piccola accennò un sorrisetto, poiché aveva
compreso,
per poi girarsi verso quello che ormai era solo un'ombra della vivace
gitana che era stata spogliata di tutto, dalla vita alla
dignità.
"Tenten poteva essere la tua salvezza" riprese con voce più
profonda "si trattava solo di scegliere e tu hai scelto di ascoltare e
vedere tutto tranne quello che ti diceva e che ti mostrava lei" si
voltò nuovamente verso di lui e, beffarda,
continuò "lei
ti amava, sai?"
Oramai le parole di quella bambina per Neji erano verità e,
quando la memoria lo condusse a rievocare l'ultimo canto della
zingara, sentì il cuore spezzarsi e la mente cedere
completamente.
"Per un qualche scherzo del destino, era destinata ad amarti per darti
una possibilità di redenzione" andò avanti
Ananche "anche
se credo che in fondo ti amasse al di là della
predestinazione e
al di là di tutto il male che gli hai fatto. E tu hai
buttato
via tutto."
L'inquisitore Hyuuga, che ormai non era più inquisitore,
cadde in ginocchio di fronte al Fato e alla Fatalità.
Davanti ad una forza
troppo grande per lui.
E pianse. Pianse, per la prima volta da quando aveva abbracciato e
abbandonato la fede, sentendosi piccolo ed insignificante.
Si sentiva, per la prima volta in vita sua, semplicemente uomo.
Nel pieno di questo travaglio, un coro invisibile riempì
l'ambiente con voci che parevano portate dal vento e Ananche parve
trarre forza da tutto ciò.
"Fatalità
ha il tuo destino in mano
Fatalità
la trovi sulla tua via
Fatalità
tu sei nessuno o sei un
dio
Fatalità
o sei puttana o sei re
Fatalità
la vita la devi a Lei..."
Come rinvigorita, la bambina fece un respiro profondo ed estrasse un
pugnale dalle pieghe della sua veste.
"Fatalità..."
Si avvicinò a Neji e, guardandolo dritto negli occhi, gli
conficcò la lama nel ventre, sibilandogli:
"Si trattava solo di fare una scelta."
"Fatalità..."
Con le mani premute sulla ferita, lui lasciò cadere da un
lato
il proprio corpo, finendo, per un qualche scherzo del destino, accanto
a Tenten.
E Ananche cominciò a dissolversi nel vento.
"...FATALITA'..."
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Epilogo di un uomo ***
EPILOGO
DI UN UOMO
Tutto
si era placato, tutto era silenzioso.
L'uomo di nome Neji Hyuuga, ancora cosciente ma ancora per poco,
fissava le labbra una volta rosee di quella gitana che era stata la sua
dannazione e il suo paradiso.
Si era trattato solo di fare una scelta...
Chiuse gli occhi con decisione: con quella poca coscienza che gli
restava, avrebbe fatto la sua ultima scelta.
Così con una mano sporca del suo stesso sangue
afferrò
faticosamente la ragazza per la vita e se l'avvicinò, in
modo da
far aderire quasi perfettamente il suo corpo al proprio.
Raccolse nei polmoni tutto il fiato che poteva e le sussurrò
ad un orecchio che non poteva più sentire:
"Quando
il tempo sarà passato
La
terra scoprirà
I
nostri due scheletri abbracciati
E
il mondo lo saprà..."
Tossì ed un rivolo di sangue gli colò dall'angolo
della bocca.
"Il
mio corpo l'ho abbandonato
mangiatelo,
avvoltoi
che
la morte ha già incatenato
i nostri
nomi e noi
Così
l'anima vola via
via
da un misero mondo perso
Questo
amore sarà una scia
tra
le luci dell'universo
tra
le luci del... dell'universo..."
E il respiro venne a mancare per sempre.
Fu così che Neji Hyuuga morì: compiendo una
scelta che mai altro inquisitore fece.
Scegliendo di amare
veramente, anche solo all'ultimo respiro.
FINE
Note dell'autore
Precisazioni
e dettagli credits:
I personaggi dell'inquisitore e del novizio sono ispirati ai personaggi
di "La ragazza e l'inquisitore" di Nerea Riesco. La figura della
zingara è ispirata a Esmeralda di "Notre Dame De Paris". La
trama s'ispira un po' a "La ragazza
e l'inquisitore" un po' a "Notre
Dame De Paris".
I termini propri dell'Inquisizione e della caccia alle streghe ed
espressioni del rinascimento li spiego qui di seguito:
akelarre
(detto anche Sabba): è l'incontro tra le streghe e Satana che si svolge principalmente
nel giorno di sabato e, più precisamente, durante la notte
tra sabato e domenica.
Malleus Maleficarum:
è un testo redatto nel 1486 dai frati dominicani Jacob
Sprenger e Heinrich Institor Kramer, allo scopo di soddisfare
l'urgenza di reprimere l'eresia e la stregoneria, espressa da Innocenzo VIII attraverso la bolla Summis
desiderantes,
del 1484.
Fu adottato come testo principale e manuale di caccia alle streghe per
antonomasia.
Mari: dea
pagana della tradizione basca.
Prima e quarta ora:
nel Rinascimento la prima ora corrispondeva alle 6 di mattina, quindi
la quarta ora corrisponde alle 10 di mattina,
Riporto di seguito i titoli delle canzoni usate (in ordine di
apparizione):
Carcerazione
-Zingara
Prigionia
-Ali in gabbia, occhi
selvaggi
-Mi distruggerai
-Ali in gabbia, occhi
selvaggi
Esecuzione
-Un prete innamorato
-Ave Maria pagana
-Un prete innamorato
-Il Processo
-Fatalità
Epilogo di un uomo
-Balla mia Esmeralda
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=238876
|