Eligis tuum iter (Scegli ciò che desideri)

di Strega_Mogana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Limbo di cartone ***
Capitolo 2: *** Che cos'hai fatto, Hermione? ***
Capitolo 3: *** Il primo risveglio ***
Capitolo 4: *** Promesse ***
Capitolo 5: *** Sorrisi invisibili ***
Capitolo 6: *** L’inizio ***
Capitolo 7: *** Bianche parole ***
Capitolo 8: *** Incubi dolci come un bacio ***
Capitolo 9: *** Parole che gelano l’animo ***
Capitolo 10: *** Vigliacco ***
Capitolo 11: *** Verità che fanno male come la lama di un pugnale ***
Capitolo 12: *** Attaccare con un sorriso. Difendersi con un sorriso. ***
Capitolo 13: *** Nonostante tutto ***
Capitolo 14: *** Non sei più solo ***
Capitolo 15: *** Peccato che sia un Potter ***
Capitolo 16: *** Diciannove anni dopo ***



Capitolo 1
*** Limbo di cartone ***


Ho deciso di spostare la raccolta dall'altra storia. I motivi sono due: la storia é piuttosto lunga e poi volevo che, nonostante faccia parte delle FF "Cinquantadue sorrisi per Severus" volevo che fossero separate.
Mi scuso per aver fatto questa modifica a metà storia.
Ricapitolando:
Questa è la famosa raccolta che si collega con il sorriso già postato “Porcospino”.
Vi prego di fare attenzione alle date in corsivo che troverete all’interno dei vari capitoletti, sono molto importanti in quanto ci saranno dei salti temporali tra un pezzo e l’altro anche di svariati anni. Passato e futuro si incrociano e può disorientare.
Spero che vi piaccia questa ennesima raccolta ovviamente sulla mia coppia preferita.
Gli aggiornamenti saranno, puntuali, ogni Venerdì.
Buona lettura,
Elena



n. 26

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Limbo di cartone

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
Pairing di questo sorriso: nessuno
Epoca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
L'incantesimo aveva funzionato.
Ora era in quel limbo e doveva solo dargli una possibilità.
Parole: 1013

Limbo di cartone


Maggio 1998
Luogo sconosciuto



La collina era silenziosa, deserta, quasi spettrale.
La strega si guardava attorno stupita, curiosa e spaventata allo stesso tempo.
Conosceva quel posto, l'aveva visto nel pensatoio appartenuto a Silente solo qualche minuto prima. O forse erano passate ore, era difficile scandire il tempo in quel luogo lontano dalla vita, ma anche dalla morte.
Fece qualche passo sulla strana erba verde priva di ogni profumo, non era morbida e fresca come si poteva immaginare. Sembrava dura, come se quel posto fosse stato disegnato; un bel disegno, ma irreale.
Il sole stava tramontando, avvolgendo tutto con la sua luce arancione; una luce spenta, fredda nonostante il colore, quasi malinconica. Le ricordò le foto ingiallite della sua bisnonna.
Non era esattamente questo quello che si era immaginata.
Non c'erano luci calde accecanti. Niente coro angelico. Niente volti sorridenti.
Non era esattamente l'inferno, ma neppure il paradiso.
La donna percorse il piccolo viale di terra battuta che conduceva al parco giochi nascosto dietro gli alberi dalle statiche chiome di un verde spento. Si bloccò a metà strada vedendo una figura vestita di nero seduta su una delle piccole altalene.
Le si mozzò il respiro in gola.
Era lui.
L'aveva trovato.
Camminò più veloce, raggiungendolo in pochi passi.
Il mago che era andata a cercare, in quel limbo tra il paradiso e l'inferno, sedeva con lo sguardo basso, i lunghi capelli neri a coprirgli il volto come una maschera.
Deglutì rumorosamente, non sapendo bene cosa aspettarsi o cosa dirgli.
- Professore... - lo chiamò timidamente facendo un passo avanti.
Nessuna risposta dall’uomo, neppure un cenno. Era come se non l’avesse né vista né sentita.
- Professore... - alzò la voce e fece un ulteriore passo – professore, mi sente?
L'altro rimase fermo nella sua posizione, dava l'impressione di essere una bambola di pezza abbandonata su quell'altalena da qualche incauta bambina.
- Professor Piton... - la strega strinse i pugni, non si sarebbe arresa così facilmente, era arrivata fin lì, doveva tentare per tutto il tempo che le restava in quel mondo tra i mondi, deglutì di nuovo – Severus...
Al suono del suo nome il mago alzò la testa di scatto.
La strega aprì la bocca per dire qualcosa, ma di fronte a quello sguardo speranzoso rimase senza parole.
- Lily...
Le si strinse il cuore nel sentire quell'unico nome sibilato con passione e disperazione.
Aspettava la madre di Harry.
Era logico in fin dei conti.
- No... professore non sono Lily. Mi dispiace.
E c’era vero dispiacere in quelle parole, avrebbe voluto essere lei. Dargli quella gioia, perché lui lo meritava. Aveva attraversato l’inferno per lei. Ed ora era lì. Disperato su quell’altalena, in un mondo immobile tra la vita e la morte. In un mondo finto avvolto da una tenue, fredda luce.
Solo. Come sempre.
Per tutto questo tempo, Severus?
Sempre.

Le parole di Silente avevano preso tutto un altro senso.
Il mago la fissò intensamente, ma sembrò non riconoscerla.
- No, non sei Lily. - era come un pensiero detto ad alta voce, si mise le mani tra i capelli e chinò il capo tristemente – Non verrà... ha scelto... di nuovo... e io che la sto aspettando da così tanto...
La strega avrebbe voluto piangere, sentiva la disperazione nella sua voce, aveva visto la delusione spegnere la fiamma della speranza nei suoi occhi neri, sentiva il suo dolore. Più era forte, più il mondo attorno a loro sembrava morire e spegnersi.
La donna sentì l'erba sotto i piedi sgretolarsi come se fosse di cenere.
- … così tanto... - singhiozzò Piton sull'altalena scuotendo il capo.
La fioca luce fredda del finto sole sembrò diventare ancora più informe.
- Professor Piton, la prego, deve ascoltarmi.
Il mago sollevò di nuovo la testa, lo sguardo velato dalla disperazione della consapevolezza di essere abbandonato nella morte, come nella vita.
- Professore?
- Lei é il Preside di Hogwarts. Se lo ricorda?
- Io... - si afferrò di nuovo la testa con le mani come se avesse una forte emicrania, ma non era certa che in quel luogo si potesse provare dolore. Non fisico almeno.
- Sa chi sono io? - insistette cercando di attirare la sua completa attenzione.
Il mago sollevò lo sguardo incrociando quello della strega.
- No. - disse con un soffio.
- Mi chiamo Hermione, Signore. – rispose portandosi una mano sul cuore - Hermione Granger.
Severus sembrò valutare le parole.
- Hermione... Granger... - ripeté lentamente.
Continuò a fissarla mentre lei si avvicinava fino a quando non gli fu davanti; le sottili labbra del mago continuavano a sillabare il suo nome, come se cercasse di afferrare un ricordo lontano.
Si chinò leggermente.
- Se preferisce insopportabile SoTutto, Signore.
Il mago sgranò gli occhi.
Hermione sorrise vedendo la scintilla della consapevolezza illuminare i suoi occhi di ossidiana.
Per un secondo pensò che erano belli. Che non erano per nulla simili a quelli che ricordava.
- Granger! – gridò, scattando in piedi e costringendola a fare un passo indietro. L'altalena dondolò alle sue spalle. Si guardò attorno disorientato. Lo vide passarsi una mano sulla gola e poi la guardò di nuovo – Sono morto.
Non era una domanda, ma un semplice dato di fatto.
Hermione fu stupita dal tono di voce del mago, non c’era stupore, non c’era disperazione, ma solo la triste consapevolezza della realtà.
Era morto.
- Sì - confermò – lei è morto.
Severus Piton sollevò un sopracciglio fine, aveva la stessa espressione anche in classe quando le risposte degli studenti non erano complete o approfondite nel modo giusto. O nel modo che lui riteneva giusto.
- Io no.- continuò lei sostenendo il suo sguardo.
Fu solo allora che l’attenzione del mago fu totalmente su di lei.
Hermione, per la prima volta da quando aveva messo in pratica il suo folle piano, arrossì. Mai nessuno l’aveva guardata con così tanta intensità.
- Che cosa hai fatto, Hermione?
Anche il suo nome, detto con quella voce, lo trovò bello. Lei che aveva sempre trovato il suo nome troppo complicato.
La strega sorrise di nuovo e si avvicinò a lui.
- Sono qui per darle una scelta.


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Capitolo 2
*** Che cos'hai fatto, Hermione? ***



Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Che cos'hai fatto, Hermione?

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
Pairing di questo sorriso: nessuno
Epoca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
L'aria attorno a loro vibrava di magia oscura. Uno spettatore esterno avrebbe potuto scambiare quella scena per una donna che piange sul corpo senza vita del proprio uomo.
Parole: 1439

Che cosa hai fatto, Hermione?

Maggio 1998
Hogwarts, Sala Grande



Minerva McGranitt era esausta.
Mentre aiutava Poppy a medicare i feriti e impartiva ordini a Gazza oltre che ad ogni mago non troppo ferito in grado di dare un mano, avrebbe voluto mettersi in un angolo e piangere per chi non ce l'aveva fatta, ma prima aveva molte cose da sistemare.
Prima il dovere e poi... poi tutto il resto. In quel momento piangere per la morte di amici e conoscenti era un lusso che non poteva permettersi.
Fece apparire delle bende che avvolsero il braccio di uno studente dell'ultimo anno di Tassorosso. Senza dire una parola si avvicinò al ferito successivo, mentre si chinava per vedere meglio la ferita notò, con la coda dell'occhio, un movimento strano all'entrata della Sala Grande. Ancora con i nervi a fior di pelle scattò dritta in piedi con la bacchetta pronta in mano.
Sgranò gli occhi quando vide Hermione entrare, il volto e i vestiti erano sporchi di sangue. E quello che sembrava fluttuare davanti a lei era il corpo di Piton.
Corse verso la strega sollevando la gonna strappata della veste.
- Hermione! - la chiamò quando la vide così pallida.
Quando il corpo di Severus fu posato con delicatezza a terra, la giovane strega cadde in ginocchio a terra, la bacchetta le scivolò di mano.
- Io... io... sto... bene... - sussurrò lei accasciandosi – sono... solo... molto... stanca... Occupatevi del professor Piton...
- Cara, Severus è morto. - le disse la strega mettendole una mano sulla forte e trovandola stranamente ghiacciata – Hermione tu stai male.
- No... - rantolò l'altra – lui... vivo... io...
Hermione svenne tra le braccia della donna.
Minerva si voltò verso colui che fino a qualche ora prima aveva creduto il più viscido dei traditori e un gemito sorpreso le sfuggì dalle labbra sottili.
Severus Piton stava respirando.
Debolmente, ma stava veramente respirando.
E si rese conto che, nonostante il sangue che lo sporcava, che sporcava entrambi, non aveva ferite evidenti sul suo corpo, eppure era certa che Potter le avesse detto che era stato azzannato da Nagini sul collo.
Sentì alle sue spalle Harry e Ron gridare il nome dell'amica. La vecchia strega osservò ancora la giovane e poi il mago che tutti credevano morto.
- Che cosa hai fatto, Hermione?

* * * *


Maggio 1998
Stamberga Strillante
qualche ora prima



Nella Stamberga la puzza di sangue era quasi nauseante.
La strega entrò ansimando, sporca di terriccio. Aveva il volto graffiato dalle radici del Platano Picchiatore che scendevano dal cubicolo che portava alla vecchia casa, i pantaloni erano stracciati all'altezza delle ginocchia e aveva un livido sulla guancia sinistra dove un Mangiamorte l'aveva colpita con un pugno dopo che lei l'aveva disarmato.
Aveva corso per tutto il parco, inciampando nei resti delle statue distrutte dei Troll, scivolando sul terreno umido con il cuore che batteva all'impazzata nel petto.
Non stava ragionando lucidamente.
Quando era entrata nella Sala Grande, dopo aver visto i ricordi di Piton, l'unica cosa che era riuscita a pensare era che quella guerra aveva portato via troppe vite senza motivo. Che tutta quella morte non aveva senso e che non si poteva evitare.
Qualcosa si era rotto quando aveva formulato quell’ultimo pensiero.
Qualcosa lei poteva fare.
Nella sua borsetta aveva i libri oscuri appartenuti a Silente; nessuno oltre a lei li aveva letti. Non c'era solo il modo per creare gli Horcrux, c'era la magia più oscura che avvese mai voluto consocere. C'erano formule e incantesimi che avrebbero fatto orrore a Lord Voldemort in persona. Li aveva letti per essere preparata, si ripeteva ogni volta che apriva quei libri di nascosto nella tenda mentre Harry e Ron dormivano o mentre faceva il turno di guardia, ma in realtà li leggeva perché voleva conoscerli. Non per usarli, ma perché la sua sete di conoscenza non aveva limiti.
Perché voleva sapere cos'era in grado di fare la magia.
Cose orribili c'erano scritte tra quelle pagine, ma più leggeva più voleva sapere, conoscere.
E mentre fissava i volti dei morti che quella guerra aveva preteso, mentre nelle sue orecchie echeggiava il pianto disperato di Molly, la sua mente continuava a ripeterle che lei qualcosa poteva fare. Non per tutti, ovviamente. Non per chi era stato ucciso con una maledizione, ma per qualcuno sì.
Senza più esitare, sapendo che aveva poco, pochissimo tempo per agire, era corsa fuori dal castello, ignorata da tutti, perfino dal suo neo fidanzato che piangeva sul corpo ancora caldo del fratello.
Era corsa per il parco, inciampando, scivolando e imprecando contro ogni ostacolo. Aveva strisciato lungo il tunnel che portava alla Stamberga, graffiandosi il volto, sporcandosi e facendosi male alle ginocchia, ma non importava. Non importava se poteva salvare almeno una vita.
Era entrata nella vecchia stanza colma di polvere e aveva fatto una smorfia disgustata per l'odore metallico del sangue.
Fece qualche passo e se lo trovò davanti, così come lo avevano lasciato. Steso sul pavimento, con gli occhi fissi sul soffitto tappezzato di ragnatele. La pelle sembrava grigia, se si escludevano le macchie scarlatte di sangue sul corpo e sul pavimento, gli occhi freddi e inespressivi.
Cercò di non guardare i due buchi neri sul collo che la fissavano come occhi maligni. Si inginocchiò sul corpo del mago e allungò una mano tremante posandogliela sulla guancia, sporcandosi con il sangue di lui.
Tirò un sospiro di sollievo al contatto con la sua pelle.
Era ancora tiepido.
Forse non era così in ritardo come credeva.
Velocemente aprì la borsetta ed estrasse un grosso libro dalla copertina di pelle nera. Non c'erano titoli, né simboli incisi sopra. Aveva lasciato dei segnalibri alle pagine che poteva trovare interessanti e quell'incantesimo era l'unico che si era ripromessa di usare solo in caso di estrema necessità.
Era difficile, pericoloso e contro natura.
L'aveva letto molte volte e, durante il lungo viaggio, aveva tradotto ogni runa presente nel testo ricavando una traduzione il più accurata possibile. E, per tutto il tempo, si era sempre ripromessa che l'avrebbe usato solo in caso di estrema necessità.
Beh questo era un caso di estrema necessità.
Aprì il tomo alla pagina esatta e la lesse velocemente a mente cercando di pronunciare ogni runa il più correttamente possibile.
Quando si sentì sicura lanciò un'ultima occhiata al mago disteso a terra.
Sospirò e iniziò a recitare la formula con calma, dandole il giusto ritmo e intonazione.
Arrivata la giusto punto prese l'athame dalla lama d'argento e si tagliò con decisione il palmo della mano. Fece una lieve smorfia quando la lama le tagliò la carne, ma la sua voce non tremò né perse intensità. Avvicinò il palmo sanguinante sulle labbra secche e pallide del mago e lasciò che il suo sangue gli bagnasse le labbra, scendendo nella bocca e scivolando nella gola squarciata.
Poi prese una mano del mago e ne taglio il palmo, unendo la sua ferita sanguinante a quella dell'altro.
Aumentò il volume della voce, chiudendo gli occhi, sentendo il fluido magico uscire da lei ed entrare nel rigido corpo che aveva davanti.
Sentì improvvisamente una mano invisibile trascinarla vero il corpo dell'uomo, mentre le pareti che li circondavano svanivano. Continuò imperterrita, sentendo le forze venirle meno, sentendosi sempre più debole, mentre un gelo innaturale la colpiva, congelandole il corpo. La voce si abbassava di tono, il ritmo diventava sempre più lento.
La terza volta che ricominciò ad evocare la formula la strega si accasciò sul corpo, sopraffatta dalla forza di quella mano che la spingeva verso Piton; ormai vedeva appena i muri della Stamberga. Si ritrovò a piangere mentre un filo di voce le usciva dalle labbra e la nausea saliva rischiando di farle rimettere quel poco che aveva mangiato alla Testa di Porco.
Quando finì nuovamente la formula, svenne sul mago inerme, sempre stringendogli la mano, con le lacrime che le bagnavano il volto e il sangue di lui che la sporcava.
L'aria attorno a loro vibrava di magia oscura. Uno spettatore esterno avrebbe potuto scambiare quella scena per una donna che piange sul corpo senza vita del proprio uomo.
La strega aprì gli occhi di scatto respirando affannosamente come se avesse corso o avesse trattenuto il respiro per parecchi minuti.
Si sentiva completamente prosciugata di ogni forza e un freddo innaturale che le faceva battere i denti.
Le lacrime ritornarono copiose a bagnarle il volto.
Non aveva funzionato.
Il corpo del mago era ancora disteso a terra, rigido, immobile, grigio.
- Voleva proprio morire, vero? - mormorò con un filo di voce continuando a versare silenziose lacrime, incapace di fermarsi.
Improvvisamente avvertì un rantolo e il petto del mago sotto di lei si sollevò in un debole respiro.
La strega sorrise e chiuse gli occhi sfinita.




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Capitolo 3
*** Il primo risveglio ***



Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Il primo risveglio

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Minerva fece un lieve sorriso e osservò il volto dell'uomo come se si aspettasse una risposta acida da un momento all'altro.
Si alzò e lisciò la gonna della veste.

Parole: 1425

Il primo risveglio

Giugno 1998
Londra, San Mungo



Quando aprì gli occhi le ci volle qualche minuto prima di capire dove si trovasse.
Decisamente non era l'infermeria di Hogwarts, attorno a lei regnava il silenzio più assoluto e l'odore che avvertiva era quello delle pozioni medicamentose e del disinfettante.
Poi capì: San Mungo.
Una fitta alla testa la costrinse a chiudere gli occhi. Non sapeva da quanto fosse in quella stanza, l'ultima cosa che ricordava nitidamente era il primo respiro di Piton sotto di lei e la fatica per sollevarsi dal quel pavimento sporco, raccogliere le ultime forze e sollevare il Preside con la magia.
Non ricordava il tragitto tra la Stamberga e il castello, aveva camminato per inerzia, ripetendosi che mancava poco, che poi qualcun altro si sarebbe preso cura di lui e di lei.
Sapeva che era entrata ad Hogwarts e che non aveva trovato nessuno fino alla Sala Grande. Ricordava la McGranitt, ma non quello che si erano dette.
Poi più nulla.
Aprì di nuovo gli occhi cercando di resistere al mal di testa e provò a muovere il corpo. Un gemito di dolore uscì dalle sue labbra quando provò a sollevare un braccio. Non c’era muscolo che non le facesse male o bruciasse. Si sentiva come se fosse stata pestata dal Platano Picchiatore per giorni interi.
L’incantesimo doveva averle tolto molta più energia di quanto avesse immaginato.
Cercò di parlare, di emettere un suono abbastanza forte in modo da farsi sentire, ma la stanza iniziò a girare vorticosamente e perse di nuovo i sensi.

* * * *


Giugno 1998
Londra, San Mungo
qualche giorno dopo



Quando aprì nuovamente gli occhi la luce attorno a lei era cambiata. Se erano passate ore oppure giorni non avrebbe saputo dirlo. Il mal di testa era più sopportabile e anche il dolore ai muscoli.
Forse aveva dormito per giorni.
Cercò di mettersi a sedere ma riuscì solamente ad alzarsi appena per poi sprofondare nel cuscino con un gemito frustrato.
Un urlo la fece sussultare dolorosamente.
- Si é svegliata! Si é svegliata!
Hermione sentì che la voce si stava allontanando, quando aveva alzato la testa aveva intravisto la cornice di un quadro sulla parete opposta al letto. Probabilmente il personaggio del dipinto era corso a chiamare qualcuno.
Non si stupì quando, pochi minuti dopo, un medimago entrò di corsa, seguito dalla professoressa McGranitt trafelata.
- Hermione! - fece la strega prendendole una mano – Come ti senti?
- Non lo so. - ammise la giovane strega continuando a fissare il soffitto – Da quanto sono qui?
Vide la donna lanciare un'occhiata al medimago che annuì impercettibilmente.
- Tre settimane. - rispose la professoressa.
Aveva dormito per parecchi giorni.
Restarono in silenzio per tutto il tempo in cui il medimago la visitò, Hermione notò subito che non la fissava negl'occhi.
- Lo sa! Sa cos'ho fatto per portare indietro l'anima di Piton. - pensò – In quanti hanno capito cos'ho fatto in quella casa? Ron e Harry cosa penseranno?
Il medimago le fece bere una pozione ricostituente dal gradevole sapore di menta piperita e le disse di riposare il più possibile.
Quando l’uomo uscì, la professoressa l'aiutò a sedersi sul letto, aggiustandole i cuscini dietro la schiena. La McGranitt si sedette su una sedia accanto al letto e tirò un sospiro di sollievo.
- Non sapevamo se ti saresti svegliata. Sei quasi morta.
Annuì solamente, sapeva che avrebbe dovuto spiegare a tutti quello che aveva fatto il perché del suo gesto, anche se non sapeva spiegarlo neppure a se stessa.
Minerva estrasse la bacchetta e fece apparire il tomo dalla copertina nera sul letto.
- L'ho trovato nella Stamberga. - spiegò la donna con calma – Non é stata una scelta saggia lasciarlo là.
- Non stavo ragionando lucidamente. - spiegò lei – Probabilmente deliravo.
Restarono in silenzio alcuni minuti. Hermione accarezzava distrattamente la copertina rigida del libro.
Per un attimo le venne in mente un altro sguardo nero. Brillante, intenso e pieno di vita.
Sorrise dolcemente, senza nemmeno rendersene conto.
Aveva mille domande che le bruciavano dentro, ma non sapeva da che parte iniziare.
- Per tutto il mondo magico, - disse la strega cogliendo al volo i suoi pensieri – Severus Piton è stato salvato da Fanny. – Hermione sollevò di scatto la testa ignorando il capogiro improvviso e fissando la vecchia strega – Tuttavia, - la professoressa fece un altro sospiro - ho dovuto spiegare cos’hai fatto al medimago che ti ha in cura, al signor Potter e alla famiglia Weasley.
Hermione abbassò il capo e annuì.
- Devo chiederti come hai avuto quel libro, Hermione.
Lentamente, lottando contro la stanchezza e il mal di testa, raccontò le ore dopo il funerale di Silente, il suo tentativo di appellare qualche libro che parlasse degli Horcrux e la sua sorpresa di vederli entrare dalla finestra come se nulla fosse. Le raccontò le notti passate a leggerli di nascosto, il suo orrore per gli incantesimi più raccapriccianti che avesse mai letto in vita sua e la fissazione per quella particolare formula.
- A quanto pare Albus voleva che li tenessi tu. - le disse quando ebbe finito – Forse credeva che fossero più al sicuro con te. O che avresti scoraggiato chiunque a provarli.
- Ero pronta a fare lo stesso con Harry se ce ne fosse stato bisogno. - disse risoluta continuando a fissare il libro ed ad accarezzare distrattamente la copertina rigida.
La professoressa restò in silenzio osservandola attentamente.
- E' inutile che ti dica che quello che hai fatto è stato...
- Stupido. - finì l'altra chiudendo gli occhi – Pericoloso, impulsivo e contro natura.
Sentì la mano fresca della donna sulla sua. Non aprì gli occhi per paura di vedere uno sguardo di rimprovero.
- Stavo per dire coraggioso.
Hermione aprì gli occhi di scatto incontrando il sorriso gentile di Minerva. Due grosse lacrime le solcarono le guance pallide.
- Devi riposare. - disse dolcemente la donna aiutandola a sdraiarsi di nuovo – Per oggi basta così.
La giovane donna fece un tirato sorriso abbandonando la testa pesante sul cuscino candido.
- Professoressa, - la chiamò sulla soglia – lui...
- Non si è ancora svegliato. - spiegò l'altra – Fisicamente è vivo, l'incantesimo ha cicatrizzato anche le ferite sul collo. Ma non sappiamo quando si sveglierà. Se si sveglierà.
Prima di chiudere la porta Hermione notò uno stanco sorriso sul volto della donna.

* * * *



Ormai le sue giornate le passava tra la scuola e il San Mungo.
Passava la mattina tra le carte burocratiche del ministero e la ricostruzione del maniero. Il pomeriggio era divisa tra la stanza di Hermione e quella di Severus.
Nelle settimane precedenti nessuno dei due aveva dato segno di voleri svegliare.
Almeno Hermione aveva aperto gli occhi, era un passo avanti.
Minerva entrò nella camera in penombra di Piton. Severus non si era mosso, era sdraiato nel letto, coperto dal lenzuolo. La sua carnagione aveva assunto un colorito più acceso da quando era stato ricoverato, ma non c'erano stati altri miglioramenti.
Si avvicinò al letto e, come faceva ogni volta, lanciò una rapida occhiata al petto dell'uomo che si alzava con un ritmo lento e regolare. Come se si aspettasse di non vederlo muoversi da un momento all'altro.
Quando aveva trovato quel libro nella Stamberga era rimasta allibita, si era infuriata per la stoltezza della Granger, un incantesimo oscuro potente e pericoloso, probabilmente sconosciuto. I primi giorni l'aveva rimproverata mentre lei era incosciente. Aveva gridato nella speranza di svegliarla a suon di urla.
Aveva pianto. Per lei e per Severus.
Si sedette sulla sedia accanto al letto, come aveva fatto nella stanza di Hermione.
- Hermione si è svegliata, Severus. - gli disse poggiando una mano sul letto, avrebbe voluto prendergli una mano, ma non lo fece – E' debole, ma sta bene. - sospirò di fronte all'immobilità del mago – Potter mi ha chiesto ancora se può venirti a trovare. Visto che sei incosciente credo che gli darò il permesso, sia mai che ti ci voglia la voce di Harry per farti svegliare. Posso anche accettare che tu tolga punti a Grinfondoro.
Minerva fece un lieve sorriso e osservò il volto dell'uomo come se si aspettasse una risposta acida da un momento all'altro.
Si alzò e lisciò la gonna della veste.
- Devi perdonare la mia breve visita di oggi, ma devo informare molte persone sul risveglio di Hermione. - prima di chiudersi la porta alle spalle la strega si voltò ancora verso il mago e gli fece un sorriso, si era ripromessa che Severus non l’avrebbe mai più vista arrabbiata con lui – Ci vediamo domani.





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Capitolo 4
*** Promesse ***



Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Promesse

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Harry Potter
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Si sentì improvvisamente di troppo, avrebbe voluto distogliere lo sguardo per non invadere quello che sembrava il loro spazio privato, ma non riusciva a distogliere gli occhi.
La vide sollevarsi e fissarlo in volto come se anche lui potesse vederla.
Si domandò, per l'ennesima volta, cosa fosse successo in quella casa.

Parole: 863

Promesse

Fine Giugno 1998
Londra, San Mungo



Erano passate due settimane dal suo risveglio e, finalmente, l'odioso medimago che l'aveva in cura, e che ancora non osava guadarla dritto negli occhi, le aveva dato il permesso di uscire dalla stanza e camminare un po'. Era solo da qualche giorno che riusciva a fare due passi da sola senza crollare a terra esausta, il suo corpo risentiva ancora degli effetti dell'incantesimo oscuro.
Nella sua stanza si alternavano la professoressa McGranitt, Harry e a turno un membro della famiglia Wealsey.
Raramente era sola per un lungo periodo e la cosa le andava più che bene. Restare sola voleva dire pensare a quello che aveva fatto.
Quella mattina toccava ad Harry.
Quando era entrato nella camera l'aveva aggiornata come sempre su quello che succedeva nel mondo fuori da quelle mura; a volte chiedeva il suo consiglio su cose più o meno importanti, ma spesso facezie. Le portava sempre un mazzo di fiori freschi, anche se la camera ne era ormai invasa.
Quella mattina era lei che doveva chiedergli un favore e sapeva che Harry era l'unico che l'avrebbe aiutata senza fare domande. O, comunque, senza fargliene troppe.
Reggendosi a lui percorse la breve distanza che separava la sua stanza a quella di Piton.
Entrò con un groppo alla gola, sentendo le lacrime pizzicarle gli occhi e un pesante macigno sul petto.
Staccandosi dall'amico fece pochi, incerti passi fino al letto. Si sedette sulla sedia accanto al mago e chiuse gli occhi, riprendendo le forze.
In quelle due settimane si era ricordata tutto quello che era successo in quel limbo dov'era precipitata quando aveva pronunciato l'incantesimo. I ricordi la colpivano ad ondate più o meno forti. A volte erano solo sensazioni, altre volte erano solo lievi sguardi o fugaci sorrisi che la facevano arrossire, altre ancora erano veri e propri dialoghi. Alla fine era riuscita a ricordare ogni parola, ogni sensazione, ogni immagine di quel luogo che si distruggeva mano a mano che la disperazione del mago aumentava.
E poi arrivava l'odio. L'odio per quell'orrida donna che l'aveva lasciato solo in vita e anche nella morte.
Non ne aveva parlato con nessuno, era una questione tra lei e Piton.
Quando le facevano domande, spesso cercando di coglierla impreparata e lanciandogliele a bruciapelo, diceva che il suo ultimo ricordo lucido era lei che iniziava a recitare la formula in quella casa.
Poi solo una serie di immagini senza senso e frasi dette solo a metà.
- Puoi prestarmi la tua bacchetta, Harry? - domandò con un di filo di voce.
- Il medimago ti proibisce ancora di fare magie? - fece l'altro passandogliela.
- Dice che potrebbe stancarmi troppo. - spiegò la strega con una smorfia – Ma credo che il suo più grande timore sia che possa andare in giro per l'ospedale a lanciare incantesimi oscuri come petardi babbani a Capodanno.
Sentì Harry ridacchiare alle sue spalle, prese la bacchetta e la fissò per qualche istante. Erano settimane che non stringeva una bacchetta magica, quella che aveva usato in battaglia le era stata tolta, era ancora quella di Ballatrix e non se ne dispiacque poi molto. La mano tremò appena quando fece apparire un vaso di vetro e un mazzo di fiori.
- Ci vuole un po' di colore in questa stanza.
- E' probabile che lui lo consideri uno spreco di spazio.
Sorrise e, con un altro colpo di bacchetta, tirò le tende della finestra lasciando che entrasse la luce del sole.
- L'oscurità l'ha avvolta abbastanza, professor Piton. - disse – E' ora di rinascere nella luce.
Si alzò a fatica dalla poltrona, Harry le offrì la mano, ma lei la rifiutò; voleva farsi vedere forte.
Gli mise una mano sulla guancia e si chinò sul suo volto. Alle sue spalle Harry pensò che stesse per baciarlo, invece lei si avvicinò al suo orecchio e gli sussurrò qualcosa.
Si sentì improvvisamente di troppo, avrebbe voluto distogliere lo sguardo per non invadere quello che sembrava il loro spazio privato, ma non riusciva a distogliere gli occhi.
La vide sollevarsi e fissarlo in volto come se anche lui potesse vederla.
Si domandò, per l'ennesima volta, cosa fosse successo in quella casa.
Hermione sorrise al volto immobile del professore, gli sistemò con dolcezza una ciocca ci capelli, poi allungò una mano nella direzione dell'amico per farsi aiutare.
Ritornati in camera l'aiutò a sdraiarsi, effettivamente quei pochi passi e quelle due semplici magie l'avevano stancata, ma lei non voleva farlo vedere.
Invidiava il suo coraggio e la sua forza. Lui aveva sconfitto Lord Vodemort, ma era stata fortuna, la maggior parte delle volte non sapeva cosa fare, come muoversi. Aveva solo seguito il suo intuito.
Hermione invece...
La vide chiudere gli occhi stremata, aveva anche iniziato a tremare per il freddo nonostante fosse piena estate.
- Posso farti una domanda, Hermione? - le chiese mentre la copriva con una coperta pesante.
Lei annuì affossando la testa nel cuscino.
- Cos'hai detto prima a Piton?
- Gli ho detto che mantengo sempre le mie promesse. - biascicò lei, poi sollevò gli angoli della bocca in un sorriso divertito – E che come Bello addormentato non convince nessuno. - finì prima di addormentarsi di colpo.

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Capitolo 5
*** Sorrisi invisibili ***



Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Sorrisi invisibili

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Spostò ancora una volta lo sguardo sul volto del mago cercando un sorriso divertito o compiaciuto. Sorriso che, ovviamente, non sarebbe mai arrivato.
Parole: 1.101


Sorrisi invisibili

Luglio 1998
Londra, San Mungo



Passarono giorni interi, settimane e presto finì il secondo mese di degenza al San Mungo.
Hermione entrò nella stanza di Piton sicura sulle gambe, ormai abbastanza forte da stare in piedi quasi tutta la giornata.
Entrò con un sorriso raggiante nonostante Severus non avesse ancora dato cenno di volersi svegliare.
- Guardi professore. - gli disse mostrando una bacchetta nuova – Me l’ha inviata Olivander. Finalmente ho una bacchetta, quella che avevo usato ad Hogwarts non era mia. Era ancora quella di Bellatrix. Era potente, ma... - sollevò le spalle come se non trovasse le parole – non era mia.
Cambiò i fiori nel vaso e sistemò le tende della camera, poi prese posto sulla poltrona accanto al letto.
- Molly mi ha portato la Gazzetta del Profeta di ieri e Ginny la mia borsetta di perline. Finalmente posso leggerle qualcosa di più interessante del Settimanale delle Streghe abbandonato da qualche infermiera.
Osservò il suo volto fingendo di vederci un sorriso sarcastico. Uno di quelli sottili e ironici che incurvavano le sue labbra pallide.
- Mi è stato detto che dovrei consultare uno specialista. – si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio imbarazzata - In parole povere uno psicologo. A quanto pare gli incantesimi oscuri possono cambiare la persona che li esegue. – aprì il giornale e cercò un articolo interessante – Ho detto al medimago di andare al diavolo. Credo che non sarò mai una delle sue pazienti preferite. Anzi, ora che mi è arrivata la bacchetta, credo che lo vedrò solo per il controllo settimanale.
Spostò ancora una volta lo sguardo sul volto del mago cercando un sorriso divertito o compiaciuto. Sorriso che, ovviamente, non sarebbe mai arrivato.
La strega sospirò e distese il giornale sul letto.
- Iniziamo con le notizie sul Ministero, ve bene? Poi leggo anche l’inserto di Pozioni.
Lesse tutto il giornale ad alta voce per un’ora, scegliendo le notizie più interessanti, commentando e cercando una risposta su quel volto immobile. A volte sentendo nella sua testa la voce di Piton che faceva un commento ironico.
Quando richiuse il giornale sospirò e si appoggiò allo schienale della poltrona.
Poté vedere quel sottile sopracciglio alzarsi come muta richiesta di spiegazioni a quel suo sonoro sospiro.
- Ron mi ha lasciato. – disse tutto d’un fiato abbassando lo sguardo sulle ginocchia – E’ strano dirlo, visto che non siamo mai stati veramente fidanzati se si escludono le due ore al castello durante la battaglia. Mi ha detto che non riesce a superare quello che ho fatto. Dice che ho preferito lei a Fred. Gli ho spiegato che l’incantesimo non poteva avere effetto sul fratello, ma…. - lasciò la frase in sospeso appoggiando la testa sullo schienale e chiudendo gli occhi – Credo che sia meglio così. Mi chiedo solo perché non stia male come dovrei.
la sto aspettando da così tanto...
Aprì gli occhi restando in silenzio. Rimase a fissare il volto immobile del mago per parecchi minuti. Sentiva le voci ovattate nel corridoio fuori dalla porta, ma le ignorò.
Le tornarono in mente le parole che si erano detti in quel limbo.
La sua disperazione. Il suo sguardo appassionato.
E il calore del suo corpo.
- Forse è meglio così.

* * * *


Agosto 1998
Londra, San Mungo



La borsa cadde a terra con un tonfo riempiendo il silenzio della camera.
La strega si avvicinò al letto del mago.
- Mi dimettono. – disse con un filo di voce, tremava dalla testa ai piedi – Mi sente professore?
Il mago non si mosse, fermo in quel letto da ormai tre mesi e mezzo. – Professor Piton, riesce a sentirmi?
Hermione si avvicinò ancora di un passo.
- Professore… - raccolse tutto il suo coraggio Grifondoro e si sdraiò accanto a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla.
Il corpo di Piton era caldo, ma spigoloso. Non era fatto per accogliere quello di una donna, Hermione lo sapeva, ma aveva bisogno di quel contatto. Aveva bisogno di lui in quel momento, di quel Piton che aveva visto in quel mondo sospeso tra i mondi. Quel Severus che neppure Lily aveva avuto il coraggio di conoscere.
- Severus… - gli sussurrò all’orecchio con voce tremante – cercherò di venire da te tutti i giorni. Te lo prometto. Non ti lascio qui da solo. Ti ho già detto che mantengo le mie promesse. Ma tu devi svegliarti. Fai vedere a tutti quanto puoi combattere. Severus…
Ed Hermione, sdraiata in quel letto, abbracciando un caldo corpo immobile fece quello che, per gli ultimi tre mesi, si era ripromessa di non fare: scoppiò a piangere.
- Mi dispiace... - singhiozzò sulla sua spalla – credo di averti condannato ad un destino ben peggiore della morte. Mi dispiace così tanto.

* * * *


Tempo e luogo imprecisati



- E' ora di andare, Severus.
- No.
- Severus...

Il tono era di ammonimento e divertito nello stesso tempo.
- Devi andare. Non puoi restare più qui. Non è il tuo posto.
Il mago non sapeva bene dove fosse quel posto. Sapeva solo che stava bene, che era sereno, che quello che l'aspettava dall'altra parte – qualsiasi cosa ci fosse dall'altra parte – non sarebbe stato lo stesso.
E poi quella presenza che aveva iniziato a fargli compagnia negl'ultimi tempi era rassicurante, divertente... dolce.
A volte aveva la voce di Lily, della Lily adolescente, dell'acerba donna che gli aveva rubato cuore e anima. A volte aveva la sua di voce, sarcastica e cinica che gli diceva che passare l'eternità in quel limbo era la soluzione migliore per tutti. Altre volte aveva una voce che non riconosceva, gli ricordava qualcosa, come una vita passata, ma ogni volta che credeva di aver afferrato il ricordo legato ad essa gli sfuggiva.
Ed era questa la voce che gli parlava ora.
- Non c'è nulla per me dall'altra parte.
- C'è la vita, Severus. La tua vita.
- Non ci sei tu.
Era una dolce compagna quella voce. Intelligente e brillante. Gli piaceva parlare con lei, forse anche più che parlare con la voce fantasma di Lily.
Non aveva propriamente un corpo in quel posto, ma sentì la presenza – quella presenza - avvicinarsi a lui, sentì il calore di un corpo accanto sé. E un sapore dolce sulle labbra. Dolce come un bacio delicato.
- Io ci sarò sempre, Severus. Non ti lascio solo.
- Ma...

Ancora quel dolce sapore, un altro dolce bacio sulle sue labbra invisibili, sentì il sorriso rassicurante di quella presenza sulla pelle o dove doveva esserci la sua pelle.
- Te lo prometto, Severus. Io non ti lascerò solo.
Questo la voce di Lily non glielo aveva mai detto.

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Capitolo 6
*** L’inizio ***



Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: L’inizio
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Harry Potter, Ginny Wealsey
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
- Severus Piton si é svegliato. - echeggiò la voce della professoressa di trasfigurazione.
Un rumore di vetro infranto ruppe il silenzio calato nella stanza.
Hermione aveva fatto cadere la bottiglia. Sorrideva e piangeva allo stesso tempo.

Parole: 890

L'inizio

Fine Settembre 1998
Londra, San Mungo



La giovane infermiera entrò nella stanza di Piton senza fare rumore.
Non che ce ne fosse il bisogno, il mago era in coma profondo, non avrebbe sentito neppure un gruppo di centauri galoppare nella stanza.
I medimaghi iniziavano a credere che non si sarebbe mai svegliato.
L'infermiera lanciò un’occhiata sfuggevole al paziente.
Non le piaceva entrare in quella stanza, era quasi sempre buia – se si escludevano i momenti in cui Hermione Granger andava a fargli visita – spoglia e fredda.
Entrare in quella stanza le deva sempre un senso di malinconia.
E poi la reputazione di Severus Piton era conosciuta in tutto il mondo magico. Nonostante fossero cadute tutte le accuse, era stato il braccio armato di bacchetta Tu–Sai–Chi. Le dicerie sul mago si sprecavano, giravano voci spaventose sull'anno in cui era stato Preside di Hogwarts.
Per quanto le riguardava sperava che non si risvegliasse mai.
Mentre sistemava le poche cose nella stanza lanciò un'altra occhiata al paziente.
Il cuore le mancò un battito e un urlo le morì in gola.
Severus Piton aveva gli occhi aperti.

* * * *


Inizio di Settembre 1998
Hogsmeade


Non aveva un posto dove andare.
I suoi genitori, o meglio Wendell e Monica Wilkins, avevano venduto la casa a Londra per trasferirsi in Australia. I Weasley, ovviamente, le avevano offerto ospitalità e la serenità di una famiglia, ma aveva rifiutato. Non avrebbe sopportato l'idea di vivere sotto lo stesso tetto di Ron e delle sue occhiatacce o di vivere nella vecchia camera di Fred sapendo quello che non era stata in grado di fare per lui e per tutti gli altri. Harry le aveva offerto di dividere con lui e Ginny Grimmauld Place. Aveva rifiutato anche quell'offerta, non sarebbe mai stata in grado di vivere in quell’oscura casa con Kreaker avendo come sottofondo le effusioni romantiche di una giovane coppia.
Aveva ricevuto un encomio dal Ministero, ma non le sarebbe bastato per viverci e comprarsi una casa. Le ultime sterline del suo misero conto babbano le aveva spese durante il viaggio per cercare gli Horcrux e così era sola, senza un posto dove andare e al verde.
La professoressa McGranitt le aveva detto che Hogwarts sarebbe sempre stata aperta per lei. Si era presentata al portone di quercia tremante, con un groppo alla gola e le lacrime che le offuscavano la vista. Non era certa di poter stare in quel castello dopo tutto quello che aveva visto e provato.
Solo l’idea di vivere lì le faceva mancare il respiro.
A quella visione la professoressa le aveva dato un'altra opzione.
- E' vuota da anni. - le disse porgendole un mazzo di chiavi – Ma é ben tenuta e ci sono i mobili. Puoi viverci tutto il tempo che vuoi, anche per sempre.
- Ma… professoressa... é la sua casa...
- Non é più la mia casa da molto tempo, ormai. Troppi ricordi felici che mi fanno star male. Potrai frequentare Hogwarts per i M.A.G.O., se questo é il tuo desiderio. Sei abbastanza grande per non essere più una semplice studentessa. Stare nella Sala Comune con gli altri potrebbe essere imbarazzante e saresti bombardata da domande sulla guerra e Harry. Hogsmeade è abbastanza vicino al castello e nessuno oserà disturbarti.
Così si era trasferita nella vecchia casa della professoressa McGranitt. Era effettivamente una bella casa, una villetta in vecchio stile, su due piani, con un giardino che avrebbe voluto coltivare in futuro, forse chiedendo aiuto a Neville.
Harry e Ginny l'avevano aiutata a spostare i mobili secondo il suo gusto e mettere in ordine gli oggetti stipati nella sua magica borsetta.
Ron non le rivolgeva la parola da quando l'aveva lasciata.
- Ma quanti libri hai lì dentro? - domandò Ginny osservando il pavimento ingombro di tomi più o meno voluminosi.
- Parecchi. - rispose lei con un sorriso – Vanno nella libreria al piano di sopra, nella stanza che diventerà il mio studio. Andranno divisi per argomento e in ordine alfabetico.
- Ma così non possiamo utilizzare la magia! - si lamentò l'amica.
- Allora é meglio sbrigarsi. - rispose lei facendo levitare la prima pila di libri e portandola al piano di sopra – Voglio finire tutto oggi.
Ci volle tutto il giorno e non pochi sbuffi di Ginny per finire, ma avevano sistemato la casa ed ora aveva un posto dove vivere.
Quando il sole era del tutto sparito e le prime stelle avevano iniziato a punteggiare il cielo che si scuriva con il passare dei minuti, Ginny entrò in casa con tre burrobirre fresche.
- Offerte da Madama Rosmeta, - esclamò passando una bottiglia a Harry e una ad Hermione – dice che é il suo modo per darti il bentornata al Villaggio.
Non beveva una burrobirra dalla vigilia della battaglia, l'ultima gliela aveva offerta il fratello di Silente.
Lei e Harry si scambiarono un'occhiata, entrambi avevano fatto lo stesso pensiero.
Brindarono per inaugurare la nuova casa e l'inizio della loro nuova vita. Verso metà bottiglia un gatto argenteo entrò dalla finestra aperta.
Le risate si bloccarono all'istante.
Il patronus si sedette sul pavimento e aprì la piccola bocca.
- Severus Piton si é svegliato. - echeggiò la voce della professoressa di trasfigurazione.
Un rumore di vetro infranto ruppe il silenzio calato nella stanza.
Hermione aveva fatto cadere la bottiglia. Sorrideva e piangeva allo stesso tempo.

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Capitolo 7
*** Bianche parole ***



Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Bianche parole

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Non avrebbe saputo dire se era felice e arrabbiato per quello che gli era capitato. Aveva sempre avuto il sospetto che la sua vita si sarebbe conclusa in modo violento durante la battaglia. Non aveva mai fatto progetti dopo la caduta del Signore Oscuro, per il semplice motivo che non credeva che ci sarebbe stato un dopo per lui.
Invece ora si ritrovavo con una vita del tutto inaspettata davanti agli occhi e non sapeva cosa fare.

Parole: 2.161

Bianche parole


Giugno 2002
Londra, Spinner's End



Severus appoggiò sul letto la sua borsa di pelle nera con un sospiro.
La scuola era finita da qualche settimana, aveva sistemato gli ultimi lavori, congedato gli insegnanti, inviato le ultime missive al Ministero e dato gli ordini agli elfi domestici per l'estate. Finiti gli ultimi compiti aveva preso i suoi effetti personali ed era tornato a casa.
Aveva sempre considerato Hogwarts la sua vera casa, Spinner's End era solo un luogo dove andare a tentare di rilassarsi e abbassare il suo livello di stress causato dal lavoro. Nonostante odiasse quella casa ci andava ogni anno per un paio di mesi a passare giornate tranquille e del tutto improduttive.
Leggeva molto spesso libri che aveva già letto almeno un paio di volte. Alcune volte andava a Diagon Alley, altre girava per la Londra babbana mimetizzandosi tra la folla di turisti e inglesi ignari del suo nome e di quello che significava.
Gli piaceva girare i musei, freschi e silenziosi. Nel totale anonimato, senza maghi dai finti sorrisi che lo additavano come eroe.
Un tempo andava al vecchio parco giochi, solitamente al crepuscolo, quando era certo di trovarlo deserto. Si fermava vicino all'albero e fissava le altalene; a volte, se si concentrava abbastanza, poteva ancora vederla librarsi in aria con il sottofondo delle grida della sorella.
Un tempo.
Ora gli era stato portato via anche quel ricordo.
E all'immagine della giovane strega dai capelli di fuoco si aggiungeva la giovane strega riccia che gli tendeva la mano con un sorriso.
Sono qui per darle una scelta.
Sei patetico, Severus.

Il mago distese le labbra in un sorriso cinico. Era proprio patetico. Ma era così che doveva andare.
Così che aveva deciso.
Così che aveva scelto.
Senza accorgersene si passò una mano sul collo, nel punto in cui avrebbero dovuto esserci due tonde cicatrici, e si sforzò di non perdersi nei ricordi. O nel pensiero di due occhi color nocciola che lo imploravano.
Che lo amavano.
Ci riuscì per un po'. Distratto da un libro e da un buon liquore invecchiato al punto giusto dimenticò tutto.
Quando si alzò, il giorno dopo, si sentiva rilassato e riposato.
Niente sogni malinconici. Niente dolci labbra da torturare con i suoi denti e niente corpo in cui affondare con il proprio.
Niente risveglio colmo di sofferenza per l'ennesima scelta dolorosa della sua vita.
Scese le scale per andare in cucina, aveva bisogno di un buon caffè e, forse, si sarebbe vestito e avrebbe fatto un giro in qualche museo babbano.
Stranamente non aveva voglia di stare in casa.
Si bloccò davanti alla porta della cucina quando intravide qualcosa davanti alla porta d'entrata. Il postino era arrivato presto quella mattina e aveva lasciato scivolare nella fessura della porta una cartolina.
Il mago si chinò a raccoglierla.
- Parigi. - mormorò osservando la fotografia. Era Notre Dame in bianco e nero; la cattedrale era avvolta da una finta nebbiolina che qualche grafico aveva aggiunto per rendere la cattedrale più sinistra.
Girò la cartolina non sorprendendosi di trovarla bianca se non per l'indirizzo scritto di lato.
Conosceva bene quella grafia, aveva corretto per anni temi sempre troppo lunghi scritti in quel modo tondeggiante ed ordinato.
Osservò ogni carattere scritto con precisione e accuratezza e lo spiazzo lasciato bianco di proposito per permettere di scrivere le solite frasi insignificanti ai parenti costretti a casa.
Vuoto, come il suo cuore.
Forse come il cuore di entrambi.
Ma per lei c'era ancora tempo, ancora speranza. L'aveva già macchiata con la sua anima, con il suo corpo.
Non poteva avere altro da lei.
Non era giusto.
La voltò di nuovo perdendosi nella foto della cattedrale per pochi istanti. Si avvicinò al mobile basso nel corridoio e aprì l'unico stretto cassetto, dove altre due cartoline – una da Praga e una da Amsterdam – anch'esse bianche, erano state ricevute l'estate precedente.
Velocemente, senza perdersi in altri ricordi, infilò la cartolina nel cassetto e lo chiuse con un colpo secco.
Uscì di casa dopo pochi minuti, senza fare colazione e rientrò solo la sera tardi, quando era troppo stanco per cedere alla tentazione di andare da lei.

* * * *


Ottobre 1998
Hogwarts, Ufficio del Preside



La piuma d'aquila scivolò dalla mano della strega.
- Severus!
Minerva scattò in piedi incredula.
- Ti hanno già dimesso? Perché non mi hanno informato?
- Non preoccupati, Minerva. - fece il mago appoggiando la borsa a terra – Sono stato io a chiedere di non dire nulla.
La donna si avvicinò preoccupata e gli posò una mano sulla guancia.
- Sei pallido. - disse in tono materno.
- Io sono sempre pallido. - rispose ironicamente lui.
- Perché ti hanno dimesso?
- Perché un'occhiataccia fatta bene vale più di mille maledizioni.
La professoressa sgranò gli occhi.
- Severus! Tu dovresti stare ancora in ospedale.
Il mago scosse il capo.
- Ho solo bisogno di riposo e di una serie di pozioni che posso distillarmi da solo. Posso farlo anche qui, sempre che tu acconsenta, Minerva.
- Ma certo Severus! Perché dovrei darti io il permesso?
Il mago arricciò leggermente le labbra sottili.
- Sei la Preside.
Fu il turno della strega di scuotere il capo.
- No, Severus. Sei tu il Preside. Io sono solo una vecchia strega che fa le tue veci.
- Minerva…
- Hogwarts é la tua casa, Severus. E le sue porte saranno sempre aperte per te. Albus sarebbe d'accordo.
Severus lanciò un'occhiata alle spalle della strega. Il ritratto di Silente era vuoto.
- Sei la seconda persona a cui lo dico quest'anno. - sorrise la donna.
Piton distolse lo sguardo dalla tela e fissò la strega, sollevò un sopracciglio in una muta domanda.
- Hermione. - rispose – Ha chiesto di riprendere gli studi.
- Da quello che so al famoso trio di eroi - a Minerva non sfuggì la sfumatura sarcastica della sua voce – é stata concessa l'opportunità di intraprendere la carriera che vogliono senza sottoporsi ai M.A.G.O..
- Sì, é vero. Potter e Weasley hanno, ovviamente, accettato con entusiasmo l'offerta. Conosci la signorina Granger, Severus. Non l'avrebbe mai trovato corretto nei confronti degli altri.
Minerva lo accompagnò fino alle sue stanze. Avevano parlato della sistemazione della scuola e dell'assunzione dei nuovi insegnanti.
Chiese a Minerva di occuparsi della scuola per quell'anno. Si sentiva ancora troppo debole per quell'incarico e le pozioni che doveva distillare per il sua totale guarigione erano lunghe e complesse.
La vecchia strega aveva acconsentito, ma l'aveva avvertito che per qualunque decisione importante riguardante la scuola avrebbe richiesto il suo parere.
Rimasto solo nella sua vecchia stanza, Severus sprofondò sulla poltrona davanti al camino spento, come aveva fatto ogni volta che tornava da una delle sue missioni per l'Ordine.
Solitamente, con una precisione che andava ben oltre la coincidenza, dopo pochi istanti entrava Silente per sapere l'esito della missione, chiedendo ogni informazione che ritenesse utile per i suoi scopi. Poi si preoccupava della sua salute.
Ma Silente non avrebbe varcato mai più quella porta.
Già perché tu l'hai ucciso.
Il mago si abbandonò contro lo schienale della poltrona.
Dal suo risveglio erano passate poche settimane. Stava incredibilmente bene. Era vivo. Sano e del suo passato era rimasta solo una cicatrice sul braccio e gli incubi di anni di orrori.
Minerva era corsa da lui non appena l'avevano avvertita del suo risveglio. Aveva pianto sul suo letto implorando perdono per quelle parole dettate solo dalla rabbia.
Anche lui le aveva chiesto perdono per tutto quello che aveva fatto, per le punizioni agli studenti più dure del necessario, per le sue occhiate di sfida, per aver ucciso Silente senza trovare una soluzione alterativa.
Era stato un incontro toccante e che avrebbe definito imbarazzante se qualcuno avesse assistito alla scena.
Quando le frasi sdolcinate furono finite Minerva entrò in un argomento più delicato.
- Qual'è il tuo ultimo ricordo, Severus?
- Potter... - aveva risposto appoggiando la testa sul morbido cuscino candido come la prima neve – Potter che non sa farsi i fatti suoi.
La vecchia amica aveva stretto le labbra trattenendo un sorriso.
- Come... - iniziò – chi... perché non sono morto, Minerva?
C'era stato un buon minuto di silenzio durante il quale la vecchia amica l'aveva studiato con attenzione, come se non volesse parlargli.
Come se nascondesse qualcosa.
- E' stata Fanny. - aveva così iniziato a raccontargli di come Fanny l'avesse salvato in quella casa e come fu ritrovato – E' stata la signorina Granger a trovarti ancora vivo. - gli disse – Quando é riuscita a portarti in Sala Grande non volevo crederci.
A dire il vero la storia che Minerva gli aveva raccontato era alquanto bizzarra, non credeva che Fanny l'avesse salvato, ma non aveva altre spiegazioni per la sua improvvisa e completa guarigione.
Decise che non avrebbe passato tutto il suo tempo a porsi domande di cui, probabilmente, non avrebbe mai avuto risposta.
Non al momento almeno, era troppo debole, troppo dipendente da quelle pozioni. Quando la situazione si fosse stabilizzata avrebbe preteso delle risposte. Vere risposte.
Si era alzato dalla poltrona ed era andato in laboratorio per prendere gli ingredienti della prima pozione che voleva distillare.
La scuola non era cambiata in quei mesi, ogni oggetto era dove lo ricordava, era come se non fosse mai stata combattuta alcuna battaglia tra quelle mura.
Era rassicurante e spaventoso nello stesso momento. Era come se la scuola volesse cancellare ogni traccia della guerra, lasciando solo le cicatrici sui corpi di chi aveva combattuto.
Lasciando solo le sue cicatrici.
Non avrebbe saputo dire se fosse felice o arrabbiato per quello che gli era capitato. Aveva sempre avuto il sospetto che la sua vita si sarebbe conclusa in modo violento durante la battaglia. Non aveva mai fatto progetti dopo la caduta del Signore Oscuro, per il semplice motivo che non credeva che ci sarebbe stato un dopo per lui.
Invece ora si ritrovava con una vita del tutto inaspettata davanti agli occhi e non sapeva cosa fare.
Dovresti vivere, Severus.
Si bloccò di colpo nel corridoio, quella voce nella sua testa la conosceva. Era la voce di quel sogno.
Era la voce che lo aveva convinto a non lasciarsi andare.
Perché la sentiva adesso?
Te l'ho già detto. Io non ti lascio solo.
Scosse il capo e riprese a camminare arrivando in fretta al laboratorio.
Si accorse subito che l'aula non era vuota come desiderava. Riconobbe la schiena curva di Hermione Granger, intenta a scrivere su una pergamena. Il resto del tavolo era ingombro di tomi aperti e appunti.
- Si studia in biblioteca, Granger. - sbottò facendola sussultare sulla sedia, la mano che teneva la piuma urtò il calamaio versando inchiostro sul compito che aveva quasi finito.
- Merda... - imprecò la strega osservando la macchia di inchiostro che si allargava sul foglio – il mio compito. - con uno sbuffo prese la bacchetta e la picchiettò sulla pergamena.
La punta della bacchetta risucchiò l'inchiostro in eccesso.
Piton raggiunse la scrivania e si voltò a guardarla.
La giovane strega aveva gli occhi rossi come se avesse pianto o studiato troppo Piton non poteva e non voleva saperlo.
Incrociò le braccia al petto ed era tutto così semplice e normale da farlo imbestialire.
Come si fa a cancellare una lunga e sanguinosa guerra con un semplice colpo di bacchetta?
- Ha capito, signorina Granger? - domandò improvvisamente arrabbiato con il mondo per aver dimenticato così in fretta cosa fosse successo e arrabbiato con lei per aver invaso il suo spazio vitale.
Hermione lo fissava, sembrava incredula di vederlo.
- E' stato dimesso. - mormorò con la bacchetta ancora stretta in mano.
Non si lasciò ingannare dal tono sottomesso della giovane, restò nella sua rigida posizione.
Poi, in un istante, con un semplice movimento di alcuni muscoli, lo spiazzò. Sorrise. Un sorriso luminoso e sincero.
- Ben tornato, Preside Piton. - continuò lei – Sono felice che stia meglio.
- Non cambi argomento, Granger. Le ho detto che si studia in biblioteca, non nei sotterranei.
La vide abbassare il capo imbarazzata, intimorita, forse solo stanca, ma senza mai abbandonare quel sorriso.
- Sono un incidente stradale.
Il professore sollevò un sopracciglio nero in attesa di spiegazioni.
Hermione sospirò appoggiando la piuma d'oca sul tavolo.
- Nel mondo Babbano quando c'é un incidente la gente rallenta per vedere cos'è successo. E' una cosa macabra e raccapricciante, ma è quello che succede. La gente spera di vedere qualcosa di brutto per poi sospirare di gratitudine per non essere stata coinvolta nell'incidente. E' quello che succede a me. La gente mi fissa, si ferma per guardarmi, mi indica sperando che non li veda e sussurrano alle mie spalle. - riprese la piuma e una nuova pergamena – Sono l'incidente stradale di Hogwarts.
Severus sapeva bene cosa si provava. Era stato uno dei motivi che l'aveva spinto ad andarsene dal San Mungo. Ogni volta che provava ad uscire dalla sua stanza, tutti spostavano i loro sguardi curiosi su di lui e su ogni suo movimento. Era snervante.
Senza contare il medimago che l'aveva in cura che non osava guardarlo negl'occhi e che lo faceva infuriare.
- Devo lavorare. - disse duramente – Stia in silenzio.
Hermione sollevò la testa gli sorrise grata.
E' un bel sorriso, Severus.
Questa volta era stata Lily a parlare.

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Capitolo 8
*** Incubi dolci come un bacio ***



Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Incubi dolci come un bacio

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt, Harry Potter
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Severus si era svegliato, non era ancora del tutto cosciente, ma aveva aperto gli occhi e aveva risposto alle domande che il medimago gli aveva posto.
Aveva perfino trovato le forze di dire una battuta cinica che l'aveva fatta ridere.

Parole: 2050

Incubi dolci come un bacio

Fine settembre 1998
Londra, San Mungo
Sera inoltrata



Minerva uscì dalla stanza di Severus Piton con un sorriso.
Severus si era svegliato, non era ancora del tutto cosciente, ma aveva aperto gli occhi e aveva risposto alle domande che il medimago gli aveva posto.
Aveva perfino trovato le forze di dire una battuta cinica che l'aveva fatta ridere.
Chiuse la porta della stanza alle sue spalle e percorse il silenzioso corridoio, era stremata e voleva solo andare a letto.
Ma era felice. Severus si era svegliato. E lei poteva fare ammenda di tutte le cose orribili che gli aveva detto l'ultimo anno. Poteva scusarsi, piangere per lui, piangere con lui per Albus.
- Professoressa McGranitt...
Si voltò di scatto e vide Hermione seduta sulle sedie poste lungo il corridoio. Era pallida, tremava e si vedeva che aveva pianto.
- Hermione... - sussurrò avvicinandosi – é successo qualcosa?
La giovane strega scosse il capo.
- E' vero professoressa? Sev... il professor Piton si è svegliato?
Annuì sedendosi accanto a lei.
- Non é ancora molto lucido, ma se conosco Severus lo sarà tra qualche giorno.
Hermione stava torturando l'angolo della camicetta che indossava e si mordicchiava l'interno della guancia.
- Devo chiederle un favore, professoressa. Io... lui... non deve sapere quello che ho fatto. Deve dirgli che é stata Fanny a salvarlo. Io l'ho solo trovato nella Stamberga.
- Hermione... Severus deve saperlo. Quello che hai fatto per lui...
- E' stato dargli una scelta. - fece lei - Solo questo. L'incantesimo non resuscita i morti, frena solo la corsa verso il nulla. Il professor Piton era bloccato in un limbo, per questo ho potuto raggiungerlo. Ho aperto una strada che lo avrebbe riportato nel nostro mondo. La decisione di vivere o morire é sempre stata sua.
- Vorrà sapere il perché l'hai fatto.
La giovane restò in silenzio, forse cercando anche per se stessa una risposta alla domanda che si poneva da mesi.
Alla fine sospirò, lisciò l'angolo della camicetta e si alzò in piedi.
- Lui meritava di più. La sua vita non poteva finire in quel modo, in quella casa polverosa. Non era giusto.
Minerva restò seduta fissando la schiena della giovane strega che sembrava invecchiata in pochi minuti.
- Lui merita di più. - ripeté Hermione con un sussurro.

* * * *



Hogsmeade, Marzo 2003
Testa di Porco, tarda sera




La Testa di Porco era uno dei pochi locali rimasti indenni dopo la battaglia.
Severus ci andava regolarmente una volta a settimana.
Era ancora tenuto alla bene e meglio, frequentato da maghi e streghe discutibili, perennemente in penombra, ma con dell'ottimo liquore.
Decisamente era il posto che più si adattava alla sua vita passata e presente.
Aberforth lo accoglieva con un silenzioso cenno del capo, aspettava che si sedesse, poi gli metteva davanti un bicchiere di whisky incendiario.
Quella sera non era molto diversa dalle altre.
Entrò con il solito passo leggero guardandosi attorno com'era abituato a fare. Nonostante tutto continuava a cercare potenziali pericoli e orecchie indiscrete.
Quando si é una spia doppiogiochista da una vita lo si resta per tutta la vita.
C'erano un paio di maghi al bancone e una vecchia strega seduta in un angolo.
Si sedette lontano dagli altri, cercando di non attirare troppo l'attenzione.
- Le porto il solito, Preside Piton? - gli domandò il proprietario già allungando la mano verso la bottiglia.
- Tra poco, Aberforth. - gli disse – Questa sera non sarò solo.
L'altro non replicò, lasciò perdere la bottiglia di whisky e riprese a parlare con gli altri due clienti.
L'attesa fu più lunga del necessario; quando, finalmente, arrivò il suo ospite il mago lo fissò irritato.
- Potter! Non ti hanno insegnato la puntualità all'addestramento per Auror?
Al suono di quel nome Aberfoth si voltò verso di loro.
- Sei qui per fare danni, Potter? - domandò infastidito – Non ci saranno degli Auror qua fuori che vogliono, ancora, controllare il mio locale, vero?
Gli altri due maghi al bancone si voltarono verso di lui, il giovane Auror non ci fece caso, abituato ad occhiate curiose e stupite. Si sedette accanto al Preside e ridacchiò.
- Sono qui solo come compagno di bevute, Signor Silente.
Piton non replicò, lo lasciò accomodare sullo sgabello accanto al suo e aspettò che Aberforth portasse da bere.
- Lascia qui la bottiglia, Aberforth. - gli disse – Credo che ne avrò bisogno questa sera.
Il mago non disse nulla, appoggiò il liquore sul bancone e andò ad ascoltare la discussione degli altri due maghi, lanciando un'occhiata poco amichevole al giovane cacciatore di maghi oscuri.
Severus prese tempo, afferrò la bottiglia e versò il whisky ad entrambi.
- Non si sta chiedendo il perché le ho inviato quel gufo? - chiese Potter prendendo il bicchierino dal vetro opaco.
- Quando si tratta di te, Potter. - gli rispose portando alle labbra il proprio bicchiere – Ho imparato a non aspettarmi nulla. E' un'inutile perdita di tempo.
La risata divertita del giovane lo costrinse a finire in un unico sorso il suo bicchiere e a versarsene subito un altro. Far ridere Potter non era nei suoi piani.
- Ho bisogno di un consiglio. - gli disse Potter rigirando il bicchiere tra le mani - Uno di quelli che avrei chiesto a Sirius. - finì con tono triste.
Severus fece una smorfia disgustata per esser stato paragonato ad un cane pulcioso.
Immaginò Black sbellicarsi dalle risate nell'aldilà.
- C'é sempre il padre della tua fidanzata.
- Il consiglio riguarda proprio Ginny. - Harry bevve un piccolo sorso - Vorrei chiederle di sposarmi.
Il Preside rigirò il liquore nel bicchiere indeciso se berlo in un unico sorso sperando di porre, il prima possibile, fine a quello strazio.
- Non vorrai dei consigli su come chiederglielo, vero Potter?
- No... - Harry mandò giù un altro piccolo sorso – a dire il vero ho chiesto prima a Ron e lui continua a dirmi che é troppo presto. Che siamo giovani. Ginny è nel pieno del campionato... Piton sollevò gli occhi al cielo, poi studiò ancora il suo bicchierino indeciso sul da farsi – Mi ha messo un po' in crisi.
- Tu l'ami Potter?
- Cosa?
La domanda improvvisa l'aveva colto di sorpresa.
Il mago sbuffò.
- La domanda è semplice, Potter, e prevede solo due risposte.
- Sì, l'amo.
- E cosa saresti disposto a fare per lei?
- Qualunque cosa.
Harry restò in silenzio, valutando l'espressione del Preside.
Severus osservava il liquore ambrato, sinceramente colpito dall'amore di quel ragazzo, fingendo di non riconoscere le sue stesse parole.
Ma in fin dei conti anche lui sapeva cos'era l'amore. Quello vero, sincero, quello che ti spinge anche tra le braccia della morte pur di proteggerla.
Qualunque cosa.
Era morto per Lily, per i suoi occhi verdi, per il suo sorriso innamorato, anche se non era mai stato rivolto a lui.
Era morto per lei... spinto dal senso di colpa per aver raccontato all'Oscuro quella profezia.
Era morto.
Sono qui per darle una scelta.
E lui aveva scelto. Abbandonato dalla donna che credeva di amare anche da morto, aveva deciso di tornare indietro.
Non c'era nulla per lui nel mondo dei morti.
Non c'era nulla per lui, lui che aveva fatto qualunque cosa per lei.
Ed era tornato con il suo sorriso stampato nella mente, anche se lo aveva dimenticato. Era tornato con il ricordo del suo sapore sulle labbra e il calore del suo corpo.
Ed anche ora avrebbe fatto qualunque cosa per lei.
- Allora non hai bisogno dei miei consigli, Potter. - gli disse – Sai già cosa fare.
Il giovane Auror bevve tutto il liquore in un sorso solo con un sorriso felice sulle labbra.
- Mi farà da testimone, professore?
- Non sono abbastanza ubriaco per poter rispondere a questa domanda. - rispose prima di bere il secondo bicchiere – E poi sono quasi certo che quel ruolo spetti a Weasley.
- Beh io vorrei entrambi.
Severus non rispose, afferrò la bottiglia e si versò il terzo bicchiere, c'erano troppi ricordi dolorosi che stavano affiorando nella sua mente e non voleva affrontarli. Non quella notte.
- E' molto probabile che Hermione sia la testimone di Ginny.
La frase di Harry restò in sospeso nell'aria, Piton non disse nulla, si limitò a versarsi il whisky e a rigirarlo nel bicchierino incrinato.
Abertforth avrebbe dovuto comprare dei bicchieri nuovi.
Harry non si aspettava una risposta, si alzò in piedi; voleva solo andare da Ginny e chiederle di dividere la vita con lui. Era impaziente come un bambino la vigilia di Natale. Ma era anche stanco di vedere Hermione e Piton comportarsi come due adolescenti in crisi.
Quello che c'era stato tra di loro non poteva essere ignorato.
La professoressa McGranitt era certa che a Severus servisse un aiutino nelle faccende di cuore. Una piccola spintarella nella direzione giusta.
E tutti, perfino quel testone di Ron, avevano capito che Hermione era la strada giusta per Severus. Così come Severus era la strada giusta per Hermione.
Era strano pensare a loro due. Ma nella sua vita aveva visto cose ben più strane di quella.
Con una lentezza estrema si appuntò meglio il mantello sulle spalle, cercando di studiare ogni minimo movimento del mago. Ma Piton era un esperto nel tenersi tutto dentro.
Alla fine, quando era pronto e non aveva più scuse per restare, il Preside si voltò verso di lui.
- Non farò nessun discorso smielato, Potter. - gli disse.
Harry non poteva crederci, era certo che sarebbe stato molto più difficile, che avrebbe dovuto insistere fino allo sfinimento.
- Non c'é problema. - gli rispose con un sorriso felice – Quello lo lascio a Ron, é divertente quando impreca contro una pergamena bianca.
Si allontanò con il sorriso sulle labbra, lanciando un silenzioso saluto al fratello di Silente, saluto che non fu ricambiato.
- Potter! - il tono era lo stesso che usava in classe quando doveva rimproverarlo.
Lui si bloccò a pochi metri dall'uscita e si voltò.
- Sì, professore?
Piton ghignava, gli ricordò quella lezione di pozioni doveva aveva fatto cadere la sua ampolla, casualmente dopo che Hermione aveva pulito il suo calderone.
Ops... zero, Potter
- Cerca di non riprodurti troppo.
Le parole erano diverse, ma il tono pungente lo stesso. Perfino il sorrisino divertito era lo stesso.

* * * *



Hogwarts, Novembre 1998
Sotterranei, piena notte



Il mago scattò a sedere sul letto in un bagno di sudore.
Ansimando si portò una mano alla gola trovando solo pelle accaldata e bagnata.
Era stato un incubo.
Un incubo spaventoso con enormi serpenti che lo azzannavano su tutto il corpo.
Si passò una mano tra i capelli, incapace di eliminare la fastidiosa sensazione delle zanne che penetravano la carne, o l'odore del suo sangue che impregnava quell'incubo.
Un brutto sogno, Severus?
Il mago sbuffò chiudendo gli occhi, ignorando tutto, anche le voci nella sua testa.
E' inutile, Severus.
- Vattene. - sibilò – Sei solo un'illusione.
Molto poco carino da parte tua, Severus.
- Vattene. - sibilò nuovamente stringendo le lenzuola.
Non posso. Sono solo un'illusione.
Il tono della voce era irritato. Le labbra del mago si incurvarono in un mezzo sorriso cinico. Era capace di litigare anche con la sua stessa mente.
Aprì gli occhi guardandosi attorno: la camera era fiocamente illuminata dalle braci nel camino.
Esaminò ogni angolo buio della stanza.
Sono qui, Severus.
Il mago si voltò, trovandosi una figura ai piedi del letto. Aveva chiaramente un corpo femminile, ma non riusciva a vederne il volto. Era come avvolto da un'ombra perenne.
- Sto impazzendo. – mormorò.
No, non sei pazzo.
- Tu non esisti.
Nonostante non la vedesse in volto Severus sentì che gli sta stava sorridendo, la vide muoversi. Arrivò al lato dove era sdraiato e si sedette vicino a lui.
Era un'illusione. Un parto della sua mente. Eppure sentì il materasso abbassarsi sotto il suo peso. E, nonostante tutto, il volto della donna restava in ombra, nascosto alla sua vista.
La vide chinarsi su di lui e non ebbe le forze di scostarsi, avvertì le sue labbra di ombra baciarlo.
Un tocco delicato, dolce.
Quando la figura si staccò si sentì abbandonato, solo.
Io sono reale, quanto te, Severus. Devi solo ricordare.
- Cosa devo ricordare?
Me.
Il mago aprì gli occhi di scatto ritrovandosi nel suo letto.
Aveva sognato.
Eppure quel tocco gli sembrava reale. Poteva ancora sentirne il sapore.

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Capitolo 9
*** Parole che gelano l’animo ***


Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Parole che gelano l’animo

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Molly Weasley
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Non la vedeva da molto, troppo tempo ed era sempre bellissima. E lui l’amava ancora.
Si preparò mentalmente ad un lungo silenzio imbarazzato, invece Hermione lo spiazzò con un finto, freddo sorriso di cortesia.

Parole: 2105

Parole che gelano l’animo

Luglio 2003
giardino della Tana
primo pomeriggio



Si era smaterializzato alla Tana in anticipo rispetto all'inizio della cerimonia, come gli era stato richiesto.
Molly l'aveva accolto con il solito sorriso materno e un abbraccio che odorava di tortino al rabarbaro.
Aveva cercato di non sembrare troppo rigido in quell'abbraccio, ma non era certo di esserci riuscito.
Il tocco umano ancora lo terrorizzava, aveva il forte dubbio che questo non sarebbe mai cambiato.
Si accomodò in cucina dove Molly, con ancora addosso il grembiule e i bigodini in testa che magicamente si stavano sciogliendo da soli, gli aveva offerto una tazza d caffè.
- Avrei dovuto essere pronta da un pezzo. - si scusò la donna mentre una spatola finiva di glassare una torta alta quattro piani – Ma ci sono così tante cose da fare e da finire. Harry e Ginny non volevano un matrimonio in grande stile, ma é certamente più affollato di quello di Bill e Fleur, abbiamo dovuto utilizzare tre tendoni per far stare tutti.
A Severus quelle informazioni non interessavano, ma Molly era stata gentile con lui. Al San Mungo era andata a trovarlo più di una volta sorvolando sul suo pessimo umore. Lo invitava tutti gli anni per il cenone di Natale, nonostante i suoi continui rifiuti, e gli faceva un regalo, rigorosamente fatto a mano e nero, che lui riponeva nell'armadio insieme agli altri vestiti tutti uguali.
L'ultimo maglione che gli aveva confezionato era nero con un serpente verde scintillante.
Decisamente non era il suo genere, ma scartava quel pacco con un sorriso e gli piaceva riempire l'armadio con vestiti che non fossero mantelli lunghi e giacche dai mille bottoncini.
Mentre finì il caffè sentì qualcuno scendere dalle scale.
- Ginny vedi di smetterla di piangere! - urlò una voce nota che gli fece chiudere lo stomaco – E' la seconda volta che devo rifarti il trucco!
Appoggiò la tazza sul tavolo nel momento in cui Hermione entrava nella calda cucina.
- Molly, dov'é la tiara di zia Muriel?
- Oh cara. - rispose la strega mentre l'ultimo bigodino si srotolava dalla ciocca – Quel colore ti dona molto.
Severus non si era ancora voltato. Aveva sentito il suo profumo e non era stato in grado di muoversi, aveva paura di vederla. Paura di quello che poteva dirgli, quello che poteva suscitare in lui la sua sola visione.
- Grazie. - rispose lei, Severus sentiva il suo sguardo alla base della nuca – La tiara, Molly.
- Oh si certo. Dopo il matrimonio di Fleur zia Muriel ha messo la tiara in una custodia incantata che non si può appellare. E' in camera mia e Arthur, vado a prenderla. Aspettami qui.
Uscì quasi di corsa, mentre si toglieva il grembiule e la spatola finiva l'ultimo ritocco.
Severus si sentiva stupido in quel momento, erano rimasti soli in quella stanza. Le dava spalle e non sapeva cosa dirle.
Mi dispiace?
Sono un'idiota?
Ti amo, ma non sarò mai in grado di dirtelo?
Si alzò dalla sedia e fece volteggiare la tazza fino al lavello dove iniziò a pulirsi da sola, lisciandosi le pieghe della giacca si voltò, trovandosi una Hermione Granger, ormai donna, di fronte.
Era bellissima fasciata in quel vestito senza spalline blu notte, così scuro da sembrare quasi nero.
Appena truccata, con i capelli raccolti in un'alta stretta coda.
Così adulta, così matura.
Non la vedeva da molto, troppo tempo ed era sempre bellissima. E lui l’amava ancora.
Si preparò mentalmente ad un lungo silenzio imbarazzato, invece Hermione lo spiazzò con un finto, freddo sorriso di cortesia.
- Buongiorno, professor Piton.
Il suo tono così formale era più doloroso della sua bellezza e di quel freddo sorriso.
- Buongiorno, signorina Granger.
Calò il gelo, il mago sentiva le occhiate pungenti di lei. Vedeva tutte quelle domande nei suoi occhi. Domande a cui non avrebbe mai avuto delle risposte. Domande a cui nemmeno lui sapeva dare risposta.
- Come procede la sua ricerca?
Una conversazione formale e sciocca era l'unica possibilità che aveva per eliminare quel finto sorriso che lo feriva più di ogni altra cosa.
- Bene. - rispose lei torturando la collana di perle che le adornava il collo – Ho controllato tutti i centri magici o presunti tali della Francia. Ho qualche settimana di ferie, poi mi trasferirò in Spagna e forse in Italia. Dai miei studi e dalle ricerche che ho fatto anche nel mondo dei Babbani ci sono molte città considerate “esoteriche”. Ovviamente i Babbani non hanno idea di quello che sono in realtà. Al Ministero tutte queste informazioni sono utili. In più ho potuto conoscere altre realtà magiche oltre quelle inglesi; è molto interessante ed istruttivo.
- Ho letto la sua relazione sulle conoscenze Babbane della magia più essenziale e naturale.
- Ha letto la mia relazione?
Sembrava sinceramente stupita.
- Non sono abbonato solo a Pozioni Moderne, Hermione.
Il suo nome era uscito da solo, era una crepa in quel rapporto distaccato che lui stesso aveva preteso.
Sussultò appena quando udì il suo nome e, finalmente, quell’odioso sorriso scivolò dalle sue labbra.
Aprì la bocca per parlare, ma l'entrata di Molly bloccò ogni cosa.
- Non starete parlando di lavoro, vero?
- Abbiamo finito. - sorrise la strega mentre prendeva la custodia con quello che, Severus presumeva, contenesse la famosa tiara – Grazie. Vado a portarla a Ginny, é quasi ora.

* * *



Villaggio di Hogsmeade, Dicembre 1998
Tardo pomeriggio



L'inverno era arrivato quasi all'improvviso quell'anno. L'autunno era stato mite fino alla metà di Ottobre, poi era sceso il gelo, gli alberi avevano perso il fogliame nel giro di qualche giorno e tutto era tornato nella normalità.
Presto avrebbe iniziato a nevicare, trasformando ancora una volta il paesaggio che Severus conosceva, ormai, a memoria.
Si era proposto come sorvegliante per la prima gita al villaggio, solitamente restava al castello, ma non aveva nulla da fare.
Per una volta non aveva compiti da correggere, libri di magia oscura da leggere o riunioni segrete con Silente.
Era libero. E la cosa lo spaventava a morte.
Non avere nulla da fare voleva dire riflettere su quello che gli stava succedendo. Su quel sogno che aveva fatto più di una volta, su quelle voci che sentiva e che lo stavano facendo impazzire.
Camminava per le stradine del villaggio guardandosi attorno, ammonendo gli studenti solo con lo sguardo. Era sempre stato bravo in questo.
Quando la maggior parte delle teste di legno si era rintanata nei negozi e ai Tre Manici di Scopa per una burrobirra, riparandosi dal vento gelido che si era alzato all'improvviso, decise che era arrivato il momento di bere qualcosa. Qualcosa di forte.
Non entrava ai Tre Manici da molti anni, non gli era mai piaciuto. Era troppo rumoroso e affollato e poi, l'ultima volta che vi aveva messo piede, aveva visto Lily baciarsi con James e quel posto aveva perso così ogni interesse.
Camminò velocemente fino alla Testa di Porco, decisamente più affine al suo carattere.
Entrò silenziosamente, ben felice di non vederci nessuno in quel momento. Era il tipico locale che si affollava di notte, quando gli altri erano al sicuro nelle loro case.
Aberfoth sollevò la testa dalla Gazzetta del Profeta che stava leggendo, quando lo sentì entrare.
Non aveva avuto modo di vedere il fratello di Silente da quando lo aveva ucciso.
Restò in piedi davanti alla porta, osservando il fratello della sua ultima vittima in silenzio.
Si studiarono per diversi minuti, anche se la verità era stata urlata da Potter davanti a tutti, lui restava l'assassino di Silente.
Fu Aberfoth il primo a parlare.
- Qualcosa di forte, professor Piton? - gli chiese mentre ripiegava il quotidiano.
Severus annuì e si sedette al bancone.
Restò quasi un'ora. Senza mai parlare, solo con il suo silenzio e un bicchiere di idromele che centellinava.
Quando uscì non si stupì di vedere i primi fiocchi di neve cadere lentamente dal cielo grigio e gonfio di nubi.
Il vento gelido lo colpì in volto come uno schiaffo in pieno viso. Si avvolse nel mantello, assumendo sempre di più l'aspetto di un gigantesco pipistrello, come se volesse dar conferma alle voci che giravano sul suo conto.
Era stato paragonato alle creature magiche più spaventose e orripilanti del mondo, ma quello del pipistrello restava il suo preferito.
Si guardò attorno, gli studenti stavano iniziando a rientrare, lui doveva restare fino alla fine assicurandosi che nessuno fosse rimasto indietro.
Hogwarts si vedeva all'orizzonte, imponente maniero che sorvegliava il villaggio dall'alto. Come la vecchia ciminiera che osservava Spinner's End.
La stradina che portava ad Hogsmeade sembrava un lungo serpente di terra e sassi. Senza neppure rendersene conto si portò una mano alla gola.
Riprese a camminare senza una meta precisa, cercando gli studenti che non erano ancora sulla via di casa.
Si bloccò all'entrata della strada che portava alla Stamberga.
Non si era accorto di aver preso quella via fino a quando non vide l'ombra della casa proiettata sul terreno gelato.
Si avvicinò alla staccionata malconcia che delimitava i confini della catapecchia quando vide qualcuno seduto su una pietra.
Hermione fissava la casa in silenzio. La borsa dei libri era stata appoggiata a terra, era aperta, ma non c'erano libri in giro o tra le mani della ragazza. Severus intravide un sacchetto di Mielandia e qualche piuma nuova presa all'Emporio.
Si avvicinò senza preoccuparsi di non fare rumore.
La strega si voltò di scatto come risvegliata da un sonno improvviso.
- Buonasera, professore. - disse educatamente lei alzandosi dalla roccia.
- Signorina Granger... – la salutò con un impercettibile cenno del capo.
- Cosa ci fa qui?
- Il mio lavoro. E’ uno dei posti preferiti degli studenti del settimo anno per nascondersi e rientrare al castello dopo l'orario consentito.
Hermione sorrise e aprì le braccia.
- Beh.... qui ci sono solo io.
- Questo lo vedo da solo.
La giovane tornò a fissare la vecchia casa scricchiolante.
- Perde ogni fascino quando sai com'é dentro. - disse piano come se stesse parlando a se stessa.
- La casa di Minerva non è accogliente?
- Sono così abituata a studiare nel caos della Sala Comune che il silenzio, a volte, diventa troppo opprimente. Qui è isolato, gli studenti non ci vengono quasi mai. Ma c'é abbastanza rumore, ogni tanto arriva l'urlo di Madama Rosmeta. Riesco a concentrarmi meglio.
Severus spostò lo sguardo sulla casa. Lì era quasi morto. Il suo sangue, probabilmente, sporcava ancora il pavimento. C'erano le impronte lasciate da Nagini, quelle dell'Oscuro. Col tempo sarebbero sbiadite, inglobate nella polvere come una vecchia storia. Presto non sarebbe rimasto nulla, ma solo il ricordo di un mago oscuro e di un gruppo di giovani maghi.
Tornò a guardare Hermione, anche lei fissava la casa, forse aveva i suoi stessi pensieri.
E, solo allora, si rese conto che era stata lei a portarlo di nuovo ad Hogwarts, era andata a cercare il suo freddo corpo morto, invece l'aveva trovato aggrappato alla vita da un sottile filo teso da Fanny.
O così gli era stato detto.
- Lei mi ha trovato.
Hermione sgranò gli occhi e si voltò verso di lui. Sembrava improvvisamente pallida.
- Cosa?
- In quella casa. Minerva mi ha detto che é stata lei a trovarmi e a portarmi ad Hogwarts.
La donna annuì solamente.
- Perché? - le chiese.
- Lei era vivo. - rispose facendo spallucce - Dovevo lasciarla sul quel pavimento?
- Perché é tornata in quella casa? Per lei ero morto.
La vide alzarsi e prendere la borsa con le sue cose.
- Non ha importanza.
- Tutto ha importanza, Granger.
Hermione lanciò un ultimo sguardo alla casa.
- Non volevo che la sua tomba fosse quella vecchia casa. Lasciato sul quel pavimento come una bambola di pezza usata. Non volevo che il mio ultimo ricordo di lei fosse il suo sangue sulle mani di Harry. - tornò a guadarlo, fece un debole sorriso e sistemò la borsa sulla spalla – Buona serata, professor Piton.
Severus capì che aveva fretta d’andarsene.
La seguì con lo sguardo. Poco lontano da lui, Hermione mise un piede in fallo e rischiò di cadere. Severus l'afferrò la volo e nel momento in cui sentì il peso del suo corpo avvertì una strana sensazione. Era come se conoscesse quel calore, quel profumo e quel sapore.
Era come se conoscesse Hermione Granger meglio di quanto potesse ricordare.
Severus...
Aveva sentito chiaramente il suo nome.
- Non mi sembra di averle dato il permesso di chiamarmi per nome, Granger. - sbottò irritato mentre la scioglieva dal suo abbraccio.
- Io non ho detto nulla, professore. - era arrossita – Grazie per avermi presa a volo. Arrivederci.
Severus la seguì fin dove poté con lo sguardo.

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Capitolo 10
*** Vigliacco ***


n. 35

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Vigliacco

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Per tutto il tempo non aveva mai perso di vista Hermione. Non la fissava più, ma sapeva sempre dov'era, con chi era, se ballava o rideva con qualcuno.
E ogni volta che la vedeva serena e sorridente era felice per lei. E, dall’altra parte, si sentiva andare in pezzi.

Parole: 1.786


Vigliacco

Luglio 2003
giardino della Tana
pomeriggio


Tutti fissavano la sposa. Era logico. Era naturale.
Lui fissava la donna alla sua sinistra.
Così vicina e lontana nello stesso tempo.
Non aveva seguito la cerimonia, non aveva ascoltato il cerimoniere, né i pianti soffocati di Molly e Minerva.
Si era limitato a fissarla.
Pensando a quello che avrebbe voluto dirle, senza però dirglielo veramente. Desiderando stringerla, baciarla, farla sua in quel posto.
Desideri che non si sarebbero mai avverati.
Era stato deciso così. Lui aveva deciso così.
Hermione aveva già fatto troppo per lui, senza avere nulla in cambio. Anzi no, avendo in cambio le sue urla e false parole di disprezzo.
Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dagli applausi degli ospiti. Harry e Ginny si stavano baciando. Riuscì a reprimere una smorfia disgustata. Hermione sorrideva raggiante, aveva gli occhi lucidi, reggeva un piccolo bouquet di roselline bianche e lilla.
Non vedeva un suo sorriso felice da molto tempo. Gli era mancato il calore che scaturiva da quel semplice sorriso, gli erano mancate quelle delicate fossette agli angoli delle sue labbra.
Ancora una volta guardava come da lontano la donna che amava, la guardava vivere lontano da lui. Umile spettatore della sua felicità.
Un incantesimo studiato per l'occasione fece piovere petali bianchi mentre i novelli sposi salutavano amici e parenti.
Severus si ritrovò ad un tavolo rotondo con tutti i suoi colleghi o ex membri dell'Ordine. Il pranzo era finito da un pezzo, aveva intrapreso discussioni frivole con i colleghi che avevano alzato troppo il gomito, aveva scambiato battute pungenti con Minerva mentre gli altri invitati ballavano.
Per tutto il tempo non aveva mai perso di vista Hermione. Non la fissava più, ma sapeva sempre dov'era, con chi era, se ballava o rideva con qualcuno.
E ogni volta che la vedeva serena e sorridente era felice per lei. E, dall’altra parte, si sentiva andare in pezzi.
Bramava quel sorriso, quello sguardo pieno di gioia a e di calore.
Invece per lui c’erano solo sorrisi freddi e taglienti come la lama di un pugnale.
Verso metà pomeriggio, quando gli invitati erano stanchi e alcuni pesantemente brilli, Minerva gli sfiorò il braccio.
- Credo che, ora, tu mi inviterai a ballare.
Per poco Severus non si strozzò con il succo di zucca.
- Come?
La strega ridacchiò.
- La cugina di terzo grado di Molly, Margaret, ti sta fissando da mezz'ora. Ha più anni di me, Pomona e Horace messi insieme, e prima di uscire di casa svuota una bottiglia di acqua di colonia al mughetto.
Si era ritrovato, suo malgrado, in mezzo alla pista da ballo, gomito a gomito con altre coppie.
- Sei quasi più bravo di Albus, Severus. - constatò la professoressa – Dove le tenevi nascoste queste doti da ballerino?
Il mago non l'ascoltò, si era reso conto che l'aveva persa di vista. Non era al suo tavolo, non stava ballando e non stava parlando con nessuno.
- Se stai cercando la signorina Granger, - gli sussurrò l'amica all'orecchio cogliendolo di sorpresa – l'ho vista dirigersi verso la Tana.
- Non so di cosa tu stia parlando, Minerva. - rispose lui fingendo disinteresse.
- Certo... - sorrise sornione la donna – Horace! - chiamò il collega mentre volteggiavano vicino al loro tavolo – Vieni a dare il cambio a Severus. Per oggi ha fatto la sua buona azione facendo ballare una povera vecchia. E poi un po' di moto ti farà bene!
Cercando di non farsi vedere, si avviò alla Tana: la porta di casa era aperta. Entrò con le orecchie tese, cercando il minimo rumore che potesse confermare le parole di Minerva.
La trovò in cucina, con le mani appoggiate sul bordo del lavello, gli occhi chiusi e la testa china. Sembrava che stesse respirando a fatica.
L'istinto gli diceva di prendersi cura di lei. Il cuore gli urlava di amarla e proteggerla come meritava.
La mente, invece, gli diceva che era egoistico da parte sua. Che Hermione meritava una vita migliore di quella che lui poteva offrirle.
- Vattene... - sussurrò Hermione senza aprire gli occhi – ti prego... vattene. Io... non... non riesco a respirare se tu mi guardi in quel modo.
Restò fermo davanti alla porta. Senza sapere cosa fare, cosa dirle, come muoversi.
Poteva andarsene, ma non voleva.
Dopo qualche minuto di silenzio Hermione aprì gli occhi e lo fissò, aveva gli occhi lucidi per le lacrime che tratteneva.
- Perché sei venuto al matrimonio?
- Potter mi ha invitato.
- E da quando fai quello che ti dice Harry?
Il mago sollevò un sopracciglio nero.
La donna scosse il capo e si avvicinò alla porta con l'intenzione di uscire. Severus si spostò appena permettendole di superarlo, ma lo spazio era poco e si sarebbero sicuramente sfiorati.
Era l'unico modo che aveva di toccarla.
Hermione si fermò, incastrata tra il suo corpo e lo stipite della porta.
- Dimmi che ti manco, Severus. - gli sussurrò guardandolo negli occhi – Dimmi che senti la stessa tristezza che sento io. Che hai lo stesso vuoto nel cuore che ho io. Dimmelo, Severus e io saprò che questi anni a piangere per te non sono stati buttati. Dimmi che sono importante, che sogni di fare l'amore con me. Dimmi che il tuo unico desiderio di oggi é baciarmi come facevi un tempo.
Sarebbe stato facile dirglielo, dirle quello che voleva, lasciarsi amare. Amarla come solo lui sapeva fare.
Sarebbe stato bello e facile.
- Non posso. - rispose con un filo di voce.
Lei era così vicina che poteva sentirne il calore della pelle e il suo profumo.
- Allora dimmi che mi odi. Che mi sono sognata tutto. Che quello che c'é stato era solo sesso. Dimmi che non sono importante. Che questi anni sono stati uno spreco di tempo. Dimmi che ami Lily , Severus.
Hermione si avvicinò, erano così vicini che le loro labbra si sfioravano. Era già pronto a baciarla, pronto per il suo sapore e la sua passione. Era già pronto a perdersi nella sua bocca per poi pentirsene.
Ma Hermione non unì le loro labbra come sperava, rimase vicina, calamitando il suo sguardo e la sua mente verso la sua bocca.
- Non posso. - sussurrò sulle sue labbra, sentendo il corpo vibrare al suo richiamo.
Bastava poco per toccarla, per sfiorarla, baciarla, assaporarla, prenderla.
- Non puoi o non vuoi?
- Hermione...
Le perfette labbra di lei si incurvarono in un sorriso crudele, sembrava che stesse per ringhiare.
- Sei un vigliacco.
Si allontanò velocemente, lasciandolo solo.

* * * *


Dicembre 1998
Hogwarts, ufficio del Preside
Sera



L'alfiere bianco si mosse di tre caselle e distrusse senza tanti complimenti la torre nera. La Regina e il Re nero gesticolarono indignati contro il mago che stava giocando.
- Così é troppo facile, Severus. - fece Minerva togliendo i pezzi dalla scacchiera – Ti stanno insultando anche le pedine.
Senza rispondere il mago prese uno dei cavalli e lo spostò.
- Severus?
- Mmmh?
- Stiamo giocando agli scacchi dei maghi…
Severus sbatté le palpebre un paio di volte come se si fosse risvegliato da un sogno improvviso. Abbassò gli occhi sulla scacchiera e si rese conto che stava perdendo miseramente, non si sforzava neppure. Minerva sorrideva dall'altra parte del tavolo.
Il mago si massaggiò la radice del naso.
- Non ti senti bene? - gli domandò la strega con fare materno.
- No, - rispose – sto bene. Mi sto solo chiedendo dove sia Silente. E' da quando sono tornato che non lo vedo nel suo quadro.
Minerva si voltò verso la cornice vuota.
- Albus passa molto tempo nell'ufficio di Kingsley, lo aiuta a migliorare il Ministero. Hanno già eliminato i Dissennatori da Azkaban. Alcuni dicono che suggerisca a Potter durante il corso per Auror. - finì con un sorriso divertito.
Il cavallo bianco della professoressa ridusse in briciole quello di Severus. Il re nero scagliò lontano la sua corona.
Bussarono alla porta. Lumacorno entrò nell'ufficio a testa alta.
- Oh ci siete entrambi! Bene... bene... - esclamò il professore lisciando il panciotto di velluto rosso sulla voluminosa pancia – ho qui i miei inviti per la festa di Natale!
Entrambi presero il rotolo di pergamena che il mago porgeva. Nessuno dei due sembrò entusiasta all'idea della festa di Natale di Lumacorno.
- Ti ringrazio, Horace. - fece Minerva – Non so se potrò parteciparvi.
- Suvvia, Minerva, è il primo Natale dopo la guerra! Bisogna festeggiare. E anche tu, Severus! Tu sei sopravvissuto per un soffio, sei stato in coma per mesi, tu devi festeggiare. L'ho detto anche alla Signorina Granger, il suo coma é durato molto meno, ma é stata ad un soffio dalla morte anche lei!
Severus vide Minerva irrigidirsi sulla sedia e fulminare il professore di pozioni solo con lo sguardo.
- Grazie, Horace. - si affrettò Minerva – Ti faremo sapere, ora se vuoi scusarci...
- Certo, certo! - ridacchiò il mago aggiustandosi i baffi unti da tricheco – Vi lascio alle vostre faccende. Vi aspetto alla festa!
Quando Lumacorno si chiuse la porta alle spalle, Minerva fece sparire la scacchiera con un colpo di bacchetta.
- Credo che questa non ci serva più. - sospirò sconsolata.
- La Granger é stata in coma? - domandò Severus sospettoso.
- Tre settimane. - confermò la McGranitt – Eravate vicini si stanza.
- Perché?
- Probabilmente per i medimaghi era più comodo...
- Perché é entrata in coma. - la interruppe infastidito il mago.
Minerva aveva capito perfettamente la domanda, ma sperava di aggirarla. Severus era un mago intelligente, abbastanza per capire che il coma di Hermione poteva essere sospetto.
Tutto poteva essere sospetto.
- Ha consumato una gran quantità di energia magica. - spiegò fingendo che la notizia fosse poco importante.
- Minerva non devo certo ricordarti io che per consumare l'energia magica ci vuole molto tempo. Oppure un incantesimo estremamente potente.
- Hermione ha combattuto, Severus, l'ultimo incantesimo che ha eseguito le ha quasi prosciugato le riserve di energie.
- E stato quando mi ha riportato ad Hogwarts?
- Sì. - rispose Minerva dopo un lungo silenzio.
Severus si alzò di scatto, la donna poteva immaginare senza troppi sforzi i ragionamenti che stava facendo in quel preciso momento. Sperava solo che non arrivasse alla verità troppo in fretta.
- Cos'é successo in quella casa, Minerva?
La strega trattenne un sospiro.
- Fanny ti ha salvato. - mentì sapendo che sarebbe stata scoperta.
Severus era bravo in questo.
Come a dare conferma dei suoi pensieri il mago strinse i pugni e assottigliò lo sguardo, una vena sul collo prese a pulsare.
- Voi Grifondoro non siete capaci di mentire.
Minerva non osò replicare.
- Scoprirò da solo cos'é successo. E se la Granger è immischiata, io... io...
- Cosa farai, Severus?
Il mago non rispose.

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Capitolo 11
*** Verità che fanno male come la lama di un pugnale ***


n. 36

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Verità che fanno male come la lama di un pugnale

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Nessuno si accorse del mago vestito di nero che usciva furioso dalla sala mentre rinfoderava di nascosto la bacchetta.
Il finto sorriso di cortesia si era trasformato in uno di crudele vendetta.

Parole: 2.255


Verità che fanno male come la lama di un pugnale

Dicembre 1998
Hogwasrt, sotterranei, stanza di Severus Piton
Notte



Severus si ritrovò nel parco giochi che era stato lo sfondo della sua infanzia.
Si guardò attorno, nulla era mutato in quegli anni, eppure c'era qualcosa che stonava.
Gli alberi erano troppo ricchi di foglie, troppo verdi, l'erba era eccessivamente morbida, il sole troppo grande e splendente.
Era come se quel posto fosse finto, come se fosse il dipinto di un quadro invece che un posto reale.
Percorse il breve vialetto di terra battuta che univa la strada al parco giochi e intravide una figura sull'altalena. Sullo stesso seggiolino dove aveva visto Lily la prima volta.
Era una donna, ma non era la sua Lily.
Si avvicinò piano, la donna aveva la testa china, coperta dal cappuccio del mantello blu che indossava, si reggeva alle catene troppo lucide del gioco.
Spezzò un rametto con il piede e la donna sollevò di colpo la testa, ma nonostante tutto il volto restò coperto dal cappuccio.
- Sei tu. - sussurrò la voce femminile, sembrava sollevata.
- Tu sai chi sono? - domandò restando fermo in mezzo a quell'erba troppo verde.
- Tu sei Severus.
- Lily?
La donna chinò il capo, sembrava che la domanda l'avesse ferita in qualche modo.
- Lily non verrà, Severus. - disse lei dondolandosi appena – Non verrà mai. Devi fartene una ragione.
Probabilmente un pugnale infilato dritto nel cuore avrebbe fatto meno male. Strinse i pugni e digrignò i denti.
- Tu menti! - si ritrovò a gridare – Lei verrà! Lei mi amerà! Io lo merito!
La figura si alzò dal seggiolino che, nonostante tutto, non si mosse dalla sua posizione. Era tutto, tutto innaturalmente fermo.
- Sì, tu lo meriti. – confermò – Nessuno più di te merita l'amore. Ma Lily non verrà. Ha scelto, Severus e la sua scelta non sei tu. Non sarai mai tu.
Il mago gemette e cadde in ginocchio. L'erba, che prima sembrava così morbida, si sbriciolò sotto il suo peso come se fosse di polvere, gli alberi morirono sotto i suoi occhi, il sole esplose come un palloncino, lasciandolo al buio in un mondo in rovina.
Quando l'oscurità lo inglobò del tutto sentì quella presenza vicino.
Severus...
Non rispose, rimase in ginocchio su un manto erboso che non esisteva più. Gemendo e piangendo per quello che non avrebbe mai avuto.
Severus...
- Lasciami in pace... - singhiozzò – lasciami stare.
Mi dispiace, Severus.
Il mago sollevò di scatto la testa, aveva il volto rigato dalle lacrime. Quella donna era accanto a lui, avvolta nel suo mantello blu, con il volto celato. Una pallida mano gli stava asciugando le guance.
Asciugava il suo dolore.
Mi dispiace così tanto, Severus. Se solo tu potessi sentire il mio dolore, come io sento il tuo.
- Chi sei?
Non la vedeva, non sapeva chi – cosa – fosse, eppure sentiva il suo sorriso. Un sorriso felice, pieno di sentimento. Un sorriso d’amore.
Per lui. Solamente per lui.
Baciami, Severus.
Quando Severus aprì gli occhi nella sua camera, disteso nel letto dalle coltri scure, si accorse che stava ancora piangendo.

* * * *



Vigilia di Natale, 2003
Hogwarts, primo piano
Festa di Lumacorno
Sera



Come Preside non poteva esimersi da quella festa che aveva sempre trovato ridicola.
Albus, un tempo, aveva la scusa della guerra imminente, quando era stato Preside sotto il breve regno dell'Oscuro Signore aveva proibito a Lumacorno qualsiasi tipo di festeggiamenti, anche con una certa soddisfazione, ora che ci pensava. Ma ora non aveva più scuse.
Si presentava quando i festeggiamenti erano iniziati da un pezzo, così che tutti fossero impegnati in conversazioni frivole e non avrebbero prestato attenzione a lui. Beveva un paio di bicchieri di zabaione, l'unica cosa buona alle feste di Lumacorno, e poi se ne andava.
Facile. Veloce. Indolore.
Come togliersi un cerotto.
Meno facile, veloce ed indolore, sarebbe stato mantenere sul volto il solito sorriso finto di cortesia. Sorriso che molti mal interpretavano, credendo che un mago oscuro e ambiguo come lui potesse trovare la gioia in una ghirlanda verde e in un albero canterino.
Quel finto sorriso a volte pesava quanto la maschera d'argento che gli aveva celato il volto alle riunioni dei Mangiamorte.
Entrò nella sala troppo addobbata, con ghirlande sgargianti, alberi incantati addobbati con fatine e vischio ovunque.
Costrinse a non sostituire il leggero sorriso con una smorfia infastidita e si avviò al tavolo, salutando i pochi che conosceva.
Alcuni studenti del sesto anno servivano gli ospiti, altri avevano avuto “l'onore” di essere invitati. Individuò un paio di Grifondoro, tre Corvonero e quattro Serpeverde. Nessuno Tassorosso, ma non c'era da stupirsi.
Lui non era mai stato un pupillo di Lumacorno, era il miglior pozionista della sua Casa, ma non dimostrava il carattere per emergere dal gruppo, per dimostrare a quel pallone gonfiato di Horace che valeva più di quello che si pensava.
Ovviamente Potter, l’altro Potter, era tra i suoi preferiti. Scarso in pozioni, ma estremamente carismatico.
Lui era Preside ora, mentre quel pallone gonfiato cibo per vermi.
Lui era anche un assassino, mentre James Potter era considerato un eroe, martire in un guerra che, in fin dei conti, non aveva mai veramente combattuto.
Quindi Lumacorno si sarebbe sempre vantato di averlo conosciuto, Potter sarebbe sempre stato uno dei suoi trofei migliori, mentre lui…
Severus prese con fastidio un bicchiere di zabaione e cercò di scacciare i pensieri negativi. Ma da quando l'aveva vista al matrimonio di Potter non c'erano altro che pensieri orribili che si affacciavano nella sua mente. Le mancava. Le mancava terribilmente e sapere che aveva sofferto quanto lui in quegl'anni era una tortura. Aveva sperato che si rifacesse una vita lontana da lui, una vita di luce, amore e calore.
Invece era ancora nell'ombra. La stessa ombra in cui era caduta dopo che l'aveva salvato. L'aveva riportato alla vita, gli aveva donato luce, ma il prezzo da pagare, per lei, era stato alto. La luce in cui era rinato lui aveva mandato lei nell'ombra e non poteva sopportarlo.
Andava a quella feste con la speranza di intravederla tra gli ospiti, non voleva parlarle, ma solo assicurarsi che stesse bene.
Ma lei non si presentava mai.
Finì in fretta il primo bicchiere e ne prese un secondo. Voleva andarsene il prima possibile.
Togliersi quella sgradevole sensazione, togliersi quel sorriso finto.
Si voltò verso il buffet, fu raggiunto da due maghi giovani che, dal distintivo che avevano appeso sul bavero della giacca, appartenevano alla Puddlemere United.
- … sì, proprio lei. - disse il primo prendendo qualche tortina.
- Quell' Hermione Granger? - chiese il secondo con gli occhi sgranati.
Severus si irrigidì al suono del suo nome e il sorriso, per quanto finto, fu spazzato via dalla forza che aveva quel nome.
- Sì, siamo usciti un paio di volte a Settembre, me l'ha presentata Ginny durante il raduno delle squadre inglesi prima del Campionato. - continuò il primo noncurante di chi avesse attorno, continuando a scegliere le tartine – E sai cosa? Parla troppo e di cose assolutamente noiose! Come si fa a perdere anni in giro per il mondo alla ricerca di isolate bolle di energia magica quando non importa a nessuno. Non é più emozionante la manovra Porskoff dell'ultima partita?
- Altroché! - risposo l'altro prendendo un calice di vino dal vassoio portato da un ragazzo di Corvonero del quinto anno.
Severus digrignò i denti e, per la prima volta, sentì la mancanza della sua maschera argentata.
- Quella si dev’essere seduta su una Stellafreccia quando era piccola, ti dico. - infierì il primo mago – C' è una sola cura per quelle come lei.
L'altro rise come solo un mago che ha preso troppi bolidi in testa e ha troppi ormoni nel corpo, decisamente sproporzionato rispetto alla nuca, può ridere.
- Sono certo che tu gli hai dato la tua speciale medicina. - gli diede una piccola gomitata – Vero, James?
Severus avrebbe voluto urlare.
- Eccome! – gongolò l’altro voltandosi, il piatto pieno in modo vergognoso – Si sa che quelle sono rigide nella vita, ma sotto le lenzuola cono come Ippogrifi selva…- il piatto cadde a terra mentre il giocatore si portava le mani alla bocca con gli occhi sgranati diventando paonazzo - mmmhh!!!
- James! – urlò l’altro andando in suo aiuto – Cosa ti succede?
- Mmmm! Sca misca linscua!!!
La lingua era immobile, appiccicata contro il palato.
Tutti accorsero verso il mago che gesticolava e biascicava qualcosa di incomprensibile.
Nessuno si accorse del mago vestito di nero che usciva furioso dalla sala mentre rinfoderava di nascosto la bacchetta.
Il finto sorriso di cortesia si era trasformato in uno di crudele vendetta.

* * * *

Dicembre 1998
Villaggio di Hogsmeade, Stambera Strillante
pomeriggio inoltrato



Il mago deglutì, non riuscì ad evitarlo quando vide la macchia di sangue secco sporcare le assi del pavimento scricchiolante della Stamberga. Sapeva che il morso di Nagini era stato profondo, letale se non fosse stata per Fanny.
Ma era proprio stata Fanny?
Perché la fenice avrebbe dovuto salvarlo?
Per la sua lealtà a Silente e ad Hogwarts?
Severus non lo credeva. Non credeva neppure che fosse stato salvato da Fanny.
Poteva curarlo dal veleno che non faceva cicatrizzare le ferite, ma il sangue secco su quel pavimento era tanto, troppo per permettere ad un uomo di sopravvivere.
Si sforzò di non guardare la grande macchia, di non immaginare il suo corpo riverso sul pavimento con gli occhi vitrei spalancati sulle ragnatele; si concentrò sulle tracce che vedeva nella polvere. Nonostante fossero passati mesi si intravedevano ancora.
Riconobbe le impronte dell'Oscuro e le spire di Nagini. Vide le sue, a distanza regolare fino ad un certo punto. Per poi diventare confuse ed indistinte fino a quando Nagini non lo aveva azzannato. Vide tre serie di impronte lasciate dal passaggio segreto alla grande pozza rossa mattone. E poi altre tre serie che tornavano indietro.
Fin lì non c'era nulla di strano.
Ma c'erano una serie di orme che stonavano.
Erano piccole, confuse, si sovrapponevano alle altre, era come se qualcuno avesse corso. La persona che le aveva lasciate era entrata nella pozza del suo sangue, si era inginocchiata.
Severus strinse i pugni.
Era tornata indietro per lui. Perché? Perché Hermione Granger era tornata per un morto?
Si avvicinò ad una finestra, con un colpo di bacchetta fece cadere due assi che coprivano una delle finestre. Caddero sul pavimento con un tonfo sordo, sollevando una nuvola di polvere umida. Un pallido raggio di sole invernale superò lo sporco sul vetro e illuminò la stanza con una fredda luce.
Il mago fece qualche passo verso la macchia sul pavimento, sentendo su di sé gli invisibili occhi di un serpente assetato del suo sangue.
Si inginocchiò davanti al sangue e lo sfiorò con due dita analizzandolo con la stessa cura con cui avrebbe analizzato l'ingrediente per una pozione.
Sentiva l'aria attorno a quel punto crepitare di magia. Magia potente, proibita, sconosciuta, pericolosamente oscura.
Osservò i contorni della macchia ricostruendo la posizione del suo corpo. Ne percorse il contorno con due dita, ricordandosi il dolore, la paura e la pace quando aveva visto quello sguardo verde che negli ultimi anni aveva odiato e amato contemporaneamente.
Memorizzò le venature del legno messe in evidenza dal sangue, quasi poteva ancora sentirne l'odore metallico.
Non poteva esser sopravvissuto a quell'attacco.
Senza pensarci troppo di sdraiò sul pavimento, cercando di far coincidere il proprio corpo con la chiazza scura. Si ritrovò a pancia in su fissando le stesse ragnatele che l'avevano visto morire.
Voltò la testa a destra e sinistra osservando le impronte nella polvere e il sangue. Si alzò di scatto a sedere e allungò la mano verso due gocce di sangue più scure, perfettamente tonde, come se fossero cadute dall'alto.
- Questo non é mio. - sussurrò passando il polpastrello sul primo bottone rosso rubino.
Con la coda dell'occhio intravide un luccichio sotto la fodera logora che copriva un vecchio mobile. Si avvicinò piano, carponi sul pavimento sporco, sentì delle schegge entrargli nel palmo ma non vi badò. Sollevò il tessuto rivelando un pugnale dalla lama argentata. Un pugnale così simile a quello dei Mangiamorte da farlo rabbrividire.
Delicatamente afferrò l'impugnatura e lo sollevò lasciando poi cadere la fodera che ondeggiò malinconica per qualche secondo, come il lenzuolo fatiscente di un fantasma.
Si alzò appoggiando la mano sul pavimento sporco, fece una smorfia quando avverti un forte bruciore. Si sollevò del tutto e girò la mano, una scheggia era penetrata in profondità e il sudiciume di quella vecchia baracca gli stava infiammando la pelle ferita.
Si pietrificò quando notò sul palmo una cicatrice che non ricordava. Il suo corpo spigoloso era una mappa di dolore, non ricordava la provenienza di ogni segno che aveva sul corpo. Era stato cruciato dall'Oscuro così tante volte che i segni si confondevano, mentre il lavoro di pozionista l'aveva visto con molti tagli sulle mani – soprattutto quand'era ancora inesperto – e bruciature sulle braccia per via dei fuochi sotto il calderone, aveva i polpastrelli ruvidi, segnati dalle bruciature del calderone bollente. Era abile, era il migliore, ma non era immune alle scottature. E poi ogni cicatrice era una testimonianza della sua inadeguatezza giovanile e un monito per non fare i medesimi errori di gioventù.
Il suo corpo era il degno contenitore della sua anima strappata e rattoppata più volte. Ma quella cicatrice non la conosceva.
Era quasi invisibile, pallida sulla sua pelle pallida, perfettamente cicatrizzata, non la sentiva neppure se chiudeva la mano a pugno. Era solo un segno sulla pelle.
Un segno che lui non conosceva.
Severus osservò il palmo.
Severus osservò il pugnale.
Poi sgranò gli occhi.

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Capitolo 12
*** Attaccare con un sorriso. Difendersi con un sorriso. ***


n. 37

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Attaccare con un sorriso. Difendersi con un sorriso.

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Hermione aprì gli occhi e lui si voltò a guadarla. Nonostante lo sguardo offuscato dalle lacrime mal trattenute e il labbro che tremava riuscì a fargli un debole sorriso.
- Buon Natale, professor Piton.

Parole: 1.71

Attaccare con un sorriso. Difendersi con un sorriso.

Vigilia di Natale, 1998
Hogwarts, primo piano
Festa di Lumacorno
Sera




Stava parlando con uno degli incaricati del Ministero addetti alla ricerca della cura contro la licantropia quando la vide entrare.
La discussione era estremamente interessante e si era quasi dimenticato il motivo che l'aveva spinto alla festa di Horace.
Hermione Granger si era presentata vestita in abiti quasi babbani se si escludeva il mantello che le copriva le spalle.
La sua entrata fu segnalata da un fastidioso mormorio e da mille occhi che la fissavano. Il nome Potter echeggiava in tutta la stanza.
Severus vide perfettamente il fastidio indurire i lineamenti delicati della strega. La vide sforzarsi di sorridere a tutti, salutando e stringendo mani. Lumacorno la bloccò posizionandole una mano grassoccia sulla spalla.
- Signori e signori! - richiamò l'attenzione dei presenti – Sono certo che tutti voi conosciate la Signorina Hermione Granger. Ha combattuto in prima linea la guerra con Harry Potter contro Voi-Sapete-Chi ed è anche una strega incredibilmente dotata.
Ci fu un lieve applauso. Hermione sorrise mentre un lieve rossore le imporporava le guance. Il professore le passò un calice di vino elfico e sollevò il suo.
- Alla vittoria sulle forze del male e al coraggio di tre giovani maghi. - disse solennemente Lumacorno.
- A Harry Potter! - urlò uno degli invitati in fondo alla sala – All'eroe del Mondo Magico!
Tutti i calici si alzarono per un brindisi, tutti urlarono il nome del ragazzino che era sopravvissuto, Severus bevve un sorso del suo vino senza staccare gli occhi dalla strega.
Hermione aveva brindato poi con velocità a approfittando di un momento di distrazione di Horace si era allontanata, mettendosi in un angolo.
Lui aveva continuato a parlare con l'incaricato del Ministero, questa volta, però, con meno interesse. La osservava di nascosto e si rese conto subito che c'era qualcosa che non andava.
Era sola. In quella sala gremita di gente importante, Hermione Granger, la migliore amica di Harry Potter, colei che aveva sopportato le torture dei Mangiamorte, che aveva salvato il giovane Potter a Godric's Hollow da Nagini, che aveva combattuto a Hogwarts, era sola. I pochi che si avvicinavano per parlarle se ne andavano quasi subito, forse volevano solo notizie su Potter.
La saccente Grifondoro era cambiata, era strana . Severus notò subito la luce spenta del suo sguardo, una tristezza che dagli occhi si allargava a macchia d'olio su suo volto, rendendo triste perfino il suo sorriso.
Ricordava un sorriso dolce in quell'aula di pozioni.
Qui non ve n'era traccia.
Continuò ad osservarla mentre lei beveva e mangiava qualcosa dal grande tavolo a buffet, la fissò mentre intavolava un breve discussione con il capo degli Auror e un paio di ex studenti.
Poi non la vide più.
Era bastato un attimo e lei era sparita.
Il mago troncò la discussione e la cercò con lo sguardo. Quando fu certo che non era più in quella sala uscì, trovandola appoggiata al muro, con gli occhi chiusi.
- Signorina Granger, - la chiamò – si sente bene?
Hermione non rispose immediatamente, fece un profondo respiro e aprì gli occhi. Quando incrociò il suo sguardo il sorriso triste della serata sembrò illuminarsi.
Severus ne rimase colpito.
- Sì,- gli disse – avevo solo bisogno di un po' d'aria. L'atmosfera é soffocante là dentro. Non pensavo di vederla qui, professore.
- Sono stato praticamente costretto. Credevo che lei passasse il Natale alla Tana.
Hermione appoggiò la testa al muro.
- E' il primo Natale dopo la morte di Fred. - spiegò – Ho pensato che sarebbe stato meglio lasciarli da soli.
- E la sua famiglia?
- Sono in Australia. - disse l'altra – Ho modificato loro la memoria poco prima di partire con Harry alla ricerca degli Horcrux. Volevo che fossero al sicuro.
- Perché non é tornata ad annullare l'incantesimo?
- Ci sono andata. - sorrise lei, ma era una maschera che nascondeva un grande dolore – Mia madre aspetta un bambino. Li ho osservati di nascosto ed erano così felici ed increduli di quella gravidanza che... non volevo rovinare di nuovo le loro vite. Saranno più felici se non ricorderanno quello che ha fatto la loro figlia. - Hermione chiuse gli occhi e Severus vide una solitaria lacrima solcarle lentamente la guancia – Spero che sia maschio, ho sempre desiderato un fratello.
Il mago spostò lo sguardo, era in imbarazzo di fronte a quel dolore, destabilizzato dal quel sorriso triste e della lacrima solitaria.
La sentì tirare su col naso poco elegantemente e sospirare.
- Spero che sia un Babbano. - la sentì sussurrare.
Mentre restavano in silenzio in quel corridoio dove arrivata la musica e le chicchere inutili della festa di Lumacorno, il grande orologio batté dodici colpi.
Hermione aprì gli occhi e lui si voltò a guadarla. Nonostante lo sguardo offuscato dalle lacrime mal trattenute e il labbro che tremava riuscì a fargli un debole sorriso.
- Buon Natale, professor Piton.
Si ritrovò a rispondere a quel sorriso con uno altrettanto triste.
- Buon Natale, signorina Granger.

* * * *



28 Dicembre 2003
Hogwarts, ufficio del Preside
Mattina


Le fiamme verdi si alzarono all'improvviso.
Il camino del suo ufficio era l'unico collegato al Ministero, se ne serviva poco e solo per casi di estrema necessità. Nessuno arriva nel suo studio senza prima farsi annunciare da uno dei quadri.
Quando Hermione vorticò fuori dalla fiamme si sentì morire. Era infuriata, lo capiva solo dal modo in cui si toglieva la cenere dal mantello.
- Buongiorno Signorina Granger. - la salutò lentamente valutando ogni sfumatura del suo volto.
- Bene. - disse lei freddamente finendo di pulirsi – Sei qui. Almeno non devo cercati per tutto il castello.
Il mago sollevò un sopracciglio sottile.
- A cosa devo l'onore della sua presenza? - domandò ironico tornando a posare gli occhi sulle carte che stava leggendo.
- Non usare quel tono con me, Severus! - lo aggredì immediatamente.
Il mago sollevò gli occhi, Hermione era rossa in volto, i capelli erano più crespi del solito. Sembrava una leonessa sul punto di aggredire la preda.
E, per una volta, era lui la preda e non il cacciatore.
- Cosa vuoi Hermione? - domandò sbrigativo lasciando perdere il lavoro.
- Sono per qui per James Garren.
- Chi?
Hermione fece un profondo respiro per controllare la rabbia, ma i capelli sembrano più gonfi e ricci man a mano che la furia cresceva in lei.
- Quello a cui hai appiccicato la lingua al palato!
Severus arricciò le labbra cercando di non ridere, si appoggiò allo schienale della sedia e unì le mani, passandosi il dito indice sulle labbra.
- E chi ti dice che sia stato io?
- Quando mi hanno descritto la fattura l’ho riconosciuta subito! Era scritta su quello stupido libro di pozioni!
- Era diventata molto popolare ai miei tempi.
- Ma nessuno sa come far durare l'incantesimo per tre giorni consecutivi!
Era brillante, Severus ne era sempre stato affascinato, anche quando era stata una semplice studentessa. Un'intelligenza come la sua era rara anche tra i Corvonero.
Hermione, nel frattempo, camminava avanti ed indietro per il suo ufficio, si torturava le mani, Severus vide che si era mangiata tutte unghie.
Era un vero peccato rovinare così le sue belle mani.
- Perché l'hai fatto? - gli domandò furiosa – Ti stavi annoiando?
- Stava parlando di te. - le disse continuando a restare seduto – Stava dicendo cose orribili...
- Credi che non sappia cosa dice di me agli altri? - lo interruppe lei – Pensi che sia così ingenua, Severus?
Il mago fece una smorfia.
- Garren, è un'idiota.
- Certo che è un'idiota! - confermò lei – Ma questi non sono affari tuoi!
Si guardarono negli occhi in silenzio. I presidi nei quadri fingevano di dormire, ma entrambi sapevano che avevano le orecchie tese per sentire tutto.
Alla fine Severus appoggiò le mani sui braccioli di legno intagliati.
- Non credevo che uno come lui fosse il tuo tipo, ma non dovrei stupirmi dopo Krum e Weasley che, di certo, non brillano di intelligenza.
Hermione sbuffò irritata, Severus la vide stringere le mani in due stretti pugni.
- Spero - continuò fingendo indifferenza – che ne sia valsa la pena.
Si aspettava delle urla di rabbia, di indignazione, ma Hermione non disse nulla. Anzi sembrò calmarsi e con lentezza estrema le labbra si incurvarono in un sorriso crudele, freddo e degno della Casa di Salazar.
Non le stava bene quel sorriso. Preferiva di gran lunga i sorrisi tristi che le aveva visto i primi mesi dopo il ritorno a scuola.
Soprattutto non gli piaceva che quei sorrisi fossero rivolti a lui.
La vide avvicinarsi alla scrivania, poggiare i palmi sul ripiano e allungarsi nella sua direzione.
- Vuoi i dettagli, Severus?- gli sussurrò furiosa – Vuoi che ti racconti di quando l’abbiamo fatto negli spogliatoi dopo la prima partita di campionato? Oppure di quando l’ho invitato a casa mia e mi desiderava così tanto che non siamo neppure arrivati alla camera da letto?
Il morso di Nagini aveva fatto meno male.
Severus non replicò, restò seduto a fissarla, sentendosi ferire da quello sguardo colmo di disprezzo, odiandole quel sorriso vendicativo.
- Non intrometterti più nella mia vita, Severus Piton. – scandì con un sussurro appena udibile. Ma che rimbombò nelle sue orecchie come un urlo.
Si allontanò velocemente e si avvicinò al camino di pietra rovistando nelle tasche del mantello alla ricerca del sacchettino con la metropolvere.
- Non ti si addice quel sorriso, Hermione. – le disse tornato a fissare le sue carte – Quel falso sorriso vendicativo. – specificò quando lei si voltò a guardarlo – Lascialo usare a chi lo conosce da oltre vent’anni, a chi sa padroneggiarlo senza sembrare un adolescente arrabbiata con il suo ex fidanzato.
La strega lanciò la polvere tra le fiamme furiosa.
- E’ l’unica difesa che mi è rimasta contro di te, Severus. E tu non sei il mio ex fidanzato, sei il bastardo che mi ha spezzato il cuore. – specificò prima di entrare nel fuoco e sparire in un turbine color smeraldo.
Severus prese in mano la piuma per riprendere il lavoro, ma la riappoggiò subito sul tavolo con un sospiro.
- Perché fai così, Severus? – chiese Silente alle sue spalle, era l’unico che aveva seguito la discussione con gli occhi aperti – Perché l’allontani se l’ami così tanto?
- Per salvare la mia anima, – sussurrò il mago appoggiando la testa sullo schienale – ha profanato la sua. E’ quasi morta per me. Voleva rinunciare alla sua vita per me. Quanto ancora devo chiederle di sacrificare in mio nome?
- Lei ti ama. – disse il mago dipinto – Non ha perso nulla. Ha trovato te.
- Bell’affare.
- Sei un’anima piena di luce, ragazzo mio. Quando la smetterai di guardare solo le ombre del tuo passato?
L'ombra più cupa, nasce dalla luce più intensa.
Severus non rispose, prese la piuma e riprese il lavoro interrotto.
- Se Hermione dovesse sposarsi? – domandò il vecchio mago – Se decidesse di andare avanti e non aspettarti più? Cosa farai Severus? Resterai a guardare di nuovo? La vedrai vivere mentre tu morirai? Continuerai a proteggerla anche se ci sarà un altro uomo accanto a lei?
Il professore restò in silenzio qualche secondo.
- L’ho già fatto una volta, Albus. Posso farlo di nuovo.
- Oh, ragazzo mio…

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Capitolo 13
*** Nonostante tutto ***


n. 38

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Nonostante tutto

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Non pensava che l’avrebbe sentita di nuovo. Non dopo quello che era successo alla festa di Lumacorno, non dopo la sua irruzione nell'ufficio. Non dopo un anno di silenzio.
Parole: 2.380


Nonostante tutto

29 Dicembre 1998
Villaggio di Hogsmeade, Casa di Minerva
Notte


Il pomello della porta di casa ruotò silenzioso nella casa buia.
Severus entrò senza fare rumore, aveva fatto ricorso a tutti gli incantesimi e a tutte le tecniche di spionaggio in suo possesso per poter entrare in quella casa di notte.
A dire il vero si sentiva un po' a disagio per quello che stava facendo.
Avrebbe voluto fronteggiarla apertamente, senza problemi, senza quel sorriso triste che lo bloccava.
Non sapeva neppure lui cosa lo legasse a quella strega, ma quello che era successo alla festa di Lumacorno l'aveva spiazzato.
Sicuramente centrava la sua incapacità di relazionarsi con gli altri.
Da quando era tornato ad Hogwarts si era imbattuto nella Granger più di quanto desiderasse; avrebbe dovuto trovarla fastidiosa, ingombrante, invece era a disagio. Si sentiva, di nuovo, il Mocciosus della scuola e quella sensazione non gli piaceva.
Non gli piaceva che fosse lei a farlo sentire così. E, più ci pensava, più si convinceva che in quella casa, in quella notte maledetta fosse successo qualcosa di molto più importante di un uccello leggendario che piangeva sul suo corpo morente. In più i suoi sogni non miglioravano le cose, quella figura ammantata andava a trovarlo ogni notte e lui si svegliava confuso, disorientato e con quella terribile sensazione di aver scordato qualcosa di importate.
Doveva trovare delle risposte e sapeva, sentiva che erano in quella casa.
Entrò nel salotto buio senza fare rumore. Si guardò attorno riconoscendo Hermione in ogni soprammobile che vedeva. Pochi fronzoli inutili sui mobili, alcuni quadri alle pareti, il mobile all'ingresso era ingombro di cornici con foto magiche e babbane. C'era una vecchia foto dei membri dell'Ordine della Fenice dove di lui non c'era traccia. Una foto in movimento di lei e con i suoi due migliori amici, una foto di lei e la giovane Weasley, le foto babbane mostravano i suoi genitori, la famiglia a cui aveva rinunciato per non dare un ulteriore dolore; alcune la ritraevano da piccola.
Severus si sentiva di troppo in quel mondo colmo d'affetto che non aveva mai conosciuto, ma conosceva il dolore per la perdita della propria famiglia. Non aveva versato lacrime quando aveva perso il padre, ma aveva sempre avvertito un grande vuoto quando ripensava alla madre.
Si ritrovò a sorridere quando vide la foto di una piccola Hermione Granger che stringeva un pupazzo di pezza grosso almeno il doppio di lei.
Toccante, Severus. Davvero. Perché non vai su e l'abbracci mentre dorme.
Scosse il capo, e si voltò verso le scale che portavano al piano superiore.
Salì gli scalini con passo felpato.
Tre porte identiche si affacciavano sul corridoio subito dopo la scala.
La prima stanza era il bagno. Severus non si soffermò a guardare e andò oltre.
Aprì la seconda porta in perfetto silenzio trovandosi nella camera di Hermione.
Trattenne il fiato sentendola dormire sotto il pesante piumone.
Restò fermo sulla soglia molto più di quanto avesse immaginato e, senza nemmeno accorgersene, allungò il collo per vederla meglio sotto tutti quegli strati di lenzuola.
Dormiva su un fianco, il respiro regolare, una massa informe di ricci castani le copriva il viso.
Ed ora cosa vuoi fare, Severus?
La sua voce cinica lo destò, fece un passo indietro e richiuse la porta.
La terza stanza era quella che cercava: lo studio.
Aprì la porta ed entrò. Non si stupì di quello che vide, tre pareti erano tappezzate di librerie già ingombre di tomi, la scrivania davanti alla finestra era piena di penne d'oca, rotoli di pergamena e boccette d'inchiostro.
Severus, nell'oscurità di quella stanza, allungò la bacchetta e mosse velocemente il polso.
Sperò di non trovare niente.
Invece un'asse del pavimento brillò mostrando un nascondiglio segreto.
Con due passi veloci raggiunse quel punto del pavimento, si inginocchiò; trovare l'incantesimo di apertura fu più facile del previsto.
Allungò un braccio nella cavità nascosta e prese quello che assomigliava ad un libro dalla copertina di pelle nera.
Severus sentì subito la magia oscura che impregnava le pagine di quel libro.
- Che cosa mi hai fatto, Hermione?

* * * *

9 Gennaio 2005
Hogwarts, ufficio del Preside
mattina presto


Quella mattina era di pessimo umore.
Il suo compleanno lo metteva sempre di pessimo umore.
Entrò nel suo ufficio sbattendosi la porta alle spalle. Gazza aveva già disturbato la sua quiete con la richiesta assurda di punire uno studente del quinto anno appendendolo per i pollici nel suo sgabuzzino che fungeva da ufficio.
Severus era sempre più deciso a mandarlo in pensione, ma nessuno conosceva la scuola meglio di Gazza. Forse solo Silente.
Ma Silente era, ormai, uno scheletro giallognolo sotto la terra.
Si lasciò sfuggire un sorrisino: il cinismo era l’arma migliore da utilizzare nel giorno del suo compleanno.
Si sedette pesantemente sulla poltrona dietro la scrivania e sospirò.
Almeno nessuno gli aveva fatto gli auguri. Detestava gli auguri.
- Buon compleanno, Severus!
Il mago si passò una mano sul volto, indeciso se ignorare quella fastidiosa presenza alle sue spalle o bruciare direttamente il quadro senza troppi complimenti.
- Quanti anni sono?
O se buttarsi lui dentro il camino.
- Troppi. – sibilò togliendo la mano dal volto.
- Quando arriverai alla mia età non penserai che siano troppi!
Era probabile che non sarebbe arrivato sano e salvo alla fine di quella giornata.
Decise di ignorare ogni battuta fuori luogo di un vecchio amico dipinto su una tela e fece apparire una tazza di caffè. Non avrebbe fatto colazione in mezzo agli altri, sarebbe rimasto in quella stanza per tutta la giornata, impegnato in un lavoro noioso, forse avrebbe distillato qualche puzzolente pozione.
Mentre decideva da cosa iniziare sentì un picchiettio alla finestra. Aprì il vetro con un colpo di bacchetta senza neppure alzarsi.
Tre gufi planarono sulla sua scrivania.
Il primo era il gufo della Gazzetta del Profeta che gli portava il quotidiano.
Prese il giornale e inserì i soldi nel borsellino di pelle leggera legato alla zampa. L'uccello volò via senza degnarlo di uno sguardo.
Appoggiò il giornale sulla pila delle carte da guardare quella mattina e guardò gli altri gufi.
Il secondo proveniva da Molly. Portava un pacco, conteneva una piccola torta farcita con glassa verde smeraldo.
Tutto il clan Weasley gli faceva gli auguri, compreso Potter.
Avrebbe dovuto provare fastidio, invece non fu così.
Mise il pacco con il dolce da una parte e diede un cracker appassito all’uccello che gli lanciò un’occhiataccia per il magro banchetto.
Il terzo gufo aveva legato alla zampa una semplice busta bianca. Il fiocco era rosso e nero, i colori dell’ufficio postale magico.
Slegò la missiva e l’aprì.
Scivolò fuori una cartolina.
Sentì il cuore mancare un colpo. Non pensava che l’avrebbe sentita di nuovo. Non dopo quello che era successo alla festa di Lumacorno, non dopo la sua irruzione nell'ufficio. Non dopo un anno di silenzio.
Prese la cartolina con due dita e osservò il paesaggio ritratto.
- Barcellona. – sussurrò alla stanza vuota.
La voltò, ormai abituato allo spazio vuoto. Alle parole non dette che Hermione teneva nella piuma.
Invece, questa volta, Hermione gli aveva lasciato un messaggio.
Era un bacio.
Hermione aveva baciato la cartolina lasciando il segno del rossetto sul cartoncino.
Si appoggiò allo schienale della sedia continuando a fissare la cartolina, quel bacio scarlatto per lui.
Ne accarezzò con un dito il contorno, avvertendo sul polpastrello la morbidezza delle sue labbra, il calore di quel bacio.
Sotto il segno con il rossetto c'erano scritte due parole.
Nonostante tutto.
Severus sorrise continuando ad accarezzare il bacio e le parole che lei aveva scritto per lui. Solo per lui.
- Nonostante tutto. - sussurrò portandosi la cartolina alle labbra e ricevendo quel bacio che bramava più di qualunque altra cosa.

* * * *



31 Dicembre 1998
Villaggio di Hogsmeade, Casa di Minerva
tarda mattina


Severus bussò con forza alla porta ancora addobbata con una ghirlanda di agrifoglio e bacche rosse.
Sapeva che era in casa, c'era del fumo bianco che usciva dal camino.
Quando non sentì nessuno aprire bussò così forte che il legno della porta tremò visibilmente.
Era furioso.
Finalmente dopo un tempo che gli parve infinito sentì Hermione correre verso la porta e aprire uno spiraglio.
Per un attimo Severus restò senza parole.
Era evidente che era appena uscita dalla doccia, aveva i capelli bagnati che gocciolavano sul pavimento e indossava un accappatoio celeste.
- Professor Piton! - esclamò lei stupita arrossendo di colpo per il suo abbigliamento poco consono, stringendo l'accappatoio al petto – Cosa ci fa qui?
Il mago non rispose, entrò in casa senza ricevere il permesso. Hermione era visibilmente spaventata ed in imbarazzo.
- Professor Piton...- lo chiamò di nuovo confusa – é successo qualcosa?
Si avventò su di lei come una furia, Hermione gridò spaventata e si appiattì contro la parete. Severus le prese con forza la mano e ne guardò il palmo, vide chiaramente la strega impallidire di colpo.
Quando vide la cicatrice sul suo palmo, identica alla sua, non ci vide più dalla rabbia. Esplose.
- Ma cosa ti é saltato in mente? - gridò.
Hermione tremava, aveva liberato la mano dalla sua presa e continuava a stringersi l'accappatoio al petto. Si sentiva esposta, completamente nuda di fronte a lui, e non era una nudità fisica, ma dell'anima. Qualcosa di più intimo e profondo.
- Io... - balbettò – io non so di cosa stia parlando...
Negare le sembrò la via più semplice.
Severus si infuriò ancora di più. Rovistò nelle tasche, per un frangente di secondo pensò che stesse cercando la bacchetta per schiantarla, ma poi tirò fuori un foglio di pergamena. Lo riconobbe e si sentì morire.
- Parlo dell'incantesimo oscuro che mi hai fatto! - urlò il mago sventolandole la pergamena sotto il naso – Pensavi che non lo scoprissi mai? Che mi sarei bevuto la storia di Fanny senza indagare? Come ti sei permessa di farlo? Non ne avevi il diritto!
- Io non ho fatto nulla! - gridò di rimando lei, era immobilizzata tra il muro e il suo corpo, il volto adirato dall'altro così vicino che poteva sentire il calore della sua pelle – Io ho solo...
- Ti sei intromessa nella mia vita! Nella mia morte! Non mi hai permesso di andare oltre.
- Non sono stata io! - si difese – E' stata una sua decisione non andare oltre. L’incantesimo non è spiegato bene perché quasi tutti sono morti nel tentativo di farlo! La sua anima era bloccata in un limbo. Un limbo che lei stesso aveva creato.
- E, sentiamo, perché dovrei aver creato quel limbo? Per aspettare te? Una saccente SoTutto Granger che venisse a salvare la mia anima?
La strega gli lanciò uno sguardo duro.
- Lei aspettava Lily. - sibilò con evidente rabbia.
Severus si allontanò da lei velocemente, come se qualcuno l’avesse colpito con una fattura.
Hermione tornò a respirare, in quella prigione tra il suo corpo e il muro le mancava l'ossigeno.
Lo vedeva affranto, pallido, sembrava che avesse passato la notte a cercare una risposta al suo gesto. E le ricordò quel Severus disperato sull’altalena, immerso in un modo irreale, che piangeva per l’abbandono di Lily.
Le si strinse il cuore.
- Non… non ricordi vero?
- Cosa dovrei ricordare? - domandò l'uomo, non la guardava in faccia, fissava un punto imprecisato del tappeto.
- Quello che è successo in quel limbo.
Severus scosse il capo.
- Allora non mi crederai mai.
Andò in cucina, aveva bisogno di bere un po' d'acqua. Non si stupì quando lui la raggiunse.
- Perché? - le domandò – Perché l'hai fatto? Quell'incantesimo ti ha quasi ucciso e... ogni incantesimo oscuro lascia una traccia nell'anima di chi lo esegue. Hai profanato il tuo spirito per salvare me, per salvare un assassino.
- Io non ti ho salvato. - fece lei – Ti ho solo dato una scelta. Potevi benissimo andare oltre se lo desideravi veramente. Ma non c'era nulla per te dall'altra parte. Lily...
- Non parlare di lei, ragazzina.- sbottò il mago – Tu non sai nulla di Lily né di quello che pensava di me. Ero un mostro ai suoi occhi. Ha fatto bene a lasciarmi anche nella morte.
Hermione sentì le lacrime pizzicarle agli angoli degl'occhi.
- So che é stata una stupida. - gli disse a tono – So che non ha voluto vedere come sei veramente. Che se avesse visto la tua anima, come l'ho vista io, non ti avrebbe lasciato andare.
- Zitta...
- Lily é stata una codarda! - gridò lei appoggiando con forza il bicchiere sul tavolo - Era più facile fingere di non conoscerti piuttosto che esserti amica!
- Zitta stupida impicciona!
Hermione sussultò sgranando gli occhi.
- Tu non sai nulla. - disse Severus minaccioso – Tu non avevi nessun diritto di farlo, non potevi prendere questa decisione al posto mio. Tu non dovevi immischiarti. E non parlare mai più di Lily.
Severus si appoggiò al muro, lesse per l’ennesima volta la pergamena con la traduzione dell’incantesimo oscuro.
- Ti sei legata ad un’anima di ombra. - sussurrò prima di accartocciare il foglio nel pugno.
Calò il silenzio nella cucina. Hermione bevve un sorso, aveva la gola chiusa a dire il vero, ma restare a guadarlo in quello stato le faceva male. Le riportava alla mente tutto quello che aveva visto in quel limbo, quando le loro anime di erano sfiorate e lei aveva sentito tutto quel dolore nel suo spirito, tutta quella delusione che le aveva spezzato il cuore.
- L'ombra più cupa - disse appoggiando il bicchiere sul tavolo con mano tremante – nasce dalla luce più intensa. Non hai solo un'anima di ombra. C'é una luce immensa, ma non vuoi vederla. Ma io l'ho vista, ho sentito il suo calore, non si può restare indifferenti di fronte ad una luce così accecante.
Severus chiuse gli occhi, non voleva ascoltare.
- Non puoi non innamorarti di un'anima così splendente. - terminò lei.
Il mago alzò la testa di scatto.
Hermione sorrideva, ma non osava guardarlo, era arrossita e torturava una delle maniche dell'accappatoio.
- Io non sono fatto per l'amore, Granger. - tagliò corto lui.
Quando Hermione sentì la porta di casa sbattere, si sedette su una delle sedie.
Il sorriso tremò sulle labbra, ma cercò di non lasciarlo sfuggire.
- Non sei fatto per amare me. - sussurrò nella cucina deserta.
Poi scoppiò a piangere.

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Capitolo 14
*** Non sei più solo ***


n. 39

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Non sei più solo

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Restò a fissare quella scena che sembrava irreale. Lui, Severus Piton, il Manigiamorte, il traditore, la spia e l'assassino, che rideva con una donna. Vide il suo sguardo, era vivo, luminoso, come non lo era più da anni.
Parole: 1.648

Non sei più solo

2 Gennaio 1999
Hogwarts, sotterranei, stanza di Severus
Sera


Sedeva davanti al camino.
Le fiamme alte accarezzavano la pietra annerita dalla fuliggine. Osservava il fuoco, la luce del camino rendeva i suoi lineamenti più duri, lo facevano sembrare più vecchio.
Lui stesso si sentiva più vecchio.
Era ancora furioso.
Aveva passato gli ultimi giorni a riflettere su quello che aveva scoperto senza trovare una spiegazione.
Severus...
Chiuse gli occhi.
E' inutile Severus.
- Vattene. - sibilò affondando le mani nei capelli neri.
No. Volevi zittirmi, ma non puoi.
Il mago sollevò la testa trovandosi davanti agli occhi la solita figura ammantata con il volto coperto.
- Tu non sei un fantasma.
No.
- Sei un ricordo.
Vide la presenza allungare le mani sul cappuccio e abbassarlo. Per un attimo pensò che il volto restasse in ombra, come era già capitato. Invece questa volta una massa di ricci castani fu liberata dalla prigione di ombra e stoffa.
Sorrideva in modo disarmante il ricordo che aveva l'aspetto di una sua ex studentessa.
Dieci punti a Serpeverde, professore.
Il mago fece una smorfia e si alzò. Non sapeva se quello che stava vedendo era reale o se stesse sognando.
E' un sogno, Severus. Ma questo non vuol dire che sia meno reale.
- Perché ora riesco a vederti?
Perché ora sei pronto.
- Pronto per cosa?
La strega allargò il sorriso e allungò una mano.
Per ricordare.
Severus allungò la mano pensando che non sarebbe stato in grado di toccarla. Invece la pelle di quel ricordo era calda, morbida e dal dolce profumo.
Sentì le sue dita sfiorargli la pelle e la stanza attorno a lui sparì lasciando il posto ad un parco che sembrava finto.
Lo riconobbe subito.
- Perché siamo qui?
- Perché é qui che é iniziato tutto.
Piton si voltò verso di lei, sollevò un sopracciglio.
- Ora parli?
Lei sorrise ancora.
- Posso parlare solo dove il ricordo é più intenso e vivido. Altrimenti posso solo sussurrare nella tua testa.
- Perché?
- Questo devi chiederlo a te stesso. Io sono un tuo ricordo. Ora stai zitto e osserva attentamente.
La strega puntò il dito in un punto preciso, Severus lo seguì con gli occhi trovandosi davanti se stesso. Si guardava attorno in febbrile attesa. Sapeva chi stava cercando, chi era l'unica che poteva trovarlo in quel posto.
Non doveva essere morto da molto tempo. Si guardò attorno in quel posto che era palesemente finto, troppo statico e immobile. Talmente irreale da fare paura.
Si guardò attorno aspettandosi di intravedere una chioma riccia spuntare da qualche parte.
- E' troppo presto, Severus. - lo ammonì con dolcezza la presenza.
- Quando lei é arrivata alla stamberga non dovevo essere morto da molto.
- Nel mondo reale hai ragione, ma qui... qui il tempo scorre lentamente. Pochi minuti in questo luogo posso sembrare giorni interni.
Effettivamente più passava il tempo più vedeva il riflesso di se stesso smettere di cercare. Vedeva la delusione sul suo volto, nei suoi occhi, il mondo attorno a lui sembrava incupirsi, diventando sempre più irreale.
Vide se stesso crollare sull'altalena, piangendo, disperandosi per esser stato abbandonato anche nella morte.
Quando pensò che non avrebbe più visto Hermione spuntare da qualche parte, la riccia strega arrivò da un sentiero laterale. La vie avvicinarsi a lui titubante, parlava così piano che non sentì le parole. Provò ad avvicinarsi, ma la presenza non glielo permise.
- Non sei qui per ascoltare. - gli disse – Ma solo per ricordare. Le parole arriveranno dopo, ora devi capire.
Severus li vide parlare, vide se stesso aggredire la ragazza con insulti e parole dure. Vide lei sorridere e piangere.
E sembrava che il loro discorso andò avanti per ore, giorni interi senza mai fermarsi.
- Il tempo... - mormorò voltandosi verso la presenza.
Hermione annuì.
- Hermione si é svegliata dall'incantesimo, ma poi é entrata in coma e le anime, o se preferisci le menti, sono rimaste in contatto. Tre settimane sono anni qui.
Severus tornò a guardarli parlare, a volte camminavano, a volte stavano seduti sull'erba appoggiati al tronco di un albero. E man a mano che il tempo passava Hermione sorrideva nella sua direzione, gli sfiorava la mano, lo accarezzava. Lui non sembrava infastidito, cercava i suoi occhi, ricambiava i suoi sorrisi, le sfiorava la mano con un gesto apparentemente casuale.
- Ti stai innamorando, Severus.
Il mago sgranò gli occhi e si voltò di scatto, la voce non era più quella di Hermione.
- Lily... - sussurrò.
La presenza scosse il capo facendo ondeggiare la chioma rossa.
- No, sono sempre il tuo ricordo. Hai voluto darmi un altro aspetto.
Era la Lily adolescente, la ragazzina con le lentiggini e la divisa con lo stemma di Grifondoro. Era la Lily amica che gli aveva rubato il cuore. La sua migliore amica, la stessa Lily che veniva a confidarsi con lui. La stessa Lily che gli aveva spezzato il cuore.
- E' carina. - ammiccò nella direzione di Hermione con un sorriso malizioso.
- E' troppo giovane. - sentenziò.
Assumendo l'aspetto della Lily adolescente era molto più bassa di lui, si alzò in punta di piedi osservando la scena oltre la sua spalla. La sentì ridacchiare.
- Allora perché la stai baciando?
- Cosa?
Il professore si voltò. Lui ed Hermione si stavano veramente baciando. Un bacio passionale, intimo. Erano sdraiati sull'erba di quel parco illusorio, avevano le bocche, le mani e le gambe intrecciate. Severus deglutì e, senza accorgersene, si passò la lingua sulle labbra sottili come se ne assaporasse ancora il sapore.
Si sentì arrossire quando vide se stesso, l'altro se stesso, infilare la mano sotto il maglioncino della strega.
Eppure, nonostante l'imbarazzo e l'incredulità gli sembrò di sentire ancora il calore e della morbidezza della sua pelle.
Si voltò di nuovo verso Lily, o quello che ai suoi occhi sembrava Lily, che sorrideva e di tanto in tanto si allungava per vedere meglio la scena.
- Non ti facevo così focoso! - lo prese in giro.
Severus scosse il capo, ma un timido sorriso imbarazzato gli incurvò le labbra sottili. Avrebbe voluto voltarsi, ma aveva quasi paura di scoprire che erano andati oltre.
- Io non ricordo nulla di questo.
Lily sospirò pesantemente.
- Riesci ancora a mentire a te stesso? Non li vedi? Non ti vedi, Severus?
- Preferirei di no.
La presenza incrociò e braccia al petto infastidita. Le labbra assunsero quella piega irritata che gli era sempre piaciuta da morire.
Severus attese la fitta di malinconia che lo coglieva ogni volta che pensava a lei, ma, questa volta, non arrivò.
Il ricordo con il volto di Lily si alzò, di nuovo, in punta di piedi per vedere oltre la sua spalla.
- Non vi state più baciando.
Si voltò di nuovo.
Era vero, non si stavano più baciando.
Stavano ridendo.
Lui ed Hermione stavano ridendo. Sembrava una risata sincera, di cuore.
- Non ridevi così da anni.
La voce era cambiata di nuovo, ma, questa volta, non si voltò. Restò a fissare quella scena che sembrava irreale. Lui, Severus Piton, il Mangiamorte, il traditore, la spia e l'assassino, che rideva con una donna. Vide il suo sguardo, era vivo, luminoso, come non lo era più da anni.
Sentì la presenza avvicinarsi e non si stupì quando notò che indossava i suoi stessi vestiti.
- Lei ti... ci... - si corresse - …accetta per quello che siamo. - gli disse – Non ha paura del nostro passato. Non ha paura di sfiorarci. E' venuta in questo inferno per darci l'opportunità di vivere di nuovo. Lily ci ha abbandonato. Nella vita e nella morte. Abbiamo sempre pensato che, una volta morti, lei ci avrebbe perdonato. La nostra vita era sacrificabile per avere il suo perdono e, forse, il suo amore.
- La nostra vita era insignificante per lei. - continuò lui senza nascondere la delusione e la rabbia.
- Ma non per Hermione. Prima di svegliarsi ci ha detto che non ci avrebbe mai lasciato soli. Una promessa che nessuno ci aveva mai fatto.
Il mago si voltò verso la presenza al suo fianco. Si specchiò in uno sguardo nero come il suo, vide le sue stesse rughe, le stesse cicatrici, ma quel ricordo stava sorridendo. Un sorriso sincero, quasi innamorato.
- Perché ho dimenticato? - domandò a se stesso.
Il se stesso sollevò le spalle.
- Per proteggerla. Per non costringerla a stare con noi. Forse é solo un effetto collaterale dell'incantesimo oscuro. Il punto non è perché hai dimenticato, ma ricordare. Ricordare che qualcuno ha visto la tua anima e non é scappata via. Ricordare che lei ti é entrata dentro, ha sentito il tuo dolore e vuole condividerlo con te, non lasciarti tutto quel peso sulle spalle. Non sei più solo.
Non sei più solo...

Severus aprì gli occhi di scatto trovandosi nella sua stanza, seduto sulla poltrona davanti al camino. Le fiamme, ormai, erano quasi del tutto spente.
E fu come se qualcuno avesse aperto un baule nella sua memoria facendo uscire quello che era successo in quel limbo.
Ora ricordava.
I fiumi di parole che si erano detti. Due vite narrate in un finto parco giochi.
Due anime sole che si sono incontrate al crocevia della morte.
Due sorrisi, uno giovane e sicuro, l’altro più vecchio ed incerto, che si erano fusi.
Severus si prese la testa con le mani e sospirò.

* * * *



3 Gennaio 1999
Villaggio di Hogsmeade, casa di Minerva
tardo pomeriggio




Quando Hermione andò ad aprire alla porta non era avvolta da un accappatoio celeste e i capelli erano il solito cespuglio riccio indomabile.
Severus era imbarazzato, quasi timido di fronte a lei e a tutto quello che rappresentava.
Hermione lo guardò stupita.
- Ho ricordato. – le disse solamente.
La strega restò in silenzio aprendo di più la porta, lasciandogli spazio per entrare in casa.
Severus entrò e richiuse l’uscio alle sue spalle.

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Capitolo 15
*** Peccato che sia un Potter ***


n. 40

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Peccato che sia un Potter

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Avevano iniziato a frequentarsi. Senza promesse di amore eterno, senza stucchevoli parole dolci, senza pensare al futuro, senza pensare troppo al passato.
Vivendo solo nel presente. Vivendo in ogni bacio, in ogni carezza, in ogni notte di passione.

Parole: 1.849

Peccato che sia un Potter

Giugno 1999
Hogwarts, Sala Grande
mattina.



- Hermione Jean, Granger.
Un forte applauso rimbombò nella Sala. Mentre Hermione stringeva la mano della professoressa McGranitt e ritirava il suo diploma di M.A.G.O. un fischio acuto tagliò l'aria. Si voltò sorridente notando tutta la famiglia Wealsey e Harry in piedi ad applaudirla. Perfino Ron le sorrideva.
Arrossì per quella dimostrazione di affetto, mostrò la sua pergamena con orgoglio sorridendo a quella chiassosa famiglia che aveva imparato a considerare come propria, poi si voltò verso il lungo tavolo dei professori e iniziò a stringere le mani di tutti.
Ognuno di loro si complimentò per il suo successo negli studi, tutti le offrirono credenziali per qualsiasi carriera desiderasse intraprendere.
Quando arrivò all'altezza di Severus, che per l'occasione aveva preso posto al centro del tavolo come Preside, restò qualche secondo più del necessario.
Gli strinse la mano e gli sorrise.
Da quando aveva bussato alla sua porta a Gennaio, le cose erano decisamente cambiate. Avevano parlato tutto il pomeriggio e tutta la notte.
Avevano confrontato i rispettivi ricordi e sensazioni.
Alla fine si erano baciati. Nel salotto della sua casa, sul divano color crema.
Dal divano al letto il passo era stato breve e del tutto naturale.
Avevano iniziato a frequentarsi. Senza promesse di amore eterno, senza stucchevoli parole dolci, senza pensare al futuro, senza pensare troppo al passato.
Vivendo solo nel presente. Vivendo in ogni bacio, in ogni carezza, in ogni notte di passione.
Era bello. Un bel sogno.
Ma Hermione sapeva che ogni sogno ha una fine e lo vide quella mattina, mentre gli stringeva la mano. Ormai da donna libera, senza più il vincolo della scuola, con il suo diploma stretto nell'altra mano.
Vide quello sguardo cupo, pensieroso mentre lui ricambiava il saluto e le faceva le congratulazioni. Era freddo, distaccato.
Hermione capì che voleva lasciarla.

* * * *


Giugno 1999
Villaggio di Hogsmeade, casa di Minerva
primo pomeriggio



Severus entrò in casa aspettandosi il chiasso tipico della famiglia Weasley. Ormai vi era abituato, da quando lui ed Hermione avevano iniziato a frequentarsi i Weasley ne erano stati messi al corrente, così come Minerva. Hermione non voleva segreti e lui non si era ribellato, condannando così le sue Domeniche ai pranzi interminabili alla Tana, alle chiacchiere con Arthur sui babbani e alle sue domande sull'utilizzo di un televisore o un citofono. Senza dimenticare i sorrisini maliziosi di Minerva.
Si aspettava una casa piena di teste rosse sorridenti.
Invece era silenziosa e calma.
Sembrava la calma che preannunciava la tempesta.
Hermione sedeva sul divano, sembrava aspettarlo, calma e pacata con le mani in grembo.
Ormai donna, non più solo una studentessa, libera di vivere una vita vera, intensa e ricca d'amore.
Una vita che lui non sapeva offrirle.
Si chiuse la porta alle spalle e lei si voltò.
- Dove sono gli altri? - domandò come se si aspettasse di veder spuntare da una tenda una zazzera rossa.
- Alla Tana. - rispose lei senza muoversi – Ho chiesto loro di aspettarmi lì. Li raggiungerò dopo.
Stava parlando al singolare, ma Seveus fece finta di niente.
- Hermione...
- Mi vuoi lasciare?
La domanda così improvvisa non lo colse alla sorpresa, era una strega brillante, intuitiva ed intelligente.
- Sì. - rispose solamente.
Si aspettava, invece, delle lacrime o un lungo discorso, forse qualche urla.
Invece Hermione fece un mezzo sorriso, come se non si aspettasse altro e si alzò dal divano.
Era sempre in grado di stupirlo.
- Perché? - gli domandò.
- Hai una vita da vivere. Io sono solo un intralcio.
- Vuoi sempre fare il martire. – sussurrò con un sorriso ironico.
- Mi ha contattato Kingsley. - la vide sussultare sorpresa – Mi ha detto che hai rinunciato ad un'opportunità di lavoro che capita a pochi maghi nella vita. L'hai fatto per me?
Hermione sollevò il mento con aria di sfida.
- E se anche fosse?
- Hai rinunciato già a troppo per me, Hermione.
- Questo non puoi saperlo.
- Ma io lo so. Lo so bene a cosa hai rinunciato per me! - si stava infuriando, possibile che non capisse che lo faceva solo per il suo bene? - Sei quasi morta! Hai macchiato la tua anima con la magia oscura! Hai lasciato la tua famiglia! Tutto per causa mia. Ora tu devi vivere. Lo faccio per il tuo bene!
Hermione si passò una mano tra i capelli che, per l'occasione, aveva domato e trasformato in una cascata di morbidi ricci castani.
Era strano, ma li preferiva quando erano indomabili.
- Quindi tu mi stai spezzando il cuore per il mio bene.
- Un giorno capirai. - le disse – Un giorno mi ringrazierai.
La strega si avvicinò. Severus pensò che volesse accarezzarlo, abbracciarlo, baciarlo per fargli cambiare idea. Invece lei gli passò accanto e lo superò.
- Io ti amo Severus. - gli disse – E sono certa che anche tu mi ami, ma non sei pronto a dirmelo o ad accettarlo. Sappi che io ti aspetterò. Nonostante tutto io ti aspetterò.
La sentì uscire dalla porta e smaterializzarsi, lasciandolo solo in quella casa invasa dalla luce del sole.

* * * *



Aprile 2005
Londra, Ospedale San Mungo
reparto maternità



Alla fine Potter si era riprodotto.
Il mago sperò vivamente che si fermasse a uno. Non sapeva quanti Potter poteva sopportare il mondo e il suo spirito.
Un Potter in più sulla terra era già di troppo per lui.
Già malediva il giorno in cui quel moccioso avrebbe attraversato il portone della scuola.
Guardava i neonati attraverso il vetro della nursery. Si era recato al San Mungo con la banale scusa di accompagnare Minerva.
Nessuno gli aveva creduto.
Era lì per Hermione, perché voleva vederla.
E tutti lo sapevano.
Fortunatamente aveva ancora un briciolo di dignità e nessuno aveva avuto il coraggio di farglielo notare.
Non era entrato nella camera della neomamma, si era limitato ad osservare con un sopracciglio pericolosamente inclinato Minerva che si soffiava il naso dentro un fazzoletto di tessuto scozzese mentre entrava nella piccola stanza d’ospedale.
Aveva aspettato un po’ sulle scomode poltrone in corridoio, dopo pochi minuti, che a lui parvero vite intere, decise che se doveva attendere in quel corridoio con i muri dipinti con tenui colori pastello, donne col pancione e neopadri in lacrime aveva bisogno di un caffè talmente forte da poter scrostare i calderoni.
Nonostante la sua vita trascorsa nei tortuosi sotterranei di un maniero secolare e un senso dell’orientamento invidiabile, il reparto di maternità del San Mungo lo disorientava. Svoltando per la terza volta ad un angolo che era uguale agli altri angoli color pastello si era definitivamente perso.
Si era ritrovato, suo malgrado, davanti al vetro della nursery che divideva i neonati dai germi degli adulti. Si ritrovò a fissarli senza neppure rendersene conto, era probabile che avrebbe rivisto la maggior parte di loro tra undici anni, infreddoliti e spaventati mentre attendevano lo smistamento.
La vita era andata avanti. Il mondo era guarito dalle vecchie cicatrici.
Eppure lui era ancora fermo nello stesso punto. Nello stesso luogo a fare le stesse cose. E le sue cicatrici, seppur guarite, a volte facevano ancora male.
Fece una piccola smorfia quando riconobbe il piccolo Potter. L’unico neonato ad avere un ciuccio quasi più grosso della faccia, si agitava con gli occhietti ancora ciechi spalancati quando i suoi vicini di culla dormivano beatamente senza fare rumore.
Senza contare il nome che quel suo padre degenere gli aveva appioppato.
E lui che pensava che il suo nome fosse brutto.
- So già che mi darai parecchio filo da torcere. - sussurrò fissando il piccolo che agitava i pugnetti chiusi al cielo.
Sentì qualcuno affiancarlo per fissare i neonati.
Non si voltò, non ne aveva veramente bisogno, sapeva chi era.
La stava aspettando.
- Ho sempre immaginato un bambino con i tuoi occhi. - disse la strega accanto a lui dopo qualche minuto di silenzio – Un piccolo mago che cammina per casa con un mantello nero per assomigliare al papà.
Severus si voltò a fissarla. Hermione osservava i bambini con gli occhi lucidi, accarezzava il vetro con due dita e sorrideva dolcemente.
- Può sembrarti un pensiero stupido, infantile e tipicamente femminile. – continuò senza guardarlo - Ma ho sempre immaginato quel bambino. Probabilmente tu non ti sarai mai soffermato su queste cose. Le consideri sdolcinate.
Hermione continuava a fissare i neonati con un groppo in gola. Come ogni donna innamorata aveva immaginato un futuro con lui, aveva immaginato una famiglia. Una vita diversa, serena e felice.
Ci aveva sperato, davvero, e ci sperava ancora.
Nonostante tutto.
Ma era certa che Severus non avesse mai perso tempo con quelle fantasie puerili e romantiche.
- … le tue fossette…- sussurrò Severus.
La strega sgranò gli occhi e si voltò verso di lui.
- Cosa?
Il mago alzò una mano e le accarezzò una guancia.
- Ho sempre immaginato una bambina con le tue fossette. Si formano agli angoli delle tue labbra quando sorridi. Quando è un sorriso felice. – con il pollice accarezzò il punto in cui si formavano - C’erano sempre quando quel sorriso era rivolto a me.
- Severus…
Il suo sguardo era intenso e profondo, come se stesse guardando in un futuro a lui precluso.
- Mi è sempre piaciuto il nome Hope per una bambina con le tue fossette.
Il pollice si spostò sulle sue labbra accarezzandole delicatamente.
La sentì tremare sotto il suo delicato tocco.
Hermione trattenne il respiro e chiuse gli occhi.
- … Severus…
- Al diavolo… - sibilò il mago afferrandola in vita e annullando la distanza che separava le loro labbra.
Hermione gli allacciò le braccia in vita, come se fosse naturale, come se si fossero baciati fino ad un istante prima.
Non lo fermò, non chiese spiegazioni, si lasciò andare e lo baciò con tutta la passione che aveva in corpo.
Quando il bacio divenne più profondo Severus la sentì gemere nella sua bocca e nulla gli sembrò più perfetto di quel momento.
Mentre si perdeva nel suo sapore e nel suo profumo si rese conto che per quanti forzi avesse fatto non sarebbe mai stato in grado di lasciarla andare del tutto.
Era sua.
Nonostante tutto.

- Hem hem.
Si staccarono si scatto. Hermione avvampò e tornò a guardare i neonati. Severus, anche lui con le guance leggermente più rosate del solito, si voltò a fulminare chiunque li avesse interrotti in quel modo.
Minerva sorrideva sorniona mentre li fissava.
- Sono felice di vedere che avete superato i vostri problemi. Ma vi consiglierei un luogo più… appartato per riappacificare il vostro rapporto.
Il mago sollevò gli occhi al cielo mentre l’amica tornava indietro probabilmente a spettegolare con Molly Wealsey.
Sentì la debole risata di Hermione e tornò ad osservarla.
Lei gli lanciò un’occhiata divertita, poi tornò a guardare James. Il piccolo si era finalmente addormentato senza lasciare il suo ciuccio.
Un po’ come il nonno e il suo adorato boccino d’oro.
Hermione gli sfiorò una mano.
- E’ un bellissimo bambino, Severus. – gli disse intrecciando le loro dita.
Il mago fissò il bambino e fece una leggera smorfia.
- Peccato che sia un Potter.



Note autore:
Siamo al penultimo capitoletto di questa storia. Dopo di che riprenderò a postare i singoli sorrisi nella raccolta "Cinquantadue sorrisi per Severus".

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Capitolo 16
*** Diciannove anni dopo ***


n. 41

Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Diciannove anni dopo

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico
Personaggi: famiglia Piton e famiglia Potter
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Non c’erano dubbi su quale Casa avesse accolto la piccola Hope Piton, era la copia del padre in tutto, dai capelli lisci neri, al pungente sarcasmo. Fortunatamente Severus ci teneva a sottolineare che il naso l’aveva ereditato dalla moglie.

Parole: 1413

Diciannove anni dopo

1 Settembre 2017
Londra, stazione di King’s Cross
Mattina



Era una fredda mattina autunnale.
King’s Cross quel giorno era affollata di persone, turisti e inglesi che camminavano senza badare a chi avevano attorno.
Il carrello dei bagagli che spingeva l’uomo era colmo, in cima un cestino di vimini custodiva un gatto bianco e rosso che avevano chiamato Rudolph.
La bambina più grande, alta più dei ragazzi della sua età, con i capelli neri e lo sguardo fiero, camminava tra il padre e la madre con l’aria abbattuta. Il fratello più piccolo di un anno aveva ereditato i tratti della madre, sfoggiava, però, anche lui una folta chioma corvina; si guardava attorno spaesato e meravigliato nello stesso tempo.
Senza farsi notare camminarono svelti fino alla barriera tra il binario nove e dieci per poi scivolare attraverso il muro.
Erano in anticipo, il treno era alla banchina senza emettere nessun rumore, il fumo non aveva ancora invaso le carrozze, ma i vagoni erano già mezzi pieni.
Sulla banchina i genitori abbracciavano i figli e davano le ultime raccomandazioni.
In molti si voltarono a fissarli.
Nessuno della famiglia Piton ci badò.
- E’ una cosa stupida! – disse infine la ragazza che non aveva parlato per tutto il viaggio come silenziosa protesta verso i genitori.
- Attenta al linguaggio, signorina. – la rimproverò sua madre.
- Ma è vero! – protestò lei – Perché devo fare questo stupido viaggio in treno? Noi viviamo ad Hogsmeade!
Il mago sollevò gli occhi al cielo, era tutta l’estate che Hope poneva sempre la solita domanda. Sperava che, con l’avvicinarsi della data di partenza, la questione fosse stata chiarita. Invece sua figlia era testarda quanto un Ungaro Spinato. Un Ungaro Spinato femmina per l’esattezza.
O come sua madre.
- Te l’ho spiegato un centinaio di volte, Hope. – disse voltandosi verso di lei – Il fatto che noi viviamo ad Hogsmeade e che io sia il Preside non ti garantisce una posizione privilegiata. Sei una studentessa come tutti gli altri. Farai il tuo viaggio sul treno, arriverai a scuola sulle barche e dormirai nel dormitorio della tua casa.
Il piccolo ridacchiò.
- Finirai tra i Tassorosso, zucca puzzosa.
- Stai zitto mostriciattolo! – sibilò minacciosa l’altra – L’unica cosa positiva è che non ti avrò più tra i piedi.
- Smettetela! – li sgridò la strega – E, comunque, non c’è niente di male nei Tassorosso.
Entrambi i ragazzi, e di nascosto anche l’uomo, sbuffarono qualcosa di incomprensibile, ma la strega era quasi certa che non fossero lodi rivolte alla Casa di Tosca.
- Papà vedi lo zio Harry?
Il mago fece una lieve smorfia. Dopo anni faceva ancora fatica a digerire la parola zio accostata a Potter.
- No, Elijah. – rispose.
- Forse non sono ancora arrivati. – azzardò la strega – Harry e Ginny non sono famosi per la loro puntualità.
Si fermarono a metà banchina, Hope ed Elijah iniziarono a discutere su che casa avrebbero voluto andare, mormorando tutti gli insulti del loro repertorio. Smisero solo quando videro l’occhiataccia del padre.
Quando il vapore iniziò a uscire dalla locomotiva, Hermione sbuffò contrariato guardando l’orologio da polso.
- E’ il primo giorno! – borbottò con lo stesso tono che usava quando era un Prefetto o quando doveva sgridare i suoi figli – Almeno oggi potevano essere puntuali!
Elijah si avvicinò al padre.
- Oh oh…- gli sussurrò – mi sa che zio Harry è nei guai.
Severus sorrise e scompigliò i capelli del figlio con una mano.
- Eccoli! – gridò Hope andando incontro ad Al.
Il giovane James Potter arrivò subito dopo spingendo a gran velocità il suo carrello. Frenò bruscamente quando vide l’occhiataccia di Severus.
- Potter! – fece il professore – Devo prendere nota dei punti da toglierti ancora prima di iniziare la scuola?
- No, professore. – rispose con una gran faccia tosta il giovane Grifondoro che assomigliava sempre più al nonno.
Mentre arrivavano Ginny e Harry, seguiti da una piagnucolante Lily, James scappò oltre con la scusa di dover salutare alcuni amici.
- Siete in ritardo. – li sgridò Hermione picchiettando un piede a terra – Il treno parte tra poco!
- Non siamo tutti perfettini come voi due. – gli fece il verso Ginny che nonostante il matrimonio e tre figli a volte faceva uscire ancora l’adolescente che c’era in lei – James e Al si preparano all’ultimo e non hanno smesso di litigare per tutto il viaggio.
- Mamma! – protestò Al arrossendo – E poi è James che mi prende in giro.
Hermione lasciò cadere il discorso, si concentrò su Hope per controllare che avesse tutto.
- Hai preso anche il maglione di Molly? – le domandò - I sotterranei sono freddi d’inverno.
La ragazzina sollevò gli occhi al cielo nello stesso modo in cui lo faceva suo padre.
- Lo so mamma.
Non c’erano dubbi su quale Casa avrebbe accolto la piccola Hope Piton, era la copia del padre in tutto, dai capelli lisci neri, al pungente sarcasmo. Fortunatamente Severus ci teneva a sottolineare che il naso l’aveva ereditato dalla moglie.
- Ehi!
James tornò di corsa, aveva le guance rosse e l’aria di uno che ha visto qualcosa di sensazionale.
- C’è Teddy laggiù! – disse indicato un punto alle sue spalle.
- Dove? – domandò Hope alzandosi in punta di piedi.
Hope aveva sempre trovato affascinate Teddy Lupin, troppo affascinante secondo Severus.
- Laggiù. – ripeté il ragazzo – E sapete una cosa? Si stava baciando con Victorie! Victoire! Nostra cugina!
- Cosa?
La delusione nella voce di Hope piacque ancora meno a Piton.
- Bene. - mormorò ad Hermione – Ho passato sette anni a punirlo perché voleva uscire di nascosto dalla scuola. Quest’anno sono certo che farà di tutto per entrare di nascosto nella scuola.
Hermione rise e gli sfiorò il braccio lanciandogli uno sguardo comprensivo.
Mentre Ginny sgridava il figlio per il suo poco tatto Hope si parò davanti al padre.
Severus si abbassò per fissarla meglio negl’occhi identici ai suoi.
- Finirò a Serpeverde, papà. – dichiarò con orgoglio.
- Sarà meglio. – rispose lui fingendosi serio – Una Grifondoro in casa basta.
- Severus!
Hope fece uno slancio verso il padre abbracciandolo fin quasi a fargli mancare il respiro.
Nonostante conoscesse Hogwarts da quando era solo una neonata, nonostante la sicurezza che sfoggiava, dentro era spaventata come tutti i ragazzi di undici anni su quella banchina.
- Andrà tutto bene. – le sussurrò in modo tale che solo lei lo sentisse.
- Lo so. – aumentò la stretta - Non importa se finisco a Grifondoro, vero?
E finalmente quella domanda che Hope si teneva dentro da quando le era arrivata la lettera di Hogwarts era uscita fuori. Questa volta Severus non riuscì a reprimere un sorriso.
- Non mi interessa. – sussurrò tra i capelli stringendola come quando era piccola.
- Non dire a Elijah che te l’ho chiesto.
- Sarà un nostro segreto.
- Sono quasi le undici, - disse Harry rimettendo in tasca l’orologio da taschino – è meglio se salite.
Hermione abbracciò la figlia con le lacrime agli occhi. Elijah, invece, mise le mani nelle tasche del giubbotto e iniziò a giocare con la punta delle scarpe.
- Mi mancherai mostriciattolo. – sorrise Hope, mostrando le fossette ereditate della madre, prima di salire gli scalini e sparire dentro il treno.
Si affacciò al finestrino mentre l’espresso iniziava a muoversi.
Hermione e Severus la salutarono, Elijah corse un po’ dietro al vagone urlando qualcosa che solo lui e la sorella avrebbero saputo.
Hermione si voltò a fissarlo, sorrideva e cercò la sua mano.
Severus ricambiò il sorriso e restò a guardare il treno che spariva all’orizzonte.

* * * *



1 Settembre 2017
Hogwarst, Sala Grande
Sera



- Piton, Hope.
In sala si levarono dei brusii.
Severus, seduto al tavolo dei professori seguì con lo sguardo la figlia che, con passo sicuro e a testa alta, si avvicinava allo sgabello.
Quando il Cappello Parlante fu sulla sua testa trattenne il fiato. Gli sembrò che quel logoro indumento ci mettesse un’eternità a smistarla.
Infine lo strappo che fungeva da bocca si aprì e la voce roca echeggiò per tutta la Sala.
- Serpeverde!
Il tavolo dei Serpeverde esplose in un applauso.
Hope saltò giù dallo sgabello visibilmente sollevata e corse verso il tavolo verde e argento.
Quando prese posto lanciò un’occhiata al padre. Severus le sorrise e aspettò che lo smistamento fu terminato.
Quando anche l’ultimo studente fu smistato, fece vagare lo sguardo sulla Sala Grande.
Tutto era uguale al passato eppure tutto era diverso.
Lui era diverso. La sua vita era diversa.
Le sue scelte erano diverse.
Prese un profondo respiro e si alzò per il consueto discorso di inizio anno.

FINE




Note autrice:
Questa raccolta è giunta alla sua conclusione.
Spero vivamente che vi sia piaciuta, non mi dispiacerebbe leggiucchiare qualche commento in più, lo ammetto, ma so anche che, a volte, fermarsi e scrivere un commento richiede del tempo che non tutti possono avere. E lo dico io che non ho mai tempo di farlo. XD
Ho voluto che questo capitolo fosse il più più possibile simile all'ultimo capitolo ufficiale di Harry Potter, troverete delle frasi prese direttamente dal libro, ovviamente la casa é voluta. Ma é sempre meglio specificare. XD
Questa storia (che a me sta molto, ma molto a cuore) ci lascia così, con un Severus felice, una famiglia, dei figli e tutto un futuro davanti.
Di Hope e Eljiah potrei dirvi tutto, dagli anni di scuola al loro matrimonio, perfino i figli e le loro case! Potrei dirvi che Hope è appena sufficiente in pozioni nonostante il suo impegno e che Eljiah, invece, riesce a distillare una pozione anche ad occhi chiusi. Posso dirvi che la cotta di Hope per Teddy durerà fino al terzo anno, ma alla fine vivrà con un Serpeverde che a Severus non piace molto.
Potrei andare avanti per ore, scrivere pagine intere su loro due, ma vi lascio il tutto all’immaginazione… forse un giorno, quando tutti gli altri progetti che ho in ballo finiranno, li riprenderò in mano e vi narrerò le loro avventure.
Forse…
Da settimana prossima si riprende a pubblicare i sorrisi nella raccolta principale (Cinquantadue sorrisi per Severus ). E, non preoccupatevi, li ho già scritti tutti, quindi non ci saranno ritardi!
Spero vivamente di poter aggiornare a breve anche Imparerò ad amarti visto che, ormai, siamo quasi alla fine.
Vi ringrazio per aver seguito Severus ed Hermionei in questa avventura!

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