Wooh.

di Joraska
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Prologo pt2. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


~Wooh



Era tutto così strano. Non poteva essere vero. Diana non ci credeva. I suoi genitori non erano veramente morti, almeno così sperava. Credeva fosse uno scherzo, ma quando vide i loro corpi senza vita, morì dentro. Orfana. Questa parola la terrorizzava.

Sarebbe andata a vivere da sua zia Sarah, l’unica parente con cui andava veramente d’accordo.
Perché Diana aveva un carattere diverso da tutte le ragazzine di sedici anni.
Lei era timida, testarda, orgogliosa e non voleva farsi notare dalla gente, voleva essere invisibile.
Se qualcuno le rivolgeva la parola si rintanava nel suo guscio e faceva vedere la parte peggiore di lei, quella arrogante, quella strafottente, quella sfacciata, quella egoista, quella insensibile.
Dopo quel giorno, il giorno dell’incidente, si promise che non avrebbe mai più pianto, perché lei era forte, si, lo era.

Per andare a vivere da sua zia doveva pure cambiare città: sarebbe passata dall’Irlanda, posto di libertà, a Londra, ‘una città monotona’ pensava.
Questo era difficile per lei, abbandonare la sua casa, il suo posto, la sua gente..
Ma da un lato era per così dire contenta, nella sua scuola avrebbe ricevuto solo della compassione e lei non voleva questo.

Però le sarebbe mancato, lui, la sua roccia. Lui c’era sempre per lei e adesso lei lo stava abbandonando.
''Ci sentiremo lo stesso, non ti dimenticherò'' si erano detti prima che lei saliva sull’aereo.
Lei lo sperava davvero.
In quella scuola era sola con lui, non riusciva ad aprirsi con gli altri.

''Cambio, in quella scuola sarò diversa'' si ripeteva in aereo.
Si mise le cuffiette dell’ ipod e incominciò ad ascoltare i Green Day.
Dopo una mezz’oretta era lì, nell’aeroporto di Londra.

Vide sua zia Sarah, era proprio come la ricordava: robusta, bionda, occhi azzurri e un marcato accento londinese.
Lei odiava quell’accento, ma non poteva odiare sua zia, le voleva un bene dell’anima.
Zia Sarah corse ad abbracciare Diana, cosa che quest’ultima non ricambiò.
Era diventata fredda dopo quel giorno.
La zia si allontanò un po’ delusa, poi si fece strada fra tutte le persone e Diana la seguì.

Sarah ebbe coraggio di parlare quando furono in macchina.
‘’E quindi…wow, sei qui. Ti ricordavo diversa, adesso sei cresciuta, sei una piccola donna. I tuoi capelli sono un po’ più lunghi di quanto mi ricordavo, ma sono ancora di un nero pece bellissimo. Anche i tuoi occhi color cioccolato, e la tua pelle ambrata!
Non si direbbe che sei un’ irlandese, ma sei proprio bellissima.’’ Disse sua zia tutto d’un fiato per togliere l’imbarazzo che si era creato.
Ma quella parola ‘bellissima’ fece irritare Diana, lei quando le dicevano che era bella si sentiva presa in giro, ma quando guardò sua zia che aveva gli occhi fissi sulla strada con un sorriso stampato in faccia, capì che diceva la verità.
‘’Tu sei uguale a come mi ricordavo. ’’ Cercò di essere il più possibile dolce.
Non ci riusciva prima di quel giorno figuriamoci dopo.

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Capitolo 2
*** Prologo pt2. ***


Wooh.  
                                                                                                 Prologo pt2.

                                                                                            

"Tu sei uguale a come mi ricordavo." Cercò di essere il più possibile dolce. Non ci riusciva prima di quel giorno figuriamoci dopo.
Silenzio.
Silenzio.
E ancora, silenzio.
Per tutto il tempo regnò il silenzio.


La zia aveva le mani ben salde al manubrio e non degnava di uno sguardo Diana.
E Diana aveva la testa appoggiata al finestrino, intenta a guardare gli alberi fuori.
Decisamente molto più interessanti di qualsiasi altra cosa.

La zia voltò l’angolo e si trovarono al centro di una strada enorme con a destra e sinistra schieramenti di villette tutte uguali.
 'Patetiche' pensò Diana.
La macchina si fermò davanti ad una villetta dove nulla la distingueva dalle altre e la zia scese.
Si poteva notare la delusione nel viso di Diana, sua zia era sempre stata molto creativa, ma quella casa ...

Entrarono.
Era come credeva Diana: senza personalità.
C’erano dei quadri messi qua e là, niente più niente meno.
"
"Allora, credo che tu voglia divertirti,
no?" Disse la zia con tono di sfida.
Diana sgranò leggermente gli occhi. Sua zia aveva preso male la sua risposta in auto.

"Puoi invitare chi vuoi, dare feste o quant’altro a patto che non ti droghi, non rimani incinta e non mi disturbi.’’ Continuò la zia.

La ragazza capì che la donna che si trovava davanti era frustrata, arrabbiata e l'avrebbe trattata come una persona adulta.
Anche se lei aveva poco più di sedici anni.
Certo, era capace di badare a se stessa, ma dare tutta quella libertà le avrebbe fatto male.

"Grazie, ma non credo che darò feste, non mi piacciono." disse Diana imbarazzata.
Sua zia sfoderò un sorriso a trentadue denti.
"Certo che si! Hai sedici anni! Le facevo pure io queste cose!" disse la zia con un tono ironico, sapeva che Diana non era il tipo, ma voleva farla pentire della sua risposta in auto.

‘nel secondo piano terza porta a destra la mia camera, quello di fronte è il bagno e al piano di sotto nella prima porta a sinistra dorme la zia’ si ripeteva Diana.
La zia ad un trattò si bloccò.

"Oh, vado a preparare la cena. Vieni in cucina alle 21:00." Disse sua zia con un tono affettuoso.
Diana in quel momento si ricordò della lunaticità che aveva sua zia. Un attimo prima vendicativa, un attimo dopo affettuosa.
"Scusami, solo che non ho fame.." cercò una scusa la ragazza.
"Va bene, però domani non posso accompagnarti a scuola ho il turno presto.." Disse sua zia con aria preoccupata.
"Non preoccuparti,me la caverò." Cercò di tranquillizzarla.

La scuola era abbastanza vicina per andare in macchina, ma abbastanza lontana per andare a piedi. Ma era la unica possibilità di Diana per scappare dalla realtà, ‘’distrarsi’’.
Così, prese le sue cose e le sistemò nella sua stanza.
Si sedette nel letto e con aria sognante incominciò a fissare la stanza.
Era davvero grande. Con grandi pareti blu, il suo colore preferito, e un tappeto di tutte le tonalità del blu.
I mobili erano in legno, si sentiva quasi come a casa.
 Al quel pensiero si mise sotte le coperte e affondò la faccia nel cuscino, cencando di soffocare le sue lacrime amare che volevano scendere lungo le sue morbide e ambrate guance.
Dopo pochi minuti sprofondò in un sonno profondo.



 

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