'68 - Time to riot

di Fuecchan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno: Molotov ***
Capitolo 2: *** Capitolo due: Unguento ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre: Carlos Primero ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno: Molotov ***


Canzone consigliata per il capitolo: http://www.youtube.com/watch?v=sENM2wA_FTg

1968 Time to riot

Tempo di rivolta 1968.

 

-Marzo 1968 (5.50am)

Una fredda mattina di Marzo. Il giorno è stato perso nella memoria di quegli anni, dove, per mille motivi, c'è chi si rivolta e protesta.

Gli studenti, in Giappone danno animo ai loro spiriti rivoltosi contro gli americani, sporchi capitalisti, che portano la guerra in Vietnam. Una guerra ingiusta, inutile si potrebbe anche dire, rivolte dove lavoratori, e soprattutto gli studenti, appunto, si rivoltano, cercando di affondare il nemico guerrafondaio dalle città luminose come stelle.

È una mattina presto. Fredda ancora. Ci sono i postumi di un inverno abbastanza rigido. Un gruppo di tre ragazzi, si nascondono nellfombra, di un piccolo vicoletto dove sono ammassati centinaia di piccoli garage, pieni di ruggine. Nessuno ci passa, solo qualche vecchietto che passa a prendere il suo treruote per andare in campagna, ma tranne loro alcuna anima viva.

-Kiri no dan-

Sussurra il primo. Magrolino, non molto alto. Porta una felpa sul viola, e ne tiene tirato su il cappuccio e fa un lungo tiro alla sigaretta, poi, lasciandone uscire con forza il fumo, dai suoi polmoni.

Una lingua schiocca sul palato, sentendo poi una voce femminile, abbastanza potente, ma che tenta di tenere più possibile il tono basso. Beh sono le sei di mattina, ovvio no.

-Che troiata, Kassim-

Il ragazzo più alto dei tre, si volta  e guarda la figura femminile mentre, lei, getta la cicca di sigaretta accanto alle scarpe, un paio di All Stars color verde petrolio e con esse ne calpesta il rimasuglio del mozzicone.

Lfomone, che porta una treccia enorme tra i capelli, rovinati, un po' riccioluti, alza gli occhi verso il ragazzo più basso di loro.

-Lo sai che se ci beccano a fare cose di questo genere, ci sbattono nel gabbione? Vero?-

Il ragazzo più piccolo leva il cappuccio, gettando con rabbia il mozzicone di sigaretta che tiene appena tra l'indice e il pollice, guardando l'omone davanti a lui quasi con sguardo disgustato, come se avesse offeso la sua famiglia, il suo onore.

Sciocca la lingua sul palato e si gira appena, lasciando scivolare il folto casco di dread che ha in testa, legati appena con una coda bassa, ma nonostante la coda, la lunghezza dei capelli, arriva sino a metà schiena. Gli occhi cervone si posano sul maggiore.

-Non abbiamo altra scelta Hassan-

Socchiude gli occhi, scuotendo la testa e rimanendo fermo, nelle sue idee. Prende l'orologio che ha nella tasca della felpa e controlla lfora. Le sei meno cinque. Ancora un pof e potranno dare inizio al loro progetto. Sono solo in tre, sì, ma per il momento, il resto di loro deve ancora arrivare.

È qualcosa di rischioso, ma qualcuno deve pur farlo no? Kassim, il minore, spera solo che la sorellina non si alzi dal letto prima di essere tornato a casa.

E scuola?
Beh come può esserci la scuola se lavoratori, quindi compreso anche corpo docenti, e studenti soprattutto, scendono in piazza per protestare.

-Rimane sempre una potente stronzata, ragazzi, scusatemi.-

La donna parla ancora, portando le mani nel giacchetto di jeans che ha, un giacchetto che le arriva sino a metà vita, che ha stretto addosso , fa freddo insomma.
Kassim rotea gli occhi guardando la ragazza che muove qualche passo superandolo, arrivando al angolo del vicolo dove si trovano e controlla, facendo da palo, tentando di vedere se nei paraggi ci fosse qualche volante. Sembra di no. Al che, stringendo le spalle nel giacchetto di jeans, si ritira, però dando le spalle ai due che ora sono uno di fronte all'altro.

-E tu che ne sai Zaynab? Huh? Che ne sai se funzionerà o meno? Che ne sai se non riusciamo a movimentare le masse?-

La ragazza subito si gira a guardare il ragazzo con la lunga cascata di dread sul cuoio capelluto. Batte un piede per terra, porta un paio di stivaletti scamosciati, beige, e quindi il rumore dei tacchetti fa riverbero per tutto il vicoletto.

-Ma le masse sono già movimentate Kassim! Nonc Non ha senso che lo facciamoc-

Parla semplicemente abbassando poi il viso e guardandosi attorno, sempre timorosa di trovare qualche poliziotto che li riconosca. Oh no, loro non sono nuovi nel creare casini, o movimentare le masse, come lo chiama Kassim. Anzi. Sono abbastanza noti al personale della sicurezza per alcuni atti di protesta aggressivi in luoghi pubblici, ed anche in locali chiusi. Ma soprattutto sono accusati, loro e i Kiri no dan, di sommosse premeditate ai danni degli enti pubblici.

Insomma, non è robetta esattamente leggera.

-Fidatevi di me ragazzi.-

Continua il minore, con una strana luce negli occhi, un barlume rosso come il sangue, un fuoco che arde violento, che potente nella sua anima arriva come una colata di lava, distruggendo tutto il buonsenso che il suo cervello può contenere.. Guarda i due, con uno sguardo speranzoso. Spera sinceramente di poterli convincere, di poter far comprendere loro le ragioni di tanto entusiasmo in quelli che sono meri atti di vandalismo.

Zaynab non sembra molto convinta in merito. Anzi, non è per niente d'accordo. Hassan invece cerca di rimanere neutro alla cosa, o per meglio dire non si vuole schierare da nessuno dei due, ma ormai ci è dentro sino al collo, non si scappa. È deciso.

(7.30am)

Kassim alza gli occhi sul grande orologio trasparente, a numeri romani, e guarda lfora. Okay. È quasi giunto il momento.

Si guarda lentamente intorno, ormai la piazza si è gremita, di studenti, qualche bidello anche, davanti all'università di economia e commercio. Tra indice e pollice tiene una sigaretta appena cominciata. Una fascetta nera in testa, che evita che i dread gli vadano sul viso, e non c'è cosa più fastidiosa di un dread che ti irrita sotto il naso, soprattutto in momenti catartici come quello.

È nervoso, si vede. Ha una folle paura che tutto vada a puttane. Non può. Si è organizzato troppo per far si che vada tutto troppo male. Deglutisce lentamente alzando gli occhi.

Il sole risplende, nota, con qualche nuvola bianchiccia che sembra costeggiare l'orizzonte del cielo, fluttuando tranquilla, come se lassù non arrivassero le tensioni che si presentano, a terra sull'asfalto, freddo.

Gli occhi scendono, nuovamente, tra la gente, e vede camminare circospetti, come a monitorare la situazione, Zaynab e Hassan.
Hassan è schiacciato contro un angolo, abbastanza lontano da Kassim, come se controllasse i margini della folla, quasi come un servizio d'ordine se proprio vogliamo paragonarlo a qualcosa.
Zaynab invece è in mezzo ad un gruppo di ragazzette. Piccoli disegnini col simbolo a tre della pace, alcune con magliette floreali, arcobaleni.

Hippie.

No Kassim non li capirà mai. MAI. Come si può ambire alla pace, senza fare la guerra, insomma. Si sa che la miglior difesa è l'attacco no?

Inspira lentamente, l'aria che lentamente si riscalda, mano a mano che il sole sale nel cielo, e, nel suo controllo, nel suo vagare con gli occhi, nota una piccola figura vestita di un paio di jeans, chiarissimi, un golfino bianco, una camicia e un trench, color panna. I capelli biondissimi che, appena passano sotto qualche raggio di sole sembrano diventare bianchi, quasi angelici.

Kassim, per un attimo, teme di aver avuto una visione. Si gratta appena gli occhi aggrottando le sopracciglia, mentre corruga un po' lo sguardo, per capire se la sua sia una visione o meno.

No, non è la troppa erba Kassim.

Lo sguardo di quella persona, perché è talmente androgino da non capire nemmeno se sia un ragazzo o una ragazza, ma dalla mancanza di fianchi e di un bel culo, si suppone essere un ragazzo, è spiccato, il naso all'insù, altezzoso. Bleah. Che nervi. Sicuramente sarà qualche figlio di papà che non trova un motivo per vivere, per combattere, per respirare ogni giorno. Come fa Kassim. Lo vede stringere anche qualche libro in mano e si dirige verso l'entrata dell'università. Ecco. E ti pareva, se non doveva essere un piccolo viziatello con il latte sul labbro.

Ha anche qualcosa di omosessuale. Ehi, ma chi è Kassim per giudicare. Ad ognuno il suo no?

Scuote appena il viso tornando a visionare la situazione attorno a sé. Tutto tranquillo. Prende ancora l'orologio da polso, rubato da una piccola bancarella, se così possiamo chiamarle, che si allestiscono nel suo quartiere, abbastanza povero, ma si tira avanti, e guarda lfora. Le sette e cinquanta.

Ghigna.

Qualcosa scatta dentro di lui.

Si gira verso la direzione di Hassan, che è rimasto sempre nell'angolo visivo di Kassim per potergli dare subito l'okay senza perdere tempo. Si gira, al che, portando due dita alle labbra, fischia, forte. Quelli vicino a lui quasi non gli lanciano qualche bestemmia per aver loro rotto i timpani. La cicca di sigaretta finisce prepotentemente per terra.

Hassan subito si accorge di lui e si stacca dal muro dove era poggiato e comincia a sussurrare qualcosa nelle orecchie di alcuni ragazzi, tutti che indossano l'eskimo, sono in cinque, o in sei, non conta. Per lo meno sono più di tre.

Appena Kassim ha la certezza che Hassan lo abbia sentito, fischia, una seconda volta, girandosi verso Zaynab, che sta ancora parlando con quelle ragazzette. La donna si volta spingendo il gruppetto di pacifiste verso un piccolo furgoncino, compatto.

Okay. Tutto è pronto.

Kassim, si volta verso il proprio frontale, guardando quel furgoncino, che ha una porticina aperta, è uno di quelli che si usa per andare in campagna, con la parte posteriore scoperta, e la parte davanti a due posti. Inspira lentamente. Fa caldo, ora. Perfetto tutto come previsto. Il suo viso si altera, prendendo una sfumatura gasata, sovreccitata. Quel fiume di lava, sta per distruggere tutto, o forse creare qualcosa di nuovo. SI sa che la lava è anche un terreno fertile dove più crescere di tutto no?

Passo dopo passo, comincia a correre sempre più veloce. La fascia nera in testa vola via. La felpa anche. Ancora più veloce. Il fiato che gli entra polmoni lo fa sentire vivo, quasi può sentire di volare, mano a mano che corre sempre più veloce. Inspira ancora, tirando all'indentro i muscoli dell'addome, e toglie anche la maglietta, rimanendo a petto nudo, dietro la sua schiena c'è il tatuaggio di una zampa di lupo, che ricopre tutta la scapola destra, come se fosse fatta di fumo, che mano a mano si dissolve al centro della schiena, dove ricadono i dread. Dread che vengono slegati. Libero. Corre, più veloce.

Sempre di più.

Al che lancia un urlo, o meglio, un ululato che richiama l'attenzione di tutta la folla, folla che vede correre questo ragazzo dai capelli lunghissimi, il petto nudo, il fisico di chi ha fatto molte risse, e non mangia a sufficienza, eppure muscoloso, che corre, più veloce che può, con ogni sua energia, contro il furgoncino che sembra aspettarlo lì.

Anche il ragazzo dai capelli biondissimi, si volta, prestando le sue pupille dorate a guardare questo ragazzo, che sembra un pazzo, che corre verso un veicolo. Non se ne cura moltissimo, anzi, scrolla le spalle, roteando gli occhi ed entrando in università. Non sopporta certe persone, certe manifestazioni. Ma che gli americani facciano quel che vogliono, per questo ragazzo, possono anche autodistruggersi, saranno anche affari loro. Non ci si può complicare la vita facendo lotte che non ci appartengono, vero Alibaba?

Fatto sta, che con un urlo, d'incitazione, Kassim sale, con un balzo olimpico, sul furgoncino, prendendo un megafono che era ben nascosto. Comincia a parlare, ad urlarvi dentro. Alcuni gruppetti sul dietro, forse incitati in modo più silente da Hassan, cominciano ad urlare anche loro.
Ma la voce di Kassim batte tutte. Tanto si sforza, tanta anima ci mette, le vene e i tendini sul collo sono palpabili, si possono vedere benissimo che fuoriescono ad ogni parola che lui pronuncia, tanto forte le dice.

Urla. Alla riscossa. All'attacco. Non ci avranno. Mai ci avranno.

Il furgoncino comincia a muoversi, portato da un suo compare, non si sa chi sia, ma porta la voce di Kassim oltre quella piazza, seguito da una folla gremita di studenti, lavoratori, insegnanti, bidelli. Ma soprattutto studenti, tanti, gremiti, non si poteva respirare. Ma l'aria e lo spazio per urlare cfè, per tutti. Soprattutto per Kassim che si sente in potere di smuovere lfintero universo.

Si gira piano da un lato all'altro della folla che ci arriva dietro, camminando, e li guarda, alzando una mano per incitarli a gridare di più, con il suo megafono. Lo sguardo, quello di un re, il re del popolo giovane, il popolo del futuro, un popolo che se non parla ora, tacerà per sempre. E Kassim lo sa. Non può permetterlo.

(10.40am)

Il corteo sembra essersi diradato alla fine. Ma in quella piazzetta, per fare il resoconto di quanta gente è rimasta, quanta erba è stata fumata e quanto alcool è stato consumato nel frattempo, si sa di che puttanaio siano i cortei come quelli, si sono ritrovati tutti nel cortile dellfuniversità di economia.

Kassim è stanchissimo. Quasi senza voce. Dio. Si sente vivo quando fa certe cose. Ma suo malgrado sa, ovviamente, che tutto quello è solo un modo per movimentare i media e mostrare la facciata, ebbene si, di quello che in realtà è il piano dei Kiri no dan.

C'è altro dietro.

Non sarebbe da Kassim fare semplicemente un corteo da quattro soldi. No. Lui se fa le cose le fa in grande. Si alza, da dove era steso dentro alla lurida parte posteriore del furgoncino, e salta, agilmente, come un piccolo bimbetto delle favelas argentine, e cade saldo con i piedi per terra, guardando i suoi compari. Quelli effettivi, quelli che conoscono la seconda parte del piano sono solo in cinquanta.

Punta un braccio, ancora semi nudo, indicando con l'indice della mano sinistra l'edificio dell'università e ghigna, guardandoli. Zaynab sospira, Hassan, è impassibile. Gli altri invece non si permettono di far volare una mosca.

-Là.-

Dice solamente Kassim guardando Zaynab. Lei spalanca gli occhi e scuote la testa, allontanandosi, parando le mani all'altezza della vita e ridendo, però non felice, quasi in modo maniacale, lasciando che si allontani di qualche centimetro dal gruppetto.

-No, scordatelo moccioso..-

Sussurra lentamente scuotendo la testa.

Kassim, sprezzante, alza appena il viso, aprendo le labbra in un sorriso strafottente, snudando i denti, mentre ancora, insistentemente, continua ad indicare quell'edificio tranquillo, come se la cosa non lo riguardi minimamente. Ma Zaynab sa, sa fin troppo, sa che sta per succedere un casino immane. Eppure era nel piano. Hassan si astiene dal dirlo, non vuole prendersi un ceffone da Zaynab, no, non gli va proprio.

Il minore di tutti abbassa il braccio e apre il furgoncino prendendo un centinaio di bottiglie di vetro. Poi mette giù, dallo stesso mezzo, una tanica di benzina, e guarda tutti. Non c'è altro da dire. Lancia un panno marroncino, usato, da buttare letteralmente, ad Hassan e lui annuisce.

-Preparate le molotov.-

Dice semplicemente Kassim, salendo sulla parte di dietro del furgone, ancora, ma poi arrampicandosi sempre come un bambinetto delle favelas, ed arrivando alla parte alta del furgoncino, sedendosi sul tettuccio della parte col motore. Ancora a petto nudo. Come fosse la cosa più naturale di questo universo. Ma per lui lo è. Cioè. La decenza andasse a fanculo no? Si accende una sigaretta, supervisionando attentamente, da bravo sergente, il suo gruppo che prepara bottiglia dopo bottiglia, ficcando gli stoppini dentro ai buchi per i tappi e mettendole da un lato.

Le avrebbero lanciate tutte in massa.

Guarda ancora l'orologio. Okay. Sono quasi le undici. Più o meno in orario sulla sua personalissima tabella di marcia. Non che ne abbia imposta una specifica, ma nel suo cervello ha più o meno tutti gli orari registrati per bene, per far sì che il suo piano, sì il suo, vada a buon fine.

Dopo aver terminato i vari preparativi. Un paio di loro si appostano ai lati dell'entrata della facoltà, ben nascosti da due colonne di marmo.
Kassim getta la sigaretta per terra, pestandola. Nel mentre si è vestito. Insomma non si può permettere di destare troppi sospetti. Lui frequenta quella facoltà, quindi non è una cosa insolita che lui si presenti lì, soprattutto dopo un corteo.

Ma i piani sono diversi sta volta. Nessuna lezione, niente presenze o prenotazioni d'esami.
Oggi si fanno le cose in grande.

Apre lentamente le porte vetrate dell'entrata e si guarda intorno. Nessuno in vita. Uno sguardo veloce dietro e fa un segno con le dita di far entrare i due ragazzi che erano ben nascosti dietro le colonne all'entrata dell'edificio.

-Dobbiamo essere veloci.-

Sussurra ai due, facendo finta di parlare di cose qualunque, per non destare sospetti. La cosa buffa è che nessuno è nei dintorni, forse saranno tutti via, o quelli che c'erano era dipendenti della struttura, non sa bene perché. Ma non importa, meglio no?

Si da un'aggiustata ad alcuni ciuffi che gli sono finiti sulle spalle, ricordiamo che sono tremendamente fastidiosi, e poi si dirige verso l'aula magna della facoltà. Nel camminare si guarda intorno. Una mano in tasca, le quali sono profonde. Dentro una bottiglia di quelle preparate dei suoi scagnozzi, ben stretta dal collo. È pronto. Inspira piano per prendere coraggio, lasciando che il tipico odore scolastico entri nelle sue narici.

Si lancia un'occhiata dietro, non si è mai troppo sicuri di quello che si vede, o quello che non si vede, chi glielo dice che lo stanno aspettando in un agguato o cose di quel genere. La sicurezza non è mai troppa, ma non dovrebbero esserci problemi di quel tipo. Sempre meglio controllare no?

Il respiro diventa sempre più affannato, è peggio di quello che hanno combinato sino a quel momento fuori di lì, all'aperto. Una semplice protesta. Questo sembra davvero un assalto. Ma poi perché.

Kassim ha le sue ragioni.

Guarda i due e ghigna, lentamente, lasciando che il suo viso si increspi leggermente di una vena quasi omicida, non rendendosene nemmeno conto, dentro di lui suona come uno sguardo di intesa tra i tre che è lo START per cominciare a fare macello. Perché è quello che vogliono. Fare macello ed occupare la facoltà.

-Ora.-

Sussurra lentamente.
Tira fuori la mano dalla tasca e, prendendo lfaccendino, da fuoco allo stoppino di stoffa, gli altri due lo imitano pochi attimi dopo di lui e lanciano il tutto contro la porta dell'aula magna. Ma non basta. I due dietro Kassim prendono altre cinque o sei bottiglie piene, ben preparate con stoppini e benzina e ne passano un paio al ragazzo con i dread. Incendia gli stoppini, cominciandole a lanciare dietro di sé man mano che corre, per tutta la scuola.

Sarà sua. E una volta presa, finalmente potrà ottenere quello che vuole. Il movimento, di qualcosa, magari possono farsi notare con quei gesti vandalici, forse, anche se abbastanza pesanti come atti, potranno farsi sentire e dire basta. Non si piegheranno senza lottare. Mai.

 

Spazio dellfautrice.

Premetto che mi piace scrivere. Spero di essere abbastanza costante da finire questa, perché ho un sacco di idee a riguardo, e soprattutto di riprendere l'altra (Fivefo clock, tea time) e concluderla al meglio. Per ora vi lascio con questa, betata sempre dalla mia Lisuccia, che si fomenta se legge certe cose molto alla Che, se tutto è unito ad una buona dose di Kassali. Bene al prossimo capitolo. Spero di ricevere qualche recensione per sapere cosa ne pensate c:

-Baci
Fue

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Capitolo 2
*** Capitolo due: Unguento ***


Canzone consigliata per questo capitolo: http://www.youtube.com/watch?v=RRkIQ1Djlbs

1968 Time to riot

Tempo di rivolta - 1968 (Capitolo due)

(11.30am)

Fuoco e fiamme.

Così si potrebbe definire il palazzo dell'università di economia in quel momento. Mano a mano tutti i piani bruciano, uno dopo l'altro, lasciando che grande fumo si espanda per tutta la struttura.

Kassim continua a correre sino ad arrivare alla biblioteca del quarto piano. La luce è accesa. Nel mentre ha perso quei due che si son sparsi per fare un pof di caciara tra un piano e l'altro. Hassan e Zaynab sono rimasti giù, accanto al furgone. Il loro, se non si fosse ben capito.

Lentamente, il ragazzo dai lunghi dread si avvicina alla porta, vi poggia la mano. Piano una goccia di sudore gli cola dalla fronte e sospira, lentamente alzando il volto verso il soffitto. E.. Se fosse qualcuno che ha a che fare con le autorità. No perché potrebbe benissimo stenderlo. Sì. Come no.

Solo non saprebbe cosa fare se si fosse trovato qualcuno di fronte che ha un'autorità. Si morde l'interno della guancia mandandosi una mano sulla fronte per asciugare i sudori freddi che piano cominciano ad imperlargli la fronte.

Un colpo di polso, e si porta su il cappuccio. Almeno se fosse stato il vicerettore o il rettore stesso, non lo avrebbero riconosciuto, o almeno non subito. Quasi si dimentica dell'enorme cascata di dread che si porta sulla testa, e che solitamente lo fanno riconoscere ovunque. È molto rinomato nelle centrali di polizia sapete?

Prende un bel respiro a pieni polmoni, pur sentendo dentro di sé l'immonda paura che qualcosa vada storto. Non può non adesso. Non ora che ha studiato tutto nei minimi dettagli no?

Apre di colpo la porta e tiene ben brandita una molotov in mano, nel caso debba difendersi ma appena entra, quello che sente, lo fa rimanere basito.

Alza gli occhi udendo un urletto, non esattamente femminile, che si spande per tutta la stanza. Rumori di sedie che cadono per terra, ed un corpo magrolino schiacciato contro la finestra. Kassim spalanca gli occhi notando di chi si tratti. Il ragazzino androgino di quella mattina. Sospirando appena, si tira giù il cappuccio e mette via la bottiglia piena di benzina e la poggia su di uno dei tavolini.

Il biondo dall'altra parte della stanza si è preso un bello spavento, ora è schiacciato contro una delle finestre, nel muoversi violentemente ha fatto cadere un paio di sedie e , completamente schiacciato con la schiena contro il vetro, sospira, tenendosi con una mano il petto, stringendosi la camicia stretta sino in gola, e l'altra è spalmata contro il vetro.

-Q-Quella è una molotov?-

È la prima cosa che chiede. Kassim si gira violentemente dando una leggera pedata al pavimento, come un bambino che è stato scoperto dalla maestra e , con i pugni stretti, li ciondola ai lati del proprio corpo sbuffando.

-Non fare domande.-

Dice semplicemente premendosi una mano sulla fronte e sbuffando, cominciando a massaggiarsi lentamente le sopracciglia. Ma che diavolo? Ma tutte a lui? Ci mancava solamente il frocetto figlio di papà.

Il biondino schiacciato alla finestra si stacca, incrociando le braccia e sbuffando, impettito. Sì, è proprio un figlio di papà.

-Ma che bisogno c'è di rivolgerti così?-

Dice subito. Al che Kassim si volta sbattendo le mani ad uno dei tavolini, stando attento alla bottiglia potenzialmente letale. SI è girato con uno scatto fulmineo. Quel ragazzino si preoccupa del tono che ha usato quando in quel momento tutto il suo piano sta andando in fumo e con questo anche la scuola.

-Ma che diavolo hai nel cervello, huh?-

Sospira lentamente poi alzando la schiena e avvicinandosi a lui. Si toglie la fascia che ha sui capelli e gliela porge. Non è un gesto fatto a caso, sa perfettamente che l'edificio sarà a breve completamente pieno di fumo tanto da non poter respirare. Alza le spalle, facendo un lento gesto d'insistenza nei confronti del biondo.

-Cosa.-

Dice l'altro guardandolo parecchio confuso, con un'aria abbastanza arrabbiata, le sopracciglia biondissime aggrottate e le labbra dischiuse in attesa di una risposta.

-Cazzo prendi 'sto cazzo di coso, e muovi quel culo da multimilionario che ti ritrovi.-

Il biondo trasale, mettendosi diritto con la schiena e guardando sempre peggio il ragazzo dai lunghi dread che ha fatto irruzione nella stanza. Spalanca gli occhi, afferrando con un gesto nervoso la fascia. La tiene stretta tra le dita ancora curioso di capire di che diavolo se ne sarebbe fatto. Ma Kassim già lo sa. Lui non avrebbe avuto problemi per sé, ma l'importante era non coinvolgere qualcuno che non avesse nulla a che fare con quello che stanno combinando, o soprattutto, qualcuno che non ha a che fare con lui. Lui non vuole vittime tra gli innocenti. Sperava veramente che la scuola fosse vuota in modo tale che potesse agire indisturbato, ma così non era, non importa.

-Che razza di modi..-

Dice tra sé e sé il biondo abbracciandosi le braccia, con le mani sui gomiti e guardando il ragazzo dai capelli scuri cominciare ad agitarsi parecchio. Ovvio. Kassim sta cercando una via di fuga abbastanza sicura per non fargli inalare fumi di nessun genere, sperando che non trovino le fiamme e cose così.

-Ah sta zitto. Sto cercando di salvarti la vita.-

Dice semplicemente poi scrollando le spalle. Muove passi lunghi, a grandi falcate, e arriva alla porta, ora aperta, e si guarda intorno. Cazzo le fiamme stanno salendo, e lui lo sa perfettamente. Si guarda ancora intorno e sospira, lentamente mordendosi le labbra, e poi girandosi verso il biondino che è ancora imbambolato con la sua fascia per capelli nera tra le dita. Con un cenno della testa, Kassim gli dice di muoversi ed avvicinarsi a lui, almeno sarebbero scappati in fretta, tentando di evitare i danni inevitabili che ci sono al primo piano. La scala antincendio dovrebbe essere ancora agibile, pensa tra sé Kassim alzando gli occhi in direzione del corridoio, e notando il cartello luminoso verdissimo della porta arrugginita del piano.

-Dobbiamo muoverci.-

-Che diavolo succede.. Ahm.. come hai detto che ti chiami?-

Chiede il biondo mentre vede Kassim cominciare a sgattaiolare, guardandosi attorno. Dei passi si fanno veloci per la rampa principale di scale. E comincia ad andare nel panico. Spalanca gli occhi, sentendo i sudori freddi tornare. Ma la molotov dov'è? Cazzo nella biblioteca. Alza il passo, arrivando dentro e prendendo la bottiglia.

-Non c'è tempo per spiegare e per i convenevoli da donnette..-

Dice con un lievissimo sussurro tirandolo vicino al proprio viso con uno strattone al polso e guardandolo dritto negli occhi. Sussurra quella frase, notando come siano brillanti e luminosi gli occhi dell'altro. Distoglie lo sguardo tornando con l'attenzione al corridoio. Respira lentamente in modo pesante, sentendosi soffocare nella giacca, ma non può toglierla, potrebbe tornargli molto utile con un incendio in corso no? Ha tirato con sé il ragazzo dai capelli biondi e piano apre la porta. Ma i passi si fermano qualcuno è davanti a loro.

Un solo urlo, del ragazzo che si è fermato davanti a loro, annuncia una catastrofe. La scena vista a rallenty è questa: Una molotov che vola, probabilmente uno degli scagnozzi di Kassim che l'ha lanciata nella sua direzione, evidentemente non riconoscendolo, ma vedendo ben chiaramente la figura del biondino, che, ovviamente, non è con loro. Quindi è il nemico. Non tutti seguono la politica di Kassim di tenere fuori chi non è invischiato in quegli sporchi affari da rivoluzionari. Quella molotov vola, velocemente, Kassim ha solo il tempo di pensare per una frazione di secondo. La porta antipanico è ormai aperta, eppure il biondino è davanti a lui, che fissa con occhi spalancati l'ordigno di manifattura casalinga, il cui stoppino brucia velocemente. Sente la morte addosso.
La sente più Kassim, quando si butta davanti a lui, con la schiena rivolta verso la molotov, e lo spinge giù, o meglio lo tira abbracciato a sé saltando dalla scala antincendio.

È un attimo.
Volano giù per i quattro piani sotto di loro, atterrando non esattamente in modo morbido, contro dei cassonetti che si trovano lì vicino, addossati al muro. L'unico pensiero di Kassim, prima dello schianto contro i sacchetti dell'immondizia, era quello di preservare quel povero ragazzo, che per quanto snob ed insopportabile, non ha minimamente niente a che fare con loro, no? Nella caduta libera, tenta di girarsi più possibile di schiena, quella schiena che poi gli diranno, o si renderà conto essere andata totalmente a fuoco con la sua giacca, e limitare al massimo lo schianto per il biondo.

E questo accade. Prima che se ne possa rendere conto Kassim vede il buio, ma la cosa che lo fa sentire meglio è sentire il corpo pesante dell'altro addosso, prima di perdere completamente i sensi.

Al di fuori la scena, vista da Zaynab e Hassan, completamente presi dal panico e dalla totale impotenza che hanno avuto in quel momento, la schiena di Kassim sembra andare a fuoco. Zaynab si copre gli occhi attaccandosi addosso ad Hassan che non stacca un momento gli occhi dalle due figure che cadono nel vuoto

-Che cazzo ha fattoc-

Sussurra tra sé, sapendo di essere sentito anche dalla ragazza, mentre ormai lo schianto è avvenuto. Appena accorrono lì, notano del fumo che esce sotto all'ammasso dei due corpi che si sovrappongono. Non solo Kassim si è preso una molotov sulla schiena, no, doveva anche buttarsi sulla parte bruciata. O probabilmente, non essendo stupido, avrà calcolato tutto. Hassan non può dirlo. Beh è giustamente svenuto per la botta. Mentre il biondo è in ginocchio che lo guarda con le mani davanti alla bocca e le lacrime agli occhi.

-Ah, andiamo Zaynab-

Dice subito Hassan prendendo in braccio il corpo esanime di Kassim e portandoselo in spalla. I dread ricadono sulla sua nuca, il cui viso è rivolto verso la spalla dell'amico, e quindi i capelli ciondolano lentamente, ad ogni passo che compie l'omone.
Zaynab però non lo segue ancora, rimane a guardare il biondo, che fissa il punto dove prima c'era il corpo del suo salvatore, beh non conoscendone il nome non può chiamarlo , quindi lo definisce così. La ragazza sospira, spiegandosi nei suoi pantaloncini corti, un pof larghi e strappati che mostrano i collant con fantasie militari.

-Ehi..-

La voce è calma, quando si rivolge al biondo. Subito il ragazzo alza gli occhi e sbatte piano le palpebre lasciando scivolare le lacrime lungo il viso. Zaynab subito si allarma e gli porta una mano sulla schiena massaggiandola.

-Ehi calma, non ti agitare. È un rischio che devi correre se segui i tuoi ideali..-

Mormora. Dice solo questo. Il biondo si alza di scatto allungando una mano verso Hassan che sta camminando, ormai è arrivato dall'altra parte della piazzola dell'atrio all'aperto della facoltà. Sospira mentre muove qualche passo. La ragazza lo segue con lo sguardo, rimettendosi lentamente in piedi, una mano sul fianco e sospira, osservando il biondo.

-Ferma! Ti prego.. Se posso fare qualcosa dimmelo!-

Alza la voce lasciando che riecheggi per tutta lfarea, i palazzi sono chiusi e c'è una sola uscita, creando un'ottima acustica. Ed è per questo che Hassan non può ignorare cosa dica il biondo che ancora protende la mano verso di lui, come a volergli implorare di fermarsi, per potersi rendere utile al ragazzo che gli aveva salvato la vita.
Hassan si volta, lentamente, ha una mano sulla schiena di Kassim, il cui corpo ciondolante, al solo movimento che compie il ragazzone per voltarsi e guardare il suo interlocutore, fa un bruttissimo spostamento, lo stesso di un corpo morto senza vita. È inquietante, tanto che dietro il biondo, Zaynab si porta le mani agli occhi, completamente impressionata da quel movimento quasi innaturale che potrebbe compiere.

Il biondo ha ancora tra le mani la fascia nera per capelli che gli ha dato prima Kassim, la stringe fortissimo nella mano che tiene ciondolante ai lati del proprio corpo. Respira lentamente, il biondo mentre aspetta una risposta di Hassan che, lento, abbassa la testa dando un colpetto alla schiena di Kassim che giace con le braccia e la testa, insieme ai capelli, a penzoloni addosso a lui. Ci pensa solo un secondo e poi, con la mano libera, gli fa cenno di andare con loro.

(3.00pm)

Se sei morto va bene così.
Va bene, sei morto lottando.

Nella testa di Kassim un lieve nero lo culla, come se fosse un alone di inchiostro che lo coccola, nella sua testa ovviamente. Non sa di essere vivo, lui è lì che parla probabilmente col suo subconscio, come se fosse morto, quasi si rassegna, non ha la minima idea, ovviamente, di quello che è successo dopo la sua perdita di sensi.

Beh almeno ha salvato quel povero figlio di papà. Non avrebbe potuto minimamente immagine cosa sarebbe stato se fosse morto lui, al posto di Kassim. I Media che si sarebbero scatenati, lutti, servizi giornalistici televisivi sulla "Prematura morte del figlio di Paperon De Paperonish. Santo cielo.

Ma un dolore lancinante si fa largo tra i suoi neuroni, facendogli palancare gli occhi e capire che , dannazione, no non era morto. Inspira a fondo alzandosi di scatto e sentendosi la schiena bruciare. Gli occhi cervone si guardano attorno, completamente spaesati, e soprattutto si guardano dietro.
Si trova sul suo divano del loro ritrovo, a petto nudo, dietro di lui c'è quel ragazzetto che ha salvato con le mani completamente impastare di quello che sembra un unguento o qualcosa di simile. Rimane di schiena con le mani sollevate, ma il volto girato più possibile per guardare atterrito la figura magrolina dietro di lui.

Kassim inarca le sopracciglia completamente sorpreso, più che altro contrario di trovare quel personaggio dentro il suo ritrovo, che gli spalma chissà quale merda di erboristeria sulla schiena che, cazzo gli fa un male allucinante. Non riesce dire nulla all'inizio. Solo guarda il ragazzo biondo, ancora con le mani impastate di qualche zozzata, che lo guarda abbastanza in imbarazzo. Insomma. Chi doveva dirglielo che si sarebbe ritrovato in un garage usato come covo per un gruppo di piccoli terroristi della società. Lui che è abituato alle cene di gala. Lui che era stato salvato da quel ragazzo che ora lo sta guardando come se gli avesse puntato una pistola alle tempie.

-... Ciao.-

Dice solamente il biondo. Ma che idiota. Non poteva dire qualcosa di più intelligente, o spiegare la situazione, cosa gli fosse successo? No. "Ciao". Poveri noi. Il biondo abbassa piano la testa allungando le mani sulla sua schiena, sempre con Kassim che lo guarda praticamente in cagnesco.

-Che diavolo fai?-

Chiede subito, ovviamente, cosa che avrebbe dovuto dire appena aperti gli occhi, ma era come se avesse avuto un blackout mentale che lo abbia aiutato a capire cosa diavolo stesse succedendo nel suo rifugio con un piccolo milionario che gli spalma qualcosa sulla schiena. Oddio, detto così sembra brutto, eppure sembra brutto anche se detto in modo diverso, nella testa di Kassim.

-Hai delle ustioni sulla schiena.. Te le curo.-

Sussurra a voce bassa il biondino. Come se non fosse la cosa più ovvia di questo mondo. Kassim Socchiude gli occhi sentendo le sue mani freddissime posarsi sulla sua schiena bollente, che brucia da morire, come essersi spento venti sigarette nello stesso momento sulla parte interna del polso. Dannazione. Un piccolo sospiro di sollievo sfugge dalle labbra di Kassim, quando sente il biondino cominciare a spalmargli nuovamente la crema sulla schiena.
A questa reazione, quasi arrendevole il biondino alza gli occhi e sorride al ragazzo, che subito scosta lo sguardo.

-Kassim.-

Comincia a parlare lentamente socchiudendo gli occhi, cominciando a sentire un po' di sollievo sulla pelle provata dalla bruciatura. Il biondo alza gli occhi sporgendosi dal suo braccio per guardarlo bene in viso, per capire se fosse qualche insulto in una lingua sconosciuta o il suo nome. Nel mentre ha visto Kassim sistemarsi con la schiena verso di lui, le braccia invece stese e poggiate al muro, per mantenersi e fare perno, e dargli maggiore superficie dove spalmare quella pomata, si che magari poteva puzzare di quelle merdate delle erboristerie, ma cavolo se funziona.

-Mi chiamo Kassim. In che lingua devo dirtelo?-

Scrolla appena le spalle, usando un tono alquanto saccente che il biondo non sopporta, o almeno non lo da a vedere. Piano gli da uno schiaffo sulla schiena e lo fa trasalire.
Il moro spalanca gli occhi inarcando la schiena violentemente e emettendo un ringhio, nemmeno un urlo, un grugnito infastidito, come quando si accarezza in contropelo un gatto, presente? Nello stesso modo.

-Dì, ma sei rimbecillito? Levati dal- -

-Alibaba.-

Il biondo alza gli occhi verso l'altro che si è girato probabilmente per riempirlo di insulti. Eppure Kassim rimane incatenato nello sguardo dorato dell'altro che lo guarda dolcemente, mentre massaggia le mani sulla sua schiena, spalmando più crema possibile. Non ha sentito bene quello che ha detto, dato che lo ha coperto con la sua voce, mentre Kassim tentava forse di mandarlo al diavolo. Lo guarda, come per fargli ripetere.

-Mi chiamo Alibaba, in che lingua devo dirtelo?-

Dice sorridendo e facendogli il verso.

Kassim gira la testa, sbuffando e premendo la fronte contro il muro e rimanendo ora poggiato con entrambi i gomiti, sperando che non dica altro. Ma la frase che pronuncia dopo lo fa rimanere basito, tanto pietrificato, quanto forse felice di quello che ha fatto, nonostante stia tentando gli fargli staccare la pelle col ceffone di prima.

-Grazie.. Si insomma, per avermi salvato la vita.-

Spazio dell'autrice:

Eccoci tornati. So che la coppia non è esattamente benvoluta dal pubblico del fandom italiano, ma spero che riusciate a carpire altro da quello che vi sto scrivendo. Spero che alla fine della storia vi lasci la morale che ho in mente per tutti voi.
Spero commentiate, mi piacerebbe sentire cosa ne pensate.
Un bacio
Fue-

 

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Capitolo 3
*** Capitolo tre: Carlos Primero ***


Canzone consigliata per il capitolo: https://www.youtube.com/watch?v=LfNVfiqKBeM

1968 Time to riot

Tempo di rivolta 1968 (Capitolo tre)

 

(Same day – 5.30pm)

-Sentiamo, chi mai ti ha fatto entrare Alibaba?-

Il tono di Kassim diventa immensamente scettico nel momento in cui pronuncia il suo nome. Ammesso che quello sia il suo vero nome, perché sembra troppo.. Straniero, ecco, per essere giapponese. Si poggia steso sul divanetto, prendendo una sigaretta, dal pacchetto sul tavolinetto improvvisato davanti al suddetto comodo mobile, dove Kassim trova un pof di ristoro. La schiena è stata sapientemente curata e bendata dal biondino che ora è seduto sullo stesso tavolino.

-Beh mi ha aperto quel tuo amico, alto, quello con i capelli lunghi.-

Dice semplicemente alzando un braccio e col pollice indica la porta, scrollando in seguito le spalle, mentre l'altra mano è poggiata sul ginocchio della gamba accavallata sull'altra. Dopo aver abbassato l'altra, raggiunge la compagna guardando il ragazzo che ora giace steso sul divano e fissa il soffitto, facendo piccolo tiro alla sigaretta, tranquillamente.

-E ti pareva se quello doveva aprire a qualcuno che manco conosce..-

La voce è bassa, dice tra i denti, quasi a disprezzare il gesto che Alibaba ha fatto per lui. Invece di lasciarlo morire lì, in mezzo a quei cassonetti, con un'ustione che si sarebbe facilmente infettata e quindi l'infezione si sarebbe espansa in tutto il corpo. Socchiude gli occhi, Alibaba, e si massaggia la fronte lentamente, sbuffando.

-Ti da così fastidio che ti abbia voluto aiutare?-

C'è un attimo di silenzio, dove Kassim lascia a metà il tiro che sta facendo alla sigaretta e lo guarda negli occhi. Alibaba di tutta risposta alza le spalle e le sopracciglia, come se la cosa fosse assolutamente ovvia. Ed è ovvia. Sì, a Kassim non piace essere aiutato, vuole aiutare gli altri, salvare. Si può dire che soffra della Sindrome del Super Eroe. Brutto a dirsi. Eppure quella bruciante verità, più dolorosa delle ustioni sulla schiena, che Alibaba ha appena detto, forse senza pensarci troppo, ha scosso parecchio il moro. Si alza lentamente, non rivolgendogli nemmeno uno sguardo al biondo che, alzando le sopracciglia schiude le labbra quasi sorpreso di averci preso.

-Nessuno te lo ha chiesto.-

Taglia corto Kassim.
Muove lentamente qualche passo e arriva a prendere la sua chitarra acustica. Rubata da chissà dove, non ha di certo i soldi per permettersela, eppure ce l'ha in qualche modo, che certo non andrà a raccontare a quel ragazzetto.
Alibaba nel mentre ha sospirato, guardandosi le mani, dopo essersi incurvato un pof su se stesso e scuotendo lentamente la testa. Appena vede arrivare Kassim con la chitarra in mano, sedersi poi di fronte a lui, comodamente sul divano, tira un lungo sospiro mentre lo guarda, scuotendo piano il capo.

-..Rimarrai solo così-

Kassim alza gli occhi violentemente, mentre accorda piano la chitarra, strimpellandola lentamente e guardandolo, quasi come se avesse detto la peggior bestemmia che possa esistere. Non c'è una parola per definire quanto male Kassim stia guardando Alibaba. Odia sentirsi dire cosa fare o meno. Alzando le sopracciglia, decide di sorvolare sulla cosa, non lo avrebbe picchiato, aveva fatto per salvarlo, rimettendoci sicuramente il suo tatuaggio, segno di forza, del capo branco. Sorride, lentamente guardandolo, quasi a scherno, mentre comincia a suonare qualcosa di strano, non ha un nome, forse è una melodia arrangiata. Ma ad Alibaba piace molto.

-E tu cosa fai? Huh? Sei figlio di qualche pezzo grosso?-

Alibaba sorride lentamente, portandosi una mano alle labbra e distogliendo lo sguardo e alzando le spalle. Bella domanda vero Alibaba? Ridacchia appena. Non per Kassim ,a per la risposta che sta per dargli. Al che il moro lo guarda storto. Che c'è ora si mette anche a ridere? Ma che idiota. Socchiude gli occhi, muovendo una mano come se volesse cacciare il pensiero di Alibaba dalla testa, o per meglio dire, per cacciare il pensiero che si concentrava sul motivo ignoto di quella risatina tanto esilarata.

-Di cognome mi chiamo Saluja.-

Dice semplicemente. È un attimo in cui Kassim butta la chitarra sul divano, alzandosi in piedi di scatto e portandosi le mani giunte dietro la nuca, sospirando lentamente, come se non volesse farsi prendere dal panico e guarda Alibaba, seduto comodamente, con un leggero risolino sulle labbra, che manda in bestia Kassim. Piano muove qualche passo per la stanza tentando di digerire la cosa che gli ha detto. Non sembra tanto tragica. È solo un cognome? No non è un cognome qualunque insomma. Lentamente si gira guardandolo basito, sempre di più. Ora però capisce il perché di quel risolino, fa male addosso, decisamente. Inspira lentamente.

-Sei il figlio del ministro dell'economia estera?-

Alibaba sorride.

(8.00pm)

Perché non buttare giù la notizia che sia veramente figlio di un pezzo grosso, stappando una bottiglia di un liquore a caso, costosissimo, di dubbia provenienza, portato da Hassan qualche sera prima. La dubbia provenienza è dovuta al fatto che lo ha preso di contrabbando. In realtà è una costosa bottiglia di Carlos Primero, invecchiato vent'anni. Un tipo di rhum, arrivato direttamente dalle cantine di Madrid. Sì. Hassan ha gente a cui chiedere quando gli serve del buon liquore a ottimo prezzo.

Insomma, meglio aprirlo ed inaugurarlo per il doppio salvataggio, più quello di Kassim di certo non si può minimamente paragonare a quello che ha fatto per il piccolo Alibaba. Piccolo, manco sa quanti hanni ha e lo pensa come un piccoletto indifeso, ovvio, è magro e secco da fare schifo nonostante chissà quanto caviale e quanta carne pregiata trangugi.
Ma non è il momento di pensarci.

Con quel liquore sono finiti a tarallucci e vino, e rhum in questo caso, a parlottare della loro adolescenza appena passata, di cose piace, di cosa fanno, e Kassim non vuole esattamente scendere nei particolari. Gli ha solo rifilato la storia di essere rimasto lì perché segue qualche rivolta, o per meglio dire segue qualche corteo di protesta, non vuole fare brutta impressione. E perché poi? Vuoi che rimanga dentro la sua testa il ricordo di un piccolo eroe che ha rischiato di rimetterci la colonna vertebrale per poterlo salvare? Si? Forse per una volta, oltre che il cattivo, vuoi ere l'eroe? Sicuramente è così.

Tra una risata e l'altra finiscono, come tutti gli uomini, in momenti in cui si parla apertamente di sesso. La bottiglia è ormai a metà, si, ebbene, tra un cicchetto e l'altro si sono ridotti a finirsela praticamente. Sono praticamente sbronzi. E, premettiamolo, Alibaba non è minimamente abituato a certe cose. Kassim ormai ci ha fatto il callo, a diciotto anni. Che vita rubata a Cristo, come si suol dire.

-Non posso crederci che tu non abbia ancora mai fatto sesso, è quasi innaturale, cazzo.-

Kassim rotea gli occhi, però scoppiando nella solita risata da mezzo ubriaco, che però rimane nella zona del brillo, ma comincia a non capirci un cazzo di niente. Alibaba è poggiato con la fronte alla sua spalla e guarda il piccolo shoottino che tiene in mano, in vetro, anche quello di "Importazione"; e che importazione oserei dire. Gli occhi sono un po' abbassati, un pof persi nella propria ubriachezza, perché Alibaba a dispetto di Kassim è proprio perso.

-Oh e dai, non sfottermi adesso..-

Biascica lentamente, come un bambino mentre si mette in ginocchio sul divano di fronte al moro che prende un altro shoot, e lo manda giù come fosse acqua purissima, e fresca. A parte l'espressione di quando l'alcoolico scende giù per la gola, ma è comunque una sensazione soddisfacente per lui. Alza gli occhi sul biondo e gli accarezza i capelli come un bambinetto.

-E sta buono.-

Alibaba scrolla la sua mano dai capelli e appende le braccia contro il suo collo e sorride, office, dolcissimo, il viso rossissimo, le labbra imperlate da qualche stilla di saliva dato che si sta leccando continuamente le labbra per umettarsele il più possibile, insieme ai bicchierini che si scola di tanto in tanto, che fanno in modo che la situazione non migliori nemmeno di un peletto.

-E dai.. Voglio ringraziarti in qualche modo.. Kassim..-

Sussurra il suo nome, premendo il naso contro la sua guancia, mentre incurva la schiena per stare più comodo, e gli accarezza il viso. Ehi. Un momento. Forse ha bevuto troppo. Non dovresti allontanartelo di dosso, eh Kassim insomma parliamo sempre del figlio di un pezzo grosso della società, non puoi portartelo a letto, non puoi dannarti la vita con questa cosa.
E allora perché invece di allontanarlo, il moro gli accarezza una guancia, lentamente, osservandolo con gli occhi appena socchiusi, molto sensuali, un pof liquidi. Piano, distrattamente, mentre studia piano ogni suo lineamento sorride, lentamente. Un sorriso, tenero, che ricambia a quello che gli ha donato l'altro.

Maledetti fumi di bacco.

-Puoi.. Non ti impedisce nessuno di farlo..-

Gli accarezza piano il labbro inferiore, col pollice, sospirando e baciandogli appena il labbro superiore, chiudendolo tra i propri, un pof più sottili. Sospira, sentendo le mani di Alibaba, lente, accarezzargli il viso e il collo, con tocchi così leggeri che si sente che è praticamente ubriaco.
Kassim non è proprio tipo da approfittarsi di una persona che è sbronza, ma anche lui lo è, quindi i suoi freni inibitori son andati in vacanza in montagna in una baita per la precisione.

Si gode piano il contatto tra le due labbra che si toccano, lasciando che solo il velato schiocco delle loro labbra si possa udire in tutto il garage. Piano Alibaba si sistema a cavalcioni sul moro che trasale un momento guardandolo negli occhi.

-..Non ti pare di esagerare?-

Alibaba scuote il capo sospirando e premendo la fronte sulla sua mentre gli accarezza il viso, con una dolcezza infinita, sorridendo, biascicando qualche parola, che però sembra la più sincera che possa uscire da delle labbra umane.

-..Tu..Non mi piace che la persona che mi abbia salvato la vita si senta solo..-

Pronuncia. Kassim lo guarda, dolcemente, un pof spaesato da quella frase, le labbra sono dischiuse il respiro lento, mentre tenta di metabolizzare quella frase che gli ha appena detto. Piano le sue mani vanno sulla nuca del biondino e accarezzano il lembo di pelle che rimane scoperto dalla massa di volti capelli biondissimi, splendidi come una colata di oro, potrebbe descriverli in quel momento Kassim.

-..Non farmici sentire allora.-

Mormora piano. Quanto si vede che hanno entrambi bevuto, e anche parecchio. Quel rhum era una botta di fuoco nelle vene e un martello pneumatico per il fegato dei due, e si vede, non ci capiscono un accidente in questo momento. Ma quel non capirci niente li fa accarezzare, scambiare teneri baci morbidi, forse qualche smanceria, forse dovuta alla giornata che, di leggero non aveva assolutamente niente. Anzi tutto il contrario.

Prendendo un piccolo respiro, Kassim chiude gli occhi, pendendo forse la peggior decisione della sua vita, non immaginando che forse potrebbe rivelarsi la migliore che potrebbe avere. No? Infondo, non ha la sfera di cristallo.
Prende le spalle del biondino che è ancora nel turbine violento dell'alcool, come Kassim, ma leggermente più cosciente di quello che si potrebbe immaginare, e lo porta sotto di sé togliendogli piano la camicia, senza pensarci , poggiandola sulla spalliera del divano. Alibaba piano, allunga le braccia, allacciandole al collo e scostando appena il volto.
Non si ricorderà nulla, e tornerà tutto normale, almeno hai questo vantaggio Kassim. A te quel piccoletto non piace, è solo una sbronza, niente di più, una sbronza, dimenticherà tutto, e con un pizzico di fortuna, dimenticherai anche tu.

Da un lato non lo speri.

(Next day – 9.00am)

Un pungente dolore alla testa, come un picchio che batte imperterrito sulle tempie di Kassim. Apre lentamente gli occhi sentendo come la luce dell'unica piccola finestra presene in tutto il locale, rimesso a nuovo, debba finire proprio addosso a lui. Si alza appena un pof col busto, sentendo come i bendaggi rendano meno dolorose le ustioni sulla schiena.
Aspetta.

Apre gli occhi di colpo abbassandoli e sentendo qualcosa di pesante, attaccato alla sua spalla. Un paio di ciuffetti biondi gli finiscono tra le labbra e sul naso. Li scosta, velocemente, con un solo sbuffo, e poi, con un veloce movimento della mano libera, la sinistra, si scosta i dread dal viso per inquadrare meglio, quello che sembra per trasformarsi in un incubo. Abbassa gli occhi cervone e rimane senza fiato.

Una pallida figura dai lineamenti morbidi, soffici giace accanto a lui. Una mano stretta, contro le labbra, l'altra sotto il corpo di Kassim che lo stringe, lentamente, quasi consapevole che tutto questo non sarebbe dovuto accadere, eppure era successo. I capelli biondissimi sono scompigliati, accesi dai raggi di sole che penetrano prepotentemente nel vetro un pof sporco di quella maledetta finestrella che finisce addosso a loro. 
Trattiene il fiato, mentre muove piano la mano destra che è sotto il corpo di Alibaba, precisamente sotto il suo collo. Muove delicatamente la mano e la fa scivolare via. Teme di svegliarlo, e non sarebbe il caso in quel momento, no. Forse vuoi trovare una scusa per poterlo guardare perché, diciamolo, Alibaba è davvero carino, non è esattamente il tipo di Kassim, ma è bello da guardare, soprattutto quando dorme perché non si atteggia a spocchioso.

Si gira appena su di un fianco e poggia una mano sulla sua spalla, lasciando scorrere lentamente la punta delle falangi sopra alla sua pelle, come se volesse capire se fosse davvero reale, se fosse lì con lui, una piccolo essere decretato dalla società come il modello ideale di come diventare adulti, perfetti, intelligenti, prodigiosi. E chi più ne ha più ne metta.
Prende un piccolo respiro salendo con la mano, un pof timoroso di svegliarlo, ed arriva ad accarezzargli anche il collo, lentamente scostando qualche ciuffo di capelli biondissimo che ricade sulle spalle. Piano fa scivolare la mano sul suo viso, delicato, quasi impercettibile, e toglie qualche filo dorato della sua chioma, che si è attaccato all'angolo delle labbra. Quelle labbra. Così rosse.
Ha constatato che non fosse una ragazza.

Un ragazzo può essere capace di una bellezza tanto sconvolgente?

Sospira appena, ritirando subito la mano appena Alibaba apre un occhio, forse svegliato da quei contatti probabilmente troppo delicati, quasi da causargli il solletico al viso. AH Kassim sei un coglione, non cfè dubbio.
Eppure non smette di guardarlo quando le sue iridi dorate vengono inondate dalla luce che li colpisce. Maledetta finestra, cazzo.

-..Ehi.-

Alibaba cattura l'attenzione su di lui, parlando lentamente, la voce è ancora un pof impastata dalla sbornia che ha preso quella sera, i postumi sono violenti e cattivi. Considerando che quella è la prima sbronza del nostro piccolo figlio di papà, è normale che i postumi siano peggio di quanto si pensi.
Kassim si mette lentamente sistemato, con il gomito puntato sul divano, e il viso poggiato sulla mano di quel braccio in tensione e lo guarda. Non sembra voler esprimere dolcezza nel so sguardo, o almeno non nelle sue intenzioni. Perché essere dolci. Che diavolo, non doveva succedere. Così lentamente aggrotta le sopracciglia, non rispondendo al piccolo saluto che il biondo gli ha rivolto, solo un piccolo cenno con il capo e prende a guardare altrove, cercando qualcosa di interessante da fissare.

Alibaba si mette seduto, prendendo il lenzuolo che forse si sono sistemati addosso, e calciato nel sonno. Se lo stringe addosso e si alza in piedi, però dando ben visione della parte B a Kassim nel suo gesto di alzarti.
Il moro ridacchia, allungando una mano a prendere il pacchetto di sigarette, e, per dispetto gli da un pizzico sulla gamba, appena sotto una natica nuda, pallida e perfettamente all'insù. Quasi finta, come quelle del piccoli puttini che si vedono dentro le chiese.

-Copriti.-

Dice semplicemente accendendosi la sigaretta ed alzandosi in piedi. Lui è un tipo un po' più easy,e poi si trova praticamente in casa. Girare nudo per lui non è un problema, minimamente. Lui è molto..Spontaneo sì. Ma penso si sia capito benissimo.
Al che, Alibaba, vedendo come si è alzato il moro, suo malgrado anche amante quella notte, si gira di scatto portandosi la coperta al viso. È troppo. Ma un pof di decenza e pudore, dove li ha lasciati?
Il biondo arrossiste e sospira lentamente, quasi buffando seccato di quel gesto, di cui Kassim minimamente si è accorto, quasi fosse normale per lui.

Il moro si gira, alzando le braccia, tenendo tra le dita la sua sigaretta.

-Cosa.-

Chiede subito guardando Alibaba quasi provato da un qualcosa che lui non capisce, non vede, non se ne accorge.
Certo per Alibaba è una bella presa in giro, sentirsi dire "Copriti" e poi vedere come Kassim se ne vada in giro tranquillamente con il suo corpo magrolino, nudo.
Il biondo sbuffa non rispondendo all'inizio. Al che Kassim comincia a spazientirsi e si avvicina a passo sicuro e gli afferra un polso. Alibaba dal suo canto tenta di opporre resistenza e piega il braccio, voltando velocemente il viso, completamente rosso. Gli occhi stretti.

-Ti ho fatto una domanda.-

Sussurra avvicinandosi col viso al suo, e notando le guance arrossate, come due ciliegie squisite, da addentare, mature e luminose. Deglutisce allontanandosi col viso ed attendendo una risposta dal biondo che gira appena gli occhi guardando quelli di lui abbastanza a disagio.

-..E tu non ti copri?-

Sussurra appena, tirandosi via il braccio e sbuffando.
Kassim per tutta risposta fa un leggero tiro, mentre lo sente parlare, lasciando uscire il fumo di forza contro il suo volto. Cosa ha ottenuto? Un attacco di tosse da parte di Alibaba. Non fuma? Oh Gesù. Ma con chi ha a che fare? Chi diavolo si è scopato?
Sospirando, quasi stremato, si gira, alzando appena le braccia, e lasciandole cadere, in preda allo sconforto e gli da le spalle, mostrando ora il proprio di lato B.
Alibaba convinto si gira, ritrovandosi però a fissarlo, deglutendo lentamente. Si sta dicendo di smetterla, che non dovrebbe, che reagirà male, ma no, lo fissa. Come una cazzo di calamita.

Kassim si volta un momento.

-Se mi vesto la smetti di..-

Appena si volta, col posacenere in mano lo guarda. Guarda Alibaba avere lo sguardo più in basso di quanto dovrebbe e rimane abbastanza atterrito. Al che, catturato dal misterioso silenzio, il biondo alza lo sguardo spalancando gli occhi e cominciando a torturarsi le dita delle mani, parecchio spaesato.

-Ahn..Non è come sembra-

Kassim ride piano prendendo i pantaloni, ed infilandoli velocemente.

-Certo. Come no.-

Alza gli occhi ridacchiando e guardandolo. Lo sguardo di Alibaba continua ad essere rapito dal corpo dell'altro, ora dal suo viso. Kassim si accorge dello sguardo insistente dell'altro e gli da le spalle, premendosi una mano sulle labbra, nascondendo un ringhio nervoso, eppure il viso rispecchia un tenue rossore. Tossicchia facendo un ennesimo tiro alla sigaretta e comincia a frugare in giro. Avrà una bottiglia da riempire. Ha bisogno di acqua, stupidi postumi. Avrebbe voluto vomitare, ma non era stato così per quella volta. Ora starà peggio con lo stomaco.

-..Ti va di fare colazione?-

All'improvviso esordisce Alibaba, con un sorriso dolcissimo mentre prende la sua camicia e se l'abbottona, prendendo poi i propri boxer elastici, di un tenue gallino, un oro abbastanza spento come colore, con l'elastico nero, e si volta verso di Kassim, dopo avergli dato le spalle ed essersi reso presentabile. Si lascia andare dietro le spalle il lenzuolo.
Kassim dal proprio punto di vista ha avuto un'ottima visuale di quello che il biondo ha da offrire. Ne è abbastanza soddisfatto ma, appena Alibaba si gira, si fa trovare poggiato ad un muro con le braccia conserte, i pantaloni che gli vanno larghi un accidente e mezzo, e il petto nudo, la sigaretta tra le labbra, i dread che cadono morbidi sulle spalle e sulla schiena, lunghi e scuri. Lo osserva come se la cosa non lo prendesse minimamente.
Ma bisogna essere ottimi attori per potersi difendere, almeno Kassim l'aveva sempre pensata così.

-D'accordo.-

Alza le mani arrendendosi ed alzando le mani, come segno delle sue intenzioni. Alibaba di riflesso sorride e si gira piano, con le sue gambe slanciate, prendendo anche i pantaloni, sotto l'occhio attento di Kassim che ne ammira, si ne ammira, ogni movimento, come sia elegante, quasi come studiato in modo logico. Non capisce come possa essere così elegante anche in una situazione del genere.

Appena alza le sopracciglia spegnendo la sigaretta nel posacenere.

 

Spazio dell'autrice

Eccoci giunti al terzo capitolo. Insomma. Niente da dire, non vado matta per descrizioni di quel tipo, preferisco lasciare tutto al caro, tutto alla vostra immaginazione, con un tocco di dolcezza e di sensualità. Ma questo è il capitolo cardine di tutta la storia. Può una sbronza rovinare o migliorare la vita di qualcuno? Chi lo sa.
Un bacio
Fue

 

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