1 - Intuition [401 words]

Byakuya Kuchiki, quella mattina, nel momento in cui si alzò, seppe che sarebbe stata una brutta, bruttissima giornata.
Non riuscì a spiegarsi il perché di tale presentimento; fuori il sole splendeva in un cielo limpido, non aveva missioni incombenti, c'era pace e silenzio tutto intorno alla villa.
Vagamente perplesso, Byakuya continuò nelle sue mansioni quotidiane: si vestì, si recò al quartier generale della Sesta, sbrigò i suoi doveri, compilò le sue scartoffie.
Eppure, anche mentre parlava con Renji, mentre portava un documento a Yamamoto, mentre intingeva il pennello nell'inchiostro, in ogni momento quel presentimento non se ne andava, stava lì acquattato fra i suoi pensieri come una serpe.
Mentre tornava alla villa a fine giornata, Byakuya si diede della sciocco perché tali superstizioni non avrebbero nemmeno dovuto sfiorarlo.
Eppure.

Il sole era appena tramontato quando rientrò in villa.
<< Kuchiki-sama. >> lo salutò un vecchio servitore, con un breve inchino.
Byakuya annuì, e fece per passare oltre.
<< Kuchiki-sama, abbiamo un problema. >>

Finalmente, si ritrovò a pensare Byakuya, che era più che felice di levarsi quell'orribile presentimento che lo seguiva ovunque, salvo poi correggersi, perché a villa Kuchiki non c'erano mai problemi.
<< Di cosa si tratta? >>
<< È... emh... penso... penso che dovrebbe vedere lei stesso, Kuchiki-sama. >>
Byakuya annuì, e seguì il vecchio servitore per i corridoi della villa.
Fino al salone delle cerimonie.

Byakuya Kuchiki pensò che, se non fosse stato Byakuya Kuchiki, avrebbe potuto svenire.
Ma, sfortunatamente, lui era Byakuya Kuchiki, e il massimo che poteva permettersi era sbarrare gli occhi.
Ci fu un lunghissimo attimo di silenzio.

<< Kuchiki-sama noi-... >>
<< Chi è stato? >>
<< Noi.. noi non lo sappiamo però-... >>
<< Però? >>
<< Però questo pomeriggio, quando lei non c'era, è passata di qui la tenente Kusajishi... >>
Byakuya Kuchiki, se non fosse stato Byakuya Kuchiki, sarebbe svenuto di nuovo.

E quel piccolo mostro, quella rovina dell'umanità aveva fatto tutto quello... da sola?!?
Da sola?!?
Non era possibile, ragionò Byakuya, non poteva che esserci qualcun altro, come avrebbe potuto fare... tutto... tutto quello... da sola senza che nessuno la vedesse?

Byakuya Kuchiki, senza la possibilità di svenire (e sarebbe stata la terza volta), considerò che quella era, effettivamente, una brutta, bruttissima giornata.


***


Nello stesso momento, qualche chilometro più in là, all'altezza degli edifici della Undicesima Divisione, Kenpachi quasi si strozzò da ridere quando Yachiru gli raccontò che lei e Ichimaru Gin avevano dipinto tutta la Grande Sala di villa Kuchiki di rosa shoking.

2- Gamble [230 words]

<< Allora? >>
Hitsugaya sospirò.
<< Ce la giochiamo a dadi? >>
<< Ce la giochiamo a dadi. Come al solito. >>
<< Già. >>
<< Pari o dispari, Capitano? >>
<< Dispari. Speriamo che almeno stavolta mi porti fortuna. >>
<< Al solito, chi vince se ne va con uno dei due idioti, e chi perde mette a posto e se ne va con l'altro dei due idioti. >>
Hitsugaya si massaggiò le tempie, e prevedette il principio di una terribile emicrania.
<< Va bene. Dammi il dado, Ise, tiro io. >>
Ise Nanao estrasse dalla tasca del suo haori un dado, e glielo passò senza una parola.
Hitsugaya lo prese e lo tirò sul tavolo che aveva davanti.
Il dado rotolò di fianco a una delle bottiglie di sakè vuote, e cozzò contro l'ultima ancora piena.
Poi si fermò.

Quattro.

Toushiro Hitsugaya fece un respiro profondo.
<< Mi dispiace, Capitano. Questo non deve essere il suo periodo fortunato. >>, commentò gentilmente Ise Nanao, mentre si caricava a fatica Kyoraku Shunsui sulle spalle.
Toushiro guardò il tavolo pieno di bottiglie, le sedie rovesciate, e Matsumoto mezza sdraiata sul tavolo.
<< No, >> sospirò Hitsugaya << decisamente no. >>
<< Neeeee, Toushiro-kun, se vuoi ti spiego come si mette a letto una don- Ahia! Nanao-chan, mi hai fatto male! >>
<< Ringrazi che non la lascio qui, Capitano. >>
<< Nanao-chan, luce dei miei occhi, la notte è ancora giovane e..- Ahia! >>
<< Basta così. Buonanotte, Capitano Hitsugaya. >>
Toushiro ricambiò il saluto con un cenno, e guardò i due sparire con un veloce shunpo.

***

Più tardi Hitsugaya si caricò Matsumoto, addormentata, sulle spalle e si preparò ad andare verso la Decima.
Durante il tragitto le lanciò innumerevoli maledizioni, eppure, sentendo il suo respiro caldo sfiorargli il collo e un vago mormorio che pareva quasi un “grazie, Capitano”, decise che forse, forse ne valeva la pena.

3 - Countdown

La solita rampa di scale [esattamente diciotto gradini], il solito corridoio [esattamente undici passi], e la solita porta in fondo a sinistra [la carta di riso appena ingiallita in alto sulla destra], socchiusa, da cui esce una sottile lama di luce che si proietta nel corridoio in penombra.
Unohana apre la porta, chiedendosi quante volta ancora lo potrà fare.
Ukitake, sdraiato sul letto con la schiena sostenuta da un paio di cuscini, le sorride.
<< Ciao... ti aspettavo più tardi. >>
Unohana cerca di ricambiare il sorriso. << Alla Quarta ho finito prima del previsto... Come stai? >>
Quasi immediatamente, quando vede il sorriso di Ukitake vacillare, Retsu desidera rimangiarsi quelle ultima due parole.
Non le è forse bastato il sorriso malinconico di Shunsui [una volta, una volta non c'era, quella malinconia, non c'era] quando, quel pomeriggio, lo aveva incontrato? Non le è bastato lo sguardo di Kaien Shiba quando era passato dalla sua divisione per alcuni documenti?
[<< Unohana-taicho, lei davvero, davvero lei non può... fare nulla? >>]
<< Sto bene. >> risponde tuttavia Jyuushiro con la sua nuova voce, quella appena raschiante e stentata che lei, oramai, è abituata a sentire.
[Bugiardo]
<< Ti ho portato questo. >> aggiunge poi Unohana, estraendo da una piccola sacca appesa alla sua cintura una bottiglietta piena di un liquido verdastro.
<< Cos'è? >>
<< Antidolorifico. >>
[Non posso fare altro]
<< Ah, va bene. Grazie. >>
Lui prende la bottiglietta, e le sue mani mani gelide sfiorano appena quelle di Retsu. Poi stappa e beve in un unico sorso.
Chiude gli occhi, e si abbandona del tutto sui cuscini.
<< Sono stanco. >>
Unohana gli si siede di fianco sul letto.
<< Riposa. >> sussurra, e gli sfiora la fronte con le labbra in un bacio leggero.
Jyushiro soffoca un colpo di tosse e, quasi inconsciamente, lei gli afferra una mano fredda, cercando di trasmettere un po' di calore alla sua forma magra.
Ukitake intreccia le dita di lei alle proprie, socchiude gli occhi lucidi e mormora << Quanto ci resta? >>
Lei non fa in tempo ad aprire bocca [tanto, non avrebbe comunque saputo cosa dire] che lui li richiude e si addormenta, sfinito dalla malattia.
<< Troppo poco. >> sussurra lei, al vuoto.
Non prova nemmeno a slegare la sua mano da quella di Ukitake, e gli si sdraia accanto.
Ad ogni modo, aveva già avvertito Isane che quella notte non sarebbe tornata.
Il tempo passa, crudele, scandito dal respiro di Jyuushiro.

4 – Love's always love

<< Mango. >>
<< ... Mh? >>
<< Ho detto: mango. >>
<< ... Eh? >>
<< Ti sei rincretinito, Ichigo? >>
<< ...Rukia? ... È presto, fuori è ancora buio... cosa c'è? >>
<< Sono le quattro del mattino, per la precisione. E, ho detto: mango. >>
<< Quattro... Quattro del mattino?!? E tu cosa diamine vuoi alle quattro del mattino?!? >>
<< Ma allora ti sei rincretinito sul serio! È la quarta volta che ti dico che voglio del mango! >>
<< Vuoi... del mango? >>
<< Oh, finalmente. Con della nutella, magari. >>
<< Fammi capire; tu vuoi del mango, con della nutella, alle quattro del mattino. >>
<< Vedi? Non ci voleva tanto. >>
<< ... Mi prendi in giro? >>
<< Ichigo-... >>
<< Cioè, mi svegli alle quattro del mattino, mi dai del rincoglionito e vuoi del mango con la nutella?! >>
<< Ichigo-... >>
<< Ma non ci pensare nemmeno! Ma ti pare che io debba- >>
<< ICHIGO! Ricordami un po', ricordami un po' di chi è la colpa di questa pancia enorme che mi fa sembrare grassa come una balena, ricordami a chi devo questo spasso di avere voglia di mangiare a tutte le ore del giorno e della notte, ricordami un po' di chi è la colpa?!? >>
<< R-Rukia io-... >>
<< Tua e di tuo figlio! Che, per inciso, quando nasce farà meglio ad assomigliare a me o a Byakuya nii-sama, perché se assomiglia a te...! Quindi ora fila o... >>
Prima che finisse la frase, Ichigo era già fuori dalla porta.

***

Un'ora dopo.
<< Beh, ce ne hai messo, di tempo. >>
<< Il supermarket aperto ventiquattr'ore su ventiquattro più vicino è dall'altra parte della città, sai. >>
<< Mpfhbuomfho. >>
<< Eh? Non te l'ha mai insegnato Byakuya che no si parla con la bocca piena? >>
L'occhiata che gli venne lanciata lo zittì all'istante.
<< Ho detto che è buono. >>
<< Ci mancava solo che non lo fosse. >>
<< Beh, io torno a dormire, grazie mille. Buonanotte. >>
Bacio leggero che sapeva di nutella e mango.
<< E io secondo te riesco a riaddormentarmi? >>
<< Ah, se non lo sai tu. >>
<< Stronza. >>
<< Anche io ti amo. 'Notte 'notte, Ichigo. >>

E Rukia rientrò all'istante nel mondo dei sogni.
Ovviamente, Ichigo non riuscì a riaddormentarsi.
<< Prima o poi me la paga... >>
<< Guarda che ti sento. >>
Stronza.
<< ... Oh. >>

5- Catch Me, If You Can!

La prima volta è colpa di una delle solite, insopportabili, provocazioni di Yoruichi.
Lui non è più un ragazzino da un bel pezzo, e crede di essere ormai immune a tali idiozie, ma, a quanto pare, ci vuole un po' di più che qualche anno per essere immuni a quella gatta malefica.
E quindi la sta inseguendo attraverso i tetti della Seireitei, ad ogni passo uno shuunpo sempre più veloce, e cerca di afferrare quella veste nera che scivola sempre appena qualche centimetro fuori dalla sua presa.
<< Prendimi, se ci riesci! >>
Byakuya è davvero, davvero arrabbiato.
I muri e i tetti si fondono in un'unica sfumatura grigiastra, e l'unica cosa che Byakuya vede è solo quella maledetta veste nera, a pochi millimetri, e l'unica cosa che riesce a sentire è la risata cristallina di quella insopportabile gatta che sembra sempre così vicina, così vicina e allora perché, perché diamine non riesce a prenderla?

Poi finalmente le sue dita artigliano la stoffa concreta, e nello slancio la sbatte praticamente contro il muro e, diamine, ma quando ci sono entrati nella Seconda Divisione?
Da quando lei sta giocando in casa? E lui era davvero così fuori di sé da non accorgersi che erano entrati nella Seconda, era così concentrato nella sua caccia [lei] da non riuscire a-
Poi lei inverte le posizioni, e improvvisamente è lui quello contro il muro e Yoruichi, mentre spinge le labbra contro le sue e i suoi occhi dorati brillano, sorride.
Come un gatto che ha finalmente catturato la sua preda.
Ed è in quel momento che Byakuya capisce che lei si è lasciata prendere, ed è ancora più furioso.
La prende per le spalle, inverte di nuovo le posizioni e trasforma il loro bacio in una specie di lotta, che si risolve in un mucchio di vestiti sparsi nell'ufficio di lei e dei terribili graffi sulla schiena di lui.

A quella prima volta ne seguono altre.
Del resto, pensa Byakuya, sembra che chiuderle la bocca con la propria sia l'unica maniera per zittirla.
Ogni tanto succede per noia, come quella volta che Yoruichi l'ha preso da parte per discutere delle questioni private delle rispettive famiglie durante un incontro ufficiale (e, in quel particolare momento, quando l'aveva vista arrivare con quel particolare luccichio negli occhi durante una noiosissima discussione con gli anziani, avrebbe quasi potuto ringraziarla. Quasi. Era pur sempre Yoruichi.), e ogni tanto succede per sbaglio (preferisce non chiedersi cosa lo spinga, in quelle volte, ad avvicinarla).

E poi, lei se ne va.
È proprio il tipo da fare una cosa del genere, pensa Byakuya.
Fissa per un attimo, uno solo, il suo posto vuoto all'incontro dei Capitani che sancisce l'esilio di Urahara Kisuke e la scomparsa di Shihouin Yoruichi.
Si chiede cosa sia quella specie di nodo allo stomaco che sente.
Ma preferisce non rispondersi.

6- Fading-out Light

Nel'Hueco Mundo era sempre notte.
A Ishida non dava particolarmente fastidio, anzi, trovava la cosa in un qualche modo calmante.
Però capiva che vivere eternamente nell'oscurità dell'Hueco Mundo poteva essere davvero stancante. Era un'oscurità opprimente, quella, un'oscurità fredda che divorava, e pareva essere viva, pulsante.
E persino la luna, lì, sembrava una falce incombente, più che una portatrice di luce.
Quindi, nonostante la rabbia, nonostante la paura, Ishida capiva.
Capiva perché Aizen aveva rapito Orihime.
Del resto, in un posto così buio, ognuno avrebbe voluto portare il sole.
E, quindi, tutto sommato, lo capiva.
Però non poteva comunque permetterlo.
Dopotutto, Orihime era il suo sole.

Quindi, quando sentì quelle parole uscire dalla bocca dell'Espada, quel mettiamo fine a tutto questo, Ishida desiderò uscire di lì, uscire immediatamente, correre attraverso la notte e, finalmente, finalmente, rivedere il sole in quella notte eterna.
Rivedere Orihime, sentire il calore del suo respiro e della sua sola presenza, anche per una sola, unica volta prima di morire.

Poi, arrivò Mayuri Kurutsuchi.
Ma Ishida non vide lo shinigami entrare nella stanza. Vide la speranza.
La speranza di rivedere il sole.
E riportarla a casa -con lui.

7- Everyone Is Waiting For The Light

C'è qualcosa che non va, lì nella Soul Society.
Gin, che a quel tempo è poco più che un bambino, non capisce cos'è, ma sa che c'è.
Lo vede nell'aria bollente del Rukongai che gli fa danzare il terreno davanti agli occhi, lo sente nel dolore allo stomaco che lo prende come una morsa e che sembra un marchio che dice che lui è diverso da tuto il resto della gente, lui è diverso.
Gin, nel Rukongai, sorride, e il suo sorriso è gentile perché così la gente si fida di lui e, ogni tanto, gli dà da mangiare.
Però, mentre giace all'ombra di un albero avvizzito e guarda la desolazione, Gin pensa che così non va.
Non può essere quella, la vita.
Ci deve essere qualcosa in più.

Gin ogni tanto combatte con degli altri ragazzi per del cibo, e capisce che è più forte di loro.
Gli sembra che il rosso del sangue sia il colore più vivo, in quella desolazione, e inizia a capire che, forse, per lui c'è qualcosa in più.
E allora pensa alla sua situazione come un momento di stasi, e inizia a chiedersi in che direzione andare, quando quella stasi sarà finita.

Poi, incontra lei.
Le si avvicina per pura curiosità, ma una volta davanti a lei, Gin sente come una folgorazione.
Forse, pensa, forse c'è qualcosa in più anche per lei.
E allora si china, e le porge la mano. Le porge la salvezza sul palmo della sua mano.

Qualcosa in più, pensa ancora Gin, e ogni tanto gli pare vederlo negli occhi di Rangiku quando al buio lui gli racconta una favola perché piove e lei ha paura, e il sorriso di lei brilla come il sole anche se fuori c'è solo tempesta.

Alla Accademia Gin impara che un mondo che vive di paura teme specialmente la paura stessa, e quindi allarga un po' il suo sorriso e scopre che così può vincere un combatimento solo con poche parole.
[E quella scintilla negli occhi della gente, e quelle preghiere delle anime che se ne devono andare e i versi degli Hollow quando taglia le loro maschere... Da quando la loro paura è diventata così divertente? Da quando è come musica alle sue orecchie?]

Più tardi, scopre quanto è difficile togliere quel sorriso dal suo volto.
Troppo, pensa, e quindi, lo lascia lì.
Del resto, finchè Rangiku non ci fa caso, va tutto bene.

La Seireitei non è poi così diversa dal Rukongai.
Il rosso continua ad essere il colore più vivo, e, Gin non saprebbe dire quando, diventa anche il più bello.
È l'ennesima conferma che ci deve essere qualcosa in più, ma che lui non sa ancora in che direzione andare per arrivarci.

Quando Aizen finalmente gli espone quello che sta preparando, Gin sente come se qualcosa fosse andato a posto, come l'ultimo pezzo di un puzzle.
Perché Aizen cerca esattamente quel qualcosa in più, e ha trovato il modo perfetto per muoversi in entrambe le direzioni per arrivarci.
Salire fino al cielo, e, al contempo, sprofondare nell'oscurità.
Gin allarga ancora il suo sorriso e dice che sì, lo seguirà, sì, è pronto, sì, non c'è niente che lo trattenga, lì.

Quando il momento arriva, e lei lo lascia, Gin non riesce a voltarsi.
Non subito.
Poi gli viene una folgorazione, esattamente come quella volta che l'ha salvata da morte certa.
Quel qualcosa, quel qualcosa in più, per Rangiku, è sempre stato lui.
E Gin sa di essersene andato già da molto tempo.
[Da quando il sangue e la paura sono del colore del cielo che lo aspetta]

Quindi si gira, e la guarda, e non sorride più.
Perché, davvero, gli dispiace.
<< Non mi sarebbe dispiaciuto rimanere tuo prigioniero ancora per un po'. Addio, Rangiku. >> dice, e improvvisamente si ricorda di quando lui guardava i suoi occhi, e ci vedeva dentro qualcosa in più.
<< Mi dispiace. >>

9- Doppelganger

La segue.
In ogni stanza, in ogni corridoio, è come un velo morbido e soffocante.
Il profumo dei ciliegi.
Rukia non può fare a meno di odiarlo.
Perché Byakuya la guarda ma non è lei che vede.
Lei ha visto Hisana, ha visto la sua immagine una volta, una volta sola, ma sa che Byakuya quando guarda lei con i suoi occhi gelidi, gelidi, dio, vede lineamenti più morbidi e sorrisi più dolci, vede luce e viali di ciliegi in fiore e stanze di morte malinconica e lenta.
Rukia ha visto l'immagine di Hisana una sola volta, ma è bastata per poi vederla sempre tutte le volte che si guarda allo specchio.

Rukia, vicino a Byakuya, tiene sempre la testa bassa.
A Byakuya ricorda terribilmente Hisana, e quindi ogni tanto gli sembra di averla ancora accanto, ed è riconoscente a Rukia per quella finta umiltà che, in realtà, nel volto di sua sorella è rassegnazione.
Ma, allo stesso tempo, quando vede la sua testa bassa, il profilo del suo collo bianco e i suoi occhi appena appannati, la odia.
Perché non è il mento di Hisana che si immagina di alzare, e non sono le labbra di Hisana che si immagina di baciare.

<< N-Nii-sama? C-Cosa-...? >>
Byakuya sente il suo respiro sulle labbra. Vorrebbe dirle di non chiamarlo così, non chiamarlo mai più così, ma non lo fa, perché quello è l'unico nome che solo lei gli può dare, ed è l'unico che sia solo suo.
È terribilmente sbagliato e lo sanno entrambi, eppure, quando Byakuya poggia le sue labbra su quelle di Rukia, [Rukia che è Rukia e non Hisana, e lui lo sa perfettamente] sembra che qualcosa sia, finalmente, andato al suo posto.

10- Silent Wish

<< Ci credi, tu? >>
<< In che cosa? >>
<< Nelle stelle cadenti. >>
<< Ma da dove di saltano fuori queste domande, razza di deficiente? >>
<< Hey, hey, stai calma, scusa tanto se volevo instaurare una conversazione semiseria con te! >>
<< Tu? Come se tu ne fossi capace, di essere serio. Idiota. E poi, scusa, perché proprio le stelle cadenti? >>
<< Così, tanto per. Non c'è molto altro da guardare, qui sul tetto, no? >>
<< Ma sono una cosa stupida. >>
<< Stupida? Sarai tu, stupida. >>
<< Crepa, Shinji. >>
<< Sei in vena di gentilezze? >>
<< No, era il mio desiderio. Ho visto una stella cadente. >>
<< Ah, ma allora ci credi! >>
<< ... >>
<< Ah! Lo sapevo che, in fondo in fondo, la piccola scimmia è una romantic- Ahia! >>
<< Cretino. >>
<< Io non- ah, guarda, un'altra! >>
<< Dove? >>
<< Vedi, vedi che la volevi vedere anche tu! >>
<< Non ti sopporto, Shinji. >>
<< Reciproco, reciproco, Hyori. >>
<< ... Comunque... hai espresso un desiderio? >>
<< Vedi, ti interessa! >>
<< E smettila, imbecille! Ne stiamo parlando, è logico che io- >>
<< Sì, comunque. Il desiderio, intendo. L'ho espresso. >>
<< E che- >>
<< Non te lo dico. >>
<< Hey! >>
<< Se li dici a qualcun altro, non si avverano. Come il tuo di prima, “crepa Shinji”; non si avvererà mai, per quanto ti possa dispiacere... me l'hai detto! >>
<< ... Lo so, cosa credi. >>
<< ... Lo sai e allora perchè-... Ah. Beh. >>
<< ... >>
<< ... >>
<< Comunque, era un bel desiderio, il mio. Quello che ho espresso dopo il “crepa Shinji”, intendo. >>
<< Anche il mio. >>
<< ... >>
<< ... >>
<< ...E smettila di fissarmi come una carpa! >>
<< Come una... Hey! Ma se ho appena scoperto che in realtà sei una roman- Ahia! Una vera romantic- AHIA! >>
<< DEFICIENTE! >>

[ Se serve a qualcosa, questa idiozia dei desideri e delle stelle cadenti... se serve vorrei solo... solo che... Ah, che cretinata! Però... Solo... poter stare qui. Ancora un po', ancora... solo un po', così, insiem- cioè, insomma, così. Per favore. ]
[ Eh, lo so bene, io, cosa mi servirebbe. Non chiedo mica molto. Semplicemente, sarebbe carino avere un po' di coraggio per baciarla, una di queste volte. ]

11- Sick Lullabies

Matsumoto passava le prime ore della mattina in ufficio a dormire sul divano. Hitsugaya, oramai, ci aveva fatto l'abitudine.
Del resto, era molto più facile firmare i suoi documenti quando Matsumoto era addormentata, e quindi zitta, che quando era sveglia e cercava di instaurare improbabili conversazioni con lui. (<< Taicho, di che segno è? >>)
Ogni tanto, Toushiro si sorprendeva a guardarla dormire, e allora scuoteva la testa, e tornava alle sue scartoffie.
C'era stato un tempo, in cui a svegliarla erano le visite occasionali e molto poco gradite del Capitano della Terza Divisione.
E Hitsugaya non sapeva dire se era stata peggio la presenza fisica opprimente dell'uomo nella stanza in passato, o se lo era in quel momento il suo nome, ancora più pesante, ancora più terribilmente soffocante, che scivolava fra le labbra di Matsumoto nel sonno.
<< Gin... >>
Hitsugaya serrò la mascella e strinse il pennello con cui stava scrivendo tanto forte che non si sarebbe stupito di sentirlo rompersi sotto le sue dita.
Non avrebbe dovuto prendersela così. Non avrebbe dovuto guardarla così spesso e odiare tanto quel nome. Non avrebbe dovuto sentire lo stomaco rivolarsi ad ogni sua menzione, né desiderare che fosse il suo, di nome, a...-
Toushiro si interruppe.
Non avrebbe dovuto.
E allora perché...-
<< ...Mh? Taicho...? >>
[E allora perché...-]
<< Ben svegliata, Matsumoto, all''alba delle undici di mattina. >> borbottò lui, riscuotendosi.
<< Oh! Siamo in ufficio. >>
<< Ma non mi dire. >>
Matsumoto sorrise innocentemente. Poi alzò improvvisamente gli occhi su di lui, con un'espressione che Hitsugaya avrebbe definito di vago timore.
<< Taicho, io parlo nel sonno? >>
[<< Gin...>>]
Hitsugaya strinse i denti.
[E allora perché...-]
<< ...No, Matsumoto. >>

12 – Requiem For The Freedom We Never Had

Matsumoto camminava lentamente sulle tegole rosso scuro, saltando occasionalmente da tetto a tetto quando il cambio di Divisione lo richiedeva.
C'erano le stelle [lui non c'era] e la luna [lui non c'era] e un vento fresco e calmo [lui non c'era], e una bottiglia tiepida mezza piena nel palmo della sua mano.
Lui non c'era.
[Come sempre.]
<< Razza di stronzo... >>
<< Non è cortese insultare le persone prima di salutarle propriamente. E senza nemmeno che siano al corrente della causa di tali ostilità. >>
Matsumoto battè ciglio. Era così ubriaca da immaginarsi addirittura delle voci? Così gelide, per di più?
Poi abbassò appena lo sguardo e vide che la voce aveva una sciarpa azzurra, uno haori bianco e due occhi che sembravano affondare nel cielo della notte.
Ecco, pensò Matumoto, fantastico.
<< Kuchiki-taicho! Io non l'avevo... non intendevo... cioè, stavo parlando fra me e me, non certo a lei. >>
Byakuya -la voce con un nome, ora- annuì e distolse lo sguardo da lei, guardando i contorni della Seireitei illuminati dalle lampade notturne.
Lei stette un po' lì in piedi a fissarlo, senza la minima idea di che cosa dire.
<< C'è qualche problema, Luogotenente Matsumoto? >>
<< N... No, affatto. >>
Byakuya si voltò di nuovo. Lei non si mosse.
<< ... >>
<< Luogotenente Matsumoto, c'è qualche problema? >>
<< Assolutamente no, Capitano. Solo... cosa ci fa lei qui? >>
Il problema c'era, in realtà, ed era che quel tetto era il suo tetto, e Rangiku aveva preso da un po' l'abitudine di recarsi lì con una bottiglia di sakè, da sola, esattamente come aveva fatto quella sera.
<< Passeggiavo, e mi sono fermato qui. >> rispose Byakuya, impassibile.
<< E ci viene spesso, qui? >>
Byakuya inarcò un sopracciglio, ma rispose: << Ogni tanto. Non c'è rumore. Di notte non c'è nessuno, qui alla Terza Divisione. >>
Rangiku sentì quasi il tonfo del suo cuore precipitare nello stomaco. Curioso come lei si recasse in quello stesso luogo praticamente un giorno sì e un giorno no e cercasse in tutti i modi di dimenticarsi dove fosse e il perché fosse venuta lì - la bottiglia aveva uno scopo preciso-, e lui glielo ricordasse così, come se fosse una cosa da niente, come se... come se...
<< Già. >>
Beh, per lui lo era, una cosa da niente.
Per lei avrebbe dovuto esserlo.
Rangiku sospirò e sentì gli occhi bruciarle di lacrime asciutte.
Gli occhi di Byakuya non lasciavano il cielo e il cielo, pensò lei in quel momento, non sembrava voler lasciare loro.
Avrebbe voluto urlargli di andarsene, di lasciarla sola, di sparire, ma c'era qualcosa nei suoi occhi, solo qualcosa, e poi lei aveva già visto troppe volte la gente [lui, lui, lui, sempre lui, solo lui] allontanarsi, e quindi, guardando quella porzione di tetto appena di fianco a lui evitando di incrociare il suo sguardo, chiese:
<< Posso? >>
Byakuya, semplicemente, annuì.
Matsumoto si sedette di fianco a lui e sentì il calore del suo corpo attraverso la spalla e il braccio che sfioravano quelli di lui.
Rangiku guardò un po' il cielo, e un po' i suoi occhi. Poi, quando lui si stava appunto per girare a probabilmente chiedere di nuovo se c'era qualcosa che non andasse, Matsumoto gli troncò ogni domanda sul nascere piazzandogli sotto il naso la sua bottiglia di sakè.
Tanto per cortesia.
Byakuya guardò per un po' la bottiglia come se fosse una qualche specie di animale raro.
Poi la prese dalle mani di Rangiku, se la accostò alle labbra, e bevve.
Rangiku Matsumoto non aveva mai visto in vita sua Byakuya Kuchiki bere dell'alcol.
Poi Byakuya allontanò la bottiglia dalle labbra, come se in quel momento si vergognasse di averla in mano e la restituì a Matsumoto, che bevve a sua volta e poi la sporse di nuovo verso di lui.
Nessuno dei due avrebbe esattamente saputo dire come, ma ad un certo punto entrambi guardarono la bottiglia vuota rotolare giù dal tetto per bloccandosi, prima di cadere, sulla grondaia.
<< Non l'avevo mai vista bere così, sa, Capitano? >>
Gli occhi di Byakuya si assottigliarono appena, ma lui non disse niente.
<< Bere rende liberi. >> proclamò invece Matsumoto, ridendo, e nello stesso momento le venne la nausea per la bugia che gli aveva appena detto, e che lui sicuramente non si meritava. Chi lo sapeva meglio di lei? Perché per lei, nonostante il nero della notte, il cielo era sempre argentato.
E quindi guardò Byakuya, e probabilmente si sarebbe scusata, se non avesse visto un disperato desiderio di crederci, di crederci, negli occhi del Capitano.
<< Non c'è libertà. >> disse allora lui, la sua voce la più gelida che lei avesse mai sentito.
E Rangiku guardò il cielo, le poche stelle quasi affogate nel nero.
E, in un indefinito, infinito attimo sentì un vuoto incolmabile e seppe che era ciò che Byakuya si era lasciato dietro, e sentì un inspiegabile desiderio di colmarlo, e capì che forse era quella, la libertà.
A quanto pare, pensò Matsumoto sentendo gli occhi stranamente asciutti, -fu il suo ultimo pensiero prima di chiudere gli occhi e affondare nl buio-, Kuchiki-taicho ha ragione, come sempre.


***

La mattina dopo Matsumoto si svegliò con un mal di testa tremendo.
Non che non se lo aspettasse, ovvio.
Quello che non si aspettava fu il profumo che la avvolse quando si rese conto che era avvolta in una coperta, vestita, sdraiata sul suo letto in casa sua.
Poi si ricordò degli occhi del colore del cielo di notte e riconobbe il profumo.
Si alzò, piegò la coperta, e camminò con calma fino alla Sesta per restituirla al suo proprietario.
Incontrò Renji che stava giusto uscendo dal suo ufficio, e gli chiese del Capitano.
<< Oh, beh, >> fece Renji, guardando in basso << Il Capitano non c'è mai, in questo giorno dell'anno. >>
E Matsumoto lo seppe, prima che uscisse dalle labbra di Renji, semplicemente, qualcosa dentro di lei si strinse in una morsa, e lei seppe.
<< Sai, Matsumoto-san, oggi è l'anniversario della morte di Hisana Kuchiki. >>

13 – By Blood Undone

Il sangue non si cancella né si riesce a grattar via dalle sue vesti color di luna, nemmeno in un milione di notti, lei lo sa bene.
Ogni volta deve bruciarle e poi sta lì, guarda la cenere grigia volare via con il vento della notte [sempre, sempre notte] e guarda la luna, quella vera [quanto di più vero ci sia in quel mondo di incubi e alberi morti], bianca e fredda lassù e la vede rossa, rossa di sangue, e si chiede dov'è il bianco, dove? e mentre la testa le fa male e sente il petto pesante, si sente quasi soffocare nelle sue candide vesti nuove, mentre la cenere vortica piano e la luna rimane rossa.
Come lo è lei ora, del resto.
E quella notte come tutte le altre lui morde e sorride come un lupo, i suoi denti sono affilati contro la sua gola e le sue labbra.
Lei lo odia e si odia mentre con le unghie graffia la sua schiena e vede solo rosso, e sa che lo vedrà per sempre finchè c'è lui perché lui è i rosso, è il sangue, dal sangue è nato, e per il sangue vive e morirà.
[Vive e morirà morirà morirà morirà]
E Neliel quella sera guarda la luna.
<< Di che colore è? >>
Nnoitra non apre nemmeno gli occhi, ma lei lo sente stringere i denti contro la sua spalla.
<< Di che colore la vedi, Nnoitra, la luna? >>
Per un attimo, Nnoitra si chiede che espressione avrebbe avuto lei se lui gli avesse risposto che la vedeva bianca, bianca come era Neliel stessa, bianca come lui la vedeva, l'unica luce che c'era lì nell'Hueco Mundo.
E si chiede se quell'espressione avrebbe potuto metterlo in ginocchio, fargli appoggiare la testa sul suo grembo, e pregare, pregare davvero, per l'unica volta nella sua vita, pregare davvero.
Nnoitra, improvvisamente, ha paura. Poi si rilassa, sorride, si passa la lingua sui denti.
<< Rossa. >>
Neliel non riesce a guardarlo in faccia e Nnoitra sa che lei si sta punendo per aver provato a credere.
E continua ad avere paura, paura da impazzire, e continua a sorridere.
Neliel si addormenta immobile.
Nnoitra la guarda un altro po'. Poi, piano, sorride di quel suo sorriso ferino
[Tu non potrai mai bastarmi.]
E ha paura e si rifiuta di odiarsi per la menzogna che ha appena pensato.

Il giorno dopo Nnoitra prega.
Lei dorme ancora quando la sua maschera si spezza con un rumore sordo e secco.
Lui pensa, solo, che l'ultima cosa che vorrebbe vedere prima di morire, è lei.
Nnoitra guarda la luna e si sforza di vederla rossa.

[Vive e morirà morirà morirà morirà]

14- Blindfolds And Flowers

La stanza è fresca e luminosa, la luce aranciata del sole del tramonto allunga dolcemente le ombre dei mobili chiari.
Kira, chissà per che motivo, si era immaginato la stanza più scura, con finestre più piccole e luce più tagliente. Ma infondo doveva aspettarselo, di essersi sbagliato. Momo non lo era mai stata, tagliente, né tanto meno scura.
Kira si richiude la porta alle spalle, cercando di fare il meno rumore possibile, e muove qualche passo incerto nella stanza.
Nota dei fiori bianchi che non riconosce, e immagina che siano da parte del Capitano Hitsugaya, sul comodino di fianco a quelli che lui stesso le aveva mandato quella mattina, e si sente un idiota, senza capirne bene il motivo.
Forse perché il piccolo vaso del Capitano, elegante, semplice, di un morbido azzurro pallido, sembra appartenere a quella stanza esattamente come la figura di Momo sdraiata sul letto, e nasconde quasi il mazzo di margherite che Izuru aveva raccolto una per una, stando attento a non prendere quelle con i petali rovinati, ai margini dei sentieri del Rukongai pensando che, magari, le avrebbero ricordato casa.
Si chiede cosa cosa ci facesse lì.
Non trova una risposta.
<< ... Kira-kun? >>
<< Momo, sei sveglia. >>
Sorriso troppo morbido. << Sì... >>
<< E... come stai? >>
<< Bene, Kira-kun. Bene, ora. >>
Momo si guarda brevemente intorno, come a cercare prova di quello che sta dicendo.
O per non guardare me, pensa Kira.
Poi lo sguardo di Hinamori si punta di nuovo su di lui e Kira si accorge che, anche in quei pochi secondi, gli è mancato.
<< È stato lui, vero, Kira-kun? >>
Kira deglutisce. << Lui chi, Momo? >>
[E adesso? E adesso?]
Momo inclina appena la testa, come se fosse ovvio. << Ma Ichimaru, no? >>
Izuru guarda in basso e non risponde, ma Hinamori, comunque, non lo vede. Sta guardando il muro, e si torce le mani, e continua a parlare e a sussurrare e le parole che escono dalla sua bocca sono come un fiume e Kira sente che sta annegando, piano, sente quasi l'acqua che gli entra nei polmoni e le risponde così, con le parole che lei stessa usa, perché in sé stesso non riesce a trovarne altre.
Non le cerca perché ha paura di accorgersi he non ce ne sono.
<< Ichimaru-taicho, lui... >>
<< È stato lui, io l'ho sempre saputo, che era stato lui, che lui era cattivo, ecco, cattivo, doveva essere lui. >>
Izuru prova a parlare e non ci riesce.
<< Aizen-taicho era un uomo buono, Kira-kun, te lo ricordi, Aizen-taicho? Te lo ricordi, quella sera, il suo sorriso, quando stavamo per morire tutti ai campi di allenamento? Te lo ricordi? >>
Kira si ricorda il sorriso di Aizen-taicho, come potrebbe dimenticarselo? Ma quello che si ricorda meglio è il sangue sul viso di Shuuhei mentre urlava di scappare, di correre, e si ricorda la voce rotta di Renji che non voleva morire e cercava di rimanere forte, e si ricorda la luce, il lampo di luce accecante di Shinso nella notte come una splendida stella cometa.
Si ricorda tracce di occhi rossi e poi gli occhi di Momo, che su di lui non si sarebbero posati più.
Sì, si ricorda il sorriso di Aizen-taicho.
Vorrebbe dimenticarlo.
[Vorrebbe che Momo lo dimenticasse.]
Kira esce mentre Momo parla ancora, ma lei non se ne accorge.