This world it needs a cleansing removing all the filth

di STOP IT
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First Day ***
Capitolo 2: *** Alone ***
Capitolo 3: *** Schopenhauer ***



Capitolo 1
*** First Day ***


Saaalve non comparirò molto sopra i capitolo perchè non voglio rompervi ee Come primo capitolo è un po cortino scusate ma domani ho un esame*trema* i prossimi saranno più lunghi parola di lupetto :3 Comunque è una prova di una coppia che mi piace da impazzire e spero di non far svenire Auro (ciao cucciola) . Ci sono alcune citazioni famose che mi piacevano e ci saranno per tutta la storia C:  Buona lettura ,se recensite vincete dei .... tanta ammirazione (?) hahah adieu

Nuova città, nuova casa, nuova scuola, nuova gente. Fantastico. Cosa poteva esserci di peggio ?

-“Anthony, oggi ti accompagnerò io a scuola, così potrò augurarti buona fortuna prima di varcare il cancello.”-

Ecco cosa poteva esserci di peggio: Brandon. Il nuovo compagno di mia madre. Uno psicologo di fama mondiale che aveva pubblicato non so quanti libracci sul fottuto cervello umano. Io odiavo gli strizzacervelli. Aveva un’aria altezzosa, portava sempre la stessa giacca e la stessa cravatta e per questo avevo due ipotesi: Non si lavava i vestiti, dunque era un barbone, dunque non dovevamo vivere sotto lo stesso tetto; oppure aveva tutti i vestiti uguali come Mr.Bean, dunque era un malato, dunque non potevamo vivere sotto lo stesso tetto. Non mi sarebbe dispiaciuta nessuna delle due.

-“Ei ometto!”-

La vidi fare capolino nella mia stanza mentre mi infilavo la felpa, bella come sempre. I capelli neri che le ricadevano sulle spalle, gli occhi color miele e quel sorriso, che non era più quello di prima, ma rimaneva sul suo volto imperterrito. Anche se odiavo quel soprannome da quando avevo 5 anni, non gliel’avrei mai detto.

-“Sei agitato per il primo giorno nella nuova scuola?”-

-“No mamma, tutto apposto “-

-“mmh, e fammi un sorriso.”-

-“Mamma, faccio tardi.”-

-“Dai, dai, dai!”-

Iniziò a farmi il solletico fino a farmi cadere sul letto. Ridemmo tanto, fino alle lacrime.

-“Quando avete finito di ostentare questi comportamenti puerili, io sono in macchina”-

Mia madre si rabbuiò di nuovo e subito si rialzò in piedi sistemandosi i capelli con una mano.

-“Mamma…”-

-“Va tutto bene, sai che è un po’ acido a volte. Poi gli passa”-

La fissai per un tempo indeterminato.

-“.. Hai gli occhi di chi vorrebbe scoppiare a piangere o correre via in lacrime, e odio non poter far altro che guardarli.”-

Sobbalzò nel sentirmi pronunciare quelle parole. Mi abbracciò ed io respirai l’odore di muschio bianco che aveva addosso. Uscì dalla stanza quasi correndo non facendo altre che confermare le mie mille ipotesi. Era triste , non era più lei, non era più quella giovane ragazza madre che da sola aveva cresciuto un figlio, donandogli tutto l’amore possibile, insegnandogli il bene ed il male, mostrando solo bene, la stessa che tornata da lavoro esausta, si metteva nel letto con me e si addormentava per rialzarsi poi la mattina dopo, sempre più stanca e dolorante. Lei soffriva e soffrivo anche io.
Se il buongiorno si vedeva dal mattino, quel giorno sarebbe stato di merda.
Il grande macchinone nero con i vetri oscurati si fermò un isolato prima della scuola. Almeno Brandon aveva ascoltato le mie suppliche . Non volevo essere notato. ‘ è un problema che devi superare quello della timidezza, Anthony.‘ mi aveva detto prima che gli sbattessi lo sportello in faccia. Mi fermai un po’ troppo tempo ad osservare le vetrine di un negozio di animali, c’erano due tartarughine appena nate e la tartaruga madre. Adoravo quegli animali, mi affascinavano. Confermavano il ‘vivi veloce muori giovane ‘ e la mia pigrizia abbracciava a pieno questa tesi. Ad ogni modo, quando entrai in quella scuola mi ritrovai solo in un corridoio immenso tempestato di armadietti blu elettrico. Ero in ritardo e non sapevo dove andare e proprio in quel momento mi venne in mente una frase del mio cartone preferit :

‘ "Quale via dovrei prendere?"

"Dipende da dove vuoi andare."

"Poco importa dove."

"Allora poco importa quale via prendere.” ‘


Ma in realtà io volevo andare nella mia fottuta classe e mi importava parecchio. Dopo essermi perso nei meandri dell’ Herbert Hoover High School di San Diego, trovai un’anima pia che decise di aiutarmi. Meglio conosciuta come ‘Bidella’.

-“Lei dev’essere il signor Anthony Perry, giusto?”-

Annuii. Professore cordiale

-“E’ in ritardo il primo giorno di scuola, complimenti! Si vada a sedere dove più le aggrada”-

Come non detto. Decisi, come mio solito , l’ultimo banchetto singolo vicino alla finestra che grazie a Dio era rimasto libero. Stare vicino alla finestra allontanava la mia claustrofobia, mi dava un senso di evasione. Sarei potuto scappare da lì se avessi voluto e se avessi avuto il desiderio malsano di rompermi qualche osso dato che la classe di biologia, mi pareva, era al quarto piano. Le ore volarono perché perlopiù non ascoltai e mi ritrovai subito in quella mensa grande e piena di gente. GENTE. Io odiavo la gente! Cosa non odiavo lo dovevo ancora scoprire…
Mi fiondai con il mio vassoio nel primo posto libero ed isolato che trovai. E mi misi a pensare a mia madre, a quanto si dovesse sentire sola pure avendo …Brandon, pur avendo me e la nonna. Le mancava mio ‘padre’, nonostante l’avesse abbandonata, nonostante non mi avesse mai voluto riconoscere. E’ proprio vero possiamo smettere di parlarne, possiamo fare in modo che gli altri smettano di parlarne, possiamo annullare una parte di noi e andare avanti, ma il corpo ha una memoria infallibile, si ricorda la sensazione di gambe e braccia anche quando non ci sono più.
Si chiama "sindrome dell'arto fantasma". Mia nonna dice che è il dolore di una parte che manca, lo chiama "il dolore dell'assenza". E mi sa che ci azzeccava.

-“Ragazzi venite, c’è quello nuovo.”-

Sopraggiunsero una calca di ragazzi bene o male della mia età, tranne qualcuno palesemente più grande. Tra tutti mi colpì uno in particolare. Alto più di me, fisico asciutto, capelli neri, lunghi ma non troppo, quanto bastava. Un piercing al centro del labbro. E degli occhi spenti e cupi.

-“Mike, vieni qui, che c’è da divertirsi!”-

Ed io ero di nuovo solo. Nessuno si salva da solo.

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Capitolo 2
*** Alone ***


Sentivo quegli occhi scuri e autoritari puntati su di me.

-“Ovunque ma non in faccia, ti prego.”-

Strinsi gli occhi e serrai i pugni pronto al peggio. Non sarebbe stata la prima volta che mi picchiavano e sicuramente non sarebbe stata nemmeno l’ultima. Era come ‘L’inaugurazione‘ della nuova scuola.

-“Non ho intenzione di picchiarti”-

Aprii gli occhi lentamente e azzardai a posarli su quel viso lungo, stanco e scavato. Riuscii ad analizzarlo meglio: Aveva i capelli neri che gli ricadevano poco prima delle spalle, un piercing tra il naso e il labbro superiore, medusa per l’esattezza (adoravo i piercing) e uno al centro del labbro inferiore, central labret per l’appunto. Quegli occhi che avevano vagato per i corridoi per pochi minuti, si fiondarono nuovamente su di me.

-“Cosa fai ancora qui? Sparisci su, avanti !”-

Non me lo feci ripetere due volte, anche se la cosa mi risultava, come dire.. Strana. Mi dileguai nell’aula di matematica, materia che odiavo con tutto me stesso, non aveva motivo di esistere. C’erano le calcolatrici che facevano tutto al posto tuo, ma soprattutto perché dovevo risolvere problemi altrui, avendo già i miei?! I pensieri profondi che stavo elaborando furono interrotti dall’accensione del megafono di classe

-“P-prova, uno, due, p-prova.. Ehm.. Il signor Mike Fuentes è desiderato in direzione, urgentemente.“-

Quelle parole riecheggiarono per tutta la scuola. Vidi sorrisi di soddisfazione nascere sulle facce dei miei compagni e sentii un ragazzo, avrei giurato si chiamasse Drew ma la mia memoria giocava spesso brutti scherzi, dire: ‘puntuale come al solito. E subito dopo risate varie che furono interrotte bruscamente dal professor Way. Un tipo alquanto strano ed estroverso, se così si poteva dire, con un colore di capelli altrettanto bizzarro, ma era okay. Comunque, chissà chi era quel Mike Fuentes e chissà cosa aveva combinato.. La preside non sembrava molto pacifica .

-“Signor Perry, vuole darci lei la soluzione a questo problema?”-

Fui preso alla sprovvista, ovviamente il professore si era accorto della mia totale mancanza di attenzione, e beh ora.. Ora si, ero nella merda.

-“Ehm.. Sì.. La soluzione a questo problema.. è tutto così complicato che la soluzione deve essere molto semplice”-

-“Mmh si, e quale sarebbe?”-

-“Ah, non saprei professore. Io sono la parte teorica.. Lasci a qualcun altro il privilegio di essere la parte pratica. E’ un posto tanto ambito..”-

Ma cosa cazzo stavo blaterando?! Dovevo imparare a tenere a freno la lingua una volta per tutte.

-“Bene signor Perry, teoricamente la sua è una buona scusante, praticamente due. Grazie, si può sedere”-

Bene, no davvero. Alla grande. Il primo giorno, la prima quasi rissa, il primo due. Nuovo record, complimenti Tony. Il resto dell’ora passo tranquillamente, beh dopo un due cosa poteva accadere più?! Quando la campanella suonò mi precipitai fuori dalla classe come un fulmine, come se fossi stato in un deserto e avessi visto un’oasi in lontananza. Percorsi tutto il corridoio fino ad arrivare al mio sgargiante armadietto blu. Il blu era uno dei colori più fastidiosi esistenti al mondo. Cosa avevano fatto di male il nero ed il grigio per essere sostituiti da questa merda?! Posai gli occhi proprio sull’ufficio della preside mentre la porta si spalancava, ne uscì da dentro quel ragazzone di stamattina. Stessa andatura scocciata, stessa espressione spenta, stessi occhi cupi. Un cappellino messo alla rovescia in testa e un felpone enorme addosso. Che fosse lui quel Mike Fuentes che la preside reclamava in direzione? Mi passò proprio accanto e provai sorpresa o forse spavento nel costatare che avevamo gli armadietti vicini.

-“Che cazzo ti guardi, eh? Non credere che risparmiarti stamattina stia a significare che non le prenderai per il resto dell’anno, stronzetto.”-

-“Sei tu quel Mike Fuentes che hanno annunciato per megafono?”-

Rimase per un attimo meravigliato. Forse si aspettava che mi stessi zitto, o forse che mi cagassi addosso proprio lì, in mezzo al corridoio. Quel che non sapeva era che di bulli che mi perseguitavano ne avevo avute file! Dopo un po’ ci facevi l’abitudine e riuscivi quasi a dialogarci tra un cazzotto e l’altro.

-“Di che malattia soffri stronzetto, eh?”-

-“Come, scusa?!”-

-“Ti ho appena fatto intendere che spezzerò una ad una le tue ossa e tu mi chiedi se ero io quel Mike Fuentes?”-

-“Scusa, non pensavo che i bulli fossero.. riservati.”-

Ancora la mia dannatissima bocca. Vidi i suoi occhi accendersi di rabbia. Mi prese per la gola e mi sbatté contro il suo armadietto. Non riuscivo a respirare e sentivo i miei polmoni supplicare aria.

-“Mi stai prendendo per il culo, eh? Forse dovevo pestarti a sangue già stamattina, ma mi sono detto ‘Dai, è nuovo, fallo prima ambientare‘. è vero che la scuola ti insegna qualcosa: Mai fare atti caritatevoli. Forse avevo pensato che un’opera buona avrebbe salvato il mio culo dagli inferi ed invece sono costretto a massacrarti. “-

Stava per soffocarmi e l’unico pensiero che il mio cervello riuscì ad elaborare con quella poca aria rimasta fu

-“H-hai u-un buon profumo”-

Allentò la presa. Credo più per lo stupore che per un’improvvisa luce divina scesa a chiedere pietà per me dall’alto dei cieli. Ero sicuro che avrebbe mandato a cagare anche lei.

-“Ma che cazz..”-

-“FUENTES! tolga subito le mani da quel ragazzo!”-

Il professor Way. Probabilmente la matematica mi sarebbe piaciuta un po’ di più da quel momento in poi. Caddi a terra a peso morto. Le cose stavano ricominciando ad acquistare colore e quei fastidiosi puntini bianchi stavano scomparendo.

-“Non le è bastata la strigliata di stamattina ? Vuole proprio essere espulso, di nuovo?! Quanto tempo ancora vuole rimanere in questa scuola?! Cresca un po’, Signor Fuentes!”-

Detto ciò il professore si allontanò. Hey prof, non mi lasci solo con lui, la prego. Ma la mia bocca si apriva solo per dire stronzate ed in quel caso, infatti, stette chiusa. Mike se ne andò senza più degnarmi di uno sguardo, grazie a Dio.
Una giornata orrenda. E quando tornai a casa le cose non migliorarono. Trovai un biglietto di mia madre, dove mi diceva che era fuori con Brandon e non sarebbe tornata prima della mezzanotte. Solo. Come adolescente normale avrei dovuto fare i salti di gioia, ma il pensiero che mia madre stesse con quell’ essere quasi ogni sera mi faceva rivoltare lo stomaco. Però era il suo uomo, magari davvero le piaceva, in qualche modo. E poi, chi ero io per giudicare? Non avevo amici, amanti o parenti che avessero il desiderio di stare con me. Ero una persona sgradevole e di poca compagnia. Forse me la meritavo la solitudine, forse ormai era la mia unica compagna, forse non era poi così tanto male. Presi le prime cose che trovai nel frigo anche non avendo fame, dovevo pur impiegare il mio tempo. Avevo una fottuta paura di ritornare in quella scuola il giorno dopo. Non per Mike, né per i professori o per i compagni, solo perché avevo paura di abituarmici. Avevo paura, strano a dirsi, di affezionarmici. Volevo dire che avevo lasciato scuole e posti senza nemmeno sapere che li stavo lasciando. Era una cosa che odiavo. Che l’addio fosse triste o brutto non me ne importava niente, ma quando lasciavo un posto mi piaceva sapere che lo stavo lasciando. Se no, ti sentivi ancora peggio

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Capitolo 3
*** Schopenhauer ***


Okayyy dovrei chiedervi scusa all'infinito circa per l'assenza ma ho avuto vari problemi... Spero che con questo capitolo e con la promessa di aggiornare più frequentemente continuiate a seguirmi... Se mi date il vostro parere fate contenta una povera scema . Buona lettura anime belle :)


La malinconia se la portava addosso come un profumo. Lo osservavo dall’altra parte opposta della mensa. Mike era così triste ed io sentivo il maledettissimo bisogno di sapere il perché. Perché quel ragazzo era così nero? Per le svariate bocciature? No, non mi sembrava il tipo. Una struggente storia d’amore? Stava sempre con quegli idioti degli amichetti suoi quindi lo escludevo. Era da quel primo giorno, dall’ultima volta che c’eravamo parlati, che mi struggevo per sapere che cazzo gli passasse per la testa. Inutile, il mio istinto da crocerossina non stava a bada. La tristezza era l'unica situazione umana che io capissi veramente. Se una persona non era infelice, non mi interessava. Forse sarei potuto andargli a parlare ma era un po' come osservare gli studenti e domandarsi, quel giorno in particolare, chi di loro aveva avuto il cuore spezzato; e come faceva la persona in questione a sostenere anche tre interrogazioni e a scrivere un saggio su un libro? Una violenza e un suicidio.
-“Smettila di fissarlo o ti prenderà a pugni”- Tornai in me e posai lo sguardo su quel piccoletto che si era avvicinato al mio tavolo.
-“Come scusa?”-
-“Mike.. Fuentes, non lo fissare. Ti gonfia di botte se lo guardi, credimi”-
-“Che sai di lui ?”- Gli feci segno con la testa di sedersi. Lo fece. Aveva i capelli neri sparati un po’ ovunque , due occhi altrettanto scuri e piccoli e una bocca sottile che non la smetteva proprio di aprirsi ed emettere fiato.
-“Beh non molto. Cioè nessuno sa molto di Mike, a parte il fatto che è come dire.. molto irascibile.”-
-“Non me ne ero accorto, sai..”- Rise. Aveva un bel sorriso, smagliante, vero, quasi amichevole. Oh Dio, forse realmente stavo facendo amicizia. Io. Tony Perry. Che giornata da ricordare! Vidi una mano tesa di fronte a me, mi ero di nuovo perso nei miei pensieri.
-“Come scusa?”-
-“Ho detto, io sono Jaime!”-
-“Jaime?”-
-“Si Jaime Preciado, stiamo nella stessa classe di musica”-
-“Ah … certo! Mi ricordo di te!”-
-“Non mentire, non mi offendo mica”-
-“Ah, menomale, perché davvero non ricordo la tua fottuta faccia”- Ridemmo entrambi. Finchè–“Due sfigati in una botta sola, è forse il mio compleanno oggi?”- Di nuovo quel ragazzo del primo giorno di scuola , quello del ‘C’è quello nuovo’ .
-“ Mi spieghi tu chi cazzo sei?”- Jaime mi fulminò spaventato.
Il ragazzo si avvicinò alla mia sedia e si abbassò per sussurrarmi qualcosa nell’orecchio.
-“Il tuo peggior incubo”- Rovesciò la sedia con un movimento impercettibile e mi ritrovai sul freddo pavimento della mensa. Con le risate dei miei adorati compagni di liceo nelle orecchie e la faccia triste e scura di Mike che mi guardava. Nessuna emozione. Spento.
-“Ma sei impazzito?!”- Il mio nuovo, a quanto pare, amico stava cercando di difendermi e la cosa mi faceva alquanto ridere dato che ci avrebbero fatti a pezzetti entrambi.
-“Preciado, stai al tuo posto, 'ché nell’ora di letteratura ce ne sarà anche per te.”- Risate. Grasse risate si allontanarono dalla mensa. Di nuovo una mano tesa verso di me.
-“Hey ,tutto okay?”-
-“Nei limiti dell’okay “- Presi le cuffie dalla tasca, accesi la musica e finalmente tornai a respirare. Mi allontanai dalla mensa molto velocemente e mi rifugiai nel bagno. Sapevo sarebbe stato il mio compagno di avventure e sventure e dovevamo fare amicizia. Ma accadde l’impensabile. Mentre mi guardavo allo specchio: stanco, scazzato e forse anche un po’ triste, alla mia figura riflessa nello specchio se ne aggiunse un’altra appena uscita dal bagno
-“Perry…”- Alzai la musica al massimo e mi girai verso la piccola finestra del bagno. Quando ad un tratto mi sentii preso per le spalle, girato e scosso. Le cuffie mi caddero dalle orecchie
-“Perry, cazzo, non ignorarmi, io odio essere ignorato!”-
-“Me ne sbatto il cazzo di quello che odi o di quello che odiano i tuoi amici del cazzo“- Rimase scosso dalla mia risposta e mi mise giù.
-“Tu “- si avvicinava piano –“Non hai paura di me?!”- Sì che ne avevo.
-“NO!”- Si bloccò all’istante. -“E perché?”- La sua voce era un sussurro, quasi metteva i brividi. Mi presi un attimo per pensare, avrebbe potuto ridurmi in polvere con la sola stretta della mano. Ma mi aveva fatto una domanda e gli avrei risposto.
-“ Perché c’è una storia dietro ogni persona. C’è una ragione per cui le persone sono quel che sono. Non sono così solo perché lo vogliono. Qualcosa nel passato le ha rese tali e alcune volte è impossibile cambiarle. Tu perché hai l’inverno dentro, Mike?”- Ci ero riuscito. Avevo colpito nel segno, lo stavo facendo crollare, l’avevo in pugno. Mi guardò ancora per qualche minuto senza staccare gli occhi dai miei e poi sbattè un pugno contro al muro e se ne andò. Cosa avevo scatenato?

-“Signor.Perry, vuole continuare lei l’esposizione della teoria di Schopenhauer?“-
-“Ehm si, Schopenhauer..”-
-“Perry, lei è sempre distratto !”-
-“Vede Professor. Lester, Schopenhauer afferma che con la volontà si può fare tutto, io sono ciò che voglio e in questo momento volevo rimanere sveglio e mi ripetevo ‘non dormire, non dormire, non dormire’ e sono rimasto sveglio per seguire la sua lezione.”- Un applauso si levò da tutta la classe.
-“Perry, lei si salva sempre in questo modo, continuiamo la lezione ragazzi!”-In realtà di sveglio nel mio corpo c’era ben poco, dopo la litigata, o più che altro lo scambio di opinioni, tra me e Mike, i miei muscoli si erano come lasciati andare e il mio cervello si era messo in standby ma Schopenhauer era il mio filosofo preferito e su di lui certo non potevo sbagliare! Era un genio, un uomo pieno di idee, che in parte aveva salvato quella poca sanità mentale che mi rimaneva con i suoi dilemmi. Uscii dalla classe consapevole di tornare a casa ed affrontare un altro inferno , mi misi le cuffie fidate nelle orecchie come sempre e mi incamminai. Mi si accostò Jaime pieno di entusiasmo che parlava, parlava, parlava. Senza accorgersi che io non lo ascoltavo, annuivo solamente. Dal labiale mi parve di capire ‘Festa, sfigati, non ci credo.‘ . Annuii di nuovo, a vuoto. Lui mi diede una pacca sulla spalla e se ne andò saltellando in completa fibrillazione. Le persone silenziose erano le più difficili d’amare. Sguardo sempre perso nel vuoto, spento, auricolari alle orecchie, sempre silenziose anche nel gruppo di amici, in classe, ovunque. Annuiscono soltanto. Le persone silenziose, come me, hanno tutte e quattro le stagioni dentro, un caos totale. Magari in primavera crollano, con mille tempeste dentro e in inverno sbocciano. Io magari non sbocciavo né in primavera né inverno, ma dopotutto mi ero sempre andato bene così. Appena arrivai a casa trovai un biglietto, come se fosse una novità. <> Raggiungici un cazzo. Mi sarei messo nel letto e mi sarei svegliato la mattina dopo. A volte stare soli è necessario, ti aiuta a capire tante cose. Smaschera le persone, mette in luce i punti di forza e di debolezza. Era inevitabile per alcuni sentirsi soli, eppure a volte la solitudine era la compagna migliore . Che si andassero a far fottere anche i compiti. Aprii il frigo. Vuoto. Presi un plaid buttato sulla sedia e girai per casa alla ricerca di qualche merendina nascosta, con la coperta in testa. Tony Perry, a cosa ti sei ridotto? E questo continuò fino alla sera quando qualcuno si appese al mio campanello.
-“UN ATTIMO! E CHE DIAVOLO, MA SEI IMPAZZITO, CHIUNQUE TU SIA?“- Aprii la porta, ancora con la coperta in testa, e mi ritrovai Jaime davanti che continuava a saltellare dalle due di oggi.
-“Cosa cazzo vuoi?!”-
-“Tooooooooony! Non sei ancora prontooo? Ti devi muovereeee, se facciamo tardi ti faccio chiudere i lobi!“-
-“Tu cosa? Aspetta ma dove? Cosa stai dicendo?!”-
-“La festa per cui ci siamo organizzati ogg! Heyy svegliaaaa”- Festa. Organizzati. Io e lui? Merda devo iniziare ad ascoltare le persone.
-“Ho capito la situazione. Non hai ascoltato nulla di quello che ti ho detto oggi. Beh mi sembrava un po’ strano che avessi acconsentito ad una festa con la gente e una strana parola chiamata ‘divertimento’ . Ma è la prima festa a cui mi invitano in tre anni di liceo ragion per cui ora alzi quel tuo bel culetto e ti scelgo qualcosa da metterti”-
-“Non ci pensare nemmeno per scherz.. aspetta il mio bel cosa?”-
-“Bene, perfetto, splendido! Quindi hai deciso di deludere l’unico amico che ti è stato sempre vicino?”-
-“L’unico amico che ho Jaime, è diverso!”-
-“MA COMUNQUE TI SONO STATO VICINO”-
-“Non iniziare a buttarla sul sentimentale”-
-“ciao Tony”- Sbattè la porta e se ne andò. O quasi.
-“No aspetta Jai-“-
-“Siii?”- Riaprì la porta di colpo
-“D’accordo, sceglimi due stracci perché davvero non mi voglio sprecare”-
-“Chiudi la bocca, Turtle”-
-“Come mi hai chiamato, scusa?”

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