Cuore a metà

di I promise
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Aiutatemi! ***
Capitolo 2: *** il Palazzo del popolo ***
Capitolo 3: *** la mia cameretta ***
Capitolo 4: *** La voce ***
Capitolo 5: *** La padrona ***
Capitolo 6: *** la verità fa male ***
Capitolo 7: *** papà Darken Rahl ***
Capitolo 8: *** Le donne che non potevano parlare ***
Capitolo 9: *** Hot and Cold ***
Capitolo 10: *** Cambiamento ***
Capitolo 11: *** Tu...padrona ***
Capitolo 12: *** Frustazione ***
Capitolo 13: *** La prma vittima....non si scorda mai ***



Capitolo 1
*** Aiutatemi! ***


Era settembre me l'ho ricordo, il cielo era lilla e il caldo era lieve, non troppo soffocante, una giornata perfetta per pescare.
Eravamo al torrente io, papà e Grace, mia sorella, io avevo 9 anni. Poi sono morta. Dentro. Una vita troppo breve; poi sono diventata mord-sith.
Papà aveva preso un pesciolino, piccolo indifeso e senza mamma, solo, sperduto tra le acque di quel piccolo torrente, ma troppo grande per lui. Ed io ero quel minuscolo pesciolino tra le mani perfide e violente delle sorelle dell' agiel.
Dopo aver liberato quella minuscola creaturina papà con gli occhi spalancati e inondati di una luce diversa dal solito, spaventati per la prima volta, mise me e mia sorella dietro di lui, proteggendoci dietro la sua grande ombra. Io non capivo. Poi le vidi. Tre scure figure alte, con una treccia lunga e con la mascella tesa, guardavano noi. Poi successe tutto troppo velocemente.  "Aiuto aiuto!" gridavo ma non serviva a niente, lo sventurato pesciolino era finito nella rete, senza scampo, senza niente. La gola era secca ma gli occhi parevano il torrente in cui poco priva stavo pescando con papà e Grace, umidi, disperati e pazzi.

Che bisogno c'era di urlare? Avevo tutto il tempo di urlare.








qazsx

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Capitolo 2
*** il Palazzo del popolo ***


Ero attonita e estasiata ancora cullata dall'aria settembrina del giorno precedente. Erano passati giorni, mesi , anni? So solo che avevo dormito a lungo; quando stavo per riaprire gli occhi, per svegliarmi sul serio, una secchiata d'acqua gelida mi colpì e delle risate fragorose inondarono il carro dove ero ancora incatenata. Non capii nulla. Quando mi slegarono persi l'equilibrio e mi ritrovai stesa per terra abbracciata dal sole, su un mare di sassolini bianchi, levigati e candidi. Alzai gli occhi al cielo. Una bellissima donna con una treccia castana lunga fino alla schiena teneva in mano uno strano bastone rosso-marrone. Con quello strano oggetto avrei fatto amicizia più tardi. Mi tirò su, senza pronunciare alcuna sillaba e mi strattono per tutto il tempo, ogni volta che svoltavamo di via in via in quel panorama mozzafiato. Era un castello altissimo adornato di fontane appariscenti e giardini a perdita d'occhio. Un soggiorno a cinque stelle no? No un inferno a cinque stelle.

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Capitolo 3
*** la mia cameretta ***


Finalmente la donna mi lasciò il braccio. Si fermò davanti a una porta di legno massiccio e con un calcio,l'aprì. Quel fragore improvviso mi frastornò. La stanza che mi trovavo di fronte emanava un odore acre di vestiti impregnati di sangue e muffa. Era decisamente sporca, buia e umida. Per terra vi erano resti di cibo sparpagliati qua e là e le pareti della stanza erano sudicie. Rimasi a fissare la stanza e il suo squallore per molto tempo, cercando un riferimento che ricordasse casa. Niente. Poi mi voltai e incontrai gli occhi della mia conducente. Erano freddi, gelidi e distaccati, velati di un pizzico di follia. La guardai a lungo. Poi senza alcun preavviso ricevetti un colpo in pieno petto e mi ritrovai contro una parete squamosa e bagnata.Tentai di risollevarmi cercando un appiglio ma trovai solo le fredde mani della mord-sith che mi incatenavano ad un palo. Rimasi con i piedi sospesi dal suolo per molto tempo piangendo e gridando. Dopotutto volevo solo la mamma volevo ancora un suo sorriso un suo abbraccio. E invece ricevetti pugni e gomitate in continuazione, senza sosta. Rimasi appesa al palo finché non mi sanguinarono i polsi. Facevo fatica a respirare e annegavo tra le mie lacrime salate, che grondavano e ardevano sui lividi e i tagli che la donna mi aveva procurato. Mi chiesi perché ero lì che cosa avevo fatto loro. Ma la risposta arrivò immediata: perché si divertivano. Come una giornata di pesca insieme, al torrente.

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Capitolo 4
*** La voce ***


I polsi mi dolevano, mi svegliai. Faceva freddo. Feci per alzarmi e andarmi a scaldare con la timida luce che penetrava dalla grata dell' unica finestra della mia "cameretta". Stavo per alzarmi quando mi accorsi che ero incatenata al letto. Mi feci prendere dal panico. Continuavo a sbattere la testa contro la trave del letto a ritmi regolari. Stavo impazendo. Un rumore mi colpì. Era una voce di una bambina. Io conoscevo quella voce. Era di Dahlia.

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Capitolo 5
*** La padrona ***


Quella voce mi tormentava. Era Dahlia. La sporca figlia del traditore. Era figlia del comandante della resistenza che aveva tradito il villaggio schierandosi dalla parte di Darken Rahl. Ed ecco dove sua figlia era finita. Segno che di Darken Rahl non ci si doveva fidare. E neanche delle sue più strette seguaci, le mord-sith. Ero tormentata da quella voce che tamburellava nella mia mente, ripetitiva e assordante. La porta della stanza si aprì delicatamente. La mia "padrona", nome che mi lasciava dell'amaro in bocca, stranamente non fece rumore. Dondolavo, ripetendo all'infinito il nome della mia compagna di scuola quando mi porse una mano e si aprì in un sorriso dolce e contagioso. Mi stavo ricredendo sul fatto che forse aveva un cure quando con voce brusca mi disse:" Allora, vuoi venire o no!?". Non risposi, ma rimasi a guardarla. Era una bella donna. Le soppraciglia folte nascondevano dei penetranti occhi glaciali, freddi e pazzi.La bocca carnosa e color pesca, pareva potesse profanare solo dolci parole. Ma non era così. la lunga treccia castana e ben ordinata rifletteva una donna dall'anima diligente e ordinata. ma mi sbagliavo. Lei era un mostro, come tutte. Ma mi sbagliavo ancora; nessun mostro arriva ha picchiare delle bambine, a strapparle dalla loro famiglia per addestrarle con la violenza per volere di un terribile despota. Nessuno. E ancora questa volta mi sbagliavo

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Capitolo 6
*** la verità fa male ***


Perchè, mi ripetevo, perchè? perchè quella voce mi scombussolava lo stomaco e mi faceva girare la testa. le sue urla, i suoi pianti mi facevano male, troppo male che mi tappai le orecchie. Allora, la mia "padrona" mi legò un catenaccio al collo e mi strattonò. Mi portò in giro per quel bellissimo palazzo come un cagnolino... solo allora, quando passai nel corridoio degli specchi del despota, mi accorsi del mio stato. i miei capelli erano arruffati e sporchi di polvere; il bell'oro della mia chioma si era trasformato in un color cenere; le mie mani erano sporche e piene di lividi, i piedi viola per il freddo e sudici, mi guardai il volto. Non avevo più niente di umano: gli occhi erano gonfi e spenti, vuoti senza un barlume di speranza, le mie gote rosa erano pallide e graffiate bruscamente, la mia bocca carnosa era deteriorata, screpolata e rossa e mi continuava ad uscire sangue. Ero un bruttissimo mostro. No non ero io il mostro. erano loro i mostri, ma sapevo benissimo cosa dovevo fare, stare al loro gioco senza ribellarmi. Guardai il mio rifesso allo specchio di un corpo che non era più mio, incosapevole del domani e con le lacrime salate che sgorgavano come quelle bellissime fontane marmoree del palazzo, che però smisi di pensare perchè erano fredde e glaciali come la mia mord-sith.

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Capitolo 7
*** papà Darken Rahl ***


Tornammo da quella lunga passeggiata in cui fui esposta come un trofeo dalla mia padrona. Al posto che svoltare nel corridoio che mi portava nella mia stanza prendemmo un altro corridoio lungo e stretto incoronato da grandi quadri e da lanterne che rendevano l'aria soffusa e l'ambiente rilassante. il marmo rosa, per terra non era freddissimo e i miei piedi trovarono un po' di sollievo; la passeggiata nel cortile era stata un inferno: i levigati sassolini bianchi e lucidi rendevano impossibile camminarci sopra e i miei piedi ora erano violacei e affaticati. percorremmo il lungo corridoio fino che giungemmo ad un lungo e pesante portone di legno scuro dove c'erano due guardie appostate in armatura argentea e sfavillante. La mord-sith prese in mano l'agiel e mi mancò il respiro in gola, avevo imparato ad aver paura di quell'oggetto già dalla prima settimana che ero al palazzo,  non sapevo neppure da quanto tempo ero  li. Mi riparai con le mani la nuca e sbirciai la mia padrona, aveva preso la mano di un soldato e gli aveva conficcato l'agiel nel palmo; l'uomo colto da quel dolore lancinante da me famigliare, si buttò a terra scosso da forti fitte in tutto il corpo. l'altro aprì il pesante portone, fece un inchino e  ci lasciò passare.
Entrammo in un bellissimo giardino in cui un uomo, con una bellissima tunica di seta su cui erano cucite una D e una R, si girò con un cestino colmo di rose rosse; si girò e il magnetismo di quell'uomo mi colpirono: aveva un occhio azzurro chiaro, freddo glaciale e l'altro invece presentava un' imperfezione, vi era all'interno dell'occhio azzurro uno spicchio di iride viola e scura; i suoi capelli erano neri come l'inchiostro e cadevan disordinatamente sulle spalle; aveva un bel fisico era alto e muscoloso con la pelle ambrata. " Ma che bellezza mia cara" esclamò l'uomo, "Chiamami papà darken rahl". Quell'uomo sarebbe diventato il mio incubo peggiore

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Capitolo 8
*** Le donne che non potevano parlare ***


Papà darken rahl aveva un dolce sorriso sulle sue labbra; mi rassicurava, avrei voluto tanto abbracciarlo, però qualcosa mi fermò: è come se quell'uomo racchiudesse in se due metà opposte ma allo stesso tempo fuse, insieme in un unico uomo. Ero attratta da lui, con troppa foga, con troppa voracità. Volevo che mi volesse bene che mi amasse : volevo che prendesse il posto di mio padre. Venni scossa dai mie stessi pensieri, contrastanti, come l'uomo che mi trovavo di fronte: nessuno avrebbe mai preso il posto dei miei genitori, nessuno. Venni scossa da forti tremiti di rabbia di delusione, di nostalgia. Il mio corpo prosciugato dalla fatica, affamato, animale pulsava terribilmente e ad un certo punto le mie gambe instabili, si fecero troppo instabili.
Guardai con occhi spenti l'uomo che mi trovavo di fronte, l'incubo, il terrore puro sangue, il mostro che camminava sotto braccetto con l'innominato, ma non vidi nulla di tutto ciò. E poi svenii, scossa da quella rabbia antica e profonda che non avevo mai creduto di avere.
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Aprii bruscamente gli occhi e la forte luce che filtrava mi stordì; ero distesa sopra un tavolo di pietra grezza, molto scomodo. Delle donne si affrettavano al mio fianco, e io inconsapevole di muovermi pronuncia una breve frase : "Che succede?". Accade una cosa, che non potrò mai dimenticare. Due donne mi tapparono la bocca velocemente. Le guardai, avevano i capelli nascosti da veli blù come il mare e gli occhi castani; ma non fu la loro bellezza a colpirmi,piuttosto le labbra: sigillate, cucite compattate e deteriorate. Portarono un dito alla bocca e  mimarono un silenzioso" Shhh", e annui muovendo il capo.
Udii dei lamenti e dei forti rumori, oggetti che cadono catene che stridevano. Il mostro si era tolto la maschera e ne aveva indossata un'altra. Che purtroppo presto avrei dovuto conoscere.

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Capitolo 9
*** Hot and Cold ***


Quelle bellissime donne mi rassicuravano. forse erano le uniche che avevano qualcosa di umano dentro al palazzo, pensai.
Cercai di capire che cosa voleva dire quel silenzioso Shhhh; ma avevo la sensazione, che se non avessi ubbidito, l'avrei scoperto presto.
Udivo quel forte rumore di oggetti che si infrangevano dalla porta accanto, e dei brividi mi paralizzavano sul posto. Poi sentii il forte fragore di un portone massiccio e vecchio che si apre e una sensazione di puro terrore mi attraversò di netto troncandomi il fiato. uscì da come era entrata la mia padrona 3 guardie e Darken Rahl; non notai niente di diverso. Notai solo la mia mord-sith che , sì camminava con il suo solito passo fiero e felino, però venato di un leggero timore e di una leggera sottomissione. Darken Rahl mi vide e si avvicinò dolcemente prendendo le me gracili mani tra le sue morbide e enormi e mi guardò con i suoi grandi occhi; sostenere il suo sguardo era un' impresa difficile; immaginatevi di trovarvi in un caldo deserto con l'aria calda e soffocante, ma improvvisamente come per uno scherzo malvagio qualcuno vi infla un cubetto di ghiaccio giù per la schiena. Ecco signore e signori questo è il nostro papà Darken Rahl

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Capitolo 10
*** Cambiamento ***


Mi fissò per un'altra manciata di secondi poi, risollevandosi in tutta la sua altezza Darken rahl lanciò un'occhiata gelida alla mia padrona. Lei immediatamente abbassò lo sguardo e mi strattonò vicino al suo fianco; appena varcammo l'uscita la mia padrona cadde con un tonfo sordo per terra; passarono pochi secondi 10, 20 forse, ma non si rialzò: rimase lì per terra con la fronte contro il marmo rosa e senza respirare....provai pietà, anche se non sapevo bene il perchè; la chiamai: Padrona?!....Mi sentite?. Niente. Mi avvicinai a lei e con tutte le mie poche forze la aiutai a risollevarsi. Non mi disse grazie ma allentò il mio collare rigido che ormai mi aveva tagliuzzato tutto il collo. Non parlò e per fortuna non mi strattonò per tutto il viaggio; cosa mai successa prima e che probabilmente non sarebbe mai più risuccessa. Entrammo nella "mia cameretta"e mi slacciò dal collare; non mi appese alla gamba del letto ma mi fece coricare sul tappeto di porpora, caldo e invitante, molto lontano dal pavimento di marmo freddo su cui solitamente mi faceva dormire. Con voce debole e tremula mi disse: Vai a predndere dell'acqua calda per il bagno. Non capii. Non mi era permesso di uscire da sola. Ti prego, aggiunse. Cosa le era successo? Con tutte le mie forze presi il catino di porcellana giallo e mi avviai verso la fontana trascinandomi con i piedi e arrancando al suolo quando non riuscivo a sollevar la gamba per fare uno scalino. Dolore. NOn per le mie ossa rotte, per i lividi, per i tendini strappati. Per lei. Avevo un motivo valido per vivere. Avevo ancora un cuore caldo che pulsava e che, non si era ancora raffreddato.

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Capitolo 11
*** Tu...padrona ***


Avanzo lentamente con il contenitore di terracotta giallo in mano, con le gambe che mi dolgono  ad ogni passo, con gli occhi appannati e ciechi per il dolore. Cammino. Molti sguardi indesiderati si posano sul mio esile corpo, consumato dalla fatica e dalla fame. Ho fame. Ho perso il conto dei giorni da cui non sfioro cibo. E sono tanti. Troppi.
Vedo una donna vestita di blu che non sa parlare, che mi rivolge uno sguardo dolce, he dice più di mille parole che lei, non potrà mai profanare. mi avvicino alla fontana dove vi è scolpito nel marmo una brocca, colma di acqua e inclinata. Mi sporgo sull'orlo della fontana. E' freddo. Invece l'acqua al suo interno e calda. Riempio il catinofino all'orlo, quanto posso, quanto mi sia permesso. pesa. Più affaticata di prima mi dirigo verso il corridoio affollato da guardie e da mord-sith con l'agiel sibilante in mano e con il bisogno di recare dolore. Dolore che conosco fin troppo bene.
Allungo il passo fino ad arrivare esattamente davanti nalla porta della mia "cameretta". Chiudo gli occhi e apro silenziosamente la porta. Vedo la mia padrona coricata sul letto con una smorfia di dolore cucita sul volto. Faccio il giro del letto senza fare una parola. La sua treccia è scioltae i suoi capelli ondulati per il segno della treccia, ricoprono il cuscino. Non indossa la "divisa", ha un semplice accappatoio verde sottobosco legato alla vita.
"appoggia", mi sento dire dalla mia aguzzina. Io obbediente appoggio il catino a terra.
"Brava. Gr..a...a...z...ie" ridice con quel tonosottomesso che mi è nuovo. Le parole suonano come delle parole fatte, preparate, false.
"prego" sussurro io.
"Ti dimentichi sempre" aggiunge.
"Padrona" dico io con gli occhi affogati nel terrore e quel brivido che mi soffoca  e mi chiude la gola.



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Capitolo 12
*** Frustazione ***


Con un energico gesto della mano, la donna mi fa gesto di avvicinarmi. Debolmente, mi avvicino velocemente a lei che cerca la mia mano. Gliela porgo con timore e insicurezza e la guardo, anche se non mi è permesso, nei suoi profondi e penetranti occhi.
Lei ricambia uno sguardo sofferentee, come un cerbiatto ferito sbatte le sue folte ciglia.
"Ti prego" mi sussurra, con quella voce che non le appartiene, "Aiutami".
Mi accorgo però che questa volta le sue parole sono intrise di significato, di disperazione e di morte.Getta le sue agiel che teneva nelle mani conserte in fondo al letto, in segno di pace temporanea.
prendo la dose di coraggio più grande che la mia condizione fisica e mentale mi permette e le porgo una domanda; "cosa vi ha fatto?"
Lei con il viso tramutato in una smorfia di dolore, segnato per la paura per la prima volta, mi dice "Male", continua "Me lo meritavo; non sono una buona mord-sith; devo morire".
In quell'istante nella mia testa il dolore e la sensibilità di quelle parole giuste, ma dette da una donna sbagliata predono il sopravvento. "Che cosa posso fare?"
Mi invia un sorriso forzato, e in una smorfia di dolore mi ripete"Ti dimentichi sempre".
Finchè non si addormenta con il cuore più leggero, lasciandomi stanca, sla e intorpidita più che mai, lasciandomi in un torrente in piena, lasciandoi come unica consolazione un tappeto e non il marmo rosa su cui riposare.

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Capitolo 13
*** La prma vittima....non si scorda mai ***


Ciao!
Piccola premessa. L’allenamento doloroso della nostra Cara procede e lei diventa dopo atroci sofferenze Mord-Sith. Non è più la dolce bambina che era quando è stata strappata dalle braccia di suo padre, ma come la serie e i libri raccontano sceglierà di stare dalla parte del nostro Richard (ahhh….. ops!).
Ho voluto solo raccontare che anche le mord-sith hanno momenti di debolezza come quello che la padrona di Cara ha provato dopo essere stata torturata dal suo padrone. Insomma, anche loro conservano ancora dei frammenti di cuore, raggelato durante le torture e le sofferenze…..un bacio

 









Porto la mano verso la tasca destra. Dolore. Una scossa di sgomento, sofferenza, grida e dolore scarica in me l’adrenalina necessaria. Alzo gli occhi. L’agiel ora è ben salda nella mia mano. Provoca un dolore inesauribile e incontenibile per il quale, per sempre sarò legata. Mord-sith. Il mio essere, il mio esistere è il dolore, che sin da bambine ci è insegnato a sopportare e controllare.

Sta correndo verso di me. Quel balordo ha una spadina corta nella destra e un pugnale d’osso nella mano opposta. Manca davvero poco. Chiudo gli occhi, mi lascio guidare dal dolore. Danzerò con la morte. Velocemente paro il colpo sinistro e glielo stritolo e incurvo; lo faccio cadere…..voglio usare l’agiel… lo giro su se stesso con la mano sinistra e lo metto in ginocchio davanti a me. Mi guarda. Avvicino deglutendo per il piacere di recare dolore la mia agiel al suo morbido e caldo collo; lo tocco. Lo go guardo negli occhi. Mi avvicino e, lo bacio. Il dolore mi attraversa. Respiro affaticata e sorrido. Lui cade. Ho danzato con la morte.

“ La prossima volta, niente sconto d’accordo?” lo colpisco alla testa e lo lascio lì, insanguinato. La mia prima vittima.  Ho fame.

 

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