The Game

di SilVerphoenix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Riot x 008 x Caccia ***
Capitolo 3: *** Shizune x 038 x Cuori ***
Capitolo 4: *** Sorte x Risveglio x Healer ***
Capitolo 5: *** Fumo x Cratere x Rabbia ***
Capitolo 6: *** Vendetta x Hisoka x Patto ***
Capitolo 7: *** Minaccia x Appuntamento x Valutazioni ***
Capitolo 8: *** Dolore x Nomina x Cammino ***
Capitolo 9: *** Masadora x Racconto x Sacrificio ***
Capitolo 10: *** Stelle x Aura Blu x Transazione ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


The Game

 
 
Prologo


 
 
"Devi tornare al covo immediatamente."

Hisoka lesse il messaggio con aria annoiata. Del Ragno non gli interessava più nulla, da quando Kuroro aveva perso la possibilità di utilizzare il Nen... però aveva sempre sentito una particolare attrazione per Machi. Niente di sentimentale, s'intende. I suoi poteri lo affascinavano. Era quando incontrava persone come lei, o come Gon, che avrebbe voluto possedere l'abilità di Kuroro, per fagocitarli dentro di sè.
Il suo sguardo si perse all'orizzonte.

Si stava annoiando.

Non vedeva alcuna sfida davanti a se che lo stimolasse: Gon aveva ancora parecchia strada da fare per diventare un avversario appetibile, e non gli veniva in mente nessuno contro cui valesse la pena combattere. E che altro senso aveva la vita se non ricercare una sfida che lo portasse a violare i propri limiti fisici e psichici, ancora una volta?

Distrattamente, lanciò un altro sguardo al cellulare.
Sospirò, quindi si decise a rispondere con un altro sms.

"Perchè?"

Machi rispose quasi immediatamente.

"Sono impazziti tutti."

Hisoka sollevò un sopracciglio, osservando il cellulare con sguardo interrogativo, e quello riprese a vibrare, come avesse capito le sue perplessità.

"Sono tutti esaltati per uno stupido gioco. Sono entrati nella console e c'è un solo spazio libero ancora... Non voglio essere io ad andarli a prendere."

Tutto qui? Che noia.

"E io che c'entro?" Rispose brevemente, già perso l'interesse nella faccenda. Che la brigata si risolvesse i problemi da sola.
Ma le successive parole di Machi lo freddarono.

"Ho capito, hai paura. Non temere, farò da sola. Capisco che sia rischioso."

Sapeva benissimo che lei stava facendo leva su un aspetto del suo carattere solo per manipolarlo. D'altra parte, Machi aveva questa capacità innata di capire le persone, quell'istinto così animalesco da somigliare in qualche modo a quello di Gon. Con la differenza che Machi aveva molti anni di esperienza più del bambino, e aveva trovato una sua personalissima specializzazione delle sue peculiarità. Sembrava quasi potesse predire il futuro, tanto era potente... non certo nel modo che Kuroro aveva imparato a fare, piuttosto in una sua versione diluita ma incredibilmente più precisa.
Hisoka non rispose al messaggio, premette invece il tasto verde sul suo dispositivo.
Machi rispose al primo squillo.

"Cosa vuoi?"

"Una cena."

"No."

"No? Cosa ci guadagno allora? Sai che non faccio niente per niente."

"Non ti basta il divertimento di un gioco mortale?" Sussurrò suadente la ragazza.

"Una cena."

"Hai un'ora per essere qui."

"E' un sì?"

"Muoviti."



[Cantuccio dell'Autrice: è la prima fanfic che scrivo su HxH, spero che sia di vostro gradimento.. i miei capitoli saranno abbastanza brevi ma ho l'abitudine di aggiornare frequentemente.
Per chi segue Stella e We Will, HP, è un momento di vuoto totale ma spero di riprenderle presto!!!]



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Capitolo 2
*** Riot x 008 x Caccia ***



Riot x 008 x Caccia
 

Hongbo aveva una voce profonda e tranquillizzante, e Gon aveva immediatamente percepito di potersi fidare di lui.
Killua, invece, lo seguiva guardingo. Aveva già capito che i pericoli che li attendevano in quel mondo virtuale erano molto più grandi di quelli a cui si erano mai esposti, e non voleva abbassare la guardia nemmeno un istante.
“Siamo quasi arrivati. Ci chiamano il Riot, abbiamo occupato una grande stanza in un edificio di questa città, l’hotel Mistral, e da qui ci muoviamo per andare e venire indisturbati. Non siamo un grande gruppo, ma abbiamo quello che ci serve per sopravvivere.” Stava intanto spiegando l’uomo dai capelli quasi bianchi.
“Entrate.”
Aprì la porta di legno scuro di un palazzo e fece loro strada al suo interno. Si ritrovarono in un grande stanzone aperto, in cui una dozzina di persone erano impegnate nelle più svariate attività.
“Hongbo, ti stavo aspettando! Oggi non cucini tu?” Li accolse una donna.
Killua la studiò in un momento, i sensi all’erta, cercando di rimanere vigile per scattare al minimo segnale di pericolo.
“Ciao Alistel, questi sono due nuovi arrivati.” Esordì senza preamboli l’uomo che li aveva accompagnati.
La donna si aprì in un sorriso allegro. “Benvenuti.”
“Ciao! Io sono Gon, e questo è Killua!”
“E’ il momento di preparare da mangiare, per me. Vi affido a lei, siete in buone mani.” Si congedò l’uomo.
“Bene.” Quella di nome Alistel sorrise di nuovo, un sorriso sincero e gioviale. “Venite con me, vediamo dove potete sistemarvi. Chiedetemi pure qualsiasi cosa vi venga in mente, e nei miei limiti cercherò di rispondervi.”
“Sei un giocatore vero? O fai parte del gioco?” Chiese Killua, dubbioso.
“Sono un vero player. Sono qui dentro da molto tempo, ma non ho fretta di tornare. Preferisco farlo tutta intera, piuttosto che rimetterci le penne.” Rispose lei sinceramente, indicando subito dopo un lato della sala. “Andiamo, lì c’è spazio per due nuovi giacigli.”
“Dobbiamo procurarci le carte da mettere nel libro e trovare degli incantesimi. Tu sai cosa sono?” Chiese speranzoso Gon.
“Certamente. Ora vi spiego, ma intanto sistemate le vostre cose.” Così dicendo, prese delle coperte e dei cuscini da uno stanzino e li lanciò verso di loro, che si affrettarono a metterli disordinatamente a mo’ di cuccia, ottenendo un’occhiataccia dalla donna. Sconsolati, i due ragazzini si decisero a fare del loro meglio per creare dei posti letto accettabili.
“Adesso ci siamo. Tengo molto all’ordine, qui dentro. Ci sono un sacco di maschi e siamo solo tre donne, sarebbe un disastro se li lasciassi fare a modo loro…” Ridacchiò Alistel.
“Sei il capo della banda?” Domandò Killua, scrutandola.
“No. Non c’è un capo, siamo tutti compagni. Ma sono uno dei membri che è qui da più tempo, e tendono ad ascoltarmi almeno sulle faccende della casa.”
“Allora?” Insistette Gon, impaziente. “Le carte? Gli incantesimi?”
“Siete proprio eccitati, eh?” Rise lei. Killua pensò che tanta allegria sembrava fuori luogo in un posto del genere, e lei sembrò leggergli nella mente.
“Seguendo le dinamiche del nostro gruppo, questo posto è meno pericoloso e meno tragico di quanto tu possa credere. Sono anni che vivo qui, mi sono abituata. Non sono un’incosciente o una spericolata. Semplicemente, sono in grado di difendermi dai pericoli di questo mondo. Avanti, nessuna spiegazione è migliore della pratica. Andiamo.”
“Dove?” S’impuntò Killua.
“A prendere una carta, ovvio.”
L’esaltazione di Gon a quella risposta parve evidente, mentre afferrava l’amico per il braccio e lo spingeva a seguire quella piccola figura bionda che sembrava tanto sicura di se.
Dirigendosi verso l’uscita, lei si fermò solo un istante a parlare con una donna alta dai capelli corti e rossi, accucciata accanto ad un arco. “Yamata, sono nel bosco, se qualcuno dovesse avere bisogno di me.”
“Aspetta Alistel.” La rossa la guardò preoccupata. “Hai visto quanti sono i nuovi arrivati? I cacciatori di taglie sono come mosche impazzite intorno ad un barattolo di miele. E sappiamo benissimo quanto siano interessati a farti fuori.”
Per la prima volta, il sorriso sul volto della bionda si fece più pericoloso e meno allegro. “Ed è mai stato un problema? Andiamo, ragazzi.”
“No.” La determinazione della donna alta era palpabile, il suo sguardo preoccupato dava alla sua negazione un che di definitivo. “No, Alistel. Ti esponi ad un rischio troppo grande, e Albezack se la prenderebbe con noi che ti abbiamo permesso di uscire. Accompagnerò io i ragazzi nel bosco.”
La bionda sospirò. “Va bene. Fate attenzione. Vi manderò Albe almeno in copertura, non appena rientrerà.”
Finalmente i lineamenti sul bel volto olivastro della compagna si distesero, e annuì, prima di incamminarsi verso l’uscita, l’arco sulla schiena. “Seguitemi!”
“Tu quante carte hai raccolto?” Chiese Gon, non appena si ritrovarono in strada.
“Per adesso ne ho quaranta nove.”
Killua sbarrò gli occhi. “Così tante?”
“Diciamo che sono a buon punto. Ma la penso come Alistel, non ho fretta.”
Camminarono tanto che i due ragazzi sentirono di nuovo brontolare lo stomaco. Era quasi ora di cena, e il gran piatto di spaghetti mangiato a pranzo lo avevano già smaltito con quella montagna di piatti che avevano dovuto lavare.
“Stiamo entrando nella foresta di Kean. Statemi vicini, mi raccomando.”
“Sono cresciuto tra i boschi, io!” Gongolò il più piccolo, contento di essere tra paesaggi familiari.
“Forse nel mondo reale, ma questa non è per niente qualcosa a cui tu possa essere abituato, Gon.” Rispose preoccupata la ragazza. “Ascolta, ogni cosa qui è composta da immagini fittizie, create dai programmatori del gioco. Non devi credere che potrai davvero ferire un animale, o una pianta. Tutto ciò che oggi distruggi, domani, o tra un’ora, o dopo pochi istanti, sarà ripristinato dal gioco stesso. Tienilo a mente, è fondamentale.”
“Cosa dobbiamo fare?” Domandò Killua teso, guardandosi intorno e scrutando ogni singolo dettaglio degli alberi, delle foglie e perfino degli insetti intorno a loro.
Yamata si coprì la bocca con un dito, e continuò a camminare silenziosamente, scivolando nel sottobosco e quasi confondendosi con esso. I suoi compagni non erano da meno: Killua era stato addestrato a fondersi con l’ambiente, Gon l’aveva appreso vivendo tra i boschi.
La ragazza si arrestò improvvisamente ai margini di una radura nella quale, in una parete di roccia enorme che sembrava la base di una montagna, si intravedeva un’entrata.
“Ci siamo. All’interno di quella grotta si trova un grizzly. Bisogna ucciderlo e strapparne un dente.” Spiegò.
“Bisogna ucciderlo per forza?” S’indignò Gon. “Possiamo farlo anche senza togliergli la vita.”
“Non è una creatura vivente, Gon. Anche a me all’inizio è stato difficile metabolizzare il concetto, ma adesso mi è chiaro.” Rispose Yamata. “E comunque, è l’unico modo di portare a compimento la missione e ottenere la carta. Appena avrete separato il dente dal corpo, questo si tramuterà in carta. Avete solo sessanta secondi per inserirla nel libro, quindi fate in fretta. Sarà la numero 008.”
Killua annuì e prese Gon per il braccio. “Andiamo!”
“Ancora un attimo.” Li riprese per la collottola lei. “Uno alla volta. Bisogna rispettare le dinamiche previste dal gioco. Ma non avrete problemi, il vostro potere è sufficiente per questo compito.”
“Allora vado prima io!” Sorrise agguerrito il minore.
Killua scosse le spalle. “Come dici tu.”
In meno di cinque minuti, il ragazzino era di ritorno. Stringeva il libro in mano e aveva l’aria felice. “Un gioco da bambini!”
Yamata applaudì. “Ben fatto. L’orso si rinnova ogni ora, quindi aspettiamo un po’, così potrà provare anche Killua!”
E fu in quell’istante che i tratti del suo viso si irrigidirono. “Nella caverna, svelti.”
“Cosa?”
Subito!”
Ma non avevano fatto che pochi passi verso la parete di roccia, che come due fulmini, due figure calarono dagli alberi e si piazzarono davanti a loro.
Contemporaneamente, altri tre emersero alle loro spalle, sbarrando la strada verso la fuga nella foresta.
“Guarda chi c’è, la piccola arciera che ha deciso di fare la baby sitter.”
Ghignò uno dei banditi.
Il sorriso era scomparso dai lineamenti della ragazza, adesso era del tutto focalizzata sugli aggressori.
“Dannazione.” Mormorò.
“Possiamo sistemarli.” Disse Killua, guardandola preoccupato.
“State calmi, ci penso io.”
“Presto! Adesso!” Urlò uno dei cacciatori di taglie agli altri. “Prima che scocchi alcuna freccia!”
Uno dei compagni materializzò una frusta e la schioccò contro l’arco della rossa, che lo strinse con forza perché non le fosse portato via. Un altro stava per lanciare un pugnale verso di lei, ma il suo gesto si bloccò a metà, e i suoi occhi si fecero vacui.
Un’altra ragazza avanzò nella radura, alle spalle dei tre che si trovavano ai suoi margini.
Aveva sollevato una staffa davanti a se, come a formare una barriera, e improvvisamente i due ragazzi la videro brillare dell’aura della biondina, uno splendente blu zaffiro, lo stesso colore della sfera posta in cima alla staffa.
I banditi si paralizzarono. Una sorta di calma irreale scese sulla radura.
Gon pensò che non si sentiva così bene da quando, un bimbo alto non più di una ruota di formaggio, la zia Mito lo prendeva in braccio e lo cullava fino a farlo addormentare.
Killua pensò che non aveva provato una sensazione di così grande pace in nessun momento della sua vita, se non quando era con Gon sulla sua isola natia.
E, persi in quei ricordi piacevoli, gli sembrò quasi di estraniarsi dalla scena che intanto aveva luogo davanti ai loro occhi: un’altra figura era emersa dal bosco, un uomo alto, e aveva immobilizzato e neutralizzato uno per uno tutti gli avversari, coadiuvato dalla rossa, che aveva sciolto la frusta dalla sua arma e l’aveva rimessa al suo posto, sulla schiena.
Nel momento in cui il nuovo arrivato alzò lo sguardo e incontrò quello della biondina, la staffa smise di brillare della sua aura, e con lei, anche la ragazza.
“Ce la stavo facendo anche da sola.” Grugnì Yamata.
“Sì, abbiamo visto. Ma non impedirmi di fare la parte dell’eroe.” L’uomo le si avvicinò e le diede un buffetto sulla spalla, poi si rivolse ai due più piccoli.
“Mi hanno detto di voi. Allora, già prese entrambe le Numero Otto?”
“Cos’era quella cosa?” Sussurrò Killua, ancora turbato.
Yamata scrollò le spalle. “Shizune.” Rispose soltanto, indicando con il capo la prima delle figure emerse dal bosco, una biondina bassa, non molto più grande di loro, che somigliava incredibilmente ad Alistel, la donna conosciuta in città.
“Shizune è della Trasformazione.” Spiegò quello alto. “Riesce a tramutare le aure delle persone che entrano nel suo raggio d’azione, eliminando la loro aggressività. Li rende dei gattini in estasi, per intenderci.”
Gon sbarrò gli occhi. “Nessuno può toccarti allora!”
“Più o meno.” Lei si strinse nelle spalle. “Se vengo presa alla sprovvista, è un problema. Ma se sono vigile, no, nessuno può attaccarmi.”
“E qui entriamo in gioco noi.” Sorrise l’uomo. “La teniamo sempre sott’occhio, in modo che nessuno possa approfittare di una sua distrazione. Comunque, io sono Albezack. E sono il più forte dei player sull’Isola.”
“E anche il più modesto.” Sbuffò Yamata. “Avanti Killua, va a prendere la carta numero Otto. Ti aspettiamo qua.”
L’ex mercenario ci mise poco più di un minuto, prima di uscire con le mani in tasca. “Tutto qui?”
“Ben fatto, ragazzo!” Gli diede una pacca sulle spalle Albezack. “Torniamo in città adesso, ci aspetta una lauta cena. Certo, purché Alistel sia stata lontana dalle cucine, o non sarà rimasto niente per noi!”

Due occhi gialli osservarono il gruppetto allontanarsi dalla radura nella quale aveva avuto luogo lo scontro. Era troppo lontano perché loro avessero potuto avvertire la sua aura, ma aveva assistito ad ogni cosa.
In un incontrollabile gesto istintivo, Hisoka si leccò le labbra.

*



[Cantuccio dell'Autrice:Permettetemi di ringraziarvi, tutti quelli che sono passati per una lettura e sono arrivati sin qui... Ma un ringraziamento speciale va a Keyla, per la sua recensione! Spero di avere presto qualche vostro riscontro su questo nuovo capitolo. A presto!]
Silver


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Capitolo 3
*** Shizune x 038 x Cuori ***


Shizune x 038 x Cuori
 


“Non mangiavo così da secoli!” Mugugnò Gon soddisfatto, stiracchiandosi.
“Già.” Commentò a fatica Killua, un pezzo di torta ancora in bocca. “Mi passi quella crostata?”
“Come fai ad avere ancora fame?!”
“Eh sono un ragazzo in crescita, io!” Sorrise beffardo lo Zaoldyeck, prima di ingurgitare la settima porzione di dolce.
“E io no??”
“Sono contenta che vi sia piaciuta la cena!” Trillò allegra Alistel, riempendo con gioia anche il proprio piatto.
“Sei senza ritegno.” La prese in giro Albezack, prendendo anche lui una fetta di torta.
“Ha parlato quello dallo stomaco chiuso…” Rispose lei con una linguaccia.
Quando erano rientrati all’hotel Mistral, dopo aver recuperato le carte, i due giovani avevano scoperto qualcosa di più sui loro nuovi amici. La donna bionda, sulla porta, aveva salutato Albezack in un modo che lasciava pochi equivoci sulla loro relazione sentimentale… Ma non era stato quello a sorprenderli maggiormente. Se nel bosco avevano avuto l’impressione che la piccola Shizune la ricordasse, nel vederle una accanto all’altra, se ne percepiva in pieno l’incredibile somiglianza.
“Shizu è mia sorella minore.” Aveva spiegato infatti la più grande, scompigliando il caschetto altrettanto biondo della ragazza, e guadagnandosi un’occhiataccia.
Killua, studiando di sottecchi la piccola delle due sorelle, strinse gli occhi riflessivo. C’era qualcosa in quella ragazza silenziosa che gli ricordava… se stesso.
“Che c’è?”
“Nulla. Sta in guardia!” Punzecchiò con un dito la pancia di Gon, che rischiò di rovesciare il contenuto del suo stomaco sul tavolo, dando il via ad una piccola lotta delle loro.
“Sono proprio carini.” Sorrise Alistel, guardandoli con tenerezza.
“Il tuo senso materno è sconvolgente, Ali.” Lo sguardo dell’uomo al suo fianco, un misto tra esasperazione e dolcezza, era tutto per lei, invece.
Shizune rispose con un grugnito di assenso, il massimo della sua loquacità quella sera. Quindi mormorò “A mezzanotte devo trovarmi a Cinnamon Square. Devo prendere la Numero Trentotto, è il mio turno oggi.”
“Sarà una passeggiata per te, sorellina.” La incoraggiò Alistel.
“Sì. Vado a prepararmi. Ci vediamo domattina.”
Non appena si fu allontanata, Albezack scosse il capo. “E’ perfino più taciturna di me da piccolo. Certe volte mi chiedo come sia possibile che siate sorelle.”
“Lei ha ereditato il potere di papà, io la loquacità di mamma. Divisione equa, no?” Scherzò la donna, prima di cominciare a sparecchiare. “No, stai comodo. Mi fa piacere sistemare io. Almeno so che non combinate danni.”
“E puoi sbafarti ciò che è rimasto.” La punzecchiò l’uomo.
“Beh, con i nostri nuovi ospiti, temo che non sia rimasto granché oggi!”
 
 
La carta 038 raffigurava un anello, ed era una carta arancione.
I colori erano distribuiti in base al grado di rarità: bianco, per le più comuni, per poi passare a viola, blu, verde, arancio, rosso, e nero. Le carte nere, o Black Set, erano molto difficili da ottenere, ed era possibile trovarne al massimo due copie per ognuna. Per quanto ne sapeva Shizune, erano solo tre le carte che appartenevano al Black Set, le 080, 089, e la mitica Numero Zero. Nel loro gruppo nessuno ne possedeva una, nemmeno sua sorella maggiore, che aveva il raccoglitore più vasto di cui lei fosse a conoscenza: settantanove carte al posto giusto.
Lo scopo del loro gruppo era di aiutarsi reciprocamente, ma c’erano cose che non potevano essere fatte insieme: le carte rosse erano presenti, per esempio, in sole dieci copie. Di queste, solo quattro erano disponibili quando Alistel era arrivata sull’isola, e una era riuscita ad ottenerla lei. Poi, tramite gli sforzi congiunti del gruppo più stretto ed unito del Riot, avevano conquistato un’altra rossa, ed era andata ad Albezack, a sorteggio. Questo significava che non tutti avrebbero potuto aspirare a finire il gioco, perfino all’interno del Riot.
Shizune non pensava che quella del gruppo fosse una buona idea: era già capitato che all’interno dei loro ranghi qualcuno provasse a rubare le carte a qualcun altro. Non si erano risolte bene quelle faccende. Ma doveva ammettere che senza l’aiuto del Riot, non sarebbe mai arrivata dov’era… cinquantotto carte. E quella sera, forse, avrebbe aggiunto la cinquantanovesima, la Numero Trentotto.
A parole, la missione era molto semplice: doveva introdursi in una tenda e parlare con una cartomante. Questa avrebbe posto un indovinello, e se lo avesse risolto, Shizune avrebbe ottenuto la Numero Trentotto.
Il problema era trovare la tenda, che appariva sull’isola in un luogo diverso e in un’ora diversa, e solo una volta a settimana. Secondo i loro accurati calcoli, quel giorno doveva essere a mezzanotte in punto sull’altopiano di Cinnamon, poco distante dalla città. Solo per questo motivo, Alistel non aveva insistito per accompagnarla, cosa che in genere si premurava di fare.
E Shizune ne era più che contenta. Avere la sorella maggiore accanto la metteva in agitazione.
Guardò l’orologio. Le 23.31.
Si accomodò sulla panchina e strinse a se lo zainetto che portava sempre dietro, certa che qualcosa non andasse.
E’ solo una tua impressione, le disse la parte logica del suo cervello.
C’è qualcuno. Suggerì l’istinto.
Stava per fare apparire la Staffa che portava sempre con se, per rassicurarsi, che un dolore acuto la centrò sul dorso della mano.
La ragazza localizzò immediatamente il piccolo ago in punta di un proiettile di carta… una cerbottana, doveva essere questa l’arma…
Non riuscì nemmeno a completare il pensiero, che la vista le si oscurò.
Che succede? Cosa mi hanno…
La mente intorpidita le impediva di pensare chiaramente, ma distinse ugualmente i passi. Dovevano essere due, forse tre assalitori…
“Lancia subito l’Incantesimo Paralizzante, prima che usi il suo potere!” Disse con tono rude una delle voci intorno a lei.
Shizune udì chiaramente l’apparire di un libro, e la paura l’assalì. Non poteva fare nulla, non vedeva niente, non capiva dove fossero i suoi avversari.
Il fruscio di una carta e poi, subito, lo stesso rumore, ma più forte: la carta era stata lanciata, sicuramente verso di lei, e presto sarebbe stata impossibilitata a muoversi, oltre che cieca…
Ma non successe nulla.
“Che diamine…” La voce di uno dei suoi assalitori era turbata, ma si spense nel nulla.
“Chi diavol…” Iniziò un altro, e anche lui si interruppe bruscamente. Solo un gemito seguì quelle parole.
La paura della biondina crebbe. Cosa stava succedendo?! Voleva i suoi occhi, rivoleva la sua vista!
Il veleno del quale era impregnato l’ago con cui l’avevano punta, probabilmente, stava facendo effetto, perché ben lungi dal recuperare i suoi sensi, li perse del tutto, e svenne accasciandosi sulla panchina.
Da quella posizione, nemmeno se avesse avuto gli occhi aperti avrebbe potuto vedere cos’era successo alle sue spalle: tre uomini erano a terra, la gola squarciata da un taglio netto. La carta che avrebbe dovuto essere lanciata contro di lei, giaceva invece poco lontano, inchiodata ad un albero, da un’altra carta da gioco, che l’aveva centrata, sbalzata di mano al suo possessore e conficcata contro la corteccia.
Era un Re di Cuori.



[Cantuccio dell'Autrice: Buon 2014!!! Ecco, post feste, un nuovo capitolo. Spero vi abbia incuriosito abbastanza da mettervi voglia di seguire il resto della trama. C'è chi ha parlato di Feitan, chi di Phinks.... beh, ho l'impressione che qualche Ragno salterà fuori a momenti... ma niente spoiler, solo qualche ringraziamento: a Yukiko e Keyla, che hanno trovato il tempo di lasciarmi un commento, e a tutti voi che leggete, seguite, e spero mi farete sapere che ne pensate! A presto!]
Silver


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Capitolo 4
*** Sorte x Risveglio x Healer ***



Sorte x Risveglio x Healer
 
 
“Allora, musone, vuoi dirci cos’hai che non va?”

Il ragazzo si strinse nelle spalle. “La trovo una cosa sciocca, giocarcela a dadi. Vuoi farlo tu? Fallo tu.”

“Tutti vogliamo farlo, no? Shal vuole farlo, io voglio farlo, Franklin lo stesso. Ce la giochiamo per questo!”

“Che Fei Fei non voglia? Avrà forse paura?”

Irritato dal tono, da quel soprannome ridicolo creato apposta per infastidirlo, e dall’intera situazione, l’interrogato rispose con una sola delle sue occhiate glaciali, e sarebbe bastato quello sguardo a fare fuggire la maggior parte delle persone assennate. Ma non i suoi compagni.

“E va bene, Feitan non parteciperà alla conta.” Tagliò corto spazientita una di loro, alzando appena gli occhi dal libro che stava leggendo. “Adesso procediamo. Vediamo a chi toccherà divertirsi stasera.”
 


*
 


Nel momento esatto in cui si svegliò, la ragazza ricordò ogni cosa successa quella notte, e rimase immobile. Prima di aprire gli occhi, cercò di capire quanto più possibile del posto nel quale si trovava.
Sicuramente, era su un letto: sentiva la morbidezza di un materasso lussuoso sotto di se, e il profumo tipico di ammorbidente costoso sulle lenzuola. A giudicare dai rumori, un camino scoppiettava a poca distanza. Dall’incostanza della luce dietro le sue palpebre serrate, poteva intuire che l’unica fonte di essa fossero le fiamme dentro il camino.
Non le era possibile stabilire altro, dai dati in suo possesso, e sentì di nuovo la paura sorgere dalle profondità della sua mente. Che era capitato? Dove si trovava?
L’unica sua certezza, era che non si trattava del Mistral: non c’era niente di così sfarzoso nel quartier generale del Riot.
“Grazie.”
La voce la fece sobbalzare, e d’istinto aprì gli occhi. Era convinta che non ci fosse nessuno intorno a lei, non aveva sentito nemmeno un respiro, e generalmente il suo udito sensibilissimo le permetteva di captare qualsiasi suono in un ambiente chiuso come quello. Ma poi era arrivato quel tono ironico e divertito.
“Se non fosse stato per te, non avrei saputo dove trovare questa.”
L’uomo che aveva parlato era appoggiato alla finestra, e teneva in mano un album. Probabilmente al suo interno aveva riposto una carta.
“La Trentott..” Shizune si schiarì la voce, preoccupata dal rantolo rauco che le era uscito dalle labbra. “Intendi la Numero Trentotto? L’hai presa tu?”
“Mi sembra il minimo dopo averti salvato la vita, non credi?” Il sorriso che distese le labbra del giovane era…
Pericoloso, fu l’unico aggettivo che le venne in mente.
“Chi sei?”
Lui sbuffò. “Una domanda più originale, dai. Puoi fare di meglio.”
“Perché mi hai portato qui?”
L’uomo fece sparire il libro, e aprì le mani verso di lei. Passando vicino al fuoco, lo poté vedere meglio, ma non riuscì a capire molto nemmeno della sua età: doveva avere qualche anno più di lei, meno di Alistel comunque.
“Vedi, già stiamo migliorando. Questa è una domanda più interessante.”
“Rispondi.” Shizune cominciava a perdere la pazienza.
Il ragazzo invece sollevò un indice e lo ondeggiò da una parte e dall’altra, come per rimproverarla. “Un po’ di buone maniere, no? Se non fossi stato nei dintorni quando i tuoi amici ti hanno punzecchiata con i loro simpatici arnesi, non saresti qui a fare questa piacevole chiacchierata con me.”
“Bene, grazie allora.” Borbottò lei. “Adesso per cortesia, rispondi. Perché sono qui, e dove ci troviamo?”
Hisoka si strinse nelle spalle. “Suppongo di dovermi accontentare. Siamo nella suite dell’ hotel Luxury, il migliore della città. Ma sono certo che già lo sai, vivi qui da parecchio, direi. E il motivo per cui sei ancora tra noi, è che pensavo tua sorella non sarebbe stata sufficientemente di buon umore per esaudire le mie richieste, se tu fossi rimasta accidentalmente uccisa.”
“Cosa vuoi da Alistel?” Scattò subito sulla difensiva la biondina.
“In città si dice che sia un healer. Potrei avere bisogno dei suoi servizi.”
Shizune lo scrutò con un’occhiata beffarda. “Non mi sembri poi così ferito… o dolorante.”
Il giovane scrollò le spalle. “Discuterò con lei di ciò che mi serve.”
“Sono un healer anche io.” Si trovò a quel punto a confessare la ragazza. Decise finalmente di scendere dal letto, sentendosi più sicura, e cominciando a riprendere il controllo della situazione. “Fammi vedere che ti sei fatto. Non sono brava come Alistel, ma posso guarire efficacemente le ferite superficiali.”
“Non mi serve.” Tagliò corto Hisoka. “Ho saputo in città che Alistel può asportare il Nen impresso su una persona. E’ questo che deve fare per me.”
Il viso della biondina si aprì in un sorriso sarcastico. “Ti hanno inchiodato con qualcosa di spiacevole?”
Il prestigiatore sbuffò. “Sei proprio una ficcanaso. Allora? Sei in grado di farlo tu o devo rivolgermi a lei?”
“No, non è una delle mie competenze, ma è vero, Alistel ne è capace.” Ammise Shizune riluttante. “Giurami che non hai intenzione di torcerle un capello.”
Lui sorrise di nuovo quel ghigno spaventoso. “Perché dovrei? Finché mi serve, non corre alcun pericolo.”
Lei stava per ribattere qualcosa di poco carino, quando, nel giro di un istante, sbiancò. “Devo tornare subito al Mistral. Sta succedendo qualcosa.” Disse, prima di lanciarsi verso la porta.
Hisoka l’afferrò per un braccio. “Come fai a dirlo? Siamo troppo lontani dall’edificio perché tu possa averne percepito l’aura, perfino usando il Nen.”
“Nen un corno!” Sbottò la ragazza, divincolandosi. “E’ mia sorella. Non ho bisogno del Nen per sapere se è in pericolo!”
 

[Cantuccio dell'Autrice: Ecco il nuovo capitolo!!! Innanzi tutto, i ringraziamenti: alla fedelissima Keyla, e alla nuova arrivata Kokomori! Spero di non avervi deluso e che anche questo capitolo sia stato abbastanza intrigante da spingervi a continuare la lettura.
Fatemi sapere, mi raccomando! Buona serata, e a domani.]
Silver


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Capitolo 5
*** Fumo x Cratere x Rabbia ***



Fumo x Cratere x Rabbia
 
 

Killua tossì, stavolta talmente forte da svegliare Gon, praticamente stravaccato su di lui. Il ragazzo batté ripetutamente le palpebre, e stava già girandosi su un fianco per riaddormentarsi, quando avvertì l’odore di fumo. Scosse subito l’amico.
“Svegliati! C’è qualcosa che non va!”
A pochi metri da loro, alcuni degli adulti avevano già percepito il pericolo. Albezack stava attraversando a lunghe falcate la sala, mentre Alistel si stava premurando di svegliare chi ancora non si era destato.
In pochi balzi, la donna fu da loro. “Presto ragazzi, in piedi. Questo odore di fumo non mi piace per nulla. Dobbiamo uscire.”
I membri del Riot erano circa una ventina, e più della metà già stava sciamando fuori dalla sala. L’uscita era una singola porta, e la calca generata dalla paura rallentò notevolmente l’operazione. Alistel osservò preoccupata la scena, mentre Gon afferrava lo zaino e la canna da pesca.
La donna stava per dirigersi verso la ressa, quando Albezack tornò dalle cucine e si fiondò su di lei. “Non mi piace per nulla, Ali. Non riesco a trovare la fonte del fumo, non capisco cosa stia bruciando.”
Killua la distinse chiaramente corrugare le sopracciglia, ma nell’istante in cui aprì la bocca per rispondere, cominciarono le urla strazianti.
Gli occhi dei due adulti si incrociarono, dipinti dello stesso orrore e spavento, mentre vedevano la calca che aveva spinto verso l’uscita cercare di invertire la rotta e ripiegare di nuovo all’interno, con quel sottofondo di urla di terrore che faceva accapponare la pelle.
Gon si agitò, guardando intensamente Albezack e percependo la sua aura, tesa e pronta a scattare. Gli sembrò quasi di vedere i suoi muscoli gonfiarsi, mentre assumeva una posizione di difesa davanti a loro, proteggendoli da qualsiasi cosa stesse accadendo la fuori. Ma Alistel gli pose le mani sulle spalle, e subito lui attenuò la posa aggressiva.
“Aspetta. Cerchiamo di capire cosa sta succedendo.”
E in quel momento, l’intera facciata anteriore dell’edificio si sbriciolò, crollando su se stessa.
Una specie di tornado si era abbattuto su di loro. Soltanto grazie ai loro prodigiosi sensi e alla vista acutissima, Gon e Killua riconobbero immediatamente chi era a scatenare quella forza gigantesca.
Un ragazzo biondo, che ben conoscevano, gli occhi completamente vacui, rilasciava una forza incredibile.
Ai suoi piedi, già parecchi corpi cominciavano a svanire, richiamati dalla magia di Greed Island, che risucchiava i giocatori che non erano sopravvissuti, per riportare i loro corpi nel punto in cui avevano attivato la propria scheda di memoria, ossia fuori dalla console.
“Prendi i ragazzi e fila via!” Ringhiò Albezack, alzando la guardia, mentre il colore rubino della sua aura lo circondava, visibile grazie al suo Ten.
“Mai.” Rispose agguerrita Alistel. “Io non ti lascio.”
Hongbo sembrò materializzarsi accanto a loro. “Yamata… lei è…” Sussurrò, incapace di continuare.
Gon sentì la rabbia crescere dentro di se. “Maledetti…”
Anche Killua serrò i pugni. “Stanno facendo come con i Kuruta, come a York Shin City! Vogliono sterminare tutti!”
“Fuggite, subito!” Tuonò Albezack, il Ren adesso palpabile intorno a lui.
Hongbo li afferrò per le braccia. “Con me.”
“No! Moriranno se…”
“Nessuno è in grado di combattere contro Albezack, soprattutto se Alistel rimane dietro di lui. Ma rischiamo di farci male. Forza, venite con me.” Sussurrò concitato il vecchio giocatore, trascinandoli verso le cucine, dalle quali li spinse oltre l’uscita secondaria. “Presto!”
Mentre correvano per le stradine, il rumore delle urla divenne più assordante che mai, coadiuvato dal terribile fragore dell’edificio che crollava in più punti.  
“Dobbiamo tornare indietro!” S’impuntò Gon. “Quella è la Brigata Fantasma! Albezack e Alistel non hanno speranze contro di loro!”
“Non li hai mai visti all’opera. Fidati, è molto più sicuro per noi levarci da qui prima che sia troppo tardi!”
Il Mistral Building crollò definitivamente su sé stesso proprio in quell’istante, davanti ai loro occhi sconvolti. E fu la quiete.
Le urla erano cessate. Non c’era più alcun fragore di lotta o di combattimento.
Persone assonnate e giocatori stupiti cominciavano ad emergere dalle loro case cercando di capire cosa fosse appena accaduto.
Prima che il vecchio potesse accennare alcun movimento, Killua e Gon si erano già scambiati uno sguardo e si erano precipitati per i vicoli, cercando di aggirare le macerie per tornare dove un tempo si trovava l’entrata e la facciata anteriore.
Ciò che si parò davanti ai loro occhi fu uno spettacolo sconcertante: un enorme cratere aveva distrutto la strada antistante l’edificio, che non esisteva più. Una montagna di pietre era l’unica cosa che la luce della luna illuminava laddove un tempo si trovavano i tre piani del palazzo.
La cosa più sconvolgente, però, era la totale assenza di rumore.
Non c’era nessuno, lì.
“Dove sono finiti?”
“Devono essere qui!”
Erano qui fino a pochi istanti fa! Dal crollo saranno passati al massimo cinque minuti!”
“Gon.” La voce che li chiamò era roca. “Killua.”
I ragazzi si voltarono entrambi di scatto, per subire l’ennesimo shock della nottata.
“Cosa è successo?” Stava chiedendo Shizune, la sorella di Alistel, con un filo di quella voce rauca dalla preoccupazione.
Ma non era quello a turbarli, quanto l’uomo accanto a lei.
“Hisoka?!” Nel tono di Gon c’era tanta sorpresa quanta rabbia, ancora memore di come si era comportato il prestigiatore quando lui e il suo amico erano stati fatti prigionieri della Brigata.
Hongbo li raggiunse in quel momento. “Shizune, piccola, va tutto bene?”
“Sì, io… cosa è accaduto? Dov’è Alistel?!”
“Perché non glielo dici tu, eh?” Sbottò Gon, guardando fisso il pericoloso Hunter che aveva conosciuto ormai quelli che sembravano secoli addietro. “Diglielo, cosa hanno combinato i tuoi amici! Sono stati loro a ridurre in polvere questo posto!”
La biondina si voltò a guardarlo con odio e disprezzo. “Cosa vuol dire tutto questo? Mi avevi detto che non avevi intenzione di fare del male a mia sorella!”
Il volto del giovane prestigiatore non sembrava dipinto della sua solita ironia beffarda. “La Brigata era qui?”
“Non fare finta di non saperlo!” Lo aggredì ancora il ragazzino più piccolo.
Killua, preoccupato, mise una mano sul braccio di Gon, cercando di contenere la sua ira. Era ben conscio che nessuno di loro due era in grado di combattere contro Hisoka, ancora. Non era cauto affrontarlo così a viso aperto.
Hisoka, d’altra parte, corrugò le sopracciglia. “Chi c’era?”
Lo Zaoldyeck lo scrutò attentamente. Sembrava davvero che non sapesse nulla della faccenda. “Quello biondo. Io ho visto solo lui.”
“Shalnark. Avrà utilizzato la sua Auto Mode, per ridurre questo posto così. Se si fosse trattato del Rising Sun di Feitan, il cratere sarebbe molto più esteso.” Ragionò, quasi tra sé, Hisoka.
Shizune stava per cedere al panico. “Dov’è Alistel?!”
“Già, questo interessa anche a me. Dove si trova l’healer?”
Gon serrò i pugni, Killua distolse lo sguardo. Il corpo della ragazza non era in vista. Se era da qualche parte, doveva essere tra le macerie, o peggio, già al di là della console. E se così fosse stato, l’unico significato poteva essere che non era più in vita.
Alla fine, Hongbo ruppe il drammatico silenzio. “Albezack stava per affrontare questo Shalnark, nel momento in cui siamo andati via.”
“Albezack? E Ali gli copriva le spalle?” Domandò Shizune.
“Esattamente.”
“Ma se così fosse… non credo che ci sarebbero superstiti dei nostri avversari. E almeno Alistel dovrebbe ancora essere viva, anche se Albezack avesse rilasciato lo stadio finale del suo potere. La Suicide Explosion non può essersi rivoltata anche contro di lei, qualora lui l’avesse utilizzata.” Ragionò la ragazza.
“A meno che…” Il vecchio player, che aveva visto quelle ragazze crescere, stentava a parlare. L’ultima cosa a cui voleva credere era l’idea che l’aveva colpito. Non riuscì a guardarla, mentre parlava, e tenne gli occhi bassi. “Se questa Brigata di cui parlate avesse per prima… colpito Alistel, è possibile che la rabbia di Albezack sia arrivata al punto da portarlo alla Suicide Explosion. Questo spiegherebbe come siano potuti.. cadere tutti, da una parte e dall’altra.”
Shizune non resse, e per la seconda volta quella sera, le mancarono le gambe sotto di sé, e si accasciò. E per la seconda volta quella sera, fu Hisoka ad afferrarla al volo. “Mi stai dicendo che Alistel è morta.” Ringhiò il giovane, mentre la rabbia cominciava a invaderlo.
“Dovresti chiederne conto e ragione ai tuoi amici ragni!” Sbottò Gon, in preda all’ira.
Hisoka non rispose. Non ne era in grado. I suoi occhi, fuori dalle orbite, sembravano quelli di un folle.


*




[Cantuccio dell'Autrice: Eccomi qui! Ebbene, cominciano a delinearsi alcuni tratti della trama... che casinisti, la Brigata, eh?.. Cosa pensate che sia successo, là dove ora non c'è che un enorme cratere? Fatemi sapere, che io torno a produrre! ;) Un grazie a chi legge, uno particolare a chi segue, ma uno super speciale alla fedelissima Keyla, e alle care Kokomori e Yukiko! In trepidante attesa dei vostri commenti... vi do la buonanotte! baci]
Silver


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Capitolo 6
*** Vendetta x Hisoka x Patto ***


Vendetta x Hisoka x Patto
 
I pugni dolorosamente stretti, gli occhi lucidi e le labbra serrate, la ragazza guardò lo spaventoso spettacolo ai suoi piedi.

L’avrebbe pagata.

Chiunque aveva compiuto quel gesto, l’avrebbe pagata.

E anche Hisoka, l’avrebbe pagata, pensò.
Lei l’aveva mandato perché recuperasse gli altri membri della squadra prima che potesse succedere qualcosa di spiacevole, e invece quel vanesio buono a nulla non aveva concluso proprio niente.

Anzi.

Strinse i pugni ancora più forte, conficcandosi le unghie nei palmi. Una lacrima traboccò dall’argine dei suoi occhi azzurri, e Machi l’asciugò con rabbia, graffiandosi la guancia con la stoffa dei guanti.
Distolse lo sguardo dai corpi ai suoi piedi, e non lo posò nemmeno su quella stupida consolle che aveva portato i suoi compagni incontro a quell’infausto destino.

La sua vendetta sarebbe stata atroce.
 
*
 
Quei babbei.

Gli ci erano voluti alcuni minuti per riprendere il controllo. Non era stato facile stavolta, ma alla fine era tornato in sé.

Sì, era approdato su quel dannato gioco solo perché spinto da Machi, che voleva riprendesse il resto della banda: Feitan, Shalnark, Shizuko, Kurtopi. Stava dimenticando qualcuno? Ah, Phinks e Franklin.
Gli altri si erano messi in viaggio alla ricerca di Kuroro, e lei, rimasta sola, non voleva addentrarsi su Greed Island. Pensava dovessero dedicarsi a qualcosa di più utile, che giocare.

Ma ad Hisoka tutto ciò non interessava. Lui si stava annoiando, e aveva deciso di accettare quel diversivo solo perché non aveva niente di meglio da fare.
Appena arrivato in città, però, aveva capito che da quella storia avrebbe potuto ricavarci ben più del previsto. Nella locanda in cui si era fermato a mangiare aveva colto distintamente la conversazione di due avventori che parlavano di una certa Alistel, una donna in grado di liberare le vittime di un Nen malvagio che li incatenava.
I suoi occhi gialli avevano subito preso a brillare come topazi incandescenti, a quelle parole.
La sua mente era volata velocemente sui concetti.

Liberare dal Nen.
Kuroro.
Sfida mortale.

Aveva lavorato per così tanto tempo a quell’obiettivo, e lo aveva mancato quando ormai era sicuro che il suo momento di gloria fosse giunto, che la frustrazione era quasi nauseante. Ma a quanto pareva, non era tutto perduto. Avrebbe potuto portare questa guaritrice da Kuroro, asportare quel pesante giogo che gravava sulle sue spalle, e poi… combattere.

!

Il suo momento di gloria, quell’attimo di meravigliosa adrenalina nelle vene, sarebbe arrivato! Avrebbe annientato il suo avversario, sentiva quasi i muscoli tendersi al solo pensiero!
Un prodigio di energia sprigionata nel momento giusto, un’ impossibile combinazione di intelligenza strategica e potenza, e avrebbe trionfato sul suo cadavere!

…Ma quegli idioti si erano dovuti mettere in mezzo.

A quanto ne sapeva da Machi, con Shalnark ci sarebbero dovute essere solo Shizuko e Kurtopi. A meno che non si fossero già ricongiunti con Feitan e Phinks. Franklin era l’ultimo ad essere entrato nel gioco, prima di lui, e non sapeva se fosse già insieme agli altri.

Cos’era successo? Sembrava difficile che fossero morti tutti e tre. O tutti e cinque. O sei.

Il vecchio aveva spiegato dettagliatamente il potere di questo fantomatico Albezack, probabilmente l’uomo che il giorno prima aveva visto nella radura insieme ai due ragazzini: era in grado di eliminare i vincoli che generalmente il corpo umano pone alla circolazione del Nen; ad ogni vincolo eliminato, la sua potenza raddoppiava. Ovviamente, era anche un meccanismo autodistruttivo che poteva portare alla morte dell’utilizzatore, oltre che al semplice logoramento del corpo, nel momento in cui egli avesse volontariamente eliminato tutti gli otto vincoli presenti.
Tuttavia, Hisoka non riusciva a farsi persuaso che quel tipo avesse potuto sterminare metà dei Ragni in pochi minuti anche se a prezzo della vita, quando nemmeno lui era in grado di compiere un’impresa simile. E in ogni caso, se davvero era andata così, la rabbia rimontava dentro. Avrebbe voluto affrontarlo, un avversario del genere!
Ma gli avevano levato anche quell’opportunità.

Babbei.

Due colpi decisi alla porta attirarono la sua attenzione. Non aveva avvertito l’arrivo di nessuno, quindi era presumibile si trattasse di qualcuno che sapeva usare bene lo Zetsu.
Si trovavano al Luxury, nel quale avevano portato la semincosciente Shizune e si erano sistemati i ragazzi e quella specie di vecchio tutore che si portavano dietro. Hisoka non aveva fatto nulla per fermarli, voleva ancora capire come la loro presenza avrebbe potuto tornargli utile.

Soffiò sul castello di carte che stava costruendo e si alzò da terra per aprire.
Sollevò le sopracciglia in un’aria esageratamente sorpresa e divertita. “Risorta?”

“Fammi entrare.” Rispose risoluta la ragazza, fulminandolo con un’occhiata blu zaffiro.

Hisoka fece un gesto teatrale con la mano. “Una fanciulla che vuole introdursi nella mia camera da letto? Sarei folle a rifiutare.”

“Non sono in vena di chiacchiere futili.” Tagliò corto la biondina.

“Lo sei mai?” Le chiese lui, con un velo di malizia.

Recitare la parte, seguire il copione, non offrire mai i tuoi veri pensieri alla platea. Sempre.

“Gon e Killua mi hanno raccontato tutto di questa cosiddetta Brigata dell’Illusione. E anche dei tuoi piani. Ho capito a cosa ti servivano i poteri di mia sorella.”
Alla ragazza tremò la voce nel pronunciare l’ultima parola, sulla quale aveva dolorosamente esitato.
Hisoka analizzò la situazione velocemente. A giudicare dal disprezzo nel tono della sua interlocutrice, Shizune non giudicava molto nobile il suo comportamento.

“Sta per farmi una ramanzina, signora maestra?” Scherzò, aggirandola e sedendosi nuovamente sul pavimento, le spalle provocatoriamente voltate verso di lei. Tirò fuori le carte e represse uno sbadiglio.

“Sto per proporti un patto.”

Questo era già più interessante, valutò il giovane. Non rispose, inducendola a continuare.

“Alistel ha appreso le sue tecniche dal nostro maestro. Lui è in grado di compiere ciò che tu desideri, liberando il capo della tua banda dalla maledizione dei Kuruta.”
Hisoka spalancò gli occhi, improvvisamente attento. Lei non poteva vederlo, ma intuì dal suo silenzio e dall’irrigidimento delle sue spalle che ne aveva ottenuto la piena attenzione.
“Solo io so dove si trova. Solo io posso condurti da lui.”

Il giovane voltò appena il viso, e i primi raggi del sole nascente di quell’alba insanguinata, tinsero di rosso il suo profilo, dal naso appuntito, ai capelli immobili nella loro pettinatura bislacca.
“Cosa vuoi in cambio?”

“Sterminare il resto della banda. Quelli che sono eventualmente sopravvissuti, e gli altri, se ce ne dovessero essere. Tutte le zampe di questo ragno. E che tu, quando finalmente ti batterai con il loro capo, lo uccida.”

Hisoka sbuffò ironico. “Questo non dipende solo da me.”

“Ma lo sterminio sì. Quando saranno morti tutti, ti porterò dal mio maestro.” Affermò lapidaria lei.
Il prestigiatore si levò in piedi con grazia felina e si scrocchiò le nocche. Quando si volse a guardarla, aveva un’aria pericolosa, con quel suo ghigno sulle labbra, appena schiuse, che mostravano i denti bianchissimi.

“Cosa ti fa pensare che io sia in grado di compiere quello che mi chiedi? Magari potrei trovare un modo alternativo per farti parlare.”

Il corpo della biondina cominciò a rilucere della sua aura blu zaffiro, e quasi all’istante, Hisoka sentì la sua aura placarsi. Infastidito, provò a scacciare quella sensazione di benessere e di pace che stava cercando di ghermire la sua mente, con scarsi risultati.

“E’ l’unico modo che hai per scoprire dove si trova il mio maestro.”

“E se tu stessi mentendo?” Insinuò, mentre ancora combatteva la sua battaglia contro quella insopportabile atmosfera di calma che si stava facendo strada in lui.

“Correrai il rischio.” Ingiunse lei, indietreggiando di due passi verso la porta.

“Come fai ad esserne così sicura, bambina?” La punzecchiò adesso che, guadagnato qualche centimetro di distanza da lei, cominciava a sentire quel soffocante abbraccio mentale allentare la presa.

“Hai un’alternativa migliore?”

Un punto per la biondina, pensò Hisoka.
No, non aveva un’alternativa più allettante.

“Dammi la risposta entro stasera.” Furono le ultime parole che lei pronunciò prima di sgusciare fuori dalla stanza e liberarlo finalmente dal quell’invadente benessere fittizio.

*



[Cantuccio dell'Autrice:  Ieri sera non sono riuscita ad aggiornare, ma eccomi, con il nuovo capitolo! Le sorprese non sono finite, ve lo assicuro... c'è ancora parecchia carne da mettere al fuoco! Spero che anche questo vi abbia intrigato, questo e il successivo sono i capitoli che sinora mi sono piaciuti di più da scrivere. E voi che ne pensate?
Grazie sempre a chi mi sta accanto, leggendo questi capitoli, seguendoli, e soprattutto trovando il tempo per una recensione, come Keyla (*-*)  e Kokomori! A presto, baci ]
Silver


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Capitolo 7
*** Minaccia x Appuntamento x Valutazioni ***


Minaccia x Appuntamento x Valutazioni
 
 
Shizune aprì la porta che dal bagno privato della camera, riconduceva nella stessa, ma si immobilizzò.
Era completamente buia.

Se stava sorgendo il sole quando ho parlato con Hisoka, non può essere ancora notte fonda. Qualcuno deve aver tirato le tende… Che io avevo lasciato ben aperte. Ragionò.

Non vedeva nulla, oltre la lama di luce che dal bagno si riversava sulla pallida moquette della stanza principale.
Aveva chiuso a chiave, quando era rientrata? O era talmente sconvolta dalla discussione con quell’individuo, da averlo dimenticato?
Azzardò un passo nella stanza, in cui il buio, compatto come una densa marea di ombre, sembrava improvvisamente impenetrabile. I suoi sensi non registravano nessuna presenza, ma questo non significava che un abile utilizzatore del Nen non potesse essere celato nell’oscurità.

Shizune serrò le mani sull’asciugamano che l’avvolgeva, e fece un altro passo avanti. Doveva raggiungere l’interruttore della luce, sulla parete opposta.

Non appena sollevò la pianta del piede per compiere il terzo passo, avvertì il gelo di dita fredde sulle proprie spalle, e una voce che aveva imparato a conoscere e temere sussurrò a pochi centimetri dal suo orecchio sinistro “Te lo ripeto. Magari potrei trovare un modo alternativo per farti parlare.”

La ragazza s’irrigidì dal terrore, e le mani sulle sue spalle risalirono per fare pressione sui nervi del collo.

“Rilassati. Non mi riferisco a niente di spiacevole, sai?”

Come aveva fatto Hisoka ad entrare in camera sua? Era davvero stata tanto ingenua da lasciare la porta aperta, mentre era sotto la doccia?
La sua aura blu zaffiro cominciò a brillare. Forse l’avrebbe salvata anche quella volta…

“Non mi sembra una buona idea. Vedi, non ho intenzioni aggressive nei tuoi confronti. La tua aura non può attecchire sulla mia perché non sto pianificando di attaccarti… non con intenzioni bellicose, almeno.” Mormorò l’uomo, sempre più vicino al suo lobo.

In un istante le tornarono in mente quelle labbra socchiuse, come le aveva viste in camera di lui, poco prima, e quei denti bianchissimi da esse appena scoperti. Quasi come se le avesse letto nella mente, Hisoka la morse, senza delicatezza, senza riguardo, facendola sobbalzare dalla sorpresa.

Non stava cercando di sedurla. Le stava rammentando che era una bambola senza potere alcuno, in suo potere.

Le mani dell’uomo scesero sui suoi fianchi e l’attirarono verso di sé, mentre con i denti ancora sul suo collo le impediva di allontanare la parte superiore del busto.

“Ti prego…” Sussurrò Shizune, paralizzata dallo shock per quello che le stava facendo.

Lui allentò la presa sul collo per potersi discostare, non prima di averle, quasi ironicamente, baciato la pelle arrossata. “Mi preghi? E per cosa? Perché io continui?”

“N-no..” Esalò lei, pensando dentro di sé che qualsiasi cosa avrebbe detto o fatto non avrebbe potuto impedirgli di giocare con lei in qualunque modo avesse voluto.

...E in quel momento, un tonfo contro la parete spezzò l’incantesimo e Shizune saltò su a sedere, nella sua camera già brillante della luce del sole del primo mattino.

Stava sognando.

Il cuore le batteva talmente forte da volerle sfondare la gabbia toracica.
Non aveva mai fatto sogni del genere, e doveva capitare proprio la notte della morte di sua sorella e di tutto ciò che aveva considerato come una famiglia?
Era tutta colpa di quell’essere orribile, viscido come un serpente, che le era riuscito a strisciare perfino nell’inconscio.

Si guardò intorno confusa. Era ancora vestita, doveva essersi addormentata esausta quando era rientrata in camera dopo avergli proposto il patto.

Ma cos’era stato quel tonfo nella parete? La stanza accanto alla sua era occupata dai due ragazzini e dal vecchio Hongbo. Si tirò su e si lanciò in corridoio, spalancando la porta della loro camera.

“Sono caduto dal letto perché quando dorme lui scalcia come un cavallo!” La accolse subito Killua.

 "Ti abbiamo svegliata? Scusa.” Mugugnò l’altro, massaggiandosi un bernoccolo grosso come un pompelmo sulla fronte.

Lei si aprì finalmente in un breve sorriso. “No, anzi grazie. Stavo facendo un incubo terribile. Vado a cercare qualcosa per la colazione, voi avete fame?”
 

*
 

Quei babbei.

Il sorriso sulle labbra dell’uomo però aveva un che di divertito. Vedere i suoi ragazzi sulle sue tracce, spiarli, così lontano da fare fatica a distinguerli mentre si muovevano sinuosi tra la vegetazione… Non poteva avvicinarsi più di così, o lo avrebbero scoperto. Impossibilitato com’era ad usare lo Zetsu, sarebbe stato elementare per loro rintracciare la sua aura.

Lo stavano cercando.

Eppure i suoi informatori gli avevano riferito che Pakunoda si era sacrificata per metterli al corrente del patto che aveva accettato per salvargli la vita... Avrebbero dovuto sapere che bastava che si incontrassero perché la violazione di esso lo uccidesse.

Boulenov e Nobunaga avanzavano spediti e li perse presto di vista. Non se ne preoccupò. Li avrebbe tenuti d’occhio sporadicamente, ma sapevano badare a se stessi.

Lui doveva proseguire la sua ricerca.

Se c’era un maestro di Jonen ancora in vita che avrebbe potuto liberarlo da quella dannata catena, Kuroro l’avrebbe trovato.

Nel frattempo però, c’era un’altra persona che doveva incontrare. Il vincolo postogli dal Kuruta aveva fatto in modo che non potesse comunicare in alcun modo con i membri della Brigata.

Quelli attuali.

Nulla gli vietava di prendere contatto con qualcun altro, e spedirlo poi dai suoi Ragni, affinché lo reclutassero.

C’era un soggetto molto interessante, che gli aveva chiesto tempo addietro un appuntamento formale.
Era il momento di fissare quell’incontro.
Prese il cellulare e scorse la rubrica fino all’ultima lettera, poi, sorridendo alla vista di quel prestigioso cognome, premette il pulsante d’invio della chiamata.

Sì, sarebbe stato proprio un ottimo acquisto. Era ben motivata, la fama dei membri della famiglia Zaoldyeck.

 
*

 
“Cosa ne pensi, Gon?”

Il ragazzo rispose quasi subito. “Penso che Hisoka accetterà l’accordo di Shizune. Lei aveva detto che glielo avrebbe proposto a breve.”

“Ne sembri parecchio convinto.” Disse Killua, sorpreso.

Gon sorrise furbo. “Lui vuole  scontrarsi con il capo dei ragni. Se Shizune è il mezzo per arrivare al suo scopo, farà tutto quello che lei gli chiederà!”

“La fai facile, tu.” Scosse il capo l’amico. “Hisoka non mi sembra tipo da farsi manipolare così facilmente.”

Il minore si strinse nelle spalle. “Vedremo.”

“E noi cosa facciamo?”

Stavolta, Gon ci mise di più a rispondere. “Secondo te è vero quello che ha detto il signor Hongbo? Hanno ucciso tutte quelle persone per avere più carte disponibili e finire il gioco?”

“Non lo so. E’ possibile. Probabile, direi.” Si mantenne sul vago l’ex mercenario.

Lo sguardo del giovane Hunter s’indurì. “Sono persone orribili. Comincio a capire davvero Kurapika. Hanno ucciso tantissima gente. Voglio restare con Shizune e dargli la caccia.”

Killua sospirò. Sapeva che il suo amico sarebbe stato di quell’avviso, ma aveva comunque sperato che quella volta sarebbe andata diversamente. “Gon, ma tuo padre? Non siamo qui per trovarlo?”

“Te l’ho detto quello che recitava la registrazione. Dice che qui non c’è nulla che mi ricondurrà a lui.” Il tono del minore tradiva la sua delusione nel pronunciare quelle parole.

“Ecco, ancora una volta ti lasci distrarre dal tuo obiettivo. Sei così volubile. Non abbiamo nemmeno cominciato a raccogliere le carte.”

“Tecnicamente non è vero.” Sorrise Gon, facendo apparire il proprio raccoglitore. “Una la abbiamo. Ma non mi interessa delle carte, adesso. Sono morte delle persone, e ne continueranno a morire.”

Killua scosse il capo. “Non puoi salvare il mondo e vendicare tutti i torti che ti passano davanti, Gon. Devi anche pensare a te stesso, quando imparerai a farti gli affari tuoi e percorrere la tua strada?”

A dispetto delle previsioni dell’amico, il giovanissimo Hunter sorrise e gli fece una linguaccia. “Prima o poi, forse. Ma intanto, la mia strada adesso è contro il Ragno! E la tua?”

“La mia è ovunque voglia andare tu.” Sussurrò l’ex mercenario, guardando l’erba tra le proprie mani. Distratto dalle proprie emozioni, non scorse l’arrivo dell’assalto, e venne travolto dall’amico che lo fece rotolare per diversi metri sul prato, facendogli il solletico fino a fargli implorare pietà.

Poco lontano, preoccupati occhi blu fissavano i due ragazzi da dietro la finestra della sala nella quale avevano fatto colazione. Sdraiati sull’erba, sembravano così esposti… Shizune era in ansia per loro. Avevano sicuramente un grande potenziale, ma non erano in grado di combattere ad armi pari con la gente che si trovavano di fronte. Come non lo era lei, dopotutto.

“Sono alle fasi preliminari.”

Il sussurro, così vicino al suo orecchio da solleticarle il lobo, la fece sobbalzare e voltare di scatto.

“Nervosa, stamattina?” La prese in giro il prestigiatore, guardandola dai suoi buoni trenta centimetri di altezza in più. “Che faccia. Sembra tu non abbia chiuso occhio.”

Shizune sgusciò velocemente lontano da lui.
“Affari miei.” Mormorò, arrossendo. In un attimo, le immagini del terribile incubo di quella notte l’avevano sopraffatta. Voleva allontanarsi da quell’uomo che sembrava potesse leggerle nella mente il più in fretta possibile, nel timore che riuscisse a intuire cosa le stava passando per la testa.

“Accetto.” Le disse lui, quando ormai aveva fatto un paio di passi in direzione dell’uscita. La ragazza si voltò stupita, e Hisoka la raggiunse, il suo ghigno beffardo al solito posto. “Accetto, le condizioni mi stanno bene. Io stermino i ragni, e tu mi porti dal tuo maestro.”

Lei esitò un istante. “Noi sterminiamo i ragni.”

Hisoka alzò le sopracciglia in una esagerata espressione di sorpresa. “Non avevo capito che dovessi per forza farlo portandomi dietro te.”

“Altrimenti non posso essere certa che tu compia la tua parte dell’accordo.”

“Io lavoro da solo.”

“Non più.” Stavolta a sorridere era la piccola biondina, che con la testa piegata all’indietro, doveva fare uno sforzo per guardarlo in quei ferini occhi gialli. Solo che nel momento esatto in cui cercò di concentrarsi in un’espressione determinata, intravide i canini appuntiti del giovane tra quelle labbra sottili, ancora dischiuse nella tipica forma a O, da clown, sinonimo di stupore. Le bastò quel piccolo dettaglio per distogliere in fretta lo sguardo.
“Devo andare. Hongbo mi aspetta.”

“Mi stai dicendo che mi devo tirare dietro anche il vecchio?” Brontolò Hisoka.

“No. Lui resta qui. Sto proprio andando a salutarlo.”

Riapparve il ghigno pericoloso sul viso del prestigiatore. “Allora stai proponendo una missione, soli, io e te?”

“No!” Una voce squillante attirò la loro attenzione qualche centimetro più in basso, o, nel caso di Shizune, alla sua altezza. Gon si era interposto tra loro, e Killua al suo fianco sorrideva sarcastico.
“Ci saremo anche noi ovviamente.”

Hisoka si batté un palmo sulla fronte. “Avrei dovuto immaginarlo.”

*




[Cantuccio dell'Autrice:  Grazie mille alle mie adorate Keyla e Yukiko, e anche a quella persona orribile di Albezack (no, non il personaggio della fanfic, ma colui dal quale ho preso ispirazione per il nome!).. senza di voi sarebbe dura andare avanti e trovare l'ispirazione <3
Non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate di questo capitolo! Attendo con ansia!!! Baci]
Silver


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Capitolo 8
*** Dolore x Nomina x Cammino ***


 
Dolore x Nomina x Cammino
 
La prima cosa che avvertì, fu il dolore lancinante alla testa.

Normale, succede ogni volta, si disse il ragazzo.

Poi però cominciò a sentire anche il bruciore sulle braccia, e una fitta al costato. Perplesso, aprì lentamente gli occhi, e la prima cosa che vide fu lo sguardo corrucciato di Phinks.

“Ben svegliato, bell’addormentato.”

“Buongiorno. Quanto ho dormito? ” Biascicò il giovane con la bocca impastata dal sonno. Tutte le volte che innescava l’ Auto Mode, perdeva completamente i sensi per parecchie ore, e tutte le sacro sante volte, doveva sopportare le battutine del resto della banda. Anzi, gli era andata bene, che Phinks non l’avesse ancora definito Principessina Aurora, in onore della celebre fiaba.

Shalnark provò a stiracchiarsi, ma si rese conto che il dolore persistente alle braccia e allo sterno non accennava a passare. Che aveva combinato, quella volta?
Si studiò le mani e notò immediatamente le fasciature. Batté ripetutamente le palpebre, stupito, poi si toccò il costato, e trovò anche su quello delle strette bende.
Fu a quel punto che alzò la testa per guardarsi intorno, e si rese conto che nella spoglia stanza in cui si era svegliato, non c’era nessuno, oltre Phinks.

“Ma… dove sono gli altri?”

L'uomo non rispose, ma distolse lo sguardo.

Senza un apparente motivo, nel vedere quel gesto, una mano gelida si serrò sul cuore di Shalnark.
 

*
 
 
“Il capo ha detto che non dobbiamo cercarlo?”

“Sì, stava proprio insistendo sull’importanza di questo dettaglio quando ha ricevuto la notizia delle vostre recenti … ah, perdite.”

Machi non riusciva ancora a pensare all’accaduto senza che il cuore le venisse compresso in una morsa di gelo, e non era in grado di tollerare la vista di quei freddi occhi neri che non sembravano provare alcuna compassione per i suoi compagni caduti.

Nobunaga batté un palmo della mano sul tavolo. Si trovavano in una delle residenze che la Brigata usava come basi, nella città di Doomville.

“Come ha reagito Kuroro?” Chiese il samurai, preoccupato. Il capo della Brigata era molto legato ad ognuno di loro. Aveva pianto per la morte di Ubo. Doveva essere stato travolto dalle notizie ricevute.

Illumi Zaoldyeck aveva radunato i membri del Ragno, su ordine di Kuroro, perché ratificassero la sua nomina. Aveva preso il numero undici, quello che era stato di Ubo.

“Non era di certo allegro.” Fu la risposta evasiva del mercenario. “Ma ha insistito ancora di più su due concetti. In primo luogo, che a lui soltanto spetta la ricerca del modo di liberarsi dalla catena del Kuruta. In secondo luogo, che a voi spetta la vendetta.”

Machi strinse il bicchiere che aveva in mano fino a farlo esplodere in mille pezzi. “Ci puoi giurare.”

Bonolenov non disse nulla, ma di rado esprimeva i propri sentimenti. Come tutti loro d’altra parte.

"Credo sia arrivato anche per noi il momento di entrare su Greed Island.” Ringhiò Nobunaga. “Verrai con noi, Illumi?”

“Mi sembra naturale.” Affermò l’assassino. “Non ho incarichi di famiglia, al momento. Quelli che vengono commissionati, saranno passati automaticamente a mio fratello minore.”

“Sai che dalle informazioni in nostro possesso, c’è anche uno dei tuoi parenti, sull’isola?” Lo sguardo della ragazza del gruppo era perforante. “Cosa succederà se il piccolo Killua sarà in pericolo? Sai di non poter correre in suo aiuto, se le esigenze della Brigata impongono diversamente?”

Il sorriso di Illumi tradiva una certa sicurezza. “Kilu è stato addestrato da mio nonno e da mio padre, oltre che da me. E’ in grado di badare a se stesso.”

“Se c’è qualcosa che ha ucciso i nostri compagni, molto più esperti di tuo fratello, cosa ti dice che non potrebbe rivoltarsi anche contro di lui?”

“Lo vedremo.” Rispose lapidario lo Zaoldyeck. “Finché non scopriamo di che si tratta e cosa è accaduto di preciso, le nostre sono solo futili supposizioni.”

Nobunaga assentì. “Sì, è vero. Dobbiamo scoprire se gli altri sono feriti e ricongiungerci a loro. Dalla consolle non sono stati materializzati altri corpi, perciò possiamo presumere che siano ancora vivi.”

I tre vecchi membri della Brigata dell’Illusione si alzarono dal tavolo intorno al quale aveva avuto luogo la piccola riunione, per sistemare le proprie cose, pronti a ripartire. Non notarono che lo sguardo dell'ultimo arrivato, tra loro, indugiò a lungo sul tatuaggio con il piccolo numero undici sul suo avambraccio.

E’ un peccato aver dovuto macchiare la pelle con questo affare. Ma è uno dei primi insegnamenti della famiglia Zaoldyeck: niente è più importante che portare a termine un lavoro, e bisogna fare qualsiasi cosa necessaria a conseguire lo scopo prefissato.
Illumi sorrise. Aveva avuto l’intuizione giusta, adesso sarebbe stata una passeggiata completare l’incarico che avevano ricevuto poche settimane prima da un vecchio cliente.

 
*

 
Prima di tutto, bisognava appurare cosa fosse successo il giorno prima, nell’esplosione che aveva distrutto l’hotel Mistral e, forse, parte della Brigata dell’Illusione.

Gon aveva proposto di esaminare l’area, ma nessuno di loro aveva trovato alcun indizio interessante, se non un pezzo di una veste che Hisoka aveva riconosciuto come quella di Feitan, e il resti di una scarpa, dalla misura femminile. Con tutti i morti che c’erano stati, però, era impossibile riuscire a individuarne la provenienza, anche perché Shizune non la riconobbe come di sua sorella. D’altra parte, non sembrava nemmeno fosse di Shizuko, benché nessuno di loro avesse la certezza che la ragazza fosse con Shalnark al momento dell’accaduto.

“In realtà tutto ciò non ci dice nulla.” Concluse Killua.

Hisoka si strinse nelle spalle. “L’avevo detto, io.”

“Partiamo dal presupposto contrario. Ammettiamo che siano sopravvissuti tutti.” Ragionò il minore dei quattro. “Shizune, tu sei quella che conosce meglio l’area. Un gruppo che volesse allontanarsi da quest’area, magari con dei feriti, dove si dirigerebbe?”

“Allontanarsi in pochi minuti: due, tre al massimo. Erano già spariti, se è come dici tu, quando siamo arrivati noi.” Aggiunse Killua, poco convinto.

La ragazza ci ragionò un po’, poi concluse “Se avessero usato una carta incantesimo Teletrasporto, è possibile che si trovino in ognuna delle città dell’ isola. Ma se erano arrivati sul gioco da poco, come sembra affermare Hisoka, ne conosceranno poche, solo le più grandi.”

“Quante sono?” domandò Gon.

“Soflavi, Masadora, Antokiba e Dorias. Ce ne sono altre quattro, più piccole, ma io credo che se hanno usato un Teletrasporto, è probabile che si siano diretti in una di queste.”

“Bene. Allora le visiteremo tutte e vedremo se riusciremo ad ottenere qualche informazione.” Concluse il giovane Hunter.

Hisoka li guardava con un misto di esasperazione e divertimento.

“Non mi vengono in mente idee migliori, per quanto questa sembri una soluzione lenta e lunga.” Shizune sospirò. “Ci conviene metterci in cammino subito, se vogliamo raggiungere Masadora entro stasera.”

“Tu cosa ne pensi, Hisoka?”

Il prestigiatore si strinse nelle spalle. “Ognuno è libero di sprecare il proprio tempo come meglio crede.”

Shizune lo guardò perplessa. “E quando pensavi di dircelo? Avanti, hai qualche altro suggerimento?”

“No.” Rispose lui, mescolando le sue carte.

La ragazza lo fissò minacciosa. “E allora?”

Hisoka sbuffò per levare un ciuffo dalla fronte, e con accuratezza, lo sistemò al suo posto, usando il suo particolare fluido gommoso per dargli stabilità, come fosse un comune gel per capelli.

“Va bene. Benissimo. Tanto chi ci perde sei tu.” Concluse adirata la biondina. “Più tempo perdiamo per trovare i ragni sopravvissuti, o appurare che non ce ne sono, più tempo dovrai aspettare per poter affrontare il loro capo. Andiamo, ragazzi. Masadora dista un paio d’ore di cammino.”

Il giovane restò un istante a guardare la schiena della ragazza allontanarsi di un paio di passi. Dopotutto, doveva riconoscere che aveva ragione.
“Penso solo che se si fossero trovati in difficoltà, è più probabile che siano fuggiti in mezzo ai boschi, che in una grande città.” Ammise infine. “Tra l’altro, stiamo parlando della Brigata dell’Illusione. Se pure si trovassero al centro della piazza di questa Masadora, è facile che siano nascosti al punto che nessuno li abbia notati.”

“Così va meglio.” Shizune si fermò e si voltò verso gli altri. “Per essere spariti dal luogo dello scontro così in fretta, possono solo aver usato una carta incantesimo. Le carte che permettono di spostarsi sono Teletrasporto e Ritorno, ed entrambe possono condurre soltanto in un capoluogo. Quindi, la tua supposizione è errata: se adesso si trovano nei boschi, sono per forza passati dalla città.”

“Però Hisoka ha ragione,” convenne Gon “se sono passati o anche se si trovano in un centro abitato, saranno ben nascosti.”

Lo sguardo della biondina si fece più duro. “Ottimo. Andiamo a scoprire quanto.”

*



[Cantuccio dell'Autrice:  questo capitolo ha una dedica particolare: tre persone che conosco, due delle quali della mia famiglia, oggi sono state ricoverate per un'operazione che avverrà domani; la terza, probabilmente leggerà queste parole. A tutti loro auguro una pronta guarigione, sono certa che andrà tutto bene!
Passiamo ad altro... LO SO! lo so che volete uccidermi, ma datemi almeno il tempo di postare il prossimo capitolo! Giuro che ne vale la pena!!!
Intanto, un grazie speciale a Keyla ( <3) e Vittoria, i commentini sono sempre la sorpresa più bella quando posto un capitolo.. grazie anche a chi passa per una lettura, a chi segue, a tutti voi! Buona serata, a domani!
ps. come avete notato ho usato quattro nomi delle città presenti anche nell'  Anime, mi sono piaciuti molto e mi sembravano azzeccati!:)]
Silver


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Capitolo 9
*** Masadora x Racconto x Sacrificio ***


 
Masadora x Racconto x Sacrificio
 
Masadora era una grande città, cuore dei commerci e delle trattative negoziali degli abitanti di Greed Island.
Grandi palazzi, enormi magazzini, un sacco di gente… e zero ragni. In due giorni di permanenza, l’eterogeneo quartetto non era riuscito a scoprire niente che fosse anche solo lontanamente utile, pertanto avevano deciso di proseguire verso il successivo centro abitato.

Shizune era l’unica che conoscesse l’isola al punto da poter fare strada verso la loro meta, e aveva insistito per avere Hisoka vicino, in modo da tenerlo d’occhio.
Era palese che si fidava poco del loro compagno di viaggio, e non faceva nulla per nasconderlo.

Killua camminava pochi metri dietro di loro, assorto nei propri pensieri, quando venne affiancato dal migliore amico.

“Dimmi una cosa.” Cominciò Gon. “Secondo te dovremmo trovare il modo di contattare Kurapika?”

“Eh? Per dirgli cosa?”

“Che Hisoka sta cercando di liberare Kuroro dalla sua catena.”

Killua rifletté qualche istante sulla domanda, e alla fine si strinse nelle spalle. “Non conosco alcun modo per comunicare con qualcuno fuori dal gioco, ma tutto sommato non credo sia un problema. Shizune ha promesso di rivelargli dove si trova il suo maestro solo quando tutti i ragni saranno morti, che dopotutto è anche ciò che vuole Kurapika.”

“Non sarà facile, vero?” Mormorò il minore. “Nemmeno per Hisoka.”

“No, nemmeno per lui.” L’ex mercenario stava per aggiungere qualcos' altro quando videro l’aura della loro nuova amica brillare del suo blu intenso, e il familiare senso di quiete invase l’aria.

“Tu!” Stava intanto sibilando lei infuriata. “Viscido essere senza ritegno!”

I due ragazzi le si avvicinarono cautamente, cercando di capire cosa fosse successo.

“Sei la persona più inaffidabile che abbia mai conosciuto!” La sua voce era quasi un ringhio.

“Shizune, cosa ha fatto?”

Hisoka portò due dita sulla fronte, premendosi le tempie. “Non ho fatto nulla. Vuoi darci un taglio con questa sceneggiata della magica lucetta blu? Mi da fastidio.”

“La sua aura.” Spiegò lei, guardandolo con rabbia. “Era pronto ad attaccare.”

“Voleva aggredirti?” S’indignò Gon.

“Non me, voi. Stava per scagliarsi su di voi.”

Il pericoloso hunter ghignò divertito. “Suvvia, non li avrei mica uccisi. Solo messi fuori combattimento.”

Killua strinse i pugni arrabbiato. “Ma perché?”

“Vuole infrangere il patto. Non vuole scontrarsi con la Brigata, e deve trovare un altro modo per minacciarmi e scoprire dove si trova il mio maestro.” Spiegò Shizune, sempre senza abbassare la guardia o distogliere lo sguardo da lui. “Non dirmi che ti sei affezionato ai tuoi amichetti? O forse hai paura di scontrarti con loro?”

Paura. Di nuovo.
Questa ragazzina gioca con le stesse carte di Machi. Pensò Hisoka.
“Ma per favore…” Rispose, portando di nuovo due dita alle tempie. “Leva questa cosa dalla mia testa. E’ insopportabile.”

“Ti ho fatto una domanda.”

“Tu giochi con il fuoco, biondina.” Mormorò lui, quasi tra se, ma quando si rivolse a loro, il tono era di nuovo sarcastico. “Non ho paura. Ho fretta. Eliminare i ragni uno ad uno è un procedimento lungo, e non ne ho voglia.”

“Ebbene, mi spiace dirtelo, è l’unico modo che hai.” Ringhiò la ragazza.

“Shizune, tieni la tua aura sempre all’erta.” La avvertì Killua, senza nemmeno preoccuparsi del fatto che Hisoka poteva sentire ogni parola. “Approfitterà di qualsiasi momento in cui abbasserai la guardia per riprovarci.”

“E lo stesso faremo noi.” Aggiunse Gon convinto.

Hisoka si limitò a scuotere la testa infastidito. “Finirò per uccidere qualcuno, se non levi questa cosa in fretta.”

Ed inaspettatamente, fu Shizune a sorridere sarcastica, questa volta. “Vedi, è questo il bello. Finché questa cosa , come dici tu, resta attiva, tu non potrai uccidere o attaccare nessuno.”

 
*
 

Se solo Shizuko non gli avesse aperto la parte superiore della giacca… Se avesse avuto il bavero ancora alzato! Almeno avrebbe potuto mascherare meglio le labbra livide. Livide perché durante le medicazioni, il dolore atroce l’aveva spinto a mordersele a sangue.
Feitan non avrebbe mai urlato come una bambinetta, era quello il massimo che potesse concedere al suo corpo sofferente. Ma gli dava fastidio che gli altri potessero vederlo.
Guardò Shalnark e Phinks con un misto di rancore e sufficienza. “Ecco dove ci ha portati il vostro divertimento dell’altra sera. Ben fatto.”

“Smettila.” Lo seccò Shizuko. “Si sentono già abbastanza in colpa. Non infierire.”

Shalnark faceva fatica a parlare, ma alla fine, deglutendo più volte, riuscì a pronunciare qualche parola. “Spiegatemi cosa è successo dopo che ho attivato l’Auto Mode.”

Fu Phinks a iniziare. “In un primo momento, sembrava andasse tutto liscio. Tutto secondo le previsioni. Ti ricordi che avevamo identificato questo gruppo di giocatori con un sacco di carte rare, e che volevamo eliminarli per averne di più a disposizione? Ecco, appena Kurtopi ha innescato il fumo, hanno cominciato a sciamare fuori, e tu sei partito in quarta.”

“Sì, è da quel momento che i miei ricordi si interrompono.” Confessò il ragazzo.

“Ad un certo punto viene fuori sto ragazzone, alto, incavolato nero, con un’aura neanche da buttare via.” Continuò allora Feitan, la voce strascicata, come se si annoiasse. In realtà, era il dolore alle numerose ferite che lo distraeva dal racconto. “E insomma, comincia a buttartisi contro e ve le suonate.”

Shalnark batté le palpebre, poco convinto. Difficilmente qualcuno gli aveva tenuto testa in Auto Mode. “E non è morto.”

“No, non è morto.” Riprese Shizuko. “Aveva dietro una donna che sprigionava una cosa strana.. che lo curava continuamente. Il problema è che la sua aura continuava a crescere esponenzialmente.” La ragazza sospirò, lo sguardo perso nei ricordi che avrebbe preferito dimenticare. “E’ stato a quel punto che abbiamo capito di avere un problema.”

“Feitan è stato il più veloce a reagire.” Soggiunse Phinks.
Gli sguardi si posarono un momento sulla branda della stanza nella quale stavano parlando, sui cui il moro si era accucciato, rifiutando di sdraiarsi. Avevano affittato due camere in una pensione, e Shalnark era stato deposto in una di quelle. Per questa ragione non aveva subito visto le condizioni del compagno.

“Si è posto tra te e il tipo con l’aura grossa, e ha usato il Pain Packer, per proteggerti.” Spiegò Shizuko.

Feitan sbuffò infastidito da quella discussione e dallo sguardo riconoscente di Shalnark. “E’ stato un riflesso incondizionato. Tutto qui.”

“E poi cos’è successo?”

“L’aura del tipo per reazione si è ingrandita ancora, e ci ha messo tutti in pericolo. Bruciava da morire, era come un incendio ambulante. E’ stato allora che Franklin si è frapposto tra voi e noi. Per proteggerci. Ci ha fatto da scudo.” Raccontò la ragazza, la voce ridotta quasi ad un sussurro.

“Ma lui non aveva un’armatura come quella di Feitan.”

“No. Non l’aveva.” Mormorò Phinks. “E ad un certo punto, è crollato. E anche Fei non se la passava bene… Sai che il Pain Packer è tanto resistente, quanti danni ha ricevuto durante lo scontro? Nel momento in cui l'ha attivato, non aveva subito alcun danno praticamente, per cui la sua armatura non era particolarmente solida. Eravamo spacciati.”

“E’ stato allora che Kurtopi ha avuto l’idea che ci ha salvato la vita. Ha usato una carta incantesimo, e ci ha teletrasportati qui.”

“Non capisco… Cosa gli è successo? Perché anche lui è…” Shalnark non finì la frase, come se pronunciare la parola mancante potesse solo rendere più vero qualcosa che si rifiutava ancora di accettare.

“Tu e Feitan eravate diversi metri più avanti di noi. E’ dovuto scattare in avanti, oltre la protezione offerta dal corpo di Franklin, perché il raggio d’azione della carta vi includesse.”

“Kurtopi si è sacrificato per noi..” Sussurrò Shalnark, colpito.

“Come Franklin.” Aggiunse Shizuko, la voce leggermente incrinata.

“…E come Paku.” Terminò Phinks, facendo fatica a trattenere la rabbia. "Gli dobbiamo qualcosa."

"Sì. Vendetta." Concluse Feitan, e nei suoi occhi dorati brillò una strana luce.


*




[Cantuccio dell'Autrice: Sono commossa! Sono così felice che vi sia piaciuto lo scorso capitolo! Grazie a Keyla, Vittoria, Kokomori e Yukiko... siete fantastiche. Senza le vostre recensioni brancolerei nel buio dell' autocommiserazione, lo ammetto.
E finalmente la spiegazione di quanto è accaduto durante quel famoso scontro... allora, che ne pensate? Ve l'aspettavate? fatemi sapere!!!
Baciotti.]
Silver


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Capitolo 10
*** Stelle x Aura Blu x Transazione ***


 
Stelle x Aura Blu x Transazione
 
Il tronco dietro al quale si era nascosta non l’avrebbe protetta ancora per molto. Quegli esseri terribili avanzavano calpestando ogni cosa sotto le loro orride zampe pelose, e Shizune sapeva che presto avrebbe dovuto lasciare quel temporaneo rifugio, se voleva avere qualche speranza di salvarsi.

Il respiro accelerato per la paura, la ragazza si rendeva conto che la sua abilità di placare l’aura delle persone intorno a lei era completamente inutile in quel contesto.

La bestia più vicina fece per frantumare il tronco accanto al suo e lei capì di dover fuggire, si lanciò tra la vegetazione e corse incurante degli sterpi che le graffiavano le gambe nude, delle fronde che le ferivano il viso, inciampò in una radice, si rialzò in fretta, osando gettare un’occhiata dietro di se… l’avevano vista! Li aveva dietro!

Quei terrificanti occhi rossi, tutti puntati su di lei!

Non poteva farsi paralizzare dalla paura, Shizune riprese a correre, ma era troppo tardi, le erano quasi addosso, quei mostruosi ragni giganti l’avevano raggiunta, l’avrebbero divorata…
 

…La ragazza spalancò gli occhi con l’urlo pronto in gola, e fu solo per un riflesso istantaneo che si trattenne dal cacciare fuori tutta la voce che aveva.

Un altro sogno, anzi, un altro incubo. Uno terribile.

Dei maledetti ragni giganti, dannazione.

Ansimando, si coprì il viso con le mani, trovandolo bollente. Non appena il suo cuore rallentò un po’ i forsennati battiti che l’incubo le aveva procurato, si alzò e facendo molto piano, si diresse in bagno per sciacquarsi il viso.

Lanciò uno sguardo ai suoi compagni di stanza e, nonostante tutto, non riuscì a trattenere un breve sorriso… erano così tranquilli, profondamente addormentati, uno ammassato sull’altro.
“Sono alle fasi preliminari”, aveva detto Hisoka. Chissà che cosa voleva dire.
Non pensare a lui, si disse. Dopo un sogno così, non aveva certo bisogno di innervosirsi di nuovo.

Aveva preferito scegliere una stanza con Killua e Gon, nell’hotel che avevano preso a Soflavi, piuttosto che dividerla con quel prestigiatore inquietante. O peggio, sola. Non voleva rischiare incubi come quelli del primo giorno… era meglio dormire in compagnia.

L’acqua fresca sul volto la fece rabbrividire, ma era una sensazione piacevole. Tuttavia, non se la sentiva di rimettersi a letto. Le immagini di quei terribili ragni giganti erano ancora troppo fresche, aveva il terrore che se avesse chiuso gli occhi li avrebbe rivisti.

Si avvicinò alla finestra, e scostò leggermente la pesante tenda scura che la copriva.

Il cielo, di un profondo blu scuro, era punteggiato da una miriade di stelle, che incorniciavano una perfetta luna piena. Sorridendo di quello spettacolo, Shizune pensò che dalla terrazza dell’hotel doveva aversi una vista ancora più bella, e senza pensarci due volte, infilò le scarpe e afferrò al volo la giacca, che mise direttamente sulla magliettina con cui aveva dormito.

Camminando sulla morbida moquette dei corridoi deserti del grande albergo, pensò che per una volta, doveva dare un merito ad Hisoka: si spendeva parecchio, ma negli hotel che sceglieva lui c’era sempre uno sfarzo esagerato. Dopo i tanti anni passati nell’austerità del Riot, era piacevole provare quella sensazione di lusso, per una volta.

In ascensore, premette il pulsante della terrazza, e quando si aprirono le porte, si paralizzò.

Cosa ci faceva, lui, lì?
Perché doveva essere sempre in mezzo?
E perché, per tutti i diavoli di questo mondo, aveva sentito qualcosa guizzarle dalle parti dello stomaco?

“E’ divertente stare lì a fare la bella statuina?” Domandò lui, senza voltarsi, senza nemmeno controllare chi fosse, con quel suo solito tono con cui sembrava prendersi gioco del mondo intero.

Shizune avanzò piano nella terrazza, e quando le porte dell’ascensore si richiusero alle sue spalle, provò un brivido di paura. Quanti secondi ci sarebbero voluti, perché l’ascensore tornasse a quel piano, se avesse voluto scappare?

Hisoka si girò su se stesso, e si appoggiò con gli avambracci alla ringhiera. La guardò a lungo. “Se non sapessi chi sono i tuoi compagni di stanza, penserei che la tua vita sentimentale notturna sia alquanto divertente. Hai delle occhiaie paurose. Mai sentito parlare di fondotinta?”

“Non sono tipo da trucchi e cosmetici.” Mormorò lei, avvicinandosi di qualche passo. Non voleva dargli la soddisfazione di intimorirla. Anche se ci riusciva benissimo, a dire il vero. “Non riuscivo a dormire.”, ammise infine, lo sguardo perso verso l’orizzonte.

La successiva risposta giunse del tutto inaspettatamente. “Scusami.”

Shizune si voltò sconvolta verso quell’impossibile individuo, cercandone il volto, per capire cosa avesse per la testa, ma lui guardava verso l’alto, verso la luna, e dai suoi trenta centimetri in meno lei poteva vederne solo i contorni del mento affilato.

“…Di cosa?” Si decise a chiedergli.

“E’ colpa mia se non riesci a dormire.”

Stupita, batté le palpebre un paio di volte, cercando di decifrare quelle parole, ma prima che potesse chiedergli altro, il prestigiatore abbassò lo sguardo e la ragazza vide che aveva stampato in viso quello che lei aveva battezzato come il ghigno made in Hisoka.

“Sono troppo bello. Lo so, faccio questo effetto alla gente.”

A quell’affermazione, Shizune non riuscì più a trattenersi… e scoppiò a ridere.

“Ehi.” S’indignò l’hunter. “Così mi offendi.”

“Che bellimbusto vanesio che sei.” Continuò a ridacchiare. “E io che pensavo dicessi sul serio.”

“Io dicevo sul serio.” S’imbronciò Hisoka. “Sta per sorgere il sole. Torna in camera, biondina, o la gente penserà male di noi.” Le strizzò l’occhio, malizioso, e lei sobbalzò.

“Sì, vado. Buonanotte.” Lo salutò, prima di fuggire verso l’ascensore.

Hisoka rimase per un po’ a guardare le porte di metallo, anche dopo che si furono richiuse.

Quante cose che si scoprono. A quanto pare la ragazzina sa anche ridere, pensò, sorridendo a sua volta.
Poi riprese da dove aveva interrotto, quando aveva sentito l’ascensore arrivare. Fece apparire il raccoglitore e studiò le carte che aveva già trovato.
Una in particolare. Il ghigno ricomparve sulle sue labbra sottili.
 
*
 
Machi rimase impassibile mentre Nobunaga levava di mezzo i due uomini con cui avevano appena parlato.

Il mondo per loro si era ormai diviso in due categorie: quelli che avevano informazioni sui loro compagni, e quelli che non le avevano. Questo significava in poche parole che la divisione reale era tra quelli che andavano eliminati subito e quelli che dovevano prima essere torchiati e poi eliminati.

Dopo circa quarantott’ore sull’isola, avevano trovato soltanto membri della prima categoria di individui.
Inizialmente, avevano pensato di formare due gruppi, ma poi avevano deciso che la soluzione più sicura era quella di esplorare la zona insieme. Non sapevano ancora cosa avesse provocato la morte di Kurtopi e Franklin, o se c’entrasse il ragazzo dei Kuruta, anche se sembrava improbabile. Non era il suo stile.

“Qualcuno lo dobbiamo risparmiare.” Disse a quel punto Illumi.

“Non mi dire che sei rimasto sconvolto da questo massacro?” Lo prese in giro Nobunaga, ottenendo una semplice occhiata vacua in risposta. Il mercenario non sembrava voler aggiungere altro, ed era più che sufficiente il suo sguardo.

“Il novellino ha ragione.” Intervenne Machi, che aveva capito cosa passava per la testa dello Zaoldyeck, e che la pietà era proprio l’ultimo dei suoi interessi. “Non conosciamo l’isola, stiamo andando a zonzo senza senso. Ci serve qualcuno che ci faccia da guida.”

“Allora il prossimo che troviamo, vediamo se è preparato.” Concordò Bonolenov.

“Qual è la meta successiva?”

“C’è una città qui vicino,” rispose la ragazza, consultando una mappa rubata ad uno di quelli che avevano eliminato. “Proviamo a vedere se riusciamo a scoprire qualcosa.”

“Come si chiama?” S’informò Illumi, guardando al di sopra della sua spalla. “Oh, Soflavi? Che nome peculiare.”

“Non sono d’accordo.” Intervenne Nobunaga, pulendo la spada sulla veste di uno degli uomini a terra. “Secondo me dovremmo tornare dove abbiamo visto quel cratere. Deve essere successo qualcosa lì, e il fatto che non ci fosse un’anima nei paraggi mi induce a credere che dovremmo indagare meglio."

“Cosa ti fa pensare che se ci torniamo troveremo qualcosa di più di quando ci siamo passati due giorni fa?” Domandò agguerrita Machi. Sentiva di voler raggiungere al più presto la città che aveva visto sulla cartina, e il suo sesto senso raramente sbagliava.

Bonolenov supportò il compagno. “A distanza di qualche giorno, è probabile che ci siano più informazioni disponibili. La gente che è scappata per la paura, adesso tornerà per la curiosità.”

“Dividiamoci.” Propose con semplicità Illumi.

“No.” Rispose secco il samurai. “Abbiamo già affrontato questo discorso. Divisi siamo più deboli. Dobbiamo coprirci le spalle.”

“Lo abbiamo detto il primo giorno, quando non sapevamo cosa ci saremmo trovati davanti. Adesso che è chiaro che il livello medio degli altri player è imbarazzante, possiamo girare tranquillamente in due.” Concordò la ragazza. Continuava a portare lo sguardo su quel nome. Soflavi. Cosa c’era lì che l’attirava a tal punto?

“Per me va bene.” Disse Bonolenov. “Avanti Nobu, non abbiamo nemmeno sgranchito le ossa da quando siamo arrivati. Al massimo, troveremo un po’ di divertimento, niente di più.”

Rassegnato dalla votazione che l’aveva ridotto a tre contro uno, Nobunaga accettò la decisione.

Machi si rivolse al nuovo membro della Brigata, e gli fece un cenno col capo in direzione della città. “Andiamo. E voi due, badate alla pelle.”
 
*
 
“Shizune, hai notizie di Hisoka?”

“No. Nessuna.” Scosse il capo la ragazza. Stavano cenando nel ristorante dell’hotel, e stavano aspettando le squisite portate che ad ogni pasto li deliziavano. “E’ da stamattina che non lo vedo.”

Killua storse il viso in una smorfia. “Non mi piace.”

“Non ti preoccupare.” Sorrise lei. “Sto imparando a tenere attiva l’Aura Blu anche mentre dormo. Ancora un po’ di allenamento, e sarà impossibile attaccarci.”

Approfittando dell’assenza del prestigiatore, Gon si decise a farle una domanda che gli premeva sulle labbra da un paio di giorni. “Come funziona di preciso la tua Aura Blu? Voglio dire, se fossimo attaccati, tu riusciresti a liberare noi in modo da poter mettere fuori combattimento gli avversari? O anche noi saremmo impossibilitati a compiere qualche gesto aggressivo?”

Shizune si lanciò un veloce sguardo intorno, prima di rispondere. “L’ Aura Blu può essere di due tipi: quella che uso di solito è generica, mi permette di stendere una sorta di velo di quiete su tutta l’area. Dopo un po’ ci si abitua, per questo motivo, quando ci siamo conosciuti, tu, Killua e i banditi siete rimasti paralizzati ma…” ebbe una breve esitazione prima di pronunciare i nomi di quelle persone che aveva amato come una famiglia, poi riprese, “Albezack e Yamata hanno potuto disarmarli.”

“E il secondo tipo?”

“Il secondo tipo mi richiede molta più energia. E’ in grado di modificare l’aura di una persona, di una sola persona, e di renderla pacifica. O aggressiva. O nervosa… Insomma, avete capito. In un certo senso, posso manovrarne lo stato d’animo, anche se non posso intervenire ovviamente sui pensieri.”

“Ma è fortissimo!” Esultò Gon. “Lo usi spesso?”

“No.” Shizune esitò un istante, poi aggiunse “Mai. Ha un… effetto collaterale pericoloso.”

“E sarebbe?”

La biondina scosse il capo, ad indicare che non voleva parlarne, dato che aveva visto i camerieri in arrivo, e la discussione si spostò subito su argomenti più leggeri.
 
*
 
Shalnark teneva lo sguardo fisso sull’orizzonte, nel punto in cui il mare avrebbe dovuto fondersi con il cielo, ma che a quell’ora della notte sembrava un unico muro scuro.

Forse, se ci fosse stato qualcun altro, al posto suo, sarebbero riusciti a sconfiggere quel tipo dall’aura incredibilmente potente? E che fine aveva fatto?

Non riusciva a ricordare nulla. Era frustrante.

E c’era un altro pensiero che non gli dava tregua. I corpi di Frank e Kurtopi dovevano essere stati materializzati al di fuori della consolle. Chi c’era, nella stanza del covo, in quel momento? Erano stati degnamente seppelliti o gli altri se n’erano andati tutti, e Frank e Kurtopi erano ancora lì, i corpi alla mercè degli animali?

E quello era un pensiero terribile. Faceva quasi un male fisico.

“Ehi.” La voce della compagna lo fece sobbalzare. Shizuko gli si affiancò alla finestra.

“Fei come sta?”

La ragazza si strinse nelle spalle. “Dorme. Credo. Non è molto facile a dirsi, trattandosi di Feitan. Almeno non si contorce cercando di non dare a vedere quanto dolore prova… Cosa pensi?”

“Penso che vorrei avere un cellulare, se in questa maledetta isola funzionasse.” Forse un po’ riduttivo, rispetto al resto dei suoi pensieri, ma era vero anche quello.

Ironicamente, come se il suo desiderio fosse stato ascoltato da qualche potente divinità, si materializzò improvvisamente il suo raccoglitore, e una voce impersonale annunciò “Un soggetto sta usando un incantesimo per comunicare con voi. Azionare il contatto?”

Shizuko scattò in avanti e gli prese il libro dalle mani. “Sì, subito.”

“Shalnark! Dove sei? Sei ferito?”

La voce che invase l’aria era talmente familiare, che a Shalnark sembrò gli riscaldasse il cuore. Non era mai stato tanto felice di udirla.

“Machi. No, qualche bottarella appena. Siamo a Soflavi, tu dove sei?”

“Soflavi? Lo sapevo. Ditemi dove, vi raggiungiamo.”

“Machi, ci sono anche io. Dobbiamo riunirci subito.” Intervenne Shizuko. “Sei con gli altri?”

“No, c’è solo il novellino… anzi, adesso è uscito. Dimmi dove siete. Arrivo subito e vi spiego tutto.”

 
*


Hisoka guardò attentamente la figura davanti a sé. Poi sorrise il suo solito sorriso.

Machi si staccò dalla parete del palazzo appoggiata al quale l’aveva atteso e gli si avvicinò con passo lento e sensuale.

Dalla strada nessuno poteva vedere alcunché in quel vicolo buio.

“Ciao, Hisoka. Come te la passi in questa calda serata?”

“Ciao Illumi. Per un momento ci ero quasi cascato. Stai migliorando.” Lo gratificò il prestigiatore.

Lo Zaoldyeck deformò i tratti del viso della ragazza che impersonava, mettendo il broncio. “Mi scopri sempre. Dimmelo, dove sbaglio?”

“Cosa ci fai, qui? Qualche incarico interessante? O sentivi soltanto la mia mancanza?”

Il mercenario per tutta risposta scoprì l’avambraccio. “Sono entrato in un club esclusivo, ne hai sentito parlare se non sbaglio.”

Hisoka fissò per un istante il piccolo ragno e il numero ad esso annesso, e il fastidio gli montò dentro. Quello poteva essere un grosso problema. Illumi nella Brigata? Decisamente non l’aveva previsto. Doveva trovare un modo per rigirare la situazione a suo vantaggio.
“Devo dire che hai scelto il momento sbagliato. Sei appena finito sulla mia lista nera, amico.”

“Pensavo che della Brigata ti interessasse solo il capo. Hai cambiato idea?”

Hisoka sospirò, fingendosi dolorosamente affranto, e si portò una mano al cuore. “Sono le donne, Illumi. Mi manovrano a loro piacimento. Sono solo un povero ragazzo innamorato che si prostra ai piedi di una fanciulla in cerca di vendetta.”

Gli occhi neri come la notte di Illumi lo scrutarono a lungo, un sorriso divertito per quella scenetta assolutamente poco credibile. “Una tipa vuole che tu uccida i membri della Brigata?”

Hisoka assentì. “Quando avrò terminato, mi darà una cosa che voglio. E non pensare male, ragazzaccio.”

“Beh, conoscendoti immagino che tu speri di ottenere il resto anche prima di aver portato a termine l’incarico!” Lo prese in giro l’altro, poi rifletté un istante. “Ti do due ragni in cambio di un’informazione.”

“Tu sì che sai come prendermi. Chiedi pure. Se so qualcosa, ti rispondo volentieri.”

“Bene, hai presente il centro abitato vicino al punto di partenza? C’è un enorme cratere e delle macerie tutto intorno. Bonolenov e Nobunaga sono andati da soli a scoprire cosa c’entri questo con la morte di Franklin e Kurtopi. Ora tu dimmi il resto.”

Hisoka sorrise perfidamente. Non poteva chiedere di meglio.
 


*


[Cantuccio dell'Autrice: Eccomi, parto subito con i ringraziamenti! Keyla, Vittoria e Kokomori, siete meravigliose! E anche Albe... <3  Grazie della forza e dell'ispirazione  che mi date. Questo capitolo doveva essere più corto, ma ho deciso di unirne due per farmi perdonare l'assenza: parto per dieci giorni e non potrò aggiornare fino a domenica prossima. Spero che vi piaccia anche se è più lungo del solito, e di non aver pasticciato unendone due!
Fatemi sapere *-*
ps. io sarei anche molto più sdolcinata, eh. E' colpa di Albe, che continua a dire che in Hunter  x Hunter non c'è niente di sentimentale e che non posso fare piccioncinare i personaggi!!! Prendetevela con lui. Se lo merita.
Baciotti.]
Silver


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