La morte sarà solo l'inizio.

di AnotherrBreath
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Strada sbagliata ***
Capitolo 2: *** 1° Capitolo - Istinto ***
Capitolo 3: *** 2° Capitolo - Figli delle tenebre ***



Capitolo 1
*** Prologo - Strada sbagliata ***


"Viola! Vieni a sentire la mia storia?" Urlò Marco dal salone, dove tutta la famiglia era seduta sui divani, pronta a sentire parlare quel piccolo uomo pieno di sogni.
"Si! Arrivo!" Urlò Viola, dall'altra parte della casa, chiudendo la porta del bagno alle sue spalle. 
Entrò nella spaziosa stanza e si mise seduta tra i nonni. Sorrise guardando il suo fratellino eccitato in piedi su uno sgabello. Aveva sette anni, ma era abbastanza svelto e curioso. Non aveva paura del sangue o dei film horror, al contrario suo. 
Erano da poco finite le vacanze di natale e la scuola era ricominciata, ma si era subito presentata una nuova occasione per stare insieme a tutta la famiglia: il compleanno di nonna Elvira. Avevano cenato e avevano già consegnato i regali alla ottantacinquenne. Ora però era arrivato il momento di Marco, che voleva regalare alla sua nonnina una bella storia di paura. Durante le vacanze natalizie, il piccolo, aveva perso la testa per i vampiri, lupi mannari, streghe e stregoni e chiedeva in continuanzione informazioni ai genitori e alla sorella, ma capendo che nessuno sapeva qualcosa sull'argomento, cominciò a girovagare su internet e a conoscere leggende su leggende. Viola, diciassettenne, nel pieno dei problemi dell'adolescenza, non credeva ad una parola delle storie che raccontava suo fratello. Anche se qualche volta, cadeva nell'istinto di tornare come lui e di credere in ogni cosa un po' credibile. Trovava i vampiri e i licantropi, solo personaggi inventati per terrorizzare i bambini. Stranamente però, il suo fratellino non era per niente terrorizzato, anzi, li adorava.
"Si racconta che i vampiri siano ancora tra di noi, che ci cammminino accanto, che ci guardino. Sono esseri a cui piace il sangue, soprattutto di bambini e di giovani donne, quindi Vivi stai attenta." Nella stanza risuonarono le risate.
"Non si sa dove si nascondino di giorno, forse dentro grotte o dentro castelli abbandonati, oppure nei cimiteri, dentro alle loro tombe. Di notte però escono fuori e vanno alla ricerca di nuove prede. Hanno canini appuntiti, occhi che brillano e portano sempre un mantello. Non hanno un'anima e uccidono senza pudore. La loro anima è condannata all'inferno, dove Lucifero le accoglie con il suo sorriso malvagio. Si dice che siano molto affamati e che non vedino l'ora di attaccare, per radere al suolo un'intera generazione." 
Tutti iniziarono a battere le mani per l'incredbile interpretazione di Marco. A Viola veniva da ridere, ma continuava a congratularsi con il fratello.
"Bene, ora è l'ora della torta!" Disse la madre. Moglie e marito andarono in cucina ed in salone rimasero soltanto Viola, Marco e i due anziani.
In un secondo, Viola si ritrovò il fratellino sulle gambe.
"Vivi, mi porterai al castello di Dracula, vero?" Viola rimase a fissarlo per qualche secondo. Ci è davvero andato in fissa, disse fra sé e sé. 
"Certo, quando finirò scuola, ti ci porterò io personalmente."
"No! Ci voglio andare prima!" Urlò scalciando sulle ginocchia della ragazza.
"Ne parleremo con mamma e papà." Si abbracciarono e quando arrivò la torta si tirò su con lui ancora in braccio.
Cantarono l'epica canzoncina alla nonna e quando soffiò con un po' di fatica le candeline, il padre dei ragazzi scattò una foto. Rimasero a mangiare la torta e a chiacchierare un po', poi Viola si ricordò del compito scritto del giorno successivo.
"Io penso che andrò a casa, mi sono ricordata che domani ho il compito di matematica." Disse alla famiglia prendendo borsa e giubbotto.
"Ancora auguri nonna!" Mandò un bacio con la mano e chiuse la porta di casa, scese le scale e si avviò verso la stazione.
La casa della nonna e la sua non erano lontanissime, però la strada di notte non era molto raccomandabile. Doveva arrivare alla stazione e poi salire per un piccolo sentiero buio, senza luci e senza abitazioni. C'era una strada alternativa, che però percorrendola l'avrebbe fatta arrivare venti minuti più tardi. La ragazza era indecisa se prendere quella strada, ma infondo, proprio a lei quella sera doveva capitare qualcosa? 
Si fece coraggio ed arrivata alla stazione iniziò a percorrere la stradina. Non c'era molta gente, solo due o tre persone.
Procedeva a passo svelto, guardando avanti, dietro, destra e sinistra. Si pentì di aver preso quella strada. Continuò aumentando la velocità, fino a che non raggiunse il cancello del grande parco. Entrata lì, diminuì il passo e si rilassò. Teneva comunque stretta a sé la borsa. I lampioni le segnavano la via. Non mancava poco alla fine e si tranquillizzò totalmente. Il telefono le squillò, lo prese e lesse il messaggio. Nel momento in cui stava digitando i tasti per risopondere, qualcuno per la  spalla la sbatté addosso allo stretto lampione. Fece un salto e le cadde il telefono. L'uomo le puntava una pistola al petto. 
"Dammi tutto quello che hai!" Le urlò contro. 
"P-puoi prendere il telefono!" Balbettò Viola mentre tremava.
L'altro ragazzo, che sembrava nettamente più piccolo del primo, intanto, raccolse il cellulare da terra e se lo mise in tasca.
"Dammi altro!"
"N-non ho niente!" Viola aveva le lacrime agli occhi dalla paura.
"Fammi vedere la borsa!" Continuò l'uomo.
"Non ho niente! G-giuro!" Viola aveva le mani alzate e tremava come una foglia. Non sapeva se muoversi o meno, se passargliela questa borsa o no.
"Non ha niente, andiamocene!" Il ragazzo cercava di convincere l'amico, anche lui aveva paura. 
"Dammi quella cazzo di borsa!" Urlò ancora più forte.
Viola si levò lentamente la borsa e gliela passò. L'uomo, sempre tenendo la pistola puntata sulla ragazza, scrutò l'interno della borsa, trovando venti euro.
"E questi?!" La guardò minaccioso.
"N-non mi ero ricordata di averli. T-ti prego lasciami andare, sono t-tutti tuoi."
Senza pensarci due volte, senza nemmeno guardarla, l'uomo le sparò. Viola portò le mani sul punto in cui il sangue fuoriusciva e piano scivolò lungo il palo. Aveva le guance rigate dalle lacrime e gli occhi spenti dall'anima che si allontanava dal corpo. Il ragazzo, che aveva assistito alla scena, voleva aiutare la ragazza ma era pietrificato. Ogni suo tentativo sarebbe stato inutile. Era sconvolto e gli occhi gli iniziarono a lacrimare. 
Viola, anche se con gli occhi offuscati dal dolore e dalla morte, era ancora cosciente. In un istante, vide apparire un uomo vestito di nero e con occhi splendenti e da dietro, in un secondo, ruppe il collo al suo assassino. E senza esitazione, lo fece anche al ragazzo.
Viola, in quel momento, chiuse gli occhi, stanca e sofferente. L'uomo vestito di nero, non riuscì a non notare la ragazza e si avvicinò a lei. Si chinò e le sentì il battito del cuore dal collo. Sapeva che di lì a poco sarebbe morta, ma voleva fare qualcosa per questa sconosciuta, anche se avrebbe messo in pericolo sia lui che lei.
"Ti darò una seconda possibilità, finché sarà possibile, sfruttala al meglio." Le sussurrò ad uno orecchio. 
Chinò la testa per guardare il suo collo bianco, dove il sangue ancora circolava lentamente. Si avvicinò e aprì la bocca, lasciando che i suoi canini risplendessero nella notte. Lentamente, ma con l'acquolina in bocca, addentò il suo collo ed iniziò a succhiare via il sangue. La strinse a sé, affamato e quasi senza controllo. Sapeva tramite i suoi compagni, che il sangue delle ragazze giovani era sempre stato il migliore, ma fino a quel momento non aveva mai avuto la fortuna di assaggiarlo. Il sangue inziò a colare all'interno e sopra al giubbotto che copriva la ragazza. Prima che potesse dissanguarla, ritrovando il suo autocontrollo, si stacccò. Mancava soltanto un passaggio. Si morse il polso e lasciò uscirò un po' del sangue, lo avvicinò alla bocca della ragazza e lei iniziò a succhiare. Con la mano, afferrò il braccio dell'uomo, per averne di più, segno che la trasformazione era ormai cominciata. L'uomo, sorrideva dell'innocuità della ragazza. I suoi canini si sarebbero sviluppati in seguito eppure, sentiva che gli stava facendo male. 
"Basta. Ne vorrai dell'altro ancora più buono, ora è meglio se riposi." Staccò il polso dalle grinfie di Viola e si alzò, lasciandola semi cosciente, con la bocca e il collo sporchi di sangue. 
L'uomo, prese sulle sue spalle le sue vittime e sparì nel nulla. 
Viola aveva visto in faccia la morte, ed ora le aspettava qualcosa di peggiore.



Buona sera!
E' la prima volta che provo a scrivere questo genere. Ho sempre scritto cose romantiche o drammatiche, ma ho voluto cambiare e quindi eccomi qui con questo piccolo prologo.
Non è lughissimo ma mi rifarò con il primo capitolo che scriverò subito dopo aver pubblicato questo.
Mh, allora, su questa storia posso dire che non tratterà solo di amore, anzi sarà quasi in secondo piano. In primo piano ci sarà invece il vampiro in generale. Ci sono tante cose da scoprire, tanti colpi di scena e dietro ad ogni cosa c'è una storia. Niente è dato per scontato. Nel senso che ho cercato di riscrivere il personaggio del vampiro come pareva a me e quindi se proseguirete a leggere la storia capirete ciò che voglio dire. Non voglio anticiparvi niente, quindi continuate a leggere e spero che vi piaccia la mi storia! Mi fareste felice se lasciaste una recensione, anche per vedere cosa ne pensate! 
Ah, se invece vi piace il genere romantico/ drammatico, passate sul mio profilo e troverete un'altra storia, che presto continuerò! 
Baci!





 

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Capitolo 2
*** 1° Capitolo - Istinto ***


Viola aprì gli occhi e notò che era ancora notte. Sulla sua mano sentì qualcosa di pesante, guardò e vide il suo cellulare, spinse un tasto a caso per vedere l'ora e vide che non era passato tanto tempo da quando...
"Mi hanno sparato!" Disse con un nodo alla gola. Subito guardà verso il petto e notò il sangue secco sul giubbotto. Da quelle parti non le faceva male niente, a differenza degli occhi, che sembravano essere pesanti. La vista le se offuscò all'improvviso e senza pensarci si alzò. La testa le iniziò a girare e a far male. Si portò le mani sul volto, strofinando con forza tutta la faccia e subito sentì l'odore che la ricopriva. La gola le iniziò a bruciare tremendamente. Aveva sete, ma non di acqua. Raccolse alla cieca la borsa. La notte non la intimoriva più. Decise di avviarsi verso casa e mentre camminava si accorse del sangue sulla spalla sinistra. Risalì fino al collo, ma sentì solo le cicatrici. Le ferite si erano già rimarginate. Aveva paura, non capiva cosa le stava succedendo.
Entrò nel portone e prese l'ascensore. E lì per la prima volta vide il suo riflesso nello specchio, dopo essere stata strappata via dalle braccia della morte. C'era qualcosa di diverso in lei. Con le mani insanguinate iniziò a toccarsi i capelli, il viso, aprì ancora di più gli occhi e li osservò attentamente. Il loro colore era leggermente cambiato. C'erano delle sfumature rosse. La bocca piena di sangue, il collo, il petto, non si ricordava niente. Era tutto così confuso.
Uscì e con agitazione tirò fuori dalla borsa le chiavi di casa e velocemente la girò nella serratura, subito si precipitò dentro. Corse in camera sua, buttò la borsa per terra e immediatamente si chiuse in bagno. Doveva togliersi tutto quel sangue di dosso. Nonostante la gola le bruciasse ancora, si tolse tutti i vestiti, rimanendo nuda. Non si guardò nemmeno e si infilò subito sotto il getto d'acqua calda. Mentre l'acqua diventava rossa, Viola, poté osservare meglio la cicatrice al petto. Non si notava quasi per niente, ma non sapeva spiegarsi come fosse possibile che si fosse rimarginata così velocemente.
Cercava di ricordarsi più cose che poteva, ma l'ultima cosa che la sua mente le segnalava era quell'uomo che le sparava.
Dopo che si accertò di aver fatto scomparire ogni traccia di sangue dal suo corpo, uscì dalla doccia e si asciugò. Poggiò le mani sul lavandino e cercò mentalmente di fare il conto della situazione. Alzò il viso e in quel momento, con davanti a sé lo specchio, guardò la cicatrice del collo. Si avvicinò e la prima cosa che le venne in mente fu:
"Un morso? Non è possibile..."
Lo toccò e i suoi dubbi e le sue certezze aumentarono. In quel momento, i denti le iniziarono a fare male, sembrava che le stessero scoppiando o che qualcuno li stesse tirando con forza. Si coprì la bocca con le mani e dal dolore chiuse gli occhi. Era terribile. Istintivamente, tirò su il labbro superiore e trovò i suoi canini notevolmente allungati e appuntiti.
"N-non può essere!" Si allontanò dallo specchio, si rivestì velocemente e si mise il pigiama.
Dopo qualche secondo, sentì la porta di casa aprirsi. I suoi genitori erano tornati.
"Viola, ci sei?" Chiese sua madre.
"Si!" Rispose lei immobile in mezzo alla stanza.
All'improvviso, riapparve il dolore alla gola.
"Vivi? Posso dormire con te?" Marco, con i suoi piedini scalzi era corso fino alla porta della sorella, pronto ad avere un sì come risposta, perché non era la prima volta che dormivano insieme, e Viola non l'aveva mai rifiutato.
Viola si avviò verso la porta, con la gola che le andava a fuoco. Stava per aprire ma subito, l'odore del sangue di Marco gli invase le narici e il dolore aumentò.
"Non posso..." Disse la ragazza sforzandosi.
"Perché?" Disse il piccolo di casa. Viola sentì la tristezza e la delusione nella sua voce.
"Devo studiare, mi dispiace."
"Posso dormire mentre tu studi." Insistette.
"Ma non dormiresti e ti darei fastidio e tu domani devi andare a scuola. Facciamo un altro giorno, ok?" Avrebbe voluto abbracciarlo e lasciarlo dormire con lei tutte le volte che voleva.
"Va bene..." Si arrese e si allontanò dalla porta.
Finalmente il dolore si placò, ma non del tutto.
"Devo pulire i vestiti." Si recò in bagno e iniziò a pulire il maglione, la maglietta e il giubbotto con l'acqua fredda. E quando ebbe finito, buttò tutto nel cesto dei panni sporchi.
Si buttò sul letto e l'ultima cosa che poteva riuscire a fare era dormire.
Si toccò di nuovo la cicatrice sul collo e cercò di ricordare.
"Non posso essere un..." Eppure non c'era altra motivazione.
Viola non era informata quanto il fratello sull'argomento, ma sentendo le sue storie, qualcosa l'aveva appreso. I vampiri si nutrono di sangue, hanno canini affilati e occhi che brillano e che cambiano colore. Tutto tornava ma non voleva crederci, magari stava dormendo, oppure era morta.
La ragazza si addormentò con questi pensieri, con dubbi su se stessa e su quella notte.

La mattina dopo, Viola si alzò e appena aprì gli occhi si ritrovò per terra, nel buio. La poca luce del sole che entrava dalle serrande, ma abbastanza per ferirla, le aveva dato fastidio e si era rifugiata dietro al letto per sfuggirne.
Piano si ritirò su coprendosi gli occhi con una mano e il suo viso venne illuminato dai raggi, che sulla sua pelle facevano male come coltelli affilati. Si alzò del tutto e aprì piano gli occhi. Faceva male ma riusciva a resistergli.
Fece un bel respiro e iniziò a prepararsi per la scuola. Qualsiasi cosa fosse successa doveva comportarsi come se tutto fosse normale.
Si vestì e si diede una pettinata ai lunghi capelli neri, stranamente più lucidi del solito.
Dopo essersi preparata, le aspettava un'altra sfida. Doveva scendere a fare colazione con i suoi genitori e Marco.
Uscì dalla sua camera e piano scese le scale. Sentì il loro odore entrargli fin dentro le ossa. La gola ricominciò a far male.
"Buon giorno! Studiato per oggi?" Chiese il padre mentre spalmava sul toast della marmellata.
"Si..." Se ne era naturalmente dimenticata.
Erano tutti seduti a tavola, Marco non aveva nemmeno guardato la sorella e silenziosamente mangiava il suo cornetto. Viola era l'unica in piedi e cercava di controllare la sua tremenda sete.
"Non ti siedi?" Chiese la madre guardandola sconcertata.
La ragazza piano si mise seduta vicino al fratello. Girò il viso verso di lui che con la coda dell'occhio la stava osservando. Il suo sguardo si posò sul collo pulsante di Marco. Piano si avvicinò, voleva assaggiarlo. Aveva sete e non riusciva a resistere al suo istinto.
"Viola, ma non mangi?" Chiese il padre guardandola in strano modo, compresa la madre.
Grazie a loro, Viola riprese il suo controllo e provò a mangiare qualsiasi cosa ci fosse a tavola. Prese un cornetto, dei toast, la torta avanzata della nonna, bevve il latte, l'aranciata e acqua, tanta acqua. Ma niente era riuscito a saziarla.
Si alzò dalla tavola e prese lo zaino e senza dire una parola si avviò verso la porta di casa.
"Sfrutta al meglio le tue capacità!" Le urlò la madre ancora seduta e confusa per l'atteggiamento della figlia.
"Ma che le è successo sta mattina?" Chiese il marito.
"Non lo so, sarà agitata per il compito." Marco era ancora seduto a fissare il vuoto. Anche lui aveva notato un atteggiamento strano dalla sorella.
Viola intanto camminava immersa nei suoi pensieri, mentre il sole non smetteva di darle fastidio.
Quando arrivò al cancello della scuola, miliardi di odori diversi le entrarono in gola.
"Non ci riuscirò mai così!" Disse tra sé e sé.
Piano avanzò tra i suoi coetanei, cercando di non avere l'attenzione su nessuno di loro.
Si mise in disparte per non creare problemi. Da lontano riconobbe il suo compagno di banco, o meglio, il ragazzo per cui aveva una cotta da anni. Il suo nome era Silvio, aveva la sua stessa età e a Viola era sempre piaciuto. Solo che non erano mai andati oltre al parlare ed era semplicemente un'amicizia scolastica e superficiale.
La campanella suonò e la ragazza entrò nella mischia, nella carrellata di studenti che cercavano di entrare nella piccola porta. Erano tutti troppo appiccicati e la gola di Viola chiedeva di essere saziata. Finalmente uscì dalla mischia senza azzannare qualcuno.
Entrò in classe e si mise seduta al solito banco al centro. Salutò i suoi compagni con la mano, senza alzarsi e aspettò il professore. Subito ci sarebbe stato il compito di matematica, sul quale non si era preparata. Il professore e Silvio entrarono insieme, uno posò la valigetta sulla cattedra e l'altro lo zaino sul banco accanto a Viola.
"Buongiorno!" Disse il ragazzo sorridente.
Lei ricambiò solamente un sorriso.
"Bene, se ci siete tutti, posso cominciare a consegnare i compiti." Il professore passava per i banchi e Viola cercava di controllarsi. Sentiva le vene di Silvio pulsare sotto la sua pelle e desiderava morderlo.
"Sei pronta? Non dovrebbe essere difficile per te, tu sei un genio in matematica." Disse prendendo il compito dal professore e guardando la ragazza accanto a sé.
Viola sfornò un altro sorriso, ma più forzato, e prese il compito.
Non riusciva a concentrarsi su quelle formule, l'unica cosa che voleva era il sangue.
"Sfrutta al meglio le tue capacità." Pensò a ciò che le aveva detto la madre per concentrarsi.
"Sfruttala al meglio..." C'era qualcosa di familiare in quella frase, qualcosa di già sentito.
"Secondo te quante possibilità ci sono che io prenda nove? Secondo me zero!" Silvio continuava a parlare invano.
"Seconda possibilità..." La testa di Viola stava per scoppiare.
"Viola? Va tutto bene?" Chiese il professore dalla cattedra.
"Posso andare in bagno?" Chiese la ragazza rimanendo con le mani sulla testa e senza alzare lo sguardo.
"Si... certo, vai."
"Ehi, va tutto bene?" Silvio le toccò un gomito e lei si alzò di scatto, dirigendosi verso la porta.
Si chiuse in bagno e rimase lì a pensare.
Le tornavano in mente alcune scene. Quell'uomo vestito di nero, comparso all'improvviso, che rompeva il collo ai due scippatori, il dolore sul collo, la voce che gli sussurrava e lei che mordeva il suo polso. Le veniva da piangere.
"I-io non sono un vampiro..." Sussurrò a se stessa.
"E' occupato qui?" All'improvviso bussarono alla porta e una voce femminile parlò.
"Vattene!" Urlò Viola in preda ad una crisi.
"Ok! Calmati!" La ragazza fuori dalla porta si allontanò e si spostò verso i lavandini.
La mora, senza controllo, uscì dalla porta e girò verso di lei la ragazza impaurita. Aveva sete e quella era la giusta preda, ma il momento e il luogo erano totalmente sbagliati.
"Non muoverti." Vide negli occhi della ragazza il terrore. Si avvicinò al suo collo, tirò fuori i canini ed inspirò l'odore succulento del suo sangue. Gli occhi di Viola diventarono più scuri, più rossi.
Prima che potesse morderla, Silvio entrò nel bagno.
"Viola, è tutto ok? Sono venti minuti che... Che stai facendo?" Silvio rimase a bocca aperta per la scena che si trovò davanti e la ragazza sfruttò l'occasione per scappare.
La mora si ricompose e guardò dritto negli occhi il ragazzo.
"Non lo so... Cosa mi sta succedendo?"

A fine scuola, Viola si ritrovò di nuovo sotto il sole tagliente e si accorse che faceva ancora più male rispetto a quella mattina. Non aveva parlato più con nessuno dopo l'accaduto nel bagno.
"Viola! Aspetta!" Silvio la stava inseguendo come un matto.
Era pericoloso per lui stare vicino a Viola, e lei lo sapeva ma non riusciva a scacciarlo.
"Dove si trova casa tua? Posso accompagnarti."
"Giù, in fondo alla strada." Rispose lei passiva.
Per tutto il tragitto non parlarono di nulla. Silvio voleva provare a dire qualcosa ma vedeva la ragazza troppo immersa nei suoi pensieri.
Quando arrivarono al palazzo di lei, il ragazzo la invitò ad uscire il giorno successivo e Viola non rifiutò.
Entrò in casa e si chiuse la porta alle spalle. Subito si maledì. Non era sicuro per entrambi ma lei era comunque una normale ragazza che aveva ricevuto un invito da parte del ragazzo che le piaceva.

Salì le scale e incontrò Marco. La fissava ancora arrabbiato per la sera prima.
"Come è andata a scuola?" Provò a chiedere lei.
"Bene, a te?"
"Bene." C'era un po' di tensione nell'aria.
Marco stava per sorpassarla per scendere in cucina, ma la sorella lo bloccò.
"Ti va di andare in camera tua? Magari giochiamo a qualcosa." Sorrise.
Senza dire una parola il piccolo risalì le scale e fece strada alla sorella. Entrarono e chiusero la porta.
La stanza di Marco era grande e molto colorata. C'erano un computer, scarso ma per lui andava più che bene, una televisione, delle miniature di dinosauri e qualche libro. Era però molto buia perché a lui piaceva stare con le serrande abbassate e con solo la luce della scrivania accesa. Per Viola questo era un punto a suo favore. Il sole in quella stanza non poteva colpirla.
"Mi dispiace per ieri sera. Ero stanca e agitata per il compito." Disse Viola buttandosi sul letto del fratellino, finalmente salva da quei coltelli.
"Non fa niente..."
"Come vanno le tue ricerche sui... vampiri?" L'unica persona più informata era suo fratello di sette anni e solo lui poteva aiutarla.
"Non cerco solo su di loro! Ma perché ti importa?" Marco si girò a guardarla e si mise seduto sulla sedia girevole.
"Così..."
"Ormai le so tutte a memoria." Disse fiero.
"Raccontami tutto quello che sai su di loro." Viola cercava un modo per farsi dire qualcosa ma sempre cercando di essere la sorella realista e con i piedi per terra.
"Sei strana Vivi." La guardò storto e poi cominciò a parlare.
"I vampiri non sono invincibili, comunque. Possono essere uccisi e hanno anche dei punti deboli." Continuò tranquillo.
"Ad esempio?" Viola si tirò su e rimase seduta a gambe incrociate.
"Ad esempio il loro punto debole è il sole e possono essere uccisi se gli viene conficcato nel cuore un palo di legno."
"E perché il sole?" La ragazza stava per sapere ciò che le serviva.
"Perché loro sono creature della notte e il sole non fa per loro, però ora hanno imparato a resistere anche a lui grazie al sangue che bevono."
"Quindi per resistere al sole devono bere sangue?" Le bastò pensare al sangue che la gola ricominciò a bruciare.
"Si, loro bevono e poi possono durare sotto il sole per un po'."
"Ma esisteranno dei vampiri buoni, che non bevono sangue dalle persone!"
"Sono rari. Sono cattivi e amano uccidere persone e non possono resistere al sangue."
Viola guardava il fratello senza parole. Per essere un minimo normale e non avere paura del sole, doveva uccidere una persona.
"Ma tu tanto non ci credi in queste cose..." Disse il fratellino giocando con un pupazzetto.
La sorella si alzò dal letto e prima di uscire dalla camera disse al fratellino che sarebbe tornata presto.
Uscì di casa e scese le scale saltando dei gradini ad ogni passo. La gola le bruciava, non poteva più resistere.
Era ancora giorno e naturalmente il sole riprese ad infliggere danni alla giovane. Corse verso il parco, dove era stata aggredita la notte scorsa. Le immagini le erano tutte chiare. Era tutto ovvio.
La gola prese a bruciare forte e Viola si infilò in mezzo agli alberi per non farsi vedere. Ci doveva essere sicuramente qualcuno nei paraggi.
Ad un certo punto un uomo che stava facendo jogging, si fermò proprio davanti a Viola per riposarsi un minuto.
La gola bruciava e lei non resisteva più, doveva bere del sangue a tutti i costi.
Piano, iniziò a camminare verso l'uomo che era girato di spalle. Si posizionò proprio dietro di lui e appena si tirò su, la ragazza l'aggredì al collo, senza pietà. Il signore cercò di urlare ma subito gli chiuse la bocca. Se lo portò in mezzo al parco, nel verde dove nessuno li poteva vedere.
Il sangue bollente e pulsante e ancora più buono perché in movimento, le placava il bruciore. Finalmente sentì il sole riscaldarla e non pugnalarla. Tutti i dolori erano scomparsi ma ormai era condannata, la sua anima non sarebbe più tornata indietro. Ormai l'oscurità era in lei e nessuno avrebbe riportato indietro la vecchia Viola.


Ecco il primo capitolo!
Non so come sia venuto, spero che comunque vi piaccia!
Lasciate una recensione per farmi sapere cosa ne pensate.
Grazie e alla prossima!

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Capitolo 3
*** 2° Capitolo - Figli delle tenebre ***


Il corpo dell'uomo che cadeva a terra, fece un tonfo. Viola si pulì con la mano la bocca piena di sangue, ma il gesto non bastò a toglierlo. Guardò il corpo dissanguato ai suoi piedi e si rese conto di ciò che aveva appena fatto. Si portò la mano alla bocca, cercando di soffocare i singhiozzi provocati dal pianto. Con la schiena toccò un tronco di un albero e piano scivolò, fino a toccare con il fondo schiena l’erba umida del parco. Le lacrime scorrevano incontrollabili, mentre il sole tramontava dietro gli alti palazzi.
La ragazza iniziò a pensare all'uomo che aveva appena ucciso. Un uomo qualunque, padre di famiglia forse, con una moglie e una madre che l’aspettavano a casa. Si tirò su e ancora sotto shock, si allontanò dal cadavere. Non sapendo cosa farne di lui, iniziò a correre verso l’uscita, girandosi ogni tanto per accertarsi che nessuno la stesse seguendo. Entrò nel portone del palazzo e con ansia aspettò l’ascensore. Quando arrivò davanti alla porta di casa, ci pensò due volte prima di suonare il campanello. Rivolse lo sguardo verso la finestra del pianerottolo e in fretta e furia si tolse il sangue rimasto intorno alla bocca.
Dopo tre minuti nessuno ancora era venuto ad aprirle la porta, allora cercò nella borsa e trovò le chiavi e come la scorsa volta, la girò frettolosamente nella serratura.
Chiuse alle sue spalle la porta e rimase immobile a fissare il nulla per un po’. Era diventata un mostro. Aveva ucciso una persona e il suo sangue si era unito al suo, gelido e fermo. Però le tornò in mente la sensazione di benessere, la goduria ed il piacere mentre il sangue scorreva nella sua gola.
Per distogliersi da quei pensieri, salì le scale e si avvicinò alla porta della camera di Marco. Bussò ed entrò nella stanza, fermandosi dopo aver chiuso la porta.
“Posso dormire con te?” Le chiese al fratello, osservandolo dritto negli occhi.
Marco, ancora seduto sulla sedia girevole, incrociò gli occhi lucidi e stanchi della sorella. Ma il suo sguardo cadde anche sulla manica insanguinata.
“Cosa hai fatto lì?” Le chiese preoccupato e curioso.
“Oh, qui? Niente, non ti preoccupare. Mi… sono tagliata prima mentre cucinavo. Allora, posso dormire qui?” Marco rispose di sì, aggiustando il letto e aggiungendo il cuscino che teneva nell’armadio.
Viola si sdraiò e il fratellino con lei. Si abbracciarono e così chiusero gli occhi.
La gola non bruciava grazie al sangue di cui si era appena nutrita e finalmente riuscì a stare accanto al suo piccolo ometto. Se lo strinse a sé, desiderando che quel momento durasse un’eternità.
Marco si lasciò stringere dalle braccia tremolanti della sorella, ma sentiva che qualcosa non andava. Come aveva fatto a tagliarsi mentre cucinava, se prima la sua camicia era pulita? Lasciò comunque correre.
Quando i loro genitori arrivarono, decisero di non svegliare la figlia per la cena e di lasciarla riposare. Il piccolo di casa, dopo aver cenato si rimise accanto a Viola ma si volle levare un dubbio. Alzò attentamente la manica impregnata di sangue, cercando di non svegliarla. Avvolse su se stessa la stoffa fino al gomito, ma non c’era traccia di alcun taglio. Marco a questo punto era confuso. Avrebbe voluto pensarci di più e trovare delle risposte ma dopo pochi minuti crollò in un sonno profondo accanto al corpo della ragazza.

La mattina successiva la famiglia si svegliò e cominciò la sua giornata come al solito. Viola, particolarmente, iniziò la sua giornata nella finzione. Alla stessa ora degli altri giorni, uscì e si avviò verso scuola. La pelle le bruciava leggermente e quasi non se ne accorse.
All’entrata dell’edificio, quando arrivò, Silvio la salutò con la mano sorridendo e Viola ricambiò accennando un gesto. Silvio era molto conosciuto a scuola, aveva tanti amici e nessuno provava invidia o ostilità verso di lui. A Viola era sempre piaciuto per questo, per la impossibilità di essere odiato, della sua cordialità verso tutti e il suo bel sorriso.
La giornata a scuola volò e appena Viola mise un piede fuori dalla classe, Silvio le toccò una spalla e di scattò lei si girò.
“Che ne dici di pranzare insieme? E poi andiamo a farci un giro dove vuoi tu.” Viola non riusciva a guardarlo negli occhi, la intimidivano.
“Si, va bene.” Sorrise mentre si strofinava le mani.
Uscirono dalla scuola e si avviarono verso una pizzeria lì vicino, presero due pezzi di pizza e due coca cole e si sedettero su una panchina sotto agli alberi.
“Dove vuoi andare dopo?” Chiese il ragazzo mentre mordeva la pizza.
Viola alzò lo sguardo per scrutare il cielo ricoperto dalle nuvole, probabilmente avrebbe piovuto.
“Visto che oggi il sole non spacca le pietre, direi che il cinema è una buona opzione.”
“Si, hai ragione, va benissimo. C’è un film che mi piacerebbe vedere, oppure tu ne hai già uno in mente?”
“No no, è indifferente quale.” Viola sorrise e si portò la bibita alla bocca.

Grazie alle nuvole il sole era nascosto e sulla pelle non sentiva alcun dolore. Iniziarono a passeggiare e parlarono del più e del meno, conoscendosi e piacendosi sempre di più. Presero l’autobus che li avrebbe portati davanti al cinema. Durante il tragitto condivisero le loro passioni e idee, contrastandole a volte.
Scelsero di vedere un film comico e stupido ma giusto per non appesantire l’aria. Ma questo non bastò.
A metà film, durante una delle poche scene romantiche, le loro mani si toccarono e si strinsero una con l’altra.
Nessuno dei due disse niente, ma smisero di ascoltare i dialoghi e di guardare le scene del film, si concentrarono solamente sulle loro mani. Quando le luci si riaccesero, Viola, che aveva già iniziato a pensare a quel momento da quaranta minuti, fece per sciogliere le dita dalle sue ma Silvio glielo impedì. Si girò a guardarla intensamente, senza dire una parola.
Uscirono dal cinema mano nella mano ma le nuvole erano sparite e il sole ricominciò a ferire Viola e così si accorse anche del bruciore alla gola. Istintivamente si portò la mano sul collo.
“Hai mal di gola? Vuoi la mia sciarpa?” Chiese il ragazzo.
“No, non è niente, grazie.” Rispose sorridendo. Ma lui se la sfilò e gliela mise intorno al collo.
Fuori dalla struttura, oltre a loro c’erano altri ragazzi divisi in gruppi e passare in mezzo a loro non aiutava.
Continuarono a passeggiare per la via isolata e Viola diventò distratta nelle ultime conversazioni. Stare accanto a lui la preoccupava. Aveva di nuovo sete e nei paraggi non c’era nessuno. Intanto il sole aveva tramontato e i lampioni ai lati della strada si erano accesi. Doveva trovare una scusa per allontanarsi. Girarono l’angolo ed entrarono una via piuttosto movimentata grazie ai negozi.
“Voglio un gelato.” Disse lei entusiasta dell’idea che aveva appena avuto.
“Ma… è ancora inverno.” La guardò strano ma poi decise di accontentarla ed iniziò a guardarsi intorno.
“Ecco, lì c’è una gelateria, speriamo che abbia qualche gusto. Torno subito.” Lasciò la mano della ragazza al suo fianco e a passo svelto entrò nel negozio.
Viola si girò ed iniziò a correre, tornando indietro verso il cinema. Nella grande via non c’era nessuno e allora decise di tornare dove c’erano altri ragazzi della sua età. Si nascose in un vicoletto aspettando che qualcuno passasse di lì. Ragazzi, coppie che andavano e venivano ma lei stava aspettando i gruppi. Se avesse preso con se un ragazzo, i suoi amici non si sarebbero accorti subito della sua assenza.
Finalmente ne arrivò uno, composto da circa otto persone. Passarono uno per uno in fila indiana davanti a lei.
L’ultimo era un ragazzo, più piccolo di lei di due anni circa. Lo prese per il giacchetto e lo tirò dentro allo stretto vicoletto, tappandogli la bocca e sbattendolo al muro. Gli occhi spaventati della sua preda, la fecero esitare ma gli occhi di Silvio si sostituirono ai suoi. Se non avesse preso il suo sangue, non sarebbe riuscita a stargli accanto.
“Non ti farò del male.” Viola aprì la bocca, facendo brillare i canini nella notte e i suoi occhi diventarono visibilmente più scuri. Si avvicinò al collo del ragazzo e lo morse più dolcemente possibile ma non ci riuscì perché il ragazzo cominciò a muoversi e a divincolarsi, stringendo con le mani la testa della ragazza provando ad allontanarla. Ma ormai Viola era incontrollabile e niente e nessuno poteva toglierle la sua vittima.
Dopo pochi minuti, il ragazzo perse i sensi e si lasciò andare. Il piacere che provava quando il sangue andava giù nella sua gola era indescrivibile. Quando la vampira finì, prese il corpo e lo posò nel fondo del vicolo, lasciandolo seduto con il collo sanguinante. Come al solito, cercò di pulirsi la bocca ma non fu abbastanza e allora decise di coprirsi con la sciarpa. Uscì dal vicolo e velocemente ripercorse la strada isolata. Mentre camminava, il suo sguardo si posò sul finestrino della macchina e vide riflessa se stessa. Il sangue era visibile sulla sciarpa, sul viso e sulla mano. Se fosse tornata in quelle condizioni da Silvio, sarebbe sembrato stranissimo. Si rese conto che non era possibile e decise di prendere il primo autobus per tornare a casa. Era crudele, ma se l’avesse vista sarebbe stato peggio.
Mentre guardava fuori, seduta sul posto singolo, scrisse un messaggio di scuse a Silvio, spiegando che aveva ricevuto una telefonata urgente dalla madre. Sapeva che non l'avrebbe perdonata facilmente.
La sua vita era migliorata tanto quanto si era complicata. Come sarebbe riuscita a stare accanto alle persone che amava se un mostro era andato a vivere dentro di lei, pronto a sostituirla ogni volta che voleva?


Sotto il castello, nelle viscere della terra, i vampiri del Regno Oscuro dell’Ovest, erano stati riuniti d’urgenza per parlare di qualcosa che a loro non era stato specificato. Erano tutti sorpresi di questa riunione, per loro era raro che si verificassero cose di questo genere. I vari uomini e donne si trovavano nell’unica piazza esistente tra le rocce e montagne rosse. Davanti alla piazza c’era una pedana molto alta e rettangolare con dietro un telo bianco, a cui nessuno era consentito salire. Si sentivano i bisbigli dei vampiri incuriositi e ansiosi.
Tutto ad un tratto, il telo bianco si aprì ed entrò un uomo vestito di nero, pelle e occhi rossi come il fuoco e con indosso un cappello. Gli posizionarono un microfono davanti, preciso per lui ed iniziò a parlare.
“Buona sera vampiri!” La piazza si azzittì.
“Erano secoli che non si faceva una riunione del genere. Ora vi starete chiedendo il perché, ma prima lasciatemi che vi ricordi la vostra storia. Millenni fa, gli umani cominciarono a sospettare della vostra esistenza e iniziarono a cercarvi e successivamente ad uccidervi. Milioni di famiglie furono sterminate ma alcuni riuscirono a salvarsi. Tutto questo perché voi siete cacciatori, amanti del sangue e, all’epoca, eccitati dall’uccidere e dal massacrare povere vite. Ma grazie al Signore delle tenebre, voi riusciste a sopravvivere. Come? Il vostro signore che si trova nel Regno del Nord, capo e creatore di tutti i regni, vi portò qui, al riparo dagli umani per cessare questa continua lotta. Il nostro intento è sempre stato quello di proteggervi e di far tacere l’idea della vostra esistenza agli uomini. Per anni, secoli, siamo riusciti a cavarcela, rimanendo qui giù, dove il sole non poteva ferirci, trovando una grande forza interiore nel resistere a non bere sangue per giorni e giorni, senza mai uccidere nessuno!” L’uomo alzava la voce furibondo e pieno di rabbia, osservando attentamente ogni viso, cogliendo le loro reazioni alle sue parole. Lui non era un vampiro, ma aveva le loro stesse caratteristiche.
“Ed ora… è tutto rovinato. E sapete perché? Perché qualcuno di voi ha trasformato un umano in un vampiro!”
Urlò e si allontanò verso destra.
“Guardate voi stessi.”
Sul telo bianco venne proiettato un video. Lo stupore dei vampiri e anche un po’ di rabbia, li fece rimanere senza parole. Nel video si vedeva Viola che uccideva le sue due uniche vittime e la polizia che trovava il corpo del primo.
“Questo non va per niente bene. Ed ora vi spiego anche il perché. Un vampiro appena nato, libero, nel mondo degli umani, che non sa controllare la sua sete e di conseguenza va ad uccidere per placare la sete e il dolore sulla pelle, può risultare un pericolo per voi. Gli umani potrebbero ricominciare a sospettare della vostra esistenza e questo porterebbe ad un altro sterminio. Voi siete figli dell’oscurità ed io, Re del Regno dell’Ovest, ho il diritto di proteggervi. Ora però vorrei che il colpevole si facesse avanti.” Il Re camminava avanti e indietro sulla pedana.
“Vivete da più di mille anni e non sapete prendervi le vostre responsabilità?”
La folla girò lo sguardo a destra e a sinistra, cercando quel qualcuno. Si sentirono bisbigli e movimenti, ma ancora nessuna risposta.
“Sono stato io.” Si sentì dal centro. I vampiri si allontanarono da lui, creando un cerchio che si allargò sempre di più.
“Oh, Jack, figliolo mio!” Esclamò il Re con una finta allegria.
“Sono stato io a trasformarla.” Replicò l’uomo, anche lui vestito di nero.
“E perché l’avresti fatto?”
“Stava per morire e non sono riuscito a non fare niente.”
“Non capisco… Voi vampiri non siete sensibili eppure tu l’hai, per modo di dire, salvata.”
Jack non disse niente, rimase ad osservarlo, preparandosi alla sua condanna.
“Sai, al Signore non piace uccidervi, voi che siete stati sempre dalla sua parte, quindi non lo farò con te. Ma voglio che tu elimini ciò che hai creato. Se ucciderai la ragazza, io non ucciderò te.” Disse soddisfatto il Re.
“Come desidera.” L’uomo fece un inchino e si fece spazio tra la folla che lo fissava esterrefatta. Se ne andò con menefreghismo e impertinenza , e si preparò per far visita a Viola.



Eccomi di nuovo qui con un nuovo capitolo! E’ passato un po’ di tempo dall’ultima volta ma non trovavo l’ispirazione giusta. Ma ora sono qui!
Spero veramente che vi piaccia. Da qui la storia inizia a prendere il volo ed iniziano le prime complicazioni.
Ringrazio l’unica persona che ha messo questa storia tra le seguite e spero che qualcun altro si aggiunga a lei. Lasciate una recensione e se vi piace fatemelo sapere.
Grazie e a presto!

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