La bambina che gli cambiò la vita.

di Drunk on Love
(/viewuser.php?uid=456507)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1-La donna misteriosa ***
Capitolo 2: *** 2-Decisioni da prendere. ***
Capitolo 3: *** 3-Ospite inaspettato. ***
Capitolo 4: *** 4-Di invidia e di promesse. ***
Capitolo 5: *** 5- Lo scherzo perfetto. ***
Capitolo 6: *** 6-Missione Compiuta! ***
Capitolo 7: *** 7-Un grosso sbaglio. ***
Capitolo 8: *** 8-Uragano Yamanaka. ***
Capitolo 9: *** 9- Fra una ciotola di Ramen e un negozio di fiori. ***
Capitolo 10: *** 10- Una promessa e un cielo stellato. ***
Capitolo 11: *** 11- Un ricordo mai dimenticato. ***
Capitolo 12: *** 12-La crudeltà della disperazione. ***
Capitolo 13: *** 13- Cosa fare? ***
Capitolo 14: *** 14- Il Tempio ***
Capitolo 15: *** 15- Per vendetta ***



Capitolo 1
*** 1-La donna misteriosa ***


1.



Era notte fonda, la neve invernale copriva i tetti di Konoha, e Kakashi dormiva beato nel suo letto caldo, quando fu svegliato da un rumore.
Toc Toc.
Le palpebre si schiusero piano, mentre le orecchie si tesero.
Toc Toc.
Non lo aveva immaginato, dunque. Qualcuno bussava alla sua porta. Sentendo quel rumore sommesso continuare, sbuffando, si decise ad alzarsi. Era scalzo, ma aveva ancora addosso la sua divisa. Era evidentemente pigro e la sera prima era talmente stanco che si era buttato nel letto senza pensarci.
Toc Toc.
«Arrivo!» brontolò. Aprì la porta.
Una donna incappucciata e alquanto agitata gli si parò davanti. Piangeva e si guardava intorno, come se avesse paura che qualcuno potesse vederla.
«E lei sarebbe...?» esordì Kakashi, aggrottando le sopracciglia. La osservò meglio: aveva in mano un fagotto che sembrava pesante, mentre la lunga tunica scura che portava addosso era inzuppata di acqua. L'Hatake guardò i suoi piedi. Sotto la donna si spargeva un'ampia macchia di sangue.
«La prego, mi aiuti. La scongiuro.. La supplico..» farfugliò la donna tra i singhiozzi. Kakashi, in genere sempre molto lucido e calmo, non seppe che fare.
Al diavolo. Sono un jonin di un certo livello, mi saprò difendere da una donna che piange. Pensò mentre si lasciava libero l'uscio per farla entrare in casa.
«Lei chi è?» ripeté Kakashi, mentre l'ospite inaspettata continuava a guardarsi in giro allarmata.
«I-Io non sono nessuno.» disse la donna, guardandolo per la prima volta in faccia. Rimase sorpresa nel vedere i capelli scintillanti e argentei del ragazzo. Kakashi rimase calmo.
«Se lei non è nessuno, mi spiega perché è così agitata? E mi dice perché sta sanguinando?»
La donna sembrava essersi accorta solo ora della scia di gocce di sangue che aveva lasciato sul pavimento di Kakashi. Finalmente la donna si tolse il cappuccio, liberando lunghi capelli biondi e un paio d'occhi scuri.
«Mi deve fare una promessa.» disse seria rivolta al ragazzo dai capelli d'argento.
«Senta, non sono un ninja medico, se vuole...» cominciò a dire, ma la frase gli morì in gola non appena vide che la donna stava scoprendo il suo fagotto.
Un urlo, uno solo, acuto e squillante, quello di un neonato.
«Cosa..» Kakashi studiò meglio la sua ospite. Lei aveva uno sguardo serio e pieno di dolore, come se stesse per fare qualcosa di cui si sarebbe pentita.
«Lei è mia figlia.» disse con una punta di rammarico. Una testolina tutta nera spuntò dalle braccia della donna.
«Che significa?» Kakashi non era uno stupido; se una donna spaurita e singhiozzante si imbucava in casa di uno sconosciuto piena di sangue e con una bambina tra le braccia, non era per bersi un the. Tuttavia, lui avrebbe preferito offrirle un the, piuttosto che sentirsi dire ciò che si aspettava e temeva.
«Promettimi che la crescerai..» cominciò la bionda, prima di essere colta da una fitta al torace. Kakashi le si avvicinò e poggiò la mano fredda sulla ferita appena sotto il seno della donna, per darle un po' di sollievo. Stava morendo.
«Promettimi che non la abbandonerai.» continuò con un filo di voce. L'Hatake rifletté su quelle parole. Aveva ventisette anni, un figlio non era nelle sue aspettative, per di più era un ninja da quando era nato e non aveva molta esperienza in campo.
«Come si chiama?» chiese con voce fredda, ma gentile.
«Sukai.» sussurrò la sconosciuta con un uno spasimo d'agonia, prima di accasciarsi al suolo.
«Sukai...» ripetè Kakashi. Cielo. Gli venne quasi da ridere: una donna gli era appena morta di fronte, gli aveva lasciato una bambina ed una grandissima responsabilità, eppure era rimasto lucido, calmo, come se stesse osservando la scena dall'esterno. Dopo qualche secondo, si alzò in piedi, si moriscò la mano e invocò Buru, il suo cane più grosso.
«Portala da Tsunade, anche se non c'è molto da fare.» ordinò mentre sistemava la donna sul dorso del suo fedele compagno.
Il cane corse via, in direzione dell'ospedale. Solo allora, si accorse che la piccola piangeva. Kakashi andò di fronte al tavolo, osservando con il suo occhio attento la bambina. Aveva la carnagione molto scura, i capelli ricci e degli occhi verdi che contrastavano con la sua pelle. Notò un piccolo graffio sulla guancia. Si decise a prenderla in braccio.
«Bene, Sukai, pare che d'ora in poi sarò il tuo papà.» disse guardandola con una faccia che fece ridere la bambina. Scoprì improvvisamente di essere spaventato e insicuro, ma il sorriso allegro e innocente di Sukai lo calmò.
«Non so chi era tua madre, ma sono sicuro che era molto coraggiosa.» disse abbassandosi la maschera per scoccare un bacio sulla fronte della neonata.
 
Jiraiya era ancora in piedi, quando  Kakashi bussò alla sua porta.
«Chi diavolo è a quest’ora?» si avviò ad aprire la porta principale.
Grande fu la sorpresa quando si ritrovò Kakashi a due palmi dal naso, per di più con in braccio un pacco che l’eremita identificò come bambino.
«Qual buon vento?» chiese Jiraiya all’amico.
Kakashi si limitò a far scorrere l’occhio nero sulla bambina ben coperta.
L’eremita sospirò e lo fece entrare in casa. Si sedettero su un piccolo divano, mentre il ragazzo dai capelli argentei scopriva la bambina.
«Jiraiya, ti presento Sukai, Sukai, lui è Jiraiya.» disse calmo e gentile.
«Ti è venuta voglia di fare il papà?» chiese Jiraiya ironico, prendendo una mano della bimba e giocando con le sue dita.
Kakashi scostò un ciuffetto di capelli dalla fronte di Sukai e si decise a raccontare tutta la storia.
«Cioè, in poche parole, una donna ti è morta tre le braccia, lasciandoti sua figlia e chiedendoti di crescerla.» riassunse l’eremita, dopo averci pensato un po’.
Kakashi annuì.
«Bel pasticcio… Manterrai la promessa?» chiese serio, guardandolo nell’unico occhio visibile.
«Non lo so Jiraiya. Un po’ sono preoccupato. Se decido di mantenere la promessa dovrò smettere di andare in missione per un po’ e lascerei i miei allievi allo sbaraglio, senza contare che cambiare maestro è impegnativo. D’altra parte, se decidessi di non farlo, chissà che fine farebbe questa povera bambina.» si interruppe guardando con pietà Sukai.
«In definitiva, vorrei un tuo consiglio.» concluse.
«Kakashi il copia ninja viene a chiedere aiuto all’eremita pervertito? Sei messo male.» ridacchiò Jiraiya, dandogli una pacca sulla spalla.
Kakashi sospirò, piegando di lato la testa e facendo ridere Sukai.
«Pare proprio di sì.» rispose rassegnato.
«Dormiamoci su; domattina vedremo cosa fare.» propose l’eremita.
«D’accordo. Oh, a proposito…» cominciò a dire Kakashi, portandosi una mano dietro la testa e sorridendo d’imbarazzo.
«Si?»
«Sai far addormentare una bambina?» chiese con la sua risatina a mezza voce.
Jiraiya rise a sua volta.
«Ci penso io, tu vai a dormire.» rispose.
 
 
«KAKASHI HATAKE!» un urlo di rabbia fece svegliare di colpo Kakashi e Jiraiya.
Una ragazza dai capelli rosa e gli occhi verdi ma furenti si intrufolò in casa dell’eremita, saltando da una finestra.
Jiraiya ci mise un po’ a destarsi del tutto, mentre invece Kakashi era già in piedi, sull’attenti, a sorbirsi il rimprovero da parte della sua allieva.
«Ma è mai possibile che faccia sempre tardi? Poi ci credo che Naruto se la prende comoda, se il suo maestro è il primo! Ma dove avete la testa?» continuò Sakura.
«Ma aspetta, Sakura, posso spieg…» uno strillo acuto seguito da un pianto lagnoso interruppe Kakashi.
«Che cosa è stato?» chiese allarmata la ragazza, portando un kunai alla mano.
Kakashi posò l’occhio sull’arma di Sakura.
«Tranquilla: a meno che tu non abbia paura dei neonati, quello non ti serve.» la tranquillizzò, andando a prendere in braccio la piccola Sukai.
«Ben svegliata, piccola. Lei è Sakura. Salura, lei è Sukai.» le presentò.
Sakura, per la prima volta in vita sua, si fece scivolare il kunai dalle mani, lasciandolo cadere a terra. Aveva gli occhi sgranati e farfugliava qualcosa di incomprensibile.
«Ti spiegherò tutto più tardi, con Naruto e Saskue.» disse l’albino, mentre la bambina gli tirava il coprifronte mirando a scoprire l’occhio sinistro.
Sakura, ancora stupita, guardava interrogativa il suo maestro.
«Andiamo, Sakura, lascia respirare il povero Kakashi. Si è già messo in un bel guaio, non stare appiccicata a lui!» si intromise, con un sorrisetto ironico sulle labbra, l’eremita dei rospi.
Sakura preferiva girare i tacchi e aspettare con i suoi compagni, piuttosto che mettersi a parlare con quel pervertito di Jiraiya.
E così fece.
«Ma cosa ho detto?» si chiese l’eremita, mentre Kakashi sorrideva in silenzio e la bambina strepitava.
«Direi che ha fame. Intuì Kakashi.»
Dopo un po’, Jiraiya si accorse di avere lo sguardo dell’albino puntato addosso.
«Perché guardi me?»
«Chi dovrei guardare, scusa? Ieri sono venuto a chiederti aiuto, adesso aiutami.» rispose calmo.
Jiraiya sbuffò passandosi una mano sul volto.
«Andiamo da Tsunade. Magari lei saprà dirci che fare.» propose infine.
Kakashi annuì.
Usciti di casa, trovarono Sakura, Naruto e Sasuke ad aspettarli.
Alla vista del loro maestro con una bambina in braccio, spalancarono le mascelle fino a terra.
Perfino Sasuke ebbe la stessa reazione.
«D’accordo, ora venite con noi, ma non una parola fino a che non lo dico io, chiaro? Andremo da Tsunade, per cui guai a chi fiata.» li ammonì Kakashi.
I ragazzi annuirono e si avviarono.
 
 
«KAKASHI HATAKE!» Sakura si meravigliò di come somigliasse al Quinto Hokage.
Jiraiya si rizzò sull’attenti, sperando che Tsunade non urlasse anche il suo nome.
«JIRAIYA GOKESTU!» Come non detto.
Kakashi strinse la piccola a sé in un abbraccio protettivo, cercando di ovattarle le orecchie.
«Che diavolo vi è saltato in mente? Vi rendete conto di chi state nascondendo?» tuonò Tsunade.
Kakashi e Jiraiya si guardarono interrogativi, aggrottando le sopracciglia.
«Noi non stiamo nascondendo nesusno.» azzardò Kakashi.
«Ne sei proprio sicuro?» la voce del Quinto Hokage era severa, per niente rassicurante.
Kakashi si sentì come quando, da ragazzino, Minato lo rimproverava per aver sbagliato qualcosa.
«Di che stai parlando?» chiese. Era preoccupato, ma era molto bravo a non darlo a vedere.
Tsunade sospirò e si immerse nello schienale della sua poltronda, chiudendo gli occhi.
«La donna che mi ha portato ieri Buru, oltre che morta, era… » si fermò, poi riaprì gli occhi e guardò i due a metà fra l’arrabbiato e il preoccupato.
«…un’evasa dalle carceri del Villaggio della Nebbia.» concluse.



Spazio autrice
Devo ammettere che non mi fa impazzire, ma non sono riuscita a fare di meglio. Comunque ho già scritto altri capitoli e spero di riuscire ad aggiornare presto.
Se avete qualche consiglio da darmi o qualunque altra cosa, per favore, recensite e fatemi sapere se vi è piaciuta.
Grazie a chi leggerà e un granzie in più a chi recensirà ;)

-Drunk on Love-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2-Decisioni da prendere. ***


«Che cosa?!» Naruto, che fino ad allora era stato, stranamente, in silenzio, se ne uscì con la solita vocina squillante.
«Hai capito bene, Naruto. Supponiamo che la bambina che ora Kakashi porta in braccio fosse nata in carcere.» disse il Quinto Hokage.
«Ma non ne siete sicuri.» aggiunse Kakashi, capendo al volo.
Tsunade scosse la testa.
«E volete fare un esame del sangue alla piccola per vedere se combacia con quello della presunta madre.» concluse Jiraiya per loro.
«Esattamente.» rispose Tsunade.
«Ma è una bambina, non potete infilarle un ago nel braccio...» Naruto spezzò la frase a metà, impegnato a lamentarsi del dolore causato dal pugno in testa di Sakura.
«Naruto! Per una volta, ce la fai a restare al tuo posto?» lo ammonì la ragazza. Quando si calmò, Sakura si rivolse al Quinto Hokage.
«Però..in effetti non ha tutti i torti. È solo una bambina. Non si potrebbe fare in un altro modo? Con la saliva, ad esempio?» propose Sakura, con toni più pacati di quelli di Naruto.
Tsunade ci pensò un po’, dopodiché si rivolse a Kakashi.
«D’accordo. Preleveremo un campione di saliva. Se la bambina risulta essere sua, starà a te decidere. Ma se non combacia, dobbiamo trovare i suoi veri genitori.» concluse seria.
Intanto Sukai scalpitava e strillava dalla fame.
«Sakura, sai cosa fare. Shizune, accompagnala.» disse rivolgendosi alla sua assistente.
«Subito.» rispose pronta quest’ultima.
Si avvicinò a Kakashi per prendere in braccio la piccola.
L’albino esitò, ma quando la sua allieva gli poggiò una mano sulla spalla e gli mostrò un sorriso rassicurante e sereno, Kakashi si convinse a mettere la bambina nelle loro mani.
«Latte in polvere, giusto?» le sentì parlare mentre uscivano.
Naruto sbuffava e borbottava, come se stesse parlando con sé stesso.
Jiraiya si congedò.
Quanto a Sasuke, era rimasto in silenzio tutto il tempo, ad analizzare la situazione.
«Si è già affezionato a lei?» fu la prima frase che pronunciava da ore. Kakashi lo guardò, senza sapere cosa rispondere.
«Ti sei affezionato?» ripeté Tsunade, incredula.
Kakashi fu all’improvviso colto da un’ondata di ricordi d’infanzia, che aveva per molti anni sotterrato dentro le crepe del suo cuore. Ricordò suo padre che gli sorrideva, le corse nei boschi con lui, i suoi lunghi capelli agitati dal vento autunnale sul terrazzo di Konoha. E poi, per ultimo, come un coltello nell’anima, ricordò il sangue.
Dopotutto lui e quella bambina non erano molto diversi, forse lei era anche messa peggio: senza genitori, sola, aveva visto morire sua madre e avrebbe potuto ricordarlo solamente con l’inconscio.
Gli occhi gli si inumidirono, ma ricacciò indietro le lacrime e guardò dritto negli occhi del suo allievo.
 
 
Sakura stava preparando il latte per la piccola Sukai, mentre Shikuze stava lottando per infilarle un cotton fioc in bocca fra un urletto e l’altro.
«Secondo te è sua figlia? Insomma, tu l’hai vista. Si somigliano?» chiese con curiosità Sakura.
«Nemmeno un po’. Per dirlo dovrei almeno vedere il padre.» rispose, mentre finalmente riusciva a prendere un po’ di saliva dalla sua piccola boccuccia.
«Il latte è pronto.» Sakura si avvicinò e prese in braccio la piccola Sukai, dandole da mangiare.
«Credi che se il DNA combacia, Kakashi terrà la bambina?» chiese Shizune alla ragazza dai capelli rosa.
«Bé, in tutta onestà, non ho mai visto il maestro Kakashi alle prese con dei bambini ce non fossimo io, Sasuke e Naruto. Però non è così vigliacco da scappare di fronte alle responsabilità.» rispose con un lieve sorriso sulle labbra.
«Quindi, secondo te, la terrà?»
Sakura annuì.
La piccola Sukai bevve molto in fretta il latte.
Prima piano, poi sempre più forte, fino a diventare insopportabile, la bambina cominciò a lamentarsi.
«Che vuole adesso?» sbuffò Sakura.
«Forse vuole altro latte.» ipotizzò Shizune.
Non ebbero il tepmo di dire altro, che la porta della stanza dove si trovavano si aprì lentamente, lasciando spuntare una ciocca argentea.
Non appena Kakashi entrò, seguito da Sasuke e Naruto, Suaki cominciò ad allungare le braccia verso di lui.
«Neanche un giorno e già è innamorata persa di lei.» commentò Naruto rivolto al suo maestro.
Come biasimarla? pensò Sakura. Subito dopo si diede della stupida per averlo fatto.
Kakashi prese in braccio la piccola Sukai, che gli si aggrappò come una scimmietta, e finalmente tornò il silenzio.
Sembrava che a Sukai piacesse stare avvinghiata al petto del suo quasi papà, come se volesse prendere per sé tutto il suo calore.
Kakashi la abbracciò e le scoccò un lieve bacio sulla fronte attraverso la maschera.
Sasuke roteò gli occhi.
E addio agli allenamenti.. pensò.
Kakashi si accorse della reazione del suo allievo, così decise di voltarsi verso di lui, facendo un sorriso che si vedeva anche da dietro la maschera.
«Vuoi prenderla in braccio?» più che una domanda era un ordine a farlo.
«Ehi..no.. aspetti… » senza neanche sapere come, si ritrovò con la piccola Sukai in braccio che gli tirava i capelli.
Tutti i presenti scoppiarono a ridere, mentre Sasuke cercava di staccare le mani della bambina dai suoi capelli, stando però attento a non farle male.
A rovinare la sua opera, ci si mise il suo maestro, arruffandoglieli con una mano.
Sasuke sbuffò rassegnato, emettendo ogni tanto qualche ‘Ahi ‘ quando Sukai tirava un po’ più forte.
 
 
Dopo qualche giorno, Kakashi fu convocato nell’ufficio dell’Hokage, per leggere i risultati dell’esame.
Portò con sé anche la piccola Sukai.
Bussò alla porta e, quando la voce di Tsunade gli disse di entrare, obbedì.
Restò in attesa del verdetto, cercando di non lasciar trasparire emozione alcuna.
«La bambina risulta essere sua figlia.» annunciò Tsunade.
Kakashi tirò un sospiro di sollievo: poteva tenerla.
Dopo tanti anni passati a reprimere le emozioni, in quel momento proprio non riuscì a trattenere un sorriso probabilmente involontario che gli si dipinse sul viso, visibile anche attraverso la maschera.
«Non tanto in fretta.» lo ammonì l’Hokage.
Kakashi ritornò in sé, mettendo da parte ciò che provava er riaprendo la porta alla sua mente lucida.
«Innanzi tutto, dovremo consegnare il corpo della donna al Villaggio della Nebbia, dopodiché dovrò firmare un mare di carte e lottare con le unghie e con i denti se vuoi tenere la bambina. Per cui prenditi un giorno per pensarci bene; della bambina si prenderanno cura i tuoi allievi. Se vuoi tenerla, devi esserne sicuro, altrimenti non vale la pena di combattere.» concluse seria e diretta.
L’albino annuì, pensieroso. Da un lato era preoccupato per la sorte che sarebbe capitata a Sukai in mano a Naruto, dall’altro sapeva che doveva pensare bene se voleva davvero assumersi una responsabilità così grande.
«D’accordo. Fra poco vedrò Sakura, Naruto e Sasuke e gli spiegherò la situazione, poi me ne andrò a riflettere per conto mio.» rispose, riacquistando la freddezza che lo distingueva.
«Per quanto riguarda i ragazzi, sono stati già avvisati. Dovrai solo consegnargli la bambina.» lo informò Tsunade.
Kakashi annuì e prese congedo.
 
Incontrò i suoi allievi sotto casa di Sakura.
Mentre si incamminava per raggiungerli, tutti passanti lo guardavano attoniti.
´Kakashi Hatake con una bambina in braccio! ´ dicevano, per poi zittire quando gli passavano accanto.
«Maestro Kakashi!» esclamò Naruto appena lo vide.
Kakashi alzò la testa in segno di saluto.
«Sapete già tutto, no?» chiese il maestro.
I ragazzi annuirono.
«Stia tranquillo, maestro. Sukai è in ottime mani. Di Naruto non deve preoccuparsi, ci penseremo io e Sasuke.» disse Sakura con un sorriso che le illuminò gli occhi verdi.
Il maestro sospirò e mise attentamente la bambina in braccio alla sua allieva.
Non disse nulla e come era arrivato, così se ne andò.
«Io proprio non lo capisco. Un giorno è tutto allegro e sorridente, il giorno dopo non ti degna di uno sguardo!» si lamentò Naruto.
«Ma davvero non capisci? Deve prendere in un giorno una decisione che cambierà tutta la sua vita. E poi sai bene che è sempre stato così, figurati adesso!» puntualizzò l’amica.
«Suppongo che dovremo darle da mangiare.» si intromise Sasuke, portando l’attenzione sui lamenti della bambina.
Sakura si stupì che Sasuke si preoccupasse per la piccola, ma non volle spezzare l’incantesimo, così si limitò ad annuire ed avviarsi verso il mercato.
 
«Credi che al mercato troveremo del latte in polvere?» chiese ironico Naruto.
«No, stupido. C’è Shizune che l’ha preso per noi e mi ha detto di incontrarla lì.» rispose seccata Sakura.
Naruto roteò gli occhi sbuffando.
Intanto la piccola Sukai insisteva per andare in braccio a Sasuke, puntando le mani in direzione dei suoi capelli.
«Sasuke, prendila.» lo esortò la ragazza.
«Scordatelo. Non ci tengo a farmi tirare di nuovo i capelli.» rispose secco. Naruto scoppiò in una risatina.
«Non avrai mica paura di una neonata?» lo stuzzicò.
Sasuke gli lanciò un’occhiata di fuoco, che il biondo ignorò palesemente.
«Sasuke ha paura dei bambini! Sasuke ha paura dei bambini!» cominciò ad urlare Naruto, per sfottere il compagno.
«Sta zitto!» tuonò Sasuke, dopo avergli mollato un pugno in testa.
Sukai scoppiò a ridere.
«Fallo di nuovo. Le piace.» disse Sakura.
«Con piacere.» rispose il moro con un sorrisetto sulle labbra, colpendo di nuovo il povero Naruto.
La risatina di Sukai risuonò nelle loro orecchie, mentre le proteste di Naruto, quelle si sentirono per tutto il  mercato.
Infine, però, Sasuke si convinse a prendere in braccio la bambina.
«Quanti mesi credi che abbia?» chiese Naruto dopo un po’ di tempo, rivolgendosi a Sakura.
«Non ne sono sicura, ma a occhio e croce direi che sta per compiere l’anno.» rispose squadrando la bambina.
In effetti era già grandicella, con braccia e gambe paffute e occhietti luminosi e spalancati dalla curiosità di scoprire il mondo.


Spazio autrice
Ecco il nuovo capitolo, spero che vi piaccia. 
Volevo ringraziare le due persone che hanno recensito, ma anche chi ha letto in silenzio.
Spero vivamente che vi piaccia.
Alla prossima.

-Drunk on Love-

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3-Ospite inaspettato. ***


Kakashi saltava di tetto in tetto, pensieroso. Non sapeva nemmeno lui con quali criteri valutare la situazione.
A un tratto, decise di raggiungere le sculture degli Hokage.
Salì sulla testa del suo maestro: Minato.
Si sedette a gambe incrociate ad osservare il villaggio animato dal mercato.
L’albino sospirò.
Tu che cosa avresti fatto, maestro?  
Da lì sopra riusciva a vedere ogni piccola stradina del villaggio. Vedeva le signore che uscivano di casa per andare a fare la spesa, i bambini che giocavano e i ragazzini intenti ad allenarsi con dei kunai.
«Certe volte mi chiedo perché ti ostini a parlare con la testa di Minato, invece che con me.»
Kakashi sussultò. Si voltò e vide un uomo dai capelli bianchi e lunghissimi, con una casacca rossa.
«Oh..ciao Jiraiya.» lo salutò.
«Senza nulla togliere a Minato, ma io posso risponderti.» continuò l’eremita. L’occhio di Kakashi guizzò di sarcasmo.
«E’ proprio per questo che non parlo con te.» rispose ridacchiando. Jiraiya fece il finto offeso, ma notò l’umore dell’amico.
«Tutto bene?» gli chiese dopo un po’. Kakashi rilasciò il fiato che non sapeva di avere trattenuto.
«Onestamente no. Cioè..fisicamente sto bene..è che..» non essendo abituato a esternare le proprie emozioni, le fresi morivano prima ancora di nascere.
«Ho parlato con Tsunade. So tutto.» lo rassicurò Jiraiya, sedendosi accanto a lui.
«Secondo te cosa dovrei fare?»
L’eremita non rispose subito. Stava scrutando il villaggio alla ricerca di qualcosa, che trovò quasi subito.
«I tuoi allievi si fanno sempre notare.» disse guardando in direzione del mercato.
Tre ragazzi e una bimba urlavano e si prendevano a pugni mentre camminavano.
Kakashi sorrise.
«Loro cosa farebbero?» gli domandò Jiraiya.
«Se fossero al posto mio?»
L’eremita annuì.
«Bé, hanno tredici anni, non credo di conoscere la risposta.» confessò l’albino.
«Io invece credo di sì. Guardali.»
Kakashi notò indistintamente la ragazza dai capelli rosa -come si poteva non notarla?-  dare il latte alla piccola Sukai. Posò lo sguardo su Naruto, che litigava con Sasuke e, infine, quest’ultimo che gli scoccò un forte pugno in testa.
Sì, sono proprio loro. Pensò Kakashi fra sé e sé.
«Poco fa ho addirittura visto Sasuke prendere in braccio la bambina. Non oso dire che ci giocava, ma forse, in fondo in fondo, avrebbe voluto.» sospirò Jiraiya.
Già. Dopotutto ognuno di loro rappresenta una parte di me, anche se chi mi somiglia di più è Sasuke.
«Ma tu continui a parlare con Minato. D’accordo. Tsunade mi aveva avvertito che dovevi stare solo. Me ne vado.» avvisò l’eremita.
Kakashi lo salutò con lo sguardo.
Quando l’amico si fu allontanato, dopo circa cinque minuti, decise di scendere da lì e vagare per le strade di Konoha.
Ovunque guardasse vedeva bambini. Bambini che gridavano, bambini che giocavano, bambini che piangevano, bambini che mangiavano.
Sto diventando pazzo.
Decise di cambiare rotta, così salì sul tetto dell’Accademia Ninja. Alcuni maestri lo notarono e lo salutarono, mentre gli aspiranti ninja lo guardavano ammirati: il copia ninja li stava osservando.
Non guardava niente in particolare, non cercava nessuno. Era solo in cerca di tregua e per lui la tregua era in quel posto.
Si ricordava di quando altro non era che un bambino, di quando si allenava con Obito e Rin.
Obito. Era stato il suo migliore amico, anche se non l’aveva mai ammesso. Ricordava del giorno in cui lo perse: l’unica volta in tutta la sua vita in cui perse la calma.
Se Obito fosse qui, mi sorriderebbe e comincerebbe a chiedere di Sukai. Si sfiorò l’occhio nascosto dal copri fronte.
Magari si metterebbe a fare lo zio prima ancora di conoscerla.
Si rese conto ancora una volta di parlare con i fantasmi del suo passato.
Sbuffò esasperato e se ne andò anche dall’Accademia.
Dove poteva andare? Saltando di tetto in tetto, rivide i suoi allievi. Erano sotto casa di Sakura e si salutavano.
Sakura chiuse la porta entrando. Solo allora si rese conto dell’orario: era il tramonto.
Vide Naruto e Sasuke allontanarsi brontolando, ma non vide la bambina in braccio a nessuno dei due: doveva averla presa Sakura.
Senza pensarci troppo, balzò sulle case fino ad arrivare sul tetto di fronte a casa di Sakura.
Rimase per un tempo indefinito ad osservarla mentre giocava con la piccola. Ci sapeva proprio fare.
Da grande sarà una brava madre.
Lo divertiva e lo intrigava al tempo stesso vedere come quella ragazza, così giovane eppure così matura, riusciva a tenere testa agli strilli e ai pannolini di Sukai.
Quando calò il buio, si decise ad andare da lei.
 
Sakura era stanca: tenere per un giorno intero quella piccola peste era stressante. Era una bambina così piccola, come poteva una creaturina così minuscola urlare così forte?
Era finalmente riuscita a farla addormentare, quando sentì bussare leggermente alla sua finestra.
Si voltò di scatto, scoprendo che il suo maestro cercava con gli occhi un invito ad entrare.
Forse era la luna che gli illuminava i capelli argentei, forse era la misteriosità di quell’uomo, forse era semplicemente stanca, ma gli parve meravigliosamente bello.

«Posso?» chiese timidamente Kakashi, vedendola imbambolata a fissarlo come se non lo avesse mai visto prima.
La ragazza si riscosse.
«C-certo. Prego, entri pure, maestro.» rispose raccogliendo da terra i giocattoli con cui aveva intrattenuto la bambina.
Kakashi ne raccolse uno da terra: era un peluche a forma cagnolino.
«Somiglia a Pakkun.» commentò, sorridendo e porgendoglielo.
La ragazza rise piano, quasi ne avesse vergogna.
«Sukai si è appena addormentata.» disse dopo un po’.
«Ti dà fastidio se resto un po’ qui?» le chiese il suo maestro.
Furbo. Sa che non poso dirgli di no. Pensò la Sakura fra sé e sé.
«No, prego. Si sieda.» stese le pieghe del copriletto e lo fece accomodare.
Kakashi la guardò con affetto. Odiava essere chiamato ‘maestro’ e odiava sentirsi dare del ‘lei’ dai suoi allievi, ma sapeva che Sakura, qualunque cosa le avesse detto, avrebbe continuato a chiamarlo così.
«Come è andata la giornata?» chiese dopo un silenzio imbarazzato.
«Oh, bé… come al solito. Naruto si è lamentato tutto il tempo, Sasuke litigava con lui...» cominciò la ragazza, parlando in fretta.
«Mi riferivo a Sukai.» la interruppe Kakashi, notando divertito il rossore sulle guance della sua allieva.
«Giusto. Ha voluto stare quasi tutto il tempo in braccio a Sasuke. Credo che le ricordi lei. Poi Naruto ha insistito per andare a mangiare un po’ di ramen e voleva darlo anche a Sukai. Per fortuna che c’eravamo io e Sasuke a ricordargli che è troppo piccola.» parlava a bassa voce, ma senza fermarsi un attimo.
Kakashi perse il filo del discorso, date le lunghe divagazioni della ragazza, ma la osservava sorridendo e annuendo ogni tanto.
Dopo circa un’ora buona, decise che era ora di tornare a casa.
«Vado a prendere Sukai.» disse Sakura.
«Andiamo insieme.» rispose l’albino.
 
«Sakura ma si può sapere con chi stai parlando da due ore?» la porta della camera si aprì, lasciando entrare la mamma di Sakura.
Kakashi si voltò di scatto, indietreggiando di qualche passo.
«Mamma, è-è solo il maestro Kakashi.» si giustificò la ragazza.
La donna dai capelli color rame posò gli occhi sull’ospite. Realizzando che era il maestro di sua figlia, si tranquillizzò.
«Oh, scusate. Sapete com’è, Sakura parla spesso da sola e allora… credo sia innamorata…» cominciò Mebuki.
Sakura la fulminò con lo sguardo. Divenne rossa in volto per la rabbia.
«MAMMA! NON E’ VERO CHE PARLO DA SOLA! SMETTILA DI DIRE SCIOCCHEZZE!» scoppiò infine.
Kakashi, che capì la situazione, preferì togliere il disturbo.
«Bé, in realtà ero venuto per la bambina… se mi dici dov’è, la prendo e torno a casa, che è tardi.» disse.
«Sukai è..» cominciò Sakura, ma fu interrotta dalla madre.
«Oh, ma perché svegliarla proprio ora che dorme? Poi non riuscirà più a farla riaddormentare.» disse.
Ti prego, no. Non farlo. Non invitarlo…
«Che ne dice di rimanere a dormire qui? Domattina sarete riposati entrambi e potrete tornare a casa.» concluse Mebuki soddisfatta.
Kakashi si trovò tra due fuochi: da una parte c’era l’imbarazzo di Sakura, dall’altra sapeva che se avesse rifiutato, sua madre si sarebbe offesa. Cercò di declinare l’invito.
«Non vorrei disturbare. Né vorrei occupare il vostro divano.»
«Oh, ma non deve preoccuparsi di questo. Innanzitutto non disturba affatto, e poi cosa ce l’abbiamo a fare la stanza degli ospiti se non la usiamo mai?» disse Mebuko.
Non aspettò una risposta, uscì dalla stanza chiudendo la porta e scese in cucina a preparare la cena anche per il loro ospite.
Kakashi sospirò e si grattò la testa.
«Mi dispiace… io…»
«Non si preoccupi, mia madre è fatta così. Dopo tutto non ha tutti i torti.» rispose sforzandosi di sorridere.
 
La cena era a base di pesce. Finito di mangiare, Kakashi si offrì volontario per lavare i piatti.
Quando la tavola fu sparecchiata e i piatti lavati, Sakura mostrò al suo maestro la camera dove avrebbe passato la notte.
Era accogliente, con una finestra piuttosto grande: di giorno doveva essere molto luminosa. Un letto a una piazza e mezzo occupava un quarto della stanza, proprio sotto la finestra. Di fianco al letto c’era un piccolo comodino, mentre sull’altro lato della stanza c’era una scrivania semplice, di legno. Due sedie e una libreria semivuota erano il resto dell’arredamento.
Le pareti erano di un rosso scuro, così come le coperte del letto.
«Grazie.» mormorò alla sua allieva.
Dato che era presto, si riunirono tutti nel salotto.
Kakashi si era ritirato in un angolino del divano, leggendo in silenzio il suo immancabile libro, mentre Sakura era in camera sua a prepararsi per la notte e i suoi genitori parlavano ad alta voce, ma sempre garbatamente, fra di loro. Ogni tanto si rivolgevano al loro ospite, ma lo ignorarono per gran parte del tempo.
Ad un certo orario, si alzò per cercare una presenza amica. Si congedò ed entrò nella sua camera.
Si tolse la pesante giacca verde militare e la appoggiò sul letto. Si tolse anche le scarpe, cominciavano a dargli fastidio.
Si sedette per un po’ alla scrivania, ma non riusciva ad entrare nel letto: non era affatto stanco.
Chiuse la porta a chiave, dopodiché uscì dalla finestra e si arrampicò fino al piano di sopra, dove si trovava la stanza di Sakura.
Come qualche ora prima, bussò alla sua finestra per essere aperto, ma stavolta nessuno lo fece.
Si accorse che era socchiusa, così infilò la mano e la aprì del tutto, stando attento a non far rumore.
Sul letto era distesa la ragazza dai capelli rosa, il petto che si alzava e si abbassava regolarmente, gli occhi chiusi e il viso rilassato.
Dorme.
Sorrise, rimanendo a guardarla per un po’.
Indossava una leggera camicia da notte, bianca, seminascosta dal lenzuolo del medesimo colore.
I capelli sciolti e sparsi sul cuscino.
Aveva appoggiato tutto sulla scrivania, ordinatamente.
Eh sì, è proprio Sakura Haruno. Sospirò notando i panni piegati.
Dopo pochi minuti, ritornò in camera sua.
 
Non era addormentata; non del tutto almeno. Era in quella fase del sonno in cui ti accorgi di quello che ti accade intorno, ma il corpo non ti risponde.
Un frusciò, però, la fece trasalire. Si voltò di scatto verso la finestra per vedere appena un ciuffo argenteo sparire dalla finestra aperta.
Dopo qualche istante, riaffondò la testa nel cuscino e desiderò sparire nel nulla.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4-Di invidia e di promesse. ***


Naruto era seduto sul muretto di fronte casa di Sakura, con Sasuke al suo fianco sinistro.
«Poi dice che sono io a fare tardi.» brontolò il biondo.
Sasuke stava per rispondergli di tutto punto, quando la porta principale si aprì e ne uscì un’ imbarazzata Sakura, seguita a ruota da un altrettanto imbarazzato Kakashi, con in braccio la piccola Sukai che giocava con la giacca dell’albino.
Naruto sgarnò gli occhi, chiedendosi cosa ci facesse il suo maestro a casa della sua adorata Sakura, mentre Sasuke sorrideva di gusto.
Il biondo stava per esplodere in chissà quante domande, ma fu interrotto dalla mano di Kakashi, alzata in cenno di silenzio.
«Niente domande. Ora vado dalla signorina Tsunade, ci rivediamo fra un’ora fuori dal suo ufficio.» disse calmo, quindi si incamminò verso l’ufficio dell’Hokage.
Naruto, dopo essersi accertato che le orecchie del suo maestro fossero abbastanza lontane, cominciò a tartassare Sakura di domande.
«Cosa ci faceva il maestro Kakashi a casa tua? Come mai non era a casa sua? È successo qualcosa?»
Sakura si allontanò dal viso di Naruto, andandosi a sedere vicino a Sasuke.
«Non è successo niente, tranquillo. Si è semplicemente fermato a dormire da me.» disse con un po’ di malizia, divertita dal rossore sulle guance del biondo. Sasuke guardò il biondo con pietà, sorridendo divertito.
«Che significa?» l’ingenuità di quel ragazzo le scaldava il cuore.
«Dai, scemo. Non fare il geloso. Non voleva nemmeno rimanere, ma sai come è fatta mia madre. E poi si era fatto buio.» lo rassicurò ridacchiando.
A Naruto spuntò un lucente sorriso sulle labbra.
«Che ne dite di andare a mangiare una bella ciotola di ramen?» e con questa proposta, i suoi amici caddero a gambe all’aria.
«Ma possibile che pensi sempre e solo a mangiare?» sbottò Sasuke.


«Quindi la tieni.» commentò Tsunade. Non era triste, ma non era neanche felice. Di sicuro già pensava allo stress che quella lotta avrebbe causato non solo a lei, ma anche a Kakashi e alla bambina.
«Sì. Non mi aspetto di avere il tuo appoggio e non lo chiederò.» rispose lui.
«Non si tratta del mio appoggio. Bisogna vedere se quelli del Villaggio della Nebbia ti consentiranno di tenerla o te la porteranno via. Sai che è una cosa che và oltre i miei poteri.» puntualizzò l’Hokage.
«Lo so. So anche che sarà difficile riuscire a convincerli, ma questa è un’arma a doppio taglio: se da un lato dovremo faticare per tenerla, dall’altro sarà difficile per loro riuscire a portarla via.» le parole decise di Kakashi quasi la spaventarono.
«Incredibile. Sono tanti anni che ti conosco, ma non ti ho mai visto così preso. Certo, non si può dire che tu sia molto espressivo» disse riferendosi al fatto che aveva sempre la stessa espressione stampata sul volto «Però si vede che ci tieni. Contatterò il Villaggio della Nebbia oggi stesso, poi ti farò sapere.» disse Tsunade.
«Grazie.» rispose Kakashi, lasciandosi sfuggire un impercettibile sorriso.
Dopo essersi chiuso la porta alle spalle, voltandosi, si ritrovò i suoi allievi a pochi centimetri da lui.
«Quindi la tiene.» Sasuke sembrava dispiaciuto, ma Kakashi sapeva che non era così. In fondo la piccola Sukai aveva in pochi giorni conquistato il cuore di tutti.
«Su, andiamo. Non dirmi che non ti sei affezionato anche tu?» Sasuke esitò, ma poi si lasciò andare in un sorriso confessante.
Naruto non perse l’occasione.
«Allora anche Sasuke Uchiha ha un cuore!» lo sfotté dandogli leggere gomitate sul braccio.
Sakura rise leggermente, mentre Sasuke ricominciava a picchiare Naruto.


Nel primo pomeriggio, Kakashi fu nuovamente convocato dall’Hokage.
Tsunade stavolta sembrava ancora più seria.
«Ho un’ultima missione per il Team 7 prima del tuo congedo, Kakashi.» l’albino rimase interdetto.
Congedo? Quando mai aveva chiesto un congedo? Avrebbe potuto continuare ad allenare i ragazzi, magari niente missioni, ma chi aveva mai parlato di interrompere gli allenamenti?
«Il mio congedo?»
Tsunade restò perplessa.
«Non avrai mica intenzione di continuare ad esercitare e nel frattempo prenderti cura di una bambina così piccola?»
«Certo. So che non potrò allontanarmi dal villaggio, ma so anche di essere in grado di occuparmi delle due cose. Tu mi conosci, Tsunade.» rispose offeso.
«Senti, sarai anche uno dei più grandi e temuti ninja di Konoha e magari anche delle Cinque Terre, ma occuparsi di un bambino è un impegno a tempo pieno.» cercò di non innervosirsi, così cominciò a fare esercizi di respirazione, chiudendo gli occhi e inspirando ed espirando lentamente.
«Comunque» proseguì, più calma. «Parliamo della missione. Non è molto complicato: dovrete solo controllare il confine ovest. A quanto pare sembra che ci siano dei banditi che saccheggiano villaggi e malcapitati. State in guardia e, in ogni caso, riferite.» concluse.
«E in tutto questo dove lacerò la bambina?» Kakashi teneva un tono basso, ma si vedeva lontano un miglio che era innervosito.
«Se ne occuperà Jiraiya.» rispose secca l’Hokage, con un tono che non ammetteva repliche.
Kakashi uscì dall’ufficio per ritrovarsi l’eremita di fronte. Sospirò e gli fece prendere un braccio la piccola Sukai, poi si allontanò senza voltarsi indietro, ignorando il pianto della bambina.



Percorreva a grandi falcate una delle vie principali del villaggio, diretto dai suoi allievi, quando sentì qualcuno che piangeva.
Deve essere l’immaginazione. Pensò. D’altronde, non si sentiva nemmeno un singhiozzo. Si guardò intorno, poi la vide.
Era seduta su una panca, poco distante dalla via che Kakashi stava percorrendo. L’albino si sorprese di se stesso: era riuscito a sentirla piangere anche se non aveva emesso un suono.
Sakura se ne stava lì, con la testa premuta fra le ginocchia, a lacrimare sommessamente, in silenzio.
Le si avvicinò con cautela.
«Tutto bene?» chiese piano.
La ragazza alzò con uno scatto il capo, asciugandosi in fretta le guance arrossate.
«Sì..sì..va..tutto bene.» rispose con la voce rotta dal pianto. Kakashi si impietosì e si sedette accanto a lei.
«Sicura?» quella voce rassicurante riuscì a penetrarla, facendo in modo che si fidasse del suo maestro.
«Sono una stupida.» borbottò. L’albino sorrise.
«Tu? Sakura Haruno una stupida? Piuttosto mi crescono le ali.» cercò di tirarle su il morale. La ragazza sorrise appena.
Kakashi le avvolse un braccio attorno alle spalle, poi sospirò.
«Che hai?» chiese di nuovo.
«Mi prenderà per una bambina.» mormorò la rosa.
«Come fai a dirlo se non so perché piangevi?» le disse accarezzandole il braccio con la mano calda.
«Sono invidiosa.» confessò. Kakashi guardò interrogativo la sua allieva.
«Invidiosa? E di chi?»
«Del Team 10. Loro sono così uniti, si vogliono un bene dell’anima. Ino, Shikamaru e Choji sono il trio perfetto. Sia in missione che come amici. Si capiscono al volo, mentre Naruto ci mette un’eternità a caprie cosa ti passa per la testa, ammesso che ci riesca.» si interruppe un attimo, per tirare su col naso. «Loro tre hanno qualcuno per cui tornare in vita dopo le missioni. Io chi ho?»
E tu saresti una bambina?
«So che a vederli non sembra per niente, ma Naruto e Sasuke ti vogliono bene. Darebbero entrambi la vita per te, è solo che non sanno dimostrarlo perché sono troppo impegnati a litigare tra di loro. Sai bene che tra teste calde si finisce sempre col fare a pugni.» la consolò. A quelle parole, Sakura sorrise amaramente.
«Maestro?»
«Dimmi.»
«Lei ha qualcuno da cui tornare, dopo le missioni?» chiese timidamente.
Kakashi ci pensò. Non era una domanda facile. In effetti, non aveva nessuno se non i suoi compagni d’Accademia. Non era sposato, non aveva figli –almeno non fino ad allora-.
Poi, però, pensò ai suoi allievi. Pensò al sorriso luminoso e ingenuo del biondo dagli occhi azzurri, al sarcasmo e all’irascibilità di Sasuke, alle gote rosse di Sakura.
«Sì. Io ho voi tre.» rispose, sorridendole.
Sakura si riempì cuore e orecchie di quella frase.
Rimasero qualche minuto così, in silenzio. Poi Kakashi si ricordò della missione.
«Su, andiamo dagli altri, prima che passi Naruto e cominci a pestarmi.» disse con una risatina.
«Perché dovrebbe farlo?» chiese Sakura.
Ma sì. Forse, in fondo, è ancora una bambina. L’albino sorrise.
«Niente, Sakura. Andiamo.» detto questo, cominciò ad avviarsi verso la strada principale.
Sakura lo seguì a ruota.
Dopo circa una ventina di metri, Kakashi si fermò.
«Tu vai da loro, io vi raggiungo subito. Ci vediamo fra poco alle porta del Villaggio.» disse, poi si dileguò senza dare spiegazioni.
«Ecco, farà tardi come al solito..» sospirò rassegnata la rosa.


Jiraiya stava facendo una passeggiata nel parco, tenendo in braccio la piccola Sukai, quando vide passare Kakashi con lo sguardo basso, pensieroso.
Non lo chiamò, ma lo seguì. Dopo circa cinque minuti, si accorse di dove stava andando: al cimitero.
L’eremita si fermò, guardandolo allontanarsi.
«Se vuoi prendermi alle spalle, fallo sottovento, e senza una bambina in braccio.» annunciò Kakashi all’amico.
Jiraiya, che stava lentamente tornando sui suoi passi in punta di piedi, trasalì.
«Bé, io…» cominciò imbarazzato l’eremita.
«Tranquillo, scherzavo. Sono venuto a trovare Obito.» Kakashi si voltò verso Jiraiya, con un sorriso amaro sulle labbra.
«Lo immaginavo. Gli fai visita ogni giorno. Comunque non credo che sia il posto adatto ad una bambina.» disse Kiraiya, riferendosi a Sukai.
Kakashi piantò il suo sguardo negli occhioni verdi della piccola. L’albino quasi sentì la voce di Obito.
Forza Kakashi, cosa aspetti a presentarmela? Ebbe una morsa al cuore.
«No, non lo è. Non lo è affatto.» convenne infine.
Allora? Non mi presenti la mia nipotina?
Jiraiya notò nello sguardo di Kakashi qualcosa, qualcosa di rotto. Si accorse che stava lottando con se stesso e con i suoi ricordi.
«Le racconterai di Obito, vero?» quella domanda tamburellò nella mente dell’albino.
Certo che le racconterà di me! Che razza di domanda!
L’eremita fu quasi certo di intravedere una lacrima che lottava per scendere calda e morire sul tessuto nero della maschera, ma Kakashi non l’avrebbe fatta sfuggire.
«Sì. Le racconterò tutto di lui, le racconterò anche di Rin.» rispose.
«Vuoi restare da solo?» chiese Jiraiya. Kakashi annuì.
Sukai, che era rimasta in silenzio, sembrava aver letto il dolore negli occhi di quell’uomo che sarebbe diventato suo padre. Gli sorrise allegramente, scoprendo le gengive ancora prive di denti.
Tranquillo Obito, non sarai dimenticato. Promise.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5- Lo scherzo perfetto. ***


Jiraiya si allontanò in silenzio, mentre Sukai guardava con gli occhi gonfi di lacrime l’albino che diventava sempre più piccolo, fino a scomparire del tutto.
«Non preoccuparti, papà non se ne va per sempre.» cercò di consolarla l’eremita sentendola piangere.
E ora dove la porto? Si guardò in giro, sperando di trovare qualcosa che attirasse la sua attenzione. In effetti la trovò, ma due belle ragazze non erano certo l’ideale per quella situazione.
Oh, Kakashi, te la farò pagare! Pensò mentre spostava di malavoglia lo sguardo dalle minigonne delle ragazze alla ricerca di qualcos’altro.
Si incamminò verso un negozio non molto distante che vendeva giocattoli.
A Sukai brillarono gli occhi. Puntò quei de fuocherelli verdi su un cagnolino di peluche.
«Andrai davvero molto d’accordo con tuo padre, ammesso che ti piacciano i peli di cane nelle lenzuola.» le bisbigliò facendole il solletico per farla ridere.
Riuscì nel suo intento, ma la piccola si impuntò per quel peluche -che fra l’altro era il più costoso- e non smise di piangere fino a che non glielo comprò.
Era un normalissimo cagnolino bianco, ma sembrava farla impazzire.
Mentre camminava tra le affollate vie di Konoha, si sentì osservato. Non che gli dispiacesse, anzi, però presto capì che la gente non fissava lui, ma la piccola Sukai.
‘Ma non era la bambina di Kakashi?’
‘E da quando Kakashi Hatake ha dei bambini?’
‘A me avevano detto così!’
‘Ma no, sarà solo un’altra delle sue trovate per abbordare qualche ragazza!’
Ne aveva decisamente abbastanza. Cercò di comportarsi in maniera normale, ma essere osservato in quel modo metteva a disagio perfino lui.
Alla fine, decise di fare un salto all’Accademia. Si diresse subito nel giardino, cercando di evitare sguardi familiari, dopodiché si sedette su una panchina e si mise a giocare con Sukai e quel suo cagnolino di pezza.
«Jiraiya!» l’eremita alzò lo sguardo.
Capelli neri, barba, sigaretta in bocca.
«Ciao, Asuma! Come te la passi?» lo salutò amichevolmente, facendogli segno di sedersi vicino a lui.
«Non c’è male.» rispose, poi squadrò la bambina. «E così questa è la famosa Sukai?» chiese dopo aver esalato una densa nuvola di fumo.
«Sì è lei, ma credo sia meglio se butti via quella sigaretta.» rispose l’eremita.
Asuma fece un ultimo tiro, poi buttò la cicca.
«Come mai ce l’hai tu? E perché sei qui?» chiese, con lo sguardo rivolto verso i suoi allievi intenti a pestare dei manichini.
«Kakashi è in missione e non sapevo dove andare.» rispose, giocherellando con il pupazzo.
Non fece nemmeno in tempo a capire le intenzioni della bambina, che emise un urlo.
«AHI!» esclamò. Si accorse solo allora che la bambina l’aveva morso. Non aveva ancora i denti, ma aveva una presa d’acciaio.
Asuma scoppiò a ridere.
«Che grinta! Scommetto che sarà un’ottima ninja.» commentò cercando di soffocare la risata.
 
 
«Mi è venuta un’idea!» se ne uscì Naruto dopo essere stato per circa un’ora a rimuginare fra sé e sé.
«Non dire sciocchezze. L’ultima idea che ti è venuta era quella di togliere la maschera al maestro Kakashi!» lo rimproverò Sakura.
«Ma questa volta funzionerà!» le assicurò il biondo, assumendo la sua espressione da chi ha appena finito di progettare un omicidio.
«Sentiamo, quale sarebbe questa idea?» chiese rassegnata la rosa.
«Sì, sentiamo, qual è quest’idea?» sentendo quella voce, a Naruto si rizzarono i capelli in testa.
«M-m-maestro Kakashi! N-niente! S-stavo solo dicendo c-che dovremmo impegnarci in q-questa missione!» balbettò spaurito.
Kakashi lo guardò inarcando un sopracciglio, ma poi sorrise.
«Bello spirito, Naruto. Forza, andiamo.» detto questo, si incamminò superando i suoi allievi e aprendo il suo immancabile libro porno.
«Glielo tolgo io quel sorrisetto dalle labbra.» borbottò Naruto a bassa voce.
Mentre l’albino camminava a pochi metri più avanti, il biondo spiegava ai suoi compagni nei minimi dettagli lo scherzo che aveva preparato per il suo maestro, stando attento a non farsi sentire.
«Naruto, sei noioso. Ma perché non te ne stai buono una volta tanto?» canzonò Sasuke, una volta che il biondo ebbe finito di parlare.
«Infatti, Naruto. Sasuke ha ragione, perché non lasci in pace il maestro Kakashi? Meno male che c’è Sasuke a ricordarti che sei una testa quadra!» sottolineò Sakura, che ogni volta che Sasuke apriva bocca sentiva gli occhi diventare dei cuoricini.
«Dai, ragazzi. Immaginate solo la faccia che farebbe il maestro se il mio piano funzionerà!» li incitò con un sorrisetto furbo sulle labbra.
In effetti, bastava poco per convincere quegli scavezzacollo degli allievi di Kakashi.
«E va bene, ma se non funziona la prima volta lasciamo perdere, ok?» Sasuke puntò gli occhi neri in quelli azzurri di Naruto.
«D’accordo.» rispose questo mettendo il broncio e cacciando fuori la lingua.
Sakura sorrise divertita.
«Forza, tocca a te.» la incitò il biondo, indicandole di andare dall’albino.
«Ma adesso? Siamo appena…oops!» non riuscì a finire la frase che andò a sbattere contro il petto duro e muscoloso del suo maestro, che si era fermato e li guardava.
«Si può sapere di cosa state parlando voi tre?» chiese Kakashi con lo sguardo indagatore.
«Lo sa, maestro Kakashi: se Naruto non da aria alla bocca rischia di farla ammuffire.» rispose Sasuke, divertito dalla reazione del biondo a quelle parole. Se fosse stato per Naruto, lo avrebbe preso a sberle e gli avrebbe risposto che anche lui stava parlando insieme a loro, ma una gomitata di Sakura nello stomaco lo fece zittire.
«Già, Sasuke ha ragione maestro.» disse stampandosi un sorriso nervoso sulla faccia.
Kakashi sembrò soddisfatto, quindi alzò le spalle e ritornò sui suoi passi.
«Così impari, Naruto!» sibilò la rosa all’orecchio del biondo.
«Ma perché è sempre colpa mia?» si lamentò il ragazzo.
«Forza, Sakura. Visto che non sarà facile, comincia a distrarre il maestro.» disse Sasuke, che sembrava più preso lui da quello scherzo che Naruto stesso.
Sakura lo guardò stranita, ma poi sorrise.
«D’accordo!» rispose allegra, mentre avanzava il passo per raggiungere l’albino immerso nella sua lettura.
«Maestro Kakashi?» la rosa lo guardava in attesa di una risposta.
«Cosa c’è, Sakura?» chiese lui, senza nemmeno alzare gli occhi dal libro.
Che pervertito. Pensò fra sé la ragazza.
«Non ci ha ancora detto in cosa consiste la missione.» cominciò lei. Finalmente Kakashi alzò l’occhio dal libro e lo puntò in quelli verdi della sua allieva. Sakura cominciò a sudare freddo.
Oh, cielo. Se n’è accorto!
«Che stupido! Potevi anche dirlo prima!» se ne uscì invece l’albino, facendola sospirare.
Kakashi si fermò e si girò verso gli altri due.
Si accorse solo allora che erano entrambi intenti a curiosare nel suo zaino.
Come ho fatto a non accorgermene? Sakura riesce a distrarmi così tanto? Si meravigliò il Copia Ninja.
«Che fate voi due?» chiese severo, mentre Sasuke e Naruto indietreggiavano di qualche passo grattandosi la testa imbarazzati e balbettando frasi incomprensibili. Sakura, invece, si nascose il viso in una mano.
Ma con che idioti sono capitata in squadra?
«Allora, ascoltate bene. Sakura mi ha detto che non vi ho ancora parlato della missione, quindi aprite le orecchie. L’incarico non complicato in sé: noi dovremo solo controllare il confine ovest per assicurarci che sia tutto a posto, dopodiché torneremo e faremo rapporto. Staremo via al massimo un paio di giorni, ma non vi preoccupate perché Sakura ha portato scorte in abbondanza.» concluse.
«Scusi, maestro, ma per quale motivo dovremmo controllare il confine ovest?» chiese Sasuke, annoiato.
«Banditi.» rispose solo il maestro.
Ripresero a camminare in silenzio, Sakura a testa bassa in mezzo ai suoi due compagni.
«Non potevi trovare qualcos’altro da dire?» la rimproverò Naruto. La rosa si innervosì.
«Ma se siete voi due che non vi accorgete nemmeno quando una persona si gira!» ringhiò.
«D’accordo, con Sakura non ha funzionato. Prova tu, Naruto.» più che un incitamento, suonò come una minaccia.
Il biondo deglutì e si avviò verso il suo maestro.
«Maestro Kakashi?» lo chiamò con la sua vocina squillante.
«Sì, Naruto?»
Grande! E ora che gli dico? È Sakura che sa ammorbidire il maestro Kakashi. Uffa!
«Dov’è che andiamo di preciso?» azzardò il biondo.
Sentì alle sue spalle Sakura che lo malediceva sottovoce.
«Sai, Naruto, certe volte mi chiedo dove tu abbia la testa.» commentò Kakashi rassegnato.
«Ma è qui, sulle spalle maestro, non la vede?»
Ma che diavolo sto dicendo?
«Non so cosa state cercando voi due là dietro, ma sono assolutamente certo che non è nel mio zaino.» l’ammonimento di Kakashi fece rizzare sull’attenti Sakura e Sasuke.
Anche Naruto se ne tornò a capo chino dai suoi amici.
«Dannazione, ci toccherà aspettare la notte.» mormorò Sasuke.
«Tanto non manca molto ormai: è il tramonto.» disse Sakura indicando l’orizzonte tinto di arancio.
A Naruto spuntò un sorriso di speranza sul viso.
«Stanotte ruberemo i libri al maestro Kakashi!» esclamò, ma a bassa voce, un po’ per non farsi sentire, un po’ per il terrore della forza dei pugni che i suoi due compagni gli avrebbero mollato se non avesse chiuso quella boccaccia.
 
 
Kakashi si offrì per fare il primo turno di guardia. Di solito Naruto contestava sempre, ma quella volta gli andò benissimo.
Se solo avesse saputo cosa il biondo aveva in serbo per lui!
Sakura si era già accucciata sotto una coperta accanto al fuoco, mentre Sasuke e Naruto parlottavano dall’altro lato della radura.
Si sedette su una roccia a qualche metro di distanza dal focolare e rivolse lo sguardo alla luna piena, stringendosi in una coperta bianca.
Era da un paio di giorni che non nevicava, ma le nuvole nere minacciavano una pioggia abbondante.
Guardò di nuovo l’accampamento improvvisato, sperando che i rami degli alberi li avrebbero riparati nel caso cominciasse a piovere. Aguzzò la vista: dove poco prima c’era Sakura si era aggiunto Sasuke che la osservava dormire mentre Naruto già russava dall’altra parte del fuoco.
Kakashi sorrise.
Sakura, non hai proprio niente da invidiare al Team 10. Rifletté notando lo sguardo pieno d’affetto che il moro indirizzava verso la sua compagna.
«Dormi, Sasuke, dopo tocca a te.» gli disse. Il ragazzo non rispose. Si limitò ad obbedire, stendendosi per terra accanto alla sua compagna.
L’albino ritornò ad osservare la luna.
Dopo qualche minuto, si frugò nelle tasche.
Ma dove l’ho messo?  Si chiese, continuando a infilare le mani in tutte le tasche che aveva.
Possibile che l’avesse perso?
 
Naruto, intanto, fingendo di dormire, se la rideva tra sé, soddisfatto del colpo che aveva appena fatto.
Doveva solo aspettare che il suo maestro si mettesse a dormire, così avrebbe potuto rubare anche gli altri.


Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6-Missione Compiuta! ***


«Naruto… sveglia dormiglione!» bisbigliò Sasuke nell’orecchio del biondo.
«Sono già sveglio!» brontolò di rimando. La voce veniva dalle spalle del moro: quella addormentata era una copia.
E questo idiota usa una tecnica per rubare un libro? Sasuke sospirò rassegnato.
«Hai già uno dei libri?» chiese infine.
«Sì, gliel’ho preso prima» rispose.
«Bene. Adesso aiutaci a cercare gli altri.»
«Dov’è Sakura?» chiese Naruto.
Sasuke indicò il giaciglio del loro maestro: Sakura era accovacciata accanto a lui, frugando nelle tasche e nello zaino dell’albino.
«Trovato niente?» le chiese Naruto sottovoce. La ragazza scosse la testa.
«Sembra che non ci siano» convenne delusa.
«Impossibile! È più geloso di quei libri che di casa sua!» forse Naruto alzò un po’ troppo la voce, perché Kakashi grugnì e cominciò a muoversi.
Come fulminati, i ragazzi corsero ai loro giacigli e si sistemarono alla meglio sotto le coperte.
Passò qualche minuto di eterna attesa, prima che Sasuke si decidesse a far sbucare la testa da sotto il mantello per controllare la situazione.
Naruto e Sakura erano ancora ben nascosti, mentre Kakashi sembrava dormire beato.
Tirò un sospiro di sollievo, poi lanciò dei sassolini in direzione dei sui compagni. Prese in testa entrambi.
«Ahi!» protestare in coro, ma sempre a bassa voce.
«Il maestro dorme. Diamoci una mossa» li esortò il moro.
«Ma dove può averli nascosti?» domandò Sakura, snervata.
Sasuke arrivò addirittura a pensare che li avesse sigillati in qualche pergamena.
Non può essere così paranoico. Scacciò immediatamente quell’ipotesi. Per quanto pervertito potesse essere, non arrivava a quei livelli.
«Naruto! Ma che diavolo stai facendo?» Sakura aveva notato che il biondo stava mettendo le mani nello zaino delle provviste.
«Tentar non nuoce. E poi ho fame» si giustificò.
Quasi non riuscì a terminare la frase, che le sue dita incontrarono una superficie ruvida. Non poteva essere il fondo della sacca: il braccio era dentro solo a metà!
Passò i polpastrelli sul solido, fino a trovarne il bordo, poi lo afferrò.
«Eccolo!» esclamò trionfante con sguardo fiero ai suoi amici.
Sentì un tonfo: erano Sasuke e Sakura che cadevano a gambe all’aria.
«Quello che hai in mano è un libro, ma non uno del maestro Kakashi» lo avvertì Sasuke, già pregustando la reazione della compagna.
«Quello è il mio libro di ricette, imbecille!» tuonò Sakura, come il moro aveva previsto, rossa in viso e senza curarsi di tenere il tono basso.
Kakashi, che era sveglio da parecchio, li osservava di sottecchi, sorridendo di tanto in tanto.
Bisogna ammettere però che quando si cimentano con gli scherzi fanno un bel gioco di squadra. Dovrebbero solo riuscire a portarne uno a termine. Rifletté l’albino, guardandoli frugare ovunque e fare a turno per tenere d’occhio Kakashi e allo stesso tempo fare la guardia: dopotutto, erano pur sempre in missione.
 
«Ci rinuncio. Ormai è l’alba e non li abbiamo ancora trovati. È evidente che non li ha con sé!» sbuffò ad un tratto Sakura, alzando le mani in segno di resa.
«Già. Sakura ha ragione, Naruto. Lascia perdere» concordò Sasuke, con delle occhiaie che se la battevano alla pari con i segni di Itachi.
«Uffa!» sbottò il biondo.
Il sole era ormai sorto e, per fortuna, non aveva piovuto.
Faceva freddo, ma non era fastidioso.
«Allora, ragazzi, visto che siete stati svegli tutta la notte, oggi perlustreremo la zona da terra, invece che dagli alberi. Tutti d’accordo?» la voce del maestro Kakashi li fece trasalire.
Quando si era svegliato? E come faceva a sapere che erano stati svegli tutta la notte?
«Maestro, lei mi fa paura» mormorò Naruto, facendo spuntare un sorriso soddisfatto sul viso di Kakashi.
«Mi tolga una curiosità» Sasuke si rivolse con aria furba al suo maestro.
«Dimmi» disse quest’ultimo.
«Lei sapeva già che saremmo rimasti in piedi?» chiese quasi lanciando una sfida che Kakashi, dall’alto del suo orgoglio, accolse volentieri.
«L’avevo intuito. Già nel pomeriggio, quando frugavate nel mio zaino, ho capito che ne stavate combinando un’altra delle vostre» assunse un’espressione strana: aveva lo sguardo severo, ma al contempo sorrideva da dietro la maschera. Sembrava un padre che rimproverava i figli per aver commesso una burla.
«E poi non ho trovato il libro» riprese, fulminando Naruto con lo sguardo.
Sakura sorrideva imbarazzata, Sasuke ghignava come al solito e Naruto sbuffava e faceva roteare gli occhi, consegnando al suo maestro la sua tanto bramata conquista della notte precedente.
Certo, sarebbe stato meno patetico se questa “conquista” fosse stata qualcosa di concreto (una donna, ad esempio), invece che un libro vietato ai minori. Ma è di Naruto Uzumaki che stiamo parlando.
«Non ho finito» stavolta era esplicitamente diretto al biondo.
Sasuke diede una gomitata al braccio del suo compagno per punzecchiarlo un po’.
«Devo ammettere che sei stato bravo a prendermi il libro, ma devi ingraziare solo Sakura e Sasuke, che sono riusciti a distrarmi. Non credo che da sola, la tua copia che russava, ti sarebbe servita a molto» lo incalzò l’albino.
Sasuke non riuscì  a trattenere una risatina e lo stesso valeva per la rosa.
«E comunque, avreste potuto cercare fino al tramonto; non avreste trovato niente» confessò poi Kakashi, un po’ in imbarazzo, grattandosi la testa argentea.
«Che significa?» chiese curioso il biondo.
Il maestro rise a mezza voce, chiudendo l’occhio in un gesto abituale, solito del suo sorriso.
«Tsunade me li ha categoricamente vietati e sequestrati» ammise.
Naruto e Sasuke scoppiarono a ridere, mentre Sakura li guardò severi.
«Che avete da ridere? La signorina Tsunade ha fatto bene!» tuonò.
I tre ragazzi la guardarono interrogativi, ma lei non era certo il tipo di farsi scrupoli.
«Ora ha una bambina da crescere. Passare giornate intere a leggere i libri di quel pervertito di Jiraiya non è certo l’ideale per lei» continuò, senza peli sulla lingua.
L’argomento “genitori” era un po’ delicato per tutti e quattro, ma Kakashi cercò di sdrammatizzare.
«Tranquilla. Quando saremo al Villaggio, restituirò anche questo. Contenta?» le chiese avvicinandosi e rivolgendole un sorriso benevolo.
La ragazza fece una smorfia.
«Tanto non lo farà» borbottò, incrociando le braccia.
 
 
 
Erano passati due giorni, ma dei banditi non c’era traccia.
«Finiamo di perlustrare questa zona e poi torniamo indietro.» ordinò Kakashi. Gli allievi annuirono e cominciarono a saltare sui rami degli alberi.
Ed era proprio mentre imboccavano la via del ritorno, che si sentì un urlo.
Non era di spavento, né di dolore. Era un urlo divertito, un grido di battaglia.
Il team 7 fece immediatamente dietrofront e, con cautela, cercarono la fonte del suono.
«Eccoli» bisbigliò Naruto al suo maestro, indicando un punto in fondo al bosco.
Sasuke e Sakura li raggiunsero subito dopo.
Kakashi aguzzò la vista: due individui si avvicinavano.
Stava per dare ordini ai suoi allievi, ma fu preceduto dai due avversari, che gli si erano parati a pochi metri di distanza.
«Ma guarda un po’. Il grande Zanna Bianca della Foglia! Dovevano essere davvero preoccupati, giù al Villaggio» esordì uno, beccandosi una gomitata nello stomaco dal suo compagno.
«Ma quanto puoi essere idiota? Non vedi che è suo figlio? Il vecchio Sakumo è morto da un pezzo!» lo corresse, mentre l’altro si massaggiava la pancia con una mano, farfugliando qualcosa che l’albino non si curò di comprendere.
Era arrabbiato. Sentiva crescere dentro di sé una furia cieca, ma sapeva di dover restare lucido. Dopotutto non era la prima volta che lo scambiavano per suo padre e non sarebbe certo stata l’ultima, ma sentire il suo nome buttato lì, con noncuranza, lo infastidiva davvero tanto.
Il vecchio Sakumo…tsk.
Ignorò le loro parole, concentrandosi per studiare i suoi avversari, cosa che, evidentemente, fecero anche i suoi allievi.
Convennero tutti –e subito- che erano due idioti, ma non conoscevano le loro capacità, per cui stettero all’erta.
«Chi siete?» chiese Kakashi con un tono duro e scontroso.
Naruto aveva sentito parecchie volte il suo maestro parlare così, in missione, ma ogni volta gli gelava il sangue nelle vene.
Non aveva paura di lui, in fondo era una delle poche persone che l’avevano sempre trattato come un essere umano, ma quel tono proprio non gli piaceva. Non era il Kakashi Hatake che conosceva.
«Cosa ti importa? Tanto non ci vedrete più!» detto questo, uno dei due sghignazzò sguaiatamente.
«Hai ragione. Fra meno di cinque minuti non sarete che briciole!»
Se c’era qualcosa che Naruto odiava di più della voce fredda di Kakashi, era quella arrogante di Sasuke.
D’altra parte, però, anche lui alla fine era così. Quando si trattava di combattere, Naruto non guardava in faccia a nessuno.
«Già. Preparatevi ad essere sconfitti!» canzonò il biondo con aria superiore.
Sakura restò in silenzio. Era la più razionale fra i suoi compagni ed era abbastanza sveglia da capire che non c’era bisogno di fare gli spacconi in una situazione già imbarazzante di suo, dato che ormai era chiaro che il loro avversari non erano al loro livello. Sarebbero bastati un paio di pugni ben assestati e tanti saluti.
Kakashi sembrò leggerla nel pensiero, perché si eresse in piedi, abbandonando la posizione d’attacco che aveva mantenuto fino a quel punto.
«Li lascio a voi. Vediamo come ve la cavate.» disse scostandosi di lato, per lasciare campo libero ai suoi allievi.
Sasuke ghignò, Naruto gonfiò il petto pieno d’orgoglio come un pavone e Sakura.. bé, Sakura li aveva già sistemati.
«Ma non vale! Potevi almeno lasciarcene uno!» si lamentò il biondo, indicando i due banditi già belli che fritti.
Sasuke rimase a bocca aperta, un po’ deluso e un po’ colpito dalla velocità della ragazza.
«Ben fatto, Sakura. Appena torniamo al Villaggio, ricordami di offrirti un pranzo.» si congratulò Kakashi, battendo le mani in un lieve applauso.
Una qualsiasi altra ragazza o donna –o signora, è il caso di dirlo- sarebbe arrossita fino alla punta dei capelli, rischiando anche di svenire, se l’albino le avesse offerto il pranzo. Ma lei non era una qualsiasi ragazza o donna –o signora-. Lei era Sakura Haruno, e stavolta fu lei a pavoneggiarsi con i suoi compagni.
«Uffa..» continuò a brontolare Naruto.
«Forza ragazzi. Torniamo a casa. La missione è conclusa.» annunciò Kakashi.
Il gruppo si rimise gli zaini in spalla e riprese la marcia verso Konoha.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7-Un grosso sbaglio. ***


«Papà!»
Kakashi si voltò.
Una bambina dalla carnagione molto scura, con un paio di occhi di un verde brillante e un sorriso luminoso gli correva incontro, seguita pochi metri più dietro da un uomo dai lunghi capelli castani raccolti in una coda e una vistosa cicatrice sul naso.
«Piccola!» si chinò per prenderla in braccio, poi salutò Iruka. «Ha fatto la brava?» gli chiese, mentre guardava la piccola Sukai.
«Bè, ha dato del filo da torcere a due ANBU, ma stanno bene.» rispose Iruka.
Kakashi sgranò gli occhi.
«Che significa stanno bene?»
«Significa che ha imparato fin troppo bene la Tecnica della Moltiplicazione del corpo» disse Iruka sorridendo di soddisfazione: dopotutto, la bambina era sua allieva.
Dopo circa un quarto d’ora, una mano batté ripetutamente sulla spalla dell’albino.
«KAKASHI HATAKE!»
Ma perché…?
Si voltò lentamente, preparandosi a ricevere un sonoro pugno in testa dalla sua allieva. E non avrebbe neanche avuto tutti i torti: era in ritardo come al solito.
«Si… Sakura?» e intanto Sukai se la rideva.
«Buon compleanno!» esclamò invece la rosa con allegria.
Kakashi, che si rese conto di aver chiuso l’occhio, lo aprì e si ritrovò di fronte un gruppetto di persone che lo fissavano sorridendo ed esclamando le stesse parole che aveva pronunciato la sua allieva.
Restò di stucco. Era già il 15 settembre?
«G-grazie…» balbettò, interrotto dal bacio sulla guancia scoccatogli da sua figlia.
«Auguri papino!»
Guardando meglio, l’albino riuscì a rendersi conto di tutti i presenti: c’erano Naruto e Sai, Shikamaru, Ino, Choji e Asuma –con la solita sigaretta in bocca-, Yamato, Jiriya e Gai, il suo rivale, che sollevò il pollice all’insù.
Sorrise e si lasciò fare gli auguri, anche se non era suo solito festeggiare il proprio compleanno.
 
 
Erano a villa Hyuga, a casa di Hinata, dove si erano aggiunti anche Rock Lee, TenTen, Neji, Shino e Kiba.
E Hiashi ha dato il permesso a questi scalmanati di mettere a soqquadro casa sua per una festa di compleanno? Kakashi era piuttosto sorpreso.
Erano circa le otto di sera, presto dunque, ma la maggior parte degli invitati era già ubriaca.
Kakashi decise di sgattaiolare fuori al giardino, dove trovò Jiraiya e Asuma.
«Kakashi» salutò il moro. L’albino rispose con un cenno del capo.
«Stai invecchiando» lo schernì l’eremita.
Asuma e Kakashi ridacchiarono.
«Quattro anni» disse l’albino.
«Cosa?» fece Jiraiya.
«Sukai ha quattro anni e stamattina ha preso a pedate due ANBU cercando di scappare dall’Accademia» spiegò il “festeggiato”.
«Davvero?» Asuma era impressionato.
«Cosa ci vuoi fare? La nuova generazione…» commentò l’eremita.
«Ah… non parliamo di nuove generazioni. Shikamaru è fissato…» sospirò il moro, facendo ridere gli altri due.
Dopo qualche minuto di silenzio, Kakashi rivolse lo sguardo alla luna quasi piena che brillava sulle loro teste, poi si voltò a guardare dentro casa Hyuga: i suoi allievi ridevano, bevevano e ballavano, sembravano felici, ma tutti loro sapevano che mancava una persona.
«Dovrebbe esserci Sasuke, qui» disse a un tratto.
Jiraiya e Asuma si voltarono a guardarlo.
 
Sasuke se n’era andato due anni prima, lasciando Sakura tra le lacrime sotto la pioggia. Era da un po’ che si era allontanato da loro, ma Kakashi aveva sperato di riuscire a trattenerlo.
Era stato tutto inutile, l’odio aveva preso il sopravvento e il sentimento di vendetta gli aveva gelato il cuore. Del Sasuke Uchiha che conoscevano, non era rimasta nemmeno l’ombra. Solo dolorosi ricordi.
Erano riusciti a individuarlo un paio di volte da quando era fuggito, ma non erano riusciti a riportarlo a casa.
Kakashi si sentiva responsabile.
«Non hai bisogno di uccidere il tuo migliore amico per ottenere ciò che vuoi!»
Era vero, quello che gli aveva detto, ed era anche vero che era riuscito a non fargli uccidere Naruto, ma era altrettanto vero che lo aveva incitato a cercare un modo diverso per uccidere suo fratello. O almeno, così gli sembrava.
Sakura e Naruto non si erano mai dati per vinti, mai arresi. Avevano promesso di riportarlo a casa.
Eppure, dopo quattro anni, Sasuke al Villaggio ancora non si era visto.
 
Asuma si accese una sigaretta.
«Tornerà. Yamato e i ragazzi stanno facendo il possibile» provò a confortarlo, ma in fondo non era convinto nemmeno lui delle sue stesse parole.
Il discorso fu, per fortuna, interrotto dalla piccola Sukai, che spuntò da dietro la pianta dell’ingresso con un pacchettino in mano.
«Questo l’ho fatto io, papà» disse con un po’ di imbarazzo.
Kakashi sorrise, prese il pacchetto e le arruffò i capelli con una mano.
«Grazie» le disse dolcemente.
Lo aprì: all’interno c’era un piccolo ciondolo di metallo rotondo con i lacci di cuoio, al cui interno era stampato uno spaventapasseri.
Kakashi rise.
Bé, il pensiero è azzeccato.
Guardò la bambina con affetto, poi la prese in braccio.
«Quindi sai anche plasmare il metallo?» chiese ironico.
«Che vuol dire plasmare?» chiese la piccola sgranando gli occhi.
A meno che non l’ha comprato Iruka, mi sono fatto un regalo da solo.
Rise e cominciò a scoccarle baci affettuosi sulle guance morbide.
«Chi l’avrebbe mai detto. Kakashi Hatake che riempie di baci un individuo dell’altro sesso senza malizia. I bambini fanno miracoli!» se ne uscì Jiraiya, facendo scoppiare a ridere gli altri.
«Nonno Jiriya! Mi porti sulle spalle?» chiese la piccola.
«Quante volte ti ho detto di chiamarmi zio? Mi fai sentire vecchio!» si lamentò l’eremita.
«Ma tu sei vecchio!» esclamò invece lei, contribuendo alla pancia di risate di Asuma e Kakashi.
 
«Kakashi?» la voce di Gai sovrastava quella delle lamentele di Jiraiya, che era ormai diventato il cavallino di Sukai.
«Sono qui» rispose l’albino.
«La torta e i regali!» annunciò il ninja con la calzamaglia verde. Kakashi sospirò.
«Arrivo» disse infine.
Appena rientrato, Sakura gli portò sotto il naso una torta con ben trenta candeline.
«Quante sono?» le chiese sottovoce.
«Sono trenta! E non dica che ce n’è una in più!» lo canzonò la rosa, incurante dell’imbarazzo del suo maestro.
Non aveva scelta: alzò le spalle e sospirò rassegnato, dopodiché spense le candeline e si lasciò sommergere dai regali che gli avevano fatto.
 
 
«Finalmente se ne sono andati tutti» sospirò Kakashi.
Erano rimasti in pochi: lui, Jiriya, Sukai, Sakura e Hinata.
Sai aveva accompagnato a casa Naruto, che aveva bevuto un po’ troppo e barcollava pericolosamente.
Gli altri non erano ridotti meglio.
«Posso dormire da nonno Jiraiya stanotte?» chiese la bambina al padre ubriaco, strofinandosi gli occhi dal sonno.
«Zio!» la corresse l’eremita.
Kakashi annuì.
Jiriya e Sukai salutarono Hinata e Sakura, poi uscirono di casa.
Kakashi finì il bicchiere che aveva in mano, poi lo poggiò sul primo mobile disponibile e si voltò verso la ragazza dagli incredibili occhi color perla.
«Grazie per la festa, adesso, però, andrei» annunciò, barcollando fino alla porta, mantenendosi ai mobili.
«Forse ha bevuto un po’ troppo» lo rimproverò la sua allieva mantenendolo ed evitandogli una caduta rovinosa.
«Tranquilla, ce la faccio» disse lui, per niente convincente.
Certo, come no. Pensò Sakura.
«Hinata, grazie per tutto e buona notte. Io accompagno il maestro Kakashi a casa» disse Sakura alla sua amica.
La Hyuga annuì.
«Sì, ma stai attenta, che anche tu sei un po’ brilla» la avvertì.
 
 
Erano sul vialetto di casa di Kakashi, quando si addormentò fra le braccia della rosa.
Sakura si irrigidì, stizzita.
Ma possibile che un ninja del suo livello non sapesse reggere un po’ d’alcol?
Lo trascinò fino in camera sua e lo scaraventò sul letto.
Si rese conto che Hinata aveva ragione sul fatto che fosse un po’ sbronza, perché perse l’equilibrio e cadde.
No, fu mantenuta. Due mani forti la tenevano per i fianchi.
Probabilmente i suoi modi poco ortodossi avevano svegliato il suo maestro, che ora la fissava con uno sguardo diverso dal solito.
I loro occhi si incrociarono e scattò qualcosa dentro Sakura. Non seppe con certezza se fu il cuore che sembrava galoppare o qualcosa che le inumidì gli slip.
Quasi in un gesto automatico, allungò una mano verso il suo volto, e con le dita delicate sfiorò la maschera nera.
Per anni aveva odiato quel pezzo di stoffa. Non era mai riuscita a capire perché la indossasse.
L’occhi nero la scrutava con attenzione, ma lui non muoveva un muscolo, era come se aspettasse che fosse lei a fare la prima mossa.
La ragazza esitò.
La mano di Kakashi, ancora attaccata al fianco della rosa, percorse la sua schiena, poi scivolò lungo il suo braccio magro, fino a sfiorarle le dita, incitandola a compiere quel gesto.
Sakura abbassò la maschera, ma aveva gli occhi chiusi, come se non avesse il coraggio di affrontare una scoperta tanto eclatante come il volto del suo maestro, che tante volte aveva immaginato.
Kakashi le carezzò una guancia, e finalmente lei aprì gli occhi.
Si sarebbe aspettata di tutto, ma mai questo.
Era di una bellezza da togliere il fiato. Aveva i tratti decisi, ma non troppo duri, le labbra né troppo sottili né troppo carnose e il naso lievemente rivolto all’insù, ma non tanto da farlo sembrare effemminato. Non era nei canoni tipici della “bellezza”, ma era di gran lunga più intrigante di molti altri biondi dagli occhi azzurri –di sua conoscenza, fra l’altro-.
Tanto domattina non ricorderò niente. Si disse.
Già, nessuno dei due si sarebbe ricordato niente.
Sakura avvicinò il suo viso a quello del suo maestro, tanto che poteva sentire il suo respiro accarezzarle la pelle.
No. Sarà peggio. Mi sveglierò in un letto non mio e quando realizzerò con chi ho passato la notte urlerò, scapperò, sarò sconvolta.
Ma c’era una cosa che continuava a chiedersi: se era davvero ubriaca, perché ragionava così lucidamente?
Le loro labbra stavano per sfiorarsi, quando lei si alzò di scatto e corse via, come un lampo. Era certa che se avesse esitato anche un attimo, lui l’avrebbe convinta a rimanere, anche solo per un innocuo bacio.
 
 
Kakashi sprofondò nel cuscino.
Che diavolo ho combinato?
Ormai era sicuro che quella notte non avrebbe dormito, nonostante la grossa quantità di alcol che aveva assunto alla festa.
E forse fu proprio per quello, che cominciò a vagare fra i pensieri e i ricordi che da lucido avrebbe tenuto a bada dentro di sé.
Ripensò a quando Sakura, Naruto e Sasuke non erano altro che bambini, a quanto la rosa fosse innamorata dell’Uchiha e a quanto esilarante fosse vedere quest’ultimo prendere a pugni il biondo.
Ora erano diciassettenni ed erano rimasti in due.
Basta ricordi, Kakashi. Basta.
Andò in cucina a bere un bel bicchiere d’acqua, quindi si rialzò la maschera che poco prima aveva aiutato ad abbassare e uscì di casa.
 
 
«Quattro anni fa avevi una bambina, ora lei è di sopra, quindi cosa ti serve?» chiese Jiraiya assonnato e un po’ infastidito, aprendo la porta all’albino.
«Ho fatto un guaio» rispose lui, passandosi una mano sul volto.
Jiriya sospirò.
«Entra.»



Spazio Autrice
Salve, è da un po' che non scrivo dopo i capitoli e mi sembra arrivato il momento di farlo.
Innanzitutto, mi sento in dovere di comunicarvi -cosa che avrei dovuto fare prima- che sono una shipper della coppia KakaSaku, per cui ci saranno varie scene del genere, anche se non credo di farli mettere insieme.
Comunque ringrazio chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate e chi ha recensito e spero che recensiate anche questo capitolo.
E scusate se ho aggiornato solo ora, ma ora avuto dei problemi di cui preferirei non parlare.
Ok, ho divagato.
Spero che, se siete arrivati a leggere fin qui, il capitolo vi sia piaciuto. 
Ciao ;)


-Drunk on Love-


 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8-Uragano Yamanaka. ***


Spazio autrice
Volevo solo dirvi che questo non è un vero e proprio capitolo. O meglio, lo è, ma non e completo. L'ho diviso in due parti. la seconda parte è ancora da rifinire, ma spero ugualmente che cominciate a leggerlo.
Detto questo, buona lettura ;)

-Drunk on Love-



«Senti, vai a letto. Dormici su, e vedrai che domattina –ammesso che ti ricorderai qualcosa- ti sembrerà più facile» provò Jiraiya.
«Il problema non è il mio! E se lei domattina si ricorderà tutto?» l’eremita non aveva mai visto l’amico così ubriaco al punto da alzare la voce. Sospirò e incrociò le braccia.
«Proprio non vuoi dirmi chi è questa benedetta ragazza?»
Kakashi, seduto su una sedia di legno e afflosciato sul tavolo, scosse la testa svogliato. Probabilmente stava per addormentarsi.
«Senti, io sono stanco e non è stato facile far addormentare tua figlia, per cui, se non ti dispiace, io andrei a dormire» concluse l’eremita assonnato.
Kakashi non gli rispose: era già nel mondo dei sogni.
 
 
Si svegliò in una stanza diversa da quella in cui credeva di essersi addormentata. Aveva ciuffi dei suoi capelli rosa sul volto, appiccicati dal sudore. Si mise piano a sedere, poi si rese conto dell’atroce mal di testa che la torturava.
Cercò di capire dove si trovasse, guardandosi intorno. Il suo sguardo cadde sulla figura ancora addormentata al suo fianco: intravide spuntare dalle lenzuola una ciocca bionda. Il cuore perse un battito. Era terrorizzata dall’idea che sotto quella coperta ci fosse il suo migliore amico, ma quella paura si dissolse come fumo al vento, quando realizzò che Naruto non aveva le gambe così affusolate e i capelli lunghi.
Ora ricordo, ieri sera sono corsa a casa di Ino. Ma…per quale motivo?
Per quanto si sforzasse, non riusciva a ricordare nulla. Decise che, appena sveglia, fondere il cervello non era l’opzione giusta, così si alzò lentamente e si avviò verso la cucina, alla ricerca di acqua.
Era intenta a bere, quando il braccio rimase a mezz’aria, un po’ per lo stupore e un po’ per l’imbarazzo.
Shikamaru Nara era di fronte a lei e appena la vide abbassò lo sguardo, arrossendo. In fondo, Sakura aveva indosso solamente l’intimo.
La ragazza fece cadere il bicchiere a terra, che andò in frantumi, e corse a cercare qualcosa da mettere addosso.
Shikamaru, nel frattempo, si apprestò a raccogliere il vetro da terra, per cercare di porre rimedio a quella situazione alquanto imbarazzante.
Quando Sakura ritornò con addosso una vestaglia di Ino, a stento trattenne una risatina.
«Che hai da guardare?» sbottò la rosa.
«Buongiorno, Shikamaru. Tutto bene? Sì, grazie e tu?» Sakura voleva bene al suo amico, ma quel sarcasmo proprio non lo sopportava.
«Buongiorno..» borbottò.
«Scusa per l’intrusione, ma non credevo che Ino avesse ospiti» si giustificò il moro.
«Sì, bè, non lo sapeva neanche lei. Ieri sera sono venuta… a proposito: sai cosa ho fatto ieri sera dopo che me ne sono andata da Hinata?» chiese Sakura, sperando che lui sapesse la risposta.
«Mi dispiace, ma me ne sono andato prima di te» rispose, scuotendo la testa.
Sakura sbuffò rassegnata.
«Comunque.. Ino è in piedi?» chiese Shikamaru dopo qualche istante di silenzio.
«Adesso sì…» una voce bassa e roca arrivò da dietro la rosa. Ino aveva ancora gli occhi chiusi e camminava curva, come se avesse un peso sulla testa impossibile da rimuovere.
«Con due chiacchieroni come voi, come si fa a dormire?» proseguì la bionda.
Se Sakura non fosse stata assolutamente sicura che avrebbe scatenato un conflitto civile all’interno di Konoha, le avrebbe risposto un bel “da che pulpito”, ma si trattenne.
«Shikamaru ti cercava» disse solo, sparendo in bagno.
«Dovevo andarci io!» urlò la Yamanaka alla porta del bagno, ormai chiusa a chiave.
«Ehm… Ino?» chiamò Shikamaru. La bionda si voltò a guardarlo con uno sguardo truce, come se lui l’avesse appena interrotta durante uno di quei combattimenti da cui dipendono le sorti del mondo.
«Che vuoi?»
Il povero ragazzo si vide scorrere tutta la vita davanti agli occhi, perché sapeva che se avesse pronunciato la frase sbagliata, la ragazza lo avrebbe ucciso all’istante. Fece istintivamente un passo indietro.
«Il maestro Asuma vuole vederci» mormorò.
Ci fu un momento in cui lo sguardo della Yamanaka sembrò farsi di fuoco, ma poi sorrise benevola.
«D’accordo, il tempo di cacciare di casa fronte spaziosa e vi raggiungo» disse, poi si fiondò a bussare ripetutamente sulla porta del bagno.
Il moro sentì le gambe sciogliersi: il peggio era passato, il ciclone Yamanaka non lo avrebbe colpito quella mattina.
 
 
«Senti Ino, ti ricordi perché sono venuta da te ieri sera?» chiese Sakura mentre camminava al fianco della sua migliore amica per le strade di Konoha.
«No, fronte spaziosa, ma mi ricordo che piangevi. Sarà stato l’alcool…» rispose Ino guardando in cielo, come se stesse cercando la risposta fra le nuvole.
«Se solo riuscissi a ricordare…» sbuffò la rosa. Odiava non avere il controllo. Anche se era una cosa stupida come lo svegliarsi a casa di un’amica dopo una notte brava, non riusciva a sopportare il fatto di non essere a conoscenza degli avvenimenti.
Camminava a testa bassa, impegnata a guardarsi le scarpe, mentre ascoltava distrattamente quella pettegola della sua amica.
«Chissà perché il maestro Asuma ci ha convocati così presto» sospirò a un certo punto la bionda. Sakura la guardò accigliata.
«Presto? È quasi mezzodì!»
«Per me è presto» ripeté incurante Ino.
Sakura roteò gli occhi, poi posò il suo sguardo su una figura una decina di metri più avanti. Aveva i capelli del colore dell’argento, una maschera nera sul volto e si dirigeva all’Accademia, probabilmente per andare a prendere sua figlia.
All’improvviso ebbe un falshback.
Ricordò vagamente di essere stata mantenuta per evitare di cadere, poi un occhio nero fisso su di lei, una mano che le percorreva la schiena, un respiro lento e regolare.
«I-Ino…» balbettò.
«Che hai, fronte spaziosa? Stai sudando!» esclamò la bionda notando lo stato d’animo della sua amica.
«Mi sono appena ricordata cosa è successo ieri sera.»
 
 
Era ancora assonnato e con il mal di testa, quando entrò nell’Accademia.
Riconobbe subito Iruka alle prese con quella peste di Sukai. Era divertente vedere come se la cavava con i bambini, sembrava nato per questo lavoro. Ogni tanto si tergeva la fronte imperlata di sudore con il bordo della manica. Ogni volta che faceva un sorriso a uno dei suoi allievi, la cicatrice si incurvava verso l’alto sui lati, come se fosse una bocca sorridente.
La piccola Sukai era davvero molto brava. Si impegnava e quando sbagliava qualcosa, subito si correggeva.
Così piccola e già ha l’istinto di sopravvivenza.
Era raro trovare qualcuno così portato per essere un ninja a soli quattro anni. Kakashi lo era stato, certo, ma lui era un caso a parte.
Decise di aspettare che finissero gli allenamenti, così si fece un giro per l’Accademia. Si ricordò di quando era piccolo e girovagava per quella struttura sempre seguito da quel chiacchierone di Obito e la sua adorabile amica Rin.
Uscì nel giardino.
Si respirava proprio una bella aria, fresca, tranquilla e silenziosa e… un momento, silenziosa?
Non era affatto silenziosa, o meglio, lo era fino a cinque secondi prima, quando il vulcano Yamanaka non era ancora eruttato.
«SIGNOR KAKASHI HATAKE!» urlò la bionda avvicinandosi a grandi falcate verso l’albino e agitando i pugni in aria.
Kakashi si voltò in direzione della bionda e cominciò ad indietreggiare.
«C-ciao Ino.. c-che hai?» balbettò. Era vero che Kakashi era noto come il Copia Ninja di Konoha, ma era anche vero che Ino era Ino.
«Ino, smettila…» un mormorio raggiunse le orecchie dell’albino. Sakura era qualche passo dietro la bionda, che la supplicava di smetterla con quella scenata.
«Come si è permesso?» tuonò invece la Yamanaka.
All’improvviso, Kakashi seppe di cosa stava parlando la ragazza. Non era riuscito a ricordare nulla della notte precedente fino ad allora, ma era bastato guardare negli occhi Sakura, per fargli tornare tutto in mente.
«Senti Ino, per prima cosa, non sono affari tuoi, secondo, non è successo niente» bisbigliò con tono e sguardo severi, ma a bassa voce, sperando che la rosa non sentisse.
«Ah, non sono affari miei? La mia migliore amica che viene da me in lacr-» una mano coprì la bocca di Ino, per evitare di farle dire cose di cui sarebbe stata Sakura a pentirsi. Non si sa da dove, era spuntato Shikamaru, che ora teneva ferma la bionda che si dimenava.
«Grazie» gli biascicò Sakura sottovoce.
Kakashi cercò con gli occhi lo sguardo di Sakura, come a chiederle conferma di quello che Ino stava per dire, ma non lo trovò. La rosa, infatti, era impegnata a guardarsi le scarpe che pestavano nervosamente l’erba.
Sul serio ha pianto? In fondo non è successo niente! Eravamo anche ubriachi e non sapevamo quello che facevamo! Provò a convincersi Kakashi, ma anche se non era effettivamente successo niente, sapeva di aver ferito la sua allieva.
 
 
Naruto, come suo solito, si stava facendo una bella scorpacciata di Ramen, quando notò Sai passare.
Si affrettò a finire il suo pasto, poi lasciò qualche spicciolo sul bancone e lo raggiunse di corsa.
«Ciao Sai!» lo salutò con una forte pacca sulla spalla.
«Oh, ciao Naruto» rispose il ragazzo.
«Dove vai di bello?» chiese il biondo con un sorriso a trentadue denti.
«Bè, ho visto correre Ino e Sakura poco fa, così vado a vedere» rispose Sai, inconsapevole di stare per scatenare una guerra tra allievo e maestro.
Arrivati nel giardino dell’Accademia, si accorsero di un gruppetto di persone e delle urla scalmanate che non potevano che essere di Ino Yamanaka.
«Ma che sta succedendo?» si chiesero quasi in coro.
Si fecero spazio tra i bambini e i maestri che assistevano, poi finalmente riuscrono a vedere con chi ce l’aveva la bionda: niente poco di meno che il maestro Kakashi.
«Senti Ino, smettila. Stai dando spettacolo. E’ una cosa che non ti riguarda, perciò smettila di fare la bambina» replicò per l’ennesima volta l’albino, spazientito. La tempia vibrava pericolosamente, segno che si tratteneva dal prenderla a schiaffi.
«No, non mi do una calmata!» rispondeva ogni volta lei.
«Ino, adesso basta! Me ne vado!» urlò Sakura coprendo la voce dell’amica.
Girò sui tacchi e si incamminò. Scorse con la coda dell’occhio Naruto e Sai che la guardavano intontiti, ma proseguì a grandi falcate e uscì dall’Accademia.
Ino rimase interdetta, non se l’aspettava.
Kakashi le rivolse uno sguardo carico di rabbia, a cui lei rispose con disprezzo.
Senza dire altro, l’albino andò a prendere sua figlia e tornò a casa.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9- Fra una ciotola di Ramen e un negozio di fiori. ***


Quella mattinata era stata piuttosto pesante, così decise di stendersi sul divano provando a riposarsi un po’, ma non ci riuscì. Era troppo arrabbiata con Ino. Come aveva potuto fare quella scenata davanti a tutti? Davanti a lui?
Torturò la coperta che aveva fra le mani, fino a strapparla completamente.
Sbuffò rabbiosamente e uscì di nuovo di casa, sperando che camminare le avrebbe fatto schiarire le idee.
Si stava chiudendo la porta alle spalle, quando si ritrovò l’albino a pochi passi di distanza, con lo sguardo basso.
«Ti ricordi quella missione quando cercaste di rubarmi i libri?» non alzò lo sguardo, ma si rese conto che la rosa aveva annuito. «Mi sono appena reso conto di non averti ancora offerto quel pranzo» concluse, alzando lo sguardo in cerca di quello di Sakura.
«Non dovrebbe essere con sua figlia? »
«E’ con Jiraiya.»
«Tanto non mi lascerà stare finché non accetto, giusto?» sbottò lei.
«Mi conosci bene, Sakura» rispose l’albino accennando un sorriso.
Sakura sospirò e scrollò le spalle, in segno di resa.
«Ti và un po’ di Ramen?» le chiese gentilmente. La ragazza annuì.
Si incamminarono, restando in silenzio, entrambi a guardare a terra.
«Mi scusi per prima, non avrei dovuto dirlo a Ino…» cominciò la ragazza per rompere il ghiaccio.
«Non sei tu che devi scusarti. E certo non sapevi che Ino avrebbe fatto venire un terremoto. E poi non è affar mio con chi ti confidi» rispose Kakashi.
Sakura si sentì offesa da quelle parole. Non seppe bene in che modo, ma era come se il suo maestro avesse offeso lei e i suoi amici.
«Certo che non è affar suo! Scelgo io i miei amici, ma non sono certo responsabile delle loro azioni!» esclamò, facendo meravigliare il suo maestro.
«Non intendevo certo darti colpe, tranquilla.»
Sakura si sentì improvvisamente stupida.
Camminarono ancora un po’, finché arrivarono da Ichiraku.
«Ramen per la signorina, offro io» ordinò Kakashi.
«Lei non mangia?» chiese la rosa.
«No, non ho molta fame» rispose con un sorriso di cortesia.
Quando arrivò la scodella di Ramen, la rosa piantò il suo sguardo nella brodaglia e cominciò a mangiare rumorosamente.
«Vuoi parlare?» chiese Kakashi dopo un po’.
«Parlare di cosa?» Sakura si concesse di fare la finta tonta ancora per un po’.
«Sai bene di cosa» il tono con cui l’albino pronunciò quella frase sembrava un ammonimento.
«Non è successo niente. Non abbiamo niente di cui parlare. L’ha detto anche lei, no? Non è successo niente» borbottò, mentre finiva di mangiare.
«Grazie per il pranzo.»
Si alzò e fece per andarsene, quando la mano calda del suo maestro la afferrò per il polso. D’improvviso, a quel tocco, qualcosa in lei si scaldò. La sera prima non seppe cosa fosse stato, ma ora era sicura che fosse il suo cuore.
La ragazza si voltò a guardarlo, lottando per trattenere le lacrime.
«Perdonami» disse Kakashi, stavolta era sincero.
Lasciò lentamente la presa. Non seppe con quale mente contorta era riuscito a pensarlo, ma le sembrò che quando l’aveva lasciata andare, era come se avesse liberato una colomba nel cielo.
Sto diventando matto. Si disse.
 
 
Naruto non era ancora riuscito a capire cosa era successo esattamente quella mattina, ma l’appetito era riuscito a fargli dimenticare tutto. Passò davanti al locale di Ichiraku e il profumino di Ramen lo attirò dentro.
«Meatro Kakashi! Che ci fa qui?» esclamò appena notò l’albino seduto al bancone.
«Oh, ciao Naruto. Niente, stavo leggendo» rispose, indicando il libro porno che aveva sotto gli occhi.
«Come al solito…» borbottò divertito, poi ordinò tre porzioni di Ramen.
«Naruto, oggi pomeriggio devi allenarti con il capitano Yamato. Non ti sembra di esagerare col cibo?» lo ammonì Kakashi.
«Non si preoccupi, e poi una la porto a Sakura, così mangiamo insieme. A proposito, sa dov’è?» chiese il biondo.
A Kakashi fece tenerezza: sembrava proprio un bambino. Aveva diciassette anni, eppure aveva l’innocenza stampata sul volto.
«Veramente Sakura ha già mangiato» rispose, riportando lo sguardo tra le righe del libro vietato ai minori.
«E lei che ne sa?» chiese Naruto, un po’ dispiaciuto.
«Le dovevo un pranzo» detto questo, si alzò e uscì dal locale.
«Dove va, maestro?» chiamò il biondo.
«Ci vediamo, Naruto» fu la risposta del suo maestro.
In quel momento arrivarono tutte e tre le scodelle di Ramen, che Naruto fece fuori in quindici secondi.
Infilò la mano nella tasca, alla ricerca del suo portamonete a forma di rana. Lo aprì, ma si accorse che, non è che era vuoto, diciamo che piangeva miseria.
 
Sai sapeva che l’unico posto in cui poteva essere Naruto all’ora di pranzo era da Ichiraku, così scostò la tendina ed entrò.
«Naruto, hai trovato un nuovo lavoro? Da quando fai il lavapiatti?» la domanda poteva anche essere ironica, ma Sai la pronunciò con inconsapevole serietà.
«Sì, fai pure lo spiritoso, tu» brontolò il biondo, con le maniche alzate e le braccia nell’acqua intento a lavare le pentole e a sorbirsi la sgridata del proprietario del locale.
 
 
Quel pomeriggio, Sakura era decisa a dire quattro parole alla sua migliore amica, che quel giorno era diventata la sua più acerrima nemica. Andò a casa sua e cominciò a bussare ripetutamente alla sua porta, ma nessuno aprì.
«Senti Ino, se non apri giuro che sfondo la porta!»
«E’ inutile che ti agiti tanto, Ino non c’è.»
Sakura si voltò. Dietro di lei c’era l’unica persona che in quella giornata le andava di vedere: Shikamaru. Gli era grata per aver tappato la bocca di quella pettegola della Yamanaka, e poi i suoi modi gentili la rilassavano.
«E dov’è?» chiese.
«Il maestro Asuma l’ha chiamata poco fa. Credo che le stia facendo una bella lavata di capo» rispose il moro.
«Spero per lei che non le venga il mal di testa, perché dovrà sentire due paroline anche da me» sbottò la rosa.
«Ti va di fare due passi?» chiese Shikamaru di punto in bianco, provando a far sciogliere la tensione. Sakura sospirò, poi annuì.
Per strada, incontrarono Iruka.
«Salve, maestro Iruka!» lo salutò la rosa, felice di vederlo.
«Ciao Sakura! Oh, c’è anche Shikmaru» rispose questo sorridendo.
«Dove sta andando? Non dovrebbe essere in Accademia?» gli chiese la rosa.
«Sì, ma ho un’ora di riposo, sto andando da Kakashi» rispose, ignaro degli ultimi avvenimenti. Sakura abbassò lo sguardo.
«Ah…» mormorò.
«Qualcosa non va?» chiese Iruka, cominciando a preoccuparsi.
«E’ solo stanca. Sa, i turni in ospedale sono duri» rispose Shikamaru per lei. Sakura lo benedì e lo ringraziò in mente.
Iruka scrollò le spalle.
«Allora riposati. Bé, io vado. Vi saluto ragazzi!» esclamò, prima di riprendere la sua strada.
I due ripresero a camminare.
«Grazie per prima. E anche per stamattina» disse Sakura sottovoce ad un certo punto. Shikamaru la guardò.
«Avresti fatto lo stesso. E poi cosa credi? L’ho fatto per Ino» disse, facendosi spuntare un sorrisetto sulle labbra. Sakura lo guardò accigliata.
«Che vuoi dire?»
«Bé, l’avresti presa a pugni e, detto fra noi, con un braccio rotto e sette costole incrinate non avrebbe potuto fare molto. Non so neanche se avrebbe potuto vendere i fiori» concluse, alzando lo sguardo al cielo. Sakura sorrise.
«L’hai sentito anche tu?» chiese la rosa ad un tratto, dopo aver avvertito un rumore. Shikamaru non ebbe il tempo di rispondere, che degli schiamazzi cominciarono a risuonare per tutto il villaggio.
«Oh, Naruto…» sibilò la ragazza, cominciando a sbuffare di rabbia. Ma possibile che doveva arrivare sempre lui a rovinare la quiete?
«Non ti avvicinare a me!» lo sentì urlare al povero Sai.
«Naruto, aspetta!» provava quest’ultimo.
Shikamaru indietreggiò di qualche passo. Se c’era qualcuno che temeva di più di Ino arrabbiata, quella era Sakura arrabbiata.
«Si può sapere che diavolo sta succedendo?!» urlò la rosa ai due ragazzi che si erano avvicinati. Naruto sbuffò e incrociò le braccia al petto.
«E’ stato lui! Deve sempre rovinare tutto!» cominciò a lagnarsi il biondo.
«Io volevo solo aiutarti..» si giustificò Sai.
«Aiutarmi? Dire ad una ragazza che il mio unico bacio l’ho dato ad un maschio è aiutarmi?» gridò Naruto.
«Ma lei ti aveva chiesto…» cominciò il moro.
«Basta!» tuonò Sakura, interrompendoli.
Shikamaru cominciava a sentirsi fuori luogo, anche se quella scena un po’ lo divertiva.
«Naruto, tu vai dal maestro Kakashi» ordinò la rosa.
«Ma perché…»
«Ho detto vai!» gli spezzò la frase. Il biondo borbottò qualcosa di incomprensibile, mentre si incamminava verso la casa del suo maestro.
«Sai, tu vai a casa» concluse Sakura.
«Ci sarei andato comunque. Mi accompagnate?»
Lo sguardo di Sakura divenne di fuoco.
«Ehm..Sai… credo sia meglio se a casa ci vai da solo…» lo avvertì Shikamaru. Finalmente Sai sembrò capire, poiché si voltò e si incamminò a grandi falcate verso casa sua.
Quando Sai si fu allontanato, Sakura si abbandonò al suolo. Shikamaru la guardò spaventato.
«Che hai?» le chiese, porgendole una mano per rialzarsi. La rosa la allontanò bruscamente sbuffando.
«Sono stufa! Non è successo niente e ne fanno tutti una tragedia, a cominciare da Ino» sbottò, incrociando le braccia.  Il ragazzo sorrise.
«Ma si può sapere cosa è successo?» le chiese. Sakura scosse la testa.
«Non è successo niente» borbottò la rosa, ancora seduta a terra.
«E va bene, ma vuoi rimanere lì tutto il giorno?» sospirò Shikamaru. Sakura sbuffò per l’ennesima volta, quindi si alzò e riprese a camminare.
Arrivati al negozio di fiori di Ino, Shikamaru tornò a casa sua.
«Parla con lei» le aveva detto, prima di incamminarsi.
Certo. Parlarle…o prenderla a sprangate…
«Ino, ci sei?» esordì, entrando nel negozio.
«Sono qui» rispose la voce nervosa della Yamanaka.
«Peggio per te» mormorò la rosa digrignando i denti.
«Senti Sakura, mi dispiace per oggi…» cominciò la bionda.
«Ti dispiace un corno! Mi hai fatto fare la figura dell’idiota e della debole, hai urlato a tutta Konoha una cosa che non è successa e te la sei presa con la persona sbagliata!» la interruppe Sakura, gridando. Ino aggrottò le sopracciglia.
«Che significa ‘la persona sbagliata’?» chiese titubante.
Ora anche Sakura era interdetta. Abbassò lo sguardo.
«Significa che eravamo entrambi ubriachi, e lui non ha fatto assolutamente niente» spiegò la rosa.
Subito tornò a guardare l’amica con astio.
«E se tu mi avessi fatto finire di parlare, prima di correre all’Accademia, adesso sapresti tutto e mi sarei risparmiata un pranzo imbarazzante con il maestro Kakashi!» ringhiò.
«U-un pranzo? Ti ha invitata a pranzo?» riecco Ino in versione pettegola.
«Mi doveva un pranzo, è diverso» puntualizzò Sakura.
«E che vi siete detti?»
«Non cambiare argomento! Sono ancora furiosa con te! Mi hai fatto fare una pessima figura davanti a tutti, non credere che la passerai liscia» disse la rosa con tono freddo. Ino abbassò gli occhi e cominciò a fissarsi le scarpe. Non era solita abbassare la cresta, ma si rese conto di aver ferito la sua migliore amica.
«Scusa, hai ragione tu. Avrei dovuto farti finire di parlare. Se posso farmi perdonare in qualche modo, ci proverò» disse a basa voce, accennando un lieve sorriso.
«Per ora non farti venire in mente altre scenate simili» sibilò Sakura, poi uscì dal negozio.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10- Una promessa e un cielo stellato. ***


«Kakashi, sai che adoro stare con Sukai, ma forse dovresti passare un po’ più di tempo con lei» esordì Jiraiya rivolto all’Hatake, per rompere il silenzio che aleggiava in casa da un po’ di tempo.
«Kakashi, che hai? Sembri distratto» insistette. L’albino gli rivolse uno sguardo vuoto, dopodiché ritornò a fissare la finestra.
«Sono solo un po’ stanco…» mentì.
L’eremita aprì la bocca per parlare, ma qualcuno bussò alla porta e lo interruppe.
Kakashi, dopo aver aperto la porta, si ritrovò di fronte a Iruka e Naruto.
«Cosa ci fate qui?» chiese sorpreso: non era solito avere ospiti, Jiraiya era una caso a parte.
«Io sono venuto a trovare Sukai, Naruto è stato obbligato da Sakura» rispose Iruka, dando una leggera gomitata al biondo ancora imbronciato.
Kakashi scrollò le spalle e liberò l’uscio.
«Maestro Iruka! Naruto!» la vocina di Sukai risuonò per tutta la stanza.
«Ciao, piccola!» esclamò Naruto, prendendola in braccio.
Dopo aver salutato Jiraiya, il biondo portò quella piccola peste nell’altra stanza per farla giocare un po’.
Trascorsi un paio di minuti in assoluto silenzio, Kakashi si accorse di avere lo sguardo dei suoi ospiti puntato addosso.
«Cosa c’è?»
«Ho provato a chiedertelo fino ad ora» rispose Jiraiya.
«E io ti ho risposto che sono stanco. Andiamo, Iruka diglielo anche tu che sta esagerando!»
Sentitosi chiamato in causa, Iruka fissò incerto Jiraiya, poi puntò lo sguardo nell’occhio corvino di Kakashi.
«Invece credo tu abbia qualcosa» disse infine.
L’Hatake sbuffò e si lasciò cadere sulla sedia alle sue spalle.
«Non mi piace ripetermi, ma ve lo dirò un’altra volta: sono stanco. Sukai è un terremoto, poi devo pensare anche a Naruto e Sai, senza contare…»
«E Sakura…?» lo interruppe Iruka. Kakashi lo guardò.
«Cosa?»
«Hai detto che devi prenderti cura di Naruto e Sai, ma non hai nominato Sakura. Le è successo qualcosa?» gli chiese il castano.
L’albino abbassò lo sguardo.
«No, sta bene, è solo che non ha bisogno che io le guardi le spalle. Neanche Sai in realtà. Quello che mi preoccupa di più è Naruto» confessò.
Jiraiya e Iruka si guardarono interrogativi.
«Qualche giorno fa abbiamo trovato qualcosa, una traccia. Non è una pista sicura, probabilmente sbaglio anche a considerarla tale» continuò.
«Sasuke?» chiese l’eremita. Kakashi annuì.
«Temo che quando e se lo troveremo, Naruto non riesca a batterlo. Non che non mi fidi di lui, ma di certo Sasuke non se n’è stato con le mani in mano. Ho paura che se Naruto non riesce a sconfiggerlo, Sasuke non avrà la pietà che ha avuto l’ultima volta» concluse.
«Non si preoccupi, maestro Kakashi. La prossima volta sarò pronto.»
I tre uomini si voltarono e notarono, sulla soglia della stanza, lo sguardo fiero di Naruto nel pronunciare quelle parole.
L’albino sorrise da sotto la maschera, ma la preoccupazione non svanì.
 
 
«A domani, maestro Kakashi!» era ormai sera inoltrata, quando Naruto uscì di casa agitando la mano destra in aria in segno di saluto, seguito da Jiraiya e Iruka.
L’Hatake si sentì tirato per la felpa, quindi si voltò.
«Papà..?» chiese timidamente Sukai.
«Che c’è, piccola?»
La bambina si fissò le scarpette, quasi indecisa se parlare o meno, infine si fece coraggio.
«Perché tutti gli altri bambini hanno la mamma e io no?»
Quella domanda era quasi una pugnalata: anche se non sapeva bene in che modo, si sentiva quasi in colpa perché non era riuscito a darle quello che a lui era mancato. D’altro canto, però, gli occhioni verdi di Sukai gli fecero tenerezza.
«Bè, non tutti i bambini hanno la mamma. C’è chi ha solo un papà, come te, o chi ha solo la mamma. In realtà sei fortunata, c’è anche chi non ha nessuno dei due» rispose.
Sukai sembrò rattristarsi della risposta.
«Però, in compenso, c’è anche chi ha due papà o due mamme» aggiunse con un sorriso, sperando che con quella frase la piccola potesse rincuorarsi. Tutt’altro: sembrò spremersi le meningi nel pensare, poi d’un tratto guardò suo padre con gli occhi spalancati e un sorriso luminoso sulle labbra.
«Come tu e Jiraiya?» chiese speranzosa.
Kakashi scoppiò a ridere. Era davvero uno spettacolo quella bambina.
Le portò una mano sulla testa e le spettinò i capelli.
«Non proprio» le disse sorridendo. Sukai ritornò ad avere un’espressione delusa.
«Perché?»
«Perché io e Jiraiya ci vogliamo solo bene, siamo amici, niente di più» rispose l’albino, tornando a ridere.
Sukai sembrò soddisfatta della risposta – o perlomeno rassegnata-, quindi girò sui tacchi e tornò in camera sua.
 
 
Naruto non era ancora rientrato in casa. Nonostante la notte prima –dopo la festa di Kakashi- fosse tornato a casa molto tardi, non sembrava avere la minima intenzione di recuperare il sonno perduto. 
Non sapendo dove andare, si diresse quasi automaticamente verso casa di Sai.
Non bussò alla porta, ma entrò dalla finestra, come al solito. E, come al solito, lo trovò seduto di fronte ad una tela bianca, con la tavola e il pennello in mano, intento a cominciare a dipingere uno dei suoi meravigliosi quadri.
«Ciao Naruto, come mai qui?» gli chiese il moro, dopo essersi accorto della sua presenza. Il biondo scrollò le spalle e si sedette sul letto del compagno.
«Non avevo voglia di tornare a casa» rispose.
Sai non disse nulla, e cominciò a intingere la punta del pennello nel blu notte che spiccava fra gli altri colori sulla tavola.
«Cosa hai intenzione di dipingere?» chiese curioso Naruto, dopo aver guardato l’amico dare un paio di pennellate alla tela.
«Non so. Comincio con un cielo, poi mi verrà in mente» rispose. In realtà sapeva bene cosa voleva disegnare. Quella sera aveva portato con sé dei ricordi, uno più nitido degli altri.
 
 
Era seduto per terra sul retro di una capanna, era notte. Guardava i raggi della luna piena giocherellare tra le fronde degli alberi che si innalzavano maestosi in cielo. Era solo. Suo fratello riposava dentro la capanna, al caldo.
Era un bel panorama da dipingere, pensò, ma non in quel momento. Non perché non avesse un foglio e un pennello, semplicemente non ne aveva voglia. Non allora.
 
 
E’ arrivato il momento, aveva pensato quella sera, poco dopo che Naruto si era imbucato in casa sua.
«Come fai ad avere tutta questa pazienza?» gli chiese il biondo, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
Sai sospirò.
«Bè, perché è una cosa che mi piace. Se ci pensi, anche tu sai essere paziente quando ti alleni» rispose.
Naruto si stupì. In effetti aveva ragione. Ogni volta che doveva imparare una tecnica nuova, non si perdeva d’animo neanche quando falliva.
«Posso farti una domanda?» disse.
Sai tacque.
«Credi che la prossima volta che incontreremo Sasuke riuscirò a batterlo?» chiese infine.
Sai, che era intento a sfumare la luna, sollevò il pennello dalla tela e rimase immobile, come se stesse pensando a cosa rispondere.
Dopo qualche secondo, riprese a colorare la sfera che aveva disegnato.
«Non so dirti. Credo che se qualcosa è davvero importante, puoi fare qualunque cosa pur di averla» rispose.


Spazio dell'autrice
Salve. Sono resuscitata. Purtroppo non ho potuto aggiornare prima causa rehab perché il computer ha preso un virus  e quindi ho dovuto installare di nuovo tutto.
Anyways, ecco il nuovo capitolo. Non è molto lungo e non è neanche granché, ma spero che vi piaccia ugualmente.
Grazie a chi è arrivato fin qui ;)

-Drunk on Love-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 11- Un ricordo mai dimenticato. ***


Sasuke è quello che più di tutti mi ha considerato un essere umano!”
 
Si svegliò all’improvviso e si alzò di scatto, ansimante e con la fronte imperlata di sudore. Si guardò intorno con gli occhi corvini sbarrati da quel sogno così reale. Era solo.
Controllò l’affanno e si passò una mano fra i capelli neri, poi si terse la fronte con il bordo del lenzuolo bianco.
Tirò un sospiro e si alzò dal letto. Gli sembrò quasi di essere a Villa Uchiha, se non fosse stato per la compagnia.
Karin e Suigetsu litigavano come al solito, ma zittirono appena si accorsero che era in piedi.
«Buongiorno, Sasuke. Alla buon’ora!» lo schernì Suigetsu, facendogli notare l’orario.
Il moro non rispose, limitandosi a rivolgergli uno sguardo di sufficienza.
Karin sembrò esitare, poi si decise a parlare.
«Passato una nottataccia?»
Sasuke la guardò aggrottando le sopracciglia.
La ragazza si aggiustò gli occhiali arricciando leggermente il naso, poi proseguì.
«Hai cacciato qualche urlo, e credo anche che abbia preso a pugni il muro accanto al tuo letto» gli spiegò.
L’Uchiha continuò a guardarla come se stesse parlando una lingua incomprensibile.
«Esattamente cosa intendi per “qualche urlo”?» le chiese dopo un po’.
La rossa fece mente locale per ricordarsi quello che aveva sentito.
«Hai urlato un paio di nomi, credo…»
«Hai ripetuto due volte “maestro Kakashi” e una volta “Naruto”» intervenne Suigetsu.
«Che diavolo stai dicendo?» Sasuke guardò il ragazzino con occhi truci. L’albino, però, non si lasciò intimorire.
«Ti sto dicendo quello che ho sentito» rispose con nonchalance.
Sasuke affondò un pugno sul tavolo di legno a cui erano seduti Karin e Suigetsu, mandandolo in mille pezzi.
«Kakashi non è il mio maestro...» mormorò digrignando i denti.
«Ma che ti prende? Sei uscito di testa? Si può sapere che hai detto?» gli urlò il ragazzino. Inutilmente, dato che Sasuke era ormai uscito dalla stanza senza degnarli di uno sguardo.
 
 
 
Era da un po’ di tempo che a Konoha non pioveva. Kakashi si alzò pigramente dal suo letto caldo, stiracchiandosi e sbadigliando.
Andò a svegliare Sukai e fecero colazione insieme.
«Vedi di non fare arrabbiare il maestro Iruka oggi» raccomandò a sua figlia mentre le infilava le scarpette.
«Ma io non lo faccio arrabbiare mai!» rispose questa, sembrando offesa.
Kakashi le sorrise e le scompigliò i capelli con un mano.
«Lo so, era solo per ricordarti di continuare così!»
Usciti di casa, Kakashi si accorse della pioggia, così rientrò per prendere l’ombrello.
«Aspetta qui, vengo subito» aveva detto a Sukai.
Mentre l’albino era impegnato a ricordarsi dove aveva messo l’ombrello, la bambina allungò una mano sotto l’acqua, per poi ritirarla appena una decina di gocce fredde la bagnarono, poi cominciò a ridere e rimise le braccia sotto l’acqua.
«Che fai?» le chiese Kakashi, che era uscito e si era accorto di Sukai che oramai era zuppa fino al midollo.
«Mi piace la pioggia!» esclamò la bambina, roteando a braccia aperte, lasciando che il cielo le riversasse addosso le sue lacrime.
Kakashi la guardò sorridendo, poi la raggiunse con l’ombrello.
«Va bene, ma se ti bagni poi ti viene la febbre. Quando arrivi in classe chiedi al maestro Iruka di darti qualcosa per asciugarti» la rimproverò, ma cono tono gentile.
 
 
Tsunade, lo sapevano tutti, era molto irascibile. Se poi si trattava delle sue allieve, diventava intrattabile. Sakura e Ino erano state convocate nell’ufficio dell’Hokage, dove –non con poca sorpresa- vi trovarono anche Shikamaru.
«Sempre in ritardo, quell’uomo» borbottò Tsunade mordendosi le labbra, dopo aver fatto attendere i tre ragazzi per un quarto d’ora. Finalmente, la porta si aprì e una chioma argentea sbucò da dietro di essa.
«Mi ha fatto chiamare?» esordì Kakashi, stupendosi nel trovare il gruppetto ad aspettarlo.
«Quasi mezz’ora fa» rispose seccata l’Hokage. Kakashi si grattò la nuca, chiedendo scusa con lo sguardo.
«Mi dispiace per il ritardo, ho dovuto aiutare una vecchietta…»
«Risparmia il fiato e queste stupide scuse!» tuonò Tsunade, zittendolo all’istante.
Un silenzio teso scese nella stanza.
«Che diavolo è successo ieri in Accademia e perché?» la voce dell’Hokage spaventava tutti.
Sakura si sentì mancare. Quasi a leggerla nel pensiero, Ino le sfiorò il braccio con una mano.
Shikamaru si sentiva decisamente a disagio: non sapeva cosa era successo e non gli interessava saperlo; d’altronde, nonostante fosse cresciuto con Ino, i pettegolezzi non gli andavano proprio a genio.
«Mi scusi, signorina Tsunade, ma è necessaria la mia presenza? Avrei un appuntamento con il maestro Asuma» provò a defilarsi il ragazzo.
«Sta’ zitto. Allora? Non ho avuto ancora una risposta.»
Kakashi fece un passo avanti.
«Niente di grave. Sakura mi aveva fatto un regalo che non mi era piaciuto e Ino, da brava migliore amica, se l’è presa con me per essere stato “maleducato e insensibile” nel farglielo notare» mentì.
Le due ragazze si voltarono a guardarlo. Se avrebbero voluto che Tsunade ci credesse, avrebbero dovuto reggere il gioco o quantomeno avere un’espressione meno sconvolta.
Tuttavia, l’Hokage sembrò crederci, per cui non ci fu bisogno di altre menzogne. Prese un sospiro e affondò nella poltrona.
«Se è solo questo, che non accada mai più! L’Accademia non è uno squallido locale dove azzuffarsi!» e guardò severa Ino, poi riportò lo sguardo su Kakashi, infine su Sakura e Shikamaru, che sembravano avere tutt’altra espressione.
«Voglio credere a questa storia, perché sarebbe molto pericoloso se un jonin del livello di Kakashi e tre promettenti ninja come voi si immischino in qualcos’altro di più grave» concluse, squadrando un’ultima volta Kakashi.
«Non accadrà più» rispose quest’ultimo, cogliendo la sua allusione.
I tre ragazzi annuirono, dopodiché furono congedati.
A Kakashi, invece, fu chesto di rimanere.
«Ho saputo che hai trovato delle tracce» esordì Tsunade, guardando l’albino nell’occhio nero.
Kakashi sostenne per un po’ lo sguardo, poi lo abbassò sospirando.
«Sì, c’è qualcosa» rispose.
«Perché questo tono? Sembri triste di averla trovata.»
«Onestamente, non so più se ne vale la pena. Itachi è morto, l’Organizzazione Alba si sta muovendo e Sasuke è deciso a compiere la sua vendetta. Credo che fra non molto sarà lui stesso a bussare alle porte del Villaggio» rispose sconfortato Kakashi.
L’Hokage riflettè su quelle parole, poi parlò.
«Ti stai arrendendendo?» gli chiese. L’albino la guardò negli occhi.
«No, non mi sto arrendendo. Sai che non è da me» disse.
«Bè, in tal caso, se, come hai detto tu, l’Alba si muove, non credi che quando colpirà sarà un bene avere Sasuke dalla nostra parte? Non puoi negare che è sempre stato un ninja molto forte, senza contare che è un Uchiha e possiede lo Sharingan» disse Tsunade.
Kakashi scosse la testa.
«Possiamo provare, ma sarà inutile. Lui non accetterà di combattere al fianco di chi ha trucidato la sua famiglia.»
Tsunade sospirò.
«Tentar non nuoce» mormorò.
 
 
Prima di andare dal suo team, Kakashi passò al cimitero.
Si fermò in piedi di fronte alla tomba di Rin.
«Ciao» disse al nulla.
Prese i fiori che aveva comprato e li sostituì a quelli secchi che giacevano nel vaso accanto alla tomba.
«Come state tu e Obito? È ancora ritardatario come sempre?» sperò davvero che arrivasse una risposta.
Si guardò intorno: non c’era anima viva. Si sedette per terra.
«Sono stanco. Sto perdendo colpi. Mi metto in un casino dopo l’altro e sto perfino perdendo fiducia nei miei allievi.»
Forse stai perdendo fiducia in te stesso.
«Può essere. Ma, sai, sono cambiate parecchie cose. Non so più nemmeno per che cosa è giusto lottare, sacrificarsi, andare avanti.»
Continuare a soffrire.
Il vento soffiò leggero tra i capelli argentei di Kakashi.
Io invece credo che tu lo sappia.
«Già... Sai che mi dispiace, vero? So che te lo dico tutti i giorni, ma è l’unica cosa che posso fare. Non posso espiare la mia colpa verso di te, quinidi te lo ripeterò all’infinito.»
Smettila. Era necessario. Non pensare più a me, non rimuginare sul passato. Pensa ai tuoi ragazzi: loro hanno bisogno di te.
«A proposito, Sasuke non è più lo stesso. Una volta nutrivo la speranza che dentro di lui esistesse ancora un barlume di lucidità, ma ora è accecato dall’odio.»
Sta soffrendo. Devi capirlo e aiutarlo.
«Sì, ma come? Come?»
Lo capirai.
«Lo spero. Vado da Obito, ora. Vado a raccontargli un po’ della sua nipotina» disse, prima di congedarsi dalla fredda tomba muta.
Detto fatto, raggiunse il centografo.
Non riuscì ad aprire bocca. Di solito raccontava alla lapide la sua giornata, ma quel giorno era troppo amareggiato per farlo.
«Scusami» riuscì solo a dire.
Rimase per qualche minuto in piedi, immobile di fronte alla pietra, incurante degli sguardi quasi preoccupati di chi si trovava a passare da lì.
«Scusami» ripetè, prima di correre via.
 


«Scusami? Tutto quello che sa dire è scusami?» a Obito, la tomba non rispose. Come ogni giorno, scaraventò i fiori che Kakashi aveva portato a Rin e ne mise altri. Strinse i pugni fino a farsi diventare le nocche bianche. Non piangeva più, Obito, dopo aver visto la ragazza che amava morire davanti ai propri occhi per mano del suo migliore amico.
Stupido Kakashi...
Gliel’avrebbe fatta pagare.
L’albino gli aveva portato via tutto ciò che di più gli era caro, e lui si sarebbe vendicato. Gli avrebbe tolto tutto.  Kakashi avrebbe smesso di chiedere scusa ad una tomba dopo l’altra. Ci sarebbe entrato anche lui, in una bara. Doveva solo attendere l’occasione giusta.


Angolo autrice.
Salve, scusate se aggiorno solo ora, dopo tutto questo tempo (sempre -cit.), ma il computer si è rotto di nuovo D:
Comunque, la scena iniziale con Sasuke non c'entra niente, ma volevo metterla perché è una mia interpretazione di come lui vive il distacco dai suoi amici e come in realtà soffra per la loro lontananza. 
Giusto per chiarirlo, dato che non mi ricordo se l'ho già detto prima, ma questa storia NON è collegata con il manga o con l'anime (non del tutto, almeno). Quindi non mi prendete per pazza se incontrate passaggi descritti diversamente da come sono in realtà.
Bene, dopo questo angolo che è diventato più lungo del capitolo, vi ringrazio per aver letto e un grazie in più a chi recensisce ;)
-Drunk on Love-

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 12-La crudeltà della disperazione. ***


I giorni passarono veloci e frettolosi, talmente tanto che Kakashi quasi non ebbe il tempo di salutare Naruto, Sakura e Sai prima della loro missione con Yamato.
Sarebbe partito insieme a loro, ma doveva badare alla piccola Sukai.
Era pomeriggio, quando Kakashi vide i suoi allievi allontanarsi dal Villaggio. Di certo non poteva immaginare che quella sarebbe probabilmente stata l’ultima volta che li vedeva.
Successe tutto così in fretta.
 
 
«Hai visto Kakashi?» chiese  Jiraiya a Tsunade. Era oramai sera inoltrata. L’Hokage scosse la testa.
«Probabilmente sarà ancora al cimitero» rispose in un soffio di voce.
«Non ne sono molto convinto. E poi non porta mai Sukai con sè quando va lì» disse l’eremita.
«Forse crede che sia arrivato il momento di raccontarle la sua storia.»
Jiraiya sospirò.
«Se sei preoccupato vai a cercarlo» disse spazientita Tsunade, anche se un po’ di preoccupazione non riuscì a nasconderla.
L’eremita annuì e, in silenzio, uscì dall’ufficio dell’Hokage.
 
Arrivato al cimitero, diede un’occhiata rapida alla tomba di Rin e al centografo, ma di Kakashi non c’era traccia.
Provò a casa sua, ma dell’albino nemmeno l’ombra. Né tantomeno quella di Sukai.
Allarmato, corse a cercare Yamato ma, sulla strada, incontrò Asuma che gli disse che era andato in missione con i ragazzi.
«Cos’hai?» chiese preoccupato il moro, vedendolo affannato.
«Non riesco a trovare nè Kakashi né Sukai. Speravo che Yamato sapesse dove trovarli, ma mi hai detto che non c’è..»
«Dai, ora calmati. Kakashi non è uno sprovveduto, sarà occupato in qualcosa..» disse Asuma, ma nemmeno lui era convinto delle sue stesse parole.
Appunto: Kakashi non era uno sprovveduto. Avrebbe avvisato della sua assenza.
Presero entrambi un lungo respiro, poi si guardarono negli occhi.
«Andiamo da Tsunade» dissero quasi in coro.
 
 
 
Plic. Plic.
Il suono fastidioso e snervante delle gocce d’acqua che scorrevano da un lavandino chiuso male lo fece svegliare.
C’erano delle urla, eppure quel rumore fastidioso lo distraeva dal resto.
Plic. Plic.
Provò a passarsi una mano sul volto, ma l’arto non rispondeva al suo comando.
Si accorse di avere ancora gli occhi chiusi. Quando sollevò le palpebre, fu accecato da una luce biancastra.
Quando si fu abituato alla lampada, si guardò intorno cercando di rimanere calmo, ma in testa aveva un solo pensiero: Sukai.
Pian piano la memoria gli ritornò, e stralci delle ore precedenti gli si fecero spazio nella mente.
Stavo guardando i ragazzi partire. Un uomo. Sì, c’era un uomo. Ma era mascherato. Ed era lontano. No, era vicino. Molto vicino. Sukai. Era vicino a Sukai. Un colpo alla testa.
Mentre cercava di ignorare il forte mal di testa e a ricordare con precisione quello che era accaduto, la porta della stanza nella quale si trovava si aprì.
«Oh, sei sveglio» notò l’uomo che stava entrando.
È lui. È il tizio mascherato, pensò Kakashi.
Dopo essersi sorpreso di essere rimasto a terra, l’albino scattò in piedi, ma le mani non lo aiutarono.
Ancora un po’ confuso, abbassò lo sguardo sulle sue braccia: le aveva legate dietro la schiena.
Eppure si meravigliò: non aveva tagli né altre ferite e non gli era stato imposto alcun sigillo.
L’unico dolore che avvertiva era alla testa.
Tornò a guardare l’uomo di fronte a lui: doveva avere i capelli neri -spuntava qualche ciocca da dietro la maschera- ed era anche abbastanza alto. La maschera era arancione, fatta a forma di spirale, che lasciava un buco per permettere all’occhio destro di vedere. Solo dopo Kakashi si accorse della sua tunica.
Organizzazione Alba.
All’improvviso gli tornò in mente il discorso che aveva avuto qualche giorno prima con l’Hokage.
Avevo ragione. Dannazione!
«Smettila di guardarmi così. Non ho torto un capello alla tua adorata figliola, né tantomeno a te, quindi smettila di fissarmi in questo modo» disse indignato l’uomo mascherato incrociando le braccia.
Kakashi rimase a bocca aperta: quella voce gli era familiare, molto familiare, eppure non riusciva a collegarla a nessuno. Anche il tono non gli era nuovo. Era duro, ma allo stesso tempo quasi infantile. Dal timbro capì che doveva avere più o meno i suoi stessi anni, ma non ricordava di aver combattuto contro qualcuno della sua età quando era un ragazzino. Perlomeno non qualcuno che fosse ancora vivo.
Sembra quasi...
«Allora? Ti ho detto di non guardarmi con astio, ma anche quella faccia imbambolata non è molto meglio» brontolò l’uomo.
Non può essere..
Kakashi scosse la testa e cercò di calmare l’affanno.
L’uomo mascherato sbuffò.
«E ora che ti prende?»
«Dov’è Sukai?» chiese infine Kakashi, dopo avergli rivolto uno sguardo truce.
«Tranquillo, è di là che dorme» rispose l’uomo.
«E queste urla?» chiese l’albino, ricordandosi di aver sentito qualcuno gridare.
Il tizio mascherato guardò in direzione della porta, poi tornò a rivolgere lo sguardo a Kakashi.
«Oh, non farci caso. C’è la tv accesa su un film horror, credo» rispose scrollando le spalle.
Kakashi ebbe di nuovo la stessa sensazione di familiarità. Anche se era legato e non sapeva dove fosse sua figlia, si sentiva quasi a suo agio a parlare con quell’uomo. Come se stesse scambiando quattro chiacchiere con un vecchio amico.
«Allora; come stanno le tombe del cimitero di Konoha?»
Kakashi rimase spiazzato.
Un vecchio amico...
«Vai a trovarle spesso, vero? Dimmi, Kakashi, quanti morti vai a trovare ogni giorno?»
L’albino ricominciò ad ansimare.
Non è possibile..
«Immagino siano più di due, oramai. Bé, contando il vecchio Sakumo, il Terzo, il Quarto, chi più?» l’uomo mascherato rivolse a Kakashi uno sguardo di sfida, intuibile nonostante la maschera.
Al copia ninja sembrò di scorgere un riflesso vermiglio nell’occhio a malapena scoperto dalla fessura della maschera.
No. Kakashi torna in te. Non è possibile, continuava a ripetersi, ma l’affanno non cessava.
«Dov’è Sukai?» chiese di nuovo, più impaziente. Ora non gli pareva più di parlare con un vecchio amico, ma con un addetto alle torture.
«Hai la memoria corta? Ti ho detto che sta dormendo.»
«Portami da lei.»
«Ti piacerebbe.»
Kakashi lo fissò cercando i suoi occhi da qualche parte sul suo volto coperto.
«Che vuoi da lei?»
«Da lei niente. È da te che voglio qualcosa, e se questo comprende la piccola, allora prenderò anche lei» rispose duro l’uomo mascherato.
«Si può sapere che vuoi?» anche in stato confusionale e allarmato, Kakashi riusciva sempre a tenere un tono calmo, quasi freddo.
«Rivoglio quello che tu mi hai portato via. »
L’albino smise di ansimare e fissò intontito il suo interlocutore.
«Che significa?» ora lo sguardo di Kakashi era quasi disperato.
L’uomo mascherato rimase immobile per qualche secondo, poi abbassò la testa e tirò fuori una pergamena dalla manica della tunica.
«Farai una cosa per me, se vuoi rivedere la tua adorata figlia» disse freddo, diventando serio.
«Non puoi costringermi…»
«Sì che posso» lo interruppe «vedi, è proprio perché posso, che tu farai quello che ti dirò.»
Kakashi non proferì parola: aveva imparato che quando non sapeva che fare, doveva rimanere in silenzio e valutare la situazione a mente lucida.
«Dunque» l’uomo mascherato aprì la pergamena «questa è una mappa, ma per leggerla ho bisogno di sciogliere i sigilli che la bloccano. Ed è qui che entri in gioco tu: so che sei molto bravo, la tua fama ti precede, Hatake Kakashi. Sciogli i sigilli, e io lacerò andare te e quella piccola peste» concluse.
Kakashi scrutò la mappa: erano sigilli abbastanza complessi, ma avrebbe dovuto essere in grado di scioglierli in un paio d’ore.
«Dove porta questa mappa?» chiese sospettoso.
«Non ti riguarda» rispose secco l’uomo mascherato.
Kakashi rimase a riflettere qualche secondo.
«Ti basti sapere che presto ci sarà una guerra, e che non basteranno tutti i ninja della Terra del Fuoco per fermarla. Né per uscirne vivi» sussurrò l’uomo mascherato all’orecchio dell’albino.
«E questa mappa potrebbe fermarla?»
«Oh no» rise l’uomo «serve per darvi inizio.»
 
 
Dopo aver ottenuto il permesso dall’Hokage di cercare Kakashi, Jiraiya fece convocare due dei migliori ANBU.
«Dovete trovare Hatake Kakashi» spiegò l’eremita, consegnandogli il fascicolo dell’albino «qui c’è scritto tutto: ci sono foto, nome, data di nascita, hobby, tutto. Non credo vi servano a molto, ma per regola devo consegnarvelo comunque.»
«Ma qui è tutto o TOP SECRET o è stato cancellato!» esclamò uno dei due ninja. Jiraiya sospirò.
«Andiamo, hai bisogno di qualche pagina di inutili descrizioni per riconoscere Kakashi Hatake? Maschera sul viso, coprifronte sull’occhio sinistro, capelli argentei e una bambina» disse l’eremita.
Caspita, e questi sono gli ANBU migliori? Kakashi ai suoi tempi era informato di ogni starnuto dei ninja degli altri villaggi e questi non sanno niente neanche dei nostri! Pensò esasperato e deluso.
«Speriamo perlomeno che non si facciano ammazzare prima ancora di trovarlo» mormorò Jiraiya appena se ne furono andati.


-Spazio autrice-
Salve, scusate se aggiorno solo ora, ma il computer si era rotto per l'ennesima volta (giuro che non è una bugia).
Comunque, so che fa un po' schifo questo capitolo ma.. THIS IS IT.
Recupererò con i prossimi ew
Ciao :(

-Drunk on Love-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 13- Cosa fare? ***


 
 
L’uomo mascherato fu clemente: concesse al suo prigioniero una giornata intera per pensare a cosa fare.
Kakashi sapeva cosa doveva fare. Come shinobi aveva l’obbligo di difendere il Villaggio. Il Villaggio prima di tutto. Difendi il Villaggio e sarai ricompensato. Il tuo dovere è difendere il Villaggio.
Ma i bambini innocenti? Chi aveva il compito di salvare questi poveri figli?
Aveva sempre saputo che i legami sono pericolosi. Lo sapeva fin troppo bene. D’improvviso hai qualcosa da perdere.
L’uomo mascherato lasciò la pergamena sigillata sul tavolo di quella stanzetta e uscì dalla porta.
 
Kakashi provò in tutti i modi a liberarsi dalla catena che lo legava, ma fu tutto inutile.
Era una catena speciale: oltre ad essere chiusa da un lucchetto la cui chiave era in possesso del suo carceriere, era fatta di un materiale che bloccava il chakra. Lo usavano anche a Konoha per trasportare i prigionieri.
Una volta appurato questo, si decise a rilassarsi per non sprecare energie.
Valutò la stanza in cui si trovava: le pareti erano di un bianco sporco ed erano prive di decorazioni, era illuminata solo dalla lampadina biancastra appesa malamente al soffitto, aveva una porta alla sua sinistra ed era priva di finestre, il ché voleva dire che per scappare avrebbe dovuto attraversare altre stanze. Notò un buco nel muro, non molto distante  da dove era seduto lui. Strisciò a terra fino a raggiungerlo, poi ci soffiò sopra per togliere la polvere che vi si era depositata, e ci guardò dentro. Da quel minuscolo squarcio nel muro scorse una stanza completamente diversa dalla sua: le pareti sembravano di un color rosso scuro, poi il suo sguardo cadde su un letto, con le lenzuola azzurre. Il suo cuore si fermò per un attimo: distesa supina sul letto, c’era Sukai. Tirò un sospiro di sollievo nello scoprire che il suo petto si alzava e si abbassava ritmicamente: era viva.
Dunque non mi ha mentito.
Ora, però, rimaneva il dubbio: cosa fare?
Tornò strisciando dove poco prima era seduto e appoggiò la testa al muro.
Sapeva bene che, qualunque fosse stata la sua scelta, se ne sarebbe pentito.
Oh, Sukai.. ti chiedo scusa per non essere stato più attento. Ho fallito sia come maestro che come padre.
Per un istante valutò seriamente l’idea del suicidio: sarebbe bastato smettere respirare, o sbattere la testa contro il muro.
Pensò che, in questo modo, non avrebbe permesso all’uomo mascherato di leggere la mappa e che, forse, Sukai si sarebbe salvata.
Non servirebbe a niente. La ucciderà e troverà qualcun altro in grado di leggerla.
Sospirò disperatamente, e pregò che venisse qualcuno a salvarli.  A salvare Sukai.
Poi, lentamente, si addormentò.
 
Obito era appoggiato al tavolo, e guardava Kakashi dormire. Non provava nemmeno un po’ di pena, anzi.
Era perfettamente lucido, e sapeva quello che faceva: una volta che Kakashi avrebbe ceduto e tolto i sigilli alla mappa, il suo piano poteva essere  attuato, e la sua vendetta compiuta.
Aspettò che il suo prigioniero si svegliasse. Quando Kakashi cominciò a sbattere la palpebra scoperta, si rimise subito la maschera.
 
«Ben svegliato» disse in tono quasi allegro. Kakashi ebbe per l’ennesima volta la sensazione di conoscere il suo interlocutore.
Il carceriere si staccò dal tavolo e si accovacciò dinanzi a lui, a un palmo dal suo naso.
«Allora? Hai deciso?» gli chiese.
Kakashi ci mise pochi istanti a destarsi del tutto, nonostante l’intorpidimento dovuto alla posizione innaturale nella quale era costretto. Sospirò prima di parlare.
«Se sciolgo i sigilli,  ho la tua parola che la lascerai andare?» chiese all’uomo mascherato.
«Per chi mi hai preso? Sono un gentiluomo. Tu fai quello che ti ho chiesto e io mantengo la promessa che ti ho fatto. Lei sarà libera.»
L’albino però ancora esitava.
«Perché proprio io? Ci sono molti ninja capaci quanto me con i sigilli. Perché non rapire un ANBU?»
«Primo: perché sai bene di essere il migliore, e io voglio solo il meglio. Secondo: perché tu hai qualcosa da perdere, a differenza di un ANBU. Terzo: perché è più divertente» rispose l’uomo mascherato con un ghigno inquietante.
«Che vuoi dire?»
«Dovresti vederti: il famoso e temuto Hatake Kakashi che trema come un cane bagnato per una bambina. Quel mostriciattolo ti ha intenerito parecchio. Forse troppo» rispose questo.
Kakashi non sapeva cosa rispondere: il suo carceriere aveva ragione. Eppure non gli era mai dispiaciuto e non si era mai pentito di averla presa con sé. Nonostante le difficoltà, le domande a cui dovette rispondere, non l’aveva mai rimpianto.
«Allora?  Hai preso la tua decisione?» la voce di quell’uomo cominciava a diventare più minacciosa.
«Ho altra scelta?»
«Sì, potresti lasciare che la piccola marmocchia muoia.»
«Non la toccare!» urlò Kakashi facendo uno scatto in avanti, subito bloccato dalla catena. Si trovò a fissare l’occhi destro del suo carceriere. Ci vide dentro un’ombra, qualcosa di molto familiare.
Basta Kakashi, ora hai anche le allucinazioni,  si disse, distogliendo lo sguardo.
«Bene, quindi..» L’uomo con la maschera si alzò e fece il giro del tavolo: «ti do ancora qualche ora. Non sprecarle dormendo. »
Detto questo, uscì dalla stanza chiudendo la porta.
Kakashi appoggiò la testa al muro, rassegnato. Non aveva scelta.
Eppure in quel momento, fra i tanti pensieri che gli ronzavano nella mente, quello che sovrastava gli altri era un solo: Conosco quella voce.


-Angolo Autrice-

Saaalve gente.
Dopo secoli di assenza sono finalmente risorta. So che non è molto lungo, scusatemi anche per questo.
Purtroppo non ho scuse. O meglio, il computer si è rotto due volte, ma nel frattempo l'abbiamo aggiustato e avrei potuto pubblicare almeno altri sei capitoli, quindi mi scuso per la mia mancanza di scuse (?).

Okay, non so nemmeno io quello che ho detto. Ma ora vi lascio, altrimenti diventa più lungo questo "angolo" che il capitolo lol.
Spero che vi piaccia. Scusate ancora :c

-Drunk on Love-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** 14- Il Tempio ***


*Spazio Autrice*
Salve.

Ho voluto prendermi un piccolo spazio all'inizio piuttosto che alla fine perché ci tenevo a scusarmi per non aver aggiornato da così tanto tempo.
La verità è che ci sono stati vari motivi, primo fra tutti un blocco. Per cui ho iniziato a scrivere altre storie (delle one-shots) che mi tenessero impegnata e ho tralasciato questa. Ma ora sono tornata e spero di riuscire a continuare quella che per me è una storia alquanto importante, dato che è la più lunga che abbia mai scritto qui su EFP.
Detto questo, volevo solo avvisarvi che questa parte sta giungendo al termine e che ci sarà un sequel.
Be', ora vi lascio al capitolo (sperando che c'è ancora qualcuno a leggerlo) e scusatemi ancora.


-Drunk on Love-





 
Sakura doveva ancora abituarsi ad andare in missione senza il maestro Kakashi, nonostante ultimamente succedeva spesso.
Mentre saltava da un ramo ad un altro degli alberi della grande foresta che stava attraversando, seguita da Naruto e Sai, osservava il capitano Yamato e si sorprendeva ogni volta nel non vedere i capelli argentei di Kakashi mossi dal vento.
Lo stesso valeva per Naruto. Neanche lui si era abituato, e questo influenzava molto l’andamento della missione.
Sai, dal canto suo, non ci badava molto, essendo stato addestrato ad adeguarsi ad ogni cambiamento, e quindi proseguiva tranquillo al seguito dei suoi compagni.
 
Erano partiti ancora una volta per Sasuke, ma, stavolta, il loro scopo non era quello di farlo tornare al Villaggio.
Sasuke e i suoi tre o quattro seguaci avevano provocato molta confusione nella regione ai confini della Terra del Fuoco.
Da quelle parti c’è un tempio, un luogo sacro in cui sono custodite molte pergamene proibite.
La squadra di Yamato era stata mandata sul luogo per sapere se c’erano state vittime e quante pergamene erano state rubate.
 
Poco prima della meta, la squadra si fermò, scese dagli alberi e si riunì in cerchio. Yamato prese la parola.
«Bene, prima di proseguire assicuriamoci che non ci sia nessuno nei dintorni; non vogliamo problemi. Naruto e Sai, voi controllerete la zona ad est, io quella ad Ovest. Sakura, tu rimani nei paraggi e tieni gli occhi aperti. Ci ritroviamo qui fra due ore esatte. Appena ci rincontriamo, voglio un rapporto dettagliato su ogni foglia che si è mossa. Andiamo.» Detto questo, il team si separò.
Naruto e Sai ora andavano molto più d’accordo rispetto ai primi tempi, ma il biondo si trovava ancora un po’ a disagio quando rimaneva da solo con il compagno; non sapeva mai come doveva comportarsi.
Anche Sai era quasi sempre in imbarazzo: da quando aveva provato ad imparare a relazionarsi con gli altri aveva fatti dei progressi, ma le situazioni del genere lo lasciavano interdetto.
Infatti, fra i due, c’era un silenzio tombale.
 
Sakura si era spinta leggermente più a sud del punto di ritrovo, ma non vide nulla di sospetto, per cui tornò indietro e controllò dall’altro lato. I suoi occhi erano attenti ad ogni movimento: riusciva a vedere ogni scoiattolo che, come lei, saltellava sui rami, percepiva le foglioline che cadevano al suolo, il venticello leggero che smuoveva gli arbusti.
Aveva anche un buon udito. Il suo punto debole era l’olfatto. Non ci aveva mai fatto caso fino a quel punto.
In quell’istante si rese conto che di solito era Kakashi a fiutare ogni tipo di odore, anche quello più fine, e ad avvertire lei e Naruto se c’era qualche pericolo.
Si sentì quasi indifesa, ma fu un solo momento di esitazione. Non vedendo nulla neanche a nord, raggiunse il punto di ritrovo e aspettò.
 
Yamato invece, ci mise un po’ di più. Aveva sentito un rumore che non gli era piaciuto e si era spinto un po’  troppo lontano.
Assicuratosi che quel rumore non erano altro che due lepri che si inseguivano, decise di cominciare a tornare.
Due lepri. Un momento… due lepri?! In questa foresta non si sono mai viste lepri!
Suo malgrado, era troppo tardi per rendersene conto, e un kunai gli colpì la gamba di striscio, costringendolo a rallentare.
Lui, però, non era stupido né inesperto. Si girò subito nella direzione dalla quale proveniva il kunai e, con un a delle sue tecniche, alzò un muro di legno per evitare che altre armi lo colpissero.
Appena ebbe un appoggio sicuro su un albero, abbassò il muro per vedere il suo avversario, ma non vide nessuno.
Aguzzò la vista e tese le orecchie. Un sibilo. In una frazione di secondo, un altro kunai lo raggiunse, stavolta all’altezza del viso, ma lui fu più rapido e lo schivò, facendo un salto di lato.
Prima che potesse rimettersi in piedi, un terzo kunai venne lanciato, stavolta legato ad una carta bomba. Yamato si mise al riparo sotto una barriera di legno che fece appena in tempo ad erigere, prima che l’esplosione potesse raggiungerlo.
Aspettò che il fumo si diradasse, prima di uscire dal suo riparo, e si guardò intorno per cercare il suo nemico.
Sentì una risata provenire da un albero, così alzò lo sguardo e scorse appena l’ombra di quello che era stato il suo rivale, prima che se ne andasse senza lasciare traccia.
Yamato, ansimante più per la velocità con cui si era svolto tutto che per la fatica, si apprestò a tornare al punto di ritrovo, nonostante la gamba gli sanguinasse.
 
Appena Sakura vide che il capitano Yamato era ferito, si precipitò a curarlo.
«Cosa è successo?» gli chiese preoccupata.
«Ti spiego dopo. Dove sono Naruto e Sai?» chiese frettolosamente Yamato.
«Non sono ancora tornati, se vuole vado a cercarli, appena avrò finito» si propose la ragazza. Il capitano scosse la testa.
«No, aspettiamoli qui. Se entro dieci minuti non tornano, andiamo a cercarli insieme» disse.
La kunoichi lo guardò con le sopracciglia aggrottate, poi annuì e si concentrò sulla ferita di Yamato.
Fortunatamente, Naruto e Sai tornarono prima dello scadere dei dieci minuti, completamente illesi.
«Capitano Yamato!» escalmò il biondo, correndo verso Sakura e Yamato.
«Per fortuna siete tornati. Avete visto qualcosa?» gli chiese l’adulto.
Sai e Naruto si guardarono interrogativi, poi scossero la testa.
«Non c’era niente, perché?» domandò Naruto.
«Venite qui, sediamoci» disse Yamato, poi si sedette accanto a Sakura e fece cenno agli altri due di raggiungerli.
«Ci dice cosa è successo, ora che ci siamo tutti?» chiese impaziente la rosa.
Yamato sospirò un momento, poi si schiarì la voce e raccontò l’accaduto.
Finito il racconto, rimasero tutti e quattro in silenzio, a pensare. Perfino Naruto non aprì bocca.
«Non doveva essere qualcuno che sapeva del nostro arrivo. Sarà stato solo un bandito qualunque andato a rubare delle pergamene» suppose Sakura.
Yamato non sembrò convinto.
«Non credo. Sapeva dove e come colpire. Era addestrato, e aveva anche una buona tecnica. Non era precisa, ma aveva uno scopo» disse.
«Cioè?» si intromise il biondo.
«Creare confusione e distrazione. Non voleva ucciderla, da come ha agito si direbbe più un avvertimento, una minaccia.»
Tutti si voltarono verso Sai, dato che era stato lui a parlare.
«Esatto: sapeva che mi sarei riparato, una carta bomba non sarebbe stata sufficiente» concordò il capitano.
Sakura abbassò lo sguardo.
«Magari la prossima volta userà qualcosa di più efficace..» disse con un filo di voce.
«Che intende fare ora?» chiese Naruto, rivolto al capitano.
«Fare quello per cui siamo venuti fin qui: portare a termine la missione. Non possiamo certo fermarci ora. Le pergamene custodite in quel tempio sono di altissimo valore, una in particolare.»
Sakura si chiese quale pergamena fosse e quali meravigliose e potenti tecniche vi fossero custodite all’interno, ma Yamato non diede alcuna spiegazione.
 
Giunto il crepuscolo, Yamato e i giovani ninja erano ormai arrivati a destinazione.
Il tempio era enorme: era situato in cima ad una collina appena fuori il bosco e si allargava circolarmente su di essa.
Il cancello d’ingresso era fatto di legno, con pesanti cerniere di ferro. Nonostante a prima vista sembrasse un cancello resistente, era stato spezzato esattamente al centro e il grosso portone era ripiegato all’interno.
Il gruppo scavalcò i resti dell’ingresso e si guardò intorno: era tutto distrutto.
Naruto strinse forte i pugni e digrignò i denti: non sopportava assistere a certi scenari.
Sai, invece, valutò in silenzio la situazione e osservò con attenzione scientifica ogni minimo dettaglio.
C’era qualche sacerdote steso inerme al suolo. Qualcuno era ferito gravemente, ma non c’erano morti.
Sakura si precipitò ad aiutare chi più ne aveva bisogno e li curò meglio che potè.
Yamato si addentrò nel tempio vero e proprio non appena si fu accertato dell’assenza di vittime.
L’edificio era di forma quadrata e il tetto era basso; al centro si innalzava invece verso il cielo e alla sua estremità c’era una fessura circolare che lasciava entrare un fascio di luce. Dato che era il tramonto, quella poca luce arancione non bastava a schiarire l’ambiente, ma gli occhi allenati di Yamato ci misero poco ad abituarsi all’oscurità.
Esattamente sotto il fascio di luce c’era un altare di pietra e tutto intorno Yamato notò delle panchine.
Evidentemente i fedeli si riunivano intorno a quell’altare, ma ora le panche erano distrutte e scaraventate da una parte e dall’altra.
Si avvicinò con circospezione all’altare. Non ebbe neanche bisogno di tastare con i piedi il pavimento: era risaputo che le pergamene erano custodite sotto l’altare. Nonostante fosse di pietra, non impiegò molte forze per spostarlo.
Sotto i suoi piedi quindi spuntò una botola di legno.
Strano, pensò, perché prendersi la briga di rimettere l’altare al suo posto?
In quell’istante arrivò Naruto alle sue spalle.
«È terribile, ci sono un sacco di sacerdoti feriti» disse con voce grave.
Yamato annuì distrattamente. Non lo stava davvero ascoltando: cercava piuttosto di capire se aprire quella botola fosse una buona idea.
Di certo non era prudente.
Naruto, però, non si fece tanti problemi: si inginocchiò e sollevò il legno.
Yamato fece qualche passo indietro, preparandosi a qualche trappola, ma non successe nulla.
«Capitano! Guardi qui!» lo voce di Naruto era incredula.
L’uomo si avvicinò e guardò dentro la botola: niente era stato toccato.
«Ci sono tutte le pergamene.»
Yamato e Naruto impugnarono un kunai e si misero in guardia, fissando il punto da cui proveniva la voce.
«Eccolo!» Naruto indicò l’angolo più buio del tempio.
«Chi è lei?» domandò Yamato, rimanendo immobile.
«Sono un sacerdote. Il più anziano di questo tempio» rispose l’uomo. In effetti, dalla voce sembrava parecchio in là con gli anni.
Il capitano fece qualche incerto passo in avanti, quanto bastava per riuscire a vederlo meglio.
«Non sono venuti per quelle pergamene» continuò il sacerdote.
«E per cosa allora?» chiese il biondo.
Il sacerdote indicò un punto sul pavimento dinanzi a sé.
I due ninja guardarono in quella direzione: delle mattonelle erano state sollevate dal suolo.
«Lì sotto c’era il motivo per cui sono venuti» rispose il vecchio.
Naruto corse verso le mattonelle, poi si avvicinò di più al sacerdote.
«Cosa c’era? Un’altra pergamena?»
Il sacerdote scosse la testa, prima di rispondere: «una mappa.»
Yamato spalancò gli occhi.
È impossibile.
C’era una leggenda su una mappa, custodita in quel tempio: sulla mappa vi era segnato il luogo esatto in cui era nascosta un’arma micidiale e le istruzioni per arrivarci. Solo poche persone, tuttavia, erano in grado di sciogliere i sigilli che la tenevano al sicuro, chiusa.
«Ma non l’hanno trovata,» continuò il vecchio, «qualcuno, prima di loro, è giunto qui, l’altro ieri. Era mascherato, e l’occhio di fuoco aveva. È arrivato in silenzio, così come se n’è andato. Non abbiamo potuto fare niente. Uno dei nostri ragazzi più giovani ha provato a fermarlo» si fermò, sospirando.
«Cosa è successo?» chiese titubante Naruto.
«L’ha ucciso.»

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** 15- Per vendetta ***


 
 
Sasuke era su tutte le furie. Karin gli aveva appena riferito che Suigetsu era tornato a mani vuote.
«Dice che la mappa non c’era» gli comunicò la rossa.
Il ragazzo sbattè forte i pugni sul tavolo, mandandolo quasi in pezzi.
«Come accidenti è possibile?! Una sola cosa doveva fare quel buono a nulla!»
«Sasuke, calmati..» provò Karin.
«Calmarmi? Mi dici come diavolo faccio? Chissà quella mappa in quali mani si trova ora!»
Karin non aveva l’aveva mai visto così fuori di senno.  Un po’ la spaventava, ma più di tutto la situazione la intrigava: Sasuke non le aveva detto cosa indicava la mappa. Voleva scoprirlo a tutti i costi, ma Sasuke era vago e riluttante a concederle qualche risposta.
«Sasuke, ma questa mappa è davvero così importante?» cercò di stuzzicarlo. Forse così sarebbe riuscita a cavargli qualche informazione in più.
Il moro le lanciò uno sguardo di fuoco.
«Quella mappa è di vitale importanza» disse solo.
Karin sbuffò. Niente, non vuole dirmelo.
«E ora torna da quell’incapace, io ho bisogno di pensare» la liquidò in fretta.
La rossa si alzò dal suo posto e lasciò la stanza.
 
Si diresse nella stanza di Suigetsu, dove trovò il ragazzino albino sul proprio letto, con una faccia da funerale.
«Viva la voglia di vivere» lo prese in girò la rossa.
«Non sei spiritosa» rispose lui.
Karin si sedette ai piedi del letto e lo guardò.
«Tu sai cosa c’è in quella mappa?» gli chiese dopo un po’.
Suigetsu la guardò, poi scosse la testa.
«No. Non me l’ha detto» rispose.
La ragazza lo guardò accigliata.
«E non ti interessa neanche un po’ scoprirlo?»
«Perché dovrebbe?» fece l’albino con sufficienza.
«Ma come perché? Se è così importante per Sasuke, vuol dire che porta in un luogo speciale.»
«Be’, oramai non ha più senso scoprirlo: è persa.»
Karin incrociò le braccia. Suigetsu aveva ragione, ma la curiosità non le era passata.
Si aggiustò gli occhiali arriciando il naso, poi puntò un dito contro il ragazzo.
«Io invece intendo scoprirlo.etu mi aiuterai, che ti piaccia o no.»
Suigetsu sospirò rassegnato. Karin avrebbe escogitato un ennesimo piano per cacciarsi nei guai e farsi odiare ancora di più da Sasuke.
 
 
 
«Voglio vedere Sukai.»
L’uomo mascherato rivolse a Kakashi uno sguardo annoiato.
«E a che scopo, di grazia?»
«Lasciamela vedere, e poi scioglierò i sigilli» insistette l’albino.
In realtà stava cercando di guadagnare tempo: sapeva che oramai qualcuno lo stava cercando e sperava di essere trovato in tempo.
Certo sapeva che era una speranza sciocca, dato che il suo carceriere non sembrava affatto uno stupido. Di sicuro quello era un rifugio ben nascosto.
L’uomo, senza dire nulla, si alzò e lasciò la stanza dove Kakashi era legato.
Pochi minuti dopo tornò trascinando la povera Sukai per i capelli e la spinse addosso all’albino.
«Papà!» piangiucolò la bambina, stringendolo forte.
«Piccola mia…» Kakashi voleva abbracciarla, ma le catene gli impedivano di muovere le braccia, per cui cercò di circondarla con le gambe, per quanto poteva.
«Papà ho paura! Chi è quello? E perché siamo qui?» la piccola Sukai tempestò il padre di domande, fra singiozzi e lacrime.
«Che scena pietosa» commentò l’uomo mascherato.
Kakashi baciò la testa di sua figlia e appoggiò la propria fronte alla sua.
«Ascolta: vedrai che andrà tutto bene, devi solo fare la brava. Vedrai che uscirai presto di qui» sussurrò per confortarla.
«E tu? Tu verrai con me?» chiese la bimba con sguardo implorante.
Kakashi esitò. Quelle parole l’avevano colpito dritto al cuore.
In quell’istante si rese conto della gravità effettiva della situazione: molto probabilmente lui sarebbe morto e, anche se l’uomo mascherato aveva promesso di lasciare libera Sukai, non era detto che avrebbe mantenuto la parola. Stava consegnando sua figlia fra le braccia della morte.
«Basta così» fece l’uomo mascherato. Si avvicinò ai due e prese di nuovo Sukai per i capelli per trascinarla via. La povera bambina urlava di dolore.
«Papà!»
Kakashi era furioso. E l’uomo con la maschera lo sapeva. Sapeva riconoscere quando nell’occhio corvino del Copia Ninja balzava un fulmine d’ira.
Da dietro la maschera, sorrise soddisfatto.
«Mantieni la tua parola, e io manterrò la mia» disse, inginochciandosi di fronte a Kakashi.
Kakashi cercò di calmarsi e di pensare lucidamente.
Annuì senza dire nulla e si lasciò liberare i polsi.
«Ricorda che basta un solo passo falso, e tua figlia muore» lo ammonì il suo carceriere.
Kakashi annuì di nuovo.
Si massaggiò i polsi e le spalle dolenti, poi si sedette al tavolo al centro della stanza.
La mappa era davanti a lui. Ora che la guardava meglio, seppe riconoscerla. Lanciò uno sguardo allarmato all’uomo mascherato.
«Non è possibile..» mormorò.
«Vedo che sai di cosa si tratta» fece l’uomo con un ghigno.
«Tu sei pazzo. Cosa credi poter fare? Anche se riuscissi a trovarla, non riusciresti a controllare quell’arma.»
«Chi ha detto che la voglio controllare?» nell’occhio rosso dell’uomo scattò una scintilla di follia.
«Distruggerà tutto..»
Dalla risata crudele dell’uomo, Kakashi comprese che era proprio la sua intenzione.
Doveva fare qualcosa, non poteva lasciare che una tale potenza si scatenasse sui Villaggi.
Le urla di dolore e paura di Sukai, però, gli risuanavano nelle orecchie.
«Perché vuoi farlo?»
«Sai, ho capito che stai cercando di guadagnare tempo, non sono uno stupido,» iniziò l’uomo con un tono talmente ambiguo da inquietare l’albino, «ma non servirà. Non verrà nessuno a prendervi. E se vuoi davvero sapere perché lo faccio, è perché non ho più nulla. Konoha e i suoi abitanti mi hanno tolto tutto quello che avevo. Voglio solo restituire il favore, a cominciare da te, Hatake Kakashi.»



Spazio autrice
Rieccomi. Questa settimana ho avuto diversi impegni, motivo per il quale aggiorno solo ora.
So che questo capitolo è corto, ma mi serviva come ponte per collegare il capitolo precedente a quello successivo.
Detto questo, grazie di aver letto :)
Un abbraccio,


-Drunk on Love-

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2404935