A blogger and his high-functioning sociopathic friend

di Lady Viviana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Passion From a Common Spring ***
Capitolo 2: *** Sherlock's Phone ***
Capitolo 3: *** Peace of mind ***
Capitolo 4: *** Christmas in 221B ***
Capitolo 5: *** Either That Mustache Goes or I Do ***
Capitolo 6: *** Bored Game ***
Capitolo 7: *** Illness Strikes 221B ***
Capitolo 8: *** One Flews Over the Moon’s Nest ***
Capitolo 9: *** Pitch Black ***
Capitolo 10: *** Twelfth Night ***



Capitolo 1
*** Passion From a Common Spring ***


To Adhara.
Che mi ha fatto conoscere Sherlock
 


Passion From a Common Spring
by skywalkor


N.d.t.
Buonasera a tutti :) Eccomi qui con una nuova raccolta dedicata ai nostri due "ragazzi". Originariamente dovevo pubblicarla prima dell'ultimo episodio, ma problemi tecnici hanno allungato i tempi. Niente, mi è sembrato un modo carino per rendere onore a quella vita quotidiana che la serie TV tende a lasciare alla nostra fantasia. E' spoiler-free e dedicata a tutti quelli che stanno fuggendo dagli spoiler della terza stagione e a tutti gli Sherlockian, ancora sconvolti per il Gran Finale e pronti a captare ogni possibile news proveniente dalla BBC :)
Un grazie speciale agli autori originali che mi hanno permesso di realizzarla e a Ragazza di Carta, che ha accettato di leggere per prima il primo racconto :)
Ogni errore, refuso e quant'altro è da attribuirsi a me sola e, se segnalato, verrà corretto al più presto,
Lady Viviana
p.s. link alla storia originale: https://www.fanfiction.net/s/9960053/1/Passions-From-a-Common-Spring
link al profilo dell'autrice originale (skywalkor): https://www.fanfiction.net/u/4555658/skywalkor
 

John
Sherlock
 
“Qual è il nome di tua madre?”
Scusa?
 
John sbatté le palpebre e guardò alla sua sinistra, un’ombra scura sul viso, osservando Sherlock con attenzione. A cosa diavolo stava pensando l’uomo in quel momento?
 
Erano entrambi seduti, vicini sul letto largo un metro e mezzo e John era profondamente immerso in un romanzo che aveva preso prima dalla libreria di Mrs Hudson (la sua era piena di polizieschi e da quando si era trasferito a Baker St aveva praticamente vissuto come se fosse stato protagonista di uno di essi). Era un classico, “Orgoglio e Pregiudizio”,  di Jane Austen.
 
Sherlock invece stava leggendo il giornale locale senza esserne realmente immerso, ma rimanendo comunque calmo. Stranamente. Un cerotto bianco alla nicotina rifletté la luce della lampada quando le dita iniziarono a tamburellare sul suo pigiama blu.
E ora, stava fissando John.
 
“Oh, non essere ridicolo, mi hai capito benissimo. Qual è il nome di tua madre?
Perché vuoi saperlo?
“Perché…  – iniziò Sherlock, prima di fermarsi e schiarirsi la gola per essere certo che John lo stesse ascoltando (cosa che, ovviamente, stava facendo) -  so tutto di tua sorella e della sua fidanzata,  dato che chiaramente sono tornate insieme. So tutto riguardo il loro rapporto con l’alcool e so anche qualcosa di tuo padre e anche del tuo vecchio cane. E lo so perché l’ho osservato, ovviamente. Ma non conosco il nome di tua madre”
 
Il dottore guardò l’amico da sotto gli occhiali, prima di mettere giù il libro e far svanire l’ombra scura che aveva sul volto. Per qualche secondo cadde il silenzio fra loro, cosa che probabilmente infastidì un pochino, anche se non lo diede a vedere.
 
Lydia. Si chiama Lydia” rispose finalmente John, un sorriso storto sul volto.
 
Il volto di Sherlock rimane imperturabile e lui iniziò a mormorare ad alta voce, anche se non abbastanza da permettere a John di sentire esattamente quello che diceva.
“Lydia… Lydia Harriet Watson. Una donna che ama dio: una donna da Lydia”. Sembrava un’enciclopedia.
 
Aspetta, come fai a sapere il suo nome compl- no, aspetta, non voglio sapere…
 
Prendendo in considerazione l’idea di ritorno al suo mondo pieno di feste e alla passione di Mr Darcy, così ben nascosta sotto l’apparenza, John stava per aprire di nuovo il libro, quando gli venne in mente una cosa…
 
Quindi, uhm… qual è il nome di tua madre, Sherlock?
 
Sorpreso, l’uomo alzò lo sguardo,  una ruga fra gli occhi “Non te lo dirò”
 
Ma perché? Tu sai un sacco di cose su di me e sulla mia famiglia… E invece io, so solo di Mycroft e non sono nemmeno sicuro che il Governo Britannico possa essere considerato come famiglia…
 
“Non te lo dirò”
 
Oddio, sembrava un bambino di cinque anni, con quelle sue labbra serrate e quei riccioli neri che andavano da tutte le parti come pianeti che orbitano seguendo la traiettoria sbagliata.
 
D’accordo, d’accordo…
 
John sospirò e si grattò il collo “Ma, uhm, almeno…almeno dimmi… quale è il tuo secondo nome? Il tuo cibo preferito?
L’occhiata che gli fu rivolta non poteva esattamente distinguere come entuasista.
D’accordo, allora…la tua parola preferita?
Immediatamente, nel giro di un secondo, il volto del consulente investigativo  divenne sognante e distante.
Sostantivo, verbo o aggettivo?
“Scegli tu”
 
Ci volle un po’, ma alla fine parlò di nuovo “Obitorio”
John rimase a bocca aperta, “Sei serio?
L’uomo annuì
Ma, per l’amor del cielo, Sherlock…
“E’ quello che mi hai chiesto! Cosa c’è di male nella parola obitorio? Non è per il suo significato!  Sto parlando della parola in sé, dottore. Obitorio. Suona come un terremoto sulla lingua. Prova a dirla e lo sentirai anche tu. O-bi-to-rio.
 
Incerto, provò un paio di volte. E, in tutta sincerità, dovette ammettere che quel pazzo aveva ragione.
Ok, hai vinto
“Eccellente. Come sempre, dottor Watson”
 
John  alzò gli occhi
“E tu?”
La mia parola preferita, intendi?
Sherlock annuì.
 
Non ci mise molto a tirarla fuori. Sapeva a memoria poche parole che aveva memorizzato molto tempo prima, parole che avevano catturato la sua attenzione. “Mi piace la parola polvere, il suo significato o perlomeno quello che io immagino sia. Piccole particelle fatte praticamente di qualsiasi cosa…
 
John si accorse di quanto era stupido non appena lo disse, ma Sherlock non sembrò accorgersene. I suoi occhi erano concentrati sull’amico, cosa che imbarazzava e rendeva leggermente agitato l’ex medico militare.
“A proposito di parole e significati. La tua poesia preferita?”
 
John scosse la testa, gli piacevano Poe e Shakespeare, per non parlare di Emily Dickinson, ma non da sceglierne una precisa.
Vide Sherlock mettersi in posizione semi-sdraiata, le mani dietro la testa come se fosse sdraiato su una spiaggia tropicale in un posto lontanissimo da lì. Gli occhi fissavano il soffitto, concentrati su qualcosa che non esisteva, o perlomeno su qualcosa che non era racchiuso all’interno delle mura dell’appartamento.
 
Aprì la bocca e poi la richiuse, per riaprirla nuovamente. Poi con voce baritonale disse:
Fanciullo, io già non ero/ come gli altri erano, né vedevo/come gli altri vedevano. Mai
derivai/ da una comune fonte le mie passioni
 
John sentì qualcosa colpire il suo cuore, ne era certo. Non aveva idea di cosa fosse, ma nel sentire la profonda voce di Sherlock recitare quelle parole così belle, aveva iniziato a sentire come un calore che si irraggiava da qualche parte profonda dentro di lui… Era come se potesse sentirle. Sentire le parole nel’aria, sentire il loro profumo e il loro tocco sulla pelle.
Ma erano soltanto parole.
 
“Edgar Allan Poe”
L’uomo dietro di lui annuì. “Si chiama Alone*. E’ del 1829”
Uhm, dovresti..uhm dovresti leggere poesie più spesso. Intendo, ad alta voce. La tua voce è davvero eccezionale
“Grazie, John”
 
Stettero in silenzio per un po’. John iniziò lentamente a sentire che le palpebre diventano sempre più pesanti e la sua vista sempre più sfuocato. Prima di addormentarsi, avrebbe dovuto mettere da parte quel dannato romanzo che aveva preso in prestito, ma era semplicemente troppo stanco per farlo. E così esso finì per cadere per terra con un leggero tonfo.
Riposti gli occhiali sul comodino, John si allungò per spegnere la luce e, non appena lo fece, si mise nella posizione giusta e inerme affondò il viso nel cuscino.
Era difficile rilassarsi. Le parole di Sherlock continuavano a risuonargli nella stessa, ancora e ancora…
 
Improvvisamente, fu rotto di nuovo il silenzio, ma questa volta fu Sherlock a farlo.
Si fece più vicino, più di quanto avesse fatto prima e ora i due stavano sdraiato uno accanto all’altro – John dalla sua parte, rivolto verso Sherlock e quest’ultimo supino, gli occhi chiusi e le mani unite insieme sotto il mento. Come sempre. Sembrava che stesse pregando – ma sapeva che Sherlock Holmes riteneva la preghiera inutile e buffa.
 
Ancora leggermente sorpreso, John vide il suo coinquilino aprì la bocca e parlare con la sua voce profonda
“Un amore travolgente, mio caro John/ Ma oh, così dolce e profondo/ stasera fluirà dalla voce del tuo amato/ E la tua anima, non abbastanza sveglia, identificherà/ le mie parole come la musica di un sogno”**
 
*Ha cambiato il nome da Adeline al…mio? Mio caro John*
 
John ora era quasi sveglio e lasciò che la sua mano si spostasse dal suo fianco fino a Sherlock e che le dita accarezzassero lentamente il tessuto sottile della sua giacca del pigiama.
 
“I nostri pensieri, le nostre anime – O Dio che stai nel cielo/ si mescolano in ogni azione, amore”
 
La voce di Sherlock era diventata più roca, segno che era stanco. Ma rimanevano comunque i più bei versi che John avesse mai sentito leggere in vita sua.
 
“Buonanotte, John”, sussurò la voce.
 
John sorrise, “Buonanotte, Sherlock”.

 
*La poesia, come ha detto Sherlock, si chiama “Alone” ed è stata scritta da Edgar Allan Poe nel 1829. La traduzione è stata presa da questo sito http://www.ateneonline-aol.it/poesia19.php
 “From childhood's hour I have not been / As others were; I have not seen / As others saw; I could not bring / My passions from a common spring”
 
**La seconda poesia, invece, è “Serenade”, sempre di Edgar Allan Poe. La traduzione l’ho fatta io, non avendola trovata in internet. Se ne avete sottomano una originale, mandatemela pure via recensione :)
 “Enthralling love, my dear John / But list, O list,- so soft and low / Thy lover's voice tonight shall flow / That, scarce awake, thy soul shall deem / My words the music of a dream"
Our thoughts, our souls- O God above / In every deed shall mingle, love”

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Capitolo 2
*** Sherlock's Phone ***


Sherlock’s Phone
by Dante Pierre



Link alla storia originale: https://www.fanfiction.net/s/9996351/1/Sherlock-s-Phone
Link al profilo degli autori originali (Dante Pierre): https://www.fanfiction.net/u/5127258/Dante-Pierre
 

John
Sherlock
 

Sherlock Holmes non era di buon umore, anzi, era di pessimo umore perché  era il sesto giorno di fila senza un vero e proprio caso ed era annoiato!
 
Ring! Ring! Ring! Il telefono squillò.
“John!”
 
Ring! Ring! Ring!  Dov’era John quando aveva bisogno di lui?
 
Cosa vuoi, Sherlock? Sono in bagno!” John era lì: meraviglioso!
“Rispondi al telefono!”
 
Ring! Ring! Ring!
Non posso!” Sherlock alzò gli occhi. Povero piccolo John con il suo tempismo.
 
Ring! Ring! Ring! Quel maledetto telefono continuava a suonare. Infine smise di squillare e Sherlock sospirò, tornando a pensare a quanto fosse annoiato.
 
 Ring! Ring! Ring! Oh, fantastico, adesso era il suo cellulare a infastidirlo.
 
Ring! Ring! Ring! Sherlock! Stupido pigro! Rispondi al telefono!
 
“John! Il mio telefono sta suonando!”
 
Lo so! Rispondi!” urlò John, entrando nella stanza.
 
“Fallo tu per me”
 
Cosa?!?
 
Ring! Ring! Ring!
 
Perché? Dov’è?
 
“In tasca”
 
Quale tasca?!?
 
Ring! Ring! Ring!
 
“La tasca dei pantaloni, ovviamente”
 
Stai scherzando, vero?
 
Ring! Ring! Ring! John non ottenne risposta.
 
Bene. Maledizione, le cose che non faccio per te” John si avvicinò al fagotto sul divano chiamato Sherlock. Guardandolo, infilò una mano nella tasca sinistra dei pantaloni di quest’ultimo, ma non fu fortunato. Provò l’altra, ma il telefono non era nemmeno lì. Dannazione!
 
Ring! Ring! Ring!
 
“Sbrigati, John!”
 
E’ quello che sto facendo! Dov’è il telefono?
 
“Nella tasca dei pantaloni, quante volte devo dirtelo?”
 
Non c’è
 
“Certo che non c’è, è nella tasca posteriore!”
 
Ring! Ring! Ring!
 
Non è così scontato per me!
 
“Idiota”. John sospirò. Oh, non era pagato abbastanza per il fatto di prendersi cura di Sherlock!  Maledizione, a dire il vero non lo pagavano affatto! Avrebbe dovuto parlarne con Lestrade più tardi.
 
Ring! Ring! Ring! Quel maledetto telefono continuava a squillare! John sollevò leggermente Sherlock con una mano e infilò l’altra nella tasca posteriore di destra dei suoi pantaloni.  E tirò fuori il telefono.
 
Ring! Ring! Ring! Sherlock tese la mano, in attesa e John vi appoggiò il telefono.
 
La prossima volta puoi prendertelo da solo quel maledetto telefono!
 
“Mycroft, cosa vuoi?” Si sentì mormorare dall’altro capo della linea.
“Era in tasca. Ora dimmi cosa vuoi e fai in fretta che sto lavorando a un caso” John sospirò, avrebbe anche dovuto fare un discorsetto con Sherlock riguardò al mentire, più tardi.
 
Altri mormorii.
 
“No! Non lo farò!” Sherlock stava praticamente urlando.
“Ciao, Mycroft” e dopo queste ultime parole, Sherlock gettò il telefono sul divano accanto a sé.
 
Cosa voleva tuo fratello?
 
“Voleva che lo incontrassi più tardi per prendere una fetta di torta insieme”
 
Ah
 
“John?”
 
Sì?
 
“Rimetti a posto il mio telefono”.

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Capitolo 3
*** Peace of mind ***


Peace of mind
by fondekit606

 
 
Link alla storia originale: https://www.fanfiction.net/s/9999539/1/peace-of-mind
Link al profilo dell'autrice originale (fondekit606): https://www.fanfiction.net/u/5107258/fondekit606
 

Set after “A study in pink” (1x01)
 
Sherlock stava pensando e i pensieri si agitavano nella sua mente perennemente occupata.  Immaginò avessero bisogno di una via d’uscita e così prese il suo violino silenzioso e costrinse la melodia a parlare per lui.
 
Era quasi arrivato al momento culminante della sinfonia, quando il ben noto bussare furioso arrivò dall’altro lato della porta. In ogni caso, un artista non si ferma mai prima della fine del pezzo e Sherlock era abbastanza esperto in quel genere di arte.
 
La voce furiosa di Watson giungeva attutita dall’altra parte della porta, poi divenne  un pochino più flebile ed infine si zittì del tutto.
 
Sherlock immaginò che quella notte Watson fosse troppo stanco per le loro solite discussioni. Dopotutto, erano le 3 del mattino. Si figurò l’ex soldato con la testa appoggiata alla porta, in attesa che quella che qualche volta chiamava “agonia” finisse.
 
*Ci siamo quasi* pensò Sherlock, mentre suonava la nota finale. Finì il suo pezzo con l’eleganza di un musicista esperto e poi s’inchinò per gli applausi che risuonavano nella sua testa.
 
Posò pigramente il violino sul divano e andò ad aprire la porta. Quando lo fece, un John addormentato gli cadde addosso, fino ad appoggiare la testa sul suo petto.
 
Sherlock si bloccò per quel contatto e il suo ronzante cervello, per una volta, rimase in silenzio.
 
Notò alcuni piccoli dettagli, come gli capitava sempre, i suoi erano gli occhi maledetti di un detective che riesce a cogliere piccoli dettagli, che poi spedivano come una palla curva nell’emisfero sinistro del suo cervello per farli analizzare.
 
Era consapevole del proprio cuore, che pompava un paio di volte al minuto, del respiro che d’un tratto era sfuggito dalle sue labbra e delle sue mani, che sembravano fremere per l’energia che stava attraversando le sue dita impazienti.
 
E, poi, la sua attenzione si spostò su di lui. Notò il respiro leggero che usciva dalle sue labbra, il modo in cui la sua testa sembrava incastrarsi perfettamente nello spazio vuoto fra l’orecchio e la spalla e i suoi capelli che, da dove si trovava, sembravano uguali alle onde del mare.
 
Puoi smettere con queste sciocchezze, ora, per favore?” la voce vibrante  di John gli arrivò attraverso la camicia.
“Huh?” fu la risposta intelligente che venne da Sherlock. Fu soltanto quando John spostò la testa per poterlo guardare dritto negli occhi che l’uomo ritornò alla realtà.
 
Il momento passò e i pensieri, prima congelati, ritornarono alla loro solita vitalità, come se avessero combattuto nella sua testa per chiedere la sua attenzione.
 
Watson con aria stanca gli diede una pacca sulla spalla,  ignaro dell’effetto-farfalla che si era appena scatenato, e risalì le scale diretto nella sua stanza.
 
Sherlock ci mise un intero secondo, mentre fissava la figura che, lentamente, si ritirava, per realizzare quell’uomo era l’unico che riusciva a dargli un emozionante momento di pace.

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Capitolo 4
*** Christmas in 221B ***


Christmas in 221B
by stargaza


 
 
Link alla storia originale: https://www.fanfiction.net/s/9957692/1/Christmas-in-221B
Link al profilo dell'autrice originale (stargaza): https://www.fanfiction.net/u/3577032/stargaza
 

John
Sherlock
 
“Jooooooooooooohnnnnnnn…” gemette Sherlock dal divano, con ancora addosso il pigiama e la vestaglia, nonostante non avesse dormito “Dobbiamo proprio partecipare a queste feste insignificanti?” John sospirò e mise nelle mani del detective una tazza di thè forte. “Sì, Sherlock, è una tradizione festeggiare il Natale. Inoltre stanno arrivando tutti dal Yard, dopotutto è pur sempre la nascita di Gesù…” “Beh, tecnicamente Gesù è nato…” Ma John ignorò il resto della lunghissima spiegazione decise di accendere il computer, per mandare l’invito per quella sera a chiunque fosse in grado di sopportare l’atteggiamento di Sherlock.
 
“Seriamente, John, chi vuoi che verrà…non piaccio a nessuno…” disse Sherlock con nonchalance, ma John percepì una leggera (anche se quasi insistente) amarezza e della tristezza nella sua voce. Sospirò e controllò il suo computer “Lestrade e Molly hanno già accettato l’invito e ci sarà anche Mrs Hudson
 
“Sì, ma tutti loro mi sopportano, non c’è differenza…” la sua voce si affievolì e John improvvisamente capì cosa voleva, a cosa stava puntando Sherlock “Tu…tu vuoi irene qui, vero? Lei ti piace”. Il viso di Sherlock divenne bianco come la neve “No – digrignò i denti – Sì, sì, fallo”, ma John se ne tirò fuori “No. Non lo farò”. Sherlock allora si alzò e velocemente, barcollando, lasciò la stanza.
 
Sospirò, poi sorrise. Era una distrazione perfetta per trovare il regalo per Sherlock nel caos che era la stanza di John.
 


 John stava dando gli ultimi ritocchi alla mensola del caminetto (qualche lucina colorata), quando ritornò Sherlock, indossando la camicia viola e i pantaloni neri,  i capelli leggermente schiacciati. “Hey, ho qualcosa per te” John stava per prendere qualcosa, quando Sherlock replicò “Anch’io”.
 
Oh”.  John era sorpreso: non avrebbe mai creduto che Sherlock gli avesse preso qualcosa.
Sherlock mise qualcosa nella mano di John e la chiuse e, quando questi la aprì, sorrise: si trattava di una lente d’ingrandimento richiudibile, uguale a quella di Sherlock. John gli sorrise “Wow, Sherlock….grazie mille
 
“Le tue capacità deduttive sono migliorate notevolmente – disse, esitante – e sentivo che era necessario che avessi anche tu una lente d’ingrandimento”. John mise giù il piccolo rettangolino e premette la scatola che aveva in meno contro il petto di Sherlock finchè questi non la prese. “Spero ti piaccia….è stata una scelta dell’ultimo minuto. Il tuo regalo è difficile da battere….”. John si grattò dietro la testa, mentre Sherlock, con un’eleganza prima sconosciuta, tolse delicatamente la carta che ricopriva la scatola e, nel sollevare il coperchio, sussultò: era una nuova sciarpa, di uno splendido blu scuro. John lo guardò, in attesa di vedere una qualche reazione sul suo volto. Il più piccolo dei sorrisi toccò le labbra di Sherlock “John, io….io non so cosa dire. Nessuno aveva mai…” John poteva giurare di aver visto un luccichio negli occhi di Sherlock che presagiva delle lacrime, prima che tirasse su con il naso e tornasse lo stesso di sempre “Grazie mille, finisco qui, se vuoi andare a prepararti”
 
Ummmm, sicuramente, Sherlock”. John lasciò la stanza, ma rimase nel corridoio per qualche minuto. Sherlock tirò su con il naso ancora una volta e si strinse la sciarpa al petto, sorridendo come un bambino. John non l’aveva mai visto così felice e, mentre andava a prepararsi, capì che niente avrebbe potuto rovinare quella serata.

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Capitolo 5
*** Either That Mustache Goes or I Do ***


Either That Mustache Goes or I Do
by WinterSky101


N.d.t.
Buonasera a tutti :)
Solo una piccola parentesi prima di lasciarvi alla storia per ringraziare tutti quelli che leggono, ma soprattutto recensiscono (grazie GoP xD), hanno messo nelle seguite, nelle preferite o nelle ricordate. You made my day! :)
Lady Viviana

p.s. Link alla storia originale: https://www.fanfiction.net/s/9927709/1/Either-That-Mustache-Goes-or-I-Do
Link al profilo dell'autrice originale (WinterSky101): https://www.fanfiction.net/u/1956189/WinterSky101
 

John
Sherlock
Mary
 

E’ la notte prima del matrimonio di John e questi sta per avere un esaurimento nervoso
“Calmati!” disse Sherlock dall’altra parte della stanza, il tono troppo calmo per quella situazione.
Come posso calmarmi?” chiese John, il tono di voce leggermente isterico “Domani mi sposo, Sherlock. Non ce la faccio a stare calmo
“Se hai soltanto intenzione di camminare per tutto l’appartamento, forse dovresti fare qualcosa di produttivo”, suggerì Sherlock e John rispose con un suono frustrato.
 
Perché mi sono trasferito qui con te?
“Non preoccuparti, fra pochi giorni andrai a vivere con Mary” rispose Sherlock sprezzante. Suonava petulante, però e così John sospirò.
Non ti sto abbandonando, Sherlock
“Non ho detto questo” replicò Sherlock e John alzò gli occhi.
Mi sto solo sposando – per poi ripeterlo nuovamente – Mi sto soltanto sposando. Mio, dio, Sherlock, mi sto sposando!
“Sì, ti stai sposando – rispose Sherlock, apparentemente disinteressato della cosa – Lo stai programmando da mesi. Non puoi certo dimenticartelo”
Ma, Sherlock! – scattò John – Quel momento sta arrivando! Prestissimo!
“Sì e lo sai da un po’. Spero che tu non te ne sia reso conto adesso”
SHERLOCK!!!“ scattò di nuovo John, quasi urlando
“Sì?” rispose l’altro pigramente
Domani mi sposerò, è perfettamente normale essere preoccupati e se tu fossi un pochino più d’aiuto, sarebbe meraviglioso!
Sherlock sospirò “La normalità è noiosa. Ma, se proprio insisti, esattamente in che modo posso esserti d’aiuto?”
Non lo so! – scattò su John – Dimmi che andrà tutto bene, che Mary mi ama e che non c’è di nulla di cui preoccuparsi”.
“Beh, ti sei appena detto tutto da solo. Perché dovrei dirtele di nuovo io?” chiese Sherlock.
Dannazione, Sherlock!” John ora stava quasi urlando, ma Sherlock si limitò a reagire alzando un sopracciglio.
“Molto bene. John, sei un’idiota: a Mary importa di te. Posso dirti come faccio a saperlo, ma non sono sicuro che saresti in grado di capirlo. Dovresti preoccuparti di cose come la tua vita matrimoniale e fare cose terribilmente banali come avere figli, non di Mary che ti lascia o di altre cose brutte che potrebbero accadere al tuo matrimonio. Avrai lì anche un ispettore di Scotland Yard: Lestrade non permetterà che accada nulla”.
Era… - John scosse la testa – era sorprendentemente confortante. Um, grazie, Sherlock
“Smetti di balbettare, ora?” chiese Sherlock e John alzò gli occhi.
Sei ridicolo
“Lo prenderò come un sì – replicò – Bene. Sto cercando di fare qualcosa qui”.
Voglio saperlo?” chiese John e Sherlock aprì la bocca per rispondere, ma, prima che potesse farlo, questi scosse la testa “Ho deciso che non voglio saperlo. Non dirmelo
“Noioso” mormorò Sherlock e l’altro alzò ancora una volta gli occhi.
Sei pazzo
“Probabile – replicò tranquillamente Sherlock – ma almeno sono interessante”. John alzò di nuovo gli occhi “Non puoi negare che lo sono” disse Sherlock petulante.
No, sicuramente no” sospirò John, alzandosi dalla poltrona
“Hai intenzione di tagliarti quei baffi?” chiese Sherlock, quasi speranzoso e l’altro sospirò.
Mi piacciono i baffi
“Sei l’unico” mormorò Sherlock e John alzò gli occhi.
Non è vero!
“A Mary non piacciono”
Ora vuoi solo darmi torto” lo accusò.
“Beh, sì, lo faccio spesso – replicò Sherlock, imperturbabile – Ma è comunque la verità. A Mary non piaccio i tuoi baffi”
Smetti subito di essere ridicolo
“Una cosa come questa potrebbe distruggere un matrimonio”
E’ questo che vuoi?
Sherlock rivolse a John un’occhiata terribile “I tuoi baffi sono orribili”
Zitto!” brontolò Jo” Johnhn e Sherlock alzò gli occhi.
“E’ così!”
Me ne vado” John uscì dalla stanza sbattendo i piedi e sulle labbra di Sherlock si dipinse un lieve sorriso. Lasciò l’esperimento per un attimo – che, a essere sinceri, non era così interessante – e andò a preparare una tazza di thè per John.
 
Quando la teiera fischiò, Sherlock riempì una tazza per John, ci mise qualcosa e la portò in camera del suo amico.
“John?” disse, senza bussare prima di entrare nella stanza. John era in pigiama, seduto alla scrivania.
Cosa c’è, Sherlock? – chiese John, distrattamente – Dovrei andare a dormire, sarà un grande giorno, domani
“Ecco qui un po’ di thè” e Sherlock lo tese come un’offerta di pace. John  lo guardò per un attimo “Ti sposerai domani – aggiunse l’altro – E poi traslocherai. Ho pensato di farti una tazza di thè per la nostra ultima sera come coinquilini”
Oh, grazie”. John prese la tazza e la sorseggiando con cautela “Wow. E’ veramente buono”. Sherlock  sollevò un sopracciglio. “Senza offesa”, si affrettò ad aggiungere John e l’altro alzò gli occhi.
“Io sono di sotto” disse, mentre lasciava la stanza. John tornò a qualsiasi cosa stesse facendo seduto alla scrivania e Sherlock riprese il suo esperimento.
 
Circa mezz’ora dopo, Sherlock tornò di sopra. John era accasciato sulla scrivania, completamente addormentato e Sherlock lo sollevò e lo mise sul letto. Non era tanto stupito della cosa.
E, sorridendo leggermente, si mise al lavoro.
 


Sherlock!”  John quasi gridò quando, la mattina dopo, si vede riflesso nello specchio “Sherlock, cosa diavolo hai fatto ai miei baffi?!?
“Non so di cosa stai parlando” rispose Sherlock con disinvoltura, infilandosi la giacca nuova.
I miei baffi non ci sono più”, ringhiò l’altro.
“Devono essersene andati via stanotte” replicò innocentemente Sherlock e John gli lanciò un’occhiata omicida.
Dannazione, Sherlock-” ma fu interrotto da qualcuno che bussava alla porta e scese per aprire, ancora fumante.
 
Ciao, carissimo” disse Mary, non appena John aprì la porta, mentre Sherlock indugiava dietro di lui.
Oh. Ciao, Mary
Hai tagliato i baffi!” disse Mary, sorpresa.
Beh, a dire la verità-“ iniziò John, lanciando un’occhiata a Sherlock.
Stai meglio senza” lo interrupe Mary e John si fermò a metà frase “Senza offesa, ma non mi sono mai piaciuti
 
Sherlock lanciò a John uno sguardo compiaciuto e ritornò nella sua stanza per finire di prepararsi.
Aveva sempre saputo che quei baffi non piacevano a nessuno.

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Capitolo 6
*** Bored Game ***


Bored Game
by Breeze Jay
 

Link alla storia originale: https://www.fanfiction.net/s/9930819/1/Bored-Game
Link al profilo dell'autore originale (Breeze Jay): https://www.fanfiction.net/u/3393892/Breeze-Jay
 

John
Sherlock

 
“John, sono annoiato!” strillò Sherlock per la trentesima volta, seduto a gambe incrociata sulla sua poltrona di fianco al camino, mentre John era in cucina a preparare del thè per sé e per Sherlock.
 
Fai un giro su e giù per la strada o qualcos’altro” replicò John, frustrato al consulente investigativo “O, ancora meglio, pulisci quel casino che hai fatto sul tavolo da pranzo!” e lanciò uno sguardo al tavolo, disseminato di materiali da laboratorio e vari barattoli contenti parti umane. Ne prese una, che conteneva una sostanza verde, viscida e appiccicosa “Cos’è questo, muco di cammello?!?
“A dire il vero è di alpaca*”. John fece un salto quando sentì la voce di Sherlock dietro di sé “E ti sarei grato se non mettessi mano ai miei esperimenti”
John alzò gli occhi irritato e rimise il barattolo sul tavolo. Tipico di Sherlock, fare strani esperimenti senza una ragione precisa.
 
“Tornando al problema, non penso che sia una soluzione uscire esclusivamente per combattere la noia, oltre al fatto che, probabilmente, non avrebbe funzionato. E non posso pulire il tavolo perché i miei esperimenti devono stare lì, altrimenti, spostandoli, si potrebbero rovinare”
John sospirò “Perché non facciamo a un gioco da tavolo, invece?
Sherlock guardò John con uno sguardo assente “Un gioco da tavolo? Non ho mai fatto un gioco da tavolo. E’ qualcosa che fai quando sei annoiato? Suppongo che il titolo suggerisca questo, ho ragione?”
John quasi scoppiò a ridere “Non a-n-n-o-i-a-t-o, d-a-t-a-v-o-l-o **, perché si gioca su un tavolo – spiegò -  in ogni caso, se non ci hai mai giocato, probabilmente significa che non ne hai
“Beh, potremmo comprarne uno! Ci sono negozi che lo vendono da queste parti?”
John questa volta rise davvero “Sono sicuro che ne troveremo uno ovunque
Sherlock sogghignò “Eccellente”

 
* citando Wiki (http://it.wikipedia.org/wiki/Alpaca ), l’alpaca è un mammifero della famiglia dei camelidi (la stessa di cammello e dromedario), utile principalmente per la lana
** Il gioco di parole, intraducibile in italiano, è fra “bored” e “board”

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Capitolo 7
*** Illness Strikes 221B ***


Illness Strikes at 221B
by Witty Maid

 
Link alla storia originale: https://www.fanfiction.net/s/10035498/1/Illness-Strikes-221B
Link al profilo dell'autrice originale (Witty Maid): https://www.fanfiction.net/u/5467143/Witty-Maid
 

John
Sherlock
Lestrade

 
Sherlock
 
Quella mattina Sherlock si sentiva a pezzi. Aveva freddo, anche se di solito era abituato a quella temperatura e la testa gli pulsava (e non a causa del suo cervello perennemente attivo) e ogni cosa gli sembrava soltanto una distrazione. Si sdraiò sul divano, provando ad associarlo al fatto che era stato sveglio tutta la notte. Sherlock scosse la testa: era ridicolo, non gli era mai capitato prima. Gemette e iniziò a singhiozzare: si era reso conto di essere malato.
 
“John!” chiamò debolmente, afferrandosi la fronte pulsante. John arrivò e vide che era più pallido del solito
Cosa c’è, Sherlock?
 
Sherlock, con rabbia, si buttò giù dal divano e fissò l’altro che, a bocca aperta, fece un passo indietro. Poi, Sherlock sentì il sangue che scorreva troppo in fretta nelle sue vene e si rimise sdraiato.
Lo so, sei malato. Ho appena detto a Lestrade che oggi non lo potrai aiutare con i casi” disse John.
 
Sherlock rise e si alzò dal divano, improvvisamente così confortevole “No, andrò. E’ soltanto un po’ di – provò a improvvisare – stanchezza. Mancanza di sonno”
Sherlock, tu non sei mai stanco” disse John e l’altro mormorò qualcosa senza senso, mentre si metteva il cappotto e la sciarpa. Anche con quelli, continuava ad avere freddo, nonostante fosse ancora all’interno dell’appartamento.
 
Quando raggiunse la scena del crimine stava diluviando. Lestrade arrivò, vide che Sherlock si appoggiava leggermente a John per stare in piedi e iniziò a ridere “E questo cosa significa?
“Sto male – inizò Sherlock – non hai mai visto nessuno ammalato, prima?”
 
Prima che potesse mettere piede sulla scena del crimine, Lestrade spinse indietro Sherlock e questi, che normalmente è più forte di quanto appaia, indietreggiò e starnutì “Yeah, mi dispiace, Sherlock, ma non voglio che la tua influenza contamini la scena del crimine
“Stai scherzando? Perché?” chiese Sherlock
Forse dovremmo andare” sussurrò John, trascinando l’altro verso il taxi che era ancora lì ad aspettarli.
 
Tornati al 221B, Sherlock fece qualcosa che difficilmente accadeva raramente. Dormì  senza lamentarsi.
 

 
John
 
Alla fine della giornata, John era esausto. La mattina aveva lavorato con Sarah all’ambulatorio e nel pomeriggio aveva aiutato Sherlock con un caso difficile che gli aveva preso quasi una settimana. Quando finì di aggiornare il suo blog, la testa iniziò a martellargli; si sfregò gli occhi e la testa e chiuse lo schermo del computer. Dopo, ci appoggiò sopra la testa, mormorando “Solo cinque minuti” e si addormentò immediatamente.
 
La mattina dopo, Sherlock vide John addormentato vicino al computer, ma, invece di svegliarlo, come avrebbe fatto una persona normale (e nessuno avrebbe descritto Sherlock come “normale”), si mise a studiarlo. Dopo che notò il suo colorito cereo, gli misurò la temperatura: era abbastanza alta per dire che John aveva la febbre. Pensò che sarebbe stato divertente curarlo, così prese un campione di DNA e uno di sangue di John e alcune medicine trovate nella dispensa e si mise al lavoro. Mescolandoli, creò la medicina e cercò negli armadietti un flacone da utilizzare. Quando lo trovò, svuotò il suo contenuto nel lavandino, ci mise la “medicina” per John e lo svegliò.
 
John si alzò lentamente, rabbrividì, gemette e aprì gli occhi. Sembrava che la sua testa fosse costantemente colpita con una pietra, aveva il naso chiuso e non riusciva a respirare e gli sembrava che il tavolo fosse un soffice cuscino. *Devo stare davvero male*, pensò.
Il suo stomaco si agitò e iniziò a sentire la nausea: afferrò il cestino più vicino e vomitò.
Sherlock era ancora lì con un sorriso sul volto “Cosa c’è, Sherlock?” disse John,  alzandosi.
“Ho notato che non stavi bene”
E?
“Ero già sveglio, così ho deciso di lasciarti dormire. Nel frattempo, ho preparato una medicina apposta per te” e sorrise, consegnando la medicina a John che sospirò e prese la bottiglietta. Non si sentiva bene e voleva soltanto sdraiarsi e dimenticare di dover prendere qualche medicina. Dopo aver bevuto quel liquido sgradevole, tossì.
E’ terribile!
“Ti senti meglio?” chiese Sherlock
NO!” urlò l’altro, lasciando la stanza.
“Aspetta e vedrai” ridacchiò Sherlock.
 
Nel corso della giornata, John iniziò a sentirsi meglio; la sera, si sentì molto meglio: era come se non fosse più malato.  Vide Sherlock che cercava il suo computer, ma non ci fece caso
Come funzionava la medicina?
“Affascinante”
“Vedi che te l’avevo detto?”
Grazie” poi realizzò che Sherlock stava usando il suo computer “Hey!
“Sì?” chiese Sherlock, fissandolo e staccando gli occhi dallo schermo
Per cosa stai usando il mio computer?
“Ero annoiato, così ho deciso di leggere le tue mail”

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Capitolo 8
*** One Flews Over the Moon’s Nest ***


One Flews Over the Moon’s Nest
by Servant of Fire

 
 
Link alla storia originale: https://www.fanfiction.net/s/9998224/1/One-Flew-Over-the-Moon-s-Nest
Link al profilo dell'autore originale (Servant of Fire): https://www.fanfiction.net/u/5403233/Servant-of-Fire
 

John
Sherlock
Mrs. Hudson
 

C’è sempre, in realtà, un momento in cui qualcuno si guarda indietro e dice “E’ in quel momento che è iniziato il litigio?”
Con Sherlock e John questo è impossibile.
 
Litigavano sempre  – secondo il nostro imparziale punto di vista – per cose stupide.
 
E’ un chiaro segno di affetto quando due persone posso essere in disaccordo così spesso e continuano a vivere sotto lo stesso tetto, in una specie di tregua. In questo senso, i due, col tempo, sono diventati più simili a due fratelli che a due amici.
Una sera in particolare, in questo momento, ci ritorna in mente.
 
Sherlock era annoiato. Aveva appena risolto 15 piccoli casi nelle ultime 72 ore e sì, era già annoiato.
Leggi un libro. Possibilmente su qualcosa che non conosci già” aveva scherzato John, senza nemmeno girarsi, appollaiato sul divano a vedere le repliche di Doctor Who.
 
“Parli come se la lista di cose fosse piuttosto lunga” lo schernì Sherlock, come se l’idea che non sapesse qualcosa fosse assurda.
 
Il programma che stava guardando diede a John un’idea. Forse non era giusto lanciare frecciatine a Sherlock dato che stava già così, ora che il suo divertimento per un “caso folle” – come John l’aveva affettuosamente chiamato – stava scemando, esausto per averlo aiutato negli ultimi tre e qualcosa giorni, ma era di umore dispettoso.
 
Lo so, perché non leggi un libro sullo spazio e su come funziona? Inizia con quello scritto per i ragazzi e poi vai avanti, dal momento che non sai nulla sul sistema solare!
 
Nel frattempo, in televisione, l’amato comandante alieno “Strax” stava di nuovo maledicendo la luna.
Prendendo spunto dalle parole dell’alieno appena udite, Sherlock prese il suo onnipresente violino e mormorò:
“C’è solo una cosa che mi sono preso la briga di studiare riguardo allo spazio ed è la Luna, grazie mille Strax. Mi interessava vedere se influenzava la mentalità dei criminali in questione e quindi se le eclissi lunari possono far aumentare il tasso di criminalità”
“E quindi per incrementare gli affari e questo è il jingle che sono SICURO hai scritto per questo!” John rise silenziosamente “Ed eccolo qui – guardò l’orologio – Ora…”
 
Fammi volare fin sulla luna,ho sentito che c’è omicidio sulle stelle, lasciami risolvere questi crimini su Marte e su Giove. Il cielo è pieno di corpi, ecco perché gli asteroidi si scontrano e bruciano, il mondo è così pieno di pazzi, perché lo spazio non può aspettare il suo turno!
 
John fu così sorpreso dal jingle che fermò il suo programma e si girò di 180°, guardando Sherlock come se fosse appena atterrato, parlando di diavoli, da Nettuno.
Sherlock era ignaro di lui, dopo essersi perso nel suo “jingle”. Ma, dopo un minuto, alzò lo sguardo e la musica di interruppe di colpo e il violino produsse quel suono usato nei film e nei programmi in televisione, se capisci cosa intendo…
 
“Per che cos’è quella faccia?”
John sbatté di nuovo le palpebre “Queste non sono le parole della canzone!
“Tu conosci Fly Me To The Moon, il resto è irrilevante” gridò Sherlock, puntando contro di lui l’archetto, come se fosse stato una spada.
Non…puoi….giocare con canzoni classiche come quella…
“Posso fare quello che mi pare, questa è casa mia…”
Casa tua? Vorresti dire casa NOSTRA? E, comunque, è un appartamento, signor  sono-un-genio-che-non-sbaglia-mai!
 
Cari lettori, se io, osservandoli dall’esterno, volassi  sul loro muro e avessi i mezzi per farlo, punterei su di loro il mio telecomando celeste, come nel film “Click” con Adam Sandler*, e li bloccherei in questo esatto istante e direi, signore e signori, che sì, è questo il momento in cui il litigio è iniziato.
 
Litigio stupido? Oh, sì, molto stupido.
 
Vi siete divertiti, finora? Mi vergogno a dirlo, ma per me è stato così. Come osservare come il viso di alabastro di Sherlock si sia improvvisamente trasformato nella polpa dell’ananas, disgustato all’idea che la sua genialità fosse messa in discussione. E i capelli di John, dritti come la cresta impazzita di un gallo. Entrambi, improvvisamente, iniziarono a battibeccare in modo maniacale su solo Dio sa cosa.
 
E litigarono finchè Mrs. Hudson non fu così irritata da, meraviglia delle meraviglie, entrare nella stanza, prendere la pistola di John dal tavolo e sparare alla faccia sulla parete, mancandola, colpendo quasi il teschio, ma creando un punto a caso nel muro, una sorta di naso, a solo un metro circa di distanza dal punto in cui avrebbe dovuto essere.
 
Sherlock e John si bloccarono e poi si mossero, silenziosi, con la bocca spalancata, come mimi, guardando nella sua direzione.
Ragazzi…” disse nella sua solita voce dolce, da nonna, rimettendo la pistola dove l’aveva trovata e togliendosi la polvere di dosso.
Se volete continuare a litigare in questo modo, andatevene e compratevi una villetta**, perché gli appartamenti hanno vicini, molto vicini, che possono sentire e questo è venuto fuori dal VOSTRO appartamenti, giovanotti  - indicò Sherlock – Perché diavolo mi stai fissando, con i capelli come la coda di un pavone, costringendomi a fare questo!
Sorrise, dolce come sempre e scomparve.
 
Un lungo silenzio, come quello del Caos prima della Creazione, calò sull’appartamento.
John e Sherlock chiusero gli occhi per la completa assurdità di quello che era appena successo. E poi, osando girarsi l’uno verso l’altro, ciascuno iniziò ad aprire, molto attentamente, l’occhio simmetrico rispetto all’altro e si guardarono di traverso.
“John – iniziò Sherlock, sconvolto – Mrs Hudson…abbiamo visto, abbiamo ENTRAMBI visto,  spero non fosse solo per me…voleva solo “mettere il punto”, potremmo dire!
 
John annuì, dimenticandosi momentaneamente e poi socchiuse gli occhi e lo guardò, imbarazzato e poi deglutì.
Penso che stesse più o meno “mettendo il punto” nel muro?
“Ma per ottenere la nostra attenzione, John!”  Sherlock balzò in piedi e si afferrò una manciata di riccioli corvini “COSA ABBIAMO FATTO A MRS. HUDSON?!?”
Il volto di John divenne dello stesso colore del gelato alla vaniglia “Oh, Sherlock!”, balzò in piedi e afferrò Sherlock per le braccia sottili
L’ABBIAMO ROVINATA!
 
Qualche minuto dopo, entrambi erano leggermente in panico (ed è un eufemismo visto che furono isterici per almeno venti minuti), seduti sul pavimento in stile “Injun” (come si dice nelle scuole elementari americane quando il vostro umile narratore del Tennessee era solo un bambino. Erano seduti con le gambe incrociate, formando con i loro corpi una sorta di “m”, se questo vi aiuta a capire meglio).  Sherlock alzò la mano, come fanno il Presidente o gli altri membri del governo il giorno dell’insediamento, e anche l’altro fece lo stesso,
“Ripeti, dopo di me, parola per parola, Io, John Haymich*** Watson
Uh, ma tu sei Sherlock Holmes!
“DI’ QUELLO CHE CORRISPONDE A TE, JOHN!”
“OK, MA NON URLARMI CONTRO!”
 
Ritornarono calmi e Sherlock rise, in realtà vergognandosi
“Tu, John Watson”
Quello sono io. E tu, Sherlock Holmes
“Anche io, sì, giuro solennemente, sul sangue”
Se deve essere messa su un piano così drammatico, sì
“Per mantenere l’ordine domestico”
Ovvero, in termini semplici, la sanità mentale di Mrs. Hudson
“Al massimo delle mie capacità”
E di mordermi la lingua e stringere i pugni, anche quando voglio picchiare Sherlock talmente forte da far uscire le caramelle dalla sua bocca come se fosse una piñada****, perché è sbagliato!
“E quando vorrò battere la logica e l’abilità deduttiva di John con un manico di scopa perché in realtà è spesso sbagliata ed è arrabbiato perché il mio cervello lavora meglio, cosa che non è colpa mia”
Amen e, diamine sì e, oh, no…
“E cosa diavolo stai dicendo e facendo, John, non importa, prendi un ago, dobbiamo suggellare il nostro patto col sangue!”
E colpirti con esso mi darà una grande soddisfazione dopo quest’ultima cosa…
“In realtà, lo farò io, dammelo!”
E John strappò l’ago “Come se io ti permettessi di farlo. Sei capace di sanguinare fino a morire su tutto il tappeto e poi dovremo pagare i danni con i soldi del tuo funerale e, indipendentemente, da questo, non voglio vederti farlo…
“Perché? Pensavo avessi detto che saresti stato contento”
Beh, perché ti amo tanto quanto ti odio. Ti odio e ti amo. Odio amarti e amo odiarti…io…” e arrossì, facendo confusione con le parole.
Sherlock alzò le sopracciglia “Sono molto confuso e questo non succede spesso…Buon lavoro, amico! Buon lavoro! Anche io amo odiarti!”
 
E suppongo che la morale di questa storia sia che il non essere d’accordo non implica necessariamente una mancanza di affetto. Il nostro sguardo all’interno della loro casa è un esperimento sulla natura dell’amore fraterno; suppongo sia una cosa volubile, viva e meravigliosa…
 
 

*Per chi non l’avesse mai visto (tipo la sottoscritta), qui potete trovare la schema dell’Imd di questo film :)
http://www.imdb.com/title/tt0389860/
**Qui si fa riferimento ai diversi tipi di case inglesi e per “house” si intende la villetta monofamiliare e isolata, contrapposta al “flat”, l’appartamento
***L’errore, qui, è dell’autrice originale, ho preferito non correggerlo.
****Le piñada sono quelle che si usano ancora nelle sagre e nelle feste di paese. Di solito sono fatte di cartone, a forma di animali o altri oggetti, riempite con caramelle, dolciumi e, a volte, anche qualche monetina. Vengono appese, di solito a un’asta o un albero e devono essere colpite forte con un bastone da una persona bendata perché si rompano e rivelino il loro dolce contenuto.

 

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Capitolo 9
*** Pitch Black ***


Pitch Black
by jojoandpicnic97


 
Link alla storia originale: https://www.fanfiction.net/s/9997854/1/Pitch-Black
Link al profilo dell'autrice originale: https://www.fanfiction.net/u/3241203/jojoandpicnic97
 


Questa storia è ambientata in un mondo parallelo
 
John
Sherlock
John’s mum
Sherlock’s mum
 

John Watson aveva aspettato per tutta la vita il tredicesimo compleanno. Non perché avrebbe raggiunto l’adolescenza, ma perché i suoi occhi avrebbero finalmente avuto un colore.
 
Ogni bambino nel mondo nasceva con le iridi nere come la pece. Il giorno del loro tredicesimo compleanno, si sarebbe depositato un colore sulle iridi, che avrebbe oscillato fino a stabilirsi. Ovviamente non sarebbe successo subito e averne uno ben definito era estremamente raro. Il colore presto sarebbe diventato due, nella maggior parte dei casi, e ogni volta che il bambino si avvicinava a quello destinato ne sarebbe comparso un altro. Si sarebbero stabiliti solo quando i due occhi-compagni avrebbero avuto il loro primo contatto visivo.
 
Perciò, naturalmente, John fu eccitato per il giorno in cui avrebbe bloccato per la prima volta gli occhi con quelli della persona che era destinato ad amare per il resto della vita. E la vigilia del tredicesimo compleanno, rimbalzava su tutti i muri della casa, chiedendosi che colore sarebbe comparso il giorno successivo.
Rosa – chiese ad alta voce – Rosa è buono, mamma?
Sì, John – e sospirò per l’ennesima volta quella sera – E così il rosso, il giallo, il viola e qualsiasi altro dannato colore su cui hai chiesto
 
John aggrottò la fronte, guardandola negli occhi pervinca-sempreverde-blu diamante oltremare a forma di rombo “Ma maaaaamma, io voglio colori brillanti! Colori brillanti significano una vita veramente felice!
Ora era il suo turno di aggrottare la fronte “John, io ho colori spenti e una vita felice
Oltremare è brillante
 
Lei gli rivolse un piccolo sorriso “Vai a dormire e domani mattina scoprirai che colore hai”. Lui annuì un po’ accigliato e si allontanò per andare in camera sua. “E, John – si guardò indietro – ricordati che non sempre puoi avere quello che vuoi. So che IO volevo un colore definito, ma questa, infatti, era una speranza
John sorrise e le disse buona notte prima di andare nella sua stanza a dormire.
 
Quando si svegliò la mattina dopo, si svegliò immediatamente e andò in bagno a vedere il colore delle sue iridi nello specchio appeso sopra il lavandino. *Ecco – disse a se stesso – avrò finalmente un colore come i miei amici*
 
Guardando nello specchio, rimane molto deluso.
 
Niente – sussurrò – Sono ancora neri”. Era inorridito. Come era possibile che non ci fosse nessun colore che turbinava? Che cosa aveva fatto di male? Perché era l’unica persona a svegliarsi il giorno del suo tredicesimo compleanno e a non avere un colore a fluttuare nelle iridi? Non aveva nessuno da amare?
 
Dopo aver visto le sue iridi ancora nere, la famiglia di John rimase sbalordita, preoccupata e, ovviamente, sconvolta. Anche i suoi amici rimasero attoniti. E la società, tutta insieme, lo isolò. Lui, l’uomo adulto che aveva ancora le iridi color nero pece.
 
Con non molto altro da fare, dato che non aveva da aspettare il suo compagno di occhi, decise di entrare nell’Esercito. I militari non fecero domande, non se ne preoccuparono, l’unica cosa che gli importava era come John guariva i suoi pazienti. E quando gli spararono in una spalla, loro rimandarono indietro a Londra.
 


Sherlock quasi non aspettava il giorno in cui avrebbe compiuto tredici anni. Suo fratello Mycroft gli ricordava sempre che non sarebbe stato immune all’assegnazione del colore, come del resto non lo era stato lui stesso.
 
Era la vigilia del suo tredicesimo compleanno e non  stava pensando a quando avrebbe fissato lo specchio il giorno successivo per vedere un fastidioso colore agitarsi senza curarsi del mondo nelle sue iridi altrimenti nere. Non gli importava di quale sarebbe stato – i suoi genitori sì, però. Gli avevano insegnato tutto riguardo ai compagni di occhi.
 
I modelli che creavano i colori non avevano conseguenze – erano lì solo per essere lì. Colori brillanti significavano emozioni e litigi, spenti stabilità e romanticismo. Colori caldi significavano passione e  benessere, freddi profonda intelligenza e isolamento. Colori solidi, però, significavano tutto. Non importava che il colore fosse brillante, spento, caldo o freddo, se gli occhi gemelli erano solidi, allora il loro amore sarebbe stato il più vero di tutti. C’erano emozioni, litigi, stabilità e romanticismo, passione benessere, profonda intelligenza e isolamento. Era la ragione per cui erano rari e Sherlock pensò che erano terribilmente noiosi.
 
 “Oh, Sherlock, spero che tu abbia un colore caldo” gorgogliò la madre, abbracciando il figlio ancora seduto alla scrivania. Stava esaminando il caso ancora in corso di un importante serial killer. Francamente, si chiedeva come mai la polizia non fosse ancora riuscita a catturare l’uomo “Ma anche un colore opaco come Mycroft non sarebbe male
“Beh, lo scopriremo domani” rispose Sherlock.
Sua madre annuì “Qualsiasi colore sarà – disse – spero solo che la tua vita con il tuo compagno sia felice
Sherlock sbuffò e le sorrise “Gli studi mostrano che tutte le relazioni fra compagni di occhi sono felici, mamma. Non c’è bisogno di preoccuparsi per questo”
Lei rise “Lo so, sono solo eccitata
 
Quando guardò negli occhi del figlio la mattina dopo, però, tutto il suo entusiasmo svanì via, mentre Mycroft lì guardò sotto shock. Suo padre, invece, non sapeva cosa fare.
Sherlock guardò verso di loro con trepidazione “Forse i miei occhi sono rimasti neri” disse, come se questo potesse alleviare le loro preoccupazioni.
 
Era una buona cosa, no? Che fossero ancora neri? Che non si sarebbe dovuto preoccupare di dover rendere una persona felice per tutto il resto della vita? Alcune parti del suo cervello erano deluse, ovviamente, ma Sherlock sapeva che le emozioni erano irrazionali e che il suo compagno di occhi (o quello che avrebbe dovuto esserlo)  era molto probabilmente una persona noiosa e ordinaria come tutte le altre.
 
Era ancora deluso, però.
 
Spinse questo in un angolo remoto della mente e se ne andò per la sua strada. Divenne l’unico consulente investigativo al mondo e sopportò gli scherzi dei membri di Scotland Yard dovuti al fatto che i suoi occhi erano “neri come il suo cuore”. Ma Sherlock era abbastanza contento della sua vita al 221B di Baker St, anche se aveva disperatamente bisogno di un coinquilino.
 
E comunque, chi mai avrebbe voluto essere il suo coinquilino?
 

 
Mike Stamford non era sicuramente la persona che John si sarebbe aspettato di vedere di nuovo. Era una causalità pazzesca, ma avrebbe cambiato la vita di John per sempre. E in meglio.
 
Stava camminando per Londra quando udì qualcuno chiamare il suo nome. Si scambiarono convenevoli, parlarono di come John si era ferito, fine della storia.  Per non parlare del fatto che John aveva bisogno di un coinquilino, lo richiedeva il suo di soldato congedato “Chi mi vorrebbe come coinquilino” chiese a Mike.
Questi gli disse che era la seconda persona da cui sentiva una cosa del genere, quel giorno. Con un sorriso, portò John a incontrare quell’altro.
 
Mentre entrava nel laboratorio dell’ospedale St Bart, John  si aspettava di incontrare uno scienziato o magari un altro dottore. Non certo l’uomo chino su un microscopio che chiese in prestito il telefono a Mike (che l’aveva dimenticato) e cui John offrì il suo. Questo spinse l’uomo a guardarlo e a chiedergli se fosse stato in Afghanistan o Iraq. John guardò l’uomo che ora era tornato al microscopio “Scusa?
“Afghanistan o Iraq?”
L’uomo incontrò il suo sguardo e John si accorse che stava fissando occhi neri come la pece.

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Capitolo 10
*** Twelfth Night ***


Twelfth Night
by johnsarmylady


 
N.d.t.
Buon pomeriggio a tutti! *schiva coltelli* non uccidetemi per gli aggiornamenti rari, vi prego *fru*
Due brevi righe per ringraziare tutti quelli che hanno continuato a leggere fin qui, malgrado tutto, a Girl of Paper, che ha recensito tutti i capitoli e a chi l'ha messa nelle seguite, preferite e persino ricordate. Avete la mia gratitudine eterna...e un sacco di biscottini al cioccolato ^^
Lady Viviana
p.s. Link alla storia originale: https://www.fanfiction.net/s/9998377/1/Twelfth-Night
Link al profilo dell'autrice originale (johnsarmylady): https://www.fanfiction.net/u/4151413/johnsarmylady
 
 
John
Sherlock
Mrs. Hudson/Harriet Watson
Lestrade/ Mycroft

 
Iniziò con un raffreddore, un orribile naso gocciolante e il mal di gola e John seppe che tutto quello che doveva fare per sentirsi meglio era rimanere a casa, avvolto in una  coperta per combattere la neve di gennaio, sulla sua poltrona di fronte al fuoco.
 
Lo sapeva, lo aveva anche detto a Sherlock. Perché, allora – pensò – si trovava in piedi, quasi in mezzo in bufera di neve, ad ascoltare il suo coinquilino che spiegava perché l’uomo che avevano appena catturato era il killer e non il pugile che in quel momento era rinchiuso a Paddington Green?
 
Una mano sul braccio lo fece sobbalzare e John alzò lo sguardo vedendo Greg Lestrade sorridergli con simpatia.
E’ meglio se lo segui, John o ti toccherà prendere un taxi per tornare a casa” e inclinò la testa verso la figura che si stava rapidamente allontanando.
John annuì come ringraziamento e si affrettò a raggiungerlo, arrivando sul ciglio del marciapiede proprio mentre si fermava il veicolo.
In silenzio, se si esclude il dottore che starnutiva e tirava su col naso, ritornarono a Baker St; Sherlock si chiese quanto ci sarebbe voluto prima che si presentasse un altro caso, mentre John si chiese se sarebbe mai riuscito a scaldarsi.
 

Lunedì mattina fu evidente che quello non era “soltanto un raffreddore”. Trascinandosi fuori dal letto, si sfilò il pigiama intriso di sudore e afferrò il piumone, scendendo  in salotto, dove, dopo aver preparato una tazza di thè, vi si avvolse, sedendosi sulla sua poltrona di fronte al fuoco.
 
Sherlock era in contemplazione, immerso profondamente nel suo Palazzo Mentale e per una volta John, troppo preso dalle proprie sventure, non si preoccupò di se il più giovane aveva mangiato o dormito.
 
Non volendo sottoporre le sue orecchie e i suoi occhi a quei programmi spazzatura che di solito seguivano lo sfarzo e il brio del Natale, John allungò la mano e prese un libro dallo scaffale. Se gli diede fastidio se il più vicino fosse una raccolta di commedie di Shakespeare, non lo diede a vedere poiché lo sfogliò finchè non trovò la storia che stava cercando e, stringendosi di più nel suo piumone, iniziò a leggere.
 

Il rumore del libro che cadeva a terra riscosse Sherlock dalle sue meditazioni, portandolo a lanciare un’occhiata al suo coinquilino. John stava dormendo; un leggero velo di sudore gli imperlava la fronte e un lieve suono sibilante accompagnava il suo respiro.
In un singolo, leggero movimento, Sherlock si alzò in piedi e si mosse verso l’uomo addormentato, con l’intenzione di tirare su il libro e spedire il dottore nella sua camera, a letto, ma una voce proveniente dall’uscio dietro di lui lo fermò.
Oh, guardalo, non sembrava stare molto bene ieri sera, quando siete tornati a casa – Mrs Hudson entrò nella stanza – Non mi stupisco che sia ammalato”
“E’ solo un raffreddore”
No, non lo è, Sherlock, ascolta il suo respiro! E guarda com’è sudato! Se non è influenza, allora io sono la tua governante!*
Sherlock stava per sottolineare che si stava sbagliando, quando si rese conto di quello che aveva detto e guardò John.
“Dovremmo riportarlo a letto?” chiese, insicuro.
No, caro, metti il divano un po’ più vicino al fuoco, così lo mettiamo là, intanto che io vado a cambiare l’aria alla sua stanza e a rifare il letto” armeggiando per la stanza, la vecchia signora mise a posto cuscini e coperte, prima di lasciare l’altro a sollevare il medico dalla poltrona.
 
La tempesta lo gettò sul ponte della nave, scivolando, le onde si infransero sul ponte, correndo e cercando di trascinarlo con loro. Ogni osso del suo corpo doleva per lo sforzo di rimanere a bordo e tremò negli abiti fradici.
 
Il rollio della nave lo faceva star male e gemette, sentendo la solidità del ponte scivolare via sotto di lui, finchè non cadde, diretto velocemente nel mare in tempesta.
 
Ecco qui, renditi utile” mettendo una ciotola di acqua fresca nelle mani di Sherlock, Mrs. Hudson si diresse al piano di sopra “Cerca di aiutarlo mettendogli una pezza bagnata sulla fronte, nel tentativo di abbassare un po’ la temperatura
 
Sherlock guardò dove la signora era sparita per un intero minuto rima di sedersi  sul bordo del tavolino e mettere un panno bagnato sulla fronte di John. Il suo primo tentativo fu un disastro perché si era dimenticato di strizzarla e John iniziò a spiantarsi nel vedere l’acqua che gli cadeva sulla faccia.
 
Stava annegando. Aveva bisogno di raggiungere la riva verso cui si stava dirigendo prima che la tempesta li colpisse, ma aveva l’acqua negli occhi e nella bocca e si agitò, cercando di nuotare.
 
In fretta, tolse la pezza e abbassò e allontanò le braccia di John che si stava agitando, prima di provare di nuovo.
 
Tossendo e respirando con difficoltà, ringraziò il fato che la sua faccia fosse fuori dall’acqua , in quel momento, in modo da permettergli di respirare. Mentre giaceva tremante, gli fu ovvio che non era più sballottato di qua e di là – sulla nave o in mare – e che doveva aver raggiunto la riva.
 
Per un po’ rimase lì, limitandosi a respirare, chiedendosi se avrebbe avuto la forza di muoversi, quando udì una voce vicino a lui, non ne fu per nulla spaventato, come se avesse saputo che il suo proprietario era un amico, che l’avrebbe protetto e tenuto al sicuro.
 
Affondando nella sabbia grumosa della spiaggia, iniziò a perdere conoscenza, finchè il suo ultimo pensiero “Cosa è successo a mia sorella?” scivolò via assieme a tutto il resto…
 


“Va’ via, Mycroft” Sherlock non alzò nemmeno lo sguardo dalla minestra che Mrs Hduson lo aveva lasciato a mescolare
Ah, vedo che stai eseguendo degli ordini, fratello mio, ora che hai capito che John non è una macchina, ma un essere umano” e sbirciò da sopra la spalla del fratello.
“Ti ho detto di andartene”
 
Versando il liquido caldo dalla pentola in una grande tazza, lo portò fino in soggiorno, dove John si sollevò, ancora avvolto nel suo piumino, cercando con difficoltà di tenere gli occhi aperti
“Ecco qui, John” assicurandosi premurosamente che l’amico avesse afferrato saldamente la tazza, prima di fare un passo indietro e scuotere la testa di fronte allo sguardo confuso dell’altro.
“Mrs. Hudson ha detto che dovevo assicurarmi che lo mandassi giù”
Mi sento uno schifo – due occhi azzurri, spenti, guardarono da sopra la spalla dell’altro – Perché tu sei qui?
Buon pomeriggio anche a te, John. Ho solo pensato di passare per vedere come stavi
“Bene, ora che lo hai visto, vattene”.  Sedendosi sulla sua poltrona, Sherlock lanciò un’occhiata al fratello maggiore.
Mycroft sorrise e John parve improvvisamente sorpreso, poi aggrottò la fronte.
Mi ricordi qualcuno – gracchiò, finendo la zuppa e appoggiando la tazza sul pavimento – Non penso…
“Non preoccuparti, John, se ne sta andando”
Beh, è stato un piacere vederti, John, spero tu guarisca presto
Ma John si era già addormentato.
 
Mentre la porta si chiudeva dietro suo fratello, Sherlock stava già meditando sui precedenti deliri, dovuti alla febbre, di John – perché avrebbe dovuto pensare a cosa era successo a sua sorella?
 

Una mano delicata si posò sulla sua testa mentre si metteva sulla sdraio, ascoltando la musica, triste e dolce e guardando il profilo dell’uomo illuminato dalla luce proveniente dalla finestra. Conosceva quel brano, era quello di Lei, quello che l’altro aveva scritto quando si struggeva per quella donna.
 
Era comunque un bel pezzo e ascoltarlo continuamente non lo metteva a disagio. L’uomo amava la musica e pensava che non avrebbe ascoltato nulla, se non il meglio.
 
“E’ bello vedere che ti sei preso cura di lui”. La voce della donna, proveniente da qualche parte dietro di lui, si volse alla figura “Ho sempre saputo che eravate più che amici”
“Non sono gay!” ascoltò se stesso protestare mentre la musica si interrompeva bruscamente.
La mano, morbida e decisamente femminile, gli tolse i capelli dalla fronte e lo zittì, dicendogli di rilassarsi.
“Certo che no, caro - lo calmò – Qualunque cosa tu dica, noi siamo molto tolleranti”
La frustrazione ribolliva dentro di lui e voleva saperne di più, ma il rumore di una discussione lo distrasse…
 
Anche se avessi un caso per te, Sherlocke non ce l’ho penso che dovresti prenderti cura di lui, mentre l’influenza lo butta giù
“Oh, andiamo, Lestrade, i sentimenti? Ti aspetti che mi senti in colpa?”
No, io mi aspetto che tu capisca che Mrs. Hudson è troppo vecchia per occuparsi di qualcuno – voglio dire, ti ucciderebbe sforzarti un po’?
“Se fossi stato qua dieci minuti fa, lo avresti sentito protestare dicendo che non è gay; anche se è malato continua a sentire il bisogno di sottolinearlo. Pensi che preferirebbe mi prendessi io cura di lui?”
 
Greg si alzò e lo fissò, a bocca aperta “Davvero? Cos’è che ha detto? “riusciva a malapena a contenere le risate
“Beh, la signora Hudson stava blaterando sul fatto che siamo più che amici”
L’ottuagenaria arrossì e accarezzò l’uomo addormentato, senza incrociare lo sguardo dei due investigatori.
Comunque non starebbe così se lo avessi lasciato a casa
 
Ci un fruscio di carta e il rumore di qualcosa di pesante che veniva poggiato sul tavolo
Comunque, ho pensato di portare questo per lui, sperando che lo faccia sentire meglio
“Whisky? – Sherlock sogghignò – Stai parlando di John, non di Harry!”
Harry?”  arrivò la voce di John dal divano, anche se i suoi occhi rimasero chiusi.
 
Sherlock aggrottò la fronte. Era la seconda volta quel giorno che John nominava la sorella, anche se normalmente evitava di parlare di lei. Tirando fuori il telefono dalla tasca mandò un rapido sms e poi si girò nuovamente verso Lestrade
 
“Nessun caso? Bene! Torna quando hai qualcosa per me” e spinse l’altro, sorpreso, fuori dall’appartamento.
 

 
Voci sempre più forti sulle scale avvisarono Sherlock che la sua richiesta via sms era stata soddisfatta e se fosse stato spiacevole per suo fratello, tanto meglio. Aprì la porta dell’appartamento e guardò giù verso i profondi occhi azzurri e arrabbiati di Harriet Watson.
 
“Dovresti abbassare la voce, Harry, tuo fratello sta dormendo”
E chi sei tu per dirmi cosa fare? Se John sta dormendo, perché ha bisogno di me qui?
 
Mycroft alzò gli occhi.
Ho cercato di far capire alla signorina Watson che suo fratello chiedeva di lei, che non sta bene e che pensavamo dovesse venire
E tu – si fermò nel centro del soggiorno e si girando, puntando un dito con fare accusatorio verso il più vecchio dei fratelli Holmes – tu sei matto! Mi hai tolto il drink e hai minacciato di arrestarmi se non venivo con te!
“Francamente come ti ha portato qui non mi interessa. Sei qui, per quanto mi riguarda”  indicò l’uomo che dormiva abbastanza tranquillamente sul divano  “ la sua temperatura sembra essere scesa ed è sicuramente più calmo”
Perciò non avevi bisogno di questo pazzo per…
Harry? Sei sopravvissuta!” John con fatica si mise a sedere, un’azione semplice che la combinazione di stanchezza e sintomi influenzali rendeva difficile “Dove sei stata? Ero preoccupato
Cosa? Ero a casa e sarei ancora lì se questo pazzo non mi avesse trascinato qui. E se stai pensando alla mia ultima sbronza, sì, sono sopravvissuta, niente ringraziamenti per avermi mandato in riabilitazione!
“Non sono pazzo” la interruppe Mycroft, stanco dei suoi insulti.
No, Harry, non è veramente malvagio, lui è…” John si fermò, investito da un ricordo improvviso. Starnutì, tirò su col naso e poi sorrise “No, lui non è pazzo….lui è Malvolio!**
 
 
*Qui si fa riferimento a una frase che ripete spesso Mrs. Hudson “I’m your landlady, not your housekeeper!”, “Sono la tua padrona di casa, non la tua governante!”
**Malvolio, importante personaggio de “La dodicesima notte” di Shakespeare, cui questa storia si ispira.  Per evitare spoiler vi rimando, per info, alla pagina di wiki http://it.wikipedia.org/wiki/Malvolio

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