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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Un matrimionio da organizzare *** Capitolo 2: *** L’arrivo di Renée…Un nuovo incubo *** Capitolo 3: *** Il passato *** Capitolo 4: *** Grazie Jasper *** Capitolo 5: *** Il grande giorno (prima parte) *** Capitolo 6: *** Il grande giorno (seconda parte) *** Capitolo 7: *** Epilogo ***
Non mi guardate
così male. Ebbene sì, anche io mi sono fatta contagiare dalla passione per
Twilight, New Moon ed Eclipse.
Adoro questi libri
e adoro la loro creatrice, che ormai venero come una dea, diciamo che ha preso
il posto della Rowling (pazza assassina serial killer).
Un giorno la mia
amica Angelombra mi ha messo la pulce nell’orecchio dicendomi “perché non
scrivi una ff sui personaggi della Mayer? E così eccomi qui.
Non ho grandi
pretese, è la prima che scrivo in riferimento a Bella, Edward e tutta l’allegra
compagnia.
Spero che vi
faccia divertire e sognare come è successo a me mentre la scrivevo.
Buona lettura. J
Tutto
Nelle Mani Di Alice
Dedicata ad Angelombra
Per la consulenza tecnica
e l’incoraggiamento,
e BabyBlue per i pareri entusiasti.
Grazie lettrici campione.
Nonostante fossero i primi giorni d’Agosto, nella penisola di Olympia il sole non ne voleva sapere di emergere dalla fitta coperta di nuvole grigie che la facevano da padrone.
Semplicemente perfetto.
Se due anni prima qualcuno avesse detto a Bella Swan che quello sarebbe diventato il suo clima ideale, probabilmente lo avrebbe preso per pazzo, lei che per tutta la vita aveva vissuto nella calda Phoenix in Arizona. Invece ora, mentre percorreva le familiari strade della cittadina di Forks nello stato di Washington, non poteva fare a meno di sorridere impaziente, noncurante di quel tempo cupo, all’idea di rivedere Edward. Cercando volutamente d’ignorare il vero scopo della sua visita a casa Cullen.
Dopo aver parcheggiato il suo vecchio pic-up nel grande garage della famiglia di Edward, tra la Jeep di Emmett Cullen e la nuova moto di Jasper Hale, fratelli adottivi del ragazzo, si diresse verso la casa in stile vittoriano che svettava tra due fila di sei antichissimi cedri. Non fece in tempo a mettere piede sul primo gradino della piccola scalinata che portava alla veranda, che si sentì sollevare da terra, stretta tra due braccia marmoree.
«Ciao amore, ben arrivata», le sussurrò Edward, avvolgendola con il dolce profumo del suo respiro.
«C…Ciao anche a te», rispose Bella dopo aver riacquistato il controllo della sua voce, e del suo cuore. Il ragazzo le prese il viso tra le mani, lo avvicinò al suo e la baciò, dapprima dolcemente poi sempre più intensamente.
Appena avvertì che entrambi cominciavano a perdere il controllo della situazione l’allontanò con un sospiro.
«A cosa devo questa… Calorosa accoglienza?» Chiese Bella dopo aver ripreso fiato.
«Devo avere un motivo particolare per accogliere la mia futura moglie?» Chiese a sua volta, sfoderando tutta la forza del suo sguardo ammaliante color miele verso di lei. Bella ebbe un fremito nel sentir pronunciare quelle parole, ma continuò a guardarlo con sospetto, sapeva che le stava nascondendo qualcosa.
«Edward…»
«Ok, va bene. Volevo… Indorati la pillola», ammise.
«Cioè?» Il tono della sua voce tradiva una certa apprensione.
«Alice…» Bisbigliò Edward, osservando attentamente ogni sua reazione.
Sentendogli pronunciare il nome di Alice Cullen, sorella adottiva di Edward, le sfuggì un gemito.
«Ti prego, sii carina con lei, si sta impegnando molto per organizzare tutto al meglio», si raccomandò.
«Lo so…» Sospirò Bella, abbozzando un sorriso forzato, che lo convinse pochissimo.
Più di una volta, negli ultimi due mesi, si era pentita d’aver lasciato nelle mani di Alice l’organizzazione del loro matrimonio. Ma ogni volta che provava a replicare, lei la guardava con occhi quasi luccicosi colmi di trepidazione e, alla fine, non poteva fare a meno di assecondarla in qualsiasi cosa le proponesse.
Edward la prese per mano e la condusse all’interno della casa. Una volta giunti nel grande salone, Bella rimase a bocca aperta.
Si era aspettata di trovare l’intera casa sottosopra: con fiori, nastri e quant’altro sparsi ovunque ed invece, niente.
«Edward, dove sono tutti?» Chiese confusa, continuando a guardarsi in torno.
«Sono… Usciti». Rispose vago.
Il cuore di bella cominciò a battere all’impazzata, rare erano le occasioni d’avere l’intera casa per loro. Edward sorrise sotto i baffi, le cinse la vita con un braccio e l’attirò a sé, baciandola.
«Ti dispiace?» Le sussurrò per poi cominciare a tracciare con le labbra un percorso immaginario che partiva dall’orecchio fino al mento per poi scendere verso il collo. «Respira». Sorrise.
Bella obbedì, «dove sono andati?»
«In giro…»
«“In giro” dove?» Edward scrollò le spalle e senza darle una risposta chiara la condusse al terzo piano.
La stanza di Edward era accogliente come sempre anche grazie ai colori caldi di cui erano adorne le pareti e i mobili. L’attenzione di Bella però fu attirata da un pacchetto infiocchettato posto al centro del letto a baldacchino, detto anche l’oggetto più inutile della casa visto che Edward come ogni vampiro che si rispetti non dormiva. Si avvicinò con cautela a quella strana scatola, come se la dovesse attaccare da un momento all’altro, mentre il ragazzo la osservava divertito appoggiato elegantemente alla porta chiusa.
«Cosa c’è lì dentro?» Chiese Bella cercando di non far trapelare dal tono della sua voce l’irritazione che provava per quel regalo inaspettato.
«Per scoprirlo devi aprirla…» Bella sbuffò ma la prese ugualmente in mano, lanciandogli un’occhiataccia. Tirò un lembo del fiocco bianco liberando così la scatolina. Con mano tremante sollevò il coperchio.
Nascoste da due leggeri fogli di carta velina bianca era nascosta una chiave. Bella la guardò allibita.
Edward le si avvicinò cingendole le spalle con un braccio, continuando a sorridere divertito, osservando la sua reazione.
«Cos’è?» Chiese dopo aver ripreso fiato.
«A me sembra una chiave». La prese in giro divertendosi come un matto a farlo.
«Questo l’avevo capito. Quello che volevo sapere è: di cosa»
«Suppongo di un’auto. La tua auto». Così dicendo cominciò a baciarle il collo.
«Edward, ma cosa ti è saltato in mente?» Urlò, allontanandosi da lui, lasciando cadere la scatola con il suo contenuto. Edward lo prese al volo con un movimento fulmineo, prima che toccasse terra.
«Sapevo che avresti reagito così». Mormorò appoggiando il tutto sul comodino, «ma sei stata tu a darmi il permesso ricordi? “Ti sposerò. Ti lascerò pagare le mie tasse universitarie. Potrai anche comprarmi una macchina veloce, se ciò ti rende felice…”» Bella si morse il labbro inferiore risentendo le parole che solo pochi mesi prima aveva pronunciato lei stessa.
«Sì, è vero. Solo non me lo aspettavo… Ora». Bisbigliò in segno di scusa, avvicinandosi nuovamente a lui, abbracciandolo. «Grazie». Quel regalo la riportò alla realtà, tra qualche settimana si sarebbe lasciata per sempre alle spalle la sua vita da essere umano, e sarebbe restata con lui per tutta l’eternità.
Edward la guardò meravigliato, si era aspettato di dover affrontare una lunga battaglia per fargli accettare quel regalo.
«Sicura? L’accetti così, senza protestare? Sicura di stare bene?»
«Quella sera ti ho promesso un sacco di cose. Questa, rispetto alle altre, è la meno difficile da accettare». Abbozzò un sorriso, poi si alzò sulle punte dei piedi e lo baciò. Edward la prese tra le braccia e la portò versò il letto, senza staccare nemmeno di un millimetro le loro labbra. Oggetto decorativo certo, ma a volte aveva i suoi pregi avere un letto così grande a disposizione.
La mente di Bella cominciò ad annebbiarsi, inebriata dal dolce profumo del respiro di Edward, senza rendersene conto si avvinghiò al suo corpo lasciandosi trasportare dall’istinto.
Con un sospiro, Edward, fu costretto ad allontanarla.
«Sei tu, Bella, quella decisa ad aspettare il matrimonio, Giusto?» Le chiese, sorridendogli malizioso. Lei annuì. «Peccato», sghignazzò stendendosi al suo fianco.
«Scusa. E’ che a volte è più forte di me». Mormorò diventando tutta rossa in viso, ma lui rise divertito, tornando ad abbracciarla e baciarla.
«Sicura di non voler cambiare idea?» La scrutò con occhi maliziosi per poi sfiorarle il collo con il naso. Bella fu scossa da un brivido che quasi le fece dimenticare il perché fosse necessario aspettare dopo il matrimonio.
Stava per abbandonarsi nuovamente a quelle dolci sensazioni, che solo lui le sapeva dare, quando una sorta di piccolo tornado entrò in camera.
«Ragazzi, Basta giocare! Ci sono ancora un sacco di cose da fare e da sistemare prima del tredici, e pochissimo tempo per farle!» Urlò Alice facendoli sobbalzare entrambi.
«A… Alice, non sai che di solito si bussa?» Ansimò Bella riprendendo fiato dopo quello spavento.
«Certo, ma ora sbrigati, vieni con me. Esme e Rosalie ci stanno già aspettando in camera mia. Edward tu resta lì. A te ci penseranno i ragazzi». E così dicendo trascinò Bella fuori dalla porta lasciando Edward ancora sbigottito. Ecco cos’era quello strano fruscio che aveva sentito poco prima dell’arrivo della sorella, stava cercando di disorientarlo con i suoi pensieri per non metterlo in allarme.
«E’ sempre la solita». Mormorò tra sé e sé.
Appena Bella mise piede in camera di Alice, capì perché i resto della casa era immacolato. Ovunque si posasse il suo sguardo trovava pezzi di organza e seta bianca e rosa, per non parlare dei fiori e carta da regalo.
«Alice, ma cos’è tutto questo… Casino?»
«Mi hanno vietato di occupare tutta la casa con i preparativi, così ho concentrato tutto qui»
«E tutte le cose di Jasper?»
«Ecco… Jasper ha momentaneamente traslocato nella stanza qui a fianco»
Bella la guardò allibita, povero Jasper buttato fuori dalla sua stanza. Improvvisamente si sentì responsabile e annotò mentalmente di scusarsi con lui appena lo avesse incrociato.
«Ora basta perdere tempo. Dobbiamo definire il tuo Look per il grande giorno». Bella non fece in tempo a realizzare il significato di quelle parole che si ritrovò seduta davanti all’enorme specchiera nel enorme bagno di Alice.
«Ciao Bella, tesoro». La voce di Esme la rincuorò molto, l’aveva sempre considerata una sorta di vice mamma, e non si accorse nemmeno che Alice si armava di arriccia capelli e spazzola.
«Alice ti prego non esagerare». L’ammonì Rosalie, ennesima sorella adottiva di Edward, «niente cose troppo estrose, lei è molto semplice».
Bella la guardò sconcertata non riuscendo a capire se fosse un complimento o un’offesa.
«Rose non ti preoccupare, so quello che faccio». Il tono di voce di Alice mise tutte in allarme.
«E’ proprio per questo che mi preoccupo». Mormorò Rosalie, ma Alice la ignorò cominciando la sua opera.
La “tortura” durò circa mezz’ora, tra urli di dolore e lamentele varie della povera malcapitata cavia da laboratorio.
«Ecco fatto, cosa te ne pare? Così potrai fissare tranquillamente il velo» esordì ammirando la propria opera.
Bella, Esme e Rosalie guardarono attentamente nello specchio. I capelli che fino a poco prima erano lisci e cadevano morbidamente sulle spalle di Bella ora erano pieni di boccoli e gonfi sulla nuca, classica pettinatura che faceva pensare agli anni 50.
«Ecco, molto… Carina, ma io avevo pensato a qualcosa di meno… Elaborato, sai più in linea con il vestito». Cercò di dire Bella soppesando ogni parola per evitare di offenderla.
«Sì, forse hai ragione. Riproviamo». Così prese in mano la piastra per lisciare i boccoli. Bella lanciò un’occhiata disperata ad Esme, la quale però era impotente di fronte all’esuberanza della figlia. Rassegnata rimase in attesa della fine di quella nuova tortura.
Nella stanza di Edward le cose non andavano meglio. Emmett, Jasper e Carlisle, padre adottivo di tutti i ragazzi, avevano bloccato ogni via d’uscita intrappolandolo.
«Perché non posso mettere semplicemente il mio abito scuro?» Chiese nervoso, osservandosi nello specchio mente si sistemava la giacca.
«Perché questa non è un’occasione qualsiasi». Rispose semplicemente Carlisle osservandolo da lontano per controllare meglio che il vestito cadesse bene.
«Comincio a pensare che l’idea di Las Vegas non era così male». Bofonchiò.
«Piantala di lamentarti, sei tu che ti sei cacciato in questo guaio. Ora ne pagherai le conseguente. Jasper cosa ne dici, sarà il caso di ritoccare anche il taglio di capelli?» Chiese sghignazzando Emmett al fratello, ignorando il ringhio furioso di Edward.
«Magari una spuntati qua e là non guasterebbe», rispose armandosi di forbici.
«Non vi azzardare…» Ma i tre lo avevano già bloccato.
Finalmente le ragazze erano arrivate ad un compromesso per la pettinatura, sfortunatamente per Bella, mancava ancora il trucco, la vera passione di Alice. Fin dalla primissima occasione, per il ballo di fine anno di due prima, Alice aveva scoperto quando fosse divertente truccare la gente, e la sua cavia preferita era senza alcun dubbio Bella.
«Alice, vacci piano con quel fard così sembrerà un clown», l’ammonì Rosalie.
«Rose ha ragione, Bella ha una pelle così bella, non coprirla con troppo trucco», concordò Esme. Alice sbuffò, ma obbedì, togliendo l’eccesso di fard.
«Visto che siete così esperte, che colore uso per l’ombretto?» Chiese acida.
«Direi che questo rosa perlato sia l’ideale, fa risaltare il colore degli occhi», suggerì Esme.
«E’ proprio quello che volevo usare». Sorrise soddisfatta.
Quando si guardò allo specchio, Bella, dovette ammettere che il risultato non era poi così male.
«Alice, sei grande».
«Grazie, lo so. Rose, hai segnato tutto?» Chiese, la sorella annuì, «perfetto, ora proviamo il tutto con il vestito per una sorta di prova generale», così dicendo la riportò in camera dove ad attenderle c’era già Esme con il vestito in mano, Bella non si era nemmeno accorta del suo rapido spostamento.
Emmett e Jasper non la smettevano di ridere mentre Edward cercava di rimediare la disastro che avevano combinato ai suoi capelli, mentre Carlisle faceva di tutto per non imitare i figli.
«Smettetela tutti e tre. Quando vi ci mettete siete peggio di Alice», sbuffò spazientito, si stavano divertendo da matti.
«Eddai non fare così. Non sai da quanto tempo aspettavo questo momento», confesso Carlisle.
«Da circa cent’anni?»
«Esatto. E’ bello vederti finalmente felice»
Sentendogli pronunciare quelle parole, Edward si calmò. In fondo aveva ragione, quelle erano piccolezze rispetto all’idea di avere Bella al proprio fianco per l’eternità.
«Vorrei tanto sapere cosa stanno combinando quelle quattro», sospirò preoccupato.
«Chi ti vieta di andare a sbirciare?» Chiese confuso Emmett.
«Vediamo, Alice, Rose ed Esme. Se mi scoprono rischio di lasciare vedova Bella ancora prima di sposarla».
«Andiamo, non fare il fifone», lo prese in giro dandogli una forte pacca sulla spalla che risuonò per tutta la casa.
Nella stessa identica posizione ma due piani sotto, Bella, attorniata dalle tre vampire di casa Cullen si osservava attentamente allo specchio. Era senza parole, faticava quasi a rendersi conto che quella che stava guardando era la sua immagine riflessa.
La prima cosa che notò fu il nastro di seta bianco che le circondava la testa, qualcosa di nuovo da Rosalie. La frangetta erano stati sistemata in modo che aderisse perfettamente alla fronte e scendesse obliqua, evitando di coprire gli occhi, per finire bloccata dal nastro dietro all’orecchio destro. Voltò leggermente il capo per osservare meglio in retro dell’acconciatura: i capelli erano raccolti in uno chinion e racchiusi in una cupola d’argento intrecciato, fermato con uno spillone, anch’esso d’argento dal quale, attaccata ad una catenella a trama sottile, pendeva una piccola mela. Alcune ciocche di capelli ondulati uscivano dalla trappola argentata e ricadevano morbide sulle spalle ma s’intravedevano appena essendo nascoste dal velo in pizzo ricamato. Al collo aveva una catenina in oro bianco con un ciondolo a forma di cuore, qualcosa di prestato da Esme. Bella lo sfiorò con le dita tremanti e sorrise.
Mancava qualcosa. Ma cosa?
Gli orecchini. Ecco cosa. Bella osservò i lobi delle orecchie così disadorni rispetto a tutto il resto. Ma, come se le avesse letto nel pensiero, Alice sorrise.
«Tranquilla, ieri ho telefonato a Renée, dice che ha qualcosa da darti che farà al caso nostro».
«Ma cosa…?»
«Lo vedrai domani quando arriverà».
«Mia madre… qui?? No, non è possibile è troppo presto, non sopravviverà una settimana intera qui!» Esclamò Bella visibilmente allarmata.
«E’ stata lei a proporlo, tra…» Ma Alice si bloccò di colpo voltandosi di scatto verso la porta, affilando lo sguardo.
Edward era immobile come una statua, troppo estasiato da quella visione celestiale per riuscire a muoversi. Certo sapeva che Bella era stupenda, ma vederla così lo era ancora di più. Non riusciva a staccare lo sguardo dal suo viso, tanto da non pensare nemmeno al vestito in cui era stata infilata. Improvvisamente però s’irrigidì captando i pensieri della sorella infuriata.
«Edward Cullen sparisci immediatamente prima che ti prenda!» Tuonò Alice, mentre Esme e Rosalie coprivano con un lenzuolo, Bella.
Edward si allontano rapidamente dalla porta e sparì in un lampo, lasciando solo l’eco di una fragorosa risata alle sue spalle mentre Alice lo inseguiva ringhiando.
Era ormai sera quando, finalmente, Alice si era decisa a lasciarli liberi.
Edward e Bella si godevano quegli attimi di relax, lontani da discorsi di fiori, addobbi e regali di nozze, in santa pace nella stanza del ragazzo.
«Quanto hai visto mentre spiavi nella stanza di Alice? Dì la verità».
«Non molto, mi ha scoperto quasi subito. Ho visto solo che eri bellissima. Il vestito non l’ho nemmeno visto, ero troppo rapito da te».
Le guance di Bella si colorarono immediatamente di rosso, Edward sorrise beffardo, adorava farla arrossire.
«Avete rispettato tutte le tradizioni?» Chiese, facendola tornare alla realtà.
«Quasi. Ho qualcosa di nuovo da Rosalie, qualcosa di prestato da Esme, domani mia madre mi regalerà qualcosa, ma non so ancora bene cosa e tremo alla sola idea, conoscendola. Mi manca qualcosa di blu. Pensa che Alice voleva mettermi lo smalto di quel colore, per fortuna Esme e Rosalie l’hanno fermata in tempo, quindi, ha detto che troverà qualcos’altro». Edward scoppiò a ridere.
«Certo, lo smalto blu avrebbe sicuramente dato quel tocco in più, non c’è che dire».
«Non scherzare, ne sarebbe stata davvero capace».
«Senza dubbio. Così domani arriva Renée, sei contenta?»
«Credo… Di sì. Chissà come se la caverà qui per una settimana».
«Lo fa per te».
«Lo so». Bella si rabbuiò al pensiero che presto avrebbe dovuto lasciarla per sempre, per vivere chissà dove con lui, lontana da ogni tentazione di ferire qualsiasi essere umano. Edward capì immediatamente il suo turbamento e cercò di distrarla.
«Non hai ancora visto il tuo regalo», le disse tranquillamente. Bella sgranò gli occhi, con tutto il trambusto di quel giorno le era completamente passato di mente. «La vuoi vedere?» Chiese con viso angelico.
«Ma io ho parcheggiato il mio pic-up in garage e non ho visto niente».
«Sapevo che lo avresti messo lì, così ho chiesto ad Emmett e Jasper di riportarla dentro solo dopo il tuo arrivo». Ecco spiegato il motivo dell’assenza di una parte dei Cullen.
«Ok se proprio ci tieni andiamo a vedere». Il tono riluttante della sua voce era fin troppo evidente.
«Se non ti va possiamo rimandare. Non c’è problema». Ma era chiaro che si era offeso.
«No, voglio vederla. Davvero!» Così dicendo saltò giù dal letto e cercò di convincerlo a fare altrettanto. Sul volto di Edward si dipinse un grande sorriso carico di eccitazione.
Arrivati nel garage, Bella si ritrovò bendata ancor prima che si accendessero le luci, cosa molto pericolosa vista la sua innata goffaggine.
«Edward ti prego, la benda no! Non voglio lividi!» Si lamentò.
«Tranquilla, ti porto io». Bella si sentì sollevare da terra così rapidamente che non ebbe il tempo di reclamare. «Pronta?» le chiese rimettendola con i piedi ben accorati al terreno dopo pochi secondi.
«Sì». Disse con un sospiro quasi esasperato, in un attimo la benda cadde a terra.
Bella era senza parole.
«Ti piace? Spero che il colore vada bene. Le mie sono tutte grigie ma per te volevo qualcosa di diverso, meno appariscente. So che non ti piacciono le cose troppo vistose», Edward parlò così rapidamente che Bella si perse metà delle parole, troppo presa nel mettere a fuoco quello che si era trovata davanti.
«Cos… Cos’è questo… Bestione? E’ enorme» Riuscì finalmente a dire, continuando ad osservare l’auto nera, con i finestrini oscurati e un grosso fiocco rosso sul cofano.
«Un Range Rover Arden sport. E’ molto robusto e sicuro. L’ideale per le zone impervie o ghiacciate tipo… L’Alaska». Le disse con un sorriso che la fece quasi sciogliere.
«E’ troppo io non posso…»
«Certo che puoi. Ed è tuo, non accetto un no come risposta». Le sussurrò ad un orecchio, facendole scorrere un brivido lungo tutta la schiena, mentre faceva dondolare davanti ai suoi occhi la chiave che le aveva fatto trovare quella mattina.
«G… Grazie…» Sussurrò con le lacrime agli occhi.
«Perché piangi, ora?» Chiese confuso asciugandole gli occhi con un dito.
«Non lo so» Sorrise. Edward la fece voltare verso di sé per poi baciarla.
«La vuoi provare?» Le chiese dopo essersi allontanato nuovamente di qualche centimetro.
«Cosa?? Hem forse è meglio aspettare, non vorrei distruggerla. Per ora l’affido alle tue sapienti mani». Meglio arrivare entrambe integre fino al giorno del matrimonio, pensò.
«Ok come vuoi. Oh no!»
«Cosa succede?» Chiese confusa.
«Alice… Ci sta cercando ha avuto un’altra geniale idea delle sue e vuole il nostro parere», Bella sgranò gli occhi colmi di terrore, conosceva fin troppo bene le geniali idee di Alice.
«Hey non fare quella faccia, sei tu che hai lasciato tutta l’organizzazione nelle sue mani». La prese in giro abbracciandola dolcemente per rincuorarla. Bella sospirò, rassegnata.
Così dicendo si avviarono nuovamente verso la casa, con la speranza che tutto quel trambusto finisse il più presto possibile.
Spero davvero che vi sia piaciuta. Se vi va lasciate
un commentino, mi farebbe davvero piacere.
Volevo darvi
un’idea dell’auto così eccovi un link dove la potete trovare.
Avrei anche una
sorta di disegno che ho fatto per l’acconciatura ma per ora non riesco a
metterlo ondine. Rimedierò al più presto ;)
ps: non è più una One-shot mi avete convinta a continuarla ;)
Ora vi lascio. E
chissà forse un giorno scriverò ancora qualcosa su Twilight. Hehehe
Capitolo 2 *** L’arrivo di Renée…Un nuovo incubo ***
Tutto Nelle Mani Di Alice
Me lo hanno sempre detto, ho il cuore
troppo tenero, e così ho ceduto. Questa FF doveva essere una One – shot,
invece, eccomi qui con il secondo capitolo e sto già scrivendo il terzo.
Spero che quello che state leggendo
sia all’altezza del primo e che vi piaccia allo stesso modo.
Buona lettura J
Dedicato ad Angelombra e BabyBlue
Le mie lettrici campione.
Grazie per il sostegno ;)
Tutto
Nelle Mani Di Alice
L’arrivo di
Renée…Un nuovo incubo
In quella
giornata piovosa il viaggio verso Port Angeles le era sembrato fin troppo
breve, e non solo a causa del modo diguidare di Edward. L’informe macchia verde che si allungava fuori dal
finestrino della Volvo era quasi invisibile agli occhi di Bella, troppo assorta
nei suoi pensieri.
Per tutta la
notte precedente non aveva fatto altro che pensare all’arrivo di sua madre, e
ancora non riusciva a capacitarsi del fatto che, di sua spontanea volontà,
avesse deciso di arrivare una settimana prima del previsto “per dare una mano”
nei preparativi.
«Vedrai che
andrà tutto bene. Ne sono certo, ma mi dispiace che Alice ti abbia messa in
questa situazione». Cercò d’incoraggiarla Edward.
«Già, ma
dovevo aspettarmelo, in fondo Alice è sempre Alice. Comincio a pensare che
questa faccenda stia facendo impazzire tutti. E’ troppo tardi per tornare
all’opzione Las Vegas?» Chiese con voce quasi implorante, ma Edward scoppiò a
ridere.
«Amore non
fare così, manca solo una settimana. E Se le cose dovessero andare troppo oltre
scapperemo».
«Lo prometti?
Ma sarà una settimana lunga, molto ma molto lunga». Edward annuì e le sorrise
scompigliandole i capelli.
«Siamo in
anticipo. Ci vorrà almeno mezz’ora prima che l’aereo atterri».
«Bene così
avrò ancora un po’ di tempo per prepararmi psicologicamente a quello che mi
attende», sospirò quasi contenta, osservando l’orologio interno dell’auto.
«Se vuoi ho
un’idea migliore…» Le sussurrò mentre parcheggiava in uno dei posti più vicini
all’entrata dell’aeroporto.
«Cioè? Giri
la macchina e andiamo a Las Vegas?»
«No, molto
meglio…» Così dicendo l’attirò a sé e la baciò.
Quando Bella
s’allontanò da lui lo guardò attentamente.
«Stai
cercando di distrarmi?» Chiese sospettosa, Edward non rispose ma sfoderò il suo
solito sorriso sghembo al quale sapeva che lei non era in grado di resistere.
«Funziona!» Esclamò rannicchiandosi ancora contro di lui.
Restarono
così, abbracciati, per parecchi minuti poi sospirando Edward indicò ancora
l’orologio.
«Dobbiamo
andare manca poco». Bella mugugnò qualcosa che suonava tipo “mai in ritardo
quando serve”, ma nonostante questo scese dall’auto e si avviò mano nella mano
con lui verso la pista d’atterraggio.
L’addetto del
personale di terra non fece in tempo ad aprire il portellone dell’aereo che
Renée saltò fuori e cominciò a correre in contro alla figlia.
«Piccola mia
finalmente! Questo viaggio sembrava eterno. Come stai?» Chiese abbracciandola,
senza però lasciarle il tempo di rispondere. Nel frattempo Edward prese tutti i
bagagli di Renée e tornò da loro in pochi istanti. «Oh grazie Edward sei il
solito gentiluomo. Lascia prendo qualcosa anche io», tentò di dire.
«Non si
preoccupi Renée, ce la faccio. Andiamo, l’auto non è lontana», e così dicendo
fece strada.
A Bella, Il
viaggio di ritorno, non le era mai sembrato così lungo. Renée continuò a
parlare delle varie scomodità che aveva riscontrato nel suo coast to coast,
lasciando perplessa la figlia e visibilmente divertito il futuro genero.
«Allora,
ditemi. Come procedono i preparativi? Alice mi ha detto che è a buon punto».
Bella
trasalì.
«Ecco… Sì
direi che sono a buon punto. Tralasciando le sue idee bizzarre». Ma si pentì
immediatamente d’aver detto quelle parole.
«Quali idee?»
«Non ho
capito bene, ma credo che centrino delle colombe bianche… O cose simili»,
rispose vaga.
«Colombe? Che
idea grandiosa! Edward tua sorella è un genio», esclamò entusiasta. Bella alzò
gli occhi al cielo mentre Edward trattenne a stento una risata.
Finalmente a
casa si sentì meglio, sicura che nel ritrovarsi lì dopo quasi diciannove anni,
avrebbe sicuramente distratta sua madre dall’argomento matrimonio.
Sfortunatamente non andò così.
Appena
entrata diede una rapida occhiata alla casa poi sistemò i bagagli in un angolo
del salotto, prima di tornare da loro sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori.
«Bene, cosa
ne dite di andare da casa tua, Edward? Sono impaziente rivedere il dottor
Cullen, Alice e di conoscere il resto della tua famiglia», esclamò.
«Ma come, non
sei stanca? Potresti fare una doccia rilassante e riposarti un po’, il viaggio
è stato lungo. Domani con calma possiamo andare da loro».
«Non sono poi
così stanca. Ma hai ragione, mi faccio una doccia, mi cambio poi possiamo
andare». E così dicendo prese una valigia piuttosto grossa, il suo beautycase e
si dileguò al piano di sopra.
Bella, ancora
sconcertata, si lasciò cadere stancamente sul divano. Edward la raggiunse
subito e l’abbracciò.
«Quella donna
è incredibile…» Sospirò.
«Sembra
allegra, ma in realtà è molto turbata. Cerca di assecondarla».
«Cosa vuoi
dire? Nasconde qualcosa?»
«Ora capisco
che non scherzavi quando dicevi che Renée è contraria ai matrimoni “precoci”.
Sta cercando di fare del suo meglio per non farlo capire, ma non è ancora del
tutto convinta». Bella pensò attentamente a quelle parole.
«Ecco svelato
il mistero. Mi sembrava fin troppo entusiasta di questa cosa. Era sospetta…»
«Lo fa per
te, perché ti vuole bene». Bella annuì e sprofondò ancora di più tra le sue
braccia.
A casa Cullen
il lavoro era frenetico. Alice, tra una telefonata e l’altra, correva su e giù
dalle scale e dentro e fuori ogni stanza per tenere tutto
sottocontrollo.Persino Jasper sembrava rassegnato, visto che i suoi tentativi
di calmare la compagna erano risultati tutti vani.
Improvvisamente
però Alice si bloccò ai piedi della scala.
«Cosa c’è che
non va? Vedi qualcosa di strano?» Chiese Jasper, andandole vicino.
«Stanno
arrivando. Renée ha deciso di venire qui per conoscervi. Chiama gli altri, e
preparatevi. Avete venti minuti», rispose. Jasper annuì e andò al piano di
sopra.
Esattamente
venti minuti dopo, Edward entrò in casa seguito da Bella ed infine da Renée, la
quale era rimasta estasiata dall’abitazione dei Cullen.
«Wow questa
casa è stupenda! Complimenti». Esclamò continuando a guardarsi in torno.
«Renée
benvenuta! È bello rivederti!» Alice comparve improvvisamente in cima alle
scale.
«Ciao Alice,
anche io sono contenta di rivederti. L’ultima volta non è stata delle
migliori».
«Già. Vieni
ti presento il resto della famiglia».
Si diressero
verso il salotto dove ad attenderli c’era la famiglia al completo, tranne
Carlisle che era di turno in ospedale. Ad uno a uno si presentarono tutti,
stando attenti a non avvicinarsi mai più del dovuto per non mettere in
soggezione l’ospite.
Renée, per la
prima volta dal suo arrivo, rimase senza parole vedendo quella strana famiglia
allargata. Tutti erano così diversi ma incredibilmente simili nel modo di fare
così aggraziato e affascinante. Emmett in particolare attirò la sua attenzione
e non solo per la sua presenza imponente, ma anche per il modo affabile di
porsi sfoderando un sorriso semplicemente abbagliante mentre gli stringeva la
mano.
Bella osservò
attentamente la madre per qualche istante poi si accorse dello sguardo
minaccioso di Rosalie, corse ai ripari.
«Bene, hem…
Alice, mia madre era ansiosa di conoscere tutti i dettagli che hai ideato». Si
affrettò a dire.
«Ma certo!
Vieni con me, è tutto in camera mia. Andiamo!» Esclamò entusiasta.
«E tu vieni
con noi…» Sibilò Bella tenendo bel salta la mano di Edward tra le sue e
trascinandolo di sopra con loro.
La stanza di Alice era, se possibile, ancora
peggio del giorno precedente. Proprio al centro erano state sistemante delle
riproduzioni in scala di 12 colonne di marmo bianco decorate da nastri e
fiocchetti vari bianchi e rosa, mentre sul tavolo vicino alla finestra c’erano
grandi mazzi di fiori che probabilmente dovevano servire per il Bouquet.
«Alice, cosa
sarebbero queste… Cose?» Chiese allibita avvicinandosi cautamente alle colonne.
«Ecco ho
pensato che un po’ di scenografia non sarebbe stato d’intralcio. Certo qui non
rendono l’idea, ma pensa alla scena: Tramonto, non confido nel bel tempo ma che
almeno non piova, tutti gl’invitati seduti ai due lati delle colonne, mentre al
centro un bel tappeto rosso cosparso di petali di rose bianche e rosse, tu che
cammini verso l’altare con tuo padre, che starà attento a non farti cadere,
mentre tutti ti guardano estasiati». Mentre parlava, Alice mimava la scena
personalmente scatenando così le risate soffocate di Edward, la meraviglia in
Renée e il panico più totale in Bella.
«Alice ti
avevo detto di non esagerare…» La rimproverò Bella mentre esaminava più
attentamente le colonne, le quali a prima vista sembravano davvero fatte in
marmo ma osservate più attentamente si capiva che erano di polistirolo, la base
era quadrata mentre il blocco centrare era rotondo con delle piccole
scanalature in torno alle quali era avvolto del tulle rosa pallido.
«Ma non ho
esagerato. Questo è il minimo indispensabile per un matrimonio che si ricordi per
l’eternità». Si difese, noncurante dell’occhiataccia di Bella.
«Tesoro,
Alice ha ragione. Deve essere tutto perfetto e indimenticabile. Durante il
viaggio di ritorno dall’aeroporto hanno accennato a delle colombe bianche…»
«Oh sì le
colombe. Ho preso spunto da una pubblicità, ma questi due guastafeste mi hanno
bocciato l’idea».
«Io, invece,
la trovo un’idea fantastica. Sarebbe una cosa carina se a farle volare fossero
dei bambini, oppure, cosa ne pensi di un grande cesto bianco da aprire al
momento opportuno?»
«Fantastico!
Per quanto riguarda i bambini non ci sarebbero problemi potremmo chiedere ai
fratellini di Angela una nostra compagna di classe, ma credo che la cesta sia
meglio. Ora che ci penso ieri abbiamo fatto delle prove per il trucco e la
messa in piega, ho scattato delle foto, vuoi vederle?»
«Certo! Bella
non me l’aveva detto». E così s’immersero in un mondo tutto loro fatto di
esclamazioni del tipo “Stupenda!”, “è così romantico” oppure “sarà tutto
fantastico e perfetto”.
Bella e
Edward rimasero per un po’ ad osservarle entrambi senza parole nel verificare
quanto quelle due fossero affiatate.
«Scappiamo in
camera mia?» Le sussurrò ad un orecchio.
«Non credo
che sia il caso di lasciarle sole, tremo alla sola idea di cosa potrebbero
combinare insieme».
«Vedrai che
non ci saranno problemi. Andiamo». E così si dileguarono, lasciandole libere di
confabulare tra loro.
Dopo tutte
quelle ore trascorse al limite dell’assurdo, la camera di Edward le sembrò un
caldo e comodo rifugio e appena ci mise piede puntò dritta verso il letto sul
quale si lasciò cadere con un gemito di esasperazione.
«Non ci posso
crede è tutto così… così…» Mugugnò, «quelle due sono vere e proprie calamità
naturali. Stanno complicando tutto più del necessario. Non sarà più la cosa
intima che avevamo pensato noi».
Edward la
lasciò sfogare per un po’, poi decise d’intervenire accendendo lo stereo così
che le prime note delle melodie composte da lui per le persone che più amava al
mondo avvolgessero tutta la stanza.
Bella smise
all’istante di lamentarsi, si mise seduta a gambe incrociate e lo guardò con
riconoscenza, quelle sinfonie avevano il potere di calmare ogni sua ansia.
«Meno di una
settimana, giusto?» Edward annuì avvicinandosi tendendogli entrambe le mani,
senza smettere di sorriderle. Come ipnotizzata le afferrò e si lasciò
trascinare in piedi.
Senza che se
ne accorgesse stavano già ballando abbracciati al centro della stanza, ma non
le importava di cadere. In fondo, quello che conta è chi guida. Sorrise a se
stessa ripensando a quella frase che molto tempo prima gli aveva sentito
pronunciare.
«Sarà tutto
perfetto anche a modo loro», le sussurrò per poi baciarle la testa. «Saremo
insieme per l’eternità, è questo che conta. Ti amo amore mio».
«Ti amo anche
io», e si strinse ancora di più a lui.
Da uno
spiraglio aperto della porta, Renée osservava, rapita, quella scena.
«Si amano
davvero, giusto?» Chiese ad Alice.
«Sì, è così»,
confermò. Renée annuì e si allontanò per lasciargli un poco di privacy.
Charlie tornò
a casa prima del solito e rimase perplesso per qualche istante osservando il
tavolo della “sua cucina”, invaso da foto, nastri, nastrini, e una quantità
assurda di fiori che avevano diffuso il loro profumo per tutta la casa, mentre
Renée e Bella discutevano animatamente di qualcosa che non riuscì bene a
capire.
«Si può
sapere cosa sta succedendo qui?» Chiese quando si rese conto che, prese
com’erano dalla discussione, non lo avevano nemmeno sentito entrare.
Bella scattò
in piedi facendo quasi cadere la sedia.
«Papà! Scusa
non mi ero resa conto che fosse così tardi. Preparo subito la cena».
«No, non ti
preoccupare sono uscito prima per…Ciao Renée, benarrivata». Si affrettò a
salutare.
«Ciao
Charlie. Scusa se abbiamo invaso il tavolo».
«Abbiamo??
Tu hai invaso il tavolo».
«E’ colpa
tua. Sei tu che non ti sei ancora decisa a scegliere i fiori per il Bouquet».
«Non è vero.
Siete tu e Alice che non volete ascoltare le mie richiese».
«Certo! Tu
sei fissata con i fiori di campo… Che cosa ridicola».
«Ma sono i
miei preferiti…» E mentre lo diceva ripensò alla loro radura che in quella
stagione era invasa dai mille profumi dei fiori che ne ricoprivano l’intera
superficie.
«Cosa ne
diresti, invece, delle rose bianche?» Bella lanciò uno sguardo di supplica al
padre.
«Io trovo che
siano belli i fiori di campo…» Tentò di dire ma si bloccò all’istante vedendo
l’occhiataccia di Renée, «ok, cosa ne dite di continuare la discussione
domani?» tradotto “appena io sarò andato al lavoro”. «Ora mangiamo».
Nel giro di
un’ora si ritrovarono seduti a tavola parlando del più e del meno come per
esempio della cerimonia del diploma, alla quale Renée non era riuscita a
partecipare a causa dell’infortunio del marito Phil, o della conseguente festa
a casa dei Cullen. Poi però Renée non riuscì a trattenere uno sbadiglio.
«Devi essere
esausta dopo un viaggio del genere. Ti cedo la mia camera se vuoi. Io posso
dormire sul divano». Si offrì Charlie.
«Non essere
sciocco non ti priverò della tua stanza. Io posso dormire con Bella», e una
scintilla le attraversò lo sguardo.
Bella non
riuscì ad emettere suono, troppo sconvolta.
«Ma la sua
stanza è troppo piccola…»
«Non ti
preoccupare, staremo benissimo. Vero? Sarà come fare un pigiama party!»
«Papà ha
ragione, staresti più comoda nella…» Tento di dire Bella, ma Renée non volle
sentire ragione e portò tutte le sue cose in camera.
Riluttante ma
rassegnata, Bella la seguì al piano di sopra e l’aiuto a sistemare i bagagli.
Charlie,
naturalmente, aveva ragione, la stanza era piccola ma in qualche modo
riuscirono a sistemare vicino al letto una brandina da campeggio e dopo varie
insistenze da parte di Bella, Renée accettò di dormire nel letto lasciandola
alla figlia.
Rimase per
qualche minuto ad osservarla mentre sistemava al meglio quel letto
improvvisato, e non riuscì a non pensare alla scena che aveva visto quel
pomeriggio a casa Cullen. Il modo in cui Edward guardava la figlia, così
attento e premuroso, così innamorato. Certo erano giovani, forse troppo, ma
qualcosa dentro di lei la spinse a credere che quell’amore sarebbe durato per
sempre.
«Bella», la
chiamò, «potresti sederti qui con me un attimo? Devo parlarti».
Bella lasciò
cadere il cuscino scompostamente sopra alla coperta e obbedì, improvvisamente
ansiosa e forse un poco spaventata di conoscere i veri pensieri della madre.
Era sicura che stesse per arrivare il momento della ramanzina sul fatto che erano
troppo giovani per sposarsi eccetera, eccetera.
Ma Renée,
ancora una volta, la stupì.
«Non mi
guardare così. Non è come pensi», si affrettò a dire.
«A no?»
Chiese dubbiosa Bella.
«No. Ho
capito che tra te e Edward c’è qualcosa di speciale. Poche persone al mondo
possono dire altrettanto. Certo siete giovani, ma anche aspettando dieci anni
sono certa che non cambierebbe niente tra di voi. Quindi…» S’interruppe e prese
qualcosa dalla borsa che teneva vicino a sé. «So che ti serve qualcosa di
regalato, e ho pensato che questi sarebbero stati l’ideale» e così dicendo le
porse una scatolina nera.
Bella la
prese tra le mani, confusa.
«Erano di tua
nonna Marie, prima che se ne andasse mi ha fatto promettere che te li avrei
dati per il tuo matrimonio. Ed eccoci qui». Sorrise un poco imbarazzata
pronunciando quelle parole.
Bella osservò
attentamente gli orecchini che ora brillavano protetti dal statin nero.
Erano
semplici ma molto graziosi. Due diamanti quadrati incastonati nell’oro bianco
brillavano alla luce della lampada disegnando giochi di luci tutt’intorno.
«Sono
bellissimi… Grazie!» Sussurrò cercando, inutilmente, di trattenere le lacrime.
«Sono
contenta che ti piacciano», esclamò abbracciandola.
La stanchezza
prese il sopravvento su Renée poco dopo. Così Bella cercò di fare il meno
rumore possibile per non disturbare il suo meritato riposo.
Se ne stava
alla finestra della camera osservando ancora gli orecchini che le aveva
regalato ripensando alla nonna. I suoi pensieri però vennero interrotti da uno
strano movimento nel giardino.
«Ciao», le
sussurrò baciandola dopo essersi appollaiato sul bordo della finestra, «vedo
che non sei sola», visibilmente deluso nel trovare Renée in camera.
«Già, ha
insistito così tanto che non ho saputo dirle di no», cercò di giustificarsi.
«Non ti
preoccupare. Ci vediamo domani e potremo stare tutto il giorno insieme» le
disse ricominciando a baciarla.
«Speriamo…»
Sussurrò lei.
Cosa ne dite? Vi è piaciuto? Spero davvero di sì. Mi sono
impegnata molto, anche se devo dire che mi convince poco ma forse è solo il mio
pessimismo cosmico che mi perseguita.
Vi do solo un piccolo spoiler sul terzo capitolo: preparate
l’insulina perché sarà in perfetto stile Cucciola_83.
Per chi non lo sapesse questo vuol dire alto contenuto
zuccherino ;)
So che vi
faccio sempre aspettare tanto per un capitolo, ma è la prima volta che mi trovo
a pubblicare in contemporanea alla scrittura di una storia, di solito le
finisco e le rileggo mille volte (anche se, visti gli errori, non si direbbe
^^’).
Come promesso
questo capitolo è ad alto contenuto zuccherino, quindi preparatevi, ho cercato
di non esagerare ma ho notato che le cose zuccherose, a volte, mi riescono
bene.
Buona
lettura ;)
Dedicata ad Angelombra che è la mia
consulente ufficiale
E BabyBlue, che anche se la facciamo
impazzire con l’attesa,
Legge pazientemente tutto.
Tutto Nelle Mani Di Alice
Il passato
Sfortunatamente
per Edward e Bella, le cose, non migliorarono. Anzi, se possibile peggiorarono.
Nei giorno
seguenti l’arrivo di Renée non riuscirono quasi mai a ritagliarsi uno spazio
per starsene da soli.
«Basta! Non
la sopporto più! Ti rendi conto che è venuta persino al cinema con noi?» Urlò
Bella appena la madre entrò in casa, lasciandoli da soli per la prima volta in
tutta la giornata.
«Già, ma
vuole solo passare un po’ di tempo con te», cercò di calmarla.
«Un po’ di
tempo? Non le bastano le mattinate di compere, i pomeriggi con Alice sommerse
nel tulle e fiori dagli odori nauseanti. E come dimenticare le notti in camera
mia. Sai, mi mancano le nostre nottate insieme», mugugnò.
«Mancano
anche a me, non mi piace stare lontano da te, soprattutto di notte. Ma teniamo
duro, quando saremo sposati non credo che entrerà in camera nostra», rise.
«Non ci
scommettere», sentenziò cupa.
Arrivato a
casa, Edward, continuò a pensare al viso afflitto di Bella. Vederla così gli
faceva male, ma come fare per farla tornare a sorridere? Improvvisamente gli si
accese una lampadina, non sarebbe stato facile a ci avrebbe provato.
«Emmett,
Jasper avete da fare? Vorrei proporvi una sorta di “missione”». Chiese ai
fratelli che se ne stavano in salotto apparentemente intenti a guardare la tv.
«Più che
altro ci annoiamo. Cos’hai in mente? Una battuta di caccia?» Chiese Emmett.
«Ma se ci
siamo andati ieri? Sei insaziabile». Lo ammonì Jasper.
«Senti chi
parla». Ringhiò.
«Ok, basta
discutere, abbiamo poco tempo e tanto da fare». E così, dopo averli messi a
tacere cominciò ad illustrare il suo piano, interrotto di tanto in tanto da
esclamazioni del tipo “idea geniale”, “perfetto”, che non lasciavano presagire
niente di buono.
Dopo circa
due ore, però, vennero interrotti da Rosalie e Alice. Quest’ultima aveva lo
sguardo offeso e, con una rapida occhiata fulminò Edward.
«Che c’è?
Tanto prima o poi saresti arrivata, che bisogno c’era di dirtelo?» Chiese lui,
leggendo nella mente della sorella tutto il suo disappunto.
«Si tratta di
buone maniere, tutto qui. E poi voi tre cosa vorreste fare? Non sapete che per
certe cose ci vuole il magico tocco femminile?» Rispose, i tre ragazzi si guardarono
disorientati.
«Mentre voi
eravate qui da ore a discutere, Lei, ha già sistemato praticamente
tutto» intervenne Rosalie indicandola. Tutti si voltarono verso Alice, la quale
sorride soddisfatta.
«Ok, sentiamo questo geniale
piano». La sfidò Emmett, e lei non se lo fece ripetere due volte, si sedette a
terra vicino a loro e cominciò a spiegare.
Sdraiata nel
suo “letto”, Bella ripensava con nostalgia alle molte notti passate tra le
braccia di Edward. Quella stanza sembrava vuota senza di lui e, come ogni volta
che rimaneva sola, una strana ansia l’attanagliava.
«Come mai non
dormi?» Si sentì chiedere nell’oscurità.
«Non ho molto sonno oggi». Mentì.
«Sei agitata,
vero?»
«Un po’. Sai
che non sopporto queste cose così… Ufficiali»
«In questo
assomigli molto a tuo padre. Ma vedrai che poi ne sarai felice, quando
ripenserai a quel giorno avrai solo bei ricordi».
«Speriamo»,
sospirò. Renée rise della scarsa fiducia della figlia.
«Ora
dormiamo. Domani sarà una giornata intensa. Arriveranno quelli del catering per
definire il menù. E non solo loro».
«Ok, buona
notte mamma», si affrettò a rispondere per evitare il lungo elenco degli
impegni che l’aspettavano.
«Buonanotte
tesoro».
Come previsto
il giorno seguente fu una giornata infernale per Bella, tra quelli del catering
e i fiorai non riuscì quasi a respirare. Tutti chiedevano il suo parere per
cose assurde come il colore dei tovaglioli da abbinare alle tovaglie e ai
centrotavola. Per fortuna al suo fianco c’erano Alice e sua mandre che
riuscirono a risolvere anche quei problemi “d’importanza capitale”. Poi però
Esme richiamò l’attenzione di Renée su dei fogli di pergamena, allontanandola
da loro.
«Alice, sei
sicura che tutta questa roba sia necessaria?» Chiese Bella.
«Certo! Ma
ora stammi a sentire, ormai è risaputo in tutto il mondo che non ami le
sorprese, quindi ti dico che per questa sera non devi prendere impegni con
nessuno. Vestiti bene ma con scarpe comode»
«Cos’hai in
mente?» Chiese preoccupata Bella.
«Niente di
preoccupante, Emmett, Jasper e Rosalie, passeranno da te questa sera alle otto
in punto, quindi vedi di essere puntuale. Io, Esme e Carlisle penseremo a
tenere occupati Charlie e Renée». Rispose vaga.
«Emmett,
Jasper e Rosalie? Ma perché…» esclamò sorpresa, non era mai uscita da sola con
loro tre.
«Aspetta e
vedrai. Domani ci ringrazierai», e così dicendo le fece l’occhiolino.
Bella la
osservò, sbalordita. Cos’avevano in mente quei pazzi di vampiri?
Quella sera
nella sua stanza Bella passò in rassegna tutto il suo guardaroba con sguardo
rassegnato, nonostante tutto era sempre poco fornito. Per fortuna quella sera
non era freddo quindi avrebbe potuto lasciare a casa la giacca, ma il resto era
tutto un’incognita.
«“Vestiti
bene ma con scarpe comode”… Grazie tante Alice bell’aiuto…» Sbuffò.
«Potresti
mettere la camicetta blu e i Jeans. Oppure, quello che ti ha regalato Alice per
il diploma». Suggerì sua madre facendo capolino dalla porta.
«Credo che
non avrò altra scelta», sospirò e così cominciò a cambiarsi e a sistemarsi i
capelli.
Alle otto in
punto qualcuno bussò alla porta.
Charlie
avrebbe dovuto essere abituato nel trovarsi di fronte i fratelli Cullen,
invece, puntualmente rimaneva a fissarli sbalordito, ogni volta.
«Salve
Charlie, come sta?» Chiese Rosalie.
«T…Tutto bene
grazie. Vedo che ci siete tutti, o quasi», rispose spostandosi per farli
entrare.
«Edward
arriverà più tardi, aveva delle cose da finire a casa». Rispose Jasper.
«Capisco».
«Bella è
pronta?» Chiese Emmett.
«Eccomi!»
Urlò lei dal piano di sopra e facendo attenzione a non cadere per le scale, li
raggiunse in salotto cercando, senza grosso successo, di apparire tranquilla
per quell’uscita così inaspettata.
«Perfetto,
andiamo. Non vorrei fare tardi», intervenne Jasper.
«Dove andiamo
di preciso?» Chiese Bella, ancora incerta sulla serata che l’attendeva.
«Non essere
impaziente, è una sorpresa…» Rispose Emmett, facendole l’occhiolino.
«Arrivederci
Charlie, Renée. A presto» Salutò per tutti Rosalie.
L’atmosfera
in auto era strana. Bella, seduta sul sedile posteriore della Jeep di Emmett
con Rosalie, si sforzava di apparire tranquilla ma poteva ingannare tutti
tranne Jasper.
«Non essere
nervosa, Bella. Non ti fidi di noi?» Chiese.
«Certo che mi
fido di voi, è solo che… E’ una cosa nuova tutto qui», cercò rispondere il più
sinceramente possibile.
«Tieniti
forte, ora comincia il pezzo divertente», l’avverti Emmett.
«Cosa…» Ma
non riuscì a finire la frase perché la strada, che poco prima era molto lineare
e pianeggiante, cominciò ad impennarsi in una ripida salita decisamente
sconnessa, che la fece sobbalzare più volte.
Quel viaggio
le sembrò durare un’eternità e quando, finalmente, Emmett spense il motore
dell’auto, Bella tirò un sospiro di sollievo che scatenò le risate dei suoi
compagni di viaggio.
«Dove siamo?
E’ buio pesto» chiese cercando di mascherare la lieve isteria che l’aveva
colta, a causa del viaggio.
«Tra poco lo
scoprirai, salta su e reggiti forte», ma non era una richiesta, perché Emmett
l’afferrò e la fece volare sulle sue spalle, «si parte!» Esclamò.
Bella fece
giusto in tempo ad aggrapparsi saldamente al suo collo duro come il marmo
mentre sfrecciarono tra gli alberi della foresta. Il silenzio era totale, rotto
di tanto in tanto da brusii tra i tre vampiri, talmente bassi che non riuscì a
cogliere nemmeno una parola. Dopo un lasso di tempo imprecisabile si ritrovò
con i piedi ben piantati a terra.
«Ecco
arrivati» esclamò esultate il più grande dei fratelli Cullen.
«Ma dove? Io,
non vedo ancora niente» tutto quel fare cospiratorio e misterioso cominciava ad
irritarla.
«Aspetta e
vedrai» le sussurrò una voce che non si aspettava di sentire, alle sue spalle.
«E…Edward!
Cosa ci fai qui? C’eri tu dietro a tutta questa storia? Ma cosa…» Le parole,
anzi le domande, le uscirono a raffica dalla bocca senza che se ne rendesse
conto, ma Edward la zittì appoggiandole delicatamente un dito sulle labbra.
«Una cosa
alla volta. Voltati».
Bella obbedì
e rimase a bocca aperta.
Era stata
talmente sorpresa nel ritrovarsi Edward davanti, che non si era accorta che nel
frattempo i suoi fratelli si erano allontanati e avevano acceso una serie li
lanterne disposte in circolo nello spiazzo erboso che riconobbe come la loro
radura. Al centro dei fasci di luce era stata disposta una coperta e un paio di
cestini, da uno in particolare facevano capolino due bottiglie mentre l’altro
era ancora chiuso.
Poco distante
era stata montata una piccola tenda, sufficiente per due persone. Bella la
fissò per qualche istante, sospettosa.
«Meglio
essere previdenti, con il tempo che c’è qui non si sa mai», si affrettò a dire
Edward intercettando l’oggetto della sua attenzione.
«Bene, noi la
nostra parte l’abbiamo fatta. Buona serata», s’intromise Emmett.
«Ve ne
andate?» Chiese stupita.
«Certo, le
lanterne non hanno bisogno di altri sostegni. A domani», rispose divertito.
«Grazie di
tutto ragazzi», disse Edward con particolare riconoscenza verso Rosalie.
«A che serve
avere una famiglia numerosa, altrimenti?» rispose lei.
«Rosalie,
questo vuol dire che non ce l’hai più con me, perché voglio rinunciare alla
mortalità, voglio dire» Chiese titubante Bella.
«Hai fatto la
tua scelta. Ormai fai parte della nostra famiglia», le sorrise. Bella ricambiò
il sorriso, lieta cheanche lei,
finalmente, l’avesse accettata.
Rimasti soli, Edward, la prese per mano per
condurla alla coperta. Sedutosi di fronte a lei, cominciò ad aprire i due cesti
disponendo nel suo piatto varie pietanze dall’aspetto invitate, compresi dei
ravioli ai funghi.
«Ma questi…»
Esclamò stupita.
Edward
sorrise, «Sono quelli del ristorante italiano di Port Angeles. Come quelli
della nostra prima serata insieme, ricordi?».
E come poteva
dimenticarlo, quella sera era stata l’inizio di tutto. Uno dei più bei ricordi
che conservava nel suo cuore, senza che se ne accorgesse gli occhi le si
riempirono di lacrime.
«Perché Piangi?
Non ti piace la mia sorpresa? Avevo pensato che…» tentò di dire, ma Bella lo
fermò.
«E’ tutto
così, perfetto… Non mi aspettavo una cosa del genere», sorrise tra le lacrime.
Edward le si avvicinò e la strinse a sé.
«Non li vuoi
nemmeno assaggiare? Per vedere se sono proprio come quelli di quella sera».
Bella non se
lo fece ripetere due volte, afferrò la forchetta e ne infilzò subito uno
cominciando a masticarlo con gusto.
«Allora?»
«Sono
buonissimi proprio come allora. Ma se non ricordo male quella era stata la
serata del mio primo interrogatorio…» Lo fissò con sguardo malizioso.
«Cosa
vorresti sapere, questa volta?» Chiese titubante.
«A cosa devo
tutto lo smobilitamento della famiglia Cullen?»
«Ieri sera mi
sembravi particolarmente abbattuta, per tutta la faccenda del matrimonio e di
tua madre. Così ho pensato che ti meritavi una serata premio, per la buona
volontà che hai messo nell’affrontare il tutto. E poi anche io sentivo
disperatamente la tua mancanza», ammise infine stringendosi nelle spalle.
«E tutto
questo lo hai organizzato in un giorno?» Chiese stupita, guardandosi in torno.
«Ecco…
Veramente il piano originario era leggermente diverso», distolse rapidamente lo
sguardo da lei, la quale l’osservava con fare sospettoso.
«Sputa il
rospo, cos’avevi in mente?» Chiese ancora.
«Ok, volevo
rapirti. Con la tua nuova auto, non ci avrebbero mai riconosciuti. Emmett e
Jasper avrebbero preso la Volvo per sviare i tuoi genitori, e noi ce ne saremmo
andati via per qualche giorno, Solo noi due».
«Beh, come piano
mi sembrava… Ottimo! Ma cosa ti ha fatto cambiare idea?»
«Le poco
velate minacce di Alice. Mi ha fatto capire che se lo avessi attuato davvero ci
avrebbe trovati senza problemi e che ce l’avrebbe fatta pagare riorganizzando
tutto e facendo le cose in pompa magna». Rabbrividirono entrambi al solo
pensiero di cosa sarebbe stata in grado di fare.
«Questo,
allora, è il piano B?»
«No, questo è
quello che ha organizzato Alice, per impedirci di scappare. Non è molto, la
fuga sarebbe stata meglio. Ma almeno siamo insieme e da soli, finalmente», così
dicendo le sfiorò la fronte con le labbra.
«Grazie, ma non mi merito tutto questo», sussurrò lei stando tra le
sue braccia.
«Sì invece. Ti meriti tutto questo, e molto, molto di più».
«A me basta avere te, per l’eternità».
«Sono già tuo, e lo sarò per l’eternità».
Bella sorrise contro il suo petto, sentirgli dire quelle parole le
mandò il cuore a mille.
Sfortunatamente dal cielo cominciarono a cadere lievi gocce di
pioggia.
«Vieni, non vorrei che ti prendessi un raffreddore a pochi giorni dal
grande evento», e così dicendo la precedette nella tenda portando con se due
lanterne.
All’interno, la tenda, non era esattamente come Bella se l’era
immaginata. C’erano molte coperte dall’aspetto morbido e accogliente con dei cuscini
in coordinato.
«Questa è decisamente più comoda di quella dell’ultima volta», rise.
«Vero, sto migliorando come arredatore d’interni», rispose
avvolgendola in una delle coperte e abbracciandola.
«E’ bello stare qui. Mi sento in pace, lontano da tutto quel caos che
hanno creato quelle due»
«Mi dispiace averti sottoposto a tutto questo. Non immaginavo che si
sarebbe complicato così tanto».
«Non ti preoccupare, non fa niente».
Ma Edward non era tranquillo, qualcosa continuava a ronzargli in
testa mentre giocherellava con la mano sinistra e in particolare con l’anello
che Bella portava all’anulare.
«Cosa c’è?» Chiese Bella alzando lo sguardo.
«Niente stavo pensando». Bella rimase in silenzio, in attesa che
proseguisse.
«Ecco, casa tua è piena di foto di quando eri piccola. E anche Renée
ce ne ha fatte vedere alcune».
Bella sgranò gli occhi.
«Quando??» Urlò.
«Quando Alice ti ha trascinata a ritoccare il vestito, ma le avevo
viste anche nella sua mente. Sai, eri molto carina da piccola».
«Ricordami di strangolare mia madre quando torniamo a casa», sbuffò,
«ma c’è dell’altro, vero?» Chiese. Edward annuì.
«Ho visto il tuo viso stupito quando Carlisle ti parlava di me, prima
che mi trasformasse intendo. Quindi volevo farti vedere una cosa che ho
recuperato dalla mia vecchia casa prima di fuggire da Chicago», così dicendo
prese una sorta di libro dalla copertina di pelle scurita e rovinata dal tempo
e glielo mise davanti. «Aprilo».
Bella se lo rigirò per qualche minuto tra le mani, ancora incerta sul
suo contenuto. Accarezzò delicatamente la pelle, sentendone le increspature
sotto le dita, delineò i contorni delle lettere dorate leggermente sbiadite che
formavano il cognome Masen.
«Non ti morde», la prese in giro.
Lo aprì.
La prima cosa che vide fu la foto in bianco e nero di un bambino,
doveva avere all’incirca un anno, forse meno. Era sdraiato tra dei cuscini,
ciocche di capelli disordinate adornavano la testa, il viso era tondo, come
quello di molti bambini, mentre due occhi vivaci e curiosi la fissavano. Lo avevano
vestito di bianco con le manche a sbuffo da cui a malapena spuntavano le
manine, Bella riuscì a stento a trattenere un sorriso divertito.
«ok, forse quella voto è decisamente imbarazzante», commentò lui, se
avesse potuto, probabilmente sarebbe arrossito.
«Questo sei tu?» Chiese stupita, Edward annuì. «Eri adorabile da
piccolo!» Esclamò.
«Vuoi dire che ora non lo sono?» Chiese fintamente offeso.
«Non ho detto questo…» Ma lui scoppiò a ridere, adorava prenderla in
giro.
Bella sbuffò prima di ricominciare a sfogliare l’album. Le foto
seguenti lo ritraevano in vari momenti della sua vita, con i genitori in quella
che doveva essere una ricorrenza speciale.
«Carlisle aveva ragione, assomigli molto a tua madre», ma lui non
rispose, si limitò a stringersi nelle spalle vagamente imbarazzato.
Bella voltò un’altra pagina.
«Questo era il mio precettore», commentò Edward nella speranza di
cambiare discorso.
«Non andavi a scuola?»
«No, studiavo a casa. Ti confesso che era piuttosto noioso».
«Lo immagino…» Bella si bloccò di colpo, fissando a bocca aperta una
foto che lo ritraeva quasi in primo piano.
Un Edward molto simile a
quello che le sedeva ora accanto era seduto davanti alla finestra aperta, non
fissava la macchina, non era nemmeno in posa come in tutte le altre. Il suo
sguardo era perso in chissà quali pensieri, mentre fissava il cielo.
«Mia madre aveva una strana passione per le macchine fotografiche,
questa me l’aveva scattata di nascosto. Sai, quelle grosse macchine
fotografiche ingombranti, le adorava».
«Quanti anni avevi?» Chiese, dopo aver ritrovato l’uso della parola.
«Credo quindici forse sedici, non lo so di preciso. Ti piace?» Le
chiese incuriosito.
«Molto. Peccato che sia in bianco e nero, anche se così ti dona
un’aria più misteriosa».
«Beh l’originale ce l’hai qui davanti…»
«Già e amo tantissimo quello che vedo. Ma sai, Carlisle mi ha detto
che avevi gli occhi verdi… »
«E’ vero, se vuoi possiamo farla ritoccare al computer», propose.
«Non è necessario, come dici tu l’originale ce l’ho qui con me», sorrise
accoccolandosi meglio contro il suo petto marmoreo.
«Non è proprio la stessa persona…» Sussurrò lui.
«No, infatti, forse è anche meglio» rispose lei voltandosi e
baciandolo, «Sai, il topazio è il mio colore preferito».
Edward riposò le labbra sulle sue, incapace di trattenersi,
avvolgendole la vita con le braccia per stringerla ancora di più a sé.
«Ti amo» le sussurrò mentre le sfiorava il collo.
«Anche io, non sai quanto» riuscì a rispondere col poco fiato che le
era rimasto in gola.
Spero
che questo capitolo non abbia deluso le vostre aspettative, io ce l’ho messa
tutta come sempre.
Ora
un po’ di ringraziamenti:
Locke:
grazie mille, dico davvero i tuoi commenti mi fanno sempre commuovere;
_Natsuki_:
mi sono riletta talmente tante volte i libri che ormai Alice mi sembra di
conoscerla da sempre, ma forse sono malata io hihih;
jena92,
momob e pazzerella_92: ho cercato di postare il più in fretta possibile spero
di non avervi deluso;
Iside5:
grazie mille faccio del mio meglio per non esagerare con le descrizioni;
elyxyz:
Alla fine non è più una One-shot, mi avete convinta a continuare :p;
A
tutte le lettrici e i lettori di lumos.it (siete talmente tanti che ci
vorrebbero tre pagine per elencarvi tutti): grazie ragazzi per il sostegno che
mi date vi lovvo tanto heheh.
Vi
avverto subito, per il quarto dovreste aspettare un po’, è ancora in fase di
elaborazione, perché non so bene come e cosa scrivere, il matrimonio vero e
proprio volevo lasciarlo alla Mayer, credo che lei sia l’unica in grado di
creare la giusta magia, voi cosa ne dite? Vedremo cosa mi salterà in mente ;)
Ora
vi lascio, sperando di tornare a postare presto.
Tao
tao :* smack
Ps:
ecco il disegno (fa schifo lo so ma non sono brava in queste cose) dell’acconciatura
di Bella.
Sì ok forse un pochino, ma spero di
farmi perdonare con questo nuovo capitolo, che probabilmente sarà il penultimo.
Buona lettura. ;)
Grazie Angie.
Cosa farei senza di te!
Tutto
Nelle Mani Di Alice
Grazie Jasper
Meno due al
grande giorno, e ormai l’attività in casa Cullen era sempre più frenetica.
Ogni giorno
c’erano nuovi pacchi infiocchettati sistemati con cura su di un tavolo del
salone, mentre Alice saltellava qua e la per definire gli ultimissimi dettagli,
noncurante delle lamentele che puntualmente le venivano mosse.
In un momento
di tranquillità, Bella scese nel salone e si sedette sullo sgabello del
pianoforte di Edward, incapace di staccare gli occhi dai pacchetti che
sembravano fissarla minacciosi. Con le dita sfiorò i tasti del piano ma,
improvvisamente, una mano bianca si posò sulla sua.
«Prova così»
Le sussurrò Edward, guidandola nella pressione di alcuni tasti.
Una semplice
melodia prese vita.
«Cosa c’è che
non va? Sembri triste».
«No, non sono
triste. Mi sto godendo un po’ di tranquillità lontano da Alice».
Edward la
guardò per qualche istante, forse nel tentativo di capire cosa le passasse
davvero per la testa, fece per dire ancora qualcosa ma venne interrotto da
Emmett.
«Ed, vieni
subito qui! Alice sta esagerando mi vuole far vestire in una maniera assurda!»
Ruggì.
«Scusa, devo
andare a salvarlo dalle grinfie di Alice. Mi aspetti in camera?» Le chiese.
Bella sorrise
poco convinta e, al suo passo, si diresse al terzo piano.
Girovagando
per la stanza si soffermò per qualche minuto ad osservare l’infinità di dischi
e cd di Edward, poi si fermò davanti alla grande vetrata adornata da molte
gocce di pioggia che cadeva fitta.
In quel
momento una strana luce le attraversò lo sguardo, uscì dalla stanza e si
diresse verso il garage. Prima però passo dai Cullen, tutti radunati in camera
di Emmett e Rosalie.
«Edward posso
parlarti un attimo?» Chiese, Edward si chiuse la porta alle spalle e la seguì
in corridoio.
«Cosa c’è?»
«Ho visto che
siete tutti impegnati, così volevo andare a fare un giro, per prendere un po’
d’aria, ho bisogno di distrarmi. Ma se serve la mia presenza qui…»
«Ma certo,
vai pure, te lo meriti un po’ di riposo. Con Alice ci parlo io, almeno che…
Vuoi che venga con te?»
«No, non ti
preoccupare resta pure con la tua famiglia. Le… Ecco le chiavi della Range
Rover sono con tutte le altre?»
Edward sgranò
gli occhi stupito, «sì, le ho messe vicino a quelle della Volvo. Come mai ti
sei decisa a guidarla?» Chiese sospettoso.
«Ho pensato
che è un peccato lasciarla lì, abbandonata al suo destino. In oltre, prima o
poi dovrò prenderci confidenza, imparare a conoscerla. Ma se non ti fidi delle
mie doti di pilota prendo il Pic-up», lo stuzzicò, sapeva quando ci tenesse che
usasse il suo regalo.
«Ok, sono
curioso di sapere cosa ne pensi. Ma portati questo, non si sa mai». Disse
Dandogli il cellulare.
Bella fece
una smorfia ma lo prese e lo infilò in tasca.
«Scusa ora
devo tornare dentro, prima che quei due combinino qualcosa di disastroso».
«Va pure, ci
vediamo più tardi», e dopo avergli dato un bacio si diresse in garage.
La sua nuova
auto le sembrò ancora più grande ora che si accingeva a salirci. Prese un
grosso respiro, aprì lentamente la portiera e si mise al posto di guida notando
appena il sedili in pelle nera.
Non aveva mai
visto gl’interni di quella sorta di bestione. Si aspettava di tutto, tranne
quello che si trovo in torno. La prima cosa che notò fu il volante, il quale
non era semplicemente un volante, ma una sorta di consolle piena di pulsanti
che probabilmente erano collegati alle più svariate funzioni, forse compreso
fare il caffè per quello che ne sapeva lei. Sul cruscotto a farla da padrone
era il monitor del navigatore satellitare, mentre la radio era piena di
bottoni, molto simile a quella che le avevano regalato per il suo diciottesimo
compleanno. Il cambio automatico non la mise in allarme, in quanto anche la
macchina di Phil lo montava e qualche volta l’aveva guidata anche lei. Poi la
sua attenzione venne attirata dalle rifiniture in finto legno marrone scuro e
lucido che ricoprivano la plancia del cruscotto, del cambio e anche alcune zone
delle portiere.
Non sapeva se
sentirsi infastidita per tutti quegli optional non richiesti o esserne
affascinata. Si ripromise di pensarci mentre provava a guidarla.
Appena girò la chiave il motore prese vita
con un rombo che non aveva niente a che fare col suo vecchio pic-up, anzi.
Lentamente
uscì dal garage, ma non ci mise molto a prendere confidenza con la Range Rover
e in poco tempo si ritrovò a sfrecciare in autostrada, stando però attenta ai
limiti di velocità.
Erano passate
solo due ore da quando Bella era uscita, ma nonostante questo Edward sentiva
crescere una strana inquietudine mentre guardava fuori dalla finestra dove, nel
frattempo aveva smesso di piovere, causata forse anche dal fatto che quando
provò a chiamarla il telefono risultò non raggiungibile.
«Forse è in
una zona dove c’è poco campo. Sai bene che non è il caso che si faccia vedere
in giro con quella macchina per le strade di Forks», cercò di tranquillizzarlo
Esme, ma le sue parole non sortirono alcun effetto.
Proprio
mentre provava a chiamarla per l’ennesima volta il telefono squillò.
«Alice scusa
posso richiamarti?… Cosa?! Dov’è? Ok vado subito a riprenderla. No tranquilla,
ci penso io, grazie per avermi avvertito». Dopo aver chiuso la comunicazione
con la sorella si alzò di scatto, Mentre una serie di espressioni che variavano
dalla rabbia alla preoccupazione comparvero sul suo volto.
«E’ successo
qualcosa a Bella?» Chiese Esme preoccupata.
«Non ne sono
sicuro. Alice l’ha vista ad Olympia, ma è ancora indecisa su cosa fare. So solo
che per ora non ha intenzione di tornare», rispose senza guardarla, «vado da
lei», e così dicendo corse fuori di casa.
Rosalie e
Jasper erano intenti a sistemare al meglio la grossa moto di quest’ultimo, in
garage, quando videro arrivare il fratello in preda all’ansia.
«Cos’è
successo?» Chiese Jasper intuendo che la sua inquietudine era più profonda di
quello che dava a vedere.
«Bella…»
Rispose soltanto.
«Capisco.
L’ho sentita particolarmente irrequieta di recente ma pensavo fosse a causa del
matrimonio… Dai, Salta su, andiamo a cercarla», disse indicando la moto, Edward
annuì.
Bella se ne
stava appoggiata alla balaustra di protezione fissando la linea indistinta e
grigia che divideva il cielo e il mare, mentre le onde s’infrangevano negli
scogli sottostanti. Ora che si trovava relativamente lontana da casa, riusciva
a pensare con più lucidità, e molte preoccupazioni che prima le sembravano
insormontabili, ora avevano un aspetto, se non più chiaro, almenopiù razionale. Prima di tutto la paura.
Proprio così,
aveva paura.
Un rombo di
motore, però, la distrasse dalle sue riflessioni. appena si volto rimase
impietrita vedendo chi c’era in sella alla moto.
Jasper e
Edward, con ancora i capelli scompigliati dalla lunga corsa in moto, la
fissarono per qualche istante poi Edward annuì, forse in risposta ad una
domanda mentale del fratello il quale la raggiunse subito dopo.
«Ciao Bella».
La salutò, appoggiandosi anche lui alla balaustra, dando però le spalle al
mare.
«Ciao. E’
tanto arrabbiato?» Chiese lei, lanciando un’occhiata furtiva verso Edward. Lui,
però, era intendo a fissare un punto imprecisato dell’orizzonte.
«Più che
altro è preoccupato, sai com’è fatto», cercò di rassicurarla.
«Mi dispiace,
so che vi ho fatto preoccupare tutti. Ma avevo bisogno di stare davvero da
sola, lontano da tutto».
«Sì, credo
che sia una cosa sensata. Stai per affrontare due passi molto importanti. E’
normale a vere paura». Bella stava per negare il fatto di avere paura, ma capì
subito che era impossibile mentire a Jasper. «Credo che per te sia ancora più
dura. Molti di noi erano ad un passo dalla morte quando è successo, non si sono
nemmeno resi conto di quello che gli stava accadendo. Tu invece lo sai, e sai a
cosa stai per rinunciare».
Bella ci
pensò per qualche istante, aveva ragione, lo sapeva anche fin troppo bene. Poi
però non riuscì a fermare una domanda.
«Tu non eri
in fin di vita. A cosa…»
«La mia vita
era l’esercito. Combattevo per quello che ritenevo giusto. In un certo senso
non è cambiata molto la mia “vita”. Anche se ora ho un motivo in più per
farlo», sorrise.
«Alice?»
Chiese ancora. Jasper annuì.
«Lei è stata…
come dite voi…Ah sì, è stata la luce in fondo al tunnel. Per più di un secolo
ho vagato nel buio, combattendo senza avere un vero e proprio scopo nella vita.
Alice, per quanto possa essere bizzarra e iperattiva è la cosa più bella che mi
sia capitata. Anche se di recente mi ha sfrattato dalla nostra camera».
Continuò a sorridere divertito, ripensandoci.
«Mi dispiace.
Voglio dire mi dispiace che ti abbia buttato fuori», si scusò lei, ritenendosi
responsabile.
«Tranquilla,
mi piace vederla così entusiasta di rendesi utile. Tiene molto a te, come tutti
noi. Ti staremo vicini, non temere». Cercò di tranquillizzarla sul futuro che
l’attendeva.
«Lo so. Vi ho
sempre considerati la mia famiglia, e non vedo l’ora di entrare davvero a farne
parte. Ma lasciare i miei genitori e amici non è facile, in più ho paura di
fare loro del male», sospirò.
«Già, quella
è la cosa peggiore, resistere alla tentazione. E io lo so bene». Jasper abbassò
lo sguardo voltandosi e fissando le onde che s’infrangevano, leggere, sotto di
loro. «A proposito, non mi sono mai scusato davvero per il tuo compleanno. Non
faccio che pensare che se avessi avuto più autocontrollo vi avrei risparmiato
parecchie sofferenze», sussurrò.
Bella sgranò
gli occhi stupefatta. «Ma no, non è stata colpa tua. Sono io e la mia assurda
sbadataggine…» Tentò di dire, ma Jasper la fermò.
«Grazie
Bella, ma ho avuto abbastanza tempo per capire e prendermi le mie
responsabilità. Sai, ora va molto meglio, forse quella brutta esperienza mi è
servita da lezione. Devo dire che da quando sei entrata nelle nostre vite,
tutti abbiamo imparato qualcosa di nuovo. Chi più chi meno s’intende». Bella
divenne improvvisamente rossa in viso per quella sorta di complimento
inaspettato.
«Edward
sembra più tranquillo. Credo che non si fidasse molto a lasciarmi solo con te»,
sorrise, sentendo che il fratello aveva ripreso il suo solito autocontrollo,
«ma sono contento di essere riuscito, finalmente, a scusarmi con te. Bella,
abbi fiducia in noi, saremo sempre al tuo fianco per evitare che ti metta nei
guai».
«Ma così
perderai la scommessa…»
«Probabile,
ma troverò un modo per rifarmi. Battere Emmett in qualche altro modo non sarà
un problema». Gli fece l’occhiolino, «ora torno a casa, Alice sarà già in
ansia. Ci vediamo Bella». La salutò prima di tornare alla moto.
«Grazie
Jasper», sussurrò, ma di sicuro l’aveva sentita perché lui alzò di nuovo la
mano in segno di saluto poi mise in moto e sparì in un rombo.
Bella fissò
Edward per qualche istante, lui però era ancora intento a fissare l’orizzonte.
Esitante gli si avvicinò e lo abbracciò da dietro.
«Mi dispiace
di averti fatto preoccupare», bisbigliò. Edward sospirò poi voltandosi la prese
tra le braccia.
«Preoccupare
è dire poco. Al telefono non rispondevi, mi immaginavo già chissà quale
catastrofe automobilistica. Poi mi ha telefonato Alice e mi sono precipitato
qui».
«Vedo che hai
sempre molta fiducia nelle mie doti di pilota, grazie. Dovevo immaginare che
Alice ti avrebbe avvertito, ma avevo davvero bisogno di stare da sola per
qualche ora. Ma tanto avrai ascoltato tutta la conversazione con Jasper» disse,
alzando lo sguardo per guardarlo negli occhi.
Lui le
sorrise imbarazzato. «Scusa, è stato inevitabile. I pesci non hanno menti così
brillanti da leggere», rise per poi baciargli i capelli, «ti senti meglio ora?»
Chiese.
«Credo di sì.
Parlare con Jasper è molto… Tranquillizzante».
«Sì, per
tutto il tragitto fino a qui ho avvertito la stessa sensazione. Sono contento
che ti abbia aiutata». Sussurrò continuando ad abbracciarla.
In quel
momento Bella rabbrividì di freddo, il tempo stava per peggiorare di nuovo.
Senza dire niente Edward l’accompagnò alla macchina e al fece salire al posto
del passeggero, mentre lui andò ad accomodarsi su quello del conducente.
«Deduco che,
per il viaggio di ritorno guiderai tu», sbuffò lei.
«Credo che
sia meglio. Dubito che sarai in grado di guidare, dopo».
« “Dopo”
cosa?»
«Questo». Si
sporse verso di lei e, senza darle il tempo di capire cosa stava succedendo la
baciò fino a farle perdere il controllo, per un tempo che le sembrò indefinito.
Mentre le
labbra perfette e marmoree di lui aderivano delicatamente su quelle di Bella,
le cinse la vita con un braccio per avvicinarla un poco di più a sé, mentre con
l’altra mano le accarezzò il viso per poi giocherellare con alcune ciocche di
capelli. Dal canto suo Bella, era completamente persa sulla sua nuvola rosa
personale nella quale andava ogni qualvolta Edward la baciava in quel modo. Le
sue mani, che poco prima erano intrecciate tra i suoi capelli bronzei,
passarono sul volto cercando di tracciarne i lineamenti perfetti con la punta
delle dita. Lentamente scesero più giù verso il suo petto muscoloso e scolpito.
Resistere alla tentazione di abbassare la zip della felpa nera che indossava
quel giorno fu difficile, ma ci riuscì.
Poco dopo
Edward si allontanò e la fissò, sorridendo, con sguardo malizioso.
«Vuoi guidare
tu?» Le chiese divertito. L’unica cosa che Bella riuscì a fare fu scuotere la
testa, forse più per riprendersi dal bacio che per rifiutare l’offerta. «Bene,
torniamo a casa. Alice sarà in ansia nonostante le rassicurazioni di Jasper».
Con una
rapida manovra si immise nel flusso delle auto che a quell’ora era
particolarmente intenso, e puntò senza problemi verso casa.
Appena misero
piede in casa Cullen vennero assaliti da una poco amichevole Alice, la quale
fulminò con un’occhiata infuocata Bella prima di cominciare a parlare a
raffica.
«Eccovi
finalmente! Bella non farmi mai più una cosa del genere. Quando ho visto che il
matrimonio veniva rinviato e poi annullato per poi essere rinviate di nuovo mi
stava prendendo un colpo!».
«Mi dispiace
Alice, non succederà più. Lo prometto». Si scusò.
«Certo che
non succederà più. Puoi scommetterci che non succederà. Ti terremo sotto
stretta sorveglianza per i prossimi due giorni, a costo di legarti ad una
sedia», la minacciò puntandole un dito contro.
Bella lanciò
un’occhiata di supplica ad Edward, che la strinse di più a sé per rassicurarla,
e con il suo solito sorriso sghembo ci riuscì.
«Va bene se
non ad una sedia ad una poltrona, ma stanne certa tu il tredici percorrerai quel
tappeto rosso a costo di trascinartici». Continuò Alice non curante
dell’occhiata tra i due.
«Non ci sarà
bisogno di trascinarla. Vero, Bella?» Le chiese dolcemente Edward.
Bella annuì
senza staccare lo sguardo da quello di lui.
Alice alzò
gli occhi al cielo e si dileguò in camera sua, mentre loro due andarono in
camera di Edward per stare ancora un po’ da soli.
Sdraiati uno
di fianco all’altra, tenendosi per mano, rimasero in silenzio per parecchio
tempo apparentemente intenti ad ascoltare la musica che proveniva dalla casse
dello stereo.
Fu Edward ad
interrompere quel momento di tranquillità.
«Non mi hai
più detto cosa ne pensi della tua nuova auto», con quella domanda la spiazzò,
con tutte quelle che avrebbe potuto farle riguardo a quella strana giornata,
era incredibile che pensasse ancora a quel dettaglio.
«Ecco, è
molto… Come dire, complicata. Ha un sacco di pulsanti da tutte le parti. Sicuro
che non faccia anche il caffè o qualcosa di simile?»
«Sicurissimo,
la macchina del caffè non era tra gli optional installabili. Ma se vuoi posso
provvedere a…»
«No, grazie
va benissimo anche così, sopravviverò senza. Sarà dura ma ci proverò», lo prese
in giro.
«Ma per il
resto cosa te ne pare? Sii sincera». La curiosità che trapelava dalla sua voce
e dal suo sguardo era tangibile.
«L’adoro,
dico sul serio. Pensavo che essendo così imponente fosse difficile da guidare
ed invece è favolosa», cercò di dare alla sua voce una nota entusiasta per
convincerlo che il suo regalo le piaceva davvero e, forse, ci riuscì perché
sentendole dire quelle parole la prese tra le braccia con evidente entusiasmo.
«Davvero ti
piace? Sono felice, speravo proprio di aver indovinato. Gl’interni di pelle e
le rifiniture in finto legno sono belle vero? Ho pensato che un tocco di classe
ci sarebbe stato bene».
Bella sorrise
contro il suo torace, bastava davvero poco per renderlo felice.
«Il mio
vecchio pic-up mi mancherà, però». Ammise quando lui sciolse l’abbraccio.
«Hey non ho
mica detto che lo buttiamo via, ci sono troppi ricordi legati a quel vecchio
pensionato. In garage c’è molto spazio, un angolino per lui ci sarà sempre». La
rassicurò, anche se non lo avrebbe mai ammesso apertamente, anche lui teneva a
quel vecchio pic-up dal rombo assordante.
«Ma non sei
obbligato a…» Tentò di dire.
«Niente “ma”
il pic-up resta con noi», le strizzò l’occhio per confermare ulteriormente le
sue parole, spalancando le braccia per accoglierla.
«Bene! Mi sarebbe dispiaciuto abbandonarlo solo e triste
chissà dove», sorrise Bella accoccolandosi di nuovo contro di lui.
Spero davvero che vi sia piaciuto. Io mi sono impegnata come
sempre, ma sta a voi giudicare.
Nel precedente capitolo via
avevo detto che ero indecisa se scrivere o no del matrimonio. Alla fine mi
hanno convinta a scrivere e che Merlino me la mandi buona. Naturalmente dovrete
aspettare per leggere quel capitolo, prima ci voglio pensare per bene. Non
vorrei essere troppo affrettata.
Ora vi lascio. Ringrazio a tutti i lettori che mi stanno
seguendo in questa storia e in tutte le altre che ho già scritto.
Chiedo umilmente perdono per la lunga
attesa ma questo capitolo ha richiesto molto lavoro tra ricerche ecc.
Come avrete notato sono stata
costretta a dividerlo in due parti perché mi sono dilungata parecchio. La
seconda parte è praticamente finita quindi non dovrete aspettare tanto per
leggerla! Parola di lupetta :D
Dedicato
ad Angie e alla sua immensa pazienza
Tutto
Nelle Mani Di Alice
Il Grande
Giorno (I° parte)
«Alice, calmati!!!» Tuonò
Emmett esasperato dalla frenesia della sorella che, noncurante delle lamentele
di tutti i suoi familiari, stava dando ordini a destra e a sinistra dalle
cinque di mattina, cioè da quando aveva smesso di piovere, proprio come aveva
predetto lei.
«Ok, va bene, Visto che sei
così poco collaborativi è meglio che tu vada di sopra e porti con te Edward,
Bella sta per arrivare».
«Ok, ma cosa centra che
Bella sta per arrivare, col fatto che dobbiamo andare di sopra?» Chiese
sconcertato.
«Ma insomma Emmett! Gli
sposi non si possono vedere fino al momento della cerimonia!» Esclamò
scandalizzata dalla scarsa informazione del fratello sulle usanze tradizionali
delle cerimonie umane. Emmett alzò gli occhi al cielo poi, con il fratello,
entrò in casa.
Ma qualcosa in Edward non
andava.
«Hey fratello, tutto bene?»
«Certo…»
Non lo aveva convito con quella
risposta.
«Sì, come no. Ammettilo,
paura del grande passo?» Lo prese in giro, ma Edward lo fulminò con uno sguardo
che avrebbe incenerito una foresta. «Ok, ok, stavo scherzando. Ma lo sai anche
tu che non riuscirai mai a persuaderla ad aspettare…» Riferendosi all’imminente
trasformazione di Bella.
«Lo so bene, ormai mi sono
rassegnato da quel punto di vista. No, non è quello che mi preoccupa…»
«E cosa allora?»
Cosa mai poteva esserci di
così preoccupante per lui a parte la trasformazione in vampira della ragazza
che amava?
«Ecco, le ho promesso una
cosa, dopo che ci saremo spostati. Fino ad ora ho sempre fatto lo spavaldo, ma
adesso che ci siamo, non lo sono più così tanto». L’imbarazzo di Edward era
talmente evidente che il fratello intuì subito di cosa stesse parlando.
«Capisco. Qui serve una
riunione straordinaria… Jasper!»
«No! Non ce ne è bisogno…»
Cercò, inutilmente, di fermarlo.
«Non ti preoccupare
“Fratellino”, fidati di noi». Emmett sfoderò un sorriso smagliante che avrebbe
convinto chiunque, chiunque tranne Edward, che lo guardò di traverso e,
rassegnato, si fece trascinare dai due fratelli che cercavano con scarso
successo di soffocare le risate.
Come previsto da Alice,
Bella, Charlie, Renée e Phil arrivarono quindici minuti dopo e rimasero esterrefatti
davanti al giardino addobbato e pronto a ricevere gl’invitati.
«Ben arrivati! Tu devi
essere Phil, è un piacere conoscerti in un giorno come questo!» Cinguettò Alice
correndo verso di loro e stringendo la mando ad un al quanto imbambolato Phil.
«S…Sì, sono io, il piacere è
tutto mio, tu devi essere… Alice». Balbettò.
«Giusto! Allora, cosa ve ne
pare? Vi piace?» Chiese indicando gli addobbi e tutto il resto.
«Alice tesoro, è stupendo.
Ma avremmo potuto aiutarvi se…» Tentò di dire Charlie.
«Non vi preoccupate, ha
fatto tutto la ditta che ci ha aiutati per l’organizzazione». Si affrettò a
rispondere con viso angelico.
Bella la guardò storto, era
impossibile non crederle quando faceva così.
«Bene, Bella tu vieni con
me, è ora di cominciare a prepararsi».
«Ma mancano ancora sei
ore?!»
«Infatti, abbiamo poco
tempo. Ve la rubo per un po’ è stato un piacere conoscerti Phil. Andiamo e non
sbuffare. Renée saremo in camera mia se vuoi passare dopo». E così anche loro
sparirono all’interno della casa.
I tre rimasero per qualche
istante inebetiti dalla velocità con cui Alice aveva trascinato via Bella.
«Vi sentite anche voi di
troppo?» Chiese Phil.
«Sì, succede spesso qui.
Come se tutti fossero a conoscenza di chissà quale segreto tranne noi».
Concordò Renée.
La discussione venne
interrotta dall’arrivo di Esme che si avvicinò sfoderando un dolce sorriso di
benvenuto.
«Ben arrivati, vi chiedo
scusa per l’esuberanza di mia figlia, ma le cerimonie la emozionano a tal punto
che non riesce a stare ferma due minuti di fila. Entriamo in casa, staremo più
comodi», disse dopo aver stretto loro le mani e facendo strada.
Nel frattempo nella stanza
di Alice il dramma era ormai cominciato.
«Alice non ci penso nemmeno
ad indossare quel coso!» Urlò Bella, indicando il bustino che l’amica teneva in
mano.
«Dai fammi contenta… Ti
prego!» La supplicò Alice, sbattendo le lunghe ciglia.
«Scordatelo, tu puoi anche
fare a meno di respirare ma io, per ora, devo ancora farlo se voglio
sopravvivere».
«Provalo almeno con il
vestito, solo per vedere come ti sta. Sono certa che ti entrerà meglio con
questo».
«Alice, l’ho provato solo
pochi giorni fa e mi entrava benissimo. Non mi convincerai a metterlo con
questi trucchetti».
Improvvisamente qualcuno
bussò alla porta interrompendo il diverbio.
«Ma cos’avete da urlare voi
due?» Chiese Rosalie entrando nella stanza.
«Bella non vuole mettere
questo». Mugugnò Alice facendosi aria con il bustino.
«E per quale motivo vorresti
farle indossare quella trappola mortale? Pensavo le volessi bene, non che la
volessi morta».
Bella strabuzzò gli occhi
sentendole dire quelle parole.
«Certo che le voglio bene, e
non morirà indossandolo. Non è una trappola mortale, mi sembra molto carino,
invece»
«Sì che è una trappola
mortale, fidati di chi l’ha indossato per anni».
Ritrovandosi due contro una,
Alice fu costretta ad arrendesi, sbuffò sonoramente ignorando i ringraziamenti
di Bella a Rosalie.
«Ok va bene, ma ora
cominciamo altrimenti non faremo mai in tempo. Rosalie, hai gli appunti del
trucco?» Chiese, Rosalie annuì. «Perfetto. Tutte in bagno, si comincia!»
Nella stanza dei ragazzi la
situazione era al limite del comico, naturalmente non per Edward.
«Stai per diventare un vero
uomo, sono così emozionato per te... “Fratellino”». Lo prese in giro Emmett,
ignorando i ringhi di Edward.
«Edward non badargli. E’ un
passo importante, certo, ma Bella ti ama e non farà caso ad una tua eventuale
figuraccia». Rincarò la dose Jasper.
«Grazie mille Jasper, ora sì
che sono più tranquillo. Cosa farei senza di voi…» Sbuffò.
«Me lo chiedo anche io certe
volte». Sorrise Emmett, soffocando le risate.
«Facile parlare per voi che
state con due vampire, non rischiate di ucciderle ad ogni movimento sbagliato o
affrettato».
I due fratelli smisero
immediatamente di ridere.
«Sì scusaci, è un grosso
problema questo, ma tu hai anche molto auto controllo sono certo che andrà
tutto bene», cercò di tranquillizzarlo Jasper.
«Ma
potrei anche perderlo, non so bene cosa… Potrebbe succedere in quei… Momenti».
«In effetti non ha i tutti i
torti, è un po’ come cacciare, ci si lascia guidare dall’istinto, sarà dura
restare abbastanza lucido, ma io sono sicuro che ce la farai, ne hai superate
di peggio. Pensa a quando le hai succhiato via il veleno di James, sei stato
grande». Confermo Emmett.
«Spero davvero che abbiate
ragione…»
«Dai non ti preoccupare.
Andrà bene “fratellino”»
«E smettila di chiamarmi
fratellino…» Ringhiò.
«Ok basta, cambiamoci prima
che arrivi Alice a sgridarci come il suo solito. Non mi va di sorbirmi una
delle sue sfuriate proprio oggi».
Con la loro solita velocità
i tre fratelli cominciarono a cambiarsi e nel giro di pochi minuti si
ritrovarono a gironzolare per la stanza senza aver nulla da fare.
«Mi spiegate perché ci siamo
cambiati così presto? Mancano ancora tre ore» si lamentò Emmett giocherellando
con la sua cravatta.
«Potremmo scendere di sotto,
per vedere a che punto sono gli altri» Propose Jasper, ma proprio in quel
momento bussarono alla porta.
«Hem scusate ragazzi, vi
posso disturbare?» Chiese Charlie entrando nella stanza, anche lui vestito di
tutto punto.
«Certo Charlie entra, vedo
che anche tu sei già pronto» Rispose Jasper.
«Già, Renée ed Esme ci hanno
mandato a cambiarci come fossimo dei bambini». Ammise in forte imbarazzo, forse
per il ritrovarsi lì con i tre ragazzi.
«Perché voi due non andate a
vedere se Carlisle ha bisogno di aiuto?» Propose Edward intuendo i pensieri che
agitavano la mente di Charlie. I due annuirono ed uscirono dalla stanza.
Rimasto solo con Edward,
Charlie si scoprì ancora più in ansia, gli era sempre successo, ma ora che
stava per sposare la sua bambina aveva un altro motivo per esserlo.
«Charlie, voleva parlarmi?»
Chiese Edward incoraggiandolo, anche se naturalmente sapeva gia cosa voleva
dirgli.
«Sì, ecco… Io volevo solo…
Prenditi cura di lei Edward».
«Lo farò, Charlie non tema.
Tengo troppo a lei».
«Certo lo so. E’ solo che
siete così… Giovani. Non vorrei che magari tra qualche anno…»
«Non succederà. E non si
preoccupi faro in modo che non le succeda mai niente, la terrò fuori dai guai».
Promise.
«Grazie Edward, so che sei
un ragazzo responsabile. Mi dispiace di essere stato così scortese con te in
passato».
«No si preoccupi, era solo
preoccupato per Bella. In questi due anni ne sono successe di tutti i colori, e
la maggior parte per colpa mia. Mi dispiace».
«Credo che tutti abbiamo
avuto le nostre colpe, ma ora è tutto passato. Pensiamo a goderci questa
giornata», tentò di sorridere, «Benvenuto in famiglia Edward, dico davvero». E
gli porse la mano.
«Grazie Charlie».
La vestizione delle ragazze
era ormai terminata, e tutte se ne stavano chiuse in camera di Alice in attesa
del momento di scendere al piano di sotto.
Bella non riusciva a stare
ferma,e continuava a percorrere avanti e in dietro tutta la lunghezza della
stanza, facendo esasperare la madre.
«Bella ti prego cerca di
stare ferma altrimenti rischi di cadere».
«Mamma non riesco a stare
ferma, quindi mi devo muovere. Sento che manca qualcosa, ma non so cosa».
«Ok, ho un’idea, siediti qui
e ricapitoliamo se c’è tutto quello che serve», propose Alice. «Qualcosa di
nuovo?»
«Il nastro da Rosalie, e il
vestito da te».
«Qualcosa di Prestato?»
«La collana di Esme».
«Qualcosa vecchio?»
«Gli orecchini di mia
nonna».
«Qualcosa di blu?»
Bella sgranò gli occhi per
qualche istante. «Ecco cosa mancava Alice!» Esclamò.
«Siete presentabili?» Chiese
una voce melodiosa fuori, in corridoio.
«Carlisle entra pure»
Rispose Rosalie.
«Wow, siete tutte stupende»,
esclamo il dottor Cullen, facendo arrossire Renée e Bella. «Volevo parlare un
poco da solo con la futura sposa, se non vi dispiace».
«Veramente abbiamo un grosso
problema da risolvere manca…» Alice si bloccò di colpo vedendo cosa teneva in
mano Carlisle.
«Sei un genio!» Urlò
saltandogli al collo.
«Non direi, sono solo un
dottore» rispose ridendo, e dandogli la rosa blu.
«So già dove metterla…»
Mormorò lei, appuntandola sulla scollatura del vestito di Bella, «perfetta! Ora
possiamo andare. Ci vediamo di sotto».
Rimasti soli, Carlisle fece
accomodare Bella sul divano e poi si sedette vicino a lei.
«Cosa volevi dirmi?» Chiese
Bella un poco agitata, era da molto tempo che non parlava da sola con lui.
«Sai Bella, Edward è davvero il figlio che ho sempre desiderato
avere. Certo, ha il suo bel caratterino lo sai anche tu, ma l’affetto che provo
per lui non è mai cambiato. Nemmeno quando più di una volta si è allontanato da
noi.
Ora lo stesso affetto che provo per lui lo provo anche per te.
Fin dalla prima volta che hai messo piede in questa casa, ti ho considerata una
di famiglia, e lo sarai sempre, anche se all’ultimo deciderai di non fare il
passo della trasformazione».
«Non mi tirerò in dietro,
ora non ho più paura, dico davvero».
«In un certo senso mi fa
piacere sentirlo, so che non è razionale, non è mai piacevole strappare via la
vita a qualcuno, ma visto che la pensi davvero così voglio prometterti che
aiuterò Edward e anche te, se vorrai, a fare questo passo, non vi lascerò da
soli, ed eviterò qualsiasi pericolo», promise.
«So che lo farai, e ti
ringrazio per questo. E ti ringrazio anche per aver accettato di celebrare il
matrimonio. E’ una cosa molto importante per noi».
«E io vi ringrazio di
avermelo chiesto. Benvenuta in famiglia piccola Bella». Sussurrò abbracciandola.
Bella rimase per qualche
istante stupita per quel gesto così affettuoso ma lo ricambiò senza esitazione.
«Grazie Carlisle».
Vi ho lasciato col fiato sospeso vero? Dai che cos’è la
vista senza un poco di suspance? Tenete duro e vi prometto che alla prossima
pubblicazione vi darò una bella notizia, forse due. Va beh chi legge il mio
blog forse ne conosce già una :p
Capitolo 6 *** Il grande giorno (seconda parte) ***
Mentre il sole, nascosto dalle nuvole stava ormai calando all’orizzonte,
gli invitati, tra cui gli ormai ex compagni di classe
Per la barba di Merlino vi chiedo
scusa! Il capitolo è pronto da un sacco di tempo ma la mia linea del telefono è
stata off per più di una settimana. L’importante è che ora sono qui giusto?
Quindi, buona lettura ;)
Dedicato
ad Angie
che è
sempre pronta a sorbirsi le mie paranoie
Tutto
Nelle Mani Di Alice
Il Grande
Giorno (II° parte)
Mentre il sole, nascosto
dalle nuvole stava ormai calando all’orizzonte, gli invitati, tra cui gli ormai
ex compagni di classe e amici di Bella e Edward, i colleghi di Charlie e quelli
di Carlisle con pochi altri, avevano ormai preso posto ai due lati del tappeto
rosso posto in mezzo alle colonne di marmo in attesa che la cerimonia avesse
inizio.
I primi a percorrere il
tappeto rosso furono Phil, Renée, in un bellissimo quanto corto vestito giallo
senza spallinee con un golfino bianco
a coprirle le spalle, ed Esme con un abito di seta rosa lungo fino alle
caviglie, entrambe tenute sottobraccio dall’uomo. Tra una sosta per salutare qualcuno
e un’altra per sistemare una decorazione che non voleva saperne di stare al suo
posto, andarono a sedersi in prima fila. Dopo di loro fecero il loro ingresso,
Emmett con Rosalie, in un abito molto elegante di una splendida tonalità di
azzurro cielo con svolazzi di chiffon leggermente più chiari, seguiti da Jasper
con Alice, con indosso un abito corto e nero cosparso di piccole gemme che
creavano bellissimi giochi di luce, eleganti ed aggraziati come sempre
lasciarono a bocca aperta tutti i presenti. I quattro si sistemarono vicino
all’altare mentre Edward li seguì subito dopo, l’abito nero che indossava, con
una rosa bianca all’occhiello, dava alla sua carnagione chiara ancora più
risalto, sorrideva ai presenti senza però fermarsi a parlare con nessuno.
All’interno della casa Bella
cercava di non andare in iper ventilazione. Nemmeno i tentativi di Charlie di
tenerla calma furono utili anzi, nel vederlo così premuroso nonostante quello
che stava per succedere la fece agitare ancora di più.
«Papà ti prego non fare la
parte del premuroso. So che odi quello che sta per succedere quanto me».
«Pensavo di averti già detto
che non m’importa se siete toppo giovani per questo passo, io…»
«Veramente mi riferivo alla
cerimonia in sé, al fatto di essere al centro dell’attenzione e dell’abito
scuro», si affrettò ad aggiungere visto che il padre aveva frainteso le sue
parole.
«Oh sì certo. Ma sei la mia
bambina, per te questo ed altro. In fondo l’accompagnare la propria figlia
all’altare è uno dei compiti dei padri».
«Grazie, papà», disse
abbracciandolo, ma si scostò immediatamente ricordandosi della rosa che Alice
le aveva appuntato al vestito, ma lo fece talmente rapidamente che se non fosse
stato per Charlie sarebbe rovinata a terra a causa dei tacchi che, sempre
Alice, l’aveva costretta ad indossare.
«Stupidi tacchi…» Mormorò
cercando di riacquistare l’equilibrio.
«Non ti lascerò cadere, te
lo prometto».
«Grazie, anche se credo che
sarebbe un’entrata ad effetto. Ora andiamo, e togliamoci il pensiero», sospirò.
Appena la videro, tutti
gl’invitati rimasero a bocca aperta, e non solo loro. Edward, senza
accorgersene aveva smesso di respirare, tanto che Emmett fu costretto a dargli
una gomitata per farlo riprendere.
Dal canto suo Bella non
sapeva cosa guardare, gli sguardi degl’invitati la mettevano in imbarazzo,
mentre quello di Edward le faceva aumentare le palpitazioni. Alla fine optò per
Carlisle, che se ne stava tranquillo e sorridente proprio al centro dei suoi
figli, pronto ad accoglierla nella sua famiglia. Quello sguardo dolce e sereno,
la fece calmare, pronta ad affrontare quello che stava per succedere.
Edward la raggiunse a pochi
passi dall’altare, sorridendo quasi imbarazzato.
«Abbi cura di lei…» Disse
Charlie affidandogliela. Edward annuì, spostando solo per qualche frazione di
secondo gli occhi per guardarlo poi tornò a Bella e non gli tolse gli occhi di
dosso fino a quando raggiunsero Carlisle, il quale cominciò subito a parlare.
«Cari amici e familiari, siamo qui riuniti oggi, per assistere
all’unione di questi due giovani ragazzi, che hanno deciso di passare il resto
della loro vita insieme.
Sapete fin da quando Edward è entrato a far parte della mia
famiglia ho sperato che trovasse sulla sua strada una persona da amare
veramente e con cui continuare il cammino della vita, così quando una domenica
mattina si è presentato a casa nostra con questa stupenda creatura al suo
fianco, sono stato davvero felice per lui anzi, per loro. Quindi, potete
immaginare il mio stato d’animo quando cihanno annunciato i loro imminente matrimonio echiesto a me di celebrarlo.
E dopo questa piccola
premessa direi di cominciare con la cerimonia vera e propria.
Edward, vuoi tu prendere Isabella come tua legittima sposa?»
Edward tornò a guardarla con
infinita intensità. «Sì, lo voglio»,e così dicendo le infilo una piccola fede
in oro all’anulare.
«Isabella, vuoi tu prendere
Edward come tuo legittimo sposo?»
Bella, ancora rossa in viso
e cercando di riprendere il controllo della voce con un bel respiro riuscì a
dire «sì, lo voglio», anche lei e gl’infilò la fede al dito.
«Con l’autorità concessami
dallo stato di Washington vi dichiaro marito e moglie. Puoi baciare la sposa».
Senza farselo ripetere due
volte Edward le prese il viso tra le mani e la baciò, quasi dimentico delle
persone che li stavano osservando e che battevano le mani.
«Ciao, Bella Cullen», le
sussurrò quando lentamente si allontanò da lei.
«Suona bene…» Commentò lei
ridendo, decisamente più rilassata ora che il peggio era passato.
«Non è stato così terribile,
vero?» Le chiese Edward mente si allontanavano dall’altare per dirigersi verso
la zona dedicata al ricevimento.
«No, direi che è stato
molto…Rapido».
«Già, come ti avevo
promesso. Ho chiesto a Carlisle di non dilungarsi troppo».
«Grazie…»
Tutti al ricevimento
sembravano divertirsi, in particolare Alice che saltellava qua e la con una
piccola macchinetta fotografica digitale in mano scattando un sacco di foto a
tutti, e in particolare agli sposi i quali non riuscivano mai a trovare un
attimo di tempo per stare insieme, perché ogni volta che provavano ad allontanarsi
o a parlare tra loro arrivava sempre qualcuno a congratularsi o a fare le
domande più disparate.
Leggermente esasperato da
questa situazione, Edward prese da parte Alice.
«Credo che sia il caso di
anticipare la partenza». Sentenziò.
«Ma come, la festa è appena
cominciata!» Si lamentò Alice.
«Guardala, ti sembra che si
stia divertendo?» Le chiese indicando Bella, intrappolata in una discussione
tra Jessica, Eric e Tayler.
«Non è colpa mia se non si
sa divertire alle feste». Mugugnò Alice.
«Alice, ti prego…»
«Ok, tra poco la porto di
sopra per aiutarla a cambiarsi. Prima però dovete tagliare la torta».
«Torta? Quale…» Edward si
bloccò di colpo vedendo i due fratelli entrare con una mega torta a 4 piani con
in cima due statuine vestite da sposi.
«Quella… Andiamo! Bella
vieni qui!» Li trascinò entrambi dietro al tavolo su cui era stata deposta la
grande scultura di panna montata e pan di spagna, per poi mettergli tra le mani
un assurdo coltello infiocchettato.
Edward e Bella si guardarono
per qualche istante poi, rassegnati, tagliarono una fetta di torta che
condivisero imboccandosi a vicenda, Edward riuscì a mascherare piuttosto bene
il disgusto, e riuscì ad ingannare gl’invitati, ma non Bella.
«Bel fuori programma per te,
vero?» Chiese.
«Tranquilla, sopravviverò, e
poi il tuo profumo mi ha aiutato a mandare giù quella roba». Le sussurrò,
facendola arrossire. «Non temere, tra poco ce ne andiamo».
«E dove?»
«Sorpresa. Ora vai di sopra
con Alice così ti aiuterà a cambiarti».
Bella annuì e sparì all’interno
della casa, anche se in pochi se ne accorsero, troppo intenti a banchettare con
la torta.
Fu di ritorno dopo circa
mezz’ora in quanto la maggior parte del tempo la passo litigando con la
“cognata” sul vestito da indossare, Bella voleva stare comoda e quindi aveva
insistito per indossare dei semplici jeans, mentre Alice alla fine riuscì a
convincerla ad indossare un completo bianco composto da una gonna a pieghe
lunga fino alle ginocchia coordinato ad una giacca allacciata da solo tre
bottoni e con un’ampia scollatura che lasciava intravedere una camicetta blu.
Edward, che si era cambiato
decisamente più in fretta di lei sfoggiando dei semplici pantaloni neri e una
camicia azzurra, la raggiunse in cima alle scale del portico e stringendola per
la vita annunciò a tutti i presenti della loro partenza.
«Vi ringrazio per aver
condiviso con noi questa giornata, o meglio, questa serata. Noi dobbiamo andare
altrimenti rischiamo di perdere l’aereo, ma voi continuate pure a divertivi. Ci
vediamo tra qualche giorno». E così dicendo prese per mano Bella e si diresse
verso il garage.
«Hai detto aereo? Quale
aereo? Dove andiamo? Edward fermati immediatamente e spiegami cos’hai in
mente», disse bloccandosi di colpo.
«Non ti agitare, e per
favore non fermati o faremo tardi, non vorrei dover corrompere il personale di
terra per farci cambiare il volo».
«Non mi muovo di qui se
prima non dici cos’hai in mente». Lo minacciò.
«Se prometto di dirti tutto
in auto, possiamo andare?» Chiese con tono calmo e pacato, che però lasciava
trasparire una certa esasperazione.
Bella ci pensò un attimo poi
annuì.
«Forza ragazzi, o faremo
tardi!» Li rimproverò Emmett che li attendeva vicino alla Mercedes nera di
Carlisle. Bella lo guardò con sguardo interrogativo, poi passò il suo sguardo su
Edward.
«Qualcuno deve riportare
l’auto a casa, e sì, i tuoi bagagli sono gia in auto». Rispose alle sue domande
inespresse.
Nelle due ore che ci vollero
per arrivare all’aeroporto di Seattle Bella estorse il piccolo segreto che
accomunava tutti fratelli Cullen e, secondo lei, anche tutti gli altri membri
delle due famiglie, tutti tranne lei.
«Stiamo andando a Ithaca,
dove Esme e gli altri si sono trasferiti durante il mio periodo di pazzia.
Abbiamo una casa lì, e ho pensato che fosse il posto ideale per potercene stare
un po’ da soli senza nessuno in torno. Ho davvero bisogno di stare un po’ da
solo con te, dopo questi mesi infernali. Sei tanto arrabbiata?» Chiese
guardandola con certi occhini che, se anche fosse stata davvero arrabbiata con
lui, la sua furia sarebbe crollata inesorabilmente davanti a quello sguardo.
«Certo che no. Anche io ho
voglia di restare sola con te, e trovo la tua idea molto carina».
Edward sembrò
particolarmente felice che il suo “piano” le fosse gradito e lo rimase anche
dopo aver salutato il fratello una volta giunti a destinazione, nonostante i
pensieri tutt’altro che ripetibili di Emmett.
«Beh ragazzi, divertitevi,
ci vediamo tra qualche giorno». Li salutò, ma evitando accuratamente di dar
voce ai suoi pensieri.
«Grazie… Emmett…» Biascicò
Edward, cerando di mantenere il controllo per evitare di strangolarlo davanti a
tutti.
Bella ignorando del tutto lo
scambio tra i due, abbracciò il neo cognato e seguì Edward verso il gate.
Quando Alice le aveva
parlato della casa che Esme aveva cominciato a ristrutturare mesi prima ad
Ithaca, certo non si aspettava quel genere di casa. Era decisamente “antica”
risalente più o meno al diciassettesimo secolo, disposta su tre piani, con un
alto tetto a più punte e con molte finestre su tutti i lati, in oltre era
circondata da una folta vegetazione, l’ideale per le giornate di sole.
«Benvenuta, signora Cullen».
Le sussurrò prima di baciarla, e dopo averla fatta scendere dall’auto che
avevano noleggiato all’aeroporto di Ithaca, dove arrivarono alle prime luci
dell’alba dopo uno scalo in quello di Albany.
«Ti piace dirlo, vero?»
Chiese lei osservandolo attentamente mentre cercava di nascondere un grande
sorriso.
«Sì, molto». Sogghignò non
riuscendo più a trattenersi, «entriamo». Prendendola in braccio per entrare in
casa.
Bella non sapeva spiegarsi
il perché ma l’interno della casa era esattamente come se l’era aspettato, i
mobili del salotto e della sala da pranzo, rapidamente liberati dai lenzuoli
bianchi in cui erano stati avvolti per proteggerli dalla polvere, erano di
varie tonalità di marrone chiaro e le pareti bianche, le davano un aspetto
rustico ma elegante allo stesso tempo, niente a che vedere con la casa di
Forks, certo, ma l’effetto era sorprendete ugualmente.
«Cosa te ne pare?» Le chiese
Edward stando attento ad ogni sua reazione.
«E’ adorabile, è così… Calda
e accogliente, non so perché ma mi ci potrei abituare davvero a questa casa»,
rispose continuando a guardarsi in torno.
«Davvero? Mi fa piacere,
pian piano ti farò visitare tutte le case che abbiamo in giro per il paese».
Bella lo guardò stupita. «E
quante sono per esattezza?».
«Beh, due le hai già viste,
quindi te ne mancano atre quattro, sai alla lunga diventa noioso stare sempre
nello stesso posto. Vieni ti faccio vedere i piani superiori». Così insieme
salirono le scale diretti al primo piano dove si trovavano lo studio di
Carlisle, la camera che divideva con Esme, la camera di Emmett e Rosalie e un
altro salottino arredato con mobili probabilmente risalenti alla stessa epoca
della casa. Poi fu il turno del secondo piano, dove si trovava la stanza di
Alice e Jasper, due stanze vuote, un altro salottino come quello del primo
piano e proprio in fondo al corridoio, sulla sinistra, la stanza di Edward.
«Ti va…Di entrare? Fuori c’è
i sole non credo si a il caso di fare una passeggiata…». Le chiese, con un tono
di voce vagamente imbarazzato.
La stanza in cui si
ritrovarono era molto spaziosa, nonostante il grande letto a baldacchino posto
verso la parete ovest, illuminato dalla luce che entrava da un’ampia porta
finestra che portava ad un balcone in marmo. Di fronte al letto, si trovava un
armadio d’epoca scurito dal tempo con le maniglie di ottone lavorato che gli
davano un aspetto ancora più antico.
Bella cominciò a passeggiare
nella stanza osservando attentamente ogni dettaglio, come le tende color panna
e il morbido tappeto in coordinato, oppure le rifiniture eleganti dei drappi
color avorio che scendevano dalla struttura del letto.
Edward la osservò
attentamente, come se tentasse di capire cosa le girasse nella testa. Quando,
alla fine, capì che Bella non aveva intenzione di pronunciarsi decise
d’intervenire.
«Hai intenzione, prima o
poi, di dirmi cosa te ne pare?» Chiese avvicinandosi.
«E’ bellissima, e devo dire
che me l’aspettavo proprio così, non so spiegartene il motivo». Rispose
lasciando avvolgere dalle sue braccia.
«Bene, ci tenevo al tuo
parere», le sussurrò, baciandole la testa. «Sai da un certo punto di vista sono
contento che tutta la faccenda del matrimonio sia finita, cominciavo a maturare
l’idea di scappare davvero a Las Vegas».
«Non dirlo a me, quella
pazza di tua sorella, voleva farmi indossare un bustino. Ti rendi conto?»
«Wow mi sarebbe piaciuto
assistere. Come mai ha desistito?»
«Rosalie l’ha convinta a
rinunciare. Se non ci fosse stata lei non so se sarei sopravvissuta tutta la
cerimonia».
«Bene, allora dovrò
ringraziarla appena la vedo». Sorrise continuando a stringerla a sé, mentre
guardavano fuori dalla finestra.
«Tu, invece? Hai qualche
aneddoto divertente pre cerimonia?» Chiese a sua volta Bella.
Edward non sapeva cosa
rispondere. Come fare a spiegarle l’imbarazzante conversazione avuta con i
fratelli riguardo agli “approcci fisici”?
Non capendo il motivo del
suo silenzio, Bella si voltò per guardarlo in faccia e cercare di capire cosa
pensasse.
«Edward?»
«Beh, non… Non è successo
niente d’interessante», ma l’esitazione nella sua voce risultò poco convincente
e Bella continuò a fissarlo in attesa. «Ok, diciamo che Emmett e Jasper si sono
divertiti un mondo a fare la parte dei fratelli maggiori carichi di esperienze.
Mi hanno voluto dare il loro parere riguardo a… Noi due e quello che ti ho
promesso». Confessò tornando a guardare la foresta fuori dalla finestra.
«Ah, capisco. Non so perché
ma credo che sia meglio non indagare più a fondo», sogghignò pensando per un
attimo a quello che i due fratelli di Edward avrebbero potuto dire in merito.
«Sì direi che è meglio»,
rise.
In quel momento a Bella
scappò uno sbadiglio che cercò malamente di nascondere.
«Scusa, devi essere esausta.
Vieni», e così dicendo tenendola per mano la condusse verso il letto.
«Non voglio dormire».
Biascicò intontita dalla stanchezza che l’aveva assalita tutto d’un tratto.
«Sì invece. Non temere,
rimango qui con te e quando ti sveglierai mi troverai ancora qui, amore mio».
Ma Bella, probabilmente, non aveva nemmeno sentito quelle ultime parole perché
era gia sprofondata in un sonno profondo.
Quando riaprì gli occhi non
capì subito dove si trovava. Si guardò più volte in torno nonostante la semi
oscurità, cercando di fare mente locale, improvvisamente ricordò la cerimonia,
il viaggio in aereo e la grande casa sconosciuta nella foresta.
«Ben svegliata», le sussurrò
Edward facendole il solletico con il suo freddo respiro.
«Grazie, ti sei annoiato
molto mentre dormivo?»
«No, ma devo dire ad Alice
di stare attenta, l’hai minacciata più volte di arrotolarla in un bustino».
Edward scoppiò a ridere in capace di trattenersi.
«In effetti non è una
cattiva idea». Sorrise anche lei, accoccolandosi contro il suo petto.
Edward respirò a fondo.
«C’è qualcosa che non va?»
Chiese Bella preoccupata di aver fatto qualcosa di sbagliato.
«No, tranquilla. E’ che mi
mancava stare da solo con te, sono state infinite le notti di questi ultimi
mesi».
«Sì hai ragione, ma ora possiamo
stare insieme quanto ci pare», disse alzando la mano sinistra per fargli vedere
la fede che portava.
Edward le prese il viso tra
le mani e la baciò, incapace di esprimere a parole quanto lo rendesse felice
vedere che non si era pentita di averlo sposato. Allontanandosi da lei notò che
entrambi avevano il respiro affannato, incoraggiato forse dalla reazione di
Bella al suo baciò, si avvicinò nuovamente a lei, posando le labbra sul suo
collo per poi risalire di nuovo verso la bocca.
Se solo avesse vistoanche solo un segno di esitazione in lei,
avrebbe desistito, in fondo Bella aveva ragione, avevano tutto il tempo che
volevano davanti a loro. Ma non ci fu nessun segno di esitazione o ripensamento
anzi, Bella lo baciò in un modo talmente convincete che Edward si rilassò,
lasciandosi trasportare da quelle nuove sensazioni che stavano scoprendo
insieme per la prima volta.
Allora,
cosa ne dite? Siete soddisfatte? Spero davvero di sì, io ci ho messo tutto
l’impegno possibile, ora sto già pensando all’epilogo.
Per quelle
di voi che si aspettano di vedere come procede “la prima notte” di Ed e Bella,
mi dispiace deludervi, ma non troverete niente, non mi andava di cambiare il
Rating della FF all’ultimo capitolo, quindi, magari ne scriverò un’altra NC,
sempre se la volete.
Spero davvero di non avervi fatto
aspettare troppo per questo epilogo ma, Angie ve lo può confermare, ho avuto
una sorta di blocco, non riuscivo a farmi piacere niente di quello che
scrivevo.
Ma basta parlare, vi lascio leggere
in pace.
Grazie Angie
Per avermi aiutato durante il mio blocco.
Tutto
Nelle Mani Di Alice
Camera dolce
camera (epilogo)
Casa Cullen era avvolta dal
silenzio, avete presente quella quiete che avvolge ogni cosa dopo una grande
festa? Ecco, è di quella quiete che parlo.
Certo la cerimonia e la conseguente feste erano state molto belle,
Alice aveva dato il meglio di sé, ma tutti i membri della famiglia erano
contenti di essere tornati alla normalità.
In particolare Jasper ne era
felice. Dopo essere stato malamente sfrattato dalla stanza che condivideva con
Alice.
«Alice, andiamo, sai che non
puoi sistemare tutto ora altrimenti Renée s’insospettirà».
«Lo so bene, volevo prendere
solo le due statuine della torta, così le metto nella camera di Edward». Disse
tornando verso il di lui, «Non è giusto, noi non li abbiamo». Si lamentò.
«Beh se è per quello non
abbiamo avuto nemmeno la torta. Sai che bell’effetto la panna montata mista al
sangue?» La prese in giro.
«Molto spiritoso, vedo che i
matrimoni ti mettono di buon’umore». Constatò lei.
«No, non sono i matrimoni, ma
il fatto che finalmente posso tornare nella nostra stanza. Perché posso
tornare, vero?»
«Beh suppongo di sì. Anche se
devo ammettere che avere tutto quello spazio…»
«Alice!»
«Ok, ok scherzavo». Si affrettò a dire lei, prendendolo per
mano e andando al piano di sopra.
Quando misero piede nella
stanza Jasper si guardò attentamente in torno con aria quasi sconvolta.
«E’ incredibile quanto tu
riesca ad accumulare in così poco tempo».
«Cosa vorresti dire? Questo
era il minimo indispensabile. Non è colpa mia se avevo uno spazio limitato».
«Calcolando che questa camera
è una delle più grandi della casa, dopo il salotto, ne dubito fortemente».
«Se avessi potuto usare il
salotto…»
«Ti prego non ricominciare,
ora è tutto finito, Edward e Bella si sono sposati. Quindi, togliamo tutta
questa roba di qui».
«Non ci penso nemmeno! Sono
tutti ricordi, come posso buttarli via? Sei un insensibile!»
«Ok tenere qualcosa, ma dubito
che questo». Sollevò un pezzetto di tulle bianco, «possa essere un ricordo
essenziale».
«Beh sì, forse… Non proprio
tutto, ma almeno queste le possiamo tenere?» Chiese con sguardo implorante
saltellando in torno alle colonne che ancora stavano tranquille al centro della
stanza.
«Scopo?»
«Beh, sarebbero degli
eccellenti oggetti d’arredamento, non credi?» Chiese avvicinandosi a lui,
continuando a fargli gli occhi dolci, per poi accarezzarlo lentamente
cominciando dal viso.
«Sei tremenda, lo sai?»
«Certo, ma fa parte del mio
fascino»
«Ok, teniamo le colonne…»
Sospirò infine. Mentre Alice ricominciava a saltellare felice per la stanza.
«Però tutte quelle stoffe
bianche e rosa, per non parlare dei fiori devono sparire, mi sembra di stare in
una bomboniera».
«Ma i fiori mettono allegria».
Obiettò Alice.
«No, e questa volta non
riuscirai a convincermi».
«Sicuro?» E così dicendo
cominciò a giocherellare con i suoi capelli biondi.
«Certo che sono… Sicuro».
Deglutì.
«Mmm», commentò continuando
nella sua missione.
Infine, rassegnato, Jasper cedette
su tutta la linea, l’unica cosa che riuscì ad ottenere fu lo sgombero dei
rotoli di stoffa, che Alice voleva usarli come tende o cose del genere.
Mentre la osservava sistemare
tutte quelle cose, Jasper si chiese se non fosse meglio lasciarle davvero tutta
la stanza per lei, e tornare nella camera a fianco. Poi però lei si voltò e gli
sorrise così dolcemente che cancellò immediatamente quei pensieri dalla sua
mente, prima che lei potesse leggerli nel suo futuro.
«Ti serve una mano?» Chiese
avvicinandosi ad uno scatolone.
«Certo, portalo di sotto,
grazie».
Jasper annuì e lo prese, senza
sforzo in mano.
«Ah Jasper», lo chiamò prima
che potesse uscire dalla camera, «grazie davvero per la tua pazienza, sei
davvero la cosa più bella che mi potesse capitare», e lo baciò, lasciandolo
senza parole. «Quindi, pensavo, visto che sei stato così comprensivo… Cosa ne
diresti di… Risposarci anche noi, una cosa tipo quello di Edward e Bella».
Continuò e prima che potesse ribattere lo baciò di nuovo.
«Cosa? No! Assolutamente no!
Toglietelo dalla testa!» Urlò lui uscendo rapidamente dalla stanza, ma Alice lo
seguì senza sforzo.
«Dai! Cosa vuoi che sia, ci
vorrà poco per preparare tutto… Ti prego!» Il tono di supplica nella sua voce
era davvero convincente.
«No!» Continuò ad urlare lui.
«No e ancora no!»
«Tanto lo sai che alla fine
cederai».
«Questa volta non lo farò. Non
intendo ripassare tutto questo».
«Fallo per me…» Riecco gli
occhioni luccicosi a cui nessuno era in grado di resistere.
«No…»
«Jasper…»
«Forse… Tra qualche anno. Ora
voglio solo un po’ di pace».
«Tra qualche anno. Promesso?»
Jasper annuì, rassegnato, la
conosceva abbastanza bene da sapere che non avrebbe desistito, quando voleva
qualcosa faceva di tutto per ottenerla.
«Fantastico!» Gli saltò al
collo con entusiasmo, Fiera di avergli strappato quella promessa.
Jasper, ricambiando
l’abbraccio, alzò gli occhi al cielo, perché non riusciva mai a dirle di no?
Semplice, si ripose, perché
niente lo rendeva felice come vederla felice a sua volta, anche se questo consisteva
nel sottoporsi un’altra volta a quella sorta di tortura, l’amava troppo per
contraddirla.
In fondo, le cose in mano ad
Alice diventavano sempre, automaticamente, uniche, uniche proprio come lei.
Allora, vi
è piaciuto?
Ho voluto
concludere la storia parlando di due personaggi che spesso non vengono messi
molto in risalto. Lo ammetto ho un debole per Jasper, lo adoro, è più forte di
me, e mi sono chiesta spesso come un tipo così tranquillo e riservato, riesca a
stare con una forza della natura come Alice, quindi, ho provato ad
immaginarmeli insieme ed ecco che è uscito questo epilogo che, lo so, non
centra molto con il resto della storia. Ma va beh spero che non ce l’abbiate
con me per questo.
Lo ammetto
non è stato facile finire questa storia, non so bene perché.
Ma ora che
è davvero finita sento un misto di sentimenti contrastanti, da una parte ne
sono felice, mi succede spesso, perché mi sento come quando si finisce un
percorso che ti ha impegnato molto e alla fine, anche grazie a voi che avete letto
e, a volte, anche commentato, ci si sente fieri del proprio lavoro e impegno.
D’ altra parte mi sento anche un poco triste, perché è finita, finta davvero,
dopo quasi due mesi di lavoro, saluto questi bellissimi personaggi inventati da
Stephanie Meyer. Non so di preciso quando scriverò ancora di loro, spero
presto, ma per ora ho alcuni progetti in sospeso che voglio finire.
Detto
questo, rinnovo ancora i ringraziamenti per il vostro sostegno e
incoraggiamento, se vi va leggete anche le altre mie storie, chissà magari vi
piaceranno heheh.