Stella della sera

di Ulver
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto I ***
Capitolo 2: *** Atto II ***
Capitolo 3: *** Atto III ***



Capitolo 1
*** Atto I ***


Stella della sera
Breve storia in tre atti
 
Personaggi:
                        Eudicotiledone
                        Tristanopsisio
                        Tetrafila
 
I.

Strada sterrata di campagna, circondata da prati; in lontananza, luci di una città. Prima sera.
 
Nessuno in scena.
Eudicotiledone entra, dalla destra, assorto in qualche pensiero; camminata sostenuta. Giunto in mezzo al palco si ferma un istante, poi ricomincia a camminare nello spazio. Dopo un po’ entra anche Tristanopsisio, visibilmente triste in volto, con andatura molto meno veloce. Eudicotiledone non s'accorge subito della sua presenza; appena lo vede si spaventa, spaventandolo a sua volta.
 
Eudicotiledone:            Per dio, Tristo! Mi hai fatto prendere un colpo! [pausa] Amico mio, mi riconosci?
Tristanopsisio:  [riflettendo] Ma certo, Eu, come potrei... [ritorna triste] dimenticarti.
E:         [avvicinandosi] Tristo... [gli osserva il volto] ti sei fatto male? Cos'è questo livido...
T:         [allontanandosi, con forza] Lasciami stare!
E:         Ti hanno picchiato?!
T:         [abbassando la testa] No.
E:         Chi è stato?! Ah... se lo prendo, io...
T:         T'ho detto che non mi hanno picchiato.
E:         E allora, quel livido?
           
Mentre sta per rispondergli, Tristanopsisio accenna un passo verso di lui, ma nel momento di appoggiare il piede a terra urla di dolore e, toccandosi la caviglia, cade a terra. Eudicotiledone corre subito verso di lui.
 
T:         Eu! Aiutami!! [singhiozzando] Sto morendo, per dio... Aiutami!
E:         [spaventato] Che ti succede?!
T:         [rigirandosi dall'altro lato] Aiutami ti prego!
E:         [perplesso] Io... io non credo che tu stia morendo...
 
Tristanopsisio emette un gemito e si distende sull'erba al bordo della strada, in modo che il braccio copra gli occhi.
 
E:         Oddio, cos'ho fatto!! [disperato, verso Tristanopsisio] Amico mio, non mi lasciare...
 
Eudicotiledone scoppia in pianto.
Passa qualche secondo.
 
T:         [senza muoversi] Eu?
E:         Cosa?
T:         Sai l'ora?
E:         L'ora?
T:         Sì.
E:         Credo... Credo sia sera, sì...
T:         C'è la luna?
E:         La luna? [sorpreso, guarda in cielo] No, non c'è la luna...
T:         E Venere? C'è Venere?
E:         Oh, insomma! [stizzito] Non sono un astronomo! Non so, non so se c'è Venere o se non c'è, cosa ti cambia saperlo?
T:         Forse non è ancora arrivato il momento di morire.
E:         Ma! [si alza di colpo e spalle a Tristanopsisio si allontana di qualche passo] Mi stavi ingannando?
T:         No no! È che mi sono lasciato prendere da [sposta il braccio dagli occhi, si blocca, pausa]. Ehi, Eu.
E:         Non ti sento!
T:         Guarda! [Eudicotiledone lo ignora, braccia incrociate] Non sai cosa ti perdi. Alza lo sguardo, è una sera bellissima. [pausa] Senti! Senti il grillo che canta. [pausa] Com'era? Nei campi... nei campi c'è un breve gri gri di ranelle. Sì! È la poesia! [pausa] Eu, ti prego. Sai chi sono io. Se quello che è appena successo ti ha turbato, ti chiedo scusa. Ma lo giuro, non mi perdonerei mai se non riuscissi a convincerti di ascoltarmi, ora, mentre ti chiedo di guardare questo cielo meraviglioso.
 
Eudicotiledone accenna qualche movimento, ma infine rimane sul posto. Lungo silenzio.
 
E:         Sai. [guarda il cielo] Prima ero  arrabbiato con te, e in fondo anche adesso un po’ lo sono, perché, beh, in fondo perché mi hai messo paura. Come quando ci siamo incontrati poco fa, ricordi?
T:         Vagamente.
E:         Però è stato diverso, sai? Perché... Perché... [fa finta di smuovere della ghiaia dalle scarpe, guarda per terra] Beh. Tu sei il mio amico migliore. Ho avuto paura... di perderti. Capisci? È insensato. Ma cosa è successo? [torna a guardare in alto] Hai ragione. È una notte stupenda.
T:         Una di quelle notti che ci sono solo se si è giovani.
E:         [guardando le luci all'orizzonte] Solo se si è... [pausa] giovani. [pausa] Mi mancherà essere giovane, allora.
T:         D'altronde uno non è che può essere giovane per tutta la vita.
E:         Giovane. Ma che significa essere giovane?
T:         Credo... [riflettendo] Credo sia una questione di età.
E:         [riflette un attimo] Mm, sì. [riflette ancora] Effettivamente.
 
Eudicotiledone si muove verso Tristanopsisio e gli si sdraia accanto.
 
T:         A cosa stavi pensando prima?
E:         Prima quando?
T:         Mi sembrava pensassi.
E:         No, non credo. [pausa] Probabilmente ti sbagli.
T:         Forse.
 
Lunga pausa
 
E:         [quasi all'improvviso] Mi dispiacerà lasciarti per sempre, amico mio. Questa è l'ultima notte che potremo passare insieme, e per me è già come un ricordo, già sembra che la mia mente sia immersa in quella strana nebbia traslucida che offusca le memorie più lontane. [pausa] È qualcosa di troppo grande. [pausa] In fondo hai ragione, certe notti ci sono solo quando si è giovani, ma questa notte, mio caro amico... questa notte non tornerà mai più. Domani mattina, presto, alle sei o forse alle sette, partirai, quando il sole dell'estate irraggerà appena le case del nostro paese, e la nostra strada, dove siamo cresciuti; e domani, io, sarò lì, come sempre, come se ciò che stesse accadendo non fosse che l‘inizio di un'altra giornata che avremmo trascorso insieme. E invece no, sarà un addio. Io, Eudicotiledone, dovrò dire addio al mio amico di una vita. Ma che?! Sembra così facile, così, ma in realtà... [pausa] non basta il lavoro di cento scrittori per esprimere che cosa sto provando io, ora, perché una cosa del genere... [pausa] Dopodomani mi sveglierò, e tu non ci sarai, e non ci sarai più per sempre.
 
Lungo silenzio.
 
T:         Hai detto tutto, Eu.
E:         Credi che rimarremo amici?
T:         Credo di sì. Perché no?
 
Silenzio.
 
E:         C'è Venere?
T:         Sì. È là. [indica un punto nel cielo]
 
Cala il sipario.

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Capitolo 2
*** Atto II ***


II.

Ambientazione diversa nel particolare ma simile nel generale.
 
Tristanopsisio e Tetrafila sono rispettivamente, guardando dal pubblico, sdraiati l'uno a sinistra e l'altra a destra rispetto al centro della scena, molto vicini.
 
Tetrafila:           Cosa stiamo facendo?
Tristanopsisio:  Guardando le stelle. [pausa] Non ti piacciono?
Te:       No, no! Anzi! Mi piacciono un sacco le stelle! Le stelle sono la mia cosa preferita! E vedere le stelle insieme con te è supermegabellissimerrimoso! [si rigira verso Tristanopsisio, gli da un bacio sulla guancia; con un braccio solo lo abbraccia, appoggia la testa sulla sua spalla] Sei uno sssssstupido! [pronunciare il suono /s/ come /sh/] Solo a te possono venire in mente cose del genere! Sei geniale. Dico sul serio! [lo bacia di nuovo sulla guancia; improvvisamente diventa seria, quasi triste] Tirsti, mi prometti... Mi prometti che ci sarò solo io nella tua vita? Che sarò io la tua unica ragazza, per sempre? Solo, solissimamente io?
Tr:        [con la sua solita flemma] Sì, lo promett...
Te:       [urlando] Yippie!!! [scoppia in una risata. Dà un bacino sulla bocca a Tristanopsisio, poi ritorna come prima] Sono solo tua! Sono solo tuaaa!
 
Tristanopsisio ride.
 
Tr:        [dopo qualche secondo] Sai, 'fila, c'è un motivo per cui ti ho portata qui, stasera. Se...
Te:       [subito, esaltata] Uhhhhhh!! Dì la verità, ci sono le stelle cadenti stasera, vero? Dove sono?! Dove?!
Tr:        No, scema, non mi riferivo a questo. [le mette una mano fra i capelli e affettuosamente glieli scompiglia] Dicevo... [si schiarisce la voce] Sei anni fa in questo stesso giorno, mi trovavo in una posizione e in un luogo simile a quello in cui mi trovo ora, solo che al mio fianco non c'eri tu, c'era Eudicotiledone, il mio migliore amico...
Te:       Eucosa?
Tr:        Eu-di-co-ti-le-do-ne.
Te:       Che nome buffo!
Tr:        Effettivamente... [riparte] Insomma, stavo dicendo, lui era il mio migliore amico, abbiamo passato la giovinezza insieme, in un paesino lontanissimo da qui, di cui ricordo benissimo tutti i particolari: la vecchia usuraia obesa che alle undici del mattino camminava per le vie del centro, le grondaie che quando d'estate pioveva facevano un rumore dell'inferno... [si sforza di ricordare altro ma non ci riesce, così va avanti] ecco, tutte queste cose, non so se mi spiego. E noi, il giorno prima che io me ne andassi, scappammo da casa, per una notte dico, e ci accordammo per trovarci in mezzo alla campagna, in un punto che Dio solo sa come abbiamo fatto a ritrovarlo, quel giorno. Era buio, anche se era sera solo da poco, e ricordo, lui mi chiese qualcosa di Venere... o Giove... Beh, non è importante. Il fatto è che poi attaccò un discorso su quanto gli sarei mancato, eccetera, ed io sul momento non capivo cosa volesse davvero dirmi con quelle parole, mi sembravano... sai, troppo banali per una persona eccentrica come lui. Il giorno dopo io partii. Nessun addio strappalacrime, ci siamo abbracciati e ci siamo detti “a presto”. Non ci siamo rivisti mai. [pausa] Ogni tanto, guardando le stelle, penso che anche lui, da qualche parte nel mondo, stia facendo lo stesso, e insomma, queste cose che si dicono per ingannare la nostalgia, ma la verità è un’altra, lo sappiamo tutti. [pausa] Passano gli anni, e spesso con loro i nostri ricordi; è la vita. Ed è così che sempre, lo stesso giorno, ogni anno, le parole che quella sera mi disse Eu assumono un significato sempre più chiaro. Mi disse così...[ricordandosi a stento] "Certe notti ci sono solo se si è giovani". [pausa] Più passa il tempo, più mi accorgo che è davvero così. [pausa] E che davvero, certe notti, non torneranno mai più.
 
Silenzio.
 
Te:       Tirsi?
Tr:        Sì?
Te:       [con sentimento] È una storia terribile...
 
Silenzio.
 
Tr:        Già.
Cala il sipario.

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Capitolo 3
*** Atto III ***


III.

Ambientazione identica all'atto I.
 
Nessuno in scena, silenzio. Luce quasi assente.
Passano 15-20 secondi.
 
Cala il sipario.
 
Fine

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