Amore Selvatico

di Nyssa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scoop! ***
Capitolo 2: *** Mirroring ***
Capitolo 3: *** Valigie e bauli ***
Capitolo 4: *** Winter Sunshine ***
Capitolo 5: *** Ecchi! ***
Capitolo 6: *** Booknovel ***
Capitolo 7: *** Ciò che non posso dire ***
Capitolo 8: *** A Natale si è (quasi) tutti più buoni ***
Capitolo 9: *** Fammi capire ***
Capitolo 10: *** Piano di battaglia ***
Capitolo 11: *** Due imperfetti innamorati ***
Capitolo 12: *** Le Reliquie della Morte ***
Capitolo 13: *** Rimembranze ***
Capitolo 14: *** Elementare, Draco ***
Capitolo 15: *** Come deve andare ***
Capitolo 16: *** Whatever will be will be ***
Capitolo 17: *** Gli angeli caduti ***
Capitolo 18: *** La verità intorno a noi ***
Capitolo 19: *** Le ombre dell'anima ***
Capitolo 20: *** Are you ready? ***
Capitolo 21: *** Lost in passion ***
Capitolo 22: *** Orgoglio ***
Capitolo 23: *** Absolute right ***
Capitolo 24: *** Boulevard of broken dreams ***
Capitolo 25: *** The circle game ***



Capitolo 1
*** Scoop! ***


Hermione camminò svelta per il corridoio che portava fino alla sala della Gazzetta di Hogwarts con il giornale in mano: come si permetteva Colin di scrivere certe stupidaggini senza prima chiederle il permesso

Premessa: eccomi che ritorno!

Non ho lasciato passare troppo tempo tra la pubblicazione dell’ultimo capitolo delle Relazioni e l’inizio di questa fic tanto per non illudere i poveri lettori di essersi liberati per sempre di me ^^

Mentre scrivo sto notando che, questa volta, non posso più dire che è la mia prima fic e la cosa mi dà una sensazione un po’ strana perché mi sento ancora una scrittrice alle prime armi.

Sono felice di poter continuare a pubblicare, spero che anche questa mia nuova creazione vi piaccia e mi auguro di leggere presto le vostre recensioni!

Ciao e un bacio grandissimo

Nyssa

 

*          *          *

 

Hermione camminò svelta per il corridoio che portava fino alla sala della Gazzetta di Hogwarts con il giornale in mano: come si permetteva Colin di scrivere certe stupidaggini senza prima chiederle il permesso? Era la Caposcuola, dopotutto, non poteva permettere che un articoletto del genere come quello che il suo compagno di Casa aveva pubblicato, mandasse nel panico mezza scuola…!

 

Era stata dalla McGranitt giusto dieci minuti prima e la prof le aveva fatto una testa così dicendole che certe cose non andavano scritte sul giornale della scuola, ah, bella cosa, e lei che poteva farci?

La vicepreside le aveva detto che avrebbe dovuto supervisionare la cosa e che le avrebbe mandato presto un aiuto

-          Ma la Gazzetta di Hogwarts non rientra nei compiti dei Caposcuola – aveva tentato di rifiutare la riccia che si sentiva già indietro con i compiti assegnati.

-          Nessun problema, signorina Granger – aveva risposto la prof – provvederò al più presto a mandarle qualcuno che possa darle una mano in questa faccenda in modo che non si debbano più ripetere simili cose

Rilesse il titolo dell’edizione settimanale del quotidiano: “Misterioso individuo si aggira per i corridoi della Scuola: aggredite due studentesse” e da lì tutta una sequenza di prove e fotografie, con intervista alle due ragazze, che riempiva completamente la prima pagina.

Perfino quella mattina, prima ancora di mettere i piedi fuori della porta, Ginny era entrata tutta preoccupata chiedendole di accompagnarla fino all’aula di Erbologia dove il giorno precedente aveva dimenticato una sciarpa.

E poi aveva capito…

Lagnandosi sull’incompetenza dei giornalisti, Harry le aveva schiaffato sul tavolo di colazione il quotidiano bofonchiando che Canon era completamente ammattito mentre gustava la sua brioche alla marmellata.

Aveva letto tutto e per poco non si era messa le mani nei capelli, dico, ma era fuori come un poggiolo?!

L’aveva cercato per ogni dove nei corridoi della scuola, visto che, quasi sicuramente, quel bambinetto irresponsabile stava ancora ad indagare sulla faccenda, ma di lui non c’era traccia neppure per scherzo.

E proprio mentre se ne tornava rassegnata al suo dormitorio era arrivata la convocazione della prof che la voleva entro dieci minuti nel suo ufficio.

Ecco lì, dalla padella alla brace.

 

E adesso era diretta al club di giornalismo dove aveva scoperto erano stati confinati Canon&Canon da Piton che non aveva certo apprezzato il loro intervento e già pregustava la possibilità di sottrarre qualche punticino al Grifondoro per riportarlo al pari con Serpeverde per la partita della prossima domenica.

 

Aprì la cigolante porta di legno che delimitava quella zona della scuola chiamata “Sede del giornale scolastico”, altrimenti detta “il regno di Canon” visto che i due fratellini erano praticamente gli unici membri di quella setta di persone che vedevano scoop e pericoli per ogni dove.

Domandarsi perché una simile attività fosse ancora in piedi era lecito, ma, come uno veniva catapultato nel circuito scolastico di Hogwarts, poteva capire che, a parte i caposcuola, nessuno aveva tanto potere come il Comitato Scolastico.

Suddetto organismo era un’associazione per la tortura degli studenti legalizzata molti anni addietro.

Vi facevano parte esclusivamente ragazze e qualche maschio dalle controverse tendenze sessuali che si preoccupavano di organizzare eventi quali pesche di beneficenza, l’oscena festa di Halloween a base di analcolici al succo di zucca e altri intrattenimenti serali in Sala Grande come il gioco delle sedie.

Solo i primini che ancora non conoscevano tutto questo meccanismo vi si mischiavano e l’anno successivo, acquisita esperienza, se ne discostavano di corsa per paura di essere inglobati in quella struttura fatta di tè pomeridiani per discutere della festa di fine anno e del colore della passiera sulle scale del sotterraneo.

E quindi, perché esisteva il laboratorio di giornalismo?

Semplice, per pubblicizzare ogni giorno sul quotidiano manifestazioni ludiche e intrattenimenti, avvisi e altre cose da parte del comitato al quale, ogni anno, il giornale dedicava un servizio speciale in primavera intervistando i membri sotto un albero fiorito.

 

Il laboratorio era caotico come al solito e bisognava fare attenzione a non inciampare in secchi di acido e altre sostanze non meglio identificate sul pavimento; alle pareti erano appese decine e decine di fotografie e diapositive, in parte sviluppate e in parte gocciolanti, mentre sul muro di fronte era posta una grossa libreria sovrastata dal cartello “Archivio” per tutti coloro che erano alla ricerca di immagini particolari.

Svoltando oltre un bancone ingombro e scostando una tenda era possibile arrivare nel vero cuore, da dove, al momento, provenivano sospetti rumori e un cozzare violento di metalli: oh cielo, che stessero combattendo?

Svoltato l’angolo, si ebbe la risposta: i due fratellini non stavano combattendo, bensì sbattendo rumorosamente dei tegami contro una parete a cui era fissata una fotografia, si fermò un istante a guardarli nel loro intento

-          Ciao Herm! – la salutò Colin senza distrarsi troppo, il piccolo Dennis, invece, si limitò ad annuire con aria reverente e ad arrossire come un pomodoro.

-          E di grazia che cosa stareste facendo? – domandò caustica mettendosi le mani sui fianchi, per nulla incline a tollerare quel baccano – questo si chiama disturbo della quiete pubblica

-          Si sente anche da fuori? – domandò il maggiore

-          Ovvio

-          Ci dispiace, ma questo è l’unico modo che conosco per sviluppare la foto in controtendenza per il rosso e ottenere…

Hermione sospirò mentre questo cominciava ad enumerare le proprietà di quel metodo piuttosto artigianale: se fossero stati nel mondo babbano quel ragazzetto senza spina dorsale sarebbe sicuramente stato assunto dal Daily Mirror o dallo Spectator.

E ovviamente, se quello era l’unico metodo che Colin conosceva di poteva dedurre che fosse anche l’unico esistente visto che nessuno sapeva tanto sulle macchine fotografiche e compagnia come il maggiore dei due fratellini.

 

-          Che cazzo sarebbe ‘sto casino d’inferno? – domandò una voce oltremodo seccata aprendo la porta principale con un tonfo e percorrendo a grandi passi il limitato spazio che stava separando lo sconosciuto visitatore dal punto di provenienza dei suoni molesti

Hermione sospirò mesta, che aveva fatto di male nella sua vista per dover subire queste cose?

Già perché lo “sconosciuto visitatore” non era poi tanto sconosciuto… da cosa aveva capito che era Draco Malfoy? Beh, innanzi tutto dall’innata finezza con cui aveva annunciato l’arrivo della sua augusta persona, eppoi dalla noncuranza con cui sbatacchiava annoiato i piedi sulle pietre producendo un rumore insolito con le suole rifinite di pelle e per finire, dal fatto che non si era minimamente preoccupato di ciò che lo circondava, cominciando a rovesciare secchi e pile di fotografie.

 

La testa bionda dello Slytherin spuntò dalla tenda assieme a tutto il resto e si guardò attorno accigliato scoccando un’occhiataccia prima alla Granger, motivo principale per cui adesso si trovava lì, e poi ai fratelli Canon, motivo che aveva spinto la Granger e la McGranitt a mandarlo lì.

-          Vedete di avere una buona spiegazione, siate brevi e concisi, per oggi avete fatto abbastanza cazzate

Disse mentre entrava facendo svolazzare artisticamente la tenda divisoria.

Peccato che, come fu entrato nello stanzino microscopico, la punta del suo piede andò a collidere con l’ennesimo recipiente lasciato incautamente sul pavimento dai due quasi-giornalisti che non erano certo aspettati una simile folla nel loro solitario club e, tantomeno, la presenza di Draco Malfoy + incazzatura totale che era paragonabile ad un terremoto dell’undicesimo grado della scala rripila, traducibile con la dicitura: Apocalittico, presa direttamente dall’enciclopedia.

-          Il mio argento drogato! – urlò il più piccolo dei fratelli inginocchiandosi quasi in lacrime di fronte al contenuto disperso sulle mattonelle del pavimento

Draco ed Hermione si scambiarono un’occhiata preoccupata e perplessa dopodiché lei, distraendosi un attimo, lanciò un incantesimo per recuperare questo misterioso argento drogato che era stato rovesciato.

-          Non potete mettere il bavaglio alla stampa! – protestò il biondino assumendo una colorazione inusuale – esiste il libero diritto di stampa! L’Inghilterra è il Paese dove è nato il giornalismo, non potete privarci di questa libertà secolare, della tradizione!

Draco sbuffò

-          Fate più danni con queste notizie che Potty – rispose acido

-          La notizia è stata approvata da tutti i membri del club, non potete opporvi, voi non siete membri!

-          Siamo dei caposcuola – fece notare la riccia che si stava parecchio alterando

-          Dipendiamo direttamente dal Comitato Studentesco – ribatté il ragazzo

-          Allora sopprimeremo il comitato – furono le glaciali parole del biondastro seccato da quella situazione

Hermione si disse che il mondo, quel giorno, ne stava vedendo davvero delle belle.

Chiudere il Comitato Studentesco era impossibile nonostante, se si fosse fatto un referendum, tutti avrebbero votato per abolirlo.

Insomma, quella che lui stava perpetrando era una menzogna, ma… in quel momento non se la sentiva di rimproverarlo. Ok, non avrebbe dovuto abusare del potere, ma se serviva a rimettere a posto questi pasticci…

Anche se dubitava che lui lo facesse per riportare l’ordine, ma più per ritornarsene ai fatti suoi, probabilmente aveva dovuto lasciare sola qualche avvenente fanciulla venuta a esporgli importanti quesiti a proposito di qualcosa…

-          Per il momento il club rimarrà chiuso fino a quando non avremo trovato una soluzione con gli insegnanti – decretò temendo che lui volesse davvero distruggere il Comitato

-          Ma…

-          Niente ma!

E annuendo abbacchiato, il bambino fece un cenno con la testa e poi tornò a impilare le fotografie che Malfoy aveva malamente disperso

-          Se proprio volete occupare il tempo – aggiunse vendicativa – vedete di fare un servizio sui disagi che avete arrecato alla scuola con le vostre parole.

E si allontanò richiudendo la porta dietro di se.

 

-          Malfoy, una parola! – disse poi all’indirizzo del biondo che stava già prendendo la fuga

-          Non scassare Granger, non ho tempo da perdere – grugnì lui fermandosi e mettendosi le mani in tasca con aria annoiata, è già stato sufficiente che mi tirassero giù dal letto dietro a due idioti Grifondoro

-          E suppongo che il fatto che la settimana scorsa abbiano fatto la stessa cosa con me perché due dei tuoi compagni si erano intossicati di firewhiskey non conti!

-          A te piace tanto questo lavoro… - mormorò con un ghigno lui – andare a dire alla gente che sbaglia, rimproverarla… e poi a me cosa me ne importa

-          Potevi rifiutare quando ti hanno mandato la nomina – sottolineò lei, visto che lui stava dicendo che non voleva fare il Caposcuola

-          Beh, la carica ha i suoi vantaggi, sai quante rag

-          Taglia! – gli disse minacciosa

-          Non dirmi quello che devo fare! – sbottò lui lanciandole un’occhiata ammonitrice

-          E tu non essere sempre così cafone! Non ho voglia di litigare con te, dobbiamo solo trovare una soluzione a questo problema!

-          Trovala tu, io non ho tempo con queste cretinate – rispose asciutto

-          Vedi di darmi una mando o andrò dalla McGranitt e farò in modo che TU sia costretto a darmi una mano – gridò spazientita

-          Non oseresti – s’indignò lui

-          Non contarci, Malferret, non è giornata per te? Bene, non lo è neppure per me, quindi degnami di dieci minuti del tuo affollatissimo mattino e trova un’idea intelligente o per tutto l’anno saremo costretti ad alzarci la domenica mattina a fare questo genere di cosa! – sbuffò spazientita

Malfoy parve ripensare alle sue parole: di sicuro non voleva che la prof lo trascinasse per la collottola ad ogni incontro con la Granger per discutere dei problemi della scuola e certamente non anelava ad alzarsi alle otto e mezza solo perché due dannati grifoni col cervello pieno di noccioline avevano voglia di giocare agli investigatori privati!

Era il caso di confessare che era stato Nott a spaventare quelle due oche per i corridoi?

Studiò l’espressione risoluta della Caposcuola del Grifondoro e scelse per il no. Poteva anche farla uscire di testa con una simile notizia, ma poi ci sarebbe finito lui nei casini dietro a quell’imbecille di Theodore

-          Attaccagli al culo qualcuno che li controlli – bofonchiò sparando la prima stupidaggine che gli passava per la mente

Hermione si puntò un dito alle labbra e rifletté sulla proposta.

Certo, la forma era da rivedere, però l’idea funzionava…

-          E immagino che tu ti offriresti per un simile incarico – frecciò sadica all’indirizzo della serpe che si premurò prima di inorridire e poi di fulminarla direttamente con gli occhi argentati ridotti a due fessure brillanti

-          Prova anche solo a ripete una cosa del genere e ti assicuro che passerai il resto dell’anno a piangere – borbottò impermalito

-          Bene, allora decidiamo CHI deve farlo perché neppure io ho voglia di sobbarcarmi più lavoro di quello che già faccio

-          Povera Granger – rispose ironico lui accendendosi una sigaretta in mezzo al corridoio incurante delle norme di divieto che vigevano all’interno dell’edificio

-          Potremmo provare a chiederlo a Susan Bones – pensò a voce alta

-          Non passerebbe neppure per le porte – sottolineò lui cattivo, beccandosi una pessima occhiata dalla mezzosangue

-          Che ne pensi di McMillan?

-          Non deve già occuparsi dei turni del campo da quidditch? – aveva ragione, accidenti a lui. Da quando le squadre avevano cominciato a litigare su chi dovesse usare il campo, Ernie era stato delegato dai Capiscuola per gestire la cosa, motivo per cui era sempre circondato da gente, minacciato a vita e sommerso di regali nel tentativo di corromperlo per spostare un turno oppure assegnare ad una squadra piuttosto che ad un’altra quel dato orario. Inutile dire che il poveretto non faceva una bella vita.

-          Perché non ci mettiamo la Abbott? – propose disinteressato lui

-          È già nel Comitato, non servirebbe a niente – lui sbuffò

-          Non ce l’avete qualche Grifondoro sufficientemente intelligente? O sono tutte completamente rimbecillite?

Hermione tacque sul fatto che le ragazze di serpeverde non brillassero per rendimento ed acume, a partire da Milicent per passare alla Knock, alla Parkinson e a qualche altra.

-          Mettiamoci Pansy – rispose punta sul vivo per quella affermazione di poco prima – suppongo che sia sufficientemente intelligente… - dichiarò e lui la studiò imbronciato

-          Così trasforma la Gazzetta di Hogwarts in un giornale porno – fece notare

Non ci aveva pensato, Pansy aveva delle idee molto discutibili

-          Non che la cosa mi dispiaccia, sia chiaro, ma non credo che miglioreremmo di molto la situazione – aggiunse facendo un altro tiro – perché invece non ci sistemi la Brown? Riempirà le pagine di sue fotografie, ma almeno avremo risolto la questione

-          Sì, forse hai ragione – annuì ripensando alla figura della sua amica

-          Come sempre, d’altronde – ribattè ghignando col suo mezzo sorriso made-in-malfoy.

Lavanda non era proprio l’ideale per scrivere articoli, non era capace a scattare una fotografia e le uniche cose che riusciva a fare erano darsi lo smalto alle unghie e leggere all’infinito i problemi di cuore di qualche rivista da ragazzina demente.

Come fosse arrivata al settimo anno era uno dei misteri non ancora risolti assieme a “Come fa Piton ad essere ancora vivo” e “Come mai tutti vogliono ammazzare Potter” e si classificava subito prima di “Quanti ragazzi ha avuto Pansy Parkinson” e in quel caso non ci si riferiva propriamente al fidanzamento, quanto ad una approfondita conoscenza fisica.

Ma tu guarda se la domenica mattina si doveva andare a fare certe cose… non ne avevano ancora a sufficienza di problemi a scuola!

Guardò Malfoy che si stava svogliatamente fumando una sigaretta e lo invidiò per l’indifferenza che mostrava nei confronti del mondo, ogni tanto avrebbe voluto essere come lui e potersene lavare le mani dei problemi altrui, ma ogni volta che si proponeva seriamente una cosa del genere, il suo spirito da crocerossina la faceva correre a consolare una ragazza piangente, ad aiutare Harry o Ron a fare i compiti, a tenere compagnia a Mirtilla, ad accettare un carico di lavoro supplementare dai professori…

Malfoy invece era l’incarnazione dell’ozio: non ricordava avesse mai fatto una ronda notturna, non sapeva cosa volesse dire la parola “lavoro” e certo il suo cuore non sussultava quando una ragazza piangeva o i suoi compagni non avevano fatto i compiti perché neppure lui li aveva fatti e la ragazza avrebbe smesso di piangere non appena fosse entrata nella sua camera.

Beata pazienza…

-          Bene – disse sconsolata – dobbiamo dirlo alla McGranitt

Lui la guardò come se le fossero spuntate le antenne

-          Tu scherzi, mezzosangue, ti pare che io possa perdere il mio tempo con queste idiozie? Ho altro da fare…

Hermione si massaggiò con forza le tempie: il mal di testa pulsante stava mandando a rotoli la sua pazienza e se quel dannato furetto non l’avesse smessa entro tre secondi di fargliela cascare da così in alto si sarebbe veramente arrabbiata.

-          Ascolta Malferret – disse sibilando pericolosamente il suo nome – non m’interessa quante ragazze ti stanno aspettando, non me ne frega neppure se la tua agenda è piena di impegni, TU vieni con ME dalla prof e vedi di essere sufficientemente interessato a ciò che stiamo dicendo!

-          Sai, dovresti darti una calmata Granger, ti sta per scoppiare una vena – le fece notare con un gesto disinteressato

-          Almeno non dovrò sentire più la tua voce che blatera stupidaggini! – berciò furiosa

Draco la studiò un istante e gli parve che fosse davvero molto arrabbiata.

Il che presupponeva una doppia razione di compiti e una ronda per serpeverde quella sera, no, non andava. Che gli sarebbe costato stare dieci minuti dalla vicepreside, annuire con aria intelligente e poi tornarsene per i fatti suoi?

Quella ragazza però aveva il potere di mandarlo in bestia!

Innanzi tutto era una Grifondoro, il che bastava.

Poi c’era il fatto che fosse amica di Potty e Lenticchia, quindi appartenente al Trio dei Miracoli.

E per finire, era una studentessa per fettina senza un briciolo di sex-appeal.

La studiò da capo a piedi come se la vedesse per la prima volta: non era bella, era decisamente un po’ tonda per i suoi gusti, portava la camicia abbottonata un pomello più in alto di come la portavano tutte le altre, mentre la cravatta era al momento annodata lasca sul tessuto chiaro facendo risaltare i colori della sua Casa.

La gonna scozzese sempre con gli stessi colori ondeggiava sopra un paio di calze pesanti di lana e ai piedi i soliti mocassini di pelle.

Ma il difetto peggiore era che aveva un cervello niente male.

Il che la escludeva per principio dalla lista delle ragazze desiderabili: innanzi tutto, le ragazze intelligenti parlavano troppo e di cose inutili, facevano domande idiote e perdevano il loro tempo sui libri anziché con le persone dell’altro sesso, inoltre avevano la pessima abitudine di credere all’amore e che non si dicesse che quest’ultima cosa era in conflitto con tutte le altre! Le ragazze intelligenti in genere sono molto stupide in fatto di amore, traducibile con la parola sesso, questo perché vivono in un mondo parallelo senza attinenza con la realtà e si permettono certe fantasie romantiche determinate dall’eccesso di lettura.

Ovviamente c’erano delle eccezioni e, in fondo, nessuna ragazza era davvero una “brava ragazza”, nessuna tranne la Granger, lei incarnava tutte quelle cose che lui più detestava e aveva anche il potere di farlo uscire di testa quando litigavano.

Neppure Potter sapeva fare tanto, finivano sempre per fare un bel pestaggio tra Case in qualche corridoio.

Con lei, invece, c’era davvero da perderci la sanità mentale!

Se dicevi una cosa rispondeva a tono e se credevi di avere l’ultima parola scoprivi che lei poteva parlare ancora il doppio.

E non potevi malmenarla.

Solo offenderla.

…quando ci riuscivi, chiaro…

Quello, dote innata, però, gli veniva particolarmente bene.

Far sentire insignificanti gli altri era una caratteristica che tutti i Malfoy rripi con il latte. Anche lui.

Era inaudito che una piccola mezzosangue pezzente potesse farlo sclerale così tanto ed era ancor più incomprensibile che potesse essere così maledettamente intelligente.

Perché lei lo era davvero e, come diceva la regola, credeva al vero amore e faceva la santarellina.

Era una cosa sulla quale la colpiva spesso perché la sua mancanza di esperienza gli permetteva, oltre che un discreto vantaggio, anche si farla tacere e vederla arrossire imbarazzata in mezzo al corridoio.

In quel momento ci sarebbe proprio stata una battutina del genere, sì .

La squadrò ancora una volta e i suoi occhi chiari si soffermarono sul terzo bottone della camicetta che tirava leggermente e da dove si intravedeva un’ombra scura, probabilmente quella del reggiseno.

Strabuzzò gli occhi un paio di volte nel riuscire a identificare il pizzo della biancheria scura per poterne poi seguire la forma fino alla spalla dove scompariva.

Mosse lo sguardo e si ritrovò a fissare un paio di accigliati occhi ambrati che lo guardavano con malcelato nervosismo

-          Potesti guardarmi in faccia quando parlo? – chiese viscidamente gentile

Ma certo che la guardava in faccia quando parlava, dove doveva guardare?

Dove aveva guardato?

Non era che lui aveva… e lei…

Ok, la mezzosangue non stava bene perché lui non aveva mai fatto una cosa del genere e mai l’avrebbe fatta!

E, soprattutto, aveva urgente bisogno di tornare dalla Corvonero che c’era in Sala Comune a Serpeverde e che lo stava aspettando… come si chiamava? Doretta? No, era quella della sera prima… e poi era di Tassorosso. Clhoe? Forse, anche se Clhoe una volta era bionda e questa invece aveva i capelli scuri… come diavolo si chiamava?

Vabbè, ma a chi importava?

Ancora poco e poi avrebbe…

-          Ti vuoi muovere o no?! Dobbiamo andare dalla McGranitt!

La mezzosangue lo chiamò e lui si affrettò a guardarla sprezzante, dannazione, le aveva detto di non dargli ordini!

-          Ti ho detto che da quella arpia non ci vengo più stamattina, una volta basta e avanza a rovinare la giornata

-          Me ne frego

-          Non parlarmi così!

-          Fai tante storie che avremmo già finito – lo rimbeccò – se ti muovessi potremmo tornare tutti e due a farci gli affari nostri

-          D’accordo, mezzosangue, ma sappi che sei una pallosissima piaga!

-          Sempre gentile… - disse piano lei, più a se stessa che al suo accompagnatore.

-          Ovvio, io sono sempre gentile con le ragazze – rispose

 

*          *          *

 

Tre quarti d’ora con la McGranitt e le continue occhiate di rimprovero di Malferret non sono una passeggiata.

A dirla tutta, non ricordava che i colloqui con la vicepreside fossero così lunghi e noiosi, Silente aveva un pessimo influsso su di lei.

Hermione sospirò per la centosessantottesima volta, studiò la prof che girovagava con le mani dietro la schiena per lo studio parlando di “conseguenze” e di “avventatezza” come di catastrofi e terremoti. Sopprimere uno sbadiglio era qualcosa di impossibile.

Guardò alla sua sinistra dove stava seduto lo Slytherin con i piedi allungati davanti a se e l’aria di non stare seguendo neppure mezza parola dall’inizio del soliloquio della vicepreside.

Accidenti a Colin Canon, doveva andare a terminare la ricerca per Piton! E poi studiare Rune, ripassare Astronomia… invece all’alba delle undici era ancora a girarsi i pollici.

Malfoy le lanciò un’occhiata dal duplice significato “vorrei scappare” e “questa me la paghi”, gli rivolse un sorrisetto di superiorità e lui decise di propendere per la seconda interpretazione.

Guerra aperta? No, molto di più!

 

*          *          *

 

Quando Hermione rientrò in Sala Comune al Grifondoro, i suoi compagni erano tutti schierati ad aspettarla in attesa di ottenere delle notizie fresche fresche.

Colin e Dennis, dopo il perentorio ordine della serpe, erano stati costretti a ritornarsene al dormitorio con la coda tra le gambe mentre gli altri li guardavano sconcertati.

-          Herm, che succede? – le chiese premuroso Harry che era il più curioso di tutti – hai un’aria un po’ sbattuta…

-          Ne vengo da una spedizione al Club di Giornalismo, una conversazione con Malferret e un colloquio con la McGranitt, secondo te dovrei stare bene?! – esclamò lei irritata da quella domanda insulsa, poi lasciò andare su una poltrona massaggiandosi ritmicamente le tempie nella speranza di trovare la forza per recuperare la medicina che le serviva per eliminare il mal di testa

-          Canon ha fatto troppo casino per nulla – disse convinto Ron accomodandosi sul bracciolo della poltrona e allungando le gambe

-          È vero, lo sappiamo tutti che intanto è stato Nott ad aggredire quelle due per il corridoio – rincarò la dose Finnigan

-          Nott? – domandò stupita agli altri, Harry annuì

Se era stato Nott significava che Malfoy non gliel’aveva detto, maledetta serpe, poteva almeno collaborare per una volta! Sempre ad avere qualcosa di più importante di cui occuparsi… quando lei diceva una cosa del genere si trattava sempre di incombenze scolastiche piuttosto pressanti e, ad un modo o all’altro, riuscivano in continuazione ad appiopparle lavoro extra, chissà perché, invece, se lo diceva nientemeno che il Principe delle Serpi non un’anima di permetteva di dissentire…

Guardò sconsolata Harry che la fissava con la faccia da cocker che aspetta i croccantini, sospirò mesta, qual era la risposta che voleva?

-          Che avete deciso di fare? – chiese il bambino sopravvissuto sporgendosi verso di lei dal divanetto

-          All’inizio pensavamo di abolire il Comitato Studentesco… - disse prendendosi una piccola rivincita e facendo loro credere che quella fosse la decisione definitiva

Dean Thomas urlò di giubilo andando ad abbracciare Seamus e Ron, probabilmente se non li avesse interrotti avrebbero cominciato a stappare spumante e festeggiare

-          Herm, è una notizia favolosa! – intervenne Harry – sappi che appoggio completamente questa decisione!

-          Non parlarne a me, dillo a Malfoy – se ne disinteressò lei

-          Malfoy? – chiese circospetto il moro

-          L’idea è sua…

-          Ah…

-          Ma come stavo dicendo… - intervenne prima che, cancellando sette anni di rancore, Potter andasse a stringere la mano al biondastro – purtroppo la cosa è impossibile…

Le urla di vittoria si smorzarono pian piano, rivelando le facce deluse dei suoi compagni, ghignò soddisfatta di aver ottenuto la sua vendetta contro quei dannati curiosi che la mandavano sempre a fare le cose per conto loro e poi avevano il coraggio di aspettarla e conoscere i pettegolezzi.

-          Così abbiamo deciso di infiltrare Lavanda tra i membri del club, suppongo sia sufficientemente stupida…

-          Lavanda? – domandarono in coro gli altri

-          Ma non sa neppure che cos’è un club – protestò Finnigan

-          Non sa usare la macchina fotografica – aggiunse Harry

-          E non sa scrivere un pezzo – intervenne Ginny, capitata lì per caso mentre gli altri conversavano intorno alla “regina”

-          Appunto per questo – annuì lei confermando il tutto – così eviteremo che si pubblichino altre stupidaggini come quella di questa mattina

-          Perché? – chiese la rossa studiando prima il fratello e poi Harry

-          Perché non c’è nessun maniaco in giro per la scuola – le spiegò il rosso

-          Era solo Nott che soffriva d’insonnia – aggiunse Harry e la faccia della ragazzina parve un po’ delusa

-          Comunque, questo è quanto

-          Continuo a credere che sia follia pura – ammise Weasley

Lei alzò le spalle, si alzò in piedi e si diresse in camera.

Non le importava niente del club di giornalismo, voleva solo tornarsene a dormire, terminare le relazioni e farsi passare quell’accidenti di mal di testa!

 

*          *          *

 

Era domenica ed erano le nove.

Con passo marziale Hermione si avviò spedita verso il club di giornalismo.

Ancora.

Di nuovo.

Nella mano destra che ondeggiava con furia teneva una copia della Gazzetta di Hogwarts tutta stropicciata che sembrava essere stata recuperata da una trincea.

Beh, più o meno, visto che era dovuta andarla a raccattare nel cestino dell’immondizia perché andata a ruba.

Impossibile!

Inaudito!

Assurdo!

Come si permettevano quei tre dementi del giornalino della scuola di pubblicare certe cose?

Era la seconda volta di seguito che accadeva una cosa del genere…

Rilesse la prima pagina e un’altra dozzina di pieghe si aggiunse a quelle già esistenti.

 

Provenendo da un corridoio laterale, il cercatore verde-argento si affiancò alla studentessa in corsa per la maratona di New York

-          Malfoy – disse appena lei lanciandogli un’occhiata carica di odio

-          Granger – rispose lui seguendo il suo passo e ricambiando lo sguardo scuro, anche lui con in mano la Gazzetta che aveva tutta l’aria di essere stata ricomposta una ventina di volte.

-          Se vuoi ammazzarli, non sarò io a fermarti – disse lapidaria lei procedendo senza guardarlo in faccia

-          È un bene saperlo – borbottò cupo lui i cui capelli sparati in ogni direzione la dicevano lunga sull’umore mattutino – perché la pietà non è contemplata negli obiettivi della giornata

 

Tre cose concorrevano in quel momento a rende pessima, per Draco Malfoy, la giornata appena cominciata

1)      Era stato svegliato alle otto e mezza di mattina

2)      Era la seconda volta che si permettevano di fargli una cosa del genere

3)      La Gazzetta di Hogwarts era un meccanismo di tortura e andava soppressa con tutti i suoi partecipanti, soprattutto dopo quello che si erano permessi di pubblicare quel giorno.

-          La Brown ci starà sguazzando in una notizia del genere – bofonchiò nero di rabbia

-          Come no, ci diranno di nuovo che è stata approvata da tutti i membri del club!

-          Sopprimiamoli – rispose stringatissimo e la sua minaccia aveva un fondo di verità perché, se avesse potuto, avrebbe usato una bella maledizione Cruciatus contro tutti e tre (casualmente tre idioti Grifondoro), dopodiché li avrebbe schiantati con una Avada Kedavra senza ripensamenti.

-          Mi fa schifo dirlo, Malferret – disse lei quasi simulando un conato di vomito – ma per questa volta ti do ragione

 

Ma che cosa era successo, di grazia?

Il lunedì precedente Lavanda Brown aveva preso possesso della sede del club trasformandola nella casa al mare delle Barbie e spedendo il maggiore dei fratelli Canon da un bravo psicologo.

Dal giorno seguente, la tanto rinomata e criticata Gazzetta della scuola aveva visto l’aggiunta di una rubrichetta rosa dove si parlava di problemi d’amore e di incontri tra single, una specie di Eliana Monti a cui andava inviato il proprio curriculum e Lavanda in persona avrebbe preparato gli incontri.

La rubrichetta rosa si era ampliata per tre giorni, finché, per protesta, Colin e Dennis erano andati a fare delle rimostranze alla vicepreside e al Comitato Studentesco, minacciando lo slittamento dell’intervista floreale di marzo-aprile.

Il consiglio si era affrettato ad appoggiare la loro decisione di ridimensionare la rubrica trova-appuntamenti di Lavanda, permettendole, tuttavia, di partecipare alla stesura del pezzo di prima pagina.

Domenica, sulla prima pagina del giornale, era comparsa la notizia che il Comitato avrebbe organizzato per le festività di Natale un ballo in maschera e che i due Caposcuola Hermione Granger e Draco Malfoy sarebbero stati il padrino e la madrina dell’evento partecipando e regalando un loro bacio insieme per la beneficenza (prezzo minimo per la visione: 10 £, a salire secondo la posizione).

Dopodiché seguiva una lunga e dettagliata esposizione sull’abbigliamento obbligatorio per la festa.

Era chiaro che ci fosse lo zampino sia di Colin, arrabbiato con i due studenti per il trattamento riservatogli la settimana precedente e che non vedeva l’ora di vendicarsi, sia di Lavanda che, senza ombra di dubbio, aveva trovato l’idea “emozionante” e l’aveva approvata incondizionatamente preoccupandosi lei stessa delle caratteristiche di ogni singolo inviato.

 

Due mani arrabbiate contribuirono a spalancare malamente la porta del loculo dove aveva sede il giornale e, questa volta, Hermione non si preoccupò di cosa poteva intralciare il suo cammino: niente.

Il delirio di Dennis che vedeva rovesciarsi nuovamente il suo argento drogato, le sue amate fotografie d’epoca, i filtri delle pellicole e altre cose, brutalmente sparpagliate sul pavimento si smorzò quando posò gli occhi sulle espressioni lugubri e omicide dei due nuovi arrivati.

I due ragazzi fissavano con aria minacciosa Colin, con le spalle al muro, e Lavanda, intenta a scribacchiare su un post-it le nuove coppie ma a cui, al momento, tremava visibilmente la mano che reggeva la penna.

-          Voi maledetti – sibilò la serpe scandendo le parole con esasperante lentezza e la riccia non si sarebbe stupita se la mano stretta a pugno cominciasse a posizionarsi intorno al collo di uno dei tre cronisti.

-          Come vi siete permessi di scrivere una cazzata del genere! – sbraitò alzando notevolmente il tono di voce

-          Senza il nostro permesso! – aggiunse lei

In circostanze normali, la parlantina di Colin li avrebbe senz’altro aiutati un poco, ma visto che il biondo Gryffindor in quel momento sembrava affetto da un mutismo mai conosciuto, la condizione dei tre giornalisti peggiorava di minuto in minuto.

Lavanda, che aveva continuato a scrivere, poteva esporre la sua opera che sarebbe senz’altro stata accolta da qualche ditta di produzione di filo spinato visti quanti picchi appuntiti e tremanti erano bellamente esposti.

Dennis, seppur terrorizzato all’idea che l’argento facesse reazione con l’ossigeno e rovinasse il materiale dell’archivio, non ebbe il coraggio di chinarsi per limitare i danni, soprattutto dopo che un’occhiata della Granger l’aveva inchiodato alla parete terrorizzato quanto un bambino.

-          E’ stata una risoluzione del Comitato Studentesco – si affrettò a dire Colin

-          Ma voi avete scritto il pezzo rendendola pubblica – aggiunse la riccia severamente

-          Dovete parlare con loro… - continuò Canon

-          Il vostro club sta creando notevoli disagi alla scuola – annunciò sottovoce il biondastro stringendo una mano sulla spalla del poveretto; la faccia solitamente allegra del ragazzo mutò in una smorfia di dolore mentre questi stringeva i denti nel vano tentativo di non urlare.

-          Prima di pubblicare simili cose – intervenne la gifoncina – dovete chiedere il permesso, vi è mai passato per l’anticamera del cervello che io e questo sottospecie di furetto non abbiamo alcuna intenzione di collaborare ad un simile progetto?! – terminò in un crescendo di voce che istupidì Lavanda

-          Ma è per la beneficenza… - protestò Dennis

-          Beneficenza un corno! – gridò Malfoy

-          Non abbiamo nessuna intenzione di assecondare quest’idea e siete stati insultanti a pubblicare una cosa simile senza prima chiedere conferma

-          Ma noi… - incominciò uno dei due

-          Pretendiamo delle scuse e la smentita della notizia sul prossimo numero del giornalino

-          Ma è impossibile! Il Comitato ci ucciderà! – quasi strillò il maggiore dei due grifoni

-          Me ne sbatto del Comitato – fu il poco garbato commento della serpe

-          Ma non possiamo, per le smentite occorre l’autorizzazione della vicepreside – tentò ancora di calmarli Colin, peccato che la cosa ottenesse l’effetto contrario

-          Non credo che la McGranitt si opporrebbe all’idea, se gliela proponessimo

-          Ma…

-          Un accidente! Non avete neppure una vaga impressione di quante catastrofi state combinando! Come vi siete permessi anche solo di pensare ad una simile cosa, ad una simile eventualità!

-          Ci sembrava una buona idea… la beneficenza è un’opera buona… - s’intromise Lavanda, subito zittita da due occhiate impermalite

-          Che schifo! – gridò il biondastro – io e questa sottospecie di megera!

-          Io e questa serpe altezzosa! – urlarono in coro i due e i giornalisti capirono di averla combinata grossa, molto grossa

I Caposcuola si guardarono rripilanti l’un l’altro, si poteva quasi dire che quello sguardo di disgusto che si erano rivolti fosse un segno di affinità visto con quanto animo riuscivano a detestarsi e insultarsi.

-          Non sono affatto disposta a baciare questa vipera malefica solo perché il Comitato Studentesco non sa più che saltimbanco assumere – sbuffò lei strattonando Colin per il colletto della camicia

-          Consideralo un onore baciare me! – gridò lui all’indirizzo della studentessa

-          Me ne lavo le mani dell’onore che mi fai – sbottò collerica – preferisco un dannatissimo rospo

-          Mi sembra una buona idea, perché non le fate baciare il rospo di Paciock? – propose lil biondastro

-          Sì, sono d’accordo, fa meno schifo

-          E non ti credere che a me tutta ‘sta storia faccia piacere, sai mezzosangue? – disse lui

-          Mai detto nulla di simile – gli assicurò con trasporto lei

-          Vedete di trovare un’altra attrazione, mi rifiuto di baciare questo essere inferiore!

-          Modera i termini, Furetto, essere inferiore lo vai a dire ai tuoi tirapiedi!

Colin guardò quella scena come se si stesse per scatenare il famoso ciclone distruttivo su cui i babbani si erano tanto accaniti con film catastrofici.

E la parte peggiore era che quei due erano anche molto vicini ad una fotografia che, forse, non avrebbero dovuto vedere, alias il ciclone distruttivo.

-          E tu non devi… - cominciò di nuovo Hermione, l’indice puntato in aria ad indicare il petto del furetto, lo sguardo terribilmente alterato, l’altra mano sul fianco che stringeva la bacchetta come se, per quell’impiego non servisse.

Si fermò un istante, no doveva essersi sbagliata…

Interruppe momentaneamente la comunicazione tra lei e lo Slytherin concentrandosi sull’immagine dietro le spalle di lui, sbatté gli occhi un paio di volte.

Stupito da quel silenzio improvviso e dall’attenzione di lei spostatasi da un’altra parte, si voltò anche lui a guardare: doveva essere qualcosa di particolarmente grave o esclusivo per distogliere lo sguardo di lei da una conversazione così incalzante.

Gli occhi argentati di lui fissarono la fotografia animata, cazzo, ma quelli erano proprio loro due!

Lanciò un’occhiata arrabbiata alla Granger che non si premurò neppure di ricambiare, ma lo guardò sconvolta e sconcertata.

L’immagine appesa su una lavagna di sughero sopra il banco era una banalissima fotografia scattata con la macchina di Canon e ritraeva Hermione e Draco durante una delle tante pause pranzo. In quella particolare inquadratura, però, sembrava quasi che si stessero lanciando occhiatine dolci da una parte all’altra del tavolo dove erano seduti.

-          Che diamine sarebbe questa roba?! – sbraitò furioso Malfoy mentre la mano destra si chiudeva sempre più sul collo del biondino del Grifondoro che cominciò ad assumere una colorazione tendente al verde mela per poi passare al viola

Hermione si arrabbiò ancora più di quanto fosse e la punta della bacchetta prese una tinta fiammeggiante decisamente pericolosa

-          E’ solo una fotografia – disse Colin cercando di respirare, sfortunatamente con la mano di Malfoy stretta intorno al collo era qualcosa di assai difficile, la bacchetta della sua amica puntata alla gola, poi gli faceva ancora più paura perché niente è pericoloso quanto una persona calma che si arrabbia ed Hermione era solitamente una persona molto tranquilla, quindi si dovevano temere i momenti in cui perdeva decisamente il controllo.

-          Fotografia un accidente! – grugnì ancora il cercatore verde-argento stringendo di più la presa

-          Voglio sapere che diamine è! – gridò lei

-          Noi non ci siamo mai guardati in quel modo!

-          Ridicolo, non farei mai una cosa del genere!

-          Mi viene il voltastomaco solo a pensarci – brontolò lui

-          Scusati! – disse Hermione al giornalista

-          Scusati! – ripeté Malferret – e smentisci immediatamente quella stronzata sulla prima pagina della Gazzetta di stramani

-          Ma ho bisogno della McGranitt per quello – gli fece notare il maggiore dei due fratelli

-          Allora avrai la tua Santa McGranitt – sbottò la serpe e, trascinandolo per il bavero, lo condusse verso la porta, la aprì sbattendo e lo cacciò nel corridoio con un calcio.

Massaggiandosi il collo e il fondoschiena dolorante, Colin si affrettò a seguire i due compagni che procedevano spediti lungo i meandri della scuola dandogli più di due metri di distacco e continuando a borbottare di assurdità e di stupidità.

Fece per allungare il passo e raggiungerli quando percepì un rumore strano provenire poco più avanti e non ebbe neppure il tempo di avvicinarsi per controllare che una violenta esplosione investì il corridoio mandandolo a gambe all’aria e colpendo in pieno i due Caposcuola che camminavano precedendolo.

Tossendo il fumo che gli riempiva i polmoni, il biondo si rammaricò di non avere con se la fedele macchina fotografica, ma si precipitò comunque in avanti per controllare gli altri due.

Quando la nube finalmente si dissolse, riconobbe, stesi a terra, i corpi dei due, anneriti dal fumo, i vestiti leggermente strappati dall’energia che si era sprigionata.

Di che si trattava?

Che cosa era stato?

Aveva sentito solamente un rumore che non era riuscito ad identificare e la bomba, o ciò che era stato, era esplosa, colpendo i due e scaraventandoli venti metri più avanti con la sua forza d’urto.

Si inginocchiò al fianco della sua amica e le tastò il polso velocemente, preoccupato e molto, molto tremante, sfortunatamente, però, non riuscì a percepire il battito cardiaco; più angosciato che mai, raccolse le forze e corse lungo il corridoio alla ricerca di qualcuno che potesse aiutarlo.

In fondo all’androne stava arrivando proprio la McGranitt seguita da Piton e da Vitius che avevano sentito lo scoppio mentre erano a correggere i compiti nei loro uffici.

-          Professoressa! – urlò all’indirizzo della vicepreside che, preoccupata, si affrettò verso di lui.

Che cosa era accaduto?

Come stavano Draco ed Hermione?

 

*          *          *

 

Spazio autrice: la domanda esistenziale del giorno è “cosa si scrive in questo spazio per il primo capitolo della storia?” la volta scorsa avevo la scusante di essere una novellina delle cose di questo genere e quindi qualunque cosa avessi messo sarebbe andata bene perché non avevo pratica, ma adesso?

Sono a corto di ispirazione per queste cose, la sto spendendo tutta per scrivere i prossimi capitoli quindi sto vivendo effettivamente su un altro pianeta, boh, non ne ho proprio idea, ripeto che sarei molto felice che anche questa storia vi piacesse, aspetterò con ansia!

Ciao e a presto!

Nyssa

 

PS: per quietare tutti gli appassionati delle Relazioni che mi hanno chiesto chi fosse il maniaco di Cho Chang, immaginando il temperamento della poveretta e le persone di Hogwarts, posso dire che probabilmente lei si è spaventata da sola… magari ha visto la figura di Lavanda che gironzolava per il corridoio e l’ha scambiato per un maniaco…

 

 

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Capitolo 2
*** Mirroring ***


Una donna era in cucina e stava preparando un polpettone, aveva i capelli bianchi raccolti sulla testa con un fermaglio di corno e gli occhi dorati, sorrise sentendo dei passi avvicinarsi mentre sfornava la pietanza che stava di fronte a lei

Una donna era in cucina e stava preparando un polpettone, aveva i capelli bianchi raccolti sulla testa con un fermaglio di corno e gli occhi dorati, sorrise sentendo dei passi avvicinarsi mentre sfornava la pietanza che stava di fronte a lei. Una bambina le corse incontro, gettandosi contro le gonne della nonnina, piangendo

-          Nonna, nonna, mamma e papà hanno detto che questa sera saranno di nuovo a mangiare fuori…

Singhiozzò bagnando in parte la sottana con il pizzo in fondo della nonna e stropicciandole la gonna a fiori

-          Non piangere, bambina, vedrai che domani sera saranno a casa – disse accarezzandole la testa e i capelli castani – e così… potremo mangiare noi più polpettone! – rispose pratica

-          Ma io volevo che la mamma lo mangiasse con noi – rispose la piccola – è una settimana che torna a casa tardi, mi manca tanto…

-          La mamma ti pensa ogni momento, Herm, mio tesoro – aggiunse la vecchina appoggiando il tegame sul banco di lavoro – sono sicura che le dispiace moltissimo di non poter assaggiare il polpettone fatto con la ricetta speciale della nonna!

-          Però… - aggiunse tra i singhiozzi – non viene mai a darmi un bacio, non mi saluta mai… non telefona e non dice che le dispiace

La donna dai capelli canuti posò le mani sulle guance della nipote e si inginocchiò di fronte a lei, asciugandole le lacrime con le dita

-          Non piangere, bambina, la nonna è qui con te…

 

Hermione si svegliò di colpo, agitata come raramente le capitava di essere.

Si guardò attorno spaesata e riconobbe nei mobili bianchi uno dei corridoi dell’infermeria.

Si mise a sedere sul letto, sollevando le coperte e si guardò attorno, studiando quel luogo silenzioso e pacifico.

La nonna.

Aveva sognato sua nonna.

Non le era mai successa una cosa del genere… le mancava tanto la nonna… chissà cosa stava facendo adesso, se non fosse stato per lei, probabilmente la sua vita sarebbe stata molto brutta.

Scrutò ancora nell’oscurità inframmezzata dalla luce della luna che filtrava dalle ampie finestre, sorrise all’astro che la spiava dal cielo e chiuse un istante gli occhi.

 

Di colpo li riaprì: l’esplosione!

Che cosa era successo?

Ricordava di aver udito un boato spaventoso e lei e Malfoy, che stavano camminando per andare dalla vicepreside, erano stati investiti da una fiammata fredda di uno strano colore bluastro, dopodiché solo il nulla.

Sentì un dolore strano alle articolazioni delle braccia e si grattò il gomito accorgendosi solo in quel momento di non stare indossando l’uniforme della scuola e, tantomeno, uno dei suoi pigiami invernali.

Rabbrividì accorgendosi di avere una camicia di cotone e trovò la cosa alquanto sospetta: che l’avessero ingessata? Le avevano fatto delle fasciature?

Sentì l’elastico delle mutandine segnarle l’attaccatura delle gambe in maniera fastidiosa, come se fosse diventate strette all’improvviso, doveva essere rimasta in una posizione scomoda troppo tempo.

Per controllare eventuali bendaggi, tirò su l’indumento fin sul seno e si accorse di non indossare biancheria. Tastò cauta la pelle della pancia non trovandovi segni o altre ferite e neppure fasciature.

Tirò giù sospirando rasserenata la veste e lesse l’etichetta che spuntava da una delle maniche:

XL

La osservò accigliata dicendosi che era un pessimo momento per ingrassare d’un colpo, che la fiammata le avesse dato venti chili di più? Decisamente non era il caso, visto che non era proprio un figurino, sospirò e questa volta non era serena, ma rassegnata.

-          Oh, signorina Granger, finalmente si è svegliata – le disse Madama Chips comparendo in quel momento dalla tenda di fronte con un vassoio e sopra i resti di una cena

-          Che ore sono? – chiese notando di non avere più al polso l’orologio di tutti i giorni

-          Le due di mattina

-          Non ricordo nulla, potrebbe dirmi che cosa è successo? – s’informò dall’infermiera

-          Non lo rammenta? Non lo intuisce? – l’altra annuì con la testa avvicinandosi ad un armadietto sul fondo della stanza – prima di dirglielo ho bisogno di sapere se sente dolore da qualche parte

-          Un po’ di male alle giunture e alle articolazioni – ammise la caposcuola, l’altra annuì ancora

-          Capisco, tipico del processo di crescita…

-          Non credo che sia quello – intervenne – non penso di crescere ancora, siamo piuttosto bassi di famiglia – confermò visto che sua madre raggiungeva a stento il metro e sessanta e suo padre, se non ricordava male, era uno e settantacinque

-          Oh, ma io non mi riferisco a questo – disse ancora la Chips avvicinandosi con uno specchio in mano – provi a guardarsi – aggiunse poi facendole un gesto d’incoraggiamento, Hermione annuì e deglutì a vuoto temendo il peggio: che cosa doveva crescerle?

Sollevo l’oggetto fin davanti al viso e quando la posizione fu ottimale si decise ad aprire gli occhi.

Sbattè un paio di volte le ciglia senza capire, la figura riflessa era quella di una persona che le somigliava moltissimo, ma che, tuttavia, non era lei.

A occhio poteva assomigliare vagamente alla sorella di papà…

I tratti erano addolciti e l’aria un po’ fanciullesca che la caratterizzava era scomparsa.

Quella che aveva davanti era la figura di una donna sui vent’anni, non la diciottenne che era!

-          La pozione ha innescato e accelerato il suo processo di crescita – spiegò la Chips – al momento dovrebbe avere… sì, pressappoco ventidue anni

-          Sono cresciuta di quattro anni? – domandò incredula

-          Credo, anche se il calcolo è piuttosto approssimato… ah, e non si preoccupi per la camicia, non è ingrassata tanto, solo che credo abbia acquistato una taglia – e le indicò il seno – quindi non riuscivo a farle entrare una L…

La studentessa arrossì chinando gli occhi e guardandosi il petto, adesso capiva perché la biancheria le sembrava così stretta… e anche i dolori alle braccia…

Riguardò l’infermiera e annuì.

-          Stia su col morale, signorina Granger – le disse sorridendo l’altra donna – c’è chi sta peggio

E avvicinandosi al letto di fronte, tirò tutto d’un colpo la tenda scoprendo il materasso.

Un bambino di una decina d’anni stava seduto sulla sponda con il braccio sinistro appoggiato alla griglia dove erano fissate le cartelle, aveva i capelli biondissimi e gli occhi argentei la stavano fissando in maniera per niente amichevole mentre dondolava infantilmente le gambe che non arrivavano al pavimento

-          Se provi a ridere ti ammazzo – furono le parole pronunciate mentre scrutava con sguardo omicida la Chips che si lasciò sfuggire un sorrisetto.

Hermione però non rise, anzi, guardò per un po’ il grosso fiocco bianco che il bambino portava legato sotto il mento e si soffermò sul colore chiarissimo dei capelli

-          Tu sei Draco Malfoy? – chiese, quasi non credesse ai suoi occhi

-          E tu sei la McGranitt, ovvio che sono io. – la rimbrottò il bambino e quelle parole dure e un po’ scazzate facevano uno strano effetto pronunciate da una persona così giovane, ma soprattutto, quello che rendeva strana la cosa era lo sguardo truce e minaccioso con il quale la stava squadrando da capo a piedi, soffermandosi brevemente sulla curva del seno

-          Con l’età migliori – le disse alzando un sopracciglio

Ma a lei mancavano davvero le parole per riuscire a replicare ad una persona del genere.

Le ricordava molto il Draco Malfoy che aveva incontrato quando era entrata a scuola a undici anni, e, rifletté, se doveva averne dieci non erano molto distanti da allora.

 

Guardò ancora Malfoy che la fissava in cagnesco, lo stesso sguardo che conosceva e che le rivolgeva ogni volta che si incontravano.

Le scappò un risolino e lui sbuffò seccato spostando gli occhi grigi fuori della finestra lì affianco.

La Chips tornò portando altri vasetti e barattoli da depositare nell’armadietto dove stava frugando fino a poco prima, su una delle etichette la ragazza riconobbe il famoso e quantomai schifoso OSSOFAST. In realtà lei non sapeva che gusto avesse, ma anche solo a leggere la lista degli ingredienti si poteva percepire un sapore per niente buono.

Ricordò quando quelle maledette serpi le avevano fatto crescere a dismisura i denti incisivi rendendola decisamente simile ad un castoro più che a una ragazza e Piton aveva detto quella cosa orribile: “Non noto nessuna differenza”; accidenti a lui, maledetto professore, gli avrebbe morsicato una mano in quel momento e gli sarebbe stato bene se gliel’avesse staccata!

Ok, non provava un viscerale, carnale e segreto amore per il suo prof di pozioni, ma quello non era un mistero per nessuno visto che qualunque studente di Hogwarts avrebbe voluto fargli la pelle in almeno un’occasione, la metodologia più sognata era quella di affogarlo in una delle sue puzzolentissime pozioni, quella marroncina, che oltre al colore aveva anche un odore piuttosto equivoco, era la più gettonata.

Guardò di nuovo Malferret

-          Dovreste cercare di riposare – disse la Chips rovistando nei pensili

Draco emise un suono sprezzante che lasciava sottintendere tutto quello che si poteva replicare in una situazione come la sua ad una affermazione del genere

-          Molto bene – intervenne offesa l’infermiera – può sempre fare conversazione con la signorina Granger

Hermione gli lanciò uno sguardo e gli lesse sulle labbra la frase “neanche morto”

-          Sempre che lei, invece, non voglia riposarsi un poco prima di domattina… - aggiunse con un sorriso benigno verso la grifondoro

-          Domattina? – domandò la mezzosangue

-          Dovrete parlare con i professori – le fece notare la medimaga – stanno svolgendo delle indagini sull’accaduto e occorre la vostra testimonianza

-          Capisco – annuì la caposcuola

-          Pare che non si sappia ancora chi abbia messo l’ordigno – continuò l’altra. Inoltre, viste le condizioni in cui vi trovate, non credo che potrete andare in giro per la scuola così conciati – e fece un altro risolino mentre la studentessa si guardava preoccupata nello specchio che le aveva lasciato.

Vedendo che nessuno dei due parlava più, con un’alzata di spalle la donna se ne tornò ai suoi malati nell’altra corsia.

Draco ed Hermione si guardarono ancora una volta, stupiti dal cambiamento che li aveva colpiti, e poi si voltarono dall’altra parte, ognuno perso nei meandri dei propri pensieri

-          Chi credi che sia stato? – domandò infine alla serpe

-          Cosa vuoi che ne sappia? – borbottò contrariato lui aggiustandosi il vestito che non era abituato a portare

-          Dove hanno preso quell’abito? – chiese ancora indicando i pantaloni neri, la camicia bianca e la giacchetta scura fermata con un vistoso fiocco candido

-          In qualche baule nascosto in soffitta a giudicare da come puzza di naftalina – rispose lui infilando un dito nel nodo e allentandolo prima di morire strangolato

Lei lo studiò e sorrise, questa volta con più dolcezza: se si fosse potuto fare qualcosa per il suo orribile modo di parlare, sarebbe davvero sembrato un bambino dallo sguardo vispo e l’aria intelligente; peccato solo per quel ghigno sprezzante che gli compariva sempre sulle labbra: il segno identificativo di ogni Malfoy.

 

Draco guardò il paesaggio fuori delle finestre, mancavano due settimane scarse a natale e il panorama era già coperto di neve bianca e candida.

Gli piaceva l’inverno perché c’era silenzio, niente grida né schiamazzi, tutto sembrava tranquillo e ovattati, non si distinguevano rumori stridenti e i movimenti erano lenti, i colori morbidi.

 

Hermione seguì lo sguardo dello Slytherin fuori della finestra e ammirò a sua volta il prato innevato che circondava la scuola e riconobbe le acque agitate del Lago Nero mosse dalla brezza notturna. Era così bella quella stagione… mentre fuori faceva freddo si poteva rimanere in casa a leggere un bel libro davanti al caminetto con i piedi al caldo, si poteva ascoltare il crepitio del fuoco, sentire l’odore di resina proveniente dai ciocchi che stavano bruciando; le piaceva prestare attenzione al rumore appena percettibile delle coperte che sfregavano, ma la cosa più bella era senz’altro ascoltare il silenzio della neve che cade.

Quando era a scuola e fuori cominciava a nevicare, le piaceva sedersi su una delle panchine di pietra del giardino e rimanere lì mentre il manto bianco la ricopriva, ascoltando la natura che si era fatta silenziosa.

Harry e Ron non approvavano quel suo comportamento, ma da buoni amici, non si erano mai opposti dicendo che era stupido o infantile e l’avevano lasciata fare.

A Londra non poteva farlo, il rumore della metropoli era continuo, incessante, persistente e fastidioso. La neve che scendeva era sporca, piena di sostanze tossiche e fumi nocivi, non si fermava a lungo per strada e il più delle volte formava una poltiglia scura e scivolosa sull’asfalto, niente di paragonabile alla distesa candida che si vedeva da quella finestra.

 

Ricordò una cosa: due anni prima, qualche giorno prima di partire per ritornare a casa per le vacanze, era uscita come suo solito a veder nevicare e quando era arrivata nel piccolo chiostro interno della scuola, dove spesso si rintanava, si era accorta di non essere sola, un’altra persona se ne stava lì fuori a prendere la neve, senza dire una parola, con la fronte china sulle ginocchia, il cappuccio della divisa calcato sulla testa e il tutto coperto dal paltò scuro dell’uniforme. Non aveva mai saputo chi fosse, però erano rimasti lì tutti e due per più di un’ora senza dire una parola, timorosi di rompere quel silenzio pacifico ed eterno che c’era intorno a loro.

Lei poi si era alzata dovendo tornare a sistemare i bagagli e quando, trascorsa un’altra ora, era ritornava, quella persona non c’era più.

Sorrise tra se al rammentare quell’incontro strano

 

-          Malfoy – chiese poi d’improvviso – perché, se io sono cresciuta di quattro anni, tu sei rimpicciolito di otto?

Lui la studiò un istante distogliendo lo sguardo dalla contemplazione del paesaggio, alzò un sopracciglio e la guardò

-          Dovrei saperlo? – domandò

-          Beh, l’esperto di pozioni sei tu – gli rispose con un’alzata di spalle

-          Ma la signorina So-Tutto-Io-Granger sei te – ribatté ghignando, lei lo fulminò con lo sguardo

-          Persi che troveranno una soluzione?

-          Spero che lo facciano in fretta – disse freddo e arrabbiato – girare conciato come un moccioso non è proprio la mia massima aspirazione

-          Chissà chi è stato…

-          Qualche squilibrato… hai per caso degli ammiratori segreti, Granger? – le domandò

-          Con tutta la gente che vuole ammazzare te… - lo rimbrottò – ogni persona che ti ha conosciuto, credo…

-          Ma che dici, è Potty l’unico destinatario di ogni minaccia di morte nell’arco di chilometri

Come dargli torto… con la posta del mattino i gufi portavano anche un carico abbondante di pazzi che minacciavano Harry di morte nelle maniere più strampalate

-          Non parlare male di Harry – lo ammonì, anche se era la verità

-          Perché, neghi? – le chiese sarcastico. Ovviamente non poteva dirgli che aveva ragione era una questione di principio, nessun grifone poteva permettersi di dare ragione ad una serpe, soprattutto se questa era nientemeno che Draco Malfoy e non contava nulla che fosse in versione bambino o aristocratico Principe degli Slytherin.

-          Non è che sei geloso di tutta l’attenzione che riversano su Harry? – gli domandò, la vecchia tattica del “pungilo sul vivo” poteva funzionare per uno orgoglioso come Malferret

-          Le attenzioni di cui ho bisogno, stai tranquilla, le ho già – le rispose calmo e lei avvampò sapendo perfettamente a che genere di cose si stesse riferendo, non era segreto per nessuno che Malfoy avesse ragazze che gli uscivano dalle maniche, le cambiava come si faceva con i calzini e in sette anni che era a scuola non aveva ancora sentito che si fosse trovato stabilmente una fidanzata. Pansy Parkinson era la sua favorita, ma non la sua ragazza. NESSUNA era la sua ragazza, anche se tutte erano sue amanti.

Beh, tutte per modo di dire perché lei non si era neppure mai avvicinata alla camera da letto di quella sottospecie di furetto, tantomeno aveva coltivato pensieri indecenti su una loro possibile relazione, quindi, tutte per modo di dire, la maggioranza, insomma.

Fece per dire ancora qualcosa quando lui la bloccò con un’occhiata

-          Cazzo quanto parli, Granger – le disse annoiato – stai un po’ zitta e fai un favore all’umanità, adesso capisco perché Weasel sembra completamente rincitrullito!

Hermione, irritata, incrociò le braccia sul petto

-          Se non ti offendi, io vado a dormire – disse cominciando a rimestare tra le coperte

-          Dovrebbe importarmene? – domandò lui

-          No

-          E se ti dicessi che mi offendo? – la provocò ghignando

-          Me ne fregherei – detto questo, si coricò e spense l’abat-jour sul comodino rigirandosi sotto il piumone.

Malfoy la guardò ancora un attimo prima che scomparisse nella completa oscurità della stanza, distolse l’attenzione e tornò ai prati innevati… l’immagine di quello vicino a Malfoy Manor, cosparso di sangue, rosso come il fuoco, brillante sulla neve candida, si fece prepotentemente strada nella sua mente. Decidendo che non era il caso di disseppellire quel ricordo straziante, alzò con un gesto convulso le lenzuola e si gettò a sua volta a dormire.

Lanciò un’occhiata alla mezzosangue che riposava con un’espressione corrucciata sulla faccia, imprecò a denti stretti e si addormentò.

 

*          *          *

 

-          In piedi, dormiglioni! – li svegliò Madama Chips entrando nella corsia e sbattendo un cucchiaio contro un piatto

Hermione si stropicciò gli occhi, le pareva di essere andata a dormire da non più di due ore e invece… adocchiò l’orologio dell’infermiera che segnava le otto e venti del mattino

-          Forza e coraggio! – urlò ancora – Silente e i professori vi vogliono in presidenza prima delle nove!

-          Ma non c’è lezione a quell’ora? – mugugnò lei sedendosi

-          Sono state posticipate di un paio di ore ufficialmente per le indagini sull’accaduto – le spiegò la medimaga appoggiando sulle coperte bianche una pila di vestiti – questi te li manda la professoressa McGranitt – aggiunse – ha detto di modificarli pure per farli della tua misura

Hermione annuì, poi lanciò un’occhiata al tessuto scozzese disposto ordinatamente

-          Ma che fortuna – la canzonò Malfoy dal letto di fronte scostando le lenzuola

-          Taci, Furetto, non farmi arrabbiare già di prima mattina – borbottò

-          Abbiamo la luna storta, eh mezzosangue? – le chiese

-          Smettetela di beccarvi come due galline – li riprese invece la Chips – signorina Granger, tiri la tenda e si cambi in modo da essere presentabile. Signor Malfoy, meno ciance, oh Cielo, ma è andato a dormire con i vestiti!

-          Con cosa dovevo dormire? – le chiese come se fosse ovvio

-          Ma poteva almeno togliersi la blusa! – disse scuotendo la testa la donna

-          Fa freddo in questo posto diroccato – protestò lui – ci sono spifferi in ogni finestra e mi dite di levarmi la giacca?!

-          Non si permetta di parlar male della mia infermeria! – sbuffò

Cominciava a capire perché la Granger e quella serpe fossero sempre a litigare, accidenti, riusciva a far saltare i nervi perfino a lei che era stata una paziente Tassorosso!

 

Quando la tenda bianca si scostò, Hermione Granger vestita come la prof McGranitt fece il suo ingresso trionfale strappando un risolino all’infermiera e uno sguardo compassionevole dalla serpe.

Sbuffò sistemandosi il collettino e si sentì conciata come una donnina dell’Ottocento, accipicchia, le gonne così lunghe erano terribilmente fastidiose…

-          Bene, adesso siete pronti per andare – annuì la loro ospite che, sospingendoli oltre la soglia, si affrettò a chiudere dietro di loro l’uscio.

-          Venite, vi faccio strada – disse invece la vicepreside che li aspettava fuori dall’infermeria e si diresse verso il piano dove era situato l’ufficio del preside.

La parola d’ordine di quell’anno, bavarese alle fragole, non segnava certo un passo in avanti rispetto a quelle degli anni passati come “frappè” ecc.

La scala a chiocciola nascosta dietro la colonna comparve dal nulla mentre la figura lignea della fenice che indicava l’ingresso ruotava su se stessa per portarli al livello dell’ufficio dove Piton li stava aspettando.

-          Venite miei cari, sedetevi – aggiunse il preside quando loro comparvero sulla soglia e la prof di Trasfigurazione li abbandonò per prendere il suo posto alla destra di Silente

I due adocchiarono le poltroncine e si accomodarono trovandosi fin troppo sulle spine.

-          Avrei preferito avere tutti gli insegnanti con me – cominciò con un sospiro il rettore – ma sfortunatamente, a causa di una serie di imprevisti, sono costretto a parlarvi solamente insieme ai miei fidati collaboratori il professor Piton e la professoressa McGranitt.

I due passarono lo sguardo prima a uno e poi all’altro che li stavano fissando molto seriamente prendendo atto dei cambiamenti avvenuti in ciascuno dei due.

-          Dunque ragazzi – incominciò tranquillo con un colpo di tosse – che cosa è accaduto?

Draco ed Hermione si scambiarono uno sguardo, poi, prendendo un bel respiro, lei decise di vuotare il sacco

-          Eravamo andati al club di giornalismo per far smentire la notizia pubblicata in prima pagina – iniziò – solo che Canon ci aveva informati del fatto che per le smentite era necessario il consenso della vicepreside – e indicò brevemente la McGranitt che annuì

-          Come responsabile degli studenti – confermò la donna sistemandosi gli occhialini rettangolari sul naso

-          Infatti. Allora siamo usciti tutti e tre nel corridoio per andare a parlarle e poter avere la sua approvazione per la cosa, Colin è rimasto un po’ indietro – ammise arrossendo e sorvolando ampiamente sul fatto che lei e Malfoy stavano litigando e che camminavano ad una velocità paragonabile a quella delle macchine di formula uno – e mentre percorrevamo il corridoio siamo stati improvvisamente colpiti dall’esplosione. Io non ricordo altro.

-          Signor Malfoy – disse Piton all’indirizzo del suo pupillo – lei ricorda altro a proposito?

-          Solo un suono piuttosto strano che ho sentito prima dello scoppio – disse – come di un vetro che s’infrange…

Una penna prendiappunti sulla scrivania si stava muovendo rapidamente su una pergamena, segno che riportava ciò che loro dicevano.

-          Che ne è stato di Colin? – chiese la Caposcuola piuttosto preoccupata ai professori

-          Il signor Canon sta bene – confermò il preside – è rimasto praticamente illeso e non ha riportato nessuno dei sintomi da voi riscontrati

-          Intende dire che non è cresciuto come noi?

-          No, è rimasto un normalissimo studente della sua età

-          E a noi che è successo? – domandò ancora

I tre adulti si scambiarono uno sguardo preoccupato

-          Stando alle ricerche svolte dal professor Piton, - disse con voce grave Silente – l’esplosione che vi ha colpito sarebbe stata innescata da una detonazione, ma per questi dettagli vi lasciò alle parole del professore

-          Ehm, sì – incominciò Severus Piton – se le mie indagini non sono errate, la pozione dovrebbe essere stata una Restringi Crescita, se non che ho riscontrato nel dosaggio delle gocce rinvenute alcune imprecisioni che le hanno fatto assumere la forma che vi ha reso così

-          E quale sarebbe? – domandò Malfoy

-          La presenza di più di una persona e und dosaggio approssimativo hanno avuto effetti collaterale annullando la crescita di uno e amplificando quella dell’altro

-          Questo però significherebbe che la pozione era stata preparata per una sola persona, insomma, era qualcosa di intenzionale – chiese la McGranitt preoccupata

-          Sì – disse freddo Piton

-          Tuttavia la signorina Granger si trovava con lui e l’imprecisione della pozione stessa ha contribuito alla creazione di questo pasticcio

-          Sì, proprio – annuì

-          Ed esiste una cura? – gli chiese ancora la vicepreside, l’altro scosse la testa

-          Esistono pozioni più efficaci per modificare la propria età, ma nessuna è eterna, a parte quella preparata con l’Elisir di Lunga Vita

-          Quello estratto dalla Pietra Filosofale? – intervenne Hermione beccandosi un’occhiataccia dal prof di Pozioni

-          Sì. Però la Pietra è stata distrutta e quindi l’effetto anche della vostra, piuttosto semplice, a dire la verità, si esaurirà in un tempo abbastanza breve

-          Un paio di giorni? – chiese speranzosa la prof di Trasfigurazione

-          No, per “tempo limitato” intendo dalle due settimane al mese e mezzo…

-          Un mese e mezzo?! – esclamò sconcertata

-          Non c’è niente di che preoccuparti, Minerva – la calmò il preside facendole pat-pat sulla mano

-          Ma… ma… i ragazzi… la scuola, le lezioni…! – protestò agitatissima la ex grifondoro

-          Dovranno saltare tutto questo e visto che non possono rimanere a scuola in questo stato, ho pensato di premiarli per il loro lavoro svolto fin’ora, entrambi hanno conseguito ottimi risultati scolastici, e anticipare l’inizio delle vacanze natalizie

-          Ma mancano ancora quasi due settimane al Natale! – s’infervorò la donna – eppoi bisogna fornire una spiegazione agli altri allievi

-          Troveremo una soluzione – le sorrise paterno il preside

-          Avete già pensato per il luogo dove staranno? – chiese circospetto Piton

-          Non possiamo separarli e ci troviamo nella condizione di doverli e poterli contattare in ogni momento e lo stesso devono poter fare loro con noi, quindi pensavo di assegnare loro l’attico a Londra di Raymond

-          Ma è un posto babbano – protestò la McGranitt

-          Appunto per questo – le sorrise il vecchio mago – daranno meno nell’occhio… creeremo una copertura. Nessuno baderà a due ragazzi come loro nella grande Londra

-          Sono molto preoccupata – disse franca la prof

-          Abbiamo altre scelte?

Silente la guardò negli occhi a lungo e alla fine Minerva fu costretta ad abbassare il proprio sguardo ed annuire.

Peccato che l’insegnante non fosse la persona più sconcertata della stanza: Piton era a dir poco esterrefatto dalla decisione presa mentre Draco ed Hermione erano seduti rigidi sulle sedie, la schiena dritta, per niente concordi con la scelta fatta per loro

-          Non vi sembra un poco avventato? – s’intromise Severus nella conversazione tra preside e vicepreside – soprattutto con l’equivoca posizione della famiglia Malfoy…

Hermione lanciò un’occhiata alla serpe, dovevano riferirsi al fatto che fossero dei mangiamorte e che di certo non avrebbero approvato l’idea di mandarlo a vivere assieme ad una lurida mezzosangue come lei. Che volessero assassinarla per questo?

Lui la guardò in cagnesco e lei si affrettò a riportare i propri occhi concentrati sulle mani strette in grembo: accipicchia, aveva le sembianze di un bambino e riusciva a farla sentire così stupida e insignificante…

-          Confidiamo che sia la scelta migliore – rispose calmo Silente con la sua solita tranquillità

-          Spero che ci voglia davvero così poco per ritornare normali – disse un po’ seccato Draco dondolando le gambe dalla sedia

-          Lo speriamo anche noi – annuì l’ex professore – adesso andate a fare i bagagli… ah no, aspettate! – si ricordò d’improvviso

I due che erano già in piedi tornarono di fronte alla cattedra

-          Effettivamente ci sarebbe ancora un piccolo dettaglio – s’intromise la vicepreside – mandandovi solo lontano dalla scuola prima del termine delle lezioni noi staremmo contravvenendo ad una regola ferrea che ha messo il Ministero circa gli accompagnatori degli studenti, però abbiamo deciso che, se nessuno venisse a sapere della cosa, non ci sarebbero problemi

Che cosa stava dicendo la prof? Pensò Hermione, che la Scuola stava volutamente disubbidendo alle ferree regole sottoscritte dal Ministero a causa di questo periodo di terrore?

No, non poteva crederci, era assurdo!

-          Abbiamo comunque pensato che, se non possiamo venire con voi per prenderci cura – sottolineò il preside – sarebbe stato corretto farvi rimanere insieme. Il professor Vitius ha preparato appositamente un incantesimo in modo che non possiate separarvi

Malfoy sgranò gli occhi, Hermione emise un gemito disperato: avrebbe preferite vivere tre settimane con Piton piuttosto che con Malfoy!

Cos’era, la stavano punendo perché non aveva fatto bene il suo lavoro? No perché in quel caso avrebbero potuto trovare un metodo un po’ meno sadico…

La donna tornò nell’ufficio reggendo una scatola bordeaux e quando l’aprì i due ragazzi videro all’interno due bracciali d’oro legati da una catena sottilissima dello stesso materiale, visibile solo in controluce come il filo da pesca.

Piton ne porse uno al suo protetto e lo fisso intorno al polso fattosi improvvisamente sottile, la McGranitt, invece, si occupò di assicurare quello della sua studentessa.

-          Ciò vi terrà al massimo alla distanza di tre metri l’uno dall’altra

-          Mi sembra una distanza un po’ corta – s’intromise acido il biondo – con le possibilità che ci avete dato confidavo di poter almeno scappare di casa… - Silente sorrise

-          Ci spiace, ma queste sono le disposizioni – annuì

-          Se te ne fossi andato di casa mi avresti fatto un enorme favore, ma sarei finita nei pasticci io! – sottolineò la riccia, per niente contenta di quello che aveva detto

-          Non me ne sarebbe importato niente – disse lui – è già difficile sopportarti così, figuriamoci a tre metri tutto il tempo!

I tre professori si scambiarono uno sguardo preoccupato, più che certi che quei due avrebbero preferito affrontare la curiosità dei compagni e rimanersene a scuola gettando nel panico i genitori piuttosto che accettare spontaneamente quella decisione che gli avevano imposto, la prof sospirò mesta: le sembrava il più grande errore della sua carriera d’insegnante approvare quella cosa, ma aveva giurato di fidarsi di Albus Silente e così stava facendo.

-          Signorina Granger, vada pure a fare i bagagli – le disse dolcemente il preside – avrete tutto il tempo di continuare la vostra conversazione più tardi quando lascerete la scuola

-          Non mi dica che devo andare con lei in quella Torre Grifondoro! – sbottò Malferret scazzato e per niente incline a doverci andare

-          L’incantesimo avrà effetto quando lascerete Hogwarts – si premurò di aggiungere Silente – professoressa McGranitt, accompagnate la vostra studentessa, a quest’ora non dovrebbe esserci nessuno in giro, ma nel caso sapete cosa fare – l’altra annuì – signor Malfoy, lei dovrebbe rimanere un attimo – e indicò di nuovo la poltrona che il ragazzo-bambino si affrettò ad occupare nuovamente appoggiando svogliato a testa bionda alla mano sul bracciolo.

La porta di legno massiccio si chiuse dietro le spalle delle due donne, dopodiché il preside tornò a concentrare tutta la sua attenzione al biondo

-          Ci sarebbe ancora una cosa da dirle, al proposito – incominciò

-          La pozione era per me, vero? – lo anticipò lo studente della Casa di Salazar

-          Quei tipi astuti e affatto babbei” recitò il rettore ricordando la filastrocca che il Cappello Parlante aveva inventato appositamente per l’ingresso di Harry, Ronald, Hermione, Draco, Blaise… e tutti gli altri al loro primo anno. – Sì signor Malfoy, la bomba era per lei, tutta e assolutamente per lei

-          Chissà perché ma non me ne stupisco – borbottò lo Slytherin

-          Evidentemente qualcuno pensava che non sarebbe uscito dal dormitorio prima dell’ora in cui è scoppiata… - li interruppe Piton e Malfoy riflettè che, dal corridoio dove si era sprigionata l’esplosione, si diramavano le quattro scale che conducevano ai dormitori delle varie Case – probabilmente – aggiunse il prof – l’effetto un po’ particolare che l’incantesimo ha avuto su di lei e sulla signorina Granger  - fece una pausa alzando gli occhi al cielo – è dovuto anche alla lontananza che avevate dal luogo dell’esplosione, ciò che vi ha colpito è stato solo lo schianto e la fiammata, ma non l’esplosione in sé, non siete stati bagnati dal liquido preparato

-          È curioso che qualcuno prepari una pozione per farmi tornare bambino, con tutte le minacce di morte che girano mi aspettavo qualcosa di più sostanzioso

-          Tenga conto del fatto che, se le cose fossero andate secondo il piano, probabilmente lei sarebbe ridotto ad un neonato, anche se la pozione era piuttosto imprecisa…

-          Da un lato – ammise il preside – dobbiamo ringraziare la signorina Granger che si è assunta parte dell’incantesimo, seppur involontariamente, salvandolo da un destino decisamente inglorioso

-          Sarebbe stato un facile bersaglio se fossero riusciti a trasformarlo in un neonato

-          D’accordo, sono stato fortunato – ammise a malincuore lui per niente incline a ringraziare la mezzosangue

-          Molto.

-          I miei genitori? – chiese poi

I due professori si cambiarono uno sguardo, poi scossero la testa rassegnati in sincrono, lui pronunciò una parolaccia a fior di labbra.

Guardò le facce chine dei due, piuttosto assorti e decise che il colloquio poteva dirsi terminato. Si alzò in piedi

-          Signor Malfoy – disse Silente prima che lui potesse muovere un passo dal sedile, Draco si voltò verso l’uomo anziano che era forse il più grande mago ancora vivente, circolavano voci che fosse un discendente di Merlino in persona, anche se erano per lo più fandonie e lui aveva fatto di tutto per smentirle – si prenda cura della signorina Granger – aggiunse serissimo guardandolo con due occhi azzurri come zaffiri

-          Mi sta chiedendo l’impossibile – rispose un po’ sardonico – quella ragazza ha la stessa tara mentale di Potter di andare a farsi ammazzare prima dei vent’anni

Piton sorrise senza farsi vedere.

-          Adesso ne ha ventidue – lo corresse il mago, l’altro sbuffò

-          Continuo a sostenere che i guai quella se li vada a cercare – ma poi, notando l’occhiata che il preside gli lanciò, sospirò drammaticamente e annuì – farò quel che posso, ma non fatemene una colpa, conciato come sono è già tanto che non mi suicido…

E senza voltarsi più indietro uscì dallo studio.

-          Pensate sia saggio mandarli a Londra? Loro due? Sono solo due studenti! – protestò Piton

-          Avremo tutto il tempo di pentircene – gli sorride il vecchio mago – ma se posso dire una cosa – aggiunse – è che non li ammazzeranno tanto facilmente, oh no! Se ciò dovesse accadere – e sorrise – si saranno ammazzati tra di loro… non so se hai notato che non vanno troppo d’accordo

-          Tristemente – annuì l’insegnante di Pozioni

-          Ebbene, non riusciranno mai a ucciderli, il loro orgoglio bruciante non lo permetterà! Sono troppo fieri e orgogliosi per lasciarsi vincere facilmente… proprio come due veri Grifondoro e Serpeverde

-          Non sono sicuro che questo orgoglio bruciante li porterà sulla strada della salvezza

-          Parli come un prete, Severus – lo canzonò un poco il preside

-          Non nego di essere molto preoccupato, qui c’è in piedi una faccenda ben più grande di una marachella… LORO vogliono voi, professore…

-          Sono vecchio – ammise – forse è davvero giunta la mia ora

-          Non sia così avventato, non è una cosa da prendere sottogamba! I mangiamorte li cercheranno, faranno di tutto per arrivare a Lucius e Narcissa e…

-          Non nomini quel nome! – gli intimò severo l’anziano preside – non lo faccia.

-          Non lo farò

-          Abbi fede, Severus, nessuno ha una vita completamente in discesa, io posso solo ringraziare che la mia sia sempre stata in pianura, forse è giunto il momento di affrontare qualche salita…

-          Se parliamo per metafore, io questa la chiamo una scalinata giapponese – sottolineò l’uomo

-          I due ragazzi mi daranno una mano, se necessario, ho molta fiducia in loro

-          Forse troppa – punteggiò il professore, l’altro gli sorrise

-          Abbi fede, Severus, so che andrà tutto bene.

Piton annuì, dopodiché si ritirò lasciando il rettore da solo assieme a tutti i suoi quadri dei presidi che l’avevano preceduto.

Erano tutti ammutoliti, ma era naturale, non era una situazione tanto facile.

E la sua gravità si esprimeva anche in base al fatto che Silente non ne avesse parlato in giro, anzi, non l’aveva fatto neppure con quei due che, ormai, erano coinvolti loro malgrado.

 

*          *          *

 

Spazio autrice: e finalmente siamo al secondo capitolo… e… la mia prof di mate mi deve di nuovo interrogare. Probabilmente la odierete più voi che io, ma non me ne dispiaccio… spero che vada bene…

Questo capitolo spiega un po’ di cose e si scopre finalmente che è accaduto a quei poveracci… io spero che vi sia piaciuto e vi saluto qui, non ho molto da dire, il cappy mi sembra piuttosto lineare e comprensibile… è strano, dopo 30 capitoli, scrivere ancora che sono al secondo… ah, come cambiano le cose…

Va bene, taglio e vado a studiare mate e statistica, ditemi che ne pensate della fic, ciao!

Nyssa

 

herm83: sono felice che tu abbia cominciato a recensire e molto orgogliosa del fatto che tu abbia seguito le Relazioni… so che un po’ di somiglianze ci sono, purtroppo ho dei modi di dire di cui non riesco a liberarmi, ma mi auguro comunque di riuscire a distinguerle, non ho intenzione di creare un doppione della precedente fic!

Spero che la storia continui su una linea che ti piace, ciao e spero di vedere presto la tua nuova recensione!

Nyssa

 

Tye: personalmente, non mi piacciono molto i personaggi nei quali non mi ritrovo ed Hermione è uno di quelli che, nelle mie fic, ha molto del mio carattere o dei miei modi di fare, quindi un po’ deve somigliarmi e certo non posso dire di essere una modella. Eppoi, quando ho letto per la prima volta Harry Potter, non l’ho vista come una stanga di due metri con misure da fotomodella, credo che con i film la cosa si sia un po’ persa, ma la vecchia Herm è un personaggio piuttosto ordinario come aspetto… sono felice comunque che il modo in cui l’ho presentata ti sia piaciuto ^^

Spero che il proseguimento e questo secondo cappy ti piacciano, aspetto di sapere, ciao! Nyssa

 

joker666: effettivamente è brutto leggere qualcosa e scoprire che non c’è ancora una fine, ne so qualcosa, anche a me capita ogni tanto… cmq io ho pubblicato solo una shot, quindi non può sbagliarti, io spero comunque che l’inizio ti sia piaciuto e che sia lo stesso anche per questo aggiornamento, ciao!

 

Shavanna: eh già, sono proprio tornata, grazie del benvenuto! Effettivamente Hogwarts è un posto un po’ caotico, ma tranquilla, in questo capitolo si scopre che cosa è capitato a lei, ma soprattutto a Malfoy… spero che i miei nuovi personaggi non assomiglino troppo a quelli precedenti, cmq mi auguro che ti piaccia anche questa nuova fic e ti ringrazio per aver letto e recensito ogni capitolo fin’ora! Aspetto a tua prossima recensione, ciao! Nyssa

 

AuraD: se non si fosse notato, ho una certa predilezione per un rapporto non tutto latte e miele, quindi per il momento quei due passano ancora il tempo a beccarsi come galline, ma prima o poi succederà qualcosa, ehehehe, il problema è decidere quando… concordo pienamente, i giornalisti della scuola (e questo di qualsiasi scuola) sono dei ficcanaso e fanno un sacco di casini, Lavanda invece, in questa fic, poveretta, è solo molto stupida…

Bene, ecco qui l’inaspettato risultato dell’esplosione, grazie al Cielo niente scambio di personalità, ma… una bella crescita istantanea… io spero ti piaccia il nuovo cappy, aspetto di sapere, ciao! Nyssa

 

 

 

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Capitolo 3
*** Valigie e bauli ***


Hermione si mise le mani nei capelli prima di gettare con malagrazia l’ennesima maglia nella valigia aperta davanti a lei

Hermione si mise le mani nei capelli prima di gettare con malagrazia l’ennesima maglia nella valigia aperta davanti a lei.

Prese dall’armadio un paio di jeans, constatò che non ci sarebbe entrata neppure piangendo arabo e li cacciò da una parte.

Guardò la sua camera che se la giocava con Harry per quella più somigliante a Waterloo, sbuffò spazientita, buttò un paio di calzini all’interno e inveì contro Canon: avrebbe pagato anche per quello, e contro Malfoy, tanto era sempre colpa sua, una in più o una in meno non cambiava le cose.

Odiava fare le valigie, non sapeva mai che cosa portarsi e che cosa lasciare e quella scelta, in quel preciso momento, sembrava insostenibile, soprattutto se supportata dalle seguenti domande:

1)      Quanto tempo stava via?

2)      Dove avrebbe alloggiato? La dicitura “attico di Raymond” era piuttosto striminzita

3)      Che cosa avrebbe dovuto fare?

Ma l’obiettivo fondamentale era: “evitare di farsi prendere in giro da Malferret”, ne aveva fin sopra i capelli dei suoi mezzosangue di qua e mezzosangue di là, soprattutto perché era piuttosto disillusa sul fatto di sopravvivere, senz’altro il biondastro non sapeva neppure cuocere un uovo al tegamino, come avrebbero fatto? Non ci teneva a fare la sua serva e cucinargli caviale e aragosta…

Scaraventò l’ennesimo maglione e guardò con aria truce una gonna invernale, poi, sbuffando, gettò dentro anche quella, avrebbe provveduto a Londra ad allargarsi tutti gli abiti…

Mentre sistemava, tirò fuori anche il baule che teneva sotto il letto, sul quale sarebbe stata benissimo la scritta “da usarsi solo in casi particolari”, beh, se non era particolare questo… lì avrebbe infilato tutto quello che non erano abiti, ovvero libri. Perché si portava libri a Londra? Beh, innanzi tutto non aveva i soldi che le uscivano dalle tasche permettendole di andare a comparsi tre nuovi volumi tutti i giorni, eppoi se leggeva si rilassava e non doveva stare a sentire le inutili chiacchiere del biondastro e pensare anche a quello che stava dicendo: se non si davano fastidio la convivenza poteva essere pacifica.

Va bene, era una vana speranza, però era bene tentare. Dimenticò per un istante maglie e calzini e, prendendo la bacchetta, si affrettò a rimpicciolire tutti i libri che aveva con se e che non fossero strettamente scolastici per farli poi entrare nel baule; da una parte, poi, sistemò quelli di scuola, il suo set di scrittura e qualcuno dei suoi film.

Chiuse il grosso baule che la roba ci stava a malapena e si dedicò nuovamente all’abbigliamento: aprì violentemente i cassetti e ne prese il loro contenuto a caso tra mutandine, maglie della pelle, canottiere e calzini e scaraventò tutto dentro la valigia che, se fosse stata viva, si sarebbe lamentata come una dannata dell’Inferno.

Una lacrima le rotolò furtiva lungo la guancia, si affrettò ad asciugarla malamente con un fazzoletto pescato nella tasca di una felpa, peccato che le lacrime traditrici non accennassero a smettere di sgorgare dagli occhi. Rinunciando a smettere di piangere come una bambina, si sedette sul letto rifatto tra il baule e la valigia, piegò le gambe sotto di sé e si coprì gli occhi con le mani mentre dava libero sfogo alla sua ansia.

Una gocciolina, poi due, tre, cinque, dieci… macchioline scure che andavano a formarsi sulla lana cardata con cura del vestito a quadri che la prof le aveva prestato. Era un tartan scozzese molto antico, lo sapeva.

Quando era arrivata a scuola, la sua professoressa di Trasfigurazione l’aveva subito colpita e così, curiosa, era andata a fare qualche ricerca nella sezione “araldica” della biblioteca.

Il clan dei McGranitt era antico e prospero, conosciuto fin dal Duecento nel mondo magico. Era numeroso e composto da maghi leali e intelligenti.

Quando Harry aveva ricevuto in dono il mantello dell’invisibilità, il primo Natale, una volta se l’era fatto prestare e aveva fatto un salto alla sezione proibita dove vi erano le storie dei maghi moderni.

Undici erano i fratelli di Minerva McGranitt e portavano quasi tutti nomi delle divinità, e poi c’era lei, ultima e unica femmina: Minerva.

Tutti e undici i figli maschi erano stati grandi e valorosi, decorati dal Ministero, insigniti di alte onorificenze. Suo padre e i suoi quindici fratelli avevano combattuto nella Rivolta dei Goblin Oscuri del 1901 e i suoi fratelli nella guerra contro Voldemort, peccato che fossero rimasti tutti uccisi.

Era rimasta solo lei.

Studiò il ricamo a righini della tela, sapeva che era vietato indossare il tartan per chi non apparteneva al clan, era una colpa punibile con la morte perché significava che si era tradita la fiducia del capo e dei suoi fedeli. Chissà cosa avrebbe detto il vecchio papà McGranitt vedendo sua figlia donarle un abito con il motivo della loro famiglia e permetterle di portarlo.

 

Sorrise tra se, ma questo non servì a placare l’inquietudine che la tormentava, la paura, il senso di frustrazione: perché a lei?

Adesso doveva lasciare i suoi amici, abbandonare la scuola in fretta e furia poco prima di Natale e scappare a Londra nell’”attico di Raymond”.

Doveva lasciare Harry e Ron, ma anche Ginny, Luna, Susan e perfino quei due pasticcioni giornalisti dei fratelli Canon che erano i maggiori responsabili di quel disastro, anche se non erano stati loro a mettere la bomba.

Per questo piangeva, come avrebbe fatto?

Senza amici, sola e con Malfoy…

-          Smettila di piagnucolare – le disse una voce quasi con cattiveria

Si voltò e nel vano della porta la figuretta infantile di Draco la guardava con malcelato disprezzo, le braccia incrociate sul petto, le spalle appoggiate allo stipite della porta

-          Vattene da camera mia, stupida serpe, lasciami in pace, lasciami sola!

-          Sapevo che avresti fatto così – disse rude – come tutte le altre, ti saresti messa a frignare, inconsolabile, povera me, povera me…

-          Che diamine vuoi da me?! – strillò malamente – perché devi farmi questo?

-          Non sono io che faccio qualcosa a te, prenditela con quei maledetti che hanno preparato la pozione, io non ti ho costretta a fare niente

-          E che dannazione vuoi ancora qui, allora?

Senza dire una parola, Draco voltò le spalle e lasciò il dormitorio mentre Piton lo aspettava fuori della porta della Sala Comune Gryffindor, forse troppo schifato per metterci piede.

Perché era venuto? Che accidenti voleva ancora? Che voleva da lei?

Asciugò una lacrima e la disperazione si trasformò in rabbia.

Scagliò un vaso per terra e questo andò in mille pezzi seminando i cocci sul tappeto davanti al comò, bagnando con l’acqua che conteneva il parquet antico e riversando le tre rose che aveva ricevuto per il compleanno, ormai un po’ appassite, dai colori macchiati di marrone, di marcio, come il sangue dei purosangue, come i mezzosangue… diversi eppure simili.

Prese la bacchetta che aveva appoggiato sul comodino e lo ricompose subito, poi tornò ai bagagli.

Non poteva farci niente e se avesse continuato a piangere non avrebbe smesso fino a sera.

Non poteva rivedere Harry e gli altri mentre era in quello stato, le dispiaceva infinitamente non poterli salutare, abbracciarsi prima di perdersi di vista per un po’ era qualcosa a cui teneva moltissimo…

Le sarebbero mancati, tantissimo.

 

*          *          *

 

Draco versione bambino ed Hermione erano sulla soglia di Hogwarts in attesa che le carrozze senza cavalli arrivassero per portarli alla stazione di Londra.

Dalla finestra del suo studio che dava proprio sullo spiazzo, Silente stava guardando preoccupato i due studenti che si allontanavano, preoccupato uno e… preoccupato anche l’altro.

 

Se avesse potuto, Draco avrebbe preso una sigaretta dalla tasca dei pantaloni e se la sarebbe accesa mentre aspettava. Ma aveva promesso alla McGranitt che non avrebbe fumato finchè era in quello stato perché gli faceva particolarmente male. E al diavolo anche la prof! Non aveva mai sentito una voglia così di mettersi a fumare.

Dal giorno prima, ovvero da quando aveva fatto quell’incursione senza senso in camera sua, la Granger non gli rivolgeva più la parola, guardava dritto davanti a se e, se per caso girava la testa, faceva finta di osservare oltre, beh, visto che era alto un metro e mezzo scarso non era poi così difficile… e dire che, se avesse avuto ancora diciotto anni l’avrebbe squadrata dall’alto in basso, le dava almeno dieci centimetri buoni, adesso, invece, era in quella dannatissima, maledettissima e imbarazzante situazione.

Era evidente che voleva fumare, fumare come un camino! Non aveva neppure potuto vedere Blaise e farsi dare qualcosa perché c’era sempre Piton a piantonare la stanza e da lì non era uscito.

Passare un periodo con la mezzosangue non gli girava per niente e, soprattutto, non gli sarebbe piaciuto trascorrere del tempo nel mondo babbano.

Ovviamente Silente aveva detto loro di limitare l’utilizzo delle magie al minimo indispensabile, giusto riordinare e roba simile, niente patronus e niente maledizioni, possibilmente senza perdono.

L’unica maledizione che aveva voglia di lanciare in quel momento era equamente divisa tra i creatori di quella pozione cretina e il vecchio rimbecillito.

E comunque era già qualcosa se riusciva a fare un incantesimo, non era certo che la sua bacchetta lo riconoscesse ancora come il suo padrone, le bacchette sono infide quanto i loro proprietari e se la sua gli somigliava tanto come niente, probabilmente avrebbe voltato le spalle e fatto finta di non funzionare finchè non fosse tornato alla sua età anagrafica corretta.

In lontananza vide arrivare la loro carrozza, anche l’idea di stare insieme a quella babbanofila non gli piaceva per niente, soprattutto vista la sua reazione del giorno prima; non che la condannasse per quella, probabilmente ogni ragazza avrebbe fatto così, ma dopotutto lei era Hermione Granger, il braccio destro di San Potter, disposta alla morte per la salvezza del mondo magico… dov’era finito il suo coraggio? Quello che aveva ostentato in tutti quegli anni di combattimenti tra auror e mangiamorte, tra bene e male… dov’era finito, tutt’a un tratto?

 

Hagrid, il guardaboschi della scuola, si fece accanto al landò scuro come pece, frenò i cavalli un po’ imbizzarriti e poi aprì la portiera.

Si fermò e studiò il muso demoniaco del tiro a sei che li avrebbe condotti fino al mondo babbano: li vedeva. Non era una novità, semplicemente non ci aveva mai fatto caso, non ci aveva mai dato peso.

La mezzosangue era concentrata sul muso scuro delle stesse bestie e le guardava negli occhi rossi come sangue, rapita, probabilmente li vedeva anche lei.

Chi aveva perso per poter vedere quelle creature?

Sapeva che solo le persone che avevano provato un grande dolore o una perdita lacerante potevano distinguere le paurose forme dei Threstal… chissà chi. Chissà chi era per lei. Chissà chi dei tanti era per lui.

 

Senza aspettare molto, salì sulla carrozza prima di lei e si accomodò sul sedile nel senso di marcia, sistemò il paltò nero sul divanetto rosso borgogna e allentò il fiocco bianco che la Chips gli continuava a fare per tutto il tempo che era rimasto a scuola, vecchia bisbetica.

La grifondoro, ancora su un altro pianeta, salì i tre gradini, rischiò d’inciampare, chiuse gli occhi e si accomodò di fronte a lui lanciandogli solo uno sguardo superficiale, dopodiché le iridi grandi e ambrate volarono fuori del finestrino dove il panorama era ancora fermo e consueto e si disinteressò completamente di lui.

Non se ne preoccupò più di tanto, fare conversazione con una come lei era qualcosa di fondamentalmente inutile, prevalentemente per il fatto che finivano per litigare anche parlando di succo di zucca e non ci teneva a farsi le tre ore con il blaterio della Caposcuola nelle orecchie.

 

Ripensò a Blaise, poveraccio anche lui, suo padre era stato accusato di favoreggiamento e corruzione dal Ministero, ma gli Zabini erano forse gli unici serpeverde a non essere coinvolti in quella faccenda di Voldemort e della Causa.

 

Rivide Malfoy Manor, grande, maestosa, imponente nella sua costruzione gotica fatta di torri longilinee che volavano verso il cielo, scure come carbone, nere come l’inferno.

E la vide avvolta dalle fiamme, mentre bruciava, bruciava in eterno.

Si costrinse a spostare lo sguardo.

 

Studiò fuori mentre i cavalli si muovevano e facevano ondeggiare il veicolo, un occhio fu colpito da un boccolo color cioccolato che ricadeva dolcemente sulla tempia della sua compagna con ingenua naturalezza, lei non se ne preoccupava, la mano sinistra appoggiata al finestrino che reggeva il mento, la destra abbandonata in grembo a toccare i finimenti della sua Giratempo.

Sorrise e per una volta non era un sorriso di scherno. Poi si concentrò fuori, o meglio, dentro di se.

C’erano troppe cose a cui doveva pensare, non poteva permettersi di ammirare tranquillo il paesaggio fatto di prati e muretti a secco, erica e cavalli, brughiera e campagna, troppe cose richiedevano urgentemente la sua attenzione, troppe cose erano ormai un problema suo.

 

*          *          *

 

Per tutta la durata del viaggio non aveva fatto altro che scrutare le nuvole oltre il finestrino e sbirciare di sottecchi l’altro passeggero: stava immobile, le mani che reggevano il mento, gli occhi azzurri lontani mille miglia, anche se, guardandolo in maniera affrettata, si sarebbe detto che stesse semplicemente ammirando il paesaggio. Ma non era così. Lo conosceva da sette anni e, anche se non si erano mai avvicinati come amici, sapeva riconoscere certe cose, forse perché anche lei, ogni tanto, si comportava in quel modo.

Si sentiva un po’ in colpa per come l’aveva trattato il giorno innanzi, dopotutto lui non si era comportato male, non più di tanto, non più del solito, almeno. Chissà poi perché era andato in camera sua… non lo sapeva perché, nella furia di proteggere il suo orgoglio dalle acide parole che lui poteva pronunciare, si era trincerata anche lei dietro un muro, una muraglia di insulti per non fargli vedere quanto era triste, per nascondergli le lacrime che, comunque, lui le aveva visto.

Chissà che cosa aveva pensato…

Sospirò mentre il senso di colpa cresceva un minuto dopo l’altro, perché? Beh, lo sapeva perché.

Si era comportata male con una persona che, forse, non era venuta per colpirla.

Impossibile, non c’era stata occasione nella quale Malferret si era risparmiato una parolina al vetriolo per lei.

Perché si sentiva così agitata?

Era per quel silenzio innaturale, artefatto, dove in genere tra loro volavano parole dure, terribili, ma sincere.

Quel silenzio non era sincero: c’era rimasto male?

Difficile che uno come lui, Draco Malfoy, potesse aver sentito un sentimento simile.

-          Senti, - disse rompendo la quiete e vide il muro che lui aveva eretto intorno a sé abbassarsi gradualmente con circospezione – mi dispiace

-          Mm… - fu tutto quello che rispose dopo averla fissata qualche istante ed essere poi tornato ai suoi pensieri, lei si accigliò un poco, si era addirittura presa la briga di scusarsi con un tipo simile e tutto quello che aveva da dire era “Mm…”?

Stava per replicare che era buona educazione rispondere con cortesia a delle scuse quando la carrozza ebbe uno scossone attraversando i vecchi muri di pietra della Stazione di Londra, con il loro stile vagamente liberty, le vetrate e i rosone di ferro e acciaio che avevano rappresentato l’epoca della rivoluzione industriale.

I Threstal atterrarono non proprio di buona grazia sulle mattonelle che, il primo di settembre, erano calpestate da centinaia di maghi e streghe, ma che, al momento, era pulite e lucide.

Il binario 9 e ¾ era fuori servizio tutto l’anno e faceva da pensilina solo per l’inizio e la fine dell’anno accademico a Hogwarts, per il resto era impossibile accedervi visto che l’unico treno magico era l’Espresso che, al momento, se ne stava in letargo a Scuola.

-          Eccoci arrivati, ragazzi! – cinguettò allegro il guardaboschi che aveva fatto da vetturino – siamo arrivati a Londra!

Senza dire più di una parola, Malfoy si alzò in piedi, riannodò il fiocco spiegazzato, distese le pieghe dei pantaloni e si affrettò a scendere senza rivolgere uno sguardo o una parola alla sua compagna di viaggio.

Hermione lo guardò male e scese a sua volta mentre Hagrid slacciava le cinghie che fissavano i bagagli sul tetto e posava le quattro valigie sulle mattonelle.

-          Sapete come si esce dalla stazione – disse ai due – mi raccomando…

E poi, rivoltò a Hermione, ma appena sussurrando aggiunse un

-          Se prova a farti del male o a farti piangere di nuovo dimmelo che ci penso io… - e le diede una gomitata significativa che quasi la stese per terra. Lei si affrettò ad annuire.

Sorrise e si affrettò a mettere il baule e le valigie sul carrello che stava aspettando.

-          Ehi mezzosangue, come si fa ad arrivare alla topaia di Raymond? – chiese il biondastro guardandosi attorno

-          Bisogna uscire dalla stazione e prendere un taxi – specificò

-          Taxi? E che cos’è? – lei parve rifletterci

-          Un’invenzione babbana simile ad una carrozza senza cavalli, tu la paghi e lui ti porta dove vuoi, la guida un autista

-          Un vetturino?

-          Pressappoco

Lui annuì.

-          Stammi vicino e vediamo di non perderci – puntualizzò lei

-          Posso starti solo tre metri distante, non credo che riuscirei a sbarazzarmi di te… - disse lui e la Caposcuola fu grata che la loro conversazione fosse tornata ai consueti battibecchi

-          Per una volta fingerò di non aver sentito – disse serena e gli rivolse un sorriso solare che lo stupì non poco.

 

*          *          *

 

Hermione stava camminando per le gallerie a vetri di King’s Cross, la più grande e bella stazione della capitale. I passeggeri dei treni, nonostante gli aerei avessero soppiantato i vecchi trasferimenti via rotaia, erano ancora numerosissimi e la folla si accalcava per la strada e negli angoli, gruppetti chiacchieravano raccontandosi esperienze ed avventure, molti partivano per le vacanze di Natale ormai imminenti.

Si potevano udire lingue differenti: inglese, francese, italiano, russo, uno slang americano e qualche canadese dall’accento inconfondibile Nuova Scozia, qualche vero scozzese con la pronuncia tipica, irlandesi, cinesi, indiani… etnie e culture si mescolavano formando una tavolozza infinita di tonalità che riempiva la mente e i sensi, mentre i profumi di terre lontane, esotiche, fredde, calde, città e foreste colmava le narici e le fattezze tipiche si miscelavano armoniosamente.

Un netturbino dalla classica tuta verde mela passava rapido uno spazzolone per terra nel tentativo di recuperare rifiuti e cartacce che ritornavano, immancabilmente, appena aveva svoltato l’angolo o era scomparso dietro una colonna.

La biglietteria era presa d’assalto e un gruppetto di giovani sostava lì di fianco nella tipica tenuta con capelli attorcigliati in teccine scomposte e inanellate, abiti molto particolari, qualche cresta, qualche animale, molti colori, tante borchie e tanti anelli.

Hermione si limitò a lanciare loro un’occhiata e proseguì per poi ritrovarsi a passargli di fronte mentre tentava di uscire dall’atrio sospinta dalla folla

-          Ehi, avete visto la mammina? – indicò uno additando la strega che camminava nervosamente, Malfoy, al suo fianco, cominciò ad alzare il sopracciglio in un tic assai familiare e che non lasciava presagire niente di buono: quei tipi non gli stavano simpatici perché lo credevano il figlio della mezzosangue, quindi uno schifoso babbanofilo a sua volta, e poi perché si erano permessi di insultarla, questo non andava. Perché? Beh, solo lui aveva questo privilegio assoluto, non l’aveva delegato neppure ai suoi fidati compagni Tiger, Goyle e Nott, quello era il suo territorio e quello che era suo se lo teneva. Eppoi lui e la Granger erano insieme in quella faccenda.

E quei tipi continuavano a stargli sempre meno simpatici…

Uno del gruppetto si alzò avvicinandosi in una mise del tutto inadeguata al clima invernale che si respirava a metà dicembre, con tanto di canottiera di cotone e camicia a quadri con maniche strappate. I jeans avevano visto decisamente periodi migliori e stavano implorando un passaggio in lavatrice mentre gli anfibi slacciati facevano tintinnare il loro corredo di anelli che toccavano il pavimento. Qualche catena e qualche borchia e il gioco era fatto.

Lo sconosciuto la tirò per un braccio voltandola verso di sé con una familiarità che a lei non piacque per niente e, se non fosse stata in mezzo a tanta gente, gli avrebbe volentieri lanciato qualche bell’incantesimo, a cominciare da un’incendia sulla cresta mezza nera e mezza rossa che spiccava sulla testa del bullo.

La cosa che l’attirava meno, poi, era la faccia ricoperta di acne che lo rendeva molto più simile ad un piatto di porridge che ad un essere umano, decisamente la pulizia non era il suo forte… il grosso orecchino a borchia che gli pendeva dal naso, poi, la affascinava ancora meno e anche quella specie di forchetta incastrata sul sopracciglio le dava parecchio da ridire.

Il ragazzo, che non doveva avere più di venticinque anni le sorrise mettendo in mostra una sfilza di denti giallognoli che avevano bisogno di un buon dentista con molta, molta pazienza, effettivamente anche un parrucchiere non sarebbe stato da scartare…

-          Cariiiina… - sibilò nello spazio tra i due incisivi che non avevano ricevuto le cure di un apparecchio odontoiatrico - non mi stupisce che così giovane abbia già un figlio di quest’età – e alluse al mini-Malfoy che le camminava quasi affianco e che, al momento, si stava trattenendo dallo schiantarlo per non compromettere la copertura – deve essere una che si dà parecchio da fare…

A quel punto, però, gli sarebbe scoppiato da ridere…

-          Sono sicuro che allarga facilmente le gambe, una così… e si avvicinò ancora.

Ok, erano in qualche vignetta comica: la Granger che allarga le gambe? Neppure nei sogni più impossibili di quel tipo sarebbe potuto accadere, la tanto cara e dolce santarellina Granger era l’emblema stesso della purezza e della castità, degna di entrare in un monastero di clausura.

O forse ci era vissuta fin’ora per essere così.

-          Ehi babbano, giù le mani – disse mentre questo le afferrava la mezzosangue come una proprietà; l’aria da “Draco malfoy seccato” non si confaceva molto ad un fanciullo dell’età a cui era ridotto, ma lasciò comunque interdetto l’ipotetico molestatore della Grifondoro

-          Come mi hai chiamato, scusa? – chiese questo

-          Ho detto babbano, ma se preferisci dico merda – rispose rigido come un palo, l’altro sbattè gli occhi

-          Ehi ragazzi, avete sentito il piccoletto? – ghignò all’indirizzo del resto dei compagni troppo occupati ad intaccare la riserva di coca-cola e canne per dargli a mente, poi spostò gli occhi di un insignificante verde spento su quelli azzurri del ragazzino

-          Stai buono, bimbo – lo rabbonì tentando di accarezzargli la testa – io e la tua mamma adesso andiamo a prepararti un bel fratellino – e ghignò ancora, peccato che l’espressione di Draco non fosse altrettanto serena, anzi! Poi il caratteristico ghigno di famiglia si dipinse sulle sue labbra strette, deformandole in una smorfia assai comune

-          Non ho bisogno di fratellini con un padre insignificante come te, lurido babbanofilo – sibilò pericolosamente, tanto che lo sconosciuto punk ebbe un attimo di incertezza e qualche problema a deglutire

-          Dico, ma con chi l’hai fatto questo ragazzino pulcioso? – chiese il ventenne alla ragazza

-          Col diavolo in persona – rispose assottigliando gli occhi ambrati ad una fessura e, prima che lui potesse aggiungere qualcosa, la punta della bacchetta si posò appena sulla pelle scoperta del collo mentre lei mormorava sottovoce “oblivion, quando si fosse svegliato non avrebbe ricordato molto

-          Potevi almeno schiantarlo dopo quel che ti aveva detto – le fece notare con superiorità lo Slytherin

-          Se si sveglierà sarà troppo fatto per ricordarsi anche solo quale delle tante droghe s’è fatto oggi – rispose lei dirigendosi verso la porta con sopra lampeggiante la scritta EXIT.

-          Fatto? – ripeté la serpe

-          Drogato – specificò la Gryffindor, la droga era qualcosa che circolava anche nel mondo magico, anche se non come nel mondo babbano e si limitava ad oppiacei e funghi allucinogeni più qualche canna. I maghi erano fortunati, riflettè, a non sapere, sospettare e avere LSD, ecstasy, eroina e simili…

 

*          *          *

 

Una folata d’aria gelida investì la Caposcuola non appena mise piede fuori della stazione.

Draco rabbrividì nella giacca e guardò con aria truce il mondo babbano che si apriva di fronte a lui: non gli piaceva, troppo caotico e confusionario, perfino peggio di Diagon Alley il giorno prima dell’inizio della scuola, eppoi puzzava terribilmente di bruciato.

Una serie di carrozze colorate, dalla forma insolita e senza cavalli era ferma accanto al marciapiede, mentre altre file si muovevano rapide affianco a queste, mostrando una grande varietà di persone; qualcuno stava leggendo un quotidiano abbastanza simile a quelli che conosceva, anche se le figure di copertina erano immobili nei loro toni grigiastri.

Dire che aveva freddo era come dire che Lady Godiva era poco vestita.

Rabbrividì ancora e adocchiò una strana scatola luminosa che segnava l’ora, la guardò scettico cercando di capire, ma senza successo.

La mezzosangue si mosse verso la folla di persone in divisa nera e rizzò la schiena per darsi il contegno di una signora, quelli dovevano essere i taxi di cui aveva parlato.

-          Posso aiutarla? – le chiese uno dei vetturini

-          Hyde Park – disse lei copiando le movenze delle donne in carriera, l’uomo annuì, le aprì la portiera e cominciò ad ammassare le valigie nel bagagliaio con una certa fatica e aiutato da due colleghi.

Ops, si era dimenticata di aver ammassato nel baule praticamente l’intera biblioteca di Hogwarts, effettivamente doveva pesare un po’…

 

Dopo venti minuti, finalmente, i bagagli suoi e di Malferret erano sistemati e l’autista, un po’ sudato nonostante il periodo dell’anno, si sedette al volante e accese il motore facendo partire il veicolo

-          Perché andiamo in Hyde Park? – le domandò lo Slytherin seduto accanto a lei – non dovevamo andare in Clarendon Road?

-          È proprio lì accanto – le disse la riccia controllando l’oscena borsetta di pelle che la McGranitt le aveva affidato

-          Clarendon Road? – le chiese l’autista

-         

La vettura sbandò un poco sotto il peso dei bagagli mentre l’autista sorpassava forse un po’ troppo velocemente uno degli autobus rossi a due piani che erano il simbolo della Londra turistica. Poi fece un cenno ad un altro tassista che correva nella direzione opposta e si riconcentrò sulla guida.

 

L’attraversamento dell’Hyde Park in macchina sotto Natale era splendido con i prati in parte coperti di neve, i soliti musicisti nelle aiole che suonavano qualche canzonetta, i bambini che lanciavano briciole ai cigni degli stagni e le solite persone che non avevano niente da fare e passeggiavano tranquille.

 

La macchina inchiodò e Hermione si chiese chi poteva aver dato la patente a quella specie di pirata della strada, Malfoy, dal canto suo, era scioccato dal metodo di guida che, tra un po’, gli faceva pure venire il mal di mare da tanto ondeggiava e sbandava l’automobile.

A metà di Claredon c’era uno dei più lussuosi condomini di tutta la City, al primo sguardo poteva sembrare un albergo, ma in realtà era costituito da lussuosi appartamenti con vista direttamente sulla zona verde della città.

Rimanendo a bocca aperta di fronte all’ingresso, la mezzosangue guardò scettica le due coppe bronzee che troneggiavano ai lati del portone d’ingresso piantonato da un ragazzo in livrea: come facesse Raymond a permettersi simili lussi era tutto da vedere e gli attici in genere sono molto costosi.

Due piante ornamentali tagliate a cespuglio tondo si aprivano dalle bocche svasate delle coppe facendo un ottimo contrasto con la passiera rossa e il colore dorato del supporto.

Si diede un contegno e controllò il numero civico accanto alla maniglia mentre il ragazzino della porta aiutava il tassista a scaricare i bauli.

L’ingresso era praticamente circondato da targhe di importanti avvocati e commercialisti, notai e uomini di legge, principi del foro che difendevano persone con una certa disponibilità economica, li aveva sentiti nominare su riviste e giornali in casi molto importanti come l’esposizione della DeBeers e le feste natalizie di Harrods; fece per poggiare la mano sulla porta per aprirla quando, correndo, il ragazzino si affrettò a spalancarla per lei, rosso di vergogna per non essersi accorto prima delle sue intenzioni.

Malfoy lo guardò, il mondo babbano faceva schifo e quei “taxi” ancora di più, ma il servizio del posto dove sarebbero rimasti sembrava promettere qualcosa di adeguato al suo status.

L’atrio in stile vittoriano prevedeva anche una reception dove, al momento, stazionava un portiere con divisa simile a quella del ragazzino e la ragazza notò una terza figura che fiancheggiava l’ascensore a vetri su cui erano segnati in placca dorata tredici piani… tipico di Raymond abitare proprio al tredicesimo…

Si avvicinò cercando di ricordare cosa le aveva detto il professore prima di partire

Inventa un nome a caso e ricordalo.

Digli che ti mando io.

Comportati come se fossi in un 5 stelle superior.

Ok, con quelle premesse non poteva certo stare tranquilla, soprattutto sul “comportarsi come in un 5 stelle sup.”!

Si avvicinò e non servì neppure far tintinnare il campanello d’argento posto sul marmo verde del banco perché l’uomo, un po’ anzianotto, si avvicinò quasi giubilante ai due visitatori

-          Posso aiutarla? – chiese a sua volta accennando un inchinò col capo

-          Sono la signora… Drake – disse ricordando il primo cognome che le capitava, l’uomo annuì – mi manda il signor Raymond

-          Ah, certo, la signora Drake – l’uomo sorrise come se fosse ovvio che si chiamasse Drake, Hermione lo guardò come se stessero per ricoverarlo d’urgenza alla neuro – certo certo, il signor Raymond me ne ha parlato tramite lettera – lei annuì – siete i suoi ospiti? – aggiunse

-          Sì – rispose evasiva, ospiti? In un attico 5 stelle? Doveva avere proprio tanti soldi…

-          Ma certo, che sbadato… e il bimbo? – si sporse indicando la testolina bionda e un po’ imbronciata del ragazzino che la affiancava

Grazie al cielo in quel momento il ragazzino dell’ingresso e il tassista arrivarono con i suoi bagagli facendo anche cadere una delle valigie, il fattorino sembrava che stesse rischiando il licenziamento da quanto era sinceramente dispiaciuto per essersi lasciato sfuggire dalle mani una delle borse .

-          Spero che suo figlio si sia divertito in Hyde Park – chiese il vetturino prendendo i soldi che lei gli porgeva – è un posto splendido e d’inverno è un incanto.

Malfoy suo figlio?

Neppure nei peggiori incubi…

-          Ce lo riporterò nei prossimi giorni – promise all’interessato

Lei e la serpe si scambiarono un’occhiata che la diceva lunga sul fatto che li considerassero madre e figlio, lui la squadrò malamente, lei fu tentata di fargli una linguaccia, peccato che quello non fosse il comportamento adatto ad una signora da 5 stelle sup.

Rivolse un’occhiata di congedo al vetturino e tornò alla reception

-          Suo figlio? – chiese l’uomo del banco

-          Ehm… - dire di sì era come tirarsi la zappa sui piedi

-          Spero allora di vedere presto il signor Drake – ammise l’impiegato, interessato

Impossibile, non esisteva una signora Drake, figuriamoci un signor Drake, ovviamente a meno che Ron non entrasse di soppiatto nell’ufficio del preside, arrivasse la Londra di nascosto, la sposasse sotto falso nome e poi andasse all’hotel, chiaro… e comunque impossibile.

-          Chissà – disse sbrigativa

-          Hans vi accompagnerà al piano, Pete invece si provvederà di trasportare i vostri bagagli. Integri. – disse indicando prima il ragazzo dell’ascensore e poi quello che prima stazionava dalla porta

Lei annuì e si diresse verso la cabina numerata.

 

Doveva essere davvero un posto di lusso quella specie di condominio… sul retro aveva intravisto una piscina e l’atrio era invaso da piante tropicali molto costose che, senz’altro, necessitavano di molte cure.

L’ascensore era responsabilità di un inserviente a parte che, a occhio, non doveva dimostrare più della loro vera età, ovvero sui diciassette, diciotto anni. Quando si arrivava al piano, un campanello tintinnava facendo il caratteristico “din”, ma non il suono metallico di tutti gli ascensori, bensì un rumore dolce e leggero che avrebbe fatto riconoscere immediatamente una casa di lusso da una che non lo è.

Senza ombra di dubbio Raymond pagava parecchio di spese di amministrazione… caspita, ma se insegnare babbanologia a Hogwarts era così redditizio ci andava anche lei!

 

La lancetta si fermò sul numero 13, l’ultimo.

Il ragazzino in divisa si premurò di aprire le porte e rivolgere loro un inchino mentre li faceva uscire e conduceva alla porta.

La stanza, dove sopra era appeso in caratteri raffinati il numero 63, era l’ultima dell’abitazione, proprio sul sottotetto, il cosiddetto “attico”.

Il garzone di nome Hans, come aveva detto il portiere, aprì la porta con una chiave magnetica e di fronte a loro l’appartamento del prof prese forma.

Le finestre davano direttamente su Hyde Park, fornendo una invidiabile vista sul verde e sulla City, il poggiolo era stretto, ma delizioso e delle fluente tende di cotone coprivano le due portafinestra.

La stanza non era molto grande, se paragonata allo sfarzo del resto del palazzo, probabilmente era l’abitazione più modesta, ma ad ogni modo carina. I bagagli erano sistemati di fronte alla porta e Hans si premurò di portare dentro le valigie a due per volta finchè non dovette richiedere l’aiuto di Pete per trasportare il baule della riccia che finse di interessarsi all’arredamento per mascherare l’imbarazzo; Malfoy la guardò dandole della scema e poi scrutò intorno a se: come facessero i babbani a vivere in spazi tanto ristretti era un interrogativo che lo assillava già da un bel po’ e che si manifestava in diverse persone che conosceva. La cosa non gli piaceva, la stanza, comunque, era quasi passabile.

Su un lato una cucina a piastre con lavandino, di fianco una libreria che occupava tutta la parete, il piccolo soggiorno con tavolino, il letto addossato ad una delle pareti, la cabina armadio e, nascosta dietro a questa, la porta del bagno.

Guardò intorno e il vento fece ondeggiare le tende dando all’ambiente un’atmosfera piacevolmente fresca e ventilata

-          Temo che sarà più dura di quel che credessi – ammise sospirando e andando in perlustrazione

-          Senti chi parla, pensi che mi faccia piacere essere scambiata per tua madre? – gli domandò la Gryffindor mettendosi le mani sui fianchi

-          Ehi, guarda che è più insultante avere una piccola mezzosangue pezzente come madre! – la rimbrottò lui, per niente contento di quella osservazione

-          Grazie al cielo quelli della tua razza sono in via di estinzione – mormorò lei tra i denti prima che la discussione sfociasse nella consueta e abituale litigata giornaliera…

-          E da quando ti interessi di antropologia? – le domandò lui altrettanto a bassa voce

-          Da quando non riesco più a liberarmi di te – rispose

-          Credimi, se potessi non mi vedresti più!

-          Ah!

E sempre rimuginando, il biondastro si diresse verso il bagno, peccato che i braccialetti avessero cominciato a brillare mentre si avvicinava ai tre metri e fu sospinto indietro.

Sopprimendo un’imprecazione sulle labbra, diede uno strattone che fece vacillare la sua compagna, costretta a camminare per non essere scaraventata a terra.

Decisamente sarebbe stata molto peggio di quanto avesse preventivato.

 

*          *          *

 

Spazio autrice: ciao!

Finalmente la scena si sposta… dopo aver scritto un’intera fic ambientata a Hogwarts ho spostato un po’ l’ambientazione, ma state tranquilli, tra un po’ di capitoli si tornerà a scuola.

Innanzi tutto chiedo umilmente scusa se ho fatto qualche genere di errore di tipo geografico, Londra è una città che mi piace molto, ma sfortunatamente non ho ancora avuto la fortuna di visitarla, quindi non la conosco molto bene, spero comunque di non aver sparato qualche strafalcione dei miei…

Bene, su questo capitolo non c’è molto da dire, un po’ di litigi, la partenza… sapete che il mio rapporto con le partenze è piuttosto conflittuale, bene, casualmente è capitato lo stesso nella storia…

Aspetto di sapere che cosa ne pensate, nel frattempo vi ringrazio tantissimo per avermi lasciato le bellissime recensioni e per aver aggiunto la storia tra i preferiti, spero che sia all’altezza delle aspettative, anche se l’impostazione è abbastanza diversa da quella precedente, ma non preoccupativi, si complicherà man mano che il tempo passa.

Ciao!

Nyssa

 

fra fave: effettivamente anche nella mia mente Malfoy sembra più piccolo dei 10 anni che gli ho attribuito, però la faccia da bambino imbronciato mi ricorda moltissimo quella che aveva il mio cuginetto ai tempi dei tempi…

Il primo arrivo a Londra è stato già costellato di battibecchi e imprevisti, però sto ancora progettando il proseguimento… spero che ti piaccia anche il terzo capitolo, aspetto di sapere… ciao! Un bacio! Nyssa

 

herm83: temo che ci vorrà ancora un cappy o due prima della scena da baby-sitter, però anche io me la stavo immaginando in questi giorni… che sia una peste, invece, è un dato di fatto ^^

Spero che ti piaccia anche il terzo cappy, ciao e a presto! Un abbraccio, Nyssa

 

Shavanna: fiuuuu meno male, vivo nel terrore di riproporre la stessa storia, grazie al cielo non è così, qui Herm fa un po’ meno la santa, diciamo che, se nell’altro capitolo era Draco quello che mi somigliava, sempre alle prese con delle pressanti crisi di personalità, qui è lei che ho ispirato a me in larga parte, ma ci sarà modo di approfondire il personaggio nei prossimi capitoli, adesso credo che sia un po’ presto, anche se ho già fatto qualche accenno.

Mi auguro che ti piaccia anche il nuovo aggiornamento, aspetto di sapere… nel frattempo ti ringrazio per seguire così assiduamente le mie storie, ciao e un bacione! Nyssa

 

potterina_88: è bello ritrovare qualcuno dei vecchi lettori anche nelle nuove storie, sono molto felice e grazie per il bentornato!

Ti do ragione, Herm era già grande quando è arrivata a Hogwarts e si è dovuta scontrare con pregiudizi che l’hanno resa ancora più adulta… beh, chissà che questa non sia un’occasione per vivere un po’ di quell’adolescenza che le è stata negata *//*

Mi fa piacere sapere che la storia è originale, come ho già detto, vivo nell’ansia di riproporre qualcosa che avevo già messo nell’altra, essendo stata la prima, vi ho esaurito in parte la mia fantasia creativa, ma mi sono resa conto di poter sfornare ancora qualcosa sufficiente per ultimare questa (anche se ce ne vorrà….)

Aspetto di sapere cosa ne dici questo cappy, anche se è un po’ di passaggio, ciao e un bacio! Nyssa

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Capitolo 4
*** Winter Sunshine ***


La stanza dove si trovavano era la versione moderna e molto, molto costosa delle dimore ottocentesche degli artisti bohemien, con tanto di sottotetto e monolocale, peccato che l’ordine che regnava era maniacale, tenuto con cura, probabilmente grazie al v

La stanza dove si trovavano era la versione moderna e molto, molto costosa delle dimore ottocentesche degli artisti bohemien, con tanto di sottotetto e monolocale, peccato che l’ordine che regnava era maniacale, tenuto con cura, probabilmente grazie al valoroso contributo di una donna delle pulizie, chissà come doveva essere la casa quando Raymond la abitava, come prof aveva un comportamento piuttosto disordinato, sbadato e distratto, tanto da far spesso alzare gli occhi al cielo alla povera vicepreside.

Come facesse a possedere un appartamento così bello era un bel mistero che, tornata a Hogwarts, era intenzionata ad inserire alla lista di quelli già esistenti.

 

Malfoy stava vagando per la stanza trascinandola come un cane all’esplorazione dell’appartamento che, a occhio, non doveva assomigliare molto alle case a cui era abituato, beh, non poteva dargli torto, anche lei la prima volta che era stata nel mondo magico aveva avuto un bello shock… l’impatto con la Tana, dove gli utensili svolgevano da soli i lavori, i letti si rifacevano e uno spazzolone era continuamente a pulire per il pavimento, era stato traumatico, era rimasta due giorni ad osservare ipnotizzata i ferri da maglia di Molly Weasley che preparavano l’ennesimo maglione pungente, ma era comunque uno spettacolo affascinante e anche l’orologio con i simboli degli abitanti della casa che si spostava a seconda di dove si trovavano… come doveva essere l’impatto per una persona abituata a tutto questo con il mondo babbano? Niente arnesi incantati, ma micidiali frullatori, fuochi a piastra, aspirabriciole e caloriferi al posto dei caminetti. A pensarci bene, poi, non ricordava di aver neppure mai visto una casa piccola come quella, nell’altro mondo, perfino le tende da campeggio avevano dimensioni esagerate, nel mondo degli umani, invece, lo spazio era poco e andava ottimizzato con tavoli a scomparsa e mobili ad angolo per poter abitare un appartamento.

Quello che poi il biondastro stava perlustrando, oltre a non essere neppure tra i bilocali più piccoli, era anche il top del lusso… ma continuava ad essere scettica.

 

Lasciandolo all’ispezione della cabina armadio, uscì sul terrazzo e respirò l’aria un po’ inquinata della grande Londra. Nonostante fosse grande e lei non fosse neppure proprio del centro città, amava quel posto, ma bisognava ammettere che non era il massimo per combattere le malattie respiratorie… Da lontano vide le arterie principali della città diramarsi come un labirinto e proprio lì sotto c’erano le chiome degli alberi che ondeggiavano coperte da un po’ di neve quasi sciolta

-          Ehi mezzosangue, come si fa a scendere agli altri piani? – la apostrofò lo Slytherin che, guardandolo da quella angolazione, sembrava proprio un bambinetto pestifero

-          Intendi tornare nell’atrio? – gli domandò

-          No, voglio sapere dove stanno le altre camere, lo studio, la biblioteca, la sala da pranzo, la sala da tè, gli altri bagni…

Non poté finire perché lei si mise a ridere quasi da non riuscire più a fermarsi… forse aveva sopravvalutato le capacità logiche del biondastro

-          Malfoy, l’appartamento è tutto quello che vedi

-          Intendi dire che questa misera stanzetta che è come lo sgabuzzino delle scope di Hogwarts sarà dove dovrò vivere?

Vederlo così sconvolto la faceva ridere terribilmente, sembrava veramente allucinato, si guardò intorno sgranando gli occhi e poi scosse la testa

-          Tu scherzi – le disse come se fosse ovvio, lei fece cenno di no – ma questo posto è minuscolo e c’è solo un letto!

-          Quello è un problema – confermò prendendo mentalmente le distanze tra il materasso e il divano a due posti: almeno 4 metri. Non ci siamo…

-          Bene, prendi la tua roba e sistemati sul divano – disse sbrigativo

-          Non provare neppure a pensare una cosa del genere! – protestò – se qualcuno deve dormire sul divano quello sei tu!

-          Perché io? Sei tu la sudicia mezzosangue

-          Sei più piccolo e occupi meno posto

-          Beh, certo… butta giù qualche chilo e vedrai che ci stai anche tu sul divano

-          Assolutamente no! – ribatté determinata – io dormo sul letto e tu ti sistemi dove ti pare

-          Siediti – le disse poi sbrigativo tirandola fino al bordo del materasso

Guardandolo indecisa, lei si sedette mentre la serpe muoveva qualche passo verso il centro della camera dove stavano tavolo e divano: uno, due, tre, quattro, cinque… il braccialetto s’illuminò e lo bloccò prima che potesse compiere un altro movimento

-          Sposta il divano – le ordinò perentorio

Sbuffando sulla malagrazia con cui glielo aveva chiesto, lei si alzò e si mise a ruotare l’arredamento, peccato che tra il letto e la finestra ci fosse appena mezzo metro, che di fronte fosse sistemato un tavolino e che, dall’altra parte si accedesse alla cabina armadio

-          Dove dovrei metterlo, genio? – gli chiese appoggiandosi allo schienale

-          Dove cazzo ti pare, basta che stai lontana dal letto

-          Neppure per idea! Io dormo sul letto, tu stenditi sul pavimento!

-          Spiacente, non intendo rovinarmi la vacanza solo perché sei piena di storie

-          Ah, io sarei piena di storie? Non provare neppure a pensare che ti lascerò il letto, dove diamine dovrei dormire?

-          Dove ti pare, non è un problema mio – liquidò il dilemma lui

-          Io sul pavimento non ci dormo – chiarì perentoria da una parte del materasso

-          Beh, neppure io! – sbraitò lui dall’altra parte

Tra i loro corpi non c’erano neppure due metri, eppure sembrava che li separasse nientemeno che la Fossa delle Marianne da tanto erano radicati sulle loro posizioni: lei si mise le mani sui fianchi in un gesto che compiva spesso quando era contrariata, lui sbuffò levandosi un ciuffo biondo dagli occhi e incrociò le braccia sul petto mettendosi di lato: la copertina perfetta di un film catastrofico

-          Se sei così cocciuta, allora dormiremo insieme – disse sbuffando ancora e inveendo contro i suoi capelli

-          Neppure per sogno! Io non ci dormo con te!

-          Cos’è, hai paura che possa attentare alla tua preziosa virtù?

-          Non dire stupidaggini, non farò mai una cosa del genere! – si rifiutò categoricamente lei

-          Beh, allora la Miss-So-Tutto-Io-Granger deve trovare una soluzione a questo casino perché, mi pare di capire, nessuno di noi vuole dormire sulla moquette

-          Ma che cultura… - lo canzonò lei – sai perfino cos’è una moquette

-          Il tuo senso dell’umorismo è penoso – sottolineò lui

-          Non m’interessa, ti prendi una coperta e ti sistemi ai piedi di questo affare – e indicò il giaciglio

-          Fallo tu, io non ne ho problemi a dormire con una donna – rispose con un ghigno malizioso sulle labbra

-          Beh, permettimi che io, invece, ho qualche problema a dormire con un bimbetto pestifero

-          Bimbetto pestifero lo vai a dire a Potter – ribadì acido guardandola male

-          Non insultare Harry! – chiarì

-          Faccio quello che mi pare, non sei la mia mammina che mi dice come devo comportarmi!

-          Non sia mai! E comunque, qualcuno avrebbe dovuto insegnartelo tanto tempo fa!

-          Che ne sai tu di me? – gridò cattivo – pensa agli affari tuoi e non impicciarti nei miei!

Lei si ritrasse di un passo, investita da quelle parole risentite

-          D’accordo, divideremo il letto – bofonchiò arrabbiata spostando in malo modo un cuscino all’uncinetto – ma stammi distante

-          Come se avessi voglia di far qualcosa con una come te – sibilò lui

-          Tanto per mettere qualche paletto – chiarì lei dirigendosi verso la valigia posata al fianco del tavolo

Lui alzò le sopracciglia mentre lei apriva le chiusure del baule, poi la vide adocchiare la libreria e, con un colpo di bacchetta, spostare il contenuto nel mobile, riempiendo, uno dopo l’altro, i sette ripiani liberi.

Malferret la guardò come se fosse completamente ammattita e seguì con gli occhi i vari volumi che si sistemavano ordinatamente nello spazio libero.

Al termine degli scaffali c’erano ancora due pile di libri da sistemare che non sapeva dove far stare, così, tanto per non lasciarli in giro, li appoggiò sul letto mentre andava a riporre qualche abito e la biancheria nella cabina armadio.

Il biondo si avvicinò, sedette sul piumone imbottito e prese tra le mani uno dei volumetti dall’aria terribilmente babbana, la copertina bianca riportava una grossa scritta blu contornata di rosso dove spiccava il nome “Kathy Reichs” seguito dal titolo in identica fattura Cadaveri innocenti alzò una delle sopracciglia e seguì con lo sguardo la ragazza che faceva avanti e indietro dalla sala-cucina-camera all’armadio

-          Mezzosangue, ma tu leggi davvero questa roba? – le chiese incerto, lei buttò un occhio al libro che aveva in mano, poi annuì senza dire altro.

Lui continuò a tenere in mano l’oggetto rivoltandolo e poi aprendolo a metà, la frase che stava leggendo al momento recitava

 

“Il corpo è stato trovato in una vecchia cassa. Presenta ferite multiple. LaManche procederà all’autopsia oggi stesso”

“Che tipo di ferite?” fissai una fioritura di macchie sulla mia vestaglia.

Fece un profondo respiro. “Ferite da pugnale e segni di legatura sui polsi. LaManche sospetta che ci siano anche segni di aggressione da parte di animali”

[…]

“Il corpo non era ancora completamente congelato, quindi è probabile che si trovasse all’aperto da meno di dodici ore. LaManche cercherà di circoscrivere il più possibile l’ora presunta della morte”

 

Sbattè qualche volta gli occhi incredulo su quello che aveva letto, ma eravamo sicuri che quel libro appartenesse alla Granger? Cominciava ad avere qualche sospetto che non fosse così, magari si trattava di una delle belle avventure sanguinolente di Potter, la mezzosangue non sembrava il tipo da appassionarsi a certi racconti cruenti.

-          Dì un po’, ma come fai a leggere questa roba? – le chiese girando la copertina e stendendosi sulle lenzuola pulite, lei tornò a guardare il libro senza trovarci niente di strano

-          Perché?

-          Non so se hai notato che c’è un cadavere

-          Più di uno – precisò lei annuendo con una pila di biancheria in mano e qualche elastico per capelli

-          E ti piace davvero questa cosa? – indicò il volumetto in paperback dalla copertina sottile e abbastanza fragile perfino per gli standard babbani, ma questo giustificava il prezzo assai ridotto stampato dietro ad essa

-         

-          Non ci credo! – la prese in giro voltando un’altra pagina e trovando un’altra sequenza di ferite da taglio – perché leggi certa roba?

-          Perché è bella – puntualizzò lei appoggiando le cose che stava portando e avvicinandosi – e perché c’è il tenente della SQ più bello di tutta la storia della letteratura thriller!

Un sorrisetto si abbozzò sulle labbra prima solo divertite del biondastro mentre si metteva a sedere e la fissava dritta negli occhi

Lei arrossì e si portò una mano alla bocca voltandosi di scatto e prendendo nuovamente in mano la maglia e gli elastici

-          L’hai detto… - disse semplicemente per farle notare che aveva sentito perfettamente ciò che aveva pronunciato.

Rossa in volto, lei tornò nella camera e gli strappò il libro dalle mani rimettendolo sulla pila del comodino mentre gli occhi di lui la seguivano e le labbra erano storpiate in un ghigno made-in-malfoy soddisfatto e molto, molto compiaciuto

-          Pensa ai fatti tuoi – biascicò arrabbiata tornando a nascondersi nella cabina armadio.

Lui non si lasciò scoraggiare e, andando a riprendere il tomo, lo aprì alla prima pagina e si mise a leggerlo seduto in letto con tanto di scarpe sulle coperte.

Quando lei tornò e lo osservò in un misto di risentimento, collera, vergogna e desiderio omicida, lui sorrise

-          E allora conosciamolo questo tenente così affascinante – rispose mandandola in bestia.

Si trattenne dal ringhiargli contro qualcosa di offensivo e, stringendo i pugni lungo i fianchi, si spostò accanto alla valigia, batté un piede sul pavimento, digrignò i denti e poi scomparve in bagno.

 

*          *          *

 

Quando l’orologio appeso dietro la televisione segnò le tre di pomeriggio, una musichetta soave invase l’ambiente distraendo momentaneamente Draco dalla lettura del testo che lei gli aveva prestato, o meglio, che lui le aveva requisito assieme al dizionario di babbano che ormai stava aperto sul letto e dove lui controllava i termini che non conosceva.

In verità all’inizio li aveva domandati uno per volta alla mezzosangue, additandola ciascuna volta come So-Tutto-Io-Granger, poi lei si era seccata di spiegargli cosa fosse l’antropologia forense, il coroner, una radiografia, un diafanoscopio e via dicendo e gli aveva rifilato il vocabolario nella speranza di riuscire a riordinare le idee tranquilla; Malferret non aveva approvato, ma sbuffando e lamentandosi come se gli avessero fatto un torto, aveva sfogliato le pagine fino a trovare la parola che cercava.

 

-          Alzati Malfoy – disse lei sbucando dalla dispensa – se vogliamo mangiare dobbiamo andare a comprare qualcosa eppoi non possiamo circolare conciati così, tu hai quel vestitino ridicolo e io non voglio sembrare la McGranitt – anche se, al momento, si era allargata un paio di pantaloni e un maglione.

Lui la guardò male per il “vestitino ridicolo”, poi mise un segno al libro, lo appoggiò sul comodino di destra, sotto sistemò il dizionario e scese docilmente

-          Con che soldi dovremmo pagare?

-          Silente mi ha dato qualcosa e dato che sono maggiorenne ho il bancomat…

-          Bancomat? – ripetè

-          È una tessera magnetica che ti permette di prelevare dei soldi dal conto corrente informatizzato della banca… serve la scheda e un codice segreto – lui scosse la testa, proprio non li capiva questi babbani che andavano a complicarsi la vita quando era così semplice entrare alla Gringott e ritirare qualche spicciolo

-          La moneta babbana è la sterlina e prima di comprare qualcosa dimmelo

-          Sì, maestra – ripetè sadico infilandosi le mani in tasca mentre lei armeggiava con la chiave magnetica che il portiere senza nome le aveva fornito quando era arrivata.

Si infilarono i cappotti e le sciarpe e poi uscirono.

L’ascensore era un’invenzione che lo affascinava parecchio, anche perché gli permetteva di risparmiarsi tredici piani di scale, sarebbe stato utile impiantarne uno anche a Hogwarts dove, per arrivare a Corvonero e Grifondoro occorreva arrampicarsi su per rampe di scale mobili, mentre per scendere a Serpeverde c’era da rompersi l’osso del collo sui gradini scivolosi del sotterraneo di cui, a quanto pare, quelli del Comitato Studentesco non si erano ancora occupati… chissà perché avevano messo passiere da tutte le parti tranne dove serviva… beh, c’era anche da ricordare che il Consiglio non aveva mai ospitato tra i suoi ranghi ragazzi di Serpeverde, i maschi avevano tutti tendenze decisamente etero e le ragazze di meglio da fare che prendere il tè assieme ad altre ragazze.

 

L’atrio era deserto, caldo e soleggiato nel pomeriggio, ma appena usciti fuori si veniva investiti da una ventata fredda che avrebbe potuto congelare un thermos di caffè, la Caposcuola sorrise al ricordo dei tanti anni in cui era stata a Londra e ogni giorno quella ventata investiva lei e sua madre quando uscivano dall’edificio scolastico, erano bei ricordi legati a molti anni prima, a quel tempo aveva pressappoco l’età attuale di Malfoy…

-          Non ti porto da Harrods perché saresti capace di spendere tutto quello che abbiamo, però conosco un centro commerciale non molto distante e i convenient-market sono sempre aperti

-          Non hanno un bel nome

-          Harrods è fuori della nostra portata

-          Perché?

-          Il minimo che puoi trovare è una maglia da 90£ e non ci tengo. Ah, per inciso – aggiunse – nel mondo babbano la roba di sartoria è quasi inesistente e costa dei patrimoni, quindi ti accontenterai di banalissimi abiti fatti in serie

-          Tipo i maglioni di Potter? – lei sbuffò e cominciò a camminare finché il braccialetto non si illuminò e Draco fu trascinato dietro di lei dal suo passo spedito.

Dopo cinque minuti di strada ne aveva già sopra la testa dei babbani: i marciapiedi erano caotici e affollati e la gente non guardava dove camminava e pensava agli affari suoi col risultato di essere continuamente spintonati, costretti a fare slalom e, cosa peggiore, c’era qualcuno che riusciva a calpestarti i piedi.

La mezzosangue si muoveva con grazia in mezzo a quella marea di invasati che parlavano da soli o con una scatoletta colorata all’orecchio, reggevano portadocumenti e vestivano orrendi completi finto elegante a righini con tanto di oscene cravatte rosa a pallini bordeaux: la fiera del cattivo gusto. Il mondo babbano gli appariva opaco e ripetitivo, nulla era unico e niente era speciale, non era come tra i maghi, dove i vestiti erano solo di sartoria, dove non esisteva la produzione in serie e solo quella al dettaglio. Raymond aveva detto che una volta, diverso tempo prima, anche il mondo degli uomini era così, beh, doveva essere stato moooooolto prima perché tutti quelli incontrati fino ad ora non sarebbero stati in grado di indossare un singolo abito cucito a mano, o meglio, a magia.

 

La scritta lampeggiante al neon “Centro Commerciale Hyde Park” lanciava la sua luce bluastra ai passanti dalla sua postazione sul tetto della costruzione che assomigliava irrimediabilmente allo spogliatoio del campo da quidditch di Hogwarts, non aveva un’aria invitante e neppure le donnine grassocce che se ne uscivano con le mani piene di sacchetti di plastica da cui spuntavano altri sacchetti e altra carta.

La Gryffindor si diresse senza esitazione all’entrata e tenne aperta per lui la porta d’ingresso

-          Levati – gli disse mentre prendeva un cestello dalla pila alla loro destra – si chiude da sola…

Era vero.

Se ci si spostava, le due ante scorrevoli di vetro tornavano a combaciare

-          Magia – chiese circospetto

-          No, solo ingegno

Rispose lei.

-          Mi raccomando – aggiunse ancora – qui niente incantesimi, ci sono le telecamere, semmai solo nei camerini

-          Telecamere? – ripetè come se fosse finito in una dimensione parallela dove si parlavano altre lingue

-          Te lo spiego dopo.

E imboccò il primo corridoio.

 

Il posto dove era finito era il primo girone dell’inferno, c’erano scaffali su scaffali di oggetti per la casa a cui la Granger lanciava appena uno sguardo di disprezzo di fronte a bicchieri con le balene e guanciali decorati a rombi, se ne rallegrò, non credeva che sarebbe riuscito a dormire in una stanza assieme ad un oggetto tanto brutto, una donnona accanto a lui, invece, sembrava apprezzarli particolarmente e, tirando per un braccio lo sfortunato uomo che doveva essere suo marito, gli stava giusto dicendo di metterne nel carrello almeno mezza dozzina!

Prima di imboccare una stravagante scala, la mezzosangue lo aspettò, spiegandogli che lui doveva mettere piede sul quadratino di metallo e non sulla riga e che poi avrebbe pensato la scala a salire.

Si chiamava scala mobile.

L’invenzione era ingegnosa e dopo un paio di prove, esattamente come un bambino di quattro anni accanto a lui, riuscì a padroneggiare l’idea, intelligente quasi quanto l’ascensore

-          E’ una magia interessante – disse alla Caposcuola che ascendeva annoiata al primo piano senza troppa agitazione

-          Si chiama tecnologia, non è magia – gli fece notare per la seconda volta

Rimase zitto e la guardò, i babbani erano pieni di difetti, a cominciare da quello che erano esseri inferiori e non sapevano usare le magie e le pozioni, ma avevano un pregio: dovendo vivere senza di esse si erano ingegnati a trovare qualche stratagemma che permettesse loro di ottenere pressappoco gli stessi risultati con un minimo sforzo perché, bisognava dirlo, erano molto pigri.

Il pianerottolo dove erano arrivati era il tripudio dell’abbigliamento di pessimo gusto fatto in serie, ma dovendosi accontentare, seguì la ragazza attraverso file e file di vestiti sempre uguali che sembravano degli ologrammi da tanto si assomigliavano.

-          Cominciamo con te – disse perentoria lei dirigendosi verso un reparto dove campeggiava la scritta colorata “”Kids 1-14 anni”, lui scosse la testa rassegnato e imbronciato di dover essere costretto a mettersi la roba di un comune poppante, ma la seguì.

Rovistando tra alcune magliette, lei ne estrasse una con un orsetto, gliela mostrò; lo sguardo che le rivolse avrebbe incenerito un iceberg e poteva lasciare facilmente intendere cosa le avrebbe detto se mai avesse avuto il coraggio di rifilargli un simile capo. Lei sorrise divertita lo ripose

-          Maglia o camicia?

-          Tutte e due? – chiese speranzoso di trovare qualcosa di decente, anche se questa fievole luce si stava spegnendo per ogni minuto di più che trascorreva in quel girone dantesco.

-          Ah, ecco qui! – esultò lei estraendo da un mucchio con scritto “Saldi!” una camicia da bambini a righe blue e un pullover intonato

-          Non ci sarebbe verde? – domandò scettico

-          La mettiamo a posto a casa, vattela a provare – ordinò proprio come una mammina al bimbo che fa i capricci, lui sbuffò

-          Cioè, dovrei spogliarmi in mezzo a tutta questa gente? – il sopracciglio sinistro di lei si sollevò, poi, conducendolo per un gomito con la roba in mano, lo chiuse tirando una tenda in uno spazio angusto pieno di ganci e con uno sgabello

-          Mettiti maglia e camicia e vedi di essere veloce

Sopprimendo l’ennesimo insulto della giornata, si cambiò la giacchetta col fiocco e indossò la camicia e la maglia. Erano terribilmente infantili, il cotone era decisamente di scarto, la tintura pessima, la cardatura non sapevano dove vivesse e non ricordava di essere mai stato così poco fine nel vestire, ma se quello era il massimo che potevano avere… al ritorno a scuola, comunque, avrebbe scambiato due paroline con Silente, non era pensabile che li spedisse a Londra, li costringesse a stare assieme per tre settimane e non gli fornisse neppure il denaro sufficiente a mantenere il suo standard di vita! Maledetto preside rimbecillito…

Quando uscì dallo stanzino la parte superiore del suo corpo assomigliava davvero a quella di un comune decenne, peccato solo per i pantaloni neri con la riga stirata… Hermione sorrise soddisfatta e gli passò un paio di jeans.

Quando la testa bionda sbucò di nuovo, il sorriso si allargò sul suo viso di lei, illuminandolo e rendendola stranamente dolce, lui si concentrò per non arrossire a quell’aspetto terribilmente materno che l’età le conferiva, molto diverso da quello che sfoggiava sua madre, poi ghignò a sua volta

-          Adesso tocca a te, allora – propose sadico mentre gli occhi le si stringevano leggermente nel tentativo di capire il motivo di quell’affermazione – ma come – aggiunse – mi costringi a mettere questa roba orribile… adesso scelgo io per te

-          Assolutamente no! – protestò lei, lui le mise il broncio mentre due vecchiette che passavano dietro di loro sorrisero al vedere quella scena

-          Lo accontenti signora – disse la prima

-          È un così bel bambino – aggiunse la seconda

Lei fece per protestare che non era bello E non era suo figlio, quando Malfoy, cogliendo la palla al balzo disse

-          Dai mammina, sono sicuro che ti starà tutto benissimo – si fece schifo da solo per quanto la sua voce sembrava mielosa e dolciastra, ma la cosa aveva i suoi vantaggi.

In quel momento, lei non riuscì a non arrossire del tutto mentre le due nonnine sorridevano.

Prendendolo in malo modo per mano, lo trascinò in un altro reparto con scritto “Donna”

-          Non farlo mai più – sibilò arrabbiata e imbarazzata

-          Cos’è, ti vergogni? – le chiese cattivo

-          Non ci provare – aggiunse indirizzando su di lui le iridi dorate che luccicavano pericolosamente, peccato che uno come Draco Malfoy non si lasciasse intimorire da così poco, soprattutto dopo sette anni che conosceva la mezzosangue. Eppoi, occhio per occhio dente per dente, no? Lei l’aveva ridicolizzato facendolo davvero passare per un bambinetto ignorante, quale cosa migliore che ripagarla con la stessa moneta?

Dopotutto era una serpe, le serpi non sono mai leali.

A parte Blaise, chiaro. Ma lui era una serpe strana.

 

Il reparto da donna era molto ampio e si divideva in abiti premaman, abiti da sera, abiti da ufficio, abiti da tempo libero.

Per quanto la riguardava, il suo campo era “abiti da tempo libero”, peccato però che Malferret si stesse dirigendo esattamente tra quelli per donne incinte e gli abiti da sera e di lusso.

-          Ti ci vedrei bene con uno di questi – disse Malfoy-versione-bambino aggrappandosi al tessuto lucente di un abito di raso con tanto di fiocco sul seno; lei lo studiò alzando un sopracciglio: neppure morta

-          Non vado in giro conciata come una cantante d’opera – ribatté cercando di muoversi verso l’altro reparto

-          E questo, mamma? – aggiunse lui proponendole un vistoso abito rosso con ricami neri, qualcuno sorrise dietro di lei

Le sopracciglia si abbassarono pericolosamente.

Non poteva ammazzare quello che tutti consideravano suo figlio in mezzo ad un centro commerciale, non poteva schiantarlo né urlargli contro di tutto come faceva a scuola… le sarebbe proprio piaciuto sapere perché fosse sempre lui quello che traeva vantaggio da ogni situazione.

Quando voltò la testa, il biondastro le si avvicinò, le braccia colme di abiti, intravide un tailleur, la cosa che detestava più di qualsiasi altra, e un paio di gonne, qualche pantalone e delle camicie. Il bimbo era impazzito.

-          Provali – disse rigido, come se stesse dando ordini ad una truppa militare

-          Stai scherzando? – gli chiese lei

-          No – il tono sembrava minaccioso anche senza che lui atteggiasse la faccia ad una smorfia cattiva

-          Lo accontenti, signora, sono certa che le staranno bene – intervenne una delle due vecchiette che li avevano seguiti e che già pregustava l’odore di sangue

-          Avanti, è un bambino così dolce… - aggiunse l’altra accarezzandogli la testa, peccato che lo Slytherin le avrebbe tranciato una mano nel medesimo istante, altro che bambino dolce e carino

Le due nonne erano un disco rotto, ripetevano sempre la stessa. Sbuffando spazientita e trovandosi in minoranza, la mezzosangue prese dalle braccia del suo ipotetico figlio, che per quel che ne pensava poteva andarsi ad impiccare alla Torre di Londra o rinchiudersi ad Azkaban per tutta la vita, la pila di abiti, poi si chiude dentro un camerino.

 

Malfoy e le due anziane signore si accomodarono sui divanetti di fronte agli spogliatoi e attesero sentendo sbuffare e borbottare e, mentre le due ridacchiavano, lui pregustava la sua vendetta.

Quando la tenda scorse rapida sul bastone, la Granger vestita con un tailleur rosa polvere riapparve, un bel broncio stampato sul viso, la gonna un po’ storta, i capelli scompigliati mentre continuava ad allentarsi la camicia che le stringeva e il bottone sul seno tirava in maniera abbastanza vistosa. Le sopracciglia del biondo volarono verso il basso mentre lei batteva nervosamente un piede sul pavimento in attesa che le tre persone schierate le dessero il permesso di andare a mettersi qualcosa che le donasse di più di un abito che la faceva assomiglia ad una meringa o, come avrebbe detto sua madre, alla Regina Elisabetta nei suoi giorni di delirio.

 

Per quanto gli occhi della serpe indugiassero più del necessario su quel punto che, in genere, guardava con noncurante disinvoltura, ma che non avrebbe dovuto sbirciare in una come la Granger, si fece forza per rimandarla a cambiarsi prima che accadesse l’irreparabile e le due vecchie megere gridassero all’incesto.

Facendo svolazzare la tenda, lei tornò a cambiarsi.

Col secondo vestito sembrava uscita da una comunità di hippy degli anni Sessanta, le mancava solo una canna in mano ed era perfetta per l’”alternative life”, le due vecchie scossero la testa all’unisono.

Il terzo vestito le donava, peccato che fosse estivo.

Il quarto era da sera e lei si rifiutò di metterlo.

Col quinto le cose cominciarono a migliorare visto che la gonna a quadri lunga le stava abbastanza bene e la maglia a collo alto di lana non tirava come le camicie.

 

Quando provò l’ultimo abito, aveva messo da parte da portarsi via solo la gonna e la maglia, per questo fece una rapida incursione a recuperare un paio di jeans e una felpa decente, per il resto avrebbe allargato gli abiti che aveva.

-          Non hai un briciolo di sex-appeal – le disse duro Malferret quando lei tornò con gli informi abiti che le vedeva anche a scuola

-          Questi non sono problemi tuoi – fece notare lei – anzi, forse è un bene

-          Se credi che ti violenterò solo perché sono costretto a rimanere con te ventiquattr’ore su ventiquattro ti sbagli – sottolineò impermalito – o forse ci speravi?

-          La considererò una rassicurazione – rispose astiosa, molto infuriata perché l’avevano costretta a quella specie di sfilata di moda

Si guardò attorno, poi s’inginocchiò di fronte a lui per arrivare pressappoco alla sua altezza

-          Rimani qui cinque minuti, torno subito – gli disse

-          Solo se vai a meno di tre metri di distanza – le sorrise lui, lei sbuffò per niente contenta che glielo avesse ricordato

-          Sarai anche andato a letto con la metà delle ragazze della scuola – incominciò mentre lui la squadrava mettendosi le mani in tasca, curioso di sapere dove voleva andare a parare – ma non intendo andare a comprare della biancheria con un bambinetto curioso e linguacciuto accanto

-          In questo caso – disse lui – non aspettarti che rimanga qui, forza, fammi vedere che cosa compreresti

-          Ma ti hanno mai insegnato a farti gli affari tuoi – sbraitò incredula – non ci penso proprio!

-          Che tu ci pensi oppure no – intervenne lui – dubito che riusciresti a lasciarmi a tre metri di distanza… - lei sollevò gli occhi al cielo

-          Devo aver commesso qualche peccato grave nella mia vita precedente per essere costretta a sopportare questa penitenza – si lamentò

-          Sicuramente eri una donna dissoluta – disse lui beccandosi l’ennesima occhiataccia – sennò non sarebbe possibile che tu sia così pudica e verginella

-          Un bambino di dieci anni non dovrebbe dire certe cose – aggiunse lei, per niente contenta della piega che stava prendendo a conversazione

Lui rimase zitto e lei ringraziò per questo regalo divino.

 

Nel reparto lingerie, le tendenze sue e della serpe si fecero sentire più di quanto era l’umana comprensione e si ritrovarono in due a tirare nelle direzioni opposte per addentrarsi nella regione reggicalze-mutandine-di-pizzo-e-biancheria-seducente e mutandine-di-cotone-comode-e-a-pois-azzurri.

-          Dove credi di trascinarmi – gridò quasi lei strattonando il braccialetto dalla sua parte

-          Ti odio con tutte le mie forze, ma non ti permetterò di conciarti come una suora di clausura, non finchè dovremo vivere insieme – protestò l’altro tirando dall’altra parte

-          Non sei il mio tutore, semmai il contrario! – rispose

-          Non mi stupisce che Weasel se la faccia con quella puttana della Brown se ti ostini a comportarti così

-          La mia vita privata è affare mio, non ho bisogno che un bimbetto appena uscito dall’uovo mi dica come mi devo comportarmi!

Dire quelle cose era strano.

Sapeva che lui aveva ragione perché lei si ostinava a nascondere se stessa e a continuare a dare un’immagine di se molto particolare, ma non era disposta a cambiare solo per Ron.

Era illusa, sognava l’amore che l’accettasse per quello che era.

E anche se ci stava male a vedere il rosso sempre accompagnato da Lavanda-cretina-Brown, non voleva che a lui piacesse una Hermione Granger diversa da quella che era in realtà.

Lei non era il tipo da biancheria di seta, gonnelline di jeans, pantacollant e pancia al vento.

Hermione Granger era solo se stessa e quella era una cosa di cui andava fiera, l’unica che non mettesse in discussione almeno una volta a settimana.

E se non fosse riuscita a trovare il vero amore, quello con la A maiuscola, benissimo, avrebbe fatto la zitella per tutta la vita.

Era per quello che lei e Ronald non erano mai usciti insieme ed era sempre per quello che il rosso l’aveva sempre vista più come un essere di intelligenza superiore piuttosto che come una ragazza, lui vedeva solo l’apparenza.

Se non era disposto ad andare oltre, allora non era fatto per lei.

Malfoy, poi, era l’apoteosi stessa e incarnata di questa cosa.

Per lui tutto era apparenza, solo ciò che sembra, mai ciò che è davvero.

Con quante ragazze era stato a letto?

E di quante ricordava ancora il nome?

Forse solo di Pansy

Per lui non importava chi fosse o perché lo facesse, come faceva?

E come poteva accettare che, allo stesso modo, quelle ragazze guardassero di lui solo l’aspetto esteriore, senza cercare di capire qualcosa?

C’era un motivo se era una “verginella”, come la chiamava lui, ma quello non era il momento di metterlo in dubbio.

Aveva imparato che essere se stessi è la cosa più importante quando di due mondi non si riesce a costruirne uno che ti accetti, quando sei “sbagliato” sia nell’uno che nell’altro, quando la gente di guarda con orrore chiamandoti “strega” e ti insulta sprezzante dicendoti “mezzosangue”.

Non c’era posto per lei.

Ma non sarebbe cambiata, non voleva.

Era una strega nata babbana.

E, a suo modo, con tutti i problemi che si faceva, ne andava fiera.

Per questo non avrebbe vacillato neppure su una posizione così ridicola come scegliere la biancheria.

-          Malfoy, per favore – disse solo, fermandosi dall’avanzare tirandolo di peso.

Lui si arrestò a sua volta, guardandola stupito mentre abbassava la testa, la sbirciò incuriosito, poi si lasciò condurre nell’unico posto, dove, secondo lui, una donna era in grado di perdere tutta la sua femminilità.

E per femminilità non intendeva verginità.

La guardò mentre sceglieva a caso.

Era successo qualcosa, mentre stavano litigando, se n’era accorto, era meno stupido di quello che le persone credevano.

La luce degli occhi che lei aveva, era mutata improvvisamente, poco prima che quelle tre parole fuoriuscissero dalle sue labbra.

Nonostante fosse una serpe, e quindi bastardo di natura, sapeva quando era il momento di passare.

Non sapeva cosa fosse quel bagliore furtivo che era saettato nelle iridi ambrate di lei, non sapeva perché il suo spirito fiero si fosse improvvisamente fiaccato, ma aveva visto il limite e aveva capito che non era il caso di oltrepassarlo.

Non era cosa che gli capitasse quotidianamente, bisognava dirla tutta, ma in quel momento non aveva voluto.

Era stata tutta una questione di volontà.

Aveva scelto.

Perché avesse deciso proprio per quella cosa, poi, era tutta da vedere.

Ma l’aveva fatto.

Perché lei era apparsa un po’ triste e vulnerabile mentre pronunciava le sillabe di quelle parole.

Non si tornava indietro. Se c’era una e una sola cosa che poteva dire di se stesso era che non rimuginava mai sull’accaduto, fedele al detto che è inutile piangere sul latte versato.

Ed era per lo stesso motivo che neppure una parola era più uscita dalla sua bocca, per lo stesso motivo che aveva passato il resto del tempo a guardarla, cercando di capire.

La gente lo giudicava superficiale, ma erano due le anime che convivevano in lui, da una parte, non gliene importava nulla di cosa o come fosse una persona. Dall’altra avrebbe voluto conoscerla.

La prima in genere aveva il sopravvento, dominava la maggior parte dei giorni, nella maggior parte delle situazioni e con la maggior parte delle persone, Blaise escluso, come sempre. La seconda, però, c’era e in quel preciso giorno aveva messo la parola fine alla dittatura.

C’era un’altra persona, oltre al suo migliore amico, che avrebbe voluto conoscere.

Perché volesse farlo era un mistero.

Perché proprio lei, anche.

Ma ormai quel pensiero, quell’obiettivo, era fisso nei suoi occhi grigi: avrebbe capito cosa si celava dietro quelle iridi dorate, avrebbe guardato oltre quel muro e capito.

C’era il segreto quotidiano di una persona, in quegli occhi ambrati che nei suoi ricordi erano pieni di lacrime.

Le lacrime di una mezzosangue. Le lacrime della prima volta che l’aveva chiamata così.

E c’erano altre lacrime.

C’erano altri sentimenti che transitavano rapidi tra le ciglia bagnate di pianto, in quella camera del Grifondoro li aveva visti e anche quando lei si era scusata. Perfino mentre lo guardava quando erano in carrozza.

Ma soprattutto in quell’istante quando aveva detto “Malfoy, per favore”; non c’era neppure bisogno di chiedersi che cosa chiedesse, come favore, lui lo sapeva già.

Non per farle un favore, ma per capire come mai fosse cambiata d’improvviso.

 

Starnutì, si soffiò il naso e la guardò.

Il sorriso tornato sulle labbra di lei da quando aveva annuito concedendole quella piccola vittoria, tremendamente dolci come non le aveva mai notate

-          Non ti sarai preso un raffreddore, spero – gli disse pagando alla cassa, lui la guardò storto

-          Sono semplicemente allergico a questo schifosissimo mondo babbano – bofonchiò nel suo consueto modo.

Ma qualcosa era cambiato.

 

*          *          *

 

Spazio autrice: altro capitolo di passaggio per introdurre un po’ quello che è il mondo dove, per un certo periodo, Draco ed Herm saranno costretti a vivere.

Immagini che vi stiate stancando di leggere capitoli del genere, ma non preoccupatevi! Dal prossimo confermo che succederà qualcosa, anche se non cosa ehehehe ^^

Spero tanto che l’aggiornamento vi piaccia, aspetto le vostre opinioni, ciao!

Nyssa

 

PS: mi rendo conto che come incipit della storia è piuttosto leggero, niente a che fare con la complessità che ho sviluppato nelle Relazioni, ma non preoccupatevi, la storia prenderà la sua piega più avanti, per il momento siamo solo alla fase introduttiva *smile*

 

PS2: so che non avrei dovuto, ma mi sono lasciata di nuovo coinvolgere dal vortice psicologico dei miei personaggi, qui mi è scappato con Herm, scusate…

 

Luana1985: è bello rivederti anche qui, sono molto felice di ritrovarti tra le mie lettrici! E sono anche contenta che la fic ti piaccia nonostante sia un po’ diversa dall’altra ^^

Spero che continuerai a seguirla e recensirla, aspetto il tuo parere, un bacio! Nyssa

 

frafave: sono felice che la battuta improvvisata di Herm ti abbia fatto ridere, come dicevo spesso quando scrivevo le Relazioni, l’ironia non è proprio uno dei miei cavalli di battaglia, quindi sono felice quando qualche scena fa divertire un po’! Effettivamente, per avere un carattere simile, non è poi così diverso dalla realtà…

Aspetto di sapere che cosa ne dici di questo nuovo post, sono molto curiosa, ciao e un bacio! Nyssa

 

herm83: ehehe, le avventure di Draco ed Herm versione Drake continuano e presto avranno degli sviluppi… il diavolo padre di Draco… beh, se non fosse che nelle mie fic Herm è più pudica di una bambina, si potrebbe quasi farci un pensierino…

No no, non chiedi troppo, anche se il suo bel faccino contribuirà a non farsi prendere troppe sgridate, come in questo cappy… bene, aspetto quindi di sapere che cosa mi dici dell’aggiornamento, ciao e un bacione! Nyssa

 

Shavanna: confesso che quando ho scritto quella scena avevo in mente una particolarissima persona che poteva interpretare la parte del punkettaro, ma poi ho tagliato suoi dettagli perché la mia cultura a proposito è piuttosto scarsa e quindi avrei rischiato di scrivere qualche stupidaggine, quindi sono rimasta sul vago. Però la Herm di questa fic, a differenza della precedente, è molto meno trattenuta e sa rimettere a posto le persone, molestatori compresi, quindi se l’è cavata anche senza aiuto.

Per i tre metri, invece, sono davvero pochissimi, ma se non fosse così…

Mi dispiace che poi tu non sia potuta andare… io non so davvero quando potrò… spero presto =^_^=

Aspetto di sapere che cosa ne pensi di questo quarto capitolo, ciao e un bacione! Nyssa

 

potterina_88_: ehehe, Mini Malfoy alla fine è sempre un Malfoy e non uno qualunque, ma Draco Malfoy, un nome un programma… Sono certa, assolutamente, che Draco c’è nato con quel ghigno, pensa poveretta sua madre…

Direi che Draco, nonostante detesti “i mezzosangue” non disprezzi troppo “la mezzosangue”, anche se il suo atteggiamento è più quello di un cane che protegge il territorio piuttosto che di un ragazzo interessato. Ma per il momento è ancora troppo presto per pensare a certe cose, bisogna che la storia proceda di un pochetto ancora.

Confermo, ci saranno altre coppie, una in particolare, anche se non ho ancora deciso cosa farne degli altri personaggi e quindi anche di Harry e di Ginny, non volevo dilungarmi molto su di loro, ma con lo svolgimento forse sarò costretta a riservargli un po’ di spazio… beh, si vedrà più avanti.

Aspetto di sapere cosa mi dici di questo quarto cappy, sono molto curiosa, ciao e un bacio! Nyssa

 

 

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Capitolo 5
*** Ecchi! ***


Quando Hermione passò la chiave magnetica nella fenditura sulla porta, questa si aprì, lei la spinse un poco appoggiandovisi con la spalla e rischiando di perdere l’equilibrio visto che una mano era carica di sacchetti di carta pieni di alimentari e l’al

Quando Hermione passò la chiave magnetica nella fenditura sulla porta, questa si aprì, lei la spinse un poco appoggiandovisi con la spalla e rischiando di perdere l’equilibrio visto che una mano era carica di sacchetti di carta pieni di alimentari e l’altra era impegnata con le borse del centro commerciale; Malfoy reggeva nei palmi, guardandolo sospettoso, un cartone di pizza fumante che emanava uno stravagante profumino di formaggio e questo gli sembrava già tanto, quindi era implicito che non si sarebbe scomodato per aprire la porta.

 

Affaticata, lei posò tutto sul tavolino e si sedette sulla poltrona guardandosi attorno, poi spostò gli occhi sul biondo che aveva sistemato la scatola sul ripiano della cucina e, apertala, scoccava occhiate storte a quella che presto sarebbe diventata la sua cena.

-          Sei rosso, Malfoy, stai bene? – gli chiese senza il coraggio di alzarsi in piedi

Lui non si degnò di darle risposta, ma limitò il movimento della testa ad un assenso

-          Vorrei farmi una doccia prima di cenare – gli fece notare mentre la serpe andava a contemplare i suoi nuovi abiti stile bambino.

-          Prima mettimi a posto i vestiti – ordinò

Sospirando malinconicamente, lei prese la bacchetta e tinse la maglia e la camicia di quel verde bosco che lui apprezzava così tanto e diede ai jeans una coloritura un po’ più scura.

-          E per carità, cancella questo schifo!

Lo schifo in questione era il pigiama che gli aveva comprato sulla strada del ritorno.

Dopo una delle loro solite litigate aveva appreso che il biondastro non possedeva la sana abitudine di dormire con un qualche indumento, il che l’aveva lasciata, oltre che imbarazzata, decisamente perplessa, così l’aveva trascinato recalcitrante in una merceria e aveva acquistato il primo pigiama che gli andava, non ci teneva di certo ad entrare in contatto con i suoi attributi virili nel mezzo di una sana dormita, soprattutto visto che avrebbero diviso il letto, anche perché la sana dormita, in quel caso, sarebbe durata decisamente meno, eppoi lo Slytherin avrebbe avuto una scusa in più per attaccare briga come faceva di solito.

E inoltre, ultimo ma non meno importante, era imbarazzata da morire.

Alla fine Draco aveva acconsentito a coricarsi con la biancheria, ma non per questo si era risparmiata i soldi dell’abbigliamento notte e così, adesso, il Principe degli Slytherin in persona, ridotto alla ridicola età di dieci anni, stava incendiando con lo sguardo il completino azzurro con le automobiline che reggeva tra le mani.

 

Decise di prendersi una piccola rivincita e, rimessa la bacchetta nella tasca, si chiuse in bagno sigillando la serratura.

 

Malfoy la guardò mentre il cipiglio aumentava a dismisura e la sentiva soffocare dei risolini, peccato che lui li sentisse comunque.

-          Ehi mezzosangue, guarda che questa me la paghi! – sbraitò battendo i pugni sul legno verniciato di bianco

-          Magari quando aprirò la porta, Malferret, adesso stattene tranquillo – gli rispose, quasi vinta dall’ilarità

-          Ti conviene rimanere chiusa lì dentro per sempre, allora, perché ti assicuro che non la passerai liscia! – aggiunse lui

-          Cos’è, una minaccia? – ok, forse stava tirando un po’ troppo la corda, se ne rendeva conto, ma era la prima volta che riusciva a ridere di lui così di gusto… beh, certo, adesso che era quasi indifeso, o meglio, che non poteva farle niente, sennò non si sarebbe mai azzardata

 

*          *          *

 

Dall’altra parte della porta provenne il rumore dello scoscio dell’acqua, Draco borbottò qualcosa di incomprensibile e si sedette sulla moquette con il libro in mano, appoggiando la testa alla porta.

Lesse una riga.

Poi un’altra. E si accorse di non aver capito una sola parola di ciò perché la sua mente era tutta presa da un’idea solitaria che vagava tra i suoi pensieri, cancellandoli tutti, uno dopo l’altro, prendendo il sopravvento: la mezzosangue, dall’altra, parte, doveva essere nuda.

 

Si ritrovò ad arrossire come se non avesse mai visto una ragazza senza vestiti.

Puah, il pudore era qualcosa che non rientrava tra le sue abitudini e neppure tra quelle delle ragazze che frequentava, beh, magari di qualcuna sì, però lo perdevano subito, non appena varcavano la stanza del Prefetto di Serpeverde.

E allora perché arrossire pensando alla mezzosangue svestita?

E soprattutto, perché pensare alla mezzosangue svestita?

Giusto, quello era un interrogativo decisamente interessante perché, anche se ormai erano due giorni che andava in bianco, non gli sembrava di essere ridotto così male da accontentarsi perfino di una sporca babbanofila come lei…

“Forse tanto sporca non lo è, visto che si sta lavando” suggerì una parte di lui, maliziosa come sempre, la scacciò con un gesto della mano, non era il momento di diventare un sofista.

No, decisamente no.

E se avesse sbirciato? Appena un pochino, che si va a pensare… giusto per vedere se stava bene…

Beh, bene dove stare per forza, a differenza di lui.

Magari controllare…

Ma dopotutto, perché si faceva tutti questi problemi?

Era o non era Draco Malfoy?

Beh, in quel momento aveva seri problemi a ricordarsi il suo nome, figuriamoci il resto! Tantomeno il protocollo di comportamento avallato da suo padre che, sicuramente, non prevedeva la voce “sbirciare le mezzosangue nude in un bagno babbano”: che avrebbe detto il caro e vecchio Lucius? Probabilmente si sarebbe fatto venire un infarto fulminante, tanto per non dover vedere in faccia la ragazza in questione… avrebbe preferito vedere suo figlio consacrato alla difesa degli elfi domestici piuttosto che pensare una cosa del genere…

Ok, aveva qualche piccolo problema, sapeva che la mezzosangue stava benissimo e non aveva certo bisogno delle sue cure per farsi una doccia. Però gli serviva una scusa qualsiasi.

La scena della ragazza, coperta solo da un asciugamano di dimensioni microscopiche che gli chiedeva di massaggiarle la schiena mentre si pettinava alla toeletta i capelli color del cioccolato, sfrecciò davanti ai suoi occhi.

Era dunque così disperato? Tanto da immaginarsela compiacente?

Accidenti se in due giorni era caduto in basso… e dire che Piton gli aveva pure riferito che sarebbe tornato ad avere le necessità di un ragazzino di dieci anni e, senza ombra di dubbio, a quell’età il sesso non era ancora uno dei suoi pensieri fondamentali.

Guardò il muro, guardò il libro e poi la porta dietro le sue spalle.

Appoggiò il testo per terra e si mise in ginocchio, entrambe le mani appoggiate sul legno, l’orecchia anche, tesa a captare ogni minimo suono che potesse compromettere la situazione.

Già, perché aveva deciso di farlo, alla fine, la sua curiosità aveva avuto il sopravvento, ma non era tanto sicuro che sarebbe stato in grado di sopportarne le conseguenze se lei l’avesse scoperto… e non si riferiva alla furia che poteva scatenare la ragazza, quantopiù alla sua vergogna nell’essere stato sorpreso a sbirciare dal buco di una serratura come qualsiasi bimbetto timido.

E lui non era timido.

Non lo era mai stato.

Non percependo altro che lo scorrere dell’acqua, fece salire il capo, finché l’occhio destro non combaciò perfettamente con il foro che immetteva nella stanza da bagno.

Al momento si poteva vedere, sulla sinistra, la cabina della doccia, vuota, il tappetino un poco stropicciato. Di fronte all’ingresso c’era il lavandino, ora ingombro degli oggetti suoi e della Grifondoro, lo specchio appannato dal calore che doveva esserci all’interno del bagno rispetto alla temperatura artica all’esterno.

Deglutendo a fatica, spostò lo sguardo sulla destra dove troneggiava una vasca da bagno in marmo e dove, al momento, stava anche la Caposcuola.

 

La testa di Hermione, con i riccioli raccolti sulla sommità del capo, spuntava assieme alle spalle dall’acqua della vasca. Sembrava tranquilla e rilassata, i tratti inconfondibilmente femminili di qualcuno che era cresciuto.

Eppure lui quei segni, quegli occhi che guardavano tutto, quelle piccole rughe di preoccupazione che si formavano sulla fronte, le aveva viste anche quando lei non era ancora stata vittima della pozione, le aveva viste anche il primo anno a Hogwarts. Hermione era sempre stata più grande della sua età, più di quanto avesse dovuto.

Era cresciuta in fretta, sia nel corpo che nell’anima.

 

La figuretta alzò un braccio per raccogliere un ricciolo ribelle che stava sfuggendo alla pinza; tolse il fermaglio e lo poggiò piano sulla pietra colorata mentre stringeva i capelli tra le mani, li attorcigliava e poi li riportava sulla nuca, riprendendo, con l’altra mano, la forcina per fissarli ancora.

Sembrava proprio una donna, adesso, non più la ragazza troppo cresciuta che pensava alle conseguenze, sembrava avere davvero la sua età.

Lei si stiracchiò appena e l’accenno della curva del seno comparve oltre il bordo.

Lui arrossì, ma continuò a tenere gli occhi incollati alla serratura.

 

Decidendo che era il momento di uscire, senza preoccuparsi di eventuali guardoni che stazionavano appena oltre la sua porta, si alzò in piedi, mostrando al povero Draco, che ormai credeva di essere in preda all’effetto di qualche fungo allucinogeno particolarmente potente, il fondoschiena e una porzione di pelle che andava dalla nuca al bacino.

Era vero, non era filiforme, aveva qualche chilo di troppo che la rendeva un po’ rotondetta sui fianchi, ma la cosa non gli dispiaceva. Con lo sguardo, la percorse dalle caviglie, sottili, salendo sui polpacci, non proprio scolpiti e non proprio affusolati, ma comunque graziosi. Decidendo che indulgere sulle rotondità dei fianchi era qualcosa di impossibile perfino per uno Slytherin temperato come lui, salì ancora fino a raggiungere le spalle sottili, forse un poco curve dalle troppe ore di studio china sui libri.

La ragazza si mosse svelta fino alla cabina della doccia dove stavano due attaccapanni e, su uno, era appeso un accappatoio bianco di spugna morbida, sull’altro un asciugamano.

Si infilò il primo, rabbrividendo del clima invernale nella sua mise decisamente succinta.

Un pensiero improvviso la colse e si voltò verso la porta.

Lui si affrettò a spostarsi, raccogliendo il libro e saltando letteralmente sul letto nel caso lei si fosse accorta che la stava guardando e avesse aperto la porta.

Fece finta di leggere, rosso in viso perché, poco prima che i suoi occhi grigi incontrassero quelli ambrati di lei, aveva visto qualcosa che, forse, sarebbe stato meglio non annoverare, ormai, tra i ricordi più sensuali della sua memoria: l’accappatoio drappeggiato senza malizia sul corpo seducente di lei che le copriva appena quanto bastava i seni.

Prese fiato per l’ennesima volta.

Di lei continuava a non esserci traccia, ergo, non si era accorta della presenza di una seconda persona al rito delle abluzioni.

Sentiva terribilmente caldo, in quel momento, mentre la sfilza di immagini della Granger ripassava per la centesima volta davanti agli occhi. Prese lo specchio che era appoggiato sull’altro comodino e si guardò, preoccupato da quelle reazioni che sembravano non appartenergli.

Era dunque questo quello di cui parlava Piton? Non ricordava, a dieci anni, di essere stato così colpito da una nudità femminile e la Granger non si poteva dire che fosse proprio una bella donna (per fortuna le sue capacità di giudizio erano rimaste illese), anzi, non rispecchiava nessuno dei canoni di bellezza eterea che in genere prediligeva.

La sua ragazza ideale, se queste due parole potessero essere usate insieme per dire qualcosa di lui, sarebbe stata Daphne Greengrass, ma era una delle uniche due anime fuori della sua portata. L’altra, neppure a dirlo, era la Granger stessa, ma per altri motivi.

 

L’immagine che il vetro levigato gli restituiva era quella che ormai era abituato a riconoscere come propria quando attraversava davanti ad una vetrina o vedeva il proprio profilo nei vetri delle carrozze babbane.

E in quel momento era rosso e accaldato.

Accipicchia, che la Caposcuola riuscisse ad avere un effetto così devastante sugli uomini?

O magari era che la sua natura bambina sentiva il bisogno di una madre che gli veniva ricordata attraverso la figura della sua compagna… anche se i propri pensieri a proposito del soggetto di quelle riflessioni erano lontani anni luce dall’amore filiale.

 

*          *          *

 

Hermione si strinse nell’accappatoio, rabbrividendo.

Faceva un freddo terribile in quella stanza e, nella fretta di sfuggire agli ordini della serpe, si era dimenticata di portare la stufetta che era in dispensa per scaldare un po’ l’ambiente gelido.

Tirò un asciugamano dal calorifero a muro e strofinò con quello i capelli umidi che, privati dell’acqua, ritornavano a boccoli nella loro forma originaria.

Che avrebbe dovuto fare con quei santi capelli? Sembrava un leone più che una ragazza… erano gonfi e tutti attorcigliati, insomma, il peggio del peggio visto che la moda degli ultimi anni prescriveva una chioma liscia e sottile.

Lanciò un’occhiata alla porta, le era parso di sentire dei rumori, ma forse si era sbagliata visto che, senza ombra di dubbio, nell’altra camera, il biondastro ne stava combinando una delle sue, oppure progettava la vendetta di cui l’aveva minacciata.

La prospettiva di tornare di là, in effetti, non era grandiosa, soprattutto perché sapere che lui avrebbe trovato senz’altro il modo di farsi ripagare di quella piccola presa di posizione, così come di avergli comprato il pigiama con le automobiline, non la aiutava a liberarsi di quel santo terrore delle conseguenze.

Forse si era spinta un po’ troppo in là… e Malferret non era mai tenero quando gli si faceva uno sgarro, bastava pensare a cosa aveva fatto al “povero” Dean Thomas quando lo aveva insultato per sbaglio mentre era ubriaco (e, si sapeva, Dean alzava un po’ troppo il gomito): oltre ad aver autorizzato una spedizione punitiva dei suoi compagni particolarmente istigati alla violenza, si era personalmente prodigato per far sì che il Grifondoro fosse responsabile dell’esplosione di una delle pozioni che Piton aveva assegnato e che aveva distrutto tre bancate, quattro libri di testo, svariati calderoni, provette e ingredienti e che, inoltre, aveva spedito il poveretto in infermeria con un braccio ingessato. Chiaramente Severus Piton era stato un professore esemplare, commissionando all’involontario artefice del danno una punizione vita natural durante, scuse pubbliche alla classe e un votaccio nella sua materia, oltre ad abbassare drasticamente la sua media di condotta, già non troppo brillante, e togliere innumerevoli punti alla sua Casa.

Quella volta lì bastava e avanzava per avere il sacrosanto terrore di aprire quella porta e affrontare faccia a faccia e ad animo sereno Malfoy che, di sicuro, stava tessendo la sua trama.

Si guardò attorno alla ricerca di un phon con cui asciugarsi i capelli e ne trovò uno da viaggio nascosto nell’ultimo cassetto del mobile.

Se c’era una cosa che detestava dei suoi capelli era che ci voleva una vita ad asciugarli e quello sembrava proprio uno dei momenti in cui ci metteva ancora di più.

Quando finalmente lo ripose, l’orologio da polso appoggiato nel vuotatasche la informava che era passata più di un’ora e mezza da quando aveva abbandonato il povero piccino nella giungla babbana.

Se ne sentì un poco responsabile, più per i pasticci che poteva aver combinato che per la sua incolumità; agitata per le condizioni dell’arredamento, uscì dal bagno per accertarsi di persona che non fosse scoppiata una guerra nucleare mentre era impegnata a fare altro e si affrettò ad indossare soltanto le mutandine.

 

*          *          *

 

La stanza era stranamente tranquilla nella luce soffusa del tramonto e del ragazzo sembrava non esserci traccia.

Stringendo l’accappatoio di spugna bianca intorno al collo, colpita dallo spiffero della finestra, si guardò attorno mentre si dirigeva a chiudere l’imposta.

Nessun danno permanente: la cucina non era andata a fuoco, la lavatrice non aveva allagato l’attico, le porte erano tutte integre, niente piccioni arrostiti sullo spiedo…

Voltò lo sguardo verso il letto e lo vide. Disteso supino, con un braccio piegato sulla testa, l’espressione sofferente, il viso rosso e accaldato, le coperte scomposte.

Preoccupata, si sedette sull’altra sponda e lo guardò titubante, sembrava proprio influenza…

-          Ehi Malfoy, stai bene? – gli chiese sentendosi molto stupida

Il grugnito che ottenne come risposta era sufficientemente eloquente per indicare che l’umore e le condizioni di salute dello Slytherin erano pessime.

Ci mancava solo quella…

-          Perché non mi hai chiamata?

Nessuna risposta.

-          Ti preparo una medicina, ti sei preso la temperatura? – domandò ancora, lui scosse la testa e lei si alzò, andando a recuperare il termometro dalla borsa che si era portata dietro per i casi di emergenza, anche se mai avrebbe pensato che sarebbe potuta servire, tantomeno per curare Malferret.

Quando tornò nel letto, lui non sembrava in condizioni migliori. Gli porse il termometro e gli spiegò dove metterlo, poi aspettò, guardandosi attorno a disagio e sentendosi davvero come una mamma… no, come una zia. Il ruolo della zia era quello che le riusciva meglio: le zie sono brave, ti stanno accanto, portano regali e fanno abitare in casa con loro, in genere sono zitelle e sempre a portata di mano. Quale di queste cose non c’era in lei? Beh, non aveva un fratello o una sorella il cui figlio fosse Draco Malfoy, ma se ciò fosse stato, o se qualcuno li avesse visti dall’esterno, probabilmente avrebbe pensato che erano davvero una zia e il suo nipotino.

 

Un po’ timorosa, gli posò la mano sulla fronte, mentre con l’altra tastava la sua, la temperatura sembrava piuttosto alta.

Prese il termometro e lesse: 38.7

Non ci voleva.

Lo guardò mentre, imbronciato, si ostinava a non volerla fissare negli occhi.

Gli porse un bicchiere di acqua e una pastiglia e gli disse di buttare giù. Lui lo fece, brontolando, poi si rimise a letto.

-          Sei un’incosciente – gli fece notare – se me l’avessi detto prima saresti stato meglio…

-          Pensa ai cazzi tuoi, Granger – rispose acido… bisognava dire che la malattia non migliorava certo le sue capacità di intrattenimento e socializzazione…

Con una magia gli mise il pigiama e ripiegò i vestiti, poi cenò da sola, sentendosi un po’ triste.

Mise da parte metà della pizza e tornò al letto a vedere come stava, non si era neppure ancora cambiata, ma le pareva di essere stranamente in ansia per le condizioni di lui.

Tastandogli la fronte la trovò ancora calda e gli diede un’altra medicina.

Fece per alzarsi di nuovo, quando la mano piccola e infantile di lui, strinse possessivamente quella che lei aveva abbandonato sul copriletto.

Aveva gli occhi chiusi e il fiato corto, stava male, che cosa stava facendo?

-          Brucia… tra le fiamme dell’Inferno. Brucia senza sosta, brucerà all’infinito, fino a consumarsi…

Lei lo fissò: delirava.

-          Che cosa? – gli domandò assecondandolo

-          Brucia il passato e brucia il futuro, solo la Bacchetta può spegnere quel fuoco… brucerà in eterno per aprire le porte degli Inferi e poter avere la capacità di essere di nuovo vivi.

-          Chi?

-          Voldemort

Quella semplice parola le fece scorrere un brivido lungo la spina dorsale, anche se non era certa che il freddo fosse estraneo a quella sensazione di gelo che la attanagliava.

Strinse la mano, non tanto per fargli forza, quanto per farne a se stessa, perché Malfoy sapeva badare a se stesso.

E lei, sarebbe stata in grado di fare altrettanto con se stessa e quella piccola peste che era diventato il regale Cercatore delle serpi?

Essere una maga assennata era stato facile con Harry, visto quanto era impulsivo, anche difendersi, non c’era bisogno di attaccare, ma adesso?

Lo guardò, indifeso e malato nel letto. Strinse di più e annuì.

-          Nessun temporale dura in eterno – rispose filosofica – di qualunque cosa tu stia parlando, Malfoy, prima o poi terminerà. Questo te lo assicuro.

E quelle parole diedero un po’ di fiducia anche a lei.

 

*          *          *

 

Il rumore persistente di qualcosa che picchiettava svegliò Draco dal suo agitato sonno.

Aprì gli occhi lentamente, come se ogni movimento gli costasse fatica, e tastò qualcosa di morbido con le dita.

Mosse il pollice, l’indice e via via tutte le dita per poi abbassare le iridi argentate su quel qualcosa di indistinto che stava toccando e che pregava non fosse ciò che temeva.

Dire che stava abbracciando una ragazza era un eufemismo perché la stava stringendo come se stessero facendo l’amore e, badate bene, non un semplice rapporto da “una botta e via”, ma far davvero all’amore, cosa che, ovviamente, lui non aveva mai fatto…

La cosa morbida in questione era l’accappatoio della suddetta ragazza e, la suddetta ragazza, l’unica che non avrebbe dovuto avere tra le braccia: Hermione Granger.

Ignara di ciò che stava facendo, ma soprattutto di ciò che gli stava facendo, lei se la dormiva beata, non senza un uguale trasporto, mentre i capelli arricciati erano sparpagliati in artistico disordine sul cuscino e sul petto di lui.

 

Quella vacanza gli stava facendo decisamente male, decise d’improvviso lui, senza il coraggio di lasciarla andare, in due giorni che era con lei aveva già acquisito una delle sue bruttissime abitudini: arrossire. Precisamente ciò che stava facendo in quell’istante.

Già perché, se anche era avvezzo a cambiare le ragazze come i calzini, con nessuna si era mai concesso un gesto tanto familiare quanto quello di lasciarla dormire con lui dopo l’amplesso.

Il perché era un interrogativo anche per lui, ma stava seriamente prendendo in considerazione l’idea di passare il restante tempo libero delle feste a rifletterci e, soprattutto, a pensare perché stesse così bene con la Regina dei Gryffindor tra le braccia visto e considerato che non la apprezzava molto quale donna, tantomeno come amante. Ovviamente intendeva il tempo “libero”, cioè quello che non sarebbe stato usurpato da seducenti e maliziose immagini di lei di cui, ormai, collezionava un vasto repertorio.

 

Un pensiero lo colse all’improvviso e non stava controllando se era vestito o no, era maledettamente certo di non aver abusato di lei nel sonno; beh, quasi certo.

Però lei indossava un accappatoio e, se avesse davvero compiuto qualche follia, certo lui non glielo avrebbe lasciato addosso…

Ma tornando al pensiero iniziale, non era l’abbigliamento, o, più precisamente la mancanza di esso che al momento lo preoccupava, bensì qualcosa di differente. Alzò il lenzuolo e guardò sotto: le sue gambe erano tornate alla loro dimensione normale e, riflettendoci, per poter abbracciare a quel modo una ragazza, anche il resto del suo corpo.

Fu tentato di protendersi verso lo specchio che aveva lasciato sul comodino, ma, allo stesso tempo, allontanarsi dai seni morbidi di lei che gli premevano sul petto era qualcosa di insopportabile.

Come mai sembrava così naturale e familiare stare abbracciati?

Probabilmente, rispose la sua parte più razionale, è per la forza d’abitudine di avere sempre qualche bella donna avvinghiata e, al momento, era decisamente in crisi d’astinenza.

No, ribattè un’altra parte di lui, perché non si poteva certo dire che si sprecasse in gesti d’affetto verso le fortunate prescelte, a volte neppure un bacio.

E dunque?

Mistero…

 

Il rumore continuava, imperterrito.

E urgeva liberarsi di quella situazione prima che fosse lui a commettere qualche pazzia, soprattutto vista la mano di lei che era abbandonata sul suo petto, al momento scoperto.

Cazzo, aveva promesso a Silente di proteggerla, non di violentarla!

Colto da un’improvvisa tenerezza, la coprì velocemente col piumone mentre si alzava. Rovistò tra la roba accatastata sulla sedia accanto al letto e ritrovò i pantaloni che lei gli aveva comprato. Sorrise e, prendendo la bacchetta, li fece diventare della sua misura, per poi metterseli alla svelta e andare ad occuparsi del suono molesto.

Decidendo che era prossimo a farsi venire un mal di testa se quel maledetto pennuto alla finestra non avesse smesso di picchiettare, dimenticò di infilarsi la camicia e si diresse rapido verso l’imposta, aprendola e facendo entrare una insignificante tortora grigia con un messaggio legato alla zampa.

Alzò un sopracciglio sconcertato nel riconoscere una lettera di Silente e si domandò come quel vecchio preside avesse avuto il coraggio di mandare un uccello così plebeo a fargli da ambasciatore… ma tant’è, il Grifondoro è sempre stato la culla di sporchi babbanofili e Albus Silente non faceva eccezione neppure dopo cent’anni di vita, il lupo perde il pelo ma non il vizio…

 

Percorse veloce la scrittura molto ottocentesca del rettore di Hogwarts.

Arrivato ad un certo punto, abbassò lo sguardo su se stesso, trovando la conferma di quanto esplicitato nel messaggio.

Arrivò alla fine, poi appoggiò il foglio sul tavolino e congedò la tortora con una manciata di mangime posata sul avanzale.

Bene, ora si poteva passare alla propria vendetta.

E forse era anche il momento di sbrigarsi.

Alla fine lei un po’ si era fatta perdonare curandolo come poteva, ma dimenticare l’umiliazione di un pigiama con le macchinine era qualcosa di impossibile.

 

Prese un bel respiro.

A rifletterci con calma, ciò che aveva in mente sembrava più una vendetta contro di lui…

Tornò al letto, lei mormorò qualcosa di inintelligibile mentre si riappropriava del calore che prima l’aveva abbandonata.

Incredibile, aveva il sonno più pesante di un macigno, non si accorgeva proprio di niente!

Beh, tanto meglio…

La guardò un’ultima volta e si chiese da quando provava quello strano senso di colpa, lo ignorò; se la rotolò su un fianco, le cinse le spalle con un braccio, le mise l’altro sull’addome, poi, spostando sensualmente la bocca verso l’orecchio di lei, lo sfiorò appena con le labbra

-          Mezzosangue, cosa staresti facendo? – le domandò

 

Hermione aprì gli occhi di scatto all’udire una voce così vicina mentre stava dormendo e non assomigliava per niente a quella del suo sogno.

La prima cosa che vide fu il profilò di un petto maschile esattamente a qualche centimetro dalla sua bocca.

Panico.

Si mise a sedere rapidamente sciogliendosi dal caldo abbraccio che la circondava e guardò perplessa la scena: Malfoy in versione adulta se ne stava beatamente tranquillo nel letto, le gambe allungate, le braccia che prima la stringevano mentre lei… che accidenti stava facendo prima?

Lui intanto ridacchiava.

Si guardò e vide che indossava ancora l’accappatoio, male, anzi, malissimo!

Stringendo la cintura di spugna con tutte le sue forze fino a bloccarsi la circolazione, si sentì leggermente più pronta ad affrontare la giornata che cominciava con le seguenti domande

1)      Che ci faceva a letto con Malferret e, più precisamente, in atteggiamenti intimi che non erano da lei?

2)      Che stava facendo Malfoy?

3)      Ma soprattutto, cosa aveva fatto a Malfoy?

L’ultima domanda era quella che la preoccupava di più, anche perché non aveva dubbi che lui avrebbe accolto nella sua alcova anche una come lei, però… lei che aveva fatto? La cosa la preoccupava non poco, quando era piccola era stata per un periodo sonnambula, non è che per caso soffriva ancora di quel genere di patologia?

-          Hai degli istinti perversi, piccola mezzosangue – gli disse lui scherzoso e, in effetti, per riuscire a vincere la propria repulsione fino a ritrovarsi nella posizione in cui l’aveva scoperta appena sveglio, doveva davvero averne…

-          I-i-i-io non ho fatto niente! – balbettò lei, mentre la colorazione passava dal fucsia al rosso carminio, lui sorrise, come se la cosa non gli dispiacesse più di tanto

-          Sul serio? – la canzonò. Rispondere sì era menzogna perché non conosceva davvero le sue azioni o, più precisamente, le conseguenze di queste

Deglutì a fatica mentre il viso di lui si avvicinava, lentamente

-          Allora immagino che tu non ricordi questo…

La mano destra percorse con estrema lentezza il braccio di lei, fino a soffermarsi sulla chiusura dell’accappatoio; il cuore di lei perse un colpo quando l’avanzamento sembrò non essere arrestato dal tessuto chiuso.

Le dita di lui s’insinuarono tra le pieghe, accarezzando la pelle.

Decisamente, quella vendetta non gli dispiaceva più di tanto e, forse, neppure a lei.

Mentre la mano scendeva, lui la baciò.

E quella fu una cosa che non capì di è.

Perché non era tipo da baciare le ragazze così, su due piedi, perché lui di ragazze ne baciava poche perché era un gesto che indicava una certa vicinanza, in senso psicologico, chiaro, quindi, perché aveva baciato la mezzosangue?

Chiederlo a se stesso era un problema, soprattutto visto che il suo cervello era impegnato a ricevere le informazioni della sua mano e della sua bocca.

Quella della mezzosangue, invece, sembrava titubante e inesperta, chissà se… no, impossibile! A diciotto anni non poteva non aver ancora dato il suo primo bacio… poi un pensiero lo colse, mentre rifletteva: non aveva approfondito il bacio: si era limitato a sfiorare appena le labbra, ancora chiuse di lei, assaporarle, ma non aveva desiderato andare oltre.

Che gli stava prendendo?

Sentì un sapore strano, qualcosa di salato.

Aprì gli occhi.

E lei stava piangendo.

 

Interdetto, si scostò da lei, le lacrime che le rigavano il viso, le mani che nascondevano gli occhi

-          Era questa la tua vendetta, vero? – gli domandò cinica, lui alzò un sopracciglio, stupito da quella reazione

-          Beh, ci sei riuscito – aggiunse asciugandosi una lacrima, lui continuò a guardarla – e pensare che credevo che i mezzosangue ti facesse scifo perfino toccarli…

-          Hai parecchi pregiudizi – le disse anche se, a ben pensarci, non ricordava di essere mai stato a letto con un’altra mudblood

-          Pregiudizi? – gli chiese sarcastica – beh, chiamali come ti pare, nega se vuoi, non m’importa

Non sembrava arrabbiata, neppure inconsolabile, ma solo ferita.

Ferità perché?

-          Era il tuo primo bacio, vero? – le domandò d’istinto, lei alzò le iridi ambrate su di lui, fissandosi in quelle grigie che la scrutavano conoscendo già la risposta e d’improvviso, l’argento s’incupì

-          Era così evidente? – s’informò con un sorriso sconsolato, lui non rispose subito

-          Era difficile non accorgersene – disse infine, lei annuì

-          Che bella cosa – parlò con voce disillusa, distante – il mio primo bacio a Draco Malfoy…

Lui la guardò, ma non disse una delle solite cose come “dovresti esserne orgogliosa” oppure “sono irresistibile perfino per te”, per una volta ebbe il buon gusto di rimanere zitto.

In verità, quando aveva pensato a tutta quella piccola messinscena, non aveva deciso di andare così in là, ma poi c’era stato un momento dove non era riuscito a tirarsi indietro e, probabilmente, se non l’avesse vista piangere, non si sarebbe fermato.

Questo era preoccupante.

La fissò mentre si alzava dal letto, lo sguardo triste e gli occhi rossi, senza una parola s’infilò le ciabatte e si diresse verso il bagno.

 

*          *          *

 

Il suo primo bacio a Draco Malfoy… adesso sì che lui avrebbe potuto prenderla in giro fino allo sfinimento, fino a distruggerla, non poteva pensare a niente di più imbarazzante e si stupiva che non avesse già cominciato a dirle qualcosa di offensivo, ma se ne fosse rimasto sul letto a fissarla mentre piangeva, con una gamba piegata sotto di sé e lo sguardo perso, lontano.

E dire che il giorno prima le aveva urlato che, con una come lei non avrebbe voluto fare niente… ma probabilmente per lui non contava la persona, una valeva l’altra.

Chissà se era pentito… non, non credeva, se c’era una cosa che quel maledetto Serpeverde non aveva mai mostrato, quella era la pietà, tantomeno il compatimento. E quindi non ne avrebbe provato per lei, né si sarebbe sentito in colpa per quanto fatto.

Se avesse dovuto giustificarlo, avrebbe detto che, probabilmente, alla sua età il primo bacio bisognava averlo dato già da un pezzo… ma quello non era il momento di mettersi a difenderlo, doveva smetterla di cercare di capire tutti, Malferret, poi, era un vero enigma e non era il momento di mettersi a risolverlo, non doveva difenderlo!

Non sarebbe mai stato il momento perché appartenevano a mondi diversi.

Eppure, quella sera precedente, mentre lui delirava gridando di fuoco e fiamme che avrebbero bruciato in eterno, si era sentita molto vicina a lui, quasi che, se le avesse spiegato, avrebbe potuto capire.

Ridicolo…

L’erede della casata Malfoy detestava ogni babbano sulla faccia della terra, non ci sarebbe mai stata l’occasione di stringere amicizia, di scambiarsi idee e opinioni, di volersi bene e aiutarsi.

Mai.

Perché il ricordo bruciante di quel giorno al campo da quidditch, al secondo anno, era ancora vivo dentro di lei e la aiutava quando rimaneva senza parole di fronte ad una sua provocazione, era quell’immagine delle labbra sottili che pronunciavano per la prima volta la parola “mezzosangue” che le dava la forza di continuare a contrapporsi a lui, perché era stato il primo che le aveva detto chiaramente che nel mondo magico per lei non c’era posto.

E non c’era posto neppure nel mondo dei babbani.

Senza casa, senza radici, senza mondo.

Eppoi lui aveva le sue idee razziste, i suoi pregiudizi, i suoi modi e la sua famiglia.

Chi sarebbe stato così stupido da credere che potesse esserci un briciolo di amicizia tra loro?

Lei lo era stata, la sera prima, ma non avrebbe commesso di nuovo quell’errore.

 

Un’ultima lacrima furtiva le rigò la guancia, si fermò e la scacciò con la spugna bianca, poi, decisa, posò la mano sulla maniglia del bagno per andare finalmente a cambiarsi.

 

Neppure il tempo di abbassarla che un grido lacerante la fece voltare di scatto, vedendo la figura bionda dello Slytherin avvolta tra le fiamme e riversa sul letto che si teneva la testa.

Le iridi le si dilatarono improvvisamente per lo spavento, mentre, afferrando la bacchetta, cercava di ricordare un incantesimo per spegnere quell’incendio magico che, con altrettanta stranezza, non stava consumando copriletto e lenzuola, ma solo la figura umana

-          Aqua! – gridò mentre una cascatella si formava proprio sopra la testa del suo compagno, colpendo le fiamme che lo circondavano. Ma l’incendio non si spense.

Si voltò preoccupata alla ricerca di un’idea, che doveva fare? Che stava succedendo? Da dove venivano quelle lingue di fuoco tinte di rosso e di nero? E intanto lui gridava e questo la distraeva ancora di più. Insonorizzò la stanza e di lanciò sull’antico tomo di magie che aveva lasciato aperto sul tavolo.

Una tortora grigia le si avvicinò beccandole piano la mano, la scacciò, troppo concentrata per potersene occupare, troppo intenta alla ricerca di una formula efficace.

Beccandole insistentemente la mano, l’uccello le fece uscire del sangue, mentre, svelto, infilava il becco fino a voltare altre pagine. Lei lo guardò stupita e riconobbe sul tavolo una lettera di Silente.

Decise di fidarsi del volatile e cominciò a leggere ciò che recitava la formula. Per finire, agitò la bacchetta come le era indicato e una bolla nera come pece si formò intorno al Principe delle serpi, inghiottendolo.

Non lo vide più, mentre l’incantesimo pulsava a mezz’aria, contenendo sua il corpo straziato del ragazzo, sia la magia del fuoco che lo perseguitava. Lo sentì urlare di dolore, ma rimase paralizzata mentre alcune saette si muovevano rapide intorno alla sfera.

Alla fine, il nero si dissolse, lasciando cadere sul letto il corpo di un bambino. Di nuovo un bambino di dieci anni.

 

Abbandonando bacchetta e libro, corse verso di lui che non dava segni di vita.

Disteso sulle coperte, sembrava una bambola senz’anima, il corpo senza forza. Gli ascoltò il cuore e lo sentì battere, sospirò sollevata e gli scostò i capelli biondi dalla fronte, madida di sudore.

D’istinto e senza pensarci, lo abbracciò, poi si alzò in piedi, andò in bagno a cambiarsi svelta e tornò da lui che ancora riposava di un sono agitato.

Si sedette sulla sponda del letto e rimase lì, aspettando.

E sperando.

Adesso lui doveva davvero farle capire.

 

*          *          *

 

Spazio autrice: ok, devo fare qualche precisazione.

Innanzi tutto cominciamo col titolo, probabilmente ricorderete che ho lasciato, nel 4° aggiornamento, Draco che starnutiva, ebbene, questo vuole essere un po’ un collegamento. Il vero motivo per cui, però, ho messo questo titolo, è il significato che la parola “Ecchi” ha in giapponese. Suddetta parola viene genericamente utilizzata per definire le cose un po’ provocanti e deriva dalla pronuncia storpiata della lettera H, in inglese si pronuncerebbe eich con il ch dolce come la nostra “c” di “cioccolato” e H è proprio la prima lettera della parola “hentai” che, invece, a differenza di “ecchi” riguarda significati decisamente meno adatti e di cui non mi sognerei mai di parlare. Ecco, dopo che ho fatto questa lezioncina ina ina e stupidissima, aspetto di sapere che cosa ne pensate di questo capitolo un po’ stravagante, spero che vi sia piaciuto e mi auguro che vorrete lasciarmi una recensione, anche se minima… ^^

Ciao e al prossimo aggiornamento, un bacione grandissimo,

Nyssa

 

herm83: già, poveretta, vittima di un tipo come Malferret non deve essere così bello, anzi, credo proprio che sia traumatico (la mia Herm presto avrà bisogno non di uno psicologo, ma di uno psichiatra!). Sono contenta che ti piacciano i capitoli introduttivi che, in genere, sono i più leggeri; quando inizio una nuova fic, in genere, non li progetto, ma lascio che vengano come vogliono, mentre la parte più complessa è già stampata indelebilmente tra quei tre neuroni che mi ritrovo ihihihi, quindi sappi che è bello sapere che la mia opera di virtuosismo ti faccia ridere ^^

Ecco qui l’aggiornamento, anche se un poco in ritardo, spero che ti piaccia ugualmente e mi auguro che vedere presto un’altra tua recensione! Ciao e un bacione, Nyssa

 

potterina_88_: mi piace sempre descrivere qualcuno che va per negozi, sarà che anche io sono una amante dello shopping… (>_> non l’avrebbe detto nessuno…)

E sono contenta che anche una analisi della psicologia dei personaggi non sia stata troppo fuori posto, ogni tanto mi scappa senza volere e poi mi ritrovo come se stessi facendo una seduta a qualche povero Harry Potter o Ronald Weasley o chi altri, insomma, esagero, però poi non ho il coraggio di cancellare e allora lascio sempre… ed esce un bel pasticcio confusionario di ciò che stanno pensando al momento Draco, Herm e gli altri.

Molto presto Draco ed Herm cominceranno a conoscersi un pochettino di più, anche se arrivare a quei momenti è terribilmente lungo perfino per me, tuttavia, spero di riuscire a far rimanere la fic entro i 20 cappy… per una volta mi devo trattenere, sennò il seguito delle Relazioni lo posto quando sono vecchia…

Ok, spero che anche il 5° capitolo ti sia piaciuto, aspetto di sapere la tua opinione! Ciao e un baci grande, Nyssa

 

luana1985: magia! Come hai fatto? Forse quando ho mal di testa devo mettermi a leggere anche io la mia fic, magari passa se non muoio prima per tutti gli strafalcioni che ho scritto… far passare il mal di testa a me è qualcosa di proporzioni bibliche…

Ehehe, Blaise, anche se al momento è un personaggio piuttosto assente, tornerà alla ribalta e prenderà il suo posto.

Spero che ti piaccia anche il nuovo aggiornamento, ciao e un bacione!

Nyssa

 

Shavanna: l’idea dei libri babbani è nata del fatto che per prendere confidenza con un mondo diverso di comincia da qualcosa di piccolo e che ci incuriosisce, o almeno, per me è così, quindi, visto che Draco alla fine stupido non è, perché non incominciare con un bel romanzo? Mi sono detta durante uno dei miei deliri matematici (matematici nel senso che li faccio mentre studio o ascolto matematica, mica per altro >_>).

Per quanto riguarda Ron, in questa fic non avrà grandi ruoli o spessore, sarà piuttosto apatico, sul fatto che sia un idiota sono d’accordo, anche se io preferisco etichettarlo come “fesso” perché mi fa ricordare il “pesce lesso” al quale un po’ somiglia…

Ehehe, Malfoy comincerà a conoscere poco a poco il nostro nuovo mondo e poi… poi vedrò cosa far succedere, è ancora tutto da allestire per il prosieguo.

Bene, spero che ti sia piaciuto anche questo anomalo capitolo in accappatoio, ciao e a presto! Un bacio, Nyssa

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Capitolo 6
*** Booknovel ***


Cari ragazzi,

Cari ragazzi,

ho appena terminato di conferire con il professor Piton circa la pozione che vi avrebbe colpiti durante l’attraversamento del corridoio e pare che ci siano nuovi sviluppi.

Severus ed io stiamo cercando una soluzione, la professoressa McGranitt, intanto, si sta occupando delle indagini sul presunto colpevole, anche se non siamo ancora giunti a nessuna conclusione.

Abbiamo novità, invece sulla pozione.

Stando all’analisi che il nostro stimato professore ha condotto sui campioni prelevati, pare che il dosaggio fosse molto impreciso rispetto a quanto dovrebbe effettivamente essere e, tuttavia, presenta degli ingredienti non rintracciabili nella preparazione di pozioni analoghe. La presenza di componenti quali la piuma di civetta grigia della Norvegia e l’unghia di torpodillo rendono l’effetto del composto altamente instabile.

È quindi possibile che l’effetto che ha su di voi sia altalenante e vi scombini le età con una certa frequenza.

Prestate molta attenzione a quando siete in giro e ai cambiamenti che possono capitarvi in presenza di altri.

Nel caso di ulteriori sviluppi vi terrò informati.

            Albus Silente

 

Hermione posò il foglio sul tavolino e lanciò un’occhiata al bambino che stava seduto in letto: 5 anni…

Sorrise mentre il bimbetto la fissava imbronciato

-          Potresti anche smetterla di ridere come una deficiente

Bofonchiò lo Slytherin, gli occhi per niente amichevoli.

-          Eddai, smettila Malfoy, te la prendi troppo

-          Vorrei vedere – ribattè piccato – non ti costringono certo ad essere una mocciosa di 5 miserevoli anni!

-          Ma qui con te c’è la zia… - gli disse sorridendogli, sapendo che, anche volendo, lui in quel momento non avrebbe potuto farle molto, salvo poi pagare dopo…

Da quando avevano avuto quel piccolo diverbio e poi lei l’aveva salvato da quelle fiamme stravaganti, due giorni prima, il loro rapporto si era disteso un pochino, aveva messo da parte la ferita causatale dal bacio improvviso che lui le aveva dato e tutto era tornato come prima, più o meno.

Peccato che quella mattina se lo fosse ritrovato come un bimbo decisamente più piccolo.

 

Aveva preso proprio un bello spavento vedendolo bruciare e dilaniarsi in quel modo, meno male che la tortora di Silente li aveva aiutati… lui aveva dormito per un giorno e mezzo e quando si era svegliato, lei era seduta a leggere accanto a lui nel letto.

L’aveva guardata sospettoso, di nuovo nelle sembianze di un bambino, domandandosi cosa avrebbe fatto adesso, ma, soprattutto, curioso di sapere se il suo primo pensiero sarebbe stato per il bacio che si erano scambiati, e tutto il resto, oppure se sarebbe stato per ciò che era accaduto.

-          Credo che tu debba dirmi qualcosa – aveva pronunciato le parole una per volta, chiudendo le pagine del volume e fissandolo intensamente negli occhi

Si era sentito sollevato che lei non sollevasse più quella scena penosa che c’era stata tra loro, ma neppure che si facesse invadente; sfortunatamente un “non puoi proprio pensare agli affari tuoi?” non era bastato a distoglierla dall’interesse che le si era scatenato per quella magia mai vista che lo aveva perseguitata.

Su quella cosa era stato irremovibile e, nonostante lei insistesse ad ogni occasione, non avrebbe ceduto.

Aveva promesso a Silente di proteggerla, se le avesse detto qualcosa sarebbe stata involontariamente coinvolta e la cosa non sarebbe stata giusta perché quello era un problema che riguardava solo lui, o meglio, lui e gli “altri”.

 

-          Evidentemente Piton ha ragione quando dice che la nostra età può variare… - notò alzando un sopracciglio e guardando il bambino nel letto che tentava di leggere il libro della Reichs

-          Quanti anni hai adesso? – le domandò lui distogliendo appena lo sguardo

-          Pressappoco ventisei o ventisette – fece notare lei

-          Solita fortuna – borbottò lui

-          Su, non essere così acido – aveva scoperto che prendersi un po’ gioco di lui era tremendamente divertente quando era in quelle condizioni. Chiaro, le sarebbe capitato qualcosa di terribile non appena avesse potuto impugnare una bacchetta o la sua testa fosse stata sufficientemente lucida per formare un piano degno del peggior cattivo di 007.

A dire la verità, ed era una cosa che non avrebbe ammesso neppure sotto tortura, non le era dispiaciuto il suo bacio.

Quindi, se un’altra vendetta fosse stata allo stesso modo…

Ok, era stato il primo che dava, no, meglio, che riceveva, e si era sentita tremendamente male… come se avesse tradito un sogno mentre le labbra di lui sfioravano appena le sue. Aveva pianto.

Ma dopo quel primo istante, tutto era cambiato e la cosa non le era sembrata più così terribile.

Adesso, a ripensarci, non ci vedeva più tutto quel male, forse proprio perché, nonostante tutto, le era piaciuto.

Non stava tradendo nessuno.

Certo, probabilmente Harry e Ron avrebbero alzato un polverone pazzesco, ma forse valeva la spesa per quanto aveva permesso alla serpe di farle.

Ron avrebbe sbraitato come un ossesso, ma era l’ultimo della lista che si sarebbe dovuto permettere di dire anche solo un monosillabo, soprattutto dopo che per sei anni non si era neppure accorto che lei esisteva quale essere femminile e non solo come arredo della suite dei grifoni.

 

Malfoy, invece, era più silenzioso di quanto avrebbe voluto, soprattutto quando desiderava sapere mooooolte cose che lui si ostinava a non dirle.

Non era riuscita a scucirgli una sola parola a proposito di quelle fiamme, ogni volta lui si rintanava in un silenzio terribile che la teneva alla larga, un muro di indifferenza, diffidenza e lontananza che non era stata in grado di superare.

 

-          Coraggio, Mini-Malfoy, la zia ti dà una mano… - e gli sorrise mentre lo guardava con quel broncio che, di pauroso, non aveva più niente, sembrava solo buffo

-          Le mie zie sono tutte e due stupide. Però avere una zietta come te… potrei quasi prendere in considerazione l’idea. La mamma però non approverebbe.

-          Perché sono mezzosangue? – chiese, divertendosi in quella conversazione

-          No, perché la faresti sentire vecchia

-          E se facessi la vecchia zia zitella?

Lui alzò un sopracciglio e la studiò un attimo. Nella sua forma adulta, effettivamente, un po’ assomigliava alla consueta zia dei sogni di tutti i bambini. Peccato che lui avesse dei ricordi decisamente meno consoni ad una parente così stretta.

-          Se hai intenzione di usare il metodo di stamattina, ti consiglio di provarlo su un vecchio settantenne… sarebbe decisamente più efficace per le tue finanze

Lei arrossì e storse il naso.

Sapeva a cosa si riferiva.

Quando si dice che le abitudini sono difficili da levare, ebbene, non c’è cosa più vera!

Già, perché, per quanto riuscisse a ricordare, da quando erano insieme a Londra, non c’era stato giorno che non si fossero ritrovati al mattino più o meno abbracciati.

Quella mattina, per esempio, lo stava quasi mandando in iperventilazione e non perché lo stesse soffocando con un abbraccio, come le aveva detto (mentendo), bensì perché quell’osceno pigiama che si ostinava a mettere non era sufficientemente spesso per nascondere le forme femminili al di sotto.

 

-          Sei di animo scorbutico? – indagò non riuscendo a perdere il buonumore con cui si era svegliata

-          Cos’è, hai voglia di scherzare? – rispose

-          Volevo andare alla biblioteca a prendere in prestito qualche libro, ma se sei così lunatico ci caccerebbero in meno di dieci minuti

-          Perché devi andare in quel covo di babbani? – le chiese

-          Ti sei preso metà dei miei libri – e indicò il nome della Reichs che spuntava su ciascuna delle copertine – e non ho più nulla da leggere, ho bisogno di comprarmi qualcosa o di prenderlo in prestito

-          Guarda che la gente va in crisi d’astinenza dal fumo o dal sesso, non dalla lettura – le fece notare con un’occhiata

-          E immagino che nessuna di queste cose ti sia mai successa…

-          Finchè non mi è toccato venire a Londra con te, mezzosangue

-          Non esagerare con la galanteria, per carità! – celiò sbuffando per i suoi soliti modi un po’ maleducati

-          Intanto è quasi una settimana che vado in bianco

-          C’è gente che non si fa tutti questi problemi

-          E c’è gente che ci va da una vita, come la Donnola…

-          Perché devi sempre parlare male dei miei amici?

-          Immagino che fosse troppo stupido perfino per te!

-          Mi spieghi che cosa c’entra? – protestò arrossendo, per niente felice di dovergli parlare del fatto che Ron non si fosse mai accorto dei suoi sentimenti

-          Andiamo… tu ti fai sempre gli affari miei, perché io non posso farmi un po’ i tuoi?

-          Perché te li fai già troppo

-          Allora dimmi com’è andata

-          Ma non ti riesce proprio di stare zitto?

-          No – era una bugia, ma per il momento ci stava

-          Beh, sappi che non siamo tutti come te – rispose stringata

-          Draco Malfoy è uno e inimitabile – puntualizzò lui

-          Per fortuna, ci manca solo una frotta di bimbetti saccenti che parlano come una rubrica d’amore

-          Mi stai paragonando alla Brown? – volle sapere, decidendo se prenderla per un’offesa

-          No, ma sei seccante – il ghigno made-in-malfoy si dipinse sulle labbra del bambino

-          Andiamo, zietta, le ziette mi raccontano sempre dei loro mariti e amanti – disse smielato, imitando davvero il tono di un bambinetto innocente quale NON era.

-          Ma non avevi detto che non andavo bene a fare la zia?

-          Ho detto che non saresti andata a mia madre. A me sta più che bene – aggiunse con un sorrisetto malizioso che la fece arrossire di nuovo.

-          Vabbè, comunque io e Ron non siamo usciti insieme

-          Troppo stupido? – ripetè lui

-          Chissà…

-          Se ti chiedesse di uscire adesso, che faresti?

-          Basta! Così sembri davvero Lavanda o Calì!

-          No, la Patil no! Te lo proibisco!

-          Cos’è, s’è permessa di parlarti male o di darti buca?

-          Ehi, mezzosangue, nessuna ragazza mi ha mai dato buca, chiariamo il concetto…

-          Detto da un bimbo di cinque anni ha del ridicolo. Preparati che usciamo.

-          Vuoi davvero trascinarmi in una biblioteca?

-          Non ti prenderai certo il colera – gli rispose mentre si sistemava la sciarpa

Sbuffando e lamentandosi come suo solito, il biondo si adattò una sciarpa e uscì dalla porta per mano.

Per fortuna nel portone l’uomo della reception era assente e così non vide passare un bambino decisamente più piccolo di quel che ricordava.

 

*          *          *

La Biblioteca Queen Victoria sorgeva ad una delle estremità di Hyde Park ed era la meta preferita delle persone che intendevano fare delle ricerche serie.

La sua struttura vittoriana tradiva le sue tradizioni, decisamente più antiche e il maestoso ingresso era l’anticamera di una delle zone di studio più rinomate della City.

L’interno era un tripudio di legno di mogano e noce antico dal caratteristico colore piuttosto scuro che accompagnava il visitatore dalla hall fino alla sala lettura, l’arredamento era costituito da mobili barocchi che sorreggevano perfettamente l’impegnativa mole di libri nonostante la loro veneranda età. Gli stucchi sul soffitto erano stati restaurati con maestria non molti anni prima e, se non fosse stato per le vetrate limpide a pannelli disuguali che avevano sostituito quelle policrome progettate in origine, l’ambiente sarebbe stato identico all’immagine tardo settecentesca che le stanze dovevano avere ai tempi in cui la villa era abitata da Lord e Lady Stantmore.

Il banco del prestito era presidiato da tre donnine che, a prima vista, erano lo stereotipo delle bibliotecarie, con gli occhialini sottili appena appoggiati sul naso e fermati intorno al collo da una catenella d’argento, indossavano camicie e gonne piuttosto lunghe sotto il ginocchio e al polso sinistro un orologio d’oro. Il fisico magro le rendeva assomiglianti in modo quasi incredibile a Madama Pince, la bibliotecaria della scuola.

Draco si guardò stralunato intorno, sentendosi in un posto decisamente più familiare dell’attico di Raymond e decisamente più simile alla Hogwarts a cui era abituato.

La biblioteca forniva una delle più grandi collezioni di libri di tutta l’Inghilterra, ordinatamente disposti per nome creando un piacevole effetto di colori. Alcune persone, arrampicate su delle scale a pioli, consultavano dei tomi appollaiate lassù in cima, altre, invece, sulla balaustra superiore dove erano contenuti i volumi della specializzazione giudiziaria, formavano piccole pile che poi si portavano dietro per chiedere in prestito.

-          Assomiglia vagamente a Hogwarts – disse piano il biondo mentre lei lo teneva per mano e lo conduceva lungo diversi corridoi

-          I babbani non lo sanno – gli fece notare lei con un sorriso – ma in questa sezione sono conservati anche dei libri magici

-          I babbani sono stupidi come al solito – sottolineò lui

-          E i maghi pure, che non si sono mai accorti che alcune delle loro cose sono fine qui

-          È compito del Ministero occuparsi di questi problemi – disse mentre salivano un imponente scalinata a gradini bassi che una volta doveva portare alla sala da ballo del piano nobile. Gli scalini bassi, riflettè lui, erano una buona invenzione perché facevano faticare meno e, infatti, salire fin lassù non aveva niente a che vedere con l’arrampicarsi su per la scala a chiocciola che conduceva alla Torre di Astronomia, oppure dall’ingresso dal lago alla Sala Grande.

Una delle donne del banco prestiti, che stava riportando al loro posto alcuni libri, li guardò significativamente, facendo notare che stavano alzando decisamente il tono per essere all’interno di un luogo dove il silenzio era la regola aurea.

Sbuffando imbarazzata, lei strinse di più la mano destra con cui stava conducendo il bambino affianco a lei e lo portò fino al termine del corridoio dove si apriva una vasta sala di consultazione con la targa “Romanzi”; in fondo a questa, quasi addossato contro il muro, uno scaffale altissimo colmo di opere narrative stazionava nella sua imponente e altera mole ed era la sua meta preferita.

Draco guardò curioso oltre, vedendo le pareti rivestite da una tappezzeria che tra i maghi era ancora di moda, rifinita fino ad una certa altezza con pannelli di legno, ma che, tra i babbani, era probabilmente stata soppiantata. Il pavimento, un po’ inclinato per le molte avventure che doveva aver vissuto, era formato da quadrati bianchi e neri di marmo ed era uno dei vanti di quel luogo. Qua e là tra le piastrelle erano fissate delle targhe di ottone o bronzo, forate al centro, che indicavano dove erano rimaste inesplose le munizioni e le bombe cadute lì sopra durante la Seconda Guerra Mondiale.

-          Quanto vuoi rimanere? – le chiese circospetto, temendo di dover passare in quel posto tutta la giornata

-          Quanto ne ho voglia – rispose evasiva mentre i suoi occhi erano stati catturati da una copertina che non aveva ancora letto

Lui borbottò piano qualcosa per non attirarsi le ire della bibliotecaria e della Granger e si sedette sul pavimento, esattamente come un qualsiasi bambino annoiato.

Vide un libro dalla rilegatura interessante e lo prese in mano, sorrise nel riconoscere alcuni simboli magici: doveva trattarsi di uno dei volumi di cui lei gli aveva parlato. La tirò appena per la gonna, il punto più alto dove, al momento, riusciva ad arrivare; gli occhi ambrati di lei si discostarono dalla sua lettura e abbassarono su quelli argentati di lui che erano sollevati. L’indice della mano destra, quello con cui, in genere teneva la bacchetta, era puntato su una pagina a caso del libro che teneva in mano e stava indicando dei simboli strani

-          Aritmanzia – disse automaticamente lei riconoscendo i segni che il professor Vector tracciava spesso sulla lavagna mentre spiegava come predire il futuro attraverso numeri.

-          Quello lo sapevo anche io – sbuffò lui voltando le pagine – parlavi di cose del genere?

-         

Il biondo annuì e lasciò la presa sui suoi vestiti per tornare a concentrarsi su quel volume.

Era particolarmente vistoso, in mezzo a tutte quelle copertine morbide di cartone stampato. I libri di magia, invece, venivano ancora fatti con il vecchio stile: un gruppo di penne d’oca scriveva sui fogli che erano poi rilegati insieme con della pelle formata da fibbie di ottone e varie chiusure; anche la consistenza della carta era differente: quella babbana era chiarissima e il nero dell’inchiostro risaltava particolarmente, la pergamena del mondo magico, invece, era spessa e dal colore leggermente giallino e le scritte del volume erano voluttuose e piene di asole e gambi.

Lo sfogliò tutto, riconoscendovi un libro che c’era anche a Hogwarts… e Malfoy Manor. Un suono sprezzante gli sfuggì dalle labbra, mentre si faceva largo tra i suoi ricordi l’imponente costruzione di casa sua avvolta tra le fiamme.

Guardò un istante la mezzosangue, ancora assorta nella lettura: non avrebbe potuto parlargliene.

Avrebbe voluto dirlo a qualcuno e, onestamente, ogni volta che lei gli domandava di parlargli di cosa era successo quella mattina nel letto, era tentato di vuotare il sacco, sospirare e raccontarle tutto.

Avrebbe voluto dirle tutto perché c’era una vocina dentro di lui che gli diceva che lei avrebbe capito, perché lei non guardava all’apparenza, ma a ciò che c’era dentro.

Ma anche se era solo una sporca babbanofila, non doveva essere coinvolta in quella faccenda.

Potty e la Donnola non avrebbero dovuto trascinarsela dietro in ogni loro avventura pericolosa, quante volte aveva rischiato la vita per causa loro? Al secondo anno ci aveva quasi rimesso la pelle dietro al basilisco e anche al quinto, quando c’era stata quella terribile battaglia nei sotterranei del Ministero… come avevano potuto portarla perfino nell’Esercito di Silente? Incoscienti, aveva rischiato parecchio con le punizioni che assegnava quel maiale della Umbridge. Non avrebbero dovuto essere così prevedibili.

Lui non lo sarebbe stato.

Si era preso un impegno che, sapeva, non sarebbe stato proprio facilissimo, soprattutto nelle sembianze in cui si trovava.

Ma si era reso conto che la più grande minaccia veniva proprio da lui.

Silente non la aiutava di certo, mandandola assieme a lui, era come se la stesse condannando.

Quelle fiamme, lei non lo sapeva, ma nascondevano qualcosa di terribile: il fuoco che brucia in eterno.

Il preside avrebbe fatto meglio a nasconderla a scuola per qualche settimana, piuttosto che mandarla a Londra, ma soprattutto, tenerla insieme a lui.

Tra il fatto che lei i guai se li andava a cercare col lanternino e che lui stesso costituisse una minaccia per la sua incolumità, rischiava davvero tanto.

E per di più c’era qualcuno che voleva ucciderlo e che attentatava alla sua vita.

Come avrebbe fatto a tenere alla larga quella creatura curiosa se era la prima che sembrava mettere il naso in affari da cui sarebbe dovuta rimanere fuori?

Ma soprattutto, perché quell’impegno preso così alla leggera con il suo preside si era trasformato in una motivazione così forte?

Proteggere lei… non aveva mai avuto niente da proteggere, tutto ciò che aveva, per quanto lo riguardava, poteva volare dalla torre più alta della scuola. Adesso aveva delle cose che doveva preservare.

Ma non poteva chiederle aiuto, lei non doveva essere coinvolta.

Ce l’avrebbe fatta da solo, come per ogni cosa.

 

Sbuffò e guardò gli altri libri disposti più o meno ordinatamente di fronte a lui, in fila.

Fece per riporre quello che teneva tra le mani, quando si accorse che nel buco lasciato tra gli altri si intravedeva qualcosa.

Inclinò la testa e sbirciò oltre, curioso, riuscendo a mettere a fuoco un paio di scarpe di pelle.

Sbattè gli occhi una volta, poi due e le guardò di nuovo: innegabilmente, quella era pelle di drago!

Cazzo, ma allora quello era un mago!

Che ci faceva un dannatissimo mago nella biblioteca babbana? Che fosse venuto a controllare i testi magici presenti?

Rivoltò tra le dita quello di aritmanzia, impossibile, era un libro comunissimo come, probabilmente, anche gli altri. Se fossero stati rari o proibiti senz’altro il Ministero avrebbe saputo che si trovavano lì e, con ogni probabilità, non ce li avrebbe certo lasciati.

Accanto alla scarpa nera comparve l’orlo di un mantello di un cupo color marrone.

Poteva essere solo un mago. I babbani non portavano i mantelli e credevano che i draghi fossero creature fantastiche inventate per le favole, certo non pensavano di farci degli indumenti o degli accessori come con i coccodrilli e i visoni. Sciocchi.

Quello, ad ogni modo, era proprio uno stregone e, se aveva riconosciuto la fibbia dorata sopra le squame scure, sapeva anche chi.

Si morse nervosamente le labbra, bel casino… ci mancava solo lui.

Gli occhi si sollevarono su di lei, che non lo degnava di un’occhiata, rapita nel mondo di cui stava leggendo.

Ok, doveva pianificare tutto.

Punto numero uno: convincerla. Non sarebbe stato facile, scettica com’era di natura, tantopiù che, con ogni probabilità, avrebbe dovuto dirle qualcosa di ciò che sapeva e la cosa non andava, anche se lo liberava di un peso, ma molto presto, in quel modo, anche lei si sarebbe allontanata.

C’era una cosa che ammirava della mezzosangue, nonostante tutto, ed era che era riuscita a stargli accanto tutto quel tempo senza cadere in bassi pregiudizi, chiamandolo mangiamorte, o facendo insistentemente allusioni a quella cosa, altri non ne sarebbero stati in grado.

Lei, invece, non ci aveva neppure pensato, non aveva bisogno di stratagemmi così infanganti per potersi confrontare con lui, anche se lui non negava di usarli, invece, nei suoi confronti…

Punto numero due: fuga!

E non era una banalità. Se mai si fossero accorti che erano due maghi e lui era QUEL mago, beh, avrebbero rischiato. Il mondo babbano non era sicuro come si credeva, brulicava di spie e dovevano fare molta attenzione.

Nella sua mente si delineò il piano per scappare: la porta, il corridoio, le scale, il banco dei prestiti…

Ok, potevano farcela…

 

Tirò nuovamente la gonna della mezzosangue che lo fissò spazientita

-          Che cosa c’è adesso? – gli chiese scocciata, lui le fece appena segno di tacere e di abbassarsi

-          C’è un mago qui – disse lui indicando lo spiraglio di luce tra i volumi; il sopracciglio di lei si alzò verso l’altro

-          Forse non sono tutti razzisti come te – gli disse sottovoce alludendo, ovviamente, al fatto che lui, come mago, non era mai stato nel mondo senza magia. La guardò male e le sue labbra sottili sillabarono appena la parola “mangiamorte” senza che un solo suono fuoriuscisse.

Lei sgranò gli occhi, appoggiando il testo e sedendosi accanto a lui

-          Come lo sai? – gli chiese pianissimo, tanto che dubitò che lui avesse capito

-          La fibbia del mocassino porta inciso lo stemma della famiglia – gli disse indicando appena il cerchietto lucente, lei lo fissò – è il padre di Nott: Parker

-          Perché ne parli come se fosse un nemico? – chiese lei ugualmente sospettosa continuando ad aguzzare la vista verso il piede sconosciuto

-          Ci sono un paio di cosucce che Silente non ti ha detto su di me – aggiunse con un ghigno

-          E dovrei fidarmi sulla parola? – chiese, lui sollevò il mento

-          Non ho mai tradito la mia parola, anche se sono Serpeverde – aggiunse con orgoglio

Lei lo fissò qualche istante, poi voltò la testa verso il buco senza annuire, ma neppure senza dargli dell’idiota.

-          Di che stanno discutendo? – chiese spiccia

-          Qualcosa non va secondo i loro piani – borbottò ascoltando il tono nervoso dell’uomo

Un minuto, due minuti; e la conversazione dello sconosciuto oltre lo scaffale con un altro ipotetico interlocutore riguardava sempre la stessa cosa “Non sappiamo cosa farne” e “Non siamo riusciti a trovare i traditori”.

Draco si irrigidì all’udire quelle sillabe, ma continuò a sbirciare dal foro rettangolare

-          E’ tutto a posto? – gli chiese Hermione vedendo gli occhi passare dal grigio ad un colore simile all’ardesia.

Lui annuì

-          Non hai sentito delle voci? – chiese Parker Nott dall’altra parte della libreria – deve esserci qualcuno – disse voltandosi e dirigendosi verso la fine dello scaffale per controllare.

Hermione e Draco si scambiarono un’occhiata preoccupata.

Lei si alzò in piedi

-          Sai mentire? – gli chiese lui lanciandole un’occhiata e sistemando il volume rilegato

-          Solo se serve

-          Dipende se consideri “salvarti la vita” come qualcosa che serve – sottolineò, lei lo fulminò con lo sguardo – cerca di essere credibile – aggiunse

-          Fai il bambino – gli rispose decidendo che la copertura di madre-figlio era quella che riusciva loro meglio – ma fallo bene

Si alzò svelta in piedi e riprese tra le mani il tomo che stava consultando prima.

In quel momento, mentre aveva appena abbassato gli occhi sullo scritto, la figura massiccia del padre di Theodore comparve nel corridoio tra le due fila di scaffali.

Si avvicinò veloce a lunghi passi ed Hermione si appuntò mentalmente che, se le avesse rivolto la parola, avrebbe dovuto mostrare un adeguato stupore per il suo vestiario inconsueto.

-          Mi scusi, signora – disse l’uomo con una voce cavernosa

Lei sollevò le iridi ambrate, non si ricordava di lui dalla battaglia al Ministero, quindi, probabilmente, se anche l’avesse vista, non avrebbe potuto riconoscerla, soprattutto nell’aspetto quasi trentenne che mostrava adesso.

Finse di prendere atto del mantello e del completo, del tutto inusuale da trovare nel mondo babbano, come si era preposta, poi sollevò gli occhi sul viso, terribilmente simile a quello del figlio

-          Sì? – disse, come se si trattasse di uno straniero che chiedeva informazioni su una via

L’omaccione parve osservare la figura di donna e la guardò per qualche minuto, decidendo che era quanto di meno assomigliante ad una maga riuscisse a riconoscere

-          Lei è una strega? – le chiese, più che certo che la risposta sarebbe stata un no. Gli occhi di lei parvero divertiti

-          Anche lei uno spettatore del programma “Prediciamo il futuro” ? – chiese, lui le lanciò un’occhiata stranita, senza capire – lo so, me lo dicono in tanti che assomiglio alla conduttrice – aggiunse, come se fosse un motivo di vanto. Nott padre la fissò e annuì, decidendo che quella insignificante babbana non poteva assolutamente essere una strega

-          Parker? – chiamò la voce di un altro uomo e il genitore di Goyle fece il suo ingresso nel campo visivo della giovane Grifondoro.

Si fermò un attimo interdetto a scrutare la donna

-          E’ lei? – chiese all’amico

-          Anche lei segue “Prediciamo il futuro”? – domandò nuovamente allo sconosciuto che la fissò come se fosse scappata dal manicomio

-          Mamma? – disse invece una vocina e una testata di capelli neri comparve da dietro la gonna, assieme al visetto di un bimbetto di cinque anni

Come Draco Malfoy fosse riuscito a tingersi la sua chioma bionda e farla diventare nera in così poco tempo, era un mistero che avrebbe risolto più tardi. Per il momento ringraziò la sua prontezza di spirito: probabilmente quei due conoscevano molto, ma molto bene le caratteristiche fisiche di ogni Malfoy sulla terra che comprendevano capelli chiarissimi e occhi azzurri, oltre ad un ego smisurato, ad una tradizione secolare e a un carattere veramente orribile. Ma in quel momento ringraziò ugualmente.

-          Mamma, questi uomini mi guardano male – mormorò il bimbo che sembrava sul punto di scoppiare a piangere mentre i genitori di due dei suoi compagni di Casa lo guardavano con un certo disprezzo. Un’interpretazione perfetta

-          Smettila… Francis – disse toccandogli la testa e inventando un nome – offendi i signori

-          È suo figlio? – chiese il padre di Goyle, di cui, al momento, le sfuggiva il nome

-          Sì, vogliate perdonarlo, è un po’ maleducato. Si chiama Francis

-          Capisco

Parker Nott, nel frattempo, sembrava indugiare più del dovuto sulle forme della mezzosangue.

Evidentemente il suo disprezzo era superato dalla sua brama.

-          Ehm, eravate voi prima, qui dietro? – domandò ancora Goyle-padre

-          Ah, vi ho disturbato? – fece lei con voce preoccupata – mio figlio ha fatto cadere dei libri…

-          No, niente – disse ancora l’uomo, come se non considerasse più un pericolo ciò che era avvenuto. Quella babbana, se anche avesse sentito qualcosa, non avrebbe saputo di cosa parlavano. Potevano sempre dire che si trattava della trama di un libro.

-          Beh, se volete scusarci, allora noi andiamo. – si congedò lei – vieni, Francis - e lo prese per mano, facendolo camminare al suo fianco.

Mentre camminava per il corridoio, Draco si voltò verso i due e gli fece una linguaccia.

Era la sua rivincita per avergli fatto interpretare quella scenetta vomitevole. E che quei due potessero andarsene al diavolo!

-          Il bambino è una vera peste – borbottò arrabbiato Goyle – se fosse mio figlio saprei come aggiustarlo

-          La madre però me la farei – rispose Parker Nott con un sorriso sbilenco

-          Già, gran bella carrozzeria – commentò il compare annuendo

Malfoy si irrigidì mentre camminava.

La mezzosangue aveva sentito?

E se sì, come faceva a rimanersene così impassibile?

La guardò, l’espressione determinata dipinta sul volto. No, non doveva aver ascoltato…

Però nel mondo c’erano già troppe persone che apprezzavano le qualità fisiche della Granger… e il problema era che lui stava entrando tra questi. Anche se, conoscendola un poco, senz’altro lei era una ragazza da “guarda quello che c’è dentro, l’esteriorità è effimera”.

Era un discorso improprio che faceva anche Daphne e quello era il motivo per cui non era mai stata a letto con lui. Peccato che da banale diciottenne la Granger fosse quasi invisibile, Daphne invece… beh, aveva una bellezza che non passava certo inosservata, ma si ostinava a dire che la bellezza non è tutto e altre bestialità sui generis.

 

Scosse la testa distogliendola da quei pensieri e tornò a fissare davanti a sé, sempre sentendo due paia di occhi piantati sulla schiena.

Sarebbe venuto il giorno che gliel’avrebbe fatta pagare anche a loro…

Il braccio sinistro gli bruciò. Il Marchio Nero. Erano vicini, doveva esserci qualche covo di mangiamorte in quella biblioteca.

 

Scrutò il viso della Granger.

Alla fine era rimasta coinvolta anche lei. Già perché, dopo che le aveva detto che c’era qualcosa che le avevano taciuto, lei, adesso, avrebbe preteso di sapere tutto.

E non sapeva se avrebbe avuto il coraggio di rimanere zitto su qualcosa.

Beh, “quella” cosa senz’altro. Ma il resto?

Sospirò.

Maledetto Silente, le gatte da pelare toccavano tutte a lui.

 

*          *          *

 

Quando i due misero piede fuori delle biblioteca, come per incanto, i capelli dello Slytherin tornarono del loro colore originale.

Hermione chiamò svelta un taxi e si fece riportare in fretta all’appartamento, curiosa di conoscere ciò che qualcuno si era deliberatamente sentito in dovere di non dirle, ma soprattutto, speranzosa di rimanere in un posto dove non ci fossero pericoli e mangiamorte ad ogni angolo. Neppure il mondo babbano era più così tranquillo come aveva creduto… il gruppo dei mangiamorte era cresciuto a dismisura in quegli anni e, probabilmente, stavano già progettando qualche strage come quella che c’era stata quasi vent’anni prima.

Lanciò un’occhiata furtiva al biondo che le era seduto affianco e che ammirava il panorama dal finestrino con molta più serietà di quanta ci si sarebbe aspettati da un bimbo.

Quando la porta dell’attico si fu richiusa dietro di loro, Hermione si affrettò a insonorizzare la stanza, a bloccare l’ingresso e a tirare le tende.

Stava aspettando e c’erano tante cose che voleva sapere e conoscere.

Come se fosse perso nei meandri della sua mente, Malfoy si era seduto sul divano e lì era rimasto, con i piedi che non toccavano terra e lo sguardo cupo e distante.

Perché non le avevano detto tutto?

Perché lo avevano detto a Malfoy, che dimostrava dieci anni e, adesso, anche meno, e non a lei?

Perché non si fidavano di lei?

Perché?

-          Sono stato un mangiamorte – disse sottovoce lui fissando infine le iridi color della tempesta in quelle ambrate e stupite di lei

 

*          *          *

 

Spazio autrice: ciao a tutti, scusate l’immenso ritardo con cui posto questo capitolo, so che avrei dovuto farlo prima, ma l’ultimo anno di superiori è una maratona continua e la settimana prossima c’è una concentrazione di verifiche che farebbe invidia al test di ammissione a medicina.

Perdonatemi anche se sarò breve nel ringraziarvi tutti, sfortunatamente ci sono materie che esigono la mia presenza, scusate, scusate e scusate ancora tantissimo…

Io spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto e mi auguro che mi lascerete un commentino anche questa volta, sapete che ci tengo a sapere che cosa ne pensate, sarà che sono curiosa, soprattutto con tutte le anticipazioni che ho messo in questo aggiornamento ^^

Bene, grazie mille anche a tutti coloro che hanno messo la mia fic tra i preferiti, non credo di meritare tanta attenzione, ma grazie infinite lo stesso, siete fantastici!!! Vi mando un bacio virtuale, spero che vi arrivi e non si perda nella rete come le mie mail che non giungono mai a destinazione…

Grazie a chi recensisce e commenta ogni volta e grazie a chi lo fa ogni tanto, ricevere una recensione è meraviglioso e mi rende orgogliosa, oltre a mettermi una gran voglia di scrivere… quindi spero che me ne lascerete qualcuna =^_^=

Ciao e un bacione grande grande a tutti quanti, Nyssa

 

 

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Capitolo 7
*** Ciò che non posso dire ***


-

-          Sono stato un mangiamorte

Come per confermare la cosa, si sbottonò il polsino della camicia e tirò su la manica del maglioncino verde, subito seguita da quella dell’indumento bianco.

Sulla pelle chiara spiccava un simbolo che le sembrava fin troppo familiare. Si avvicinò e si sedette affianco a lui, guardando la figura di quel serpente, indubbiamente velenoso, che si arrotolava intorno al braccio e sbucava con la testa e i denti ritti dal teschio: il Marchio Nero. Il simbolo di Voldemort.

-          Chi te lo ha fatto? – domandò piano posando un dito sul nero di quel segno che, lo vedeva, stava bruciando la pelle fino a fargli male

-          Non ha importanza

-          Quando… - chiese appena sollevando gli occhi su di lui, che si affrettò a distoglierli

-          Due anni fa.

L’estate che lei aveva trascorso felicemente alla Tana assieme alla famiglia Weasley, un po’ preoccupata della continua minaccia degli adepti del Signore Oscuro, ma comunque serena di poter essere assieme a persone meravigliose, lui era stato marchiato per la vita.

Mentre lei giocava e si divertiva, cosa stava provando lui, poco prima che gli lanciassero quella maledizione?

Il dito percorse lentamente tutta la sagoma nera

-          Come mai non me ne sono accorta, quella mattina? – chiese, ricordando il giorno che l’aveva visto senza camicia e si erano scambiati quel bacio quasi dimenticato

-          Credo che fossi più presa da altro – rispose, malizioso come sempre, ma con meno convinzione, lei abbassò lo sguardo e annuì

L’aveva avuto vicino praticamente senza indumenti ed era stata così stupida da non accorgersi neppure di una cosa così evidente… come aveva fatto? Stupida Hermione che credeva che al di fuori del Mondo Magico tutto fosse tranquillo e in pace, in realtà il pericolo era ovunque e lei era stata così ottusa da non vedere, o voler vedere, quel segno che deturpava quella pelle.

-          Mi dispiace – sussurrò appena

-          Non compatirmi – disse lui con voce piatta e scoccandole un’occhiata seria e altera

-          Hai detto che sei stato un mangiamorte, perché usi il passato? Non lo sei più?

-          No

Lo guardò e, forse per la prima volta riuscì a distinguere tra le espressioni del suo viso una di tristezza, appena accennata e quasi irriconoscibile, ma c’era: che cosa gli costava così tanto dire? Perché parlava in quel modo? Perché improvvisamente era diventato lui quello saggio? Quello che sapeva e aveva provato?

-          Lo sei mai stato? – domandò con altrettanta serietà. Le iridi chiare si sollevarono sorprese in quelle di lei

-          Non credo

Era stata cieca.

E lui era stato sincero.

Avevano trascorso assieme un sacco di tempo, a scuola e a Londra, anche se non precisamente sempre svestiti.

Ma non si era mai accorta di nulla, né del marchio, né della tristezza che doveva causargli l’essere segnato a vita da qualcosa e non potersene liberare.

Lo stava di nuovo giustificando e cercava di capirlo quando quello non era il suo compito e, in linea di principio, non avrebbe dovuto fare con qualcuno sui cui aveva ancora dei dubbi. Non sapeva se le stava raccontando la verità su tutta quella faccenda, aveva dimostrato di essere un attore provetto, perché non poteva essere che le stava mentendo?

Pregò che non fosse così perché tra di loro erano sinceri, nel bene e nel male… beh, fino a quel momento la percentuale di “bene” era appena percettibile ma…

Perché?

Perché non se n’era accorta? Era davvero stata così distratta? In genere notava ogni dettaglio…

Rifletté, ma non riuscì ad avere una risposta a quella domanda.

E mettere a tacere quella voce che voleva a tutti i costi trovare una risposta che riuscisse a sciogliere tutti gli interrogativi era tremendamente difficile.

-          Tu non me lo hai fatto vedere, vero? – gli chiese con un sorriso. Sapeva che era così. Lui annuì

Ci fu silenzio.

Rompere quel cristallo denso che li circondava attutendo ogni suono, eliminando ogni dubbio era qualcosa di sperato da entrambi, ma non possibile.

Le avrebbe detto tutto?

Lo guardò mentre gli occhi di lui si spostavano fino a incontrare i suoi.

Scosse la testa.

No.

Lui aveva cercato di proteggerla, anche se lei non lo sapeva.

 

Non si fidava.

Era giusto chiedergli di raccontare qualcosa di personale ad una persona in cui non si aveva fiducia?

No.

Andava a suoi discapito, ma sapeva che la risposta era no.

Lei non aveva detto praticamente a nessuno che le piaceva Ron perché non si fidava di Lavanda, di Calì, di persone del genere. Solo Ginny l’aveva saputo e Harry, charo.

Quindi non poteva pretendere che lui parlasse di una cosa che lo riguardava da vicino e decisamente più seria se non si fidava di lei.

Anche se lei voleva sapere.

Ma soprattutto, voleva sapere perché le avevano taciuto determinate cose.

Ovvio, rispose una voce dentro di lei, se intanto non te le avrebbero potute dire, a cosa serviva farti sapere che c’erano ma non sapere cosa? Saresti solo diventata curiosa…

Aveva ragione.

-          Non sono più un mangiamorte – disse lui piano girandosi al dito medio della mano sinistra un anello che portava lo stesso simbolo che c’era sopra Grimmauld Place: “La molto antica e sempre rispettata famiglia dei Black”, come recitava la scritta sopra l’ingresso, accompagnata dalla lettera B finemente lavorata e rifinita, piena di vezzi.

-          Forse ti sembrerà strano – aggiunse lui chinando la testa – ma faccio anche io parte dell’Ordine

-          L’Ordine? Quell’Ordine? – domandò incredula, lui si limitò ad annuire – Perché Silente non me l’ha detto?

-          Meno persone lo sanno, meglio è – lei fece di nuovo segno di sì con la testa, riconoscendo la saggezza di quelle parole.

Altro silenzio.

-          Non dovresti dire “sono stato un mangiamorte” – gli fece notare con un sorriso un po’ tirato, ma comunque sincero

-          Perché?

-          Se tu non credevi in quello che facevi, se tu mi dici che, forse, non ci hai mai creduto, tu non sei stato davvero un mangiamorte – rispose precisa, lui ghignò

-          Ho il Marchio, ho la Maledizione.

-          Non hai donato la tua anima a quella setta di pazzi. Non gli hai dato il tuo cuore.

-          I Malfoy non hanno un cuore – puntualizzò acido, lei sollevò gli angoli della bocca

-          Se tu non avessi un cuore non potresti vivere – gli fece notare

-          Parli di un altro concetto di cuore – specificò

-          Se ci pensi bene, invece, vedrai che è la stessa cosa – e sorrise di nuovo

 

Essere mangiamorte è un crimine.

Abbracciare quella filosofia creata da un pazzo e seguita da pazzi è un crimine.

Perché si finirà che nessuno andrà più bene, tra loro.

Cominceranno coi babbani, esseri senza magia.

Poi i mezzosangue, nati da babbani e non cambierebbe nulla se loro la magia ce l’hanno.

E ancora, quelli con un genitore babbano e l’altro no. Vergogna della razza, sangue sporco.

Eppoi i purosangue delle famiglie meno antiche. Nati dal fango dove moriranno.

Andando avanti così, non rimarrà nessuno.

E se davvero si seguisse questa scala che lo stesso Voldemort ha stilato, ebbene, lui stesso rimarrebbe vittima di quelle sue stesse parole.

 

-          Brucia? – domandò improvvisamente lei distogliendolo da quel flusso di pensieri, lui la guardò sorpreso di quella domanda

-          Ogni tanto – rispose esitante e tacendo, ovviamente, che il dolore a volte era insopportabile.

 

Lei guardò ancora il tratto nero e i suoi occhi, rifletté lui, parevano tanto tristi che avrebbero messo in ginocchio perfino sua zia Bellatrix, senz’altro la più invasata tra i seguaci del Lord Oscuro.

Chi le aveva dato un animo così puro e la capacità di comprendere perfino un traditore come lui?

Perché lui era due volte traditore.

Traditore dei maghi, traditore dei mangiamorte.

Come faceva lei, rinnegata da due mondi, a riuscire ancora ad andare avanti e ad avere la forza di voler sapere e comprendere?

Sapeva che ci soffriva. Non lo dava a vedere, ma ogni volta che la chiamava mezzosangue un lampo furtivo di tristezza appariva tra quelle iridi, lo aveva notato ben più di una volta.

Chi le aveva dato così tanta forza da resistere alle provocazioni, da permetterle di proseguire a testa alta tra gli insulti?

Era facile per uno come Potter, ammirato da tutti e da tutti idolatrato.

Ma per lei?

Non era che il suo braccio sinistro, lo scudo che lo proteggeva, quello che gli salvava la vita, ma nessuno si ricordava di fare il suo nome, mentre quello del Salvatore del Mondo Magico spiccava a grandi lettere su tutte le prime pagine dei quotidiani magici.

Perché non si ribellava a quella dittatura che le imponeva il silenzio?

Avrebbe potuto chiedere un’intervista a Rita Skeeter e ci avrebbe pensato lei a romanzare a sufficienza la storia, fino a dipingere la Caposcuola come se fosse stata lei a salvare il loro mondo.

Perché accettava tutto questo?

Perché le andava bene e non fiatava?

 

Si voltò verso di lei e la vide, rannicchiata sul divano, la sua mano tra le sue, che piangeva.

Rimase sorpreso, nel vederla così, quasi disperata per lui.

Si sentì in colpa, perché c’erano tante altre cose che non le aveva detto. Che lei non aveva né il diritto né il dovere di sentire, ma con cui le avrebbe volentieri divise e che le avrebbe fatto piacere sentire come pegno di fiducia.

Eppure, se lei lo avesse ritenuto quasi un segno di amicizia, lui sapeva che non era altro che egoismo: l’avere qualcuno che lo sostenesse a portare quel peso che lo opprimeva ogni giorno di più.

Il taglio dei suoi occhi prese una piega stranamente dolce nel sapere che lo faceva anche per lei, per far sì che quel sorriso un po’ teso potesse comparire ancora su quelle labbra che una volta aveva baciato.

-          Non piangere – le disse semplicemente posando la mano destra, quella che non era segnata dal Marchio, sulla sua testa; lei alzò gli occhi, stupita da quel gesto, ma ancora di più dallo sguardo dolcissimo che le stava regalando. Avrebbe giurato che lui stava dalla loro parte perché nessun cattivo, nessun attore, neppure il migliore sarebbe riuscito a falsificare quell’espressione che diceva tanto.

La mano si mosse appena e le accarezzò i capelli e per fare questo doveva tendere il braccio per tutta la sua lunghezza perché aveva cinque anni, in quel momento. Ma lei non era sicura di essere la più grande…

Gli sorrise nuovamente, mentre la tristezza veniva spazzata via da quel segno così significativo.

E dire che quando potevano non facevano altro che litigare e azzuffarsi come cane e gatto, come era possibile che in quella situazione ci fosse più silenzio che altro, come era possibile che non fosse ancora volato un insulto, né una parola sgarbata? Come era possibile che lei lo sentisse così vicino?

Come era possibile che riuscissero a capirsi senza parole?

-          Ehi Granger, me la levi una curiosità?

Lei lo guardò negli occhi, aspettando che parlasse, annuì

-          Perché non mi hai mai chiamato mangiamorte?

Beh, era un interrogativo che gli stava a cuore e aveva bisogno di una risposta perché nella mezzosangue c’era qualcosa di insolito e raro e, forse, quella domanda gli stava chiarendo un po’ che cosa poteva essere.

-          Beh, ma perché tu non lo sei – rispose come se fosse ovvio, lui alzò le sopracciglia, per niente convinto

-          Sii seria, per una volta – le rispose

Lei parve pensarci

-          Non ho mai avuto questa sensazione – rifletté – non ho mai sentito ciò che ho provato al Ministero quando mi hanno attaccata i seguaci di Voldemort, quindi sarebbe stato ingiusto se ti avessi chiamato così e tu non lo fossi stato… e avevo ragione! – gli sorrise ancora

Quando sorrideva in quel modo, la Granger sembrava davvero fragile, ma i suoi occhi brillavano come l’ambra.

La Regina dei Gryffindor.

Forse le calzava addirittura più che “mezzosangue”, perché quel soprannome era stato sempre e solo per lei, nessuno lo aveva utilizzato per indicare qualche altro mago o strega nato nel mondo babbano e da genitori babbani, ma che possedeva capacità magiche. Solo lei veniva etichettata a quel modo, e la cosa, a ben pensarci, doveva essere doppiamente dolorosa, ma non l’aveva mai fatto vedere.

Perché anche se sembrava fragile, anche se era una ragazza, ebbene, aveva una forza d’animo come nessun altro. Neppure Potty arrivava a tanto, tantomeno Lenticchia.

Nessuno.

Perché lei era unica.

-          Granger, lo sai che non dovresti piangere per uno come me? – le fece notare con una certa superiorità, come se non valesse la pena dannarsi per un traditore

-          Non è una cosa che faccio volutamente – rispose pensierosa – ma mi succede e non riesco a smettere… si può quasi dire che io pianga più per gli altri che per me stessa

-          Insomma, sei una piagnucolona – intervenne

-          Forse… ma non tanto… - concesse

Altro silenzio

-          Draco… - era la prima volta che pronunciava quel nome per riferirsi direttamente a lui, il più delle volte, se poteva, non lo diceva neppure, oppure diventava un tutt’uno con il cognome: Dracomalfoy.

Lui sollevò la testa, sentendosi stranamente in imbarazzo dopo che lei lo aveva chiamato per nome per la prima volta

-          Io lo so che c’è dell’altro – disse piano lasciandogli la mano – e penso che tu non possa dirmelo, vero?

Annuì

-          Non importa

C’era rimasta male.

Perché?

Perché voleva a tutti i costi sapere?

-          Granger – disse con altrettanta solennità – non lo facciamo perché sei te… - lei parve stupita – vivi serena, almeno tu che puoi

Un barlume ironico le si dipinse sul viso per scomparire subito dopo.

-          Se vorrai parlarne, sappi che sono qui, per qualsiasi cosa – lui le sorrise - sempre

-          Va bene… - gli stava regalando un sorriso, come quelli che rivolgeva di solito a chi incontrava per i corridoi

-          Ehi Malferret, hai fame? È l’una passata…

Lui annuì, poi con il fare di un bimbetto dell’età che dimostrava, si sedette scomposto a tavola e tutto ricominciò come prima.

-          Cosa pensi che stessero facendo Nott e Goyle alla biblioteca? – domandò servendogli una porzione di polpette che aveva comprato al supermercato

-          Cosa vuoi che ne sappia – brontolò lui con la bocca piena, lei sorrise

-          Parlavano di qualcosa che non capivano

-          Può essere

-          E di traditori – gli lanciò uno sguardo, non era tanto difficile capire che si stavano riferendo a persone come lui e a lui nello specifico, probabilmente; lui tossicchiò appena

-          Quelli ci sono sempre – rispose come se la cosa non lo riguardasse, peccato che due segnetti rossi gli fossero spuntati sulle guance

-          Tu pensi che dovremmo tornare a controllare? – chiese addentando una polpetta

Lo sguardo sconcertato che le lanciò sarebbe potuto entrare nella storia per una delle espressioni più buffe di Draco Malfoy, con tanto di occhioni azzurri sgranati, la bocca piena e il segno di sugo intorno alle labbra.

Non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere aumentando decisamente lo sconcerto del povero Slytherin.

-          Sei proprio un disastro – gli disse alzandosi e, dopo aver preso un pezzo di scottex, gli pulì la bocca velocemente, come avrebbe fatto con qualunque bambino di cinque anni, lui alzò le sopracciglia, stupito

-          Non prenderti tanta confidenza – le disse – potresti rimanere scottata

Lei liquidò la cosa con un’alzata di spalle e tornò al suo posto, ricominciando ad attaccare la polpetta ancora infilzata dalla forchetta.

-          Allora, - chiese – quando andiamo?

-          Tu sei pazza – esclamò indignato – vuoi proprio andare a farti ammazzare!

-          Magari possiamo essere utili all’Ordine – pensò

-          Sì, facendoci uccidere, poi, saremo doppiamente utili…!

-          Non essere così cinico, magari ce la caviamo, tu conosci quella gente, sai come fa

-          Se me ne sto sulle mie un motivo ci sarà, non pensi? Eppoi io ci tengo alla pelle!

-          Eddai

-          Certo che so come fa! Ti rende pazza a furia di Cruciatus e poi ti getta in un pozzo senza fondo

-          Ma perché no? Magari riusciamo a scoprire qualcosa!

-          Neppure per sogno, magari poi erano lì solo per caso – palla colossale. C’era un covo di mangiamorte in quella biblioteca, lo aveva avvertito benissimo, ma quella ragazza era intenzionata a morire giovane

-          Orsù, Nott e Goyle, due mangiamorte con le tue stesse fisime sulla superiorità dei maghi che si fanno un ritrovo in una biblioteca babbana. Non ci crederei neppure se me lo giurasse la Regina d’Inghilterra

-          Ma perché ci tieni tanto a farti tagliare quella testolina bacata?

Lei fece spallucce, poi incominciò una frase, ma non fece tempo a finirla che una luce abbagliante avvolse entrambi.

Malfoy si guardò preoccupato le mani, sapendo che cosa stava accadendo. Spostò gli occhi su di lei che sembrava un cerbiatto impaurito dagli abbaglianti di un auto.

Sospirò.

Ma proprio adesso, accidenti? Stava pure mangiando…

La sua figura si allungò progressivamente, le braccia, le gambe, i capelli, la forma della testa… e, progressivamente, quella di lei rimpiccioliva fino ad assumere le sembianze di una bambina di sette o otto anni con una testata di capelli castani tutti a boccoli come quelli di una principessa e gli occhi grandi ed espressivi.

Rise di lei, mentre gli abiti cominciavano a diventarle sempre più grandi e quelli di lui sempre più stretti. Bel problema, di quel passo sarebbe rimasto nudo di fronte a lei… non che la cosa lo imbarazzasse, ne aveva viste troppe di donne nude e troppe avevano visto lui, ma non credeva che la mezzosangue sarebbe stata dello stesso avviso.

Si alzò e andò a nascondersi in bagno prima che, in versione bimba, la Granger gli lanciasse qualche accidente e si mettesse a strillare come una forsennata; sapeva fin troppo bene cosa si prova ad avere quell’età, ormai.

 

Quando riemerse oltre la porta, la Gryffindor, con una specie di vestitino scozzese e il cipiglio più incazzoso che le avesse mai visto, che poteva quasi rivaleggiare con la McGranitt, lo stava aspettando nella stanza, seduta sul divano, le braccia conserte, il broncio stampato sul visetto paffuto.

-          Se ci fosse la Brown ti torturerebbe alla follia – ghignò sadico immaginando la figura dell’altra Grifondoro che le faceva i codini e le riempiva la testa di molletine a fiori e fermagli pieni di fiocchi.

-          Mi sento idiota

-          Così sai cosa si prova quando mi chiamavi “bambinetto

-          Non mi sembra il caso di rinvangare certe cose. E gradirei che ti mettessi anche una camicia. – borbottò contrariata che lui avesse indossato solo i pantaloni.

Il pudore della Granger era qualcosa di impossibile, ma dove diamine era vissuta fin’ora per essere così?

Senza badarle, andò ai pensili, aprì un’anta e rubò un biscotto da un sacchetto aperto, felice di poterci arrivare senza l’ausilio di una serie di seggiole pericolanti messe una sopra l’altra.

Hermione deglutì pensando che, da giovane, il suo caro tenente Ryan dovesse assomigliare molto alla serpe… se si fosse coperto sarebbe stato decisamente meglio per ENTRAMBI.

-          Malfoy, vieni un secondo qua – gli disse lei cupa, facendogli cenno

-          Non sei nella condizione di dare ordini – le fece notare con un sorrisetto

-          Vieni qui o ti assicuro che piangerò e strillerò finchè non ti avrò distrutto tutti e due i timpani e avrò fatto accorrere mezza città di Londra

-          Le tue minacce sono sempre troppo crudeli – sottolineò lui

-          Ma io non ti metterei neppure le mani addosso – puntualizzò lei

-          Sta proprio qui il problema

Arrossì mentre lui ghignava.

Poi decise di accontentarla. Sorrise al vederla così piccola e col carattere di sempre, una bambina decisamente problematica, pensò.

-          Granger – disse con una punta d’ironia – non credi che sarebbe il caso che scrivessimo a Silente per dirgli qualcosa…?

Colpita da quella constatazione, ci rifletté un istante per poi annuire.

Lui prese carta e penna e si mise a stilare la lettera che sarebbe giunta a Hogwarts con la tortora che ancora stava alla finestra ad abbuffarsi.

 

*          *          *

 

Era notte.

Lo studio del preside era illuminato da una gigantesca luna piena la cui regale figura appariva in tutta la sua maestà attraverso la grande vetrata a rettangoli proprio dietro la sedia del responsabile.

La luce candida proiettava sinistre ombre sul pavimento, allungando le forme e facendo apparire quel luogo tetro e terrificante.

Silente era seduto nella sua poltrona, la lunga barba che pendeva, appoggiandosi alle ginocchia, il cappello a punta appoggiato di lato, sopra una pila di carte. Alla sua destra un’altra torre di papiri in attesa del suo timbro e sopra questa, un po’ spiegazzata, la lettera appena giunta da Draco ed Hermione con la sua tortora.

I gomiti erano appoggiati al ripiano della scrivania, mentre le ampie maniche della veste bordeaux cascavano con stile, mettendo in risalto i polsini di una camicia di vecchia fattura, chiusa dai gemelli dorati con lo stemma della scuola.

Sospirò malinconicamente e non era per la missiva appena ricevuta, non solo.

Si tolse gli occhi ali a mezzaluna li distanziò un poco dagli occhi azzurri, guardandovi attraverso e vedendo il mondo leggermente sfuocato; serrò un istante gli occhi e appoggiò le lenti allo scrittoio con delicatezza prendendosi la testa con i lunghi capelli canuti tra i palmi grinzosi.

Chiuse definitivamente gli occhi.

 

La figura di un luogo simile a quello, la stessa scrivania.

Le pareti non erano piene di quadri rumorosi e pettegoli che chiacchieravano tutto il giorno, ma delicate nature morte, immobili, e paesaggi campestri fermi nella loro staticità.

I muri erano ricoperti di scaffali, molto diversi da quelli di ora, i ripiani che stavano cedendo sotto il peso di tutti i volumi con cui li aveva caricati e ninnoli più o meno inconsueti, oggetti strani e dalle forme curiose, minerali rari, denti di drago, piume e alambicchi.

Il pavimento di legno che non vedeva una passata con la cera dai tempi della Rivolta dei Throll di montagna, era vecchio e scheggiato in alcuni punti.

Una luna simile a quella che ora gli illuminava le spalle appariva in lontananza attraverso lo spiraglio formato dalle tende tirate, in quella stanza che molti anni prima era stata il suo ufficio.

Lo scrittoio era appoggiato direttamente alla vetrata dell’imposta, a differenza di ora, e si poteva godere dello splendido panorama a est che, al mattino, era illuminato dalla prima luce del giorno.

Il piano di scrittura era ingombro di fogli sparpagliati in disordine, cocci rotti dai quali usciva del liquido colorato delle pozioni, la lampada da tavolo e il candelabro abbandonati in terra, come dimenticati.

Una figura in quel disordine totale, in quella follia.

Una donna.

No, una ragazza.

La testa reclinata di lato.

Il corpo immobile.

Sangue.

E lui che osservava quella scena quasi preso dal panico.

Una figura molto diversa da quella di adesso, un uomo curioso e ambizioso.

Gli occhi costernati, spalancati dall’orrore di quel quadro che mai aveva pensato di vedere.

La forma giovane distesa sulla scrivania, i capelli disordinati, scompigliati.

La lunga treccia castana abbandonata da un lato e dalla quale sfuggivano molte ciocche ribelli.

Gli occhi chiusi.

Sembrava che stesse dormendo.

Sembrava morta.

Il braccio dimenticato sull’addome in una posizione naturale quando si riposa.

Un taglio sulla guancia da cui fuoriusciva ancora una goccia di sangue che brillava come una fiammella nell’oscurità.

E lui era lì, impotente. Sgomento.

 

Rivide le sue labbra di molto tempo prima mentre pronunciavano incredule un nome.

Gli occhi della giovane si aprirono, rivelando due iridi dal colore un po’ spento.

Il petto che si alzava ed abbassava.

Le labbra di lei si mossero fino a pronunciare una frase.

La mano prima dimenticata si sollevò, quasi con fatica, fino a tendere le lunghe dita, macchiate d’inchiostro.

E lui, fermo, che guardava quel gesto che sembrava strapparle un gemito di dolore mentre con l’altra si teneva il petto che sembrava scosso dai singhiozzi.

 

Si poteva vedere la camicia bianca, strappata, che cercava di ricomporre all’altezza del seno, la gonna, le cui chiusure a fibbie erano state divelte con forza, lo stemma dei Gryddinfor spiccare sul cardigan grigio, aperto, che cascava in alcuni punti dalla scrivania.

Il sorriso, un po’ triste, forse disperato, comparire su quella bocca dai tratti comuni, la pelle tendersi sulle lentiggini sotto gli occhi.

E lentamente, la mano di lui che si alzava, quasi che desiderasse ciò che lei gli aveva concesso, sollevando anche la veste, a quel tempo blu, moto diversa da quella che portava ora, dalla foggia quasi medievale.

Le dita di lui, ancora nel fiore degli anni, incontrarono quelle della ragazza, la sua studentessa.

Gli occhi azzurri della giovane brillarono quasi nel buio, mentre sorrideva, ora più dolcemente.

Sembrava perdono quello che si leggeva su quel volto.

Perdono per qualcosa che nessuno dovrebbe perdonare. Che lui desiderava, ma che non avrebbe né dovuto, né potuto accettare.

E gli occhi gli caddero sulla gonna a scacchi, irrimediabilmente macchiata di sangue.

Sangue che non era semplice sangue.

Sangue che aveva un simbolo.

Sangue che rappresentava qualcosa.

Sangue che era una prova.

Una ferita che non sarebbe mai stata ricucita.

Un taglio che non si sarebbe cancellato.

Una cicatrice che sarebbe rimasta.

Su di lui.

Su di lei.

Sempre.

 

E gli occhi sgranati di un giovane mago di fronte a quella studentessa insolita.

L’espressione stupita di quel gesto di perdono.

Il sorriso di lei, non ancora scomparso.

La testa che annuiva impercettibilmente, mentre stringeva di più la mano di quello che era il suo professore.

Che aveva fatto?

Un crimine era stato commesso, tanti anni prima. Ne portava ancora i segni su di sé.

Per quello la scrivania, adesso che aveva cambiato studio, non era più addossata al vetro, ma rivolta in modo che si dessero le spalle ad esso, per non ricordare, tutte le sere, quella tragedia che aveva compiuto molto tempo prima.

Ma era una vana speranza quella che l’aveva portato a non voler più guardare cielo e luna nella notte. Ogni istante era perseguitato da quella figura, dalla colpa che aveva commesso e che mai sarebbe stata cancellata.

Ma soprattutto, perseguitato da quel sorriso di perdono, perché lei lo aveva perdonato e lui, invece, non aveva ancora perdonato se stesso.

Quanti anni erano passati?

Quanti decenni?

Tanti.

Il tempo cura le ferite finchè di essere rimane solo una confusa memoria e poi scompaiono.

La sua era ancora aperta nel suo cuore e nel suo orgoglio e sanguinava ogni notte di luna piena.

Sangue che sgorgava per ripagare il debito.

Sangue che lui aveva versava nei confronti di quella giovane.

La sua ferita non si sarebbe cancellata, ma sarebbe rimasta e gli avrebbe fatto male in eterno, ogni notte di luna piena. E il ricordo avrebbe continuato a perseguitarlo, riaprendo quello squarcio ogni volta, facendogli rivivere ciò che era successo, facendolo sanguinare di nuovo.

Ricordandogli che non era il vecchio preside buono, gentile, quasi un padre, forse un nonno.

Ricordandogli che era stato giovane e mosso da passioni tanto forti che lo avevano spinto ad un gesto estremo con una giustificazione fasulla che era cascata appena aveva visto le lacrime versate di lei, che colpa non ne aveva.

Ricordandogli che era stato ambizioso, orgoglioso, a volte borioso. Pieno di sé e alla ricerca di qualcosa.

Nel disperato tentativo di sopprimere un sentimento che non sarebbe dovuto esistere e che era sfociato in una tragedia.

Non era sangue di morte, quello che era stato versato una notte di molto tempo prima.

Ma per lui era come se lo fosse.

Era sangue di vergine. Vergine innocente con l’unica colpa di avere una somiglianza che nessuno aveva visto, una somiglianza che, in effetti, non esisteva. Una somiglianza che era vissuta solo per un istante nella sua mente, mentre lei varcava quella soglia, senza sospetti.

 

Si passò in fretta una mano sugli occhi, prima che una lacrima cadesse sul legno consumato del tavolo di lavoro.

Qualcuno bussò alla porta e non aspettò neppure che dicesse avanti.

La figura della professoressa McGranitt apparve nel vano dell’ingresso, nel suo consueto abito dalla fattura un po’ antiquata, i capelli striati di bianco raccolti sulla sommità del capo con uno chignon  fermato da due lunghi spilloni con l’estremità elaborata. Gli occhialini rettangolari sul naso. La pelle del viso leggermente rugosa per l’età.

Quanto era passato, da allora?

La donna si mosse andandogli incontro e sistemandosi su una delle due poltroncine di fronte al preside.

Gli occhi guardarono appena dietro di lui, mettendo a fuoco la grande luna alle sue spalle. La bocca si deformò in un sorriso.

-          Ci stavi di nuovo pensando, vero? – chiese, alludendo a qualcosa che sapevano entrambi

Gli occhi azzurri del preside si sollevarono su di lei finchè non ne incontrarono un altro paio dal taglio sorridente. Lei lo sapeva, lei lo capiva, lei leggeva dentro di lui, ormai.

Era passato tanto da allora, eppure era come se nulla fosse cambiato: lei aveva perdonato, lui invece si torturava ancora per quei ricordi terribili e strazianti.

Il suo silenzio tirò di più le labbra della vicepreside, facendole assumere l’espressione che spesso rivolgeva ai suoi studenti quando doveva rimproverarli

-          Lo sapevo… - disse appena scuotendo la testa

-          Minerva… - fu tutto quello che disse l’uomo, sollevando la testa su di lei

-          Ricordi solo ciò che vuoi, Albus – fu il suo rimprovero alzandosi in piedi e scrutandolo dall’alto in basso – io ti ho perdonato. L’ho sempre fatto. Speravo che non dovessi soffrire così tanto… - gli occhi di lui parvero quasi stupiti, era raro che anche lei ricordasse quell’episodio – anche io ricordo quella scena ogni notte – aggiunse poi – ti ho detto una cosa, prima di perdonarti – aggiunse, mentre i lineamenti si distendevano e sulle labbra si formava un sorriso dolcissimo, ancora uguale a quello di tanti anni prima, che lo perdonava allo stesso modo – l’ho fatto per quello. Ricordatene – il sorriso parve divertito mentre le labbra si muovevano fino a sillabare, con lentezza, ciò che anche quella volta gli aveva detto.

Gli occhi dell’uomo anziano, si spalancarono

-          Tu lo sai – annuì lei – non te lo dimenticare. Perdona te stesso come ho fatto io. E se non puoi farlo, ricorda ciò che ti dissi.

E nel ripetere questo, la mano destra si alzò, cancellando la distanza tra di loro, lo sguardo ancora dolce, le labbra che sorridevano con altrettanta comprensione. Le dita di lei, ancora sporche d’inchiostro, gli occhi, forse più opachi, ma ancora azzurri. I capelli, ora non più lunghi sulla schiena, ma attorcigliati nella crocchia, la stessa treccia di allora.

Silente sorrise, si alzò a sua volta in piedi e allungò la mano destra anche lui, finchè le dita non s’incontrarono.

Lo sguardo serio.

-          Minerva… - disse con saggezza – io non potrò mai dimenticare. Forse non potrò perdonare. – gli occhi di lei annuirono senza che lei muovesse un muscolo, ben sapendo che sarebbe stato così, che lui non avrebbe potuto fare nulla di diverso, lo conosceva troppo bene, sapeva troppe cose di lui, ormai, dopo tanti anni trascorsi insieme. – ma una cosa volevo dirla

Parve sorpresa, mentre la mano di lui stringeva quella più minuta di lei

-          Tu non sei Ariana. Tu non assomigli a mia sorella. Solo questo posso dire e mi rendo conto che è poco. Ma tu non sei Ariana, Minerva

Le labbra si distesero, mentre una lacrima scendeva furtiva sulla guancia di lei, rigandole il viso non più giovane e appannando in parte le lenti.

Nessuno aveva idea di quanto fosse importante quella rivelazione per lei.

-          Forse non l’ho fatto perché assomigliavi a lei – continuò il rettore – ma sono ugualmente felice che tu mi abbia perdonato, anche se l’avessi fatto per quello.

-          Lo farò sempre. – confermò la donna

-          Non credevo che saresti riuscita a trovarmi – aggiunse – il dolore sarà sempre con me per quello che ho fatto. Ma la prossima notte di luna piena, ti prego, sii con me.

-          Ci sarò.

E senza dire una parola, si lanciò verso di lui, le lacrime ormai agli occhi, felice che entrambi avessero trovato finalmente il coraggio di rinvangare quell’avventura terribile accaduta più di cinquant’anni prima, di riviverla e di metterci una pietra sopra.

Più o meno.

Felice che, anche se non si erano lasciati il passato alle spalle, avrebbero potuto continuare insieme, come sperava da tanto, ormai, da quella lontana notte in cui gli aveva dato il suo perdono.

Silente l’abbracciò e sorrise.

Per la prima volta, sorrise in una notte di luna piena.

 

*          *          *

 

Spazio autrice: ciao a tutti!!! Ebbene sì, stiamo arrivando al settimo capitolo, quasi non ci credo, non mi pareva di procedere a questa velocità con l’altra fic, sarà che era la prima e quindi scrivevo molto di più…

In questo capitolo si vedono due situazioni decisamente drammatiche, la prima riguarda la storia ancora avvolta dal mistero di Malfoy con cui procederò nei prossimi capitoli salvo nuove idee, l’altra è quella ancor più deprimente di un giovane e ambizioso Silente.

Se posso dare un consiglio, fate molta attenzione ai dettagli perché ad entrambe le scene si farà riferimento più volte, soprattutto per quanto riguarda la storia del preside e della McGranitt che, tuttavia, riprenderò più avanti.

 

Credo di dover fare una piccola precisazione: nonostante la storia sia ambientata pressappoco dopo il 5° libro della saga (Silente è ancora vivo e vegeto e mi rifiuto categoricamente di farlo morire, almeno per il momento), per scrivere questa storia mi sono ispirata molto vagamente a quanto accaduto nel 7° libro appena uscito; con questo dico che non ci sono riferimenti alla vicenda narrata dalla nostra cara zia Row, tuttavia ho ripreso qualche idea, ovviamente rielaborandola in maniera sufficientemente confusionaria per essere spacciata per mia, quindi, occhio!

 

Bene, adesso passo ai ringraziamenti e ancora scusate se nel precedente post sono stata così sbrigativa, oggi ho fatto la verifica di mate e sono cotta come un prosciutto, domani informatica (almeno non c’è da studiare), quindi spero vorrete perdonarmi per eventuali errori (o orrori) ortografici nei ringraziamenti, ciao a tutti e un bacione a voi che seguite la mia fic, grazie a tutti!

Nyssa

 

Shavanna:, i cambiamenti ci sono e ci saranno, come si vede in questo capitolo in cui principale protagonista adesso è Herm nelle vesti di una bimbetta un po’ saccente ma decisamente adorabile ^^

Il traditore di cui parlano comparirà tra un po’ perché quel che Draco dice è ben poco rispetto a tutto quello che si tiene dentro e che rivelerò più avanti. Si scopre invece una nascosta e tormentata vicenda giovanile tra due professori (la classica relazione che non ci dovrebbe essere dal tono molto macabro), la loro storia verrà poi spiegata anch’essa più avanti quando si chiariranno tutti i perché e i percome.

Io spero che il capitolo ti piaccia, aspetto di avere una tua opinione, ciao e un bacione grande! Nyssa

 

Herm83: non dirlo a me, gennaio a scuola è il mese che odio di più perché mi sento veramente stanchissima e i prof sono insofferenti quanto me, quindi siamo tutti sul chi va là… Ehehe, come era successo nell’altra storia, anche qui siamo ancora nel momento dei misteri che compaiono, verranno svelati tra un po’, non tutti assieme e non tutti adesso, anche perché sto ancora curante il rapporto tra i protagonisti che dovrebbe cementarsi un pochettino ^_^

Aspetto di conoscere la tua opinione, ciao e a prestissimo! Nyssa

 

Potterina_88_: ehehe, mi sono fatta perdonare, hai visto? Doppia razione di storie altamente introspettive più pensieri depressi di Silente in una notte di luna piena (stavo delirando, si nota per caso?)…  povero Draco, adesso da 5 anni deve tornare alla sua pseudo-età e sorbirsi la Granger versione bimba petulante… spero che non me lo uccida… Vedi giusto, il tuo sesto senso consiglia bene perché i segreti sono appena iniziati e devono ancora essere scoperti, non sono neppure ancora arrivata alla fase dei nuovi personaggi, figuriamoci…

Io non ci scommetterei di essere così tanto brava come dici, ma passare l’esame mi sarebbe mooooolto comodo, di stare a scuola non ne ho decisamente più voglia… bene, aspetto un tuo responso al nuovo aggiornamento, ciao! e un bacio, Nyssa

 

Lord Martiya: che bello ritrovarti! Mi fa piacere vedere anche qui le tue recensioni! Mi scuso ancora per il ritardo e ti scuso per essere arrivato in ritardo, ma no problem, i misteri sono appena iniziati!

Sono sicura che la tua vista acuta funzionerà anche qui, sono curiosa di conoscere le tue opinioni su questa nuova fic!

PS: probabilmente l’ombra era proprio la sua… perdonami ma ho un vero e proprio odio per Cho, non tanto che la detesti, quanto che la facci sempre un po’ troppo stupida… ciao!

 

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Capitolo 8
*** A Natale si è (quasi) tutti più buoni ***


-

-          Ma lo sai che sei proprio una peste?

Dichiarò Draco Malfoy, come se avesse appena scoperto l’acqua nel pozzo

-          Non puoi certo aspettarti che rimanga qui a non fare nulla – borbottò una imbronciata bambina dai capelli castani mentre, tenendo in mano una matita, scarabocchiava qualcosa su di un foglio, seduta al tavolo della cucina.

Il suo (al momento) tutore, era prossimo ad una crisi di nervi mentre, sparpagliate intorno a lui, stavano cento piantine della biblioteca. La mezzosangue, e questo doveva prenderne atto, non si arrendeva facilmente e, se avesse continuato così, di certo l’avrebbe convinto a farsi coinvolgere in quella missione suicida che avrebbe avuto un ottimo titolo come “Andiamo a farci ammazzare” oppure “Intanto della pelle non me ne importa niente”.

Sospirò: era davvero così problematico anche lui quando si trasformava in un moccioso?

La Granger, comunque, non desisteva, le stava davvero provando tutte… si era fatta portare dal portiere un elenco della City, i numeri di telefono degli uffici pubblici e relativi enti e poi aveva telefonato ad una mezza dozzina di questi facendosi mandare “via fax” le rispettive piante di biblioteche e varie, indicando come scusa una “importante ricerca universitaria sull’architettura delle biblioteche dalla seconda metà del diciassettesimo secolo ad oggi”.

Probabilmente il tipo all’altro capo di quell’aggeggio chiamato telefono stava pensando di avere a che fare con qualche pazzo malato ricoverato al San Mungo, o come cavolo si chiamavano gli ospedali babbani. Dal canto suo, il piccolo generale saccente era continuamente attaccato alla cornetta a parlare da solo, dettando ordini come se fosse stata il Ministro della Magia fatto persona.

Sospirò mentre schiacciava a ripetizione i tasti colorati presenti sull’apparecchio chiedendo di parlare con Tizio e con Caio, mobilitando l’”Ufficio toponomastica”, l’”Accademia di Belle Arti”, il “Centro Londinese di Restauri d’Epoca” e altre associazioni.

Avrebbe avuto un futuro per gestire la corrispondenza di Potty, se già non lo faceva…

Nel frattempo la sua mano destra, quella con cui non teneva il telefono, scribacchiava con una comune penna babbana dall’aria particolarmente squallida su fogli e foglietti, appiccicando post-it ovunque.

Dopo un pomeriggio in sua compagnia, nonostante non avesse fatto molto per aiutarla, sentiva già un bel mal di testa pulsargli all’altezza delle tempie: non sarebbe resistito ad un altro assalto, doveva dissuaderla ora, al più presto, prima che la sua partecipazione alla missione rischia-tutto, che sembrava progettata da San Potter in persona tanto era pericolosa, venisse messa a verbale e protocollata.

-          Andiamo Granger, rilassati, è la Vigilia di Natale – le disse poco convinto – io ho fame e tutto quello che ci è rimasto sono dei biscotti rinsecchiti

-          Ho dei cracker nella borsa – disse lei senza alzare gli occhi infantili dalle scartoffie

Impossibile, il cenone della Vigilia a base di cracker e dello schifosissimo formaggio cheddar era qualcosa di abominevole perfino per un babbano!

-          Mi rifiuto – scandì categorico – voglio mangiare almeno qualcosa di caldo per il giorno prima di Natale! A scuola si staranno già ingozzando di tacchini e prosciutti, polli e polpettoni e noi dobbiamo fare la fame! – brontolò

-          Puoi sempre scaldare i surgelati che stanno nel congelatore – lo liquidò lei indicando appena con il mignolo, l’unico dito non impegnato a rovistare tra la carta, reggere penne, matite ed evidenziatori, il cassetto apribile sopra la cucina dal quale, ormai Draco lo sapeva, proveniva un freddo polare.

-          No

-          Allora aspetti

Sbuffò spazientito.

Se la mezzosangue era stata davvero una bambina simile, non si stupiva che a diciotto anni fosse ancora scompagnata e avesse dato il suo primo bacio meno di una settimana prima. Così non andava, avrebbe fatto saltare i nervi perfino a sua madre! Figuriamoci ad un possibile spasimante desideroso di portarla fuori e appartarsi in un luogo carino, intimo e romantico con lei… di sicuro gli avrebbe fatto una paternale circa la posizione poco ortodossa che faceva venire la scoliosi…

-          Ora basta! – gridò alla fine facendo un fascio delle carte sparpagliate e gettando il tutto sul divanetto – andiamo a mangiare fuori

-          Ti ho detto che ci sono i surgelati! – urlò arrabbiata lei, cercando di recuperare qualche foglio che cadeva mentre lui compiva quell’operazione tattica di trasporto

-          Senti, io di mangiare della pietra che i babbani spacciano per commestibile non ne ho voglia. A Diagon Alley c’è un ristorante carino, perché non possiamo mangiare fuori?

-          Perché non dobbiamo dare nell’occhio – si lamentò lei citandogli a menadito le parole di Raymond e di Silente, per concludere col predicozzo che aveva fatto loro la McGranitt, terminato da uno dei suoi sospiri significativi.

-          Mi tingerò i capelli

-          Oh, andiamo, hai un modo di fare riconoscibile tra mille, perfino un cieco saprebbe distinguerti in mezzo ad uno stadio!

-          Sì lo so – mormorò lui con un sorrisetto compiaciuto di falsa modestia

-          Non in quel senso! Vabbè. Non abbiamo bisogno di andare a Diagon Alley, possiamo comprare da un take-away, magari prendiamo una pizza…

-          Intendi quella roba caustica che mi hai propinato anche l’altra sera?

-          Precisamente – rispose acida, per niente contenta degli aggettivi che lui stava utilizzando per descrivere le sue abitudini culinarie – sfido io che i babbani durano poco, a trent’anni non hanno più di intestino!

-          Finiscila con tutte queste storie, non tutti siamo stati allevati a filetto e crepe Suzette, a me piace come ho mangiato fin’ora!

-          E si contano i danni nella tua follia cerebrale. Andiamo, è la Vigilia di Natale!

Non aveva mai visto Malfoy così desideroso di andare a mangiare fuori sembrava un bambino… in genere preferiva rimanersene chiuso in casa piuttosto che mischiarsi tra la gente comune che andava a fare compere o tornava dal lavoro.

Contò mentalmente: se avessero preso un taxi, arrivare alla bettola da cui si accedeva alla Strada dei Maghi sarebbe stato facilissimo.

Ma era saggio addentrarsi in quel mondo?

Solo il giorno prima avevano incontrato dei mangiamorte in biblioteca, no, dico, in biblioteca! Non ci si incontrano i babbani e loro andavano a trovarci dei maghi… ah, i casi della vita… comunque, era davvero saggio uscire?

Era quasi sera, Hyde Park era illuminato da ghirlande di lucine colorate e lampeggianti che davano un tocco di vita, le strade erano invase da Babbo Natale che chiedevano fondi per ospedali e orfanotrofi e da altre persone con fini decisamente meno nobili che miravano, invece, a fondi per le loro tasche. Un coretto di bambini aveva passeggiato tutto il pomeriggio per i sentieri del parco cantano inni natalizi capeggiato da una suora che era quasi venuta alle mani con un rockettaro all’angolo che proponeva la sua personalissima versione techno-rap del consueto “Venite fedeli”. I bambini, con ogni probabilità, erano rimasti traumatizzati.

I soliti sportivi irriducibili si stavano ancora affannando in gare di resistenza contro il gelo, sfoggiando pantaloncini di lycra sopra il ginocchio e iPod ultima generazione nelle orecchie mentre facevano jogging come se partecipassero alla maratona di New York e andavano in bici come se il terreno non fosse il solito ghiaietto, ma una landa dissestata degna della “Carrera della muerte” o a una Parigi-Dakar versione mountain-bike.

Sospirò sconsolata.

Malferret la guardava con gli occhi da cane bastonato. Non aveva scelta, non poteva negare che Natale non lo si passava a base di sottaceti e tonno al naturale, come impedirgli di viverlo tra lussi e agi?

-          Purché paghi tu – puntualizzò facendo un rapido calcolo di quanto rimaneva ancora loro da spendere, il budget era a posto, sarebbe bastato anche con quella follia, ma Malfoy doveva imparare a prendersi le sue responsabilità: lui voleva mangiare fuori? Ok, però pagava di tasca sua, tanto i soldi non gli mancavano

-          D’accordo, ma non pensavo che fossi così pigna verde – sbuffò

-          E niente posti sofisticati, vorrei mangiare, non guardare una mostra di nouvelle cousin

-          Hai ancora qualcosa da aggiungere?

-          Preferirei che costasse poco – sentenziò

-          Che t’importa, tanto pago io…

-          Mi fai sentire in debito – brontolò

-          Bene, riscuoterò quando sarà necessario

-          Non contarci

Arricciando leggermente la gonna, Hermione si sentì pronta per quello che era senz’altro l’evento più mondano dell’anno, visto che il pranzo di lavoro di sua madre a cui era stata aveva richiesto solo una camicia bianca e la cena a scuola in onore del compleanno di Silente era stata allietata dal quartetto musicale di Nick-quasi-senza-testa, il che la diceva lunga sull’abbigliamento a cui fossero costretti i poveri ospiti (e c’era qualcuno che ancora si domandava come mai la maggior parte degli studenti avesse disertato il party, frequentatissimo, invece, da persone che sembravano sbucate da libri illustrati de “la moda durante i secoli” ai quali, però, era stata malamente sottratta l’epoca iniziata circa cento anni prima).

Beh, pazienza, sempre meglio della festa in maschera a cui Lavanda e i Canon&Canon l’avrebbero costretta se fosse rimasta a Hogwarts, per  non parlare del bacio di beneficenza assieme alla serpe!

… quello però era un argomento da evitare.

 

Draco la guardò dopo il ritocchino che aveva fatto ai vestiti

-          Pretendi che ti porti da qualche parte vestita in quel modo? – indagò scettico

-          Perché, cos’ha adesso che non va il mio abito

-          Ma insomma, sembri appena scappata da Aushwitz, non puoi pretendere che ti porti a mangiare fuori con quello straccio

-          Lo “straccio” in questione è uno dei miei vestiti preferiti – non era vero, ma se lui aveva voglia di piantare delle grande, bene, l’avrebbe fatto anche lei. – eppoi ho a malapena otto anni – bofonchiò contrariata guardando il corpo di bambina che si ritrovava.

Era strano, pensò mentre lo scrutava in maniera per niente amichevole, quando lui era passato dallo stato di bambino a quello di adulto la prima volta, non aveva sentito niente e neppure quando da dieci anni se ne era ritrovati cinque. Uguale cosa per lei quando da ventisettenne ormai donna aveva sentito il proprio corpo cambiare, finchè le sue dimensioni non avevano raggiunto quelle di una qualsiasi bimba delle elementari.

Ma allora cosa erano state quelle fiamme?

E che incantesimo aveva pronunciato?

Nella furia del momento, preoccupata per come stava lui, si era gettata sul letto chiudendo il libro e adesso non sapeva più ritrovare la pagina dove aveva letto quelle parole che avevano scatenato quella magia potentissima e terribile, tanto distruttiva che le era perfino tremato il braccio quando l’aveva lanciata, una cosa che accadeva solamente quando invocava il patronus.

Lui non aveva ancora risposto alla miriade di domande che gli poneva ogni giorno e lei aveva accettato la cosa, dimenticandola pian piano mentre si faceva posto nel suo cervello per la nuova minaccia dei mangiamorte. Ma la stranezza non era sparita e prima o poi sarebbe riuscita a estorcergli qualche parola a proposito: a volte lui sembrava quasi lì per dire qualcosa eppoi si fermava prima di pronunciare la prima sillaba, voltando gli occhi e guardando distante.

-          Che ne dici di questo? – intervenne la voce di lui, insinuandosi nei suoi pensieri e facendola quasi sussultare.

Draco Malfoy se ne stava in attesa, un po’ scocciato, con una tela ripiegata di velluto, rifinita con passamaneria dorata: sembrava piuttosto polverosa

-          Che vorresti farci con quella tenda invernale? – dato che Raymond trascorreva la maggior parte dei Natali a Hogwarts, era raro che cambiasse le tende dalla primavera all’inverno, esattamente come dimostravano quelle di tessuto leggero che stavano ora svolazzando con lo spiraglio che filtrava dalle imposte socchiuse.

-          Beh, adesso che ho la mia bacchetta…

Incominciò il biondo con un sorriso sadico sul viso. L’enormità, ma soprattutto la gravità di quanto avrebbe fatto la colpirono come un pugno allo stomaco.

Che qualcuno la risparmiasse, ma quello NO!

-          Assolutamente NO! – chiarì lei, per niente diplomatica

-          Andiamo, mezzosangue, staresti così bene… - appunto, voleva vestirla con una tenda da casa? Ma quello era fulminato completo!

-          Sta a vedere – le disse raccattando la bacchetta che, magicamente rimessasi a funzionare, rispose pronta al suo richiamo; in due minuti la forma piatta della tenda scomparve per lasciare il posto ad un delizioso vestitino rosso e nero con bordino dorato e collettino scuro molto chic. Insomma, perfetto per una brava bambina dalle tasche piene di soldi.

-          Se ti aspetti che io indossi quel coso tutto fronzoli caschi male – gli rispose acida

-          E se tu stai cercando di sabotare la mia uscita a cena, sappi che non ci riuscirai – dichiarò altrettanto lui con convinzione – dopotutto lo faccio anche per te…

-          Per me? – indagò scettica

-          Ma come, credevo che fosse usanza babbana abbuffarsi alla Vigilia e scartare regali e altre cose…

-          Mi sembrava che nel mondo magico non fosse tutto così diverso – propose

-          Eppoi devo farmi perdonare per averti fatta piangere

Silenzio.

Che aveva detto?

Che voleva farsi perdonare? … doveva proprio aver ricevuto una botta in testa, ma bella forte, anche! Era ancora da decidere se il destinatario della botta fosse lui che aveva detto quelle cose o lei che aveva capito male.

Malfoy la guardò con un sorriso irresistibile: ok, l’aveva detto solo per convincerla, ma intanto, cosa sarebbe cambiato se si fosse trattato della verità?

-          Da’ qui – disse alla fine strappandoglielo dalle mani e andando a nascondersi nella cabina armadio

Draco annuì compiaciuto: ottenere ciò che voleva era il suo lavoro e, modestamente, gli riusciva anche particolarmente bene.

 

*          *          *

 

Il ristorantino grazioso dove lui aveva deciso di portarla era qualcosa che non aveva niente a che vedere con i normali canoni di bellezza costituendo, da solo, il museo di tutte le epoche storiche trascorse dalla Creazione ad oggi.

L’ingresso assomigliava a quello del Ghirigoro, con ampi finestroni a riquadri e lumi di candela ovunque.

I tavoli raccontavano la loro storia attraverso le zampe di leone, cervo, orso e leopardi che li sorreggevano.

La clientela era varia, ma per lo più costituita da stravaganti coppie o gruppi di amici di mezza età, qualche compagnia venuta per festeggiare, molti irlandesi dai capelli rossi e il caratteristico trifoglio appuntato sul cappello di feltro.

L’abbigliamento dei “fortunati”, che sembravano trasudare denaro perfino dalla pelle, lasciava pensare a intere colonie di bachi da seta rimasti senza casa, con un minimo contributo di pecore merino.

Le dame osservavano i presenti attraverso stravaganti monocoli e binocoli come usava nell’Ottocento e le loro scarpe con tacco alla vittorina facevano un suono molto caratteristico mentre percorrevano il pregiato parquet tirato a lucido.

Su ogni tavolo era sistemato un vaso con un fiore e, per la ricorrenza, una stella di Natale era la decorazione.

Malfoy la tenne per mano mentre lei procedeva imbronciata tra la folla e lui rivolgeva sorrisi soddisfatti al locale che, evidentemente, soddisfaceva i suoi sofisticati criteri estetici. Quelli di lei erano rimasti a casa.

 

Si accomodarono ad un tavolino d’angolo lontano dalle finestre, così che i passanti non potessero vederli e riconoscere di striscio una certa somiglianza del moro in questione con l’affascinante ghiacciolo rampollo dei Malfoy.

 

Hermione sbuffò dell’abitino ridicolo che alla fine aveva deciso di mettersi e fu tentata di strapparsi dai capelli il fiocco di velluto nero che aveva insistito per appuntarle. Se le occhiate erano parole, in quel momento lui si stava sopportando una bella paternale coi controfiocchi tipo quelle della McGranitt.

Una graziosa cameriera raggiunse la loro postazione per chiedere le ordinazioni.

La Caposcuola la studiò e lesse il cartellino appuntato sulla divisa da “strega babbana” che la tipa in questione indossava.

Si chiamava Tammi, senza la “y”. Il biondastro le sorrise appena e questa sfoderò trentadue denti, prodigandosi in una scelta del vino che, decisamente, non le spettava, esaltando la qualità del dessert e la compagnia del locale.

Sarà stata anche una “casta verginella” ma i feromoni di quella stavano appestando l’aria. Le lanciò un’occhiataccia che, nel suo gergo, significava di stare alla larga.

Malferret sorrise di quel tentativo, annuì per l’ennesima volta, ordinò per entrambi e congedò la chiacchierona che stava facendo salire il livello di frustrazione della sua damina.

-          Mi sembri un po’ gelosa – le disse

-          Come è vero che Gazza ha una fidanzata

Lui rise della battuta e lei se ne stupì.

-          Che te ne pare del locale? – le domandò ancora

-          È kitch – rispose fredda

-          Mia madre pensa che sia simpatico

-          E tu? – indagò

-          Il servizio ai tavoli è pessimo

Lanciò gli occhi al cielo e scosse la testa, gesto che, decisamente, non le si addiceva nella forma in cui si trovava.

Tammi tornò con due porzioni miserevoli di antipasti, promettendo che il loro menu natalizio sarebbe presto arrivato e, nel frattempo, di assaggiare la specialità.

Spaventosa quella bocca piena di denti! Riflettè lei mentre la cameriera si sporgeva verso il biondastro (ormai moro) per illustrargli gli ingredienti e, nel frattempo, mettendo in mostra una buona porzione di decolleté che minacciava di sfuggire all’intrico di legacci che teneva il corpetto dell’abito.

Giusto quel che ci voleva per farle passare l’appetito

-          Che bambina silenziosa… - gli sussurrò poi

La Granger, però, capì ugualmente e nell’arco di un secondo la incenerì con lo sguardo mentre questa scappava con la coda tra le gambe.

“Vorrei vedere te se una perfetta sconosciuta ci stesse provando col tuo pseudo padre”, rimuginò nella sua mente.

Grazie al cielo, però, l’antipasto era discretamente buono.

Esattamente come l’umore della serpe.

-          Chissà che staranno facendo gli altri in questo momento – pensò mentre infilzava la sua porzione di ravioli

-          Probabilmente avranno dato fondo alle scorte di Hogwarts – rispose lui bevendo un vino rosso dal colore seducente – la Donnola senz’altro lo ha fatto

-          Smettila – lo ammonì

Lui fece spallucce e tornò al suo calice di Borgogna.

-          Un po’ mi mancano – ammise studiando un impettito cameriere svolazzare di qua e di là con le portate in bilico tra le mani. – a te non manca Blaise

Malfoy nascose il rossore che gli si formò sulle guance dietro allo strato di vetro del bicchiere.

La Granger aveva ragione, nonostante stare con lei fosse divertente e non andare a scuola anche di più, gli mancava la compagnia del suo migliore amico, le sue battutacce politicamente scorrette e il suo umorismo a sfondo sessuale, con la mezzosangue, invece, come si faceva il minimo accenno era un tripudio di gradazioni carminio e fucsia!

A dirla tutta, gli mancavano anche le rappresaglie al Grifondoro, chiacchierare con Daphne e Pansy in Sala Comune e progettare qualche scherzetto ai danni delle altre classi; anche salire su una scopa e farsi un volo sopra la scuola era qualcosa di cui sentiva la mancanza…

Guardò la Granger col musetto sporco di sugo al ragù che, sentendosi osservata, alzò gli occhi stupita aspettando che dicesse qualcosa, tutto ciò che ottenne, però, fu una risata sincera mentre Malferret la ammirava.

Però non avrebbe barattato quella settimana insieme con dieci a scuola.

-          Senti un po’, Malferret – disse alzando un sopracciglio e affrettandosi a fregare le labbra con il tovagliolo – io sono venuta qui per farti un piacere, dunque il 27, quando riaprirà la biblioteca, tu verrai con me a dare un’occhiata

-          Credevo che fossi io quello che doveva riscuotere visto che ti sentivi in debito – sottolineò

-          Dettagli

-          Toglimi una curiosità, perché ci tieni tanto a mettere il naso in questa faccenda? È pericolosa e piena di gente che non esiterebbe un istante a schiantarti, ci sono maghi cattivi, molto… perché ti interessa tanto?

-          Siamo qui da una settimana ormai e tutto quello che facciamo è oziare e girare per Hyde Park, voglio sapere che cosa c’è dietro quello scaffale dei romanzi. – lui scosse la testa

-          Silente vorrebbe che tornassimo tutti e due interi, tu soprattutto – rispose a bassa voce in modo che gli altri avventori non udissero la loro conversazione

-          Oh, andiamo, non succederà niente… - brontolò lei

-          Voi Grifondoro siete estremamente incoscienti quando vi ci mettete, lo sai?

-          Non è vero!

-          Sì che lo è, fate tante storie sul rispetto delle regole e tutto quanto, ma quando vi mettete in testa qualcosa, cascasse il mondo, non arretrate di un passo

Hermione non seppe se prenderlo per un complimento oppure no, ma visto che era quasi Natale, gli lasciò il beneficio del dubbio e attese che continuasse la frase

-          Te e quegli altri due avete rischiato di rimetterci la vita un fottio di volte, non ne hai ancora abbastanza? Sei stata pietrificata da un basilisco, quasi uccisa al Ministero, probabilmente avresti dovuto prenderti qualche bella punizione dalla Umbridge ed è solo grazie al mantello di Harry se Piton

-          Come lo sai?! – urlò quasi smettendo istantaneamente di mangiare e posando la posata sul piatto

Gli occhi di lui si spostarono dal visetto infantile ad un candelabro che ardeva poco distante dal suo braccio e che fluttuava nell’aria con naturalezza

-          Non me lo chiedere – rispose come, ormai, faceva la maggior parte delle volte per le sue domande

-          È un’altra cosa che non mi puoi dire? – indagò lei, le sopraccigli abbassate, gli occhi fissi e in ansia

-         

Pausa, silenzio mentre si udiva in sottofondo il ticchettio delle stoviglie, il rumore dei piatti che appoggiano sul legno rivestito dalla tovaglia, il suono sordo dei tacchi che battevano sul pavimento e quello appena percettibile del fuoco dei gamberetti flambé.

-          Perché ci sono così tante cose che non mi puoi dire? – lui non rispose – perché hai così tanti segreti, quando non ne hai mai avuti?

Gli occhi azzurri si fissarono in quelli ambrati scurendosi progressivamente mentre lei riusciva a riconoscere la rabbia montargli dentro e crescere come un ciclone

-          Cosa vuoi saperne dei miei segreti – le disse furioso – nessuno ne ha mai saputo niente, ma ce ne sono sempre stati. Eppure voi guardate, dall’alto della vostra perfezione Gryffindor, giudicate e condannate gli altri senza sapere che cosa c’è dietro. Cosa credi che facciano i tuoi cari compagni ogni volta che mi incrociano? Forse non me lo dicono in faccia, ma sento quando la parola “mangiamorte” viene pronunciata dietro le mie spalle.

-          Io non l’ho mai fatto – precisò lei un po’ intimorita da quell’invettiva

-          È vero, ma intanto parti dal presupposto che questa sia la prima volta che ti nascondo qualcosa. Ma c’è mai stato qualcuno che ha mai voluto conoscere solo per me? Credi che ci sia mai stato? Perfino tu, perfetta Caposcuola, mi hai giudicato. E non so come mai il tuo giudizio è stato differente da quello degli altri perché le tue belle labbra non hanno effettivamente mai pronunciato quella parola blasfema dietro di me e neppure in faccia. Ma perché vuoi sapere? Perché sei curiosa, perché ti viene nascosto qualcosa… non certo perché ti preoccupi, perché sono io, perché è un segreto della mia famiglia, perché forse qualcuno ci sta male… - gli occhi di lei si indurirono mentre lui parlava. E aveva maledettamente ragione. Ma non era con cattiveria che gli poneva quelle domande.

-          Quanto tempo è che ci conosciamo? – chiese infine senza spostare gli occhi

-          Più o meno sette anni – lei annuì

-          E quanto tempo è che credi abbia saputo tutto questo? – capiva dove voleva andare a parare, visto che erano sempre stati distanti, era normale che lei non si preoccupasse per lui, che non desiderasse conoscerlo… con quel che le aveva fatto passare in quei giorni, poi, era più che comprensibile.

-          Una settimana – rispose preciso

-          Molto bene. Credi che potresti confidarti con una persona con cui sei amico da una settimana?

-          Ti sei bevuta il cervello? – indagò scettico, lei scosse la testa

-          All’inizio ho pensato che, visto che non ci siamo sopportati per così tanto, fosse normale non preoccuparsi, soprattutto di qualcuno che ti chiama abitualmente con l’insulto più cattivo che riesce a trovare nel suo vocabolario. Ma poi ho riflettuto che in questi sette giorni… beh, è un po’ come se qualcosa fosse cambiato. Perché noi siamo un po’ amici, ormai, vero?

Sembrava che ci fosse della speranza che brillava tra quelle pagliuzze dorate nei suoi occhi e che non riuscivano a far uscire quel NO che gli ronzava nel petto. Lui non ci aveva riflettuto, ma, forse, anche se non erano proprio come amici, sì, qualcosa era cambiato nel loro rapporto.

E dannazione, lui VOLEVA una amica come lei.

-          Granger, io e te non siamo amici – rispose alla fine e vedere quel fuoco che le bruciava negli occhi spegnersi d’improvviso fu terribile – ma non lo siamo perché non abbiamo voluto esserlo, né io né te. Tu non hai bisogno di un amico come me, sempre che io possa essere chiamato amico… e io…

-          Non hai bisogno di una mezzosangue schifosa tra i piedi

-          Anche – annuì – ma… soprattutto… non posso coinvolgerti in questa storia. Non l’ho fatto con Blaise, e credo che tu ci definiresti amici, e non lo farei con te. Quindi non credo che te ne parlerei.

Stranamente, a differenza di tutto quello che si sarebbe aspettato, lei sorrise

 

-          Ti sei dimenticato di dire che NON VUOI una amica come me – aggiunse, lui fece per aprire la bocca, ma lei lo precedette – sono contenta che tu non l’abbia detto…

E il sorriso divenne dolcissimo, mentre lo guardava con gratitudine per quelle due parole che non avevano lasciato la sua bocca e che, forse, non erano neppure state pensate. Una volta sarebbe stato così, l’avrebbe pensato e detto. Ora non più.

Forse qualcosa era davvero cambiato.

 

-          Ehi Granger – aggiunse poi, sollevato di vedere quelle labbra sorridere – se un giorno si sistemerà tutto te lo dirò

-          Cercherò di preoccuparmi un po’ di più – annuì lei a sua volta – ma se tu non mi dici per cosa, sarà molto difficile

 

*          *          *

 

Come tutti sanno, trovare un taxi la notte di Natale è un’impresa impossibile.

Idem per un mezzo pubblico.

Ed era per questo che, tra le luci accese sopra le strade e attorcigliate sui lampioni si riuscivano a scorgere due figure camminare nei marciapiedi decisamente meno affollati del solito.

La ressa che giornalmente invadeva la Londra babbana scompariva la notte della Vigilia per lasciare il posto a signore in pelliccia con borse piene di regali e persone che si dirigevano alla messa natalizia.

 

Draco ed Hermione rabbrividirono nel freddo dell’inverno e proseguirono di qualche passo mentre a turno strofinavano le mani coperte dai guanti le une contro le altre, nella speranza di creare un minimo di calore.

Malfoy avanzava nel suo loden verde scuro, così intenso che poteva sembrare nero, la sciarpa che pendeva leggermente dietro la schiena e le mani infilate nelle tasche laterali.

E dalla tasca destra spuntava un altro braccio, più piccolo e sottile che risaltava di un rosso brillante e che apparteneva ad una bimbetta che gli camminava a fianco con una certa fatica per tenere il passo veloce con cui stava accorciando a distanza tra l’attico di Raymond e Diagon Alley, da dove erano partiti.

Hermione rabbrividì ancora e proseguì finché il Big Ben non rintoccò la mezzanotte. Alzò gli occhi in cielo a guardare l’imponente e maestosa figura dell’orologio della capitale illuminato da una luce dorata nella notte scura.

A turno, tutte le chiese della città fecero squillare le loro campane e un coro di tonfi e sbatacchii li accompagnò fino all’ingresso di Hyde Park, finché un rumore familiare, proveniente direttamente dalla sua infanzia, non la riscosse dalla contemplazione del gelo londinese e le fece alzare e voltare la testa di scatto, incurante del vento gelido che le scompigliava i capelli e le arrossava le guance.

Malferret si accorse che lei si era fermata e si posizionò al suo fianco, guardandola prima negli occhi persi oltre e poi spostando i propri nella direzione in cui la ragazza (al momento bambina) stava guardando.

Una piccola chiesetta di pietre era posta sul verde di un prato, la struttura semplicissima dalla caratteristica forma a capanna e un campanile non troppo slanciato che terminava con un’unica campana e una croce latina.

Le iridi ambrate di lei sembravano ammirare quella costruzione, ma erano i ricordi di quando aveva l’età che adesso dimostrava che le scorrevano davanti, riportandole alla memoria molte immagini che credeva dimenticate.

-          E’ una chiesa – disse lui avvicinandosi appena

-          È Saint Raphael – rispose lei muovendo un passo verso la porta appena accostata dell’ingresso

-          È cattolica – aggiunse lui seguendola mentre, lo vedeva, voleva entrare. Le chiese cattoliche erano riconoscibili a colpo d’occhio, avevano una struttura più massiccia e avevano un’aura particolare che era inconfondibile

-         

Una risposta semplice. Lei sembrava essere persa in un mondo distante del quale lui non faceva parte, qualcosa che non conosceva di lei, probabilmente legato a quegli anni e quei mesi in cui non erano a scuola insieme.

E un po’ adesso capiva come doveva sentirsi a parlare di un mondo dal quale probabilmente lei era esclusa, quel mondo di cui taceva…

 

Le manine piccole fasciate dai guantoni di lana si posarono sul legno vecchiotto dell’uscio, spingendolo appena verso l’interno e rivelando la forma a croce greca dell’edificio.

Mosse un passo per entrare, ma lui, questa volta, non la seguì, rimase fermò sulla soglia, scrutando con aria cupa l’intero caldo e illuminato di quella chiesetta deserta.

-          Ferma! – le disse prima che il piede infantile potesse oltrepassare la soglia

-          Che cosa c’è? – chiese lei, a sua volta, guardandolo stupita. L’aveva seguita fin lì, perché all’improvviso si era arrestato?

-          Non entrare – sembrava una supplica quella che le rivolgeva e gli occhi velati di tristezza, esattamente come quelli di lei che non potevano ricongiungersi con ricordi antichi.

-          Ma…

Vide una smorfia di dolore storpiargli i lineamenti fini del viso e poi, la mano destra con cui prima la teneva per mano, spostarsi sul braccio sinistro e stringerlo con rabbia.

Il Marchio Nero.

-          Ti fa male? – chiese preoccupata arretrando. Fu tentato di annuire, così che potessero ritornarsene a casa senza dover mettere piede lì, ma quello sguardo che le leggeva fece crollare ogni proposito di mentirle: c’era una cosa nella Granger che impediva di ingannarla, perfino quando voleva sapere qualcosa che non poteva dirle; sarebbe stato più facile raccontarle una palla qualsiasi, ma non c’era riuscito la prima volta e non ci riusciva neppure adesso.

-          No – fu tutto quello che le disse, anche quella era una bugia, ma lo faceva per proteggerla. Gli occhi di lei, tuttavia, non cambiarono espressione: si era accorta che non era vero. – ma uno come me non può entrare in un posto come questo…

La testolina coperta di boccoli si alzò verso la grossa croce che sovrastava l’ingresso

-          Perché? – domandò innocente, senza capire, lui sbuffò

-          Granger, sono un traditore e sono stato marchiato, lo sarò sempre, potrò anche non crederci, ma ho il marchio più o meno visibile che lo sono stato rimarrà

-          Tu non lo sei mai stato – sottolineò lei, lui spostò lo sguardo per non dover incontrare quelle iridi indagatrici

-          Non cambia nulla. Ricordi cosa disse Dio a Caino? “Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato”, non ti ricorda un poco il Marchio? Caino fu fuggiasco e si nascose da Dio, così come i mangiamorte si nascondono. Tutti riconoscono un mangiamorte dal Marchio.

-          Come sai tutte queste cose? – gli domandò colpita, lui non rispose - La chiesa è il luogo dove si confessano i peccati e dove essi vengono perdonati. Non è forse così? – disse lei

-          Caino non è mai stato perdonato – rispose Draco

-          Gesù Cristo è venuto sulla terra per portarci il perdono, ha perdonato anche chi l’ha ucciso. Tu hai ucciso qualcuno? Hai ucciso tuo fratello? – lui esitò e poi scosse la testa, lei gli prese la mano

-          Allora vieni, non hai motivo di temere

 

Malfoy non era convinto, temeva quel posto e se fosse stato per lui non vi sarebbe mai entrato.

Perché, invece, lei voleva tanto andarci?

 Gli prese la mano e si fermò a guardare la navata silenziosa, invasa solo dalla musica di un organo che suonava sopra le loro teste, lo fece avvicinare ad una statua della Vergine e mise una moneta per accendere una candela, poi chinò la testa e pregò.

-          Quando ero bambina mia nonna mi portava sempre a Saint Raphael la notte di Natale – gli spiegò paziente, ma i suoi occhi erano di nuovo distanti – e prima di uscire accendeva un lume alla Madonna… vorrei che potesse continuare a farlo…

-          Dov’è tua nonna ora? – le domandò un poco toccato da quelle parole

-          In Cielo – rispose

E senza dire altro, fece il segno di croce e uscì.

 

-          Le volevi bene, vero? – le chiese dopo che la porta si fu richiusa dietro di loro, lei annuì con la testa e una lacrima le rigò la guancia, facendole sentire ancora più freddo – mi dispiace…

Sembrava stranamente sincero mentre, posando gli occhi azzurri lontano, mormorava appena quelle parole che si persero nel vento sferzante della notte.

E le parve che il cuore non fosse più così freddo come lo era fino a poco prima; sollevò le iridi, riscaldate da un nuovo sentimento e lo ringraziò tacitamente per quello che aveva detto, non erano parole che si sentissero spesso dette da qualcuno come il Principe delle Serpi. E poi anche un’altra sensazione… che lui fosse sempre distante, troppo distante… se fossero tornati a scuola, che cosa sarebbe successo? Si sarebbe perso tutto quel poco che avevano conquistato in quella settimana trascorsa insieme? Ebbe paura della risposta e per questo si affrettò a camminare e sbrigarsi per ritornare a casa.

 

*          *          *

 

Un suono semplice la svegliò quella mattina.

Il sole del giorno dopo Natale la colpì sugli occhi dopo aver scacciato le nubi della sera precedente assieme alle lacrime che aveva silenziosamente versato quella notte.

Sollevò le palpebre e si guardò attorno cercando di identificare l’origine di quel rumore: il campanello della porta.

Alzò un braccio e si portò la mano con le dita aperte davanti al viso: era tornata ad avere una ventina d’anni… ciò significava che lui doveva averne di nuovo una decina…

Fece per grattarsi il petto per poi alzarsi ed andare ad aprire la porta quando, appoggiando la mano sul torace, sentì qualcosa che, decisamente non doveva trovarsi lì. Tastò la forma di una mano infantile e girando preoccupata la testa vide la figura nuovamente di bambino di dieci anni di lui che dormiva su un fianco, appoggiato su di lei, il braccio aperto con noncuranza sul suo seno

 

Un urlo spaventoso invase la stanza mentre lei sentiva le dita infantili appoggiare dove non dovevano

-          Tieni le mani a posto, porco! – gridò alzandosi a sedere di scatto e svegliando anche lui che aprì gli occhi ancora insonnoliti, si inginocchiò sulle lenzuola e stiracchiò accorgendosi che la maglia che si era messo per andare a dormire ormai gli faceva da vestito

-          Che cazzo hai da gridare alle otto di mattina? – sbraitò a sua volta a tono altrettanto alto

-          Ti avevo detto che non dovevi starmi appiccicato di notte! – ribatté lei

-          Sei stata te che sei finita nella mia parte di letto! – rispose acido. Evviva il “si è tutti più buoni a Natale”…

-          Non è vero!

-          Sì che è vero!

 

Oltre la porta, Harry scambiò un’occhiata con Ginny dopo aver assistito a quel bisticcio mattutino che riusciva quasi a figurarsi nonostante il legno spesso dell’uscio non glielo permettesse, la sorellina di Ron sembrava tremendamente a disagio e anche lui si sentiva un po’ fuori posto. Vide le nocche di lei farsi bianche mentre stringeva tra le mani un cestino con qualche dolce fatto in casa che Molly Weasley aveva dato loro da portare ad Hermione.

Preoccupato alzò gli occhi sull’altra figura che era assieme a loro

-          Come accidenti fai a essere così tranquillo? – chiese all’indirizzo di Blaise che gli stava accanto divertito scrutando la paratia con il numero della stanza.

Per tutta risposta lo Slytherin, vestito con abiti babbani, ma i cui pantaloni avevano comunque una impeccabile piega sul davanti, gli rivolse un sorriso da fotoromanzo che la diceva lunga su quel che pensava anche se, al momento, Harry era più preoccupato che altro.

-          Herm sa badare a se stessa – gli rispose infine vedendo che l’ansia del bambino sopravvissuto cresceva come la probabilità di ritrovarsi Draco con cinque dita stampate in faccia visti gli sviluppi del litigio oltre la porta che non aveva accennato a placarsi.

Sorrise ancora e suonò di nuovo, forse era il caso di darci un taglio prima che uno dei due dall’altra parte uccidesse l’altro a suon di schiantesimi

 

*          *          *

 

Spazio autrice: ehehehe, questo è il secondo Natale che metto nelle mie fic su Harry Potter, ormai sta diventando un’abitudine… a mia discolpa posso dire che è la festa che mi piace di più e quindi adoro descriverla in tutte le sue varie sfumature.

Bene bene… sto scrivendo qualche capitolo più avanti e, ovviamente, sono tormentata dai dubbi perché stiamo entrando nella parte centrale della storia, anche se, temo, su quella mi dilungherò parecchio, spero solo di riuscire a rimanere nel limite dei 20 capitoli che mi sono imposta sennò il seguito delle Relazioni, con l’esame alle porte me lo sogno di notte.

Spero tanto che questo capitolo vi piaccia e mi auguro che, anche questa volta, mi lascerete un commento!

Un bacio grandissimo alla madrina di questa fic, VAI IRE, LE TUE FIC SONO MERAVIGLIOSE!!!

E un saluto gigante a tutti i lettori ritrovati dopo tanto…

Un bacio invece a tutti i nuovi arrivati, non credevo che potesse esserci così tanta gente a seguire le mie storie, sono commossa, grazie! Vi stringerei la mano con le lacrime agli occhi ad uno ad uno, ma sfortunatamente non ho tempo perché il compito di statistica di martedì mi aspetta e la strega, pardon, la prof di mate, mi fa uscire di testa più del solito XP

Ciao!

Nyssa

 

Lord Martiya: confesserò la mia ignoranza: non so cosa sia la dichiarazione di San Pietroburgo, anche se ha un bel nome, quindi forse è il caso che mi aggiorni :P

Non avevo mai pensato ad un intervento della Guardia Reale nella vicenda, ma chissà, potrebbe sempre succedere, comunque credo anche io che la Regina, visto che è il Capo di Stato inglese sia a conoscenza del mondo magico e co.

Spero che ti piaccia anche questo ottavo capitolo, aspetto di sapere che cosa ne dici, ciao e a presto! Nyssa

 

luana1985: beh, anche se a me avrebbe fatto più piacere se non si fosse nascosto, forse ha fatto bene, già la Granger ne sarebbe rimasta traumatizzata da grande, figuriamoci in versione bambina! Anche se l’Hermione di questa fiction è decisamente meno pudica di quella che avevo creato per le Relazioni e questo si vede…

Spero che ti piaccia anche questo capitolo natalizio fuori stagione, sono curiosa di conoscere la tua opinione, nel frattempo ti mando un bacione grande, ciao, Nyssa

 

Shavanna: nonostante abbia una certa pratica di bambini maschi perché ho fatto da babysitter, con le bambine ho avuto poco a che fare, quindi credo che le avrei coccolate fino alla nausea anche io, anche se temo che Draco non sia di questo avviso nonostante un po’ si veda che si intenerisce davanti agli occhi infantili di Herm-versione-otto-anni

Il segreto c’è, ma non posso sbilanciarmi perché sennò rovino tutta l’atmosfera e ci sono ancora un paio di cosucce da sapere prima che tutta la storia venga a galla con relative storie parallele e segreti inconfessabili, come è nel mio stile.

Nel frattempo spero ti piaccia anche il nuovo aggiornamento, dimmi che cosa ne pensi e grazie per essere una così assidua lettrice e recensitrice, ciao e un bacione! Nyssa

 

herm83: ce lo vedo tantissimo Draco alle prese con una figlioletta e credo che Herm abbia il carattere giusto, alla fine ^_^

sono molto contenta anche che la prima parte ti sia piaciuta, effettivamente è stato un capitolo pieno di segreti non rivelati XD ma presto si comincerà a vedere qualche tenue spiraglio di luce, promesso.

La seconda parte so che è molto triste, ma mi serve per introdurre una vicenda vecchissima e ormai passata di cui pochi hanno memoria e, soprattutto, cominciare a dire che Silente non è sempre stato quello che è adesso, ma se dico ancora qualcosa dovrò tagliarmi mani e lingua o rovino tutta la suspance!

Grazie mille per tutti i bellissimi complimenti che mi hai fatto, mi hanno fatto molto piacere, thanks!

Spero che ti piaccia anche il mio ottavo aggiornamento, aspetto di sapere, ciao e un bacio! Nyssa

 

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Capitolo 9
*** Fammi capire ***


Harry Potter era seduta ad uno dei lati del tavolo della cucina che aveva la superficie de

Harry Potter era seduto ad uno dei lati del tavolo della cucina, alla sua destra stava Ginny, tremendamente stupita, alla sua sinistra Blaise stava fumando una sigaretta (o almeno sperava che fosse quella).

Spostò alternativamente gli occhi sulle due figure accomodate di fronte al loro e si aggiustò gli occhiali: Hermione, o meglio quella che era la sua versione più vecchia, era appollaiata su una sedia e sospirava come se fosse stato inevitabile che qualcuno li avesse rintracciati; accanto a lui era un bambino di dieci anni dai capelli biondissimi e gli occhi azzurri che gli ricordava in modo impressionante la prima volta che aveva incontrato Draco Malfoy a Hogwarts, il primo giorno.

Impossibile, non riusciva quasi a crederci!

Si tolse le lenti rotonde e le strofinò con il bordo della felpa per poi inforcare nuovamente gli occhiali e strabuzzare gli occhi. Scrutò le facce degli altri, Ginny aveva la bocca aperta per lo stupore, Blaise sembrava, invece, più divertito che altro. I restanti si stavano scannando a suon di sguardi omicidi, probabilmente ancora per quanto successo al risveglio.

 

-          Cioè voi adesso avete… ventidue… - e indicò con la testa Hermione – e dieci anni?

Lei annuì, lui sbuffò guardando quasi con desiderio la sigaretta che il suo migliore amico teneva tra le dita.

-          Ah… ehm… capisco…

In realtà non stava capendo niente, ma sarebbe stato scorretto nei confronti della sua amica.

Ormai rassegnata, la mora sospirò drammaticamente per l’ennesima volta e alzò gli occhi su Ginny e su Harry

-          Come ci avete trovato? – chiese infine, curiosa di sapere come mai i loro migliori amici li avessero rintracciati

-          Io e Blaise abbiamo minacciato Colin che, visto che era stato lui a fare tutto questo casino, avrebbe dovuto scoprire dove accidenti vi aveva mandati Silente e cosa vi era successo…

-          La McGranitt ci aveva detto che eri tornata a casa per alcuni problemi in famiglia – Herm sollevò un sopracciglio

-          Tu invece in questo momento dovresti trovarti a gestire qualche affare di famiglia

Draco alzò gli occhi su quelli blu di Blaise  e alla Caposcuola parve che i due si dicessero più di quanto avrebbero voluto far vedere. Blaise sapeva qualcosa e, da come aveva reagito Malfoy alla pronuncia della parola “famiglia” tutte quelle cose di cui parlava e discuteva e di cui, ovviamente, non poteva riferirle, dovevano riguardare l’antico lignaggio Malfoy.

-          Così Colin è riuscito a trovare una scusa per far entrare Harry nell’ufficio di Silente

-          Cioè mi stai dicendo che Silente non lo sa?

-          Beh… - Harry arrossì – in verità il preside se n’è accorto, però ha detto che se non fossimo stati in tanti potevamo venire a trovarvi

-          Abbiamo lasciato Ron e Daphne a casa – intervenne Ginny – mio fratello non se la passa bene…

-          Perché? – indagò curiosa

-          È schiavizzato da Lavanda – rispose asciutto e contrariato il bambino sopravvissuto borbottando

-          Non dirmi che… no!

-          Sì invece! Ma gli sta bene, s’è scelto proprio quella giusta, lo sta facendo girare come una trottola…

-          E Daphne che c’entra? – chiese Malferret, gli altri lo guardarono stupiti

-          È vero, loro non lo sanno… - Hermione e Draco si scambiarono un’occhiata

-          Che cosa? – domandò lei

-          Beh, come dirlo…  - Harry sembrava tremendamente a disagio – un giorno sono entrato in Sala Studio e li ho trovati lì

-          Non stavano proprio studiando – ammise Blaise

-          In verità si stavano baciando – precisò Ginevra

-          Daphne e chi? – chiese lei non capendo il nome dell’altro

-          Dpahne e Neville – sospirò Potter

-          Paciock e la più bella Serpeverde della storia di Hogwarts? – esclamò allibito il biondo

-          Loro. Pare che alla festa di Halloween dei Greengrass fossero stati invitati anche Paciock e sua nonna – incominciò Blaise tutto contento – e a quanto pare Daphne è rimasta affascinata da Neville

-          Neppure se me lo giurasse – rispose acido il Principe delle Serpi

-          Oh, invece è pronta a farlo, tanto che porta uno sgargiante anello di fidanzamento al dito. La sua famiglia non ha perso tempo.

Draco borbottò sottovoce qualche insulto, incredulo che Daphne si fosse permessa di scegliere Paciock al suo posto, assurdo! Ridicolo!

-          E non avete saputo la parte più bella – s’intromise Zabini – avete presente la festa che il Comitato aveva organizzato e di cui voi due dovevate essere testimoni? – lei annuì, Malferret si limitò ad un grugnito di assenso

-          Ebbene, con la vostra assenza ha mandato nel panico giornale scolastico e Comitato Studentesco, voi non avete idea di cosa è successo in questa settimana!

Harry e Ginny si misero a raccontare dell’episodio della scenata isterica di Terry Atkinson, la presidentessa del Comitato, in mezzo alla Sala Grande durante la cena del ventidue dicembre che aveva fatto voltare tutti i presenti che stavano amabilmente mangiando tranquillamente facendosi i beati affari loro.

Madama Chips aveva dovuto portarla in infermeria dopo averla narcotizzata con una dose da cavallo di sedativi e calmanti. Hermione rise della scena e Blaise s’intromise nella conversazione descrivendo personalmente ciò che era avvenuto dopo e mostrandole una versione dell’ultimo numero della Gazzetta di Hogwarts dove una immagine gigantesca occupava la prima pagina ritraendo la presidentessa in un lago di lacrime, disperata come se le avessero ammazzato la famiglia.

Harry sorrise e annuì confermando il tutto, mostrandole poi i cambiamenti che erano intervenuti nella redazione del giornalino scolastico: la rubrica d’amore di Lavanda continuava ad occupare un considerevole spazio delle pagine che, in genere, non leggeva nessuno; erano stati aggiunti dei giochi babbani come parole crociate e sudoku a fine giornale e la professoressa Sinistra che insegnava Astronomia si occupava personalmente ogni giorno di stilare l’oroscopo segno per segno, peccato che il suo modo di scrivere sarebbe dovuto essere annoverato tra la corrente degli “ermetici” tanto era stringato e incomprensibile.

La Caposcuola prese tra le mani e sfogliò le pagine che raccontavano di stupidaggini di cui non importava nulla a nessuno, scorse gli esercizi di sudoku di livello “molto più che facile” trovandoli veramente deprimenti e voltò pagina ritrovandosi davanti l’oroscopo di Sinistra.

-          Che dice il mio oroscopo oggi? – chiese ai suoi compagni cercando di interpretare la grafia della prof

Ginny prese tra le mani il giornale, lo piegò a metà e mise a fuoco le parole

-          Sei della Vergine, vero Herm? – domandò per precauzione, l’altra annuì, Malfoy, invece, mandò gli occhi al cielo… i casi della vita, si diceva…

-          Dunque… Gelosia e Ranocchi, non avete sempre ragione, dategli un bacio e fate pace

-          Ma che significa? – chiese interdetta la ragazza, Gelosia e Ranocchi? Ma la prof si era fumata qualcosa prima di scrivere quella roba?

-          Ehi Harry, anche te sei dello stesso segno? – domandò lei, Harry annuì

-          Avremo tutti e due una scenata di gelosia – ipotizzò il moro – Ginny, non è che vuoi farci qualche tiro mancino?

La rossa scosse i capelli rossi e voltò gli occhi intorno, decidendo di controllare il suo

-          Leone – lesse assorta – Visite opportune capitate nel posto sbagliato al momento sbagliato, gli amici vi sono sempre stati accanto, fate lo stesso con loro… Le predizioni della prof diventano sempre peggiori… - borbottò scettica – Blaise, tu che segno sei? – indagò poi verso a serpe che stava terminando la sigaretta

-          Ariete – rispose lui – sono del 13 aprile… dicono che sia il segno più testardo di tutti

-          Posso confermare – intervenne Draco annuendo e sbuffando, Blaise gli sorrise col suo solito fare pacato

-          Ariete: Non lasciate la porta aperta, qualcuno potrebbe vedere più di quel che volete… e forse no; vedrà comunque

-          Direi che Sinistra è stata un po’ approssimativa – commentò Harry bevendo del succo di frutta dal bicchiere sistemato davanti a lui

-          Malfoy, tu che segno sei? – chiese ancora Ginny, anche se lo faceva solo per non essere scortese e perché aveva letto tutti quelli dei presenti, lui non rispose

-          È nato il 5 giugno, è dei Gemelli – intervenne l’altro Slytherin mentre Draco mormorava insulti poco carini all’indirizzo del suo migliore amico

-          Gemelli – sentenziò lei schiarendosi la voce - Il verde vi sia addice, siete volubile quanto una banderuola, l’edera è una pianta tenera, ma fortissima

-          Poetica – confermò sprezzante e per una volta anche i grifoni dovettero dargli ragione

-          Bene, mi sembra che abbiamo divagato a sufficienza – decretò infine Harry – voglio sapere che è successo

-          L’erba voglio non cresce neanche nel giardino del re - ripeté meccanicamente Draco

-          Proprio tu vieni a farmi la predica? – gli chiese, l’altro limitò la risposta ad una alzata di spalle

-          Pecchi di supponenza, Potter – aggiunse, Harry dovette trattenersi per non mettergli le mani intorno al collo e stringere forte

-          Smettila di sottilizzare, voglio sapere che cazzo ci fate conciati a quel modo…

-          Harry! – lo riprese la rossa scandalizzata dal sentirgli usare un linguaggio tanto scurrile

-          Ma che belle parole, Potty – lo canzonò invece il biondo sorseggiando del succo d’ananas e storcendo le labbra al gusto un po’ acido dei prodotti babbani che non avevano nulla a che vedere con l’originale

-          Taci Malfoy, parli troppo

-          Ma come… e io che volevo dirti davvero tutto… - rispose l’altro con ironia, Potter si limitò ad alzare un sopracciglio, un muto avvertimento di tenere la bocca chiusa e la lingua a posto.

Hermione decise che era il momento giusto per intervenire e placare la tensione omicida che stava invadendo l’aria rendendola stranamente pesante. Se una volta aveva pensato che fosse il clima scolastico fatto di rivalità tra le diverse Case ad accentuare quest’odio che Harry e Draco provavano l’uno nei confronti dell’altro, beh, non era vero perché quell’antipatia reciproca si protraeva fastidiosa anche fuori delle vecchie mura di Hogwarts, insistente come una mosca richiamata dal dolce e altrettanto noiosa.

In realtà, a ben rifletterci, anche lei era piuttosto insofferente a Malferret quando si trovavano a scuola, mentre ora che erano a Londra tutto questo si sentiva decisamente meno, e allora perché non accadeva anche con Harry?

Che il suo cambiamento nel metro di giudizio della serpe bionda fosse determinato dal breve periodo di convivenza che avevano condiviso?

Che dovesse seriamente incominciare a preoccuparsi delle conseguenze?

In realtà sperava di no, anche se tutto, ormai, urlava a gran voce un SI degno di un coro da stadio.

Scosse melodrammaticamente la testa e alzò gli occhi su Harry e Draco ormai prossimi alle mani e Blaise che di divertiva un mondo a guardarli mentre si azzuffavano come cane e gatto…

Blaise…

Era l’unica delle serpi con cui avesse stretto una parvenza di amicizia e, senz’altro, la più stravagante tra le stravaganze. Lo conosceva abbastanza bene e, se voleva, sapeva essere un ragazzo intelligente e simpatico, peccato che la volontà fosse la sua peggior carenza, non nel senso che non l’avesse, quanto più perché non la manifestava, sembrava perennemente avvolto da un velo di noia e quei piccoli momenti di divertimento, come quello, ad esempio, non ci teneva proprio a cancellarli dalla sua esistenza.

 

Quello che Hermione però non sapeva era che a Zabini, oltre che le zuffe tra Draco e Potter, piaceva terribilmente tormentare in prima persona il suo migliore amico. Come lui e Malfoy fossero diventati così legati non lo sapeva, era successo e non se ne poneva il problema, da qualche parte aveva letto che domandandosi il perché di una amicizia la si distrugge e lui non ci teneva proprio, anche perché si divertiva un bel po’!

La sua vita familiare, sempre che esistesse, era qualcosa di abbastanza monotono: sua madre si era sposata sette volte di cui nessuna per amore. Quando era bambino aveva guardato per scherzo nel pensatoio ed aveva scoperto da dove accidenti veniva fuori lui: sua madre e suo padre, un bellimbusto di Drumstrang, avevano avuto una rapida quanto passionale storia d’amore durata pressappoco un’estate, entrambi belli e di buona famiglia, avevano deciso di sposarsi, solo che il tipo in questione fosse riuscito a farsi ammazzare durante una partita di quidditch, lasciandola sola, incinta e, ovviamente ragazza madre. Sua madre avesse deciso, innanzitutto, che, dato che il presunto padre non avrebbe svolto le sue funzioni, il bambino non avrebbe portato il suo cognome e perciò gli aveva posto il suo, e poi che, per consolarsi, non c’era cosa migliore che qualche regalo costoso e così il passo dallo sposarsi una sfilza di miliardari con un piede nella fossa era stato breve, anzi, giusto quello per oltrepassare l’ingresso della chiesa.

Lui era nato figlio unico e tale era rimasto, visto che la cara Cassy non aveva certo voglia di adempiere ai suoi obblighi coniugali con persone che trascorrevano la loro vita tra la dialisi e le trasfusioni.

Ma anche mammina, al momento, aveva la sua bella gatta da pelare… già perché tra una cosa e l’altra il suo ultimo marito, o promesso sposo, che dir si voglia, aveva deciso di tirare le cuoia prima del previsto e così, a due giorni dal matrimonio, eccolo lì pronto per il funerale.

Decisamente non le era andata bene, anche se, al momento, Cassandra Zabini non necessitava certo di rimpinguare le finanze di famiglia… il nipote del milionario, però, avvenente quarantenne dal capello brizzolato e la carriera sfolgorante nell’industria giornalistica, aveva accettato di prendere il posto del nonno defunto e sposarsi la povera sette volte vedova.

Mamma non l’aveva presa bene, anche se le circostanze non le permettevano di fare altro per non rovinare il buon nome della famiglia Zabini; lui si domandava spesso con quale coraggio quel poveraccio che si era legato a doppio filo a lei riuscisse a coricarsi tranquillo senza il terrore di essere avvelenato, pugnalato nel sonno, schiantato contro una parete o semplicemente distrutto da una delle scenate isteriche di mamma.

E poi c’era stata la pessima notizia: la Gazzetta del Profeta, i cui cronisti erano senz’altro i peggiori del Creato, aveva deciso che uno dei sette mariti di Cassandra, al momento gli sfuggiva il numero di quale fosse, ma non importava, fosse un mangiamorte o, comunque, legato alla setta di adepti di Voldemort. Chiaramente sua madre si era sempre strafregata di queste inezie, bastava solamente che la loro borsa fosse ben fornita e, a dirla tutta, ci stava anche attenta a girare al largo da tipi simili perché poi le persone puntano l’occhio su di te e non ti riesce più di continuare la tua vita.

Benissimo, se da una parte il Ministro aveva deciso che, affettivamente, tutti i mariti di sua madre erano morti di vecchiaia, dato inconfutabile, dall’altra c’erano i soliti rompiscatole della Gazzetta che sostenevano che lei fosse una mezza assassina e che li avesse uccisi di proposito come pegno di sangue ai mangiamorte.

Probabilmente c’erano due cose che i giornalisti non sapevano:

 

  1. sua madre era terrorizzata perfino dal rompersi un’unghia, quindi difficilmente si sarebbe sporcata le mani per avvelenare qualcuno
  2. la setta di mangiamorte non esigeva certo una prova del genere per i suoi sostenitori… bastava molto meno.

 

Ad ogni modo, Preston, il Ministro, stava svolgendo per l’ennesima volta le indagini e gli incartamenti erano sulla sua scrivania a prendere la polvere.

Quindi, con un tale mortorio familiare (in tutti i sensi), perché privarsi dei propri svaghi?

Guardò l’occhiata torva di Potter e il ghigno beffardo di Draco e scoppiò a ridere, attirando su di sé lo sconcerto della mezzosangue e gli occhi della Weasley.

Quando si fu fatto silenzio tra i due litiganti, la Granger finalmente cominciò a raccontare di quanto accaduto e di Silente che li aveva mandati a Londra, spiegò come ci erano arrivati e dei loro cambiamenti di età, sorvolando, per il momento, dei loro incontri in biblioteca e delle avventure pseudo-sentimentali che al momento l’avevano vista al fianco della serpe.

Si interrogò sul perché non avesse detto a Harry dei mangiamorte alla Queen Victoria e decise che era perché doveva scoprire di più sulla questione.

 

Draco seguì le mani gesticolanti della Gryffindor che spiegavano quanto era accaduto loro da una settimana circa a questa parte e un suono sprezzante gli uscì dalle labbra mentre si portava nuovamente il bicchiere alle labbra in un estremo gesto di autolesionismo, perfettamente consapevole che quel succo di frutta gli piaceva ogni minuto di meno.

La mezzosangue gli rivolse appena un’occhiata tornando ai suoi vaneggiamenti verso il suo piccolo pubblico, Blaise spostò appena gli occhi blu sull’altro Slytherin per poi riportarli sulla ragazza che raccontava.

Draco si sentì osservato, ma Zabini al momento si stava facendo i beneamati fatti suoi ascoltando a metà quello che lei narrava, le labbra piegate in un sorriso divertito, la pelle leggermente più scura: Blaise era molto orgoglioso di avere dei parenti mediterranei che gli avevano lasciato in eredità quella carnagione ambrata e i capelli scuri, gli occhi blu, invece, erano qualcosa che, probabilmente, veniva dalla famiglia di suo padre che era di origini russe, sua madre, infatti, aveva gli occhi verdi e, ovviamente, era stata una Serpeverde esemplare.

Posò la stoviglia sul tavolo producendo un rumore decisamente più elevato di quello che l’etichetta prescrivesse, nessuno dei presenti, però, se ne accorse a parte Blaise che lo sbirciò di soppiatto mentre il biondo si svaccava di nuovo malamente sulla sedia babbana, sistemando prima il cuscino, poi i piedi, la camicia, l’appoggio dei piedi, la posizione delle spalle, i vestiti stropicciati e quant’altro gli saltasse in mente.

Si sentiva stranamente a disagio e la cosa non gli andava.

 

Come facevano a risultargli così odiosi?

Quell’atmosfera tranquilla e familiare, intima e amichevole dove tutti erano contenti, tutti tranne lui.

E lei sembrava così felice in mezzo ai suoi amici… non era mai stata così raggiante quando era rimasta con lui una settimana, quel sorriso rilassato era raramente affiorato sulle sue labbra e non gli aveva neppure mai mostrato quel trasporto che ora trasudava mentre si trovava in compagnia e a suo agio.

Un vago senso di fastidio s’impossessò di lui.

Gelosia.

Invidia di Potty e della Weasley e perfino di Blaise che potevano godere della sua compagnia per davvero senza che lei stesse attenta ad ogni passo falso, senza che misurasse la prole e, anche se avesse detto una stupidaggini, probabilmente non sarebbe accaduto nulla. Quando erano insieme, invece, tutti e due pensavano parecchio qualcosa prima di dire ciò che passava loro per la mente, l’improvvisazione era assolutamente fuori questione e, nonostante litigassero e quella fosse, senza dubbio, una cosa scaturita senza preavviso, anche lì stavano attenti a ciò che dicevano, soprattutto lui perché, anche se le aveva detto molto più di quanto avesse dovuto, lei non si fidava ciecamente o, comunque, aveva delle riserve. Non poteva darle torto, le ragioni erano tutte dalla sua parte, ma era mai possibile che non ci fosse un solo cane a quel mondo che decidesse un po’ di capire anche come stava lui?

Davano tutti troppo per scontato che stesse divinamente senza problemi né preoccupazioni, senza rimpianti né problemi.

E invece i problemi erano il suo pane quotidiano e doveva prestare attenzione ad ogni passo falso perché aveva alle calcagna l’intero esercito di Voldemort che voleva la sua pelle.

Nessuno si era mai preoccupato se avesse avuto bisogno di qualcosa, di affetto tantomeno.

Lei un po’ si era esposta, su quel fronte, ma adesso che la vedeva così serena e felice, il dubbio che lo facesse solo per essere gentile, il dubbio che lo facesse con tutti… gli dava tremendamente fastidio.

Da quando aspirava ad avere un ruolo speciale per lei?

Da mai! Gridò la sua mente, era una cosa che non stava né in cielo né in terra né su in ogni altro posto esistente.

Lui era una serpe, lei una Gryffindor e neppure una qualsiasi, ma la Regina dei Gryffindor, l’emblema della brava studentessa con le solite idee bacate da “brava bambina”. Non erano problemi che si era posto fino a dieci minuti prima, ma… effettivamente era quasi come se provenissero direttamente da due mondi differenti… e questo gli faceva male.

 

Perché d’improvviso voleva l’esclusiva? E cos’era quello strano desiderio di possesso nei suoi confronti? Perché voleva essere così speciale?

Perché gli dava fastidio quella familiarità da cui era escluso?

Per una volta il pensiero di raccontarle davvero tutto, come aveva deciso di non fare, si fece largo nella sua mente come il metodo più rapido per costringerla, in quel modo, a rimanergli accanto per sempre. Ma non era carogna fino a quel punto, non ci riusciva e aveva quel nodo in gola che gli impediva di deglutire e la mandibola che quasi incominciò a fargli male da tanto stava digrignando forte i denti dietro le labbra serrate in una smorfia.

Che gli stava prendendo?

Perché tutte quelle stranezze?

Che cos’erano quelle sensazioni strane all’altezza del petto e dello stomaco?

E quei sentimenti?

Accidenti, nessun Malfoy aveva dei sentimenti! E lui non faceva differenza! Che dannazione andava a pensare?

Cazzo, doveva essere l’influsso benefico di quei due, Potty e la Piattola che, al momento, sembravano pendere direttamente dalle belle labbra della mezzosangue.

Il ricordo pressante di quando e labbra sue e della ragazza si erano incontrate tornò violento a spingere per ottenere la sua attenzione, facendogli ancora più male.

Borbottò qualcosa di incomprensibile che non scompose minimamente i presenti, tutti troppo presi dalle loro cose.

Non gli faceva bene pensare al tempo passato insieme alla Granger perché più lo faceva e più desiderava che ce ne fosse e la cosa era decisamente sbagliata.

Se davvero avesse deciso di fare una cosa del genere, se ne sarebbe pentito in eterno. Erano cose troppo pericolose e personali per andarle a dire così e se l’avesse fatto, sarebbe stato solo per egoismo. Quella parte del suo carattere si stava manifestando in modo decisamente inappropriato, spingendolo a pensieri inadeguati e a idee balzane, procurandogli sensazioni stravaganti e perfino gelosia.

Certo, non era gelosia…

Che cos’era? Probabilmente irritazione per la visita di tutta quella gente, non gli piaceva la confusione, meglio la tranquillità di un luogo da vivere in solitudine.  Certo non gelosia.

La gelosia, e stava citando dal dizionario, era una sensazione che si ha quando si teme di perdere qualcosa o si invidia una cosa ad un altro.

Che cosa avrebbe dovuto perdere? Che cosa temeva che qualcuno gli strappasse? Non aveva niente che, al momento, San Potter e compagnia potessero sottrargli.

A parte LEI, aggiunse la sua coscienza, decisamente troppo pignola.

Ma comunque non poteva essere gelosia! Per quanto lo riguardava, lei poteva anche andarsene, non avrebbe fatto che bene a non mettere il becco in quegli affari.

“Sei volubile” ripeté sempre la coscienza “prima vorresti dirle tutto per tenerla con te e subito dopo che sarebbe un bene se ne andasse per non mettere il becco…” messa a zittire quella voce permalosa, tornò alle sue elucubrazioni mentre lei continuava a parlare, adesso rinverdendo i ricordi di scuola assieme ai presenti.

 

Un ghigno perfido storpiò le sue labbra mentre riappoggiava il bicchiere, questa volta con molta più calma, Blaise se ne accorse e gli lanciò un’occhiata preoccupata che il biondo neppure notò

-          Beh, quand’è che la finiamo con questa pagliacciata? – domandò come se fosse un quesito retorico, l’aria di superiorità dipinta sul viso e negli occhi – hai intenzione di raccontargli ancora qualcosa?

Hermione smise di parlare e lo fissò allibita da quella mancanza di educazione, le braccia ferme a mezz’aria, gli occhi allargati per lo stupore, senza capire.

-          Hai intenzione di dire loro anche che ho cercato di violentarti? Povera, piccola Granger… in balia di questo bruto – si alzò in piedi e dal suo metro e cinquanta la guardò trionfante, pieno di sé.

Non capiva perché aveva cominciato e sapeva che non avrebbe dovuto, ma accidenti, ogni momento era diventato peggiore, perché doveva soffrire solamente lui? Se doveva farlo, che lei lo accompagnasse pure all’inferno, l’avrebbe ridicolizzata davanti ai suoi amici, in quel momento quella ferita che impediva al suo cuore di battere si era rimessa a sanguinare.

-          Che cosa vorresti dire? – chiese circospetta lei che in piedi c’era già, scrutandolo, per una volta, dall’altro in basso

-          La piccola e santa Caposcuola dei Grifoni costretta a trascorrere del tempo assieme ad una infida serpe… senza i suoi amici, povera…

E fece il gesto di asciugarsi una lacrima, mentre la bocca era, tuttavia, ancora ghignante

-          Senza i tuoi amici – continuò senza pietà – abbandonata da tutti… come hai fatto, piccola Granger? Oh, ma adesso sono arrivati perché lasciarla troppo tempo da sola, piccina, sarebbe stato troppo, non è che una ragazza, dopotutto, no? – e spostò gli occhi sui presenti: Ginny era sconcertata, Harry, lo si vedeva che si stava trattenendo per non spaccargli la testa con il bicchiere e Blaise… la sua faccia era scura e preoccupata, non più sorridente. Meglio, in quel momento solo lui rideva.

-          E poi…

Non finì la frase che la mano spalancata della ragazza lo colpì con violenza alla guancia sinistra, procurandogli un bruciore inconsueto e diffuso, pungente, che non aveva mai provato; si toccò appena la faccia dove spiccava un segno rosso a forma di mano con cinque dita spalancate, alzò gli occhi su di lei e vide le lacrime sgorgare copiose da quelle iridi che brillavano ancora, nonostante tutto, e le rigavano le gote

-          Sei un maledetto stronzo, Draco Malfoy – urlò tenendo le braccia serrate lungo i fianchi, le mani strette a pungo, dopodiché voltò i tacchi e corse verso la cabina armadio tenendosi il viso tra le mani.

Quella era la prima volta che le aveva sentito dire una parolaccia e, a giudicare dalle espressioni sconcertate degli altri astanti, probabilmente era la prima volta della sua vita.

Quando la porta si fu richiusa dietro di lei con un tonfo sordo e si udì qualche singhiozzo, Harry Potter si alzò in piedi, andando a posizionarsi davanti al biondo e sollevandolo fino alla sua altezza per i vestiti, lo sguardo di lui, nel frattempo, aveva ripreso la consueta aria strafottente

-          Hermione non ha mai detto una parolaccia in vita sua – incominciò con tono bellicoso mentre la rossa si lanciava all’inseguimento dell’amica, pregandola da oltre la porta di aprire e farla entrare, ma non succedeva nulla – solo per questo semplice fatto ti strapperei le budella e te le farei ingoiare assieme ad ogni singola parola velenosa che la tua lingua biforcuta è riuscita a dire su una persona che non ha mai fatto o detto niente di male! Ma tu non lo capisci, come potresti – aggiunse dandogli una scrollata forte – tu vedi solo te stesso, non sei che un lurido bastardo…

-          Mettimi giù – disse serio, gli occhi penetranti. Era un ordine, non una preghiera

-          Mi starai a sentire! – gridò Harry

-          Subito! – intimò il biondastro e, all’improvviso, il grifone si sentì le mani tremare, scottare, mentre una strana aura circondava quel corpicino infantile mandato dal demonio. Lo riappoggiò a terra, esitante, arrabbiato con se stesso per quella sua mancanza di carattere e, senza dire un’altra parola, anche il Principe degli Slytherin girò sui tacchi e uscì sul terrazzo, andando ad appoggiarsi alla balaustra e guardando in lontananza Hyde Park affollato.

 

Il parco, dopo Natale, era tornato alla consueta routine: mamme con bambini nella carrozzina, qualche anziano che passeggiava, molta gente con cani e furetti al guinzaglio, giornali spiegazzati che svolazzavano portati dal vento o appoggiati dimentichi su qualche panchina.

Una vecchietta stava rincorrendo affannata un bambino poco più piccolo di lui, pregandolo di volersi mettere il cappottino, ma il bimbo era decisamente più preso a giocare a palle di neve con gli altri ragazzini e a scivolare sui giochi di legno che a dare ascolto alla nonna.

Lui non aveva mai avuto qualcuno che si prendesse cura di lui a quel modo. Tranne la Granger.

Sfregiato si sbagliava a dire che non capiva, capiva benissimo, più di quanto quel Grifondoro chiacchierone riuscisse a credere, eppure, in quel momento, quando la prima parola di quella sfilza era uscita dalle sue labbra, la rabbia, la frustrazione e l’invidia, sì, proprio l’invidia, avevano avuto la meglio.

Almeno con se stesso non aveva mai negato di essere tremendamente invidioso di Potty, ma non riusciva a credere di esserlo perfino del suo migliore amico e questo era qualcosa che lo turbava profondamente: lui e Blaise si conoscevano da una vita ed era strano che due persone così diverse riuscissero ad andare d’accordo, ma succedeva e ne era felice perché non c’era persona sulla faccia del pianeta che lo conoscesse quanto Zabini.

A differenza delle normali amicizie, non si raccontavano fatti privati o aneddoti riguardanti le rispettive casate, Zab non sapeva di tutto il casino che stava accadendo e lui non era stato messo a parte della verità assoluta che sua madre non era mai stata una mangiamorte. Ma si conoscevano e sapevano quando c’era qualcosa che non andava.

Per questo non si stupì quando la figura atletica dello Slytherin comparve accanto a lui, l’inseparabile sigaretta tra le dita affusolate dalle unghie curate, i capelli color caffè, gli occhi di un intenso blu cobalto. Le labbra erano di nuovo sorridenti, ora, mentre stava per dire qualcosa che, lo sapeva, lo avrebbe fatto terribilmente infuriare perché corrispondeva a verità. Non avranno conosciuto i dettagli della vita privata l’uno dell’altro, ma nel loro carattere non c’erano ombre.

 

-          Pessima mossa – commentò il serpeverde aspirando una boccata di fumo e formando poco dopo una nuvoletta grigia. Appunto, il grillo parlante che viene a dire delle ovvietà Sapeva da solo che non avrebbe dovuto comportarsi a quel modo e ne era pentito due secondi dopo aver cominciato, ma non avrebbe lasciato le cose a metà, il santo onore Malfoy voleva la sua parte e questa imponeva che nessuno potesse avere la meglio su di lui

-          Fai pure il moralista? – gli chiese sgarbato, l’altro si voltò dalla sua posizione con la schiena appoggiata alla ringhiera e vi posò sopra i gomiti, guardando lontano

-          È stato infantile – continuò, Draco sollevò gli occhi al cielo, prossimo a perdere la pazienza, cosa che, sfortunatamente, con Zabini gli capitava spesso, anche se non nello stesso modo di quando succedeva con la mezzosangue.

-          Sai, sono un bambino di dieci anni – bofonchiò scorbutico, Blaise lo ignorò continuando a fumare tranquillo

-          Mostrare i tuoi sentimenti egoistici con lei e di fronte a tutta quella gente e in quel modo è stato molto infantile, Hermione ci è rimasta molto male, l’hai punta su una cosa a cui tiene moltissimo; i suoi amici sono la sua vita.

-          Non potevi certo aspettarti che rimanessi zitto a guardare quella scenetta smielata! – protestò sapendo, però, che Blaise aveva visto giusto per l’ennesima volta

-          Eri geloso? – gli chiese voltando la testa e abbassando lo sguardo. Draco si affrettò a distogliere il suo borbottando qualcosa, l’altro Slytherin ridacchiò, aveva fatto centro, come sempre.

-          Vatti a scusare con Herm, starà piangendo…

Lui non disse niente e non fece nulla.

Non ci sarebbe andato, non ancora. Non con tutta quella gente che lo guardava e che lo spiava, che si aspettava che facesse qualcosa.

 

*          *          *

 

Harry bussò tre volte alla porta, ma nessuna risposta giunse dall’altra parte, si udì solo un singhiozzo strozzato.

Si guardò alle spalle: Ginny era preoccupatissima e si stava mangiando le unghie con insistenza, aspettando di avere qualche segno di vita dalla sua migliore amica. Oltre la finestra, il biondastro e Zabini rimanevano in silenzio, ciascuno perso nella propria mente.

Maledetto Malfoy, ma che gli era preso, tutt’a un tratto? Perché aveva fatto quella piazzata?

Ok, era una stupida serpe altezzosa, ma fino a dire quelle cose, come se fosse geloso di loro… naaaa, impossibile, decisamente impossibile.

-          Herm, apri la porta – disse bussando nuovamente; udì un fruscio, ma nessuno giunse a sbloccare la serratura. Sospirò mesto, Hermione sapeva essere testarda quanto un mulo, se le girava e quello sembrava proprio il momento. Accidenti a Malferret!

-          Dai Herm, apri la porta, sono preoccupato! – disse ancora

-          Vai via, Harry, scusami… - fu tutto ciò che ottenne in risposta da una voce un poco roca. Guardò Ginny che si era messa a tormentare i capelli, Herm non era mai stata così colpita da una frase, tranne che quando era al secondo anno e quello stupido Serpeverde l’aveva chiamata Mezzosangue. Ma le lacrime agli occhi, le mani che tremano… perché se l’era presa così tanto? Serpi e Grifoni si insultavano ad ogni corridoio, in ogni lezione in comune, in Sala Grande, ad ogni circostanza, perché quel giorno era così scioccata?

Se c’era una cosa che sapeva era che, in quel momento, avrebbe strozzato Draco Malfoy, oppure l’avrebbe scaraventato giù per il poggiolo. Far piangere la Caposcuola era un crimine perché lei non piangeva mai.

 

Udì un fruscio alle sue spalle e si ritrovò le figure altere dei due allievi della Casa di Salazar, rimase stupito di non averli sentiti arrivare e anche un po’ stupito dal fatto che il biondastro si fosse degnato di venire e fingersi preoccupato. No, più che preoccupato sembrava seccato, anche se, lui non lo sapeva, ma era seccato con se stesso, non con lei.

Si parò di fronte alla porta bloccando l’avanzata dello Slytherin che lo guardò minaccioso

-          Stalle lontano – intimò – l’hai già fatta piangere una volta, non deve succedere di nuovo

Non lo diede a vedere, ma quelle parole lo colpirono come un pugno allo stomaco: il rapporto suo e della mezzosangue era fragile e instabile già prima, adesso doveva essere crollato come un castello di carte al primo alito di vento… forse, se si fossero davvero detti tutto…

“Ma chi vuoi prendere in giro” borbottò quello spiritello maligno della sua coscienza, “Se le avessi detto qualcosa a quest’ora lei avrebbe altri motivi per piangere, certo non il suo orgoglio ferito!” aveva ragione, accidenti, ma sapeva di aver sbagliato e sapeva che voleva cercare di rimettere in piedi quella specie di amicizia perché quella sera al ristorante, anche se nelle vesti di una mocciosa, gli era parso che lei ci tenesse almeno un po’ ad essere sua amica e, casualmente, lui aveva rovinato tutto con le sue parole. Come si fa a non essere gelosi degli amici? Con Blaise non si era mai dimostrato possessivo come lo era stato con lei, quello strampalato desiderio di non dividere i loro segreti con nessuno, quel volere che la storia che li riguardava, di loro che diventavano grandi e piccoli così, della loro vita quotidiana fosse solamente loro, un fatto privato. Perché?

-          Levati, Potter – sibilò, Harry non si spostò e rimase impalato di fronte all’uscio, le braccia conserte, gli occhi fiammeggianti di rabbia oltre le lenti rotonde

A mali estremi…

Un sibilo terrificante gli uscì dalle labbra, ma non delle parole dette con rabbia, parole dette in serpentese!

Harry sgranò gli occhi all’udire ciò che l’altro aveva detto e non poté crederci, né a ciò che aveva sentito, né al fatto che potesse parlare quella lingua maligna; ma dopotutto, i Malfoy avevano una affinità speciale per quei rettili viscidi e subdoli, non c’era poi così tanto da stupirsi, però…

Vide il biondo muovere un nuovo passo verso la porta e, all’improvviso, le fiamme ricoprirono il suo corpo di bambino come un guscio, dalla testa ai piedi, il Grifondoro si ritrasse mentre il fuoco lambiva la figura dello Slytherin.

Una fiammata più potente delle altre costrinse i tre ragazzi a coprirsi con gli occhi, sentendo terribilmente caldo intorno a loro e, quando riuscirono a riaprirli l’unica cosa che scorsero fu la porta che si chiudeva dietro il bambino: Harry si lanciò per afferrarla e tirarlo fuori, ma troppo tardi, l’uscio era irrimediabilmente chiuso sigillato e qualcosa gli lasciava intendere che non si sarebbe aperto finché quel dannato Serpeverde avesse voluti, l’unica che avrebbe potuto fare qualcosa era Hermione.

 

*          *          *

 

La giovane Caposcuola alzò gli occhi al rumore dello scatto secco della porta e vide la figura sottile dello Slyhterin bambino avvolto dalle fiamme, ma, questa volta, il fuoco che lo circondava non era striato di nero e non sembrava consumarlo facendolo urlare e soffrire come un condannato dell’Inferno. Un’ultima vampata e il fuoco di dileguò, ma non l’espressione di lui; distolse rapida gli occhi e tornò a concentrarsi sulla coperta di pile che la avvolgeva mentre stava rannicchiata con le spalle al calorifero tra i piumoni e le lenzuola pulite con un libro aperto davanti agli occhi.

-          Granger…

Un brivido la percorse lungo la schiena quando lui pronunciò quel nome, ma non si voltò e gli diede insistentemente le spalle senza voltarsi nonostante nella voce del biondastro ci fosse una nota di tristezza, quasi di dispiacere. Impossibile.

E comunque non l’avrebbe perdonato per quello che le aveva detto e quello che si era permesso di dire sui suoi amici, avrebbe fatto lo stesso se qualcuno avesse parlato male di Blaise o addirittura di lui… perché si era accanito così tanto? Che aveva voluto? Perché così all’improvviso?

Malfoy era un tipo strano, se da una parte non vedeva l’ora di liberarsi di quella situazione, dall’altra, però, non faceva niente per smuovere un po’ le cose, si rifiutava di andare ad indagare sui mangiamorte e aggrediva addirittura lei che, tra tutti, quel giorno, a parte Blaise, era l’unica che non gli fosse ostile, che voleva? Perché si era comportato così da cafone?

Era abituata a insulti velati, prese in giro e sottili malizie casualmente a sfondo sessuale, ma una piazzata del genere che più che altro le ispirava gelosia non sapeva come prenderla e ci era rimasta molto male perché si era sentita come se lui non si fidasse di lei.

Scosse la testa per scacciare quei pensieri che la rendevano terribilmente vulnerabile e rimase in ascolto, lui non si era mosso, anche se poteva udire alla perfezione il tacco della scarpa mentre batteva nervoso sul pavimento e anche il fruscio della stoffa, spostò gli occhi sulla finestra sopra di lei e vide la figura riflessa di lui mentre si passava una mano tra i capelli, scompigliandoli e poi sbuffare.

 

-          Hermione, mi dispiace – sbottò poi, alla fine e lei riuscì a scorgere la propria silhouette nel vetro mentre arrossiva; riabbassò gli occhi e valutò la situazione senza riuscire ad evitare di voltarsi verso di lui per scoprire se era tutto vero oppure se l’aveva detto solo per ottenere la sua attenzione, anche se, sospettava, doveva possedere senz’altro metodi meno umilianti, dal suo punto di vista, per richiamare l’interesse di qualcuno.

Malfoy stava guardando con particolare interesse una cesta posta su uno dei ripiani della cabina armadio, leggermente rosso, i capelli sparati in tutte le direzioni e le mani nelle tasche in un gesto di finta noncuranza.

Sorrise a quell’espressione imbarazzata che riusciva a leggere negli occhi di lui che non guardavano i suoi.

 

-          Sei serio? – gli domandò con un sorriso, divertita dall’insicurezza che lui dimostrava

Bastò un’occhiata e lei capì: era serio, serissimo.

-          Non voglio tornare là fuori – gi disse mentre lui allungava una mano per rimetterla in piedi e riportarla dai suoi amici, le dita si sfiorarono appena e, senza accorgersene, lui si ritrovò seduto accanto a lei, sul pavimento coperto dallo stesso plaid

-          Potty e la Piattola sono preoccupati – commentò lui tranquillo mettendosi le mani dietro la testa e rilassandosi sul parquet che profumava di c’era d’api appena stesa

Si calmeranno quando avrò voglia di tornare… - biascicò appena scrutando il soffitto e una minuscola macchia di umidità accanto ad uno dei faretti

-          Li farai soffrire – sottolineò lui, positivamente colpito da quello sprazzo di egoismo che lei aveva manifestato e che lo faceva sentire un po’ meno solo nel nero e nelle tenebre che lo circondavano ma di cui non poteva liberarsi. Lei ignorò le sue parole

-          Perché mi hai chiesto scusa? – le sopracciglia di lui si alzarono mentre la scrutava, le iridi dorate di lei, invece, erano posate sulla maniglia della porta, chiusa, con la chiave inserita, la bacchetta era appoggiata accanto a lei ed era con quella che aveva lanciato l’incantesimo per bloccare, però Malfoy era riuscito a oltrepassare comunque la porta, come se la magia non fosse mai stata lanciata e senza neppure utilizzare la propria di bacchetta perché, se n’era accorta, quando si trovava ad una età diversa dalla sua quella smetteva all’improvviso di funzionare: come aveva fatto?

-          Una volta tu mi hai chiesto scusa – mormorò – non voglio avere debiti  - ma lei sapeva che non era per quello, chissà cosa gli frullava in quella testolina bionda – domani andremo alla ricerca dei mangiamorte – decretò poi e il sorriso tornò sulle labbra di lei, facendogliele schiudere appena

-          Davvero? Questo…

-          Ma c’è una condizione – aggiunse fissandola negli occhi, lei parve leggermente stupita, anche se, probabilmente, dentro di lei stava ripetendosi che doveva aspettarsi qualcosa del genere.

Due iridi argentate come un lago in una notte di luna si soffermarono scrutando nelle sue dall’alto dei loro dieci anni

In cambio voglio un bacio

-          Cheeeeeee?!!! – esclamò allibita

-          Ho detto che voglio un bacio – ripetè seccato lui, incrociando le braccia

-          Ma-ma-ma-ma sei un ba-ba-bambinetto di dieci anni! – protestò cercando una scusa che non rientrasse nella classifica delle boiate più stupide della storia di Hogwarts che prevedeva, tra l’altro, essere rapiti da vongole aliene, cani assassini, ripetuta morte di vari componenti della famiglia e, a quanto pareva, gravissime turpe mentali

-          Aspetterò – ribattè alzandosi in piedi, poi si voltò verso di lei, sorridendo – quando avrò di nuovo diciotto anni

Hermione divenne di un intenso color porpora e non era per il cado.

-          Oppure puoi sempre rinunciare alla tua caccia al ladro – aggiunse

Se da una parte pregava che lei fosse talmente schifata da rifiutare quell’offerta, in modo che non si cacciasse in seri pasticci come temeva, dall’altra sperava che accettasse per suggellare definitivamente quello strano rapporto che li legava che forse era amicizia e forse… chissà.

 

-          Accetto – rispose alla fine

 

*          *          *

 

Spazio autrice: finalmente, era da un po’ che volevo scrivere questo capitolo perché, se guardate bene, c’è und ettaglio molto molto importante per il resto della storia.

In verità non ho molto da dire, spero solo che vi piaccia e vi ringrazio tutti per le numerosissime recensioni che mi avete lasciato al precedente, Grazie Infinite! Spero di ritrovarvi ancora tra i commenti di questo!

Un bacio

Nyssa

 

herm83: eheheh, anche io quando ho pubblicato non stavo molto bene… adesso invece sto anche peggio! Pazienza, ho più tempo per scrivere, ogni tanto serve anche quello…

In questo capitolo in particolare è evidente quanto Draco ed Herm si stiano affezionando, o almeno spero che si noti ^^

Anche io preferisco quando Draco è bambino, ma la mia scena preferita è sempre quando sono tutti e due grandi…

Bene, spero ti piaccia anche questo nuovo aggiornamento, aspetto di conoscere la tua opinione, ciao e un bacione! A presto, Nyssa

 

luana1985: le scene più strampalate escono sempre quando non ce ne rendiamo conto, o almeno, io non ho specificato come la mano sia finita là… XP e non garantisco che sia un caso, ma questo dovresti chiederlo a Draco, forse lui saprebbe rispondere, se ne ha voglia.

Ti ringrazio per i complimenti, mi fa piacere sapere che la coppia sta uscendo bene, spero che ti piaccia anche questo nono capitolo, ciao e a prestissimo! Nyssa

 

giuliastarr: wow, tutta d’un fiato? Sono ammirata e commossa! Grazie mille e anche per i bei complimenti che mi hai fatto! Spero di non deludere le tue aspettative e mi auguro che ti piaccia altrettanto anche questo mio nuovo post!

Aspetto una tua opinione, quindi, un bacio! Nyssa

 

Shavanna: ehehehe, sarà proprio una bella sorpresa… ihihihi, in questo capitolo mi sono divertita a fare un po’ la sadica con tutti i miei personaggi, nessuno se la passa tanto bene, ammettiamolo, c’è sempre qualche problema: Herm offesa, Draco geloso, consolare Herm ecc ecc…

In realtà la storia della chiesetta è uscita per caso, non volevo mettere riferimenti religiosi perché sono tutti personali, però poi mi è uscita così, anche perché in quella scena si dice qualcosa a proposito di un fatto che tornerà abbastanza presto (non so quanto, ma tornerà).

Bene, mi auguro che ti piaccia anche questo capitolo post-Natale, aspetto la tua recensione, ciao e un bacione grande! Nyssa

 

lauwren: figurati, ogni tanto capita anche a me di sbagliarmi e lasciare i commenti chissà dove, capita ^^!!

Sono felice di averti fatto apprezzare questa coppia un po’ strampalata con l’altra mia storia, in effetti neppure io sono nata come una Dramione, ma lo sono diventata e credo che ormai la mia coppia originale, Ron/Herm, la cestinerei perché è troppo scontata.

Mi fa anche moltissimo piacere sapere che sono riuscita in quest’intento e anche che ti sia piaciuto la mia precedente fic, alla quale sono molto legata essendo la mia prima creazione e, quindi, un esperimento totale.

Sono orgogliosa del capitolo sul Natale e molto onorata che anche a te piaccia, grazie mille!

Spero di trovarti ancora nelle recensioni, sono curiosa di conoscere ancora la tua opinione sui vari sviluppi della storia, ciao e a presto! Nyssa

 

potterina_88_: sì sì, invece, per questa volta, strano ma vero, devi essere drastica e credere proprio quello: Silente ha violentato Minerva McGranitt.

So che avrei dovuto scriverlo perché, per come l’ho detto, poteva essere tutto e il contrario di tutto, ma mi sembrava che mettere quelle parole nella storia fosse quasi sacrilegio, visto che il tono di quella scena era volutamente lento e terribile, ma mai forte con le  parole.

Sul perché, te ne accorgerai piano piano, c’è tutta una motivazione dietro che va ricercata nel fatto che Silente, come ho detto, non è sempre stato un vecchio mago bravo, ha anche lui i suoi scheletri nell’armadio che piano piano vengono a galla, come quello che è, forse, uno dei più terribili.

Sono molto contenta anche che ti piaccia il capitolo sul Natale e spero che sia lo stesso anche per questo sequel, ciao e un bacione grande! Nyssa

 

Lord Martiya: adesso ho le idee più chiare… e dire che storia è la mia materia preferita, ma non sapevo proprio nulla di questa Dichiarazione di San Pietroburgo, sarà che in fatto di armi e compagnia sono ignorantissima (non se ne accorgerebbe nessuno >_>), cmq ti ringrazio molto per la spiegazione, chissà che, ad un modo o all’altro, non la utilizzi, anche se non saprei come mettere in mano un fucile ad un mago... ci rifletterò.

Per la suora e il rockettaro… beh, è questione di punti di vista, l’arte la sia esprime liberamente ^^

Aspetto una tua opinione per questo nono capito, ciao e a presto! Nyssa

 

PS: Curioso però che, visto che la dichiarazione è stata firma a S Pietroburgo, anche la Russia zarista non abbia partecipato…

 

Silmarilichigo: sono felice di sapere che continuerai a seguirla, la cosa mi rende molto fiera della mia piccola creatura… grazie anche per tutti i complimenti che mi hai fatto, mi fa piacere sapere che la fic ti piace, come vedi ho aggiornato prima che ho potuto, spero che anche questo nono capitolo ti piaccia, ciao e un bacio! A presto, Nyssa

 

PS: grazie anche per il commento a Aiutami a Dimenticare, anche io in genere sono per le fic più lunghe, le cose vengono spiegate meglio, ma ogni tanto mi scappa una shot… come è stato per quella. Ciao!

 

 

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Capitolo 10
*** Piano di battaglia ***


Draco passeggiò per la stanzetta dell’attico di Raymond con una mela verde in bocca, grattandosi distrattamente un orecchio e gettandosi sul letto di schiena, osservando il soffitto: aveva voglia di farsi una bella partita agli scacchi dei maghi con Blai

Draco passeggiò per la stanzetta dell’attico di Raymond con una mela verde in bocca, grattandosi distrattamente un orecchio e gettandosi sul letto di schiena, osservando il soffitto: aveva voglia di farsi una bella partita agli scacchi dei maghi con Blaise; lui e Zabini avevano uno strano modo di giocare che cominciava con la scommessa su chi dei due avrebbe vinto quella partita e proseguiva tranquillamente perché erano entrambi consapevoli del fatto che non c’era baro migliore di loro in tutta Hogwarts, insomma, erano i maghi dei trucchi, Blaise perché al casinò ci era praticamente nato e Draco… perché non sia mai che qualcuno si possa vantare di aver battuto un Malfoy, sia solo ad un banale gioco di carte o di scacchi.

La mezzosangue non sembrava decisamente il tipo che approvava la loro condotta e non dava neppure l’idea di giocare spesso agli scacchi dei maghi

-          Credevo che ti saresti fiondata in biblioteca appena messo piede giù dal letto – disse addentando la mela e masticandola mentre scrutava le spalle esili della ragazza china su una serie di fogli con una matita incastrata tra i capelli

-          Mh… - la risposta era alquanto deludente

-          Che cosa fai?

Si avvicinò al tavolino e sedette di fronte a lei prendendo tra le mani quella che aveva tutta l’aria di essere una formula per una pozione

-          Che è ‘sta roba? – chiese adocchiando i nomi dei vari ingredienti

-          Sono i componenti della pozione che ci ha colpiti – commentò lei strappandogli la pergamena dalla mano

-          E cosa ne staresti facendo?

-          Sto analizzando – rispose acida scribacchiando qualcosa – stanotte non riuscivo a dormire e c’era qualcosa che non quadrava nella pozione che ci ha descritto Silente – lui addentò di nuovo la mela

-          Non potevi semplicemente svegliarmi? Ti avrei trovato un passatempo – propose con aria maliziosa e sguardo sufficientemente eloquente circa il “passatempo”; il viso di lei assunse la colorazione di una pallina di Natale

-          Almeno faccio qualcosa di utile – sbottò appuntano nuovamente a margine del foglio

-          E che cos’è che ti rende così inquieta – domandò esasperato che lei fosse così ligia al dovere, parola sua, non aveva mai conosciuto qualcuno così attaccato alla scuola come la Granger

-          Ascolta – citò lei – la piuma di civetta grigia della Norvegia è un ingrediente strano da trovare nelle pozioni

-          Vero e terribilmente instabile, per questo continuiamo a cambiare età – un nuovo morso comparve sulla superficie verde e liscia del frutto

-          Allora non è vero che Piton ti regala i voti – aggiunse lei con un sorrisetto, lui non ne fu contento

-          Staresti insinuando che non sono bravo di Pozioni?

-          Mai detto nulla del genere – si difese

-          Però l’hai pensato!

-          Pensare non è reato. Probabilmente anche tu hai pensato a te e Harry come migliori amici

-          Hai voglia di scherzare? – chiese minaccioso

-          Torniamo alla civetta – era un terreno decisamente meno pericoloso

-          Viene usata solo quando l’effetto deve essere immediato sennò si corre il rischio di compromettere il risultato

-          Non ci avevo pensato – rifletté segnandosi un appunto

-          Che altro?

-          Ecco, sembra quasi che siano diversi gli ingredienti anomali nella pozione che ci ha colpiti, come se ne fossero state mischiate due o più…

-          Ovvero?

-          Dai un’occhiata – e gli porse una pagina con diverse formule

-          Sfortunatamente non ne conosco nessuna – ammise a testa china

Malfoy posò gli occhi sulla scrittura lineare di lei che aveva tracciato il bilanciamento degli ingredienti di cui erano a conoscenza: fegato di camaleonte, piuma di civetta grigia, foglie di pungitopo bianco, artigli di ratto dei prati, scaglie di torpodillo

La sua associazione mentale gli portò a formulare due pozioni e, stranamente tutte e due incomplete. No, doveva esserci un errore perché una delle due era… che fossero arrivati a tanto?

Impossibile, una delle due pozioni era mortale!

Alzò le iridi su di lei e la vide mentre aspettava

-          Tu le conosci, vero? – dichiarò come se conoscesse già la risposta

-          No – mentì voltando la tersa e ridandole il foglio, lei sorrise

-          Non dire bugie o ti verranno le gambe più corte di quel che sono – sbuffò

-          Granger – incominciò serio – forse Silente non te l’ha detto per non farti preoccupare, ma la pozione nel corridoio non stava lì per caso e neppure per un attentato a scuola – lei parve stupita – era proprio per me

-          Per te? – chiese incerta

-         

-          Ha a che fare con qualcosa che non puoi dirmi?

-          Esatto – lei sbuffò

-          E questo cosa c’entra? – aggiunse non riuscendo a distinguere niente di riconoscibile nella sfilza di elementi segnati, gli occhi di lui si scurirono rendendo la conversazione ancora più pesante

-          Avrai capito che questa gente non vuole certo il mio bene

-          Direi che ogni persona che ti ha conosciuto non ti augura tutto il suo bene – lui le lanciò un’occhiataccia

-          Beh, difficilmente, comunque riusciresti a riconoscerle – e indicò la prima riga – questa è una pozione per cambiare età – gli occhi di lei seguirono il dito infantile che si spostava piano – e questa – aggiunse – è La Roue de Fortune – si godette quell’attimo di silenzio: sapeva che lei non conosceva quella pozione, quel silenzio lo testimoniava, eppure era come se capisse che era terribile – sono tutte e due pozioni proibite – aggiunse

-          Cioè queste…

-          Sono permesse solo con apposite firme e documenti del Ministero

-          E tu…

-          Hogwarts non è l’unico posto dove sono contenuti molti libri di magia proibita – le fece notare con un ghigno – anche a Malfoy Manor noi…

Si fermò mentre l’immagine ricorrente delle alte torri avvolte dalle fiamme si sovrapponeva alla sua visuale, strinse gli occhi e tornò a concentrarsi, doveva rimanere calmo, non doveva pensarci. Non a Malfoy Manor.

-          Che cos’è La Roue de Fortune?

-          È una delle sette Pozioni Maledette, come le Maledizioni si chiamano Incantesimi Maledetti. Sono intrugli terribili e mortali creati in un passato antico e trasmessi a lungo a piccoli gruppi di maghi. Io ne conosco solo quattro

-          E gli altri?

-          Sono chiusi a chiave al Ministero, i più non sanno neppure cosa sono – lei arrossì colpevole, sapendo di essere una di questi ignoranti

-          Chi può conoscerle e usarle? – domandò

-          Mangiamorte – rispose chiaro lui – le conoscono e, soprattutto, non hanno scrupoli a usarle

Annuì, consapevole che aveva ragione

-          Malfoy – disse poi – che accidenti hai combinato per cacciarti in questo pasticcio? Che hai fatto perché qualcuno giunga addirittura a volerti uccidere in questo modo?

Lui ghignò

-          Ho barato al gioco

Un buffetto lo colpì alla guancia e si sentì stranamente rincuorato da quel gesto familiare.

-          Prima di andare vorrei fare una cosa, però – dichiarò lui prendendo il foglio e raccattando tra la confusione una penna

-          Che cosa? – domandò la grifoncina sbirciando

Lui stava scrivendo velocemente sulla carta, prese un altro foglio e ricominciò.

Guardò la scrittura affusolata con cui le lettere venivano tracciate, una grafia molto ottocentesca, ricca ed elaborata con lettere dalle proporzioni signorili e definite, gambette e asole lunghe, ovali perfette.

Piano piano davanti ai suoi occhi cominciò a delinearsi la formula di una terza pozione

-          Che cos’è? – chiese allungando il collo

-          Uno stabilizzante – rispose lui senza neppure spostare lo sguardo – Piton una volta ha fatto una lezione su questa roba, solo che stabilizzare la Piuma di Civetta Grigia della Norvegia è da suicidio

-          E allora?

-          A Malfoy Manor c’era una formula – un istante di silenzio mentre lui pronunciava il nome di casa sua e la consueta figura fiammeggiante compariva sui suoi occhi – non me la ricordo tutta, ma con quello che ha detto il vecchio Sev dovrei riuscire a far rimanere la pozione tranquilla per almeno sei ore

-          Cioè tu sei capace di stabilizzarla?

-          Pressappoco

-          Potevi anche fartela venire in mente prima – borbottò lei, un poco invidiosa di quello che lui poteva fare.

Nel frattempo la mano aveva continuato a segnare numeri e lettere sulla carta, lasciando incantata e impressionata la ragazza: non solo le sue conoscenze di pozioni andavano ben al di là della materia di studio, ma sapeva anche risolvere dei problemi complessi che, di sicuro, molti altri non ne sarebbero stati in grado. Perfino lei era stupita dalla facilità con cui la mente di lui riusciva a partorire quella sequenza astrusa di ingredienti; ok, era avvantaggiato dal fatto che conosceva più o meno la formula, ma anche così tanti avrebbero avuto dei problemi.

-          Che cosa ci serve? – domandò

-          Tutta roba reperibile a Diagon Alley, niente di terribile

La penna tracciò l’ultimo ricciolo del 2 e mise un punto. Un piccolo vezzo che alcuni avevano, anche se, generalmente, le formule non si interrompevano con quel segnetto.

-          Dobbiamo andare a cercarli? – fu la nuova domanda

-          Sarebbe utile, ma al momento non ci servono, per quel che ci riguarda possiamo cambiare età ogni cinque minuti

 

*          *          *

 

-          Mi sento stranamente agitata – ammise lei camminando svelta per Hyde Park, i capelli tinti di biondo e sollevati sopra la testa, gli occhiali da sole calcati sugli occhi, al suo fianco, Malfoy versione bambino accelerava il passo per starle accanto, l’idea di andare a sbirciare in quel luogo, covo di mangiamorte, non gli piaceva, ma quella dannata mezzosangue riusciva a far diventare curioso perfino lui. Le lanciò un’occhiata furtiva, anche con quel look non assomigliava molto a sua madre nonostante avesse scelto la stessa tonalità: se sua madre aveva un corpo sottile e longilineo, alto e dai tratti leggermente troppo marcati con un grazioso ma sottile naso alla francese, quello della Granger era bassetto e la vita decisamente tonda, per non parlare del decolleté che nessuna delle Black poteva fare a meno di invidiarle, sì, avrebbe fatto un figurone in uno degli abiti eleganti dei Malfoy, ma certo non con quei capelli… nonostante il biondo fosse il segno di vanto di ogni Malfoy esistito nel mondo magico, su di lei stava veramente malissimo, sarà che quel colore si abbinava per lo più a bellezze eteree e filiformi mentre la mezzosangue poteva impersonare decisamente una Cerere sorridente nei campi di grano.

 

L’ingresso della Queen Victoria era identico a come lo ricordava, il marmo vecchio, le pareti un po’ scure, le scale dai gradini bassi.

Il loro piano di battaglia prevedeva di passare inosservati come comuni visitatori della biblioteca e, per fare questo si diressero esitanti verso la sala di consultazione dei romanzi dove, la volta precedente, avevano fatto il loro sfortunato incontro.

A quell’ora i tavoli erano quasi tutti sgombri, gli studenti universitari avevano in maggioranza lezione mentre quelli delle scuole inferiori erano ancora in classe.

Lei abbassò circospetta gli occhiali e si guardò prudente intorno, notando la figura di un ragazzo seduto accanto ad una finestra: male, non sarebbero riusciti ad entrare senza farsi notare e difficilmente avrebbero potuto spacciarsi per impiegati delle pulizie.

Intercettò un’occhiata della serpe e passarono al piano B, ovvero aspettare che il visitatore si allontanasse, vana speranza vista la mole di volumi che il tipo in questione aveva posati accanto e dai quali continuava a trascrivere appunti, evidentemente per qualche ricerca o tesi di laurea.

La neo bionda Hermione Granger si avviò verso la sua sezione preferita e scelse a caso tre titoli dallo scaffale portandoli al tavolo e sedendosi proprio di fronte a quello che credeva essere il passaggio; dopo essersi dati il cambio, Draco gironzolò per le librerie e tornando poco dopo con alcuni tomi che si affettò a posare al fianco di quelli della ragazza. Sedettero vicini scoccando saltuariamente occhiate cariche di aspettativa verso il ragazzo alla loro sinistra trovandolo sempre al suo posto.

 

La commessa del banco prestiti era passata due volte per rimettere a posto qualche libro rientrato da poco e ogni volta aveva lanciato sguardi carichi di disapprovazione al colore strampalato dei capelli della giovane donna che stava consultando al banco, sapeva perfettamente indicare il tipo: la giovane ragazza madre ancora all’università. Che frequentasse cattive compagnie, ma soprattutto abitudini, era evidente vista la tonalità inconsueta di biondo e la presenza del bimbo accanto a lei, che fosse all’università pure, vista con quanta serietà consultava i suoi libri, poteva quasi immaginarsi la storia della giovane studentessa appena iscritta al college che ha una relazione con un tipo affascinante ma corrotto che la pianta prima ancora di scoprire che diventerà padre. A quel punto la ragazza abbandona gli studi, si dedica al bimbo in arrivo e riprende non appena il ragazzino è sufficientemente grande. Povera creatura, dopotutto non era colpa sua se il mondo era pieno di mascalzoni…

Scuotendo la testa la donnetta se n’era andata entrambe le volte seguita da occhiatacce di Malfoy che, visto che i libri non riuscivano a interessarlo, si divertiva un po’ con la legilimanzia. Inutile dire che, se da una parte i pensieri della commessa gli erano parsi divertenti, dall’altra non agognava ad essere il figlio della Granger e, tantomeno, non gli piacevano i toni con cui la commessa descriveva il colore di capelli tipico della sua famiglia.

Lo studente dietro di loro pensava solo alla sua tesi di botanica e la mezzosangue… al momento i pensieri erano criptati in maniera quasi indecifrabile, evidentemente non le piaceva che mezzo mondo fosse a conoscenza dei fatti suoi. Lei voltò una pagina e continuò senza preoccuparsi di lui.

 

*          *          *

 

Il bambino controllò l’orologio che teneva al polso, gli sembrava stranamente inconsueto doversi tirare su la manica per vedere che ore erano, ma la Granger gli aveva tassativamente proibito l’orologio da taschino con lo stemma di famiglia inciso sulla cassa, sbuffò arrabbiato; lei invece aveva quel gesto quasi meccanico di scostare la camicia o il maglione, seguire le lancette e poi tornare ai fatti suoi, doveva essere una specie di tic.

La guardò ancora e vide un sottile filamento dorato girarle intorno al collo e poi scendere oltre il bordo della camicia, riconosceva la trama fine di quella catenella lunga, sapeva di che si trattava, era una Giratempo.

Evidentemente stava diventando di moda portare qualcosa al collo… sapeva che quell’oggetto le era stato regalato da Silente e dalla McGranitt quando era entrata al terzo anno per permetterle di seguire più corsi e quello era il principale motivo per cui la ragazza compariva sempre all’improvviso da qualche parte durante le lezioni, gli altri prof non ci facevano caso, ma aveva notato che Potty e Lenticchia si prendevano dei begli spaventi ed erano molto preoccupati. Dal quarto anno, nonostante la notizia della Giratempo non fosse stata divulgata, quale Prefetto gli era stato detto che lei teneva quel ciondolo, dopotutto era suo… e ogni tanto si era domandato perché, quelle volte che l’aveva fatto particolarmente arrabbiare, non aveva spifferato tutto alla Umbridge, megera del cavolo!

Nonostante fosse entrato nelle Squadre di Inquisizione, detestava quella schifosa vecchiaccia più della Cooman e del guardaboschi messi insieme, mai visto un essere più subdolo, perfino Voldemort, tra un po’, sembrava scomparire di fronte alla sua perfidia.

L’aveva fatto per sabotarla, mica per altro, anche se Pansy aveva dovuto metterci il becco ed era saltata fuori tutta quella faccenda dell’Esercito di Silente a complicare di più la situazione, bel casino… tra loro che non erano neppure buoni a non farsi pescare e quell’oca della Parkinson che ficcava il naso si era sollevato un polverone…!

Ultimamente la Umbridge era sotto accusa per favoreggiamento ai mangiamorte e, benché non se ne fosse mai accorto, sembrava proprio il tipo da fare una cosa del genere; comunque pareva che negli ultimi processi molti avessero fatto il suo nome e così il Ministero aveva incominciato qualche indagine di cui ancora non si vedeva il fondo.

… era proprio vero che, se si voleva arrivare da qualche parte, bisognava affidarsi a Silente, sembrava tanto un vecchietto tranquillo, ma pure lui aveva più agganci di un appendiabiti…

 

Il braccio appoggiato al tavolo cominciò improvvisamente a dolergli e bruciargli, sapeva che era il Marchio Nero: stavano arrivando.

La mezzosangue si accorse dell’espressione sofferente che gli storceva le labbra e gli lanciò un’occhiata preoccupata, capendo perfettamente che non gli si era addormentata una gamba.

Guardò attorno attenta alla ricerca di qualche segno e poi, d’improvviso, avvertì la presenza di altri maghi.

Si affrettò a far finta di leggere e controllò che il suo piano fosse perfetto: nessuno avrebbe dovuto riconoscerla se l’avesse l’incontrata, neppure il padre di Nott o di Goyle in cui si era imbattuta la volta precedente, per questo si era conciata in quel modo ridicolo e stava passando la mattina a leggere un libro che conosceva a memoria.

Malferret, accanto a lei, invece, la stava preoccupando parecchio: più lei avvertiva quell’aura magica avvicinarsi e più e labbra di lui si storpiavano, mentre i denti affondavano nel labbro inferire facendogli quasi uscire il sangue.

-          Vai in bagno – gli disse svelta indicandogli la porta in fondo alla sala con l’insegna che recitava “Toilette” , lui annuì, grato di quell’appoggio, ma comunque terrorizzato all’idea di lasciarla da sola: che sarebbe successo se l’avessero riconosciuta? Per precauzione decise che sarebbe stato meglio tingersi i capelli di nero, così, se l’avessero presa per la stessa persona dell’altra volta, poteva sempre addurre come scusa una recente visita dal parrucchiere per le feste natalizie.

Scivolò giù dal sedile e, controllando ogni scaffale prima di svoltare, puntò dritto alla porta con la figura maschile stampigliata sopra, chiudendola poi alle spalle e appoggiandovisi, sempre tenendo stretto il braccio sinistro.

 

Ogni volta era peggio e se non stava attento quelle fiamme sarebbero tornare, non doveva farsi scoprire, c’erano altre cose che voleva, ma soprattutto DOVEVA fare e una di queste era tornare a Malfoy Manor, prima o poi.

La cosa giusta da fare, però, al momento sarebbe stato tornare a Hogwarts, ma sicuramente la Regina dei Gryffindor l’avrebbe presa come un’offesa personale una tale affermazione e sarebbe finita in un’altra lite che lui avrebbe perso. Già perché forse poteva prenderla in giro, deriderla, a volte umiliarla quando lei teneva la testa alta e il fuoco bruciava i suoi occhi dorati e il suo cuore, ma non riusciva a dire nulla quando le lacrime le rigavano le guance, quando si stringeva il mento alle ginocchia e piangeva singhiozzando senza riuscire a replicare. Nessuna parola, in quel caso, usciva dalle sue labbra, tranne qualche sdolcinatezza.

Nonostante tutto e nonostante se ne vergognasse era l’unica cosa da fare e anche la più giusta.

Che accidenti doveva fare?

Con lei, con se stesso, con Silente, con l’Ordine, con suo padre, con Malfoy Manor, con tutto quel casino bestiale che sembrava perseguitarlo?

Un’altra fitta.

Strinse i denti e si guardò sofferente nello specchio che aveva di fronte. Aprì l’acqua corrente e si bagnò le mani con il liquido gelato nella speranza di placare quel bruciore, poi passò la mano bagnata sul serpente nero che correva lungo il braccio e gli parve che gli occhi rossi che sfoggiava fossero più minacciosi che mai. Brutto, anzi, bruttissimo segno; non si sarebbe stupito se quel dannato rettile all’improvviso si fosse messo a sibilare e avesse preso forma per morderlo e avvelenarlo, quasi si stupiva che il Lord Oscuro non avesse ancora pensato ad una simile eventualità per i traditori e, era risaputo, tra i mangiamorte c’erano tanti traditori almeno quanti ne stavano al Ministero.

Doveva fare la cosa giusta?

Qual era la cosa giusta?

In quel momento, senz’altro proteggere la mezzosangue, testarda com’era sarebbe stata capace di andare a chiedere l’autografo a qualsiasi mago le fosse capitato davanti.

Aprì di scatto la porta e corse verso il tavolo attirando l’attenzione della ragazza e dello studente di botanica che lo guardarono, lui finse di fare un gioco da bambini e arrivati al banco della sua compagna di scuola, vi si cacciò sotto, in modo che, chiunque fosse il mago, non lo riconoscesse neppure di striscio.

Si stese sul pavimento e guardò nello spiraglio che si intravedeva tra le gambe del tavolo, sbirciando dall’altra parte cauto, sapeva che la Granger doveva fingere di leggere, ma come minimo aveva gli occhi incollati alla figura nera che stava piano piano venendo a comparire da dietro l’ultimo scaffale, evidentemente chiunque fosse si era smaterializzato in biblioteca.

 

*          *          *

 

La figura di un mangiamorte che Hermione non aveva mai visto fece il suo ingresso nel campo visivo mentre lei sbirciava oltre gli occhiali da sole.

L’uomo si guardò intorno  sospettoso, poi si avvicinò in silenzio al quadro alla parete che ritraeva la Regina Vittoria in una rappresentazione giovanile, prima di essere incoronata.

Lanciò un’occhiata allo studente tutto preso dai suoi libri, la spostò sulla ragazza bionda che consultava dei volumi e, decidendo che entrambi erano inoffensivi, estrasse dal mantello la bacchetta e fece scorrere il quadro.

Mosse un passo quando qualcosa di luccicante attirò l’attenzione sul pavimento bianco e nero: una moneta da un galeone. La prese in mano e rigirò tra le dita, dando del pazzo a chiunque l’avesse persa, evidentemente c’era qualche mangiamorte tanto idiota da dimenticare oggetti di quel valore… non che lui ne avesse bisogno, chiaro, ma una moneta in più…

La mise in tasca e scomparve nel buio mentre il quadro ritornava al suo posto senza che, apparentemente, nessuno dei due lettori avesse notato niente.

 

*          *          *

 

A strada sgombra, Malfoy ricomparve dal suo nascondiglio e si risedette di fianco alla mezzosangue.

-          Piano riuscito – decretò – non credevo che i babbani potessero inventare cose talmente intelligenti

L’occhiata ammonitrice della Granger gli disse che non aveva gradito il suo sarcasmo razzista, le sorrise ugualmente.

Se il mago aveva pensato che c’erano mangiamorte tanto ricchi da potersi permettere di perdere un galeone per strada, lui di sicuro stava riflettendo che c’erano altrettanti mangiamorte rincretiniti fino a mettersi in tasca una ricetrasmittente.

Lo doveva ammettere, era stata un’idea della Grifondoro e anche piuttosto brillante. Avevano comprato in un banale negozio di elettronica una ricetrasmittente tascabile e con la magia l’avevano rimpicciolita e assimilata in una moneta d’oro; in verità avrebbero preferito trasformarla direttamente in oro, ma si sa, per fare questo occorreva la Pietra Filosofale che Nicolas Flamel aveva distrutto sei anni prima e che permetteva, oltre di tramutare oggetti in oro, anche di produrre il cosiddetto Elisir di LungaVita, una pozione che rende praticamente immortali. Il mago, comunque, non si sarebbe mai accorto di nulla, anche perché difficilmente un mangiamorte conosceva il significato e l’uso di un oggetto babbano così complesso e di certo, se non avesse pensato di essere spiato, non avrebbe mai capito che nella montagna di monete che si portava dietro c’era anche quella. Sì, se lui era un asso in Pozioni, la mezzosangue era un’autentica maga in Trasfigurazione, nessun commento sul fatto che la McGranitt la amasse tanto, aveva tutte le carte in regola: Grifondoro, studiosa, appassionata della materia.

-          Adesso potremmo anche andarcene – commentò sottovoce lui, l’altra annuì, prese i libri sottobraccio e si avviò al banco prestiti per poterseli portare a casa, la loro copertura sarebbe stata senz’altro più credibile eppoi voleva terminare di leggerne uno.

 

*          *          *

 

L’attico di Raymond era stranamente silenzioso mentre entrambi erano seduti sul letto a leggere. Quando avessero avuto voglia, si sarebbero dedicati all’ascolto delle informazioni riguardanti quei mangiamorte. Draco si disse per l’ennesima volta che era suo dovere come membro dell’Ordine occuparsi dei ritrovi segreti dei suoi nemici, ma lo faceva solo per giustificare la follia in cui la Granger lo aveva precipitato con quella storia del pedinamento dei cattivi.

Silente non avrebbe approvato molto la sua condotta e senz’altro la vecchia racchia, pardon, la McGranitt, si sarebbe prodigata in un bel discorsetto logorroico sulla pericolosità della cosa. Sembrava che tutti avrebbero avuto qualcosa da dirgli contro, ma nessuno di questi aveva mai dovuto tener testa ad una come la Caposcuola, più che mai lanciata nel suo progetto di salvataggio dell’umanità.

Beati Grifondoro

 

Si alzò e andò nella cabina armadio, sorrise al ricordo di quando aveva consolato la mezzosangue dopo averla fatta piangere… che razza di bastardo era stato, Blaise aveva ragione, casualmente, a dire che si era comportato in maniera infantile ed egoistica, non lo negava, ma aveva sentito un tale distacco da lei, in quel momento, che non era riuscito a tenere a freno la lingua e rovinarle quel momento, per fargliela pagare di come lo stava facendo sentire.

Guardò intorno, accanto al calorifero c’era ancora la coperta in cui si erano rifugiati prima di tornare dagli altri, gli occhi si spostarono sulle molteplici ante, ne aprì una a caso, trovandola stipata di biancheria per la casa, la richiuse. Quella a fianco conteneva le tende, lo sapeva perché era lì che aveva recuperato la stoffa di velluto con cui le aveva cucito l’abitino per Natale… i ruoli si erano di nuovo invertiti, adesso era lui il bimbo e lei quella grande.

Alla terza anta si fermò, la guardò scettico e poi l’aprì.

 

-          Mezzosangue, vieni a dare un’occhiata! – la chiamò dall’altra stanza

Hermione, sorpresa, si alzò dal letto e, senza mettersi neppure le ciabatte, si avviò di là, curiosa di sapere per cosa avesse interrotto la sua importantissima lettura de “La casa dei Windjammer”.

-          Che vuoi Malferret, ho altro da fare – sbuffò avvicinandosi e trovandolo stranamente divertito di fronte all’armadio: perché si sentiva come se stesse per profanare la tomba di Tutankamon?

Lo sportello bianco compì una rotazione perfetta di 180 gradi senza cigolii, rivelando il colorato contenuto dello spazio che nascondeva.

Lei strabuzzò gli occhi un paio di volte, non certa di aver compreso a fondo il quadro che le si era prospettato

-          Cioè? – chiese incredula

Davanti a lei stava quello che poteva essere la riproduzione perfetta del vestito di una delle ballerine del Moulin Rouge, con tanto di gonna rossa a pizzo nero, corpetto con stecche fatto di sangallo, ventaglio piumati, scarpe con tacco a spillo e calze a rete.

Scostò una gonna e trovò un vestito che sarebbe stato considerato osceno perfino da Yoko Ono, di raso rosa e volant color crema e celeste in una pessima riproduzione dell’abito di Aurora ne “La Bella Addormentata nel bosco”; le scappò un sorrisetto e, curiosa, la mano passò a quello successivo.

-          Che bella collezione, vero? – annuì compiaciuto lui mentre lei portava alla luce un vestito meringa e una minigonna di pelle

Si intrufolò sotto di quelli alla ricerca di qualcosa che luccicava e una fotografia vide finalmente la luce. Diede una gomitata alla ragazza cercando di catturare l’attenzione monopolizzata dall’oscenità degli abiti per indicarle un gruppetto di persone dai capelli un po’ ingrigiti con alcuni vestiti, una di queste indossava proprio quello rosso da ragazza del can-can.

-          Ma questo è Raymond! – esclamò incredula mentre riconosceva il viso del suo professore di babbanologia

-          Già, direi – ne convenne lui memorizzando i tratti dell’uomo traballante sui tacchi rossi

-          Non ci credo, il mio professore vestito da donna!

-          Mi sa che questa è una prova inconfutabile

-          E dire che a scuola sembra sempre così allegro

-          Chi l’avrebbe mai detto, Raymond un travestito! Il mondo è proprio pieno di gente strana

E tutti e due si misero a ridere.

 

Per preservare il segreto dell’insegnante, riposero tutto e richiusero fingendo di non aver visto niente, ma praticamente ad ogni passo l’ilarità della cosa li colpiva di più e si rimettevano a sogghignare al ricordo della collezione di abiti oppure della fotografia un poco ingiallita.

 

Un gracidio stridente attirò la loro attenzione verso il soggiorno e vi tornarono

-          Che cos’è che fa questo rumore? – chiese lui guardandosi intorno e identificando la provenienza in un registratore di cassette

-          Stavo cercando di captare il segnare della trasmittente – si offese lei sedendosi al tavolo e cominciando ad armeggiare con le manopole dell’oggetto

-          Non mi pare di comprendere molto – borbottò lui accomodandosi accanto a lei

-          Beh, scusa tanto se io mi metto qui a lavorare e ancora grazie per l’aiuto visto che non sei neppure capace di regolare il volume di una radio!

Lui la incenerì con lo sguardo, detestando che gli ricordasse che, del mondo babbano, era completamente ignorante.

-          Sono tre anni che Raymond tenta di spiegartelo, possibile che tu non abbia ancora compreso? – protestò col fare della maestrina spazientita

-          Beh, dubito che a questo punto lo starò più a sentire – altri sorrisetti trattenuti al ricordo della foto

-          Avresti dovuto imparare prima – si difese lei, cercando, per una volta, di non dargliela vinta

Improvvisamente, però, una voce comparve oltre il muro di suoni indistinti e vari bzzzz dell’oggetto sul tavolo; smettendo di parlare i due si avvicinarono di più agli altoparlanti tentando di comprendere qualche frase di senso compiuto

 

-          E’… bzzzz troppo pericoloso… - disse una voce che sembrava preoccupata – non possiamo correre il rischio…

-          Dobbbzzzzzziamo – rispondeva un altro con più tranquillità

-          Ci serve la Bacczzzzetta – diceva un terzo, più calmo

 

Hermione guardò Draco per sapere se conosceva qualcosa a proposito di quella “Bacchetta” perché le pareva molto strano che si riferissero ad un comune manufatto di Olivander’s, di quelli ce n’è pieno il mondo…

Gli occhi della serpe, tuttavia, erano distanti e persi oltre la finestra: doveva sapere di che cosa si trattava, DOVEVA!

Sentendosi osservato, lui voltò la testa e la vide mentre lo guardava, sapeva cosa stava per chiedergli, ma lui non era certo se poteva dirglielo oppure no.

Sarebbe stato meglio di no anche per lei, e avrebbe fatto bene a capirlo in fretta.

 

-          Devo incontrare Czzzzzzzzzzzzz questa sera al Nastro – dichiarò uno dei mangiamorte dall’altra parte – ne discuteremo quando avremo maggiori informazioni

Ai due studenti di Hogwarts parve quasi di vedere la piccola assemblea che annuiva a quelle parole, riconoscendovi la linea da seguire.

-          Che posto è? – domandò il serpeverde spostando la sua attenzione su di lei, leggermente preoccupata

-          È una sala da tè – rispose lei rapidamente tornando a regolare il tunes; - è un negozio particolare perché se si entra da una parte del muro ci si ritrova in una sala da tè comune, se, invece, si entra dalla parte di Diagon Alley la sala da tè è per i maghi

-          Strano – disse lui colpito

-          Il passaggio da una all’altra è permesso solo alle creature magiche, gli umani non hanno l’autorizzazione a vedere la strada dei maghi

-          Saggia precauzione – lei annuì, lui la guardò un attimo e vide le sopracciglia della ragazza abbassarsi pericolosamente, dandole quasi un’aria arrabbiata

-          Perché adesso fai quella faccia? Non mi sbaglio se dico che vorresti andare lì…

-          No, non ti sbagli – ammise sgarbata – ma non è un posto che mi piaccia

-          Come mai?

Un’occhiata alla Granger gli disse che non le andava molto di parlarne, che avesse a che fare con qualche triste ricordo? Strano però che il triste ricordo fosse legato ad una sala da tè, in genere gli umani li limitano a chiese, cimiteri e incidenti stradali…

-          Non mi piace e basta – cercò di dissuaderlo

-          Ci dovrà pur essere un motivo – continuò lui che, più lei insisteva e più diventava curioso e si divertiva

La ragazza fece per aprire la bocca quando, all’improvviso, il corpo di lui si illuminò e, lentamente, cominciò a diventare grande.

Senza darle il tempo di parlare, scappò a nascondersi da qualche parte prima che lei iniziasse a gridare come un ossesso perché era nudo… una volta avrebbe dovuto fare una prova…

 

Ogni tanto Hermione si interrogava su quei loro scambi di età; generalmente capitava che, se uno cresceva l’altro rimpiccioliva, c’erano delle volte, però, in cui solo uno dei due era soggetto alla metamorfosi, era accaduto quella mattina che lui l’aveva baciata: ora stava accadendo lo stesso.

Un pomeriggio si erano messi seriamente a disquisire sulla questione e lui le aveva spiegato che l’instabilità della pozione poteva portare ad un annullamento temporaneo e, in genere, piuttosto limitato, degli effetti. Era proprio così: l’unica volta che era successo, e che ogni tanto pregava che non fosse mai accaduto, l’effetto era stato fulmineo, se l’era ritrovato grande giusto il tempo di combinare un danno per poi tornare bambino a seguito di quelle strane fiamme e incantesimi che l’avevano avvolto.

C’erano troppe cose che non capiva, troppi interrogativi a cui lui sapeva dare una risposta e lei no. Perché?

Perché non poteva dirglielo?

Quelle rare volte di cui ne avevano parlato, lui le aveva fatto intendere, in parte, che era anche per il suo bene perché, lo sentiva, doveva essere un pasticcio molto molto grande.

Pasticcio o non pasticcio, però, lei voleva sapere ugualmente.

E l’avrebbe scoperto! Lei avrebbe capito!

L’aveva definita determinata?

Molto bene, non sapeva che era addirittura ostinata su certe cose e questa stava cominciando a prendere la priorità assoluta.

Parola di Hermione Granger: non l’avrebbe lasciato partire senza che prima le avesse raccontato per filo e per segno quello che voleva sapere!

 

*          *          *

 

Malfoy tornò nella sala e si sedette sul divano, lei ancora imbronciata.

-          Dicevamo? – chiese smielato

-          Dicevamo un corno! – rispose sgarbata – io non volevo dirti proprio niente e tu invece…

-          Stavi per dirmi perché detesti tanto quel negozio – la fermò lui, ricordando che lei era lì per capitolare quando era dovuto scappare.

-          Veramente non volevo dirlo – ribatté piccata che lui riuscisse sempre a sapere ciò che voleva e lei non fosse in grado neppure di terminare il suo bel discorso-predica sull’uguaglianza.

Già, ma poi di che uguaglianza parlava? Lui non credeva nella loro uguaglianza perché apparteneva ai purosangue e lei era una sudicia sangue sporco babbanofila, come le ripeteva mille volte a scuola, di che uguaglianza andava parlando?

-          Parla – disse lui assottigliando gli occhi

-          Faresti bene a farti gli affari tuoi – rispose lei acida

-          Come mai te la prendi tanto per un negozio? Non è molto da te…

-          Ho dei brutti ricordi – rispose seria

-          E quali sarebbero

-          Oh, questo non aspettarti che te lo dica

-          E allora dimmi perché ce l’hai tanto con quel posto!

-          Malfoy – e scandì lentamente le sillabe del cognome – dovresti davvero imparare a farti gli affari tuoi una volta nella vita, o meglio, dovresti imparare a NON farti quelli degli altri visto che poi non vuoi che altri si facciano i tuoi

-          È un concetto di parità al quale non sono legato – la blandì con un’alzata di spalle, sapendo che questo l’avrebbe fatta infuriare ancora di più e, dannazione, la Granger diventava più carina quando era arrabbiata.

No!

Ma che stava dicendo?! Stava impazzendo, ok.

Beh, però in parte era vero… le pagliuzze dorate che aveva negli occhi brillavano pericolosamente, come ad avvertirlo del pericolo, ma lui se ne sentiva quasi affascinato.

-          Non te lo dirò – sillabò

-          Sul serio? – in verità, più che spaventato dalla collera che scorgeva oltre le ciglia folte e scure che si abbassavano periodicamente, era divertito

-         

-          Davvero? – ma che cos’era, uno di quegli orrendi giochetti che si fanno quando si è bambini? “Me lo prometti? Sì. Sicuro? Sicuro. Sicuro sicuro? Sicuro sicuro sicuro…” e via dicendo.

-          Malferret, non cominciare a rompere, ho detto che non te lo voglio dire

-          Ma io voglio saperlo

-          Beh, vedi di voler sapere qualcos’altro, la mia vita privata è affar mio

-          Ma come siamo permalosi…

-          Io non sono permalosa – precisò

-          Quindi se io invece volessi indagare su… diciamo i rapporti interpersonali tra uomini e donne tu saresti favorevole – chiese come se fosse una deduzione logica dalle parole appena pronunciate

-          Sei uno stupido ficcanaso! – sbraitò, lui rise – e dovresti smetterla di dire certe idiozie e di voler sempre farti gli affari degli altri!

-          I tuoi insulti mi affascinano, tesoro – disse con malizia – ma penso di non essere io quello che deve farsi gli affari propri. Vorrei giusto farti il nome di una certa persona che è una settimana che corre dietro alle sottane dei mangiamorte di tutta Londra…

-          Mi sto arrabbiando – puntualizzò lei, scocciata che lui la facesse sembrare così cocciuta su quella faccenda che avevano risolto e non era neppure troppo sicura di essere lei quella che ci guadagnava

-          Avanti, arrabbiati.

-          Cos’è, oggi hai voglia di litigare?

-          Chi? Io? Nooooo… piuttosto una certa Grifondoro saccente che oggi ha proprio la luna girata all’incontrario come il caro professor Lupin

-          Lascia Lupin fuori dalla questione – sbraitò, per niente contenta del “saccente” che si era vista appioppare

-          Forse faresti meglio a fargli gli auguri, visto che si sposa

-          Cosa c’entra? E comunque come lo sai?

-          Te lo dico se mi spieghi perché ce l’hai tanto con quel posto da babbani

Hermione incrociò le braccia e mise il broncio, sedendosi a metà del divano dove lui stava disteso, occupandolo, finalmente dopo tanto tempo, per intero.

Gli occhi prima fissi di fronte si spostarono sull’espressione rilassata di Malfoy che aspettava e gongolava sapendo che lei glielo avrebbe detto.

Maledetta serpe infida… lui e i suoi trucchetti, sapeva sempre come prenderla in contropiede, era una cosa frustrante da morire!

-          Nel mondo babbano – cominciò senza spostare gli occhi – quel negozio non si chiama “Il Nastro”

-          Ah sì? – indagò lui fintamente sorpreso, cercando di capire come mai lei gli stesse parlando del nome

-          Sì. Nel mondo babbano quel maledetto posto si chiama “La casa degli innamorati”

Gli occhi ambrati volarono via mentre la faccia si tingeva completamente di rosso; Draco rise, davvero sorpreso, davvero divertito. I rossori della Granger erano qualcosa di impagabile!

 

*          *          *

 

Spazio autrice: ecco finalmente la fine di un altro capitolo, ormai stiamo entrando nel vivo della vicenda… sapete, a leggere quello che scrivo di questa fic ogni tanto mi blocco a pensare dicendomi che è strano che io mi trovi già praticamente al centro della vicenda senza che siano ancora passati almeno una quindicina di capitoli, ma effettivamente la storia che sto scrivendo, mi dico, è molto diversa dalla precedente e anche impostava in maniera differente, dopotutto, perfino il plot iniziale che avevo progettato era più corto, infatti, come ho detto ogni tanto, non prevedevo di creare più di una ventina di capitoli; spero di riuscire a rimanere nell’ambito del progetto e di iniziare quello nuovo che ho in mente (… ho sempre qualche idea di troppo che mi ronza per la testa…).

Spero che anche il nuovo capitolo vi sia piaciuto e vi ringrazio tantissimo per le meravigliose recensioni che mi avete lasciato, Grazie a tutti!!!

Un bacio,

Nyssa

 

falalula: sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, anche per me Draco versione bambino è molto tenero, ma penso che sia anche una peste senza uguali! O almeno lo sarebbe se assomigliasse al modello a cui mi sono ispirata…

L’idea dell’oroscopo mi è capitata così… sono felice che ti sia piaciuta…

Aspetto di sapere che cosa mi dici del nuovo aggiornamento, ciao e un bacio! Nyssa

 

Shavanna: in realtà Draco insultava soltanto Harry in serpentese, non faceva incantesimi, l’incantesimo… è comparso dal nulla! Beh, non proprio, so che sembra un po’ confusionario, ma sottolineo il fatto che Malfoy non ha detto una parola per evocare quelle fiamme… ok, credo di stare mandando nel panico qualcuno…

Effettivamente Draco è stato proprio cattivo, ma una scenata di gelosia mi ci piaceva troppo in quella scena e non ho resistito. Che la richiesta sia assurda è chiaro, ma come direbbe lui, è un Malfoy e i Malfoy fanno quello che vogliono, anche se Hermione ha già messo un bel po’ di paletti al verbo dovere

Spero ti piaccia anche il nuovo aggiornamento, aspetto di sapere la tua opinione, sono molto curiosa, ciao e un bacione! Nyssa

 

Killkenny: ciao e, innanzi tutto, ben ritrovato! Mi fa piacere vedere la tua recensione anche a questa fic e, ovviamente, mi fa altrettanto piacere sapere che ti piace!

Direi che sono d’accordo con la tua affermazione, Draco si sta prendendo parecchio della piccola mezzosangue, ma ovviamente è sempre troppo orgoglioso per ammetterlo… beh, arriveranno i tempi maturi anche per lui^^

Grazie mille anche per il voto altissimo che assegni sempre alle mie storie, non credo di meritarlo, ma mi fa molto felice ^_^

Spero che ti piaccia anche questo nuovo capitolo, ciao! Nyssa

 

potterina_88_: effettivamente ho preso qualche spunto dalle parole della zia Row e Silente ha parecchi scheletri che non aspettano altro di vedere la luce, posso però solo dire che NON E’ GAY! Da quando la mia cara autrice l’ha detto ho avuto uno shock dal quale non mi sono ancora ripresa, quindi dubito che riuscirei a infarcire la mia fic di una simile notizia che mi fa tremare le mani, anche perché, se non si fosse notato, sono una grande fan della coppia Albus/Minerva ^^’

Sono perfettamente d’accordo con quanto hai detto, è stato maleducato e terribilmente possessivo, ma ha a che fare con qualcosa più grande di lui che non riesce a gestire e con cui non ha mai fatto i conti, quindi è normale che le sue reazioni siano esagerate… dopotutto, voglio bene anche al Draco brutale di questo capitolo che assomiglia tantissimo al Draco versione primo anno della Row.

Se avrò la possibilità farò qualche approfondimento su Neville e Daph, ma la coppia fondamenta della fic, a differenza dell’altra dove tutti c’entravano nella vicenda, è quella di Draco ed Herm, quindi non so, dipende da quanto mi occupa.

Spero ti piaccia anche il mio decimo capitolo, aspetto curiosa di sapere la tua opinione, ciao e un bacio! Nyssa

 

luana1985:, succederà, ma non in questo cappy… ci vorrà ancora un poco di pazienza, bisogna che le mele siano mature.

Sono felicissima che la mia trasposizione dei sentimenti e delle sensazioni sia interessante, non vorrei mai esagerare e trasformare i miei personaggi nei tormentati pazienti di un Freud stralunato…

Spero che ti piaccia anche questo aggiornamento, aspetto di sapere, ciao e un bacione! Nyssa

 

lauwren: sono felice che la storia ti appassioni, la cosa mi rende orgogliosa della mia piccola creatura ancora in fasce *_* (tranquilla, non sto ancora delirando, sono solo un po’ sclerata, ma quello succede spesso XP).

Sono anche molto felice che l’analisi dei sentimenti dei miei personaggi sia accurata e ti piaccia, come ho già detto, non voglio correre troppo il rischio di trasformare la storia in una analisi psicologica di questi poveracci che dovrebbero, invece, pensare a risolvere le loro grande.

Bene, spero ti piaccia anche questo capitolo dieci, ciao e un bacione! Nyssa

 

Lord Martiya:  sono curiosa di sapere quale altra cattedra assegneresti alla cara vecchia Sinistra (a me sta simpatica questa prof, ad un modo o all’altro la infilo sempre come comparsa nelle storie).

Sto seriamente prendendo in considerazione l’idea di infilarci qualche personaggio babbano, ma devo ancora analizzare la cosa e vedere dove starebbe bene, cmq grazie per tutte le informazioni che mi hai dato, torneranno sempre utili…

Aspetto di conoscere la tua opinione su questo capitolo, ciao e a presto! Nyssa

 

herm83: non sei la sola, io l’avrei preso a sberle, ma se uno si scusa in quel modo… beh, penso che lo perdonerei (se fosse sincero).

È vero, Draco si è comportato malissimo, ma stavo seriamente cominciando a pensare che stesse diventando fin troppo bravo in questa storia, così una scenata non ci stava malaccio…

Eppoi, a me piace anche questo Draco… anche se è stato veramente bastardo!

Spero ti piaccia anche questo aggiornamento, ciao e un bacione! Nyssa

 

giuliastarr: mi fa piacere di non deluderti e spero che non lo faccia neppure questo nuovo aggiornamento! Aspetto di conoscere la tua opinione, ciao e a presto! Nyssa

 

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Capitolo 11
*** Due imperfetti innamorati ***


Rise davvero, di gusto, davanti alle guance un po’ paffute della Caposcuola che si coloravano appena mentre la gradazione aumentava di intensità ad ogni istante che il suo riso si perdeva per la stanza

Rise davvero, di gusto, davanti alle guance un po’ paffute della Caposcuola che si coloravano appena mentre la gradazione aumentava di intensità ad ogni istante che il suo riso si perdeva per la stanza.

-          Vorresti farmi credere che è solo per questo?

-          Sei seccante – incominciò lei alzandosi in piedi

Il riso aperto si trasformò in un sorriso più dolce e, mentre lei si alzava, allungò un braccio prendendola per un polso e tirandola sul divano con lui, facendole perdere l’equilibrio.

Quando Hermione ritrovò la consapevolezza di dove si trovava e il mondo smise di turbinarle attorno, le braccia della serpe erano già saldamente incrociate intorno alle sue spalle e la testa appoggiata ai suoi capelli.

Panico totale! Stava urlando il suo cervello messo in difficoltà dalla ridda di sensazioni, pensieri e sentimenti che chiedevano urgentemente attenzione, ma per i quali, al momento, non c’era né tempo né posto.

-          Ch-ch-che staresti facendo? – balbettò allarmata, non certa di poter gestire quella situazione

-          Beh, mi sembra ovvio – rispose lui – facciamo un po’ di pratica…

-          Pratiche per cosa? – c’era quasi una nota di panico nella voce, lui sospirò, come se si trattasse di un bambino un po’ tardo di comprendonio

-          In una casa dove vanno gli innamorati, se ti presenti rigida come un manico di scopa credo che qualunque essere umano, oltre che qualunque mangiamorte, ti scoprirà, non credi? E sono stato anche gentile…

-          Che gentilezza… - disse lei, cercando di recuperare un briciolo di autocontrollo e di non accoccolarsi di più a quel tepore che percepiva sulla schiena

-          Andiamo Granger, rilassati! Se non fossi una Gryffindor penserei quasi che tu sia frigida…

-          Frigida? – domandò – che significa? – gli occhi di lui si sollevarono, poi tornò a guardare lei con l’espressione infantile ed inesperta sul volto di una ventenne

-          Te lo assicuro. Ci sarebbe da piangere, ma in questo momento mi viene solo da ridere.

-          Ti ho fatto una domanda

Lui ghignò mentre una mano sollevò appena l’orlo del maglione scuro che indossava e s’insinuò lungo la schiena, accarezzandola appena sulla pelle scoperta e provocandole un piccolo brivido che la fece tremare tra le sue braccia.

Il ghigno si trasformò in un sorriso che ricordava un poco compiaciuto che ricordava di avergli visto la stessa mattina che l’aveva baciata, il che non prometteva niente di buono.

Beh, per modo di dire, certo… dipende dai punti di vista…

-          Direi che, nonostante tutto, frigida non lo sei…

-          Ma che significa?

-          Sei proprio una santarellina… - e lo disse con fare quasi paterno, un poco orgoglioso della cosa.

-          Cosa vuol dire frigida?! Adesso spiegamelo!

Le sopracciglia bionde si sollevarono a quella piccola presa di posizione decisamente inadeguata rispetto alla situazione in cui lei si trovava.

La ragazza tentò di puntellarsi sulle mani e di guardarlo in faccia, per niente contenta che lui avesse tutto quel controllo sul suo corpo. Beh, il coraggio non le mancava, questo sì… chissà cosa sarebbe successo se quel coraggio si fosse trovato sotto uno strato di lenzuola…

No!

Di nuovo pensieri inadatti… doveva smetterla, starle assolutamente lontano e non pensare minimamente a lei. Per il suo bene.

Già, ma SUO di chi? Di lui o di lei?

Difficile però riuscire a mettere in pratica un tale proponimento quando il soggetto se ne sta rannicchiato tra le tue braccia, guardandoti con gli occhi di un cocker e aspettando di sapere che cosa significa “frigido”…

-          Hai presente la Cooman? – lei annuì – ecco, credo proprio che lei lo sia…

-          Intendi dire che è un sinonimo di pazzo o invasato?

Lui si passò una mano tra i capelli, indeciso se scoppiare in un’altra risata o scuoterla violentemente.

-          Direi di no

-          E allora che c’entra?

-          Prendi la Cooman – fatto – bene, se tu le…

Tutto quello che sentì dopo quelle poche e innocue parole le fece cambiare colore del volto almeno una dozzina di volte attraversando il rosso, il fucsia, il carminio e addirittura il bordeaux.

Non era poi così tanto sicura che fosse stata una bella mossa chiedergli spiegazioni… e adesso capiva perché lui la chiamava “santarellina” e diceva che c’era da piangere, evidentemente era qualcosa che sapevano tutti, peccato però che con il ristretto range di esperienze che si ritrovava era difficile avere conoscenze sufficienti. Al Grifondoro, poi, la gente non diceva certe cose a voce alta e non erano certo così volgari come quelle serpi, quando parlavano! Harry ci stava sempre attento e anche gli altri, per questo non si sentivano molti di questi termini, il più delle volte, anzi, ci si girava intorno; anche se dubitava fortemente che i discendenti del nobile Godric avrebbero discusso di un argomento così…

 

-          Credo proprio che bisognerà cominciare dalle aste – disse lui scuotendo il capo e, con esso, i capelli biondi che ondeggiarono appena

-          Non andiamo certo là per divertirci – borbottò lei

-          Puoi sempre dire che ti fa troppo schifo e rimanertene qui sonnecchiare

Prospettiva vagamente allettante.

Peccato che la possibilità di scoprire qualcosa di utile all’Ordine sommata ad una situazione che prevedesse un minimo di gentilezza della serpe nei suoi confronti, oltre che, decisamente, le mani dove non sarebbero dovute stare, fosse un binomio al quale non si poteva dire di no.

E lei non voleva dire di no.

-          I mangiamorte sono più importanti

-          …oppure dire che non aspettavi altro che trovare una scusa del genere.  – terminò lui la frase di prima - Sei perfino disposta a mettere da parte il suo orgoglio Gryffindor per quella setta di imbecilli? La cosa è preoccupante… perfino permettere ad uno come me di farti… questo

La mano destra del ragazzo percorse con esasperante lentezza la pelle dietro la gamba, fermandosi appena dietro il ginocchio per poi continuare. La sentì rabbrividire di nuovo e vide i denti affondati nel labbro per trattenere qualcosa che sospettava essere un gemito.

Le piccole soddisfazioni…

-          Granger – disse vivamente colpito – mi stupisce davvero che tu sia rimasta vergine tutto questo tempo…

Decidendo che in quella conversazione c’erano motivi sufficienti per offendersi, lei si rimise a sedere, aggiustandosi il maglione e i capelli scompigliati. Non le andava che Malfoy le dicesse certe cose, c’erano dei motivi se era rimasta tale e c’erano altrettanti motivi per cui la gente si ostinava a non guardarla come una donna, ma non le importava, non molto, almeno.

-          Ti sei offesa? – le chiese puntellandosi sui gomiti e guardandola mentre rimetteva le forcine a posto e faceva per alzarsi. Si sentì un po’ solo mentre i gesti della Caposcuola indicavano che se ne sarebbe andata presto. Perché? Quella dannata cosa che lo rodeva all’altezza del petto non gli dava tregua e in quel momento si sentiva di nuovo colpevole… certo, non era stato molto delicato a dire una cosa del genere, ma loro erano sempre brutalmente sinceri, perché non esserlo più?

Quando lei mosse la mano, il braccio scattò automaticamente in avanti, trascinandola di nuovo sul sofà con lui, stringendola a sé come una bambola e baciandole piano i capelli.

Hermione ne rimase stupita e cercò di sollevare la testa che lui le teneva senza troppa convinzione

-          Non te ne andare – mormorò tra i denti, sapendo che quella non era certo una cosa che avesse chiesto spesso.

Gli occhi di lei brillarono di una luce nuova e le pagliuzze dorate scintillarono di dolcezza mentre ascoltava quelle sillabe forse mai pronunciate da uno come il Principe delle Serpi, conscia di quanto doveva essergli costato quel gesto.

Chinò di nuovo la testa e rimase lì, ascoltando appena il battito del cuore oltre la camicia aperta che lui indossava: aveva di nuovo diciotto anni… se lo avesse baciato non avrebbe fatto altro che rispettare la promessa, giusto?

C’era qualcosa di strano nello stare con Malfoy, qualcosa che non aveva provato in compagnia di nessun altro.

A cominciare dal fatto che c’erano dei momenti che, a dispetto delle parole velenose, lui sembrava davvero considerarla una ragazza. E ce n’erano altri in cui le faceva addirittura sperare di essere una persona un po’ speciale.

Una speranza vana, lo sapeva, che l’avrebbe fatta soffrire, ma che la aiutava un po’ in quelle giornate.

 

Era la fiducia quella che teneva in piedi il loro traballante rapporto. Nonostante lui non le avesse mai raccontato tutta la storia che lei voleva sapere, riusciva ad avere ancora fiducia in lui, a cominciare dal fatto che non aveva creduto mai, neppure per un istante che fosse un mangiamorte.

E qualcosa di analogo doveva fare anche lui, misto ad un vago senso di protezione. Sembrava sempre eternamente combattuto se considerarla una tartaruga dalla corazza rigida che nessuno sarebbe riuscito a scalfire, oppure un timido animaletto indifeso. A volte andava fiero di essere l’unico che riusciva a scostare quella copertura dura e anche di vedere quel piccolo topolino timido che si scorgeva sotto, ma non sapeva mai quale delle due considerare Hermione Granger.

 

Hermione Granger era tutte e due e a volte si domandava come avesse fatto lui ad accorgersi che oltre questa sua facciata da ragazza forte che ostentava, il topolino spaventato era quanto di più simile ci fosse al suo stato d’animo.

Ma lo faceva per dimostrare al mondo quanto valeva, perché sapeva di valere molto e lo avrebbe mostrato a tutti. Nonostante questo, però, quel senso di inadeguatezza, di trovarsi nel posto sbagliato, la perseguitava comunque.

Era una persona piena di contraddizioni che non sapeva essere sempre forte, che non riusciva a credere fino in fondo in quel che era.

Nessuno aveva mai visto questa sua parte di lei, anche se, con ogni probabilità, Harry ne sospettava l’esistenza.

Draco Malfoy, però, c’era riuscito e questo faceva di lui una persona magnifica e pericolosa allo stesso tempo.

Magnifica perché aveva dimostrato di essere capace a guardare oltre. Pericolosa perché, con tutto quello che sapeva, poteva farle molto male.

Gli aveva permesso di vedere più di quanto avesse dovuto, mentre lui gli aveva mostrato una minima parte della sua anima, di se stesso, ciò rendeva il loro rapporto un po’ sbilanciato.

Eppure si sentiva protetta tra quelle braccia.

Non avvertiva quella costante sensazione di pericolo che sentiva quando qualcosa dell’altra se stessa, debole, impaurita, appariva appena oltre la scorza dura di fronte agli altri. Lui sapeva che in fondo era fragile, ma era l’unico che riuscisse a farla sentire così. E non si riferiva solo alla paura che i suoi segreti fossero traditi, ma anche alla sensazione di pace e tranquillità che quei piccoli e semplici abbracci riuscivano a trasmetterle.

 

Come era possibile che proprio uno come Draco Malfoy riuscisse a fare tanto?

Dubbi e domande si affollavano senza risposte, o meglio, suggerendo un’unica opinione alla quale lei non voleva assolutamente pensare perché l’avrebbe resa ancora più vulnerabile e ancora più indifesa.

 

Draco spostò appena la testa e guardò quella di lei, appoggiata con noncuranza sulla camicia, un orecchio accostato al cuore, gli occhi che non potevano scorgere i suoi.

C’era qualcosa di strano nella Granger.

Sapeva che lei, se avesse voluto, ma voluto davvero, avrebbe potuto vedergli l’anima, nera e peccatrice, e sapeva che avrebbe anche potuto strappargliela.

Analogamente sapeva che c’era dell’altro oltre l’apparenza della cara Granger, un animo tormentato con un profondo senso di inadeguatezza. Glielo leggeva ogni tanto, lo scorgeva nei suoi gesti, nel modo di impugnare la bacchetta, di recitare gli incantesimi, di guardare il mondo: perfetto e ineccepibile. E sapeva di essere in parte responsabile di questo suo malessere interiore del quale non sarebbe riuscita a liberarsi facilmente.

Avrebbe potuto farla soffrire e piangere tantissimo con tutto quello che incautamente lei gli aveva rivelato si sé, ma era come se avesse la speranza e la fiducia che non l’avrebbe fatto.

E lui non l’avrebbe fatto, né in quel momento né mai.

 

Quando rimaneva solo con lei provava delle piccole conquiste anche solo standole accanto o stringendola tra le braccia, come in quel momento.

Erano lì da quanto… chissà… però stavano bene e non se ne preoccupavano, non più di tanto. Lei era preoccupata solo quando lui faceva il cafone e un po’ aveva anche la sua dose di ragioni. Non gli era mai capitato di rimanersene così tranquillo in quel modo, con una ragazza tra le braccia, senza spogliarla e stenderla su un letto, possederla selvaggiamente e accorgersi che non era cambiato niente, che nessuna riusciva a comprenderlo.

Era controverso il rapporto che aveva con l’altro sesso, lui fino a quel momento aveva voluto ragazze speciali senza, tuttavia, riuscire a trovarle e, forse, neppure a cercarle; non si era impegnato molto, badando più all’apparenza che ad altro.

Analogamente, nessuna si era preoccupata di guardare oltre quell’armatura di ghiaccio che lo ricopriva, a loro stava bene così. La Granger, invece, lo guardava sempre scettica quando quel cimelio freddo vedeva la luce, rendendolo il solito altezzoso serpeverde che conosceva da sette anni. Ma c’erano dei momenti in cui riusciva ad accorgersi di qualcosa che si nascondeva oltre.

Forse le avrebbe detto cosa, forse… e non si riferiva a quel segreto terribile. Ma non era ancora il momento.

In quel preciso istante poteva solo dire che stava traendo più soddisfazione da quel momento di pace che da tutte le ragazze che si era sbattuto in tanti anni. Non c’era uno solo dei suoi orgasmi che valesse il corpo caldo della mezzosangue rilassato contro il suo.

 

Doveva avergli somministrato qualche pozione, qualche filtro che lo rendeva folle come i suoi pensieri in quel momento, che lo portava a compiere pazzie, come era successo quella mattina che l’aveva svegliata e baciata, come era analogamente accaduto quando si era scusato con lei, quando le aveva raccontato di essere stato nei mangiamorte, quando le aveva mostrato il Marchio.

Per quanto lo riguardava, era un gesto non da poco.

E lei come l’aveva considerato?

Dubitava che gli avesse dato lo stesso peso che gli attribuiva lui, molto difficile, ma in fondo a quel cuore ferito e sanguinante, sperava che lei comprendesse che non era la sola che gli aveva fatto vedere più di quanto avesse voluto, ma soprattutto, DOVUTO.

 

*          *          *

 

Erano le nove di sera.

Un affascinante ragazzo dai capelli neri e gli occhi azzurri era seduto ad un tavolino della rinomata sala da tè “La casa degli innamorati” insieme ad una affascinante ragazza dai capelli rossi che sorseggiava il suo tè al bergamotto.

Tutti quelli che passavano lanciavano loro un’occhiata e poi sparivano dietro ai separé, nei divanetti rosa polvere e verde menta che arredavano con gusto la parte babbana del negozio.

 

Hermione si guardò attorno preoccupata, quel pomeriggio aveva quasi rischiato di farsi scoprire. Già perché mentre era andata a Diagon Alley a recuperare gli ingredienti per la pozione stabilizzante, aveva cominciato a cambiare improvvisamente età e c’era voluta tutta a rientrate appena in tempo prima che la luce che contraddistingueva quegli sbalzi cronologici cominciasse a brillare e la spacciasse per una lampadina umana.

Casualmente era tutta colpa di Draco Malfoy che, senz’ombra di dubbio, mentre lei si faceva del male a correre nel vano tentativo di sfuggire alle occhiate che qualcuno le avrebbe lanciato se l’avessero scoperta, lui stava in panciolle a casuccia, aspettandola… senza far niente.

 

Doveva ringraziarlo, però, per aver preparato quella pozione, in quel momento erano entrambi di nuovo alla loro età anagrafica normale e stavano cercando di passare inosservati nel locale.

Un’operazione difficile, senz’altro.

 

-          Se ti ostini a fare il ghiacciolo al quel modo penseranno che stiamo dando una festa di divorzio, non che abbiamo un appuntamento romantico – fece notare lui mentre lei raddrizzava rigida la schiena

-          Non intendo dare pubbliche dimostrazioni del nostro affetto

-          Sono d’accordo – annuì lui – rischierebbero di rimanere colpiti da uno dei piatti che lanceresti, visto il NOSTRO reciproco affetto

 

Se stava cercando di farle notare che tra loro non c’era niente, ebbene, aveva ragione, ma non era certo il momento di dirlo.

E le faceva male.

 

-          Stai di nuovo cercando di litigare? – s’informò usando un tono che, difficilmente, qualunque altra delle ragazze presenti avrebbe utilizzato

-          Io non ho mai cercato di litigare – puntualizzò

-          E immagino che questo pomeriggio, quando volevi sapere che razza di posto fosse questo, il tuo intento non fosse farmi perdere completamente la pazienza…

-          In effetti no, volevo solo sapere – la blandì mellifluo – ma dato che poi è finito tutto per il meglio, perché rinvangare il passato? – era chiaro come il sole che si stava riferendo a ciò che era successo dopo, ovvero il piacevole intermezzo sul divano

-          Oh, dunque non stavi cercando di litigare? Dunque mi stavo immaginando tutto? Dunque sto diventando pazza?

-          Sei vuoi metterla così… - rispose con finta noncuranza guardando il suo bicchiere colmo di pregiato champagne e succo d’arancia sapientemente miscelati; finalmente, dopo tanto aspettare, poteva di nuovo bere un alcolico… gli era mancato quel senso di calore che infonde il liquore, lo spumante, l’alcool in generale, aiutava un po’ a riscaldare quel cuore freddo che diceva di non avere.

 

La Granger gli lanciò un’occhiata ammonitrice

 

-          D’accordo, stavamo litigando – rispose esasperato

-          Sì, e ricordo perfettamente come mi hai chiesto scusa…

-          Se stai cercando di incastrarmi per chiederti di nuovo scusa, sappi che non lo farò una seconda volta.

-          Oggi però ti sei comportato veramente da idiota – un sorrisetto si allargò sulle labbra aristocratiche di lui

-          Già… e rammento nitidamente come ti dispiaceva quello che c’è stato al posto delle scuse…

 

Gioco sporco, d’accordo, ma non ci si poteva aspettare altro da un Sepeverde doc come era lui, un Malfoy non batte mai in ritirata.

 

-          Che cosa staresti insinuando? – dichiarò senza mezzi termini guardando in cagnesco sia il bicchiere contenente il liquido arancione guarnito con raffinatezza che il suo proprietario

-          Che non ti dispiaceva – fu la candida risposta mentre il vetro sottile si avvicinava alle labbra

 

Lei si affrettò ad arrossire e a distogliere lo sguardo.

 

-          E a tal proposito… - continuò il biondo – avrei anche una mezza idea di riscuotere quel qualcosa che mi devi…

-          Neppure per sogno! – protestò lei

-          Sei ingiusta, io ti ho portato in biblioteca, adesso tocca a te

-          Non faccio una cosa “così intima” di fronte a tutta questa gente

 

La “tutta questa gente” in questione era limitata ad alcuni camerieri in divisa rossa che passavano veloci tra tavoli a ritirare tazze e bicchieri e non sembravano minimamente scandalizzati dai comportamenti sdolcinati di alcuni avventori. Gli altri clienti, poi, stavano dando sfoggio di un trasporto che senz’altro non aveva nulla a che fare con ciò che stava chiedendo alla Caposcuola, sarebbe potuta scendere un’astronave aliena che quelli non avrebbero fatto una piega, troppo impegnati a coccolarsi sui divanetti come se il mondo fosse fatto solo di zucchero… e di sicuro non si sarebbero curati molto di altri ragazzi che si abbracciavano e baciavano su un divano.

Già perché più di un bacio alla Granger non poteva chiedere.

 

-          Tu l’avevi promesso – le ricordò sadico il ragazzo – vuoi forse rompere la promessa? Perché in qual caso comminerò una penitenza adeguata, visto che mi hai fatto rimanere in biblioteca due ore ad annoiarmi…

 

Lei deglutì, quasi spaventata dalla prospettiva: e se le avesse chiesto di non far più fare ronde notturne agli Slytherin? Non poteva permetterselo… o magari delle scuse pubbliche…

 

-          Non è il momento adatto – ribatté fiera, anche se, sotto la tovaglia, le tremavano le mani

-          Preferisci forse rimandare la cosa in una camera da letto? – lei scosse velocemente la testa senza riuscire a dire una parola

 

Se davvero la scena si fosse spostata a casa di Raymond le conseguenze avrebbero rasentato l’assurdo, molto meglio eliminare il problema, peccato che il suo coraggio, al momento, fosse andato a fare una passeggiata.

 

Lui ticchettò con le dita sul tavolo aspettando che dicesse qualcosa, un tic al sopracciglio diceva che era chiaramente esasperato e una serie di domande esistenziali (sulla vita degli altri) gli stavano ronzando nel cervello.

 

-          D’accordo, rimandiamo – concesse, lei parve sollevata – ma paghi pegno!

-          Cosa?! Non pensarci neppure!

Bastò tuttavia una semplice occhiata del Principe delle Serpi per dirle che non l’avrebbe spuntata facilmente anche su quella questione… perché accidenti tutti i Malfoy vogliono avere sempre ragione?

-          Cosa vuoi in cambio? – chiese sapendo già che non doveva aspettarsi niente da fare a cuor leggere

-          Voglio sapere perché ce l’hai tanto con questo locale…

 

Lei sollevò le sopracciglia, sbuffò sonoramente e pronunciò un “d’accordo” che non aveva niente a che fare con il suo significato.

Draco si sistemò e sorseggiò un altro goccio del cocktail assaporando il gusto delicato della bevanda

-          Come ti sarai accorto questo posto non ha niente a che fare con un Love Hotel o altre porcherie del genere… - la serpe annuì – è però il ritrovo di tutte le coppiette che vogliono farsi gli affari loro per un pomeriggio o una sera

-          Assomiglia al negozio di Madama Piediburro – intercalò lui

-          È così da una vita, quando sono nata io lo era già

-          È così vecchio?

-          Abbastanza. Comunque quando andavo ancora alla scuola babbana c’era l’usanza che quando ti trovavi un fidanzatino poi lo portavi qui e si passava il pomeriggio a baciarsi e coccolarsi

-          E tu non avevi nessuno

-          Cosa vuoi che ci venisse a fare una come me in un posto del genere – rispose sarcastica; lui dovete ricordarsi mentalmente che la Granger aveva dato il suo primo bacio a LUI e la cosa era accaduta circa due settimane prima, comprensibile, quindi che per tanto tempo avesse disertato un posto del genere…

-          Scommetto che ci volevi venire, però…

-          Ogni tanto ci ho fatto un pensierino – ammise, mordendosi la lingua subito dopo conscia di quello che gli aveva rivelato, lui però non sembrava particolarmente colpito dalla cosa né aveva fatto commenti inutili – quando ero al terzo anno di Hogwarts le mie compagne della scuola babbana mi avevano invitata a passare un pomeriggio qui assieme al mio ragazzo

-          Weasel?

-          Io e Ron non siamo mai stati insieme – puntualizzò

-          Ma a loro avevi detto di sì

-          Come lo sai?

-          Facile… lo fanno in tante… - beh, visto che lo sapeva, tanto valeva raccontargli tutto

-          Loro sapevano che frequentavo una scuola speciale fuori di Londra, per questo è stato relativamente semplice far credere loro che Ron abitasse in un’altra parte d’Inghilterra e che, al momento, fosse in vacanza all’estero

-          Ma?

-          Ma vedere tutte le altre assieme ai propri ragazzi che si coccolavano e vezzeggiavano mi ha fatto nascere una repulsione tutta mia per posti da innamorati

-          Ti basterà trovare qualcuno con cui venirci e vedrai che ti passa

-          Non farla così semplice… non sono così ottimista, mi vedo di più a fare la vecchia zitella

-          Nel qual caso… - aggiunse bevendo un altro sorso – vieni qui che ti coccolo io…

Gli occhi grigi di lui erano impregnati di malizia che trasudava da ogni gesto, si sentì arrossire e seppe che lui se n’era accorto… di male in peggio…

-          Dai, rilassati, non ti mangio!

Esitante lei si sedette di qualche millimetro più vicina, strappandogli uno sbuffo piuttosto rumoroso, lui dovette prima spostarsi e poi tirarsela ancora più vicina facendole appoggiare la testa a torace mentre il braccio sinistro le cingeva le spalle e la mano le accarezzava i capelli.

 

Quale follia stava facendo adesso? Si era addirittura offerto di coccolare la mezzosangue come se fosse la sua ragazza! Assurdo, Draco Malfoy non ha la ragazza, lui ha solo AMANTI!

Se continuava di questo passo presto l’avrebbero rinchiuso nel reparto di psichiatria del San Mungo assieme ai genitori di Paciock…

 

Lo sguardo gli cadde sull’ingresso del locale dove due nuovi avventori, apparentemente innamoratissimi, avevano catturato la sua attenzione.

Merda.

Si voltò verso di lei e chinò il capo su quello della Caposcuola

-          Ascoltami bene, Granger, le strade sono due – annunciò sottovoce mentre continuava a guardare truce il banco del bar dove i due si erano fermati – o vieni qui e ti inventi qualcosa per far sì che nessuno possa vedere la mia faccia, oppure ci facciamo lanciare un’Avada Kedavra tutti e due e ci ritroviamo all’Inferno, lasciando il destino del mondo nelle mani di Potty e compagnia, perché quella che è appena entrata dalla porta è mia zia Bellatrix e quello insieme a lei Rodolphus Lestrange

-          Cosa?! – esclamò quasi allibita guardando di sfuggita la porta dove due persone a braccetto si stavano dirigendo proprio dalla loro parte; forse ad un primo esame potevano assomigliare ad una banale coppia, ma gli occhi erano duri e calcolatori e non c’era assolutamente dubbio su chi fossero, ricordava Bellatrix ai tempi della battaglia al Ministero e, anche se al momento le sfuggiva chi fosse Lestrange, ebbene, non le pareva il caso di volerlo scoprire in quella particolare circostanza.

 

Draco guardò alternativamente i due mangiamorte che procedevano speditamente verso il separé affianco a loro e la mezzosangue impietrita al suo fianco.

Cazzo, cazzo e ancora cazzo! Perché accidenti volevano fargli tutti la pelle? Credeva che il primato mondiale appartenesse allo Sfregiato, ma in quel momento gli sorgevano dei dubbi.

 

D’accordo, risolvette.

A mali estremi, estremi rimedi.

Raccolse la mano che lei teneva abbandonata sul velluto del sedile e, trascinandola come aveva fatto quella mattina, la avvicinò più che poté, finché la testa piena di boccoli ribelli di lei non si trovò a pochi centimetri dalla sua.

 

-          E vedi di non fare storie – grugnì arrabbiato prima di baciarla.

 

C’era della violenza in quel bacio, probabilmente acuita dall’agitazione del momento, ma, a ben rifletterci, anche la prima volta era stato così; le dimostrazioni di affetto della serpe erano tutte un po’ possessive e un po’ violente, ma non per questo poco piacevoli.

 

Bellatrix Lestrange passò davanti al tavolino dove due ragazzi si stavano baciando appassionatamente.

Lanciò loro un’occhiata sdegnosa e proseguì a braccetto di suo marito: gioventù… e babbani… due cose che detestava. Non ricordava di essere mai stata tanto giovane e altrettanto stupida come quei due, ma poco importava, presto loro e il loro amore sarebbero stati spazzati via dalla rinascita del Signore Oscuro. C’erano ancora alcune cose da mettere a punto, come ritrovare quel maledetto traditore figlio di sua sorella e sistemare il vecchio Silente, ma a parte questo, tutto sarebbe filato liscio come l’olio.

 

Sedette sul divano trovando il luogo tremendamente poco raffinato, ma bisognava accontentarsi.

Rodolphus le passò una mano dietro le spalle e la attirò accanto a sé, decise che sarebbe stato utile alla copertura, ma era comunque un maledetto bastardo ipocrita, faceva tanto il gentile e il carino quando erano anni che non dividevano più lo stesso letto, anzi, meglio dire che lo dividevano con altri. Tutti e due.

Per quanto la riguardava, gli preferiva Lucius, era decisamente più affascinante, aveva classe e carattere, ma quel maledetto imbecille biondo non solo era innamorato perso di sua sorella, ma aveva pure dato all’Ordine dei Mangiamorte un nuovo traditore, quel suo figlio bastardo che non riuscivano a trovare.

 

-          Da dove vieni, mia cara? – le domandò Rodolphus

-          Sono stata nella squadra di ricerca – biascicò lei

-          Trovato niente? – lei scosse la testa

-          Quel figlio d’un cane è scomparso dalla faccia del mondo… ma Dolores ha sguinzagliato un paio dei suoi

 

Dall’altra parte del paravento, Hermione si portò una mano alla bocca nel tentativo di sopprimere un’esclamazione stupita che le uscì come un singhiozzo procurandole l’ennesima occhiata ammonitrice della serpe: la Umbridge, l’Inquisitrice di Hogwarts con i mangiamorte?!

 

-          E dell’altra faccenda?

-          Puah! Silente crede ancora che siamo in un mondo di pace… non sospetta neppure di essere il nostro prossimo obiettivo… il…? – chiese poi al marito, senza aggiungere soggetto alla frase

-          Gli ho messo dietro quell’imbecille della Parkinson, se ne occupa lei, anche se per quanto mi riguarda lo farei morire di fame…

-          Deve vivere fino a che non abbiamo ucciso il preside – puntualizzò

-          Lo so

-          Abbiamo elaborato un piano

 

Draco ed Hermione allungarono il collo e le orecchie, ma non riuscirono comunque ad ascoltare il resto della conversazione.

 

Decidendo che avevano udito a sufficienza e che difficilmente sua zia sarebbe stata giocata di nuovo dalla scenetta del bacio, Draco prese per mano la ragazza, la condusse svelta al banco e pagò altrettanto in fretta, per poi uscire e chiamare un taxi il prima possibile.

 

*          *          *

 

L’attico di Raymond, quando vi rimisero piede, era silenzioso e avvolto dalle tenebre.

Senza dire una parola, lui si avvicinò al letto e vi si lanciò sopra, nascondendo la testa sotto un cuscino e rimanendo lì così, mentre le luci della strada e i fari di una macchina di passaggio illuminavano l’ambiente.

 

Hermione accese solo il faretti del piccolo soggiorno, appoggiò la borsa e andò a cambiarsi, ritrovandolo nella stessa identica posizione in cui l’aveva lasciato.

Doveva aver saputo qualcosa di terribile visto che sembrava così scosso.

Deglutì a fatica facendo per avvicinarsi, poi cambiò idea e rimase in piedi ad aspettare che lui desse segni di vita

 

-          Draco? – chiamò appena, l’orologio segnava le undici e mezza

 

Un suono incomprensibile le arrivò all’orecchio, attutito dagli strati di stoffa di cuscini e coperte

 

-          Prendi della carta e scrivi a Silente – dichiarò lui riemergendo dalle lenzuola – scrivigli tutto, ma non raccontargli che abbiamo pedinato dei mangiamorte, non me lo perdonerebbe

 

Una muta domanda, “perché?” si affacciò tra le ciglia di lei, interrogativo al quale lui, però, lui si rifiutò di dare una risposta.

Così, mentre la testa bionda e nuovamente diciottenne dello Slytherin scompariva tra le coltri, quella della Caposcuola era china sul tavolino con la penna in mano per informare il loro preside di ciò che avevano scoperto.

 

*          *          *

 

La lettera era in volo verso la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts nella speranza che vi giungesse al più presto possibile.

 

Draco guardò l’uccello spiccare il volo dal balcone dell’appartamento babbano e perdersi tra le tenebre della notte, volando con l’oscurità verso Nord.

 

Da quel momento in poi, non poteva più tenere fede totalmente alla promessa che aveva fatto a Silente. Le cose si erano spinte troppo in là e c’era troppo marciume che bolliva in pentola.

Aveva bisogno di lei e non poteva più nasconderle la verità, dopotutto, aveva bisogno di sapere anche lei.

Che cosa avrebbe fatto lui se qualcuno gli avesse nascosto una storia del genere? Probabilmente avrebbe piantato un casino di quello astronomici fino a scomodare Sua Maestà la Regina Babbana. Ogni tanto in quei giorni si era stupito di quanto lei fosse stata paziente, anche se, ogni tanto, una domandina le scappava sempre, ma era comprensibile.

 

La guardò rabbrividire nel freddo della notte dicembrina e poi rientrare, fermarsi a guardarlo e aspettare.

 

Aveva tutti i diritti di sapere e di conoscere.

Ma allo stesso tempo, aveva diritto di vivere libera e serena e quel diritto sarebbe stato messo a dura prova se le avesse raccontato i terribili segreti che custodivano lui e Silente.

 

C’erano due strade: onorare la promessa di un gentiluomo e lasciarla fuori dalla questione, oppure raccontarle tutto, fare l’essere umano e mostrare a se stesso che era debole, dirsi che da solo non sarebbe riuscito ad andare avanti senza un sostegno, ma soprattutto, dirlo al mondo.

Nonostante litigi e battibecchi, da quando Silente li aveva spediti a Londra, la mezzosangue era stata proprio questo per lui, un sostegno. Il suo carattere, la sua curiosità, la voglia di andare avanti avevano spronato anche lui, ma, soprattutto, erano stati quei piccoli momenti di pace e di sguardi e il volere che non terminassero, che non finissero. Era egoista e ingiusto, probabilmente, perché magari lei non voleva altrettanto, ma desiderava ancora baciarla, tenerla tra le braccia, accarezzarle i capelli, sentirla ridere o infuriarsi.

 

Non era la persona giusta che avrebbe dovuto assistere a tutto questo e anche lui non era quello giusto per starle accanto, con l’anima torbida che si ritrovava, ma non aveva mai desiderato così tanto poter rimanere insieme ad una persona.

E la cosa buffa era che, fino a due settimane prima non facevano altro che gridarsi insulti per i corridoi e prendersi quasi a schiantesimi.

Erano cambiate tante cose e non lo rimpiangeva, però, allo stesso modo, c’erano stati sviluppi imprevisti e pericoli nascosti ad ogni angolo: rischiavano, ma soprattutto, RISCHIAVA moltissimo.

Lui aveva scelto la sua strada e aveva deciso di vivere quella vita, ma lei non aveva fatto altrettanto, era rimasta coinvolta.

Maledetti mangiamorte, sarebbe giunto anche per loro il giorno di pagare per tutto quello che avevano fatto….!

 

Si mise a sedere a gambe incrociate sul letto, levandosi le scarpe per non sporcare le coperte, allungò una mano verso l’esterno

 

-          Vieni qui, Granger – disse appena con una voce sottile e delicata, a lei parve quasi che ci fosse tristezza in quelle parole

 

Si avvicinò piano al giaciglio e sedette sul bordo, lui le toccò appena i capelli e le accarezzò la testa

 

-          Ti racconterò tutta la storia. – gli occhi di lei brillarono di speranza e di fiducia a quella risoluzione improvvisa, ma leggeva in quelli argentati di lui qualcosa come il dolore: che fosse una cosa così terribile? Che gli costasse tanto?

 

Lo guardò in faccia e seppe che questa volta non si sarebbe tirato indietro. Ma era davvero una storia che non avrebbe dovuto sapere?

 

-          Ormai sarebbe ingiusto se io non facessi niente. A questo punto dobbiamo cavarcela da soli, non posso rimanere con le mani in mano

 

Alla ragazza parve strano che dicesse certe cose, ma c’era una luce di determinazione che brillava in quelle iridi serie

 

-          Rimpiango solo di non aver potuto mantenere la promessa che ho fatto. Vorrei farlo ma non riuscirei ad andare avanti da solo…

 

Era come se un velo scoperchiasse all’improvviso un segreto custodito gelosamente. Quelle poche frasi che lui le aveva detto contenevano una dolcezza che nessuno, a parte sua nonna, si era premurato di trasmetterle.

Sapeva che ciò che avrebbe appreso l’avrebbe messa nei guai più di quanto già facesse da sola; sapeva che la situazione di lui doveva essere terribile, frustrante, pericolosa.

Ma non si sarebbe tirata indietro, fosse solo per il fatto che lui la voleva con sé, anche solo perché le aveva dato una via di fuga, semplicemente perché le aveva chiesto di rimanergli accanto perché lo aiutava, perché lo sosteneva.

Era questo che lei aveva letto e ne era orgogliosa e fiera.

C’era ancora qualcuno, in questo mondo, per cui lei era importante.

 

-          Qualunque cosa accada, qualsiasi cosa succeda – gli disse piano toccandogli la mano appoggiata ai suoi capelli – sai che io ci sarò, anche solo per il fatto che hai deciso di proteggermi per queste settimane, anche solo perché mi hai detto che mi vuoi qui… grazie.

 

*          *          *

 

Spazio autrice: ed ecco che la storia prosegue e finalmente si scoprirà qualcosa su questo benedetto segreto di Malfoy, confesso che perfino io che sto scrivendo non vedevo l’ora di poter aprire le porte e rivelare tutto, ma ogni cosa a suo tempo.

Questo capitolo è stato molto divertente da scrivere e io sono la prima che sarei scettica a mettere i piedi in un negozio del genere, però ci stava e ci sta anche perché oggi è S.Valentino!

 

 

Auguri a tutti!

E anche a chi, come me, al momento è senza un fidanzato...

Verrà anche il nostro momento!

Buon San Valentino!

 

Shavanna: ehehe, mistero svelato! Ecco qui tutti i motivi e, onestamente, capisco parecchio la mia povera Hermione… le sue compagne sono state involontariamente (forse) molto bastarde…

La bacchetta che cercano i mangiamorte tornerà tra un po’, adesso è troppo presto ;) in compenso si scopre ancora qualcosa in questo capitolo, occhio ai dettagli, ciao! Nyssa

 

Lord Martiya: devi vedere la cosa dalla sua ottica, cosa penserebbe Draco di se stesso se chiedesse un bacio alla mezzosangue senza una giustificazione con cui scusare il suo abominevole comportamento (ai suoi occhi)? Credo che ci abbia pensato parecchio a questa storia, ma evidentemente il suo cervellino è impegnato in altro al posto che dedicarsi a rintracciare una scusa plausibile e, ad ogni modo, non lo si può proprio biasimare con tutti i casini che si ritrova…

La Casa degli Innamorati, beh, penso che per Hermione sia difficile non detestarlo, ovviamente a cominciare dal fatto che è un posto un po’ kitch e decisamente inutile.

Spero che il capitolo ti sia piaciuto, ciao! Nyssa

 

luana1985: Draco stile Hulk, ahahaha, ho riso mezz’ora, cmq hai proprio ragione! Non che a me dispiacerebbe e credo che il nostro bel serpeverde non soffra di problemi di pudore, sfortunatamente per lui, però, Hermione sì, quindi...

Sono contenta che la mia storia continui a piacerti, spero che sia così anche in futuro, aspetto quindi di sapere cosa mi dici di questo nuovo aggiornamento a san valentino, ciao e un bacione! Nyssa

 

Killkenny: direi che è letale per gli altri ma anche per loro, rischiano davvero di prendersi a coltellate ogni tanto XP

Al momento non ho progettato un arrivo di Eva né di altri studenti perché la storia si svolge prevalentemente lontano da scuola e non ho la necessità di personaggi aggiuntivi, quindi non credo ne aggiungerò più di quanti ne ho in mente sennò poi diventa difficile gestirli perché anche così, con quello che progetto, sarà un bel lavoretto…

Spero comunque che continuerai a leggere e grazie per la valutazione altissima, ciao! Nyssa

 

potterina_88_: mi fa moltissimo piacere sapere che la storia ti continua a piacere, casomai finissi nel banale, sai com’è…

e ti ringrazio tantissimo anche per tutte le bellissime parole che hai utilizzato per descriverla, la cosa mi rende molto orgogliosa e molto felice, per questo, anche, continuerò a scrivere e aggiornare ^^

Concordo, le reazioni di Draco sono sempre un po’ stravaganti, ma divertenti anche per questo, la Rowling ha detto di non affezionarsi troppo a questo personaggio perché non è tanto una brava persona, ma in che mondo vive? Lo sanno tutti che i bastardi hanno il loro fascino e Draco non è secondo a nessuno!

Ad ogni modo, si è scoperta anche la storia del Nastro e presto si scoprirà anche quella di malfoy.

Spero che continuerai a lasciarmi i tuoi commenti, ciao e un bacione!Nyssa

 

SilVerphoenix: ehehe, bentornata alla madrina ufficiale della fic! Mi fa piacere che alla fine tu abbia deciso di cominciare a leggere, concordo, le brutte abitudini sono difficile da scacciare, le mie, poi sono radicate fino in fondo! E mi fa piacere che lo siano anche le tue ^^

Sono molto fiera della mia piccola creatura, soprattutto dopo tutte le lodi che hai tessuto, non credo di meritarle proprio tutte, ma mi fanno piacere un mondo! E anche sapere che ci sono dei momenti divertenti e dei momenti seri, scrivere una fic non è come leggerla, sono sempre terrorizzata dal non riuscire a dire tutto come vorrei e che la gente capisca fischi per fiaschi… Secondo me, però, anche tu sei un’ottima scrittrice e la tua fan è bellissima, penso che sia un piccolo capolavoro! Aspetto quindi il tuo seguito ed ecco qui il mio, ciao e a prestissimo! Nyssa

 

herm83: s’era detto, ma Draco era troppo impegnato con i suoi problemi per avere il tempo di riuscire a inventarsi una scusa che reggesse, più per se stesso che per lei, chiaro… però poi alla fine c’è riuscito, come si dice, il fine giustifica i mezzi, no? E ad ogni modo, mi sembra che ad Herm piacciano un po’ troppo i baci della serpe per poter dire a cuor leggero che non gliene frega niente XP

Spero che qualche dubbio sia stato estirpato, anche se credo di averne aggiunti altri diecimila, mi auguro che continuerai a seguire la storia e che questa continuerà a piacerti! Ciao e un bacione, Nyssa

 

falalula: hehe, qualche mistero è stato svelato, per gli altri ancora un poco di pazienza, in compenso posso confermare che un locale del genere è un’ottima copertura per dei mangiamorte, se lo fossi credo che la mia base starebbe in un posto del genere.

Sono felice che la storia ti piaccia, spero che continui e spero che proseguirai nel lasciarmi commenti, ciao e un bacio! Nyssa

 

lauwren: ehehe, tranquilla, il mistero della Casa degli Innamorati è stato risolto in questo capitolo, per le fiamme, invece, abbi ancora un poco di pazienza, tra un po’ si risolveranno molti dubbi, anche se mi rendo conto che se leggessi le mie fic probabilmente non starei più nella pelle dalla curiosità ^^

Sono contenta che ti piaccia come scrivo e anche la mia storia, spero che continuerai a scrivere, ciao e un bacio! Nyssa

 

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Capitolo 12
*** Le Reliquie della Morte ***


Lui la guardò stupito, poi annuì

Lui la guardò stupito, poi annuì.

 

-          Tu sai cosa sono le Reliquie della Morte? – indagò sollevando la mano e guardandola fissa negli occhi

-          Sono manufatti magici leggendari – rispose preparata, Draco fece cenno di sì con la testa

-          Non proprio – aggiunse richiamando un’occhiata stupita di lei

-          Come è possibile, sono solo storie…

-          No. Questa è la realtà. Le Reliquie della Morte esistono, purtroppo. Nessuno sa da dove vengano o come siano arrivate qui e se anche qualcuno lo sapesse di certo non si è premurato di dirmelo.

-          Che cosa intendi?

-          Ascolta la storia. Molti secoli fa, i principali capofamiglia delle dinastie purosangue del mondo magico, preoccupati per il continuo aumento di potere dei babbani e dei mezzosangue, decisero di mettersi alla ricerca di qualcosa che potesse dare loro la possibilità di contrastare queste avanzate preoccupanti. Cinque maghi riuscirono a trovare il luogo leggendario dove le Reliquie erano raccolte e se ne spartirono una ciascuna, erano Castor Black, Devlin Dumbledore, Scorpius Malfoy, Ares Gaunt, William Potter, ciascuno di essi ottenne qualcosa, rispettivamente: il Fuoco Eterno, la Elder Wand, la Pietra degli Inferi, lo Specchio delle Anime e il Mantello dell’Invisibilità.

-          Quello di Harry?

-          Proprio. Silente glielo ha fatto avere al primo anno, anche se io ho saputo che lo possedeva solamente dopo.

-          Quindi lui…

-          Fammi finire. Ciascuno di questi oggetti, dopo che ne è stata appurata l’effettiva potenza, è stato tramandato nelle rispettive casate per decenni, a conoscerne l’esistenza e a poterlo utilizzare era il capofamiglia.

-          E adesso?

-          Bellatrix è venuta a conoscenza dell’esistenza di queste quando il Lord Oscuro ha utilizzato quella che è rimasta nella sua famiglia per generazioni: lo Specchio delle Anime.

-          Che cosa sarebbe?

-          È uno specchio fatato con cui è possibile dialogare con un morto. Voldemort l’ha usato per parlare con sua madre

-          CON SUA MADRE?!

-          È sempre stato ossessionato da sua madre, morta nel darlo alla luce, e così ha voluto metterci una pietra sopra e fine.

-          E le altre?

-          Bellatrix sapeva dell’esistenza del Fuoco, suo padre è stato tanto incauto da menzionarlo, una volta, e lei certo non è stupida. Quando ha saputo da Voldemort l’intera storia di questi oggetti ha subito compreso la loro importanza e le potenzialità, si è quindi aperta la caccia quando l’Oscuro Signore è morto.

-          Voldemort è morto?

-          Quando la bacchetta sua e di Harry sono entrate in risonanza, questi è stato spazzato via dal patronus di James Potter poiché Voldemort, alla fine, altri non era se non un mangiamorte.

-          Oh…

-          Ad ogni modo, accaduto questo, mia zia ha deciso che sarebbe stata una cosa grandiosa riportarlo in vita con la Pietra degli Inferi

-          Si può fare davvero?

-          Esistono delle condizioni rigidissime e severe, ma comunque sì

-          E allora?

-          La Pietra è conservata dalla mia famiglia fin dall’antichità e nessuno l’ha mai utilizzata. I Malfoy, però, sono possessori anche del Fuoco Eterno

-          Come mai?

-          Alla morte di Cygnus Black, il padre di mia madre, di Bellatrix e di Andromeda, per dinastia il capofamiglia sono diventato io

-          Tu?

-          Sì, lui ha avuto solo figlie femmine e dato che i cugini erano tutti morti, sia Sirius che Regulus, si è preso il primo figlio maschio per linea femminile

-          Cioè tu

-          Bella non ha avuto figli, Andromeda una femmina, non rimanevo che io.

-          E quindi?

-          Quando avevo diciassette anni mi è stato affidato il potere di questa Reliquia e la sua storia. A differenza delle altre, però, la storia del Fuoco è un po’ differente, non si tratta di un oggetto, bensì di un incantesimo. Quando mia zia decise di prendere la Pietra, mio padre si rifiutò di consegnargliela

-          Possibile? – l’altro annuì

-          Hanno assediato Malfoy Manor per espugnarla e, anche se si tratta di una fortezza ben difesa, erano vicini a prenderla. Quando sono arrivato io stavano praticamente per entrare, è stato allora che ho deciso di usare il mio potere

-          La Reliquia? – chiese timorosa di pronunciare quel nome

-          Sì. Ogni incantesimo sarebbe stato facilmente neutralizzato, i mangiamorte sono maghi potenti che hanno conoscenze di magia differenti dalle nostre. Niente può fermare il Fuoco Eterno. Brucerà per sempre

-          Che cosa ne hai fatto?

-          L’ho appiccato tutto intorno a casa mia. Niente e nessuno può entrare o uscire. Mia madre e mio padre sono là dentro. Mia zia fuori, anche se preferirei che fosse il contrario

-          E che cosa c’entra tutto questo col piano di Bellatrix, se intanto non può espugnare la fortezza…

-          Non è così semplice. Come ti ho detto, la storia di questa Reliquia è differente, in origine infatti erano solo quattro. Ad ogni modo, il Fuoco è l’unica il cui effetto può essere contrastato, per la precisione, solo la Elder Wand può ordinargli di smettere di bruciare.

-          Era quella della famiglia Dumbledore?

-          La possiede Silente – disse lapidario – è la sua bacchetta

Hermione aprì la bocca e rimase basita di fronte a quella rivelazione

-          So cosa vuole fare mia zia: uccidere Silente per entrare in possesso della Bacchetta e poter spegnere il Fuoco, dopodiché rubare la Pietra degli Inferi e richiamare Voldemort

-          Ma hai detto che le Reliquie rimangono nella famiglia…

-          Esatto, ma nel caso un capofamiglia venga ucciso la Reliquia passa al suo erede, mentre se non ha eredi… diventa di proprietà di chi è riuscito a ucciderlo

-          Ma è TERRIBILE!

-         

-          E Silente non ha parenti?

-          Solo Aberforth, ma lui non riuscirebbe a reggerne il peso, morirebbe appena presa in mano la Bacchetta

-          Perché?

-          Ogni Reliquia ha degli effetti collaterali, la Bacchetta, che è la più potente e utilizzabile sempre visto a cosa serve una normale bacchetta, ha effetti terribili sulla forza magica di un mago che viene spesso assorbita dall’oggetto

-          E il Fuoco?

Vide gli occhi di lui spostarsi e incupirsi

-          C’entrano quelle fiamme, vero?

-          È ciò che accade quando viene utilizzato. La chiamano la Persecuzione dell’Inferno, mi sono un po’ documentato…

-          E l’incantesimo che ho pronunciato?

-          La signorina ha chiamato il primo Incantesimo Oscuro della sua vita… - dichiarò sarcastico

-          Intendi dire che quella era Magia Nera?

-         

-          Cavoli…

-          È un incantesimo che annulla lo spazio e il tempo intorno a chi è il destinatario per pochissimo, ma quel poco è sufficiente a distruggere temporaneamente le fiamme.

-          E perché non bruciavano?

-          Neppure quelle appiccate a Malfoy Manor bruciano, sono solo una barriera. Se io voglio bruceranno, se io non voglio non lo faranno.

La ragazza annuì

-          E il fuoco di quando sei entrato? Quando c’era anche Harry?

-          Diciamo che il possedere il potere del Fuoco mi permette di gestire le fiamme a mio piacimento e senza incantesimi – dichiarò sorridendo un poco compiaciuto di quelle sue potenzialità

-          È un bel casino… - commentò lei, lui alzò le sopracciglia a sentirla dire così, poi annuì

-          Era meglio se non ti avessi detto niente – annunciò il biondo alzandosi da letto.

Hermione gli tirò la manica della camicia facendolo voltare verso di lei ancora seduta, la guardò dall’alto in basso e poi si risedette, sapendo di cosa l’avrebbe rimproverato lei: codardia.

Aveva paura che lei fosse troppo fragile per una simile storia.

-          Harry sa di questa storia? – chiese lei, l’altro fece spallucce

-          Credo che, a questo punto, Silente glielo dirà

-          Ho una curiosità – aggiunse

-          Spara

-          Tutta questa storia c’entra col modo di dire che c’è nella famiglia Black di definire il secondo nato di una coppia di gemelli come una “Reliquia della Morte?” – Draco sorrise e annuì

-          Hai letto gli annali… - lei arrossì sentendosi colpevole di aver sfogliato dei libri proibiti – sì, c’entra, il fatto è che in origine i maghi partiti non erano cinque, ma sei.

-          Sei?

-          Quello della famiglia Black si chiamava Castor, ma se ci rifletti, Castor è il nome della stella dei gemelli, sorella di Pollux, come nella mitologia greca

-          Castore e Polluce – specificò

-          Esatto. Entrambi i fratelli partirono, ma solo Castor tornò. I due si affrontarono fuori del luogo dove erano contenute le Reliquie per sapere chi avrebbe posseduto l’ultima rimasta e Pollux venne ucciso. Castor, poi, giunto in ritardo alla spartizione, si accorse che non c’erano più Doni, così prese un bastone e gli diede fuoco col fuoco che circondava quel luogo chiamato “Anticamera dell’Inferno”, è da lì che è nata la quinta reliquia: il Fuoco Eterno.

-          Ma cosa c’entra questo?

-          Giunto a casa Castor disse che Pollux era il un traditore e assunse il titolo per sé e per la famiglia di Pollux di patriarca. Da allora nella famiglia i gemelli sono sempre stati segno di sventura e, se capitano, e ogni tanto succede, il secondogenito viene ucciso perché non possa attentare alla vita del primogenito, visto che si dice che il secondogenito è sempre traditore

-          Ma potrebbe anche non voler uccidere suo fratello

-          È un pregiudizio. Come dici tu, ce ne sono tanti nelle famiglie purosangue

-          Non puoi negare che ho ragione – sottolineò lei

-          Vero. Da allora, tutti i Castor e Pollux che trovi nell’albero saprai che avevano un gemello che è stato ucciso alla nascita.

-          Quindi anche il padre di… aspetta… c’era qualcuno che si chiamava così…

-          Era Pollux Black, era il mio bisnonno, padre di Cygnus nonché di Walburga, la madre di Sirius

-          È vero!

Il silenziò calò tra loro.

Che cosa c’era da dirsi in una simile circostanza?

-          Di chi stavano parlando alla sala da tè? – domandò all’improvviso lei

-          A chi ti riferisci

-          Parlavano di una Parkinson, era Pansy? – si sentiva parecchio preoccupata

-          No, Pansy ha fatto Natale a Hogwarts – disse – non lo so con certezza, ma credo che si riferiscano alla sua povera madre, Nicholaa

-          Perché dici “povera madre”?

-          La mamma di Pansy è muta. – dichiarò lui lasciandola stupita

-          Sul… sul serio?

-          È stato lo zio di Pansy a tirare tutta la famiglia in questa faccenda e Nicholaa è una donna mite e abbastanza gentile, forse un po’ stravagante come la Lovegood, anche se più fine – un’occhiataccia ci stava per aver parlato male di una delle sue amiche

-          E adesso?

-          Pansy crede parecchio in questa storia, non capisco proprio come possa essere nata una creatura del genere…

-          È muta, dalla nascita? – domandò piano Hermione

-          No.

Come temeva.

Nel mondo magico c’erano un sacco di persone che soffrivano di disturbi psicologici a causa di traumi e, sfortunatamente, era particolarmente facile averne nella propria infanzia.

-          Come… come mai? – indagò, incerta se volerlo davvero sapere

-          Lo zio di Pansy l’ha violentata quando aveva sedici anni, solo che era promesso ad una vecchia megera di una famiglia potente che non ha voluto annullare il matrimonio, così è toccato a suo fratello ripagare il danno

-          Poveretto – lo compatì la ragazza, Draco annuì

-          Se non altro Nicholaa non sarebbe stata così bene se le avessero fatto sposare quel bastardo

-          Vero. E non potrebbe essere che Pansy è così…

-          No. – stava cercando di dire che Pansy era un’illegittima? No, non lo era. Lì era la stranezza.

-          Draco – chiese ancora lei dando sfogo ai suoi dubbi e sentendosi, ormai, di essere sufficientemente in confidenza, soprattutto dopo che aveva saputo tutta la storia – tra tutti questi poteri che ti arrivano dal Fuoco Eterno, c’è per caso una particolare propensione a Legilimanzia o Occlumanzia

Lui ghignò

-          No, perché? Hai provato a leggere nella mia mente – arrossendo lei annuì – sono solo bravo a tenermi i fatti miei per me – annuì ancora – come te…

Annuì, poi si fermò e lo guardò perplessa

-          Ci ho provato anche io – rispose tranquillo

Dal comodino prese le sigarette che Blaise gli aveva lasciato con tutte le raccomandazioni di non fumarne, ma credeva di essersene meritata una per quella sera, ne aveva assoluto bisogno!

La accese e tirò una boccata di fumo.

Hermione si distese sulle lenzuola, gli occhi al soffitto guardando le volute più chiare disperdersi nell’aria e poi spostando lo sguardo su di lui, gli occhi grigi della serpe di mossero dalla contemplazione dal vuoto e incontrarono quelli di lei, le labbra si mossero finchè non comparve un sorriso; si allungò indietro, la sigaretta stretta tra le labbra, guardando di nuovo oltre ciò che si poteva distinguere.

 

La Caposcuola aspirò una boccata d’aria e sentì l’inconfondibile odore di tabacco da sigaretta impregnare l’aria, non le piaceva molto, ma aveva come il potere di tranquillizzarla, o forse a fare questo era semplicemente la figura del Principe delle Serpi accanto a lei che ostentava tranquillità quando dentro di sé doveva avere un calderone di pensieri da fare invidia.

Sospirò malinconica

-          Lo sai Granger, quando fai così ti bacerei – dichiarò lui spiazzandola, prendendo il mozzicone tra le dita e soffiando una nuova nuvoletta senza neppure voltare la testa a guardarla, continuando per gli affari suoi, poi gli occhi si posarono su di lei che lo guardava distesa su un fianco, la testa appoggiata ad una mano, il gomito affondato nel materasso

-          Credevo di aver pagato debito e penitenza al caffè – disse stupita

-          Ho bisogno di scuse così insulse per baciarti? – chiese lui stendendosi accanto a lei e la ragazza notò che le gambe sporgevano di un po’ oltre il bordo del letto.

Quando si trovarono alla stessa altezza, gli occhi dorati di lei incontrarono quelli di lui, color dell’argento e rimasero a fissarsi per un tempo che parve interminabile.

La mano destra di lui si allungò finchè non toccò un orecchio sottile di lei, percorrendo poi lentamente la curva della mandibola, salendo sulle labbra, le solleticò appena uno degli angoli della bocca finchè lei sorrise, poi, lentamente, le si avvicinò e la baciò.

 

Hermione sentì il sapore del tabacco, eppure le sembrava così giusto ciò che stava accadendo… la mano di lui si spostò dietro la testa, sulla nuca, premendo piano sui suoi capelli per avvicinarla ancora di più.

Incerta lei gli passò le dita nei capelli, sentendolo sorridere mentre la baciava, dopodiché, prendendo coraggio, gli allacciò le braccia intorno al collo.

 

La bocca di lui si allontanò mentre gli occhi si aprivano e si guardavano di nuovo, brillanti di soddisfazione che traevano dal semplice stare insieme… beh, magari non solo quello…

Le labbra di lui tracciarono un sentiero dagli occhi, che baciò quando erano chiusi, fino al naso, per poi posarsi leggermente sulla bocca e fuggire subito sulla curva del collo, nello scollo del colletto della camicia e poi scesero fino al primo bottone allacciato, si posarono sul triangolo di pelle che era ancora scoperta e si allontanarono di nuovo mentre, tenendola tra le braccia, lei non pareva dare segni di ritrarsi, di negarsi né di scoppiare a piangere; guardò il seno che si alzava e abbassava a ritmo scoordinato e affaticato e sorrise ancora mentre liberava le mani dalla schiena di lei e le portava alla camicia per sbottonarla.

Stava giusto per far sfuggire il pomello all’asola quando il suono del Big Ben che batteva la mezzanotte, seguito da un boato violento lo riscosse facendogli alzare la testa e guardarla; le mani si allontanarono, posandosi innocentemente ai lati del corpo di lei

 

-          Non posso continuare – disse chinando la testa

 

Probabilmente, riflettè la Gryffindor, se avesse continuato lei non l’avrebbe fermato pur sapendo che non si sentiva ancora così tanto pronta per un passo simile. Ringraziò il Cielo che aveva creato Draco Malfoy e gli strinse la testa contro di sé mormorando un timido “Grazie”.

 

E Draco si vide come un vero cavaliere dall’armatura scintillante mentre lei lo abbracciava e sentiva di essere così importante per lui. E lui sentiva di essere molto importante per lei, talmente tanto che gli avrebbe permesso di fare all’amore insieme.

 

-          Ehi Draco – chiamò mentre se ne stavano lì così – se un giorno vorrò perdere la mia verginità posso sempre venire a cercarti?

Lui sollevò la testa mostrandole il classico ghigno madre-in-malfoy, fiero e orgoglioso

-          Ovvio. Io non dico mai di no ad una donna

Sfortunatamente era vero e questo la feriva un poco perché non riusciva a levarsi dalla testa di essere una delle tante che gli avevano scaldato il letto. Per spingerlo però fino a quel punto con una mezzosangue, questa doveva avere qualcosa di particolare e ciò la confortava.

-          Dimmi un po’ – aggiunse – perché continui a cambiare ragazza come i calzini?

-          A parte che non sono affari tuoi, comunque loro non sono state migliori di me… volevano un ragazzo per una notte, molto bene, a me sta bene.

-          Ma alcune erano innamorate di te

-          Sì, talmente innamorate che credevano che io fossi semplicemente il Principe delle Serpi senza problemi, fatto solo di idee razziste

-          E tu hai mai guardato oltre in loro?

-          Con qualcuna – confessò – ma ho visto solo il nulla totale

-          Non sei molto gentile

-          Non lo sono state neppure loro. Niente legami, così non mi devo preoccupare di cosa cercare in una ragazza

La triste e brutale verità.

-          Ma una cosa te la voglio dire, piccola mezzosangue – lei lo ammirò sorpresa – quando una ragazza affascina un uomo, lo fa sempre d’in piedi, mai da sdraiata. – Hermione sorrise, riconoscendo tra quelle parole una piccola lode

-          Draco, non te ne andare. – lui fece cenno di sì con la testa

-          Hermione, non mi lasciare.

Silenzio, poi un boato.

-          A proposito, buon anno nuovo, Granger…

E si addormentarono abbracciati per quella notte, quasi dimentichi che era cominciato un nuovo tempo della loro vita.

 

*          *          *

 

Un gufo nero come la pece e gli occhi d’ambra si posò sul davanzale della finestra, picchiettando con il becco ricurvo sul vetro.

Oltre l’imposta, la stanza era illuminata da candele che svolazzavano nell’aria mentre la musica di un quartetto da camera stava suonando l’ennesimo lento della serata per i romanticoni del Capodanno.

 

Silente sorseggiò appena dalla sua coppa e guardò i suoi studenti ballare allegri; c’era stato un tempo in cui anche lui era stato al loro posto, ma era una persona ben diversa da chi era adesso: arrogante, pieno di sé e conscio di avere delle capacità magiche fuori dal comune.

All’età di diciassette anni suoi padre era morto lasciandolo con una sorellina, la sua amata Ariana, e un fratellino appena nato. Sua madre Kendra era una donna di salute piuttosto cagionevole, ma una madre meravigliosa, a volte si domandava come avesse fatto a crescere con certe balzane filosofie…

La sua famiglia non era mai stata potentissima, anche se apparteneva alle stirpi purosangue del mondo magico e poteva vantare parentele con i Weasley e con i Black, con i Rosier e con i Crabbe. Molti erano i segreti, a cominciare da quello di sua sorella.

 

Ariana era la sua sorellina preferita, aveva cinque anni meno di lui ed era una bellissima bambina dai capelli color dell’oro e gli occhi celesti, sarebbe stata una maga potentissima, se solo non fosse successo quell’incidente mentre sua madre era incita…

Lo ricordava perfettamente, erano in carrozza per andare a trovare la nonna quando un gruppo di malintenzionati aveva colpito il veicolo facendolo sbandare.

Messi in fuga da suo padre, troppo tardi si erano accorti che Kendra era rimasta schiacciata da una maniglia e rischiava di perdere il bambino che portava.

Arrivati da sua nonna, sua madre era stata costretta a partorire in tutta fretta per non morire a sua volta e quando finalmente la bimba aveva visto la luce, sembrava un esserino normalissimo, ma solo dopo si erano accorti di cosa le era successo: Ariana aveva avuto dei traumi fisici a causa di quell’incidente che l’avevano resa incapace di controllare il suo potere e a volte rasentava la follia.

C’erano momenti in cui perdeva completamente il controllo di se stessa e dei suoi poteri causando disastri e guai, ma più cresceva e più il problema peggiorava, le crisi si facevano sempre più ravvicinate e i suoi raptus magici ancora più pericolosi finchè quel brutto giorno, uccise sua madre.

Non era stata una cosa volontaria, quando tutto era terminato non ricordava neppure di essere impazzita, ma la voce fece il giro di ogni bocca che sapesse cos’era la magia.

Sua sorella rischiava di essere esiliata in un reparto psichiatrico e abbandonata, non poteva permetterselo, aveva abbandonato gli studi per diventare Auror pur di prendersi cura di quella creaturina e del fratellino e non se ne era pentito.

No, quello mai. Perché l’amore che provava per sua sorella era qualcosa che trascendeva il comune affetto tra fratelli, più e più volte ci aveva riflettuto e più e più volte si era reso conto della gravità della cosa, un segreto che nessuno avrebbe dovuto scoprire; per quasi dieci anni tenne per sé quei sentimenti spuri, quelle sensazioni inadeguate, quei pensieri indegni, sperando che col tempo tutto potesse aggiustarsi.

Le cose erano andate diversamente, tutto era peggiorato: sua sorella, la morte di sua madre, il doverle stare accanto senza poterla amare come voleva e poi, anche LUI.

Un vortice che aveva fatto girare il mondo senza che lui riuscisse a fermarlo, più veloce di quanto riuscisse, più di quanto volesse, disastri, tragedie, tante cose, morti.

Aveva creduto di aver messo la testa a posto quando, dopo la morte di Ariana e il diploma di Aberforth, era stato nominato insegnante a Hogwarts, ma c’era qualcosa che non era riuscito a prevedere e una ragazzina ingenua, una sua studentessa innocente ne aveva pagato su di se le conseguenze; non era più riuscito a controllarsi nel rivedere tra quelle iridi le stesse di sua sorella e tra quelle dita l’inchiostro che sporcava anche quelle di Ariana.

Ma Minerva non era Ariana e in verità c’era poco di comune tra le due, tanto bionda, pallida ed eterea era sua sorella quanto Minerva era piccina e curva, forse un po’ scialba e slavata, decisamente poco attraente.

Aveva riflettuto molto sul suo rapporto con quella che negli anni era diventata la sua più fidata collaboratrice, quello che gli uomini chiamano “moglie” anche senza una cerimonia e si sentiva attratto da lei come lo era stato da sua sorella, ma in modo differente.

Forse non era stata una bellezza lunare, ma non c’era ragazza in tutta Hogwarts che fosse dotata dei sentimenti che aveva posseduto Minerva McGranitt quando era stata sua allieva, neppure la tanto idolatrata Lily Evans si avvicinava al canone che Minerva era diventata per lui da quando, quella notte, aveva deciso di perdonarlo.

Povera Minerva, le aveva rovinato l’esistenza… ma forse non avrebbe accettato di dover dividere con quello che sarebbe dovuto essere suo marito il sentimento che li legava non una, ma infinite volte.

E lei stessa sapeva che tra loro c’era qualcosa, anche se non osava sperarlo, ma lo sentiva quel filo di lana, caldo e resistente, che nessuno sarebbe riuscito a spezzare, neppure la morte.

 

Applaudì quando il quartetto posizionato sulla pedana terminò la sua esecuzione e la sbirciò oltre le lenti a mezzaluna, forse gli studenti dicevano che era un pezzo di marmo, ma se solo avessero guardato oltre l’apparenza e oltre le sembianze ormai un po’ invecchiate, avrebbero trovato una persona stupenda.

Quando era stato suo insegnante, prima che accadesse il fattaccio, un anno l’aveva invitata a ballare alla festa di Capodanno della scuola.

Ricordava quella scena nitidamente con la Sala Grande piena solo a metà, i professori che chiacchieravano al tavolo, qualcuno impegnato in una quadriglia.

Le studentesse facevano capannello negli angoli ridacchiando e sorridendosi, chiacchierando degli abiti, i ragazzi, ormai con i polsini slacciati e le cravatte allentate, si servivano ai tavoli dei buffet e lei era seduta su un triclinio a leggere uno dei suoi libri… un comportamento che gli ricordava in parte quello della studentessa odierna Hermione Granger.

Ogni dettaglio era impresso indelebilmente, a cominciare dal vestito grigio stile anni venti che indossava, scialbo quanto lei, dicevano le sue compagne, ma corredato da una stola a quadri col tartan dei McGranitt che le fasciava la vita sottile e le adornava i capelli stretti nella consueta treccia lunga sulla schiena.

Non indossava ancora gli occhiali a quel tempo e le mani che voltavano svelte le pagine erano casualmente macchiate, come sua abitudine.

Si era avvicinato, sbirciando il titolo del libro inconfondibilmente di Trasfigurazione

-          Se avessi saputo che avrebbe fatto i compiti anche la sera di capodanno ne avrei assegnati di meno, signorina McGranitt – le aveva detto amichevolmente

Lei aveva alzato gli occhi stupita e gli aveva sorriso

-          Questa materia è così affascinante che non riesco a leggere di altro… - gli aveva risposto con occhi scintillanti di una ragazza che, l’avrebbe saputo solo dopo, era innamorata del suo professore.

-          Chiuda quel libro e vada a ballare! – le aveva proposto prendendolo d’in mano e facendolo scomparire mentre lei arrossiva e si sistemava la gonna grigia

-          Non sono molto brava nella danza, temo di essere una vera frana – aveva risposto – mio fratello Loki me lo ripete in continuazione.

Loki era il suo fratello preferito, quello che le era più vicino d’età e a cui era più legata; era un affascinante ragazzo che si era diplomato l’anno prima con ottimi voti e che apparteneva al numerosissimo clan da cui lei discendeva e che contava ben undici fratelli! Lei era l’ultima, nonché l’unica femmina e vivendo in una famiglia simile, le sue grazie erano state un poco trascurate.

-          Bisognerà creare un club di danza – le aveva risposto – se fossi al posto di Dippet lo farei! Tutti hanno diritto di imparare!

-          E poi non credo che qualcuno perderebbe tempo a farsi pestare i piedi da me – aveva ribadito ancora, ridendo serena

C’era stato un momento, lo ricordava, in cui quel sorriso gli aveva toccato il cuore e il suo respiro, per un attimo, si era fermato. Forse la sua follia era cominciata allora. Gli uomini avrebbero dovuto fare la fila per volerla invitare a ballare e godere della sua compagnia.

-          Venga signorina, balli con me! – le aveva chiesto cerimoniosamente – io sono più che disposto a farmi schiacciare i piedi, credo che sia una buona punizione per la mia vanità che mi ha costretto ad indossare queste scarpe nuove

L’aveva portata a ballare e avevano fatto un giro di danze, poi, dando ordine ai musicisti di allora, aveva chiesto che suonassero una ballata scozzese e mai e poi mai si era pentito di quello perché l’espressione che lei gli aveva regalato era qualcosa di magico e non c’entravano gli incantesimi.

Era stato sciocco a non voler vedere, ancora perso nei pensieri di Ariana, appena mancata, e di tutti gli altri problemi che stava ancora cercando di risolvere.

 

Ormai era vecchio e stanco, non avrebbe potuto farla ballare ancora, tantomeno chiederle di dividere una quadriglia scozzese perché sapeva che, nonostante l’età, lei si sarebbe scatenata come allora.

Sorrise e fece appena un cenno ai musicisti che capirono al volo e la musica ritmica e tamburellante della Scozia, della vecchia Scozia fatta di tartan e di clan, di Highlands e di Longlands, di muri e di brughiera, di castelli e di profumi di natura, invase la sala e le immagini di un passato remoto ma pur sempre vicinissimo si potevano scorgere oltre le lenti rettangolari degli occhiali che ora, Minerva McGranitt, dopo quasi cinquant’anni, indossava, occhiali che celavano i suoi occhi azzurri che lo stavano mutamente ringraziando come centomila parole non avrebbero potuto.

 

Un ticchettio alle spalle attirò la sua attenzione e il gufo nero dagli occhi gialli entrò non appena la grande finestra a riquadri si aprì, andando a posarsi sul braccio del preside e lasciandogli il messaggio che Draco ed Hermione gli avevano mandato da Londra. Non sembravano buone nuove se Malfoy aveva deciso di utilizzare quella bestia; la fece salire su un trespolo e srotolò la pergamena, cominciando a leggere veloce le parole scritte dalla classica mano della Caposcuola.

Lo sguardo si fece serio e si alzò in piedi svelto, dirigendosi verso l’uscita dei professori, Minerva si alzò con lui e lo seguì svelta, senza domande, intuendo che doveva trattarsi si qualcosa di estremamente grave.

 

-          Sono i ragazzi da Londra? – domandò lei quando la porta dell’ufficio si fu richiusa dietro di loro con un rumore sordo, il preside annuì – cosa dicono?

-          Ci sono mangiamorte nella capitale – annunciò – pare che ne abbiano scoperti un paio in una biblioteca e che abbiano ascoltato “per caso” una conversazione tra loro…

-          Oh cielo!

-          Pare che si stiano muovendo più veloci di quanto credessi e Bellatrix non desiste

-          Oh Albus, devi fare qualcosa, quei due si cacceranno nei guai! Lo so per certo, vorranno rendersi utili e poi succederà qualcosa… che possiamo fare? – la vicepreside sembrava sinceramente preoccupata per le sorti di due dei suoi alunni e le rughe sulla fronte lo testimoniavano

-          In questo momento devono badare a se stessi, se succederà qualcosa di grave li farò tornare immediatamente a Hogwarts.

-          Ma… e i mangiamorte?

-          Draco sa come cavarsela, ci penserà lui ed Hermione non è stupida, anzi! – Minerva McGranitt borbottò qualcosa di poco convincente a proposito delle tesi del preside – in questo momento, finchè non tornano, non posso fare nulla.

-          E tu? Tu sei il primo della lista di Bellatrix

-          Me e… ma non c’è assolutamente tempo da perdere! Hogwarts non verrà presa! Non finchè starò qui dentro! Non finchè sarò preside.

-          Neppure finchè ci sarò io! – terminò lei

Lui le sorrise, sapendo che lo capiva e sapendo che lei sapeva.

Che assurdo gioco di parole, ma era la pura e semplice verità.

-          Mi devi una danza per questa sera, Minerva – aggiunse – come ai vecchi tempi…

Lei sorrise e arrossì

-          Ma non credo che riuscirei a dare spettacolo come quando ero giovane, preferisco che io e te ci balliamo la nostra canzone qui, dove nessuno può prenderci in giro

-          La mia cara Scozia e i miei fratelli vivono tutti nel mio cuore, ma sono felice, ogni tanto che tu mi aiuti a ricordarli…

E stringendola a se, la fece volteggiare due o tre volte nello spazio libero, felice di averla accanto anche in quel momento.

Gli era stata accanto quando stava uscendo da una crisi, lo aveva fatto senza volerlo.

E da allora in poi, gli era sempre stata accanto perché voleva farlo.

E anche lui.

Era stato lui a chiamarla a Scuola quando l’avevano nominato preside e c’era la necessità di un nuovo insegnante di Trasfigurazione, ma quella era una cosa che non riusciva a ammetterle.

E adesso lei gli era ancora accanto, anno dopo anno, decennio dopo decennio. Gli sarebbe parso stranamente inconcepibile che lei non ci fosse quando aveva bisogno.

 

*          *          *

 

Spazio autrice: ciao a tutti, allora? Cosa mi dite di questo segreto delle Reliquie della Morte rielaborato da me? Penso che non sia difficile intuire che la storia è “vagamente” ispirata all’originale settimo libro della Rowling, tuttavia ho aggiunto e tolto reliquie a piacimento e ne ho fatto quello che volevo, dando loro una storia del tutto differente e associandole a personaggi completamente diversi da quelli di cui si parla nel libro dove, effettivamente, sono solo tre o quattro.

Sono molto curiosa di conoscere i vostri pareri a proposito, spero che il capitolo vi sia piaciuto, lo spero davvero!

 

Piccola informazione di servizio: dato che la settimana prossima parto per la mia utilima gita scolastica delle superiori e questa durerà cinque giorni, la settimana prossima non potrò aggiornare. Se riuscirò e non sarò oberata dagli impegni lunedì mattina posterò il prossimo capitolo, il tredicesimo, ma non prendetela per una promessa perché prima di partire ci sono sempre pasticci a volontà e fare le valigie non è proprio il mio forte XP

Spero comunque di riuscirci, nel frattempo, MONACO, ARRIVO!!!

 

Shavanna: dai, festeggiamo insieme la festa dei single! Sono felice che la scelta del giorno stia bene con le tematiche affrontate, non posso dire lo tesso di questo ma non importa, prima o poi questo benedetto segreto doveva uscire fuori da quelle labbra!

Le compagne di Herm sono state bastarde fino in fondo, come tutte le false amiche invidiose di lei perché era brava e frequentava una scuola dove loro non potevano andare… ma ci sono anche quelle e Herm in questa storia è un personaggio un po’ più tormentato dell’altra, qui si sente sempre al posto sbagliato…

Beh, spero che il segreto delle reliquie ti piaccia, ciao e un bacione! Nyssa

 

luana1985: penso anche io che san Valentino sia ormai ridotta ad una festa di acquisti, ma credo che il significato di una festa per gli innamorati sia qualcosa di bello, anche se nella mia fic l’ambientazione è il 31 dicembre (e quei due se n’erano pure dimenticati >_>).

Non sprecare troppa poesia nelle lodi di me e della mia storia, non credo di essere così brava, anche se fa sempre piacere leggere delle recensioni così, quindi grazie mille! Aspetto di sapere cosa mi dici di questo segreto svelato, ciao e a presto! Nyssa

 

Potterina_88_: ehehe, la coppia si sta formando, anche se qui il susseguirsi di eventi è differente dalle Relazioni dove, in questo punto della vicenda, Draco ed Herm erano già cotti a puntino, mentre qui ci sono ancora un paio di stadi della relazione da affrontare ^^

Penso che Draco, con tutte le arie di superiorità che si dà, alla fine si senta terribilmente inferiore a lei perché lei è sempre stata tra i bravi e lui ha le sue indecisioni, eppoi perché persegue la giustizia ad ogni costo, mentre lui è fondamentalmente un po’ egoista… per questo credo che stiano bene insieme, si compensano vicendevolmente…

Non ci sarà mai occasione, comunque, in cui Draco non ne approfitterà perché Herm ha, come Blaise, l’innata capacità di farlo ridere e uscire di senno senza fare cose particolari ihihihi

Bene, io spero ti sia piaciuto anche questo nuovo capitolo, aspetto curiosa di sapere, ciao e un bacione! Nyssa

 

Herm83: beh, per Draco il fine giustifica sempre i mezzi e non credo che gli dispiaccia poi più di tanto giustificarlo a quel modo ^_^

Draco alterna i suoi momenti dolci a quelli possessivi a quelli un po’ maliziosi, fondamentalmente è una persona molto eclettica su questo punto di vista, deve essere per questo motivo che mi sembra così affascinante (e probabilmente è lo stesso per Herm).

Bene, spero che l’aggiornamento ti piaccia, me molto curiosa! Aspetto di sapere, ciao! e a presto, Nyssa

 

giuliastarr: ecco qui il tanto agognato segreto di Draco, spero che non abbia deluso le tue aspettative, attendo con impazienza di sapere cosa ne pensi, ciao e a prestissimo! Nyssa

 

crici_82: finalmente è giunto anche il momento di rivelare qualche segreto seppellito da un po’, per il momento mi limito a quelli di Draco ma presto arriveranno anche gli altri! Spero che il capitolo ti piaccia, ciao e un bacio! Nyssa

 

falalula: mi fa piacere che aspetti sempre di leggere i miei aggiornamenti, so come ci si sente ad aspettare in quel modo, sfortunatamente io sto aspettando l’aggiornamento di una delle mie autrici preferite dal mese di ottobre, quindi ti lascio dire con che capelli esco ogni volta da efp dopo aver visto che non ha postato >_>

Spero che il capitolo dei segreti ti piaccia, ciao! Nyssa

 

Lord Martiya: innanzi tutto dico che mi fa moltissimo piacere che il precedente capitolo che ho postato ti sia piaciuto, effettivamente sono d’accordo sul fatto che forse Mana è il chara più indicatoa d una storia del genere, anche se non sono sicura di voler fare un altro crossover come è stato per la precedente fic, anche se in uno dei tuoi commenti mi hai dato l’ispirazione per uno sviluppo a cui non avevo ancora pensato ^^

Il motivo per cui Herm è andata in città è… che è uno dei misteri ancora da svelare ^^

Sono sicura che ci siano persone che sanno come trattare la Umbridge, ma mi sembra un po’ offensivo per le rane paragonarla a loro…

PS: è appena uscito il 10° numero di negima ed è troppo divertente!

 

Killkenny: effettivamente anche la Row ha fatto qualche accenno, ma penso che sarebbe davvero una mangiamorte perfetta perfida come è!

Quando ho letto il quinto libro ero davvero furiosa con lei, specie per le cattiverie che faceva ai gemelli che mi stavano sempre molto simpatici…

Spero che possa piacerti anche questo capitolo, ciao e a presto! Nyssa

 

Lauwren: ma no che non sei in ritardo, non mi hai neppure battuta sul tempo ^^

Sono d’accordo sul fatto che Draco sia bastardo (mai negato) come ogni Malfoy (una verità inconfutabile), però ogni persona ha i suoi lati positivi, lasciamogli almeno uno spicchio anche per lui, dopotutto in questa fic se lo merita con tutti i pasticci che gli sto facendo *-*

Bene, spero che il tanto atteso segreto di Draco non ti deluda, aspetto curiosa di sapere cosa mi dici, ciao e a prestissimo! Nyssa

 



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Capitolo 13
*** Rimembranze ***


Quando era giovane, il mondo attorno a lui gli pareva ingiusto, terribilmente inquinato e decisamente inadatto ad uno come lui

Premessa: è una vita che non scrivo più di premesse, ma per questo capitolo mi sembrava d’obbligo farlo.

Attenzione, il capitolo è decisamente NC17 a causa di scene un poco violente.

Veramente NC17 è solo una classificazione perché non credo che a diciott’anni uno sia mooooolto più maturo di quando ne ha 17, ma intendo che, se avete una certa sensibilità spiccata, magari saltate il tutto, anche se non ho dato il meglio (o il peggio) di me.

Appunto questo avviso perché è meglio abbondare visto che una volta stavo morendo di raccapriccio al leggere una fic senza target simili caratterizzata solo come Rating Arancione.

Vi auguro buona lettura!

Nyssa

 

*          *          *

 

Quando era giovane, il mondo attorno a lui gli pareva ingiusto, terribilmente inquinato e decisamente inadatto ad uno come lui.

Guardando dopo molto tempo il se stesso che era, gli parve di scorgere quasi una somiglianza tra lui e Tom, forse era per questo che tra tutti era stato il primo e l’unico ad accorgersi di quello che quel ragazzo era stato.

A Hogwarts era stato il più brillante studente di ogni tempo, c’erano esaminatori che avevano detto che non avevano mai visto fare certe cose con una bacchetta e avevano ragione, ma il merito non era tutto suo, la sua Bacchetta, la sua vecchia Bacchetta che lo accompagnava da molto era stata un aiuto non da poco.

 

Quando si è bravi e pieni di doti è facile guardare gli altri dall’alto in basso, giudicandoli degli incapaci per degli errori che non si commetterebbero mai, ma non tutti sono svelti d’ingegno, non tutti riescono a guardare il mondo distaccati meditando vendetta.

Già, vendetta…

Era vendetta che voleva e che aveva giurato quando suo padre li aveva lasciati, senz’altro troppo presto.

Quando era mancato lui doveva ancora terminare la scuola ed era stato allora che la Bacchetta gli era stata assegnata, era stato difficile riuscire ad utilizzarla, ma conoscendo il potenziale di quell’oggetto, aveva visto ciò che avrebbe potuto fare con quella. La vendetta era per sua sorella Ariana, costretta dai babbani come una pazza senza volontà, una creatura buona e dolce che possedeva poteri inimmaginabili e altrettanto incontrollabili per colpa di un branco di briganti egoisti che volevano rapinarli. Povera creatura.

Aveva giurato di starle accanto e si era impegnato fino a stare male, poi aveva creduto di riuscire a realizzare tutto ciò che voleva salendo sempre di più, era entrato nel mondo degli Auror, ma ci era rimasto per poco, finchè sua madre non era stata uccisa.

Sua sorella aveva avuto una delle sue crisi e l’aveva ferita a morte, senza neppure riuscire a ricordarsene, di fronte agli occhi esterrefatti di suo fratello Aberforth.

Aveva dovuto abbandonare gli studi e occuparsi di loro.

E ogni giorno era stato peggiore del precedente, i sentimenti che aveva per Ariana erano tutt’altro che fraterni e quello che sentiva verso la sua sorellina altro non era che ciò che la gente comune chiama amore.

Aveva deciso che si sarebbe sposato solo con una persona speciale, colta e intelligente, bella e piena di buone qualità, ma nella sua vita non si era ancora accorto che il canone al quale guardava era sua sorella e, ovviamente, nessuna delle sue compagne né delle ragazze che aveva conosciuto dopo poteva reggere il confronto; non lo sapeva allora, ma era innamorato di Ariana e l’aveva trattata come una dea in terra, idolatrata fino a farsi mare e schiacciato da quell’amore non corrisposto e decisamente sacrilego che provava verso una parente di sangue.

 

Poi era arrivato Grindewald.

Veniva da Drumstrang e non aveva terminato gli studi perché era stato espulso dalla scuola a causa di un grave fatto di cui non voleva mai parlare, dicendo che il preside e tutta la scuola erano un branco di fantocci radicati nelle loro convinzioni vecchie e sorpassate.

Grindewald era riuscito a risvegliare in lui i sentimenti di superiorità che aveva accantonato per un po’ quando aveva cessato gli studi e il senso di sporcizia tornò a farsi sentire, acuito dal peggiorare delle condizioni di sua sorella.

Avevano fatto amicizia e Grindewald era stato per lui un amico che non sperava di trovare, qualcuno così simile a lui che pareva uscito dai suoi sogni, il gemello che ciascuno sogna quando non si ha qualcuno che ci capisce.

I progetti di questo mago ambizioso, però, andavano al di là di quello che lui, Albus Silente, era disposto a mettere in gioco e, principalmente, su tre fattori: l’amore che Grindewald aveva per sua sorella, quel sentimento non lo sopportava, gli andava giù a fatica ed era ciò che più di tutto detestava in quella persona, anche se lo tollerava perché sapeva che quell’uomo non aveva possibilità e Ariana stessa gli aveva confidato di trovarlo troppo pieno di sé e borioso… come avrebbe reagito la sua sorellina se avesse saputo che lui non era poi tanto diverso?

Il secondo punto riguardava Aberforth, nonostante fosse il fratellino e tra loro ci fossero diversi anni di differenza, gli era molto legato come sentimento ereditato da sua madre che aveva per quella piccola peste un modo di fare tutto speciale. Aberforth non aveva le abilità del fratello maggiorr, ma la sua saggezza e la sua compostezza erano ciò che lo rendeva speciale per tutti e, forse, tra loro era a quel tempo il più maturo.

Grindewald lo detestava con tutto il cuore, opposto a quanto amava con trasporto la sorella, tanto il mago era impulsivo e avventato quanto l’altro era quieto e riflessivo e lo sprezzo con cui gli occhi verdi di Grindewald si posavano su quel bambino gli rimestava le viscere.

La terza cosa era ciò che Grindewald stesso era disposto a fare: tutto.

Non aveva freni né limitazioni, se ne infischiava delle istituzioni, delle regole e delle leggi, le infrangeva a suo piacimento senza preoccuparsi delle conseguenze come se fosse un intoccabile, superiore ad ogni altra creatura sulla terra e stava cominciando a coinvolgere anche lui e la sua disgraziata famiglia.

Albus, aveva molto da perdere, la famiglia era sulle sue spalle così come il segreto di Ariana che aveva sciaguratamente raccontato anche al suo fidato amico.

E tuttavia, il desiderio di vendetta non era ancora scemato neppure la metà di quanto avrebbe dovuto.

Viveva nella bambagia, credendo che tutto ruotasse intorno ai maghi e che i babbani fossero creature malvagie solamente perché avevano reso sua sorella quasi pazza, ma non aveva ancora indagato su quegli sconosciuti senza casa e senza cibo che cercavano il modo di tirare avanti in un tempo appena prima dello scoppio della Grande Guerra, dove la carestia era diffusa, le malattie ovunque, la morte acquattata in ogni anfratto.

Anime povere e senza averi che tentavano il tutto per tutto.

Erano cose che aveva saputo solamente dopo.

Dopo quella triste sera.

 

Aveva lasciato casa sua con una scusa per fare qualche ricerca sul passato di Grindewald, quel passato di cui lui non sapeva nulla e di cui voleva sapere, di cui era curioso.

Aveva incontrato un amico che aveva studiato a Drumstrang e che aveva frequentato con lui l’accademia per gli Auror, chiedendogli qualche dettaglio come se si trattasse di pettegolezzi.

Il Vaso di Pandora che si era scoperchiato era stato un colpo troppo duro, troppo violento e troppo repentino persino per lui che immaginava per la sua espulsione qualche marachella di poco conto.

E invece, una serie di atroci informazioni, sussurrate appena, cose proibite, avevano lasciato le labbra tremanti di Igor, il suo amico, che aveva raccontato come Grindewald si fosse reso responsabile di violenza su alcune ragazze di Beauxbatons in visita all’altra scuola, tre erano state le poverette che a stento avevano denunciato l’accaduto, anche se la preside dell’istituto e il rettore della scuola russa credevano che fossero di più.

Era stata comminata una punizione severissima per lo studente che, tuttavia, non prevedeva ancora l’espulsione, fino al triste giorno del Cielo Grigio.

È il nome con cui gli studenti di quella scuola ricordano l’avvenimento.

Ogni scuola ha i suoi scheletri e i suoi fantasmi, Mirtilla appartiene a Hogwarts, Yuri Julianovich a Drumstrang.

Yuri era stata la mente più brillante di tutti i tempi della scuola, se ne sentiva spesso parlare anche in Inghilterra, era una persona semplice e senza ambizioni che Grindwald non sopportava.

Era invidioso di quel biondo senza macchie, di quell’anima candida che stava simpatica a tutti.

Lo uccise.

E non fu un raptus di follia, ma un omicidio calcolato nei dettagli dove solo una pedina si trovava fuori posto: Marlene Fleur-de-Lise.

Nella tragica mattina di quel ventisette ottobre, un fagotto informe era stato deposto oltre l’ingresso dell’austero monastero Greco-Ortodosso che fungeva da sede della scuola, dalle coperte cenciose sbucava solo la testa immobile e circondata dai capelli biondi di Yuri, il terrore dipinto negli occhi celesti spalancati in maniera innaturale.

Pochi assistettero alla scena del ritrovamento e ancora meno furono quelli che esaminarono il cadavere sul quale non era rimasto che un brandello di pelle a ricoprirgli il volto.

Muscoli e tendini in vista, scoperti da quella patina chiara e tipicamente russa che era la l’epidermide, misteriosamente scomparsa.

La pelle che era stata toccata da Marlene, che aveva commesso peccato a scegliere lui anziché Grindewald.

Per cinque settimane la scuola rimase chiusa e gli studenti confinati, anche le ospiti francesi, finchè Marlene, vinta la paura, si decise a confessare.

L’orrore che raccontò era qualcosa di incredibile per il vecchio insegnate che dirigeva quella scuola di disciplina militare, un insegnante dalla morale ferrea e dai modi altrettanto severi che poco aveva a che spartire con Karkaroff.

Marlene venne messa sotto scorta armata dal Ministero della Magia Russo e Grindewald condannato per l’omicidio del suo compagno.

Trascorse sette anni in carcere dove, tuttavia, si raccontava, non era riuscito a superare la cosa e neppure a pentirsi dell’orrenda faccenda.

Aveva lasciato la Russia per l’Inghilterra dove nessuno conosceva i suoi macabri segreti.

 

Quando Albus Silente aveva riaperto gli occhi, una nuova verità e un nuovo passato aleggiavano intorno alla figura del suo amico che mai aveva dato a vedere di essere una tale macchina assetata di sangue.

Decise di non credere a quelle fandonie e, tuttavia, una nuova sensazione di inquietudine lo invase al ricordo di sua sorella e di suo fratello soli in casa in sua compagnia.

Quando tornò, il peggio era già avvenuto perché la sua bella Ariana, la sorellina preferita, pura come un giglio, era in un lago di sangue sul pavimento.

I bei capelli biondi cadevano a ciocche disordinatamente e impiastrati dal rosso che si stava rapprendendo.

Non era morta, ma stava rischiando molto.

E Grindewald non aveva ancora terminato la sua carneficina perché Aberforth, testimone involontario come Marlene, non doveva vivere un istante di più.

Marlene aveva fatto un vita nascosta per il resto della sua esistenza, rinchiusa in un convento sulla Manica da cui non aveva mai messo piede fuori.

Aberforth non sarebbe stato altrettanto fortunato se, spalancata la porta, Albus avesse esitato un istante di più.

Ma la rabbia nel vedere quella scena straziante e quella persona che credeva amica esaltata dal rosso che schizzava, quasi gaudente di quello spettacolo raccapricciante, gli aveva fatto perdere il senno e, impugnata la bacchetta, la battaglia aveva infuriato.

Si dice che una persona arrabbiata dia il meglio di sé e quelle magie che mai nessuno aveva creduto di poter vedere fatte da una bacchetta, divennero magie di crudeltà verso colui che aveva cercato di strappargli senza motivo le uniche due persone a cui aveva voluto veramente bene e che gliene volevano altrettanto e che, allo stesso tempo, lo stava privando dell’amico perfetto: il tradimento di un’amicizia è un atto imperdonabile.

Era una rabbia comprensibile.

Ma furiosa e violentissima.

Tanto che rischiava di uccidere quel traditore e assassino.

Ma non lo fece e se ne pentì e questi riuscì a scappare.

 

Con l’arrivo delle autorità, Ariana e Aberforth vennero subito condotti al San Mungo e sopravvissero entrambi.

A ricordo della scena, suo fratello aveva ancora una cicatrice che gli segnava il sopracciglio e la guancia sinistra.

 

Albus Silente aveva deciso che andare a Hogwarts sarebbe stata la soluzione migliore, la Scuola era un posto sicuro e accettando il titolo di insegnante avrebbe potuto tenere con sé sua sorella mentre suo fratello entrava negli Auror.

Così era stato.

Ma la disgrazia è sempre in agguato e sua sorella era morta nel dare alla luce un bambino.

La cagionevole Ariana non era in grado di sopportare neppure la sua debole vita, tantomeno quella di un neonato che le cresceva dentro assorbendo quella poca energia che già le serviva.

Un bambino figlio di Ariana Silente e di Grindewald.

La sua più grande vergogna e il suo più grande orgoglio.

Era tutto ciò che gli rimaneva di sua sorella.

E non poteva tenerlo con sé.

E nel frattempo quel mago rinnegato continuava a vivere libero, sapeva che si era infiltrato in Germania tra i gerarchi del fuhrer e sperava solo che morisse.

 

*          *          *

 

Aprì gli occhi e vide un altro paio di iridi azzurre che lo scrutavano.

Minerva McGranitt… l’aveva conosciuta proprio in quel periodo della sua vita, lei studentessa della Scuola, sua sorella appena morta.

Il suo segreto celato con cura tra le pieghe di ricordi che sarebbero rimasti indelebili.

Sospirò profondamente nel riconoscere le rughe familiari del volto di lei, i capelli grigi che striavano la crocchia severa in con cui castigava la sua vanità. Era sempre stata una ragazza solitaria che se ne stava sulle sue, che era se stessa solo all’interno del grande clan che era la sua famiglia, eppure, nonostante questo suo essere schivo, gli era saltata subito agli occhi.

Sua sorella Ariana era morta quando Minerva era ormai al terzo anno di Hogwarts, se sua sorella fosse stata normale avrebbe frequentato l’ultimo… non c’era una grande differenza di età tra quelle due donne così diverse l’una dall’altra.

Ogni tanto ci rifletteva e cercava di immaginare in quale Casa Ariana sarebbe stata smistata se fosse entrata alla Scuola di Magia, era una fiera Gryffindor, ma una intelligente Ravenclaw e anche una conciliante Hufflepuff, non la vedeva molto tra gli alteri e sdegnosi Slytherin, ma se avesse voluto probabilmente sarebbe riuscita a farsi strada anche tra loro visto che la famiglia da cui proveniva vantava un passato purosangue del tutto invidiabile.

 

Pensandoci e ripensandoci, non riusciva a ricordare cosa avesse visto di così somigliante tra Minerva e Ariana, sua sorella era allegra e gentile, l’altra schiva e solitaria, introversa e sempre sulle sue, abituata al chiasso e alla baldoria tutta scozzese in cui era nata, raffinata ed elegante la bionda Silente.

Ma c’era una differenza abissale tra le due: mentre nel caso dell’ultimogenita della famiglia Silente il sentimento nei suoi confronti da parte del fratello maggiore era qualcosa di sacrilego e peccatore, una macchia incancellabile e del tutto non corrisposto se non con del banale affetto fraterno, nell’altro caso erano i sentimenti di Minerva verso il suo professore che erano etichettati come sbagliati, una relazione tra alunna e insegnante, vergogna della scuola, schifo dell’altero preside Dippet.

Entrambi segreti e mai detti.

E anche in quel caso, non corrisposti.

 

O forse solo in parte, perché si sentiva sempre irrimediabilmente attratto da lei nella sua lontananza, arrivando perfino a paragonala all’unica donna che avesse mai usato come metro di giudizio per le altre.

Forse il destino suo e di Minerva era legato già da prima che si incontrassero.

 

Legato dal nastro bianco dalla fiducia e da quello rosso dell’amore.

Ma rosso anche come dolore, come passione, come sangue.

 

Terribile era stato quello che le aveva fatto quella lontana notte alla luce della luna.

Su di lei aveva sfogato il sentimento represso che per tanti anni aveva conservato gelosamente dentro di sé, dando vita ad un mostro nella vana speranza, per una volta, di essere qualcuno speciale per Ariana.

 

Ma la ragazza che gridava di dolore non era sua sorella che mai aveva corrisposto i suoi sentimenti.

La ragazza che urlava straziata era una giovane innocente della luce baluginante della luna, la vittima sacrificale dei suoi sentimenti troppo a lungo negati.

La ragazza con lui aveva sentimenti analoghi ai suoi, altrettanto sbagliati, ma non lo comprendeva perché non sapeva niente del suo “adorato professore” e tantomeno del suo vergognoso segreto.

La ragazza sotto di lui non si chiamava Ariana, ma Minerva, come la dea romana della saggezza, della pace, dell’equilibrio, rappresentata con la spada in una mano e con la bilancia della giustizia nell’altra.

E lui, mai e poi mai, sarebbe riuscito a fare ad Ariana quello che aveva fatto a lei.

 

Non era stato migliore di Grindewald che aveva usato violenza a sua sorella, lui aveva fatto qualcosa di peggiore perché Ariana non si fidava di quel suo amico, quella studentessa, invece, non aveva motivo di avere timore di lui che era il suo insegnante e, in teoria, qualcuno che avrebbe dovuto insegnarle e proteggerla.

 

L’unica cosa che le aveva insegnato era che il mondo è una valle di lacrime e l’unica persona da cui doveva essere protetta era proprio lui.

 

Come aveva fatto Minerva McGranitt a trovare la forza di perdonarlo?

Era un mago famoso, stimato e onorato, di indubbia intelligenza e dai poteri enormi, eppure non la comprendeva e non riusciva a sapere dove lei avesse trovato quella forza.

Con tutta la sua scienza e le sue conoscenze, gli mancava il tassello che andava oltre.

E lei lo sapeva.

Per questo, da allora, si era sempre rifiutata di ripetere quelle parole che avevano accompagnato il suo perdono.

Due parole banali che la gente usa e di cui abusa, ma che, da una persona come lei, hanno un significato particolarissimo e una carica impressionante.

 

Dove quella ragazza minuta trovava il coraggio di andare avanti ogni giorno buttandosi dietro il passato?

Da dove prendeva la vita che le permetteva di occuparsi di altri, lui per primo, cercando di comprendere senza sapere?

Non le aveva mai rivelato la sua storia, solo in parte.

Lei sapeva che era innamorato di Ariana, a lei lo aveva detto, una notte di luna piena molti anni dopo quella tragica esperienza.

Ma non le aveva detto di ciò che era accaduto dopo.

Non le aveva detto che sua sorella aveva avuto un figlio, lei sapeva solo che lui aveva un altro parente oltre a Aberforth.

E non le aveva neppure detto le due cose fondamentali del perché adesso stavano succedendo tutte quelle cose apparentemente senza senso.

 

Non era stato per il Ministero che aveva ucciso Grindewald, ma per vendetta, una vendetta che cercava da molto e nella quale aveva sommato il suo odio iniziale per i babbani, piano piano scemato dopo essere venuto a conoscenza della storia di quella povera gente. Una vendetta che era radicata nella memoria di sua sorella, nella vita di suo nipote e nella sua, distrutta. E nella quale c’entrava anche il male che lui aveva fatto a Minerva.

Quando Ariana era morta e dopo aver violentato Minerva, aveva cominciato a riflettere molto e a voler sapere chi fossero quelle persone.

L’aveva saputo.

E non era riuscito a serbare tutto il rancore di una volta.

Da allora, per ciascuno che aveva conosciuto, aveva un poco indagato nel suo passato.

 

*          *          *

 

Aprì gli occhi.

Lei era seduta lì, accanto al suo letto, che leggeva un libro di Trasfigurazione, come quando era una ragazzina innocente.

Udito il rumore delle coperte che si smuovevano aveva alzato gli occhi segnati dalla sua lettura e li aveva posati su di lui, aspettando qualcosa.

Gli occhi grigi oltre le lenti stavano aspettando qualcosa che lui sapeva le avrebbe presto detto.

-          Prendi un foglio di carta

Disse appena.

Lei non aspettò che aggiungesse altro e richiamò dalla scrivania una pergamena e la lunga piuma colorata col pennino d’oro che lui usava spesso per firmare i documenti importanti.

 

Il foglio bianco si fermò davanti a lui e la penna pronta per essere impugnata.

Albus Silente la prese tra le dita deformate dall’artrite e cominciò a tratteggiare le lettere lunghe e voluttuose: non era riuscito a liberarsi di quel modo di scrivere così ottocentesco e molto vanitoso, era l’unica cosa che era rimasta in lui del vecchio Albus oltre ad un baule di ricordi che pesava quanto il Cielo sorretto da Atlante.

 

Cercate l’Onore dei Black

Albus Silente

Una missiva quantomai enigmatica e oscura, ma non poteva permettersi di divulgare particolari e informazioni della sua vita privata.

Non era certo di poter dire tutto anche a loro, i due ragazzi che aveva mandato a Londra, anzi, veramente non si sentiva di poterlo fare neppure con LEI, ma quello era un altro caso, a lei lo doveva e lo avrebbe fatto.

Loro… avrebbero trovato la loro strada da soli.

 

Con un gesto della mano la tortora grigia tornò al davanzale della finestra accanto al letto a baldacchino e si fece largo tra i vetri accostati per entrare nella stanza.

Silente le regalò una carezza sul piumaggio grigio e l’animale emise un suono gutturale di soddisfazione, dopodiché l’uomo le legò alla zampa la pergamena rimpicciolita e lasciò che l’uccello partisse per la sua nuova missione.

 

-          Vieni, Minerva, adesso saprai perché.

 

Minerva McGranitt si sistemò la gonna scozzese sulla poltrona accanto al letto e con lo sguardo serio di quando seguiva un compito in classe dei suoi alunni, si apprestò ad ascoltare quanto quell’uomo aveva da dirle.

Un segreto che, lo sapeva, risaliva a molti anni prima e che aveva avuto conseguenze impreviste.

 

*          *          *

 

Nell’attico londinese di Raymond due ragazzi stavano dormendo nel letto.

 

Draco aprì gli occhi al secondo picchiettio contro i vetri, ormai era abituato a quel suono divenuto, dopo diciott’anni vissuti nel mondo magico, molto familiare.

In verità non lo sarebbe dovuto essere, visto che i messaggi a casa Malfoy arrivano sempre dalla porta principale e passano al vaglio di elfi domestici specializzati nello smistamento della posta e un maggiordomo apposito, tuttavia, da bravo ragazzo figlio di papà che alla fine s’è rivelato il peggior traditore dei mangiamorte dopo Regulus Black e Severus Piton, si era sempre fatto spedire le cose “importanti” direttamente in camera, in modo che la servitù del castello non avesse di che spettegolare alle sue spalle e, soprattutto, con i suoi genitori.

 

Era diventato membro dell’Ordine da meno di sei mesi, ma la sua conversione, se di conversione di poteva parlare, era cominciata nel momento stesso in cui aveva ricevuto il potere di dare fuoco al mondo e lasciarlo bruciare per l’eternità.

Era un potere legato doppiamente a Silente che poteva impedire quella follia quando voleva.

Lo stesso Silente che era a capo del fantomatico Ordine frequentato solo da prossimi suicidi, quel Silente che aveva disprezzato per anni e che, all’improvviso, era visto sotto una luce nuova.

 

Silente aveva avuto un potere analogo al suo molto tempo prima ed era stato in grado di gestirlo e usarlo con senso, lui, che lo aveva appreso solo da pochi giorni, non sapeva cosa farne.

Per questo aveva incominciato a stimare quel professore un poco svampito, perché sapeva che il freno che doveva esercitare su se stesso per tenere a bada la Bacchetta, la fantomatica Elder Wand, era dieci volte superiore a quello che doveva compiere lui.

 

Aprì un occhio e mise a fuoco un fiore stampato e un bottone.

Pessimo inizio di giornata.

 

Spostò la mano destra e tastò una ciocca di capelli, perfetto, dalla padella alla griglia! O come diavolo dicevano quegli stupidi babbani.

 

Sollevò la testa e vide, appoggiata alla sua, quella della mezzosangue con i tratti adulti, ciò significava che lui era tornato bambino… magnifico… quante altre notizie pericolose per la sua circolazione cardiaca doveva ricevere nei prossimi quindici minuti?

 

A confermare la cosa, la ragazza strinse la presa delle sue braccia, intrappolandolo in una specie di pigiama azzurro e facendogli appoggiare involontariamente la testa su qualcosa di morbido.

Il sangue gli defluì totalmente dal cervello per andare a concentrarsi in un altro punto decisamente più pericoloso.

Decise di prendere in mano la situazione prima che questa degenerasse oltre l’immaginazione della poveretta addormentata

 

-          Mezzosangue, cazzo, cos’è? Mi vuoi ammazzare di prima mattina?

 

Hermione aprì gli occhi e si stropicciò prima il destro e poi il sinistro mettendo a fuoco la figuretta infantile del ragazzo che le stava di fronte e la guardava con la faccia ideale come copertina da “Elogio alla follia”

Cosa avesse da urlare tanto di prima mattina, poi, era ancora un mistero irrisolto e non riusciva davvero a capire perché dovesse buttarla giù dal letto alle… guardò un secondo l’orologio a muro: le otto di mattina?! Ma stava scherzando? Cosa aveva di così urgente per tirarla in piedi a quell’ora il primo giorno dell’anno?

E perché il biondastro si stava tenendo tutto quel lenzuolo intorno?

 

-          Perché mi hai svegliata così presto? – chiese sbadigliando e stiracchiando le braccia intorno alla testa

 

Lo sguardo truce del ragazzo non era un aiuto.

 

-          Mezzosangue, forse ci sono un paio di cosette che dovresti sapere quando si sta a letto con un uomo…

-          Io vedo solo un bambino – puntualizzò lei abbozzando un sorriso – e poi perché ti sei preso tutto quel lenzuolo? Ho freddo…

-          Granger, ascoltami bene per una volta nella vita – lei alzò gli occhi, come se non lo avesse mai fatto… - punto numero uno: stavi cercando di strozzarmi? – parve un poco stupita dalla cosa – e punto numero due: se ci tieni a cambiare le tue parole di ieri sera il lenzuolo me lo levo anche, ma credo che sarebbe una scossa un po’ troppo violenta per il tuo pudore

Le sue guance si tinsero di un colore rosso piuttosto accesso mentre si affrettava a distogliere lo sguardo e a voltargli le spalle.

 

Quando la porta del bagno si fu chiusa dietro di lei il biondo poté finalmente tirare un sospiro di sollievo.

In verità non lo stava per niente soffocando e di certo non sarebbe stato il primo ad allontanarsi da quell’abbraccio involontario se la sera precedente non avesse detto quelle due stronzate in croce che l’avevano reso al contempo il suo idolo e lo zimbello di se stesso.

Una scenetta del genere sarebbe stata mimata negli anni a venire come la cosa più stupida e imbarazzante che un ragazzo prossimo a portarsi a letto una ragazza potesse dire.

Come aveva potuto dire una cosa del genere?

Doveva essere stata tutta colpa dello champagne scadente che aveva bevuto a quel maledetto locale e poi… doveva anche essere un po’ impazzito visto che aveva fatto due cose che non avrebbe dovuto: raccontarle la storia delle Reliquie e cercare di portarsela a letto; anche se la vetta della sua stupidità era stata raggiunta quando le aveva detto che l’avrebbe baciata anche senza una ragione.

Una specie di caduta di stile con una come la Granger con cui, generalmente, cercava di giustificare anche il minimo trasporto che lo stare insieme gli procurava.

 

Sbuffò e scese a sua volta dal letto, le scarpe della sera prima erano sparpagliati sul pavimento e i vestiti suoi e della mezzosangue sulle sedie intorno… beh, bisognava dire che la situazione era quantomeno equivoca per un esterno…

Si mise le pantofole che gli stavano larghe e si avvicinò alla finestra dove uno stormo di volatili in attesa stavano aspettando il suo risveglio più o meno quietamente.

Riconobbe la tortora di Silente, la civetta bianca di Potty, il falco nero con il quale aveva mandato il messaggio al preside e altra corrispondenza inutile. Aprì la portafinestra e li fece entrare ad uno ad uno, Edvige con un’aria particolarmente bellicosa, probabilmente sotto l’influsso della missiva del suo padrone.

 

Prese la zampa e le slegò i due foglietti che vi erano assicurati, sul dorso del primo era segnato “X Draco Malfoy (Hermione è meglio se non leggi)”, ghignò divertito dalla cosa, chissà che gli stava scrivendo quel maledetto grifondoro di così terribile che gli occhi innocenti della sua amica non potessero tollerare… sul secondo foglietto, ovviamente, era scritto “X Hermione (Malfoy tieni le tue zampe viscide lontane da qui!!!)”.

Prese entrambi e li aprì senza troppi complimenti infischiandosene delle raccomandazioni.

La letterina di Sfregiato cominciava con un “Se le metti le mani addosso ti ammazzo!” al posto del solito “Caro Draco” oppure “Gentile signor Malfoy”… curioso il metodo del cercatore rosso-oro di incominciare le sue missive… decise di prenderla sul ridere e si sedette sulla poltrona continuando ad assimilare violente minacce di sorta nel caso avesse provato a torcere un solo capello alla sacrosanta Caposcuola dei Grifoni, presto canonizzata come vergine immacolata anche grazie al suo intelligente contributo.

Lanciò un’occhiata alla porta chiusa del bagno e si lasciò sfuggire un sorrisetto poi accantonò gli improperi per passare alla lettera che Potter aveva mandato alla sua migliore amica.

L’incipit di quest’ultima era decisamente differente rispetto a quella indirizzata a lui e terminava con baci, abbracci e raccomandazioni da mammina ansiosa, sbuffò nel leggere di non dargli “troppa” confidenza, di non aprire alla porta e di camminare sempre nella parte interna del marciapiede.

Rimirò scettico la lettera tra le mani, ma Potty s’era fumato qualcosa di pesante prima di mettersi a scrivere? Insomma, se non ricordava male la mezzosangue aveva vissuto a Londra almeno una decina d’anni, quindi queste cose avrebbe dovuto sapere da sola… per quanto riguardava la confidenza… beh, era un po’ tardino, anche se forse non era il caso di ragguagliare San Potter sugli ultimi sviluppi dei loro “scambi d’opinione”, soprattutto quello della sera prima.

-          Immagino che la privacy non esista nel tuo vocabolario – sottolineò una voce femminile e la Granger in accappatoio gli comparve davanti arrabbiata, il broncio stampato su quelle belle labbra che aveva baciato fino alla sera prima; le mani appoggiate sui fianchi le davano tutta l’aria della mammina incazzosa che l’austera Narcissa non gli aveva mai riservato

Draco sbuffò e posò la lettera passando all’altra, questa volta di Lenticchia Weasley, sempre per lei.

Ignorando il disappunto negli occhi della ragazza, si mise a leggere una cronistoria della relazione tra la Donnola e Lavanda-cretina-Brown che gli fece quasi venire il voltastomaco già di prima mattina.

Mise da parte anche quella prima che la cena della sera prima decidesse di tornare da dove era venuta.

L’altra lettera apparteneva a Daphne, in vacanza sulle Alpi svizzere che si divertiva come una matta a sciare e stava insegnando a Paciock, affettuosamente riferito come “Teddy” (il Bear era opzionale); insomma, Hogwarts era diventata il covo di smielatezze peggio dei romanzi da ragazzine!

Blaise mandava appena due righe informandolo che sua madre e il nuovo marito erano ai ferri corti e lui si faceva un gran ridere: non faceva riferimenti al presunto coinvolgimento di Cassandra nella setta dei mangiamorte, ma sembrava comunque di buon’umore. Appuntava anche che Pansy Parkinson soffriva di crisi depressive a rimanere a scuola per le vacanze di Natale, in compenso aveva visto sua madre Nicholaa al party natalizio che Cassy aveva organizzato e gli pareva stranamente deperita.

Ma era mai possibile che tutta quella gente dovesse scrivergli proprio per il primo dell’anno e soprattutto per informarlo solo di certe stupidaggini?

Ovvio che Nicholaa era deperita, quei pazzi maniaci della distruzione del mondo la stavano sfruttando come una schiava al seguito di una sconosciuta entità che doveva rimanere in vita fino alla morte di Silente!

Lui avrebbe preferito tornarsene a dormire per un’altra oretta al posto che smistare la corrispondenza come un banale elfo domestico di basso livello.

Lasciò volutamente la tortora di Silente per ultima in modo che potesse aver smaltito il sonno prima di imbattersi nell’ennesimo casino della sua vita, nonché il primo di quel nuovo anno.

La pergamena della scuola era casualmente molto differente dalle altre, filigranata e dal colore giallino di tutti i documenti ufficiali, chiusa con la ceralacca rossa e impressa col sigillo dell’anello del preside.

Srotolò il piccolo papiro e lesse le due righe firmate da Silente

-          Quel vecchio rimbecillito avrebbe un futuro come Ermetico – commentò passando distratto il foglio alla compagna che si affrettò a mettere da parte le imbarazzanti raccomandazioni di mamma Potter e la rubrica d’amore di Ronald.

Lei sollevò le sopracciglia a leggere le parole e lo guardò di sbieco

-          Ogni tanto mi domando perché debba parlare sempre per enigmi – ma nei suoi occhi leggeva già l’espressione da cccia-al-tesoro

Il biondo si strinse nelle spalle e guardò con aria adorante il pacchetto di sigarette dimenticato sul mobile che gli aveva lasciato Blaise e che aveva intaccato la sera prima; ma aveva promesso di non fumare quando non si trovava alla sua età naturale e quindi doveva mantenere la parola, anche se del patto fatto con Silente ne aveva fatto carta da camino.

Beh, per la precisione lui aveva cercato di proteggerla, ma se ci si metteva anche il preside e la sua amata famiglia Black, beh, era decisamente improbabile che riuscisse a fare altro che portarsela dietro, quella aveva il naso da tartufi per i guai pericolosi, malata della stessa sindrome di Potty.

-          Secondo te cosa c’entra l’onore dei Black?

-          Ne parla come se ne avessero mai avuto uno…

-          Di sicuro hanno un ego smisurato come voi Malfoy

Lui ghignò malefico, un sorriso satanico che s’intonava difficilmente con la faccia d’angioletto

-          Mi trattengo dal fare una battutaccia solo perché sei tu…

-          Quanta considerazione!

Erano alle solite, ovvero ai ferri corti: battutine, frecciatine, parole pregne di doppisensi e sottintesi più o meno voluti.

-          Che facciamo? – chiese ancora la riccia cercando di ignorare la provocazione

-          Io me ne torno a dormire, ho sonno

-          Ma Silente ha detto che dobbiamo cercare l’onore dei Black! – appunto, se oltre alla caccia al tesoro il preside gli organizzava anche la corsa nei sacchi e il tiro alla fune erano pronti per una festa campestre…

-          E vuoi farlo il primo dell’anno? Fuori nevica, fa freddo e la cena di ieri sera mi è appena tornata su dopo aver letto le letterine di Sfregiato e Lenticchia

-          Nessuno ti aveva autorizzato ad aprire la mia posta! – sottolineò lei indicando le parole di minaccia di Harry contro i possibili curiosi

Malfoy non ci fece caso, si infilò sotto le coperte e se le tirò fin sopra la testa, girandosi su un fianco e poi sull’altro.

La ragazza sbuffò sonoramente appoggiando i fogli sul tavolino, andò alla libreria e prese penna e calamaio per rispondere a ciascuno quando vide il broncio di disappunto di lui che le indicava di tornare a dormire subito.

Le scappò quasi da ridere, ma appoggiò il set da scrittura e si infilò nuovamente a letto.

Non riusciva proprio a dirgli di no quando aveva quell’età, le ricordava un po’ il fratellino che non aveva mai avuto, ma che aveva tanto sognato.

Eppoi…

 

*          *          *

 

Spazio autrice: eccomi tornata dalla mia bella gita d’istruzione!

Se non fossi appena rientrata probabilmente ripartirei subito, Monaco è il regno dello shopping e ci poserei tutti i miei dindini, ma si sa, quelli mancano sempre…

E’ stato davvero un viaggio interessante ed avvincente, molto divertente ed istruttivo (cosa che è raramente una gita scolastica) e vi ringrazio tutti per avermi augurato di trascorrere questo bel periodo!

 

Mi dispiace moltissimo di non aver potuto aggiornare il lunedì prima della partenza, ma ero leggermente (da sottolineare sei volte) in crisi con valigie e simili ed ero tempestata di telefonate, quindi spero mi scuserete…

 

Ad ogni modo, mi auguro che il nuovo aggiornamento vi sia piaciuto, aspetto ansiosa di sapere cosa mi direte di questo post, ciao e un bacione grande dalla vostra appena rientrata Nyssa

Smack!

 

Luana1985: e non credere che siano finiti qui! Mi sa proprio che dovrò aumentare il numero di capitoli in previsione, ho proprio paura di non riuscire a terminarla entro i 20… sigh, e io che dovrei anche pensare a studiare e alla tesina… vabbè, io spero che ti sia piaciuto anche il nuovo capitolo, ciao e un bacione! Nyssa

 

crici:_82: ecco qui un capitolo con qualche segreto in più, questa volta riguardante un personaggio già scomparso (Grindewald) e qualcuno ancora da venire.

Per gli altri credo che dovrai pazientare un poco ma spero che il cappy ti sia piaciuto ugualmente! Ciao e un bacio, Nyssa

 

potterna_88_: ehehe, come puoi immaginare non siamo ancora arrivati al termine delle rivelazioni shock, forse ci vorrà ancora un pochetto, ma nel frattempo continua la vicenda e presto… no, è meglio che stia zitta XP

Effettivamente è stato strano anche per me far dire a Draco quelle cose nel precedente cappy, ma poi ho pensato a come potesse sentirsi lei e, nonostante tutto, non credo che avrebbe detto di no, sia pure perché Draco è molto bravo, quindi non credo le avrebbe fatto tanto schifo… quantomeno, a me non lo avrebbe fatto e dato che i personaggi sono un po’ i loro autori ecco il risultato finale.

La storia di Silente e Minerva continua e continuerà perché, chiaramente, in questa vicenda hanno un ruolo radicalmente diverso e quasi di primo piano rispetto all’altra, quindi stai pronta ad aspettare e vedere.

Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo, un bacione grande! Nyssa

 

Lord Mariya: sono curiosa di sapere che cosa hai previsto per gli svolgimenti futuri, così vediamo un po’ che cosa pensano degli sviluppi i lettori, quindi ragguagliami!

Beh, per quanto riguarda il signor Gaunt, magari non era odioso come tutti i Gaunti, dopotutto è successo molto tempo fa…

Spero che ti piaccia anche il nuovo cappy, ciao! Nyssa

 

Herm83: visto che il settimo libro della saga è un inno alle Ron/Herm e mi stavano venendo i vermi a leggerlo, ho deciso di darne la mia personale reinterpretazione, visto che per quanto mi riguarda Draco ed Herm DEVONO stare insieme, insomma, ad essere onesta Ronald è decisamente troppo fesso per prendersi una come Hermione che ha una testa niente male e un bel caratterino sufficientemente speziato… direi che con il rosso ci stanno bene ragazzi con un po’ meno personalità.

Wow, esame di psichiatrica, forte! Sono curiosa di questo campo (prima o poi ti manderò in cura tutti i miei personaggi), spero che sia andato bene!

Aspetto di sapere cosa ne pensi anche di questo, ciao e un bacione grande! Nyssa

 

Killkenny: credo che tu non sia l’unico a provare un violento istinto omicida nei confronti di Bella, io per prima ho un odio viscerale nei suoi confronti, infatti fa sempre la cattiva fanatica invasata e perfida, insomma, la strega cattiva che non si redime, invece sugli altri ho spesso concessioni fin troppo vistose… come per Lucius e Narcissa.

Mi fa piacere che le rivelazioni shock siano state apprezzate, spero che anche la storia di Grindewald e un pezzo dell’esistenza di Silente lo sia, quindi aspetto di sapere, ciao! A presto, Nyssa

 

Falalula: confesso che i programmi iniziali vedevano personaggi decisamente più superficiali, ma poi mi lascio sempre scappare la mano e mi ritrovo in un ricovero di pazzi con turbe mentali ed affini…

Spero ti piaccia il tredicesimo capitolo! Ciao, Nyssa

 

Vavva: mi fa molto piacere che tu abbia apprezzato le Relazioni (mio piccolo capolavoro) e sono felice che tu abbia deciso di leggere anche questa mia opera.

Sono molto orgogliosa dei complimenti che mi hai fatto, anche se ogni tanto ci penso quattro o cinque volte prima di postare perché purtroppo ho la pessima abitudine a scrivere roba pesante (nel senso di difficile scorrevolezza) e posso andare a fare concorrenza al Manzoni, quindi fa sempre piacere sapere di non aver scritto l’ennesimo nipote dei promessi sposi.

Mi dispiace che l’aggiornamento sia arrivato così in ritardo, ma spero che seguirai e recensirai comunque… ciao e un bacio grande! Nyssa

 

Shavanna: col fatto che poi non sono riuscita a postare prima della partenza hai fatto più che in tempo e ce n’è pure avanzato…

Ehehe, l’intrigo è la mia passione, soprattutto, come si capisce da questo capitolo e dall’altra mia storia, l’intrigo di parentela, quindi aspettati davvero di tutto perché devo ancora aggiungere un paio di shock per i miei personaggi e i miei lettori che, con ogni probabilità, mi lanceranno accidenti fino alla morte.

Io credo che Herm sia stata piuttosto coraggiosa a dire una cosa del genere perché immagino che l’atmosfera fosse un po’ tesa dopo quanto successo, eppoi c’è sempre da ricordare che questa Hermione non è la santa immacolata dell’altra storia, anche se è sempre una candida verginella innocente, ma con più forza di carattere.

Per la madre di Pansy, no problem, tornerà, anche se mi sono commossa anche io quando scrivevo perché la immagino completamente diversa dalla figlia.

Mi auguro che ti piaccia l’aggiornamento, anche se è confusionario, ciao e un bacione! Nyssa

 

Lauwren: come ho già detto, era il caso di cestinare una parte dell’ultimo romanzo HP, in particolare la Ron/Hermione che rappresenta (come avrai notato non li amo moltissimo insieme, penso che lei sia sprecata con uno come Ronald).

Ad ogni modo mi fa piacere che la rivisitazione di quanto inventato dalla zia Row ti sia piaciuta, spero che sia lo stesso anche per questo tredicesimo capitolo, ciao! Un bacio, Nyssa

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Capitolo 14
*** Elementare, Draco ***


Draco sputò metà del cappuccino sul giornale che stava leggendo davanti, facendosi andare di traverso il restante

Draco sputò metà del cappuccino sul giornale che stava leggendo, facendosi andare di traverso il restante.

Abbassò circospetto i fogli stampati e guardò in faccia la grifondoro che gli sedeva davanti che stava addentando una brioches al cioccolato. L’espressione di lei sembrava stranamente divertita e fiduciosa, quella di lui probabilmente ricordava lo sguardo sconcertato di un padre alla fatidica notizia “papà sono incinta e non so chi sia il padre!”.

-          Tu cos’è che vorresti fare? – domandò per precauzione

La scena da capo di famiglia che legge il giornale al mattino s’intonava a stento con le sue sembianze da bambino

-          Mi sembra ovvio, voglio tornare alla Queen Victoria – dichiarò lei come se fosse la cosa più naturale del mondo, fermando con un dito il cioccolato che rischiava di scivolare giù dalla sfoglia fragrante e portandoselo alla bocca

-          Ma tu sei tutta pazza!

-          Voglio saperne di più su questa storia dei mangiamorte – si offese lei

-          Sì e già che ci sei vai da zia Bellatrix e chiedile se ti prende con lei e ti fa un corso accelerato

-          Non sei spiritoso

-          Neanche tu

-          Io non scherzavo! – protestò

-          Bello! Quindi tu sei seria quando parli così serena della tua prossima e molto dolorosa morte?

-          Sei un uccellaccio del malaugurio – bofonchiò lei oltre il bordo della tazza da tè che sorseggiava

-          E vorrei ricordarti che Silente ci ha gentilmente obbligati ad andare alla ricerca di un ONORE che i Black non hanno mai posseduto nella storia del mondo magico; dopotutto, è stato Castor Black a uccidere suo fratello gemello…

-          Ma io pensavo che questa storia fosse collegata con l’intrigo di Voldemort, sennò non ci avrebbe scritto così presto e come risposta alla nostra lettera… - merda, aveva ragione, ma cazzo, voleva proprio farsi ammazzare la signorina!

-          Smettila di pensare, impiega le tue energie in qualcos’altro come rendere intelligente Potty o bravo a Quidditch Weasel, credo sia molto più produttivo per la tua Casa

-          Lascia Harry e Ron furori da questa storia!

-          E tu non darmi tutta questa confidenza, Sfregiato potrebbe offendersi o peggio ancora preoccuparsi e venire a salvarti!

-          Lascia che ti dica due cose, sottospecie di furetto, innanzi tutto nessuno ti aveva dato l’autorizzazione per aprire la mia posta – lui parve completamente disinteressato al rimprovero, come se la cosa non lo toccasse minimamente – e cosa fondamentale, della mia vita faccio quello che voglio, quello che voglio IO, chiaro?

-          Cristallino.

-          Bene.

-          Sei lunatica

-          COSA?!

-          Ho detto che sei lunatica – ripeté senza timore lui nuovamente concentrato su giornale e tazza

-          E sentiamo, perché sono lunatica? – pareva esausta dopo quella conversazione, povera Granger, voleva tanto andare a farsi ammazzare, perché non accontentarla?

Mi sembra ovvio, perché io non ho voglia di farmi fare la pelle dopo essere rimasto vivo così tanto tempo! Puntualizzò a suo beneficio

-          Passi dal chiamarmi “Draco” a “Malfoy” per finire con un “Furetto” a seconda della giornata

-          Non è vero!

-          Ah no? Allora forse devi ricordare cosa mi dicevi ieri sera… o meglio, cosa non mi hai detto…

-          Se tu mi chiami per nome è ovvio che faccio lo stesso – sbuffò levandosi una ciocca di capelli dal viso

-          Davvero? Quindi se io ti chiamassi “Hermione” tu la smetteresti con questa storia del furetto?

-          Perché ti dà fastidio? – nessuna risposta – lo prendo per un assenso

-          Non lo prendi per un accidente! Io non ho detto nulla!

-          Bene, allora domani andiamo in biblioteca e cerchiamo di infiltrarci oltre la porta… peccato che oggi sia tutto chiuso sennò potevamo fare qualche perlustrazione

-          Ma tu sei suonata! Che cosa ti ha fatto fumare l’altro giorno Blaise?

-          Spiritoso… ad ogni modo ci servirà un bel po’ di roba

-          Io propendo per una dose massiccia di fortuna e follia

-          Oh, andiamo, me la sono cavata in guai peggiori assieme a Harry e Ron, perché questa volta dovrebbe essere diverso?

-          Cominciamo col dire che avevate sempre qualcuno a pararvi il culo, fosse Silente, Piton, la McGranitt o anche quello stupidotto di Paciock

-          Sei fine quanto un camionista

-          Non so cosa sia un camionista, ma farò finta che tu mi abbia detto che sono irresistibile

-          Assolutamente no! Non ho detto nessuna cosa del genere! Semmai l’esatto opposto!

-          La tua carriera da vecchia zitella acida sta progredendo… non sai neppure stare agli scherzi

-          I tuoi scherzi sono di pessimo gusto e qui c’è in gioco dell’altro

-          Tipo che non vuoi ammettere che sei follemente innamorata di me?

-          Credo che il mio amore per te rasenti quello che provo per il Volo

-          Infatti ami volare – celiò sarcastico lui

Lei sbuffò spazientita, ma intanto sapeva che lui l’avrebbe accompagnata: non poteva fare altrimenti.

 

-          Visto che oggi non andiamo là, che si fa? – chiese poi lui, terminata la colazione e stiracchiandosi per la stanza

-          Beh, potremmo appostarci lì fuori e vedere se…

Un’occhiata sufficientemente eloquente la fece tacere prima della fine della frase.

-          Potresti sempre rimettere in ordine questo porcile che hai fatto in questa stanza, guarda! C’è roba tua ovunque!

-          Anche le tue cose sono sparpagliate in giro, perché devo pulire solo io?

-          Le mie cose non sono in giro!

-          Sì!

-          No!

-          Se tu non le rimetti a posto non lo faccio neppure io

-          Bene, allora non si fa neppure questo

-          Ottimo!

-          Bene!

Si guardarono in cagnesco.

-          Mi accompagni a trovare i miei genitori?

Draco si voltò di scatto e la guardò sbigottito mentre lei fingeva di occuparsi del polsino della maglia.

Fece per dire qualcosa, ma le parole gli morirono in gola quando gli occhi dorati e un po’ vacui di lei si sollevarono dal pavimento incontrando i suoi.

Richiuse la bocca, prese un respiro e disse semplicemente “D’accordo”.

 

*          *          *

 

-          Sei sicura di non esserti persa? – dichiarò un ragazzino biondo che teneva la mano ad una affascinante giovane donna camminando svelto per il marciapiede

-          Fidati, sono cresciuta tra questi quartieri, li conosco benissimo – ribadì lei per la trecentesima volta fermandosi ad ogni angolo per riassaporare il clima e gli odori degli isolati di quando era bambina, gesto erroneamente interpretato da lui come di insicurezza sulla via da percorrere.

Richmond upon Thames era dove sorgeva la villetta di quando era bambina e dove i suoi genitori abitavano ancora, anche se, per quanto la riguardava, ormai la sua casa era il mondo magico e Hogwarts.

Stare tra i babbani le piaceva ancora, ma il non poter usare la magia e compiere tutti quei piccoli gesti giornalieri che i maghi fanno quasi senza pensarci era terribile.

Sapeva che il suo posto non era né da una parte né dall’altra, né nel mondo magico né in quello babbano perché era una mezzosangue, come Malfoy sottolineava ad ogni parola, ma se avesse dovuto essere sincera, il suo posto sarebbe stato tra i maghi e le streghe.

 

Anche quando era bambina e se ne stava in disparte si sentiva sempre diversa dai suoi coetanei e coetanee, aveva voglia di conoscere e imparare tante cose, la maggior parte delle quali i bambini ignorano, oppure non vogliono sapere.

Quando era arrivata a Hogwarts aveva sentito di essere nel suo, ma, allo stesso tempo, c’era qualcosa di lei che stonava tra tutte quelle persone che avevano parenti o genitori maghi e lei aveva scoperto che esisteva quel mondo solo da pochi giorni.

Tanti erano i motivi che avevano contribuito a renderla la per fettina Granger-so-tutto-io oltre alla sua indole un po’ saccente e primo fra tutti era il desiderio di dimostrare agli altri maghi che era all’altezza, quasi avesse sempre paura che la potessero cacciare nel caso non fosse stata brava quanto loro. Come un bambino che ha sempre paura che gli tolgano dalle mani l’amato giocattolo, lei era uguale.

All’inizio aveva sperato di poter tornare a fare una vita comune al termine degli studi, da semplice essere umano, ma più trascorreva del tempo tra i maghi e più voleva fare la loro vita ed essere dei loro, per questo all’inizio lo sprezzo con cui la chiamava Mezzosangue la feriva tanto; adesso, dopo sei anni, sapeva che quell’insulto non rappresentava più nulla, soprattutto dopo quanto accaduto.

Avrebbe quasi detto che un poco Draco Malfoy la stimasse. Senz’altro non la voleva più offendere con quella parola, quello lo sapeva, la usava solo per darle sui nervi e, nonostante tutto, era una cosa che la faceva ridere e allo stesso tempo mandare in bestia.

 

Anche lui, però, alla fine si era dimostrato una persona molto diversa da come credeva.

Quando l’aveva conosciuto era un bambinetto snob, pieno di sé e di arie da intoccabile, adesso aveva una vita terribile, braccato da qualcuno che lo voleva uccidere, quel qualcuno che erano i suoi stessi parenti, la zia, lo zio.

Oltre a tutto questo, doveva mantenere un segreto pericoloso e portare quel peso da solo. Aveva brutti ricordi con cui fare i conti, amici infidi, poteri esagerati da poter gestire a cuor leggero e… una rompiscatole come lei a cui stare dietro che all’improvviso se ne usciva con la nostalgia di casa e gli chiedeva di accompagnarla a Richmond.

E ovviamente non disdegnava una certa propensione all’autolesionismo, chiaro.

 

Vide un autobus rosso attraversare la strada a velocità sostenuta, scarrozzando i turisti estasiati che scattavano foto dai finestrini.

Londra non sarebbe stata la stessa senza i bus a due piani e le cabine telefoniche caratteristiche… come la gente ricordava di Roma il Colosseo e di Parigi la Torre Eiffel, a Londra c’erano troppe cose e quindi si rammentavano dettagli e piccolezze; Buckingham Palace, la Torre di Londra, il Big Ben, il Ponte, la City, il Museo delle Cere e quello della Corona… forse qualcuno li poteva scordare momentaneamente, ma nessuno dimenticava la gita in autobus o una telefonata dalla cabina storica.

 

Ed era proprio verso una di queste che il biondastro si stava dirigendo, trascinandola per una mano con una certa impazienza.

-          Perché andiamo qui? Casa mia è da quella parte – e indicò la strada con le aiole dove, in una di queste, era piantato un cartello bianco che ricordava le città con cui il quartiere era gemellato.

-          Se vuoi dare spettacolo fa’ pure, ma io tra cinque secondi cambierò età e non ci tengo a rimanere in mutande per strada.

Decise di assecondarlo come si fa con un malato di mente, dopodiché chiuse la porta della cabina dietro di sé e guardò fuori nella speranza che non passasse nessuno di particolarmente curioso.

 

La consueta luce sgargiante si sprigionò dal corpo di lui avvolgendolo completamente; la ragazza si parò gli occhi mentre il fascio abbagliante invadeva la cabina e si propagava anche all’esterno. Grazie al cielo la porta era sigillata e comunque i passanti avrebbero creduto che si stesse trattando di un tecnico del telefono che sistemava l’illuminazione notturna: ne ricordava parecchi quando era bambina perché i balordi che uscivano ubriachi dal pub in fondo alla strada si divertivano con qualche piccolo atto vandalico, roba di poco conto perché i poliziotti a quell’ora erano sempre in giro a controllare visto che il quartiere ospitava persone piuttosto facoltose e benestanti, però spesso qualche vicino si accorgeva della scomparsa di due o tre nani da guardino, un paio di vasi di sempreverdi, sparivano gli elenchi del telefono e si spaccavano le lampadine della cabina oppure qualcuno si divertiva a scarabocchiare i cartelli stradali con scritte oscene.

Per questo raramente qualcuno ci avrebbe fatto caso.

Si voltò verso il biondo vedendo la luce sagomarsi fino a formare una figura più adulta rispetto a quella precedente.

Cacciò quasi un grido quando si accorse di un mezzo centimetro di pelle scoperta del torace di lui a cui, chiaramente, ormai gli abiti stavano piuttosto stretti. Repentinamente si girò schiacciando il viso contro il vetro come fanno i bambini mentre si annoiano e si tormentò nervosa i capelli in attesa che lui aggiustasse i vestiti e potesse coprirsi.

-          Te lo assicuro, tu mi preoccupi… - quanta considerazione da parte di Malfoy che, dal tono delle sue parole, era un misto di incredulità dal suo comportamento esageratamente pudico e di derisione per lo stesso motivo.

Ad essere onesti, ormai avrebbe dovuto perdere quegli atteggiamenti da un po’, tra quella volta che l’aveva toccata in accappatoio, ciò che era quasi avvenuto la sera precedente e tutte le volte che lui aveva la brutta abitudine di girovagare con la camicia aperta per casa… ma si sa, le brutte abitudini sono dure a morire, le sue, poi, erano come gli Highlander.

Con ogni probabilità qualunque altra ragazza di Hogwarts l’avrebbe picchiata a sangue per il falso disinteresse che mostrava nei confronti del Principe degli Slytherin, sia perché aveva quella fortuna immeritata e sia perché non ne approfittava.

Beh, ammetteva che non si sentiva più così disinteressata dal fascino del Serpeverde, ma da lì ad “approfittarne” ci passava la Fossa delle Marianne!

Sospirò mesta lanciando occhiate dietro le sue spalle nella speranza di trovarlo vestito, ma a quanto pare alle serpi piaceva sempre prendersela comoda.

Neppure il tempo di rigirarsi che sentì arrivare il cambiamento d’età anche per lei.

La solita fortuna… e dire che voleva solo fare una visitina veloce nella speranza che i ladri non fossero entrati in casa mentre i suoi genitori erano troppo occupati tra congressi, studio, cellulari e cene di lavoro…

Chiuse gli occhi e aspettò che terminasse il fenomeno.

 

Quando anche la seconda luce fu scomparsa, si guardò seccata la maglia e la camicia che le andavano ormai un po’ larghe, le aggiustò con un colpo di bacchetta e la nascose nuovamente nella borsa.

Un’occhiata al biondastro che sembrava in condizioni presentabili e si concesse di sboccare la porta a vetri.

-          Dovresti avvertirmi un po’ prima! – protestò asciutta, per niente contenta che esistesse la possibilità che un passante avesse adocchiato il fenomeno

-          Sì, come no! La prossima volta ti faccio un cartello – sbuffò la serpe, comunque felice di essere tornata alla sua età naturale.

-          E se qualcuno ci avesse visto? – dichiarò lei ad alta voce aprendo l’uscio verso l’esterno

-          Ma chi vuoi che ci abbia visto? – ribatté sistemando la camicia dentro i pantaloni neri e passandosi una mano nei capelli.

Si arrestò visto che la grifondoro si era fermata in mezzo al marciapiedi intralciandogli il passo, apparentemente senza una ragione.

Alzò gli occhi che prima erano impegnati ad abbottonare la camicia e notò quattro figure sbigottite ferme davanti a lei.

-          Hermione? – chiese una di queste con una coda di cavallo fermata da un elastico viola di paillettes particolarmente vistoso

-          Jenny?

Draco spostò alternativamente lo sguardo dalla mezzosangue alla sconosciuta e poi anche alle altre tre impalate in mezzo alla strada: tutte e cinque sembravano conoscersi.

Cazzo, se avevano sentito quello che si erano detti avrebbero potuto fraintendere…

Lanciò un’occhiata alla Caposcuola sbigottita che sembrava non aver ancora colto il pericolo della loro innocente discussione. L’altra di fronte a lei, invece, l’aveva capito benissimo visto che continuava a spostare gli occhi su di lui e su di lei con incertezza.

Cercando di ricomporsi “Jenny” tossì falsamente, si stampò un sorriso sulle labbra e lanciò in avanti le braccia per stringere la sua vecchia amica.

Non era proprio certo che la Granger avrebbe usato lo stesso termine, soprattutto visto il barlume di rabbia che brillava nelle sue iridi dorate.

Usò la legilimanzia nei confronti della sua compagna, vana speranza di riuscire a capire qualcosa, soprattutto chi fossero le quattro statuine, i suoi pensieri, però, erano criptati meglio della cassaforte della Gringott; spostò l’attenzione sull’altra, ciò che poteva capire del flusso di pensieri di lei era pressappoco “Caspita se Hermione è cambiata! E chi l’avrebbe detto che… in mezzo alla strada, poi, una come lei…”.

Trovando qualcosa e qualcuno con cui divertirsi, Draco sorrise mellifluo e il suo ghigno sardonico non sfuggì alla grifoncina che si affrettò a comunicargli telepaticamente che non avrebbe dovuto usare la legilimanzia con i babbani e dal tic nervoso dell’occhio comprese che ciò che anche lei aveva sentito non le piaceva per niente. Le concesse un’alzata di spalle mentale tornando a concentrare l’attenzione sulle altre quattro.

Non avevano un’espressione molto acuta e vestivano quegli osceni abiti fatti in serie così di moda tra i babbani, esseri decisamente privi di gusto. Discutibile era anche l’ombretto madreperlato e particolarmente vistoso che sfoggiavano tutte e quattro, più o meno intonato all’abbigliamento. Non gli piacevano.

-          Sono anni che non ci vediamo! – stava intanto ciarlando Jenny mentre la Granger rispondeva in maniera telegrafica e lanciava occhiate d’odio che rasentavano quelle che rivolgeva a Nott o a Goyle, una cosa comprensibile se si considerava anche il senso di superiorità che invadeva qualunque essere umano al cospetto dell’anello mancante dell’evoluzione – l’ultima volta eravamo… Amanda, quando è stato? – continuò imperterrita Jenny-fiocco-viola

“Amanda” l’interpellata si puntò un dito con le unghie laccate di giallo al mento e ripensò intensamente, probabilmente l’operazione stava assorbendo tutte le sue energie visto che era immobile come una statua

-          Credo che fosse quella volta che eravamo ancora alle medie – concluse infine come un congressista termina la sua relazione

Dimmi che non sono loro trasmise telepaticamente alla mezzosangue, divertendosi sempre di più.

Loro chi? Rispose lei fingendo di non comprendere quando, invece, aveva inteso alla perfezione.

Già, erano proprio loro… quelle… quelle famose persone che l’avevano portata nella “Casa degli Innamorati” per la prima volta.

-          E non ci hai ancora presentato il tuo ragazzo! – squittì una ragazzina minuta che dimostrava quindici anni dai capelli biondi liscissimi tutta euforica

Draco ghignò, probabilmente in quel momento la Granger era in preda ai conati di vomito, anche se non si sarebbe dovuta lamentare così tanto, c’era la fila per essere falsamente spacciata per la sua ragazza, fosse anche per un misero e involontario sbaglio.

-          Ah, ecco… - Hermione sembrava stranamente a disagio e piuttosto preoccupata delle conseguenze.

 

Se fosse stata un’altra, considerò Malfoy, avrebbe dovuto davvero preoccuparsi per la sua sadica vendetta a causa di un errore innocente, ma per una volta le avrebbe retto il gioco, fosse solo per farsi un po’ di ridere dietro alle quattro oche.

-          Dolcezza, chi sono queste? Le tue amiche? – intervenne prontamente con tono suadente che fece arrossire due delle sconosciute, di cui al momento ignorava il nome, e la sua pseudo-ragazza.

-          Sì, Draco, sono loro – rispose con la voce gelida di un iceberg pizzicandogli dolorosamente la mano che stava vagando decisamente troppo libera sulla sua schiena – lascia che te le presenti! – cinguettò ancora più fasulla

Le quattro si schierarono sorridenti sfoderando la dentatura perfetta di una Barbie e facendo ondeggiare i capelli e gli orecchini

-          Lei è Jenny – iniziò additando la ragazza col fiocco viola che aveva nominato all’inizio – Amanda – unghie-gialle fece ciao ciao con la manina mettendo in mostra lo smalto che, ad un esame più attento, non era tutto giallo ma a pois bianchi – questa è Simone – e la bionda dai capelli lisci sorrise senza riuscire a staccare gli occhi di dosso al fusto accanto alla sua ex compagna di scuola – e per finire Cynthia – subito ribattezzata azzurro-in-toto.

Era mai possibile che una come la Granger avesse avuto delle amiche simili?

In verità lei sembrava dire tutto il contrario, ma le quattro Signorine-Arcobaleno si stavano comportando come se fossero grandi confidenti.

-          Lui è Draco – aggiunse con voce piatta allontanando nuovamente la mano di lui in discesa libera verso il suo fondoschiena

La solita scena, pensò la serpe studiando i volti da esposizione a radiazione luminosa delle quattro babbane, sembravano un gruppo di ebeti trapiantati su un marciapiede.

-          Herm, cosa ci fai a Londra? Credevo che non tornassi a casa per Natale – chiese una delle quattro

-          Sono venuta solo a trovare i miei genitori – rispose sbrigativa

-          Allora puoi passare il pomeriggio con noi! – cinguettò Azzurro-in-toto giubilante avvicinandosi strategicamente al biondo

-          Veramente… - veramente loro dovevano ancora vederli i signori Granger

-          È una splendida idea, perché non le accompagniamo? – la sollecitò Draco stringendole possessivamente la vita prima che unghie-gialle riuscisse ad arpionare il suo braccio

Probabilmente in quel momento la Granger stava riversando su di lui il suo vernacolo di parolacce; non che ci fosse da preoccuparsi, visto che di sicuro non ne conosceva più di quelle che Potty stesso gli aveva affettuosamente rivolto, ma sembrava molto, molto scocciata dalla cosa e di certo non condivideva il suo desiderio di divertirsi.

Questa me la paghi, furetto! Gli fece gentilmente presente con la legilimanzia, lui ghignò ancora

Ma come, non volevi vendicarti di quando ti hanno portato in quel postaccio?

Non so di cosa parli

Io lo so fin troppo bene, quel posto che i babbani chiamano “Casa degli innamorati”

Non sono loro!

E io sono Biancaneve il disappunto della mezzosangue era evidente e, sfortunatamente, non le intenzioni di lui

Avanti, hai l’occasione di fargliela pagare con gli interessi, che cosa ti costa?

Non mi abbasserò al loro livello!

Non fare sempre la Sanata Immacolata Hermione Granger… cosa te ne viene in tasca? Hai l’opportunità di dimostrare loro di stare con un ragazzo ricco, affascinante, praticamente perfetto…

…E molto modesto aggiunse

Anche. E’ un’occasione unica della vita, vuoi mettere presentargli me al posto di Lenticchia?

Ron non ha niente da invidiarti

Su questo ne discutiamo quando arriviamo a casa, nel frattempo…

Non avrebbe dovuto, ma le aveva messo la pulce nell’orecchio per divertirsi un po’ e sapeva che in quel momento pensieri vendicativi assai poco consoni ad una virtuosa Gryffindor stavano solleticando la fantasia della sua piccola Mezzosangue.

E sapeva che avrebbe capitolato.

Perché se c’era una e un’unica cosa che loro due avevano in comune era un orgoglio sfrenato e quelle quattro oche avevano osato ferire quello della Granger tanto da farle ricordare l’episodio avvenuto quasi cinque anni prima indelebilmente.

Non l’avrebbe lasciate correre, non questa volta.

Se la conosceva anche solo un pochino, le avrebbe umiliate fino a farle vergognare di averle fatto un tiro così mancino.

E lui si sarebbe divertito un mondo perché era un lato del carattere della mudblood che si riusciva a scorgere di rado e che dava il meglio di sé solo quando entrava con competizione con lui.

Cosa sarebbe successo se avesse, per una volta, sbaragliato liberamente il campo, sfogandosi su qualcun altro che si era permesso altrettanta perfidia, ritrovando così la sua pace mentale?

Non lo sapeva, ma voleva vederlo.

 

-          Ragazze – intervenne il biondastro con un sorriso da fotomodello – che ne dite di quel locale in centro? Non è molto lontano e molto carino… avete presente, quello dove vanno tutti…

-          Intendi la Casa degli Innamorati? – rispose euforica fiocco-viola

-          Ecco, sì, proprio quello! Io non sono molto pratico di Londra…

-          Certo, è un posto fantastico! – continuò capelli-lisci

 

Il piccolo gruppetto s’incamminò all’indirizzo della prima stazione della metropolitana.

Lui la trascinava come se la sua opinione fosse già stata espressa, anche se neppure una parola era stata ancora pronunciata.

Non avevo ancora deciso puntualizzò la Caposcuola mettendo il broncio per le scale e rifiutandosi di proseguire oltre, sperando ancora di essere in grado di trattenersi dal volersi davvero vendicare; le sorrise, abbassando il volto e avvicinando piano le labbra all’orecchio della Granger, le scostò uno dei soliti riccioli ribelli

-          Non si dicono le bugie, piccola mezzosangue… - le sussurrò sottovoce facendole venire un brivido, dopodiché la condusse ancora intontita lungo le scale che scendevano fino ai binari, probabilmente senza avere coscienza del piccolo piano che lui stava elaborando mentre procedevano e che avrebbe presto visto il piccolo trionfo dell’orgoglio mortificato molti anni prima di una ragazza.

 

In un battibaleno, altri avevano deciso per lei che NON era giusto che NON si vendicasse.

Ogni tanto si domandava perché tutto aveva cominciato a girare all’incontrario, nei film erano sempre gli amici a dire al protagonista di non vendicarsi, qui, invece, aveva una specie di serpe infida che forse era sua amica e forse no, che perorava il suo divertimento personale spronandola a mettere in imbarazzo le sue ex compagne.

Perché Draco Malfoy non poteva semplicemente fare come l’amico di tutti i film? Dirle che non doveva vendicarsi sollecitandola a continuare per la sua strada?

Perché Draco Malfoy è un bastardo sadico, puntualizzò lui infiltrandosi tra le sue riflessioni con una verità inconfutabile.

Il problema, però, era che aveva una voglia matta di dimostrare a quelle quattro che non era una scarpa da buttare, anche se, momentaneamente, ancora senza ragazzo come ai vecchi tempi.

Con un grosso sforzo di volontà, forse sarebbe riuscita a controllarsi dal non prenderle a schiaffi per come si erano comportate, ma se ci metteva pure Malferret i suoi propositi da brava bambina andavano a rotoli…

 

*          *          *

 

La sala da tè era come l’aveva lasciata la sera prima: di pessimo gusto.

Indirizzò la sua fortunata compagna verso un divanetto ad angolo proprio sotto una pianta tropicale che faceva ondeggiale le foglie lanceolate.

Le quattro Signorine-Arcobaleno furono costrette a prendere posto di fronte a loro e a invidiare terribilmente in braccio fasciato nella camicia bianca che cingeva protettivamente le spalle della mora, imbarazzandola.

-          Hai detto che non sei di Londra? – gli si rivolse capelli-lisci sorseggiando un bicchierone di cocktail analcolico alla frutta

Draco sollevò gli occhi dalla sua degustazione e li posò in quelli della ragazza facendola indietreggiare con tanto di bicchiere tra le mani

-          No

-          E come hai conosciuto Hermione? – domandò Azzurro-in-toto, esaltata come se si fosse appena fatta una canna e bevuta tre Black Russian.

-          Ci siamo incontrati a scuola – rispose fredda lei sorseggiando il tè distaccata, ancora un poco incerta se stesse davvero facendo la cosa giusta perché una brava Caposcuola non avrebbe dovuto indulgere nella ripicca di un episodio accaduto secoli prima.

-          Il bello delle scuole private – cinguettò

-          Dopotutto, Hermione è sempre stata la più brava della classe fin da quando frequentava la scuola con noi…

Draco non aveva dubbi.

L’intelligenza di quelle quattro mezze assieme non avrebbe raggiunto neppure quella di Weasel; se tutte le studentesse babbane erano così, non dubitava affatto che la Granger fosse una cima tra loro…

-          Hermione è molto brava anche da noi – annunciò al mondo con orgoglio, accantonando momentaneamente il nomignolo da so-tutto-io-Granger – è la studentessa più brava di tutto il corso!

-          Ma anche tu devi essere molto bravo – sottolineò allusiva unghie-gialle; Draco la guardò quasi con compassione, le mancava solo la divisa di Hogwarts e poi poteva aggiungerla alla sua lista di “ragazze senza la minima speranza”

-          Siamo molto contente per te – annuì fiocco-viola melliflua e falsa quanto una vipera, la migliore amica di Milicent Bulstrode

-          Siete invidiose come la rana del bove – disse pianissimo la Granger al bordo della tazzina, ma non sufficientemente sottovoce perché lui non potesse ascoltarla

Trascorse un attimo di silenzio imbarazzato tra loro.

-          Questo posto è molto carino – commentò il Principe delle Serpi guardandosi orripilato attorno

-          Già, è vero! – annuirono in coro le ragazze

Sei nauseante lo rimbeccò invece Hermione troppo occupata dalla scorza del limone per rispondere giubilante come le altre, lui finse di non aver sentito.

Il cactus alla porta non mi piace rispose lui, perfettamente conscio che aveva sviato il discorso per farla infuriare. Però, effettivamente, quel cactus era bruttissimo.

Sollevando gli occhi al cielo, lei sospirò, come se avesse a che fare con un bambino capriccioso.

-          Qualcosa non va? – le domandò Amanda-unghie-gialle

-          Probabilmente Hermione e il suo ragazzo preferivano trascorrere il pomeriggio da soli – fece presente Cynthia-azzurro-in-toto

-          Oh… - Jenny-elastico-viola fu colpita dall’effettiva probabilità di quelle parole

-          Non preoccupatevi, io e Draco – e pronunciò il nome di lui con la durezza di chi sapeva che gliel’avrebbe fatta pagare presto – non avevamo particolari progetti…

-          Non essere timida – le rispose capelli-lisci-Simone – fate pure come se noi non ci fossimo

-          Beh, in quel caso… - questo era Malfoy che chiaramente non si lasciava scappare occasione per farsi del ridere sull’imbarazzo altrui, anche se al momento le sfuggiva se fosse più ridicolo il suo ingenuo rossore o quello che probabilmente avrebbe scatenato nelle poverette di fronte.

 

Un’occhiata raggelante della Granger fu comunque sufficiente ad arrestare un millimetro in più l’avvicinarsi imminente della testa bionda.

Il ghigno made-in-malfoy si dipinse sulle labbra sottili, la Granger era furiosa e quegli occhi avrebbero congelato perfino un vulcano in eruzione, ma dopotutto, era o non era il possessore del Fuoco che brucia in eterno?

 

Vedendo che il ragazzo continuava ad avvicinarsi, un po’ spavaldo e sempre sicuro di sé, Hermione si ritrasse un poco

-          Ti odio – disse appena prima che le labbra s’incontrassero

-          Se questo è il tuo odio – sottolineò lo Slytherin quando le concesse di riprendere fiato – ne sono affascinato, vorrei che non provassi nient’altro nei miei confronti, anche se questa mattina hai così spontaneamente confessato di trovarmi affascinante e irresistibile

-          Te lo dico chiaramente – continuò lei a bassa voce, piantandogli l’unghia dell’indice a metà del petto – nessuno riesce a oltraggiarmi e farmi arrabbiare come te!

-          Una virtù di pochi… ne sono lusingato

 

Esasperante.

Riusciva a pensare solo a quell’aggettivo in quel momento.

Draco Malfoy era una persona tremendamente e maledettamente esasperante.

Primo perché si ostinava a voler fare tutto di testa sua, facendole poi credere che fosse lei a volerle avere sempre tutte vinte.

Secondo perché non le piaceva dover sempre fare la vittima sacrificale perché il signorino potesse divertirsi a modo suo.

E terzo perché non la lasciava respirare! Sarebbe morta per mancanza d’ossigeno, lo sentiva…

 

Se non la smetteva immediatamente di baciarla, niente e nessuno l’avrebbe trattenuta dallo stampargli un sonoro e quantomai meritato schiaffo sul suo bel viso perfetto: cinque dita che spiccassero sulla pelle liscia e bianca.

Nessuno!

…a parte forse gli occhi inebetiti delle sue ex compagne di scuola che seguivano lo svolgersi degli eventi come di fronte ad una soap-opera.

Probabilmente non avevano ancora afferrato che tra lei e l’altro Caposcuola non passava certo idilliaco amore  ma puro e semplice odio.

Veramente doveva fare una revisione a quel pensierino, ma al momento non era decisamente il caso, era troppo occupata a riprendere fiato e a cercare un modo di levare quel maledetto sorriso soddisfatto che la serpe sfoggiava.

 

Quando finalmente riuscì a rassettarsi la camicia storta e i capelli, le sue quattro amiche erano basite nei loro posti, gli occhi ancora fissi su di lei, increduli.

E leggeva loro in faccia che si sentivano terribilmente insignificanti.

Questo però era tutto merito del serpeverde.

Probabilmente non avevano e non avrebbero mai creduto che Hermione Granger potesse fare qualcosa del genere.

E facevano bene!

Perché non era da lei comportarsi in quel modo, infatti non l’aveva mai fatto con un ragazzo, se ne avesse mai avuto uno.

Era solo che Malfoy riusciva a tirare fuori il peggio di lei.

 

Il biondastro, dal canto suo, gongolava soddisfatto sul divanetto, come se non fosse accaduto nulla per lui.

 

Draco fece finta di non notare l’odio che brillava tra le iridi.

Vendetta riuscita, che aveva da lamentarsi?

Ok, lo ammetteva, si era lasciato prendere la mano come suo solito, ma non gli era sembrato che lei fosse così schifata… aveva un insospettabile lato passionale nascosto sullo gli strati di tonache e veli da suora.

Spostò gli occhi sulle altre che sfoggiavano l’espressione alla Dobby-elfo-domestico, perfetto, probabilmente quello era il livello d’intelligenza più alto a cui riuscissero ad aspirare.

 

Povera piccola mezzosangue…

 

*          *          *

 

All’imbrunire finalmente poterono liberarsi delle quattro sanguisughe colorate.

Le strade erano ormai scure, le vetrine illuminate e i lampioni accesi.

 

Hermione Granger camminava spedita con il classico incedere da Jurassic Park che la caratterizzava quando era particolarmente seccata.

 

Draco Malfoy la seguiva, non riuscendo quasi a tenerle dietro neppure col suo passo veloce; le mani erano affondate nelle tasche del cappotto scuro, i capelli scompigliati dal vento invernale.

E si stava casualmente divertendo un mondo.

 

La mezzosangue era stata fantastica con quelle quattro oche, anche se nel privato della sua mente probabilmente lui era diventato il bersaglio dei corpi speciali che gli stavano procurando una sofferente e agonizzante morte.

 

La guardò di soppiatto e lei si fermò in mezzo alla strada, aspettandolo; le braccia erano piegate sui fianchi, le sopracciglia pericolosamente abbassate e l’aria da Regina delle Amazzoni.

In quel momento avrebbe travolto un panzer.

Lo aspettò finchè non la raggiunse

-          Ti sei divertito, oggi? – domandò con aria fintamente dolce

-          Abbastanza – una risposta come un’altra per dire che, sì, si era divertito a prendere per il culo quelle quattro stupide che avevano osato infrangere il sacro onore di una strega come Hermione Granger

-          Ne sono felice, adesso che hai avuto la tua vendetta sono sicura che sarai più soddisfatto

Bisbetica e irascibile, ma anche tremendamente sensuale

-          Credevo che la vendetta fosse la tua

-          Mi pareva quasi che fosse il tuo orgoglio ad essere stato ferito… - pigolò come se non si fosse accorta di ciò che lui aveva detto. Clpito e affondato

-          Facciamo finta che fosse così, anche se dubito che qualcuno riuscirebbe a far sentire insignificante Draco Malfoy

-          D’accordo… dunque penso che PER DOMANI non ci siano problemi, VERO?

-          Domani? – chiese come se si trattasse di un appuntamento dimenticato

-          Alla Queen Victoria, ricordi? – rispose lei, sibilando, ma il sorrisetto beffardo lasciava presagire il peggio se, dopo quelle piccole libertà che si era preso nel pomeriggio, le avesse detto di no: non che avesse avuto da preoccuparsi, ma intanto sapeva come sarebbe finita… decise di rimanere in silenzio, l’unica arma che lei non gli aveva ancora distrutto e che nessuno avrebbe potuto levargli

-          Lo prenderò per un assenso

Continuarono a camminare, questa volta con più calma

-          L’hai fatto solo per costringermi a portarti là? – le chiese un poco dubbioso, riflettendo su quanto accaduto

Lei si voltò, le mani intrecciate dietro la schiena, un bel sorriso sulle labbra e i capelli che imprigionavano i fiocchi di neve che cadevano dal cielo

-          Elementare, Draco. Elementare.

Gli sorrise, dolcemente.

E lui seppe che non ci aveva minimamente pensato.

Fino al momento in cui glielo aveva chiesto.

 

Qualcuno diceva che Hermione Granger era una persona piatta ed ordinaria, ma lui non si sarebbe stancato di continuare a vedere cosa si sarebbe inventata.

Era una ragazza che cercava di prevedere l’imprevedibile, ma che non conosceva nulla della cattiveria dell’uomo, di quanto potessero essere subdole le azioni di qualcuno. Capiva perché Silente gli avesse chiesto di proteggerla. Lei non era abituata a pensare in termini di tornaconto, non avrebbe mai tenuto in considerazione il fare qualcosa per ottenere dell’altro, come ricatto; la maggior parte della gente, invece, non pensava ad altro.

Lei non ne era capace perché la sua anima era ancora bianca e pura.

 

E la stimava per questo, per essere riuscita a rimanere tale in un mondo tanto marcio.

La invidiava per non aver mai dovuto fare i conti con i Male che l’avrebbe irrimediabilmente sporcata.

La voleva vicina perché la forza di lei era tutta nella sua volontà di rimanere sempre dalla parte del giusto, del bene.

 

E poi c’erano momenti in cui voleva trascinarla all’inferno con lui.

Macchiarla senza pietà, tingere quel bianco finchè non fosse diventato nero.

 

Ma l’unica cosa che desiderava davvero, sempre e comunque, era poterla avere.

In modo che anche nella sua anima dannata ci fosse un pezzettino di bianco e in quella di lei uno nero, perché vedendo il Bene, lui avrebbe potuto abbracciarlo e seguirlo: con l’immagine di lei, stare dalla parte di Potty sarebbe stato molto più facile e conoscendo il Male lei avrebbe saputo combatterlo, anche tramite quel puntino chiaro nel nero del suo spirito.

E lei ci sarebbe riuscita, con o senza di lui.

Lui, però, voleva essere con lei.

Perché non aveva conosciuto nessun’altra persona nella sua esistenza che avesse voluto così tanto accanto.

Sempre.

Sempre.

Forse era per quello che alla fine aveva ceduto alla tentazione e le aveva raccontato tutta la storia.

Egoisticamente.

Lei però non ne era rimasta orripilata, neppure da quel senso di possesso che lui aveva manifestato nei suoi confronti, anzi, il loro rapporto si era stranamente rafforzato e adesso LEI SI FIDAVA, una cosa che non aveva mai fatto nessuno.

Lui, lo sapeva, lei, almeno lei, non lo avrebbe tradito. Mai.

 

Alla fine lei era e sarebbe rimasta una tipa imprevedibile, nonostante tutte le maldicenze degli altri.

La guardò mentre camminava.

Avrebbe voluto essere la persona giusta per lei, ma sapeva di non esserlo.

Sarebbe stato solo un bel sogno.

Perché una come lei poteva aspirare, ma soprattutto, volere, qualcuno di molto, molto meglio.

Che cosa aveva da darle?

Non molto di ciò che lei avrebbe potuto volere.

Solo una storia terribile, ricordi ancora più strazianti, poteri che non voleva.

 

E una missione.

 

Lei DOVEVA avere qualcosa di meglio.

Qualcuno meglio di lui.

 

…eppure non riusciva a farsene una ragione… e forse non ci sarebbe riuscito perché, onestamente, non voleva abbandonare quel piccolo sogno.

Il sogno di qualcuno che lo accettasse per quello che era davvero.

 

*          *          *

 

Spazio autrice: ciao a tutti!!!

Ecco qui il nuovo aggiornamento…

Come era già avvenuto per le Relazioni, anche qui non ho saputo trattenermi dall’infarcire la fic di un piccolo capitolo quasi inutile alla narrazione, ma che mi è particolarmente piaciuto scrivere.

Poiché ho ricevuto un sacco di minacce di morte contro le ragazze che avevano fatto entrare Hermione nella casa degli innamorati, ho preso spunto da queste e ci ho scritto una breve avventura sopra che coinvolgesse i personaggi mentre sono a Londra.

Per quanto concerne la vicenda principale (segreti e misteri ancora da svelare) questo capitolo non c’entra niente, per quanto però riguarda i personaggi, dà qualche aggiunta alle sfaccettature del carattere di questi due che, insomma, diciamocela tutta, non è che si odino poi così tanto… (“,)

Spero che il post vi sia comunque piaciuto,

ci vediamo presto! Un grande bacio!

Nyssa

 

Killkenny: poiché le figure dei mangiamorte ormai sono comparse in tutte le salse nella maggior parte delle fic ho decis di utilizzare un personaggio che viene nominato poco e così Grindewald faceva al caso mio, anche se ci ho romanzato sopra tutta una storiella da far accapponare la pelle alla povera zia Row

Confesso che i sicari che gli hai mandato contro spero che lo abbiano torturato perbene perché l’ho reso un autentico bastardo e io tendo sempre ad odiare visceralmente i cattivi che tratteggio. Ringraziali da parte mia.

La corrispondenza è stata un’idea un po’ fuori posto, quindi non mi stupisce che sembri strana… spero che comunque questo capitolo ti piaccia, aspetto di sapere, ciao!

Nyssa

 

Herm83: coraggio, sentiamo questa mezza idea su quello che potrebbe essere il nipote si Silente, sono curiosa di sapere che cosa ho indotto a credere… sfortunatamente non posso sbilanciarmi con gli aiuti, ma dico solamente che “non è ciò che si potrebbe pensare” il che dice tutto e niente, cioè un indizio inutile, ma io lo metto ugualmente nella speranza che a qualcuno torni utile.

Dopo un paio di cappy dove il rapporto tra questi due era stato leggermente sacrificato nei confronti della narrazione dei misteri del passato di Silente, sono tornata a parlare di loro con un aggiornamento un po’ ironico e del tutto strampalato che ha come tema fondamentale la sacralità dell’amicizia. Per questo non è a caso il disprezzo che ho messo nel descrivere le quattro oche ex amiche di Herm

Ci sentiamo quando torni! Un bacio,

Nyssa

 

Luana1985: non parlarmi di studiare che martedì prossimo la mia prof ha deciso in un rastrellamento e quindi nel week-end devo fare il topo da matematica, uffi… concentrazione: inesistente.

Mi fanno molto piacere tutti i complimenti che mi hai fatto, grazie mille! Mi fai diventare un’autrice orgogliosa, prima o poi diventerò un insopportabile pallone gonfiato che continui a viziarmi a questo modo!

Ad ogni modo, sono felice che la storia non sia banale, temevo di aver pescato troppo dai doni della morte o di aver fatto il mio solito macello (se non si fosse notato, sono una persona che vive con la testa tra le nuvole, quindi piuttosto distratta).

Io mi auguro che ti piaccia anche questo nuovo aggiornamento! Aspetto di sapere, ciao e un grandissimo bacio! Nyssa

 

Falalula: non dirlo a me, anche io sono rimasta delusa dall’ultimo libro, non tanto come storia perché si congiungeva abbastanza bene con gli altri (però mi hanno ammazzato un sacco di personaggi che adoravo, maledetti!!!) ma più che altro sulle accoppiate… ci stava la Harry/Ginny perché era scontata e posso dire che la Ron/Herm era DECISAMENTE troppo scontata… insomma, un bel colpo di scena e fidanzarmi Herm con Draco? Non credo che si sarebbero schifati più di tanto… vabbè, meglio sorvolare sennò mi torna la tentazione di strappare le ultime venti pagine e riscriverle da capo.

Il Silente che immagino io è un personaggio che è diventato saggio e pacioso solo dopo un bel po’, dopo molta esperienza ed aver visto molte cose, inoltre è talmente bravo che non posso non credere che da giovane fosse modesto come ora, soprattutto se si pensa che proviene da una famiglia purosangue ecc ecc.

Minerva, per quanto mi riguarda, è la sua controparte perfetta, quindi devo sfatare il mito che ha creato la zia row di Silente Gay (mai! Come fa a stare con Minerva, sennò?).

Harry… Harry è un Harry un po’ meno babbeo, anche se si ostina a pararsi come cavaliere della giustizia, ma in fondo è un essere umano.

Spero ti piaccia anche il nuovo aggiornamento, aspetto di leggere la tua opinione! Ciao e un bacione! Nyssa

 

Crici_82: sono contenta che il piccolo intermezzo comico della posta del cuore di Hermione ti abbia divertita, effettivamente è una delle mie solite uscite di testa XP spero che ti piaccia anche questo quattordicesimo capitolo, a presto! Nyssa

 

Vavva: mi lusinga sapere che avresti letto così spesso la mia storia! Personalmente non ho niente con i Promessi se non una pomposità un po’ eccessiva e un piagnisteo continuo di quella Lucia che sta sempre a frignare… ma sono comunque felice che tu abbia detto ciò! Grazie mille!

Sono felice che il precedente capitolo non abbia distrutto le tue aspettative, spero che il compito non tocchi a questo… aspetto comunque di sapere la tua opinione sulla mia follia dilagante! Un bacio! Nyssa

 

Lord Martiya: probabilmente hai ragione, in realtà mentre leggevo il volume ero un po’ distratta da altro che pensare a dove si trovasse l’altra Scuola e, tuttavia, io me la sono sempre immaginata in Russia, sarà che ho una fantasia distorta, sarà che per quanto mi riguarda la sede è rappresentata come un monastero greco-ortodosso però in Germania ce lo vedo così così… ma senz’altro tu eri più attento di me mentre leggevi.

In verità la tua passione per certe cose non mi sorprende più di tanto perché ciascuno ha le sue passioni, quindi è normale che si facciano puntualizzazioni e correzioni, se qualcuno mi venisse a dire che dichiara una funzione void in javascript penso che gli taglierei seduta stante i capelli…

Ad ogni modo, fai finta che sia tutta una rivisitazione dell’originale come ho fatto con la vita di Silente…

Ti ringrazio comunque per le precisazioni, probabilmente avrei continuato la mia vita ignorando tutto questo se non me lo avessi fatto notare.

Sono felice che il capitolo sia risultato interessante, spero solo che non caschi il mito con l’ennesima follia che la mia mente malata è riuscita a partorire XP.

Ciao e a presto! Nyssa

 

Potterina_88_: credo che una storia di Silente simile sia davvero come gli elefanti che volano perché è un bel po’ strana, anche se, come ho già detto, Silente è un mago troppo bravo e troppo coscienzioso per non aver avuto un passato turbolento. Insomma, per sapere tante cose deve averne viste almeno la metà, no? Alla fine il caro Albus non è altro che un filosofo di prima categoria che sparge i suoi insegnamenti di vita a Harry & co e dove può aver imparato cose tanto importanti se non dal suo passato e dalla sua esperienza? Eppoi, francamente, ero stufa del preside che ha fatto la vita in panciolle, volevo rendergli un bel passato torbido che stonasse con la sua figura attuale.

Perché Minerva e Albus non si confessano? Beh, immagino sia perché lei sta ancora aspettando qualcosa da lui e lui… è ancora oppresso dal senso di colpa. Lui Sa che lei l’ha perdonato, ma visto che non comprende come ha potuto farlo non riesce a liberarsi a sua volta di quel peso sulla coscienza… è un rapporto un po’ contorto, ma credo che lo spiegherò più avanti.

Draco ed Herm sono sempre loro in ogni frangente, nel precedente come in questo cappy che spero ti piaccia nonostante sia parecchio cascato come le zucche dal cielo… dimmi che cosa ne pensi, ciao e un bacione! Nyssa

 

Shavanna: ehehe, come ricorderai sono maestra negli intrighi del passato e in questa vicenda non poteva non esserci un bell’intrallazzo avvenuto qualche decennio prima dell’inizio della storia.

Chiaramente tutto non sarà lineare come dovrebbe, ma la solita ingarbugliata matassa di lana da sbrogliare cappy dopo cappy (se continuo così sembrerò una pubblicità, ma vabbè… >_>).

Sono felice che la storia del vecchio Albus ti sia piaciuta, non credo di essere un genio ad averla pensata, ma mi fa comunque piacere sentire tutti i complimenti di cui mi ricopri ogni volta ^^ Grazie!

L’onore dei Black tornerà, o meglio, arriverà presto, nel frattempo spero ti piaccia anche il nuovo aggiornamento! Un bacione! Nyssa

 

 

 

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Capitolo 15
*** Come deve andare ***


-

-          Granger, sei proprio sicura di quello che stiamo facendo?

Hermione sbirciò oltre il cespuglio e annuì senza guardarlo.

Lui sospirò.

-          A me sembra piuttosto strano…

La ragazza si alzò in piedi e camminò verso la siepe successiva, apparentemente senza degnarlo di attenzioni.

La seguì di malavoglia.

-          E secondo me è la più grande cazzata che possiamo fare mentre siamo…

Gli occhi dorati gli lanciarono uno sguardo seccato prima che il dito si posasse sulle labbra in segno di silenzio.

Un altro sospiro mesto di chi ha ormai perso la battaglia.

-          E questi vestiti, lascia che te lo dica, sono proprio ridicoli!

Lei si alzò in piedi e lo guardò malamente.

 

-          Sei più rumoroso dei cannoni di Buckingham Palace, lo sai?

-          Scusa tanto se mi sento una specie di clown!

-          Hai sempre da lamentarti di qualcosa, è mai possibile che tu non possa rimanertene un po’ zitto?

-          In genere la gente mi chiede tutto il contrario

-          Beh, allora perché non taci! Se continui a fare così ci scopriranno subito!

-          Ma se siamo ancora fuori della biblioteca! Chi vuoi che noti due come noi?

-          Uno “di loro” sarà senz’altro all’erta mentre si avvicina al “posto che tu sai”, guarderà ogni dettaglio

-          Mi è concesso mangiare o credi che manderanno la scientifica ad analizzare le briciole di pane prima di girare la maniglia?

 

Il suo freddo sarcasmo la infastidiva parecchio, perché doveva essere sempre così pessimista nei confronti dei suoi piani?

Accidenti, era una maledetta serpe e pure una cornacchia portatrice di guai, sembrava quasi che gli piacesse sviscerare tutte le più truculente possibilità in caso di fallimento del loro sofisticato piano!

 

-          Granger, poi spiegami perché mi sono dovuto conciare in questo modo! È un insulto!

-          Così ci spacceremo per studenti della facoltà di Legge

-          E gli studenti di Legge sono tutti così privi di gusto?

-          Ogni facoltà ha i suoi modi di vestire, a Legge portano jeans e maglioni larghi e a me piacciono!

-          Certo… devono essere tutti in astinenza da anni se si possono permettere di nascondere le belle ragazze dietro strati di vestiti inutili…

-          La tua misoginia è insultante!

-          E questi abiti lo sono per me!

-          Ma se ti salvano la pelle forse puoi fare lo sforzo di metterli

-          Un giorno, col vasto pozzo di scienza che ti porti dietro, devi spiegarmi perché dobbiamo sempre finire a litigare…

-          Perché sei pieno di storie e non ti va bene niente

-          Parla la signorina “a me sta bene tutto e non faccio commenti”

Hermione lo squadrò con odio, accidenti, perché doveva farsi del nervoso già dal mattino?

Se si agitava il piano andava a farsi benedire, maledizione a lui! Che la lasciasse in pace e si cucisse quella maledetta ciabatta!

Anche con quei maglioni non è che passassero tanto inosservati, soprattutto lui… e meno male che era riuscita a convincerlo a colorarsi i capelli di castano…

 

-          Malfoy, sta’ zitto e piantala! Stai scocciando parecchio e di farmi ammazzare non ne ho voglia!

-          Ma se non aspetti altro!

 

Ma chi è che gli aveva insegnato ad avere una risposta a qualunque domanda idiota gli facesse? Voleva farlo anche lei quel corso!

In quel momento, però, avrebbe voluto soffocarlo, almeno sarebbe riuscito a tacere cinque minuti…

 

Nervosamente percorse il vialetto di ghiaia che separava il prato dalla Queen Victoria e oltrepassò la porta con al fianco il biondastro sempre brontolante.

 

Riconoscendo lo stereotipo degli studenti di Legge le commesse al banco non fecero commenti e continuarono la loro opera di archiviazione dei libri, alzando appena gli occhi oltre le lenti spesse.

 

Salirono le scale che conducevano alla sala di lettura, raccattarono un paio di tomi per strada e si sedettero proprio di fronte all’ingresso, tenendo d’occhio la porta.

 

Tutto era quieto come ricordavano, qualche passante che girovagava tra gli scaffali consultando volumi dalle dimensioni spropositati e crollando immancabilmente sotto il loro peso.

 

Draco ed Hermione stavano aspettando che ci fosse pace e silenzio e che tutti i curiosi se ne andassero per potersi infiltrare con calma nella covo nemico.

Non sapevano cosa li avrebbe accolti dall’altra parte, poteva esserci un congresso di mangiamorte come il nulla più totale, chissà quali magie avrebbero dovuto oltrepassare, chissà cosa avrebbero visto, cosa avrebbero trovato.

Non potevano negare di avere una certa ansia, non era una cosa da prendere alla leggera.

Draco, dal canto suo, era il più agitato perché, oltre a dover badare alla mezzosangue che voleva sempre cacciarsi nei guai doveva pure fare attenzione che sua zia non gli facesse la pelle troppo in fretta.

Aveva una missione, non poteva permettersi di rimetterci le penne prima del previsto.

Chiuse gli occhi.

Come faceva a proteggerla?

Come ci sarebbe riuscito?

L’unica cosa di cui aveva bisogno in quel momento era di farsi una bella dose di nicotina.

 

Chissà cosa stavano facendo Blaise e gli altri a Scuola… tra una settimana circa anche loro sarebbero dovuti ritornare, dopotutto il periodo di durata della pozione cambia età era quasi scaduto, presto sarebbero rimasti sempre alla loro età normale senza problemi.

E avrebbe potuto uccidere quel maledetto fratello Canon che l’aveva spinto direttamente sulle scale dove l’attendeva la bomba.

Chissà poi chi era stato a prepararla.

Era qualcuno della scuola?

Era qualcuno di fuori?

Lo conosceva?

Perché l’aveva fatto?

…in verità quell’ultima domanda era stupida e inutile.

 

Guardò la mezzosangue che ostentava calma e sicurezza, ma sapeva che le batteva il cuore a mille.

Aveva paura, lo sentiva.

Lo percepiva.

E gli dispiaceva perché lei era una persona che non faceva mai vedere quando c’era qualcosa che la turbava.

Se la cosa lo spiazzava, da una parte, però, ne era molto felice perché significava che lo riteneva speciale al punto da lasciargli intravedere le sue paure e le sue debolezze.

Come faceva a riempirlo di gioia anche solo con un’occhiata? Anche solo litigando?

Che cosa sentiva lei?

 

Vide la mano abbandonata sul tavolo che tremava appena.

Sorrise.

Spostò la sua che andò a coprire quella di lei, la strinse appena.

Lei alzò gli occhi stupita.

Guardò nei suoi e lui non avrebbe saputo dire cosa vi aveva letto, in quel momento.

Ma potè solo dire che il sorriso che lei gli regalò fu il più bello che avesse mai visto.

Se qualcuno l’avesse dipinto, sarebbe stato senz’altro un capolavoro.

 

-          Andiamo? – le domandò piano

Hermione annuì e insieme si alzarono dal tavolo.

 

*          *          *

 

Il pannello dove sapevano che stava la porta di accesso appariva come uno dei tanti riquadri di legno che tappezzavano il primo metro di muro ad altezza umana.

Una grossa testa barocca era incisa su uno sì e su uno no nel legno rossiccio, ormai scolorito dal tempo.

Come si faceva ad entrare?

Tastarono la superficie lignea, ma nulla, pareva che non ci fossero pannelli mobili o ingranaggi a muoverla.

-          Proviamo con l’alohomora? – domandò lei, un poco preoccupata

-          Sarebbe troppo semplice

-          E come facciamo?

Draco la guardò e le intimò di rimanere in silenzio.

Prese la bacchetta da sotto il largo maglione verde e la agitò in aria sussurrando appena una formula magica che la Gryffindor non aveva mai sentito.

Per incanto, il legno si aprì verso l’interno, rivelando un cunicolo piuttosto stretto e alto che proseguiva nelle viscere del palazzo.

Entrarono senza sapere dove conducesse.

-          Che cos’era? – indagò lei

-          Quella che i mangiamorte usano come parola d’ordine per la maggior parte dei loro nascondigli.

Un sopracciglio bruno si sollevò stupito mentre seguiva quel ragionamento.

Era una cosa piuttosto stupida dare ai loro rifugi sempre la stessa parola d’ordine, ma, visto il numero di maghi, era difficile inventarne uno per ciascun posto e fare sì che ciascuno lo ricordasse.

L’anta di legno si richiuse rapida alle loro spalle, intrappolandoli in quello spazio angusto che sapeva di umidità e di pietre vecchie.

Sentirono qualche goccia cadere dal soffitto.

Improvvisamente, uno sciame di piccole fiammelle comparve intorno a loro, illuminando lo spazio appena circostante perché non inciampassero su qualche sporgenza o mattonella malmessa.

Hermione rimase nuovamente stupita.

Sapeva da dove venivano quelle fiamme perché non bruciavano, esattamente come quelle che lui aveva richiamato il pomeriggio che Harry, Ginny e Blaise erano venuti a trovarli.

… non avrebbe dovuto utilizzare le magie relative alle Reliquie, ogni volta peggiorava un po’ la sua condizione e quelle altre fiamme, quelle nere che lo avvolgevano e lo laceravano, potevano ricomparire in ogni momento.

Incosciente…

 

Lui le passò davanti, la bacchetta, fatta di un legno particolarmente giovane e scuro, stretta in pugno, pronta per ogni evenienza.

Draco non era Harry, rifletté, non avrebbe avuto esitazioni ad utilizzare una Crucio, una Imperius o una Avada Kedravra se fosse stato necessario e non poteva dargli tutti i torti.

Harry, invece, si ostinava a invocare Patronus e Expelliramus.

Pregò solo che il suo migliore amico cambiasse al più presto la sua filosofia di utilizzo delle Maledizioni senza Perdono, soprattutto prima che qualcuno gli facesse la pelle e lo mandasse a far compagnia ai suoi genitori.

 

Vide i braccialetti dorati che aveva assegnato loro Silente brillare alla luce delle fiammelle e una nota di tristezza le invase l’anima.

Spostò gli occhi e guardò avanti, oltre le spalle di lui, dove proseguiva il loro cammino.

 

Il cunicolo stretto stava arrivando al fondo dove un bivio conduceva in due direzioni; il piccolo spiazzo dell’incrocio era illuminato da torce alle pareti e immetteva in altri due corridoi.

La ragazza deglutì a fatica, appigliandosi alla lana spessa della maglia di lui con le dita della mano.

-          Andiamo insieme o ci separiamo? – domandò lo Slytherin scrutando prima l’accesso di destra e poi quello di sinistra

La logica avrebbe dovuto farle rispondere “dividiamoci”, in questo modo avrebbero esplorato più facilmente e rapidamente l’intero covo, ma aveva una morsa allo stomaco e non riusciva a mettere in fila quelle due semplici parole che avrebbero momentaneamente separato i loro destini.

-          In…sieme – balbettò

Draco le lanciò un’occhiata e tornò a guardare avanti: sapeva come si sentiva.

Un profano poteva anche credere che i luoghi dove si ritrovavano i mangiamorte fossero delle semplici grotte o stanze, in realtà c’era un’aura malefica tutta particolare che avvolgeva quei posti, qualcosa che ti faceva sentire costantemente minacciato e spiato da ogni parte.

All’inizio era stato così anche per lui.

Era anche per quello che non avrebbe voluto portarla lì dentro, la sentiva tremare e questo lo innervosiva e agitava a sua volta quando sarebbe dovuto rimanere lucido e cosciente, pronto per ogni occasione perché, tra i due, era lui che conosceva i trucchi del mestiere.

In quel momento, sembrava che la stesse conducendo al patibolo e, probabilmente, nessuna espressione era più calzante per rendere lo stato d’animo.

 

Lo stretto corridoio terminò infine in quella che, a prima vista, sembrava una cisterna abbandonata dell’acqua piovana, di quelle che si costruivano quando ancora non si poteva incanalare l’acqua e non se ne consumava così tanta.

Le pareti erano di pietre molto spesse, ricoperte da un intonaco che stava cadendo a pezzi e illuminate da torce e fiaccole, l’aria invasa da tanti sottili filamenti verdi fluorescenti che si muovevano come se spostati dalla corrente.

Draco si portò svelto un dito alle labbra per indicarle il più assoluto silenzio e con la punta della bacchetta indicò appena l’indefinita magia nell’aria

-          Che cos’è? – chiese lei appena in un sussurro

La bacchetta scura si spostò fino a disegnare la figura di una medusa marina

-          Meduse? – sillabò

La testa bionda fece cenno di no, ma la mano indicò qualcosa di simile e poi fece cenno “più tardi”.

Se fossero usciti vivi, probabilmente le avrebbe spiegato di cosa si trattava.

Ma perché quei così dovevano stare in una stanza disabitata?

I due scrutarono tutt’attorno alla ricerca di un indizio: lumi, qualche straccio abbandonato per terra, un tavolino a tre gambe addossato alla parete e una cesta sopra.

La cesta!

Certo, non poteva essere altro!

Ma… che cosa conteneva? E perché c’era quello strano incantesimo protettivo?

Trova una magia che secchi l’aria e la privi di umidità

Le disse telepaticamente Malfoy continuando ad osservare i flutti verdi.

 

Una magia che secca l’aria…

Una magia che toglie l’umidità…

Probabilmente le meduse erano sensibili alla percentuale di acqua…

Difficile, eppure ricordava di aver studiato qualcosa…

Ma dove?

Quando?

Accipicchia, doveva smetterla di memorizzare tante stupidaggini e accumulare più formule che tornavano utili, come quella, ad esempio… chissà in quale recondito recesso della sua mente era stata accantonata, adesso…

 

Luce… no.

Fuoco? Naa

Acqua? Decisamente No.

Aria… forse…

 

Ma certo!

Erano tutte formule di Erbologia, era lì che le insegnavano qualche incantesimo per cambiare le condizioni atmosferiche in modo da far crescere meglio o più rapidamente le piante!

Restringendo il campo la cosa si faceva un poco più semplice…

Ora doveva solo ricordarsi quella giusta!

 

-          Als je uit het water!

 

Pronunciò ad alta voce. Le meduse nell’aria si voltarono tutte nella sua direzione all’udire le parole forti, ma piano piano si mossero sempre più lentamente e neppure una riuscì a raggiungere lei o il biondo, pronto a respingerle con la bacchetta in mano.

Si guardarono attorno sconcertati, attorniati da quelle strane cose verdi e immobili.

Un’ultima occhiata e corsero fino al muro umidiccio dove stava il mobiletto vecchio e un po’ marcio.

Malfoy aprì i tre cassetti e vi trovò, rispettivamente, un libro di favole, delle pezze e una scodella.

Li richiuse rapidamente sospirando mesto: niente.

 

Hermione si alzò sulle punte dei piedi e guardò all’interno del paniere dove era stato posto un involto di stracci, probabilmente era abbandonato lì da parecchio, però allora non si spiegava la presenza di quegli esseri pericolosi che avevano dovuto immobilizzare prima di poter raggiungere il tavolo…

 

Uno dei bordi del cencio vecchio si mosse appena e lei guardò incuriosita quello strano spostamento.

Prese l’altro lembo e lo scostò del tutto.

Ciò che vide la lasciò senza parole e dovette strattonare Draco per la manica e attirare la sua attenzione all’interno dove la figuretta minuta di un bambino addormentato riposava tranquillo tra la stoffa.

Non era il posto adatto per un neonato, visto che non poteva avere più di un anno. Era magrolino e con la testa coperta da capelli biondi, gli occhi erano chiusi, quindi non seppero dire di che colore fossero, ma sembrava tranquillo, anche se un po’ trascurato.

Al braccino destro aveva un braccialetto sottile formato da perline alternate una bianca e una nera e dal collo pendeva un piccolo medaglione sulla cui cassa era incisa la lettera D piena di riccioli.

Era chiaramente un oggetto Ottocentesco, di quei ciondoli apribili in cui vengono considerati piccoli ricordi e ciuffi di capelli, chissà come mai un simile monile, un po’ sproporzionato per la creatura che lo indossava, era stato affidato proprio a lui…

Allungò la mano per accarezzargli la faccina paffuta, ma a pochi centimetri dalla pelle il bimbo aprì gli occhi rivelando due iridi blu cobalto che fissarono un istante la sconosciuta che lo guardava prima di mettersi a strillare e piangere.

 

Hermione ritrasse rapida la mano e guardò preoccupata Malfoy che, tuttavia, era troppo distratto dagli esseri verdi che stavano ricominciando a muoversi per prestarle attenzione: merda, erano bloccati li!

 

E proprio in quel momento, mentre lui cercava di tenere a bada le meduse, un pannello del muro di pietre scomparve, rivelando, nel vano scuro da cui proveniva, una figura biondissima e dagli occhi verdi, giovane, che indossava una camiciola bianca.

La sconosciuta li fissò aprendo e richiudendo le labbra, più che sorpresa, ma la sua espressione rimase dolce.

 

Draco avvertì la presenza di un nuovo mago e si voltò istintivamente, fissando gli occhi grigi in quelli verdi di lei, Hermione lo studiò e per la prima volta le parve che implorasse la sconosciuta… qualcosa… chissà di cosa la stava implorando con quello sguardo?

Di non ucciderli?

Ma chi era? Non aveva l’aspetto di un mangiamorte, anzi! Vestiva addirittura di bianco! E i suoi tratti erano dolci e delicati, molto differenti da quelli di Bellatrix e co.

-          Nicholaa! – strillò una voce profonda e cavernosa proveniente dal corridoio nascosto da cui anche lei era sbucata.

Nicholaa, quindi quella doveva essere la madre di Pansy Parkinson, si affrettò a farsi vicina alla cesta e prese tra le braccia il bambino, cullandolo appena, dopodiché fece un rapido gesto con il braccio libero e tra le redivive meduse si creò un varco; con lo stesso braccio fece cenno a loro di andarsene e l’espressione diventò improvvisamente seria e orgogliosa mentre la voce dal corridoio pronunciava nuovamente il suo nome.

Era vero, Nicholaa era muta… non poteva parlare…

 

Draco ed Hermione non si fecero ripetere il gesto una seconda volta e corsero verso il fondo della stanza verso la porta di uscita che conduceva nuovamente al corridoietto che immetteva nella biblioteca.

 

La Gryffindor si voltò un’ultima volta mentre Draco la trascinava velocemente lungo il pavimento, quasi che volassero; Nicholaa stava ancora là dietro col bimbo quieto tra le braccia, lo sguardo ancora duro, sembrava la rappresentazione della tristezza materna

Tornate a prendere il bambino

 Senti scandire nella sua mente.

Una lacrima scivolò sulla gota della donna che rimase immobile.

Hermione accennò un assenso col capo, dopodiché voltò la testa e si mise a correre più forte che poteva.

 

Sarebbe tornata.

Glielo aveva promesso!

 

*          *          *

 

Fenrir Greyback sbucò dal tunnel da dove era arrivata la madre di Pansy subito dopo che i due ragazzi ebbero imboccato il tunnel esterno.

Si guardò attorno e annusò l’aria, poi lanciò un’occhiata terrificante al bambino tra le braccia minute della donna

-          Perché non rispondevi! – le urlò malamente muovendo un passo verso di lei che fece quasi tremare il pavimento.

Nicholaa arretrò un poco stringendo la creatura al petto protettivamente e il mangiamorte le sferrò un ceffone che la scaraventò a terra e le arrossò tutta la guancia sinistra dove la mano callosa e irta di peli ispidi aveva scontrato la pelle giovane.

Si toccò il segno con mano tremante

-          Sei davvero un essere inutile… - disse con disprezzo Fenrir – come fai a non essere neppure capace di parlare? Non sei altro che una creatura inferiore! Una stupida puttana senza utilità!

La donna chinò la testa e i lunghi capelli biondi toccarono il pavimento umido

-          Mi domandò perché ti permettano ancora di vivere – continuò il lupo mannaro, poi girò i tacchi e il mantello e se ne andò da dove era venuto senza ricordarsi del perché era andato a cercare la signora Parkinson.

Nicholaa coprì in maniera materna il bambino e lo depositò nuovamente nel cesto, rimboccandogli le coperte e trascinandolo sul pavimento accanto a lei.

Tirò le ginocchia fino al mento e vi appoggiò la testa, cominciando a piangere.

 

*          *          *

 

Quanto la forma antiquata dell’uscio che separava il nascondiglio dei mangiamorte comparve davanti ai due fuggiaschi, la sagoma consunta e di cattivo gusto parve quasi come il cancello del Paradiso.

Muovendo la mano con la bacchetta mentre si stavano ancora avvicinando, Draco fece aprire il portello che immise nell’angusto spazio il fascio di luce chiara della del giorno, luce che non riusciva a filtrare attraverso le insignificanti feritoie della cisterna abbandonata.

 

Con un colpo la porta si richiuse dietro di loro attirando l’attenzione di quattro studenti, seduti nei tavoli a consultare dei volumi, che alzarono stupiti la testa e guardarono spaesati i due che erano appena comparsi dalla porta sul muro.

 

-          Sai smaterializzarti? – chiese Malfoy alla Caposcuola quando tutti furono tornati alle rispettive letture

Lei annuì appena, preoccupata

-          Andiamo a casa

-          Ma Silente ha detto che non possiamo…

-          Subito! – sbraito lui in maniera maleducata

E lei non poté fare altro che chinare il capo e annuire, facendosi trascinare in uno degli scaffali affianco, un poco nascosto dalle colonne altissime.

Lo guardò e vide il petto abbassarsi e alzarsi in maniera aritmica, Draco stava sudando e aveva gli occhi lucidi, che stava accadendo?

Con la mano destra si stava tenendo il braccio sinistro: il Marchio Nero!

Accidenti, si sarebbe dovuta ricordare di quanto era pericoloso per lui entrare in un covo del genere!

Era stata davvero stupida ed egoista a volerlo portare là dentro così ostinatamente, senza riflettere su cosa sarebbe successo a lui… non ci aveva proprio pensato al dolore che un traditore provoca nel rimettere piede in un posto del genere e non si riferiva solo a quello scatenato dall’osceno incantesimo che Voldemort aveva lanciato sul pupillo di Lucius.

Si guardò spaesata intorno, dovevano andarsene! Immediatamente!

Un’ultima occhiata alla porta che aveva separato il mondo dei babbani dagli inferi dei mangiamorte, un pensiero per quelle due creature intrappolate là sotto senza possibilità di fuga: Nicholaa e il bambino.

 

Agitò la bacchetta e in un battibaleno furono nel salottino dell’attico di Raymond, di fronte ad Hyde Park illuminato dalla luce del tramonto.

 

*          *          *

 

Hermione guardò il biondo un’ultima volta prima di appoggiare bacchetta e borsa sul tavolo e levarsi la giacca sportiva che aveva usato per il travestimento.

 

Draco sedette sul bordo del letto sbottonando i polsini della camicia e portandosi le mani ai capelli, appoggiando poi i gomiti alle ginocchia.

La mezzosangue notò che la pelle intorno al tatuaggio nero era di un rosso violento, probabilmente il dolore per lui era insopportabile, eppure non aveva detto una parola, l’aveva solo implorata di riportarlo lì e di allontanarsi dalla biblioteca, una richiesta più che legittima visto quanto accaduto.

-          Hermione – incominciò senza guardarla negli occhi – non cacciarti più in guai come questi

La Granger arretrò di un passo e si portò la mano al petto, guardandolo colpevole.

Lui, però, non la poteva vedere.

Era il caso di dirgli quello che aveva sentito?

Era il caso di riferirgli ciò che Nicholaa le aveva implorato di fare?

Era quello il momento adatto?

 

Se avesse taciuto adesso, avrebbe taciuto per sempre e non avrebbe avuto il coraggio di raccontargli tutto, una volta che il momento fosse passato.

Che doveva fare?

Perché era tutto così maledettamente complicato?

Silenzio.

Ancora.

 

-          Draco, io voglio tornare a salvare quel bambino – disse appena allungando la mano verso di lui come a volergli fare una carezza

Un gesto troppo intimo per un momento come quello dove, lo sapeva, si trovavano ai due capi di un precipizio.

Una voragine li divideva, niente di meno.

 

Draco sollevò il capo dalle mani e alzò gli occhi sgranati su di lei, Hermione vi vide saettare della rabbia.

Inconfondibile, è qualcosa che non è possibile scambiare per nient’altro.

Solo rabbia.

Le sopracciglia si abbassarono fino a nascondere quasi completamente l’argento baluginante degli occhi.

Aprì la bocca per dire qualcosa, ma, per un attimo, nessun suono uscì dalle belle labbra disegnate.

L’attimo dopo, un grido straziante lacerò l’aria e tutti gli oggetti di vetro andarono in frantumi, costringendo la Caposcuola a pararsi la testa con le braccia per non rischiare di essere ferita dalle schegge di vetro della cornice del quadro appeso accanto a lei, vicino alla libreria.

Quando aprì gli occhi, Draco era disteso sul pavimento, avvolto in fiamme nere come la pece e urlava straziato, tenendosi la testa, completamente avvolto da quell’incantesimo malefico che lo bruciava fino a consumarlo.

E si dimenava come se fosse stata una serpe a intrappolarlo.

Di nuovo la persecuzione dell’Inferno.

 

Hermione allungò il braccio come per toccarlo, ma quel nero, quelle lingue di fuoco, non erano come i fuocherelli che lui richiamava per gioco quando c’era necessità, quelle fiamme facevano male e sembravano far bruciare perfino le ossa, carbonizzando la pelle tutta intorno.

Come faceva lui a sopportare quel dolore, il fuoco non bruciava, ma era un altro tipo di dolore che si percepiva e che partiva da dentro, dall’anima.

 

Fu costretta ad allontanare svelta il braccio prima che anche lei venisse incenerita.

Vide il palmo della mano destra completamente arrossato e anche metà del braccio tra il polso e il gomito.

Lo portò protettivamente vicino e si guardò attorno alla ricerca del libro che aveva consultato l’altra volta.

Sarebbe stata costretta a richiamare per la seconda volta un incantesimo Oscuro, ma non le importava, non l’avrebbe lasciato in quello stato, non poteva, non senza tentare…

 

Che pagina era? Sarebbe stata in grado di ritrovarla? L’aveva cercata parecchio le settimane prima, nella speranza di rintracciare quell’incantesimo, soprattutto quando ancora non conosceva la storia delle Reliquie e voleva sapere che formula magica aveva pronunciato.

Adesso? Sarebbe stata in grado di salvarlo?

 

Il tomo era impilato assieme ad altri sul bordo dello scaffale, pronto per essere ordinatamente riposto, sorte che non era toccata a nessuno dei volumi disseminati per la stanza.

Aprì le chiusure di ottone che fermavano le pagine e cominciò a sfogliarle velocemente.

Avrebbe dovuto lavorare con calma, analizzando una dopo l’altra le formule magiche anziché scorrerle così rapidamente, ma era agitatissima, neppure quando lei, Harry e Ron avevano fatto la follia di giocare quella partita particolare agli scacchi dei maghi si sera sentita così e a quel tempo era al primo anno e non sapeva niente della storia di Voldemort e di tutti gli intrighi del mondo magico.

Quello che provava adesso era simile a ciò che aveva sentito quando con Harry avevano percorso indietro il tempo e salvato Sirius Black dalla prigionia, ma era come se tutte le sensazioni di allora fossero moltiplicate per cento, anzi, no! Per centomila!

Perché stava così male? Perché si sentiva così inutile? Lei!Lei che era la migliore studentessa di Hogwarts che le formule le snocciola come caramelle! Assurdo, doveva assolutamente calmarsi se voleva fare qualcosa!

 

Un’altra occhiata, la situazione non era certo migliorata… scartabellò ancora, le pagine ingiallite non le fornivano alcun aiuto per i ricordi confusi degli atti compiuti quella lontana mattina di quasi tre settimane prima.

 

All’improvviso un foglio un poco stropicciato e rovinato attirò la sua attenzione, nel mezzo delle pagine era caduta una limetta per unghie.

Sicuro!

Stava facendo la doccia quando era uscita dal bagno per controllare, doveva senz’altro essere quella la pagina!

Probabilmente nella fretta aveva richiuso il libro prima di accorgersi che l’oggetto le era caduto e non ci aveva fatto caso… ecco perché non riusciva più a trovare un pezzo del suo set da unghie!

 

Con l’indice tremante percorse le righe in corsivo dell’incantesimo, preparandosi allo scossone psicologico, fisico e morale che evocare una simile magia le provocava.

L’aveva già sperimentata, coraggio Hermione, puoi farcela! Ripeté a se stessa per regolarizzare la respirazione affannata.

Puntò la bacchetta, un attimo di esitazione, poi le parole fuoriuscirono scandite dalle sue labbra.

Una dopo l’altra andarono a formare quell’incantesimo.

Sentì il braccio tremarle mentre l’incantesimo veniva lanciato. Un momento ancora, solo uno, doveva resistere, poi sarebbe finito tutto. Per lei e per lui.

 

Chiuse gli occhi, quel giorno c’erano troppe cose che non voleva vedere.

 

Quando li riaprì la famosa sfera nera volteggiava nella stanza lanciando saette pericolose di uno stravagante colore violetto.

 

Pregò che andasse tutto bene, che non avesse fatto un errore.

L’incantesimo era senz’altro quello perché mentre lo pronunciava aveva recuperato dalla memoria i ricordi di quella mattina.

 

Coraggio Draco, tieni duro, un attimo, solo uno anche per te e poi…

 

*          *          *

 

Spazio autrice: ciao a tutti! Eccomi tornata con un nuovo cappy decisamente più movimentato del precedente.

Si entra nel vivo della storia e presto si scoprirà qualcosa di più, per quanto mi riguarda, con le vacanze alle porte spero proprio di avere un po’ più di tempo da dedicare alla stesura dei prossimi capitoli.

Mi auguro comunque che questo vi sia piaciuto, ditemi cosa ne pensate!

Ciao e un bacio,

Nyssa

 

Vavva: come ti capisco, anche mia mamma ogni tanto si preoccupa quando mi metto a ridere davanti allo schermo a causa di qualche fic particolarmente divertente… ma col tempo ci ha fatto l’abitudine.

Sono molto felice che il capitolo ti abbia fatto ridere, l’ironia non è proprio il mio cavallo di battaglia, quindi, sapere di essere riuscita a far divertire una lettrice, mi fa enormemente piacere! =)

Spero che ti piaccia anche il mio nuovo aggiornamento, aspetto di sapere, ciao e un bacione! Nyssa

 

Shavanna: è bello sapere di non aver distrutto l’atmosfera che si era creata, ma con tutti i pasticci di Silente credo che ci volesse qualcosa per rispostare l’attenzione sui veri protagonisti della fic, ovvero Draco ed Herm che, in questo nuovo aggiornamento, hanno tutto il palcoscenico per loro e per la loro stravagante avventura in biblioteca.

Che Draco sia un mito, beh, è come dire che il fuoco brucia… Herm invece è un personaggio difficile da riportare in questa fic perché, se nell’altra era lui a farsi dei complessi, qui la ragazzina mica scherza! E poi mi piace descriverla quando si arrabbia, le persone brave quando si arrabbiano sono delle vere furie, mi diverte farle perdere le staffe, probabilmente Draco mi ha contagiata…

Beh, anche se esageri con i complimenti non credo che mi dispiaccia, tutt’altro!

E non moderarti, non ce n’è bisogno, a me fa piacere sentire tutto quello che hai da dire e non abbiamo limiti di spazio, quindi… scrivere, scrivere e scrivere! Un bacio grandissimo, Nyssa

 

Mirichan: sono felice che il capitolo ti sia piaciuto e anche il finale, spero che sia lo stesso anche con questo nuovo aggiornamento! A presto, Nyssa

 

Falalula: se tu virgoletti tutto, io riempio le fic di incisi, quindi non credo ci sia di che dire, ognuno ha le sue tendenze, per quanto mi riguarda sembra che per ogni cosa che dico ci sia da fare una precisazione e così virgole a volontà!

Sono felice che l’idea di spezzare un po’ sia stata bene accolta, come dici tu, e come penso io, era il caso di staccare un po’ e anche di riportare l’attenzione sui due protagonisti che, comunque, hanno bisogno anche di qualche spazio tranquillo per battibeccare a sufficienza e riflettere come si deve su cosa provano.

Sono estremamente felice delle tue parole sul finale, essendo un capitolo poco serio mi sembrava un po’ azzardato mettere una simile conclusione, l’ho riveduta e corretta diecimila volte prima di pubblicare e se è così era solo perché altrimenti sarei stata in ritardo con i termini di pubblicazione…

PS: ho capito perfettamente la tua recensione, grazie mille, è splendida!

Bijoux, Nyssa

 

Luana1985: innanzi tutto, mi dispiace moltissimo, so come ci si sente a fallire qualche obiettivo, io sono ancora alle superiori e quindi non ho proprio l’idea generale, ma penso di capire… credimi, mi dispiace moltissimo, spero che i prossimi siano da fare invidia, sono sicura che sei un’ottima studentessa!

Per quanto riguarda il cappy, mi fa piacere che ti sia piaciuto e spero che sia riuscito un poco a distrarti… tranquilla, Draco ed Herm, anche se non l’ammetterebbero mai, sarebbero capaci ad andarseli a creare quei momenti di litigata per avvicinarsi un po’, quindi no problem!

Spero che approverai anche questo nuovo aggiornamento, aspetto la tua opinione al più presto! Un bacione! Nyssa

 

Potterina_88_: beh, Draco è Draco, se non è capace lui ad approfittarsi degli altri… e chiaramente, visto che Herm non gli è poi così tanto indifferente, non credo che gli dispiaccia così tanto “approfittarsi” di lei… e forse neppure a lei XP

Diciamo che, se anche Herm ha pensato che la soddisfazione più grande l’abbia avuta Malfoy, in realtà non voleva ammettere che le aveva fatto un immenso piacere poterle umiliare… è troppo santarellina per ammettere qualcosa del genere a se stessa…

Sono felice che anche l’ultima parte ti sia piaciuta, come ho già detto, all’inizio mi sembrava un po’ azzardato aggiungere quella conclusione ad un capitolo decisamente poco impegnato, l’ho corretta diecimila volte, poi alla fine l’ho lasciata così, quindi sapere che è stata bene accolta mi fa immensamente piacere!

Bene, spero che ti piaccia anche questo nuovo aggiornamento, ciao e un bacione! Nyssa

 

Lord Martiya: Jenny-pokemon? Beh, i pokemon mi piacciono così così, ma credo che jenny sia decisamente più stupida del pokemon più idiota che Ash ha tra i suoi…

Per curiosità, quale pokemon ti immaginavi?

Beh, se mi dici che hai scritto delle follie vado subito a vedere! Di che parlano queste follie?

Spero che ti piaccia anche il nuovo capitolo, ciao! Nyssa

 

Killkenny: suppongo che dopo la “ripassata” che gli hanno dato Eva sensei, Mana, Sayo e Kaede di Grindewald non sia rimasto molto… peccato, avrei voluto fargli fare qualche altra comparsa nella storia… vabbè, troverò un sostituto.

Cosa intendi con “il sadismo della coppia Draco/Herm è qualcosa di pari solo alla Tomolo/Eriol?” m’incuriosisce questa affermazione!

Penso anche io che Jenny, Simone, Amanda e Cinthya sarebbero degne com(p)ari di LavLav, ma forse sono troppo stupide anche per lei, ad ogni modo, magari le farò incontrare per un esperimento sul campo…

Spero che ti piaccia anche il nuovo aggiornamento, ciao! Nyssa

 

Lauwren: non dirlo a me, tra compiti, scuola e cento altro non ho neppure il tempo di postare!

Come faccio a postare regolarmente? Beh, quando ho cominciato a scrivere l’altra fic ero mooooolto più puntuale e aggiornavo due volte a settimana, lo faccio perché quando seguo io una fic entro letteralmente nel pallone, non sono brava con la roba a puntate, ci scappo di testa e vorrei subito sapere come va a finire, così ho deciso che, se qualcuno avesse voluto leggere le mie cose, avrebbe avuto la certezza di poter accendere il pc e controllare regolarmente, senza dover stare a spulciare la fic giorno per giorno.

Anche io non seguo molte fanfic lunghe e l’unica che vorrei veder finita è bloccata da sei mesi! (l’autrice si prende delle lunghe pause di riflessione…).

Sono felice che il continuo battibecco tra Draco ed Herm sia divertente e mi fa piacere che lo sia stato anche il cappy scorso, spero che approverai anche questo nuovo post!

A presto e un bacio grande! Nyssa

 

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Capitolo 16
*** Whatever will be will be ***


Il corpo di un bambino di dieci anni continuò a galleggiare in mezzo alla stanza finchè la patina nera non fu scomparsa del tutto

Il corpo di un bambino di dieci anni continuò a galleggiare in mezzo alla stanza finchè la patina nera non fu scomparsa del tutto.

Quando anche l’ultima molecola si fu dissolta, la figura infantile cadde a peso morto sul letto, facendo cigolare il materasso.

 

Hermione gli fu vicina in un baleno, prendendogli la mano e sentendogli il polso: inutile, non riusciva a percepire niente.

Strappò i due bottoni della camicia e con le dita gli sentì la pressione tra la gola e il petto, debole, molto debole, quella era avvertibile.

E Draco sembrava quasi che dormisse.

 

Si alzò in piedi e sospirò come la madre che assiste il figlio ferito in guerra; gli mise il pigiama e prego che nessuno avesse percepito il violento scoppio di energia che si era liberato quando aveva richiamato l’Incantesimo Oscuro.

Che cosa doveva fare?

Aveva forse sbagliato a raccontargli tutto subito?

Avrebbe dovuto aspettare? Avrebbe dovuto dirlo diversamente? Avrebbe dovuto dirlo??

E in quel caso, avrebbe poi dovuto fare qualcosa da sola o abbandonare per sempre il proposito di salvare il bambino?

No, non poteva lasciarlo là sotto, a costo della vita, lo avrebbe salvato perché lo aveva promesso a Nicholaa.

 

Di lei si diceva che faceva sempre la cosa giusta, ma in quel momento non era certa che il suo agire fosse stato dei migliori.

Sia perché aveva costretto Draco a fare uso dei suoi poteri, sia perché l’aveva portato in quel sotterraneo maledetto dove ricordi e magie nere tornavano alla luce squarciandogli il corpo dal dolore. Sia perché gli aveva quasi dato il colpo di grazia con la sua ultima frase.

 

Ma quel bambino era senz’altro la persona di cui parlavano Bellatrix e Rodolphus Lestrange alla sala da tè, l’ultimo dell’anno.

Nessuno glielo aveva detto, ma sentiva che era così e lei, proprio lei che si fidava solo di ciò che vedeva, decise di dare credito a quella sensazione.

 

Cosa doveva fare?

Andare?

Non andare?

Salvarlo?

Da sola?

Con Draco?

Senza Draco?

In che modo?

 

Tante domande che non erano neppure la metà degli interrogativi che la perseguitavano, che la assillavano chiedendole chi fosse quel bambino e perché i mangiamorte l’avessero rapito.

Indubbiamente aveva a che fare con Silente, questo era poco ma sicuro, altrimenti non ne avrebbero parlato in modo così vicino a quello del vecchio mago.

E poi, sempre per quanto riguardava Silente, cos’era questo Onore dei Black?

Come a Draco piaceva ripetere, i Black non avevano avuto onore. Mai.

Però il preside li aveva incaricati di trovare questa cosa, ma dove?

Ne avevano parlato, ma sembrava che ci fossero più probabilità di rendere Lavanda Brown intelligente rispetto a quelle di trovarlo…

Non sapevano neppure da dove cominciare, almeno si fosse degnato di concedere loro un indizio! Un piccolo suggerimento!

Niente, muto ed enigmatico come suo solito, anche questa volta, il vecchio Silente non si era smentito.

 

Un’occhiata a Malfoy.

Accidenti anche a lui, maledetto incosciente!

Perché quelle fiamme, poi? Cominciava a sospettare che non fossero proprio casuali le loro apparizioni… c’era dunque qualcos’altro che non le aveva detto?

Quanti altri misteri doveva risolvere da sola prima di riuscire a saperne tanto quanto gli altri sulla faccenda?

 

Le quattro e mezza e il sole era già tramontato… che tristezza che era Londra d’inverno, preferiva molto di più la campagna sterminata intorno alla Scuola.

Quando nessuno se ne accorgeva, a volte il pomeriggio usciva e camminava per i campi, si sedeva su una pietra e rimaneva lì a pensare, c’erano molte cose su cui rifletteva: la sua famiglia, i suoi poteri, i prof e la scuola, le lezioni, i compagni, gli amici…

Un pensiero però tornava sempre e comunque ed era sua nonna.

Aveva voluto bene a sua nonna quasi quanto ad una madre e senza dubbio più che alla sua genitrice naturale; quando era bambina sua nonna abitava con loro e si era sempre presa cura di lei quando i suoi genitori erano fuori e non potevano starle accanto, lei, però, c’era sempre stata per qualsiasi cosa, soprattutto quando i compagni di classe la deridevano dicendole che era una persona “strana” e che non era come loro perché se ne stava sempre zitta in disparte e quando parlava sembrava ogni volta la signorina-so-tutto-io.

A quel tempo ancora non sapeva di avere dei poteri particolari e la lettera di Hogwarts non aveva ancora fatto il suo ingresso in casa Granger.

C’era una e un’unica cosa che rimpiangeva ed era di non aver potuto mostrare la lettera a sua nonna, lei senz’altro ne sarebbe stata fiera e orgogliosa, come lo era sempre di lei, della sua piccola Mione.

Delphie Longfield era la madre di sua madre; non assomigliava molto a sua nonna che era una personcina minuta e socievole a differenza sua, eppure erano affiatatissime insieme.

Sua madre non aveva mai avuto molto tempo da dedicarle, quando era nata erano passati diversi anni dal matrimonio dei suoi genitori, troppi perché quei due potessero ancora amarsi. Entrambi erano all’apice della carriera e non potevano certo occuparsi della marmocchia piagnucolona che avevano messo al mondo… era stata il classico incidente di percorso.

Mamma e papà uscivano presto al mattino e tornavano tardi la sera, vivevano attaccati ad un telefono e frequentavano convegni, cene, conferenze e studi rinomati, rigorosamente separati; avevano una vita lavorativa molto affollata, responsabilità ed incarichi difficili, tanti clienti e molte grane, come tutti; era normale che non potessero dedicarsi a lei e ai suoi infantili problemi che liquidavano con un “tesoro, non devi dargli retta…”.

Ma a sette anni è difficile guardare in faccia un altro bambino che ti ha appena detto che non sei come lui, che sei strana e che non c’è posto per te… sua nonna l’aveva sempre ascoltata ripetere le solite cattiverie che gli altri fanciulli esprimevano senza peli sulla lingua.

Crescendo e poi entrando a Hogwarts si era spesso interrogata sul perché fossero così crudeli nei suoi confronti e, a ben pensarci, doveva davvero essere una persona odiosa, a quei tempi.

Ma nessuno le dava fiducia e lei era sempre stata troppo timorosa per esporsi così tanto, aveva sempre cercato di scongiurare il peggio: la pubblica vergogna.

Quindi, cane mangia cane.

E così faceva la sicura di sé, camminava con mento alto, squadrava tutti e rispondeva con insolenza ai suoi compagni, naturale che la detestassero.

Aveva cercato di cambiarsi, quando aveva preso coscienza di quanto era insopportabile, ma non era riuscita a farlo più di tanto e ancora adesso non poteva dire di essersi davvero aperta con qualcuno, forse neppure con Harry che le voleva davvero tanto bene.

Harry assomigliava un po’ alla nonna, si sedeva lì sul divanetto e ascoltava, lui si metteva sul letto e stava a sentire le sue infinite storie.

Povero Harry, l’aveva addirittura coinvolto in quel progetto semi-fallimentare che era il C.R.E.P.A. e lui non aveva detto una parola.

 

Sua nonna era venuta a mancare un mese prima che arrivasse la lettera e quando l’aveva saputo, non credeva che sarebbe riuscita ad andare avanti. Poi, piano piano, con la missiva magica e tutto, si era fatta coraggio e, allettata dall’idea di andare in un posto dove nessuno la conosceva e dove avrebbe potuto ricominciare una vita da zero, aveva tirato avanti.

La realtà si era rivelata differente perché la sua natura saccente non era riuscita a rimanere imbrigliata nell’autocontrollo che le aveva imposto e per di più, Malfoy era l’incarnazione della brutale sincerità con cui i bambini la schernivano da piccoli.

Con una differenza.

Se i bambini lo fanno senza pensare alle conseguenze e senza curarsi troppo di cosa dicono, il biondastro sapeva alla perfezione che cosa le stava dicendo più o meno tacitamente: tu sei un’ESTRANEA.

 

Aveva negato la cosa fino a farsi del male, prima di accettarla, poi, lentamente, aveva preso coscienza di cosa era e “mezzosangue” non era stata solo una parola di disprezzo, ma anche di orgoglio.

Mezzosangue è una persona i cui genitori non hanno poteri magici e la sua radice significa “nata dal fango” o “sangue sporco”; ma mezzosangue era stato il mago più temuto del mondo magico e mezzosangue era la migliore studentessa di Hogwarts, colei che riusciva a brillare sopra ridde di Purosangue dal passato millenario.

Lei era LA Mezzosangue.

E mezzosangue era solo lei, come diceva Draco, LA Mezzosangue.

Nessun altro era chiamato così, un segno distintivo di orgoglio e spregio, come tutto in lei.

 

Ogni tanto avrebbe ancora voluto avere la nonna affianco, raccontandole cosa faceva a Scuola, come era il mondo magico, facendole vedere le magie.

Sua nonna non c’era più da molto, troppo tempo.

E lei aveva imparato a cavarsela da sola, sacrificando un poco del suo orgoglio e mettendolo da parte.

 

Adesso, però, ne avvertiva la mancanza, avrebbe voluto averla lì perché la confortasse e le dicesse cosa era giusto fare.

Silenzio.

Draco dormiva ancora.

No, non c’era bisogno della nonna per sapere cosa avrebbe dovuto fare.

Non poteva obbligarlo, soprattutto, non poteva coinvolgerlo di nuovo.

Se per lei quello che faceva era alla stregua di un gioco pericoloso, per lui c’era dell’altro, molto altro.

Non poteva permettersi che soffrisse come prima.

Fai ciò che ritieni giusto

Le ripeteva la vecchia Delphie e lei avrebbe fatto esattamente così.

 

Si alzò in piedi.

Guardò un’ultima volta il bambino addormentato nel letto, poi girò su se stessa, raccattò cappotto e sciarpa dall’attaccapanni.

Uno sguardo tutt’attorno.

Da quanto tempo conosceva la magia per distruggere l’incantesimo dei loro braccialetti?

Da sempre.

Fin dal primo momento in cui glielo avevano messo aveva saputo come levarselo, se non lo aveva fatto era solo per paura.

Paura di rimanere sola.

Perfino rimanere con Malfoy era meglio che stare sola.

No, stare con Malfoy era bello, molto bello.

Non doveva mentire a se stessa, come quando era bambina, facendo finta di non essere diversa dagli altri.

Era orgogliosa di esserlo, ora, e poteva dirlo chiaramente, le piaceva stare con lui, era una sorpresa continua e ci si divertiva moltissimo insieme, anche se la causa era quasi sempre un battibecco, un litigio di poco conto, qualche parola scappata.

 

Voleva disperatamente rimanere con lui, ma non era giusto che lui venisse coinvolto in quel suo progetto folle.

Lo faceva anche per lui.

Chiuse la porta e scese dabbasso.

 

*          *          *

 

Draco si mise a sedere non appena la serratura scattò dietro di lei.

Stupida mezzosangue…

Poteva quasi sentire i pensieri che aveva fatto mentre lo vegliava, era sveglio da un po’ e, anche se non aveva usato la legilimanzia, conosceva il soggetto di quelle riflessioni, soprattutto perché conosceva lei.

La gente diceva che Hermione Granger aveva una faccia da poker che non lasciava trasparire le emozioni.

Niente di più falso, lei le emozioni che provava le manifestava tutte, solo che bisognava saper guardare con attenzione, non semplicemente fermarsi ad osservare un sorriso che c’era o non c’era.

 

Sapeva che lei conosceva l’incantesimo per annullare l’effetto dei braccialetti, a ben pensarci, era una cosa assai stupida, una magia quasi elementare.

La conosceva anche lui.

E se erano rimasti insieme era solo perché avevano volto, ENTRAMBI.

Cosa aveva intenzione di fare era lampante, non glielo aveva detto, ma anche lui aveva sentito le parole di Nicholaa risuonargli nella testa: perché le aveva taciuto anche quello?

Le aveva fatto credere di averla messa a parte dei suoi segreti, ma c’era dell’altro che lei non conosceva, piccolezze, ma che potevano minare il loro rapporto.

E forse era riuscito a portarla proprio a quel punto, perfino da abbandonarlo.

 

Dire che cosa doveva fare era come discolparsi e non lo avrebbe fatto perché sapeva perfettamente che cosa c’era da fare in quel momento, bisognava solo trovare il coraggio di farlo.

Il coraggio non gli era mai mancato, non finchè non c’era qualcosa di caro in gioco: non aveva mai chiamato sua madre “mamma” per paura che lei rimanesse scandalizzata. Non aveva mai detto a suo padre che “era uno stupido, ma lo stimava molto per come aveva agito nella questione delle reliquie”, era stato un vero Capofamiglia.

Non aveva detto a Blaise che “era l’unico amico che avesse ed era lusingato che lui volesse rimanere insieme”.

E soprattutto, non aveva mai detto alla mezzosangue che era l’unica che riteneva davvero all’altezza di essere messa a parte di tutta quella vicenda. Non le aveva detto che, anche se forse non era Venere in persona, era una persona splendida.

E non le aveva detto che quel periodo trascorso insieme era stato il più bello della sua vita nonostante grattacapi di sorta, litigi e quant’altro.

Soprattutto, non le aveva detto che voleva rimanere sempre con lei, a lei piacendo.

Forse, se lei lo avesse saputo, non avrebbe avuto così terrore di coinvolgerlo in quella storia.

Avrebbe preferito bruciare nella maledizione delle fiamme nere o farsi consumare il braccio da Marchio Nero piuttosto che lasciarla da sola o esporla anche solo ad un simile pericolo.

Lo avrebbe fatto anche solo per tenersela vicino.

 

Ma era stato codardo e lei era scappata credendo di fare la cosa giusta.

 

Non c’era bisogno di sapere dove si era diretta, non era il caso, lo sapeva benissimo.

Bisognava solo avere il coraggio di andarla a cercare.

Lo avrebbe avuto?

 

*          *          *

 

Se n’era andata, ma non aveva ancora avuto il fegato di lanciarsi nell’avventura che la stava portando lontano da Draco Malfoy.

Aveva terribilmente paura e adesso non c’era il Principe degli Slytherin a proteggerla se fosse successo qualcosa.

Avrebbe dovuto cavarsela da sola, una cosa che, francamente, non le era mai riuscita troppo bene.

Confrontarsi con se stessa era una battaglia persa in partenza su tutti i fronti in cui la si poteva combattere.

 

Avrebbe aspettato fino a domattina, poi sarebbe entrata alla Queen e avrebbe improvvisato.

Già, improvvisato… era una cosa un po’ strana per una persona meticolosa e calcolatrice come lei.

 

Ma dopotutto, non era molto diverso da quello che aveva appena fatto, ritrovandosi in un caffè fumoso e pregno dell’odore della moka e del cioccolato che aveva tutta l’aria di essere lì da sempre.

 

Affianco a lei erano gli ultimi avventori: un paio di uomini leggevano il giornale sportivo dando le spalle alle toilette, due signore di una certa età chiacchieravano in un tavolino affianco alla vetrata, sorseggiando delle cioccolate e bisbigliando di questo e di quello, scrutandosi maliziose attraverso le spesse lenti degli occhiali, protette dai loro consueti maglioncini rosa polvere molto vecchio stile.

Una ragazza era seduta con una pila di fogli davanti ad un tavolo d’angolo e, saltuariamente, scriveva qualcosa per poi continuare o accartocciare la bozza.

Poco distante, alla vetrata che dava sulla strada, uno studente con portatile davanti scriveva qualcosa al computer accompagnato da una pila di tomi di chirurgia.

E per finire altri due clienti erano appollaiati agli alti sgabelli del bancone e chiacchieravano tranquilli lanciando vacue occhiate alle brioches ormai un poco stantie esposte nello scaldapane.

Si sentiva squallida a stare in quel posto frequentato solo da persone che non volevano avere niente a che fare col resto del mondo, per il momento, anche lei ormai era così, ma credeva di avere una ragione migliore per ricercare quella solitudine piuttosto che i piccanti segreti di qualche nipote incinta o della stesura della tesi di laurea.

Tantomeno la solitudine domestica di quei poveretti che mangiavano minestra tutte le sere.

Sospirò mesta e sorseggiò il tè, inconfondibilmente industriale, che le avevano servito.

 

*          *          *

 

C’erano migliaia di posti dove la mezzosangue poteva essersi rifugiata per scappare da lui, al momento, però, escludeva senz’altro la biblioteca: aveva agito d’impulso, ma aveva ancora la testa sulle spalle, non si sarebbe lanciata così alla cieca in una avventura tanto pericolosa, un po’ ci teneva anche lei alla pelle, lo dimostrava il fatto che fosse riuscita a sopravvivere a sette anni in compagnia di Potty.

Senza contare che la Granger aveva senz’altro delle conoscenze a Londra e quindi, volendo, sarebbe anche potuta rimanere da loro per qualche tempo.

Ma l’avrebbe fatto?

Onestamente parlando, gli sembrava più il tipo che si sarebbe tagliata una mano piuttosto che suonare il campanello e chiedere aiuto a qualcuno, il suo orgoglio era maledettamente onnipresente.

 

Si strinse nel cappotto e sistemò la sciarpa intorno al collo, perché mai Londra doveva essere un posto così orribile? Faceva freddo e c’era una puzza di smog che prendeva le narici e le faceva bruciare quasi, per di più il nevischio che non riusciva a fermarsi per strada formava piccole pozzanghere melmose che impiastravano le scarpe e facevano scivolare.

 

Guardò speranzoso dentro ad un locale, chiedendosi se non si sarebbe potuto prendersi dieci minuti per non morire assiderato prima di continuare la ricerca.

Dal di fuori era un incrocio tra un pub malfamato di Nottun Alley e il negozio di Madama Piediburro, l’antitesi fatta casa, vicino al vetro era un ragazzo dal naso prominente e i capelli scomposti che batteva su una specie di macchina da scrivere sottilissima guardando fisso una specie di televisione in miniatura.

Sembrava un posto innocuo, decise che sarebbe stato al caso suo.

Poi un movimento appena catturò la sua attenzione con un flash rosso che sfrecciò dietro le spalle esili del ragazzo:

era lei?

 

Non ne era sicuro, non l’aveva neppure vista, eppure qualcosa dentro di lui gli diceva che doveva andare a controllare perché, secondo il suo strampalato sesto senso, lei doveva essere proprio lì.

Aprì serio la maniglia d’ingresso facendo tintinnare il campanello della porta, il barista e due avventori si voltarono a guardare il bambino che era appena entrato, terminando quello che stavano dicendo

-          Cerchi qualcosa? – gli domandò quello che doveva essere il proprietario e che, al momento, asciugava i bicchieri

Fece violenza a se stesso per riuscire a interpretare una parte decente del bambinetto idiota

-          Faccio una sorpresa alla mamma! – sillabò all’uomo dopo essersi arrampicato su uno degli altri sgabelli, ma era sempre stati così scomodi?

Il proprietario sorrise e gli indicò il corridoio, dopodiché tornò a quello che stava facendo e gli altri due ricominciarono a parlare della partita della domenica prima.

Modestia a parte, era un ottimo attore.

 

*          *          *

 

Hermione si asciugò una lacrima traditrice che le rigò la guancia, fregò la ruvida lana del maglione sulla pelle ed era già scomparsa, peccato che non fosse lo stesso con quel persistente senso di colpa che le rodeva l’animo, come se ci fosse qualcosa che non aveva preso in considerazione durante la sua scelta e adesso le apparisse tutto meno nitido e facile di prima.

 

Quando aprì gli occhi Draco Malfoy era davanti a lei, i piedi da bambino ben piantati sul pavimento, le mani affondate nelle tasche e i capelli coperti dalla neve, sembrava arrabbiato, no, meglio, sembrava davvero furioso!

 

-          Stupida! – le gridò attirandosi l’attenzione delle vecchiette che spettegolavano vicino alla finestra

 

Hermione raddrizzò la schiena e lo guardò senza capire, lui la squadrò truce

 

-          Cosa credevi di fare? – le domandò

 

Le due donne all’angolo tesero l’orecchio, la questione era stranamente interessante, soprattutto se si trattava di seguire la movimentata conversazione tra un figlio che rimprovera la giovane madre!

Draco si voltò un istante verso di loro e le raggelò con lo sguardo, non si poteva certo dire che fosse nei suoi momenti migliori, anzi, se la mezzosangue non fosse stata lì, probabilmente avrebbe lanciato a quelle due impiccione qualche schiantesimo, tanto, rintronate lo erano già di loro…

Vecchietta1 e Vecchietta2 si affrettarono a raccattare cappelli e cappotti e a pagare il conto prima che la testa del biondo si voltasse nuovamente nella direzione della Gryffindor.

 

-          E adesso spiegami quale bacata idea ti è saltata questa volta in quel tuo cervellino malato!

-          Non è un’idea bacata!

-          Da come ti comporti sembra quasi che san Potter ti abbia contagiato con la tua follia del sacrificio totale e incondizionato

-          Faccio quello che voglio della mia vita, Harry non c’entra!

-          Fai quello che vuoi un cazzo! – sbraitò la piccola serpe – non comportarti come se fossi l’ultima donna rimasta sulla faccia della terra, ci sono altre persone nella tua vita, accidenti!

 

Lei si arrestò un attimo, mettendo momentaneamente in stand by la sua aggressività per rintracciare il significato della precedente frase?

Parola d’ordine: non farsi illusioni.

Parola d’ordine ancora più importante: non credere che lui pensi di essere una parte della sua vita sennò i piani vanno a rotoli.

 

Ok, a questo punto era lecito chiedersi cosa volesse dire?

Avrebbe disperatamente voluto che lui intendesse che non voleva che lei agisse così perché erano insieme, però… sarebbe stato come credere al Coniglio Pasquale…

 

-          Ma cosa sei, tarda?

 

Le parole, gentili come sempre, di Messer Furetto la ridestarono dai quesiti esistenziali appena giunti alla sua analisi e fecero saltare lo stand by, riportandola, arrabbiata, al cospetto del biondastro

 

-          Io non sono tarda – protestò piccata

-          Sì, allora vorrei proprio sapere come una persona intelligente possa anche solo lontanamente pensare di andare a lanciarsi in un simile avventura senza una guida, senza una mano, senza un accidenti di nessuno! Perché nessuno sano di mente lo farebbe!

-          Quello che faccio sono affari miei

-          Un corno sono affari tuoi, ci siamo tutti e due sulla barca che cola a picco, o buttiamo fuori l’acqua o affondiamo tutti e due

-          Una metafora molto raffinata – frecciò lei beccandosi l’ennesima occhiata al vetriolo

-          Dimmi che non l’hai fatto… - disse all’improvviso lui cambiando tono di voce, lei ne parve sorpresa

-          Che cosa

-          Credere che questa follia fosse la cosa più giusta da fare, dimmi che non l’hai fatto, che non sei stata così ingenua e così ottusa

 

All’inizio si sentì pronta per rendergli pan per focaccia, non le era certo piaciuto prendere una simile svolta, ma… era come se le parole le fossero morte in gola, era come se le lacrime scendessero da sole, anche se non voleva

 

-          Sarò anche ingenua – rispose tra i singulti, passandosi la maglia ispida sotto il naso – e forse sarò ottusa, ma non mi è piaciuto fare quello che ho fatto

-          Ma come? Ed io che credevo che invece ne fossi così contenta? Dopotutto, cosa conta per te un insulso mangiamorte come me, marchiato fino alla fine, che porta il segno dei suoi errori e che non può nasconderlo? Sei stata crudele, lo sai?

-          Sei un figlio di puttana, Malfoy, lo sai? Sei uno stramaledettissimo, borioso e pieno di sé Principe degli Slytherin a cui tutto gli è dovuto, ma… - si morse la lingua, sarebbe riuscita a sbattergli in faccia la verità? – ma… preferisco mille volte essermi innamorata di un idiota figlio di puttana come te e del mangiamorte che credi di essere stato, piuttosto che dello schifosissimo idiota dalla fedina penale linda e pinta che non capirebbe neppure la metà di quello che ho provato io!

Stupido!

E a proposito, non l’ho fatto per abbandonarti, ma per risparmiarti l’agonia di un altro giretto panoramico alla Queen, l’ultima volta ci stavi quasi per lasciare la pelle! Tu! Non io!

E così dicendo, voltò i tacchi e lanciò due monete al barista

-          Oblivion – fu tutto quello che udì prima che la porta sbattesse e lei cominciasse a correre sul marciapiede.

 

Ma se lei correva, lui non riusciva a muovere un passo, inchiodato alle assi del pavimento, troppo perso nei suoi pensieri per riuscire a muovere anche un solo muscolo.

Cosa aveva detto?

Innamorata?

Naaa, doveva aver sentito male, Hermione Granger non s’innamora di uno come lui, di Draco Malfoy.

E poi?

Che lui capiva più dello stupido dal passato candido?

Ma se non voleva altro!

Sciocca, che cosa andava mai a dire, se avesse cominciato davvero a crederci le cose sarebbero peggiorate…

No, non poteva essere.

No, assurdo, decisamente impossibile! L’acustica di quel locale era pessima, doveva aver detto qualcos’altro!

Eppure…

Eppure c’era una fiammella che bruciava nel suo cuore e che scioglieva quel ghiaccio di cui era ricoperto, piano, lentamente, ma continuatamene.

Accidenti a lei!

 

Corse fuori più veloce che poté e seguì il marciapiedi finchè non incrociò un bivio.

Lo vide da lontano e già cominciò a chiedersi da che parte svoltare, dove era andata quella maledetta strega piantagrane?

Guarda te se doveva andare a combinare certi pasticci! Guarda te se doveva dirgli che era innamorata!

A lui, a Draco Malfoy! DI Draco Malfoy!

 

Si fermò un metro prima del palo che indicava le tre direzioni: dritto, destra e sinistra, tutte ugualmente impersonali, tutte stranamente poco familiari.

Guardò a sinistra, la strafa conduceva in Hyde Park; a destra si dirigeva verso una scuola e andando dritto c’era la strada che costeggiava il grande parco pubblico.

Lanciare un dado sarebbe stato più produttivo, non aveva idea di quale delle tre lei avesse imboccato.

 

…e poi, all’improvviso, comparve da dietro il palo, i capelli scompigliati, le lacrime che sgorgavano copiose.

Beata pazienza, ma chi glielo aveva fatto fare di non correrle subito dietro e abbracciarla?

Come aveva potuto dubitare anche solo un istante di ciò che gli aveva detto?

Sapeva cosa aveva dovuto fare a se stessa per dirgli certe cose, lo sapeva alla perfezione.

 

Lei sorrise.

Lo sapeva anche lei.

Sapeva che lui sapeva.

 

Le corse incontro e l’abbracciò, nei limiti di quello che la sua bassa statura gli permetteva, stringendola a sé.

Povera, piccola mezzosangue, doveva averle reso la vita un vero inferno…

 

-          Sarei stata codarda due volte se fossi scappata anche questa, se tu mi avessi cercata… - gli disse piano inginocchiandosi di fronte e stringendogli le braccia intorno al collo – in realtà – aggiunse – era la paura che mi ha fatto agire così; non avrei potuto portarti ancora con me sapendo quello a cui ti condannavo

-          Io te l’ho sempre detto che passi troppo tempo a riflettere su delle stupidaggini, piuttosto che impiegarlo in modo più intelligente

-          E quale sarebbe il modo più intelligente

-          Se nona vessi dieci anni te lo mostrerei, ma rischieresti di essere condannata per pedofilia, mi sa…

Lei sorrise e si alzò in piedi, lui la tirò per una manica e fece sì che tornasse ad incontrare i suoi occhi

-          Granger – incominciò titubante, glielo avrebbe detto, dopotutto lei gli aveva dato fiducia – ho tre cose da dirti.

Hermione annuì

-          La prima è che non so che cosa risponderti. – lei parve esitare – fino ad oggi è stato facile liquidare le situazioni del genere con le altre, non era amore quello che provavano per me e certo io non lo provavo. Non so cosa sia l’amore, non ne ho mai ricevuto e non so distinguerlo da altri sentimenti complicati, non so come chiamare quello che provo nei tuoi confronti, ma sarei molto orgoglioso se QUELLO fosse AMORE, anche se sei una piccola mezzosangue; e anche se non hai un posto dove stare, tra gli uomini, tra i maghi, sappi che un angolino nei miei pensieri lo avrai sempre e se non saprai dove andare, potrai sempre rifugiarti lì.

La Caposcuola sorrise commossa, fece per replicare, ma lui la fermò

-          La seconda cosa che ti devo dire è che lo conoscevamo entrambi l’incantesimo per spezzare i braccialetti, quindi se siamo rimasti insieme è solo perché entrambi lo volevamo. Quindi non ha senso che tu mi voglia allontanare quando io non voglio farlo, intesi?

La testa scura fece cenno si

-          E la terza cosa… beh, ti ho detto che non so come chiamare quello che provo, è vero, ma voglio dirti quello che sento davvero. Non ho mai avuto così tanta fiducia nelle persone da metterle a parte di qualcuno dei miei segreti, ma soprattutto, dei miei problemi. Gli scheletri rendono l persone vulnerabile ed è una cosa che non ho bisogno di essere; so che tu capisci. – Hermione confermò – ma ho sentito di potermi davvero fidare di te, ho capito che tu non mi avresti tradita, ho saputo che tu saresti stata in grado di tenere quel segreto e anche di starmi accanto. Anche se non me lo hai detto.

Ma soprattutto, l’ho fatto perché ti volevo vicina. Non c’è e non c’è mai stata una persona che avessi così intensamente voluto accanto. Probabilmente non ce ne sarà un’altra. Quindi vedi di non morirmi troppo presto, chiaro?

Annuì

-          Bene, e adesso che abbiamo finito di dare spettacolo in mezzo alla strada, vediamo di tornarcene in casa, fa freddo e dire certe cose di fronte a tutte queste persone è imbarazzante

 

Le sue classiche scuse, il classico Draco Malfoy, lo stesso di cui era innamorata.

Come se uno solo dei passanti si fosse curato di stare a sentire quello che un bambino imbronciato stava dicendo alla sua mamma…

Certo, ricevere una dichiarazione d’amore da un bambinetto non era proprio il massimo, ma probabilmente nessuno aveva idea di cosa rappresentavano quelle parole per lei, quelle frasi, quei sentimenti senza nome.

Solo lei lo sapeva ed era il suo piccolo segreto.

Anzi, no, era il loro piccolo segreto.

-          E a tal proposito, Granger – lei abbassò le iridi dorate – non farmi umiliare più fino a quel punto in mezzo alla strada, ti avevo già detto quanto di dovere nel caffè.

 

Non comportarti come se fossi l’ultima donna rimasta sulla faccia della terra, ci sono altre persone nella tua vita.

 

Ci siamo tutti e due sulla barca che cola a picco, o buttiamo fuori l’acqua o affondiamo tutti e due.

 

*              *              *

 

Spazio autrice: ciao a tutti! Ecco qui il nuovo aggiornamento della storia, vi informo che siamo agli sgoccioli, ormai non manca così tanto, sto giusto progettando il finale, infatti sto scrivendo di qualche cappy più avanti, ehehehe!

 

Come Draco Malfoy, anche io ho tre cose da dire:

 

La prima è che vorrei ringraziarvi tutti per le tantissime recensioni che mi avete lasciato, addirittura 100!!!

Non credo di meritarle tutte e, soprattutto, tutte le belle parole che usate per me e per le mie storie, sono davvero grata a tutti voi, so che a volte non si ha voglia di mettersi lì e formulare due pensieri per un’autrice in crisi depressiva che allunga le storie in maniera indecente con capitoli inutili e scenette insulse (leggi: me!), per questo vi ringrazio, perché tantissime persone mi scrivono e mi lasciano le loro recensioni ogni volta!

Grazie, Grazie e Grazie Mille!

E grazie moltissimo anche a tutti quelli che hanno aggiunto la mia storia tra i preferiti o che, semplicemente, la leggono, vi assicuro che mi fa molto piacere scorgere il numero delle letture e vederlo ogni volta più alto!

 

Ok, come avrete capito, la parte di inchini e salamelecchi non mi riesce tanto bene… quindi passiamo al punto due.

 

Seconda cosa: un po’ di spiegazione al capitolo! Comprendo appieno quelli che vorranno ammazzarmi, visto che la storia non è che si districhi molto se la infarcisco di dichiarazioni smielate, però sono una a cui piacciono le scene sdolcinate, anche se se in questo caso credo che abbia raggiunto livelli diabetici!

Comunque, finalmente arriva il tanto sospirato momento che attende ogni lettore di Draco/Herm, ed io sono la prima, cioè la tanto fatidica dichiarazione d’amore tra i due.

In questo caso credo di aver frustrato le aspettative di tutte perché l’ho fatta fare ad un bambinetto di dieci anni infuriato come un aspide e con una mezzosangue piangente, insomma, sembra di essere in una soap-opera.

A rileggerlo, mi piace molto di più quello che avevo inventato per l’altra mia storia, ma visto che il plagio è reato (anche se plagio me stessa???) ho dovuto favorire qualcosa di nuovo.

 

Terza cosa: perché la vostra detestata autrice ha scritto questa cosa smielata?

D’accordo, con la fic non c’entra, ma ho bisogno di scrivere qualcosa perché quella maledetta Park So Hee, ovvero l’autrice di Gung, mi sta facendo andare in bestia con la sua opera.

Mia zia mi dice sempre che mi faccio del male da sola e, ve lo assicuro, me lo faccio davvero a leggere quel benedetto fumetto! Ora, grazie al cielo non è ancora terminato, anche se bisogna andare avanti con tempi biblici, però ci sono delle scene che mi rendono veramente una iena e quindi ho bisogno di scaricare lo stress da mancanza di affetto dei miei personaggi preferiti in qualcosa di più zuccherino, ecco il motivo per cui posto capitoli un po’ stucchevoli, alle volte.

Per questo mi scuso moltissimo, in effetti c’entra proprio 0, ma credo di dovere qualche spiegazione a voi poveri che mi seguite…

 

Aspetto i vostri commenti sul sedicesimo capitolo, un bacione!

Nyssa

 

 

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Capitolo 17
*** Gli angeli caduti ***


Un giorno era passato dalla fantomatica dichiarazione che i due ragazzi si erano fatti in mezzo alla strada

Prefazione: tadaaaaannn!!!

Ecco a voi il tanto aspettato ultimo capitolo!

Ok, scherzo, ma oggi è il primo d’aprile, quindi uno scherzetto ci sta (vi informo che quel sicario che mi sta puntando un fucile alla testa non è precisamente quello che considero un felice pesce d’aprile…).

Ad ogni modo non vi abbandonerò così presto; nell’altro cappy avevo detto che siamo quasi alla fine, beh, non così tanto… quindi animo sereno che non vi libererete di me così facilmente, anche perché, con tutto quello che ho in testa, sto già progettando il tanto atteso seguito delle Relazioni.

Bene, vi lascio alla lettura di questo capitolo alla 007, un bacione!

Nyssa

 

*          *          *

 

Un giorno era passato dalla fantomatica dichiarazione che i due ragazzi si erano fatti in mezzo alla strada.

 

Hermione era scoppiata a piangere subito dopo che Draco aveva finito di parlare, le aveva prestato il fazzoletto e poi, per mano, l’aveva riaccompagnata a casa.

In quel momento avrebbe voluto avere di nuovo diciotto anni per poterla prendere liberamente in braccio e baciarla senza problemi, ma erano nelle strade di Londra e se solo avesse provato a fare una cosa del genere con le sembianze da bambino che si ritrovava, probabilmente qualcuno avrebbe chiamato la polizia, e, chiaramente, era da depennare la possibilità di riuscire a sollevarla.

 

Per quasi tutta la notte, Hermione era rimasta a guardare la testolina bionda che la stava abbracciando nel sonno, quasi avesse paura che fuggisse di nuovo… non poteva dargli torto, dopotutto…

Gli aveva accarezzato i capelli per ore sentendosi più una mamma che una ragazza, senza riuscire a prendere sonno dopo quanto accaduto: era impensabile che Draco Malfoy avesse detto quelle cose proprio a lei!

Ok, forse non erano del tutto la dolcezza fatta persona e, probabilmente, distavano mille miglia dall’idea di dichiarazione romantica che la maggior parte delle ragazze ha, soprattutto se si tratta della prima che si riceve nella propria vita, ma se si sommava che erano arrivate dopo che lei aveva davvero fatto di tutto per scoraggiarle, beh, avevano un sapore tutto diverso.

E, tuttavia, non erano zuccherine, avevano lo strano gusto un po’ acerbo della frutta ancora verdina, colta forse troppo presto.

Ma c’era davvero da aspettarsi di più?

Pure lei non aveva scherzato con certe cose, la sua piazzata in mezzo al bar sarebbe rimasta negli annali come la figura più umiliante che potesse fare, soprattutto se il suo interlocutore era una certa serpe bionda di sua conoscenza.

Quindi, cosa volere di più? Si erano fatti violenza per dirsi quelle cose perché, lo sapeva, erano due persone che i sentimenti non li distribuiscono così, due persone che hanno sofferto troppo per dare liberamente la propria fiducia.

 

Un po’ meno fiducia nel mondo, però, l’aveva avuta quella mattina quando, al posto del bambinetto di dieci anni, si era ritrovata tra le braccia un Draco Malfoy versione diciottenne.

C’era mancato poco che tirasse un grido per lo spavento e cadesse giù dal letto da tanto era rimasta shockata, evidentemente gli effetti della pozione che li aveva colpiti si stavano diradando perché sempre più spesso lui assumeva le sue sembianze originali.

Da una parte era un bene perché così, presto, sarebbero tornati a scuola e non si sarebbero dovuti preoccupare di tenere nascosta la cosa o di fare attenzione agli improvvisi sbalzi d’età che li colpivano.

Dall’altra, però, le dispiaceva dover rinunciare per sempre a quegli attimi trascorsi insieme, a quei momenti dove c’erano solamente loro due.

 

La cosa più preoccupante, però, al momento era quel ghigno beffardo che lui sfoggiava nel sonno.

 

*          *          *

 

Erano fuori della biblioteca, di nuovo, e la follia più grande della loro vita stava per essere compiuta.

 

Draco, con i capelli tinti di scuro e lo sguardo più crucciato che gli avesse mai visto, si stava fumando quella che aveva affettuosamente indicato come “l’ultima sigaretta”; il tono con cui l’aveva detto le ricordava molto l’ultimo favore che si concedeva ad un condannato a morte.

Sorrise colpevole, lei non era certo il coraggio fatto persona…

Al momento, nonostante fosse stata lei a insistere tanto per tornare lì, aveva paura come un bambino del buio e quel posto sembrava buio parecchio…

 

Due ragazzine che indossavano l’uniforme della scuola privata proprio fuori Londra, quella che avrebbe dovuto frequentare anche lei se non fosse stata una strega, si fermarono a guardare con occhi adoranti la serpe accanto a lei.

Avvertì una punta d’invidia nei suoi confronti, sia perché le persone lo ritenevano speciale al primo sguardo e sia perché era gelosa, gelosa e maledettamente gelosa.

 

Si costrinse a guardare altrove prima di commettere un omicidio; Draco, dal canto suo, ghignò sadico come sempre e si premurò di metterle una mano sulle spalle e condurla galantemente all’interno.

Le studentesse probabilmente sarebbero andate a gettarsi dal Ponte di Londra come nella più classica tradizione Romantica inglese, Dickens avrebbe fatto follie per assistere alla scena!

 

*          *          *

 

L’interno era esattamente come l’avevano lasciato: tavoloni sgombri, scaffali colmi di tomi, laureandi che passeggiavano al piano superiore tra i testi specifici della loro facoltà.

Non uno studente era seduto in sala consultazione, il che, forse, era un bene. Il pannello mobile che immetteva all’ingresso della vecchia cisterna dell’acqua, nascondiglio dei mangiamorte, era opaco come sempre e sigillato.

 

Il biondo percepì il battito accelerato del cuore mentre la trascinava per un polso: aveva l’aspetto di una statua di ghiaccio, ma sotto sotto doveva avere una paura non da poco…

La comprendeva, in fondo, mettere piede in quei luoghi è qualcosa di traumatico, soprattutto dopo aver visto l’aspetto sciupato di Nicholaa e di quel bambino che teneva con sé.

Chissà chi era, poi… non aveva saputo che i Parkinson aspettassero un nuovo figlio, eppure la notizia sarebbe dovuta essere di dominio pubblico già da prima che lui lasciasse la setta. A occhio il piccolo doveva avere tra i sei mesi e l’anno, quindi, come mai l’avevano tenuto nascosto?

Era davvero figlio loro?

Qualcosa gli disse di no: che fosse LUI quello che dovevano tenere in vita fino alla morte di Silente?

Possibile? Ma perché? Perché proprio quel bambino innocente?

Cosa aveva a che fare quella creatura con quel gruppo di pazzi assatanati? Assolutamente nulla!

Era un mago? Un babbano? Un maganò?

Era troppo piccolo per riuscire a percepirlo, chissà…

E tuttavia, sapeva che non aveva nulla a che spartire con i seguaci di Lord Voldemort, quindi, perché stava là sotto?

E perché Nicholaa sembrava così depressa?

 

Nicholaa era tanto di più differente da sua figlia avesse mai visto: se la madre era pallida e dai capelli chiari, la rampolla dei Parkinson era una ragazza dai capelli neri e gli occhi scuri, dunque, come potevano essere madre e figlia?

Nicholaa era, forse, l’unica anima davvero buona tra tutti loro, non aveva scelto di entrare tra i mangiamorte, l’avevano semplicemente costretta.

Fin dall’adolescenza era stata tiranneggiata dal cognato e poi, dato che questi era il capofamiglia, costretta ad entrare nella setta assieme a suo marito. Non partecipava alle riunioni perché dicevano che era una donna debole ed era disprezzata da tutti perché non poteva parlare.

Ricordava una scena, quando era bambino, di un gruppetto di seguaci che la insultava per i corridoi di Malfoy Manor dandole della sgualdrina… povera Nicholaa, lei che era così buona, bistrattata fino ad essere insultata come una meretrice…

Probabilmente l’avrebbero picchiata se sua madre non fosse comparsa dal nulla in quello stesso momento, mettendo in fuga i bulli. Non avrebbe saputo dire se a fare più paura ai tre fossero stati gli occhi gelidi di Narcissa o lo strapotere che la famiglia Malfoy aveva all’interno della cerchia, fatto sta che Nicholaa, per quella volta, era stata salvata.

Se avesse potuto, probabilmente si sarebbe scusata per ore, ma dato che quell’abilità le era preclusa, si era prostrata a terra, inginocchiandosi e baciando la veste di sua madre. Quella era l’unica volta in cui Narcissa era stata davvero in difficoltà, non sapendo come agire di fronte alle scuse, e non ai ringraziamenti, di quella ragazza.

Quanto aveva a quel tempo? Una ventina d’anni, probabilmente, ma ne dimostrava molti meno; ancora adesso, se non fosse stata così smagrita e sporca, probabilmente la gente per strada le avrebbe dato sedici o diciassette anni.

 

Nicholaa era un angelo caduto che aveva avuto la sfortuna di incontrare quello stronzo di Cassius Parkinson e di avere una figlia che la maltrattava quanto gli altri e si vergognava della splendida madre che le era toccata in sorte.

L’unica sua fortuna, molto probabilmente, era stata di sposare Lynwood.

Se quei due si fossero conosciuti in circostanze diverse, probabilmente il loro sarebbe stato l’amore che ogni ragazza sogna: si somigliavano parecchio, sia caratterialmente che fisicamente, entrambi minuti, entrambi dalle fattezze un poco infantili.

Lynwood Parkinson aveva gli stessi capelli di sua figlia e gli occhi nocciola: da dove erano arrivati, allora, gli occhi neri di Pansy?

Nicholaa non aveva neppure terminato gli studi quando l’avevano costretta a sposare Lynwood, eppure sapeva che era stata una studentessa in gamba, la cocca della professoressa Sinistra.

Ma gli affari privati trascendono dalle competenze della scuola e, probabilmente, anche se non erano d’accordo, Silente e gli altri professori avevano dovuto lasciare che quei due venissero indirizzati da quell’orrendo destino, manipolati da Cassius. E poi, probabilmente, erano stati costretti ad assistere impotenti al triste declino dei Parkinson, quel declino a cui il capofamiglia inneggiava come alla “rinascita” della casata.

 

Era anche per lei che stava ritornando là sotto, perché, se c’era stato uno e un unico sorriso nella storia della cerchia dei mangiamorte, era stato il sorriso di Nicholaa.

Se c’era stato un sorriso dolce, nella sua vita, era stato quello di Nicholaa.

Non di sua madre né di suo padre, non di Pansy o di zia Bella, solo quello di una donna che non aveva nessun motivo per sorridere, eppure lo faceva ugualmente e incideva quel ricordo nel granito.

Era questo che la rendeva una persona speciale, che l’avrebbe resa immortale nella memoria.

 

Avrebbe salvato quel bambino, fosse solo perché lei glielo aveva chiesto.

 

*          *          *

 

Il tunnel di accesso al covo era buio pesto, umido e scivoloso come il giorno prima; c’erano squittii sinistri che si propagavano per le pareti, probabilmente i topi abitavano quei sotterranei dimenticati.

Piccoli fuochi fatui ballavano intorno a loro, rischiarando la strada come la volta prima.

Era stupido credere che non li avrebbero scoperti, non era in grado neppure di pensarlo: avrebbero dovuto combattere, questa volta, forse uccidere per non essere uccisi.

Era quella la stirpe degli angeli caduti, coloro che perseguono il bene, facendo il male.

Coloro che uccidono per il bene, quelli che non hanno paura di una Avada Kedavra, sia di riceverla che di lanciarla perché sanno bene che cosa li aspetta in ogni altro caso.

La stirpe degli angeli caduti vedeva uomini e maghi dall’anima nera; non Potter ne faceva parte né Lenticchia Weasley e neppure la mezzosangue.

Era la stirpe mai nata, legata solo dall’anima nera che racchiudeva quelli come lui, Draco Malfoy, e Nicholaa, la bella Nicholaa, che contava sua madre e suo padre, che avrebbero dato la vita pur di non consegnare la Pietra degli Inferi a Bellatrix, e anche Albus Silente.

 

Che cosa si prova a stare affianco di una persona dall’anima bianca?

Una grande invidia perché nessuno nato nel Male può permettersi di mantenere la propria anima bianca.

Ma chi nasce nel Male e sceglie di rinnegarlo, non può pulire il nero che l’ha sporcato ed entra nella stirpe degli angeli caduti.

Quando lui stava affianco della mezzosangue, sentiva un forte senso di invidia, ma anche di gelosia nei suoi confronti.

Se da una parte la odiava per nascita fortunata, fuori da quel mondo torbido, dall’altra voleva a tutti i costi che quell’anima immacolata rimanesse tale.

 

Hermione Granger era nata nel fango e il suo sangue era sporco, ma non la sua anima.

 

Avrebbe protetto Hermione Granger per quanto poteva, ma, soprattutto, avrebbe fatto sì che l’anima rimanesse candida.

 

*          *          *

 

Il bivio che conduceva nelle tre stanze mai esplorate era allo stesso punto di dove l’avevano lasciato e, allo stesso modo, presero il sentiero che avevano già imboccato la prima volta.

Tastando la parete con la mano sinistra, impugnò saldamente la destra e mosse un piede davanti all’altro, uno dopo l’altro, finché la luce del candelabro nella cisterna non fece spegnere i fuocherelli.

 

Si appostarono dietro l’angolo e sbirciarono all’interno della stanza circolare.

Vuota.

Il tavolo a tre gambe, traballante, stava sempre addossato alla parete, ma la cesta non c’era più.

In compenso, riverso sul pavimento, stava un corpo minuto, raggomitolato in posizione fetale, in un lago di sangue.

 

Buttando ogni precauzione e riconoscendo Nicholaa, Draco le si accostò, girando quello che a prima vista poteva essere solo un cadavere.

Hermione lo seguì subito dopo.

Guardò i capelli biondi, sporchi, probabilmente era morta.

I capelli a boccoli color cioccolato della mezzosangue ondeggiarono attirando l’attenzione: no.

NO.

NO!

 

Si alzò in piedi, stringendo fino a farsi male il legno della bacchetta.

Gli occhi saettarono intorno, alla ricerca dello stesso passaggio dove il giorno prima lei era comparsa.

-          Portala al San Mungo

Fu tutto quello che disse.

Hermione provò a ribattere, ma si spaventò al vedere quanto il grigio degli occhi di lui fosse diventato scuro e la sua espressione minacciosa: che cosa voleva fare Draco?

-          Ma…

Non aveva mai avuto tanta paura, ma non del nemico, bensì dei suoi amici.

E in quel caso non c’era altro da fare perché lui non l’avrebbe fatta rimanere.

Voleva uccidere per Nicholaa?

Sarebbe stata disposta ad assistere alla scena, non poteva cacciarla, non dopo che era stata lei a insistere per tornare!

Eppure…

Eppure, senza sapere perché, alleggerì il corpo già poco pesante di lei e se lo caricò in spalla, imboccando il corridoio da dove erano appena arrivati.

In quel momento non riusciva a fare altro; ancora nulla era successo e già i sensi di colpa la stavano tormentando.

-          Ci rivedremo, vero, Draco? – gli domandò titubante sulla soglia dell’uscita

-          Non lo so. Se morirò allora mai più.

-          Ma…

Lui scosse il capo

-          Gli angeli caduti vanno all’Inferno, tu andrai in Paradiso. Ma vedi di non morire troppo presto.

E detto questo, le voltò la schiena, in modo che lei non gli chiedesse altro.

 

Non voleva perderlo, non poteva!

Si erano TROVATI da così poco tempo che sarebbe stato un peccato…

Proprio adesso che finalmente si fidavano, proprio adesso che avevano messo da parte l’orgoglio… era stata tutta colpa sua, sua e delle sua voglia di tornare là sotto a prendere quel bambino.

No, no no, non doveva morire!

Gli angeli caduti vanno all’Inferno.

Belle parole consolatorie da dirle quando stava così male!

 

*          *          *

 

L’apertura dalla quale Nicholaa era comparsa il giorno prima era lì dove ricordava, non la poteva vedere, ma sapeva che stava proprio in quel punto.

Aveva visto tutti i rifugi dei mangiamorte e, anche se non quello nello specifico, erano fatti tutti allo stesso modo, come i castelli normanni, visto uno si sono visti tutti.

 

Si guardò attorno, preoccupato, Hermione aveva finalmente ceduto, ma l’essere di nuovo solo non lo aiutava come sperava e, tuttavia, gli infondeva il coraggio di andare avanti: se fosse successo qualcosa, si sarebbe fatto male solo lui.

Strano, poi, che le meduse verdi del giorno prima, quelle che i maghi chiamano Groene geest non fossero più a fluttuare per la cisterna, dove erano finite? E perché la madre di Pansy era in quelle condizioni? Come mail la cesta col bambino non stava più lì?

Troppe, troppe domande a cui avrebbe voluto dare delle risposte per facilitarsi un poco il cammino, un cammino che aveva chiodi conficcati in ogni mattonella.

 

La porta del passaggio segreto si aprì di scatto alla pronuncia della parola d’ordine, se si fosse potuto vederla ironicamente, si sarebbe detto che i mangiamorte fossero piuttosto prevedibili… ma bisognava concedergli che, nel caso li si avesse incontrati, probabilmente non si avrebbe avuta la possibilità di andare a urlare al mondo la fantomatica parolina che apre tutte le porte.

 

Il cunicolo era diverso da quello di accesso, asciutto e illuminato da torce alle pareti. Era stretto e antico e non si sapeva dove conduceva, né se ci fossero trappole ad attenderlo.

Oltre il bagliore delle torce, l’alto soffitto a botte era scuro, come se non si vedesse da dove nasceva, le pietre che formavano i muri avevano un caratteristico colore rossiccio e non erano scivolose come le altre, evidentemente era un passaggio usato spesso perché di certo ai seguaci di Voldemort non piaceva molto fare capitomboli per colpa dell’umidità.

 

Al termine del tunnel si apriva una stanzetta quadrata, grossa appena poco più di uno stanzino delle scope.

Dall’altro filtrava della luce che, tuttavia, non riusciva a cancellare quella sensazione di morte che si percepiva intorno.

Strinse di più la bacchetta ed entrò del tutto nel vano; al centro era un tavolo quadrato come quello delle cucine babbane, simile a quello che lui e la mezzosangue utilizzavano a casa di Raymond e sul tavolo era appoggiato un fagotto dentro una cesta.

Il bambino!

Mosse tre passi che lo portarono a meno di un metro dal ripiano di legno e fece per allungare la mano e prendere le maniglie per fuggire quando una voce spettrale gli fece gelare il sangue nelle vene

-          Fermo.

Neppure il tempo di sbattere le ciglia che una figura si era materializzata nel poco spazio che separava il biondo dal bambino.

Draco guardò la sua mano protesa e alzò di poco gli occhi, scrutando la sagoma grigia apparsa dal nulla, poteva vederci attraverso: era un fantasma.

 

Spaventato alzò gli occhi per incontrare il viso di quello che doveva essere uno spirito come il Barone Sanguinario, Nick-quasi-senza-testa o la Dama Grigia.

Il fantasma stava sicuramente fluttuando ad una certa altezza da terra, visto che il volto era piuttosto in alto, il mento appuntito ma delicato e indossava abiti strani con maniche a sbuffo e una gonna molto lunga, le mani erano giunte sul grembo: non poteva vederle gli occhi.

La sconosciuta, perché senz’altro di una femmina si trattava, portava un copricapo ancora più stravagante dalla forma vagamente cilindrica con un risvolto piegato all’ingiù che le copriva completamente gli occhi.

Boccheggiò appena, temendo di essere di fronte ad uno degli strani acquisti dei mangiamorte, la donna però non disse nulla mentre lui la esaminava con lentezza esasperante, riconoscendovi qualcosa di familiare.

-          Sei un mangiamorte? – le domandò ritraendo la mano e stringendo la bacchetta

La bocca sottile si arricciò in un ghigno di sprezzo

-          Non vuoi sapere chi sono?

-          È necessario?

-          Direi di sì

 

-          Draco Lucius Malfoy? – chiamò una voce cavernosa fin troppo familiare alle sue spalle prima che il fantasma riuscisse a dire il proprio nome

 

Fenrir Greyback era sulla soglia di un altro passaggio a muro e ghignava in maniera terrificante all’indirizzo del ragazzo, quasi atterrito.

 

D’accordo, non era il momento di farsi prendere dal panico, doveva agire e agire subito.

E salvare il fanciullo.

-          Lasciami prendere il bambino – disse piano alla ragazza

-          So chi sei, Draco Malfoy – annuì convinta – anche se ti immaginavo un po’ diverso

-          Non credo sia il momento di tirare fuori le fotografie – fece notare – se sei una mangiamorte levati dai piedi e se non lo sei, beh, levati lo stesso!

E allungando la mano oltre di lei, trapassandola, afferrò le maniglie della cesta e, voltandosi immediatamente, imboccò il corridoio da dove era appena giunto.

 

Avvertì sopra di sé la figura grigia dello spirito che volava oltre la sua testa e pregò che non volesse bloccargli la strada perché quello non era senz’altro il momento adatto.

-          Vedi di fare in fretta, ragazzino, non posso trattenerlo molto

Fece notare la tizia ancora sconosciuta planando dietro la sua schiena.

In quel momento Draco si ricordò che il fantasma non era, al momento, l’unico problema, ma c’era anche un certo lupo mannaro particolarmente feroce e dall’umore decisamente nero che gli dava la caccia perché aveva tradito l’ordine, oltre che perché stava rapendo il prezioso sacrificio umano di quella setta di pazzi.

 

Vide il fondo del corridoio e sentì un’esplosione dietro le spalle, s’impose di non voltarsi, felice che il fantasma, al momento sua alleata, non si facesse male con certi incantesimi.

Giusto, ma i fantasmi potevano fare incantesimi?

Aveva studiato di no, perché quello invece era capace?

 

Beh, qualunque fosse la risposta, sempre che fosse stata LEI a lanciare la magia, non era il momento di dilungarsi, aveva problemi urgenti, come, ad esempio, uscire indenne da quel labirinto.

 

Una figura incappucciata comparve d’improvviso dall’ingresso della cisterna, non riconobbe chi era, ma preparò uno spell delay in caso l’attaccasse.

Accidenti! Ripeté mentalmente a se stesso, non c’era qualcosa di un po’ meno drastico di una Avada Kedavra?

Maledetti mangiamorte che ci andavano sempre pesanti… perché non gli avevano insegnato qualcosa di meno distruttivo? Uccidere l’avversario, in quel momento e con la coscienza formato Granger che si ritrovava non era decisamente la cosa più saggia…

 

Ok, uno, due, e tre

-          Sectumsempra!

Cazzo se era ridotto male, addirittura ad usare il sectumsempra… Hermione doveva avergli fatto il lavaggio del cervello in quelle giornate, fino a due settimane prima non avrebbe avuto così tanta esitazione a lanciare una qualsiasi delle maledizioni senza perdono… se continuava così sarebbe finito come San Potty ad usare solo quel maledettissimo protego  ed  expelliramus!

Vabbè, anche quelle erano riflessioni che era meglio destinare a momenti più indicati, come, per esempio, all’eterna attenzione che avrebbe potuto dedicargli quando fosse stato a sua volta vittima di una delle tre maledizioni.

 

Vide l’uscita e pregò che il bambino che sbatacchiava nella borsa non fosse caduto per strada durante la fuga e… poi?

Che avrebbe fatto poi?

Accipicchia, dove poteva rifugiarsi? Se fosse tornato all’attico e non avesse messo protezioni, i mangiamorte l’avrebbero trovato in poche ore, soprattutto se sapevano che era ancora a Londra.

Doveva trovare un incantesimo di protezione del luogo, ma… quale?

Beh, per il momento si sarebbe accontentato del Salvio Hexia poi… chissà…

 

Spinse rapidamente la porta e si ritrovò nel salone della biblioteca, studenti non ce n’erano.

Richiuse rapido l’uscio e lo bloccò.

Non avrebbe retto molto… e se… se…

 

Mise via la bacchetta e prese fiato.

Non l’aveva detto a Hermione, ma più il tempo passava e più gli effetti della Persecuzione dell’Inferno diventavano devastanti e ravvicinati…

Sapeva che il Fuoco che Brucia in Eterno era una magia da usare con parsimonia e che negli ultimi tempi l’aveva invocata già una volta, ma se serviva a qualcosa, allora meglio che morisse lui che qualche innocente, no?

-          Flame Eternum Brennen

L’attimo dopo, lo avvertiva, oltre la porta si era eretto un muro di fuoco.

Non sarebbe servito a molto, soprattutto se quel maledetto rifugio aveva più ingressi, ma intanto bastava a dargli tempo.

 

Un altro respiro, sentì il cuore battere in maniera aritmica, avvertì le gambe farsi deboli, no, no e ancora no, non doveva cedere adesso, aveva ancora due cose da fare: smaterializzarsi e richiamare l’incantesimo di protezione per i luoghi.

Certo che certe magie le sceglievano apposta per la gente che stava male…

Chissà poi cosa stava facendo Hermione, probabilmente era al San Mungo con Nicholaa, se non altro erano salve entrambe…

 

Detto fatto, un istante e stava già nel soggiorno.

Si guardò intorno riconoscendo l’ambiente familiare e Hermione.

Eh no, che cazzo, ma che ci faceva la mezzosangue lì? Doveva essere lontana mille miglia, fuori dalla portata dei mangiamorte!

Se avesse avuto più forze l’avrebbe insultata per la sua stupidità, e dire che qualcuno sosteneva che era una persona intelligente… ma quale persona intelligente decideva volutamente di farsi ammazzare?

E perché adesso gli stava tenendo la mano come ad un invalido?

-          Sto bene – grugnì arrabbiato con lei, posando la cesta sul pavimento

L’espressione truce di lei gli disse che non gli credeva, beh, un accidente! Non doveva neppure essere lì!

Beh, però se le cose andavano così, che gli desse una mano al posto di fare la crocerossina, tanto morto per morto…

-          Richiama il Salvio Hexia e fallo in fretta, mezza Londra ci sta cercando e non voglio farci una festa di compleanno

Non aveva apprezzato il suo umorismo, decisamente fuori luogo, ma non gli piaceva che lo vedesse così debole e vulnerabile, dopotutto, non stava poi così male… solo non si reggeva in piedi ed ansimava come un cavallo… e certo la febbre che gli saliva non era determinata dallo sforzo fisico appena fatto.

Per non parlare della vergogna di aver lanciato addirittura uno schifosissimo Sectumsempra! Lì sì che c’era da schiattarci!

 

Spostò le iridi celesti su di lei che, con la bacchetta in pugno, richiamava magistralmente una delle fatture più difficili. L’espressione seria non fece una piega, l’ultima cosa che ricordava, però, era un sorriso dolcissimo che gli aveva rivolto.

 

*          *          *

 

Quando riprese conoscenza, il soggiorno dell’attico si presentò davanti a lui in tutta la sua piccolezza.

Si voltò su un fianco e scorse l’abito bianco e sporco di Nicholaa sul letto assieme alla sua proprietaria; la bionda madre di Pansy pareva un bellissimo cadavere dormiente, sorridente nel sonno, quieto.

 

Girò la testa dall’altra parte e vide la mezzosangue in piedi che reggeva un vassoio, dietro di lei il fantasma che aveva incrociato nel cunicolo del rifugio dei mangiamorte.

 

La ragazza gli porse un vassoio con una tazza di tè caldo, lui prese la porcellana e annusò la bevanda, sarebbe stata senz’altro migliore allungata con un po’ di cognac, ma la Granger era una delle puriste del tè e senz’altro non avrebbe permesso che qualcuno infangasse così la sacra bevanda inglese.

 

Il pensiero del bambino tornò rapido alla sua memoria

“Dov’è?” fu una domanda non fatta, ma che lei interpretò comunque, mostrandogli il baule con all’interno alcune coperte e, avvolto in un plaid, il piccolo capro espiatorio dei seguaci di Voldemort.

-          Come sta Nicholaa?

-          Ha molte brutte ferite, ma si riprenderà – commentò lei lanciando un’occhiata alla giovane donna assopita

-          E lei cosa ci fa qui? – chiese poi, indicando il fantasma che fluttuava

-          Ehm… - quella era una risposta che non sapeva dare, anche perché, in linea teorica, anche ai fantasmi era precluso l’accesso alle aree protette dal Salvio Hexia, quindi, come e chi era?

La donna fantasma ghignò in maniera stranamente familiare, come aveva fatto la prima volta, gli occhi ancora coperti dalla veletta rigida che le impediva la visuale, c’era da chiedersi perché la indossasse…

-          Chi sei? – indagò il biondo disfacendosi della tazzina

-          Io sono colei che state cercando, l’Onore dei Black.

-          Perché, ne hanno mai avuto uno? – frecciò lui sarcastico, molto scettico

-          No – una risposta semplice, una verità – infatti sono un fantasma

Una cosa intelligente, finalmente qualcuno che ammetteva che la Molto Antica e Sempre Rispettata Casata dei Black non era composta da gente di cuore.

-          Il mio nome – continuò la sconosciuta – è Vesper Lyndt, ma sono una Black

-          Non ricordo nessuno con questo nome, nell’albero genealogico – intervenne Hermione.

La donna, o forse la ragazza, proiettò sulla parete la figura ramificata delle parentele Black, sempre continuando a ghignare

-          Non mi è stato concesso neppure di essere segnata sull’albero – specificò – il mio posto è qui – aggiunse poi, toccando con il dito la parete e attraversandola appena, la bella mano fine, fasciata dall’abito lungo e grigio indicava una casella accanto a Sirius Black e a Regulus Black

-          Sei la moglie di uno di loro due? – chiese ancora la Caposcuola, la ragazza fece cenno di no

-          No, io sono la sorella gemella di Sirius. Il mio nome è Honor Black.

 

*          *          *

 

Spazio autrice: e rieccomi a rompere, come sempre, allora, che mi dite di questo aggiornamento?

Come era successo nell’altra storia, cominciano a comparire le tanto sospirate parentele maledette: abbiamo conosciuto la sorella di Silente, l’uomo che l’ha violentata, la storia di Albus e adesso compare la misteriosa sorella gemella di Sirius.

Beh, un gemello doveva esserci, c’è in ogni mia storia, quindi anche qui, non siatene troppo sorpresi, è solo una delle mie tante fissazioni (una delle molte, almeno).

Honor è un personaggio ambiguo di cui parlo con difficoltà perché, caratterialmente, assomiglia molto a suo fratello, solo che un Sirius in gonnella mi sembra più qualcosa da Baistrocchi che altro… ad ogni modo è un personaggio molto sulle sue che approfondirò nei prossimi cappy.

Nel frattempo spero che vi piaccia anche questo cappy, me lo auguro davvero!

Ditemi cosa ne pensate, aspetto le vostre recensioni, un bacione!

 

PS: probabilmente qualcuno avrà riconosciuto il nome che Honor pronuncia, Vesper Lyndt, come sua altra identità; alle spiegazioni arriverò dopo ma, sì, l’ho preso dal libro/film di Fleming “Casino Royale” dove Vesper Lyndt è, appunto, la prima bond-girl della storia, prima ancora di Theresa.

Sono molto affezionata a questo nome, più perché mi piace che per il personaggio, ma mi sembrava che fosse calzante per una come lei… ecco, fine della piccola tediosa spiegazione sul nome di Honor.

 

PS2: l’idea che ho io di Honor è simile alla carta del silenzio di Card Captor Sakura o almeno nella parte che riguarda il viso, spero di non aver confuso di più le idee.

 

Giolabella: non preoccuparti, ti capisco benissimo, anche per quanto mi riguarda ogni tanto scrivere una recensione è un’impresa faraonica, ma sperimentando come si sta dall’altra parte, trovo mio dovere morale fare da brava commentatrice, quindi mi ci metto d’impegno con tempo tra le mani e scrivo per tutti quei bravissimi autori e autrici che pubblicano le loro opere.

Sono molto felice che la mia storia ti abbia fatto fare questa eccezione, ti ringrazio moltissimo e anche per tutti i bei commenti che mi hai fatto!

Per quanto riguarda Herm, parlare di lei non è facile, ma mi piace guardare un po’ oltre lo specchio, nessuno è solo quello che sembra… per la scenetta sdolcinata, invece, avevo una voglia matta di scriverla ad un altro modo, ma penso che sia stato meglio così.

Ehehe, non sei molto in buone mani se ti affidi proprio a me per i misteri da svelare, la mia specialità è crearli, non risolverli, ad ogni modo spero di non deludere le tue aspettative e mi auguro di vederti presto e di nuovo tra i recensitori, anche solo per dire come è il cappy.

Ciao e un bacio! Nyssa

 

Vavva: tranquilla, col cappy precedente non stavo tentando di sbarazzarmi di qualche lettore per eccesso di saccarosio, o almeno spero di non esserci riuscita, comunque tranquilla, non ho intenzione di piantare la fic, ho troppe idee da mettere giù (quelle purtroppo non mancano mai >_>).

Sono felice che l’idea di inframmezzare la narrazione con qualcosa di più soft sia stata accolta bene, ero un po’ preoccupata di rovinare il ritmo, ma dopotutto DOVEVO far progredire un pochetto quella benedetta relazione, sennò al centottantesimo capitolo siamo ancora qui ad aspettare e non so se io stessa reggerei fino a quel punto XP

Ehehe, ha fatto uno strano effetto anche a me scrivere di una dichiarazione tra due persone così diverse dall’originale, ma dopotutto bisogna sempre provare cose nuove, quindi ho tentato anche l’impossibile e improbabile.

Spero che ti piaccia anche questo capitolo mistery, quindi aspetto con ansia la tua prossima recensione!

Un bacione grande, Nyssa

 

Shavanna: beh, sono felice che non sia sembrato solamente una melensa minestra zuccherina, non credo che avrei retto alla cosa. Draco ed Herm sono venuti un po’ così, soprattutto se si considera che lui aveva 10 anni e lei più di 20, ma… non ho avuto il coraggio, prima di pubblicare, di cambiare il tutto, quindi mi fa piacere sapere che non è uscita una schifezza.

Tranquilla, verso la fine sì, ma non così vicini… ho scritto di due cappy avanti e ancora non ho accennato a niente che riguarda fine, quindi animo! Non voglio più uccidere nessuno con queste notizie a sorpresa…

Ti ringrazio, mi fa molto piacere sentire tutte queste belle parole, anche se fanno crescere smisuratamente il mio ego da autrice… cmq grazie mille!

Spero ti piaccia anche questo cappy, sono molto curiosa e aspetto la tua rec, un bacione grande! Nyssa

 

Falalula: beh, troppo smielato non poteva uscirmi perché, anche se sono romantica di natura, non fino a metterci una scena alla Charlotte Bronte con tanto di confessione tra la pioggia e amore impossibile, qui i miei personaggi sembrano combattere una guerra tutta loro col clima londinese che non gli va a genio, quindi addio atmosfera da film hollywoodiano.

Comunque sono felicissima di leggere tutte le cose che mi hai scritto e anche di sapere che non ho fatto fare a questi due delle riflessioni a caso… se non si fosse notato, mi piace parlare di quello che pensano perché i pensieri sono un universo che non conosce nessuno e, quindi, è bello tirare fuori quelli delle persone che per ultime sarebbero disposte a pubblicarli al mondo intero, penso che nel caso specifico quelli di Draco ed Herm siano piuttosto buffi.

Mai cosa fu più vera, l’orgoglio è quello che più di tutti domina le vite di questi due nella loro diversità.

Spero che ti piaccia il nuovo aggiornamento, aspetto di sapere presto, un bacio! Nyssa

 

Lord Martiya: sono felice che il capitolo non sia stato troppo sdolcinato, è una cosa a cui tengo e mi fa piacere di essere riuscita a rendere bene le emozioni di Hermione.

Se un po’ può consolarti, internet è stata una salvezza anche per me, so come ci si sente ad essere un poco come Herm… e stare soli è allo stesso tempo una fortuna ed una maledizione.

Ad ogni modo, mi fa moltissimo piacere sapere che “adori” questa fic, e anche di averti un po’ commosso, se è una cosa così rara mi rende orgogliosa, grazie mille, anche di avermelo detto =^_^=

PS: beh, se dovessi sempre attenermi alla storia originale probabilmente sarebbe più facile leggere un libro della Rowling, qui invece dell’originale si ha un po’ pochetto… abbiamo una coppia che più improbabile non si può, Silente vivo e vegeto che ha un passato pieno di spettri e scheletri e altri personaggi mai visti e mai usciti dalla penna della maestra, quindi può starci anche una famiglia Granger super impegnata eppoi, se proprio devo essere sincera, credo che il mio dentista sia più impegnato del segretario dell’ONU! Soprattutto se si considera che vive attaccato al cellulare con una segretaria che risponde per lui…

PS2: sono andata avanti con la lettura di negima, ad ogni tankobon che passa quella storia mi prende sempre di più, è davvero splendida!

 

Potterina_88_:  Sono molto molto contenta che la situazione fuori dal mondo che ho creato per la loro dichiarazione sia stata di tuo gradimento nonostante l’improbabilità e quel piccolo dettaglio che è il fatto che lui ha 10 anni  e lei 20, ma vabbè, grazie mille per i complimenti, sono orgogliosissima, prima o poi mi gonfierò come un pallone dalla boria.

Per quanto riguarda invece “consumare” questo benedetto amore, forse c’è da aspettare un poco, come si vede in questo cappy s’infittiscono i misteri, arriva Honor e bisogna un po’ raccontare la sua storia, no?

La storia dei braccialetti che tutti e due sapevano come levarseli ma che, alla fine, nessuno dei due ha mai avuto il coraggio di farlo è un’idea a cui sono molto affezionata e, si può dire, è il primo embrione di questa fic, ovvero quello da cui è nato tutto il resto.

Draco è stato brutale a dire certe cose, ma non credo che Hermione avrebbe apprezzato di più una dichiarazione infiorettata di “ti amo da quando ti ho vista per la prima volta” o “sei bella come il sole” anche perché 1) è nuvolo e 2) in questa fic Herm non è un’autentica bellezza, è più una tipa ordinaria (esteriormente intendo).

Spero che il nuovo cappy ti piaccia, aspetto il tuo commento, un bacione! Nyssa

 

Herm83: bentornata! Sono felice di rivederti tra i miei lettori!

Eh già, sono successe un bel po’ di cosette e la fantomatica dichiarazione.

Perché un bambino di 10 anni? Beh, non so se c’è una risposta sensata, so che mi è uscito così e che mi sono detta fino alla fine di volerlo cambiare, ma poi l’ho lasciato tale. Spero di non aver rovinato i tuoi sogni romantici su questa fic e sulla coppia in particolare…

Comunque, come si vede in questo cappy, il bambino non è proprio l’onore dei Black, bensì un altro personaggio che non era ancora comparso fino ad ora (beh, prima o poi dovevo metterci qualcuno di mio…).

Honor assomiglia a Sirius, quindi ha un carattere niente male, mi piace parlare di personaggi del genere… e spero che anche a te piaccia la mia Honor e mi auguro che sia lo stesso anche con questo capitolo, quindi aspetto la tua prossima rec, a presto e un bacio! Nyssa

 

Lauwren: ero piuttosto combattuta se interrompere l’atmosfera o continuarla, poi ho scelto per la prima e sono felice che sia stata una decisione corretta, forse serviva davvero smorzare un po’ la tensione per non appesantire troppo.

Sono felice che il mio capitolo ti abbia commosso, sappi che ne sono orgogliosa, anche se non credevo di riuscire a trasmettere tutte queste emozioni, comunque anche io all’inizio ero un po’ dell’idea che Herm fosse da proteggere, poi però ho scoperto le Draco/Herm e da lì è nato l’inghippo che il primo da cui bisogna essere protetta è proprio quello che diventerà il futuro ragazzo/fidanzato/marito/protagonista eccetera. E ho dovuto voltare pagina e farmi delle nuove idee.

Beh, comprendo che ti abbia sconvolta, spero solo di non aver distrutto troppo la tua idea di dichiarazione romantica.

Mi auguro anche che ti piaccia il nuovo cappy quindi aspetterò di sapere che cosa mi dirai a proposito, ciao e un bacio! Nyssa

 

Giuliabaron: mi fa piacere sapere che hai tenuto nei preferiti la fic per tutto questo tempo e anche che tu l’abbia letta in così poco tempo… ammetto che a lungo andare deve sembrare un po’ un mattone, complimenti davvero!

Sono contenta che la storia ti piaccia, spero che continuerai a seguirla e mi auguro che anche tu continui a lasciarmi le tue recensioni! A presto, Nyssa

 

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Capitolo 18
*** La verità intorno a noi ***


-

- Sono la sorella gemella di Sirius, il mio nome è Honor Black.

Il silenzio calò nella stanza mentre Hermione appoggiava il vassoio e si sedeva su una seggiola passandosi sconcertata la mano tra i capelli.

Draco non disse nulla, ma distolse gli occhi dal fantasma e fissò il panorama fuori dalla finestra.

Honor Black, l’Onore dei Black, colei che stavano cercando.

Ecco perché gli pareva di averla già vista, anche se i lineamenti erano nascosti, i tratti assomigliavano lo stesso a quelli tipici di tutti i membri di quella scellerata famiglia, non ultima sua madre.

- Da cosa Vesper Lyndt? – le chiese alla fine, lei sorrise e a lui parve che il sorriso fosse dolce, per una volta

- Come tutti i gemelli della famiglia Black, anche io ero destinata ad un futuro distante dalla mia casata

- Credevo che si usasse solo per i gemelli omozigoti

- Ingenuo… io rappresentavo per loro la causa principe di tutte le loro disgrazie, è facile sfogare la rabbia su una bambina inerme.

- Già…

- Non ho mai desiderato uccidere mio fratello Sirius e neppure l’altro mio fratellino, Regulus, tuttavia, da tutti sono stata additata come la Disgraziata, colei che avrebbe portato sventura. C’era solo da chiedersi come eliminarmi.

- Non credo si siano fatti troppi problemi

- In effetti no, se fosse per mia madre, a quest’ora non sarei qui, anche se non sono più di questo mondo

- Che vuoi dire?

- Che mia madre avrebbe volentieri alzato la bacchetta su di me lanciando una qualsiasi delle peggiori maledizioni conoscesse, se ciò fosse servito a salvare la sua pelliccia nuova.

- Walburga non era una madre esemplare – concesse Draco, a cui la zietta non stava poi così simpatica

- Mio padre non lo permise

- Orion?

- Ero sangue del suo sangue, purosangue, i Black non sprecano il proprio. Fui abbandonata nel mondo babbano, nella speranza che qualcuno mi uccidesse, che qualche sconosciuto eseguisse la condanna che avrebbero dovuto fare loro.

- E poi? – Vesper, o Honor, che si preferisse, ghignò

- Mi lasciarono di casa mia solo una cosa, un braccialetto d’oro con scritto “Black Honor, i miei genitori adottivi pensarono che fosse un segno di mia madre e decisero di lasciarmelo

- Sei stata adottata? – domandò Hermione

- Non era una cosa così legale – ammise lei - Io ero in fasce e i miei genitori volevano un figlio, anche se non potevano averne. Mi trovarono per strada, mi presero con loro e dissero che ero la loro figlia naturale.

- Ma non era vero.

- No. Non assomigliavo a loro due, avevo i tratti caratteristici di tutti i Black: occhi blu e capelli neri, la mia somiglianza con Sirius era qualcosa di innegabile.

- Sei stata a Hogwarts?

- A undici anni arrivò la lettera, i miei genitori adottivi credettero che fosse per quello che mi avevano abbandonata, perché avevo dei poteri e facevo paura, ma continuarono ad accettarmi.

- Continua

- Essendo la gemella di Sirius, avevo la sua stessa età, ci incontrammo fin troppo presto, io, lui, James Potter, Remus Lupin, Peter Minus, Lily Evans e Severus Piton, una allegra combriccola che non andava d’accordo. Se Sirius era il peggior mascalzone della scuola quando era in compagnia dei suoi amici, assieme a me cambiava completamente; ci comportavamo come se fossimo stati fratelli da una vita, eppure ci conoscevamo da pochi mesi… era destino che i nostri cammini fossero incrociati.

- Hai saputo che era tuo fratello? – chiese Hermione

- Solo dopo. Fino ad allora non avevo mai creduto che il braccialetto che portavo giorno e notte contenesse il mio vero nome, pensavo che fossero una specie di insulto perché cognome e nome erano invertiti, letto come era scritto, la frase era “Onore Nero”, ho sempre creduto che lo avessero inciso per ricordarmi la vergogna di essere diversa dai babbani, l’ho creduto finchè non ho incontrato un altro Black: Orion.

- Tuo padre?

- Già.

- L’alchimia che legava me e mio fratello era qualcosa di indissolubile, riuscivamo a ritrovarci anche stando lontani per molto, era come se avessi coscienza di avere un fratello gemello, eppure, credevo ancora che fosse una banale, fortissima amicizia.

- Dicevi di Orion

- Mio padre venne a scuola per un colloquio e mi vide per i corridoi assieme a suo figlio, come non riconoscermi, eravamo uguali: stessi occhi e stessi capelli, stessa espressione, la sua espressione. Non credo ne fece parola con mia madre, ma so che lo disse a qualcuno perché fu per opera di una Black che persi la vita.

- Una Black?

- Bellatrix Black.

- Mia zia!

- Già, la cara, vecchia, antipatica zia Bellatrix. Non è che sia diventata una persona più amabile, col tempo che passa.

- Come è accaduto?

- Se non vuoi parlarne, non dircelo – concesse la Gryffindor frenando le richieste di Malfoy che sembrava avido di conoscere quella parente nascosta

- Honor Black, ero colei che poteva allontanarla dal SUO Sirius

- Intendi dire che zia Bella era innamorata di Sirius Black?

- Forse, più che innamorata, direi incapricciata

- Come è possibile?

- Sirius era bello e ricco, molto affascinante, sportivo e un poco maligno, il Black fatto persona.

- Ma lei era più vecchia!

- Credi che ciò l’avrebbe fermata? – Draco ci pensò, poi scosse la testa – appunto. Io ero la sorella perduta che lui non sapeva di avere, ma che gli era accanto, non l’ha mai saputo.

- Non gliel’hai mai detto?

- Solo prima di morire.

- Sirius è morto? – domandò preoccupata la mezzosangue

- Quel giorno al Ministero, durante la battaglia nei sotterranei.

Hermione ricordò all’improvviso la scena dello scontro tra Bellatrix Lestrange e Sirius e lui che cadeva dietro quel velo maledetto che copriva chissà che cosa.

Ricordava quello che lui le aveva gridato prima di lanciare l’ultima maledizione “non perdonerò mai per quello che LE hai fatto!”… in quel momento aveva creduto erroneamente che si stesse riferendo a Harry o ai suoi genitori, ma era proprio un LE quello che aveva detto. Sirius sapeva che sua cugina aveva ucciso la sua sorellina gemella che non sapeva di avere?

- Se lui è morto e tu anche, perché tu sei un fantasma e lui no? – domandò poi la ragazza

- Perché voglio vendetta, cara, voglio vendicarmi, capisci?

- Di Bella? – intervenne Malfoy

- Di lei.

- E perché non l’hai uccisa là sotto, oppure subito dopo essere diventata un fantasma. E a proposito, come fai a usare la magia, se sei uno spirito? – Honor sorrise

- Ho dato i miei occhi per avere di nuovo i miei poteri

- Tu sei… cieca? – chiese preoccupata la Granger

- Un fantasma non ha bisogno di vedere, io ho bisogno solo di distruggere Bellatrix Black

- Perché ti ha rovinato la vita? – intervenne il biondo, accendendosi una sigaretta, l’altra fece cenno di sì

- Hai anche te sangue Black, sai cosa si prova

-

- Ma che cosa ha fatto di preciso, Bellatrix?

- Ha scatenato contro di me il Platano Picchiatore

Hermione si portò le mani alla bocca nel tentativo di soffocare un grido di orrore. Il Platano era la pianta più feroce e pericolosa di Hogwarts, stava a riparo del passaggio che separava la Scuola da Hogsmead e da cui si accedeva alla Stamberga Strillante.

- Credevo che mio fratello avesse bisogno di parlare e ingenuamente andai nel luogo che lei aveva indicato. Poi, dalla cima della torre, lei mi spinse giù.

Un suono strozzato uscì dalle labbra della mora mentre ascoltava quel racconto di orrori familiari che avrebbe fatto invidia a Poe.

- Di me rimase assai poco, il Platano mi cavò via completamente gli occhi. Scelsi di rimanere su questa terra, però, perché non avrei permesso a mia cugina di farla franca e neppure di irretire mio fratello: gliel’avrei fatta pagare, ero anche io una Black! Sirius sapeva quello che era successo, la rifiutò come parente, disconobbe ogni legame con la famiglia. Nel giorno in cui io morii, Orion affermò che ero anche io sua figlia, ma Sirius non era più un Black. È successo quando avevamo entrambi sedici anni.

- Che è accaduto dopo? – continuò il biondo

- Rimasi con Sirius sotto forma di spettro, lo accompagnai per gli anni della vita più dolorosi, quando, senza nessuno, vedeva i suoi amici costruirsi piano piano una famiglia e una vita

- I genitori di Harry

- Sì. Sirius aveva perso la sua amica più cara, io, e poi l’altro suo amico si era allontanato per mettere su famiglia, non è stato facile, si sentiva completamente rifiutato; a quel tempo, c’eravamo solo io e Remus con lui

- Il professor Lupin

- Quello che i maghi chiamano “rifiuto della società”, un altro bambino, vittima innocente

- Come te – aggiunse Malfoy

- Già, come me, come Sirius, come Harry Potter

- Conosci Harry? – domandò Hermione

- Sì. E anche come Devlin.

- Devlin? – ripeterono i due ragazzi

- Il bambino che avete trovato

Sembrava che il male se la prendesse sempre con chi non poteva difendersi.

- Chi è davvero questo bambino? – chiese Hermione prendendo tra le braccia il fagottino cullandolo

- Non spetta a me dirvelo – rispose fredda

Silenzio, ancora silenzio, pareva che fosse una lama che trafiggeva i loro corpi, quell’assenza di rumore totale dovuta anche all’incantesimo.

- Perché non hai ucciso Bellatrix nei sotterranei? – chiese nuovamente Malfoy facendo un tiro

- Perché quando morirà, non sarà per mano mia. Ma morirà dolorosamente, soffrirà come pochi hanno sofferto. I miei poteri non sono come quelli dei maghi vivi, non posso toccare oggetti, sono una specie di illusione e lei non sa che esisto. Ma Bella Black morirà per il male che ha causato alla nostra famiglia.

- Non ti fermerò, se è questo ciò che vuoi – intervenne il biondo, Hermione fece una faccia sconvolta, Honor Black ghignò

- Hai lo stesso fare di Sirius, anche lui fumava allo stesso modo. Ma non gli somigli

- Io sono un Malfoy, non un Black

- I Black si sono estinti tutti – annuì il fantasma

- Forse è un bene

- Chi tiene adesso il Fuoco?

Draco ghignò al suo stesso modo e non disse nulla, aspettando che lei se ne accorgesse

- Sei tu, Malfoy?

- Già, la cosa non ti garba?

- Non mi fa né caldo né freddo. Ma sarà meglio che non rimaniamo troppo qui a chiacchierare

- Perché? – intervenne la mora

- I mangiamorte ci troveranno presto, la magia nera è potente nelle loro mani, il Salvio Hexia non durerà a lungo, impiegheranno ogni mezzo per rintracciarci

- E dove andremo?

- A Hogwarts

Honor sembrava stranamente felice di poter pronunciare quelle parole.

Hermione cullò ancora il bambino, scettica su quella sconosciuta, poi notò un ciondolo appeso ad una catenina al collo del bambino

- Non lo toccare! – urlò il fantasma prima che le dita di lei entrassero in contatto con il metallo

- Perché?

- Nessuno deve toccare quell’oggetto. Il motivo per cui sono con quel bambino è che lo devo proteggere, Devlin è sotto la mia custodia e nessuno ha il permesso di toccare quell’amuleto. Solo Silente.

La Caposcuola riappoggiò il fagotto nel baule e annuì, poi si sedette sulla sponda del letto e passò una mano sulla fronte della donna che riposava ancora, Nicholaa aveva la febbre alta dovuta alle ferite ricevute, sembrava che fosse stata tagliata da lame aguzze e affilate, probabilmente gli artigli di Fenrir Greyback.

- Bagaglium! – ordinò alle valigie che si composero in pochi istanti

- Fai i bauli, Draco, torniamo a Hogwarts

* * *

Un poco dispiaceva lasciare quel luogo, sapendo che difficilmente vi avrebbero fatto ritorno; avevano tanti ricordi, ormai, conservati là dentro: il primo giorno, le fiamme, il bacio, Natale e Capodanno, le rivelazioni, i mangiamorte, le foto di Raymond travestito da donna con le calze a rete… ogni tassello andava a formare un quadro più grande e uno più grande ancora, fino all’ultimo che era la vita.

Con i bauli accanto, il bimbo in braccio, un fantasma e una sconosciuta a carico, il piccolo gruppo si apprestò a smaterializzarsi.

Nicholaa non si era ancora svegliata, così dovevano usare il Levicorpi per spostarla; Honor girava tranquilla tra quelle mura e il bambino, per fortuna, non aveva voglia di piangere.

- Non possiamo smaterializzarci a Hogwarts – fece presente Draco – c’è l’incantesimo

- Possiamo arrivare fino alla casa del guardaboschi, poi proseguiamo a piedi – disse Hermione – anche se forse è più prudente arrivare al limitare della Foresta Proibita

Gli altri due accennarono un assenso.

- Ok, respirare…

Smaterializzarsi in un posto così distante e con così tante persone non era facile.

Prese la mano di Draco e la strinse.

Un respiro profondo, il pensiero delle alte mura gotiche della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, gli amici che li aspettavano e…

L’attimo seguente erano accanto ad un pino, quasi stremati.

Honor Black ricomparve accanto a loro e approvò la cosa.

Nicholaa continuava a riposare di un sonno silenzioso e il piccolo Devlin, chiunque fosse, sonnecchiava tra le braccia di Hermione.

Draco appoggiò la schiena all’albero e si terse il sudore dalla fronte, guardandosi attorno, perché stava così male ultimamente? Smaterializzarsi non era poi così difficile…

Voltò la testa nel buio della foresta e sorrise al pensiero della punizione del primo anno assieme al Trio dei Miriacoli che aveva commissionato la McGranitt, la solita arpia… c’erano quel guardiacaccia rompiballe e il cane mostruoso… Asgard? No, era Thor!

Chiaramente lui era finito assieme a Potty, neppure a farlo apposta…

Eppure, non ricordava quelle figure strane, opache e indefinite che passeggiavano… chi erano?

Sbattè gli occhi, la vista gli faceva strani effetti ultimamente, pareva tutto un po’ offuscato, poco nitido… assottigliò le iridi per mettere a fuoco meglio

- Dissennatori! – urlò non appena riconobbe le sagome senza vita che assorbivano la felicità degli esseri umani, i guardiani di Azkaban

- Cosa ci fanno qui? – strillò isterica Hermione, agitatissima

- Evidentemente i mangiamorte hanno cominciato il loro piano…

- Piano? Che piano? – chiese sempre più ansiosa la mora

- Non credo sia il momento

Già, non lo era per niente, soprattutto perché, accortisi della loro presenza, un gruppetto di senza-anima stavano giungendo con le loro vesti di stracci, pronti per lo spuntino.

- Merda

Non era proprio di aiuto… e per di più il mondo lì attorno stava girando in maniera vorticosa, tutto ondeggiante.

Hermione gli si fece vicino e mise una mano sulla spalla, tutto inutile, quasi non la avvertì.

Appoggiò la testa ad un tronco e vomitò.

- Che cosa gli succede? – domandò preoccupata al fantasma, lo spirito scosse la testa, non sapendo cosa rispondere.

Accidenti, e quegli stupidi Dissennatori stavano anche arrivando!

Doveva fare qualcosa… ma l’unica cosa era richiamare un patronus, ce l’avrebbe fatta?

Aveva lanciato un incantesimo oscuro molto potente per salvare la vita del biondo, per ben due volte aveva fatto ricorso alla magia nera, eppure, anche se si trattava di magia bianca, era terrorizzata dall’idea di dover richiamare il suo protettore.

- Richiamerò il mio patronus – disse risoluta la serpe barcollando e rialzandosi in piedi, impugnando la bacchetta.

Rischiò di ruzzolare giù per la collinetta, ma sorreggendosi ad un ramo, rimase in piedi, gli occhi lucidi, l’andatura sbilenca, ma la fermezza di sempre.

- Non farlo! Non ti reggi in piedi, ti ucciderai! – strillò Hermione preoccupata, facendoglisi accanto e costringendolo a sedere sullo strato di foglie intorno – lo farò io!

Lo avrebbe fatto, sì, ce l’avrebbe fatta, anche perché, se non ci fosse riuscita, sarebbero morti tutti.

Avvertiva già il brivido freddo sulla schiena mentre gli essere infernali si avvicinavano, aveva paura.

Chiuse gli occhi e strinse il legno della bacchetta: un ricordo felice… un pensiero che la rendeva rilassata e felice…

Rivide passare davanti a sé le immagini più belle, il primo giorno a Hogwarts, il momento in cui la McGranitt le aveva dato la Giratempo, la felicità di aver tirato un pugno a Malferret quando se l’era meritato, la soddisfazione di essere riuscita a ricordare la formula per liberare Ron dal Tranello del Diavolo, e poi… una serie di flashback delle ultime settimane insieme alla serpe, loro due che litigavano alla stazione, l’arrivo all’attico, il giro per negozi, Natale insieme, Capodanno… e ancora, la scena di quando le aveva detto “non lasciarmi”.

Aprì gli occhi

- Expecto patronus! – urlò più forte che poteva

L’aria si riempì di una nebbiolina che fece arrestare i dissennatori, poi, la figura di una lontra prese forma e si lanciò contro i guardiani della prigione.

Qualcuno scomparve quando l’animale incrociò la sua strada, ma molti erano ancora lì. Doveva farcela.

Stese il braccio più che poté nonostante le dolesse, molti Dissennatori erano ancora lì e stavano cercando di aggirare le manovre della lontra che aveva richiamato che non riusciva a trapassarli tutti.

Strinse i denti, faceva male, male da morire, ma era l’unica che poteva salvarli.

Avvertì appena i muscoli del gomito rilassarsi un poco, no, non doveva! Doveva resistere…!

- Ex… pectoexpetctopatronus! – urlò qualcuno dietro di lei e, prima che potesse voltarsi a vedere, un patronus completo a forma di drago la attraversò, lanciandosi con violenza sugli avversari.

Non era il caso di chiedersi da chi provenisse quella creatura, lui, maledetto, maledettissimo Malfoy!

Corse verso il corpo ansante appoggiato al tronco

- Stupido, stupidissimo Draco! – mormorò scuotendolo poco finemente e facendo scappare un risolino a Honor – non dovevi farlo! Ti avevo detto di non farlo!

- Avevo promesso di proteggerti Granger, ricordi? Non farmi la paternale come al solito – la rimproverò con il solito ghignò sulle labbra, eppure lei sentiva il cuore pulsargli troppo velocemente nel petto e le vene delle mani pericolosamente in vista.

- Accidenti

Prese un fazzoletto dalla tasca e gli pulì la fronte imperlata di sudore, perché stava così male?

- Stupida… - disse appena lui, poco prima di perdere i sensi.

Il drago dietro di lei emise un ruggito spaventoso quando lui perse conoscenza, un grido di dolore che avrebbe ridestato i morti dell’inferno, poi scomparve in una fiammata. Dei Dissennatori neppure l’ombra.

Hermione tenne abbracciata la testa del ragazzo, coprendogli le orecchie perché quel baccano non peggiorasse ancora di più le sue condizioni.

Un bagliore improvviso nel cielo le fece vedere nitidamente qualcosa che non avrebbe voluto: sopra la Scuola, nel cielo avvolto dalla nebbia rossastra, il Marchio Nero svettava sulle guglie antiche di Hogwarts, incutendo terrore.

In preda all’ansia, sbottonò rapida i pomelli dei polsini ed espose la pelle del braccio sinistro alla luce, il Marchio sul suo braccio sembrava una ferita aperta e doveva fare molto, molto male.

- Hermione! – urlò qualcuno dietro di lei e, girando la testa mesta e piangente, riconobbe Hagrid ed Harry.

* * *

- L’ha fatto per me – pianse Hermione, Harry la strinse un poco. Erano da un’ora fuori della porta dell’infermeria, Silente, Madama Chips, la McGranitt e Piton erano entrati da un pezzo, ma nessuno era ancora uscito.

Hermione sembrava disperata e continuava a dire che “L’aveva fatto per lei” e che “Le aveva salvato la vita” perché era “una stupida sconsiderata”… non l’aveva mai vista così sconvolta per qualcuno negli ultimi sette anni, neppure quando Ron era stato ricoverato al terzo anno e, senz’altro, non si era scomposta tanto quando Allock gli aveva reso il braccio di gelatina o, al primo anno, quando Ron si era fatto distruggere dalla Regina perché potessero fare scacco matto.

Era sempre stata agitata ma composta, adesso addirittura alle lacrime e non riusciva neppure a farsi raccontare che cosa era successo.

Inconsolabile era la parola che gli veniva più spontanea.

- Se… se dovesse morire per aver salvato me… mormorò tra i singhiozzi – se dovesse succedergli qualcosa… se solo fossi stata più attenta… e poi lui stava già male… non avrebbe dovuto…. Gli avevo detto di non farlo!

Si soffiò il naso nel fazzoletto.

Quando l’avevano trovata nel bosco, lei stava stringendo la testa di Malfoy, quasi che gliel’avessero tagliata, e piangeva di già.

Il tempo di porgerle la mano ed era svenuta anche lei.

Da quando si era svegliata, mentre la riportavano a Hogwarts, non aveva smesso di singhiozzare, povera Herm.

- Coraggio, Malfoy ha la pelle dura… - cercò di tirarla su, ma sembrava tutto inutile, lei non lo stava a sentire, sentiva solo i passi che si muovevano oltre l’uscio chiuso e si alzava ogni volta che udiva avvicinarsi qualcosa, per poi tornare a sedersi delusa quando la serratura non scattava.

In quel momento lui voleva solo sapere e lei sfogarsi.

E Malferret dall’altra parte? Probabilmente vivere perché non doveva stare troppo bene… Silente gli aveva detto molte cose, sapeva che lo Slytherin aveva il Marchio, quindi stare lassù doveva essere doppiamente faticoso per lui… lo aveva trovato alla sua età normale, però, ciò significava forse che l’effetto della pozione era sparito? Lo sperava.

La scuola era contornata dai mangiamorte e dai Dissennatori, molti studenti erano stati portati a casa con la smaterializzazone dai professori, quelli che avevano scelto di rimanere l’avevano fatto con coscienza e non erano pochi.

Il marchio era sopra le loro teste e tutti sapevano cosa avrebbe significato: BATTAGLIA.

* * *

Silente uscì dalla porta che era rimasta sigillata due ore.

Indossava la famosa tunica di velluto bordeaux e il cappello a punta come Mago Merlino nella Spada nella Roccia, l’espressione, però, era decisamente più grave.

- Signorina Granger

Hermione si alzò fulminea in piedi facendo scivolare via la mano da quelle di Harry che gliela accarezzava fino a poco prima.

Si alzò con lei

- Signor Potter…

Ok, sapeva cosa significava quel tono, letteralmente tradotto era qualcosa come “fuori dai piedi, sono cose private”, per dirla alla Malfoy sarebbe diventato “via dalle palle”.

Si risedette, capendo l’antifona.

Hermione scomparve col preside oltre l’uscio che si richiuse, era stufo di stare a guardare una porta…

Ginny gli si avvicinò silenziosamente, ripiegò la gonna sotto di sé e sedette sulla panca accanto a lui, perso nei suoi pensieri.

Un’occhiata agli occhiali, una alla porta, giunse le mani in grembo e appoggiò la testa alla spalla del moro

- Stai tranquillo Harry

* * *

- Signorina Granger, vorrei parlarle del signor Malfoy – incominciò l’anziano professore facendola accomodare su uno dei lettini dell’infermeria. Lei sedette

- Ditemi prima come sta, ho bisogno di saperlo, lui… lui mi ha salvato la vita!

- Il signor Malfoy, con le dovute cure, si riprenderà

- Dice sul serio? Stava così male in questi ultimi giorni…

- Signora Granger – continuò il rettore – lei sapeva che erano due giorni che il signor Malfoy stava cercando di trattenere la trasformazione in un bambino…? - le parole uscirono serissime dalle labbra di Silente

- Che cosa?

Perché l’aveva fatto? Perché?

- Come è possibile, noi non sappiamo…

Ma già mentre pronunciava quella frase si rendeva conto da sola della banalità, della stupidità. Conosceva l’incantesimo, probabilmente era a conoscenza anche di qualche soluzione temporanea, non importava se fosse magia bianche, nera, gialla o di che altro colore.

Draco era ossessionato da questa cosa di proteggerla, era davvero arrivato a tanto? A forzare se stesso oltre il limite?

Con tutti i problemi che aveva… le fiamme che lo divoravano, il rimorso, le colpe, il Marchio e adesso anche quello… perché era un tale testardo, un tale stupido?

Sacrificarsi a quel modo quando non c’era bisogno!

Era perfino andato da solo nel covo dei mangiamorte, l’incosciente!

La ragazza si prese la testa tra le mani e appoggiò i gomiti alle ginocchia, scuotendo i riccioli che le cadevano sulle spalle e piangendo amaramente.

Stupido, stupido e ancora stupido, perché doveva farla sentire così insignificante? Una buona a nulla!

Ecco come la faceva sentire!

Quanto lo odiava quando faceva così… digrignò i denti e si sentì una perfetta stupida, stupida per non essersene accorta e aver vissuto tranquilla.

Come era contenta la mattina, quando l’aveva ritrovato alla sua età normale… aveva forzato anche quella? Era addirittura riuscito a far sì che, per un certo tempo, la pozione non avesse effetto?

Come ci era riuscito?

Silente le mise una mano sulla spalla e la scosse un poco, alzando gli occhi lo vide sorriderle appena

- Stia tranquilla, andrà tutto bene

- È un maledettissimo stupido! – urlò in faccia al vecchio professore, sorprendendolo un poco – Mi scusi…

- Non si preoccupi, è comprensibile. – Hermione annuì e chinò il capo mortificata – quando entrambi vi sarete ripresi, vi farò chiamare nel mio ufficio, ho alcune cose di cui parlarvi che sono della massima urgenza

Annuì, finalmente sarebbero arrivate le rivelazioni che aspettava da quando erano partiti

- Ah, professore, io non so se l’ha vista… - incominciò sottovoce guardandosi attorno – c’era un fantasma con noi… credo che ci avesse detto lei di trovarla, o forse era trovare qualcos’altro, noi però abbiamo rintracciato solo lei…

Silente rise col suo solito modo pacato e bonario

- Sì, la signorina Black è nel mio ufficio, le parlerò non appena Madama Chips mi avrà detto che il signor Malfoy è fuori pericolo

La Caposcuola annuì

- Per questa notte chiuderò l’infermeria al pubblico, ho fatto preparare un letto così che possa riposare, non è il caso che vi mostriate in giro in queste condizioni…

La ragazza si toccò allarmata il viso e guardò le mani, in effetti sentiva la maglia tirarle stranamente sul petto e l’elastico della biancheria solcarle un po’ troppo i fianchi… era… tornata grande?

- Il signor Potter mi ha detto che ha cambiato età mentre riposava, anche il signor Malfoy… Harry sembrava molto preoccupato, forse è il caso che lo rassicuri un poco…

- Non mi ero neppure accorta di essere cresciuta…

- Vada a riposare, signorina Granger, è molto stanca e i letti sono decisamente più comodi delle barelle

Lei arrossì e annuì, poi si alzò in piedi e andò alla porta.

Silente uscì, batté una pacca sulla spalla al ragazzo che era scattato in piedi e si allontanò strascicando l’abito di velluto.

Harry le corse incontro

- Herm, come stai? Madama Chips ti ha visitata?

- Non preoccuparti – lo tranquillizzò – non è successo niente…

- Niente?! Niente dici! Ma se mentre ti portavamo qui ha improvvisamente cambiato età? Mi è preso un colpo, mi hai fatto quasi venire un infarto!

- Mi spiace, Harry, non me n’ero neppure accorta… ormai è una cosa così frequente…

- Oh Herm, non farmi più spaventare così – il suo migliore amico scosse la testa rassegnato, lei gli sorrise

- Silente mi farà dormire qui per questa notte, non dire agli altri che sono a Scuola, ok?

- La cosa non mi tranquillizza, lo sai? – puntualizzò Sfregiato – Malfoy è una persona con cui non riesco a stare tranquillo…

- Ma Harry, al momento avrà più o meno dieci anni, cosa vuoi che succeda?

- Ascoltami bene, Herm – esordì il bambino sopravvissuto con aria seria – ci sono due cose che una ragazza non deve mai fare: - Hermione sorrise, ascoltando la predica da paparino preoccupato che il grifone stava per farle – una è fidarsi di una serpe – lei annuì, da brava bambina – e due è fidarsi di Draco Malfoy, ok?

Lei scoppiò a ridere.

Era un po’ tardi per il “non fidarsi di Draco Malfoy”

- Secondo me sei troppo agitato – lo rincuorò la mora – tra la storia della scuola e tutto hai i nervi a fior di pelle, non farti delle preoccupazioni per me, so badare a me stessa

- Ecco, appunto, vattene via e lasciaci in pace! – sbraitò una voce stranamente infantile dall’interno dell’infermeria, sorprendendo i due ragazzi sulla porta, apparteneva innegabilmente alla serpe – fai più casino di un ciarlatano per strada, lasciami dormire!

- Malfoy, riesci a essere irritante anche senza la tua presenza, lo sai?

- Te lo faccio sapere tramite la Granger domattina, ok? – ghignò lo Slytherin – se si reggerà in piedi…

Harry strinse i pugni e digrignò i denti, mordendosi la lingua prima di rispondergli a tono

- Andiamo Harry, sta male…

- Male un corno, i malati non gridano come le cornacchie – bofonchiò il cercatore dei grifoni

Herm lo rassicurò con una pacca sulla spalla e lo spostò oltre l’impalcatura della porta per poi chiudere e appoggiarvisi.

Sentì qualcuno borbottare dall’altra parte e poi dei passi allontanarsi.

Harry si faceva decisamente troppi problemi dopo che lei e Malferret avevano diviso casa e letto per quasi tre settimane…

Madama Chips tornò in quel momento con una scorta di medicinali che richiuse nell’armadietto in fondo alla corsia

- Su signor Malfoy, stia tranquillo e riposi così domani potrà alzarsi…

- Sto benissimo, non è il caso che la facciate così lunga – borbottò acido all’indirizzo della donna che sbuffò sonoramente

Il rapporto tra lo Slytherin e l’infermiera non era mai stato dei migliori, Malfoy, infatti, evitava accuratamente l’infermeria come se si fosse trattato del preludio all’Apocalisse e, chiaramente, non aveva alcuna fiducia nell’impiegata dell’anticamera dell’inferno che aveva curato braccia gelatinose, morbillo, rosolia, impietrimento da Basilisco e quant’altro.

- Signorina Granger, lei si sistemi pure qui – e indicò il letto affianco – la signorina Weasley le ha portato qualcosa per cambiarsi così potrà mettersi comoda e riposare meglio

Tirò la tenda per coprire la metà del letto dove la studentessa si stava togliendo il maglione e la camicia

- Può anche lasciarla aperta la tenda – suggerì il biondo col suo ritrovato modo di fare malizioso, forte del fatto che a dieci anni non potevano comminargli una punizione e che la vecchia arpia non aveva l’autorità per farlo.

La “vecchia arpia” in questione si piazzò tra lui e la tenda con le mani appuntate sul fianchi ricoperti dal vestito azzurro e dal grembiule immacolato, l’espressione non era niente amichevole e la catenella degli occhiali tutta sbilenca da una parte.

- Signor Malfoy! – Draco alzò gli occhi al cielo, sembrava un disco rotto, possibile che dovesse iniziare ogni frase a quel modo? Lo aspettava un bel discorsetto da mal di testa fulminante – un giorno le dirò cosa penso veramente dei suoi modi villani – borbottò la strega – fino a quel punto tenga gli ormoni nei pantaloni e veda di farsi una dormita, credo che ne abbiate bisogno entrambi!

- Quello di cui avrei bisogno sarebbe altro, ma tralasciamo… - le rispose mellifluo mandandola ancora più su tutte le furie tanto che pestò i piedi e lasciò la stanza per non rispondergli in una maniera che decisamente non sarebbe stata approvata dal consiglio studentesco.

- Dovresti rimanertene tranquillo a riposare – lo rimproverò la grifoncina tirando nuovamente la tenda e sistemando il letto per andare a dormire

- E quello cosa sarebbe?

Il “quello” in questione era il pigiama della ragazza di un vivace color mela e cosparso di coccinelle rosse e nere

- Credevo che il tuo pessimo gusto avesse toccato il fondo quando siamo andati a comprare la biancheria, ma devo decisamente ricredermi!

- Tieniti per te i tuoi rimbrotti, mi vesto come mi pare – sbuffò lei che, improvvisamente, condivideva il malumore dell’infermiera

- Se fossi in te, io non mi vestirei affatto

Ma che cosa gli avevano dato a Malfoy?

Dovevano aver fatto confusione con le dosi del sedativo! Probabilmente avevano sbagliato boccetta, ce n’erano tante in infermeria…

- Ma se una volta mi avevi detto che la fiducia la si conquista d’in piedi, non da sdraiate… - lo pungolò lei tirando le lenzuola e infilandovisi sotto

- Sì, ma dato che ormai la fase della fiducia l’abbiamo superata, io proporrei di avanzare un pochino… ci aspettano altri due stadi di una relazione da approfondire e sono i più… “interessanti”

- Che relazione vuoi che possa avere con un nanerottolo di dieci anni – frecciò acida

- Per lo stadio B, credo che sia più che sufficiente

- Nella relazione che abbiamo noi non ci dovrebbe essere neppure un A, lo sai? Ti posso elargire uno schiaffo, se vuoi. Eppoi non siamo neppure fidanzati!

Draco ghignò malizioso.

Ad ingenuità non la batteva nessuno, ma se lei gli serviva un’occasione ghiotta come quella direttamente sul piatto d’argento, insomma, un po’ se la cercava.

- Non che serva… - incominciò – ma vorresti per caso che ti chiedessi di diventare la mia ragazza? – domandò sporgendosi sul letto di lei, anche se, al momento, la sua bassa statura gli impediva di riuscire a raggiungerlo.

Hermione si affrettò ad agitare la bacchetta e a spegnere immediatamente le luci, nascondendo la testa sotto le coltri nella speranza che lui non fosse riuscito a scorgere l’improvviso colore vermiglio che le si era propagato dalla fronte in giù. Probabilmente anche i suoi piedi erano arrossiti.

- Buonanotte, Draco – si affrettò a dire con voce tremula e in falsetto, insomma, come non farsi scoprire.

Ecco, aveva appena trovato il titolo del libro che sarebbe diventato il bestseller più venduto di tutta la Londra femminile: “Come non far capire ad un ragazzo che l’unica cosa che detesta è ciò che vuoi”, sì, sarebbe stato un boom.

Il biondo se ne tornò al suo giaciglio e ghignò nell’ombra della notte.

Lui e la mezzosangue insieme erano la coppia peggio assortita che riuscisse ad immagine, forse addirittura peggio di Paciock assieme alla Greengrass.

Oltre, ovviamente, al fatto che San Potter avrebbe scatenato contro di lui ogni avvocato presente sulla terra per “violenza carnale” sulla sua migliore amica che, di sicuro, non avrebbe esitato a spacciare per “incapace d’intendere e di volere”, o meglio, in quel caso avrebbe voluto un po’ troppo, ma erano sottigliezze.

Insomma, sarebbe finito dritto dritto ad Azkaban per aver alzato un’unghia sulla Santa Immacolata Granger.

Beh, finchè aveva dieci anni poteva dormire sonni sicuri, visto che poco avrebbe avuto il coraggio di tentare in quelle condizioni, e, in effetti, dormire nel senso più stretto del termine non era proprio ciò che voleva fare con la mezzosangue…

Poi c’era il problema più grande da affrontare e che rispondeva al nome di “da quando LEI è diventata un sogno proibito”; innanzi tutto nessuna ragazza poteva permettersi di essere il “sogno proibito” di Draco Malfoy, tantomeno la mezzosangue in questione, eppoi non sarebbe dovuto essere tanto proibito vista l’umiliazione che avevano sperimentato giusto il giorno prima in mezzo ad una delle strade più affollate della capitale.

Beh, se solo provava a ricordare che per lei era addirittura arrivato a sbirciare dal buco della serratura gli veniva ancora la pelle d’oca… si comportava davvero come un poppante, ridicolo, un Malfoy non avrebbe mai dovuto vergognarsi.

Un’occhiata alla Gryffindor, se solo avesse potuto leggere nella sua mente in quel momento ne sarebbe rimasta traumatizzata e, con ogni probabilità, tutte le gradazioni di rosso della bandiera del Grifondoro non sarebbero state sufficienti a mimetizzare il colore del suo viso.

Sarebbe stata una lunga notte… probabilmente la prima da molto tempo che passava sveglio senza la compagnia di qualche ragazza compiacente… e la Granger era OFF LIMITS.

* * *

Spazio autrice: per la pace mentale di lettori e lettrici, soprattutto di quelli che mi stanno minacciando di morti terribilmente dolorose, ecco qui il nuovo capitolo d’aggiornamento.

La vicenda si sposta, avevamo lasciato Hogwarts e adesso la ritroviamo con quasi tutti i suoi personaggi.

Honor Black finalmente fa una presentazione come si deve e racconta tutta la sua storia, chiaramente decadente come tutte quelle dei miei personaggi.

Nel prossimo cappy ci saranno ancora altre rivelazioni, nel frattempo spero che vi piaccia anche questo…

PS: mi rendo conto di aver parlato un po’ per enigmi, comunque vi presento le due carte di Clow a cui mi sono ispirata per creare il personaggio di Honor Black

Carta del sogno

Lei rappresenta quello che ho in mente per il personaggio, la fisionomia è pressoché identica e lo stesso vale per il copricapo che indossa, l’ho scelta appositamente perché gli occhi di questo personaggio non verranno mai rivelati.

Dato però che le Clamp hanno messo a questa carta un vestito che non si addice alla mia Honor, ne ho scelto un’altra per l’abito, ovvero questa

Carta del Silenzio

Ecco, spero di aver chiarito un poco le idee…

Vavva: se la cosa può consolarti, mi sono insultata da sola per il finale che ho messo visto che, se stessi dall’altra parte, cioè a leggere la mia storia, difficilmente accetterai che un autore terminasse a questo modo il capitolo.

Sono molto contenta che l’atmosfera un po’ dark del cappy sia stata resa bene, in effetti quel posto dove li ho spediti non deve proprio essere una meraviglia per farci un giretto turistico…

Comunque non preoccuparti per la fine, ecco il nuovo aggiornamento ed ecco che si svela tutta la storia.

Dopotutto il grosso, ovvero chi era Honor, l’avevo già detto, no?

Va bene, la smetto di infierire, lascio alla lettura, io spero che ti piaccia e che non mi ammazzerai troppo, in questo il finale è coerente, no?

Ciao ciao e un bacio! Nyssa

Lord Martiya: direi che Silente ha sempre avuto un lato piuttosto sadico che esterna e sfoga in questi indovinelli ridicoli, ma visto che non volevo mandarlo troppo OC e che ci stava con la storia l’ho reso anche qui nonostante sia la parte del suo carattere che detesti di più…

Probabilmente Draco si vergogna perché il sectumsempra non è una maledizione senza perdono e lui fino a poco prima ne avrebbe lanciate a destra e a manca senza preoccuparsene troppo… anche se, come al solito, non ci è andato tanto per il sottile… >_>

Mi fa piacere che il riferimento a Dickens sia stato apprezzato, voglio bene allo zio Charles, ma ogni tanto esagera davvero anche lui…

Per quanto riguarda Negi, lo spero anche io, anche se quel bambino è un vero cerca guai, probabilmente a qualche modo deve essere parente di Harry.

Spero che ti piaccia anche questo capitolo, ciao e a presto! Nyssa

Shavanna: mi dispiace, non farò più scherzetti del primo aprile… bene, sono molto felice che il precedente cappy ti sia piaciuto, in effetti forse sgranchirsi le gambe è un po’ riduttivo perché Draco in particolare se l’è vista parecchio brutta con quello schifoso di Fenrir alle calcagna, ma meno male che è andato tutto bene.

Per quanto riguarda la gemella di Sirius, eccola qui. Spero che il personaggio ti piaccia e mi auguro che sia lo stesso anche per questo nuovo capitolo! Aspetto i tuoi commenti, ciao e un bacio grande, Nyssa

Falalula: non sei fuori dal mondo e neppure vecchia, sono solo io che sono fissata… cmq sarebbero delle carte da gioco in grado di donare poteri magici, qui le uso solo per riferirmi alle figure che ci sono disegnate sopra perché rendono piuttosto bene alcuni personaggi.

Comunque ecco un po’ di introduzione su Honor che entra già a pieno svolgimento della storia e cattura il centro del palcoscenico con la sua vicenda molto triste (la mia vena drammatica ogni tanto vede la luce nel passato tormentato di qualche personaggio).

Sono molto felice che tutti i miei riferimenti letterari siano stati colti, è bello leggere di qualcuno che riconosce le citazioni, autori e personaggi, lo zio Charles, poi, è uno dei miei autori preferiti, anche se molto, molto depresso. Per quanto riguarda Fleming, invece, amo di più i film con 007, ma Vesper Lyndt rimarrà sempre il mio personaggio storico.

Sono felice che la storia continui a piacerti e sono contenta che sia stato lo stesso anche per la shottina… in realtà è stato solo un esperimento per appurare che la roba troppo corta con fa tanto per me, ma le tue parole mi fanno lo stesso molto contenta =^_^=

Spero che approverai anche il nuovo aggiornamento! A presto e un bacio, Nyssa

Luana1985: ehehe, ecco il nuovo capitolo allora! Spero che la tua fuga sia stata divertente, vorrei poter mollare un po’ di scuola anche io…

Sono contenta che la storia stia diventando più coinvolgente, che cosa ho in mente? Beh, sorpresa, ovvio! No, in realtà non lo dico solo perché occuperei chilometri e chilometri a spiegare e faremmo prima tutte e due a leggere e scrivere la fic

Spero che ti piaccia anche il mio nuovo post, a presto e un bacione! Nyssa

Gloria85: complimenti, il coraggio non ti manca! Non credo che io stessa riuscirei a leggerla tutta, ti ammiro molto sai? Più vado avanti e più ho paura che diventi un mattone quindi fa piacere sapere che c’è qualcuno che non è morto per colpa mia durante la lettura ^^

Tranquilli che non vi lascio troppo a lungo, infatti ecco il nuovo capitolo e spero che ti piaccia come i precedenti, mi auguro di leggere ancora i tuoi commenti, ciao e a presto! Nyssa

Giuliabaron: ehhhhh per il bambino dovrai pazientare ancora un poco, per il momento posso dire solo il suo nome, Devlin, invece per il suo coinvolgimento ho la bocca cucita sennò addio suspance

Spero che ti piaccia anche questo nuovo capitolo di storia di Honor, me lo auguro davvero, ciao e a presto! Un bacio, Nyssa.

Potterina_88: eh già, Sirius ha una sorella gemella, rivelazione shock? Ok, forse ho un po’ esagerato ma mi piaceva troppo vedere una versione femminile del padrino di Harry con gli stessi occhi blu e i capelli neri (intendo la versione che ho in mente io, non quella del film).

La fantasia non so proprio da dove esca, probabilmente dalle ore di noia mortale di mate, magari posso chiedere alla mia prof di farti ripetizione, sono certa che pur di non starla a sentire partiresti per località inesplorate…

Sono molto felice che la stirpe degli angeli caduti abbia riscosso tutto questo successo, sono molto affezionata a questa teoria e anche al suo nome, anche io penso che calzi a pennello con Draco&co.

Sono d’accordo con te, Draco avrebbe dovuto essere più comprensivo con Herm, ma in fondo la percentuale di rimanere ucciso era molto alta e il proverbio dice “non aspettarti niente che otterrai sempre di più” quindi se Herm se ne fosse andata pensando già di non rivederlo, se invece si fossero rincontrati sarebbe stato molto più bello, non trovi? Cmq tranquilla, non ho intenzione di ammazzare i miei protagonisti, non per il momento almeno XP

Spero che ti piaccia anche questo capitolo, aspetto il tuo commento, un bacione, Nyssa

Matrice: mi fa piacere che Honor sia stato un personaggio bene accolto perché tornerà nella storia, anche se in un modo un po’ particolare ^_^

, il seguito delle relazioni ci sarà e ci sto già lavorando, anche se temo che andrà un po’ per le lunghe perché con l’esame alle porte e tutto quanto non sono granché produttiva XP

Aspetto di conoscere ancora i tuoi pareri, a presto! Nyssa

Lauwren: beh, sarebbe come decifrare il carattere di Sirius, non mi ci metto neppure…

Già, Draco si fa degli scrupoli, anche se col sectumsempra non ci va giù leggero, il signorino, però tra loro e il bambino meglio il bambino, no?

Honor comunque tornerà presto nella vicenda perché la sua storia è al centro di questa parte della narrazione, comunque spero che ti piaccia anche il mio nuovo aggiornamento, ciao e un bacione grande! Nyssa

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Capitolo 19
*** Le ombre dell'anima ***


Le ombre dell'anima

L’ufficio del preside, di mattina, incuteva senz’altro meno terrore di quanto potesse suscitare passata l’ora di cena.

Sulla parete da cui si accedeva erano appesi i ritratti dei presidi che avevano guidato Hogwarts nel passato, personaggi gloriosi e altri da dimenticare ciattellavano gli uni con gli altri, scambiandosi opinioni, criticando.

Alla destra della porta era una scaletta di legno con pochi gradini che immetteva ad un piano sopraelevato dove stava la biblioteca dell’ufficio, caratterizzata dal colore rossiccio o marrone caldo del legno degli antichi ripiani che sorreggevano “il peso del sapere”.

Fini incisioni di fiori rampicanti e uccelli di legno erano parte delle decorazioni di questi mobili antichi, tanto perfette da parere quasi vere.

L’accozzaglia di legni di colore e fattura diversa rendeva chiaro che la stanza aveva subito forti rimaneggiamenti per far sì che ogni volume avesse il proprio posto a scapito dell’estetica. Peccato però che nel piano sottostante, ci fossero ancora libri e librerie e la scrivania.

Nonostante lo spazio fosse molto, sembrava quasi che non bastasse a contenere tutti i soprammobili che facevano bella mostra di loro tra i ripiani o che, al momento, stazionavano in cima ad una pila di volumi sul pavimento che sembrava essere quasi parte dell’arredamento, probabilmente per loro non c’era davvero più posto.

Alambicchi colorati erano appoggiati su un tavolo alla sinistra, mentre la scrivania era ingombra da pile di scartoffie burocratiche sulla sinistra, un portapenne con calamaio e accessori per la scrittura in argento e alcuni tomi alla destra.

 

Il proprietario di tutto questo era seduto dietro lo scrittoio, le mani in grembo che tormentavano la lunga barba bianca che ricadeva sulla veste color lavanda di velluto finissimo; il caratteristico cappello a punta intonato col colore era appoggiato all’ennesima catasta di volumi ingialliti.

 

Draco ed Hermione presero posto nelle due poltroncine su cui avevano già seduto poco prima di fare i bagagli e partire per Londra. Adesso, però, le circostanze erano assai cambiate e molto, molto più gravi.

 

La professoressa McGranitt, con in braccio il bambino che avevano portato con loro, Devlin, passeggiava tra i libri cullandolo appena, con un’espressione dolcissima sul viso che non le avevano mai scorto durante le lezioni. Non avrebbero detto che fosse la stessa persona, sembrava davvero una nonna alle prese col suo nipotino appena nato.

 

Ma se l’espressione della vicepreside era soddisfatta e rilassata, altrettanto non si poteva dire di quella del rettore, la cui preoccupazione era facilmente riconoscibile oltre gli occhiali a mezzaluna che gli erano così cari.

 

La Caposcuola si guardò attorno senza riconoscere né la sagoma inconsistente di Honor Black né quella di Nicholaa, di cui non aveva più avuto notizie dopo il loro arrivo.

 

Doveva essere difficile anche per lei.

Draco pativa ogni sera, quando calavano le tenebre. Non glielo aveva mai detto, ma ogni tanto si era accorta di un gesto ripetuto, come un tic, di toccarsi l’avambraccio e, in quel momento, il suo viso si deformava in una smorfia di dolore.

Non era cieca fino a non accorgersi di certe cose.

Non sapeva, poi, se Nicholaa avesse o meno il Marchio, considerato il fatto che non poteva parlare, i mangiamorte avrebbero potuto anche pensare che fosse uno spreco marchiare un essere inutile come lei.

Malfoy non glielo aveva mai detto e lei non si era sentita di chiederglielo.

Ma anche senza quel segno maledetto, doveva essere ugualmente difficile perché tra quelle mura stazionavano ancora i ricordi più brutti della sua storia: probabilmente era a Hogwarts quando le avevano comunicato che sarebbe andata in sposa ad un parente dell’uomo che l’aveva violentata e le aveva fatto perdere la favella e, allo stesso modo, chissà come doveva aver sofferto a dover lasciare la scuola e le sue mura protette per avventurarsi in una vita senza certezze.

Draco le aveva detto che era stata una studentessa piuttosto brava, se le fosse piaciuto conoscere e imparare la metà di quanto piaceva a lei, beh, rinunciarvi sarebbe stato come morire.

 

Ma non erano lì per parlare della bionda madre di Pansy, né per riflettere, Silente li aveva espressamente chiamati nel suo ufficio per metterli effettivamente al corrente di tutto quello che c’era da sapere circa la questione dei seguaci di Voldemort che, in quel momento, accerchiavano la scuola e che non dovevano essere poi così estranei a quel bimbetto ora addormentato tra le braccia della più severa professoressa di Hogwarts.

Per un momento, ad Hermione, parve di avere un flashback dal passato, una scena simile con sua nonna che la cullava per farla addormentare.

 

Draco versione bambinetto sfoggiava un’espressione corrucciata e lo stesso vestitino nero che tanto detestava, completo di fiocco sotto il mento.

Non era di buon umore e un cero tic nervoso al sopracciglio la diceva lunga su di lui.

 

Hermione aveva cercato di rendersi presentabile senza dover apparire di fronte a Silente con gli abiti di tutti i giorni, ma non se la sentiva proprio di approfittare nuovamente della gentilezza della prof e indossare uno dei suoi tartan che tanto amava.

Così s’era messa la cosa più elegante che aveva e, adesso, era tremendamente a disagio e si stava tormentando una ciocca di capelli un po’ arruffata tenendo gli occhi chini sulle ginocchia.

 

-          Da quanto tempo il Marchio è sopra la scuola? – domandò infine Malfoy rompendo il silenzio denso che si era venuto a creare; il preside emise un lungo e grave sospiro, poi si spostò dalla sua posizione, appoggiò le mani intrecciate sul ripiano e guardò fissamente negli occhi grigi del ragazzo

-          Da Capodanno

Il biondo si morse le labbra per non pronunciare quella parola che rendeva così bene la situazione, ma che di sicuro la vicepreside avrebbe disapprovato con fervore, soprattutto se proferita da un bambino tanto piccolo.

-          Mi avete scritto di aver incontrato dei mangiamorte a Londra, parlatemene – li incoraggiò il vecchio mago

I due studenti si scambiarono un’occhiata; se li si fosse dovuti giudicare in quel momento non si sarebbe mai detto che appartenevano allo stesso corso di studi.

-          Eravamo alla Queen Victoria – intervenne Hermione, sentendo la sua voce debole e un poco rotta – e abbiamo incontrato…

-          Nott e Crouch – intervenne il bambino senza soffermarsi sui particolari di cosa ci facessero quei due maghi in un posto moooooolto babbano

-          E poi, la sera di Capodanno, siamo usciti per festeggiare un poco, chiaramente ci siamo travestiti in modo che non ci riconoscessero e abbiamo tinto i capelli – aggiunse frettolosa cercando di nascondere ciò che, probabilmente, Silente sapeva già, ovvero che avevano deliberatamente pedinato Bellatrix

-          C’erano Bellatrix e Rodolphus in un caffè

-          Babbano? – indagò il preside

-          Mezzo e mezzo – precisò lo Slytherin

-          Ah… il “Nastro”, vero? – confermò con un sorriso il vecchio stupendoli – quando ero giovane esisteva già e ogni studente sognava di portarci la propria ragazza…

Beh, in un secolo circa le cose non erano cambiate poi così tanto.

-          Parlavano di una persona da tenere in vita fino alla vostra… morte – aggiunse la ragazza

-          Non abbiamo sentito molto, ma abbiamo subito scritto e poi ci siamo messi ad indagare

-          E avete trovato la mia Honor

-          Già – confermò la serpe agognando ad una sigaretta che non poteva permettersi

Un altro lungo sospiro mentre la McGranitt gli si faceva vicina con il bimbo in braccio, sempre cullandolo dolcemente.

-          Lui è mio nipote – incominciò con voce lugubre Silente – Devlin Derek Dumbledore. Il figlio di mia sorella Ariana.

Silenzio.

Quella era la prima volta che sentivano parlare Silente con quel tono, come se il pericolo ci fosse davvero e fosse stranamente potente.

-          Devlin è nato più di cinquant’anni fa – precisò ancora l’uomo – ma ho dovuto prendere una decisione difficile quando sia mia sorella che… il padre del bambino… sono mancati.

Fermandosi un secondo di parlare, si alzò in piedi ed avvicinò al neonato, toccando il medaglione che Honor aveva intimato loro di non sfiorare neppure se non volevano subire terribili conseguenze.

La catenella d’oro si slacciò facilmente lasciando una placca dorata tra le dita lunghe e ossute del mago.

Mise le mani una sopra l’altra, tenendo l’oggetto in mezzo e, quando le scostò, si formò una piccola nube scintillante dove prima c’era il metallo.

Guardarono alternativamente le mani e gli occhi del preside, cercando di capire cosa voleva dire loro.

Poi, una figura piccina si creò tra le dita, assumendo una forma vagamente umana, molto simile alla fatina di Peter Pan che Hermione ricordava aver letto in un libro per bambini, molti anni prima.

-          Lei è Alys – riprese Silente – ed è lo spirito della Elder Wand

Hermione spalancò poco decorosamente la bocca, rimanendo basita di fronte a quelle rivelazioni.

La fata spiegò delle piccole ali semitrasparenti e volò in fronte ai due, sorridendo appena. Aveva capelli verdi e occhi fucsia e pareva gaia e spensierata: Trilly, insomma.

-          Ciao! – esclamò con voce suadente come il miele, ma appena percettibile da quanto era bassa

-          Alys è una feycoocu – annunciò ancora l’uomo – ovvero lo spirito di un oggetto magico

La ragazza tese un dito e, come ci si sarebbe aspettati da Campanellino, la fata vi si sedette, allungando il braccio che poteva essere paragonato ad un giunco da tanto era sottile.

-          Alys ha sempre vissuto nella Elder Wand fin dalle sue origini, per questo la Bacchetta è così potente, ha uno spirito potente che la governa, anche se le potenzialità dell’oggetto dipendono sempre da quelle del mago…

Quando Devlin è nato, Tom Riddle aveva appena aperto la Camera dei Segreti: la guerra contro Lord Voldemort era appena cominciata.

Sapevo che difficilmente sarei stato scartato dalla sua lista nera e decisi quindi di mettere in salvo il bambino prima che potesse accadergli qualcosa. L’unico posto dove speravo fosse al sicuro era il futuro.

Se mi avessero ucciso, e a quel tempo era una cosa molto probabile, nessuno si sarebbe potuto impadronire della Elder Wand e usarla per scopi malvagi poiché ci sarebbe comunque stato un erede in grado di impugnarla. Usai la Giratempo che ora custodisce la signorina Granger e viaggiai cinquant’anni nel futuro, consegnando al me stesso di oggi il fagotto che avevo a cuore. Ho dato a quel bambino una nuova identità in una famiglia normale, ma avevo fatto male i miei conti pensando che cinquant’anni dopo la situazione sarebbe stata migliore e, infatti, i mangiamorte sono riusciti a trovare questa creatura e addirittura a rapirla.

La Grifondoro e il Serpeverde annuirono, comprendendo le motivazioni del vecchio mago

-          Ma non tutti nella famiglia sono in grado di usare il potere, anche se diventano Capofamiglia. – precisò Draco con altrettanta freddezza

-          Infatti, la Bacchetta richiede doti particolari, ma, per sua fortuna o sfortuna, Devlin le possiede tutte. Sua madre era Ariana Silente e suo padre nientemeno che Grindewald in persona.

Eccolo finalmente alla luce il torbido segreto della famiglia.

Un bambino bastardo, una ragazza madre, stupro, violenza.

Creduloneria, ingenuità, solitudine.

Aveva chiamato suo nipote Devlin che significa sia “demone” che “cavaliere” per cercare di sintetizzare gli animi antitetici che convivevano in quella piccola creatura.

Per lui erano passati cinquant’anni da allora, per quel frugoletto, invece, circa un anno.

Quando aveva preso con il fagotto, la bacchetta e la Giratempo, molte cose dovevano ancora accadere: era ancora un insegnante e Minerva una studentessa del terzo anno.

Tom Riddle non si faceva ancora chiamare Lord Voldemort e non aveva messo in piedi quell’organizzazione di pazzi mangiamorte. Non era stato spazzato via da Harry e definitivamente cancellato dal mondo quando le bacchette erano entrate in risonanza.

E Grindewald era morto da poco meno di due mesi.

Era stato proprio lui a ucciderlo, usando la stessa Elder Wand che aveva sempre con se.

L’aveva fatto per molti motivi: per sfogare la frustrazione che lo accompagnava da molto e che l’altro mago gli aveva fatto credere di poter curare, per vendicare sua sorella, distrutta per sempre, per vendicarsi di un’amicizia tradita, per Aberforth che aveva rischiato di pagare con la vita; e poi, anche per Yuri e Marlene che non vivevano più, ma che erano stati l’involontario punto d’inizio di tutta quella matassa aggrovigliata di fili.

Grindewald era tornato con lo stesso sorriso bieco che aveva dopo aver usato violenza ad Ariana, voleva la bacchetta e lo sapevano tutti e due, ma avrebbe dovuto ucciderlo e uccidere una persona che medita vendetta è difficile.

Grindewald non aveva mai saputo di aver avuto un figlio e, nonostante tutto, non si era sentito in colpa quando quell’incantesimo l’aveva colpito, era stato la chiusura di tutto, tradimento per tradimento.

Non si era pentito di non averglielo detto.

Compiere la scelta sbagliata era ammissibile, tradire no perché è con coscienza che si realizza un gesto del genere.

 

Quando era stato faccia a faccia col se stesso che sarebbe diventato, aveva posto tra le braccia invecchiate il cesto, preso la bacchetta e scisso il corpo della stessa dallo spirito.

Poi aveva rinchiuso Alys nel medaglione di Devlin e tenuto con sé il legno di sambuco che formava l’impugnatura.

Era comunque un’arma potente, ma non distruttiva perché lo spirito terribile che rendeva possibili le più complicate magie, al momento, era altrove.

Un giorno avrebbe dovuto dire a suo nipote tutto quello, che aveva ucciso suo padre, che lo aveva portato nel futuro, un sacco di “che” e di “ma”.

Ma gli aveva lasciato lo spirito della bacchetta, nessuno, a parte Devlin, poteva giudicarlo per quello che aveva fatto.

Per questo voleva che vivesse, per sapere cosa ne pensava, per poter dire tutto ad una persona che avrebbe potuto capirlo, se avesse voluto.

 

-          Ci sono due motivi per cui Bellatrix ha fatto rapire Devlin – ricominciò tornando alla realtà – il primo è che, se mi uccidessero, liberarsi di un bambino sarebbe estremamente facile, in particolare un bimbo così piccolo che non è ancora in grado di compiere magie. Il secondo è che Devlin è un mago molto potente e le sue capacità sarebbero senz’altro ben accolte tra le fila dei mangiamorte, inoltre, se si riuscisse a plagiare un simile potere, forse si riuscirebbe a creare una persona malvagia e spietata quanto Voldemort che la sostituisse, ma non uno qualunque, bensì un burattino manovrato nell’ombra dalla “mamma” Bellatrix che gli direbbe cosa fare o non fare.

-          E Honor? – chiese Draco

-          Honor, come vi avrà già detto lei stessa, è la figlia di Orion, sorella gemella di Sirius. – i due ragazzi annuirono – quando nella famiglia Black nascono due gemelli, in genere il secondogenito viene ucciso per paura che si ripeta quello che si crede sua successo quando le Reliquie sono state trovate.

-          Ma Honor era una femmina – protestò Hermione

-          All’inizio i “Doni della Morte”, ovvero i gemelli considerati pericolosi, erano solo i secondogeniti di sesso maschile, ma col passare del tempo si è avuto sempre più paura di questa leggenda, soprattutto dopo che i Black hanno cominciato a perdere progressivamente potenza e ricchezza. Quando Honor è nata è stato molto facile prendersela con una neonata.

-          Ma allora perché Orion non l’ha fatta uccidere? Non è certo passato alla storia per essere stato un uomo misericordioso – sottolineò Malfoy, Silente annuì

-          C’è un segreto che né HonorSirius hanno mai saputo e che Orion mi ha pregato di non far mai loro sapere. Lo dirò a voi, se prometterete che questo non verrà mai divulgato

Draco ed Hermione accennarono un assenso con la testa.

Silente e Minerva si scambiarono un’occhiata d’intesa, seria, poi il preside tornò a rivolgersi a loro.

-          Orion da giovane assomigliava a Sirius più di quanto si potrebbe credere – Draco sollevò le sopracciglia, vagamente curioso – come lui era mosso da passioni molto forti che non riusciva a controllare e viveva nel desiderio di sperimentare e provare cose nuove. Sirius una volta ha detto ad Harry che “il pericolo è il pepe che dà gusto alla vita”, ebbene, lui non lo sa, ma quando una volta sono stato costretto a mettere in punizione Orion e gli ho chiesto il motivo di quella malefatta, lui mi ha risposto la stessa identica frase.

Un attimo di silenzio mentre quelle parole venivano lentamente assorbite e si arrivava, in climax, al momento clou, quello che pochi conoscevano.

-          Orion conobbe una ragazza, una mezzosangue, come dicono i purosangue, che lo stregò al punto da fargli perdere la testa. Successe la cosa peggiore che possa succedere ad un “purosangue”: s’innamorò – nessuno fiatò, Draco trattenne il respiro mantenendo gli occhi gelidi e fermi, conscio che quello era anche il suo destino e sapendo che si stava scoprendo un passato pericoloso - Decise di sposarla quando aveva appena raggiunto la maggiore età, chiaramente la famiglia era contraria al matrimonio e glielo impedirono.

-          Chi era? – domandò attenta la Caposcuola

-          Si chiamava Lysis ed era una creatura minuta e dolcissima con un temperamento che avrebbe messo tranquillo perfino il nostro Harry… - Silente sorrise in maniera paterna al ricordare tutto quanto

-          E che successe, dopo?

-          Furioso coi suoi parenti, Orion fuggì di casa con lei; il caso volle che rimanesse incinta.

-          LEI è la madre di Sirius e Honor? – chiese Draco, il preside fece cenno di aspettare.

-          Più che la famiglia, chi lo stava perseguitando davvero era la sua promessa sposa, Walburga. Tentò in tutti i modi di separarli, era una donna gelosa.

-          Diciamo che non era la simpatia fatta persona – commentò acido Draco borbottando sottovoce un paio di epiteti poco carini nei confronti della “zietta”; la McGranitt gli scoccò un’occhiataccia ma non disse altro.

-          Ad ogni modo, venne il giorno del parto e lui non era ancora rientrato a Grimmauld Place. In verità, non furono due i gemelli che Lysis mise al mondo, ma tre.

-          TRE? – esclamarono all’unisono Draco ed Herm

-          Sirius Black, Honor Black e Nicholaa, anche se il suo vero nome sarebbe Georgiana.

-          Nicholaa? – quasi urlò la piccolo serpe

-          Già, lei. La ragazza non sopravvisse che poche ore, Orion mi raccontò che era stato un parto difficile.

-          Ma Nicholaa non assomiglia per niente a Sirius o al fantasma di Honor! – protestò Malfoy mentre la mezzosangue annuiva, confermando la cosa

-          Qui sta il punto. Con i Black ormai alle calcagna, Orion dovette prendere una decisione. Prese le due bambine nate e le portò nel mondo babbano, lasciandole ad una famiglia innocua dove nessuno sarebbe andato a cercarle, divennero Nicholaa e Vesper Lyndt. Suppongo Honor vi abbia raccontato di quando ha scoperto di essere figlia di Orion

-          Sì – confermarono i due

-          Ebbene, lo stesso giorno lo scoprì anche Nicholaa.

-          Cosa?

-          Nicholaa e Honor non si somigliano molto. Avendo appreso fin da bambine di essere state trovate per strada, hanno sempre creduto di non essere sorelle di sangue, invece, a dispetto delle apparenze, lo erano eccome.

-          Ma… - un’occhiata della vicepreside intimò al biondo di ascoltare e non parlare.

-          Quando Orion riconobbe nella ragazza assieme a Sirius l’altra sua figlia, cercò di raggiungerla ma il ragazzo, Sirius, credendo che suo padre volesse punirlo per l’ennesima marachella, fuggì con lei. Chi incontrò per i corridoi fu Nicholaa.

-          E come faceva a sapere che era l’altra sorella?

-          Io mi ricordo bene di Lysis – confermò la professoressa di Trasfigurazione – Nicholaa le assomiglia moltissimo.

-          Insomma, le conobbe tutte e due.

-          Nicholaa sa che Honor è sua sorella di sangue, anche se Honor non ne ha idea, eppure le vuole bene come ad una sorella perché sono cresciute assieme.

-          Ma… e Sirius? – indagò la Caposcuola

-          Né lui né Honor sanno di tutto questo, solo Nicholaa.

-          E che ne è stato di Orion dopo che Lysis è morta? Ha sposato Walburga, giusto? – chiese Draco

-          Disse ai parenti che aveva avuto due gemelli e ne aveva ucciso uno, poi sposò Walburga ed ebbe Regulus.

-          Dunque è per questo che la zietta detestava tanto Sirius

-          Più di quanto si immagini perché, per un’altra donna, Orion era addirittura giunto ad abbandonarla e fuggire e, forse, non sarebbe mai tornato a casa. E quando Bellatrix ha saputo della figlia che Orion aveva riconosciuto, ebbene, si riferiva a Nicholaa, non a Honor, solo che, male interpretando, anche se Honor era effettivamente l’altra gemella, fu lei la vittima.

-          Poverina – concesse Hermione

-          È stata una ragazza sfortunata, lei e Sirius si volevano molto bene.

-          Quindi, ricapitolando, i gemelli erano tre: Sirius, Honor e Georgiana. Tutti e tre hanno vissuto come se non avessero legami di sangue, le due femmine credendo di non essere sorelle per via della diversità e Sirius perché non sapeva dell’effettiva esistenza delle altre. Poi sono entrati a Hogwarts e si sono conosciuti. Honor e Sirius hanno fatto amicizia e Nicholaa…?

-          Era un essere piuttosto solitario, amica di Remus

-          Il professor Lupin? – chiese Hermione

-          Lui

-          Ad ogni modo, un giorno Orion arriva a scuola e incontra Sirius e Vesper, riconosce la figlia e cerca di avvicinarla, incontra però Nicholaa e riconosce anche lei. Le dice la verità, giusto?

-          Sì. Poi parlò con Regulus che lo disse a Bellatrix

-          Credendo che la sorella fosse Honor, mentre invece si riferiva a Nicholaa, uccise la prima delle gemelle, ignorando che ce ne fosse un’altra. – ammise pensieroso Silente

-          In quel giorno Orion riconobbe ufficialmente la prima delle gemelle, poi però, spaventato da quanto accaduto, non se la sentì di riconoscere anche la seconda, perciò Bellatrix non ha mai avuto dubbi circa l’aver ammazzato la sorella giusta. E questo è anche il motivo per cui Honor si fa chiamare Honor, mentre nessuno chiama Nicholaa Georgiana – concluse Minerva McGranitt

-          Honor seppe la verità solo da cadavere, Sirius solo prima di morire. – precisò ancora la donna

-          Nicholaa da sempre – confermò Silente. – e poi ci fu il disastro della famiglia Parkinson

-          Anche lei non è stata molto fortunata – concesse Draco – forse i gemelli portano davvero sfortuna

-          Forse…

-          Dunque questo è tutto? – guardò i presenti come a confermare. Silente annuì e lo stesso fece la prof. Hermione ci mise di più, poi accennò di sì riservandosi si chiedere chiarimenti più tardi. – e quindi cosa ci fa Nicholaa con questo Devlin? E Honor? – fece per aggiungere che era un casino astronomico, ma si frenò appena in tempo.

-          Quando Sirius morì, chiesi a Honor di rimanere con Devlin, in questo modo mi sarebbe stata di grande aiuto. Honor seguì Devlin quando venne rapito e incontrò Nicholaa. In forma di spettro aveva parlato solo a Sirius per tutti quegli anni, ma riconobbe subito la sorella sfortunata. Il loro legame, sangue o non sangue, è ancora molto forte. Nicholaa ha sempre cercato di proteggere il bambino, da allora, e quindi ne ha subito le conseguenze, anche se, finchè ai mangiamorte fosse andato bene, sarebbe stata utile.

-          E… come sta ora? – chiese Hermione

-          La sta vegliando sua sorella.

-          Che famiglia sfortunata… - ammise tristemente.

-          Non preoccupatevi, Lynwood arriverà presto.

-          Suo marito – specificò lo Slytherin all’indirizzo della ragazza

-          E i mangiamorte? – chiese preoccupata

-          Tradire ora i mangiamorte equivale a decidere le parti della battaglia finale. Non manca poi molto, lo sappiamo tutti. Lynwood ha finalmente preso la sua decisione.

-          Non è mai stata una persona molto decisa – annuì il Principe delle Serpi

-          Infatti, proprio per questo la scelta da lui compiuta è così importante.

-          Direte mai a Honor della sua vera storia? Lei crede di essere figlia di Walburga e che suo padre abbia impedito di ucciderla…

-          Forse… quando tutto questo sarà finito e quando quella sua idea di vendetta si sarà sopita

-          La vendetta non conosce giorno e notte, o si compie oppure no – enfatizzò il biondo erede dei Malfoy. Silente gli rivolse uno sguardo duro, ma, in fondo, era quella la verità.

Brutto da ammettere, eticamente terribile, ma VERO.

Quando si era accanito contro Grindewald, avrebbe potuto compiere una strage tanto era il fuoco che lo animava, non stentava a credere che quel fantasma avesse deciso di rimanere solo per potersi vendicare, soprattutto perché ciò che avevano tolto a lei era la possibilità di vivere.

Si dice che i fantasmi siano sulla terra perché hanno “delle faccende in sospeso”; forse lo era per quelli che abitavano Hogwarts, senz’altro era così per Mirtilla che, passato tanto tempo, voleva sapere chi e che cosa l’aveva uccisa.

Anche Honor era stata uccisa, lei però sapeva il nome del colpevole e non si era rassegnata, fantasma o non fantasma, qualunque cosa fosse, aveva la certezza che il suo piano terribile sarebbe stato portato a termine.

E non riusciva a biasimarla per quello. Ma, soprattutto, non poteva.

 

Quando Devlin avrebbe compiuto undici anni, se non prima, la Bacchetta e Alys, il suo spirito, si sarebbero ricongiunti.

Se fosse morto per mano di qualcuno, sarebbe stata solo di Devlin perché solo lui aveva quel diritto e nessun altro. Devlin poteva giudicarlo.

Non avrebbe permesso a qualcuno di ucciderlo prima di sapere cosa ne pensava suo nipote e avrebbe fatto tutto quanto in suo potere: quello si chiamava egoismo.

I suoi studenti lo vedevano come un bravo nonno saggio, la raffigurazione di Mago Merlino, lui era stato tutt’altro che un mago del genere.

Ombre e paure, vendetta, odio, desiderio, amore, pietà, colpa e peccato macchiavano il suo passato e il suo presente.

La vanità e l’orgoglio erano stati il carburante che gli serviva per diventare famoso e potente, salvo poi abbandonare tutto quanto quella notte di luna piena.

Aveva ucciso Grindewald da poco.

Aveva portato via Devlin sentendosi saggio.

 

E adesso ricordava che gli occhi che aveva rivolto a se stesso, quando il giovane Albus consegnava la cesta tra le braccia del vecchio Albus, erano occhi di pietà e di comprensione per quello che di lì a poco sarebbe accaduto e che non poteva impedire per non cambiare il proprio passato e presente.

Minerva avrebbe varcato quella porta e la tragedia si sarebbe consumata di nuovo.

Una tragedia di sangue.

Una tragedia che finiva con un sorriso, ma che non aveva “felici e contenti”, era un finale a cui lui e la bella Minerva non erano destinati, altri erano i loro compiti, difficili, impegnativi.

Non c’era posto per quello, l’unica cosa che potevano fare era rimanersi accanto.

Minerva l’aveva perdonato, lui non aveva fatto altrettanto con se stesso.

E quello era l’unico motivo per cui non avevano il loro “happy ending”, solo colpa sua.

Ma se un giorno ci fosse riuscito, fosse anche il giorno prima della fine del mondo, sapeva che lei l’avrebbe aspettato e sarebbe rimasta con lui, viva o fantasma.

 

-          Rimarrete in infermeria per i prossimi giorni, almeno finchè l’effetto della pozione non sarà sparito del tutto. Il professor Piton ha affermato che entro metà mese sarà scomparso

-          Lo spero – borbottò lo Slytherin

-          Se avete bisogno di tornare nei vostri dormitori a recuperare gli effetti personali – li informò ancora il preside – chiedete ai vostri Responsabili: la professoressa McGranitt e il professor Piton faranno in modo che gli altri alunni non debbano accorgersi del vostro stato.

-          Possiamo incontrarci con chi è a conoscenza della nostra situazione? – domandò Hermione, il preside annuì

-          Certo. Il signor Potter e il signor Zabini possono venire a trovarvi, se lo desiderate.

 

La ragazza ne fu sollevata, anche se Harry avrebbe dovuto pensare a studiare piuttosto che stare a chiacchierare con lei.

Eppoi con Malfoy il tempo volava sempre.

Lo guardò con fare materno e qualcosa la turbò: gli occhi di lui erano duri e lontani, la sua mente non era in quella stanza, ma persa nei suoi pensieri.

 

-          Signor Malfoy – aggiunse ancora il vecchio mago – se il bruciore al braccio dovesse diventare particolarmente fastidioso, la prego di informare il professor Piton che provvederà a darle qualcosa per alleviare il dolore

Draco annuì meccanicamente, sapendo che non l’avrebbe mai fatto.

-          Il Ministero sa che Hogwarts è in queste condizioni? – chiese poi d’improvviso, riportando la sua attenzione al preside

-          Abbiamo avvisato gli Auror, una piccola squadra dovrebbe giungere a giorni e, se necessario, manderanno rinforzi.

Hermione sentì borbottare alla serpe le parole “piccola squadra” con sprezzo, come se l’imminente battaglia alla Scuola di Magia e Stregoneria fosse come una scaramuccia tra bambini e, invece, era la punta di diamante, il traguardo ultimo. Ma nessuno, neppure al Ministero, era a conoscenza della storia le Reliquie come quelli che ne erano coinvolti e quindi sembrava solo l’ennesimo tentavo dei mangiamorte di espugnare l’ultima roccaforte.

Nessuno si era mai chiesto perché quei maghi ce l’avessero tanto con Silente e, certo, non erano a conoscenza di ciò che accadeva a Malfoy Manor, avvolta tra le fiamme degli inferi.

Mille e mille volte avrebbe voluto chiedere a Silente di far cessare l’incantesimo che la separava dal resto del mondo, ma se l’avesse fatto, Bellatrix e gli altri non avrebbero certo esitato a buttarsi a pesce sulla questione, impadronendosi della Reliquia che serviva loro per riportare in vita il Lord Oscuro.

Adesso tutta la responsabilità era sulle sue spalle e sapeva che non era ancora pronto, ma ce l’avrebbe fatta, comunque.

 

Silente si alzò in piedi, indicando con un gesto la porta di uscita, ciò significava che il colloquio era terminato, per il momento.

Fanny si fece accarezzare un’ultima volta la testa dalla ragazza e strillò giuliva esattamente come faceva Grattastinchi per ricompensarla di un paio di grattini supplementari.

 

Fu l’ultima a lasciare l’ufficio, guardando dietro di sé la vicepreside composta e sorridente di quel sorriso disperato ma fiducioso che aveva sfoggiato ogni volta che un grosso guaio si sarebbe abbattuto sulla scuola; gli occhi azzurri di Albus Silente, invece, lo facevano sembrare più vecchio di quanto avesse mai dimostrato, era pressato da tutta quella situazione e, con ogni probabilità, Devlin non era che la goccia ultima.

 

Draco chiuse con difficoltà la porta riuscendo ad arrivare a stento alla maniglia, certamente non pensata per bambini.

Si appoggiò contro l’uscio, respirando come se avesse trattenuto il fiato per tutto quel tempo, lanciò un’occhiata alla mezzosangue con la schiena appoggiata al legno spesso che sbirciava lontano nella brughiera innevata che si scorgeva attraverso le tende del pianerottolo.

 

Una luce improvvisa si propagò dal corpo di lui non appena la sua attenzione fu riportata al pavimento e ai lacci delle scarpe nere; l’attimo dopo anche la ragazza era avviluppata in quella luce magica e brillante che scandiva i loro continui cambiamenti d’età che si facevano via via più frequenti.

Il bagliore si dissolse in fretta in una miriade di molecole luccicanti lasciando i due ragazzi di nuovo alla loro età normale.

Draco si guardò le mani ormai quasi adulte e l’anello che portava alla catenina con lo stemma dei Black, era stato costretto a levarselo quando era diventato bambino perché quello era stato il simbolo del Capofamiglia e non aveva intenzione di allargarlo o stringerlo, così era tornato alla catenina d’oro bianco intorno al collo, il posto dove era rimasto per molti anni, finchè tutti i Black non erano morti: suo nonno, suo cugino Sirius e anche Regulus e, anche se non lo sapeva, pure Honor Black. Nicholaa non faceva testo poiché, non essendo riconosciuta come figlia, lei non apparteneva alla famiglia.

Con un piccolo strappò sganciò il fermaglio che sigillava la catenella intorno al collo facendo scivolare il cerchietto chiaro tra le dita, lo fece girare due o tre volte in un giochetto che aveva imparato da piccolo con l’altro anello, quello che, invece, cresceva e si rimpiccioliva con lui: il simbolo dei Malfoy.

Guardò attraverso la silhouette perfetta del metallo prezioso, sorridendo un poco, poi lo strinse e mise in tasca.

 

Allungò l’altra mano e la passò sulla spalla della ragazza, scostando appena la cascata di capelli disordinati a cui era abituato, accarezzò la guancia e passò un dito sotto gli occhi che avevano voglia di piangere, ma che non ci riuscivano. Occhi persi da un’altra parte a riflettere sulle tante cose apprese in così poco tempo e di cui non potevano fare parola ad anima viva senza il consenso di Silente o di Nicholaa stessa.

Fece scivolare le dita dietro il collo e premette leggermente, avvicinando il viso di lei al suo.

Chiuse gli occhi e la baciò.

La sua medicina, l’unica cosa che riusciva a farlo tornare, se non fiducioso, almeno deciso a proposito del suo futuro. Perché quando era con lei sapeva perfettamente cosa doveva o non doveva fare, ciò che era giusto e ciò che non lo era.

Non era ciò che veramente stavano facendo, in mezzo ad un corridoio, di fronte all’ufficio di Silente, a renderlo orgoglioso e neppure che fosse riuscito ad aggiungere alla sua lista di conquiste anche la sacrosanta santarellina Granger, ma il fatto che lei non avesse paura di volergli bene, il fatto che avesse cercato una strada per salvarlo, che si fosse preoccupata per lui. Nessuno mai aveva fatto tanto e nessuno aveva fatto come lei, gli aveva voluto bene tanto da andare contro a tutto quello che era la regola, fino a far male a se stessa e al suo stupidissimo orgoglio Gryffindor per dirgli quanto gli voleva bene, per non fargli credere che l’aveva lasciato perché lo odiava.

Niente gli aveva fatto più male che credere che lei se ne fosse andata perché lo odiava e lo detestava perché non voleva ritornare con lei ai sotterranei della biblioteca; ma lei, invece, aveva tutt’altro in testa, un progetto bislacco per la sua salvezza e sopravvivenza che aveva retto poco, ma che aveva aperto gli occhi ad entrambi, facendo capire loro quanto ormai erano importanti l’uno per l’altra.

E lui non era stato da meno, decidendo di continuare da solo il piano di salvataggio di quella creatura che avevano saputo essere il nipote di Silente: l’aveva malamente cacciata con brutte parole e lasciandola praticamente senza speranza perché non si illudesse troppo.

Qualcuno aveva dato loro una mano ed erano di nuovo insieme, ancora, e non riusciva a non desiderare le sue labbra e i suoi occhi e il suo sorriso.

Tutto di lei era diventato speciale, ma solo perché era quello che c’era dentro ad esserlo, Hermione Granger era speciale.

Se quello era l’amore bisognava dire che favoriva nettamente l’altra persona a scapito di se stessi e, soprattutto, della propria incolumità fisica e psicologica, ma non avrebbe dato tutto il potere demoniaco del mondo per quel bacio che lei gli stava regalando, nella sua ingenuità.

Avrebbe voluto averla e possederla, la voleva tutta, come si vuole una donna, ma erano legati ad una condizione troppo instabile per poter anche solo sperare di riuscire a concludere il tutto come si comandava senza che subentrasse qualche inconveniente di sorta o un imprevisto; inoltre non voleva forzarla.

Se si fosse sentito un mese prima si sarebbe dato del malato di mente, avrebbe trangugiato una dose sufficiente di whisky incendiario, avrebbe posato il bicchiere e tutte quelle fisime sarebbero scomparse, se mai fossero potute esistere, ma era andata diversamente e c’era qualcosa di più di quello che era stato fino ad un mese prima.

Avrebbe aspettato e sofferto.

Solo per non perderla, avrebbe aspettato tutta la vita.

Gli bastava che lei fosse insieme a lui.

 

Prese la mano destra che lei aveva passato inesperta dietro la schiena di lui, allargò le dita e infilò l’anello che prima teneva in mano all’anulare.

-          Una volta è stato l’anello del Capofamiglia dei Black – spiegò sentendo quanto era doloroso dover allontanare il capo e le labbra per parlare

-          Adesso ci sono le nostre iniziali – aggiunse indicando l’elaborato intreccio sulla sommità dove riccioli e ghirigori formavano un intrico difficile da estirpare, ma che, a ben guardarlo, poteva essere scisso in una D ed una H – i Black sono tutti morti – aggiunse prevenendo la domanda “perché mi dai proprio questo anello?”.

In verità voleva che lei portasse con sé la cosa più cara che avesse, nella speranza di accompagnarla, un po’, sempre; perché quell’anello era un oggetto a cui teneva moltissimo, senza una ragione particolare.

Lei sorrise e lo rimirò alla luce, era a conoscenza del significato affettivo che aveva, per questo era lusingata che lo avesse dato proprio a lei e che lo avesse fatto con un gesto così romantico.

Un’incisione attirò la sua attenzione su quel cerchietto chiaro che risaltava tra le dita, come un anello di fidanzamento:

Sii sempre con me. Io per te ci sarò sempre.

Recitava una scritta che percorreva tutta la lunghezza della fascetta.

Fidanzamento oppure no, avrebbe dato battaglia per stargli accanto, soprattutto adesso, soprattutto dopo aver saputo quanto lui le voleva bene.

E non poteva che essere sincero.

 

*          *          *

 

Spazio autrice: ecco a voi un altro bel capitolo di rivelazioni! Con l’avvicinarsi della fine della fic bisogna un po’ dipanarli questi misteri che ho costruito e fatto crescere tutto il tempo, finalmente si viene a sapere chi è il bambino che Draco ed Herm hanno trovato nella biblioteca e anche il suo legame con Silente. Devlin non è figlio del figlio di Ariana, bensì quello stesso figlio che dovrebbe avere una cinquantina d’anni e che, invece, ne dimostra un paio al massimo.

Inoltre si viene finalmente a sapere l’intera e vera storia di Honor, Sirius e anche dell’insospettabile Nicholaa, legata a doppio filo agli altri due gemelli, questo perché ciascuno di questi personaggi ha raccontato una vicenda differente e anche un po’ distorta, Sirius avrebbe detto di essere stato un banale figlio di purosangue, le rivelazioni shock di Honor sono arrivate nello scorso cappy e quelle di Nicholaa non so se avrei saputo come metterle, soprattutto perché, o si metteva a scrivere un poema o ci sarebbe stato un piccolo problemino tecnico… >_>

Adesso passo ai ringraziamenti,

 

giuliabaron: come accade ogni tanto, anche se di rado, ci sono capitoli dove Draco ed Herm non litigano, come questo, ma in generale mi diverto a descrivere quelle situazioni, sono due personaggi stravaganti ^^

Spero che ti piaccia anche questo capitolo di rivelazioni, aspetto di sapere, ciao! Nyssa

 

Luana1985: anche a me a volte capita di leggere un aggiornamento ormai a notte fonda e poi, con gli occhi che mi cascano, mi dico che il giorno dopo devo recensire, peccato che la mia testa navighi direttamente su un altro pianeta e quindi le volte che me ne ricordo sono effettivamente poche (“,).

Beh, per quanto riguarda Bella, in effetti un po’ si vede che lei è gelosa per qualcosa di Sirius, anche nei libri, dopotutto è sempre contro di lui che si accanisce, anche al Ministero.

La cosa curiosa che è uscita dalla storia è che, anche non pensandoci è capitato che sia Sirius che Honor venissero uccisi da lei… dovrò darle un bel fiale drammatico… >_>

Spero che ti piaccia anche questo nuovo capitolo, ciao e un bacione! Nyssa

 

Gloria85: sono felice che con l’andare del tempo non diventi una roba insopportabile da addormentarsi durante la lettura, ho un bel po’ di pessime abitudini nello scrivere e devo sempre stare attenta a quello che butto giù quindi sono felice di non aver fatto danni di sorta ^^

Spero che apprezzerai anche il nuovo post, ciao! A presto, Nyssa

 

Mimmaus: grazie mille! Sono contenta che il capitolo precedente ti sia piaciuto, spero che sia lo stesso anche per questo quindi aspetto di sapere, ciao e a presto! Nyssa

 

Shavanna: stai scherzando, spero, io ero la fan n°1 di Sakura fin dalla sua prima apparizione tv!

Diciamo che Herm è stata un po’ ingenua, lei viveva serena dicendosi “ah, che bello oggi non mi trasformo” e invece era tutta opera del ragazzino lì con lei… dopotutto Draco era riuscito a identificare la pozione, con ogni probabilità pensandoci e ripensandoci era riuscito a trovare qualche formula o incantesimo che potesse aiutarli, insomma, la buona fede di Herm gli ha dato una mano…

Spero che ti piacciano anche le nuove rivelazioni della famiglia Black, sempre al centro delle mie storie, a presto! Un bacio, Nyssa

 

Vavva: dì, i progressi ci sono davvero, qui non c’è proprio nulla in sospeso! Ho fatto il primo finale come si deve, ma bisogna anche capire che, con l’andare avanti della storia, è molto difficile non lasciare questioni in sospeso…

Ti ringrazio per tutti i complimenti che mi hai fatto, grazie mille =^_^=

Sì, Draco è un po’ stupidino, ma penso che Herm sia troppo importante per lui, avrebbe fatto qualche follia anche con un piede nella fossa, invece stava relativamente bene… (nei limiti del possibile, chiaro).

Eh, anche io vorrei essere al posto della cara Herm, non solo tu…

Spero che ti piaccia anche il nuovo aggiornamento, ciao! un bacione, Nyssa

 

Falalula: ti ringrazio per tutti i complimenti, ma credo che tu mi stia adulando un po’ troppo, non sono certo la zia Rowling

Per quanto riguarda la carta, a me piacciono tutte e due (eh sì, che mistero!) però mi sembrava che la carat col copricapo avesse un vestito un po’ poco adatto ad un personaggio del genere, sì, mi sembrava un po’ troppo moderno… però poi ognuno può immaginarlo come preferisce, io è difficile che metta immagini perché mi piace figurarmi le cose come mi gira, l’ho fatto solo questa volta perché mi pareva che la descrizione fatta non rendesse molto giustizia al vero aspetto che avevo in mente ^^

Personalmente a me il patronus di Herm piace perché la lontra è un animale piuttosto piccolo ma fortissimo con un grande senso della famiglia e del gruppo, ricorda un po’ i colori della nostra eroina ed è molto carino (ovviamente è solo un’opinione) quindi ho deciso di adottarlo anche io, però ciascuno può figurarselo come preferisce .

Grazie ancora per i bei complimenti, spero che ti piaccia anche questo nuovo aggiornamento, ciao e un bacione grandissimo, Nyssa

 

Lord Martiya: Bella non è un personaggio che mi sta tanto simpatico quindi posso permettermi di farle fare qualche cosa di terribile, tanto prima o poi la punizione arriverà anche per lei…

Faccio un piccolo spoiler: Mana entrerà davvero nella storia, non so quando e come, ma so che ci sarà perché mi serve per una piccola questione…

Mi sa che ultimamente sto prendendo un po’ troppo in prestito i personaggi del sensei Akamatsu ma al momento sono molto più preoccupata dallo svolgimento della storia perché mi sto lambiccando il cervello a cercare di rendere una scena…

Spero che ti piaccia anche il nuovo capitolo, ciao e a presto! Nyssa

 

Potterina_88: grazie per tutti i complimenti, mi fa piacerissimo sapere che il cappy precedente ti è piaciuto, Honor in effetti è una tipa strana e la sua storia viene completata perbene in questo nuovo aggiornamento, in compenso per Bella non ci sono ancora risoluzioni definitive, ma progetto qualcosa di terribile perché mi sta molto antipatica (sono due fic che mi ci accanisco contro, poveretta).

Per quanto riguarda Sirius e Bella, io ho sempre creduto che Bella avesse qualcosa per Sirius, più che altro perché lui rappresentava alla perfezione la sua idea di maschio dominante e quindi aveva tutte le caratteristiche tranne, forse, la più importante: un bel cervello masterizzato formato mangiamorte.

Chiaramente il Sirius di questa storia non ci ha fatto neppure un pensierino su di lei anche dopo che Honor è morta, per questo Bella era così furiosa quel giorno al Ministero al 5° anno.

Cosa significa “almeno per il momento”? beh, il fatto è che mi piace scrivere di scene drammatiche, quindi ho sempre questo desiderio latente di mettere una bella scena strappalacrime, nell’altra l’ho fatto, ma poi mi sono redenta perché ammazzarmi un protagonista dopo venti capitoli che ci sto dietro (là poi erano 30…) era autolesionismo, quindi penso che, se metterò qualcosa di analogo non moriranno almeno i protagonisti, per gli altri però non garantisco…

Spero che ti piaccia anche il mio nuovo aggiornamento, aspetto di sapere, ciao e un bacione grande! Nyssa

 

Semplicementeme: ciao! Innanzi tutto devo ringraziarti per aver letto l’altra mia fic e grazie anche per tutte le belle parole che mi hai detto a proposito, anche io penso che quella, anche se è quella a cui sono più affezionata, sia un po’ un’”opera giovanile” quindi invece ho cambiato un bel po’ di cose a cominciare dall’atmosfera che diventa sempre meno scanzonata e un bel po’ drammatica piena di problemi.

Ti dirò, per me è ammirevole che tu abbia impiegato solo tre giorni a leggerla tutta, io credo che morirei dopo il primo oppure comincerei a prendermi a calci, una delle due, non so se sarei una buona lettrice di me stessa =^_^= quindi ti ammiro davvero!

Credo sia normale avere confusione a questo punto perché siamo proprio alle rivelazioni clou, quindi ci sono misteri che vagano e tanti interrogativi ancora irrisolti, ma per rispondere alle tue domande posso dire:

1)      Devlin, questo il nome del nipote di Silente, non è in effetti il figlio del figlio di Ariana, bensì solo il figlio perché il prof l’ha portato nel futuro con la Giratempo, come viene spiegato in questo capitolo (lo so, è una storia un po’ contorta XP)

2)      Per quanto riguarda i Malfoy posso dire che, effettivamente, stanno dentro a Malfoy Manor racchiusi dalla muraglia di fuoco. Il motivo per cui Lucius non ha dato la Reliquia a Bella credo sia da ricercare nel fatto che è una cosa secolare della famiglia Malfoy, dopotutto lui non ha mai sacrificato nulla di personale per i mangiamorte, forse la cosa gli è sembrata troppo grande anche per lui o forse, per una volta, ha pensato che sarebbe stato contro la regola delle reliquie dargliela e quindi non l’ha fatto; non penso di renderlo membro dell’Ordine, soprattutto perché, in quel caso, non si capirebbero tutti i problemi avuti da Draco.

3)      Draco diciottenne vaga per la fic tra un cappy e l’altro, non posso lasciarlo sempre così perché ci sono scene in cui mi serve bambino, ma in certune, come quella di questo cappy, capita di vederlo alla sua reale età.

Spero di aver risposto bene a tutti i quesiti, probabilmente ho fatto un po’ di confusione, anche se spero di no ^^

Mi auguro che continuerai a leggere questo e i prossimi capitoli e spero che mi lascerai anche altre recensioni, ciao e a presto! Un Bacio, Nyssa

 

 

 

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Capitolo 20
*** Are you ready? ***


Malfoy guardò il letto affianco a lui e sospirò come se la sua condanna a morte fosse ormai certa

Malfoy guardò il letto affianco a lui e sospirò come se la sua condanna a morte fosse ormai certa.

C’erano diverse cose che voleva cambiare di quella situazione e la prima giaceva tranquilla proprio in quel letto a leggere; c’era da chiedersi come una ragazza potesse trascorrere il tempo tra le pagine ingiallite di qualche vecchio tomo piuttosto che tra le sue braccia, soprattutto in uno di quei pochi momenti che poteva davvero dedicarle qualche attenzione da persona adulta.

La Granger, questo il nome della sua nemesi, pareva non essere toccata da un problema tanto esistenziale e stava scegliendo senza ombra di dubbio la compagnia di “Trasfigurazione dal 1300 al 1467” piuttosto che la sua… beh, doveva trattarsi senz’altro di un volume molto affascinante se poteva rapirla fino a farle dimenticare che Draco Malfoy versione diciottenne le dormiva praticamente accanto e lei, lo sapeva, non era una che scordava qualcosa del genere così facilmente, fosse solo per fargli una bella paternale sullo “starle lontano”.

La sbirciò oltre il bordo del letto: le ginocchia erano ripiegate per sorreggere le dimensioni fuori scala del libro, anche piuttosto pesante se si considerava la copertina rigida avvolta in pelle rossa e fermata con chiusure d’ottone e pietre dure come era usanza nel mondo magico; le braccia sorreggevano le due ali del tomo, aperto nella pagina desiderata e la testa era china sullo scritto con i capelli che scendevano morbidi sul davanti, coprendo l’orribile fantasia del pigiama con i lucchetti, metafora azzeccata di quello che era a tutti gli effetti ovvero una cintura di castità.

Seguì il profilo del corpo e riconobbe alla mano destra l’anello che era stato dei Black e che ora indossava lei, completamente diverso, l’unica cosa che gli aveva lasciato della precedente esistenza era un amore strano per quell’oggetto.

Quando tornava bambino non poteva portare l’anello, così lo appendeva ad una catenina e lo lasciava nascosto nella camicia, a volte lo aveva fatto anche quando era a scuola, soprattutto se il peso della famiglia, dei segreti e delle responsabilità dei Black diventava insopportabile, ogni volta che lo vedeva poteva ricordare le fiamme di Malfoy Manor e il momento in cui aveva preso la dolorosa decisione di rinchiuderla nell’inferno.

Lui non era un Black e, quindi, non doveva portare un simile oggetto, a ben rifletterci, era stato più il tempo che quello era rimasto attaccato alla catenella che infilato al dito, ciò fin da prima che arrivasse quel triste giorno. L’unico anello che aveva il diritto di portare davvero era quello dei Malfoy perché, se c’era una cosa che era davvero, beh, era un Malfoy.

E così, mentre lui partiva per Saturno con questi bei pensieri allegri, la Granger neppure si sognava di aiutarlo e magari distrarlo anche un po’.

 

Se poi avesse dovuto continuare la lista delle cose da modificare, beh, la Chips che passeggiava avanti e indietro per l’infermeria con barattoli colmi di occhi contro il malocchio, code di lucertola e altri rettili sotto spirito aveva una posizione piuttosto alta; l’arredamento stile ospedaliero era senza ombra di dubbio al terzo posto della classifica.

E quella benedetta infermiera la doveva smettere di far finta di controllare quella medicazione o quell’altro contenitore solo per tenerlo d’occhio che non attentasse alla virtù della mezzosangue.

Come l’aveva capito? Beh, gli lanciava certe occhiate pregne di odio ogni volta che sfilava davanti al suo letto!

D’accordo, se era la guerra quello che quelle due donne tenaci volevano, l’avrebbero avuta!

 

Richiamò uno dei suoi tomi preferiti di Pozioni, si slacciò la camicia del pigiama che la medimaga l’aveva costretto a indossare e, affondando sempre più con la schiena nei cuscini, finse di interessarsi alla lettura.

 

Gli occhi dorati della Caposcuola colsero un movimento e lo videro mentre si sistemava comodamente nel letto a torso praticamente nudo e con un libro di Piton tra le mani.

Sembrava uscito da qualche giornalino sconcio per ragazzine, di quelli pieni di bei ragazzi in pose provocanti che ammiccano al pubblico facendo lavori quotidiani o impegnati in scene usuali, bisognava però ammettere che Malfoy avrebbe fatto un baffo a tutti quanti i grandi palestrati delle copertine intenti a cucinare uova al tegamino e ad arare l’orto.

Male, molto male, aveva cercato di ritardare il più possibile il momento della verità mettendosi a leggere per far passare il tempo nella speranza che lui si addormentasse, ma era come credere al Coniglio Pasquale, bastardo com’era con ogni probabilità Malfoy sarebbe rimasto lì ad aspettare finchè la Chips non avesse accusato gli effettivi colpi del sonno e lei non fosse crollata addormentata per poi svegliarla in malo modo.

Non che in quel momento le sarebbe dispiaciuto troppo essere svegliata dal certo qualcuno che leggeva Pozioni accanto a lei, ma si sentiva terribilmente terrorizzata all’idea di doversi spingere un po’ più in là di dove erano sempre arrivati.

Il perché, poi, era un assoluto mistero visto che a Capodanno se non fosse stato lui a fermarsi, probabilmente gli avrebbe permesso di continuare il lavoro appena iniziato.

Era stato così anche quella volta, aveva avuto una paura maledetta, ma quando lui la guardava e la accarezzava questa se ne volava dalla finestra, invece sarebbe dovuto essere l’esatto contrario! Maledetti ormoni che le giocavano strani scherzi…

Sbatté un paio di volte gli occhi e tornò alla lettura, dov’era rimasta? Di cosa stava leggendo?

Accidenti a Malferret, riusciva a svuotarle completamente la mente e questo non andava per niente bene, non voleva essere sua succube come lo erano state tutte le altre, lei era diversa, per se stessa e per lui, doveva comportarsi in maniera diversa; anche se, a giudicare da come ghignava, in quel momento lui avrebbe davvero voluto che facesse come tutte le altre, chiudesse a chiave le porte e si lanciasse a braccia spalancate verso di lui… con ogni probabilità non erano le braccia ad essere spalancate, ma si poteva sorvolare sui sofismi dell’atto in sé.

 

*          *          *

 

Lanciando un’altra occhiata ai suoi due pazienti che sembravano pronti per iniziare la guerra nucleare, Madama Chips richiuse la porta dell’infermeria dietro di sé prima di crollare addormentata in uno dei letti a furia di andare avanti e indietro.

La Granger era una persona assennata, dopotutto, non avrebbe permesso a qualche mascalzone di farle qualcosa che non voleva, sapeva usare la bacchetta come nessuno e certo non sarebbe stato Malfoy a impedirglielo.

 

Draco udì il suono della serratura della porta principale che scattava, guardò attorno al buio dove risaltavano solo le due grosse abat-jour sui loro comodini

-          Vogliamo finirla con questa pagliacciata? – disse chinando il libro e guardandola con aria sufficientemente eloquente

-          Non capisco di cosa tu stia parlando – rispose lei, ma dovette alzare tutta la copertina per coprirsi la faccia che aveva assunto un inusuale colorito rosso. Inusuale per modo di dire perché, con Malfoy tra i piedi, lei quel colore lo prendeva fin troppo spesso.

-          Se mi prendi in giro guarda che non ne ho voglia e non credo che tu ti sia dimenticata di una cosa del genere…

-          Io… continuo a non capire – farfugliò lei incerta

Lo Slytherin allungò una mano e tirò giù il libro

-          Granger… - sospirò mesto - sono due ore che stai leggendo la stessa pagina… - le fese notare indicando il numero apposto in alto

-          È… una formula molto complessa… - si giustificò lei prendendo nota della sua totale inesperienza in fatto di bugie

-          Sinceramente, non credo…

Perché era arrossita? Maledizione, doveva assolutamente smetterla!

-          Draco… - cominciò – io… non credo di…

Le sopracciglia bionde si sollevarono, pareva che il messaggio subliminale “mi ci sarei giocato le palle” stese lampeggiando a caratteri cubitali dietro di lui, si sentì terribilmente meschina a fargli una cosa del genere.

-          Di essere pronta per…

-          Per cosa, Granger? – s’informò, lei avvampò di nuovo, stupido!

-          Beh, lo sai… - se glielo stava facendo apposta lo avrebbe schiantato, lei era lì che si deprimeva per lui e quello cosa faceva di utile?

-          Non credo… che cosa? – ok, Draco Malfoy aveva appena firmato la sua condanna a morte: ad ucciderlo non sarebbero stati i mangiamorte capeggiati dalla zia Bellatrix e neppure Harry Potter in un eccesso di rabbia, bensì lei, Hermione Granger

-          Lo stai facendo apposta, Malfoy? – indagò, lui ghignò come solo lui era capace

-          Ovvio

Si morse le labbra per non alzarsi e tirargli uno schiaffo. Chiuse di scatto il libro e guardò negli occhi il ragazzo

-          Ti ci potrei spaccare la faccia, lo sai? – sottolineò agitando la pesante arma impropria

-          Come credi…

Ma facevano un corso accelerato a tutti i Malfoy per risultare così odiosi e terribilmente irritanti? Perché lei non aveva altra spiegazione…

-          Dai, vieni qui – e le indicò le coperte con il palmo della mano

-          Cheeee? Ma ti ho detto che non me la sento! – lui sbuffò

-          Non ti farò niente, promesso, ma tu vieni qua

C’era da fidarsi? Le promesse delle serpe erano come quelle dei marinai, non venivano mai mantenute.

Amen, se fosse dovuto accadere meglio lui che qualcun altro, almeno non le avrebbe fatto tanto schifo…

Posò il libro sul letto, scese e risalì in quello appena affianco. Sollevandola praticamente di peso, la pose tra le sue gambe e, abbracciandola, la tirò indietro con lui

-          Che cosa stai facendo?

-          Niente… - e non mentiva, in effetti era immobile come una statua

Passò qualche attimo di silenzio

-          Draco, che cosa hai intenzione di fare? – Draco spostò la testa

-          Nulla

-          Ma scusa, non ti annoi a stare qui così?

-          Se ti dà così fastidio possiamo sempre impiegarci in qualcosa di più…gratificante?

-          Questo è divertentissimo - si affrettò a dire lei. Lui rise

-          Dunque se io facessi così – e spostò lentamente la mano accarezzandole la spina dorsale – non sarebbe meglio?

-          Lo sai che dovresti smetterla di prendermi in giro?

-          Non posso farne a meno…

Ammise lui mentre con le labbra socchiuse le percorreva appena il contorno dell’orecchio destro: era lecito gemere?

I grandi interrogativi esistenziali sulle possibili conseguenze di quanto stava per fare attraversavano la sua mente con la potenza della piena del Fiume Giallo e chiedevano a gran voce udienza ai suoi neuroni che, tuttavia, erano decisamente troppo impegnati ad occuparsi del ragazzo che la stava abbracciando.

-          E’ come essere dentro ad un libro – disse all’improvviso, lui si fermò e rimase ad ascoltarla – la nostra storia segue proprio tutti i passaggi: la conoscenza, l’odio, la condivisione, la similitudine, le esperienze in comune, la segretezza…

-          Veramente ci mancano ancora il sesso e la tua verginità – puntualizzò lui facendola arrossire, lei comunque non tacque

-          Non ti sembra tutto così strano – Draco la guardò sorpreso e un poco preoccupato: non è che la Chips gli aveva drogato la Granger per evitare qualche follia? Nessuna ragazza poteva mettersi a parlare di cose del genere in un momento del genere!

-          Granger – disse con aria solenne – stai filosofeggiando un po’ troppo per trovarti tra le braccia di un uomo, lo sai?

Hermione rise, un po’ più rilassata e un po’ felice

-          Ma se sei solo un ragazzo – protestò

Quando voltò la testa per guardarlo, però, l’espressione maliziosa che colse sul viso della serpe non la tranquillizzò molto di più: il ghigno made-in-malfoy storpiava le belle labbra e gli occhi luccicavano di un brillio assai sospetto

-          Vuoi che ti mostri che cosa sono davvero

Lei si affrettò a girarsi e a guardare avanti nel vano tentativo di non pensare a… già, a cosa? Probabilmente a quello che lui voleva davvero dire. Draco Malfoy non parlava per giri di parole, se aveva qualcosa da comunicare lo faceva senza mezze misure.

-          Rilassati Granger, non farò niente, dopotutto ho promesso, no?

-          Posso davvero fidarmi delle tue promesse?

Il ghigno sadico che si dipinse sul viso di lui la diceva lunga

-          Tu che dici? – un sospiro mesto le uscì dalle labbra, di certo la risposta non poteva essere sì…

-          No

-          Beh, in quel caso… - la mano s’insinuò sotto il pile della maglietta finchè le dita di lui non girarono attorno al suo ombelico – non credo che potrei peggiorare la già pessima opinione che hai di me…

Sentì un borbottio e poi avvertì la stretta al polso della mano sottile di lei e la parola “fermo” venne finalmente riconosciuta dal suo cervello prima in stand by.

Lei voltò il viso e lo guardò negli occhi imbarazzata

-          Io… mi vergogno… - disse appena spostando la mano lontano – io… sono grassa. Non voglio che tu mi tocchi così.

 

D’accordo, le cose stavano così: nonostante la Granger fosse senza dubbio la persona più preparata in circolazione le mancavano addirittura le basi di una certa cosetta. E stava usando stupide scuse per non fargli credere una cosa così assurda.

Ma c’era mai stato un cazzo di qualcuno che le avesse parlato di tutte quelle stronzate da bambini come le api, i fiori, le cicogne, i cavoli o quant’altro?

Ma la Granger lo sapeva davvero da dove era venuta fuori?

Che non gli dicessero che la responsabilità di tutto questo toccava a lui perché non avrebbe retto, oh no!

-          Mezzosangue, tu sai da dove nascono i bambini, vero? – indagò preoccupato

Lei annuì riluttante.

D’accordo, almeno quello…

-          Allora spiegami dove sta il problema!

La vide arrossire al buio, doveva esserci qualcosa, qualcosa d’altro

-          Ecco… io… non è che non so… o che non sappia… sì, cioè, so come succedono queste cose, l’ho letto in molti libri… però… non so cosa bisogna fare, cosa devo fare, cosa va fatto…

Era dunque quello il problema?

Beh, se non altro era un passo avanti.

Maledette vergini, creavano solo casini, avrebbe preferito mille volte che la mezzosangue fosse una schifosissima puttana che era andata a letto con mezza scuola, almeno quei problemi non sarebbero saltati fuori proprio con lui.

No, alt, un momento, puttana un accidente, la Granger era solo sua, non avrebbe permesso che venisse condivisa da altri.

Bah, si faceva troppi pensieri in un momento in cui, in genere, i pensieri non dovrebbero esserci per niente.

-          Tu e i tuoi libri – mormorò mentre le sue teorie sulle brave ragazze vedevano la loro completa conferma nelle parole della grifoncina. E quella sarebbe stata l’ultima volta che sarebbe andato a letto con una vergine, si appuntò mentalmente. Dopotutto, la Granger non poteva mica tornarlo, no? – ma hai mai fatto qualcosa senza quelli?

Hermione annuì convinta

-          Non preoccuparti

Lei alzò le sopracciglia, poco convinta e molto imbarazzata.

Cielo, ma stava davvero implorando una ragazza di andare a letto con lui? Era davvero caduto così in basso?

Suo padre avrebbe voluto morire.

I genitori della Granger, invece, con ogni probabilità avrebbero voluto ucciderlo.

Il che presupponeva comunque il decesso di qualcuno.

Beh, come al solito vigeva la regola che era meglio se i genitori della ragazza non fossero venuti a conoscenza di tutta la faccenda, meglio che morisse suo padre, almeno lui sarebbe potuto rimanere in vita a godersi i frutti del suo lavoro.

-          Sicuro? – gli domandò all’improvviso la Gryffindor dopo aver riflettuto sull’intera questione, lui si riprese e annuì

-          Cosa credi, lo so sai che non hai mai combinato niente in vita tua, mica è una novità! – lei parve offendersi

-          E comunque resto grassa lo stesso – mugugnò contrariata voltandogli di nuovo le spalle

Povero Draco, costretto a quei punti, non avrebbe immaginato di potersi mai trovare in una situazione del genere…

-          Facciamo così, spegniamo le luci, d’accordo?

La ragazza annuì, buon segno.

-          Però tu potrai sentire quanto sono grassa anche al buio

Il Principe degli Slytherin si morse un labbro per non imprecare; ma il cervello della mezzosangue andava mai a farsi una passeggiata?

Occorrevano misure drastiche e anche molto.

La afferrò per un braccio, la strattonò verso di lui, strinse le spalle minute e la baciò, se non altro avrebbe dato un taglio a quella serie di ragionamenti insulsi, la mezzosangue non era solo la Regina dei Gryffindor, era anche la Regina delle Seghe Mentali!

-          Adesso ti spiegò le uniche due cose da sapere in questo momento – le disse forte del fatto che lei stava ancora cercando di non morire per mancanza d’aria – la prima è che puoi fare tutto quello che vuoi: non sono solo io che faccio qualcosa né solo te. Io non lo so che razza di idee bacate abbiano da voi al Grifondoro sulla questione, ma cancellale tutte, d’accordo?

Annuì convinta, finalmente una argomentazione costruttiva.

-          E la seconda cosa? – finalmente poteva dirlo, quasi non ci credeva… magari stava sognando

-          Ci sono troppi vestiti tra me e te – le fece notare puntando un dito al bottone che chiudeva il pigiama fino all’ultima asola.

-          Però…

-          Smettila di parlare. Adesso vediamo se c’è qualcosa che Draco Malfoy può permettersi di insegnare alla so-tutto-io Hermione Granger.

Hermione rise e, per una volta, non aggiunse altro.

 

Draco le sorrise e con un gesto si voltò sul fianco e poi la spostò sotto di sé, c’era una cosa, un punto, che aveva visto quando erano a Londra ed ora pensava che sarebbe morto se non l’avesse baciato subito.

Slacciò i pomelli della blusa e le scoprì una spalla mettendo in mostra l’attaccatura del seno, lì, in quel lembo di pelle, posò un bacio e vi passò la lingua facendole il solletico.

Hermione gli chiuse le braccia intorno al collo, quella era una buona cosa; aveva aspettato molto, aveva deciso di assecondare lei, se avesse voluto, allora l’avrebbero fatto sennò… l’avrebbe fatta dire comunque di sì, l’esperienza lo aiutava.

Si scostò un poco e la guardò, sembrava una persona diversa… poi le indicò col dito un punto sul petto, proprio sopra il cuore

-          Che stai facendo? – s’informò preoccupata

-          Mi sembra ovvio – rispose lui – ti sto insegnando

-          Ma ma… che dovrei fare?

-          Quello che ho fatto io, no?

L’espressione costernata che lesse sul viso di lei lo frenò un poco, non gli pareva di essere andato troppo oltre, non ancora, almeno…

Sospirò, altro che lavoro da fare… poi le prese la mano e se la posò sul petto

-          Cosa senti? – lei parve riflettere su quella domanda

-          Il cuore che batte, no?

Era una risposta che avrebbe preferito non udire, anche se era stato proprio lui a chiedergliela

-          Hai paura? – gli domandò, lui parve divertito

-          Direi che se batte a quel modo è per un altro motivo…

-          Quale?

La mano di lui si spostò sul torace di lei, accarezzandolo piano, andando poi a posarsi proprio dove si poteva facilmente percepire il cuore di lei che batteva all’impazzata

-          Il tuo perché batte a quel modo? – s’informò

-          Perché ho paura… - Draco alzò gli occhi al cielo, ancora un po’ e si sarebbe dato alla resa incondizionata. Ci mancava solo che una volta successo il fatto la Granger si trasformasse in una ninfomane!

-          Bugiarda

Hermione rimase un po’ sbigottita di quella risposta. E lui come faceva a sapere che non gli aveva detto la verità?

-          Guarda che non mi scandalizzo mica… - sottolineò – ho comunque sentito di peggio…

-          Mh

Quel suono cosa doveva essere, come doveva interpretarlo? Bene, male, malissimo, ottimamente…

La mezzosangue se ne stava girata con la faccia da un lato, tutta rossa e affaticata; se fossero stati in un’altra occasione avrebbe avuto almeno una dozzina di battutine sarcastiche da farle, ma… non era più così e quella situazione l’aveva cercata proprio lui quindi aveva poco da lamentarsi, doveva prendersi moglie e suocera.

-          D’accordo, vorrà dire che faremo un passo avanti, prendo il tuo brontolio per un sì…

E senza la minima esitazione prese insieme l’elastico dei pantaloni e quello delle mutandine e cominciò a tirare in giù.

Animata da nuova vita, Hermione si ridestò dalla sua riflessione sulle parole della serpe e afferrò appena in tempo gli indumenti che stavano scivolandole via

-          Che fai, smettila! – quasi gridò all’indirizzo del biondo. Dire che era imbarazzata era un eufemismo, un volgare eufemismo.

-          A Capodanno non facevi tutte queste storie - borbottò lui poco prima di posare un altro bacio sull’osso sporgente del bacino.

Hermione avvampò mentre lui rimaneva così.

Pensò di spostarlo, ma come le dita vennero in contatto coi capelli di lui, non riuscì a pensare davvero di volerlo allontanare.

Era successo come la volta prima, era bastato poco e tutti i suoi castelli di timori erano crollati con un bacio.

D’accordo, aveva preso la sua decisione.

 

-          Signor Malfoy! – la voce squillante della Chips proveniente da oltre l’uscio riportò i due alla realtà: quella non era certo la posizione migliore dove farsi scoprire dall’infermiera, soprattutto se questa era estremamente convinta che nulla sarebbe accaduto tra i suoi letti quella notte, soprattutto, niente di così sordido.

Sollevando di scatto la testa prima che la chiave girasse nella serratura della porta, Draco afferrò la bacchetta posata sul comodino e fece scorrere la tenda bianca tutt’intorno al letto, cercando di coprire la figura sua e quella della Gryffindor in abiti… decisamente poco presenti.

Hermione avvertì il freddo nel punto dove prima erano le labbra dello Slytherin e udì poi i passi affrettati della medimaga per il corridoietto.

-          Che cosa vuole? Ho sonno e sono le due del mattino – guaì la serpe sentendola avvicinarsi

-          Signor Malfoy, dov’è la signorina Granger? – chiese la donna vedendo da lontano il letto vuoto e la lampada accesa

-          Che ne so, sarà in bagno – bofonchiò nella miglior recitazione che gli fosse mai riuscita. La Chips borbottò qualcosa

-          E perché ha la tenda tirata?

-          Perché quella stupida Grifondoro si ostina a tenere l’abat-jour accesa – rispose coerente beccandosi un’occhiata poco amichevole dalla “stupida Grifondoro”.

-          Signor Malfoy – continuò ancora la strega – non ho motivo di credere che la signorina Granger sia lì con lei, vero?

-          No e adesso mi lasci dormire. Non ha nient’altro da fare? – e bofonchiò dell’altro sulle stupide insegnanti che non lasciavano dormire i malati.

Di malumore quanto lui, Madama Chips lasciò la stanza sbattendosi in malo modo la porta alle spalle, piuttosto offesa dal comportamento maleducato dell’erede dei Malfoy.

 

Tirando un sospiro di sollievo, lui alzò la testa e scostò la tenda spegnendo in un colpo di bacchetta la lampada da tavolo.

-          Torna nel tuo letto, Granger

Hermione sgranò gli occhi, un poco delusa da quelle parole e molto, molto sorpresa

-          Perché? – chiese preoccupata

-          Se rimanessi ancora qui conciata in quel modo non credo riuscirei a trattenermi come prima…

Non che prima si fosse trattenuto poi molto, ma erano sottigliezze. E comunque lei doveva solo andarsene, almeno non si sarebbe compiuto quello che prima voleva quasi evitare.

-          Ma… avevi detto…

-          Senti, tu non vuoi ancora fare niente e io mi ero detto che non ti avrei forzato. Torna a dormire prima che ti stenda qua sopra e continui il lavoro.

-          No. – secca e perentoria. La risposta della Granger lo sbalordì quanto il primo fulmine del temporale. Sollevò le sopracciglia e aspettò che lei parlasse non sapendo cosa sperare

Senza dire niente lei slacciò l’ultimo bottone della maglia del pigiama e rimase un attimo in piedi a guardarlo.

-          Io… ho deciso – mormorò sottovoce. Il tono non era incoraggiante, pareva che la stessero portando al patibolo, ma in effetti doveva ammettere di non aver mai preso seriamente in considerazione i sentimenti di una vergine, insomma, una vergine è una vergine, per lei le cose sono diverse…

-          E sei io non volessi collaborare? – probabilmente si sarebbe ammazzato per quello che aveva appena detto… ma che razza di fesserie andava dicendo in un momento simile, maledetto lui?!

-          Beh… allora… - una pausa – resterò vergine tutta la vita.

La parola “vergine” che a Serpeverde circolava così tanto, che tutti dicevano e ciascuno aborriva, aveva un sapore strano sulle labbra della mezzosangue. Pareva che fosse stata fatta apposta per lei.

Avrebbe commesso una follia a liberarla per sempre? A levarle la possibilità eterna di pronunciarla?

Di sicuro non avrebbe più potuto prenderla in giro per quello visto che la responsabilità sarebbe stata in parte sua.

Ma poi, in fondo, perché doveva farsi tutti quei problemi?

Al diavolo tutto!

Al diavolo le Reliquie, Silente, la McGranitt e anche la Chips! Una bella carovana, in quel momento voleva solo rimanere con LEI.

Avrebbe aspettato, se necessario, avrebbe fatto tutto quello che lei avrebbe voluto.

Se gli avesse chiesto di diventare il suo elfo domestico, probabilmente non sarebbe riuscito a rifiutare.

Tutto pur di rimanere con lei, tutto perché lei non dovesse avere paura di lui e scappare di nuovo.

-          Vieni qui… - e indicò il letto accanto a lui e, felice, lei si avvicinò. La abbracciò, cullandola un poco come si fa con i bambini. – lo sai che non si torna indietro? Guarda che la verginità non sono capace a ricucirtela

-          Lo so.

-          D’accordo.

-          Draco?

-          Sì?

-          Non mi lasciare, non abbandonarmi, d’accordo?

Che qualcuno lo salvasse, che gli dicessero che non era quello che aveva sentito!

Erano davvero così le cose? Volevano davvero tutti e due rimanere insieme? Avevano tutti e due paura che l’altro scappasse?

C’era della tristezza in quelle riflessioni, eppure in quel momento era molto, molto felice.

-          D’accordo. Non fare più la stupida, però, mi farai preoccupare…

-          Non avrei mai detto che un giorno tanto paradossale sarebbe esistito, non lo credevo possibile.

-          Evidentemente, anche Hermione Granger può sbagliare. – lei rise

-          E se tornasse la Chips? Se domattina ci trovasse insieme?

-          Non tornerà

-          Come lo sai?

-          Ho messo indietro il suo orologio di un paio d’ore… - confessò

-          Draco, non avresti dovuto! – in realtà non sembrava molto pentito, no, per niente.

Attesero qualche minuto, lui la baciò di nuovo.

C’era qualcosa di magico nella Granger, c’era qualcosa di magico in quella strega.

Qualcosa di magico che trascendeva la magia fatta di sortilegi e formule.

-          Forse non sei bella e sei anche una rompiscatole di prima categoria – confessò lui – ma mi basta che tu ci sia, nient’altro mi interessa.

-          Chiudi la luce e tira la tenda – disse sorridente lei

-          Non credo che questo sia qualcosa che tu debba insegnare a ME – frecciò lui agitando la bacchetta e facendo scomparire la lampada.

-          Allora vediamo un po’ che cosa c’è che TU dovresti insegnare a ME

-          Di questo se ne parla

E la tenda bianca del letto scivolò lungo la sbarra metallica, circondando il materasso e nascondendo i due dall’altra parte.

-          E se sono timida e mi vergogno è perché non so cosa fare… – si udì appena – non credere qualche altra stupidaggine, Draco.

 

Spazio autrice: ordunque, eccoci giunti ad un capitolo un po’ particolare.

Mi rendo conto che la descrizione di ciò che accade non è né carne né pesce, né una bella scena romantica come nelle Relazioni né una presentazione decisamente più spinta come nella shot.

Forse descrivere scene d’amore non è il mio forte o forse è solo che tramite questa scena non sono riuscita a trasmettere a me stessa quello che volevo dirmi, boh. Ad ogni modo mi sarebbe piaciuto rappresentare le insicurezze di una ragazza al momento della sua prima esperienza, una tematica che nelle altre fic avevo deliberatamente saltato a piè pari; in particolare, in questo caso, al di là che Malfoy possa essere un figo da paura, bisogna ammettere che una verginella come Hermione avrebbe qualche bel dubbio, qualche insicurezza che le nasce, fondamentalmente, da questo elenco di cose:

1)      è la sua prima volta e quindi è normale perché le manca l’esperienza

2)      il soggetto con cui dovrebbe condividere la sua prima volta è nientemeno che il Principe degli Slytherin che, invece, di esperienza nel settore ne ha fin troppa il che, penso io, aumenta notevolmente il suo senso di inadeguatezza

3)      in questa particolare fic la nostra Herm è un personaggio piuttosto complessato per quanto riguarda il suo aspetto fisico e le sue relazioni con gli altri e se non è una relazione far l’amore con qualcuno…

4)      la sua prima volta, momento che ogni ragazza immagina a modo suo, dovrebbe essere in una infermeria di Hogwarts con il terrore di Madama Chips che apre la porta e grida “Sacrilegio!” (ammetto che la mia vena moooooolto sadica avrebbe voluto metterci quella scena, ma poi ho avuto pietà dell’intimità di quei due).

5)      Direi che, nonostante parli e parli troppo, Hermione non si sente davvero e veramente pronta per fare un passo del genere, o almeno finchè non lo capisce…

Insomma, dubito che tutto questo sia stato trasmesso tra le mie parole, ma dopotutto, lo spazio autrice serve a questo, no?

Io mi auguro comunque (sempre troppo speranzosa) di esserci riuscita.

 

Precisazione: viste le tematiche trattate in questo capitolo e l’attuale rating della fic, Arancione, quindi non vietato a minorenni, se ritenete che la scena possa offendere il vostro senso del pudore riferitemelo che provvederò a mettere un avviso ad inizio capitolo e a far diventare la storia NC17 (anche se, personalmente, non credo sia il caso).

 

PS: ho tagliato la soglia del ventesimo capitolo, eh già… e dire che nel plot originario questo doveva essere l’ultimo, vabbè, le cose sono andate diversamente, ma il finale si avvicina ormai a grandi passi…

 

Adesso passo ai ringraziamenti di tutti voi che seguite così fedelmente la mia storia, grazie davvero dal cuore per il sostegno che date ad una autrice in erba =^_^=

 

Luana1985: penso che geniale sia un po’ eccessivo e sminuisca i veri scrittori che impiegano ricerche e studi approfonditi per le loro storie. Però sono molto felice di essere in grado di tenere col fiato sospeso i lettori, in effetti quando ho scritto la storia dei tre gemelli mi sono detta: “non sarà un po’ eccessivo?” ma intanto, anche in libri famosi e di successo, fanno accadere cose decisamente meno probabili, quindi mi sono decisa.

Io mi auguro che ti sia piaciuto anche questo stravagante e forse un po’ malriuscito capitolo, aspetto quindi i tuoi commenti, ciao! Nyssa

 

Gloria85: le cose tra Draco ed Herm prendono qualche svolta in questo capitolo (chiamiamola svolta, va’). Per quanto riguarda la storia, dal prossimo post cominceranno le avventure vere e proprie, ovvero i casini di ogni santa favola.

Tutto semplice? Beh… no, non lo è proprio e ci sono ancora un paio di questioni che vorrei chiarire prima di mettere la parola fine.

Spero comunque che ti piaccia anche questo capitolo, un bacio, Nyssa

 

Vavva: mentre scrivevo il cappy precedente pensavo se non sarebbe stato più saggio dividerlo, ma poi ho pensato che, se l’avessi fatto, metà dei collegamenti sarebbero andati perduti da un aggiornamento all’altro e così alla fine ho fatto qualche taglio e li ho uniti, anche perché la storia di Silente, bene o male, era già stata ampiamente discussa qualche post precedente.

Per quanto riguarda il preside, io penso che sia davvero troppo troppo saggio per non aver toccato con mano la sofferenza umana, dopotutto credo sia un ottimo modo per comprenderla davvero e fino in fondo, per questo comprese così bene la situazione di Orion come quella si Sirius, Honor, Nicholaa, Harry e anche Tom Riddle.

Se d/h fanno morire te che leggi, immaginati io che scrivo, sto sempre a fissare il vuoto immaginandomi scenette romantiche poco probabili, ma il fatto è che li adoro veramente veramente tantissimo ^^

Per la lunghezza non posso dare un dato definitivo perché sto ancora scrivendo, ma mi auguro di non superare i 25 capitoli, anche perché sarebbe il caso che cominciassi seriamente a studiare per l’esame ehehe

Mi auguro che ti piaccia anche questo cappy strampalato, ciao e un grande kiss! Nyssa

 

Sly_Monica: innanzi tutto benvenuta! Secondo punto: ottimo nick, sono una Monica anche io e quindi molto orgogliosa di trovare qualcuno con quel nome tra i miei lettori, insomma, il solito spirito campanilistico spostato al nome che mi coglie in maniera inspiegabile… (sorvoliamo che non è il caso).

Io non credo di avere una fantasia così sfrenata, penso che la storia che davvero mi aiuta sia l’intrico di parentele stravaganti che mi piace creare, gli alberi genealogici sono la mia passione e quando si mescola un po’ di sangue è facile costruirci una bella vicenda sopra ^^

Concordo con te, Draco ed Herm sono una coppia super fantastica e, secondo me, la zia Row avrebbe dovuto farli sposare alla fine del settimo libro, ma questo deriva soprattutto dal fatto che sono nata Ron/Herm e ormai aborro quella coppia senza un motivo a parte la fesseria del rosso.

Happy ending o non happy ending? Bel problema… sono la prima ad amare i lieti fine ma chiaramente deve adattarsi alla vicenda, quindi non so se posso spoilerare sulla cosa anche perché sarebbe legato ad un sviluppo che si deve ancora vedere, ehehe

Nel frattempo spero che ti piaccia anche il ventesimo capitolo, ciao e un bacione! Nyssa

 

Giuliabaron: meno male che non annoia, quando comincio a descrivere parentele e simili mi diverto moltissimo (io), ma rischio sempre di far diventare il tutto una minestra melensa e noiosissima, quindi sono felice che non sia così, anche perché le parentele sono al centro della storia, quindi se sono noiose tutta la vicenda lo è.

Mi auguro che ti piaccia anche questo cappy quindi aspetto un tuo commento, ciao! Nyssa

 

Shavanna: su su, non era niente di così TERRIBILE… solo la rivelazione shock di una famiglia disperata con storia drammatica alle spalle e presente da suicidio immediato, il solito insomma. A parte gli scherzi, immagino che seguire una storia come questa debba essere un vero calvario.

Visto quello che mi hai scritto l’altra volta probabilmente darai della malata mentale ad Herm per farsi tutte quelle piste mentre succede “il fatto” (non quello di Enzo Biagi), ma alla fine finisco sempre per giustificare i miei poveri personaggi perseguitati da un’autrice crudele… probabilmente li compatisci anche tu, ammettilo XP

Se però il bacio era un passo avanti, in questo momento ci siamo dotati letteralmente degli stivali delle sette leghe! Ottimo, vuol dire che non ho messo in stallo la vicenda, bene!

Ad ogni modo spero che ti piaccia il mio nuovo cappy, me lo auguro davvero e sono curiosissima di conoscere i tuoi commenti al proposito! Quindi aspetto la tua recensione, ciao e un bacio! Nyssa

 

Lord Martiya: confesso che all’inizio di ogni storia mi dico sempre “no, questa volta devo cambiare famiglia, non possono essere sempre i Black…” ma poi finisce che li uso e strauso sempre, sarà che mi piacciono, sarà chissà che ma è successo di nuovo.

Considero una piccola conquista quindi, essere riuscita a sorprenderti e ti ringrazio tantissimo per il sostegno e l’aiuto che mi hai dato mentre sto buttando giù la bozza della prossima storia che, tuttavia, non so se vedrà davvero la pubblicazione prima dell’estate (causa ovvi motivi).

Nonostante sia un capitolo un po’ sdolcinato spero che ti piaccia ugualmente, ciao e a presto! Nyssa

 

Semplicementeme: anche a me a volte capita di leggere un cappy e di recensirlo dopo, solo che sono fondamentalmente un po’ svampita e nella maggior parte dei casi mi dimentico anche di lasciare commenti, quindi sono un’autrice/lettrice degenere e ti ammiro molto perché te, invece, hai trovato la memoria e il tempo di lasciarmi una recensione così bella, grazie mille!

Mi hai fatto prendere un mezzo accidente quando ho letto che sei rimasta delusa, se non vuoi ammazzare l’autrice prima della fine della pubblicazione ti prego di non attentare più così brutalmente alla mia vita ç_ç

A parte gli scherzi, sono davvero molto felice e lusingata che ti sia piaciuto. Devo dire che sei molto acuta ad intuire chi era davvero Devlin, sarà che invece io sono una lettrice che si sbalordisce di tutto… Dev è un personaggio a cui sono affezionata perché è ispirato ad un bambino molto speciale per me, quindi mi fa piacere che riscuota il suo modesto successo.

Faccio solo una piccola precisazione: quando Albus va nel futuro consegna la cesta al vecchio Silente ma non incontra Minerva infatti lui non saprà mai se lei, terminati gli studi, andrà a insegnare a Hogwarts oppure no, capirà solo dopo. Il vecchio Albus, però, sa quello che succederà di lì a poco e lo guarda con rassegnazione. So che è un po’ un pasticcio, il fatto è che non so bene come rendere uno che guarda se stesso da giovane sapendo ciò che accadrà ma impossibilitato a cambiare il tutto.

Figurati, è sempre bello rispondere ai miei lettori anche perché la cosa mi riempie di orgoglio. In effetti è un impiego che occupa il suo tempo e mi riduco sempre all’ultimissimo, ma fa piacere sentire cosa le persone hanno da dire e a volte ho anche preso qualche spunto interessante.

Tempo scaduto anche per me, ciao! un bacio, Nyssa

 

Potterina_88_: non prendertela con te stessa, quelli che parlano da soli sono doppiamente intelligenti perché sostengono una doppia conversazione, no? (volgare scusa con cui l’autrice giustifica il suo costante parlare da sola).

Concordo con te, la verità viene a galla, lentamente e a modo suo, ma si scopre sempre qualcosa. È spuntato il passato di Silente, il suo viaggio nel tempo, la storia dei Malfoy, adesso anche quella dei black, insomma, manca solo quella della pozione che ha reso piccoli i protagonisti e arriverà presto.

Per quanto riguarda la faccenda Black, mi rendo conto di aver descritto la cosa un po’ male, faccio un breve riassunto:

1)      Orion ha tre gemelli dalla ragazza di cui è innamorato

2)      Georgiana e Honor vengono portate tra i babbani e cresciute lì come sorelle ma credendo di non esserlo

3)      Sirius entra nei black

4)      A unidici anni si conoscono

5)      A quindici Orion riconosce Honor e cerca di parlarle ma questa scappa

6)      Incontra Nicholaa/Georgiana e riconosce anche lei

7)      A casa dice a Regulus di aver trovato una delle due gemelle perdute (riferendosi a Nicholaa) e delle sue intenzioni di ufficializzare la cosa

8)      Regulus parla con Bella che crede si tratti di Honor (perché somiglia a Sirius)

9)      Bella uccide Honor

10)  Quello stesso giorno Orion la dichiara ufficialmente sua figlia (lo fa per prima visto che è la maggiore delle due)

11)  Spaventato da quello che è successo, decide di non riconoscere l’altra per paura che le capiti la stessa sorte

Questo è quanto, spero di essere stata esauriente, effettivamente sarebbe più efficace un diagramma di flusso, ma penso che verrebbe un po’ troppo complesso.

Immagino che tu abbia confusione, ma stai tranquilla che presto sparirà quando tutti i tasselli prenderanno il loro posto in questo gigantesco puzzle.

Spero che ti piaccia anche questo capitolo, ciao e un bacio! Nyssa

PS. Aspetto con ansia la tua recensione, kiss!

 

 

 

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Capitolo 21
*** Lost in passion ***


Nevicava

Nevicava.

Morbidi fiocchi candidi scendevano lentamente dal cielo ricoprendo ogni cosa e formando una coltre nivea su prati, muri, alberi e case.

Hogwarts sembrava il magico castello delle fiabe tutta ammantata e dai contorni un poco sfuocati mentre un tremulo sole invernale faceva capolino dalle forme soffici di grandi nuvoloni bianchi.

 

Draco aprì lentamente gli occhi avvertendo il mattino appena cominciato; generalmente preferiva dormire fino a tarda mattinata e quello era senza dubbio il motivo principe della sua frequente assenza alla prima ora di lezione, quel giorno, però, era come se sentisse che qualcosa era cambiato e non riuscisse a riprendere sonno.

Guardò di fronte a sé la finestra incorniciata dalla neve e poi, oltre i riquadri, il panorama perfetto, sorrise quasi inconsciamente e posò gli occhi sulla mezzosangue addormentata con un braccio di traverso che stava abbracciando. La strinse di più e lei addolcì la sua espressione di rimando, continuando a dormire.

Alla fine era successo.

Eppure non si sentiva di denigrare quanto accaduto con una battutina tipo “alla fine anche tu hai ceduto”, non voleva fare niente se non stringerla e rimanere così in eterno: l’avrebbe fatto volentieri se l’orario incombente non minacciasse un prossimo arrivo della Chips.

In quel momento era nel letto della Granger e non gli sembrava il posto migliore dove farsi vedere dall’infermiera; quello affianco, immacolato, aveva ritrovato il suo ordine dopo una nottata di tortura del gratta e netta. Già perché, quando tutto era finito e aveva stretto a sé la Granger e aveva scorto sulle lenzuola una macchia vermiglia che lasciava quasi presagire il ritrovamento di un cadavere. Lì per lì non se n’era accorto, ma quando finalmente aveva realizzato la gravità della cosa un briciolo di preoccupazione si era insinuato tra i suoi pensieri non tanto lucidi, l’aveva uccisa?

Ignara di tutto, lei continuava a dormire come non lo faceva da anni, stremata e un po’ sconvolta dall’accaduto.

Non era morta, semplicemente c’era qualcosa di particolarmente vistoso che lasciava intuire parecchio su ciò che si era consumato quella notte e non stava parlando di omicidio.

L’aveva sollevata di peso e messa nel suo letto tra mormorii di protesta e poi aveva lanciato un bell’incantesimo di pulizia.

Questo aveva lavorato tutta la notte per smacchiare i teli di lino del letto e renderli presentabili al mattino e così era stato costretto a traslocare momentaneamente nel giaciglio della grifoncina e adesso avvertiva i sintomi di un bel mal di schiena per la posizione scomoda a cui si erano dovuti adattare tra spifferi per le coperte troppo corte e spigoli di comodini in posizioni strategiche.

Per fortuna adesso tutto era lindo, almeno quello… in realtà avrebbe preferito conservare quel piccolo ricordo, come se tutto il sangue che aveva perso fosse un po’ il simbolo di quanto gli voleva bene, ma evidentemente il destino aveva progettato diversamente, di sicuro la Chips si sarebbe accorta se un paio delle sue amate lenzuola ospedaliere fosse improvvisamente venute a mancare dall’armadio…

Guardò ancora la Granger, fino ad un mese prima non avrebbe neppure preso in considerazione l’idea e di portarsela a letto e addirittura di pregarla per quello, invece l’aveva fatto e non si sentiva poi così male. Forse solo un pochino per non averlo fatto prima.

Le accarezzò la testa e i boccoli bruni sparpagliati sul cuscino, voleva ancora sentire il loro profumo di cacao, ma non c’era tempo. Scese dal letto e tornò nel suo.

L’attimo seguente la medimaga girò la chiave nella toppa e guardò all’interno trovando tutto tranquillo e i suoi due malati pacificamente addormentati: ottimo.

 

*          *          *

 

Hermione guardò oltre il libro, nel letto accanto, e arrossì.

Quel giorno aveva stabilito un vero e proprio record, probabilmente avrebbero dovuto aggiungerla al Guinnes dei Primati, non pensava fosse possibile una cosa del genere e invece era così.

La metà del tempo trascorso l’aveva passata con le gote imporporate e gli occhi bassi, incapace di guardare da qualche altra parte, senza riuscire a non pensare a quanto accaduto.

Malfoy non aveva detto una parola e lei non sapeva se avrebbe dovuto cominciare la conversazione oppure no e, se sì, se avessero dovuto parlare anche di “quello”. Non aveva fatto il minimo accenno eppure, quando lo sbirciava steso a leggere il suo libro, per poco il cuore non le saltava fuori dal petto.

In compenso Madama Chips non si era accorta di niente, pareva essere un medico esperto di ogni malattia tranne quella che la interessava al momento: l’amore.

Al vederla avvampare per l’ennesima volta le aveva chiesto se avesse l’influenza e, dopo averle tastato la fronte e averla trovata decisamente calda (con tutto il sangue che le finiva al cervello, poi…) le aveva ordinato di riposare disinteressandosi del resto e borbottando contro presidi incoscienti che lasciavano i propri studenti vagabondare nella Foresta Proibita coi tempi che correvano e il clima polare che stava investendo Hogwarts.

 

Al momento era pomeriggio, l’ora di pranzo era passata da poco e, con ogni probabilità, gli studenti erano tornati ai dormitori per svolgere i loro compiti e le loro relazioni, tutto taceva e tutto quietava, come se si volesse rispettare l’atmosfera pacifica creata da quel tempo pazzerello.

Uno studente di Tassorosso col braccio ingessato era venuto a farselo medicare, una alunna del Grifondoro aveva chiesto del sonnifero e poi una piccola processione di Serpeverde aveva pregato la Chips di nasconderli in qualche letto e darli malati.

Li aveva scrutati tutti da oltre la tenda tirata, nessuno si era accorto della sua presenza, tantomeno di quella del biondastro steso come un maharaja su una pila di cuscini che aveva fatto arrivare direttamente dalla sua stanza nei sotterranei, gli mancava solamente un narghilè, il turbante in testa e mezza dozzina di concubine per sembrare davvero l’incarnazione di Visnu: senza ombra di dubbio sembrava un principe.

 

Madama Chips rispedì gli studenti della Casa di Salazar da dove erano venuti, per niente incline a soddisfare i loro pii desideri, dopodiché si alzò dalla sedia di legno e richiuse l’infermeria, andando a parlare dell’accaduto a Piton.

Come tutto tornò alla tranquillità, due tende bianche girarono intorno alla sbarra metallica dei lettini e resero di nuovo visibili i due malati.

-          Granger – disse sottovoce Draco abbassando il tomo e fissando serio l’orizzonte

Hermione arrossì e segnò una tacca su un foglio, alla fine della giornata avrebbe calcolato la percentuale della sua stupidità

-          So chi ha messo la bomba nel corridoio

Quelle parole le gelarono il sangue nelle vene, mentre l’effettivo significato veniva elaborato e raffinato dal cervello, non era proprio quello che si era aspettata ma lo shock era ugualmente grande

-          C-chi? – domandò esitante, terrorizzata dal conoscere la verità

Gli occhi grigi di Malfoy si spostarono dalla cima di un abete a quelli dorati della ragazza, l’espressione pareva pietrificata, non c’erano emozioni; sillabò un nome e spostò di nuovo la testa.

Esterrefatta la grifoncina si portò meccanicamente le mani alla bocca, scuotendo incredula il capo.

-          Qua-quando l’hai scoperto? – s’informò ancora, sempre più timorosa

-          Questa mattina

La serpe aveva infatti passato tutto il suo tempo dietro le pagine ingiallite di un libro che pareva un’enciclopedia, aveva creduto che fosse tutta una finta, come la sua, e che si sentisse altrettanto a disagio, ma… non era così, lui il suo tempo l’aveva impiegato in qualcosa che, forse, non si sarebbe dovuto sapere.

Eppoi per Malfoy mica era stata la prima volta!

-          Non è possibile – tentò di ragionare – non credo che una persona del genere farebbe… oserebbe…

-          Evidentemente l’ha fatto – annuì lui

Non le restò che chinare il capo, riconoscendo la ragione di tutto quello.

-          Granger – lei sobbalzò e gli prestò attenzione – gli ho chiesto di venire, vorrei parlarne faccia a faccia – lei annuì, comprendendo il suo stato d’animo – però…

Esitò un attimo e lei se ne accorse.

-          Granger, io tra due minuti cambierò età – lei spalancò la bocca – non te la prendere se trattengo ancora un po’ la trasformazione, d’accordo?

-          Ma… ma ti fa male! – esclamò – già non stai bene e… c’è il Marchio sulla scuola, insomma… non… dovresti…

Il resto della predica le morì in gola quando scorse lo sguardo serio e disilluso di lui, quella scoperta doveva averlo turbato parecchio. Lo capiva, in effetti la rivelazione aveva shockato pure lei, non avrebbe immaginato che una persona del genere sarebbe arrivata a tanto.

-          Va bene, ma non strafare, d’accordo? – alla fine non poteva che acconsentire, si sentiva impotente e avvertiva un vago sentimento di colpa nei suoi confronti, ma… non poteva fare altro.

Qualcuno bussò discretamente alla porta, un attimo di silenzio e nessuno che disse avanti, avvertì il rumore delle suole delle scarpe strisciate sul pavimento e seppe che il tanto temuto momento della verità era arrivato.

-          … e, mezzosangue – disse appena lui – mi spiace di aver dedicato tutta questa attenzione alla faccenda quando mi sarei dovuto preoccupare di più per te, dopo quello che è successo

La Gryffindor arrossì e fece per balbettare una di quelle frasi di circostanza come “non importa” o “non preoccuparti”, riconoscendo quanto erano false, ma la parola “avanti”, gridata, cancellò ogni proposito poco prima che la maniglia ruotasse e l’uscio bianco formasse un angolo perfetto sul pavimento antico.

Sarebbe riuscita a guardare negli occhi chi aveva architettato tutto quanto?

Ce l’avrebbe fatta?

Non ne era sicura, non dopo quanto successo in quel periodo, da quando tutto era cominciato.

Aveva paura di guardare in faccia la realtà, lui invece no, il mento un poco alzato, lo sguardo freddo nella più spaventosa rappresentazione di Draco Malfoy che gli avesse mai visto, pareva davvero un angelo caduto, un gargoyle.

Lo invidiava per la freddezza che stava mostrando in quella situazione, lei avrebbe agito diversamente.

Eppure il suo coraggio stava trascinando anche lei e infatti decise a sua volta di guardare negli occhi chi aveva pensato tutto quello.

 

Due figure erano ai piedi del letto della serpe: Blaise Zabini e Pansy Parkinson.

Se ne stupì, doveva esserci uno solo di loro due, una sola figura, solo una persona.

 

-          Immagino sia fin troppo formale ringraziarti per quanto accaduto – sillabò glaciale lo Slytherin. Gli occhi si spostarono dall’uno all’altra, come era stato così cieco da non accorgersene prima? – non è vero, Pansy? – aggiunse poi

Hermione riconobbe un tremolio nelle labbra rosate della giovane e gli occhi bassi e un po’ gonfi.

Perché Pansy, perché?

Perché proprio lei quando suo padre aveva deciso, tutto a un tratto, di lasciare i mangiamorte? Quando Nicholaa e la sua triste storia avevano preso le distanze, aveva patito molto e aveva scelto di patire forse di più per la giustizia? Perché, dopo tutto quello, Pansy era stata la mente e la mano di quella terribile esplosione?

Una volta aveva letto un libro, al momento le sfuggiva il titolo  questo era strano, ma non importava, c’era una frase che le ritornava alla memoria non bisogna giudicare i figli per le colpe dei loro padri, ovviamente era il frutto della giustizia letteraria, perfetta sotto ogni aspetto, ma… si poteva dire lo stesso anche dei meriti?

Il figlio di una persona molto meritevole poteva essere un delinquente? Aveva sempre creduto di no perché il carattere nasce con l’educazione, ma in quel momento le sue idee stavano vacillando.

Ogni persona alla fine è solo se stessa, può essere educata come meglio si può, ma poi ciò che si è davvero salta sempre fuori.

 

-          Io… non – disse Pansy sottovoce, un suono sprezzante uscì dalle labbra serrate di Draco mentre guardava quella coppia di persone davanti a lui

-          Troppo facile dirlo adesso. Blaise, tu che ci fai qui?

Zabini raddrizzò la testa, da vero uomo, prese un respiro

-          Non è stata Pansy, sono stato io. – dichiarò a voce piuttosto alta, questo sorprese moltissimo Hermione – lei non voleva, sono stato io a fare tutto

Draco ghignò.

Chissà perché ma se lo sarebbe aspettato e che non si dicesse che Zabini era una persona prevedibile!

-          Blaise, non mentirmi proprio tu, te l’ho letto negli occhi quando sei venuto a trovarci chi è stato davvero

Malfoy lo sapeva da tutto quel tempo?

Ma se le aveva detto “l’ho saputo stamattina”!

No, non poteva crederci… sì, insomma, erano rimasti a Londra altre due settimane, giorno più o giorno meno dopo la visita di Harry…

Non poteva essere…

 

Forse quella fu la prima volta che Draco Malfoy riuscì a lasciare senza parole Blaise Zabini.

E forse quella fu l’unica volta che la suddetta serpe arrossì di fronte al suo migliore amico.

-          Non mi vuoi credere? – tentò inutilmente di dire il Prefetto dei Serpeverde

L’altro alzò le spalle e lo guardò

-          L’amore rende stupidi, vero Blaise?

Pansy si avvicinò al suo compagno, intrecciò le dita con le sue e sorrise, un sorriso che a Hermione ricordò molto quello di sua madre

-          Smettila Blaise, lo sappiamo tutti come stanno le cose, anche la mezzosangue qui vicino

Zabini si voltò a scrutare lo sguardo perso della grifoncina che seguiva la scena come la sequenza clou di un film d’azione

-          E’ inutile negare. Sì, sono stata io a mettere quella bomba, ma, credimi, non avrei voluto…

-          Davvero?

Malfoy era senza cuore, stava dimostrando una mancanza di sentimenti encomiabile, soprattutto se si considerava che quelli di fronte a lui erano i suoi migliori amici e lei sapeva che, a Blaise in particolare, ma anche a Pansy, voleva bene. Chiaramente a modo suo.

-          Io… non sto mentendo. Ho davvero modificato la pozione che mi avevano dato – confessò la Slytherin tormentando il bordo della gonna – non volevo che succedesse il peggio…

-          Sul serio? – Draco non pareva sorpreso

-          Ecco, l’originale non l’avevo fatta io, non credo che ne sarei neppure capace – ammise un po’ a disagio, molto fuori luogo, Draco annuì, sapendo che ciò che stava dicendo corrispondeva a verità, nessuno studente a Hogwarts poteva creare un simile intruglio mortale, neppure lui.

-          Immagino, era la Roue de Fortune, vero? – la ragazza annuì – beh, e allora da dove è nato questo casino? Essere addirittura ridotto a fare il moccioso di cinque anni… voi non immaginate quanto sia stato umiliante

-          È stata colpa mia! – affermarono insieme i due ospiti suscitando lo stupore del Principe delle Serpi

Pansy e Blaise si guardarono sorpresi, un grosso punto interrogativo dipinto sul viso di entrambi. Draco scosse la testa, come se quei due fossero un caso perso.

-          Su, cominciamo, perché?

-          Beh, io quando mi hanno dato la pozione ho cercato di anacquarla… - ammise la ragazza

-          E quando io ho scoperto quello che Pansy stava facendo l’ho modificata di nascosto perché l’effetto fosse più blando… - confessò l’altra serpe

-          Ed è uscito un bel pasticcio coi controfiocchi, vero?

I due annuirono.

Malfoy sospirò tristemente, come se fosse tutta una banalità, non pareva più così arrabbiato come prima.

-          Pansy, perché l’hai fatto?

Pansy Parkinson sollevò gli occhi vedendo il biondo mentre si portava le mani dietro la testa, ormai tranquillo come quando parlavano normalmente, le parve di sentire tante cose in quel tono: comprensione, speranza, curiosità, biasimo.

Era come se lui lo sapesse già e tutti gli altri no.

L’aveva detto a Blaise il giorno dopo l’avvenimento, lui se n’era accorto facilmente, ma non credeva che Zabini ne avesse parlato con Malfoy.

Tutti avevano sempre grande fiducia in Draco Malfoy, per quanto la riguardava non era mai stato un personaggio di spicco se non per la sua illustre famiglia, ma era come se, improvvisamente, comprendesse tutto.

Poteva parlargliene?

Se anche non l’avesse fatto, lui l’avrebbe saputo ugualmente, come facesse era un mistero, ma forse era speciale e affascinante per quello.

-          Mia mamma… - cominciò con voce tremula – mia mamma non è marchiata

-          Lo so – la cosa la stupì, come lo sapeva Draco?

-          Se… mia mamma venisse marchiata ne morirebbe, è debole di salute, cagionevole. Non volevo che morisse.

-          E quindi?

-          Mio zio disse che dovevamo toglierti di mezzo, c’era qualcosa che non capivo in tutta la faccenda, ma mia mamma è molto importante per me.

-          Lo immagino.

Lo era la sua che non era più di un pezzo di ghiaccio, figuriamoci se non lo era la bella e dolce Nicholaa? Avrebbe fatto follie per una madre del genere, soprattutto debole e delicata come era.

-          Mio padre non voleva, cercò di impedirmelo in tutti i modi. Non sapevo perché mio zio e tua zia ce l’avessero così tanto con te… ma, mi spiace, mia mamma è più importante. – il biondastro ghignò, lui invece sapeva fin troppo bene perché Cassius e Bella ce l’avessero così tanto con lui

-          Fai bene. – disse poi. Non avrebbe punito Pansy, se fosse stato al suo posto avrebbe fatto le sue esatte cose, sicuramente meglio, chiaro, ma la sostanza non sarebbe cambiata, salvo forse che, con una mamma come Nicholaa da proteggere lui sarebbe davvero arrivato ad uccidere, non avrebbe avuto tanti scrupoli come Pansy, era egoista, per questo era uno Slytherin, per questo era un Malfoy.

-          Io non so cosa sia successo alla mamma – confessò ancora la moretta – è da tanto che non la vedo…

-          Nicholaa sta bene – confermò la serpe e gli parve di scorgere un bagliore di speranza negli occhi scuri di Pansy.

Calò il silenzio.

C’era altro da dire?

-          Vi spiace se scambio due parole con Zabini? – domandò poi alle due ragazze.

Sia Pansy che Hermione si affrettarono a scuotere la testa, come se la cosa non desse loro alcun fastidio quando in realtà morivano di curiosità.

Alzandosi dal letto, la Caposcuola si affrettò ad uscire per la porta laterale e l’altra la seguì.

Tutto ritornò alla quiete, Blaise si sedette sulle coperte candide con aria colpevole e imbarazzata, Malfoy gli rivolse un bel sorriso made-in-malfoy.

Draco chiuse gli occhi, l’attimo dopo, quando li riaprì, il mondo gli parve decisamente troppo grande per le sue dimensioni.

Zabini si stava grattando la testa

-          Sai Blaise, non è bello guardare gli altri da così in basso…

-          Se pretendi che mi sieda per terra solo perché hai l’orgoglio ferito dal tuo migliore amico sappi che non lo farò – si premurò di fargli notare l’altra serpe

-          Pessima rappresentazione. E mi avete fatto uno scherzetto che non mi piace per niente

-          Già…

-          Raccontami come sono andate le cose

-          Credevo che lo sapessi già – precisò l’altro

-          Sentiamo la tua versione, hai sempre parlato troppo, com’è che questa volta il gatto ti ha rubato la lingua?

-          Sono davvero così penoso come attore?

Draco versione bambino si fece pensieroso

-          Beh, ammetto che la storia della malattia che hai usato con quella Tassorosso non era male, ma non credere di farmela sotto il naso, sai?

-          Non dirlo a Pansy, d’accordo?

Pareva il circolo dei padri disperati, ancora qualche anno e si sarebbero ritrovati tutti e due con orde di marmocchi in braccio a bere in un pub e raccontarsi di quanto le loro mogli li avrebbero tiranneggiati con le loro arti di seduzione.

C’era un silenzio innaturale tra loro, un silenzio che non ricordava ci fosse mai stato.

-          Blaise, perché ti sei innamorato? Perché proprio di Pansy?

Zabini sorrise e prese una sigaretta.

 

Blaise fumava in modo strano quando era nervoso, sapeva accorgersi di quei momenti, era la rara capacità che hanno solo gli amici più cari. Per questo quel giorno all’attico di Raymond si era stupito di vederlo girarsi tra le dita la sigaretta a quel modo e poi, quando alzando gli occhi aveva incontrato quelli blu di Blaise, aveva capito.

 

-          Proprio tu mi chiedi una cosa del genere? – domandò a sua volta il moro allungando la schiena sul letto e fissando il soffitto. Draco si sedette a gambe incrociate e aspettò, l’espressione cupa.

Aveva il diritto di sapere, glielo avrebbe detto.

-          Sai Dra – incominciò – io sono sempre vissuto in una famiglia dove i sentimenti sono un optional che si compra con i soldi

-          Tutte le nostre famiglie sono così – precisò l’erede dei Malfoy

-          Già, ma quando tua madre si sposa vecchi facoltosi solo per permettersi una giacca nuova, la vacanza in una villa lussuosa, collane e gioielli, beh, vengono un bel po’ di dubbi. Cominci a pensare troppo.

Il biondo annuì, anche lui aveva iniziato a “pensare troppo” quando era venuto il momento di scegliere tra Voldemort e l’Ordine della Fenice e ora se ne contavano le conseguenze. E aveva percorso la sua strada a dispetto di quello che i suoi genitori avessero sempre fatto. Suo padre era stato forse uno dei più grandi sostenitori della causa del Signore Oscuro, eppure si era rifiutato di dare la Reliquia a Bellatrix per l’onore dei Malfoy.

L’onore della loro famiglia era forse più inesistente di quello dei Black, non esisteva neppure un fantasma, eppure Lucius si era appellato proprio a quello.

Era stato allora che aveva deciso di vivere come avesse ritenuto giusto, percorrendo la sua strada perché lui non era suo padre e neppure sua madre, non era Sirius e non era Bellatrix. Non era neppure decine di generazioni di Malfoy che lo aspettavano tra le fiamme dell’Inferno.

Quale era stato l’evento scatenante che aveva fatto “pensare” Blaise?

C’era, lo sapeva, doveva esserci, bisognava solo scoprire qual era.

-          Un anno fa la mamma si è risposata

-          Con quel tipo giovane, vero? – domandò, Zabini annuì con la testa

-          Mamma mi ha sempre detto che papà è stato l’unico uomo di famiglia, per questo non si sarebbe risposata per amore, però bisognava comunque tirare avanti e se sei abituato al lusso è difficile rinunciarvi

-          Già

-          Si è sposata sette volte, tutte e sette senza amore. Ho sempre pensato che sarei diventato come lei, un marito perfetto di vecchie bacucche, un accompagnatore che regala la propria gentilezza per soldi, una merce in vendita al migliore offerente, sempre per un periodo limitato, tanto per non annoiarsi. Poi la mamma ha deciso di non divorziare.

-          L’ha fatto davvero?

-          È successo un mesetto prima della tua partenza, è stato un casino stratosferico, di quelli che passano alla storia. Il Ministero aveva appena tirato fuori quella storia del coinvolgimento coi mangiamorte, come se mia madre potesse mai perdere il suo tempo in qualcosa di così serio. Lei e il mio patrigno erano sposati da non molto e io avevo sempre creduto che quella fosse la scusa ideale per divorziare. Un divorzio di mia madre non farebbe scandalo, soprattutto col caratteraccio che si dice in giro abbia il mio patrigno.

-          Ma?

-          Lui si è schierato dalla sua parte e mamma non ha mai parlato di divorzio. Mamma ha detto di essere innamorata.

Draco emise un lungo fischio modulato, capiva molte cose, adesso.

-          E poi mi ha detto che aspettava un bambino: avrò una sorellina. Sai cosa significa quando sei rimasto solo per diciotto anni e all’improvviso il tuo mondo viene rivoltato? Tuo padre, l’essere che bene o male hai preso ad esempio, pur assente, è stato rimpiazzato da qualcuno a cui non avresti dato mezzo zellino per strada. Tu, che sei sempre cresciuto solo e senza nessuno avrai una sorella nata da quell’uomo che non rispetti. Tu che sei sempre stato solo dovrai combattere per l’attenzione di tua madre che ormai sarà presa da un amore che aveva sempre rinnegato e da un’altra creatura. Mi ha sempre detto che papà era l’unico uomo della sua vita, eppure quando ha avuto la possibilità di liberarsi del rompiscatole e tornare per la sua strada, non l’ha fatto perché era innamorata. Non la capisco. Papà doveva essere l’unico, me lo aveva sempre detto, eppure non è stato così. C’è un altro che ha preso il suo posto. So che fa sul serio.

-          E poi? – Blaise lo guardò. Draco era senza pietà, ma rimpiangeva di non avergli detto tutto quello fin dall’inizio, se c’era qualcuno che poteva aiutarlo quello era Draco Malfoy che non aveva sperimentato neppure l’amore di sua madre. Che poteva sempre dirgli “poteva andare peggio” perché lui era il peggio che potesse capitare. L’OGGETTO.

-          Parlavano tutti d’amore. Che cos’è l’amore tra un uomo e una donna? Io e te non l’abbiamo mai saputo, personalmente l’avevo letto solo nei libri, l’ipotetico rapporto di rispetto reciproco, di fiducia, di serenità. Ci si può fidare di una come mia madre? Nata serpeverde, rinnegata dalla famiglia, approfittatrice e arrampicatrice sociale? Io non l’avrei fatto perché sono come lei, qualcuno però è riuscito a vedere quello che c’era oltre. Mamma ha dimostrato affetto solo per me, da quando riesco a ricordare. Tutto è cambiato in un baleno. Fino al giorno prima si detestavano costretti da quel matrimonio che volevano distruggere entrambi e poi mi viene a dire che aspetta un figlio.

-          Credevo che la cara Cassandra non avrebbe allargato le gambe così facilmente.

-          Lo credevo anche io. Non lo ha mai fatto, mamma è una puttana d’alto bordo e quello era un pesce piccolo, oltre che sbagliato. Avrei avuto paura a coricarmi, con ogni probabilità avrebbe piantato un coltello insanguinato nella schiena del mio patrigno se non fosse che avrebbe rischiato di sporcare le lenzuola di raso.

-          Prospettiva eccitante – commentò il Principe degli Slytherin sapendo che quello corrispondeva a verità

-          Si litigavano a colazione. Lui voleva fare l’uomo di casa e lei non era abituata ad avere regole. Non li capivo, o meglio, non capivo come tutto quello fosse diventato un battibecco mattutino e un bacio romantico sulle scale.

-          Però è successo.

-          Quando sono tornato a scuola dopo il ponte di Ognissanti avevo urgente bisogno di un analista. Pansy è stata la prima persona che ho visto, o meglio, che è entrata sotto le mie coperte. E quando mi sono svegliato mi sono detto “d’accordo, vediamo cosa ci sta oltre il muro”. E ho visto qualcosa che non credevo ci fosse.

Draco scoppiò a ridere rotolandosi sul materasso e tenendosi la pancia come se gli facesse male da tanto ridacchiava.

Blaise lo guardò e soffiò serio una nuvoletta di fumo che si disparse per l’ambiente, gli rivolse un’aria offesa.

Malfoy non accennava a smettere di scompisciarsi dalle risa il che non era proprio il comportamento da migliore amico che si leggeva nei romanzi, ma non ce lo vedeva tanto uno come Draco a mettergli una mano sulla spalla e cominciare a fare della filosofia dell’amore anche perché, e questo era quello che divertiva pure lui e lo tratteneva dal rendergli una pacca “affettuosa” sul collo, anche lui era un novellino in queste cose.

Due ragazzi che avevano appena scoperto che cosa fosse davvero l’amore, avevano percorso sentieri diversi e vissuto esperienze differenti. I loro destini e i loro passati erano stati quasi antitetici eppure il risultato si era avuto uguale in entrambi i casi: si erano innamorati.

Perché lo diceva?

Beh, innanzi tutto perché Draco era il suo migliore amico e, come aveva detto proprio Malfoy, i segreti degli amici si leggono nei loro occhi senza bisogno di parlare. Eppoi aveva sufficiente esperienza per riuscire a percepire quello che era accaduto la sera precedente tra quelle pareti.

E sapeva altresì che era stato qualcosa di completamente diverso da quello che Draco aveva sempre fatto con una ragazza, qualcosa che non poteva essere paragonato al rapporta che lo legava alle “altre”; i sentimenti che erano stati vissuti erano qualcosa di sacro e inviolabile che apparteneva solamente a quei due, così come i suoi e quelli di Pansy Parkinson non erano di nessun altro.

Che due stupidi erano stati ad aspettare così tanto prima di accorgersi di quanto bello e, sì, anche strano, era l’amore.

Avrebbero dato indietro tutta la loro ricchezza per quello perché era come avere l’impressione di poter fare tutto se quelle due donne strane, se quelle due ragazze, quelle due streghe, quelle due dee, quelle due persone erano con loro.

E istintivamente si mise a ridere a sua volta, lasciandosi andare sulle coperte spiegazzate e ritrovandosi, testa contro testa, assieme al suo migliore amico.

 

Lui e Malfoy non avevano rapporto di amicizia come quello di tutti, ma in quella scena sembrava davvero di trovarsi dentro la scena di un fotoromanzo.

Perché se non erano amici lui e Draco, se non lo erano due che riuscivano a leggere in piccole cose, negli occhi dell’altro, quando qualcosa non andava, ebbene, nessuno poteva definirsi amico.

Forse non erano i migliori amici del mondo, ma per loro due non poteva davvero esserci di meglio, nona avrebbero potuto trovare qualcuno di più adatto: riuscivano ad immaginare quanto erano fortunati?

Probabilmente sì, soprattutto quando si rifletteva su quanta facilità le loro magagne erano scoperte dall’AMICO e il fatto che l’amico non l’avesse condannato, distratto, rimproverato, semplicemente era rimasto lì, qualunque cosa fosse gli avesse raccontato, comportandosi come era da lui, comportandosi nell’unico modo che fosse giusto adottare con gli amici, ovvero essere se stessi.

Se Draco gli avesse detto di essere un mangiamorte non sarebbe cambiato nulla.

Se lui gli avesse rivelato una cosa altrettanto shockante Malfoy non avrebbe fatto una piega.

Solo una cosa poteva davvero minare quel qualcosa, “Blaise, sono innamorato di Pansy”, ma Draco non aveva mai pensato nulla di simile perché aveva scoperto cos’era l’amore solo dopo aver abbandonato le cattive abitudini.

Perché era troppo preso dalla mezzosangue per curarsi di qualsiasi altra donna nella sua vita, sapeva come si sentiva. Lo avvertiva. Lo sapeva come se glielo avesse detto.

 

-          Blaise, è un po’ come essere fratelli – gli disse ancora con le lacrime agli occhi il biondo cercando con qualche fallimento di passargli la mano sulla spalla. Blaise annuì e sorrise dolcemente.

Poi, prendendo il polsino a due bottoni della camicia, lo slacciò e tirò su l’indumento bianco finchè la parte dell’avambraccio non fu tutta scoperta: un simbolo fin troppo familiare spiccava sulla pelle di Zabini di un intenso color nero e verdastro, le punte rosse degli occhi del serpente parevano quasi vive.

Il Marchio Nero.

-          L’ho fatto per Pansy – confessò quasi colpevole, ma sappi che non ci tengo per niente – erano raccomandazioni superflue

Draco accennò un assenso e scoprì il suo.

-          Presto tutto questo sarà finito, nel bene e nel male – disse Draco – tu da che parte stai?

Zabini sorrise con fare colpevole

-          Io sto con lei. – e indicò la porta chiusa da dove la Slytherin era uscita – E Pansy non vuole avere più nulla a che fare con questa storia. – Draco ghignò e approvò

-          Rischiamo di morire tutti, lo sai?

-          Ho rischiato di morire ogni mattina mentre mia madre progettava di lanciare un intero servizio da tè contro il mio patrigno.

-          Nel qual caso…

Era per sdrammatizzare, sapevano tutti e due quanto si stava aggravando la situazione mentre rimanevano lì a parlare.

Draco allungò la mano e aspettò che Blaise la stringesse.

Zabini avvicinò il palmo e strinse forte contro l’altro, latteo e infantile, del bambino che una volta era stato Draco Malfoy.

Come la prima volta, peccato che allora anche lui fosse poco più che un fanciullo.

E rimasero a fissarsi.

 

La porta in fondo si spalancò di colpo lasciando entrare una trafelata e agitatissima Pansy Parkinson prossima ad una crisi isterica

-          La-la-la m-m-mezzosangue – pronunciò a stento indicando con l’indice la porta aperta

-          Che è accaduto? – sbottò Draco scendendo dal letto incurante delle sue ridicole condizioni

Fece per avvicinarsi ma una fitta strana lo colpì mentre percorreva il pavimento dell’infermeria costringendolo a inginocchiarsi con le mani tra i capelli, la testa che pulsava dolorosamente.

E nonostante tutto, si mosse come poté.

Prendendolo per la vita, Blaise lo sollevò di peso e lo portò nel punto d’ingresso della stanzetta dove Hermione e Pansy erano rimaste ad aspettare.

 

La mezzosangue stava riversa sul pavimento, un libro abbandonato sulle piastrelle, il corpo che si contorceva come se fosse troppo doloroso sopportare quello strazio e analoga cosa pareva stare colpendo Draco che era in braccio a Zabini.

Blaise, allora, prese una decisione

-          Mettilo nel suo letto – borbottò rapido passando alla sua compagna la figuretta piccola e agitata di Draco Malfoy

Pansy tese tremante e impaurita le mani

-          Dobbiamo fare qualcosa per loro, dopotutto siamo noi ad aver causato tutto questo – le disse spiccio riconoscendo i sintomi dell’incantesimo che incautamente avevano lanciato su di loro prima di Natale.

Annuendo la ragazza lo prese e lo mise a letto, inutile coprirlo, scalciava e si dibatteva come un’anguilla presa alla corda.

Poco dopo arrivò anche il ragazzo con la mezzosangue tra le braccia.

Era tranquilla adesso, lei, pareva quasi morta mentre le braccia cascavano mollemente e i capelli scendevano perpendicolari al pavimento.

Blaise la depose nel suo giaciglio

-          Va’ a chiamare qualcuno, svelta! Silente, la McGranitt, Piton e la Chips, portali tutti qui!

E senza farselo ripetere, Pansy corse fuori rapidissima alla ricerca di chi indicato.

 

*          *          *

 

Spazio autrice: ciao a tutti e scusatemi per l’immenso ritardo con cui posto questo capitolo, in effetti doveva arrivare ben qualche giorno fa, ma purtroppo quei simpaticoni dei miei professori hanno deciso di mettermi una simulazione all’improvviso e così sono due giorni che studio come una matta, ma lasciamo perdere.

Sono casualmente di fretta quindi dirò poco, anche perché i personaggi, in questo post, parlano già troppo da soli…

Appare finalmente Zabini che, come in ogni mia fic, ha una famiglia a modo suo anche se si può dire che in questa storia sia e si comporti esattamente all’opposto dell’altra perché qui è terrorizzato all’idea di avere una sorellina mentre nell’altra ne aveva ben tre!

Altra differenza è che qui il caso Blaise, che perde il pelo ma non il vizio, è innamorato.

Sarò io che sono malata ma per quanto mi riguarda la questione della pozione passa parecchio in secondo piano dopo che Zab ha raccontato tutta la sua travagliata e tormentatissima storia familiare, ad ogni modo, si scopre anche chi ha messo la fantomatica bomba all’inizio della storia (scommetto che qualcuno se n’era anche dimenticato, vero?).

 

Indico anche un piccolo sondaggio per avere un’opinione circa il titolo da dare ad un’altra storia che, comunque, non credo apparirà prima dell’estate…

Ho un grande, grossissimo, gigantesco dubbio: dato che si tratta, come già avrete capito, del seguito delle Relazioni, sono indecisa se intitolarlo

Le relazioni pericolose II – “Titolo della storia che non svelerò certo qui”

Oppure se mettere direttamente il titolo.

Vi ringrazio moltissimo anticipatamente per le vostre opinioni, magari, indecisa come sono, riesco anche a scegliere…

E scusatemi anche se non saluto tutti ad uno ad uno ma sono terribilmente in ritardo per l’ennesimo impegno della giornata (mi sento proprio come il Bianconiglio di Alice), ad ogni modo

Grazie infinite per le recensioni!!!

Addirittura 150, non credo di meritare tanta considerazione, ma vi ringrazio ugualmente e spero che la mia storia continui a piacervi =^_^=

Un bacione *smack*

Nyssa

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Capitolo 22
*** Orgoglio ***


Hermione sognava

Hermione sognava.

Il mondo era nebuloso, tutt’intorno a lei, e figure indistinte si affaccendavano davanti ai suoi occhi senza che riuscisse a distinguerne i volti o le azioni, tutti grigi e apatici.

Anche lo sfondo era di un grigio sfumato, non avrebbe saputo dire dove fosse o di chi si trattasse, ma era come se avvertisse distintamente una sensazione di pericolo e di ansia.

Uno dopo l’altro i volti si avvicinavano e la guardavano, ma rimanevano sempre avvolti da quel pulviscolo fastidioso.

Una mano si allungò tra le altre, pareva provenire dal nulla, però riconosceva qualcosa in quell’arto familiare e per di più colorato, l’unica cosa che portasse vita tra quel torpore.

La mano, rugosa e nodosa, doveva senz’altro appartenere ad una persona anziana, solo che il volto era ancora camuffato; la mano si avvicinò a lei che si ritrasse impaurita.

E poi, dal nulla del grigio, comparve un volto anziano e segnato, le orbite stranamente incavate, gli occhi spenti e gli occhiali con la catenella che pendeva, riconosceva quel volto come se non lo vedesse che da pochi minuti e invece erano sette anni, quella era sua nonna.

Delphie allungò ancora la mano e accarezzò la guancia della nipote mentre le labbra sottili si torcevano in un sorriso, tirando la pelle sugli zigomi. I capelli argentati, raccolti con forcine e mollette, erano come li rammentava, fermati sulla sommità del capo con due fermagli particolarmente vistosi sul bianco della chioma.

Anche i vestiti erano familiari, gli stessi di quando, a Natale, andavano assieme in chiesa a Saint Raphael a pregare: il tailleur di lana bordeaux e verde dall’aspetto ispido, le calze pesanti e le scarpe nere, pareva davvero una benestante signora del dopoguerra in quell’abbigliamento.

-          Nonna, cosa ci fai qui? – domandò lei fermando le dita che le scorrevano piano sulla fronte, la nonna sorrise ancora, ma non rispose

Era un sogno e ne era cosciente, questo era strano.

Era un sogno e poteva pensare e riflettere come se si fosse svegliata in un’altra dimensione, anche questo era strano.

Stava sognando sua nonna, questo, invece, era normale perché la nonna le mancava.

Ma la nonna era morta e se lei, invece, era viva, perché la nonna era lì? Si sentiva sveglia, non addormentata.

Qualcosa non tornava nella perfetta equazione che stava mettendo in piedi.

Fermò la mano e la scostò, fissando negli occhi quella parente così cara di tanto tempo addietro.

E fu solo allora che si avvide di un dettaglio che prima non aveva notato: alla mano sinistra, il cui polso era ancora stretto tra le sue dita, brillava al dito medio un anello di un colore argentato vivo e luccicante, forse dormiva o forse era sveglia, ma riconosceva quell’anello perfettamente, era lo stesso che le aveva regalato Draco quando erano ritornati a Hogwarts, quando avevano praticamente giurato di non separarsi mai, non era un anello di fidanzamento, era molto di più.

Perché lo aveva la nonna che era morta?

Non si era mai separata da quell’oggetto, per quanto riuscisse a ricordare…

Che fosse morta anche lei?

In realtà quel mondo grigio era un po’ differente dall’idea di paradiso che aveva creato in tanti anni. E mille miglia lungi dall’Inferno.

-          Nonna – chiese risoluta – perché porti il mio anello? – era suo, adesso, e come tale lo rivoleva

-          Il tuo anello? – rispose la nonna sorpresa

-          Questo anello – e indicò il cerchietto al dito della vecchia signora

-          Ma quello, cara, non è tuo – ripeté la donna

-          Certo che è mio! – scandì la nipote – me lo hanno regalato, guarda, ci sono le nostre iniziali: D e H

-          Ma questo me lo ha regalato tuo nonno Harold, leggi bene, tesoro, vedi, ci sono una D e una H…

-          E io cosa ho detto? – la nonna pareva non aver compreso

-          Non sono una H e una R – aggiunse Delphie

-          Perché mai dovrebbe esserci una R? Deve starci una D, questo anello ha una D e una H

-          Ma certo

-          E allora cosa c’entra la R? – scandì spazientita. Era tutto irreale in maniera preoccupante. Perché la nonna aveva il suo anello? Perché diceva che glielo aveva regalato il nonno? E perché accidenti doveva esserci una R? C’era una H, lo ricordava, l’iniziale del suo nome, Hermione, e c’era una D, l’iniziale del’altro nome, Draco.

-          Ma Hermione, mio tesoro, R di Ronald, no? – chiese ancora l’altra come se fosse ovvio

-          Ronald? – ripeté incredula – cosa c’entra Ron in questa questione? – tra l’altro Ron non era fidanzato con Lavanda? Glielo aveva detto Ginny a Natale, ricordava anche questo!

-          Ma certo tesoro, l’anello te lo ha regalato Ronald… è giusto che sia così

-          Ma che giusto, Draco mi ha regalato questo anello, Draco Malfoy!

-          Draco… Malfoy? – scandirono le labbra sottili – quella serpe odiosa?

Cosa ne sapeva la nonna di Draco?

E come si permetteva di dire che era odioso?

Ma perché, poi, quel pasticcio? La nonna era morta prima che lei conoscesse Malferret e Ronald e Harry e tutti gli altri

-          Non è odiosa! – s’infervorò la Gryffindor – è brava e mi vuole bene!

-          Non dire stupidaggini, sciocchina, tu sei fidanzata con Ronald – ripeté la nonna

-          No!  Io non voglio Ronald, io voglio il mio anello! E Rivoglio Draco! – si sentiva sull’orlo di una crisi di nervi e stava litigando con la nonna! La nonna che era la persona più dolce e comprensiva mai esistita! – ridammi l’anello – disse poi, furente, arrabbiatissima

-          Sì, il MIO anello. Quell’anello! – e afferrò le lunghe dita facendo per strapparglielo – quell’anello me l’ha regalato Malfoy!

-          Ma io sono la tua nonna – diceva la figura, adesso però comprendeva che quella non era davvero sua nonna. Dov’era? Costa stava facendo? Parlava da sola? Era dunque pazza?

-          No! E io rivoglio l’anello!

Una risata civettuola partì dalla bocca di quella che prima credeva essere l’unica vera parente al mondo e, mentre la mano si dissolveva, sfuggiva anche alla sua presa.

La donna, adesso in una figura decisamente più giovanile, ridacchiava maligna con la mano davanti alla bocca scrutandola dall’alto verso il basso.

-          Vuoi l’anello? – le domandò e lo sfilò dal dito medio

Accanto a lei altre due ragazze comparvero, una bella e bionda, l’altra mora e formosa, tutte e due con lo stesso sprezzo negli occhi

-          Tieni, prendi – e tre anelli le arrivarono in grembo, li raccolse spaesata

-          Anche noi abbiamo un anello del genere – disse la prima delle due

-          Draco ne ha dato uno anche a noi – precisò la seconda. Il suo cuore, però, si ribellò a quelle parole

-          NO!

-          Sì invece – disse la versione giovane della nonna – non è che un bastardo

-          Non è vero!

-          Sì invece. A lui non importa niente di te

-          State zitte!

-          Vuoi il silenzio? – chiese ancora la finta nonna – non vuoi credere a noi?

-          No!

D’improvviso tutt’intorno a lei si fece buio mentre le sagome svanivano veloci, inghiottite dalle tenebre scure e profonde. Un unico fascio di luce filtrava e la stava illuminando seduta su quello che poteva essere un pavimento come un materasso, non lo sapeva.

-          Silenzio – disse una voce

-          Solitudine – aggiunse l’altra

-          Lacrime – continuò una terza

Di fronte a lei una bambina piangeva stringendo un animale di peluche tra le mani.

Come non riconoscerlo? Il primo e vero, unico amico che avesse mai avuto, Theo l’orsetto.

E quella era lei.

Con le mani agli occhi piangenti, i capelli scompigliati, la solitudine.

Si era sentita proprio così quando era bambina, sola e abbandonata da tutti, nessuno che si curasse di lei.

Era dunque lo specchio della sua anima? Anche adesso si sentiva così?

Nonostante tutto dicesse di sì, qualcosa dentro di lei negò, no, non erano più così le cose e, stranamente, non era stato il cuore a parlare, ma la sua razionalissima e obiettiva mente.

Non era sola.

Non più.

Aveva Draco. E una figura alta e bionda si chinò verso la bambina prendendola in braccio: era assomigliata davvero a quell’esserino la vigilia di Natale? Lui le stampò un bacio sulla guancia dolcemente reggendola tra le braccia affusolate.

Era Draco, nessun dubbio, il Marchio Nero spiccava fin troppo chiaramente sulla pelle nivea scoperta dalla camicia arrotolata fino al gomito.

Poi c’era Harry.

Harry che le era rimasto accanto, che era stato amato solo per la sua fama e disprezzato quando, invece, avrebbero dovuto esaltarlo.

Harry tese una mano, stringendo la manina piccola della bambina che smise di piangere.

Poi c’era Ginny.

Ginny era un’amica particolare, un po’ pazzerella, alle volte, ma speciale anche lei. E la rossa intrecciò le dita con quelle di Harry, affiancandoglisi.

Poi c’erano Neville e Luna, c’era Zabini che, a modo suo, era anche un amico.

E c’era Ron.

Ronald Bilius Weasley comparve di fronte a tutti gli altri allungando una mano verso di lei. Lei lo guardò scettica.

-          La mia ragazza non dovrebbe sedersi sul pavimento – disse il rosso. Ma quello non era il suo amico Ron

-          Io… non sono la tua ragazza – mormorò a denti stretti, una volta avrebbe pregato che ciò accadesse ma… non era lui che voleva adesso, ma un’altra delle sagome che la guardavano da dietro, aspettando la sua prima mossa.

-          Credevo che mi amassi – ammise il rosso con un tono che non pareva appartenergli, Hermione negò con un gesto della testa

Ron sorrise a sua volta, allontanandosi a passo di gambero e raggiungendo gli altri, la sua figura si affiancò a quella di Lavanda, comparsa nel frattempo.

Un’altra silhouette si materializzò davanti alle altre e, questa volta, ne aveva la certezza, quella era sua nonna.

Delphie era in piedi con le mani giunte in grembo, la borsetta di coccodrillo che faceva molto chic e il cappellino con i fiori neri perché era in lutto.

Il tailleur di lana verde e viola era uguale a quello della sua sosia, ma tutto in lei, ora, pareva differente.

Solo la fede nuziale era alle dita della donna mentre gli occhi avevano un’espressione dolce e decisa oltre le lenti dalla montatura un po’ antiquata.

-          Hermione – disse solo la signora

-          Nonna?

Era incerta la sua voce dopo quanto appena vissuto qualcosa però le diceva che era la VERA nonna.

A conferma della cosa, la donna rise di nuovo e annuì.

-          E’ troppo presto per andartene – sentenziò con l’aria di chi la sa lunga – torna da lui, c’è più bisogno di te nel mondo dei vivi

E staccandosi dal gruppetto, Draco mise la bambina, che ormai sonnecchiava tra le sue braccia, in quelle di Harry che sorrise e gli diede una pacca sulla spalla.

A passo deciso, come suo solito, la serpe bionda si avvicinò e le tese la mano chinandosi, solo quel gesto cambiò il suo modo di porsi: Ron non si era abbassato per parlare con lei, si era appena incurvato per allungare la mani affinché potesse raggiungerla.

Solo quello bastava a dirle chi dei due era quello giusto. Con ogni probabilità quello doveva essere un sogno un po’ troppo reale richiesto dal suo subconscio.

-          Mezzosangue, se stai seduta lì ti prenderai un raffreddore e non voglio che contagi anche me – sbuffò lo Slytherin, il sorriso sincero, però, di chi è contento di come sono andate le cose, aleggiava su quelle belle labbra che l’avevano baciata fin quasi a farla morire e per le quali, probabilmente, sarebbe morta.

Beh, se quello non era Draco Malfoy…

Non era sicura che ne esistesse una copia così ben riuscita…

Vide la mano tesa e decise: era per lei. Qualunque cosa succedesse, quello era il suo destino e l’aveva scelto in barba a tutto il resto.

Allungò il braccio e fece per afferrare le dita ma, un attimo prima, queste si abbassarono e la figura rimpicciolì finchè di fronte a lei non ci fu un bambino.

Draco versione bambino, una sagoma fin troppo familiare.

E il solito fiocco legato sotto il mento con una gassa vistosa.

Forse fu proprio in quel momento che davvero tutte le tenebre si dissolsero e anche tutti i dubbi, afferrò la manina e vide comparire un sorriso sereno sulle labbra della serpe, forse il primo che riconosceva.

Una luce si creò illuminando un uscio chiaro, c’era un’uscita e, rapida e contenta, vi si avviò tenendo sempre il bambino per mano.

Gli altri la seguirono parlottando.

E nuove luci e nuove sagome comparvero in quel mondo di tenebre rivelandosi, piano piano, la sala dell’infermeria con in lontananza la finestra, le luminarie accese e Malferret fanciullo accanto al suo letto con l’aria preoccupata come non mai.

Non sapeva cos’era stato, ma aveva cancellato tutti quegli stupidi timori che per troppo tempo le avevano dettato legge.

Forse era morta e rinata e quella era una nuova vita o forse non lo era, ma la sua nuova vita cominciava proprio in quel momento.

 

*          *          *

 

Draco sospirò di sollievo quando le ciglia brune si sollevarono dagli occhi della mezzosangue dichiarando a tutto il mondo che non era appena passata a miglior vita.

Stupida!

Maledetta!

Doveva proprio fargli prendere un accidente simile? Proprio quando aveva appena capito… quando finalmente ce l’avevano quasi fatta?

No!

 

Sembrava più grande, Hermione adesso, come se avesse superato una fase importante della propria vita il che strideva enormemente col fatto che lui fosse ancora piccolo.

Non aveva dieci anni, ora, ne aveva quattordici, lei invece dimostrava beata i suoi diciotto senza saperlo perché, sciocca com’era, non poteva certo sapere che cosa era appena successo.

 

La mezzosangue gli sorrise stringendogli la mano ma non la lasciò.

Se lei era l’esse più problematico sulla Terra che riusciva a mandarti il cervello a fare una passeggiata e per la quale si farebbero le follie più folli, beh, era innegabile che, se ci si metteva d’impegno, riusciva anche a dare delle belle soddisfazioni.

Se non fosse stato Draco Malfoy si sarebbe messo a piangere proprio come il bambinetto che, in effetti, era per davvero.

Cosa sono quattordici anni di vita? Probabilmente niente se si considerava quanto era stupido a quell’età e, probabilmente, non erano sufficienti neppure diciotto a fare di lui un essere adulto e maturo perché non era in grado di proteggerla, perché era egoista e perché stava davvero per piangere, il che non andava nient’affatto bene visto che Zabini stava fumando ansioso alla finestra di fronte con le spalle rivolte verso il letto e la testa girata verso indentro, sorridendo a quei due che si erano appena ritrovati.

-          Signor Zabini… che cosa sta facendo con quella sigaretta? – brontolò la Chips attraversando il corridoio con la solita scorta di intestini sotto spirito

Diplomaticamente, Blaise si limitò ad alzare le spalle noncurante, continuando a fumare beato per scaricare stress e tensione che si erano accumulati parecchio.

Doveva essere lucido, c’era bisogno anche di lui.

Un po’ seccata dalla sua risposta concisa, la medimaga si girò verso il letto e vide la sua paziente che tentava a fatica di rimettersi seduta sul letto, sospirò sollevata: c’erano casi in cui la magia e la medicina potevano fare ben poco per le persone, in quel caso, se la Granger avesse voluto morire, beh, non sarebbe tornata indietro. Forse ogni tanto doveva ricordarsi di ringraziare anche Malfoy.

-          Grazie al cielo si è ripresa – sentenziò sollevata andando a deporre il suo bagaglio e correndo poi verso la porta con la gonna azzurrina che svolazzava

Un simile trasporto, c’era da dire, né Draco né Zabini l’avevano mai visto, tantomeno per le loro fratture durante le partite, qualche esperimento mal riuscito e un paio di grifondoro massacrati.

Decidendo che era di troppo, Blaise comprese il messaggio subliminale e si spostò progressivamente verso la porta, richiudendola poi alle sue spalle.

Chi l’avrebbe mai detto che anche per lui e Malfoy sarebbe arrivato il giorno di innamorarsi…

 

*          *          *

 

Facendo leva sui polsi che sentiva ancora un po’ deboli, Hermione si appoggiò all’alta pila di cuscini che il biondo aveva sistemato dietro di lei e aspettò.

Un silenzio imbarazzante e artefatto era tra loro, avvertibile ogni istante in ogni punto, denso nell’aria.

Probabilmente sarebbero finiti a parlare del tempo; a proposito, quanto aveva dormito?

Fece per dirglielo ma lui la bloccò gridandole uno

-          Stupida! – prima ancora che lei riuscisse a pronunciare la prima sillaba.

Beh, non aveva tutti i torti ma a quale delle sue “stupidaggini” si stava riferendo in quel momento?

Ebbe almeno il buongusto di arrossire, ammettendo la sua colpa che era innegabile, innegabile per qualsiasi cosa di cui l’avesse accusata, ma si sentiva stranamente propensa verso una certa via che comprendeva anche un libro arrivato direttamente dalla sezione proibita della biblioteca di Hogwarts assieme ad una visitina di Harry.

-          Lo sai che avresti potuto morire?

No, non stava parlando del libro, non ancora almeno.

-          Non sei tu che dovresti parlare di “poter morire” a me quando, bello tranquillo, te ne sei andato nella tana dei mangiamorte a salvare Nicholaa e il bambino, Devlin

-          Non tiriamo in ballo quella storia vecchia – lei alzò gli occhi al cielo, il ruolo del bambinetto saccente si addiceva alla perfezione a Malferret. E comunque non era proprio così vecchia…

-          Ma scusa, di cosa stai parlando? Io stavo solo dormendo, solamente sognando… - ci rifletté, in effetti aveva risposto d’impulso, di che pericolo di morte stava parlando?

Per tutta risposta l’altro sbuffò e scosse il capo come se parlare con lei fosse una causa persa.

-          Lo sai che hai rischiato di morire? È un bene se sei ancora viva, accidenti! – e si passò nervoso e agitato una mano tra i capelli, scompigliandoli; era un gesto ricorrente quando aveva la sua età anagrafica normale, ma ora pareva curiosamente fuori luogo

-          Perché? – quella domanda le uscì dalle labbra senza volerlo, avrebbe voluto frenarsi e riflettere di più su quanto aveva detto, ma… era come se la curiosità di sapere e anche di dare un senso a quel sogno senza significato fosse stata più forte della sua stessa volontà di non sapere.

Draco sospirò e chiuse gli occhi, come se tutto quello gli costasse uno sforzo enorme, poi la fissò e gli occhi argentati incatenarono i suoi per un istante che parve eterno

-          Granger – disse piano, quasi sottovoce – la pozione è scomparsa. Guardati le mani.

Preoccupata Hermione girò i palmi e li studiò, erano come li ricordava prima di essere vittima di quell’incidente in corridoio, uguali. Non piccoli e un po’ cicciotelli come quelli che aveva da bambina né le mani di un’adulta come quando diventava improvvisamente grande.

Poi i suoi occhi si posarono sulla serpe al suo fianco nella sua strana tenuta da quattordicenne.

E i conti non tornarono più.

Aveva studiato con Piton che l’effetto di una pozione dura un determinato periodo di tempo per ciascuna delle parti in cui essa viene divisa dunque perché Malfoy era ancora bambino? Lui aveva detto che la pozione aveva cessato il suo effetto ma era ancora un ragazzino, come mai?

-          Draco, perché te sei così?

Bella domanda.

-          Piton non sa rispondere: potrebbe essere che sono stato colpito da una scarica più forte o potrebbe essere che non scompaia mai più…

-          Ma è assurdo! – si ribellò sconcertata – ogni pozione è un tempo di azione limitato! – forse non sarà stata una cima di Pozioni come lui, ma anche lei aveva studiato quella maledetta materia e dunque, perché tutto non andava nel modo in cui non aveva studiato?

-          Devi tenere bene a mente due cose: - la rabbonì Draco – la prima è che la pozione che ci ha colpiti è un ibrido particolare e pericolosissimo che, però, difficilmente qualcun altro ha sperimentato e di cui, quindi, non si sa nulla né sugli effetti né sulle conseguenze, non si ha idea di che reazioni provochi tant’è vero che noi continuavamo a trasformarci in maniera assai sospetta, ricordi? – la ragazza annuì – e poi c’è da dire che potrei aver assimilato parte della pozione in me ed essere stato quindi riportato effettivamente indietro anagraficamente di qualche anno

-          Ma questo non va bene! Piton ha detto…

-          Granger, le Pozioni che studiamo a scuola sono delle cretinate di prim’ordine, quelle che usano i mangiamorte sono sconosciute, pericolose e, soprattutto, anomale. Non puoi basarti sulle leggi stupide che regolano tre intrugli banali quando hai a che fare con miscele di decine di ingredienti mescolati al milligrammo attraverso testi antichi che nessuno ha mai studiato, lo capisci anche tu quanto la cosa è stupida!

Come aveva ragione.

Eppure non andava per niente bene, andava, anzi, veramente malissimo.

 

Udì un colpo improvviso.

Voltò la testa e cercò di percepire da dove provenisse.

-          Che cos’era? – domandò al biondo

-          I lavori di ristrutturazione di Tassorosso – effettivamente il dormitorio degli Hufflepuff era proprio girato l’angolo, ma… si mettevano a fare lavori di riammodernamento mentre erano sotto attacco degli adepti di Voldemort? Silente doveva essere proprio molto fiducioso riguardo al futuro… - ad ogni modo… mi hai fatto molto preoccupare

Hermione se ne rendeva conto benissimo, ce l’aveva scritto in faccia che era rimasto in ansia tutto quel tempo, eppure… perché?

-          Perché? – eccola di nuovo la curiosità che prendeva il sopravvento, lui parve, invece, davvero molto seccato

-          Come perché, razza di scema?! Perché la pozione è strana e modificata e per farti tornare così come sei hai dovuto attingere alla tua fonte di energia personale e ci hai quasi rimesso la pelle!

-          Sul serio?

-          No, guarda, è stato tutto uno scherzo inventato da quel cretino di Weasley

La Gryffindor sbuffò, sempre a fare del sarcasmo fuori luogo…

-          Per piacere – quasi la implorò lui – se ti girasse mai di fare qualcos’altro del genere prima avvertimi così avrò anche il tempo di prepararti un adeguato funerale, non ci tengo mica a vederti morire qui davanti a me!

-          Sei simpaticissimo, guarda… - sibilò arrabbiata, non era certo il caso che facesse l’uccellaccio del malaugurio, ne avevano già tanta di iella che non le sembrava proprio il caso di tirarsene sulla testa più di quanta ne avessero, decisamente non era la situazione migliore.

-          Senti la santarellina! – sbuffò l’altro contrariato – vorrei proprio sapere, a proposito, cosa ci fa quel libro proibito sul pavimento dell’anticamera

Ops… se n’era accorto.

-          Lo sai che se te lo scoprivano Silente, la McGranitt o quella vecchia bisbetica (si riferiva alla Chips) tu e quell’idiota di Potter passavate dei casini?

-          Com’è che mentre stavo male sei tornato ad essere così scurrile?

-          Perché mi hai fatto perdere vent’anni di vita! Ma ti sembrano cose da fare?

-          Beh, mica l’ho fatto volutamente… ad ogni modo dov’è il libro?

-          Parliamo piuttosto del perché stavi leggendo quella roba?

-          No

-          Ti sei alzata col piede sbagliato, eh… - constatò borbottando come una pentola di fagioli

-          Non sono ancora scesa – lo rimbeccò a sua volta, poco incline al buonumore dopo essersi appena alzata ed essere stata riaccolta nel mondo dei vivi da una sfilza di insulti a lei, i suoi amici, le sue cose e le sue idee che avrebbe fatto concorrenza a quelli riservati a Colin Canon

Un alto colpo.

Accidenti, ma che razza di muratori avevano assunto?

Draco lanciò appena un’occhiata alla finestra e lo sguardo si fece severo.

Incominciò a parlare, ma la porta si aprì lasciando entrare il preside seguito dalla Chips e da Piton, due del gruppo avevano un’aria da funerale che avrebbe fatto invidia a Caronte, Silente era l’unico, invece, che pareva avere ancora qualche speranza sul futuro.

Un altro colpo.

-          Siamo contenti che si sia risvegliata, signorina Granger – la informò cordiale come sempre l’anziano mago – ci ha fatto prendere proprio un bello spavento

Sospettò che Piton avesse qualcosa da aggiungere a proposito della possibile dipartita di una grifondoro, ma anche il responsabile di serpeverde si trattenne dai commenti inutili e rimase a braccia incrociate dietro il retto, nella sua solita tonaca nera, grigia e verde.

La Chips invece era continuamente a scuotere la testa come se fosse stata una marionetta e, nel frattempo, posizionava le braccia sui fianchi e poi le lasciava cascare lungo i fianchi ogni volta che Silente cominciava nuovamente a parlare.

Sorrise alla piccola combriccola e si stupì che la McGranitt non fosse assieme a loro, strano, avrebbe giurato che anche lei fosse piuttosto preoccupata ma forse, con l’imminente attacco, era più occupata a prendersi cura della difesa dell’edificio che di una sua allieva che, ad ogni modo, si era perfettamente ristabilita.

 

Ancora un colpo.

Quei lavori erano l’ideale per un bel mal di testa fulminante a fine giornata.

Curioso che la Chips, così presa dai suoi pazienti, non avesse detto niente a proposito dello stress psicologico che provocava.

Girò un attimo la testa e un turbinio di gonne di velluto rosso e verde entrò dalla porta: la professoressa di Trasfigurazione, più che trafelata, aveva fatto irruzione nella camera con i capelli scarmigliati e gli occhiali di traverso sul naso, le guance un poco arrossate probabilmente da una corsa

-          Albus, stanno per entrare! – dichiarò con enfasi

 

Che qualcuno le dicesse che aveva sentito male.

Chi è che stava per entrare? Non i mangiamorte… non loro…

Guardò Malfoy, ma nei suoi occhi c’era solo la triste e ormai palese verità.

Merda.

Ok, non era da lei dire le parolacce anzi, fino a quel giorno si era limitata sempre allo stretto indispensabile, vale a dire il Principe degli Slytherin, però in quel momento ci calzava proprio a pennello.

-          D-dov’è Harry? – s’informò preoccupata?

-          Il signor Potter si sta preparando per lo scontro – dichiarò Silente cupo – non ci vorrà molto. Ora devo andare, tornerò tra qualche minuto

E i tre professori e la medimaga scomparvero di nuovo oltre la porta bianca.

 

Un’altra occhiata al viso infantile di Malfoy.

Una smorfia di rabbia e disgusto era dipinta sul suo bel volto candido: fin troppo facile scoprire per cos’era quel biasimo di se stesso, il non poter fare niente.

Lui non poteva combattere l’unica battaglia a cui avrebbe voluto prendere davvero parte.

Che cosa triste che tra loro due fosse stata proprio lei quella a riacquistare la sua età normale e lui quello costretto a non poter ancora usare la magia.

Ancora… già, forse non l’avrebbe mai più avuta perché la bacchetta di Draco rispondeva solo a lui quando era diciottenne, non quando aveva quattordici anni, anche se si trattava della stessa persona.

 

Allungò una mano per accarezzargli il volto ma gli occhi grigi si abbassarono.

Lo sguardo le cadde sui pugni delle mani, serrati lungo i fianchi fin quasi a farsi male: stava soffrendo, soffrendo davvero, come era facile capirlo in quel momento.

La cosa era ironica e grottesca allo stesso tempo, povero Draco, sapeva quanto ci teneva a partecipare a quello scontro.

Si era preoccupato per lei fino alla fine nonostante tutti quei pasticci per la testa e le aveva anche inventato una scusa a caso per farla rimanere tranquilla a letto, probabilmente sarebbe data in escandescenza non appena avesse aperto gli occhi e scoperto che la scuola era sotto assedio, non era capace di rimanere tranquilla, non quando si trattava di questioni così gravi ed importanti e lì c’era di mezzo molto più che una questione importante, lo sapeva bene, era stato lo stesso Draco a confidarglielo quando le aveva narrato per la prima volta la storia delle Reliquie della Morte.

Era stata una stupida e un’ingenua a credere, anche solo per un momento, che tutto potesse sistemarsi e lei e la serpe fare una comune vita da fidanzati, non avrebbe neppure dovuto attraversarle l’anticamera del cervello una simile riflessione.

Ma l’aveva fatto e, come tutte le volte che si era illusa, ne soffriva le conseguenze e il dolore di comprendere quanto quell’idea era futile.

Doveva farcela, adesso come non mai, doveva alzarsi su quelle gambe e combattere come non era mai stata in grado di fare.

Non si trattava di fronteggiare solo Bellatrix e gli altri mangiamorte, si trattava di eliminare per sempre le paure, quelle stesse che si erano dissolte nel suo sogno; adesso sapeva di esserne capace, se si fosse impegnata ce l’avrebbe fatta, DOVEVA farcela.

Anche per lui.

 

Allungò di nuovo un braccio, voleva almeno scompigliargli i capelli come si fa con i fratellini, voleva ancora sapere che consistenza avevano e accarezzargli il viso, voleva prendergli le mani e confortarlo come si fa con un bambino, ma sapeva che non gliel’avrebbe permesso, così si limitò a tentare di avvicinarsi alla chioma chiara.

-          Ferma! – urlò la Chips dalla porta correndo verso di loro e affrettandosi a scostare di peso il ragazzino che aveva davanti.

Dopo di lei entrò Silente che sospirò drammaticamente, come se si fosse aspettato con la massima probabilità una cosa del genere.

La medimaga, pilotando per le spalle Malfoy, lo condusse fuori della porta e la chiuse dietro di sé, il preside, invece, si avvicinò con passo cadenzato levandosi il berretto a punta; aveva lo sguardo teso ma era normale, come nascondere l’ansia, la paura e la preoccupazione di una situazione analoga? E per di più sapeva che c’erano stati anche studenti che avevano scelto di rimanere a scuola solo per combattere contro Bellatrix e co, doveva essere difficile portare sulle spalle una responsabilità del genere…

Si sedette su una delle sedie della corsia e guardò il viso un po’ ingrigito di quella che, in tempi migliori, era stata la migliore studentessa di Hogwarts, adesso, invece, era stesa su un letto e anche quella era una sua colpa.

-          Signorina Granger non deve assolutamente toccare il signor Malfoy – le disse serio il preside fissandola con gli occhi celesti da oltre le lenti a mezzaluna.

-          Come mai? Non posso neppure salutarlo? Devo andare di sotto anche io, devo fare qualcosa

-          Immaginavo l’avrebbe detto. – le confermò l’anziano stregone accarezzandosi la lunga barba bianca – ma badi bene a quello che sto per dirle, signorina Granger: non deve assolutamente toccare il signor Malfoy, le vostre situazioni d’età sono ancora troppo instabili. Se lei dovesse mai venire in contatto con lui, e si prega che questo non avvenga, ci sarebbe uno scambio della magia reciproca che avete ancora in corpo, in particolare quella residua del signor Malfoy, che sta lottando contro il tempo, cercherà di assorbire energia da lei per compensare lo squilibrio d’età e poter tornare a quella originale. E se lei perdesse ancora un po’ della sua non siamo in grado di dire cosa le accadrebbe, ne ha già persa troppa.

-          Come… come con il sangue? – chiese intimorita ricordando gli esempi che le facevano i suoi genitori

-          Pressappoco, morirebbe per mancanza di magia, gli esseri magici come noi non possono assolutamente vivere senza.

-          Capisco – ammise, in effetti era una prospettiva terribile – professore – chiese poi lei – cosa ne sarò di Malfoy?

-          Manderò Draco a Grimmauld Place, esiste ancora l’Incanto Fidelio su quella casa e il Salvio Hexia che ho fatto io stesso come sede dell’Ordine ella Fenice, i mangiamorte non lo troveranno facilmente

-          Chi è questa volta il depositario dell’incantesimo? – s’informò poi scettica temendo che si trattasse di nuovo di uno come Peter Minus

-          Oh, una persona di cui mi fido ciecamente, il suo nome è Mana Tatsumiya, ma non credo che lei la conosca…

-          In effetti no – ammise lei riflettendo su quel nome – è una Auror? – Silente rise

-          No

-          Ah…

-          Beh, adesso credo che sia venuto il mio momento di intervenire… stia attenta signorina Granger, non faccia pazzie, mi raccomando. Vuole promettermelo?

E le allungò una mano.

Lei tese la sua per suggellare il patto, poi la ritrasse e, sorridendogli dolcemente, scosse la testa

-          Non posso, se necessario so che la farei

-          Una sua degna risposta – confermò il preside rinfilandosi la mano in tasca – stia bene, signorina Granger, se ci sarà necessità la manderò a chiamare anche se è ancora convalescente ma credo che fino a sera dovremmo riuscire a cavarcela.

-          Sia prudente anche lei, professore

 

*          *          *

 

Spazio autrice: eccomi tornata!

Scusate per il ritardo, non sto a spiegarvi tutte le mille e una cose che mi sono capitate mentre stendevo questo capitolo perché probabilmente mi prendereste per pazza (e un po’ già lo sono), ma vi dico solo che metterlo giù è stata davvero una bella fatica, meno male che ce l’ho fatta.

Io mi auguro che vi sia piaciuto anche se è piuttosto cervellotico, soprattutto all’inizio quando si parla dello stravagante sogno di Hermione, ma credo che ci volesse un capitolo dove si parlava delle paure della nostra protagonista soprattutto perché quelle di Draco le ho analizzate e rianalizzate un sacco di volte mentre di lei dicevo sempre che era una tipa un po’ solitaria ma poco più.

Scusate tanto anche per la mancanza di ringraziamenti dell’altra volta, sono davvero un’autrice imperdonabile se trascuro in questo modo i miei lettori ma sfortunatamente neppure i miei professori mi trascurano così tanto… >_>

Bene, passo a ringraziarvi uno per uno e vorrei fare lo stesso anche con tutti quelli che seguono la mia storia anche senza recensire, grazie davvero di cuore!

Nyssa

 

Fragola1991: ciao e grazie mille per i complimenti! Sono molto felice delle tue parole e anche che la mia avventura ambientata in Harry Potter (piuttosto alternativo in verità) ti piaccia, è bello sapere di non aver composto un’autentica schifezza ^^

Per quanto riguarda le Relazioni confermo, ci sarà un seguito ma bisognerà aspettare perché ultimamente sono piuttosto impegnata e anche buttare giù i cappy di questa fic è difficile, se poi mi metto anche a produrne un’altra l’esame dovrei proprio cancellarlo (magari…).

Ad ogni modo spero che la storia non deluda le tue aspettative e spero che non lo faccia neppure questa!

Anche tu hai dato fiducia ad una autrice superimpegnata quindi ti ringrazio, aspetto di sapere che cosa mi dirai di questo cervellotico ventiduesimo capitolo, ciao e a presto, Nyssa

 

Shavanna: ciao carissima! Sfortunatamente la scuola mi sta massacrando e quindi anche scrivere i capitoli è un’impresa disperata, un po’ perché manca il tempo e un po’ perché ho mille pensieri per la testa…

Ad ogni modo, anche se più lentamente, vado avanti e spero che lo svolgimento della storia continui a piacerti, sono proprio curiosa di sapere cosa mi dirai di questo capitolo!

In effetti Pansy ha un ruolo piuttosto anomalo in questa storia, in genere non la metto mai tra i protagonisti principali perché non riesco a gestirla come si deve e, originariamente, l’autore della bomba doveva essere Blaise, ma poi mi sono interrogata se uno come Zabini avrebbe davvero fatto una cosa del genere e la risposta è stata no. Penso che neppure Draco riuscirebbe a far del male al suo migliore amico quindi ho dovuto spostare l’attenzione su qualche altro personaggio e con la storia di Nicholaa è arrivata anche Pansy.

Dimmi cosa pensi di questo cappy 22, sono molto curiosa, ciao e un bacio! Nyssa

 

Herm83: assenza tu? Beh, siamo in due perché lo sono anche io e sfortunatamente per lo stesso motivo: scuola.

Già già, finalmente quei due hanno coronato un pezzetto del loro sogno d’amore con la A maiuscola, anche se, come si svela in questo cappy, la strada sarà ancora abbastanza pericolosa per arrivare alla fine.

Spero che ti piaccia anche il mio nuovo aggiornamento e aspetto una tua recensione, ciao e a presto! Un bacio, Nyssa

 

Falalula: lo so, con tutto quello che è successo anche io tendevo a dimenticarmi da dove era nata tutta la faccenda del cambio d’età, ma prima o poi doveva saltare fuori, non credo che sarei riuscita a terminare la storia senza dire chi era l’effettivo colpevole.

Blaise un mio pallino? Nooooo, ma cosa vai a pensare =P

In realtà è un personaggio che adoro e ad un modo o all’altro deve sempre avere un ruolo più o meno centrale nella storia anche se, generalmente, quello che gli calza meglio è l’abito da “migliore amico”, una rappresentazione perfetta. Per quanto riguarda la famiglia, invece, mi piace cambiare, trovo che sia un personaggio molto duttile.

La sorellina di Blaise che somiglia a Aisley? Beh, potrei farci un pensiero, chissà, magari… ma non svelo nulla per il momento, non ho inquadrato molto le idee su di lei e non so neppure se farà un’apparizione.

Spero che questo cappy ti piaccia, aspetto di sapere! Ciao e a presto, Nyssa

 

Giuliabaron: precisamente! Sei molto perspicace, io per esempio non ci sarei mai arrivata, ad ogni modo sta succedendo qualcosa e in questo capitolo 22 si scopre anche che cosa.

Mi auguro che ti piaccia, aspetto di sapere! Ciao e un kiss, Nyssa

 

Luana1985: credimi, se tu sei felice lo sono anche io perché per ogni capitolo che posto si avvicina sempre di più la fine e quindi la meritata pace per studiare con calma, anche se credo che mi dispiacerà molto smettere di scrivere per un mesetto, immagino che sarà terribile ma non posso assolutamente farne a meno.

Draco fa sempre il duro, ma sotto sotto è uno di quelli che tiene molto ai dettagli e si fa toccare dalle piccole e semplici cose, esattamente come è stato x Hermione: aveva diecimila belle ragazze e ha scelto l’unica conquista difficile ^^

Spero che ti piaccia anche il nuovo post, aspetto di sapere! Un bacio, Nyssa

 

Vavva: in effetti il confronti Draco Blaise lo infilo sempre in ogni fic perché sono due serpi particolari e diversissime ma, secondo me, ottimi amici ed è per questo (oltre per il fatto che Blaise mi piace molto) che compare sempre.

Sono d’accordo con te, secondo me la zia Row avrebbe dovuto dargli più spazio, soprattutto da quando Draco ha avuto le sue crisi nel sesto e settimo libro, invece nisba, pare che non ci siano serpi oltre a Malfoy.

Confermo, il seguito delle relazioni non può comparire prima perché sennò farei davvero tempi biblici con gli aggiornamenti e verrebbe un’autentica schifezza, poi con l’esame credo di essere sufficientemente sotto pressino senza la scadenza settimanale delle fic

In compenso la storia la sto buttando giù quindi animo!

Intanto spero che ti piaccia anche questo nuovo aggiornamento, un bacione! Nyssa

 

Lord Martiya: beh, sono felice di aver scritto qualcosa che non ti aspettavi, soprattutto perché in genere riesci a prevedere quasi tutti gli sviluppi delle mie storie, invece qui mi gongolo un po’ della mia completa pazzia di autrice per aver sorpreso un lettore come te!

Ammetto che all’inizio l’artefice del fattaccio doveva essere stato Blaise, ma poi ho riflettuto e non credo che sarebbe riuscito a fare una cosa tanto crudele a Draco e non credo che Malfoy sarebbe stato da meno.

Così ho dovuto cercare qualcun altro ed ecco pronta Pansy.

Hai visto chi è arrivata? Alla fine anche lei ha fatto la sua comparsa, la carissima Mana! Spero che il capitolo ti piaccia, aspetto di sapere! Ciao e a presto, Nyssa

 

Potterina_88: non preoccuparti per il ritardo, capita a tutti e io stessa sono la prima a postare con giorni e giorni di ritardo rispetto alla tabella di marcia…

Sono successe molte cose: Herm e Draco hanno fatto quel che dovevano (finalmente, pure io non potevo più aspettare), si scopre chi è l’artefice della pozione cambia età, viene rivelato completamente il passato di Blaise e le motivazioni di Pansy e viene alla luce la paura profonda e insanabile di Herm.

A questo punto penserai che io sia pronta per il manicomio e, in effetti, ogni tanto sono molto preoccupata da me stessa.

Pansy in questa storia è molto meno crudele che nelle relazioni, qui ha una motivazione fortissima e non è una mangiamorte spietata per scelta, anche se, nella maggior parte dei casi, tutti i mangiamorte protagonisti delle mie storie non lo sono per scelta… (Nicholaa, Lynwood, Draco, Pansy, Blaise…).

Zabini è il mio idolo e quindi era impensabile che non ritagliassi un francobollo anche per lui, lo adoro anche se in questa storia è uscito molto diverso dalla precedente.

Eppoi mi piace da matti parlare di amicizia, adoro descrivere Draco e Blaise insieme e mi piace il loro confronto perché sono diversissimi eppure amici e si capiscono con un’occhiata.

Spero che ti piaccia anche questo ventiduesimo capitolo, ciao e a presto! Un bacio, Nyssa

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** Absolute right ***


Dopo che Silente fu uscito dalla stanza Hermione tornò a sdraiarsi sulle coperte bianche e guardò il soffitto immacolato

Dopo che Silente fu uscito dalla stanza Hermione tornò a sdraiarsi sulle coperte bianche e guardò il soffitto immacolato.

Se non altro c’erano due aspetti positivi della questione, se così si potevano definire: il primo era che le avrebbero permesso di combattere anche in quelle condizioni, era già qualcosa visto che, se la situazione fosse stata diversa, né il preside né Malferret avrebbero acconsentito a lasciarle tenere una bacchetta in mano in uno scontro con i mangiamorte; l’altro fattore su cui avere fiducia era Draco.

Si sentiva terribilmente in colpa nei suoi confronti, ma se non altro non sarebbe dovuto rimanere a scuola a farsi ammazzare, era una fortuna che, come ultimo Black, Grimmauld Place fosse ancora un rifugio per lui, di sicuro avrebbe potuto impiegare il tempo solitario mentre lo cercavano a chiacchierare con la matrigna di Sirius. Sapeva che Draco provava un’avversione tutta particolare per Walburga prima ancora di venire a conoscenza di ciò a cui aveva condannato i figli di suo marito: Sirius, Honor e Georgiana.

Ricordava la prima volta che era stata in quel luogo, a prima vista avrebbe creduto che fosse abbandonato e il viale d’ingresso sovrastato dalla scritta in ferro battuto “La molto antica e sempre rispettata casata dei Black” incuteva un certo timore, soprattutto ad una sporca mezzosangue quale innegabilmente era.

Con un po’ di ristrutturazione sicuramente sarebbe diventato un posto più abitabile, per prima cosa avrebbe tolto l’oscena tappezzeria a fiori dalla scala, la detestava con tutto il suo cuore e anche la fantasia vistosa a gigli fiorenti che adornava la camera principale.

Ovviamente non aveva neppure scordato i non poco velati insulti che la purosangue madre di Sirius le aveva lanciato ogni volta che aveva attraversato il corridoio. Anche il quadro avrebbe fatto la fine della tappezzeria, bruciati entrambi nel bellissimo camino di marmo bianco e granato che stava nel soggiorno. Le poltrone, poi, erano la cosa più comoda che avesse mai provato, quante volte vi si era accoccolata per leggere qualche tomo prima di andare a dormire, finendo immancabilmente per addormentarvisi, cullata dalle dolci pieghe di velluto rosa e verde che l’avvolgevano come le braccia materne? Non lo ricordava con precisione, ma erano state senza dubbio moltissime e altrettante erano le costernate espressioni di Ron e Harry quando, al mattino, la scoprivano lì appisolata e notavano il titolo del libro che le era caduto di mano, qualcosa come “Storia delle rivolte dei troll. Volume 7”.

Chissà come doveva essere, però, vivere davvero tra quelle mura antiche, non essere sola di fronte al camino e condividere la stanza al piano di sopra con qualcuno, non rimanersene nel grande letto a baldacchino a fissare la seta delle cortine o la grande specchiera ornata di trine e pizzi che stava nell’angolo.

Quella casa era il suo sogno proibito.

E con ogni probabilità anche la figura che si stava formando accanto a lei nella poltrona o al tavolo della sala da pranzo o… sì, anche nella camera da letto.

Ma che cosa diceva?

Doveva essere impazzita. Con ogni probabilità non sarebbe uscita viva da quella battaglia e sognava di futuri rosei e amore.

Eppure… c’era un sottile filo, c’era un’idea che si stava formando nella sua mente, qualcosa che non avrebbe dovuto fare e neppure pensare.

 

Non era mai stata una persona avventata e raramente si era lasciata trasportare da una speranza inesistente, forte del fatto che, se non ci si aspetta nulla, non si potrà rimanere delusi.

Era una filosofia non giudicabile, come la storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.

Per quanto la riguarda, bisognava cercare un modo di riempirlo di nuovo perché non lo era, questo era ciò che contava.

Per questo si stupiva di se stessa quando faceva qualcosa che non avrebbe mai pensato di fare; non aveva mai agito seguendo un pensiero appena passato per la mente, questo era quello che la rendeva diversa dalla Hermione Granger che era stata fino ad allora, compiva il suo dovere, faceva ciò che c’era da fare e non aveva futuro. Almeno, qualunque cosa sarebbe successa sarebbe andata bene.

Poi però tutto si era rivoltato e, ritrovandosi in una situazione anomala aveva scoperto che quel vivere non le piaceva e c’era qualcosa che davvero voleva fare, lo dimostravano tutti i piccoli ricatti che aveva fatto a Malfoy, lo dimostravano tutte le confessioni fin troppo spontanee che gli aveva fatto e anche quei maledetti sorrisi riconoscenti che le scappavano ogni volta che lui la consolava o la incoraggiava o le dava della stupida per una follia.

Una follia che, con ogni probabilità, aveva fatto solo per sentirsi dire che non avrebbe dovuto. Però non c’era biasimo nella voce della serpe perché era il primo ad aver compiuto la sciocchezza più grande del mondo ed anche la più saggia, quella che, con ogni probabilità, aveva salvato la loro pelle per qualche mese in più, condannandolo, tuttavia, ad un periodo assai gramo.

Quante voleva aveva sofferto la maledizione dell’Inferno? Lei l’aveva vista due volte, ma quante, per davvero, ce n’erano nell’oscuro passato di uno come lui, tenuto sigillato ermeticamente?

Aveva fiducia adesso nel mondo e nei suoi amici, per questo aveva paura.

Generalmente rimaneva calma e tranquilla e rare erano le situazioni in cui si agitava, ma… c’era qualcosa di nuovo dentro di lei, in quel momento ed è ciò che viene chiamato paura.

Quando non si ha niente da perdere non si può avere paura e si vergognava di se stessa che, per tanti anni, non l’aveva capito e non se n’era accorta.

Aveva pianto quando la nonna era morta e le mancava tremendamente, eppure, prima di quel triste giorno, aveva sempre creduto che le cose non sarebbero cambiate mai, non aveva mai pensato di poterla perdere e di non averla vicina.

Dava per scontato che Harry, prima o poi, si sarebbe fatto ammazzare, era cosa risaputa che i guai se li andasse a cercare, ma adesso era diverso, anche se quella era la pura e semplice verità non voleva che Harry la lasciasse, tantomeno Draco.

Non aveva avuto paura al primo anno, quando il troll di montagna era arrivato a scuola e l’aveva sorpresa nel bagno delle ragazze e non ne aveva avuto neppure quando aveva saputo che per le tubature della scuola girava un basilisco, ma aveva valutato attentamente la situazione munendosi di specchietto e appunti. Era stata pietrificata, ma era ancora viva.

Anche quando c’era stato il torneo TreMaghi aveva corso dei rischi, ma sapeva che difficilmente Silente l’avrebbe lasciata morire sul fondo del lago Nero, eppoi Viktor voleva vincere perché ci era abituato, avrebbe tentato tutto il possibile.

Tanti ricordi terribili affollavano la sua mente, ma in quel momento uno solo era segno di attenzione ed era quando aveva salvato Sirius e l’ippogrifo da morte certa.

 

Rigirò la Giratempo tra le mani e percorse col dito il contorno cesellato e uno dei quattro cerchi concentrici che racchiudevano il cuore di quell’oggetto; a nessuno era consentito sfilarglielo dal collo se non fosse stata lei stessa a levarselo, era una condizione che aveva posto il preside quando, dal quarto anno, aveva continuato a tenerla senza usarla.

Non l’aveva più adoperata da allora, ma era rimasta sempre con lei, come un talismano portafortuna.

 

*          *          *

 

Qualcuno bussò piano alla porta e lei si svegliò di scatto, udì un suono violento provenire da sotto, con ogni probabilità i mangiamorte stavano ancora tentando di oltrepassare le difese dei professori, ma, dato che qualcuno era venuto a cercarla, le avrebbero abbattute molto presto.

 

Draco varcò per primo la soglia seguito dalla McGranitt nell’abito di velluto rosso e verde che le aveva visto anche quel pomeriggio. La donna teneva le mani rigidamente composte nel grembo e la guardava, vide brillare la stanghetta degli occhiali.

-          Signorina Granger – disse piano la prof di Trasfigurazione – è ora che io accompagni il signor Malfoy. So che Silente mi ha detto di non farvi più incontrare fino alla fine della battaglia, ma credevo che fosse buona cosa che vi salutaste

Doveva essere ammattita del tutto, oppure era un altro dei sogni balordi che le procurava qualche allucinazione, la Chips doveva averla senz’altro drogata.

Non ricordava che mai, neppure una volta, Minerva McGranitt avesse trascurato un ordine che veniva direttamente dal suo unico superiore: Albus Silente.

Perché lo faceva?

 

La donna scambiò un’occhiata con il ragazzino e lo mandò avanti, vicino al letto.

La prof si sistemò dall’altro capo e le aggiustò i cuscini dietro la testa, Draco si sedette sulla branda affianco, facendo attenzione a rimanere il più distante possibile, ma, allo stesso tempo, vicino a lei quanto più poteva.

 

Aveva paura, ma non si sarebbe tirata indietro.

Adesso sapeva cosa era davvero giusto fare, al di là che lo fosse per tutti o per nessuno: lo era per lei. Ragionava con la sua testa, non più in termini di bene generico come era uso pensare.

Stava per fare la follia più grande dell’universo, ma lo faceva perché la persona a lei più cara potesse avere un futuro sereno. Una come lei, che al futuro non aveva mai pensato, che si sarebbe accontentata di una miseria, non poteva continuare: c’era una persona, forse anche una sola, più meritevole di lei.

E che aveva il diritto di un futuro quando non c’era stato passato.

Eccolo lì quel qualcuno.

Sapeva cosa doveva fare.

Aveva paura, ma lo avrebbe fatto lo stesso.

Se poi Qualcuno avesse deciso di aiutarla, beh, tanto meglio, forse il futuro ci sarebbe stato anche per lei.

La nonna le diceva sempre che era giusto credere ai miracoli, ma era sbagliato contarci su.

Non si aspettava niente, voleva solo dare un futuro a lui.

Si sporse velocemente dal letto e, con un movimento repentino, afferrò le mani del ragazzo biondo seduto incautamente sul bordo. Non gli avrebbe dato la possibilità di parlare, così non si sarebbe sentita in colpa e non avrebbe avuto ripensamenti.

 

Coi suoi soliti riflessi pronti, Draco si spostò all’ultimo momento, ma, facendo uno sforzo, lei riuscì ad afferrargli la mano sinistra e la strinse con tutte le dita, chiuse gli occhi.

 

Udì vagamente delle urla e le immagini confuse di colori in movimento, come nel film di Pocahontas, sentì tremare le mani di Draco tra le sue e avvertì come una scarica che si aggirava irrequieta per il suo corpo.

Sapeva di che cosa si trattava, era la magia, quella che le permetteva di fare incantesimi e di richiamare formule, di preparare pozioni e di stare a Hogwarts.

Quella che le aveva permesso di essere FELICE.

 

Chiuse gli occhi e si lasciò andare all’indietro percependo le forze venirle meno.

L’ultima cosa che vide fu il viso diciottenne di Malfoy che, costernato e infuriato, rimaneva impassibile accanto a lei, incredulo di essere tornato adulto, ma più che cosciente di quello che ciò aveva rappresentato per lei.

 

*          *          *

 

Non se l’era aspettato, maledetta stupida, che decidesse di fare qualcosa di così folle.

Le aveva detto di non compiere pazzie e credeva che, vista la sua natura riflessiva e ragionevole, una simile ipotesi non sarebbe mai stata presa in considerazione, ma erano cambiati troppo, tutti e due, durante quel periodo passato insieme a Londra e adesso che c’era bisogno, quel qualcosa che apprezzava da matti, la sua strampalata irruenza, si rivelava la peggiore arma che lei avesse tra le mani per farsi del male e per farne a lui.

 

Alzò gli occhi costernati su quelli ancor più orripilati della McGranitt che aveva seguito il tutto gridando come un’aquila.

Povera donna, sapeva che l’aveva fatto per loro, ma come lo giustificava, adesso, un fatto simile con Silente? Era la prima volta che riusciva a provare della simpatia nei suoi confronti e anche del rammarico: si sentiva in colpa.

Non aveva potuto intervenire perché, se li avesse toccati, in quel momento anche la sua energia magica sarebbe stata risucchiata dalla pozione.

 

Hermione giaceva, come addormentata, tra le lenzuola bianche del letto, ma sapeva fin troppo bene che no stava dormendo.

 

E una lacrima furtiva gli scivolò traditrice per la guancia.

Quanti cadaveri aveva visto? Tantissimi, purtroppo, per avere solo diciotto anni, ma… nessuno l’aveva colpito tanto quanto quello di lei.

Tutti quelli che riusciva a ricordare erano un macabro spettacolo, un tripudio di sguardi sbarrati e sangue, di pelle e carne che pareva ancora viva.

Lei, invece, aveva le mani intrecciate e pareva la Bella Addormentata nel Bosco. Quanto avrebbe voluto risvegliarla con un bacio, quanto lo sperava, ma… la realtà era diversa dalla fiaba zuccherina che si racconta ai fanciulli e né lui né la mezzosangue lo erano più, sfortunatamente da parecchio.

Uno di loro due non lo era mai stato, ma non seppe rispondere chi.

Erano ormai troppo adulti, non nel corpo ma nello spirito, per credere che quel gesto apparentemente casuale fosse stato davvero un incidente.

Quanto ci aveva pensato quella ragazza degenere? Per quanto tempo quell’idea malsana aveva fatto spazio tra gli altri suoi pensieri?

 

Probabilmente un po’ troppo se era addirittura arrivata a metterla in pratica a costo della sua vita.

E Silente glielo aveva pure detto! Ma sì che lei le regole le rispettava solo quando le girava…

Si sentiva in colpa, terribilmente in colpa perché sapeva che l’aveva fatto per lui, perché lui potesse combattere.

L’aveva fatto per non vedergli quell’aria patita e impotente sulla faccia e perché era a conoscenza di quanto lui desiderasse prendere parte a quello scontro.

Quanto era stato pazzo, anche lui, a parlargliene?

Si sarebbe tagliato una mano pur di cancellare quelle parole, pur di sopprimere quel dolore.

Lei, per cui aveva fatto le cose più assurde e stupide del mondo, non c’era più.

E l’aveva scelto da sola.

Ancora una volta si era comportata come se fosse stato l’unico essere sulla terra.

Ma ora la comprendeva, piccola e sciocca mezzosangue: per troppo tempo era rimasta sola al mondo per curarsi di qualcuno accanto a lei, per troppi anni aveva dovuto badare a se stessa senza sostegni e, si sa, le cattive abitudini sono dure a morire tanto che neppure San Potter, alla fine della storia, era riuscito a cancellargliele del tutto.

Sapeva badare a se stessa e sapeva badare agli altri, ma non considerava necessario che qualcuno badasse a lei.

Probabilmente, al primo anno, se Potty e Lenticchia non fossero arrivati, se la sarebbe cavata ugualmente quando quel troll era arrivato a scuola.

E, tanto per cambiare, al secondo anno, quando il basilisco faceva le sue passeggiatine serali, mentre i suoi amici erano a scervellarsi nelle punizioni, lei aveva già capito di che cosa si trattava, come si spostava, quali erano gli effetti del suo sguardo.

Che cosa avrebbe detto di sé, la piccola mezzosangue, se si fosse potuta vedere allo specchio in quel momento?

Ricordava l’espressione che aveva quando era stata pietrificata, ma… non c’era né paura né terrore nei suoi occhi.

Adesso, l’unica cosa che riusciva a sentire di lei era la fiducia.

Stupida, stupida e ancora stupida!

 

Se l’aveva fatto per lui l’avrebbe ammazzata.

Poteva minimamente capire il dolore che gli stava causando?

Non esisteva Marchio Nero né fuoco dell’inferno che lo consumasse più di quel senso di colpa, più di quella frustrazione.

Non c’era vendetta che lo rodesse tanto quanto il non essere stato in grado di allontanarsi.

E adesso non gli restava che affrontare tutto quello.

Come poteva, però, battersi in uno scontro se la sua testa stava altrove e se i suoi pensieri erano tutti per lei?

 

La professoressa McGranitt gli posò una mano insicura sulla spalla.

Gli occhi azzurri erano bassi e leggermente umidi, il viso sconvolto in una maschera di tristezza.

-          Vada, signor Malfoy, non c’è tempo per queste cose. Non più, ormai.

Alzò lo sguardo su di lei e annuì, tristemente. Era l’unica cosa che potesse fare.

-          Professoressa, che devo dire agli altri? – un sospiro uscì dalle labbra di lei che scosse il capo

-          Silente capirà. Gli altri lo sapranno a tempo debito. Vada, rimarrò io a vegliare su di lei per un poco

 

Un’ondata di rabbia lo assalì, odio feroce e bruciante contro quella setta di pazzi che erano stati alla causa della prematura scomparsa dell’unico essere che, per quanto lo riguardava, avrebbe dovuto vivere in eterno.

Si appuntò il mantello nero sulle spalle, prese la bacchetta e, lanciandosi appena un’occhiata dietro, chiuse la porta.

 

*          *          *

 

Un drappello di persone proveniente da Serpeverde, da Corvonero, da Tassorosso e dal Grifondoro era riunito fuori dell’infermeria con le bacchette in pugno e gli occhi lucidi.

Loro non potevano sapere, piangevano per altri motivi, avevano paura, autentico terrore, ma niente che avesse a che vedere con i sentimenti che, invece, infuriavano dentro di lui.

 

Harry Potter si alzò per primo dalla panca sulla quale era seduto, lo sguardo era vagamente sorpreso

-          Ci avevano detto di aspettare che uscisse Hermione – informò domandandogli con gli occhi perché, invece, fosse uscito Malferret – dovevamo scendere tutti insieme – aggiunse titubante

Draco prese un respiro.

-          Seguirete me, è un ordine della McGranitt – mentì e non aspettò che gli altri chiedessero o facessero altre domande, non attese di sentire i loro passi dietro la sua schiena, ma partì a rotta di collo per il corridoio facendo svolazzare artisticamente il mantello scuro dietro di sé in un incedere signorile e quantomai deciso.

 

I corridoi sembravano silenziosi come non ricordava lo fossero mai stati, la notte di Hogwarts è popolata di versi sinistri, cigolii e lamenti spiritati, ora invece tutto taceva.

Passò di fronte alla porta aperta della cucina dove un gruppo consistente di elfi domestici, capeggiati da quel traditore di Dobby, erano posizionati brandendo pentole, padelle e scolapasta come elmi.

Dobby lo guardò negli occhi

-          Dalla cucina non passerà nessuno – disse come se stesse parlando al suo signore – Dobby e gli altri difenderemo Hogwarts!

Un coro da stadio si levò dal raduno di servitù mentre spiedi e forchettoni si sollevavano in segno di appoggio, su ciascuna delle cenciose federe che indossavano gli elfi erano appuntate le spille che Hermione aveva fatto fare anni addietro per i suoi amici e che recitavano C.R.E.P.A.

Un significato discutibile si poteva leggere con quelle lettere, ma non era il caso di mettersi a fare filosofia degli acronimi, soprattutto se l’acronimo in questione era stato creato da una Hermione che ormai giaceva immobile su in infermeria.

Harry Potter lo raggiunse

-          Sostituisci tu Herm? – gli domandò mettendogli una mano sulla spalla, fermandolo e guardandolo fisso con gli occhi smeraldo

Un accenno

-          Da che parte stai? – chiese ancora

-          Dalla mia

Era di gran lunga la risposta più soddisfacente che potesse aspettarsi da uno come il Principe degli Slytherin.

 

Proseguirono ancora e, al termine del corridoio, una coppia di ragazzi presidiava la porta, le bacchette in pugno; a differenza degli altri, Pansy e Blaise stavano ghignando come se non aspettassero altro dalla vita.

Forse era così, non aspettavano altro che liberarsi del passato e vivere come avevano scelto e quello era il loro primo passo nel mondo.

-          Ce ne avete messo di tempo – frecciò Zabini guardando Malfoy camminare come un dannato

Aggregandosi al gruppetto, anche i due serpeverde proseguirono.

Hogwarts pareva molto più grande e sembrava che ci volessero chilometri prima di raggiungere la Sala Grande, ma alla fine, oltre il lungo corridoio, comparve la gigantesca porta di legno e metallo che introduceva nella stanza principale e da sotto, una piccola fessura proiettava sul pavimento di pietra uno spiraglio luminoso: con ogni probabilità avevano già cominciato a combattere, infatti, prestando attenzione, si poteva udire il rombo degli schiatesimi e le grida delle persone coinvolte nello scontro.

Si fermò un attimo e osservò il tutto, stava per cominciare la sua vendetta.

Silente gli aveva detto che, per proseguire, i mangiamorte avrebbero dovuto sconfiggere tutte le persone presenti in una stanza, quindi la maggior parte del combattimento si sarebbe svolto in Sala Grande dove era raccolta la maggioranza di coloro che avevano scelto di restare.

In quel momento, però, potevano essere diecimila contro uno che avrebbe voluto ucciderli tutti; adesso capiva perché Auror e consorti, figli e maghi fossero sempre in lacrime, quanti erano scomparsi per mano più o meno diretta dei mangiamorte? Quanti si erano sacrificati per la salvezza delle loro famiglie?

Dietro di lui, affianco a Harry Potter, riconobbe la figura di Neville Paciock: i suoi genitori erano stati torturati alla follia da Bellatrix e Rodolphus, ma avevano preferito soffrire come cani piuttosto che rivelare i segreti degli Auror.

E James e Lily Potter? Loro si erano entrambi sacrificati per quel bambino.

Era vero, l’avevano condannato ad un’esistenza orribile, schiavizzato da quella famiglia di babbani, eppoi perseguitato da Voldemort e compagnia per tutto il tempo che era rimasto a scuola, ma… non sapeva dire se sarebbe stato meglio morire subito o continuare, come lui, a camminare dritto e a testa alta.

C’erano persone, tra loro, che poco avevano a che spartire con gli adepti del Lord Oscuro, ma che avevano scelto quella battaglia per le persone che avevano care, come Blaise, eppoi c’erano altri che, invece, avevano deliberatamente scelto di tradire la setta e schierarsi con Silente e l’Ordine della Fenice, erano lui e Pansy.

Gli angeli caduti.

Tra tutti, probabilmente, erano quelli che si sarebbero fatti meno problemi a lanciare un’Avada Kedavra, un po’ perché l’avevano visto fare fin dalla culla e un po’ perché avevano molto da perdere o molto per cui combattere.

Se la battaglia fosse andata male, Pansy sarebbe morta, ma lo avrebbe fatto con la consapevolezza che i suoi genitori e, soprattutto, sua madre Nicolaa, sarebbero stati torturati fino alla pazzia dagli altri seguaci per l’alto tradimento di cui si erano macchiati.

E se i Paciock erano sopravvissuti, seppur ricoverati al San Mungo, di sicuro la bionda ultima Black non sarebbe stata altrettanto fortunata.

Lui ormai non aveva molto da perdere: se fosse morto avrebbe dovuto solo pregare che i mangiamorte non prendessero Hogwarts, in modo che la Elder Wand non venisse usata per spegnere l’incendio eterno che aveva lanciato su Malfoy Manor.

Ma se morire rappresentava un modo per raggiungere la mezzosangue, aveva la fredda e calcolata consapevolezza che non si sarebbero potuti incontrare, rinchiuso per sempre, lui, tra le fiamme infernali assieme ai suoi sanguinari parenti, mentre lei sarebbe stata nell’idilliaco purgatorio a scontare la pena per quella specie di suicidio che aveva messo in pratica pur di mandarlo a combattere quello che sognava da tempo.

Non si sarebbero incontrati neppure dall’altra parte.

E allora, vivere per vivere, avrebbe usato quella battaglia per combattere finalmente quanto detestava, per vendicare i suoi genitori rinchiusi nel castello avvolto dalle fiamme, per la morte di Hermione, per il dolore che aveva provato nel perderla e per quello che avrebbe continuato a sentire sapendo che lei non sarebbe stata con lui. Per la maledizione infernale che lo colpiva e per essere stato costretto a vivere un decenne per tutto quel tempo.

Per essere stato educato in quella maniera terribile, per il Marchio che Bruciava ogni minuto di più sul suo braccio, per l’infanzia che non aveva avuto e gli amici che non c’erano stati.

Per la vergogna di dover invidiare Harry Potter.

Per le insulse idee che gli avevano inculcato e che gli avevano impedito di dire a Blaise che era il suo migliore amico.

Per tutto quello e molto, molto di più avrebbe impugnato la bacchetta e combattuto con sua zia e, possibilmente, l’avrebbe anche distrutta.

 

Mosse un passo e poi un altro finchè la mano protesa non arrivò a toccare il metallo della maniglia, si fermò un istante, ma non guardò dietro di sé; sbirciò appena oltre l’uscio, poi prese un respiro profondo e spinse la porta.

 

*          *          *

 

L’infermeria ora pareva vuota e grigia.

 

La professoressa McGranitt guardò la sagoma diciottenne di Malfoy allontanarsi dalla stanza e si risedette accanto al letto.

Guardò la ragazza stesa supina, la sua studentessa, forse la sua preferita: Hermione Granger.

 

Per tanto tempo aveva pensato che la signorina Granger le somigliasse, in fondo era solo una sua copia più giovane, ma… c’era una cosa che le distingueva profondamente ed era lo spirito.

Lei non era mai stata una ragazza espansiva e, a dirla tutta, neppure Hermione, ma la giovane Gryffindor aveva un modo di porsi di fronte alle situazioni che l’aveva sempre fatta sentire differente.

In realtà, e se n’era accorta troppo tardi, era solo solitudine.

Aveva ricevuto degli insegnamenti sbagliati su di essa, lei era la prima che avrebbe potuto dirle parecchio a tal proposito, per questo avrebbe dovuto impedirglielo e ne aveva avuto la possibilità più degli altri, perché LEI sapeva che avrebbe potuto compiere una follia simile, ma non ce l’aveva fatta ed era stata proprio lei la causa di quel disastro.

Per questo sentiva di avere in parte fallito come educatrice.

Sapeva che Hermione era innamorata di Malfoy, come essere così ciechi da non notarlo? A lei, almeno, pareva cosa palese. Lo amava così tanto da scegliere addirittura di avverare un suo desiderio a scapito della propria vita.

Coraggio ed incoscienza, come tutti i grifoni, dopotutto.

Anche lei era stata così e in parte lo era ancora.

Non sapeva se invidiarla oppure no, probabilmente sapeva più cose di Malfoy di quante lui avesse mai detto loro, quindi possedeva anche elementi extra per decidere, ma addirittura sacrificare la propria vita?

Forse era stata così stupida da credere di sopravvivere comunque?

Non lo riteneva possibile.

Quindi quella era la classica situazione melodrammatica delle opere che erano così di moda quando era giovane, Saskia, la sua unica amica, l’aveva portata qualche volta a teatro a vederle e aveva finito col piangere, esattamente come adesso.

Senso di colpa, sentimento d’impotenza, paura, rabbia, rimorso, biasimo.

La parte peggiore era che lei l’aveva fatto per il bene di lui, credendo che questo, alla lunga, gli avrebbe fatto piacere, ma aveva agito, ancora una volta, come se fosse stata l’unico essere sulla faccia della terra, senza curarsi di quello che, generalmente, si fa in una coppia: ci si confronta.

Loro due, Draco ed Hermione, che litigavano così spesso e che si confrontavano così spesso, non l’avevano fatto nell’unico momento della loro vita in cui avrebbero dovuto.

Perché lui le avrebbe detto che ciò che stava per fare era sbagliato, perché lui lo sapeva e, probabilmente, le avrebbe anche detto che era disposto a rimanere bambino, a tenersi quell’età balorda per un po’, a crescere di nuovo, dopotutto ci si sposa anche quando il marito ha quattro anni in meno, non sarebbe stato un gran problema…

Ma…

Aveva chiesto a Malfoy di avere fiducia in lei, ma era stata la prima a non averne in lui, non gli avrebbe creduto, anche se fosse stata la verità.

Il tutto aggravato dal fatto che lei non era morta per davvero.

Draco Malfoy non lo poteva sapere, ma era complicato il meccanismo biologico che si era instaurato in lei quando aveva scelto di dargli parte della sua energia magica, a causa di questo non era in grado di risvegliarsi, era in coma.

In pratica, Hermione si era levata degli anni per donarli allo Slytherin, ma questo, che in Natura era impossibile, creava uno scompenso insormontabile, proprio perché andava contro le leggi naturali.

Non era morte quella che erroneamente aveva visto il giovane erede dei Black, ma un sonno eterno, a meno che qualche altra anima pia non decidesse di darle a sua volta qualche annetto.

Lo avrebbe fatto lei, se quella fosse stata la scelta giusta, ma non poteva.

Analogamente, però, sentiva di potere, o almeno dovere, fare qualcosa.

 

D’accordo, avrebbe infranto un’altra regola, Silente gliele doveva un paio di trasgressioni, dopotutto, fosse anche solo per tutti gli anni di buona condotta che aveva tenuto fin da quando era stata studentessa.

Si alzò in piedi e prese la bacchetta, inspirò ed espirò, come se compiere un’infrazione le costasse fatica, immaginò la brava studentessa diligente Minerva McGranitt che era stata tanto tempo addietro a fare ciò che stava facendo, Saskia avrebbe riso, dopodiché la agitò dolcemente, sussurrando appena una formula magica.

Una nuvoletta bianca e densa si venne a creare accanto al letto, proprio di fronte a lei.

Ciò che stava per fare era entrare nei pensieri di Hermione e questo era proibito dalle regole della Scuola, l’aveva vietato proprio Albus Silente, forse temendo che qualche buontempone potesse scoprire tutti i segreti che venivano custoditi semplicemente sfruttando la sua incoscienza.

Rimise a posto il legno e tirò la zip che chiudeva quella nuvoletta: era un’immagine un po’ buffa, soprattutto se si pensava che i sogni erano ermeticamente sigillati con una cerniera, ma la metafora risultava abbastanza calzante.

Sollevandosi le gonne entrò nella fessura che si venne a creare e la richiuse alle sue spalle.

Poi si guardò attorno.

 

L’interno della mente di Hermione era banco latte, tutt’intorno pareva che ondeggiassero i pesi delle pendole: uno da destra a sinistra, uno dall’altra parte, per dritto e per rovescio, orologi ovunque.

Si sentì spaesata in quel luogo e si domandò il motivo di tutto quel tempo, quel tempo segnato da ogni oggetto intorno.

Stupendosi vide una figura al centro di tutto questo, una ragazza vestita con la divisa della scuola, rigorosamente Gryffindor, aspettava ferma e sorridendo.

Le si avvicinò

-          Meno male – disse semplicemente Hermione

-          Sapevi che sarei venuta

-          No – Minerva McGranitt la guardò stupita – ma speravo davvero tanto che qualcuno arrivasse.

-          Non posso tirarti fuori da qui – disse seria e risoluta

-          Non mi avevate detto che mi sarei addormentata

-          Non ce n’è stato il tempo – ribattè la prof

-          Prenda questo

La mano della ragazza resse una catenina d’oro e appesa a questa stava una Giratempo, la stessa che la studentessa portava sempre al collo.

-          Cosa dovrei farci? – chiese titubante la vicepreside

-          Lo deve decidere lei. Ora vada, tutti l’aspettando

E senza che potesse fare altro, col sorriso della sua studentessa preferita che si allontanava sempre più, si ritrovò affianco alla cucitura da dove era venuta, con la zip tirata fino in cima.

-          Addio. – disse piano Hermione ormai distante

-          Spero che sia un arrivederci, signorina Granger – le disse l’insegnante tirando la cerniera – ma questa volta, mi creda, una punizione non gliela leverà nessuno

-          L’ho già avuta, ma non sono pentita – disse appena

E subito dopo, mettendo piede fuori, la McGranitt si ritrovò nuovamente nell’infermeria vuota e grigia.

In mano reggeva ancora la Giratempo che le era stata consegnata.

 

*          *          *

 

Spazio Autrice: ciao a tutti, eccomi tornata!

Eh no, a dispetto di quanti accidenti mi abbiate lanciato dopo il precedente capitolo (che difficilmente raggiungeranno il totale che avrò accumulato dopo che avrete letto questo) non sono ancora schiattata, ma solo perché, se morissi, la fic non avrebbe mai fine e voi rimarreste con una povera Hermione Granger mezza stecchita e Draco Malfoy che parte per la battaglia.

 

Credo sia giusto fare un discorso a parte per il titolo: Absolute right.

Ho cercato di sintetizzare le anime contrastanti di questo capitolo: una speranza che persiste nonostante la scelta compiuta sia praticamente eterna e mortale e un giochetto di parole su “right” che significa sia giusto che dovere.

Giusto perché tutti sono perseguitati dalla “cosa giusta” da fare.

Diritto perché, anche se non l’approvo, e nonostante tutto penso che sarebbe tremendamente dalla Hermione di questa storna, Herm crede di avere il diritto di prendere una simile decisione.

Dato che aggiungere qualcosa farebbe diventare il capitolo un vero mattone deprimente, ho deciso di tagliarlo in due parti così questa volta, mi dispiace davvero tanto, ma sarete costretti a sorbirvi solo la parte lacrimevole e un po’ deprimente, ma prometto che dalla prossima volta arrivano i mostri! Nel senso che, finalmente, si vedrà un po’ di combattimenti.

Per chi è preoccupato, posso dire che non ho intenzione di emulare la zia Row con una battaglia piena di cadaveri, soprattutto dei miei personaggi preferiti e, sottolineo, Fred Weasley NON morirà in questa fic, anzi, probabilmente si farà una bella e lunga vita.

Poi qualcuno mi deve spiegare perché la maggior parte dei Fred o Frederick dei romanzi muore sempre…

Va bene, il delirio è ormai totale, ma credo sia una condizione necessaria per buttar giù il prox cappy, nel frattempo saluto tutti e ringrazio davvero per le tantissime recensioni che mi avete lasciato, di cuore, Grazie davvero.

 

Lord Martiya: eh, Mana arriverà, tranquillo, non era solo un nome comparso a caso, ma come sai ha bisogno di un’ambientazione piuttosto battagliera dove sfogarsi e dubito che ci sarebbe stata in un capitolo stucchevole come questo… L’ombra del vento è uno dei romanzi che voglio leggere, mi hanno detto che è molto bello, lo spero, poi ti saprò dire a che livello di cervelloticità arriva, anche se, tra quelli che giudico piuttosto contorti spiccano I Pilastri della Terra e anche il manga del Sigillo Azzurro…

Non so dire a proposito della precedente vita di Malfoy, ma con ogni probabilità hai ragione, anche se questa non gliel’ha lanciata Voldemort che, poverino, in questa fic è morto da un pezzo… probabilmente deve essere la reincarnazione del primo fidanzatino bastardo di Bellatrix.

Spero comunque che il capitolo ti piaccia, ciao e a presto!

 

Killkenny: ciao e, intanto, bentornato!

Sono contenta di rivederti.

Già, mi sto lanciando a fare dei piccoli crossover coi personaggi del sensei-Akamatsu solo che in questa storia Eva non c’entrava molto e così mi sono buttata su Mana che, dopo gli sviluppi dei numeri del Festival Mahora mi piace moltissimo *_*

Spero anche io che Mana ne faccia fuori un po’, ce ne sono decisamente troppi in giro… ad ogni modo grazie per il voto, sempre altissimo e, forse, immeritato, che mi hai lasciato, thanks!

Spero che ti piaccia anche questo cappy, a presto!

 

Giuliabaron:, la fine si avvicina, ma non poteva non starci una bella morte deprimente nel migliore stile di Cime Tempestose…

La scelta del sogno è stata piuttosto casuale, ma mi fa piacere di essere riuscita a rendere che cosa provasse la nostra protagonista e, grazie a quello, anche a spiegare un po’ dei suoi contorti pensieri di questo capitolo dove arriva addirittura a compiere un’autentica pazzia per amore!

Draco è proprio una vittima, ma diciamo che gli riesce bene e in questo post deve cominciare a fare il giustiziere. Spero che il capitolo ti piaccia, a presto e un bacio!

 

Luana1985: Se la situazione del precedente cappy era pericolosa, probabilmente quella di questo è DRAMMATICA.

Il melodramma non è il mio forte, ma qui ci stava proprio, era come se mi chiedessero di far succedere qualcosa, ad ogni modo gli sviluppi arriveranno presto.

Come puoi vedere, lui non starà buonino a Grimmauld Place, anzi spero che menerà un po’ quella bacchetta e seccherà qualche mangiamorte che intanto se lo meritano.

So di aver postato un capitolo shock quindi sono curiosa di sapere che cosa ne pensi, ciao e un bacione!

 

Flagola1991: beh, mi fa comunque piacere sapere che, anche di fretta, hai trovato il tempo di leggere la mia storia e anche di lasciarmi una piccola recensione, sappi che lo apprezzo moltissimo!

Quindi ti ringrazio e mi auguro che approverai anche questo nuovo aggiornamento, a presto allora, un bacio!

 

Vavva: come avevo già detto, si è trattato di un’idea casuale che è venuta mentre scrivevo, all’inizio doveva essere solo per introdurre il cappy, ma poi ci ho preso la mano ed ecco che cosa è uscito fuori =P

Tutto si sistemerà? È un po’ presto per dirlo, lo vedremo alla fine della storia, dopotutto potrebbe sempre cascargli un meteorite sulla loro romantica casetta la notte della luna di miele…

Ok, non ammazzarmi, era solo per dire ^^

Ecco qui il nuovo capitolo, spero di non averti scossa più di tanto e mi auguro anche che ti piaccia… ciao e un bacione grandissimo!

 

Potterina_88: no problem, è solo un’esigenza narrativa per arrivare alla tragedia di questo post.

Ok, mi sono lasciata trasportare, ma dopotutto ve l’avevo detto che la storia avrebbe avuto dei risvolti cupi, chissà, magari poi torna tutto a posto… forse…

Herm in effetti sta uscendo un personaggio strambo, però in questo capitolo dà il massimo di se stessa compiendo addirittura una follia per quello che lei ritiene essere il bene di Draco!

Tranquilla, non intendo ripetere lo strazio della Rowling, per me è ancora sufficiente quello, non credo che potrei ammazzare tutta quella gente: Lupin, Tonks (appena diventata mamma), Fred (buuuuheeeeee) e tutti quanti gli altri… per quanto crudele non lo sarò mai fino a quel punto, in compenso spero di augurare qualcosa del genere ai mangiamorte.

Mi auguro che il cappy ti piaccia, aspetto di sapere, ciao e un bacio!

 

Falalula: sì, sono molto sfortunati, diciamo che i guai non arrivano mai tutti da soli ed eccoci con una Hermione mezza stecchita, Draco furibondo, la McGranitt che tra un po’ dà di matto, Hogwarts sotto assedio, gli studenti impauriti, i mangiamorte alle costole e Silente che deve gestire tutto questo: una bella insalata.

Beh, se nel precedente cap non avevo risparmiato nulla, c’era ancora una cosuccia shock che doveva accadere e che invece è arrivata con la posta di oggi e questo deprimente capitolo.

Spero comunque che ti piaccia, aspetto di sapere! Ciao e un bacione

 

Akiko: innanzi tutto ti ringrazio per tutti i complimenti che mi hai fatto, wow, sono davvero lusingata! Mi fa piacere sapere che le mie storie ti piacciono e spero che anche questa, che ormai è in dirittura di arrivo, continui ad appassionarti fino alla fine!

Anche io spesso mi trovo indietro con le recensioni (e più ancora coi capitoli), sono sempre superimpegnata e chi legge lo sa perché ogni tanto ritardo un po’ con le consegne, soprattutto con capitolo shock come questo, ma io mi auguro che nonostante i piccoli difetti di un’autrice che, nonostante tutto, è ancora alle prime armi, le mie storie continuino a piacermi e spero anche di leggere presto qualche altra tua recensione ^_^

PS: mi piace sia il tuo nome che il tuo nick, sono entrambi molto graziosi

 

Shavanna: se il precedente ti ha lasciata di sale, non oso immaginare cosa accadrà con questo! So già che mi augurerai cose terribili… penso che in confronto lo scherzetto del primo aprile fosse una bazzecola anche perché, a differenza del precedente, questo cap non finisce poi così bene… diciamo che mi sono lasciata trasportare e un po’ di storia strappalacrime non poteva non esserci, soprattutto se la trama offre degli spunti così irresistibili.

Ti assicuro che non voglio uccidere nessuno dei miei lettori, ma non preoccuparti, manca ancora qualche capitolo alla fine, magari mi faccio perdonare…

Ti mando un bacio e spero che, nonostante tutto, il cappy ti piaccia quindi aspetto di sapere! Ciao

 

Hanon: ciao e benvenuta! Innanzi tutto tanti complimenti per il nick, mi piace moltissimo, poi tranquilla, non c’è nessuna fretta di recensire, ad ogni modo grazie del pensiero di avermi lasciato questo messaggio, spero che quando avrai terminato la storia ti piacerà ancora, anche dopo questo capitolo shock che ho appena postato.

Aspetto quindi la tua recensione finale, quando avrai tempo e sarai ispirata (secondo me anche x scrivere una rec bisogna essere ispirati) quindi un bacio e a presto! Nyssa

 

 

 

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Capitolo 24
*** Boulevard of broken dreams ***


La porta si spalancò non appena sfiorò la maniglia rivelando l’orrore che si stava consumando tra le mura millenarie della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

La porta si spalancò non appena sfiorò la maniglia rivelando l’orrore che si stava consumando tra le mura millenarie della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

 

La Sala Grande che aveva frequentato così spesso era irriconoscibile di fronte a lui: i tavoli erano spaccati e addossati alle pareti mentre le tende avevano preso fuoco accanto alle finestre.

 

La grande vetrata che incorniciava la mensa dei professori e dove, di sera, si era spesso fermato a guardare la luna, era ora una serie di frammenti di vetro, alcuni ancora fissati all’intelaiatura metallica, i più sparpagliati sul pavimento. Il suono del cristallo che si frantuma era persistente mentre veniva attaccato dai fuocherelli e, tuttavia, appena percepibile nella baraonda generale.

 

Degli stendardi delle Case e del grande gonfalone col simbolo di Hogwarts che sovrastava le loro teste c’erano dolamente brandelli sfilacciati e affumicati con i fili colorati del prezioso tessuto che si muovevano penduli come rami di salice sul laghetto, tracciando spirali di fumo sopra le teste di chi già si era lanciato nella mischia.

 

Ovunque, per terra, erano le persone ormai ferite dallo scontro: riconobbe alcuni dei suoi compagni di corso e ragazzi più piccoli mentre gli Auror, anche se pochi, erano all’opera tentando di arginare l’invasione di mangiamorte che si era accanita contro la scuola.

Il suo ex professore di Difesa contro le Arti Oscure, Remus Lupin, era alle prese con una specie di minotauro mutante che brandiva una pericolosa ascia in fondo al salone; la sua strampalata e rinnegata cugina, Nimphadora Tonks, si stava dando da fare a contrastare due incappucciati e la sua chioma fucsia risaltava vivamente contro il nero delle tonache mentre lei si muoveva agilmente cercando di schivare i colpi messi a segno dai due.

 

Ora toccava a lui.

Solo contro il mondo, solo contro tutti.

Non poteva contare su nessuno, non poteva permettersi di sperare su nessuno, sarebbe immancabilmente rimasto deluso.

 

Se la mezzosangue fosse stata con lui avrebbe fatto affidamento su di lei, ma lei non c’era più.

Lei si fidava, lei credeva che riuscisse ad andare avanti da solo.

Ce l’avrebbe fatta.

Non per lei, ma perché era la sua natura ad essere così e la rabbia che gli montava dentro non era minimamente paragonabile ad un sentimento facilmente gestibile.

 

Prima ancora che il gruppo di allievi appena arrivati riuscisse a prendere effettiva considerazione della situazione, spalancò il mantello, estrasse la bacchetta e si lanciò più veloce che poté sul campo di battaglia.

 

I walk a lonely road
The only one that I have ever known
Don't know where it goes
But it's home to me and I walk alone

I walk this empty street
On the Boulevard of Broken Dreams
Where the city sleeps
and I'm the only one and I walk alone

 

Udì un grido strozzato dietro di lui mentre schivava appena per un soffio la scia verdastra di uno schiantesimo che era stato lanciato mentre lui attraversava lo spazio di duello.

La riconobbe: era Pansy e contro di lei nientemeno che suo zio.

 

Non gli importava chi fosse, non si sarebbe fermato.

Tutto quello sarebbe terminato solo a battaglia conclusa. O con la sua morte.

Ormai non c’era più niente che l’avrebbe frenato.

 

Vide in lontananza la zia Bellatrix a bordo di una specie di veicolo metallico simile a quelli che aveva visto nel mondo babbano eppure a forma di drago.

Dall’altezza lanciava incantesimi distruttivi verso la platea, protetta dal fatto che difficilmente degli studenti inesperti e dei professori poco allenati sarebbero riusciti a colpirla.

 

Non gli importava che fosse in vantaggio, che avesse più anni e più esperienza.

Neppure che fosse spietata.

Era sua zia, era crudele: se lo era lei, poteva esserlo anche lui.

Non aveva paura di lei perché era come se la figura altera e dignitosa di sua madre, biondissima, gli camminasse al fianco e gli intimasse di non abbassare lo sguardo di fronte a sua sorella.

 

Non aveva mai saputo se Narcissa approvasse oppure no la faccenda di Lord Voldemort, certo non le piaceva sua sorella, insidiata da quel sentimento di rivalità che in loro due era così spiccato.

In una famiglia dove la rivalità, anche tra parenti stretti, è il sentimento dominante, non era possibile pensare che anche loro ne fossero esenti.

Andromeda le aveva lasciate, erano rimaste Bellatrix e Narcissa e la battaglia era tutta tra loro due.

Non aveva neppure mai visto sua madre combattere, ma sapeva che in quel momento, da qualunque parte stesse, pro o contro, avrebbe distrutto Bellatrix.

 

Lui aveva molti motivi per odiarla e, come la bionda ultimogenita dei Black, non si sarebbe tirato indietro.

C’erano tanti pesci in quel mare, troppo piccoli, lui voleva il re degli abissi ed era lei.

 

-          Accio scopa!

 

La Nimbus 2001 comparve dal nulla mandando in frantumi l’ennesimo vetro della sala e piombando dritta tra le sue mani.

Sua zia si accorse di lui e si girò appena in tempo per schivare una maledizione senza perdono a lei indirizzata.

Sfoderando il suo ghigno malefico, rise di un riso stridulo e isterico, voltandosi e preparandosi a ripagarlo con la stessa moneta.

Draco rifletté su cosa avrebbe dovuto fare: scansarsi era prioritario per schivare il colpo che, di sicuro, non gli avrebbe fatto tanto bene, tuttavia doveva elaborare al più presto una tattica perché sapeva che se sua zia avesse cominciato ad infervorarsi nella battaglia, difficilmente gli avrebbe lasciato il tempo per contrattaccare, lo avrebbe assillato con continui incantesimi e lui avrebbe avuto molto meno tempo per concentrarsi su una possibile strategia per abbatterla.

Con ogni probabilità, perso il loro spietato leader, i mangiamorte si sarebbero dispersi, entrando nel panico, e sarebbero stati facile preda delle trappole che i prof avevano disseminato per l’intero edificio.

 

I'm walking down the line
That divides me somewhere in my mind
On the border line
Of the edge and where I walk alone

Read between the lines
What's fucked up and everything's alright
Check my vital signs
To know I'm still alive and I walk alone

 

Vide sua zia voltarsi verso di lui con la bacchetta già illuminata dalla luce verdeggiante dello schiantesimo pronto a partire.

Per un attimo i suoi occhi azzurri incontrarono quelli scuri della parente e mentre lei ghignava, lui aggrottava le sopracciglia, pensando e ripensando.

Vide il braccio sinistro piegarsi, chiaro sintomo del gesto che avrebbe fatto partire la magia, sua zia, infatti, era una delle poche persone del mondo magico che combatteva con la bacchetta stretta nella mano sinistra.

Era inusuale, generalmente la mano dominante era la destra anche per coloro che erano mancini di scrittura ma lei, come Lord Voldemort, lo ricordava perfettamente, usavano l’altra mano.

Sua madre gli aveva detto di diffidare delle persone che combattono con la sinistra perché sono sleali; difficile dire se fosse stata una frase dettata dall’odio che intercorreva tra sorelle o se lo avesse davvero voluto mettere in guardia se mai si fosse confrontato con uno di loro.

 

Un rumore metallico attirò la sua attenzione un poco sotto e sentì un ronzio sospetto mentre il drago metallico di Bellatrix si inclinava pericolosamente facendole perdere in parte l’equilibrio; costretta a richiamare la magia per concentrarsi sulla propria incolumità, la primogenita Black cominciò ad armeggiare con le redini di cuoio che reggeva in una mano.

Draco non perse l’occasione e si accanì contro di lei cercando di non farla fuggire.

 

Bella scappò saltando sul pavimento.

 

Draco fece per seguirla ma vide sugli spessi stucchi del soffitto una figura muoversi furtiva e rapidissima: che non fosse un altro mangiamorte, non aveva tempo da perdere con quegli sciocchi, doveva pensare a LEI, a Bellatrix, per ucciderla come LEI aveva fatto con Hermione.

 

 

Prima ancora che se ne accorgesse, però, una sagoma si materializzò sul drago cigolante e sbilenco di fronte a lui.

Una ragazza impassibile lo stava fissando e nella mano sinistra reggeva qualcosa come una lancia la cui punta era conficcata con forza nelle scaglie metalliche e scariche elettriche percorrevano tutta la superficie visibile apparentemente senza fare del male alla ragazza.

 

Non ricordava di averla mai vista né a scuola né altrove, era alta per una donna, lunghi capelli scuri, carnagione abbronzata e pantaloni di bianchi a cui erano fissati due cinturoni dove erano assicurate due pistole magiche.

Le conosceva, le avevano in dotazione solo i mercenari: che i mangiamorte fossero arrivati ad assoldare perfino della gente pagata solo per uccidere?

In genere erano sempre stati piuttosto severi sull’ideologia che doveva muovere i membri della setta, ma probabilmente in caso di necessità ci si faceva andare bene di tutto…

 

La sconosciuta gli sorrise e lui si avvide che gli occhi della ragazza avevano le iridi chiarissime, quasi bianche

-          Non saluti la zia? – gli domandò tranquilla facendo comparire un fucile di precisione da dietro la schiena e, mollando l’alabarda, lo caricò con i proiettili che portava a tracolla sul petto

Draco la fissò ammutolito: quale zia?

-          Chi sei? – indagò perplesso. Uno schiantesimo lanciato da lontano fece per dirigersi proprio contro loro due che stavano discorrendo, ma venne deviato da una barriera invisibile magicamente sorta lì attorno

-          Mana Tatsumiya – si presentò sorridendogli. Il suo sorriso era molto materno, peccato che l’espressione del viso fosse impassibile. Uno scatto secco indicò la chiusura del caricatore. Chi era e cosa voleva? – per te, “zia” Mana – aggiunse lei

-          “zia” Mana? – domandò sentendosi più che altro preso in giro

-          Faccio da rimpiazzo a tua zia, quella vera. Quella – e allungando un braccio indicò Bellatrix nella mischia

-          Sei qui per combattere? Non ho tempo da perdere con te – scandì lapidario

-          L’esatto contrario.

Doveva essergli sfuggito qualche passaggio importante, non riusciva a raccapezzarsi nel discorso di questa Mana.

-          Sono la tua tutrice legale – aggiunse la ragazza di pelle scura che, sempre sorreggendosi al drago metallico instabile, fissò un piccolo treppiede e si accovacciò sul pavimento puntando il mirino

-          Cosa stai facendo? – domandò ancora confuso

-          La uccido. – c’era una naturalezza strana in come lei aveva pronunciato la parola “uccido”. E neppure lui sarebbe riuscito ad essere tanto tranquillo mentre preparava un colpo come quello.

Mana invece pareva stare prendendo un tè in giardino e non trovarsi in mezzo al casino stratosferico di una Hogwarts invasa dai nemici con gente che voleva fare la pelle a tutti gli altri.

-          Io la devo… uccidere – scandì il biondo posando una mano sul fucile e sollevandolo. Era molto più pesante di quanto sembrasse a prima vista e la ragazza, invece, lo alzava in tutta tranquillità, come se si trattasse di una sacca da mare.

-          Va bene. Posso uccidere gli altri?

Era basito?

Era rimasto a bocca aperta?

Chiunque gli avesse sentito dire una cosa del genere avrebbe cominciato a gridare che certe cose non si fanno e che uno come lui non le avrebbe dovute fare perché ormai era un BUONO.

Mana invece, tranquillissima, aspettava una risposta.

Non era sconvolta, solo sorridente come prima. E continuava a pensare che quello non fosse il posto più adatto per sorridere a quel modo.

Non aveva fatto una piega alla parola “uccido” come non ne aveva fatte quando lei stessa l’aveva pronunciata.

Beh, meglio così.

-          Tutti quelli che vuoi – le rispose

La bocca di lei si storse in una smorfia soddisfatta. Si gettò i lunghi capelli scuri dietro le spalle, spostò appena la mano candida dello Slytherin dal suo fucile, avvicinò l’occhio al mirino, premette il grilletto e fece centro.

Uno dei mangiamorte in fondo alla sala, seminascosto dietro un tavolo che si azzuffava con un grifondoro cadde a terra morto. Centro perfetto.

In realtà la morte di una persona non era proprio cosa di cui gioire, ma quella tipa lo stava stupendo parecchio.

-          Ti copro le spalle – aggiunse poi la morta sparando ancora una volta e riuscendo a colpire l’ennesimo seguace del Lord Oscuro.

Non aveva dubbi che l’avrebbe fatto e probabilmente nel frattempo si sarebbe occupata anche degli altri.

Chissà chi era e cosa voleva. Non ricordava di aver mai avuto un tutore, dopotutto i suoi genitori erano ancora vivi e lui maggiorenne… però sentiva di potersi fidare di quella stramba ragazza stesa lassù in cima che si stava rivelando un autentico cecchino!

 

*          *          *

 

Vedendo sua zia finalmente a piedi decise che poteva anche fare momentaneamente a meno della scopa.

Scese e, con la bacchetta in pugno, si diresse a grandi falcate verso la donna che, nel frattempo, stava brandendo il suo legno come se fosse stata una clava lanciando schiantesimi a destra e a manca nel tentativo di frenare l’orda di creature che il professore di Difesa le aveva aizzato contro.

Perfetto, la situazione era propizia, non gli sarebbe importato molto di ucciderla di schiena o quando gli voltava le spalle, quello che aveva fatto ad Hermione era stato molto peggio perché aveva chiesto a qualcuno di uccidere LUI da parte sua. Non si era neppure scomodata, la maledetta, credeva che fosse facile eliminarlo, ma si sbagliava!

A dispetto di tutti lui era ancora lì, più che disposto a dimostrarle che non era così facile toglierlo di mezzo e, ovviamente, arrabbiato come non mai per quello che era successo alla sua compagna.

Hermione era completamente estranea a quella faccenda e non doveva entrarci neppure di striscio, ma per colpa sua e di sua zia ne era venuta a conoscenza e ne aveva anche pagato le conseguenze.

Per lui.

Non poteva sopportarlo.

 

Correndo più che poteva si lanciò con tutto se stesso contro la parente mentre la bacchetta saettava di raggi pericolosi.

-          Fermati! – gli intimò Fenrir Greyback afferrandolo in malo modo per il polso e strattonandolo.

Era meglio per lui se l’avesse lasciato andare, le persone sagge sanno sempre quando è arrivato il momento di ritirarsi, il peggio dei mangiamorte era che non avevano il senso della misura e credevano di poterla spuntare su tutti essendo i più potenti.

 

Il lupo mannaro che lo stringeva e credeva di poterlo sbattere a terra ghignò mentre sottili fili di bava gli colavano dalla bocca spalancata con i denti aguzzi in mostra: doveva essere tramontato il sole, ma non esserci la luna.

 

-          Piccolo sciocco – mormorò il lupo

 

Draco ghignò a sua volta mentre, sottilmente, uno strato di fiammelle cominciava a ricoprire l’intero suo corpo diventando sempre più alto e spesso e la cui temperatura aumentava ad ogni istante.

 

-          Brucia! – sibilò senza trasporto mentre, improvvisamente, tutte le fiammelle divennero lingue di fuoco che andarono a ricoprire l’intera sagoma del mangiamorte, avvolgendolo e straziandolo

 

Allontanandosi di un passo, vide il rogo circondare l’uomo-bestia e la sagoma contorcersi dal dolore mentre le fiamme lo consumavano.

Sapeva di dover usare quel potere con parsimonia, se lo ripeteva ogni volta, ma… se non lo utilizzava adesso, se non lo usava quando poteva, a che cosa serviva?

 

My shadow's the only one that walks beside me
My shallow heart's the only thing that's beating
Sometimes I wish someone out there will find me
'Til then I walk alone

 

Spostò nuovamente l’attenzione su sua zia, ancora alle prese con le dispettose creature del prof e fece per lanciarsi nuovamente contro di lei, più determinato che mai, quando una voce cavernosa e profonda non scosse i presenti attirando gli sguardi in alto.

Dall’altro capo della sala, l’imponente e massiccia forma di Rodolphus stava in piedi nella sua consueta veste nera di pelle con le tempie striate di bianco e le mani fasciate da guanti: sapeva che il marito di sua zia aveva le braccia completamente deturpate a causa di un incendio che era stato appiccato ad Azkaban e da cui era stato salvato troppo tardi.

Ma guardando quello che stava facendo, si pentì per coloro che l’avevano tratto dal fuoco e maledisse che le fiamme dell’inferno non lo avessero consumato come stava accadendo al suo compare.

Nella mano sinistra, infatti, retto appena per il collo, Rodolphus reggeva un bambino fasciato solo dalla tutina bianca e dal lenzuolo che ancora gli pendeva sulla schiena.

Nella mano destra, saldamente, era impugnata la bacchetta che già sfavillava del bagliore verdastro dell’Avada Kedavra, la maledizione senza perdono per eccellenza.

Come era facile prendersela con un bambino indifeso… ma loro erano mangiamorte, senza regole e senza onore e non avrebbero rispettato nessun codice pur di ottenere ciò che volevano e quel qualcosa era la Elder Wand.

 

Si guardò attorno mentre il caos era ammutolito e perfino sua zia taceva, forse colpita dalla perfidia di cui il suo consorte era capace.

La maggior parte dei presenti non poteva riconoscere il neonato quasi soffocato tra le grosse mani del mago, ma per lui era come se lo sapesse da una vita: era Devlin, il nipote di Silente.

E non poteva permettersi che morisse.

 

Se, tuttavia, erano riusciti a rapire di nuovo il bambino, ebbene, Silente doveva essere morto.

Attorno a sé tutto era quieto, ma denso di terrore, nessuno sapeva: Mana, dall’alto della sua postazione, stava cercando la posizione migliore per colpire l’uomo che, tuttavia, si stava facendo scudo col corpo indifeso di un fanciullo.

Dall’altra parte della sala, Harry Potter era impietrito e perfino il suo avversario ora guardava il suo leader con terrore.

Forse Voldemort non era stato il mago più crudele della terra, ma lo erano diventati i suoi seguaci.

 

Guardò meglio la bacchetta tra le mani dello zio e, d’un tratto, la riconobbe con la lucidità che colpisce quando ci si ricorda di un particolare episodio prima confuso: non era la bacchetta di Rodolphus, era quella di Silente!

Ma allora era davvero morto! E quel bastardo maledetto avrebbe usato la sua stessa arma di difesa per uccidere la cosa più cara che il preside avesse!

No, non poteva permetterglielo

-          Non muoverti, Draco! – intimò ancora il mangiamorte muovendo un passo e sentendosi in netta posizione di superiorità.

Draco rimase immobile, sapendo che lui era in vantaggio, ma doveva pur esserci una soluzione, doveva assolutamente salvare quel bambino perché era questo che aveva implicitamente promesso a se stesso lanciando contro la sua stessa famiglia il potere della Reliquia.

Aveva fatto in modo che i mangiamorte non potessero entrare in possesso della Pietra e, quindi, non potessero spegnere il fuoco che la circondava.

La Bacchetta era l’unica che potesse spegnerlo e la Bacchetta la possedeva la famiglia di Silente.

Silente e i suoi familiari, quindi, non dovevano morire sennò qualunque cosa fatta sarebbe stata vanificata.

Quindi, se Silente era morto, altrettanto non sarebbe dovuto accadere a Devlin, ora e per i prossimi suoi undici anni.

 

-          Bella, mia cara, vuoi occupartene tu? – chiese mellifluo il marito alla devota seguace di Voldemort

Come avrebbe reagito lo zio Rodolphus se avesse saputo che Bellatrix se la faceva con metà dei mangiamorte? Certo nessuno si era preoccupato di dirglielo.

Quello, però, non era il momento di pensare agli scandali da rivista rosa perché sua zia in quel medesimo momento stava pensando a come ucciderlo il più in fretta possibile e quello che riconosceva sulla punta della sua bacchetta era proprio un Cruciatus e quello subito dopo un meraviglioso Sectumsempra.

Merda.

Schivò la prima maledizione, ma la seconda, lo sapeva, era mirata proprio a lui e difficilmente sarebbe riuscito ad evitarla.

Anche qui riusciva a pensare solo ad una cosa.

 

Con la mano ancora libera tracciò un arco immaginario di fronte a sé e, un istante prima che la maledizione lo raggiungesse, questo prese fuoco fungendo da scudo e rispedendo alla strega il suo stesso incantesimo.

Bellatrix bestemmiò schivandolo appena mentre Rodolphus gli intimava di non fare mai più una cosa del genere

-          O il bambino morirà – aggiunse. Inutile dire che quella povera creatura sarebbe morta ugualmente perché loro dovevano recuperare la Bacchetta.

Si guardò attorno.

Cazzo.

Sì, lo sapeva che la mezzosangue non avrebbe approvato e lui stava diventando il tripudio del turpiloquio, ma lei ora non c’era e la situazione era appena poco più che TRAGICA!

Non poteva neppure rispedire gli incantesimi che altrimenti avrebbe rischiato inutilmente di mettere in pericolo la vita del piccolo Devlin.

La Granger lo avrebbe deriso, se fosse stata lì, lei senz’altro avrebbe avuto una qualche idea vincente per sconfiggere quel manipolo di matti.

Si guardò sospettoso attorno, se gli avessero lanciato un altro incantesimo non avrebbe potuto fare molto.

 

Inaspettatamente uno schiantesimo lo fece barcollare e finire a terra.

Era riuscito a rialzare la barriera solo all’ultimo e quello aveva sortito i suoi danni.

Era stata sua zia, lo sapeva, nessuno in quel momento si sarebbe sognato di disobbedire agli ordini di Rodolphus, neppure gli altri mangiamorte perché lui aveva espressamente richiesto che fosse sua moglie a sistemarlo.

E così, al centro della sala, con gli alleati schierati e i nemici pure, stava aspettando di trovare un’idea.

Un altro incantesimo, ma questa volta rinunciò a difendersi: a cosa sarebbe servito? Non poteva fare nulla e non poteva salvare il bambino. Non poteva badare a se stesso senza metterlo in pericolo.

Rodolphus ghignò.

-          Vedo che stai cominciando a capire da che parte tira il vento… - soffiò malevolo

Draco si rialzò sulle ginocchia constatando che del suo mantello non era rimasto granché.

Lo fissò truce e fece il possibile per rimettersi in piedi, anche se barcollante.

-          Un altro – scandì l’uomo all’indirizzo della moglie e un nuovo schiantesimo lo raggiunse.

Questa volta il dolore fu atroce.

Sentì il sangue colare giù da una tempia e sulle mani, sopra il Marchio Nero che bruciava come se un ferro incandescente gli fosse stato appoggiato sul braccio.

Dovevano saperlo, maledetti, LORO lo dovevano sapere!

Eppure, nonostante tutta quella sofferenza, non era pentito di averli traditi e di essere entrato nell’Ordine.

Ancora uno e un altro ancora.

I vestiti a brandelli, le ferite ovunque, i capelli scarmigliati e gli occhi pesti.

Aveva senz’altro una buona resistenza agli schiantesimi, ma quello che temeva di più era il Crucio.

E sapeva che sarebbe arrivato presto, per ucciderlo con dolore.

 

-          Ma guardati, e tu saresti Draco Malfoy? – lo canzonò il mangiamorte agitando il marmocchio tra le mani – l’altero figlio di Lucius? Il traditore? Quasi mi vergogno di essere qui ad aspettare che tu muoia

-          Non morirò così presto – sputò il biondo mettendosi a sedere come poteva, il suo orgoglio sarebbe di certo morto un secondo dopo di lui e non voleva assolutamente dare a suo zio la soddisfazione di quanto detto. L’avrebbe costretto a rimanere lì finchè le sue membra non fossero state gelide perché era l’unico, ormai, che poteva davvero rappresentare un pericolo per loro.

Sentiva quasi il fremito che Potter stava avendo nelle mani e il suo desiderio di intervenire, ma, come lui, non poteva fare nulla.

-          Hai la pelle dura, eh? Bella, ancora uno!

E un altro incantesimo, distruttivo quanto i precedenti, si accanì contro la sua schiena mandandolo a gambe all’aria al centro della sala, sbattendo contro un tavolo e sopra i cocci del lampadario.

 

Draco aprì gli occhi sperando di essere morto, ma ritrovandosi ancora in quell’inferno, sempre solo.

Desiderò di non essere mai venuto al mondo se la sua vita fosse finita in una sofferenza simile, ma, dall’altra parte, ringraziò di essere nato per aver fatto del suo meglio, alla fine.

Questo era l’insegnamento che gli aveva trasmesso inconsciamente la mezzosangue, peccato che lei non fosse riuscita a cogliere ciò che lui invece voleva trasmetterle.

 

Il prossimo, probabilmente, sarebbe stato un sectumsempra o un crucio, ad ogni modo il suo colpo di grazia.

 

Richiuse gli occhi e inspirò profondamente mentre la risata satanica dello zio riempiva l’aria rimbombandogli nelle orecchie stordite.

Riaprì gli occhi e si preparò alla sua fine: come si era sentita la Granger un attimo prima di toccargli la mano? Come si era sentita quando, alla fine, si era accasciata sul letto mollemente?

Come lui?

C’era una cosa, però, che voleva fare prima di morire ed era vedere di nuovo la neve. Era curioso come il custode del Fuoco che Brucia in Eterno fosse tanto affascinato dal suo corrispettivo e opposto naturale.

Serviva del coraggio per riaprire gli occhi e guardare ancora lo strazio e lo scempio consumato in quella sala. Avvertiva quasi il respiro smorzato degli altri presenti e perfino quello esterrefatto dei mangiamorte.

Era come se ogni suono gli giungesse alle orecchie amplificato e purificato: il battito del suo cuore, un poco scoordinato. Il fruscio della veste.

Le mani di qualcuno che si fregano l’uno contro l’altra.

Il respiro di Rodolphus, pesante.

Il rumore dei capelli di sua zia che cascavano sulla veste.

Una scarpa fregata sul pavimento con la suola.

Il mormorio del vento oltre la finestra.

Il suono metallico di qualcosa che sbatacchiava col vento.

Eppoi un misto strano di musica e rumore come il suono della celesta, un ronzio fastidioso che strideva con il tutto e di cui non riusciva a identificare la provenienza: era quello ciò che si sentiva prima della morte? In verità non assomigliava molto alle Trombe del Giudizio…

Aprì gli occhi un’ultima volta pregando che fosse l’ultima.

Si sentiva profondamente inutile per aver frustrato a quel modo le aspettative di Hermione, dopotutto lei aveva dato la sua vita perché lui potesse combattere e distruggere i nemici e, invece, tutto quello che era riuscito a fare era farsi ammazzare pietosamente.

La palpebra sinistra si sollevò prima dell’altra e mise a fuoco la sagoma scura dello zio, ancora in piedi di fronte a lui, ad una certa altezza.

Il ronzio continuava ad essere persistente, costante, fastidioso: ma cos’era? Da dove veniva?

Dalla sua destra, così sollevò anche l’altra palpebra cercando di abituarsi alla luce, seppur fioca, che ancora circondava l’ambiente.

-          Sei pronto a morire? – gli chiese Lestrange

E improvvisamente capì.

Draco ghignò, riuscendo a riconoscere un qualcosa di cui, probabilmente, né lo zio e né la zia si erano ancora accorti.

-          Illusi, forse potete uccidere me, ma questa è la vostra fine…

-          Che cosa vuoi dire, razza di pazzo? – strillò Bellatrix gesticolando furiosamente

-          Quello… quello che ho detto – e sollevando a fatica l’indice lo puntò sulla mano sinistra del mago, ancora allungata in avanti a stringere il collo sottile del bimbo che aveva in braccio

Draco tossì e dalle sue labbra uscì sangue, ma adesso non voleva ancora morire, voleva VEDERE.

Chissà come, chissà perché… forse la Granger era diventata il loro Angelo Custode.

Fatto sta che non sarebbe stata la fine del mondo.

 

E facendosi forza e appoggiandosi al tavolo, si mise malamente a sedere.

Bellatrix, colpita, fece per lanciargli l’ennesimo schiantesimo quando, dalla mano serrata del mangiamorte suo marito partì un fascio di luce rossa come rubino.

E subito dopo un altro e un altro ancora finchè una raggiera vermiglia non cominciò a propagarsi dal pugno serrato come a volerlo fare esplodere.

Rodolphus, spaventato, allontanò più che poté la mano dal corpo cercando di capire cosa stesse accadendo, ma, nello stesso tempo, resto a liberarsi dell’unico ostaggio che gli dava veramente la forza di dettar legge.

Aveva ancora la Bacchetta, però!

E la puntò malamente al petto del nipote

-          Che cosa hai fatto, Malfoy? Che cosa sta architettando la tua testa?

-          Io proprio niente – rispose lui mentre sulla bocca si dipingeva il ghigno made-in-malfoy – ma qualcun altro senza dubbio ci ha pensato…

-          Taci, bastardo!

E in preda alla collera e alla frustrazione di un incantesimo che non sapeva gestire, partito da chissà dove, sentì la stretta al polso allentarsi, come se qualcuno tentasse di aprirgli la mano serrata.

Lanciò una maledizione contro il nipote che, tuttavia, seppur pesto, con un ultimo gesto dall’aria alquanto svogliata lo respinse con l’ennesimo muro di fuoco che glielo rimandò indietro.

Nero di rabbia, Rodolphus pestò i piedi e digrignò i denti come un cane mordace costretto in gabbia.

-          Ora morirai, maledetto Malfoy! – sbraitò di nuovo

E la punta della bacchetta che aveva in mano si colorò di verde, il colore della maledizione senza perdono che non poteva essere evitata, Draco non sarebbe riuscito a metterlo nel sacco con i suoi trucchetti da prestigiatore!

Piegò il braccio come il tiratore di baseball che si prepara al lancio, dopodiché lo stese e fece per lanciare finalmente la magia quando dal nulla comparve una voce seria e quasi spettrale

-          Fermo – disse senza colore tanto da gelargli il sangue nelle vene. Mai nella sua vita aveva udito qualcosa di così freddo, neppure la voce di Lord Voldemort. E subito dopo, dal nulla, comparve una mano che gli afferrò il polso e poi la luce rossa cominciò a dissolversi, lasciandogli scoprire che tra le mani non aveva più un neonato piangente, ma un ragazzino sui dodici, tredici anni appeso per la gola.

Nonostante la posizione decisamente sfavorevole, lo sconosciuto ghignava mentre il suo avversario lo squadrava inorridito a cominciare dai capelli bianchissimi e albini di cui era incorniciato il volto e due profondi occhi verdi come smeraldo in cui non riusciva a leggere nessuna emozione, ma dove poteva riconoscere la sua sagoma, piccola e derisa dai pensieri del ragazzino.

-          Pazzo – aggiunse ancora lo sconosciuto e, spostando la mano lungo il braccio del mangiamorte, la fece scorrere fin sul dorso quando, finalmente, entrò in contatto con il legno di sambuco della bacchetta che l’uomo reggeva in mano e che aveva sottratto nientemeno che a Silente.

In quel momento, quando dal nulla comparve quella figura che ancora andava materializzandosi davanti agli occhi increduli dei presenti e toccava appena la Elder Wand, la Reliquia della Morte, una violenta scarica magica investì Rodolphus Lestrange, scosso da tremiti e brividi di quella forza magica che veniva dalla Bacchetta che lo rigettava quale padrone.

E lui lo sapeva.

E anche lo sconosciuto.

Lo faceva perché non era il padrone legittimo.

-          Chi…. Chi sei – farfugliò a fatica il mago, stupito che al ragazzo fosse invece permesso toccare l’oggetto. Questi, ancora appeso per la gola, pareva non provare dolore, ma anzi, dall’alto della posizione in cui lo reggeva, con le gambe a penzoloni che non toccavano, stava squadrando dall’alto in basso, con aria di estrema superiorità, lo stregone straziato che non lasciava la presa

-          Il mio nome – disse facendo una pausa il ragazzo albino – è Devlin Derek Dumbledore e sono il legittimo possessore della Elder Wand.

E mentre pronunciò quelle parole sfilò la bacchetta dalle dita callose di Rodolphus che lasciò infine la presa facendolo cadere in piedi sul pavimento mentre lui si accasciava mezzo morto sul pavimento e lo misurava con aria pietosa dal basso mentre gli occhi verdi e privi di pietà erano posati con freddezza e distacco su di lui.

Il ragazzo ghignò e agitando il legno come solo i migliori incantatori sapevano fare, finì per posare appena la punta, quasi sfiorando, la fronte del seguace di Voldemort; subito non accadde nulla, ma l’istante seguente fu come se una forza spaventosa spingesse l’uomo lontano finchè non andò a scontrarsi con la dura parete delle mura e cadde tramortito sul pavimento.

 

Solo allora Devlin si permise di alzare lo sguardo sugli altri rivelando finalmente i suoi occhi e la sua espressione.

 

*          *          *

 

Spazio autrice: ciao a tutti! Eccomi di nuovo (casualmente in ritardo) con un nuovo capitolo… no, al momento non ho ancora resuscitato Hermione e, francamente, sto davvero pensando a come poterlo fare, mica è cosa da poco anche se io sono l’autrice…

Comunque, torniamo alla storia: come promesso alla sua bella, Draco entra nella battaglia preso come non mai, più che deciso ad ammazzare almeno una dozzina di persone, ha però due sorprese più o meno belle, ovvero la comparsa della “zia” Mana (e qui Akamatsu viene a linciarmi personalmente) e Rodolphus Lestrange che gli fa un bello scherzetto riuscendo a prendere l’unico ostaggio che contava davvero qualcosa (chissà perché ma in genere gli ostaggi non contano mai nulla), comunque se l’è davvero vista brutta, questa volta, e vi è andata bene che ero pure di luna dritta e non l’ho ammazzato malamente…

Però Draco è ancora vivo (ho letto troppe fic dove moriva, ringraziate anche loro) e quindi suppongo che a questo punto debba seriamente mettermi a riflettere su Devlin, o meglio, credo che dobbiate mettervici voi.

Con questo scappo perché sono sempre di fretta e senz’altro mi sarò dimenticata qualcosa, ad ogni modo scusatemi e ci vediamo al prox aggiornamento!

Un bacione!

 

PS: per quanto riguarda il numero totale di capitoli… non credo che andrà avanti moltissimo, siamo agli sgoccioli…

 

PS2: qualcuno mi ha chiesto degli spoiler sulle Relazioni e, anche se non è la sede più indicata e io in genere non ne faccia, non credo di potervi levare almeno qualche piccolo indizio.

Come si poteva chiaramente capire dal finale che ho scritto, protagonisti di questa nuova avventura saranno i due figli di Draco ed Herm, Leonard e Gardis, e tutta la nuova generazione alle prese con qualche mistero proveniente dal passato (chi ha orecchie per intendere intenda), ma, soprattutto, mooooooooolti nuovi casini creati ex novo per loro.

Spero che verrete a leggerla in tanti quando mi deciderò a pubblicarla, nel frattempo ringrazio tutti quelli che stanno seguendo questa storia!

 

PS3: la canzone con cui è inframmezzata la storia è Boulevard of Broken Dreams dei Green Day, pescata dal mio strampalato repertorio che, tuttavia, mi sembrava piuttosto indicata per rappresentare lo stato d’animo quasi di abbandono che Draco prova nei confronti delle cose adesso che Herm non c’è più e sta combattendo come un matto.

Anche se sono una scrittrice [in erba] e raccontare è il mio lavoro, credo che questa canzone esprima molto meglio le cose che centinaia delle mie descrizioni prosastiche e noiosissime.

Non entro nel merito dei gusti, so che ad alcuni potrebbe non piacere, io spero che riusciate a leggere il parallelismo ^_^

 

Luana1985: direi di no, Draco ha davvero ben poco tempo per pensare al suo eroico quanto sconsiderato gesto, direi che prima è basilare cercare di portare a casa la pelle perché pare che i mangiamorte siano piuttosto intenzionati, invece, a spedirlo sottoterra.

Mi dispiace di averti sconvolta, scusami, comunque mi auguro che ti piaccia anche questo nuovo capitolo, ciao e un kiss! Nyssa

 

Vavva: credo che l’incombente fine della storia sia l’unica cosa che mi salva dalla persecuzione a vita per quello che ho fatto ad Herm, ma su, abbiate un po’ di fiducia, sono un’autrice dalle mille risorse! (in verità ancora a riflettere su come rimediare al casino, ma di questo se ne discuterà in futuro).

Mi fa molto piacere che la vicenda narrata nel precedente cappy ti sia piaciuta, in effetti Herm è stata grandiosa e, come ripeto sempre, sconsiderata: sappi che non approvo per  niente quello che ha fatto, ma avevo determinate esigenze di copione e alla fine mi sono decisa a farle fare qualcosa che non mi andava.

Nel precedente capitolo si guarda parecchio dentro alle persone: Draco, Herm, Blaise e la McGranitt, ciascuno ha la sua vita e le sue motivazioni per fare ciò che fa ed è un po’ come tirare le fila di tutta la storia, dall’altra parte, però, in questo ventiquattresimo capitolo si descrive molto, invece, ciò che accade fuori.

Penso che in una battaglia sia più calzante vedere la vicenda, anche perché immagino che la mente sia impegnata a fare altro piuttosto che lunghi flashback come in Holly e Benji…

Mi auguro che ti piaccia ugualmente e aspetto quindi una tua opinione! Ciao e un bacione grandissimo, Nyssa

 

Fragola1991: i colpi di scena cominciano a comparire un po’ in questo perché nell’altro bisognava spiegare tutta la situazione, ad ogni modo non disperare, ci saranno tantopiù che siamo quasi all’inizio e non mi gira molto di lasciare la nostra Herm stecchita in infermeria…

Come richiesto, ho aggiornato il prima possibile, mi auguro che l’attesa non sia stata eccessiva e ne approfitto anche per ringraziarti di tutti i complimenti che mi ha fatto, grazie davvero di cuore!

Adesso ti saluto, un bacio, Nyssa

 

Lord Martiya: chiaro e conciso. Per la prima cosa, come vedi, ho cominciato perché la nostra bella Mana è finalmente arrivata sulla scena, anche se penso che qualche accanito fan del sensei vorrà ammazzarmi per come le ho un po’ storpiato il carattere, ma ricado sempre nella solita scusa di “esigenze di copione”.

Per quanto riguarda salvare Hermione ci sto lavorando, anche se capirai bene che non è molto facile, ma ho in mente una cosuccia…

Spero che il cappy ti sia ugualmente piaciuto e aspetto di conoscere la tua opinione a proposito, ma premetto che la battaglia non è ancora finita, eheheh!

Ciao e a presto! Nyssa

 

Jocker666: ciao e benvenuta! È bello sapere di avere tanti assidui lettori e lettrici che seguono la storia anche se non la commentano! Credimi, ti capisco benissimo, pure io sono rincorsa giorno e notte dalle scadenze e ogni volta rischio di essere in ritardo con la pubblicazione del capitolo ed è bruttissimo visto che tutti mi chiedono sempre di aggiornare sempre…

Ad ogni modo grazie per tutti i bei complimenti che mi hai fatto! Per quanto riguarda la pesantezza ammetto che è uno dei miei grandi difetti, non solo quando scrivo di storie, se poi ci sono mille altre storie dentro alla Storia, beh, mi trovo sempre costretta a sprecare più spazio del previsto per chiarire i dettagli poco chiari che sono sempre troppi.

Spero che anche gli ultimi capitolo che nella scorsa recensione non avevi ancora letto ti siano piaciuti e mi auguro che sia lo stesso anche con questo, quindi spero di vedere presto il tuo nome tra le recensioni per avere un tuo parere.

Nel frattempo ti saluto e ti mando un bacio, Nyssa

 

Giuliabaron: anche io sono totalmente favorevole agli happy ending, il problema è riuscire a costruirne uno credibile dopo quanto ho fatto succedere… non posso certo fare una cosa campata per aria che non sta né in Cielo e né in Terra… ad ogni modo, come ho già detto, ci sto lavorando sopra e spero di riuscire a trovare la soluzione ideale per accontentare tutti i cultori di lieti fini, me per prima.

Spero che il capitolo ti piaccia, aspetto di sapere! Ciao e un bacio grande, Nyssa

 

Shavanna: innanzi tutto un grazie con inchino per le belle parole con cui hai iniziato la recensione, credimi, sono davvero commossa, quasi che non smetterò di scrivere solo per ricevere ancora dei commenti così =^_^=

Ehehe, la vicenda finale non è molto intricata e piano piano si stanno dipanando i fili della matassa, probabilmente avrai già capito che cosa è accaduto e, se non è così, stai tranquilla che nel prox aggiornamento spiegherò tutto per filo e per segno, dopotutto credo che i tempi siano maturi.

Mi piace da morire quando mi chiami “regina degli enigmi”, tu si che sai come adulare l’ego smisurato di una scrittrice come me!

Comunque aspetto di avere la tua opinione su questo primo pezzo della battaglia, a presto quindi! Ciao e un bacione grande grande grande! Nyssa

 

Akiko: interrogativo interessante, in effetti me lo sono posta anche io qualche volta, ma poi ho sempre liquidato il problema visto che non era molto rilevante per la vicenda… comunque chissà che una volta o l’altra non mi giri di dirlo da qualche parte… ecco un’altra cultrice dell’happy ending: come ho già detto sono io la prima ad amarli, ma bisogna costruirli bene sennò rovinano tutta una storia di sacrifici e idee, quindi mi ci metto d’impegno appena ho tempo e invento qualcosa di sensato che non sia proprio cascato dal Cielo.

Probabilmente stai per dire che sono pazza, ma non preoccuparti, riuscirò a terminare il tutto, è solo l’ansia pre verifica che mi assale alle nove di sera… l’esame si avvicina, spero di riuscire a completare la storia per allora in modo da lanciarmi a cuor leggero, intanto ti faccio un in bocca al lupo anticipato per la maturità dell’anno prossimo!

Per quanto riguarda cappy e spoiler, invece, sono nella sezione spazio autrice.

Mi auguro che il capitolo ti piaccia, aspetto di sapere! Un bacione grande, Nyssa

 

 

 

 

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Capitolo 25
*** The circle game ***


Quando Rodolphus Lestrange lasciò la presa, scaraventato via da una folata di energia che non si sapeva da dove provenisse, il giovane Devlin atterrò morbidamente sul pavimento pieno di cocci e schegge con i piedi nudi, senza preoccuparsene

Quando Rodolphus Lestrange lasciò la presa, scaraventato via da una folata di energia che non si sapeva da dove provenisse, il giovane Devlin atterrò morbidamente sul pavimento pieno di cocci e schegge con i piedi nudi, senza preoccuparsene.

Sarebbe stato difficile attribuirgli un’età precisa, il suo sguardo pareva aver visto tutta la storia del mondo, ma il suo aspetto di ragazzino lo smentiva.

I capelli bianchissimi, poi, erano un bizzarro contrasto con il verde quasi innaturale degli occhi grandi che studiavano e guardavano tutti.

 

L’ultimo Dumbledore sulla terra si guadò attorno regalando un’occhiata di superiorità ai mangiamorte impietriti e tremanti e una fredda e scrutatrice al piccolo esercito dell’Ordine della Fenice schierato e altrettanto basito.

Gli occhi smeraldo si abbassarono sul lungo lenzuolo che lo ricopriva e Devlin scosse la testa: solo più tardi, riflettendo su quel dettaglio, sia Draco che Harry avrebbero confermato che Silente stesso non avrebbe fatto cosa diversa, infatti, toccando appena la stoffa bianca, questa cominciò a modellarsi su di lui fino ad assumere le sembianze di un abito decisamente più comodo.

Quando rialzò la testa, pareva che il giovanetto avesse risolto tutti i suoi problemi e che la presenza massiccia degli adepti di Lord Voldemort ancora lì non costituisse un dettaglio di cui preoccuparsi.

Solo allora gli occhi verdi si spostarono su Draco, appoggiato fiaccamente al tavolo riverso che ansimava a fatica, ma che, tuttavia, stava ghignando come solo lui sapeva fare, quasi rispondesse un po’ all’aria strafottente che lo stesso ragazzino albino aveva stampigliata sul volto dalle fattezze ancora un po’ infantili.

 

Devlin si mosse per la sala senza che nessuno osasse fiatare o muoversi, né buoni e né cattivi, si accostò allo Slytherin e piegò le ginocchia per arrivare all’altezza di quest’ultimo.

 

-          Credo che tu, tra tutti, sia l’unico che sa davvero chi sono – gli sorrise e quel gesto gli parve molto diverso dagli altri che aveva rivolto, come se volesse bene a Draco

Il biondo annuì a fatica, dopodiché Devlin scostò appena i lembi della camicia dell’altro e posò una mano sul petto, il Caposcuola verde-argento sussultò a quel contatto, come se per un attimo gli fosse mancato il respiro, dopodiché le ferite che aveva sul corpo e che gli erano state procurate dagli schiantesimi di sua zia cominciarono a scomparire, lentamente.

 

-          Chi sei? Che cosa stai facendo? – urlò esagitata Bellatrix brandendo la bacchetta e più si rendeva conto che la situazione diventava critica per loro, più diventava isterica

-          Mi pareva di averti già detto il mio nome. – rispose glaciale Devlin senza neppure guardarla, ma continuando in quello che stava facendo – avresti fatto meglio a ricordartene allora – aggiunse ancora.

 

Faceva uno strano effetto essere arrivati sull’orlo della distruzione totale e sapere che a salvare il tutto era stato un ragazzino un po’ sfrontato.

E il fatto che stesse rimettendo in piedi il figlio di sua sorella non giocava a loro favore, Draco Malfoy era senz’altro una persona pericolosa tanto quanto lo era la sua totale imprevedibilità.

Era fin troppo intelligente e per di più adesso militava tra le fila di Silente.

Doveva fare qualcosa.

 

In un impeto di follia lanciò contro i due, apparentemente indifesi, la prima maledizione che le giunse alla mente, la scagliò con tutte le forze che aveva in corpo nel tentativo di distruggerli per sempre, poco importava che andasse contro le regole della cavalleria, visto che non potevano difendersi ed erano impreparati all’attacco, erano mangiamorte, dopotutto, il loro unico codice era quello che li univa al loro signore.

 

Ma fu tutto vano, per quanto potente e odiato, l’incantesimo andò ad infrangersi contro una barriera invisibile intorno alle due figure.

E l’attimo seguente il nipote di Albus Silente voltò verso di lei la testa, sembrava che avesse a che fare con un moscerino fastidioso e l’aria era decisamente molto seccata.

-          Sei una persona molesta, Bellatrix Black. E credevo che tu avessi abbastanza cervello per preservare la tua integrità, ma mi rendo conto che non è così.

-          Stai zitto! – gli gridò furibonda la donna, più scarmigliata che mai

Nel frattempo Malfoy si rimise in piedi, non era proprio come nuovo, ma quel ragazzino sapeva davvero compiere miracoli con quella bacchetta e non dubitava certo che la maggior parte del merito fosse dei suoi grandissimi poteri: figlio di Ariana Silente e di Grindewald… chissà che aura magica immensa possedeva… in parte capiva perché i mangiamorte fossero così restii ad ucciderlo, che atrocità avrebbe commesso una persona simile se indottrinata a dovere con il credo di Voldemort?

Già da solo non sembrava proprio uno stinco di santo, con le dovute manipolazioni, se mai fossero riuscite a fargliene e non fosse accaduto il contrario, sarebbe diventato un autentico Signore del Male.

 

Lo guardò e provò quasi un sentimento fraterno nei suoi confronti, qualcosa che per nessun altro aveva mai provato, poi qualcosa lo colpì: dalla camicia linda del ragazzo, che portava con i primi tre pomelli rigorosamente sbottonati, pendeva una catenella dorata che reggeva senz’altro un ciondolo nascosto dalle pieghe del tessuto.

In un primo momento credette che fosse il medaglione che Silente aveva mostrato loro, quello contenente lo spirito della Elder Wand, quello che nessuno poteva toccare e che Devlin avrebbe dovuto avere sempre con sé, ma c’erano un paio di dettagli che non quadravano.

Innanzi tutto il preside aveva detto loro che, alla sua more, Alys, la fantomatica feycoocu che abitava la Bacchetta di Sambuco, si sarebbe ricongiunta al legno dal quale era stata separata alla nascita di Devlin, dunque, dato che Silente era morto e suo nipote stava combattendo, ella doveva già essere tornata alla sua “casa”.

Eppoi… come non riconoscere quelle maglie sottili che formavano il complicato intreccio della catenella? Quella era senz’altro la Giratempo di Hermione!

 

Devlin intercettò il suo sguardo, come se la scenata di pazzia di Bellatrix non richiedesse la sua attenzione per un secondo di più e neppure un possibile incantesimo scagliato all’improvviso

-          Ringrazia la tua dolce metà se sono qui – gli disse ghignando e a Draco quel ghignò ricordò molto il proprio

-          Hermione? – domandò incredulo – Hermione è… viva?

Il ragazzino parve riflettere in modo teatrale sulla questione, liquidandola con un

-          Ne parliamo più tardi

Detto ciò si voltò finalmente verso l’iraconda seguace di Voldemort e la squadrò da testa a piedi, quando la sua ispezione fu terminata sul suo viso si leggeva perfettamente un’espressione terribilmente annoiata: Bellatrix non suscitava certo il suo interesse.

-          Giunta l’ora di morire eh, Bella? – la schernì – sei pronta? Hai fatto l’esamino di coscienza?

-          Tu, stupido bamboccio saputo – sibilò pericolosa lei riuscendo a strappargli un sorrisetto ironico – non credere di potermi uccidere così facilmente…

-          Io invece penso di sì – rispose con naturalezza lui rigirandosi il legno chiaro tra le dita – non sei dotata di nessuna caratteristica particolare, i tuoi poteri sono qualcosa di cui vergognarsi, più che altro, e al momento riesci pensare solo alla rabbia. – una bella analisi psicologica -  Ma dopotutto, tu volevi la bacchetta di Albus… forse è il caso che io ti dia effettivamente una dimostrazione di cosa può fare

Gli occhi verdi si spostarono sulla figura bionda in piedi lì accanto che lo stavano ammonendo di non fare troppo il gradasso, più che altro perché il ruolo non si confaceva molto al suo aspetto fanciullesco e Draco questo lo sapeva bene, non tanto perché sua zia potesse davvero ucciderlo.

Esattamente come avrebbe fatto un fratellino desideroso di mostrare la propria abilità al fratello maggiore, Devlin sorrise, per una volta gaiamente, al Serpeverde.

-          Allora, sei pronta? – le chiese portandosi la lunga asta parallela alla linea mediana del volto e fissandole gli occhi sul viso

Reggendo l’impugnatura elaborata proprio sotto il mento, la parte di legno separava in due metà perfettamente speculari il volto del ragazzino, l’unica cosa asimmetrica era il ghigno un po’ bieco che storpiava le sue labbra.

Bellatrix deglutì e si preparò al duello in posizione di difesa.

Non sapeva chi fosse quell’esserino pestifero né da dove fosse sbucato fuori e, di sicuro, alla sua età non ci si poteva aspettare che sapesse combattere con una bacchetta in modo da tenere testa ad una persona dotata di molta esperienza quale lei stessa era, ma… c’era qualcosa in lui che lo rendeva molto pericoloso.

La logica avrebbe suggerito quanto sopra, ma aveva come la terribile sensazione che lui sarebbe davvero stato in grado di ucciderla. Se lui avesse cominciato, con ogni probabilità sarebbe riuscita a stento a sopravvivere.

-          Pronta? – le chiese come se si stesse divertendo da matti e la punta della bacchetta si colorò di un’aura verdastra

Come un tredicenne sapesse richiamare a cuor leggero un’Avada Kedavra era un mistero; o il piccoletto non era a conoscenza della potenza distruttiva di quell’incantesimo, ma francamente ne dubitava, o erano di fronte a qualcuno che la storia non aveva mai visto e che di sicuro più che appartenere ai libri, l’avrebbe SCRITTA la storia.

 

Vide gli occhi verdi, prima puntati su di lei spostarsi leggermente di lato e si accorse di un piccolo dettaglio, ovvero la mano di Draco posata sulla spalla del ragazzo, poco più basso di lui.

Malfoy scosse la testa

-          Non dovremmo abusare della nostra magia in questo modo – incominciò paterno - abbiamo tutti e due poteri troppo grandi per la nostra età, io stesso ho appena pochi anni più di te, ma… è giunto il momento che mi assuma la responsabilità di quanto mi è stato dato, per presto che sia. A tempo debito regolerai i tuoi conti

Devlin aspettò in silenzio, ragionando sulle sue parole, e quel modo di fare allo Slytherin ricordò quello della sua nuova tutrice, Mana, non avrebbe saputo dire se Devlin avrebbe ucciso Bellatrix a sangue freddo o se quel gesto l’avrebbe perseguitato per tutta la sua esistenza, ma era giunto il momento di mettere la parola fine a quella faccenda e toccava a lui, da dove tutto era cominciato.

-          D’accordo – disse infine il ragazzino, Draco gli regalò un sorriso riconoscente – ma lo faccio solo perché è una questione tra te e lei

Sarà stata un’impressione, ma quella piccola peste gli ricordava molto se stesso alla sua età…

-          Devlin?

Una voce dall’esterno chiamò il nipote del preside e subito dopo, affaticata, nel vano della porta comparve la professoressa McGranitt

-          Oh, sia grazie al Cielo, meno male, credevo di averti perduto nelle correnti temporali

Lo sguardo di Minerva pareva stranamente preoccupato, come se quello con cui stava parlando fosse il suo nipotino anziché un perfetto estraneo che aveva conosciuto da meno di un anno.

Gli occhi azzurri erano umidi e si stava sorreggendo con una certa fatica allo stipite mentre il pugno della mano sinistra, chiuso, era poggiato sul petto.

-          Uno come me non può morire a quel modo – rispose con naturalezza il diretto interessato

Draco guardò quella scena, un piccolo quadretto familiare distrutto come il suo, anzi, come entrambi i suoi: quello di cui faceva parte come figlio e quello che avrebbe voluto costruire come marito e come padre.

Scosse la testa cercando di scacciare l’immagine serena della mezzosangue prima di chiudere gli occhi per sempre, se l’avesse rammentata ancora si sarebbe messo a piangere e non era il caso visto che c’era ancora da sistemare una ventina di mangiamorte e sua zia.

Accidenti, sua zia!

Distratto com’era stato dalla comparsa della vicepreside si era completamente dimenticato di Bellatrix!

Si voltò appena in tempo per vedere l’Avada Kedrava dall’inconfondibile colore fosforescente partire dalla bacchetta della maga diretta non a Devlin o a lui, bensì alla McGranitt!

Cazzo, se la McGranitt fosse morta a quel modo avrebbe liberato un mostro!

Perché faceva tanto lo sbruffoncello, ma anche Devlin, stranamente, voleva bene a quella burbera professoressa e c’era da chiedersi come mai visto che non erano stati insieme che poche ore prima dell’inizio della battaglia…

Un “nooooo!!!” gridato con tutta la forza che aveva in corpo gli uscì involontariamente dalla bocca mentre, più veloce che poteva, si lanciava verso l’insegnante che si era accorta solo in quel momento della magia appena partita  e non le avrebbe dato il tempo di scansarsi.

Spiccando probabilmente il salto più spettacolare della sua vita, col cuore che batteva a mille nel petto, come quando faceva l’amore con la mezzosangue, lo sguardo terrorizzato degli occhi verdi di Devlin che gli vorticava nella mente, si gettò più veloce che poté sulla professoressa cercando di scaraventarla lontano.

Sentì un dolore fortissimo colpirlo al fianco sinistro mentre stava ancora volando a mezz’aria.

 

Quando guardava quegli sceneggiati babbani, mentre era a Londra, si chiedeva spesso perché a metà della scena clou i registi decidessero sempre di mettere il rallentatore alle immagini, beh, adesso lo capiva: in quel momento era come se il tempo stesse frenando, come se tutto scorresse molto più lentamente, i movimenti parevano a scatti, i suoni che riusciva ad udire divennero concitati e confusi, le immagini cominciarono a sfuocarsi nella sua mente.

Udì in lontananza le grida dei suoi compagni.

Atterrò malamente sul pavimento di pietra graffiandosi con lo scempio di cocci e vetri infranti e riconobbe la sagoma allarmata di Potter quando aprì appena gli occhi cercando di non perdere conoscenza.

-          Malfoy! Malfoy! – stava chiamando Potty con un’agitazione che non gli si addiceva molto

Se fosse stato in salute (e qualunque minuto della sua vita poteva dichiarare di essere stato meglio di ora) gli avrebbe risposto per le rime, Potty non era certo una bella donna a cui dedicare l’attenzione degli ultimi attimi della sua vita… se fosse stata la mezzosangue di certo avrebbe fatto uno sforzo diverso. Perché non lasciava avvicinare la Greengrass? Almeno avrebbe visto qualcosa di bello prima di andare per sempre all’Inferno…

 

Un grido disumano gli rimbombò nelle orecchie, ma non riusciva a distinguerlo, voltò la testa verso la direzione da cui proveniva cercando di mettere a fuoco la scena leggermente sgranata, lo spettacolo che si presentò ai suoi occhi stanchi non lo sorprese.

I mangiamorte avevano il pregio di essere mossi sempre da grandi emozioni che li scuotevano e spingevano nelle loro idee, ma altrettante ne suscitavano nei loro rivali e quando il proprio avversario è uno come Devlin Dumbledore, la cui madre aveva immensi poteri magici, ma altrettanto incontrollabili e il proprio padre era nientemeno che il mago più spietato del mondo magico, beh, qualsiasi cosa avesse visto non l’avrebbe stupito.

 

Sua zia al momento era intrappolata in un cerchio magico che la stava investendo di scariche decisamente poco piacevoli mentre il fautore di tutto quello se ne stava in piedi attorniato da un’aura omicida che colorava perfino l’aria di quel rosso vermiglio che aveva accompagnato anche la sua venuta in quel mondo.

Gli occhi verdi avevano le iridi dilatate mentre le pupille sottilissime stavano fissando lo scempio di vita che causavano.

I capelli bianchissimi quasi ritti sulla testa dalla violenza della magia che senz’altro scorreva nelle mani di quel ragazzino al momento, erano testimoni della sua rabbia.

Quanto faceva paura, nonostante fosse poco più che un bambinetto, ma dopotutto, recentemente lo era stato anche lui e…

Non aveva la forza di continuare a pensare e riflettere, eppure doveva fare qualcosa!

Allungò una mano, doveva fermarlo, se non lo faceva lui chi altri…

 

-          Devlin! – richiamò una voce – adesso basta!

 

Dalla stessa porta da cui era entrata la McGranitt arrivò un’altra sagoma vestita di scuro muovendosi con passi lenti e cadenzati.

Tutte le teste intorno a lui si voltarono a guardare, fissare quasi con sconcerto, cercò di girarsi anche lui nonostante il dolore, avvertì la camicia nuovamente zuppa di sangue e maledisse quel giorno in cui era la seconda volta che rischiava di morire per mancanza di emoglobina, se fosse sopravvissuto avrebbe fatto un’ordinazione “in serie” di camicie al suo sarto di fiducia.

 

La persona appena giunta aveva un’aria stranamente familiare, indossava una gonna della divisa della scuola, era del Grifondoro, inconfondibile, i loro colori sarebbero saltati agli occhi perfino ad un cieco…

Anche la camicia pareva dei grifoni e i capelli mossi le cadevano sulle spalle…

Doveva trattarsi di una ragazza, ma con la vista che si ritrovava avrebbe scambiato Hagrid per Miss Inghilterra.

Eppure quel qualcuno sembrava familiare, anche la sua voce, nonostante non avesse più parlato.

E gli occhi… così caldi e dorati… si stavano spostando meccanicamente da lui al bambino di fronte che, forse, si stava calmando un poco.

Se quella era la fine, beh, era meglio di quanto ricordasse, perfino lui si sarebbe calmato se qualcuno l’avesse guardato con tanta severità.

Eppure quando incrociava quelle iridi così piene di tristezza e di paura… così prossime alle lacrime…

Hermione!

Quella era Hermione!

Hermione Jane Granger!

 

No, non era possibile! Stava sognando o forse era qualche allucinazione causata dalla sua ferita di cui tutti parevano essersi dimenticati…

Hermione era morta! L’aveva vista lui stesso mentre si addormentava per sempre tra le pieghe del lenzuolo…

 

All’improvviso, anche se non lo vide, riuscì ad avvertire la forza magica di Devlin diminuire progressivamente.

Chiuse gli occhi, qualunque cosa facesse gli costava fatica, anche pensare a LEI, viva o morta che fosse.

Il suono martellante del suo cuore coprì a poco a poco tutti gli altri.

Aprì ancora una volta gli occhi, sentendo le palpebre tanto pesanti come se fossero fatte di pietra, dopodiché, tra i tanti visi più o meno familiari, casualmente Potter sempre in primo piano a rovinare la visuale, spiccava anche quello della Granger.

Hermione era il ritratto della paura e le lacrime si stavano accumulando fino ad offuscare le sue iridi, sentì che anche i suoi occhi erano umidi.

Le sorrise, come meglio poteva e allungò una mano ad accarezzarle i riccioli ribelli che le incorniciavano il volto.

Facendosi violenza mise tutta la sua forza nella mano avvicinando il capo della ragazza al suo, se non lo avesse detto, se non lo avesse fatto…

DOVEVA!

Non poteva andarsene per sempre senza dirglielo!

La bocca si avvicinò all’orecchio, le spostò una ciocca sfuggita alle forcine e parlò

-          Ti amo. Sposami Hermione Granger

Dopodiché, con le sue ultime forze, la bocca percorse quel breve tratto di pelle che separava l’orecchio dalla bocca e posò un castissimo bacio sulle labbra di lei.

Non aveva la forza di fare altro, non riusciva neppure a stringerla a sé, non riusciva a vederla, avvertiva solo il contatto dei suoi capelli e della sua pelle.

Udì appena una voce gridare il suo nome, sapeva essere la mezzosangue.

Avvertì sulla bocca una lacrima, salata come quelle che aveva assaggiato la prima volta che si erano baciati, la prima volta che lei baciava qualcuno.

Beh, era meglio di quanto riuscisse ad immaginare.

Presto anche il suo udito sarebbe scomparso.

 

-          Fate largo, branco di stupidi! – gridò qualcun altro, quella, decisamente, non era la voce della Regina dei Gryffindor, lei non avrebbe mai sbraitato a quel modo, come una pescivendola, eppoi il lessico era decisamente fuori questione

Gli sembrava più se stesso che la sua bella e rediviva Hermione.

 

Anche l’udito scomparve, sostituito dal nulla.

Presto sarebbe scemata anche la consapevolezza.

Non avrebbe resistito che mezzo minuto.

Uno.

Due.

Tre.

Quattro.

Cinque.

Sei.

Sette.

Otto.

Nove.

Dieci…

Qualcosa, come una scarica, lo costrinse ad uno scatto e riaprì improvvisamente gli occhi.

La prima cosa che vide fu una serissima e quantomai arrabbiata faccia fanciullesca dai capelli bianchi che lo fissava con un cipiglio incazzoso che avrebbe fatto invidia al proprio.

-          Vedi di svegliarti, non ne ho voglia di stare qui a questo modo ancora un po’!

Stava dicendo il soggetto in questione.

Con una certa fatica allargò il suo campo visivo e riuscì ad avvertire altri sensi oltre la vista e l’udito: il tatto era uno di questi.

Le mani del ragazzino erano poste sul suo petto come quando gli aveva curato le ferite, subito dopo essere arrivato, solo che in quella circostanza aveva usato solo la sinistra mentre ora entrambe erano appoggiate sulla sua pelle

-          Che cosa staresti facendo, razza di invertito?! – sbraitò con tutta la rinnovata forza che sentiva in corpo alzandosi un po’

-          Ti sto salvando la vita, sottospecie di ingrato! – rispose a tono l’altro mentre Draco si rimetteva a sedere

-          E per farlo devi proprio spogliarmi?! – aggiunse il biondastro

-          Sai che bello avere a che fare uno come te! – sibilò pericoloso Devlin

-          E dì un po’, per curarmi dovevi proprio sbottonarmi i pantaloni?! – aggiunse lo Slytherin tirando i lembi per la cintura di pelle e riabbottonando il pomello, in realtà solo quello era stato slacciato, ma c’era qualcosa che gli sfuggiva leggermente, eppoi non poteva darla vinta a quel piccoletto

-          Guarda che sono etero! – sbraitò il piccolo Dumbledore – mi fanno schifo quelli che vanno con gli uomini

-          Ma stai zitto, razza di moccioso!

-          Moccioso lo vai a dire a qualcun altro – sbuffò

 

-          Ma cosa siete, fratelli? – propose qualcuno non meglio identificato dalla piccola platea di studenti in piedi che si era venuta a creare lì intorno

Draco e Devlin si voltarono a fulminare con lo sguardo chiunque avesse parlato.

Malfoy passò in rassegna i volti e gli ci volle meno di un secondo per identificare la provenienza della voce nel suo migliore amico lì in piedi con le braccia incrociate e un sorrisetto divertito sulle labbra.

Blaise!

Santo cielo, ma allora era vivo! Allora il piccolo saputello lo aveva davvero salvato!

Accanto a Zabini c’era Pansy con l’aria sollevata, divertita dalla scena, poco distante Potter sospirò e si aggiustò gli occhiali rotondi sul naso nascondendo una risatina.

E lì davanti a loro, sul pavimento con le ginocchia sbucciate, la sua piccola mezzosangue con il petto che si alzava e abbassava agitato e le lacrime che le rigavano le guance.

Farfugliò qualcosa di inintelligibile e subito dopo lei gli si lanciò tra le braccia.

Rimase un po’ stupito da quella reazione, più che altro perché era il primo ad essere scioccato di stare ancora in quel mondo: era VIVO!

Spostò gli occhi su Devlin mentre accarezzava piano la testa della giovane Gryffindor; il nipote di Silente se ne stava seduto a gambe incrociate sul pavimento antico dondolando ritmicamente la bacchetta più potente di tutto il mondo magico e quando i loro occhi s’incrociarono sbuffò scuotendo la testa.

 

*          *          *

 

Qualcuno dietro il piccolo gruppetto riunito tossicchiò significativamente e un varco si formò tra gli studenti: la professoressa McGranitt attraversò il passaggio e si fermò in piedi di fronte ai due studenti abbracciati e al bambino seduto poco distante con tutta l’aria di far finta di guardare lontano

-          Avrei qualcosa da ridire circa i suoi metodi – dichiarò leggermente a disagio Minerva – ma devo ringraziarla

Draco boccheggiò, caspita che giornata! Perfino un ringraziamento della vicepreside!

Poi un pensiero lo colse vedendo la gonna lunga di lei e il piccolo Silente lì affianco

-          Professoressa, il professor Silente?

La donna aprì la bocca, come per dire qualcosa, stupita da quella affermazione, ma la richiuse subito dopo e abbassò gli occhi oltre le lenti rettangolari.

Si voltò verso gli altri che, con ogni probabilità, non avevano colto tutti quei dettagli

-          Cominciamo a rimettere a posto – disse all’indirizzo degli allievi – professor Vitius – aggiunse poi indicando l’insegnante – rinchiuda i prigionieri nelle celle di Hogwarts e metta delle sentinelle; signorina Tatsumiya – Mana comparve dal nulla col suo fucile di precisione appoggiato per il calcio sul pavimento, le braccia che si reggevano, apparentemente come se si stesse annoiando, alla canna, le gambe leggermente divaricate negli stivali camperos di pelle – vuole occuparsene lei?

Mana annuì svelta, fece un segno di vittoria a Draco, gli strizzò l’occhio e seguì il prof di Incantesimi ricaricando la sua arma dopo la battaglia, seminando lungo il suo percorso bossoli vuoti.

Dopo aver sistemato tutti, Minerva si voltò nuovamente verso Draco, Hermione e il piccolo Devlin

-          Riesce a camminare, signor Malfoy? – domandò, l’altro fece un paio di prove per rimettersi in piedi, poi accennò un assenso – molto bene, seguitemi – e si diresse veloce verso l’uscita della Sala Grande ridotta ad un campo di battaglia.

Malferret si voltò un’ultima volta, fotografando con precisione quell’immagine nella sua mente: quando vi avrebbe rimesso piede tutto sarebbe stato diverso, probabilmente ogni cosa sarebbe tornata al suo posto come ricordava essere sempre stata, ma era giusto ricordare che cosa si era consumato tra le antiche pareti della sala maggiore della scuola.

 

*          *          *

 

La professoressa li condusse nel proprio studio e fece sedere i tre sulle poltroncine di fronte alla scrivania con un gesto della mano, poi si accomodò a sua volta nella poltrona dietro.

Hermione, che tremava come una foglia, continuava a tenere la mano del biondo senza lasciarla e gli occhi bassi sul pavimento.

-          Mi ha chiesto di Albus Silente – commentò quasi con tristezza la McGranitt

-          Infatti – rispose Malfoy – se Devlin riesce a usare la Bacchetta il preside deve essere per forza morto – tatto zero.

Nessuno ne sapeva tanto quanto lui sulle Reliquie, il vecchio mago stesso gli aveva detto tutto ciò che conosceva in proposito e, a differenza delle altre grandi famiglie coinvolte in quella questione: i Black, i Potter, i Gaunt e i Malfoy, i Dumbledore non avevano la pessima abitudine di dimenticarsi le cose importanti per strada.

Ovviamente poi aveva fatto un po’ di ricerche per conto suo e di sicuro sapeva che il potere di una Reliquia veniva trasmessa all’erede della famiglia solo quando il capofamiglia stesso moriva.

-          E’ vero? – domandò il bambino albino puntando gli occhi smeraldini sull’anziana donna, Minerva sospirò drammaticamente, si tolse gli occhiali incrinati dalla caduta, li appoggiò sulla scrivania, li pulì con un panno e se li mise, il tutto con esasperante lentezza

-          Lasciate che prima vi spieghi che cosa è successo, oppure, se vuole può farlo la signorina Granger

-          Silente è morto davvero? – questa volta il biondo rivolse direttamente a lei le sue domande

Hermione annuì con tristezza, continuando a tenere gli occhi fissi sul parquet

-          Ma non sono stati i mangiamorte – aggiunse in un sussurro appena udibile

-          È vero? – indagò ancora lui girandosi verso l’insegnante che annuì

-          Lasciate che vi spieghi.

-          Non aspetto altro.

Se c’era una cosa che Draco Malfoy non capiva era come quelle due donne così fedeli all’Ordine avessero lasciato che Silente morisse, non lo riteneva umanamente concepibile, anzi, assurdo!

-          Lei certamente sa che, quando la signorina Granger ha preso la sua decisione – e qui spostò alternativamente lo sguardo su di lei e sullo Slytherin – sono rimasta io a vegliare su di lei

-          Sì, ricordo – confermò

-          Sono entrata nella mente della signorina, subito dopo che ve ne siete andato – aggiunse – avevo la necessità di trovare una risposta che mi premeva particolarmente

-          Quale? – Minerva McGranitt si irrigidì contro lo schienale e indurì gli occhi

-          Non sono cose che la riguardano – rispose altera e Draco avvertì una piccola stretta alla mano da parte di Hermione – ad ogni modo, la signorina mi ha fornito l’autorizzazione per prendere la sua Giratempo

-          Ma se era morta, poteva farlo benissimo – era a conoscenza del fatto che nessuno potesse toglierle quell’oggetto senza il suo specifico consenso

-          Non è esatto. L’incantesimo che si è scatenato quando lei ha assorbito la sua energia magica – e la scena si ripresentò con prepotente urgenza alla mente del ragazzo – non ha effettivamente ucciso la nostra studentessa, bensì l’ha lasciata in uno stato comatoso. Se la caposcuola di Grifondoro fosse effettivamente morta sarebbe stato impossibile anche per me entrare tra i suoi pensieri

-          E dunque?

-          Ho preso la Giratempo e ho riflettuto su quello che andava fatto, ma quando sono tornata alla realtà l’infermeria non era più vuota

Si fece silenzio, tra i presenti, mentre si entrava nel vivo della narrazione

-          Il professor Silente, con ogni probabilità, era venuto a conoscenza del gesto sconsiderato che si era compiuto, sia da parte mia che della signorina. Mi presentò una seconda Giratempo, poi si avvicinò al letto e donò la sua energia magica alla nostra allieva, esattamente come a sua volta aveva fatto con lei

-          Spero che lei abbia tentato di impedirglielo – esclamò quasi indignato il biondastro

-          Signor Malfoy! – tuonò irosa la donna – ritengo che il nostro stimato preside sia grande a sufficienza e dotato di senno in quantità bastante per badare alla propria esistenza senza una balia che gli dica cosa fare. Non approvo la sua decisione, lo sappia, ma non spetta certo a me dirgli ciò che è giusto e ciò che non lo è!

-          Vada avanti – rispose altrettanto seccato il ragazzo

-          Prima di infondere in lei – e con un gesto del capo indicò la ragazza – la sua energia, mi spiegò la sua idea: dovevamo recarci entrambe nel passato e modificare ciò che è stato. Quando mi ha detto questo la battaglia in Sala Grande era appena cominciata

-          E quindi?

-          Quando la signorina Granger si è risvegliata, siamo partite assieme alla volta della data in cui il professore ci aveva indicato l’arrivo del suo corrispettivo giovane e l’incontro tra costui e il Silente moderno

-          Credo di non seguirla

-          Lo immagino. Quando il signorino Devlin – e qui indicò il bambino – è nato, il professor Silente, per preservarlo dalla minaccia di Voldemort appena creatasi lo ha portato cinquant’anni nel futuro sperando di salvarlo. Parlando con se stesso, lo pregò di prendersi cura di quella creatura mentre lui doveva pensare alla sua vita di allora

-          Ce ne ha parlato

-          Sì, c’ero anche io. Noi siamo arrivate dal Silente di un anno fa, quando aveva appena ricevuto la visita del suo se stesso più giovane e gli abbiamo spiegato la situazione, dopodiché abbiamo preso nuovamente la Giratempo e abbiamo viaggiato undici anni indietro ancora, spiegando al Silente di allora tutta la questione e affidandogli il bambino in modo che se ne occupasse.

-          Quindi è come se Devlin fosse nato undici anni prima di come lo conosciamo… adesso lui avrebbe

-          Undici anni – puntualizzò la vicepreside – il signorino Devlin ha undici anni e, dovrebbe entrare a Scuola il prossimo settembre – aggiunse con un pizzico di disappunto immaginandosi i guai che un tipetto simile avrebbe potuto causare

-          Quindi è per questo che è cresciuto all’improvviso, durante la battaglia

-          Sì. Quando siamo arrivate undici anni indietro e abbiamo lasciato lì la cesta dopo aver parlato con Silente, il corso degli eventi è stato leggermente distorto.

-          Dunque si spiega perché abbia agito così, lui sapeva già che Devlin sarebbe arrivato – commentò Hermione, leggermente confusa

-          Credo che lo abbia fatto per permettermi di usare la Bacchetta - aggiunse ancora – se l’avessi adoperata quando lui fosse stato viso, probabilmente il suo effetto sarebbe stato minore, invece, essendo morto…

-          È una possibilità – ammise il biondo

-          Ad ogni modo, credo che sia giunto il momento di far tornare in vita Silente

-          Ma-ma… puoi farlo davvero? – chiese esterrefatta la prof alzandosi in piedi e dimenticandosi le dovute cerimonie che usava con gli allievi

-          Non ho bisogno della Bacchetta io, è meglio se torna a lui e gli ridà i suoi poteri, dopotutto, essendo vissuto in un’epoca dove Silente era ancora vivo, ne possiedo una mia. Eppoi posso cavarmela benissimo anche senza poteri supplementari, ne ho d’avanzo dei miei. – modesto come sempre

Lei fece per dire qualcosa, ma appena aperto bocca si ritrovò nell’infermeria della scuola.

-          Ho solo accelerato un po’ gli spostamenti – concesse il piccoletto stupendola

Il ragazzino le regalò un sorriso a trentadue denti molto innocente. Proprio come quello di uno squalo.

 

*          *          *

 

Silente giaceva su una delle brande di Madama Chips, l’aria serena di chi sa di aver fatto la cosa giusta.

-          Alys – chiamò Devlin stendendo la bacchetta magica di fronte a sé e la piccola feycoocu che la abitava comparve con i suoi capelli verdi e gli occhi fucsia

-          Ciao Devlin – lo salutò come se si conoscessero da una vita – sei proprio sicuro di cosa stai facendo? – gli domandò

-          Come fa a saperlo? – chiese curiosa Hermione a Draco

-          Le Reliquie hanno un rapporto molto stretto col loro proprietario, agiscono in base al suo volere, senza incantesimi

E Alys, infatti, sapeva già cosa Devlin aveva intenzione di fare di lei.

-          Se ridarai la magia ad Albus non potrai tornare nella tua epoca e noi non ci incontreremo che tra un bel po’ di anni – aggiunse

-          Nella mia epoca è tutto a posto, andrà come è andata in questa perché Silente si prenderà cura del bambino che è arrivato dopo che io sono partito – il piccolo Devlin abbassò la testa e baciò appena la chioma turchese della fata, sorridendole, poi annuì – Non preoccuparti - aggiunse

Alys sorrise e scomparve in una nuvoletta brillante che finì nella bacchetta poi questa, animata da spirito proprio, si mosse appena sopra il corpo anziano di colui che era stato uno dei maghi più potenti.

L’istante successivo questi aprì gli occhi ritrovando il piccolo gruppo schierato di fronte: Minerva, commossa fino alle lacrime, Draco ed Hermione, praticamente basiti, e suo nipote, Devlin, che aveva coscienza di aver avuto.

 

Il figlio di sua sorella stava in piedi affianco del letto e poteva immaginare cosa aveva fatto per farlo risvegliare.

Per tutta risposta, da sotto la camicia, il ragazzino estrasse una bacchetta scura, quasi nera, l’esatto opposto della Bacchetta di Sambuco. Era la SUA, quella che gli era stata destinata, non imposta dalla sete di potere di un antinato folle.

Fu felice per lui.

Quando tutta lo scompiglio si fosse placato avrebbero dovuto fare un lungo discorso.

Ringraziò che lo avesse svegliato perché morire prima di avergli confidato tutta la storia sua e di sua sorella andava contro i suoi principi, ma forse, un principio era sacrificabile per il bene di un intero pianeta…

 

*          *          *

 

-          Prova a rifarlo e questa è la volta che mi mandi davvero all’altro mondo!

Hermione storse la bocca seduta sul letto dell’infermeria e fissò il vuoto, Draco non era stato molto contento della sua decisione di sacrificarsi perché potesse combattere.

-          Dico, ma come ti è saltato in mente una cosa del genere? COME?

-          Mi sembrava la cosa più giusta… - mormorò lei sentendosi in parte colpevole e in parte accusata ingiustamente

-          Ma giusta per cosa? Ti prego, spiegamelo perché io non capisco!

-          Smettila di dire tanto! – proruppe lei – cosa credi che abbia provato quando sono tornata alla mia età normale e tu invece eri ancora un bambinetto? Cosa credi che abbia visto nei tuoi occhi?

-          Vorrei proprio saperlo! – sbraitò lui accendendosi una sigaretta dal nervoso

-          Volevi andare a combattere, guarda che lo so, non sono stupida! Volevi la tua battaglia, la tua guerra e la tua vendetta e avevi pure ragione!

-          Ma tu sei più importante della mia battaglia, della mia guerra e della mia vendetta!

-          Pensavo… credevo… che saresti stato felice di combattere per ciò che credevi

-          E in cosa dovrei credere, sentiamo! Per una volta, dico una nella mia vita che credo in una persona, questa preferisce morire piuttosto che starmi accanto! Non ero certo arrabbiato per non poter combattere! – sbuffò mentre la sigaretta era ormai quasi alla fine

-          E per cosa?

-          Per te, razza di stupida! Come potevo proteggerti in quelle condizioni?

-          Per me? Ma io so badare a me stessa! – sottolineò lapidaria

-          Su questo ho qualche dubbio.

-          Tu e la tua idea di proteggermi. Non capisco perché la fai tanto grossa, non occorre che qualcuno mi protegga, so usare la magia per difendermi a sufficienza

-          Evidentemente, allora, non sai usare la testa

-          Questo non lo devi dire, Draco Malfoy! – aggiunse pericolosa – tu non mi devi proteggere!

-          Sì invece! L’ho promesso a Silente e l’ho giurato a me stesso

-          Non m’interessa! Mi pare che, forse, tra i due sia io quella che deve proteggerti

-          Non dirlo, Granger, non provarci, sai?

-          E comunque non capisco perché stiamo ancora qui a litigare, è andato tutto bene!

-          Tutto bene?! Tutto bene un accidente! Quando mi hai toccato lo sapevamo tutti e due che saresti morta, anzi, tutti e tre! Lo sai che cosa hai fatto passare a quella strega della McGranitt?

-          Ma sentitelo! Adesso prendi anche le parti della prof!

-          Non prendo le parti della prof, ma tu stavi morendo! Quando ti ho lasciata tu eri come MORTA! È solo per un miracolo santissimo se invece sei ancora qui a voler avere ragione!

-          Ah, e così sarei io quella che vuole avere ragione?

-          Perché, non è forse così?

-          NO!

-          Io invece dico di sì.

-          E comunque non conta cosa ha passato la vicepreside, Silente sapeva che sarebbe andato tutto a posto, probabilmente me lo avrebbe impedito se le cose sarebbero andate male…

-          Granger, cazzo, non possiamo sempre essere tutti qui a guardare quello che fai! Non posso vivere con una persona che so che tenterà di ammazzarsi alla prima occasione per una stupidaggine! Hai minimamente, anche solo vagamente idea d cosa mi hai fatto passare?

-          Tu mi stai facendo passare un brutto quarto d’ora!

-          Al diavolo! Credevo di morire! Come puoi pensare che io possa continuare a vivere senza di te!

-          Il tempo guarisce tutte le ferite – citò apatica

-          Un corno! È una stronzata! Non pensarlo neppure, lo sappiamo entrambi che non è vero perché le nostre ferite sono ancora tutte aperte. Le mie e anche le tue. Dovresti smetterla di contare balle a te stessa per convincerti di aver fatto la cosa giusta! Tu e questa mania di voler avere sempre ragione e di fare “la cosa giusta”!

-          Perché tu fai sempre quella giusta, invece!

-          No

Silenzio.

-          Ad ogni modo… - incominciò lei titubante, sentendo che era giunto anche il momento delle sue scuse

-          Non farlo mai più, d’accordo? Tu non sai che cosa ho passato, tu non sai quanto ero contento quando mia zia stava per uccidermi. Andare all’Inferno era preferibile che rimanere su questa terra senza di te, soprattutto sapendo che l’avevi fatto per me.

-          Non dovresti dire certe cose…

Draco la ignorò e si avvicinò, abbracciandola stretta.

-          Hai promesso di non lasciarmi, giusto?

Tra le tante parole che aveva usato, quelle l’avevano colpita più delle altre perché lei non avrebbe mai voluto che Draco l’abbandonasse, quando fosse stata in vita, sapeva che ci sarebbe stata male, che ci avrebbe sofferto, terribilmente. Perché solo in Draco aveva trovato qualcuno con cui aprirsi davvero, qualcuno a cui poter parlare liberamente, senza nascondersi.

Draco era come lei, alla fine si somigliavano più di quanto piacesse loro ammettere.

E come lei sapeva che sarebbe stata malissimo a perderlo perché era la persona più cara al mondo, perché ne era innamorata… beh, forse ora comprendeva perché lui sembrava così furioso.

Se Draco fosse morto, sarebbe riuscita a trovare qualcun altro a cui confidare le proprie paure?

No, lo dimostrava la sua reazione, quando arrivata in Sala Grande lui era praticamente moribondo sul pavimento.

Anche il quel momento avrebbe dato la sua ritrovata vita per lui.

Ma ciò che voleva era solo vederlo felice.

Perché era innamorata e la gente fa sempre cose pazze quando è innamorata.

Chi l’avrebbe detto che sarebbe finita ad amare uno come Draco Malfoy… chi l’avrebbe detto che, dal quel giorno della visita al Giornale Scolastico, il loro rapporto sarebbe cambiato tanto.

Ora capiva meglio.

Gli strinse le braccia al collo, non voleva perderlo. MAI.

-          Andrò da Silente a ringraziarlo per averti ridato la vita. Vedi di non sprecarla, chiaro, signorina?

Lei sorrise.

-          Non sei l’unica persona sulla faccia della terra, mi pareva di avertelo già detto; devi pensare anche a chi ti vuole bene.

-          Tu mi vuoi bene, Draco? – chiese sottovoce, lui annuì, accarezzandole i capelli, piano

-          Non sei più sola, adesso. E se non ti ammazzi, non lo sarò neppure io.

La baciò dolcemente sulle labbra.

-          Un giorno ti chiederò di sposarmi, Hermione Jane Granger, perché voglio passare con te tutta la mia vita ed ogni singolo istante da adesso all’eternità.

 

*          *          *

 

Epilogo

 

Tutta Hogwarts stava danzando nella consueta festa organizzata dopo gli esami.

 

Gli studenti dell’ultimo anno, tra lacrime di gioia e di disperazione, si abbracciavano dicendosi addio dopo sette anni trascorsi assieme.

Qualcuno beveva per dimenticare di dover lasciare gli amici di sempre, altri rammentavano le belle esperienze e quelle un po’ meno idilliache.

 

Sul palco d’onore, posto al centro, stavano i quattro Caposcuola che presto sarebbero stati rimpiazzati da altrettanto validi studenti per il prossimo ciclo di studi.

Draco ed Hermione, in onore di una momentanea tregua tra le loro Case, che comunque non aveva risparmiato a Milicent di ritrovarsi “casualmente” con i capelli in fiamme, erano stati costretti ad occupare i due posti centrali vicini e avevano passato tutto il loro tempo a battibeccare rumorosamente.

Alla fine era cambiato tanto ed era cambiato poco dall’anno precedente.

Litigare litigavano come all’inizio dell’anno, peccato che, nascosti dietro il divano, si stessero tendendo per mano.

 

Harry e Ginny, desiderosi di dimenticare che dall’anno prossimo non avrebbero più potuto dividere molto tempo insieme, stavano danzando a centro pista un lento melodico.

 

Le gemelle Patil, piangenti come fontane, avevano acconsentito ad un giro di danze e, non si sa come, riuscivano a piangere, ridere e ballare (male) tutt’insieme.

 

Ron era al tavolo del buffet e si stava riempiendo il vassoio di pollo alla cantonese e insalata di primizie, oltre ad una generosa dose di carote, tanto per migliorare un po’ la già disastrosa condizione dei suoi capelli; affianco a lui, sbuffante e che batteva i tacchi delle scarpe sul pavimento, Lavanda Brown reggeva l’altro piatto che Weasley aveva appena terminato di riempire e, nel mentre, gli stava facendo una bella paternale sull’ingordigia che lo contraddistingueva: Ronald sollevò appena gli occhi dal cibo, alzò le spalle con noncuranza e continuò a servirsi.

 

Luna Lovegood, invece, era alla postazione musicale e stava scegliendo il prossimo disco da inserire.

 

Blaise e Pansy erano stesi su un elegante triclinio accanto alla grande finestra a vetri e, guardando la luna, si stavano coccolando dolcemente.

 

Neville e Daphne erano misteriosamente assenti.

 

-          Non è una festa meravigliosa? – annunciò sorridente Hermione prendendo dalle mani di Ernie McMillan un piatto colmo di prelibatezze mandatele direttamente da Ron

-          Sì, certo, uno spasso – borbottò acido il Principe delle Serpi sprofondando di più nel sedile del divano, il fatto che avessero impedito ai Caposcuola ogni attività vitale come alzarsi, ballare e quant’altro non lo metteva di buonumore, tantomeno rimanersene in mostra come un salame su quel divanetto scomodo

Hermione scosse la testa sconsolata e lui, per tutta risposta, prese dalla tasca dei pantaloni una sigaretta e se l’accese.

La popolazione femminile di Hogwarts tacque per un istante quando lui tirò la prima boccata e, subito dopo, una nuvoletta chiara e tornita si librò nell’aria formando una voluta sottile.

Ecco che cominciava la caccia alle farfalle, chissà come dovevano essere contente le ragazzine degli altri corsi a sapere che dall’anno prossimo Malferret non sarebbe più stato il loro idolo.

-          Di sicuro – annunciò piano il biondastro – preferirei un altro genere di “festa” le disse piano

Lei sbuffò.

Avevano già ampiamente parlato della questione, anche se si era trattato di un argomento secondario paragonato alla scenata che Draco le aveva fatto quando aveva liberato tutta la sua rabbia per quel gesto incosciente che aveva compiuto. Con ogni probabilità era stato più arrabbiato con lei che con sua zia.

Poi, proprio quando era lì lì per scusarsi con lui sentendosi davvero in colpa, lui le aveva messo il broncio dicendole che non si sarebbe mai dovuta comportare ancora come se fosse stata l’unico essere vivente sulla terra perché adesso erano in due e i problemi andavano discussi insieme e non si prendevano le decisioni così, su due piedi, soprattutto se queste erano FOLLI e AVVENTATE.

Lei non poteva saperlo perché non era stata dentro di lui durante quella terribile battaglia, sia la vera battaglia che quella interiore e anche raccontarla era una cosa diversa, ma lui era stato davvero molto male.

 

Era bravo Draco a raccontare stupidaggini, fin troppo. Rischiava quasi di credergli, soprattutto perché era stato dolcissimo e l’espressione che aveva sul viso davvero sconvolta.

 

Da allora era passato un po’ di tempo e, insieme, avevano fatto dei progressi in una vita a due che non erano abituati a portare avanti.

 

Quando tutto quanto era terminato, Silente, Draco e Devlin si erano recati a Malfoy Manor per spegnere il Fuoco che Brucia in Eterno che circondava la casa e lo stesso erano dovuti correre a fare a Londra dove lo Slytherin aveva appiccato quel piccolo falò all’ingresso del covo dei mangiamorte.

Per quel che rimaneva di Fenrir Greyback, invece, c’era poco da fare.

 

Si guardò intorno.

Le sarebbe mancato tutto questo: sia la scuola che la sua vita che i suoi amici e le avventure. TUTTO.

Draco no perché sapeva che sarebbero rimasti insieme, glielo diceva qualcosa… il fatto che, mentre lui credeva di morire, avesse usato le sue ultime forze per dirle ciò che davvero sentiva.

E che glielo avesse detto più esplicitamente quando avevano risolto i loro contrasti.

Avevano parlato anche di quello.

E di tanto altro.

 

Avevano fatto l’amore, prima di andare alla festa, e questa volta era stato… era stato… non riusciva a trovare un modo per definirlo, ma al solo pensiero le si imporporavano le guance e Draco lo sapeva, maledetta serpe, lui lo sapeva e ghignava strafottente, cingendole di nascosto le spalle e accarezzandola dolcemente.

Maledetto.

 

Una studentessa del quarto anno con un grosso album di fotografie si presentò al Principe degli Slytherin, aprendoglielo davanti

-          Potrebbe firmare il mio annuario con la foto di quest’anno, Caposcuola Malfoy? – chiese questa tutta mielosa

Come no!

Questa di sicuro non le sarebbe mancata, vivere a Hogwarts ed essere la ragazza segreta del furetto aveva i suoi lati negativi.

-          Ma certo – rispose invece la serpe prendendo dalle mani un po’ tremanti della tipa una stilografica e apponendo il suo prezioso nome. Dopodiché le rivolse un sorriso

La ragazza quasi svenne e si ritirò molla come una gelatina, stringendo al cuore il libro.

-          Potresti anche fare un po’ meno il cascamorto

-          Era solo una ragazza – cinguettò lui, ghignando a modo suo

Hermione alzò le sopracciglia, se aveva voglia di provocarla, ben venga, sapeva come ripagarlo.

-          E a me, Caposcuola Malfoy – chiese tutta zuccherina – potrebbe firmare anche a me l’annuario?

La guardò mentre, dal nulla, faceva comparire un quaderno molto spesso di pelle rossa e dorata e questo si apriva alla pagina dove troneggiava una grossa fotografia che immortalava l’attimo di qualche anno prima in cui lei gli aveva tirato un pugno.

Draco sospirò e la guardò, lei invece gli rivolse un sorriso perfido

-          Sei gelosa, Granger? – le chiese sadico, ostinandosi a chiamarla col cognome

-          Certo che no! – rispose lei, infiammandosi

-          Ah, è così, eh?

Lui ghignò mentre il sorriso di lei si smorzava un poco non riuscendo a prevedere la sua prossima mossa

-          D’accorso, so che cosa vuoi… - le disse sottilmente, poi a voce più alta – ehi, Canon, vieni un po’ qui!

Colin Canon, impegnatissimo a scattare fotografie alle coppie danzanti, si fiondò come un razzo sul piccolo palco avvicinandosi a Sua Maestà il Principe delle Serpi.

Aveva imparato a sue spese a non intralciare mai più il suo cammino, soprattutto dopo che Draco aveva mandato contro di lui una spedizione punitiva di cui avvertiva ancora qualche dolorino come “fautore” del casino dell’articolo sul bacio di beneficenza.

-          Canon, potresti fare una foto a me e alla Granger? Un ricordo di quest’anno, insomma…

-          Certo! – esclamò il piccoletto preparando l’attrezzatura, non avendo sperato in tanta fortuna e magnanimità

Draco ed Hermione si misero in posa sul sofà, lui le passò un braccio dietro la schiena e lei cercò di sorridere nel modo più naturale possibile.

Cosa diavolo aveva in mente quella subdola serpe?

Colin si posizionò con il marchingegno magico tra le mani inserendo l’autoscatto e aspettò che i due si assestassero.

I secondi passarono in attesa che la foto venisse scattata, poi…

-          Guarda bene, Canon – disse, all’improvviso Draco – perché questa immagine la voglio vedere domattina sulla prima pagina della Gazzetta di Hogwarts

E prima che il giovane Grifondoro potesse dire qualcosa, prima ancora che Hermione riuscisse ad elaborare che si stava per consumare una follia che solo Draco era stato in grado di concepire, sentì la mano di lui sulla pelle che gli voltava leggermente il viso verso e, l’attimo seguente, la sua bocca sulla sua che la baciava con passione.

Se all’iniziò provò anche a resistergli, vale a dire per i primi tre secondi, dopo di allora seppe che era tutto inutile e si lasciò andare.

Poco male, tanto prima o poi qualcuno l’avrebbe scoperto…

Udì in lontananza il rumore dell’autoscatto, l’urlo disumano di Ron che aveva anche lasciato cadere il piatto con le vivande, la risata di Blaise e immaginò che Harry si stesse sistemando nervosamente ed in imbarazzo gli occhiali, sospendendo momentaneamente i suoi volteggiamenti.

 

Quando riaprì gli occhi, e non le sembrava che fosse passato così tanto tempo, la platea di fronte a loro era ammutolita, ferma, zitta e immobile mentre gli altri due Caposcuola si erano rintanati agli angoli del divanetto, il più lontano possibile, tanto per non spezzare l’atmosfera o quella sarebbe stata davvero la volta che Malfoy avrebbe spaccato loro la faccia a suon di sberle.

 

-          E, Canon – disse il biondastro al piccolo Gryffindor basito con la macchina tra le mani – fanne avere una copia a me e una alla signorina Granger, come ricordo, sai?

Colin annuì meccanicamente e scappò via a rotta di collo per andare a sviluppare in tempo di record la fotografia del secolo.

-          Beh, cosa è successo alla musica? – domandò poi lo Slytherin, stupito da tanto silenzio

Piuttosto aritmicamente il quartetto di archi che suonava il lento si rimise a suonare, un po’ fuori ritmo e le coppie ripresero a danzare completamente scoordinate, merito dello shock che quei due erano riusciti a somministrare loro anche quella volta.

-          Questo invece è per te – aggiunse porgendo alla Regina dei Gryffindor, rossa come un pomodoro, il suo album fotografico, la cui copertina le faceva concorrenza per tonalità vermiglia.

Nella pagina che lei gli aveva aperto prima, sotto la foto famosa, stava ora una scritta in diagonale, tracciata con l’inchiostro nero della stilografica più costosa in circolazione che, sapeva, Draco portava sempre con sé nella tasca interna della giacca.

Forse è cominciato tutto da allora…

Draco Malfoy Y

Recitava la dicitura e, subito sotto, la svolazzante firma di Draco, austera e regale, e un cuoricino.

 

 

*          *          *

 

Silente sorrise alla sfera di cristallo di fronte a lui e la donna in piedi fece altrettanto; l’istante dopo l’immagine si dissolse e sparì.

-          Il signor Malfoy è senza dubbio la persona più imprevedibile che abbia mai conosciuto

Affermò senza dubbio il preside

-          Anche la signorina Granger non scherza – ammise tristemente la vicepreside, ricordando lo spavento che si era presa e che l’aveva fatta invecchiare di vent’anni in un colpo

-          Beh, ad ogni modo, tutto si è risolto per il meglio

-          Volevi espiare le tue colpe con quel gesto, ridandole la vita, vero? – gli domandò lei facendo scomparire il vetro magico

-          Non ti posso più nascondere niente, vero Minerva?

-          No

-          Sai, se fosse nata una bambina l’avrei voluta chiamare come te – disse distratto, l’altra scosse la testa

-          L’avresti chiamata Ariana, come tua sorella

-          Come lo sai?

-          Oh, ero solo una stupida ragazzetta innamorata del suo professore – ammise sorridendo, ma nel suo sorriso c’era una vena di tristezza – ma sapevo che c’era un’altra, anche se non ero a conoscenza del fatto che fosse tua sorella, né di tutto il resto della storia

-          Eri un’alunna molto sveglia

-          Per questo non ti ho portato rancore, quella sera, perché sapevo che, finalmente, eri riuscito a dimenticarla. Avevi ammesso con te stesso che era morta e io, forse, avevo ancora una speranza. Sai, hai fatto il suo nome mentre… mentre è successo…

-          Sono stato così crudele? – indagò perplesso il vecchio mago

-          Sì. Ma è stato grazie a quello che ho avuto la conferma che Ariana era scomparsa per sempre. Dicevi che le somigliavo, ma sapevo che non era vero. Eri così bello, Albus, che tua sorella doveva essere anni luce distante da quello che ero io

-          Hai sempre avuto la pessima abitudine di sottovalutarti

-          Me lo dicevi anche allora

-          Lo so

-          Alla fine non è cambiato molto

-          Abbiamo avuto nuove esperienze e alla fine anche io sono riuscito a cacciare i fantasmi del passato…

-          Se non fosse stato per il signorino Devlin mi sarei ritrovata con uno spettro in più – lo pungolò la prof di Trasfigurazione

-          Già

-          Beh, a questo punto, allora, credo che sia giunto il momento di ripetere, finalmente, ciò che ti dissi quella volta, molto, molto tempo fa

E dolcemente gli si sedette in grembo, allungando la testa verso l’orecchio, sorrise mentre le labbra si avvicinavano, l’altra volta erano giovani tutti e due e la pelle che ora era rugosa e chiara era stata liscia e abbronzata, molto era cambiato.

Appoggiò la mano in modo che rimanesse un segreto solo tra loro due.

E poi lo disse, appena sussurrato, mentre sul viso dell’altro si allargava un sorriso finalmente sereno e non più conciliante

-          Era da tanto che avrei voluto sentirlo – confessò

-          C’era un prezzo da pagare – gli fece notare lei, lui annui sapendo che avevano espiato a sufficienza.

 

-          Albus?

-          Sì?

-          So che probabilmente penserai male di me, ma… - Minerva arrossì un poco – ecco, ogni tanto mi sono anche chiesta come sarebbe stato se… se non fosse successo così, o se fosse successo dell’altro dopo… sì, insomma…

Si fece silenzio mentre la mano nodosa del mago andava sistemare una ciocca dietro l’orecchio della donna. Le forcine collassarono, riversandole sulle spalle una lunga treccia grigia e bianca che una volta era stata del colore del bosco d’autunno.

-          Povera, piccola Minerva… solo ora mi rendo davvero conto di quanto ti ho portato via, ma con tutte le brave persone del mondo… perché non sei andata con qualcun altro? Perché non ti sei sposata? Perché non hai avuto dei bambini?

-          Non c’era nessun altro che volessi. Eppoi il mio posto è qui, non vorrai mica mettere Severus a fare il vicepreside, vero?

-          Tutti questi anni, tutto questo tempo…

-          A dire la verità, anche se non posso dire che sia stata un’esperienza piacevole o che la ripeterei, è stato un bene che sia accaduta.

-          Se solo tornassi indietro…

-          Ci siamo accorti quanto è sbagliato cambiare il tempo, credo che sarebbe pericoloso farlo per qualcosa di così futile

-          Non si tratta di un cosa futile – ribadì il mago – però ho ancora una carta da giocare

-          Ah sì? Che cosa vorresti fare? – chiese piuttosto divertita da quelle idee bizzarre

-          Beh, potremmo tornare momentaneamente giovani, solo per una notte e…

-          Mi rifiuto categoricamente di bere un filtro, guarda solo che cosa è accaduto hai ragazzi

-          I ragazzi se la godono più di noi – rispose Silente ritrovando in sé un po’ della sbruffoneria che lo aveva caratterizzato ai tempi che conosceva Grindewald o che aveva incontrato Minerva

-          Ma loro sono giovani

-          Tra poco lo saremo anche noi – rincarò la dose

-          Assolutamente no!

-          C’è sempre lo Specchio della Giovinezza

-          Non ci è permesso di usarlo

-          Solo per una volta… non volevi soddisfare la tua curiosità? – la McGranitt arrossì sotto le rughe sentendosi di nuovo una ragazzina

-          No

-          Va bene, ne parliamo quando siamo di là, ma non garantisco niente, sono passati tanti anni da allora, credo di aver perso un po’ di pratica…

-          No, Albus, assolutamente no!

-          Neppure se ti dicessi che sei stata la mia ultima donna?

Minerva tacque e la porta si chiuse dietro di loro.

Come Cenerentola: il sogno solo per una notte che poteva durare fino all’eternità.

 

*          *          *

 

Land’s End, 17 luglio

-          Mi spieghi che cosa ci facciamo in questa catapecchia cadente? – domando un bambino dai capelli bianchi scendendo dal cocchio nero con una valigia per ogni mano – non intendo certo stare in questa topaia! – sbuffò

-          Vedi di chiudere quella bocca prima che te la chiuda io

-          Come fai con Hermione? – indagò il bambino

-          Di questo ne parliamo quando sarai più grande

-          Ma sentilo, il signor “sono-il-dio-del-sesso-di-Hogwarts”…

-          Meriteresti che ti lavassi la bocca col sapone, lo sai, piccolo strafottente?

-          Proprio come hanno fatto con te, immagino – suppose il piccoletto

Draco sospirò tentando di frenare l’ardente desiderio di schiaffeggiare quella sanguisuga

-          Eppoi vorrei proprio sapere perché Albus vuole che passi le vacanze insieme a te! Uffa, Hogwarts è tutta vuota!

-          Innanzi tutto vorrei che la smettessi di chiamare Silente “Albus”, eppoi al posto di parlare tanto potresti usare questi tuoi “grandi poteri” per rammodernare un po’ la casa

-          Ecco, lo zio mi manda qui perché mi vengano insegnati i segreti della magia e tu mi sfrutti come elfo domestico!

Draco rabbrividì a sentire quel nanerottolo chiamare il mago più potente del mondo magico “zio”, ma avrebbe dovuto farci l’abitudine…

Un colpo di bacchetta e la casa fu come nuova.

Pregò che i paesani del villaggio poco distante, l’ultimo lembo di terra d’Inghilterra, non notassero più di tanto il vistoso cambiamento avvenuto alla villa sulla collina, Devlin era avventato come suo solito.

-          Speravo che almeno mi avresti portato a Malfoy Manor – borbottò ancora il piccolo Dumbledore – invece mi tocca anche la residenza al mare

-          Non entro più a Malfoy Manor, adesso vivo per conto mio, zia Mana mi ha lasciato la sua casa, anche se non ne avevo bisogno, ma ha insistito

-          Ma se non sai neppure cucinare un uovo!

-          Quanto parli, ma ci stai un po’ zitto? Eppoi andare al mare ti farà bene, guarda come sei pallido

-          Senti chi parla! Eppoi fa parte del mio fascino

Aveva creato un mostro.

Come quel bambino gli somigliasse tanto era un mistero, visto che si erano conosciuti da poco tempo e da neonato l’aveva tenuto in braccio solo per salvarlo dalle grinfie degli adepti del Signore Oscuro che ora marcivano in prigione ad Azkaban; probabilmente quello era anche il motivo per cui Silente glielo aveva appioppato.

-          Meno male che tra una settimana arriva Hermione – annunciò contento il ragazzino albino spostando gli occhi verdi sull’arredamento che aveva fatto spuntare dal nulla, Draco, appena entrato, cambiò subito alcune cose – ho proprio idea che qui faremo la fame per quello che sai fare

-          Ordineremo pizze a domicilio – le odiava, ma tutto pur di non darla vinta al piccolo saputello. Se quando si trasformava in bambino era stato insopportabile quanto Devlin, capiva perché Hermione lo detestasse tanto.

-          Ripeto: meno male che arriva Hermione. Anche se penso che da quel momento mi ignorerete completamente.

Sfortunatamente il babanetto in questione aveva delle inusuali vene sadiche che gli permettevano di trovare a ridire in ogni momento, oppure di infilzare coltelli nelle piaghe a non finire. In più era stranamente intelligente per la sua età e aveva troppa memoria visiva, oltre che nessun pelo sulla lingua. Un autentico piccolo demonio, insomma, proprio come diceva il nome.

-          Oppure… - aggiunse ghignando alla maniera Malfoy, – potrebbe anche essere che ignorerà te per tutto il tempo…

Draco si voltò verso di lui con certo cipiglio dipinto sul viso mentre il ragazzino gongolava

-          Non osare dire una cosa del genere, chiaro, moccioso?

-          Non credo che Hermione approverà la parola “moccioso”, sai?

-          Va meglio piccolo pezzente?

-          Non credo

L’ex principe degli Slytherin digrignò i denti.

-          Beh, su, datti da fare, io ho fame!

Adesso lo ammazzava! Che qualcuno lo trattenesse o gli avrebbe spezzato quell’ossicino del collo che si ritrovava!

Devlin sorrise.

Lui e Draco erano stranamente un po’ come fratelli.

Facevano tanto i buffoni, gonfiavano il petto e mettevano in mostra le penne, ma sotto sotto erano fragili per la triste storia che li aveva segnati: il passato di Draco, la storia della nascita di Devlin.

Per questo stavano bene insieme, entrambi sapevano cosa stava sotto quell’impalcatura di spavalderia.

Per questo aveva chiesto allo “zio Albus” di poter rimanere insieme a Draco e per questo Draco aveva accettato.

Draco lo capiva più di ogni altro.

Lo sapevano entrambi.

 

Ed anche lui, come il suo fratellone che invidiava da morire e come suo zio, stava cercando una persona che riuscisse a comprenderlo fino in fondo e, parola di Devlin Derek Dumbledore, l’avrebbe trovata!

 

Fine

 

*          *          *

 

Spazio autrice:  dopo 25 capitoli, riuscendo a rientrare appena nei termini che mi ero imposta, ho messo la parola fine a questa storia, la terza che pubblico e la mia seconda fanfic lunga a più capitoli.

Ho faticato molto per riuscire a rimanere nei paletti che avevo fissato e ammetto che quest’ultimo capitolo, molto probabilmente, sarebbe stato meglio dividerlo, ma mi sarebbe spiaciuto separare la fine di tutto dall’epilogo vero e proprio che non conclude nulla, così ho preferito giuntarli. E, altro, grande motivo, è che volevo a tutti i costi finirla entro oggi perché… perché oggi è il mio COMPLEANNO!

(tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri all’autrice, tanti auguri a teeeeeeeee!!!!!).

Ehm, dopo questa piccola digressione piuttosto imbarazzante: no, non si tratta di uno scherzo, ma qualche settimana fa, riflettendo, mi era venuto in mente che, terminando la fic prima dell’inizio degli esami sarebbe potuto essere un bel pensiero che coincidesse proprio con la data del mio compleanno e, permettetemi di dirlo, un po’ perché sono molto felice e un po’ per dell’altro, sono orgogliosa di esserci riuscita. Dopotutto, l’altra era terminata proprio all’inizio dell’anno 2008, il 1° gennaio, per la precisione e vado molto fiera di queste date.

 

Scrivere finalmente la FINE dopo tanto tempo che ci si tiene compagnia dà uno strano sentimento di nostalgia, come quando si vede la propria figlia lasciare la casa per andare a sposarsi (paragone poco calzante visto che non ho figli e non intendo sposarmi a breve, chissà con chi, poi…).

Draco, Hermione e tutta la vicenda delle Reliquie della Morte riarrangiata dalla vostra pazza autrice di fanfic suonata lasceranno per un po’ il posto ad una bella pausa di riflessione per me e per voi.

Sappiate che sono stata molto felice di avere così tanti lettori anche per questa avventura che, nonostante non consideri proprio il mio capolavoro (le Relazioni avranno sempre la precedenza) mi rende comunque orgogliosa come una mammina.

Se nell’altra storia la mia vena comica alla fine ha preso il sopravvento, qui siamo finiti decisamente sul drammatico con personaggi tormentati e un po’ più cupi che combattono i propri mostri dentro di loro più che fuori, tutto merito delle pessime letture degli ultimi tempi XD

 

Ringrazio tutti coloro che hanno seguito questa fic dall’inizio e sono rimasti a leggerla.

 

Ringrazio tutti quelli che l’hanno cominciata un po’ in ritardo.

 

Ringrazio quelli che hanno commentato più o meno assiduamente, spronando la vostra autrice ad andare avanti felice di avere un così folto pubblico di ammiratori bugiardi ^^

 

Ringrazio quelli che, anche se non me l’hanno propriamente scritto, hanno apprezzato la storia oppure ci hanno pensato, ogni tanto.

 

Ringrazio quelli che hanno inserito la mia storia tra i preferiti e quelli che invece mi hanno assurta a tale ruolo, grazie!

 

Ringrazio quelli che con le loro recensioni mi hanno fatta sognare e io spero di aver fatto sognare un po’ tutti voi con la mia storiella pazzerella.

 

Mi scuso se ogni tanto la mia scrittura diventa pesante e monotona, se scrivo mettendo incisi ad ogni parola, se c’è sempre bisogno di una parola in più e se la storia, andando avanti, diventa troppo cervellotica, sorry davvero…

 

Mi scuso anche con quelli che ho involontariamente tralasciato nei ringraziamenti perché sono una persona davvero troppo sbadata e svampita, scusatemi, vi ringrazio adesso, chiunque siate!

 

Spero che in onore della fine della storia e anche del mio compleanno anche quelli che sono sempre rimasti nell’ombra escano allo scoperto e mi regalino un parere a proposito, sono molto curiosa delle opinioni altri, lo spero davvero!

 

Sappiate di essere stati davvero un pubblico splendido e che mentre io scrivo queste parole mi stanno salendo le lacrime agli occhi e mi sto commuovendo come una bambinetta, Devlin e Draco, invece, non lo farebbero mai…

 

Ci rivediamo prestissimo, Vi voglio tantissimo bene!

 

Con affetto,

Monica

(Nyssa)

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