All'ombra del castello nel cielo

di MystOfTheStars
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***



Capitolo 1
*** Prologo ***






All’ombra del castello nel cielo.




Prologo


Il sole splende alto nel cielo terso, è una bella giornata primaverile. Alcuni bambini giocano a nascondiglio nei vicoli della città. Le strade sono di terra battuta, e la polvere sollevata dalla corsa dei ragazzini si deposita sul bordo del mantello di Fay.
Il mago non ci fa caso. Sta cercando la stessa bancarella dove si è servito qualche giorno prima… ci mette un poco a riconoscerla, nel disordine della piazza del mercato, ma alla fine riesce a farsi largo tra la folla e a raggiungerlo.
Il venditore è un ometto di mezz’età, con le mani grosse e callose. Sorride quando vede Fay. Senza dubbio lo riconosce; d’altronde, non è facile vedere in giro qualcuno con i capelli biondi, da quelle parti.
Il mago ricambia il saluto, mente l’uomo gli parla. Fay annuisce, ma riesce a cogliere il significato di poche parole. Con un sorriso di scusa, fa cenno al mercante di non capire, e indica una ad una le cose che vuole acquistare, allungandogli poi un cestino dove metterle.
Fatta la spesa, ha qualche problema ad uscire dalla ressa, ma finalmente riesce a districarsene e a tornare verso casa.

Ormai è un mese che lui e Kurogane sono arrivati a Yama, il paese degli Yasha. Vivono in una piccola casa, nel quartiere dell’esercito, che si trova alla periferia della città.
Camminando, Fay esamina il cibo acquistato e annuisce soddisfatto, canticchiando tra sé e sé. Preparerà un buon pranzetto a Kuromyu. Come sempre, del resto. Anche se quel ninja burbero non sempre gradisce i suoi manicaretti… d’altronde, Fay non è nemmeno sicuro di sapere che cosa cucina, a volte… In ogni caso, è sempre tutto commestibile, pensa facendo spallucce.
E poi, è così difficile fare la spesa in un posto in cui non si capisce nemmeno una parola della lingua!

D’altrocanto, a Fay va bene così. Non vuole impararla. Non sapere la lingua è un’ottima ragione per non dover parlare. E non parlare è un sollievo, significa: niente più bugie, nessuna stupida frase di scusa da dover inventare sul momento.

Arrivato a casa, si chiude la porta alle spalle e poggia il cestino su un tavolo basso, di legno scuro. Comincia a canticchiare a voce alta. Non c’è nessuno, naturalmente; Kurogane dev’essere da qualche parte ad allenarsi con la sua spada.
La casa è piccola, a pianta circolare. Gli ambienti interni sono separati da tende di un tessuto strano, morbido e spesso, decorate da strani motivi esotici e dai colori caldi.
Fay appende il mantello ad un gancio vicino alla porta, sposta una delle tende e si ritrova in quella piccola stanza adibita a cucina.

Certo, non parlare significa anche avere più tempo per pensare tra sé e sé. E ricordare il passato. E pensare alle cose spiacevoli che accadranno in futuro…
Ma è abituato alla sola compagnia di se stesso, no? Non sarà un problema. E poi, è già passato un mese… presto, Mokona condurrà in quella dimensione anche Sakura e Shaoran, e il loro viaggio riprenderà! Sorride allegramente, tirando fuori un coltello ed alcune scodelle. Quella notte, come tutte le notti, combatteranno contro gli Ashura nel castello del cielo. Occorre preparare un pranzo nutriente!

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


All'ombra del castello nel cielo


Capitolo I





Hello darkness my old friend,
I've come to talk with you again
Because a vision softly creeping
left it's seeds while I was sleeping




Fay osservava la strana sagoma del castello nel cielo. Con tutte quelle punte e quegli strani picchi, sembrava una stella nera, nera come la pece, che si stagliava sul blu e incombeva su di loro, lontana e leggera, ma sempre presente.
Chi conquistava il castello poteva esprimere un desiderio… e quel desiderio sarebbe stato esaudito…
…chissà se il suo desiderio…
A disagio, cambiò posizione sul basso sgabello dove sedeva. Meglio uccidere i pensieri fastidiosi prima che prendessero forma.
Una formica camminava sul legno del davanzale della finestra, e lui la soffiò via gentilmente. L’insetto atterrò da qualche parte nell’erba del prato.
Beata, piccola formichina… Fay socchiuse gli occhi, mentre gli saliva un improvviso nodo allo stomaco. Stava sorridendo, ovviamente, ma gli angoli della bocca gli si contrassero per il dolore, e nascose il viso tra le mani.
Non aveva diritto di pensare al suo desiderio… quel castello sarebbe conquistato da qualcun altro, e sarebbe stato qualcun altro a vedere realizzati i suoi sogni, qualcuno che era senza dubbio più meritevole di lui.

Era mattina… una delle tante mattine dopo una delle tante nottate passate nei combattimenti. Cominciava ad essere stanco.
Chinò la testa sul davanzale, tra le braccia. Quanto ancora sarebbero dovuti rimanere in quel mondo? Ormai dovevano essere quasi quattro mesi che stavano lì…
Il silenzio aveva cominciato a pesargli.
Kurogane aveva ormai rinunciato a parlargli, ma dai suoi sguardi si capiva che il discorso lasciato in sospeso a Shura per lui non era chiuso, tutt’altro. Quant’era… cocciuto! Pensò Fay stizzito.
E poi… aveva paura del suo sguardo indagatore. Cominciava a non sopportare più le occhiate storte che l’altro ogni tanto gli riservava. Cocciuto e indisponente, ecco! Ma anche lui sapeva essere testardo, e glielo avrebbe dimostrato!

Ma sì, come no… era stanco. Dove la trovava, ancora, la forza di sorridere? Era l’abitudine… ma gli faceva male il viso, ormai.
Tamburellò nervosamente le dita sul davanzale e ricacciò le lacrime che gli si erano affacciate agli occhi. Non poteva morire... non ancora... e lo sapeva. Ma non era nemmeno sicuro di poter vivere.

Vedere massacri ogni notte… Quanto ancora sarebbe dovuto durare? Dov’erano Mokona, Sakura e Shaoran?
Da un lato, a dire il vero, era meglio se non li avesse incontrati mai più… gli mancavano… e no, non voleva far loro del male. Questo non poteva permetterselo… non voleva permetterselo…

Non parlare era un sollievo, forse… significava non dover dire più nessuna bugia a parole, nessuna stupida frase di scusa da dover inventare sul momento. Certo, non parlare significava anche avere più tempo per pensare tra sé e sé. E ricordare il passato. E pensare alle cose spiacevoli che sarebbero potute accadere in futuro…
La notte era sempre il momento peggiore per i ricordi ed i pensieri tristi. Lo sapeva bene, eh, se lo sapeva. Ma aveva pensato di farcela, visto che la maggior parte della notte la passavano sempre combattendo.
Combattere era il miglior modo per non pensare. Il fisico reagiva d’istinto, le gambe erano impegnate a mantenere il corpo a cavallo del destriero che montava, le braccia erano tese, le mani stringevano l’arco e la freccia, pronte a scoccarla…
Nella mischia del combattimento, era facile sparire in mezzo al caos di spade e lance ed armature… bastava una distrazione, un piccolo sbaglio, un momento di stanchezza, e una lama di spada poteva trafiggerti da parte a parte. Quante volte le frecce nemiche gli erano sibilate a pochi centimetri da viso? Solo un attimo di deconcentrazione, e tutto sarebbe finito.

Senza speranza, senza speranza, senza speranza… Fay scosse la testa, la fronte sempre appoggiata sul legno. Sentiva il caldo del sole sui capelli, ma per lui, fuori da quella finestra, potevano esserci le tenebre notturne più profonde.
Ora non sorrideva più, ma stringeva i denti.
Un desiderio che voleva avverare… ma perché…? Voleva riavere indietro suo fratello, ma se fosse accaduto, che cosa mai avrebbe potuto dirgli? Che gli dispiaceva?

Tanti piccoli attimi di felicità, ad Oto… la principessa addormentata tra le sue braccia, Shaoran che gustava felice la colazione che aveva preparato, Kurogane che lo inseguiva a spada sguainata perché lo aveva chiamato “cagnone”… piccoli inganni che aveva giocato a se stesso. Non poteva essere felice, e lo sapeva bene. Non poteva essere sincero.
Le parole traevano in inganno… perché mai si era lasciato sfuggire quel “Ho atteso a lungo che qualcuno mi portasse via”, al Clover?
…qualcuno era arrivato… ma non l’aveva salvato… lo aveva catapultato in un inferno ancora peggiore… almeno, in quell’orrendo buco gelato c’erano solo lui ed i cadaveri. Il suo gemello era distante, la putrefazione in mezzo a cui era costretto a vivere lui non lo toccava.
Ma Ashura-o… in mezzo a quella distesa di neve, gli aveva dato una casa calda e una ragione per vivere, seppure temporanea… perché tutto era dovuto finire così? Ancora cadaveri, sangue che scorreva, e quel sangue era sulle mani di Ashura! Ne aveva intrisi i vestiti e gli occhi…
I cadaveri delle guardie del castello… i cadaveri dei soldati degli Yasha… i cadaveri degli abitanti di Valeria… sangue e ghiaccio…

“Ehi.”
Scattò in piedi, e per poco non rovesciò lo sgabello su cui era seduto.
Kurogane lo osservava scettico, a pochi passi da lui. Fay ci mise un momento per realizzare la situazione. Si era addormentato; la guancia gli doleva, là dove era rimasta appoggiata alla superficie dura del legno.
Si voltò verso la finestra, era mezzogiorno. Aveva dormito parecchio… si strofinò gli occhi e si massaggiò il viso arrossato e dolorante. Quando tolse le mani e tornò a fissare Kurogane, sulle sue labbra era ricomparso il consueto sorriso.
“Ero un po’ stanco, Kurosama” disse con qualche difficoltà. Aveva concesso a se stesso di pronunciare qualche parola in quella strana lingua, per esigenze di pura sopravvivenza.
Il ninja grugnì. “Me ne ero accorto. Ho preparato io il pranzo, stavolta.” rispose secco.
Fay non diede segno di aver capito, ma Kurogane non se ne preoccupò e lo precedette in cucina.
Il mago sospirò. Kurogane gli rivolgeva ancora qualche breve frase, ogni tanto. Forse pensava che capisse. Forse semplicemente non sopportava di avere davanti un idiota che non faceva che sorridere e dire “Ecco il pranzo, Kurotan! ♥ ”… beh, nemmeno lui avrebbe sopportato una cosa del genere, probabilmente.
Controvoglia, raggiunse l’altro. Non aveva fame, anzi, lo stomaco era contratto e dolorante. Come si detestava, in quel momento.
No, beh, non solo in quel momento.
Come si detestava.


Kurogane, seduto a gambe incrociate sulla piccola stuoia, mangiava in silenzio. Il mago, davanti a lui, piluccava contro voglia qualche pezzettino di cibo.
Il primo pensiero del ninja a quella vista fu di risentimento. Va bene, lui non era capace di cucinare cose strane ed elaborate come quell’altro scemo, ma comunque era tutta roba nutriente … e poi non faceva mica schifo!
Ma si trattenne. A dire il vero, il mago non mangiava mai granché, nemmeno quando era lui a cucinare e gli presentava tutto orgoglioso i suoi manicaretti. Ma in questi ultimi giorni, aveva praticamente smesso di nutrirsi. Il colorito del suo viso era anche più pallido del solito, e profonde occhiaie gli contornavano gli occhi.

Mago del cavolo… cosa stava combinando, stavolta? Cosa gli passava per la testa? Represse l’impulso improvviso che gli era venuto, di inchiodarlo alla parete, dargli due ceffoni e costringerlo a sputare il rospo. Tanto lo sapeva che era perfettamente in grado di capire la lingua, ormai. Ma si rifiutava di parlare e di ascoltare.
Tanto, anche se avesse parlato, avrebbe trovato il modo di svicolare… oh, ma ci sarebbe riuscito, prima o poi, a capire che cosa diamine stava nascondendo. Non appena quella polpettina bianca e orecchiuta li avesse raggiunti, gli avrebbe posto tutte le domande del caso.
Perché era impallidito a sentire il nome di Ashura, nel tempio di Shara?
Si ricordava bene la notte in cui, per la prima volta, erano scesi in campo contro l’esercito di Ashura… gli occhi neri del mago che vagavano ansiosi per il campo. Stava seduto sul suo cavallo con la sua solita posa rilassata e scomposta, ma le sue mani stringevano quelle redini un po’ troppo forte.
Poi l’aveva visto, tra le fila dei suoi combattenti, un giovane snello, dal volto femmineo e lunghissimi capelli corvini, ed improvvisamente quella stretta sulle redini si era allentata.

Il ninja sollevò lo sguardo dal suo piatto e vide che il mago aveva lasciato da parte il cibo, ed osservava pensoso il volo di alcune rondini fuori dalla finestra.
Uno sguardo assorto, candido.
Quando Kurogane gli aveva posto quel fatidico “perché?”, nel tempio, a Shara, aveva visto il sorriso dell’altro congelarsi, un’ombra improvvisa calare nei suoi occhi. Dietro a quel volto di marmo, aveva intuito la sua sorpresa, e per un attimo aveva addirittura pensato che volesse attaccarlo. L’aveva messo alle strette, quel giorno. Forse, non sarebbe riuscito a farlo di nuovo… ormai quello se lo aspettava. Era maledettamente furbo e testardo. Oh, ma anche Kurogane era uno che non mollava l’osso facilmente… e glielo avrebbe dimostrato. Poggiò rumorosamente il piatto sul tavolo.
Fay distolse lo sguardo dal cielo e constatò che l’altro aveva finito. Con un sorriso, raccolse le stoviglie e si avviò verso un catino d’acqua, dove lavarle. Nel passargli accanto, passò scherzosamente una mano tra i capelli ribelli del ninja, “Bravo, Kuorobaubau!” gli disse affettuosamente, probabilmente riferendosi al pranzo. Le sue dita erano fredde.

Il ninja osservò la schiena dell’altro intento a lavare i piatti. Una sfida semplice, chi dei due cedeva prima. Voleva proprio vedere fino a che punto sarebbe arrivato quel mago idiota.





Nota: che viaggio mentale… beh dal prossimo capitolo succederà anche qualcosa di più concreto. Credo.
Quando Kurogane dice a Fay "a sentire il nome Ashura,sei improvvisamente impallidito... perchè?" e Fay fa quella faccia di ghiaccio... a leggere quel capitolo, a suo tempo avevo anche pensato: mamma mia che faccia da quasi-assassino, non è che questo è un infiltrato del nemico?!? E subito dopo: ma va là, che vai a pensare... Ehm...
Sono quasi le due di mattina… pubblico dopo di che cado in letargo.
A proposito, a tutti tanti auguri di buona Pasqua!!! ^^

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Ciao!
Ehm... sì lo so che sono passati secoli da quando ho iniziato questa fiction...ehm...beh, come si dice, meglio tardi che mai...??
Ringrazio tantissimo chi ha recensito!!! (oOFirelFlyOo, adrienne riordan, Francesca Akira89, renachan)

A dire il vero l'abbozzo di questo capitolo l'ho scritto pochi giorni dopo aver scritto l'inizio...ma per vari motivi non l'ho mai completato fino a stasera... fondamentalmente, mi è venuto uno schifo, ma davvero non ne potevo più di averlo lì incompleto, così almeno posso andare avanti con la storia! Doveva essere un capitolo un po' più movimentato, invece anche questo contiene riflessioni e spiegazioni... che barba.
(Comunque, i prossimi capitoli per lo più sono già scritti... quindi in futuro dovrei aggiornare più velocemente...)

Premesso ciò, buona lettura... spero non vi annoierete troppo >____<



All'ombra del castello del cielo


Capitolo II



Kurogane era stufo della piega che avevano preso gli eventi. Beninteso, non che gli importasse molto del fatto che il mago se ne stesse perennemente chiuso in casa. Non usciva se non per le compere e per combattere, la notte.
Le sopracciglia del ninja si corrugarono pericolosamente… era arrabbiato col mago, tanto per cambiare.
Ma che cosa credeva?! Non era divertente nemmeno per lui stare in quel paese sconosciuto.
Anche se… doveva ammettere che non gli dispiaceva il compito che era stato assegnato loro… del resto, lui era un guerriero ninja, ed era stato addestrato fin da piccolo al combattimento. Il fatto che stessero combattendo una battaglia che con loro non aveva nulla a che fare… beh, che potevano farci? Erano arrivati in questo mondo e in qualche modo dovevano pure sopravvivere, no?

Quando li avevano arruolati, anzi, si era esaltato all’idea di tornare sul campo di battaglia…beh, pensò mentre il cipiglio che già regnava sul suo volto si incupiva improvvisamente, l’esaltazione era anche passata in fretta non appena si era ricordato di quel piccolo particolare che era la maledizione gentilmente lanciatagli da Tomoyo.
“Se ucciderai qualcuno senza un motivo, la tua forza diminuirà…”

La katana vorticò nell’aria, selvaggia eppure precisa. Come poteva astenersi dall’uccidere i nemici? La guerra è guerra, e chi non uccide viene ucciso. Questa è la regola… e poi, “senza motivo” che cosa diamine voleva dire….?!?!
La lama fendeva l’aria furiosamente, e il sudore imperlava il viso del ninja. Il sole del mezzogiorno estivo batteva senza pietà sulla radura dove si stava allenando, ma non era il calore a fargli aggrottare la fronte.
Diamine, se qualcuno cerca di uccidermi, ammazzarlo per salvarmi la vita a me pare un motivo più che valido! Pensò.
In battaglia, faceva di tutto per arrecare meno danni possibile ai suoi avversari. Cercava sempre di non colpirli in punti vitali, di ferirli soltanto – insomma, quel tanto che serviva a metterli fuori combattimento per un po’. Davvero, cercava di non ucciderli. Ma non credeva che tutti quelli colpiti dalla sua lama fossero sopravvissuti.
Non contava il fatto di non averli uccisi sul momento. Quanti di loro erano morti dissanguati perché non erano stati soccorsi in tempo? Quanti erano morti perché le loro ferite si erano infettate?

La katana tornò con un sibilo nel suo fodero. In ogni caso, la sua forza non sembrava essere diminuita, in quei mesi. Beh… tanto meglio. E comunque, non era una sorpresa il fatto che Tomoyo usasse delle parole apparentemente semplici, ma che in realtà nascondevano un significato ulteriore.
La principessa Tomoyo… maledizione! Lui avrebbe dovuto essere al castello Shirasagi, in quel momento, a proteggerla, invece che perdere tempo a viaggiare per le dimensioni…
Anche se quella ragazza era abbastanza forte per proteggersi da sola.

Si rassettò i vestiti scuri che portava e si deterse il sudore dalla fronte. Cominciava ad avvertire un certo appetito… avrebbe decisamente gradito un bel pranzetto, a quel punto… beh, sempre che quell’altro non si fosse addormentato un’altra volta usando il davanzale della finestra come cuscino. Che idiota!
Mentre stava per avviarsi sul sentiero che riportava verso la città, udì un fruscio alle sue spalle.
Un fruscio prodotto da qualcosa di grosso e decisamente non-umano che tentava di muoversi furtivamente dietro di lui… ma non c’era speranza di sorprendere così Kurogane. Non per un oni, almeno.
Si voltò e sguainò di nuovo la katana, mentre un sorriso di sfida si faceva largo sul suo volto. Il vero allenamento cominciava adesso…
L’oni saltò fuori da dietro un cespuglio. Aveva occhi neri come il carbone, piccoli e sfavillanti di malvagità, infossati tra le scaglie iridescenti che ricoprivano il suo muso da rettile. Sembrava una grossa lucertola, con zampe corte e grosse… beh, una lucertola molto grossa…
Kurogane sapeva di non doversi far ingannare dall’aspetto goffo della bestia, perché era molto più agile e veloce di quanto non sembrasse. E i suoi artigli erano taglienti quasi quanto la lama della Sohi. Quasi.
Il ninja si scagliò contro il nemico non appena questo uscì dai cespugli, e la lama della katana si abbatté sull’oni senza tanti complimenti. Era arrabbiato, quel giorno. E avere qualcosa su cui sfogarsi non poteva essere che un bene. Il mostro tentò invano di contrattaccare, ma l’acciaio della lama si fece largo tra le scaglie dure come se fossero di burro.
Le foglie del sottobosco crepitarono sotto un’improvvisa pioggia di sangue.
L’oni stridette di dolore, scagliandosi con tutte le forze contro il ninja, che si spostò velocemente, evitando l’attacco.

Kurogane odiava gli oni. Gli oni che gli avevano portato via il padre.
Aveva sempre combattuto quei mostri, così mutevoli nelle forme – ma mai negli intenti malvagi.
Forse era per questo che, in fondo, non gli dispiaceva la gente di Yama… anche loro erano costretti a vedersela continuamente con questi mostri *, come a Nihon.
Gli artigli dell’oni cozzarono contro la Sohi, mentre Kurogane parava l’attacco, emettendo un rumore sordo.
…era stato contento di poterli combattere ad Oto, anche se non si trattava altro che di creazioni virtuali… ed era doppiamente felice di poterli combattere qui, dove erano di carne e sangue.
La katana saettò e si conficcò profondamente nella zampa anteriore del mostro; Kurogane la ritirò e l’oni, sbilanciato, cadde in avanti.
Un solo affondo, e la lama penetrò in silenzio nel collo della creatura, facendone scaturire un fiotto rosso che allagò l’erba intorno ai piedi del ninja. Questo lasciò che il sangue gli lambisse le suole dei pesanti stivali che calzava. Un oni in meno.

Ciò non cambiava il fatto che quella volta, a Nihon, non aveva potuto fare nulla. Perché non era forte abbastanza… Ora poteva uccidere senza fatica gli oni come quello. Ma a che serviva? Perché lo faceva? …per il solo gusto di farlo?

Il vero significato della forza… una volta suo padre gli aveva detto qual era. Non si poteva essere forti tanto per esserlo. Occorreva avere un obbiettivo da perseguire, qualcosa da proteggere.
…lui proteggeva Tomoyo e il suo castello… ma c’era davvero bisogno di lui, lì?
Perché, di punto in bianco, la principessa lo aveva mandato a spasso per le dimensioni?
Forse, era per salvarlo di nuovo…? Stava tornando ad essere quel mostro che aveva rischiato di diventare anni prima…?

“Io voglio diventare ancora più forte, il più forte di tutti! Ecco perché combatto!”

Era il ninja più forte del giappone... sarebbe stato intrigante partire ed attraversare le dimensioni per affrontare nemici sempre più potenti… eppure no, non poteva affrontare ed uccidere nessuno per il gusto di farlo. Doveva stare attento.

“Non mi importa di chi muore e di chi sopravvive!”

Beh… di chi avrebbe dovuto importargli, adesso? La sua famiglia non c’era più. Tomoyo e gli altri… al momento, erano irraggiungibili. Il ragazzo e l’altra principessa, poi, erano con la polpettina, ancora nel mondo di Shura… ugualmente fuori dalla sua portata.

Si avviò verso casa, mentre il suo stomaco gli faceva presente con insistenza che era ora di pranzo.
E no, non gli importava del mago imbecille.
Qual mago gli faceva una gran rabbia perché non sembrava conoscere la speranza.
“Ho aspettato a lungo che qualcuno mi portasse via…”
In effetti, quello che più faceva innervosire Kurogane era che non poteva fare a meno di chiedersi se, alla fine, qualcuno fosse arrivato…
Anche il ninja aveva conosciuto la disperazione. Era stato sul punto di cadere in un baratro senza fondo, aveva rischiato di impazzire… ma qualcuno era arrivato a salvarlo. Una voce gentile, una mano che si era protesa verso di lui in quel buio. Che gli aveva impedito di diventare un mostro.
Il mago gli faceva rabbia perché stava ancora aspettando di essere salvato. Forse gli faceva rabbia perché gli ricordava quello che aveva rischiato di diventare.

“Se proprio ci tiene tanto ad andarsene via, può sempre farlo da sola!”
“Tu probabilmente faresti così, Kurotan…”

In realtà, il ninja sapeva bene che quel giorno lui non ce l’avrebbe fatta da solo.
…c’erano cose che non si potevano fare, contando unicamente sulle proprie forze…?

>>> <<<

Fay si accorse che Kurogane lo stava guardando. Le pupille color sangue fisse nelle sue, uno sguardo determinato e tenace. Ma questa volta, c’era qualcosa oltre alla severità in quello sguardo. Fay si chiese se davvero il ninja potesse essere preoccupato.
Come sempre, fece ciò che aveva imparato a Celes. Sorrise. Quel sorriso che sapeva riscaldare il cuore di Ashura-o. Quel sorriso che avrebbe dovuto essere una magia infallibile per confortare gli altri… e per farsi scudo dal dolore.
Ma l’unico effetto che ottenne fu di far aggrottare ulteriormente le sopracciglia dell’altro. Il suo sguardo si fece più severo… e più preoccupato.
Perché mai la magia di Fay non funzionava, con lui? Chinò in fretta la testa e si mise a mangiare. Non tornò a sollevare la testa se non quando ebbe vuotato il piatto. Pensava che se lo avesse fatto, vedere quegli occhi rossi fissi su di lui gli avrebbe fatto andare di traverso il pranzo.

--- to be continued ---



*= in RG Veda in effetti il Clan degli Yasha è impegnato a difendere i confini del regno celeste da questi mostri…
Ho pensato che, visto che a Shura c’è il palazzo dell’Imperatore celeste, anche Yama avrebbe potuto rispecchiare un po’ quello che c’era in RG Veda..ovvero la presenza di questi demoni.
In realtà, ho ripreso solo lo spunto, anche perché comunque in RG Veda non si spiega approfonditamente la loro natura e hanno un ruolo tutto sommato marginale nella storia… sì, insomma, mi sto inventando tutto di sana pianta…

Volevo fare qualcosa di più splatter nella parte del combattimento (fondamentalmente per vendicarmi della distruzione mentale a cui l'Okawa sottopone il mio cervello).. ma io sono negata per le scene d'azione... Al prossimo capitolo! (che giuro è già bell'e scritto)

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


Eccomi di nuovo con il terzo capitolo ^^ In teoria, la storia qui finalmente acquista un qualche senso.
Buona lettura!



All'ombra del castello nel cielo


Capitolo III



La pianura era buia e silenziosa, nonostante la presenza dei soldati. I cavalli* sbuffavano, strusciavano gli zoccoli sollevando il terriccio. Il profilo delle colline circostanti, coperte di boschi, sembrò improvvisamente ardere di un fuoco freddo, preannunciando il sorgere della luna piena.
Una volta che questa fosse stata alta nel cielo, l’aria davanti ai soldati si sarebbe rarefatta, sbrindellata, rivelando a tratti un panorama di rocce brulle. Qualche secondo dopo, si sarebbero ritrovati sul castello della luna, di fronte agli Ashura.

Mentre questa trasformazione avveniva in silenzio attorno a loro, Kurogane si voltò impercettibilmente a guardare il mago, poco distante da lui. Il volto, pallido alla luce fioca degli astri notturni, ostentava un sorriso rilassato, ma dalla sua postura sul cavallo al ninja parve di scorgere segni di stanchezza.

La battaglia cominciò, le lame si incrociarono e volarono le prime frecce. La terra sterile del castello della luna venne presto bagnata del sangue dei guerrieri.
Alle spalle di Kurogane e Fay, Yasha, eretto sul suo destriero, impartiva ordini ai suoi subalterni con energici cenni delle braccia.
Il ninja e il mago erano, al solito, tra le prime file. Se anche Fay mostrava segni di stanchezza, la sua tecnica di combattimento non sembrava risentirne in alcun modo, le sue frecce venivano scoccate con regolarità e precisione.
Erano mesi che combattevano fianco a fianco, ed i sensi del ninja erano abbastanza acuti da percepire ciascuno dei movimenti dell’altro – i dardi sfilati dalla faretra e incoccati, il sibilo delle punte acuminate che fendevano l’aria.
Forse, Kurogane si era sbagliato.
Ma non ebbe il tempo per pensarci. Improvvisamente, furono circondati dai guerrieri nemici. La katana mulinò nell’aria, precisa e forte.

Dietro Kurogane, Fay continuò a scagliare le sue frecce, ma si accorse che i nemici stavano cercando di separarlo dal ninja, di tagliarlo fuori dal resto degli alleati.
Gettò uno sguardo al guerriero, che combatteva tenacemente, senza mostrare nemmeno il minimo segno di cedimento. Al suo fianco c’erano molti altri valenti guerrieri Yasha… il ninja non rischiava di essere sopraffatto.

Fay rallentò il ritmo dei suoi colpi. Era esausto. Tirò le briglie del cavallo, che si impennò, rischiando di colpire due soldati impegnati in un duello. Kurogane continuava ad avanzare implacabile sul campo di battaglia.
Ecco. Nella mischia, bastava un solo momento di distrazione, per essere colpiti, e tutto sarebbe finito.
Kurogane sarebbe andato avanti affrontando e sconfiggendo i nemici… come gli si addiceva. Ma lui no. Lui era davvero troppo esausto.
L’arco inerte in mano, Fay diede le spalle al ninja e fece voltare il cavallo verso dove infuriava la battaglia.
Il clangore delle lame e le grida dei guerrieri lo assordavano, ma non aveva affatto paura. Sicuramente, sarebbe stato doloroso, ma non gli importava più nulla di nulla, era solo stanco… stanco di portare quella maschera e di recitare la sua parte. Stanco di far del male alle persone che gli stavano accanto e a cui lui voleva bene.
Quei soldati non lo conoscevano, e lui non conosceva loro. Non gli volevano male, nè lui ne voleva loro. Erano in battaglia, uccidere e morire era lecito, pulito, in un certo senso.
Capitava.
Diretto nel mezzo delle file nemiche, continuò a spronare il cavallo.

Poi, all’improvviso, si voltò.
Non sapeva bene perché l’avesse fatto. Si disse che doveva avere sentito un nemico alle spalle… ma se non desiderava altro che essere colpito, perché mai girarsi?
In ogni caso, i suoi occhi caddero automaticamente nel punto dove aveva visto allontanarsi Kurogane, e lì incontrarono le sue pupille scarlatte.
Attraverso la confusione e il movimento dei soldati, il ninja sparì. Ma Fay si accorse che c’erano due cavalieri alle sue spalle. Due degli Ashura. La prima freccia venne incoccata e partì ancora prima che il mago se ne rendesse conto. Uno dei due cavalieri cadde, la spalla trafitta da un colpo totalmente inaspettato.
Ma di nuovo, la foresta di corpi ed armi coprì la visuale di Fay.
Improvvisamente nel panico, il giovane affondò gli speroni nei fianchi del cavallo, facendolo tornare indietro in tutta fretta.
Il destriero nitrì e si impennò, facendo scansare due soldati, mentre gli occhi del mago cercavano ovunque la sagoma famigliare del ninja. Quando finalmente la trovarono, Fay saltò con slancio giù dalla sella, incurante della battaglia intorno, e in un attimo gli fu accanto.
Il cavaliere nemico era sparito, ma il cavallo di Kurogane era stato abbattuto, la gola squarciata da un taglio netto, il sangue che ancora sgorgava a fiotti, allagando il terreno. Il ninja era steso sotto il cavallo, gli occhi chiusi, immobile.
Terrorizzato, Fay si inginocchiò accanto a lui, e sentì i vestiti intridersi del sangue caldo dell’animale. Kurogane sembrava svenuto, ma era impossibile capire se fosse ferito. Maledizione alla sua incapacità di imparare incantesimi curativi…
Ristette immobile per qualche attimo. Tutt’intorno, era un vortice assordante di lame e uomini che si battevano.
La mani tremanti, liberò l’elsa della katana dalla presa di Kurogane. Non aveva mai maneggiato un’arma simile, ma si alzò e si parò davanti al compagno caduto, sollevando la lama di fronte a sé. Nessuno si sarebbe avvicinato abbastanza da toccarlo. Chiunque ci avesse provato…

Ma i soldati non sembravano curarsi di loro, per ora.
Poi, eccolo arrivare. Avanzava regale sul suo destriero bianco, i lunghissimi capelli corvini sparsi sulle spalle e fluttuanti sulla schiena; i monili che portava attorno al collo tintinnavano sull’armatura che lasciava scoperte le spalle apparentemente gracili.
Ma Fay sapeva bene che Ashura era tutto fuorché debole, oltre ad essere bravo con la spada, possedeva poteri magici… la katana di Kurogane, nelle sue mani inesperte, non sarebbe certo stata sufficiente.
Certo, il mago sapeva che sarebbe stato più forte di lui, se avesse usato la magia. ...se.
Lanciò una rapida occhiata al cielo. Non mancava molto al momento in cui la luna sarebbe calata oltre l’orizzonte. Forse, poteva riuscire a distrarre il nemico quel tanto che bastava…

Ashura avanzava, mentre Fay stringeva i denti e l’elsa dell’arma. Ma quando il sovrano nemico giunse a qualche passo da lui, arrestò il cavallo ed alzò le mani, mentre un sorriso tranquillizzante gli affiorava sulle labbra. Un segno di pace? Non intendeva combattere?
Il mago abbassò – un poco – la lama della Sohi. Tutt’intorno i combattenti, alleati o nemici, sembravano lontani e dimentichi di loro.
Fay poteva avvertire una potente aura magica provenire da Ashura… un’aura che divenne improvvisamente più potente quando egli parlò. Le sue labbra delicate si mossero impercettibilmente, come se stesse sussurrando parole al vento, ma la sua voce risuonò chiara alle orecchie di Fay, le parole – magicamente trasmesse – comprensibilissime.

“Non temere, giovane mago, non voglio fargli del male. E non ho alcuna intenzione di nuocere nemmeno a te.”
Fay fu lì lì per rispondergli, ma l’idea di rivolgersi a lui chiamandolo “sovrano Ashura” gli fece morire le parole in gola.
“Non manca molto al momento in cui i vostri compagni vi raggiungeranno… sono stato io a chiedere alla strega delle dimensioni di farvi arrivare qui… perché anch’io ho un desiderio da esaudire." continuò Ashura. Il suo sorriso era gentile, comprensivo. Come se quell’ “anch’io” lasciasse intendere che il sovrano era a conoscenza del suo desiderio.
“Ci sono persone convinte che la loro esistenza sia solo un peso per gli altri. Che la loro vita sia solo fonte di sofferenze per chi gli sta vicino.
Invece, ci sono anche persone che sanno quanto è importante la propria vita per chi gli sta intorno… e per questo fanno fatica ad andarsene da questo mondo… - Ashura aveva un sorriso triste e gli occhi colmi di dolcezza - … perché sanno quanto sarebbe duro, per la persona amata, rimanere qui da sola.”
Il sovrano spostò lo sguardo dal mago alla mischia alle sue spalle… gli occhi del giovane lo seguirono e videro che si posava su Yasha; la sua sagoma si stagliava contro il cielo, su un’altura non distante. Sembrava che anche l’altro generale stesse guardando da quella parte.
Fay comprese. Aveva capito già da diverso tempo, a dire il vero, lo aveva intuito fin da quando, per la prima volta, il nobile Koseki aveva raccontato loro la faccenda delle statue.

Tornò a voltarsi per carpire l’espressione del volto di Ashura, ma lui aveva chinato il capo, e i capelli neri, spettinati dal vento, gli coprivano il viso.
L’aria cominciò a rarefarsi, e la sagoma di Ashura si fece sfocata ai suoi occhi.
Improvvisamente, erano di nuovo nella pianura. Il cielo era scuro, punteggiato dalle ultime stelle, fioche nel buio; un leggero chiarore sottolineava il profilo delle alture là dove era appena tramontata la luna.

Il mago rimase un attimo in silenzio a fissare il punto dov’era sparito Ashura. Dunque, il mistero era risolto. Era stato lui a forzare il trasferimento dimensionale… e se glielo aveva detto, significava non solo che Ashura sapeva chi erano loro, ma anche che voleva che loro avessero una parte in tutto questo, forse...

“Che ci fai con la mia katana in mano, idiota!? Ridammela!”

“Kurotan!!!” esclamò Fay, e gli si precipitò accanto “come stai... ?!?”
Il ninja fece una smorfia, poi, senza particolare sforzo, si liberò dal cadavere del cavallo e si rimise in piedi, massaggiandosi la testa nel punto in cui l’aveva sbattuta. Era ricoperto di sangue e polvere, ma non sembrava ferito.
Con un’occhiataccia, si avvicinò al mago e gli strappò la Sohi dalle mani, dopodiché cominciò a ripulirla per bene prima di rimetterla nel fodero, senza degnarlo di uno sguardo.
Fay chinò la testa, e si allontanò a riprendere il suo cavallo.

>>> <<<

Tornarono a casa in silenzio.
Fay lasciò il destriero nella stalla, dopo avergli fatto una carezza sul muso. Gli dispiaceva per l’animale di Kurogane… sentiva il tessuto dei vestiti indurito dal sangue rappreso dell’animale. Anche quella notte, una strage.

Chiuse piano la porta, una volta entrato in casa. Fuori stava ormai albeggiando, ma l’atrio era ancora buio.
“Kurosama?”
Sentì un grugnito provenire da dietro la tenda che fungeva da parete per la stanza del ninja. Frugò un momento in una credenza e poi raggiunse l’altro. Spostò lentamente la stoffa, quasi timidamente. Si sentiva improvvisamente un estraneo in quella casa, e si sentiva tremendamente colpevole. Non era una novità, per lui, sentirsi in colpa… ma in quel preciso istante, nel momento in cui vide Kurogane seduto sul letto, l’armatura gettata in un angolo, in mano il lavabo colmo d’acqua ed i capelli fradici, il senso di colpa lo immobilizzò.
L’altro lo degnò appena di un’occhiataccia storta, dopodiché posò il lavabo sul piccolo tavolo che aveva accanto al letto.
Fay si riscosse, e gli si avvicinò sorridente, tenendo in bella mostra una piccola boccetta di terracotta. Gliela indicò con l’altra mano, facendo il gesto di prendere un po’ dell’unguento che conteneva con un dito. Per caso Kurowanko voleva che glielo spalmasse sul livido?
Il ninja gli prese l’unguento di mano con il suo solito fare brusco.
Fay rimase lì con il sorriso stampato sulla faccia – no, Kurowanko non voleva, evidentemente – fino a che l’altro non cominciò a massaggiarsi la botta con l’unguento. A quel punto, girò i tacchi e sollevò di nuovo la tenda che fungeva da divisorio, per andarsene.
“Non provare mai più a fare una cosa del genere. La nostra strategia di combattimento prevede che tu mi copra le spalle; se lasci il tuo posto, la strategia va a farsi benedire e i nemici possono sopraffarci. E io detesto perdere… soprattutto se la sconfitta è determinata dalla tua idiozia.”
Fay chinò la testa. Nella voce di Kurogane si sentiva la rabbia, a stento trattenuta. Ma certo, anche se non aveva capito tutte le parole, aveva inteso perfettamente il senso. Ma certo. Kurogane non voleva essere sconfitto.
“Scusa” disse, prima di uscire.

Kurogane osservò la stoffa della tenda ricadere morbidamente sul pavimento, mentre Fay se ne andava.
No, non poteva permettersi di essere sconfitto... non a causa sua. Non da lui.



--- to be continued ---


*: ehm.. lo so che quegli animali sono tutto fuorché cavalli… ma d’altronde non hanno un nome nel manga e… io sinceramente non saprei proprio come chiamarli (non volete che mi inventi di sana pianta un nome, vero..?) quindi visto che svolgono il ruolo solitamente svolto dai cavalli, si chiameranno cavalli…

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***



Yay! Rieccomi qui!

Innanzitutto grazie a tutte quelle che hanno commentato e un ringraziamento speciale alla mia betina Adrienne! <33

Una piccola nota: probabilmente, tra qualche capitolo, dovrò cambiare il rating della storia da giallo in rosso... spero che la cosa non dia troppo fastidio (mi spiace se qualcuno aveva cominciato a seguirla confidando nel rating basso, ma non sono riuscita a tenere a bada la mia mente perversa...) - in ogni caso, sarà solo un capitolo e verrete previamente avvisate...




All'ombra del castello nel cielo

Capitolo IV



Seduto, la schiena contro la parete, Fay sentì Kurogane che usciva di casa chiudendo la porta in modo poco gentile.
“Non manca molto al momento in cui i vostri compagni vi raggiungeranno…” aveva detto Ashura.
Quindi, si sarebbero ricongiunti a Shaoran e Sakura… e il loro viaggio sarebbe ricominciato.
Quindi, non poteva ancora morire.
…sarebbe stato meglio se si fossero persi per sempre in quel mondo, così lui sarebbe potuto sparire prima del risveglio di Ashura-o, senza dover mantenere fede alla promessa fatta quel giorno… Ma quello era il suo dovere, ora.
Doveva assolutamente riprendere a sorridere.


>>> <<<


Sulla città degli Yasha soffiava un vento umido e freddo, mentre nuvole scure si erano inghiottite i raggi del sole ancora basso sull’orizzonte.
Kurogane camminava a passo svelto tra le case, verso il mercato. Era inquieto. Forse era colpa del temporale imminente…?
Lo disturbava quello che era accaduto in battaglia, quella notte. Lo disturbava molto perché il mago stava per fargliela. Avrebbe detto che era tutto a posto, prima della battaglia, e invece quell’idiota… aveva approfittato del primo momento di vera confusione per abbassare la guardia e mettere giù le armi. Lo aveva visto!!! Teneva quell’arco come se fosse pronto a gettarlo via da un momento all’altro. Anzi, poco ci mancava che lo mettesse in mano al primo del clan degli Ashura che trovava e lo pregasse di scoccare un dardo puntando diritto al suo cuore.
Era maledettamente bravo a recitare, quel mago. E quella notte lo aveva sorpreso parecchio, così tanto che lui stesso aveva rischiato grosso. Ma non poteva andare avanti così.
Arrivò alla bancarella che sapeva e comprò quello che doveva comprare. Il venditore lo guardò un po’ sorpreso… del sakè, a quell’ora del mattino? E… così tanto sakè?!?

Tornò indietro a passo anche più spedito e spalancò la porta di casa con impeto. “Mago!” tuonò.
Ma non ci fu risposta. Come una furia, spostò la tenda della camera di Fay (rischiando quasi di tirare giù il sostegno dal soffitto) e fissò i suoi occhi fiammeggianti sul giovane.
Fay era seduto a terra, e osservava distrattamente la sua armatura. Si girò appena, poi tornò a grattare con un’unghia le incrostazioni di sangue dai suoi pantaloni.
Aveva la testa reclinata sul petto, e le lunghe ciocche di sottili capelli biondi gli coprivano la fronte e gli occhi.
“Alzati, idiota.”
Fay sollevò la testa, abituato al tono imperioso del ninja… anche se, stavolta, sembrava più perentorio del solito.
Kurogane osservò lo sguardo perso e colpevole del mago. Ma invece di compiacersi per quell’espressione sincera – che, per una volta tanto, non era quell’odioso sorriso! – gli venne ancora più rabbia.
Allungò una mano e lo prese per il bavero della maglia, sollevandolo di peso. Fay fece tanto d’occhi, ma si sentì tranquillizzato. Forse stavolta Kurogane era arrabbiato sul serio, forse stavolta l’avrebbe picchiato… perché il suo comportamento aveva rischiato di ucciderlo. Poteva mollargli un pugno o due, e Fay avrebbe pagato per quello che aveva fatto. E poi l’avrebbe lasciato in pace.
Ma il ninja si voltò e se lo trascinò dietro, di peso, in cucina. Qui lo mise a sedere davanti al tavolo, e posò sul piano il sakè che aveva comperato. Prese due tazzine, le riempì fino all’orlo, e ne spinse una davanti al mago. Questo la guardò, e poi guardò Kurogane.
“Ti piace il saké di questo posto, no? Bevi.”
Fay osservò incredulo il liquido tra le sue mani. Aveva una gran sete.
Bevve tutto d’un fiato, e si servì di nuovo. Kurogane fece altrettanto.
La morte era arrivata ad un soffio da entrambi, quella notte. Ci mancava poco, e il loro viaggio per i mondi, i loro desideri – per quanto assurdi – sarebbero svaniti nelle dimensioni come faceva il castello nel cielo non appena la luna tramontava.
Era tutto così sfuggevole, in quel viaggio. I mondi in cui passavano… ognuno diverso, ognuno ricco di storia, e di problemi. Facevano la loro comparsa in quei mondi, e poi li lasciavano… di loro non rimaneva che qualche traccia, qualche ricordo in chi avevano incontrato… e le persone che incontravano comparivano in altri mondi, ma non si ricordavano di loro… Sakura non si sarebbe mai ricordata di Shaoran…
Viaggiavano insieme da diverso tempo, ormai, ma cosa sarebbe accaduto alla fine del viaggio? Sarebbe svanito tutto come in una bolla, come quando saltavano nella bocca di Mokona?
…ma comunque, che importava? Perché doveva importargliene?

Fay appoggiò il mento sulle mani. Quel saké era squisito. Anche meglio di quello che avevano assaggiato al tempio… peccato che con lo stipendio da soldati che ricevevano non potessero permettersi di comperarlo spesso… un sorrisetto tornò a spuntargli sulle labbra. Che buono quel saké. Più buono anche di quello di Celes… Sentì i gomiti scivolargli sul piano lucido del tavolo, deboli sotto il peso della testa.
Kurogane osservò il ragazzo addormentarsi, la testa reclinata sulle braccia, la bocca semiaperta. Prese la sua tazza svuotata solo a metà, e finì il saké in un unico sorso. Dopodiché, si alzò e si caricò il mago in spalla. Gli sembrò molto più leggero di quando l’aveva preso in braccio ad Oto… stupido, se non fosse riuscito a farsi ammazzare, avrebbe cercato di morire d’inedia?
Lo portò in camera e lo stese sul letto. Fay si mosse sul materasso, si rigirò fino a mettersi supino, e affondò il volto nel guanciale. Dopodiché, rimase immobile, profondamente addormentato.
Fuori, le prime gocce di pioggia avevano cominciato a picchiettare di scuro la polvere ed i ciottoli della strada. Un tuono rimbombò tra le colline brulle.
Kurogane prese una coperta e la stese addosso a Fay, dopodiché si sedette sul pavimento accanto al letto, improvvisamente esausto. Il punto dove aveva sbattuto la testa gli pulsava intensamente.


>>> <<<


Le tenebre in cui vaga la mente di Yuui cominciano a prendere forma… la forma di un muro… un muro di mattoni grezzi, sconfinato… e in mezzo a questo muro, una finestra nera.
Yuui si avvicina, allunga una mano vero di essa e le sue dita vanno a sbattere contro qualcosa di duro e gelido.
Sbarre ghiacciate.
Anche sotto i suoi piedi, improvvisamente, sente che c’è qualcosa di freddo; i suoi talloni affondano in quella che sembra stoffa umida. Non vuole guardare in basso.. tanto sa già cosa c’è sotto i suoi piedi, perché è stato lui a costruire quella pila di cadaveri, quella scala per raggiungere la finestra nella torre.
Non solo è stato lui a trasportare quei corpi – troppo pesanti per un bambino – uno ad uno… i visi marmorei a causa del gelo, gli occhi sono spalancati in un’eterna accusa: TU ci hai ucciso. Siamo morti a causa tua. E nulla può più cambiarlo.
Avessi tante vite quante ne servirebbero a riportare in vita tutti voi…
Ma quella scala di cadaveri gli serve perché deve raggiungere la finestra… e perché al di là delle sbarre c’è Fay, il suo Fay, che lo aspetta.
E’ tanto che è lì ad attenderlo, ma la piramide è stata lunga da completare… prima Valeria, poi Celes…e ancora non sarebbe bastato…
Qualcosa di acuminato gli sfiora la caviglia. Di nuovo, non ha bisogno di guardare in basso per sapere che è la lama della Sohi, che Kurogane stringe ancora tra le dita immobili e pietrificate. Un ultimo scalino che gli consente di toccare con mano quelle sbarre.
Le sue dita di bimbo sfiorano il metallo, incuranti del pizzicore che provoca quel contatto sulla sua pelle.

Il viso di Fay appare al di là di quelle sbarre, spettrale come un fantasma. E’ davvero Fay… o è solo un suo riflesso?
Yuui gli sorride, ma il bimbo biondo rimane impassibile, gli occhi bassi e il visetto serio. E’ Fay, non c’è dubbio. Da che Yuui ricordi, non ha mai visto il fratello sorridere.
“Scusami, Fay… non mi ero dimenticato di te… anzi… avevo davvero voglia di raggiungerti. – dice Yuui, sperando di richiamare l’attenzione dell’altro. Ma Fay non solleva lo sguardo – Forse… non vuoi più rivedermi?”
Fay inizia a piangere. Grossi lacrimoni gli scivolano lungo le guance paffute. E’ vestito come il giorno in cui i due gemelli si sono presi per mano e hanno deciso di venire rinchiusi a vita in quella prigione.
Solleva gli occhi arrossati su Yuui, uno sguardo impotente.
“…io voglio salvarti, Fay…!”
Per un attimo, a Yuui sembra di scorgere un tratto di cielo azzurro alle spalle del fratello… per un attimo, non capisce… chi di loro due è all’interno della torre? Chi di loro due è il prigioniero?
Chi dei due…?
…perché ormai non saranno più in due, insieme, da nessuna parte.
Yuui allunga una mano per raggiungere il viso affranto del gemello, per fargli una carezza, ma le sue dita incontrano solo una superficie liscia: è uno specchio, adesso, che sta accarezzando.
Ma al di là dello specchio, c’è sempre Fay, perché per quanto Yuui si sforzi di sorridere, l’altro non smette di piangere.

Improvvisamente, la catasta di cadaveri sotto di lui scompare. Si disfa in infiniti frammenti… forse sono piume, forse sono folate di vento e neve…
Yuui grida e si aggrappa al davanzale della finestra… ma non c’è il vuoto, sotto i suoi piedi, adesso. C’è un pavimento di marmo.

Un rumore fa voltare Yuui: alle sue spalle, in fondo ad un lungo corridoio, c’è Kurogane. Le venature del marmo scuro sono iridescenti, e mandano un fioco bagliore azzurrino, che si riflette fiocamente sull’armatura del ninja, dandogli un aspetto irreale.
Anche lui sta guardando in uno specchio, Yuui non può vederne la superficie, ma sa che essa è vuota, che non vi si riflette nessuna immagine.
“Kurotan.” Chiama. Il ninja si volta e si incammina lentamente verso di lui.
Ma in quel momento, anche Fay, al di là dello specchio, si muove, e comincia ad arretrare.
Yuui si attacca allo specchio “No! Aspetta!” non può allontanarsi troppo!
Lo sa cosa c’è alle spalle di Fay, c’è un baratro altissimo dove soffia un vento gelato…
Improvvisamente, sente che Kurogane è dietro di lui… ma non era più lungo, il corridoio?!
Fay continua ad arretrare, un passo dopo l’altro, senza staccare gli occhi dal viso di Yuui. Ma non piange più. Un piede dopo l’altro, sempre più vicino all’orlo del baratro invisibile, finché non inciampa.
Yuui si slancia a tutta forza verso di lui, per afferrargli la mano, per impedire che cada, ma lo specchio si infrange. Sente le schegge di vetro penetrargli nella carne, e cade in ginocchio: davanti a lui si apre la voragine, e i fiocchi di neve vorticano nell’aria buia come banche farfalle notturne.
Le sue mani sono bagnate di sangue… il sangue di Fay…

“Quel sangue è tuo.” dice lentamente Kurogane alle sue spalle.
Yuui si volta. Il guerriero è in piedi dietro di lui, ma… anche lui adesso, è in uno specchio!
L’ansia serra la gola di Yuui… no, lui sa che quel sangue è di Fay, che non è suo… e se cerca di rompere anche questo specchio, che lo separa dal ninja, finirà col versare anche il suo sangue…


>>> <<<


Kurogane era caduto in uno stato di dormiveglia, quando sentì che Fay mugolava qualcosa, vicino a lui. Parole della sua lingua natale, del tutto incomprensibile alle orecchie del ninja.
Si alzò, dolorante, con l’intenzione di andarsene a dormire nel suo letto…
Fay gemette, mentre la sua mano afferrava per un attimo l’orlo della coperta.
Kurogane gettò un’occhiataccia al mago. Un incubo?

Con le dita gli scostò i capelli dalla fronte, ma il suo viso era talmente sprofondato nel cuscino che era impossibile intuirne l’espressione. Lo faceva apposta, quel maledetto, perché non gli si potessero leggere in viso nemmeno i sogni che faceva?


>>> <<<


Era pomeriggio inoltrato quando qualcuno bussò con insistenza alla porta. Kurogane si alzò borbottando qualcosa di poco gentile nei confronti di chiunque si trovasse al di fuori, ed andò ad aprire.
Sulla soglia, avvolti nei loro mantelli scuri a causa dell’aria gelida che il temporale aveva portato, c’erano due soldati.
“Il re Yasha ha comandato di mandarvi a chiamare. Siamo qui per scortarvi da lui.” disse uno di loro con tono formale.
Kurogane annuì. “Aspettate solo un momento.”
Si voltò per andare a chiamare Fay, ma vide che anche lui si era svegliato e stava osservando la scena sporgendo la testa dalla tenda della sua stanza.
Poco dopo, i due uscirono di casa seguendo i soldati, diretti al palazzo del re Yasha.


---to be continued---




Non vogliatemene se il prossimo capitolo si farà aspettare perchè sono sotto esami fino a metà luglio...

In ogni caso, non dimenticate che potete venire a commentare e tormentarmi anche sul mio LiveJournal!!! ^o^b

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


Ciao! ^__^
Dunque.. era un po'che non aggiornavo... *tossisce convulsamente*
Bene, spero che vi ricordiate a grandi linee di cosa parla la storia...
Eravamo arrivati al punto in cui Yasha-o aveva mandato a chiamare Fay e Kurogane.

Mi scuso per il ritardo di ere geologiche... PERO' c'è una cosa positiva, ovvero la storia ho praticamente finito di scriverla (manca solo un breve epilogo, giurin giuretto) quindi gli ultimi (due) capitoli saranno pubblicati a breve (per davvero, stavolta)...

Come già accennato, ho cambiato il rating della storia da giallo a rosso, anche se varrà solo per l'ultimo capitolo.

Spero che abbiate passato un buon Natale!
Grazie per le recensioni e un abbraccione ad Adrienne per la betatura! (e la pazienza ;3;)





All'ombra del castello nel cielo


Capitolo V




Il ninja ed il mago seguivano silenziosi i due soldati lungo le strade della città.
Kurogane non aveva idea di che cosa potesse volere da loro il re… lo avevano visto da vicino una volta sola, poco dopo l'arrivo a Yama.
Al loro arrivo, ai due viaggiatori ci era voluto un po' per comprendere bene la situazione,– la sorpresa di non riuscire a capirsi, di essere giunti, soli, in un mondo sconosciuto – ed avevano impiegato diverso tempo anche per far capire agli yasha che erano forestieri in cerca di occupazione, e che l'unico mestiere che avrebbero potuto svolgere lì sarebbe stato arruolarsi come mercenari tra le fila del loro esercito.
(beh, forse il mago avrebbe preferito tornare a cucinare dolci come faceva ad Oto, ma tanto se ne stava lì con espressione ebete senza capire nulla di quello che Kurogane e gli yasha si dicevano, quindi il ninja aveva pensato bene di decidere per lui… almeno, combattendo avrebbe fatto qualcosa di utile, per una volta…)
 
Avevano dovuto dimostrare la loro bravura in combattimento, per convincerli ad arruolarli, e non erano serviti che pochi colpi, scambiati tra loro e i due soldati che si erano offerti per testarli, a convincere l'ufficiale che i due stranieri sarebbero stati degli ottimi acquisti.
Tuttavia, l'ufficiale era rimasto dubbioso: Yama era un paese in guerra, e quei due erano sempre persone di cui era impossibile stabilire la provenienza… forse non si trattava di oni, e nemmeno di spie degli Ashura (del resto, come avrebbero potuto giungere fino a Yama? Ai due clan era consentito incontrarsi solo nel castello della luna…) …ma chi poteva garantirgli che non si trattasse comunque di possibili nemici?
 
Mentre l'ufficiale e i soldati li squadravano, sospettosi, era arrivato il generale nonché sovrano Yasha.
Il viso serio, impassibile, li aveva scrutati a lungo con quei suoi occhi neri, seminascosti dai sottili e lunghissimi capelli corvini, valutandoli attentamente, come se fossero un enigma da risolvere.
Ma, dopo qualche momento di silenzio congelato, Yasha aveva impartito degli ordini secchi ai suoi sottoposti, e Kurogane e Fay si erano trovati arruolati.
 
Fay si ricordò che quella volta aveva notato una certa somiglianza tra l'austera ieraticità di Yasha e la serietà un po' ostentata di Kurowanko… inoltre, quel sovrano gli aveva fatto una strana impressione. Era lì, davanti a loro, eppure era come se non esistesse davvero…emanava un'aura magica così forte che Fay aveva avuto il terrore di non essersi per caso imbattuto nella vittima della sua maledizione… Ma poco dopo Yasha se n'era andato, fiero in sella alla sua cavalcatura, e il mago non aveva indagato oltre…né aveva fatto parola con il ninja di quella sua sensazione. E del resto, come avrebbe fatto a spiegarsi?
Mentre camminavano, si voltò a guardare di sottecchi Kurogane. Non gli aveva detto nulla nemmeno di quanto era successo mentre lui era svenuto sul campo di battaglia, del fatto che re Ashura fosse venuto a parlargli… beh, ma Kuropon si era arrabbiato e non c'era stato modo di raccontarglielo!
Arrivarono finalmente al palazzo di re Yasha. Certo, se di palazzo si poteva parlare… Era un edificio grande, in effetti, maestoso, rispetto alle case che aveva intorno, ma non sembrava affatto un posto da feste di corte, danze e banchetti – piuttosto, era il luogo adatto a riunioni tra comandanti, pianificazioni di strategie di battaglie...
Era di pietra grigia, disadorna – spartano e sobrio, come tutto, lì a Yama, dalle facciate delle case agli uomini che tutte le notti combattevano insieme a loro.
 
Le due guardie all'ingresso li salutarono con un silenzioso cenno del capo, aprendo il pesante portone. I quattro entrarono in un piccolo cortile squadrato,
 
La stanza era larga, dal soffitto alto. Il pavimento di pietra era ricoperto da un enorme tappeto dai disegni geometrici in colori caldi e opachi.
Yasha era seduto dietro un basso tavolo di mogano nero. Quando Fay e Kurogane entrarono nella stanza, alzò gli occhi da una piccola pergamena che stava leggendo, e li salutò con un cenno del capo.
Finì di leggere la missiva, arrotolò il foglio e lo ripose a lato sul tavolo.
"Sedete pure." Li invitò, indicando con un gesto della mano alcuni grossi cuscini appoggiati sul tappeto di fronte al tavolo. Erano di seta, decorati con nappe dorate.
I due si sedettero con un cenno di ringraziamento, mentre Yasha faceva cenno ai due soldati di uscire e chiudere la porta della sala.
Mentre si sedeva, Fay cercò di analizzare attentamente il sentore di magia che promanava dall'uomo di fronte a loro.
Era lo stesso tipo di magia che permeava Yama e che agiva tutte le volte che l'esercito veniva trasportato sul castello della luna. Era un potere forte, ma oltre a quello, Fay non avvertiva altro provenire dal sovrano. Era come se tutto il suo essere fosse magia…
Alzò gli occhi, non appena si fu accomodato sul cuscino, e scoprì che quelli scuri del re Yasha erano fissi nei suoi.
 
"Il tramonto si avvicina e si avvicina anche una nuova notte di combattimenti. Voi siete due tra i miei migliori combattenti, e non voglio veder succedere di nuovo quello che è successo la notte passata."
Fay sorrise con aria di scusa. Di nuovo, un piccolo incantesimo usato dal suo interlocutore gli permetteva di comprendere la lingua.
"So che non rimarrete ancora a lungo tra le fila del mio esercito.. e del resto, non ce ne sarà bisogno. Ma durante questo tempo, siete pagati per dare il vostro contributo e cercare di vincere i nemici, non per farvi colpire da loro."
"Perché non dovremmo rimanere qui ancora a lungo?" commentò Kurogane, secco.
"So chi siete. O meglio, so perché siete qui. Siete viaggiatori dimensionali e siete stati trasportati in questo mondo dal desiderio del sovrano Ashura.
Il fatto che voi siate arrivati, vuol dire che presto anche il suo desiderio si avvererà, e che quindi questa guerra vedrà la sua fine."
Kurogane inarcò un sopracciglio.
"Il sovrano Ashura ha contattato la strega Yuko, esattamente come noi." disse Fay. L'incantesimo gli permetteva anche di esprimersi correttamente.
"Beh, un modo alquanto scorretto per vincere una guerra, avvalersi dell'aiuto della dannata strega… ma d'altronde, immagino che entrambi vogliate conquistare il castello ad ogni costo." Commentò freddo il ninja.
L'espressione formale del generale sembrò rilassarsi, mentre il suo sguardo si addolciva lievemente.
"Combattiamo da sempre per la conquista di quel castello. Ma sicuramente non è per qualche zolla di terreno secco, che ci battiamo: ciò che conta è il desiderio che si vuol far esaudire."
"E Ashura non poteva chiedere alla strega di esaudire questo suo desiderio…? O forse il prezzo da pagare sarebbe stato anche più alto delle vite dei suoi soldati?"
"Ma Ashura non ha chiesto alla strega di vincere la guerra… questo può farlo come e quando vuole. Ad essere sinceri, ha già vinto. Ma ha bisogno di qualcuno che lo induca ad accettare questo fatto."
Kurogane inarcò ancora di più le sopracciglia, e Fay osservò curioso il generale.
Attorno al viso di Yasha, l'aria tremò, e il viso del guerriero sembrò farsi sfocato, inconsistente. Quando tutto tornò normale, sull'occhio destro di Yasha era comparsa una lunga cicatrice, che lo sfregiava dalla fronte alla guancia.
"Io non esisto più, oramai. Non è stato Ashura, a sconfiggermi, ma una malattia. Questa cicatrice è la prova che Ashura era ormai diventato più forte di me… ma non mi ha ucciso in battaglia. Sono morto una mattina all'alba, solo nella mia tenda."
Fay annuì. "Eppure, c'è qualcosa che trattiene il vostro spirito strettamente legato a questo mondo. Un potere forte a cui non potete opporvi.”
Yasha annuì brevemente "Beh, immagino che ne abbiate già viste diverse, di queste." Disse, portandosi le mani al petto. Tra le pieghe della tunica si diffuse una vaga luminescenza, e tra le dita del guerriero apparve una delle piume di Sakura.
"Ma certo! Il potere di ciascuna piuma è così grande che può creare cose che non esistono… se c'è qualcuno che desidera vederle, non è così?" commentò Fay.
"Hai parlato con Ashura, sul campo di battaglia. Cosa ti ha detto?" domandò a sua volta Yasha.
Kurogane, di fianco al mago, gli scoccò un'occhiata indagatrice, ma Fay lo ignorò.
"Ha detto che i nostri compagni saranno qui a breve. E cioè, che presto arriverà qui la persona da cui è nata quella piuma… ciò significa che se ne riapproprierà."
"E che io scomparirò."
"Ha detto anche che ci sono persone che non vogliono lasciare questo mondo.. per evitare agli altri di soffrire."
Gli occhi di Kurogane osservavano attenti Yasha e Fay, cercando di capire cosa stesse realmente accadendo. Maledizione, un mago idiota ed un fantasma guerriero che parlavano con mezze frasi e lasciavano tutto all'intuizione dell'altro…
Lo sguardo del generale tornò ad addolcirsi "Ashura non ha accettato la mia morte. E' rimasto sconvolto dallo stesso fatto di essere riuscito a ferirmi, nonostante le nostre forze si equivalessero, in partenza. Ma le cose non possono andare avanti così ancora a lungo, e l'arrivo del proprietario della piuma gli darà finalmente una ragione per porre fine a tutto questo."
"In questo modo, potrà esaudire il suo desiderio…?" indagò Fay.
Yasha soppesò il volto dell'interlocutore "Tu hai capito qual è il suo desiderio… e temo che nemmeno il castello della luna sia abbastanza potente per esaudirlo. Anzi, temo proprio che in nessun modo, con nessun mezzo sarebbe possibile farlo avverare."
Fay sorrise "Ashura lo saprà."
"In ogni caso, quello è il suo unico desiderio, e sarà quello che esprimerà, una volta conquistato il castello." commentò Yasha, in tono piatto.
"E una volta che la piuma sarà tornata alla principessa, tu sparirai… non ti chiedi che ne sarà della tua gente?" fece improvvisamente Kurogane.
"La mia gente è abituata ai pericoli. – replicò il sovrano, serio - Oltre agli ashura, combattiamo gli oni… non ho figli, ma c'è chi è pronto a prendere il mio posto alla guida del mio popolo."
Né Kurogane né Fay dissero altro. Il volto di Yasha aveva un'espressione serena, forse vagamente severa – del resto, chi erano loro per porgli domande o fargli osservazioni? Il suo punto di vista era ormai nettamente diverso dal loro.
"Andate a prepararvi, adesso. Quella che ci aspetta sarà l'ennesima notte di battaglia."
I due si alzarono e si congedarono con un piccolo inchino.
 
Mentre li osservava andare via, Yasha tornò ad assumere le sue consuete sembianze.
Il suo popolo… certo, come re, era addolorato di doverli lasciare per sempre. Di averli lasciati per sempre. Ma sapeva anche di essere felice: ne era valsa la pena, di perdere un occhio per poter vedere con l'altro l'espressione addolorata e sconvolta sul viso di Ashura. Ne era valsa la pena, l'essere diventato un fantasma per poter andare a trovarlo nel suo palazzo.
Sorrise mestamente del suo egoismo. Valeva sempre la pena di continuare ad ingannare la sua gente, nonostante l'incantesimo della piuma non operasse a causa della sua volontà, per poter vedere il re Ashura tutte le notti.
 
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Una volta arrivati a casa, Kurogane e Fay cominciarono in fretta a prepararsi. Il palazzo del re era situato nel centro della città, piuttosto lontano dalla periferia dove vivevano, e ormai era vicina l'ora del tramonto.
Sulla strada del ritorno, avevano camminato di buon passo e in silenzio.
Il ninja aveva rinunciato a priori ad indagare sulla faccenda dell'incontro di Ashura col mago. Qualsiasi cosa fosse accaduta, sembrava che non lo riguardasse più di tanto. E provare a far notare allo smilzo che avrebbe anche potuto raccontarglielo sarebbe stata una perdita di tempo.
 
Aveva appena finito di sistemare l'armatura quando alcune strida selvagge provenienti dalla strada interruppero il silenzio che precedeva il crepuscolo.
Kurogane corse a spalancare la porta, e proprio in quel momento alle strida si unì l'urlo di una donna.
Gli occhi di Kurogane si ridussero a due strette fessure, di fronte alla scena: poco lontano, un gruppo di figure grottesche gremiva la strada lanciando striduli versi di caccia. Erano demoni scimmia, dal corpo tozzo e magro coperto di pelo argentato, gli arti lunghi e ossuti, e le code sottili che sferzavano l'aria nervosamente. Avevano musi simili a quelli di cani rabbiosi, con le fauci irte di denti aguzzi e schiumanti di bava, gli occhi ardenti di una luce rossa e malvagia.
Un paio di loro avevano atterrato una ragazza che stava camminando nei paraggi: la poverina aveva cercato di difendersi colpendo il mostro con il cesto che teneva in mano, ma un secondo oni le aveva afferrato il braccio e glielo stava dilaniando, mentre lei si dimenava chiamando disperatamente aiuto.
Kurogane non vedeva nessun altro per le strade. Sentì delle grida di soldati, ma erano lontane… certo non sarebbe rimasto con le mani in mano ad aspettare che arrivassero.
In un baleno, fu addosso ai due oni che stavano attaccando la ragazza: la lama della Sohi mozzò di netto la testa del primo, e fece per avventarsi sul secondo, che subito saltò indietro, guaendo spaventato, ma osservando il ninja con gli occhi rossi carichi d'odio.
Quei bastardi erano maledettamente agili – pensò Kurogane mentre il mostro schivava nuovamente il suo colpo. Dietro di lui, la donna si era trascinata il più lontano possibile, nel tentativo di alzarsi, tenendosi il braccio sanguinante e stringendo i denti per resistere al dolore. Ma un rumore le fece voltare la testa verso l'alto: da sopra il tetto della casa contro il cui muro si stava appoggiando, un oni la scrutava con le luci scarlatte dei suoi occhi malefici. Lo vide prepararsi al salto e si coprì la testa con le mani, gridando per il terrore, già pronta a sentire di nuovo quelle zanne aguzze penetrarle nella carne.
Invece, udì l'eco di un colpo e del ghiaino della strada che schizzava intorno. Sbirciò da sotto le braccia incrociate sulla sua testa e vide che un nuovo guerriero era accorso in suo aiuto: teneva in mano un lungo bastone con il quale doveva aver colpito l'oni, mandandolo a rotolare lontano.
Il soldato si voltò verso di lei, sorridendole per rassicurarla. Portava uno spesso nastro di stoffa nera intorno al collo; se lo tolse e le si chinò accanto per legarlo intorno al braccio ferito.
Ma il demone si era già rialzato, pronto a colpire. Il giovane si voltò ad affrontarlo, scuotendo la testa per scostare i capelli biondi che gli coprivano gli occhi, ed emettendo uno strano verso che poteva vagamente somigliare ad un fischiettio.
L'altro guerriero, pur essendo impegnato a menare copi di spada contro gli altri oni, trovò il tempo per voltarsi e gridare all'altro, con tono arrabbiato, di smetterla immediatamente con il suoi insopportabile verso. Il biondo rise, mente atterrava di nuovo il demone.
 
Preceduti dal rumore di zoccoli sull'acciottolato delle vie, un paio di soldati a cavallo arrivarono a dar man forte e smontarono dai destrieri per affrontare gli oni. Ma dopo solo qualche colpo, l'intero gruppo di mostri decise di battere in ritirata.
"Tsk, non penseranno mica di scappare via così!" esclamò Kurogane. Si guardò intorno, e afferrò le briglie del primo cavallo che trovò. Vi montò con un salto e lo spronò al galoppo, ignorando le proteste del proprietario dell'animale.
L'altro soldato fece per salire in sella al suo, ma Fay fu più veloce.
"Mi dispiace! – disse con un sorriso di scusa rivolto al collega – Prendete pure i nostri!” e detto questo, si affrettò a seguire Kurogane.
I soldati appiedati imprecarono, mentre osservavano sparire i due al galoppo.




Grazie per aver letto fin qui!

Come già detto, i prossimi capitoli sono già scritti e betati, il tempo di risistemarli e saranno pubblicati!

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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


Nota: ho aggiornato questa fiction con il capitolo V solo ieri, quindi se non l'avete già fatto è il caso che leggiate prima quello! :)

All'ombra del castello nel cielo

Capitolo VI

Kurogane incitò il cavallo alla massima velocità, ma i demoni scimmia correvano molto più veloci.
Si lasciarono alle spalle le ultime case, tra le urla di diversi abitanti che si erano affacciati a veder cos'era tutto quel trambusto.  Ben presto, fu circondato dagli alberi, e gli oni scomparvero tra i rami e i tronchi.
Kurogane arrestò la corsa del cavallo. I mostri erano spariti alla sua vista, ma lui sentiva che avevano smesso di scappare. Bene. Era lo scontro diretto, che cercava.

 
Non ci misero molto, infatti, a ricomparire: le zanne giallastre snudate, e gli occhi che brillavano nella semioscurità della foresta al tramonto.
Alcuni si affacciarono dai rami degli alberi, altri sbucarono dai cespugli del sottobosco, accerchiandolo.
Kurogane scese dal cavallo sogghignando, e rinsaldando la presa sulla katana, pronto.
Quando il primo oni gli si avventò addosso, la lama di freddo metallo, già sporca di sangue, era lì ad aspettarlo.
Per nulla intimoriti dai guaiti del compagno ferito e gettato a terra, gli altri oni aggredirono il guerriero senza indugio. Kurogane roteava e affondava la Sohi senza sosta, e il mantello e l'armatura furono presto coperti di sangue. Ma le ferite e i colpi ricevuti non bastavano a scoraggiare i demoni, che, anche morenti, continuavano a saltargli addosso. Impegnato ad affrontarne due di fronte a lui, il ninja sentì che un altro gli si era arrampicato sul mantello, alle spalle.
Un momento prima che riuscisse a girarsi per affrontarlo, sentì che il peso dell'oni spariva improvvisamente dalla sua schiena.
"Hyuu!" salutò Fay affiancandoglisi "Eri un po' nervoso, Kurorin? Stai sfogando il tuo stress in eccesso?"
Kurogane grugnì, mentre con un colpo della Sohi faceva volare uno dei mostri tra gli alberi attorno.
"Non è per annoiarti, ma il capo ci ha appena ricordato che non dobbiamo cercare di farci ammazzare… oltretutto, il resto dell'esercito starà partendo per il castello della luna! E noi stiamo ancora qui a dare la caccia agli oni…" mentre parlava, Fay si liberò di entrambi i demoni che lo avevano attaccato.
"…ma perché caspita parli così tanto, si può sapere?!"
"…sarà ancora l'effetto dell'incantesimo, Kurosama!"
Ancora un paio di colpi, e improvvisamente si ritrovarono soli tra gli alberi, circondati dai cadaveri degli oni che avevano sconfitto. Tracce di sangue mostravano dove quelli feriti si erano ritirati, scappando dallo scontro.
In silenzio, Kurogane pulì la lama della katana e la infilò nel fodero.
Risalirono in sella ai cavalli e si affrettarono ad uscire dal folto degli alberi. Una volta calato il sole, la foresta era tutto fuorché un posto raccomandabile.

Il cielo cominciava a tingersi di un freddo color lavanda. Alcuni soldati di guardia al perimetro della città corsero loro incontro, vedendoli tornare.
Dopotutto, se l'erano sbrigata in poco tempo.
Restituirono i cavalli e tornarono a casa. Era troppo tardi per unirsi alla battaglia al castello sulla luna. Probabilmente, si sarebbero meritati una seconda lavata di capo da parte di Yasha-o, il giorno seguente.

 
A casa, Fay decise che, se dovevano passare la notte lontani dagli scontri, valeva la pena di dedicarsi a qualche faccenda domestica.
Del resto, i vestiti di Kurogane erano intrisi del sangue degli oni, e i suoi non erano meno sporchi. La notte era serena e tirava un po' di venticello… non ci avrebbero messo molto, ad asciugarsi.
"Kurotan! Dammi i vestiti, che li lavo." Disse, facendo irruzione nella stanza del ninja. In tutta risposta, questo borbottò qualcosa che doveva essere un assenso.
Mentre aspettava che si cambiasse, Fay ripensò a quanto successo.
Avevano già assistito a qualche incursione degli oni tra le case della città: guardie e soldati, in genere, si limitavano a scacciare i mostri e rimandarli da dove venivano, ma difficilmente li inseguivano fin dentro la foresta, che era loro territorio.
Al contrario, Kurogane sembrava essersi divertito.
"Certo che detesti veramente gli oni, Kurosama." Commentò.
Dall'altra parte della tenda non provenne alcuna risposta. Qualche momento dopo, Kurogane la scostò e depositò un mucchio di vestiti sporchi tra le braccia di Fay.
"E' perché anche il mondo da cui vieni ne è pieno, vero?"
Il ninja osservò il mago a braccia incrociate. Incantesimo o meno, sembrava che quella sera volesse rifarsi dei precedenti mesi di mutismo. O forse, si sentiva ancora in colpa per quanto accaduto la notte precedente.
In ogni caso, Kurogane gli rispose. Chissà, pensò fugacemente tra sé e sé, se magari quella non fosse la volta buona per instaurare una conversazione vera con l'altro.
"Gli oni del mio paese si comportano proprio come questi. Attaccano i villaggi e le persone. C'è bisogno di guerrieri che proteggano la gente."
"Ah ah, scommetto che Kuropon ha sconfitto tanti di quegli oni da averne perso il conto!"
"Tsk, sarebbe tutto più facile se i nemici della principessa fossero solamente oni!"
"Beh, ma Kurorin è così forte che può sconfiggere qualsiasi avversario! Chissà chi è stato ad insegnargli così bene!" esclamò Fay impilando i suoi vestiti sopra quelli del ninja.
"Mio padre." fu la secca risposta.
Fay gli lanciò un’occhiata maliziosa “Ah, beh, immagino che tenere a bada gli oni fosse nulla, rispetto al dover tenere a bada te! Scommetto che eri un gran discolo, da bambino!”
Kurogane lo fulminò con lo sguardo.
“Ma immagino anche che doveva essere un guerriero davvero incredibile, per averti insegnato tutte queste tecniche.”
Il ninja osservò il buio che copriva il cielo, fuori dalla piccola finestra della sua stanza. In notti come quella, così chiare, suo padre non disdegnava qualche battuta di caccia nei territori di Suwa. "Difficilmente avresti trovato qualcuno più esperto e abile di lui nel combattere gli oni. Eppure, alla fine hanno vinto loro."
Entrambi tacquero. Fay si mise a lisciare le pieghe degli abiti che aveva in mano, ma un attimo dopo si rese conto che era perfettamente inutile, visto che avrebbe dovuto lavarli.
"Beh… io non ricordo nemmeno più il volto di mio padre." Commentò.
Kurogane alzò un sopracciglio, sempre a braccia incrociate.
Fay rispose con una scrollata di spalle. Sapeva bene che, parlando con il ninja, non si potevano lasciare troppe cose non dette, nel momento in cui si iniziava un racconto.
"E' morto quando io ero molto piccolo – disse Fay come per scusarsi – ma di malattia Nel mio mondo non c'erano bestie feroci o demoni mostruosi." sorrise.
Kurogane rimase appoggiato alla parete, aspettando un seguito, ma non ce ne furono.
"A dire il vero, l'unico pericolo erano gli esseri umani. Quelli sì che potevano diventare peggio degli oni." Aggiunse soltanto il mago, tirando fuori un catino da sopra una credenza. Vi mise dentro i vestiti e uscì, diretto al pozzo sul retro della casa.

 
Mentre riempiva il catino, Fay si perse per un attimo nelle increspature dell'acqua, che riflettevano la luce della luna.
Se gli oni meritavano di morire perché avevano ucciso il padre di Kurogane, lui, che era l'assassino dei suoi stessi genitori, non meritava forse una fine peggiore?
…ma lo sapeva, che non poteva ancora morire… che non mancava molto al momento in cui Shaoran e Sakura li avrebbero raggiunti in quel mondo.
E fino a quel momento, poteva vivere per guardare le spalle a Kurogane.
Immerso fino ai gomiti nell'acqua e sapone, gli venne da ridere. Beh, proteggere era decisamente una parola troppo grossa, per uno come lui…. E parlando di un tipo forte e deciso come Kurosama, poi…
…ma in fondo, una mano si era dimostrato in grado di potergliela dare, no?
Fay andò avanti a strofinare il tessuto. Era la prima volta che faceva il bucato di notte, alla luce della luna. Almeno, il buio gli impediva di vedere l'acqua del catino diventare rossa del sangue che stava lavando via.

 

 

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Erano passate diverse settimane dall'episodio degli oni, e, finalmente, quella sera sarebbe stata luna nuova.

Nelle notti come questa, rischiarate dalla sola luce delle stelle, il castello non accoglieva la battaglia dei due eserciti, e gli abitanti di Yama erano soliti festeggiare con banchetti e danze quei rari momenti di tregua.
Fay era tornato a comportarsi al suo solito, con quel fare falsamente spensierato, ma, se non altro, sembrava essersi messo d'impegno e in quell'ultimo periodo era riuscito a imparare ad esprimersi decentemente nella lingua di Yama.

Cosa di cui, in quel momento, Kurogane era tutt'altro che felice.

"Kurotan! Insomma, non puoi proprio venire alla festa conciato così!"
Erano già due giorni che l'idiota lo perseguitava con quella storia. E lui non ne poteva più.
"Non ci metto molto! E vedrai che dopo sarai perfetto, un vero e proprio figurino!"
Finalmente, il ninja decise di uscire dalla sua stanza per affrontare il rompiscatole una volta per tutte. Scostò la tenda dell'ingresso e si ritrovò a fissare la sua faccia, riflessa in uno specchio che Fay gli aveva piazzato davanti.
"Guarda! Capisco che la chioma incolta si addice al tuo stile di uomo guerriero, ma ora è un po' troppo incolta, non vedi?"
Kurogane osservò i capelli neri che gli ricadevano sulla fronte, disordinati.
"…l'unica cosa che non vedo è il motivo per cui dovresti essere tu, a tagliarmeli!"
"Perché tu da solo non lo faresti. E poi, sono bravo io, fidati!"

Quando, poco dopo, si ritrovò seduto su una sedia, con Fay che armeggiava alle sue spalle con quella che sembrava una specie di inquietante cesoia, il ninja tornò a chiedersi perché mai aveva ceduto.

Forse perché, dopotutto, era l'unico modo di far stare zitto l'altro.. l'unico modo a parte ucciderlo sul serio, ovviamente. Ma supponeva che Tomoyo non facesse rientrare il "perché mi assilla per tagliarmi i capelli" un motivo abbastanza grave per uccidere una persona.
"Allora, signore, come li tagliamo?" cinguettò Fay
"Zitto e sbrigati!"
"Oh, sbaglio o siamo un po' tesi? Hai paura che ti decapiti con queste?" chiese facendo schioccare le cesoie.
"Non scherziamo!" esclamò Kurogane, voltandosi inviperito verso il mago

"Wah, che cattivo! - Fay lo fece voltare di nuovo – Dovresti cercare di rilassarti, oggi!" disse, massaggiandogli la base del collo.

"Insomma, per una volta che non abbiamo nulla di che preoccuparci, potresti mostrarti un po' più tranquillo e contento, no?"
"Che Yama sia un posto dove non c'è nulla di preoccupante mi sembra ridicolo da dire." fu la secca risposta.

Ma nonostante il tono brusco, sotto le dita Fay sentì i muscoli del ninja ammorbidirsi.

"Beh, non intendevo questo… volevo dire che da un giorno all'altro potremmo ritrovarci catapultati in un'altra dimensione, e non sappiamo a cosa andiamo incontro. Qui ormai conosciamo il posto, e non è poi così male, no?"

Kurogane non disse nulla. Le mani di Fay scesero a massaggiargli le scapole. Certo che le sue spalle erano davvero larghe…

Il mago osservò l'ampia schiena del guerriero; sentiva il suo calore riempirgli il palmo delle mani, il torace muoversi al ritmo calmo e regolare del suo respiro… pensò che gli sarebbe piaciuto appoggiare la fronte contro quella schiena e chiudere gli occhi. Come se quella schiena fosse forte abbastanza da sopportare, almeno per un poco, il peso che sentiva gravargli addosso ogni giorno.

Alzò gli occhi e si vide riflesso nello specchio che aveva poggiato davanti a Kurogane. Il ninja lo osservava nel vetro, con uno sguardo indecifrabile nelle iridi scure.
"Non avevi detto che sarebbe stato meglio essere contenti, oggi?"
"Beh, ma certo! – si riscosse Fay, sorridendogli attraverso lo specchio – Dunque, vediamo un po'…" gli passò una mano tra i capelli e cominciò a tagliarglieli.

Non ci mise molto, e alla fine prese un pettine di legno per sistemarglieli.

"Va bene, sono a posto adesso." fece improvvisamente Kurogane, alzandosi in fretta, e spazzolandosi il vestito da qualche capello che vi era caduto sopra.
Fay lo osservò uscire di casa, rigirandosi il pettine tra le mani. Forse aveva indugiato un attimo di più a passarglielo tra i capelli.
Ma… era stato un momento così strano. Era stato un momento di calma, di strana intimità.
Dopo tutti quei mesi che vivevano insieme, si erano più che abituati alla reciproca presenza, alle abitudini. Non vivevano poi male, in quella casa di Yama. Forse non sarebbe nemmeno stato male rimanere lì. Se i ragazzi li avessero raggiunti.. chissà se magari c'era un modo per sottrarsi al viaggio nelle dimensioni… Yama era un paese dimenticato, relegato in chissà che angolo dell'universo e dello spazio tempo. Perché qualcuno sarebbe dovuto venire a cercarli lì? Avrebbero potuto vivere tranquilli…
Strinse il pettine così forte che i denti, leggermente acuminati, gli lasciarono dei solchi profondi nelle dita. Era inutile sognare ad occhi aperti.

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


Nota:  questa fan fiction è stata aggiornata anche il 29 e il 30 dicembre con i capitoli V e VI.. quindi se non li avete ancora letti leggete prima quelli.
(è ovvio, ma visto che non aggiornavo da giugno, meglio dirlo...

Ah, rispondo alla domanda di FireAngel:
Come mai il fantastico mago ha deciso di utilizzare la magia?
Non è stato Fay ad usare la magia, è stato Yasha a lanciare un piccolo incantesimo per fare sì che il mago potesse capire quello che diceva.
Era successo lo stesso anche quando Fay aveva incontrato Ashura sul campo di battaglia, ma l'incantesimo era sparito non appena Ashura era tornato nel suo regno. Stavolta l'incantesimo di Yasha dura più a lungo. In seguito, Fay impara per conto suo a parlare un po' della lingua degli Yasha - visto che è tutto fuorchè stupido, non penso sia stato poi difficile per lui imparare una lingua vivendo per mesi in quel posto... :)

Bene, a voi la parte VM18. E grazie ancora ad Adrienne per la betatura! ♥







All'ombra del castello nel cielo



Capitolo VII




Uscirono di casa al crepuscolo, e una volta tanto lo fecero senza avere addosso le armature e le divise che usavano per combattere.

Indossavano, invece, degli abiti che, secondo i canoni del regno di Yama, potevano essere definiti eleganti. Erano delle lunghe tuniche di seta, portate sopra a dei pantaloni larghi e morbidi, dello stesso tessuto. Le tuniche erano decorate sulle maniche e sul bordo del colletto con dei motivi arzigogolati.
Non erano decorazioni particolarmente vistose – del resto, non erano che semplici soldati – ma Fay si era divertito a sceglierle: era la prima volta che andava ad una di quelle feste. Per sé, aveva scelto della stoffa celeste, e per Kurogane, scarlatta.
 
Nel centro della piazza, dove solitamente si teneva il mercato, ora splendevano dei falò; le lingue di fuoco che si innalzavano verso il cielo ancora rosato dal tramonto.
C'era una vera e propria folla lì radunata: uomini e donne di tutte le età, che ridevano e parlavano, e un chiasso allegro sovrastava il crepitio dei ceppi che ardevano sotto le fiamme. Cibo e bevande abbondavano, e dei musicisti stavano accordando alcuni strumenti, seduti accanto al muro di una casa.
 
La notte fece presto ad arrivare, la volta celeste divenne buia, interrotta solo dai piccoli lumi delle stelle. Un brezza leggera e fresca scompigliava le frange dei fuochi, facendo vorticare il fumo che si alzava a riccioli sopra i falò.
Sulle note degli strumenti musicali, qualcuno aveva già cominciato a ballare.
Fay emerse dalla folla accanto ad un Kurogane tutto intento a bere il sakè della festa, seduto accanto ad un gruppetto di soldati che chiacchieravano Era divertente vederli in quel nuovo contesto, considerò il mago. I volti rilassati, puliti e non macchiati di polvere, sangue e sudore; le tuniche dai colori sgargianti invece delle armature coperte di ammaccature…
Il suo sakè in mano, prese posto anche lui di fronte ad uno dei falò, e si perse ad osservare i colori delle fiamme. Gli ricordavano tanto lo scarlatto degli occhi del ninja… era per questo che aveva scelto per lui una tunica rossa, perché quel colore gli mancava un po'.
Assurdo da dire, visto che lo scarlatto era il colore del sangue, e che di sangue lui sentiva di averne visto fin troppo, nella sua vita.
Si voltò a guardare il ninja, che se ne stava anche lui a contemplare le lingue di fuoco che guizzavano spargendo ceneri tutt’intorno.
“Non mi sembra che tu ti stia divertendo granchè, Kurotan!” anche se, conoscendolo, Fay pensava che dopotutto il ninja fosse ben contento di stare lì a bere sakè a volontà.
“Perché non balli?”
“Ma che diamine dici?!” replicò stizzito l’altro.
“Aaaah, Kurosama, non senti per nulla lo spirito della festa!”
“Tsk, e di te che mi dici? Sei seduto qui esattamente come me.” rispose Kurogane scoccandogli un’occhiataccia.
Fay gli sorrise facendo spallucce. Non era certo una sua preoccupazione, farsi degli amici con cui poter chiacchierare alle feste… anzi, era l’esatto opposto, semmai.
Improvvisamente, videro che una ragazza si era fermata davanti a loro. Stava in piedi, poco distante, e li fissava stringendo nervosamente qualcosa tra le mani.
"Buonasera." disse lei quando vide che Fay e Kurogane si erano accorti della sua presenza.
"Salve!" salutò Fay con un sorriso, invitandola a sedersi accanto a lui sulla panca di legno.
Lei sorrise, imbarazzata, e si sedette. Aveva un volto minuscolo, e i capelli neri pettinati in una lunga treccia. Una piccola rete di gioielli e fili di seta le copriva la nuca e parte della fronte.
Il mago si chiese se l'aveva già incontrata prima, ma non riuscì a rammentarsene.
"Questo è vostro." disse lei a bassa voce, allungando a Fay quello che teneva in mano. Lui lo prese, e si ricordò: era la fanciulla che avevano salvato dall'incursione degli oni settimane prima, che ora gli restituiva il nastro che era solito portare al collo, lavato e piegato con cura.
"Grazie molte, ma non dovevi disturbarti. La ferita è guarita?"
Lei annuì "Volevo tanto ringraziarvi per avermi salvata, quel giorno… Se non fosse stato per voi, gli oni mi avrebbero divorata."
Kurogane, accanto al mago, si limitò ad un cenno della testa, mentre Fay si esibì in un altro grande sorriso "E' stata una fortuna che noi fossimo lì vicino, così abbiamo potuto aiutarla!"
Lei sorrise a sua volta. Si strinse le mani nervosamente, gettando un'occhiata al fuoco e alla gente che vi stava danzando intorno "Le piacerebbe ballare?" chiese alla fine, timidamente.
Fay osservò per un attimo gli altri "Ma certo, perché no?" disse.
Si alzò e prese la ragazza per mano.
“Hai visto, Kuroppi?! Questo è lo spirito giusto!” gli disse ammiccando, e poi seguì la sua compagna in mezzo alla folla.
I primi passi furono un poco impacciati, ma presto il ritmo dei tamburi e dei flauti li coinvolse e i loro corpi si mossero istintivamente seguendo quelle pulsazioni. 
Nel falò bruciavano spezie ed aromi, e il loro odore si sprigionava forte e fragrante dalle fiamme che crepitavano accanto a loro.
La ragazza si muoveva sinuosa come le lingue di fuoco contro cui si stagliava il suo profilo, e la seta chiara del suo vestito rifletteva in mille scintillii la luce delle fiamme.
 
Oltre il falò, Kurogane aveva seguito Fay con lo sguardo. Intravedeva l'altro muoversi oltre le lingue di fuoco, vedeva la sua chioma illuminata come da un incendio.
Sentiva l'aria farsi densa, attorno a lui, scaldata dalle fiamme e riempita dall'olezzo invadente delle spezie. Per un momento, la mente gli fu attraversata dal fugace pensiero che avrebbe voluto sedersi per riposare un attimo, e che non gli sarebbe dispiaciuto risentire tra i suoi capelli il tocco morbido delle dita del mago.
 
 
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Tornarono a casa che la festa, ormai, si stava esaurendo. Nel cielo le stelle si erano spente, e mancava poco all'alba.
Fay piroettò su se stesso, saltando a piedi pari la piccola stuoia di vimini che stava sul pavimento dell'ingresso. Fece qualche saltello, prese la tenda della cucina e vi si avvolse dentro. Fece un sorriso a Kurogane, che lo guardò male, mentre richiudeva lentamente la porta alle sue spalle.
Il mago cominciò ad ancheggiare, avvolto strettamente nel tessuto della tenda, canticchiando in falsetto la musica su cui aveva ballato fino a poco prima. Sembrava del tutto andato.
Il ninja cominciò a slacciarsi la cintura che gli legava la tunica in vita; sentiva le orecchie ancora rimbombare del suono dei tamburi ed aveva le guance arrossate dalle fiamme calde del fuoco, la mente appesantita dagli aromi che si erano sprigionati nell'aria insieme al fumo.
Lanciò uno sguardo al mago, che si stava ancora strusciando nella tenda. Sperò solo che non tirasse giù tutto…
"Smettila."
Fay aprì di scatto gli occhi, e un grande sorriso gli apparve in volto. In due salti, gli fu di fronte, le braccia attorno al collo. "Balla, Kuropuu!" esclamò, tentando di trascinarlo a girare su se stesso.
Sembrava proprio andato. Come quella volta a Oto.

"…ah, quella! Ma non ero davvero ubriaco… faceva parte del gioco…"

Osservò quel viso sorridente, a pochissima distanza dal suo. Fay si era appeso al suo collo, e le loro bocche erano maledettamente vicine. Sentì le sue labbra formicolare, colte da un'arsura improvvisa. L'aria tra i loro due volti, improvvisamente, era diventata bollente, come quella scaldata dal fuoco del falò… Che gioco era, quello?!
"Non sai ballare, Kurotaaan!?"
Quel discorso lasciato in sospeso nel tempio di Shara. Lo sguardo di Fay, gelato. Era impossibile tirargli fuori anche solo una parola, all'idiota… I suoi capelli profumavano ancora del fumo e delle ceneri del fuoco, le ciocche sottili gli sfioravano il naso mentre il giovane si avvicinava ancora.
"Kuroppi!!! BAL-LI-A-MO!!!" insisté Fay con voce petulante…. tanto valeva che quello scemo non parlasse, se non riusciva a dire altro che stupidaggini!
La bocca di Kurogane incontrò quella di Fay in un bacio che sembrava un morso. Il mago trattenne il respiro, sorpreso, mentre le mani del ninja gli bloccavano la vita, per non lasciarlo scappare.
Ci fu un momento di esitazione, in cui i due rimasero immobili. Il silenzio ed il buio attorno a loro si fecero solidi, ma ovattati, morbidi, non opprimenti. Tra quelle pareti, non c'era nessuno oltre a loro. In cielo, non c'erano più né la luna né le stelle, solo il nero che precedeva l'aurora.
Dopo quell'istante della durata di un sospiro, la loro labbra tornarono a sfiorarsi, e stavolta si assaggiarono, cautamente. Solo un attimo, e le loro bocche si dischiusero, lasciando che il sapore dell'altro saturasse le loro lingue.
Kurogane teneva ancora le mani sui fianchi di Fay. Ma non era una presa salda, e il giovane avrebbe potuto svicolare, se davvero avesse voluto… agile com'era, non avrebbe avuto problemi. Ma il mago non staccò le braccia dal collo di Kurogane. Anzi, dopo un attimo di esitazione, il ninja sentì una delle sue mani sottili che gli premeva la nuca, per avvicinare ulteriormente i loro visi.
L'olfatto del ninja venne invaso prepotentemente dal profumo della pelle dell'altro, dall'essenza della sue labbra umide per il bacio.
 
Faceva tutto parte del gioco… Era tutto un gioco? Fino a dove era disposto a spingersi il mago? Dove finiva la finzione, e cominciava la verità?
 
La tenda della stanza di Fay era già spalancata. Nessuno dei due si rese bene conto di come fossero arrivati fino al letto, avvinghiati com'erano l'uno all'altro. Improvvisamente, Fay sentì il materasso sotto la schiena, il corpo di Kurogane che premeva contro il suo.
Nessuno dei due si era nemmeno mai reso conto di quanto fossero incredibilmente semplici da togliere gli abiti di Yama… Le dita di Kurogane cominciarono a percorrere il corpo del mago, insinuandosi tra le pieghe della tunica di seta, sfilandogliela lentamente.
I loro vestiti finirono frusciando sul pavimento, e le mani del ninja esplorarono la pelle nuda del mago. Fay godette di quella lunga carezza che gli percorreva il petto ed i fianchi – la mano di Kurogane era un po' ruvida, ma grande e calda – fino a che le sue dita non tracciarono una linea diritta dal suo ombelico fino al pube. Il giovane spalancò gli occhi, sorpreso dalla reazione del suo corpo – una reazione un po' troppo entusiasta. E si rese conto di che cosa significava, mentre le dita di Kurogane cominciavano ad accarezzarlo insistentemente, mentre i suoi baci gli divoravano il collo ed il mento.
Il suo corpo non poteva mentire, si ricordò improvvisamente, mentre i primi brividi di piacere gli scaldavano il ventre. La mano di Kurogane era così salda, la sua bocca così insistente; il suo odore lo avvolgeva in una nuvola che gli offuscava i sensi… ma se continuava così…
Il ninja poteva fare del suo corpo ciò che voleva… per quello che gli importava del suo corpo... ma… non poteva guardarlo in viso.
No.
Non voleva che Kurogane lo guardasse mentre il piacere lo sopraffaceva. Non c'era momento in cui fosse più vulnerabile… e più sincero.
Era quello che il ninja voleva, non era così?! Lui che detestava perdere… ma Fay questo non poteva permetterlo.
Con entrambe le mani afferrò il braccio del ninja, e con forza disperata lo allontanò da sé, tirandosi a sedere in un angolo del letto, la schiena nuda contro il muro gelido, e arraffando un lembo di lenzuolo per coprirsi.
Kurogane lo osservò interdetto, poi chinò il capo e si sedette sul bordo del materasso. Si prese la testa fra le mani. Cosa diamine stava succedendo?!?! …cosa stavano facendo sul letto lui e quell'idiota…? Quel mago dalla pelle così morbida e cedevole al tatto…?
 
Fay osservò la schiena scolpita di Kurogane. La penombra li avvolgeva entrambi, e nonostante sapesse che gli sarebbe bastato allungare una mano per sfiorare quella pelle tesa e calda, tuttavia, quel lenzuolo che si era gettato addosso equivaleva ad una muraglia invalicabile.
Il contatto che c'era stato di loro era avvenuto improvvisamente, ed altrettanto bruscamente si era interrotto… solo qualche attimo… ma perché sentiva freddo?
…il ninja… si sarebbe alzato dal letto? Sarebbe uscito da quella stanza, senza voltarsi?
Fay osservava quel collo, quelle spalle larghe a cui si era appeso solo un attimo prima, mentre l'ansia gli bloccava il respiro.
Era come se ci fosse un sottile filo di cristallo che univa il suo petto a quella schiena.
Finché Kurogane rimaneva seduto lì, il filo era teso, ma integro. Se si fosse alzato, il filo sarebbe andato in frantumi.
Per colpa sua, tanto per cambiare, perché era stato lui ad allontanarlo. …ed ora, doveva essere lui a farsi avanti di nuovo.
Deglutì a vuoto – aveva la gola secca.
Il suo corpo bramava ancora quel contatto e quel calore. Ma il suo viso – la sua maschera, in quel letto, voleva solo il riparo confortevole e freddo del cuscino.
 
Il lenzuolo venne buttato a terra lentamente, con fare noncurante. Kurogane sentì il fruscio della stoffa che si dipanava lentamente dal bordo del materasso e si accumulava sul pavimento.
Sentì la spalla del mago sfiorargli la schiena – un tocco lieve, come se lo avesse urtato per caso.
Si voltò, trovandosi ad osservare la linea morbida del suo corpo, disteso supino, i fianchi snelli e candidi, lievemente inarcati ed invitanti, la testa era appoggiata sul cuscino, e, in mezzo a quei capelli sparsi ed argentei nella penombra, due labbra semichiuse.
Kurogane si sporse su di lui, seguì con un dito la linea della spina dorsale, così in evidenza sul suo corpo magro, e disegnò il contorno delle sue natiche.
Così, questa era la sua proposta. Il ninja l'avrebbe accettata, ma a modo suo.
 
Fay sentì le mani dell'altro afferrargli il bacino. Erano così grandi che le sue anche sembravano sparire nei suoi palmi, la pelle morbida del suo ventre premuta dalle sue dita forti.
Fece per tuffare il viso nel guanciale, preparandosi ad essere penetrato, quando con suo stupore si ritrovò a guardare il soffitto della stanza. Kurogane lo aveva costretto a voltarsi.
Dunque, non gli avrebbe concesso di essere un mero oggetto su cui soddisfarsi.
Il ninja detestava perdere… ma non amava nemmeno vincere troppo facilmente. Non era una resa incondizionata e così meschina, quella che desiderava.
Kurogane si inginocchiò tra le sue gambe aperte, gli afferrò natiche e lo avvicinò al suo ventre.
Si chinò su di lui, passando le sue labbra socchiuse e la sua lingua sul suo petto e sulle sue clavicole.
Fay cercò inutilmente di trattenere un sospiro, che gli sfuggì in un rantolo spezzato. Chiuse gli occhi, e respirò profondamente. Sentì i muscoli rilassarsi sotto quei baci lenti e dosati, mentre il suo ventre tornava a riempirsi di un desiderio caldo e ancora eccessivamente sincero. Maledizione, quell'uomo sembrava sempre sapere che cosa fosse giusto fare…
Inginocchiato su di lui, Kurogane lo penetrò lentamente; bastava una sola delle mani forti del guerriero a sostenere il suo corpo leggero, mentre l'altra…
Fay inarcò la schiena, stringendo i denti per l'estasi e per il dolore, mentre l'altro cominciò a spingere, e man mano che il ritmo del suo corpo aumentava, aumentava anche quello della sua mano.

Dolore e piacere si mescolavano in un calderone bollente che lo inghiottiva… non era tanto la sensazione fisica di fastidio, quanto la sofferenza della sua anima. Da qualche parte, sapeva che questo era sbagliato, che questo era male… con questo, stava toccando il fondo… ma si sentiva inerme, nelle sue mani, come un giocattolo. Un giocattolo fragile trattato in maniera stranamente… gentile.
I pensieri attraversavano la mente di Fay come flash di luce accecante… per un attimo, prese coscienza della sua schiena che si sfregava violentemente contro il materasso ruvido.
Era tutto incandescente, il suo corpo, il cuscino, la pelle di Kurogane, l'aria intorno a loro. Non aveva mai creduto che dall'unione di due corpi potesse sprigionarsi un calore simile.
…un calore che sarebbe finito presto… ma cos'era, al confronto, il freddo sconfinato delle lande ghiacciate in cui aveva vissuto fino ad allora?
 
Kurogane sentì il proprio respiro farsi pesante, il letto sotto di loro mandare qualche scricchiolio sinistro. Nell'oscurità rischiarata dal grigiore che precede il sorgere del sole, i suoi occhi non si staccarono dal volto di Fay per un solo istante. Voleva vedere un'espressione sincera su quel viso, per una volta, anche se fosse stata una autenticità solo fisica.
 Era difficile capire se fosse il piacere o il dolore a fargli inarcare le sopracciglia… ma ad un tratto, da quelle labbra serrate sfuggì un piccolo gemito. Un istante dopo, Kurogane sentì la sua mano bagnarsi.
 
Fay sentì il suo seme schizzargli sul petto. Hai vinto tu, stavolta, Kurotan... pensò mentre il suo corpo si rilassava improvvisamente sul materasso. Non voleva aprire gli occhi.
Kurogane si mosse convulsamente sopra di lui, finché dalla sua bocca non proruppe lo stesso gemito che aveva emesso anche Fay. Cadde sul suo petto, e dopo un attimo Fay gli abbracciò timidamente le spalle.
Il ninja aveva avuto quello che voleva, quella notte. Anche se Fay non poteva raccontargli la verità su di lui e sul suo passato. Strinse i denti mentre lo sentiva uscire da dentro di lui.
Ma in fondo, era bello poter essere sinceri, a volte.

Più tardi, Fay aprì gli occhi e, nel chiarore dell'alba, si ritrovò con la fronte appoggiata alla pelle di Kurogane. Una pelle piena di cicatrici, sincera come lo era lui. La sua, invece, era liscia, intatta, senza più nemmeno il tatuaggio di Ashura-o a offuscare la perfezione, ma nascondeva un'anima frastagliata e sanguinante… non capiva come il ninja aveva potuto stringerlo a se così forte, quella notte. Non gli ripugnava il contatto fisico con lui..? Era certo che Kurogane sapesse che quella pelle morbida altro non era che un rivestimento, un guscio per un seme corrotto… Per un momento, si era chiesto se il calore che si era sprigionato quella notte fosse stato abbastanza da cauterizzare le sue ferite. Ma le tenebre, ancora una volta, sembravano aver portato soltanto sogni.

Fay si voltò, e tornò a chiudere gli occhi.





A quest'ultima parte nella mia testa si abbinava  perfettamente la canzone "Supermassive Black Hole" dei Muse.
(e voglio precisare che conoscevo la canzone da prima che uscisse Twilight il film - non ho ancora capito che cosa c'entrassero i Muse col baseball dei vampiri, ma comunque...)

Faccio un po' di pubblicità al mio account di Deviant Art e vi linko una fan art di Kurogane e Fay a Yama! ♥

Spero che il vostro 2009 sia iniziato alla grande! A prestissimo!

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII ***


CAPITOLO VIII



Day's dawning, skin’s crawling
Pure morning, pure morning, pure morning



Più tardi, Fay aprì gli occhi e, nel chiarore dell’alba, si ritrovò con la fronte appoggiata alla pelle di Kurogane. Una pelle piena di cicatrici, che mostrava le proprie ferite,  sincera come lo era il ninja.
Quella di Fay, invece, era liscia, intatta, senza più nemmeno il tatuaggio di Ashura-o ad offuscarne la perfezione, ma nascondeva un’anima frastagliata e sanguinante… non capiva come il ninja aveva potuto stringerlo a se così forte, quella notte. Come potesse non ripugnargli il contatto fisico con lui.
Era certo che Kurogane sapesse che quella sua pelle morbida altro non era che un rivestimento, un guscio per un seme corrotto…
Per un momento, si era chiesto se il calore che si era sprigionato quella notte fosse stato abbastanza da cauterizzare le sue ferite. Ma le tenebre, ancora una volta, sembravano aver portato
soltanto sogni.
Fay si voltò, e tornò a chiudere gli occhi.


A friend in need’s a friend indeed
A friend who'll tease is better
Our thoughts compressed
Which makes us blessed
And makes for stormy weather
A friend in need’s a friend indeed
A friend who bleeds is better
My friend confessed she passed the test
And we will never sever



Alla luce del sole, la pelle di Fay, di un blu serico nella penombra della notte, era chiara e rosata. Kurogane percorse con lo sguardo il profilo dei suoi fianchi: il mago sembrava dormire, ma sapeva che stava fingendo. Poteva avvertire la tensione dei suoi muscoli sotto l’incarnato candido.
Si sporse su di lui, facendo scorrere le dita di una mano sulle sue natiche, mentre con l’altra afferrava delicatamente i suoi capelli biondi, voltandogli piano la testa all’indietro e depositando un lungo bacio su quel collo magro, provando una certa soddisfazione nel sentire le vene pulsare sempre più forte contro le sue labbra.
Fay non riuscì a muoversi, mentre sentiva le dita di Kurogane accarezzargli l’interno della coscia; il suo cuore batteva furibondo nella gabbia delle costole. Avrebbe voluto fuggire, come lui… ma perché, invece, si ritrovava ad allargare impercettibilmente le gambe, per far sì che quella mano ruvida potesse accarezzarlo meglio…?


Day's dawning, skins crawling
Pure morning, pure morning, pure morning

(Pure morning, Placebo)


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Kurogane non era tipo da sognare spesso. Forse era il suo sonno di ninja (sonno leggero e teso, da cui era anche troppo facile per il guerriero risvegliarsi) che glielo impediva, o forse la maggior parte di ciò che sognava di solito non era così importante da meritare di essere ricordato la mattina dopo.
Ricordava vagamente che in un non breve periodo della sua infanzia le sue notti erano state tormentate dagli incubi. Immagini dei cadaveri dilaniati dei suoi genitori e della sua gente, spaventose apparizioni di oni invincibili e orrendi. Ma quel periodo era finito anni prima, e se sognava i suoi genitori, ora, era per ricordare i luoghi di Suwa dove era scresciuto.

Ma questa volta l’atmosfera era diversa.
Si trovava in una foresta; c’era troppo buio per riuscire a distinguere i contorni di ciò che lo circondava, ma sapeva bene che non avrebbe avuto importanza: era una foresta che avrebbe potuto trovarsi in uno qualsiasi dei mondi che avevano attraversato, come in nessuno di essi. Forse esisteva soltanto dentro la sua testa.
Kurogane si mosse in mezzo a quegli alberi. Non sapeva dove stesse andando, non c’era una direzione che volesse prendere, anche perché in mezzo a quei tronchi neri qualsiasi direzione sembrava condurre ovunque e in nessun luogo. Man mano, però, avanzò con maggior decisione, e man mano, attorno a lui, le foglie degli arbusti del sottobosco cominciarono ad essere illuminate da un tenue chiarore. E più proseguiva, più il chiarore diventava intenso, finché i suoi passi non si arrestarono ai bordi di una radura.
Lo spiazzo era illuminato da una luce rosata; Kurogane alzò il viso e vide che la luna crescente, nel cielo nero e senza stelle, era di un intenso color sangue.

La radura sembrava vuota, ma non lo era. Sapeva che Fay era lì da qualche parte.
Perché aveva intravisto la sua sagoma e i suoi capelli biondi, in mezzo ai rami più bassi.
Era lì perché avvertiva la sua presenza.
Nel buio, lo chiamò in silenzio. Non fu come sussurrare il suo nome, fu piuttosto un protendersi del suo essere in quelle tenebre, alla ricerca di quello dell’altro… ma senza risultato.

Poi, il sogno prese improvvisamente una piega confusa.
Era un lupo e correva agilmente nella foresta, superando le radici contorte con agili salti, e sollevando spruzzi di terriccio con gli artigli che raschiavano il terreno. Era una cacciatore che inseguiva la sua preda.
La luce cremisi della luna bagnava le foglie degli alberi e dei cespugli e si rifletteva nei suoi occhi ferini.
Sentiva la presenza di un nemico sconosciuto.. sì, sapeva che c’era, ma era invisibile, non capiva nemmeno se lo stava inseguendo o se invece era lì in agguato, da qualche parte sul suo percorso.
Ma lui continuò a correre sulle tracce della sua preda.


Si svegliò che era già pomeriggio inoltrato. Sentiva addosso una strano senso di irrequietezza.
Si vestì in fretta, e mentre usciva dalla stanza notò che la finestra della camera del mago era aperta.
Fuori, il paesaggio cominciava a tingersi di rosso e giallo, mentre le foglie degli alberi cadevano, sospinte dal vento lungo le stradine e sopra i tetti delle case.
Fay era fuori, seduto sull’erba, e osservava il cielo autunnale. La brezza gli scompigliava la chioma e lui ne assaporava il profumo in silenzio, aspirando a pieni polmoni la tiepida aria autunnale. Una fogliolina secca volteggiò fino a lui, impigliandosi tra le ciocche di capelli biondi. Il ragazzo se la tolse e la lasciò sul palmo della mano.
Dopo averla osservata per un attimo, soffiò e la fece tornare a volare, seguendo pigramente le sue volute nel vento, per vedere dove andavi a posarsi.

Osservando da lontano l’apparente tranquillità dell’altro, Kurogane capì cos’era quella smania che lo aveva improvvisamente assalito. Era l’impazienza che lo coglieva sempre quando sapeva di stare preparandosi per uno scontro.
Nel buio, Kurogane aveva visto sciogliersi parte del ghiaccio degli occhi celesti di Fay, aveva toccato quel calore nascosto, e che prima aveva potuto solo intuire. Ed era deciso a infrangere una volta per tutte quella barriera trasparente ed opaca allo stesso tempo che si celava nel suo sguardo.
Non importava cosa sarebbe successo da lì in avanti, né quali scelte il mago avesse compiuto.
No, in qualsiasi caso, per quanto difficile sarebbe potuta rivelarsi l’impresa, non si sarebbe arreso. Era una sfida contro qualcosa di sconosciuto e pericoloso, certo, ma quanto più impervia era la strada, tanto più il suo cuore di guerriero ninja era incitato a percorrerla, fino in fondo.


>>> <<<


Quando quella notte e le notti seguenti si trovarono fianco a fianco sul campo di battaglia, i loro movimenti erano fluidi e coordinati come mai lo erano stati prima. O forse la consapevolezza della loro perfetta complementarietà li aveva colpiti, in quell’occasione, per la prima volta.
Certo, erano sempre stati affiatatissimi, in battaglia. E da ciò, seguiva spontanea una domanda: il modo in cui le dita di ognuno di loro percorrevano con sicurezza il corpo dell’altro, il modo in cui i loro respiri riuscivano a sincronizzarsi, l’affiatamento con cui i due amanti sapevano possedersi… non era che la logica conseguenza della loro straordinaria conoscenza fisica reciproca, o era piuttosto il suo spontaneo punto di arrivo, quello di cui i combattimenti armati non erano che il preludio?



Non c’era una vera differenza, tra il combattere armati di spada e frecce contro gli Ashura, nelle lunghe notti di guerra, e gettarsi l’uno tra le braccia dell’altro, quando sorgeva l’alba, ancora sporchi di polvere e di sangue.
Nell’uno e nell’altro caso, era una sfida. La prima li vedeva alleati, la seconda li trovava sia compagni che avversari, in bilico tra il desiderio di condivisione e la distanza che ancora esisteva tra di loro.
Tuttavia, tra i due si era stabilita una specie di tregua armata. Kurogane non avrebbe fatto domande, né Fay si sarebbe sentito bloccato dal terrore di lasciarsi scappare delle risposte. Condividevano una specie di limbo, sospeso in quella routine monotona del combattere/dormire/mangiare/combattere seguendo il ciclo del sole e della luna. Una routine a cui improvvisamente si era aggiunto un elemento nuovo, sorprendente, da esplorare con cautela.

Ma il tempo non era immobile.
Pioveva, mentre l’esercito, nella pianura, si preparava alla battaglia, e gli zoccoli dei cavalli sollevavano piccoli schizzi di fango ad ogni minimo movimento.
Fay si scostò i capelli dal viso. La pioggia sarebbe smessa, una volta arrivati sul castello nel cielo.
Mentre si asciugava l’acqua dalla fronte, vide che il generale Yasha si stava avvicinando a loro.
Fay e Kurogane si raddrizzarono sulla sella, alla presenza del sovrano, ma Yasha-o non sembrava intenzionato ad avere con loro un dialogo formale.
“E’ arrivato chi stavate aspettando.” commentò soltanto, fissando i suoi occhi neri come la pece su di loro. Fay annuì, e lo osservarono allontanarsi in silenzio tra le fila dei suoi soldati, mentre la pioggia scrosciava impietosa su di loro.
Ciò voleva dire che la piuma sarebbe a breve tornata tra le mani della sua legittima proprietaria… e quindi, che presto tutto sarebbe finito…
Beh, non proprio. Presto, tutto sarebbe andato avanti.

E, finalmente, dopo mesi e mesi in cui i loro pensieri e le loro preoccupazioni non si erano mai stancati di andare a loro, tra le incertezze e le insidie di quel viaggio tra le dimensioni, quella notte li videro. Dall’alto della rupe dove affiancavano il generale, al termine della battaglia, poco prima che la magia del castello li facesse tornare a Yama.
Shaoran e Sakura li osservavano ad occhi sbarrati, del tutto ignari di quanto accadeva nel mondo dove erano appena giunti, e di quanto si celava sotto le apparenze di quella cruenta guerra.
Fay e Kurogane non li salutarono, né diedero segno di riconoscerli. Non era certo il momento appropriato per i convenevoli, la fine di una battaglia.

Poco dopo, l’esercito era di nuovo sotto la pioggia del regno di Yama. Mentre i soldati si disperdevano, tornando ognuno alla propria dimora, anche Kurogane e Fay si avviarono verso casa. Fatta poca strada, però, Fay si accorse che il suo animale, che si era leggermente ferito in battaglia, incespicava leggermente.
“Hyuu, Kuropon, aspetta un momento.. il mio cavallo zoppica un pochino. Fa fatica a camminare in mezzo al fango; non so se è il caso di affaticarlo troppo… non è che mi dai un passaggio sul tuo?”
Il ninja fece fermare il suo destriero con uno sbuffo, e aspettò che Fay salisse in sella dietro di lui.

“Sembra che Shaoran, Sakura e Mokona siano arrivati fin qui sani e salvi - constatò sollevato - Anche se, conoscendo Shaoran, domani notte insisterà per poter partecipare anche lui alla battaglia. Mokona avrà sentito la presenza della piuma, e lui non è certo il tipo da tirarsi indietro di fronte al pericolo, anzi!”
“Dovremo combattere contro di lui.”
“Povero Shaoran! Ci rimarrà sicuramente malissimo”
“Tsk”
Fay sorrise, appoggiandogli una mano sulla spalla “Eheh, se non siamo noi, ad affrontarlo, chissà contro quali soldati sarà costretto a combattere, non è così? Senza contare che i nostri commilitoni si stupirebbero alquanto se ci mettessimo a salutare allegramente un soldato dell’esercito avversario nel bel mezzo della battaglia… ancora ci guardano male dopo tutto il tempo che abbiamo passato qui, figuriamoci cosa succederebbe se familiarizzassimo con il nemico! E questo tutto perché tu sei così scorbutico, Kuropon!” lo stuzzicò.
“E tu saresti quello sociale e simpatico, vero?” grugnì il ninja.
Fay lo ignorò “Inoltre, non sappiamo che accoglienza abbiano riservato loro quegli Ashura. Conoscendolo,  domani notte sarà Shaoran a venirci a cercare sul campo per primo…”
“Tsk, il moccioso ha bisogno di essere ancora allenato.”
“Ahahah! Ma certo! E quale allenamento migliore di una battaglia vera in tutto e per tutto?! – Fay sentì un sorriso spontaneo allargarglisi in volto. Kurogane era attaccato al ragazzo, e certamente in quei mesi era stato in apprensione per lui - .. sai, dovevo capire che, sotto questa tua preoccupazione per Shaoran, si celava in realtà un piano per uno dei tuoi allenamenti disumani, Kurowanko!”
“Ma smettila, idiota!”
Fay ridacchiò. Si stavano avvicinando a casa.
…casa. Già, quella che lui stava considerando tale, non era che una delle tante sistemazioni di fortuna che si erano dovuti trovare nelle dimensioni. Avrebbero abbandonato anche quella, con i ricordi che aveva visto nascere.
Chissà, magari, la prossima notte, avrebbe potuto rapire Shaoran, Sakura e Mokona, e sarebbero potuti venire a vivere qui. Magari anche nella foresta insieme agli oni, qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di quello che li aspettava. Ma certo, come no... Shaoran e gli altri non l’avrebbero permesso, perché il loro desiderio era andare avanti. E lui doveva assecondarli.
…quanti giorni rimanevano, prima del prossimo viaggio? Un paio? Forse tre?
Accanto a loro, scorrevano le facciate delle case, qualche finestra era illuminata dall’interno. Nonostante la pioggia, tutto ciò gli dava un senso di riparo.
Allacciò le braccia attorno ai fianchi di Kurogane.
“Mi raccomando, non essere troppo severo, domani, signor allenatore!”
Kurogane sbuffò.
Fay incrociò le mani sul petto di lui e affondò il viso tra le sue scapole. La stoffa della tunica era carica d’acqua, ma, al di sotto, sentiva il tepore del corpo del ninja.

Lo sconcertò scoprire che avrebbe davvero voluto trattenere presso di sé quel calore, anche se sapeva di non essere in grado di farlo. Sapeva che lo avrebbe perso.
Le bugie e i silenzi in cui si crogiolava non potevano durare per sempre… ma ogni singolo giorno in cui gli erano concessi, poteva fingere che la realtà fosse migliore, e poteva permettere a se stesso di amare i suoi compagni.
Risalì con le labbra fino alla nuca di Kurogane, e ne mordicchiò piano la pelle bagnata.
Restavano ancora un paio di giorni, prima dell’ennesimo salto nel vuoto.




♠ fine ♠


Commentino: yep, è finita! Nessuno ci credeva, ma l'ho finita!
Notare che il primo capitolo l'ho pubblicato su EFP esattamente un anno fa. Il fatto che abbia pubblicato l'ultimo capitolo oggi in realtà non era voluto, però ci sta bene.. sarà Hitsuzen.. XD
Grazie infinite a chiunque abbia seguito/commentato/preferitato/lurkato su questa storia. Grazie per la pazienza e per il sostegno!

P.S.: ho fatto un disegnino sull'ultima scena, lo trovate qui. ♥

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