La mia vita è un disastro.

di thelightonmyeyes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il disegno. ***
Capitolo 2: *** Adam's problem. ***
Capitolo 3: *** Adam se ne va. ***
Capitolo 4: *** New York porta novità. ***
Capitolo 5: *** New York aspetta solo noi. ***
Capitolo 6: *** Love is in the air! ***
Capitolo 7: *** Why were we so stupids? ***
Capitolo 8: *** Bye bye baby. ***
Capitolo 9: *** Lonely ***
Capitolo 10: *** Caccia all'Anonimo. ***
Capitolo 11: *** Il risveglio. ***
Capitolo 13: *** Truth. ***



Capitolo 1
*** Il disegno. ***


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(1)
IL DISEGNO
 


“Il sole splende alto nel cielo, gli uccellini cantano e…”
Spengo la radio con un pugno. Il lunedì mattina non è così paradisiaco come quella deficiente della speaker la presenta.
Mi alzo dal letto di malavoglia, un salto in bagno, e poi in cucina.
No, mamma, non voglio la colazione.
Risalgo in camera e mi posiziono davanti all’armadio. Bene, ora che cazzo mi metto? Comincio a spulciare tra le grucce e nei panni piegati. No, troppo colorato. No, troppo attillato. No, troppo afro. Ecco, forse ci sono…. scelgo un paio di jeans e una t-shirt. In realtà, non penso che Tyler mi noterebbe manco se andassi in giro nuda con un cartello che dice “SCOPAMI”. Vabbè, mi va bene così.
Spazzolo i capelli e corro giù per le scale. Afferro la cartella ed esco.
Per strada incontro la mia migliore amica. Anzi, a dire la verità è l’unica che ho qui, ma questi sono puri dettagli.
“Ei, Melanie!”
“Ciao mi amor.”
Ed eccola. Melanie aveva un difetto che era la fissa per le lingue. Questa, a quanto capivo, era la settimana dello spagnolo.
“Smettila di parlarmi in lingue che non conosco.”
“Va bene, va bene. Come non detto. Pronta ad un nuovo, emozionante giorno alla Pittsford Sutherland High School?”
“Melanie, vuoi la verità? Preferirei sotterrarmi che entrare in quel covo di matti.”
“Beh, allora forza e coraggio. Che cosa hai oggi?”
“Allora, fammi pensare… inglese, economia e trigonometria.”
“Uh, allora la tua giornata comincia bene.”
“Sì, se penso che ad inglese vedrò quel gran bel pezzo di figo di Tyler.”
 
Tyler. Audrey. Tyler. Starebbero bene insieme, come nomi dico. Beh, anche io e Tyler staremmo bene insieme. Peccato però che lui sbavi dietro come una lumaca a Scarlett, la capo cheerleader della scuola. Sapete, la solita fighetta bionda con uno strato di trucco infinito, amore per i vestiti, zero cervello. Praticamente non abbiamo niente in comune.
Io e Tyler siamo nello stesso corso di inglese. Penso che lo faccia solo perché obbligato, lui vorrebbe diventare una stella del football. Io mi chiedo perché lui sia così dannatamente sexy anche quando dice qualcosa di stupido tipo “Avete visto che touchdown ho fatto il weekend scorso?” e poi ridere battendo le mani come una foca. Non è il paragone migliore, ma rende l’idea di qualcuno fottutamente bello ma anche fottutamente stupido. Fortunatamente (o sfortunatamente, non saprei) non ho nessuna possibilità di finire insieme a lui.
 
Io mi chiamo Audrey, come Audrey Hepburn. Frequento il secondo anno alla Pittsford Sutherland High School, a Pittsford, una cittadina di circa 30mila abitanti nello stato di New York. Nella scala sociale della scuola vengo dopo i nerd, quindi non sono proprio una tipa popolare.
Ho una migliore amica, Melanie,  e un migliore amico, Adam. Loro sono le persone a me più care, non saprei come resistere in questa gabbia di iene chiamata anche scuola.
 
Intanto che io e Mel parliamo, arriviamo ai nostri armadietti, rigorosamente uno di fianco all’altro. Apro il mio e prendo i libri di inglese, economia e trigonometria. Mentre sistemo i libri nel mio armadietto, sento il rumore di un paio di tacchi scalpitare sul pavimento. Mi giro e mi ritrovo a guardare Scarlett con intorno le sue amiche, o meglio come conosciute come schiave, avvinghiata come un polipo a Tyler. Davanti ai miei occhi la scena muta. Scarlett non è più un essere umano, ma un grosso polipo viola con una bocca rossa rifatta che si struscia su Tyler. Prendo il mio blocco da disegno e una matita e mi metto all’opera. Abbozzo un disegno. Lo finirò dopo, a pranzo.
 
Ad inglese entro nella classe del signor Cross, un uomo sulla quarantina che non sembrerebbe nemmeno un professore. Lui è il miglior professore di sempre.
Quando entro lui è appollaiato sulla scrivania, con un libro in mano tutto intento a leggere. Mi siedo come sempre in ultima fila. In classe ci sono soltanto altri due ragazzi, dall’altro capo della stanza e non li conosco. Tra meno di un minuto suonerà e la massa informe di alunni si riverserà nelle aule. Mi piace arrivare prima, non per sembrare una secchiona, ma perché le aule hanno un’altra aura se mezze vuote.
Tiro fuori il mio blocco e continuo il mio disegno molto artistico di Polpo-Scarlett avvinghiata a Tyler.
 
“Signorina Elliott, questo disegno è molto particolare.”
Cazzo. Il signor Cross.
“Oh..beh… insomma.. si..cioè..” balbetto in modo poco convincente.
“Non era una frase ironica. Disegni bene, e quel disegno è molto particolare. Mi piace”
Cazzo. Minchia. Culo.
“Beh… Grazie.”
 
Per la grazia di Dio, o di chi ne fa le veci, la campanella mi tira fuori da questa situazione alquanto imbarazzante. Prima che qualcuno lo veda, lo infilo nel quaderno di inglese, in fondo, in modo che non si veda.
La classe si riempie e la lezione inizia. Tyler è esattamente a metà aula, in un punto in cui è impossibile non guardarlo. O almeno, da dove sono io questo è. Magari lo fa apposta. Vabbè, meglio seguire cosa dice il signor Cross, o mi prenderò una F.
 

 
A pranzo vado al solito tavolo con Mel e Adam. Loro sono lì che discutono allegramente su quale cantante sia migliore. Mel sostiene, come al solito, i suoi amati Keane, mentre Adam combatte fieramente per Sòley e i suoi amati Mogwai. Non potrebbero essere più diversi.
Io, intanto, divoro il mio pranzo figurandomi in mente le più disparate scene e i più strani personaggi. I nerd, seduti qualche tavolo più in là, trasformarsi in robot alieni. Gli asiatici trasformarsi in ninja. Gli sportivi, alias i giocatori di football, una squadra di tori. Eccetto Tyler, ovvio. E poi le cheerleader, naturalmente, dei polipi viola viscidi. Ecco, la mensa nella mia testa non è più una semplice mensa scolastica, ma un manicomio (e, alla fine dei conti, sono la stessa identica cosa).
 
“Mel, Adam, oggi ho fatto questo disegno, che ve ne pare?”
Passo il disegno di Polipo-Scarlett ai miei amici. Loro lo osservano attentamente, stregati dalla cosiddetta magia di quel disegno.
“Audrey, dovresti fare disegno e arte, non economia.”
“Lo sai che mia madre non vuole. Dice che è inutile e tutte quelle scemenze lì.”
“Sì, ma potresti fare sia disegno che economia.”
“Già faccio fatica a studiare economia, figurati se riesco anche a dedicarmi a disegno. E poi non sono così brava”
“Questo lo dici tu.”
“Ora dammi questo disegno, devo andare a chiedere una cosa al nostro amico Tyler…”
“Adam, fermati o ti ammazzo. Adam, ti prego”.
Ovviamente, Adam non mi ascolta. Si alza dal tavolo e si dirige spedito verso il tavolo degli sportivi, dove siede al centro di tutti (come un re) Tyler. Sento che finirà male.

“Ei Tyler.”
“Ma sto ragno al limone ce l’ha con me?” risate generali. Come volevasi dimostrare.
“Sì, sto parlando con te. Vorrei solo un parere su questo disegno che ha fatto una mia amica.”
Tyler gli strappa letteralmente dalle mani il mio disegno, lo gira, lo rigira, lo mostra ai suoi amici. Cazzo Adam, io ti uccido.
“Non male, Adamuccio. Ma sparisci”.
Tyler appallottola il disegno e lo lancia per terra. Adam si abbassa, lo raccoglie, cerca di sistemarlo e torna da me.
 
“Beh, non è andata così male. Mi dispiace per il disegno Audrey, mi dispiace davvero tanto.”
“Figurati, non fa niente.”
Non si può essere arrabbiati con Adam, ha una faccia troppo da cucciolo indifeso per essere arrabbiati con lui. Mi chiedo solo cosa gli passa per la mente quando fa certe cose. Lo sapeva benissimo che Tyler lo avrebbe sfottuto, anzi, questa volta gli è anche andata bene. Tyler è troppo anche solo per guardarlo. Quando Tyler fa così, lo odio. Ma non si può odiare una bomba sexy come lui.
 
Finisco il mio sandwich e torno ai miei pensieri.
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE.
Ciao a tutti, popolo di Efp.
Sono Erika e ho deciso di scrivere questa storia lol 
Per scriverla ho fatto enormi ricerche su internet, in modo che i luoghi corrispondessero esattamente alla realtà (infatti sia la Pittsford Sutherland High School esiste). Spero che vi piaccia e boh, al prossimo capitolo.
 
≈E

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Capitolo 2
*** Adam's problem. ***


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(2)
ADAM'S PROBLEM.
 

Mia mamma viene a prendermi in macchina davanti a scuola e io saluto con un bacio sulla guancia Mel e con un piccolo coppino ad Adam.
Appena arrivo a casa mi fiondo in camera mia e mi butto sul letto di peso, tiro fuori il telefono dalla borsa e scorro un po’ la home di Twitter, non trovando niente di interessante.
Allora mi alzo, vado alla stupenda radio che mi avevano regalato qualche anno fa, infilo un cd a caso dai milioni che ho in disordine sullo scaffale e premo play. Prendo il mio blocco e comincio a disegnare. Una lotta tra cavalieri vestiti da astronauti. Un alieno che discute con un essere umano.
Dopo due ore di disegno mi sento soddisfatta. Stacco i fogli e li appendo alla parete per metà riempita di fogli disegnati.
Mia mamma pensa che sia una perdita di tempo il disegno, e più in generale l’arte. Io penso che sia la cosa più bella della vita poter disegnare, cantare, ballare, recitare.
 
Faccio un paio di passi indietro e guardo il mio muro. Forse aveva ragione Mel, forse dovrei frequentare qualche corso di disegno.
Scendo in cucina, dove mia mamma sta cucinando tranquillamente.
 
“Mamma, voglio fare un corso di disegno.”
“Cosa ti serve saper disegnare nella vita, tesoro?”
“A me servirebbe. Amo disegnare. E lo sai.”
“La matematica, economia e scienze ti servono. Non disegno.”
“Ma mamma, io farei sia disegno che economia, come già faccio.”
“Fammici pensare, ok? Ci penserò su seriamente, e poi ti farò sapere.”
“Va bene.”
 

A scuola mi ritrovo Polipo-Scarlett davanti al suo armadietto, dentro rigorosamente dedicato a quel colore orribile chiamato anche rosa porcello. Dentro avrà un negozio di vestiti e trucchi e mi chiedo come faccia a farcelo stare, contando che gli armadietti sono microscopici. Ma quando si tratta di trucchi e vestiti e scarpe, Scarlett è imbattibile.
Tyler passa, e io mi ritrovo la mascella incollata al pavimento e Mel che cerca disperatamente di farmi chiudere la bocca, nel tentativo di farmi apparire meno ridicola di quanto già non sono.
 
A storia cerco di seguire la lezione, che mi sembra terribilmente noiosa. Così mi ritrovo a modificare i ritratti che ci sono sul libro: al posto di Washington, un bel faccione tutto tatuato, braccia idem e qualche piercing qua e la. Ora è molto più moderno.
Io mi chiedo perché dobbiamo studiare qualcosa che è successo centinaia di anni fa e ora sono tutti morti. Mbah.
Le ore scorrono molli e lente. I miei disegni sono qualcosa di molle e lento, sempre se si può definire così un disegno.
Il caldo estivo comincia a divampare nella scuola, così che le ore diventano ancora più insopportabili di quanto giù non siano. Tra un po’ arriveranno le vacanze estive, che equivale a feste e piscine e mare e sole e ragazzi e ancora ragazzi.
Io, Mel e Adam ci vediamo ogni pomeriggio per fare i compiti insieme. Anche se non abbiamo praticamente corsi in comune, però almeno combattiamo la noia dei compiti in questo modo.
 

 
Sono al bar che c’è dietro la scuola e sto aspettando Mel e Adam per fare fisica. Ho davanti un favoloso frullato alla fragola, il mio preferito, e lo guardo in attesa di qualcosa. Alzo gli occhi e mi ritrovo davanti Tyler che entra dalla porta a mo’ di supermodelloAbercrombie dalla porta. Per poco non mi strozzo con il frullato, così comincio a tossire come una foca in preda ad una crisi epilettica grave. E no, non ero un bello spettacolo. Lui si volta verso di me e io arrossisco più di quanto già non sono.
Si sta avvicinando.
Cazzo.
 
“Ei, tutto bene?”
“Sì.. sì. Sto bene. Solo colpa del.. frullato.”
Ride. La sua risata mi riempie il cuore e le vene e mi sento vibrare tutta. Sorrido anche io.
“Beh, ora stai bene vedo.”
“Sì, grazie.”
Mi fa un sorriso e torna con i suoi amici a qualche tavolo più in là. Io resto incantata finché non mi sento scuotere il braccio.
 
“Audrey, yuhuu? Terra chiama Audrey.”
“Ohu, ciao Mel.”
“Sembri sulle nuvole, che è successo?”
“Beh, mi stavo strozzando con il frullato e Tyler è venuto a vedere se stavo bene. Che ragazzo dolce.”
“Che schifo…” borbotta Adam seccato.
“Che hai Adam? Sei geloso per caso?” chiede Mel con la sua solita malizia.
“No, in realtà  non sono geloso. Il fatto è che secondo me Audrey meriterebbe qualcosa di molto di più. Lui è uno stronzo. Si crede tutto lui ma in realtà non è nessuno.”
“Ok, ok, calma i bollenti spiriti Adamuccio. Scherzavo io.”
 
Mentre studiamo fisica io ho ancora in mente la sua risata contagiosa e mi chiedo il motivo per cui lui è così stronzo a volte (beh, diciamo più di a volte. Diciamo quasi sempre). Non so se lo faccia per mantenere alta la sua reputazione, o se gli esca naturale. Però cosa ci posso fare se sono innamorata di lui fin dalla seconda elementare? Niente, per l’amor di Dio!
 
Oggi tocca ad Adam l’accurato compito di risvegliarmi dai miei sogni ad occhi aperti, che più o meno sono uno ogni trenta secondi.
 
“Mel, senti, ho un’idea…” sento blaterare ad Adam, senza poi farci caso veramente.
“Dimmi, sono tutta orecchie baby.”
“Ma se….” Parole, parole, parole. Troppe parole. Metto le mie orecchie in modalità “isolati dal mondo ed entra nel tuo universo magico, fatto di pandacorni luminosi e Tyler che ti fanno la corte”.
Non voglio sapere cosa stanno progettando quelle due canaglie, so solo che se c’entro qualcosa io… beh, la finiranno male. Molto male.
 
I miei occhi a cuoricino ovviamente non si dissolvono nemmeno quando torno a casa. Sorrido a mia mamma, sorrido a tutti. La vita mi sorride. Tutto mi sorride. Gli uccellini, le caprette e anche le montagne.
Okay, sto esagerando. Soprattutto perché così sembro molto Heidi in versione adulta. Adulta non proprio.. insomma, tecnicamente non sono ancora un’adulta.
Ecco, ci risiamo. Comincio a parlare, e parlare. Parlo troppo. E penso troppo. Due cose che insieme non vanno molto d’accordo per chi mi sta intorno.
 
Faccio un ritratto di Tyler che mi esce sputato e me lo attacco sopra la testiera del letto. Così sembrerà sempre con me. Avevo anche la foto dell’annuario dell’anno scorso appesa sopra, ma era piccolina e non si vedeva molto. Invece il ritratto è a dimensioni enormi.
Però, aspettate. Attaccarla qui sarebbe pericoloso, nel caso mia mamma venisse a fare una circospezione nella mia camera (cosa che per altro succede giornalmente).
Decido di staccarla e me la infilo in borsa. Troverò un luogo in cui metterlo.
 
 
Quando il giorno dopo vado a scuola, ho voglia di vedere Tyler. Potrò sembrare ossessiva, ma questo è l’amore, cari lettori, questo si chiama amore.
Mentre sono al mio armadietto lo vedo arrivare, da solo per miracolo. Mi sfoggia un sorriso e si avvicina.
“Ehi, come stai oggi? Il tuo frullato?”
Arrossisco come un pomodoro, spero non lo noti anche se è impossibile non notarlo.
“Ehm… bene…”
“Meno male. Ci vediamo in classe, ciao.”
Sorride.
Sorrido.
Si allontana e io comincio ad analizzare le sue parole.
“Meno male” potrebbe significare che era preoccupato. “Ci vediamo in classe” significa che sa che esisto, sa che sono nella sua classe.
Devo calmarmi. Mando un sms a Mel, e le dico di correre al mio armadietto, emergenza.
 
Dopo nemmeno due minuti vedo arrivarmi incontro Mel tutta affannata, i capelli all’aria, il fiatone e anche una gocciolina di sudore sulla fronte. Un’assatanata.
 
“che succede???!”
“Tyler.. mi ha chiesto come stavo per via del frullato di ieri e poi mi ha detto che ci saremmo visti in classe.”
“CIOE’, TU MI HAI FATTO SCHIZZARE FINO AL TUO ARMADIETTO, FACENDOMI SEMBRARE UNA MATTA ASSATANATA, SOLO PER DIRMI DI TYLER?!?!?!”
“Shhh, non gridare il suo nome, potrebbero sentirti. Comunque si, per me è un’emergenza bella e buona.”
“Io giuro che un giorno o l’altro ti ammazzo. Te lo giuro. COMUNQUE, hai visto Adam per caso? Non l’ho visto stamattina.”
“Sinceramente nemmeno io l’ho visto.”
“Lo troveremo in giardino, sotto un albero, ad ascoltare musica.”
 
Setacciamo tutta la scuola o quasi, ma non c’è traccia di Adam. Il telefonino è spento e a casa ci risponde la segreteria. Io e Mel decidiamo di andare a casa sua.
Dopo cinque volte che suoniamo a vuoto, ci dirigiamo verso la porta sul retro della casa. Ormai la conosciamo a memoria e sappiamo che quando non ci risponde dobbiamo entrare dal retro.
Le vibrazioni che producono le casse in camera sua ci arrivano fino alle nostre orecchie. Saliamo le scale di corsa e irrompiamo nella sua camera, scoprendolo mentre fissa malinconico una foto e una lacrima gli scende.
Appena si accorge di noi, appoggia la foto a pancia in giù e si asciuga la lacrima.
 
“Adam.. che succede?”
Ci avviciniamo al letto e io lo abbraccio forte forte. Non l’avevo mai visto così e questo mi fa un po’ di paura. Lui è stato colui che ha sempre sollevato il morale del gruppo e ora è… debole.
Si appoggia a me e si lascia cullare. Io e Mel non facciamo altre domande e lasciamo che si sfoghi.
 
Dopo qualche ora si è addormentato, la pelle tirata dalle lacrime. Lo adagiamo sul letto e ci alziamo.
 
“Cosa gli sarà successo? Non l’ho mai visto così” sussurro per non svegliarlo.
“Non ne ho idea, ma deve essere qualcosa di grande.”
Prendo il quadro della foto e la giro.
È una foto di Adam e sua madre.
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE.
Ciao pipooolsss!
Scusate per il ritardo mostruoso ma è un periodo un po’ di cacca. La scuola mi sta distruggendo e la mia ispirazione è andata a farsi fottere quando ho finito di leggere Delirium e cominciato Chaos (che, tra l’altro, vi consiglio in un modo assurdo. È una specie di droga!).
Uuuh, non c’è molto da dire sul capitolo. SONO APERTE LE SCOMMESSE SU COSA SUCCEDERA’ (anche se non so ancora nemmeno io cosa succederà, ma YEEEAH BABEEE!).
Alla prossima, sperando di riuscire a postare prima di un mese!
Ve se ama <3
≈E

 

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Capitolo 3
*** Adam se ne va. ***


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(3)
ADAM SE NE VA.

 
(Consiglio di leggere questo capitolo con la canzone “Shine on you crazy diamond” in versione completa dei Pink Floyd)
 
Io e Mel avvisiamo i nostri che restiamo da Adam. Non è la prima volta e loro si fidano di Adam. Di sicuro non proverà a stuprarci o qualcosa del genere.
Ci accampiamo come possiamo. Qualche cuscino per terra e qualche coperta, tanto dubito dormiremo. Abbiamo il pensiero fisso di Adam.
 
Abbiamo sempre saputo ben poco della famiglia e della vita di Adam, perché lui parlava e parlava ma in fondo  non diceva mai nulla su di lui.
Qualche anno fa, quando cominciavamo a venire qua spesso, ci eravamo accorte che la casa era sempre vuota, che ogni tanto c’era qualche signora delle pulizie ma per il resto niente.
Quando poi abbiamo cominciato a conoscerlo meglio, ci ha raccontato (cosa davvero miracolosa) che sua madre viaggiava spesso e tornava poco a casa. Il padre invece era morto quando lui ancora doveva nascere e lui non l’ha mai conosciuto.
 
Sua madre la vedevamo poco, ma ogni volta era gentile e carina con noi. Immagino che Adam le raccontasse che noi eravamo migliori amici tipo da sempre, quindi la cosa non mi pareva strana.
 
Decidiamo di non andare a scuola. Le nostre madri non avrebbero fatto storie, adorano Adam e quindi non ci sarebbero stati problemi.
 
Durante la notte, organizziamo dei turni di guardia. Un paio di ore Mel, un paio di ore io e così via. Spesso si destava nel sonno e diceva una sola parola “Mamma” e poi si tranquillizzava.
Alla fine rinunciamo a dormire e ci limitiamo a starcene sedute appoggiate al suo armadio a guardarlo dormire, sperando di capirci qualcosa appena si sarebbe svegliato.
 
Verso le cinque di mattina, Adam si sveglia di soprassalto gridando. Noi ci alziamo di scatto e andiamo ad abbracciarlo.
 
“Va tutto bene, va tutto bene. Ci siamo qui noi.”
“Avevo visto mia mamma coperta di sangue…”
 
A quelle parole io e Mel scoppiamo letteralmente di curiosità e cerchiamo di fargli delle domande non troppo dirette ma volte a capire cosa cazzo sta succedendo.
 
“Adam.. come stai?”
“Mi sento… stanco… ho pianto?”
“Sì, tutta sera.”
“E voi cosa ci fate qui?”
“Ieri non sei venuto a scuola, e noi ci siamo preoccupate e siamo entrate dalla porta sul retro e siamo venute a vedere cosa succedeva.”
“Mh… Capisco…”
 
Dopo il trauma iniziale, Adam comincia a riprendere le forze. Mel prepara la colazione per tutti e appena ci troviamo intorno al tavolo, Adam comincia a giocherellare con i cornflakes nella tazza e a raccontarci.
“Ieri mattina non mi è suonata la sveglia. Mi sono alzato di fretta cercando di rimediare il danno quando il telefono è suonato. Chiunque abbia il mio numero di casa sa che a quell’ora non trova nessuno. Quando è partita la segreteria ho sentito la voce di mia zia. Sembrava che stesse piangendo ma che cercava di controllarsi per parlare al telefono. ‹Adam, ciao. Sono zia Caroline. Lo so che sei a scuola, ma ti prego di richiamarmi appena senti il messaggio. È urgente. Ti voglio bene. Zia.› . Non me la sentivo di venire a scuola. Ho aspettato fino all’ora in cui arrivo a casa di solito e l’ho richiamata. Era in lacrime e lo sentivo, a stento riusciva a parlare ora. Mia zia Caroline è la sorella di mia mamma, abita a New York e ha due figli. Alla fine l’ho richiamata e piangeva, piangeva tantissimo. Mi a detto che… mi ha detto…. Mi ha detto che mamma è morta… non so come, ha detto che poi mi avrebbe mandato le informazioni per email…...”
 
Durante tutto il racconto io e Mel siamo state in silenzio, e ora altre lacrime si stavano formando sul viso di Adam. Ci siamo avvicinate a lui, abbracciandolo.
Ovviamente non sapevamo cosa dire né se dire qualcosa. Eravamo sconvolte tanto quanto lui.
 
“Adesso mi sa che andrò ad abitare con mia zia a Rochester. Qua non posso più stare, non saprei come andare avanti.”
Ed eccola la vera notizia sconvolgente. Come poteva andarsene, lasciarci, lasciare la scuola?
“Come .. te ne vai?”
“Già. È l’unica possibilità che ho.”
“Non puoi dire così. non puoi lasciare noi. Troveremo un’altra soluzione.”
“Non lo so Audrey. Anche mia zia è distrutta e poi non avrei soldi con cui mantenermi qua, qualsiasi sia la soluzione. E se stai pensando che potrebbe ospitarmi qualcuno la mia risposta sarebbe no, non posso appoggiarmi a qualcuno, nemmeno se fosse Dio in persona.”
Il mondo mi sta cadendo addosso. Non può andarsene via. Non può andare a New York, nella Grande Mela. È troppo lontano, troppo. Non ce la farei mai senza di lui.
“Non hai parenti più vicini o qualche altra soluzione?”
“Mel, lei è l’unica parente che ho qui. I miei nonni si sono trasferiti da poco in Florida e le altre mie zie stanno nel Delaware. Lei è la più vicina che ho.”
Non so che fare. Non ho idee. Nella mia testa lampeggia una sola scritta, chiara e fin troppo dolorosa “La nostra vita senza Adam”.
 
 
Durante il resto della giornata sia io che Mel torniamo nelle nostre rispettive case, cercando una valida soluzione a quell’enorme problema.
Mi butto sul letto e scoppio in lacrime. In testa mi passano le immagini dell’amicizia insieme a Adam. Quando ci siamo conosciuti, in quel bar piccolissimo che ora ha chiuso. L’avevo scambiato per un’altra persona e l’avevo abbracciato all’improvviso. Poi si è girato e mi sono accorta che non era chi pensavo. Da lì siamo diventati migliori amici.
Siamo finiti a scuola insieme, lui si era appena trasferito.
Mi piaceva quando mi abbracciava, mi sentivo come protetta, come se dicesse “Io sono qui, e chiunque prova a toccarti gli spacco la faccia.” Ed era quello che Adam avrebbe fatto davvero.
 
“Mamma… la mamma di Adam è… morta. E ora lui si trasferirà a New York da sua zia.” Svelo a cena a mia mamma, mentre faccio a fatica a mandare giù il pollo che ha preparato con tanta cura.
“E non può rimanere qua a Pittsford?”
“No, non potrebbe mantenersi in alcun modo. E né io né Mel sappiamo cosa fare.”
“Potrebbe trovarsi un lavoretto. Intanto che studia. E vendere la casa che ha e con quei soldi cercarsi qualcosa qua vicino.”
“Potrebbe essere un’idea, sai? Stasera passo da lui e glielo dico.”
“Va bene, ma non fare tardi.”
 
I pensieri per un momento svaniscono nel nulla e riesco persino a finire il pollo.
 
 
Con Mel al mio fianco mi dirigo a passo spedito verso casa di Adam. Quando arriviamo vediamo le luci del salotto accese e entriamo senza problemi.
 
“Ciao Adam, siamo passate perché abbiamo un’idea.”
Adam salta su dal divano e viene verso di noi. Ha l’aria sbarazzata e quando si avvicina sentiamo un leggero odore di vodka provenire dalla sua bocca.
“Ma che hai fatto qua dentro?”
Entriamo nel salotto e per terra c’è una sola grossa bottiglia di vodka quasi finita. Adam ripiomba sul divano e comincia a ridacchiare.
Gli mettiamo un cuscino sotto la testa e puliamo lo schifo che ha combinato: un cartoccio di un kebab con dentro metà kebab spappolato, la bottiglia di vodka e tanti, tantissimi fazzoletti.
Dopo un po’ che ride si ferma e d’improvviso ricomincia a piangere e si contorce come se avesse un dolore acuto. Si tasta lo stomaco e si ripiega su se stesso. Io e Mel rimaniamo paralizzate e non sappiamo cosa fare, quindi lo lasciamo sfogarsi finché sotto effetto della vodka non si addormenti.
Infatti, dopo qualche ora si addormenta e io e Mel finiamo di pulire quel casino.
 
Quando si risveglia ci trova in cucina, io a preparare qualcosa da mangiare. Ho provveduto a chiamare mia mamma a dirle che anche stasera rimaniamo qua a dormire e che domani ovviamente non andrò a scuola. Non posso permettere a Adam di ridursi così, anche se posso solo immaginare quanto sia grande il suo dolore.
Lo aiutiamo in silenzio a fare le valigie. Non osiamo provare a proporgli l’idea di trovarsi un lavoro lì, non vogliamo un’altra crisi come quella di ieri sera.
 
Impacchettiamo ogni cosa, la prepariamo nelle valigie e negli scatoloni e copriamo persino i divani e i mobili con dei teli.
Sua zia l’ha chiamato poco fa dicendo che sarebbe arrivata la mattina successiva e che l’avrebbe aiutato, ma lui ha semplicemente detto che c’eravamo noi.
 
Se penso che questa sarà l’ultima cosa che faremo insieme per tanto, tanto tempo mi viene da piangere, quindi cerco di aiutare più che posso  a liberare quella casa.
La notte, nessuno dorme e ci troviamo a guardare un dvd in salotto sul divano coperto da un telo di plastica con degli enormi pacchetti di patatine in mano.
Io e Mel ci accoccoliamo e lui ci prende sotto le sue braccia. Non faccio caso al film, gli occhi sono stanchi ma non se ne parla di dormire.
 
Nella mia testa continuo a ripetermi che manca poco all’estate e che io e Mel potremmo andare a trovarlo a New York. Ci mostrerà Central Park e ci farà salire sull’Empire State Building, ne sono sicura.
Poi però dovremo tornare, e tutto sarà ancora peggio. Ma ci penseremo e troveremo una soluzione. Esiste Internet, e Skype e le email. Esiste tutto.
 
Alle 5 di mattina crolliamo, vinti dal sonno e dalla tristezza.
 
 
Ci risveglia il suono insistente di un campanello e la prima che si alza sono io. Vado ad aprire e mi trovo di fronte una donna sulla trentina alta, bionda, con degli occhi spaventosamente belli.
“Ehm… ciao. Io sono Caroline, la zia di Adam.. tu sei una delle sue amiche immagino.”
“Sì. Adam è in salotto che sta dormendo. Entra, lo vado a svegliare.”
 
Sua zia fa qualche passo all’interno della casa, chiudendo la porta.
 
“Adam… ehi. Svegliati. Tua zia è arrivata.”
Lui si alza e si stiracchia, visibilmente scosso. Prima di lasciarlo arrivare da sua zia lo abbraccio forte. Per un po’ dovrò farne a meno, meglio approfittarne.
 
Facciamo conoscenza con sua zia, che ci assicura che Adam sarà trattato bene e che se vorremo potremo andare a trovarlo quando vogliamo.
A metà pomeriggio, dopo aver caricato la macchina delle varie cose necessarie a Adam (il resto verrà a prenderlo la ditta di traslochi), ci sciogliamo in lacrime.
Abbracciamo Adam e non vogliamo più lasciarlo andare, non voglio perderlo.
 
“Sta attento a New York e trovati una ragazza. Ci vediamo. ” Sorridiamo tutti anche se da sorride c’è davvero molto poco.
 
Adam sale sulla macchina e prima ancora che me ne accorga scompare dalla nostra vista, mentre Mel disperata si appoggia a me.
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE.
HIII EVERYBAAADY!
Come potete constatare, questo capitolo è un pochino tristuccio, spero di risollevarvi il morale con il prossimo.
SONO APERTE LE SCOMMESSE SU COSA SUCCEDERA’ (tanto non saprete mai i miei diabolici piani per la storia MUAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH  IO EZERE PIMPA KATIVA MUAHAHAHAH).
Bene, dopo queste righe di sclero, torno a viaggiare con i miei amatissimi Pink (Floyd, ovviamente.).
E
P.s: Domenica parto, vado in Spagna una settimana. Quindi non riuscirò ad aggiornare fino a quando non torno.
 
#PACE, AMORE E SESSO GAY.

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Capitolo 4
*** New York porta novità. ***


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(4)
NEW YORK PORTA NOVITÀ.
 
La vita senza Adam è più difficile di quanto credessi. Per fortuna la scuola sta per finire, e quando finirà io e Mel partiremo all’istante per la Grande Mela.
 
Tyler e io continuiamo liberamente ad ignorarci, ma in questo momento non ci sto nemmeno pensando. Sto pensando a quanto manca alla fine della scuola, a come fare quando l’estate finirà. Un modo dobbiamo trovarlo, che già mi manca.
 
Io e Mel viviamo praticamente insieme da quando Adam non c’è più. Lei viene da me o io vado da lei e stiamo in videochat tutto il giorno con il nostro amico, anche se tutto questo crea distanza e distacco. Lui sembra sereno anche se continua a dire che gli manchiamo.
 
Giugno arriva in un soffio e io e Mel prepariamo le valigie. Per andare a New York prenderemo un treno e ci vorranno circa 5 ore e mezza, quindi dobbiamo essere attrezzate. Adam non sa niente, sarà una sorpresa.
Quando saliamo sul treno sta cominciando a piovere. Mia mamma continua a farmi mille raccomandazioni persino dal finestrino: sono tutte cose che già so e con tutte le volte che me le sta dicendo mi stanno uscendo dalle orecchie.
 
Il treno parte, io saluto con la mano mia mamma e richiudo il finestrino. La pioggia batte sui finestrini  e io giuro che questa immagine, dei paesaggi che scorrono via senza fermarsi, la pioggia che rende tutto un po’ più ovattato… mi fa pensare.
 
Nelle ultime tre settimane ho pensato solo ad Adam, perché senza di era una cosa completamente diversa vivere in quel buco di città. Nell’ultima settimana, però, ogni volta che lo vedevo tramite quella webcam mi si ribaltava lo stomaco, come se fosse un sollievo vederlo, vedere che stava bene. E non ne sapevo perché. E ora che sto per rivederlo, che so che tra poche ore lo riabbraccerò… beh, il mio cuore sta esplodendo, facendo le capriole, i fuochi di artificio, i colori…
 
“Mel, mi piace Adam.”
L’ho detto davvero? A Mel? E perché mai l’ho detto?
“Audrey, cosa hai detto?”
Non ripeterlo, non ripeterlo, non ripeterlo, fai finta di nulla e dì che non è importante…
“Mi piace Adam.”
“Ma… cosa stai dicendo?”
“Io… non lo so… me ne sono accorta solo in queste settimane che lui non c’era.”
“Ma Tyler?”
“Non lo so. Con Adam è diverso. Lui lo conosciamo da una vita, è dolce e non è nemmeno tanto brutto. Adam è Adam. Forse mi ero solo autoconvinta di farmi piacere Tyler.”
“Audrey, lo sai che io non ti ho mai giudicata, ma come fa a piacerti Adam? Insomma, lo conosciamo da una vita, non dici che te ne saresti accorta prima?”
Perché non me ne so stare zitta? Lui è il mio migliore amico, non gli dirò mai niente su questa mia infatuazione perché se mai si dovesse rovinare qualcosa io non me lo perdonerei mai.
“Non lo so Mel… tu prometti di non farne parola con nessuno? è importante che nessuno lo venga a sapere.”
“Giuro, mano sul cuore.”
Ha giurato con la mano sul cuore.  È una cosa seria.
“Grazie Mel..”
 
Torno a guardare fuori dal finestrino. Dopo un po’ crollo nel sonno, e sogno New York.
 

 
Quando mi risveglio Mel non è seduta di fianco a me. Guardo l’ora e dovremmo essere pressoché arrivate, e io non ho la minima idea di dove sia quella stupida della mia amica.
Decido di non muovermi, dovrà pur venire a prendere le valigie, mica sono la sua schiava.
 
Quando comincio ad intravedere il profilo della città, con i grattacieli e gli alberi e tutto quello che è New York, e rimango senza fiato. Estraggo la mia Canon e scatto una fotografia: avrò tempo per fare un disegno che sia degno della foto.
Penso ad Adam, che ormai si sarà anche abituato a questa città.  
 
Mel si fa viva dopo dieci minuti e ha gli occhi lucidi.
“Mel, che è successo? Qualcosa non va?”
“A me? A me va tutto benissimo” e sorride. Quel sorriso non mi convince. Scoprirò cosa le succede.
“Guarda che bel paesaggio. Speriamo di non perderci, sembra così… grande.”
“E’ grande, Audrey. È abnorme. È mostruosamente figa.”
 
Okay, penso che sia tornata in lei!
Parliamo fitto fitto su come sia New York, su quanti negozi ci siano e se davvero ci sono i bei ragazzi.
 
Quando arriviamo in stazione c’è ad aspettarci Caroline, la zia di Adam che avevamo conosciuto qualche settimana prima.
In macchina ci ha detto che fino a stasera non potremo vedere Adam perché per l’estate si è trovato un lavoretto come cameriere in un ristorante italiano.
Ovviamente noi la riempiamo di domande, ma lei si rifiuta di risponderci; dice che ci racconterà tutto lui. Ho la vaga impressione che ci stia nascondendo qualcosa di molto importante.
 
New York è davvero enorme come sembrava. Le vie sono tutte uguali, affollate di taxi gialli e macchine e biciclette e maree di gente. I miei occhi si incollano al finestrino e non ne vogliono sapere di staccarsi. Qua è tutto alto e immenso e anche le cose più insignificanti sembrano qualcosa di grandioso: dei fiori su un balcone, dei ragazzi seduti davanti una porta.
 
Arrivate a casa, Caroline ci aiuta a portare su le valigie al suo appartamento e ci aiuta a nasconderle, in caso Adam arrivasse prima.
Ci dice che se vogliamo possiamo fare una doccia e possiamo anche andare a fare una passeggiata. Ci dà due mappe di New York e ci da ogni recapito telefonico e l’indirizzo, in caso ci perdessimo e dovessimo farcela in metro o in taxi.
Ci dice che Adam dovrebbe rientrare per le dieci, e che se vogliamo possiamo mangiare fuori. Lei porterà le bambine (ho appena scoperto che Adam ha due cuginette davvero carine) ad una festa di compleanno, e dato che lei e i genitori della festeggiata sono amici pensa che rimarrà là con loro a chiacchierare. Prima di uscire ci spinge nella mano una copia delle chiavi di casa, non si sa mai.

 
Quando sei abituato ad una piccola cittadina come Pittsford, appena arrivi a New York sei catapultato in un mondo completamente diversa a quello che sei abituata. Qua potresti andare in giro come vuoi, vestita come vuoi, a dire quello che vuoi che la gente semplicemente ti passerebbe accanto, intenta magari al telefono per qualche importante chiamata di lavoro oppure impegnata a pensare ai fatti suoi.
 
Io e Mel non sappiamo da dove cominciare, quindi per prima cosa andiamo a cercare un posto sicuro dove mangiare.
Sono le tre di pomeriggio, vale a dire che potremo rimanere in giro per un sacco di ore. Mi sento come un bambino buttato dentro un negozio di caramelle con il permesso di prendere tutto ciò che vuole. Ho una bolla intorno, l’euforia mi scorre nelle vene e io non riesco a trattenere il mio entusiasmo.
A volte tengo d’occhio la strada che stiamo facendo, per evitare poi di perderci nel bel mezzo della notte.
 
Il pomeriggio passa tra uno Starbucks e il McDonald’s e tra i tremila negozi che affollano il centro. Devo stare attenta a quanti soldi spendo, non sono mica milionaria, ma qua è tutto così affascinante e luminoso… o forse sono i miei occhi che vedono questo mondo di scintillio.
 
Quando ci dirigiamo verso casa sono ormai le dieci e un quarto, quindi siamo quasi sicure che Adam sia già tornato.
Non so come, ci ricordiamo entrambe la strada per tornare a casa, e questo è giù un vantaggio.
Apriamo la porta piano piano e sentiamo che Caroline sta trafficando in cucina con piatti e posate. Appena ci vede ci fa segno con il dito verso il piano di sopra, dove sappiamo esserci la stanza di Adam.
In punta di piedi saliamo le scale, e appena arriviamo su individuiamo subito quella che deve essere la stanza di Adam: le altre due hanno le porte tappezzate di rosa, e fidatevi, non è un bello spettacolo.
 
Il mio stomaco ha appena deciso di salire sulle montagne russe e il cuore comincia a pompare a velocità impressionante. Me lo sento schizzare fuori dal corpo, un calore che mi riempie è tutto così fantastico e mi sembra anche di vedere dei cuoricini in giro… ma che dico! Questa è solo la mia immaginazione molto nutrita che viaggia e viaggia e …. Opporcalaputtanatroia, Mel sta per aprire la porta. Io la guardo mentre di colpo spalanca la porta.
 
Ora tutto va a rallenty, come in un film d’azione.
Davanti a noi si presenta uno spettacolo che non saprei definire: Adam sta avvinghiato (letteralmente, sembrano due lumache in calore!) insieme ad un ragazzo, che da dietro mi è alquanto familiare…
Adam si gira di scatto e io all’improvviso capisco: questa non è la mia immaginazione che viaggia, quello è davvero Adam che pomicia con un ragazzo alto e bello, che si affretta a buttare la faccia nel cuscino.
 
“Mel… Audrey… che ci fate qui?”
“Noi… noi volevamo farti una sorpresa… ma a quanto pare sei già impegnato… mh… chi è questo bel ragazzotto?”
 
Non capisco più niente e io non riesco a parlare. Meno male che c’è Mel che fa tutto al posto mio.
Adam… con un ragazzo… che assomiglia terribilmente a Tyler… ma aspetta………..
 
Quel ragazzo sta alzando la faccia, rigata dalle lacrime, e lo riconosco: lui E’ Tyler.
il mio mondo mi cade addosso, come se stesse bruciando come un pezzo di carta.
Sento una lacrima che mi scende sulla guancia ma non me ne frega niente di asciugarla.
 
“Audrey…..io… mi dispiace… avrei voluto dirtelo…. Ma era una cosa così complicata…..”
“Non…. Non importa… ciao Tyler…. Meglio che noi togliamo il disturbo eh… se vi servisse qualcosa, noi siamo nella stanza qua di fronte…”
 
Chiudo la porta e con Mel mi precipito in camera.
 
 
 
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE.
“LE COMPLICANZE, DISEGNATE A MANO DALLE DISTANZE….” LALALALALA.
Oh, ops. Scusate. Eccomi AHAHAH
Allora, per cominciare mi dispiace di essermi assentata per così tanto tempo, ma la Spagna era fottutamente bella. *-*
 
Bene, ora parliamo del capitolo.
So che potrebbe sembrare scontato e boh, non mi sta uscendo un granché sta storia…mi sto rendendo conto di essere scontata :o vi prego, fate uscire un po’ di ispirazione.
Mh, Adam si scopre che è gaaaaaaaaaay (AMO I GAY, OKAY?) e se la fa con Tyler. Audrey, OVVIAMENTE, ci rimane demmerda poiché aveva capito che le piaceva Adam. Aiuto, che casino!
 
Vi prego di perdonarmi e vi capisco se smettete di leggerla, ma comunque…
Vi amo, ricordatevelo!
 
E <3
(molto poco ispirata)

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Capitolo 5
*** New York aspetta solo noi. ***


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(5)
NEW YORK ASPETTA SOLO NOI.
 
Avete presente quella sensazione di essersi dimenticati qualcosa ma non si è dimenticato di fare niente? Quella sensazione di vuoto che ti prende permanentemente dentro il petto e non se ne vuole andare?
 
Ecco. I due giorni seguenti mi sono sentita esattamente così, non tradita, non incazzata, non triste. Mi sento vuota. Vuota come se avessi un’ampolla di vetro vuota che mi impedisce di respirare quasi.
Non mangio, non parlo con nessuno al di fuori di Mel, e anche con lei non parlo più di tanto e guardo il soffitto.
 
Il terzo giorno sono sdraiata a fissare il soffitto quando si apre la porta.
“Mel, non ho fame, lo sai.”
Non ricevo una risposta, quindi me ne sto zitta. Non me ne frega se lei ha o non ha voglia di parlare, io sto lì.
“Ehm…. Ciao Audrey…” sento una voce molto più profonda di quella di Mel e mi siedo di scatto sul letto. Mi ritrovo davanti in tutta la sua altezza Adam, che immediatamente si siede sulla sedia di solito occupata da Mel.
 
“Cosa ci fai qui?”
“Sono venuto a parlarti, se non l’avevi capito.”
“Dimmi. Ti ascolto.”
“Beh… volevo spiegarti perché non ti ho mai detto nulla…. A te piaceva Tyler, e ti piaceva anche tanto. E io e lui ogni tanto ci vedevamo, di nascosto. Poi un giorno ci siamo baciati e… io mi vergognavo…. Allora ho continuato a darvi l’illusione che fossi… insomma, che fossi etero. Non è colpa mia, né di Tyler….noi ci piacciamo, e lui non è nemmeno così stronzo come da a vedere….”
“Si, ma ti vergognavi di noi? Non ti abbiamo mai giudicato in vita nostra….”
“Mi dispiace Audrey…. L’altra sera non mi aspettavo che arrivaste, zia Caroline non mi aveva detto nulla e sono stato preso alla sprovvista…”
“Non è stato piacevole…. Io…. Sono confusa.”
“Confusa?”
“Sì, confusa. Sono totalmente nel pallone…. È difficile da spiegare, men che meno da capire… lascia perdere. Tyler come sta? Si è stabilito qua per l’estate? Come avete cominciato ad uscire? I suoi lo sanno? E tua zia?”
“Ehi, ehi, ehi. Una domanda alla volta.” Per la prima volta da quando è entrato sento che la tensione che ci circondava se ne sta andando, e lui ha pure un sorrisetto stampato sul quella bella faccia da cazzo. “Allora, vediamo. Tyler sta… diciamo che ha paura, più che altro. Non vuole che si sappia in giro… sai, no, non sarebbe ben visto. Sì, sta qui da noi per l’estate. Non ti preoccupare, dorme in sala e non è infetto di nessuna malattia.”
“Ehy, io non ho mai avuto niente contro i gay!”
“Va bene, va bene, calma. Hai presente la festa di fine anno scolastico, due anni fa? Ecco, tu eri lì che ballavi con quel viscido di cui francamente non ricordo il nome e Mel idem, allora io sono fuggito nel giardino davanti a scuola e c’era lui. Ci siamo seduti insieme su una panchina, abbiamo parlato e parlato. In realtà era la prima volta che ci parlavamo senza che litigammo o che ci prendessimo a sberle. Da lì uscivamo ogni tanto, per parlare. Lui ovviamente doveva trattarmi male se no perdeva la faccia, ma si limitava alle prese in giro verbali. Una sera, poi…. Beh, è successo. C’era una specie di feeling e ci siamo baciati, stop. Poi ci vedevamo a casa mia, quando mia mamma non c’era. Non ci vedeva nessuno. I suoi ovviamente non lo sanno, però sanno che io sono un caro amico di Tyler, ecco perché lo hanno lasciato venire qua. Mia zia ovviamente lo sa, insomma. Vivo qua! Contenta?”
“Sì, abbastanza soddisfatta. Ma ancora non capisco perché non me l’hai detto prima.”
“Mi vergognavo. Mi vergognavo follemente, ero convinto fosse una specie di malattia, pensavo che se aspettavo forse sarebbe passato. Ma poi sono arrivato qui, e mia zia mi ha aiutato. La mia vita è come ricominciata.”
Io non so cosa rispondere, io sono senza parole.
“Adam… io…. Mi dispiace….”
“Oh, beh. Anche io avrei reagito come te in una situazione del genere. Non ti preoccupare.”
 
Adam si alza all’improvviso, viene verso di me e mi abbraccia. Mi erano mancati i suoi abbracci.
“Ora però devi promettermi una cosa!”
“Dimmi tutto, babe.”
“Che ricomincerai a mangiare. Già mi sento una merda per quello che ho fatto, non voglio avere sulla coscienza anche la mia migliore amica che non mangia!”
“Sissignorcapitano!”
 
 
Dopo aver mangiato un buon pasto, essermi fatta la doccia, truccata e vestita, sono pronta per esplorare i meandri di New York City insieme ai miei migliori amici.
Come sempre mi porto dietro la mia macchina fotografica pressoché indistruttibile (potrebbe aver superato anche la Seconda Guerra Mondiale) per scattare qualche foto. Quando finiremo le scuole, io e Mel verremo qui ad abitare, perché è una città così anonima e puoi essere chi sei veramente senza che nessuno ti giudichi. A differenza dei piccoli paesi, dove sembrano che stiano aspettando solo che qualcuno si mostri diverso da tutti gli altri per creare una specie di rivoluzione di massa.
 
Questa città emana un effetto afrodisiaco su me e Mel, che ogni cosa che vediamo, anche un semplice palazzo o un taxi giallo o uno Starbucks ci esaltiamo. Adam ha quel suo sorrisetto malizioso in faccia, glielo si legge negli occhi che è contento di averci lì.
 
Adam come benvenuto (anche se un po’ in ritardo) ci ha portate a vedere la Statua della Libertà (che tra l’altro è un classico, non poteva fare cosa più banale. Ma solo essere lì con loro mi fa stare bene).
 
Dalla testa della donna ci facciamo tante foto talmente stupide che dubito che ci sia qualcuno più stupido di noi. Fotografo anche la città dall’alto, che è uno spettacolo mozzafiato. La mia mente improvvisamente si libera di tutti i pensieri e mi sento come se volassi.
 
New York è magica, è come un cuore e se la guardi un po’ attentamente dà anche l’idea di qualcosa che batte, che pulsa. Questa città è  vita, è colore, è felicità. Giurerei di non essere mai stata così bene in qualche posto, ma questo sarà per sempre un posto speciale: Manhattan vista dall’alto, Adam e Mel che mi fanno ridere, i polmoni che si sentono come se prendessero ossigeno dopo un lungo periodo di apnea.
 
Sono sicura che da questo viaggio tornerò cambiata, tornerò diversa, tornerò nuova.
 
Intanto che io mi perdo nei miei pensieri fantasticando nelle vie sperdute di New York, Adam mi riporta alla realtà strattonandomi verso l’uscita. È quasi sera e decidiamo di andare a fare una passeggiata nella Quinta Strada, ammirando negozi in cui non ci farebbero nemmeno avvicinare.
 
“Vi prometto, vi giuro, che in queste settimane vi farò visitare ogni possibile attrazione di New York, anche se nemmeno io le ho visitate tutte. Diciamo che mi tenevo il piacere per quando sareste arrivate voi. Facciamo che quando arriviamo a casa stiliamo una lista di cose che vorremmo vedere così ci andiamo?”
“YEAH BABE” cominciamo ad urlare io e Mel, in mezzo al marciapiede, dove due o tre persone ci guardano con occhio critico ma poi tirano avanti per i cavoli loro.
 
La cosa terrificante di questa città è la complessità di strade e di vicoli e di posti che se non ci fosse Adam che ci vive da qualche mese, io mi sarei già persa.
 
La notte sta calando e qui me ne accorgo non per il cielo che diventa scuro, ma per le luci che cominciano ad abbagliare la strada del ritorno.
 
 
Dopo cena, ci rintaniamo in camera di Adam. Dato che avevamo scaricato Tyler per tutto pomeriggio, abbiamo decido di includere anche lui nel nostro itinerario. All’inizio è stato molto spaventato da noi, come se fossimo delle belve accanite e lui una povero cucciolo indifeso.
Dopo avergli ripetuto tipo un mezzo milione di volte che noi non saremmo andati in giro a dire niente a nessuno e che a noi non ce ne frega proprio che loro stiano insieme, si è convinto e sembrava quasi lo stesso Tyler di tutti i giorni.
 
Non avevo mai pensato a lui come ad un probabile gay, e infatti vederlo farsi (ogni tanto, per fortuna) gli occhi dolci con Adam è stato abbastanza scioccante, anche se ho sempre cercato di non darlo a vedere: insomma, io non giudico nessuno!
 
Alla fine della serata, tra popcorn e risate, abbiamo una sottospecie di lista di cosa andremo a visitare:
 
COSE DA VISITARE.
Di Mel, Adam, Audrey e Tyler.
 
1.Empire State Building
2.Central Park
3.Times Square
4.Ponte di Brooklyn
5.Madison Square Garden
6.Broadway
7.Cattedrale di San Patrizio
8.Guggenheim Museum
9.Metropolitan Museum
10.Little Italy
11.Trinity Church
12.Radio City Music Hall
13.Flushing Meadows Park
14.Coney Island
 
Non ho idea di come riusciremo a vedere tutte queste cose, ma ci divertiremo. Ne sono sicura.
 
ANGOLO DELL’AUTORE.
SALVESALVESALVESALVE GENTE BELLAAAAA!
Allora, diciamo che è una vita e mezza che non aggiorno e poi me ne esco fuori con questo capitolo che non è niente di che: perdonatemi, non sono ispirata, per niente.
 
I nostri cari BFF si sono riappacificati, e questa cosa sembra dare a Audrey una scossa di vita. Mha. Vedrò come far soffrire i vostri poveri feelings *risata malvagia MUAHAHAHAHAHAHAHAHAHA*
 
Ok, sto degenerando.
Ringrazio Zenior (http://efpfanfic.net/viewuser.php?uid=296484) che mi tiene alto il morale ogni giorno. Grazie bella.<3
E ringrazio chi ancora mi sopporta.
 
Un bacio,
E. 

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Capitolo 6
*** Love is in the air! ***


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(6)
LOVE IS IN THE AIR!
 
 
I giorni con i miei migliori amici diventano qualcosa di bellissimo. I primi giorni non facciamo un granché, preferiamo rimanere in casa e “fare amicizia” con il nemico (che sarebbe Tyler).
All’inizio è sempre abbastanza silenzioso, non capisco se per paura o per vergogna.
Dopo qualche ora, però, Adam lo convince a prendere in mano la situazione e a essere chi è veramente, perché lui si fida di noi e sa che non andremo mai a spiattellare la loro relazione in giro.
 
Adam ci porta al bar dove lavora e dove noi passiamo la maggior parte del nostro tempo. Ci sediamo, ordiniamo qualcosa da bere e parliamo. Scopriamo che Tyler non avrebbe mai voluto essere così stronzo e che si era accorto da tempo che mi piaceva, ma ovviamente non poteva esporsi, perché già il fatto che fosse innamorato di Adam era per lui un fattore di rischio.
Anche lui odiava Scarlett e che pensava che fosse un’oca senza cervello, ma che era obbligato a starci insieme.
 
Adam ci ha presentato i suoi amici della scuola nuova, che si aggiungono volentieri alla nostra compagnia. Sono tutti ragazzi della nostra età, maschi e femmine e a pelle sono molto simpatici, anche se sono fin troppo newyorchesi.
C’è Ryan, aspirante cantante che ogni volta che ne ha la possibilità va al karaoke e mostra le sue doti artistiche. Non è male, anche se a volte è un po’ troppo pieno di sé. Crede che tutte le ragazze siano ai suoi piedi ed è arrivato a provarci con tre ragazze in un solo pomeriggio. Insomma, tutti i punti che acquista con la voce se ne vanno magicamente con questo suo essere viscido.
Poi ci sono Joseph e Brandon, i ballerini. La prima volta che li abbiamo visti sono entrati nel bar ballando in modo spettacolare su una musica inesistente. Ogni tanto si alzano e fanno qualche passo, facendo sempre cadere qualche barista.
Le ragazze sono molto unite e stravaganti. Ci sono Sarah e Grace, le hipster. Sono in giro sempre vestite in modo talmente assurdo da essere affascinante. Ascoltano musica indie e sono sempre (e quando dico sempre, dico ogni secondo) attaccate al loro profilo di Tumblr, in cerca di ispirazioni (o almeno, così dicono loro). Poi c’è la ragazza di Ryan, Mya, che è una ragazza riservata e molto, molto timida. Poi quando si apre (cosa che sta facendo con noi e gliene rendo grazie) è una pazza scatenata.
E poi… e poi c’è Matthew. Matthew è il ragazzo più grande, va già all’università e non ho la più pallida idea di come sia finito in quella banda di matti. Studia disegno e per questo lo invidio. Passiamo tantissimo tempo a parlare di disegno e di arte in generale e stiamo diventando inseparabili.
Mel, al contrario, mi ha confidato (ma, mi raccomando, non ditelo a nessuno) che è affascinata da Joseph e che ha intenzione di provarci se ne avrà la possibilità.
 
Quando Adam finisce il turno, dato che è sabato, decidiamo, con tutta la compagnia, di cominciare a fare le visite della lista, che ci portiamo rigorosamente dietro ogni giorno (beh, in verità lo porto dietro io nella mia mega borsetta contieni tutto).
 
Decidiamo di andare a Little Italy per scoprire cosa ha da riservare l’Italia per noi.
Sembriamo una vera comitiva ed è incredibile come io mi trovi bene con tutti. Non avevo mai avuto così tanti amici dai tempi dell’asilo.
Ci mettiamo una vita e mezza per arrivare a Little Italy poiché ogni due per tre ci fermiamo e facciamo delle foto oppure facciamo qualche battuta strana che ci fa piegare in due dalle risate.
 
Ci si accorge di essere arrivati in Little Italy perché la bandiera rossa, bianca e verde ricoprono ogni vetrina e ogni insegna.
Camminando, incontriamo persino un edificio colorato interamente dalla bandiera italiana, cosa che non avevo mai visto in vita mia.
 
“Ciao principessa!” grida all’improvviso Matthew, parlando veramente italiano e facendomi prendere un colpo, dato che aveva la bocca attaccata al mio orecchio.
“Oh, studi italiano?”
“No, ma sono due parole che impari subito venendo qui. Se poi diventi un frequentatore abitudinario comincerai a parlare perfettamente italiano.”
Entriamo in una pasticceria e prendiamo una scorpacciata di cannoli, che sono deliziosi. Ho trovato ben poche pasticcerie che producessero cannoli, soprattutto così buoni.
Mentre addentiamo i nostri cannoli alla crema, ci fermiamo davanti ad una pizzeria da dove escono delle voci bellissime. È una canzone che non conosco, ovviamente italiana.
 
Entriamo, tutti rimasti affascinanti da questa voce, e quella che canta scopriamo essere una ragazza di poco più di dodici anni.
 
Tu, tu che sei diverso, almeno tu, nell’universo. Un punto sei, che non ruota mai intorno a me, un sole che splende per me, soltanto come un diamante in mezzo al cuore…
 
Ci soffermiamo ammirati ad ascoltarla, pur non conoscendo il vero significato di quella canzone che sembra così dolce. Mi stupisco che una bambina così giovane e così fragile possa tirare fuori così tanta grinta.
Quando finisce battiamo tutti le mani, estasiati.
 
“Sei stata davvero bravissima, ma come fai… io non aprirei nemmeno bocca o credo che farei morire tutti.” Sento dire da Sarah, mentre stringe la mano alla bambina, che subito si colora sulle guance di un rosso acceso.
“Avete bisogno di qualcosa? Un posto, qualcosa?”
“No, in realtà eravamo entrati perché avevamo sentito la tua voce da fuori. Però magari dopo torniamo, per cena. Va bene?”
“Va bene, vi aspetto. Magari potrei anche cantare un’altra canzone.”
“Perfetto allora, ci rivedrai di sicuro.”
 
Con molta disinvoltura, tutti noi undici usciamo dalla pizzeria, lasciandoci dietro la promessa di tornare.
Continuiamo a passeggiare in mezzo alla folla, che ci trasporta verso i più strani negozi e le più strane bancarelle, dove giovani e anziani si affollano a vedere qualcosa di veramente italiano.
 
La giornata passa tra risate e scherzi, e infine arriva l’ora di andare nella pizzeria dove eravamo stati nel pomeriggio.
Entrando, ci accorgiamo che i tavoli sono tutti completamente pieni, a differenza di quando eravamo entrati qualche ora prima che invece erano quasi totalmente vuoti.
La bambina ci viene incontro saltellando e ci mostra un tavolo lungo formato da altri tavoli più piccoli, preparato appositamente perché sapeva che saremmo tornati.
 
Quando ci sediamo, ci salta subito all’occhio che Tyler e Adam si sono messi vicini, come una coppietta tenera. Mel si è seduta qualche minuto dopo per vedere dove si era seduto Joseph, che da una parte aveva Brandon, Mya e Ryan e dall’altra aveva Mel. Io e Matthew, quindi, siamo capitati vicini.
Ordiniamo tutti una pizza margherita a testa, e muoio dalla voglia di sentire come sia una vera pizza, non quella schifosa e collosa che fanno alla pizzeria di Pittsford.
 
La bambina si siede con noi con il consenso dei proprietari del locale (ovviamente, i suoi genitori) e scopriamo che lei non è mai andata in Italia, ma i suoi genitori vengono da un piccolo paesino in Sicilia. Ovviamente lei sa parlare perfettamente inglese e italiano ed è buffissima quando parla sia in italiano sia in inglese.
 
Mangiamo la pizza più buona che il nostro palato abbia mai provato. Ridiamo fino a scoppiare e le ore passano ad una velocità incredibile.
Rimaniamo gli unici clienti, ma non abbiamo voglia di andare via perché stiamo talmente bene che quasi ci sentiamo a casa. Al proprietario non dispiace, anzi, lui e sua moglie si sono uniti a noi e sono così simpatici, hanno un accento così italiano che sono carinissimi.
Mentre Joseph e Brandon improvvisano un balletto sulla musica che sta dando la radio e noi tutti ridiamo perché non sono proprio i migliori ballerini (al contrario di come loro credono), Matthew mi sfiora la mano appoggiata sul tavolo e io rabbrividisco.
Insomma, andiamo. Un universitario e nemmeno tanto male? Nah, impossibile per me.
 
Dopo un’altra buona mezz’ora passata tra risate, mi accorgo che Mel e Joseph sono scomparsi dal nostro tavolo. Mi guardo un po’ in giro, sinceramente preoccupata, e intravedo i suoi cespugliosi capelli uscire poco poco da sotto il bancone. Sorrido maliziosa, ma non dico niente a nessuno e continuo a ridere alle battute cretine di Adam.
 
 
Le prime ad uscire dal locale sono Sarah e Grace, che dicono che devono assolutamente essere a casa entro mezzanotte oppure verranno uccise.
Poi esce Brandon, che non trovando più Joseph decide di andarsene per i fatti suoi. Il turno successivo è quello di Ryan, Mya, Tyler e Adam che, dopo essersi assicurati che sapessi la strada, hanno deciso di andarsene, forse per restare un po’ da soli.
Dopo altri 10 minuti buoni, escono Mel e Joseph dal loro nascondiglio, un po’ sottosopra, ma con aria sognante. Pagano e se ne escono. Li seguo con lo sguardo e vedo Joseph che stringe la spalla di Mel e ogni tanto si fermano e si baciano. ED ERA ORA! Stenderò i manifesti e organizzerò una parata! MEL HA UN RAGAZZO! YUPPIYEEE!
 
Vengo riscossa dai miei pensieri da una voce profonda di un ragazzo  e mi giro di scatto.
“Pare che ci hanno lasciati da soli.”
“Già.” Mi dondolo un po’ sui talloni giocherellando con l’orlo del vestito.
“Beh, mi sa che ci conviene andare, oppure Luca si arrabbierà.” All’improvviso, mi prende per mano e da quel punto salgono i brividi per tutto il corpo, una scarica di adrenalina che mi rende sveglia e attiva.
“Bene, andiamo.”
 
Cominciamo a passeggiare con tranquillità e per un bel po’ rimaniamo in silenzio, ma non un silenzio imbarazzato e teso, un silenzio tranquillo e rilassato.
 
“Tu devi ancora spiegarmi come ci sei finito in questa compagnia di matti” gli dico, spezzando il silenzio che si era creato tra di noi.
“okay, ora ti racconto. Un giorno di due lunghissimi anni fa sono capitato nel bar dove lavora Adam, dopo aver finito le lezioni. Dopo mezzora sono entrati questi ragazzi chiassosi come pochi. Mentre gli altri clienti li guardavano decisamente male, io li guardavo, ma incuriosito. Non avevo un vero amico dall’asilo, credo. Quando si sono seduti e tutti gli altri sono tornati ai propri caffè, io continuavo a guardarli. Ad un certo punto, Joseph e Brandon si sono avvicinati e mi hanno chiesto se mi andava di unirmi a loro. Ho risposto di sì ed eccomi qua, quasi come un fratello maggiore che tiene a bada tutti.”
“Che storia interessante”.
“E tu, invece? Cosa hai da raccontarmi di interessante e inedito?”
Pronuncia questa frase lentamente, fermandosi e avvicinandosi paurosamente a me.
Cazzo.
“Dico e penso spesso la parola cazzo.”
Oddio, ma che cazzo ho detto? Cazzo.
“Wow, molto…affascinante.”
La parola “affascinante” me la soffia praticamente addosso dato che è a meno di un centimetro da me.
“Non credo che essere una sostenitrice del linguaggio scurrile da scaricatore di porto possa rendermi affascinante.”
“sei tu che rendi tutto più… affascinante”
Ancora quella parola. Merda. Cazzo. Culo. Spero solo che non si noti il rosso che mi si sta formando sulle guance.
“Puoi anche baciarmi, sai? Non mi offendo mica.”
Ma io non posso starmene zitta una buona volta? Fanculo, fanculo, fanculo.
 
Matthew mi guarda per dieci secondi buoni con aria vagamente inquisitoria, dopodiché accade.
Mi bacia.
 
 
 ANGOLO DELL’AUTORE.
ALOHAAAAAAAA A A AA AA AAAA A A A A A A A A A A A !
Lo so, vi sono mancata eh? *faccia da pervertita*
 
Scherzi a parte, ho scritto questo ENORME capitolo tipo un mese fa, ma non riuscivo a mettere un finale decente, QUINDI ecco qua questo capitolo enormemente enorme e enormemente palloso.
Perdono, chiedo perdono.
 
Allora, finalmente una scarica di adrenalina nella vita delle nostre due AMIKEFIKEDELKUOREXSEO4E. (?)
 
Lasciate una recensione BELOWWW e ditemi cosa ne pensate, cosa volete che cambi, cosa non vi piace e cosa vi piace, scommesse and so on.
 
Per ora vi mando un beso,
passo e chiudo.
E <3 

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Capitolo 7
*** Why were we so stupids? ***


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(7)
WHY WERE WE SO STUPIDS?
 

Nelle azzurre sere d’estate, andrò per i sentieri,

punzecchiato dal grano, a pestar l’erba tenera:
trasognato sentirò la sua frescura sotto i piedi
e lascerò che il vento mi bagni il capo nudo.
 
Io non parlerò, non penserò più a nulla:
ma l’amore infinito mi salirà nell’anima,
e me ne andrò lontano, molto lontano come uno zingaro,
nella Natura,-lieto come con una donna
(Arthur Rimbaud-Sensazione)
 
Le giornate affianco  a Matthew passano veloci, fin troppo veloci, e io ho paura per quello che potrebbe accadere quando, tra poco più di un mese, dovremo tornare a Pittsford e non so quanto potrò vederlo.
 
Lo stesso problema sta ingrippando il cervello di Mel, anche se cerca di non darlo a vedere. L’unica che lo sa sono io, perché durante la notte parliamo tanto, più di quanto abbiamo fatto in una vita intera. Lei mi racconta di Joseph, io di Matthew.
 
I nostri ragazzi (perché ormai sono i nostri ragazzi) ci scrivono una tonnellata di messaggi e mi domando se non dovrebbe essere il contrario ma… diamine, siamo a New York gente!
 
 
Dopo qualche giorno dalla pizzata, Matthew mi trascina a Central Park dove ci aspetta un picnic preparato da lui, il che significa che devo cercare di mangiare il meno possibile o potrei rimanere seriamente danneggiata.
Scherzi a parte, Matthew non è il miglior cuoco del mondo, anche se si impegna moltissimo. Io ovviamente non gli voglio dire che la prima volta che ho mangiato da lui poi ho vomitato l’anima, non sarebbe proprio la cosa più romantica da dire. Diciamo che cercherò di tenere giù quel poco che riuscirò.
 
Lo guardo mentre parla anche se non sento cosa dice. Sto cercando di concentrarmi su di lui, su come tutto questo presto sarà finito e io devo saziarmi di ogni istante con lui o sfuggirà tutto tra le mie dita.
Il fatto è che l’amore è strano. Oddio, non so nemmeno se si tratti di amore vero, ma so che comunque non sarà facile lasciarsi. Poi lui tornerà all’università, e magari conoscerà qualche bella figa alta un metro e novanta con due tette che non le permettono di vedersi i piedi (cosa che non ritengo giusta, tra l’altro. Insomma, tutti dovrebbero potersi ammirare i piedi) e a cui lui sbaverà dietro come una lumaca in calore (le lumache vanno in calore come i cani? Bho). Tutti i maschi se  vedono un paio di tette si incantano manco avessero davanti una maga. Per loro basta che una ragazza ce l’abbia (e sì, parlo della nostra amica Gina) e che respiri ed è a posto.
 
“Promettimi che quando tornerai al college non conoscerai nessuna superfiga alta un metro e novanta con due tette che non le permettono nemmeno di vedersi i piedi e non le sbaverai dietro come una lumaca in calore, anche se non sono sicurissima che le lumache vadano in calore come i cani ma non mi interessa un bell’accidente.” Lo interrompo mentre sta blaterando qualcosa a proposito degli uccellini che volano e dei fiorellini e delle farfalline e della primavera e della pace interiore e dello ying e dello yang, che insieme fanno una strana forma che ricorda il 69 e ogni volta che ci penso ridacchio come una cretina. Fa che non stia ridendo come una cretina ti prego! Okay, sto straparlando. Anzi, in realtà sto strapensando, che fa ancora più figo perché, oddio, tutto questo sta accadendo nella mia mente e non è possibile! Mettetemi una camicia di forza, rinchiudetemi in un qualsiasi manicomio abbandonato con scienziati pazzi e buttate via  la chiave.
“Prometto”
Sento quella parola letteralmente soffiata sulle mia labbra e mi sento iperventilare. Spero solo che non legga nel pensiero e non possa sentire tutte le minchiate che ho sparato fino ad adesso.
Mi bacia e i miei pensieri diventano fumosi e sono spazzati via da una sensazione alla bocca dello stomaco (che non è fame) e che mi fa venir voglia che quell’attimo rimanga congelato per sempre.
 
 
Quando apro gli occhi mi ritrovo davanti una distesa azzurra e per un momento mi sento disorientata, e non capisco come e quando e perché e dove soprattutto io sia, ma so che è qualcosa di bello.
Poi giro appena la testa vicino a me e allungo la mano verso quella di Matthew e tutto mi torna più chiaro.
Siamo ancora al parco, e dopo esserci baciati ci siamo accoccolati nell’erba a vedere il cielo e mi sono addormentata.
Ora che ci faccio caso, il cielo è striato di arancione e rosso e sta creando dei giochi che fanno stare in silenzio tutto, voci, versi, cuore, anima.
 
 
Apro la porta di casa di Carol canticchiando allegramente e mi sento come una svampita.
Appena entro, però, mi accorgo subito di qualche rumore che non è proprio della casa. Smack. Smack. Smack. Smack.
Mi infilo dietro al muretto che divide le scale e la sala e mi metto a spiare. So che non è corretto, soprattutto in casa di altri, ma non voglio rovinare un tale momento e soprattutto voglio scoprire chi è e che cosa sta facendo.
Ho già un paio di persone su cui dubitare, ma mi faccio piccola piccola e mi metto a guardare.
Due persone rinvengono dal divano, mezze svestite ma nemmeno nude. Le voci mi arrivano basse e soffocate, quasi stiano sussurrando. Mi sforzo di stare ferma ed ascoltare.
 
“Ti amo.”
“Ti amo anche io. E non mi importa niente, voglio che tutti sappiano che siamo insieme. A New York, a Pittsford, in tutta l’America, in tutto il mondo. Non voglio passare un altro anno con una viscida appiccicata addosso solo perché sono “popolare” e poi cercare in ogni modo una scusa per non finirci  a letto”
“Lo sai, per me è uguale. Le persone che lo dovevano sapere ora l’hanno scoperto da un bel po’. Dipende cosa ne vuoi fare della tua vita. Ricordati anche che abitiamo lontani per la maggior parte dell’anno, e io non so come farò con te lontano  e la paura che tu ti trovi un altro.”
 
Le voci sono chiaramente maschili e so anche a chi appartengono: Adam e Tyler.
Cerco di andare in camera mia senza far rumore, è un momento così  intimo e non voglio che si rovini l’atmosfera.
Sento allontanarsi i loro sussurri e so che faranno la cosa giusta, per entrambi.
Arrivata all’ultimo gradino, però, scivolo su qualcosa che non riesco a vedere e faccio un ruzzolone giù per le scale, gridando e facendo un rumore che sentirebbe persino un sordo.
Sento le porte del piano di sopra che si aprono di fretta e delle persone che si avvicinano a me, anche se non riesco a metterle bene a fuoco.
Poi, all’improvviso, il buio.
 
 
Lo stesso pomeriggio (Mel)
Non riesce a passare un momento senza che io e Joseph non ci baciamo. So che non dovrei dirlo, perché comunque lui mi piace, ma mi sto stancando solo di baci e di palpatine (non vi scandalizzate, ho solo detto palpatine). Vorrei anche un po’ parlare con lui, ma è praticamente impossibile: o non riusciamo a parlare perché ci baciamo oppure parla solo di lui e di quello che ha fatto lui, e dei suoi aneddoti e delle sue avventure a New York City. Insomma, una palla unica.
 
Solo che non posso piantarlo così. Una volta, tra alcune sue chiacchere confuse e narcisiste, mi raccontò che ero la prima ragazza seria che gli era capitata. Sapete, è stata l’unica volta in cui mi abbia detto qualcosa di tenero e io mi sono sciolta. Non voglio farlo soffrire.
 
Potrei piantarlo in asso poco prima di partire con la scusa che siamo lontani, sperando che poi lui non si impunti e decida di venire a Pittsford, allora si che sarebbe un bel problema.
Oppure potrei lasciargli una lettera e fare in modo che la legga dopo che sia partita, così non si permetterà di venirmi dietro.
Non so ancora cosa farò, boh.
 
Intanto che penso, io e lui siamo puntualmente in camera da letto, come ogni santo giorno, a palparci. Da basso ci sono Adam e Tyler e non voglio assolutamente sapere cosa stanno facendo. Gli avevo detto che salivo e loro sono rimasti giù.
Carol oggi è al lavoro e le bimbe sono andate in Florida dai nonni a prendere un po’ di sole e stare un po’ al mare.
 
Sto per dire a Joseph di smetterla di essere così attaccato e così narcisista quando sentiamo un tonfo e un grido proveniente dalle scale.
Ancora in reggiseno e mutande (e Joseph in boxers) mi precipito fuori dalla stanza a vedere cosa è successo. Mi trovo davanti la mia migliore amica svenuta ai piedi delle scale con intorno due gay che cercano di rianimarla.
Corro verso di lei e sento che è ancora viva. Scatto in cucina e digito frettolosamente il 911, gridando le istruzioni per un’ambulanza.
Audrey continua a respirare, fortunatamente, anche se non si è ancora svegliata e il suo respiro è sempre più debole. Dio, Allah, Buddha o come cazzo ti chiami, ti prego, non far morire la mia migliore amica!
Dopo un quarto d’ora di tachicardia arriva un’ambulanza. Io salgo sull’ambulanza insieme agli infermieri, mentre Joseph, Tyler e Adam ci stanno dietro in macchina.
 
“Andrà tutto bene, non è in pericolo.” Mi rassicura l’infermiere che intanto armeggia con degli strumenti che fanno degli strani bip, bip, bip.
 
Quando arriviamo in ospedale non ci permettono di entrare nella stanza dove è ricoverata.
Intanto che aspettiamo, chiamo la madre di Audrey, e le chiedo se può saltare sul primo treno e venire qui. So che forse l’ho spaventata a morte, ma non potevo non chiamarla. Chiamo anche Carol, che dice che per le bimbe chiamerà la tata e che appena finirà di lavorare verrà anche lei. Alla fine chiamo Matthew, che mi assicura che arriverà in un baleno.
 
 
Rimaniamo fuori dalla sua stanza ore che sembrano mesi. Siamo tutti e quattro vestiti con delle camice da notte abbastanza squallide. Matthew è seduto su una sedia un po’ da parte e si tiene le mani sulla faccia e se la massaggia. Si vede che è preoccupato, anche se gli continuo a ripetere che andrà tutto bene, non so se a lui o a me stessa.
 
Per ore rimaniamo senza sapere niente.
Facciamo a turni per andare a prendere da bere o da mangiare, anche se nessuno ha molta fame. Matthew si rifiuta di mangiare, di muoversi, di parlare. Quando gli chiediamo se vuole qualcosa risponde con un cenno della testa.
 
Dopo due o tre ore si unisce a noi Carol, impaziente di sapere cosa sia successo e cosa stia succedendo ora.
Velocemente le spiego che è caduta dalle scale e che è svenuta, ma non sappiamo niente da allora. Nessuno di noi sapeva che era rientrata a casa, eravamo tutti troppo occupati.
 
Adam piange in silenzio e Tyler cerca di consolarlo, anche se non è molto bravo con le parole. Io ho un groppo in gola che mi impedisce persino di piangere. Ogni tanto mi appoggio a Joseph che almeno adesso smette di pensare a se stesso e ai suoi baci e mi circonda con un braccio, accarezzandomi il braccio dolcemente e lasciandomi dei baci sulla testa.
 
Sto cercando di mantenere la calma. In fondo, me l’hanno detto loro che non era in pericolo di vita, ma spero che sia solo una botta. Ma se fosse stata solo una semplice botta ci avrebbero già fatto entrare. Mi comincio a mangiare le unghie, anche se so che non dovrei farlo.
 
Tyler si propone di andare a casa a prenderci dei vestiti più caldi perché mi sa che dovremo rimanere qua ancora un po’. Nessuno glielo impedisce, al contrario annuiamo tutti debolmente e dopo mezzoretta torna con dei vestiti puliti per tutti. A turno andiamo in bagno e ci cambiamo.
 
 
Il pomeriggio si succede al tramonto ed infine la luna prende il posto del sole. Matthew se ne sta fermo sul davanzale della finestra della camera di Audrey, seduto sulla sporgenza e fissando fuori. Nessuno ha coraggio di vedere Audrey attaccata a quelle macchine borbottanti, non dopo che, arrivata sua mamma, ci hanno detto che Audrey è entrata in coma. Nella caduta ha picchiato la testa e questo è stato sufficiente.
Il dottor Bailey ci assicura che non è in pericolo di morte, soltanto la botta è stata un po’ più violenta di quello che ci si aspetterebbe e quindi è entrata in coma.
 
Sua madre sta seduta di fianco a lei e le stringe la mano, piangendo. Tutti noi, invece, cerchiamo di guardarla il meno possibile. Sia io, che Joseph, che Tyler, che Adam sappiamo che se solo non fossimo stati così impegnati a pomiciare forse ora non sarebbe stata qui. O forse si, ma questo non importa. Il senso di colpa ci sta opprimendo, ci sta schiacciando verso il basso.
 
Mi aspetto che da un momento all’altro Audrey si alzi e faccia una delle sue battute pessime tipo “I don’t understand. E se non stand, non asciug”.
La guardo per un secondo che sembra dilatarsi e so che per un po’ non sentiremo la sua voce, e vorrei tanto farle sapere che le voglio bene, e che sono una stupida, e che non le ho mai detto tutto questo.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE.
EHI BELLA GENTEE!
Lo so che non aggiorno da una vita e mezza, ma non ho avuto un momento libero per scrivere çç
E quando l’ho fatto, ne è uscito questo capitolo semi-depresso.
CHIEDO UMILMENTE PERDONO, ma dovevo far accadere qualcosa. E poi, adesso la storia diventa succcccosa. (?)
 
La battuta alla fine “I don’t understand. E se non stand, non asciug” è di mio papà, quindi ringraziate lui per le sue perle di saggezza.
 
Okay, torno a morire lol
Vi amo, ricordatevelo.
 
Ringrazio Zenior (http://efpfanfic.net/viewuser.php?uid=296484) ancora una volta per la sua infinita pazienza e per tenermi compagnia quando capita.
 
Me ne vado,
adieu <3
 
E.

 
PS: da notare il colore molto fluorescente/accecante/FA-VO-LO-SO(?) 

 

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Capitolo 8
*** Bye bye baby. ***


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(8)
BYE BYE BABY.
 
  《And I am feeling so small
It was over my head
I know nothing at all》
(A Great Big World ft. Christina Aguilera-Say Something)
 
(Mel)
Quando siamo arrivate a New York, c’eravamo promesse, nel buio della nostra prima notte nella Grande Mela, che questa sarebbe stata la nostra estate, mia, sua e di Adam.
Poi però qualcosa è cambiato. Beh, qualcosa di veramente grande è cambiato. Io mi sono avventurata in questa storia un po’ possessivo-ossessiva, mentre lei si è innamorata. E glielo si leggeva negli occhi.
 
Praticamente non ci vedevamo più, ci incrociavamo o sulle scale, o in camera, o in cucina.
E ora, che sono qui che la guardo sdraiata su questo lettino di ospedale non riesco a non incolparmi. Se fossimo state insieme, se fossimo rientrate insieme, forse non sarebbe successo tutto questo.
 
Adam è a pezzi. Non esce da casa, a malapena si alza dal letto. Continua a guardare il soffitto, rifiuta il cibo e l’unica persona che vuole vedere sono io quando gli porto informazioni nuove di Audrey.
 
I dottori cercano di rassicurarci dicendoci che non è in fin di vita, che non c’è pericolo e che si riprenderà presto. Ma io non riesco a stare tranquilla, a vederla immobile su quel lettino con tutti quei tubi e tubicini e macchine che non smettono mai di borbottare attaccate a lei.
 
Non posso stare tutti i giorni a tutte le ore da lei. Sua mamma, invece, rimane da lei sempre, anche di notte. Dorme su una poltroncina vecchissima e tutta logora, nemmeno troppo comoda. Le tiene la mano e non riesce a farsene una ragione. Non è arrabbiata, no. È stanca. E triste. Ha perso le speranze, un po’ come tutti noi.
 
Dovrei tornare a casa, ma mia mamma mi ha lasciata rimanere qua almeno finché Audrey non si risveglierà. È il minimo che le devo, in fondo. E la scuola può anche fottersi.
 
 
Sono con Joseph, adesso. Abbiamo cominciato a parlare, e devo dire che quando non passiamo le ore attaccati l’uno all’altro, è anche simpatico.
Matthew si è fatto vedere poco, e quelle poche volte sono bastate per farmi notare le profonde occhiaie nere che ha, forse per la mancanza di sonno. So che le vuole bene, forse la ama, e quando ci penso mi sento ancora più in colpa. Non vuole entrare, rimane fuori, a volte si affaccia alla porta ma non va oltre. Si siede sulle seggioline blu di plastica e non si muove. Sembra quasi una statua.
 
Mentre io e Joseph stiamo parlando, mi suona il telefono.
“Pronto?"
"Ciao Mel!! Sono Elizabeth."
E ora che era successo di tanto grave da fare in modo che la mamma di Audrey mi chiamasse?
"Dimmi tutto, che succede?"
"Devi venire subito in ospedale! Audrey si sta risvegliando. Cerca di fare il prima possibile d'accordo?! Matthew lo avviso io, agli altri ci devi pensare tu però!"
"Okay, cinque minuti e sono lì. Ciao!"
 
Ho chiuso la chiamata e ho praticamente urlato a Joseph di portarmi in ospedale. Durante il breve viaggio ho fatto tremila chiamate lampo.
Speravo solo che non fosse un falso allarme.
 
Sono entrata praticamente correndo e mi sono precipitata nella sua stanza. Appena sono entrata mi sono trovata davanti uno spettacolo che non mi sarei mai aspettata: Audrey, la mia Audrey, era an ora sdraiata ma sorrideva con gli occhi mezzi chiusi e con l'aria di chi non sa cosa sia successo.
 
Mi sono precipitata ad abbracciarla.
"Ehi, fai piano. Devo ancora riprendere le mie funzioni vitali. E non piangere che poi diventi tutta rossa e sei brutta."
"Sei proprio la solita!"
 
 
(Audrey)
Apro gli occhi dopo quella che mi sembra un'eternità ma non sono a casa di Adam, bensì in una stanza con le pareti bianche asettiche e altri tre letti, uno di fianco al mio e gli altri due di fronte.
Sono in un ospedale.
 
Alzo leggermente la testa per scoprire di non riuscire a tirarla su. Una voce familiare mi giunge all'orecchio: mia mamma.
"... Matthew lo avviso io, agli altri ci devi pensare tu però!"
"Mamma?"
"AMORE MIO! Come stai? Hai bisogno di qualcosa?"
 
Mi ha stretto tra le braccia e ha cominciato a piangere. Una valle di lacrime, letteralmente.
Odio quando la gente piange per me o per qualcosa che ho fatto. Mi sento quasi colpevole del loro dolore e non so cosa fare per alleggerire il peso di questa responsabilità. E poi, non riesco a farmi carico nemmeno del mio di dolore, figuriamoci quello degli altri.
 
"Mamma, non sono morta, sto bene. Mi sento un po' rincoglionita, ho fame e ho sete. Ma per il resto sto bene".
"Per il rincoglionita non posso aiutarti e nemmeno per la fame e la sete. Sai, devi riprenderti prima di poter mangiare del cibo solito."
"Uhm... Okay. Con chi stavi parlando al telefono?"
"Con Mel. Appena hai cominciato a dare segni di vita l'ho chiamata, dovrebbe arrivare a momenti."
"Okay. E Matthew? Come sta?"
"L'ho visto solo due o tre volte ed era distrutto. Ma sono sicura che appena vedrà che sei in forma si riprenderà tutto d'un botto."
 
E sono a due persone che stanno male per me. Mel di sicuro sarà una valle di lacrime peggio di quella piattola di mia mamma.
 
"Ma cosa è successo? Perché mi trovo ospedale?"
"Mel, Joseph, Adam e Tyler mi hanno raccontato che stavi rientrando a casa e per non disturbarli (penso) stavi salendo le scale di soppiatto... E sei caduta. Sei stata due settimane in coma. E ora eccoti qua!" Ha fatto un sorriso malinconico.
"Mamma? Sto bene. Davvero. Non importa cosa è successo o quanto sono stata sdraiata qua, l'importante è che ora sto bene."
Mi ha ricominciato a stringere in un abbraccio agricola budella ma questa volta non mi sono opposta. In fondo, non ne avevo la forza.
 
 
Dopo qualche giorno comincio a rimettermi. Vengono a trovarmi tutti, da Ryan a Brandon a Sarah e Grace che ho visto veramente poco da quando esco insieme a Matthew (che, per la cronaca, mi viene a rovere tutti i giorni con una storia o un regalo diverso, nonostante io gliding che non c'è n'è bisogno.)
È così strano ma anche terribilmente noioso stare in questo ospedale senza aver nulla da fare. Mia mamma di siede perennemente vicino a me  o nelle immediate vicinanze.
 
I dottori mi dicono che mi rimetterò prima che me ne renda conto ma io ho sempre una brutta sensazione alla bocca dello stomaco e mi formicolano le punte delle dita, proprio come quando so che succederà qualcosa di poco piacevole.
Non voglio stare male, io odio stare male, ma so che appena me ne tornerò a Pittsford e tornerò alla mia noiosa vita quotidiana starò male perché tutto ciò mi mancherà, anche quello che per colpa di questa caduta di mera mi sono persa.
 
Ho già convinto la mamma a mandarmi qua qualche giorno appena avrò delle vacanze da scuola  perché voglio finire di visitare questa città e prima o poi, oh, si, ce la farò.
 
 
 
Sono in un prato, di notte, e sto guardando le stelle, pur non conoscendo nessuna costellazione. Di fianco ho una persona, ma non è viva, è come una specie di fantasma.
Giro la testa verso di lui/lei ma  non riesco a vedere la sua faccia. So che è morto e so anche che è qualcuno a cui voglio bene, ma non riesco a capire chi è.
 
Mi sveglio di soprassalto nel letto dell'ospedale, tremando. Le luci del corridoio sono sempre le stesse ma vicino a me adesso non c'è mia mamma, ma Matthew, che dorme con la testa appoggiata al mio letto. Gli accarezzo la testa e gli stampo un bacio.
 
 
In questi giorni mi sono dedicata al disegno. Ho fatto un disegno per ognuno dei miei amici, con dietro una dedica speciale e che gli consegnerò prima di andarmene. L'unico a cui proprio non voglio dire 'Addio' è Matthew, a cui non riesco nemmeno a fargli un disegno.  Fa troppo male vederlo arrivare tutti i giorni con qualcosa di nuovo, con un pacchetto regalo o un mazzo di fiori, sempre più contento che io stia guarendo, sapendo che tra pochissimo ci dovremo dire 'Ciao’.
 
 
Sapevo che questo momento sarebbe arrivato, quello in cui ci dobbiamo salutare. Ovviamente non me ne sto ancora andando, ma tra pochi giorni dovrò farlo. Sono stata dimessa dall’ospedale, anche se avrò ancora da fare molti controlli appena arriverò a casa. Ma a questo posso anche abituarmici.
A quello che non mi abituerò è invece il fatto che non potrò più vedere Matthew per chissà quanto tempo e ho deciso che non voglio che venga in stazione a salutarmi e a piangere, perché io perlomeno piangerò. Quindi penso che gli dirò che resterò ancora un po’, gli darò appuntamento però io non ci sarò. So che può sembrare una cosa troppo cattiva, ma io davvero non riesco a dirgli arrivederci (che nel mio caso, forse, si trasformerebbe in un addio).
 
Il giorno in cui devo andarmene faccio promettere ad Adam di non dire niente a Matthew finché non verrà a prendermi la sera dopo. Non voglio che lo sappia prima che io sia salita su quel treno e sia già abbastanza lontana.
Gli lascio una lettera da consegnare a Matthew, in cui gli spiego tutto quello che ho in testa adesso. Spero solo di non starci troppo male.
 
Adam ci accompagna alla stazione e lo abbraccio forte forte perché so che non lo rivedrò per un bel pezzo. Mel, ovviamente, è già tornata a casa.
 
“Promettimi di non fare troppe porcate con quei cazzoni dei nostri amici!”
“Sempre la solita finezza, mi dicono. Mi mancherai ciccina…”
“Anche tu mi mancherai stronzone.” Altro abbraccio.
“Mi fai un favore Audrey?”
“Dimmi tutto ciccio.”
“Mi saluti Tyler? Lui è partito insieme a Mel, ma mi manca.”
“Se riesco a prenderlo da parte in un momento in cui non ci vede nessuno, volentieri. In fondo, non è così male come credevo. E non avete fatto nemmeno troppo i piccioncini davanti a me, quindi non siete una di quelle coppie che si divertono a sbandierare il loro amore. Sarà fatto capo!”
“Sei la migliore amica del mondo!” Altro abbraccio. Non ne posso più di abbracci.
“Okay, ora basta abbracci o potrei anche piangere. Ciao bello, ci sentiamo appena arrivo! Ti voglio bene!!”
“Anche io ti voglio beneee”
 
Salgo sul treno e mi piazzo vicino al finestrino, per vedere i grattacieli scomparire dalla mia vista; mi mancherà questo posto. 

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Capitolo 9
*** Lonely ***


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(9)
LONELY
 
Le settimane passano veloci, troppo veloci perché io me ne renda conto. Il ritmo è ritornato lo stesso di prima dell’estate, anche se ho un buco al posto del cuore in più. Lo so che forse era solo una storia estiva, ma a me Matthew piace davvero. Forse ci rivedremo, prima o poi, ma non ci siamo più sentiti. Sospetto che si sia incazzato perché non l’ho salutato come dovevo.
 
Continuo a pensarlo, anche se ormai tutto quello che mi rimane sono solo alcune fotografie che abbiamo scattato a New York.
 
Le ho stampate, tutte, e ho tappezzato la camera: ormai non c’è un pezzo di muro non coperto da una foto.
 
(Matthew, un mese prima)
 
Sono felice.
 
Sono il ragazzo più felice del mondo con la ragazza più bella del mondo in giro per la città più fantastica del mondo.
 
So che tra poco dovrà tornare, ma mi ha assicurato che sarà tra qualche giorno. Non voglio lasciarla, lasciare andare una parte di me a centinaia di chilometri da me, non voglio lasciare andare il suo profumo che mi invade ogni volta che la abbraccio.
 
So che io sono un po’ più maturo di lei, nonostante abbiamo solo 4 anni di differenza. So che forse lei tra un mese mi dimenticherà, mentre io cerco l’amore quello vero, però non so perché ma lei sembra quella giusta, quella con cui posso davvero intraprendere una storia seria.
 
Le stringo forte la mano e continuiamo a passeggiare, la abbraccio, la bacio per farmi rimanere ben impressi quei momenti speciali e irripetibili.
 
Penso di amarla.
 
 
Sono fuori casa di Adam, con un bellissimo mazzo di tulipani bianchi che mandano un profumo bellissimo. Salgo i due gradini e suono al campanello. Indietreggio un pochino e mi sistemo i pantaloncini. Mi viene ad aprire Adam che ha una faccia velata da una nebbiolina di tristezza. Non ho voglia di indagare, perché sono troppo contento.
 
“Ehi A, sono venuto a prendere la magnifica ragazza che abita momentaneamente da te!”
 
“Ascolta, Matt, vieni di la in salotto che devo parlarti di alcune cose.”
 
L’ho seguito in salotto con aria un po’ sperduta. In mano ha una lettera.
 
“Come già sai, Audrey in questi giorni sarebbe dovuta tornare a Pittsford, perché è lì che lei abita, giusto?”
 
“Si, e quindi..?”
 
“Beh, non mi ha spiegato bene il motivo, ma lei è diciamo… saltata su un treno e tornata a casa. Ieri sera.” 
 
“Ma…come? Lei mi aveva detto che ci saremmo visti oggi… AUDREY? DOVE SEI? SO CHE E’ UNO SCHERZO STUPIDO DEL TUO AMICO ADAM, MA ADESSO VIENI FUORI. NON HO VOGLIA DI GIOCARE!”
 
Corro su per le scale e spalanco la porta di quella che era la sua stanza. Vuota. Immacolata. Non sembrava nemmeno che qualcuno ci avesse vissuto per più di due mesi.
 
Ho aperto di botto tutte le altre porte per vedere dove si era nascosta quella burlona della mia ragazza.
 
“AUDREY, DAI, NON HO VOGLIA DI GIOCARE. VIENI FUORI!”
 
“Matt, torna giù che non ho finito.”
 
Sono corso di giù e mi sono seduto di nuovo di fronte ad Adam, che ora mi porgeva la lettera.
 
“Audrey mi ha chiesto di dartela non appena saresti venuto qui a prenderla. Non so cosa ci sia scritto sopra, mi ha solo detto che c’è scritto la motivazione per cui lei ha deciso di agire così. Ti prego di leggerla attentamente e di non fare cazzate. Anzi, facciamo così. Aprila qui, leggila ad alta voce anche per me.”
 
“Okay.” Prendo la busta, la giro e noto la sua calligrafia un po’ cicciotta ma bellissima. La apro e spiegazzo i fogli. Comincio a leggere col cervello che non capisce più niente.
 

Amore mio,

 
so che quando starai leggendo questa lettera forse io sarò già a casa mia e tu forse sarai sconvolto da quello che è appena successo: stai calmo che andrà tutto bene.
 
Per prima cosa, scusami se sono scomparsa così, senza dirti niente. Promettimi che non farai cazzate e che non darai di matto.
 
Per seconda cosa, ti devo un bel po’ di spiegazioni. Beh, ad essere sincera non è molto difficile né lunga. Non sono mai stata brava con gli addii, e so che questo sarebbe diventato un addio, e non volevo che io né tantomeno tu stessimo male per questa separazione. Voglio ricordarmi di te sorridente e bellissimo, proprio come ieri, quando ci siamo visti per l’ultima volta.
 
Perdonami ancora, e ricordati che… beh, che ti amo.
 
Lo so che è una parola grossissima, ma sono sicura che questo sentimento è amore.
 
Sempre tua,
 
Audrey ♡
 
Non potevo crederci. Se ne era andata. Senza dirmi niente.
 
Una fitta al cuore, di quelle che fanno un male cane. Una lacrima mi scende lungo la guancia.
 
“So che fa male, ma devi capire che sei la prima persona a cui dice ‘Ti amo’.”
 
“E tu, come fai a saperlo?”
 
“Diciamo che sono il suo migliore amico da tipo una vita e se avesse amato qualcuno così intensamente come ama te, fidati, l’avrei saputo.”
 
“E che mi dici di Tyler? Mi ha raccontato che è dalle medie che gli andava dietro.”
 
“Infatuazione. Secondo me sbavava di più dietro all’idea di Tyler che a Tyler stesso, perché se l’avesse visto, forse si sarebbe accorta di tutto prima ancora di venire qua.”
 
“Mh… ma perché mi ha abbandonato?”
 
“EHI, SVEGLIA! Ma con chi sto parlando io? Ha paura. Non l’hai capito? Sei la prima persona con cui prova queste emozioni così forti. Ha paura.”
 
“Ma io l’ho sempre trattata bene, per me è una principessa. Io la amo Adam. La amo da impazzire.”
“Lo so, Matt, lo so. Ma devi capire che per lei è tutto nuovo. Cerca di farle capire che la ami, la ami talmente tanto che faresti pazzie per lei. Forse così le passerà un po’ di paura.”
 
“Ci sono. Andrò da lei a Pittsford e le parlerò. Però prima devo trovarmi un lavoro, anche del cazzo, perché se no con la minchia che riuscirò a trovare i soldi per andare la e trovare anche un posto dove stare.”
 
“Questa è una buonissima idea! Cerca solo di non farmela morire di infarto quando le comparirai davanti agli occhi! Quanto vorrei che Tyler facesse qualcosa del genere…. Ma per ora io sono ancora un segreto per chiunque abiti fuori da New York. Ad eccetto di Audrey e Mel, ovviamente.”
 
“Vuoi che faccia qualcosa al riguardo? Tipo, che so, fargli coraggio come tu lo hai fatto con me?”
 
“Non so se sarà così facile, ma se vuoi provarci… “
 
“Grazie A, sei proprio un vero amico!”
 
“Grazie a te!”
 
Lo abbraccio senza paura, perché è il miglior ragazzo gay di tutto il mondo.
 
 
Faccio l’imbianchino. È un lavoro stupido, lo so, ma lo faccio solo per trovare i soldi per andare a stare un po’ nella piccola Pittsford.
 
Passo la mattina in università, mentre i pomeriggi li passo a pitturare case e la sera studio.
 
Non esco più, ma non mi interessa. Voglio guadagnare il più possibile. Voglio essere preparato per ogni genere di cosa.
 
Lavoro e studio. Studio e lavoro.
 
Non avevo mai fatto niente di ciò, soprattutto per una ragazza. Ma io la amo, ormai l’ho capito. Quindi posso rinunciare a tutto pur di rivederla e farle capire che io non potrei mai lasciarmela scappare.
 
Okay, forse sto diventando un po’ sdolcinato, ma fa niente.
 
Non voglio scriverle, voglio che quando comparirò sulla soglia della sua porta lei rimanga totalmente stupita.
 
Non voglio che magari sentendola scopra qualcosa.
 
(Audrey)
 
Mi sono rassegnata. Matthew non tornerà. Era solo una cosa estiva, quindi devo andare avanti.
 
Non si è nemmeno degnato di una chiamata, di un sms. Niente. Quindi cercherò di andare avanti perché a stare male non fa molto bene.
 
Mamma mi ha fatto cominciare il corso di disegno. Da quando sono stata male è molto più permissiva di prima, anche se ancora mi da dei paletti che secondo me sono inutili. Ma meglio procedere passo per passo.
 
Il corso devo dire che è fantastico. L’insegnante è una ragazza molto giovane che con una matita in mano sa fare miracoli. I miei compagni hanno varie età, che vanno dai 14 ai 20 anni, tutti molto diversi tra di loro ma comunque simpaticissimi.
 
C’è Felicia, la nostra ragazza-vintage. È sempre vestita con vestiti a fiori e grossi cappelli in testa, mette poco trucco ed è dolcissima. Una ragazza di altri tempi proprio.
 
Ci sono i gemelli James e Jamie,i più piccoli. Hanno 14 anni e sono completamente diversi. James ha un’aria tutta curata e composta e dolce. Jamie è un maschiaccio dalla testa ai piedi. Ama il calcio e odia disegnare, ma è costretta a venire perché la madre dipingeva, quindi ora si sentono obbligati a disegnare anche loro.
 
C’è Morgan, un ragazzo un bel po' dark che disegna e colora sempre con il nero. Forse un giorno scoprirà la magia degli altri colori, ma non è questo il giorno.
 
Degli altri non ricordo i nomi, il che significa che per me sono abbastanza invisibili.
 
Mi tengo sempre impegnata per non pensare a Matthew. Mi manca come l'aria, e ogni volta che ci penso mi sento smorzare il fiato e mi sento affogare.
 
La notte lo sogno, di giorno ignoro l'allarme che mi suona nel cervello.
 
Non so se lo rivedrò, ma da come stanno le cose spero proprio di no.
 
(Adam)
 
Spero che Matthew ce la faccia a rendere felice Audrey. Non lo vedo più in giro, nemmeno al bar. Anche gli altri si sono accorti che manca ma non c'è verso di farlo uscire di casa. Si è imposto di dover guadagnare dei soldi e di studiare per poi poter andare a Pittsford.
 
In una delle poche chiamate a cui ha riposto mi ha detto che non vuole chiamarla o sentirla perché ha paura che capisca qualcosa, anche se secondo me è sbagliato. Conosco bene Audrey e so che quando si vedrà davanti Matthew potrebbe non rimanerci benissimo.
 
Decido di chiamarla e di dirle che manca tanto a Matthew, senza ovviamente dirle della sorpresa.
 
《Ehy bambolina! Come stai?》
 
《Impegnata, ma bene.》
 
《Sicura?》
 
《Beh.... No.》
 
《Racconta tutto a zio Adam》
 
《Mi manca Matthew. Non si è più fatto sentire e non so perché. Oddio, lo so perché, però quando ha letto la lettera poteva almeno scrivermi.》
 
《Beh, non è che te ne sei andata nei migliori dei modi...》
 
《È per questo che se mi fermo e ci penso sto da cani: perché so che è tutta colpa mia!》
 
《ehi, non è vero che è tutta colpa tua. Fidati di me, gli manchi da star male. Pensa che non esce più di casa per te, quindi non è che proprio non gliene frega niente. 》
 
《Allora perché non me l’ha mai detto? Mai un messaggio, una chiamata, un piccione viaggiatore? Niente di niente?》
 
《Perché lui è spaventato tanto quanto te dei suoi sentimenti, dei tuoi sentimenti. 》
 
《Io non sono spaventata.》
 
《Sì che lo sei. Forse non te ne accorgi, ma lo sei. Eccome se lo sei》
 
《Mh… forse hai ragione… però che ci posso fare? Non posso aspettarlo per sempre. 》
 
《Non ti chiedo di aspettare per sempre. Ti chiedo solo di aspettare ancora qualche settimana. Al massimo. Poi potrai ricominciare a vivere la tua vita. Un'altro ragazzo (non Tyler, ovviamente. Lui non si tocca) e magari ti dimenticherai di Matthew. Ma per favore, aspetta prima di fare scelte di cui potresti pentiti. 》
 
《Mh, okay, ma lo faccio solo per te. Fai di non sbagliarti o vengo a New York e ti ammazzo. Giuro》. 
 
《Ecco, fai la brava. Ora passo e chiudo che ho delle cose da fare chiamati compiti a casa... Purtroppo. Ci sentiamo bambolina, ti voglio bene!》
 
《Ciao Adamuccio, ti voglio bene anche io》
 
Ho adempiuto al mio compito infimo di aiutare Matt. Speriamo solo che riesca a rendere felice Audrey. 

 
 
ANGOLO DELL'AUTORE! 
 
HI PEOPLE, I'M BACK! 💜💜
 
Lo so, non vi sono mancata per niente, ma fa niente! 
 
Sono secoli che non salgo su EFP, e ci sono salita non so bene il perché. 
 
Ho scritto questo capitolo in due momenti diversi. Ho cominciato intorno alla metà di giugno, e poi me ne sono quasi dimenticata (la mia costanza fa paura, lo so 😏) e l'ho finito praticamente adesso. 
 
Spero vi piaccia, se no pace e amen ahahah 💜
 
Vi voglio bene, 
 
E♡
 

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Capitolo 10
*** Caccia all'Anonimo. ***


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(10)
CACCIA ALL’ANONIMO

(Mel)
Ormai siamo a novembre, anche se sembra che il mondo di New York sia stato lontano anni luce. So che Joseph dovrebbe mancarmi da morire, ma in realtà non ci penso troppo. Insomma, andiamo, una relazione estiva non la considero niente di eccezionale.

Per Audrey non vale lo stesso discorso evidentemente. So che sono cattiva a dirlo, ma non so se può essere amore. Non glielo dico perché si ede che cerca di non pensarci molto.
Matt le manca, anche se è stata molto crudele a lasciarlo così. So che l'ha fatto per il suo bene e per il bene di Matthew, ma non sono d'accordo con lei.
La vedo molto di meno, lei è impegnata con il suo corso di disegno, io ho ricominciato teatro e i miei codsi di lingua. Ci vediamo da Luke's (il bar all'angolo) quando possiamo, e sta capitando sempre di meno.
Spero solo che sia un periodo così, che non duri tanto.

(Matthew)
Sono finalmente pronto. Ho messo da parte più soldi che potevo, ho fatto qualche esame in più all'università e ho prenotato treno e albergo.
Sono pronto.


Quando arrivo a Pittsford trovo Tyler alla stazione. Mi accompagnerà lui all'hotel e alla sera mi porterà da Audrey.

《TYYYLEER!》
《MATT!》
《Tutto bene?》
《Sì, come è andato il viaggio?》
《Bene bene. Allora, questa è la famosa Pittsford. Non è molto grande eh? AHAH》
《No, ma non mi lamento. Ascolta, avrei un'idea geniale.》
《Dimmi tutto babee》
《Allora, dato che non pioi presentarti a casa di Audrey così, perché potresti trovarla il pigiama. Quindi pensavo: scrivile un biglietto, vai a casa sua, infili il biglietto anonimo sotto la porta e poi te ne vai. Le dai appuntamento da qualche parte, sperando che venga.》
《 E se non viene? E se capisce che sono io?》
《Stai tranquillo, la conosco meglio delle mie tasche. Verrà al 90%》
《Okay, però mi devi aiutare》
《Okay, andata》


Prima di andare all'hotel facciamo qualche tappa: andiamo a prendere carta, pennarelli, penne, fiori, dolcetti. Insomma tutte cose essenziali.
Ci riteniamo nella camera 305 e prepariamo una specie di caccia al tesoro, tanto per rendere le cose più interessanti.
Verso il tardo pomeriggio ci spargiamo per la città e posizioniamo i vari indizi. Poi mi dirigo da solo verso casa di Audrey e le lascio il primo biglietto sotto la porta. Sono il campanello e corro via. Mi nascondo dietro il muretto e guardo cosa succede.
Lei apre la porta, è bellissima, e prende il biglietto. Lo legge lentamente, rientra in casa e io comincio a pregare.

(Audrey)
Qualcuno suona alla porta. Vado io perché mamma non è in casa. Apro e non c'è nessuno, però per terra noto un biglietto. Lo raccolgo e comincio a leggerlo.

Cara Audrey,
Non sai chi sono, ma io so bene chi sei. Non cercare di scoprire chi sono, tanto lo scoprirai presto da te.
Segui queste indicazioni e fatti trovare da Luke's alle 21 vestita elegante.
Ti aspetto,
Anonimo.


Sorrido, ma no so perché. Questo Anonimo deve essere per forza qualcuno che mi conosce bene, perché io sono curiosa fino al midollo e sa che ci andrò sicuramente.
Rientro in casa e dato che sono già le 17, vado a farmi una doccia che dura un’ora, perché ho bisogno di pensare e di rilassarmi.
Trovo un vestito non troppo volgare ma nemmeno troppo austero: insomma, il giusto. Mi metto le ballerine, perché non sopporto tenere addosso i tacchi per più di cinque minuti.
Mi guardo allo specchio una cosa come tremila volte e ancora non sono soddisfatta. Anche dopo essermi truccata e pettinata sono sicura che mi manca qualcosa.
Aggiungo gli accessori, ma continuo a non essere completamente contenta di me. Vabbè, ormai ci rinuncio: succede così ogni volta che devo uscire, quindi faccio meglio a prendere la borsa e la giacca e uscire di casa.
Ho detto tutto a mamma e mi ha detto di chiamarla per qualsiasi motivo.

Mi incammino verso Luke’s e, pur non essendo troppo lontano da casa mia, cerco di non affrettarmi. Chiunque sia questo Anonimo, non voglio che pensi che sia impaziente. Okay, lo sono un bel po’, ma devo dare l’idea di una ragazza pacata e tranquilla.

Il cielo è limpido e le stelle stanno cominciando a fare il loro ingresso nella notte. I lampioni si accendono uno dopo l’altro e stranamente mi sento tranquilla e serena. Questa serata servirà a distrarmi dai ricordi che ogni sera mi tormentano fino al sonno.

Arrivata fuori da Luke’s ricontrollo il biglietto per un’ultima volta, e mi accorgo che la calligrafia non mi è nuova, ma non mi viene in mente dove la potrei aver già vista.
Lo infilo nella borsetta e entro nel locale, anche se fuori il cartello “Chiuso” è messo in bella vista.
La prima cosa che noto entrando è che tutte le luci sono spente a parte quella sul bancone, come se stesse illuminando qualcosa.
Camminando in punta di piedi mi avvicino al bancone e vedo un altro bigliettino appoggiato sopra, in bella vista. Mi sento molto come nei film horror che non mi spaventano più di tanto, anche se adesso la paura si sta facendo largo dentro di me.
Raccolgo la busta e mi accorgo che è indirizzata a me. Appoggio la borsetta sul bancone e apro con foga la busta, speranzosa di potermene andare presto da quel posto.

Se stai leggendo questo biglietto, significa che sei arrivata alla prima tappa. Ed è proprio qua che ha inizio la nostra caccia al tesoro, in cui il tesoro sarò ovviamente io. Se risolverai correttamente questi indovinelli arriverai presto alla meta.

Primo indizio:
è il posto più odiato da noi adolescenti, ma anche il luogo dove incontriamo le persone migliori. Di cosa sto parlando?

Buona ricerca,
Anonimo.


Mh.. cos’è che odiamo noi adolescenti?
Ma certo! La scuola!

Metto via il biglietto e mi dirigo quasi correndo verso la scuola. Ora non me ne frega più niente di sembrare impaziente, devo trovare i biglietti, finire questa dolcissima stupidaggine per poter finalmente scoprire chi è questo ammiratore.

Arrivata davanti alla scuola cerco qualche segnale che possa indicarmi dove cercare. Il primo posto dove mi viene in mente di guardare è l’entrata principale, anche se è molto scontato. Controllo in ogni angolo ma non trovo niente. Mi giro pensando a dove possa essere e guardo che sotto un lampione acceso c’è un biglietto piegato attaccato con lo scotch.
Corro follemente verso quel bigliettino e lo strappo dal palo. Lo apro con una fretta manco ci fosse in palio un milione di dollari.

Brava, hai avuto l’intuizione giusta.
Ora, corri, corri piccola Audrey, verso il posto in cui tutto il tuo mondo si esprime tra colori e immaginazione.
Anonimo.


Cazzo, questa è difficile.
“Il posto in cui tutto il mio mondo si esprime tra colori e immaginazione”. Mi ripeto queste parole all’infinito, fino quasi a deformarle, a togliere loro il senso che hanno.
Quando la mia speranza comincia a svanire e la tristezza prende comando su di me, rileggo l’indizio per l’ennesima volta.
“…si esprime tra colori e immaginazione.”
Ma come ho fatto a non pensarci prima?! La scuola di disegno!

Felice più che mai mi rimetto a correre a perdifiato verso la mia scuola di disegno.
Corro fino a perdere il fiato e penso che questo Anonimo avesse ragione a dire “Corri, corri”. Quando arrivo, trovo subito il biglietto (banale: sopra la porta d’ingresso).

Ci sei quasi, piccola Audrey.
Questo è l’ultimo indizio: decifralo e avrai vinto.
Respira piano piano e pensa ad un posto in cui, anche di notte, risuonano di grida allegre di bambini.
A tra poco,
Anonimo.


Mh… il parco!
Fortunatamente ce n’è uno solo in cui potrebbe essere questo misterioso ammiratore: noi lo chiamano il Parco degli Innamorati, e si trova a pochi passi dalla mia scuola di disegno. Quando sono a lezione, se mi affaccio, si possono vedere le coppiette tenersi per mano e passeggiare.

Faccio un respiro profondo, passando dal rosso pomodoro al rosa normale, e mi incammino. Mi specchio nel cellulare e cerco di sistemarmi. Non sembro tanto sconvolta per la corsa che ho fatto.

Quando arrivo, lo spettacolo che mi aspetta è da togliere il fiato: sopra ogni albero centinaia di lucine bianche illuminano un tavolo imbandito. Mi avvicino, scoprendo di essere sola. La curiosità mi sta uccidendo, ma decido di sedermi. Sopra il mio piatto, vicino al tovagliolo, trovo un altro piccolo bigliettino.

Girati.


Una semplice parola, un ordine.
Mi giro lentamente e vedo arrivare una persona coperta da un mazzo enorme di gigli bianchi, profumatissimi, tanto che l’odore arriva fino alle mie narici, mischiandosi dolcemente con il profumo del cibo che non ho idea da dove provenga.
Smoking nero, scarpe eleganti.

《Fatti vedere, Anonimo! 》

Senza farselo ripetere due volte, il mazzo di fiori lascia il posto ad un volto che conosco fin troppo bene. Il mio sorriso che fino a qualche istante fa mi illuminava la faccia scompare in un’espressione tra il disgustato e l’incazzato.

《Matthew…》


ANGOLO DELL’AUTORE:
Hii peoplee!
Come va la vita?

Oggi mi sento carica, quindi parto subito con il commentare il capitolo.
Non chiedetemi da dove mi sia venuta bene l’ispirazione della caccia al tesoro, forse perché vorrei che anche il mio ragazzo lo facesse… *sigh*
Questo capitolo si incentra molto sulla coppia Maudrey (Matthew e Audrey. Non so da dove sia uscito). So che il finale non era proprio a sorpresa ma non mi è venuto in mente di meglio *si inchina in segno di scuse*

Allora, dato che non ho aggiornato per tre mesi, posto subito questo capitolo a soli 5 giorni di distanza dall’altro, per farmi perdonare. Poi ho preso una decisione (di cui molto probabilmente mi pentirò): ho deciso che (scuola permettendo ovviamente) voglio aggiornare una volta a settimana.
Non so ancora quanti capitoli durerà (tanto lo so che sto facendo un soliloquio, ma okay AHAHAH)

Okay, angolo dell’autore troppo lungo.

SCAPPO A STUDIARE SCIENZE,
AL PROSSIMO CHAPTER.
UN BACIO IMMENSO.
E.

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Capitolo 11
*** Il risveglio. ***


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(11)
IL RISVEGLIO
 
Driiiiin.
Il telefono suona ormai ininterrottamente da un quarto d’ora, e io continuo ininterrottamente ad ignorarlo. Le lacrime mi scendono dalle guance, anche se non so di preciso se per la gioia, per il dolore o per la rabbia. O forse sono tutte e tre messe insieme.
Fortuna che mamma non è in casa o mi avrebbe ammazzato per il telefono e mi avrebbe cominciato a fare il quarto grado sul come, dove, quando e perché e, dato che non ho nemmeno la forza di emettere un lamento, mi va bene così.
 
Ho mille domande che mi frullano nella testa da quando, alla vista di Matthew, ho raccolto giacca e borsa e me ne sono andata via. Non riuscivo a sopportare la sua vista.
So che dovrei essere felice e forse sarei dovuta rimanere là per poter fargli spiegare, forse l’ha fatto nelle migliori delle intenzioni.
 
Dopo ore di sonno che sembrano solo pochi minuti, mi sveglia una carezza. Quando apro gli occhi trovo sia Mel che Tyler. Tyler sta appollaiato sul davanzale di camera mia. Ha un’aria vagamente persa e io forse più di lui: se fino a qualche mese fa per me lui era il mio sogno irraggiungibile che stava insieme ad una bisbetica bionda stupida di nome Scarlett, adesso lo vedo come una persona estremamente insoddisfatta della propria vita. Forse dovrei imparare a conoscerlo meglio. Non ci ho mai provato in realtà, in lui vedevo solo il bello e il figo della scuola che lui voleva che tutti vedessero, quando forse invece voleva solo che qualcuno lo capisse.
 
«Mi dispiace…» sussurro tra i denti, mentre cerco di non ricominciare a piangere.
Mel mi guarda con sguardo interrogativo, smettendo di accarezzarmi.
 
(Tyler)
Questa domenica si annuncia un disastro assicurato. Adam mi aveva avvisato che stava arrivando Matthew, e che avrei dovuto accoglierlo in questa piccola cittadina. Mi aveva detto anche la sua idea, che io approvavo pienamente e che ho proposto a Matthew. Forse dovevo aspettarmi anche la reazione di Audrey.
 
Mel mi chiama e mi dice di raggiungerla: Audrey le aveva mandato un messaggio chiedendole se potevano vedersi e quando lei è andata da Audrey si è trovata davanti una ragazza spezzata. So cosa significa, essere spezzati, ma ho imparato anche come tirarmi su.
 
Appena arrivo a casa di Audrey, mi apre sua madre.
 
«Salve signora, sono Tyler, un amico di Audrey e Mel.»
Non riesco a decifrare il suo sguardo, ma sembra che indugi su di me.
«MEEL, PUOI SCENDERE UN MINUTO?»
Vedo apparire Mel dalle scale, con i capelli raccolti e una strana tuta deformata che non la descrive proprio per niente.
«Lo conosci?»
«Sì, forse farebbe bene per Audrey vederlo. Non stiamo disturbando vero?»
«No, figurati tesoro. Sono solo preoccupata per Audrey. Entra pure, segui Mel.»
 
In questo preciso istante mi rendo conto di quanto siano fortunate Audrey e Mel. Io non so cosa ci faccio qui, non ho nessuno, loro non mi conoscono. So che Audrey era cotta di me da mesi ormai, me l’ha detto Adam, ma non ha mai visto niente oltre il giocatore di football che sono. Nessuno mi conosce così a fondo, solo Adam. E Mel ci sta provando, penso più per far piacere ad Adam che per me stesso.
 
Non sono mai stato un ragazzo veramente interessante. Vivo in una famiglia abbastanza ordinaria, anche se mio padre è un po’ all’antica. Secondo lui le cose andrebbero fatte secondo le tradizioni: uomo e donna, vicini, si amano, si amano e fanno figli. Stop.
Ogni volta che devo portare Scarlett a cena mi sale il magone e vorrei solo poter stare nelle braccia di Adam, ma ovviamente lui adesso sta a New York e anche se fosse qua dubito che riuscirebbe a fare qualcosa. Siamo sempre stati costretti a nasconderci, a trovare ogni volta un posto diverso dove dovevamo solo stare attenti a chi passava e cosa guardava.
 
La prima volta che mi sono sentito veramente libero di poter fare quello che volevo è stato a New York. Le cose che meglio ricordo sono le lunghe passeggiate per i sentieri di Central Park mano per mano, senza paura, senza nascondigli e appuntamenti segreti.
 
Ho scoperto di essere quello che sono qualche anno fa, all’incirca verso la terza media. Quando tutti i miei compagni vedevano una bella ragazza in giro o su qualche giornale a me non faceva nessun effetto, ma sapevo che era in qualche modo sbagliato e quindi fingevo. Ho passato una vita a fingere di guardare una ragazza mentre invece vedevo i ragazzi che magari le passavano dietro.
Ogni volta, ogni volta che ero costretto a fingere, per me, per i miei amici, per la mia famiglia, mi sentivo talmente male che dovevo nascondermi nel primo bagno che trovavo, sfogarmi di solito con le lacrime e poi tornare indietro come se nulla fosse successo.
 
In parte sono contento che adesso ci siano anche Mel e Audrey, perché ho capito che non sono sbagliato, che sono una persona come le altre. Non hanno paura di vedermi baciare Adam, o di vederci mano per mano. Un paio di volte ho persino beccato Audrey guardarci con aria quasi estasiata, come se ci invidiasse.
 
 
Intanto che tutta questa malinconia mi investe come l’onda di uno tsunami, arrivo in camera di Audrey. Ancora vestita da sera, con il trucco appena sbavato e una faccia distrutta, lei sta dormendo buttata sul letto, con una coperta che le copre le parti più scoperte del suo corpo.
Guardandola mi viene in mente solo la parola fragilità. La fragilità di una persona che ha paura ma allo stesso tempo è felice. Forse sta proprio nella sua felicità la sua paura.
 
Mi dirigo direttamente verso la finestra, dove i primi raggi di sole entrano e mi illuminano il viso. Guardo delle signore passare, delle auto che, anonime, attraversano la strada. Osservo le foglie che cadono piano piano una dopo l’altra.
 
Il tempo sembra lento e molle ma allo stesso tempo anche veloce e inafferrabile,  potrei essere qua da un minuto come potrei essere qua da ore. Sta di fatto che, dopo un po’, Audrey si sveglia. Con aria persa, guarda Mel per decisamente troppo poco tempo considerando che sono migliori amiche. Poi, inaspettatamente, si gira verso di me e mi guarda quel tanto che basta che, se non fossimo in questa situazione, avrei pensato di avere qualche strano mostro sulla faccia.
Sbiascica le parole «Mi dispiace…» e poi la vedo stringere i denti, premendo la faccia contro il cuscino nel tentativo forse di non ricominciare a piangere.
 
Quelle due semplici parole mi lasciano perplesso e senza parole, perciò decido di scendere dal davanzale e avvicinarmi. Le poggio una mano sulla testa e comincio ad accarezzarla, mentre Mel prende il mio posto sul davanzale.
 
(Mel)
Chiudo gli occhi trenta secondi e poi li riapro, cercando di trattenere delle lacrime che premono insistentemente sui miei occhi.
Perché non mi ha quasi degnata di uno sguardo, quando sono rimasta qua ore e ore cercando di non farla stare male?
 
Sto cominciando a pensare di essere inutile, anche se so che non è così perché leggo nei suoi occhi che qualcosa le tormenta il cervello, e non è solo Matthew. È come se, svegliandosi, avesse avuto una rivelazione, quasi come un fulmine a ciel sereno.
 
Guardo fuori dalla finestra e noto un passante con un grande mazzo di fiori che si avvicina alla casa. All’inizio non lo riconosco, ma poi intravedo, dietro il bellissimo smoking, Matthew. Si sta avvicinando, sistemandosi il colletto e schiarendosi la voce. Sta per suonare al campanello e io mi precipito giù per le scale.
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Salve salvinoo!
Okay, so che non ho mantenuto la promessa di aggiornare una volta a settimana, ma seriamente, io non ce la faccio più. La scuola mi sta tormentando, odio i professori e anche alcune mie compagne. In più, quando ho un momento libero, vengo strapazzata a destra e a manca dal mio ragazzo, quindi chiedo ufficialmente perdono!
 
ANYWAY, ho deciso in questo capitolo di descrivere gli stessi pochi minuti dai tre punti di vista. Mi è piaciuto particolarmente scrivere di Tyler, perché è sempre stato un personaggio “marginale” e ora sta prendendo forma lentamente.
Per il resto spero di non aver fatto particolari errori e spero vi sia piaciuto.

 
Scappo a vedere “7 days in Avana” (dove recita il mio Josh Hutcherson *--*)
Alla prossima,
E.


 

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Capitolo 13
*** Truth. ***


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(12)
TRUTH
 
(Audrey)
Mel sfreccia fuori da camera mia e dopo pochi minuti è di ritorno con una strana faccia in viso.
«Tu mi inquieti. Seriamente.» scherza Tyler. Ed è vero, non è mai un buon segno quando Mel fa quella faccia e ho quasi il presentimento che c’entri qualcosa Matthew. Ma in questo momento non ho né le forze né la voglia di indagare, perciò mi ributto di peso sul letto, con il trucco che ormai mi fa sembrare un panda in calore.
 
«Tu, essere pandoso che giace immobile su questo letto, alzati, fatti una doccia e ripigliati!» mentre scandisce le parole come fa a teatro, Mel le accompagna da un gesto del braccio molto drammatico e scenico.
Un gesto e delle parole a cui non si può non ubbidire. Sorrido divertita perché lei sa sempre come cercare di tirarmi su il morale. Filo in doccia e ne esco che mi sento quasi rinata nel corpo.
Quando entro in camera, vestita con il mio pigiama tutto peloso, mi trovo davanti uno spettacolo che non mi aspettavo di trovare in camera mia: in piedi, vicino alla finestra Mel e Tyler. Seduto ai piedi del mio letto, Matthew.
Ho paura che qualche lacrima cominci a scendere involontariamente, e quindi cerco di controllare il terremoto che mi sta invadendo il cuore e il corpo.
 
«Ehm… ciao»
«Cosa ci fai qua? Vedo che non ti è bastato farmi stare male ieri sera. Vuoi mettere il coltello nella piaga. Prego, fai pure. »
«No, no, non hai capito. Io sono qua, oggi, per spiegarti quello che avrei dovuto spiegarti ieri sera se non te ne fossi andata. Ora ti prego, siediti e stai calma e fammi parlare fino alla fine prima di dire qualsiasi cosa.»
 
Titubo sui miei piedi per qualche secondo, valutando la proposta. Poi mi rendo conto che forse mi conviene obbedire. Potrei avere qualche crollo e non voglio finire di nuovo all’ospedale.
Lui si siede esattamente di fronte a me e Mel e Tyler escono dalla stanza. Io li guardo con occhi che implorano a rimanere, ma so che se deve dirmi certe cose forse è meglio che siamo solo io e lui.
 
«Okay…allora… beh, innanzitutto ciao. So che forse non ti saresti mai aspettata di rivedermi qua dopo ieri sera, ma voglio chiarire tutto quello che non c’è stata l’occasione di chiarire. Devi sapere che quando sei partita e mi hai lasciato quella lettera non molto lunga, pensavo fosse uno scherzo. Mi sono messo a cercarti per tutta casa di Adam, e lui, poverino, stava ancora peggio di me. Sono stato male, perché pensavo di non valere niente, nemmeno un tuo saluto. Poi Adam mi ha parlato, e mi ha spiegato perché l’hai fatto, e ho cercato di mettermi nei tuoi panni e ti ho capito, ho capito dove avevo sbagliato io e dove avevi sbagliato tu.
Allora, sotto stretto consiglio di Adam mi sono messo d’impegno, ho lavorato e studiato e nient’altro, mi sono negato tutti i piaceri che a New York si possono avere. Non uscivo più. Ho dato tanti di quegli esami da perdere il conto. Ho lavorato fino a tarda notte per poter guadagnare quanto mi sarebbe bastato per venire qua.
Volevo vederti e forse chiarire tutto quello che a New York è rimasto sospeso. Adam mi ha aiutato, ha tenuto un segreto grandissimo e immagino quanto sia stato difficile. Mi aveva detto che forse non l’avresti presa bene, come alla fine è accaduto, ma ho accettato di correre il rischio.
“Bisogna saper rischiare la paura come la morte, il vero coraggio è in questo rischio” questo mi hanno insegnato. Appena ho avuto la somma che mi sarebbe bastata e dopo aver dato abbastanza esami, sono saltato sul primo treno e mi sono fiondato qua. Tyler mi ha aiutato con la caccia al tesoro e io pensavo davvero di farti piacere, ma ancora una volta non mi sono messo nei tuoi panni.
Ora so che muori dalla voglia di spaccarmi la faccia a suon di pugni, però prima devi sapere cosa ho capito dalla nostra distanza. Ho capito che nonostante tutto, nonostante tu sia più piccola, più insicura, meno matura di me e nonostante numeri sulla carta e sulla terra ci dividano, io ho capito che questi due mesi e mezzo sono stati molto importanti per me.
Sono stato insieme ad abbastanza ragazze per poter dire che ho provato un po’ di cose nella mia vita, ma adesso so per certo cosa significa amare una persona. Quindi sì, Audrey, io ti amo, ed è l’unica cosa che so dirti.
So che  sono troppo sdolcinato e strappalacrime e che adesso mi caccerai a calci, ma avevo bisogno di dirti tutto quello che è successo. »
 
Intanto che parlava si è avvicinato a me, e ora siamo mano per mano. Ho gli occhi lucidi e cerco di non piangere.
La mente mi dice di non fidarmi, ma io sento da qualche parte che lui è la persona che io amo. E lo amo, sì, proprio come lui ha detto.
Mentre la mia mente e il mio cuore sono in subbuglio e litigano tra di loro, l’ennesima lacrima mi scende, ma questa volta sto sorridendo.
Non riesco a dire niente, ma con le labbra ancora inumidite dalle lacrime mi ritrovo a baciarlo, baciarlo intensamente come sognavo di fare da quando l’avevo lasciato.
Le sue mani larghe e calde mi avvolgono il bacino e mi stringe a se come se fossi un preziosissimo premio. Le nostre risate e le nostre lacrime si confondono e non riesco a distinguere più niente.
Tutto quello che riesco a ripetere senza stancarmi sono due parole, «Ti amo, ti amo, ti amo.», e proprio in questo momento capisco che presto ci diremo di nuovo arrivederci, e nel cielo adesso schiarito vedo dei terribili nuvoloni grigi avanzare verso di me.
Per adesso, però, preferisco tirare le tende e tornare al mio cielo azzurro.
 
ANGOLO DELL’AUTORE.
BENE, BENE, BENE, BENE. Dopo SECOLI che non aggiornavo eccomi qua con questo capitolo che mi ha creato non pochi problemi.
Avevo cominciato a scriverlo, ed ero a buon punto con la stesura. L’avevo poi messo nel dimenticatoio di questi giorni abbastanza tirati per me e poi stasera lo riprendo in mano.
Rileggendolo non mi convinceva granché, quindi l’ho letteralmente preso e cancellato tutto, riscrivendolo in un tempo di record.
Spero il risultato sia soddisfacente.

 
Bene, ora passiamo al capitolo.
Non è particolarmente lungo, ma è molto intenso. La parte grande è il discorso di Matt e spero non vi annoi. È tutto secondo il punto di vista di Audrey, perché non avrei potuto fare altrimenti.

 
Spero vi piaccia,
per consigli, correzioni, critiche, banane e dugonghi gratis (?) lasciate una recensione qua sotto.
Grazie per l’attenzione di un angolo dell’autore quasi più lungo del capitolo AAHHAHAHAH
 
E.

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