Through the dark I found the light, you.

di giuis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1. ***
Capitolo 2: *** Chapter 2. ***



Capitolo 1
*** Chapter 1. ***


Quel pomeriggio quando tornai a casa, dopo scuola ero davvero stanca.
Per fortuna in casa non c'era nessuno, così misi la musica a palla. Mi buttai sul divano con qualcosa da mangiare sul tavolino. Poco dopo mi addormentai.

Fui svegliata dall'acqua gelida che qualcuno mi buttò addosso, chi poteva essere se non il mio fratellastro?! Ci odiavamo.
"Vaffanculo. Ma tu non hai un cazzo da fare?!" gridai.
"No." rispose.
"Sei solo uno scansafatiche. Hai 21 anni, non fai un cazzo dalla mattina alla sera e ti fai mantenere da mio padre e tua madre." 
Sua madre e mio padre si erano conosciuti anni prima e solo dopo molto tempo ci presentarono e decisero di vivere insieme, più precisamente nella casa mia e di mio padre. Mi arrabbiai molto. Qui ci abitò mia madre e io non accettavo la presenza di un'altra donna in casa. Era come se mio padre voleva trovarmi un'altra mamma e trovarsi per sè un'altra moglie.
Ma mia madre era ed è insostituibile, era una donna speciale.
"Perché tu li porti i soldi a casa?!"
"Io vado a scuola e appena la finirò andrò a lavorare così, appena potrò me ne a andrò da questa casa e non ci vedremo più."
Lui mi fece una smorfia e andò verso camera sua.
Andai a farmi un bagno caldo.
Quando finì di farmi il bagno, mi misi un asciugamano intorno al corpo e mi diressi verso camera mia. 
Non avrei immaginato che proprio in quel momento Louis, il mio fratellastro, sarebbe uscito da camera sua e che me lo sarei trovata davanti.
Io diventai tutta rossa, cavoli ero quasi nuda.
Mi accorsi che anche lui arrossì, iniziò a guardarsi in giro per non far cadere lo sguardo su di me, mentre io tentavo di coprirmi con le mani. 
Eravamo tutti e due in imbarazzo e giuro che non avevo mai visto Louis così, era sempre scontroso e antipatico.
"Forse è il caso che vai in camera tua o vuoi rimanere così tutta la sera?!" disse.
"Si, hai ragione."
Andai verso camera mia e quando ci entrai chiusi bene la porta.
Passai il resto della serata in camera mia fino a quando non arrivò mio padre e la sua fidanzata, la madre di Louis. No, non si erano ancora sposati, per fortuna.
Cenammo tutti insieme, tipo la famigliola felice anche se non era così.
Mio padre iniziò a farmi la romanzina perché seppe dei miei pessimi voti a scuola in questo periodo.
La cosa che odiavo di più di quei momenti è che Louis e sua madre, Elly assistevano alla scena.
Loro non si dovevano intromettere nella mia vita, perché non ne facevano parte anche se vivevamo nella stessa casa.
"Il tuo professore mi ha chiamato e mi ha detto che è dall'inizio dell'anno che prendi brutti voti. Lo sai che io ti accontento in tutto però ti devi impegnare a scuola. Rendi orgoglioso tuo padre."
"Hai bisogno di bei voti per essere orgoglioso di me?! Bella merda. Pensavo fossi orgoglioso di me per altri mille motivi, invece a te interessano i bei voti. Cazzo lo sai come mi sento dopo che lei.."
"Usi sempre la scusa di tua madre. È passato molto tempo da quando è morta, ora basta! Juls, la vita va avanti."
"Ma che cazzo stai dicendo?! Uso la scusa di mia madre?! Cosa c'è non la chiami più per nome ma tua madre?! Sai cosa c'è?! Mi deludi tu, papà. Non avrei mai immaginato che avresti detto una cosa del genere."
Iniziai a piangere. Non potevo credere a quello che aveva detto. 
Lui rimase impassibile. Louis mi guardò e per la prima volta non rise delle mie disgrazie.
Anche Elly mi guardò.
"Tu non sai un cazzo della mia vita, non sai quanto sto soffrendo, non sai cosa devo affrontare ogni giorno. Tu vuoi farmi dimenticare della mamma, portando questa qua in casa nostra, con suo figlio e fare finta di essere la famiglia perfetta, ma non lo siamo. Ci stiamo solo prendendo in giro. Elly non sa nemmeno quanti anni ho, forse non sa nemmeno come mi chiamo.
Io e Louis ci odiamo. Poi ci sei tu, che sei cambiato, non sei il papà di prima. Sei freddo, sai solo farmi le prediche, non ti interessi più alla mia vita e non scherzi più con me come se fossi un mio amico. Non fai più niente di tutto questo. Tu non sei più il papà di prima. Non ti riconosco più." gridai con tutta la voce che avevo in corpo mentre lui mi fissava, senza dire una parola.
Tra le lacrime mi alzai dal tavolo e andai via. Non sapevo dove stavo andando ma volevo scappare da tutti e da tutto. Volevo solo la mia mamma.
Continuavo a correre per le strade di Londra, piangendo.
Mi accasciai a terra, appoggiata al muro.
Avevo la testa tra le gambe. Mi calmai, anche se continuavo a singhiozzare.
A un tratto qualcuno mi accarezzò la testa, ma io non la alzai credendo che fosse mio padre.
"Ehi piccola, è tutto ok?!" mi chiese.
Non era mio padre, la voce non era di certo la sua e di nessun'altra persona a me familiare.
"Cosa vuoi? Chi sei?" dissi.
"Voglio solo aiutarti, ti ho visto piangere, che succede?"
"Non sono affari tuoi, ok?! Non so nemmeno chi sei."
"Allora non nascondere quel bellissimo viso e guardami."
Io alzai il viso e davanti mi ritrovai..

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Capitolo 2
*** Chapter 2. ***


“Che vuoi?!” dissi.

“Voglio consolarti.” disse Harry.

Lui era il bullo della scuola, comandava tutto e tutti. Per colpa sua ho dovuto affrontare insulti e a volte venivo anche picchiata. Nessuno a scuola voleva essere mio amico, tutti avevano paura che Harry e i suoi amici gli facessero qualcosa. Io soffrivo, da sola, senza che nessuno mi aiutasse.

“Tu vuoi consolarmi?! Sono convinta che domani, a scuola, mi prenderai in giro insieme a tutti i tuoi amici.”

“Non è come credi.”

“Invece è proprio così, vattene.”

“No.”

“Allora me ne vado io.”

“Non te lo permetterò.”

“Mi molli un pugno in faccia per non farmi muovere?!”

“Non ti toccherei mai.”

“Però lo fai fare ai tuoi amici.”

“...”

“Vedi?! Ho ragione io!”

“Non..” non lo feci finire di parlare.

Mi alzai e andai via.

Faceva molto freddo quella sera, come sempre a Londra, così decisi di tornare a casa. Volevo solo andare a dormire e non svegliarmi mai più.

Suonai alla porta di casa e quando la porta si aprì vidi mio padre.

Era arrabbiato, si vedeva.

Entrai e lui mi indicò di sedermi sul divano, in salotto.

“Perché sei scappata così?! Ero preoccupato, pensavo ti fosse successo qualcosa.”

“Se sparivo era meglio..” dissi sottovoce.

“Cosa hai detto?!”

“Niente..”

Mi alzai per raggiungere camera mia, non avevo voglia di starlo a sentire.

“Dove credi di andare?”

“A dormire, domani c'è scuola.”

“Per questa volta lascio perdere ma che non accada più, chiaro?”

“Si, papà..”

“Bene. Buonanotte” disse dandomi un bacio sulla fronte.

Quando arrivai alla fine delle scale mi trovai davanti Louis che mi fissò.

“Cosa vuoi?! Se devi dire qualcosa dilla ma, per me sarà come se non mi avessi detto niente.”

Disse qualcosa ma ignorai la sua risposta, come avevo detto.

Entrai in camera e mi buttai sul letto.

 

La sveglia stava suonando ma io non avevo intenzioni di alzarmi e andare a scuola.

Dopo quello che era successo ieri sera sapevo che sarei stata umiliata, come sempre.

Qualcuno bussò alla porta, era mio padre.

“Juls sbrigati o farai tardi a scuola!”

“Non ci voglio andare!”

“Smettila di fare la bambina, hai 18 anni ormai.”

Sbuffai. Mi alzai dal letto e mi diressi in bagno. Mi lavai, poi tornai in camera, mi misi un paio di jeans con un maglione enorme e mi truccai, giusto un po'.

Misi il cappotto, le scarpe e uscì di casa.

Salì sull'autobus, misi le cuffie e addio mondo. Ascoltare la musica era l'unica modo per rilassarmi un po', mi faceva stare bene.

Vicino a me si sedette un ragazzo, era biondo e occhi azzurri come il ghiaccio. Quegli occhi attirarono la mia attenzione. Per tutto il resto del viaggio non mi girai mai verso di lui, non volevo fare brutte figure. Dopo, quel ragazzo scese alla mia stessa fermata e andò nella mia stessa direzione.

Mi fermai all'entrata della scuola, ero pronta a sentirmi dire di tutto. Notai che quel ragazzo entrò nella mia stessa scuola. A un tratto si girò verso di me, mi sorrise poi, riprese la sua strada. Mi stavo preoccupando. Non mi aveva mai sorriso nessuno in questa scuola, quindi o stavo sognando o stavo sognando.

Superai il cancello della scuola mentre continuavo a camminare verso la mia classe, prima ci sarei arrivata meglio era. Avevo ancora le cuffie nelle orecchie quindi non sentivo niente, tranne la mia amata musica e non avevo intenzione di toglierle, non volevo ascoltare i giudizi di quelle persone e anche se avevo tutti gli occhi puntati contro non m'importava.

Mancava poco, ero quasi in classe quando qualcuno toccò la mia spalla.

Un brivido mi percorse tutta la schiena. Avevo paura. Mi girai, erano i due amici di Harry, Fred e Bob. Mi tirarono le cuffie usando talmente tanta forza che si ruppero.

“Che volete?”

“Da quando si risponde così?!” disse Bob.

Io non risposi. Mi prese per un braccio in modo molto brusco e iniziò a stringerlo, sempre di più. Non sapevo che fare, ma il suono della campanella mi salvò. Mi lasciò il braccio spingendomi contro il muro

“Ci vediamo all'intervallo.” disse Bob, mentre Fred ridacchiava.

Mi diressi verso la classe. Non avrei mai voluto che arrivasse l'intervallo. Per la prima volta quelle ore mi sembrarono passate in un attimo e quando suonò la campanella dell'intervallo mi sentì morire dentro. Sapevo cosa mi aspettava e questa volta mi faceva più paura del solito. Mi alzai dalla sedia e uscì dalla classe. Tutti mi guardavano. Camminai lungo il corridoio fino ad arrivare al bagno delle ragazze, entrai e mi chiusi dentro. Per ora sembrava tutto tranquillo ma, per cautela decisi di rimanere per tutto l'intervallo dentro al bagno. A un tratto sentì bussare alla porta, chi poteva essere?! Non risposi.

“Juls sei lì dentro vero?! Esci. Sono molto arrabbiati.” disse una voce femminile.

“Non voglio, ho paura.”

“Ti prego esci o se la prenderanno con me.”

“E a me chi ci pensa?! Nessuno. Sono sempre io che devo subire le loro cattiverie. Nessuno sa come mi sento.”

“Mi dispiace ma non posso fare niente.”

“Potresti difendermi, chiunque tu sia.”

“Ti prego Juls, per favore esci.”

A un tratto sentivo delle grida e dei forti rumori provenire da fuori.

“Juls si stanno arrabbiando, esci.”

Mi feci coraggio, aprì la porta. Incrociai lo sguardo di quella ragazza, era nella mia stessa classe. Lei mi sorrise, probabilmente per darmi forza o per ringraziarmi, siccome gli avrei risparmiato delle botte e insulti, ma io non contraccambiai. Uscì fuori.

“Allora volevi sfuggirci?” disse Fred.

“Ero solo in bagno.”

“Non provare a contraddirci.” disse Bob.

“Non sto dicendo niente.”

“Taci essere schifoso.” continuò Bob.

Mi arrivò proprio un bel cazzotto in faccia. Caddi a terra. Iniziai a piangere.

“Povera bambina, ti sei fatta male?” disse Bob ridendo.

“Però tutto il divertimento te lo prendi tu, ora tocca a me.” disse Fred.

No, anche lui. Mi diede un bel calcio in pancia. Incominciò a ridere.

“La prossima volta stai zitta e non ci rispondi.” disse Fred.

Mi alzai piano da terra, li guardai per qualche secondo.

“Mi fate schifo - gli sputai addosso – continuerò a rispondere tutte le volte che mi pare, avete capito?!” dissi gridando.

Le loro facce diventarono più scure e aggressive di prima.

“Come hai osato?” disse Bob.

“Ho osato eccome.”

Ed ecco che arrivò un bel ceffone sulla faccia e un pugno in pancia. Mi buttarono a terra e iniziarono a pestarmi.

“Fatemi passare.” disse una voce.

Mi girai verso quella voce e vidi Harry farsi spazio fra la folla e venire verso i suoi amici.

Mi guardò per un istante.

“Ma che fate? Fermatevi!”

“Harry, si è permessa di risponderci e sputarci.” rispose Fred.

“Anche tu ora mi hai risposto. E' sufficiente. Andiamo.” disse Harry, e se ne andarono.

Tutta la folla intorno scomparve per il suono della campanella che fece dirigere tutti verso le proprie classi. Io rimasi lì, tentando di rialzarmi.

A un tratto qualcuno mi prese in braccio e quando mi girai incrociai quegli occhi color mare che quella stessa mattina, sull'autobus, mi attirarono.

“Vieni con me, ti porto in infermeria.” disse.

Io feci un piccolo sorriso e mi abbandonai alle sue braccia.

Arrivata in infermeria la dottoressa mi chiese più volte il motivo di quei dolori e dei lividi che a poco si stavano facendo sempre più neri.

“Sono solo scivolata dalle scale, non so come è successo.” continuavo a ripetere.

Ovviamente la dottoressa non credette più di tanto alle mie parole, nessuno è così scemo da cadere dalle scale per sbaglio. Quel ragazzo continuò a guardarmi e a scuotere la testa, lui sapeva come erano andate le cose ma non parlò. Mi capì, capì la mia paura e le conseguenza che si sarebbero scatenate se avesse detto qualcosa alla dottoressa.

“Vai a casa, avverto io la tua professoressa, che classe sei?” mi chiese la dottoressa.

“Sono all'ultimo anno, sezione F.”

“Tu la puoi accompagnare fino a casa, ok? Ti scriverò un foglio di giustifica con la mia firma.”

“Grazie dottoressa.” disse il ragazzo dagli occhi blu.

Mi aiutò ad alzarmi e uscimmo dall'infermeria. Mi fece sedere su una panchina del giardino della scuola e si allontanò dicendo: “Aspettami qua, torno subito.”

Dopo neanche cinque minuti tornò con il mio zaino in mano, era stato molto carino.

“Grazie.” dissi mentre me lo porgeva.

“Di niente.” rispose lui.

Ci dirigemmo verso la fermata dell'autobus. Lo aspettammo per poco e poi arrivò. Salimmo e ci sedemmo.

“Juls, tu dove scendi?” mi chiese.

“Ci vuole un po'.”

Lui sorrise. A me sembrò molto strano che sapeva il mio nome, anzi non era strano perché a scuola tutti mi conoscevano per le vicende che mi accadevano, infatti mi stavano tutti alla larga.

“E tu invece, come ti chiami?”

“Niall, piacere.”

Sorrisi.

“Grazie.” dissi.

“E per cosa?”

“Per avermi aiutato, non lo aveva mai fatto nessuno.”

“Tu meriti tutto l'aiuto di questo mondo.”

“Grazie.”
“Smettila di ringraziarmi.”

“Ma devo.”

“Io non voglio.”

“Ma io si.”

Iniziammo a ridere, così senza un motivo preciso. Era davvero bella la sua risata, era contagiosa.

“Mi dispiace non averti aiutato prima, ma quando sono arrivata quei tizi se ne stavano andando. Se fossi arrivato prima non lo avrei permesso.”

“Va bene così, hai già fatto tanto.”

Sorrise e io contraccambiai.

“Non ti ho mai visto a scuola, da dove spunti?” chiesi.

“La nostra scuola è molto grande, lo sai.”

Aveva ragione.

“Questa è la mia fermata, grazie. Ciao, a domani” dissi.

“Non hai capito niente, io ti porto fino a casa.”

“Ma che dici?! Non voglio disturbarti, hai già fatto tanto per me.”

“Ssht e scendiamo, su.”

Arrivati davanti casa mia lo ringraziai altre mille volte.

“Ti va di fare la strada insieme domani?” mi chiese.

“Va bene, dove ci incontriamo?”

“Nello stesso posto dove siamo scesi poco fa.”

“Ok, allora ti do il mio numero.”

“Ti do anche io il mio.”

Ci scambiammo i numeri.

“Vuoi entrare?”

“No, grazie. Ora devo andare.”

“Io non ho problemi.”

“Davvero, devo andare.”

All'improvviso si fermò una macchina davanti casa mia, da cui ne uscì Louis. Fece una faccia strana poi raggiunse me e Niall.

“Che fai?” mi chiese.

“Non sono affari tuoi.” risposi.

“E questo sfigato chi è?”

“Senti, sfigato ci sarai tu.”

Sbuffò ed entrò in casa.

“Scusalo, è fatto così. Io lo sopporto tutti i giorni.”

“Non ti preoccupare.”

Mi diede un bacio sulla guancia e se ne andò facendo un cenno con la testa.

Entrai in casa, Louis era seduto sulle scale e non mi faceva passare.

“Spostati.”

“Non voglio.”

“Invece adesso ti sposti.”

“No.”

Mi stavo iniziando ad arrabbiare. Ero stata picchiata e insultata, volevo solo andare in camera mia e cercare di rilassarmi ascoltando un po' di musica.

“Senti, non è davvero giornata. Fammi passare, adesso!”

Lui mi fissò per un po', non capivo.

“Cos'hai da guardare?” dissi.

“Cos'hai fatto all'occhio?”

Cazzo. Non ci avevo pensato. Dopo quel pugno che ricevetti mi uscì il livido.

“Mi dici che cazzo ti sei fatta?”

“Calmati.”

“Non mi calmo.” disse alzandosi e venendomi incontro.

“Ma che t'importa?”

“M'importa, invece.”

“Ma se io e te ci odiamo, perché ti dovrebbe importare qualcosa di me?”

“Non è così..”

“Non è così cosa?”

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Volevo scusarmi perché l'altro capitolo era un po' corto. Questo ho cercato di farlo più lungo, spero vi piaccia. Mi scuso se eventualmente ci siano errori nonostante lo abbia riletto una ventina di volta.

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