Wicked Game

di hudsondarrell
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Dottor Reid ***
Capitolo 2: *** Quello che non ti aspetti ***



Capitolo 1
*** Il Dottor Reid ***


Capitolo 1

 

Il Dottor Reid.

 

 

Erano le le sette e mezzo di giovedì sera. Una sera tetra di dicembre cupa e fredda, quel freddo pungente che ti penetra nelle ossa e ti lascia una sensazione di vuoto dentro. Aveva appena smesso di piovere e nell'aria si sentiva quell'odore misto di asfalto bagnato e umidità. Il traffico sfrecciava denso spinto dalla corrente di fine serata, le strade del centro erano abbastanza affollate e già si vedevano i primi addobbi natalizi e la gente felice che osservava le vetrine dei negozi alla ricerca dei regali di natale più improbabili.

Julia stava rientrando a casa assorta nei suoi pensieri. Era stata una giornata veramente pesante, aveva avuto lezione per tutto il giorno e aveva appena preso visione del calendario degli esami che sarebbero iniziati la settimana prima di Natale, l'ennesima notizia negativa. Non che Julia odiasse gli esami, tutto il contrario, adorava la facoltà e il corso di studi che seguiva, era tutto l'insieme del periodo. Julia si sentiva soffocare da una serie di sfortunati eventi che da un anno a quella parte le erano capitati ed era come stesse scomparendo sotto il loro peso. Dicono che quando le cose brutte arrivano, arrivano tutte insieme...beh lei ne era l'esempio vivente.

Viveva negli Stati Uniti da quasi due anni, si era trasferita li da Milano. A soli diciotto anni, dopo aver conseguito il diploma di maturità in uno storico, se pur squallido, liceo scientifico, era partita zaino in spalla verso il gigante americano. Aveva dovuto lavorare duramente per arrivare li dove era ora e per poter studiare in una delle università più prestigiose al mondo, Yale.

Lavoro, passione, determinazione, ma soprattutto lavoro erano riusciti a farla arrivare a quel punto e doveva tutto a se stessa e a nessun altro, aveva sempre fatto tutto da sola; da una parte perché non aveva mai ricevuto un aiuto concreto, dall'altra perché era troppo orgogliosa per chiederlo. Certo aveva il supporto della sua famiglia, anche quella una combriccola alquanto complicata, e dei suoi amici, ma ciò che la faceva andare avanti era la sua aspirazione. Voleva diventare psicologa forense e criminologa, combattere il crimine, capire cosa spinge certe persone a compiere determinate azioni, capire come il male sia insito nelle viscere delle persone e si celi anche nell'uomo apparentemente più calmo e buono. Quando a volte si immaginava nel futuro si vedeva a lavorare nel Behavioral Analysis Unit dell' FBI come profiler, ma era cosciente e che ciò sarebbe rimasto solo a livello di sogno, anche se era stato appunto un sogno ad averla portata in America.

Aveva vinto una borsa di studio per Yale e quando le arrivò quella tanto attesa lettera di ammissione quasi non poteva crederci, era tutto così surreale, aveva aperto la busta con mani tremanti e leggendo le prime righe, dove si congratulavano per la sua ammissione e per la borsa di studio, era scoppiata in lacrime bagnando la lettera. Era la persona più felice del mondo in quel momento, aveva tutto ciò che avrebbe mai potuto desiderare. Il suo sogno si era realizzato, era ottimista, solare e soprattutto era innamorata. Innamorata davvero di un meraviglioso ragazzo di nome Riccardo, e nei suoi occhi nocciola brillava una splendente luce di positività.

Ma ora era cambiata, nei suoi occhi quella luce si era affievolita e lei non era più ottimista, anzi tutto il contrario. Quel giorno in particolare era giù di morale, nulla aveva un senso e niente andava per il verso giusto. Era stanca di lottare, lottare sempre e di incontrare solo persone vuote che facevano finta di volerle bene. Si sentiva come se non avesse più voglia di inseguire il suo sogno, come se tutto ciò per cui aveva lavorato così duramente non significasse nulla.

Non aveva voglia di rientrare al suo appartamento, dove non osava pensare a cosa le sue care coinquiline le avessero conservato quella sera. Si sa la convivenza non è semplice, soprattutto se si è in cinque in un appartamento da quattro, tutte donne. Troppi estrogeni in circolazione danno alla testa, ma ciò che Julia odiava delle sue coinquiline era il loro disordine, le loro manie di dare feste in qualsiasi giorno della settimana senza avvertire, il fatto che non ripulissero mai i loro casini, e l'avere un via vai di ragazzi, rigorosamente diversi ogni notte. Non le giudicava per carità, ognuno è libero di vivere la propria vita come meglio crede, ma sempre nel rispetto degli altri, e a loro, precisamente a due di loro, non importava di nulla degli altri, anzi vivevano per mortificare gli altri.

Decise di fare una deviazione ed entrare da Frank's, un bar che era sulla strada che portava al suo palazzo. Si aggiustò un po i capelli di un rosso fiammante, si passò i polpastrelli sotto gli occhi per pulire eventuali sbavature di mascara e poi scese le scale che portavano al bar. Varcò la soglia, il locale era già ghermito, uomini d'affari con la valigetta che sorseggiavano scotch e qualche birretta, universitari che prendevano l'aperitivo, pregusto di una serata all'insegna di alcol e locali hard, ragazzi che giocavano a biliardo, e Frank al bancone. Il locale era tipicamente anni '90, come anche l'abbigliamento da boscaiolo di Frank, la prima persona che Julia conobbe a New Haven. Frank era un bel ragazzo dagli occhi azzurri e limpidi come il cielo, aveva l'aria di chi ne aveva passate davvero tante nella e vita e la faccia da stronzo che nascondeva un lato dolce e comprensivo. Riusciva sempre a dare dei buoni consigli e sapeva ascoltare, ascoltare davvero, una dote ormai persa nella maggior parte delle persone.

Frank conosceva ormai bene Julia, e riusciva a coglierne l'aria cupa e triste che nelle ultime settimane continuava ad aumentare, era nera come se un Dissennatore le avesse succhiato via la felicità e la capacità di poter essere di nuovo felice e contenta. La osservò entrare e avvicinarsi allo sgabello davanti a lui dove si sedette appoggiando la borsa carica di libri sul bancone.

Prima che lei potesse notare il suo sorriso Julia disse:

-Una tequila Frank, per favore.

Frank la guardò storto e capì che qualcosa non andava: -Mmm... tequila liscia di giovedì sera, sei sicura? Te ne pentirai domani mattina.

-Me ne pento sempre la mattina.-rispose Julia.

-Conosco quello sguardo, sei un po' giù, beh più del solito. Cosa c'è che non va?- le chiese con il suo sorriso gentile, mentre versava il primo bicchiere.

-Sinceramente?- Julia fece un respiro profondo. -Non lo so. È tutto il giorno che sono di malumore.

-Stai pensando ancora a lui?- le chiese. Sapeva benissimo che si stava riferendo a Riccardo, colui che pensava fosse la sua persona, la sua anima gemella, quello giusto, ma si era rivelato tutto il contrario. Riccardo si era trasferito a New Haven con lei per i primi mesi, affermando che senza di lei non avrebbe saputo come fare, non voleva lasciarla, diceva di amarla. Si era trovato un lavoretto come lava piatti e dividevano i soldi dell'appartamento. Dopo tre mesi di convivenza, un fatidico giorno Julia rientrò a casa e non lo trovò, ne lui ne la sua roba; le aveva lasciato solo un bigliettino:

 

Cara Julia,

non penso possa continuare così tra noi. Io sto un po stretto, mi manca l'aria. Mi sono preso una pausa di riflessione, sono tornato a Milano dai miei. Ti prego di non cercarmi.

Ti amo,

Riccardo

 

Dopo qualche tempo, scoprì che la tradiva con quella che pensava fosse la sua migliore amica.

Ma no non stava pensando a lui, era andata avanti, aveva lottato, aveva amato, aveva perso, doveva solo camminare a testa alta. Ok forse un po' quel giorno stava pensando a lui.

-A chi? -rispose facendo finta di nulla.

-Lo sai benissimo!! Julia devi dimenticarlo, è un lurido porcone, uno stronzo e non merita che la più bella ragazza del bar stia male per lui.- Frank aveva conosciuto Riccardo e non gli era mai piaciuto, aveva capito fin da subito che non era un tipo apposto, e che le avrebbe sicuramente spezzato il cuore. Le versò il secondo bicchiere di tequila e continuò a provare a tirarla su, le faceva il suo sguardo dolce e rassicurante e Julia iniziò a liberarsi dei cattivi pensieri.

-Vuoi che lo prenda a pugni?- le disse Frank ridendo- se vuoi lo faccio, prendo il primo aereo e lo prendo a pugni.

Lei rise e rispose sorridendo: -Beh si mi farebbe sentire meglio.

Frank rise insieme a lei e tirando pugni all'aria scherzosamente. Il bar continuò a riempirsi lentamente e lui si allontanò per servire altri clienti.

Julia continuò a bere tequila con i pensieri più assurdi che con l'allontanamento di Frank si erano impadroniti di nuovo della sua mente, quando a un certo punto un bel ragazzo con dei capelli lunghi scompigliati entrò nel locale e si sedette nello sgabello affianco al suo. Si sfilò il cappotto nero in pelle e appoggiò la sua sciarpa viola sul bancone. Julia non si voltò a osservarlo ma aveva subito notato i suoi bellissimi occhi, di un marrone scuro e intenso, da cui si percepiva tristezza e stanchezza, come se fosse stufo del mondo. Aveva un accenno di barba e un'aria dannatamente familiare, quasi fosse qualcuno che Julia conosceva. Sembrava quasi un motociclista, ma a tratti dava l'idea di genio ribelle. Il ragazzo chiamò Frank e chiese una soda, poi si girò verso Julia intenta a mangiare le patatine che il barista le aveva appena offerto:

-È un buon posto per passare il tempo?- le chiese.

-Non lo so, forse, non c'ero mai stata prima. - rispose vaga lei, non era proprio in vena di fare conversazione, soprattutto con un tizio sconosciuto.

-Nemmeno io, sono qui solo per lavoro, New Haven è proprio un bel posto, è più interessante di come lo immaginavo.

Julia cercò di ignorarlo, continuando a mangiare le sue patatine.

-Vuole ignorarmi- disse ridendo il ragazzo rivolto a Frank che guardava la scena divertito.

-Ci sto provando, si. -rispose Julia voltando a guardare il ragazzo ribelle.

-Sa non dovrebbe.-disse lui in tono provocatorio.

-Ah e perché no?- chiese Julia.

-Perché sono una persona che lei imparerà ad amare.- disse sfacciatamente. Aveva un bel sorriso e in quel momento i suoi occhi luccicavano.

-Quindi se la conoscerò mi innamorerò di lei?- rispose Julia, nel cui volto era apparso un lieve sorriso.

-Oh si, ne sono certo.- rispose ridendo.

-Lei si piace molto.- dissi lei ridendo.

-Abbastanza si, ma sono sicuro al 95% che lei si innamorerà perdutamente di me, l'ho calcolato.

Julia sorrise e per un attimo i loro occhi rimasero li a fissarsi. I loro sguardi intenti a parlarsi, quello di lui uno sguardo profondo, uno di quei sguardi che sembra ti stiano guardando l'anima.

-Qual è la sua storia?- disse a un certo punto il ragazzo.

-Non ho nessuna storia, sono solo una ragazza in un bar.- rispose lei.

-Beh, io sono solo un uomo in un bar.

 

Il ragazzo le offrì da bere, Julia lo trovava davvero attraente, avvolto nella sua aurea di mistero. Non parlarono molto, per lo più del più e del meno. Erano i loro sguardi parlare per loro e valevano più di mille parole.

Il tempo passò veloce e Julia si era completamente scordata dei suoi pensieri, il sorriso di quel ragazzo era magico riusciva ad allontanare qualsiasi stupida preoccupazione.

Quando si accorse che era veramente tardi era anche un po brilla, lui si offrì di accompagnarla a casa:

-La percentuale di criminalità è bassa in questa zona, ma data l'ora non mi sembra il caso che lei rientri da sola. -disse in tono serioso infilandosi il cappotto e prendendo la sua sciarpa viola.

 

 

-Ecco ci siamo. Sono arrivata.-disse Julia davanti all'enorme portone del suo condominio.

Lui scrutava il palazzo con un sguardo di ispezione, ed era come se stesse facendo milioni di calcoli contemporaneamente. Poi poso lo sguardo su di lei.

-Beh ora devo andare... -dissi lei accennando un sorriso.

-È stato bello conoscerti...scusa non mi hai detto come ti chiami.

-Sicuro di volerlo sapere?

-Certo.- disse lui sorridendo.

-Non mi conosci, potrei essere una serial killer, potrei essere pazza o magari avere sedici personalità.- risposi Julia ridendo.

-Beh allora dimmi i tuoi sedici nomi.-disse lui con il suo magico sorriso.

-Julia, comunque.

-Spencer, comunque.

-Comunque...

In quel momento i loro occhi si incontrarono,e ci fu una pausa di silenzio, erano sempre più vicini l'una all'altra. Quando Julia stava per allontanarsi lui la afferrò, la avvicinò a sé e la baciò. Un bacio cosi intenso e profondo da bloccare i pensieri, le sue labbra così morbide e calde che quasi si riusciva a sentire la passione. Uno di quei baci intensi e lenti che ti fanno dimenticare di prendere fiato. Quando le loro labbra si staccarono lei quasi tremava.

-Non sei una serial killer. - le sussurrò con un filo di voce all'orecchio.

Le spostò i capelli dagli occhi, la guardò attentamente e poi si congedò.

Julia rimase li, ancora scossa da quel bacio e lo guardò mentre si allontanava, fino a che non svoltò l'angolo e non poté più vedere la sua sciarpa viola.

Chi era quel ragazzo? Che cosa era appena accaduto? E perché le sembrava di conoscerlo?

Piena di interrogativi Julia salì nel suo appartamento, la casa era silenziosa come se non ci fosse nessuno, in ordine esattamente come lei l'aveva lasciata. Proseguì per il corridoio, passando per la cucina e arrivò nella sua stanza. Erano già le tre del mattino così semplicemente si spogliò e si infilò a letto. Fissava il soffitto, le sembrava un po' surreale la cosa. Non riusciva a prendere sonno, era euforica e confusa allo stesso tempo. Ripensava a quel ragazzo, Spencer. I suoi occhi erano impressi nella mente come le sue parole, i suoi gesti, quell'aria misteriosa ma familiare e quel bacio. Soprattutto quel bacio, quel bacio ricco di emozione, il cui solo pensiero le faceva venire i brividi.

 

 

La mattina seguente, come uno zombie si alzò per andare a lezione, era la penultima lezione di neurologia del semestre tenuta dal Dottor Shepherd, un figo da paura con i capelli corvini e gli occhi blu da mozzarti il fiato. Julia aveva una cotta per Shepherd, era intelligente, autorevole e bello, un neurochirurgo di fama internazionale che lavorava a Seattle. Era uno dei migliori nel suo campo, ma a causa di un recente incidente aereo che gli aveva lesionato la mano, insegnava. Julia pendeva sempre dalle sua labbra, ed era sempre eccitatissima all'idea delle sue lezioni. M quella mattina non pensava al Dottor Shepherd o ai suoi problemi, pensava ancora a Spencer e al suo bacio. Intenso e caldo come il suo sguardo.

Si preparò e uscì di casa di corsa, in ritardo come sempre, prese un tram e dopo un bel po' ecco che arrivò campus. Era stra pieno di studenti che vagavano persi con libri e caffè in mano, e correvano per andare a lezione.

Le arrivò un messaggio al telefono cellulare:

Lezione di McDreamy saltata. C'è un seminario dell'FBI ne sarai felice :)

ci vediamo li baby. Abby.

 

Abby era una sua collega, una persona originale e stravagante con cui non potevi mai annoiarti. Julia rilesse il messaggio, un profiler del Bau a Yale e non lo sapeva?

Questo le fece capire quanto fosse distratta in quei giorni, ma si ricordò di aver visto i volantini, e di aver pensato che sarebbe stata solo una noiosissima conferenza tenuta da qualche agente anziano ormai in pensione. Comunque era in ritardo e decise di andare, ormai era li, si affrettò nell'aula stracolma e sedette nelle ultime file.

Mentre l'aula si riempiva una gran bella donna bionda entrò nella sala, aveva una aspetto autoritario e portava la pistola nella fibia attorno ai pantaloni, Julia capì immediatamente che si trattava di un agente speciale. Dietro di lei entrò un uomo alto con i capelli lunghi scompigliati, indossava un lungo capotto nero e una sciarpa viola. Era ancora di spalle, per ciò Julia non riuscì a capire chi fosse, ma avrebbe riconosciuto ovunque quella sciarpa di cui poteva sentire ancora il ricordo del profumo, ma no non poteva essere.

L'uomo si sfilò il capotto lasciandosi la sciarpa al collo, prese qualcosa dalla sua valigetta e si avvicinò al microfono e disse: - Buongiorno io sono il Dottor Spencer Reid.

 

Il cuore le balzò in gola iniziando a battere velocemente. Era lui, il ragazzo del bar. Non poteva credere di non averlo riconosciuto.

Era lui. Il Dottor Reid.

 

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Capitolo 2
*** Quello che non ti aspetti ***


Capitolo 2

 

 

Quel che non ti aspetti

 

 

Spencer Reid era stato uno degli agenti più giovani dell'FBI da quasi vent'anni, a 24 anni era entrato a far parte della squadra di analisi comportamentale, possedeva tre lauree summa cum laude e tre dottorati. Era un genio come si denotava dal suo elevato QI che gli aveva permesso di diplomarsi a soli 12 anni, riusciva a leggere e memorizzare 20.000 parole al minuto, conosceva libri a memoria, sapeva applicare leggi fisiche e operazioni matematiche in un tempo così breve che gli altri membri della squadra non riuscivano a seguire i suoi ragionamenti. Conosceva poesie, libri, statistiche e una miriade di informazioni che persino un androide non sarebbe riuscito a tenere il suo passo. Riusciva a collegare le informazioni e studiare il profilo da pochi indizi, soprattutto da quelli ritenuti irrilevanti o semplici per gli altri. Perché per lui erano proprio quelli che contavano, i dettagli, le piccole cose. E ricordava benissimo quegli occhi nocciola che la sera prima lo avevano catturato, quei capelli rossi e il modo in cui lei se li annusava, che faceva trasparire la sua insicurezza. Non sapeva cosa lo avesse spinto ad avvicinarsi a lei e provarci così sfacciatamente, non era da lui, per nulla, non lo aveva mai fatto. Era un tipo coscienzioso e privo della capacità di sapersi relazionare normalmente con gli altri, senza fare qualche gaffe o senza che qualcuno se lo defilasse per il suo troppo parlare. Qualcosa lo aveva spinto ad entrare in quel bar e a sedersi affianco a quella ragazza, forse il destino, forse il fato, ma lui non credeva a certe cose, lui era un uomo di scienza, ma in qul momento non riusciva a trovare nessuna spiegazione logica del suo comportamento. Forse stava impazzendo?

Quella ragazza era così bella, ed era interessante e intelligente, si vedeva. Si era sentito particolarmente leggero in sua compagnia, come se tutti i suoi timori, le insicurezze, il dolore, fossero spariti; questa era la seconda cosa che non riusciva a spiegarsi. Non riusciva a spiegare con chiarezza ciò che provava, come si sentiva. Decise che doveva provare a parlarne con qualcuno della squadra, qualcuno che avrebbe capito, Morgan.

La squadra era diventata la sua famiglia in quei nove anni, erano il suo sostegno, le sue persone a cui poteva fare sempre riferimento, lo avevano aiutato a superare momenti duri, i suoi problemi di droga per esempio, e soprattutto la avevano aiutato a rimettersi in piedi dopo la morte di Meave, l'unica donna che avrebbe mai potuto amare e la cui mancanza avrebbe potuto portarlo alla pazzia.

E dopo quella sera si sentiva strano, non era focalizzato al massimo su ciò che stava facendo (preparava la lezione che avrebbe dovuto esporre a una classe del corso di psicologia di Yale poche ore più tardi), ma cercò di scacciare ogni pensiero e andare avanti con il lavoro.

Avrebbe davvero voluto confidarsi con Morgan per riuscire a capire cosa avesse, ma lui e il resto della squadra erano rimasti a Washington, solo JJ era venuta con lui in quanto responsabile della comunicazione, ma non se la sentiva di parlarne con lei.

 

 

***

 

Julia aveva la mente completamente bloccata, non riusciva a pensare. Spencer Reid era li davanti a lei ed era lo stesso ragazzo che aveva incontrato la sera prima, che l'aveva baciata sulla soglia di casa. Perché non lo aveva riconosciuto?

Era il suo idolo, il modello di profiler perfetto, conosceva perfettamente ogni suo libro, aveva letto il più possibile sui casi che lui e la sua squadra avevano seguito e non lo aveva riconosciuto.

-Julia tutto ok?- le chiese una voce che frantumò i suoi pensieri. Si voltò e vide la sua amica Abby. -Julia?

-Si si scusa sto bene. Ciao, non ti ho vista entrare- rispose lei vaga, cercando di evitare il contatto visivo.

-Già, l'avevo notato, che c'è che non va?

-Nulla...

-Nulla? C'è Spencer Reid la giù che sta per spiegare le cose incomprensibili che ti piacciono tanto ed è come se non fossi qui. Lo stesso Spencer Reid dei libri che hai sparsi per tutta la casa e che non riesci a smettere di leggere. Mi metti preoccupazione.

-No davvero Abby sto bene, è solo che ho dormito poco.- rispose in fretta prendendo il blocco degli appunti dalla borsa.

 

Cosa sarebbe successo? E se lui l'avesse vista? Come si sarebbe dovuta comportare? Sarebbe dovuta andare via?

Il suo sguardo era fisso su di lui, che aveva preso alcune scartoffie dalla sua valigetta e aveva iniziato a parlare:

-Questa lezione verterà sull'omicidio seriale, avendo poco tempo a disposizione per trattare una argomento che vorrebbe un anno luce, ho deciso di soffermarmi sugli aspetti più rilevanti per la psicologia criminale. Prima di tutto è da sottolineare che le peculiarità che un caso di omicidio seriale presenta sono totalmente diverse da un caso di omicidio tradizionale. Un serial killer uccide o tenta di uccidere per il puro piacere che deriva dall'annientare un altro uomo. Questo lo fa sentire potente e invincibile. I serial killer si possono suddividere in varie classi a seconda del motivo che li spinge ad uccidere, ma nel 80% dei casi compiono l'omicidio per soddisfare una pulsione sessuale.

 

Julia pendeva letteralmente dalle sue labbra, non scriveva nemmeno, le sue parole rimanevano vivide nella sua mente. In quel momento ogni sua paranoia era svanita, per far posto alle sue parole. Lui era la perfetta incarnazione di ciò che sarebbe voluta diventare un giorno, una profiler dell'FBI che lavorava sul campo e avere tutte quelle conoscenze sulla psiche umana.

La lezione durò due ore circa, il Dottor Reid parlò interrottamente, sparando statistiche e dando dettagliate informazioni su cosa porta un uomo a diventare un serial killer. Julia era estasiata, forse una delle lezioni migliori dell'anno, avrebbe potuto ascoltare quell'uomo per ore e ore senza stancarsi, e non voleva che la lezione si interrompesse.

-Bene signori la mia lezione è terminata, vorrei lasciare la parola alla mia collega, l'agente speciale Jennifer Jareau.- disse Reid mentre la bellissima bionda si alzava da uno dei primi posti e andava a prendere il microfono.

-Grazie Dottor Reid, buongiorno a tutti- disse con un sorriso smagliante. - sono qui per informarvi che questo corso di studi è stato scelto dal BAU dell'FBI per una selezione.

Julia continuava a tenere lo sguardo su Reid che scrutava la platea, quando queste parole dell'agente Jareau catturarono la sua attenzione e i suoi occhi si spostarono su di lei.

-Verrete sottoposti a un questionario e solo tre di voi verranno scelti. Questi tre potranno seguire il corso del Dottor Reid, della durata di tre settimane che si terrà a Washington. Ovviamente tutte le spese saranno a carico nostro. I tre prescelti saranno poi sottoposti ad un ulteriore livello di selezione.-l'aula era completamente in silenzio.- e solo al migliore tra loro sarà data la possibilità di un tirocinio nell'unità di analisi comportamentale a Quantico.

A questo punto iniziarono i brusii, tutti entrarono in agitazione, era un'occasione che nessuno si sarebbe mai voluto perdere, poteva essere l'opportunità della loro vita.

-Riceverete un e-mail con tutte le informazioni sullo svolgimento della prova- continuò l'agente Jareau alzando il tono di voce. In quel preciso istante Julia sentì gli occhi di Reid su di lei, si voltò a guardare il dottore in tutto il suo splendore e lui le sorrise fissandola dritta negli occhi.

Julia arrossì e sorrise a sua volta, ma in quel momento lo vide mentre prendeva il suo telefono cellulare per rispondere a una chiamata perdendo così il contatto visivo.

Subito dopo aver chiuso la chiamata Reid si avvicinò a JJ e le disse qualcosa. La bionda cambiò espressione del viso da cui sparì il suo splendido sorriso che fu rimpiazzato da un'aria di preoccupazione.

-Bene ragazzi abbiamo finito, sarete informati al più presto, potete andare.

Ci fu un applauso, neanche il tempo che il frastuono delle mani che schioccavano finisse che i due agenti si erano dileguati.

Julia cercava Spencer tra la folla della prima fila, ma non lo vide e non vide più nemmeno la donna bionda. In quel momento Abby la prese per un braccio e la porto fuori dall'aula ormai semivuota, la trascinò per l'intero andito, fino a che non furono fuori e presero posto in uno dei tavoli del bar all'aperto.

-Due caffè per favore- disse Abby al cameriere, poi si rivolse a Julia. -Tesoro ora mi spieghi cosa ti è successo e cosa c'è che non va.

-Ma niente, è tutto ok. -rispose Julia. Non voleva parlare con nessuno di ciò che le era accaduto la sera prima, pensava che se l'avesse detto ad alta voce tutta la magia sarebbe sparita; e poi ne Abby ne nessun altro avrebbe potuto crederci.

-Senti tesoro io ti conosco, non puoi raccontare cazzate a me. Sei strana.

-Strana? In che senso?- chiese Julia.

-Sei distratta, come se avessi la testa tra le nuvole. E sei stranamente allegra, non ti vedevo così da tanto tempo. Chi è il fortunato?

-Che vuoi dire?

-Dai Julia, non fare finta di nulla, hai conosciuto qualcuno, è palese!!

Julia rise. -Si ho conosciuto uno.

-Lo sapevo!!- rispose vittoriosa Abby. -Lui chi è? Lo conosco?

-È solo un ragazzo che ho conosciuto in un bar.

-Si, ma questo ragazzo è riuscito a farti sorridere. Non un sorriso superficiale, un sorriso vero.

-Dici?

-Si, tesoro, davvero non ti avevo mai vista così. Sono felice per te.

-Non te lo dico lo stesso chi è- disse ridendo Julia.

-Ti prego, ti prego, ti prego.-rispose supplichevole Abby. -ti faccio gli occhi dolci.

-Niente da fare.

-Mmm...va beh per ora non insisto, comunque se non me lo dirai tu lo scoprirò, ho i miei informatori.

 

 

***

 

-Gli altri ci stanno aspettando sulla scena del crimine.-disse JJ rivolta a Reid – Garcia ci ha appena mandato tutto sul tablet.

-Donna bianca sui vent'anni, è stata trovata sta mattina presto sul retro di una discoteca dal proprietario. Non aveva documenti addosso, e non ci sono denunce di ragazze scomparse che corrispondono alla sua descrizione. Non abbiamo nemmeno i referti dell'autopsia, però ci sono delle immagini.-disse Reid sfogliando il fascicolo che Garcia gli aveva mandato.

-Dalle immagini sembra che la vittima sia stata posizionata in maniera simbolica, come a formare un pentacolo, è stata strangolata e mutilata, e dal sangue che le cola dai capelli è come se avesse una terza ferita mortale al capo.

-Povera ragazza.-disse JJ e dopo una lunga pausa continuò- Siamo quasi arrivati, Reid.

-Mancano esattamente 13,2 chilometri.

-Era un affermazione la mia-disse sorridendo JJ.

Reid non era al suo 110%, stava ancora pensando a Julia. L'aveva vista a lezione, e averebbe voluto parlarci o perlomeno salutarla, ma erano stati interrotti. Era ancora deciso a parlarne con Derek, ma per il momento cercava di ignorare i pensieri e concentrarsi sul lavoro.

 

La discoteca si trovava in un posto squallido e isolato,il resto della squadra insieme agli agenti della polizia locale stavano perlustrando l'area: il piccolo vicolo che portava all'ingresso, il giardinetto (se così si poteva chiamare) che vi era di fronte, e il locale intero.

Reid e JJ scesero dalla macchina e andarono subito incontro a Prentis che aveva appena congedato lo sceriffo.

-Siete arrivati finalmente.-disse Emily.

-JJ non ha voluto seguire le mie indicazioni.-disse Reid.

-Sta zitto ragazzino, abbiamo bisogno di te di là.- disse una voce alle loro spalle, era Derek in tutta la sua bellezza e imponenza fisica.-Hotc vuole che tu veda.

Reid seguì Morgan dentro la discoteca, un locale molto grande e ancora più squallido al suo interno, sulla destra c'era un lungo bancone e vi erano i resti dei bicchieri della sera prima, si vedeva la negligenza nella pulizia e si sentiva una forte puzza di alcol, dall'altra parte vi erano dei divanetti bianchi e più in fondo , sopra un soppalco stava della strumentazione da DJ. Passarono davanti alla scientifica che stava raccogliendo tutto ciò che poteva, passarono per un corridoio che andava in salita e arrivarono a uno spazio aperto.

-È qui che l'hanno trovata?- chiese Reid a Morgan.

-Si, era distesa li- rispose lui indicando la zona con le chiazze di sangue.-la scena è intatta la scientifica non ha ancora toccato nulla.

Reid osservò attentamente la superficie in cemento coperta dal sangue, poi iniziò a guardarsi intorno, l'area era recintata da un muretto in pietra alto almeno un metro, più in la era visibile una piscina separata dall'area da una siepe.

-Questa sarebbe l'area fumatori di questo posto.-disse Rossi sospirando mentre si avvicinava a loro.-non so come i giovani di oggi riescano ad entrare in posti simili.

-Droga, alcol, l'occasione facile di trovare una notte di sesso, più precisamente una combinazione delle tre, le discoteche sono fatte per questo- rispose Reid che ancora si osservava intorno.- è una zona chiusa e isolata, quasi inaccessibile, l'SI sapeva quello che faceva, dalle foto ho notato che il corpo è stato posto in una posizione simbolica, il pentacolo. Per lui è stato come un rito.

-Abbiamo a che fare con un serial killer satanico?-disse Rossi.

-È ancora presto per dirlo, potrebbe essere semplicemente la sua firma, esistono diversi casi di serial killer satanici, ovvero quelli che uccidono in gruppo e fanno parte delle sette, e quelli definiti “visionari” che sono convinti che Satana gli parli e li spinga all'omicidio, quando invece sfogano liberamente il loro istinto primordiale aggressivo. La maggior parte dei casi studiati soffriva di schizofrenia, ma in quel caso la scena del crimine sarebbe stata disorganizza, questo soggetto ignoto invece ha pianificato tutto nei minimi particolari.

-E siamo solo all'inizio.-disse Morgan.

-La vittima non è stata uccisa qui.-disse Rossi.-ma mi chiedo come sia potuto entrare qui ieri sera con un cadavere in vista senza farsi notare dalla folla.

Hotch li interruppe: -il medico legale ha finito l'autopsia, non sappiamo ancora quale sia l'identità della vittima.-disse l'agente con la sua solita aria fredda e cupa.-Morgan chiama Garcia e dille di attuare una ricerca ampia su tutto lo stato, di una ragazza scomparsa che corrisponda alla vittima, e di verificare se ci sono corrispondenze per quanto riguarda il MO e la scena del crimine con altri casi. Reid, voglio che tu e Prentiss andiate dal medico legale per vedere la vittima. Noi andremmo alla centrale, ci troverete li.- Hotch si allontanò insieme a Rossi.

-Ehi ragazzino, di cosa volevi parlarmi ieri sera?-chiese Morgan a Reid.

-Oh, niente. Cioè non è niente, ma può aspettare.-rispose vago Reid.

-Non me la racconti giusta, ragazzino.-rispose Morgan, come se avesse colto qualcosa nella voce del dottore. In quel momento gli squillò il telefono:-Ciao Bambolina.

Redi capì subito che si trattava di Garcia, e vide l'occasione per sfuggire ad altre domande di Derk che lo avrebbero messo in crisi, così andò a cercare Prentis.

 

Il cadavere era stato portato all'ospedale vicino, circa a dieci isolati da dove si trovavano. Entrati nell'obitorio, il medico legale, la dottoressa Boswell si presentò loro, li fece accomodare nella sala mostrò loro il corpo togliendo il lenzuolo bianco che lo copriva. I due agenti poterono vedere il volto sconvolto e gonfio della ragazza con i capelli di un biondo platino scuriti dal sangue.

-La ragazza è stata strangolata-disse indicandone il collo.-con qualcosa di insolito direi, una sorta di laccio ma molto fine.

-Una corda di violino forse?-chiese Reid analizzando la ferita.

-Si, potrebbe darsi. Ma il punto è che non è stata l'asfissia a provocare il decesso, se pur deve averle fatto perdere coscienza.

-Ci sono segni di una tentata rianimazione.-disse Reid.

-Come se il soggetto ignoto abbia avuto qualche ripensamento o si sia sentito in colpa.-disse Prentiss.

-Si è stata praticata la manovra di rianimazione, le compressioni del torace sono state così feroci che le sono state rotte due costole.-disse indicando i lividi.-Le è stato inferto un colpo alla testa con qualcosa di pesante, che le ha causato la frattura dell'osso occipitale.-disse indicando la frattura.

-È stato questo il colpo mortale?-chiese Emily.

-No, la vera causa del decesso è stato questo.-la dottoressa Boswell indicò un foro molto profondo alla base dell'orecchio sinistro.

-Nessun proiettile, vero?-chiese Reid.

-No, nessun foro d'uscita e nessun proiettile dentro. Credo sia stata usata un'arma ad aria compressa.-disse guardando Reid.

-Le armi ad aria compressa vengono usate dagli allevatori per uccidere il bestiame, l'animale così non soffre e muore all'istante, senza nemmeno accorgersi di ciò che è accaduto.-disse il dottore rivolgendosi a Prentiss.

-Ancora nessun nome?-chiese lei alla dottoressa Boswell.

-Ho inviato i campioni di sangue e per il DNA alla scientifica, ma ci vorrà un po', ho fatto una radiografia dentale. Il nostro tecnico la sta confrontando con il database.

-Le mutilazioni sono state inferte pre o post mortem?-chiese Reid.

-Post mortem, le è stata mutilata la zona pelvica.

-Nessun segno di violenza sessuale?

-No, anche se è stato molto difficile capirlo, visto in che stato è stata ridotta questa povera ragazza.

-Quindi l'SI, ha aggredito la ragazza e l'ha strangolata.-disse Reid.

-Poi l'ha colpita alla testa, provocandole la contusione cranica, e le ha sparato.-continuò Prentiss.

-Inseguito è passato alla mutilazione.-continuò Reid.

-Molto strano.-disse Prentiss dopo una pausa.- perché infliggere tre ferite mortali?

-Un rituale, per l'SI, come la posizione in cui è stato trovato il corpo, le tre ferite mortali devono avere un particolare significato. E le mutilazioni della zona pelvica, indicano che non solo voleva annientare la vittima, ma voleva annientarla in quanto donna. Sempre eseguendo il suo rituale.

In quel momento entrò nella stanza, un giovane medico con il camice:

-Il database ha trovato un riscontro, la ragazza si chiamava Hilary Phriam, 23 anni.-disse.

 

I due agenti uscirono in fretta dal laboratorio. -Garcia, la vittima si chiama Hilary Phriam.-disse Reid al telefono.

-Si, ok..trovata!-rispose nell'arco di un millisecondo Penelope dall'altro capo del telefono.-Hilary Phriam 23 anni di Memphis, frequenta un corso di estetiste alla scuola di bellezza di New Haven.

-Abbiamo un indirizzo?-chiese Emily.

-Un minuto, si è trasferita da poco a New Haven, vive al 53, Park Drive.

-Grazie Garcia, raccogli tutte le informazioni che puoi sulla ragazza.-disse Emily.

-Come fatto tesoro, passo e chiudo.-rispose l'eccentrica informatica attaccando il telefono.

Emily contattò Hotch per riferirgli l'identità della vittima e ciò che avevano scoperto sul cadavere.

 

-Aspetta un momento, ha detto il numero 53 di Park Drive?- chiese ad un tratto Reid, mentre lui e Prentis si dirigevano alla centrale.

-Si, ti è familiare?

-Ci sono stato ieri sera, è vicino all'hotel dove io e JJ alloggiamo.

-E che ci facevi li?

-Non riuscivo a prendere sonno, così sono uscito a prendere un po' d'aria e sono entrato in un bar, in quella strada.- era l'indirizzo del palazzo dove viveva Julia.

 

 

***

 

-Caroline!! Cosa vuol dire che Hilary è sparita?- chiese Julia alla sua coinquilina che l'aveva chiamata alquanto allarmata.

-Non risponde alle mie chiamate, e non è tornata a dormire.-rispose lei.

-Questo non è insolito per lei, si sarà fermata a dormire da qualcuno. E poi tu non eri con lei ieri sera?

-Si, però .-ci fu una pausa -beh, ci siamo perse di vista a metà serata, eravamo un po' brille e io me ne sono andata con uno.

-Ecco.

-Julia la cosa mi preoccupa sono le due, a quest'ora sarebbe dovuta essere a casa, o tanto meno rispondere al cellulare.

-Dai Caroline tranquilla, se la sarà spassata un po' troppo ieri notte e si starà riprendendo. Dove se tu?

-Qui, a casa, aspetta hanno appena bussato alla porta.- Caroline si avvicinò alla porta e l'aprì, si trovò davanti un ragazzo di colore alto molto attraente con un uomo un po' più anziano affianco a lui.

-Salve.-disse spostando il telefono sul suo petto

-Agenti Speciali Morgan e Rossi, siamo dell'FBI.-disse il giovane di colore mostrandole il distintivo.-è questo l'appartamento di Hilary Phriam?

 

Julia era ancora in linea e aveva sentito ogni singola parola, si trovava nella biblioteca del campus prese le sue cose e si affrettò verso l'uscita, doveva correre al suo appartamento. Cosa era successo? Perché l'FBI era nel suo appartamento? E perché stavano cercando Hilary? Che cosa le era accaduto?

Ci avrebbe messo almeno venti minuti a piedi per arrivare a Park Drive, e i tram erano bloccati per via di un incidente sul ponte, ma doveva fare il più in fretta possibile così prese un taxi. Il cuore le batteva forte, era davvero preoccupata per Hilary, che si fosse invischiata in qualcosa di brutto?

Conosceva Hilary da qualche mese, non erano amiche, per niente, erano solo delle conoscenti che condividevano l'appartamento e non erano nemmeno in buoni rapporti. Lei era l'esatto contrario di Julia, quasi la sua nemesi. Litigavano per tutto nell'appartamento, per la pulizia, per il disordine, per il casino, e quando non litigavano si ignoravano. Hilary era una ragazza immatura e incosciente, il cui unico scopo nella vita era andare per locali e ubriacarsi, e la cosa che la divertiva da matti era il mortificare gli altri. Ma non era cattiva, non di certo, era solamente molto ingenua. Julia era veramente in pensiero per lei, se pur odiandola e conoscendola da poco ci teneva a lei.

 

Arrivò al suo palazzo, salì così in fretta le scale che se fosse inciampata si sarebbe fratturata qualche osso, sul pianerottolo si fermò, fece qualche respiro e entrò in casa.

I suoi occhi si posarono immediatamente su Caroline che piangeva a dirotto seduta sul divano, mentre un ragazzo di colore cercava di farla calmare.

-Caroline? Cosa?-disse Julia sulla soglia, mentre il suo sguardo andava da un agente all'altro.

-Lei chi è?-disse l'agente più anziano con un accento familiare, avvicinandosi a lei.

-Io? Mi chiamo Julia Scalisi, vivo qui.-in quel momento anche gli occhi dell'altro agente si posarono su di lei.

-Agente Speciale Dave Rossi e Agente Speciale Derek Morgan, FBI.-disse l'agente porgendole la mano.-lei è italiana, vero?

-Bhe si, vengo da Milano. Ma cosa è successo?- chiese lei allo stesso tempo confusa e scioccata.

-Qui le domande le facciamo noi.-disse alzandosi l'agente Morgan con voce fredda.

-Vorremmo farle qualche domanda, a proposito della sua coinquilina, Hilary Phriams.- disse l'agente Rossi. Sentendo quel nome Caroline riprese a singhiozzare più fortemente.

-Si certo, ma se posso chiederlo che è successo a Hilary?-rispose Julia timidamente. Voleva sapere che cosa stava succedendo, quella situazione era talmente surreale e doveva esserci qualcosa di terribilmente oscuro dietro. Il viso del ragazzo di colore si addolcì come se avesse visto qualcosa in lei che prima non aveva notato.

-Lei è morta, Hilary è morta.-disse flebilmente Caroline.

A quelle parole a Julia le si gelò il sangue nelle vene, il cuore le si fermò per un attimo, stava quasi per svenire. L'agente Rossi la fece sedere sul sofà accanto all'altra, non riusciva a crederci e non riusciva a riprendere fiato. Sapeva che si sarebbe dovuta aspettare qualsiasi cosa, ma non immaginava di certo il peggio.

-Hilary Phriams è stata assassinata la notte scorsa.-disse cautamente Morgan.-crediamo sia opera di un serial killer.

-....Come? Un momento...Cosa?- non riusciva a crederci, non riusciva proprio a metabolizzare la cosa, era come se non capisse il significato delle parole che l'agente Morgan le stava dicendo.

In quel momento iniziò a piangere, senza volerlo, senza nemmeno accorgersene. Le lacrime le sgorgavano dal viso, e non riusciva a farle smettere.

-Signorina, sappiamo quanto possa essere difficile per lei capire la situazione, ma noi abbiamo bisogno del vostro aiuto. -disse rivolgendosi anche a Caroline.

Julia si asciugò le lacrime, mentre Caroline le prese e le strinse forte la mano come se avesse bisogno di sentire il corpo si qualcuno. Cercarono di rimettersi in sesto.

-Assolutamente, qualsiasi cosa possiamo fare per voi, noi la faremmo.-disse tremante Julia.

-Bene.-rispose l'agente Morgan stringendo le mani delle due ragazze e guardandole dritte negli occhi.-Qualsiasi cosa che ci direte su Hilary potrà esserci utile.

-Cosa volete sapere?-chiese Julia.

-Ogni cosa, tutto ciò che sapete su di lei.-disse Rossi –chi frequentava, quali erano le sue abitudini. Vrremo anche sapere dove vi trovavate voi ieri sera, approssimativamente verso mezzanotte e le tre del mattino.

-Io, ieri sera ero con Hilary.-disse Caroline lentamente.-siamo uscite, abbiamo fatto il giro di qualche bar e poi siamo entrate in un pub, qui abbiamo conosciuto due ragazzi che ci hanno invitato a bere qualcosa. Io sono andata via con uno di loro, e Hilary è rimasta con l'altro.-iniziò a piangere nuovamente – non avrei dovuto lasciarla lì da sola, è colpa mia è tutta colpa mia.

Julia l'abbraccio e cercò di tranquillizzarla.

-Può dirci esattamente, quali locali avete visitato, e una descrizione per lo meno approssimativa dei due ragazzi, crede di farcela?-chiese Rossi.

-Si, credo che potrei farcela-disse Caroline asciugandosi gli occhi.

-Lei invece dov'era?-chiese Morgan rivolgendosi a Julia con uno sguardo penetrante e intenso.

-Io ero da Frank's il bar all'angolo, sono rimasta li tutta la notte.-rispose ancora flebile lei.

-Qualcuno può confermarlo?-chiese l'agente.

-Si beh, potete chiedere a Frank, il proprietario del locale.

-Non c'è bisogno, garantisco io per lei.-disse una voce alle loro spalle.

-Reid, che ci fai qui?-chiese Rossi all'affascinante dottore che aveva varcato la soglia con la sua presenza, accompagnato dall'agente Prentiss.

Reid si avvicinò a Julia, mentre gli altri lo guardarono con fare interrogativo, non capendo cosa stesse facendo il loro piccolo genio. Reid si chinò davanti a lei, le prese le mani e la guardò dritta negli occhi:

-Stai bene?

 

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