sky wands.

di feddurr
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo I. ***
Capitolo 2: *** capitolo II. ***
Capitolo 3: *** capitolo III. ***
Capitolo 4: *** capitolo IV. ***
Capitolo 5: *** capitolo V. ***
Capitolo 6: *** capitolo VI. ***



Capitolo 1
*** capitolo I. ***


Premessa.
Questa è una storia delle più insolite che mai leggerete. Può darsi invece che siate così pratici da ritenerla una storia piena di clichè e cose già viste e lette. Come può darsi pure che la troviate semplicemente una storia orribile, senza futuro né senso. Ebbene, io ne sono il narratore, il mio unico scopo è rendervi partecipi, che voi siate d’accordo o no. Le opinioni mi interessano poco, in quanto il mio mestiere è appunto narrare una storia che un giorno mi è spuntata nella mente e che mai avrei pensato potesse suscitare così tanta ispirazione. Si sa, ogni storia ha i suoi sostenitori come ha i suoi critici, come ogni persona ha pregi e difetti. Piuttosto, sono qui per il puro piacere di esserci, sono qui perché vorrei condividere una storia, sono qui perché, ovviamente, spero mi arrivino dei complimenti come degli insulti. Non ho paura di tutto ciò. Ho solo voglia di essere altruista e questo sentimento mi spinge a mettere nero su bianco una storia. Chissà come andrà a finire, chissà come comincerà, chissà se si svilupperà. Per ora posso dirvi che io la ritengo una storia insolita e presto anche voi capirete il perché. Ma tanto, l’opinione del narratore l’ascoltano tutti, ma nessuno ci fa mai caso. Io inizio a raccontare, a vostro rischio e pericolo. Tanto, non potete fermarmi.




CAPITOLO I.
Provate ad immaginare una mattina fredda e pungente, un sole che nasce per l’ennesima volta e un cielo che si rischiara per accoglierlo. Immaginate il mare che inizia a brillare contemporaneamente al sole, come se volesse imitare la sua naturale luminosità. Immaginate questo scenario così comune eppure così bello, quasi magico, incorniciato dai raggi di quel sole onnipresente. Una parte del mondo si risveglia, mentre la luna si dirige verso l’altra parte, pronta a fare il suo lavoro. Io, che mi trovo nella metà quasi del tutto in piedi, osservo la natura e il suo ridestarsi lento ma potente, parliamo di alberi che sembrano ingrandire, di uccelli che si schiariscono la voce e animali che salutano famiglie, che si preparano per cacciare, per correre, per vivere. Certo è magia quella che aleggia nell’aria mattutina. Ed è di magia che continueremo a parlare, perché qui si racconterà della famosa scuola di Hogwarts, dei suoi studenti e di due studentesse in particolare che, guarda caso, sono diverse come l’alba e il tramonto, ma unite da qualcosa di potente come i grandi astri dello spazio.

Forse vi sarete fatti un’idea dell’immensità del castello di Hogwarts, dei sui tetti volti a superare il cielo, dei suoi cancelli antichi come il mondo, delle sue finestre alte e maestose come la fama della scuola che illuminano e dei suoi corridoi lunghi, che sembrano non finire mai. Ebbene, io voglio portare la vostra attenzione proprio lì, in uno di quei corridoi, perché una delle protagoniste cerca di percorrerne uno in pochi minuti, correndo più che può. Dannazione, dannazione, dannazione! La mancanza di fiato quasi la fa cadere a terra, ma la ragazza continua imperterrita. Un’altra volta! E’ successo un’altra volta! Perché non posso essere puntuale? Perché i miei sogni sono così invitanti e fanno passare la voglia di svegliarmi? I capelli lunghi e ricci ostacolano la sua vista e adesso la ragazza corre tenendosi i capelli con una mano. E poi, mi chiedo, perché tutto questo succede quando la mattina ho lezione di Aritmanzia? La odio, la odio ma mio fratello mi ucciderebbe se saltassi una lezione! Sono questi i pensieri che turbinano nella mente della studentessa Agnes Moore, del quinto anno, Tassorosso e in ritardo. Sono questi i pensieri che la fanno andare a sbattere contro un’altra persona, facendola risvegliare con una bella botta contro il marmo del pavimento. -E guarda un po’ dove vai.- sono le uniche parole che Agnes percepisce prima che l’altra vittima sparisca. Adesso ho meno tempo! Non pensarci, non pensarci! Finalmente, si alza e ricomincia a correre, stavolta con il suo obiettivo ben fisso nella mente. Arrivo in classe, cerco di non farmi sbranare e dopo la lezione, se ne esco, giuro sul giardino di mia nonna che aggiusto la sveglia! Sembra che la classe sia proprio di fronte a lei, perché Agnes sospira. E spingendo con la spalla, apre la massiccia porta per andare incontro al suo destino. Tutto gli occhi sono puntati su di lei. Tutta la classe, persino il prof, con occhi di rimprovero, la squadra dalla testa ai piedi. Solo una persona le dà le spalle, ma sembra che abbia una mano sul viso. -…Buongiorno…a tutti?- E’ tutto qui quello che sai fare? Pensaci e ritenta! Il suo sguardo vaga per tutta l’aula mentre i meccanismi del suo cervello vanno a fuoco in cerca di una scusa plausibile. -Ho…ehm…- Dai che ce la fai, dai!    -Avevo…ehm…Avevoilmantelloinlavanderiaesonoandataaritirarlo!- Dice tutto d’un fiato. Silenzio. Agnes cerca n segno dal prof, da qualcuno, da chiunque! Un rumore, uno scricchiolio, un mormorio, qualcosa! Ed eccolo lì. Una risata. Una risata silenziosa, leggera, trattenuta. Dalla persona che ancora le dà le spalle. Stavolta ti uccido Des, sarà l’ultima cosa che faccio! pensa la povera Agnes, mentre si dirige sospirando con rassegnazione al suo banco. Appena seduta guarda alla sua sinistra, dov’è seduta la sua amica Des, con la mano sulle labbra, occupata a trattenere un sorriso. Agnes la guarda, dapprima con costernazione, ma poi non ce la fa e sorride anche lei.

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Capitolo 2
*** capitolo II. ***


CAPITOLO II.
Sapete, ad Hogwarts non c’è una vera e propria campanella di fine lezione. Semplicemente, i professori congedano gli alunni e questi si riversano nei corridoi. In questo preciso momento, cioè nel momento di piena di studenti che inondano i corridoi, la confusione è delle più totali. Gli adolescenti, quali massa di scimmie urlanti e scalpitanti, portano il caos nei luoghi solitamente silenziosi della scuola, per il dispiacere dei professori, per pochi, ma inesorabili e intensi, minuti. E ciò non succede solo una volta al giorno, ma ad ogni intervallo di lezione, il che rende la giornata interminabile e insopportabile. Anche se solo per alcuni.

Uno di questi è la visibilmente infastidita Desdemona Frost, detta Des, del quinto anno, Corvonero. Non provate a farle domande sul suo nome, giuro che potrebbe saltarvi al collo e sgozzarvi, senza problemi. Comunque, Desdemona si trova nel bel mezzo di uno dei caotici corridoi della scuola. Attualmente, cerca di farsi spazio tra le scimmie sue coetanee con movimenti volutamente bruschi mentre cerca di badare ad un piccolo esemplare che è attaccato al suo braccio destro e che, con le sue urla, la distoglie dai suoi pensieri. Bella vita, la mia. E’ l’unico pensiero che riesce a non annegare nella marea di parole che la sua amica Agnes, artigliata al suo braccio, sforna senza fermarsi mai. La faccia di Desdemona si fa sempre più imbronciata di secondo in secondo, gli occhi si fissano su un punto davanti a lei e il viso sembra quasi che stia per esplodere, per tutta l’indignazione che contiene. Finché tutto viene interrotto da Agnes, che comincia a scuoterla, con una forza che nessuno le assocerebbe mai. -Ma dico Des, prima ridi delle mie sventure e poi eviti anche di ascoltarmi? Non ti sembra ingiusto che io debba sopportare tutto questo?- sta urlando la scimmietta. Des si sforza e, con un sorriso più finto del parrucchino di suo zio, si gira verso Agnes che la sta guardando, in attesa. -Non è colpa mia se utilizzi il tuo già minuscolo cervello per svolazzare nei meandri dei tuoi innumerevoli sogni. E poi sì, ho riso, perché mi fanno ridere le persone che non sanno organizzare niente della propria vita.- dice con calma, per dosare il veleno nelle parole. Agnes, naturalmente, non la sta più ascoltando. Ha gli occhi rivolti verso tutt’altra parte, come se fosse incantata. Tipico pensa Desdemona e con forza e proferendo poche parole di scuse, si libera dalla presa dell’amica. Si fa strada tra corpi di studenti vari e, con una spinta finale, oltrepassa una grande porta di ferro, che chiude alle proprie spalle. Con sollievo, appoggia la schiena sul ferro e sospira, riguadagnando equilibrio mentale. Si guarda intorno e tende le orecchie ma tutto ciò che vede e sente sono libri e silenzio. La biblioteca è sempre vuota a quell’ora e lei può godersela in pace, come più le piace. Si concede una passeggiata tra gli scaffali, che oltrepassa con gli occhi socchiusi e un mezzo sorriso sulle labbra. Con le dita, sfiora i dorsi di tutti i libri che riesce a toccare, antichi come la scuola, profumati più di un roseto e affidabili più di qualsiasi persona. Ad un certo punto, si ferma in mezzo a due alte librerie, in ascolto. Sembra ci sia qualcuno vicino alla finestra, il che è fin troppo insolito. Ma quello che raggiunge le sue orecchie è solo un mormorio accennato. Si avvicina con cautela, con curiosità. Ma prima che possa arrivare alla finestra, sente una porta chiudersi e il fruscio delle pagine di un libro. Desdemona, quindi, si avvicina, stavolta con decisione, ma tutto ciò che trova sul davanzale dell’alta finestra è un libro aperto. Dapprima si guarda intorno ma poi trova coraggio e si avvicina ancora. Il libro è “Le mille e una notte” e le pagine sono aperte sul racconto dell’eroe Sinbad e dei suoi viaggi. La ragazza sorride: ama quella storia. Quindi, si siede su una poltroncina e legge, toccandosi le punte dei capelli lisci. La storia la travolge, la porta via e la fa sognare. Ma un rumore la fa destare da quel così dolce sogno e la fa alzare di scatto, con apprensione. Il libro cade per terra e Desdemona, per raccoglierlo, trova qualcosa. Un segnalibro blu come il cielo di notte, dimenticato dal precedente lettore del libro. La ragazza lo rigira tra le mani, come ad esplorarlo, a cercare qualche minuscolo scompartimento nascosto. Ma è distolta dall’operazione da una voce, quella di Agnes, che la invita a raggiungerla per arrivare puntuali a Pozioni. Presa dalla foga, Desdemona nasconde il suo nuovo tesoro nel mantello e torna dall’amica, nascondendo l’euforia di un attimo prima.

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Capitolo 3
*** capitolo III. ***


CAPITOLO III.
L’aula di pozioni è una delle più anguste di tutta Hogwarts. La stanza è a malapena illuminata dalla flebile luce di lampade e candele, i tavoli e gli alti sgabelli occupano tutta la superficie del pavimento che sembra non vedere una scopa da secoli. Le pareti sembrano sparire dietro le numerose credenze che circondano l’intero perimetro dell’aula e il soffitto è composto da volte a sesto acuto che nascondono ragnatele e chissà cos’altro nell’oscurità dei loro angoli. E boccette, ampolle, contenitori, di tutte le forme e dimensioni, contenenti di tutto, da animali imbalsamati a liquidi dai colori improponibili, regnano indiscussi. Ci troviamo nei sotterranei della scuola, non riscaldati, non illuminati e quasi terrificanti se non facessero parte di una delle scuole di magie più potenti al mondo. E, presumibilmente, qui si parla di una scuola di maghi buoni e coscienziosi, che perseguono la giustizia e combattono la malvagità. Di solito.

Des ed Agnes si uniscono alla fila di studenti diretti verso Pozioni. Agnes parla come al solito e Des tira sospironi rassegnati, come al solito. Oltrepassata la porta, gli studenti corrono come matti per accaparrarsi i tavoli in fondo all’aula e Des e Agnes trovano posto vicino ad una credenza piena di boccette con ripieni dalle sfumature giallo-verdastre. Il professor Piton, con il suo sguardo perennemente altezzoso, entra in classe e ristabilisce l’ordine, zittendo due esemplari di scimmie maschio all’ultimo tavolo. Ed inizia a parlare. È ascoltato da Des, che prende appunti furiosamente, e allegramente ignorato da Agnes che, con il mento poggiato sul dorso della mano, osserva tutte le boccette della stanza. Il professore parla di un certo Distillato Soporifero che sembra funzionare benissimo anche soltanto attraverso le sue parole e il suo tono di voce. Dopo dieci minuti buoni di ricetta di Distillato, Piton sta per passare ad una tal Pozione Occhiopallato, quando la porta si spalanca improvvisamente, alzando una nuvola di polvere che fa tossire tutti i presenti. Il professore, indignato e infastidito, si dirige verso l’ingresso e spinge i due colpevoli al tavolo proprio di fronte alla sua cattedra. Subito un brusio sorpreso si leva nella stanza. Des ed Agnes, impegnate in passatempi del tutto diversi, sollevano la testa, chi dal libro, chi dalle nuvole, per cercare di riconoscere le due povere vittime del ritardo e dell’ira del professore. Uno è il famoso Louis Thomas, sesto anno, Serpeverde. Uno dei ragazzi più in vista della scuola, stranamente senza vassalli al seguito. Ricco e di bell’aspetto, basta questo per essere ammirato da tutti. Ma no, per lui non è abbastanza. Infatti, il suddetto Thomas ha anche i voti più alti della scuola, è il capitano della squadra di Quidditch della sua casata ed è campione di superbia. Des indurisce il viso istantaneamente. Per poi sorridere. Ma guarda guarda, il grande Thomas fa ritardo a Pozioni. Cosa mai succederà alla sua reputazione di beniamino della malora? Mentre Des si crogiola in questi pensieri, Agnes ha inarcato le sopracciglia. Pensa a qualcosa e non è uno dei suoi soliti sogni. La sua mente ritorna alla mattina, allo scontro-incontro ed a una voce familiare. La sua espressione si distende subito, quando collega dei fili nel suo cervello. Ecco! Mi sono scontrata con Louis Thomas! Louis Thomas! esulta silenziosamente. Felice della scoperta, cerca adesso di visualizzare il ragazzo che accompagna Thomas, ma le sopracciglia tornano ad inarcarsi. Al fianco del ragazzo più popolare della scuola c’è… c’è un ragazzo normale, che Agnes non conosce. Un ragazzo carino, ma mai visto prima. La ragazza dà una gomitata all’amica, per dirigere l’attenzione verso la strana coppia. Des è incerta come Agnes, non ha mai visto l’altro ragazzo. La ragazza spreme le meningi e ricorda qualcosa, qualcosa di sfuggente. -L’ho visto spesso in biblioteca. E’ sempre solo, ma di per sé non è una cosa strana. La cosa strana è vederlo con Thomas.- sussurra all’amica. I due discutono con il professor Piton o almeno: Thomas sorride sprezzante mentre l’altro ragazzo parla a raffica, cercando di giustificare sé e il suo amico e persuadere il professore. Des guarda con disprezzo Thomas e la sua strafottenza, mentre Agnes adesso ha lo sguardo fisso e la mano sul petto. Sicuramente è immersa in uno dei suoi viaggi tra le nuvole, ma non riesce a smettere di guardare gli occhi di Thomas, stringendo con l’altra mano il dorso del libro che ha davanti a sé sul tavolo che, come Des ha notato sin dall’inizio, non è per la lezione di Pozioni né per nessun’altra. È rilegato in verde e sulla copertina riporta solo due lettere, forse iniziali: L. T.

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Capitolo 4
*** capitolo IV. ***


CAPITOLO IV.
Hogwarts è famosa per i suoi chilometri e chilometri di pura magia. Il castello è il sogno proibito di ogni curioso avventuriere, con i suoi innumerevoli segreti, passaggi e stanze non più utilizzate. Il professor Albus Silente, preside di Hogwarts e mago stimato, risponde sempre allo stesso modo quando gli viene illustrato il “problema” del troppo spazio non adoperato della scuola: -Costringere qualcuno a cambiare qualcosa di sé stesso, è certo un atto troppo azzardato e, il più delle volte, del tutto inutile. Come preside della scuola di Hogwarts, io dovrei avere un qualche potere nei suoi confronti, dovrei essere io a comandare, a decidere come vanno le cose qui dentro. Ma se vi siete fatti un’idea del genere sul mio ruolo, beh, fareste meglio a scuotere la testa e cancellare tutto. Hogwarts riesce benissimo a cavarsela da sola. È un entità indipendente e non c’è potere magico o forza bruta che potrà mai toglierle la sua libertà. Come il cervello umano non riesce ad essere del tutto utilizzato e come il cuore non riesce a provare tutte le emozioni esistenti al mondo, Hogwarts ha stanze vuote e corridoi deserti. Ma fanno parte di lei, come il cervello e il cuore sono cose senza le quali nessuno potrebbe mai vivere, e non possono essere estirpate o distrutte senza recare danno al corpo che le ospita.-

Le lezioni sembrano essere finite e gli studenti possono finalmente pensare un pochino a loro stessi. Nei corridoi aleggiano tranquillità e sollievo, i ragazzi intraprendono lunghe passeggiate fino ad Hogsmeade, o più semplicemente si riposano in camera o, ancora, si prendono del tempo per esplorare la scuola. Ma, naturalmente, la nostra attenzione deve essere rivolta verso un’ala poco frequentata della scuola, più esattamente verso un’aula abbandonata in particolare, con una grande ed unica finestra che affaccia sul mare. Qui, tra tavoli impolverati, enormi ragnatele forse frutti di chissà quanti anni di lavoro e macchie di umido grandi come bauli, c’è un ragazzo. È vicino alla finestra, ma il suo sguardo è rivolto verso il pavimento. Si tratta di Darren Cox, studente del sesto anno, Grifondoro. Sta aspettando qualcuno e, credetemi, non vorreste mai trovarvi nei panni di quel qualcuno, perché l’espressione di Darren risulta tutt’altro che benevola. Il qualcuno varca finalmente la soglia della stanza, con la stessa delicatezza caratteristica degli elefanti in preda ad una crisi di nervi, sollevando più polvere possibile. Darren alza la testa di scatto, sfoderando il suo più efficace sguardo accusatorio. Ma non dice niente. O almeno, non ci riesce, perché subito l’altra persona prende la parola, in uno dei suoi soliti impeti di menefreghismo. -Ah, non guardarmi così. Sai che non me lo merito.- Louis Thomas, il grande Louis Thomas, si siede su una delle poche sedie presenti nella stanza e comincia a dondolarsi, allungando le gambe e incrociando i piedi sul tavolo di fronte a lui. -Ah davvero?- E’ tutto quello che Darren riesce a dire. I due si guardano in silenzio. Profondo rancore contro puro disinteressamento. Ma ecco che arrivano le prime parole: -Va bene, diciamo che ti perdono per avermi fatto arrivare in ritardo a Pozioni. Ho una reputazione da difendere e tu lo sai, ma per questa volta sono disposto a chiudere un occhio. In fondo, ci conosciamo dalla nascita. Tutto a posto.- Ed ecco Louis Thomas e la sua magnanimità, signore e signori. -Non è tutto a posto, Louis. Non era tutto a posto quando mi hai lasciato praticamente solo e disarmato davanti a Piton e non è tutto a posto adesso. Esigo delle scuse.- aggiunge Darren. Il viso di Louis sembra prima attraversato da sorpresa, poi un sorriso sprezzante e forzato fa capolino. Il ragazzo si alza, raggiunge l’amico vicino alla finestra e gli poggia una mano su una spalla. -Io dico che è tutto a posto e che ti ho perdonato. Ho detto che sono disposto a passare sopra la tua negligenza che ha rischiato di rovinarmi la reputazione. E passo anche sopra al fatto che è stata tutta colpa tua e di quel tuo stupido segnalibro disperso, che ci ha fatto perdere tempo inutile. Quindi fai un respiro profondo e manda al diavolo il tuo rancore.- Louis stringe la presa sulla spalla di Darren che, con un colpo secco, si divincola. -Va’ tu al diavolo, Louis. Sono stanco della tua reputazione e di te. Del tuo sconfinato amor proprio e della tua vigliaccheria. Sono stanco di doverti coprire sempre, a mio discapito. Non so neanche perché abbia perso tempo ad aspettarti qui. Le tue sono solo parole vuote se rivolte a qualcuno che non porti il tuo nome.- Darren volta le spalle alla finestra e all’amico e si prepara ad uscire. Ma viene bloccato. -Ah sì? E dove mai te ne andrai? Dal tuo gruppo di amici sfigati? Oh aspetta, sei talmente inutile che non hai neanche quello! Va’ al diavolo e porta il tuo bel segnalibro con te.- Louis trattiene il respiro, in attesa di risposta. Infatti l’amico si volta con uno sguardo deciso. -Sai Louis.. Mi fai pena. Mi fai pena con quel tuo atteggiamento da pallone gonfiato che dà sempre la colpa al mondo e mai a sé stesso. Mi fai pena con quel tuo gruppo di amici che ti segue ovunque tu vada, portandosi appresso tutta la falsità che camuffano per avere la tua approvazione. Va’ da loro e parlagli della tua passione per la musica e del tuo album pieno di fotografie e ritagli di giornale. Va’ da loro e mostrati per quello che sei. E poi vedremo se mai troverai qualcuno da cui andare a piangere, dopo.- Darren volta le spalle e lentamente lascia la stanza, lasciando solo Louis che, non riuscendo a contenere la rabbia, rovescia un tavolo. Ansimante, si tasta il mantello, alla ricerca di qualcosa. Ma non trova assolutamente nulla. Con gli occhi spalancati, attraversa la stanza ed esce nel corridoio, correndo dalla parte opposta a quella a cui aveva svoltato l’amico.

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Capitolo 5
*** capitolo V. ***


CAPITOLO V.
Dei segreti sono qualcosa che tutti non mancano di avere. Chi non ne è consapevole, chi se li costruisce giusto per nasconderli agli altri, chi proprio vorrebbe rendere partecipe una persona cara ma non ci riesce, chi, invece, sente il bisogno di condividerli con un fido complice. Ogni singola persona nel mondo, ha uno scrigno in cui ripone tutto ciò che ha di più caro. Sono vari i modi in cui questi tesori vengono trattati e ne esistono tanti tipi da riempire un’enciclopedia a volumi. Ma da sempre, i segreti sono circondati da un’aura di fascino e mistero, tant’è che molta gente cerca di scoprirne più che può, come per riempire una collezione. Sta a noi manipolare i nostri segreti, sta a noi reagire quando vengono scoperti. Certamente, dipende anche da chi è a scoprirli.

Quando il sole è a più di metà del suo lavoro, fa scendere sul mondo un senso di pace assoluta. Il cielo diventa azzurro pallido, le nuvole si diradano e la luce è soffusa, come per creare una certa atmosfera. Siamo vicini alla notte, ma ancora attaccati al giorno. Siamo esattamente a metà. Agnes è riuscita a convincere Des ad uscire dalla sua stanza buia e polverosa e adesso le ragazze camminano per uno dei corridoi della scuola. Stranamente, parlano con calma, senza discutere o battibeccare, passeggiando affiancate e a tratti sorridendo. Ma Des, mentre ascolta l’amica parlare di quanto odi suo fratello e la sua reputazione che ricade su di lei, ha due pensieri fissi nella mente che proprio non vogliono lasciarla andare: pensa al piccolo libro che Agnes non ha mai lasciato dall’inizio della giornata e si chiede dove mai l’abbia trovato. E pensa al segnalibro che ha raccolto in biblioteca. In realtà, un pochino si sente in colpa. Non è da Desdemona Frost appropriarsi delle cose altrui, soprattutto quando questo “altrui” è praticamente ignoto. Perciò, prende una decisione. - Agnes!- dice interrompendo bruscamente l’amica che adesso la fissa con sguardo interrogativo. -Mi sono appena ricordata di una pagina intera di formule da imparare a memoria per Incantesimi. È per domani. Ti dispiace se rimandiamo la passeggiata ad un’altra volta?- dice la ragazza, tutto d’un fiato. Agnes aggrotta le sopracciglia, ma poi torna la stessa di sempre. -Come vuoi, non ci sono problemi. Ci vediamo più tardi, okay?- sorride la ragazza. Des per un attimo la guarda con incertezza e stupore, ma dopo pochi secondi la saluta e corre via. Desdemona Frost, quando imparerai. Pensa Agnes, adesso sola nel corridoio deserto. Non capisco perché debba spremere le meningi per inventare delle scuse quando può semplicemente dirmi che va a rifugiarsi in biblioteca per dar sfogo ai pensieri la ragazza scrolla le spalle e, dopo essersi guardata intorno, decide anche lei di isolarsi per pensare a sé stessa. Raggiunge una delle innumerevoli collinette verdi che quasi circondano Hogwarts e, dando le spalle alla scuola, si rivolge verso il bosco. Tira fuori fogli bianchi e carboncino nero ed inizia. Ritrae la maestosità di ogni singolo albero, unito eppure diverso dagli altri. Ritrae degli uccelli che spiccano il volo dalla chioma di una grande quercia. Ha persino la fortuna di beccare una volpe intenta ad annusare l’erba. Alza il foglio al cielo per osservare meglio il suo lavoro, quando un movimento alla sua sinistra la fa voltare di scatto. È una persona che cammina con passo furioso verso il bosco, forse con l’intenzione di perdervisi e non tornare mai più. La ragazza raccoglie le sue cose e fa in tempo ad adocchiare quello che, non ci sono dubbi, è Louis Thomas. Combattuta tra il buon senso e la curiosità, Agnes decide di seguire l’istinto e parte all’inseguimento. Si immerge nella magica oscurità del fitto bosco, guidata dai passi pesanti e sempre più arrabbiati di Louis. Con cautela, si nasconde dietro ogni albero, non staccando mai gli occhi dal ragazzo che, di tanto in tanto, calcia sassi e ramoscelli innocenti. Finché non lo vede fermarsi. Si ferma proprio sotto un arco di rami, i rami di due alberi che hanno deciso di crescere uniti in un abbraccio eterno. Louis è in piedi, i pugni stretti. Agnes segue ogni suo movimento e le sue dita si poggiano subito sulle labbra quando lo sente urlare a squarciagola. Louis, dal canto suo, non vedeva l’ora di sfogarsi così violentemente, per cui, dopo l’urlo, si accascia su una roccia, respirando pesantemente e guardando verso il cielo. Agnes fa un passo indietro, con ancora la mano sul viso. E corre via, facendo più silenziosamente possibile. Cos’è stato? inizia a pensare Quello era davvero l’imperturbabile Louis Thomas? Il ragazzo che tutti temono e ammirano, che nessuno osa contraddire, che quasi sembra stato creato solo per primeggiare e sorridere? mentre i dubbi l’assalgono, alla ragazza viene un’idea. Arrivata a scuola, corre in camera. Tira fuori una margherita dal vaso sul comodino ed esce nuovamente. Poi si dirige verso il dormitorio maschile dei Serpeverde. Entra con cautela, ormai è abituata a fare tutto come se fosse una spia. Ma, naturalmente, il dormitorio è pieno di ragazzi. Diamine! impreca nella mente Agnes, mentre si allontana di nuovo correndo. Sembra aver perso le speranze e le forze, infatti adesso quasi striscia sul pavimento duro. Scuote la testa, di nuovo persa nei suoi pensieri e cammina decisa ad andare a scovare Des per un po’ di conforto, quando sbatte contro qualcosa. Completamente colta di sorpresa, è ancora a terra ed è pronta a sfoderare il suo repertorio di scuse, quando si ritrova davanti due occhi azzurro cielo. Ci nuota un po’, in quegli occhi, e quasi affoga quando una voce la riscuote: -Di nuovo tu?- Louis Thomas è davanti a lei, che le porge una mano. Agnes la prende e si alza, sempre con gli occhi fissi in quelli di lui. Ed eccolo che arriva. Il calore che parte dal collo e finisce sulla fronte. Una calore che più che riscaldare, diciamo che colora il viso. Agnes è esperta in questo e senza pensarci, rovista nel suo mantello e ne tira fuori qualcosa, per sviare l’attenzione dal suo completo imbarazzo. Louis Thomas quasi fa un salto all’indietro per la sorpresa, quando vede il suo album tra le mani della strana ragazza di fronte a lui. Non sa che dire né fare per la prima volta nella sua vita e si limita a guardare prima l’album e poi gli occhi della ragazza. Lentamente si ricompone e rientra in possesso del suo tesoro perduto. E adesso sono lì, due persone che sembrano aver perso l’uso della parola. È Agnes ad iniziare: -Scusa… io…  davvero… non sapevo come…- Un respiro profondo Agnes, uno solo! -Volevo dire che sono terribilmente spiacente. Non sapevo come farti recapitare il tuo album, ti giuro che non l’ho aperto se non sulla prima pagina per vedere semmai il proprietario avesse scritto il suo nome…- Louis non dice niente ed Agnes continua, sempre più a disagio. -Io…Ti ho cercato dappertutto, non c’è stata proprio la possibilità, scusami ancora.- Da parte del ragazzo ancora nessun segno. Completamente senza speranze Agnes tenta di nuovo: -Sono persino entrata nel tuo dormitorio per lasciarti l’album, ma era pieno di ragazzi e avevano tutti un’aria strana non sapevo che fare e…- dice la ragazza velocemente e con gli occhi chiusi. Ma viene interrotta. Viene interrotta perché i suoi occhi cadono nuovamente sul viso di lui, illuminato stavolta da uno dei sorrisi più belli che Agnes avesse mai visto nella sua vita. I due si guardano sorridendo, per dei secondi pieni di intensità, quando Louis sta per dire qualcosa. Infatti, socchiude la bocca e si prepara ma… -Louis, amico!- l’intera squadra di Quidditch dei Serpeverde circonda il ragazzo, ignorando Agnes. -Ti abbiamo cercato dappertutto! Che ne dici di allenamenti fuori lezione? Andiamo!- i ragazzi trascinano Louis che ancora non è riuscito a dire niente e che si allontana dal corridoio e da Agnes, ferma lì in piedi. La ragazza guarda il gruppo andar via. Si prepara a voltarsi per raggiungere Des e cercare più conforto di quanto avesse bisogno prima. Ma viene bloccata da una mano che le stringe il braccio. Subito la testa scatta e il viso di fronte a lei è quello di Louis, il quale, sempre con lo stesso sorriso luminoso, riesce finalmente a dire qualcosa: -Grazie.- dice con una dolcezza che nessuno gli aveva mai visto in volto.

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Capitolo 6
*** capitolo VI. ***


CAPITOLO VI.
Il cuore è uno strano oggetto. Pieno di sfumature ed ingranaggi, pieno di salite e di discese, pieno di sottili strati, tutti diversi tra loro, ma attaccati, annodati e stretti l’uno contro l’altro. Non staremo certamente qui ad analizzare ogni singolo strato, un’eternità non basterebbe. Ci soffermeremo sulla capacità di legarsi a qualcuno o qualcosa, che è una delle attività che al cuore riesce meglio. Quando ci si sente profondamente connessi a qualcosa o qualcuno, il cuore trova la felicità solo quando si è in presenza di questo qualcosa o qualcuno. È un evento piuttosto bizzarro, ma non raro. Nessuno si chiede mai: “perché proprio questa tal cosa? Perché non altro?” Nessuno se lo chiede, perché quando si è felici, non si sente il bisogno di fare domande. Quando si è felici, si potrebbe restare così per sempre. Ma, ciò che è fonte di gioia vola sempre via troppo presto, no?

Des è in biblioteca da troppo tempo ormai. Ma a lei non importa. Quando si trova lì, il mondo esterno tende a scolorire sempre più, quasi scomparendo. Ma stavolta, c’è qualcosa che la tiene un po’ più attaccata alla realtà, qualcosa che sembra un’ancora la cui catena è attorcigliata intorno alla sua caviglia, qualcosa che le impedisce di spiccare il volo. Non riesce a smettere di pensare al segnalibro che, da un bel po’ di tempo a questa parte, non fa che riempirle la testa di domande. Des gira tra le interminabili librerie della biblioteca, percorre quello che sembra un universo a sé, fatto interamente di inchiostro e carta e profumato di pagine ingiallite e legno invecchiato. Ma va a finire sempre nello stesso punto, davanti alla grande finestra, dove si ferma per pochi secondi, a riflettere. Sono stanca di pensarci. Si siede sulla poltroncina illuminata dagli ultimi raggi del sole. Ho bisogno di una pausa. La ragazza si guarda intorno con perplessità, alla ricerca di qualcosa che catturi il suo occhio e che le renda le ultime ore del giorno un pochino più piacevoli. Lo sguardo le cade su un grande volume rilegato in rosso e oro. Des allunga la mano e sorride di fronte alle “Fiabe” dei fratelli Grimm. Oggi dev’essere proprio il mio giorno fortunato. Pensa, tornando con il pensiero alla mattina e al tempo passato con “Le mille e una notte”. La ragazza, allora, inizia la lettura della fiaba intitolata “Il ginepro”. La cattiveria della matrigna, le scene cruente e il gusto per il macabro e la vendetta, la assorbono completamente. La assorbono a tal punto da farla letteralmente balzare sulla sedia, quando la poltrona di fronte alla sua viene spostata. -Diamine, scusa. Ti ho spaventata?- due occhi spalancati color nocciola la guardano preoccupati. Una mano dietro la testa e un braccio teso verso di lei, in segno di scuse. È lo strano ragazzo che stamattina era in compagnia di Thomas, è Darren Cox. Ma questo Des ancora non lo sa. -N-Non l’hai fatto- dice, mentre cerca di ricomporsi e riassumere la sua espressione perennemente seria. -Ero soltanto troppo presa dal libro.- cerca di giustificarsi, quasi imbarazzata. -Oh ma certo.- gli occhi di Darren, divertiti e curiosi, si fissano in quelli della ragazza, che distoglie subito lo sguardo. Il silenzio cala nella stanza, interrotto ogni tanto da scricchiolii e voci provenienti dall’esterno. Des ha ancora lo sguardo rivolto verso la finestra e quando prova a girarlo per spiare le mosse del suo dirimpettaio, lo vede appoggiato allo schienale e con un’espressione sognante. Non rivolta verso di lei, naturalmente. Il ragazzo sembra essersi perso nel cielo al tramonto, gli occhi chiari e sfumati ne riflettono la lucentezza e gli angoli della bocca ogni tanto si alzano in quello che molte persone definirebbero un sorriso amorevole. Guarda il cielo come se lo amasse, lo guarda come se fosse una persona cara che non vede da troppo tempo. pensa Des, osservando ancora per po’ il viso di Darren. Strano ragazzo. Nonostante questo pensiero, la ragazza non riesce a staccare lo sguardo dal viso di Darren, come se fosse affascinata da qualcosa. È con una certa nostalgia che si sofferma sugli occhi di lui, sente quello sguardo molto lontano eppure così familiare e una serie di ricordi fa capolino nella sua mente. Ricordi sfocati, ricordi sfuggenti ma, in qualche modo, vivi. Ricordi di suo padre e della sua infanzia, ricordi di abbracci ormai perduti e lacrime ormai secche, ricordi di ingiustizia e mancanza d’affetto. La situazione è, quindi, adesso, piuttosto stravagante: c’è Darren che è ancora preso dal cielo e Des che pensa a troppe cose insieme che le fissano lo sguardo proprio sul viso di lui. Per cui, quando questi, ormai pieno del suo amato cielo, si gira verso la ragazza, la trova con gli occhi lucidi e la bocca socchiusa che lo guarda con un sentimento che non saprebbe definire al momento. Un mezzo sorriso spunta sul volto del ragazzo che, con delicatezza mista a divertimento, scuote la mano di fronte al viso di Des che si risveglia come da un incubo. - Tutto bene?- chiede lui, con sguardo quasi affettuoso. -Io… Sì, tutto bene- sospira lei, sollevata. È calata la sera e le torce della biblioteca si illuminano tutte insieme e improvvisamente. Darren si gratta la nuca e si passa la mano tra i ricci. -Credo sia ora di andare.- dice, alzandosi in piedi e stiracchiandosi. Des lo segue con lo sguardo e poi si alza anche lei. Ma si era completamente dimenticata dell’enorme libro sulle sue gambe che, inesorabilmente, cade per terra, aperto su due pagine. Entrambi i ragazzi si piegano per raccoglierlo, quando le mani di Darren vanno a finire su qualcosa. Il ragazzo si alza lentamente e, con il segnalibro blu notte in mano, guarda Des con stupore. -E questo dove l’hai preso?- dice, bruscamente. La ragazza si sente avvampare ma non si perde d’animo e gli risponde a suo modo: -Non sono affari tuoi.- dice, risultando più velenosa di quanto avesse programmato. -Ah davvero?- dice di nuovo lui. -Davvero.- risponde subito lei. I due per un attimo si guardano, con aria di sfida, Darren con il segnalibro puntato verso Des, che sta stringendo le labbra per evitare di peggiorare la situazione. Quando, improvvisamente, il ragazzo scoppia in una fragorosa risata. Una risata squillante e musicale. E, purtroppo, molto contagiosa. Des si scopre a sorridere e subito porta la mano alla bocca, sulla difensiva.-E adesso cosa c’è da ridere?- dice, tra il divertito e il sorpreso. Darren, per tutta risposta e continuando a ridacchiare, gira lentamente il segnalibro davanti agli occhi di lei, facendole notare una piccola dedica sul dorso: “A Darren, con amore, mamma”. Poi, con l’indice, punta sé stesso. -Sono io Darren- dice, sorridendo. Des sente del calore correrle per tutto il viso. Sposta la mano dalla bocca e si gira nuovamente verso la finestra. -Beh…Io non lo sapevo!-  dice, incrociando le braccia e chiudendo gli occhi. Ma di nuovo, Darren scoppia a ridere, trascinandola con sé. Finiscono per guardarsi, sorridendo con bocca ed occhi. -Darren Cox.- dice lui, porgendo la mano a lei, che subito risponde: -Desdemona Frost.- stringendogliela. -E’ stato un piacere avere avuto dei malintesi con lei, miss Frost- dice ancora Darren, non lasciando la mano di Des, che risponde -Il piacere è stato del tutto mio.- Finalmente, le mani si staccano l’una dall’altra e i due sono di nuovo uno di fronte all’altra. A spezzare l’incantesimo sono altri studenti, che pian piano cominciano a popolare la biblioteca. Darren, senza dire niente, lentamente si inchina, poggiando la mano destra sul petto e piegando il busto in avanti, senza però abbassare la testa e smettere di guardare Des. La quale, sempre sorridendo, prende con le dita gli orli del lungo mantello, piegandosi anche lei in un regale e rispettoso inchino. I due poi si separano, senza proferire parola. Semplicemente, imboccano vie diverse. Ma Des non riesce a togliersi dal viso quel sorriso così insolito per lei e Darren, con le mani nelle tasche, per tutto il tragitto fino al suo dormitorio, non smette mai di canticchiare la sua canzone preferita.

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