Rebellion is coming

di Merope_Blackbow
(/viewuser.php?uid=578600)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 2: *** Sessione Privata ***
Capitolo 3: *** Il primo giorno della carneficina ***
Capitolo 4: *** La freccia avvelenata ***
Capitolo 5: *** Giorno 3 - Incontri inaspettati ***
Capitolo 6: *** Giorno 4 - I ribelli ***
Capitolo 7: *** Be brave ***
Capitolo 8: *** I Vincitori dei 20° Hunger Games! ***
Capitolo 9: *** If we burn you burn with us ***



Capitolo 1
*** L'inizio della fine ***


 

Toccava a me. Da quest'intervista dipendeva il mio futuro. Grazie all'impressione che si sarebbero fatti di me potevo vivere, oppure morire.

Salgo sul palco e rivolgo a tutti un gran sorriso.

Caesar mi aveva annunciato a tutti come “il secondo tributo del Distretto 10: Chiara Fastus!”.

Mi siedo sulla scomoda poltrona che mi era destinata.

Caesar mi rivolge un sorriso di benvenuto, poi comincia a parlare: -Tutti noi conosciamo tuo fratello Davide, era davvero un bravo ragazzo – il sorriso si affievolisce, ma poco.

Anche il mio sorriso si affievolisce, lasciando quello che sembra il suo fantasma.

-Si, era il mio eroe- rispondo e abbasso lo sguardo.

Caesar mi mette una mano sulla spalla con fare consolatorio. Rialzo la testa e lo guardo. Una scintilla di compassione negli occhi, sostituita così velocemente da uno sguardo pieno di curiosità da lasciarmi un dubbio: magari lo avevo solo immaginato.

-Be' la buona sorte era a tuo favore, non ti avevano estratto. Insomma, hai 13 anni. Avrai avuto a malapena, quante, cinque nomine?-

in quel momento odiai Capitol City come non mi era mai capitato di fare nella mia vita. Tutti lì credevano fosse tutto così facile.

-Trenta. Avevo trenta nomine, la buona sorte non era propriamente a mio favore, però non mi hanno estratto, questo è vero. Ho fatto la mia scelta in neanche 10 secondi. Dovevo farlo, per Davide. Così mi sono offerta come tributo volontario.- ero diventata seria a mano a mano che parlavo, anche se la mia rabbia si percepiva abbastanza da lasciare senza parole l'intervistatore. Feci un gran sorriso e aggiunsi con aria felice e un po' timida: -È strano dirlo, ma sono felice di averlo fatto!-

Caesar fece un gran sorriso, anche se percepivo la sua tensione.

Stava per rivolgermi un'ultima domanda, ma in quel momento sentimmo il suono che annunciava la fine dell'intervista.

Mi alzai in silenzio e portai le tre dita centrali della mano sinistra alle labbra, per poi allungarle verso il pubblico. Ecco, l'avevo fatto. Il gesto del distretto 12. Quel gesto che, all'inizio, significava ammirazione, rispetto e dire addio ad una persona cara; mentre, durante la rivolta, significava Ribellione.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Sessione Privata ***


È strano trovarsi li, ad allenarsi in vista della carneficina insieme agli altri tributi.

Si, carneficina, è così che la chiamo.

Odio pensare che prima o poi ucciderò uno di loro. Spero vivamente che non sarà il mio compagno di distretto. Non lo conosco molto, ma non mi perdonerei mai l'errore di aver ucciso una persona con le mie stesse origini.

Mi dirigo verso la postazione di tiro con l'arco.

Di sicuro non è la mia specialità, ma me la cavo. Voglio far vedere agli altri tributi che non sono indifesa come posso sembrare.

Afferro un'arco e una faretra. Mi posiziono davanti al bersaglio. Prendo una freccia. Tiro. Centro. Ne prendo un'altra. Tiro. Centro. Continuo così per altre 18 volte. Prendo una freccia. Tiro. Centro. Sempre al centro del bersaglio. Quando finisco le frecce, mi accorgo che sono tutte piantate nello stesso punto. Sembrano un'unica grossa freccia. Invece sono venti; delle quali sono quasi tutte spaccate a metà. Solo una è integra.

Rimetto a posto l'arco e la faretra, ormai vuota. Percorro i pochi metri che mi separano dal bersaglio. L'unico rumore sono i miei passi sul pavimento. Tac, tac, tac. Comincio ad estrarre le frecce. Una senza-voce corre ad aiutarmi. A poco a poco, comincio a sentire un vociare sommesso alle mie spalle.

Finiamo in neanche un minuto. Non riesco a non origliare qualche conversazione. Stanno parlando di me. Dicono che sono pericolosa; che ho una mira infallibile…

Ci sono tante altre postazioni di addestramento. Credo proverò la postazione di sopravvivenza. Ci sono uno dei tributi del cinque e la ragazza del distretto uno. Mi avvicino e li saluto con un cenno del capo. Hanno più o meno la mia età. In questa edizione abbiamo tutti più o meno la stessa età.

Appena li raggiungo si ammutoliscono. Saranno alleati, sicuro.

Mi siedo lontano da loro e cerco di accendere un fuoco. Dopo 5 minuti non ce l'ho ancora fatta, ma non mi arrendo.

-Vuoi allearti con me?- una voce mi fa sobbalzare e faccio cadere il pezzo di legno. Alzo lo sguardo e vedo due occhi grigi che si fissano nei miei. Un ciuffo di capelli neri gli cade sul naso. Le labbra sono incurvate in un sorriso. Le guance sono scavate, la pelle olivastra. Viene dal Distretto 12, il suo nome mi sfugge.

-Sono James, vengo dal Giacimento, piacere- sorride ancora.

-Chiara, Distretto 10, il piacere è mio- stringo la mano che mi porge e dico una sola ultima parola: -Alleati-.

Gli sorrisi e mi alzai. Rimisi a posto il legno e mi diressi verso la postazione di arrampicata. James mi seguì. Ci guardarono tutti, e tutti rimasero scioccati quando lui mi prese per mano. Aprii la bocca per sibilargli di lasciarmi andare, ma la richiusi subito. Mi stava portando verso una fila di coltelli. Voleva mettere alla prova la mia mira.

Bene, avrebbe scoperto di cosa ero capace.

Mi lasciò andare e prese i coltelli. Si mise in posizione e cominci a tirare.

Tirava e faceva centro. Sempre.

 

 

Il giorno dopo ci chiamarono per la sezione privata. Ero nervosa, non sapevo cosa avrei fatto.

-Chiara Fattore, Distretto 10- chiamò la voce fredda e metallica.

Mi alzai, percorsi il corridoio ed entrai nella stanza.

Alla mia destra c'era una specie di terrazza riservata agli strateghi, che erano tesi. Dei materassini erano stati disposti al centro e a nord della stanza. Provai a spostarne uno e scorsi noi tributi, tutti con le mani unite che sorridevamo. Ribelli, erano stati loro di sicuro. Allora non ero l'unica.

Sorrisi al pavimento. Mi girai verso gli strateghi e annunciai il mio nome il mio cognome e il mio distretto.

Non avevo idea di cosa avrei potuto fare, avevo già mostrato la mia abilità nel tiro con l'arco.

Ora sapevo perché James mi aveva portato alla postazione dei coltelli. Io non avevo tirato come lui non aveva toccato neanche una freccia.

Mi diressi dove mi aveva portato ieri James. Afferrai dodici coltelli. Mi misi in posizione, mirai e...centro. Sorrisi e mentalmente ringraziai quel ragazzo del Giacimento.

Mirai di nuovo, tirai e feci centro. Continuai così finché non finii i coltelli.

Miro. Tiro. Centro. Miro. Tiro. Centro. Miro. Tiro. Centro. Colpisco sempre il centro. Per dodici volte colpisco il centro di dodici bersagli diversi, bersagli in movimento.

Quando finii mi girai verso gli strateghi. Feci un piccolo inchino e mi incamminai verso l'uscita.

 

In ascensore incontrai il mio compagno di distretto, un certo George. Gli rivolsi un semplice Ciao. Lui grugnì come saluto. Credo che i ragazzi grugnissero per ogni cosa.

L'ascensore si fermò al decimo piano e noi uscimmo, o meglio, entrammo nel nostro appartamento.

Andai a farmi una doccia prima di vedere i punteggi.

 

Dieci minuti dopo ero seduta su una poltrona imbottita e comodissima aspettando i punteggi.

Il ragazzo dell'uno aveva fatto 4; la ragazza invece era stata breva e aveva preso un 8.

Quelli del due avevano preso entrambi 6.

La ragazza del tre aveva fatto 7, il ragazzo 5.

Quelli del quattro avevano ottenuto entrambi un 9.

I tributi del cinque, del sette e del nove, avevano preso tutti 5.

Il ragazzo del sei aveva fatto 7, la ragazza 8.

I tributi dell'otto avevano preso entrambi un misero 3.

Eravamo arrivati al Distretto 10, Caesar stava annunciando: -Il tributo del

Distretto 10, George Evans, ha ottenuto un punteggio di...7!-

George si lasciò cadere sul divano magenta, con un sorriso compiaciuto.

Io ero ancora nervosa. La tensione nella stanza era alle stelle.

-Il secondo tributo del Distretto 10, Chiara Fastus, ha ottenuto un punteggio di...11!-

Oh santo cielo! Undici! Non ci potevo credere! Mi rilassai sulla sedia, ma ero ancora un po' nervosa. Com'era andato James? Anche lui aveva ottenuto il mio stesso punteggio?

Ero così preoccupata che non mi accorsi che avevano già detto i punteggi

dell'undicesimo distretto.

-Per finire, i punteggi dei tributi del Distretto 12!- la voce pimpante di Caesar jr mi riportò alla realtà.

-James Black, tributo maschile del dodicesimo distretto, ha totalizzato un punteggio di...11!-

Si, ce l'aveva fatta. Non so perché fossi contenta che avesse fatto undici. Forse perché eravamo alleati...”

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il primo giorno della carneficina ***



Mancavano dieci secondi e sarebbe iniziato il bagno di sangue.

Guardai James, era dall'altra parte della Cornucopia rispetto a me, ma lo vedevo. Ovviamente lo vedevo. La Cornucopia era una bolla sott'acqua. Noi dovevamo scivolare in quella sottospecie di tunnel che ci ritrovavamo davanti.

Nove secondi.

Sapevo che sarei potuta morire lì sotto ma mi serviva un'arma.

Otto secondi. BOOOOOM! Uno dei tributi doveva essere esploso, ma non lo degnai di uno sguardo.

Sette secondi.

Mancava poco ormai. Dovevo organizzarmi, pensare. Forse i tunnel erano un labirinto, forse si estendevano per tutta l'arena.

Sei secondi.

Mi misi in posizione e aspettai.

Cinque secondi.

Spostai lo sguardo sugli altri tributi.

Quattro secondi.

L'esplosione proveniva dalla mia destra: era la ragazza del Distretto 8.

Tre secondi.

Tornai a guardare la Cornucopia.

Due secondi.

Si vedevano armi, zaini e altre cose che servivano per la sopravvivenza.

Un secondo.

Mi lanciai giù dalla mia postazione e scivolai nel tunnel.

Era buio lì sotto, umido e freddo.

Corsi verso la Cornucopia, l'unica cosa che si vedeva nel buio. Appena la raggiunsi mi fermai per qualche secondo. Era la stessa Cornucopia ad emettere luce. Una luce verdastra, ma pur sempre luce. Ricominciai a correre e raggiunsi le armi. Afferrai una spada, uno zaino con sacco a pelo e provviste e cominciai a combattere.

Non attaccavo, mi difendevo e basta. Non volevo uccidere nessuno, anche se prima o poi avrei dovuto farlo.

Per terra c'era tanto di quel sangue che rischiai di scivolare parecchie volte. Sembrava che il terreno stesso stesse sanguinando.

 

 

Correvo a più non posso verso l'uscita, quando sentii qualcuno dietro di me. Mi girai di scatto, la spada pronta a colpire.

James era davanti a me, grondava sangue. Devo essere inorridita, perché sorrise e mi si avvicinò: -Tranquilla, neanche una goccia di questo sangue è mio-.

Non so perché lo feci. So che non avrei dovuto, ma proprio non capisco cosa mi prese. Mi domando ancora perché lo abbracciai.

Eppure lo feci, e lui non mi allontanò. Rimanemmo così finché il tributo maschile dell'otto non ci attaccò.

Non ero sorpresa dal suo arrivo, l'avevo visto arrivare. Sciolsi l'abbraccio e spinsi James dietro di me, sollevai la spada e...il tributo non si fermò.

Arrivò fino all'impugnatura, e il sangue mi schizzò sulla faccia.

Il cannone sparò.

L'avevo ucciso. Avevo appena ucciso un ragazzo della mia stessa età. La mia prima vittima.

Estrassi la spada e mi girai verso il mio alleato.

-Dobbiamo andare…- non riconoscevo la mia voce, era troppo calma -…qui è troppo pericoloso. Dobbiamo trovare un luogo sicuro per accamparci questa notte-. M'incamminai nuovamente verso l'uscita. James mi seguì.

 

Quando fummo fuori sentimmo l'odore acre e metallico del sangue…e i cannoni che sparavano. Una…due…tre volte.

Poi vedemmo la battaglia. Infuriava fuori dai tunnel. Era tremenda, ragazzi e ragazze dai tredici ai sedici anni che si pugnalavano a vicenda. Rabbrividii. James mi mise un braccio intorno alle spalle e corremmo verso la foresta che si estendeva tutta intorno alla Cornucopia. Ci dirigemmo ad Est, dall'altra parte rispetto alla carneficina.

Mentre cercavamo di non inciampare nelle radici dei pioppi, sentimmo i cannoni sparare cinque volte.

 

La sera eravamo tra i rami di una Quercia, nel mio sacco a pelo. Non era morto più nessuno e noi non avevamo incontrato nessuno, apparte due scoiattoli che avevamo ucciso e cotto per poi mangiarli.

Stavamo discutendo sulla strategia da adottare, o meglio io stavo parlando di quello, James cercava di farmi ridere facendo facce buffe, quando sentimmo l'inno della Capitale.

Mostrarono i volti dei tributi morti quel giorno:

Il ragazzo dell'uno, mi ricordavo il suo volto: era morto nel bagno di sangue sopra la Cornucopia;

Il ragazzo del tre;

Entrambi i tributi del nove;

Entrambi i tributi dell'otto, una era esplosa, l'altro l'avevo ucciso io;

Il ragazzo del cinque, morto anche lui nel bagno di sangue. Buffo, era stato lui a uccidere il ragazzo del Distretto 1;

La ragazza dell'undici;

La ragazza del dodici. Quando fecero vedere l'ultimo volto, James sospirò, si mise seduto e fece lo stesso gesto che feci io alla fine della mia intervista. Solo che lui voleva esprimere ammirazione, e voleva dire addio ad una persona cara.

 

-James?- lo chiamai. Lui si girò, aveva le guance rigate dalle lacrime.

Per la seconda volta quel giorno feci la cosa più sbagliata di tutte: lo abbracciai.

Lo strinsi a me e lo consolai.

-Era mia sorella…- sussurrò nel mio orecchio.

-Tranquillo…- non volevo rifilargli le stronzate che avevano rifilato a me, così gli dissi la pura e semplice verità: -…so che fa male, ma col tempo diventerà più sopportabile…-

Mi guardò negli occhi, e io mi sciolsi sotto quello sguardo.

-Tu ci sei riuscita? A superare la morte di tuo fratello?- mi domanda con voce strozzata.

Io scuoto la testa: -No, non l'ho ancora superata, ma sono riuscita a trovare un modo per onorarlo- gli faccio un sorriso triste.

-Quale?- domanda lui a mezza voce.

-Questo- allargo le braccia per mostrargli l'Arena.

-Mi sono offerta volontaria per vincere e rendergli onore.-

Lui mi guarda e scuote la testa. Poi torna a guardarmi negli occhi: -È la cosa più idiota che qualcuno abbia mai fatto…- sorride -…ma anche la più dolce-.

Fu con queste parole nell'aria, che James si chinò su di me, e mi baciò. Un bacio dolce, che finì troppo presto.

 

 

 

Nota dell'autore:

 

Ecco qui il mio nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto.

Non so che altro dire se non: recensite, per favore. Ad ogni autore fa piacere che qualcuno critichi il suo lavoro. Significa che almeno qualcuno lo ha letto.

Approposito della storia(e del prossimo capitolo): certe volte scriverò dal punto di vista dei capitolini, almeno credo…non ne sono così sicura.

Al prossimo capitolo, allora!

 

-Peace & love-”

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** La freccia avvelenata ***


Mi svegliai di soprassalto. Dopo il bacio di James non capivo più nulla, così, quella notte, fu lui a fare la guardia. Purtroppo per me, nei miei sogni era tornato il ricordo della morte di Davide.

Stupidi Hunger Games, dovevate proprio ricrearli, eh?” domandai mentalmente a Capitol City.

Il rumore di un ramo spezzato mi riscosse dai miei pensieri.

Mi alzai di scatto ed estrassi la spada dal fodero posato a terra. Osservai gli alberi intorno a me, niente.

Devo essermelo immaginato. Miseriaccia, un solo giorno qui dentro mi rende paranoica!” pensai abbassando la spada. Poi lo sentii di nuovo, più forte 'sta volta. Alzai di nuovo la spada, pronta a difendermi. I cespugli alla mia sinistra si mossero e mi voltai da quella parte. James entrò nella piccola radura vicino alla quercia, le mani piene di bacche.

-Dimmi che non ne hai mangiata nessuna- dissi raccogliendo il fodero da terra e legandolo alla mia cintura per poi rinfoderare la spada.

-Neanche una, volevo condividerle con te- disse e sorrise.

Scossi la testa e mi avvicinai.

-Se ne avessi mangiata anche una sola, saresti morto- risposi guardandolo male.

-Ti piacciono proprio le bacche, eh?- domandò lanciandone una in aria.

L'afferrai prima che la prendesse con la bocca: -Queste bacche…- cominciai mostrandogli la bacca che avevo in mano -…si chiamano Morsi della Notte. Sono le bacche più velenose al mondo-.

Lui sgranò i suoi strabilianti occhi del color dell'acciaio. Aprì e richiuse la bocca, senza riuscire a proferire parola alcuna.

Alzai un sopracciglio e lo guardai sorpresa: - Vivi nel Giacimento e non sai riconoscere i Morsi della Notte? Eppure ci sono tanti cespugli di queste bacche nel Prato…-

Smisi di guardarlo per osservare meglio la bacca: era piccola, di un colore indefinibile tra il blu e il viola.

Guardando la bacca mi venne un'idea geniale.

-Dammi le bacche- ordinai tendendo una mano. Lui me le fece scivolare nella mano chiusa a coppa. Andai a prendere una delle foglie della quercia, su cui avevamo dormito, e un sasso abbastanza tondeggiante.

Poggiai la foglia tra l'erba e posizionai le bacche al centro. Strinsi il sasso nella mano destra e l'abbassai sulle bacche, schiacciandole. Il loro succo venne fuori a fiotti.

-Passami la spada- ordinai a James -…e le tue frecce-.

Strappai un pezzo di stoffa dalla mia maglia e lo intinsi nel succo velenoso, poi lo spalmai sulla lama della spada.

Feci la stessa cosa con le frecce di James, limitandomi ad intingere la punta nel veleno.

Andai a lavarmi le mani nel ruscello poco più a nord della radura e poi tornai.

Aspettai che si asciugassero spada e frecce(ci vollero dieci minuti) e misi via le armi.

Scavai una buca e sotterrai foglia, sasso e bacche, succo velenoso restante incluso.

 

 

-Dobbiamo muoverci, siamo rimasti qui già troppo- mi avvertì James appena finii.

Il sole era alto nel cielo, forse era quasi mezzogiorno. Annuii e raccolsi il mio zaino, la spada era già nel fodero attaccata alla cintura.

Lui fece lo stesso e c'incamminammo verso est.

 

Era sera ormai e avevamo percorso quattro chilometri, quando sentimmo l'urlo acuto di una ragazza. Era vicina. Il suo assassino poteva essere pericoloso… se fosse stato più di uno. Un cannone sparò.

Estrassi la spada nello stesso momento in cui James incoccava una freccia.

Rimanemmo immobili, aspettando di sentire qualcosa, qualunque cosa.

Il silenzio era opprimente, poi qualcosa lo spezzò: un fruscio.

Il Tributo che aveva ucciso la ragazza stava correndo…proprio verso di noi.

Ci guardammo intorno, schiena contro schiena.

Sentii che correva, per poi fermarsi. Udii un fruscio: una freccia che scoccava.

Mi girai di scatto.

James, l'arco ancora alzato, aveva gli occhi spalancati, la bocca semi-aperta. Mi resi conto che quella era la prima volta che uccideva. Quando l'avevo visto ricoperto di sangue mi aveva detto che neanche una goccia era sua. Capii solo allora che era scivolato sul sangue che ricopriva il terreno.

Gli poggiai lieve la mano sulla spalla. Lui abbassò l'arco, ma non mi guardò. Continuava a fissare davanti a sé, così guardai pure io.

Il Tributo del Distretto 11 era tenuto in piedi solamente dalla freccia scoccata da James, che lo aveva infilzato dritto al cuore e poi aveva colpito l'albero dietro di lui.

Stava già impallidendo. Un rivolo di sangue sul mento; le labbra, già blu a causa del veleno; gli occhi spalancati e ruotati all'indietro, di cui ormai si vedeva solo il bianco…

Il cannone che annunciava la fine della vita di un Tributo sparò.

Angolo autore:

 

Salve, ecco a voi il nuovo capitolo di “Rebellion is coming”.

Scusate se ci ho messo tanto ma ho avuto un piccolo blocco dello scrittore. So che non è un gran che come capitolo, ma spero vi piacerà lo stesso (la speranza è l'ultima a morire…)

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Giorno 3 - Incontri inaspettati ***


-James…- lo chiamai -…dobbiamo andare-

Non si mosse. Guardava davanti a sé, sbalordito…spaventato.

Un cannone sparò. James sussultò.

-Si…- mormorò con un filo di voce -…è…m-meglio…-

Si mise l'arco a tracolla e cominciò a camminare.

Ero shockata. Come cavolo riusciva a essere così calmo dopo aver ucciso una persona?

Forse perché non è realmente calmo” sussurrò una vocina nella mia testa “Forse è terrorizzato da se stesso…”

Corsi da lui e lo affiancai. Non gli dissi niente, non sapevo cosa dire. Cercai la sua mano e la presi nella mia.

Lui mi guardò sconcertato. Io fissai il mio sguardo nel suo. Occhi di smeraldo in occhi color cenere.

Strinsi più forte la sua mano.

Lui si chinò e mi baciò delicatamente la punta del naso.

-Tranquilla, sto bene- mi sussurrò.

Camminammo per altri tre chilometri. Nessuno dei due parlò. Nessuno dei due si divise dall'altro.

 

POV George:

 

Stavo correndo, lontano dalla Cornucopia. Il bagno di sangue s'era protratto fino alla mattina seguente l'inizio dei giochi.

Non potevo fermarmi. I Tributi del 7 e il ragazzo del 6 mi erano alle calcagna. Sentivo ancora i loro passi dietro di me.

Mi fermai e mi guardai intorno.

Gli alberi erano alti e pieni di foglie. Luoghi perfetti per nascondersi. Ero tentato di arrampicarsi, quando vidi qualcosa muoversi tra i rami.

Corsi ancora più lontano, verso il fiume. Lo percorsi per pochi chilometri, finché non trovai il posto perfetto per guadarlo.

Un urlo mi fece girare. Vedevo ancora i miei inseguitori. Erano intenti a scacciare esseri dello stesso colore della Tenebra, con aguzzi becchi e artigli mortali.

Corvi” fu la prima cosa che pensai. Poi vidi le orbite vuote degli esseri.

No…” mi dissi “…Ibridi”

Stavano ferendo i Tributi…li stavano uccidendo.

Vogliono farli finire presto, questi giochi…”

Non riuscivo a distogliere lo sguardo. Il sangue schizzava ovunque, imbrattava il terreno e i vestiti dei tributi. Le grida di quest'ultimi mi facevano venire la pelle d'oca.

Mi girai e cominciai a correre proprio quando un cannone sparò. Poi un altro, poi un altro ancora.

Infine, il silenzio.

 

Correvo verso l'ignoto. Mi dolevano le gambe, ma non volevo fermarmi. Dovevo continuare a correre. Dovevo trovare un riparo.

Gocce di sudore mi scivolavano lungo gli angoli degli occhi.

Gli asciugai con la mano.

In quei pochi secondi di oscurità, andai a sbattere contro qualcosa…o meglio, qualcuno.

Scattai indietro ed estrassi il coltello, pronto allo scontro. Ma la persona che vidi davanti a me non era un nemico.

 

POV Chiara:

 

Stavamo seguendo il corso del fiume, quando sentimmo i cannoni sparare.

Senza dire una parola James mi trascinò dentro il bosco.

Stavamo correndo, quando mi scontrai con qualcuno.

Lui scattò all'indietro e mi puntò il coltello addosso.

-George?- chiesi sorpresa, confusa e, sopratutto, felice che fosse ancora vivo.

Lasciai la mano di James e mi avvicinai piano a George. Lui abbassò il coltello.

Lo raggiunsi e lo abbracciai forte. Un senso di calore e sicurezza m'invase.

Non era come quando abbracciavo James, ma qualcosa di più.

George significava “Casa”, James era “una possibilità di sopravvivere”.

 

 

So che sembro senza cuore e manipolatrice, ma è la verità. Era quello che provavo dentro l'Arena, durante i giochi.

 

 

-Sono così felice che tu sia vivo!- esclamai senza connettere il cervello. Appena mi resi conto di quello che avevo detto sciolsi l'abbraccio e feci un passo indietro…poi un' altro.

-Chiara, io…- cominciò lui, ma non riuscì a finire la frase.

L'inno di Capitol City era iniziato.

Guardammo in alto.

I Tributi caduti si susseguivano in foto di visi familiari e numeri di distretti.

Il ragazzo del due, la ragazza del cinque, il ragazzo del sei, entrambi del sette, il ragazzo dell'undici.

Vedendo tutti quei volti rabbrividii. Non perché mi facesse venire la nausea al solo pensiero di quelle morti, anzi, me ne rallegravo. Erano 6 tributi in meno. Sei possibilità in più di sopravvivere.

-Hai freddo?- chiese George avvicinandosi. Poi, quando James mi tirò a sé abbracciandomi, tornò dov'era.

-Meglio trovare un riparo- mormorai. Poi guardai il mio compagno di distretto.

-Vuoi allearti con noi?- chiesi guardandolo negli occhi.

Lui esitò. Ma poi annuì.

-Bene- dissi guardandomi intorno -Credo che quell'albero…-

-No- m'interruppe George.

-Come?- chiesi confusa.

-Ho detto no- rispose.

-Sugli alberi, sopratutto in questa zona dell'Arena, si annidano gli Ibridi- spiegò.

-Allora dove andiamo, Evans?- chiese James con una nota di rabbia nella voce.

George non lo guardò nemmeno, continuava a tenere gli occhi su di me.

-Staremo a terra…-

-Cosa?- sbraitò James lasciandomi andare.

-…faremo i turni di guardia- finì di parlare come se James non avesse aperto bocca.

-Okay- mormorai.

James mi lanciò un'occhiataccia.

-Mi sembra una buona idea- mi scusai.

-Il primo turno lo farò io- propose George.

Scossi la testa

-No, hai bisogno di riposarti…avete entrambi bisogno di riposo- dissi sottolineando “entrambi” con la voce.

-Andate a nanna-

-Ma…- cercò di protestare George.

-A nanna- dissi invitandoli con la mano a prepararsi per dormire.

-Okay…- si arrese -…ma svegliami quando è ora di cambiare turno-

Prepararono i sacchi a pelo e si addormentarono. Io rimasi sveglia.

Anche se non avessi dovuto fare la guardia non sarei riuscita a dormire.

Delle parole mi rimbombavano nella testa.

-Ogni rivoluzione nasce da una scintilla- mormorai assaggiando quelle parole uscite dalle mie labbra.

Potevo dare inizio ad una rivoluzione? Potevo ribellarmi agli Hunger Games e alla capitale?

E se non fossi riuscita neanche a sopravvivere a questa edizione dei giochi?

Ma, sopratutto: se riuscissi a sopravvivere, sarei in grado di scatenare una rivolta?

 

Decisi che dovevo provarci. Dovevo salvare James e George e cosa, più di vincere in tre, sarebbe il simbolo della ribellione?

Angolo autrice:

 

Ecco il nuovo capitolo. Scusate il ritardo ma è da un po' che non venivo al computer D:

In più avevo il blocco dello scrittore.

Spero vi piaccia, mi sono impegnata tanto per ricreare un modo abbastanza credibile per far incontrare il Triangolino Amoroso du-du-da-da-da …è così che lo chiamo nei miei appunti(si, ho degli appunti in cui scrivo chi muore. Si, creandolo mi sono confusa talmente tante volte che mi c'è voluta un'ora per sistemare il tutto…si, sono completamente pazza -.-)

Alla prossima, Merope_Blackbow

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Giorno 4 - I ribelli ***


POV Matt:

Era il quarto giorno che trascorrevo nell'arena.

Avevo ricevuto vari aiuti dagli sponsor. La mia ascia era mi era arrivata il secondo giorno.

Era già coperta di sangue. Di nuovo.

-Andiamo, Matt. Devono recuperare il corpo- mi richiamò Elena.

Mi costrinsi a raggiungerla. Si trovava sulla riva del lago. La Luna le illuminava i corti capelli rossi.

Si era inginocchiata accanto alla loro alleata: Ginevra Frost, Distretto 1.

Ginevra era stata ferita dalla ragazza del due.

Era sbucata dal nulla. Li aveva presi alla sprovvista. Fortunatamente era disarmata, ferita e disperata. Le tagliai la testa. Il cannone sparò.

Sarebbe morta nel giro di qualche ora. Sono stato gentile ad averla uccisa. Le ho risparmiato ore di agonia.

Allora perché mi sento in colpa?

Mi passo una mano tra i capelli e delle ciocche biondo cenere mi cadono sulla fronte.

Mi avvicinai alle due ragazze.

-Come stai, Ginny?- le domandai sedendomi accanto a lei.

-Apparte il braccio rotto, sono okay- rispose sorridendomi.

Ginevra era la più grande del trio. Aveva quindici anni. Capelli castani e occhi azzurri.

Elena e io ne avevamo appena compiuti dodici. Lei era alta tanto quanto Ginevra. Aveva corti capelli rossi e occhi marroni.

Io, invece, ero più alto di loro di una spanna buona. I miei occhi erano castano-dorato e i miei capelli di solito erano biondi.

In quel momento, però, erano incrostati di sangue e sudore.

Lasciai cadere l'ascia accanto a me. Presi il mio zaino e ne estrassi un pezzo di stoffa.

Era ancora sporco dall'ultima volta che ci avevo pulito l'arma.

Mi alzai e mi diressi verso il lago. Sciacquai via il sangue secco dalla stoffa e tornai da Elena e Ginny. Afferrai l'ascia.

Mi sedetti davanti a loro a gambe incrociate e cominciai a pulirla.

Presi un coltello e affilai la lama che si era smussata un po'.

Quando finii mi accorsi che mi stavano guardando.

Dietro di loro il bosco si estendeva buio, cupo e pieno di pericoli.

-Che c'è?- chiesi scocciato. La mia voce rimbombò nel silenzio della notte.

-Io e Ginevra stavamo pensando che, magari, potremmo dividerci- rispose Elena con voce sempre più acuta.

Era fatta così. Ogni volta che s'innervosiva, la sua voce diventava acuta.

Mi alzai puntellandomi con l'ascia.

-Non è una cattiva idea- commentai.

Non lo era affatto. Noi non intendevamo ucciderci, e rimanevamo solo in sei nell'arena.

Se ci fossimo divisi avremmo trovato con più facilità gli altri tributi.

Poi, avremmo provato a convincerli che gli Hunger Games andavano aboliti. Che bisognava ribellarsi…o, almeno, io l'avrei fatto.

-Io andrò a Nord-, dissi guardando il riflesso argenteo della Luna sull'acqua.

-Elena, tu andrai a Est. Mentre tu, Ginevra…-, continuai voltandomi a guardarle, -…tu andrai a Ovest-

Elena annuì. Ginevra piegò la testa di lato. Ma poi accettò il piano con un'alzata di spalle.

-Bene. Ci divideremo domani pomeriggio- annunciai.

 

 

POV George:

 

Mi svegliai di con la sensazione i cadere nel vuoto.

Aprii gli occhi e vidi la Luna sopra di me. Era alta e piena. Lo spettacolo più bello che avessi mai visto.

Uscii dal sacco a pelo e mi diressi verso la sagoma immobile di Chiara.

Per un attimo fui terrorizzato all'idea che fosse morta, ma poi vidi le sue spalle alzarsi e abbassarsi lentamente.

Stava dormendo.

Ci credo”, pensai, “Dev'essere esausta”.

Andai a prendere una coperta che avevo nello zaino.

Poi gliela misi sulle spalle e mi sedetti accanto a lei.

-Se eri stanca potevi chiamarmi- le sussurrai nell'orecchio.

Lei aprì gli occhi, spaventata. Ma, quando si accorse che ero io, si rilassò e si strinse più forte nella coperta.

Guardò per terra. I lunghi capelli neri le incorniciavano il viso.

Gli occhi erano chiusi. Pensai si fosse riaddormentata. Stavo per svegliarla quando aprì piano gli occhi e mi guardò.

Feci ricadere la mano lungo il fianco e la guardai a bocca aperta.

Non mi ero mai accorto dell'intensità di quegli occhi verde smeraldo.

-Bellissima…- sussurrai senza pensarci. Troppo piano perché lei mi potesse udire.

-Grazie- rispose lei.

-Per cosa?- chiesi io, stupito.

La ragazza scrollò le spalle.

-La coperta, l'avvertimento sugli ibridi…il non averci ucciso- sussurra le ultime parole.

Sembrava così fragile e indifesa che un solo soffio di vento l'avrebbe portata via.

In quel momento, senza pensarci due volte, l'abbracciai.

Affondai il viso nei suoi capelli e inspirai. Sapeva di fragole.

Lei ricambiò l'abbraccio.

-Non c'è di che- mormorai con voce roca.

 

 

 

 

 

Angolo autrice:

 

Ciao a tutti!

Ecco a voi il nuovo capitolo di “Rebellion in coming”. È un po' corto ma spero vi piaccia lo stesso.

Colgo l'occasione per scusarmi del terribile ritardo ma di 'sti tempi non posso stare molto al pc, quindi non sono riuscita a scrivere.

Non so quando riuscirò a pubblicare il prossimo capitolo.

 

Mi dispiace tanto, Merope_Blackbow

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Be brave ***


POV Chiara:

Mi svegliai di soprassalto, con l'immagine di Aloys, sorridente e vivo, impressa sotto le palpebre.

Aprii gli occhi e li richiusi, ma il viso di mio fratello era ancora lì.

Mi alzai piano. A quanto pareva dovevo essermi addormentata. Anche se non capivo come abbia potuto farlo. Scacciai dalla mente quel pensiero: ci avrei pensato più tardi. In quel momento dovevo solo…cosa? Cosa dovevo fare?

Mi presi la testa tra le mani.

Concentrati” mi ordinai.

Ma non riuscivo a pensare con lucidità. L'unica cosa a cui riuscivano ad arrivare i miei pensieri era Aloys.

Il sogno che avevo fatto era solo un'altro dei ricordi che mi tornavano alla mente:

Il cielo era limpido, le ghiandaie canticchiavano la melodia funebre che avevano appena ascoltato.

Ero accucciata nel mio Posto Segreto: un luogo in cui gli alberi intrecciavano i loro rami, formando una piccola stanza verde.

Andavo nel Posto Segreto ogni volta che volevo stare sola.

E quel giorno, avrei preferito che nessuno mi trovasse. Ma non fui così fortunata.

Triste e con le guance rigate da lacrime silenziose, alzai lo sguardo appena sentii lo scricchiolio della ghiaia fuori dalla stanza verde.

Quando incrociai lo sguardo turchese di mio fratello, tirai su col naso.

Avevo a malapena sette anni, Aloys ne aveva quattordici, ma avevamo un'intesa degna dei fratelli gemelli.

Si sedette accanto a me e mi strinse in un abbraccio. Appoggiò il mento sulla mia testa, cominciando a canticchiare una canzone.

Le ghiandaie si fermarono, in ascolto.

 

Verrai, verrai,

all’albero verrai,

cui hanno appeso un uomo che tre ne uccise, o pare?

Strani eventi qui si son verificati

e nessuno mai verrebbe a curiosare

se a mezzanotte ci incontrassimo

all’albero degli impiccati.

 

Tesi le orecchie. Quella melodia l'avevo già sentita.

 

Verrai, verrai,

all’albero verrai,

là dove il morto implorò l’amor suo di scappare?

Strani eventi qui si son verificati

e nessuno mai verrebbe a curiosare

se a mezzanotte ci incontrassimo

all’albero degli impiccati.

 

No, impossibile, mio fratello non canterebbe mai una delle Canzoni Proibite. Una canzone che, dopo la rinascita degli Hunger Games, portava alla morte chiunque la cantasse.

Eppure eccolo lì. A cantarla. Per me.

Lo strinsi più forte e canticchiai il verso seguente insieme a lui e alle ghiandaie imitatrici.

 

Verrai, verrai,

all’albero verrai,

ove ti dissi “Corri, se ci vuoi liberare”?

Strani eventi qui si son verificati

e nessuno mai verrebbe a curiosare

se a mezzanotte ci incontrassimo

all’albero degli impiccati.

 

A quel punto avevo già smesso di piangere. Il dolore per la morte di nostro padre attenuato.

L'ultimo, era il verso che ricordavo meglio. Quello che mi aveva colpito di più quando lo avevamo studiato a scuola. Forse perché ero solo una bambina e l'idea di una morte per impiccagione mi sembrava all'antica e, stranamente, romantica.

 

Verrai, verrai,

all’albero verrai,

di corda una collana, insieme a dondolare?

Strani eventi qui si son verificati

e nessuno mai verrebbe a curiosare

se a mezzanotte ci incontrassimo

all’albero degli impiccati.

 

Rimanemmo abbracciati per quelle che parvero ore. Poi lui si alzò e si pulì il retro dei pantaloni. Mi fece alzare e tornammo a casa, al Villaggio dei Vincitori.

Si, perché nostra madre e nostro padre avevano vinto, rispettivamente, la 1° e la 2° edizione.

Non parlammo per tutto il tragitto verso casa. Ma, arrivati davanti alla porta, Aloys si fermò e s'inginocchiò davanti a me.

-Qualunque cosa accada…-, mi disse, -…non arrenderti mai. Hai capito?-

Io annuii.

-Brava-

Mi guardò intensamente.

-Sii coraggiosa-”

 

In quel momento, a soli sette anni, non capii il vero significato di quelle parole. Pensavo si riferisse alla morte di nostro padre.

Ora, sei anni dopo, le compresi alla perfezione.

Si riferiva agli Hunger Games. Sapeva che, prima o poi, mi sarei offerta volontaria. Che fosse per dimostrare il mio coraggio o per vendicarmi della morte di un componente della mia famiglia, io mi sarei offerta volontaria.

In fondo, avevo mai negato di odiare Capitol City per aver ricreato gli Hunger Games? No, mai. Non ero io quella che diceva di volerli abolire, un giorno? Si, ero proprio io.

Aloys mi conosceva più di quanto io conoscessi me stessa.

Mi ha detto di non arrendermi e io non lo farò.

In fondo, che ho da perdere?

 

POV Matt:

 

Ci eravamo divisi da qualche minuto, e mi ero già ritrovato a dover scappare da degli ibridi.

Ma non dovrebbero apparire solo alla fine, quei cosi?” pensai, appoggiandomi ad un tronco d'albero per riposare un attimo.

Mi lasciai scivolare a terra, la schiena dolorante contro il tronco liscio del pioppo bianco.

Devo trovare gli altri ribelli”, pensai, “Ma dove possono essere? Andiamo Matthew, pensa”

Feci qualche respiro profondo. La gola mi faceva male. Avevo decisamente corso troppo, ma almeno avevo seminato quei cosi. Anche se la parola migliore per descriverli sarebbe stata “Demoni”.

Cazzo, ma come hanno potuto mischiare il DNA di un toro, una scimmia e un falco? Sono completamente pazzi!”

Scossi la testa. Stavo divagando. Dovevo cercare di capire dove fossero i ribelli. Se ce n'erano…

Ovvio che ce ne sono”, mi dissi, “Georgie non è ancora morto. E lui è un ribelle”

Mi alzai piano. Raccolsi l'ascia e cominciai a camminare per la foresta. Dovevo trovarlo. Lui era l'unico ribelle ancora in vita, oltre a lui e Elena.

Ginevra, mi dispiaceva ammetterlo, non era come loro. Lei era spietata. Adorava uccidere. La sua era sete di sangue allo stato puro.

Quando lo capii pensai fosse una pazza.

 

Alzai gli occhi al cielo per osservare il sole. Si era abbassato un bel po'. Doveva mancare poco al tramonto.

Sospirai.

Un colpo di cannone mi fece sobbalzare. Sperai non fosse Elena. Sperai non fosse George.

Continuai a camminare, finché non sentii il rumore dell'Hovercraft. Mi nascosi dietro un cespuglio.

L'Hovercraft era diretto poco più avanti di dov'ero io. Fece scendere una specie di braccio meccanico e tirarono su il corpo.

Gli ultimi raggi di luce colpirono il corpo, facendo brillare i capelli castani di Ginevra di riflessi ramati.

Appena l'Hovercraft volò via mi alzai e corsi nella direzione in cui si trovava il cadavere della ragazza che era stata mia alleata fino a quella mattina.

Perché non è andata ad Ovest?”, continuavo a domandarmi.

Ma, quando trovai la risposta, mi fermai di colpo, in mezzo ad una radura dall'erba ancora rossa del suo sangue.

Mi stava seguendo”, capii, “Voleva uccidermi”

Quella consapevolezza mi fece rabbrividire. La mia mano strinse più forte l'ascia.

 

POV George:

 

Mi fermai ai margini della radura, nascosto dietro ad un albero, aspettando che prendessero il corpo e se ne andassero.

Avevo la maglia ancora sporca del sangue che usciva dalla ferita al fianco.

Quell'idiota di James era andato in giro da solo, disarmato, e si era imbattuto in una ragazza pronta a uccidere.

Strinsi più forte la mano sopra la ferita.

Quando furono passati all'incirca dieci minuti, mi arrischiai a guardare la radura.

Un ragazzo se ne stava lì in piedi ad osservare il sangue. La testa china. I capelli biondi gli coprivano il viso. Un'ascia in mano. I muscoli tesi.

Matthew. Distretto 4. Ribelle.

Le informazioni mi tornarono alla mente una alla volta, ma in fretta.

Dovevo pensare: potevo chiamarlo? Potevo fidarmi di lui?

La risposta era facile da trovare.

Guardai in alto, alla ricerca di un tipo di ibridi.

Un lampo azzurro. Sorrisi.

Fischiai.

Le quattro note echeggiarono tutt'intorno a me.

Per la seconda volta da che ero nell'arena la buona sorte era a mio favore.

Ben presto gli alberi intorno alla radura si riempirono di ghiandaie che imitavano il motivetto.

Matthew si guardò intorno, spaesato.

Uscii cauto dal mio nascondiglio; la mano ancora stretta sul fianco.

Temevo che non mi riconoscesse. Ma lo fece.

Mi corse in contro.

-Sei vivo!- esclamò appena fu abbastanza vicino.

-Anche tu- replicai.

-Ho la pellaccia dura- rispose e si mise a ridere. Risi anche io.

Siamo sempre stati amici, al distretto 13. Ma poi, quando ci hanno mandati nei vari distretti per espandere l'idea della ribellione, non lo avevo più visto.

Ero felice e al contempo addolorato per la sua presenza nell'arena.

Mi diede una pacca sulla spalla e io feci una smorfia di dolore.

Non se ne curò.

-Allora, sei solo?- chiese.

Scossi la testa.

-Tu?- domandai a mia volta.

Scrollò le spalle e si passò una mano tra i capelli.

-Ero con Elena-, rispose,-Ci siamo divisi nel pomeriggio-

Rimanemmo in silenzio per quelle che parvero ore. Ma furono solo pochi minuti.

-Siamo rimasti in cinque, giusto?- bisbigliò.

Stavo per annuire, quando sentimmo un cannone sparare.

-Quattro- lo corressi.

-Secondo te chi...-

Un urlo lo interruppe.

-JAMES!-

Un rumore di rami spezzati. Un ululato. Altre urla incomprensibili.

Poi qualcuno entrò nella radura.

I lunghi capelli neri raccolti in una coda. Gli occhi verdi pieni di terrore.

-Gerorge!-

Urlò il mio nome con voce roca.

-Chiara!-

Cercai di correrle incontro, ma lei scosse la testa. Mi fermai.

Quando mi raggiunse le lacrime le scorrevano ben visibili sulle guance.

-Ibridi- spiegò.

Poi un branco di uomini-lupo irruppe nella radura, e noi cominciammo a correre.

Un altro cannone sparò.

Non mi fermai a pensare chi fosse morto.

Ormai c'eravamo solo Chiara, Matthew e io.

Gli Strateghi avevano fretta di chiudere.

 

 

 

Angolo autrice:

 

Ed ecco a voi il settimo capitolo!

Spero di averlo fatto abbastanza lungo per farmi perdonare.

Che dire, siamo quasi alla fine.

Sono rimasti solo in tre. Chi di loro vincerà?

(Non date per scontato che sarà Chiara. Ho appena finito di leggere la Allegiant e ho qualche ideuzza)

Spero che vi sia piaciuto e che vi piacciano i prossimi capitoli.

 

With love, Merope_Blackbow

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** I Vincitori dei 20° Hunger Games! ***


POV Matthew:

 

Stavamo correndo ma non sapevamo dove.

Gli ululati dietro di noi si facevano sempre più forti: gli ibridi ci stavano raggiungendo. Il bosco intorno a noi era buio e l'unico rumore erano le nostre scarpe sul terreno ricoperto da foglie secche e ramoscelli.

Gli animali erano scomparsi. Né lepri, né tacchini selvatici, né ghiandaie erano spettatori di quell'orrendo e macabro spettacolo.

Mi guardai indietro e vidi 21 paia di occhi che mi fissavano famelici.

Accelerai il passo: volevo mettere più distanza possibile tra me e quegli abomini.

Eravamo quasi arrivati alla Cornucopia, intorno a noi tutto sembrava morto.

Persino gli alberi erano appassiti. Oppure era la mia immaginazione?

Chiusi gli occhi e continuai a correre. Avevo paura. Non ricordavo nemmeno da quanto stessimo correndo. Settimane? Mesi? Pochi minuti?

Ero così stanco. Forse potevo rinunciare a salvarmi. Potevo fermarmi lì, farmi sbranare dagli ibridi?

Solo 5 minuti” implorai nella mia mente. Stavo già rallentando, quando una mano fredda mi afferrò per il polso e mi tirò in avanti. Aprii gli occhi di scatto, spaventato.

Ma era solo una ragazza…voglio dire: il Tributo del Distretto 10. chiara, la guardai in quei grandi occhi neri e cominciai a correre di nuovo, tenendola per mano. Un nuovo senso di determinazione era nato in me.

 

POV Chiara:

Sono nata per essere coraggiosa. È quello che diceva sempre mia madre, dopo la morte di mio fratello Davide Aloys. Quella frase m'infondeva coraggio.

E ora, a cinque anni di distanza, in un'arena della morte, era diventata il mio mantra.

Stavo correndo il più velocemente possibile per seminare gli ibridi che ci inseguivano.

Gli alberi intorno a noi si diradavano a mano a mano che ci avvicinavamo alla Cornucopia; e ripetevo quella frase, a denti stretti:-Sono nata per essere coraggiosa. Sono nata per essere coraggiosa. Sono nata per…- mi bloccai non appena vidi che il Tributo del Distretto 4, Matthew, stava rallentando.

Corsi verso di lui e lo presi per il polso. Lo incitai a continuare, senza parlare. Non servivano parole. Non in una situazione simile, con dei demoni alle calcagna.

Ricominciammo a correre, insieme. Mano nella mano, come vecchi amici che corrono in un parco.

Mi venne da ridere per quella similitudine: era una cosa così normale.

Dopo un po' vidi George cadere a terra. Mi fermai per aiutarlo, ma Matthew mi tirò per il braccio, facendomi alzare. Ricominciammo a correre.

Mi voltai solo una volta, ma fu necessaria per vedere l'espressione rassegnata sul volto di George; furono sufficienti pochi minuti di lenta agonia prima che quei mostri si ritraessero dal corpo maciullato e privo di vita del mio compagno di Distretto. Gli ibridi scomparvero tra la vegetazione, poi si sentì il cannone sparare e una rabbia sorda mai provata prima di allora m'invase.

Strizzai gli occhi, ricacciando indietro le lacrime.

Non potevo permettermi di piangere. Non lì, in quel campo di battaglia -sarebbe meglio dire sterminio- bagnato dal sangue di George e James.

Al pensiero del corpo morto e dissanguato di James mi si strozzò la gola.

-E ora che si fa?- chiese Matthew, fissando la Cornucopia.

-In che senso?- feci io, dimostrando per l'ennesima volta la mia idiozia.

Matthew mi squadrò da capo a piedi e alzò un sopracciglio. In quel momento odiai essere così bassa.

-Siamo rimasti solo noi due- mi fece notare.

-Ah- risposi. Me n'ero quasi dimenticata. George…James…Elena…tutti morti.

-Io non ti voglio uccidere- mormorò lui.

-Ma lo farai. Devi farlo se vuoi sopravvivere. Nemmeno io voglio ucciderti, ma…-

Matthew m'interruppe scuotendo la testa.

-No, non voglio ucciderti e non lo farò- esclamò convinto.

-Tzè, dici così, ma poi, quando abbasserò la guardia per un attimo…-

Si avvicinò a me. Ci dividevano solo pochi centimetri. Uno spazio immenso ma, allo stesso tempo, minuscolo.

-Possibile che non capisci?-, sibilò infuriato, -Io non voglio dargliela vinta!-

Quelle parole mi sorpresero non poco. Sapevo che i ribelli si erano infiltrati nei vari Distretti, ma possibile che…

-Fire is catching, and if we burn…- era il motto dei ribelli. Se avesse finito la frase avrebbe voluto dire che Matthew Undertaker era uno dei ribelli.

-…you burn with us- finì la frase lui. Mi accigliai.

-Sei un ribelle- sussurrai guardandolo negli occhi.

La mia era una constatazione, ma lui rispose comunque:-Si-

-Cosa succede adesso?-, chiesi, -Chi di noi due vincerà?-

-Potremo vincere insieme-, una scintilla gli accese lo sguardo, -Rifiutarci di ucciderci l'un l'altra- propose.

-Perché?- chiesi avvicinandomi a lui, attratta da quegli occhi d'oro liquido; da quello sguardo ribelle che gli illuminava il volto.

-Non voglio essere una pedina nei loro giochi- rispose talmente piano che quasi non lo sentii. Fissò il suo sguardo nel mio, avvicinandosi sempre di più, finché non ci furono che cinque millimetri a separarci.

Stava avvicinando il suo viso al mio, ma io non potevo baciarlo. Non che non lo volessi, sia chiaro (e non perché sono una troia), ma il ragazzo a cui avevo dato il mio primo bacio era morto sotto i miei occhi appena qualche decina di minuti prima. Non me la sentivo, ecco tutto.

Cercai di ritrarmi ma lui mi mise le braccia intorno alla vita e mi strinse a sé.

-Stai tranquilla-, mi disse con le labbra sulle mie, -Pensa a come piacerà agli spettatori. Di certo non vorranno che uno dei due muoia-

-Ma…non potremo mai scendere da questo treno. Vorranno sempre di più- risposi con la mente annebbiata. In realtà non pensavo a quanto sarebbe piaciuto agli spettatori, ma a quanto sarebbe piaciuto a me.

-E perché mai dovremmo voler scendere da questo treno?- chiese.

Poi mi baciò. All'inizio fu un bacio dolce ma poi, quando schiusi le labbra, divenne un bacio appassionato e famelico. Era come…come se…avete presente le famose “farfalle nello stomaco”? Beh, io avevo un intero stormo di ghiandaie imitatrici!

Quando ci separammo eravamo tutti e due senza fiato. Un sorriso ebete illuminava il volto di entrambi.

Matthew appoggiò la sua fronte sulla mia.

-Non ti voglio uccidere- disse ad alta voce, in modo che lo potessero sentire anche i Capitolini.

Stetti al suo gioco e gli domandai:-Perché?-

Lui sorrise dolcemente.

-Perché sei la mia Annie- rispose e mi baciò di nuovo.

Tutti sanno che, dopo la ribellione, nel Distretto 4 i ragazzi avevano cominciato a dichiararsi dicendo alla ragazza che amavano: “Sei la mia Annie”. Le ragazze, al contrario, rispondevano: “Sei il mio Finnick”.

La storia di Finnick e Annie è la più romantica di tutte quelle conosciute nei vari Distretti. Nessuno ha mai amato una donna più di quanto Finnick amasse Annie. E se quella semplice frase -“Perché sei la mia Annie”- non avesse fatto effetto nel pubblico della capitale, nient'altro avrebbe funzionato.

Una voce, fuoriuscita dagli altoparlanti nascosti nell'arena, mi riscosse dai miei pensieri. Guardai in alto, verso la proiezione del volto di Abigale Sutcliff: la capo Stratega.

-Attenzione, Tributi, attenzione!- disse Abigale.

-Siamo lieti di informarvi che gli Hunger Games sono finiti. dunque…permettetemi di presentarvi i vincitori della 20° edizione degli Hunger Games!-

Spalancai gli occhi per la sorpresa e abbracciai Matthew. Non potevo crederci. Ero viva. Ero una sopravvissuta, certo, e i volti degli altri 22 Tributi mi avrebbero perseguitata nei miei incubi, ovviamente. Ma ero viva. Viva!

Ero riuscita a rendere onore a mio fratello. Mi ero offerta volontaria per lui e ora avevo vinto per lui.

Matthew mi strinse a sé e insieme cominciammo a ridere. Nessuno dei due riusciva a spiegarsi il perché, ma avevamo voglia…no, avevamo bisogno di ridere.

 

Non ci dividemmo mai, nemmeno quando l'Hovercraft ci fece salire a bordo.

Ci tenemmo sempre per mano. Quando arrivò il momento di toglierci il localizzatore dal braccio, affondai il viso nel suo petto. La stessa cosa fece lui, affondando il viso nella curva del mio collo e tra i miei capelli, che avevo liberato dalla coda e ora mi ricadevano lisci e pieni di nodi sulle spalle.

Ci volle un'ora intera per arrivare a Capitol City. Ci eravamo accucciati su un divanetto da qualche parte in quell'immenso “disco volante” (come lo chiamava mio padre quando voleva far ridere Davide e me).

Non volevamo essere divisi. E nessuno ci aveva provato. Era come se, in qualche modo, la vicinanza dell'uno poteva rassicurare l'altro, come se, se ci avessero divisi, la volta celeste sarebbe crollata e noi saremmo stati uccisi.

E, forse, sarebbe successo davvero. Magari il presidente non era poi così contento di avere due vincitori.

A quanto pareva Matthew aveva avuto la mia stessa idea, poiché mi chiese:-E se il presidente Longhorn desse l'ordine di far precipitare quest'Hovercraft e noi morissimo in un'esplosione?-

Ci pensai su per due minuti.

-Non lo farà. Tutta Capitol City più i Distretti si rivolterebbe contro di lui, altrimenti-

Matthew annuì piano, poi pronunciò le parole a cui non avevo avuto il coraggio di pensare:-Tornati a casa, dovremo dividerci-, sussurrò malinconico, -Tu andrai al Villaggio dei Vincitori del Distretto 10, io in quello dell'undici-

In quel momento il mondo cominciò a rallentare e io riuscii a sussurrare solo sette parole che, anni fa, avevo letto in un libro della grande biblioteca di mia madre. Perché è così che lei superava i ricordi dell'arena: mio padre si faceva di morfamina e lei fuggiva in un mondo fatto di illusioni.

-Per amore non c'è ostacolo di pietra- sussurrai prima di addormentarmi nelle forti braccia di Matthew e nel calore e senso di sicurezza che mi donava la sua vicinanza.

 

 

 

 

Nota autrice:

 

Ed ecco l'ottavo capitolo di questa umile fan fiction. Okay, lo ammetto, non avrei mai ucciso Chiara così presto. Eppure mancano dai tre ai cinque capeetoli. Dipende se mi verrà lo schizzo di scrivere nei particolari il Tour della Vittoria.

 

Ecco a voi una breve anteprima su quello che accadrà prossimamente:

 

Un uomo alto, slanciato e dalla carnagione scura entrò nella stanza. Andò dal capo dei Pacificatori e gli sussurrò qualcosa all'orecchio, poi uscì.

 

Alla prossima, Merope_Blackbow

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** If we burn you burn with us ***


POV Andrew:

 

Fecero atterrare l'Hovercraft all'aeroporto di Capitol City, come ogni anno.

Non vedevo l'ora di tornarmene alle mie solite mansioni, ma prima dovevo accompagnare i vincitori nelle loro stanze.

Neanche fossi un Senza-Voce” pensai scocciato. Le porte si aprirono e ne uscirono due ragazzini. Erano titubanti, come se avessero paura di essere attaccati da un momento all'altro. Eppure avevano vinto. Perché avevano paura?

Li studiai da capo a piedi: i capelli neri della ragazza erano un vero disastro; aveva i vestiti strappati e qualche cicatrice sulle braccia e sul volto. Gli occhi verdi, però, erano accesi da una scintilla che non seppi riconoscere.

Il ragazzo aveva i capelli biondi scompigliati, come la ragazza, ma i suoi occhi non risplendevano della stessa luce.

-Benvenuti- li salutai non appena me li ritrovai di fronte.

Mi rivolsero un cenno col capo.

Stupidi ragazzini”, pensai, “Io spreco il mio preziosissimo tempo per loro e quelli nemmeno si degnano di rivolgermi la parola. Tsk.”

-Il mio nome è Andrew. Sarò il vostro cicerone, per oggi-, continuai, -Voi siete…-

-Messi male?- chiese la ragazza. Sorrisi divertito.

-In realtà stavo per dire che siete i vincitori, ma anche la tua espressione è corretta- risposi.

Lei mi lanciò un'occhiataccia e il mio sorriso si allargò.

-Seguitemi- ordinai voltandomi.

Non mi girai nemmeno una volta, ma sapevo che mi stavano seguendo: sentivo i loro passi dietro di me.

 

POV Chiara:

 

Avevamo vinto una battaglia, ma la guerra era ancora aperta. Scesi dall'Hovercraft mano nella mano con Matthew. Non riuscivamo a lasciarci.

Anche se il nostro amore era finto; anche se, probabilmente, fra pochi giorni sarebbe iniziata una rivoluzione.

Non riuscivamo a lasciarci. Avevamo paura che, se ci fossimo divisi, il mondo sarebbe crollato.

Un uomo ci stava aspettando appena fuori dalla struttura che chiamavano aeroporto. Una volta c'erano tante strutture simili a questa. Ora non più.

-Benvenuti- disse con una voce bassa; completamente diversa da quella dei Capitolini con cui avevo parlato fino a quel momento.

-Il mio nome è Andrew. Sarò il vostro cicerone, per oggi. E voi siete…-

-Messi male?- lo interruppi guardandolo negli occhi in segno di sfida.

-In realtà stavo per dire che siete i vincitori, ma anche la tua espressione è corretta- rispose con un sorriso divertito.

Che ha da ridere?” pensai infuriata. Gli lanciai un'occhiataccia, ma il risultato non fu altro se non il suo sorriso che si allargava.

Idiota” pensai sbuffando.

-Seguitemi- ci ordinò voltandosi.

Matthew mi strinse la mano. Lo guardai.

-Stai attenta- disse usando il labiale. Annuii.

-Tranquillo- risposi allo stesso modo.

Seguimmo Andrew fino ad una macchina dall'altra parte dell'edificio.

Matthew, vedendo la macchina, fischiò sommessamente.

-Però!-, esclamò, -Bella macchina!-

Scossi la testa, divertita: eravamo appena usciti vivi dall'arena, e lui si metteva ad ammirare le belle macchine?

Maschi” pensai rassegnata.

Andrew gli sorrise.

-Grazie-, disse, -È d'epoca-

Non sapevo se fosse un bene o no, quindi sorrisi e annuii. La miglior tattica di tutte.

-Salite- c'incitò Andrew. Matt non se lo fece ripetere due volte e salì nell'auto. Lo seguii titubante: non mi fidavo di Loro. Per niente. Eravamo solo noi tre nella macchina, per fortuna.

I sedili erano comodissimi…o almeno lo erano rispetto agli alberi su cui avevo dormito negli ultimi giorni. Sospirai e cominciai a canticchiare la Canzone della Valle. Andrew mi guardò stupito e io mi ricordai che era una delle Canzoni Proibite. Continuai a cantarla con finta con noncuranza. Lui sorrise divertito e si mise a cantarla con me. Mi bloccai e lo fissai. Andrew finì la strofa e mi sorrise.

-Il fuoco divampa e se noi bruciamo…- sussurrò tornando a guardare la strada. Matthew si raddrizzò sul sedile accanto a me e sorrise raggiante.

-…voi bruciate con noi!- esclamò e mi baciò sulla guancia. Lo guardai confusa e lui rise.

-È uno dei ribelli, Chiara!-, mi spiegò sorridendo e poi si rivolse ad Andrew, -Tu, brutto idiota, quando pensavi di dirmelo che ti avrebbero mandato alla capitale?-

Andrew rise e l'auto cominciò a rallentare.

-Beh, te l'avrei detto Merluzzo, ma sai com'è…stavi lottando per sopravvivere- rispose divertito. Io li guardai sconcertata e i due scoppiarono a ridere.

-Il Distretto 13 fa infiltrare i ribelli ovunque-, mi spiegò Matthew e indicò Andrew, -Lui l'hanno infiltrato tra le schiere dei…Pacificatori, giusto Andy?-

Andrew annuì e Matt continuò:-Bene, lui nei Pacificatori; io…-, indica se stesso, -…nel Distretto 4 e George…-

-Nel Distretto 10…- sussurrai interrompendolo. Matthew annuì e rimanemmo in silenzio per il resto del viaggio.

-Potete scendere. I vostri truccatori vi stanno aspettando nelle vostre stanze. Un Senza-Voce vi accompagnerà dentro l'edificio- disse tornando serio. Stavo per scendere dall'auto quando Andrew mi prese per il polso. Lo guardai e lui mi sussurrò:-Sei la nostra Ghiandaia Imitatrice. Ti abbiamo scelto, per questo sei ancora viva-

Mi lasciò andare e io scesi dall'auto dirigendomi verso la Senza-Voce, leggermente turbata.

 

 

 

POV Abigale:

 

Guardavo i Giochi dallo schermo del Centro di Controllo.

-Signora Sutcliff, cosa facciamo?- mi chiese Ilenya con voce fastidiosa. Mi misi le le dita sulle tempie e chiusi gli occhi.

-Annuncio- ordinai. Subito mi misero di fronte un microfono e io lo presi in mano.

-Pronta- annunciai. Armeggiarono coi monitor e collegarono gli altoparlanti nell'arena.

-Attenzione, Tributi, attenzione!- esclamai.

-Siamo lieti di informarvi che gli Hunger Games sono finiti, dunque…permettetemi di presentarvi i vincitori della 20° edizione degli Hunger Games!-

Feci segno di scollegare il microfono e mi allontanai dalla mia postazione. Uscii dal Centro di Controllo.

-Sutcliff!-, ringhiò il Presidente Longhorn, -Come hai potuto farli vivere entrambi?-

Mi voltai verso di lui con un sorriso falso stampato in volto e pensai: “Mah, chissà perché, vecchio?”

-Ci pensi, saranno un intrattenimento delizioso per il pubblico- risposi invece.

Mi squadrò da capo a piedi e sorrise mostrando quella che io credevo fosse una dentiera da vecchietto. Annuì, si voltò e mi lasciò da sola. Sospirai e mi diressi verso la stanza della Vincitrice del decimo distretto. Bussai e mi aprì uno dei truccatori.

-Si?-, chiese con voce mielosa, -Mi spiace signora Sutcliff, ma non credo che lei possa stare qui-

Sorrisi e chinai leggermente il capo. -Volevo solo scambiare due parole con la Vincitrice- risposi guardandola negli occhi. Lei annuì e fece uscire gli altri due truccatori. Due uomini un po' effeminati, ma dall'aria gentile. Entrai nella stanza e Chiara si voltò e mi guardò con un'espressione stupita.

-Al Tour della Vittoria. Preparati- dissi, dopodiché mi voltai e mi diressi verso la porta.

-Che…che significa?- balbettò sconcertata. Risi e uscii dalla stanza, ma prima le rivolsi un cenno con la mano, lasciando scoperto il polso su cui tempo fa mi tatuarono la Ghiandaia Imitatrice.

-If we burn you burn with us…- sussurrai e m'incamminai verso il Centro di Controllo.

 

 

Angolo Autrice:

*s'inchina davanti a tutti i lettori* Gommennasaiiii!!! Perdonatemi l'enorme ritardo ma mi avevano tolto internet! Comincerò immediatamente a scrivere il prossimo capitolo. E spero che questo sia di vostro gradimento…

Ricordate: You can torture us, bombard us, set on fire our district, but you see that? Fire is catching and if we burn you burn with us!

*ribelle mode: on*

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2415411