The Doom di fridawrites (/viewuser.php?uid=425326)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Sei mesi prima ***
Capitolo 3: *** Gemelli ***
Capitolo 4: *** Mezzanotte a Greenwich ***
Capitolo 5: *** AVVISO ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
“Oh,
ma
sta’ zitta!” mi
rimprovera mia sorella
duramente, ma sono più che certa che è a causa
della gravidanza. Si, insomma, i
suoi ormoni sono in subbuglio e non è mai stata il massimo
della gentilezza e
cortesia. Un mix perfetto, dunque.
Sospiro,
pensando al fatto che siamo arrivate a questo punto dopo tanto tempo.
Abbiamo
faticato entrambe –dovrei dire tutti e quattro?-, abbiamo
sofferto entrambe, ma
abbiamo finalmente trovato quella stabilità che ci sembrava
ormai perduta ed
irrecuperabile.
Sfoglio
ancora una volta il catalogo di abiti da spose, e sorrido al solo
pensiero che
si sposerà.
Mia
sorella gemella aspetta due gemelli (casualità delle
casualità), e si sposerà
tra un po’: insomma, ha realizzato la sua vita. Una famiglia,
un marito, un
lavoro, due figli.
“Elena”
mi sveglia lei dal mio stato di trance, anche se in realtà
ero solo immersa da
alcuni pensieri.
“Sono
felice di essere venuta da te, sei mesi fa.” Mi confida, e
sono più che sicura
che i miei occhi diventano leggermente lucidi. La mia guancia diventa
rossa- ancora di più se possibile- per il
freddo dell’autunno iniziato da appena metà mese.
Ammettiamolo, anche se siamo
all’inizio di ottobre - tre ottobre, per essere precisi- fa un freddo comparabile
solo con quello
invernale. Siamo,
infatti, sedute ad uno
Starbucks, in un tavolino vicino all’entrata; ogni qualvolta
che qualcuno apre
la porta, entra, dunque, una velata di gelo.
La
gravidanza la fa diventare lunatica, e, solo in questo caso,
più dolce.
Ricorderò questo momento per sempre, e glielo
rinfaccerò per tutta la vita,
quando mi tratterà con la sua finezza ed eleganza tipica di
uno scaricatore di
porto. Okay, sto esagerando, ma la mia gemella è
sostanzialmente diversa da me.
“Sai,
dovresti smetterla di mangiare cupcakes!” la rimprovero
bonariamente io, ed
improvvisamente lei smette di divorare quei dolcetti al cioccolato a
forma di
tazza. Quale briciola le è rimasta attorno alla bocca, ed
emetto una risatina a
quella visuale.
“Dici?”
domanda lei, quasi preoccupata dalla mia affermazione.
“Perché
ne ho voglia, e se non soddisfo questo mio desiderio –o
capriccio, come dici
tu- i bambini potrebbero nascere con la voglia di cupcakes al
cioccolato, e
urleranno ‘Mamma, papà: vogliamo i
cupcakes!’. Oppure lo dici perché sono
grossa come una mongolfiera e così non riuscirò
mai a trovare il vestito da
sposa, e il mio futuro marito non mi vorrà
più!” ed inizia a piangere
istericamente, portando le mani agli occhi, fino a coprirli del tutto.
Sospiro,
e mi alzo dalla mia sedia, raggiungendo mia sorella, di fronte a me.
Vi odio,
ormoni, chiaro?
Le
accarezzo la schiena dolcemente, portando la mano su e giù,
perché quel gesto
l’ha sempre calmata, sin da quando era bambina. Mamma me lo
svelò quando ero
piccina, e da quel momento ho utilizzato questo calmante nei suoi
confronti
quando impazziva –impazzisce, poiché lo fa
tutt’ora.
“E’
tutto
okay, non piangere. Sei sempre bellissima, e l’ho detto solo
per scherzare..”
Le
affermo dolcemente all’orecchio, sperando di calmarla. Per
fortuna fa così,
perché alza la testa e punta il suo sguardo nel mio.
“Ti
piace
farmi arrabbiare, non è così? Vuoi insultarmi e
poi dici che ti piace prenderti
gioco di me! Ti odio, Elena, ti odio!” urla in preda alla
disperazione, mentre
gliene dico mentalmente quattro ai suoi ormoni, ancora una volta.
Prima era
scorbutica, poi dolce, poi si dispera, poi mi urla contro. Vorrei che
partorisse subito quei muffin dei suoi due gemelli, vista
l’enorme pancia. So
che ne porta due in grembo, ma confrontando il suo ventre con quello
delle
vecchie foto di mamma, Miranda, immagino che i suoi gemelli siano come
due
muffin enormi, come quelli che sfornavo io d’adolescente,
sbagliando le
quantità.
“Smettila
di urlare, calmati! Farai del male ai bambini!” le dico,
ricordandole, ancora
una volta, che è incinta, e se urla o si scalda troppo
potrebbe fare del male
ai suoi piccoli. E’ da quando so della sua gravidanza che la
riprendo su
quest’argomento ma sembra che i suoi amati
ormoni non le facilitino la calma.
Adesso
smette di divincolarsi come se fosse posseduta, e sembra essersi
calmata del
tutto. Mi guarda, con gli occhi arrossati e le guance bagnate per le
lacrime,
come se stesse per dirmi qualcosa.
“Elena..”
sussurra, infatti.
“Mi
si
sono rotte le acque” finisce il suo discorso, mentre io
sbarro gli occhi, non
avendo pensato a questo. Okay, questo è il nono mese di
gravidanza, ho sperato
che partorisse i muffin per farle smettere di essere così
sensibile e lunatica,
ma non sono capace di fare certe cose!
“Matt!”
urlo, poiché siamo venuti con lui allo Starbucks. Ecco la
sua chioma bionda che
si gira, dalla fila in cui si trovava per pagare le nostre bibite,
verso di
noi.
“Le
acque!” gli urlo, sperando che capisca all’istante
e in effetti così succede.
Lascia il
suo posto e si affretta a soccorrere in mio aiuto –dovrei
dire in aiuto di mia
sorella?- .
Mi lancia
le chiavi della sua macchina, e aggiunge qualcosa come
‘Muoviti!’ o ‘Apri la
porta’ e ‘Corri in macchina!’ . Ed io
agisco di conseguenza, non sapendo come
muovermi.
Matt
l’aiuta a sedersi al posto accanto al guidatore, e cerca di
farla respirare
profondamente, ma è più o meno impossibile, dato
che insulta ed impreca in
continuazione verso tutto e tutti.
Ma a
questo io sono già abituata. Matt no, perché
sbarra gli occhi, mentre lo
rassicuro che è tutto ok.
Mi
squilla improvvisamente il cellulare. “Pronto?”
rispondo ansiosa.
“Sorellona!
Tutto okay con la
neofidanzata?” afferma
divertito nostro fratello, Jer.
“No,
Jeremy, NO!” urlo un po’ troppo disperata, ma non
posso farci niente, in quanto
mia sorella sta addirittura urlando contro Avril Lavigne, ma non so
perché.
“Come
hai
potuto cantare questo, Lavigne? Wish you were here, padre dei miei
figli!” Io e
Matt siamo scandalizzati, e Jeremy soffoca una risata
dall’altra parte del
telefono.
“Le
si
sono rotte le acque..” dico in un sussurro a mio fratello,
che, improvvisamente,
smette di ridere.
“Chiamo
tutti a raccolta al primo
ospedale vicino da quelle parti!” afferma
lui, usando un tono severo e adulto, diverso da
quelli usati in precedenza. Anche mio fratello è cresciuto
nell’ultimo periodo.
“Grazie, chiama
anche il povero neofidanzato!”
lo avviso, perché non so cosa potrebbe fare mia sorella
senza ‘il padre dei
miei figli’ -testuali parole!
Chiusa la
telefonata, noto che siamo arrivati ad un ospedale, il primo trovato
nella
zona.
Io e il
biondo cerchiamo di far respirare la quasi neomamma,
che sembra voglia farsi aiutare da noi.
“Salve!
A
mia sorella si sono rotte le acque, sta per partorire!”
affermo un po’ troppo
su di giri, e l’infermiera a cui mi sono rivolta lo nota; ci
manda subito in
una camera, lasciando
me e il biondo
fuori.
Lui
rimane fermo, seduto su una sedia, mentre batte, nervosamente, il piede
sinistro
per terra; io,invece, vado avanti e indietro per la sala
d’attesa.
Sembra
che stiano trascorrendo secondi
insopportabili. E pensare che, solo dieci minuti fa, stavo
scherzando
con lei su abiti da sposa! E
se non
fossi all’altezza di essere zia? E se succedesse qualcosa a
lei o ai gemelli?
Qualcosa a causa mia? Se morisse per dare alla luce delle pesti dagli
occhi
chiari? Non me lo perdonerei mai.
Sbotto in
un pianto liberatorio e isterico, mentre con una sola mano mi copro
entrambi
gli occhi.
L’altra,
invece, accompagna i miei movimenti veloci da una parte
all’altra della sala.
“Calmati,
Elena. Andrà tutto bene. Tua sorella è una tipa
tosta, ce la farà.” Mi rincuora
Matt, o Mattie, come lo chiamavo quando ci frequentavamo al secondo
superiore.
Per
fortuna, dopo la rottura, siamo rimasti amici. Non so cosa farei senza
la sua
figura nella mia vita.
Ma,
purtroppo, non riesco a calmarmi. E’ più forte di
me.
Trascorrono
i secondi, i minuti, ed io sono ancora lì a girare,
piangendo, per la sala
d’attesa.
Fino a
che non giungono delle braccia ad abbracciarmi, e mi sembra di
fermarmi, come
se avessi chiuso la manopola della fontana. Le braccia calmanti, le
sole che
riescono a farmi stare bene tutt’ora, dopo tantissimi anni.
Ho
capito.
E’
lui.
______________________________________________________________________
Probabilmente
è il peggior prologo mai visto prima d'ora. Ma
com'è che si dice? Mai
giudicare una fanfiction dal suo prologo.
Il
novanta per cento delle lettrici abbandonerà la storia dopo
aver letto questro intruglio di parole, ma voglio assicurarvi che
entreranno in scena quasi tutti i personaggi del telefilm. E' un
racconto che si stacca dal solito, iniziando dal fatto che è
un AU. E' una Delena, ma per arrivarci dovremo aspettare qualcosa
come... non so, più di dieci capitoli? Non l'ho ancora
deciso, ma non affretterò il tutto pur di soddisfare il mio
animo di Delena sfegatata.
Non
si capisce chi è la gemella di Elena, si capirà
nel secondo capitolo, già scritto quasi un mesetto fa.
Ebbene sì, ho in mente questa storia da un po', ma ho avuto
il coraggio di pubblicare solo ora. Ho scritto, però, a
malapena tre capitoli, ma sto cercando di strutturare la fanfiction nel
miglior modo possibile. Ci sono più pairing, ma se ve li
elenco sono certa che la suspance calerebbe drasticamente.
So
già che ci sono molte AU in cui sono tutti umani e che molte
sono letteralmente, visibilmente, ovviamente
più accettabili di questo scritto, ma voglio provare a
mettermi in gioco, a vedere se catturo un po' l'attenzione. Elena
crescerà, capirà molte cose, sarà
cosciente di sentimenti e realtà che non potrebbe mai
immaginarsi nella sua vita a Mystic Falls del telefilm.
Il titolo della fanfiction è
'The Doom', cioè 'il destino'. L'esatto corrispettivo di
'destino' in Inglese è 'destiny', ma 'doom' è
Inglese antico.
Il
perchè di questo nome si capirà nel prossimo
capitolo e nel corso della vicenda.
Per
qualsiasi delucidazione chiedete.
Un
bacio.
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Capitolo 2 *** Sei mesi prima ***
Sei mesi prima
In
Giappone si dice che ogni persona quando nasce porta un filo rosso
legato al
mignolo della mano sinistra. Seguendo questo filo, si potrà
trovare che ne
porta l’altra estremità legata al proprio mignolo:
essa è la persona cui siamo
destinati, il nostro unico e vero amore, la nostra anima gemella. Le
due
persone così unite, prima o poi, nel corso della loro vita,
saranno destinate
ad incontrarsi, e non importa il tempo che dovrà trascorrere
prima che ciò
avvenga, o la distanza che le separa, perché quel filo che
le unisce non si
spezzerà mai, e nessun evento o azione potrà
impedire loro di ritrovarsi,
conoscersi, innamorarsi.
“La
prossima fermata è Greenwich. Quando lasciate il treno,
ricordate di portare
tutto ciò che vi appartiene con voi * .”
La voce
metallica della metropolitana annuncia che è la mia fermata.
Chiudo velocemente
il libro che ho in mano: ‘Fiabe e leggende
cinesi’**. Mamma lo comprò quando
avevo solo sei anni, facendomi promettere che lo avrei custodito come
se fosse
un tesoro prezioso.
E
così è
stato, dato che appartiene ancora a me, ed è sano e intatto.
Nemmeno una piega,
non è sgualcito. Molto probabilmente perché non
l’ho mai letto. Quando ero
piccola non ero affascinata dalla cultura cinese come adesso, di
conseguenza
non è ‘vissuto’.
Da una
parte ne sono felice, perché ora l’apprezzo e ho
un libro bellissimo da
leggere.
Dall’altra,
però, ne sono dispiaciuta, perché avrei potuto
condividere i miei pensieri con
il mio migliore amico e mia sorella gemella. Eravamo un gruppo molto
affiatato,
ma oramai non riesco a sentirmi con loro più di tanto, a
causa del lavoro e del
fuso orario.
Si,
perché –come potete facilmente immaginare- sono a
Londra, mentre loro a Mystic
Falls, un paesino sperduto della Virginia, in America.
Sono nata
e cresciuta lì, ma quando ho avuto la possibilità
mi sono diretta a Londra e ho
conosciuto colei che è la mia migliore amica, Caroline,
nonché mia coinquilina
di una casetta a Greenwich. Le spese per l’affitto non sono
così elevate da
dividerle, anzi, sono molto basse. Ci siamo conosciute a lavoro -
lavoriamo
nella stessa struttura –ma i nostri impieghi sono molto
diversi fra loro. Però
abbiamo stretto amicizia velocemente e abbiamo deciso di condividere
una casa
assieme, vicino ai parenti di Care –nelle vicinanze
dell’hotel Novotel***, a
qualche centinaia di metri da casa nostra, villetta A206, Greenwich.
Lei
è la
tipica amica perfetta, che cura l’estetica quasi
più della nostra casa –cosa
assolutamente vera, anche perché non riesco a contribuire
più di tanto- ma che
è sempre presente nel momento del bisogno.
Lavora
come stagista presso uno studio legale a Knightsbridge, uno dei
quartieri più
lussuosi del distretto di West London e di tutta Londra, a dire il
vero. Avete
presente il quartiere dove è situato il famoso centro
commerciale Harrods?
Bene, proprio lì, in uno di quei palazzoni lussuosissimi.
Adesso penserete che
è una coincidenza vedere Care lavorare vicino Harrods. Boom,
avete fatto centro.
Adesso conoscete la mia migliore amica –e coinquilina-
più delle vostre stesse
tasche (nel caso ne abbiate un paio: di certo non le possedete se state
indossando un paio di leggins o, peggio ancora, jeggins ***, come nel
mio
caso).
Non sono
mai stata patita della moda: certo, riguarda
in gran parte il mio lavoro, ma non
vado a caccia dell’ultimo paio di Jeffrey Campbell, o della
costosissima borsa
di Miu Miu. Preferisco vestirmi comodamente, indossando capi semplici.
Sia
perché non fa parte del mio stile, sia perché non
posso permettermi certi capi
e accessori.
Ora, ad
esempio, indosso dei jeggins che Care mi ha costretto a comprare
(scomodissimi
poiché molto aderenti!) ed una camicia rossa e nera stile
plaid, regalatami da
mio fratello al mio 21esimo compleanno (quasi un anno fa, dunque).
Di cosa
stavo parlando? Ah si, di Care. Fa la stagista, perciò si
occupa di mettere a
posto, in ordine alfabetico, le cartelle riguardanti i casi dei
clienti, e di
portare il caffè ai suoi superiori. Niente di
ché, se non fosse per il suo
stipendio non esattamente basso. Suppongo sia a causa del suo datore di
lavoro,
un tale che, a mio parere, ha una cotta per lei.
E la cosa
che più mi fa arrabbiare è che la mia amica
è perfettamente ordinata con i suoi
vestiti e nel suo lavoro, ma non lo è nel bagno (se non si
tratta dei
cosmetici), nella cucina e nel soggiorno. Questo è uno dei
tanti dilemmi della
vita.
Prendo la
borsa nera a tracolla della Forever21*****, e mi avvio verso le porte
scorrevoli
del treno che ferma a Lewisham. Scendo la scalinata e, una volta fuori
dalla
metropolitana, mi incammino verso casa. Oltrepasso l’hotel
Novotel, ed anche un
pub rustico, con le porte e finestre in legno blu. Ovviamente blu
vernice, non
naturale. A Greenwich questo è un colore molto popolare.
Oltre il pub, ci sono
anche le porte principali delle case di questo colore.
La nostra
abitazione, infatti, non è isolata, ma circondata da altre
uguali.
L’unica
differenza? La nostra porta d’ingresso è rossa, le
altre blu.
Decido di
inviare un sms alla mia coinquilina.
Forbes, sei
a casa? xx
Caroline
fa Forbes di cognome. Caroline Forbes, ma io la chiamo Care.
Forbes
solo quando sono di buon umore.
E
sì,
adesso sono felice. Perché? E’ venerdì,
e ho un weekend libero da trascorrere
nel mio letto o su Skype con mia sorella e il mio migliore amico.
Sorrido
al solo pensiero. E’ da tanto che non ci sentiamo... Saranno
due settimane o
qualcosa in più? La distanza mi uccide, ma ogni tanto
messaggiamo, anche se non
è affatto la stessa
cosa. Non è minimamente
paragonabile.
No.
Straordinari! xx
Risponde
Caroline. Straordinari? Venerdì sera?
La mia
ipotesi si realizza. Insomma, solo il suo superiore super-innamorato
può fare certe cose pur di stare con lei il più
possibile. Ma a Care non interessa, anzi, lei mi confessa che il loro
rapporto
non è del tutto pacifico. Ci farei un pensierino
–“Ammettilo, Elena. Te lo
sposeresti!” dice la mia coscienza- , se non fosse già cotto di lei.
E’
un
uomo bellissimo. Davvero bello. Ha perfino gli occhi color azzurro
cielo!
Sospiro,
pensando al fatto che non ho un ragazzo da tempo. Da circa... un anno e
mezzo.
Ho
lasciato il mio ex quando mancavano cinque-sei mesi alla laurea. Dopo
quest’ultima sono venuta a Londra, nella quale vivo da quasi
un anno.
Ho un
mestiere, ma qualche volta mi capita di dare una mano ad una mia amica
fioraia,
Vicky. Nel tempo libero che mi resta (davvero poco, considerando che ho
un
lavoro e,per quanto possa amarlo, non ho mai tempo per me stessa, e che
trascorro i miei weekend nel letto o con le due persone più
importanti per me)
scrivo. E’una passione che mi ha trasmesso mia madre, ma
è un segreto: insomma,
quasi nessuno lo sa, neanche Care.
Apro il
cancelletto in ferro battuto nero, e lo richiudo alle mie spalle.
Lancio
una veloce occhiata al giardino. E’ tutto okay.
Mentre mi
avvicino alla porta rossa, afferro le chiavi dalla mia borsa, e le
inserisco
nella toppa.
Dopo
quattro giri, sospiro, entrando finalmente a casa.
Lancio la
borsa sul divano a tre posti, che si trova a due metri
dall’entrata. Nel
frattempo mi tolgo le scarpe, delle sneakers nere. Se le ho indossate
è stato
solo per comodità. Non fraintendete, mi piacciono, ma al
lavoro sono vietate.
Questa è stata una delle prime cose che ho udito quando sono
stata
assunta. Oggi,
dunque, è stata
un’eccezione.
Dovevano
iniziare i lavori di restauro, e ci hanno avvisato che il pavimento
–di solito
limpido come l’acqua di un torrente in montagna- si sarebbe
sporcato. Il mio
capo, Isobel Flemming, ha consigliato di indossare scarpe
più comode, se non
avessimo voluto rovinare i soliti tacchi 12.
L’appartamento
è abbastanza grande per due persone che, come nel nostro
caso, sono sempre
fuori casa. Insomma, ci alziamo, se abbiamo tempo prepariamo la
colazione
–altrimenti usciamo e raggiungiamo il primo Starbucks
– e lavoriamo fino a
tardi. Nel pomeriggio raggiungiamo casa, e solo raramente usciamo. Solo
per
feste varie o per fare la spesa.
Appena si
entra c’è un breve corridoio. Si apre, poi, un
soggiorno abbastanza grande, con
due divani –a 3 e 2 posti, rispettivamente - rivolti ad una
televisione dallo
schermo quasi enorme. Il
soggiorno è la
stanza dove c’è più vita: di solito
accogliamo qui gli ospiti o vediamo un film
insieme, o leggiamo un libro data la libreria gigantesca. In alcuni
momenti,
quando Care non c’è, mi isolo, prendendo un libro
e rannicchiandomi in un
angolo del divano. E’ fenomenale il potere dei libri.
In
soggiorno, poi, si trova una scala (a giorno), poiché il
nostro appartamento si
erge su più piani. Al primo piano, dunque, ci sono le nostre
due camere da
letto ed un bagno in comune. All’ultimo piano
c’è una stanza vuota, contenente
solo qualche scatolone. E’ grande per essere una soffitta e
inutile utilizzarla
come sala ‘passioni’ o ‘relax’
o perfino utilizzarla come stanza per gli
ospiti: nessuno si ferma da noi a dormire, anche solo per una sera. Se
è
necessario, però, possiamo adibirla a camera da letto usando
un divano-letto.
Vado in
cucina, la prima porta a destra da quando si entra, e faccio compagnia
al mio amico
frigorifero, svuotandolo un po’. Prendo, infatti, un
barattolo di gelato al
cioccolato.
Quando lo
richiudo, sento il campanello suonare.
“Care
–urlo- sei tu?” domando, pensando che sia la mia
amica. Il che è improbabile,
però, visto che gli straordinari le durano minimo
mezz’ora. A meno che non
abbia fatto fuori ‘begli occhioni’.
Alzo le
sopracciglia, e ritorno verso la porta che ho chiuso poco fa.
Aprendola,
sbarro gli occhi, incredula.
“Voi?”
domando, lasciando la bocca spalancata.
Già,
voi?
______________________________________________________________________
*Nella
lingua originale la frase è così: ‘This
train is for Lewisham. Next
stop is Greenwich.
When you’re leaving the train, please remember to take all
your belongs with
you’. Quindi
scusate
se la traduzione non corrisponde esattamente all’Italiano.
**Fiabe e
Leggende cinesi: libro davvero esistente. Avevo bisogno di qualcosa di
reale
sulla quale basarmi, e cercando su Internet ho trovato questo titolo.
Non
conosco dettagli, né l’ho mai letto o visto.
Probabilmente è anche per bambini.
Non biasimatemi.
***Hotel
Novotel: esiste per davvero, controllate se volete. E’
lì che ho soggiornato
quando sono andata a Londra. E’ molto elegante e moderno. La
posizione è
rilevante, in quanto si è vicini alla metro, grazie alla
quale mi sono spostata
e si sposterà anche Elena.
****jeggins:
parola utilizzata nel gergo della moda. Deriva dall’unione di
due parole:
leggins e jeans. Infatti i jeggins sono dei leggins con la stoffa
tipica dei
jeans, e, di solito, mancano di tasche. (perlomeno i miei!)
*****
Forever21: marca di moda, famosa in quasi tutto il mondo. In Italia non
c’è,
purtroppo. I vari store si trovano in America, un po’ in
tutta Europa e in
Giappone, Cina e qualche altro luogo.
A Londra
ci sono un paio di negozi. Uno di essi è ad Oxford Street,
360 (se non erro per
quanto riguarda il numero). Potete dare un’occhiata al sito
ufficiale, da cui
si compra anche online.
______________________________________________________________________
Dopo le
milioni
note ed un primo capitolo molto vago, eccomi qui.
Il
capitolo non è molto lungo, ma all’inizio
dev’essere necessariamente così. Se
scrivessi di più, probabilmente voi lettori ricevereste
troppe informazioni
difficili da gestire. Dunque scusate se all’inizio
sarà così. Almeno crea
suspense (spero!).
Spero che
qualcuno gradisca la lettura, lo spero davvero.
Elena
è a
Londra, vive con una Caroline
londinese,
nonché sua migliore amica.
Capitolo
rilevante, capiamo ulteriori notizie sulla sua vita.
Tra tutte
queste parole fa capolino una in particolare, che sarà una
sorta di simbolo
dell’amicizia che intercorre fra Elena e Care. Non
sottovalutate questo legame,
poiché importante per la vicenda della storia e del
possibile seguito. Lo so,
sono paranoica, tanto da aver ipotizzato un sequel di questa fan
fiction.
Dicevo…
Dimenticatevi
dunque una Mystic Falls con Caroline e Liz Forbes, Vicky e altri
personaggi che
compariranno nei capitoli successivi. Nel prossimo capitolo si
capirà chi è la
sorella di Elena, e spiegherò la loro somiglianza e il perché di
questa scelta.
Se
volete, provate ad indovinare. Mi piacerebbe sapere cosa pensate!
Voglio
ringraziare tutte le numerose lettrici silenziose e che seguono la
storia. In particolare,
Bloodstream_.
A
questo proposito vi propongo di passare dalla sua storia, ‘The
Beautiful and The Damned’,
una delle più belle che abbia mai letto.
Recensite
per farmi sapere cosa
ne pensate, un pensiero non fa mai male.
Un
bacio.
|
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Capitolo 3 *** Gemelli ***
Twins
Ho ancora
la bocca spalancata per l’incredulità, mentre
osservo le due persone che si trovano
sulla soglia della porta da qualche secondo, da quando,
cioè, ho aperto
l’entrata di casa.
“Voi?”
domando.
Già,
voi?
Non che non sia felice. Anzi, non penso che ci sia persona
più felice di me in
questo momento.
Le mie
labbra accolgono un lieve sorriso spontaneo, ma che esprime la
consapevolezza
di sentirmi completa. Annullo le distanze tra il mio corpo e quelli
delle altre
due persone di fronte a
me.
Getto le
braccia attorno a quei due colli diversi tra loro, uno dei quali
decisamente
familiare, simile a me.
Mia
sorella. Ed il mio migliore amico.
“Cosa..
–
quasi mi mancano le parole per esprimermi- cosa ci fate qui?”
domando,
sciogliendomi dall’abbraccio barra ammazzo-persone-che-amo, e
lasciando che la
mia bocca formi una ‘o’. I miei occhi sono lucidi,
mentre due paia di occhi
chiari mi scrutano. Sorrido guardandoli -quanto sono cambiati e quanto
mi sono
mancati- sfoderando quello più sincero e spontaneo che ho.
“Elena”
inizia lei, assumendo un’espressione seria che mi fa
spaventare per un secondo.
“siamo
venuti con l’intenzione di passare un po’ di tempo
con te!” annuncia sorridente
ed euforica; il suo tono di voce, infatti, è quasi
più gioioso di quello di una
bambina durante il giorno di Natale.
“Quanto
rimanete? Avete bisogno di dove stare? Avete fame? Come mi avete
trovato?”
inizio io, il ‘fiume in piena’, come mi definisce
Caroline. Devo sapere, e voglio
assicurarmi che
stiano bene e che avranno un tetto sopra i loro capi.
“Calma,
tigre!” ridacchia il mio salvatore –di nome e di
fatto.
“E’
che..
Oddio, siete qui!” esclamo sorridendo, mentre abbraccio il
mio migliore amico.
“Entrate!”
annuncio loro una volta sciolto l’abbraccio, accompagnando le
mie parole con
una mano.
Loro
annuiscono felici, mentre si guardano attorno un po’
spaesati.
Si
prospetta un bellissimo weekend in compagnia!
***
“No,
Damon! In questa casa non abbiamo del Bourbon!” affermo
nuovamente, mentre non
riesco a togliermi questo sorriso che ho stampato sulle labbra non
appena Hay e
Damon hanno varcato la soglia di casa. Mi era mancata la loro
compagnia, la
loro ironia, il
loro sarcasmo, le
battutine e frecciatine. Insomma, mi erano mancati loro, con tutti i
loro pregi
e difetti.
Sto
riempiendo un bicchiere di succo ACE a mia sorella, Hay,
poiché non posso
offrir loro niente. Il grande Salvatore voleva del Bourbon, e ho
impiegato
qualche ora per fargli capire che non ne abbiamo. Sembra si sia
accontentato
del mio gelato al cioccolato.
Suppongo
che Caroline non dovrà prendersela con me questa volta.
Di solito
c’è una disputa interna tra noi due, per
assicurarci di avere l’esclusiva sul
gelato al cioccolato.
Dato che
torno prima io a casa dal lavoro, di solito è mio, ed ogni
volta devo ascoltare
le lamentele e lagne della mia amica che,diciamocelo, non sa affatto perdere. Non è
nel tuo DNA vincere, testuali parole che le rinfaccio
continuamente ma
bonariamente durante un litigio di questi.
‘Perdere
è una parola che non c’è sul
vocabolario di Caroline Forbes, e mai ci sarà!’ mi
sgrida lei, quando la provoco. E’ troppo dolce nei miei
confronti, lo so.
“Tieni”
porgo alla mia gemella il bicchiere pieno fino all’orlo. So
quanto le piace il
succo di frutta.
Mi
sussurra un flebile ‘grazie’, mentre li scruto
attenta. Sono felicissima di trascorrere
un po’ di tempo con loro, come facevamo da piccoli e
adolescenti, ma vedo mia
sorella un po’ troppo calma.
Di solito
è come i fuochi d’artificio, come un fiume in
piena (come me, insomma): ora,
invece, se ne sta zitta, intenta a sorseggiare il contenuto del
bicchiere di
vetro e ascoltando Damon, mentre ci ricorda uno dei tanti episodi della
nostra
infanzia.
“..Ed
Elena stava per farsela addosso dalla paura. Ma intervenni io,
accendendo la
luce e le feci notare che il vento muoveva la tenda, non i
fantasmi!” ride
Damon, divertito dal mio non essere esattamente forte ed impavida. Ma
avevo
quattro anni, cosa pretende?
“Avevo
quattro anni, Damon! Ero timida ed insicura!” ribatto
sorridendo.
“Anche
io
avevo quattro anni, Elena! E, per quanto ne so io, sei rimasta timida ed insicura!”
controbatte divertito, puntando i suoi caldi occhi
azzurri nei miei da cerbiatto, come li definì lui quando
avevo appena compiuto
quattordici anni, e voleva essere gentile nei miei confronti.
Okay,
abbiamo entrambi –tutti e tre- la stessa età, ma
io sono sempre stata diversa
da loro.
Per certi
aspetti sono simile a Ley, ma per altri ne sono completamente
differente.
Io ero
–sono- timida e insicura, anche se con il passare del tempo
– e con il cambiare
delle persone e occasioni- sono diventata più sicura di me e
ambiziosa.
Hayley
è
sempre stata una tipa esplosiva, che in apparenza può
sembrare una persona
acida e dura, ma in realtà è dolce e desidera il
meglio per coloro che ama. I
suoi sogni non sono mai stati l’essere una famosa rock star a
livello
internazionale –come Care mi ha raccontato per sé,
invece- , ma avere un lavoro
stabile e una famiglia.
Infine,
per completare il bellissimo trio, c’è Damon
Salvatore. Damon è sempre stato il
fratello maggiore che non abbiamo mai avuto, ma che in
realtà ha la nostra
stessa età. E’ sempre stato protettivo nei nostri
confronti, anche se si ostina
a indossare quella sua maschera da egoista arrogante. Ha un animo buono
e al
contempo divertente. ‘Battuta pronta, dita
guizzanti’, in poche parole.
Possiamo
sembrare simili, ma siamo molto differenti.
Insomma,
ci completiamo in una maniera a dir poco perfetta.
“Un
momento –afferma Damon, dopo aver provocato le risate mie e
di mia sorella
grazie al ‘quanto era
noiosa
Elena. Aspettate, lei lo è ancora!’
Perché per loro, ovviamente, sono ancora
tale: continuano a considerarmi così da
quell’episodio, o forse anche prima.
Comunque, grazie a quelle parole, cattura la nostra attenzione.
–Dov’è quella
santa donna che ti sopporta ogni giorno?”
Enfatizza l’ogni giorno, cercando di farmi sentire in colpa.
Perché in colpa?
Beh, perché durante le nostre conversazioni al telefono, o
con una
videochiamata, Care spuntava all’improvviso lamentandosi di
me con i due. E’
come se lei conoscesse da una vita la mia famiglia (Damon compreso, per
quanto
non abbiamo nessun legame di sangue).
“Straordinari.
L’ho sempre detto che il suo capo ha un debole per la
bionda.” Affermo con
nonchalance, alzando lievemente un sopracciglio. Nessuno mi da mai
retta. Io
l’ho detto e continuo a ripeterlo. Care smentisce tutto, in
quanto dice che
tutti quegli ‘indizi’ -come li definisco io- sono
sia mia invidia nei suoi
confronti, sia una sorta di prova alla quale è costantemente
sottoposta. Come
se il suo capo si divertisse a vederla soffrire con gli straordinari o
girare
–l’esatta parola sarebbe
‘correre’, ma Caroline non vuole che si dica in
giro
che lei deve sottostare a qualcuno e addirittura correre per lui!
-continuamente in ufficio seguendo i suoi ordini. Bah, io non ci credo.
“Cambiando
discorso…” inizio io, non volendo che tutti si
mettano contro di me. Perfino
Damon e Hayley pensano che il datore di Caroline non sia follemente
innamorato
di lei, o come dico io, per non ingigantire la cosa –anche se
è così- cotto di
lei.
“Quando
avete deciso di partire?” domando curiosa, sedendomi sul
divano a tre posti,
facendo cenno a Ley e Damon di accomodarsi accanto a me.
“Ehm..”
il
mio migliore amico si gratta la testa, e mi sembra che la mia domanda
non sia
stata delle migliori. Sarà perché non ricorda la
risposta? Si siede alla mia
destra, poggiando una caviglia sul ginocchio dell’altra
gamba. E’ così dolce,
quasi quanto Ley.
Ricordo
quando mamma ci raccontava cose stupide riguardo le nostre famiglie.
Gilbert e
Salvatore. Miranda e Lauren* sono amiche sin dall’infanzia, e
hanno fatto
crescere i loro figli insieme. Per questo siamo tanto uniti noi tre
–Io, Damon
e Hayley -, e lo stesso vale per Stefan e Jeremy, stessa
età, quasi come
gemelli.
Loro
hanno vent’ anni, mentre noi quasi ventidue.
Mamma
diceva che i nostri nomi erano scritti nelle stelle, siamo destinati a
stare
sempre insieme. E’ questo il destino delle nostre famiglie,
che si intrecciano
e formano un legame indissolubile.
“Elena,
devo dirti una cosa importante.” Afferma con voce flebile mia
sorella.
Ed
è in
quel momento che apro la bocca ma non so cosa poter rispondere.
Cosa mi
aspetta? Cosa sta per dirmi?
Annuisco
con il capo, incapace di proferire parola nei loro confronti.
“Tre
mesi
fa dissi una cosa importante a mamma.” Aggrotta le
sopracciglia, e stringe
nelle sue mani il bicchiere pieno di succo. Sembra che le manchi poco
per far
fondere il vetro.
“E..”
sospira e fa incrociando lo sguardo nel mio. “... mi ha
cacciata da casa.”
Sgrano
gli occhi. Cosa?
“Co...cosa?”
domando, ma Damon mi fa cenno di continuare ad ascoltare mia sorella,
mentre
quest’ultima annuisce, facendo scendere qualche lacrima dai
suoi occhi verdi.
Non
l’ho
mai vista così fragile e debole, abbattuta. Ferita da nostra
madre, Miranda.
Cosa
può
essere successo di così grave durante la mia assenza?
“Ecco...
le confessai un segreto.” Ammette continuando a guardare il
bicchiere,
sicuramente più interessante di sua sorella gemella
completamente in balia
delle sue parole. Sono
spaventata,
l’ansia sale a livelli esorbitanti. E’ come se in
me ci sia un vortice, in
grado di spazzar via in pochi secondi le convinzioni di una vita e
l’affetto per
mia sorella. Cosa può aver fatto o detto di così
grave tanto da non meritare
più l’amore di una madre?
“Sono
incinta.” Dice, liberando il suo segreto come fosse un
macigno che si portava
da un sacco di tempo. Scoppia in un pianto liberatorio ed in fondo la
capisco.
Ha paura che anche io possa cacciarla di casa, nonostante lei non abiti
qui.
Diventerò
zia. Di un nipote moro dagli occhi verdi. Oppure sarà una
dolce bambina come
lei.
La mia
espressione deve essere abbastanza confusa, ed è
difficile,per me, far
trasparire emozioni.
Sono
felice, ma anche terrorizzata, confortata, orgogliosa.
Hayley e
Damon mi scrutano attentamente.
“Co...
–
inizio, ma mi rendo conto che non so nemmeno cosa dire. – ma
dove... quando?”
domando inizialmente, ma mi rendo subito conto che non è la
prima domanda che
voglio porre.
“Perché,
Hay, perché non me l’hai detto prima?”
domando dopo abbastanza difficoltà. Ho
così tanti pensieri che mi
scoppia la testa. Tante domande senza risposta. Tanti dubbi da chiarire.
“Avevo
paura che mi cacciassi come mamma.” Risponde subito dopo, con
gli occhi pieni
di lacrime. “Non lo farai anche tu, vero? Non
abbandonarmi.” Aggiunge con
paura.
“No,
certo che no.” Affermo, prendendole le mani. Lei accenna un
sorriso, mentre
lascia che altre lacrime scorrano sul suo viso dolce e paffuto. Damon
sospira,
come se si fosse, anche lui, liberato da un peso. Come se, nel caso io
avessi
risposto diversamente, non potesse convivere con l’idea di un
trio non più
unito a causa mia.
“Non
avere paura, Hay. Io rimarrò con te.” La rincuoro,
come se non ne avesse mai
abbastanza. Annuisce, mentre piange e sorride. Damon appoggia una mano
sulla
mia spalla.
“Però
ho
altri quesiti.” Lei si fa seria, ed annuisce nuovamente.
“Dove
sei
andata dopo che mamma ti ha cacciata?” sospiro.
“Da
Damon, ovviamente. Poi lui ha pensato che tu dovessi sapere, e ci siamo
organizzati per venire a trovarti.” Mi giro verso lui, e lo
ringrazio con lo
sguardo. Lui capisce subito,e sorride di rimando.
“Grazie
per esserti preso cura di lei quando nessuno
c’era.” Lo dico anche a voce alta,
anche se so che non ce n’è bisogno: tra noi due
non c’è bisogno di parlare;
basta uno sguardo, un gesto, anche se piccolo, futile.
E’
limpido, però, il fatto che io non ci fossi con lei. E per
quello, mi sento
male.
Ero qui,
a vivere un’altra vita, mentre mia sorella veniva cacciata
dalla nostra
famiglia.
“Ultime
due domande.” Le dico, usando un tono serio.
“La
tua
pancia non si nota tanto.” Osservo attentamente, senza
attendere risposta o
cenno dai due.
Bex si
toglie il cardigan che indossava e mi fa vedere quello che
diventerà il suo
pancione.
“E’
di
tre mesi, non si nota molto. Anzi, dovrei dire sono.”
“Sono?”
domandiamo all’unisono io e Damon.
Qualcosa
che non sappiamo entrambi. Ci guardiamo entrambi, leggermente stupiti.
“Due
gemelli. L’ho scoperto alla prima ecografia. Di solito
è raro che si capisca da
subito, ma così è stato. Due vite.”
Continua guardandosi la pancia leggermente
grande. Sorrido a quel gesto.
Damon
starà pensando alla stessa cosa, poiché anche lui
sorride e mi abbraccia.
“Due
gemelli
come noi” sussurra Hayley, con gli occhi colmi di
felicità.
L’abbraccio
istintivamente, attenta a non farle del male. D’ora in poi
sarà difficile
gestire la mia affettuosità nei suoi confronti.
“Hayley,
chi è il padre?” domando curiosa, dopo che abbiamo
sciolto l’abbraccio durante
il quale mi è scesa una lacrima.
Ed
è lì
che mi guarda come se volesse non rispondermi.
Si sente
un rumore di chiavi, ed è per questo che ci giriamo tutti,
verso la chioma
bionda spuntata in casa velocemente. Appena si gira, vedo stupore nei
suoi
occhi celesti.
Devo
darle risposte, Care sarà felicissima di conoscere Hay,
Damon e i bambini
(quando nasceranno. Per il momento solo il pancione). Probabilmente
sarà una
brava zia, poiché Hay –se diventeranno amiche a
tutti gli effetti, in quanto è
come se già si conoscessero- la considererà come
tale.
Ma io ho
ancora una domanda in sospeso.
Chi
è il
padre dei miei nipoti?
____________________________________________________________________
*Lauren:
è il nome che ho affidato alla mamma dei Salvatore (Stefan e
Damon,
rispettivamente 20 e 21 anni). La serie tv non fa cenni, e ho sempre
cercato di
immaginarmi un nome sofisticato, magari dalle origini francesi. Bene,
per
questo ho scelto Lauren. Semplice ed efficace. Spero piaccia a voi
quanto piace
a me. P.S. In questa storia i
genitori (almeno quelli di Elena e Damon) sono vivi e vegeti.
_____________________________________________________________________
Salve a
tutti!
Ecco il
tanto agognato capitolo! Beh, forse tanto agognato non è, ma
il senso è quello.
Si
capisce chi è la gemella di Elena… Hayley!
Allora,
inizio a spiegarvi il perché di questa scelta.
Hayley
è
un personaggio che nella serie tv non è apparso spesso,
né è adorato da tutti.
Inizialmente
la mia idea si basava su Rebekah come gemella di Elena.
Avevo
pronto tutto, il perché, perfino un po’ la
somiglianza…
Diciamo
che ho un debole per i personaggi non ben voluti. Ad esempio, Hayley
è
antipatica a tutti di primo acchito, mentre Rebekah (che è
per me il
personaggio più profondo di tutti) passa
sempre per la sgualdrina di turno, anche nelle ff.
Infatti,
se la gemella fosse stata Bekah, mi sarebbe piaciuto concentrarmi sul
fatto che
voleva prendere la cura, e in questa ff aveva la possibilità
di essere umana,
un buon umano, come se non fosse mai stata vampira e di conseguenza
‘cattiva’.
Per
quanto riguardava la somiglianza, avevo notato che Jenna,
cioè Sara Canning,
era molto simile a Claire Holt, nei occhi, capelli e fisionomia. Quindi
la zia
sarebbe stata simile alla nipote.
Ma il
confronto non è retto a sufficienza.
Dunque ho
scelto Phoebe Tonkin. Partiamo dal fatto che lei è una
persona fantastica, che
io ammiro e stimo con tutta me stessa. Sia lei che Nina/Elena sono
more, hanno
una corporatura simile se non per il fatto che la Dobrev
sia più magra, ha un
fisico molto più asciutto. Anche i lineamenti facciali sono
molto simili, ma
ovviamente non uguali.
L’unica
differenza sostanziale sono gli occhi.
Hanno
entrambe degli occhi molto vispi e grandi, solo che quelli di Nina sono
da
cerbiatta, poiché cioccolato, mentre quelli di Phoebe sono
verdi, trasparenti e
lucidi.
Se ci
fate caso, gli occhi di Grayson, cioè il padre di Elena e
Jeremy, sono verdi. Quelli
di Erin Beute, la donna che interpreta Miranda, sono chiari.
Quindi,
se vogliamo essere pignoli, gli occhi ‘diversi’
sarebbero proprio quelli di
Elena e Jer.
So che
non regge molto, e che le due donne sono diverse. E’ normale
che non siano
uguali.
Quindi io
ho preso spunto dalla loro somiglianza,
non uguaglianza. Spero che questo
non
vi crei problemi.
Magari
qualcuno di voi aveva ipotizzato che Katherine fosse la gemella.
No…
Troppo scontato, non è da me.
Ma con
questo vi annuncio che la bella Petrova ci onorerà spesso
della sua presenza! E’un
personaggio rilevante, proprio come gli originali! Quindi preparatevi a
vedere
tutti gli antichi (quasi!).
Il bel
Niklaus, l’elegante ed impeccabile Elijah, lo scherzoso Kol e
la bella e
fragile Rebekah!
Non
sottovalutate la loro presenza!
Questo
capitolo deve essere breve, quindi perdonate la lunghezza minima.
Spero di
aggiornare presto, e me lo auguro vivamente.
Grazie
per le recensioni, grazie a chi legge silenziosamente e chi inserisce
la storia
nelle preferite e seguite! Siete molto importanti per me!
Spero di
ricevere qualche recensione anche per questo capitolo, in quanto quando
qualcuno mi lascia un parere mi incoraggia a scrivere, mi aiuta a
migliorare e,
non meno importante, fa piacere in quanto fa capire se la ff vi piace o
no. (:
A presto,
dunque.
Un
bacione :*
P.S. Vi lascio con qualche
immagine di Nina e Phoebe! Fatevi un'idea della loro "somiglianza"!
:)
|
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Capitolo 4 *** Mezzanotte a Greenwich ***
Midnight in
Greenwich
La bionda
fa irruzione in casa con un sorriso smagliante stampato sul volto. A
volte mi
chiedo come faccia a trovare la gioia in ogni piccola cosa. Una lunga
giornata
di lavoro è appena trascorsa, lei ha dovuto perfino subire
gli straordinari, ma
nonostante tutto non riesce a non sorridere alla vista della mia
famiglia a
casa nostra. Nemmeno fosse la sua
di
famiglia.
Forse
questa è l’unica cosa che invidio di lei.
Non
invidio il suo fisico più formoso del mio, che è
quasi completamente asciutto.
Non invidio i suoi capelli sempre in ordine. Non invidio il suo
guardaroba o la
sua trousse. Invidio la capacità con la quale riesce a
rendere tutto più facile
e felice. Sempre, in ogni circostanza.
Riesce ad
alzarsi anche dopo la caduta più dolorosa. E’ un
po’ come l’arcobaleno dopo la
pioggia: fa capolino con i suoi colori e la sua allegria, nonostante
l’atmosfera sia ancora scura e cupa.
E
nonostante
tutto, sono entusiasta al pensiero di aver già ricevuto
questo arcobaleno nella
mia vita.
Arrivata
in soggiorno, si mette davanti a noi e porta entrambe le mani alla
bocca, dalla
quale esce qualche gridolino strozzato dall’emozione. Inizia
perfino a
saltellare.
“Finalmente
vi conosco!” annuncia
tutta contenta,
tipico della mia migliore amica. Rido, scuotendo la testa. E’
proprio
impossibile; sta conoscendo la mia famiglia, non il suo cantante
preferito o lo
stilista che ha disegnato la borsa che ama.
Damon mi
scruta con i suoi occhi cristallini, forse più vivi del
solito.
Incrocio
le braccia, mentre mi stendo il più possibile sul divano.
“Aspetta
di scoprire chi ha finito il gelato.” Dico guardandola
velocemente, per poi
distogliere lo sguardo da lei e puntarlo negli occhi del mio migliore
amico.
Alzo le
sopracciglia come per dire ‘l’adorerai anche
adesso?’ mentre Hayley accenna ad
una risata e poggia il capo sulla mia spalla. L’accolgo con
tutta la dolcezza
possibile, mentre mi ritorna alla memoria la domanda che le avevo posto
qualche
minuto fa. Chi è il padre dei miei futuri nipotini?
Decido di
non indagare ulteriormente, infondo è stata una giornata
pesante e piena zeppa
di novità e notizie sconvolgenti. Purtroppo non ho la
capacità di Caroline di
gioire continuamente, perfino nei momenti più impensabili.
“Perché,
a
chi l’hai dato questa volta? Sentiamo.” Mi incita
la bionda che ho davanti,
mentre poggia le mani sui fianchi. Alzo gli occhi al cielo. Non riesco
nemmeno
a mettere in cattiva luce il Salvatore. Giustamente le viene in mente
quell’episodio lontano –ma non troppo- nel quale
invitai Vicki a casa e le
offrii l’ultimo Ben&Jerry’s. Il penultimo
ce l’avevo io. Quello fu un caso
eccezionale, in cui facemmo scorta di gelato che avrebbe dovuto
bastarci per
più di due settimane.
Ma in
fondo stiamo parlando di me e Caroline e, se la matematica non
è un’opinione,
noi due sommate a tanto gelato diamo origine ad un numero relativo il
cui segno
è negativo: tante vaschette andarono a ruba, e la sua
necessità non fu esaudita
a sufficienza, anche –e soprattutto- a causa mia. Diciamo che
fu una sorta di
vendetta, ripicca nei suoi confronti che mi aveva costretta a guardare
due
volte di seguito il suo film preferito, ‘La mia miglior
nemica’. Non che non
fosse una commedia divertente, ma in quel periodo ero particolarmente
su di
giri nei confronti di spose che non si accontentavano mai.
Insomma:
vedere quel film fu una vera tortura. Dato che la vendetta è
un piatto che va
servito freddo, offrii, con tanta e quasi inspiegabile
generosità, l’ultima
vaschetta di B&J’s -come ho già detto- a
Vicki, che non si fece scrupoli a
prenderla e gustarla con me. La rabbia di Caroline raggiunse livelli
esorbitanti, tanto che la sua sfuriata causò il litigio
più lungo mai successo
fra noi due.
Non ci
rivolgemmo la parola per quasi due settimane.
Mi
perdonò solo quando organizzai la nostra solita serata fra
amiche, a base di
centinaia di pellicole, popcorn, gelati a volontà e pigiami,
tutto
rigorosamente sul mio letto. Le promisi che non avrei mangiato
più quel gelato
per una settimana (la settimana più lunga della mia vita!).
Ovviamente
lei mi perdonò, e non perse tempo nel mangiare la sua
vaschetta di fronte ai
miei occhi che chiedevano umilmente pietà in silenzio.
“Damon.
Il problema è che non gliel’ho offerto io, si
è servito da solo.”
Rispondo alla sua domanda, tentando di far
apparire sotto una cattiva luce il mio Salvatore.
Ma so che
non succederà. Caroline è facilmente
impressionabile.
E’
attratta dagli uomini pericolosi, affascinanti, e Damon rientra in
tutte queste
categorie.
Poi lui
le fa gli occhi dolci, mettendo ulteriormente in mostra il suo animo da
‘modesto’.
Lo
detesto.
In senso
buono.
“Oh,
allora possiamo fare un’eccezione per oggi.”
Afferma con nonchalance, mostrando
una dolcezza che non sapevo possedesse, e, comunque, non avrei mai
immaginato
potesse usarla con colui che le ha rubato il gelato
–tecnicamente lo ha rubato
a me-.
Alzo gli
occhi al cielo, mentre Damon e mia sorella ridacchiano.
Incrocio
le braccia, proprio come fanno i bambini quando, da piccoli, si
arrabbiano e
nessuno è dalla loro parte. Se c’è
qualcosa che posso fare per far imbestialire
il Salvatore, però, è sconfinare negli argomenti
che dovrebbero essere
proibiti, almeno fra noi due.
“Allora,
Damon. Come sta Stefan?” ammicco nella sua direzione,
catturando la sua
attenzione ma –stranamente-
anche quella
di mia sorella. Stefan
Salvatore adesso
è un ventenne, cresciuto in tutto e per tutto con mio
fratello Jeremy. Hanno
entrambi la stessa età *, ed è come se fossero
fratelli.
Per
questo considero la nostra un’unica famiglia. Siamo
più che semplici migliori
amici, siamo come uniti da un legame di sangue.
Proprio
per questo motivo non potrei mai provare alcun sentimento nei confronti
di
Damon, o per giunta Stefan. Lo stesso vale per i Salvatore con mia
sorella.
Quando avevo sedici anni, però, Jeremy mi
confessò un segreto di Stefan. Aveva
una cotta per me; io l’ho sempre ignorata, anche
poiché a quel tempo era un
dolce ed ingenuo quindicenne ed io stavo con Matt. Un giorno Damon lo
venne a
sapere, ed andò su tutte le furie. Non poteva permettersi
che suo fratello
provasse qualcosa per una persona da considerare come ‘sua
sorella’. No,
no,
ed assolutamente no.
Da quel
momento diventò molto più protettivo nei miei
confronti, e anche se a Stefan
passò il suo debole per me, continuò a provare un
leggero astio nei nostri
confronti.
Quando,quindi,
ha la meglio su di me –come con Caroline - , cerco di sviare
l’argomento per
raggiungere il capitolo proibito denominato
‘Stefan’. Lo stesso faceva il
piccolo Salvatore quando, quelle poche volte, ci alleavamo contro di
lui.
E’
uno
spasso totale.
“Benissimo.”
Afferma con durezza, con un tono serio che non sembra appartenere
all’ironico e
sarcastico Damon di sempre. Per giunta serra la mascella, e non mi sono
mai
sentita così in colpa per aver tirato in ballo
l’argomento ‘Stefan’ come
adesso.
Il
sorriso di Caroline sempre spegnersi pian piano, ma ringrazio il cielo
di aver
una migliore amica così perfetta. Un giorno la
porterò in qualche negozio
famoso –magari in Italia, o magari a fare
‘colazione da Tiffany’-
o a qualche sfilata per ringraziarla,
cosciente del fatto che non sarà mai abbastanza.
“Volete
rimanere per una notte in casa Forbert?”
domanda con enfasi la bionda, ma sono sicura che un po’ del
suo entusiasmo sia
finto, giusto per alleviare la tensione creatasi fra me e Damon.
Ammesso che
sia fra noi. Non ci era mai successo.
Un
momento… casa Forbert?
Sul serio?
Hay
sgrana gli occhi divertita, mentre Damon sembra leggermente
riprendersi,
accennando un lieve sorriso. Sospiro. Cosa ho fatto?
“Forbert.”
Spiega la mia amica. “Forbes e Gilbert.” Continua
con uno sguardo sorpreso,
come se fosse assolutamente normale unire i nostri cognomi. Mi alzo
affiancando
la mia coinquilina.
“Questo
perché non siete a contatto con la cultura Elenoline.”
Dico con finto disprezzo nei confronti della mia famiglia. Abbraccio la
mia bionda,
l’amica che mi completa; oscilliamo a destra e sinistra fino
ad arrivare alla
cucina, dove le chiedo se può preparare qualcosa di meglio
che il succo ed il
gelato per gli ospiti. Lei risponde affermativamente, scuotendo la
testa
divertita. Mormora anche qualcosa come ‘non imparerai mai a
cucinare!’.
“Restate,
quindi?” domando con tono angelico ad Hay e Damon.
I due si
guardano, e rispondono contemporaneamente.
“Se
non
disturbiamo…” dice Hay. “Magari
un’altra volta.” Sussurra Damon.
Alzo per
un secondo le sopracciglia guardando Damon, interdetta dalle sue parole.
“Puoi
dormire nel mio letto. Avrai bisogno del tuo spazio.” Mi
rivolgo a Hay che
annuisce e capisco che è molto stanca. Il viaggio deve
averla stressata più del
previsto.
L’accompagno
in camera, al piano di sopra.
La mia
camera è piccola ma accogliente. Una parete è
composta da mattoni rossi,
differente dalle altre, tutte bianche. Il letto è completato
con qualche
cuscino in stile vintage-retro, ad eccezione di uno regalatomi a Natale
dalla
mia coinquilina. E’ bianco panna con una nostra foto stampata
sopra.
Le porgo
anche un mio pigiama, che prendo dall’armadio adiacente al
letto di una piazza
e mezza; stranamente, non hanno con sé nemmeno una valigia,
ma solo una borsa.
Forse
è
dato dal fatto che non prevedevano di restare, forse nemmeno di
parlarmi.
Noto che
Hay si guarda curiosa attorno, come se stesse entrando in un mondo che
non le appartiene,
ma è comunque felice di visitare.
Prima di
scendere, l’abbraccio. Un abbraccio forte, per quanto cerchi
di non farle male.
Voglio
tanto bene a mia sorella.
Lei
è
tutto per me.
Scendo le
scale, con l’intenzione di recarmi in cucina. Non entro
poiché delle risate
attirano la mia attenzione.
Avvicinandomi
di poco, e facendo attenzione a non essere vista, scorgo Care e Damon
seduti al
tavolo intenti a parlare e scherzare animatamente.
Il
sentimento di sentirsi di troppo, di essere il cosiddetto
‘terzo incomodo’ si
impadronisce di me.
Non so
cosa gli abbia fatto, nè cosa ho detto che lo abbia ferito.
L’unica
certezza è non è affatto da Damon fare
l’infantile.
Li lascio
discutere come se fossi io l’estranea e non Caroline.
Vado a
dormire. E’ quasi mezzanotte. Oggi è stata una
giornata pesante.
***
Sento
improvvisamente del freddo avvolgermi, e noto con un gran dispiacere
che è
giunta la mattina di un giorno che si prevede intenso.
Ho dormito nel letto di Caroline, che ha deciso di
avvolgersi completamente nel piumino, scoprendomi del tutto.
E’
impossibile dormire con lei. Ogni volta accade la stessa cosa: si deve
aggiudicare tutto il calore possibile, perfino in estate. Per fortuna
capita
raramente di dormire insieme: le uniche volte sono quando ha bisogno di
qualcuno che la faccia addormentare, tipica reazione dei momenti
‘no’, come ad
esempio momenti di poca autostima, fine di una breve relazione, film
drammatici.
Mi volto
verso destra, ma mi ricordo di essere nella camera di Care,
così mi giro dal
lato opposto: cerco di leggere che ora sia, ma trovo una lieve
difficoltà dato
la mia vista ancora offuscata per il sonno.
Le otto e
mezza di mattina. Il sole è già sorto, ma la
temperatura sarà notevolmente
bassa.
Londra,
come sempre.
Ho
un’incredibile voglia di cioccolata calda. Lo Starbucks qui
vicino è
sicuramente aperto**, quindi farò un salto lì e
comprerò qualcosa per la
colazione della ‘ famiglia’.
Mi piace
alzarmi presto al mattino. Non che non mi piaccia dormire, non
fraintendete. E’
solo che spesso è bello uscire ed apprezzare la
tranquillità di una giornata
che si prospetta dura, poiché lavorativa, o per il semplice
motivo di vedere
una Londra differente da quella frenetica e caotica.
Sbadiglio
e mi porto una mano alla bocca.
Mi alzo
con molta cautela, cercando di non svegliare la mia amica.
Una volta
in piedi, controllo che dorma ancora, ed in effetti è
così. Essendo sabato,
Caroline dorme di più, e suppongo che Hay e Damon stiano
riposando
profondamente, causa jet lag.
In bagno,
mi osservo allo specchio. I capelli sono un disordine vivente. Devo
ancora
capire il segreto di Care sono-sempre-perfetta Forbes, nonostante abbia
seguito
il suo consiglio, quello di farmi un taglio scalato differente dai miei
soliti
capelli lunghi e lisci.
Cerco di
ravvivarmeli alla meno peggio, e mi sembra di aver fatto un leggero
progresso.
Sorrido istantaneamente, mentre mi lavo i denti. Con
lo spazzolino in bocca, vado nella mia
camera, camminando come faceva la Pantera
Rosa in uno di quei cartoni animati che faceva
morire dalle
risate mia sorella e mio fratello. Ero l’unica a cui non
facevano nessun
effetto.
Con mio
grande stupore noto che anche Damon è nel mio letto, con la
bocca lievemente
aperta e il suo torace che si alza e abbassa ad un ritmo regolare.
L’unico
sentimento che provo guardandolo è stupore misto ad odio.
Non riesco ancora a
capire cosa possa avergli fatto da averlo addirittura ferito, ma, al
contrario
delle altre volte, dovrà essere lui a fare il primo passo se
mi rivuole come
migliore amica-confidente.
Afferro
il primo paio di jeans scuri che trovo, con una lunga ma semplice e
chiara
camicia bianca, non troppo pesante né troppo leggera per la
stagione, essendo
appena l’inizio di aprile.
Abbino un
paio di stivaletti ed un blazer al mio completo, cercando di non
sembrare
ridicola ai passanti. Per cui lo osservo per qualche secondo,
realizzando che è
okay per una mattina di desolazione totale.
Ritorno
in bagno, dove mi sciacquo anche il viso e chiudo il tubetto del
dentifricio
alla menta.
Mi cambio
mentre scendo le scale e raggiungo il salotto.
“Dov’è
la
borsa?” mormoro a me stessa a voce alta.
Mordo
lievemente il labbro inferiore mentre scuoto la testa da una parte
all’altra
della stanza fino a che la scorgo in un angolo remoto del divano. La
afferro
subito, contenta di non aver impiegato troppo tempo a cercarla dato il
mio
costante disordine.
Aggrotto
un attimo le sopracciglia, sentendo un lieve rumore dietro di me.
Non
c’è
nessuno, quindi sarà semplicemente qualcuno che si rigira
nel letto.
***
Sono
poggiata alla ringhiera oltre la Cutty
Sark***.
E’ uno dei luoghi più belli di tutta Greenwich,
secondo me e Caroline.
Di fronte
a me c’è il fiume, mentre addirittura oltre
c’è un fantastico panorama della
City Londinese, consistente in enormi grattacieli che, di sera,
compongono i
panorami tipici dei film ambientati nella capitale.
Cerco di
godermi, chiudendo gli occhi, questa pace, questo silenzio rotto solo
dal lieve
rumore del vento, che mi scompiglia in modo non poco evidente i
capelli.
Vorrei
che tutto si potesse fermare, anche solo per qualche minuto. Solo
così potrei
trovare la forza per continuare il mio amato ma stressante impiego,
capire cosa
passa nella testa di mia sorella –e nella sua pancia-,
cercare di far capire
alla mia migliore amica che il suo capo è cotto di lei, e
iniziare a conoscere
un nuovo Damon, uno irascibile ed infantile.
Mi rigiro
il bicchiere fra le mani. Alla fine ho optato per un semplice
caffè macchiato,
non per una cioccolata poiché penso che avrei speso
un’intera mattinata –se non
addirittura di più- nella caffetteria. Sono fatta
così. La cioccolata mi serve
nei momenti in cui mi sento assolutamente giù di morale, e
non gradisco la
presenza di nessun mio conoscente, nemmeno di Caroline che, quando
riesce ad
udire un mio ‘Voglio la cioccolata calda’, alza gli
occhi al cielo e sgombera
la camera in cui mi trovo, per farmi rimanere sola. E’
semplice, una sorta di
codice che abbiamo. E poi, la cioccolata mi fa riflettere. Quasi quanto
il
caffè macchiato che sto sorseggiando in questo momento.
Quando
schiudo le palpebre, è facile notare una presenza accanto a
me. Soliti turisti,
immagino.
E’
un
uomo.
Lo
osservo.
Capelli
corvini, carnagione chiara, labbra rosee e carnose, occhi cerulei
adesso
puntati nei miei… Non un turista qualsiasi. Damon Salvatore.
“Non
sei
troppo elegante per un semplice caffè?” domanda
con un mezzo sorriso, dopo
avermi osservato attentamente. Ed è in quel momento che mi
rendo conto che
quella domanda è uno spiacevole inconveniente.
Perché la risposta fa quasi più
male che vederlo accanto a me, mentre mi rivolge la parola, sorvolando
su come
si è comportato nei miei confronti.
“Non
mi
conosci, Damon.” Affermo con un tono di voce basso, nella
speranza che non
senta ciò che sto dicendo. “Non
più.” Continuo, osservando il paesaggio di
fronte a me.
“Lo
so.”
Sussurra, abbassando il capo. Da quando sono partita, sono…
diversa. Sono
entrata a far parte di un mondo che a Mystic Falls potevo solo vedere
in TV o
leggere nei romanzi. Vorrei rassicurarlo, dicendogli che è
tutta apparenza, che
sono cambiata solo esteriormente, che ho appreso nuove cose ma che sono
sempre
io. Non lo faccio. Non perché non sono più la
ragazza che usciva di casa
conciata come le pareva, che aspirava a diventare una famosa
giornalista, che
non litigava mai con la sua famiglia.
Perché,
per la prima volta nella mia vita, non sono sicura che lui capirebbe.
O forse
sarebbe l’unico a farlo per davvero. “Ma
lo stesso vale per te , ragazzina.” Ammette, puntando un dito
contro di me.
Sospiro abbattuta, lasciando che continui il suo discorso. “Altrimenti non
avresti messo in ballo
Stefan.” Alza le sopracciglia, dopo aver utilizzato un tono
di voce che mi dà
ai nervi. E lui lo sa. Odio quando fa finta di essere qualcuno che la
sa lunga,
odio sembrare più piccola ai suoi occhi. Non mi dispiace se
a volte mi chiama
‘ragazzina’, né se a volte mi coccola
proprio come si fa ai fratelli minori o
ai propri figli.
“Ho
trascorso l’ultimo anno della mia vita a Londra, non a Mystic
Falls. Quindi
scusami se non sono aggiornata tanto quanto tu lo sei con
me.” Affermo
sarcastica. Durante tutto questo tempo ci siamo parlati, abbiamo
chiacchierato,
scherzato e discusso su quando ci saremmo visti per davvero.
Ho
cercato di esserci nella sua vita, nella loro –se considero
anche quella di Hay-,
ma mi hanno allontanata. Il mio “cambiamento” era
quasi normale, dovuto. Sono
cresciuta ormai, e sto vivendo in un mondo differente che sta
influenzando
anche la mia quotidianità. Lavorare per una rivista
femminile, di moda, con
talvolta articoli sulle spose, avere come capo la Flemming,
indossare
sempre un tailleur o vestiti eleganti e non dei grandi magazzini
–a meno che il
centro commerciale non sia Harrods - e
dei tacchi 12, fa sì che rinnovi spesso il mio guardaroba,
curi con più
frequenza i miei capelli e la mia pelle. Non posso permettermi di
essere
contemporaneamente due Elena differenti.
Impazzirei.
Quindi,
se ci tiene alla mia amicizia, dev’essere ancora
lui a fare un passo avanti.
“Non
potevamo dirti della gravidanza per telefono, Elena.” Dice
seccato,
osservandomi come sto facendo io con lui. “E non potevi
sapere di quello che
sto passando con Stefan in questo periodo. Certe cose si devono dire
faccia a
faccia.” Continua, ma non capisco dove voglia arrivare.
Perché se la prende con
me, quindi? Io non c’ero, lui ne è a conoscenza.
“Dunque
scusami. Talvolta mi dimentico di avere una sorella
dall’altra parte del
mondo.” Sorride flebilmente, e sospiro un’altra
volta. Sta tornando il mio
Damon di sempre.
Continuo
ad osservarlo, e mi domando se perdonarlo o meno.
Non
riesco a stare senza di lui, ora che mi ha raggiunta.
E poi non
sono così egoista da
rovinare il
nostro trio, perché se continuassimo a non parlarci, Hay
sarebbe costretta a
decidere fra uno di noi due, e nessuno vuole che questo accada;
soprattutto
adesso che mia sorella ha bisogno di noi, e non poco.
“Scusami
tu se ho tirato in ballo un argomento tabù.”
Sorrido allora impacciata,
diversamente da quando mi scuso di solito nei suoi confronti. Anche a
casa
litigavamo, ma il secondo successivo ci perdonavamo. Questa
è una delle
discussioni maggiori mai avute con lui, non so bene come comportarmi.
Mi
avvicino a lui che apre le braccia, e mi getto a capofitto in esse.
Poggio la
testa nell’incavo del suo collo, cercando di riempire i miei
polmoni del suo
profumo più che posso, mentre mi stringe a sé.
Chiudo
gli occhi, sentendomi questa volta più sicura per affrontare
la giornata.
Il mio
umore è cambiato repentinamente.
Venti
minuti dopo siamo quasi arrivati al nostro appartamento, con due buste
dello
Starbucks in mano. Come promesso, abbiamo la colazione per tutti. Ci
siamo
trattenuti un po’ nella caffetteria, a causa del tepore
interno e dell’aroma
del caffè. Le nuvole hanno fatto capolino nel cielo e si
trattengono tutt’ora,
rovinando una giornata che stava prendendo una piega decisamente
migliore.
Porgo a
Damon la mia busta, troppo impegnata nel cercare le chiavi
dell’appartamento
buttate nella borsa e immerse in un disordine affatto
descrivibile. Tra fazzoletti, caramelle, cellulare, buste,
specchietto, un rossetto, una sciarpa e perfino un paio di ballerine,
le trovo.
Ecco,
erano proprio sotto le scarpe.
Sorrido a
Damon che scuote la testa, consapevole che non sarò mai
ordinata, mentre le
giro nella toppa, aprendo la porta e facendolo entrare. Sobbalzo per lo
spavento quando vedo Hayley sveglia in cucina, alla ricerca di qualcosa
da
sgranocchiare. Poverina, non immagina come ci arrangiamo io e la bionda
per
mangiare. Sicuramente non facendo la spesa come delle comuni
persone. A meno che non si tratti di Starbucks, cibo
d’asporto o gelato. Ma ho
dei seri
dubbi riguardo il fatto che quelle siano ‘compere’.
“Ehi,
Lee.”
Le dice Damon, scompigliandole i capelli.
Non so
come comportarmi nei confronti di mia sorella… Ricordo che
non era un angelo la
mattina, dopo essersi svegliata e catapultata giù dal letto.
Non oso immaginare
come lo sia adesso con la gravidanza. E’ troppo presto per
gli sbalzi d’umore
repentini? O per le voglie? Non ne ho la minima idea.
“Hay.”
La
saluto io, e in quel momento mi scruta attentamente, fino a che i suoi
occhi
non s’illuminano notando le buste che portiamo.
“Colazione!” urla come una
bambina, come non ha mai fatto in tutta la sua vita –infanzia
compresa! Damon
deve aver notato il mio volto leggermente sbalordito
dall’atteggiamento di mia
sorella, e accenna ad una risata. Si avvicina al mio orecchio.
“E’
adorabile tanto quanto lo
è stata a casa
mia per tre mesi, Elena.”
Mormora
mettendo più enfasi nel mio nome, facendomi ricordare che io
non c’ero nei
primi mesi di vita dei miei due nipoti, e lasciando che il suo sospiro
caldo
s’infranga sul mio collo. Odio quando mette il dito nella
piaga. Ma so che
scherza. Come risposta, gli do un leggero pugno sul braccio, che non lo
scalfisce minimamente.
“Stavo
morendo di fame.” Dice Hayley, con gli occhi sgranati, mentre
addenta una
ciambella, dimezzandola con un morso. Okay,
mi dico, non ti scandalizzare Elena. Deve
pur sfamare tre pance.
Mi
impongo di sorridere a mia sorella, non propriamente tornata in me
stessa, dopo
aver visto una Hayley differente. Lei non ha mai mangiato
–divorato- qualcosa
con tanta fretta.
Eppure
non dovrei essere così scandalizzata.
E’
incinta, e per giunta di due bambini.
Quindi
devo inspirare ed espirare. Ecco fatto.
Caroline
ed i suoi consigli per mantenere la calma. Devo ringraziarla. E davvero
tanto.
A
proposito… “Dov’è
Care?” domando, ritornando nel mio mondo a Londra lontano da
Mystic Falls, in una delle tante colazioni a casa Gilbert, con anche
Lauren,
Stefan e, ovviamente, Damon.
Sia mia
sorella che Damon scrollano le spalle, per dirmi che non lo sanno.
Suppongo
sia di sopra, quindi mi dileguo lasciando la mia famiglia a sfamarsi e
salgo le
scale.
“Care.”
Urlo, ma senza ottenere risposta. Ad un certo punto la porta del bagno
si
spalanca, lasciandomi intravedere una coinquilina assonnata ma che si
è
rinfrescata il volto.
“Colazione
giù in cucina.” Dico solamente, e lei mi capisce,
aggiungendo un cenno con la
testa. Rimango un secondo ad osservarla, mentre sbadiglia e si porta
una mano
sulla bocca; gli occhi ridotti a due fessure, i capelli scompigliati
dal sonno
ma comunque perfetti. Almeno per me.
Istintivamente
l’abbraccio, ricordandomi di quando l’ho conosciuta
e quanto mi sentivo sola.
La sua presenza mi ha aiutata ad affrontare numerosi momenti di
solitudine. Ero
terribilmente timida ed
insicura
quando ho trovato lavoro nel giornale come aiutante della seconda
segretaria di
Isobel. Devo ringraziare dunque sua figlia –seppure non la
sopporti
minimamente- per aver organizzato una feste fra colleghi della stessa
struttura, e per
avermi costretta ad
accettare a parteciparvi. La figlia di Isobel è una donna
ricca sfondata –come
tutta la sua famiglia-, egoista ed altezzosa, che lavora come
segretaria di un
avvocato che gestisce lo studio dove anche la bionda ci lavora,
perché la
giustizia e la lealtà “scorrono
nelle sue
vene” –o almeno così dice
quella stupida e piccola figlia di Flemming.
Bene,
approfittò dell’inaugurazione del Vertigo 42 ad
Old Broad Street per permettere
ai nuovi arrivati –tra cui c’ero io- di conoscere i
colleghi, o gli avvocati
più importanti – ma ovviamente lei non perse tempo
nell’abbordare i più
‘belli’. Lì conobbi Caroline, sua
collega che cercava disperatamente una
coinquilina, perché i prezzi dell’affitto
dell’appartamento in cui viveva erano
a più di quattro cifre, dato che abitava a due passi
dall’ufficio a Brompton
Road. La seconda cosa che ho imparato quando ho messo piede a Londra
è che più
si va nel centro della città, più tutti i costi
aumentano. Affitti, negozi,
centri commerciali, perfino le pizze
d’asporto. Per questo il mio monolocale si trovava a qualche
decina –circa
dodici o tredici- di fermate di metro dalla redazione del giornale a
Knightsbridge. La prima cosa che ho imparato, se qualcuno se lo sta
chiedendo,
è che bisogna farsi valere. Londra è un
po’ come New York, come Parigi, come
tutte le metropoli degne di tal nome. Per questo dopo aver avuto
fortuna con
lavoro e coinquilina, ho cercato di lavorare con una certa costanza
fino a
sentirmi male, fino ad essere definita da Forbes una stakanovista.
Non
importa se io e la bionda ci conosciamo da appena un anno e mezzo: a
volte il
tempo non conta. E’ la mia migliore amica perché
è riuscita a conoscermi in men
che non si dica, ad aiutarmi, ad essere una presenza fondamentale per
me. E’
un’amicizia solida, la nostra, basata sulla fiducia
reciproca. Spesso
scherziamo, litighiamo, ci contendiamo i gelati, ma se non ci fossero
questi
momenti non saremmo Caroline ed Elena,
ma due coinquiline fredde e distanti, unite solo dall’affitto
da pagare.
“Qualcuno
qui soffre di mancanza d’affetto.”
Dice Caroline ridendo, sottolineando il fatto che non esco con un uomo
da
quando mi sono lasciata con il mio ex a Mystic Falls. Lei insiste sul
volermi
fare uscire con uno dei proprietari dello studio legale, che ha una
cotta per
me, a detta sua.
Magari una
sera di queste, penso.
No, Elena!
Categoricamente no!
Devi stare vicino a tua sorella. Mi rispondo.
“Mia
sorella ha bisogno di me, Care. Non c’è tempo per
svagarsi.” Ammetto poggiando
il naso nell’incavo del collo. Lei mi carezza i capelli.
“Tesoro,
è questo il tuo problema. Basta pensare agli altri, sii un
po’ egoista. Con
questo non dico che tu debba abbandonare Lee –e nel caso tu
lo facessi, sappi
che ti ucciderei-, ma che devi uscire un po’ più
spesso, venire con me in
quelle serate dell’alta società che tu dici di
odiare tanto.”
Lo so. So
che probabilmente è giusto quello che dice. Che Hayley se
l’è cavata senza di
me tre mesi, e può cavarsela adesso anche solo con il mio
supporto morale. Ma
voglio starle vicina, qualcosa in me dice che è
così, che ciò è quello che deve succedere.
“Ci
penso
su.” Rispondo vaga, sbattendo le palpebre e sciogliendo
l’abbraccio.
La mia
amica sorride, prendendomi per mano e conducendomi giù in
cucina.
Ci penso su, mi ripeto.
Non
sarebbe un peccato vivere la propria vita.
___________________________________________________________________
*In
questa fan fiction, Elena, Damon e Hayley hanno la stessa
età e sono i più
grandi, mentre Jeremy e Stefan sono i più piccoli e sono
entrambi ventenni.
**Gli
orari di apertura e chiusura sono veri.
***Nave
presente a Greenwich. Si chiama anche così una fermata di
metropolitana.
_____________________________________________________________________
Lo so,
sono davvero in ritardo con l’aggiornamento. Per farmi
perdonare ho postato
questo capitolo molto lungo –spero non vi annoi- nel quale si
spiegano un paio
di cose e si entra quasi nel vivo della vicenda. Ho già
scritto tre pagine del
prossimo capitolo, quindi dovrei essere al passo con i tempi. I
prossimi
aggiornamenti saranno più brevi ma non vi assicuro che li
posterò in orario –mi
dispiace, davvero mi dispiace, il mio problema è che non ho
quasi mai tempo per
scrivere. Siete in tante a leggere, e questo mi gratifica molto. Grazie
a chi
mi da pareri.
Un bacio
|
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Capitolo 5 *** AVVISO ***
Allora, volevo avvisare tutti i lettori che seguivano questa storia che la fic è momentaneamente sospesa. In realtà ho un altro capitolo pronto, ma sarebbe piuttosto sciocco da parte mia pubblicarne un altro e rimanere con le mani in mano, di fronte ad un enorme progetto come questo, senza idee, senza motivazione. Uno dei motivi principali è stato lo studio, lo ammetto, in seguito ci sono miei problemi, quali mancanza di idee, di lettori, mancanza effettiva di voglia di scrivere qualcosa iniziato tempo fa, e altre piccolezze che nel complesso mi hanno portata a questa scelta.
Mi dispiace moltissimo, non l'eliminerò in quanto se presa da un'improvvisa ispirazione la continuerò con molta gioia, ma fino ad allora rimarrà in un perenne stato in corso - sospensione.
Potrei tornare a scrivere su questo fandom, è qualcosa di nuovo per me ma mi piacerebbe molto, o potrei iniziare altre fanfiction, altre originali.
Mi dileguo, ripetendo che mi dispiace ma è meglio così.
Molto probabilmente a presto,
un bacio |
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