The Doom

di fridawrites
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Sei mesi prima ***
Capitolo 3: *** Gemelli ***
Capitolo 4: *** Mezzanotte a Greenwich ***
Capitolo 5: *** AVVISO ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

“Oh, ma sta’ zitta!”  mi rimprovera mia sorella duramente, ma sono più che certa che è a causa della gravidanza. Si, insomma, i suoi ormoni sono in subbuglio e non è mai stata il massimo della gentilezza e cortesia. Un mix perfetto, dunque.

Sospiro, pensando al fatto che siamo arrivate a questo punto dopo tanto tempo. Abbiamo faticato entrambe –dovrei dire tutti e quattro?-, abbiamo sofferto entrambe, ma abbiamo finalmente trovato quella stabilità che ci sembrava ormai perduta ed irrecuperabile.

Sfoglio ancora una volta il catalogo di abiti da spose, e sorrido al solo pensiero che si sposerà.

Mia sorella gemella aspetta due gemelli (casualità delle casualità), e si sposerà tra un po’: insomma, ha realizzato la sua vita. Una famiglia, un marito, un lavoro, due figli.

 

“Elena” mi sveglia lei dal mio stato di trance, anche se in realtà ero solo immersa da alcuni pensieri.

“Sono felice di essere venuta da te, sei mesi fa.” Mi confida, e sono più che sicura che i miei occhi diventano leggermente lucidi. La mia guancia diventa rossa- ancora di più se possibile- per il freddo dell’autunno iniziato da appena metà mese. Ammettiamolo, anche se siamo all’inizio di ottobre - tre ottobre, per essere precisi-  fa un freddo comparabile solo con quello invernale.  Siamo, infatti, sedute ad uno Starbucks, in un tavolino vicino all’entrata; ogni qualvolta che qualcuno apre la porta, entra, dunque, una velata di gelo.

La gravidanza la fa diventare lunatica, e, solo in questo caso, più dolce. Ricorderò questo momento per sempre, e glielo rinfaccerò per tutta la vita, quando mi tratterà con la sua finezza ed eleganza tipica di uno scaricatore di porto. Okay, sto esagerando, ma la mia gemella è sostanzialmente diversa da me.

 

“Sai, dovresti smetterla di mangiare cupcakes!” la rimprovero bonariamente io, ed improvvisamente lei smette di divorare quei dolcetti al cioccolato a forma di tazza. Quale briciola le è rimasta attorno alla bocca, ed emetto una risatina a quella visuale.

 

“Dici?” domanda lei, quasi preoccupata dalla mia affermazione.

“Perché ne ho voglia, e se non soddisfo questo mio desiderio –o capriccio, come dici tu- i bambini potrebbero nascere con la voglia di cupcakes al cioccolato, e urleranno ‘Mamma, papà: vogliamo i cupcakes!’. Oppure lo dici perché sono grossa come una mongolfiera e così non riuscirò mai a trovare il vestito da sposa, e il mio futuro marito non mi vorrà più!” ed inizia a piangere istericamente, portando le mani agli occhi, fino a coprirli del tutto.

Sospiro, e mi alzo dalla mia sedia, raggiungendo mia sorella, di fronte a me.

Vi odio, ormoni, chiaro?

Le accarezzo la schiena dolcemente, portando la mano su e giù, perché quel gesto l’ha sempre calmata, sin da quando era bambina. Mamma me lo svelò quando ero piccina, e da quel momento ho utilizzato questo calmante nei suoi confronti quando impazziva –impazzisce, poiché lo fa tutt’ora.

 

“E’ tutto okay, non piangere. Sei sempre bellissima, e l’ho detto solo per scherzare..”

Le affermo dolcemente all’orecchio, sperando di calmarla. Per fortuna fa così, perché alza la testa e punta il suo sguardo nel mio.

 

“Ti piace farmi arrabbiare, non è così? Vuoi insultarmi e poi dici che ti piace prenderti gioco di me! Ti odio, Elena, ti odio!” urla in preda alla disperazione, mentre gliene dico mentalmente quattro ai suoi ormoni, ancora una volta.

 

Prima era scorbutica, poi dolce, poi si dispera, poi mi urla contro. Vorrei che partorisse subito quei muffin dei suoi due gemelli, vista l’enorme pancia. So che ne porta due in grembo, ma confrontando il suo ventre con quello delle vecchie foto di mamma, Miranda, immagino che i suoi gemelli siano come due muffin enormi, come quelli che sfornavo io d’adolescente, sbagliando le quantità.

 

“Smettila di urlare, calmati! Farai del male ai bambini!” le dico, ricordandole, ancora una volta, che è incinta, e se urla o si scalda troppo potrebbe fare del male ai suoi piccoli. E’ da quando so della sua gravidanza che la riprendo su quest’argomento ma sembra che i suoi amati ormoni non le facilitino la calma.

 

Adesso smette di divincolarsi come se fosse posseduta, e sembra essersi calmata del tutto. Mi guarda, con gli occhi arrossati e le guance bagnate per le lacrime, come se stesse per dirmi qualcosa.

“Elena..” sussurra, infatti.

“Mi si sono rotte le acque” finisce il suo discorso, mentre io sbarro gli occhi, non avendo pensato a questo. Okay, questo è il nono mese di gravidanza, ho sperato che partorisse i muffin per farle smettere di essere così sensibile e lunatica, ma non sono capace di fare certe cose!

 

“Matt!” urlo, poiché siamo venuti con lui allo Starbucks. Ecco la sua chioma bionda che si gira, dalla fila in cui si trovava per pagare le nostre bibite, verso di noi.

“Le acque!” gli urlo, sperando che capisca all’istante e in effetti così succede.

 

Lascia il suo posto e si affretta a soccorrere in mio aiuto –dovrei dire in aiuto di mia sorella?- .

Mi lancia le chiavi della sua macchina, e aggiunge qualcosa come ‘Muoviti!’ o ‘Apri la porta’ e ‘Corri in macchina!’ . Ed io agisco di conseguenza, non sapendo come muovermi.

Matt l’aiuta a sedersi al posto accanto al guidatore, e cerca di farla respirare profondamente, ma è più o meno impossibile, dato che insulta ed impreca in continuazione verso tutto e tutti.

Ma a questo io sono già abituata. Matt no, perché sbarra gli occhi, mentre lo rassicuro che è tutto ok.

 

Mi squilla improvvisamente il cellulare. “Pronto?” rispondo ansiosa.

“Sorellona! Tutto okay con la neofidanzata?” afferma divertito nostro fratello, Jer.

“No, Jeremy, NO!” urlo un po’ troppo disperata, ma non posso farci niente, in quanto mia sorella sta addirittura urlando contro Avril Lavigne, ma non so perché.

 

“Come hai potuto cantare questo, Lavigne? Wish you were here, padre dei miei figli!” Io e Matt siamo scandalizzati, e Jeremy soffoca una risata dall’altra parte del telefono.

 

“Le si sono rotte le acque..” dico in un sussurro a mio fratello, che, improvvisamente, smette di ridere.

“Chiamo tutti a raccolta al primo ospedale vicino da quelle parti!” afferma lui, usando un tono severo e adulto, diverso da quelli usati in precedenza. Anche mio fratello è cresciuto nell’ultimo periodo.

 “Grazie, chiama anche il povero neofidanzato!” lo avviso, perché non so cosa potrebbe fare mia sorella senza ‘il padre dei miei figli’ -testuali parole!

 

Chiusa la telefonata, noto che siamo arrivati ad un ospedale, il primo trovato nella zona.

Io e il biondo cerchiamo di far respirare la quasi neomamma,  che sembra voglia farsi aiutare da noi.

 

“Salve! A mia sorella si sono rotte le acque, sta per partorire!” affermo un po’ troppo su di giri, e l’infermiera a cui mi sono rivolta lo nota; ci manda subito in una camera,  lasciando me e il biondo fuori.

Lui rimane fermo, seduto su una sedia, mentre batte, nervosamente, il piede sinistro per terra; io,invece, vado avanti e indietro per la sala d’attesa.

Sembra che stiano trascorrendo secondi  insopportabili. E pensare che, solo dieci minuti fa, stavo scherzando con lei su abiti da sposa!  E se non fossi all’altezza di essere zia? E se succedesse qualcosa a lei o ai gemelli? Qualcosa a causa mia? Se morisse per dare alla luce delle pesti dagli occhi chiari? Non me lo perdonerei mai.

Sbotto in un pianto liberatorio e isterico, mentre con una sola mano mi copro entrambi gli occhi.

L’altra, invece, accompagna i miei movimenti veloci da una parte all’altra della sala.

 

“Calmati, Elena. Andrà tutto bene. Tua sorella è una tipa tosta, ce la farà.” Mi rincuora Matt, o Mattie, come lo chiamavo quando ci frequentavamo al secondo superiore.

Per fortuna, dopo la rottura, siamo rimasti amici. Non so cosa farei senza la sua figura nella mia vita.

 

Ma, purtroppo, non riesco a calmarmi. E’ più forte di me.

Trascorrono i secondi, i minuti, ed io sono ancora lì a girare, piangendo, per la sala d’attesa.

Fino a che non giungono delle braccia ad abbracciarmi, e mi sembra di fermarmi, come se avessi chiuso la manopola della fontana. Le braccia calmanti, le sole che riescono a farmi stare bene tutt’ora, dopo tantissimi anni.

Ho capito.

E’ lui.

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Probabilmente è il peggior prologo mai visto prima d'ora. Ma com'è che si dice? Mai giudicare una fanfiction dal suo prologo.

Il novanta per cento delle lettrici abbandonerà la storia dopo aver letto questro intruglio di parole, ma voglio assicurarvi che entreranno in scena quasi tutti i personaggi del telefilm. E' un racconto che si stacca dal solito, iniziando dal fatto che è un AU. E' una Delena, ma per arrivarci dovremo aspettare qualcosa come... non so, più di dieci capitoli? Non l'ho ancora deciso, ma non affretterò il tutto pur di soddisfare il mio animo di Delena sfegatata.

Non si capisce chi è la gemella di Elena, si capirà nel secondo capitolo, già scritto quasi un mesetto fa. Ebbene sì, ho in mente questa storia da un po', ma ho avuto il coraggio di pubblicare solo ora. Ho scritto, però, a malapena tre capitoli, ma sto cercando di strutturare la fanfiction nel miglior modo possibile. Ci sono più pairing, ma se ve li elenco sono certa che la suspance calerebbe drasticamente.             So già che ci sono molte AU in cui sono tutti umani e che molte sono letteralmente, visibilmente, ovviamente più accettabili di questo scritto, ma voglio provare a mettermi in gioco, a vedere se catturo un po' l'attenzione. Elena crescerà, capirà molte cose, sarà cosciente di sentimenti e realtà che non potrebbe mai immaginarsi nella sua vita a Mystic Falls del telefilm. 

Il titolo della fanfiction è 'The Doom', cioè 'il destino'. L'esatto corrispettivo di 'destino' in Inglese è 'destiny', ma 'doom' è Inglese antico.

Il perchè di questo nome si capirà nel prossimo capitolo e nel corso della vicenda. 

Per qualsiasi delucidazione chiedete. 

Un bacio.

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Capitolo 2
*** Sei mesi prima ***


Sei mesi prima

 

In Giappone si dice che ogni persona quando nasce porta un filo rosso legato al mignolo della mano sinistra. Seguendo questo filo, si potrà trovare che ne porta l’altra estremità legata al proprio mignolo: essa è la persona cui siamo destinati, il nostro unico e vero amore, la nostra anima gemella. Le due persone così unite, prima o poi, nel corso della loro vita, saranno destinate ad incontrarsi, e non importa il tempo che dovrà trascorrere prima che ciò avvenga, o la distanza che le separa, perché quel filo che le unisce non si spezzerà mai, e nessun evento o azione potrà impedire loro di ritrovarsi, conoscersi, innamorarsi.

 

“La prossima fermata è Greenwich. Quando lasciate il treno, ricordate di portare tutto ciò che vi appartiene con voi * .”

 

La voce metallica della metropolitana annuncia che è la mia fermata. Chiudo velocemente il libro che ho in mano: ‘Fiabe e leggende cinesi’**. Mamma lo comprò quando avevo solo sei anni, facendomi promettere che lo avrei custodito come se fosse un tesoro prezioso.

E così è stato, dato che appartiene ancora a me, ed è sano e intatto. Nemmeno una piega, non è sgualcito. Molto probabilmente perché non l’ho mai letto. Quando ero piccola non ero affascinata dalla cultura cinese come adesso, di conseguenza non è ‘vissuto’.

Da una parte ne sono felice, perché ora l’apprezzo e ho un libro bellissimo da leggere.

Dall’altra, però, ne sono dispiaciuta, perché avrei potuto condividere i miei pensieri con il mio migliore amico e mia sorella gemella. Eravamo un gruppo molto affiatato, ma oramai non riesco a sentirmi con loro più di tanto, a causa del lavoro e del fuso orario.

Si, perché –come potete facilmente immaginare- sono a Londra, mentre loro a Mystic Falls, un paesino sperduto della Virginia, in America.

Sono nata e cresciuta lì, ma quando ho avuto la possibilità mi sono diretta a Londra e ho conosciuto colei che è la mia migliore amica, Caroline, nonché mia coinquilina di una casetta a Greenwich. Le spese per l’affitto non sono così elevate da dividerle, anzi, sono molto basse. Ci siamo conosciute a lavoro - lavoriamo nella stessa struttura –ma i nostri impieghi sono molto diversi fra loro. Però abbiamo stretto amicizia velocemente e abbiamo deciso di condividere una casa assieme, vicino ai parenti di Care –nelle vicinanze dell’hotel Novotel***, a qualche centinaia di metri da casa nostra, villetta A206, Greenwich.

Lei è la tipica amica perfetta, che cura l’estetica quasi più della nostra casa –cosa assolutamente vera, anche perché non riesco a contribuire più di tanto- ma che è sempre presente nel momento del bisogno.

Lavora come stagista presso uno studio legale a Knightsbridge, uno dei quartieri più lussuosi del distretto di West London e di tutta Londra, a dire il vero. Avete presente il quartiere dove è situato il famoso centro commerciale Harrods? Bene, proprio lì, in uno di quei palazzoni lussuosissimi. Adesso penserete che è una coincidenza vedere Care lavorare vicino Harrods. Boom, avete fatto centro. Adesso conoscete la mia migliore amica –e coinquilina- più delle vostre stesse tasche (nel caso ne abbiate un paio: di certo non le possedete se state indossando un paio di leggins o, peggio ancora, jeggins ***, come nel mio caso).

Non sono mai stata patita della moda: certo,  riguarda in gran parte il mio lavoro, ma non vado a caccia dell’ultimo paio di Jeffrey Campbell, o della costosissima borsa di Miu Miu. Preferisco vestirmi comodamente, indossando capi semplici. Sia perché non fa parte del mio stile, sia perché non posso permettermi certi capi e accessori.

Ora, ad esempio, indosso dei jeggins che Care mi ha costretto a comprare (scomodissimi poiché molto aderenti!) ed una camicia rossa e nera stile plaid, regalatami da mio fratello al mio 21esimo compleanno (quasi un anno fa, dunque).

Di cosa stavo parlando? Ah si, di Care. Fa la stagista, perciò si occupa di mettere a posto, in ordine alfabetico, le cartelle riguardanti i casi dei clienti, e di portare il caffè ai suoi superiori. Niente di ché, se non fosse per il suo stipendio non esattamente basso. Suppongo sia a causa del suo datore di lavoro, un tale che, a mio parere, ha una cotta per lei.

E la cosa che più mi fa arrabbiare è che la mia amica è perfettamente ordinata con i suoi vestiti e nel suo lavoro, ma non lo è nel bagno (se non si tratta dei cosmetici), nella cucina e nel soggiorno. Questo è uno dei tanti dilemmi della vita.

 

Prendo la borsa nera a tracolla della Forever21*****, e mi avvio verso le porte scorrevoli del treno che ferma a Lewisham. Scendo la scalinata e, una volta fuori dalla metropolitana, mi incammino verso casa. Oltrepasso l’hotel Novotel, ed anche un pub rustico, con le porte e finestre in legno blu. Ovviamente blu vernice, non naturale. A Greenwich questo è un colore molto popolare. Oltre il pub, ci sono anche le porte principali delle case di questo colore.

La nostra abitazione, infatti, non è isolata, ma circondata da altre uguali.

L’unica differenza? La nostra porta d’ingresso è rossa, le altre blu.

 

Decido di inviare un sms alla mia coinquilina.

 

Forbes, sei a casa? xx

 

Caroline fa Forbes di cognome. Caroline Forbes, ma io la chiamo Care.

Forbes solo quando sono di buon umore.

E sì, adesso sono felice. Perché? E’ venerdì, e ho un weekend libero da trascorrere nel mio letto o su Skype con mia sorella e il mio migliore amico.

Sorrido al solo pensiero. E’ da tanto che non ci sentiamo... Saranno due settimane o qualcosa in più? La distanza mi uccide, ma ogni tanto messaggiamo, anche se non è affatto la stessa cosa. Non è minimamente paragonabile.

 

No. Straordinari! xx

 

Risponde Caroline. Straordinari? Venerdì sera?

La mia ipotesi si realizza. Insomma, solo il suo superiore super-innamorato può fare certe cose pur di stare con lei il più possibile. Ma a Care non interessa, anzi, lei mi confessa che il loro rapporto non è del tutto pacifico. Ci farei un pensierino –“Ammettilo, Elena. Te lo sposeresti!” dice la mia coscienza- , se non fosse già cotto di lei.

E’ un uomo bellissimo. Davvero bello. Ha perfino gli occhi color azzurro cielo!

 

Sospiro, pensando al fatto che non ho un ragazzo da tempo. Da circa... un anno e mezzo.

Ho lasciato il mio ex quando mancavano cinque-sei mesi alla laurea. Dopo quest’ultima sono venuta a Londra, nella quale vivo da quasi un anno.

Ho un mestiere, ma qualche volta mi capita di dare una mano ad una mia amica fioraia, Vicky. Nel tempo libero che mi resta (davvero poco, considerando che ho un lavoro e,per quanto possa amarlo, non ho mai tempo per me stessa, e che trascorro i miei weekend nel letto o con le due persone più importanti per me) scrivo. E’una passione che mi ha trasmesso mia madre, ma è un segreto: insomma, quasi nessuno lo sa, neanche Care.

 

Apro il cancelletto in ferro battuto nero, e lo richiudo alle mie spalle.

Lancio una veloce occhiata al giardino. E’ tutto okay.

Mentre mi avvicino alla porta rossa, afferro le chiavi dalla mia borsa, e le inserisco nella toppa.

Dopo quattro giri, sospiro, entrando finalmente a casa.

Lancio la borsa sul divano a tre posti, che si trova a due metri dall’entrata. Nel frattempo mi tolgo le scarpe, delle sneakers nere. Se le ho indossate è stato solo per comodità. Non fraintendete, mi piacciono, ma al lavoro sono vietate. Questa è stata una delle prime cose che ho udito quando sono stata assunta.  Oggi, dunque, è stata un’eccezione.

Dovevano iniziare i lavori di restauro, e ci hanno avvisato che il pavimento –di solito limpido come l’acqua di un torrente in montagna- si sarebbe sporcato. Il mio capo, Isobel Flemming, ha consigliato di indossare scarpe più comode, se non avessimo voluto rovinare i soliti tacchi 12.

L’appartamento è abbastanza grande per due persone che, come nel nostro caso, sono sempre fuori casa. Insomma, ci alziamo, se abbiamo tempo prepariamo la colazione –altrimenti usciamo e raggiungiamo il primo Starbucks – e lavoriamo fino a tardi. Nel pomeriggio raggiungiamo casa, e solo raramente usciamo. Solo per feste varie o per fare la spesa.

Appena si entra c’è un breve corridoio. Si apre, poi, un soggiorno abbastanza grande, con due divani –a 3 e 2 posti, rispettivamente - rivolti ad una televisione dallo schermo quasi enorme.  Il soggiorno è la stanza dove c’è più vita: di solito accogliamo qui gli ospiti o vediamo un film insieme, o leggiamo un libro data la libreria gigantesca. In alcuni momenti, quando Care non c’è, mi isolo, prendendo un libro e rannicchiandomi in un angolo del divano. E’ fenomenale il potere dei libri.

In soggiorno, poi, si trova una scala (a giorno), poiché il nostro appartamento si erge su più piani. Al primo piano, dunque, ci sono le nostre due camere da letto ed un bagno in comune. All’ultimo piano c’è una stanza vuota, contenente solo qualche scatolone. E’ grande per essere una soffitta e inutile utilizzarla come sala ‘passioni’ o ‘relax’ o perfino utilizzarla come stanza per gli ospiti: nessuno si ferma da noi a dormire, anche solo per una sera. Se è necessario, però, possiamo adibirla a camera da letto usando un divano-letto.

 

Vado in cucina, la prima porta a destra da quando si entra, e faccio compagnia al mio amico frigorifero, svuotandolo un po’. Prendo, infatti, un barattolo di gelato al cioccolato.

Quando lo richiudo, sento il campanello suonare.

“Care –urlo- sei tu?” domando, pensando che sia la mia amica. Il che è improbabile, però, visto che gli straordinari le durano minimo mezz’ora. A meno che non abbia fatto fuori ‘begli occhioni’.

Alzo le sopracciglia, e ritorno verso la porta che ho chiuso poco fa.

Aprendola, sbarro gli occhi, incredula.

“Voi?” domando, lasciando la bocca spalancata.

Già, voi?

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*Nella lingua originale la frase è così: ‘This train is for Lewisham. Next stop is Greenwich. When you’re leaving the train, please remember to take all your belongs with you’. Quindi scusate se la traduzione non corrisponde esattamente all’Italiano.

 

**Fiabe e Leggende cinesi: libro davvero esistente. Avevo bisogno di qualcosa di reale sulla quale basarmi, e cercando su Internet ho trovato questo titolo. Non conosco dettagli, né l’ho mai letto o visto. Probabilmente è anche per bambini. Non biasimatemi.

 

***Hotel Novotel: esiste per davvero, controllate se volete. E’ lì che ho soggiornato quando sono andata a Londra. E’ molto elegante e moderno. La posizione è rilevante, in quanto si è vicini alla metro, grazie alla quale mi sono spostata e si sposterà anche Elena.

 

****jeggins: parola utilizzata nel gergo della moda. Deriva dall’unione di due parole: leggins e jeans. Infatti i jeggins sono dei leggins con la stoffa tipica dei jeans, e, di solito, mancano di tasche. (perlomeno i miei!)

 

***** Forever21: marca di moda, famosa in quasi tutto il mondo. In Italia non c’è, purtroppo. I vari store si trovano in America, un po’ in tutta Europa e in Giappone, Cina e qualche altro luogo.

A Londra ci sono un paio di negozi. Uno di essi è ad Oxford Street, 360 (se non erro per quanto riguarda il numero). Potete dare un’occhiata al sito ufficiale, da cui si compra anche online.

 

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Dopo le milioni note ed un primo capitolo molto vago, eccomi qui.

Il capitolo non è molto lungo, ma all’inizio dev’essere necessariamente così. Se scrivessi di più, probabilmente voi lettori ricevereste troppe informazioni difficili da gestire. Dunque scusate se all’inizio sarà così. Almeno crea suspense (spero!).

Spero che qualcuno gradisca la lettura, lo spero davvero.

Elena è a Londra, vive con una  Caroline londinese, nonché sua migliore amica.

Capitolo rilevante, capiamo ulteriori notizie sulla sua vita.

Tra tutte queste parole fa capolino una in particolare, che sarà una sorta di simbolo dell’amicizia che intercorre fra Elena e Care. Non sottovalutate questo legame, poiché importante per la vicenda della storia e del possibile seguito. Lo so, sono paranoica, tanto da aver ipotizzato un sequel di questa fan fiction.

Dicevo… Dimenticatevi dunque una Mystic Falls con Caroline e Liz Forbes, Vicky e altri personaggi che compariranno nei capitoli successivi. Nel prossimo capitolo si capirà chi è la sorella di Elena, e spiegherò la loro somiglianza e  il perché di questa scelta.

Se volete, provate ad indovinare. Mi piacerebbe sapere cosa pensate!

 

Voglio ringraziare tutte le numerose lettrici silenziose e che seguono la storia. In particolare, Bloodstream_. A questo proposito vi propongo di passare dalla sua storia, ‘The Beautiful and The Damned’, una delle più belle che abbia mai letto.

Recensite per farmi sapere cosa ne pensate, un pensiero non fa mai male.

Un bacio.

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Capitolo 3
*** Gemelli ***


Twins

 

 

Ho ancora la bocca spalancata per l’incredulità, mentre osservo le due persone che si trovano sulla soglia della porta da qualche secondo, da quando, cioè, ho aperto l’entrata di casa.

 

“Voi?” domando.

Già, voi? Non che non sia felice. Anzi, non penso che ci sia persona più felice di me in questo momento.

Le mie labbra accolgono un lieve sorriso spontaneo, ma che esprime la consapevolezza di sentirmi completa. Annullo le distanze tra il mio corpo e quelli delle altre due persone di fronte  a me.

Getto le braccia attorno a quei due colli diversi tra loro, uno dei quali decisamente familiare, simile a me.

Mia sorella. Ed il mio migliore amico.

“Cosa.. – quasi mi mancano le parole per esprimermi- cosa ci fate qui?” domando, sciogliendomi dall’abbraccio barra ammazzo-persone-che-amo, e lasciando che la mia bocca formi una ‘o’. I miei occhi sono lucidi, mentre due paia di occhi chiari mi scrutano. Sorrido guardandoli -quanto sono cambiati e quanto mi sono mancati- sfoderando quello più sincero e spontaneo che ho.

“Elena” inizia lei, assumendo un’espressione seria che mi fa spaventare per un secondo.

“siamo venuti con l’intenzione di passare un po’ di tempo con te!” annuncia sorridente ed euforica; il suo tono di voce, infatti, è quasi più gioioso di quello di una bambina durante il giorno di Natale.

“Quanto rimanete? Avete bisogno di dove stare? Avete fame? Come mi avete trovato?” inizio io, il ‘fiume in piena’, come mi definisce Caroline. Devo sapere, e voglio assicurarmi che stiano bene e che avranno un tetto sopra i loro capi.

“Calma, tigre!” ridacchia il mio salvatore –di nome e di fatto.

“E’ che.. Oddio, siete qui!” esclamo sorridendo, mentre abbraccio il mio migliore amico.

“Entrate!” annuncio loro una volta sciolto l’abbraccio, accompagnando le mie parole con una mano.

Loro annuiscono felici, mentre si guardano attorno un po’ spaesati.

Si prospetta un bellissimo weekend in compagnia!

 

***

“No, Damon! In questa casa non abbiamo del Bourbon!” affermo nuovamente, mentre non riesco a togliermi questo sorriso che ho stampato sulle labbra non appena Hay e Damon hanno varcato la soglia di casa. Mi era mancata la loro compagnia, la loro ironia,  il loro sarcasmo, le battutine e frecciatine. Insomma, mi erano mancati loro, con tutti i loro pregi e difetti.

Sto riempiendo un bicchiere di succo ACE a mia sorella, Hay, poiché non posso offrir loro niente. Il grande Salvatore voleva del Bourbon, e ho impiegato qualche ora per fargli capire che non ne abbiamo. Sembra si sia accontentato del mio gelato al cioccolato.

Suppongo che Caroline non dovrà prendersela con me questa volta.

Di solito c’è una disputa interna tra noi due, per assicurarci di avere l’esclusiva sul gelato al cioccolato.

Dato che torno prima io a casa dal lavoro, di solito è mio, ed ogni volta devo ascoltare le lamentele e lagne della mia amica che,diciamocelo, non sa affatto perdere.  Non è nel tuo DNA vincere, testuali parole che le rinfaccio continuamente ma bonariamente durante un litigio di questi.

‘Perdere è una parola che non c’è sul vocabolario di Caroline Forbes, e mai ci sarà!’ mi sgrida lei, quando la provoco. E’ troppo dolce nei miei confronti, lo so.

 

“Tieni” porgo alla mia gemella il bicchiere pieno fino all’orlo. So quanto le piace il succo di frutta.

Mi sussurra un flebile ‘grazie’, mentre li scruto attenta. Sono felicissima di trascorrere un po’ di tempo con loro, come facevamo da piccoli e adolescenti, ma vedo mia sorella un po’ troppo calma.

Di solito è come i fuochi d’artificio, come un fiume in piena (come me, insomma): ora, invece, se ne sta zitta, intenta a sorseggiare il contenuto del bicchiere di vetro e ascoltando Damon, mentre ci ricorda uno dei tanti episodi della nostra infanzia.

“..Ed Elena stava per farsela addosso dalla paura. Ma intervenni io, accendendo la luce e le feci notare che il vento muoveva la tenda, non i fantasmi!” ride Damon, divertito dal mio non essere esattamente forte ed impavida. Ma avevo quattro anni, cosa pretende?

“Avevo quattro anni, Damon! Ero timida ed insicura!” ribatto sorridendo.

“Anche io avevo quattro anni, Elena! E, per quanto ne so io, sei rimasta timida ed insicura!” controbatte divertito, puntando i suoi caldi occhi azzurri nei miei da cerbiatto, come li definì lui quando avevo appena compiuto quattordici anni, e voleva essere gentile nei miei confronti.

Okay, abbiamo entrambi –tutti e tre- la stessa età, ma io sono sempre stata diversa da loro.

Per certi aspetti sono simile a Ley, ma per altri ne sono completamente differente.

Io ero –sono- timida e insicura, anche se con il passare del tempo – e con il cambiare delle persone e occasioni- sono diventata più sicura di me e ambiziosa.

Hayley è sempre stata una tipa esplosiva, che in apparenza può sembrare una persona acida e dura, ma in realtà è dolce e desidera il meglio per coloro che ama. I suoi sogni non sono mai stati l’essere una famosa rock star a livello internazionale –come Care mi ha raccontato per sé, invece- , ma avere un lavoro stabile e una famiglia.

Infine, per completare il bellissimo trio, c’è Damon Salvatore. Damon è sempre stato il fratello maggiore che non abbiamo mai avuto, ma che in realtà ha la nostra stessa età. E’ sempre stato protettivo nei nostri confronti, anche se si ostina a indossare quella sua maschera da egoista arrogante. Ha un animo buono e al contempo divertente. ‘Battuta pronta, dita guizzanti’, in poche parole.

Possiamo sembrare simili, ma siamo molto differenti.

Insomma, ci completiamo in una maniera a dir poco perfetta.

 

“Un momento –afferma Damon, dopo aver provocato le risate mie e di mia sorella grazie al ‘quanto era

noiosa Elena. Aspettate, lei lo è ancora!’ Perché per loro, ovviamente, sono ancora tale: continuano a considerarmi così da quell’episodio, o forse anche prima. Comunque, grazie a quelle parole, cattura la nostra attenzione. –Dov’è quella santa donna che ti sopporta ogni giorno?” Enfatizza l’ogni giorno, cercando di farmi sentire in colpa. Perché in colpa? Beh, perché durante le nostre conversazioni al telefono, o con una videochiamata, Care spuntava all’improvviso lamentandosi di me con i due. E’ come se lei conoscesse da una vita la mia famiglia (Damon compreso, per quanto non abbiamo nessun legame di sangue).

 

“Straordinari. L’ho sempre detto che il suo capo ha un debole per la bionda.” Affermo con nonchalance, alzando lievemente un sopracciglio. Nessuno mi da mai retta. Io l’ho detto e continuo a ripeterlo. Care smentisce tutto, in quanto dice che tutti quegli ‘indizi’ -come li definisco io- sono sia mia invidia nei suoi confronti, sia una sorta di prova alla quale è costantemente sottoposta. Come se il suo capo si divertisse a vederla soffrire con gli straordinari o girare –l’esatta parola sarebbe ‘correre’, ma Caroline non vuole che si dica in giro che lei deve sottostare a qualcuno e addirittura correre per lui! -continuamente in ufficio seguendo i suoi ordini. Bah, io non ci credo.

 

“Cambiando discorso…” inizio io, non volendo che tutti si mettano contro di me. Perfino Damon e Hayley pensano che il datore di Caroline non sia follemente innamorato di lei, o come dico io, per non ingigantire la cosa –anche se è così- cotto di lei.

“Quando avete deciso di partire?” domando curiosa, sedendomi sul divano a tre posti, facendo cenno a Ley e Damon di accomodarsi accanto a me.

“Ehm..” il mio migliore amico si gratta la testa, e mi sembra che la mia domanda non sia stata delle migliori. Sarà perché non ricorda la risposta? Si siede alla mia destra, poggiando una caviglia sul ginocchio dell’altra gamba. E’ così dolce, quasi quanto Ley.

Ricordo quando mamma ci raccontava cose stupide riguardo le nostre famiglie.

Gilbert e Salvatore. Miranda e Lauren* sono amiche sin dall’infanzia, e hanno fatto crescere i loro figli insieme. Per questo siamo tanto uniti noi tre –Io, Damon e Hayley -, e lo stesso vale per Stefan e Jeremy, stessa età, quasi come gemelli.

Loro hanno vent’ anni, mentre noi quasi ventidue.

Mamma diceva che i nostri nomi erano scritti nelle stelle, siamo destinati a stare sempre insieme. E’ questo il destino delle nostre famiglie, che si intrecciano e formano un legame indissolubile.   

 

“Elena, devo dirti una cosa importante.” Afferma con voce flebile mia sorella.

Ed è in quel momento che apro la bocca ma non so cosa poter rispondere.

Cosa mi aspetta? Cosa sta per dirmi?

Annuisco con il capo, incapace di proferire parola nei loro confronti.

“Tre mesi fa dissi una cosa importante a mamma.” Aggrotta le sopracciglia, e stringe nelle sue mani il bicchiere pieno di succo. Sembra che le manchi poco per far fondere il vetro.

“E..” sospira e fa incrociando lo sguardo nel mio. “... mi ha cacciata da casa.”

Sgrano gli occhi. Cosa?

“Co...cosa?” domando, ma Damon mi fa cenno di continuare ad ascoltare mia sorella, mentre quest’ultima annuisce, facendo scendere qualche lacrima dai suoi occhi verdi.

Non l’ho mai vista così fragile e debole, abbattuta. Ferita da nostra madre, Miranda.

Cosa può essere successo di così grave durante la mia assenza?

“Ecco... le confessai un segreto.” Ammette continuando a guardare il bicchiere, sicuramente più interessante di sua sorella gemella completamente in balia delle sue parole.  Sono spaventata, l’ansia sale a livelli esorbitanti. E’ come se in me ci sia un vortice, in grado di spazzar via in pochi secondi le convinzioni di una vita e l’affetto per mia sorella. Cosa può aver fatto o detto di così grave tanto da non meritare più l’amore di una madre?

“Sono incinta.” Dice, liberando il suo segreto come fosse un macigno che si portava da un sacco di tempo. Scoppia in un pianto liberatorio ed in fondo la capisco. Ha paura che anche io possa cacciarla di casa, nonostante lei non abiti qui.

Diventerò zia. Di un nipote moro dagli occhi verdi. Oppure sarà una dolce bambina come lei.

La mia espressione deve essere abbastanza confusa, ed è difficile,per me, far trasparire emozioni.

Sono felice, ma anche terrorizzata, confortata, orgogliosa.

Hayley e Damon mi scrutano attentamente.

“Co... – inizio, ma mi rendo conto che non so nemmeno cosa dire. – ma dove... quando?” domando inizialmente, ma mi rendo subito conto che non è la prima domanda che voglio porre.

“Perché, Hay, perché non me l’hai detto prima?”  domando dopo abbastanza difficoltà. Ho così tanti pensieri che mi scoppia la testa. Tante domande senza risposta. Tanti dubbi da chiarire.

“Avevo paura che mi cacciassi come mamma.” Risponde subito dopo, con gli occhi pieni di lacrime. “Non lo farai anche tu, vero? Non abbandonarmi.” Aggiunge con paura.

“No, certo che no.” Affermo, prendendole le mani. Lei accenna un sorriso, mentre lascia che altre lacrime scorrano sul suo viso dolce e paffuto. Damon sospira, come se si fosse, anche lui, liberato da un peso. Come se, nel caso io avessi risposto diversamente, non potesse convivere con l’idea di un trio non più unito a causa mia.

“Non avere paura, Hay. Io rimarrò con te.” La rincuoro, come se non ne avesse mai abbastanza. Annuisce, mentre piange e sorride. Damon appoggia una mano sulla mia spalla.

“Però ho altri quesiti.” Lei si fa seria, ed annuisce nuovamente.

“Dove sei andata dopo che mamma ti ha cacciata?” sospiro.

“Da Damon, ovviamente. Poi lui ha pensato che tu dovessi sapere, e ci siamo organizzati per venire a trovarti.” Mi giro verso lui, e lo ringrazio con lo sguardo. Lui capisce subito,e sorride di rimando.

“Grazie per esserti preso cura di lei quando nessuno c’era.” Lo dico anche a voce alta, anche se so che non ce n’è bisogno: tra noi due non c’è bisogno di parlare; basta uno sguardo, un gesto, anche se piccolo, futile.

E’ limpido, però, il fatto che io non ci fossi con lei. E per quello, mi sento male.

Ero qui, a vivere un’altra vita, mentre mia sorella veniva cacciata dalla nostra famiglia.

 

“Ultime due domande.” Le dico, usando un tono serio.

“La tua pancia non si nota tanto.” Osservo attentamente, senza attendere risposta o cenno dai due.

 

Bex si toglie il cardigan che indossava e mi fa vedere quello che diventerà il suo pancione.

“E’ di tre mesi, non si nota molto. Anzi, dovrei dire sono.”

“Sono?” domandiamo all’unisono io e Damon.

Qualcosa che non sappiamo entrambi. Ci guardiamo entrambi, leggermente stupiti.

“Due gemelli. L’ho scoperto alla prima ecografia. Di solito è raro che si capisca da subito, ma così è stato. Due vite.” Continua guardandosi la pancia leggermente grande. Sorrido a quel gesto.

Damon starà pensando alla stessa cosa, poiché anche lui sorride e mi abbraccia.

“Due gemelli come noi” sussurra Hayley, con gli occhi colmi di felicità.

L’abbraccio istintivamente, attenta a non farle del male. D’ora in poi sarà difficile gestire la mia affettuosità nei suoi confronti.

“Hayley, chi è il padre?” domando curiosa, dopo che abbiamo sciolto l’abbraccio durante il quale mi è scesa una lacrima.

 

Ed è lì che mi guarda come se volesse non rispondermi.

Si sente un rumore di chiavi, ed è per questo che ci giriamo tutti, verso la chioma bionda spuntata in casa velocemente. Appena si gira, vedo stupore nei suoi occhi celesti.

Devo darle risposte, Care sarà felicissima di conoscere Hay, Damon e i bambini (quando nasceranno. Per il momento solo il pancione). Probabilmente sarà una brava zia, poiché Hay –se diventeranno amiche a tutti gli effetti, in quanto è come se già si conoscessero- la considererà come tale.

Ma io ho ancora una domanda in sospeso.

 

Chi è il padre dei miei nipoti?

 

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*Lauren: è il nome che ho affidato alla mamma dei Salvatore (Stefan e Damon, rispettivamente 20 e 21 anni). La serie tv non fa cenni, e ho sempre cercato di immaginarmi un nome sofisticato, magari dalle origini francesi. Bene, per questo ho scelto Lauren. Semplice ed efficace. Spero piaccia a voi quanto piace a me. P.S. In questa storia i genitori (almeno quelli di Elena e Damon) sono vivi e vegeti.

 

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Salve a tutti!

Ecco il tanto agognato capitolo! Beh, forse tanto agognato non è, ma il senso è quello.

Si capisce chi è la gemella di Elena… Hayley!

Allora, inizio a spiegarvi il perché di questa scelta.

Hayley è un personaggio che nella serie tv non è apparso spesso, né è adorato da tutti.

Inizialmente la mia idea si basava su Rebekah come gemella di Elena.

Avevo pronto tutto, il perché, perfino un po’ la somiglianza…

Diciamo che ho un debole per i personaggi non ben voluti. Ad esempio, Hayley è antipatica a tutti di primo acchito, mentre Rebekah (che è per me il personaggio più profondo di tutti)  passa sempre per la sgualdrina di turno, anche nelle ff.

Infatti, se la gemella fosse stata Bekah, mi sarebbe piaciuto concentrarmi sul fatto che voleva prendere la cura, e in questa ff aveva la possibilità di essere umana, un buon umano, come se non fosse mai stata vampira e di conseguenza ‘cattiva’.

Per quanto riguardava la somiglianza, avevo notato che Jenna, cioè Sara Canning, era molto simile a Claire Holt, nei occhi, capelli e fisionomia. Quindi la zia sarebbe stata simile alla nipote.

Ma il confronto non è retto a sufficienza.

Dunque ho scelto Phoebe Tonkin. Partiamo dal fatto che lei è una persona fantastica, che io ammiro e stimo con tutta me stessa. Sia lei che Nina/Elena sono more, hanno una corporatura simile se non per il fatto che la Dobrev sia più magra, ha un fisico molto più asciutto. Anche i lineamenti facciali sono molto simili, ma ovviamente non uguali.

L’unica differenza sostanziale sono gli occhi.

Hanno entrambe degli occhi molto vispi e grandi, solo che quelli di Nina sono da cerbiatta, poiché cioccolato, mentre quelli di Phoebe sono verdi, trasparenti e lucidi.

Se ci fate caso, gli occhi di Grayson, cioè il padre di Elena e Jeremy, sono verdi. Quelli di Erin Beute, la donna che interpreta Miranda, sono chiari.

Quindi, se vogliamo essere pignoli, gli occhi ‘diversi’ sarebbero proprio quelli di Elena e Jer.

So che non regge molto, e che le due donne sono diverse. E’ normale che non siano uguali.

Quindi io ho preso spunto dalla loro somiglianza, non uguaglianza. Spero che questo non vi crei problemi.

Magari qualcuno di voi aveva ipotizzato che Katherine fosse la gemella.

No… Troppo scontato, non è da me.

Ma con questo vi annuncio che la bella Petrova ci onorerà spesso della sua presenza! E’un personaggio rilevante, proprio come gli originali! Quindi preparatevi a vedere tutti gli antichi (quasi!).

Il bel Niklaus, l’elegante ed impeccabile Elijah, lo scherzoso Kol e la bella e fragile Rebekah!

Non sottovalutate la loro presenza!

 

Questo capitolo deve essere breve, quindi perdonate la lunghezza minima.

Spero di aggiornare presto, e me lo auguro vivamente.

Grazie per le recensioni, grazie a chi legge silenziosamente e chi inserisce la storia nelle preferite e seguite! Siete molto importanti per me!

Spero di ricevere qualche recensione anche per questo capitolo, in quanto quando qualcuno mi lascia un parere mi incoraggia a scrivere, mi aiuta a migliorare e, non meno importante, fa piacere in quanto fa capire se la ff vi piace o no. (:

A presto, dunque.

Un bacione :*

P.S. Vi lascio con qualche immagine di Nina e Phoebe! Fatevi un'idea della loro "somiglianza"!

 

:)

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Capitolo 4
*** Mezzanotte a Greenwich ***


 Midnight in Greenwich

 

 

 

La bionda fa irruzione in casa con un sorriso smagliante stampato sul volto. A volte mi chiedo come faccia a trovare la gioia in ogni piccola cosa. Una lunga giornata di lavoro è appena trascorsa, lei ha dovuto perfino subire gli straordinari, ma nonostante tutto non riesce a non sorridere alla vista della mia famiglia a casa nostra. Nemmeno fosse la sua di famiglia.

Forse questa è l’unica cosa che invidio di lei.

Non invidio il suo fisico più formoso del mio, che è quasi completamente asciutto. Non invidio i suoi capelli sempre in ordine. Non invidio il suo guardaroba o la sua trousse. Invidio la capacità con la quale riesce a rendere tutto più facile e felice. Sempre, in ogni circostanza.

Riesce ad alzarsi anche dopo la caduta più dolorosa. E’ un po’ come l’arcobaleno dopo la pioggia: fa capolino con i suoi colori e la sua allegria, nonostante l’atmosfera sia ancora scura e cupa.

E nonostante tutto, sono entusiasta al pensiero di aver già ricevuto questo arcobaleno nella mia vita.

Arrivata in soggiorno, si mette davanti a noi e porta entrambe le mani alla bocca, dalla quale esce qualche gridolino strozzato dall’emozione. Inizia perfino a saltellare.

“Finalmente vi conosco!”  annuncia tutta contenta, tipico della mia migliore amica. Rido, scuotendo la testa. E’ proprio impossibile; sta conoscendo la mia famiglia, non il suo cantante preferito o lo stilista che ha disegnato la borsa che ama.

Damon mi scruta con i suoi occhi cristallini, forse più vivi del solito.

Incrocio le braccia, mentre mi stendo il più possibile sul divano.

“Aspetta di scoprire chi ha finito il gelato.” Dico guardandola velocemente, per poi distogliere lo sguardo da lei e puntarlo negli occhi del mio migliore amico.

Alzo le sopracciglia come per dire ‘l’adorerai anche adesso?’ mentre Hayley accenna ad una risata e poggia il capo sulla mia spalla. L’accolgo con tutta la dolcezza possibile, mentre mi ritorna alla memoria la domanda che le avevo posto qualche minuto fa. Chi è il padre dei miei futuri nipotini?

Decido di non indagare ulteriormente, infondo è stata una giornata pesante e piena zeppa di novità e notizie sconvolgenti. Purtroppo non ho la capacità di Caroline di gioire continuamente, perfino nei momenti più impensabili.

“Perché, a chi l’hai dato questa volta? Sentiamo.” Mi incita la bionda che ho davanti, mentre poggia le mani sui fianchi. Alzo gli occhi al cielo. Non riesco nemmeno a mettere in cattiva luce il Salvatore. Giustamente le viene in mente quell’episodio lontano –ma non troppo- nel quale invitai Vicki a casa e le offrii l’ultimo Ben&Jerry’s. Il penultimo ce l’avevo io. Quello fu un caso eccezionale, in cui facemmo scorta di gelato che avrebbe dovuto bastarci per più di due settimane.

Ma in fondo stiamo parlando di me e Caroline e, se la matematica non è un’opinione, noi due sommate a tanto gelato diamo origine ad un numero relativo il cui segno è negativo: tante vaschette andarono a ruba, e la sua necessità non fu esaudita a sufficienza, anche –e soprattutto- a causa mia. Diciamo che fu una sorta di vendetta, ripicca nei suoi confronti che mi aveva costretta a guardare due volte di seguito il suo film preferito, ‘La mia miglior nemica’. Non che non fosse una commedia divertente, ma in quel periodo ero particolarmente su di giri nei confronti di spose che non si accontentavano mai.

Insomma: vedere quel film fu una vera tortura. Dato che la vendetta è un piatto che va servito freddo, offrii, con tanta e quasi inspiegabile generosità, l’ultima vaschetta di B&J’s -come ho già detto- a Vicki, che non si fece scrupoli a prenderla e gustarla con me. La rabbia di Caroline raggiunse livelli esorbitanti, tanto che la sua sfuriata causò il litigio più lungo mai successo fra noi due.

Non ci rivolgemmo la parola per quasi due settimane.

Mi perdonò solo quando organizzai la nostra solita serata fra amiche, a base di centinaia di pellicole, popcorn, gelati a volontà e pigiami, tutto rigorosamente sul mio letto. Le promisi che non avrei mangiato più quel gelato per una settimana (la settimana più lunga della mia vita!).

Ovviamente lei mi perdonò, e non perse tempo nel mangiare la sua vaschetta di fronte ai miei occhi che chiedevano umilmente pietà in silenzio.

“Damon. Il problema è che non gliel’ho offerto io, si è servito da solo.”  Rispondo alla sua domanda, tentando di far apparire sotto una cattiva luce il mio Salvatore.

Ma so che non succederà. Caroline è facilmente impressionabile.

E’ attratta dagli uomini pericolosi, affascinanti, e Damon rientra in tutte queste categorie.

Poi lui le fa gli occhi dolci, mettendo ulteriormente in mostra il suo animo da ‘modesto’.

Lo detesto.

In senso buono.

 

“Oh, allora possiamo fare un’eccezione per oggi.” Afferma con nonchalance, mostrando una dolcezza che non sapevo possedesse, e, comunque, non avrei mai immaginato potesse usarla con colui che le ha rubato il gelato –tecnicamente lo ha rubato a me-.

Alzo gli occhi al cielo, mentre Damon e mia sorella ridacchiano.

Incrocio le braccia, proprio come fanno i bambini quando, da piccoli, si arrabbiano e nessuno è dalla loro parte. Se c’è qualcosa che posso fare per far imbestialire il Salvatore, però, è sconfinare negli argomenti che dovrebbero essere proibiti, almeno fra noi due.

“Allora, Damon. Come sta Stefan?” ammicco nella sua direzione, catturando la sua attenzione ma –stranamente-  anche quella di mia sorella.  Stefan Salvatore adesso è un ventenne, cresciuto in tutto e per tutto con mio fratello Jeremy. Hanno entrambi la stessa età *, ed è come se fossero fratelli.

Per questo considero la nostra un’unica famiglia. Siamo più che semplici migliori amici, siamo come uniti da un legame di sangue.

Proprio per questo motivo non potrei mai provare alcun sentimento nei confronti di Damon, o per giunta Stefan. Lo stesso vale per i Salvatore con mia sorella. Quando avevo sedici anni, però, Jeremy mi confessò un segreto di Stefan. Aveva una cotta per me; io l’ho sempre ignorata, anche poiché a quel tempo era un dolce ed ingenuo quindicenne ed io stavo con Matt. Un giorno Damon lo venne a sapere, ed andò su tutte le furie. Non poteva permettersi che suo fratello provasse qualcosa per una persona da considerare come ‘sua sorella’.  No, no,  ed assolutamente no.

Da quel momento diventò molto più protettivo nei miei confronti, e anche se a Stefan passò il suo debole per me, continuò a provare un leggero astio nei nostri confronti.

Quando,quindi, ha la meglio su di me –come con Caroline - , cerco di sviare l’argomento per raggiungere il capitolo proibito denominato ‘Stefan’. Lo stesso faceva il piccolo Salvatore quando, quelle poche volte, ci alleavamo contro di lui.

E’ uno spasso totale.

“Benissimo.” Afferma con durezza, con un tono serio che non sembra appartenere all’ironico e sarcastico Damon di sempre. Per giunta serra la mascella, e non mi sono mai sentita così in colpa per aver tirato in ballo l’argomento ‘Stefan’ come adesso.

Il sorriso di Caroline sempre spegnersi pian piano, ma ringrazio il cielo di aver una migliore amica così perfetta. Un giorno la porterò in qualche negozio famoso –magari in Italia, o magari a fare ‘colazione da Tiffany’-  o a qualche sfilata per ringraziarla, cosciente del fatto che non sarà mai abbastanza.

“Volete rimanere per una notte in casa Forbert?” domanda con enfasi la bionda, ma sono sicura che un po’ del suo entusiasmo sia finto, giusto per alleviare la tensione creatasi fra me e Damon. Ammesso che sia fra noi. Non ci era mai successo.

Un momento… casa Forbert? Sul serio?

Hay sgrana gli occhi divertita, mentre Damon sembra leggermente riprendersi, accennando un lieve sorriso. Sospiro. Cosa ho fatto?

“Forbert.” Spiega la mia amica. “Forbes e Gilbert.” Continua con uno sguardo sorpreso, come se fosse assolutamente normale unire i nostri cognomi. Mi alzo affiancando la mia coinquilina.

“Questo perché non siete a contatto con la cultura Elenoline.” Dico con finto disprezzo nei confronti della mia famiglia. Abbraccio la mia bionda, l’amica che mi completa; oscilliamo a destra e sinistra fino ad arrivare alla cucina, dove le chiedo se può preparare qualcosa di meglio che il succo ed il gelato per gli ospiti. Lei risponde affermativamente, scuotendo la testa divertita. Mormora anche qualcosa come ‘non imparerai mai a cucinare!’.

“Restate, quindi?” domando con tono angelico ad Hay e Damon.

I due si guardano, e rispondono contemporaneamente.

“Se non disturbiamo…” dice Hay. “Magari un’altra volta.” Sussurra Damon.

Alzo per un secondo le sopracciglia guardando Damon, interdetta dalle sue parole.

“Puoi dormire nel mio letto. Avrai bisogno del tuo spazio.” Mi rivolgo a Hay che annuisce e capisco che è molto stanca. Il viaggio deve averla stressata più del previsto.

L’accompagno in camera, al piano di sopra.

La mia camera è piccola ma accogliente. Una parete è composta da mattoni rossi, differente dalle altre, tutte bianche. Il letto è completato con qualche cuscino in stile vintage-retro, ad eccezione di uno regalatomi a Natale dalla mia coinquilina. E’ bianco panna con una nostra foto stampata sopra.

Le porgo anche un mio pigiama, che prendo dall’armadio adiacente al letto di una piazza e mezza; stranamente, non hanno con sé nemmeno una valigia, ma solo una borsa.

Forse è dato dal fatto che non prevedevano di restare, forse nemmeno di parlarmi.

Noto che Hay si guarda curiosa attorno, come se stesse entrando in un mondo che non le appartiene, ma è comunque felice di visitare.

Prima di scendere, l’abbraccio. Un abbraccio forte, per quanto cerchi di non farle male.

Voglio tanto bene a mia sorella.

Lei è tutto per me.

 

Scendo le scale, con l’intenzione di recarmi in cucina. Non entro poiché delle risate attirano la mia attenzione.

Avvicinandomi di poco, e facendo attenzione a non essere vista, scorgo Care e Damon seduti al tavolo intenti a parlare e scherzare animatamente.

Il sentimento di sentirsi di troppo, di essere il cosiddetto ‘terzo incomodo’ si impadronisce di me.

Non so cosa gli abbia fatto, nè cosa ho detto che lo abbia ferito.

L’unica certezza è non è affatto da Damon fare l’infantile.

Li lascio discutere come se fossi io l’estranea e non Caroline.

Vado a dormire. E’ quasi mezzanotte. Oggi è stata una giornata pesante.

 

 

***

 

Sento improvvisamente del freddo avvolgermi, e noto con un gran dispiacere che è giunta la mattina di un giorno che si prevede intenso. Ho dormito nel letto di Caroline, che ha deciso di avvolgersi completamente nel piumino, scoprendomi del tutto.

E’ impossibile dormire con lei. Ogni volta accade la stessa cosa: si deve aggiudicare tutto il calore possibile, perfino in estate. Per fortuna capita raramente di dormire insieme: le uniche volte sono quando ha bisogno di qualcuno che la faccia addormentare, tipica reazione dei momenti ‘no’, come ad esempio momenti di poca autostima, fine di una breve relazione, film drammatici.

Mi volto verso destra, ma mi ricordo di essere nella camera di Care, così mi giro dal lato opposto: cerco di leggere che ora sia, ma trovo una lieve difficoltà dato la mia vista ancora offuscata per il sonno.

Le otto e mezza di mattina. Il sole è già sorto, ma la temperatura sarà notevolmente bassa.

Londra, come sempre.

Ho un’incredibile voglia di cioccolata calda. Lo Starbucks qui vicino è sicuramente aperto**, quindi farò un salto lì e comprerò qualcosa per la colazione della ‘ famiglia’.

Mi piace alzarmi presto al mattino. Non che non mi piaccia dormire, non fraintendete. E’ solo che spesso è bello uscire ed apprezzare la tranquillità di una giornata che si prospetta dura, poiché lavorativa, o per il semplice motivo di vedere una Londra differente da quella frenetica e caotica.

Sbadiglio e mi porto una mano alla bocca.

Mi alzo con molta cautela, cercando di non svegliare la mia amica.

Una volta in piedi, controllo che dorma ancora, ed in effetti è così. Essendo sabato, Caroline dorme di più, e suppongo che Hay e Damon stiano riposando profondamente, causa jet lag.

In bagno, mi osservo allo specchio. I capelli sono un disordine vivente. Devo ancora capire il segreto di Care sono-sempre-perfetta Forbes, nonostante abbia seguito il suo consiglio, quello di farmi un taglio scalato differente dai miei soliti capelli lunghi e lisci.

Cerco di ravvivarmeli alla meno peggio, e mi sembra di aver fatto un leggero progresso. Sorrido istantaneamente, mentre mi lavo i denti.  Con lo spazzolino in bocca, vado nella mia camera, camminando come faceva la Pantera Rosa in uno di quei cartoni animati che faceva morire dalle risate mia sorella e mio fratello. Ero l’unica a cui non facevano nessun effetto.

Con mio grande stupore noto che anche Damon è nel mio letto, con la bocca lievemente aperta e il suo torace che si alza e abbassa ad un ritmo regolare.

L’unico sentimento che provo guardandolo è stupore misto ad odio. Non riesco ancora a capire cosa possa avergli fatto da averlo addirittura ferito, ma, al contrario delle altre volte, dovrà essere lui a fare il primo passo se mi rivuole come migliore amica-confidente.

Afferro il primo paio di jeans scuri che trovo, con una lunga ma semplice e chiara camicia bianca, non troppo pesante né troppo leggera per la stagione, essendo appena l’inizio di aprile.

Abbino un paio di stivaletti ed un blazer al mio completo, cercando di non sembrare ridicola ai passanti. Per cui lo osservo per qualche secondo, realizzando che è okay per una mattina di desolazione totale.

Ritorno in bagno, dove mi sciacquo anche il viso e chiudo il tubetto del dentifricio alla menta.

Mi cambio mentre scendo le scale e raggiungo il salotto.

“Dov’è la borsa?” mormoro a me stessa a voce alta.

Mordo lievemente il labbro inferiore mentre scuoto la testa da una parte all’altra della stanza fino a che la scorgo in un angolo remoto del divano. La afferro subito, contenta di non aver impiegato troppo tempo a cercarla dato il mio costante disordine.

Aggrotto un attimo le sopracciglia, sentendo un lieve rumore dietro di me.

Non c’è nessuno, quindi sarà semplicemente qualcuno che si rigira nel letto.

 

***

 

Sono poggiata alla ringhiera oltre la  Cutty Sark***. E’ uno dei luoghi più belli di tutta Greenwich, secondo me e Caroline.

Di fronte a me c’è il fiume, mentre addirittura oltre c’è un fantastico panorama della City Londinese, consistente in enormi grattacieli che, di sera, compongono i panorami tipici dei film ambientati nella capitale.

Cerco di godermi, chiudendo gli occhi, questa pace, questo silenzio rotto solo dal lieve rumore del vento, che mi scompiglia in modo non poco evidente i capelli.

Vorrei che tutto si potesse fermare, anche solo per qualche minuto. Solo così potrei trovare la forza per continuare il mio amato ma stressante impiego, capire cosa passa nella testa di mia sorella –e nella sua pancia-, cercare di far capire alla mia migliore amica che il suo capo è cotto di lei, e iniziare a conoscere un nuovo Damon, uno irascibile ed infantile.

Mi rigiro il bicchiere fra le mani. Alla fine ho optato per un semplice caffè macchiato, non per una cioccolata poiché penso che avrei speso un’intera mattinata –se non addirittura di più- nella caffetteria. Sono fatta così. La cioccolata mi serve nei momenti in cui mi sento assolutamente giù di morale, e non gradisco la presenza di nessun mio conoscente, nemmeno di Caroline che, quando riesce ad udire un mio ‘Voglio la cioccolata calda’, alza gli occhi al cielo e sgombera la camera in cui mi trovo, per farmi rimanere sola. E’ semplice, una sorta di codice che abbiamo. E poi, la cioccolata mi fa riflettere. Quasi quanto il caffè macchiato che sto sorseggiando in questo momento.

Quando schiudo le palpebre, è facile notare una presenza accanto a me. Soliti turisti, immagino.

E’ un uomo.

Lo osservo.

Capelli corvini, carnagione chiara, labbra rosee e carnose, occhi cerulei adesso puntati nei miei… Non un turista qualsiasi. Damon Salvatore.

“Non sei troppo elegante per un semplice caffè?” domanda con un mezzo sorriso, dopo avermi osservato attentamente. Ed è in quel momento che mi rendo conto che quella domanda è uno spiacevole inconveniente. Perché la risposta fa quasi più male che vederlo accanto a me, mentre mi rivolge la parola, sorvolando su come si è comportato nei miei confronti.

“Non mi conosci, Damon.” Affermo con un tono di voce basso, nella speranza che non senta ciò che sto dicendo. “Non più.” Continuo, osservando il paesaggio di fronte a me.

“Lo so.” Sussurra, abbassando il capo. Da quando sono partita, sono… diversa. Sono entrata a far parte di un mondo che a Mystic Falls potevo solo vedere in TV o leggere nei romanzi. Vorrei rassicurarlo, dicendogli che è tutta apparenza, che sono cambiata solo esteriormente, che ho appreso nuove cose ma che sono sempre io. Non lo faccio. Non perché non sono più la ragazza che usciva di casa conciata come le pareva, che aspirava a diventare una famosa giornalista, che non litigava mai con la sua famiglia.

Perché, per la prima volta nella mia vita, non sono sicura che lui capirebbe.

O forse sarebbe l’unico a farlo per davvero.  “Ma lo stesso vale per te , ragazzina.” Ammette, puntando un dito contro di me. Sospiro abbattuta, lasciando che continui il suo discorso.  “Altrimenti non avresti messo in ballo Stefan.” Alza le sopracciglia, dopo aver utilizzato un tono di voce che mi dà ai nervi. E lui lo sa. Odio quando fa finta di essere qualcuno che la sa lunga, odio sembrare più piccola ai suoi occhi. Non mi dispiace se a volte mi chiama ‘ragazzina’, né se a volte mi coccola proprio come si fa ai fratelli minori o ai propri figli.

“Ho trascorso l’ultimo anno della mia vita a Londra, non a Mystic Falls. Quindi scusami se non sono aggiornata tanto quanto tu lo sei con me.” Affermo sarcastica. Durante tutto questo tempo ci siamo parlati, abbiamo chiacchierato, scherzato e discusso su quando ci saremmo visti per davvero.

Ho cercato di esserci nella sua vita, nella loro –se considero anche quella di Hay-, ma mi hanno allontanata. Il mio “cambiamento” era quasi normale, dovuto. Sono cresciuta ormai, e sto vivendo in un mondo differente che sta influenzando anche la mia quotidianità. Lavorare per una rivista femminile, di moda, con talvolta articoli sulle spose, avere come capo la Flemming, indossare sempre un tailleur o vestiti eleganti e non dei grandi magazzini –a meno che il centro commerciale non sia Harrods -  e dei tacchi 12, fa sì che rinnovi spesso il mio guardaroba, curi con più frequenza i miei capelli e la mia pelle. Non posso permettermi di essere contemporaneamente due Elena differenti.

Impazzirei.

Quindi, se ci tiene alla mia amicizia, dev’essere ancora lui a fare un passo avanti.

“Non potevamo dirti della gravidanza per telefono, Elena.” Dice seccato, osservandomi come sto facendo io con lui. “E non potevi sapere di quello che sto passando con Stefan in questo periodo. Certe cose si devono dire faccia a faccia.” Continua, ma non capisco dove voglia arrivare. Perché se la prende con me, quindi? Io non c’ero, lui ne è a conoscenza.

“Dunque scusami. Talvolta mi dimentico di avere una sorella dall’altra parte del mondo.” Sorride flebilmente, e sospiro un’altra volta. Sta tornando il mio Damon di sempre.

Continuo ad osservarlo, e mi domando se perdonarlo o meno.

Non riesco a stare senza di lui, ora che mi ha raggiunta.

E poi non sono così egoista da rovinare il nostro trio, perché se continuassimo a non parlarci, Hay sarebbe costretta a decidere fra uno di noi due, e nessuno vuole che questo accada; soprattutto adesso che mia sorella ha bisogno di noi, e non poco.

“Scusami tu se ho tirato in ballo un argomento tabù.” Sorrido allora impacciata, diversamente da quando mi scuso di solito nei suoi confronti. Anche a casa litigavamo, ma il secondo successivo ci perdonavamo. Questa è una delle discussioni maggiori mai avute con lui, non so bene come comportarmi.

Mi avvicino a lui che apre le braccia, e mi getto a capofitto in esse. Poggio la testa nell’incavo del suo collo, cercando di riempire i miei polmoni del suo profumo più che posso, mentre mi stringe a sé.

Chiudo gli occhi, sentendomi questa volta più sicura per affrontare la giornata.

Il mio umore è cambiato repentinamente.

 

Venti minuti dopo siamo quasi arrivati al nostro appartamento, con due buste dello Starbucks in mano. Come promesso, abbiamo la colazione per tutti. Ci siamo trattenuti un po’ nella caffetteria, a causa del tepore interno e dell’aroma del caffè. Le nuvole hanno fatto capolino nel cielo e si trattengono tutt’ora, rovinando una giornata che stava prendendo una piega decisamente migliore.

Porgo a Damon la mia busta, troppo impegnata nel cercare le chiavi dell’appartamento buttate nella borsa e immerse in un disordine affatto descrivibile. Tra fazzoletti, caramelle, cellulare, buste, specchietto, un rossetto, una sciarpa e perfino un paio di ballerine, le trovo.

Ecco, erano proprio sotto le scarpe.

Sorrido a Damon che scuote la testa, consapevole che non sarò mai ordinata, mentre le giro nella toppa, aprendo la porta e facendolo entrare. Sobbalzo per lo spavento quando vedo Hayley sveglia in cucina, alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare. Poverina, non immagina come ci arrangiamo io e la bionda per mangiare. Sicuramente non facendo la spesa come delle comuni persone. A meno che non si tratti di Starbucks, cibo d’asporto o gelato. Ma ho dei seri dubbi riguardo il fatto che quelle siano ‘compere’.

“Ehi, Lee.” Le dice Damon, scompigliandole i capelli.

Non so come comportarmi nei confronti di mia sorella… Ricordo che non era un angelo la mattina, dopo essersi svegliata e catapultata giù dal letto. Non oso immaginare come lo sia adesso con la gravidanza. E’ troppo presto per gli sbalzi d’umore repentini? O per le voglie? Non ne ho la minima idea.

“Hay.” La saluto io, e in quel momento mi scruta attentamente, fino a che i suoi occhi non s’illuminano notando le buste che portiamo. “Colazione!” urla come una bambina, come non ha mai fatto in tutta la sua vita –infanzia compresa! Damon deve aver notato il mio volto leggermente sbalordito dall’atteggiamento di mia sorella, e accenna ad una risata. Si avvicina al mio orecchio.

“E’ adorabile tanto quanto lo è stata a casa mia per tre mesi, Elena.” Mormora mettendo più enfasi nel mio nome, facendomi ricordare che io non c’ero nei primi mesi di vita dei miei due nipoti, e lasciando che il suo sospiro caldo s’infranga sul mio collo. Odio quando mette il dito nella piaga. Ma so che scherza. Come risposta, gli do un leggero pugno sul braccio, che non lo scalfisce minimamente.

“Stavo morendo di fame.” Dice Hayley, con gli occhi sgranati, mentre addenta una ciambella, dimezzandola con un morso. Okay, mi dico, non ti scandalizzare Elena. Deve pur sfamare tre pance.

Mi impongo di sorridere a mia sorella, non propriamente tornata in me stessa, dopo aver visto una Hayley differente. Lei non ha mai mangiato –divorato- qualcosa con tanta fretta.

Eppure non dovrei essere così scandalizzata.

E’ incinta, e per giunta di due bambini.

Quindi devo inspirare ed espirare. Ecco fatto.

Caroline ed i suoi consigli per mantenere la calma. Devo ringraziarla. E davvero tanto.

A proposito… “Dov’è Care?” domando, ritornando nel mio mondo a Londra lontano da Mystic Falls, in una delle tante colazioni a casa Gilbert, con anche Lauren, Stefan e, ovviamente, Damon.

Sia mia sorella che Damon scrollano le spalle, per dirmi che non lo sanno.

Suppongo sia di sopra, quindi mi dileguo lasciando la mia famiglia a sfamarsi e salgo le scale.

 

“Care.” Urlo, ma senza ottenere risposta. Ad un certo punto la porta del bagno si spalanca, lasciandomi intravedere una coinquilina assonnata ma che si è rinfrescata il volto.

“Colazione giù in cucina.” Dico solamente, e lei mi capisce, aggiungendo un cenno con la testa. Rimango un secondo ad osservarla, mentre sbadiglia e si porta una mano sulla bocca; gli occhi ridotti a due fessure, i capelli scompigliati dal sonno ma comunque perfetti. Almeno per me.

Istintivamente l’abbraccio, ricordandomi di quando l’ho conosciuta e quanto mi sentivo sola. La sua presenza mi ha aiutata ad affrontare numerosi momenti di solitudine. Ero terribilmente timida ed

insicura quando ho trovato lavoro nel giornale come aiutante della seconda segretaria di Isobel. Devo ringraziare dunque sua figlia –seppure non la sopporti minimamente- per aver organizzato una feste fra colleghi della stessa struttura,  e per avermi costretta ad accettare a parteciparvi. La figlia di Isobel è una donna ricca sfondata –come tutta la sua famiglia-, egoista ed altezzosa, che lavora come segretaria di un avvocato che gestisce lo studio dove anche la bionda ci lavora, perché la giustizia e la lealtà “scorrono nelle sue vene” –o almeno così dice quella stupida e piccola figlia di Flemming.

Bene, approfittò dell’inaugurazione del Vertigo 42 ad Old Broad Street per permettere ai nuovi arrivati –tra cui c’ero io- di conoscere i colleghi, o gli avvocati più importanti – ma ovviamente lei non perse tempo nell’abbordare i più ‘belli’. Lì conobbi Caroline, sua collega che cercava disperatamente una coinquilina, perché i prezzi dell’affitto dell’appartamento in cui viveva erano a più di quattro cifre, dato che abitava a due passi dall’ufficio a Brompton Road. La seconda cosa che ho imparato quando ho messo piede a Londra è che più si va nel centro della città, più tutti i costi aumentano. Affitti, negozi, centri commerciali, perfino le pizze d’asporto. Per questo il mio monolocale si trovava a qualche decina –circa dodici o tredici- di fermate di metro dalla redazione del giornale a Knightsbridge. La prima cosa che ho imparato, se qualcuno se lo sta chiedendo, è che bisogna farsi valere. Londra è un po’ come New York, come Parigi, come tutte le metropoli degne di tal nome. Per questo dopo aver avuto fortuna con lavoro e coinquilina, ho cercato di lavorare con una certa costanza fino a sentirmi male, fino ad essere definita da Forbes una stakanovista.

Non importa se io e la bionda ci conosciamo da appena un anno e mezzo: a volte il tempo non conta. E’ la mia migliore amica perché è riuscita a conoscermi in men che non si dica, ad aiutarmi, ad essere una presenza fondamentale per me. E’ un’amicizia solida, la nostra, basata sulla fiducia reciproca. Spesso scherziamo, litighiamo, ci contendiamo i gelati, ma se non ci fossero questi momenti non saremmo Caroline ed Elena, ma due coinquiline fredde e distanti, unite solo dall’affitto da pagare.

“Qualcuno qui soffre di mancanza d’affetto.” Dice Caroline ridendo, sottolineando il fatto che non esco con un uomo da quando mi sono lasciata con il mio ex a Mystic Falls. Lei insiste sul volermi fare uscire con uno dei proprietari dello studio legale, che ha una cotta per me,  a detta sua.

Magari una sera di queste, penso.

No, Elena! Categoricamente no! Devi stare vicino a tua sorella. Mi rispondo.

“Mia sorella ha bisogno di me, Care. Non c’è tempo per svagarsi.” Ammetto poggiando il naso nell’incavo del collo. Lei mi carezza i capelli.

“Tesoro, è questo il tuo problema. Basta pensare agli altri, sii un po’ egoista. Con questo non dico che tu debba abbandonare Lee –e nel caso tu lo facessi, sappi che ti ucciderei-, ma che devi uscire un po’ più spesso, venire con me in quelle serate dell’alta società che tu dici di odiare tanto.”

Lo so. So che probabilmente è giusto quello che dice. Che Hayley se l’è cavata senza di me tre mesi, e può cavarsela adesso anche solo con il mio supporto morale. Ma voglio starle vicina, qualcosa in me dice che è così, che ciò è quello che deve succedere.

“Ci penso su.” Rispondo vaga, sbattendo le palpebre e sciogliendo l’abbraccio.

La mia amica sorride, prendendomi per mano e conducendomi giù in cucina.

Ci penso su, mi ripeto.

Non sarebbe un peccato vivere la propria vita.

 

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*In questa fan fiction, Elena, Damon e Hayley hanno la stessa età e sono i più grandi, mentre Jeremy e Stefan sono i più piccoli e sono entrambi ventenni.

**Gli orari di apertura e chiusura sono veri.

***Nave presente a Greenwich. Si chiama anche così una fermata di metropolitana.

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Lo so, sono davvero in ritardo con l’aggiornamento. Per farmi perdonare ho postato questo capitolo molto lungo –spero non vi annoi- nel quale si spiegano un paio di cose e si entra quasi nel vivo della vicenda. Ho già scritto tre pagine del prossimo capitolo, quindi dovrei essere al passo con i tempi. I prossimi aggiornamenti saranno più brevi ma non vi assicuro che li posterò in orario –mi dispiace, davvero mi dispiace, il mio problema è che non ho quasi mai tempo per scrivere. Siete in tante a leggere, e questo mi gratifica molto. Grazie a chi mi da pareri.

Un bacio

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Capitolo 5
*** AVVISO ***


Allora, volevo avvisare tutti i lettori che seguivano questa storia che la fic è momentaneamente sospesa. In realtà ho un altro capitolo pronto, ma sarebbe piuttosto sciocco da parte mia pubblicarne un altro e rimanere con le mani in mano, di fronte ad un enorme progetto come questo, senza idee, senza motivazione. Uno dei motivi principali è stato lo studio, lo ammetto, in seguito ci sono miei problemi, quali mancanza di idee, di lettori, mancanza effettiva di voglia di scrivere qualcosa iniziato tempo fa, e altre piccolezze che nel complesso mi hanno portata a questa scelta.

Mi dispiace moltissimo, non l'eliminerò in quanto se presa da un'improvvisa ispirazione la continuerò con molta gioia, ma fino ad allora rimarrà in un perenne stato in corso - sospensione.

Potrei tornare a scrivere su questo fandom, è qualcosa di nuovo per me ma mi piacerebbe molto, o potrei iniziare altre fanfiction, altre originali. 

Mi dileguo, ripetendo che mi dispiace ma è meglio così. 

Molto probabilmente a presto,

un bacio

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