Cristallo

di vivienne_90
(/viewuser.php?uid=54352)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dove sono? ***
Capitolo 2: *** Sogni dorati ***
Capitolo 3: *** Neve ***
Capitolo 4: *** "Odio i treni" ***
Capitolo 5: *** Come un gatto e una farfalla ***
Capitolo 6: *** Il Crystal Hotel ***
Capitolo 7: *** Cambiamenti ***
Capitolo 8: *** Tutta una recita ***
Capitolo 9: *** Sterile ***
Capitolo 10: *** Sessantadue giorni ***
Capitolo 11: *** Yuki no Hana ***
Capitolo 12: *** "Sorridi e sii felice" ***
Capitolo 13: *** Le parole che non ti ho detto ***
Capitolo 14: *** "Odiami di più" ***
Capitolo 15: *** Una brutta, bella, giornata ***
Capitolo 16: *** Cristallo ***



Capitolo 1
*** Dove sono? ***


Disclaimer: Sekai-ichi Hatsukoi è un'opera di Shungiku Nakamura, io non traggo alcun profitto da questa storia.

Buona sera a tutti! Questa è la prima storia che scrivo su Sekai-ichi Hatsukoi, spero che vi piaccia e che vi faccia appassionare buona lettura da Vivienne ^^
 
 


CRISTALLO
 


«“La felicità?”
disse il bell'uccello
e rise con il suo becco dorato,
La felicità, amico, è ovunque,
sui monti e nelle valli,
nei fiori e nei cristalli”»

 
   Herman Hesse


«Ma che— dove diavolo sono?».
 
Un uomo ancora addormentato si guardava intorno spaesato, quella decisamente non era
casa sua. Stropicciò forte gli occhi ma quando li riaprì vide esattamente le stesse cose di
prima: una stanza bianca e argento con un mega televisore a schermo piatto, una scrivania
con tanti ninnoli di vetro e il suo sedere era poggiato su un letto dove potevano dormirci
comodamente cinque persone.
Come ci sono arrivato qui? Ritsu forza, prova a ricordarti qualcosa!”, ancora sotto shock
scese dal letto per cinque persone e scoprì che aveva gli stessi vestiti del giorno prima,
calzini compresi, inoltre puzzava.
«Ma che ore sono? Devo andare a lavoro, devo lavarmi, cambiarmi... devo—accidenti!
Oggi ho quella riunione con mio padre alla Compagnia!», freneticamente iniziò a
controllare tutte le tasche dei pantaloni e della felpa, buttò all'aria le lenzuola e il copriletto,
controllò i comodini e i cassetti con il rischio di scardinarli, tirò fuori i documenti e gli
effetti personali dalle borse che portava sempre dietro per colpa del lavoro, “Non c'è... il mio
cellulare
, dov'è il mio cellulare!”.
Con i nervi a fior di pelle si lasciò cadere per terra, che cosa stava succedendo? Come era
finito lì ed esattamente dov'era ‘lì’? 
«Ritsu calmati adesso, ritrova la calma.», sbuffando rumorosamente si alzò e si avvicinò alla
scrivania argentata piena di ninnoli e lì in bella vista c'era il suo cellulare e sotto uno dei tanti ninnoli un biglietto,
 
L'ho portata qui ieri notte dopo che si era addormentato sul treno, ho provato
a svegliarla ma non c'è stato verso e in più sembrava molto debilitato
.
In questo momento si trova al Crystal Hotel, nel quartiere di Ginza, ho già
dato disposizione al direttore di contattarmi per saldare il conto
, quindi non si
preoccupi e usufruisca delle stanza per riprendersi
.
 
Cordiali saluti.
 
«Perfetto, sono nel quartiere più caro di tutta la città e in un albergo che non potrei mai
pagare con i soldi che ho.», distrattamente accese il cellulare, il display segnava le 20:00 e
c'erano venti chiamate perse da parte di Takano e almeno trenta da parte di suo padre,
per non parlare dei messaggi di entrambi che minacciavano di porre fine alla sua vita in svariati modi
e Ritsu, doveva ammetterlo, erano anche originali, lui non avrebbe mai avuto tutta quella fantasia.
Guardò nuovamente l'ora, aveva perso la riunione con il padre, ma se si fosse precipitato
fuori dalla porta in quell'esatto momento, poteva farcela a fare qualche ora di lavoro alla Marukawa,
era sicuro che fossero ancora tutti là a lavorare sodo, fino all'autodistruzione,
visto che era la fine del ‘ciclo’. C'era solo un problema, andare alla Marukawa significava
vedere il suo Capo a cui aveva finalmente detto ‘ti amo’ e anche se nella loro vita privata
era estremamente accondiscendente nei suoi confronti, sul lavoro faceva paura e sapeva
benissimo che avrebbe sicuramente messo in atto uno dei tanti modi per ucciderlo che aveva
scritto dettagliatamente in uno dei tanti messaggi che gli aveva mandato e se Takano non era
una scusa sufficiente per non andare a lavoro, anche se aveva dormito per un giorno intero,
Ritsu ancora non si sentiva bene.
Andò in bagno e iniziò a riempire la vasca di acqua calda, per ingannare l'attesa prese dei
salatini e si versò un bicchiere di vino bianco preso dal frigobar, “Visto che per saldare il
conto mi dovrò vendere anche le mutande e dovrò vivere sotto un ponte
, almeno mi faccio
un bagno come si deve e me la godo per una volta
.”.
Il ‘bip’ della vasca moderna gli fece capire che il suo bagno era pronto, buttò la busta vuota
dei salatini nel cestino, si spogliò e con il bicchiere in mano s'immerse nell'acqua bollente.
«Ah, che bello... quanti giorni sono che non mi faccio un bagno così rilassante? Ora che ci
penso è da tanto che faccio non un bagno all'occidentale.», con le mani prese un po' d'acqua
e se la buttò sul viso, per poi abbassarsi quanto bastava per bagnare i capelli.
Si passò su tutto il corpo il bagnoschiuma, lavò i capelli con shampoo e balsamo, aprì
l'acqua e con il doccino tolse via tutto il sapone, era pronto a rilassarsi quando notò una
maschera per capelli, senza indugiare più di tanto, ne prese un po' e iniziò a massaggiarsi la testa.
«Questa sì che è vita!», con un'espressione vergognosamente rilassata prese il bicchiere
e bevve un sorso di vino, “Il Crystal Hotel eh... ne avevo già sentito parlare, è stato costruito
di recente ed è famoso perché tutto è di cristallo
, infatti anche questo bicchiere è troppo
leggero per essere vetro e probabilmente anche tutti quei ninnoli sulla scrivania saranno di
cristallo
... ma io come ci sono finito qui?”, chiuse gli occhi piacevolmente e continuò
a sorseggiare il vino freddo, mentre il vapore gli appannava la mente.
Aveva finalmente deciso di dar retta a suo padre e di ereditare la ‘Onodera Publishing’, ma
testardo come era aveva anche voluto continuare a lavorare alla ‘Marukawa Shoten’ per
migliorare ancora, “Ricordo che quella sera ero andato a casa con l'ultimo treno senza
Takano-san perché aveva una riunione e non c'era nessun altro a parte me e un'altra
persona
, non ricordo nemmeno se fosse un uomo o una don
MALEDIZIONE! Devo aver
fatto proprio una gran bella figura
...”, finì l'ultimo goccio di vino e decise di non pensarci più,
era il momento di ritornare alla realtà e di decidere sotto quale ponte volesse vivere.
Uscì dalla vasca e infilò il morbido accappatoio, con un asciugamano altrettanto morbido si
frizionò i capelli e si vestì, rimise tutti i documenti e gli effetti personali nelle borse
e prima di uscire ridiede uno sguardo a quel biglietto, nemmeno dalla scrittura riusciva a capire se
fosse un uomo o una donna, «Che sia un alieno?», rise alla sua stessa affermazione, prese il
biglietto e lo mise nel portafoglio anche se non sapeva perché l'avesse fatto, voleva farlo
e lo fece, aprì la porta della stanza e la richiuse alle sue spalle.
 
Ritsu scoprì presto che non era solo la sua stanza ad essere estremamente bella, anche la hall
non era da meno, un grande lampadario in cristallo illuminava la sala e lui, da circa trenta minuti,
stava discutendo con una delle tante belle ragazze addette alla reception.
«Se non posso pagare, almeno mi faccia sapere il nome della persona che mi ha portato qui,
vorrei ringraziarla come si deve.».
«Senta, come le ho già detto, non possiamo rivelare dei dati personali e anche se fosse
possibile è stato il signore che l'ha portata qui a dirci di non dire chi fosse, inoltre è
un nostro ospite abituale, quindi davvero, mi creda, non posso davvero dirle chi sia.».
«Possibile che non ci sia niente che possa fare?».
«No mi dispiace, ora vada a casa e torni presto a farci visita.».
«Ma—».
«È stato un piacere averla come ospite.».
«Lo sa? Lei è veramente antipatica.».
La ragazza carina sorrise e s'inchinò. Ritsu Onodera sorrise a sua volta e capì di essere stato
gentilmente cacciato via dall'albergo.
Senza dire una parola in più uscì dall'imponente costruzione e cercò di ignorare quel brivido
che gli aveva percorso la spina dorsale, voleva solo tornarsene a casa.


Angolino dell' autrice, si fa per dire u.u

Ecco il primo capitolo di questa storia che la mia testolina ha partorito,
ho preferito scriverla così perché secondo me è più ordinata xD
Spero che vi abbia incuriosito ^^ Inutile dire che accetto tutte le critiche 
quindi non abbiate paura di recensire, mi fa solo che piacere.
Beh da Vivienne è tutto, al prossimo capitolo se vi va.

Ja ne ^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Sogni dorati ***


Disclaimer: Sekai-ichi Hatsukoi è un'opera di Shungiku Nakamura, io non traggo alcun profitto da questa storia.

Buona sera a tutti! Mi sono divertita moltissimo a scrivere questo capitolo, spero che vi piaccia! Buona lettura ^^



 
Un uomo, o forse uno zombie, era appena sceso da un taxi che l'aveva gentilmente
lasciato sotto casa facendosi pagare profumatamente per i suoi gusti, ma non poteva essere
diversamente visto che aveva perso anche l'ultimo treno.
Con le poche forze che gli rimanevano si trascinò dentro il portone e chiamò l'ascensore.
Quella giornata era stata sfiancante e Masamune Takano iniziò ad insultare mentalmente
il nuovo Presidente della Compagnia. Si era rassegnato alle stranezze di ‘Isaka-san’,
ma questo non voleva dire che non gli facesse saltare i nervi, “Possibile che si deve far venire
qualche idea ogni volta che dobbiamo consegnare i manoscritti?
”.
Sbadigliando rumorosamente entrò nell'ascensore e spinse ripetutamente,
al limite dell'isteria, il numero dodici, “Forza muoviti, voglio andare a casa il prima possibile...”.
Era stata una giornata stancate e Masamune Takano non era riuscito a lavorare
come avrebbe dovuto o come avrebbe voluto. Dovevano consegnare i manoscritti, erano nel caos
più totale, erano più morti che vivi e non c'era tempo, erano come al solito, ogni volta che
si trovavano a fare i conti con le scadenze gli editori dell'Emerald si riducevano in quello stato,
ma lui, ‘Takano-san il Capo-editore’, riusciva sempre a trovare quel briciolo di forza in più e
a concentrarsi abbaiando ordini a tutti, quel giorno invece voleva solo tornarsene a casa.
La sua testa non riusciva a concentrarsi, era nervoso, ogni volta che poteva si allontanava
per fare una chiamata ed ebbe seri problemi a trattenersi dal rompere il telefono ogni volta
che sentiva la fastidiosa vocina della segreteria telefonica o quando squillava a vuoto
e si dovette trattenere ancora di più dal prendere a pugni il Presidente Isaka, che,
quando finalmente stava per tornarsene a casa, lo aveva fermato con un sorriso fuori luogo
informandolo che c'era una riunione con tutti i Capo-editori, di cui non gli interessava assolutamente niente.
Perché Ritsu non era andato a lavoro? Si era sentito male? Stava così male da non riuscire
nemmeno a rispondere al telefono, da fare una chiamata o da dare un cenno che dicesse
‘ehi, non ti preoccupare sono vivo’? — erano quelle le domande che avevano occupato
per tutto il giorno la sua mente, che invece avrebbe dovuto concentrarsi sul come consegnare tutti
i manoscritti visto che l'addetto a cui aveva assegnato quel lavoro era sparito.  
L'ascensore era arrivato al piano e senza esitazione l'uomo suonò all'appartamento 1202,
Mi raccomando Masamune, mantieni la calma, non fargli pesare il fatto che quello stupido
ti ha lasciato nella merda e che quasi ti ha fatto venire un infarto
, sii comprensivo,
probabilmente si è preso davvero una brutta influenza e— ”, dei passi leggeri interruppero
il flusso dei suoi pensieri, più simile ad un mantra, la porta si aprì ed un Ritsu con indosso
una t-shirt bianca e una tuta grigia dalla faccia assonnata era davanti a lui.
«Takano-san sai che ore sono? É l'una di notte, che ci fai qui?».
Con un grande sforzo l'uomo ripeté il mantra dentro la sua testa, «Come sarebbe a dire
‘che ci fai qui?’, ero preoccupato per te, sei sparito per un giorno intero.».
Forse stare a casa gli ha fatto bene.”, lo guardò bene, era un po' pallido, ma l'aveva visto
in condizioni peggiori, «Ah, tieni ho preso queste per te, come ti senti adesso? Ti sei curato per bene?
Non sapendo cosa avessi ne ho prese un po' di tutti i tipi.».
Ritsu aprì la busta che l'uomo gli aveva passato ed ebbe un déjà-vu, era piena di medicine,
«Oh sì, scusa per oggi e ti ringrazio per il pensiero, davvero, ma non sono influenzato, non preoccuparti,
ci vediamo domani.».
Questo era troppo, “—'fanculo!”, il mantra era andato a farsi benedire e prima che
il compagno potesse sbattergli la porta in faccia entrò di prepotenza nell'appartamento
insolitamente pulito, «Non entrare nelle case degli altri senza essere stato invitato!».
Ritsu se ne stava lì davanti a lui con una faccia arrabbiata, o almeno era la faccia che faceva sempre
quando era arrabbiato, un faccia che nessuno avrebbe mai preso sul serio, ecco perché a lavoro tutti lo prendevano in giro.
«Non ti preoccupare ‘principino’ non starò molto.», con nonchalance si tolse le scarpe
nel genkan e proseguì a passo spedito verso il salone seguito a ruota dal giovane, «Mi dici cosa vuoi?».
Cosa voglio?”, Masamune perse anche quel poco di pazienza che gli era rimasta,
afferrò bruscamente il compagno per la maglietta costringendolo ad alzarsi sulle punte
per farlo stare alla sua altezza, «Voglio solo prendere a pugni quella tua stupidissima faccia
fino a quando non sarai morto!».
Il momento tanto temuto da Ritsu era arrivato, la sua vita sarebbe finita alla tenera età
di ventotto anni per mano della persona che amava e lui non ci avrebbe potuto fare niente,
«E non lo potevi fare sul pianerottolo?», chiese abbozzando un sorriso nervoso mentre
Takano sfoggiava con orgoglio un sorriso sadico, «Non avrei mai permesso che qualche
vicino impiccione chiamasse la polizia impedendomi di portare a termine il mio compito.».
«Vedo che hai pensato proprio a tutto eh? Senti, che ne dici se—».  
«Inoltre...
PERCHÉ PROFUMI COSÌ TANTO E I TUOI CAPELLI SOLO COSÌ MORBIDI?».
«TU METTIMI GIÙ E IO TE LO DICO!».
 
Sembrava un compromesso equo, l'uomo lasciò la presa sulla maglietta e si andò a sedere
sul divano facendo segno all'altro, ancora scosso per la dichiarazione di morte, di mettersi
seduto vicino a lui, ma il giovane, forse per istinto di sopravvivenza, non si azzardò a fare un passo.
«Inizia a spiegare, sono proprio curioso di sapere come mai, cosa ti ha impedito di venire
a lavorare oggi? Sai benissimo che eravamo alla fine del ciclo, come sai che sei tu quello
che deve consegnare i manoscritti, però il caso vuole che la data di scadenza fosse oggi e tu non c'eri,
come se non bastasse eri irreperibile... », svogliatamente mise una mano in tasca prendendo
le sigarette e se ne accese una, «Personalmente io giustifico questo tipo di comportamento solo
in due occasioni, se si è in punto di morte o se è morto qualcuno,
tu sembri essere in ottima salute, dimmi Onodera, è per caso morta tua madre
e per il forte shock ti sei scordato di dirmelo?».
Ritsu aveva sempre pensato che gli occhi di Takano fossero di un bel colore,
un colore caldo e pacifico, “Accidenti è davvero arrabbiato.”, ma in quel momento erano due iceberg,
la sua voce era carezzevole e anche se le sue labbra erano piegate in un sorriso gentile,
lui sapeva benissimo che non stava sorridendo affatto, “Forse morire a suon di pugni avrebbe fatto meno paura.”.
Colto da un'improvvisa ondata di coraggio si andò a sedere vicino al suo Capo e gli porse
un posacenere, «Mia madre per fortuna è sana come un pesce, ma in effetti oggi è successo qualcosa
ed ero veramente sotto shock, ecco perché non sono venuto a lavoro, se la vogliamo dire tutta
ho anche saltato la riunione con mio padre.».
«Cosa è successo?».
Gli occhi verdi incontrarono quelli nocciola, adesso leggermente più caldi, ed ebbe
un attacco di vergogna che colorò le sue guance di un rosso acceso, unì strette le ginocchia,
strinse i pugni e chiuse gli occhi, ecco ora era pronto, «Vedi... Takano-san, ecco... io...
io non so proprio come dirtelo... io... io...
IO SONO STATO RAPITO OGGI!».
Per un minuto in quel piccolo appartamento regnò il silenzio, i due uomini si guardavano,
uno con la faccia paonazza e l'altro con un'espressione indecifrabile, qualcuno
avrebbe chiamato quel momento ‘la calma prima della tempesta’ e non passò molto tempo
prima che la tempesta scoppiasse, «
NON DIRMI CAZZATE!».
«
NON TI HO DETTO UNA CAZZATA!».
«A me non è stato chiesto nessun riscatto...».
«
E PERCHÉ MAI AVREBBERO DOVUTO CHIEDERLO A TE?!».
«
PERCHÉ ANCHE I ‘RAPITORI’ AL GIORNO D'OGGI SANNO CHE DEVONO CHIEDERE
IL MIO PERMESSO PER POTER RAPIRE LA PERSONA CHE SI DEVE OCCUPARE DI CONSEGNARE
I MANOSCRITTI IL GIORNO DELLA SCADENZA
!».
«
NON È QUESTO IL PUNTO!».
«
INVECE È PROPRIO QUESTO IL PUNTO! PERCHÉ DIAVOLO MI DEVI DIRE UNA BUGIA?
NON SEI PIÙ UN BAMBINO
!».
«
TI HO GIÀ DETTO CHE NON È UNA BUGIA E POI VEDI DI DARTI UNA CALMATA,
NON SEI L'UNICO CHE HA AVUTO UNA BRUTTA GIORNATA
! Tu... tu non sai cosa significa
addormentarsi in treno e risvegliarsi in una stanza d'albergo piena di cristalli su un letto per cinque persone!».
«Cristalli? Letto per cinque pers...—
MA DI CHE DIAVOLO STAI PARLANDO? CHE CI FACEVI
IN UN LOVE HOTEL E CON CHI DIAVOLO ERI
?».
«
NON ERA UN LOVE HOTEL, ERA IL ‘CRYSTAL HOTEL’ E NON C'ERA NESSUNO CON ME!
TE L'HO DETTO CHE SONO STATO RAPITO
!».
L'uomo aveva ufficialmente perso il filo del discorso ed era stanco morto, una settimana
senza dormire avrebbe sfinito chiunque, si prese la testa fra le mani e si massaggiò gli occhi
per trarre un po' di sollievo dall'imminente mal di testa, «Ricominciamo da capo,
che sarebbe questo ‘Crystal-coso’?».
«È un hotel costruito di recente nel quartiere di Ginza ed è famoso perché è tutto di cristallo,
le stoviglie, le finestre e nella hall c'è un enorme lamp—».
«E tu... si può sapere come ci sei finito a Ginza? Non prendi lo stipendio solo dalla Marukawa?».
«Te l'ho già detto, ieri sera ho preso il treno da solo perché tu avevi una riunione e quando
mi sono svegliato alle otto di questa sera ero in quella stanza.».
«E chi ti ci ha portato? Almeno questo dovrai ricordartelo!».
«No, quando mi sono svegliato non mi ricordavo assolutamente niente, mi sono fatto un bagno,
ho mangiato qualcosa e poi ho lasciato la stanza, ho provato a farmi dire il nome
del rapitore ma non me l'hanno voluto dire e purtroppo nemmeno il biglietto che mi ha lasciato è firmato.».
Quella storia agli occhi di Masamune aveva dell'incredibile, ma non era per niente stupito
del fatto che il compagno si fosse addormentato in treno e che dormisse così profondamente
da non riuscire a svegliarsi, lui lo aveva dovuto portare a casa in braccio così tante volte
che aveva perso il conto, ma davvero non si aspettava che lo facesse qualcun altro e sopratutto
che lo portasse in un hotel così costoso, se fosse successo a lui avrebbe lasciato la persona
in un banalissimo love hotel, inoltre non era maleducato portare in un posto così caro
una persona senza sapere quale disponibilità economica avesse? — «Come hai pagato il conto?
Hai raggiunto un accordo con il direttore o ti serve un prestito? Se vuoi posso cercare
di farti anticipare un paio di mensilità.».
«Oh, no, non c'è problema per quello, è stata la persona che mi ha portato lì a pagare il conto,
ho provato ad insistere ma il direttore continuava a dire che era tutto a posto.».
E questo sarebbe un rapimento?”, lo guardò dritto negli occhi con un'espressione truce e notò,
con non poca soddisfazione, l'espressione di terrore che aveva fatto comparire
sul volto della persona seduta vicino a lui, «Quindi, fammi capire bene, tu, piccolo principino viziato,
quando dici che hai avuto una ‘brutta giornata’ intendi dormire per quasi
ventiquattro ore, farsi un bel bagno ristoratore, mangiare e bere cose raffinate in una suite
di un nuovo hotel nel quartiere di Ginza senza spendere una lira... giusto?».
«V-vera... veramente...».
«Vuoi sapere che giornata ho avuto io?».
Cosa sono quegli occhi assassini? Devo fare qualcosa... qualcosa... ma cosa?
AH ECCO!”,
terrorizzato all'idea che gli potesse succedere qualcosa di veramente brutto,
Onodera saltò in piedi e iniziò a rovistare in una borsa da dove tirò fuori i prodotti che aveva usato all'hotel
e li diede all'uomo che lo guardava con aria interdetta, «Stai cercando di comprarmi per caso? Cosa sono questi?».
Ritsu sbuffando si sedette sulle ginocchia del compagno abbracciandolo forte, era da giorni
che non stavano un po' da soli, solo loro due, e doveva ammettere che gli era mancato, «No tranquillo...
visto che ti lamenti sempre del fatto che non ti penso mai e che sono poco affettuoso,
ti ho portato i prodotti che ho usato per farmi il bagno, da quello che ho capito
sono di un'importante marca francese, inoltre stavo pensando... ormai sei qui e devi farti il bagno,
pensavo, perché non usi la mia vasca e resti a dormire da me?».
Due mani grandi e calde sciolsero quell'abbraccio e si posarono sul suo viso accaldato
e rosso per le cose che aveva appena detto, gli occhi che prima erano due iceberg ora erano
di nuovo caldi e rassicuranti, le labbra sorridevano gentili e presto si unirono alle sue
in un bacio tenero quanto passionale, fosse stato per lui non avrebbe mai interrotto quel contatto
così intimo e così familiare, ma dovette farlo solo per far entrare ossigeno nei suoi polmoni,
«Sai, devo riconoscere che hai molta fantasia nel progettare le morti altrui, ma se un giorno
dovessi uccidermi preferirei che lo facessi così.».
Masamune sorrise compiaciuto, «Ucciderti così sarebbe troppo facile e troppo gentile da parte mia.».
 
Era tutto buio, dov'era finito questa volta?
Provava e riprovava ad aprire gli occhi ma questi non ne volevano sapere e cos'era quel rumore?
Dove si trovava? Su un treno forse?
— «Mi scusi... signore si sente bene?».
Che voce lontana, chissà di chi era, “ ‘Signore’? Io ho solo ventotto anni, non sono
così vecchio da dovermi chiamare
signore’!”.
«Sono rimasto solo io sul treno e devo scendere alla prossima fermata, la prego si svegli.».
Avevo ragione, sono su un treno, ma che ci faccio qui?”.
Una mano delicata gli diede dei leggeri scossoni, a chi appartenevano quelle mani così gentili?
Aveva la sensazione che se qualcuno le avesse strette troppo sarebbero potute andare in mille pezzi,
come un bicchiere di cristallo...  — “È un uomo o una donna? Non riesco a capirlo.”, 
gli occhi pesanti si schiusero appena, “Che occhi particolari, sono così belli, sono... sono così... dorati...”.
Le palpebre si chiusero di nuovo donandogli sollievo.
Era di nuovo tutto buio.
 
Un paio di occhi verdi sbarrati guardavano il soffitto con il cuore che batteva a mille,
si guardavano intorno e riconobbero la figura del compagno con cui avevano passato
una bellissima notte all'insegna della passione e dell'amore.
Ritsu facendo attenzione a non svegliarlo scese dal letto infilandosi i boxer ed uscì dalla stanza
chiudendo piano la porta dietro di sé.
Accese le luci del salone e dal portafoglio estrasse il bigliettino che aveva trovato
in quella stanza d'albergo, lo lesse molte e molte volte, ma proprio non riusciva a capire se fosse
una scrittura femminile o maschile, notò che era bella, molto bella, bella quasi come gli occhi dorati
del suo sogno che l'aveva fatto svegliare di soprassalto, “Quindi era solo un sogno eh?
Come sei stupido Ritsu, è impossibile che esistano degli occhi di quel colore giusto?
Beh... è un peccato...” — una strana sensazione s'impossessò di lui e un brivido
gli percorse la schiena, rilesse per l'ultima volta quel biglietto e poi lo rimise nel portafoglio,
spense tutte le luci che aveva acceso e si rimise a letto abbracciando forte Masamune
che non si era accorto di niente, “Probabilmente sei troppo impegnato a sognare vero?”.
Con delicatezza immerse il viso fra i suoi capelli che profumavano di buono,
‘Takano-san’ profumava sempre di buono, anche quando non si faceva il bagno per giorni
profumava di buono, gli sussurrò un timido ‘ti amo’ e guidato dal ritmo del suo stesso respiro
e da quel profumo così dolce e conciliante, ritornò anche lui nel mondo dei sogni.



Angolino dell' autrice, si fa per dire u.u
 
Eccoci qui, questo era il secondo capitolo, voglio ringraziare tutte le persone che hanno iniziato
a leggere questa storia, spero che questo capitolo vi abbia fatto battere il cuore e strappato qualche risata,
anche se il "mistero" inizia ad infittirsi un pochino di più...
 
Questa Fic sarà aggiornata settimanalmente, ogni giovedì, e ora passiamo alle note:
 
- Bagno all'occidentale (dal primo capitolo): in Giappone ci si lava fuori dalla vasca,
  una volta puliti e profumati ci si potrà immergere e rilassarsi.
- Genkan: il genkan è l'ingresso di un appartamento, dove si lasciano le scarpe.
 
Bene, da Vivienne è tutto, al prossimo capitolo se vi va.

Ja ne ^_^

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Neve ***


Disclaimer: Sekai-ichi Hatsukoi è un'opera di Shungiku Nakamura, io non traggo alcun profitto da questa storia.

Buona sera a tutti! Questo capitolo mi ha fatta letteralmente impazzire, spero che vi piaccia! Buona lettura ^^





 
Nonostante fosse un perfetto giapponese, Ritsu Onodera non amava i treni,
erano sempre pieni e sovraffollati da gente di tutti i tipi, uomini in giacca e cravatta, studenti e studentesse
di tutte le età, di donne in kimono, di pervertiti che approfittavano della situazione per toccare
le donne in kimono e le studentesse, di vecchiette scorbutiche e di matti,
anche l'odore non era dei migliori e quando Ritsu era nervoso o aveva avuto una brutta giornata
li odiava ancora di più e quel giorno il suo umore non era dei più rosei.
Non riusciva a dormire bene, era da una settimana ormai che faceva sempre lo stesso sogno,
sognava ogni notte quelle mani e quegli occhi, ordinava a se stesso di aprire i suoi di occhi
per vedere chi fosse la persona misteriosa ma il sogno si interrompeva e lui si svegliava
con la solita strana sensazione addosso, il cuore in gola ed era infastidito perché ancora una volta
aveva fallito, ma nonostante il fastidio del poco sonno quella sembrava essere
una giornata tranquilla: aveva letteralmente lanciato la sveglia il più lontano possibile da lui,
aveva bruciato la colazione, si era trascinato in bagno concedendosi una doccia rapida
e cercando di fare meno rumore possibile era tornato in camera, dove una persona di sua conoscenza
aveva già occupato tutto il letto e la vista del suo Capo che dormiva beatamente
gli procurò una fitta di gelosia, sdegnato e invidioso aveva scelto la biancheria pulita,
aveva indossato una camicia bianca a maniche corte con un paio di jeans leggeri e aveva scritto
le solite due righe per Takano, di solito lasciava il post-it sul kotatsu ma questa volta aveva deciso
di attaccarlo sulla fronte del bell'addormentato, come ‘punizione’ per essersi di nuovo autoinvitato a casa sua.
Sì, la giornata era cominciata come tanti altri giorni e avrebbe dovuto continuare senza intoppi,
si era portato avanti con entrambi i lavori pianificando ogni singola mossa,
aveva persino trovato un posto a sedere in quel treno malefico e pieno di persone,
Allora perché diavolo sono così nervoso? Non pensavo che fosse così difficile gestire due lavori.” — da una
delle due borse tirò fuori dei documenti che doveva controllare e aprì l'energy drink
che sostituiva il suo pranzo, “Da quando ho iniziato a lavorare part-time alla Compagnia di papà
mi devo svegliare alle sette tutte le mattine
, stacco all'ora di pranzo e mi precipito alla Marukawa,
per arrivare puntuale non riesco nemmeno a pranzare come si deve, senza contare
che quando siamo alla fine del ciclo riesco a dormire solo due ore a notte
,
Takano-san ancora mi prende in giro per quell'episodio dell'hotel, ma non sarebbe più strano
se non mi addormentassi così pesantemente?
”.
La vocina più irritante che Ritsu avesse mai sentito stava annunciando ai passeggeri a quale stazione si trovassero,
mancava solo una fermata per arrivare alla ‘Marukawa Shoten’ e il suo incubo peggiore
si stava concretizzando davanti ai suoi occhi, lasciare il suo posto sicuro e immergersi in quel bagno di folla.
Rassegnato rimise i documenti nell'apposita cartellina, accartocciò la bevanda energetica vuota
e gettando il tutto nella borsa iniziò a dirigersi a suon di spinte verso le porte
che l'avrebbero fatto uscire da quell'inferno, più facile a dirsi che a farsi.
Penso proprio che mi verrà un esaurimento nervoso se continuo cosìmaledizione,
vi volete togliere dai piedi!” — Era quasi arrivato alle porte del paradiso quando il treno frenò bruscamente,
le luci si spensero dando vita ai mormorii fastidiosi dei passeggeri e gli occhi verdi, 
non vedendo più niente, inciamparono nel piede di qualcuno.
Ritsu si era già preparato mentalmente a fare una caduta disastrosa, era pronto a sentire
il pavimento freddo e sporco sulla sua faccia, per prepararsi meglio all'impatto chiuse forte gli occhi,
ma qualcosa cambiò, «Stia tranquillo, l'ho presa io.».
Quel piccolo sussurro delicato risuonava più e più volte nelle sue orecchie facendogli prendere
una strana sensazione allo stomaco, inspirò profondamente per cercare di trovare la calma
e un pungente profumo di abete e di bosco arrivò dritto al suo cervello, la mano dello sconosciuto
era poggiata sulla sua schiena e lo stava trattenendo dal cadere nuovamente con una presa sicura
ma allo stesso tempo delicata, le aveva già sentite quelle mani su di sé ne era più che sicuro,
erano come quelle del suo sogno.
«Non sono così vecchio da dovermi dare del ‘lei’.» — No, non era quello che voleva dire,
quello che avrebbe voluto dire era ‘Mi scusi se le sono venuto addosso, sta bene?’
oppure ‘Grazie mille di non avermi fatto cadere, lei sta bene?’, ma ormai era troppo tardi,
aveva detto la cosa sbagliata, come in preda ad una folle frenesia abbandonò piacevolmente la testa
sul petto dello sconosciuto inspirando nuovamente e percepì nel profumo
anche una nota di tabacco, «Tranquillo, ti ho preso io.», la mano gentile esercitò una piccola pressione
sulla sua schiena facendo avvicinare i due corpi ancora di più, anche se Ritsu non pensava
che fosse una cosa possibile.
L'uomo misterioso fece un passo avanti e l'altro automaticamente ne fece uno indietro,
non era spaventato né intimidito e continuarono così fino a quando la mano dell'uomo sulla sua schiena
venne sostituita da qualcosa di più freddo, duro e scomodo.
«Sei davanti alle porte adesso, visto che venivi in questa direzione ho pensato che dovessi scendere.».
«Sì, scendo alla prossima fermata se questo stupidissimo treno ripartisse.».
«Non ti piacciono i treni vero?».
«No, per niente.».
«Io invece penso che sia proprio sui treni che si fanno gli incontri più interessanti.».
Le luci si accesero, il treno con un altro scossone riprese la sua corsa, per la sorpresa Ritsu
perse di nuovo l'equilibrio ma questa volta sapeva che qualcuno gli avrebbe impedito di cadere,
i due corpi ritornarono in contatto e quando alzò lo sguardo per guardalo negli occhi
e scusarsi come si conveniva, il cuore di Ritsu perse un battito.
Pensava che fosse solo un sogno, che quegli occhi fossero frutto della sua fantasia,
in tutta la sua vita non aveva mai sentito una cosa del genere, però davanti a lui aveva la prova tangibile
che un paio di occhi color oro esistevano davvero e lo stavano guardando. 
La vocina fastidiosa annunciò di nuovo il nome della fermata a cui sarebbero arrivati a breve
e si scusò con i passeggeri per gli eventuali disagi causati, Ritsu da parte sua
non gli aveva mai dato importanza e tanto meno lo fece in quel momento,
davanti a lui c'era l'uomo che gli impediva di avere un sonno tranquillo da una settimana.
Quante volte si era immaginato le sembianze di quella persona e ora poteva dire con certezza
come fosse fatta, era un uomo più alto di lui, i lineamenti del viso erano delicati,
la pelle chiara faceva contrasto con i capelli neri che gli ricadevano sul viso
e aveva delle belle spalle larghe che ispiravano fiducia.
«Ho saputo che hai insistito molto per sapere il mio nome.».
Quindi è stato lui a portarmi lì quella notte...”.
Le porte alle sue spalle si aprirono, l'uomo che aveva davanti posò una mano sul suo petto
e con una leggera spinta lo fece scendere dal treno giusto in tempo, — le porte con la stessa velocità
con cui si erano aperte, si erano richiuse e il mezzo ripartì a tutta velocità,
gli occhi verdi ancora sognanti guardavano i binari vuoti e nella sue mente rimbombava ancora
l'ultima frase che quell'uomo gli aveva sussurrato all'orecchio prima di allontanarlo.
Forza Ritsu riprenditi, devi andare a lavoro!”, cercando di darsi un tono si sistemò meglio
le borse sulla spalla e s'incamminò verso l'uscita, ma non prima di aver gettato
un altro sguardo veloce a quel binario vuoto.

                                                                                                       «Yuki... il mio nome è Yuki.».




Angolino dell' autrice, si fa per dire u.u
 
Eccoci qui alla fine del terzo capitolo, come sempre ringrazio tutte le persone che hanno iniziato a leggere questa storia
e che continuano a seguirla.
Finalmente Ritsu e Yuki si sono incontrati e oggi vi darò un piccolo indizio...
sono lieta di annunciarvi che da ora saranno uccelli senza zucchero xD... ovvero? Chi sa rispondermi? 

Questa Fic sarà aggiornata settimanalmente, ogni giovedì, e ora passiamo alle note:
 
- Yuki: il capitolo si chiama neve perché "Yuki" in giapponese significa, appunto, Neve. 


Da Vivienne è tutto e, come sempre, al prossimo capitolo se vi va.

Ja ne ^_^


 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** "Odio i treni" ***


Disclaimer: Sekai-ichi Hatsukoi è un'opera di Shungiku Nakamura, io non traggo alcun profitto da questa storia.

Buon giorno tutti! Dove eravamo arrivati? Ah, sì al fatidico incontro! Cosa succederà adesso? Ecco tutto per voi il quarto capitolo, spero che vi piaccia! Buona lettura ^^








 
PERCHÉ DIAVOLO NON C'È NESSUNO QUI DENTRO? DOVE SONO ANDATI TUTTI ?”.
 
Era in ritardo.
Aveva corso i quattro piani di scale salendo gli scalini due a due perché era in ritardo,
aveva rischiato di farsi prendere un infarto o di far collassare i polmoni perché era in ritardo
per colpa di uno stupido guasto di uno stupido treno, non si era fermato ad aiutare
una ragazza con le mani occupate da una pila di fogli dopo che lui l'aveva fatta cadere
perché era in ritardo e avrebbe dovuto essere puntuale.
Fu solo un caso se nella sua corsa pazza non avesse rotto niente, compresa la porta che aveva aperto
facendola sbattere e aveva urlato a pieni polmoni, quelli che prima erano due polmoni sani
‘Scusate per il ritardo!’, ma quando aprì gli occhi la realtà gli piombò addosso schiacciandolo
e capì di aver rischiato di nuovo la vita per niente.
Non importava quante volte Ritsu potesse sbattere le ciglia incredulo, gli uffici dell'Emerald erano vuoti,
non c'era nemmeno l'ombra di un editore dedito anima e corpo al proprio lavoroo al telefono
cercando di convincere un'autrice testarda, anzi i telefoni non squillavano affatto.
Stremato si sedette di peso sulla sedia davanti alla sua scrivania e accese il condizionatore 
per far rinfrescare l'ufficio e far sparire l'aria calda di settembre.
Saranno andati sicuramente a bere visto che è una settimana tranquilla ma...
non hanno mai sentito parlare dietica del lavoro quei quattro idioti?”, posò la fronte sudata
sulla superficie liscia della scrivania indeciso fra lo scoppiare a piangere o a ridere dall'isteria,
ma non fece nessuna delle due e usando le sue braccia come cuscino si concedette un po' di relax
che si trasformò in un sonno profondo pieno di immagini, lui in una grande stanza d'albergo bianca e oro,
piena di cristalli.
«Ri-chan ~ non si dorme così sfacciatamente sul posto di lavoro.».
Il gruppo ‘dei quattro idioti senza etica del lavoro’ guardarono i lucidi occhi verdi ancora assonnati
aprirsi lentamente, «Kisa-san ha ragione, se vuoi dormire fallo in treno.»,
altrettanto lentamente si richiusero, «Oi, Onodera, se non ti svegli subito ti rapiranno di nuovo
e ti risveglierai in una stanza dell'Hilton.» — ed ora erano completamente sbarrati,
«
SONO SVEGLIO! SONO SVEGLISSIMO!».
Takano con un goffo tentativo cercò di nascondere il divertimento che provava nell'osservare
il compagno che, con le guance bordeaux, raccoglieva tutte le cose che aveva fatto cadere
per la fretta di alzarsi, “Non ci posso fare niente, è troppo divertente prenderlo in giro.”.
Il Capo-editore si accomodò sulla sua sedia ed indossò gli occhiali che utilizzava
per non far stancare gli occhi, «Bene, noi abbiamo bevuto, Onodera ha dormito, direi che siamo pronti
per iniziare a lavorare, quindi veniamo subito al punto, ieri il nostro fastidioso e rumoroso 
Presidente Isaka-san mi ha trattenuto oltre il mio orario lavorativo obbligandomi
a partecipare ad una riunione, il tema principale è stato la festa del suo compleanno
che si terrà al ‘Park Hyatt’ fra due giorni alle otto di sera, purtroppo l'Emerald è stato invitato
ed è inutile dirvi che se non andremo saremo licenziati.».
L'aria divenne tesa e il silenzio s'impossessò della stanza, l'unico rumore che si sentiva era il ronzio
dell'aria condizionata, «Vedo che comprendete la gravità della cosa e mi fa piacere.».
Hatori per la tensione con due dita si allentò la cravatta, che in quell'istante gli ricordava
un cappio e anche ben stretto, «Non può aver detto di licenziarci, nemmeno lui arriverebbe a tanto.».
«Per essere precisi Isaka-san ha detto ‘Essere invitati è un grande onore,
quindi annullate tutti gli impegni e siate puntuali’, mi sono preso la libertà di reinterpretarlo a modo mio.».
«Quando è così non ci si può fare niente, Ri-chan pensaci tu al regalo.», Kisa si stiracchiò come un gatto
sulla sua sedia rosa e diede una pacca sulla schiena del suo ‘vicino di scrivania’.
«
PERCHÉ DEVO FARE SEMPRE IO QUESTE COSE!».
«Beh... Ri-chan tu sei nato in una famiglia benestante, al contrario di noi sai quali regali
vanno fatti in queste situazioni, in più quando prenderai la Compagnia di tuo padre
devi essere preparato a tutto, alla fine ti facciamo fare queste cose per il tuo bene, vedilo come
un allenamento per il futuro, ma non scegliere qualcosa di troppo costoso mi raccomando!».
Ritsu guardò speranzoso il suo Capo, sperando in un miracolo e che per una volta
lo salvasse e prendesse le sue parti, «Mi sembra una splendida idea, in più visto che sei stanco
quando hai finito con il regalo non disturbarti a tornare in ufficio, anche perché saresti inutile.»,
ovviamente il miracolo non avvenne.
Takano con un sorriso che la sapeva lunga si avvicinò e gli arruffò i capelli come faceva sempre,
«Dimmi Onodera, come ci si sente ad avere dei colleghi così premurosi e un capo così magnanimo?».

«MALE! CI SI SENTE MALE!».
 
Alla fine ho preso un orologio, chissà se andrà bene... ci ho messo ben tre ore per trovare
il regalo giusto
, però almeno per le sette starò a casa.”.
Dopo tanto vagare il ragazzo aveva deciso di sedersi su una panchina per godersi
un po' d'aria fresca e il parco giochi dove si era fermato era pieno di bambini che si divertivano,
giocavano sulla sabbia, c'era chi andava sui cavallucci e chi sulle altalene, “Ah, sì quanto piaceva
anche a me da piccolino andare sull'altalena
, dicevo sempre a mia madre di spingermi più in alto.”.
Con il sorriso sulle labbra guardava la scena di una mamma che cullava con amore
la sua bambina in preda ad un pianto disperato, “Chissà che le sarà successo...”.
«Yuki-chan non piangere, il cagnolino voleva solo giocare, vedi, guarda come va a prendere la palla!».
A sentire quel nome il buon umore di Ritsu scomparve, “Yukisarà meglio tornare a casa.”.
Con gli occhi bassi e la mente occupata uscì dal parco giochi
e s'immerse fra le strade gremite di gente dirigendosi verso la stazione.
Sono uno stupido, mi agito così tanto solo a sentire quel nome e oggi in quel treno
cosa è successo esattamente
? Non è da me comportarmi così, il cuore mi batteva così forte...
forse dovrei parlarne con Takano-san, forse capirebbe, sì e che gli dico? ‘Sai Takano-san oggi in treno
ho incontrato il mio rapitore
, quello che sogno ogni notte e non mi fa dormire,
per ringraziarlo mi sono fatto abbracciare, si chiama Yuki, ha un buon profumo e scommetto
che è un fumatore proprio come te
.’ — è escluso che glielo dica.”.
Il suono di un clacson seguito da un ‘cretino non vedi che è rosso?!’, lo costrinsero ad alzare gli occhi
sul semaforo e a fare un passo indietro aspettando pazientemente il verde, “Ritsu,
maledizione basta con questi pensieri stupidi! Per cosa ti preoccupi poi,
probabilmente quella è stata la prima e l'ultima volta che l'hai visto, proprio così
non lo incontrerai mai più quindi mettiti l'anima in pace
.”.
Il semaforo si colorò di verde e i pedoni iniziarono ad attraversare l'incrocio,
c'era chi se la prendeva con calma, chi correva perché andava di fretta,
chi insegnava ai bambini come farlo e coppie che lo facevano abbracciati stretti,
ma solo lui si era bloccato a metà strada.
No, non è possibile... qualcuno mi dica che sto sognando.”.
Il cuore batteva di nuovo troppo veloce e percepì chiaramente la scarica d'adrenalina
attraversargli il corpo quando vide l'uomo del treno, l'uomo che aveva detto di chiamarsi ‘Yuki’,
il suo ‘rapitore’, attraversare l'incrocio più avanti.
Le gambe si mossero da sole, ora andavano svelte e presto iniziarono a correre,
sorpassarono le persone lente, sorpassarono i bambini, le coppie abbracciate
e sorpassarono le persone che correvano come lui, le gambe di Ritsu erano più veloci
ed erano guidate da un solo primitivo istinto, dovevano raggiungere quell'uomo, lui voleva sentire di nuovo
quel profumo di pino, di bosco e tabacco, ma il semaforo era di nuovo rosso, gli occhi verdi
cercarono di seguirlo tra la folla ma alla fine lo persero, “Che diavolo mi sta succedendo...”.
Bussò sul vetro di un taxi fermo come lui al semaforo chiedendo se fosse libero,
entrò dicendo all'autista l'indirizzo di casa sua e abbandonò la testa sul sedile, «Signore si sente bene?
È così pallido, sembra che abbia visto un fantasma.».
Quelle parole gli fecero scappare una piccola risata isterica, «Sì, tutto bene non si preoccupi,
è solo che... non mi piacciono i treni... io odio i treni.».
«È davvero sicuro di star bene?».
«Sì, davvero, non faccia caso a quello che ho detto.».
L'autista in quel momento si chiese se fosse stato saggio accettare quella corsa,
ma anche lui aveva una famiglia da mantenere, così, appena la luce verde si accese di nuovo,
diede gas e il  mezzo partì inserendosi nel traffico cittadino.
 
Appena arrivato a casa si era spogliato buttando i vestiti dove capitava e aveva riempito la vasca
con acqua bollente sapendo, sperando, che un bel bagno l'avrebbe calmato.
Raccolse le ginocchia al petto e vi poggiò la fronte, gli veniva da piangere, quello non era lui,
sapeva bene com'era fatto, lui era una persona timida, non così sicura di sé e sapeva per certo
che ‘Ritsu Onodera’ amava una sola persona, aveva sempre amato una sola persona.
L'aveva amata quando ancora l'altro non sapeva della sua esistenza, l'aveva amata quando
involontariamentequella stessa persona l'aveva ferito e con il cuore spezzato era andato
a studiare all'estero pur di scappare via, l'aveva amata quando per dieci anni
non si erano più visti e l'aveva amatadal primo momento in cui si erano riconosciuti
dopo tanto tempo.
Sì, lui aveva sempre amato Masamune Takano, aveva sempre amato un altro uomo,
aveva sempre amato il suo primo amore.
 
Non ci capisco più niente!”.  


                                             — Quel ‘Ritsu Onodera’ a lui totalmente sconosciuto,
                                                                                     da dov'era spuntato fuori?





Angolino dell' autrice, si fa per dire u.u
 
Eccoci qui alla fine del quarto capitolo,
come sempre ringrazio tutte le persone che hanno iniziato a leggere questa storia
e che continuano a seguirla.
Spero che questo cap vi abbia fatto sorridere (almeno un po' T.T)
e che vi abbia fatto rimanere senza fiato (che pretese xDDD),
ma sopratutto che vi siate divertiti tutti a leggere (la cosa più importante di tutte *O*).
Abbiamo visto come Ritsu inizi a dubitare di se stesso... e ora che succederà?
Mah, chi lo sa... Si accettano scommesse!! Non vedo l'ora di vedere quale ipotesi farete ;)
 
Questa Fic sarà aggiornata settimanalmente, ogni giovedì.
 
Bene, da Vivienne è tutto e, come sempre, al prossimo capitolo se vi va.

Ja ne ^_^

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Come un gatto e una farfalla ***


Disclaimer: Sekai-ichi Hatsukoi è un'opera di Shungiku Nakamura, io non traggo alcun profitto da questa storia.

Buona giorno a tutti! Finalmente è arrivato il giovedì, non vedevo l'ora di aggiornare *O* , spero che questo capitolo sia bello e che vi piaccia come gli altri! Buona lettura ^^







 
Il ventisette settembre si era presentato con un violento temporale, altri due giorni erano passati
e il giorno della festa di compleanno del Presidente Ryūichirō Isaka era arrivato.
Altri due giorni erano passati e non lo avevano fatto senza creare problemi.
Tokyo era una metropoli che comprendeva ventisei città, cinque paesi e otto villaggi,
abitata da 13, 23 milioni di persone era praticamente impossibile incontrare
una persona di cui non si sapessero le abitudini tutti i giorni per puro caso,
a meno che non si fosse particolarmente fortunati “— o sfortunati!”.
La mano nervosa tirò su con cattiveria il nodo lento della cravatta stringendolo forte
e facendolo aderire sempre di più al collo.
«Se vuoi ucciderti dimmelo che ti prendo una corda... si può sapere che ti ha fatto di male quella cravatta?».
Pazientemente l'uomo con l'elegante completo grigio si alzò dal letto dove si era seduto per ingannare l'attesa,
con delicatezza alzò il colletto della camicia dell'altro e rifece il nodo in maniera impeccabile,
«Ultimamente sei sempre così nervoso, va tutto bene?».
No! Va male, va tutto male!”, cercando di calmarsi per mentire al meglio,
si sistemò la camicia e allacciò la giacca del vestito blu che aveva deciso d'indossare,
«Sì, va tutto bene, solo che questa festa non ci voleva, tutto qui.».
«Che ti importa, domani è domenica, questo significa che possiamo dormire quanto ci pare
e rilassarci, cosa ti andrebbe di fare?».
«Veramente solo tu potrai dormire quanto ti pare, mio padre vuole che lo accompagni
ad un pranzo di lavoro, mi dispiace anche io volevo passare la giornata con te.».
Ritsu sussultò quando sentì due braccia forti catturarlo in un abbraccio
e le guance s'imporporarono violentemente, «Takano-san, che c'è?
Se non ci sbrighiamo faremo tardi, non so tu, ma io non ci tengo ad essere licenziato.».
«Fammi stare così solo un altro po'... da quando hai deciso di seguire le orme di tuo padre
non abbiamo più avuto del tempo solo per noi due, quindi... restiamo così, resta così, solo un altro po'...».
 
Il viaggio in macchina fu particolarmente silenzioso ma i due uomini non se ne curarono,
continuarono ad ascoltare il rumore della pioggia battente e del vento tenendosi per mano quando potevano.
Altri due giorni erano passati e incontrare una persona di cui non si conoscono le abitudini
in una metropoli come Tokyo per puro caso era impossibile, si doveva essere molto fortunati
o molto sfortunati, Ritsu apparteneva alla seconda categoria.
L'uomo che si era detto non avrebbe più incontrato, appariva come per magia ogni giorno
davanti ai suoi occhi e lui lo rincorreva, senza riuscire mai a raggiungerlo, ad afferrarlo,
e quella sconfitta ogni volta lo lasciava debilitato, si sentiva terribilmente frustrato.
Passare una notte tranquilla era diventata un'utopia, lui sognava costantemente, ogni notte,
così tanto da spaventarlo, non voleva più sognare.
Sognava di essere un gatto dagli occhi verdi che cercava di prendere una farfalla dalle ali dorate,
per sbarazzarsene una volta per tutte, no, per giocarci.
Sognava di fare l'amore con un'ombra e sognava di fare l'amore con un corpo.
Sognava di svegliarsi da solo in un piccolo letto troppo grande per lui.
Si svegliava con la sgradevole sensazione di non riuscire a respirare, sudato ed eccitato,
al posto del cuore c'era un tamburo impazzito che faceva rumore, troppo rumore,
ma non riusciva a farlo stare zitto in nessun modo se non con una doccia fredda.
Inconsapevolmente strinse di più la mano del compagno mentre osservava le vivaci luci di Shinjuku
attraverso la pioggia, «Mi dispiace davvero di non poter stare con te domani.».
«Non ti preoccupare, è per lavoro, non puoi mancare a quel pranzo.».
«Ti mando un messaggio quando ho finito, se non faccio troppo tardi potremmo—».
La mano che prima teneva stretta, ora gli stava scompigliando giocosamente i capelli
e il suono della pioggia venne coperto da una risata allegra, «Non preoccuparti,
piuttosto godiamoci questa serata insieme, guarda siamo arrivati.».
La macchina rallentò fino a fermarsi e due uomini vestiti di nero con gli ombrelli aperti
andarono ad accoglierli scortandoli fino all'interno dell'imponente grattacielo,
mentre il mezzo fu affidato al parcheggiatore dell'hotel.
 
Ritsu continuava a guardarsi intorno meravigliato, il ‘Park Hyatt’ era l'hotel più costoso di tutta Tokyo
e valeva ogni singolo centesimo speso, per chi ne avesse da spendere così tanti per una stupida festa di compleanno
ed evidentemente per il loro Presidente era così.
Distrattamente posò il presente sull'unico tavolo della sala insieme agli altri e pensò che aveva fatto bene
a prendere quell'orologio come regalo, anche se i suoi colleghi si erano lamentati perché era troppo caro,
forse avevano finalmente imparato la lezione e la prossima volta non avrebbero mandato lui per fare quel genere di cose.
Nella sala riecheggiavano i mormorii degli invitati e la musica di una piccola band dal vivo
che suonava canzoni ispirate agli anni venti accompagnate dalla bella voce di una vocalist,
i camerieri passavano a braccio offrendo vino e champagne della migliore qualità
servendoli insieme a delle sfiziose tartine, «Takano, Onodera-kun, che piacere vedere che ce l'avete fatta a venire!
Gli altri sono già qui, mancavate solo voi.».
«Come se lei ci avesse lasciato altra scelta Isaka-san, i nostri più sinceri auguri e ci scusi
per l'imperdonabile ritardo.».
Takano-san, proprio non ci riesci a non dire quello che pensi?”, alzò lo sguardo per vedere
se il festeggiato se la fosse presa, ma il suo sorriso splendente era rimasto tale, “Beh, se è felice lui...”.
Con un inchino si congedò dal piacevole battibecco tra i due uomini, prese una tartina dal vassoio
accompagnandola con un bicchiere di vino bianco e curioso di sapere chi fosse stato invitato
della ‘Marukawa Shoten’ iniziò a farsi strada.
Nonostante il mare di gente stipato in quella sala enorme non fu affatto difficile trovare i suoi colleghi,
come degli studenti delle medie avevano fatto ‘gruppetto’ e non poté fare a meno di aggregarsi a loro
visto che non conosceva nessun altro, ma non si sentì tranquillo fino a quando
anche Takano non si unì al gruppo degli ‘asociali’.
Il tempo passò tranquillamente e Ritsu dovette ammettere che si stava divertendo,
vedere ‘l' orso della Marukawa’ essere preso in giro da Kirishima non era una cosa da tutti i giorni
ed era diventato il teatrino della serata, ma qualcosa cambiò, le luci si spensero improvvisamente
e quando si riaccesero un ‘Isaka-san’ completamente ubriaco
con la cravatta annodata sulla fronte si era già impossessato del microfono della vocalist,
«
ORA CHE I VECCHI SE NE SONO ANDATI È ORA DI FARE FESTA! UOMINI, TOGLIETEVI LA GIACCA E LA CRAVATTA!
DONNE, TAGLIATE QUEI VESTITI LUNGHI E COSTOSI! BUTTIAMOCI TUTTI SULLA PISTA DA BALLO!».
La band raffinata era scomparsa lasciando il posto ad una consolle,
il vino e lo champagne erano stati sostituiti da pesanti cocktail e le tartine erano sparite,
al loro posto c'erano patatine o noccioline, eppure nessuno era rimasto particolarmente sorpreso,
nessuno tranne uno, “Ho bisogno di aria fresca.”.
 
Dopo tanto vagare per quell'enorme labirinto Ritsu era finalmente riuscito a trovare
un balcone tranquillo dove starsene in santa pace e godersi la vista di Shinjuku tutta illuminata,
non pioveva più e l'aria calda di settembre era tornata a farsi sentire.
Dalla tasca interna della giacca elegante tirò fuori il portafoglio e si rimise a contemplare quel bigliettino
che aveva causato tutti quei problemi, “Forse se lo buttassi via anche tutti i miei problemi sparirebbero,
mi chiedo se sia possibile,  funzionerebbe?”.
Allungò la mano fuori dal parapetto e lasciò la presa sul foglio, lo guardò andare lontano
fino a che non scomparve dalla sua vista, “Sarà meglio che torni alla festa.”.
Era di nuovo fra i corridoi dell'hotel ormai deserto e si sentiva oppresso,
essersi liberato di quel foglio non lo aveva fatto sentire meglio, chissà dove sarebbe caduto,
chi lo avrebbe trovato, chi avrebbe detto ‘che bella scrittura’ guardandolo? — “Io no di certo...”.
Irritato da se stesso premette il pulsante dell'ascensore e quando arrivò al piano due occhi unici al mondo
lo stavano aspettando, una mano calda prese la sua e lo trascinò dentro prima che le porte si potessero richiudere.
Aveva buttato via quel biglietto, ma aveva ritrovato quel profumo di pino, di bosco e di tabacco,
quei capelli neri, quelle spalle rassicuranti, «Tranquillo, ti ho preso...» — e quella voce.
Ritsu sognava di essere un gatto dagli occhi verdi che cercava di prendere una farfalla dalle ali dorate,
«No...», per sbarazzarsene una volta per tutte, «Io ho preso te...» — no, per giocarci.
Abbandonò la testa sul suo petto respirando quel profumo che gli era tanto mancato
e senza esitazione premette il pulsante dell'ultimo piano, «Finalmente... finalmente ti ho preso.».
L'ascensore partì con una forte spinta e le labbra si incontrarono a metà strada,
non esisteva più niente, non esisteva più nessuno.
Le mani scompigliavano i capelli, si posavano sul viso, si prendevano tra loro,
cercavano disperatamente un qualcosa su cui fare presa, ma il corpo dell'altro sembrava essere
l'unico appiglio presente, le lingue giocavano, perdersi per poi rincontrarsi subito dopo, i denti mordevano,
i respiri diventavano più pesanti e la frustrazione di trovarsi in un ascensore iniziava a farsi sentire,
tutto si fermò quando le porte dell'ascensore si riaprirono rompendo quella magia sbagliata
e Ritsu ormai libero da quell'incantesimo scappò via.

                                                                   *
 
Due uomini si stavano amando in un letto troppo piccolo per loro, l'aria era calda,
carica di elettricità e sudore.
Le unghie graffiavano la schiena dell'altro per tenerlo ancora più stretto a sé,
non avrebbe mai voluto lasciarlo andare, eppure era quello che stava succedendo,
lo stava facendo scivolare via dalle sue mani e dai suoi pensieri, non doveva succedere,
nemmeno per un attimo.
Continuava a ripetere il suo nome, continuava a ripetere dolcemente nel suo orecchio ‘Takano-san’,
continuava a cercare le sue labbra, a percepire ogni suo odore, disperatamente, come se ne dipendesse la sua vita.
Cercò in tutti i modi di dimenticare quel profumo pungente e tenne gli occhi chiusi per non vedere quelli dorati,
doveva sopprimere a tutti i costi quella vocina nella testa che, mentre amava il suo primo amore, gridava a gran voce ‘Yuki’.





Angolino dell' autrice, si fa per dire u.u
 
Eccoci qui alla fine di un altro capitolo, cosa è successo? Cos'è questo bacio appassionato?
Anche se non vi conosco posso benissimo percepire i vostri sguardi assassini... abbiate pietà T.T
 
Come sempre ringrazio tutte le persone che hanno iniziato a leggere questa storia e che continuano a seguirla,
spero che vi siate divertiti a leggere, ormai abbiamo ingranato la marcia
e ci stiamo addentrando sempre di più in questo triangolo... non odiatemi troppo u.u
 

Questa Fic sarà aggiornata settimanalmente, ogni giovedì, e ora passiamo alle note:
 
-Tokyo: I dati che ho scritto all'inizio del capitolo su Tokyo li ho presi da Wikipedia
              (se sono sbagliati chiedo scusa, ma prendetevela con lei xD)

- Il Park Hyatt: dalle ricerche che ho fatto su internet è veramente l'hotel più costoso di Tokyo,
                             ma i servizi che ho messo e le location che ho descritto me le sono inventate ^_^
 

Bene, da Vivienne è tutto e, come sempre, al prossimo capitolo se vi va.

Ja ne ^_^

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Il Crystal Hotel ***


Disclaimer: Sekai-ichi Hatsukoi è un'opera di Shungiku Nakamura, io non traggo alcun profitto da questa storia.

Buon giorno a tutti! Un altro giovedì è arrivato ed è arrivato anche il momento di aggiornare... spero che questo capitolo sia di vostro gradimento e che vi piaccia come gli altri! Buona lettura ^^










 
Qualsiasi cosa io abbia fattoqualsiasi crimine io abbia commesso nella mia vita precedente...
— Kami-sama questo è troppo!”.
 
Ritsu guardava con gli occhi sgranati la grande insegna affissa sopra il portone
e non importava da quale prospettiva la si guardasse, la scritta ‘Crystal Hotel’ non cambiava
e avrebbe scommesso che se anche fosse arrivato un terremoto in quell'istante nemmeno
una lettera sarebbe caduta, “Con tutti i posti che ci sonoperché dobbiamo pranzare proprio qui?”.
Era così assorto dai suoi pensieri che quando gli arrivò a tradimento una forte pacca sulla schiena
traballò per lo spavento, «Allora Ritsu, ti piace il posto che ha scelto tuo padre?
È qui che la ‘Onodera Publishing’ porta i suoi clienti più importanti, tienilo bene a mente.».
Masao Onodera era un uomo sempre sorridente e scherzoso, amava suo figlio e sua moglie
più della sua stessa vita ed era da lui che Ritsu aveva preso quei colori così insoliti per un giapponese,
«Inoltre, voglio presentarti il proprietario, dopo la pessima figura che hai fatto facendoti portare qui
senza nemmeno pagare, il minimo che tu possa fare è scusarti come si deve.».
Con fare più materno che paterno si avvicinò al figlio e iniziò a togliere i pilucchi dal completo beige,
gli aggiustò la cravatta leggermente storta e cercò di domare un ciuffo ribelle, «Papà non sono un bambino.»
— facendo un passo indietro si fermò a contemplare l'immagine del figlio ora perfettamente in ordine,
«Non chiamarmi ‘papà’ quando siamo fuori per lavoro, te l'ho già detto.».
«
E ALLORA COMPORTATI DA PRESIDENTE
!».
Ignorandolo completamente, prese il ragazzo per mano e lo trascinò all'interno dell'albergo,
«Ah... sei sempre stato un bambino così rumoroso.».
 
Masao Onodera era un uomo sempre sorridente e scherzoso, amava suo figlio e sua moglie
più della sua stessa vita, ma quando si trattava di lavoro non c'era ‘moglie’ o ‘figlio’
che gli avrebbero impedito di svolgerlo al meglio, con serietà e dedizione.
Ritsu guardava, come una falena attratta dalla luce, il padre che, con un sorriso professionale,
invitava ad alzare la testa il Presidente di un'altra Compagnia profuso in un profondo inchino
e s'imbarazzò quando anche a lui fu riservato lo stesso trattamento, stavano fallendo
e vedevano in Masao l'unica ancora di salvezza.
L' ‘Onodera Publishing’ si era offerta di inglobare quella Società ed il pranzo serviva
per discutere nei dettagli le condizioni perché ciò accadesse.
Ultimati i convenevoli il concierge li scortò nella sala da pranzo caratterizzata da un'enorme vetrata
che prometteva una bellissima vista panoramica, “Sarà anche quella in cristallo?”,
ma non era lì che avrebbero pranzato, per loro era stata riservata una deliziosa sala privata
e scoprì con piacere che c'erano diversi menù tra cui poter scegliere, lui optò per l'italiano.
Fu un pranzo allegro e rilassato, il cibo e il vino erano ottimi, il contratto si firmò ‘da solo’
e Ritsu continuava a chiedersi quando tutto quello fosse successo.
Suo padre era abile, con uno dei suoi sorrisi composti era anche riuscito a fargli accettare
una piccola clausola non tanto vantaggiosa per loro, “Ne sarò capace anche io un giorno?
Sarò mai bravo come lui?
”.
Ricordava che una volta glielo aveva chiesto, erano in ufficio quando si complimentò con lui
e gli domandò come fosse riuscito a diventare così bravo, ‘Ho solo sacrificato tante cose
che forse non avrei dovuto sacrificare...’, era stata la sua risposta e anche se sul suo viso
era comparso un sorriso pieno d'amore, i suoi occhi e la sua voce avevano un tono nostalgico.
Il ragazzo sapeva benissimo cosa avesse dovuto sacrificare quell'uomo così capace,
si ricordava quando all'età di cinque anni suo padre partiva e stava fuori per mesi
o quando non poteva festeggiare con lui il compleanno per colpa del lavoro,
ricordava sua madre che attaccava il telefono arrabbiata perché ancora una volta suo marito
doveva passare la notte del loro anniversario in un izakaya con qualche cliente
e lei sicuramente ricordava quanto fosse stato difficile crescere da sola un bambino piccolo
quando suo marito, per seguire un futuro Best Seller, si era trasferito in Inghilterra per un anno intero.
Masao Onodera per diventare così bravo aveva solo sacrificato cose che forse non avrebbe dovuto sacrificare,
E io... cosa dovrò sacrificare io?”.
La porta si aprì ed uomo elegante, chinando appena la testa per salutare i presenti, entrò con passo sicuro
nella sala chiudendo la porta alle sue spalle, «Signori, spero di non disturbare, volevo solo sapere se andava tutto bene.».
«Oh, Yuki-kun sei sempre così gentile, Signori voglio presentarvi Yuki Harada, pensate che a soli trent'anni
è il proprietario di questo splendido Hotel dove oggi abbiamo mangiato divinamente.».
Una tosse convulsa fece cadere il silenzio nella stanza, Ritsu si era strozzato con l'ottima grappa italiana
che aveva ordinato per digerire il pranzo, ma ebbe la terribile sensazione che avere la pasta sullo stomaco
fosse il suo problema minore, “Lui è il Proprietario? ‘Yuki-kun’?
Cos'è questa storiaperché mio padre è così in confidenza con lui?”.
Una potente gomitata nelle costole gli fece mancare il fiato e la calma ritornò a fare da padrona,
«Yuki-kun posso presentarti mio figlio?».
Era una domanda retorica, per l'esattezza era il segnale che obbligava il giovane Onodera
ad alzarsi controvoglia da tavola e a scambiare il suo 
biglietto da visita con quello dell'altro,
segno di cortesia e di futura collaborazione, «Hajimemashite Harada-san,
sono Ritsu Onodera, yoroshiku onegaishimasu.».
Infastidito da quella situazione alzò lo sguardo, Yuki stava sorridendo, «Non c'è bisogno di tanta formalità,
infondo... non sono così vecchio da dovermi dare del ‘lei’...».
Questo è troppobasta stai zitto!”, «Approfitto della situazione per ringraziarla Harada-san,
grazie per essersi preso cura di me in occasione di quell'increscioso quanto vergognoso episodio
e insisto perché mi faccia pagare il conto della stanza che ho occupato.».
Il cuore di Masao fece una capriola, “Bravo ragazzoQuesto sì che è parlare!”.
«Non ce n'è assolutamente bisogno, anzi colgo l'occasione per dirvi che oggi siete stati miei ospiti
e che la 
SPA dell'Hotel è a vostra completa disposizione, ma potrebbe prestarmi suo figlio
per un po' di tempo Onodera-san? Vorrei mostrargli l'albergo.».
Ti dirà sicuramente di nosiamo ad un meeting di lavoro quindi levati subito quel sorriso ebete dalla faccia!”.
«Sei troppo gentile Yuki-kun, accettiamo con piacere la tua offerta e prenditi Ritsu per tutto il tempo che vuoi, il lavoro ormai è finito.».
Che cos— 
PAPÀ!”.
 
Il tour iniziò dalla Area Benessere, dove lasciarono gli altri, e continuò, con grande sorpresa del giovane Onodera
che perse il conto di quante porte aprirono, quante rampe di scale scesero per raggiungere la cantina
piena di vini pregiati e di quante volte presero l'ascensore.
I due uomini erano sul piano delle Suite, tutte bellissime, andavano in ordine di grandezza
e ognuna era di un colore diverso.
«Questa è l'ultima, la più piccola, direi che la conosci bene.».
Yuki aprì la porta ed entrando accese le luci. Ritsu riconobbe subito la stanza bianca e argento.
Istintivamente entrò anche lui e posò la mano sulla scrivania argentata, dove aveva trovato il biglietto
che aveva buttato giù da un grattacielo, dove aveva avuto inizio tutto quello che non sarebbe mai dovuto iniziare.
Due braccia lo avvolsero da dietro e, se avesse chiuso gli occhi, avrebbe potuto giurare di trovarsi
in un bosco profumato, piuttosto che in una suite di un hotel, «Perché fai così?».
«E tu perché ieri sei scappato?».
Giàperché sono scappato?”, piano si rigirò in quell'abbraccio, trovandosi faccia a faccia
con l'uomo fasciato nell'elegante vestito nero.
Voleva guardarlo negli occhi, voleva vedere attentamente la sua espressione quando gli avrebbe detto la verità,
il motivo per cui quello stupidissimo gioco dovesse arrivare ad una fine, solo così sarebbe stato di nuovo libero,
«Perché c'è una persona che mi sta aspettando a casa.».
«Allora perché non ti liberi? Non ti sto tenendo poi così stretto...».
Il suo piano era andato in fumo, aveva previsto ogni domanda ed era pronto a dare ogni risposta,
ma non quella, era troppo facile, «Perché non voglio farlo.», faceva troppo male.
Le labbra di Yuki vennero intrappolate dalle sue in un bacio più dolce e più lento rispetto
a quello della sera precedente, c'era tutta la voglia di scoprirsi, di assaporarsi e di arrendersi.
Le giacche dei completi scivolarono sul pavimento, le cravatte vennero sfilate creando un piacevole fruscio...
i respiri erano pesanti. Senza staccarsi camminarono fino ai piedi di un letto troppo grande per loro due,
Ritsu lo spinse e si mise a cavalcioni su di lui.
Senza sapere da dove venisse fuori tutto quello spirito d'iniziativa, cominciò a spogliarlo lentamente
e baciò, morse, assaporò ogni frammento di pelle nuda che trovava lungo la strada,
fino a quando non rimase più niente da baciare, da mordere e da assaporare.
Arrivato al limite per colpa di quella dolce tortura, sforzando le addominali, Yuki si tirò su a sedere
abbracciando l'altro ancora completamente vestito, quella vista non gli piaceva,
voleva sapere quale sensazione avrebbe provato nel toccare la sua pelle,
doveva rimediare nel minor tempo possibile e così fece.
Con un gioco di gambe si portò sopra di lui e guardò gli occhi verdi leggermente lucidi,
erano belli, erano puliti e delicati, erano come il cristallo, «Ritsu... non dire mai più che il nostro incontro
è stato un ‘increscioso quanto vergognoso episodio’.».
Lo prese con grazia, lo prese facendo attenzione a non rompere quel cristallo che aveva tra le mani,
lo prese e lo fece suo.
La stanza si riempì di miagolii, di parole interrotte, di parole non dette, di sussurri, di grida piacevoli
e Ritsu pronunciò più e più volte il nome di un altro uomo, quello che solo la notte prima
aveva urlato a gran voce nella sua mente, «Yuki...».

                                                                     *

«Ritsu mi stai ascoltando?».
No, non lo stava ascoltando per niente, voleva solo andarsene a casa sua, mettersi dentro il letto e dormire,
preferibilmente senza svegliarsi il giorno dopo, invece era a casa del suo compagno
a mangiare un piatto di udon in brodo come se niente fosse, come se avesse avuto una giornata normale,
gli veniva da vomitare, “Sono proprio una merda.”.
Gli veniva da piangere, ma sapeva benissimo quello che doveva fare,
non era di certo la prima volta che si sentiva così, chiuse gli occhi e iniziò a cercarlo,
Perché diavolo mi sono messo in questa situazione?”.
«Ehi va tutto bene?».
Quella voce lo fece sussultare, «Sì, sono solo stanco.», doveva trovarlo in fretta,
doveva trovarlo prima che le sue emozioni andassero fuori controllo, ma dove l'aveva messo,
dov'era finito quel piccolo ‘pulsante’ che sin da quando era bambino l'aveva sempre aiutato così tanto? —
Cercando di calmarsi ricominciò da capo, ecco, finalmente l'aveva trovato.
Facendosi coraggio alzò lo sguardo e quando incontrò quello tranquillo dell'altro
un mare di sentimenti contrastanti lo fecero sprofondare, “Mi dispiace...”.
«Ti amo.».
«Anche io... ma che centra con quello che ti stavo dicendo?».
Mi dispiace...”.
«Niente, volevo solo dirtelo.».
Tirando un sospiro di sollievo chiuse piacevolmente gli occhi, “Takano-sanmi dispiace...”,
 — e quando li riaprì tutto il dolore e il senso di colpa erano spariti, gli occhi erano vuoti e opachi,
inespressivi, qualcosa non andava, qualcosa dentro di lui era sparito, era morto.
 
«Sei sicuro di stare bene?».
«Sì... ora va tutto bene, stai tranquillo.».







Angolino dell' autrice, si fa per dire u.u
 
E anche questo capitolo è finito... 
*DLIN-DLON* Si informa la gentile clientela
che per uccidere l'autrice di questa storia bisogna recarsi al primo piano

prendete il bigliettino e rispettate la fila, tutti avrete la vostra occasione.
 
Bene, cavolate a parte xD, mi sono divertita moltissimo a scrivere questo capitolo
e di proposito ho voluto fare "Papà Onodera" un po' "stupido" (tutti lo fanno apparire cattivo... povero papà...).
Facendo un piccolo e sintetico riassunto possiamo dire che se prima le uova si erano rotte,
ora Ritsu ha cucinato a puntino una bellissima frittata... per i nostri piccioncini iniziano guai seri,
(per Takano più che altro) ma cosa è successo a Ritsu?
 
Come sempre ringrazio tutte le persone che hanno iniziato a leggere questa storia e che continuano a seguirla,
spero che vi siate divertiti a leggere e non odiatemi troppo u.u
 
Questa Fic sarà aggiornata settimanalmente, ogni giovedì , e ora passiamo alle note:
 
- Kami-sama: "Dio"
- Izakaya: è come la nostra osteria. Per tradizione i colleghi finito il lavoro vanno in un Izakaya
                  e il Capo o i Sempai pagano per i colleghi più giovani
- Hajimemashite: "Piacere di conoscerla"
- Yoroshiku onegaishimasu: L'abbiamo sentito e risentito, non esiste una vera e propria traduzione,
                                               è la formula che conclude la presentazione, potremmo tradurla con
                                               "La prego si prenda cura di me".
 


Bene, da Vivienne è tutto e, come sempre, al prossimo capitolo se vi va.

Ja ne ^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Cambiamenti ***


Disclaimer: Sekai-ichi Hatsukoi è un'opera di Shungiku Nakamura, io non traggo alcun profitto da questa storia.

Buon giorno a tutti! Il giovedì sta iniziando a diventare il mio giorno preferito, prima lo odiavo xD Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento e che vi piaccia come gli altri! Buona lettura ^^











 
Nel centro di Shinjuku c'èra un grande appartamento luminoso, aveva delle grandi vetrate
e anche se l'arredamento era occidentale, bisognava comunque lasciare le scarpe nel genkan.
Le pareti cangianti erano piene di stampe colorate, i mobili erano firmati dai più famosi designer,
una piccola vetrinetta in salotto accoglieva i pezzi più importanti della Swarovski,
la libreria nello studio era piena di libri interessanti quanto rari, nella camera padronale
un letto a tre piazze disfatto governava indiscusso e nella vasca da bagno due uomini abbracciati
si prendevano per mano e si scambiavano baci.
Un paio di occhi verdi, come ipnotizzati, guardavano le dita con cui stava giocando,
erano lunghe e affusolate, le baciò, le mordicchiò, sapevano di sapone.
«Finalmente sono riuscito a trascinarti a casa mia, mi ero stancato dei love hotel.».
Delle labbra gli sfiorarono i capelli, sorrise, voleva sentirle su di sé.
Cercando di far uscire meno acqua possibile dalla vasca si rigirò, le gambe abbracciavano
la vita di Yuki e le braccia si aggrapparono al suo collo, le labbra si unirono in bacio rapido ma intenso
e si allontanarono lasciando i due soddisfatti a metà, ma non c'era più tempo.
«Non eri il solo e lo sai, per pranzare con te oggi ho dovuto fare i salti mortali.».
«Non pensavo che saresti stato così bravo a mentire, sei sempre così trasparente.».
Una mano iniziò ad accarezzagli piacevolmente la schiena bagnata che di riflesso
s'inarcò come quella di un gatto, «Ho imparato da bambino.».
«Fai attenzione piccolo Ritsu, prima o poi potresti romperti.».
«Non mi romperò, non sono come uno dei tuoi ninnoli di cristallo».
«Invece sì che lo sei... sai se tu lasciassi il tuo fidanzato, non dovresti dire tutte queste bugie.».
Le labbra di Ritsu si spostarono sul collo su cui depositò piccoli baci e continuò a lasciarne
fino a quando arrivò alla fine della spalla che morse forte, «Non provarci...
le bugie che dico a lui fanno male, ma sono quelle che dico a mio padre che potrebbero mettermi nei guai,
quindi anche se lasciassi il mio fidanzato, la situazione non cambierebbe,
dovrei comunque mentire a lavoro per venire qui.».
Yuki lo strinse più a sé, «Le bugie che gli dici ti fanno stare male, però sei qui con me.».
«Sì, sono con te... ti amo... lo sai questo.».
Gli occhi d'oro guardavano quelli verdi, non c'era la minima traccia d'insicurezza,
di timore o di rimorso, erano trasparenti, ma anche terribilmente fragili, «Ti amo anch'io.».
Il bacio dolce si trasformò in uno che li lasciò senza fiato, «Yuki... no, non si può,
è tardi devo andare a lavoro, se arrivo in ritardo—».
La richiesta per niente convincente non venne ascoltata, «Se arrivi in ritardo il tuo Capo si arrabbierà?»,
le labbra continuavano a incontrarsi, «Si arrabbierà molto.», si spostavano sul collo,
«Ma tanto tu sei bravo a mentire giusto? Hai imparato da bambino...»,
le mani toccavano punti sensibili, «Sì, sono molto bravo a men—», troppo sensibili,
«Ti faccio una proposta, resta con me ancora un po'... e io ti aiuterò a trovare una bugia molto convincente,
che te ne pare? Se non accetti ti lascerò stare e tu arriverai in perfetto orario, allora qual è la tua risposta?
Non penso di poter resistere ancora per molto, quindi se non ti dispia—», i capelli bagnati venivano tirati con forza,
«Accetto!».
 
                                                                                     *
 
«Takano-san è arrivato ques—».
Nervoso strappò il pezzo di carta dalle mani di Kisa che spaventato si allontanò subito dal suo Capo,
ultimamente era sempre nervoso e faceva sempre più paura.
Qualcosa non va...”, distrattamente lesse il documento e dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non urlare,
ma poi pensò che era stanco di controllarsi, «
TUTTO QUESTO È RIDICOLO! SE QUELLI DELLE VENDITE
MI DEVONO DIRE QUALCOSA ALZINO QUEL CULO PESANTE CHE SI RITROVANO E VENGANO QUI!
LE COSE SI DICONO IN FACCIA!».
Kisa e Mino lanciarono un'occhiata speranzosa ad Hatori, l'unico che riusciva a parlare con Takano
quando era così di cattivo umore, ma anche lui non l'aveva mai visto così irritato,
arrabbiato, «Il reparto vendite al momento è davvero occupato e—».
«
E DOV'È FINITO ONODERA? È IN RITARDO!».
Gli occhi inquisitori vagavano da un editore all'altro in cerca di risposte che tardavano ad arrivare,
urlò di nuovo e Shōta con le gambe tremanti e lo sguardo basso si fece coraggio,
«Ri-chan mi ha chiamato prima dicendo che il padre l'aveva trattenuto più del previsto e che aveva perso il treno,
m-ma sono sicuro che sta p-per—».
«
E PERCHÉ MAI AVREBBE DOVUTO CHIAMARE TE? SA BENISSIMO CHE DEVE CHIAMARE ME
PER QUESTE COSE!».
«N-non lo so, forse non ci ha pensato...».
«
SONO IO IL SUO FOTTUTISSIMO CAPO, QUINDI CHIAMASSE ME LA PROSSIMA VOLTA!».
La faccia dell'editore era diventata bianca dalla paura, nemmeno quando era andato a lavoro con quaranta di febbre
l'aveva spaventato così tanto e pregò che il suo ‘vicino di scrivania’ arrivasse presto se ci teneva alla vita.
«'
FANCULO! MI VADO A PRENDERE UN CAFFÈ.».
Facendola sbattere chiuse la porta dietro di sé e i tre, curiosi di sapere quale terribile notizia
l'avesse fatto innervosire così tanto, si avvicinarono alla scrivania e lessero il documento colpevole di tanto malumore,
una banalissima circolare d'ufficio li metteva al corrente che la riunione del giorno dopo
avrebbe avuto luogo un'ora prima dell'orario prestabilito.
Confusi tornarono a lavorare, Hatori si mise al telefono, Kisa finì di scrivere la nuova proposta
e Mino andò a fare delle fotocopie, ma nonostante le mansioni diverse nelle loro menti s'insinuò lo stesso pensiero,
Takano-san... prenditi una camomilla.”.

Qualcosa non va!”.
La lattina di caffè vuota venne scaraventata nel cestino, ma non prima di essere stata accuratamente accartocciata, 
stritolata.
Con Ritsu... non va.”.
Era stanco, cercò sostegno nel muro dietro di sé appoggiando la schiena
e tirò fuori una sigaretta accendendola, sperando che l'avesse fatto calmare.
Ormai sono due mesi...”.
L'aria calda di settembre aveva ceduto il posto a quella più frizzante di novembre
e qualcosa non andava come sarebbe dovuta andare, questa era la convinzione del geniale Capo-editore
che si fidava solo del suo infallibile istinto.
Non si dava pace Takano, c'era qualcosa di sbagliato ma non capiva quale fosse.
Portò la sigaretta alle labbra e assaporò il fumo per poi ributtarlo fuori sperando che si portasse via
anche il suo nervosismo, ma sapeva che per fare quello sarebbe bastato avere accanto una sola persona,
la fonte di tutti i suoi problemi. Sì era tutta colpa sua.
Era devastante avere la consapevolezza che l'unica persona che volesse veramente vicino
fosse la stessa che lo stava ferendo di più. Era irritante non sapere in che modo lo stesse facendo.
Aveva provato a farsi dire la verità in tutti i modi, era arrivato a farlo ubriacare,
ma anche in quello stato lui continuava a dire che andava tutto bene, quei due lavori lo sfinivano,
era solo stanco, niente di più, “Cosa speravo di sentire? Cosa volevo che mi dicesse?”.
Quel comportamento lo stava confondendo, forse si stava immaginando tutto, sì, doveva essere così,
si era semplicemente fissato su una cosa che non esisteva, forse per una volta il suo intuito aveva miseramente fallito.
Prese il telefono e compose il numero del compagno, a rispondere fu la segreteria telefonica,
Forse è in treno o forse... forse è con qualcun altro—”.
La sigaretta che teneva tra le dita si spezzò, la spezzò, “E questa da dove ti è uscita Masamune?
Accidenti, sono proprio un disastro.”.
Buttò la sigaretta nel grande posacenere, era giunto il momento di tornare a lavoro.
Quando riaprì la porta il leggero chiacchiericcio dei suoi colleghi s'interruppe di colpo,
non facendoci troppo caso si sedette e chiamò una delle tante autrici di cui si occupava,
sperando che almeno lei rispondesse al telefono.
«Buon giorno, sono Takano della Marukawa Shoten, mi può passare la Sensei per favore. ».
No, è impossibile che abbia un altro uomo, non devo fissarmi su questa stupida idea.”.
 
Sì, quella teoria era da cestinare, infondo la loro storia continuava come prima, litigavano, facevano l'amore,
dormivano abbracciati bisbigliandosi parole dolci, si arrabbiavano, facevano pace e si dicevano ‘ti amo’,
non era cambiato niente, no, era cambiato tutto, Ritsu era diverso ed era sempre lo stesso.








Angolino dell' autrice, si fa per dire u.u
 
Questo lo definirei un capitolo di passaggio, ma volendo fare un piccolo riassunto
possiamo dire che la frittata cotta a puntino preparata da Ritsu ora è stata servita
su un bellissimo piatto d'argento e se la sta mangiando con enorme soddisfazione xD
Alla fine di questo capitolo cosa abbiamo scoperto? Che il tarlo del dubbio s'insinua
nell'orecchio di Takano, che Ritsu è realmente innamorato di Yuki
e che è un ottimo bugiardo, cosa sarà successo nella sua infanzia
per arrivare a dire così tante bugie? Boh... chi lo sa...
 
Questa Fic sarà aggiornata settimanalmente, ogni giovedì ,
come sempre ringrazio tutte le persone che hanno iniziato a leggere questa storia
e che continuano a seguirla, spero che vi siate divertiti a leggere.
 
Bene, da Vivienne è tutto e, come sempre, al prossimo capitolo se vi va.

Ja ne ^_^

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Tutta una recita ***


Disclaimer: Sekai-ichi Hatsukoi è un'opera di Shungiku Nakamura, io non traggo alcun profitto da questa storia.

Buon giorno a tutti! Questo giovedì vi darò una piccola anteprima... questo sarà il primo capitolo scritto dal punto di vista di Yuki, sapremo che persona è e capiremo meglio i suoi sentimenti per Ritsu... sperando che inizi a piacervi almeno un po' ^^", non resta che augurarvi una buona lettura ;-) 












 
«Mamma guarda che belli, sono belli vero?».
La donna si chinò appena per vedere meglio cosa le stesse indicando il figlio,
«Sono molto belli, ti piacciono Yu-chan?».
Il bambino alzò lo sguardo ed incontrando gli occhi così simili ai suoi rise felice,
«, tantissimo! Cosa sono?».
Sorridendo prese il bambino in braccio dandogli un forte bacio sulla guancia paffuta,
«Sono cristalli a forma di animaletti, vedi, c'è il cane, il gatto, il coniglio—».
«E le persone? Non ci sono le persone di cristallo?».
«Certo che ci sono, sono solo molto difficili da trovare.».
Scalciando si fece rimettere giù, «Io la troverò! Vedrai mamma, io troverò una persona di cristallo!», 
scansò la mano dolce che gli stava sistemando il cappellino di lana sulla testa 
ed alzò gli occhi al cielo, «
YUKI ! GUARDA MAMMA NEVICA!».
 
« — -sama... Harada-sama, insomma mi sta ascoltando?».
 
Era tornato alla realtà e questa comprendeva la sua segretaria, Hikari, molto arrabbiata,
«Scusami ero sovrappensiero.».
«Tipico di lei Harada-sama.».
«Non chiamarmi ‘Harada-sama’, quante volte te lo devo dire Kari-chan? Siamo amici d'infanzia
quindi non essere così formale, mi fai deprimere ~ .».
 
Yuki Harada era un affascinante giovane uomo di trent'anni estremamente capace
che amava spostarsi con i treni, nonostante avesse un autista pronto a portarlo ovunque volesse.
Nato in una grande famiglia benestante non gli era mai mancato niente nella vita,
cresciuto da due genitori affettuosi non gli era mai mancata nessuna forma d'amore,
nemmeno la sua omosessualità aveva incrinato quel rapporto così perfetto:
sua madre continuava a rimproverarlo, ‘Yu-chan trova un bravo ragazzo e sistemati.’,
suo padre le dava sempre ragione, ‘È inutile che sbuffi Yuki-kun, ha ragione lei,
abbiamo avuto tutti il nostro momento di divertimento, ma ora hai trent'anni
ed è giunto il momento che anche tu metta quella testolina apposto.’.
Era felice, aveva finalmente trovato il bravo ragazzo con cui sistemarsi,
avrebbe voluto presentarlo ai suoi genitori, avrebbe voluto rendere orgoglioso suo padre
e avrebbe voluto fare la felicità di sua madre, ‘Visto mamma? Ho trovato la persona di cristallo.’,
ma non poteva farlo, quella persona non era del tutto sua.
Aveva frequentato tanti uomini e ne aveva anche amato qualcuno, ma non così,
lui era speciale, lui era tutto quello che aveva sempre cercato e non era suo.
Ricordava come l'avesse conosciuto, per colpa del lavoro era riuscito a salire giusto in tempo sull'ultimo treno
e il suo sguardo si era posato sul corpo inerme dell'unica persona rimasta.
Preoccupato, pensando che si fosse sentita male, si era avvicinato, ma vedendo che respirava pesantemente
capì che in realtà stava solo dormendo, così lo lasciò riposare pensando di svegliarlo
quando sarebbe dovuto scendere dal treno che continuava a fermarsi e a ripartire,
mentre lui non riusciva a smettere di guardare l'uomo profondamente addormentato.
Lo osservò meglio e pensò che il ragazzo stesse facendo un bel sogno visto che stava sorridendo,
notò che le labbra si mossero appena, ‘Takano-san’.
Yuki si era chiesto a chi appartenesse quel nome ma non lo avrebbe mai saputo,
il treno si era fermato di nuovo, era arrivato il momento di scendere e di andare a casa.
Cercò di svegliarlo in tutti i modi e scoprì che era tutto inutile, iniziava seriamente a preoccuparsi
quando finalmente gli occhi si aprirono e anche se si richiusero subito riuscì a vedere
di che colore fossero, verdi, belli.
Con un sospiro rassegnato lo aveva preso in braccio, posizionandoselo bene sulla schiena,
e mentre teneva salde le gambe del ragazzo ebbe la sensazione di trasportare qualcosa di estremamente prezioso,
per questo aveva deciso di portarlo nella suite preferita del suo albergo,
il luogo più adatto dove far riposare quegli occhi così stanchi.
Yuki Harada non amava parlare molto di sé, far sapere agli altri del suo patrimonio familiare
era fuori discussione, né avrebbe mai rivelato che lui era il proprietario di uno degli alberghi più belli,
rinomati e costosi di Tokyo, perché ricordava bene come i suoi precedenti fidanzati,
di cui era stato veramente innamorato, ne avessero approfittato.
Quelle esperienze gli erano servite a non ripetere più lo stesso errore
e l'avevano portato a non fidarsi più di nessuno, ma proprio per questo rimase piacevolmente colpito quando, 
la sera successiva, vide il ragazzo, lo stesso ragazzo del treno, discutere animatamente 
con una delle receptionist del suo hotel. ‘Se non posso pagare, almeno mi faccia sapere
il nome della persona che mi ha portato qui, vorrei ringraziarla come si deve.’.
Il trentenne ricordò di aver pensato: ‘Stupido, se ho già pagato tutto approfittane e basta.’,
ma senza rendersene conto aveva ricominciato a studiare i tratti del suo volto,
scoprì che anche se era arrabbiato aveva una faccia buffa e un'espressione infantile.
Il suo sesto senso gli suggerì che non avrebbe dimenticato quel broncio bambinesco tanto in fretta,
che il cuore non avrebbe rallentato la sua corsa.
L'istinto gli consigliò di andare a presentarsi e Yuki l'avrebbe fatto se in quel momento
non fosse stato impegnato con un cliente, se la razionalità non gli avesse detto, imposto,
di non mandare all'aria quell'affare troppo importante per le sue finanze.
Aveva perso la sua occasione, non lo avrebbe più rivisto.
I suoi sogni erano cosparsi di verde, dal verde prato al verde petrolio, aveva ufficialmente
perso tutte le speranze di rivederlo, quando dopo una settimana lo ritrovò su un altro treno.
Avrebbe riconosciuto quegli occhi fra milioni, li aveva sognati così tanto che non si sarebbe mai potuto sbagliare
e questa volta non ci sarebbero stati obblighi professionali, non c'era razionalità,
c'erano solo il suo sesto senso e il suo istinto, solo per questo era riuscito a stringerlo fra le sue braccia,
a presentarsi sussurrando nell'orecchio del ragazzo ‘Yuki’, 
il nome per cui aveva tanto insistito quella sera, il suo nome.
Lui invece non sapeva ancora niente di quel ragazzo così trasparente, ma si sentiva fiducioso,
infondo se l'aveva già incontrato una volta per puro caso, l'avrebbe rincontrato anche una seconda
e se non fosse bastato anche una terza, una quarta, una quinta... tutte le volte necessarie,
fino a quando non sarebbe stato abbastanza e non ci volle molto tempo.
Yuki ricordava molto bene di come avesse sbuffato quando il padre lo costrinse a partecipare
al matrimonio del figlio di uno dei suoi vecchi amici, il posto dove si sarebbe celebrato non gli piaceva,
fosse stato per lui non avrebbe mai messo piede in quell'albergo.
L'imprenditore Harada non amava avere rivali nel suo lavoro e il ‘Park Hyatt’ era il suo nemico numero uno,
suo padre continuava a ripetergli quanto fosse infantile quel modo di ragionare
e molto probabilmente aveva ragione, quindi aveva semplicemente chinato la testa
e partecipato alle fastidiose nozze insieme alla sua famiglia.
Si era guardato attorno annoiato, non capiva perché sua sorella e sua madre avessero gli occhi che brillavano,
non riusciva proprio a capire cosa avesse di così speciale quel posto, 
ma ancora non sapeva che lo avrebbe capito presto.
Quando a mezzanotte passata si era ritrovato a baciare con trasporto quel ragazzo dagli occhi verdi,
l'aveva capito e dovette ammettere la sua sconfitta, quell'albergo era bellissimo,
le labbra che lo stavano ricambiando erano bellissime, come le mani che lo stavano toccando,
come l'intesa, la frustrazione, che in quel momento li univa erano bellissime.
Da quel momento iniziò ad amare l'hotel più costoso di tutta Tokyo, il suo cuore si era riempito di gioia
e anche se, quando riaprì gli occhi, aveva scoperto che il ragazzo senza nome non era più lì,
Yuki era contento, perché lì si erano rivisti.
Il giovane imprenditore continuò ad amare, a portare rispetto per il suo eterno rivale 
anche se ancora non sapeva niente di quel ragazzo misterioso e sfuggente,
peggio di una saponetta bagnata, con un sorriso aveva deciso che non aveva importanza,
perché ormai era più che sicuro che si sarebbero incontrati ancora. Non si sbagliò.
Ricordava perché il giorno dopo si fosse recato nella sala da pranzo privata del suo prezioso hotel,
il primo motivo era per scappare dalla sua segretaria, molto simile ad un demone ai suoi occhi,
il secondo era per porgere i suoi saluti al suo più importante cliente.
Gli piaceva Masao Onodera, era un uomo disponibile e alla mano, si chiamavano sempre
per scambiarsi gli auguri alle feste comandate e una volta erano andati a giocare a golf insieme
per concludere un affare, ma in realtà gli parlò solo ed esclusivamente di quanto fosse fiero
della sua magnifica famiglia, della sua bella moglie e del suo preziosissimo figlio.
Yuki aveva provato tante volte ad immaginare come fosse il figlio di quell'uomo così pieno di vita,
anche troppa per i suoi gusti, le aveva pensate tutte, ma davvero non si aspettava che fosse lui,
il ragazzo che aveva baciato solo la sera prima, ecco perché cercò di darsi un contegno
quando lo incontrò di nuovo nel suo albergo e si costrinse a non ridere quando la sala
fu riempita da dei colpi di tosse convulsa, si era strozzato.
Quella sarebbe stata una bella giornata.
Aveva deliberatamente ignorato gli sguardi ‘assassini’ che gli inviava il ragazzo, no, Ritsu,
finalmente poteva chiamarlo per nome. ‘Ritsu’, era un bel nome, gli stava bene.
Con un piccolo stratagemma era riuscito a restare da solo con lui, voleva parlargli
e quando capì perché fosse scappato la sera prima, il suo cuore perse un battito.
Era impegnato, qualcuno si era già accorto di lui e si vedeva quanto Ritsu volesse bene a quella persona,
eppure si amarono comunque, continuavano a farlo ogni volta che potevano.
Da quel momento in poi tutti i giorni sarebbero stati delle belle giornate.
Si ritagliavano spazi solo per loro, per pranzo molto spesso mangiavano un gelato
e prendevano il treno insieme per poi salutarsi con un bacio discreto quando arrivava il momento di separasi
e fu durante uno di quei baci che si dissero per la prima volta ‘ti amo’.
Qualche volta s'incontravano per cenare insieme e quando gli arrivava il solito messaggio
‘Sono uscito adesso dal lavoro, mi dispiace Yuki, stasera non posso proprio cenare con te.’,
sorrideva rassegnato sapendo che lo avrebbe rivisto la mattina seguente.
Parlavano, parlavano e facendo l'amore si raccontavano.
Ritsu gli spiegò in cosa consistesse il suo lavoro e lui finalmente capì perché quella fatidica notte
non fosse riuscito a svegliarlo, gli autori capricciosi dovevano essere davvero difficili da gestire.
Nei pochi momenti che avevano per loro si dicevano tutto, ma il giovane non gli parlava mai del suo compagno,
non che Yuki volesse il suo fantasma tra di loro, pensava solo che l'argomento prima o poi sarebbe uscito fuori,
in realtà sapeva solo che era un uomo, che si erano conosciuti al liceo e che era il suo vicino di casa.
 
«Kari-chan ti prego dimmi che abbiamo finito, non ce la faccio più, in più ho promesso
a tuo fratello che ci saremmo visti alle dieci.».
La ragazza si aggiustò gli occhiali sul naso guardandolo dall'alto in basso, «E quindi?».
«‘
E QUINDI?’ SONO LE UNDICI E MEZZA!».
«Harada-sama, dovrebbe saperlo che il lavoro viene prima di quel cretino.».
Esasperato si alzò battendo le mani sulla scrivania, «
E NON CHIAMARMI COSÌ! Basta,
me ne vado, ci vediamo domani Kari-chan.» — e con un botto chiuse la porta alle sue spalle.
«
HARADA-SAMA!».
 
La grande stazione della metropolitana era praticamente vuota, ma aveva fatto in tempo,
l'ultimo treno doveva ancora arrivare e per ingannare l'attesa, o forse per riprendere fiato,
si sedette sulla panchina, “Hikari era veramente furiosa, ma infondo lei continua a chiamarmiHarada-sama’,
avrò il diritto di vendicarmioh ecco il treno.”.
Entrò prima che le porte si chiudessero e sorrise quando vide due uomini che,
approfittando del fatto che non ci fosse nessuno, si scambiavano un profondo bacio,
ma qualcosa cambiò quando i due si allontanarono e poté guardarli bene in faccia.
Un sorriso ironico si fece strada sul suo volto, cercò di reprimerlo, la persona di cui era innamorato,
la stessa che ricambiava il suo sentimento, con cui aveva passato una bellissima mattinata,
con cui aveva pranzato, riso e fatto l'amore era lì davanti ai suoi occhi
e stava baciando fino a qualche istante fa un altro uomo, “Così è lui il tuo compagno... Ritsu?”.
Yuki si concesse una frazione di secondo per osservarlo, i capelli castano scuro non erano curati
e gli occhi dal colore particolare erano cerchiati da profonde occhiaie,
ma doveva ammettere a se stesso che era sicuramente un bell'uomo.
«Takano-san, te l'avevo detto che poteva salire qualcuno!».
Il sorriso che cercava disperatamente di nascondere fece di nuovo capolino,
non era umanamente possibile trovarsi in quella situazione, “Ah, l'ho già sentito questo nome.”.
Per la prima volta, cercando di non farsi notare, guardò Ritsu e non riuscì a credere
a quello che stava vedendo, gli occhi che amava così tanto non erano più verdi,
erano così freddi che nessun colore avrebbe potuto descriverli, erano impenetrabili,
eppure il suo comportamento era così naturale, le guance erano rosse dall'imbarazzo
e anche se con lui non era mai arrossito, qualcosa gli diceva che quel rossore non fosse reale,
come non era reale il timido e affannato, impacciato, tono di voce con cui aveva rimproverato il compagno.
Non aveva prove concrete, ma in qualche modo capì che quello che stava vedendo
era la perfetta imitazione di se stesso, “Ecco cosa intendevi stamattina,
è vero, tu sai mentire molto bene.” — Ritsu stava recitando alla perfezione il ruolo di ‘Ritsu’.
Yuki cercò d'indossare la faccia da poker più bella che avesse, analizzò la situazione, sorrise
e pregò che dalle sue labbra non uscisse qualcosa di stupido, «Non si preoccupi,
non è successo niente di così grave.».
Visto? Anche io sono piuttosto bravo a fare finta che tu non sia davanti a me.”.
Con nonchalance si congedò e decise di sedersi al posto più lontano rispetto al loro,
ma riusciva a sentire comunque i loro discorsi e Ritsu era così rilassato da fargli venire i nervi,
Lo sapevi che aveva qualcuno quindi di cosa ti stupisci, mantieni la calma,
tra poco potrai sfogarti picchiando quel cretino di Kiyoshi.”.
Il telefono nella sua tasca vibrò e senza farsi tanti scrupoli rispose, «Kiyo, ti stavo giusto pensando.»,
per un secondo Yuki poté giurare che gli occhi senza colore fossero ritornati a quel bellissimo tono di verde,
era forse geloso? — «Lo so che sono in ritardo, ma sto scendendo adesso dal treno quindi aspettami,
ha ragione Kari-chan quando dice che sei un idiota e che non devo perdere tempo con te lo sai?».
Il treno si fermò e riconoscendo la sua fermata scese senza guardare più il suo amante,
Visto? Ne sono capace anche io...”.
 
                                                                    *
 
Un annoiato Takano faceva zapping nell'attesa di farsi un bel bagno prima di andare a letto,
era stata una giornata emotivamente stancante e l'idea che la persona di cui era follemente innamorato
avesse un altro uomo non se ne voleva andare.
Per quanto si sforzasse non riusciva a non pensarci, ogni uomo o donna, ogni persona a cui 
il suo compagno sorrideva erano il suo possibile amante, persino quell'uomo in treno poteva esserlo,
Dillo che vuoi farti del male da solo, sei uno solo stupido masochista.”.
«Trovato qualcosa di divertente da vedere? Se vuoi il bagno è libero.».
Scocciato e frustrato spense la televisione e si voltò a guardare Ritsu che con un asciugamano in vita
e uno in mano si frizionava i capelli bagnati, «No, penso che andrò a fare il bagno.»,
la pelle era leggermente arrossata, lui amava fare il bagno con l'acqua ustionante
e quella era la conseguenza. Lo osservò meglio e notò qualcosa che non avrebbe dovuto notare.
«
TAKANO-SAN CHE CAVOLO STAI FACENDO? SEI IMPAZZITO PER CASO
?».
Il suo corpo si era mosso da solo, si era alzato e con un movimento deciso aveva fatto cadere a terra
l'asciugamano che l'altro teneva annodato alla vita, lasciando in bella vista 
un piccolo livido sul fianco che prima era coperto solo per metà.
Le parole gli morirono in gola, “Allora non sono pazzo...”, ma si fece coraggio
e lo guardò dritto negli occhi, «Chi è... con chi sei stato?».
«Si può sapere di cosa stai parlando? Takano-san ti sen—».
 
«Questo... questo segno non te l'ho fatto io...».













Angolino dell' autrice, si fa per dire u.u
 
Oh cielo Oh cielo... ora come ne uscirà Ritsu da questo bel pasticcio? Più che altro ne uscirà vivo
o Takano si farà raggirare un'altra volta? Aspetto le vostre ipotesi
e fatemi sapere cosa ne pensate di questo Yuki perdutamente innamorato *O*
 
Questa Fic sarà aggiornata settimanalmente, ogni giovedì ,
in questo capitolo c'è solo una piccola precisazione da fare: Quando il bambino Yuki
esclama "Yuki!" in realtà, ovviamente, non si sta chiamando da solo xD
come avevo già detto "Yuki" significa "neve", quindi è come se dicesse "Neve! Guarda mamma nevica!".
Come sempre ringrazio tutte le persone che hanno iniziato a leggere questa storia
e che continuano a seguirla, spero che vi siate divertiti a leggere.
 
 
Bene, da Vivienne è tutto e, come sempre, al prossimo capitolo se vi va.

Ja ne ^_^

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Sterile ***


Disclaimer: Sekai-ichi Hatsukoi è un'opera di Shungiku Nakamura, io non traggo alcun profitto da questa storia.

Buon giorno a tutti! Siamo già arrivati a giovedì, questa settimana è passata davvero in un lampo, almeno per me xD
comunque, come ci eravamo lasciati? Non benissimo se non ricordo male.... beh direi che non resta che augurarvi una buona lettura ;-) 














 
Era una piccola stanza quella dove si stava tenendo una riunione per decidere quante copie
del nuovo manga dovessero mandare in stampa e, come sempre, tutti stavano dando il massimo
per offendersi a vicenda, tutti tranne uno.
No, lui non ci stava prestando particolare attenzione, non era importante,
se volevano insultarsi con così tanto ardore Takano li avrebbe lasciati fare senza mettersi in mezzo,
perché a lui tutto quel casino non interessava, aveva ben altro da fare.
Masamune rifletteva, pensare alla conversazione sterile che aveva avuto con il suo compagno
giorni prima era la sua priorità in quel momento.
L'aveva guardato fisso negli occhi e teneva stretto il suo polso, i battiti erano regolari,
Ritsu era tranquillo, sosteneva il suo sguardo come se stessero parlando di lavoro,
c'era qualcosa di sbagliato, non era quella la reazione che si aspettava, ‘Uh, parli di questo?
Se è per questo ne ho uno anche dietro la schiena, nonostante sai che mi danno fastidio continui a lasciarmeli.’.
Quelle parole, quella frase detta con naturalezza, avevano messo la parola ‘fine’
al loro scontro verbale, lasciando il grande Capo-editore ammutolito, deluso e arrabbiato con se stesso,
perché il faccia a faccia che avrebbe dovuto portare alla verità, che aveva aspettato con ansia,
si era trasformato in qualcosa di vuoto, in qualcosa di vano.
Era da due giorni che pensava e ripensava a quello che gli aveva detto, la sua testa era piena di informazioni
che non avevano un filo logico né fondamento, eppure erano ancora lì 
e lui le studiava, le smontava e le rimontava cercando di trovarci un senso,
ma più analizzava, dissezionava, i dati inutili che aveva a disposizione,
più non riusciva ad arrivare alla soluzione di quel rompicapo a cui aveva dato nome e cognome.
Pensava di conoscere bene quel ragazzo, Ritsu era il tipo di persona che andava in iperventilazione
quando voleva dirgli qualcosa di dolce, qualcosa che veniva direttamente dal cuore,
La prima volta che mi ha dettoti amopensavo che avrei dovuto farlo ricoverare
in ospedale, non respirava più...” — non era possibile che fosse rimasto così calmo,
anche se non l'aveva fatto in modo diretto, infondo, gli aveva chiesto se avesse qualcun altro,
se lo stesse tradendo, “Come minimo sarebbe dovuto svenire, o almeno balbettare così tanto
da non riuscire a finire la frase e poi svenire
.”.
Takano si continuava a chiedere perché le cose non fossero andate come sarebbero dovute andare,
perché Ritsu non fosse andato in apnea e perché lui non avesse dovuto chiamare un'ambulanza.
La risposta era semplice, Masamune non aveva considerato il fatto che Ritsu non fosse affatto uno stupido
ed era stato bravo ad insinuargli, ancora una volta, il tarlo del dubbio.
Il suo compagno aveva centrato il punto, con quella risposta sbarazzina l'aveva fregato,
ogni sera facevano l'amore con così tanto trasporto che finiva sempre per lasciargli qualche livido
e davvero non poteva ricordarseli tutti, la certezza che anche quelli non fossero i suoi non c'era,
Personalmente se scoprissi che il mio amante mi ha lasciato dei segni non uscirei
con solo un asciugamano addosso, come minimo li nasconderei, quello sul fianco
era coperto per metà, ma quello dietro la schiena invece era ben visibile, se si fosse girato
l'avrei notato subito, per di più è stato lui a dirmi di averlo... questo non significa forse
avere la coscienza pulita?”.
La riunione era finita, non aveva capito di cosa avessero parlato, non aveva ascoltato
nemmeno una parola delle tante che erano state dette ed era rimasto in silenzio a pensare.
Era sbagliato, quel comportamento sul posto di lavoro era decisamente sbagliato,
non era più un ragazzino, non poteva fare così solo perché la sua vita privata stava andando a puttane,
non era giusto e non era da lui.
In silenzio guardava i colleghi alzarsi e uscire dalla sala riunioni, avrebbe voluto farlo anche lui,
ma non gli andava di tornare a lavorare, “E pensare che il lavoro mi ha sempre aiutato
in questi momenti.”, non riusciva a muovere nemmeno un dito, era esausto.
«Ehi Masamune andiamoci a fumare una sigaretta, ti va?».
Alzò lo sguardo e rimase piacevolmente sorpreso nel vedere la mano tesa davanti ai suoi occhi,
la conosceva bene, quando aveva bisogno di un appoggio era sempre lì.
«Perché no, ho veramente bisogno di una pausa.», l'afferrò e con energia si tirò su.
 
«Allora Masamune cosa sta succedendo? Questo comportamento non è da te.».
Takano si accese la sigaretta, “Non sai quanto piacerebbe saperlo anche a me.”.
«Niente, sono solo stanco, invece a te come vanno le cose? Kirishima-san sta bene?».
Ridendo si voltò a guardare l'amico, la faccia da orso solitario era rossa per l'imbarazzo,
«S-sta bene...
E NON RIDERE COSÌ TANTO, BASTARDO!».
Più gli diceva di non ridere e più non riusciva a controllarsi, sembrava che tutte le preoccupazioni
si fossero volatilizzate, «Sei veramente uno tsundere lo sai Yokozawa?», scomparse nel nulla,
«
RIPETILO SE HAI CORAGGIO!», troppo bello per essere vero.
Le risate scomparvero e lui si sentì di nuovo pesante, la testa, le gambe, il suo corpo era pesante,
«È bello che tu abbia trovato la persona giusta, sono così felice per te.».
La faccia di Takafumi riprese il suo colore naturale e smise di ‘sbatacchiare’ l'amico
lasciando la presa sulla felpa dell'altro, «Anche io sono felice, sai probabilmente è solo perché ora
c'è Kirishima con me che te lo dico, ma noi due non saremmo mai stati bene insieme,
Onodera è la persona giusta per te, è sempre stato così.».
Chiudendo gli occhi si gustò l'ultima boccata di fumo e con calma apparente buttò il mozzicone
spengendolo accuratamente, «Sì, è vero, lui è la persona giusta per me, ma—».
«‘Ma’? Ci sono problemi in paradiso per caso? È per questo che ultimamente sei così assente e insopportabile?».
Insopportabile eh...”, un piccolo sorriso si fece strada sulla faccia seria, «No, scusa,
va tutto bene, davvero, ora devo tornare a lavorare ma un giorno di questi andiamo a bere come ai vecchi tempi,
è una promessa, quindi vedi di farti dare il permesso da Kirishima-san.».
Stava per andarsene quando sentì la mano rassicurante dargli una pacca d'incoraggiamento sulla spalla,
«Io non so cosa stia succedendo tra di voi, ma, Masamune, sei tu la persona giusta per Onodera,
non dimenticartelo e lavora come si deve.».
Senza aggiungere una parola in più se ne andò.
 
                                                                    *
 
Sono davvero io la persona giusta per lui? Non lo so più.”.
L'ascensore si era fermato al quarto piano, come gli aveva detto l'amico doveva lavorare ‘come si deve’,
come solo lui sapeva fare e non demoralizzarsi.
Quelle parole gli avevano dato un po' di speranza, poca, ma doveva farsela bastare,
era adulto, avrebbe dovuto sapere ormai da tempo come gestire quel tipo di situazioni,
eppure quando vide la fonte di tutti i suoi problemi parlare al telefono, non riuscì a controllarsi
e invece di tornare a lavorare, si era nascosto. Cercò di origliare al meglio che poté,
‘Qui sotto? Aspetta, ho capito, cerco di liberarmi per cinque minuti.’ — e gli si gelò il sangue.
Lo guardava mentre sbuffava scocciato con una strana luce negli occhi, camminava avanti e indietro,
si scompigliava i capelli indeciso e gli faceva saltare i nervi.
Uscì fuori dal suo nascondiglio come se niente fosse, chiedendosi se vedendolo si sarebbe tradito,
invece gli sorrise continuando a parlare al telefono e lui dentro impazziva, aspettava.
La fatidica frase, ‘Scusami ora devo attaccare, ci vediamo fra poco.’, arrivò
e il ragazzo infilò il cellulare in tasca, «Takano-san stavo per venire a cercarti,
senti mi devo assentare per qualche minuto.».
Basta.”.
Senza permettergli di aggiungere altro, lo prese per mano trascinandolo nel cucinotto del quarto piano,
ignorò le sue proteste, le sue domande, chiuse la porta a chiave e lo mise con le spalle al muro.
È ora di farla finita.”.
Continuava a guardarlo sperando di scorgere qualcosa, un passo falso, un'insicurezza,
qualsiasi cosa, «Perché? Chi devi vedere?».
«Un autore dell' ‘Onodera Publishing’ di cui mi sto occupando ha delle domande da farmi
e gli hanno detto che poteva trovarmi qui, tranquillo non ci metterò tant—»
«
NON DIRMI CAZZATE!».
«Io non—».
«
NON FARLO!».
Sentì le mani fredde posarsi delicate sul suo viso, “Non toccarmi.”,
gli occhi verdi lo scrutavano attenti, “Non guardarmi così, solo... parlami, Ritsu, parlami.”.
«Takano-san che sta succedendo? Cos'è che ti preoccupa tanto?».
Gli occhi color nocciola si specchiavano in quelli verdi, ma non ressero il confronto, cedettero.
Sfinito, ecco come si sentiva. Posò la testa sulla sua spalla. Semplicemente sfinito.
Era tutto ridicolo, tutto, il fatto che avesse bisogno solo di sentire il suo profumo per calmarsi era ridicolo
e lo era anche il fatto che non riuscisse ad accettarlo, che l'altro non se ne accorgesse.
Tutto quanto incredibilmente ridicolo e inverosimile.
«Pensavo che lo avessi capito ormai, ma forse devo essere ancora più diretto, ascoltami bene,
Ritsu, per caso, tu... senti, ti stai vedendo con qualcuno?».
Il compagno gli alzò delicatamente la testa e poggiò la fronte sulla sua, «Come ti viene in mente
un'idea tanto stupida? Me lo vuoi spiegare?», il suo sorriso era dolce come lo zucchero,
«Non c'è nessun altro, a stento riesco a vedere te e siamo vicini di casa,
mi spieghi dove lo trovo il tempo per un'altra persona?», la sua voce era la più delicata
che avesse mai sentito, «Il mio mondo inizia e finisce con te, ormai dovresti saperlo bene.»,
le braccia che lo stavano stringendo erano cariche d'amore, poteva sentirlo, lo percepiva,
«Cosa posso fare per fartelo capire?».
Lo strinse più a sé, disperatamente, «Dimmi che mi ami, dimmelo... per favore.».
Inaspettatamente due labbra fresche, sicure, si erano posate sulle sue, «Ti amo
e non te l'ho detto perché me l'hai chiesto, te l'ho detto perché è così, io ti amo
e se sei ancora preoccupato puoi venire con me se ti va, così ti presento il Sensei.».
L'abbraccio si sciolse e Masamune si concesse un minuto per studiare una volta di più il compagno,
non era arrossito, ancora una volta le sue previsioni si erano rivelate completamente errate,
Cosa mi aspettavo? Cosa dovrei aspettarmi adesso?”.
In realtà si aspettava solo di rivedere quel volto di nuovo in fiamme, rosso dall'imbarazzo,
rosso dalla vergogna per quello che aveva fatto, per quello che quel ragazzino di ventotto anni
aveva detto guardandolo negli occhi.
Masamune Takano aveva delle aspettative, ma la realtà era dura da accettare,
era difficile rassegnarsi al fatto che avesse perso un'altra volta, «Non ce n'è bisogno, vai pure.».
Era stato sconfitto, lasciato senza difese, senza niente con cui potersi proteggere da quella voce dolce
e sincera che voleva solo rassicurarlo, era arrabbiato perché ci stava riuscendo,
«Takano-san, è solo lavoro, solo questo, davvero, niente di più.».
Pensò che andava bene così, avrebbe creduto in lui, avrebbe sempre creduto in Ritsu,
avrebbe accolto quelle parole, quegli occhi, quelle labbra, avrebbe messo a tacere quei pensieri maligni
e privi di qualsiasi fiducia, perché era giusto così, perché lo amava.
Pensò che, no, non andava per niente bene, non era cambiato niente, pensò che avrebbe dovuto ripetere
quel discorso fino alla nausea, fino a quando non avrebbe trovato un modo
per uscirne vittorioso. L'avrebbe fatto perché era giusto così, perché lo amava.
Non era cambiato niente, «Sì lo so, ora vai.» — aveva perso.
Sterile, vuoto, vano. Tutto quanto incredibilmente ridicolo. Sterile, vuoto e vano.
 
 
                                                           *
 
Ritsu respirava a pieni polmoni l'aria fresca di novembre e cercava tra la gente a passeggio
la persona che lo aveva chiamato, “Dove è finito? Non aveva detto che stava qui sotto?”.
Spostò lo sguardo da un punto all'altro del marciapiede e, quando la vide,
non riuscì a nascondere il sorriso spontaneo che si era fatto strada sul suo volto.
Avrebbe voluto raggiungerlo e abbracciarlo, baciarlo, ma non poteva farlo, quello non era il suo territorio,
non poteva rischiare. Conosceva l'edificio in cui lavorava e ormai sapeva come si vedesse bene
dalle finestre del quarto piano, anche troppo bene, cosa succedesse fuori da quelle quattro mura.
Camminando lentamente, con fare svogliato, quasi infastidito, gli andò incontro e,
quando si trovarono uno di fronte all'altro, i due uomini chinarono appena la testa
in segno di saluto, «Yuki, che cosa ci fai qui?».
Non avrebbe potuto toccarlo in nessun modo, ma nessuno gli avrebbe mai impedito di sorridergli,
quello, le finestre del quarto piano della ‘Marukawa Shoten’, non l'avrebbero mostrato, rivelato, a nessuno.
«Volevo togliermi un piccolo dubbio, ho visto che c'è un bar qui vicino, ti offro un caffè.».
Durante il tragitto non si tennero per mano come erano soliti fare ed entrarono nel locale
sedendosi ad un tavolino più appartato rispetto agli altri.
«Scusa se ti ho chiamato, non volevo interrompere il tuo lavoro.».
«Non preoccuparti, ma non ho molto tempo, quindi dimmi, quale dubbio volevi toglierti?».
La cameriera mise davanti ai due uomini il caffè che avevano ordinato e con un piccolo inchino si congedò.
«Il tuo compagno, lavora con te? Quando mi dici che non possiamo cenare insieme
è perché torni a casa con lui, vero?».
«Sì, è per questo, Takano-san è il mio Capo.».
«Perché non me l'hai detto? Non mi parli mai del tuo compagno, eviti sempre l'argomento.».
«Perché non voglio parlare di lui quando sono con te.», strinse forte la tazza calda
fra le mani per poterle riscaldare, «Inoltre Yuki per un po' non potremo vederci molto spesso,
mi dispiace, si è accorto che qualcosa non va, ha visto i tuoi segni e si è insospettito.».
Gli sguardi si sostenevano, «Mi stai lasciando?», si sfidavano, «Dio solo sa quanto vorrei farlo,
mi crei solo problemi, ma non ci riesco, ti amo, sono irrecuperabilmente innamorato di te.»,
facevano l'amore, «Ed io di te, Ritsu, tu non sai quanto.», ingaggiavano una lotta all'ultimo sangue,
senza vincitori né vinti.
Nonostante il giovane Onodera si fosse ripetuto più volte che in una giornata come quella
non avrebbe dovuto correre nessun rischio inutile, i volti si avvicinarono comunque
e le labbra si ritrovarono a metà strada, incuranti della gente curiosa che guardava,
incuranti di chi potesse vederli, incuranti di tutto.













Angolino dell' autrice, si fa per dire u.u
 
Wow per una volta non so che dire nel mio piccolo angolino u.u
forse perché questo capitolo mi ha fatta letteralmente uscire di senno,
non sapevo proprio come scriverlo è.é ma spero che vi sia piaciuto ^^.
Abbiamo  visto come sta il nostro povero Takano, è sconsolato, ma non si arrenderà,
grazie al mio adorato Takafumi che è sempre pronto ad aiutarlo (Yokozawa comparirà ancora
e spero di non essere andata in OOC con lui, perché in questa fic l'unico OOC è Ritsu,
almeno dovrebbe essere così xD) e so già che mi arriveranno mille insulti per il piccolo Ritsu xD
Questa volta voglio darvi una piccola anticipazione,
ovvero vi dico che il prossimo capitolo sarà scritto dalla prospettiva di Ritsu, magari vi starà meno sulla palle xD
 
Questa Fic sarà aggiornata settimanalmente, ogni giovedì , e ora passiamo alle note:
 
- Tsundere: come amo definirlo io "Croccante fuori e morbido dentro" :3
 
Come sempre ringrazio tutte le persone che hanno iniziato a leggere questa storia
e che continuano a seguirla, spero che vi siate divertiti a leggere.
 
 
Bene, da Vivienne è tutto e, come sempre, al prossimo capitolo se vi va.

Ja ne ^_^

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Sessantadue giorni ***


Disclaimer: Sekai-ichi Hatsukoi è un'opera di Shungiku Nakamura, io non traggo alcun profitto da questa storia.

Buon giorno a tutti! È arrivato giovedì ed ecco un nuovo capitolo! Come vi avevo promesso questo sarà un
POV di Ritsu
e io mantengo sempre le mie promesse ^^ Direi che non resta che augurarvi una buona lettura ;-) 









 

Un uomo dai capelli neri e gli occhi d'oro si teneva stretto alla maniglia del treno per non perdere l'equilibro,
con l'altra teneva fra le sue braccia la persona più importante della sua vita
che si stringeva a lui abbracciandolo e borbottando, «Perché ogni volta deve essere così,
dannazione compratevi una macchina!».
A sentire quelle parole sorrise, «Io sono contento, grazie a tutte queste persone posso abbracciati,
poi mi spieghi perché odi ancora i treni così tanto? Infondo è così che ci siamo conosciuti,
invece di disprezzarli dovresti amarli.».
L'altro lo strinse più forte affondando la testa nel suo petto, «Se è per questo li odio ancora di più,
perché sui treni t'imbatti in persone che non avresti mai dovuto incontrare.».
«Non sei felice di avermi conosciuto?».
«No, non è questo, ti amo Yuki e sono felice di stare con te, solo... non avrei mai dovuto incontrarti, tutto qui.».
Il mezzo si fermò e prima di scendere, Ritsu, alzandosi leggermente sulle punte, lo aveva baciato,
«Ci sentiamo.».
 
No, non si erano più sentiti, non si erano più visti.
Ritsu aveva ignorato tutte le chiamate, non rispondeva a nessun messaggio e per andare a lavoro
prendeva il taxi, anche se erano soldi buttati non voleva far crollare così facilmente 
la sua decisione di non vederlo più.
Erano due mesi che non lo baciava, che non sentiva quelle mani su di sé, gli mancavano,
gli piacevano, “Devo resistere...”.
Erano sessantadue giorni che vedeva il suo compagno leggermente più rilassato
e per il ventottenne non ci poteva essere ricompensa più piacevole e appagante,
finalmente il suo cuore, ora più leggero, era pronto a riempirsi dell'amore di una sola persona,
ma non ci riusciva, non era completo.
Due mesi erano passati e quel giorno si sarebbe tenuta la festa di fine anno
della ‘Marukawa Shoten’ presso il ‘Teito Hotel’.
Come da tradizione quella mattina tutti gli editori si erano svegliati presto per andare a lavoro,
indossavano completi eleganti e le persone si sorridevano cordiali scambiandosi gli auguri.
Durante le poche ore di lavoro che avrebbe dovuto fare quella mattina, Ritsu studiò quelle forme di cortesia,
le esaminò come se stesse analizzando il comportamento di una cavia da laboratorio,
ultimamente era diventato il suo momento di svago, lo trovava un passatempo piacevole.
«Ri-chan ~ sei pronto?».
La voce di Kisa lo fece distrarre e sbuffando iniziò a radunare tutte le sue cose, «Sì, ma gli altri
che fine hanno fatto? Non avevamo deciso di andare tutti insieme?».
«Sì certo, ci stanno aspettando giù ~.».
 
                                                                 *
 
Durante il viaggio in treno non badò ai suoi colleghi e ripensò al suo ‘momento di svago’
senza riuscire a trattenere un piccolo sorriso sarcastico.
Era interessante vedere quanta gente mentisse, dietro a un sorriso si poteva nascondere invidia,
un tono di voce troppo sdolcinato celava una palese antipatia, ma c'era anche chi era sincero
e augurava davvero di tutto cuore di iniziare l'anno nuovo con tutti i buoni propositi.
Erano quelle le persone che Ritsu amava osservare, benché lo facessero innervosire,
perché lo portavano a chiedersi da quanto lui non sorridesse così spontaneamente,
da quanto tempo fosse tenuto a scegliere quale emozione mostrare al mondo
e quale dovesse tenere solo per se stesso, la risposta era abbastanza semplice,
Da quando ho iniziato ad amare due persone.”.
Ritsu Onodera aveva sempre pensato che una persona infedele in realtà non fosse particolarmente
innamorata del fidanzato o della fidanzata, che per arrivare a tradire nella coppia
ci dovessero essere dei problemi come la monotonia, la noia, la poca passione o semplicemente
che non ci fosse più amore, ma aveva scoperto che non era così.
Lui e Takano erano felici insieme, erano fatti l'uno per l'altro, la passione era anche troppa
e sopratutto sapeva di amare Masamune più della sua stessa vita, eppure l'aveva fatto,
gli aveva mancato di rispetto, l'aveva tradito nel modo peggiore.
Si era innamorato di un altro uomo, aveva deciso di guardarlo negli occhi e di mentirgli,
per rassicurarlo gli sussurrava dolcemente all'orecchio che nel suo cuore c'era solo lui,
lo faceva senza vergogna, perché nonostante le bugie, nonostante tutto, amava il suo compagno
con tutto se stesso e avrebbe voluto cancellare quegli occhi tristi, era tutta colpa sua,
lo sapeva bene, non avrebbe mai voluto ferirlo.
Non avrebbe mai voluto incontrare Yuki, non avrebbe mai voluto mettersi in quella situazione,
e allo stesso tempo era consapevole che l'averlo conosciuto fosse stata una delle cose più belle
che gli potesse capitare, aveva oltrepassato i limiti della razionalità e infranto tutte le regole,
solo per quell'uomo. Stava crescendo grazie a quell'uomo.
Tutto quello che voleva fare era prendere il telefono e chiamarlo, correre da lui fino a restare senza fiato,
passare un'intera, impossibile, domenica abbracciati nel letto e amarlo 
come nessun altro avrebbe fatto mai, come nessun altro avrebbe potuto.
Aveva scoperto che c'erano diversi modi di amare, che le persone riescono a farsi amare
in modo differente, Yuki lo amava come Takano non avrebbe mai potuto fare e viceversa.
Ritsu aveva imparato ad amare due persone con caratteri e aspettative ben distinti e distanti tra loro,
li accettava in tutto e per tutto, proprio per questo era difficile, impossibile, scegliere.
Era come se si trovasse sul tetto di un grattacielo, i suoi amanti fossero con i piedi a penzoloni
e lui dovesse scegliere chi tirar su, chi salvare.
L'istinto gli disse che avrebbe salvato il suo compagno, non avrebbe mai fatto precipitare Masamune nel vuoto,
ma allo stesso tempo sapeva che non se ne sarebbe andato una volta svolto il suo compito,
avrebbe aspettato e pregato che Yuki riuscisse a tirarsi su da solo e che gli sorridesse ancora una volta,
perché sapeva di aver salvato Takano per i motivi sbagliati, lo avrebbe fatto anche se il compagno,
stufo della sua indecisione, se ne fosse andato.
Era difficile scegliere in quel momento a chi dovesse dare tutto il suo cuore e quale cuore
dovesse accogliere, quale fosse il modo giusto di amare, la persona giusta da amare.
Gli occhi verdi avevano poche certezze, tre a dire il vero, aveva capito che non esisteva
‘un modo giusto di amare’, ma, volente o nolente, aveva imparato a farlo e stava amando troppo,
si stava facendo male.
 
                                                                   *
 
Quando entrarono nella stanza riservata loro, Ritsu si guardò intorno, erano tutti impegnati
ad addobbare ed organizzare la sala che il Presidente aveva prenotato, era più grande
rispetto a quelle utilizzate gli altri anni, ma non si chiese il motivo, non si chiedeva più ‘perché’
certe cose accadessero. Vide i camerieri in divisa posare le stoviglie sull'enorme tavolo da buffet,
probabilmente tanti tavolini attaccati, e per rendersi utile decise di iniziare a metterle in ordine.
Era a buon punto quando una voce che conosceva bene lo fece fermare, «Hai notato?
Isaka-san quest'anno non ha badato a spese, guarda che bei bicchieri che ha ordinato.».
«Parli dei flûtes? Sì sono molto belli in effetti.».
«È ovvio che lo siano, infondo sono di cristallo, è strano che non te ne sia accorto.».
Me ne sono accorto subito, come potrei non accorgermene?”, distrattamente il ragazzo
ricominciò a mettere i piatti in una pila ordinata con aria assente, «Forse dovrà fare un annuncio importante,
o magari è la ricorrenza di qualche anniversario.».
«Mah, lo scopriremo durante la serata, qui invece come procedono le cose? Ti serve una mano?».
«No, solo che...».
«‘Solo che’? C'è qualcosa che non va?».
Ritsu, delicatamente, prese in mano il calice sottile ed iniziò ad osservarlo attentamente
mettendolo contro luce, «Sì, Takano-san i flûtes andrebbero rilavati, vedi? Sono opachi.».
L'uomo guardò il bicchiere che gli era stato messo davanti e gli scompigliò i capelli,
«Io trovo che siano puliti, stai tranquillo ‘principino’, sono perfetti e poi una volta che li riempiremo
con lo champagne neanche si noterà.».
Sei come un cristallo Ritsu, sei così trasparente e pulito... promettimi che non cambierai mai,
promettimi che non smetterai mai di brillare.’ — gli occhi verdi si chiusero un attimo
per scacciare via dalla sua testa quelle dolci parole, ma non ci riuscirono, «Non è questo il punto,
la prerogativa di un cristallo è quella essere pulito e trasparente, un cristallo opaco non splende
e se non splende non ha valore, diventa un comunissimo pezzo di vetro... non trovi anche tu?».
Solo quando finì di parlare si rese conto di quello che gli era uscito dalle labbra, ma non aveva importanza.
Guardò Masamune negli occhi ostentando sicurezza, premette più a fondo
quel ‘pulsante’ dentro di sé, ancora di più, tanto quanto sarebbe bastato per far sì
che il compagno non si accorgesse dei suoi sentimenti, di quello che realmente
avesse voluto dire, il significato profondo di quelle parole, di tutto.
«Non ti sembra di esagerare adesso? Qualcosa non va?».
Pensò che non aveva importanza, non doveva andare nel panico e sapeva come farlo,
alle spalle aveva anni e anni di esperienza. Sì aveva detto la cosa sbagliata, ma avrebbe vinto comunque,
perché conosceva bene il suo compagno, era certo che non avrebbe mai fatto una scenata
in quel momento e lui avrebbe avuto modo di pensare ad una buona scusa con calma.
Senza farsi notare dagli altri gli prese la mano per qualche minuto, la strinse forte sfoggiando
uno dei suoi soliti sorrisi e gli mentì, «Sì, forse hai ragione, tranquillo va tutto bene, ora vado a—».
Qualcosa non andò secondo i suoi piani, non aveva fatto in tempo a fare un passo
che l'altro l'aveva afferrato per un braccio facendolo voltare e per la goffaggine di quel movimento
un paio di bicchieri caddero al suolo rompendosi.
Non l'aveva previsto, non pensava che il compagno potesse reagire in quel modo,
ma non aveva importanza, era solo un altro piccolo imprevisto, lui avrebbe vinto, «Ah...
guarda che hai combinato!» — avrebbe vinto comportandosi come il Ritsu che Takano conosceva,
quello che non sapeva mentire, che balbettava e arrossiva.
Si chinò a raccogliere i frammenti di cristallo e sentì lo sguardo dell'uomo su di sé,
qualcosa gli suggerì che i sessantadue giorni di apparente serenità fossero finiti.
Ritsu sapeva che avrebbe voluto fargli mille domande, avrebbe voluto una spiegazione
per quel monologo filosofico che aveva sentito uscire dalla sua bocca, avrebbe voluto chiedergli
se gli avesse mai mentito, ma, come aveva previsto, tutto quello che il compagno riuscì a fare
fu rimare in silenzio a guardarlo mentre lui si affrettava a pulire i cocci e lo rimproverava
con un'aria spensierata.
Masamune ignorava il fatto che il ragazzo non fosse affatto spensierato, ignorava il fatto
che nella testa di Ritsu, in tutto il suo corpo, faceva eco la frase che Yuki gli diceva sempre
nei loro momenti di intimità, ‘Sei così delicato... non romperti Ritsu.’ — e ignorava il fatto che,
mentre era indaffarato a rimproverarlo, aveva giurato a se stesso, ancora una volta, che, no,
lui non sarebbe caduto, non si sarebbe ‘rotto’. Non lo avrebbe fatto, perché aveva capito
cosa volesse dire il suo amante con quella frase che amava tanto bisbigliare nel suo orecchio.
Lo aveva capito quando una scheggia di cristallo gli tagliò il dito, “Certo... se tieni fra le mani
un cristallo rotto, oltre ad essere inutile, ti farà del male... se dovessi rompermi, dovrai buttarmi...
è per questo, giusto Yuki? È per questo che non vuoi che mi rompa.”.
 
                                                                        *
 
Quando Ritsu si svegliò era ancora buio.
Con la mano aveva cercato a tentoni il corpo del suo Capo, voleva abbracciarlo,
ma scoprì presto di essere da solo.
Prese il cellulare e lesse l'ultimo messaggio ricevuto, quello che ancora non aveva cancellato,
«‘Volevo solo vederti...’».
Senza pensarci due volte eliminò la mail e abbracciando il cuscino cercò di riaddormentarsi.
La festa era stata un successo come tutti gli anni, organizzarla era una faticaccia
ma se gli ospiti si divertivano valeva la pena sudare qualche camicia in più e anche lui alla fine
si era svagato, le autrici pettegole lo avevano distratto dai suoi problemi a cui non voleva pensare.
Aveva deciso di non vedere più Yuki, l'aveva lanciato via, lontano dal suo cuore e dai suoi pensieri,
ma come un boomerang lui era tornato indietro.
Stava tenendo la mano di Takano fuori dall'albergo, sotto i fiocchi di neve, quando lo vide.
Era lì, in piedi, con le mani nelle tasche dei jeans sportivi e gli sorrideva.
Il cellulare nella tasca interna della giacca vibrava e Ritsu ricordò che dovette ricorrere
a tutta la sua concentrazione per non leggere quello che gli aveva scritto, non arrossire,
non piangere, calmare i battiti del suo cuore e non correre da lui,
semplicemente non era pronto a rivederlo.
Sei proprio uno stupido, dopo tutto quello che ti ho fatto, dopo il modo in cui sono sparito,
tu mi hai sorriso ancora una volta... mi dispiace.”.
Avendo capito che ormai il sonno l'aveva abbandonato, s'infilò i boxer e scese dal letto
per andare alla ricerca del padrone di casa.
L'aveva trovato, era seduto sul divano che fumava una sigaretta.
Come un gatto si avvicinò e posò la testa sulle sue gambe coperte da una pesante tuta nera,
«Non riesci a dormire?».
Takano iniziò ad accarezzargli i capelli, «No, avevo troppi pensieri per la testa.».
«Del tipo? Con me puoi parlare di tutto lo sai.».
I due si guardarono per un minuto, o forse per un'ora, il tempo sembrava essersi fermato,
Davvero posso farlo? Allora, con chi eri stanotte? Anche se dicevi il mio nome,
non ero io quello che stavi amando, Ritsu... con chi eri?”.
«Niente di importante, non preoccuparti, solo che domani mattina devo partire
con Yokozawa per lavoro, te l'avevo detto che sarei stato fuori una notte, non ricordi?».
«Me ne ero completamente dimenticato, se ci pensi sembra una barzelletta, quando io sto in ferie,
tu devi partire, ma è lavoro, non ci si può far niente.».
Dopo essersi stiracchiato per bene, il giovane si alzò in piedi e gli tese la mano,
«Io vado a dormire, tu che fai? Resti qui o vieni con me?».
«No, penso che resterò ancora qualche minuto.».
 
Ritsu dopo aver mandato un messaggio, cancellandolo subito dopo dagli ‘inviati’, si tirò su
le coperte fino al mento e chiuse gli occhi.
Non voleva che partisse, non voleva che lo lasciasse da solo, non voleva sbagliare di nuovo,
Mi dispiace, mi dispiace tanto.”, ma era già troppo tardi e consapevole di quella certezza
si addormentò.
 

                                                                                                     ‘Voglio solo vederti...’.











Angolino dell' autrice, si fa per dire u.u
 
Eccoci qui, allora che posso dire? Le idee di Ritsu sono confuse e paurosamente chiare, so che è un controsenso,
ma nella mia testa è così che vedo il nostro Ri-chan e spero che sia riuscita a spiegarlo bene,
o almeno quel tanto che vi abbia fatto capire la mia idea xD
Ritsu ha provato a lasciarsi tutto alle spalle, a lasciare il povero Yuki per dedicarsi completamente a Takano,
ma ha fallito miseramente... o forse no? O.o Cosa succederà adesso? Qualche ipotesi?
Ah... l'amore che cosa complicata *O*, comunque fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo
e se siete riusciti a capire qualcosa in più di questo Ritsu pasticcione xD
 
Questa Fic sarà aggiornata settimanalmente, ogni giovedì , e come sempre ringrazio tutte le persone
che hanno iniziato a leggere questa storia e che continuano a seguirla, spero che vi siate divertiti a leggere.


Bene, da Vivienne è tutto e, come sempre, al prossimo capitolo se vi va.

Ja ne ^_^


 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Yuki no Hana ***


Disclaimer: Sekai-ichi Hatsukoi è un'opera di Shungiku Nakamura, io non traggo alcun profitto da questa storia.

Buon giorno a tutti! È arrivato giovedì! Come ci eravamo lasciati? Mmm mi sa non troppo bene xD
Allora per saperne di più leggete questo nuovo capitolo, noi ci vediamo dopo nel mio piccolo angolino ^^  buona lettura ;-) 








 
Chi diavolo è a quest'ora?”.
La mano afferrò la sveglia sul comodino e la portò davanti al viso, “Chi è il cretino che osa
Aspetta, ho dettocretino’, quindi deve essere per forza... Kiyoshi.”.
Il campanello continuava a suonare con insistenza e Yuki, per non sentirlo,
afferrò il cuscino portandoselo sopra la testa. Era fastidioso, sopratutto per chi avesse un forte mal di testa
dovuto ai postumi di una sbornia, “Brutto deficiente mi hai portato in giro per locali tutta la notte,
sto male, che cavolo vuoi da me alle dieci di mattina?”.
Il trentenne aveva avuto una nottata movimentata, dei mesi movimentati.
La persona che amava, di cui era diventato l'amante, era sparita nel nulla senza lasciare traccia,
come se non fosse mai esistita e lui non sapeva cosa fare.
Erano stati mesi dolorosi ed estenuanti, ma continuava ad andare avanti, perché doveva farlo,
doveva accettare che Ritsu non lo volesse più, che avesse scelto con chi stare e che lui
non si meritasse nemmeno una spiegazione, perché era quello il comportamento standard
riservato agli amanti: sentirsi dire ‘ci sentiamo’ e non vederlo più.
Una piccola, grande, parte di lui continuava a cercare delle risposte, una qualsiasi cosa
che potesse giustificare quel comportamento, ma più passava il tempo e più era diventato consapevole
del fatto che fosse stato scaricato nel peggiore dei modi, eppure non ci riusciva,
non riusciva ad odiarlo, infondo era tutta colpa sua se si era innamorato di una persona impegnata,
se amava una persona che non avrebbe dovuto amare, non così tanto.
Aveva deciso di arrendersi, si sarebbe arreso, ma almeno voleva vederlo per l'ultima volta
e grazie a Masao Onodera riuscì a sapere dove si trovasse il figlio quella sera.
Non ci pensò due volte, raggiunse il ‘Teito Hotel’ e aspettò.
Aspettò per ore sotto la neve,si sentiva un idiota, si sarebbe preso il raffreddore solo per vedere
uno stupido ragazzo di ventotto anni che faceva promesse senza mantenerle
e quando lo vide gli mancò il respiro.
Yuki sapeva benissimo che l'aveva notato, gli aveva inviato una mail, si erano guardati negli occhi,
tuttavia Ritsu continuava a tenere stretta la mano del compagno, il segnale che era tutto finito,
non sarebbe potuto essere più chiaro di così.
Se ne stava tornando a casa quando incontrò l'unico essere umano, oltre ai suoi genitori,
di cui si fidasse realmente. Nonostante sapesse quanto Kiyoshi fosse innamorato di lui,
era stato egoista e aveva deciso di sfogarsi con il suo amico d'infanzia vomitandogli addosso
tutto il dolore che provava per aver perso un amore che non era nemmeno completamente suo,
ma, come per magia, tutti i sensi di colpa sparirono dopo che l'uomo si ritrovò a girare
per locali tutta la notte.
Il campanello suonava, suonava e continuava a suonare.
Questa volta lo ammazzo per davvero!”.
In preda ad istinti omicidi, estremamente irritato, scansò il piumino, scendendo dal letto a tre piazze
indossò le pantofole e con passo deciso si diresse verso la fonte del rumore,
«
KIYO! SONO TORNATO ADESSO A CASA PER COLPA TUA E IL MINIMO CHE TU POSSA FARE
È LASCIARMI DORMIRE!» — ed aprì la porta.
Non capì esattamente cosa fosse successo, sapeva solo che era sdraiato sul pavimento di casa sua,
il peso che sentiva addosso gli fece capire che qualcuno era sopra di lui e le labbra
che lo stavano baciando con nostalgia fecero aumentare i battiti del suo cuore, «Tu, che...».
Una mano gentile e soffice, anche se tremava per colpa dell'emozione, gli carezzò la guancia,
«Mi dispiace, non sono ‘Kiyo’.».
Senza nemmeno cercare di capire cosa stesse accadendo si tirò su a sedere, lo strinse forte a sé
e Ritsu si lasciò cullare.
Quella mattina il giovane Onodera, dopo aver salutato il suo compagno, che doveva andare a Kyoto per lavoro,
si era trovato in mezzo ad un profondo conflitto interiore, ma fu il suo corpo a scegliere per lui
e aveva deciso di andare a Shinjuku, di tornare in quell'appartamento insolitamente grande
e di rivederlo dopo tanto tempo, lo voleva con ogni fibra del suo organismo e ora finalmente era lì, fra le sue braccia.
Si baciarono trattenendo il respiro, rabbrividendo, abbracciandosi e sentendo la presenza l'uno dell'altro,
esplorando la pelle morbida sotto i vestiti, eccitandosi.
«—spetta... aspetta un attimo, non qui...».
Yuki lo guardava beandosi di quell'immagine così perfetta e sorrise, «Sì, hai ragione,
il pavimento non è comodo, andiamo di là.».
I due si alzarono da terra e prima che l'altro potesse fare un passo Ritsu abbracciò la schiena nuda
davanti ai suoi occhi, «No, non voglio farlo ora, voglio farlo stasera, nel mio letto.».
«Lo sai che non si può, il tuo fida—».
«Il mio fidanzato è partito e io sono in ferie, quindi cosa ti piacerebbe fare oggi?».
Con delicatezza sciolse l'abbraccio e sedendosi sul tavolo in vernice bianco si accese una sigaretta,
«Se sono con te mi va bene qualsiasi cosa, ma perché sei qui?».
«Mi dispiace, non volevo sparire così, no, in realtà volevo farlo, ma quando ieri sera ti ho visto
e ho letto la mail che mi avevi mandato, io... hai rovinato tutto Yuki, è tutta colpa tua, tu mi fai confondere...
e poi ti avevo detto che volevo vederti, ho risposto al tuo messaggio, non l'hai letto?».
Un messaggio? Probabilmente se l'avessi visto non mi sarei disperato così tanto.”,
con le gambe attirò più a sé il ragazzo cingendogli i fianchi, «No mi dispiace, avevo il telefono spento.».
«Eri con il tuo amico d'infanzia ieri notte, giusto? Quello innamorato di te.».
Senza riuscire a trattenere una piccola risata spense la sigaretta, «Sei forse geloso?».
«No, solo... odio il modo in cui ho bisogno di te, odio il fatto che non so lasciarti andare,
non ne sono capace, molto probabilmente quel tuo amico saprebbe renderti molto più felice di me
e odio questa consapevolezza, odio non poterti rendere felice.».
Yuki scese dal tavolo e gli buttò le braccia al collo così forte da farlo soffocare,
quelle parole lo avevano fatto arrabbiare, il tono con cui le aveva dette lo avevano fatto arrabbiare,
così tranquillo e sereno, “Non ho bisogno di questo, maledizione!”, aveva bisogno di lui,
solo di lui, «Sta' zitto per una volta e ascoltami, tu mi rendi felice e non importa se mi odi,
anzi va bene, continua pure a farlo, perché io ti odio di più, io ti odio così tanto...».
Sorridendo Ritsu ricambiò l'abbraccio chiudendo gli occhi e avvertì subito quella sensazione
di completezza che gli era tanto mancata, «Grazie Yuki.».
«Sei uno stupido, ti ho detto che ti odio, quindi perché diavolo dovresti ringraziarmi?».
Il ragazzo gli prese il viso fra le mani e alzandosi leggermente sulle punto gli stampò
un delicato bacio sulle labbra morbide, «Perché questa è la più bella dichiarazione d'amore
che tu mi abbia mai fatto.».
 
                                                                        *
 
Il lavoro stressante era finalmente finito e i due uomini avevano trovato rifugio in un accogliente izakaya,
dopo aver lasciato le scarpe nell'apposito armadietto, erano stati gentilmente scortati
nella loro stanza privata ed avevano ordinato sia da mangiare che da bere.
«Questo posto è davvero carino, senza l'aiuto della Sensei non l'avremmo mai trovato.».
Takano sorseggiò piacevolmente la birra fresca, «Sì, ma questo viaggio non ci voleva.».
«Hai ragione, tutti ora sono in ferie e noi abbiamo avuto questa fastidiosa sessione di autografi,
ma che ci vuoi fare è lavoro, non potevamo dire di no.».
‘— ma è lavoro, non ci si può far niente.’, nel ricordare quelle parole inconsapevolmente
strinse di più il bicchiere di birra che aveva in mano, «Basta, sta' zitto!».
Takafumi prese la mano dell'amico, «Ehi Masamune, tutto bene?».
Era preoccupato, da troppo tempo lo vedeva strano, nervoso, e anche quella giornata
non fece eccezione, si era visto che per tutto il tempo aveva avuto la testa altrove,
anche un cieco se ne sarebbe accorto.
«Sì, va tutto bene.».
Facendo finta di niente allungò le bacchette prendendo un pezzo di makizushi,
«Vedi il lato positivo di questa situazione, avevi detto che volevi bere di nuovo con me
e visto che ti conosco bene so che volevi parlarmi di qualcosa, quindi perché non inizi
a raccontarmi qual è il lato negativo di questo viaggio?».
Il lato negativo di questo viaggio è che lui, lui...”, gli occhi color nocciola guardavano in basso,
sapendo che quelli dell'amico stavano aspettando una risposta, ma lui si sentiva
così dannatamente stupido, «È che lui è solo...».
«Quando dici ‘lui’, parli di Onodera giusto? Non è più un bambino può stare da solo per una notte,
non trovi? Ma forse— senti c'è qualcosa che non va tra di voi?».
Imitando Yokozawa prese anche lui un pezzo di makizushi, soffriva sicuramente per amore,
ma aveva anche una fame tremenda, «Penso che Ritsu si stia vedendo con qualcuno.».
Una risata riempì la stanza, «Stiamo parlando della stessa persona? L'Onodera che conosco io,
non ne sarebbe mai capace e poi almeno glielo hai chiesto?».
«Senti, se tu avessi il dubbio che Kirishima-san ti tradisca e tu glielo chiedessi,
secondo te come reagirebbe?».
L'uomo si accese una sigaretta e iniziò a pensarci arrivando ad una crudele conclusione,
«Dipende, credo che se non fosse vero riderebbe e se fosse vero, non so perché,
ma so per certo che si metterebbe a ridere comunque... quel cretino.».
Quell'affermazione per un attimo lo fece sorridere e si concedette un altro pezzo di sushi,
«Almeno avrebbe una reazione, è umano che ad una domanda del genere si reagisca,
indipendentemente da quale sia la verità.».
«Quindi glielo hai chiesto, quale reazione ha avuto Onodera?».
«Lui non ha reagito, lui che va nel panico, che arrossisce, balbetta, urla e piagnucola,
semplicemente non ha reagito, è rimasto calmo, come se gli avessi chiesto di...
non so farti nemmeno un esempio visto che di solito si agita anche per le cose più stupide.».
La porta scorrevole della sala venne aperta e la cameriera portò le altre ordinazioni che posò sul tavolino
portando via i piatti vuoti, dopo un inchino appena accennato uscì.
«È strano, però non è la prova che ti tradisca e poi lo hai appena detto tu, lui reagisce così
per le cose più stupide e voi non vi siete mai trovati ad affrontare discorsi particolarmente impegnativi,
quindi quella potrebbe essere semplicemente la reazione che ha quando si trova davanti
a situazioni più complicate, non avevi pensato a questa possibilità?».
«Sì, ci avevo già pensato, per di più la nostra storia va avanti come prima, non c'è niente di diverso,
quindi o mi sbaglio io... o lui sa mentire dannatamente bene.».
 
                                                                     *
 
In quella giornata fredda ma piena di sole Ritsu e Yuki avevano fatto tutte quelle cose
che si erano negati fino a quel momento godendosi ogni istante dedicato solo a loro due.
Erano restati a letto abbracciati raccontandosi di cosa avessero fatto in quei due mesi di separazione,
per pranzo si erano presi il solito gelato, avevano passeggiato teneramente abbracciati
per il parco di Shiba, visitato il magnifico acquario e comprato gli ingredienti per la cena.
Nonostante Yuki si fosse offerto di cucinare, l'altro non volle sentire ragioni e il risultato
fu che dovettero comprare qualcosa di pronto al kombini vicino casa,
ma prima di mangiare decisero di farsi un bagno rilassante godendosi la birra fredda.
Per il dopo cena avevano visto un vecchio film avvolti in una coperta di pile scambiandosi qualche bacio
e non ci volle molto tempo prima che quei baci innocenti si trasformassero
in un uragano di emozioni e sensazioni.
Gli occhi verdi, ancora lucidi per il piacere che avevano appena provato,
si lasciarono cadere sfiniti su quelli dorati, «Yuki, ti da fastidio se restiamo così?».
«Mi stai chiedendo se per me va bene farmi sfruttare come materasso?».
Quella voce così calda e sensuale, ancora affannata, all'orecchio di Ritsu suonava come
una musica che non avrebbe mai voluto smettere di ascoltare, «Sì.».
Yuki stampò un bacio sui capelli umidi ed iniziò ad accarezzargli piacevolmente
la schiena calda e sudata nonostante fosse gennaio e fuori nevicasse, «Fa' quello che vuoi,
per tutto il tempo che vuoi.».
Era decisamente senza energie, ma, facendo un ultimo sforzo, il giovane allungò il braccio
e afferrò il piumino che avevano fatto cadere dal letto, con dei movimenti goffi cercò
di sistemarselo addosso per coprirsi al meglio e, letteralmente parlando, si spalmò di nuovo
sul corpo nudo dell'amante a mo' di lontra, «È stato bello oggi... mi sei mancato così tanto.».
«Cosa ti è mancato di me?».
La mano che prima stava carezzando la schiena si era spostata e delicatamente
gli stava scansando i capelli dal viso accaldato, «Mi è mancato ‘Yuki’, mi è mancato sentirti suonare
il pianoforte, sentirti cantare sotto la doccia, mi sei mancato semplicemente tu Yuki.».
«Il pianoforte eh... cosa vorresti che ti suonassi?».
Il ragazzo sopra di lui si mosse appena, «Lo sai benissimo.».
Gli occhi dorati sorrisero, «No che non lo so.».
«Invece sì, non farmelo dire, è imbarazzante.».
«Sarà anche imbarazzante, ma non mi sembra che tu sia arrossito.».
«Con te non ci riesco, sei così diverso da lui... tu mi tranquillizzi.».
Non sapendo più cosa rispondere, il trentenne rimase in silenzio e ascoltò il respiro dell'uomo
che amava farsi sempre più pensante fino a quando capì che si era addormentato.
Come Ritsu non era rimasto particolarmente sorpreso dalla domanda che Yuki gli aveva fatto,
così lui non era meravigliato dalla risposta che aveva ricevuto.
Non aveva mai dubitato dei sentimenti del giovane nei suoi confronti, sapeva che ogni cosa
che diceva gli veniva dal cuore, che non aveva problemi ad esternare quello che provava
e non c'era cosa che lo rendesse più felice, ma allo stesso tempo Yuki era preoccupato.
Continuava a chiedersi per quanto ancora sarebbe andata avanti, quanto avrebbe resistito Ritsu
in quella situazione, quando avrebbe scelto con chi stare. Ora era fra le sue braccia
beatamente addormentato, ma stava iniziando a vacillare e quella lontananza di due mesi,
anche se era stata completamente colmata in un giorno, ne era la prova.
La pesantezza di quei pensieri gli fece chiudere gli occhi e stringere quel corpo esile un po' di più,
«La prossima volta ti suonerò ‘Yuki no hana’ tutte le volte che vorrai.».










Angolino dell' autrice, si fa per dire u.u
 
Eccoci qui, oggi preparatevi perché ho molto da dire u.u
Inizio col dire che ho amato scrivere questo capitolo e spero che voi l'abbiate amato leggendolo.
Volendo fare un brevissimo riassunto possiamo dire che: i due piccioncini si godono un'intera giornata insieme facendo
quello che non pensavano avrebbero mai potuto fare, mentre Takano è a Kyoto e si sfoga con Yokozawa (e spero davvero
di non essere andata in OOC con lui T.T) che forse ha fatto più danni che altro xD , sarebbe stato troppo facile altrimenti xD.
 
Questa Fic sarà aggiornata settimanalmente, ogni giovedì , e ora passiamo alle note:
 
- Izakaya: L'avevo già detto e lo ripeterò brevemente, l'izakaya può essere paragonata alle nostre osterie
                 o ai Pub inglesi.
- Yuki no hana: Il titolo di questo capitolo è "Yuki no hana", letteralmente "fiori di neve", ma inteso come, ovviamente, "Fiocchi di neve".
 
"Yuki no hana" è una bellissima canzone giapponese cantata da Mika Nakashima ed è stata cantata
anche da Hayley Westenra in inglese con il titolo di "Snow flower".
Non ho potuto fare a meno di inserirla perché è stata questa canzone ad ispirare la fic che sto scrivendo
e mi sembrava corretto darle i giusti meriti xD
 
Qui trovate la cover del piano di cui parla Ritsu, http://www.youtube.com/watch?v=Ha7SQyD5BkM
;
Qui trovate l'originale, (purtroppo ho trovato solo la short version T.T) http://www.youtube.com/watch?v=aRQxLcPrLes
;
Qui il testo giapponese con la traduzione inglese, http://www.animelyrics.com/jpop/nakashimamika/yukinohana.htm
;
 
Io vi consiglio di sentirla e tradurvi il testo perché a mio parere è veramente bellissima ^^
 
Come sempre ringrazio tutte le persone che hanno iniziato a leggere questa storia e che continuano a seguirla,
spero che vi siate divertiti a leggere, continuate a formulare le vostre ipotesi e la piccola anticipazione che vi darò oggi
è di non perdere assolutamente il prossimo capitolo... a buon intenditor poche parole ;-)
 
Bene, da Vivienne è tutto e, come sempre, al prossimo capitolo se vi va.

Ja ne ^_^


 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** "Sorridi e sii felice" ***


Disclaimer: Sekai-ichi Hatsukoi è un'opera di Shungiku Nakamura, io non traggo alcun profitto da questa storia.

Buon giorno a tutti! Come avevo detto oggi ci sarà una "pre-scossa" e l'entrata in scena di un "nuovo" personaggio,
spero che vi piaccia (perché a me piace moltissimo u.u). 
Per saperne di più leggete questo nuovo capitolo, noi ci vediamo dopo nel mio piccolo angolino ^^  buona lettura ;-) 













 
Takano era fermo davanti alla porta dell'appartamento 1202, se ne stava lì, imbambolato,
con in mano la chiave che gli aveva dato il suo compagno quando si erano ufficialmente
messi insieme, ‘Usala solo in caso di vera emergenza, altrimenti me la riprendo subito.’,
era quello che gli aveva detto e lui per una volta aveva rispettato le sue volontà.
Non l'aveva mai usata senza il suo permesso, nemmeno quando Ritsu si era preso una brutta influenza,
eppure ora la teneva stretta in mano combattuto sul cosa fare.
Parlare con il suo amico gli aveva fatto bene, ma non aveva dissipato i suoi dubbi, per niente,
e fu solo grazie a Yokozawa che restò a dormire a Kyoto, quando in realtà voleva solo andare a casa,
voleva solo tornare da lui.
Dopo una notte insonne aveva preso il treno arrivando a Tokyo prima del previsto, 
due ore prima dell'orario che aveva detto al compagno, e se fosse entrato con la sua chiave 
cosa avrebbe visto? Come avrebbe reagito? — “Magari stanno ancora dormendo,
o stanno facendo colazione, o la doccia...”.  Quei pensieri lo infastidirono e senza pensarci due volte
entrò nell'appartamento.
Nel genkan c'era solo un paio di scarpe, al tavolo nessuno stava facendo colazione
e non si sentiva lo scosciare della doccia, senza far rumore si addentrò nella camera da letto,
Ritsu dormiva avvolto nel piumino, era da solo. Nonostante fosse vestito s'infilò nel letto e lo abbracciò.
Dovevi essere davvero preoccupato per aver usato la tua chiave eh... mi dispiace,
lui se n'è già andato, ti conosco così bene Takano-san...”, facendo finta di niente Ritsu mugugnò
e lo strinse a sua volta, «Sei già tornato? Sei in anticipo, è successo qualcosa?».
Masamune gli posò un bacio sui capelli profumati e chiuse gli occhi, ora che era più rilassato
la mancanza di sonno iniziava a farsi sentire, «No, solo che oggi è un giorno importante
e volevo passarlo con te, ti ricordi?».
«Oggi sono due anni che stiamo insieme, perché mai avrei dovuto dimenticarlo?».
«Cosa ti andrebbe di fare?».
Il ragazzo dagli occhi verdi alzò lo sguardo, costrinse le sue guance a tingersi di un rosso innocente
e si specchiò in quelli color nocciola, «Voglio stare con te, mi basta stare così... con te.».
 
E così fecero. Passarono il giorno del loro anniversario confinati in un letto abbastanza grande
da poter accogliere entrambi e abbastanza piccolo da costringerli ad abbracciarsi.
Lo stesso pensiero, una supplica, si fece strada nella mente dei due uomini, con la stessa intensità,
forza ed irruenza, ‘Per favore, qualcuno fermi il tempo, per favore.’.
Ma il tempo non si ferma.
Il tempo non lascia spazio agli indecisi.
Il tempo non concede nemmeno un attimo di respiro, non esiste ‘play’ né esiste ‘stop’.
Non c'è pausa, non ce n'è ed è inutile pregare. Ritsu e Takano lo sapevano fin troppo bene.
Le lancette dell'orologio cominciarono a correre, il ticchettio fastidioso risuonava incessante,
i giorni diventavano mesi, i mesi si trasformavano in stagioni e l'aria calda di settembre
era tornata a farsi sentire, eppure tutto era rimasto immutato: lo scorrere del tempo
non aveva cambiato le cose e nemmeno i sentimenti delle persone.
 
                                                                   *
 
«Mamma sono a casa, papà è qui? Gli devo parlare.».
Ritsu chiuse la porta dietro di sé lasciando le scarpe nel genkan ed entrando osservò la bella casa
in cui era cresciuto, scorse la comode piena di cristalli ed argenteria che la madre gli faceva pulire
quando da piccolo combinava qualche marachella, vide il divano dove spesso si addormentava
mentre studiava, la libreria di suo padre che l'aveva fatto innamorare della letteratura
e non vedeva sua madre, “Si lamenta sempre che non la vengo mai a trovare e poi quando
mi decido a tornare a casa lei non c'è.”.
Lasciò cadere le pesanti borse sul tatami e si sedette su uno dei cuscini a terra facendo zapping
con il telecomando. Aveva finalmente trovato un programma carino quando sentì gli occhi pesanti,
Da quant'è che non dormo? Alla Marukawa siamo alla fine del ciclo, quindi più o meno... da troppo tempo.”.
Quando Ritsu si svegliò era sera inoltrata e il volto comprensivo di sua madre fu
la prima cosa che vide, «Ri-chan, ben alzato, ci ho messo un po' per farti aprire gli occhi quindi
non ti riaddormentare, vado a prepararti il tè.».
Non sapendo con quali energie, riuscì a tirarsi su a sedere e prese il cellulare, il display luminoso
segnava le 19:00, “Perfetto, dieci chiamate perse da parte di Takano-san e cinque messaggi
ricevuti da Yuki
, sono veramente un disastro.”.
Cercando di non pensarci più del dovuto mandò una mail, ‘Scusami, mi sono addormentato
a casa di mia madre.’, — e lo inviò ad entrambi, il compagno avrebbe capito che sarebbe
tornato presto e l'amante che quel giorno non si sarebbero potuti incontrare, “Va bene così.”.
Mizuki Onodera era una donna molto forte e decisa, che aveva sempre saputo quello
che avrebbe voluto dalla vita: una bella casa, un marito presente e tanti bambini su cui riversare
il suo amore, ma sapere cosa volere e riuscire a veder realizzati i propri desideri
sono due cose differenti. Sicuramente viveva in una bella casa ed aveva sposato l'uomo che amava,
ma i tanti bambini che aveva immaginato correre, rincorrersi, per quella grande casa
non arrivarono e il marito di cui era perdutamente innamorata non si era dimostrato essere
il padre presente che lei aveva sperato.
La Signora Onodera era piccola di statura, ma su quelle spalle esili era riuscita a portare
innumerevoli pesi, troppi per quella ragazza spensierata che sognava di essere una semplice
madre di famiglia.
Le fu permesso di avere solo un figlio e lei lo amava più di suo marito, più di se stessa.
L'aveva cresciuto con amore, l'aveva consolato quando piangeva e avevano giocato insieme
per interi pomeriggi, Mizuki aveva sofferto per la scarsa presenza di Masao, ma l'unica cosa
che voleva era vedere il suo bambino felice, voleva che sorridesse dal più profondo del suo cuore.
Non importava che fosse innamorato di un uomo, o che non sapesse se seguire le orme del padre,
per lei era sufficiente vedere i suoi occhi brillare, quello bastava.
Era questo il suo desiderio, eppure, mentre lo stava guardando scrivere un messaggio,
notò che quella creatura che aveva portato solo gioia nella sua vita, ormai diventata grande, non era felice.
Facendo finta di niente versò il tè nella tazzina e la mise davanti al figlio, «Scusa per l'attesa,
se vuoi ci sono anche i chadango, so che ti piacciono tanto.».
Gli occhi di Ritsu s'illuminarono e con una corsa andò in cucina a prenderli tornando
con un'aria soddisfatta, «Sei una mamma fantastica! Ma come mai li hai presi? A voi due
i chadango non piacciono.».
Ah... Ritsu avrai anche ventinove anni, ma continui a sporcarti come un bambino di sei.”,
sospirando gli passò un fazzoletto per pulirsi dalla salsa mitarashi, «Sapevo che oggi saresti passato,
chiamalo sesto senso materno, ma come mai se qui?».
«Dovevo parlare con papà, sai quando torna?».
L'uomo si pentì amaramente della domanda che aveva appena fatto, sua madre iniziava
seriamente a fargli paura, «Tuo padre è andato a bere con i colleghi e penso che ne avrà per un bel po',
ma non voglio parlare di lui, parlami di te, come vanno le cose con il tuo fidanzato?
Ormai sono quasi tre anni che state insieme, quando pensi di presentarcelo?».
«Vanno bene e lo sai quanto siamo impegnati con il lavoro, quando troveremo un momento
lo porterò qui, ve lo presenterò e voi sarete liberissimi di fargli il terzo grado.».
Mizuki aveva osservato il ragazzo per tutto il tempo e qualcosa le disse che quel sorriso
e quella risata imbarazzata non presagissero niente di buono.
Sì, lei conosceva bene suo figlio, più di chiunque altro, sapeva quando mentiva
e sapeva quando diceva la verità, in quel momento Ritsu mentiva, «Sai, ormai sei un uomo,
non sei più un ragazzino, non ti sembra il caso di farla finita con queste bugie?».
Ignorò gli occhi verdi, freddi, che la guardavano impassibili e paziente, come solo una mamma
può essere, si alzò e si sedette vicino al figlio facendogli poggiare la testa sulle sue ginocchia,
carezzando dolcemente i capelli castano chiaro come quando era bambino,
«Ormai dovresti averlo capito che con me tutto questo non funziona, ti conosco, sono tua madre,
sono sempre stata con te.».
«Mamma sei paranoica, non so di cosa tu stia parlando.».
Anche se non poteva vederla in faccia, il ventinovenne giurò che sua madre avesse alzato
un sopracciglio in segno di sfida, «Ora se non ti dispiace vorrei alzarmi, quindi—».
«Quando eri piccolo tornavi a casa sempre pieno di graffi e quando ti chiedevo cosa avessi combinato,
tu mi rispondevi che gli altri bambini dicevano che tuo padre amava il suo lavoro
più della sua famiglia, ti ricordi? Piangevi e io ti consolavo, ma un giorno cambiò qualcosa,
il mio bambino, così rumoroso e piagnucolone, non pianse più, mi sorrideva, ‘Mamma
non ti preoccupare, papà ci vuole bene, non è vero quello che dicono’, dicevi sempre così,
come se volessi consolarmi, ma io vedevo quanto fossi triste quando Masao non poteva esserci
per il tuo compleanno, avevo capito che non eri più tu, che in realtà cercavi di non farmi preoccupare
e di difenderti dalle tue stesse emozioni, il tuo era un muro così forte e così alto...
ma, sai, per una mamma niente è impossibile, così, proprio come sto facendo adesso,
ti mettevo sulle mie ginocchia, ti carezzavo i capelli e mi facevo raccontare tutto,
tu finalmente piangevi ed io ero contenta che fossi tornato te stesso.».
Ritsu era rimasto in silenzio, sì, si ricordava di quando era bambino e le carezze sulla sua testa
erano piacevoli in quel momento come ad allora, «Un giorno... no, una notte mi ero svegliato
perché avevo fatto un brutto sogno, ti cercavo, per caso ho sentito che litigavi al telefono
con papà e tu stavi piangendo, allora ho pensato che quei bambini dicessero la verità,
mio padre preferiva il lavoro a noi due e che gli eravamo solo d'impiccio, così decisi
che non avrei voluto più vederti triste e che io non avrei più dovuto piangere,
non volevo più sentire i sensi di colpa, volevo solo essere forte, volevo solo essere felice per te.».
«Per me? Perché?».
«Perché se io ero felice, tu tornavi ad essere la mamma che conoscevo.».
Mizuki si chinò quanto bastava per posare un bacio sui capelli lisci, «Quindi è così
che è cominciata, alla fine è stata solo colpa mia, mi dispiace, ora raccontami cosa è successo,
ti va? Perché hai ‘spento’ tutto questa volta?».
Il ragazzo raccontò, raccontò tutto per la prima volta, raccontò alla madre della notte in cui
si era addormentato in treno, parlò di Yuki, di come si erano conosciuti e di quanto lo amasse.
Parlò di Takano, di quanto si sentisse in colpa e di quanto amasse anche lui.
Le disse che non poteva scegliere, o forse semplicemente non voleva, non sapeva chi scegliere,
a chi sarebbe dovuto rimanere accanto. Le spiegò di come non volesse ferire nessuno,
anche se era consapevole del fatto che tutti e due stavano soffrendo e che fosse tutta colpa sua.
Le urlò di come non li meritasse, no, lui non meritava tutto quell'amore, tutta quell'attenzione,
eppure la mano che lo stava accarezzando non aveva smesso un attimo.
Stanco di stare rannicchiato, si rigirò supino incontrando un paio occhi scuri, «Per favore,
mi spieghi— come fai a sorridere in un momento come questo?».
Il sorriso sulle labbra di Mizuki si allargò ancora di più, «Forse perché vorrei che lo facessi anche tu...
è passato un anno, non ti sembra il momento di riaccendere tutto e di tornare
ad essere il vero te stesso?».
Un piccolo e timido sussurro spezzò il silenzio che era sceso in quella grande casa, «No,
non voglio, farebbe troppo male.».
Così non va bene!”, con uno scatto la donna spostò la testa del figlio dalle sue gambe
e lo fece inginocchiare davanti a sé, con fermezza gli prese il viso fra le mani e poggiò
la fronte sulla sua, «Guardami, ascolta bene quello che ho da dirti, quando sei nato io ho espresso
un solo desiderio, ho pregato che tu fossi felice, tutto quello che voglio è che tu sorrida
dal più profondo del tuo cuore e per farlo ora tu devi piangere, se serve rompiti in mille pezzi,
io voglio solo che tu sorrida, quindi piangi... Ritsu piangi!».
A sentire quelle parole il cuore divenne più caldo, i battiti accelerarono, non doveva più controllarli,
dopo tanto tempo le guance si colorarono di un rosso spontaneo e pianse, sì, Ritsu pianse.
Tutte le emozioni che aveva represso per un anno intero lo sovrastavano come un onda
e lui stava annegando, non riusciva a respirare, faceva male.
Abbracciò forte sua madre sperando di poter stare meglio, ma non fu così.
Il suo corpo tremava e urlava, gridava di quanto gli dispiacesse, chiedeva scusa e chiamava
i nomi delle persone che amava.
Gli veniva da vomitare ma non ci riuscì, si sentiva solo, si sentiva confuso, non sapeva
cosa sarebbe successo, cosa avrebbe fatto e chi avrebbe scelto, l'unica sicurezza che aveva
erano quelle braccia amorevoli e quella voce carezzevole, «Non preoccuparti, andrà tutto bene... 
Ri-chan, tu sei e resterai per sempre quanto ho di più caro al mondo.».
 
                                                                     *
 
Quando arrivò a casa per fortuna non incontrò il suo compagno e corse in bagno dove vomitò
tutti i suoi sensi di colpa, sembrava che non dovesse finire mai, si sentiva svuotato,
completamente svuotato.
Esausto mandò un messaggio e si mise sotto le coperte con tutti i vestiti pregando
di riuscire a dormire, aveva fatto la scelta giusta? — cercò di non pensarci e si addormentò,
mentre delle dolci parole risuonavano ancora nella sua mente, “, ho fatto la scelta giusta.”.
 
 
Prendi la tua decisione prima che qualcuno lo faccia per te. Scegli Ritsu. Scegli e sii felice.
      Vedrai che si risolverà tutto, ne sono sicura, perché, per quanto possa far male,
 amare qualcuno non sarà mai un qualcosa di sbagliato. Non si può smettere di amare..














Angolino dell' autrice, si fa per dire u.u
 
Ebbene sì, il nuovo personaggio era "mamma Onodera", una mamma affettuosa, aperta,
che farebbe di tutto per il bene del suo bambino, una mamma insomma u.u
Ho adorato questo capitolo e ho deciso di inserire Mizuki in questa storia perché Ritsu da solo
non riusciva ad uscirne e chi, se non la mamma, avrebbe potuto aiutarlo? Ah... *O* come si dice,
"la mamma è sempre la mamma".
Oltre alla presenza di Mizuki abbiamo scoperto come mai Ritsu sa mentire, il mistero è finalmente svelato!!
Forse vi aspettavate di più, ma la realtà è che i bambini con la loro sincerità e curiosità possono realmente far male...
in poche parole il bambino Ritsu, per non far preoccupare la madre, iniziava a comportarsi
come lei si aspettava e crescendo, con gli anni, ha affinato questa tecnica xD
Comunque non vorrei dare una chiave sbagliata della famiglia Onodera, nella mia testa sono sicuramente
una bella famiglia che, come tante, si trova ad affrontare dei problemi, ma posso assicurarvi
che papà e mamma Onodera si stra-amano e adorano il figlio u.u
 
Questa Fic sarà aggiornata settimanalmente, ogni giovedì , e ora passiamo alle note:
 
- Genkan: L'avevo già detto e lo ripeterò brevemente, il genkan è l'ingresso delle case giapponesi, dove si lasciano le scarpe
 
Come sempre ringrazio tutte le persone che hanno iniziato a leggere questa storia e che continuano
a seguirla, spero che vi siate divertiti a leggere.
Pazientate ancora un po'... la scelta è veramente vicina, più di quello che pensate uhuhuhuhu
 
Bene, da Vivienne è tutto e, come sempre, al prossimo capitolo se vi va.

Ja ne ^_^


 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Le parole che non ti ho detto ***


Disclaimer: Sekai-ichi Hatsukoi è un'opera di Shungiku Nakamura, io non traggo alcun profitto da questa storia.

Buon giorno a tutti! Evviva è arrivato un altro giovedì e oggi non vedo proprio l'ora di aggiornare... perché?
Ah questa volta non me la sento di darvi qualche anticipazione, quindi correte a leggere, noi ci vediamo dopo
nel mio piccolo angolino ^^   Buona lettura ;-) 











 
Il mattino seguente si presentò con un forte mal di testa e con una sveglia decisamente
troppo insistente, ma almeno il secondo problema poteva essere risolto subito. La mano chiara
spuntò fuori da sotto il lenzuolo, afferrò l'oggetto irritante e, come tutte le mattine, lo lanciò
mandandolo a sbattere contro il muro, facendo sprofondare nuovamente il piccolo appartamento
in un assoluto e conciliante silenzio. “Pace.”.
Rimase rannicchiato nelle lenzuola per cinque minuti buoni e quando il dolore alla testa
divenne insopportabile da gestire, capì che avrebbe dovuto iniziare quel faticoso venerdì.
Sbuffando scansò le coperte e si diresse in cucina per azionare la macchinetta del caffè,
per ingannare l'attesa mandò una mail a Kisa dove scrisse che non sarebbe andato a lavoro
per colpa di una brutta influenza e chiamò suo padre dicendogli le stesse cose.
Il ‘bip’ che riecheggiava tra le pareti della cucina gli fece capire che il tanto desiderato caffè
era pronto e senza pensarci una volta di più estrasse la caraffa versandone un bel po'
in una tazza capiente, quella sarebbe stata una lunga giornata e lui aveva bisogno di energie.
Trascinando i piedi si avvicinò alla finestra, “Che tempo orribile, pioverà? E pensare
che le previsioni avevano detto che oggi ci sarebbe stato il sole.”.
Ritsu socchiuse gli occhi infastidito da quella luce bianca per colpa delle nuvole e bevve
un sorso di caffè mandando giù anche un analgesico, pregando che avesse subito effetto
si perse nei suoi pensieri.
Realizzò che aveva mentito un'altra volta, una piccola ‘bugia bianca’ che lo aveva portato
a comportarsi di nuovo in modo poco professionale, anche se in realtà nessuno era rimasto
particolarmente infastidito della sua condotta. Shōta rispose al messaggio dicendo
che non c'era nessun problema, il ‘ciclo’ era appena iniziato e che Takano sarebbe stato impegnato
fino a tardi con diverse riunioni; Masao Onodera non fece tante storie semplicemente perché
la salute di suo figlio veniva prima di tutto e tutti.
Il ragazzo dagli occhi verdi sorrise nel ricordare una frase che sua madre gli diceva sempre
quando era bambino, ‘Ri-chan le bugie sono come le ciliege, una tira l'altra e se ne mangi troppe
ti verrà il mal di pancia~’. Non aveva mai capito l'ultima parte della frase e ancora
non la capiva a dire il vero, ma di una cosa era certo: quella piccola bugia sarebbe stata
la sua ultima ciliegia. “Oggi finirà tutto... per davvero questa volta io”.
Quella consapevolezza lo fece piangere di nuovo, ma non fu un pianto disperato,
non fu come a casa dei suoi genitori. Ritsu non emise nemmeno un piccolo singhiozzo,
il respiro non si fece irregolare, le lacrime si limitavano a scendere da sole in assoluto silenzio,
rassegnate, mentre le sue labbra continuavano a posarsi su quel bicchiere di ceramica.
Non sarebbe servito a niente fare grandi scenate, la realtà era che aveva fatto una scelta,
dolorosa, difficile, impossibile da dire a voce alta, ma aveva fatto una scelta di cui non avrebbe mai
dovuto pentirsi, indipendentemente da quale sarebbe stato il loro futuro insieme.
Con un colpo secco della mano cacciò via le lacrime facendo inumidire parti del viso
che erano rimaste asciutte, buttò il caffè avanzato nel lavandino e andò a farsi una doccia
per togliersi di dosso quella sensazione di nervoso. Invano.
Indossò i suoi jeans preferiti con una felpa non troppo pesante e prese gli effetti personali
distribuendoli nelle varie tasche, alla fine decise di prendere anche un piccolo ombrello tascabile,
fortunato com'era di sicuro quel giorno il cielo avrebbe mandato giù il diluvio universale.
Ora era pronto. Tutto. Non aveva più scuse per rimandare l'irrimandabile.
Tirò fuori il cellulare da una delle tante tasche e compose un numero che sapeva a memoria,
«Sto uscendo adesso, tu a che punto sei?».
  
                                                                     *
 
Era un venerdì buio a Tokyo, un brutto venerdì fatto di nuvoloni grigi e bianchi.
Ritsu non aveva fatto in tempo a raggiungere il luogo dell'appuntamento che iniziò a piovere,
come il ragazzo aveva previsto. Una leggera e fitta pioggerellina.
Con lo sguardo assente osserva la gente che camminava, qualcuno correndo si copriva
la testa con una ventiquattro ore, i fidanzati cedevano le giacche alle ragazze per coprirsi
i capelli con un sorriso e altri erano sereni, camminavano tranquilli sotto i loro ombrelli colorati
guardando le vetrine, non si sarebbero fatti sconfiggere dal mal tempo.
Onodera Ritsu sotto la pioggia pensava alla sua decisione, era la cosa giusta da fare,
ma questo non voleva dire che non stesse male, che non soffrisse e che non gli venisse da piangere.
Sapeva perfettamente che anche lui, la persona a cui aveva mandato un messaggio
la sera precedente, la stessa che aveva chiamato poco tempo prima per incontrarsi
sotto quel diluvio, aveva capito cosa avrebbe fatto quel giorno, cosa si sarebbero detti
e quali parole avrebbero tenuto per loro, come si sarebbero guardati e come si sarebbero salutati.
Aspettava e guardava le persone che lo sorpassavano ignorando i suoi sentimenti e poi li vide,
tra la folla riconobbe subito quegli occhi particolari, quel colore che l'aveva fatto impazzire,
che aveva tormentato le sue notti. Quegli occhi avevano stravolto la sua vita perfetta,
li amava con tutto se stesso e quella sarebbe stata l'ultima volta che li avrebbe visti,
che li avrebbe amati. Faceva male, il cuore faceva male.
Yuki era davanti a lui e lo stava guardando in silenzio, mentre un ombrello rosso
gli impediva di bagnarsi. “Quello che dovrebbe piangere qui sono io, razza di... stupido.”.
Con un sorriso nostalgico l'uomo gli carezzò la guancia, spazzando via altre lacrime silenziose
e si chinò appena per raggiungere le labbra dell'altro, facendole unire in un piccolo, casto, bacio.
Nessuno dei due disse niente, continuavano a guardarsi negli occhi e le dita venivano intrecciate
fra loro con tenerezza, con forza, con la paura di staccarsi per poi non ritrovarsi più.
Non erano pronti, i due uomini lo avevano capito. «Vieni con me.». Yuki lo aveva capito.
Ritsu guardò la mano che stava stringendo la sua e la seguì. Non aveva bisogno di chiedere
dove lo stesse portando, non perché sapesse la destinazione, ma perché si fidava cecamente
di quella mano calda e rassicurante.
La passeggiata proseguì per qualche metro e si fermarono davanti ad una Mercedes grigia
dalle forme aggraziate, «Maniaco dei treni come mai sei venuto in auto?».
Con nonchalance l'imprenditore aprì la macchina con il telecomando e i due entrarono
allacciando la cintura, «Perché ho avuto l'impressione che dovessi parlarmi con una certa urgenza,
ma molto probabilmente mi sono sbagliato, alla fine ci resta ancora un po' di tempo
da passare insieme.».
 
                                                                        *
 
Il cameriere, avvolto nel suo completo elegante ed asfissiante, mise sul tavolo il conto del pranzo.
Ritsu fu più veloce, lo lesse, ignorò le proteste dell'altro ed estrasse la sua platinum card
che non usava quasi mai, se non in caso di vera emergenza, perché aveva deciso
che non voleva contare più di tanto sui soldi della sua famiglia e per lo stesso motivo aveva detto
a suo padre che non avrebbe dovuto pensare al suo stipendio.
La consegnò al cameriere, che la prese con un inchino eccessivamente formale, e mentre
lo guardava allontanarsi si rese conto che in un anno di relazione, lui non aveva mai pagato niente,
se non piccole sciocchezze, «Non guardarmi così, per una volta va bene no?».
Yuki sorrise, sì poteva lasciar correre, «E va bene, come— guarda, ha smesso di piovere,
andiamo a fare una passeggiata, ti va?».
«Certo, qui dentro si soffoca.».
 
L'odore pungente di salsedine li colpì in pieno e un bellissimo panorama si mostrò davanti a loro,
potevano vedere benissimo il Rainbow Bridge e la Torre di Tokyo.
Si trovavano sulla spiaggia di Odaiba, un'isola artificiale che, con la macchina, distava solo
venti minuti da Tokyo. Alcuni gabbiani camminavano senza meta, o forse cercavano soltanto
qualcosa da mangiare, decisero che non era importante ed unirono ancora una volta le mani
lasciando le impronte delle scarpe dietro di loro, dopo ogni passo, per quanto incerto fosse.
«Perché il mare? Non è proprio la giornata ideale per venire in spiaggia.».
«Non lo so, forse perché sapevo che non ci sarebbe stato nessuno oggi.», Yuki distrattamente
guardò il cielo per poi tornare ad ammirare gli occhi verdi che lo guardavano curioso,
«In più, non pensi anche tu che così sia molto più romantico?».
Nel sentire quelle parole i piedi di Ritsu si immobilizzarono, «Mi sono ‘rotto’ Yuki, cosa c'è
di romantico in tutto questo?».
Nonostante quella frase fosse un sussurro coperto dal vento e dal rumore delle onde,
gli occhi dorati riuscirono comunque a sentirla, in tutti i modi possibili. Ascoltò quelle parole
con le orecchie, con il cuore e con tutto il suo corpo, cogliendone ogni sfumatura,
ogni significato celato, non tralasciò niente, neanche il più piccolo dettaglio, «No, non ti sei rotto.».
«Invece sì, guardami, ti sto facendo solo del male.».
Il famoso imprenditore Yuki Harada, che a trent'anni era il proprietario di uno dei più famosi
alberghi di Tokyo, aveva amato, «Ti sto guardando e se stringo ancora così forte la tua mano
è perché non mi stai facendo del male, non ti sei rotto Ritsu e se così fosse non mi importerebbe,
pensavo che ormai lo avessi capito.», — aveva amato e aveva perso, «Cadendo ti romperesti
e pensi davvero che non faccia male? Io non voglio vederti soffrire, ancora non hai capito
che non è per me che lo dico, ma per te?».
Yuki Harada aveva amato ragazzi più giovani e più grandi di lui, ma non era mai diventato
l'amante di qualcuno, a dire il vero non ci aveva mai pensato e se casualmente incontrava
un uomo impegnato, faceva subito capire che lui non era disponibile, eppure qualcosa era cambiato.
La sua vita venne completamente stravolta insieme ai suoi valori, tutto grazie a quel ragazzo
che gli stringeva forte la mano per l'ultima volta, incapace di lasciarlo andare, ma per amore
di un'altra persona l'avrebbe fatto, perché lui non era abbastanza, perché aveva perso.
Voleva chiedergli dove avesse sbagliato, ma non poteva farlo, non voleva fargli del male
e sapeva che se gli avesse posto quel quesito, avrebbe visto quegli occhi limpidi,
così trasparenti, andare in mille pezzi. No, non voleva che accadesse, nessuno doveva
permettersi di sporcarli, quindi iniziò a cercare da solo la risposta a quella domanda muta.
Non aveva mai interpretato il ruolo dell'amante, ma gli riuscì particolarmente bene,
sin dall'inizio sapeva quale sarebbe stato il suo posto e lui non si era mai lamentato, sì,
aveva fatto qualche battuta ironica e giocosa, ma non gli aveva mai chiesto di lasciare
il suo compagno, non si era mai lamentato, perché andava bene così, perché Ritsu dava tutto
quando erano insieme, amandolo come nessuno avrebbe mai fatto, perché nessuno
ne sarebbe mai stato capace. Ecco la risposta che cercava, finalmente era arrivata per portare
nel suo cuore e nella sua mente un po' di chiarezza e di pace. Arrivò come un fulmine a ciel sereno,
arrivò mentre continuava a rassicurarlo, a dirgli che sarebbe andato tutto bene, arrivò
e Yuki capì che non aveva commesso nessun errore, se non quello di lasciarsi amare
e di amarlo a sua volta con tutto quello che aveva.
Non aveva sbagliato. Non aveva commesso nemmeno il più piccolo errore. Aveva amato
e perso a testa alta, amando profondamente e senza limiti. Non aveva sbagliato.
«Questa sarà la nostra ultima, bella, giornata insieme, Ritsu vorresti dirmi qualcosa
che non mi hai mai detto?».
Ritsu ci pensò su, «Sì e tu? Vorresti dirmi—»,
«Avrei una cosa da dirti, ma... va bene così no? Ora torniamo indietro, il tempo sta peggiorando.».
 
                                                                         *
 
I venti minuti in macchina furono silenziosi, interrotti solo da una pioggia fitta e pesante.
Ritsu ringraziò il fatto che la Mercedes di Yuki avesse il cambio automatico, fino all'ultimo
non voleva lasciare quella mano calda che gli trasmetteva forza.
I due uomini chiusi nel loro silenzio pensavano a quello che non si erano detti, cose piccole
e importanti che già sapevano, ma che era meglio non dire ad alta voce.
Ritsu pensò a Takano, pensò a cosa avrebbe dovuto dirgli, pensò a come sarebbero usciti
da quella situazione, se ne sarebbero usciti in qualche modo insieme.
La mano che avvolgeva la sua strinse un po' di più la presa e gli occhi verdi intercettarono
quelli dorati per poi volgere lo sguardo fuori dal finestrino. Riconobbe immediatamente
il kombini vicino casa sua, dove si erano dati appuntamento quella mattina.
L'auto accostò, Yuki spense la macchina, le mani si allontanarono e, aprendo i rispettivi ombrelli,
i due scesero dall'auto.
Mancava poco, no, ormai era finita. Tutto si era concluso come se niente fosse, come se fosse
la cosa più normale del mondo, così scontata ed ovvia. Era finita e Ritsu non aveva ancora detto
quella frase che solo lui avrebbe potuto dire. La fine.
Fingendo una sicurezza che non aveva fece il giro del veicolo raggiungendo l'imprenditore
e, com'era prevedibile, iniziò a piangere, facendo crollare quella immagine di sé così perfetta,
«Mi dispiace, davvero mi... dispiace, io non posso più farlo, ti amo così tanto, ma non ce la faccio
e se devo scegliere allora—».
Le braccia che tante volte lo avevano stretto, lo fecero per l'ultima volta, «Lo so... ma, ti prego,
non dirlo ad alta voce, vieni qui, abbracciami.». — e per l'ultima volta Ritsu abbandonò
la testa sul petto dell'altro ascoltando i battiti frenetici del suo cuore.
Yuki inspirò il profumo dei capelli chiari, profumavano di buono, di mare, di spiaggia e di sale.
Profumavano di luce, di sole, un sole caldo e avvolgente, non sapeva come fosse possibile,
ma Ritsu profumava di tante belle cose.
Lo strinse di più, ancora un po' di più, «Non preoccuparti, starò bene, tu starai bene, quindi...
quindi non romperti... Ritsu.».
E il corpo del ventinovenne si mosse da solo. La mano che fino a quel momento aveva tenuto
stretto l'ombrello lasciò la presa facendolo cadere a terra e si aggrappò con tutte le forze
che aveva al collo dell'altro attirandolo a sé.
Il bacio che si scambiarono fu dolceamaro, arrabbiato, intenso, pieno di ricordi passati
e di ricordi inventati. Le labbra venivano morse fino a farsi male, i capelli bagnati venivano tirati,
le mani si stringevano forti tra loro, graffiandosi, lasciando scie rosse sulla pelle chiara
e le lacrime sembrava non dovessero finire più.
Le persone che solo qualche ora prima li sorpassavano pensando ai fatti propri,
ora li stavano osservando con occhi curiosi, occhi comprensivi, alcuni erano disgustati
da quella manifestazione d'affetto, una mamma coprì quelli del suo bambino guardando
i due uomini con disapprovazione, ma gli amanti non se ne curarono, quella sarebbe stata
l'ultima volta. Non si sarebbero più rivisti, quello che diceva la gente non importava.
Eppure se solo avesse prestato più attenzione, se solo non avesse abbassato la guardia,
se solo non fosse stato così immerso in quel momento tanto straziante quanto passionale
e coinvolgente, Ritsu se ne sarebbe accorto. Se solo la razionalità non l'avesse abbandonato
per l'ennesima volta, il ragazzo avrebbe notato l'unica cosa che aveva ancora importanza,
avrebbe notato che in quel mare di sguardi e di pioggia, due occhi di un colore caldo
stavano soffrendo. Non avrebbero mai dovuto vedere quella scena, non avrebbero mai voluto farlo.







Angolino dell' autrice, si fa per dire u.u

Eccoci qui, prima di dire qualsiasi cosa ci tengo a fare personalmente gli auguri a Niseoki_17 
che oggi compie gli anni ^^ Buon compleanno!! Spero che questo aggiornamento ti sia piaciuto
e mi piacerebbe che lo considerassi come un piccolo regalino da parte mia ^^
 
Bene, veniamo a noi, ora voglio sapere... quante/i di voi in questo momento stanno saltando di gioia?
Ebbene sì, Ritsu ha scelto Takano (troppo prevedibile? O.o), ma ovviamente non potevo lasciare che le cose
andassero così bene, sarebbe stato troppo facile.
Questo capitolo è forse anche eccessivamente smielato, molto probabilmente (o forse no xD)
nella vostra testolina giara la domanda "Se Ritsu ha scelto Takano, allora perché è così a pezzi?".
La risposta è insita nel capitolo stesso, o almeno spero di essere riuscita ad esprimerlo bene,
comunque per non evitare equivoci lo scriverò qui a chiare lettere, come si dice "pane al pane, vino al vino".
Come ormai sarà chiaro a tutti, la storia tra Yuki e Ritsu non era una storia di sesso, ma una storia d'amore:
Yuki non ha il classico carattere dell'"amante" (del tipo "Quando lo lasci? Lascialo subito!") e Ritsu non lo tratta
come tale, Yuki era qualcosa di più vicino ad un suo secondo fidanzato. Doveva scegliere e lo ha fatto,
ha scelto Takano. L'eccesso di miele è dovuto al fatto che oggi ho voluto (o almeno ci ho provato T.T)
farvi arrivare i sentimenti reali e profondi che legano i due, che ho cercato di riassumere nel loro ultimo bacio.
In poche parole questo capitolo ha così tanto zucchero perché, per me, Yuki e Ritsu si meritavano un giovedì
dedicato alla loro separazione, siamo onesti: quando un amore finisce, chi più, chi meno, tutti piangiamo u.u
 
Questa Fic sarà aggiornata settimanalmente, ogni giovedì, come sempre ringrazio tutte le persone
che hanno iniziato a leggere questa storia e che continuano a seguirla, spero che vi siate divertiti a leggere.
Vi farò aspettare il prossimo giovedì con una domandina interessante: "E ora che Takano ha scoperto tutto,
nel modo peggiore, che succederà?".... mah... qualcuno ha qualche ipotesi? Chi lo sa?
 
Bene, da Vivienne è tutto e, come sempre, al prossimo capitolo se vi va.

Ja ne ^_^

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** "Odiami di più" ***


Disclaimer: Sekai-ichi Hatsukoi è un'opera di Shungiku Nakamura, io non traggo alcun profitto da questa storia.

Buon giorno a tutti! Oggi non mi voglio perdere in chiacchiere, è un capitolo troppo importante
e spero che lo aspettavate con ansia, se è così allora correte a leggere, noi ci vediamo dopo nel mio piccolo angolino ^^  
Buona lettura ;-) 










 
Gli occhi color nocciola si aprirono di nuovo, non ricordando per quanto tempo
fossero rimasti chiusi. Si guardarono intorno smarriti, non sapevano dove si trovassero.
C'era qualcosa di sbagliato in tutta quella situazione, quello non era il posto adatto a loro,
non avrebbero mai dovuto trovarsi su uno sporco marciapiede, sotto una stupida pensilina,
quindi perché si trovavano lì? Perché avevano dovuto assistere ad una scena così —.
Gli occhi chiari, delicati, feriti, non trovarono parole per descrivere quello che avevano visto,
non riuscivano a reagire. Pioggia. Ricordavano solo che era stata tutta colpa della pioggia.
No, non era esatto. Gli unici responsabili di quella situazione assurda, inspiegabile, impossibile,
ma corretta, erano loro. “Sono solo uno stupido.”.
Seduto per terra, sull'asfalto umida, Takano era incapace ad alzarsi, non riusciva a muoversi
e non poteva distogliere lo sguardo da quel punto indefinito, dove ora stavano passando
due amiche a braccetto, dove prima aveva visto il suo compagno, se così poteva ancora definirsi,
baciare un altro uomo. “Qualcuno mi dica che non era lui.”.
Era stanco, sconvolto, deluso, incredulo. Chiuse gli occhi, un'altra volta, sperando di vedere
solo buio, nero, pace, pensando di trovare un po' di sollievo, ma rimase deluso. Non ci fu buio,
né pace, né sollievo, solo altre immagini, tanto spiacevoli quanto reali.
Aveva scoperto che il suo infallibile intuito non si era sbagliato, aveva finalmente la prova
che il suo compagno avesse un altro uomo, l'aveva cercata così disperatamente che stava
quasi per arrendersi, ma ora era lì, nella sua testa e si maledisse per averla trovata.
Poggiò i capelli bagnati al muro e iniziò a massaggiarsi le tempie. Stava male. Era distrutto.
Masamune ricordava di come, in realtà, avrebbe dovuto svolgersi quella giornata, sarebbe
dovuto essere un venerdì come tanti altri, no, migliore visto che il ‘ciclo’ era appena iniziato.
Una volta arrivato a lavoro avrebbe visto tutti i suoi colleghi riposati e rilassati dopo tanto tempo,
lui avrebbe partecipato alle varie riunioni che erano state fissate per quel giorno
e poi avrebbe aspettato Ritsu per l'ora di pranzo e ascoltato tutte lamentele del ragazzo
su quanto fosse difficile gestire due lavori. Doveva essere tutto così semplice, tutto così pulito,
chiaro, lineare, “Allora perché sono qui?”.
Non seppe darsi una risposta, l'unica cosa di cui era certo, che sapeva, era che quel venerdì
aveva seguito un suo filo logico, il Capo-editore l'aveva seguito senza rendersene conto
e se ne era pentito, anche se sapeva che avrebbe dovuto essergli grato.
Facendo uno sforzo di memoria, che sembrava averlo abbandonato, ricordò che tutto
aveva avuto inizio con il Presidente della ‘Marukawa Shoten’. Erano più o meno le quattro
del pomeriggio quando, alla fine del terzo meeting, il Presidente si era alzato e aveva annunciato
che per cause di forza maggiore gli altri incontri sarebbero stati rimandati.
Uscendo dalla sala, aveva pensato che non gli avrebbe fatto male prendersi un caffè
prima di tornare a lavorare e fu lì che incontrò Kisa con cui scambiò qualche convenevole.
Sì, c'erano stati due piccoli imprevisti, ma davvero non poteva immaginare che quegli ‘imprevisti’
l'avrebbero portato a ridursi nello stato pietoso in cui si trovava in quel momento,
su quel marciapiede, bagnato dalla testa ai piedi, sotto quella pensilina.
Nessuno avrebbe potuto prevederlo, lo sapeva bene, eppure Takano continuava a maledirsi
per non aver ascoltato bene le parole di Kisa, ‘Ah, prima che mi dimentico! Ri-chan mi ha mandato
un messaggio dicendo che non sta molto bene e che quindi non sarebbe venuto a lavoro oggi ~’.
Continuava a ripetersi che avrebbe dovuto prestare più attenzione, ma ormai era troppo tardi,
non aveva riflettuto e aveva seguito quella concatenazione di eventi, si era lasciato trasportare,
aveva perso il controllo, “Non avrei mai dovuto farlo.”. No, non avrebbe dovuto.
Non sarebbe dovuto uscire dallo stabile, almeno non in quel momento, se non l'avesse fatto
sarebbe arrivato a casa più tardi, se non l'avesse fatto non sarebbe stato costretto a cercare riparo
per l'improvviso acquazzone. Se solo non l'avesse fatto si sarebbe risparmiato quell'immagine
di Ritsu che baciava un altro uomo, in pubblico, con una passione che Takano non conosceva,
quel ‘Ritsu Onodera’ era un totale estraneo ai suoi occhi. “Non poteva essere lui...”.
A malincuore Masamune ricordava di quanto fosse abbastanza vicino da riconoscere
la persona scesa dall'elegante Mercedes grigia, ma era troppo lontano per sentire i loro discorsi
o per vedere i dettagli dei loro volti. Avrebbe voluto avvicinarsi, avrebbe voluto chiamare
il suo compagno e tirargli un pugno, avrebbe voluto tirare un pugno anche all'altro uomo,
era sicuro di averlo già visto da qualche parte, ma non riuscì a fare niente. Parlare,
camminare, no, semplicemente muoversi, erano cose ormai sconosciute al suo fisico.
L'unica cosa che gli risultava facile era guardare i due uomini, quello, ed accettare l'idea
che ormai fosse tutto finito, che preoccuparsi per il proprio compagno, pensandolo a letto
con l'influenza, fosse il pensiero più stupido che gli fosse mai passato per la testa.
Arrabbiati, decisi, gli occhi color nocciola si aprirono di nuovo e una mano s'infilò nella tasca
dei pantaloni tirando fuori il telefono, “Sono già le otto.”.
Il suo corpo, dopo tre ore, se non di più, decise finalmente di riacquistare le giuste facoltà motorie.
Takano si alzò da terra e rimise il cellulare al suo posto, «Bene, come vuoi tu Ritsu,
mettiamo fine a tutto questo... una volta per tutte.».
 
                                                                        *
 
Il discorso che si era preparato iniziava con il classico ‘Dobbiamo parlare’, sarebbe andato avanti
raccontandogli del suo ultimo anno di infedeltà e si sarebbe concluso con l'altrettanto classico,
banale e scontato, ma sentito, ‘Perdonami’. Takano non l'avrebbe perdonato.
Ritsu uscì dalla vasca legandosi un asciugamano in vita, mentre con le mani frizionava
i capelli per farli asciugare. Non l'avrebbe perdonato, ma lui avrebbe lottato.
Ecco a cosa pensava mentre tirava su i pantaloni di felpa grigi, sarebbe riuscito sicuramente
a fargli capire quanto sinceramente lo amasse. Era pronto a fare qualsiasi cosa.
Indossò la t-shirt di cotone bianca. Avrebbe combattuto. Piangere non sarebbe servito a niente.
Una volta tornato a casa aveva pianto per tre ore di seguito, perché aveva perso Yuki,
perché avrebbe perso anche Takano. Aveva pianto perché non era pentito, aveva solo amato.
Aveva pianto per tutte quelle volte che avrebbe voluto farlo nel corso di quel maledettissimo anno,
ma le sue emozioni spente, congelate, non glielo avevano permesso.
Grazie all'acqua calda era riuscito a fare chiarezza dentro se stesso, aveva smesso di disperarsi
e accettato la consapevolezza che avrebbe dovuto fare qualsiasi cosa umanamente possibile
per farsi perdonare, perché era giusto così.
Il suono del campanello lo fece tendere come una corda di violino. L'asciugamano posato sulla testa
scivolò posandosi sulle spalle. Gli occhi verdi lanciarono uno sguardo veloce all'orologio,
le otto e venti, non si era reso conto che fosse già così tardi.
Facendosi coraggio si diresse verso la fonte del rumore, posò la mano sulla maniglia, inspirò
ed espirò lentamente, di nuovo, solo un'altra volta, un altro po', qualche secondo in più
sarebbe bastato, ma non c'era tempo, il campanello suonò di nuovo, la mano smise di tremare
e con decisione aprì la porta. Quello che vide non gli piacque. “Qualcosa non va.”.
Ritsu si prese un attimo per studiare l'uomo davanti a lui, non aveva mai visto quello sguardo,
arrabbiato e rassegnato allo stesso tempo, non gli piaceva, non stava bene sul suo volto, stonava.
 
«Takano-san, sei tutto bagna—».
«Vi ho visti.».
 
Le labbra di Ritsu s'incresparono in un sorriso amaro, “Ecco cosa è successo.”.
I due uomini non dissero niente, si limitarono a guardarsi, a studiarsi.
Ritsu gli fece segno di entrare, Takano lasciò le scarpe nel genkan e seguì il compagno nel salotto.
Decise di non sedersi sul divano, il parquet sembrava essere molto più comodo. No, non era così.
In realtà non voleva sporcarlo. No, non era nemmeno quello il motivo. «Lui... è stato qui?».
Ritsu s'inginocchiò a sua volta sul pavimento e con l'asciugamano che aveva al collo iniziò
a frizionare delicatamente i capelli dell'altro, «Takano-san sei tutto bagnato.».
Sentiva le mani delicate sulla sua testa, lo stavano accarezzando, gli erano sempre piaciute,
erano sempre state sue. Avevano il potere di calmarlo e anche questa volta sentiva che la rabbia
stava scivolando via, ora nella sua mente c'erano tutti i bei momenti che avevano passato insieme
in quasi tre anni di storia, non c'era spazio per nessun altro. Non c'erano Mercedes, non c'erano baci
né pioggia, c'erano solo loro due. Era sbagliato? Era forse sbagliato credere che avrebbero potuto
tornare ad essere come prima? Era forse sbagliato il fatto che in quel momento volesse
solo baciarlo, abbracciarlo? E se lo avesse fatto, cosa sarebbe successo? — non lo sapeva.
Così tante domande e non sapeva rispondersi, ma di una cosa era certo, voleva delle spiegazioni,
voleva la verità, «Dimmi che mi sono sbagliato... dimmi che non eri tu.», voleva che gli mentisse,
«Io ti crederò, ti crederò anche se dovesse essere una bugia... dimmi che non eri tu.».
Quando quelle parole lo raggiunsero, il cuore di Ritsu perse un battito, le mani smisero di muoversi
e buttarono l'asciugamano per terra. Non era così che sarebbe dovuta andare.
No, era tutto sbagliato, quello non era ‘Masamune Takano’, quella era un'altra persona,
qualcuno che non conosceva. “Takano-san...”. Ed era stato lui a ridurlo così.
Non lo avrebbe permesso. Non avrebbe permesso a quell'uomo di rompersi.
Finalmente capì che c'era solo una cosa che potesse fare e questa era farsi odiare, farsi disprezzare
così tanto da far sparire tutto l'amore, i ricordi più belli e il dolore che provava nei suoi confronti.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per aggiustare l'uomo davanti ai suoi occhi, ora più simile
ad una bambola rotta e l'aveva rotta lui. “Se è così che deve andare, allora sono pronto.”.
Cercando di non farsi notare Ritsu inspirò profondamente, «No, ero proprio io.». E la vide,
una piccola scintilla negli occhi del compagno, «Si chiama Yuki, è da un anno che ci frequentiamo
e, sì, è stato in questa casa, penso che tu possa immaginare quando.».
«Quando sono andato a Kyoto, giusto? Ma io sono tornato prima, non ti—».
«Non mi avevi avvertito? Ti conosco così bene, sapevo che saresti tornato prima.».
Una piccola risata sarcastica scappò dalle labbra di Takano, “Quindi è così eh? Che stupido.”.
Il sangue iniziò a scorrere più veloce, riusciva a sentire in modo chiaro e distinto la rabbia,
la stessa che aveva cercato di soffocare in tutti i modi, farsi avanti più impetuosa di prima.
«Toglimi una curiosità, questo ‘Yuki’ io l'ho mai incontrato? Ha una faccia familiare.».
«Sì, vi siete incontrati, a dire il vero vi siete visti più volte, ma ti sei accorto di lui
solo quella notte in treno, era difficile non notarlo visto che eravamo solo noi tre.».
L'uomo portò indietro i suoi ricordi e capì subito di quale notte stessero parlando,
«Scommetto che vi sarete fatti delle grandi risate, viene da ridere persino a me.».
Ritsu si alzò da terra e andò a prendere un bicchiere d'acqua, quella situazione lo stava
uccidendo dentro. Certo, il discorso che si era preparato comprendeva la fase ‘dire la verità’
e in effetti la stava dicendo, ma, i gesti, il tono con cui spiegava come fossero andate le cose
non era quello che avrebbe voluto scegliere.
Si era ripromesso di lottare, di fare qualsiasi cosa fosse in suo potere per riaverlo con sé
e avrebbe potuto farlo, avrebbe potuto dirgli che si era sbagliato, che le due persone
che aveva visto baciarsi erano due estranei, ma non sarebbe stato giusto.
Se non avrebbe potuto lottare per tornare insieme a lui, allora avrebbe combattuto per farlo ritornare
ad essere la persona che era, la persona di cui era innamorato, ovvero il Capo-editore dispotico,
pieno di fiducia in se stesso, che aveva sempre ragione, che lo faceva arrabbiare.
Tornato in salotto, dopo aver preso un bel respiro profondo, scoprì che anche l'altro si era alzato,
la schiena era poggiata sul muro bianco e le braccia incrociate al petto, «Allora?».
Una mano strinse forte la sua spalla e ora quelli ad essere con le spalle al muro erano gli occhi verdi,
che decisi non interrompevano il contatto con quelli color nocciola, «‘Allora’ cosa?».
«Allora, ti ho chiesto se vi siete divertiti a ridere di me e di quanto sono stupido.».
«No, noi non parliamo mai di te quando siamo insieme.».
«E perché mai? Problemi di sensi di colpa forse?».
Ritsu pensò accuratamente alla risposta da dare. Era la sua occasione, non poteva fallire.
Se voleva che Takano tornasse quello di un tempo allora doveva infliggere il colpo di grazia,
doveva farlo subito, prima che si pentisse della scelta che era stato portato a compiere.
Nonostante sul suo volto ci fosse un piccolo sorriso, decisamente fuori luogo, sentiva
che il suo cuore si stava rompendo. Lo attendeva una morte lenta, ma l'avrebbe superato.
Per l'uomo che amava, l'avrebbe sopportato. “Devo riuscirci, devo farlo, altrimenti...”.
«No, i sensi di colpa non centrano niente, semplicemente non parliamo di te, perché non c'è il tempo
per parlare di te
, tutto qui.».
Il giovane Onodera aveva raggiunto il suo obbiettivo e i pezzi di vetro sparsi per terra
ne erano la prova. Masamune in uno scatto d'ira gli aveva preso il bicchiere dalle mani
e l'aveva lanciato mandandolo in mille pezzi.
Non aveva senso dirgli quanto lo amasse e quanto fosse stato male, che quello che aveva visto
fosse un bacio d'addio, che aveva scelto lui, che tutto quello che voleva era stare con lui,
non aveva senso tutto questo perché sapeva che l'avrebbe perdonato, lo avrebbe abbracciato
e baciato, gli avrebbe detto di non preoccuparsi, che in qualche modo le cose sarebbero
tornate a posto e Ritsu non voleva questo, non voleva essere perdonato, perché il suo compagno
non era quel tipo di persona, non era così fragile, era diverso da lui. Ritsu era un cristallo.
Takano era uno spesso pezzo di vetro, resistente, facile da aggiustare.
«Anche quando dicevi d'amarmi, mi stavi mentendo anche in quei momenti?».
Represse le lacrime, calmò i battiti del cuore e lo guardò negli occhi, lo guardò bene,
sarebbe stata l'ultima volta che lo avrebbe visto e voleva ricordare ogni dettaglio,
anche il più piccolo, il più insignificante, «Sì.».
Temendo di non riuscire più a controllarsi, a trattenersi dal saltargli addosso chiedendogli perdono
in lacrime, indossò una felpa abbandonata sul divano, «Io ora devo andare, tu resta quanto vuoi
e riprenditi tutte le cose che hai lasciato qui.». — e senza voltarsi indietro raggiunse
il genkan dove infilò nuovamente le scarpe.
Aveva messo la parola ‘fine’ ad una relazione che non avrebbe mai voluto terminare,
non in quel modo, non con così tanta cattiveria ingiustificata, non con quel dolore,
non con tutti quei sentimenti che sarebbero rimasti inespressi.
Era finito qualcosa che non sarebbe dovuto finire. E ora era pronto per uscire da quella porta
e dalla sua vita. “Odiami Takano-san.”.
La sua buona volontà fu messa in serio pericolo quando sentì la mano grande e rassicurante
stringere con forza la sua, «Stai andando da lui?».
Con un gesto brusco la scansò liberandosi dalla presa, «Non credo che siano affari tuoi,
ma visto che ci tieni tanto a saperlo, sì, sto andando da lui.».
No, non era vero, stava tornando nella grande casa in cui era cresciuto per cercare conforto
tra le braccia di sua madre e per dire a suo padre che aveva deciso di accettare la sua offerta,
Odiami... odiami di più.”.
 
                                                                   *
 
Il weekend era finito, la settimana lavorativa era ricominciata e Takano ancora non credeva
a quello che fosse successo pochi giorni prima. Si erano lasciati. Ritsu non era più al suo fianco.
Non lo aveva più baciato né toccato, quel sabato non avevano dormito abbracciati e la domenica
non erano andati in giro insieme godendosi il loro giorno libero.
Lo odiava, Dio quanto lo odiava, ma sapeva anche che lo avrebbe perdonato di tutto,
se solo glielo avesse chiesto, perché gli mancava, perché voleva stare con lui.
Il tempo passava ma di Onodera non si era vista neanche l'ombra. Chiese ai suoi collaboratori
se lo avessero sentito, se anche quel giorno avrebbe fatto ritardo, ma nessuno seppe rispondergli.
Sempre più frustrato decise di prendersi un caffè alla macchinetta, “Ho capito che non vuoi vedermi,
ma non puoi saltare il lavoro così, sono sempre il tuo capo maledizione!”.
«Ah guarda chi c'è, Takano come va?».
Era pronto a dire al povero malcapitato di starsene zitto, invece si ritrovò a sorridere forzatamente,
«Isaka-san, va tutto bene grazie.».
«Sicuro? Deve essere difficile riorganizzare i ruoli ora che Onodera se n'è andato.».
Il caffè caldo gli andò di traverso facendogli bruciare la gola, «In che senso se n'è andato?
Quanto starà via?».
«Non lo so, ma sabato mi ha chiamato dicendo di voler dare le dimissioni, da quello che ho capito
ha ricevuto un'importante offerta di lavoro, una di quelle che capitano una volta nella vita,
Indovina? Gli hanno proposto di promuovere un autore all'estero a tempo indeterminato.  
Dovevi sentirlo, era così contento, ma pensavo che te l'avesse detto.».
Giurò che per un momento il suo cuore si fosse fermato, «No, non me l'ha detto.».
Ritsu non era più in Giappone. Era scappato di nuovo senza lasciare indizi, negandogli
un'altra volta la possibilità di cercarlo. Non lo avrebbe più visto, non avrebbe più parlato con lui
e davvero non l'avrebbe più abbracciato.
«Mi sembra strano che non tu non ne sapessi niente, ma non te la prendere, quel ragazzo
è davvero molto legato a te, vuoi sapere cosa mi ha detto?».
No, non voleva saperlo, non era per niente interessato, «Certo, mi dica.».
«‘Sto per raggiungere Takano-san, mi raccomando Isaka-san si prenda cura di lui.’,
mi aveva chiesto, implorato, di non riferirtelo, ma è stato più forte di me.».
Ritsu sei un idiota!”.
Cercando di essere il più cortese possibile si congedò e dopo aver abbaiato una serie di ordini
ai suoi colleghi corse a casa.
 
                                                                      *
 
Aveva preso il treno e salito di corsa la collina dove era stato costruito il palazzo in cui abitavano,
aveva quasi rotto i pulsanti dell'ascensore ed aveva aperto la porta dell'appartamento del compagno.
Era completamente vuoto.
 

Sto per raggiungere Takano-san—’
 
Takano si lasciò cadere a terra stremato dalla corsa e dallo shock.
Erano passati solo due giorni, non era possibile che se ne fosse già andato.
Non c'erano scatoloni da portare via, non c'era un biglietto, da qualsiasi lato la si vedesse,
quella casa era vuota, come se nessuno ci avesse mai abitato, come se non fossero mai stati felici
tra quelle quattro mura. Il divano dove guardavano abbracciati i programmi in tv o dove leggevano
non c'era più, la cucina dove Ritsu bruciava ogni cosa che cercasse di preparare non c'era più
e anche il letto dove dormivano insieme e facevano l'amore era sparito.
Lui non c'era più, eppure lo vedeva davanti ai suoi occhi con quella buffa faccia arrabbiata,
Ritsu non era capace di arrabbiarsi.
Senza rendersene conto aveva iniziato a piangere silenziosamente, “Sei il peggiore idiota del...”.
 
 
                                                                 ‘—mi raccomando Isaka-san si prenda cura di lui..












Angolino dell' autrice, si fa per dire u.u
 
Eccoci qui, ora posso confessarvi che scrivere questo capitolo mi ha stremata, ho pensato seriamente
di morire di crepacuore xD
Ci stiamo avvicinando alla fine e i nostri eroi non si trovano nella situazione più rosea del mondo, anzi,
entrambi stanno cadendo a pezzi: Ritsu per far riprendere Takano decide di farsi odiare e scappa dal Giappone;
Takano lo odia, anche se in realtà continua ad amarlo con tutto se stesso.
La reazione di Takano è stata difficile da scrivere e spero di essere riuscita a farvela capire.
All'inizio lo vediamo chiuso in un limbo senza uscita, incredulo, si da la colpa per aver visto i due amanti baciarsi
e rimpiange di aver cercato la "prova" dell'ipotetica infedeltà di Ritsu; poi si arrabbia, eccome se si arrabbia u.u,
ma come era prevedibile (o forse no... io spero sempre di no xD), durante il confronto con Onodera sembra ritrovare
un minimo di serenità, di pace, ma in realtà è solo la paura di perdere il ragazzo che lo fa sentire così,
ed è per questo che Ritsu decide di farsi odiare. Se prima non l'avevate capito, 
ora spero di essere riuscita a schiarirvi le idee xD
Vorrei dire un'ultima cosa, quando ho scritto che Takano è più simile ad un pezzo di vetro spesso e resistente,
non è in senso dispregiativo, ovviamente u.u
Masamune rispetto a Ritsu ha vissuto delle situazione più difficili e queste l'hanno forgiato facendolo diventare più "tosto",
ecco perché ho voluto descriverlo come un pezzo di vetro.
Comunque bando alle ciance, Ritsu è partito e ora che succederà? Qualcuno ha qualche ipotesi? Chi lo sa?
 
Questa Fic sarà aggiornata settimanalmente, ogni giovedì, come sempre ringrazio tutte le persone
che hanno iniziato a leggere questa storia e che continuano a seguirla, spero che vi siate divertiti a leggere.
 
Bene, da Vivienne è tutto e, come sempre, al prossimo capitolo se vi va.

Ja ne ^_^

 


 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Una brutta, bella, giornata ***


Disclaimer: Sekai-ichi Hatsukoi è un'opera di Shungiku Nakamura, io non traggo alcun profitto da questa storia.

Buon giorno a tutti! Oggi si aggiorna di mercoledì, perché giovedì io non ci sono e non voglio lasciarvi così in sospeso u.u
meglio un giorno prima che un giorno dopo giusto? ;)
Prima di tutto voglio fare gli auguri a Valiance visto che in questa settimana compie gli anni ^^  tanti tanti auguri *O*,
spero che questo regalino ti piaccia u.u
Come ben sapete tutti questa storia sta per finire, quindi godetevi il capitolo, noi ci vediamo dopo nel mio piccolo angolino ^^  
Buona lettura ;-) 










 
L'aeroporto di Narita era pieno di gente, gli altoparlanti chiamavano i nomi dei voli,
gli stranieri chiedevano informazioni alle hostess; per qualcuno Tokyo non era la destinazione finale
e, pregando di non aver perso i bagagli, aspettavano che il prossimo aereo arrivasse presto
fumando una sigaretta nell'area apposita, comprando riviste o facendo una sosta al bar.
Agli arrivi c'era chi andava via da solo, gruppi di amici erano pronti ad affrontare
una divertente avventura, una ragazza piangendo baciava il fidanzato, era da troppo tempo
che non si vedevano, i genitori tenevano i loro bambini per mano per paura di perderli
e in quel mare di abbracci un uomo di trentun anni cercava la sua famiglia con lo sguardo,
«Ri-chan siamo qui!» — e li trovò, An, suo padre e sua madre erano lì che agitavano le mani
per farsi notare, “Quanto sono rumorosi.”.
Sorridendo li raggiunse e dopo essersi fatto stritolare per bene dalla madre, abbracciò
la sua ex promessa sposa e suo padre, «Hai solo questo bagaglio a mano?».
«Oh sì, il resto l'ho spedito al vecchio appartamento.».
«Hai continuato a pagare l'affitto? Ma sei scemo? Non sprecare i soldi così!».
«Mamma non sono scemo, solo non volevo tornare e trovarmi senza casa, ora possiamo andare
a mangiare? Sto morendo di fame, ho voglia di takoyaki.».
Tra risate e prese in giro si sedettero in un ristorante dell'aeroporto dove Ritsu poté
finalmente mangiare i suoi adorati takoyaki.
«Allora Ri-chan com'è andata?».
An gli prese la mano sorridendo e lui sorrise a sua volta, «Molto bene, Parigi è stupenda
e anche il lavoro è andato bene, ma è bello sai... dopo due anni è bello essere finalmente a casa.».
 
                                                                         *
 
La ‘Marukawa Shoten’ era caotica come sempre e gli editori dell'Emerald erano sul punto
di collassare, tutti e quattro erano a conoscenza del fatto che sarebbero morti giovani,
ma amavano quel lavoro, non potevano farci niente.
Finalmente abbiamo finito.”.
Il telefono nella sua tasca vibrò e il Capo-editore si costrinse ad aprire gli occhi, notò con piacere
che anche i suoi colleghi, come lui, non erano in splendida forma, Mino aveva la testa poggiata,
abbandonata senza vita, sulla scrivania, Kisa era svenuto sul pavimento e Hatori,
con la cravatta allentata, borbottava maledizioni indirizzate a Chiharu Yoshikawa pregando
che la raggiungessero. Ecco perché quando si alzò in piedi rimase sorpreso, era convinto
che sarebbe caduto rovinosamente a terra.
Si trascinò fino alla macchinetta dove prese una bevanda energetica, sedendosi sul divano comodo
tirò fuori il cellulare, “Un messaggio.”.
Una ragazza che stava frequentando gli aveva chiesto se potevano vedersi per fare colazione
insieme, avrebbe voluto rispondere di no, che non gli andava per niente di mangiare con lei,
che era stanco visto che aveva passato tutta la notte a lavorare, ma si sforzò, ‘Certo stesso bar,
stessa ora.’. — se voleva lasciarla almeno doveva farlo guardandola negli occhi, dopo sei mesi
di relazione glielo doveva.
Sbuffando, abbandonò la testa sulla spalliera del divano e le palpebre pesanti si chiusero,
non voleva pensarci, “È già passato così tanto tempo?”.
Due anni erano trascorsi da quando la sua relazione era finita e Takano continuava la sua vita,
non si era lasciato andare come l'ultima volta, un uomo adulto non l'avrebbe fatto.
Continuava a dare il massimo a lavoro, si preparava da mangiare, usciva, frequentava donne
di cui non s'innamorava e qualche volta ritornava nell'appartamento 1202 che continuava
ad essere vuoto, in qualche modo si sentiva rincuorato, nessuno ci era andato ad abitare.
Aveva parlato troppo presto, ormai era da un mese che i facchini continuavano a portare
scatoloni e mobili, spazzando via, come niente fosse, la sua unica consolazione.
Non aveva conosciuto il suo nuovo vicino, non l'aveva mai incontrato e non gli andava
nemmeno di farlo, ormai aveva imparato la lezione. I vicini di casa posso essere pericolosi,
talmente pericolosi da farti comprare un biglietto per Londra, per poi fartelo buttare nel cestino
appena arrivati a casa.
Facendosi forza si alzò dal comodo divano e dopo aver detto ai suoi collaboratori di andare
a dormire, uscì dall'edificio.
 
                                                                   *
 
Era una giornata calda, umida e assolata, era una brutta giornata.
Takano sognava la notte, il suo letto e l'aria condizionata, invece doveva recarsi ad uno stupido
appuntamento, di cui non gliene importava niente, per mangiare, anche se non aveva fame,
con una ragazza che avrebbe lasciato tra qualche minuto. Era una brutta giornata.
Le strade erano affollate come sempre, la gente lo urtava e si scusava, improvvisamente
desiderò di trasferirsi su un'isola deserta e di mandare tutto a quel paese.
Entrò nel locale e l'aria condizionata lo rinfrescò subito, uno dei suoi desideri si era avverato.
Era una grazioso bar su due piani, ispirato alla Francia e all'Italia serviva ottimi cappuccini
e morbidi croissant. Ricordò di averlo trovato per caso, lui e la sfortunata ragazza,
in una delle tante domeniche, stavano passeggiando per la città, lei lo vide e se ne innamorò,
fu così che divenne il loro punto d'incontro e Masamune non si lamentò.
L'arredamento dai colori pastello era piacevole, ma la cosa più importante era che in quel momento
ci fossero poche persone, relativamente parlando, almeno rispetto all'ora di punta erano
decisamente di meno. Si sarebbe accontentato.
Scortato da un cameriere si sedette al tavolino avvertendo una sensazione di disagio,
come se qualcuno lo stesse osservando, non se ne curò e iniziò ad ispezionare il locale
guardandosi intorno, lei non era ancora arrivata.
Il minino che tu possa fare, dopo avermi fatto venire fin qui, è arrivare puntuale.”.
Nemmeno a farlo apposta la porta si aprì e la riconobbe subito, anche perché con un sorriso
a trentadue denti si stava sbracciando per salutarlo. Moe era una solare impiegata
di ventisette anni, i capelli castani erano corti e per essere giapponese era alta, ma non quanto lui.
Con un sorriso di circostanza la invitò a sedersi, ordinarono e la donna iniziò la conversazione.
Takano aveva sempre pensato che quella ragazza non avesse molti pregi, ma se c'era una cosa
che gli piaceva di lei era che fosse logorroica, qualcuno lo avrebbe considerato un difetto,
invece lui adorava il fatto che parlasse così tanto.
Parlava, parlava e parlava, non si stancava mai, faceva domande retoriche, faceva domande
a cui non dava tempo di rispondere, era autonoma, si rispondeva da sola.
«Mi stai ascoltando? Che domanda stupida, è ovvio che mi ascolti!».
Sorrise, «Certo, continua pure.».
No, non la stava ascoltando, stava pensando ai fatti suoi, ecco perché gli piaceva che Moe
fosse logorroica, lei parlava, lui faceva finta di ascoltare e pensava al lavoro, a cosa avrebbe
mangiato per cena, a quale film vedere e se fosse il caso di fare il bucato, era rimasto
senza mutande pulite, “Voglio chiedere a Yokozawa se stasera posso andare a trovarlo,
così ne approfitto e rivedo il mio gatto.”.
«Accidenti, oggi hai proprio una brutta faccia, ti senti bene?».
Takano sbuffò, il monologo era finito, ora doveva parlare per forza, «Sì, sto bene,
solo che ho passato tutta la notte a lavorare.».
«Capisco, ma potevi dirlo che volevi andare a casa, sei sempre il solito, non pensavo
che mi amassi così tanto, a proposito mia mamma ha detto che vuole conoscerti e—».
Alt, cos'è questa storia?”, doveva fermarla subito, prima che continuasse a dire cose senza senso
e così fece, «Moe, sei sicuramente una ragazza simpatica e abbiamo una modesta intesa sessuale,
ma io non ti amo affatto, quindi non incontrerò tua madre.».
Pensò di avere esagerato, “Ti prego non piangere, non ho voglia di consolarti.”, invece la ragazza
stava sorridendo, «Ma cosa dici? Hai sempre voglia di scherzare, ormai sono sei mesi
che stiamo insieme, è ora che ti presenti la mia famiglia, non avere—».
Oh cielo...”, la interruppe di nuovo guardandola in faccia per la prima volta, «Io non sto scherzando,
sono serissimo e se sono venuto qui, quando in realtà volevo solo andare a dormire, 
non è per amore, ma perché era questo quello che volevo dirti e ora che te l'ho detto 
vorrei continuare a fare colazione, possibilmente da solo.».
Il viso di Moe subì diverse trasformazioni: dal sorriso era passato allo stupore, dallo stupore
si era fatto serio, la serietà lasciò spazio alla rabbia e la rabbia si trasformò in copiose lacrime.
L'incubo di Takano si era manifestato, stava piangendo, ma non dovette consolarla.
La donna si era alzata e gli stava urlando contro facendo voltare tutti i presenti, lui la lasciò fare
continuando ad ignorare cosa volesse dirgli, «Ti stai rendendo ridicola lo sai?».
Evidentemente quella era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, perché Moe se ne andò
sbattendo forte la porta gridando a pieni polmoni ‘Sei solo uno stronzo!’.
Io sarò pure uno stronzo, ma tu sei veramente troppo ingenua, spiegami perché mai
dopo sei mesi dovrei conoscere la tua famiglia, quando dopo tre anni di storia non ho visto
nemmeno l'ombra della casa dei genitori di quel deficiente
? Più che altro,
perché ci sto ancora pensando?”.
Come se niente fosse successo l'uomo ricominciò a fare colazione, non si curò degli sguardi
minacciosi delle donne né di quelli comprensivi da parte degli uomini e non notò nemmeno
degli occhi particolarmente divertiti che, vedendolo da solo, si stavano avvicinando
pericolosamente, «Ah, sei un disastro, non sai che le donne non andrebbero mai fatte piangere
in quel modo? Non te l'hanno insegnato? Eh, Masamune?».
Quella voce l'aveva già sentita, la conosceva bene, ma non poteva essere lui, “Stai calmo,
stai solo avendo un'altra allucinazione uditiva e poi non ti chiamerebbe mai per nome.”.
Si sentì sfiorare la spalla, quelle mani, sapeva a chi appartenessero.
Stufo di quella situazione si decise a voltarsi e quello che vide lo lasciò senza fiato.
Ritsu era davanti ai suoi occhi, era tornato, «Posso sedermi qui?» — e gli stava sorridendo.
Non riuscendo a decidere se attaccarlo al muro e baciarlo o attaccarlo al muro e pestarlo a sangue,
per non sbagliare, decise di rimanere immobile e con un cenno del capo gli diede il permesso
di sedersi davanti a sé, «È da un po' che non ci vediamo, come stai?» — e se ne pentì.
Mi stai prendendo per il culo?”, lo guardò, non era cambiato molto in quei due anni,
per lo meno non fisicamente. Takano si diede dello stupido, era ovvio che non fosse cambiato
fisicamente, l'età dello sviluppo era passata da un pezzo e comunque erano passati solo due anni,
«Bene, quando sei tornato? Dove sei stato tutto questo tempo?».
Alzando la mano chiamò il cameriere e si fece portare una spremuta d'arancia con qualche biscotto
e un bicchiere d'acqua, «Ero a Parigi, sono tornato solo da pochi giorni.».
«Parigi? Strano, pensavo che prediligessi Londra per giocare a nascondino.».
«Mi piace cambiare.».
«Sì, me ne sono accorto, la prossima dove andrai? Visto che ti piace tanto l'Europa direi Berlino.».
«Berlino? No, decisamente troppo fredda, avevo pensato a Madrid.».
«Ottima scelta, non ci sono mai stato, ma molti amici mi hanno detto che è bellissima.».
Il cameriere arrivò posando educatamente l'ordinazione davanti al ragazzo dagli occhi verdi
e quel piccolo battibecco fatto di domande e risposte acide si spezzò, «Ecco a lei Signore.».
Takano, infastidito, osservò il suo ex compagno che con un'aria ancora divertita sorseggiava
la sua spremuta. Cosa c'era di divertente in tutta quella situazione? — «Comunque ho saputo
che sei partito per lavoro, com'è andata?».
«Oh, benissimo! L'autore di cui mi sono occupato ora è in vetta alle classifiche, sono molto soddisfatto,
devo ammettere che avrei preferito lavorare con uno scrittore francese,ma almeno non ho avuto problemi
con la lingua visto che era giapponese come me.».
Lo ascoltò attentamente mentre gli raccontava della sua esperienza lavorativa all'estero
con un'abbagliante luce negli occhi, era stato davvero così contento di andarsene senza dirgli niente,
dopo il modo in cui si erano lasciati? Perché l'aveva salutato? Perché si comportava
come se fosse tutto normale? Cosa voleva ora da lui? — «E il nuovo fidanzato come ha preso
la tua partenza? Immagino che sia venuto in Francia con te, due anni sono tanti.».
Il giovane lo guardò negli occhi e gli prese la mano intrecciandola con la sua, «Ti sbagli,
lui non è mai stato il mio compagno.».
Masamune sosteneva il suo sguardo, senza avere la minima intenzione di cedere, ma era difficile.
Aveva sognato per due anni interi quelle mani e pensava che non le avrebbe più sentite,
invece ora erano di nuovo con lui, su di lui, poteva sentirle, erano calde e rassicuranti come sempre.
Ma era difficile. «E con questo cosa vorresti insinuare?». Fottutamente difficile.
Sul volto di Ritsu comparve un sorriso nostalgico e genuino, «Insinuare? No, voglio dirti la verità.».
«La verità? E quale sarebbe la ‘verità’?».
Gli occhi verdi strinsero ancora più forte quella mano che cercava in tutti i modi
di allontanarsi da loro, non l'avrebbero permesso, non più, il tempo di stare separati era finito.
Per calmarsi si chiusero un momento e poi, quando si riaprirono, iniziarono a parlare
e parlarono come non avevano mai fatto — «Il giorno in cui ci hai visti, il giornoche ci siamo lasciati,
avevo deciso di incontrare Yuki per dirgli che avevo deciso con chi stare e—».
Nella mente di Takano tutte quelle immagini e ricordi affiorarono con impetuosità,
come se fosse passato solo un giorno, come se quei due anni non fossero mai esistiti
e bastò quello per far interrompere bruscamente il contatto con quelle mani che tanto amava,
perché non ci stava capendo più niente, doveva essere lucido, non doveva, non voleva,
lasciarsi trasportare, «E tu hai scelto lui.».
No.”, Ritsu si sporse quanto bastava e per un attimo catturò le labbra dell'altro fra le sue,
perché era stato lontano da lui per troppo tempo, era cresciuto, finalmente era alla sua altezza,
l'aveva raggiunto, finalmente poteva tornare dal suo primo amore, «No, io avevo scelto te.».
Come se non fosse successo niente richiamò il cameriere e pagò le due colazioni,
«Ora devo andare, ci vediamo a lavoro ‘Takano-san’, o magari stasera, chi lo sa...~».
 
Non aveva avuto il tempo di dire o fare nulla, se non guardarlo mentre usciva dalla porta
di quel maledetto bar scomparendo dal suo campo visivo, mentre nelle sue orecchie risuonava
ancora quella voce cantilenante e soddisfatta. “ ‘A lavoro o stasera’? Che cavolo sta succedendo?”.
Masamune iniziò a maledire quella brutta, bruttissima, estenuante giornata.
Non dormiva da giorni, aveva lasciato la ragazza che stava frequentando creando una scenata
e, dulcis in fundo, aveva dovuto affrontare il suo ex compagno, che aveva dato per disperso
con il suo attuale fidanzato, che aveva scoperto non essere tale, perché in quel fatidico giorno
Ritsu aveva scelto lui e non il famoso ‘Yuki’. “Ho dimenticato qualcosa?”.
Iniziava ad avere mal di testa. Non riusciva a capacitarsi di come fosse stato possibile
che nell'arco di qualche ora si fosse venuta a creare una situazione del genere, in più
quella maledettissima giornata era appena iniziata. Maledizione, infondo tutto quello
che avrebbe voluto erano solo tre semplici cose: la notte, il suo letto e l'aria condizionata.
Deficiente, non potevi restartene a Parigi?Non potevi lasciarmi in pace?”.
Takano strinse i pugni. L'aveva cercato per così tanto tempo, aveva addirittura pensato
di andarlo a cercare in Inghilterra per prenderlo a calci in culo, ma poi pensò che i vecchi metodi
fossero migliori, così aveva iniziato ad inviargli messaggi e a chiamarlo, ma ogni volta
la fastidiosissima voce della segreteria telefonica gli diceva allegramente che il numero selezionato
era errato o inesistente. Ritsu aveva cambiato numero, non voleva essere trovato,
quindi come poteva presentarsi così all'improvviso e baciarlo? —  lo maledisse.
Sentiva ancora le labbra morbide sulle sue, quelle che aveva sognato per due lunghissimi anni.
Il cellulare suonò avvisandolo dell'arrivo di una nuova mail, la lesse e senza pensarci due volte
salvò il numero sconosciuto,“Non penso che ci vorrà molto tempo idiota.”.
 
Takano aveva conosciuto tanti ‘Ritsu’ nel corso della loro storia e ogni volta si era innamorato di lui,
quella, di certo, non sarebbe stata un'eccezione.
 
 
                                          ‘Ti farò dire un'altra volta che mi ami... sarà meglio che ti prepari !’.
 
 
 
 
 
 
 
«La fragilità del cristallo
non è una debolezza, ma una raffinatezza

 
Into the wild
 

 
 
 

                                                         FINE











Angolino dell' autrice, si fa per dire u.u
 
AAAALT!!!! FERMI TUTTI!!!
Sappiate che anche se c'è scritto "fine", non è finita per niente u.u manca il l'epilogo xD
quindi avremo ancora un giovedì (ovviamente non questo xD) da passare insieme T^T
o forse se mi sento buona aggiornerò mercoledì... mmm dipende da come mi gira,
quindi tenete i vostri bellissimi occhietti ben aperti xDDD Comunque che posso dire,
ho amato questo capitolo e ridevo mentre lo scrivevo (lo so, sono scema u.u),
quindi spero che abbiate riso anche voi e spero di avervi fatto felici.
Ritsu è tornato dal suo primo amore ed è cambiato di nuovo, ora è sicuro di sé
(forse anche troppo xD), mentre Takano si arrende ai suoi sentimenti
e non ci capisce niente di nuovo, ma va bene così no?
Fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo e mi raccomando
passate un divertentissimo primo maggio ^^
 
Questa Fic sarà aggiornata settimanalmente, ogni giovedì/mercoledì (?), come sempre ringrazio tutte le persone
che hanno iniziato a leggere questa storia e che continuano a seguirla, spero che vi siate divertiti a leggere.
 
Bene, da Vivienne è tutto e, come sempre, al prossimo, ultimo, capitolo se vi va.

Ja ne ^_^


 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Cristallo ***


Disclaimer: Sekai-ichi Hatsukoi è un'opera di Shungiku Nakamura, io non traggo alcun profitto da questa storia.

Buon giorno a tutti! Oggi si aggiorna di mercoledì, perché lunedì è stato il compleanno di charizard1996
e quindi come regalino ho deciso di accontentare lei e tutte/i voi. Ti faccio tantissimi auguri e spero che possa
considerare questo epilogo (ultimo capitolo) come un bel regalino da parte mia ^^
 
Come ben sapete tutti questo sarà l'ultimo aggiornamento, quindi godetevelo, noi ci vediamo dopo
nel mio piccolo angolino ^^  Buona lettura ;-) 








 
Tu non sei come gli altri, tu fai delle cose, tante cose, e ne immagini ancora delle altre
                 ed è come se non ti bastasse una vita sola per farcele stare tutte.
 
Era una bella giornata a Tokyo. Il sole caldo di luglio era smorzato da un piacevole quanto
raro e fresco venticello. Era una giornata di festa a Tokyo. Sì, di festa.
Quel giorno su una delle tante terrazze del Crystal Hotel, si sarebbe tenuto un matrimonio,
ma non sarebbe stato il loro, perché il loro era già stato celebrato qualche anno prima
e ora Ritsu insieme alla sua famiglia assisteva emozionato alla cerimonia del suo amico,
ex collega di lavoro, Hatori, l'editore della Marukawa Shoten.
Non si sarebbe celebrato il suo matrimonio, ma questo non gli impedì di ripescare nella sua
memoria cari e caldi ricordi. Ricordò di come fosse agitato e allo stesso tempo felice mentre
la fede dorata scivolava sul suo anulare, trovando finalmente il suo posto. Ricordò di come
gli tremassero le mani quando dovette mettere quell'anello pieno di significati al dito
del suo compagno. Ricordò di quanto fosse stata passionale la prima notte di nozze in quella suite
bianca e argento, quella che aveva dato inizio ad una serie di eventi. La loro preferita.
Inconsapevolmente si trovò a stringere la mano di suo marito ancora di più, mentre i due
novelli sposi, Hatori e Chiaki, si scambiavano le fedi e suggellavano con un bacio le loro promesse.
Gli invitati si alzarono in piedi applaudendo, mentre una manina si aggrappò ai pantaloni
del suo completo strattonando la stoffa per avere un po' di attenzione e ci riuscì.
Ritsu abbassò lo sguardo e incontrò gli occhi azzurri di sua figlia, una bambina di quattro anni
con dei bellissimi capelli ramati, «Izu-chan che succede?».
Izumi lasciò andare i pantaloni del padre e si strinse nelle spalle, «Papà, Izu-chan deve fare la pipì...».
«Adesso? Non riesci a tenerla per cinque minuti?».
«No, papà... adesso!».
Ritsu sospirò rassegnato, ma era meglio perdere un momento emozionante piuttosto che sporcare
il vestitino color panna che suo marito le aveva comprato il giorno prima.
Nonostante gli avesse detto che non ce ne fosse affatto bisogno, che la loro amata figlia era piena
di vestiti più o meno eleganti, l'altro non aveva voluto sentire ragioni e l'aveva comprato.
La viziava. La viziava troppo per i gusti di Ritsu. Forse era per questo che lui veniva chiamato
semplicemente ‘papà’, mentre la sua dolce metà aveva ricevuto l'altisonante titolo di ‘Papi’.
«Va bene andiamo, aspetta solo un attimo che—».
«Papà, no, ora, il bagno ora, di corsa.».
Gli occhi verdi si posarono di nuovo sulla bambina e finalmente capirono.
La paternità non era una cosa facile da gestire, entrambi avevano fatto errori e continuavano a farne,
ma dagli errori si impara e ormai Ritsu sapeva che quando Izumi si molleggiava sulle gambe
stringendole, cercava di resistere e che quando diceva la parolina magica ‘di corsa’,
allora non c'era più tempo. «Izu-chan, resisti, ti prego, non farla adesso!».
Veloce, con una velocità da far invidia anche ai Super Eroi, la prese in braccio ed iniziò a correre
cercando di essere il più discreto possibile. Ma un uomo che corre come un pazzo ripetendo
come un mantra ‘il bagno di corsa, il bagno di corsa’, con in braccio una bimba che ride divertita,
non può passare inosservato.
Fortunatamente i due riuscirono a raggiungere i servizi senza creare danni, questo solo perché
ormai conosceva quell'albergo come le sue tasche e sapeva esattamente dove fosse il bagno 
più vicino, altrimenti non avrebbero mai fatto in tempo.
Ora con calma, riprendendo fiato, ripercorrevano quei corridoi eleganti, lui camminava,
Izumi trotterellava e saltellando da una parte all'altra elencava tutte le cose buone
che si sarebbe mangiata e quanto si sarebbe divertita.
Quando raggiunsero di nuovo la terrazza Izumi scomparve dal suo campo visivo, ma non se
ne preoccupò più di tanto, l'hotel di suo marito era l'unico posto dove poteva permettersi
di perdere di vista quella vivace testolina rossa, e comunque sapeva che molto probabilmente
era andata a cercare il suo amico Haru, il figlio di sei anni compiuti del Presidente Isaka e Asaina,
per chiedergli di giocare insieme.
Notò che la terrazza era stata rivoluzionata, le sedie bianche ed eleganti erano allineate
contro il muro per permettere agli ospiti di godersi l'aperitivo, mentre i camerieri facevano girare
a braccio champagne e vino, ma anche succhi di frutta e acqua per i più piccoli o per gli astemi.
Individuò i due sposi e vedendoli circondati dai loro familiari decise che si sarebbe
congratulato con loro più tardi.
Prese un bicchiere di champagne e iniziò a cercare con lo sguardo suo marito, fallendo
miseramente. “Beh, a mali estremi, estremi rimedi.”. Se lui non sapeva dove fosse Yuki,
c'era una persona che sapeva sempre, ventiquattro ore su ventiquattro, dove si trovasse,
ovvero la sua segretaria. E non notare lei era impossibile.
«Come sempre, hai fatto un ottimo lavoro oggi, Hikari-san.».
Sentendosi chiamare, la donna smise di maltrattare un povero cameriere, aveva osato mettere
sullo stesso vassoio sia i bicchieri vuoti che quelli pieni, «Oh, la ringrazio Onodera-sama,
se sta cercando Izumi-chan l'ho vista poco fa, è andata—».
«Hikari-san, davvero, te lo diciamo sempre che non c'è bisogno di tutta questa formalità,
comunque non stavo cercando Izumi, in realtà cercavo l'altro bambino, sai dirmi dov'è?».
Hikari sistemò gli occhiali sul naso e ignorò, come sempre, la prima parte del discorso,
«Se cerca Harada-sama lo trova laggiù, lo vede? Sta parlando con mio fratello e il suo fidanzato.».
L'uomo seguì la traiettoria del dito e riconobbe subito il trio che con i bicchieri pieni
chiacchierava serenamente, «Ah, grazie mille.».
 
Io non so... a me la vita sembrava già difficile, sembrava già un'impresa viverla e basta.
                     Ma tu, tu sembra che devi vincerla, la vita, come se fosse una sfida.
                                  Sembra che devi stravincerla, una cosa del genere.
 
Facendo attenzione a non urtare nessuno, li raggiunse e posò una mano sulla spalla del marito
per segnalare la sua presenza, «Eccoti finalmente, si può sapere dove eri finito?».
Distrattamente posò il bicchiere vuoto e ne prese un'altro. «Scusami, c'è stata un'emergenza bagno,
allora, di cosa parlavate?». Essere papà era bello, ma altrettanto bello e soddisfacente era passare
un po' di tempo con gli adulti sorseggiando dell'ottimo vino.
«Niente di che, stavo giusto invitando Kiyoshi e Masamune per il compleanno di Izumi.».
«Ah, è vero, pensate di riuscire a venire?».
Gli occhi color nocciola s'incastonarono in quelli verdi, eppure non provarono niente,
se non un profondo affetto, «Certo che ci saremo, Kiyoshi non si perderebbe mai i cinque anni
della sua preziosissima Izu-chan ~ ».
«Masamune smettila di prendermi in giro, tanto lo so che sei solo invidioso.».
 
        Una roba strana. Un po' come fare tante bocce di cristallo... e grandi...
Prima o poi te ne scoppia qualcuna e a te chissà quante te ne sono già scoppiate,
                                          e quante te ne scoppieranno.
 
Sia Ritsu che Yuki sorrisero e mentre i due continuavano a battibeccare, unirono le mani
intrecciando le dita fra loro.
 
Però, però quando la gente ti dirà che hai sbagliato e avrai errori dappertutto dietro la schiena,
                                                                  fottitene.
                                                  Ricordatene. Devi fottertene.
 
Era una giornata di sole a Tokyo, una giornata di festa e qualcuno avrebbe detto che fosse
anche una giornata strana. Chiunque lo avrebbe pensato osservando lo strano quadretto.
Eppure quella era la prova più lampante che fosse tutto normale. Era la prova di quanto il tempo
prendesse le cose e le collocasse al posto giusto.
Il tempo fa finire relazioni, solo per farne nascere di nuove. Fa incontrare e rincontrare persone
che si pensava non esistessero o di aver perso. Invece erano sempre state lì.
Ecco cosa aveva fatto il tempo, nel corso di quei dieci anni aveva stravolto situazioni e sentimenti.
La storia di Ritsu Onodera e Masamune Takano che sembrava non dovesse finire mai,
si era conclusa tre anni dopo essersi chiariti. Non ci fu una motivazione reale, concreta,
semplicemente come si erano trovati, ad un certo punto si erano persi. Forse per colpa di Ritsu,
troppo concentrato sulla sua carriera. Forse per colpa della paura di Masamune
di perdersi nuovamente. Forse perché non si parlavano più, troppo occupati a nutrire
delle stupide ansie. Semplicemente una mattina si erano alzati, si erano guardati negli occhi
e con un sorriso triste, con la morte nel cuore, si erano detti che non stava più funzionando,
che la loro storia non riusciva ad andare avanti, a salire quel gradino in più.
Era stato difficile, ma Onodera non scappò e Takano non si lasciò trasportare dagli eventi.
Aspettarono pazientemente che la persona giusta comparisse davanti a loro, con tutta l'emozione
e la curiosità di chiedere ‘Dove sei stato per tutto questo tempo?’.
Era una notte afosa quando Masamune incontrò Kiyoshi. Era su un treno che Ritsu ritrovò Yuki.
Non era stato facile, raggiungere quella serenità sembrava una cosa impossibile da realizzare,
ma ora erano felici, non stavano insieme, stringevano la mano di altre persone, ma erano felici.
Takano era prossimo al matrimonio. Onodera si era sposato ed era diventato papà.
Avevano raggiunto quell'età dove non si poteva più chiamarli ‘ragazzi’, e insieme alle prime
innocue rughe era arrivata anche l'intelligenza dei quarant'anni, quella che ti dice
che è inutile serbare stupidi rancori per semplice ripicca, che ti consiglia di ringraziare
tutti gli ostacoli che hai trovato sul tuo percorso, perché è solo grazie a quelli se sei arrivato
al punto di poter abbracciare l'uomo che ami, senza alcun tipo di peso sul cuore.
La saggezza dei quarant'anni ti bisbiglia dolcemente all'orecchio che il primo amore si ricorda,
perché prima o poi finisce, ma non è cinica, ecco perché continua dicendoti che dovrai
conservarlo con cura e tenerlo sempre nel cuore.
Ma ai quarant'anni ci si doveva arrivare e per raggiungere quell'equilibrio ci vollero anni.
Se quello era il risultato, allora era valsa la pena aspettare che il tempo passasse, che il tempo
sistemasse le cose per quelle menti confuse e arrabbiate che ancora non riuscivano a farlo,
perché in quel momento la serenità di poter stare insieme a chiacchierare, a prendersi in giro,
a progettare compleanni, era talmente tanta da non poterne più fare a meno.

Tutte le bocce di cristallo che avrai rotto erano solo vita, non sono quelli gli errori,
                                                          quella è vita
                         e la vita vera magari è proprio quella che si spacca,
                                quella vita su cento che alla fine si spacca.
 
«A proposito di Izumi, dov'è finita? È da un po' che non la vedo saltare da una parte all'altra
come una cavalletta impazzita.».
Senza nemmeno farlo apposta due piccole braccia gli abbracciarono le gambe, «Papi ~ ,
Izu-chan ha fame, quando si mangia?».
Kiyoshi fu più veloce e prese la bambina in braccio, facendola staccare dalle gambe
del suo amico d'infanzia, «Ah, lo sai che pure lo zio Kiyo ha fame? Vogliamo fare un gioco?».
Gli occhi azzurri a sentire la parola ‘gioco’ s'illuminarono, «Sì che bello! Quale?».
«Izu-chan, lo zio Kiyo e Mune-niichan , giocheranno a saccheggiare il buffet! Ti piace?».
Oh sì, il gioco ad Izumi e Kiyoshi piaceva, quelli che avrebbero voluto dire qualcosa erano
i due genitori della bambina, che vedevano già quel vestitino chiaro coperto di macchie
dai colori dell'arcobaleno, e il povero, non interpellato, ‘Mune-niichan’, che veniva trascinato
dal compagno senza possibilità di controbattere.
Per la felicità di Masamune al gioco si unirono anche Haru  e la piccola Hoshi, la figlia
di quattro anni di Kisa e Yukina, che voleva disperatamente essere presa in braccio da lui.
 
Io questo l'ho capito, che il mondo è pieno di gente che gira con in tasca le sue piccole
   biglie di vetro
, le sue piccole tristi biglie infrangibili, e allora tu non smetterla mai
                                       di soffiare nelle tue sfere di cristallo.
 
Due uomini divertiti guardavano quel simpatico teatrino, non credendo che potesse
realmente esistere tanta felicità.
«Sai, Yuki, in realtà c'è una cosa che non ti ho mai detto.».
L'uomo incuriosito e scettico l'abbracciò e alzò un sopracciglio, mentre Ritsu mise le braccia
intorno al suo collo, «Sono cinque anni che stiamo insieme, cosa non mi avresti detto?».
Gli occhi verdi si specchiarono in quelli dorati, «Non è vero che odio i treni...».
Non ci volle altro per capire il significato di quella frase, la più bella dichiarazione d'amore
che qualcuno gli avesse mai fatto, infondo era stato grazie a degli stupidi treni
se si erano incontrati e ora avevano quella bellissima vita al limite della perfezione.
«Lo sapevo già.».
Posò un bacio leggero sulle labbra dell'uomo che era suo marito e sorrise, «Visto che ormai
hai confessato quanto ti piacciono, perché non vendiamo le nostre macchine?».
Ritsu iniziò a divincolarsi in quell'abbraccio, maledicendo la sua stupidità e quella dell'altro,
chiedendosi perché mai l'avesse sposato. Le braccia di Yuki allentarono un po' la presa,
si abbassò al livello del suo orecchio, «Anche io...» — e per non farlo scappare via fece in modo
di allacciare ancora una volta i loro sguardi. «Cosa anche tu?».
«Anche io voglio dirti una cosa che non ti ho mai detto. Sei la mia persona di cristallo, Ritsu.».
Gli occhi verdi si alzarono sulle punte raggiungendo le labbra che tanto gli piacevano,
«Sì, lo sapevo già...».
Il bacio che si scambiarono fu lento, dolce e pieno d'amore, finalmente completo grazie
alle parole che avevano tenuto per loro quel giorno grigio, ormai lontano, sulla spiaggia di Odaiba.
E poi, quando le labbra si allontanarono di nuovo, la magia come era iniziata, era finita.
«Comunque pensaci—».
«No.».
«Potremmo davve—».
«No.».
«‘No’ cosa?».
«No.».
«Non dire ‘no’, non sai nemmeno—».
«No.».
«Almeno mi fai finire di—».
«No, non ti faccio finire di parlare, perché so che stai per dire qualcosa di estremamente stupido.».
«Ma—».
«No, non venderemo le nostre macchine, se tu preferisci andare in giro su quei mezzi infernali,
vorrà dire che la tua la terremo per Izumi quando compierà diciotto anni.».
Ritsu riuscì finalmente a togliersi da quell'abbraccio soffocante e guardandosi in giro
notò Kisa e Yukina, insieme a Yokozawa e Kirishima, che parlavano con i novelli sposi.
Decise che fosse il momento giusto per andare a fargli gli auguri per una felice vita insieme
piena di stupidi litigi infantili. «Bene, ora che hai rovinato il momento, me ne vado.».
Detto, fatto. Iniziò a dirigersi verso la coppia felice e cercò di ignorare suo marito che si stava
divertendo a farlo arrabbiare, «‘Mezzi infernali’? Ma se hai appena detto che non li odi ~ .».
 
  Sono belle, a me è piaciuto guardarle, per tutto il tempo che ti sono stato vicino...
   ci si vede dentro tanta di quella roba... è una cosa che ti mette l'allegria addosso.
 
«Ho detto di no! Ma perché diavolo ti ho sposato? — Io odio i treni!»
 
Non smetterla mai... e se un giorno scoppieranno anche quella sarà vita, a modo suo,
                                                      meravigliosa vita.
 
                                  (Alessandro Baricco, “Castelli di Rabbia”)











Angolino dell' autrice, si fa per dire u.u
 
AAAAAH!!! VI HO FREGATE EH?! Con me non potete rilassarvi nemmeno un attimo muahahahahahah.
Alla vera fine Ritsu ha messo su famiglia con Yuki e Takano con Kiyoshi, per chi non se lo ricordasse
Kiyoshi sarebbe l'amico di infanzia di Yuki, che da sempre era stato innamorato di lui.
Ora, onestamente, chi ha pensato che sarebbe potuta finire così? E chi è contenta/o per questo finale?
*Nessuno* T____T
A mia discolpa posso dire che lo potevate capire, almeno di Ritsu e Yuki, da cosa? Beh ovvio u.u dal capitolo
"Le parole che non ti ho detto", non esiste che io lasci delle cose in sospeso. In quel capitolo ho scritto
che non si erano detti cose piccole e importanti che già sapevano, quindi se si fossero rincontrati
senza stare insieme non se le sarebbero potute dire, invece in questo modo... sì e se le sono dette xD.
Per quanto riguarda Takano e Kiyoshi, è più o meno lo stesso concetto: non esiste che io inserisca
un personaggio innamorato e non ricambiato senza fargli trovare la felicità, e beh... Takano era libero,
come potevo lasciarlo solo al suo destino? Non esiste al mondo una cosa del genere ^^
Comunque mi è piaciuto tantissimo scrivere questo epilogo che spero vi abbia fatto sorridere e capire
che sono felici, tutti quanti, davvero, nessuno escluso. Ci è voluto del tempo, ma alla fine
tutti hanno accettato tutti (anche se mi immagino quando Kiyoshi dice ai due di volergli presentare
il nuovo fidanzato e si trovano davanti Takano AHAHAHAHAH).
Voglio inoltre precisare che Ritsu è stato fedelissimo a Takano quando stavano insieme e che nella loro storia
non c'è mai stato il fantasma di Yuki, quando ho scritto che Takano aveva paura di perdere Ritsu
era per la sua reale e costante paura di perderlo che compare anche nel manga e nell'anime, che a mio parere
non fa bene alla coppia, come non fa bene dare le cose per scontate e concentrarsi solo sulla carriera Ri-chan è.é
Senza tanti giri di parole, come realmente è, se non si parla, le cose peggiorano e si rovinano.
Comunque crescendo tutti e due hanno tirato fuori gli attributi e nonostante avessero paura riescono
ad andare avanti con positività ^^
Alla fine della fic Ritsu ha 41 anni, Takano e Yuki 43, Kiyoshi non lo so, perché non ho mai detto quanti anni avesse,
Comunque si aggira anche lui sui quaranta xD
 
Ora voglio spiegarvi l'arco temporale, più o meno le cose si sono svolte in questo modo u.u
Dalla fine del precedente capitolo sono passati dieci anni, Ritsu e Takano stanno insieme per tre anni
e le due coppie si mettono insieme lo stesso anno in cui Ritsu e Takano si sono lasciati: Prima di sposarsi
Yuki e Ritsu stanno insieme per due anni e dopo tre anni (tempo minimo per richiedere l'adozione, più o meno)
decidono di adottare Izumi (il nome significa "Fontana", e visto gli occhi azzurri e la sua vivacità mi sembrava
un nome appropriato, adoro quella bambina *O*) che ha due anni ^^, quindi se nella fic ne ha quattro significa
che sono due anni che vive con i suoi adorati papà u.u; Takano e Kiyoshi, col fatto che non si sono mai visti
e conosciuti, non sono ancora sposati, ma come ho scritto sono prossimi al matrimonio, anche se nella mia
testolina malata hanno avuto a che fare con qualche problemino nel corso della loro storia, ma tutto è bene
quel che finisce bene ^^ giusto?
 
Nonostante l'epilogo sia incentrato sulle due coppie ho voluto farvi dare uno sguardo anche al futuro degli altri
personaggi: Hatori e Chiaki si sono appena sposati; Isaka e Asaina, sono sposati e hanno il bambino
di sei anni Haru (Primavera); Kisa e Yukina sono sposati e hanno la bambina di quattro anni Hoshi (Stella);
Anche se non l'ho scritto anche Kirishima e Yokozawa sono sposati, ma niente bambini per loro,
forse decideranno in futuro di adottare xD
 
Bene penso di aver spiegato tutto, quindi ora passiamo ai saluti e ai ringraziamenti.
 
Ringrazio davvero di tutto cuore tutte le ragazze, nessuna esclusa, che hanno lasciato recensioni
(se c'è qualche ragazzo mi scuso per non averlo capito u.u), non sapete quanto sia stata contenta ogni volta
di leggere le vostre lodi e i vostri insulti xD per non dire i nostri messaggi privati dove io mi sono
letteralmente ammazzata dalle risate u.u
Ringrazio tutte le persone che hanno inserito questa fic tra le preferite, le ricordate e le seguite,
e ovviamente ringrazio chi mi ha inserito tra gli autori preferiti.
Ringrazio tutti i lettori silenziosi, siete davvero tanti e vi ringrazio tutti per aver seguito la storia, anche se
non ho avuto modo di scambiare qualche parere con voi, spero che vi siate divertiti e che abbiate riso
e pianto o non lo so xD spero che vi sia arrivato qualcosa ^^
 
Inoltre voglio "ringraziare" tutte le canzoni che mi hanno ispirato, anche le più deprimenti, ma se dovessi
scegliere una "colonna sonora" per questa fic allora sarebbe "Cool" di Gwen Stefani u.u  ecco perché
vi metto il link, non so... metti caso vi va di ascoltarla dopo aver terminato di leggere ^^


http://www.youtube.com/watch?v=dmbg6VYHJKA
 
VI RINGRAZIO TUTTI E SPERO CHE QUESTI MESI PASSATI INSIEME SIANO STATI DIVERTENTI
PER VOI QUANTO LO SONO STATI PER ME.

 
Ecco, ora ho finito di scrivere il mio papiro...
Ah, posso piangere? Mi sono affezionata troppo a questa fic, non voglio lasciarla andare T^T
 
Bene, fatemi sapere cosa ne pensate di questo epilogo, ricopritemi di insulti, li accetterò con gioia u.u
ma visto che per mp è difficile comunicare chi vuole può aggiungermi su FB mi fa solo che piacere ^^
mi trovate sotto il nome "Vivienne Novanta" è impossibile sbagliare xD
Voglio lasciarvi con una domandina curiosa: Ora che farete quando arriverà il giovedì? Ahahahaha X°°D
 
 
Bene, da Vivienne è tutto, alla prossima Fan Fiction se vi va.

Ja ne ^_^



 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2419105