The Butterfly Effect

di TheSlayer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Proposal ***
Capitolo 2: *** The First Crush ***
Capitolo 3: *** The First Kiss ***
Capitolo 4: *** Stolen Heart ***
Capitolo 5: *** The Meeting ***
Capitolo 6: *** The Heartbreak ***
Capitolo 7: *** The West Coast ***
Capitolo 8: *** The Moonlight Talk ***
Capitolo 9: *** The Ocean ***
Capitolo 10: *** The Terminal ***
Capitolo 11: *** The Surprise ***
Capitolo 12: *** The Date ***
Capitolo 13: *** The Mistake ***
Capitolo 14: *** The Third Degree ***
Capitolo 15: *** The Decision ***
Capitolo 16: *** The Privacy Issue ***
Capitolo 17: *** The Idea ***
Capitolo 18: *** The Instructions ***
Capitolo 19: *** The Family ***
Capitolo 20: *** The First Big One ***
Capitolo 21: *** The Confession ***
Capitolo 22: *** The Truth ***
Capitolo 23: *** The Breakfast Club ***
Capitolo 24: *** The First Real Date ***
Capitolo 25: *** The Club ***
Capitolo 26: *** The Stadium ***
Capitolo 27: *** The Lie ***
Capitolo 28: *** The Matchmaker ***
Capitolo 29: *** Epilogue ***



Capitolo 1
*** The Proposal ***


Capitolo 1 – The Proposal
 
“Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla
sia in grado di provocare un uragano dall’altra
parte del mondo.”
— The Butterfly Effect (2004)
 
Il ragazzo interruppe la cena e si inginocchiò davanti alla ragazza. O meglio, si posizionò su un solo ginocchio. La sua fidanzata portò le mani alla bocca e cominciò a tremare.
Come se quello fosse stato un segnale, si abbassarono lievemente tutte le luci del ristorante tranne una, cioè quella puntata su di lui. Partì una canzone romantica e sulla parete libera di fianco ai ragazzi cominciarono a venire proiettate delle immagini della coppia. Il ragazzo e la ragazza in piedi di fronte alla Tour Eiffel, abbracciati sull’Empire State Building con la vista di New York alle loro spalle, che si baciavano davanti al molo di Santa Monica e via dicendo.
“Sarah, il giorno in cui ti ho incontrata è stato il più bello della mia vita.” Cominciò a dire il ragazzo. Ormai tutti i presenti al ristorante avevano smesso di mangiare per guardare quel momento. “Non avrei mai immaginato di fare una cosa del genere, invece eccomi qui. Farei di tutto per te, andrei anche sulla Luna e te ne riporterei un pezzo se tu me lo chiedessi. “Continuò.
“Mark…” Mormorò Sarah, asciugandosi una lacrima con una mano tremante.
“Sarah, ti amo.” Disse semplicemente Mark, aprendo il bottone della sua giacca e infilando una mano al suo interno. Estrasse una scatolina di velluto rossa e la aprì davanti alla sua fidanzata. “Ho guardato gli anelli di tre gioiellerie diverse prima di trovarne uno degno della tua bellezza. Sei la persona più importante di tutta la mia vita e spero di passare il resto dei miei giorni insieme a te.” Continuò.
“Mark…” Ripeté la ragazza, che ormai era in lacrime. “Ti amo.”
“Sarah, vuoi diventare mia moglie?” Domandò il ragazzo. Lei annuì e scoppiò a piangere.
“Sì! Sì! Ti amo, Mark! Ti amo tantissimo!” Esclamò. Lui estrasse l’anello dalla scatolina e lo infilò al dito della sua amata. Tutti i presenti al ristorante cominciarono ad applaudire, mentre i due si abbracciavano e si baciavano. Tutti, tranne me.
“Kim!” Sibilò la mia sorella gemella Cassie, dandomi una leggera gomitata.
“Cosa?” Domandai, scocciata.
“Fai la persona educata.” Mormorò la ragazza, indicandomi con la testa la coppia di piccioncini esattamente di fianco a noi. Roteai gli occhi al cielo e mi sforzai di sbattere le mani, anche se in realtà avrei voluto scappare il più lontano possibile da quel posto. Da quando avevo capito che il ragazzo di nome Mark stava per chiedere alla sua fidanzata Sarah di sposarlo, avevo desiderato essere da qualche altra parte. Anzi, avevo proprio maledetto il secondo in cui il mio cervello mi aveva fatto scegliere proprio quel tavolo.
“Come sono carini!” Esclamò mia sorella con occhi sognanti.
“Ne riparleremo tra qualche mese o anno, quando decideranno che il matrimonio è un’incredibile cazzata e divorzieranno. Complimenti per aver appena fatto aumentare le statistiche delle coppie che scoppiano.” Borbottai, abbassando lo sguardo sul piatto ancora mezzo pieno che avevo davanti. Perché avevano scelto proprio quel momento per quella disgustosa manifestazione d’amore? Non potevano aspettare almeno che finissi la mia buonissima insalata caprese? Insomma, quello era solo il mio antipasto, avevo ancora tutta una cena davanti a me!
“Kim…” Mi richiamò Cassie. “Non so perché sei così cinica. Sono una coppia bellissima e sono sicura che staranno benissimo insieme.”
“Sì, almeno fino a quando lui poserà gli occhi su una ragazza più attraente e la tradirà. Oh, sì, lo so. Succederà quando lei rimarrà incinta, sarà gonfia e avrà il pancione e lui non la troverà più attraente. O appena dopo il parto.” Risposi.
“Ma smettila.”
“Oppure potrebbe diventare dipendente da un tipo qualsiasi di droga o dal gioco. O potrebbe diventare un alcolizzato, tornare a casa ubriaco tutte le sere e picchiarla.” Aggiunsi.
“Kim, non tutte le coppie che vedi in giro faranno la fine dei nostri genitori.” Disse Cassie, sistemandosi il tovagliolo sulle gambe e ricominciando a cenare.
“Di quali genitori stai parlando, esattamente? Del padre che ci ha abbandonate ancora prima della nascita, della madre che è finita in galera quando avevamo sei anni o di tutti quelli a cui siamo state affidate dopo e che ci hanno riportate indietro al primo errore commesso da una delle due?” Domandai. Non volevo essere così dura con Cassie, perché era la persona più importante del mondo per me, ma odiavo certe cose. Non facevano altro che riportare alla luce vecchi ricordi che volevo solo dimenticare.
“Abbiamo avuto un’infanzia difficile, è vero.” Concordò mia sorella. “Ma ormai siamo adulte e stiamo entrambe per affrontare delle avventure importanti. Non dobbiamo lasciare che il passato ci rovini il futuro.” Aggiunse. Era una frase che mi ripeteva sempre. Non contavo nemmeno più tutte le volte che me l’aveva detta in vent’anni di vita.
“Sì, e tutti gli uomini non sono uguali.” Dissi.
“Esatto! Guarda lui, ha fatto un gesto romanticissimo.” Replicò Cassie, spostando lo sguardo sulla coppia di futuri sposi e guardandoli con aria sognante. Eravamo sempre state l’uno l’opposto dell’altra, sin da piccole. Lei era romantica e sognava di vivere una favola. E ci era anche vicina, visto che il suo ragazzo era perfetto e l’amava vergognosamente tanto. Si erano incontrati all’ultimo anno di scuola e avevano cominciato a legare perché erano entrambi nel gruppo dei migliori studenti e avevano fondato un club di dibattito. Stavano insieme da quel momento. Lei continuava a ripetermi che tra loro era stato un colpo di fulmine, ma io non le credevo. Per me non esistevano. Io, invece, ero una delle persone più ciniche del mondo. Avevo provato ad avere qualche ragazzo in passato, ma non faceva per me. Avevo rinunciato definitivamente all’amore lo stesso anno in cui Cassie aveva incontrato Nathan, il suo ragazzo.
“Io l’avrei picchiato.” Risposi, riprendendo anch’io a mangiare la mia caprese.
“Perché?”
Strabuzzai gli occhi e sospirai.
“Una scenata del genere in pubblico? In un posto pieno di sconosciuti? Anche volendo, come avrebbe fatto lei a dirgli di no con tutta quella gente che li guardava?”
“La pensiamo decisamente in modo diverso.” Rispose Cassie. “Se Nathan mi avesse chiesto di sposarlo in quel modo avrei avuto esattamente la stessa reazione della ragazza.”
Sospirai di nuovo e scossi leggermente la testa, decisa a cambiare discorso. Dovevamo semplicemente riconoscere di non essere d’accordo su quell’argomento.
“Sei pronta per domani?” Chiesi.
“Per le sette ore e mezza di volo, per la nuova città o per il corso?” Domandò di rimando Cassie con un sorriso nervoso.
“Per tutte e tre le cose, ma soprattutto per il corso.” Risposi.
“Sono nervosa, ma sono pronta. Tu sei pronta per lo stage?”
Annuii, mordendomi l’interno del labbro. In realtà ero terrorizzata, ma non volevo mostrarlo. Oltre ad essere quella cinica ero sempre stata quella più coraggiosa delle due e non volevo che Cassie si spaventasse.
Il giorno successivo ci saremmo trasferite a New York, dove mia sorella avrebbe frequentato un corso di un anno per diventare una Wedding and Event Planner, mentre io ero stata abbastanza fortunata da essere accettata da Sophia Warden, la mia fotografa preferita, per uno stage di tre mesi. Avevamo pianificato tutto e avevamo lavorato per risparmiare i soldi che ci avrebbero permesso di vivere in un minuscolo appartamento a Manhattan per dodici mesi. Una volta tornate a Londra, con il titolo ottenuto da Cassie dalla prestigiosa Accademia in cui avrebbe studiato e con la raccomandazione di Sophia, avremmo potuto lavorare ovunque e vivere finalmente la vita che avevamo sognato fin da piccole.
Quella sera avevamo deciso di concederci una cena in un ristorante italiano per festeggiare la nostra partenza. Avevamo speso più della media, ma avevamo mangiato benissimo. Insomma, dopo tutto il duro lavoro di entrambe l’avevamo meritato, no?
“Sarà un anno… diverso.” Commentò Cassie, mordendosi il labbro come faceva sempre quando era nervosa.
“Sarà un anno fantastico.” Dissi, cercando di infonderle un po’ di coraggio. In realtà non lo sapevo. Non ero mai stata negli Stati Uniti in tutta la mia vita. Non ero mai uscita da Londra! Sapevo solo quello che avevo letto su Internet, mentre visitavo i forum di viaggio quando non riuscivo a dormire di notte. Leggevo le storie delle altre persone, degli altri ragazzi della nostra età che stavano vivendo l’esperienza che avremmo voluto vivere anche noi e cercavo di tranquillizzarmi.
 
Dopo sette ore e mezza di volo – in classe economica, ovviamente, perché nessuna delle due avrebbe potuto permettersi altrimenti – Cassie ed io atterrammo all’aeroporto JFK di New York City. Vedere la bandiera degli Stati Uniti mi fece provare una sensazione strana all’altezza della gola. Un nodo. Possibile che mi stessi commuovendo? Guardai gli occhi di Cassie. La mia gemella aveva quell’aria sognante che assumeva quando guardava un film romantico o quando parlava di Nathan.
“Siamo a New York!” Esclamò, asciugandosi una lacrima. Era il sogno della sua vita visitare l’America e frequentare un corso per diventare organizzatrice di matrimoni. Ne parlava da quando aveva sette anni.
“Tecnicamente non siamo ancora in suolo americano.” Dissi, guardando con sconforto l’infinito fiume di persone che si snodava davanti a me. Erano tutti in fila, come noi, per passare i controlli dell’immigrazione.
“Hai ragione, lo saremo appena avremo superato gli agenti.” Rispose lei, alzandosi sulle punte dei piedi per guardare la fine della fila.
“Secondo te si può usare il telefono?” Domandai improvvisamente. Avevo una brutta sensazione, dovevo accenderlo per controllare i messaggi.
“Non ne ho idea.” Rispose Cassie, alzando le spalle e guardandosi intorno per controllare se ci fosse qualche cartello alle pareti o qualcosa che potesse aiutarci. “Però tutti stanno accendendo i loro cellulari, quindi credo che potresti farlo anche tu.” Aggiunse dopo qualche minuto. Annuii e tirai fuori dalla tasca il telefono. Lo accesi, aspettai che trovasse una rete e poi cominciai a ricevere i messaggi.
“Due chiamate perse da Sophia!” Sibilai, guardando la mia gemella con gli occhi sgranati. “E… oh, mi sta chiamando anche adesso!” Esclamai, guardandomi intorno.
“Mettilo via, prima che ti sparino a vista!” Mormorò Cassie con il panico nella voce.
“Cassie, l’America è un paese civile. Non sparano ai turisti perché rispondono al telefono all’aeroporto.” Dissi. Poi mi nascosi dietro di lei e portai il telefono all’orecchio. “Pronto?”
“Oh, per fortuna hai risposto! Dov’eri?” Sentii la voce di Sophia Warden dall’altra parte della linea.
“Ero in aereo. Sono atterrata da poco.” Risposi.
“Ottimo, perché c’è stato un imprevisto e quell’incompetente del mio vecchio assistente si è appena licenziato. Ho un servizio fotografico importante tra due ore e mezza e ho bisogno di te.”
Guardai la fila di persone davanti a me.
“Io… io devo ancora superare i controlli all’immigrazione, ma sarò in studio appena posso.” Dissi. A costo di arrivare a Manhattan attraversando l’East River a nuoto. Aggiunsi mentalmente.
“D’accordo, d’accordo.” Borbottò Sophia e terminò la conversazione.
“Che succede?” Mi chiese Cassie.
“L’assistente personale di Sophia si è appena licenziato e ha bisogno di me.” Dissi, guardandomi nervosamente in giro. “Credo che dovrò prepararmi a portare tanti caffè.” Risposi. Non sapevo cosa mi avrebbe riservato il futuro. Ero nervosa, ma anche contenta. Non vedevo l’ora di scoprirlo.
 
L’agente dietro il vetro, un uomo di circa trent’anni di origini asiatiche, guardò Cassie e me per qualche secondo, poi guardò i nostri passaporti e sorrise.
“Chi è chi?” Domandò, spostando lo sguardo dalle foto dei nostri documenti ai nostri visi per un paio di volte. Quando avevamo fatto le foto per il passaporto, qualche anno prima, eravamo ancora identiche. Stesso colore di capelli, stesso taglio. Era impossibile riconoscerci.
“Io sono Kimberly.” Risposi con un sorriso amichevole.
“Cassandra.” Replicò la mia gemella, abbassando il tono di voce. Odiava il suo nome intero e lo usava raramente. Preferiva Cassie, perché diceva che la faceva sembrare più umana e meno strega.
“D’accordo.” Mormorò l’agente. “Kimberly, fai un passo avanti e guarda dritto nella telecamera per qualche secondo.” Aggiunse. Eseguii le sue istruzioni e poi attesi. L’uomo digitò qualcosa al computer e poi rivolse di nuovo lo sguardo su di me. “Ora metti il pollice destro sullo scanner digitale e poi, quando te lo dico io, le altre quattro dita.”
Cassie osservò i miei movimenti con aria interessata. Sapeva che avrebbe dovuto ripetere gli stessi gesti in pochi minuti.
“Così?” Domandai con aria incerta. L’agente annuì e digitò qualcos’altro sul computer. Non avevo mai fatto nulla del genere ed ero terrorizzata dall’idea di sbagliare qualcosa.
“Ora fai lo stesso con la mano sinistra.” Disse. Una volta prese le mie impronte, passò alla mia gemella e le fece fare le stesse cose. Poi cominciò a farci domande sul nostro soggiorno negli Stati Uniti. Dove vivrete? Conoscete già qualcuno? Siete qui per lavoro? Quanto starete? E via dicendo.
Avevamo richiesto entrambe un visto lavorativo, perché quello studentesco non permetteva a nessuna delle due di lavorare per tutta la durata del primo anno di studi negli Stati Uniti. E noi, invece, avevamo bisogno di lavorare. Così prima di partire avevamo trovato degli impieghi adatti a noi e che ci permettessero di frequentare il corso e lo stage e che ci aiutassero a pagare l’affitto dell’appartamento.
“Ottimo, benvenute negli Stati Uniti, Kimberly e Cassandra Fletcher. Buona permanenza.” Disse poi l’agente, aprendo i passaporti e timbrandoli entrambi con un gesto automatico.
Lo ringraziammo con un sorriso e ci incamminammo verso il ritiro bagagli. Eravamo ufficialmente in suolo americano. La nostra nuova avventura era appena cominciata.

 


Buongiorno! Se mi conoscete già da Teenage Kicks o da una delle mie altre storie, bentornate! <3
Se invece è la prima volta che leggete qualcosa di mio... benvenute e grazie per aver aperto la mia storia! :)

Che dire? Dopo aver scritto Teenage Kicks avevo voglia di qualcosa di un po' diverso, così è nata questa storia. Nei prossimi capitoli vedremo come Kim e Cassie si ambienteranno negli Stati Uniti e so che i ragazzi non si sono ancora visti, ma compariranno presto. Per la precisione nel capitolo tre! Per il momento posterò una volta a settimana, perché devo ancora finire di scrivere la storia, quindi il prossimo capitolo sarà venerdì. Spero tanto che la storia vi piaccia e grazie per aver letto fin qui!

Vi lascio i miei link, se avete voglia di leggere aggiornamenti sulle mie storie - o semplicemente per conoscermi.

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Capitolo 2
*** The First Crush ***


Capitolo 2 – The First Crush
 
“C’è fila anche per prendere un dannatissimo taxi?” Domandai con impazienza. Cassie ed io avevamo recuperato i nostri bagagli ed eravamo finalmente uscite dall’aeroporto. O quasi. La fila di persone che aspettavano un taxi era così lunga da cominciare all’interno della struttura.
“Non arriverò mai in tempo!” Mormorai. Avevo già perso quasi due ore tra controlli all’immigrazione e recupero valigie. Non sarei mai riuscita ad andare a Soho in poco più di mezz’ora. Avevo letto su Internet che dall’aeroporto JFK a quel quartiere, in auto, ci si metteva sempre più o meno un’ora. Sarei arrivata in ritardo il primo giorno di stage.
 
Scoprii che Internet aveva ragione e che, durante l’ora di punta, ci si metteva anche di più. Nonostante l’ansia, però, non riuscii a non godermi lo spettacolo. Le strade larghissime, le auto giganti (in America le vendite di SUV andavano benissimo, apparentemente), le limousine (ne avevo viste almeno dieci solo nei primi cinque minuti. Erano tutti così ricchi?), le strade a più piani (com’era possibile? Noi eravamo su quella più in alto, ma vedevo almeno altre due strade intrecciarsi sotto di noi) e poi l’attraversamento del ponte al tramonto. Lo skyline di Manhattan s’innalzava fiero davanti a noi, il sole che si stava abbassando colpiva i palazzi, rendendoli quasi arancioni. Quando vidi le luci dell’Empire State Building mi voltai per non far vedere a Cassie un paio di lacrime rotolare sul mio viso. Avevano ragione tutti. New York toglieva il fiato. Era qualcosa da vedere assolutamente almeno una volta nella vita.
Cassie si offrì di portare al nostro nuovo appartamento a Lower Manhattan anche i miei bagagli, così diedi l’indirizzo dello studio di Sophia Warden al taxista e gli dissi di fermarsi prima lì. Poi avrebbe portato la mia gemella a casa.
 
“Kimberly Fletcher.” Dissi alla reception quando finalmente arrivai allo studio. “Sono qui per lo stage con Sophia Warden, mi sta aspettando.”
La donna dietro la scrivania, una ragazza di più o meno venticinque anni con i capelli scuri tagliati a caschetto, mi sorrise.
“Per fortuna sei arrivata. Sophia sta impazzendo oggi. Vai, troverai il suo studio in fondo al corridoio a destra. E’ dentro con alcuni clienti, ma prima cominci a lavorare e meglio sarà per tutti.” Aggiunse, roteando gli occhi al cielo. Poi mi rivolse un sorriso e mi indicò la porta giusta con un dito.
“D’accordo, grazie.” Risposi. Guardai il corridoio davanti a me. Le pareti erano tappezzate di foto, tutte scattate da Sophia Warden. Era specializzata in ritratti e i suoi lavori apparivano nelle pubblicità di trucchi, nei giornali di moda e sui cartelloni pubblicitari di tutto il mondo. Era brava, era una fotografa che sapeva quello che stava facendo. La ammiravo tantissimo e non vedevo l’ora di conoscerla di persona.
 
Finii di lavorare alle otto di sera, con sette ore e mezza di volo alle spalle e poco, pochissimo tempo passato a riposare. Sull’aereo avevo fatto fatica a dormire e la notte prima di partire, complice l’ansia per la nuova avventura, mi ero addormentata dopo ore passate a fissare la valigia sul pavimento di fronte al mio letto.
L’appartamento che avevamo affittato Cassie ed io era a sole due fermate di metro (linee N, Q o R, dovevo assolutamente ricordarlo per il futuro) dallo studio di Sophia e, nonostante i mezzi pubblici di New York fossero molto più complicati di quelli di Londra, riuscii ad arrivare a casa (quasi) senza problemi. Quasi, perché dovette aiutarmi una signora anziana a passare la tessera della metro alla velocità giusta per fare aprire le porte. Io avevo continuato a strisciarla troppo velocemente o troppo lentamente e dietro di me si era formata una lunga fila di pendolari incazzati.
Guardai il palazzo da fuori, un edificio a sei piani di mattoni abbastanza scuri sull’angolo tra la Sedicesima e la Terza. Cassie ed io abitavamo all’appartamento quarantacinque, cioè il quinto al quarto piano. Anche se non ero mai stata fisicamente in quel posto, l’avevo visto tanto su Google Maps, quando cercavo di studiare a memoria quello che c’era nei dintorni per avere punti di riferimento. Mi fece sentire istintivamente a casa.
Mi avvicinai alla porta d’ingresso e studiai il citofono. Dovevo comporre il numero e poi il tasto verde. Funzionava un po’ come un telefono.
“Sì?” Rispose una voce femminile che non conoscevo.
“Sono Kim, la nuova coinquilina.”
“Oh, Kim! Sali, sali pure!” Esclamò la ragazza, pigiando il tasto sul citofono e aprendo il portone d’ingresso.
Arrivai al quarto piano grazie a un vecchio ascensore dall’aria poco rassicurante. Nonostante tutto, però, mi piaceva, perché era tipico e faceva parte del fascino di New York.
“Appartamento quarantacinque…” Mormorai davanti alla porta di legno massiccio scuro. Prima che potessi bussare, una ragazza mi aprì e mi sorrise.
“Wow, mi sembra quasi di vedere doppio!” Esclamò poi, spostando lo sguardo da me a Cassie, che era appena comparsa dietro di lei. “Vieni, entra! Benvenuta!” Disse, spostandosi per farmi passare.
Cassie ed io eravamo gemelle monozigote, ovvero eravamo identiche. Quando eravamo bambine venivamo spesso pettinate e vestite uguali, quindi era impossibile distinguerci. Crescendo, poi, entrambe avevamo sviluppato le nostre personalità e avevamo cominciato a vestirci in modo diverso, a truccarci e a pettinarci in modi differenti. Cassie aveva mantenuto i capelli del suo castano chiaro naturale e li teneva lunghi più o meno fino a metà schiena. Amava i boccoli e gli accessori romantici. Era una vera e propria patita dei cerchietti.
Io, invece, li avevo scuriti un po’. Mi piaceva il contrasto che si creava tra i capelli piuttosto scuri e la mia pelle perennemente pallida. Da brava inglese, evitavo il sole come la peste.
I nostri occhi erano assolutamente identici. Li avevamo entrambe verde scuro, quasi castani. Però li truccavamo in modo diverso. Cassie preferiva un look più naturale, mentre io amavo l’eyeliner e il mascara nero.
“Ecco l’altra gemella!” Disse un’altra ragazza, raggiungendoci. Per permetterci un appartamento (minuscolo) a Manhattan, Cassie ed io avevamo accettato il compromesso di condividerlo con altre due ragazze. L’affitto era abbastanza alto e le dimensioni erano ridotte, ma era Manhattan. Era quello che avevamo sognato per anni. Si trattava di un piccolo salotto con angolo cottura – quello che mi aveva fatto perdere la testa per quel posto era stato il fatto che avesse le pareti con i mattoni a vista – e poi avevamo due stanze da letto (entrambe con due letti da una piazza e mezza) e due piccoli bagni. Però era in una bella posizione e non mi dispiaceva conoscere nuove persone. Le due ragazze, Elle e Piper, sembravano simpatiche e dopo vari scambi di e-mail avevamo deciso di vivere insieme.
“Piacere di conoscervi, ragazze. Sono Kim.” Dissi, allungando la mano prima verso una e poi verso l’altra.
“Elle, piacere mio.” Replicò quella che mi aveva aperto. Dalle e-mail che ci eravamo scambiate avevo scoperto che veniva dal Michigan e si era trasferita a New York per diventare una giornalista. Infatti era riuscita a trovare un posto come stagista alla redazione di Seventeen Magazine ed era la persona più felice del mondo.
E in realtà era la proprietaria dell’appartamento. Era stato un regalo che le avevano fatto i genitori per permetterle di vivere nella città dei suoi sogni. E lei, conoscendo la reputazione di New York – e dei New Yorkers – aveva deciso di trovare delle coinquiline. Non voleva vivere da sola, sperava di trovare coinquiline che sarebbero diventate sue amiche e con cui avrebbe potuto condividere la sua nuova vita.
Elle era bellissima e sembrava che non si sforzasse nemmeno per sembrare perfetta. Aveva i capelli castani, lunghi e mossi – spettinati, ma sembrava quasi che fossero stati sistemati così apposta – e gli occhi azzurri. Sopracciglia definite, zigomi perfetti, naso piccolo e dritto e labbra carnose. E, come se la bellezza del suo viso non fosse abbastanza, aveva anche un corpo perfetto. Avrebbe potuto fare la modella, se la sua carriera come giornalista non avesse preso la piega che voleva. Stava indossando una maglietta a mezze maniche e un paio di pantaloni della tuta di Victoria’s Secret e sembrava che fosse appena uscita dal loro catalogo.
“Piper.” Disse l’altra ragazza. Lei aveva i capelli corti, un caschetto appena sotto le orecchie, rossi e gli occhi verdi. Il suo naso era cosparso di piccole lentiggini e gli occhi contornati da un paio di enormi occhiali da vista neri. Era un po’ più bassa di Elle e aveva un fisico molto asciutto, quasi senza forme. Indossava una maglietta della Eureka Springs High School, la scuola che aveva frequentato in Arkansas. Mi aveva raccontato di essersi trasferita a New York per studiare scienze. Voleva diventare una ricercatrice, voleva aiutare il mondo trovando cure alle malattie ancora poco conosciute. Studiare era tutta la sua vita, era letteralmente quello che le faceva venire il buonumore la mattina quando si svegliava.
“Forza, vieni a sederti! Sarai stanca morta.” Mi invitò Elle, mostrandomi i due divani arancioni al centro della zona giorno.
“Hai mangiato?” Mi domandò la mia gemella, sedendosi di fianco a me. Scossi la testa e solo in quel momento mi accorsi di quanta fame avevo. Da quanto tempo non mangiavo? Il cibo dell’aereo (se si poteva chiamare in quel modo, sembrava quasi plastica) non mi aveva soddisfatta e non avevo trovato nulla durante il servizio fotografico con Sophia.
“Aspetta, ti preparo un sandwich.” Si offrì Piper, raggiungendo l’angolo cucina. “Qualche allergia o qualcosa che odi?” Domandò.
“No, non ho allergie e in questo momento credo che mangerei anche un pezzo di legno, quindi va bene qualsiasi cosa.” Risposi. “Grazie mille!” Aggiunsi poi. La ragazza sorrise e aprì il frigorifero.
Cassie, Elle ed io avevamo tutte vent’anni. Piper, invece, ne aveva diciannove e frequentava la NYU, la New York University.
“Com’è andata con Sophia Warden? E’ isterica come si dice in giro?” Domandò Elle dopo qualche minuto, abbassando la voce come se la diretta interessata potesse sentirci mentre spettegolavamo su di lei.
“No, in realtà mi è sembrata a posto. Beh, ha fatto una scenata alla manager della band che stava fotografando, ma per il resto mi è sembrata okay.” Raccontai.
“Band?” Domandò immediatamente Piper, porgendomi il sandwich che mi aveva preparato. “Chi erano? Era qualcuno di famoso? Beh, per forza. Devono essere famosi per essere fotografati dalla Warden.”
“Grazie.” Dissi, mangiandone subito un boccone. Era un semplice tramezzino con tacchino arrosto, pomodoro, insalata e maionese - una cosa che avevo mangiato come minimo mille volte - ma per me era buonissimo. Il mio stomaco emise un piccolo ruggito e scoppiammo tutte a ridere. “Erano i Fall Out Boy, comunque.” Risposi prima di addentare di nuovo il panino.
“Pete Wentz è un figo allucinante.” Commentò Elle.
“Mmh, no, non mi piacciono i ragazzi che si truccano.” Disse la mia gemella, scuotendo la testa.
“Beh, secondo me è carino. Però io preferisco Patrick, il cantante. Ho un debole per quelli che sembrano un po’ nerd.” Disse Piper. “Tu che ne pensi? Come sono dal vivo? Come in foto?” Mi domandò poi.
Alzai le spalle e scossi la testa.
“Mi credete se vi dico che non li ho praticamente nemmeno visti in faccia? Tra la stanchezza e le ottantaduemila cose che mi ha fatto fare Sophia… no, credo di averli visti di sfuggita solo quando sono entrata nello studio.” Risposi. “Però no, né Pete e né Patrick sono il mio tipo ideale di uomo.” Aggiunsi.
Poi, per qualche motivo a me oscuro, la mia mente si soffermò sul viso del primo ragazzo per cui avessi mai preso una cotta.
 
Avevo dodici anni, giorno più o giorno meno, e Cassie ed io frequentavamo la seconda media. Eravamo state affidate al signore e la signora Carter, una coppia sposata di mezza età con un figlio naturale che aveva un paio d’anni in più di noi e l’assistente sociale ci aveva detto che eravamo state fortunate. Era raro che una coppia volesse due gemelle già grandi. Quelle come noi, di solito, rimanevano nel sistema fino a diciotto anni e poi venivano lasciate completamente sole, in mezzo a una strada, senza una famiglia, senza un lavoro e senza soldi. Inoltre la storia della nostra famiglia non veniva accettata da tutti e tanti potenziali genitori adottivi storcevano il naso quando leggevano che nostra madre era in carcere e l’identità di nostro padre era sconosciuta. Non l’avevamo scelto noi, ovviamente, ma le cose stavano così.
Cassie ed io avevamo passioni diverse, così ci eravamo iscritte a corsi diversi. In quello di musica avevo conosciuto Daniel, un ragazzino della mia età con i capelli biondi e gli occhi azzurri. Portava un paio di occhiali rettangolari con la montatura molto sottile e non stava un attimo fermo. Eravamo finiti in gruppo insieme per la prima presentazione dell’anno e dovevamo suonare una canzone di John Williams conosciutissima: la colonna sonora di Harry Potter.
Daniel mi aveva sorriso, poi aveva detto qualcosa a Parker, il suo migliore amico, e mi aveva fatta ridere. Aveva fatto una battuta molto inappropriata su Harry Potter e così, in cinque minuti, aveva conquistato il mio cuore.
Una volta finito il corso di musica avevamo deciso entrambi di iscriverci a quello di teatro. Quell’anno il tema dello spettacolo era l’antica Grecia e avremmo dovuto recitare insieme. In due scene diverse, ma non mi importava. Quello che per me contava era che durante le prove potevo passare tantissimo tempo con lui. Ogni pomeriggio ci trovavamo dopo la scuola e scherzavamo insieme, parlavamo e ogni volta che i suoi occhi incrociavano i miei mi sentivo come se stessi volando.
I nostri compagni di classe sapevano della mia cotta per lui. In effetti tutti lo sapevano, perché l’avevo confessato a una mia amica e lei l’aveva ovviamente detto a tutti. Compreso lui. Però fingeva di non saperlo e continuava ad essere mio amico. E il fatto che non mi avesse mai chiesto di uscire, forse, avrebbe dovuto essere un indizio piuttosto importante per farmi capire che non era interessato a me. Non in quel senso, almeno.
Qualche settimana prima dello spettacolo qualcuno aveva messo in giro delle voci: Daniel e Maggie, la ragazza più popolare del nostro anno, erano diventati una coppia. Lei era conosciuta da tutti perché alla tenera età di dodici anni era già andata a letto con uno dei ragazzi del terzo anno e Daniel, ovviamente, voleva essere il primo della nostra classe ad avere quell’esperienza.
Non avevo voluto credere ai pettegolezzi, perché lui continuava a parlare con me durante le prove, ero sicura che provasse le stesse cose che sentivo anch’io. Poi, durante una festa di compleanno di una nostra compagna, li avevo visti baciarsi e mi si era spezzato il cuore. Improvvisamente mi ero sentita come se qualcuno mi avesse buttato dell’acqua gelida in faccia e mi ero immobilizzata davanti a quella scena. Ci era voluto qualche minuto per capire fino in fondo quello che stavo guardando. Daniel stava baciando Maggie. Le voci erano vere.
Quel giorno ero scappata dalla festa, ero tornata a casa, mi ero chiusa nella camera che condividevo con Cassie e avevo pianto fino a non avere più lacrime.
 
“Beh, io ci farei un pensierino su Pete Wentz.” La voce di Elle e le risate di Cassie e Piper mi riportarono alla realtà. Scossi impercettibilmente la testa e sospirai. Avrei dovuto capirlo a dodici anni che non avrei dovuto perdere tempo con gli uomini. Tanto erano tutti uguali.

 


Eccoci al secondo appuntamento con The Butterfly Effect! Oggi conosciamo meglio la nostra Kim, scopriamo qualcosa sulla sua prima cotta, Daniel. Inoltre vengono introdotte anche Piper ed Elle, le due nuove coinquiline delle gemelle.
In questo capitolo non succede molto, ma visto che ho presentato vari personaggi ho pensato che fosse meglio lasciare le cose così, altrimenti ci sarebbe stato troppo caos. Nel prossimo, che posterò venerdì, leggeremo qualcosa sullo stage di Kim dalla fotografa e, soprattutto, verranno introdotti i ragazzi! Cosa pensate che succederà?
Lascio a voi i commenti e torno a scrivere!
Un bacione e grazie a tutte le persone che hanno letto lo scorso capitolo, a chi ha aggiunto la mia storia tra le preferite, ricordate e seguite e alle ragazze che hanno recensito (sapete che vi adoro <3)

Alla prossima!

 

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Capitolo 3
*** The First Kiss ***


Capitolo 3 – The First Kiss
 
Lo stage con Sophia Warden si stava rivelando più faticoso del previsto. Uscivo di casa la mattina presto e tornavo la sera tardi, stanca per essere stata in piedi tutto il giorno e per aver corso da una parte all’altra della città per fare commissioni per la fotografa. Poi mi davo una rinfrescata veloce, mangiavo qualcosa e andavo a lavorare in un bar non lontano dall’appartamento fino alle prime ore del mattino.
“Candice!” Urlò Sophia quel giorno. Mi guardai intorno, alla ricerca di un’altra ragazza, ma nella stanza eravamo solo noi. “Candice, vuoi un invito scritto? Vieni qui, per favore!” Disse poi la donna, fissandomi negli occhi.
“Sono Kim.” Borbottai a bassa voce prima di raggiungerla. Sophia scosse la testa e sbuffò.
“Dobbiamo parlare.” Continuò lei, aggiustandosi gli occhiali sul naso e appoggiando la macchina fotografica che stava utilizzando per fare degli scatti di prova su una sedia dietro di lei.
Uh-oh. Pensai. ‘Dobbiamo parlare’ non promette mai niente di buono.
“Certo.” Dissi, sperando che non avesse deciso di mandarmi via perché non era soddisfatta.
“Parliamoci chiaro. Tu sei venuta qui per uno stage, per imparare il lavoro, ma io non ho minimamente tempo per occuparmi di te. Non adesso che il mio assistente personale se n’è andato.” La donna cominciò a camminare intorno alla stanza e raggiunse la finestra che dava sulla strada.
No, no, no, no, no. Iniziai a ripetere quella parola nella mia mente come un mantra. Sono qui solo da due settimane, non posso andarmene così.
“Però sei brava, in questi giorni ti sei dimostrata in gamba e voglio darti una possibilità. Credo che impareresti molto di più se tu prendessi il posto del mio assistente personale full time. Ti pagherei, ovviamente. E in questo modo saremmo a posto entrambe: io avrei di nuovo un assistente personale e tu impareresti il lavoro.” Continuò Sophia, rivolgendo lo sguardo verso di me dopo aver osservato il traffico di Manhattan per qualche minuto.
“Lavorare per lei?” Domandai, incredula. Avrei dovuto lasciare il lavoro al bar che avevo di sera, ma ne valeva la pena.
“Sì. E ti assicuro che poi potrai trovare lavoro ovunque, se avrai la mia raccomandazione. Potresti anche aprire un tuo studio fotografico a Londra e ti aiuterei ad avere clienti.” Rispose. “Lo stipendio base è di trentamila dollari.” Concluse.
Trentamila dollari. Trentamila dollari? La mia mente cominciò a lavorare freneticamente. Significava guadagnare duemilacinquecento dollari al mese. Cioè milletrecento in più di quelli che guadagnavo al bar. E avrei lavorato per la mia fotografa preferita, che mi avrebbe insegnato cose molto utili.
“Ci sto.” Dissi immediatamente. Era un’offerta che non avrei potuto farmi scappare per nessun motivo al mondo.
“Ti avviso, Cam: il lavoro da assistente personale non è tutto rose e fiori. Non è semplice come sembra. Dovrai impegnarti e fare tutto quello che ti chiederò senza fare alcuna domanda. Dovrai andare a prendermi il caffè la mattina e dovrai anche gestire i miei appuntamenti, la mia agenda, intrattenere i clienti e assicurarti che la loro esperienza in questo studio sia la migliore della loro vita, portarmi l’attrezzatura e potrei anche chiederti di andare fino al mio appartamento per portare il mio cane a fare una passeggiata.”
Cercai con tutte le mie forze di non strabuzzare gli occhi. Okay, erano tante cose, ma ne valeva la pena. Stavamo parlando di trentamila dollari in un anno. Certo, a Manhattan la vita era cara, ma… trentamila dollari.
“Non ho molte regole. Anzi, in realtà ne ho solo due. La prima è semplice: ascolta sempre quello che ti dico ed esegui gli ordini e andrà tutto bene.” Continuò lei.
“D’accordo.” Dissi. Nulla di troppo difficile.
“E la seconda è questa: non uscire mai con uno dei miei clienti. Conoscerai persone famose, modelli, presentatori, cantanti, attori, artisti. Conoscerai molte persone attraenti, ma non voglio che nessuno in questo studio abbia una brutta reputazione. Quindi sappi che i clienti sono off limits.” Aggiunse.
“Okay, nessun problema.” Replicai. Tanto non ero andata a New York per cominciare a uscire con mille uomini diversi. Ero andata in America per lavorare, per imparare quello che mi piaceva fare. “Sono pronta a fare tutto quello che c’è bisogno di fare, signora Warden.” Aggiunsi.
Sophia mi rivolse un’occhiata scettica e poi annuì.
“D’accordo, vedremo quanto durerai prima di scappare come ha fatto quel codardo del mio ultimo assistente.” Replicò lei, tornando a guardare fuori dalla finestra.
La osservai per qualche secondo. Come poteva essere così forte una donna che sembrava così fragile? La sua figura esile sembrava potersi spezzare da un momento all’altro sotto il peso della macchina fotografica che portava al collo. Aveva i capelli ricci biondo paglia e il naso un po’ adunco. Si vestiva in modo giovanile, indossava perennemente jeans che le fasciavano le gambe snelle e non si truccava molto.
Ce la farò, decisi. Sarò la migliore assistente personale che abbia mai avuto e riuscirò a renderla fiera di me. E a spiegarle che il mio nome è Kim e non Candice o Cam.
 
Tornando a casa dal lavoro, quella sera, incontrai una coppia di piccioncini sul vagone della metropolitana. Lei aveva i capelli castani raccolti in una treccia laterale e lui indossava una felpa verde neon ed entrambi non avevano più di quindici anni.
“Sai che bello avere il primo appuntamento a San Valentino? E’ una cosa che racconteremo ai nostri figli. Mamma e papà sono usciti insieme per la prima volta alla festa degli innamorati. Era destino!” Disse lui. Lei lo guardò con occhi sognanti e si avvicinò per dargli un bacio sulle labbra.
Resistetti a stento all’istinto di voltarmi dall’altra parte e fare finta di vomitare. Che schifo le coppie innamorate. Poi, contro la mia volontà, il mio pensiero si fermò sul mio primo fidanzato, Alan.
 
Avevo quattordici anni e frequentavo il primo anno delle scuole superiori. Tutte le mie compagne di classe avevano già avuto esperienze con i ragazzi ed io ero l’unica a non avere ancora dato il primo bacio. Le mie ‘amiche’ non perdevano mai l’occasione per ricordarmelo e per prendermi in giro ed io non le sopportavo più.
Alan aveva quindici anni e frequentava la seconda superiore nella mia stessa scuola. Mi aveva notata durante una gita scolastica a un museo e aveva chiesto a una sua amica – mia compagna di classe – di presentarci. Non era il più bel ragazzo che avessi mai visto, ma poteva andare bene.
Avevo deciso di accettare il suo invito a uscire perché volevo provare le esperienze di cui tutte le mie compagne di classe parlavano. Non significava che ci saremmo sposati, no?
Il nostro primo appuntamento era stato un disastro totale. Mi aveva portata a mangiare in un fast food vicino alla nostra scuola e aveva pagato per entrambi – quella era stato l’unico lato positivo di quel giorno – ma il resto del pomeriggio non era andato affatto bene. Mi aveva portata al parco e ci eravamo seduti su una panchina di fronte al lago artificiale. Il che avrebbe anche potuto essere romantico, ma lui aveva cominciato a parlare ininterrottamente delle sue ex ragazze. Mi aveva spiegato tutto quello che era successo nelle sue storie precedenti e si era premurato di farmi sapere quanta esperienza avesse in quel campo. Ma non erano argomenti da evitare durante il primo appuntamento?
Evidentemente Alan non lo sapeva, e non aveva nemmeno idea che il matrimonio e i figli fossero altre cose da evitare sapientemente. Mi aveva detto che ci vedeva già il giorno del nostro matrimonio e che voleva che avessimo due figli, un maschio e una femmina. Inoltre mi aveva detto che voleva portarmi in un posto speciale a San Valentino (e il nostro primo appuntamento era stato in ottobre) e che non vedeva l’ora che vedessi quello che aveva in mente di preparare per me. Era come se avesse già pianificato tutto. Era terrificante.
Ma io ero una teenager, avevo quattordici anni e una voglia incredibile di fare esperienza e di vedere le mie compagne di classe chiudere il becco una volta per tutte, così avevo ignorato tutto quello che mi aveva detto e avevo deciso di sopportarlo ulteriormente. Anche perché alla fine della giornata, dopo avermi accompagnata a casa, non mi aveva nemmeno dato un bacio. Ed era quello che volevo.
Il giorno dopo il nostro primo appuntamento mi aveva chiesto di uscire durante una lezione e mi aveva baciata contro il muro del corridoio fuori dalla mia classe appena mi aveva vista. Era stato bacio umido e abbastanza disgustoso che non avevo mai dimenticato. Un bacio davanti al bidello, che aveva applaudito e mi aveva fatta sentire davvero in imbarazzo. Chi voleva avere il primo bacio davanti a un quasi-sconosciuto? Non io, di sicuro.
Avevo resistito esattamente due settimane insieme ad Alan. Poi gli avevo detto ‘arrivederci’ e me l’ero filata a gambe levate. Non sopportavo il suo continuo blaterare su quale band fosse davvero rock e quale fosse composta da ‘poser’ e non sopportavo le sue mani addosso qualunque cosa facessimo. Come quella volta che avevamo provato ad andare al cinema. Ero davvero interessata a quel film indie di dubbio gusto – principalmente perché c’era un attore per cui avevo una cotta gigantesca ai tempi (ed era il totale opposto di Alan) – ma non c’era stato verso di guardarne nemmeno un minuto, perché lui aveva cominciato a baciarmi appena si erano spente le luci e aveva smesso solo quando avevo finto di avere un gran mal di testa e avevo voluto tornare a casa prima che finisse il film.
Cassie era rimasta leggermente sconvolta dalla durata della mia prima storia e mi aveva chiesto se non mi fosse dispiaciuto lasciarlo.
“Ma non provi qualcosa per lui?” Mi aveva chiesto.
“Sì, odio profondo.” Avevo risposto e quello aveva messo fine a quella conversazione per sempre.
Non avevo mai provato nulla per Alan, nemmeno una farfalla solitaria nello stomaco. Avevo sempre e solo provato un grande fastidio in sua presenza.
 
Il giorno successivo, dopo aver comprato una bottiglia di vino scadente e averla bevuta insieme alle mie coinquiline per festeggiare la notizia del mio nuovo impiego, arrivai al lavoro molto presto e comprai un enorme caffè per Sophia, sperando che gradisse. Mi sedetti alla scrivania dove di solito modificava e sceglieva le foto e aspettai che arrivasse. Invece ricevetti un messaggio che diceva:
 
“Il cane mi ha distrutto la tessera della metro. Sono in taxi ma c’è traffico. Arriverò in ritardo. Intrattieni i clienti.”
 
Esistevano davvero cani che mangiavano documenti e forse anche compiti? Apparentemente sì. Sospirai e raggiunsi la receptionist che mi aveva accolta il primo giorno.
“Sophia è in ritardo, i clienti sono già qui?” Domandai, guardandomi intorno. Amber, così si chiamava la ragazza dietro la scrivania, scosse la testa con un sorriso strano. Quel giorno si era stirata i capelli con più cura del solito, si era truccata meglio e aveva indossato un abito che lasciava intravedere una generosa porzione del suo decolleté.
“No, ma lo saranno a minuti!” Squittì lei. “E sono felicissima che Sophia non sia qui, perché così potrò chiedere loro un autografo!” Esclamò, agitandosi sulla sedia.
“Chi sono, i Rolling Stones?” Domandai con aria scettica.
“No, ancora meglio!” Rispose lei. Poi vide fermarsi un furgoncino argentato con i finestrini oscurati davanti all’ingresso del palazzo e per un momento pensai che potesse andare in iperventilazione. “Sono qui!” Sibilò.
Scoprii che non si trattava dei Rolling Stones e nemmeno degli U2 – per fortuna, perché non sopportavo Bono e non avrei voluto lavorare con lui – ma degli One Direction, la boy band inglese che stava facendo impazzire le ragazze di tutto il pianeta. Quelli che a Londra – ma anche a New York, ripensandoci – mi trovavo davanti ad ogni passo. Cartonati a grandezza reale in libreria (che non smettevano mai di spaventarmi, perché era come se saltassero fuori all’improvviso tra gli scaffali dei libri), CD, DVD, astucci, quaderni, biro, gioielli, borse, trucchi… e in America persino il dentifricio e lo spazzolino da denti. Scossi la testa e mi preparai ad andare a salutarli, quando Amber mi tagliò la strada per andare ad accoglierli alla porta.
“Benvenuuuuuuti!” Disse. Sì, con sei u. “Da questa parte, prego. La signora Warden ha avuto un piccolo contrattempo – il traffico, si sa che a New York è ingestibile, non è vero? – ma arriverà a momenti. Nel frattempo voi potete seguire Kim, la sua assistente personale. Vi porterà nello studio, dove potrete mettervi comodi mentre aspettate.” Aggiunse. Parlò velocemente, quasi senza respirare tra una parola e l’altra. I cinque ragazzi – e quello che sospettai essere il loro manager – la guardarono con aria perplessa. Poi uno di loro, quello con gli occhi azzurri e i capelli castani un po’ spettinati – non avevo idea di come si chiamasse – alzò le spalle e mi raggiunse.
“Ciao! Piacere, sono Louis.” Disse e mi porse la mano. Amber sembrò un po’ delusa dal fatto che non si fosse presentato prima a lei, ma non disse nulla. Invece cominciò a ronzare intorno agli altri quattro finché non ottenne la loro attenzione e poi cominciò a chiedere loro autografi per lei e tutti i suoi conoscenti. Sospirai davanti alla poca professionalità di Amber e mi rivolsi verso il ragazzo che mi si era appena presentato.
“Kim, il piacere è mio.” Aggiunsi. “Da questa parte, prego.” Dissi dopo qualche minuto, quando la receptionist smise finalmente di molestarli e riprese posto dietro la sua scrivania. Notai che il ragazzo con i capelli ricci, quello che a prima vista mi era sembrato il più carino, le si era presentato e l’aveva ringraziata per qualcosa.
 
“Ciao Kim, piacere di conoscerti. Io sono Marco, il manager dei ragazzi.” Disse improvvisamente l’unico ragazzo che non avevo mai visto nelle foto ufficiali della band (e nemmeno nei cartonati). Era comunque molto giovane, non sembrava avere più di venticinque anni. “Quindi la fotografa non è qui?” Aggiunse.
“Piacere mio.” Risposi, stringendogli la mano. “No, purtroppo ha avuto un contrattempo. E’ in taxi ma ha trovato traffico, quindi sarà qui a momenti. Nel frattempo posso fare qualcosa per voi? Portarvi un caffè o qualcos’altro?” Domandai.
“No, grazie.” Rispose il manager.
I cinque ragazzi ci raggiunsero e, uno alla volta, si presentarono tutti.
“Io sono Liam, piacere.” Disse quello con i capelli più corti castani e gli occhi dello stesso colore. Gli strinsi la mano e posai lo sguardo sull’altro ragazzo che aveva appena cominciato a parlarmi.
“Mi chiamo Zayn.” Borbottò quello con i capelli neri e gli occhi castani.
“Io sono Niall, piacere!” Esclamò il ragazzo biondo con gli occhi azzurri. Sorrisi mentalmente, perché solitamente lui sarebbe stato esattamente il mio tipo ideale. Ero sempre stata attratta dai biondi con gli occhi azzurri (e ovviamente il mio primo ragazzo aveva i capelli neri e gli occhi castani. Forse non aveva funzionato anche perché non ero attratta da lui, chi lo sa). Ma non ero lì per quello. Dovevo lavorare, non trovare il mio futuro marito (e poi non mi sarei mai sposata, chi credeva in quelle cazzate?).
“Ciao, piacere di conoscerti. Harry.” Il ragazzo con i ricci castani e gli occhi verdi che aveva ringraziato Amber poco prima si avvicinò per darmi un bacio su ogni guancia. Provai un brivido al contatto tra le sue labbra e la mia pelle e sentii il calore raggiungere il mio viso, facendomi arrossire. Cosa diavolo mi stava succedendo? Poi mi spostai di un passo indietro e lo osservai mentre Marco iniziò a parlare di qualcosa. Ma io non sentii una parola del suo discorso, perché ero rimasta stregata dagli occhi di quel ragazzo che aveva sussurrato il suo nome con voce roca forse un po’ troppo vicino al mio collo. Accidenti, era davvero bello.
“Kimberly Fletcher.” Mormorai. Poi deglutii e, improvvisamente, sentii di avere la gola secca.

 


Terzo capitolo di questa nuova storia! Oggi scopriamo qualcosa in più sul rapporto di Kim con il suo primo ragazzo. Disastroso, non è vero?
Inoltre abbiamo grosse novità in campo lavorativo: adesso non è più una stagista ma una vera e propria assistente personale (e Sophia le ha dato solo due regole per svolgere questo lavoro. Ma riuscirà a seguirle?). E poi compaiono i ragazzi, finalmente! Nel prossimo scopriremo cosa succederà durante il servizio fotografico e molto altro!
E, a proposito del prossimo capitolo, lo posterò martedì al posto di venerdì e poi continuerò a postare lo stesso giorno tutte le settimane (quindi ogni martedì) finché non finirò di scrivere la storia e allora pubblicherò due volte a settimana!
Spero che il capitolo vi piaccia! Alla prossima!

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Capitolo 4
*** Stolen Heart ***


Capitolo 4 – Stolen Heart
 
“Vado fuori a fumare una sigaretta.” Annunciò Zayn pochi secondi dopo. Tutti, tranne Marco, Niall e Harry, decisero di seguirlo per prendere una boccata d’aria e per chiacchierare con il ‘team di bellezza’, che era rimasto fuori. Sembrava che con loro ci fossero anche una stilista e una truccatrice, ma non erano ancora entrate nello studio.
“E’ da molto che lavori qui?” Domandò improvvisamente il manager della band, forse per fare conversazione. Io mi ero resa conto di essere completamente ammutolita, presa alla sprovvista da quello che mi era appena successo.
“No, poco più di due settimane.” Dissi.
“E dal tuo accento immagino che tu sia inglese, vero?” Mi chiese Harry, sorridendo. Oh, aveva le fossette. Sbattei le palpebre un paio di volte, nella speranza che chiudere gli occhi per pochissimi secondi mi aiutasse a pensare chiaramente. Era come se quel ragazzo mi avesse incantata.
“Sì, vengo da Londra.” Risposi.
“Io invece sono del Cheshire, ma vivo a Londra da qualche anno.” Disse lui.
“Io vengo dall’Irlanda, ma immagino che tu l’avessi capito dal mio accento!” Esclamò Niall, facendomi l’occhiolino e ridendo. Lo presi come un segnale per scoppiare a ridere anch’io, anche se, onestamente, non avevo ascoltato una parola di quello che mi aveva appena detto.
“Vivi a New York da tanto?” Mi domandò ancora Harry, interessato.
“No, sono arrivata da poco più di due settimane, esattamente il giorno in cui ho cominciato a lavorare.” Risposi, distogliendo lo sguardo dal suo e puntandolo invece sul manager, che mi sorrise.
“New York City è bellissima, ma credo che nulla si avvicini a Londra.” Commentò. Annuii, anche se io trovavo la città in cui stavo vivendo bellissima, e lanciai un’occhiata di nascosto a Harry. Non mi stava guardando, perché era impegnato a osservare Niall, che si era lanciato in un discorso su qualcosa che non stavo nemmeno ascoltando. Poi il ragazzo dai capelli ricci (o “Fossette”, come avevo iniziato a soprannominarlo nella mia mente) colse il mio sguardo ed io arrossii violentemente.
“Venendo qui abbiamo visto quasi solo gallerie d’arte.” Disse Niall, indicando la porta d’ingresso. Soho era una zona famosa proprio per quello, perché era il quartiere degli artisti, quello delle gallerie e dei negozi d’arte. “E una piccola libreria che sembrava interessante. Ci sei mai stata?”
“Sì, ma è piccola e non c’è nemmeno il posto per sedersi a sfogliare un libro.” Risposi. “La mia preferita è a Londra.” Aggiunsi con un sorriso.
“Davvero? Anche la mia!” Esclamò Harry.
“Non c’è niente di meglio di…” Cominciai a dire.
“Foyles al centro commerciale Westfield!” Esclamammo insieme. Lui scoppiò a ridere ed io sorrisi, imbarazzata.
“A me piace la sezione Arte e Fotografia, quella dove ci sono le finestre grandi e luminose e le poltroncine che ti permettono di sederti e sfogliare con calma quello che voglio comprare.” Aggiunse Fossette.
“Anche a me piace quella.” Mormorai. Durante le giornate di pioggia amavo fermarmi lì e sfogliare enormi libri di fotografia che non avrei mai potuto permettermi.
“Ragazzi, ma volete parlare della comodità di leggere i libri sull’iPad?” Commentò il manager.
“Io preferisco la sensazione di avere un libro tra le mani.” Risposi. “E non ho un’iPad.” Aggiunsi, arrossendo di nuovo.
“A me non piace particolarmente leggere.” Disse Niall. “Però mi piacciono le librerie. E poi da Westfield c’è Nando’s, che è il mio ristorante preferito!” Esclamò pochi secondi dopo. Mi unii alla risata del ragazzo dai capelli biondi e poi spostai lo sguardo su Harry. Lui mi stava guardando e appena i miei occhi incrociarono i suoi arrossì e abbassò la testa. Fissò le sue scarpe per qualche secondo e poi rispose a una domanda del suo manager.
“Voi siete in città per molto?” Domandai poi per interrompere il silenzio imbarazzato che si era creato tra noi. O almeno a me sembrava imbarazzato. In realtà Niall e Marco avevano cominciato a chiacchierare tra di loro e a ridere.
“No, purtroppo no.” Rispose Harry. Poi mi abbagliò con un sorriso bellissimo che mise ancora più in risalto le sue fossette e mi fece sentire improvvisamente le gambe deboli, come se fossero state di gelatina.
Mi erano sempre piaciute le fossette e le avevo sempre desiderate, ma non le avevo mai avute. Le sue erano perfette. E non avevo nemmeno idea che quella fosse una caratteristica che rendeva un ragazzo attraente ai miei occhi fino a quel momento.
“Partiamo domani pomeriggio.” Aggiunse Niall, che nel frattempo aveva smesso di parlare con il manager. Harry, nel frattempo, aveva ricominciato a guardarmi di nascosto, facendomi venire voglia di sorridere e di nascondermi nello stesso momento.
“Questa sera suoniamo al Madison Square Garden, poi…” Cominciò a dire il ragazzo. Scambiò un’occhiata d’intesa con Niall, che annuì, e poi continuò il discorso. “Poi c’è un after party allo Standard High Line. Mi farebbe piacere se tu venissi.” Concluse, abbassando lo sguardo di nuovo sulla punta delle sue scarpe.
Il mio cuore cominciò a battere più velocemente. Fossette mi aveva appena invitata a una festa esclusiva con lui? A Manhattan? In un hotel dove c’erano anche camere? Arrossii al solo pensiero di quello che sarebbe potuto succedere (ma cosa mi stava succedendo? Io ero quella che parlava apertamente di sesso senza problemi davanti a tutti e non mi imbarazzavo mai) e le parole di Sophia mi tornarono in mente.
Non uscire mai con uno dei miei clienti. Conoscerai persone famose, modelli, presentatori, cantanti, attori, artisti. Conoscerai molti uomini attraenti, ma non voglio che nessuno in questo studio abbia una brutta reputazione. Quindi sappi che i clienti sono off limits.
Il battito del mio cuore rallentò, tornando normale. Non potevo accettare il suo invito, Sophia mi avrebbe licenziata. Non avrei mai lasciato che una stupida cotta interferisse con il mio lavoro.
“Mi dispiace, questa sera non posso.” Risposi con tono piatto e distogliendo lo sguardo. Non avevo idea che pronunciare quelle poche, semplici parole potesse essere così difficile.
“Oh.” Commentò Harry. “Peccato. Sarà per la prossima volta, dai.” Aggiunse, abbozzando un sorriso.
Già, sarà per… aspetta, fammi pensare: mai. Sarà per mai. Pensai con amarezza.
Nulla, però, riusciva a farmi smettere di pensare che ci fosse rimasto male. Ma come poteva essere così? Ci eravamo appena conosciuti.
“A volte odio il traffico di New York! Anzi, tutte le volte che sono costretta a prendere un taxi!” Esclamò Sophia entrando improvvisamente nello studio. “Buongiorno, cari! Tutto bene? Pronti per il servizio fotografico?” Domandò poi quando vide il gruppo.
Zayn, Louis, Liam e il team di bellezza (che scoprii essere composto da due ragazze che non sembravano molto più grandi di me) tornarono all’interno dello studio, interrompendo quell’imbarazzante momento tra Fossette e me.
 
Il resto della mattina continuò in modo caotico, tra flash, obiettivi della macchina fotografica da cambiare, foto da scegliere, vestiti da cambiare, musica e luci. Harry ed io continuammo a guardarci per tutto il tempo, arrossendo ogni volta che uno dei due si accorgeva che l’altro lo stava osservando. E poi, troppo presto, il servizio fotografico arrivò alla fine e Sophia aspettò che i ragazzi si cambiassero con i vestiti con cui erano arrivati (e loro non sembrarono avere nessun tipo di problema a denudarsi davanti a tutti – ehi, Fossette aveva un fisico niente male! Peccato per i tatuaggi orribili) e poi li salutò, abbracciandoli come se li conoscesse da una vita. E, in effetti, lei era stata una delle prime persone a scattare foto promozionali per la band dopo la loro partecipazione al talent show in cui erano stati creati gli One Direction, X Factor UK.
“E’ stato un vero piacere conoscerti.” Disse il manager, dandomi la mano e sorridendomi. Anche gli altri si avvicinarono per salutarmi e cominciai a sentirmi triste. Quella era la fine, non avrei mai più visto Fossette in tutta la mia vita.
“Kim.” Disse con quella voce un po’ roca, avvicinandosi e abbracciandomi per darmi un bacio su ogni guancia. Provai un altro brivido quando sentii il suo respiro sul mio collo e chiusi gli occhi per qualche secondo, sperando che nessuno stesse guardando quello che stava succedendo. “Mi ha fatto piacere conoscerti. A presto!” Mormorò vicino al mio orecchio.
“P-piacere mio. A presto.” Risposi, guardandolo negli occhi per l’ultima volta. Poi osservai il retro della sua testa, quella massa di capelli ricci castani spettinati, mentre il ragazzo si allontanava per raggiungere la porta.
Si voltò verso di me prima di uscire e mi rivolse un sorriso che fece comparire un pensiero nella mia mente.
Mi sono immaginata tutto o anche lui era attratto da me?
“Forza Kylie, al lavoro. Oggi pomeriggio abbiamo un servizio di moda a Brooklyn e Dio solo sa quanto odio quel quartiere.”
“Kim.” Borbottai. “Mi chiamo Kim.”
 
Tornando a casa, quella sera, scesi alla fermata sbagliata della metro. La mia mente era occupata da mille pensieri – tutti principalmente legati a ricci castani che sembravano estremamente morbidi, occhi verdi in cui avrei potuto perdermi per ore e fossette e labbra che avrei voluto sentire sulle mie. E volevamo parlare del suo profumo? No, perché era inebriante – e invece di uscire a Union Square, scesi alla Ventitreesima Strada. Decisi che non valeva la pena aspettare un treno per tornare indietro di una sola fermata. Avrei potuto farlo a piedi, tanto l’appartamento non era lontano.
Così tornai in superficie e mi resi conto di essere esattamente davanti al Madison Square Garden. Logico, no? Forse l’avevo inconsciamente fatto apposta. Fuori dall’arena c’era una fila interminabile di persone e sotto l’insegna troneggiava un enorme cartellone che riportava la scritta “ONE DIRECTION, QUESTA SERA IN CONCERTO!” e le cinque facce dei ragazzi sorridevano alla folla.
Fissai per qualche secondo gli occhi di Fossette e ripensai a quello che era successo quella mattina. A quello che avrebbe potuto succedere quella sera. A quello che non avrebbe mai dovuto succedere. Sospirai e ricominciai a camminare, senza staccare gli occhi dal cartellone.
“Stia attenta a dove va, signorina!” Esclamò un uomo anziano, massaggiandosi la spalla. L’impatto con quello sconosciuto mi aveva risvegliata improvvisamente e mi ero resa conto di essere un pericolo pubblico. Ma cosa stavo facendo? Mi stavo comportando come un’estranea. Come una stupida. Chi si prendeva una cotta per una persona praticamente sconosciuta? Non io, di solito.
“Mi scusi.” Mormorai. “Mi scusi, ho la testa tra le nuvole.” Aggiunsi. Già, avevo la testa tra le nuvole e per me era una cosa completamente strana e nuova.
 
“Sono a casa!” Esclamai quando finalmente raggiunsi la quiete del mio appartamento. Notai con la coda dell’occhio la porta di fronte alla mia aprirsi e richiudersi velocemente e sospirai. Piper ed Elle, che vivevano lì già da qualche mese, mi avevano raccontato che la vicina, l’anziana signora Newman, era davvero curiosa e controllava sempre chi arrivava e chi usciva da tutti gli appartamenti sul piano.
“Kim!” Esclamò Cassie, sorridendomi dal divano. Notai varie persone sconosciute sedute sul tappeto e sugli altri divani, poi la mia attenzione venne catturata dai piatti di pizzette e salatini sul tavolino. Il mio stomaco emise un piccolo ruggito e sentii l’acquolina in bocca. Stavo morendo di fame.
“Ehi! Che succede qui? Fate una festa?” Domandai. Le altre ragazze, tutte più o meno della nostra età, mi sorrisero e aspettarono che una delle mie coinquiline rispondesse.
“Oh, no, è il nostro turno per ospitare il meeting del Club del Libro.” Rispose Elle, che era seduta sull’angolo del divano con le gambe piegate sotto di sé e un bicchiere di vino rosso in mano. Era perfetta come al solito.
Annuii e una ad una le ragazze del Club mi si presentarono tutte.
“Cosa state leggendo di bello?” Domandai, avvicinandomi. Poi sentii il profumo delle pizzette e avvicinai la mano al vassoio. “Posso?”
“Certo.” Rispose Cassie.
“Stiamo leggendo ‘Cuore Rapito’ di Leslie Dawson.” Rispose Piper.
“Quello che era al primo posto nella classifica dei Best Seller del Times la settimana scorsa?” Chiesi. Le ragazze annuirono. “Di cosa parla?”
Quella era davvero un’ottima scusa per ascoltare un mucchio di parole su un libro che non conoscevo e distrarmi dai miei pensieri. Dal mio pensiero fisso da quella mattina.
Le ragazze si guardarono e decisero che avrebbe parlato Piper. La mia coinquilina prese in mano una copia del libro – che riportava in copertina una mano che stringeva un cuore umano – e si sistemò gli occhiali.
“Dunque, la protagonista si chiama Melanie Lee ed è la figlia di un’importante e abbiente famiglia di Amburgo. Un giorno, mentre sta andando all’università, viene rapita e portata in una cantina, legata e bendata. Il suo rapitore la lascia così per qualche giorno e le porta da bere e da mangiare. Poi le toglie la benda per farle registrare un messaggio per i suoi genitori e qualcosa lo colpisce. Lei comincia a parlargli e iniziano a conoscersi.” Cominciò a raccontare Piper. “Leah, vuoi continuare tu?” Domandò poi, indicando una delle ragazze di fronte a lei.
“Grazie, P.” Replicò lei, osservando il retro del libro. “Dunque, quando Melanie comincia a parlare al suo rapitore – che si chiama Jonah – scatta qualcosa tra di loro e si innamorano. Lui non la benda più, le porta da mangiare e resta con lei, chiacchierano e un giorno decide di lasciarla andare anche se i genitori non hanno pagato.” Continuò. “Samantha?”
La ragazza alla sua destra annuì e, con gli occhi che brillavano, concluse il discorso.
“Alla fine del libro Jonah e Melanie si sposano ed è la storia più romantica che io abbia mai letto.” Squittì.
Mi accorsi di aver aperto la bocca e di aver sgranato gli occhi solo quando Cassie, che era seduta di fianco a me, mi diede una gentile gomitata e mi sibilò “ricomponiti!”
“Scusate, cosa c’è di romantico in una storia in cui una donna si innamora del criminale che l’ha rapita?” Domandai.
“Ma è bellissimo, perché lui poi la lascia andare. Decide che non gli importa più nulla dei soldi della sua famiglia e la libera!” Esclamò Leah, agitandosi sul posto.
“Ma è logico, si è sposato il bancomat vivente! Che bisogno ha di soldi sporchi e del rischio che la polizia possa arrestarlo in ogni momento, quando può avere accesso al conto di lei quando vuole? Legalmente.” Domandai ancora. “Non trovo nulla di romantico in questa storia, davvero. Almeno lo arrestano alla fine?”
“No, in realtà lui poi conosce la famiglia di lei al matrimonio e si stanno tutti molto simpatici. Ci siamo commosse tutte quando il padre ha detto a Jonah di trattare bene Melanie e l’ha chiamato ‘figlio mio’.” Replicò Samantha.
“E poi è un libro scritto molto bene. Le scene di sesso sono molto provocanti ed esplicite.” Aggiunse Piper arrossendo.
“Ditemi che non lo fanno nello scantinato dove la teneva prigioniera.” Mormorai. Cassie mi rivolse un sorriso a mo’ di scusa ed io capii di aver ragione. “Okay, forse è meglio se vi lascio al vostro club del libro e vado a sistemare i miei appunti.” Aggiunsi dopo un po’, alzandomi.
“Ehi, Kim!” Mi chiamò Leah. Mi fermai e mi voltai verso il gruppo.
“Sì?”
“Anche se non la pensiamo nello stesso modo sul libro…” Continuò lei. Guardò tutte le ragazze, che annuirono, e poi ricominciò a parlare. “Credo che sia bello avere opinioni diverse dalle nostre in un club come questo. Sei la benvenuta se vuoi.”
Quella proposta mi prese alla sprovvista. Pensavo che le ragazze mi odiassero. Anzi, ero sicura di essere stata anche un po’ maleducata con loro. Di certo non mi aspettavo che mi accogliessero nel loro gruppo a braccia aperte.
“Mi farebbe piacere.” Dissi. “Grazie per l’invito e scusate. Ogni tanto ho la tendenza a esprimere le mie opinioni in modo un po’… burbero.” Aggiunsi. Le ragazze sorrisero ed io mi avviai verso la stanza che condividevo con Cassie. Dovevo mettere in ordine gli appunti che avevo preso durante la giornata passata con Sophia.
Accostai la porta alle mie spalle, mi ci appoggiai contro e sospirai. Chiusi gli occhi e vidi davanti a me il viso di Fossette, che sorrideva e mi invitava all’after party. Chissà cosa stava facendo in quel momento. Probabilmente baciando qualche modella o bevendo shot di tequila dal corpo di qualche ragazza immagine. Improvvisamente mi tornò in mente il titolo del libro che avevano letto le ragazze. Cuore Rapito. Fortunatamente (o sfortunatamente? Non ero ancora riuscita a decidere) io non avrei mai più visto il criminale che aveva rapito il mio.

 


Buon martedì! Oggi nuovo capitolo e vediamo c0sa succede tra Kim e Harry durante il servizio fotografico. La nostra protagonista, che di solito è cinica e odia tutto quello che ha a che fare con l'amore, si è presa una cotta per il cantante. Ma cosa succederà? Non si vedranno mai più? Oppure, nel prossimo capitolo, Fossette ricomparirà a sorpresa?
Lascio a voi i commenti e vi dò appuntamento a martedì prossimo!
Grazie per aver letto e grazie per aver aggiunto la storia alle preferite, ricordate e seguite! Grazie anche per i commenti che mi avete lasciato fino ad ora! Siete meravigliose <3 <3
Alla prossima!

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Capitolo 5
*** The Meeting ***


Capitolo 5 – The Meeting
 
La mattina successiva Sophia mi inviò un messaggio e mi disse che avrei dovuto presentarmi al lavoro più tardi. Nominò qualcosa su Cosmopolitan, che aveva cancellato il servizio fotografico o cose del genere. Lei voleva approfittarne per avere un paio d’ore libere, di conseguenza avevo anch’io del tempo a disposizione.
Le mie coinquiline uscirono tutte presto, chi per andare al lavoro, chi per andare all’università ed io mi ritrovai da sola per la prima volta in più di due settimane.
Decisi di sedermi sul divano e guardare un po’ di televisione. Magari un po’ di zapping mi avrebbe aiutata a togliermi dalla mente quello che era successo il pomeriggio precedente.
Portai la mia tazza di caffè con me e, ancora avvolta nell’accappatoio, accesi la TV.
“Un concerto incredibile, quello di ieri sera! Niall, Zayn, Harry, Louis e Liam hanno cantato i loro più grandi successi con una forza incredibile e il pubblico del Madison Square Garden è assolutamente impazzito! Avanti, ammettetelo voi nel pubblico. Qualcuno di voi è andato per vederli sul serio, prendendo la scusa di accompagnare i propri figli, vero?” Disse Wendy Williams, conduttrice di un talk show mattutino, mostrando un enorme sorriso. Dietro di lei, sul grande schermo, si susseguirono immagini del concerto della sera prima.
Sbuffai e cambiai canale.
“Oggi parliamo di genetica. Conosciamo tutti almeno una persona che ha le fossette, vero? Sapevate anche che a volte giocano un ruolo nell’attrazione sessuale o nella scelta del partner? Il dottor Rafferty, in studio, ci aiuterà ad approfondire questo argomento.”
Ce l’avevano tutti con me quella mattina? Visualizzai il viso di Harry nella mia mente e scossi la testa per farlo sparire. Cambiai di nuovo canale e finii su MTV, che in quel momento stava trasmettendo uno dei video musicali degli One Direction. Fossette cantava guardando nella telecamera. Sembrava che stesse fissando direttamente il mio cuore e provai un brivido. Poi, dal nulla, il cantante sorrise ed io sentii di nuovo la fastidiosa sensazione di avere le farfalle nello stomaco. Per fortuna ero seduta, perché altrimenti le mie gambe non mi avrebbero retta, ne ero sicura.
Perché lo trovavo attraente? Era un bel ragazzo, sì, ma niente di più. Perché non riuscivo a far sparire il suo viso dai miei pensieri?
Spensi il televisore. Tanto era inutile, sembrava che tutta New York stesse parlando di lui quella mattina.
Decisi di occupare il tempo in altro modo, così dopo essermi vestita e truccata, andai a fare una passeggiata per le vie di Manhattan, esplorando i dintorni e fotografando tutto quello che attirava la mia attenzione.
Da anni la fotografia era diventata la mia salvezza, la mia via di fuga dalla realtà. Non ero mai stata brava ad esprimermi a parole, ma ritenevo di essere abbastanza in gamba con le immagini. Catturavo i momenti e quello che mi colpiva di più, era come se, attraverso la lente, riuscissi a far vedere il mondo dal mio punto di vista agli altri.
 
“Kim!” Esclamò Amber quando arrivai al lavoro, poco prima di mezzogiorno.
“Ehi!” Ricambiai il saluto. “Sophia è già arrivata?”
“No, ma mi ha detto di prenotare un tavolo al The Little Owl, perché andrete a pranzo con degli ospiti.” Rispose. Alzai le spalle e mi sedetti di fronte alla scrivania della ragazza, guardando le immagini che avevo catturato quella mattina nello schermo della mia macchina fotografica.
“Com’è andata la serata?” Le domandai distrattamente. Volevo fare conversazione, avevo bisogno di parlare e di distrarmi.
“Oh, benissimo! Sono andata al concerto degli One Direction ieri sera. Ho accompagnato la mia sorellina ed è stato fantastico!” Esclamò lei. “Sophia aveva i pass per il backstage e ho passato un po’ di tempo con loro. Harry Styles è proprio un figo, lasciatelo dire. Perché non sei venuta anche tu? Ti saresti divertita!”
Sospirai e guardai fuori. Perché Fossette mi stava tormentando in quel modo? Era ovunque.
“Avevo impegni.” Mentii dopo qualche minuto, abbozzando un sorriso.
“Peccato. Però la prossima volta devi venire, perché sono troppo simpatici. E poi sono bravi.”
“D’accordo, la prossima volta ci penserò.” Dissi. Guardai l’orologio, sperando che Sophia arrivasse presto. Avevo bisogno di buttarmi a capofitto nel lavoro e avere la mente così impegnata da foto, pose e obiettivi da dimenticarmi di tutto il resto.
Nylon Magazine voleva dedicare la copertina al cast di un famoso telefilm e Sophia era stata ingaggiata per gli scatti. Il che non mi dispiaceva, perché l’attore era un gran figo e magari mi avrebbe fatto smettere di pensare a Fossette per qualche minuto.
Dovevo anche scegliere la musica per il servizio fotografico di quel pomeriggio. Qualcosa di allegro e movimentato per permettere agli attori di sciogliersi e posare.
 
Robin Thicke è già passato di moda, e in ogni caso la sua canzone è sessista. Pensai.
 
Si aprì la porta dello studio e Sophia entrò con gli ospiti. Le rivolsi un cenno di saluto distratto, mentre continuavo a pensare alle canzoni da scegliere.
 
Potrei mettere Pitbull e Ke$ha o Katy Perry. Oppure…
 
“Ehi, Kimberly! Che piacere rivederti!” Esclamò Fossette, piazzandosi esattamente di fronte a me e sorridendomi.
Miley Cyrus.” Blaterai ad alta voce, sgranando gli occhi. Lui rise e mi rivolse un sorriso.
“Beh, mi sono vestito da Miley a Halloween, ma sono Harry.” Disse. “Harry Styles.” Aggiunse.
E come avrei mai potuto dimenticarlo?
“Stavo pensando alle canzoni da scegliere per il servizio di oggi e… mi hai preso alla sprovvista.” Dissi, arrossendo e alzandomi per salutare la band. Fossette mi mise una mano sul braccio e poi si avvicinò per darmi un bacio su ogni guancia.
“In ogni caso sono tutti pazzi per il nuovo album di Beyoncé in questo periodo. Piace anche a Sophia, farai una bella figura.” Mormorò nel mio orecchio prima di allontanarsi.
Provai un brivido e gli rivolsi un sorriso nervoso. Qualcuno avrebbe dovuto spiegarmi perché mi sentivo così a disagio in sua presenza. Avevo conosciuto centinaia di persone nella mia vita. Dannazione, non mi ero sentita così strana nemmeno la prima volta che ero andata a letto con un ragazzo!
“Grazie.” Dissi.
Salutai velocemente anche il resto della band e poi un pensiero mi colpì come un fulmine a ciel sereno. Loro erano gli ospiti con cui sarei dovuta andare a pranzo quel giorno. Avrei dovuto condividere un tavolo con Fossette.
Studiai velocemente un modo per evitare quell’orribile situazione. Sophia non avrebbe mai creduto a un improvviso malore, vero?
“Forza, andiamo tutti a pranzo! Così voi potrete partire a stomaco pieno.” Esclamò la fotografa.
No, ormai era troppo tardi per fingere qualsiasi cosa.
 
Fossette si sedette di fronte a me, di fianco a Sophia, così dovetti costringermi a comportarmi normalmente. Il mio capo continuava a osservarmi, non potevo farle capire quello che stava passando per la mia mente.
“Cosa ti manca di più di Londra, Kim?” Mi domandò Louis, che si era seduto di fianco a me. “Io devo essere sincero, quando sono in tour vado in crisi d’astinenza da thè Yorkshire. Me ne porto un po’, ma insomma, prima o poi finisce.” Continuò lui.
“Sei incredibile, Louis.” Disse Liam con un sorriso. “Speravo che la tua risposta a quella domanda fosse che ti manca la tua ragazza, e invece no! Ti manca il thè!” Esclamò, facendo scoppiare tutti a ridere.
“Certo che mi manca El!” Rispose Louis, sulla difensiva. “Ma quando mi manca la mia ragazza posso chiamarla o vederla su Skype. Ti sfido a telefonare a una tazza di thè.” Aggiunse con una serietà che fece ridere di nuovo tutti.
“Scusa, ti abbiamo interrotta.” Disse poi Liam, rivolgendosi a me.
“Nessun problema.” Risposi. “In realtà di Londra mi manca solo una cosa: Holland Park.” Aggiunsi.
“Abitavi lì vicino?” Mi chiese Harry.
“No, ma era il posto in cui andavo più spesso. Mi rifugiavo lì quando volevo stare da sola o quando ero triste. Lo amavo particolarmente nei giorni di pioggia.” Replicai. “C’è un portico affrescato stupendo e mi mettevo sempre lì a leggere. E poi Holland Park è una fonte incredibile di ispirazione, è stato lì che mi sono innamorata della fotografia.”
Ricordai per un momento il parco e sorrisi. Era sempre stato il mio nascondiglio quando tutto andava male, nonostante non fosse vicino alla mia abitazione.
L’avevo scoperto durante una piccola gita insieme agli altri bambini e ragazzi della Casa Famiglia dove eravamo state sistemate Cassie ed io in attesa di essere adottate. E poi avevo continuato a tornarci anche anni dopo, quando i Fletcher avevano deciso di adottarci. Era stata la mia oasi di tranquillità, la mia ancora di salvezza dopo tanti momenti difficili.
 
Avevo quindici anni e i Fletcher, dopo qualche mese di affidamento, avevano deciso di adottare Cassie e me. Ci avevano detto che volevano che diventassimo parte della loro famiglia. Ormai avevamo perso le speranze, perché chi voleva portare a casa due gemelle adolescenti? I Carter, che ci avevano prese in affidamento quando avevamo dodici anni, ci avevano riportate alla Casa Famiglia dopo sei mesi, perché Ethan, il loro unico figlio naturale, si era innamorato di Cassie.
A scuola eravamo le nuove arrivate. Avevamo cambiato quartiere e non conoscevamo nessuno. La notte prima del nostro primo giorno Cassie ed io non avevamo dormito per niente. Lei era terrorizzata da quello che sarebbe successo ed io avevo cercato di tranquillizzarla, anche se ero spaventata quasi quanto lei.
Avevo conosciuto subito una ragazza di nome Aria. Ci eravamo sedute vicine a pranzo ed eravamo diventate istantaneamente amiche. Lei era un po’ più bassa di me, aveva i capelli castani, lisci e tagliati all’altezza delle spalle. Aveva gli occhi di un colore molto strano. Erano azzurri, ma all’interno dell’iride si vedeva anche del verde. In pochi mesi eravamo diventate inseparabili. Ci dicevamo tutto e passavamo quasi tutti i pomeriggi insieme. A volte si univa a noi anche Cassie, ma la maggior parte delle volte eravamo solo noi due, perché la mia gemella aveva cominciato a uscire con un ragazzo di nome Samuel e passavano tutto il tempo libero insieme.
Mi piaceva quella scuola e tutti i miei compagni di classe mi stavano molto simpatici.
Poi, un giorno, Brian – un ragazzo del mio anno molto alto, con i capelli scuri e gli occhi grigi – aveva deciso di sedersi di fianco a me durante una festa in pizzeria. Avevamo scherzato e riso insieme per tutta la sera e avevo cominciato a provare qualcosa per lui. L’avevo sempre trovato attraente, ma dopo quelle ore passate insieme avevo capito di essermi presa una cotta per lui.
Brian mi aveva dato un soprannome – “K-Bomb” - e aveva continuato a fare battute inappropriate per tutto il tempo. Mi aveva chiamata ‘bomba sexy’ e mi aveva fatto arrossire, perché nessuno mi aveva mai detto che mi trovava attraente.
Dopo la cena avevamo deciso di andare a fare una passeggiata per le vie di Londra e lui mi aveva permesso di prenderlo a braccetto.
Al momento di salutarci mi aveva dato un bacio sulla guancia e mi aveva fatta ridere, facendomi vedere che aveva modificato il mio nome sul suo telefono da Kimberly a K-Bomb.
Avevamo continuato a passare tempo insieme anche a scuola, durante i mesi successivi. E i miei sentimenti per lui non avevano fatto altro che crescere.
Finché una sera non avevo deciso di organizzare una festa a casa, avevo indossato gli abiti più carini che avevo e avevo passato la sera a chiacchierare e a ridere con lui.
I segnali c’erano tutti: Brian mi aveva toccata più volte con una scusa qualsiasi – “La stronza di Filosofia mi ha interrogato a tradimento!” E mi aveva posato una mano sulla gamba. “Deve essere stato difficile continuare a cambiare casa.” E la mano si era spostata sul braccio. “Mi piace il vestito che stai indossando questa sera!” E la mano era scivolata sulla mia gamba. – aveva posato lo sguardo sulle mie labbra più e più volte, mi aveva messo un braccio intorno alla mia vita e mi aveva attirata a sé per un ballo lento. Ed io avevo pensato che il mio cuore sarebbe scoppiato, perché non ero abituata a provare quella quantità di sentimenti.
Poi, quella notte, dopo la festa mi era arrivato un messaggio di Aria.
 
“Kim, non ci crederai mai, ma Brian mi ha telefonato e mi ha chiesto di diventare la sua ragazza! Sono troppo contenta!”
 
Mi era caduto il mondo addosso e mi si erano riempiti gli occhi di lacrime. Non solo perché lui aveva scelto lei – nonostante avesse passato tutta la sera con me – ma perché lei avrebbe dovuto essere la mia migliore amica. Sapeva che ero attratta da Brian, perché ne avevamo parlato per ore e ore, ma aveva detto di sì lo stesso.
Avevo provato a rimanere amica di Aria nonostante ci stessi malissimo. Avevo cercato di ignorare le loro continue dimostrazioni pubbliche di affetto, perché non volevo permettere che un ragazzo interferisse con la nostra amicizia, ma non era stato facile.
Una sera, più o meno dopo Natale, avevo ricevuto un altro messaggio dalla ragazza.
 
“K, dobbiamo parlare! Bri ed io l’abbiamo finalmente fatto!”
 
Era stato troppo anche per me. Mi era sembrato di sentire qualcosa rompersi dentro di me. Forse era stato il cuore, non ne avevo idea. Ma da quel momento avevo smesso di uscire con lei e, invece, avevo cominciato a passare tutti i miei pomeriggi liberi a Holland Park. Inizialmente leggevo e basta e cercavo di distrarmi. Poi mi ero guardata intorno e avevo visto la bellezza mozzafiato di quel posto. Avevo cominciato a tornare con la macchina fotografica e a catturare momenti e immagini con il mio obiettivo, innamorandomi di quel nuovo mondo.
 
“Scusate, vado un secondo alla toilette.” Dissi, alzandomi dal tavolo e allontanandomi da Sophia e i ragazzi. Avevo bisogno di stare da sola per qualche secondo per raccogliere i miei pensieri. Quello che era successo con Brian mi aveva ferita. Mi aveva spezzato il cuore e ci ero stata male per mesi. Anni. Non potevo permettere che succedesse di nuovo.
Appoggiai la borsa al lavandino e aprii l’acqua fredda.
Con Brian era iniziato tutto esattamente come con Fossette. Le farfalle nello stomaco, i brividi, il cuore che batteva più veloce e il suo viso sempre nei miei pensieri. La sua voce, la sua risata…
“Ehi, va tutto bene?” Sentii una voce maschile familiare. Era bassa e un po’ roca e aveva l’accento inglese. Mi voltai e mi trovai faccia a faccia con Harry, che mi aveva seguita in bagno.
“Sì.” Risposi, chiudendo l’acqua. “Più o meno.”
“Mi sei sembrata triste, va tutto bene?” Disse lui.
“Mi sono tornai in mente vecchi ricordi.” Replicai, evitando di guardarlo negli occhi.
“Ti manca casa? All’inizio è difficile passare tanto tempo lontano dalla famiglia e gli amici.” Disse lui, appoggiandosi al lavandino e guardandomi negli occhi. La sua mano destra sfiorò leggermente il mio braccio. Era come se con un semplice gesto volesse tranquillizzarmi e dirmi che sarebbe andato tutto a posto.
Perché doveva anche essere dolce?
“No, non è quello.” Risposi, puntando finalmente il mio sguardo sul suo. Provai immediatamente una stretta allo stomaco e le fastidiose farfalle cominciarono a svolazzare ovunque. “Mi sono tornate in mente persone che mi hanno ferita.” Aggiunsi.
“Ehi, pensa che adesso sei a New York e lavori per una fotografa famosa in tutto il mondo. Hai una vita bellissima e chiunque abbia avuto il coraggio di ferirti si starà mangiando le mani. Io lo starei facendo di sicuro se mi fossi lasciato scappare una come te.” Replicò lui, rivolgendomi un sorriso.
Arrossii leggermente e il mio cuore cominciò a battere più veloce.
“Grazie.” Dissi, abbassando lo sguardo e abbozzando un sorriso. Ecco, quello era esattamente il genere di cose che volevo evitare. Perché ero nel bagno di un ristorante con Harry Styles e lui mi stava dicendo cose carine? Era meglio tornare insieme al resto del gruppo per evitare di prendere decisioni avventate. E, in quel momento, avrei davvero voluto baciarlo.
 
Alla fine del pranzo Sophia ed io salutammo i ragazzi fuori dal ristorante. La fotografa si fermò a parlare per qualche minuto con Niall, che non era ancora salito sul furgoncino, e Harry ne approfittò per avvicinarsi a me.
“Mi ha fatto piacere conoscerti.” Mi costrinsi a dire e sorrisi.
“Anche a me.” Rispose lui. “Mi sarebbe piaciuto conoscerti in un’altra circostanza, ma purtroppo avevo pochi giorni a disposizione a New York.” Aggiunse abbassando la voce.
Mi morsi il labbro inferiore e lo guardai negli occhi. Così quello era davvero un addio.
“Già, anche a me.” Mormorai e poi mi maledissi mentalmente. Cosa stavo facendo?
“Che ne dici se ci scambiamo il numero, così rimaniamo in contatto?” Propose il ragazzo, prendendomi alla sprovvista. E il mio cuore avrebbe detto di sì in un battito, ma il mio cervello mi impedì di dare quella risposta.
“N-non posso, mi dispiace.” Risposi. “Non ho ancora un numero americano.” Mentii qualche secondo dopo, dicendo ad alta voce la prima scusa che mi era venuta in mente.
Non ho ancora un numero americano? Certo, e nel tempo libero faccio vestiti su misura per la Regina Elisabetta.
Ma cosa cavolo mi ero inventata?
Il ragazzo abbassò lo sguardo per qualche secondo, deluso.
“Spero di incontrarti di nuovo, un giorno.” Disse. Poi si avvicinò per darmi un bacio su ogni guancia e salì sul furgoncino che l’avrebbe portato all’aeroporto. Anche Niall, dopo avermi salutato un’ultima volta, raggiunse il compagno di band. Guardai il veicolo allontanarsi e sospirai. Odiavo la sensazione che stavo provando. Avevo il cuore pesante e mi sentivo come se qualcuno mi avesse appena schiaffeggiata con tutta la sua forza. Sapevo che i miei occhi stavano diventando lucidi. Avevo le guance in fiamme e sentivo un nodo in gola che rendeva difficile deglutire. Non volevo piangere. Non dovevo. Non potevo.
“Forza Kelly, abbiamo tre attori che ci aspettano in studio!” Esclamò Sophia, facendomi tornare alla realtà.
 

Buongiorno! Scusate per il ritardo, ma la settimana scorsa sono successe delle cose e non me la sentivo di postare. Avevo la mente un po' da un'altra parte :)
Comunque ecco il nuovo capitolo! Kim incontra di nuovo Harry e i due passano del tempo insieme. La nostra protagonista capisce di provare delle cose che non dovrebbe provare per lui e si sente come se un camion le fosse appena passato sopra al momento di salutarlo per sempre. E quindi cosa succederà nei prossimi capitoli? Kim ne parlerà con Cassie e le due decideranno di andare a cercarlo perché lei si renderà conto di quello che ha fatto? (parliamone, chi rifiuterebbe il numero di Harry Styles?) Lui tornerà indietro per lei o troverà il modo di contattarla? Kim conoscerà un nuovo ragazzo e si dimenticherà di Harry? Oppure deciderà di concentrarsi sul lavoro e di non pensare più a Fossette?
Tante domande, ma vi prometto che martedì prossimo risponderemo a tutto!
Nel frattempo abbiamo scoperto ancora un pezzo del passato di Kim e abbiamo conosciuto Aria e Brian, due ex compagni di classe che l'hanno tradita nel peggior modo possibile. Non è odioso quando quella che dovrebbe essere la tua migliore amica si mette con il ragazzo che piace a te? Eh.
Io adesso vi saluto, perché questo angolo autrice sta diventando più lungo della storia e vi dò appuntamento a martedì prossimo! Intanto vi ringrazio per aver aspettato con pazienza questo capitolo e per le recensioni allo scorso. Grazie anche a chi ha messo la storia tra le preferite, ricordate o seguite e a chi legge sempre in silenzio (perché so che ci siete e vi apprezzo tantissimo <3)
Un bacione e alla prossima!

 

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Capitolo 6
*** The Heartbreak ***




Capitolo 6 – The Heartbreak

“Fammi capire, hai rifiutato il numero di telefono di Harry Styles?” Mi chiese Cassie quella sera, quando le raccontai tutto quello che era successo negli ultimi due giorni. Stavamo leggendo entrambe sui nostri letti e lei si era accorta immediatamente che c’era qualcosa che non andava. Aveva appoggiato il suo libro sul comodino e mi aveva chiesto com’era andata la mia giornata. Niente di troppo specifico, perché sapeva che se avessi voluto raccontarle qualcosa l’avrei fatto lo stesso. Lei voleva solo farmi sapere che era disposta ad ascoltare tutto quello che volevo dirle. E le parole erano uscite dalla mia bocca come un fiume in piena, una dopo l’altra.
“Cosa potevo fare?” Domandai di rimando, guardando la mia gemella negli occhi.
“Kim, questo è il primo ragazzo che ti piace dopo Chad, è una cosa grossa!” Esclamò lei. Provai un’ondata di rabbia quando sentii quel nome.
“Ma figurati, è solo una cotta passeggera. Un po’ di stupida attrazione fisica, niente di più.” Dissi immediatamente. Era come se intorno al mio cuore si fossero innalzate delle mura altissime al solo sentire nominare Chad.
“Beh, ma avresti potuto accettare il suo numero. Chissà cosa avrebbe potuto nascere tra di voi.”
Eccola, la solita Cassie, l’inguaribile romantica.
“Nulla, perché il mio capo mi ha espressamente vietato di uscire con i suoi clienti. E Fossette è un suo cliente.” Risposi, chiudendo gli occhi. Li riaprii immediatamente, perché mi sembrò di vedere il viso di Harry. “Piuttosto, hai sentito Nathan negli ultimi giorni?” Domandai.
Cassie capì immediatamente che volevo cambiare argomento e sospirò.
“Sì, ieri sera abbiamo parlato su Skype, ma mi manca da morire. Non è la stessa cosa, vorrei averlo qui.” Disse lei, abbassando lo sguardo e stringendo il piumone con una mano. “Non è facile stare lontana da lui.”
“Lo so, ma pensa che stai seguendo il tuo sogno.” Cercai di consolarla. “Quando torneremo a Londra organizzerai matrimoni epici, tra cui il tuo.” Aggiunsi. Cassie sorrise. “E Nathan è sempre lì, lo puoi vedere quando vuoi su Skype, puoi chiamarlo, mandargli sms…” Dissi.
“E’ difficile sapere che probabilmente non lo vedrai mai più?” Mi domandò la mia gemella improvvisamente.
“Chi? Fossette?” Chiesi di rimando. Lei annuì ed io inspirai profondamente. “No, in un certo senso è più facile. So che non lo vedrò mai più e quindi non potrà mai esserci nulla tra di noi. Sarebbe molto più difficile doverlo vedere spesso.” Risposi.
Per un po’ nessuna delle due disse più nulla. Se Harry Styles fosse stato un mio collega sarebbe stata una tragedia. Avrei odiato doverlo vedere tutti i giorni.
“Buona notte, Kim.” Mormorò Cassie.
“’Notte.” Risposi, spegnendo la luce e sistemandomi sotto le coperte. Appena appoggiai la testa sul cuscino cominciai a pensare a quello che aveva detto la mia gemella e a Chad.
 
Dopo quello che era successo con Brian e Aria avevo perso fiducia nel genere umano. Avevo passato due anni interi a concentrarmi solo sullo studio e, alla fine, ero riuscita a smettere di stare così male per quel tradimento doppio. Okay, da parte di Brian non era stato esattamente un tradimento perché non stavamo insieme, ma ci ero rimasta male comunque.
Poi, quando avevo diciassette anni, avevo conosciuto Chad su internet e, più precisamente, sul social network della mia scuola.
Mi aveva scritto un messaggio, un giorno, dicendomi che era convinto di avermi già vista da qualche parte. Lui aveva tre anni più di me e si era già diplomato da un pezzo.
Avevo deciso di rispondergli, perché ero curiosa di sapere dove mi avesse già vista.
All’inizio ci eravamo limitati a chattare per ore, a volte anche per tutta la notte. Poi avevamo deciso di incontrarci di persona, perché abitavamo entrambi nella stessa città e avevamo frequentato la stessa scuola. Era stupido continuare a scriversi su internet e basta.
Così ci eravamo incontrati a South Bank durante un pomeriggio estivo. Avevo portato Cassie con me, perché non volevo andare all’incontro da sola in caso non fosse davvero chi diceva di essere.
Ma Chad era davvero il ragazzo della chat. E non solo, era anche più simpatico e divertente dal vivo. Avevamo passato il pomeriggio insieme e l’avevo trovato più attraente che in foto. Era alto. Molto alto. Aveva i capelli lunghi castani e gli occhi dello stesso colore. Suonava in una band rock locale e avevamo legato perché avevamo gli stessi gusti in fatto di musica. Lui sperava di sfondare con il suo gruppo, io non vedevo l’ora di finire la scuola per smettere di vedere Aria e Brian e per cominciare a seguire il mio sogno, cioè quello di diventare una fotografa.
Da quel giorno avevamo cominciato a uscire insieme regolarmente – e quando non ci vedevamo ci scrivevamo in chat.
Ricordavo ancora perfettamente il momento in cui mi ero innamorata di lui. Mi aveva invitata all’Hard Rock Calling, il festival di musica a Hyde Park. Eravamo andati insieme e avevamo passato una serata indimenticabile. Lui mi aveva fatta sedere sulle sue spalle durante la mia canzone preferita e poi, quando mi aveva fatta scendere, mi aveva abbracciata stretta. Ci eravamo guardati negli occhi per qualche secondo e poi mi aveva baciata. Così, dal nulla. Ed io mi ero innamorata di lui. Profondamente ed innegabilmente.
Avevo cominciato ad aspettare con ansia le sue telefonate. Non vedevo l’ora di vederlo e quando ci incontravamo a South Bank, alla solita panchina, gli saltavo in braccio e lo baciavo. Lui mi metteva le mani sui fianchi e mi faceva girare mentre le sue labbra toccavano le mie. Era come se ci incontrassimo dopo tanto tempo ogni volta, anche se in realtà ci eravamo visti il pomeriggio precedente.
Dopo circa tre mesi dal nostro primo bacio, Chad mi aveva invitata a casa sua. Eravamo andati a vedere un concerto al Koko a Camden e poi avevo detto alla signora Fletcher che avrei dormito a casa di un’amica, invece ero andata all’appartamento di Chad – che viveva già da solo – ed eravamo stati insieme. Avevo avuto la mia prima volta con lui ed era stata una serata magica.
Pensavo che fosse la mia anima gemella ed ero al settimo cielo quando passavo del tempo con lui.
Più o meno dopo un anno dalla sera della prima volta – ma chi volevo prendere in giro? Erano passati esattamente trecentodue giorni, li avevo contati – Chad ed io ci eravamo trovati in chat e avevamo cominciato a chiacchierare. Ormai lo conoscevo così bene da riuscire a capire il suo umore dalle frasi che utilizzava.
Ricordavo perfettamente la conversazione di quel pomeriggio. Era impressa nella mia memoria e ogni tanto la sognavo.
 
KimF: “Ehi, va tutto bene? Mi sembri giù di morale.”
ChadC: “No, in realtà sono un po’ triste.”
KimF: “Che succede?”
ChadC: “Ho litigato con la mia ragazza.”

 
Avevo riletto quella frase almeno cento volte. All’inizio non avevo capito. Pensavo che si riferisse a me, così avevo digitato una risposta velocemente.
 
KimF: “Ma la tua ragazza non è arrabbiata con te. Le manchi e basta.”
ChadC: “Non tu, Kimmy. La mia ragazza.”
KimF: “Credo di non capire… pensavo di essere io la tua ragazza.”
ChadC: “No, piccola, la mia ragazza vera, quella con cui sto da cinque anni.”

 
Dopo quella risposta avevo chiuso la conversazione e mi ero disconnessa da internet.
Che tipo di persona confessava di avere un’altra ragazza alla sua amante via chat? Amante. Quanto odiavo quella parola. Non riuscivo a credere di aver vissuto una menzogna per tutto quel tempo. Io mi ero innamorata di lui. Avevo avuto la mia prima volta con lui. Ero convinta che fosse la mia anima gemella. E, soprattutto, pensavo che lui ricambiasse i miei sentimenti, anche se non mi aveva mai detto che mi amava. Io, da stupida ragazzina ingenua, ero convinta che non lo avesse mai fatto perché voleva fare il figo, e dire quelle parole alla propria ragazza non era rock’n’roll.
Invece per lui non ero stata altro che un passatempo. Un’amante. Una bambolina. Un giocattolo.
Avevo visto Chad qualche giorno dopo quella conversazione e avevo ceduto solo perché lui aveva continuato a chiamarmi e a mandarmi messaggi. Ci eravamo incontrati alla solita panchina a South Bank e aveva cercato di spiegarmi come stavano le cose. Sì, lui aveva una ragazza da ben cinque anni e non pensava che io avessi frainteso quello che c’era tra di noi. Pensava che fosse anche per me un gioco, un modo per uscire dalla solita routine. Gli avevo tirato un sonoro schiaffo e quella era stata la prima e l’unica volta che avevo alzato le mani su qualcuno.
Il mio cuore si era rotto in un milione di pezzi e non avevo la minima idea di come fare a rimetterlo insieme. Non avevo mai provato un dolore simile in tutta la mia vita e avevo giurato che non avrei mai più permesso a nessun ragazzo di farmi sentire in quel modo.
 
Il mattino successivo mi svegliai con una nuova missione in mente: da quel momento mi sarei concentrata solo sul lavoro. Avrei smesso di pensare a Fossette, perché tanto non l’avrei più rivisto e sarebbe andato tutto bene. Avrei passato un anno incredibile lavorando per Sophia e non avrei permesso che niente e nessuno rovinasse quell’esperienza.
Dopo una doccia veloce mi spostai in cucina, dove Piper aveva già preparato la colazione per tutte.
“Oggi tocca a me, quindi spero che pancake alla banana e succo d’arancia vadano bene per tutte!” Esclamò.
Elle si sedette al bancone della cucina e sbadigliò.
“Quello che vuoi, P.” Rispose. Anche Cassie ci raggiunse, già vestita di tutto punto, truccata e pettinata.
“Wow, come sei vestita bene oggi!” Esclamò Piper, guardando la mia gemella dall’alto in basso. La osservai anch’io per qualche secondo e sorrisi.
“E’ una giornata importante!” Rispose Cassie, agitandosi. “Sapete che dopo le lezioni per il momento lavoro in un negozio di scarpe, giusto?”
“Sì.” Rispondemmo tutte.
“Bene, oggi ho il colloquio per un potenziale posto in un negozio di abiti da sposa!” Esclamò Cassie! “Non volevo dirvi nulla per non rovinare tutto, insomma, per superstizione, ma non ce la faccio! Sono troppo contenta e spero che mi prendano!” Aggiunse.
“Ma è fantastico!” Disse Elle. “E sono sicura che ti prenderanno. Voglio dire, quando ti conosceranno capiranno immediatamente che sei una persona da non lasciarsi scappare.” Aggiunse la ragazza.
“Incrocio le dita per te, C!” Esclamò Piper.
Io guardai la mia gemella e basta, consapevole del fatto che un solo sguardo contasse più di mille parole. Ci conoscevamo da tutta la vita, ormai sapevamo cosa significava anche il minimo movimento di un muscolo facciale. Osservai Cassie con orgoglio e le sorrisi, appoggiandole una mano sul braccio.
“In bocca al lupo.” Dissi.
“Grazie, Kim. Crepi il lupo, ma non prima di aver comprato un abito da sposa da me!” Rispose lei. Scoppiammo tutte a ridere. Poi Piper servì la colazione per tutte e cominciammo a mangiare.
“Ma sei una cuoca fantastica, P!” Disse Elle dopo un solo boccone.
“Ti piacciono? Sono una ricetta di mia madre! In realtà è lei la cuoca, io so fare un decimo delle cose che fa lei.” Rispose Piper.
“Però sei brava.” Commentai io con un sorriso. “Grazie per questa delizia.”
“Figurati.” Replicò la ragazza. “A proposito, è vero che in questi giorni avete fatto un servizio fotografico agli One Direction?” Mi chiese dopo pochi secondi.
“Sì.” Risposi. “Erano foto promozionali per il nuovo album.” Aggiunsi.
“Oh, e com’erano? Non le foto, ma i ragazzi. Zayn era un figo assurdo, vero?” Mi domandò Elle, legandosi i capelli in uno chignon spettinato.
“E’ molto bello, sì.” Replicai. “I suoi occhi sono qualcosa di straordinario. Grandi, profondi, di un colore bellissimo. E le ciglia scure non fanno altro che aumentare l’intensità del suo sguardo.” Aggiunsi.
Le ciglia scure non fanno altro che aumentare l’intensità del suo sguardo? Chi diavolo ero diventata? Da quando avevo cominciato a notare certe cose sdolcinate?
“E Harry, invece?” Mi chiese Piper. “E’ quello che mi incuriosisce di più.”
Cassie mi lanciò un’occhiata di nascosto ed io scossi la testa quasi impercettibilmente per farle capire che potevo rispondere a quella domanda senza problemi.
“Lui è… molto bello e molto gentile.” Risposi. “Non è altissimo, in foto sembra più alto perché è magrissimo. Però sembra avere un bel fisico. Ha un sorriso che illumina la stanza, seriamente. E i suoi occhi sono incredibili. Sembra quasi che ti attraversino il corpo e arrivino direttamente al cuore.” Continuai, rivedendo il viso di Fossette nella mia mente. Poi mi resi conto di quello che stavo dicendo. “Per il resto ha svariati brufoli e avrebbe bisogno di un gran bel taglio ai capelli.” Conclusi velocemente, cercando di ricompormi e sperando che le ragazze non si fossero accorte di nulla.
Guardai la sveglia appesa alla parete e decisi che era ora di andare al lavoro. In realtà era presto, ma sarei andata a piedi quella mattina. Una passeggiata mi avrebbe fatto bene.
“Deve essere bello incontrare di persona tutte queste celebrità.” Disse Elle. “Io, in redazione, vedo solo gli articoli e le interviste che fanno i colleghi con più esperienza. Purtroppo sono ancora alla fase caffè, fotocopie e telefonate.” Aggiunse prima di bere un sorso di succo d’arancia.
“Vedrai che prima o poi diventerai anche tu una giornalista. Lo stage è giù una grande opportunità e se ti farai notare per la tua professionalità e bravura… sarà un gioco da ragazzi essere promossa!” Esclamai. “E adesso, parlando di caffè, vado al lavoro. E’ sempre meglio arrivare un po’ prima, così fare trovare a Sophia la sua tazza mattutina.” Dissi, alzandomi dallo sgabello e raggiungendo la camera per finire di vestirmi.
 
Katy, buongiorno!” Esclamò Sophia dopo essere entrata nello studio. Prese il caffè dalla scrivania, ne bevve un lungo sorso e poi mi sorrise. “Sei mai stata a Los Angeles?” Domandò.
“No.” Risposi, cercando di ignorare l’ennesimo nome sbagliato con cui mi aveva chiamata la fotografa. “New York è la prima città degli Stati Uniti in cui io sia mai stata. Beh, in realtà la prima in generale, perché non sono mai uscita da Londra. Anzi no, sono andata una volta a Brighton.” Aggiunsi.
“Oh, allora ti piacerà tantissimo, perché è diversa da quello che conosci.” Replicò lei, accendendo il computer e sedendosi alla scrivania.
“Andiamo a Los Angeles?” Domandai, sperando di non sembrare troppo contenta. Dovevo cercare di dimostrarmi professionale.
“Sì, la settimana prossima. Il Rolling Stone vuole fare un articolo sugli One Direction. Sai, uno di quelli della serie: ‘un giorno nella vita di...’ e hanno chiamato me per le foto, visto che sono in buoni rapporti con la band.”
Per un momento mi sentii come se tutto avesse cominciato a girare intorno a me. Dovevo andare a Los Angeles e passare un’intera giornata con Fossette? Era una cosa tremenda, orribile, tragica e avrebbe dovuto essere dichiarata illegale in vari paesi, per quanto mi riguardava.
“Oh, perfetto.” Mi costrinsi a rispondere.



Buongiorno! Ecco il nuovo capitolo, oggi scopriamo il vero motivo per cui Kim è così fredda e cinica. Insomma, avevamo già capito che la sua vita sentimentale non è mai stata molto fortunata, ma dopo aver letto quello che è successo con Chad abbiamo capito un po' di più su di lei.
In questo capitolo ritornano anche Elle, Piper e Cassie e... sorpresa! Kim deve andare a Los Angeles per passare un'intera giornata con Harry per lavoro! Cosa succederà?
La risposta a questa domanda l'avremo martedì prossimo, con il nuovo capitolo!
Grazie a tutte le persone che leggono sempre la mia storia e a chi ha commentato o inserito la fan fiction tra le preferite, seguite o ricordate. Mando a tutti un abbraccio grande!

Alla prossima!

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Capitolo 7
*** The West Coast ***




Capitolo 7 – The West Coast
 

La sera prima della partenza mi ritrovai a fare la valigia insieme a Cassie. Ero nervosa, ma non volevo mostrarlo.
“Ehi, andrà tutto bene.” Disse la mia gemella. Mi conosceva e mi aveva vista così solo un paio di volte in tutta la vita. Come avevo anche solo pensato di nasconderle un’emozione del genere? Era la mia gemella, era ovvio che se ne sarebbe accorta.
“Lo spero.” Mormorai, chiedendomi se avessi dovuto prendere anche un costume da bagno. Decisi di portarlo, perché tanto non avrebbe occupato più di tanto spazio in valigia e avrebbe sempre potuto servirmi. Non avevo idea di quello che mi avrebbe aspettato dall’altra parte dell’America.
“Puoi chiamarmi quando vuoi, okay?” Replicò lei, appoggiando una mano sulla mia spalla.
“Tranne dalle nove all’una perché sei al corso e dalle due alle sei perché sei al negozio di abiti da sposa, giusto?” Domandai con un sorriso. Volevo scherzare per alleggerire l’atmosfera. Sembrava che stessi andando al patibolo, invece stavo per imbarcarmi su un aereo che mi avrebbe portata in California. Gratis, per giunta, perché si trattava di lavoro.
“Beh, sì.” Rispose la mia gemella, ridendo.
“Sono felicissima che tu sia riuscita ad ottenere quel lavoro.” Dissi dopo qualche minuto. “Come ti stai trovando?”
“E’ stata la settimana più bella e più intensa di tutta la mia vita. E’ duro lavoro, perché il corso prosciuga quasi tutte le mie energie e le spose… oh, le spose sono le persone più egocentriche, capricciose e fastidiose del mondo. Però ne vale la pena, perché amo quello che sto facendo.” Rispose Cassie, sedendosi sul mio letto e osservando la mia valigia. “Prendi quello rosso, ti sta meglio.” Aggiunse, indicando il costume che avevo lasciato nell’armadio.
“Grazie.” Mormorai, seguendo il suo consiglio. “E i colleghi? Hanno iniziato a prenderti un po’ più sul serio?”
“Non tutti.” Rispose lei, sospirando. “Le donne più adulte, quelle che hanno più esperienza, non credono che io possa farcela. Mettono in dubbio tutte le mie decisioni e Mandy, quella che sto affiancando per imparare il lavoro, si rifiuta di farmi dare consigli alle clienti. Non vuole nemmeno che io parli con loro!” Aggiunse.
“Mi dispiace.”
“Però ho conosciuto Rusty, uno dei colleghi più giovani, e abbiamo legato immediatamente. E’ impossibile rimanere seri quando c’è lui nella stanza. Lo adoro!” Esclamò la ragazza.
“Vedrai che riuscirai a conquistare anche le altre colleghe più vecchie.” Dissi.
“Kim! Non si dice vecchie, dai! Hanno più esperienza di vita.” Commentò la mia gemella con una risata.
“Va bene, come vuoi. Tanto non importa quanti anni hanno, riuscirai a dimostrare che hai talento a tutti. E’ impossibile non adorarti, Cassie.” Replicai, sventolando una mano e sorridendo. Poi osservai la mia valigia e, in pochi secondi, mi trovai sdraiata sul letto con la mia gemella abbracciata.
“Lo stesso vale per te, Kim.”
“Molla la presa! Non respiro più!” Esclamai ridendo. “Cassandra!” Tuonai dopo qualche secondo. La mia gemella mi lasciò immediatamente, poi ci guardammo negli occhi e scoppiammo a ridere di nuovo.
“Non vale, non puoi usare il mio orrendo nome contro di me.”
“Non è così orribile, ha carattere.” Commentai, sistemandomi la maglietta.
“Sì, se sei una strega. O una salamandra.” Borbottò lei.
Scossi la testa e tornai a dedicarmi alla mia valigia. Cassie era l’unica costante nella mia vita. Lo era sempre stata e non aveva nemmeno idea di quanto io le volessi bene e le fossi grata per essermi stata vicina nei momenti più difficili.
 
Dovevo essere sincera. Avrei potuto abituarmi senza problemi alla vita di Sophia. Avevamo volato in classe Business da New York a Los Angeles. All’aeroporto LAX un autista ci aveva aspettate con un cartello, aveva preso i nostri bagagli e li aveva portati su un’auto privata che ci aveva accompagnate al Roosevelt Hotel a Hollywood.
Khloe, hai un paio d’ore libere, poi andremo a cena con i ragazzi e domani mattina dovremo alzarci presto per preparare tutto. Cominceremo a lavorare appena si sveglieranno e li seguiremo per tutta la giornata, dalle interviste del mattino fino al concerto della sera.” Disse Sophia quando arrivammo al piano delle nostre camere all’hotel.
Sospirai. Avrebbe mai imparato il mio nome? Kim non era una cosa così difficile da ricordare. Erano solo tre lettere! E poi, secondo me, lo faceva apposta per farmi innervosire. Ero la sua assistente da quasi un mese, come poteva non sapere ancora come mi chiamavo?
“D’accordo.” Dissi. Cominciai ad allontanarmi per raggiungere la mia stanza, quando ci ripensai. Mi fermai, mi voltai verso la fotografa e decisi di parlarle. “Sophia? Il mio nome è Kim.”
Mi accorsi di star tremando solo quando la donna si avvicinò a me e mi mise una mano sulla spalla. Cosa mi era venuto in mente? Non potevo starmene zitta? E se mi avesse licenziata?
“Lo so, Kim. Volevo solo vedere quanto tempo ci avresti messo a prendere coraggio e a dirmelo. Voglio che i miei assistenti personali non abbiano paura di parlare con me e anche di dirmi se sto sbagliando qualcosa – con i dovuti modi, ovviamente. Stavo cominciando a pensare che non avessi la stoffa per stare al mio fianco.” Replicò lei. “Il mio vecchio assistente non mi ha mai corretta. Infatti poi si è licenziato, il codardo.”
“Oh.” Dissi semplicemente.
“Bene, adesso vai a rilassarti, ci vediamo stasera per la cena.” La fotografa mi rivolse un occhiolino prima di sparire dietro la porta della sua camera. Ancora con le mani tremanti e il cuore che batteva a mille raggiunsi la mia stanza e appoggiai la valigia sul pavimento. Ottimo, Sophia mi aveva sottoposta a un test e l’avevo superato. E avevo due ore libere prima di rivedere Harry. Ero davvero pronta a passare una giornata intera con lui? Probabilmente no, ma dovevo fingere di esserlo o sarei stata licenziata sul serio. Mi era già andata bene una volta, non potevo rischiare troppo.
 
Dopo una doccia rilassante – nel bagno più grande che avessi mai visto – decisi di armarmi della mia amata macchina fotografica e andare in esplorazione. Avevo letto che dal tetto dell’hotel c’era una vista magnifica e volevo verificare se fosse vero. Così, dopo qualche tentativo, avevo trovato la strada giusta, avevo aperto la porta ed ero rimasta senza fiato. Di fronte a me troneggiavano le gigantesche lettere luminose che componevano il nome dell’hotel e tra una e l’altra potevo vedere la collina con la scritta ‘Hollywood’. Cercai l’inquadratura migliore, scattai qualche foto e poi decisi di avventurarmi anche oltre. Scesi al piano terra e andai a visitare Hollywood Boulevard. Era tutto esattamente come avevo sempre visto in televisione, eppure, per qualche motivo, la realtà era diversa dalle mie aspettative. Il marciapiede con le stelle e i nomi delle star era molto più largo di come me lo ero immaginato ed era tutto così… grande. Gli spazi, a Los Angeles, erano enormi. A volte New York poteva sembrare un po’ soffocante per colpa dei grattacieli altissimi, invece l’atmosfera di Los Angeles era così libera e rilassata.
Camminai sulle stelle delle celebrità, vidi almeno un paio di Marilyn Monroe fare foto con i turisti e di fronte al Dolby Theatre vidi Chewbecca spaventare alcune persone. Mi addentrai nel centro commerciale all’aperto, l’Hollywood Highland Center e scovai un posto meraviglioso per fotografare la scritta sulla collina.
Entrai in qualche negozio per dare un’occhiata – al primo piano c’era il famoso Hot Topic, che in Inghilterra non esisteva e, di fianco, avevano un negozio completamente dedicato al Natale! – e poi decisi di tornare al Roosevelt Hotel. Si stava facendo tardi e volevo avere tempo per vestirmi e truccarmi decentemente. Anche se volevo cercare di nasconderlo, ero emozionata e non vedevo l’ora di rivedere Fossette.
 
“Così questa è la tua prima volta a Los Angeles, vero?” Mi domandò Liam durante la cena.
“Sì, è incredibile.” Risposi. Non eravamo andati molto lontani, infatti il manager della band – che era al tavolo con noi – aveva suggerito il ristorante dell’hotel. Avevo cercato di sedermi il più lontano possibile da Harry e mi ero concentrata soprattutto su Liam e Louis, che erano i due ragazzi più vicini a me.
“Sei già riuscita a vedere qualcosa?” Chiese Louis.
“Solo Hollywood Boulevard.” Risposi. “Ho avuto poco tempo e qui tutto sembra lontanissimo! Per arrivare da un isolato all’altro sono almeno cinque minuti di camminata.”
“Già, hai proprio ragione! Los Angeles è enorme.” Commentò Liam. “E’ difficile vederla a piedi, dovresti affittare un’auto.”
“Se dovessi mai tornare per una vacanza, magari con la mia gemella, lo farò sicuramente.” Risposi.
“Hai una gemella?” Mi chiese Louis. “Io ho due sorelle gemelle più piccole e mi inquietano da morire.” Scherzò il ragazzo.
“Perché sembra che si leggano nel pensiero e dicono le stesse cose?” Domandai.
“Sì, anche voi siete così?”
“A volte.” Risposi. “Non ci leggiamo nel pensiero, chiaramente, ma abbiamo passato così tanto tempo insieme, crescendo, che abbiamo imparato a conoscere ogni minima espressione. Sappiamo sempre cosa sta pensando o cosa sta per dire l’altra.” Spiegai.
“Forte.” Intervenne Niall, che aveva cominciato ad ascoltare la nostra conversazione con interesse.
“Lei è rimasta a Londra?” Mi chiese Zayn. Anche lui si era voltato verso di noi.
“No, è venuta con me a New York. Frequenta un corso per diventare Wedding Planner e viviamo insieme.” Replicai.
“Beh dai, allora la tua avventura americana è un po’ più facile se siete insieme. Io a volte penso di resistere solo perché sono con questi quattro. Se fossi da solo non so come farei. Mi mancano spesso la mia famiglia e la mia ragazza.” Disse Zayn.
“Aw, Zayny, non fare il sentimentale!” Esclamò Louis, facendo ridere tutti. “Comunque adesso Sophia è occupata con il nostro manager e possiamo sparlare di lei senza problemi. Come ti trovi a lavorare per lei?” Aggiunse poi, avvicinandosi a me e abbassando la voce.
“Non posso spettegolare sul mio capo!” Sibilai, fingendomi scandalizzata. “Però no, seriamente. Per il momento non ho nulla di cui lamentarmi. Sto vivendo il mio sogno.”
“D’accordo, ne riparleremo quando ci rivedremo tra un anno o giù di lì.” Rispose Louis. “Il vecchio assistente personale aveva sempre i gossip migliori.”
“Beh, ma è anche quello che l’ha fatto licenziare.” Intervenne Liam.
“Cos’è successo?” Domandai, interessata all’argomento. Sophia mi aveva detto che era scappato a gambe levate, qual era la verità?
“Beh, pare che il ragazzo avesse la lingua un po’ troppo lunga e ha messo Sophia nei casini con un contatto importante. Non ho idea di chi sia, perché lei non ce l’ha mai detto.” Cominciò a spiegare Niall. “Comunque pare che una sera, a cena con questo contatto importante, l’assistente si è lasciato scappare delle cose su di lei che non avrebbe mai dovuto dire. Il giorno dopo, quando Luke, l’ex assistente, ha scoperto chi era il tizio con cui ha parlato e ha capito il casino che ha fatto, si è licenziato prima che Sophia potesse scoprire quello che era successo.” Continuò il ragazzo.
“Lei era furiosa.” Disse Louis. “Ce ne ha parlato quando ci siamo visti a New York e non l’ho mai vista così arrabbiata. E la cosa che l’ha fatta incazzare di più è che lui non ha avuto il coraggio di parlarle e di ammettere quello che aveva fatto. E’ sparito prima che lei potesse fare qualsiasi cosa. Anzi, a dire la verità lei ha scoperto quello che era successo solo dopo che lui se ne è andato.”
“Cavolo, non sapevo nulla di tutto ciò.” Dissi. Quindi era quello il motivo per cui Sophia mi aveva detto che voleva che i suoi assistenti avessero il coraggio di parlare con lei quel pomeriggio.
“Già.” Concordò Louis. “Ma noi non ti abbiamo detto nulla, okay?” Mi chiese, facendomi l’occhiolino.
Finsi di chiudere la bocca con una cerniera e poi lanciai un’occhiata a Harry, che stava parlando con la fotografa e il suo manager. Provai una stretta allo stomaco e rivolsi subito lo sguardo verso gli altri quattro ragazzi. Non avevo idea di come avrei affrontato il giorno successivo se le maledette farfalle nel mio stomaco cominciavano a volare come delle pazze solo a guardarlo dall’altra parte del tavolo.
 
Una volta terminata la cena tornammo tutti nelle nostre stanze. I ragazzi avrebbero dovuto svegliarsi presto per un’intervista radiofonica, quindi anche io e Sophia avremmo dovuto puntare la sveglia più o meno all’alba.
Provai a prendere sonno per parecchio tempo, ma, per quanto mi sforzassi, non riuscii. Mi alzai e decisi di andare a fare una passeggiata per i corridoi dell’albergo. Di certo rimanere sdraiata a fissare il soffitto non mi avrebbe fatto bene. Avrei continuato ad essere tormentata dal sorriso di Fossette a cena. Dalla sua espressione tranquilla mentre parlava con Sophia e il suo manager. Dal pensiero che si era infiltrato nella mia mente e sembrava non avere la minima intenzione di andarsene: vorrei essere io a farlo sorridere così. Vorrei che guardasse me così.
Tornai sul tetto del Roosevelt, con la mia amata macchina fotografica in mano. Volevo osservare il traffico di Los Angeles dall’alto. Volevo vedere le lettere illuminate di rosso.
Mi appoggiai alla balaustra di vetro e guardai le auto sotto di me. Erano tantissime ed era uno spettacolo suggestivo. La strada era divisa in due lunghe file di vetture. Vedevo i fari bianchi di quelle che venivano verso l’hotel e quelli rossi delle auto che, invece, andavano dalla parte opposta. Era uno spettacolo affascinante.
Montai la macchina fotografica sul cavalletto e cominciai a giocare con le impostazioni. Volevo provare a fare una foto a lunga esposizione del traffico notturno. Una di quelle in cui si vedeva la città immobile e poi, in mezzo alla strada, una lunga scia di luce.
“Kim?”
Mi voltai di scatto e trovai Harry dietro di me con i capelli spettinati e l’espressione stanca.
“Ehi.” Lo salutai. Poi mi voltai di nuovo verso la macchina fotografica e lasciai che il ragazzo prendesse posto di fianco a me.
“Non riuscivi a dormire?” Mi chiese.
“No. Tu?”
“Nemmeno io.” Rispose. Gli lanciai un’occhiata di nascosto e vidi il suo sguardo perdersi in lontananza. “Ho pensato che un po’ d’aria fresca potesse aiutare.”
“Già, anch’io.” Replicai. “Sei nervoso per domani?”
Harry puntò il suo sguardo sul mio, facendomi provare un brivido.
“No, in realtà pensavo a te.”
“A me?” Ero agitata, non riuscivo a stare ferma, così cominciai a giocare con la tracolla della mia reflex. Finsi di concentrarmi sulle impostazioni per non guardarlo negli occhi. Sapevo che le mie emozioni mi avrebbero tradita se lo avessi fatto.
“Sì.” Disse lui. “A cena ti ho vista mentre parlavi con i miei amici. Avrei voluto partecipare anch’io alla conversazione, ma… continuava a tornarmi in mente la tua espressione quando ti ho chiesto di scambiarci i numeri di telefono, la settimana scorsa.”
Chiusi gli occhi per qualche secondo, maledicendomi mentalmente.
Quando ti ho detto che non avevo ancora un numero americano e tu hai capito chiaramente che stavo mentendo. Pensai.
“Mi dispiace.” Dissi, sempre senza guardarlo. Premetti il tasto argentato sulla mia macchina e mi allontanai dal cavalletto. Tanto la foto ci avrebbe messo parecchi secondi per scattarsi ed io non avrei dovuto fare assolutamente nulla.
“E’ solo che trovo strano il fatto che tu sia così amichevole con gli altri e così fredda con me. Cosa c’è che non va? Ho detto o fatto qualcosa di sbagliato a New York?”
“No.” Risposi immediatamente. “No, non sei tu. E’ che Sophia ha queste regole sui clienti e non voglio fare nulla per cui possa essere licenziata.” Aggiunsi abbassando la voce.
Harry si passò una mano tra i capelli e si allontanò dalla balaustra. Si sedette su una delle sdraio sulla terrazza e mi fece cenno di avvicinarmi. Presi posto di fianco a lui e rimasi in silenzio. Non avevo ancora avuto il coraggio di guardarlo in faccia.
“Chiacchierare con me ti metterà nei guai?” Mi domandò lui dopo qualche minuto, rivolgendomi un sorriso. Alzai gli occhi e incontrai il suo sguardo. Provai un brivido e le farfalle nel mio stomaco cominciarono a volare furiosamente.
Oh sì, finirai per mettermi in seri guai, Fossette. Pensai.

 



Nuovo capitolo di The Butterfly Effect! Kim è dall'altra parte degli Stati Uniti e sa che dovrà passare un'intera giornata con Fossette. Cerca di ignorarlo a cena, ma si incontrano per caso sul tetto dell'hotel quando nessuno dei due riesce a dormire. Cosa succederà martedì prossimo? Riprenderemo dal punto in cui il capitolo è terminato oggi e scopriremo di cosa parleranno Kim e Harry. Ma poi siamo sicuri che parleranno? Litigheranno? Avranno una lunga conversazione onesta? Oppure passeranno direttamente oltre alle parole e passeranno la notte insieme? E Sophia scoprirà cosa sta succedendo?
Abbiamo sempre più domande, ma vi prometto che la settimana prossima risponderemo a tutto!
Io vi saluto, vi dò appuntamento a martedì e vi ringrazio per tutto, perché sapete che vi adoro! Grazie per aver inserito la storia tra le seguite, ricordate o preferite, per le bellissime recensioni che mi lasciate sempre e anche solo per aver letto <3
Alla prossima!!

 

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Capitolo 8
*** The Moonlight Talk ***




Capitolo 8 – The Moonlight Talk
 

Scossi la testa e cercai di ignorare la fastidiosa sensazione che stavo provando. Ormai era come se le farfalle fossero state investite da un tornado, che le spostava tutte violentemente da una parte all’altra del mio stomaco, facendole sbattere contro le pareti.
“Di cosa vuoi parlare?” Chiesi.
Lui emise un verso a metà tra una risata e uno sbuffo, poi mi guardò.
“Non sono abituato ad avere conversazioni del genere. Da… da quando faccio parte della band mi sento sempre a disagio quando parlo con una persona nuova, perché non ho la minima idea di cosa sappia già di me. Tutti leggono i gossip e credono a quello che scrivono su di me. E’ come se partissi svantaggiato.” Mi confessò. La vulnerabilità che mi mostrò in quel momento mi fece provare una stretta al cuore.
“Hai avuto brutte esperienze?” Domandai. Lui annuì e spostò di nuovo lo sguardo all’orizzonte, come se stesse ricordando qualcosa. “Beh, io posso dirti che di te so che ti chiami Harry Styles, sei del Cheshire, canti in una band chiamata One Direction e… la tua libreria preferita è Foyles al centro commerciale Westfield.” Dissi. “Oh, e so più o meno la tua età. So che siamo vicini con gli anni, ma non so esattamente quanti ne hai.” Aggiunsi dopo qualche secondo.
“Sono del Novantaquattro, ho fatto vent’anni da poco.” Rispose lui.
“Oh, anch’io.” Dissi.
“Quindi adesso so che ti chiami Kimberly Fletcher, hai la mia stessa età, sei di Londra, fai l’assistente personale di Sophia Warden e la tua libreria preferita è Foyles al centro commerciale Westfield.” Replicò lui con un sorriso.
“Visto? Siamo pari.”
“Anzi no, potrei aver sentito che hai una sorella gemella, mentre eravamo a cena.”
“Sì, si chiama Cassandra, ma odia il suo nome completo.” Risposi, pensando a lei e sorridendo. “Tu hai fratelli o sorelle?”
“Una più grande, si chiama Gemma. Siamo molto uniti, spesso viene in tour con noi.” Disse lui. Eravamo entrambi seduti sulla stessa sdraio ed eravamo così vicini che le nostre spalle si toccavano. “Ho anche un fratellastro dalla parte di mio padre. I miei hanno divorziato quando ero un bambino.” Aggiunse.
Annuii in silenzio. Eravamo arrivati alla parte che odiavo di più quando conoscevo qualcuno di nuovo: parlare delle famiglie. Solitamente succedevano due cose quando raccontavo quello che mi era successo. La metà delle persone mi guardava con finta compassione e non sapeva più cosa dire. L’altra metà mi considerava merce danneggiata, perché avevo passato gran parte della mia vita in Case Famiglia e i miei genitori erano persone orribili.
Non parlai per qualche minuto, finché Harry prese coraggio e mi fece una domanda.
“I tuoi genitori sono ancora insieme?”
“No.” Dissi. “Ehm… quelli naturali non sono mai stati insieme. Non proprio. E quelli adottivi hanno divorziato quando avevo diciotto anni.”
Attesi la sua reazione. Mi aspettavo che mi guardasse con un’espressione da cucciolo ferito o da cerbiatto davanti ai fari di un’auto in mezzo alla strada. Invece mi rivolse un mezzo sorriso e appoggiò una mano sulla mia.
“Al giorno d’oggi è difficile trovare una coppia ancora sposata, vero?”
“Quasi impossibile.” Dissi.
“Sembra quasi che l’amore vero non esista più.”
Calò di nuovo il silenzio tra di noi, poi Harry si schiarì la voce e mi guardò negli occhi.
“Immagino che tu e tua sorella ne abbiate passate tante insieme, sono felice di sapere che state entrambe inseguendo i vostri sogni adesso.”
“Grazie.” Dissi. “E’ bello sapere che anche tu stai vivendo il tuo.” Aggiunsi con un sorriso.
Da quel momento fu più facile parlare con lui e la conversazione non si fermò mai. Passammo da un argomento all’altro facilmente e scoprimmo di avere tantissime cose in comune.
Poi il discorso tornò su di me e mi ritrovai a raccontargli la mia storia senza avere paura della sua reazione.
“Non abbiamo mai conosciuto il nostro vero padre, perché se ne è andato ancora prima che Cassie ed io nascessimo. Nostra madre non ci ha mai parlato di lui, anche perché è sempre stata troppo impegnata a bere e a intrattenere tutti i suoi nuovi amici.” Spiegai.
“E’ stata arrestata quando avevamo sei anni, perché si è messa al volante ubriaca e ha investito un passante, uccidendolo. Da quel momento Cassie ed io siamo entrate nel sistema e siamo state spostate in varie Case Famiglia. Non è stato facile, all’inizio, perché nessuna delle due capiva quello che stava succedendo.”
Guardai le lettere illuminate sopra di noi e sospirai.
“Tutti i bambini più piccoli di noi venivano adottati immediatamente e nessuno veniva mai a portarci via. Ogni volta che arrivava qualcuno speravamo che fosse arrivato il nostro momento e invece niente. Siamo state affidate a qualche coppia, ma finivano puntualmente tutti per riportarci alla Casa Famiglia, dicendo che le cose non avevano funzionato.”
Ricordai la prima volta che Cassie ed io eravamo state affidate a una coppia. Era stato terrificante, ma bello allo stesso momento. I signori Jenkins avrebbero potuto diventare la nostra famiglia. Cassie ed io avevamo cercato di comportarci al meglio, ma quando io ero stata sospesa da scuola perché una bambina mi aveva tirato i capelli ed io avevo reagito (l’avevo spinta via) non ne avevano voluto più sapere. Le maestre avevano visto solo il mio spintone e i Jenkins si erano convinti che fossi una bambina violenta.
“Poi abbiamo trovato i Fletcher. Siamo stati affidate a loro quando avevamo quindici anni e le cose hanno funzionato da subito. La nostra madre naturale aveva rinunciato ai suoi diritti dopo pochi mesi in carcere, quindi Cassie ed io eravamo candidate per l’adozione vera e propria.”
“Quindi i Fletcher vi hanno detto che vi avrebbero adottate?” Domandò Harry, che non aveva smesso di ascoltare la mia storia per un solo secondo. Si era mostrato interessato e mi aveva guardata negli occhi per tutto il tempo. E probabilmente stava solo facendo la persona educata e non gliene fregava nulla, ma in quel momento mi aveva fatta sentire a mio agio.
“Sì.” Replicai. “Ce l’hanno detto un pomeriggio. Eravamo appena tornate entrambe da scuola ed io stavo vivendo un periodo un po’ brutto. Abbiamo pranzato tutti insieme – cosa che non succedeva quasi mai durante la settimana, perché entrambi lavoravano – e ci hanno dato la notizia.”
“Deve essere stato un momento fantastico.” Commentò il ragazzo.
Annuii, ricordando quel giorno.
“E’ stato emozionante.” Raccontai. “Ci sono state tante lacrime di gioia, tanti abbracci e poi i Fletcher hanno permesso a Cassie e me di scegliere il colore per dipingere le nostre stanze e ci hanno portate in un negozio di mobili per scegliere qualcosa che ci piacesse davvero. Qualcosa di definitivo.”
Parlare con Harry mi provocava una sensazione strana. Non ero mai stata abituata a raccontare cose così personali della mia vita a qualcuno di sostanzialmente sconosciuto, ma lui mi faceva sentire come se potessimo parlare di tutto. Come se ci conoscessimo da tutta la vita e non ci fossimo incontrati solo la settimana precedente. Mi faceva battere il cuore più forte.
“Fammi indovinare, tu hai scelto il lilla.” Replicò lui. Lo guardai per qualche secondo, sorpresa.
“Come hai fatto a indovinare?” Domandai. Era vero, ma ero sicura di non averlo mai detto in sua presenza.
“Indossavi una maglietta lilla quando ti ho conosciuta e adesso hai il pigiama di quel colore. Ho tirato a indovinare.” Replicò lui.
Giusto, mi ero completamente dimenticata di essere sul tetto di un hotel insieme a Harry Styles e stavo indossando solo un paio di pantaloncini corti, una maglietta e un maglione lungo per proteggermi dall’aria fredda notturna di Los Angeles. Non ero certo vestita in modo adatto.
“Sei un osservatore.”
“Mi piace notare piccoli dettagli.” Replicò lui.
“Dimmi qualcosa di te.” Dissi improvvisamente.
“Cosa vuoi sapere?”
“Qualcosa di personale. Cosa rende Harry… beh, Harry?”
Il ragazzo mi guardò per qualche lungo istante, facendomi provare un brivido lungo la schiena.
“Sono una persona semplice. Mi piace stare con gli amici e il mio ideale di serata perfetta è rimanere a parlare per tutta la notte da qualche parte, magari seduti sotto un portico con una bottiglia di birra. E il fatto è che non sono più abituato a parlare di me stesso, perché alla maggior parte delle persone che frequento ultimamente non interessa un bel niente.” Rispose. “E beh, sono un ragazzo, noi non...”
“Non parlate di sentimenti e cose varie?”
“Ecco, sì.” Concluse lui.
“Allora ti renderò le cose più facili.” Dissi, sedendomi a gambe incrociate. Lui imitò la mia posizione e si sistemò di fronte a me. “Raccontami qualcosa della tua infanzia.”
“Oh, ero terribile da bambino. Amavo fare qualsiasi cosa che facesse sorridere la gente. Cantavo, facevo parte degli spettacoli della scuola e non stavo fermo un attimo. Mia madre è arrivata a chiudermi nello sgabuzzino delle scope pur di farmi stare zitto per un’ora.” Raccontò lui. “Mia sorella mi odiava profondamente. Tutto quello che voleva fare era stare nella sua camera a parlare con le sue amiche ed io non la lasciavo sola un secondo. Continuavo a irrompere nella sua stanza e cominciavo a cantare a squarciagola.”
Sorrisi, cercando di immaginare un piccolo Fossette che saltellava in giro per la casa e rompeva le scatole a tutta la sua famiglia. Chissà come sarebbero stati i nostri figli… Smettila di pensare a questa cazzate, Kim. Smettila.
“Poi, quando avevo sette anni, i miei hanno divorziato.” Continuò. “Ed io non sono mai stato un bambino particolarmente incline al pianto, ma ricordo di essere scoppiato in lacrime quel giorno. Mi sono chiuso in camera e non volevo più uscire, perché non capivo il motivo per cui i miei genitori non avrebbero più vissuto insieme.”
Guardai il suo sorriso incresparsi per pochi secondi, prima di ricomparire più luminoso di prima.
“Avevo un cane, si chiamava Max. E’ stato lui a farmi superare quel brutto periodo.” Concluse.
“Così ti piacciono di più i cani rispetto ai gatti?” Domandai.
“No, in realtà mi piacciono tutti gli animali. Ho avuto cani, gatti, criceti, pesci… insomma, tutto. E mi piacerebbe adottarne uno anche adesso, ma sono sempre in giro con la band e mi sembra crudele prendere un cane o un gatto e lasciarli sempre a casa da soli o affidarli a qualche parente.” Rispose.
“Già.”
“Tu, invece? Che cosa preferisci?”
“Cani.” Dissi con sicurezza. “Anche se non ho mai avuto la possibilità di tenerne. Ma un giorno, quando avrò il mio appartamento, ne avrò uno.”
“Sai già come lo chiamerai?”
“Oh, sì. Voglio una femmina e la chiamerò Zoey.”
“E’ un bel nome. E anche un bel piano. Credi che rimarrai a New York o tornerai a Londra?”
“Penso che tornerò in Inghilterra. Il mio sogno è quello di avere uno studio con sopra il mio appartamento.” Dissi. “Tu, invece, hai trovato una città preferita dopo aver girato tutto il mondo?”
“Londra rimarrà sempre nel mio cuore. E’ dove è iniziato tutto.” Replicò lui. “Ho anche comprato una casa là, ma per il momento la odio.”
“Perché?”
“E’ troppo grande e troppo vuota, non mi piace starci da solo.” Spiegò lui.
Per qualche minuto nessuno dei due disse più nulla, poi lui cominciò a guardare il cielo in lontananza e sorrise.
“A quanto pare abbiamo parlato tutta la notte.” Mi disse, indicando un punto alle mie spalle. Mi voltai e vidi il cielo diventare arancione, segno che il sole stava per sorgere.
“Già.” Replicai. Nessuno dei due dovette dire nulla, io mi voltai verso l’alba e lui mi permise di appoggiare la schiena al suo petto. Poi circondò la mia vita con le braccia e guardammo lo spettacolo insieme.
Era un momento perfetto, uno di quelli che non avrei mai pensato di vivere. Mi sembrava di essere in un film, invece ero proprio lì, sul tetto di quell’albergo in California, abbracciata a un cantante famoso in tutto il mondo. Ma in quel momento eravamo solo Kim e Fossette, non Kim e Harry Styles degli One Direction.
“Non è bellissimo?” Mi domandò il ragazzo dopo un po’, facendomi provare un brivido. Il sole era ormai alto in cielo, che era diventato azzurro e aveva perso le magnifiche tonalità di rosso e arancione di soli pochi minuti prima.
“Magico.” Replicai.
Harry spostò un po’ i miei capelli e appoggiò il viso alla mia spalla, provocando ulteriori brividi in tutto il mio corpo. Perché mi faceva quell’effetto? Non ero più abituata a nulla del genere e non sapevo come comportarmi, come reagire. Dovevo girarmi e baciarlo? Dovevo alzarmi da quella sdraio e scappare il più lontano possibile?
“Ehi, hai freddo?” Mi chiese.
Accidenti, l’aveva notato anche lui.
“No, non… non so cosa mi sia successo.” Risposi con sincerità. Non lo sapevo davvero. Dopo Chad avevo giurato che non avrei mai più permesso a nessun ragazzo di farmi sentire vulnerabile e invece ci ero cascata nuovamente.
Sentii qualcosa vibrare nella tasca del mio maglione e per qualche secondo non capii di cosa si trattasse.
“Kim? Credo che qualcuno stia cercando disperatamente di telefonarti.” Disse Harry, ridendo. “Oppure sei tu che stai vibrando?”
“E’ il telefono!” Esclamai, unendomi alla sua risata. Estrassi l’oggetto dalla tasca e mi si fermò il cuore per un secondo quando lessi il nome di Sophia sul display. “Pronto?” Risposi, facendo segno a Harry di non parlare.
“Kim, sei morta in camera? Sto bussando da dieci minuti, dove sei?” Disse la donna. Guardai velocemente l’orologio e notai che ero in ritardo di un quarto d’ora all’appuntamento con la fotografa. Dovevamo svegliarci presto per preparare tutto per la giornata di lavoro e invece avevo passato la notte a parlare con uno dei suoi clienti. Ero nei guai, lo sapevo.
“Ero sul tetto a prendere una boccata d’aria fresca, scendo subito.” Risposi velocemente, alzandomi dalla sdraio. “Devo andare.” Dissi poi, voltandomi verso Harry. Recuperai la macchina fotografica, chiusi il cavalletto e cercai di non andare in panico.
“Anch’io, in realtà.” Replicò lui, mettendosi in piedi e stiracchiandosi. “Avremo bisogno di molto caffè oggi.” Aggiunse con un sorriso.
Già. Caffè. E avevo bisogno di togliermi quell’espressione ebete dalla faccia.



Ecco il nuovo capitolo! Ricominciamo da dove avevamo interrotto la settimana scorsa e scopriamo cos'è successo su quella terrazza. Kim e Fossette hanno avuto un cosiddetto "heart to heart" e hanno parlato di tutto e si sono conosciuti. E questo che effetto ha avuto su Kim? La nostra protagonista si è resa conto di provare qualcosa di abbastanza forte per il nostro Fossette ed è agitata. Potrebbe finire nei guai seri con la sua capa e non vuole perdere il lavoro.
Cosa ne pensate di Harry e Kim insieme? E, soprattutto, Sophia scoprirà quello che è successo sul tetto? E durante la giornata di lavoro insieme alla band cosa succederà? Kim e Harry troveranno un momento per stare da soli e per parlare della notte intera passata insieme o fingeranno quasi di non conoscersi?
Martedì prossimo tutte le risposte!
Nel frattempo grazie per tutte le recensioni e le bellissime parole che mi avete scritto la settimana scorsa! Grazie a chi legge, a chi inserisce la storia tra le preferite, ricordate o seguite! Grazie davvero!
Un bacione <3

 

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Capitolo 9
*** The Ocean ***




Capitolo 9 – The Ocean
 

Sophia non sospettò di nulla quando mi vide uscire dall’ascensore in pigiama e con la macchina fotografica. Invece mi intimò di muovermi, così mi cambiai velocemente, abusai pesantemente del correttore per le occhiaie e tornai in corridoio in meno di cinque minuti. Dovetti controllare per strada di essermi vestita bene e di non aver indossato una scarpa in testa o un reggiseno al posto dei pantaloncini, ma ce l’avevo fatta. Missione compiuta, Sophia non sapeva che avevo passato tutta la notte con Harry.
Seguimmo la band negli studi di una nota stazione radiofonica, dove Ryan Seacrest intervistò i ragazzi e Sophia cominciò a scattare foto, sbraitandomi qualche ordine ogni tanto.
“Kim!” Esclamò Harry a fine intervista. Mi disse di avvicinarmi con un cenno della mano e quando lo raggiunsi mi porse una tazza di caffè. “Immagino che tu ne abbia bisogno quanto me dopo stanotte.” Aggiunse e sorrise.
Louis, che era di fianco a lui, scoppiò a ridere dopo aver sentito quella frase.
“Seriamente? Sarai anche bravo con le ragazze, ma tutti sanno che non si dicono cose del genere dopo una notte passata insieme.” Commentò con un sorriso sarcastico. “Kim, io, se fossi in te, gli tirerei un sonoro schiaffo!”
Chiusi gli occhi e scossi la testa. Grandioso, ci mancava solo che i suoi compagni di band si facessero l’idea sbagliata!
“Non hai capito, Lou. Nessuno dei due riusciva a dormire, ci siamo incontrati per caso sul tetto e abbiamo chiacchierato tutta la notte.” Replicò Harry. Louis si voltò per guardarmi negli occhi, forse per capire se il suo amico stesse dicendo la verità.
“Confermo.” Dissi. “Anche perché se avessimo davvero fatto altro e lui mi avesse detto una cosa del genere non l’avrebbe passata liscia.” Aggiunsi.
“Mi piaci.” Commentò Louis, guardandomi negli occhi e dando una pacca sulla spalla a Harry. “Rimettilo al suo posto, è abituato alle ragazze che gli lasciano fare tutto quello che vuole.”
“Ma perché state parlando di me come se non fossi qui?” Si lamentò Fossette. Louis ed io scoppiammo a ridere.
 
Quello fu l’unico momento di pace di tutta la giornata, perché poi cominciò l’inferno. Interviste, giornalisti, stazioni radiofoniche, fan ovunque – persino nei bidoni dell’immondizia fuori dal luogo del concerto! – prove, cena con i discografici, concerto con migliaia di ragazzine urlanti e successivo after party. Sophia ed io seguimmo i ragazzi per tutta la giornata e la donna scattò centinaia di foto di ogni momento. Il Rolling Stone voleva materiale per scrivere un articolo su una giornata nella vita della boyband più famosa del mondo e la fotografa voleva essere sicura di aver fatto un buon lavoro. Rose Bradley, la giornalista mandata dalla rivista, aveva passato tutto il tempo a prendere appunti e aveva approfittato di ogni momento tranquillo per fare domande ai ragazzi. Era stata una giornata stancante – contando che non ero nemmeno riuscita a dormire – ma mi ero innamorata ancora di più del lavoro. Volevo fare quello che faceva Sophia, volevo essere brava e rispettata come lei un giorno.
La festa dopo il concerto – l’ultimo prima di un periodo di tre mesi di pausa per tutta la band – era nel pieno dello svolgimento, ma Sophia decise di non rimanere fino alla fine.
“Ho scattato qualche foto, adesso lasciamo un po’ di privacy ai ragazzi. Avranno voglia di divertirsi e di non sentirsi costantemente osservati.” Disse. Annuii e cominciai a sistemare l’attrezzatura. “Possiamo tornare in hotel e dormire un po’. Poi, domani mattina, dovremo andare in aeroporto. Scatterò un paio di foto alla band con i bagagli e tutto e loro prenderanno un aereo per l’Inghilterra, noi per New York.” Spiegò la donna.
Annuii di nuovo. Conoscevo il programma della giornata, era toccato a me organizzare tutto. Non dissi nulla, però, perché ero troppo stanca.
“Ehi!” Esclamò Harry, avvicinandosi a noi. “Ve ne state andando?” Domandò poi con aria preoccupata. Lanciò un’occhiata alla custodia della macchina fotografica che stavo chiudendo.
“Sì, andiamo a riposarci e vi lasciamo in pace.” Rispose Sophia con un sorriso.
“Oh, d’accordo. Allora ci vediamo domani mattina in aeroporto, giusto?”
“Sì, per le ultime foto.” Confermò la donna.
Harry rimase in silenzio per qualche secondo, poi mi guardò. Per un momento vidi un velo di incertezza nei suoi occhi, come se volesse chiedermi qualcosa ma non avesse il coraggio di farlo.
“Non volete rimanere per un ultimo drink?” Domandò lui, guardando prima Sophia e poi me. Spostò velocemente lo sguardo di nuovo sulla fotografa e abbozzò un sorriso.
“No, caro, io ho bisogno di dormire.” Rispose lei. “Ma tu rimani pure se hai voglia, Kim. Sei più giovane, se vuoi divertirti un po’ fallo, basta che domani mattina sei pronta all’ora giusta.” Aggiunse.
Il sorriso di Harry diventò più grande e, contro la mia volontà, anche le mie labbra si stiracchiarono leggermente e imitarono il gesto del ragazzo.
“Ti aiuto a portare l’attrezzatura al taxi.” Dissi, prendendo due borse e dirigendomi verso l’uscita dell’hotel.
Harry decise di aiutarci a trasportare le cose più pesanti, poi abbracciò Sophia e le diede due baci sulle guance per salutarla.
“Ricordati le regole, Kim. Dovrai comportarti in modo strettamente professionale questa sera.” Mi avvertì Sophia a bassa voce, assicurandosi che Harry non sentisse. La guardai negli occhi, ma fui incapace di sostenere il suo sguardo a lungo.
“Certo.” Risposi. Avevo davvero intenzione di comportarmi bene, ma provavo attrazione per Fossette, quella era già una violazione delle sue regole.
 
L’after party era stato organizzato a Santa Monica e il paesaggio esterno era completamente diverso da quello che avevo visto uscendo dal Roosevelt quella mattina.
Non c’erano turisti, persone travestite da celebrità o negozi di tatuaggi come a Hollywood. Invece si sentivano le onde dell’oceano dall’altra parte della strada e si vedevano le luci della ruota panoramica del molo. Non sembrava nemmeno di essere nella stessa città.
“E’ strano che i fan non abbiano scoperto della festa.” Disse lui, guardandosi intorno e non notando gruppi di ragazzine appostate dietro i cespugli. “Vuoi tornare dentro o vuoi venire con me?” Domandò poi, voltandosi verso di me e guardandomi negli occhi. Provai una strana sensazione e il mio cuore cominciò a battere più velocemente.
“Dove vuoi andare?” Chiesi di rimando. Lui assunse un’aria divertita e scosse la testa.
“Non te lo dico. Dovrai fidarti di me, Fletcher.”
“Perché dovrei farlo?”
“Perché potrei portarti a fare qualcosa che non hai mai fatto nella tua vita.”
“Oh.” Dissi e sorrisi con ironia. “D’accordo, accetto la sfida. Ma se poi scopriamo che ho già fatto quello che mi vuoi far fare pretendo il rimborso.” Aggiunsi.
Lui scoppiò a ridere.
“Affare fatto. Ti fidi?”
“So già che me ne pentirò, ma sì. Come vuoi, Styles.”
“Dai, vieni!” Esclamò lui. Mi prese per mano, facendomi provare un brivido al contatto, e cominciò a correre verso il semaforo dei pedoni. Aspettò che diventasse verde e poi ricominciò a correre. Attraversammo la strada e arrivammo più vicini all’oceano.
“Mi vuoi portare al molo?” Domandai. “E’ scontato e da turisti, dai!” Lo presi in giro.
“No, sei fuori strada.” Rispose lui. Invece mi fece attraversare l’enorme parcheggio – una mostruosità artificiale. Cosa ci faceva una tale distesa di cemento tra la sabbia a pochi metri dall’oceano?! – e mi portò sulla spiaggia. “Siamo sotto il molo.” Puntualizzò una volta arrivati a destinazione. Dovetti togliere le scarpe perché i tacchi e la sabbia non andavano d’accordo. Anche lui tolse le sue e insieme camminammo fino quasi al bagnasciuga.
“Ci sediamo qui?” Domandai. Il cielo era buio, non sapevo che ore fossero, ma probabilmente notte fonda. La spiaggia era illuminata solo dalle luci delle attrazioni del molo e da un falò poco lontano da noi. Alcuni ragazzi e ragazze stavano festeggiando qualcosa. Ridevano, bevevano birre e suonavano la chitarra intorno al fuoco.
Harry annuì e si sedette di fianco a me. Il rumore delle onde era forte e l’oceano era illuminato dalla luna. Riuscivo a distinguere solo la schiuma bianca dell’acqua che si abbatteva contro il molo e poi arrivava sulla spiaggia.
“Quindi?” Mi chiese il ragazzo.
“Mi hai sorpresa un po’, ma non posso dire di non essermi mai seduta sulla spiaggia di notte.” Risposi. In realtà mi era capitato solo una volta, con Cassie.
I Fletcher ci avevano portate in vacanza a Brighton – l’unica città che avessi mai visto oltre a Londra – e Cassie ed io eravamo sgattaiolate fuori dall’albergo di notte per sederci sulla spiaggia e parlare. Eravamo state adottate da poco e stavo vivendo un brutto periodo per colpa di Aria e Brian e la mia gemella voleva fare qualcosa di diverso dal solito per distrarmi.
“Allora dovrò inventarmi qualcos’altro.” Rifletté Harry ad alta voce. Passò qualche minuto e poi si voltò verso di me con aria trionfale. “Ci sono! Non hai mai nuotato nell’oceano, vero? Soprattutto di notte?”
“No, posso dire con certezza di non averlo mai fatto.” Risposi. Quel pazzo di Fossette voleva davvero che ci immergessimo nell’acqua gelida di marzo, al buio?
“Vuoi?” Mi chiese. Lo guardai per qualche secondo, prima di spostare lo sguardo all’orizzonte. Le onde non sembravano pericolose e in ogni caso non sarei andata più lontana di qualche metro dalla spiaggia. I miei piedi avrebbero toccato la sabbia per tutto il tempo.
Inspirai profondamente. Quella era una situazione assurda che non avrei mai e poi mai pensato di vivere in tutta la mia vita. Nuotare nell’oceano con Harry Styles di notte? Al diavolo qualsiasi tipo di preoccupazione, dovevo farlo. Non vedevo l’ora di tornare a New York, il giorno successivo, per raccontare alla mia gemella quello che avevo fatto. Sapevo già come avrebbe reagito: avrebbe assunto un’aria scandalizzata, mi avrebbe detto che ero completamente fuori di testa e poi avrebbe riso e mi avrebbe fatto mille domande sull’esperienza.
“Ci sto.” Dissi. Harry si alzò e cominciò immediatamente a togliersi la maglietta e i pantaloni. L’aria era fredda, ma il vento non mi aveva mai spaventata. Ero nata e cresciuta in Inghilterra. Indossavo giubbotti di pelle quando nevicava, non mi sarei ammalata per quello.
Tolsi l’abito che avevo messo per l’after party e lo abbandonai sulla spiaggia. Il vento non era fastidioso sulla mia pelle, potevo farcela. Ero esaltata e non vedevo l’ora di correre nell’acqua.
Harry prese di nuovo la mia mano e mi trascinò nell’oceano. E sì, l’acqua era gelida, ma nulla batteva la sensazione di libertà che stavo provando in quel momento. Nemmeno il freddo.
“Cosa ne pensi adesso?” Mi chiese il ragazzo, prendendo anche la mia altra mano nelle sue e avvicinandomi a sé.
“Non pensavo che nuotare nell’oceano di notte potesse essere così liberatorio!” Esclamai. Le onde erano potenti, molto più di quello che sembravano da lontano, e ci facevano oscillare. Ogni movimento ci faceva avvicinare l’uno all’altra, finché Harry circondò la mia schiena con le braccia e appoggiò la sua fronte alla mia. Nessuno dei due disse una parola per un bel pezzo. Non ce n’era bisogno in quel momento.
“Non ho mai provato niente del genere.” Disse lui, sorridendo.
“Che cosa?” Domandai. “Non l’avevi mai fatto nemmeno tu?”
“No, è la prima volta.” Rispose. “Era nella mia lista di cose da fare, ma non avevo mai trovato l’occasione giusta.”
“Beh, allora cosa ne pensi?” Chiesi. Ormai non sentivo nemmeno più il freddo dell’acqua sulla mia pelle. Provavo dei brividi costanti lungo la schiena, ma non ero sicura del motivo. Avrebbe potuto essere per la temperatura bassa, certo, ma avrebbe potuto anche essere la vicinanza di Fossette a me. Le sue braccia intorno alla mia schiena, le nostre gambe che si incrociavano, le mie mani intrecciate intorno alla sua nuca, le nostre labbra così vicine. Sentivo il suo respiro sulla mia pelle e continuavo a spostare il mio sguardo dalla sua bocca ai suoi occhi.
“Credo che non avrei potuto trovare il momento migliore per farlo.” Mormorò lui. Ogni parola provocò un brivido ancora più forte. Ormai sentivo il cuore che rimbombava nella mia cassa toracica. Mi sembrava di avere un’intera classe di batteristi là dentro. E le farfalle… oh, quelle stavano danzando a ritmo con il battito del mio cuore. Sfioravano le pareti del mio stomaco e sembravano ancora più numerose dell’ultima volta.
“V-vogliamo provare a nuotare sul serio?” Domandai, obbligandomi a concentrarmi su qualsiasi altra cosa. Le sue labbra erano un pensiero fisso nella mia mente. Come sarebbe stato sentirle sulle mie? Sembravano morbide. Che sapore avrebbero avuto? Per qualche motivo continuai a pensare alle fragole che avevo visto al buffet della festa.
Harry si allontanò leggermente da me. Chiuse gli occhi per pochi secondi, poi si passò la lingua sulle labbra e annuì.
“D’accordo, vediamo chi torna prima sulla spiaggia.”
Con non pochi sforzi mi allontanai da lui. Mi sembrò sbagliato spostarmi, perché stare avvinghiata a lui era così… giusto. Le nostre gambe sembravano essere fatte per incrociarsi, le sue braccia per stare intorno alla mia vita e le mie per stare intorno al suo collo.
Mio Dio, ma chi ero diventata? Dov’era finita la solita Kim, quella che odiava tutto quello che aveva a che fare con amore e coppie e che pensava che quelle fossero tutte stronzate?
Lanciai un’ultima occhiata nella direzione di Harry e poi cominciai a nuotare fino alla spiaggia. I miei piedi bagnati entrarono a contatto con la sabbia e il vento – che fino a poco prima non era fastidioso – cominciò a farsi sentire sulla mia pelle, facendomi provare brividi di freddo.
“Che stupido, avrei potuto portare un asciugamano o qualcosa di simile.” Disse il ragazzo, raggiungendomi. Poi mi guardò negli occhi e capì che qualcosa non andava. “Perché sei scappata così in fretta?”
Valutai varie opzioni. Avrei potuto dirgli che avevo sentito qualcosa toccarmi la gamba – chi non era terrorizzato dal fondale dell’oceano, soprattutto di notte? – oppure avrei potuto inventarmi letteralmente qualsiasi altra cosa: avevo sentito il cellulare suonare sulla spiaggia (poco credibile, il rumore delle onde l’avrebbe sovrastato di sicuro), avevo sonno perché la notte prima non avevo dormito per colpa sua (molto più probabile) e via dicendo. Ma la realtà era che non mi ero mai sentita più sveglia e non volevo mentirgli.
“Non volevo baciarti.” Risposi, pentendomi immediatamente di quelle parole.
“Mi dispiace.” Disse lui, avvicinandosi. “Perché io non riuscivo a pensare ad altro.” Aggiunse, avanzando di qualche altro passo.
Abbassai lo sguardo sui miei piedi pieni di sabbia. Nuotare nell’oceano era stata un’idea stupida, non avevo nulla con cui asciugarmi, come avrei fatto a tornare al Roosevelt in quelle condizioni?
“Torniamo in hotel? Comincia a fare freddo qui.” Cercai di cambiare argomento, perché la voglia di sentire le sue labbra sulle mie non era ancora passata. Sapevo che avrei fatto qualcosa di cui mi sarei pentita e non potevo permettere che succedesse. Il mio lavoro con Sophia era molto più importante di qualsiasi altra cosa.
“D’accordo.” Disse Harry, prendendo i suoi vestiti dalla spiaggia.
 
Sul taxi che ci aveva portati da Santa Monica a Hollywood nessuno dei due disse una parola. Io guardai fuori dal finestrino per tutta la durata della corsa e cercai con tutta me stessa di non sentirmi così in imbarazzo. Non era successo nulla tra di noi. Non sarebbe mai successo nulla tra di noi.
Harry pagò il taxista e insieme entrammo dall’ingresso sul retro dell’hotel per evitare di incontrare qualsiasi tipo di paparazzo o fan.
“Kim, stavamo per baciarci nell’oceano e lo sai anche tu.” Disse improvvisamente quando la porta dell’ascensore si aprì al mio piano. Invece di rimanere su per raggiungere la sua camera, Harry mi seguì in corridoio.
“Ti sbagli, io non avevo nessuna intenzione di baciarti.” Risposi a bassa voce. Era tardi, non volevo che nessuno degli ospiti nelle stanze sentisse quello che stava succedendo.
“Certo! Allora sono pazzo e mi sono inventato tutto. Mi sono immaginato la tensione tra di noi, gli sguardi che ci siamo scambiati e tutto il resto, vero?” Replicò lui senza curarsi di parlare piano.
“Abbassa la voce, la gente sta dormendo.” Sibilai. Ormai ero arrivata davanti alla porta della mia camera. Mi fermai e mi voltai verso di lui. Aveva ancora i capelli bagnati dalla nuotata nell’oceano e anche i suoi vestiti erano umidi.
“Non mi interessa, voglio solo capire cos’è successo là fuori.”
Che cosa avrei potuto rispondere? Sì, ti sei inventato tutto e sei un pazzo. Hai frainteso quello che c’è tra di noi. Voglio solo essere tua amica.
Ma chi stavo prendendo in giro? Quelle parole erano così lontane dalla verità da farmi quasi venire da ridere.
“E’ successo che mi sono resa conto dell’errore che stavo per fare.”
Harry ed io ci guardammo con aria di sfida. Era come se i suoi occhi volessero dire: “non ti credo, dimostrami che intendi davvero quello che stai dicendo”, mentre i miei urlavano: “vattene, lasciami in pace” e “che cosa aspetti? Baciami!” nello stesso momento. Non sapevo nemmeno io quello che volevo in quel momento.
Poi, prima che uno dei due potesse commettere lo sbaglio più grande del mondo, aprii la porta della mia stanza e mi chiusi dentro. Mi appoggiai alla porta e mi accorsi di avere il respiro pesante. Il mio cuore batteva a una velocità mai provata prima. Ero troppo giovane per avere un infarto? Era quello che mi stava succedendo? Maledetto Fossette, maledetta California e maledette labbra che ero convinta sapessero di fragole!
Passarono pochi secondi e poi sentii bussare.
“Kim, apri la porta per favore.” Disse Harry. No, non volevo. Ero riuscita a interrompere quel contatto magnetico tra i nostri occhi, non potevo permettere che succedesse di nuovo.
Il ragazzo bussò ancora un paio di volte e cedetti. Non potevo permettere che svegliasse tutto l’hotel, Sophia compresa. Decisi di sentire quello che aveva da dire. Aprii la porta e lo osservai in silenzio, in attesa.
Poi lui fece il primo passo. Si avvicinò velocemente a me e sentii le sue labbra sulle mie. Chiusi istintivamente gli occhi e passai una mano tra i suoi capelli, come se non avessi mai fatto altro. Era stato un gesto automatico, qualcosa che sembrava così giusto in quel momento. Non avevo mai provato quel livello di tensione insieme a nessun altro ragazzo in tutta la mia vita. Quello che c’era tra noi in quel momento era fuoco. Passione pura.
Lui circondò la mia vita con le braccia e mi sollevò leggermente da terra, continuando a baciarmi. Le sue labbra erano esattamente come immaginavo sarebbero state. Erano morbide e sapevano di fragola. Forse ne aveva mangiata anche lui qualcuna al buffet dell’after party. La festa, le foto, il lavoro.
Che cosa stavo facendo? Harry era un cliente di Sophia ed io stavo infrangendo una delle sue uniche regole.
Interruppi bruscamente il contatto tra le nostre labbra e i miei piedi toccarono di nuovo il terreno, letteralmente e fisicamente.
“Kim…” Mormorò.
“No, lasciami stare.” Risposi e chiusi velocemente la porta della mia stanza.



Nuova settimana, nuovo banner e nuovo capitolo! Sophia non ha scoperto nulla di quello che è successo sul tetto. Kim e Harry sono sempre più attratti l'uno dall'altra e questa volta non sono riusciti a stare lontani. Da questo momento può succedere letteralmente di tutto, ma le premesse non sono buone. Il giorno successivo Harry e Kim si devono salutare, e questa volta è per parecchio tempo. La band va in pausa, quindi non ci sono più servizi fotografici di nessun tipo con Sophia. E Kim, dopo questo episodio, ha innalzato qualsiasi tipo di difesa intorno al suo cuore.
Cosa succederà nel prossimo capitolo? Lo scopriremo martedì!
Grazie davvero a tutte le persone che hanno letto fin qui, a chi ha inserito questa storia tra le preferite, seguite o ricordate e alle ragazze che commentano sempre <3 Grazie, grazie, grazie!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, alla prossima!

 

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Capitolo 10
*** The Terminal ***




Capitolo 10 – The Terminal
 

Il mattino successivo riuscii ad evitare lo sguardo di Harry per  quasi tutto il tempo. Sul van che ci portò tutti all’aeroporto mi concentrai su Louis e Liam e parlammo del fatto che loro due avevano scritto la maggior parte dell’ultimo album della band e di come fosse stato divertente il processo creativo.
Quando arrivammo all’aeroporto, dopo qualche foto, fu il momento di salutarci. Fu una sensazione strana, perché durante la giornata precedente avevo creato un rapporto di più o meno amicizia con quasi tutti i ragazzi e mi sarebbe dispiaciuto non vederli più. E poi c’era tutto quello che era successo con Harry. La notte passata a parlare, la nuotata nell’oceano e quel bacio carico di fuoco e passione fuori dalla porta della mia stanza d’hotel. Come avrei fatto a fare finta di nulla?
Liam, Niall, Louis e Zayn mi abbracciarono e mi diedero un bacio su ogni guancia per salutarmi. Poi Harry, approfittando della distrazione di Sophia – che aveva cominciato a parlare con il manager della band – mi chiese di seguirlo e ci allontanammo un po’ dal gruppo.
“Kim, quello che è successo ieri sera…” Cominciò lui.
“Non è successo niente.” Ribattei velocemente.
Lui mi guardò con aria scettica.
“Lo sai anche tu che è successo qualcosa. C’eri anche tu.”
“Che cosa vuoi che ti dica, Harry?” Domandai improvvisamente. “Che baciarti è stata la decisione migliore che abbia mai preso? No, è stata la peggiore. E’ stato uno sbaglio enorme. Un errore che non avrei mai dovuto fare.” Dissi.
Lui scosse la testa e sbuffò.
“Perché continui a negare che hai provato qualcosa?”
“No.” Replicai. “Non sto negando di aver provato qualcosa. Sto solo dicendo che quello che ho provato è sbagliato.”
“Ma non deve esserlo.” Disse lui. “Perché hai paura dei tuoi stessi sentimenti?”
“Perché non posso provarne per te.”
“Hai paura che la distanza possa rendere le cose difficili? Perché mi basta che tu dica una parola, Kim. Una sola parola ed io non salirò su quell’aereo per l’Inghilterra e passerò tre mesi a New York con te.”
Per un momento pensai a quella proposta. La prospettiva di passare tre mesi a New York con Harry non mi sembrava per niente male. Avrei potuto uscire a pranzo con lui, presentarlo alle mie coinquiline e approfittare delle sere in cui il Club del Libro mi avrebbe permesso di avere la casa vuota per fare l’amore con lui e passare il tempo a coccolarci nel mio letto. Avremmo parlato di tutto e ci saremmo innamorati, perché in qualche modo sapevo che lui era quello giusto per me, nonostante avessimo passato solo poco tempo insieme. Non sapevo nemmeno io spiegare come, era qualcosa che sentivo dentro di me.
Ma cosa stavo pensando? Quelle cose succedevano solo nei film. In realtà Harry avrebbe conosciuto la vera Kim, quella cinica e che odiava le cose sdolcinate e si sarebbe stancato dopo poche settimane. Mi avrebbe tradita alla prima occasione o mi avrebbe lasciata per tornare in Inghilterra e mi avrebbe spezzato il cuore come avevano fatto tutti gli altri. Perché in fondo era quello che avevano fatto tutti gli uomini e i ragazzi nella mia vita. Se ne erano andati e mi avevano spezzato il cuore.
Aveva cominciato il mio vero padre, quello che non avevo mai nemmeno conosciuto, e poi avevano continuato tutti i ragazzi che avevo conosciuto a scuola. E per ultimo il signor Fletcher, che se ne era andato di casa quando aveva divorziato dalla moglie e aveva abbandonato anche lui Cassie e me.
Non avrebbe mai funzionato, era anche inutile sperarci. Ero solo una stupida illusa e avrei finito per soffrire ancora.
“Fai buon viaggio, Harry.” Mi costrinsi a rispondere.
Sapevo che dirgli arrivederci era la cosa giusta da fare, ma allora perché mi sentivo come se il mio cuore si fosse appena rotto in un milione di piccoli frammenti? Perché continuavo a sperare che lui non accettasse quella risposta e che rimanesse lo stesso a New York con me?
Il ragazzo abbassò lo sguardo, deluso.
“Fai buon viaggio, Kim.” Mormorò. Non ci abbracciammo e non ci scambiammo nemmeno un bacio sulla guancia. Ci allontanammo entrambi, lui in una direzione ed io in quella opposta, senza più dire una parola.
 
Arrivai a New York più o meno alle sei di sera e, dopo aver condiviso un taxi con Sophia, mi ritrovai da sola davanti alla porta del palazzo in cui abitavo. Respirai profondamente un paio di volte prima di cercare le chiavi nella borsa e decidermi a salire. Avevo passato sei ore in aereo a cercare di non pensare a quello che era successo a Los Angeles e a obbligarmi a non piangere. Harry Styles non meritava nessuna delle mie lacrime. Inoltre non volevo che nessuno – né Sophia, né gli altri sconosciuti a bordo dell’aereo – mi vedesse piangere. Non era successo nulla. Avevo conosciuto un ragazzo, ero stata stupida e avevo permesso che mi baciasse e poi ci eravamo salutati. Fine della storia.
L’ascensore si fermò al quarto piano con un salto. Trascinai la mia valigia in corridoio e notai la porta della signora Newman aprirsi più del solito.
“Si sta trasferendo, signorina?” Mi domandò, emergendo dall’appartamento. Insieme a lei uscì una nuvola di profumo al borotalco.
“No, sto tornando da un viaggio di lavoro.” Risposi. Vecchia impicciona.
La donna mi guardò con aria scettica per qualche secondo.
“Non è giovane per fare viaggi di lavoro? Di cosa si occupa?”
Degli affari miei, al contrario di te. “Sono l’assistente personale di una fotografa.” Risposi invece.
La signora Newman mi fissò ancora per qualche minuto, in silenzio. Mi domandai se fosse il caso di mandarla a quel paese e rifugiarmi nel mio appartamento. Avevo bisogno di vedere Cassie per raccontarle tutto quello che era successo. E sì, ero anche stanca per il viaggio e per aver dormito pochissimo durante quei giorni.
“Usate il computer?” Mi domandò insospettita. Sorpresa dalla domanda, abbozzai un sorriso.
“Sì, lo usiamo per scegliere gli scatti e modificare la luce e…” Cominciai a dire. L’anziana vicina alzò gli occhi al cielo.
“Il computer!” Esclamò. “Oh, questi lavori moderni! Non ci sono più i fotografi di una volta! Aaah, ai miei tempi…” Disse e tornò nel suo appartamento chiudendo la porta alle sue spalle, dove continuò a borbottare parole indistinte.
Scossi la testa e ricominciai a trascinare la valigia. Elle e Piper mi avevano detto che la signora Newman era un po’ strana, ma non avevo ancora avuto il piacere (o il dispiacere) di conoscerla di persona.
 
Mi avvicinai alla porta del mio appartamento e notai subito qualcosa di strano. Non era chiusa a chiave. Quale persona sana di mente lasciava la porta aperta a New York?
La aprii lentamente ed entrai. Le luci erano tutte spente e c’era un silenzio innaturale. Le mie coinquiline avrebbero dovuto essere a casa, perché era sabato e nessuna di loro lavorava o aveva lezione. Inoltre era ora di cena, dov’erano finite tutte?
Mille pensieri cominciarono a impossessarsi della mia mente. E se qualcuno fosse entrato e avesse svaligiato la casa? E se avessero ucciso le mie coinquiline? Lo sapevano tutti che New York era una delle città con il più alto tasso di criminalità al mondo.
Avanzai di qualche passo, con il cuore in gola e le gambe che tremavano, cercando con la mano l’interruttore della luce. Le tende erano chiuse e il livello di visibilità era pari a zero. Cosa avrei trovato una volta acceso? I mobili rovesciati? Le mie coinquiline per terra in una pozza di sangue? Valutai velocemente la situazione. Non avevo nemmeno qualcosa con cui difendermi in caso qualcuno fosse ancora in casa. Perché non tenevamo un ombrello di fianco alla porta? O una mazza da baseball. Quella sarebbe stata ancora più utile.
La stanza si illuminò di colpo dopo che, con dita tremanti, avevo trovato il tasto giusto.
“Sorpresaaa!” Esclamarono Piper, Elle e Cassie, sbucando da dietro il divano. “Bentornata!” Aggiunsero.
Ed io, invece di ridere o di avere qualsiasi tipo di reazione normale, urlai e indietreggiai, finendo contro il muro.
“Cazzo!” Esclamai, massaggiandomi il gomito. La valigia era caduta durante il salto, colpendo la mia caviglia. “Ma siete impazzite?!” Aggiunsi quando mi sembrò che il cuore non stesse più per uscire dal mio petto.
“Scusa, Kim! Non pensavamo che avresti avuto paura.” Disse la mia gemella, avvicinandosi e raccogliendo la mia valigia.
“Mi avete spaventata a morte! Pensavo che qualcuno si fosse introdotto nell’appartamento e vi avesse uccise!!” Replicai. Poi notai alcuni palloncini con la scritta “Bentornata!” nell’angolo cucina e uno striscione che diceva la stessa cosa. Mi sentii molto stupida. “Grazie per il pensiero, però. E’ stato molto carino.” Aggiunsi quando riuscii a ritrovare il sorriso. Forse la mancanza di sonno mi aveva resa paranoica. Forse ero solo stanca.
“Scusaci davvero, non pensavamo che ti saresti spaventata così tanto!” Esclamò Piper.
“Nessun problema.” Replicai.
“Per farci perdonare ti abbiamo preparato una torta.” Disse Elle, indicandomi il bancone della cucina. “O meglio, l’ha fatta Piper.”
“E’ al pistacchio, perché oggi è la giornata nazionale del pistacchio.” Commentò l’autrice della torta con un sorriso.
“Non farci caso.” Intervenne Elle, sistemandosi i capelli dietro le spalle. “Ieri P. ha scaricato un calendario che riporta feste strane e si è messa in mente di festeggiarle tutte.”
“Ehi, è una cosa divertente! Domani è la giornata dedicata agli orsi polari!” Esclamò Piper sulla difensiva.
“E cosa farai per festeggiarli, ne adotterai uno?” Chiese Cassie, incuriosita.
“No, andrò allo zoo di Central Park.” Rispose. “Non ho mai visto un orso polare e domani mi sembra il giorno perfetto per rimediare a questa cosa.”
“E quando c’è più di una festa cosa fai?” Domandò ancora Cassie.
“Cercherò di fare più cose possibili. Ovviamente mi capiterà di non riuscire a fare qualcosa. Non lo so, improvviserò.”
“D’accordo.” Rispose Elle, scuotendo la testa e ridendo. “Tornando a te, com’è andata a Los Angeles? Forza, siediti e raccontaci tutto!” Esclamò la ragazza, indicandomi uno sgabello. Ordinammo velocemente qualcosa da mangiare da un ristorante cinese take away poco lontano e ci sedemmo tutte vicine. La mia gemella e le mie coinquiline non vedevano l’ora di sapere quello che era successo in California. Cosa avrei potuto dire loro? Avrei potuto fidarmi di Elle e Piper? Di Cassie ero sicura di sì, la mia gemella avrebbe mantenuto un segreto fino alla morte. Ma le altre due ragazze?
“E’ stato stancante, ma molto bello. Più che altro ho un sonno pazzesco, perché ho dormito pochissimo.” Risposi.
“Hai lavorato anche di notte?” Mi chiese Cassie.
“No, è che…” Cominciai a dire. Al diavolo, erano le mie coinquiline. Avrebbero capito. “La prima notte l’ho passata interamente a parlare con Harry sul tetto dell’hotel.” Dissi.
“Dimmi che la seconda l’hai passata nel suo letto, ti prego.” Intervenne Piper, incrociando le dita. Mio malgrado, scoppiai a ridere.
“No, la seconda l’ho passata a fissare il soffitto della mia stanza perché ci siamo baciati ed è stato uno sbaglio.” Risposi velocemente, sperando che nessuna di loro capisse quello che avevo appena detto.
“Hai baciato Harry Styles?” Mi chiese Elle.
“No, tecnicamente lui ha baciato me.”
“Perché è stato uno sbaglio? Non mi pare che stia uscendo con nessuna al momento.” Mi chiese Piper.
Cassie, che sapeva della regola di Sophia, mi rivolse un sorriso incoraggiante.
“Perché il mio capo mi ha espressamente vietato di uscire con i clienti.” Replicai.
“Beh, ma tecnicamente passare una notte di passione in una stanza d’hotel non è uscire. A meno che non sia uno a cui piace farlo in pubblico.” Scherzò Piper.
“No, ma… non è così semplice.” Dissi. Io non credevo nell’amore a prima vista e in tutte quelle stronzate, ma non riuscivo a spiegarmi quello che avevo provato con Fossette in nessun altro modo.
In pochi minuti raccontai tutto quello che era successo in California alle altre ragazze, che mi ascoltarono attentamente e maledissero il ragazzo delle consegne quando interruppe la mia storia sul più bello. Andai ad aprire, lo pagai e poi ripresi a parlare davanti a una scatola di spaghetti di soia che avevano un profumo celestiale.
“Tu sei la persona più pazza che io abbia mai conosciuto.” Decretò Piper alla fine. “Voglio dire, hai vissuto una situazione da film e un ragazzo come Harry Styles ti ha detto che avrebbe passato tre mesi a New York con te e tu hai rifiutato per una stupida regola del tuo capo?” Domandò la ragazza. Poi si guardò intorno, cercando l’approvazione di Elle e Cassie, che annuirono.
“La stupida regola potrebbe costarmi il mio lavoro.” Dissi.
“Certo, se qualcuno sapesse della vostra storia e lo dicesse a Sophia.” Intervenne la mia gemella. “Ma pensaci un attimo: avrebbe potuto funzionare se aveste tenuto la cosa segreta.” Aggiunse.
“Ma figurati, non ne vale la pena.” Dissi, sbuffando.
“Ne vale sempre la pena, quando si tratta del vero amore.” Disse Elle.
Deglutii e mi passai una mano tra i capelli. Avevo fatto l’errore più grande della mia vita, rifiutando quella proposta? D’accordo, non credevo nell’amore e nelle cose romantiche e sdolcinate, ma se ci fosse stato davvero qualcosa di forte tra Harry e me? Che idiota ero stata.
“Oh beh.” Commentai dopo qualche minuto. “Se è davvero destino ci incontreremo di nuovo, giusto?” Aggiunsi, citando quello che la mia gemella amava dire quasi tutti i giorni. Lei ci credeva fermamente. Pensava che tutto succedesse per una ragione e varie cose del genere. Io non ero così.
Piper decise di cambiare argomento, forse perché aveva visto la mia espressione mentre parlavamo di quello che era successo in aeroporto, così finimmo di cenare, ridendo e scherzando. Cassie ci raccontò le sue ultime disavventure al negozio di abiti da sposa, mentre Elle ci deliziò con una storia divertente sul suo capo alla redazione di Seventeen Magazine.
Poi, quando Piper si alzò per andare a prendere la torta, sentimmo delle urla nel corridoio. Sembrava che un uomo e una donna stessero litigando e, a giudicare dai tonfi, qualcuno le stava prendendo di santa ragione.
Ci alzammo tutte per andare a guardare dallo spioncino. Qualcuno stava picchiando la signora Newman?
“Certo, come no! Come ha fatto a salire al piano se non ha le chiavi? Io chiamo la polizia se non se ne va immediatamente!” Urlò la donna anziana. Elle cominciò a guardare fuori e Piper prese in mano il telefono in caso dovessimo chiamare la polizia.
“Non sono un ladro!” Esclamò il ragazzo. Perché la sua voce mi sembrava familiare? Era bassa, roca e aveva l’accento inglese.
Spostai Elle e aprii la porta, trovandomi faccia a faccia con Fossette, che si stava riparando la testa dalle ombrellate che gli stava tirando la signora Newman.
“Harry!” Esclamai. La donna si fermò per qualche istante, spostando lo sguardo da me al ragazzo.
Era davvero lui. Ed era a New York, nel corridoio del palazzo in cui abitavo.

 



Buongiorno! Nuovo capitolo di The Butterfly Effect e succedono parecchie cose! Prima abbiamo l'addio di Kim e Fossette in aeroporto, poi il viaggio a casa, il racconto alle amiche e... la sorpresa. So di aver interrotto la storia in un punto cruciale e mi odierete per questo, ma abbiate pazienza. Martedì prossimo ricominceremo esattamente da qui e scopriremo cosa ci fa Harry a New York! Come ha trovato Kim? Lei lo manderà via?
Come sempre, tantissime domande, ma vi prometto che la settimana prossima risponderò a tutto!
Io vi ringrazio come sempre per aver letto, per aver dato una possibilità alla mia storia, per essere arrivate fin qui e per tutto il resto. Grazie per aver inserito la mia fan fiction tra le preferite, seguite o ricordate e grazie per le bellissime recensioni che mi lasciate ogni settimana. Mi rendete felice <3
Alla prossima e spero che questo capitolo vi piaccia!

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Capitolo 11
*** The Surprise ***




Capitolo 11 – The Surprise

“Visto? Mi conosce.” Replicò Fossette, spostandosi. Trattenni le risate, perché era abbastanza divertente vedere un ragazzo molto più alto della signora Newman piegato su se stesso e indifeso contro la furia della vecchietta.
“E’ vero? Conosce questo giovanotto qui?”
“Sì.” Risposi. Perché mi era spuntato un sorriso enorme sul viso e non riuscivo a rimanere seria? “Sì, lo conosco. Ma grazie per la preoccupazione, signora Newman. Ci penso io adesso.” Aggiunsi, prendendo Harry per un braccio e trascinandolo dentro l’appartamento.
“Aspetta.” Disse lui. Si abbassò per recuperare un borsone e qualcos’altro dal pavimento e poi mi seguì. Elle chiuse la porta alle nostre spalle, dopo aver lanciato un’occhiata carica di odio alla signora Newman. “Queste erano per te.” Aggiunse il ragazzo, mostrandomi un mazzo di fiori che sembravano essere stati schiacciati da un camion.
“Grazie.” Replicai, prendendoli e appoggiandoli sul bancone della cucina.
“Erano rose, in origine. Adesso sembra… un milkshake di fiori, ma conta il pensiero, no?” Rispose lui. Cassie e le mie coinquiline sembravano statue di cera. Erano tutte e tre ferme davanti ai divani e stavano osservando la scena in religioso silenzio.
“Harry, cosa fai qui? Come mi hai trovata?” Chiesi, incapace di trattenere quelle domande per un solo secondo in più.
“Beh, la risposta alla prima domanda è facile. Non volevo arrendermi.” Disse lui. “Per quanto riguarda la seconda… è stato più difficile. E’ stato Louis ad avere l’idea, onestamente. Ho detto al mio manager che ho trovato il tuo maglione e volevo mandartelo, così abbiamo chiamato lo studio di Sophia e abbiamo chiesto alla receptionist il tuo indirizzo. Poi è ovvio che lui non sa che io sono venuto qui di persona e che non c’era nessun maglione.” Aggiunse.
“Oh, questa è la cosa più romantica che io abbia mai sentito.” Sussurrò Piper.
“E’ piuttosto inquietante, a dire il vero.” Risposi io. “E’ un po’ da stalker.”
In realtà ero molto felice per quello che era appena successo, ma non volevo che lui lo sapesse. E poi, onestamente, non volevo nemmeno ammettere con me stessa che vederlo nel mio appartamento mi rendeva estremamente contenta.
“Se vuoi posso prendere il primo aereo per l’Inghilterra, ma non volevo lasciare le cose in quel modo. Non mi è piaciuto come ci siamo lasciati all’aeroporto. Dammi solo una possibilità e se non funziona me ne andrò e non mi vedrai mai più.”
“Kim, se non dici di sì ti faccio prendere a ombrellate dalla Newman.” Intervenne Cassie. Piper ed Elle scoppiarono a ridere ed io arrossii. Non potevano sparire nelle loro stanze, invece di fare le impiccione anche loro?
“Harry, una delle uniche regole che mi ha dato Sophia è quella di non uscire con i clienti.” Spiegai. Non volevo pronunciare quelle parole ad alta voce, ma dovevo.
“Io non le dirò mai che stiamo uscendo insieme.” Replicò lui, sorridendo. “E credo che nemmeno le tue amiche lo faranno. A proposito, piacere di conoscervi, sono Harry.” Aggiunse. Cassie, Piper ed Elle si avvicinarono e si presentarono, sorridendo e ridacchiando come tre ragazzine di dodici anni.
Ovvio, Fossette doveva fare il cascamorto con tutte. Era nel suo DNA, probabilmente.
“Usciamo una volta. Una sola volta in una situazione normale e se non funziona non importa. Ma almeno ci abbiamo provato.” Continuò il ragazzo. Poi prese le mie mani nelle sue e mi guardò negli occhi, facendomi provare un brivido. Il mio cuore ricominciò a battere fortissimo, come se stesse per balzare fuori dal mio petto. Solo che questa volta, al contrario di poche ore prima, non ero spaventata. O meglio, lo ero, ma non per una cosa brutta.
“Sei venuto qui da solo?” Domandai invece, ignorando la sua proposta. “Dove alloggerai? Hai previsto qualcosa o sei venuto qui a caso, sperando che le cose andassero nel verso giusto?”
Avevo così tante domande. E avrei voluto essere in grado di lasciarmi andare, di non pensare a nulla e baciarlo, ma proprio non riuscivo. La mia mente non voleva saperne di smettere di lavorare.
“Sono venuto qui con Niall e Zayn. Louis e Liam sono tornati a Londra dalle loro ragazze. Gli altri due sono andati a incontrare un tizio che ci affitterà un appartamento per un po’ di tempo.” Rispose Harry. “Zayn è stato piantato dalla ragazza e non aveva voglia di tornare in Inghilterra.” Aggiunse.
Scossi la testa. Fossette era pazzo da legare. Aveva cambiato tutti i suoi piani per me. Per chiedermi di uscire con lui e dargli una possibilità.
“Io non so cosa dire.”
“Dì solo che domani sera verrai a cena da me.” Mi implorò Harry.
“La disperazione non ti si addice, Styles.” Dissi, cercando di alleggerire l’atmosfera. Ero nervosa, non mi ero mai sentita in quel modo e non volevo che lui se ne accorgesse. Non volevo nemmeno che la mia gemella o le mie coinquiline capissero cosa stavo provando o pensando. “Comunque, se proprio insisti, va bene. Ti concedo una cena, ma nessuno dovrà mai sapere che ci siamo visti.” Risposi dopo qualche secondo. Sul viso del ragazzo spuntò subito un sorriso felice. In pochi istanti, però, si trasformò in un’espressione furba e ironica.
“Vuoi dire che devo cancellare il tweet in cui ho appena scritto che usciremo insieme e devo dire al mio ufficio stampa di smettere di scrivere il comunicato?” Domandò lui. Ah, ecco perché aveva assunto quella faccia da scemo.
Simpatico, Fossette. Proprio simpatico.
“E non chiamare i paparazzi.” Aggiunsi con un sorriso.
“Chiamare i paparazzi? Io? Non sono mica Paris Hilton.”
“Ultimamente pare che le celebrità più disperate e in cerca di attenzione siano Jessica Alba, Hilary Duff e tutto il clan delle Kardashian.” Intervenne Elle all’improvviso.
“Oh, e impedirò alla coinquilina che lavora nella redazione di Seventeen Magazine di proporre questa storia ai suoi colleghi.” Aggiunsi, guardando la mia amica negli occhi. Sapevo che non l’avrebbe mai fatto, ma volevo essere chiara. Ma poi lo sapevo davvero? Mi era capitato di tutto nella mia vita e conoscevo Elle da relativamente poco. Avrebbe potuto utilizzare un gossip del genere per fare carriera.
“Tranquilli, non dirò una parola.” Replicò la ragazza, fingendo di chiudere la bocca con un lucchetto.
“Quindi verrai davvero?” Mi chiese Harry.
“Sì, verrò a cena da te. Anche se non ho ancora capito dove starai, ma…”
“Nemmeno io.” Mi interruppe lui. “Si è occupato Zayn di tutto, ti darò l’indirizzo appena mi chiamerà. Questa volta mi darai il tuo numero di telefono o non ne hai ancora uno americano?” Mi domandò Fossette, enfatizzando l’ultima parte della frase. Mi sentii in colpa. Sapevo che non ci aveva creduto per un solo istante.
“Ce l’ho, ce l’ho.” Risposi. Mi allontanai verso il mobile all’ingresso, presi un foglietto e scrissi il numero. Poi lo piegai e, con un sospiro, lo infilai nel taschino della maglietta del ragazzo. Lui cercò immediatamente di prenderlo, ma gli bloccai la mano e scossi la testa.
“E come faccio a sapere se mi hai dato il tuo vero numero o hai scritto sul foglietto ‘scemo chi legge’ o qualcosa del genere?” Mi chiese lui. Scoppiai immediatamente a ridere. Era divertente, dovevo ammetterlo.
“Primo, perché credo che nessuno sopra i sette anni usi quel trucchetto.” Dissi. “E secondo… dovrai fidarti di me.” Aggiunsi con un sorriso. Cercai di caricare quel gesto di mistero, ma sospettai che il risultato non fosse nulla di quello che avevo immaginato nella mia mente.
“D’accordo, ci proverò.” Replicò lui. Il suo telefono cominciò a suonare e notai che come suoneria aveva lasciato quella classica dell’iPhone. Da una persona come lui mi sarei aspettata qualcosa di più creativo. Fossette si scusò, rispose alla chiamata e parlò per qualche minuto con Zayn. “Perfetto, allora prendo un taxi e vi raggiungo. Ok, a tra poco.”
“Adesso mi sai dire l’indirizzo?” Domandai con un sorriso. Lui sorrise, facendomi mancare il respiro, e annuì. Poi si avvicinò al mobile dell’ingresso, scarabocchiò qualcosa sul blocchetto che avevo appena utilizzato io, chiuse il foglio e lo ripose nella mia mano. Quando mi sfiorò con la sua il mio cuore cominciò a battere più forte e la mia mente sembrò annebbiarsi. Non andava per niente bene. Non potevo reagire così ogni volta che mi toccava.
“Come faccio a sapere se mi hai dato l’indirizzo giusto o hai scritto sul foglietto ‘scemo chi legge’ o qualcosa del genere?” Dissi con un sorriso ironico. Eravamo vicini e il suo respiro accarezzava la mia fronte. Alzai lo sguardo per raggiungere il suo e provai un brivido. Dio, se era bello. Tutto, di lui, era perfetto. Dai capelli ricci costantemente spettinati ai bellissimi occhi verdi. Dal naso dritto e perfetto, alle labbra rosse e a quelle meravigliose fossette. E poi c’era anche il suo fisico da prendere in considerazione. Non era estremamente muscoloso, ma non era nemmeno molliccio. Era giusto. Era perfetto.
Sospirai e cercai di obbligarmi a smettere di pensare a come sarebbe stato perdermi tra le sue braccia, sentire la sua pelle sulla mia, le sue labbra sulle mie… no, dovevo darci un taglio.
“Non puoi saperlo, dovrai semplicemente fidarti di me e sperare che la mia età mentale superi i sette anni.” Rispose lui a bassa voce.
Mi sfuggì un risolino, mentre i miei occhi continuavano a restare incatenati ai suoi. In un angolo recondito della mia mente si formulò un pensiero.
Le mie coinquiline sono ancora là e mi stanno osservando.
Harry avvicinò il suo viso al mio ed io chiusi automaticamente gli occhi, assaporando in anticipo le sue labbra. Mi stava per baciare.
E chissenefrega delle mie coinquiline.
Mi alzai sulla punta dei piedi e attesi. Pochi istanti dopo sentii le labbra del ragazzo appoggiarsi alla mia fronte. Aprii gli occhi, delusa.
“Abbiamo compagnia.” Mormorò lui con un sorriso a mo’ di scusa. E in quel momento pensai che avrei potuto perdonargli qualunque cosa con quel maledetto sorriso e la cosa mi spaventò. Non volevo diventare dipendente da lui. Non volevo fare la fine di quelle ragazze che non potevano vivere senza un ragazzo e quando venivano abbandonate facevano cose stupide, come farsi del male o togliersi la vita. Non volevo. Ma Fossette aveva tutte le caratteristiche giuste perché succedesse proprio una cosa del genere.
“V-vai da Zayn adesso?” Domandai, allontanandomi di qualche passo e raggiungendo il bancone dell’angolo cucina. Abbandonai il foglietto che mi aveva dato Harry e mi appoggiai ai mobili. Dovevo ricominciare a pensare chiaramente.
“Sì, vado a vedere l’appartamento, a lasciare la valigia e a farmi una doccia. E poi a dormire, perché sono davvero stanco.” Rispose lui.
Annuii senza guardarlo. Fossette sotto la doccia. L’acqua che scorreva sul suo bellissimo viso, sul suo corpo. I capelli bagnati tirati indietro. Mi schiarii la voce e deglutii.
Basta, Kim. Basta.
“Allora ci vediamo domani sera.” Borbottai. “Ti accompagno fuori.” Aggiunsi, camminando verso la porta. La aprii, sperando che la Newman fosse andata a dormire, e Harry uscì dall’appartamento dopo aver salutato Cassie e le mie coinquiline.
Lo raggiunsi nel corridoio e socchiusi la porta dietro di noi, in modo da avere qualche minuto di privacy.
“Grazie per avermi dato una possibilità.” Disse, voltandosi verso di me e guardandomi dritta negli occhi. Una stretta allo stomaco, un rullo di tamburi nel mio petto.
“Aspetta a ringraziarmi domani, la cena potrebbe essere un disastro.” Lo avvertii. Non ero seria, ma volevo che restasse sulle spine. Come potevo pensare davvero che una serata con Fossette potesse essere catastrofica? Dovevo essere pazza per credere a qualcosa del genere.
“Hai ragione.” Replicò lui. “Ora… io ti avviso, così tu sei preparata.” Aggiunse, avvicinandosi un po’ di più a me. Lo spazio tra noi due era poco. Troppo poco. “Sto per fare qualcosa a cui non riesco a smettere di pensare.”
Lo sapevo, era davvero arrivato il momento del bacio. E odiavo doverlo ammettere, ma anche la mia mente aveva continuato a tornare a quell’istante. A quel corridoio, al sapore delle sue labbra, alla sensazione delle sue dita sulla mia pelle. Era come se non riuscissi ad avere altri pensieri. Ero pronta. Non vedevo l’ora.
Harry si avvicinò a me, prese una ciocca di capelli che mi era caduta davanti agli occhi e la sistemò delicatamente dietro il mio orecchio. Abbassai lo sguardo, sollevando un angolo della bocca in un sorrisetto timido. Non avevo idea del motivo per cui proprio lui mi facesse quell’effetto, ma le cose stavano così e non potevo cambiarle in nessun modo. Aspettai qualche secondo e quando mi resi conto che il bacio non sarebbe arrivato, guardai Fossette con aria contrariata.
“Beh?” Domandai.
“Volevo spostare quella ciocca che ti copre sempre gli occhi da quando ti ho incontrata.” Disse lui, alzando le spalle e scuotendo leggermente la testa come se tutto fosse normale. Socchiusi gli occhi e lo guardai male.
“Non riuscivi a smettere di pensare ai miei capelli?” Chiesi. Lui annuì e cercò di rimanere serio, ma stava per scoppiare a ridere.
“Sai cosa sei, Harry?” Dissi. Avevo mai pronunciato il suo nome ad alta voce? Suonava così bene sulle mie labbra. “Sei un idiota.” Aggiunsi, ignorando quel pensiero.
“E tu sei una credulona. Pensavi davvero che la cosa che ha tormentato i miei pensieri da quando ti ho conosciuta fosse quella?”
Non riuscii a rispondere, perché lui aveva già azzerato la distanza tra di noi, mi aveva attirata a sé appoggiando una mano alla base della mia schiena e mi aveva baciata. Le sue labbra non sapevano più di fragola, ma non era quella la cosa importante. Fossette aveva rinunciato alle sue vacanze in Inghilterra per venire a New York da me. Fossette si era presentato a casa mia e mi stava baciando. Era felicità quella strana sensazione di calore che sembrava avvolgere il mio cuore?
“Beh, i miei capelli sono favolosi.” Dissi con il fiato corto quando Harry si allontanò leggermente da me, terminando quel meraviglioso bacio troppo presto.
Lui rise e appoggiò le sue labbra sulle mie ancora una volta per pochi secondi. Avrei voluto che quel contatto durasse molto di più, ma sapevo che doveva raggiungere i suoi amici all’appartamento nuovo ed era stanco.
“A domani, Kim.” Replicò.
“Forse.” Puntualizzai. “Dobbiamo sempre scoprire se io ti ho dato il numero di telefono giusto e tu mi hai scritto l’indirizzo vero.” Aggiunsi. Scoppiammo a ridere entrambi. Era così facile essere allegri in sua presenza.
“Io credo di sì. Ti aspetto all’appartamento alle sette, okay?” Mi disse. Prese entrambe le mie mani nelle sue e cominciò a cullarle.
“Okay.” Risposi io. Sapevo che ci saremmo rivisti dopo poche ore, ma non volevo lasciarlo. Non volevo che se ne andasse, perché avevo appena cominciato ad abituarmi all’idea che forse, ma proprio forse, avremmo potuto uscire davvero insieme. E magari lui non era come tutti gli altri e non se ne sarebbe andato.
Fossette mi diede un ultimo, veloce bacio e si avviò verso il vecchio ascensore del mio palazzo.
Io rimasi in corridoio qualche minuto, toccandomi le labbra con un dito e sorridendo come una scema. Poi rientrai in casa, e colpii Piper con la porta, perché Cassie e le mie coinquiline erano rimaste per tutto il tempo a spiare quello che stavo facendo.
Non mi arrabbiai nemmeno, perché ero troppo su di giri per quello che era appena successo. Invece cominciai a ridere ed iniziai un abbraccio di gruppo. Cassie, Piper, Elle ed io saltellammo e squittimmo come quattro adolescenti alla prima cotta davanti alla porta di casa e non mi sentii nemmeno stupida.
Avrei avuto il mio primo appuntamento con Fossette il giorno successivo. Come potevo sentirmi stupida? L’unica cosa che provavo era felicità.


Oggi scopriamo finalmente cos'è successo dopo che Kim ha trovato Harry fuori dalla porta del suo appartamento a New York! Cosa ne pensate?
Lascio il capitolo parlare da solo e non dico più di tanto. Martedì prossimo scopriremo cosa succederà durante il primo vero appuntamento di Kim e Fossette. Sarà bellissimo e perfetto? Sarà un disastro e finiranno a litigare ancora prima degli antipasti?
Grazie a tutte le persone che hanno letto, che hanno inserito questa storia tra le preferite, le seguite o le ricordate e alle ragazze che mi lasciano sempre delle bellissime recensioni! So di essere ripetitiva, ma non so davvero in che modo dimostrarvi quanto siete tutte meravigliose. Tutte, dalla prima all'ultima <3
Alla settimana prossima, spero che questo capitolo vi sia piaciuto!

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Capitolo 12
*** The Date ***




Capitolo 12 – The date

Elle insistette per prestarmi uno dei suoi “vestiti da appuntamento”, come li chiamava lei. La mia gemella e le mie coinquiline mi aiutarono a prepararmi tra un concerto improvvisato sulle note delle canzoni che stavamo ascoltando, un balletto in soggiorno e tante, tantissime risate. Non mi sembrava vero di stare vivendo quel momento, sembrava di essere in un telefilm da adolescenti e la protagonista, nonostante assomigliasse pericolosamente a me, non fossi io.
Non volevo ammettere di essere felice, perché avevo paura che se l’avessi detto ad alta voce, avrei smesso di esserlo.
“Mi raccomando, chiedi a Harry il numero di telefono di Niall per me.” Disse Piper prima che potessi uscire dall’appartamento. Scoppiai a ridere e mi resi conto di non aver fatto molto altro durante tutta la giornata. Avevo riso. Tantissimo. Ero stata quasi incapace di smettere, a dire il vero. Forse era una reazione nervosa, o forse ero davvero felice. Non ne avevo idea.
“D’accordo, farò del mio meglio.” Risposi.
“Kim?” Mi chiamò Cassie. Spostai lo sguardo sulla mia gemella, che non mi disse niente, ma mi fece capire semplicemente con un’espressione del viso quello che stava pensando.
Stai attenta ma divertiti e presentati all’appuntamento con la mente e il cuore aperti. Dai una possibilità a Harry e a te stessa.
Sapevo che voleva dirmi quello. Lo sapevo e basta. Annuii e le rivolsi un sorriso. Lei mi prese la mano e la strinse leggermente nella sua. Era orgogliosa di me, lo vedevo dai suoi occhi. Era felice e agitata nello stesso momento, proprio come lo ero io.
“Mente e cuore aperti, okay?” Disse Cassie a bassa voce, in caso non avessi capito quello che voleva dirmi.
“Ed eventualmente anche gambe aperte, okay?” Intervenne Elle. La guardai con un’espressione stralunata per qualche secondo, poi scoppiai a ridere.
“Elle!” Esclamai.
“Che c’è? Sto solo dicendo che se si presenta l’occasione…” Rispose lei, lasciando la frase a metà. Tanto avevamo capito tutte quello che intendeva. Probabilmente anche la signora Newman, che stava sicuramente spiando con l’orecchio appiccicato alla sua porta.
“A parte gli scherzi, è pur sempre il vostro primo appuntamento.” Disse Piper. “Quindi devi fare solo quello che ti senti di fare.” Aggiunse.
“Grazie, mamma.” Scherzai. “Ora posso andare?”
Sorrisi di nuovo, sembrava che le mie labbra non fossero capaci di fare altro in quel momento. Cassie mi abbracciò stretta per qualche istante, poi salutai anche Elle e Piper e mi avviai verso l’ascensore.
Una volta in strada decisi di aprire per la prima volta il bigliettino che mi aveva scritto Harry la sera prima. Non sapevo ancora dove dovevo andare, non avevo  nemmeno programmato il viaggio. Forse avrei dovuto farlo. Non ero ancora così pratica dei mezzi di trasporto di New York.
Il pezzo di carta era piegato in quattro e al centro del foglio era scarabocchiato un indirizzo: 57 Irving Place.
Sorrisi tra me e me. Non c’era nemmeno bisogno che cercassi di fermare un taxi. Irving Place era la via parallela alla Terza Strada. Avrei dovuto camminare al massimo per cinque minuti.
 
Il battito del mio cuore accelerò ad ogni passo, finché non mi trovai davanti al portone del palazzo al numero 57 di Irving Place. Ero nervosa, non sapevo cosa aspettarmi. Tecnicamente non ero mai stata ad un appuntamento vero e proprio, perché Chad ed io passavamo il tempo a South Bank a chiacchierare su una panchina o a concerti o nel suo appartamento. Non mi aveva mai portata fuori a mangiare o qualcosa del genere. E certo, anche Harry mi aveva chiesto di andare all’appartamento che aveva affittato, ma le circostanze erano completamente diverse. Lui mi aveva promesso che avrebbe cucinato e non potevamo farci vedere in giro insieme per ovvi motivi: lui non voleva ulteriori gossip ed io non volevo farmi licenziare.
Guardai il citofono di fianco alla porta e cominciai ad agitarmi ancora di più. Il genio non mi aveva detto a che piano era l’appartamento, a chi avrei dovuto suonare?
Esattamente in quel momento, cominciò a suonare il mio cellulare.
“Pronto?”
“Kim?” La voce familiare di Harry mi tranquillizzò. Mi aveva letto nel pensiero? Poi guardai in alto e mi trattenni dal darmi una pacca sulla fronte. Il palazzo era composto da vetrate enormi, forse mi aveva vista arrivare. Cominciai a notare anche la stranezza del design di quella palazzina. Era nuova, si vedeva, e stonava in mezzo a quelle di mattoni della stessa via.
“Sono io. Il numero era giusto, visto?” Dissi.
“Per fortuna, perché mi sono reso conto di non averti detto che tasto del citofono premere.” Rispose lui. “Comunque ti sto aprendo, aspettami all’ingresso, vengo a prenderti.” Aggiunse prima di terminare la conversazione. Sentii un rumore metallico, segno che la porta era stata aperta, e la spinsi. Entrai, salutai il portiere, che mi stava guardando con aria incuriosita, e aspettai.
“Posso esserle utile?” Chiese l’uomo.
“Sto aspettando un mio amico.” Replicai io con un sorriso.
Un sonoro “bip” dell’ascensore mi fece agitare ancora di più. Quando si aprirono le porte, però, non riuscii a non sorridere, perché Fossette si era vestito bene per me. Aveva abbandonato le t-shirt scolorite e i pantaloni completamente rotti sulle ginocchia. Stava indossando una camicia blu con dei cuori bianchi e un paio di jeans stretti neri. Probabilmente aveva fatto uno sforzo per essere elegante, ma tutto quello che riuscii a pensare fu che quella camicia era proprio orrenda. Evitai di dirglielo, però, perché non volevo essere maleducata da subito.
“Kim!” Esclamò lui, avvicinandosi. Mi abbracciò velocemente e mi diede un bacio sulla guancia, prima di accompagnarmi all’ascensore. Premette il tasto del sesto piano e si appoggiò alla parete. “Stai benissimo vestita così.” Aggiunse poi.
“Grazie. Anche tu stai bene.” Replicai. Era vero, stava bene. L’unico problema era la stampa orribile di quella camicia. Ma chi ero io per giudicare i suoi vestiti? E comunque non me ne fregava nulla. Mi appoggiai contro di lui e lo baciai.
“Stai benissimo anche con i capelli raccolti.” Disse lui, sorridendo. Mi spostò una ciocca dagli occhi e poi accarezzò la mia guancia.
“Ma qual è il tuo problema con i miei capelli?” Domandai io, ridendo. Sapevo che mi stava prendendo in giro.
L’ascensore si fermò al sesto piano. Dopo una breve camminata in corridoio, Harry aprì una porta e mi fece entrare nell’appartamento che aveva affittato a New York insieme ai suoi amici.
“Wow!” Mi lasciai sfuggire. “Piccolo.” Commentai poi, guardandomi intorno. Solo la zona adibita a soggiorno era il doppio di tutto l’appartamento che condividevo con Cassie, Piper ed Elle. Ed io che pensavo che le case a New York fossero tutte piccole.
“Ti piace? Zayn ha scelto proprio bene.” Disse lui. “Vieni, dai, ti faccio vedere tutto.” Aggiunse, prendendomi una mano e guidandomi verso la prima porta. Mi mostrò le camere da letto (ce n’erano ben quattro), la zona cucina con la sala da pranzo (in realtà avevo già visto due tavoli davanti alle grandi vetrate con una magnifica vista di New York. E in cucina c’era anche un bancone con quattro sgabelli. Decisamente non avremmo avuto problemi a trovare un posto in cui mangiare in quell’appartamento) e, per finire, il bagno della stanza da letto principale.
“La vasca rotonda!” Esclamai. “Questo sembra un hotel di lusso, è bellissimo!” Aggiunsi, guardandomi intorno. Harry sorrise ed io mi resi conto che dovevo sembrare buffa. Probabilmente assomigliavo a una bambina in un grande negozio di giocattoli. Non ero abituata a vedere tutti quegli oggetti di design stupendi. Non volevo nemmeno immaginare quanto costasse affittare quell’appartamento per un mese. Di sicuro più di tutto quello che avevo in banca, il che non era molto.
“E’ comoda, sai? L’ho provata ieri sera.” Rispose il ragazzo. Mi costrinsi a non visualizzare la scena nella mia mente. Invece mi concentrai sul fondo della stanza.
“Dove conduce quella porta di vetro?” Domandai, facendo qualche passo in avanti. “Sembra quasi…” Cominciai a dire.
“La sauna.” Rispose Harry.
Lo guardai per qualche secondo.
“Avete affittato un appartamento con una sauna in bagno?” Domandai, sconvolta. “Certo che vi trattate bene, eh?”
Lui alzò le spalle e scosse la testa, ridendo.
“Zayn.” Rispose semplicemente. “Ti va di mangiare? Ho cucinato.” Aggiunse dopo qualche secondo.
Ero ancora sconvolta per la scoperta di una sauna all’interno di un appartamento. Annuii vagamente, allontanandomi da quel bagno che sembrava più una spa di lusso.
Ci fermammo nella zona cucina e Fossette mi mostrò quello che aveva cucinato per me.
“Mi sono reso conto di non averti chiesto cosa ti piace, così ho fatto un po’ di tutto. In teoria come antipasto ci sarebbe il cocktail di gamberetti.” Disse lui.
Aveva seriamente cucinato per me? Come se non fossi abbastanza cotta di lui. Mi avvicinai per dargli un bacio sulle labbra, poi assunsi un’espressione dispiaciuta e abbassai lo sguardo.
“Oh, Harry, mi dispiace ma sono allergica ai crostacei.”
Lui sbiancò.
“Oh. Mi dispiace, mi dispiace. Non lo sapevo! Possiamo passare direttamente a qualcos’altro, sono sicuro di aver fatto qualcosa a cui non sei allergica, perché ho fatto di tutto.” Rispose lui. Non riuscii a rimanere seria per più di qualche secondo, così scoppiai a ridere e scossi la testa.
“Non è vero, ti stavo solo prendendo in giro. Mi piacciono molto i gamberetti.”
Lui tirò un sospiro di sollievo.
“Allora da questa parte.” Disse, accompagnandomi al tavolo (che era apparecchiato con tanto di rose rosse al centro) e facendomi sedere.
“Ma davvero hai cucinato tutto tu? Non mi offendo se hai ordinato le cose, eh.”
Harry mi guardò per qualche secondo, poi sorrise.
“Ho fatto quasi tutto io.” Ammise. “Il dolce l’ho comprato, perché volevo che fosse perfetto. E credimi, è stata una tragedia cucinare, oggi, perché Niall ha cercato di mangiarsi tutto quello che dovevo usare.” Continuò. Visualizzai nella mia mente l’immagine di Fossette con il grembiule e il viso sporco di farina. Poteva essere più dolce?
“A proposito dei tuoi amici, che fine hanno fatto questa sera?” Chiesi.
“Sono usciti a cena, poi vanno in un locale e tornano tardi. Non volevano disturbarci.”
“Bene.” Dissi, assaggiando un gamberetto. “Buono a sapersi.” Aggiunsi, guardando intensamente Fossette negli occhi.
 
Avevamo parlato di tutto durante la cena e mi era sembrato di essere ancora sul tetto del Roosevelt. Era facile stare insieme a lui, mi veniva naturale. Potevamo essere entrambi noi stessi e dire tutto quello che volevamo. Passavamo da battute inappropriate a discorsi seri e delicati.
Dopo averlo aiutato a sistemare la cucina (avevo insistito, anche se lui non voleva) ci eravamo sistemati su uno dei divani della zona giorno e stavamo guardando un film mentre ci coccolavamo. Era la cosa più normale del mondo, era qualcosa che facevano tutte le coppie, eppure io, in quel momento, mi sentivo speciale. Perché Fossette mi faceva sentire in quel modo e non sapevo nemmeno io per quale motivo.
“Sai che non dovevi scegliere una commedia romantica solo perché sono una ragazza, vero?” Domandai. Il film aveva preso una piega commuovente ed entrambi avevamo gli occhi lucidi. E dannazione, io non piangevo mai per le cazzate che mostravano nei film. Sapevo che era tutto finto e nella vita reale quelle cose non succedevano.
Però Fossette ha preso un aereo e si è presentato davanti alla porta di casa tua per chiederti una possibilità come nelle commedie romantiche più sdolcinate. Disse un’odiosa vocina nella mia mente.
“Ma a me piace quel genere.” Disse lui, scrollando le spalle.
Lo guardai per qualche secondo con un velo di stupore negli occhi.
“Ti piacciono le cose romantiche?” Chiesi.
“Beh sì.” Rispose lui, improvvisamente in imbarazzo. “A te che genere piace di solito?”
“Generalmente thriller psicologici. Mi piacciono quelle cose che mi fanno sudare i palmi delle mani e mi fanno stare seduta sul bordo del divano.” Dissi. “Però questo è bello. Non sono una grande esperta di commedie romantiche, ma quella che abbiamo guardato mi è piaciuta.” Aggiunsi immediatamente. Il film aveva raggiunto i titoli di coda e ci tenevo a far sapere a Fossette che avevo apprezzato la sua scelta. Non volevo che ci rimanesse male.
Lui mi guardò ammirato e mi strinse a sé per qualche istante, prima di darmi un lungo bacio che mi fece mancare il respiro.
“P-parlando di film.” Dissi, cercando di controllare la voce. Inutile, tanto l’aveva capito anche lui (e probabilmente dalla mia espressione e non dalla mia voce) che si era acceso un fuoco dentro di me e avevo bisogno di lui. “Quante volte ti hanno detto che saresti stato perfetto per fare Harry Potter?”
“Oh, non ne hai idea.” Rispose lui con un sorriso.
“Beh, ma hanno ragione. Il vero Harry Potter, quello del libro e nella mente della Rowling, aveva i capelli ricci e spettinati e gli occhi verdi. Nel film hanno scelto un ragazzino con i capelli lisci e gli occhi azzurri. Per carità, poi è stato bravissimo a recitare la parte, ma…” Continuai. Perché stavo blaterando in quel modo?
“A scuola i miei compagni mi chiamavano Potter.” Replicò lui. “E a volte succede ancora, quando faccio qualche cavolata, tipo sbattere contro una porta di vetro o cose del genere. I miei compagni di band tendono a ricordarmi che il mio cognome è Styles e non Potter.”
Scoppiai a ridere, ma mi interruppi immediatamente quando i miei occhi incontrarono i suoi. Vedevo nella sua espressione le stesse cose che provavo io. Parlando di cose inutili stavamo solo ritardando il momento. Perché improvvisamente ero diventata così nervosa?
“Rimango dell’opinione che saresti stato perfetto per la parte.” Dissi. Un sorriso ansioso spuntò sul mio viso, mentre la mia mente non riusciva a smettere di pensare a mille cose. Alle sue labbra sulle mie, ai nostri vestiti che volavano sul pavimento, alla mia mano tra i suoi capelli…
“Tu avresti dovuto fare Ginny, allora. Okay, non hai i capelli rossi, ma...”
“Nah.” Risposi io. “A me Harry e Ginny non sono mai piaciuti insieme. Ho sperato fino all’ultimo che lui finisse con Hermione.” 
Fossette annuì lentamente, poi posò il mio sguardo sul mio e sorrise, forse per cercare di tranquillizzarmi.
“Sei agitata?” Mi domandò.
Respirai profondamente.
“Sì.” Dissi. “Non so perché, sono un fascio di nervi.” Aggiunsi. Poi abbassai lo sguardo e scossi la testa. “Sei tu. Sei tu che mi fai questo effetto.” Mormorai.
“Ehi.” Replicò lui, posandomi due dita sotto il mento e alzando leggermente il mio viso. Incontrai il suo sguardo e provai un brivido. “Lo sai che non… non è per quello che ti ho invitata qui, vero?”
Mille battute sarcastiche mi inondarono la mente e cercai di trattenermi. Ma ovviamente non riuscii.
“Presuntuoso, è il nostro primo appuntamento, pensavi che quello fosse anche solo un’opzione?” Scherzai.
Lui arrossì ed io ridacchiai. Ero una persona pessima, mi divertivo a vederlo in difficoltà.
“Oh, io… hai ragione, scusa, non… okay, adesso mi sento un idiota.” Borbottò senza guardarmi.
D’accordo, l’avevo fatto imbarazzare abbastanza e non ero più nemmeno nervosa.
“Harry?” Richiamai la sua attenzione, assaporando il suo bellissimo nome. Ero sicura che nessun’altra combinazione di cinque lettere suonasse altrettanto bene. Lui alzò lo sguardo e notai che le sue guance erano ancora rosse. “Stavo scherzando.” Aggiunsi e lo baciai.
Fossette mi passò subito un braccio intorno alla vita e mise una mano sulla mia guancia. Fu un gesto automatico per lui. Io, invece, accarezzai i suoi bellissimi capelli ricci e continuai a baciarlo. Non esisteva nient’altro in quel momento. Non quello che ci stava intorno, non il lavoro, non Sophia, non le mie coinquiline o la mia gemella e, soprattutto, non i suoi amici che avrebbero potuto tornare a casa da un momento all’altro.
Con un movimento veloce e deciso Harry si alzò dal divano, tenendomi aggrappata a lui. Allontanai leggermente il mio viso dal suo e sorrisi.
“Sei forte.” Sussurrai nel suo orecchio. Lo vidi chiudere gli occhi per un istante e bagnarsi le labbra con la lingua.
Poi, tenendomi stretta, si spostò verso quella che era diventata la sua camera e mi fece sdraiare sul letto.
Non avevo mai provato nulla del genere. Ogni suo tocco provocava una scia bollente sulla mia pelle e ogni suo bacio faceva crescere il fuoco nel mio petto.
Al diavolo tutto. Pensai, aiutando Fossette a slacciarsi la cintura dei pantaloni. In quel momento mi era impossibile pensare. Non mi interessava di nulla. Non del fatto che fosse il nostro primo appuntamento e che avrebbe potuto pensare che fossi una ragazza facile (beh, tecnicamente lo ero, no? Stavo o non stavo sfilando i suoi boxer mentre lui mi baciava il collo e mi faceva mancare il respiro?), non del fatto che i suoi amici avrebbero potuto tornare a casa e sentire qualcosa… niente. L’unica cosa importante, in quel momento, era Fossette. Con lui tutto era facile, persino lasciarsi andare completamente.

 



E finalmente siamo arrivati al primo appuntamento di Kim e Harry! Sembra che tutto sia andato bene, ma quale sarà la reazione di entrambi il mattino dopo? Sono finalmente andati a letto insieme. Era l'unica cosa che interessava a Harry? Lui la chiamerà ancora? E Kim cosa penserà di quello che è successo? Deciderà finalmente di lasciarsi andare e accettare il fatto di provare qualcosa per lui oppure si spaventerà e scapperà?
Martedì scopriremo tutto!
Grazie a tutte le persone che hanno letto, aggiunto la mia storia tra le preferite, ricordate o seguite e grazie a chi mi ha lasciato commenti bellissimi! Grazie! <3
Alla prossima e spero che questo capitolo vi sia piaciuto!

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Capitolo 13
*** The Mistake ***




Capitolo 13 – The Mistake
 

Fuochi d’artificio. Non sapevo come altro descrivere quello che era successo la sera prima con Harry. Con Fossette. Non ci conoscevamo da tanto, ma era come se, in realtà, non fosse la nostra prima volta insieme. Era come se lui sapesse esattamente quello che volevo, quello che mi piaceva e viceversa. Non avevo mai provato quel tipo di sensazioni con nessun ragazzo – e non ne avevo avuti molti, in realtà. Dopo Chad ero stata a letto solo con un tizio di nome Jacob prima di Harry.
Fossette ed io eravamo incredibilmente compatibili, sembrava che fossimo stati creati l’uno per l’altra.
 
Mi svegliai presto per colpa di un raggio di sole pallido che si era posato esattamente sul mio occhio. Harry stava ancora dormendo, così mi fermai a guardarlo per qualche secondo. Aveva un’espressione pacifica sul viso e dormiva profondamente. Il suo corpo era coperto solo parzialmente dal lenzuolo azzurro e i capelli ricci formavano una coroncina spettinata intorno al suo bellissimo viso. Dormiva a pancia in giù e vedevo la schiena alzarsi e abbassarsi ritmicamente seguendo il suo respiro.
Mi misi a sedere il più lentamente possibile. Non volevo svegliarlo. Non potevo. Mi passai una mano tra i capelli e sospirai. Avevo passato la notte più bella della mia vita, avevo provato sentimenti che non pensavo nemmeno potessero esistere e, nonostante la notte prima non avessi paura… beh, quella mattina ero terrorizzata. L’intensità delle emozioni che provavo voleva dire solo una cosa: il dolore, quando la nostra relazione – o in qualunque modo si potesse chiamare quello che c’era tra di noi – sarebbe finita, sarebbe stato inaffrontabile. Ed io non volevo che qualcuno avesse il potere di ferirmi in quel modo. Non potevo permetterlo.
Mi alzai dal letto in cui avrei voluto rimanere per il resto della mia vita. Avevo il cuore pesante. Mi sentivo come se fossi caduta nell’acqua con tutti i vestiti. Mi sembrava di aver corso una maratona sotto il sole bollente del deserto.
Senza far rumore recuperai tutti i miei vestiti dal pavimento, mi rivestii e, dopo avergli lanciato un’ultima occhiata, uscii da quella stanza e chiusi la porta alle mie spalle. Era la cosa giusta da fare. Dovevo andarmene mentre i sentimenti erano ancora nuovi. Dovevo allontanarmi da quella situazione prima che quello che provavo per lui potesse farmi così male da uccidermi.
Guardai l’orologio. Erano appena scattate le sette del mattino. Avrei fatto in tempo a tornare a casa, buttarmi sotto la doccia, vestirmi, truccarmi e andare al lavoro. Magari avrei anche potuto sedermi da qualche parte, da sola, a riflettere. No, chi volevo prendere in giro? Non volevo rimanere da sola. Avevo bisogno di distrazioni. Dovevo rimanere in compagnia il più possibile.
“Buongiorno!” Sentii una voce provenire dalla zona cucina della casa. Mi bloccai, con il cuore in gola e gli occhi sgranati. Non era Harry, ne ero sicura. Doveva essere uno dei suoi amici.
Mi voltai lentamente e trovai Zayn con i capelli spettinati, un accenno di barba e una tazza di caffè in mano.
“Buongiorno.” Replicai a bassa voce, nella speranza che Fossette non si svegliasse. Era già stato difficile separarmi da lui così, mentre dormiva. Non sarei mai riuscita ad affrontarlo sveglio.
“Caffè?” Propose il ragazzo, allungando verso di me la caraffa con il liquido scuro.
Non dissi nulla. Non sapevo cosa dire. Non volevo nulla, non volevo nemmeno che lui mi parlasse insieme. Vidi l’espressione di Zayn cambiare. Aveva capito quello che stava succedendo.
“Io… non posso rimanere qui.” Dissi. Poi mi affrettai verso la porta, prima che lui potesse rispondere qualsiasi cosa. Avevo paura che potesse convincermi a restare. Perché immaginavo che l’avrebbe fatto. Lui era amico di Harry, voleva solo il meglio per il ragazzo. E ciò non comprendeva sicuramente essere piantato dalla ragazza con cui stava uscendo – dalla ragazza per cui non era tornato a casa dalla sua famiglia durante la pausa dal tour – dopo una notte insieme.
 
L’aria fredda del mattino di New York mi colpì come uno schiaffo in pieno viso. Cominciarono a bruciarmi gli occhi, ma non volevo piangere. Le strade brulicavano già di persone dirette in ufficio. Vidi un gruppetto di ragazzi più o meno della mia età che erano chiaramente ancora fuori dalla notte prima. Stavano ridendo e una delle ragazze non riusciva nemmeno a stare in piedi sui tacchi.
Passai davanti a uno Starbucks e contemplai l’idea di entrare per fare colazione. Avevo bisogno di tutte le mie forze per affrontare quella giornata. Aprii la porta e le note di una canzone mi investirono. Conoscevo quella voce. Era di Fossette.  Ma ero sicura che quel brano non fosse un singolo, perché non l’avevo mai sentito prima.
 
I don't care what people say when we're together
You know I wanna be the one who hold you when you sleep
I just want it to be you and I forever
I know you wanna leave so come on baby be with me so happily”

 
Non sapevo nemmeno io se ridere o no davanti a quel beffardo scherzo del destino. Ma no, in quel momento non avevo proprio voglia di ridere. Anzi. I miei occhi si riempirono di lacrime, richiusi la porta del negozio senza entrare e cominciai a camminare velocemente verso l’appartamento che condividevo con Piper, Cassie ed Elle.
 
“Buongiorno!” Esclamò la mia gemella quando entrai in casa. Fantastico, erano già tutte sveglie. Avevo sperato di riuscire a sgattaiolare in bagno, chiudermi nella doccia e rimanere lì, con l’acqua calda che scorreva sul mio corpo, per ore. Speravo che mi aiutasse a scaldarmi, perché in quel momento mi sentivo vuota e fredda.
“Ciao.” Dissi, richiudendo la porta alle mie spalle. Sapevo che si era già accorta del tono della mia voce, dell’espressione nei miei occhi. Era la mia gemella, era probabile che lo sapesse da ancora prima che entrassi da quella porta.
“Ehi, che succede?” La domanda arrivò dopo pochi secondi, esattamente come avevo previsto. Cassie abbandonò quello che stava facendo dietro il bancone della cucina e mi accompagnò al divano, dove mi fece accomodare e mi osservò.
Piper ed Elle, che stavano facendo colazione, ci raggiunsero. Dovevano sempre muoversi tutte in gruppo? Quel pensiero mi sorprese. Non ero arrabbiata con loro, non dovevo sfogare la mia frustrazione sulle mie amiche. Sulle persone che mi stavano vicine. Ero arrabbiata con me stessa, era diverso.
“E’… è successo qualcosa?” Mi chiese Piper. Capivo dalla sua espressione che non voleva fare domande inappropriate, ma era preoccupata.
Non sapevo nemmeno io cos’era successo con esattezza. Sapevo di aver passato la notte più bella della mia vita e poi, dopo aver dormito, mi ero svegliata con la consapevolezza che doveva finire, perché non avrebbe mai funzionato. Non era umanamente possibile essere così felici con qualcuno. Avrei finito per piangere accasciata sul pavimento del bagno quando sarebbe finita. Perché lo sapevo, lui se ne sarebbe andato come tutti gli altri.
“Vi dispiace se non ne parliamo?” Domandai. Le ragazze mi guardarono con apprensione.
“Assicuraci solo che non ti è successo nulla e che stai bene.” Insistette Cassie. “E poi possiamo parlarne quando te la sentirai, se te la sentirai.”
Avevano davvero paura che Fossette fosse un ragazzo pericoloso? Lo era, ma non in quel senso. Era pericoloso perché sembrava troppo perfetto.
“Non è successo nulla che io non volessi.” Dissi lentamente. “Sto bene.” Mentii poi. Non era vero, mi sentivo a pezzi, ma fisicamente non avevo nulla. Era il mio cuore che quel giorno era distrutto e la colpa era stata solo mia.
“D’accordo.” Replicò Cassie. Sentivo dell’incertezza nella sua voce, ma sapevo che si fidava di me.
“Allora, Piper, che feste strane ci sono oggi?” Domandai dopo qualche secondo per cambiare argomento.
“Oh, sono due cose difficili.” Replicò la ragazza. “E’ la giornata dei pisolini in pubblico e della fatina dei denti.” Aggiunse.
“Puoi sempre dormire in università.” Suggerì Elle.
Piper la guardò con aria scandalizzata.
“Sei pazza? E mi perdo la spiegazione? E poi chi mi passa gli appunti? Sono io che li spaccio a tutti i miei compagni di corso.”
“Dovresti farti pagare.” Dissi io. “Tu fai tutto il lavoro e gli altri se la dormono tranquillamente a lezione.”
“Ehi, ma oggi è anche la giornata internazionale anti-bullismo e della sensibilizzazione sulle malattie rare.” Intervenne Cassie dopo aver controllato qualcosa sul suo telefonino. Piper si rilassò e sorrise.
“Grandioso, allora posso passare la giornata a studiare!”
Scoppiammo tutte a ridere ed io scossi la testa. Avevo ragione, dovevo stare in compagnia perché avevo bisogno di distrazioni. E mia sorella e le mie amiche erano persone fantastiche e sapevano che in quel momento avevo solo bisogno di parlare di altro e di non pensare a Fossette.
 
La prima cosa che sentii quando entrai nello studio fotografico, quella mattina, fu la voce di Harry. Amber era chiaramente sola e stava ascoltando la musica a volume abbastanza alto. Fossette stava cantando qualcosa di lento e romantico, accompagnato solo dal suono di una chitarra acustica.
 
“'Cause it's you, oh it's you,
It's you they add up to
And I'm in love with you,
And all these little things”

 
Speravo solo che la giornata finisse in fretta. Come se quello non fosse abbastanza, il mio cellulare cominciò a vibrare e lessi il nome di Fossette sul display. Mi stava chiamando. Si era svegliato e non mi aveva trovata di fianco a lui. Probabilmente aveva parlato con Zayn e lui gli aveva riferito che ero scappata come una prostituta da quattro soldi, come una ladra.
“Bella giornata, non è vero?” Mi disse Amber, sorridendomi. Guardai fuori dalla porta di vetro e guardai il cielo bianco, segno che stava per nevicare. “Ora tu ti siedi qui e mi racconti tutto quello che è successo a Los Angeles per filo e per segno. E non lasciare fuori nulla, voglio sapere tutto! Ogni parola, ogni espressione, ogni muscolo che hanno mosso quei cinque!” Esclamò la ragazza, facendomi sedere di fianco a lei.
No, quella giornata non poteva decisamente che peggiorare. Pregai perché Sophia arrivasse presto. Avevo bisogno di lavorare, dovevo tenermi occupata e non dovevo pensare a Fossette e a quello che era successo la sera prima. A come mi ero sentita quella mattina.
Amber mi rivolse un altro sorriso enorme per spronarmi a cominciare a parlare, così, contro la mia volontà, iniziai a raccontarle qualcosa del viaggio a Los Angeles, concentrandomi soprattutto sulle cose tecniche. Speravo che la ragazza si annoiasse se avessi parlato per tutto il tempo di macchine fotografiche, scatti, luci e cose del genere.
Fortunatamente Sophia arrivò presto quella mattina e mi salvò dal dover entrare nei dettagli con Amber, che mi aveva appena chiesto se i ragazzi si erano tolti la maglietta davanti a me e se li avevo visti mezzi nudi.
 
“Kimberly!” Esclamò la fotografa. Abbassai la testa e puntai gli occhi sul pavimento. Non ne avevo fatta una giusta quel giorno. Le avevo portato il caffè sbagliato, le avevo dato gli obiettivi sbagliati al momento sbagliato ed ero inciampata nel cavo di una delle lampade nello studio. Ero un disastro, non riuscivo a concentrarmi su niente, soprattutto perché il mio telefono continuava a vibrare nella tasca dei pantaloni e sapevo che si trattava di Harry. Lo sapevo anche senza guardare il display. Non potevo permettermi di dare un’occhiata a quello schermo, perché altrimenti avrei visto il viso di Fossette che mi sorrideva, perché quando avevo finalmente salvato il suo numero, la sera prima, gli avevo scattato una foto per la rubrica.
“Mi dispiace, Sophia, mi dispiace.” Mormorai. Mi aveva chiamata con il mio nome intero. Non poteva essere un buon segno, no?
“Sto seriamente rischiando di alterarmi, Kim. Che cosa ti sta succedendo? Sei stata bravissima fino a oggi. Cosa c’è che ti turba?” Mi domandò la donna, appoggiandosi a uno sgabello dietro di lei. I clienti se ne erano appena andati e, nonostante tutte le mie distrazioni, il servizio fotografico era riuscito perfettamente.
“Non… non lo so, sarà un po’ di stanchezza.” Mentii. “Prometto che cercherò di concentrarmi e non sbaglierò più nulla.” Dissi. Dovevo riprendermi, non potevo permettere che il mio lavoro risentisse per quello che era successo nella mia vita personale.
“D’accordo.” Disse lei. “Conta questa chiacchierata come un avvertimento. Fortunatamente non hai sbagliato nulla di importante, ma ho bisogno che la tua testa sia al cento percento in questo studio, okay? Mi piace pensare di essere una persona onesta, quindi ti concederò tre errori grandi per tutta la durata del tuo impiego. Al terzo sei fuori.”
Deglutii. Altro che avvertimento, quella sembrava più come una minaccia ben nascosta. In un anno potevo fare solo tre errori e poi sarei stata licenziata? Beh, quello era decisamente una buon motivo per concentrarsi su quello che stavo facendo.
“Grazie.” Risposi. Non ero sicura che quella fosse la cosa giusta da dire dopo un discorso come quello di Sophia, ma il suo sorriso tranquillo mi confermò che non avevo fatto il primo grande errore della mia carriera.
 
Quella sera toccava a me cucinare, così prima di tornare a casa passai dalla pizzeria italiana di fronte al palazzo in cui abitavo e comprai due pizze giganti. Eravamo in quattro, quindi ero sicura che sarebbero bastate.
Dopo l’avvertimento (che io continuavo a vedere come minaccia) di Sophia, ero riuscita a concentrarmi sul lavoro. Avevo tolto la vibrazione al cellulare, così non avevo idea se Fossette mi stesse chiamando o no, e avevo fatto tutto quello che dovevo – e anche di più, perché mi ero offerta volontaria per pulire lo studio prima di uscire.
Quando il cassiere mi consegnò le due scatole di pizza fumanti, attraversai la strada e mi bloccai davanti alla porta. Quello era Harry, ne ero sicura. Lo riconoscevo anche se mi stava dando le spalle. Che cosa potevo fare?
“Kim!” Esclamò lui quando mi vide. Era troppo tardi per scappare. Mi costrinsi ad avanzare verso di lui, ma non dissi nulla. Non c’erano parole che avrebbero potuto spiegare perché avevo fatto quello che avevo fatto. Perché mi ero comportata in quel modo orribile.
“So che non avrei dovuto venire qui, perché, e ti sto citando, la disperazione non mi si addice, ma non so più cosa pensare.” Disse il ragazzo.
“Harry…” Mormorai. Non pensavo più che quella fosse la combinazione di cinque lettere più bella del mondo. In quel momento era la peggiore, era quella che non avrei mai più voluto pronunciare. Sembrava forzata sulle mie labbra, non era quello che volevo dire.
“Che cos’è successo, Kim? Perché sei scappata? Siamo andati troppo veloci?”
Una pioggia di domande. Anzi, una nevicata, visto che stava iniziando l’ennesima tempesta di neve dall’inizio dell’anno.
“No.” Risposi. “Sì.” Aggiunsi dopo pochi secondi. “Non lo so.” Ammisi alla fine. Non riuscivo a pensare chiaramente, perché lui era davanti a me. Era bellissimo e la sua espressione preoccupata mi spezzava il cuore. Come avrei fatto a dirgli addio un’altra volta? Non potevo stare con lui, lo sapevo. Se Sophia avesse scoperto che stavo uscendo con un suo cliente – dannazione, che mi ero innamorata di un suo cliente – mi avrebbe scalato i tre errori permessi in una sola volta. Ne ero sicura, come ero sicura che la neve fosse bianca.
“Che pensiero orribile è passato nella tua mente questa mattina? Avevi paura che ti avrei lasciata dopo essere venuto a letto con te? Perché non ho intenzione di farlo, Kim. Se è questo ciò di cui hai paura, non lo farò. Non sono mai stato più sicuro di niente nella mia vita.”
Chiusi gli occhi e mi accorsi che mi stava tremando il labbro inferiore. Come faceva a sapere quello che pensavo? Come faceva a essere così perfetto, ma così tremendamente sbagliato per me?
Non riuscivo a sopportare l’idea di perderlo, nonostante sapessi che era quello che dovevo fare. Ma io ero egoista, me ne rendevo conto. Ero egoista perché volevo passare ancora del tempo con lui, volevo sentire le sue labbra sulle mie, volevo vederlo ridere e prenderlo in giro. Volevo che cantasse qualcosa solo per me, come aveva fatto la sera prima mentre ci coccolavamo a letto, volevo stare con lui.
Senza dire una parola, mi avvicinai e lo baciai.

 



Nuova settimana, nuovo capitolo! Scopriamo che le intenzioni di Harry non erano cattive e che, invece, Kim voleva lasciare Fossette perché si è spaventata. Ma se è riuscita a farlo mentre lui non la guardava negli occhi perché stava dormendo, quando se l'è trovato davanti a casa sua non ne ha più avuto il coraggio.
Cosa succederà prossimamente? Kim riuscirà a superare le sue paure ed essere felice con Harry? Sophia scoprirà quello che sta succedendo e licenzierà Kim?
Vi anticipo che nel prossimo capitolo, che posterò martedì, Fossette sarà sottoposto al terzo grado dalle amiche di Kim e ci sarà un colpo di scena finale (che però non riguarderà la nostra protagonista, ma la sua gemella).

Grazie a tutte le persone che hanno letto questa storia, a chi l'ha messa tra le preferite, ricordate o seguite e a chi, settimana dopo settimana, mi lascia bellissimi commenti <3
Spero che questo capitolo vi piaccia e vi aspetto la prossima settimana!
Un bacione

 

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Capitolo 14
*** The Third Degree ***




Capitolo 14 – The Third Degree

“Allora, stabiliamo qualche regola base.” Dissi, guardando Fossette di fianco a me, in ascensore. Le pizze erano ancora bollenti e mi scaldavano le mani. La sensazione di calore che provavo all’altezza del cuore, invece, era tutta merito (o colpa?) di Harry.
“Okay, devo prendere appunti?” Scherzò lui. Da quando lo avevo baciato e aveva capito che non sarei più scappata, aveva cambiato completamente umore.
“Non puoi più spuntare davanti a casa mia come un’erbaccia.” Enunciai, alzando l’indice per indicare il primo punto.
Un’erbaccia?” Ripeté lui, ridendo. Lo ignorai e continuai il mio elenco.
“Niente gesti ultra-romantici, non fanno per me.” Alzai il secondo dito.
“Mi tratterrò. Poi?”
“Per l’amor del cielo, non chiamarmi quando sono al lavoro. L’ultima cosa di cui ho bisogno è che Sophia veda il tuo nome e il tuo faccione sullo schermo del mio telefono.” Alzai il terzo dito.
“Io non ti avrei chiamata se tu non fossi sparita così da casa mia.” Rispose lui.
“Avevo i miei buoni motivi.” Ribattei. L’ascensore si fermò al mio piano e percorsi il corridoio con Fossette al mio fianco.
“Altre regole?” Mi chiese lui mentre cercavo le chiavi.
“Sì, qualunque cosa tu faccia, non mentire davanti a mia sorella.” Replicai. Aprii la porta e annunciai la mia presenza alle mie coinquiline. “Sono a casa! Ho portato la pizza e…” Cominciai.
Piper, che era seduta sul divano, alzò lo sguardo dal libro che stava studiando e sorrise.
“E un ospite, vedo!” Esclamò.
Elle e Cassie uscirono dalle loro stanze e ci raggiunsero nella zona giorno. Harry sembrava un po’ nervoso, quasi intimorito dall’idea di passare un’intera cena con le mie amiche.
“Spero di non disturbare!” Disse dopo qualche secondo, riprendendo un colorito normale e un’espressione allegra.
“Assolutamente no, ogni amico di Kim è il benvenuto a casa nostra.” Disse Elle, accompagnando il ragazzo al bancone della cucina. Dopo avermi vista nello stato in cui ero quella mattina, ero sicura che il Terzo Grado sarebbe cominciato da lì a momenti. Non sapevo se lui fosse pronto – chi poteva essere preparato a una cosa del genere? – ma speravo che facesse una bella figura. Non ero mai stata una persona a cui importava il giudizio degli altri, avevo sempre frequentato chi volevo senza curarmi di nessuno, ma per qualche motivo credevo che fosse importante che le mie amiche trovassero simpatico il mio ragazzo. Rabbrividii davanti a quella parola. Fossette era il mio ragazzo. L’inferno si era congelato? O si era semplicemente sciolto il muro di ghiaccio che proteggeva il mio cuore?
“Allora, Harry.” Cominciò a parlare Cassie. Stava studiando il ragazzo con interesse, come se stesse cercando di valutare se fosse quello giusto per me solo con lo sguardo. Magari stava leggendo i suoi pensieri. La mia gemella assunse un’espressione diabolica, una che solitamente si addiceva più a me che a lei. “Cos’hai pensato la prima volta che hai visto Kim?”
Il Terzo Grado era iniziato. Fossette mi rivolse un’espressione spaventata, come se volesse chiedermi: ‘Devo davvero rispondere?’ ed io sorrisi e basta. Ero curiosa anch’io di sentire quello che aveva da dire.
“Lo so, ti stiamo rendendo la vita difficile, ma dobbiamo pur proteggere la nostra amica, no?” Disse Elle. Amica, aveva usato proprio quella parola. Sorrisi di nuovo, felice.
“E ricordati che riesco sempre a capire quando qualcuno mente.” Lo minacciò la mia gemella. Non era vero, riusciva a farlo solo con me, ma era ovvio che non voleva che Fossette lo sapesse. Doveva spaventarlo per costringerlo a dire tutta la verità.
“Okay, cominciamo.” Disse lui, arrotolandosi le maniche della camicia a quadri che stava indossando e guardando la mia gemella con aria sicura. “Ho pensato che fosse un po’ strana.” Ammise Fossette dopo qualche minuto. “Bellissima, ma un po’ strana.”
“Perché?” Domandai, cercando di ricordare quei momenti.
“Diciamo che la primissima cosa che ho pensato quando ti ho vista è stato ‘wow’. Quando sono entrato, ecco, prima che la tizia in reception ci si fiondasse addosso.” Spiegò, voltandosi verso di me e guardandomi negli occhi. “Poi mi sono presentato e tu ti sei comportata in modo un po’ strano.” Ricordò con un sorriso.
“Cos’ho fatto? Giuro che non mi ricordo.”
“Beh, io ti ho dato due baci sulle guance e mi sono presentato, tu sei rimasta lì a fissarmi per un po’, poi il mio manager ha cominciato a parlare e tu, dal nulla, hai detto ‘Kimberly Fletcher’. Ho pensato che fosse un po’ strano e mi ha fatto sorridere.” Raccontò.
“Oddio, che figura orribile.” Dissi, coprendomi il viso con le mani. “Non mi ero resa conto di essere stata così… avrete pensato che fossi pazza!” Esclamai.
“No, solo un po’ strana. Ma in senso buono, eh.” Mi rassicurò. Ma ormai la parola ‘strana’ era stata associata alla mia personalità e non potevo più smettere di pensarci. Per fortuna Sophia non era con me quel giorno. Ringraziai mentalmente il cane che le aveva mangiato la tessera della metro e l’aveva fatta arrivare in ritardo. Quello sarebbe stato il mio primo grande errore, di sicuro.
“E poi quando hai capito che ti piaceva?” Continuò Cassie.
“C’è stato un momento particolare, appena ci siamo conosciuti, in cui ho capito che mi piacevi parecchio.” Rispose Fossette, sempre guardandomi negli occhi. Sapevo che per lui era difficile sostenere quella conversazione. Era un ragazzo, lui non parlava di sentimenti e cose varie, specialmente di fronte a ragazze che non conosceva. Però si stava sforzando di elaborare quello che provava per esprimerlo a parole. Per me. “Niall ti ha detto che era irlandese e tu l’hai guardato e sei scoppiata a ridere. È stato quello. Il tuo sorriso, la tua risata. Mi hanno fatto un po’ girare la testa.” Ammise. Era diventato impacciato e nervoso ed era arrossito leggermente. Io, invece, avevo provato una stretta allo stomaco e mi era venuta una gran voglia di baciarlo, perché quelle erano le cose più carine che mi avessero mai detto.
“Awww.” Piper, Elle e Cassie formarono un coro e guardarono Harry. Se fossimo stati in un fumetto o in un cartone animato, ero sicura che i loro occhi sarebbero diventati a forma di cuore.
“Così è stato il mio sorriso, eh?” Dissi, appoggiando la mia spalla contro la sua e mordendomi le labbra. Era già troppo tardi, lo sapevo. Se quella mattina lasciarlo era stato quasi impossibile, sapevo che non ci sarei mai più riuscita. Ero intrappolata, non avevo più una via di fuga e non ero nemmeno più tanto sicura di volerne una.
“Sì.” Confermò lui.
“Vuoi sapere invece cosa mi è piaciuto di te?” Domandai. Lui annuì ed io inspirai. Era arrivato il momento di essere completamente sincera. “Le tue fossette. È così che ti chiamo nella mia mente e con le mie amiche. Fossette.”
Lui sorrise, mettendo quella sua bellissima caratteristica ben in vista, ed io mi sentii sciogliere. Come avevo fatto a scappare solo poche ore prima? Dovevo essere completamente pazza e masochista.
“Ah sì?” Disse lui, avvicinando il suo viso al mio e guardandomi negli occhi. Stava sorridendo, aveva un’espressione furba sul viso. Un’espressione che mi faceva battere il cuore ancora più forte e mi faceva sudare i palmi delle mani.
“Quindi cosa farai adesso che sei a New York? Voglio dire, cosa farai mentre Kim lavora?” Domandò Cassie. Di solito non era così diretta con le persone. Stava quasi rasentando la maleducazione. Le lanciai un’occhiataccia e lei mi rivolse un sorrisino a mo’ di scusa.
“Beh, non ho ancora progettato nulla. Zayn, Niall ed io vogliamo scrivere un po’ per il nostro prossimo album. Abbiamo bisogno di canzoni e vogliamo buttare giù qualche testo. Louis e Liam ci raggiungeranno presto e sono sicuro che anche loro avranno qualche demo da proporci. E poi voglio esplorare un po’ New York, voglio viverla.” Rispose lui. “A proposito, venerdì sera Zayn, Niall ed io vogliamo andare in un locale, siete tutte le benvenute.” Aggiunse.
Erano secoli che non andavo a ballare. Non era quello che preferivo fare, ma ero curiosa di provare un’esperienza del genere con lui. Saremmo riusciti a passare una serata tranquilla in un locale o la gente l’avrebbe riconosciuto e gli avrebbe reso la vita impossibile? Sapevo che non avremmo potuto essere una coppia in pubblico, e tutta la situazione mi intrigava. Ma soprattutto, l’idea di passare ulteriore tempo con lui mi faceva venire voglia di correre, di ridere e di urlare al mondo che ero felice.
“Volentieri!” Risposero le mie amiche.
“Così ti terremo d’occhio ancora un po’.” Aggiunse Elle.
Scoppiammo tutti a ridere. Il Terzo Grado non era stato terribile come avevo temuto. Lui aveva risposto cose bellissime e si era comportato bene. Ero sicura che Cassie aveva apprezzato l’onestà di Harry. E mangiare fette di pizza con lui e le mie coinquiline, nell’appartamento che avevo affittato a New York, mi sembrava una cosa bella e normale. Non mi ero ancora abituata all’idea che Fossette, in realtà, fosse Harry Styles, membro della boy band più famosa del mondo. Un po’ temevo cosa sarebbe successo dopo quei tre mesi di pausa, quando avrebbe dovuto tornare in tour e girare il mondo con il suo gruppo. Saremmo stati abbastanza forti da superare tutto e rimanere insieme? Avremmo sofferto? Mi avrebbe tradita? Avevo un milione di domande nella mia testa, ma per quel momento decisi di ignorarle tutte e godermi il tempo che avevo a disposizione.
Harry rimase da noi anche dopo la cena. Guardammo tutti insieme la televisione – lo obbligai a guardare Criminal Minds con me – e poi lo salutai fuori dalla porta dell’appartamento. Lo baciai a lungo, alzandomi sulle punte dei piedi per raggiungerlo meglio. Non volevo lasciarlo andare. E pensare che solo quella mattina avevo preso la decisione di non vederlo mai più e me ne ero andata da casa sua di mia spontanea volontà. Quante cose cambiavano in dodici ore!
“Domani sera, dopo il lavoro, vieni a cena da me? Toccherà a te subire il Terzo Grado dai miei amici.” Disse lui, mettendomi una ciocca di capelli dietro le orecchie e accarezzandomi la guancia con il dorso della mano. Aveva le mani che profumavano di sapone all’arancia, quello che avevamo in cucina.
“D’accordo, se proprio devo…” Risposi. Un altro bacio. Sarei mai riuscita a staccarmi da quel ragazzo?
“Hai il tuo telefono con te?” Mi chiese improvvisamente. Annuii, prendendo l’oggetto dalla tasca posteriore dei miei jeans, e glielo porsi. Lui cercò il suo numero nella mia rubrica e cambiò il nome da ‘Harry’ a ‘Fossette’. Sorrise, scattò una foto solo della parte inferiore del suo viso e la utilizzò come immagine del contatto al posto di quella della sua faccia. “Così se dovessi mandarti un messaggio quando sei al lavoro nessuno scoprirà che sono io.” Rispose. La sua convinzione mi fece scoppiare a ridere.
“Come se nessuno potesse mai capire che quel sorriso è il tuo.” Dissi, guardando la foto sullo schermo del mio telefono. “Io lo riconoscerei tra un milione.” Aggiunsi, abbassando la voce e appoggiando la testa alla sua spalla.
“Ma non tutti hanno il tuo occhio per i particolari, quindi siamo salvi.”
“Harry, lavoro con una delle migliori fotografe del mondo e ti conosce.”
“Non mi riconoscerà mai.”
Lo baciai ancora, consapevole del fatto che avrei dovuto salutarlo sul serio. Si stava facendo tardi e avevo bisogno di dormire per evitare di fare casini al lavoro. Stavo già violando le regole, non potevo anche essere distratta.
“È meglio che tu vada.” Dissi dopo qualche minuto.
“D’accordo. Allora buonanotte e a domani.” Replicò lui, abbassandosi leggermente per darmi un ulteriore bacio sulle labbra.
“Buonanotte.” Dissi. Ci staccammo l’uno dall’altra e lo osservai camminare verso l’ascensore. Fossette era il mio ragazzo.
 
Avevo passato tutta la settimana a stare estremamente attenta al lavoro e a cenare con Harry e le mie coinquiline o i suoi amici. Non eravamo mai usciti a mangiare, perché avevamo paura che qualcuno potesse riconoscerlo e scattarci qualche foto. Non potevamo permettere che Sophia scoprisse in quel modo che ci stavamo frequentando. Venerdì sera provammo a uscire tutti insieme – Cassie, Piper, Elle ed io avevamo passato un paio d’ore a prepararci tutte insieme per l’occasione – e, una volta arrivate al locale in cui avevamo deciso di vederci, avevamo trovato solo caos. Quella era la parola giusta.
Qualcuno aveva riconosciuto Zayn, poi avevano visto Harry e Niall e si era sparsa la voce che tre dei membri della band erano in una discoteca a New York. Le fan si erano riversate per le strade di Manhattan e avevano raggiunto il locale, rendendo completamente impossibile passare una serata insieme ai ragazzi. Non potevamo rischiare che qualcuno cominciasse a parlare.
Così Harry mi mandò un messaggio, dicendomi di aspettarli davanti al loro appartamento. Cassie, Piper, Elle ed io recuperammo un taxi e scappammo a gambe levate da quella discoteca.
Quando arrivarono Zayn, Niall e Harry, dopo essersi assicurati che nessuno li avesse seguiti fino a casa, salimmo tutti nell’appartamento e ci lasciammo cadere pesantemente sui divani.
“Sembrava troppo bello…” Cominciò Niall.
“Forse avremmo dovuto scegliere un altro locale.” Intervenne Zayn.
Harry mi strinse una mano. Non sapevo cosa volesse cercare di dirmi con quel gesto. Forse voleva scusarsi per non essere riuscito a farmi passare una serata normale. Strinsi anch’io la sua mano, sperando che capisse che a me non interessava proprio nulla andare in un locale a ballare fino a tardi. Eravamo tutti insieme e le mie amiche stavano conoscendo per la prima volta gli amici di lui. Era tutto perfetto.
Il telefono di Zayn vibrò sul tavolino e il ragazzo rispose alla chiamata. Dopo qualche minuto di ‘sì’, ‘okay’ e ‘ti mando un messaggio’, ci annunciò che Liam e Louis erano in taxi ed erano appena arrivati a Manhattan dopo essere atterrati all’aeroporto JFK.
“Quindi questo vuol dire solo una cosa.” Rifletté Niall ad alta voce.
“Dobbiamo festeggiare il loro arrivo?” Suggerì Zayn. Non aveva l’aria di una persona che voleva organizzare un party in casa, ma in fondo lo conoscevo da una settimana e non avevo ancora imparato a decifrare le sue espressioni.
 
Louis, che era l’unico ad avere ventun anni, quindi l’età legale per bere negli Stati Uniti, si era fermato a comprare alcool per la sua stessa festa di benvenuto. Una volta arrivato e dopo tutte le presentazioni del caso, il party vero e proprio era iniziato. La musica non era alta, ma ci stavamo divertendo lo stesso. C’erano chiacchiere, battute, risate e addirittura mosse di danza (più che altro erano Niall e Louis che facevano ridere tutti).
Cassie, Piper ed Elle si stavano divertendo. Le vedevo bere e chiacchierare con i ragazzi come se fossero a una normalissima festa in casa di amici. Piper, soprattutto, mi aveva sorpresa, perché ero quasi convinta che non le piacesse quel genere di divertimento. Pensavo che preferisse stare in casa a leggere un buon libro, ma a giudicare da come stava ballando con Niall, mi sbagliavo di grosso.
“Cosa ne pensi della serata?” Mi domandò Harry, mettendomi le mani sui fianchi e attirandomi più vicina a sé. Avevamo passato quasi tutto il tempo insieme, ma non come coppia. Ci eravamo divertiti insieme ai nostri amici ed eravamo stati di compagnia, non ci eravamo chiusi in camera a baciarci o cose del genere. Era stato bello, mi ero divertita.
“È perfetta.” Risposi. Stavo indossando un paio di scarpe con il tacco (Elle aveva insistito, anche se io non volevo. Mi aveva detto che non mi avrebbero fatta entrare nel locale se non ne avessi indossate un paio) e cominciavano a farmi male i piedi, così mi sedetti su uno dei divani. Harry prese due bottiglie di birra dalla zona cucina e me ne porse una. “Grazie.” Dissi.
Chiacchierammo per un po’ (non avevo idea di quanto tempo era passato, potevano essere dieci minuti come un’ora) e nonostante stesse andando tutto bene con Fossette, continuavo a sentire una sensazione di ansia alla base dello stomaco. Non sapevo nemmeno io cosa fosse. Angoscia? Non ero sicura. Poi vidi Cassie uscire di corsa da una delle camere da letto. Aveva il mascara colato e stava piangendo.
Mi alzai di scatto e la raggiunsi.
“Cassie?” Le domandai. “Cassie, cos’è successo?”
La mia gemella non rispose. Evitò di guardarmi negli occhi e rimase zitta, con le lacrime nere che scorrevano sul suo viso.
Ecco cos’era quel senso di ansia o di angoscia che sentivo pochi minuti prima. Capitava a entrambe quando stava succedendo qualcosa all’altra. Era una di quelle cose da gemelle che nessuna delle due sapeva spiegare, ma che succedeva sempre.
Elle ci raggiunse e portò un bicchiere d’acqua a Cassie, mentre io decisi di andare a scoprire da chi era scappata da quella stanza.
Aprii la porta ed entrai senza bussare. Zayn era seduto sul letto con lo sguardo perso nel vuoto e una mano sulla guancia.
“Che cosa hai fatto a mia sorella?” Domandai con rabbia.

 


Buongiorno! Ecco il nuovo capitolo in cui vediamo Harry alle prese con il terzo grado da parte delle amiche di Kim e poi un colpo di scena finale. Cassie scappa dalla stanza di Zayn, piangendo. Che cosa sarà successo?
Martedì prossimo scopriremo tutto!
Grazie a tutte le persone che leggono la mia storia, a chi l'ha inserita tra le preferite, seguite o ricordate e a chi mi lascia sempre bellissime recensioni. Grazie, grazie, grazie <3 <3 <3
Vi mando un bacione e vi auguro di passare una bellissima giornata!

 

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Capitolo 15
*** The Decision ***




Capitolo 15 – The Decision

Passò una quantità di secondi indefinita. Minuti, forse. Zayn era immobile su quel letto, la mano sempre sulla guancia e l’espressione stupita.
“Allora? Cos’hai fatto a mia sorella?” Domandai ancora, avvicinandomi.
Fin da bambina avevo avuto l’istinto di proteggere la mia gemella. Lei era quella più dolce, quella più romantica, quella più ingenua, a volte. Ed io l’avevo sempre protetta. A scuola, nelle Case Famiglia, nelle case in cui eravamo affidate… ovunque. Non sopportavo l’idea che qualcuno potesse farle del male, perché era fragile, era buona e non se lo meritava. Non ero mai stata così arrabbiata in tutta la mia vita. Nemmeno quando avevo scoperto che Brian era andato a letto con la mia migliore amica. Nemmeno quando Chad mi aveva detto di avere una ragazza da cinque anni. Nemmeno quando Jacob si era rivelato l’ennesimo stronzo. Niente si avvicinava alla sensazione che provavo in quel momento. Pura ira.
“Io…” Cominciò Zayn. Si interruppe e voltò lo sguardo su di me. Non sembrava una persona cattiva, possibile che avesse cercato di fare del male a mia sorella? Nella stanza di fianco a tutti i suoi amici?
“È uscita da questa stanza sconvolta, che diavolo è successo?” Lo esortai di nuovo.
“Credimi, non lo so. Un minuto stavamo parlando qui sul letto, il minuto dopo mi stava baciando e poi mi ha tirato uno schiaffo ed è corsa via piangendo. Non… non ho idea di cos’ho fatto di sbagliato.” Replicò lui. Lasciò scivolare lungo il fianco il braccio che aveva alzato per tenersi il viso e notai il segno delle cinque dita di mia sorella sulla sua guancia.
Cassie aveva baciato Zayn? Che cosa stava succedendo? Lei era fidanzata con Nathan. Erano praticamente anime gemelle.
Harry mi raggiunse sulla soglia della porta. Fuori avevo sentito il chiacchiericcio allegro della festa affievolirsi e non c’era più musica.
“Va tutto bene?” Domandò Fossette, dando un’occhiata all’interno della stanza. Il suo sguardo si fermò sulla guancia arrossata di Zayn e poi sui miei occhi. Assunse un’espressione strana, a metà tra il preoccupato e lo stupito. Come se non riuscisse a credere che il suo amico potesse fare del male a qualcuno. E, in effetti, era così. O almeno secondo quello che mi aveva detto lui.
“Devo parlare con mia sorella.” Dissi, lanciando un’ultima occhiata al ragazzo seduto sul letto. “Scusa, ma devo portarla a casa. Non so cosa le è successo.” Aggiunsi abbassando il tono di voce.
“Zayn ha… le ha fatto del male? Non…” Cominciò a dire lui. Sembrava che tutte le sue certezze fossero appena svanite.
“No.” Lo interruppi velocemente. “No, Zayn non le ha fatto niente. O almeno, credo. Lui dice che stavano parlando, lei l’ha baciato e poi gli ha tirato uno schiaffo. E non so più a cosa pensare, perché lei è fidanzata con Nathan da anni…” Aggiunsi.
“Non preoccuparti. Parlale e tornate a casa, così si tranquillizza. Noi ci vediamo domani o quando vuoi, okay?”
“Okay.” Dissi. Mi alzai sulle punte dei piedi e appoggiai la mia fronte a quella di Fossette. Rimasi così per qualche secondo, poi raggiunsi Cassie, Piper ed Elle e tornammo nel nostro appartamento.
 
Per tutta la camminata fino a casa nessuno disse una parola. Cassie si strinse nel suo cappotto, asciugandosi ritmicamente le lacrime con il dorso della mano. Mi stava facendo preoccupare e odiavo vederla in quel modo.
Una volta al caldo nel nostro appartamento, preparai un tè alla mia gemella, mentre Elle e Piper decisero di lasciarci da sole. Sapevano che Cassie non si sarebbe confidata con nessuno se non con me. L’avevano capito.
Mi sedetti di fronte a lei, con una tazza di tè fumante tra le mani, e attesi. Non c’era bisogno che le chiedessi nulla. Se l’avessi obbligata a dirmi qualcosa si sarebbe chiusa ancora di più. Dovevo aspettare che iniziasse il discorso.
“Sono una persona orribile!” Esclamò improvvisamente, ricominciando a piangere.
“No, non lo sei, Cassie.” Dissi, avvicinandomi e mettendole una mano sulla spalla.
“Sì, invece. Non so cosa mi è preso. Sono giorni che non riesco a parlare con Nathan per una serie di motivi. Il fuso orario rende le cose impossibili, il mio lavoro e il suo ci tengono occupati per la maggior parte della giornata e quando riusciamo a parlare non abbiamo nulla da dirci. Non siamo più come prima, lui è quasi freddo, è sempre stanco e anch’io sono così. Non siamo più Cassie e Nate. Siamo due estranei che vivono in due continenti diversi e non hanno più nulla in comune.”
La mia gemella fece una pausa per soffiarsi il naso e asciugarsi le lacrime. Non dissi nulla e aspettai che terminasse il discorso.
“È passato poco più di un mese e sono già cambiata così tanto. E anche lui, non so cosa sia successo. Abbiamo interessi diversi, lui si annoia da morire quando gli racconto quello che mi è accaduto in negozio o al corso ed io non sopporto le stupide cronache delle partite di calcio con i suoi amici. Sembra che gli interessi solo quello nella vita. È così immaturo!” Continuò. Aveva iniziato a sfogarsi, era come un fiume in piena che non riusciva a fermarsi.
“E questa sera Zayn è stato così comprensivo. Abbiamo parlato della difficoltà di avere delle storie a distanza e mi ha raccontato che è per quello che è finita con la sua ragazza. Era così dolce e mi ha ascoltata… e mi ha consolata ed io non so cosa mi è preso e l’ho baciato, Kim! Ho baciato Zayn e ho tradito Nathan!”
La mia gemella cominciò a singhiozzare sulla mia spalla ed io cercai di tranquillizzarla accarezzandole la schiena e i capelli.
“Non sei una persona orribile, Cassie. Sei umana.” Dissi. Lei alzò lo sguardo sul mio e mi guardò con gli occhi pieni di lacrime.
“So cosa pensi delle persone che tradiscono il proprio partner. Mi ricordo come ti sei sentita quando è successo a te. Il pensiero di essere diventata quello che odi di più al mondo mi fa venire il voltastomaco! Come posso aver fatto così male a qualcuno?”
Era vero, non sopportavo le persone che tradivano, ma cosa potevo dirle? Era la mia sorella gemella, pensava che la sua storia con Nathan fosse finita e, in fondo, era solo stato un bacio.
“Ti sei fermata prima di andare oltre, adesso hai la possibilità di riflettere davvero su quello che vuoi.” Risposi. “Vuoi far funzionare la storia con Nathan? Vuoi provare a uscire con Zayn e lasciare il tuo ragazzo perché pensi che la vostra relazione sia finita?”
“Non penso che Zayn voglia avere nulla a che fare con me, dopo lo schiaffo che gli ho tirato senza motivo.” Mormorò lei. Sorrisi. Volevo dire qualcosa che le risollevasse il morale, ma cosa?
“Io penso di sì, anche solo per chiederti dove hai imparato a schiaffeggiare con tanta forza.” Dissi. Cassie arrossì e abbassò lo sguardo. No, non avevo detto la cosa giusta.
“Gli ho fatto tanto male?”
“Aveva un po’ la guancia rossa, ma è un uomo. Sopravvivrà. Più che altro non ha nemmeno capito cos’è successo.” Risposi.
“Kim, è possibile che New York mi stia cambiando?” Chiese improvvisamente la mia gemella.
“Non so se è la città, ma sicuramente l’esperienza che stiamo facendo ci sta cambiando in modi che non pensavamo possibili. Stiamo crescendo entrambe, stiamo scoprendo cosa vogliamo, quello che ci piace, stiamo facendo nuove amicizie e… stiamo conoscendo nuovi ragazzi.” Dissi.
“Anche tu sei cambiata?” Mi chiese, asciugandosi le lacrime per l’ennesima volta e guardandomi negli occhi.
“Sì.” Dissi semplicemente. Era vero, rispetto a solo un mese prima ero una persona nuova. Avevo ricominciato a fidarmi un po’ di più delle persone, permettendo a Piper ed Elle di entrare nella mia vita e confidandomi con loro. E poi c’era il lavoro. Poco più di un mese prima non ero sicura di chi fossi, non pensavo di essere in grado di affrontare un’esperienza del genere. Invece ero diventata l’assistente personale della mia fotografa preferita e non ero nemmeno male a fare quel lavoro. Ero diventata sicura al cento percento di voler diventare una fotografa e di voler aprire uno studio tutto mio. E Fossette… non sapevo nemmeno da che parte iniziare il discorso su di lui. Sui mille modi in cui mi aveva cambiata in così poco tempo.
“Cosa devo fare, Kim?”
“Io non te lo posso dire, Cassie.” Risposi, accarezzandole i capelli. “Devi capire in che direzione vedi meglio il tuo futuro. Cosa pensi che succederà se rimarrai insieme a Nathan? A questo punto non penso che il tuo problema sia la scelta tra Nate e Zayn, quanto proprio se rimanere nella situazione in cui sei adesso.” Aggiunsi.
Lei annuì lentamente.
“La verità è che sono giorni che penso di non essere più felice con Nathan.” Disse, scrollando le spalle. “È che ho paura di quello che potrebbe succedere. Stiamo insieme da tanti anni… non so nemmeno se so chi sono senza di lui. Mi spaventa l’idea di restare da sola, io… io ho sempre creduto nel ‘per sempre’, nel ‘e vissero felici e contenti’. Credevo che sarei tornata da New York e mi sarei sposata con Nathan, che avrei cominciato a organizzare matrimoni a Londra e che, tra cinque anni, sarei stata sposata con due figli, magari gemelli.”
“È un piano molto specifico.” Dissi con un sorriso. “Ma nessuno sa meglio di noi che i piani cambiano.” Aggiunsi.
“Lo so.” Mormorò Cassie. “E forse è per questo che mi sto aggrappando a qualunque cosa… perché sono davvero stanca di cambiamenti e di ricominciare e di tutto.”
“Ti capisco.” Dissi. Nessuna delle due disse più nulla per parecchio tempo.
“È meglio se andiamo a letto, abbiamo entrambe bisogno di dormire.” Propose Cassie dopo un po’. “E domani devo fare due cose: parlare con Nathan e chiedere scusa a Zayn.”
“Qualunque cosa succederà… io sarò con te, okay?” Dissi.
“Grazie, Kim.”
Abbracciai la mia gemella e poi ci avviammo entrambe verso la nostra camera.
 
Il giorno successivo Cassie riuscì a parlare con Nathan durante una lunga conversazione su Skype, così abbandonai la camera che condividevo con lei e mi riunii con Piper ed Elle nella zona giorno. Preparammo la colazione e ci sedemmo tutte al bancone della cucina.
“Non abbiamo ancora avuto l’occasione di parlare con calma.” Cominciò Elle. “E credo che la risposta sia evidente dall’espressione felice che hai ultimamente, ma come sta andando con Harry?”
Sorrisi automaticamente quando la mia amica nominò il ragazzo. Solo sentire il suo nome faceva risvegliare le farfalle nel mio stomaco, che cominciavano a svolazzare ovunque.
“Sono felice di avergli dato una possibilità, anche se sono perennemente terrorizzata dal fatto che Sophia possa scoprirci e licenziarmi. Però – e non pensavo che l’avrei mai detto – questi sono stati i giorni più belli della mia vita.” Ammisi. Abbassai lo sguardo sul piatto davanti a me e sorrisi di nuovo. Non vedevo l’ora di vederlo. Dovevo andare a casa sua quel pomeriggio e stavo letteralmente contando le ore che mi separavano da lui.
“Io devo dirti la verità.” Cominciò la ragazza. Per un momento temetti il peggio. “Quando è venuto qui a cena e quando vi ho visti insieme ieri sera… siete innamorati persi. Tutti e due. Lasciatelo dire.” Espirai. Non mi ero nemmeno resa conto di aver trattenuto il respiro aspettando il resto della frase.
“Lo pensi sul serio?” Domandai. Sentii le guance diventare bollenti. Ero arrossita come una stupida.
“Si vede da come vi guardate, da come vi parlate, da tutto.” Rispose. “A proposito, adesso che vedi tutto tramite gli occhialetti rosa dell’amore, che ne dici di partecipare al prossimo incontro del Club del Libro?” Propose la mia amica.
“Cosa state leggendo?” Domandai.
“Un romanzo sdolcinatissimo che a noi piace da morire e vorremmo sentire la tua opinione.” Intervenne Piper.
“D’accordo potrei provarci. Ma non vi assicuro nulla. Anche se adesso mi sono rammollita per colpa di Fossette, non mi asterrò dall’insultare trame assurde come quella della vittima che ha sposato il rapitore.” Replicai. Scoppiammo tutte a ridere. Mi piaceva il rapporto che si era creato tra di noi. Nonostante avessi avuto brutte esperienze nel campo dell’amicizia, era bello sapere che non tutte le persone erano pronte a pugnalare qualcuno alle spalle pur di ottenere quello che volevano. Piper ed Elle sembravano persone vere, oneste e leali. O forse vedevo tutto con una nota di positività per colpa di Harry. E forse era un bene non doversi continuamente guardare le spalle per evitare tradimenti o cose del genere. Era una cosa nuova e mi piaceva.
Cassie uscì dalla camera e la osservai per cercare di capire come stava. Aveva pianto, lo capivo dagli occhi gonfi e il naso rosso. Però, a parte quello, sembrava tranquilla.
“Ehi, tutto bene?” Domandò immediatamente Elle, versando alla mia gemella un bicchiere di succo d’arancia.
“Non è stato facile.” Rispose Cassie. “È pur sempre il mio primo amore, il mio primo vero ragazzo e siamo stati insieme per anni.” Aggiunse, guardandosi i piedi. “Ma sapevamo entrambi di essere arrivati al capolinea.”
La mia gemella si sedette di fianco a me e le presi una mano tra le mie.
“Hai fatto la cosa giusta. Per entrambi.” Dissi. Lei annuì e osservò i pancakes che aveva preparato Piper.
“È che vivere qui mi ha resa più… viva.” Replicò lei. Alzò gli occhi e notai una luce nuova nel suo sguardo. Determinazione. “Voglio cominciare a vivere, a fare esperienze. Voglio continuare a sentirmi così.”
“Allora sai cosa ti ci vuole in questo momento?” Domandai improvvisamente. Ero sicura che quello che avevo in mente di proporle fosse esattamente quello che voleva. Conoscevo Cassie, forse anche meglio di quanto pensasse.
“Che cosa?” Chiese lei di rimando, scuotendo la testa.
“Un bel ripiego.” Dissi.
“Oh, sì.” Intervenne Elle. “Una torbida storia di sesso. Niente sentimenti, niente complicazioni. Solo sesso.” Aggiunse la ragazza.
“Ed io so esattamente chi fa per te.” Continuai.
“Chi?” Chiese Piper.
“È anche lui single da poco e sono sicura che non cerca una storia seria, esattamente come te.” Risposi, cercando di mantenere un velo di mistero. “È bello, davvero bello. E sono sicura che ti farà sentire molto viva.” Continuai.
“Mi state facendo venire un infarto.” Disse Piper, sventolando la forchetta a mezz’aria. “Chi è?!”
Ma Cassie aveva già capito di chi stavo parlando, perché la determinazione nel suo sguardo si era appena trasformata in puro desiderio. Avevo ragione, era quello che voleva e, probabilmente, una storia senza complicazioni era quello che ci voleva per entrambi.
“Zayn Malik.”



Nuovo capitolo! Oggi conosciamo meglio Cassie, la gemella riservata, quella romantica e innamorata dell'amore. Ma cos'è successo esattamente con Zayn? Finalmente abbiamo tutte le risposte e Kim, Piper ed Elle cercano di aiutarla a risolvere questa situazione. Nel frattempo tra Kim e Harry sembra andare tutto a gonfie vele, ma durerà? Vi anticipo che nel prossimo capitolo, che posterò martedì, vedremo il loro primo litigio. Su cosa sarà? Chi avrà ragione? Riusciranno a fare pace? E tra Cassie e Zayn come andrà a finire? Ah, e poi oggi abbiamo scoperto il nome di un altro ragazzo che ha avuto a che fare con Kim: Jacob. Chi sarà e cosa sarà successo tra di loro? Nei prossimi capitoli troverete anche la risposta a questa domanda.

Grazie a tutte le persone che leggono questa storia, a chi l'ha aggiunta alle seguite, preferite o ricordate e a chi mi lascia sempre dei commenti stupendi <3
Alla prossima!

 

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Capitolo 16
*** The Privacy Issue ***




Capitolo 16 – The Privacy Issue
 

Quel pomeriggio Cassie decise di venire con me da Harry. Voleva parlare con Zayn e scusarsi per quello che aveva fatto la sera prima. Avevo avvisato Fossette via messaggio, così aveva detto al suo amico di non uscire perché la mia gemella voleva parlargli.
“Per fortuna sapevo che sareste state in due, altrimenti avrei pensato di essere ubriaco!” Esclamò Harry quando aprì la porta dell’appartamento. Cassie lo guardò di traverso ed io scoppiai immediatamente a ridere, perché l’umorismo stupido di Fossette mi divertiva tantissimo. “Zayn è in camera sua, comunque.” Mormorò dopo un po’.
 
Qualche giorno prima, dopo aver dovuto raggiungere il mio appartamento a piedi perché l’ascensore era fuori servizio, mi aveva guardata con aria seria e mi aveva detto: “Il tuo palazzo ha la tromba delle scale più brutta del mondo.”
“Anzi, non ce l’ha proprio.” Aveva aggiunto. “Non c’è spazio tra una scala e l’altra. Dovremmo uscire a comprare una tromba e conficcarla tra le ringhiere. Sarebbe più bella così!”
L’avevo guardato per qualche secondo prima di scoppiare a ridere fino ad arrivare ad avere le lacrime. Harry ed io eravamo compatibili anche in quello. Avevamo lo stesso senso dell’umorismo (anche se a volte io ero più sarcastica e contorta di lui e Fossette preferiva le battute letterali che spesso facevano ridere solo lui. E me.)
 
La mia gemella lo ringraziò e sparì dietro la porta della camera di Zayn. Io, invece, seguii il mio ragazzo nella sua stanza. Salutai Niall e Louis, che stavano giocando a un videogioco in salotto e Liam, che guardava lo schermo del suo computer portatile con aria assorta. Poi Harry mi bloccò contro la porta chiusa della sua camera e mi diede un lungo bacio.
“Scusa, dovevo farlo.”
“Non devi scusarti.” Dissi io. “Anzi, a dire il vero…” Continuai, staccandomi leggermente dalla porta e stringendo tra le mani il collo della sua t-shirt. Volevo guidarlo verso il suo letto. Volevo cominciare a baciarlo e non riemergere mai più da sotto il suo piumone.
I nostri piani furono interrotti da Louis, che aprì la porta con uno scatto piuttosto violento e me la sbatté contro la schiena.
“Scusa!” Esclamò il ragazzo. “Insomma, con tutti i posti che ci sono dovete per forza attaccarvi alla porta? La gente deve entrare!” Aggiunse dopo qualche secondo, facendosi spazio tra di noi e sedendosi sul letto.
“Louis!” Dissi, alzando il tono della voce di qualche ottava. “Che ci fai qui?”
“Mi assicuravo che il mio letto non venisse violato in nessun modo.” Replicò lui con un sorriso beffardo. Spostai lo sguardo su Harry, che sbuffò sonoramente e roteò gli occhi al cielo.
“Visto che mi sono preso la stanza più grande, cioè quella principale, qualcuno ha deciso che dovevo condividerla con uno dei due nuovi arrivati. Liam e Louis se la sono giocata e a quanto pare io ho vinto questa ameba. Liam, invece, ha l’ultima camera da letto disponibile.” Spiegò Fossette. “Insomma, hanno tutti una singola ed io sono costretto a dividerla.”
“Hai voluto quella più grande o no?” Lo scherzò Louis.
“Quindi Zayn, Niall e Liam stanno da soli.” Dissi.
“Sì. E mi sono persino offerto di prendere una camera più piccola e lasciare questa a Louis e Liam, visto che entrambi hanno una ragazza in Inghilterra e non avranno bisogno di privacy.”
“Liam non vuole dormire con me.” Disse Louis. Ora aveva perso il sorriso e la sua espressione si era tramutata completamente. Era diventato annoiato, come se non gliene fregasse niente di niente.
Nessuno vuole dormire con te, perché scalci.” Puntualizzò Harry. “Adesso hai capito perché ti ho detto che sono uno sfigato? Perché finisco sempre a fare quello che gli altri non vogliono.” Aggiunse poi voltandosi verso di me.
Bene, avevo capito che per quel momento non avremmo avuto la privacy che stavamo cercando.
Mi sedetti sul letto di fianco a Louis e lo guardai.
“Se ti assicuro che non faremo nulla sul tuo letto ci lasci da soli per un po’?” Domandai. Lui mi scrutò a lungo, sembrava quasi indeciso.
“A parte che non sono mica nato ieri.” Rispose. “E poi… fate quello che vi pare, volevo solo rompere un po’ le scatole a Harry perché prima ha vinto contro di me a Fifa e non ho ancora capito come ha fatto. Credo abbia barato.” Eccolo, il sorriso beffardo era tornato.
Resistetti alla tentazione di darmi una pacca sulla fronte. Uomini.
“Ho schiacciato tasti a caso.” Replicò Fossette. “E questa me la paghi. Non tanto perché sei venuto a rompermi le scatole, quanto perché hai sbattuto la porta contro la schiena di Kim.” Aggiunse.
“Oookay, sto già tremando.” Louis si alzò dal letto e raggiunse la porta. “Cambiate le lenzuola, dopo.”
Questa volta la mia mano si alzò automaticamente e andò a colpire la fronte, emettendo un rumore inquietante.
“Louis.” Disse semplicemente Harry con una scrollata di spalle. Poi mi raggiunse, ma ormai il momento era passato. E, anche volendo, non sarei mai riuscita a fare nulla su un letto dove sapevo che dormiva anche qualcun altro.
“Dai, sediamoci.” Proposi, sistemando il cuscino dietro la mia schiena e mettendomi comoda. Harry imitò il mio gesto e si sistemò di fianco a me. Poi aprì le braccia e mi permise di appoggiare la testa alla sua spalla.
“Mi rendo conto che per te deve essere un po’ strano tutto questo casino. Cioè, siamo cinque ragazzi in un appartamento e siamo abituati a vivere su un tour bus. La privacy non è esattamente il nostro forte.” Disse il ragazzo dopo un po’. Alzai gli occhi e osservai il suo bellissimo viso per qualche istante.
“Non mi dispiace.” Dissi. “Mi fa piacere conoscere anche i tuoi amici. Sono una parte molto importante della tua vita.” Aggiunsi. Lui annuì e mi diede un bacio sulla fronte. Sembrava felice e, a dire il vero, lo ero anch’io.
“Ti devo confessare una cosa.” Disse improvvisamente Fossette, guardandomi negli occhi. Provai una stretta allo stomaco. Le frasi che iniziavano così non promettevano mai nulla di buono, vero?
“Che cosa?” Domandai. Volevo davvero saperlo? Mi maledissi mentalmente, perché dovevo sempre pensare al peggio? Perché non riuscivo a fidarmi al cento percento di qualcuno?
“Volevo fare il figo quando ti ho portata a nuotare nell’oceano. Volevo fare colpo su di te…” Iniziò lui.
“Beh, ci sei riuscito.” Dissi.
“Sì, ma poi sono stato male per il resto della notte.” Confessò lui, abbassando lo sguardo e arrossendo. Lo osservai per qualche secondo. “Sai, ho preso freddo quando siamo andati a nuotare, e…”
“Oh, Harry.” Mormorai, avvicinandomi di più per dargli un bacio sulle labbra. Eccola di nuovo, quella composizione di lettere bellissima che ero onorata di poter pronunciare.
Lui mi attirò più vicina a sé e mi baciò di nuovo, questa volta più a lungo, mentre accarezzava la mia schiena con una mano e teneva l’altra sulla mia nuca.
Al diavolo Louis. Pensai. Mi fermai per pochi istanti, il tempo di togliermi la maglietta, e poi aiutai Fossette a liberarsi della sua. Aveva una collezione di tatuaggi quanto meno strani, ma non mi sarei mai stancata di osservarli tutti.
Proprio quando ricominciammo a baciarci, la porta della stanza di Harry si aprì di nuovo e questa volta entrò Niall, che arrossì violentemente quando si rese conto di quello che stava succedendo. Mi coprii con un cuscino, nonostante fossi ancora abbastanza presentabile, perché stavo indossando la biancheria, e mi allontanai da Harry.
“Che succede?” Domandò il ragazzo al suo amico. Niall cominciò a guardare ovunque, tranne nella nostra direzione.
“Ti stava suonando il cellulare, l’hai lasciato in salotto.” Replicò il ragazzo irlandese, avvicinandosi al letto. Abbandonò il telefono di Fossette sul comodino – sempre senza guardare nessuno dei due – e uscì velocemente dalla camera.
“Credo di aver capito che oggi sarà impossibile avere un po’ di privacy con te.” Disse lui, guardando la lista delle chiamate perse. Cambiò espressione per pochi secondi, poi appoggiò di nuovo l’oggetto sul comodino e sistemò meglio il cuscino dietro la schiena.
Io mi puntellai sui gomiti e cominciai a tracciare il contorno del tatuaggio a forma di farfalla che aveva sul torso.
Avevo accettato il fatto che non saremmo riusciti a stare completamente da soli quel giorno. Dopo un momento di riflessione ero arrivata alla conclusione che, se anche avessimo chiuso la porta a chiave, i suoi amici sarebbero comunque stati a poca distanza da noi. Meglio evitare.
“Sai, si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo.” Dissi.
Lui prese la mia mano tra le sue e sorrise.
“Dici che, in qualche modo, quando ho fatto questo tatuaggio ho messo in moto le cose per incontrare te? Sai, puoi essere definita un uragano.”
“Quanto sei scemo.” Dissi con una risata. “Non lo so, però a volte penso a cosa sarebbe successo se non ci fossimo mai conosciuti.” Aggiunsi una volta tornata seria. “Se tu non avessi mai deciso di fare il cantante ed io non avessi iniziato a lavorare per Sophia.”
“A me piace pensare che ci saremmo conosciuti lo stesso, magari a Londra. A me sarebbe piaciuto diventare fisioterapista, se non fossi stato un cantante.”
“E probabilmente io sarei rimasta una cameriera per tutta la vita, se non avessi avuto questa opportunità con Sophia. Quindi avrei finito per rompermi qualcosa e aver bisogno di un fisioterapista figo.”
“Visto? Ci saremmo incontrati lo stesso.” Disse lui con un sorriso. “Le nostre vite sarebbero state diverse sotto tanti aspetti, ma saremmo stati insieme comunque.” Aggiunse lui.
“Okay, basta così.” Lo interruppi. “Mi si stanno per cariare i denti e poi potrei aver bisogno di un dentista figo.”
Fossette scoppiò a ridere, poi si coprì immediatamente la bocca con la mano e mi ritrovai a pensare che mi piaceva tutto di lui, anche la sua risata. L’avrei ascoltata per ore.
Presi una ciocca dei suoi capelli tra le dita e cominciai a giocarci.
“Sono lunghissimi.” Dissi con un sorriso. Non ero sicura che quello fosse sempre stato il suo stile (anzi no, non mi sembrava proprio. Avevo visto alcune sue foto sui giornali durante gli anni e non era mai stato così). Gli piaceva tenere i capelli, che ormai erano diventati piuttosto lunghi, indietro con una bandana.
“Lo so, non voglio mai tagliarli.” Replicò lui. Mi accarezzò la guancia con il dorso della mano e automaticamente mi appoggiai di più a lui.
“Stai bene così. Hai l’aria della rockstar maledetta.”
“Maledetta?” Mi fece eco lui con un’espressione scettica.
“No, in realtà hai la faccia di uno che non farebbe fisicamente male a nessuno, ma quel sorriso… chissà quanti cuori hai spezzato.”
Fossette assunse un’espressione seria.
“Dunque, ci sono state Emma, Amber, Lily, Sarah, Jade, Layla, Jennifer, Elizabeth… oh, e ancora Megan, Rachel, Charlotte e Samantha. Ah, e non posso dimenticare la povera Phoebe.”
“Tutto qui?” Domandai, sconvolta. Forse non era stata una buona idea quel discorso. No, non era stata per niente una buona idea. L’immagine mentale di Harry che spezzava il cuore ad un’infinità di ragazze si fece spazio nella mia mente. Mi misi immediatamente nei panni delle povere ragazze che aveva lasciato. No, non mi piaceva.
“Kim?” Richiamò lui la mia attenzione. Alzai lo sguardo e notai che stava ridendo. “Ti sto solo prendendo in giro.”
“Sei un idiota.” Borbottai, lanciandogli la maglietta che non si era ancora rimesso. Non che mi dispiacesse, mi stavo abituando a vederlo in quel modo.
“Vieni qui.” Disse lui. Mi circondò con le sue braccia e mi diede un bacio sulla testa. Poi restammo in quella posizione per parecchio tempo. Minuti, ore. Non ne avevo idea. Sapevo solo che non volevo che arrivasse il momento di alzarsi e tornare a casa, perché stavo bene lì.
 
Per cena ordinammo del cibo cinese da asporto e restammo a mangiare tutti insieme. Non vedevo l’ora di parlare con Cassie, perché dovevo sapere quello che era successo con Zayn. L’aveva perdonata? A giudicare dall’espressione di entrambi ero convinta di sì. E quindi aveva già iniziato la sua storia senza complicazioni con il ragazzo?
“Devo preoccuparmi per il mio letto?” Domandò Louis mentre tutti stavamo mangiando. Harry quasi soffocò quando un pezzo di pollo alle mandorle gli andò di traverso.
“In effetti sarà inagibile per i prossimi… uhm… tre mesi. Dovrai accontentarti del divano.” Risposi. Il ragazzo mi guardò con un’espressione ammirata.
“Fletcher, che cosa avete fatto là dentro?”
Tutti scoppiarono a ridere.
“Nulla, o non ti avrei detto così.” Replicai infine.
“Brava. Non solo rimetti lui al suo posto, ma anche me. Potresti quasi starmi simpatica.”
“Wow, Tomlinson, grazie. Il giorno in cui mi chiamerai amica piangerò tutte le mie lacrime.” Dissi con ironia.
“Mmh, potrebbe succedere. Ma ti chiamerei amica solo per farti piangere, non per altro, eh.” Rispose con aria misteriosa.
Sapevo che stava scherzando, perché durante il poco tempo che avevo passato insieme a lui avevo capito che l’ironia e il sarcasmo erano la sua seconda lingua. Mi divertivo a parlare con lui, perché sembrava che non prendesse assolutamente nulla sul serio. Era divertente.
Il pensiero di rimanere con Harry abbastanza a lungo da diventare amica dei suoi compagni di band mi scaldò il cuore e mi fece nascere un sorriso spontaneo sulle labbra. Certo, se non avessi rovinato tutto come al solito. Cassie me l’aveva ripetuto più volte. Affronta questa situazione con la mente e il cuore aperti e andrà tutto bene. Non era facile pensare in quel modo, ma Harry tendeva a tirare fuori il mio lato migliore.
 
“Vorrei essere in grado di portarti fuori a cena e di fare cose normali da appuntamento.” Disse Harry prima che ci salutassimo quella sera. Cassie ed io stavamo per tornare a casa e non vedevo già l’ora di rivederlo il giorno successivo.
“Non preoccuparti, sai che per me non è importante. Non mi piacciono le cose romantiche, te l’ho detto.” Replicai, avvicinando il viso al suo.
“Lo so. Sei diversa, sei strana…” Fossette si bloccò immediatamente, come se stesse per dirmi qualcosa che avrebbe potuto darmi fastidio. Mi allontanai leggermente e lo guardai negli occhi.
“Che c’è?”
“Niente, non preoccuparti.” Rispose lui velocemente. Troppo velocemente.
“Stavi per dire qualcosa.”
“No, non è niente, sul serio.”
Paranoia. Sapevo che mi stava nascondendo qualcosa. Cosa pensava di me, oltre al fatto che fossi strana e diversa? Che cosa non voleva dirmi, forse per paura di offendermi?
“Harry, sai che odio chi mente. Ti prego, non farmi questo.”
Durante le serate passate insieme quella settimana non gli avevo raccontato tutto (anche perché parlare dei propri ex ragazzi con quello nuovo non era esattamente una cosa da fare), ma ero stata chiara su una cosa. Avevo seri problemi a fidarmi delle persone e odiavo le menzogne.
Lui non disse nulla per parecchi secondi.
Chiusi gli occhi. Mi sentivo come se avessi appena ricevuto un pugno nello stomaco. Scossi la testa e mi allontanai da lui.
Fossette mi bloccò, prendendomi per il polso.
“Kim, non fare così, ti prego.” Mormorò.
“No. Te l’ho detto che ho problemi di fiducia e che mi hanno mentito più volte di quante io possa contarne e lo stai facendo anche tu in questo momento. E non posso. Semplicemente non posso!” Esclamai.
Vidi il ragazzo chiudere gli occhi e respirare profondamente, come se stesse prendendo una decisione difficile.
“Non volevo dirtelo così, d’accordo? Mi stava per scappare, ma non volevo perché avevo paura di spaventarti o che pensassi che fosse troppo presto! Ti stavo per dire che mi sono innamorato di te proprio perché sei diversa e strana, okay?” Harry aveva alzato la voce e non l’avevo mai sentito così agitato.
La sua risposta mi colpì come una doccia fredda. Avevo pensato che mi stesse nascondendo qualcosa di spiacevole, qualcosa che mi avrebbe offesa. Invece voleva dirmi che si era innamorato di me. Che stupida.
Signore e Signori, ecco Kim Fletcher all’opera in quello che riesce a fare meglio: rovinare tutto.
“Harry…” Mormorai. Lui lasciò il mio polso e si voltò dall’altra parte. Era arrabbiato. Molto arrabbiato.
“Ci vediamo, Kim.” Tagliò corto lui, rientrando in casa e chiudendo la porta alle sue spalle.
Cassie mi raggiunse dopo pochi minuti e mi guardò con apprensione. Gli occhi mi si riempirono di lacrime e raggiunsi l’ascensore senza dire una parola.

 



Ecco il nuovo capitolo! Oggi apriamo una finestra sulla vita nell'appartamento a Irving Place insieme agli altri quattro. La privacy non è esattamente un'opzione, ma a Kim non dispiace, perché adora l'idea di poter conoscere alcune delle persone più importanti nella vita di Harry. E sembra andare tutto a gonfie vele, ma alla fine Kim riesce a fare casino e a fare arrabbiare Harry. Riusciranno a risolvere la cosa? Lui ha fatto bene ad arrabbiarsi o ha esagerato?
Martedì prossimo posterò il capitolo nuovo, nel frattempo spero che questo vi sia piaciuto! <3

Grazie di tutto <3
Alla prossima!

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Capitolo 17
*** The Idea ***




Capitolo 17 – The Idea

Non avevo mai sognato il momento del “ti amo” come aveva fatto Cassie, ma nella mia mente (e stavo ben attenta a non dirlo a nessuno) speravo che un giorno accadesse. Che un giorno qualcuno mi avrebbe detto che mi amava e che sarebbe stato un momento indimenticabile, bellissimo e come nei film. Non avevo mai immaginato che avrebbe potuto essere qualcosa di così brutto e imperfetto.
Fossette mi aveva detto che si era innamorato di me ed io non ero riuscita a fare altro che a farlo arrabbiare. Perché ero stupida, perché non mi fidavo abbastanza della gente e perché avevo la tendenza a rovinare qualunque cosa bella mi capitasse. Ero sicura che fosse solo una questione di tempo e poi avrei distrutto ogni cosa anche al lavoro.
“Sicura che non vuoi parlarne?” Mi domandò Cassie il pomeriggio successivo.
Scossi la testa. Avevo provato a chiamare Harry una sola volta e avevo rinunciato dopo che non avevo ottenuto risposta. Mi vergognavo troppo. Non volevo più farmi sentire o vedere da lui.
Avevamo passato una settimana intera a vederci ogni giorno e, in generale, ci conoscevamo da poco più di due. Era presto per dirmi che si era innamorato di me? Che reazione avrei dovuto avere? Avrei dovuto saltargli al collo e dirgli che lo amavo anch’io? Non ne avevo idea. Non avevo mai avuto una relazione vera e propria. Una seria. Chad non mi aveva mai detto che mi amava (per ovvi motivi) e l’ultima storia che avevo avuto… beh, era stata un disastro.
 
Avevo conosciuto Jacob da Starbucks a Londra. Avevo passato una giornata orribile e avevo bisogno di bere un caffè gigantesco, possibilmente seduta su una delle poltrone del negozio a Westbourne Grove. Non avevo idea del perché, ma quella caffetteria mi aveva sempre rilassata.
Quel giorno c’era disponibile solo una poltrona ed era quella di fronte a lui. Avevo pagato il mio caffè e gli avevo chiesto se potevo sedermi. Lui mi aveva guardata a lungo attraverso i suoi enormi occhiali da vista e mi aveva detto di sì.
Era attraente, anche affascinante. Aveva i capelli biondo cenere, tagliati corti sui lati, ma aveva un ciuffo abbastanza lungo e riccio sulla fronte. Era vestito bene, aveva un paio di pantaloni a sigaretta verde scuro e sopra una maglietta scura, una giacca grigia e una sciarpa legata intorno al collo. Era… un po’ hipster, ma era carino. Stava leggendo un libro e aveva smesso quando mi ero seduta. Avevamo cominciato a chiacchierare e prima che me ne rendessi conto, mi aveva chiesto di uscire. Ed io avevo accettato, perché avevo un disperato bisogno di dimenticare Chad e la sua maledettissima ragazza da cinque anni e volevo una storia senza complicazioni. Lui mi sembrava la persona adatta. Intellettuale, carino e sembrava anche gentile.
Poi mi aveva fatto il discorso più strano del mondo durante una passeggiata pomeridiana a Piccadilly Circus dopo una mattina passata interamente rifugiati sotto il piumone del suo letto.
"Gli umani sono degli esseri volatili." Aveva decretato dopo aver fissato gli schermi luminosi e colorati dall'altra parte della strada per parecchi minuti.
"Volatili?" Avevo domandato incuriosita. Jacob si era aggiustato gli occhiali sul naso. Occhiali che, avevo scoperto dopo una settimana, avevano le lenti di vetro, perché non gli servivano né per leggere e né per vedere da lontano. Continuava a metterli perché diceva che rendevano la sua immagine da poeta tormentato più autentica. Avevo evitato di ribattere, dicendo che aveva solo diciannove anni, una famiglia e una vita perfette e nulla di tragico, perché in fondo mi piaceva quella sua particolarità. E poi non avevo voglia di ribattere, perché litigare era decisamente troppo faticoso.
"Sì, sono incostanti, cambiano idea ogni tre secondi. Sarà anche perché sono bombardati da immagini e da pubblicità tutto il giorno. Insomma, la mattina vogliono un iPhone e il pomeriggio hanno cambiato idea e vogliono un Samsung Galaxy." Aveva risposto, spostando velocemente lo sguardo da me al cartellone pubblicitario della Coca Cola.
"Vuoi dire volubili?" Avevo chiesto e poi mi ero morsa immediatamente la lingua. Sapevo quanto Jacob odiasse essere corretto, ma non ero riuscita a trattenermi.
"In ogni caso," aveva continuato lui, marcando bene ogni parola "le persone non sanno più quello che vogliono, perché hanno troppe scelte. Capisci quello che intendo?" 
Avevo annuito anche se in realtà non avevo la minima idea di quello che mi aveva detto. Qual era il punto del suo discorso? Ma soprattutto, ce n’era uno?
"Parli del resto dell'umanità come se tu non ne facessi parte." Avevo commentato dopo qualche minuto. Avevamo ripreso a camminare e avevamo raggiunto una via laterale aperta solo ai pedoni che ci avrebbe portati a Carnaby Street.
"Purtroppo sono umano anch'io, anche se non vorrei. Preferirei fare parte di un'altra specie, magari una immune dalle tentazioni." Aveva risposto lui, scuotendo leggermente la testa e prendendomi una mano. Avevo resistito alla tentazione di roteare gli occhi al cielo e mi ero invece concentrata sulla vetrina del negozio di UGG, cercando di scoprire perché ci fosse la fila davanti all'ingresso.
"Credo che tutti gli esseri viventi debbano avere a che fare con le tentazioni." Avevo detto proprio mentre un pensiero si era formulato nella mia mente. Peccato che non potevo permettermeli, perché mi sarebbe proprio piaciuto avere un paio di stivali UGG per i mesi freddi. Anche se, con tutta la pioggia di Londra, si sarebbero rovinati in poco tempo.
"Forse hai ragione." Aveva replicato Jake, stringendo leggermente la mia mano. "Però con il mio discorso hai capito quello che volevo dire, no? Cioè, capisci che, con tutte le immagini con cui sono bombardato giorno dopo giorno e la scelta di ragazze in giro, è stato proprio difficile resistere."
"Cosa vuoi dire?" Avevo chiesto, fermandomi in mezzo alla strada per guardarlo negli occhi. Stavo frequentando Jacob da due mesi e in quell'arco di tempo avevo capito che amava i discorsi lunghi e senza senso. Quello, però, sembrava finalmente essersi avvicinato al punto.
"Voglio dire che non puoi farmene una colpa se in queste settimane sono stato con altre ragazze. Immagino che sia stato così anche per te." Aveva risposto con naturalezza, come se mi avesse appena detto che lui prendeva il caffè con una bustina di zucchero e il latte.
Mi ci era voluto qualche secondo per farmi capire del tutto quello che avevo sentito.
"Mi stai dicendo che mi hai tradita? Più volte e con più persone?" Avevo domandato allibita.
"Beh, non lo definirei proprio tradire, la nostra non è proprio una storia seria, no?"
"Jacob, abbiamo passato la mattina a letto insieme! Ti ho detto che ti amo meno di due ore fa! Credi che sia una di quelle persone che fanno sesso con tutti? O che io dica quelle parole a tutti? No!" Avevo esclamato, sgranando gli occhi. Per me dire quelle parole significava tanto. Voleva dire esprimere i miei sentimenti nei confronti di una persona, ma anche fare una promessa. Era una cosa che non dicevo con leggerezza e anzi, Jacob era stato il primo ragazzo a cui l'avessi mai detto. Avevo cominciato a uscire con lui per dimenticare Chad, ma presto mi aveva fatto provare dei sentimenti per lui. Ci ero cascata e anche pesantemente. Ero stata un’idiota, perché volevo una storia senza complicazioni. Solo sesso, niente sentimenti. E invece avevo finito per sussurrargli quelle parole come una stupida. Come una povera illusa.
"Suvvia, non essere così fiscale. Siamo esseri umani, no? Siamo volatili. Allora non hai capito proprio nulla del discorso che ti ho appena fatto!" Aveva detto lui, gesticolando durante mentre parlava. Poi aveva abbandonato le braccia lungo i fianchi con un verso frustrato.
"Ho capito che non hai idea di cosa significhino le parole che usi, che sei più volubile del peggiore degli esseri viventi e che sei un bastardo." Avevo detto, sputando quelle parole con rabbia. Certo, ero stata veloce a pensare a qualcosa da dire perché ero sempre stata impulsiva e tendevo ad arrabbiarmi con troppa facilità, ma in verità mi aveva ferita e non volevo mostrarmi vulnerabile davanti a lui.
"Andiamo, Kim! Non puoi arrabbiarti così tanto! Non è colpa mia se la mattina mi sveglio e ho voglia di vederti e stare con te e il pomeriggio cambio idea e voglio passare del tempo con Lucy o chi per lei!" Aveva detto il ragazzo.
"Quindi quella dei telefoni di prima non era solo una metafora? Beh, questo iPhone ti sta piantando e spera che sarai felice con le tue decine di Samsung Galaxy!" Avevo ribattuto, infuriata. L’avevo lasciato a bocca aperta per qualche secondo.
"Kim, ma poi come faccio se scopro che mi piace di più l'iPhone?"
"Volatilizzati, Jacob."
Avevo resistito all'istinto di tirargli uno schiaffo in pieno viso davanti a tutti e invece avevo girato sui tacchi e raggiunto la fermata della metro più vicina per tornare a casa.
Mi ero rifugiata nella mia stanza e mi ero sdraiata sul letto con gli occhi gonfi di lacrime e il cuore a pezzi. Di nuovo.
E in quel momento avevo giurato a me stessa che non mi sarei innamorata di nuovo, ma poi avevo incontrato Fossette e il mio mondo era crollato un’altra volta. Anzi no, non era crollato, aveva solo ricominciato a girare e anche molto più velocemente di prima.
 
“Pianeta Terra chiama Kim?” Mi disse Cassie. Non mi ero nemmeno accorta di essermi rinchiusa nel mio mondo. Mi ero persino dimenticata di essere in una stanza con la mia gemella.
“Scusa, mi ero persa a pensare.” Replicai.
“Ti è tornato in mente Jacob?”
A volte era quasi spaventoso quanto mi conoscesse bene. Sapeva tutto di me.
Annuii lentamente, voltandomi e guardandola negli occhi.
“Raccontami di Zayn.” Dissi. Volevo cambiare argomento, volevo concentrarmi su di lei e smettere di pensare a me. Cassie assunse immediatamente un’espressione diversa. Assunse quel sorrisetto timido e riservato che aveva sempre quando era felice per qualcosa, ma nello stesso momento si sentiva in colpa.
“Continuo a pensare che dovrei avere una reazione diversa, che dovrei essere distrutta perché la storia con Nathan è finita dopo tanti anni…” Cominciò lei. “Ma la verità è che non mi sono mai sentita così libera ed elettrizzata in tutta la mia vita.”
“Credo che sia normale, in realtà. È finita perché non sei più innamorata. Non avete litigato, non vi siete insultati e non vi siete feriti. E poi… ognuno reagisce in modo diverso, no?”
“Sì, quello è vero.” Replicò lei. Era pensierosa. “Comunque Zayn mi ha perdonata per lo schiaffo. Mi ha detto che l’avevo spaventato un po’, ma quando gli ho spiegato tutto ha capito.”
“E…?” La incitai. Volevo sapere tutto.
“Non lo so, non abbiamo parlato di quello che succederà tra di noi. Mi ha solo invitata a cena domani sera, dopo il lavoro.”
“A casa sua?” Domandai.
“No, in un ristorante.” Rispose lei, alzando le spalle. “Non mi ha ancora detto dove, mi manderà un messaggio domani in giornata.”
Per un solo momento la invidiai. Cassie aveva avuto una bella storia d’amore con Nathan e sì, era finita, ma entrambi non erano più innamorati l’uno dell’altra. Non avevano sofferto più di tanto. E la sua relazione con Zayn… sembrava così casuale, così tranquilla. Senza alcun tipo di dramma. Perché non potevo essere un po’ più come lei?
Invece io avevo combinato un casino dietro l’altro nel corso degli anni e avevo rovinato anche quello che c’era tra Harry e me.
“Kim, le cose si aggiusteranno. So che lo faranno.” Disse improvvisamente la mia gemella.
“Devo solo sperare che il tempo gli faccia decidere di essere meno arrabbiato con me e scusarmi.” Sospirai. Poi, dal nulla, un’idea spuntò nella mia mente. Lui aveva rinunciato a tornare a casa per me. Aveva fatto un grande gesto romantico per me. E certo, io ero convinta che a me non piacesse quel genere di cose, ma non potevo negare l’evidenza. Era stato magnifico vederlo nel mio corridoio, un po’ piegato su se stesso per evitare le ombrellate della Newman. Toccava a me fare qualcosa. Non potevo sperare che continuasse lui a fare il primo passo. Quella volta la colpa era mia. Avrei dovuto muovermi io.
“Va tutto bene?” Mi chiese Cassie con aria preoccupata.
“So cosa devo fare.” Risposi con sicurezza. Mi alzai dal letto e raggiunsi la scrivania. La mia gemella mi osservò senza dire nulla. Sapeva che quando mi veniva un’idea era meglio se mi lasciava fare.
Accesi il computer e cominciai a sfogliare le foto che avevo scattato nel corso degli anni.
 
Mi ci vollero ore per portare a termine la mia idea, ma ci ero riuscita ed ero anche soddisfatta del risultato. Dovevo solo sperare che Harry lo apprezzasse. O almeno che mi lasciasse entrare nel suo appartamento.
Raggiunsi la casa al numero cinquantasette di Irving Place e guardai in alto. Le luci erano accese, qualcuno era sicuramente in casa. Era abbastanza tardi, non sapevo nemmeno io che ore fossero, ma probabilmente dopo le undici.
Suonai il citofono e cominciai a pregare mentalmente perché qualcuno rispondesse. Dopo qualche secondo sentii la familiare voce roca di Harry. Quando parlava al telefono – o attraverso un citofono – sembrava sempre che si fosse appena svegliato.
“Chi è?” Disse. Il mio cuore cominciò a battere più velocemente.
“Harry, sono Kim. Posso… posso salire? Devo darti una cosa.”
Passarono parecchi secondi. Mi sembrò un’infinità di tempo. Quando cominciai a temere che avesse deciso di non rispondere più, il ragazzo si schiarì la voce.
“Okay.”
Fu una sola parola, ma mi fece sentire come se fossi rinata. Okay. Non era stato un rifiuto. Era un passo avanti.
Con il cuore in gola raggiunsi l’ascensore ed entrai. Non salutai nemmeno il portiere notturno, lo ignorai completamente. Ero troppo agitata. Premetti il tasto corrispondente al sesto piano e attesi.
Il ‘bip’ metallico mi fece fare un salto. Ero arrivata a destinazione. Era arrivato il momento di fare a Harry il discorso che avevo preparato nella mia mente e che avevo ripassato per tutta la strada da casa mia fino a lì.
Fossette mi stava aspettando davanti alla porta dell’appartamento che aveva affittato e il mio cuore sprofondò nel mio stomaco quando lo vidi. Era sempre stato così bello? Probabilmente sì. Stava indossando una maglietta a maniche corte bordeaux ed era stupendo.
“Grazie per avermi fatta salire.” Dissi quando lo raggiunsi. Ero agitata come non lo ero mai stata. La sua sola presenza di fronte a me mi faceva tremare le mani. E se non mi avesse perdonata? E se avessi rovinato una delle cose più belle che mi erano capitate?
Lui non disse nulla, mi guardò e basta. Chiusi gli occhi, inspirai profondamente e presi dalla borsa quello che dovevo dargli. Gli porsi un mucchio di fogli rilegati con dello spago e lui mi guardò con aria perplessa.
“Cos’è?”
“So di essere stata un’idiota. Sono stupida, credo di essere coraggiosa e invece ho paura di tutto, soprattutto di te e dei sentimenti che provo per te. Non avrei mai dovuto obbligarti a rispondermi e a dire quelle parole e mi dispiace di non aver avuto la forza di replicare. La verità è che sono un disastro, ecco cosa sono. Però non sono mai stata più sicura di una cosa al mondo: non voglio perderti, Harry. Non voglio e non posso. Io… poche persone al mondo sanno come comportarsi con me. Forse solo la mia gemella o forse nemmeno lei. Quindi… quindi so che per te è difficile capirmi e ti ho portato questo per aiutarti. Questo è il mio libretto di istruzioni. Perdonami, Harry. Non so nemmeno io quello che sto facendo.” Dissi.
Fossette guardò prima me e poi quello che aveva in mano con aria sorpresa. Ero riuscita a fare il mio discorso. Beh, non proprio come l’avevo preparato. Probabilmente avevo solo detto un mucchio di stronzate senza senso, ma speravo che lui avesse capito.
Harry posò di nuovo lo sguardo su di me e mi osservò per quella che mi sembrò un’eternità.
Avevo paura di quello che avrebbe potuto dire e in quel momento cominciai a pensare che quella del libretto delle istruzioni fosse stata l’idea peggiore del secolo. Era infantile. Era stupida.
Poi Fossette mi porse il mucchio di fogli che gli avevo portato e mi guardò negli occhi. No, non ero pronta per la sua risposta. Ero ancora in tempo per scappare prima che distruggesse il mio cuore e lo calpestasse?



Buongiorno! Scusate per il ritardo e scusatemi anche per non aver risposto alle recensioni dello scorso capitolo. Le ho lette tutte e vi ringrazio, ma oggi sono molto di fretta e non faccio in tempo a rispondere! Appena riesco lo faccio, nel frattempo grazie <3
Ecco il nuovo capitolo. Cosa succederà tra Kim e Harry? Cosa starà per dirle Fossette? Martedì prossimo scopriremo tutto!
Grazie a tutte le persone che hanno letto, davvero <3 <3

 

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Capitolo 18
*** The Instructions ***




Capitolo 18 – The Instructions

Stavo vivendo momenti di terrore puro. Non mi ero mai sentita in quel modo in tutta la mia vita e, in fondo, sapevo di essere una stupida. Avevo letteralmente paura di una risposta. Di un insieme di parole. Eppure, quella frase, avrebbe potuto farmi del male. Avrebbe potuto ferirmi. Più di un coltello, più di un pugno, più di una pallottola. Ed io non volevo che accadesse, ma da come si stavano mettendo le cose, sapevo che sarebbe successo.
Con mani tremanti recuperai il libretto di istruzioni che mi stava porgendo Harry e puntai gli occhi sul pavimento. Non potevo guardarlo in faccia mentre mi rifiutava.
“Kim, non voglio il tuo libretto di istruzioni.” Disse lui. “Voglio scoprirti da solo, ma tu devi darmi la possibilità di farlo.”
Alzai lo sguardo e incontrai il suo.
“Io…” Cominciai a dire.
“Vieni dentro, dai.” Replicò lui, porgendomi una mano e guidandomi all’interno dell’appartamento. Salutai Niall e Louis, che erano seduti nella zona giorno, e seguii Fossette nella sua camera.
“Non avrei dovuto arrabbiarmi per quello che è successo.” Cominciò il ragazzo, sedendosi sul letto e facendomi cenno di raggiungerlo.
“Ed io avrei dovuto fidarmi di te e accettare che non volevi dirmi il resto della frase per un buon motivo.” Continuai.
“Ehi, nessuno ha mai detto che sarebbe stato tutto rose e fiori o che non avremmo mai litigato, giusto? E poi sapevo a cosa stavo andando incontro quando ho deciso di venire a New York.” Disse lui. Lo guardai di traverso.
“Ah sì?”
“Beh sì. Non dimenticare che hai finto di non avere un numero di telefono, che ti sei rifiutata di baciarmi nell’oceano e che dopo il nostro primo bacio mi hai chiaramente detto di tornare in Inghilterra.” Rispose Fossette con un sorriso. “Ma io sono testardo, è sempre stato un mio difetto.”
“Non è che mi sono rifiutata di baciarti nell’oceano…”
“No, tecnicamente no, ma sono sicuro che se ti avessi baciata in quel momento poi mi avresti tirato un gigantesco schiaffo.”
“Non ti picchierei mai.” Replicai, accarezzando la sua guancia con le dita. Lui mi guardò per qualche secondo prima di avvicinare il viso al mio e darmi un bacio sulle labbra. Sentii il suo profumo, quel misto tra bagnoschiuma al sandalo e shampoo alla mandorla, e provai istantaneamente felicità.
Fossette era lì e, almeno per il momento, non sarebbe andato da nessuna parte.
“Comunque sembra che tu abbia lavorato parecchio al tuo libretto di istruzioni, quindi lo leggerò.” Dichiarò dopo qualche minuto, recuperando il plico di fogli dal letto. Sorrisi, leggermente imbarazzata. In quel momento quell’idea mi sembrava abbastanza infantile.
“È una cosa davvero stupida.” Borbottai, arrossendo.
Lui aprì la prima pagina e scoppiò a ridere.
“Okay, adesso dimmi perché non posso nominare la parola ‘piccione’ davanti a te.” Disse.
Rabbrividii.
“Perché ho subito un trauma da bambina.” Risposi, ricordando con orrore quell’episodio. “Uno stupido pennuto mi è volato addosso e mi ha fatta spaventare tantissimo, sono caduta e mi sono sbucciata il ginocchio. Ero nel cortile in una delle Case Famiglia e dopo quell’episodio gli altri bambini non hanno smesso di prendermi in giro un secondo. Da quel momento sono terrorizzata dai piccioni.” Raccontai. “È una paura stupida e irrazionale, ma non posso farci niente. Quando li vedo che volano troppo vicini a me comincio ad andare in panico.”
“Una ragazza coraggiosa come te spaventata da un pennuto?” Disse lui. Si tratteneva a stento dal ridere.
“Non prendermi in giro.” Lo avvisai.
“Scusa, ma è divertente. Non hai avuto paura a trasferirti dall’altra parte del mondo per questo lavoro e poi sei terrorizzata da un uccello.”
Ormai Harry rideva apertamente.
“So cosa stai facendo e non è divertente!” Esclamai. Ma stavo ridendo anch’io, perché avevo capito esattamente dove voleva andare a parare con quella storia. Fossette amava l’umorismo inappropriato ed era sempre il primo a fare battute a doppio senso. Non riusciva a trattenersi. “Okay, l’hai voluto tu.” Dissi e cominciai a fargli solletico. Mi aveva confessato di essere estremamente sensibile solo qualche giorno prima, e avevo intenzione di utilizzare quell’informazione contro di lui.
“No!” Esclamò lui, ritraendosi immediatamente. “No, no, ti prego, no! Devo continuare a leggere le tue istruzioni!” Aggiunse tra una risata e l’altra. Decisi di smettere di torturarlo, ma ero pronta a riprendere a fargli solletico.
“D’accordo, tregua.” Acconsentii.
Fossette si ricompose e riprese il libretto.
“Mi piacciono le foto che hai usato, comunque. Sono tutte tue?” Mi domandò. Annuii. Avevo utilizzato scatti che avevo collezionato nel corso degli anni e ne avevo trovato uno per ogni pagina.
Il ragazzo continuò per un po’ a leggere e poi si voltò a guardarmi.
“Qui c’è scritto che hai un discorso da farmi.” Disse. Aveva raggiunto l’ultima pagina ed io avevo cominciato a sentirmi nervosa.
“Sì.” Dissi. Mi schiarii la voce. Inspirai ed espirai profondamente per un paio di volte. “Avevo una serie di regole e convinzioni prima di conoscerti. La prima era assolutamente quella di non lasciarmi più fregare da un ragazzo, dall’amore. Volevo venire a New York, fare carriera e non volevo venire distratta da niente e nessuno. Pensavo di odiare tutto quello che aveva a che fare con il romanticismo e poi sei arrivato tu. Sei spuntato davanti alla mia porta e qualcosa è cambiato dentro di me. A dire la verità qualcosa è cambiato dalla prima volta che mi hai rivolto la parola. Non so esattamente cosa. Sono terrorizzata da quello che provo per te, soprattutto perché ci conosciamo da così poco tempo.” Scossi la testa e sorrisi nello stesso momento. “Il fatto è che mi sento come se tu mi avessi rapito il cuore, e adesso hai il potere di distruggermi. Sono stata ferita da tante persone, ma non provavo per nessuno di loro quello che sento per te. Ho paura, Harry, ma…” Lui si avvicinò ulteriormente a me e prese le mie mani tra le sue. “Ma io credo di essermi innamorata di te dal primo momento in cui ti ho visto allo studio fotografico.” Conclusi. Non avevo idea di come fosse successo, ma Harry Styles aveva sciolto le pareti di ghiaccio del mio cuore. Fossette mi aveva fatta innamorare in pochissimo tempo.
Il ragazzo avvicinò il suo viso al mio e mi diede un bacio. Non disse nulla, ma quel gesto mi fece capire tutto. Quel gesto significò più di mille parole.
Accarezzai i suoi capelli e mi persi completamente in quel bacio. Non avevo mai provato nulla del genere, mi sentivo elettrica. Era come se stessi volando.
“Non ti farei mai del male.” Sussurrò contro le mie labbra. Poi appoggiò la sua fronte alla mia e mi guardò negli occhi. “In nessun modo.”
Un altro bacio. Quando Harry si allontanò leggermente da me mi accorsi che stavo tremando. Lo notò anche lui, perché mi prese tra le sue braccia e mi strinse a sé. Provai un senso di sicurezza nuovo e mi rilassai. Lui era lì. Quello che c’era tra di noi era reale. Mi aveva detto che si era innamorato di me ed ero riuscita a dirglielo anch’io. Eravamo una coppia. Eravamo Harry e Kim.
Provai il bisogno di sentirmi ancora più vicina a lui. Di essere sua. Lo baciai di nuovo e gli sfilai la maglietta. Lui circondò automaticamente la mia vita con le braccia e mi attirò più vicina a sé.
“Forse dovremmo chiudere la porta a chiave.” Sussurrò lui nel mio orecchio. Ogni parola provocò un lungo brivido lungo la mia schiena.
Annuii, pensando al povero Louis. Anzi no, si meritava di dover dormire sul divano dopo averci interrotti la volta prima.
Harry si avvicinò velocemente alla porta, la aprì e guardò fuori, forse per cercare il suo compagno di band. Quando lo vide sorrise.
“Lou, questa sera dormi sul divano!” Annunciò. Prima che l’altro potesse rispondere, Fossette chiuse la porta a chiave e tornò da me ridendo.
 
“Un po’ mi dispiace fare dormire Louis sul divano.” Mormorai. Harry aveva preparato la vasca da bagno e ci eravamo immersi insieme nell’acqua calda. Aveva anche acceso delle candele, perché era un inguaribile romantico. Non pensavo che potessero esistere ragazzi così. Credevo che fossero tutti un po’ burberi e che facessero fatica a mostrare affetto o amore alle proprie ragazze. Invece mi sbagliavo. Fossette era perfetto.
Appoggiai la schiena contro il suo petto e mi lasciai coccolare da lui. L’aria profumava di bagnoschiuma al sandalo, quello che aveva usato per creare nuvole di schiuma. Non avrei cambiato assolutamente nulla.
“Non preoccuparti, non sarà scomodo. Il divano si trasforma in un letto matrimoniale. Se lo merita, dopo tutti i calci che mi ha tirato.”
Ridacchiai. Fossette tirò fuori una gamba dall’acqua e mi mostrò un livido.
“Come sei sexy.” Lo presi in giro. Mi girai su me stessa e lo guardai negli occhi. C’era qualcosa di estremamente rilassante nell’essere in una vasca da bagno insieme a Fossette. Non avevo mai fatto nulla del genere con nessuno e mi sembrava quasi strano il livello d’intimità che avevamo raggiunto in così poco tempo. Era come se ci conoscessimo da anni. Sfiorai con un dito il suo tatuaggio a forma di farfalla e sorrisi.
“Ti piace?” Mi chiese lui. Alzai lo sguardo e incontrai il suo. “Sei la prima persona che non mi dice che è orribile.”
“È strano.” Risposi, puntando di nuovo gli occhi sul suo torso. “Però mi piace. Adesso penserò a te ogni volta che vedrò una farfalla.”
“In fondo tutto di noi è strano, no?” Mi domandò lui. “Il modo in cui ci siamo conosciuti – quante persone conosci che possono davvero dire che il cane ha mangiato loro un documento? – la tua reazione quando ci siamo presentati, la nostra relazione in generale…”
“Già.” Dissi io. “Sarà ancora più strano quando tu non sarai più in pausa, ma sarai ogni giorno in una città diversa e dovremo combattere con il fuso orario.” Mormorai.
“Ehi.” Replicò lui. “Non pensiamoci adesso. Godiamoci questo momento.”
Annuii, anche se, nel retro della mia mente, continuai a pensare a cosa sarebbe successo in futuro.
Decisi che era arrivata l’ora di distrarsi, così spostai le dita sulle sue guance, accarezzai i suoi capelli e lo baciai. Istantaneamente mi dimenticai di qualunque cosa e pensai solo a lui, alle sue labbra, all’elettricità che si era creata tra di noi. In momenti come quelli Fossette diventava il mio mondo, l’unica cosa a cui ero in grado di pensare.
 
***
 
Era così che ci si sentiva quando si era innamorati? Harry ed io avevamo passato un mese intero insieme. Ci vedevamo tutti i giorni dopo il lavoro ed era strano come ci conoscessimo bene. Pensavo che nessuno, a parte Cassie, potesse capirmi così bene e poi era arrivato lui. Sembrava che anticipasse ogni mio bisogno, ogni mio pensiero. Ed io facevo la stessa identica cosa con lui. Eravamo compatibili al cento percento. Anzi, forse persino di più. Era possibile? Non ne avevo idea, ma stavo vivendo qualcosa di fantastico.
Pensavo costantemente a lui e riuscivo a collegare qualsiasi cosa a lui. Ero in fila da Starbucks al mattino per comprare il caffè a Sophia? Il barista con i capelli ricci me lo ricordava. Oppure leggevo sul tabellone il nome del suo drink preferito e cominciavo a sorridere. Prendevo la metro per tornare a casa la sera? Trovavo quasi sempre qualche ragazzina fan della sua band, che magari stava ascoltando le sue canzoni. O qualcuno che aveva una sua foto come sfondo sul cellulare. Oppure mi perdevo a pensare ai suoi occhi e il sorriso nasceva spontaneo sulle mie labbra.
Mi sembrava di vivere in uno stato di felicità costante e di camminare sulle nuvole. Non avevo mai provato niente del genere e pregavo perché tutto ciò non finisse mai.  
Elle mi diceva sempre che la mia storia con Harry era nella fase “luna di miele” ed io volevo che durasse per sempre, perché era la cosa più bella che mi fosse mai capitata.
“Guarda che in poco più di due mesi sei veramente cambiata tanto, Cassie.” Disse Piper. Era un sabato pomeriggio e le mie coinquiline ed io avevamo deciso di passare un po’ di tempo insieme in una caffetteria poco lontana dal nostro appartamento. Era il primo weekend in cui non avrei visto Harry, perché sua madre, sua sorella e il suo patrigno erano venuti a trovarlo dall’Inghilterra ed era andato a prenderli all’aeroporto. Poi avrebbe cenato con loro e me li avrebbe presentati il giorno successivo. Ero agitata, ma non più di tanto. Fossette mi aveva parlato tanto della sua famiglia, ormai sapevo tutto di loro.
“A volte penso di non riconoscermi più.” Rispose la mia gemella. Le sorrisi. Era un gesto un po’ colpevole, perché mi ero persa a pensare a Harry, come al solito, e mi ero persa parte della sua risposta.
“Due mesi fa non avresti mai pensato di essere la Scopamica di Zayn Malik?” Le chiese Elle.
Cassie arrossì violentemente di fronte a quel nuovo termine e abbassò lo sguardo.
“Abbassa la voce!” Sibilò. “È una cosa che non avrei mai pensato di fare. Mai e poi mai. Non con Zayn Malik, non con nessuno. Eppure funziona, perché non mi sono mai sentita così viva e felice come in queste settimane.” Replicò dopo qualche secondo.
“E tu, Kim?” Mi chiese Elle. “Anche tu mi sembri cambiata radicalmente.”
“Io non so nemmeno come definire il mio cambiamento.” Risposi. “Fossette è la cosa migliore che sia capitata nella mia vita. Avevo perso le speranze, pensavo che l’amore fosse una cazzata inventata dagli scrittori e invece pare proprio che esista.”
“Ma certo che esiste!” Esclamò Cassie. “Non è un mito come il mostro di Loch Ness!” Aggiunse, facendoci scoppiare tutte a ridere.
“Comunque voi fate tante domande a noi, ma dovete dirci qualcosa. Vero, Piper?” Domandai, puntando lo sguardo sulla mia amica. Lei arrossì e sorrise.
“Non devo dirvi nulla.” Mentì.
“Certo, come no. Quindi ieri sera non ti ho sentita parlare con Niall su Skype?” Chiesi. La ragazza assunse un’espressione sorpresa. “Vi ho sentiti mentre sono andata in cucina a prendere un bicchiere d’acqua. Sembravate… amichevoli.”
“Beh, ecco…” Cominciò lei. Era sempre rossa e imbarazzata. “Ci siamo scambiati il numero e i contatti e ci sentiamo spesso. Lui mi piace parecchio, ma credo che mi veda solo come amica.”
“Perché dici questo?” Domandò Elle.
“Quando parliamo mi tratta come uno dei ragazzi. Fa le battute che farebbe davanti a loro, usa un linguaggio particolarmente volgare e parla di altre ragazze.” Replicò lei. Il sorriso imbarazzato di pochi secondi fa si trasformò in un’espressione triste.
“Oh, siamo sempre in tempo a cambiare le cose, Pips.” Replicò Elle.
“E come?”
“Dobbiamo semplicemente fargli vedere che sei una ragazza anche tu. Non preoccuparti, lascia fare a me e diventerai Piper Horan in pochi mesi.” Scoppiammo di nuovo tutte a ridere. Era bello passare del tempo con le mie amiche. Era bella la mia nuova vita. “Vi ricordate il ragazzo che ho conosciuto in ufficio? Il collega che mi ha chiesto un consiglio su come liberarsi di una ragazza con cui non voleva avere assolutamente nulla a che fare? Beh, lui mi vedeva come un’amica solo due settimane fa.” Continuò la ragazza, sistemandosi i capelli dietro le spalle. “Indovinate chi esce a cena insieme domani sera?”
“No!” Esclamai. “Ci sei riuscita?”
Elle annuì e sorrise.
“Sapevo che ce l’avresti fatta.” Commentò Cassie.
“Ragazze, io vado a prendere un altro muffin, sto morendo di fame!” Esclamai, alzandomi dalla poltroncina su cui mi ero accomodata. Raggiunsi il bancone della caffetteria, scelsi con attenzione il dolcetto che avrei voluto mangiare. Il barista lo sistemò su un piattino e mi disse di andare alla cassa a pagare.
“Pago quel muffin.” Dissi, indicando il piattino di fianco alla cassiera. Lei mi sorrise e si avvicinò a me, come se volesse dirmi un segreto.
“Non devi pagare nulla, perché quel ragazzo laggiù, quello che sta aspettando il caffè, ci ha già pensato per te.”
La guardai con espressione confusa, poi spostai lo sguardo su chi mi aveva regalato un muffin e strinsi gli occhi. Era attraente, ma perché uno sconosciuto avrebbe dovuto fare un gesto del genere? Era inquietante. Ma le buone maniere volevano che lo ringraziassi, così mi avvicinai e, una volta osservato meglio, notai che aveva un aspetto familiare.
“Grazie per il muffin, ma non dovevi.” Dissi con aria svogliata. Se ne sentivano di tutti i colori ai telegiornali. Non ero molto convinta a dare confidenza a quel tipo.
“Certo che dovevo. Non ci vediamo da così tanto tempo, K-Bomb!”
Qualcosa, dentro di me, sprofondò all’altezza del mio stomaco. Che cosa ci faceva Brian a New York? Quante erano le probabilità che ci incontrassimo così casualmente dopo anni?

 



Ecco il nuovo capitolo! Finalmente scopriamo cos'ha detto Harry a Kim - e alcune di voi avevano teorie giuste! - e scopriamo com'è andata avanti la storia.
E poi facciamo un passo avanti nel tempo. Fossette e Kim si frequentano da un mese intero, tra Cassie e Zayn le cose vanno molto bene e scopriamo che Piper ha una cotta per Niall (che, però, non la considera più di un'amica). E alla fine... colpo di scena! Con tutte le persone che ci sono a New York e tutte le caffetterie, cosa ci fa Brian - il primo ragazzo che ha spezzato il cuore di Kim - esattamente nello stesso posto di Kim? Ma soprattutto, cosa vorrà? Pensate che ci saranno nuovi guai in vista per Kim e Harry?

Martedì prossimo scopriremo tutto!
Un bacione e grazie davvero per tutte le bellissime parole che mi scrivete sempre <3
Grazie a tutte le persone che leggono e a chi ha inserito la mia storia tra le preferite, seguite o ricordate!
Un bacione e a martedì <3

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Capitolo 19
*** The Family ***




Capitolo 19 – The Family
 

“Brian!” Esclamai, presa alla sprovvista. “Wow, sei cambiato!” Aggiunsi. L’ultima volta che l’avevo visto era un po’ sgraziato. Era troppo alto e troppo magro e stava attraversando una fase punk, per cui aveva i capelli costantemente tirati su in una pseudo-cresta. Davanti a me, invece, c’era un ragazzo molto proporzionato, con il fisico muscoloso e i capelli corti e pettinati. Portava gli occhiali da vista ora, ed era completamente diverso.
“Tu invece sei sempre uguale. Sempre la solita K-Bomb! Che ci fai a New York?” Mi chiese. Mi abbracciò e mi piazzò due baci invadenti sulle guance.
“Sto… sto lavorando. Sono l’assistente personale di Sophia Warden. E tu che fai qui?” Risposi.
“La fotografa?”
“Sì, proprio lei.”
Sul volto di Brian apparve un’espressione strana, stupita.
“Wow, non l’avrei mai detto. Io sto studiando, invece! Sono stato accettato alla NYU e faccio odontoiatria.”
“Odontoiatria?” Chiesi. “Wow.”
“Già, dici proprio bene. Wow è la parola giusta! Ti giuro che non avrei mai detto che avresti fatto qualcosa di così figo. Pensavo che saresti diventata un’assistente sociale o qualcosa del genere.”
Lo guardai di traverso. Dovevo prendere quella frase come un insulto personale? Non che ci fosse nulla di male a fare l’assistente sociale, ma era la parte prima che mi lasciava un po’ perplessa.
“E invece eccomi qui.” Dissi. “Beh, è stato un piacere vederti, buona fortuna con gli studi e con la tua nuova vita qui a New York.” Aggiunsi velocemente. Improvvisamente mi erano tornate in mente tutte le notti passate a piangere per colpa sua, tutto quello che era successo. Io non volevo parlare con lui, non volevo dimostrarmi amichevole nei suoi confronti. Mi aveva illusa e poi mi aveva ferita. Poteva andare a farsi fottere.
“Ehi, aspetta!” Esclamò Brian, prendendomi per un polso e trattenendomi. “Non mi aspettavo di vederti e mi ha fatto immensamente piacere.” Continuò. “Che ne dici di uscire a cena una sera di queste, così recuperiamo il tempo perduto?”
Socchiusi un po’ gli occhi e mi liberai dalla sua presa con uno strattone. Prima che potessi trattenermi, sputai una domanda con rabbia.
“Ma come, non stai più con Aria?”
Stupida, stupida Kim. Cosa te ne frega dopo tutti questi anni? E poi tu stai con Fossette.
Lui mi guardò, sorpreso.
“No, con Aria è finita dopo un anno. Mi ha tradito con Sean, ti ricordi? Il nostro compagno di classe.”
Stupida, stupida Kim.
“Scusa, io non… non so cosa mi sia preso.”
“Non c’è problema.” Rispose lui. Poi si avvicinò e sul suo viso si stampò un sorriso malizioso. “Sai, mi sei sempre piaciuta e per tutti questi anni mi sono chiesto perché non ho scelto te. Ma il destino ha voluto che ci incontrassimo di nuovo a New York, proprio in questa caffetteria, e… Che ne dici? Se non ti va di cenare possiamo passare subito al dessert.”
Un’ondata di disgusto pervase il mio corpo. Provai dei brividi lungo le braccia. Volevo prenderlo a pugni. Come si permetteva di dirmi una cosa del genere?
“Ho un ragazzo.” Dissi a denti stretti. “E, anche volendo, non uscirei con te nemmeno se fossi l’ultimo uomo sulla faccia della terra.”
Poi gli cacciai in mano il muffin che mi aveva comprato e tornai al tavolo dalle mie amiche. Tanto avevo perso l’appetito. Brian mi era sembrato così viscido da farmi sentire il bisogno di farmi una doccia.
“Non avevi fame?” Mi chiese Cassie quando tornai al tavolo.
“Sì, ma il caso ha voluto che io incontrassi Brian e adesso ho la nausea.” Risposi. Scoccai un’occhiataccia nella direzione del ragazzo, che era già sparito, e poi scossi la testa. “Stavamo dicendo… quindi uscirai con il tuo collega, Elle?” Domandai. Volevo cambiare argomento. Mi sentivo a disagio e non volevo più pensare a Brian e alla sua proposta.
 
“Ma ieri non eri agitata! Vedrai che andrà tutto bene.” Mi sussurrò Harry. Eravamo in ascensore e stavamo per arrivare al sesto piano dell’appartamento a Irving Place. Al suo interno avrei conosciuto Anne, la madre di Harry, Gemma, sua sorella, e Robin, il patrigno.
“Ieri non mi avevi detto che sono la prima ragazza che presenti ai tuoi genitori!” Sibilai, lisciando con una mano la stoffa della gonna che stavo indossando.
“Kim?” Richiamò lui la mia attenzione. Smisi per un secondo di essere agitata e mi persi nei suoi occhi. “Ti adoreranno, sei perfetta.”
Emisi un piccolo verso di frustrazione e scossi la testa. Non ero perfetta e non sapevo come comportarmi con i genitori del mio ragazzo.
“C’è qualche argomento di cui non devo parlare?” Domandai.
“No. Devi solo stare tranquilla.” Replicò lui, avvicinandosi per darmi un bacio sulle labbra. L’ascensore si fermò con un piccolo salto e si aprirono le porte. “Vedremo come sarò agitato io quando mi presenterai alla signora Fletcher in Inghilterra.” Borbottò lui dopo qualche secondo. Quel pensiero mi strappò un sorriso e improvvisamente mi sentii più calma.
Fossette mi prese per mano e mi accompagnò in casa. Annunciò il suo rientro alla famiglia, che stava aspettando pazientemente sul divano nero, e poi cominciò a presentarci tutti.
Guardai la madre, Anne, e immediatamente capii da dove aveva preso tutta quella bellezza Harry. Era una donna stupenda. Mi salutò con un sorriso e poi mi abbracciò.
Gemma, la sorella maggiore di Harry, era bella quanto la madre e il fratello. In realtà era uguale a Fossette. Avevano lo stesso sorriso.
“Kim! Piacere di conoscerti!” Esclamò la ragazza. Anche lei mi abbracciò e poi mi strinse la mano. “Finalmente ti conosco! È da un bel pezzo che sento parlare di te!”
“Piacere mio, Gemma!” Risposi. Così Fossette aveva raccontato di me a sua sorella? Beh, in teoria era un buon segno, no?
Robin, un uomo alto con i capelli e i baffi grigi, mi strinse la mano e mi sorrise.
“È un vero piacere, Kim.” Disse.
“Piacere mio.” Replicai.
“Dov’è la banda di pazzi questa sera?” Domandò Anne, guardandosi intorno.
“Già, c’è troppa pace in questo posto!” Esclamò Gemma.
“Zayn è a cena con la gemella di Kim. Niall, Louis e Liam, invece, sono andati a casa di un loro amico a cena. Poi credo che usciranno, ma non mi hanno detto nulla di preciso.”
Ci accomodammo tutti al tavolo vicino alla finestra, da cui si vedeva il traffico di Manhattan, e cominciammo a chiacchierare. Fortunatamente Anne, Robin e Gemma erano persone simpaticissime e mi misero subito a mio agio, raccontandomi episodi divertenti su Harry. Scoprii che da bambino era davvero una peste, come mi aveva raccontato quella sera sul tetto del Roosevelt Hotel, e Gemma mi confermò che non lo sopportava.
“Cantava a ogni ora del giorno e della notte, era impossibile concentrarsi e studiare.” Disse, poi scoppiò a ridere.
Il suono del campanello interruppe le nostre risate e Harry andò a ritirare le pizze.
Non avevo mai incontrato i genitori di nessuno dei ragazzi con cui ero uscita – o almeno non in modo ufficiale – e mi ero sempre immaginata quel momento come qualcosa di imbarazzante. Pensavo che nessuno di noi avrebbe avuto nulla da dirsi e che avremmo passato minuti di orribile silenzio. Invece non si faceva in tempo a finire una frase, che qualcun altro stava già parlando. E la cosa bella era l’atmosfera che si era creata. Eravamo tutti allegri e continuavamo a ridere.
La famiglia di Harry era esattamente come immaginavo sarebbe stata una famiglia perfetta. Si volevano tutti bene e mi facevano sentire parte del gruppo. Era una bella sensazione.
 
“Spiegaci qual è il segreto, non ho mai visto mio fratello così felice con una ragazza.” Disse Gemma.
Ormai avevamo finito di mangiare e ci eravamo sistemati sui divani con delle bottiglie di birra. Eravamo tutti inglesi, noi eravamo abituati a bere dai diciotto anni e il limite dei ventuno ci sembrava eccessivo. Louis aveva rifornito il frigo, così ci eravamo serviti.
Guardai Fossette, che sorrise con un po’ di imbarazzo. Mi resi conto che anche per lui non doveva essere facile avere il coraggio di presentare una ragazza ai genitori.
“Beh, innanzitutto devo dire che all’inizio lei non mi voleva.” Replicò dopo qualche secondo.
“Ah, quindi è quello il motivo.” Disse la madre con un sorriso. “Hai dovuto fare fatica!” Esclamò e poi scoppiò a ridere.
“Di solito per lui è facile conquistare qualcuno. Lo è sempre stato da quando era alto così.” Raccontò Gemma. “Ricordo quando andavamo in vacanza al mare. Io dovevo portarlo con me e le mie amiche, perché mamma non voleva che lo lasciassi da solo. Dopo mezz’ora le aveva conquistate tutte. Lo seguivano ovunque e pendevano dalle sue labbra. Non so come faceva, giuro! Erano anche più grandi di lui di tre anni!” Esclamò.
“Ehi, non chiederlo a me. Io ero solo un bambino!” Si giustificò lui.
“Sono le fossette.” Dissi con sicurezza. “Se non le avessi avute non ti avrei degnato di un secondo sguardo.” Aggiunsi in tono scherzoso.
“Certo, certo.” Replicò il ragazzo, scuotendo la testa e ridendo.
“Siete proprio una bella coppia.” Disse Anne, sorridendo. “Sono contentissima di averti conosciuta, Kim. Quando tornerai in Inghilterra sarai la benvenuta da noi tutte le volte che vorrai.”
“Grazie.” Replicai. “Anch’io sono felicissima di avervi conosciuti.”
Robin, Anne e Gemma si alzarono dal divano e si avviarono verso la porta.
“Noi torniamo in hotel, perché non ci siamo ancora abituati del tutto al fuso orario e siamo un po’ stanchi.” Disse la madre del ragazzo. Guardai l’orologio e notai che, in effetti, avevamo fatto tardi. Ci eravamo fermati a chiacchierare ed era quasi mezzanotte. Io avrei dovuto andare al lavoro il giorno successivo, ma non mi importava.
Dopo esserci salutati tutti, i familiari di Harry lasciarono l’appartamento e noi ci ritrovammo da soli. Fu una questione di pochi secondi prima che ci ritrovammo a baciarci e ad inciampare l’uno nei piedi dell’altra per raggiungere la camera da letto.
 
Il mattino successivo mi svegliai abbracciata a Harry e con la sensazione che nulla avrebbe potuto andare storto durante quella giornata. Non mi ero mai sentita in quel modo in tutta la mia vita e non avevo idea del motivo per cui provassi certe cose. Ero innamorata di lui, ormai era palese. Lo sapevo io, lo sapeva anche lui e, probabilmente, lo sapevano anche tutti i nostri amici e la sua famiglia. E la cosa più bella era che lui ricambiava i miei sentimenti.
“Buongiorno.” Mormorò il ragazzo, girandosi verso di me e aprendo gli occhi lentamente. La mia sveglia aveva cominciato a suonare e avevo meditato di lanciarla fuori dalla finestra. Per quale motivo avrei dovuto lasciare quel letto?
“Buongiorno.” Risposi, sorridendo automaticamente appena il mio sguardo incontrò il suo. “Mi dispiace di averti svegliato così presto.”
“Ma figurati.” Replicò Harry. “Tanto volevo alzarmi comunque, perché ho delle cose da fare.”
“Okay, va bene. Continua pure a fare il misterioso.” Scherzai.
“E tu preparati per andare al lavoro, se no farai tardi.” Rispose lui.
“No.” Borbottai. “Prima devo fare una cosa.” Mi avvicinai e posai le labbra sulle sue. Lui mi abbracciò istintivamente ed io mi sentii completa e felice.
“Ti amo, Harry.” Mormorai nel suo orecchio. Era la prima volta che dicevo quelle parole ad alta voce. Certo, gli avevo confessato di essermi innamorata di lui, ma dire “ti amo” era diverso. Era terrificante ed elettrizzante nello stesso momento.
“Ti amo anch’io, Kim.” Rispose lui. “E adesso vai, non voglio che tu commetta il primo grande errore per colpa mia. So che Sophia odia chi arriva in ritardo.”
Con riluttanza, mi alzai dal letto e raggiunsi il bagno.
Quando tornai nella zona giorno, trovai Harry seduto al tavolo con due tazze di caffè e due muffin.
“Ho fatto una corsa da Starbucks e ho preso la colazione.” Spiegò.
Avevo trovato il ragazzo più perfetto del pianeta.

***


Quella mattina Amber non si presentò al lavoro. Mi mandò un messaggio, dicendomi che aveva avuto un’urgenza ed era dovuta correre dal dentista e mi aveva chiesto di aiutarla in caso Sophia avesse avuto bisogno di qualcosa da lei.
“Kim, ho bisogno di te!” Urlò la mia datrice di lavoro dallo studio. Stava scattando foto a due modelle per una rivista di moda, mentre io mi destreggiavo tra il mio ruolo e quello di Amber.
“Arrivo!” Replicai. Era stata una mattina infernale e non vedevo l’ora del momento del pranzo per rilassarmi un po’. Avevo già programmato di comprare qualcosa di veloce e andare a mangiarlo al parco.
“Ho bisogno di spedire questa attrezzatura allo studio del mio amico Alec, con la massima urgenza. Abbiamo girato insieme il video per il suo matrimonio e questo proiettore e la pellicola devono arrivargli tassativamente entro domani sera.” Spiegò. “L’indirizzo è sul tavolo di fianco al computer. Te ne occupi tu?”
“Certo.” Risposi. Spostai lo scatolone che mi aveva indicato la donna alla scrivania di Amber, recuperai il foglio con l’indirizzo e chiamai il servizio di consegne per organizzare il ritiro.
Proprio mentre stavo chiudendo il pacco con il nastro adesivo vidi lo schermo del mio cellulare illuminarsi. Sorrisi istintivamente alla vista della foto della parte inferiore del viso di Harry e risposi, dopo essermi assicurata che Sophia non fosse nei paraggi. Fortunatamente aveva la musica piuttosto alta in studio, quindi potevo rispondere.
“Sei pazzo?” Sibilai.
“No, volevo solo sentirti per dirti una cosa.” Replicò lui con tranquillità.
“Dimmi. E fai veloce, perché sto lavorando e non voglio che Sophia mi scopra.” Sussurrai. Poi riuscii in qualche modo a tenere il telefono in equilibrio tra l’orecchio e la spalla, mentre scrivevo l’indirizzo della consegna sulla bolla che avevo appena applicato allo scatolone.
“Ti amo.”
Alzai gli occhi dallo scatolone e sorrisi. Mi aveva telefonato per quello?
“Tu sei completamente pazzo.” Risposi, ridendo. Cercai di capire perché le farfalle nello stomaco non erano mai sparite, nonostante ormai stessimo insieme da poco più di due mesi. Erano ancora lì e le sentivo svolazzare ogni volta che sentivo il suo nome o la sua voce o lo vedevo. E l’idea che mi avesse chiamata solo per dirmi che mi amava mi rendeva piuttosto felice.
“Beh sì, tecnicamente sono pazzo di te.”
“Harry?” Lo chiamai. “Ti amo anch’io.” Aggiunsi.
Lo sentii ridacchiare dall’altra parte del telefono. Terminò la conversazione ed io cominciai a riflettere. Mi fidavo di lui e lo amavo. E il mio terrore era che potesse fare qualcosa che lo rendesse più umano, meno perfetto. Avevo paura di smettere di provare qualcosa per lui, di trovare qualcosa che me lo facesse odiare.
 
All’ora di pranzo salutai Sophia, recuperai la mia giacca e uscii di corsa dallo studio. Nella fretta andai a sbattere contro un ragazzo che stava entrando.
“Scusa!” Esclamai, massaggiandomi la spalla.
“No, scusa tu.”
Brian. Cosa diavolo ci faceva fuori dal mio posto di lavoro? Alzai lo sguardo su di lui e gli rivolsi un’espressione sorpresa.
“Cosa fai qui?” Domandai alla fine.
“Mi sentivo in colpa per quello che ho detto quando ci siamo visti in caffetteria e volevo chiederti scusa. Non sono riuscito a smettere di pensarci per praticamente un mese.”
“Okay, ma come sapevi dove trovarmi?”
Manhattan non era enorme, ma il fatto di aver trovato Brian nella caffetteria in cui ero e poi davanti al mio posto di lavoro cominciava a essere inquietante.
“Mi avevi detto il nome della fotografa per cui lavori, così ho cercato il suo studio su Internet. Mi sentivo una merda, te lo giuro.”
Giusto, mi ero completamente dimenticata di quello che ci eravamo detti. L’avevo rimosso dalla mia mente. Dovevo smettere di essere così paranoica.
“Per farmi perdonare ho pensato di invitarti a cena.”
Roteai gli occhi al cielo.
“Grazie, Brian.” Dissi, cercando il modo migliore per rifiutarlo. “Ti perdono per quello che hai detto in caffetteria, ma non sono interessata a venire a cena con te.”
Stava cominciando a darmi sui nervi.
“Lo so, Kim. Sono stato veramente uno scemo a comportarmi come mi sono comportato, ma giuro che voglio solo chiacchierare da amici. Una semplice cena, ci raccontiamo quello che è successo in questi anni e poi amici come prima.”
Avrei voluto rispondergli che non volevo rimanere sua amica, ma forse andare a cena con lui era l’unico modo per levarmelo di torno.
Che cosa avrei potuto fare?

 



Buongiorno da Roma! Ecco il nuovo capitolo!
Scopriamo cosa voleva Brian (non è viscidissimo??), vediamo l'incontro tra Kim e la famiglia di Harry, momenti teneri tra i due, e poi... ecco rispuntare il viscidone. Non pensate anche voi che sia parecchio strano che questo tizio sia rispuntato dopo anni e sia riuscito a incontrare due volte Kim in una città con tante persone come New York? Che dite, c'è sotto qualcosa che non va?
Martedì prossimo posterò il prossimo capitolo e vi anticipo che cominceranno i casini per Kim al lavoro. Cosa succederà? Di chi sarà la colpa? E, soprattutto, verrà licenziata?
Grazie per aver letto e per tutto! A martedì prossimo e spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
Un bacione <3

 

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Capitolo 20
*** The First Big One ***




Capitolo 20 – The First Big One
 

Guardai Brian negli occhi per qualche secondo. C’era una luce strana nel suo sguardo, qualcosa che non mi piaceva. Ci avevo riflettuto per qualche minuto. Sì, certo, avrei potuto andare a cena con lui una volta e non vederlo mai più, ma perché avrei dovuto? Io non volevo avere niente a che fare con quel pallone gonfiato.
Avrei voluto essere una di quelle persone in grado di perdonare e dimenticare, ma la realtà era che io non ero così. Non lo sarei mai diventata. Non potevo e non volevo perdonare Brian per quello che era successo anni prima.
“Mi dispiace, ma non voglio venire a cena con te.” Dissi.
“Perché no? Hai paura di provare qualcosa per me e di tradire il tuo fidanzato? Se poi ne hai uno, perché magari te lo sei inventata per non fare brutta figura.”
In pochissimi secondi si era trasformato nello stronzo che avevo incontrato in caffetteria.
“Vai al diavolo, Brian.” Mormorai. Poi ricominciai a camminare e mi avviai verso il supermercato per andare a comprare il pranzo.
 
Non raccontai nulla a Harry, perché non volevo che si arrabbiasse per niente. Brian era uno stronzo. Lo era sempre stato e non c’era nemmeno bisogno di sprecare parole su di lui.
Il pomeriggio successivo sentii Amber chiamare Sophia dalla sua scrivania e, dopo pochi secondi, un boato.
“KIMBERLY!”
Abbandonai immediatamente tutto quello che stavo facendo e raggiunsi la fotografa e la receptionist. Sophia aveva il viso rosso ed era furiosa. Non l’avevo mai vista in quelle condizioni e, francamente, ero un po’ spaventata.
“S-sì?” Risposi. Cercai di rendermi invisibile. Non era una donna particolarmente alta o imponente, ma vederla in quelle condizioni mi terrorizzava.
“Che diavolo hai fatto?” Urlò lei. “Lo vedi quello? LO VEDI?”
Si spostò appena per farmi vedere l’oggetto che l’aveva resa così arrabbiata. Quando mi resi conto di quello che stavo guardando, sbiancai. Lo scatolone con il filmato e il proiettore che avrebbero dovuto arrivare allo studio del suo amico tassativamente entro quella sera. Quello che avevo spedito io. Cos’era andato storto?
Amber, di fianco a Sophia, aveva gli occhi sgranati e sembrava impaurita.
“S-sì.” Ripetei. La mia voce era così bassa che non ero sicura che la donna mi avesse sentita.
“Come diavolo hai potuto sbagliare una cosa così semplice? Hai messo il nostro indirizzo al posto del destinatario e quello dello studio di Alec al posto del mittente! Sai cosa vuol dire questo? SAI COSA VUOL DIRE?”
“C-che ho sbagliato e mi dispiace tantissimo.” Mormorai, abbassando lo sguardo. Come potevo aver fatto un errore così grande?
“Questo vuol dire che Alec non avrà il filmato! Questo vuol dire che la moglie di Alec non avrà il giorno perfetto che si meritava! Questo vuol dire che, per colpa tua, il matrimonio di due miei cari amici è stato rovinato!” Esclamò.
Sentii le guance avvampare e gli occhi cominciarono a bruciarmi. Non potevo piangere in quella situazione. Non dovevo. Avevo fatto un errore e dovevo assumermi la responsabilità.
“Mi dispiace, Sophia.” Dissi. “Mi dispiace tantissimo.”
“Sappi che devi risolvere questo problema. Non mi interessa come farai, ma dovrai risolverlo altrimenti potrai considerarti licenziata.” Replicò la donna a denti stretti.
Cominciai a riflettere. Lo studio di Alec era a Philadelphia. Il giorno prima avevo controllato su Google la distanza e sapevo che in auto ci si mettevano più o meno due ore. Il problema era che io non avevo un’auto e non avrei nemmeno saputo come guidare dall’altra parte della strada.
Sophia si chiuse nel suo studio e mi disse di non disturbarla per nessun motivo e di concentrarmi sul trovare un modo per risolvere quel casino.
“Amber, tu hai una macchina?” Domandai. La ragazza scosse la testa.
“No, tesoro, mi dispiace. Sono nata e cresciuta a Manhattan, ho sempre e solo usato i mezzi pubblici. Non ho mai nemmeno fatto la patente.” Rispose lei.
Mi sedetti su una delle poltroncine nella zona adibita a sala d’attesa e presi la testa tra le mani. Come avrei potuto risolvere quella situazione? Un taxi da New York a Philadelphia mi sarebbe costato tantissimo.
Poi mi tornò in mente Harry, che pochi giorni prima mi aveva detto che aveva intenzione di affittare un’auto. Lui sapeva guidare in America. Recuperai velocemente il mio telefono, uscii dallo studio – non volevo farmi sentire da Amber – e lo chiamai.
“Ehi!” Esclamò lui. “Stavo per mandarti un messaggio.”
“Harry, sono nei guai.” Dissi immediatamente. Non c’era tempo per i convenevoli.
“Che succede?”
“Ho fatto un casino al lavoro e verrò licenziata se non lo risolverò. Tu… tu hai affittato l’auto di cui mi parlavi? Perché dovrei andare a Philadelphia entro questa sera e non so come fare, io…”
“Kim?” Il ragazzo richiamò la mia attenzione. “Amore, calmati.”
Nonostante l’agitazione per il disastro che avevo combinato, non riuscii a non notare che mi aveva appena chiamata amore. Ma non era il momento di perdere la testa per quello.
“Scusa.” Mormorai.
“Sei al lavoro? Vengo a prenderti immediatamente e partiamo.”
“Sì. Grazie, Harry. Mi salvi la vita.”
 
Fossette mi salvò davvero dal licenziamento. Sophia mi aveva detto che avrei potuto fare tre grandi errori prima di essere lasciata a casa, ma sapevo che rovinare il matrimonio di due suoi cari amici contava come almeno dieci enormi sbagli tutti insieme.
Una volta consegnato lo scatolone con la pellicola e il proiettore chiamai la fotografa per assicurarle che tutto era andato a buon fine.
“Sei stata davvero fortunata e per questa volta non ti licenzio.” Disse lei. “Ma sappi che conterò questo come il tuo primo grande errore anche se hai risolto. Ne hai ancora due e poi sei fuori.” Aggiunse prima di riagganciare.
Mi appoggiai allo schienale della Range Rover nera che aveva affittato Harry e sospirai.
“Cosa ti ha detto?” Mi chiese il ragazzo, spostando una mano dal volante alla mia gamba. La strinse leggermente e poi la riappoggiò sul cambio.
“Che per questa volta non mi licenzia, ma ancora due cazzate del genere e sono fuori.”
Una cazzata, in realtà. Pensai. Stare con Harry era stato il mio vero primo grande errore ed ero sicura che prima o poi Sophia l’avrebbe scoperto. Anzi, forse avrei dovuto confessare io, visto che le cose stavano diventando serie. Magari mi avrebbe permesso di continuare a lavorare con lei se gliel’avessi detto direttamente io. Speravo che potesse apprezzare la mia onestà.
“Per fortuna.” Commentò lui.
“Non hai idea di quanto mi abbia terrorizzata vederla in quel modo. Sembrava che stesse per esploderle il cervello da un momento all’altro.”
Rabbrividii al pensiero di aver fatto arrabbiare una persona così tanto. Tutti sapevano che Sophia era un po’ isterica – la sua reputazione spesso la precedeva – ma non avevo mai pensato di vederla così.
“Posso immaginare.” Disse lui. “Ehi, che ne dici se questa notte rimango da te?” Propose pochi minuti dopo.
Non avevo idea di quanta strada ci fosse ancora per arrivare a New York, ma speravo non molta. La tensione si era sciolta e mi sentivo stanchissima.
“Aspetta che mando un messaggio a Cassie.” Replicai, prendendo il telefono.
“Non ce n’è bisogno. Stanotte starà con Zayn.” Disse. Lo guardai per qualche secondo, in attesa di una spiegazione. “Quando sono uscito per venire a prenderti lei era appena arrivata e l’ho sentito dire agli altri che non sarebbe uscito con loro questa sera, perché voleva stare un po’ con lei.” Aggiunse.
“Oh.” Commentai. Poi sorrisi, perché la mia gemella si stava proprio divertendo con l’amico di Harry. Nessuna delle due aveva mai immaginato che lei potesse apprezzare storie del genere, ma mi aveva detto più volte che non si era mai sentita più viva o felice di quel momento.
 
A Manhattan era quasi impossibile trovare un parcheggio. Quando finalmente raggiungemmo il palazzo in cui abitavo, io cominciai a scendere dall’auto, mentre Harry andò a cercare un posto in cui lasciarla. Era quasi mezzanotte e non vedevo l’ora di sdraiarmi sul mio letto, perché ero stanchissima.
“Kim, sei tu?” Mi voltai immediatamente e vidi la sagoma di un ragazzo in penombra. Aveva una voce familiare. Era di nuovo Brian. Cosa faceva davanti a casa mia a mezzanotte? Cominciava davvero a spaventarmi.
“Che cosa diavolo fai qui?” Domandai, spaventata. “Come mi hai trovata anche qui?”
Lui si avvicinò e la luce di un lampione colpì il suo viso. Aveva un’espressione strana. Non mi piaceva.
“Da quando ho letto su Facebook che ti sei trasferita a New York non ho smesso di pensare a te per un minuto.” Disse.
“Noi non siamo amici su Facebook.” Replicai cautamente. Mi sarei ricordata di averlo aggiunto. E anzi, avevo visto più volte il suo profilo nella sezione “persone che potresti conoscere” e l’avevo accuratamente evitato, perché non volevo avere nulla a che fare con lui.
“Sì che lo siamo, solo che non lo sai.” Disse. “Sono Barbara Reed.”
Lo fissai per qualche secondo, confusa.
“Ti sei impossessato dell’identità di una nostra vecchia compagna di classe?” Domandai.
“Sì, sapevo che non mi avresti mai aggiunto con il mio nome.”
“Quindi stavo parlando con te quando… sei stato tu a chiedermi perché sarei andata a New York per un anno. Non Barbara. Sapevi già tutto quando ci siamo incontrati in caffetteria.” Dissi. Indietreggiai di qualche passo. “A proposito dell’incontro… Non è stato casuale, vero?”
Lui scosse la testa, avvicinandosi.
“No, hai fatto check-in su Facebook in quel posto. Io ero nei dintorni e sono corso lì per incontrarti di persona. Volevo vederti e volevo parlarti.”
“Stai lontano da me.” Lo avvertii, indietreggiando ulteriormente. Lui si fermò e mi rivolse un’espressione ferita.
“Non ti farei mai del male, Kim.”
Lo ignorai. Non avevo bisogno di aggiungere un altro problema alla mia vita.
“Lasciami stare e sparisci, Brian.”
Inserii la chiave nella serratura del portone del palazzo e il ragazzo mi prese per un polso. Mi diede uno strattone e mi fece voltare verso di lui.
“Ti chiedo solo di ascoltarmi, Kim. Dedicami cinque minuti.”
“Non ho neanche un secondo da perdere per te.” Risposi a denti stretti. “Lasciami il polso, mi stai facendo male.”
Brian allentò leggermente la presa, ma non mi lasciò andare.
“Voglio solo che tu sappia quanto mi dispiace per quello che è successo con Aria. Non avrei mai dovuto chiedere a lei di uscire. Avrei dovuto scegliere te. Avrei dovuto scegliere te.” Mormorò.
Mi guardai intorno, cercando una via d’uscita da quella situazione. Abitavo in una zona abbastanza residenziale e non stava passando nessun pedone in quel momento. Solo qualche automobilista, ma sicuramente non mi avrebbe sentita se avessi cominciato a urlare.
“Lo so.” Dissi. Forse avrei potuto persuaderlo a lasciarmi andare. “Dispiace anche a me, ma ormai è successo, Brian. Non possiamo cambiare il passato.”
“Ma possiamo cambiare il presente!” Esclamò lui, alzando improvvisamente la voce. “Puoi darmi una possibilità e possiamo sistemare tutto!”
La sua presa sul mio polso si strinse. Chiusi gli occhi e deglutii. No, non avevo idea di come scappare da lì.
“Ehi, cosa sta succedendo qui?” Sentii la voce di Harry. Voltai il viso e lo vidi avvicinarsi velocemente.
Grazie, grazie, grazie, grazie.
“Non sono affari tuoi. Sparisci.” Rispose Brian.
“Certo che sono affari miei. Quella è la mia ragazza e ti consiglio di allontanarti immediatamente da lei, prima che io chiami la polizia.” Replicò Fossette.
La stretta al mio polso si allentò e Brian si allontanò di qualche passo. Si avvicinò a Harry e lo osservò per qualche secondo con aria di sfida.
“Questo clown è il tuo ragazzo?” Mi domandò poi.
“Sì.” Risposi.
“Il cantante degli One Direction?” Chiese ancora, questa volta assumendo un tono ironico. “Ma fammi il favore…” Aggiunse.
Harry estrasse il cellulare, digitò ‘911’ sulla tastiera e mostrò lo schermo a Brian.
“Sto per chiamare.” Annunciò.
L’altro ragazzo assunse un’espressione spaventata e indietreggiò.
“Non voglio farti del male, Kim. Voglio solo parlarti.” Disse velocemente.
“Ed io non ho nessuna intenzione di ascoltarti, quindi vattene immediatamente. Non voglio mai più vederti.” Replicai.
Harry mi mise un braccio intorno alle spalle con fare protettivo, il telefono in mano e il numero della polizia pronto, e osservò Brian finché non decise di andarsene.
Quando riuscii ad entrare nell’ingresso del palazzo e a chiudere la porta dietro di me, mi sentii immediatamente più sicura. Tirai un sospiro di sollievo e lasciai che Fossette mi abbracciasse stretta.
“Chi era quello?” Mi chiese mentre eravamo in ascensore.
“Brian.” Dissi con tono piatto. “Un mio ex compagno di classe in Inghilterra. Uno stronzo epico.” Aggiunsi.
Fossette ed io ci sistemammo finalmente a letto e lui ascoltò pazientemente e attentamente tutto quello che gli raccontai, stringendomi ogni tanto per farmi capire che lui era lì e che non mi sarebbe successo nulla.
“Non riesco a capire perché si sta comportando in questo modo.” Dissi. “Anni fa è stato lui a illudermi e a spezzarmi il cuore. È stato lui a scegliere la mia amica al mio posto. È stato lui a non volermi. E adesso cosa pretende da me?” Domandai.
“Non lo so. Ma non ti succederà nulla, perché affronteremo questa cosa insieme.” Sussurrò Harry, accarezzandomi i capelli.
Sospirai e appoggiai la testa al suo petto. Nessuno dei due disse più nulla e cominciai a sentire gli occhi pesanti e la mente meno lucida.
Poi, tutto d’un tratto, un pensiero mi svegliò completamente.
“Harry?” Chiamai. Alzai la testa e lo guardai. Lui aprì leggermente gli occhi. “Harry, e se Brian dicesse in giro che tu hai detto di essere il mio ragazzo? E se qualcuno venisse a sapere che stiamo insieme? Devo dirlo a Sophia prima che lo scopra da sola.”
Fossette aprì completamente gli occhi e mi fissò, preoccupato. Non potevo prevedere quello che avrebbe fatto Brian, ma non mi sembrava una persona affidabile. Aveva finto di essere una mia vecchia compagna di classe per scoprire delle cose su di me, aveva controllato i miei movimenti su Facebook e aveva fatto in modo che ci incontrassimo già tre volte. Se avesse detto a qualche giornale di quella storia, sarei stata completamente fregata.

 



Eccoci con il nuovo capitolo di The Butterfly Effect! Inutile dire che avevate tutti ragione e che Brian è un essere inquietante e che ha mentito a Kim. Non era alla caffetteria per caso, ha controllato i suoi movimenti su Facebook e l'ha aggiunta con un profilo falso. Può essere più viscido di così?
Per fortuna che c'è Harry, però. Lui, che aiuta Kim a risolvere l'enorme casino che ha combinato al lavoro (e diciamocelo, un po' è stata colpa di Fossette, perché l'ha chiamata per dirle che l'amava mentre lei stava preparando il pacco e lei si è distratta ahah) e lui che la aiuta a liberarsi di Brian quando spunta sotto casa sua e la spaventa.
Sarà finita così? Brian dirà tutto ai giornali? Sophia scoprirà della loro relazione o Kim deciderà di confessare tutto prima? E verrà licenziata? Martedì prossimo scopriremo tutto con il prossimo capitolo!
Grazie, come sempre, a tutte le persone che hanno letto, a chi ha inserito la mia storia tra le preferite, seguite o ricordate e a chi recensisce sempre <3
Un bacione e alla prossima! Spero che il capitolo vi piaccia!

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Capitolo 21
*** The Confession ***




Capitolo 21 – The Confession

Quel giorno non riuscii a dire nulla a Sophia al lavoro. La mattina andò al matrimonio di Alec e durante il pomeriggio non trovai il coraggio. L’avevo appena fatta arrabbiare per quello stupido errore, non potevo dirle che avevo violato una delle sue uniche regole. Semplicemente non potevo.
Così quella sera chiesi alle mie amiche di cenare insieme. Chiesi loro di partecipare a una riunione d’emergenza e raccontai tutto quello che era successo.
“Stai dicendo che questo pazzo si è finto un’altra persona che conosci davvero su Facebook e ha seguito ogni tuo movimento?” Domandò Elle, scandalizzata.
“Dovresti denunciarlo per stalking.” Aggiunse Piper.
Cassie scosse la testa. Sembrava davvero arrabbiata.
“Vorrei sapere come ha fatto a scoprire dove abiti. Okay, la caffetteria l’ha vista su Facebook quando hai fatto check-in. Lo studio di Sophia è un’informazione pubblica. Ma l’indirizzo di casa? Non l’hai mai scritto da nessuna parte, vero?” Chiese la mia gemella.
“No, ci mancherebbe! Non ho mai nemmeno scritto in che zona di New York abito.” Replicai. Tra di noi calò il silenzio per qualche minuto. “Non so cosa devo fare. Ho paura che Brian possa fare qualche cazzata o che possa dire a qualcuno di Harry. E il fatto che sappia anche dove abito non aiuta. Ho paura di lui.” Aggiunsi dopo un po’.
“Magari minacciarlo di chiamare la polizia ha funzionato e si è spaventato.” Disse Elle.
“Non lo so.” Replicai, prendendo la testa tra le mani. “Non so più nulla.”
“In ogni caso credo che tu debba dirlo a Sophia, Kim. Ormai tra di voi le cose sono serie. Vi siete detti che vi amate e state insieme da più di un mese. È giusto che lo scopra da te e non da qualche giornale.” Disse Cassie.
“Pensa, quando la tua datrice di lavoro lo saprà sarete finalmente liberi di stare insieme anche in pubblico.” Aggiunse Piper.
Sospirai. Sapevo che avevano ragione. Avrei dovuto essere io la persona a dire a Sophia quello che stava succedendo. Eppure avevo paura. Ero a New York da poco più di due mesi, come potevo essermi già cacciata in una situazione del genere? Non volevo perdere il mio lavoro. Per me era davvero importante.
“Ehi, andrà tutto bene.” Disse Cassie.
“Sì, qualunque cosa succederà noi saremo qui per te.” Aggiunse Elle.
“Io ho fatto qualche lezione di Judo, potrei anche spaccare il culo a quell’idiota.” Intervenne Piper, facendoci scoppiare tutte a ridere. Quella battuta allentò un po’ la tensione e cercai di rilassarmi.
Il giorno successivo avrei detto tutto a Sophia. Avevo un ragazzo meraviglioso e un gruppo di amiche fantastiche. Sarebbe andato tutto bene.
“Parliamo d’altro adesso, per favore. Se penso ancora per cinque minuti a questa storia potrei impazzire.” Dissi. “Com’è sta andando con Zayn?”
Cassie sorrise e le si illuminò lo sguardo. Oh, era già innamorata.
“È bello stare con lui. È facile. Abbiamo… abbiamo deciso di rendere le cose un po’ più serie. Nel senso che mentre ci frequentiamo non usciremo con nessun altro, ecco.” Aggiunse e arrossì.
“Oh, Scopamici esclusivi, quindi!” Esclamò Elle. La mia gemella assunse una sfumatura di rosso che non credevo possibile e affondò il viso tra le mani.
“Elle!” Urlò dopo.
“Che c’è?” Chiese lei. “Comunque sono contenta per voi. Non so bene per quale motivo, ma sembrate fatti l’uno per l’altra anche se siete completamente diversi.”
“Non siamo poi così diversi.” Rispose Cassie. “Siamo entrambi timidi e riservati, siamo reduci da storie lunghe e importanti e abbiamo tante cose in comune.”
“Quindi avete già superato la fase ‘solo sesso’ e siete entrati in quella in cui vi state conoscendo meglio?” Domandò Piper.
“Per noi non è mai stato così, in realtà.” Rispose la mia gemella. “Abbiamo sempre parlato tanto.” Arrossì di nuovo e poi scosse la testa. “Ma basta parlare di me! È il turno di Piper. Devi aggiornarci su Niall!”
La ragazza sospirò e scosse la testa.
“Non ci sono aggiornamenti.” Disse. “Nonostante tutti i consigli di Elle non riesco a fargli capire che sono una ragazza e che sono interessata a lui. È come se non capisse che gli sto mandando tutti i segnali.”
“A volte i ragazzi sono proprio stupidi.” Commentai.
“Già, ed è per questo che cambieremo tattica.” Disse Elle. “Solitamente le ragazze non devono mai fare il primo passo, ma ci sono casi, come questo, in cui gli  uomini hanno delle fette di salame davanti agli occhi e non capiscono. Quindi è ora di fare la tua prima mossa.” Aggiunse la ragazza, raddrizzandosi sulla sedia.
“Cosa devo fare?” Domandò Piper.
“Hai due opzioni. La prima è semplice: lo inviti tu fuori a cena o comunque a un appuntamento.”
“E la seconda?”
“Lo baci.” Replicò Elle.
“Così? Dal nulla?” Piper sembrava scandalizzata.
“È l’unico modo per fargli capire che per te non è solo un amico, P. Se è così cieco da non vedere tutti i segnali, piantane uno grosso come una casa sulle sue labbra.”
La ragazza sgranò gli occhi, poi sorrise.
“Mi piace questo piano. Domani sera andiamo al cinema insieme, credo che troverò il momento giusto.”
“Poi facci sapere.” Disse Elle.
“E tu? Non ci hai detto più nulla sulla cena a cui sei andata con il tuo collega!” Dissi io.
“Oh, quello. No, non eravamo compatibili. Ho passato la serata più noiosa della mia vita e alla fine entrambi abbiamo deciso di non uscire più insieme. Siamo molto meglio come colleghi.” Replicò la mia amica. “Ma il mese scorso ho incontrato un ragazzo e abbiamo cominciato a uscire insieme da poco. Non vi ho detto nulla perché non volevo portare sfiga a questa nuova storia, ma ve lo presenterò presto! Anzi, prestissimo. Venerdì verrà a cena da noi.” Esclamò dopo un po’.
“Wow, allora è una cosa proprio seria!” Commentai con un sorriso. Lei annuì e arrossì.
“Ci siamo incontrati a Washington Square praticamente per caso. Io ero seduta su una panchina e stavo ascoltando la musica e leggendo, lui mi si è seduto di fianco e mi ha raccolto il segnalibro quando una folata di vento me l’ha fatto cadere.” Raccontò la ragazza. “Frequenta l’università e ha la mia età. È bellissimo, ragazze! Non vedo l’ora che lo incontriate!”
 
Per il resto della settimana non riuscii a trovare il coraggio di parlare con Sophia di quello che stava succedendo. Avevamo passato giornate cariche di lavoro e i pochi momenti liberi che avevamo li passavamo a sistemare l’attrezzatura, a parlare dei prossimi servizi fotografici e cose del genere. E la donna sembrava sempre nervosa e sull’orlo di una crisi di nervi, così arrivai a una conclusione: Brian non aveva ancora detto nulla a nessuno ed era passata una settimana. Evidentemente non voleva vendere la storia, giusto? Potevo aspettare ancora un po’ di tempo.
“Ti vedo distratta.” Disse Amber venerdì sera. Sophia era andata via prima per andare a una cena con vecchi colleghi dell’università ed io ero rimasta per sistemare lo studio.
Sospirai e appoggiai l’obiettivo costosissimo della macchina fotografica che stavo maneggiando sul tavolo.
“Devo parlare con Sophia, ma non trovo mai il momento giusto.” Risposi. La ragazza, che stava per tornare a casa, appoggiò la borsa sulla sedia e mi sorrise.
“È qualcosa di grave?” Domandò.
“No.” Dissi. “O meglio, potenzialmente. Forse potrei perdere il lavoro.” Dissi. Poi scossi la testa e mi appoggiai al tavolo. Sapevo che in qualche modo avrei dovuto dirlo alla mia datrice di lavoro, perché ormai le cose tra Harry e me andavano bene, eravamo entrambi decisi a far funzionare la nostra storia e dovevo essere onesta con lei. Ma come avrei potuto fare?
“Penso che tu non possa aver fatto niente di peggio di Luke.” Mormorò lei, abbassando la voce come se qualcuno potesse sentirci. “Sai quello che è successo, vero?”
“Non del tutto. Ho sentito delle voci.”
“Beh, allora lascia che te lo racconti.” Disse Amber. “Qualche tempo fa Sophia si stava mettendo d’accordo con Walter Hardy per diventare partner. Volevano aprire uno studio fotografico insieme e specializzarsi solo nel campo della moda. L’affare era quasi concluso, ma Luke ha fatto una cazzata enorme.”
“Ha parlato con qualcuno di qualcosa che non doveva dire, vero?” Domandai. La ragazza annuì.
“Una sera ha incontrato l’assistente di Hardy a cena e non sapeva ancora che fosse lui. Si è ubriacato un po’ e si è lasciato scappare che Sophia stava con un attore – suo cliente – ma che l’aveva tradito con un modello che aveva recentemente fatto un servizio fotografico per lo studio di Walter.”
Istintivamente portai una mano davanti alla bocca. Non poteva essere vero!
“No!” Esclamai.
“Sì!” Replicò Amber. “È stato orribile. L’assistente ha raccontato tutto a Hardy, che ha fatto saltare l’accordo e Sophia è stata lasciata dal suo compagno, che ovviamente aveva scoperto del tradimento con il modello.”
“Oh mio Dio.” Mormorai.
“Luke si è licenziato prima che tutto il casino scoppiasse e questa è stata una delle cose che ha dato più fastidio a Sophia.” Continuò Amber.
Quindi la regola del non uscire mai con i clienti derivava da quella brutta situazione. Quello era un ulteriore motivo per non confessare alla mia datrice di lavoro quello che stava succedendo. Contando quello che era successo a lei, se le avessi detto che stavo uscendo con Harry, mi avrebbe licenziata su due piedi.
“Sophia ha telefonato a Luke quando ha scoperto quello che era successo. Non l’ho mai sentita urlare così tanto! Era chiusa nello studio e riuscivo a sentirla dalla mia scrivania.” Raccontò la ragazza.
“Wow.” Mormorai. No, non potevo proprio rischiare. Dovevo solo sperare che Brian si fosse spaventato dopo la minaccia di Harry e che mi lasciasse stare. In fondo lui aveva detto di voler parlare con me e di non volermi fare del male, giusto? Non poteva guadagnare nulla dicendo in giro che stavo con Fossette. Anzi, così mi avrebbe solo allontanata ulteriormente.
Decisi di credere a quella teoria e di smettere di pensarci. Non avevo la minima voglia di affrontare quel problema. Preferivo mille volte infilare la testa sotto la sabbia e sperare che si risolvesse da solo.
 
“Non riesco a smettere di pensarci, è inutile.” Disse Piper, scuotendo la testa e mescolando con aria svogliata il contenuto della padella davanti a lei. Avevamo deciso di cucinare cibo messicano fatto in casa, perché piccante piaceva a tutte e, secondo Elle, il peperoncino era afrodisiaco. E lei voleva che quella serata finisse sotto le coperte.
“Vedrai che si risolverà tutto.” Cercò di rassicurarla Cassie.
Da quando era uscita con Niall e l’aveva baciato, qualche giorno prima, non aveva smesso di parlarne per un solo secondo. Continuava a rivivere la scena nella sua mente, ancora e ancora, cercando di capire dove avesse sbagliato.
“Mi ha guardata con aria terrorizzata e non ci siamo più sentiti da quella sera. Io non credo che si risolverà.” Rispose Piper. “Ho fatto una cazzata, ho rovinato la nostra amicizia.”
“Non hai idea di quanto mi senta in colpa per quello che è successo.” Mormorò Elle, sistemandosi i capelli davanti allo specchio. Era nervosa e agitata e non vedeva l’ora che incontrassimo il suo nuovo ragazzo.
“Non preoccuparti. Tu mi hai dato solo un consiglio. Sono stata io quella che ha deciso di baciarlo davvero. Forse non ho scelto il momento giusto… o forse lui non mi vede proprio come una ragazza e non è interessato a me.”
“Harry non mi ha detto nulla, quindi penso che Niall non ne abbia parlato con lui.” Dissi. “Però posso informarmi. Stasera dopo cena vado a casa loro.” Il programma, quella sera, era di cenare insieme alle mie amiche e al nuovo ragazzo di Elle e poi andare a casa di Harry, dove sarei rimasta a dormire.
“Non dire a Niall che ti ho detto qualcosa, ti prego.” Disse subito Piper, voltandosi verso di me e guardandomi con gli occhi sgranati. “L’ho già spaventato baciandolo, non voglio che pensi anche che sono una stalker psicopatica.”
“Non preoccuparti, so io come fare.” La rassicurai.
Nessuna di noi parlò per qualche minuto. Eravamo tutte assorte nei nostri pensieri. Ero sicura che Piper stesse pensando a Niall. Elle era agitata per la serata e Cassie, probabilmente, stava pensando a Zayn. Lo vedevo dalla sua espressione. Ed io stavo ovviamente pensando a Fossette, perché non passava minuto senza che il suo bellissimo sorriso si intrufolasse prepotentemente nella mia mente.
“Ricordami ancora come si chiama il tuo ragazzo, Elle? Non voglio fare una pessima figura quando mi si presenterà e mi dimenticherò il suo nome dopo mezzo secondo.” Disse improvvisamente Piper, riportando tutte alla realtà. La nostra amica si avvicinò al bancone della cucina, sorrise e sospirò.
“Matt.” Replicò. “Ha vent’anni e viene dal New Jersey. Per favore evitate le mille battute su Jersey Shore che so che vorreste fare. Soprattutto tu.” Aggiunse, puntando il dito contro di me.
“Io?” Dissi con finta aria innocente. “Non mi è venuto in mente proprio nulla.” Mentii. In realtà avevo sulla punta della lingua almeno sette battute da quattro soldi, ma sapevo che non era il momento. Elle era agitata e, in momenti come quelli, il suo senso dell’umorismo spariva completamente.
“Okay. C’è qualcosa di cui non vuoi che parliamo, oltre a Jersey Shore?” Domandò Cassie. Come al solito, era quella che aveva più tatto. Quella che si preoccupava di non essere inadatta alla situazione.
“Il New Jersey in generale. Qualunque cosa inerente all’università. È stressatissimo per lo studio e va in panico ogni volta che comincio a parlare di Letteratura.”
“Oh, studia quello?” Domandai.
“Sì, mi ha detto che è un poeta, ma per il momento non ha ancora scritto nulla su di me. E non mi ha ancora fatto leggere niente, perché si vergogna troppo. Ma vincerò io.” Replicò la ragazza con un sorriso.
“Altro?” Chiese Piper.
“La famiglia. Credo che sia un argomento delicato, perché quando ho provato a chiedergli qualcosa è diventato triste e ha cambiato discorso.” Rispose Elle.
Okay, quindi stava con un ragazzo con cui non poteva parlare dello stato in cui era nato e cresciuto, di quello che studiava e della sua famiglia? Di cosa diavolo parlavano quando erano insieme? Mi trattenni dal chiederlo ad alta voce, perché non volevo fare arrabbiare la mia amica.
Io non sarei mai riuscita a stare con qualcuno con cui non potevo parlare di niente. Certo, avrei trovato altri modi per passare il tempo, ma prima o poi la passione sarebbe affievolita. E quindi cosa sarebbe rimasto?
“Perfetto, no New Jersey, no università e no famiglia.” Disse Piper, come se stesse prendendo appunti. “Sono sicura che troveremo qualcosa di cui parlare.” Aggiunse. Dal tono della sua voce capii che era perplessa quanto me.
 
Quando sentimmo suonare il citofono ci spaventammo tutte. Sembrava quasi che avessimo sentito suonare un allarme, per quanto ci eravamo agitate. Elle schizzò davanti alla porta e cominciò a lisciare convulsivamente la sua maglietta. Cassie quasi si ribaltò sul divano e Piper lasciò cadere il cucchiaio di legno che aveva in mano. Io, invece, stavo chiacchierando via messaggio con Harry e rischiai di lanciare il telefono. Avremmo dovuto decisamente lavorare sulle nostre reazioni in caso di emergenza.
Elle aprì la porta e si lanciò letteralmente sul ragazzo, che indietreggiò di un paio di passi e poi la abbracciò. Si scambiarono un appassionato bacio e poi lui le porse un mazzo di fiori.
“Vieni, entra! Ti presento le mie amiche.” Disse la mia amica, chiudendo la porta alle sue spalle. Finii di mandare un messaggio a Fossette e poi alzai lo sguardo. Rimasi pietrificata per qualche secondo, provando un mix di emozioni contrastanti. Era un bellissimo ragazzo. Era alto, aveva i capelli scuri e gli occhi chiari. Portava gli occhiali da vista ed era pericolosamente uguale a Brian.
Elle lo presentò a Cassie e Piper e poi si avvicinò a me. Non riuscivo a smettere di fissarlo e mi sentivo a disagio. Non poteva essere davvero lui, vero? Si chiamava Matt, e veniva dal New Jersey. Brian era inglese.
“E questa è Kim, la gemella di Cassie.” Sentii dire la mia amica. Mi riscossi dai miei pensieri giusto in tempo per stringere la mano del ragazzo.
“È un vero piacere, Kim. Sono Matt.”
Provai un brivido lungo la schiena quando i nostri sguardi si incrociarono. Lui mi guardò a lungo e capii che non era pericolosamente uguale a Brian. Quel ragazzo era Brian. Solo che stava fingendo di essere qualcun altro e stava anche mascherando il suo accento.



'sera! Con un po' di ritardo sono riuscita a postare il nuovo capitolo! Scusate, ma oggi è stata una giornata piuttosto intensa (e non sono nemmeno riuscita a rispondere alle vostre recensioni, ma cercherò di farlo domani!)
Comunque, tornando a Kim. Non gliene va bene una, vero? Perché Brian sta fingendo di essere un'altra persona e ha cominciato a uscire con Elle? Cosa succederà?
Martedì prossimo scopriremo tutto!
Grazie per aver letto, per aver aggiunto la mia storia alle preferite, seguite o ricordate e per tutte le recensioni stupende che mi lasciate ogni volta! Vorrei riuscire a rispondervi e a dirvi quanto siete tutte meravigliose, ma devo già scappare fuori casa un'altra volta!
Vi lascio un bacione grande! Alla prossima <3

 

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Capitolo 22
*** The Truth ***




Capitolo 22 – The Truth
 

Che cosa potevo fare in quel momento? Dovevo cominciare a urlare, dicendo a tutti che Matt, in realtà, si chiamava Brian ed era un impostore? Che era il ragazzo che mi aveva rintracciata a New York perché voleva rimediare a un errore che aveva fatto in passato?
“Kim?” Mi chiamò Cassie. Com’era possibile che non l’avesse riconosciuto? Eravamo andati a scuola insieme. Ma, effettivamente, Brian era cambiato tantissimo da quando eravamo adolescenti e lei non l’aveva più visto. Anch’io non l’avevo riconosciuto quando l’avevo incontrato alla caffetteria. Non finché non mi aveva chiamata con l’odioso nomignolo che mi aveva affibbiato a scuola.
“P-piacere mio.” Mi costrinsi a dire.
Non potevo rimanere in quella situazione. Dovevo andarmene. Dovevo avvisare Elle e dirle che stava uscendo con un pazzo.
Mi scusai e raggiunsi la camera che condividevo con Cassie. Cos’avrei potuto fare? Il mio primo istinto fu quello di chiamare Harry, così cominciai a cercare il suo numero.
Prima che potessi premere il tasto verde, Brian si intrufolò nella stanza e richiuse silenziosamente la porta alle sue spalle.
“Cosa cazzo fai qui?” Domandai, indietreggiando. Lui appoggiò un dito sulle sue labbra e mi fece segno di stare zitta.
“Ho detto che sono venuto in bagno, quindi ho solo pochi minuti.” Mormorò.
“Mi metto a urlare se solo ti avvicini di un altro passo. E non so come ti sia venuta questa idea geniale, perché tra dieci secondi andrò a dire a Elle che razza di essere inquietante e bugiardo sei.” Lo avvisai.
“Oh no.” Disse lui, assumendo una finta espressione triste. “Oh no.” Ripeté. “Vedi, tu non dirai nulla a nessuno, altrimenti ti rovinerò. Sai, ho fatto una piccola ricerca sulla tua vita e ho scoperto che la tua datrice di lavoro odia quando le sue dipendenti frequentano i clienti del suo studio. E… ops, a quanto pare la band di quel clown di Harry Styles è proprio cliente della Warden!”
Abbassai lo sguardo. Non ero mai stata una di quelle persone che entravano in panico facilmente, ma in quel momento stavo quasi per sentirmi male dall’ansia.
“Come fai a sapere tutte queste cose?”
“Sono uscito a cena con la tua cara amica Amber, che lavora allo studio.” Replicò lui con naturalezza. “Non hai nemmeno idea di quante cose mi abbia confessato dopo un paio di bicchieri.”
“Tu sei pazzo.” Dissi. “E rivoltante.” Aggiunsi. “Cosa speri di ottenere facendo questo gioco? Uscendo con una delle mie coinquiline?”
“Accesso al tuo appartamento, tanto per iniziare.” Rispose lui. “Così potrò vederti più spesso e riuscirò a farti cambiare idea su di me. Staremo insieme, saremo felici.”
Deglutii. Brian era completamente folle. Mi stava spaventando e non avevo la minima idea di quello che avrei potuto fare.
“Sei malato.” Dissi.
“Mi hai reso tu così.”
Chiusi gli occhi e voltai il viso verso la parete. Non volevo nemmeno più guardarlo. Come avrei fatto a resistere a una cena intera? Dovevo proteggere Elle in qualche modo.
Senza aggiungere altro il ragazzo uscì dalla stanza e raggiunse le mie coinquiline.
 
Durante la cena dissi più o meno tre parole e mangiai pochissimo. Mi era venuta la nausea, mi faceva male lo stomaco e il cibo piccante non faceva altro che peggiorare la situazione.
Avevo escogitato un piano e dovevo metterlo in atto. Non solo per salvare me stessa, ma anche per riuscire ad evitare che Elle facesse uno degli errori più grandi della sua vita.
“Sei sicuro che non vuoi rimanere dopo cena?” Disse la ragazza, guardando “Matt” con un’espressione persa, tipica di chi si stava innamorando di qualcuno. Mi costrinsi a fissare il contenuto del mio bicchiere per non cominciare a urlare.
“Vorrei ma non posso, amore. Domani mattina devo alzarmi presto per studiare. Credimi, vorrei passare tutto il mio tempo con te, ma il dovere prima del piacere, giusto?”
“Come diceva il grande Shakespeare, giusto?” Domandai, incapace di trattenermi.
“Esattamente.” Rispose lui con un sorriso finto. Dio, quanto lo odiavo. Non riusciva nemmeno a fingere di sapere qualcosa sull’argomento che diceva di studiare all’università.
Scossi la testa e aspettai di vederlo uscire dall’appartamento. Mi veniva voglia di aprire le finestre e di disinfettare tutto l’ambiente. Avrei voluto lavare via ogni traccia della sua presenza, perché il solo pensiero della sua esistenza mi faceva venire il voltastomaco.
Ma sapevo cosa fare. Dovevo solo trovare il coraggio di farlo.
 
Appena “Matt” lasciò l’appartamento raccontai tutto ad Elle, che dapprima mi guardò semplicemente con aria confusa. Non riusciva a credere a quello che le stavo raccontando. Non voleva crederci, perché lei si stava innamorando di quel ragazzo, come era possibile che fosse solo un pazzo e un bugiardo?
Dopo vari tentativi la mia amica cominciò ad accettare che sì, c’era qualcosa che non andava in quel ragazzo. Non era possibile non poter parlare di nulla insieme a lui.
Piper ci aiutò a fare una piccola ricerca su Internet, e il risultato fu la prova finale che convinse definitivamente Elle.
Non esisteva nessuno con quel nome e quel cognome iscritto all’università e in rete non si trovavano informazioni su di lui, a parte il profilo Facebook falso.
Elle si lasciò andare a un pianto liberatorio, poi assunse un’espressione spaventata e infine si infuriò.
“Tu vai a fare quello che devi fare. Io, nel frattempo, raccolgo tutte le prove possibili e poi andiamo a denunciarlo.” Disse, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. “Quel maledetto psicopatico… mi stava usando per intrufolarsi nella tua camera! Per farti del male, magari!” Esclamò dopo qualche secondo.
“Kim, dammi il numero di Amber.” Disse improvvisamente la mia gemella. La guardai con aria confusa. “Matt… Brian ha detto di essere uscito a cena con lei per ottenere informazioni su di te. Possiamo farci raccontare quello che si ricorda e magari la sua testimonianza ci sarà utile per ottenere l’ordine restrittivo.” Aggiunse.
Annuii e scrissi velocemente il numero della mia collega su un foglietto.
 
Harry passò a prendermi in auto mezz’ora dopo la cena con “Matt”. Gli avevo detto che c’era stato un cambio di piani e che non volevo andare al suo appartamento. Invece gli chiesi di accompagnarmi a casa di Sophia.
Sapevo dove abitava, perché spesso mi spediva là all’ora di pranzo per portare il suo cane a fare una passeggiata. Sapevo anche che non aveva piani quella sera, perché aveva il vizio di farmi gestire anche la sua agenda personale, oltre a quella di lavoro.
“Sei sicura di voler fare una cosa del genere?” Mi chiese Harry dopo aver parcheggiato davanti a casa di Sophia.
No, non ero sicura di niente. Sapevo solo che dovevo porre fine a quella situazione prima che facesse stare male qualcuno.
“Sì.” Dissi con voce tremante. Gli avevo raccontato della cena e di tutto quello che era successo con Brian e lui aveva ascoltato attentamente, stringendo i pugni e scuotendo la testa. Era furioso.
“E sei sicura che non vuoi che io venga con te?”
Inspirai profondamente ed espirai un paio di volte prima di rispondere.
“È una cosa che devo fare da sola. Tu… tu aspettami qui. Sapere che ci sei mi aiuta, davvero.” Risposi.
“Kim, sai cosa dobbiamo fare dopo, vero?”
Annuii lentamente e mi morsi un labbro. Mai, in tutta la mia vita, avrei pensato di trovarmi in una situazione del genere per colpa di un ragazzo. Per colpa di Brian. Era sempre stato uno stronzo, uno a cui piacevano le ragazze e che ci provava un po’ con tutte. Ma non avrei mai immaginato che potesse arrivare a quel punto. Cosa gli era successo? Perché era diventato così? Mi spaventava. Anzi, mi terrorizzava.
“Lo devo denunciare.” Dissi. Non avevo molte prove. Solo il fatto che avesse creato un profilo di Facebook falso, impossessandosi dell’identità di una mia amica, e la testimonianza di Harry, che l’aveva visto davanti al mio appartamento e che mi prendeva per un polso. Speravo davvero che quello che avevo, più il racconto e le prove che avrebbe raccolto Elle, fossero abbastanza.
“Ed io sarò con te, d’accordo?”
“D’accordo.” Risposi.
Guardai fuori dal finestrino e notai la luce accesa alla finestra del salotto di Sophia. Era davvero in casa. In pochi minuti sarei andata davvero a parlarle. Speravo che le mie gambe non mi avrebbero tradita proprio durante i pochi passi che mi separavano dal suo appartamento.
Aprii la portiera dell’auto che aveva affittato Harry e, lentamente, uscii dalla vettura e percorsi la poca distanza fino alla porta. Sentivo un nodo in gola che mi rendeva difficile deglutire e gli occhi stavano cominciando a bruciare.
Fantastico, ci mancava solo che scoppiassi a piangere davanti alla mia datrice di lavoro. Quella giornata non avrebbe potuto andare peggio di così.
Fissai il citofono davanti a me per parecchi minuti prima di decidermi a pigiare il tasto. Non era tardi, erano da poco passate le otto e trenta. Fortunatamente la cena con Brian era cominciata presto e finita dopo poco.
Aspettai una quantità indefinita di secondi, poi sentii la voce metallica di Sophia.
“Chi è?” Domandò. Già me la immaginavo con gli occhiali da vista, i capelli spettinati, un bicchiere di vino in una mano e un buon libro in un’altra.
Perché avevo pensato che quella fosse una buona idea?
“S-Sophia, sono Kimberly.” Dissi. “Fletcher.”
“Kim?” Chiese lei. Aveva assunto un tono sorpreso e non la biasimavo. Anch’io, al suo posto, mi sarei chiesta che cosa ci facesse la mia assistente personale a casa mia a quell’ora. Di venerdì sera.
“Sì, sono io.” Dissi. “Sophia, devo parlarti urgentemente di una cosa importante.”
“Okay, sali pure.” Replicò lei. Il cuore cominciò a battere più velocemente quando la donna aprì il portone e guardai nella direzione in cui aveva parcheggiato Harry per darmi coraggio.
 
“Vuoi qualcosa da bere?” Mi domandò la fotografa dopo avermi fatta accomodare nel suo salotto. In quel momento una bottiglia di vodka non suonava male.
“No, grazie.” Dissi invece. L’alcool non avrebbe risolto nessuno dei miei problemi. “Scusa se sono piombata a casa tua a quest’ora, ma… non sapevo che altro fare.”
“Sei sicura di star bene? Sei pallida, mi stai facendo preoccupare.” Sophia si avvicinò leggermente a me e mi guardò per qualche secondo.
Io ormai stavo per piangere, lo sapevo. Avevo gli occhi gonfi di lacrime e bruciavano.
“Ho fatto una cazzata e, se deciderai di licenziarmi, capirò.” Cominciai a dire. Ora la fotografa aveva cambiato espressione, mi stava guardando con curiosità mista ad apprensione.
“Okay, ti ascolto.”
“So che mi avevi dato solo due regole quando ho cominciato a lavorare per te e… ne ho infranta una, Sophia. Mi dispiace tantissimo.”
“Che cos’hai fatto?”
“S-sto uscendo con uno dei tuoi clienti.” Mormorai e abbassai lo sguardo. Non potevo guardarla negli occhi. Non volevo vedere la sua espressione delusa e infuriata. “Ho cercato di dirtelo tante volte, ma non ho mai avuto il coraggio. Io… so di aver sbagliato e mi dispiace.”
“In che senso stai uscendo?” Chiese la donna.
“Stiamo insieme da poco più di due mesi.” Dissi a bassa voce, sempre rifiutandomi di alzare lo sguardo per incrociare il suo. Le lacrime cominciarono a scorrere sul mio viso. Io, Kim Fletcher, prima di trasferirmi a New York, piangevo raramente. Non credevo nell’amore e non pensavo che mi sarei mai trovata in una situazione del genere.
Sentii Sophia sospirare.
“Perché hai sentito il bisogno di dirmelo adesso, dopo due mesi?” Domandò. C’era curiosità nel suo tono di voce. Non mi sembrava arrabbiata. Ma potevo sbagliarmi, ovviamente.
“Beh, le cose tra di noi sono serie e volevo dirtelo io prima che tu lo scoprissi in qualche altro modo.” Dissi. Non volevo dirle che Brian mi stava minacciando. Quella era una situazione che dovevo risolvere da sola. E l’avrei fatto quella sera, ma prima volevo essere onesta con Sophia.
“Capisco.” Replicò lei dopo qualche minuto. “Sai come la penso, Kim. Non voglio che la reputazione del mio studio fotografico venga compromessa in nessun modo e quello che hai fatto è stata una mancanza di rispetto nei miei confronti. Ti avevo dato solo due regole, Kimberly. Ascoltami sempre e non uscire mai con uno dei miei clienti. Ti ci è voluto poco per fare di testa tua, vero?”
Finalmente mi decisi a guardarla negli occhi. Non era furiosa, ma era delusa. Si capiva dalla sua espressione.
Provai una stretta allo stomaco e chiusi gli occhi per qualche secondo. Quel discorso non avrebbe avuto un lieto fine, lo sapevo. Mi avrebbe licenziata. Era arrivato il momento di tirare fuori le unghie e combattere. Asciugai le lacrime sulle mie guance e cercai di calmarmi.
“So di averti delusa e credimi, è una sensazione orribile. Ma non ho fatto apposta a innamorarmi di lui, Sophia. Ho cercato con tutte le mie forze di resistere e di ignorare i sentimenti che provavo per lui, perché per me questo lavoro conta più di qualsiasi altra cosa, ma non ce l’ho fatta. Non volevo mancarti di rispetto.”
La donna mi osservò a lungo, senza dire una parola, e dentro di me la tensione continuò a crescere. Arrivai a sperare che mi licenziasse in fretta, perché almeno sarei riuscita a uscire da quella situazione.
L’incertezza, il non sapere quello che sarebbe successo (non di sicuro, almeno) mi stavano distruggendo.
“Se ti dicessi che per non essere licenziata dovresti lasciare il tuo ragazzo, cosa diresti?” Domandò infine.
La guardai, incredula. E pensai anche alla risposta, ma come avrei potuto scegliere? Da una parte l’idea di lasciare Harry mi sembrava completamente assurda. Avrei fatto prima a strapparmi il cuore dal petto e calpestarlo. Ero sicura che avrebbe fatto meno male. Dall’altra… come avrei potuto rinunciare al mio sogno? Essere licenziata da Sophia significava praticamente non lavorare mai più nel mondo della fotografia. Ed io sapevo che essere una fotografa era quello che volevo fare per il resto della mia vita.
“Non puoi farmi scegliere tra il mio cuore e il mio sogno.” Risposi alla fine. “Probabilmente è egoista e sbagliato, ma io non posso rinunciare a nessuna delle due cose.”
Dove era finita la Kim che aveva giurato che nulla avrebbe potuto mai mettersi tra lei e il suo lavoro? Dov’era finita la Kim che pensava che l’amore fosse una cosa inventata dagli umani per giustificare la voglia di andare a letto con qualcuno?
Con quella risposta mi ero appena assicurata un calcio nel didietro e tanti saluti. Avevo appena distrutto il mio sogno con le stesse mani.
Cassie mi aveva fatto guardare “Il Diavolo Veste Prada” almeno quindici volte, perché era uno dei suoi film preferiti. Ed io, tutte le volte, le dicevo che non capivo perché la protagonista si era licenziata per tornare da quello sfigato del suo ragazzo. Aveva tutto quello che poteva desiderare. La sua carriera stava andando benissimo. E lei aveva buttato via tutto per amore. Beh, per quello e perché non le piaceva la persona che era diventata.
Io non avevo le idee chiare. Per niente. Ma sapevo che non avrei mai potuto scegliere tra Harry e il mio lavoro. Era impensabile perdere uno dei due.
“Sei davvero sicura della tua risposta?” Mi domandò la donna, scrutandomi da sopra gli occhiali.
Quello era il momento in cui avrei potuto cambiare idea. Avrei potuto dirle che avrei lasciato Harry per non farmi licenziare, ma non sarei mai riuscita a farlo davvero.
Annuii, rendendomi conto di aver fatto una scelta, in fin dei conti. Avevo scelto Harry al posto del mio lavoro.
“D’accordo, allora parliamoci chiaro.” Cominciò a dire la donna. Ero così agitata che mi accorsi di stare tremando leggermente.



Ecco il nuovo capitolo! Anche oggi sono in ritardo, quindi mi scuso!
So già che mi odierete quando leggerete a che punto ho interrotto il capitolo, sono già pronta agli insulti! ahahah
A parte gli scherzi, martedì scopriremo la decisione di Sophia e vedremo come andrà avanti la storia. Kim verrà licenziata? Riuscirà ad andare a denunciare Brian? E tutto quello che è successo come cambierà il rapporto tra Harry e Kim?
Grazie per aver letto fin qui, grazie se avete aggiunto la storia tra le preferite, seguite o ricordate e grazie a tutte le persone che mi lasciano sempre le recensioni! Mi stupite ogni volta!!
Alla prossima e un bacione!

 

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Capitolo 23
*** The Breakfast Club ***




Capitolo 23 – The Breakfast Club
 

“Avevo pensato di licenziarti, perché alla fine hai violato una delle uniche due regole. Ma c’è qualcosa in te che mi fa esitare.” Disse Sophia dopo qualche lunghissimo minuto.
Alzai lo sguardo, sentendomi un po’ sollevata. Non mi stava licenziando? Potevo tenere il mio ragazzo e il mio lavoro? Stavo sognando?
“Vedo un fuoco dentro di te, una passione che mi ricorda me stessa alla tua età. Anch’io ho fatto tanti errori – Dio solo sa quanti ne ho fatti – eppure sono ancora qui, perché qualcuno mi ha dato una seconda possibilità.” Continuò la fotografa. “So benissimo che non si può decidere di chi innamorarsi. Se si potesse non avrei fatto metà degli sbagli che ho fatto. Contiamo questa cosa come il tuo secondo grande errore, d’accordo? Ti do l’ultima possibilità e al prossimo errore ti licenzio sul serio.”
“Grazie, Sophia. Grazie davvero.”
“Non ringraziarmi. Da oggi sarò ancora più dura con te. Dovrai dimostrarmi che ci tieni davvero a questo posto di lavoro. Voglio che mi dimostri quanto vali, perché so che sei brava. In realtà hai fatto più tu in due mesi che Luke in tutto il tempo che è stato con me.” Borbottò.
“Non ti deluderò.”
“Spero bene per te di no.” Sophia mi rivolse un mezzo sorriso. “E sappi che ho apprezzato il fatto che tu me l’abbia detto. Avresti potuto continuare a tenermelo nascosto, quindi la tua onestà ha giocato un grande ruolo nella mia decisione di non licenziarti.”
“Quando mi sono resa conto che le cose stavano diventando davvero serie ho pensato di dirtelo tante volte. Ma poi non ho mai trovato il coraggio.” Dissi.
“Deve esserci stato qualcosa che ti ha spinta a dirmelo.”
Scossi la testa. Sophia mi aveva detto che voleva che i suoi dipendenti avessero il coraggio di parlarle di tutto. Forse avrei dovuto essere onesta fino in fondo. E forse avrei potuto chiederle aiuto. In fondo era più adulta di me, magari avrebbe saputo come comportarsi davanti a quello che stava succedendo.
“Sono in una situazione un po’ brutta.” Risposi dopo un po’. Ormai avevo iniziato a parlare, tanto valeva dire tutta la verità. Le raccontai velocemente tutto quello che era successo e mi diede alcuni consigli su come affrontare la situazione.
“E adesso vai dritta a denunciarlo per stalking e a richiedere un ordine restrittivo nei suoi confronti. Se hai bisogno di aiuto posso chiamare il mio avvocato e ti aiuterà lui a compilare i moduli e tutto il resto.” Disse Sophia. “Perché non mi hai detto prima queste cose?”
“Volevo risolvere tutto da sola.” Mormorai.
La donna sospirò e mi mise una mano sulla spalla.
“Sei testarda proprio come me. Ti auguro in bocca al lupo per questa storia e se hai bisogno di aiuto non esitare a chiedere, d’accordo?”
“Grazie.” Riuscii solo a dire. In realtà avrei voluto esprimere la mia gratitudine attraverso mille altre parole, ma il nodo che avevo in gola sembrava bloccarle tutte.
“Adesso vai, ci vediamo lunedì al lavoro – ma puoi sempre chiamarmi per qualsiasi cosa.” Annuii e mi avvicinai alla porta d’ingresso. “A proposito, Kim? Non mi hai detto chi è il cliente di cui ti sei innamorata.”
Nonostante tutto un sorriso spuntò sulle mie labbra.
“Harry.” Dissi. “Harry Styles.”
 
La parte successiva fu difficile, ma liberatoria. Elle ed io, con l’aiuto dell’avvocato di Sophia, compilammo tutte le carte necessarie per ottenere un ordine restrittivo. In quel modo Brian non avrebbe più potuto avvicinarsi nessuna delle due, ai nostri posti di lavoro e al nostro appartamento. Non poteva più nemmeno contattarci e le conseguenze per la violazione di quei termini avrebbero persino potuto farlo arrestare.
 
“È finalmente finita, sei più tranquilla?” Mi domandò Harry quella sera. Eravamo finalmente riusciti ad andare al suo appartamento e a sistemarci a letto. Ero stremata, tutta la tensione della giornata mi aveva fatto diventare stanchissima. Mi sembrava di aver corso una maratona e in realtà non avevo fatto più movimento del solito.
“Più o meno.” Dissi. “Mi sembra ancora tutto così irreale. Brian che si è finto un’altra persona e si è messo con la mia coinquilina per avere accesso al mio appartamento e per controllare ancora più da vicino ogni mio movimento.” Aggiunsi. “E il fatto che pensasse che il suo piano avrebbe funzionato…” Continuai.
“È piuttosto ovvio che quel ragazzo abbia bisogno di aiuto.” Replicò Harry, accarezzandomi i capelli. Essere vicina a lui mi faceva sentire come se potessi superare tutto. “Ciò non toglie che se dovessi mai vederlo di nuovo, gli tirerei un pugno che si ricorderebbe per il resto della vita.” Aggiunse.
Un piccolo sorriso illuminò il suo viso e un pensiero si fece largo nella mia mente. Brian non poteva più avvicinarsi a me. Sophia non mi aveva licenziata. Quell’incubo era finito ed io ero libera. Libera di amare Fossette.
Peccato che avevamo ancora solo tre settimane insieme e poi lui avrebbe dovuto tornare in Inghilterra per le prove del tour. E poi… beh, avrebbe girato il mondo per mesi e non avevo la minima idea di quando sarei riuscita a rivederlo.
“Grazie per essere stato con me.” Mormorai, alzando lo sguardo. Guardai il profilo di Fossette e, per un momento, mi sentii debole. Era bellissimo. Come avevo fatto a conquistarlo?
“Scherzi?” Rispose lui, guardandomi. Ogni volta che quegli occhi verdi si puntavano sui miei, era come se tornassi al giorno in cui l’avevo incontrato. Il mio stomaco si contorceva e il mio cuore cominciava a battere più forte. Era così che ci si doveva sentire quando si era innamorati? “Sai cosa vuol dire questo?” Mi chiese il ragazzo dopo qualche minuto.
“Che cosa?”
“Che non dobbiamo più passare tutto il nostro tempo chiusi in casa. Vuol dire che posso finalmente portarti a un vero e proprio appuntamento.”
“Sei sicuro di volerlo fare?” Domandai. “Perché Sophia non mi ha licenziata, ma se ci vedono insieme cominceranno a scrivere articoli su di te e cose varie.” Dissi.
“No, so che è parte del mio lavoro. Le cose che vengono scritte su di me non mi toccano minimamente. Voglio davvero portarti fuori, andare a cena con te, fare una passeggiata al parco e fare tutte le cose che non abbiamo ancora fatto fino ad ora.” Rispose lui.
Nonostante tutto, sorrisi. Perché Harry era in grado di farmi sentire leggera come una piuma. Di farmi battere forte il cuore solo guardandomi o dicendomi una frase.
“Allora sentiamo, dove vorresti portarmi?” Chiesi.
“È una sorpresa e ho appena deciso di cambiare i piani per il weekend. Tu tieniti libera tutto il giorno domani.”
“Tutto il giorno?”
“Dobbiamo recuperare due mesi di appuntamenti.” Rispose lui. Ridacchiai come una ragazzina alla prima cotta e appoggiai la testa al suo petto. Chissà cosa lo rendeva così speciale. Chissà perché proprio lui era riuscito a farmi innamorare in quel modo.
“Cercherò di fidarmi di te, ma sarà difficile.” Dissi. Poi mi puntellai sui gomiti, lo guardai per qualche secondo e lo baciai.
 
Il mattino successivo, mentre Harry faceva una doccia, incontrai Zayn e Niall a colazione. Il ragazzo irlandese mi offrì una tazza di caffè ed io mi sedetti al bancone della cucina con loro.
“Buongiorno!” Esclamai. Quella mattina mi sentivo particolarmente positiva. Non riuscivo ancora a credere che l’incubo di Brian fosse finito. Certo, in un angolo remoto della mia mente c’era sempre un po’ di paura. Brian era pazzo, avrebbe potuto ignorare l’ordine restrittivo e presentarsi lo stesso a casa mia e cercare di farmi del male prima che io riuscissi a chiamare la polizia. Cercai di ignorare quei pensieri e mi concentrai sui due ragazzi davanti a me. Dovevo essere positiva e pensare che la denuncia e l’ordine restrittivo fossero abbastanza per tenermi al sicuro.
“Buongiorno!” Replicò Zayn con un sorriso. Puntai lo sguardo su di lui e lo osservai per qualche secondo. Non l’avevo mai visto così felice.
“Qualcuno è di buonumore.” Dissi. Il sorriso del ragazzo diventò più grande e cercò di nasconderlo bevendo un sorso del suo caffè.
“Devo chiederti una cosa.” Aggiunse Zayn dopo aver riposto la tazza sul bancone. “Ma ti prego, non ridere.”
“Rimarrò serissima, di qualunque cosa si tratti.” Risposi. Lui sembrò rilassarsi. Poi lanciò un’occhiata a Niall, che sembrava completamene disinteressato al discorso, e tornò a guardare me.
“In questo periodo mi sono trovato molto bene con tua sorella, ma…” Cominciò lui.
Oh, no. Quel ‘ma’ non prometteva nulla di buono. Non voleva che lasciassi Cassie per lui, vero?
“Ma vorrei che le cose diventassero più serie. Pensavo di volere qualcosa di casuale e semplice, ma ogni giorno che passa mi rendo sempre più conto di quanto io tenga a lei. E non so come dirglielo.” Concluse Zayn.
“Perché non le dici quello che hai appena detto a me?” Suggerii, rilassandomi. Sapevo che Cassie era cotta di lui, quindi ero felice di quello che stava succedendo.
“Perché con te è diverso. Sei un’amica. Lei…”
“Questa è la quantità più elevata di parole che abbia detto Zayney negli ultimi tre mesi, ecco perché non sa come dirlo a tua sorella.” Intervenne Louis. Ci girammo tutti a guardarlo e il ragazzo sorrise. Era appoggiato alla parete e non avevo la minima idea di quanto tempo fosse rimasto lì.
“Stai zitto, Louis.” Borbottò l’altro ragazzo. “Non so come dirlo a Cassie, perché ho paura che lei non voglia quello che voglio io.”
“E non potevi parlare di questa cosa con i tuoi amici? Sono offeso, Zayn.” Continuò Louis, avvicinandosi e rubando la tazza di caffè a Niall. Ne bevve un sorso e poi lo risputò. “Che schifo, non è tè!”
“Ehi!” Si lamentò il ragazzo irlandese.
“Forse preferivo parlarne con una ragazza. E per la precisione con la gemella di quella che mi interessa, non credi? Forse è un po’ più sensibile e intelligente di te.” Ribatté Zayn, guardando male l’amico.
“Sensibile? Fletcher?” Commentò Louis, guardandomi di traverso. Socchiuse leggermente gli occhi e scosse la testa.
“Ancora incazzato perché anche questa notte ti abbiamo spedito a dormire sul divano?” Domandai con finta nonchalance.
“La mia schiena verrà a tormentare i tuoi sogni. Sono a pezzi.”
“Boo-hoo.” Dissi, fingendo di asciugarmi le lacrime con i pugni. “A cosa ti serve poi quella schiena?”
“Uhm, forse a stare in piedi durante i concerti? A giocare a calcio?”
“Ma per favore. Sei una schiappa a calcio e lo sanno tutti.” Scherzai. Sapevo di averlo punto sul vivo. Louis sembrò diventare più alto e cominciò a gonfiare il petto.
“Non l’hai detto veramente.”
“Ehm, scusate? Possiamo tornare al mio problema?” Intervenne Zayn, richiamando la nostra attenzione.
“Scusa, hai ragione.” Risposi. “Comunque non preoccuparti, perché sono quasi del tutto sicura che anche a Cassie piacerebbe esplorare quello che c’è tra di voi.”
“Secondo te non è quello che hanno fatto finora, genio?”
Decisi di ignorare i commenti sarcastici di Louis e proseguire la conversazione con Zayn. Tanto poi avrei dovuto parlare con Niall. Dovevo sapere cosa stava pensando. Cos’era successo esattamente durante l’uscita al cinema con Piper.
“Proverò a parlarle questa sera a cena. Spero che tu abbia ragione.” Disse Zayn. Sembrava un po’ nervoso e avrei voluto assicurargli che la mia gemella avrebbe accolto la sua idea di diventare una vera e propria coppia a braccia aperte, ma la verità era che c’era una minima possibilità che lei dicesse di no. Forse non voleva ributtarsi a capofitto in una relazione dopo che era finita quella con Nathan.
“Buona fortuna.” Borbottò Louis, cominciando a scaldare un po’ d’acqua per la sua tazza di tè mattutino.
“Niall!” Esclamai dopo pochi secondi, facendo trasalire il ragazzo, che stava ancora osservando la tazza di caffè in cui Louis aveva sputato e che gli aveva rimesso in mano in malo modo. “Tu invece cosa mi dici? Novità?”
“Hai parlato con Piper, vero?” Chiese lui, parlando velocemente. Il suo accento irlandese gli donava una cantilena divertente e a volte era persino difficile capire quello che stesse dicendo.
“È così ovvio?” Domandai ancora. Lui sospirò e annuì.
“Le cose si fanno interessanti. Cos’è successo con Piper, Horan?” Intervenne Louis. Versò l’acqua bollente in una tazza, immerse il filtro del suo amato tè Yorkshire e si sedette di fianco a noi. Come se qualcuno l’avesse invitato.
“Niente.” Borbottò lui, evitando lo sguardo di tutti. Oh, quindi non aveva detto nulla a nessuno? Non sapevo dire se quello fosse un buon segno o meno.
“Mmh.” Dissi io, alzando un sopracciglio.
“Okay, Piper ed io siamo andati al cinema e mi ha baciato.” Confessò finalmente il ragazzo.
“E cosa c’è di strano?” Domandò Louis. Per un momento mi venne voglia di abbracciarlo.
“Niente, assolutamente niente.”
“Non avevi detto che la trovavi carina?” Chiese ancora Tomlinson, controllando il colore che aveva assunto il suo tè. Decise che non era ancora pronto e riprese a fissare il suo amico.
“Sì, ma non lo so. È successo tutto in fretta, io non ero pronto.”
“Andiamo, cosa sei? Una ragazza?” Louis sorrise e sembrò trafiggere Niall con i suoi occhi azzurri. Finalmente si era reso utile. Allora serviva a qualcosa!
“No, ma non me l’aspettavo, tutto qui.”
“Sai, lei è convinta di averti fatto arrabbiare, perché non ti ha più sentito da quella sera.” Dissi io. Niall spostò lo sguardo su di me e sgranò gli occhi.
“Non mi ha fatto arrabbiare! È solo che non so come comportarmi!”
“Beh, ecco un’idea: perché non la chiami e non la inviti a uscire, come farebbe qualsiasi ragazzo normale interessato a una ragazza che l’ha baciato?” Suggerì Louis con aria casuale.
“Ma non funzionerebbe mai. Tra tre settimane ripartiamo per l’Inghilterra, poi andiamo in tour per sette mesi… non c’è tempo per costruire una storia seria. Sappiamo tutti che le cose a distanza non funzionano!” Rispose Niall. Le sue parole mi trafissero esattamente all’altezza del cuore. “Riusciremmo ad essere una coppia solo se potessi portarla con me in tour, e non è il caso, visto che lei frequenta l’università.”
“Con Eleanor funziona da anni e non la porto quasi mai in tour, perché anche lei studia.” Rispose Louis. Mi lanciò una veloce occhiata e poi tornò a concentrarsi sul suo tè.
“Ma è diverso, voi siete una coppia da anni. Io parlo delle relazioni appena nate. Come fanno a funzionare? È impossibile. Soffriremmo in due e basta, è davvero da coglioni mettersi con qualcuno prima di partire per così tanto tempo.”
Altre pugnalate. Non ero sicura di voler rimanere in quella stanza.
“Complimenti per il tuo tatto, Niall.” Disse Louis. Questa volta il suo sguardo si fermò sul mio viso per più tempo, come se volesse controllare che effetto avevano avuto le parole del ragazzo irlandese su di me.
Sperai che dall’esterno non si vedesse che quelle poche frasi avevano appena fatto crollare il mio mondo e avevo cominciato ad andare in panico.



Finalmente ho postato il nuovo capitolo! Abbiamo scoperto la decisione di Sophia (avete avuto un po' paura, vero? :D), Kim ha denunciato Brian e, insieme ad Elle, ha ottenuto un ordine restrittivo nei suoi confronti. Sarà abbastanza? Speriamo di sì, vero?
E il periodo orribile che ha vissuto la nostra protagonista sembra essere finito e lei è libera di amare Fossette e anche di uscire di casa insieme a lui, perché ormai la loro relazione non è più un segreto. Ma ecco che entra in gioco Niall e dice una frase che fa crollare il mondo di Kim.
Cosa succederà nel prossimo capitolo? Vi anticipo che vedremo il primo, vero appuntamento di Kim e Fossette in pubblico e poi faremo un salto in avanti nel tempo :D
Grazie a tutte le persone che hanno letto e alle ragazze che recensiscono sempre <3 Grazie anche se avete inserito la mia storia tra le seguite, preferite o ricordate <3 <3
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi aspetto martedì per il prossimo!

 

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Capitolo 24
*** The First Real Date ***




Capitolo 24 – The First Real Date
 

Harry mi aveva promesso che avrebbe smesso di fare gesti romantici, ma per il nostro primo appuntamento non riuscì a trattenersi. A pranzo mi portò a fare un picnic al parco, tra i ciliegi in fiore e il sole caldo di fine aprile. Finalmente aveva smesso di nevicare e stavamo cominciando ad avere anche noi la primavera.
Poi avevamo iniziato a passeggiare nel parco come una coppia normalissima. Lui stava indossando un cappellino di lana e gli occhiali da sole e non l’aveva ancora riconosciuto nessuno. Forse perché stavamo camminando nelle parti meno frequentate di Central Park, ma fortunatamente non eravamo ancora stati interrotti.
“È diverso da quello che facciamo di solito.” Dissi. In quel punto del parco gli alberi facevano ombra e c’erano dei piccoli gazebo di legno in riva al lago artificiale. Non c’era nessuno intorno a noi. Ogni tanto passava qualcuno che faceva jogging o qualche scoiattolo attraversava il sentiero o si arrampicava su un albero, ma per la maggior parte del tempo eravamo soli.
“Ti piace?” Mi domandò Harry.
“Sì, mi piace tantissimo.” Replicai. Ed era la verità. Mi sembrava strano essere in pubblico con lui, ma nello stesso momento era bello. Così bello che provai l’impulso di prendere la sua mano. Ed io, prima di incontrare Fossette, pensavo che camminare mano nella mano fosse la cosa più idiota del mondo. “Ehi, non mi hai mai detto cosa ti hanno detto i tuoi quando ci siamo incontrati.” Aggiunsi dopo un po’.
Lui mi guardò per qualche secondo, poi scosse la testa.
“Nulla.” Mormorò e cominciò a fissare il sentiero.
“Nulla?” Sapevo che mi stava mentendo. Non era in grado di farlo.
“Mia madre mi ha detto una cosa, ma non voglio che ti arrabbi.”
Sapevo che le sue intenzioni erano buone, ma in realtà in quel modo non aveva fatto altro che farmi agitare.
“Posso sopportare tutto, Harry. Anche se tua madre ha detto che mi odia.”
“Non ti odia.” Replicò velocemente lui. “Mi ha solo detto di stare attento.”
Improvvisamente capii perché non mi aveva mai detto nulla. Erano passate settimane da quando avevo incontrato la sua famiglia e non eravamo mai tornati sull’argomento.
“In che senso?” Domandai. Ormai avevamo cominciato il discorso e lui sapeva benissimo che non avrei lasciato perdere.
“Mia madre è iperprotettiva, a volte dice cose senza senso.” Si giustificò lui.
“A cosa dovresti stare attento?” Chiesi di nuovo.
“Mi ha detto di non farmi spezzare il cuore da te.” Borbottò lui dopo un po’, senza guardarmi.
La madre di Harry credeva davvero che potessi fare qualcosa del genere? Forse aveva ragione, visto che l’avevo rifiutato più volte e avevo cercato di lasciarlo anche dopo la nostra prima volta. Ero una persona orribile. Persino sua madre se ne era accorta.
E poi c’era il fatto che ci saremmo dovuti dividere dopo poche settimane e nessuno dei due aveva la minima idea di cosa sarebbe successo. In quel momento decisi che sarebbe stato meglio infilare la testa sotto la sabbia ed ignorare il problema finché non ci sarei inciampata.
“Beh, probabilmente mia madre mi avrebbe detto la stessa cosa di te.” Scherzai. Mi obbligai a sorridere e a smettere di pensare alla sensazione orribile che provavo al petto. Quella era la nostra giornata. Il nostro primo appuntamento in pubblico. Non potevo permettere che nulla lo rovinasse, nemmeno la consapevolezza che da lì a poche settimane ci saremmo dovuti lasciare per sette, otto mesi.
“So che ci stai pensando anche tu, perché io non riesco a fare altro da settimane.” Disse Harry improvvisamente.
Mi voltai a guardarlo, ma non dissi nulla. Avevo capito quello che voleva dire. Annuii e basta.
“Supereremo l’ostacolo della distanza quando ci arriveremo, Kim.” Aggiunse. Non sembrava convinto. Sembrava che lo stesse dicendo per obbligarsi a crederci, ma vedevo dalla sua espressione che non era proprio il caso.
“Lo so.” Replicai. Harry strinse più forte la mia mano e continuammo a camminare in silenzio.
 
E lo stesso silenzio ci accompagnò per le successive tre settimane, tutte le volte che ci vedevamo. Sembrava che entrambi stessimo facendo una strana danza sulle uova. Nessuno dei due voleva romperle, ma loro erano lì e rendevano tutto più difficile.
Il giorno della sua partenza mi svegliai nel mezzo della notte, in panico. Mi allontanai da Harry, senza farmi sentire, e mi chiusi in bagno a piangere. Sapevo dal primo momento in cui l’avevo visto che sarei finita a fare una cosa del genere, eppure avevo deciso di uscire con lui lo stesso. Avevo permesso a me stessa di innamorarmi di lui e lo sapevo che avrei sofferto. Come avrei fatto a stare senza Harry per così tanto tempo?
Sentivo un peso sul petto, all’altezza del cuore. Avevo una brutta sensazione, come se sapessi che stava per succedere qualcosa. Qualcosa di più grande della partenza di Harry. Odiavo quella sensazione. Avrei voluto che sparisse.
Dopo essermi calmata e risciacquata il viso con dell’acqua fredda, tornai a letto e cercai di addormentarmi di nuovo di fianco a lui. Non riuscii a chiudere occhio, così quando suonò la sveglia del ragazzo - troppo presto – mi obbligai a sorridere e lo salutai con un bacio.
“Buongiorno.” Dissi. La voce mi tremava e mi sentivo come se potessi scoppiare a piangere da un momento all’altro. Ero un disastro, non sapevo come sarei riuscita ad arrivare al momento dell’arrivederci.
“Ehi.” Mormorò lui dolcemente, stringendomi a sé forse più del necessario. Come se volesse ricordare quella sensazione per sempre. Affondai il viso nell’incavo del suo collo e inspirai il suo profumo.
 
Cassie aveva dormito con Zayn. Anche se Niall era contrario a cominciare una relazione poco prima di partire per parecchi mesi, Zayn se ne era fregato e aveva chiesto alla mia gemella di diventare ufficialmente la sua ragazza. E lei aveva accettato, perché da brava inguaribile romantica, voleva avere la possibilità di vivere una fiaba con il ragazzo.
Piper, invece, aveva smesso di parlare con Niall dopo il bacio al cinema e lui non le aveva mai detto di essere interessato a lei. Aveva finto indifferenza e non l’aveva più contattata.
“È meglio così per tutti.” Aveva detto. E forse aveva ragione, visto quello che stavo provando quella mattina.
A colazione insieme a Cassie e al resto del gruppo non mangiai praticamente nulla. Avevo lo stomaco chiuso e volevo fermare il tempo. Volevo che Harry rimanesse con me per sempre e che non fosse obbligato a stare lontano da me per così tanto tempo. Per tre mesi ci eravamo visti praticamente tutti i giorni e dannazione, non mi ero mai innamorata di nessuno come l’avevo fatto per Fossette.
“Kim? Ti posso parlare un secondo?” Harry mi domandò dopo colazione. Gli altri ragazzi erano tornati nelle loro camere per finire di preparare i bagagli e Cassie aveva deciso di aiutare Zayn. Voleva passare più tempo possibile con lui prima di salutarlo, aveva detto. E la capivo. Oh, come la capivo.
Annuii e seguii Fossette nella stanza che all’inizio condivideva con Louis – che successivamente aveva deciso di trasferirsi in quella di Liam, perché era stanco di dormire sul divano – e chiusi la porta alle nostre spalle.
Forse Harry voleva salutarmi per bene in privato. Anch’io non avrei voluto piangere all’aeroporto, davanti a tutti. E sapevo che lui odiava farsi vedere piangere in pubblico, anche se era capitato qualche volta, me l’aveva raccontato.
Quando era stato eliminato a X Factor in Inghilterra non era riuscito a trattenersi e aveva cercato di asciugarsi le lacrime con il cappello di lana che aveva in mano, ma tutti avevano visto. E quel video era su YouTube, tutto il mondo poteva vederlo quando voleva.
Poi non era riuscito a trattenersi durante un’intervista dopo una performance andata un po’ male. Dopo aver cantato aveva cercato su Twitter tutti i commenti negativi nei suoi confronti e aveva pianto davanti a tanta cattiveria. Lui non capiva perché la gente che non lo conosceva davvero potesse odiarlo così tanto. E nemmeno io lo capivo, perché Harry era una di quelle persone che ti faceva innamorare di lui all’istante. Emanava energia positiva pura, era semplicemente adorabile.
E poi aveva pianto quando era andato in Africa durante un viaggio con il gruppo per beneficenza. Aveva visto i bambini in ospedale, le madri soffrire. Era dovuto uscire da quella stanza, perché non era riuscito a trattenere le lacrime. E anche quell’episodio era stato catturato dalle telecamere ed era online, visibile da tutto il mondo. E lui odiava il fatto che tutta quella gente potesse vedere il suo lato vulnerabile.
“Mi mancherai tantissimo.” Dissi, abbracciandolo e stringendolo forte. Mi ero abituata alla vita insieme a lui. Non avevo idea di come avrei fatto a resistere senza vederlo tutti i giorni. Senza baciarlo. Senza fare l’amore con lui.
“Kim…” Mormorò lui, allontanandomi leggermente. La sua espressione era strana. C’era qualcosa che non andava.
“Harry?”
“Kim, è meglio per entrambi se concludiamo qui la nostra storia.” Disse lui dopo qualche secondo. Lo guardai, sperando di non aver capito bene.
“Mi… mi stai lasciando?” Domandai. Ormai sentivo un gran peso sia all’altezza del cuore che allo stomaco. Avevo persino cominciato a tremare. Non poteva essere vero. Lui evitò il mio sguardo e puntò il suo sul pavimento. Aveva gli occhi lucidi. “Harry, non puoi lasciarmi.” Dissi.
“Non funzionerà mai tra di noi. Staremo lontani per otto mesi, Kim. Tra le prove e il tour, non ci vedremo per otto mesi. Come potrebbe funzionare? Soffriremmo entrambi e basta.” Replicò lui.
Sentii il mondo crollare sulle mie spalle e le lacrime cominciarono a scorrere sul mio viso.
“Non ti permetto di lasciarmi. Non dopo tutto quello che abbiamo passato in questi mesi.” Ribattei con voce tremante. “Non per un motivo così stupido.”
Harry chiuse gli occhi e rimase così per parecchio tempo. Immobile, in silenzio.
“Lo sto facendo per te. Tu non meriti questo. Meriti qualcuno che possa stare con te ogni giorno, che possa farti sentire amata, che possa farti vivere la storia dei tuoi sogni ed esserci sempre per te. Io non posso.”
Il tono della sua voce era basso e stava parlando lentamente. Le lacrime continuavano a rotolare sulle mie guance e mi sentivo vicina al crollo emotivo. Non potevo sopportare una cosa del genere. Non ero abbastanza forte.
“Non dire così.” Dissi. “Non dire che lo stai facendo per me, perché se tu stessi facendo davvero qualcosa per me… non mi lasceresti in questo modo. La verità è che stai per andare in tour, vuoi divertirti e sei un codardo. Ecco cosa sei.”
Essere arrabbiata con lui mi sembrava molto facile in quel momento. Ero furiosa. Avevo donato il mio cuore a Fossette e lui me lo stava restituendo rotto in mille pezzi.
“Io…” Cominciò a dire lui. Poi scosse la testa e vidi le lacrime rigare anche le sue guance. “Hai ragione. Ti sto lasciando perché non sono più innamorato di te.”
Fu come se mi avesse tirato un pugno nello stomaco. Lo sentii ribaltarsi ed ero sicura che se avessi mangiato qualcosa per colazione sarei stata male. Rimasi immobile davanti a lui, incapace di dire o fare qualsiasi cosa.
Harry non mi amava più. Avevo passato i tre mesi più belli della mia vita, mi ero innamorata con un’intensità mai provata prima e lui mi aveva lasciata. Perché non mi amava più. Aveva mai provato dei sentimenti per me? O era tutta una menzogna per passare tre mesi diversi dal solito?
Mi tornarono in mente le parole che mi aveva detto quando gli avevo confessato di essere innamorata di lui.
“Non ti farei mai del male. In nessun modo.” Aveva sussurrato sulle mie labbra. Menzogne. Erano tutte menzogne.
“Sei un maledetto bugiardo!” Esclamai poi. Ero furiosa, in quel momento avrei voluto distruggere tutti i mobili nella sua stanza. Invece mi avvicinai e gli tirai uno schiaffo. “Sei un maledetto bugiardo e ti odio. Vorrei non averti mai incontrato!” Aggiunsi.
Lui non disse nulla. Rimase lì in piedi, con la guancia rossa dove gli avevo tirato uno schiaffo, e lo sguardo rivolto verso il muro.
Lo odiavo così tanto che avrei voluto strappargli il cuore dal petto e calpestarlo, proprio come lui aveva appena fatto con me. Volevo che provasse almeno un quarto del dolore che stavo provando io in quel momento. E odio. Provavo così tanto odio da esserne spaventata.
Odiavo il giorno in cui l’avevo conosciuto, il modo in cui mi aveva guardata la prima volta, la sensazione delle sue labbra sulle mie, il calore del suo corpo, i suoi stupidissimi capelli, la sua voce, i suoi orribili tatuaggi e, soprattutto, odiavo me stessa per esserci cascata un’altra volta. Per essermi innamorata di lui dopo aver giurato che non mi sarei più fatta fregare dall’amore. Per essere stata insieme a lui per tre mesi e per essere stata fottutamente felice in quelle settimane. Mi odiavo per non essere stata in grado di stargli lontano, quando invece avrei dovuto.
Senza più dire nulla, recuperai la mia giacca dal letto, il cellulare dal comodino ed uscii dall’appartamento, sbattendo la porta e correndo fino a casa.
 
“Kim?” Cassie sussurrò, tirando appena indietro il piumone del mio letto. Emisi un grugnito e mi impossessai di nuovo delle coperte, infilandomi ancora più sotto.
Avevo passato tutto il weekend a letto e non avevo la minima intenzione di alzarmi. Avevo tenuto il cellulare spento, perché non sarei stata in grado di affrontare la mancanza di chiamate o di messaggi da parte di Harry. Nonostante tutto, continuavo a sperare che si pentisse di quello che aveva fatto e che cambiasse idea. Che mi chiamasse e mi dicesse che non era vero niente, che mi amava e che voleva stare con me per tutta la mia vita. Ma sapevo che la realtà era ben diversa, che non avrei ricevuto nessuna telefonata e allora avevo preferito tenere il cellulare spento.
“Vai via.” Mugugnai. Sentii la mia gemella sospirare e lasciare la stanza.
Da quando Harry mi aveva detto che mi voleva lasciare perché non era più innamorato di me, era come se qualcuno avesse strappato il mio cuore, lasciando un buco enorme nel mio petto. Un buco che non riuscivo a colmare in nessun modo. Continuavo a ripercorrere nella mia mente i tre mesi passati insieme, cercando qualche indizio, qualcosa che mi dicesse che era vero. Che lui non mi amava più e che non mi aveva mai amata. Che era stato tutto un terribile gioco. Ma niente di quello che ricordavo supportava quella teoria. Harry era sempre sembrato innamorato di me. Me l’aveva detto più volte, non riuscivo a capire cosa fosse successo. Cos’avessi sbagliato.
Più ci pensavo e più mi veniva voglia di rimanere sotto quel piumone per il resto della mia vita. Tanto non aveva più senso alzarsi. E la colpa era stata solo mia. Avevo dato io il potere a Harry di distruggermi. Lui l’aveva solo usato.
 
“Kim, vieni a mangiare qualcosa, ti prego.” Mi pregò Cassie quella sera. Avevo mangiato pochissimo in quei due giorni e solo perché la mia gemella mi aveva praticamente obbligata. Avevo lo stomaco chiuso e l’ultimo dei miei pensieri era stato il cibo.
Piper ed Elle rimossero il piumone e si sedettero ai piedi del mio letto.
“Devi uscire di qui e magari farti una doccia.” Disse Elle, storcendo il naso.
“È il mio cuore. Sta marcendo.” Borbottai con aria drammatica. “Ridatemi il piumone.”
“No.” Rispose Piper. “Ti abbiamo lasciata qui per due giorni. Adesso devi uscire e reagire, Kim. Non puoi rimanere lì sotto per tutta la vita.”
“Certo che posso.”
“Invece no. Adesso alzati, fatti una doccia e vieni di là. Mangiamo e poi facciamo una maratona di Criminal Minds.” Disse Cassie, porgendomi una mano e rivolgendomi un sorriso incoraggiante.
Sospirai. Non volevo alzarmi. Non potevano obbligarmi.
“La Kim Fletcher che conosco non si farebbe mai sconfiggere dall’amore e da un ragazzo. E non dimenticare che hai un lavoro a cui tieni tantissimo. Vuoi buttare via tutti i tuoi sogni in questo modo?” Mi domandò Elle.
Avevano ragione. Sapevo che ce l’avevano, ma io non volevo alzarmi, perché farlo avrebbe voluto dire affrontare il mondo ed io non ero pronta. Non senza Harry al mio fianco.
“Forza, se ti alzi vado anche al ristorante italiano in fondo alla strada a comprare le lasagne.” Disse Piper.
“D’accordo.” Mormorai dopo un po’. “Mi alzo e faccio la doccia. Ma solo perché domani devo andare al lavoro e non posso essere licenziata.”
Le mie coinquiline si guardarono e si scambiarono un’occhiata trionfante.
 
“Mentre mangiamo metti su E! Voglio vedere quelli della Fashion Police che prendono per il culo tutte le star.” Disse Elle. Dovevo ammettere che dopo essermi fatta una doccia e dopo aver mangiato il primo boccone di lasagne mi sentivo leggermente meglio. Certo, nulla poteva riempire il buco nel mio petto e niente avrebbe mai potuto farmi stare bene, ma almeno non mi sentivo più debole come prima.
Piper cambiò canale e il programma che voleva vedere la mia amica non era ancora iniziato, così guardammo l’ultima parte di quello prima, che parlava di gossip.
“Se Jennifer Lawrence è grassa, io sono un tricheco.” Commentò Piper, guardando le immagini dell’attrice che camminava sul tappeto rosso di qualche evento.
“Secondo me è una persona normalissima.” Intervenne Cassie. “Anzi, direi anche che è magra! Guarda quelle gambe! Io darei un braccio per avere il suo fisico. Invece sembro un ragazzino di dodici anni.” Continuò la mia gemella.
“Dopo essersi lasciato con Kendall Jenner, Harry Styles non è stato visto con nessuna ragazza per parecchi mesi. È stato attento a non farsi vedere da nessuno per tutta la durata della pausa della band, anche se parecchie fonti dicono di averlo visto spesso a New York City. In questi giorni stanno cominciando le prove per il tour degli One Direction, che inizierà tra poche settimane in Sud America, e ieri sera Harry è stato visto uscire dal ristorante Firehouse a Londra insieme a Lauren McCarthy. Sì, proprio la modella di Victoria’s Secret che qualche mese fa ha dichiarato di avere una cotta per il cantante! E i due sembravano anche molto felici di essere nella stessa auto. Infatti non riuscivano a stare lontani l’uno dall’altro! Sarà l’inizio di un nuovo amore?” Esclamò la presentatrice del programma.
Piper si lanciò sul telecomando per cercare di cambiare canale, ma ormai avevo visto il video dei paparazzi di Harry, che sembrava pesantemente ubriaco, inciampare nei suoi stessi piedi e raggiungere un taxi. Lo vidi aprire la portiera, fare salire questa Lauren, seguirla e metterle una mano sulla gamba. Lei, per tutta risposta, gli buttò le braccia intorno al collo. Poi non vidi più nulla, perché Piper aveva spento la TV.
Aveva ragione. Mi aveva lasciata perché non mi amava più sul serio. Ci aveva messo pochissimo a consolarsi con una nuova ragazza. Erano passati solo due giorni.

 



Eccoci! Come vi avevo anticipato la settimana scorsa, ecco il primo appuntamento in pubblico di Harry e Kim! E poi un salto nel tempo, arriviamo al momento della partenza della band e alla brutta sorpresa che Harry ha riservato alla nostra protagonista. Perché, ovviamente, niente può andare bene alla povera Kim.
Cosa farà adesso la ragazza? Si concentrerà sul lavoro? Cercherà di convincere Harry a darle un'altra possibilità? Oppure cercherà un nuovo ragazzo per cercare di riempire il buco al posto del cuore? Lo scopriremo nel prossimo capitolo, che posterò martedì!
Grazie a tutte le persone che hanno letto, a chi ha inserito la mia storia tra le preferite, seguite o ricordate e alle ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo <3 <3 <3
Alla prossima!

 

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Capitolo 25
*** The Club ***




Capitolo 25 – The Club
 

“È un bastardo e lo odio.” Dissi tra le lacrime.
Per settimane non avevo fatto altro che andare al lavoro, mangiare, fare la doccia e dormire. Poi avevo trovato un maglione che Harry aveva dimenticato a casa mia pochi giorni prima di partire ed ero scoppiata a piangere. L’avevo annusato e quando avevo sentito il suo profumo (ormai quasi scomparso del tutto, ma io me lo ricordavo bene) non ce l’avevo fatta più. Perché nonostante continuassi a cercare di convincermi che lo odiavo per quello che mi aveva fatto, la verità era che non avevo smesso di amarlo.
“Non l’hai più sentito da quando è partito?” Mi domandò cautamente Cassie.
“No. Non posso chiamarlo. Non posso affrontarlo. Non voglio sentirlo parlare di come si sta consolando con una fottutissima modella di Victoria’s Secret!” Dissi. Strinsi il maglione al mio petto e mi asciugai le lacrime con il dorso di una mano.
Quanto tempo era passato da quando mi aveva lasciata? Tre settimane? Un mese? Non lo sapevo. A me sembrava un’infinità di tempo. Mi sembrava un’eternità.
Cassie annuì e non disse nulla. Sapevo che lei era in contatto con Zayn, ma davanti a me non aveva mai detto niente, perché aveva paura che potessi soffrire.
“La supererai, Kim. Ce la farai. Cosa posso fare per farti stare meglio?” Domandò dopo un po’ la mia gemella, abbracciandomi stretta.
“Usciamo questa sera? Andiamo da qualche parte? Ti prego, ho bisogno di non pensarci. Ho bisogno di distrarmi e, possibilmente, di trovare qualcuno che mi offra da bere.”
“D’accordo. Questa sera tu, io, Piper ed Elle andremo in un locale e rimarremo fuori fino all’alba.”
Era un piano che mi piaceva. Per la prima volta in settimane sapevo cos’avrei fatto e sapevo anche come avrei superato quella rottura.
E magari avrebbe fatto bene anche ad Elle, che dopo la storia con Brian-Matt aveva giurato che non sarebbe mai più uscita con un ragazzo. O a Piper, che era ancora delusa da quello che era successo – o meglio, quello che non era successo – con Niall.
 
Mi ero truccata molto più pesantemente del solito e avevo indossato molto meno tessuto del solito. In poche parole, avrei potuto essere scambiata per un’escort senza nessun problema. Ma era quello il mio obiettivo. Volevo uscire, trovare un ragazzo carino, bere fino a ubriacarmi e portarlo a letto. Perché in qualche modo dovevo colmare il vuoto che aveva lasciato Harry e sapevo che non avrei mai potuto amare nessuno come amavo lui, ma magari sentire la pelle di un altro ragazzo a contatto con la mia, sentire il suo tocco, sentirmi desiderata avrebbe potuto aiutare. E poi se lui si stava consolando con una modella (o più modelle, non ne avevo idea, mi ero tenuta ben lontana da qualsiasi sito o trasmissione di gossip), perché io non avrei potuto fare la stessa cosa con un New Yorker figo?
Le mie amiche ed io entrammo in un locale più o meno verso mezzanotte e cominciai subito a guardarmi intorno, scartando i ragazzi che erano già in compagnia, i vecchi inquietanti e i possibili serial killer.
Notai un gruppo di ragazzi più o meno della mia età seduti intorno a uno dei tavolini e decisi che loro erano esattamente quello che volevo. Uno di loro era molto carino e pensavo che mi avrebbe aiutata a dimenticare quel bastardo di Harry Styles.
Proposi a Elle, Piper e Cassie di sederci al bancone esattamente di fronte al gruppo di ragazzi e cominciai a utilizzare tutti i consigli che avevo sempre letto sui giornali femminili. Le mie amiche ordinarono delle bibite analcoliche, mentre io aspettai. Doveva comprarmi da bere la mia preda.
“Cosa stai facendo?” Domandò Piper, incuriosita.
“Sto utilizzando la tattica dei quattro secondi.” Risposi io con naturalezza.
“Cioè?” Mi chiese la mia amica.
“Sto osservando quel ragazzo. Quando incrocerà il mio sguardo, manterrò il contatto visivo per quattro secondi. È praticamente sicuro che poi verrà da me.” Dissi. “O almeno così dice Glamour, io non ci ho mai provato prima.”
Un’ondata di tristezza mi appesantì il cuore. Non avevo avuto bisogno di usare stupidi trucchi con Harry. Aveva fatto tutto da solo, anche quando sembrava che io non volessi avere nulla a che fare con lui.
“Oh, okay.” Replicò lei, guardandomi con apprensione. Forse aveva paura che sarei scoppiata a piangere da un momento all’altro o forse temeva che potessi esplodere. Ma io non avevo intenzione di fare nessuna delle due cose. Volevo divertirmi e togliermi dalla mente quello stronzo di proporzioni epiche.
 
Il ragazzo che stavo puntando – che era il totale opposto di Harry, perché aveva i capelli biondi e cortissimi, gli occhi azzurri ed era molto muscoloso – finalmente si accorse di me. Cercai di assumere l’espressione più attraente del mondo e mantenni il contatto visivo per esattamente quattro secondi. Poi distolsi lo sguardo e finsi di essere timida.
Quando il tizio si avvicinò a me, poco dopo, mi ritrovai a pensare che allora le giornaliste di Glamour sapevano davvero quello di cui stavano parlando. Aveva funzionato.
“Ehi.” Mi salutò. Odiai istantaneamente il suo tono di voce troppo alto per la sua figura così mascolina. Odiai persino il suo modo di salutarmi. Non poteva dire ‘ciao’ come tutte le persone normali? Ma non ero lì per innamorarmi di lui. Non dovevo condividere niente con quella persona, se non una serata di solo sesso.
“Ehi.” Risposi, sorridendo.
“Ti ho notata appena sei entrata nel locale e mi chiedevo… hai sete?” Mi chiese lui. Notai il modo in cui posizionò il suo corpo esattamente tra me e le mie amiche, ignorando completamente le ragazze. E odiai profondamente il modo in cui mi domandò se volevo un drink. Se davvero mi aveva notata da quando ero entrata nel locale… quella era davvero l’unica cosa che si era chiesto?
“Sì.” Risposi. Non dovevo avere nulla in comune con lui. “Prendo volentieri un Martini.” Aggiunsi dopo qualche secondo.
Sperai che il barista non mi chiedesse la carta d’identità, perché non avevo ancora l’età legale per bere negli Stati Uniti. Fortunatamente ci pensò il tizio a ordinare da bere, così almeno un problema fu risolto.
“A proposito, io mi chiamo Keith.” Disse il ragazzo biondo. “E una creatura angelica come te come può chiamarsi?”
Mi trattenni a stento dal roteare gli occhi al cielo.
“Kim.” Risposi. Non c’era nemmeno bisogno di utilizzare il mio nome intero. Anzi, mi ero già anche dimenticata come si chiamava lui. Kyle, aveva detto? Non mi importava.
“Che ne dici, Kim, di unirti a me e ai miei amici questa sera?” Domandò il ragazzo dopo un po’. “Possono venire anche le tue amiche.” Aggiunse, facendomi l’occhiolino.
Ugh. Viscido e arrogante esempio di essere umano. Pensai.
Finalmente si era accorto delle mie amiche. Ma non dissi nulla ad alta voce. Recuperai il mio bicchiere di Martini già mezzo vuoto, feci un cenno a Piper, Elle e Cassie, e raggiunsi il tavolo con gli amici di Kyle. Kelly. Keith. Quello che era.
 
Scoprii numerose informazioni inutili sui ragazzi. Avevano tutti tra i venticinque e i trent’anni, lavoravano a Wall Street e quella sera erano fuori per festeggiare la promozione di uno di loro.
Tutte quelle parole vennero presto annegate dalla quantità spropositata di alcool che avevano ordinato al tavolo. Non sapevo nemmeno io quanti shot di tequila avevo bevuto. Di certo troppi, perché la stanza aveva cominciato a vorticare pericolosamente. Ma fortunatamente ero seduta sulle gambe di Kevin – Keith, dovevo ricordarmelo – e quindi ero salva.
“Ehi, bellezza, che ne dici se io e te andiamo in un posto meno rumoroso e con meno gente?” Il ragazzo sussurrò nel mio orecchio. Scoppiai a ridere, perché quella mi sembrò la cosa più divertente del mondo in quel momento. Poi annuii e cercai di alzarmi e di stare in equilibrio sui tacchi.
Keith fece un occhiolino ai suoi amici, poi mi circondò la vita con un braccio e mi accompagnò verso una porta. Quando la aprì scoprii che si trattava del bagno e al diavolo tutto, non avevo mai fatto sesso nel bagno di un locale. Poteva essere divertente. Anzi no, sicuramente lo era. Se solo la stanza avesse smesso di girare abbastanza da permettermi di stare dritta.
“Oh, questa sera sono l’uomo più fortunato di tutto il locale.” Mormorò. Poi mi fece appoggiare contro la parete della cabina e cominciò a baciarmi il collo.
Ridacchiai e mi aggrappai ai suoi bicipiti, che sembravano di marmo. Era proprio muscoloso quel Karim. Keith. Perché continuavo a dimenticarmi il suo nome?
Non pensavo di essermi mai ubriacata in quel modo in tutta la mia vita. Certo, a Londra avevo bevuto qualche birra. Persino qualche cocktail ogni tanto, ma non ero mai stata così tanto fuori di me. Il che non mi dispiaceva, perché avere il cervello così fuori uso da non riuscire a pensare a nulla, se non a un modo per rimanere aggrappata a lui, non mi dispiaceva per niente.
“Tutto bene?” Sentii domandare da una voce distante. Sbattei le palpebre un paio di volte e misi a fuoco Keith davanti a me.
“Sì.” Risposi. In realtà no. Avevo cominciato a sentire un peso sullo stomaco e non mi sentivo in gran forma, ma non mi importava. Nulla mi avrebbe fermata quella sera.
Il ragazzo annuì, poi riprese a baciarmi il collo. Sentii le sue mani calde sulle cosce e chiusi gli occhi. Poi, quando stava per alzare ulteriormente il mio vestito, lo allontanai con una mano.
“Avevi detto che eri sicura.” Si lamentò lui. Scossi la testa. Non era quello. Stavo male. Malissimo.
Keith si avvicinò di nuovo e riprovò a baciarmi, ma lo bloccai. Probabilmente intuì il motivo del mio rifiuto e, prima che potessi accorgermi di come era successo, mi ritrovai piegata in due davanti al WC.
“Dannazione, ma quanto hai bevuto?” Mi chiese lui, aiutandomi a rimettermi in piedi e porgendomi un fazzoletto di carta.
“Tanto.” Risposi. Girava ancora tutto, ma il peso sullo stomaco sembrava essere passato. “E tu non sei ancora Harry.” Borbottai. Se anche non fossi stata male, non sarei mai riuscita ad andare fino in fondo. Quel ragazzo non era Harry ed io non sopportavo l’idea che nessun altro mi toccasse. Non potevo stare con nessun altro. Mi mancava il mio ex ragazzo e non sapevo quello che stavo facendo.
Keith mi osservò per qualche secondo.
“Così è questo di cui si tratta? Qualche tipo di vendetta nei confronti del tuo ex?” Mi chiese.
Maledizione a me e alla mia lingua lunga. E all’alcool che non mi faceva ragionare. Dovevo per forza dire quel nome?
“Non lo so.” Dissi, strascicando le parole.
“Senti, facciamo una cosa. Non mi sembri nelle condizioni di prendere una decisione questa sera. Ed io non sono certo uno che si approfitta delle ragazze nel tuo stato. Vado a chiamare le tue amiche, così ti aiuteranno a tornare a casa, d’accordo?”
Beh, almeno era un gentiluomo. Se fossi stata nei suoi panni, probabilmente me ne sarei andata, senza nemmeno preoccuparmi dello stato di salute del poveretto di fronte a me.
Annuii, uscii dalla cabina del bagno e mi appoggiai al lavandino per far smettere di girare la stanza. Poi recuperai il telefono e presi una decisione. Dovevo chiamare Harry. Dovevo parlargli e dovevo insultarlo. Dovevo chiedergli di smetterla di occupare la mia mente, ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette. Dovevo mandarlo a quel paese e dirgli tutto quello che mi passava per la testa.
Cercai il suo numero e premetti il tasto verde.
Uno squillo, due squilli, tre squilli. Rimasi con l’orecchio appiccicato al telefono per qualche minuto, mentre tutto il mondo intorno a me continuava a girare. Poi sentii la sua voce. La segreteria telefonica.
“Ciaaao, sono Harry! Al momento non sono disponibile, ma se mi lasciate un messaggio con il vostro nome e numero vi richiamerò appena possibile! Okay, ciao!”
Dio, quanto mi mancava. Non sentivo la sua voce da più di un mese e non pensavo che potesse mancarmi così tanto.
Sentii il segnale acustico e per un momento mi chiesi perché lo stavo facendo. In condizioni normali, senza tutto quell’alcool nel sangue, non avrei mai fatto niente del genere. Ma ero ubriaca e, in quell’istante, chiamare Harry e lasciargli un messaggio in segreteria mi sembrava l’idea migliore del mondo.
“Non so dove sei in questo momento e non so nemmeno perché ti sto chiamando.” Cominciai a dire, strascicando un po’ le parole. “Volevo insultarti, volevo urlare e volevo dirti quanto ti odio. Ma la verità è che stasera ho provato ad andare a letto con un’altra persona e non sono riuscita, perché non eri tu. Sei un bastardo, ti odio e mi manchi da morire, perché ti amo ancora.”
Poi non dissi più nulla finché non sentii di nuovo il segnale acustico. Ormai avevo la vista offuscata dalle lacrime e i pensieri continuavano a vorticare nella mia mente. Buttai il telefono nella borsa e mi risciacquai il viso. Volevo tornare a casa. Uscire era stata l’idea peggiore del secolo.
Fortunatamente Cassie, Piper ed Elle entrarono nel bagno e mi trovarono. Sembravano tutte preoccupate e cominciai a sentirmi in colpa per quello che avevo fatto. Le avevo trascinate fuori e poi ero sparita.
“Oh, Kim.” Disse semplicemente la mia gemella. Mi attirò a sé e mi abbracciò stretta. Il contatto mi fece scoppiare di nuovo a piangere e singhiozzai sulla sua spalla per qualche minuto.
Poi Elle prese un fazzoletto di carta, lo bagnò e mi aiutò a pulire il viso. Mi era colato tutto il trucco e avevo davvero un aspetto orribile.
“Forza, andiamo a casa. Domani ci aspetta una giornata intera sul divano a guardare film che fanno piangere e a mangiare popcorn.” Disse Piper.
Annuii e lasciai che mi guidassero fuori dal locale. Poi fermammo un taxi e tornammo a casa.
 
Mi svegliai alle cinque e quarantasei del mattino, perché il mio telefono aveva cominciato a vibrare. Non sapevo perché la sera prima avevo pensato che ubriacarsi sarebbe stata una buona idea. In quel momento mi sembrava la peggiore. Il rumore della vibrazione sotto il cuscino mi sembrava fortissimo e la mia testa minacciava di esplodere da un momento all’altro.
Chi diavolo si permetteva di telefonarmi a quell’ora? Lentamente recuperai la fonte di tanto rumore e socchiusi gli occhi. Luce. Troppa luce. Quel dannato schermo sembrava un maledetto albero di Natale.
Quando la mia vista si abituò, cominciai a distinguere le parole e le immagini sullo schermo. Vidi il sorriso di Harry e il suo nome e il mio cuore fece un tuffo. Mi stava chiamando.



Buongiorno! Ecco il nuovo capitolo e oggi ci concentriamo sulla reazione e sui sentimenti di Kim dopo che Harry l'ha lasciata. È distrutta e lo odia, ma lo ama ancora. Pensa a lui tutto il giorno e vuole trovare il modo di toglierselo dalla mente. E il locale sembra un'ottima idea, almeno finché non si rende conto che nessun altro sarà mai lui.
Secondo voi Kim risponderà al telefono? E, se sì, cosa le dirà Harry? Le spiegherà perché l'ha lasciata o le dirà di smettere di contattarlo?
Martedì, quando posterò il prossimo capitolo, scopriremo tutto!
Grazie per aver seguito la storia fino a questo punto! Ormai mancano pochi capitoli alla fine e poi comincerò a postare la prossima :D
Grazie alle persone che hanno inserito The Butterfly Effect alle preferite, seguite o ricordate.
E grazie alle persone che mi lasciano recensioni, perché io adoro leggere quello che pensate dei capitoli ogni settimana, vedere come siete coinvolte e scoprire le vostre teorie su cosa pensate che succederà la settimana successiva!
Grazie a tutti, davvero <3
Alla prossima!

 

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Capitolo 26
*** The Stadium ***




Capitolo 26 – The Stadium
 

Mi alzai velocemente dal letto e avvolsi la coperta intorno alle spalle. Aprii la finestra – senza farmi sentire da Cassie – e mi sedetti sulla scala antincendio. New York era già sveglia a quell’ora. Io ero sicura di essere ancora un po’ ubriaca e di aver dormito troppo poco, ma Harry mi stava chiamando. Dovevo rispondere.
Con mani tremanti premetti il tasto verde e portai il telefono all’orecchio. Non dissi nulla, non sapevo nemmeno più come si faceva a parlare.
“Kim?” Il tono di voce di Harry sembrava preoccupato. Il mio cuore cominciò a battere più forte e lo maledissi.
Accidenti a te e ai tuoi battiti così forti che sembra che tu voglia uscire dal mio petto. E accidenti a te, Harry, per farmi provare queste cose nonostante io ti odi da morire.
Avrei voluto dire un milione di cose. Avevo tante domande, tanti insulti…
“Perché?” Sussurrai invece. Dall’altra parte del telefono sentii silenzio per qualche minuto. Un’infinità di tempo.
Forse non avrei dovuto. Era la prima volta che ci sentivamo dopo un mese e avevo già rovinato tutto. Ero sicura che avrebbe interrotto la conversazione.
“Perché regalarmi i tre mesi più belli della mia vita e poi sparire così?” Domandai ancora. A quel punto ero incapace di stare zitta. Avevo bisogno di risposte e le volevo in quel momento.
“Perché prima di andartene mi hai detto che mi hai lasciata perché non eri più innamorato di me? Cos’ho fatto di sbagliato? Dimmelo, Harry, ti prego, perché non sapere quello che è successo mi sta facendo diventare pazza.”
“Non lo so.” Rispose finalmente lui.
Chiusi gli occhi e qualche lacrima rotolò sulle mie guance. Harry mi mancava così tanto che provavo del dolore fisico solo ascoltando la sua voce.
“Mi avevi promesso che non mi avresti mai fatto del male e invece è un mese che mi sento come se mi mancasse l’aria, Harry.” Dissi. “Mi avevi promesso che non mi avresti mai fatto del male e invece mi hai lasciato e sei andato con la prima che hai incontrato.” Ormai stavo singhiozzando. Continuavo a rivedere le immagini di lui e quella modella che salivano sul taxi e lei che gli buttava le braccia intorno al collo. “Non so come sia possibile, ma ti odio tanto quanto ti amo.” Dissi infine.
“Kim…”
“E non so nemmeno perché ti sto chiamando, visto che mi hai detto che non sei più innamorato di me. Mi sto solo rendendo ridicola.” Aggiunsi. Scossi la testa. Che cosa stavo facendo? Dovevo essere diventata davvero pazza.
Non avevo ottenuto nessuna risposta e in quel momento non ero nemmeno più tanto sicura di volerne una. Sentire la voce di Harry mi aveva scossa e non ero pronta. Non potevo sapere per quale motivo non mi amava più, perché sentirglielo dire ad alta voce l’avrebbe reso reale. E nella mia testa non lo era ancora. Nella mia mente si trattava solo di un grosso equivoco. Di un incubo da cui mi sarei svegliata presto.
Mi costrinsi ad interrompere la chiamata e affondai il viso nelle mani, piangendo. Perché avevo pensato che chiamarlo avrebbe risolto le cose? Ero stata solo una stupida. Stavo peggio di prima.
 
“Ehi, Kimberly, hai sentito la bella notizia?” Mi domandò Sophia il giorno successivo al lavoro. Non mi ero ancora perdonata per aver chiamato Harry la notte prima. Avevo un mal di testa terribile per colpa dell’alcool che avevo bevuto e, soprattutto, non riuscivo a smettere di pensare al messaggio che mi aveva mandato Louis. Alle otto e venticinque lo schermo del mio cellulare si era illuminato e avevo letto le seguenti parole:
“Fletcher, se non risolvi questa situazione con il caro Harold giuro che vengo a prenderti a New York.”
Non avevo risposto, perché non avevo la minima idea di cosa dire. Non c’era più nulla da risolvere, Harry non era stato nemmeno in grado di dirmi perché mi aveva lasciata prima di partire per il tour.
“No, che succede?” Domandai, abbandonando la mia borsa sulla sedia dietro la scrivania e guardando la fotografa con aria incuriosita. Avevamo finalmente chiuso l’accordo per scattare le foto per il lookbook della collezione autunnale di Michael Kors? Sapevo che Sophia ci teneva particolarmente, ma non era ancora riuscita ad ottenere quel lavoro.
“Pensavo che te l’avesse detto il tuo ragazzo, ma fortunatamente è riuscito a mantenere il segreto. Volevo farti una sorpresa. Sarò la fotografa ufficiale delle della band durante le due date in New Jersey della settimana prossima. E tu ovviamente verrai con me, visto che sei la mia assistente. Almeno passerai un po’ di tempo con lui.” Disse la donna. Era stranamente di buonumore e quello era stato il discorso più lungo che le avevo sentito fare da quando avevo cominciato a lavorare per lei. Dopo che le avevo chiesto aiuto per la situazione con Brian, la fotografa era diventata più amichevole, mi chiedeva spesso come andava e a pranzo aveva cominciato a chiacchierare di tutto, non solo di lavoro.
“Il mio cosa?” Domandai distrattamente. Era una giornata difficile, avevo bisogno di extra energia per concentrarmi.
“Il tuo ragazzo, Kim. Harry Styles? Il ricciolino che canta insieme agli altri One Direction? Quello per cui hai rischiato di farti licenziare!” Spalancai la bocca e sentii il mio cuore affondare.
“Harry.” Mormorai. Che mi piacesse o meno, avrei dovuto rivederlo in soli sette giorni. Non ero pronta, non potevo farcela. E non avevo mai nemmeno detto a Sophia che ci eravamo lasciati.
“Kimberly, va tutto bene? Perché oggi mi sembri un po’ fuori.” Domandò la donna, ridendo.
“Io… sì. Sì.” Risposi. “Piuttosto, tu mi sembri particolarmente allegra.” Aggiunsi. Avrei fatto qualunque cosa pur di cambiare discorso in quel momento.
“Beh, diciamo che non sei la prima persona che esce con uno dei miei clienti.” Disse lei misteriosamente.
“Tu?” Chiesi. Lei annuì e sorrise come una ragazzina alla prima cotta.
“Qualche anno fa ho cominciato a uscire con uno dei miei clienti. Un attore.” Spiegò lei. Sembrava quasi che facesse fatica a tenersi tutto per sé. Era come se dovesse condividere quella storia con me. “Poi sono successe delle cose – e non voglio entrare nei dettagli – e ci siamo lasciati. Ieri sera, però, ci siamo visti a una festa ed è stato come se non ci fossimo mai allontanati.” Aggiunse.
Certo, i dettagli che non voleva rivelarmi erano i tradimenti con il modello che mi aveva raccontato Amber.
“Sono davvero felice per te, Sophia.” Dissi.
“Oh, anch’io. Dopo questo lavoro con i ragazzi chiudiamo per una settimana, perché Joel ha deciso di portarmi a Parigi.” Raccontò la donna. Poi sorrise di nuovo e si asciugò una lacrima con il dorso della mano. “Kim, l’amore rende stupidi, l’ho sempre detto. Guardami, sono una donna adulta e sono qui a piangere perché l’amore della mia vita ha deciso di perdonare una cazzata che ho fatto e mi ha chiesto di andare a Parigi insieme. Sai cosa ti dico? Durante la settimana in cui sarò in Francia, vai con Harry. Seguilo in tour, passa più tempo possibile con lui.”
Annuii, anche se in realtà mi sentivo morire dentro. Avrei davvero voluto fare una cosa del genere, ma era inutile. Lui non mi amava – e forse non l’aveva mai fatto – e non stavamo più insieme. Sarebbe già stata una tortura vederlo per due giorni di seguito per lavoro. Come mi sarei dovuta comportare con lui?
 
“Stai scherzando, spero? Io non mi metto quella roba per andare a un concerto in New Jersey!” Esclamò Cassie il giorno del primo live degli One Direction. Non avevo dormito la sera prima e non ero riuscita a concentrarmi su nulla per tutta la mattina. Nemmeno sul litigio tra Cassie ed Elle, che voleva far infilare la mia gemella in un vestitino così succinto che era come se non l’avesse avuto addosso. “Non è un vestito, è un buco! Un pezzo di stoffa con un buco!” Aggiunse la ragazza, guardandosi allo specchio. Poi si voltò e, con orrore, scoprì altre parti di pelle scoperta. “Anzi no, è uno scolapasta! Sei pazza, dovrò anche vedere Zayn, ma non ci penso nemmeno.”
Scossi la testa e continuai a guardare le foto che avevo scattato il giorno prima sullo schermo del computer. Ero andata a fare una piccola gita a Roosevelt Island, approfittando del bel tempo e del weekend, e avevo fotografato Manhattan da là. Era stata un’esperienza bellissima e, per la prima volta in parecchio tempo, ero stata bene. Avevo passato tantissimo tempo in completa solitudine. Eravamo solo io e la mia passione per la fotografia – e uno scenario da mozzare il fiato.
“Ehi, Kim?” Sussurrò Piper, sedendosi sul divano di fianco a me.
“P!” Esclamai. “Che succede?”
Forse voleva parlare di quello che sarebbe successo dopo poche ore. Louis aveva mandato un messaggio a Cassie – dato che io avevo smesso di rispondergli, dopo quello che mi aveva scritto la settimana prima – e le aveva detto di portare al concerto anche Piper ed Elle. Aveva procurato pass per il backstage per tutte. E Piper non aveva più sentito Niall da prima della partenza per il tour, perché lui non aveva voluto iniziare una storia con lei.
“Con tutto questo casino… volevo solo chiederti come stai? Come ti senti?” Mi domandò la ragazza. Mi colse di sorpresa e mi ritrovai a fissarla per parecchi minuti, senza sapere cosa risponderle.
Era assurdo, in teoria non c’era nulla di più semplice al mondo. La risposta alla domanda “come ti senti?” doveva venirmi naturale. Avrei dovuto sapere quello che stavo provando. Invece la mia mente era completamente vuota. Non lo sapevo. Non ne avevo la minima idea e, onestamente, non volevo nemmeno pensarci. Harry non aveva smesso di mandarmi messaggi che dicevano che dovevamo parlare e di cercare di chiamarmi per un’intera settimana ed io l’avevo ignorato, perché non avevo il coraggio di affrontarlo. Cosa mi voleva dire? Di fare finta di non conoscerlo o di non andare al concerto?
“Spero di non incontrarlo e non vedo l’ora che sia dopodomani, così sarà tutto finito.” Risposi dopo un po’. Sì, quella era la cosa che si avvicinava di più a come mi sentivo.
“Mi dispiace per tutto quello che è successo, K. Lo sai che ti voglio bene e che ci sono per qualunque cosa, vero?”
Sentii gli occhi diventare lucidi. Le lacrime cominciarono a minacciare di sfuggire al mio controllo.
“Lo so, e ti voglio bene anch’io, Piper. Grazie.” Risposi e la abbracciai. Ero felice di aver conosciuto lei ed Elle, perché si erano rivelate le migliori amiche del mondo. Non avrei mai potuto chiedere di meglio, anche se in quel momento Elle stava inseguendo Cassie con l’ennesimo completino sexy. Quella volta si trattava di un top molto corto e una gonna a vita alta con così poca stoffa che poteva essere scambiata per un abito da chihuahua.
 
Sapere di essere nello stesso posto in cui c’era anche Harry mi rendeva inquieta. Una parte di me voleva vederlo, perché mi mancava da morire, ma l’altra avrebbe fatto qualunque cosa pur di evitarlo. Non avrei saputo cosa dirgli. Non avrei nemmeno saputo parlare davanti a lui.
Quando arrivai allo stadio, insieme alle mie amiche e a Sophia, fuori c’era pieno di gente. Le fan stavano cantando a pieni polmoni tutte le canzoni della band e, ogni volta che qualcuno pensava di aver visto uno dei ragazzi avvicinarsi al tour bus, partivano delle urla altissime. Non avrei voluto abitare in quella zona quel giorno, quello era poco ma sicuro.
“Pronta?” Mi domandò Piper, rivolgendomi un sorriso incoraggiante. Scossi la testa. No, non lo ero. Cassie mi strinse la mano.
La sicurezza allo stadio era incredibile. Dovetti superare almeno una decina di buttafuori, mostrare il mio pass e persino mostrare la mia carta d’identità per provare che il nome sul mio tesserino fosse davvero il mio e che non l’avessi rubato a qualcun altro.
Poi, troppo presto per i miei gusti, Sophia ed io ci ritrovammo in uno dei camerini e vidi i cinque ragazzi davanti a me. Harry era girato di spalle e stava mangiando qualcosa mentre parlava con Lou Teasdale, la ragazza che si occupava dei capelli e del trucco dei membri della band. Ricordai brevemente il momento in cui avevo chiesto perché un gruppo di ragazzi avesse bisogno di una truccatrice e Harry mi aveva risposto, con aria desolata, che Lou lo riempiva di fondotinta e crema abbronzante per farlo sembrare perfetto. Aveva scosso la testa e io gli avevo detto che per me era perfetto in ogni caso. Poi avevo passato una mano tra i suoi capelli e l’avevo baciato. Provai un brivido lungo la spina dorsale.
No. No. Non ero pronta. Non volevo che si girasse, perché i miei occhi non potevano incontrare i suoi. Sarei morta, ne ero sicura.
“Sophia!” Esclamò Niall, avvicinandosi e abbracciando la fotografa. “E Kim! Che piacere rivederti!” Aggiunse dopo pochi secondi. Mi diede due baci sulle guance e mi guardò per qualche secondo.
“Certo, un piacere immenso. Immagino, Niall.” Borbottò Louis con il suo tono fastidiosamente ironico.
“Tomlinson.” Mormorai.
“Fletcher, cos’è quel muso?” Scherzò lui. Ma io ero troppo agitata per ridere alle sue battute. “D’accordo.” Aggiunse poi, come se avesse capito.
Salutai il resto della band e guardai Zayn e Cassie abbracciarsi e baciarsi dopo più di un mese di lontananza e provai una stretta allo stomaco. Quanto avrei voluto che le cose fossero così anche per Harry e me. Invece lui non mi aveva ancora rivolto uno sguardo ed io non avevo il coraggio di fare il primo passo.
E poi successe. Lui si voltò e mi vide e per poco non fece cadere il piatto che aveva in mano addosso a Lou, che si allontanò e gli tirò un pugno alla spalla.
“Kim!” Esclamò, avvicinandosi. Tutti ci stavano guardando, come se l’ansia di rivederlo dopo più di un mese da quando mi aveva lasciata non fosse già abbastanza.
“Harry.” Borbottai e abbassai lo sguardo. Mi veniva da piangere, non sapevo nemmeno io cosa fare. Oppure avrei voluto tirargli un pugno, ma non come quello di Lou. Proprio in faccia, per farlo soffrire quanto lui aveva fatto soffrire me.
Dopo un momento di imbarazzo, lui mi circondò brevemente con le sue braccia e finse di darmi due baci sulle guance.
“Scusate, devo prendere una boccata d’aria.” Dissi. Non ce la facevo a stare in quella stanza. C’era troppa gente. Era soffocante.
Senza dire altro uscii, richiusi la porta alle mie spalle e poi camminai velocemente verso la prima uscita. Sapevo che avrebbe fatto male vederlo per la prima volta dopo quello che era successo, ma non avevo immaginato che mi sarei sentita come se qualcuno avesse conficcato un pugnale nel mio cuore e poi avesse cominciato a girarlo.
I ragazzi della sicurezza mi osservarono, incuriositi, ma non dissero nulla. Non sapevo nemmeno se sarei riuscita a rientrare in quello stadio e, onestamente, speravo di no. Almeno avrei avuto una scusa per stare lontana da Harry.
 
“Forza Fletcher, vieni con me.” Sentii improvvisamente la voce di Louis. Il ragazzo era venuto fuori a cercarmi. Mi prese per un braccio e cominciò a trascinarmi verso l’interno dello stadio.
“Mollami.” Dissi.
“Non finché saremo arrivati al punto in cui voglio portarti.” Replicò lui. Sbuffai e mi rassegnai al fatto che avrei dovuto seguirlo per forza. Quando Louis Tomlinson voleva qualcosa la otteneva, non c’era niente da fare. In un modo o nell’altro tutti facevano sempre quello che voleva lui. E quello non faceva altro che gonfiare il suo ego, che era già troppo grosso in partenza.
“Siamo qui?” Dissi quando si fermò davanti alla porta di un camerino poco lontano da quello in cui avevo visto Harry.
“Sì.” Replicò lui. Poi aprì la porta, mi spinse leggermente per farmi entrare e bloccò la via d’uscita. Quando mi voltai capii perché. Harry era nella stessa stanza e sembrava confuso quanto me. E anche Niall era lì. “Cosa sta succedendo?” Domandai.
“Ho pensato che dovete risolvere questa cosa, perché ho parlato con le tue amiche e siamo tutti d’accordo sul fatto che ne possiamo più. Siete entrambi insopportabili.” Rispose lui.
“Io non voglio parlare con lui.” Mormorai, facendo qualche passo verso la porta.
“Uh-uh. Da qui non si esce.” Replicò Louis, rimanendo immobile.
“E lui cosa fa qui?” Domandai allora, indicando Niall. Il ragazzo irlandese aveva lo sguardo basso e sembrava che volesse essere da qualsiasi altra parte.
“Quello dovrà spiegarvelo lui.” Rispose velocemente Louis. Poi, prima che qualcuno di noi potesse fare qualsiasi cosa, uscì dalla stanza e chiuse la porta. A chiave.
“Tomlinson! Non è divertente!” Urlai, sbattendo i pugni contro il legno bianco. “Fammi uscire di qui!” Aggiunsi.
“No! Quando avrete parlato potrete uscire!” Replicò lui.
“Tomlinson, dannazione!” Esclamai. Non avevo idea del motivo per cui sentivo che il panico si stesse impossessando di me. Continuai a battere i pugni sulla porta finché non sentii un paio di mani prendermi i polsi e fermarmi.
“Ti stai facendo male.” Mormorò Harry, facendomi voltare verso di lui. Lo guardai negli occhi e il cuore cominciò a battere più forte. Avrei mai smesso di sentirmi in quel modo per colpa sua?
“D’accordo, allora parliamo, così potremo uscire di qui.” Dissi, divincolandomi e allontanandomi da lui. Stare così vicina a Harry mi faceva sentire male. Mi girava quasi la testa. “Cosa fai qui, Niall?” Domandai.
Il ragazzo scosse la testa e tirò un piccolo calcio a un borsone davanti a lui.
“Credo che Louis mi abbia chiuso qui con voi perché… perché quello che è successo è stata tutta colpa mia.”



Buongiorno! Oggi è martedì e cosa vuol dire? Nuovo capitolo di Butterfly Effect! E so che lo stavate aspettando, perché volevate scoprire cosa avrebbe detto Harry al telefono. E lui non ha fatto in tempo a dire praticamente nulla, perché Kim è andata in paranoia e non l'ha fatto parlare. Però si sono incontrati di nuovo allo stadio e Louis ha deciso di sistemare la situazione. Ma cosa c'entra Niall? E cosa vuol dire che tutto quello che è successo è stata colpa sua?
Martedì prossimo lo scopriremo!
Grazie a tutte le persone che hanno letto e che hanno inserito la mia storia tra le preferite, seguite o ricordate. Grazie alle ragazze che mi hanno lasciato tutte le bellissime recensioni allo scorso capitolo!
Spero che questo vi sia piaciuto e vi aspetto martedì per il prossimo!
Un bacione grande <3

 

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Capitolo 27
*** The Lie ***




Capitolo 27 – The Lie

“In che senso è stata tutta colpa tua?” Domandai, fissando Niall negli occhi. Lui, invece, continuò ad evitare il mio sguardo e si sedette sul divano bianco dietro di lui. Sospirò e poi cominciò a parlare, ma Harry lo interruppe.
“Non è stata colpa tua, sono stato io che ti ho ascoltato.” Disse.
“Certo, ma se non ti avessi detto certe cose…” Ribatté Niall.
“Qualcuno vuole aggiornare anche me su quello che è successo?” Domandai, spazientita.
“Io sono convinto al cento percento che le relazioni a distanza non funzionino.” Spiegò Niall. “Ci ho provato, sono finite tutte e ci sono stato male. E poi ho visto Liam lasciarsi con Danielle e gli si è spezzato il cuore. Poco prima che iniziassimo il tour anche Sophia, la ragazza con cui si vedeva da qualche mese, l’ha lasciato e lui è impazzito. Non l’ho mai visto così. Per non parlare di Zayn. Lui ha sempre finto di non esserci rimasto male quando Audrey l’ha lasciato dopo anni, ma l’ho sentito piangere nel mezzo della notte. E non volevo che Harry provasse le stesse cose, perché io voglio bene ai miei amici, e…” Il ragazzo parlava così velocemente che facevo quasi fatica a stargli dietro e a seguire il discorso.
“E cosa? L’hai convinto a lasciarmi perché pensavi che non avrebbe funzionato?” Domandai. Non ero più agitata. Ero solo arrabbiata. No, ero furiosa. “E tu l’hai ascoltato?” Chiesi poi, rivolgendomi verso Harry.
“No, non è andata così.” Rispose Niall. “Non l’ho convinto a lasciarti, gli ho solo fatto un discorso. Gli ho detto che io la pensavo in quel modo e che la vostra relazione era troppo giovane per durare. Otto mesi lontani sono tanti e non volevo che nessuno dei due soffrisse. L’idea che nessuno di voi due potesse essere libero di vivere la propria vita per otto mesi perché stava aspettando l’altro mi sembrava sbagliata. Sareste stati male in due e basta.”
“Hai la minima idea di quanto io abbia sofferto quando lui mi ha lasciata?” Ero così arrabbiata che avrei rovesciato una sedia. “Sai per quante notti ho pianto, quanto ho desiderato morire e per quanto tempo mi sono domandata che cos’avessi fatto di sbagliato?”
“Kim…” Mormorò Harry, avvicinandosi.
“No! Kim un bel niente!” Esclamai. “Perché tu hai buttato via tre mesi bellissimi perché lui ti ha detto che non ce l’avremmo fatta! Perché lui ti ha detto che non credeva nella nostra relazione e tu l’hai ascoltato!”
“Lo so, ho sbagliato. Sono stato un cretino.”
“Puoi dirlo forte.” Dissi. “Non riesco a credere che tu… Come hai potuto?” Aggiunsi poi, guardando Niall negli occhi. Lui arrossì ed evitò immediatamente il mio sguardo. “E poi cos’hai fatto? Per consolarti sei andato con la prima che hai incontrato?” Tornai a chiedere a Harry. Lui scosse la testa.
“No, volevo, perché credevo che… no. Non sono riuscito a stare con nessun’altra ragazza in questo periodo.”
“Cosa credevi?” Chiesi.
“Per…” Niall cominciò a parlare con voce flebile. “Per cercare di farlo andare avanti e per evitare che passasse tutto il suo tempo a pensarti gli ho detto che ero rimasto in contatto con Piper e che tu ti stavi già consolando con altri ragazzi ed era per quel motivo che non l’avevi chiamato.”
“Che cos’hai fatto?” Urlai. Niall sembrava sull’orlo delle lacrime, ma io non riuscivo a calmarmi. Aveva convinto Harry a lasciarmi e poi gli aveva mentito perché si dimenticasse di me. Che razza di persona faceva qualcosa del genere?
“Scusa, Kim. Pensavo che fosse meglio per tutti.” Si giustificò lui. Poi si alzò dal divano, raggiunse la porta e chiese a Louis di farlo uscire, lasciando Harry e me da soli.
“È per questo che mi hai lasciata? Per colpa di Niall?” Domandai. Non ero sicura di volere delle risposte, ma ormai avevamo iniziato il discorso e Louis non ci avrebbe fatti uscire finché non avremmo risolto, tanto valeva parlare.
“No.” Rispose lui, scuotendo la testa. “Non solo per quello. Ti ho lasciata perché sono un cretino, perché non ho mai avuto una storia più lunga di quattro mesi, perché tu ti meriti una persona molto migliore di me, perché non volevo farti soffrire e perché alcuni pensieri mi hanno terrorizzato e sono scappato. E poi non ho avuto il coraggio di tornare indietro e chiederti un’altra possibilità, perché credevo che stessi cercando di superare la cosa e sapevo che ti avrei solo fatta soffrire di più, perché sono uno stupido. Ma soprattutto perché tu non meriti di stare in una relazione come questa. Una in cui siamo costretti a non vederci per settimane, per mesi.”
“C-che pensieri? Che cosa stai dicendo?” Chiesi. Lui deglutì e chiuse gli occhi. “Tu non hai il diritto di decidere per me, Harry. Non puoi lasciarmi per questo.”
“Lo so. Prima che Niall mi facesse quel discorso continuavo a pensare solo a una cosa, ma sono stato troppo codardo per farlo.”
“Che cosa?”
“Continuavo a pensare che avrei voluto passare il resto della mia vita con te e avrei voluto chiederti di sposarmi un giorno, ma non l’ho fatto perché non volevo obbligarti ad essere la moglie che resta sempre in casa da sola, quella che rimane ad aspettare le chiamate su Skype con il fuso orario. Siamo troppo giovani per questa vita e ti amo troppo per vederti soffrire così.”
“E poi Niall ti ha detto che non avrebbe mai funzionato.” Dissi, ignorando la parte in cui mi aveva detto di amarmi.
Harry annuì. “Mi ha anche ricordato che non è nella mia natura essere monogamo e che in un modo o nell’altro finisco sempre per fare qualche cazzata e tradire la persona con cui sto.”
“Quindi mi hai lasciata perché eri terrorizzato dall’idea di volermi sposare e perché pensavi che prima o poi mi avresti tradita?”
“Non lo so, Kim. Non so nemmeno io perché ho fatto una cazzata così grande. Poi quando Niall mi ha detto che avevi già trovato qualcun altro…” Harry chiuse gli occhi e scosse la testa, come se volesse scacciare il pensiero. “Avevo deciso di non farmi più sentire per lasciarti il tuo spazio, ma quando mi hai lasciato quel messaggio in segreteria ho capito che non eri stata con nessuno e che non avrei mai dovuto credere a quello che mi aveva detto lui.”
“Beh, evidentemente non credevi nemmeno tu che ce l’avremmo fatta, o non avresti mai ascoltato Niall.” Dissi. Poi tornai ad arrabbiarmi. Sentivo un fuoco dentro il petto e avevo bisogno di dire tutto quello che mi passava per la testa. “Sei davvero una persona immatura! Io pensavo che fossi diverso, che fossi speciale e che non mi avresti mai lasciata e invece mi hai ferita esattamente come tutti gli altri! Anzi no, di più, perché non sono mai stata innamorata di nessuno come lo sono di te e sai qual è la parte peggiore, Harry? Che nonostante tutto, nonostante tu mi abbia distrutta e nonostante io ti odi… ogni volta che mi succede qualcosa continuo a non vedere l’ora di raccontartelo. E poi mi ricordo che tu mi hai lasciata ed è come se succedesse tutto un’altra volta. È un incubo ed io non ce la faccio più!” Esclamai.
Ci guardammo per qualche secondo senza dire nulla. Poi Harry si avvicinò, prese il mio viso tra le sue mani e mi baciò.
Mi allontanai quasi immediatamente, guardandolo negli occhi. Come si era permesso di fare una cosa del genere? Dopo tutto quel tempo? Io lo odiavo.
Ma la mia mente era annebbiata dal suo bacio, dalla sensazione delle sue labbra sulle mie e dallo stato in cui quel semplice e veloce gesto mi aveva lasciata. Volevo sentirmi ancora vicina a lui. Avevo bisogno di toccarlo, di baciarlo, di sentire il suo sapore, di sentirlo mio. L’odio che provavo per lui non faceva altro che alimentare il fuoco nel mio petto. E forse non faceva altro che alimentare il mio amore, non ne ero sicura. Sapevo solo che in quel momento avevo bisogno di Harry. E lui era lì e mi guardava con la stessa espressione che avevo anch’io in quel momento. Ormai avevo smesso di cercare di capire perché la mia mente mi diceva una cosa e il mio cuore un’altra. Mi avvicinai e ricominciai a baciare Harry. Ero guidata dalla passione, dal fuoco, dall’odio, dall’amore. Non pensavo di averlo mai baciato in quel modo e ad ogni carezza, ad ogni tocco sentivo di volere di più.
Harry mi sospinse contro il muro del camerino e le sue labbra trovarono di nuovo le mie e questa volta mi interruppi per sbottonargli la camicia.
 
“Quello che è appena successo non vuol dire niente.” Dissi, sistemandomi il vestito e recuperando la scarpa che era volata dall’altra parte della stanza.
“Credo che voglia dire tutto, invece.” Replicò lui, ancora semisdraiato sul divanetto del camerino, con un sorriso compiaciuto e la camicia aperta. Lo guardai male. Malissimo.
“No, ho avuto un momento di debolezza, non vuol dire che sono tornata a fidarmi di te magicamente. Non vuol dire che siamo tornati insieme. Vuole solo dire che sei… decentemente bravo a fare questa cosa.” Risposi. Non sapevo nemmeno io quello che stavo dicendo.
“Kim, questo vuol dire che siamo fatti per stare insieme, che non riusciamo a stare lontani e che, probabilmente, dobbiamo stare insieme.”
“Hai già cambiato idea, quindi? E cosa farai quando Niall ti farà un altro discorso? Mi lascerai ancora? No, stai solo dicendo così perché sei soddisfatto per quello che abbiamo fatto. Alla prima difficoltà scapperai di nuovo, perché sei fatto così.” Replicai piccata.
“No.” Disse lui, alzandosi e cominciando a chiudere i bottoni della camicia. Deglutii, cercando di obbligarmi a non guardarlo. “So di averti ferita e di essere stato stupido, ma non puoi dire che scappo davanti alla prima difficoltà, perché non è vero. Mi sembra di aver continuato a chiederti di uscire anche dopo che mi hai rifiutato. Sono venuto a New York per te, anche se mi avevi detto che non potevamo stare insieme.”
“Perché volevi portarmi a letto, Harry!” Esclamai.
“No, perché mi ero innamorato di te! E perché lo sono ancora, Kim.”
Non l’avevo mai visto così. Era agitato, aveva le guance rosse e parlava velocemente. E di solito era quasi insopportabile la lentezza con cui pronunciava ogni parola.
“Per piacere.” Dissi, sbuffando. “Non usare l’amore come scusa, perché sai quanto me che non esiste. È solo una cosa che ci siamo inventati per giustificare l’attrazione fisica.” Aggiunsi.
La verità era che non riuscivo a smettere di pensare a quello che avevo provato pochi minuti prima, su quel divano, insieme a lui. Si trattava di amore? Quella sensazione di non riuscire a vivere senza di lui? Ma non potevo permettere di cascarci un’altra volta. Harry mi aveva già fatto del male, non volevo che succedesse di nuovo. Perché ero sicura che con il passare del tempo i miei sentimenti nei suoi confronti sarebbero solo cresciuti e allora sarei stata ancora peggio quando mi avrebbe lasciata di nuovo. Perché sarebbe successo, lo sapevo.
“Kim, fermati.” Disse Harry, quando vide che avevo cominciato a camminare verso la porta. Non lo ascoltai e la raggiunsi. “Kimberly!” Esclamò il ragazzo.
“Cosa vuoi?”
“Non uscire da quella porta, ti prego.”
“Perché?”
“Perché se uscirai di lì so che sarà davvero finita e non so se posso accettarlo.” Rispose. Respirai profondamente e cercai di non piangere. Sapevo che anche lui si sentiva così. Lo sentivo dal tremore nella sua voce. Lo vedevo dalle lacrime spuntavano dai lati dei suoi occhi.
“Almeno adesso sai come mi sono sentita io quando mi hai lasciata.” Dissi. Poi bussai e richiamai l’attenzione di Louis. “Tomlinson, fammi uscire.” Aggiunsi. Sperai che fosse ancora lì e che non se ne fosse andato, abbandonandomi in una stanza troppo piccola insieme a Harry. Fortunatamente, pochi secondi dopo, sentii il rumore metallico della serratura e la porta bianca si aprì.
Louis sembrava pronto a farmi una battutaccia, ma dopo una sola occhiata al mio viso cambiò completamente idea. Invece mi sorprese e mi abbracciò stretta.
“Andrà meglio, te lo prometto.” Mi disse, accarezzandomi i capelli. Lo guardai, confusa.
“Come fai a saperlo? Tu ed Eleanor state insieme da millenni e non avete mai litigato.” Ribattei.
“El ed io siamo un raro esempio di coppia perfetta, lo ammetto.” Disse lui, riprendendo il suo solito sorriso compiaciuto. “Ma conosco Harry da quattro anni, è il mio migliore amico e penso di conoscerlo persino meglio di se stesso. Non l’ho mai visto così e gli ho detto immediatamente che secondo me aveva fatto una cazzata a lasciarti.” Continuò.
“Smettila.” Mormorai.
“No, devi sentire queste cose.” Insistette Louis. “Qualcuno deve dirtele. Perché io lo so che voi siete fatti per stare insieme e avete solo bisogno di parlare come si deve, smettere di stare sulla difensiva – e sto parlando soprattutto di te – e risolvere tutto. Ormai sai quello che è successo e non potete tornare indietro e rifare tutto. Potete solo andare avanti, tornare a fidarvi l’uno dell’altra e accettare che dovrete passare mesi in cui non vi vedrete. Non sarà facile, perché anche con El non lo è mai stato e non lo sarà mai, ma dovete credere che ne valga la pena e fare uno sforzo.”
“Perché stai facendo tutto questo?” Domandai. Mi bruciavano gli occhi e volevo scappare il più lontano possibile.
“Perché al contrario di quello che sembra, tengo ad entrambi. Harry è il mio migliore amico, gli voglio bene come se fosse mio fratello. E tu… beh, so che non sembra, ma mi stai simpatica e sei mia amica.” Rispose lui con tutta la semplicità del mondo. Nei suoi occhi leggevo sincerità. Non aveva nessun sorrisetto sarcastico, non stava usando un tono ironico. Era tutto vero.
Cominciai a piangere contro la sua spalla, perché sapevo che quello che mi aveva appena detto era vero. Avevo solo una paura incredibile. Paura di fare la scelta sbagliata, paura di pentirmene e, soprattutto, paura di stare di nuovo male.
“Per la cronaca, ti ho detto che sei mia amica solo per vederti piangere.” Scherzò Louis dopo un po’. Sorrisi tra le lacrime e gli tirai un lieve pugno sulla spalla.
“Sei un cretino.” Dissi. “Ma ti voglio bene e grazie per quello che mi hai detto.”
“Ehi, nessun problema. Se posso fare stare meglio te e smettere di sentire Harry lamentarsi per essersi lasciato scappare l’amore della sua vita…” Rispose lui, tornando il solito Louis di sempre. Il ragazzo sorrise e scrollò le spalle. “Se torno dagli altri mi prometti che non imploderai o comincerai a cadere a pezzi o cose del genere?”
“Posso provarci.” Dissi.
“D’accordo, allora vai a darti una sciacquata al viso, beviti un bel bicchiere d’acqua fresca e torna di là con noi, okay?”
Annuii, ma in realtà non avevo intenzione di fare nessuna delle cose che mi aveva suggerito. Qualcosa che mi aveva detto non voleva abbandonare i miei pensieri e dovevo risolvere quella situazione una volta per tutte.
Louis cominciò a camminare verso il camerino in cui c’erano anche gli altri ragazzi ed io mi ritrovai da sola in corridoio. Mi voltai verso la stanza dalla quale ero appena uscita e vidi Harry ancora seduto sul divano, con una mano tra i capelli.
“Hai detto a Louis che ti sei lasciato scappare l’amore della tua vita?” Domandai. Harry alzò lo sguardo e sembrò sorpreso di rivedermi.
“Sì.” Rispose semplicemente.
Mi avvicinai a lui e mi sedetti sul divano.
“Come siamo arrivati a questo punto?” Domandai.
Lui scosse la testa e abbassò lo sguardo.
“Andava tutto bene, poi ho deciso di fare il cretino.”
“Non è del tutto colpa tua.” Dissi, accettando finalmente parte della responsabilità per quello che era successo. “So di non essere una persona facile e probabilmente anche quello ti ha spaventato. Se non fossi così fottutamente fragile non avresti avuto paura di ferirmi stando lontano da me durante il tour.”
“Non darti la colpa di quello che è successo, Kim.”
“Sei un gentiluomo fino all’ultimo, vero?” Domandai con un mezzo sorriso. “Ascolta, io ti amo. È inutile cercare di negarlo, perché lo sanno anche i muri.”
“Ed io amo te, Kim.” Rispose lui. “Sai, quando Niall mi ha detto che avevi trovato un altro ragazzo non volevo crederci. Pensavo che avresti combattuto almeno un po’ per stare con me. Parte di me lo sperava, almeno.”
“E parte di me sperava che tu mi richiamassi e mi dicessi che ti eri reso conto dell’errore che avevi fatto.”
“Se solo avessimo avuto il coraggio di parlarne tra di noi, eh?”
Sorrisi e guardai Harry negli occhi. Sapevo che non sarei mai riuscita a fare a meno di lui, così come l’avevo saputo il primo giorno in cui l’avevo incontrato. Solo che all’epoca non avevo voluto ammetterlo nemmeno con me stessa, perché per me l’amore era segno di debolezza. Ed io non volevo essere debole. Volevo essere forte e indipendente, non volevo dipendere da nessuno.
“So che non sarà facile stare insieme, ma voglio provarci.” Dissi dopo qualche minuto.
“Ti prometto che non darò più ascolto a nessuno se non al mio cuore e che proverò a cominciare ad esprimere i miei sentimenti a parole, come le persone normali. Non mi terrò più tutto dentro e, se mi verrà qualche pensiero che mi spaventerà, te ne parlerò.” Replicò lui. “E non cercherò mai più di scappare da te.”
“Ti prometto la stessa cosa.” Dissi.
“A questo proposito, tu hai sempre fatto sembrare facile scappare. Hai un certo talento per quello, lo sai?”
“Tu stai zitto, che mi hai lasciata, sei salito su un aereo e l’hai fatto con la stessa facilità con cui ti allacci le scarpe.”
“Kim, io non mi allaccio le scarpe, porto gli stivali.”
“Sei un idiota.” Mormorai e appoggiai la testa alla sua spalla. Ormai eravamo tornati noi stessi. Eravamo tornati Harry e Kim. Anzi, Fossette e Kim. Stavamo vivendo la quiete dopo la tempesta e la cosa non mi dispiaceva. Perché la tempesta mi aveva veramente distrutta e non ero sicura di riuscire a sopravvivere ancora per molto in quella situazione. Anzi no, ero sicura che sarei sopravvissuta, ma probabilmente sarei stata un robot. Non avrei amato più nessuno e non avrei mai più creduto nell’amore.
“Allora Kim, vuoi tornare ad essere la mia ragazza?” Mi domandò lui, mettendosi su un ginocchio davanti a me e offrendomi la collana con la croce che portava sempre al collo.
“Sì.” Dissi. “Sì, voglio essere la tua ragazza.” Aggiunsi. Fossette mi abbracciò e mi diede un lungo bacio.

 



Ed ecco il nuovo capitolo!
Finalmente scopriamo cosa c'entra Niall in tutta questa storia. E, grazie all'idea di Louis di chiuderli a chiave in un camerino, Kim e Harry sono finalmente riusciti a parlare e a risolvere tutto. Ma rimarrà davvero così? Oppure i due si lasceranno di nuovo alla prima difficoltà?
Nel prossimo capitolo scopriremo se le cose rimarranno così o se i due dovranno affrontare ancora tanti ostacoli.
E, a questo proposito, vi dico che probabilmente il prossimo capitolo arriverà martedì sera, perché io sarò in vacanza e penso che starò fuori tutto il giorno, quindi credo che posterò quando tornerò in hotel.
Spero che vi sia piaciuto questo capitolo! Grazie per aver letto e grazie a chi ha inserito la mia storia tra le preferite, seguite o ricordate! Grazie alle ragazze che mi hanno lasciato le loro bellissime recensioni al capitolo scorso! <3
Un bacione e a martedì prossimo!

 


p.s. Ho iniziato a pubblicare una nuova storia, se volete leggere qualcosa di nuovo! Si chiama Little White Lies e potete trovarla QUI! :)

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Capitolo 28
*** The Matchmaker ***




Capitolo 28 – The Matchmaker
 

“Dobbiamo ancora parlare di tante cose.” Dissi quella sera, abbracciata a lui nella stanza di un hotel in New Jersey. Il giorno successivo i ragazzi avrebbero avuto un altro concerto allo stadio in cui eravamo stati quella sera e poi sarebbero andati in Massachussets per tre giorni. Anzi, saremmo andati, perché Harry mi aveva chiesto di passare la mia settimana di vacanza insieme.
“Lo so.” Rispose lui, accarezzandomi la spalla con il dorso della mano.
“Perché quando mi hai lasciata mi hai detto che non eri più innamorato di me?” Domandai, raddrizzandomi sul letto e guardandolo negli occhi. Lui abbassò lo sguardo.
“Ho mentito. E quella è stata la cosa più difficile che io abbia mai fatto. Non lo so, pensavo che se mi avessi odiato sarebbe stato più facile per tutti.” Rispose. Scossi la testa e sbuffai.
“Sai che sei un idiota, sì?”
Lui sorrise e mi diede un bacio.
“Sono così contento di sentirtelo dire.”
“Seriamente?” Domandai, sorpresa. A quale ragazzo piaceva sentirsi dare dell’idiota?
“Sì, perché mia sorella mi ha fatto leggere una frase un giorno e penso che sia la cosa più vera che sia mai stata scritta. Diceva che le ragazze non dicono ‘ti amo’ come le persone normali, ma esprimono il loro amore dicendo al ragazzo che è un idiota e lo fanno con un sorrisetto come quello che hai tu adesso. Ho capito che mi amavi sul serio la prima volta che mi hai detto che sono un idiota.” Replicò. Lo fissai per qualche secondo, cercando di capire se fosse serio e sì, sembrava proprio convinto di quello che mi aveva appena detto.
“Tu sei completamente pazzo.” Dissi. Non mi sembrava vero di essere al suo fianco. Era come se quel momento insieme avesse cancellato il periodo orribile che avevo passato dopo che mi aveva lasciata. Odiavo il fatto che, nonostante tutto, lui avesse ancora così tanto potere su di me, ma non potevo farci nulla. Fossette era l’uomo della mia vita, lo sapevo. Nessuno dei due era perfetto e la nostra storia era perfettamente imperfetta, proprio come noi. “A proposito, non posso lasciarti da solo per un po’, che mi torni a casa con dei tatuaggi nuovi. Cosa ti sei fatto lì?” Chiesi, indicando le due foglie di felce che si era fatto tatuare sui fianchi.
“Le ho fatte poco dopo che ci siamo lasciati.” Ammise lui. “Significano forza, resistenza e passione.” Aggiunse con una scrollata di spalle.
“Mi piacciono.” Dissi dopo qualche minuto.
“Sul serio? Perché qui tutti pensano che io mi stia riempiendo di cose orribili e a caso. E forse è vero, ma a me piacciono. Hanno tutte un significato.” Rispose lui con un sorriso divertito.
“Puoi anche tatuarti un gigantesco leone che ruggisce sul tuo didietro, Harry Styles, e a me piacerebbe lo stesso.” Replicai. “Però, a pensarci bene… non farlo, okay? Il tuo didietro mi piace così com’è.”
Il ragazzo scoppiò a ridere ed io capii che era davvero tornato tutto come prima. Nella mia mente avevo immaginato per tanto tempo il momento in cui ci saremmo rivisti. Avevo pensato che sarei rimasta arrabbiata con lui per mesi, che l’avrei odiato a morte e che avrei dovuto trovare un nuovo fidanzato solo per cercare di farlo diventare geloso. Invece non c’era stato bisogno di nulla del genere, perché io e lui eravamo attratti l’uno dell’altra come due magneti. Non riuscivamo a stare lontani, quando ci vedevamo dovevamo stare insieme. Ed ero sicura che non sarebbe stato facile stare con lui mentre era in tour, ma ci avremmo provato, perché sapevo che entrambi non volevamo rivivere quello che avevamo appena passato.
 
La sera successiva, allo stadio, trovai abbastanza difficile stare nella stessa stanza insieme a Niall. Non riuscivo a smettere di pensare a quello che aveva fatto e sapevo che la colpa non era completamente sua, ma ormai lo associavo alla ragione per cui Harry mi aveva lasciata e mi aveva fatto passare più di un mese d’inferno.
“Così verrai in tour con noi per una settimana, giusto?” Mi chiese Louis dopo il concerto. La folla era stata così rumorosa che non ci sentivo più. Come facevano a suonare quasi tutte le sere in quelle condizioni? Ero sorpresa che non fossero ancora diventati sordi.
“Già, sembra proprio che dovrò darti fastidio per sette interi giorni!” Esclamai. Mi guardai intorno e cercai le mie amiche per assicurarmi che tutto stesse andando bene. Cassie era seduta su un divanetto di fianco a Zayn e i due stavano chiacchierando e cercando di passare ogni singolo secondo prima di partire insieme. Elle, invece, sembrava occupata in una fitta conversazione con Liam, che si era fatto crescere la barba e sembrava profondamente triste. Forse stava ancora soffrendo per la fine della storia con la sua ragazza. Niall aveva detto qualcosa su quell’argomento il giorno precedente, se non ricordavo male. E Piper, invece, stava chiacchierando con Lou Teasdale ed era nell’angolo della stanza più lontano da Niall. Improvvisamente decisi di risolvere quella situazione.
Mi alzai, raggiunsi il ragazzo e gli chiesi di andare a parlare in privato. Lui sembrò preoccupato – e per un momento pensai che fosse terrorizzato dal fatto che potessi picchiarlo – e poi annuì e mi seguì nel corridoio dello stadio.
“Kim, mi dispiace davvero per quello che ho fatto, io non so cosa mi sia preso, ho sbagliato e ti chiedo scusa. Di solito non faccio cose del genere, non mi intrometto nella vita degli altri, io…”
Alzai una mano per bloccarlo e il ragazzo irlandese smise di parlare.
“Non sono qui per questo.” Dissi. “Non nego che ci sono rimasta male e non ti ho ancora perdonato del tutto, ma risolveremo. Ne sono sicura.” Aggiunsi.
“Quindi…” Cominciò lui.
“Sono qui per parlarti di Piper. Di quello che è successo con lei, intendo.” Spiegai. “Sei sicuro di non aver fatto quel discorso a Harry perché in realtà pensavi alla situazione con la mia amica? Cioè, io credo che a te lei piaccia, ma sei terrorizzato dall’idea di iniziare una storia con lei e tutte le cose che hai detto a Harry sono, in realtà, le cose che fanno paura a te.”
“Sì.” Rispose lui semplicemente. “Sì, ho paura di iniziare una storia, ho paura che finisca di nuovo per colpa della distanza, di fare qualche cazzata mentre sono in tour e di fare soffrire entrambi.” Aggiunse.
“Io trovo davvero assurdo il fatto che abbiate smesso di parlarvi completamente da quando lei ti ha baciato.” Replicai. “Vuoi farti perdonare per quello che hai fatto a me?” Domandai.
“Perché, posso fare qualcosa?”
“Sì, puoi andare a parlare con Piper e puoi spiegarle quello che sta succedendo, perché è da più di un mese che non riesce a smettere di darsi la colpa per aver rovinato quello che c’era tra di voi. Mi ha detto che odia il fatto che non vi parlate più, perché le manchi anche solo come amico. Si trovava bene con te, Niall.”
Lui scosse la testa.
“D’accordo. D’accordo, andrò a parlarle e vediamo cosa succederà. Però mi prometti che mi perdonerai e che non passerai il resto della tua vita a odiarmi?” Mi chiese il ragazzo.
“Non ti odierò per il resto della mia vita.” Dissi, annuendo. Era vero, sapevo che non l’avrei odiato, ma non avevo idea se sarei mai riuscita a fidarmi completamente di lui in futuro. Ci avrei provato, però, perché sapevo che le sue intenzioni erano buone. Era terrorizzato dal fatto che Harry, uno dei suoi migliori amici, soffrisse. Voleva proteggerlo e, nel farlo, l’aveva ferito. E aveva ferito anche me, ma sarei sopravvissuta. Per me, in quel momento, l’importante era che Fossette ed io ci fossimo ritrovati e avessimo chiarito tutto.
“Okay. Ci provo.” Niall si sforzò di sorridere, anche se sembrava nervoso. “Anche a me piaceva la compagnia di Piper e mi è dispiaciuto tanto quando abbiamo smesso di sentirci.” Aggiunse.
“Allora vai a sistemare tutto, sei ancora in tempo!” Esclamai e sorrisi anch’io. Lo guardai rientrare nel camerino in cui erano ancora tutti gli altri e lo seguii, appoggiandomi alla parete e osservando Harry ridere con Liam ed Elle.
 
“Non mi avevi detto che vi eravate lasciati.” Disse improvvisamente Sophia, spuntando alle mie spalle e spaventandomi. Mi offrì una lattina di Diet Coke e mi fece cenno di seguirla. La aiutai a trasportare tutta l’attrezzatura sulla sua auto e poi rimasi per un po’ fuori dallo stadio con lei.
“Non volevo dirlo ad alta voce.” Risposi finalmente. “Non volevo che fosse vero.” Aggiunsi. Lei annuì e mi mise una mano sulla spalla.
“Ti capisco. Adesso avete risolto? Questa sera mi sembrate molto più tranquilli rispetto a ieri.”
“Sì, fortunatamente abbiamo risolto e siamo tornati insieme.” Risposi.
“Sono contenta. Allora questa settimana insieme vi servirà proprio per sistemare tutto.” Replicò e sorrise. “Adesso è meglio se ci salutiamo, perché devo tornare a New York. Domani parto per Parigi con Joel e non vedo l’ora.” Aggiunse. Vidi le sue guance diventare leggermente rosse e il suo sorriso ampliarsi. Sembrava che le brillassero gli occhi all’idea di passare una settimana con l’amore della sua vita e mi sorpresi a pensare che sapevo esattamente come si sentiva.
“Divertiti, Sophia.” Le dissi. “E grazie per non avermi licenziata nonostante me lo meritassi e… per tutto, davvero.” Aggiunsi.
“Manca ancora del tempo e hai un solo errore a disposizione, Kim.” Scherzò lei prima di chiudere la portiera dell’auto e farla partire. O almeno, sperai che stesse scherzando.
 
Quando tornai all’interno dello stadio salutai la mia gemella e le mie amiche e seguii Harry sul tour bus. Non avevo quasi nulla con me. Solo una borsa con un paio di cose per la notte, perché Sophia ed io avevamo preso delle stanze d’hotel vicino allo stadio in New Jersey per non continuare a tornare a Manhattan.
“Compriamo tutto per strada.” Disse Harry, prendendo il mio zaino e mettendolo nel bagagliaio dell’autobus. “Ma ti avviso: se ti è sembrato assurdo vivere con noi cinque in quell’appartamento enorme a Manhattan… sappi che il tour bus è ancora peggio, perché è piccolo. Non avremo un briciolo di privacy finché non passeremo una notte in hotel, perché funziona così.”
“Non importa.” Replicai. “Mi accontento anche di dormire in un letto minuscolo.” Aggiunsi.
“Basta che non dormi sotto il posto di Niall.” Disse velocemente Harry.
“Perché?” Domandai, incuriosita.
“Beh, diciamo che chi sta sotto Niall, di solito, avrebbe bisogno di una maschera antigas.” Replicò lui, scoppiando a ridere.
“Ehi!” Esclamò il diretto interessato, aprendo la tendina del suo letto e mettendo fuori la testa. “Ti ho sentito, sai?”
“Perché, vuoi anche avere il coraggio di dire che non è vero?” Domandò Harry con ironia. Niall ci pensò per qualche secondo, poi scoppiò a ridere.
“No, è del tutto vero.” Rispose. “E tu non farmi quella faccia, ho parlato con Piper e abbiamo deciso di tornare ad essere amici.” Aggiunse poi, rivolgendosi a me.
“Bene.” Dissi. “Allora considerati perdonato per quello che hai fatto.” Replicai. Non era del tutto vero. Ero ancora parecchio irritata e odiavo il fatto che si fosse messo tra Harry e me, ma avrei dovuto farmela passare, perché Niall era uno dei migliori amici di Fossette. Passavano giornate intere insieme, mesi in tour insieme. Non potevo odiarlo. Avrei reso tutto molto più complicato. E, onestamente, ero così stanca di cose complicate.
“Vuoi venire a vedere la tua suite, Principessa?” Mi chiese improvvisamente Harry, facendomi tornare alla realtà. Lo guardai male. “L’ho detto per vedere se eri attenta.” Si giustificò lui, ridendo.
“Andiamo.” Dissi. Pochi passi dopo – esattamente cinque – Harry aprì la tenda di uno dei posti letto del tour bus e si abbassò.
“Di solito il mio è quello in alto, ma se vuoi possiamo fare cambio.”
“Non preoccuparti, per me va benissimo dormire lì.” Replicai.
“Siamo fortunati, perché in America i tour bus sono molto più grandi rispetto a quelli in Europa.” Continuò Fossette. “E abbiamo anche il lettore DVD.” Aggiunse con un sorriso. Sembrava felice e probabilmente non lo era solo perché poteva guardare film prima di dormire. Almeno, io non ero felice solo per quello.
Lo abbracciai stretto, perché non mi ero ancora resa conto del tutto che avremmo passato una settimana intera insieme, che l’avrei seguito in tour e che avremmo continuato a stare insieme anche dopo.
“Ehi.” Mormorò lui tra i miei capelli, accarezzandomi la schiena e stringendomi a sé. “Vieni, andiamo in fondo al tour bus, così ti faccio vedere la zona relax e possiamo stare sul divano e parlare con calma.” Aggiunse. Era come se sapesse che volevo dirgli qualcosa e quello era solo uno dei mille motivi per cui lo amavo.
Lo seguii nella zona dedicata ai videogames e mi sedetti sul divano nero, di fianco a lui. Appoggiai la testa alla sua spalla e mi lasciai coccolare per un po’.
“Ti amo, Harry.” Mormorai. Alzai lo sguardo e incrociai il suo. Le sue labbra si stiracchiarono in un sorriso rilassato.
“Anch’io ti amo.” Replicò. Poi mi diede un bacio sulle labbra e sorrisi anch’io. Non mi sarei mai stancata di quella sensazione.
“Okay, direi che è arrivato il momento di dare una regolata al livello di zucchero in questo posto e sfidarci a Fifa, okay?” Propose Louis, entrando improvvisamente nella zona relax e sedendosi pesantemente sul divano. Zayn, Liam e Niall lo seguirono pochi secondi dopo. "Che ne dici, Fletcher, ti fai stracciare anche tu?" Domandò Louis ridendo.
"Ci puoi giurare, Tomlinson. Ma non piangere quando ti avrò schiacciato." Replicai, allontanandomi un po’ da Harry e prendendo il joystick che mi stava porgendo il ragazzo.
 
Una settimana in tour con i ragazzi passò troppo in fretta. Alla fine mi dimenticai persino di avercela con Niall, perché ero troppo felice. Vedere Harry nel suo ambiente naturale era stupendo. Era sempre un po' nervoso prima dei concerti, ma poi aveva una carica di adrenalina pazzesca e finivamo sempre per fare l'amore da qualche parte (e una volta eravamo anche stati beccati in un camerino dal tour manager). Poi tornavamo in albergo o sul tour bus e bevevamo qualche birra insieme agli altri e parlavamo dello spettacolo che si era appena concluso.
"Avete visto la fan che ci ha lanciato il reggiseno?" oppure "Questa sera, Liam, il tuo assolo in You & I è stato fenomenale." e via dicendo finché non eravamo tutti troppo stanchi per mettere insieme frasi che avessero un senso.
Avevo conosciuto anche i ragazzi della band e quelli della crew e tutti mi avevano dato il benvenuto nella famiglia facendomi uno scherzo: mi puntarono in gruppo con le pistole ad acqua e mi fecero una doccia incredibile nel backstage, prima del primo concerto.
Quando arrivò il momento di tornare a Manhattan e di salutare Harry provai una stretta allo stomaco.
Erano stati i sette giorni più intensi, più divertenti, più romantici e più pazzi di tutta la mia vita. Avevo dormito poco, avevo riso tanto, ma soprattutto avevo amato ancora di più. Il mio cuore sembrava voler esplodere per quanto amore avevo provato in quei giorni.
 
"Chiamami appena atterri, okay?" Mi chiese Harry prima di salutarmi. Mi diede un lungo bacio e mi strinse a sé.
"D'accordo." Risposi. "E tu mandami un messaggio quando arrivi in hotel."
"Dio, Kim, mi mancherai così tanto..." Cominciò a dire Fossette
Appoggiai le mie labbra alle sue e rimasi così per qualche secondo. L'idea di doverlo salutare e di poterlo rivedere solo dopo due mesi mi distruggeva.
"C'è Skype." Mormorai.
"Saranno i due mesi più lunghi della mia vita lo stesso." Replicò il ragazzo.
"Allora proverò ad aspettare che Sophia sia di buonumore e le chiederò un weekend lungo libero, così potrò venire a trovarti tra un mese.” Dissi.
“Lo faresti sul serio?” Il suo sguardo si illuminò e sorrise, improvvisamente felice.
“Certo.” Risposi. “Verrei in capo al mondo per te, Harry Styles.” Aggiunsi.
Non avevo mai capito perché la gente dicesse frasi del genere prima di incontrare lui. Pensavo che fossero tutte cazzate, perché chi viaggerebbe per ore e ore per stare solo un paio di giorni con una persona? Che cos’aveva di così speciale? Poi Fossette mi aveva fatto cambiare idea su tutto e l’avevo capito. Avevo capito che esisteva qualcosa di forte, di speciale, di incredibile che faceva venire voglia alle persone di fare anche le cose più stupide pur di riuscire a passare del tempo insieme.
“Ed io per te, Kimberly Fletcher.” Rispose lui, dandomi un ultimo lungo bacio prima di salutarmi.
L’avrei rivisto dopo quattro settimane, poi ancora dopo un mese e poi avrei dovuto per forza salutarlo per un po’ più tempo perché il tour avrebbe continuato in Europa ed io non potevo fare dei viaggi così lunghi (e costosi) in così pochi giorni. Avrei voluto, ma non potevo.
“Ci vediamo presto, Harry.” Mormorai sulle sue labbra.
“Non pensavo che l’avrei mai detto, ma conterò i minuti.” Rispose lui, ridacchiando.
Lo baciai di nuovo e poi mi costrinsi ad allontanarmi e ad uscire dall’auto che aveva noleggiato per accompagnarmi all’aeroporto.



Saluti da Londra!!
Ecco il nuovo capitolo di The Butterfly Effect! Siamo arrivati al penultimo e settimana prossima (sempre martedì) scopriremo come finirà questa storia!
Vi ringrazio per aver letto fin qui e per le bellissime recensioni che mi lasciate sempre! Siete incredibili <3
Ho letto tutti i commenti agli scorsi capitoli e adesso non riesco a rispondere, ma domani mattina dovrei avere un po' di tempo. Intanto grazie!! <3 <3
Grazie di tutto, davvero! Spero che questo capitolo vi piaccia e vi lascio anche il link per la nuova storia che ho iniziato a postare la settimana scorsa, "Little White Lies"! Se avete voglia di passare mi rendereste molto felice! 
L'appuntamento per il gran finale è martedì prossimo! Un bacione a tutti!

 

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Capitolo 29
*** Epilogue ***




Capitolo  29 – Epilogue
 

Non avevo mai festeggiato il mio compleanno. Non in grande stile, comunque. Di solito eravamo solo Cassie ed io, sin da quando avevo iniziato ad avere ricordi. Quando eravamo bambine costruivamo torte con qualsiasi cosa avessimo a disposizione – cartone, sabbia, pastelli a cera – e fingevamo di spegnere le candeline che non c’erano.
Poi, crescendo, avevamo cominciato a cucinare dei biscotti o delle torte vere e, a volte, quando riuscivamo a mettere da parte abbastanza soldi – guadagnati facendo lavoretti un po’ ovunque – ci permettevamo di comprarci un regalino.
 
Quell’anno tutto era diverso. Ero nel mio studio fotografico a Londra e aspettavo insieme a Zoey, il piccolo Cavalier King che mi aveva regalato Harry l’anno prima, che arrivassero la mia gemella e i nostri amici. Avevo organizzato una piccola festa – avevo invitato poche persone, solo quelle che sapevo avrebbero potute partecipare – e, con i guadagni del mio lavoro, ero riuscita anche a comprare un bel regalo per Cassie. Sapevo che sarebbe impazzita di gioia.
 
“C’è nessuno?” Sentii la voce della mia gemella e vidi Zoey scodinzolare allegramente. Quelle due si amavano alla follia (e forse era anche perché Cassie continuava a dare croccantini al mio cane e Zoey si sottoponeva a sessioni infinite di coccole tra le orecchie).
“Sono qui!” Esclamai, alzando una mano per farmi vedere. Ero abbassata tra due grandi scatoloni dell’IKEA – il mio studio era ancora abbastanza nuovo e appena potevo andavo a comprare nuovi mobili per organizzare lo spazio al meglio.
“Kim?” Mi domandò la ragazza. “Non mi avevi detto che hai preso le librerie nuove!” Esclamò poi, guardandomi.
“Mi sono arrivate questa mattina.” Risposi. “E non ho ancora avuto il tempo di aprirle, ma lo farò la settimana prossima.”
“Hai intenzione di ubriacarti così tanto questa sera?” Scherzò lei. “Non l’hai fatto nemmeno al tuo ventunesimo compleanno.”
“Non c’era molto da festeggiare.” Borbottai. “Eravamo appena tornate a Londra, Harry e Zayn erano in tour e Piper ed Elle mi mancavano da morire e non potevano essere con noi.” Aggiunsi.
“Già.” Rispose Cassie, assumendo un’espressione pensierosa. “Beh, almeno quest’anno i nostri ragazzi saranno presenti.”
“Sì, sarà diverso da tutte le altre volte!” Esclamai. Non vedevo Harry da un’intera settimana e mi mancava da morire.
Proprio in quel momento sentii la porta dello studio aprirsi e Fossette mi corse incontro e mi abbracciò, sollevandomi dal pavimento e facendomi fare il giro della stanza.
“Auguri!” Esclamò prima di darmi un bacio.
Con la coda dell’occhio notai anche Zayn, che era entrato in modo molto più tranquillo e stava salutando la mia gemella. Zoey, ai nostri piedi, scodinzolava ancora più di prima. Harry si abbassò e la prese in braccio. Per tutta risposta, la cagnolina cominciò a leccargli la guancia.
“Ma è qui la festa?” Si domandò improvvisamente Harry. “Perché ho paura che abbiamo avuto una piccola incomprensione.” Aggiunse dopo un po’.
Zayn annuì.
“A proposito, auguri anche a te, Kim.” Disse. Mi abbracciò velocemente e sorrise.
“E auguri anche a te, Cassie. Sono passati due anni, e faccio ancora fatica a rendermi conto che siete gemelle e festeggiate il compleanno lo stesso giorno.” Aggiunse Harry, dandosi una pacca sulla fronte. “Comunque, stavo dicendo che c’è stato un problema, perché io ho organizzato una piccola festa a casa mia.”
“E gli invitati?” Domandai.
“Ho contattato tutti e ci aspettano là.” Rispose Harry. “In realtà ho organizzato tutto così bene, che… Fidati, vieni con me. Cioè no, venite con me.” Aggiunse.
Si stava comportando in modo strano, ma avevo imparato a fidarmi completamente di lui. Certo, avevamo avuto i nostri problemi – c’era stato lo scandalo scoppiato qualche mese prima. Qualche giornalista aveva pubblicato foto di Harry e una ragazza che assomigliava a Vanessa Hudgens in atteggiamenti intimi e mi ero infuriata. Poi avevo guardato bene gli scatti e mi ero accorta che non si trattava di lui, perché quello nella foto aveva il naso a patata e la fronte più bassa – ma avevamo risolto tutto ed eravamo più uniti e innamorati di prima.
“D’accordo.” Dissi. “E Zoey?”
“Ho chiamato tua madre e la portiamo da lei mentre andiamo a casa mia.” Rispose il ragazzo.
“Harry Styles, sei in contatto con mia madre?” Domandai. Avevo presentato Harry ai Fletcher poco meno di un anno prima, appena ero tornata in Inghilterra, e avevano adorato Fossette. Anche Cassie aveva presentato Zayn a casa e – dopo mille domande su perché fosse finita con Nate – avevano finito per innamorarsi anche di lui. Come si poteva non adorare il tranquillo, carismatico, bellissimo Zayn Malik?
Cercai di immaginare una telefonata tra Harry e mia madre e non riuscii.
“Certo. Ci siamo scambiati i numeri di telefono. Veramente mi ha obbligato a darle un contatto e… si è fatta sentire.” Rispose lui con aria vaga.
“Si è fatta sentire?”
Zayn scoppiò a ridere.
“Quando è scoppiato lo scandalo del tradimento l’ha chiamato. Non ho mai sentito nessuno urlare così tanto.” Spiegò.
Harry arrossì e mi rivolse un sorriso imbarazzato. Doveva essere stato orribile essere insultati dalla madre della propria ragazza per qualcosa che non aveva nemmeno fatto. E, soprattutto, non sapevo che mia madre si sentisse così protettiva nei miei confronti. Dovevo ricordarmi di ringraziarla e di farle un magnifico regalo per la Festa della Mamma.
“Anche tu sei in contatto con lei?” Domandò improvvisamente Cassie. Zayn annuì e la mia gemella si coprì il viso con le mani.
“Non so come non ci abbiate ancora lasciate per questa cosa.” Mormorò. Scoppiammo tutti a ridere e Zayn le mise un braccio intorno alle spalle.
“Perché, come potrei farmi scappare una come te? Dovrei essere proprio stupido.” Disse.
Fossette guardò l’orologio con aria nervosa.
“Andiamo, dai.” Propose.
 
Ormai conoscevo a memoria la casa di Harry, perché quando il ragazzo era a Londra era lì che passavo tutto il mio tempo. Certo, andavamo anche a cena fuori, ogni tanto riuscivamo anche ad andare al cinema senza causare un putiferio, ma poi finivamo sempre per andare a dormire a casa sua.
Qualche volta rimaneva nel mio minuscolo loft sopra lo studio fotografico – soprattutto quando il giorno dopo dovevo lavorare e non avevo voglia di prendere un autobus e fare cinquantacinque minuti di strada per spostarmi.
Aprii la porta, e notai subito palloncini colorati e festoni in corridoio.
“Harry?” Domandai. Lui sorrise.
“Forza, venite di qui.” Disse Zayn, prendendo Cassie per mano e accompagnandola verso la cucina.
In ogni stanza c’erano decorazioni che festeggiavano età diverse, dal primo compleanno al ventunesimo.
“Cosa sta succedendo?” Domandai.
“Diciamo che Zayn ed io abbiamo avuto un compito difficile.” Rispose Harry.
“Abbiamo dovuto organizzare ventidue feste di compleanno in una.” Aggiunse Zayn. Riconoscevo il suo stile inconfondibile in alcuni dei cartelloni appesi alle pareti. Li aveva dipinti personalmente.
“Avete organizzato ventidue feste di compleanno in una?” Domandò Cassie, guardandosi intorno con la bocca aperta.
“Beh sì, una volta mi hai detto che non avete mai avuto una festa vera e propria, così…” Cominciò Zayn.
“Abbiamo voluto pensarci noi.” Completò la frase Harry.
“Siete due pazzi.” Mormorai. Sentivo gli occhi lucidi e un nodo in gola inspiegabile. Perché mi stavo commuovendo per così poco? Perché non era poco. Era tantissimo. Harry, il ragazzo che amavo, aveva organizzato qualcosa di bellissimo. Per me. E Zayn aveva fatto la stessa cosa per Cassie.
Com’eravamo diventate le due ragazze più fortunate del mondo?
“Non è finita.” Disse Fossette, prendendomi per mano e guidandomi verso la finestra del soggiorno, quella che portava in giardino.
 
All’esterno della casa le decorazioni erano tutte dedicate al nostro ventiduesimo compleanno. C’erano tavoli con pasticcini, bibite e qualunque tipo di finger food immaginabile.
“Ragazzi, ma non avete esagerato un po’? D’accordo, Niall mangia per trenta persone, ma siamo solo in dieci.” Domandai.
Zayn scosse la testa, sorridendo dolcemente.
“Vedi, è qui che sbagliate.” Rispose. “So che vi aspettavate dieci persone, ma…”
Improvvisamente dalle porte del garage di Harry cominciarono a uscire amici e tutti urlarono contemporaneamente: “Sorpresa! Tanti auguri!”
Riconobbi Elle, Piper, Niall, Louis, Liam, Sophia (la mia datrice di lavoro, non la ex ragazza di Liam), Amber, Eleanor (la ragazza di Louis), tutta la band e la crew dei ragazzi, Lou Teasdale e la sua famiglia (suo marito e la sua adorabile bimba), la sorella di Harry, le sorelle di Zayn e persino Paul, il tour manager della band, e Marco, il manager. C’erano anche alcuni compagni del corso di Cassie, Rusty (il collega della mia gemella al negozio di abiti da sposa) e qualche altro amico che avevamo conosciuto a Manhattan durante il nostro anno americano.
“Harry…” Mormorai. Ormai i miei occhi non erano più solo lucidi. Stavo proprio piangendo.
“Buon compleanno, amore.” Sussurrò lui nel mio orecchio e mi diede un bacio sulla guancia.
“Ma tutta questa gente… Elle, Piper… Sophia!”
“Diciamo che Zayn ed io abbiamo preso in prestito il jet privato della band e l’abbiamo spedito a New York a prendere tutte le persone che stavano là.” Replicò lui come se si trattasse della cosa più normale del mondo.
“Io…” Cominciai a dire, ma mi bloccai. Cos’avrei potuto dire davanti a una festa del genere? Non avevo parole. “Ti amo.” Dissi solo.
“Io, in realtà, pensavo che avrei avuto più possibilità di farti finire nel mio letto questa sera, se avessi organizzato qualcosa del genere, quindi…” Scherzò lui.
“Sei un idiota, Harry Styles.” Lo interruppi. Sorrisi e gli diedi un bacio sulle labbra.
“Quanto mi piace quando lo dici.” Replicò lui. “E ti amo anch’io, Kim. Tanto. E non vedo l’ora di farti vedere il mio regalo.”
“Perché, c’è anche un regalo? Oltre a questo?” Domandai, allargando il braccio e indicando il giardino pieno di persone.
“Certo, stasera vedrai.”
“Giuro che se ti sei comprato uno di quegli orribili perizomi da uomo a forma di animale, io…”
“Kim! Auguri!!” Elle interruppe la conversazione e mi abbracciò stretta. Non la vedevo da parecchio, da quando avevo passato un paio di settimane a New York l’estate prima. Si era schiarita i capelli ed era bellissima come sempre. Era perfetta e sembrava che non avesse nemmeno fatto uno sforzo per esserlo.
“Grazie!” Esclamai. Anche Piper, che aveva tagliato i capelli più corti e aveva cominciato a osare un po’ di più con il trucco, mi salutò e mi fece gli auguri e Harry sorrise e mi lasciò con le mie amiche.
Mi raccontarono tutte le novità – Piper era quasi arrivata alla prima laurea ed Elle era finalmente stata promossa e aveva cominciato a scrivere pezzi per il giornale – e poi mi lasciarono nelle mani di Sophia ed Amber, che mi parlarono del lavoro a New York, di tutti gli ultimi servizi fotografici e del nuovo assistente personale, che aveva combinato dei casini enormi nelle sue prime due settimane di lavoro, poi era uscito per andare a pranzo e non era mai più ritornato. Era scappato a gambe levate e avevano dovuto assumere un’altra persona.
Ero felice ed era tutto merito di Harry Styles. Di Fossette.
 
Era tardi – molto tardi – e tutti gli ospiti se ne erano andati (chi a casa propria e chi in hotel gentilmente prenotati da Harry e Zayn per l’occasione). Avevamo bevuto tutti, forse anche un po’ troppo – e ci eravamo divertiti.
Louis ci aveva obbligati a fare una gara di karaoke, urlando “Buon Natale a tutti!” alla fine di ogni canzone, nonostante non fosse nemmeno dicembre, Niall aveva organizzato una partita a calcio e aveva rotto il finestrino della Range Rover nera di Harry, lanciandoci contro il pallone con troppa forza, e Liam si era auto-eletto barista per la serata e aveva mischiato cocktail per tutti. Ed erano forti. Fortissimi.
Talmente forti che verso la fine della serata le inibizioni erano sparite e avevamo beccato Niall e Piper baciarsi dietro un cespuglio. E Liam ed Elle uscire da una delle camere degli ospiti della casa di Harry. Lui con la camicia fuori dai pantaloni e lei con la maglia al contrario.
Era un po’ come un matrimonio, tutti gli ospiti si erano ubriacati e si erano create nuove “amicizie.” Oppure erano stati commessi grandi errori, non ne avevo idea. L’avrei scoperto solo con il passare del tempo – e, conoscendo Piper, avrei dovuto obbligarla a raccontarmi quello che era successo con Niall. Elle, invece, me l’avrebbe detto più che volentieri. Infatti ero sicura che mi avrebbe telefonato proprio quella sera (o al massimo la mattina dopo) per dirmi quello che aveva fatto con Liam. Non che ci volesse un genio per immaginarlo, ma era una delle mie migliori amiche. L’avrei ascoltata parlare per ore anche di noccioline e sarei stata felice di farlo.
“Pronta per il mio regalo?” Mi chiese il ragazzo quella sera.
“Credo di sì.” Mormorai.
Zayn e Cassie erano tornati a casa di lui per la notte e, come avevo previsto, la mia gemella era impazzita quando aveva visto i miei regali, cioè l’agenda “Life Planner” di Erin Condren (erano anni che mi diceva che averne una era il sogno della sua vita) e l’agenda “Wedding Planner”, sempre della stessa designer – non per il suo lavoro, ma per organizzare il suo stesso matrimonio. Zayn le aveva regalato l’anello a San Valentino di quell’anno!
 
Fossette mi portò nella sua camera da letto ed io sospirai.
“Ti giuro che non sono pronta a vederti con niente e la testa di qualche animale proprio lì. Tipo un elefante.” Borbottai, strascicando un po’ le parole.
Lui rise e scosse la testa. Invece di spogliarsi, come sospettavo che avrebbe fatto, aprì l’armadio, estrasse uno scatolone piuttosto grande e me lo porse.
Lo appoggiai sul letto, sentendomi improvvisamente più sobria, e cominciai a scartarlo.
Al suo interno trovai una macchina fotografica vintage degli anni Cinquanta con tanto di borsa di pelle a tracolla per portarla in giro.
“Harry…” Mormorai.
“Ti piace?”
“È bellissima, io… grazie!” Esclamai. Studiai l’apparecchio con attenzione, notando ogni piccolo dettaglio, poi lo appoggiai con cautela e abbracciai il ragazzo.
“Sono felice che ti piaccia.” Sussurrò lui nei miei capelli.
“Aspetta.” Dissi. Armeggiai con la fotocamera che mi aveva appena regalato per qualche minuto, poi scattai una foto a Fossette. “Questa è per ricordare per sempre uno dei momenti più felici di tutta la mia vita.” Aggiunsi.
“In questo caso…” Harry aprì velocemente il cassetto del suo comodino e prese qualcosa. Poi tornò da me e si mise su un ginocchio. “Stavo aspettando il momento giusto per farlo, ma nessun momento sarà mai più giusto di questo.” Disse. Cominciai a sentirmi più sobria e più nervosa. “Insieme abbiamo vissuto grandi avventure e vorrei chiederti di imbarcarti in quella più grande di tutte con me. Ho girato il mondo in lungo e in largo e, in qualche modo, mi sono ritrovato a New York, nello studio di Sophia, proprio al momento giusto. Sei stata una persona difficile da conquistare, ma sono felice di esserci riuscito. So con certezza che tu sei la persona con cui voglio passare il resto della mia vita, come so che ti amo un po’ di più ogni giorno che passa. Mi rendi sempre più felice… Kimberly Fletcher, vuoi sposarmi?”
Chiusi la bocca, che non mi ero accorta di aver aperto fino a quell’istante, e la coprii con le mani.
Harry aprì la scatola di velluto che aveva in mano e mi mostrò un bellissimo anello con un solitario di diamante.
Stava capitando davvero a me? La stessa cosa per cui avevo sbuffato e roteato gli occhi al cielo prima di partire per New York?
“Io… sì, Harry. Sì!” Esclamai. Capii immediatamente come aveva dovuto sentirsi la ragazza del ristorante e fui particolarmente grata a Fossette per non aver deciso di fare una cosa del genere in un posto pieno di gente.
Il ragazzo estrasse l’anello dalla scatoletta e me lo infilò al dito.
Lo abbracciai e lo baciai, accarezzandogli una guancia e passando una mano nei suoi bellissimi capelli ricci. Non riuscivo a credere che una cosa del genere fosse successa proprio a me. E, soprattutto, non riuscivo a credere che ero felice che fosse successa.
“Ehi, visto che Cassie non ha ancora deciso una data… la farai scegliere prima a lei? Così non litigherete?” Domandò Harry dopo qualche secondo.
“Non lo so.” Dissi. “Ovviamente non abbiamo ancora potuto parlarne, perché non avevo idea che mi avresti chiesto una cosa del genere… ma Cassie è una delle persone più importanti della mia vita. Abbiamo condiviso tutto, magari potremo condividere anche questo.” Aggiunsi, pensierosa.
“Un doppio matrimonio con Cassie e Zayn?” Domandò Harry. Ci pensò per qualche secondo e poi annuì e un sorriso spuntò sulle sue labbra. “Mi piace come idea. Zayn è uno dei miei migliori amici, non sarebbe per niente male sposarsi nello stesso giorno e nello stesso posto. Potremmo invitare tutte le nostre famiglie e gli amici – che tanto sono gli stessi – e… sì, mi piace!”
 
Recuperai il mio telefono dal letto, scattai una foto all’anello e la mandai alla mia gemella. Pochi secondi dopo sentii la familiare suoneria dei messaggi e lessi la sua risposta.
“OH MIO DIO! HAI DETTO DI SÌ, VERO?”
Non riuscii nemmeno a digitare la risposta, perché Cassie mi stava già telefonando.
“Ho detto di sì!” Esclamai, ridendo.
“Non riesco a crederci, sono così felice per te! Dimmi che hai pensato anche tu a quello che ho pensato io, ti prego.”
“Doppio matrimonio?” Suggerii.
“Sì. Voglio condividere il giorno più importante della mia vita con le persone più importanti della mia vita.” Rispose lei.
“Anch’io.” Replicai con un sorriso.
“Allora è fatta, domani pranziamo tutti insieme, controlliamo i calendari di quei due pazzi e scegliamo una data insieme. Oh mio Dio, sono così contenta!” Cassie interruppe la conversazione e sentii che stava urlando: “Zayn! Kim e Harry si sposano!” e scoppiai a ridere.
“Deduco che sia felice dell’idea?” Suggerì Harry, abbracciandomi da dietro.
“Felice è un eufemismo.” Risposi, voltandomi e baciandolo. Il pensiero che quella sarebbe stata la prima volta che avremmo fatto l’amore da fidanzati ufficiali comparve nella mia testa e ridacchiai contro le labbra di Fossette. Non riuscivo ancora a crederci.
Harry cominciò a togliermi il vestito ed io lo aiutai a liberarsi della camicia e appena la mia pelle sfiorò la sua mi dimenticai completamente di qualsiasi cosa. Poi, mentre il ragazzo iniziò a darmi piccoli, leggeri baci sul collo, nella mia mente comparve un unico pensiero: devo ricordarmi di ringraziare la farfalla che, da qualche parte nel mondo, ha sbattuto le ali e ha messo in moto le cose per farci incontrare.
Ero la persona più felice del mondo. Certo, avevo dovuto superare tante cose nella mia vita, ma finalmente avevo raggiunto il mio lieto fine.

 

The End.



Siamo arrivati alla fine anche di questa storia! Non sapevo come sarebbe andata a finire quando l'ho iniziata. Avevo solo avuto un'idea e ho cominciato a scriverla. Ci sono stati momenti in cui mi è venuta voglia di sbattere la testa contro il muro, momenti di crisi, momenti in cui ho odiato a morte tutti i personaggi, momenti in cui li ho amati, momenti in cui ho scritto due o tre capitoli in un giorno solo... insomma, è stato come un giro sulle montagne russe, ma sono contenta del risultato! Voglio bene a questa storia e a questi personaggi, per un milione di motivi e voglio bene a voi perché siete stati tutti così buoni con me. Perché avete seguito tutta la storia, l'avete inserita nelle preferite, ricordate o seguite e perché ogni settimana mi avete fatta commuovere con le vostre bellissime recensioni. Quindi GRAZIE, perché io scrivo per liberare la mente dalle storie che si formano ogni giorno, ma voi siete incredibili e continuate a farmi venire voglia di migliorare per regalarvi qualcosa di scritto sempre un po' meglio. Mi date la motivazione giusta per continuare a pubblicare e scrivere. <3
E grazie anche se avete letto fin qui e non avete mai commentato. Voglio che anche voi "lettori silenziosi" vi sentiate apprezzati, perché per me significa tantissimo il fatto che voi abbiate deciso di passare il vostro tempo leggendo proprio la mia storia, tra le migliaia che ci sono su questo sito.
È arrivato il momento dei saluti finali anche questa volta. Io spero di rileggervi tutti in futuro e spero davvero che questa storia vi sia piaciuta e che via abbia trasmesso qualche emozione.
Vi linko quella che ho iniziato qualche settimana fa, "Little White Lies", se avete voglia di leggere altro di mio.


Alla prossima e un bacione grande a tutti! Grazie per aver condiviso questo "viaggio" alla ricerca dell'amore e della felicità con Kim, Cassie, Fossette, Zayn (e ovviamente tutti gli altri) e con me!

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