don't worry, i'll always love you

di lety_beatle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** scuola nuova, vita nuova? ***
Capitolo 2: *** è come un déjà vu, o peggio? ***
Capitolo 3: *** la prima lezione... che delusione! ***
Capitolo 4: *** "la prima volta che ho baciato la tua bocca..." ***
Capitolo 5: *** il racconto del bullo ***
Capitolo 6: *** bullo fuori, bello dentro! ***
Capitolo 7: *** ora che sei qui.. non ti lascio più! ***
Capitolo 8: *** ed io... ti amerò sempre ***
Capitolo 9: *** che brutta la normalità! ***
Capitolo 10: *** sei solo mio! ***
Capitolo 11: *** the first time... ***
Capitolo 12: *** l'amore fa male! ***
Capitolo 13: *** non sei più mio! ***
Capitolo 14: *** l'amore è la soluzione più semplice ***



Capitolo 1
*** scuola nuova, vita nuova? ***


-CAPITOLO 1-
Era estate inoltrata quando la campanella di prima superiore suonò per la prima volta nella testa di Kevin. Era ancora scosso dall’esperienza delle medie che non sapeva bene se doveva, ogni giorno, rivivere un “déjà vu”. Erano passati ormai tre anni da quando fece coming out dichiarando la sua omosessualità; uscire allo scoperto era stato molto complesso per lui, soprattutto dopo che il padre si era rifiutato di parlargli ritenendo che fossero sbagliate le sue decisioni. La scuola non era stata di meno, infatti i bulli che usavano prendersela con i più deboli li avevano riservato i peggiori insulti mai rivolti ad una persona. Kevin era da sempre stato un ragazzo esile; i suoi capelli neri li contornavano il volto ed i suoi occhi azzurro cielo gli davano un’espressione sempre allegra. Anche se dietro quegli occhi si trovava un ragazzo che soffriva molto.
Kevin non era il tipo studioso che passava il suo tempo sui libri di scuola, amava solo la lettura che lo trasmettesse in mondi a lui sconosciuti facendoli perdere la cognizione del tempo e facendogli dimenticare quello che lo circondava. L’istruzione professionale era la scuola che faceva al caso suo, bastava che si applicasse poco per poter raggiungere risultati sufficienti. Purtroppo non aveva calcolato il fatto che in quei tipi di scuola ci andavano i “bulletti” che non hanno voglia di studiare, ovvero quelli che usavano prenderlo di mira. Questo aspetto non lo aveva considerato, non voleva applicarsi troppo, quindi andare in un liceo, ma voleva finire al più presto la scuola per poter vivere senza il timore che una classe gli ridesse alle spalle.
La campanella era suonata da un po’ ed orde di ragazzi, dai quattordici ai vent’anni circa, si riversavano dentro la struttura quasi fossero felici di rimettersi a studiare. “O di far casino”, pensò Kevin. Kevin rimase impietrito davanti al cancello d’ingresso facendosi spingere avanti dagli altri studenti, aveva paura. Paura di essere sbattuto contro le pareti, di ricevere battutine ai quali anche i professori si facevano scappare il sorrise o di essere soprannominato “frocio”. La struttura esternamente era decorata dai classici graffiti da quattro soldi fatti solo per sentirsi “trasgressivi” e si presentava come una vecchia casa un po’ trasandata. Internamente non era meglio. “Uh! Gli armadietti all’americana” pensò Kevin notandoli appena entrato. Se una persona avesse visto Kevin ci avrebbe messo poco a capire che era gay, i suoi lineamenti erano simili a quelli di una ragazza così come il fisico e l’andatura; quello che sperava era che nessuno lo notasse il primo giorno. I suoi pensieri non erano ancora cessati che già un gruppetto di ragazzi, probabilmente di sedici-diciassette anni, gli era già davanti. 

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Capitolo 2
*** è come un déjà vu, o peggio? ***


-CAPITOLO 2-
Kevin era rimasto lì, in attesa di un pugno che doveva colpirlo in faccia, di una sberla o di una spinta contro gli armadietti. Invece no, i bulli avevano tutti almeno due anni in più di lui. Non erano belli ma intorno a loro gironzolavano tutte le ragazze quasi fossero mosche intorno la spazzatura. Il più grande aveva diciassette anni, lo capiva dal fisico e dalla statura; sicuramente era lui il più bello, pensò Kevin. I suoi occhi scuri gli scrutavano il volto ed i suoi capelli marroni venivano scompigliati dalla mano di una ragazza che si stringeva a lui con il braccio.
Questo prese la parola:-Hei, nessuno mi aveva detto che questa scuola ammettesse anche i froci!- pronunciò l’ultima parola con disprezzo, -Oh, scusa, i gay- concluse portandosi una mano alla bocca e fingendo di essere una principessa sorpresa. Tutti gli amici risero fortemente alla battuta che, secondo Kevin, non aveva nulla di divertente.
Gli insulti continuavano nella testa di Kevin che aveva smesso di ascoltare già da un po’. Scorgeva qualche frammento di frase che conteneva, almeno una volta la parola “frocio” o “finocchio”. Cercava di essere superiore il più possibile, non voleva cadere in depressione come negli altri anni; il fatto era che se si fosse depresso non aveva nessuno con cui parlare. Ogni volta che pensava a ciò gli veniva in mente la prima volta che ai suoi genitori aveva detto di essere gay, era stato uno shock per il padre, sempre stato scortese nei confronti delle coppie omosessuali. “Papà, mamma, devo dirvi una cosa” disse. “Dicci tesoro”  rispose la madre, con un filo di preoccupazione nella voce. Secondo Kevin la madre aveva già intuito da molto tempo che lui era omosessuale ma non voleva darci peso per non sentire il marito arrabbiarsi. Ci fu un momento di esitazione prima che si decidesse a parlare, non sapeva come dirlo a suo padre, sempre stato orgoglioso di avere un bel figlio eterosessuale. Prese coraggio ripetendosi che non aveva nulla da perdere, tutto d’un fiato disse “Sono gay”. La reazione si avvicinò molto a quella aspettata, il padre, in un primo momento convinto che il figlio lo avevesse preso in giro, si alzò da tavola imprecando e bestemmiando intento ad andarsene via dalla cucina. Prima di uscire dalla stanza rivolse un ultimo sguardo a suo figlio “Sei la vergogna di questa famiglia, mi fai schifo! Non farti vedere in giro da me, rifiuterei di essere considerato tuo padre”. Il padre era omofobo, questo Kevin lo sapeva bene, ma non voleva considerare il fatto che potesse giungere a ciò, rinnegarlo come figlio.
Il volto di Kevin era triste e le sue orecchie avevano ormai smesso di ascoltare del tutto; voleva far finta che fossero persone simpatiche e carine con lui, ma le cose non stavano così. Alle medie tutti i ragazzi gli stavano alla larga convinti che lui li molestasse, convinti che potesse farli del male. Adesso non era diverso. I bulli gli stavano attorno a semicerchio e gli ridevano nelle orecchie alle battute che facevano sul suo conto. Quando il più grande si accorse che Kevin non stava più ascoltando gli diede una spinta contro l’armadietto producendo un rumore che fece girare i passanti. Poi prese la parola e disse:- Ehi tu, hai sentito quello che ti ho detto?-. Kevin era convinto che se avesse detto “si” doveva inventarsi scuse che non aveva voglia di inventare, quindi si limitò a scuotere la testa in segno di negazione. Ci fu una seconda spinta che stavolta gli fece perdere l’equilibrio facendolo cadere ai piedi degli armadietti e facendo ridere nuovamente tutti “Sono delle capre, seguono il gregge per sentirsi accettati. Tu sei superiore a ciò, tu sei meglio di loro!” , continuava a ripetersi convinto che potesse cambiare le cose. Quando il ragazzo che lo aveva spinto lo tirò su per il collo della maglietta ebbe la sensazione che qualcuno avesse sentito i suoi pensieri. Ma non era cosi. –Dammi i tuoi soldi, ora!- chiese il bullo con un timbro di voce molto fermo. Il suo alito odorava di menta misto a sigaretta. Probabilmente aveva fumato prima di entrare a scuola, pensò Kevin mente si affrettava a tirare fuori quei pochi soldi che aveva. –Tutto qui?- sentì dire, ma il ragazzo che gli stava davanti lo zittì con un gesto della mano. –Per oggi ci basta, Danny. Torneremo domani a vedere che cosa ci racconta ‘sto qua e di quanto ci sborsa; ho l’impressione che domani porterà più di cinque miseri euro, mi sbaglio?- chiese con uno sguardo contornato da due occhi neri che a volte strizzava per dare l’impressione di essere più un duro. Pur sapendo che era una domanda retorica, Kevin rispose con un cenno della testa . Il bullo rise e si girò mettendo le mani attorno ai fianchi di due ragazze. Tutti gli altri lo seguirono. Mentre si allontanavano Kevin si sentì sollevato. Il suo collo era leggermente arrossato e la sua schiena doveva avere qualche livido poiché gli faceva male solo a toccarla. Si portò una mano al volto e, quando la riabbassò, era bagnata. Non sapeva perché stava piangendo, per il dolore fisico o psicologico? Negli anni che precedevano si erano limitati a ridergli in faccia o a chiamarlo con disprezzo “gay”, non era mai stato picchiato così fortemente, non ne era abituato. A casa nessuno lo avrebbe consolato, la madre era succube del padre quindi non avrebbe fatto nulla che il marito non le avesse ordinato; a scuola non aveva amici e mai ne avrebbe avuto. Era solo, lui contro il mondo. Avrebbe resistito? La campanella suonò per indicare l’inizio delle lezioni (si entrava alle otto ma le lezioni iniziavano circa venti minuti dopo) e Kevin venne dissolto dai suoi pensieri. Si asciugò le lacrime, prese tutto il coraggio e la determinazione che aveva, e si avviò a testa alta in classe.
 

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Capitolo 3
*** la prima lezione... che delusione! ***


-CAPITOLO 3-
La classe non deludeva le aspettative, per quanto negative potessero essere. Kevin non si aspettava molto. Infatti era una stanza con dei banchi sistemati alla rinfusa, le pareti pasticciate da cui cadevano pezzi d’intonaco e pavimenti sporchi. Entrato in classe notò subito che i compagni erano accalcati attorno a dei banchi da cui sentiva risatine e battute. Nonostante fosse il primo giorno di scuola sembravano già tutti amici e Kevin si sentì un pesce fuor d’acqua. Tra questi compagni scorse una figura familiare, già vista. Aveva i capelli marroni e gli occhi neri impenetrabile, aguzzò la vista e si accorse che era il bullo che lo aveva picchiato nel corridoio. Quello che lo spaventò fu che attorno a lui c’erano tutti gli altri bulli che lo avevano già preso di mira.
Il professore entrò in classe, era un uomo alto e magro, dai lineamenti spigolosi, con una lunga barba che si mischiava ai suoi capelli bianco-grigi. Doveva avere all’incirca una sessantina d’anni a giudicare dall’aspetto. Si presentò come il signor. Lee. Prese la sedia e si sedette, aprì il registro ed iniziò a leggere la lista dei nomi, soffermandosi a fare domande ad ogni alunno quasi fosse uno psicologo che analizza i suoi pazienti. Ad ognuno chiedeva gli interessi ed il perché della scelta di quella scuola. La lista sembrava interminabile. La maggior parte dei suoi compagni era stata bocciata almeno una volta, maschi o femmine che fossero, e Kevin si sentiva ancora più escluso. “Forse è per questo che sono già tutti così amici,” pensò Kevin “sono tutti delle capre che non hanno voglia di aprire un libro”. Gli sembrava brutto anche da pensare, in fondo avrebbero condiviso insieme almeno tre anni di scuola “O di meno, se loro vengono bocciati” pensò sempre Kevin. Non riusciva a vedere i ragazzi che lo circondavano come compagni, o persino amici, ma come gente che incontri ma di cui non te ne importa nulla. Sapeva che lo avrebbero deriso.   
A distoglierlo dai suoi pensieri fu la voce del bullo che lo aveva picchiato; pur sapendo che in classe non gli avrebbe potuto far nulla, la sua voce gli faceva venire i brividi lungo la schiena. Questo lo costrinse ad ascoltare cosa diceva. Non riusciva a non associare quella voce ai lividi sulla schiena quindi preferiva ascoltare che far riaffiorare alla mente quel brutto ricordo. Per ora aveva capito che il suo nome era Robert Smith, che era stato bocciato due anni alle medie ed una in prima superiore e che quella era l’unica scuola che poteva frequentare.
Il professore fece scorrere il dito sull’elenco e giunse al nome sottostante a quello di Robert, Kevin Stander. Kevin venne preso alla sprovvista, era ancora assolto dai suoi pensieri, Lee prese la parola e gli fece la prima domanda:- E tu figliolo, quali sono i tuoi interessi?- Kevin sembrò esitare a rispondere, aveva il terrore che dal fondo della classe si sarebbero alzati insulti. Era stupido pensare sempre in negativo ma, pensò Kevin, la realtà dei fatti non tradiva le aspettative. Come aveva sempre fatto raccolse il suo coraggio e iniziò:-Mi piace leggere e scrivere.- La faccia del professore sembrò turbata:-Allora perché hai scelto questa scuola? L’Istruzione professionale non fa per un possibile scrittore.- disse concludendo la frase con un sorriso. Kevin rispose:-Non fa per un possibile scrittore, ma fa per un ragazzo che non vede l’ora di andarsene dalla scuola per non sentire più battutine sul suo conto solo perché gay e per non essere più picchiato nei corridoi.- la voce non gli tremava come al solito, era ferma e decisa. Non sapeva neanche lui perché lo aveva detto, ma sentiva questa confessione come un nodo alla gola. Sul volto gli era pure apparsa un’espressione di sollievo, finalmente aveva detto quello che da tre anni non aveva il coraggio di dire. La faccia del professor Lee era turbata, ma Kevin non ne diede peso. La sua felicità, però, cesso quando dal fondo della classe, sentì la voce di Robert, che, facendo finta di schiarirsi la voce, disse:-Finocchio-. Seguirono risate rumorose che gli rimbombavano nella testa e gli sembravano dei piccoli coltelli che gli si conficcavano pian piano nella pelle; quello era il suo dolore interiore. Si sentì trafiggere quando anche il professore si lasciò scappare una risata. Gli sembrarono attimi infiniti. Arrivarono le tredici e la campanella di fine lezione suonò, orde di ragazzi si riversarono fuori dalla struttura. Kevin era arrabbiato e triste, “Che merda di primo giorno di scuola”, pensò.

 

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Capitolo 4
*** "la prima volta che ho baciato la tua bocca..." ***


-CAPITOLO 4-
I giorni passavano e Kevin si sentiva sempre più triste. Durante ogni lezione, appena apriva bocca, veniva preso in giro con battute sempre più pesanti. Ogni giorno, dopo essere tornato a casa, si rinchiudeva nella sua stanza a piangere, urlare e deprimersi. Non pensava fossero così difficili le superiori, neppure minimamente. Aveva sempre pensato ad un luogo in cui, sì lo prendevano in giro, ma non ad ogni lezione; inoltre non si aspettava di dover finanziare i numerosi pacchetti di sigarette che i bulli (ormai li definiva così) si compravano. Aspettava la domenica per potersi sentire al sicuro, poiché era l’unico giorno in cui non si andava a scuola.
Una delle ore che odiava era quella di ginnastica, non era mai stato uno sportivo. Era il sabato; ad ogni lezione provavano una nuova disciplina d’atletica. Oggi toccava alla corsa. La corsa consisteva, appunto, nel correre per almeno dieci minuti in palestra per poi andare in giardino e fare sette giri del campo da calcio. A Kevin non dispiaceva correre, gli dava il tempo di rilassarsi non pensando ai numerosi problemi. Iniziò la lezione e, mentre Kevin correva , Robert, gli fece lo sgambetto facendolo cadere di faccia e facendogli sanguinare il naso. La professoressa interruppe la corsa, alzò la voce, zittì la classe che stava sgignazzando  e si rivolse a Robert:-Portalo in bagno e assicurati che gli smetta di uscire il sangue-. Seguì lo sbuffo di Robert che, alzandolo per un braccio, gli disse:- Dai finocchio, andiamo a curarci la “bua”-. Ovviamente tutta la classe rise rumorosamente. Giunti negli spogliatoi Kevin aprì l’acqua fredda facendola scorrere sui polsi; appena vide che il sangue era leggermente cessato, si girò verso Robert e, quasi urlando, gli disse:-Mi spieghi qual è il tuo problema? Passino le battute, passi il fatto che mi rubi sempre i soldi, ma ti sembra il caso di farmi sanguinare il naso? Ti sembra il caso di farmi sempre del male?-. Robert, apparentemente scocciato, disse:-Che noia! Hai finito che vorrei tornare in palestra?- Kevin raccolse tutto il suo coraggio e gli tirò uno schiaffo sulla guancia, Robert si portò istintivamente la mano su questa più per la sorpresa che per il dolore. Con lo sguardo sempre impenetrabile lo guardò in cagnesco, lo prese e lo sbatte contro il muro fissandolo.
Poi, con grande sorpresa di Kevin, notò che Robert aveva appoggiato la bocca sulla propria. Kevin sentiva l’amaro del suo labbro e la disperazione di quel bacio, come se fosse stato sofferto. Non si tirò indietro, era attratto dall’aroma di fumo che Robert emanava, era attratto da Robert. Si strinse a lui e lo sentì trasalire. Ma come era possibile? Lui lo picchiava, lo maltrattava, lo derideva. Tutti i pensieri però non sembravano essere all’altezza di quel bacio, un bacio profondo. Robert si staccò di colpo, mollò la presa e lo fissò. Kevin, ancora sorpreso, disse:- Tu.. tu mi hai sempre deriso ed ora..? Mi spieghi perché mi hai baciato?- Kevin non era arrabbiato, era felice. Quello era stato il suo primo bacio. Quello che lo faceva rimanere perplesso fu chi glielo aveva dato. Robert non rispose. Kevin, allora, riprese la parola:-Se ti riviene la parola oggi puoi passare da casa mia per parlarne. I miei non ci sono. Abito vicino al bar “Da Pino”, cento metri più avanti-. Cercò di dirigersi verso la porta ma Robert gli bloccò la strada, i suoi occhi erano lucidi e la sua espressione era un misto tra tristezza ed ira:-Va bene- disse. Dopodiché si riavviarono verso la palestra, come se nulla fosse accaduto.

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Capitolo 5
*** il racconto del bullo ***


-CAPITOLO 5-
Kevin stava tornando a casa a passo svelto, intento a dare una riordinata prima che arrivasse Robert. Non sapeva bene il perché ma ci teneva che fosse tutto in ordine al suo arrivo. Non riusciva a non pensare a quel bacio. Soprattutto non riusciva a non pensare ad una possibile motivazione. Arrivato a casa non cucinò neanche, sgranocchiò due patatine e si diresse in camera sua, salendo velocemente le scale, a tirare le coperte del letto che non aveva avuto voglia di fare prima di andare a scuola. Si sentiva pervaso da un’energia che non aveva mai avuto, soprattutto per accogliere in casa sua un bullo che lo aveva picchiato il giorno stesso. Ma quel bullo aveva qualcosa di diverso, qualcosa che non riusciva a capire nemmeno lui. Passò una mezz’ora che a Kevin sembrarono ore e il campanello suonò. Kevin si diresse alla porta, l’aprì e trovò Robert sullo zerbino.
Lo fece accomodare in camera sua, Robert si appoggiò sul letto e Kevin si tenne a distanza stano su una sedia. Entrambi sembravano molto imbarazzati; infatti passarono lunghi minuti prima che Kevin, ritenendosi il più coraggioso, aprì bocca e chiese:-Perché mi hai baciato?-. Quella era la domanda a cui non riusciva a darsi una risposta. Robert sembrò esitare, poi parlò:-Sono gay, da due anni-, questo però non risolveva il dubbio di Kevin, poteva sì essere gay ma perché voleva che Kevin lo scoprisse baciandolo? Kevin diede voce ai suoi pensieri:-Ok, questo potevo anche intuirlo da solo, ma perché mi hai baciato dopo che mi hai sempre picchiato e deriso?-. Robert continuò il discorso che aveva interrotto:-Due anni fa sono andato in vacanza con un amico di famiglia, eravamo così uniti..- sembrava provocargli dolore questa confessione -..in quei giorni lui mi portava in locali gay con la semplice scusa che facevano i drink più buoni della città. Io non davo peso a questo fatto, mi sembrava così normale. Dopo qualche giorno mi baciò ed io.. io.. ricambiai quel bacio, sentendo come se fosse naturale farlo. Tornati dalla vacanza lui si rese conto che non poteva vivere nell’ombra e si dichiarò. È morto questo a causa di un gruppetto di omofobi. Non volevo fare la sua fine, sapevo che se mi fossi dichiarato avrei avuto dei problemi simili quindi ho voluto mettermi sotto la luce del “bullo che odia a morte i gay”. Poi ti ho visto, nei tuoi occhi ho rivisto il mio amico, ho rivisto quel bacio che mi diede, ho rivisto l’amore; sapevo che facendo il bullo non avrei dato l’impressione di essere gay e sapevo che dandomi delle ragioni inutili per picchiarti o prenderti in giro sarei riuscito a stare lontano da te senza baciarti ogni volta che ti vedevo-. Robert stava piangendo, dai suoi occhi arrossati cadevano grosse lacrime che gli rigavano il volto. Kevin, istintivamente, si avvicinò a lui sul letto e gli diede una pacca sulla spalla, dicendo implicitamente “Non è successo nulla di male, non fare così”. Avrebbe voluto consolarlo ma altre domande gi sembravano più importanti:-Chi altro, oltre me, lo sa?-.-Nessuno- rispose Robert asciugandosi con le mani le lacrime –i miei genitori sono morti ed io vivo con i miei nonni, loro non sono il tipo di persone a cui poter dire queste cose. Sono all’antica-.
Kevin si sentì pervaso da un senso di tristezza che non poteva controllare. Se lui stava avendo un’adolescenza complessa, chissà Robert che doveva convivere con un macigno al cuore. Kevin, quasi automaticamente, prese con la mano il mento di Robert e lo girò in modo che i loro sguardi si incrociassero. Si avvicinò e gli diede un bacio sulla guancia. Robert si ritrasse, poi prese per le spalle Kevin e lo tirò a se baciandolo. Kevin sentiva il sapore salto delle lacrime di Robert sulle proprie labbra. Sentiva che i brividi li salivano su per la schiena e le mani che si stringevano alla maglietta di Robert quasi per non cadere. Robert si staccò di colpo, come nel bagno della palestra, e si diresse verso la porta dicendo solamente:-Forse è meglio che vada. Grazie per avermi ascoltato-. Dopo di che Kevin lo sentì scendere le scale e chiudere la porta d’ingresso lasciandolo solo con i suoi pensieri.
 
 

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Capitolo 6
*** bullo fuori, bello dentro! ***


-CAPITOLO 6-
Perché” era la domanda che continuava a porgersi Kevin. Non si riusciva a spiegare ancora quel secondo bacio, perché lo baciava per poi scappare via, perché lo illudeva su una storia che non poteva avere un inizio? Questi pensieri lo cullarono. La notte stava scendendo e il chiarore dei lampioni si intrufolava dalle tapparelle di Kevin. Pian piano riuscì ad allontanare quei pensieri, per poi concedersi al sonno.
Finalmente domenica” pensò Kevin stiracchiandosi e mettendosi a sedere sul letto, i suoi capelli erano scompigliati e il suo sguardo era perso nel vuoto. I suoi genitori, come tutti i giorni, uscivano presto per recarsi al lavoro. La madre lavorava in un ospedale ed il padre gestiva un’azienda di alimentari. La domenica, di solito, stava tutto il giorno sul divano a divorarsi libri o a scrivere racconti. Kevin si stava vestendo quando sentì il campanello suonare. “Vediamo che si è dimenticata oggi mamma” pensò Kevin, sua madre usciva sempre di fretta che molto spesso tornava indietro per prendere qualcosa che le era sfuggito. Kevin si recò alla porta e l’aprì.
Robert.
-Che ci fai tu qui?- chiese Kevin con un’espressione di stupore sul volto. –Emh.. volevo scusarmi per ieri, per come me ne sono andato così di fretta senza dare spiegazioni…..... Posso entrare?- disse Robert con un’espressione interrogativa sul volto. –S-si, entra pure- rispose Kevin esitante. Molto probabilmente lo avrebbe baciato un’altra volta per poi scappare, solo questa motivazione riusciva a darsi Kevin per quell’inaspettata visita. Robert si recò in cucina, prese una sedia, e ci si sedette su appoggiando i gomiti sul tavolo, come se fosse a casa sua. –Vuoi qualcosa?- azzardò Kevin tentando di rompere quel silenzio che incombeva ogni volta che si vedevano. –Un po’ d’acqua grazie- rispose Robert con un sorriso. Kevin glielo diede e si sedette di fronte a Robert scrutando ogni suo movimento. Robert, capendo di essere osservato, disse:-Ieri ti ho raccontato la mia storia, perché ora tu non mi racconti la tua? Quando hai fatto coming out? Come l’hanno presa i tuoi?- si fermò di colpo come se non gli venissero in mente altre domande. Kevin, con i lati della bocca leggermente alzati, rispose:-Quante domande! Allora, vediamo.. ho fatto coming out tre anni fa, mia madre, a par mio, lo sapeva già mentre mio padre si è infuriato e non mi parla più da allora. Sto avendo un’adolescenza molto complessa sopra…- non riuscì a terminare la frase che Robert lo zittì con un gesto della mano, si mise una mano in tasca e tirò fuori una busta con su scritto “Per Kevin”. Kevin sembrava sorpreso nell’aprirla, dentro c’erano almeno cento euro. Ma era diventato matto? “Non ho mica bisogno dell’elemosina!” pensò Kevin. Robert scorse il viso interrogativo di Kevin e prese la parola:-Questi sono i soldi che ti rubavo ogni giorno, non ho mai avuto il coraggio di spenderli. Mi sentivo in colpa e quindi sono passato per ridarteli. A proposito, io dovrei andare- l’espressione si fece più seria- grazie per l’ospitalità-. Si alzò dalla sedia e si diresse alla porta. Kevin, che non si era ancora mosso, corse verso l’ingresso di casa sua e fermò Robert per un braccio. Robert era sorpreso da quel gesto, aprì bocca ma Kevin fu più veloce di lui:-Aspetta non puoi andartene! Sei appena arrivato!- la sua voce era ansiosa, non voleva che se ne andasse. Ma perché? Cosa aveva di così attraente? Non si riusciva a darsi una ragione. Robert aveva un’espressione soddisfatta sul volto, come se volesse che Kevin lo fermasse.
Kevin notò che era come se dalla sua bocca non riuscissero ad uscire suoni, Robert, quindi , gli si avvicinò e gli diede un bacio leggero sulla bocca, che a mano a mano diventò sempre più intenso. Kevin non sapeva spiegare il sollievo che provava ogni volta che lo baciava, quei suoi baci così passionali gli lasciavano sempre una felicità interiore. Dentro quel bacio non sentiva la disperazione come negli altri, bensì sentiva che entrambi erano a loro agio. Kevin gli percorreva la schiena muscolosa e Robert faceva scorrere su e giù per la colonna vertebrale di lui la mano. Le labbra di Robert sapevano di menta e la sua bocca di fumo, quell’aroma che gli piaceva di lui, quella combinazione di sapori che lo faceva impazzire. Restarono avvinghiati per un po’, dopodiché Robert si staccò e cercò di dirigersi verso la porta:-Ora io dovrei proprio andare-. Kevin , con un’espressione maliziosa sul volto, si diresse verso le scale che portavano alla camera e disse:-Non vuoi restare un altro po’?-.
Robert, con i lati della bocca all’insù, non se lo fece ripetere due volte. Salì le scale seguendo Kevin e si precipitò in camera sua.

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Capitolo 7
*** ora che sei qui.. non ti lascio più! ***


-CAPITOLO 7-
Dovevo fare il malizioso per far si che non se ne andasse ieri?”  balenò alla mente di Kevin. Non riusciva, però, a concentrarsi su qualcosa che non fosse baciare le labbra soffici di Robert. Quando erano andati in camera Robert gli aveva messo le braccia al collo e, proseguendo baciandolo, lo aveva buttato sul letto. Robert teneva stretto a sé Kevin quasi avesse paura che scappasse. I loro baci non erano, come le altre volte, ricchi di disperazione bensì di passione. Robert era un ottimo baciatore, pensò Kevin; gli faceva venire i brividi quel loro essere così vicini. Ora non erano più sdraiati uno accanto all’altro ma Kevin si trovava sopra Robert. Kevin stringeva, con le ginocchia, la vita di Robert mentre questo lo teneva a sé con le mani strette sulla sua maglietta.
Robert stava pian piano alzando la maglietta di Kevin per poi sfilarla via scoprendo il suo esile fisico. Non si poteva dire che fosse muscoloso, ma sulla pancia era segnata la classica tartaruga di chi è magrolino. Robert stava esplorando con le mani la schiena nuda di Kevin facendole scorrere dalle spalle alla schiena e viceversa. Kevin voleva sentire sotto di sé il torace di Robert, senza la maglietta come barriera, quindi tentò di toglierla, senza riuscirci poiché lui era sdraiato sulla schiena. Robert, con un sorriso stampato sul volto, si mise a sedere stando attento a non far cadere Kevin. Si sfilò la maglia tirandola dal collo scoprendo un fisico attraente, segnato da muscoli di chi fa palestra.
Ora erano seduti uno di fronte all’altro; Kevin, che era sulle gambe di Robert,  si teneva unito a lui attorcigliandogli le gambe dietro alla schiena. Le loro labbra erano ancora attaccate e ognuno esplorava la bocca dell’altro.
Robert mise la sua mano nei passanti della cintura di Kevin, sfilandogliela, per poi slacciare pian piano i bottoni dei pantaloni. Kevin si bloccò di colpo e Robert, alzandogli il mento con una mano, gli disse:-Dimmi tu quando fermarmi- gli diede un bacio sulla fronte –posso fermarmi ora..- gli diede un bacio sulla punta del naso –oppure ora- gli diede un bacio prima su una guancia, poi sull’altra – oppure o..- non riuscì a finire la frase che Kevin lo zittì baciandolo con passione. Dentro di se, Kevin, provava un misto di emozioni, che andavano dalla felicità all’agitazione; infatti Robert era il primo ragazzo che baciava e quindi quella sarebbe stata sicuramente la sua prima volta. Robert, pensò, aveva più esperienza di lui, anche se con le ragazze. Robert riprese ciò che aveva lasciato in sospeso e sfilò i pantaloni a Kevin senza staccare la propria bocca dalla sua.
Dalla sala salì il rumore di una porta che si chiudeva bruscamente, seguita da una voce femminile:- Kevin, sono a casa! Dove sei?- Robert si staccò di colpo e guardò Kevin con un’espressione interrogativa. Kevin riuscì solo a dire:-Oh cazzo! Mi sa che è arrivata mia mamma.-

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Capitolo 8
*** ed io... ti amerò sempre ***


-CAPITOLO 8-
Kevin, che si era alzato dal letto già da un po’, si stava rimettendo velocemente i pantaloni e Robert si stava infilando la maglietta. Erano entrambi molto agitati, soprattutto perché la madre di Kevin stava salendo velocemente le scale. Da quando si erano “staccati” non si erano rivolti più la parola, quasi fossero imbarazzati di stare uno davanti all’altro (anche dopo tutto quello che era successo). Si erano rivestiti entrambi, Kevin si era sistemato sulla sedia vicino alla scrivania e Robert si era messo sul letto dopo aver tirato un po’ le coperte.
La madre di Kevin si precipitò in camera del figlio. Kevin, con un sorriso agitato sul volto, disse: Mamma! Vedo che oggi hai finito prima il tuo turno..- sua madre era una donna alta e snella, con i capelli rossi naturali che le si riversavano sulle spalle come fiamme di fuoco. Avrebbe dimostrato trent’anni se non fosse per le rughe che le segnavano il volto. Questa prese la parola e rispose:-Si, mi sono fatta dare il cambio per non lasciarti solo tutto il giorno, ma….- si bloccò e posò lo sguardo su Robert come se lo avesse appena notato –vedo che non sei da solo.-
Le guance di Kevin diventarono rosse, però riuscì lo stesso a parlare senza dare l’impressione di essere imbarazzato:-Si, cioè no. Lui è Robert, il mio..-  non riuscì a finire la frase che Robert concluse al posto suo:-Amico! Mi stava aiutando a studiare.- La madre non sembrava turbata, anzi sul suo volto compariva un sorriso raggiante:-Ah, allora vi lascio finire, io sono al piano di sotto se mai doveste aver bisogno.- strizzò l’occhio e uscì dalla stanza chiudendosi la porta alla spalle.
Appena Kevin sentì la madre scendere le scale si avviò sul letto e si mise a sedere in braccio a Robert per poi farsi percorrere dai brividi di quella vicinanza. “È questo l’amore?” pensò. Si era veramente innamorato di Robert? E se fosse così, lui ricambiava?  Non sapeva neanche lui darsi delle risposte  ma non voleva impegnarsi a pensare in quel momento così dolce. Robert non lo stava baciando come al solito, lo teneva stretto a sé in un abbraccio dolce e tenero. Kevin si sentiva al sicuro nelle braccia forti di Robert; questo gli affondò la testa nell’incavo del collo e Kevin lo sentì pian piano inumidirsi.
Kevin indietreggiò con la testa per poter vedere il volto di Robert. Era rigato dalle lacrime ed i suoi occhi erano arrossati. –Perché stai piangendo?- domandò con la voce che era un misto tra preoccupazione e tristezza. Perché piangeva? Era stato offeso da qualcuno in qualche modo? Robert, con una voce tremolante, rispose:-Io non ti merito, tu non ti vergogni a dire che io e te stiamo insieme, anche se non ufficialmente. La mia codardia mi impedisce di dirlo in giro .- detto ciò le lacrime riniziarono a bagnargli il volto. Kevin lo abbracciò più forte e gli diede un bacio sulla fronte:-Senti, non sei pronto per essere preso in giro a scuola, non c’è bisogno di piangere per ciò. Non devi preoccuparti se hai paura di non essere quello giusto per me, perché tu sei perfetto! Sei la cosa migliore che mi sia capitata negli ultimi anni. Se non sarà oggi che ti dichiarerai, sarà domani o tra due giorni. Ma il nostro rapporto sopravviverà  a tutto ciò finche io e te stiamo uniti.- finì il suo discorso dandoli un bacio leggero sulla bocca. Robert lo strinse a sé e gli sussurrò all’orecchio, due parole che fecero tornare il buonumore a Kevin:-Ti amo.- Kevin, con il sorriso disegnato sul volto, rispose:-Anche io, Robert-

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Capitolo 9
*** che brutta la normalità! ***


-CAPITOLO 9-
Era sera. Fuori si potevano vedere i colori vivaci- fucsia, arancione e giallo- del crepuscolo. Kevin era stanco morto e quindi si mise nel letto cercando di addormentarsi, il giorno dopo avrebbe avuto scuola e voleva essere carico per affrontare un’altra settimana di lezioni. “Mi ama” pensò Kevin, se lo ripeteva nella testa quasi un mantra per potersi cullare. Non si sarebbe mai aspettato un Robert dolce e romantico o un Robert vulnerabile, però era riuscito a vedere quel suo lato che, pensò, non tutti avevano potuto notare. Kevin chiuse gli occhi e davanti gli comparvero immagini che lo fecero sorridere nel sonno: il loro primo bacio, il bacio dopo la confessione di Robert, la loro stretta sul suo letto di quel giorno stesso.
La sveglia suonò e Kevin balzò giù dal letto; purtroppo sapeva che non poteva saltare, come avrebbe voluto, addosso a Robert e riempirlo di baci poiché lui, fuori da quelle mura, era “Robert, il bullo” non “Robert, il ragazzo gay più dolce al mondo”. Si mise una maglietta nera con la scollatura a “V” ed un paio di Jeans blu notte a sigaretta che gli mettevano in evidenza le gambe sottili. Si diede una lavata veloce alla faccia ed ai denti, scese le scale velocemente e passò dalla cucina per fare colazione. Mangiò un toast ed un frutto, dopodiché saluto con un bacio sulla fronte la mamma e si avviò verso la scuola.
Non aveva bisogno di prendere il bus poiché la scuola si trovava a poco più di dieci minuti di distanza da casa sua. Aveva un passo stranamente lento quel giorno. Nonostante tutto aveva ancora il terrore di andare a scuola; nei giorni precedenti al suo rapporto con Robert, quando lui era ancora un bullo e basta per Kevin, le botte gli facevano male solo fisicamente; ora gli avrebbero fatto male anche dentro, nel profondo del suo cuore. Gli faceva uno strano effetto tornare alla normalità ora che aveva conosciuto l’amore, ora che aveva provato affetto e compassione per persone all’infuori di lui.
Senza volerlo si trovò davanti alla sua scuola superiore che gli metteva sempre il malumore. Passarono una ventina di minuti prima che la campanella suonò e i cancelli si aprirono. Kevin si riversò dentro e si avviò verso il suo armadietto. Giunto davanti ad esso la tracolla gli cadde dalla spalla. Sul suo armadietto c’era scritto, probabilmente con l’indelebile, “A’ ricchiò”. Rimase fermo quasi non riuscisse a leggere quello che c’era scritto e si strofinò più volte, con le mani aperte, gli occhi che gli erano diventati lucidi.
Quasi come un brutto sogno, Kevin, venne spinto dalle spalle e sbattuto contro la porticina dell’armadietto. –Non riesci a leggere frocietto?- la voce era familiare, l’avrebbe riconosciuta tra mille. Si volto per vedere se i suoi sospetti erano veri.
Robert.
-Speravo non fossi tu- si lasciò sfuggire con un tono di voce talmente basso che a stento lui stesso poteva sentire. Kevin sapeva che non potevano baciarsi ogni momento come a casa sua, ma credeva che almeno quegli atti di bullismo non li facesse lui di sua spontanea volontà. Infatti, essendo lui il “più forte del gruppo” non poteva farsi dar ordini da nessuno. Un’altra spinta lo fece tornare alla realtà, stavolta più forte. –Ti piace il tuo armadietto personalizzato?- disse Robert facendosi scappare una risata che fu contagiosa per gli altri. Kevin non rispose e si limitò a rimanere zitto mentre le risate gli rimbombavano nella testa.
La lezione iniziò alle otto e venti, come sempre, e le sei ore trascorsero lente tra un “finocchio” e l’altro.
Kevin si incamminò furioso verso casa. Entrò in casa e si chiuse la porta alle spalle sbattendola, non mangiò neanche e si diresse in camera sua ad inondare il cuscino di lacrime. Sperava di non avere quella reazione nel rivedere il “Robert” in versione integrale.
Come in un déjà-vu la porta suonò, lui scese per aprire e si ritrovò davanti un ragazzo alto e muscoloso, con gli occhi impenetrabili da cui si poteva, però, vedere la tristezza che provava.
Robert.
Kevin non gli sbatte la porta in faccia come voleva fare, bensì gli urlò in faccia sprigionando tutta la rabbia che aveva dentro:-Passi il fatto che non puoi dimostrarti gentile con me per non compromettere la tua “fama”- disse l’ultima parola facendo le virgolette con le mani- però che mi devi pigliare per il culo non mi va giù. Non pensavo che mi baciassi come fai qui a casa mia, però non mi aspettavo che mi picchiassi e mi insultassi così. Quindi dammi una motivazione valida per cui non devo mandarti via a calci in culo!- era arrabbiato, e sfogarsi lo aiutò a buttare fuori un po’ di quell’ira repressa.
Robert era fermo davanti alla porta, zitto e immobile, con gli occhi lucidi e le mani alla testa in simbolo di disperazione:-Posso entrare?- tentò con una strizzata d’occhio che fece scendere giù per la guancia una lacrima. Kevin, sempre arrabbiato, rispose:-Vuoi entrare? Vuoi ENTRARE? Ma con che coraggio ti presenti qui a chiedermi di farti entrare?!- detto ciò voltò le spalle a Robert con un’alzata di spalle e tentò di avviarsi dentro casa.
Ma la mano del più grande lo bloccò prendendolo per il braccio e tirandolo a sé:-Ti amo, ti basta? Non sopporto l’idea di doverti evitare del tutto quindi preferisco avere contatti con te anche se mi induce a picchiarti. Ora penso che posso andare, ero passato per dirti questo. Ciao Kevin.- detto ciò si voltò e Kevin lo fermò dicendo:-Aspetta!- e gli indicò di seguirlo. Robert si illuminò e si avvicinò al suo ragazzo seguendolo in casa.
Kevin si chiuse la porta alle spalle e saltò addosso a Robert baciandolo con tutta la passione, mista a desiderio, mista a tristezza che poteva avere. Gli mancavano quelle labbra che sapevano di fumo e menta, gli mancavano quelle forti mani che gli percorrevano la schiena, gli mancava il SUO Robert. Il baciò durò a lungo, le loro labbra era ormai una cosa sola. Kevin si sentiva libero, così come Robert. All’improvviso si staccarono e Robert disse:-Mi sei mancato. Non vedevo l’ora che finissero le lezioni per poterti ribaciare.. a proposito, devo darti una cosa..- concluse la frase con un sorriso sulla faccia –Ma oggi non mi hai preso i soldi- disse dubbioso Kevin che teneva le sue mani cinte al collo dell’altro. Robert rise:-No stupido, tieni!- detto ciò gli porse un biglietto di carta con su scritto “Ciao! Vuoi venire al mio compleanno sabato?”. Kevin aveva un’espressione divertita sul volto:-E questo che sarebbe?- non riuscì a trattenere una forte risata. –Beh, siccome compio diciotto anni, volevo invitare al mio compleanno il mio fidanzato!- disse Robert. Kevin gli rispose:-Bene! E che ne dici se vieni qui da me a festeggiarlo? I miei vanno via questo weekend, è il loro anniversario di nozze.. prendilo come il mio regalo anticipato- Robert si avvicino a lui e lo bacio sulla bocca con dolcezza:-Ok- concluse la frase con un sorriso sulla bocca che andava da uno zigomo all’altro. Kevin buttò all’indietro il biglietto, prese la maglietta di Robert, se lo avvicinò e lo baciò con violenza quasi togliendogli il fiato.

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Capitolo 10
*** sei solo mio! ***


-CAPITOLO 10-
Era martedì, il sole splendeva alto e rischiarava il cielo riscaldando la giornata. Kevin si era alzato da poco ma era già vestito e si stava precipitando a fare la colazione. Indossava un maglioncino verde petrolio e dei pantaloni neri larghi che non gli definivano a pieno le sue forme. La colazione, come ogni giorno, era a base di toast e frutto. Uscì di casa e si avviò a scuola fermandosi davanti al cancello ed attendendo l’apertura di esso. Il suo armadietto era sempre pasticciato dalla scritta fatta da Robert ma Kevin non gli dava più molto peso, ormai era passato quel momento di tristezza.
Dal fondo del corridoio, Kevin, vide avvicinarsi un gruppetto di ragazzi tra cui scorse Robert abbracciato con due ragazze. Una con lunghi capelli biondi raccolti in una coda e gli occhi nocciola e l’altra con i capelli neri arricciati e gli occhi azzurri. Kevin provò un’emozione mai provata nella sua vita: gelosia. Era geloso di quelle due ragazze che si tenevano strette al suo fidanzato. Il gruppo gli si avvicinò ma andò dritto, evitandolo, quasi non esistesse. Kevin tirò un sospiro di sollievo e sorrise quando notò che Robert si era girato per strizzargli l’occhio.
Le lezioni terminarono e Kevin si diresse a casa per prepararsi qualcosa da mangiare. Erano passati ormai giorni da quando aveva pranzato regolarmente e lo stomaco iniziava a brontolare. Entrato si mise a bollire l’acqua mentre apparecchiava. Di colpo suonò il campanello, Kevin sapeva già chi era. Si avviò di corsa dicendo un “Arrivo!” frettoloso e si ritrovò davanti il suo bellissimo ragazzo che lo salutò con un “Ciao” seguito da un lungo bacio che lo spinse dentro casa. –Hai fame?- domandò Kevin –stavo giusto preparando un po'di pasta-. Robert annuì e seguì Kevin in cucina per aiutarlo ad apparecchiare. Finirono di mangiare in fretta e, dopo aver sistemato la cucina e lavato i piatti, si diressero in sala.
Robert si sedette e si mise sopra le gambe Kevin con la faccia rivolta verso la sua così che i loro sguardi si incrociassero. Kevin ruppe quel silenzio:-Chi erano quelle due di  oggi?- Robert rise e strinse le sue mani dietro la schiena di Kevin avvicinandosi alla sua faccia:-Due tipe molto carine che ho rimorchiato oggi.- finì la frase con una sghignazzata. Kevin prese un cuscino e glielo lanciò in faccia dicendo:-Scemo!- Robert rispose:-Che è?! Sei geloso?- Kevin gli si avvicinò ancora di più:-Si, ovvio! Nessuna più mettere le mani sul mio Robert o dovrà vedersela con me!- Robert sorrise e gli accarezzò la guancia con il dorso della mano guardandolo con occhi dolci:-Sei un ragazzo stupendo!-
Kevin gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla bocca con tutta la dolcezza che poteva avere. Robert lo strinse ancora di più a sé e intensificò quel bacio, poi si sdraiò sul divano portandoselo sopra senza smettere di assaporarsi quelle dolci labbra. Kevin scompigliava i capelli di Robert mentre questo gli affondava le mani nel maglioncino. Kevin si lasciava venire i brividi da quella stretta mentre annusava l’odore di Robert che lo faceva impazzire.
Kevin e Robert erano una persona unica.
Improvvisamente il campanello suonò e i due sobbalzarono per lo spavento.-Aspetti qualcuno?- chiese Robert. –No, veramente non aspetto proprio nessuno- rispose Kevin. Nonostante ciò, però, dovette avviarsi alla porta per controllare chi fosse. Robert lo aspettava seduto sul divano. Non appena aprì la porta rimase sorpreso nel vedere chi fosse.
Suo padre. Un uomo alto e robusto, con i capelli brizzolati e la barba curata. Non si parlavano da anni ormai e non si vedevano quasi mai; il padre era sempre fuori per lavoro e, quando c’era, rimaneva chiuso nel suo studio pur di non vedere suo figlio. –Ciao Kevin.- disse con un tono freddo, distaccato ed assente quasi stesse parlando con un sconosciuto. –Ciao papà- rispose Kevin con lo sguardo fisso negli occhi del padre. Questo entrò e si diresse alle scale per andare verso il suo studio. Quando vide Robert rimase impietrito e disse:-Vedo che non sei solo, meglio che vada se non voglio vomitare-. Detto ciò si avviò velocemente verso la sua meta.
Kevin andò da Robert in lacrime:-Scusa, non sapevo che oggi tornava prima. Se l’avessi saputo ti avrei risparmiato di far la sua conoscenza- finì la frase singhiozzando e lasciando che le lacrime gli bagnassero il volto. Robert aveva un’espressione dispiaciuta sul volto nel vedere Kevin così triste. Lo prese e lo abbracciò forte lasciando che le lacrime di lui gli bagnassero la maglietta:-Non ti devi scusare, tu non hai fatto nulla… dai non piangere, non abbattertti così.- detto ciò gli alzò la faccia in modo da vederla e gli asciugò le guance con dei dolci baci che finirono sulla bocca. Kevin ricambiò quel bacio facendosi cullare da quelle mani che lo tenevano stretto al ragazzo che amava. 

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Capitolo 11
*** the first time... ***


-CAPITOLO 11-
Ogni giorno era una routine, a scuola Robert stava cercando di non mettere le mani addosso a Kevin mentre quest’ultimo accoglieva a casa il suo fidanzato con cui passava interi pomeriggi a baciarsi o a scambiarsi parole dolci e tenere.
La settimana stava passando velocemente ed era già venerdì sera. Kevin era contento, il giorno dopo il suo ragazzo avrebbe compiuto diciotto anni.
La sveglia di sabato suonò presto e Kevin saltò giù dal letto, erano le cinque del mattino. Kevin aveva intenzione di preparare un dolce per Robert e optò per una crostata al cioccolato. “130 grammi di zucchero, 330 di farina ed un po’ d’acqua, poi mischiare velocemente fino ad ottenere un impasto omogeneo” leggeva nella sua mente Kevin, mentre impastava il composto. Erano giunte le sei e mezza quando Kevin sfornò il suo prodotto, aveva un profumo molto invitante che riempì la stanza.
La rimise in forno e si avviò in camera sua per prepararsi, si infilò una maglietta blu abbinata al pantalone dello stesso colore. Si diede una rinfrescata alla faccia lavandosi i denti e pettinandosi i capelli ribelli. Andò in cucina senza fare colazione, durante la preparazione della torta aveva “assaggiato” i vari composti fino a riempirsi. Erano le sette e mezza quando si avviò alla porta senza però aprirla, stava dimenticando qualcosa di importante. “L’anniversario dei miei!” pensò. Corse a prendere un postit ed una penna, per poi scriverci su
Auguri, buon sedicesimo anniversario! Baci,Kevin. P.S. non toccate la torta in forno!
Fatto ciò si diresse di corsa alla porta per poi avviarsi a scuola. Avrebbe voluto fare gli auguri a Robert saltandogli al collo e riempiendolo di baci, ma sapeva che non poteva. Le quattro ore passarono in fretta e Kevin corse a casa a mettere su da mangiare. Aveva detto a Robert di passare di lì verso le tredici per dargli il tempo di cucinare. Preparò la pasta con la carbonara, la sua specialità. Mentre sistemava la tavola sentì il campanello suonare e si precipitò ad aprire la porta. Quando vide il suo fidanzato gli diede un bacio ricco di amore sulla bocca e gli urlò un “Auguri Robert!”. Questo entrò in casa di Kevin e si staccò per dirgli un “Grazie” ricco di affetto. Poi arricciò il naso:- Ma questo profumino di torta?- concluse la frase con un sorriso stampato sulla faccia.
Kevin fece spallucce:-E’ il tuo compleanno, la torta ci vuole- quando finì la frase gli si avvicinò Robert che gli diede un bacio sulle labbra rispondendogli:-Grazie, sei unico!- Kevin, dopo essersi goduto un po’ di quel momento di tenerezza, prese la parola:-Dai su che si raffredda la pasta!- detto ciò prese per il braccio Robert che si fece condurre in cucina.
Si sedettero a tavola e iniziarono a mangiare la pasta come se non toccassero cibo da giorni, poi si dedicarono alla torta. Era la classica crostata, ma invece delle righe a scacchiera aveva un cuore fatto di pasta frolla con su scritto, probabilmente in cioccolato fuso, “Auguri Robert” il tutto spolverato da zucchero a velo.
A Robert cadde una lacrima che fu notata subito da Kevin:-Qualcosa non va?- chiese preoccupato. –No, tutto okay. Solo che la tua dolcezza mi lascia sempre senza fiato- finì la frase con un sorriso sul volto. Kevin tagliò la torta e ne porse una fetta al suo fidanzato ed una la trattenne per sé. –Mmmh!! Che buona!- disse Robert facendo persino il bis. Kevin era molto contento per la riuscita del suo dolce. Una volta che finirono di mangiare, sparecchiarono e andarono in sala, sul divano.
Robert si sedette in modo tale da avere la testa di Kevin sulle gambe e disse:-Grazie! Mi hai fatto veramente un bel regalo.- si chinò per baciarlo. Poi Kevin disse:-Questa è solo una parte del tuo regalo.- detto ciò si alzò in piedi, prese Robert per i polsi e lo condusse su per le scale. Robert si lasciava trasportare dal suo fidanzato nella sua camera da letto.
Quando giunsero in questa Kevin si avvicinò a Robert per poi baciarlo con passione, lasciandosi inebriare dal suo profumo. Robert cinse le sue mani intorno alla vita di Kevin per darsi la spinta per prenderlo in braccio. Successivamente lo condusse sul letto per poi lasciarlo adagiare con gentilezza. Entrambi avevano capito le intenzione dell’altro. “Questa sarà la mia prima volta” pensò Kevin. Robert, quasi sentendo ciò che Kevin aveva detto, disse:- Se non sei pronto..- non finì la frase che Kevin lo interruppe mettendogli un dito sulla bocca accompagnandolo con uno “Ssht!”:- Sono prontissimo-.
Dopodiché si fecero cullare l’un altro dalle loro mani che percorrevano i loro corpi. Kevin provò emozioni e sensazioni mai provate prima mentre Robert lo toccava. Ora non erano uniti solo con i cuori, ma anche i loro corpi lo erano. I baci teneri avevano lasciato il posto a baci carichi di passione e di desiderio.

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Capitolo 12
*** l'amore fa male! ***


-CAPITOLO 12-
Kevin era sdraiato sul suo letto e le coperte gli lasciavano scoperta solo la parte dai fianchi in su. Robert si trovava vicino a lui e lo teneva a sé avvolgendogli una mano da dietro al collo fino alla spalla. Erano circa le sette di sera, Robert stava beatamente dormendo mentre Kevin teneva ancora gli occhi aperti incapace di prendere sonno.
La sua mente ripercorreva, ormai da minuti, tutto ciò che gli era successo in quell’anno. Ricordò quando aveva varcato per la prima volta la soglia scolastica ritrovandosi faccia a faccia con i bulli della scuola; ricordò quando Robert lo prendeva in giro sul fatto che era gay. Poi si ricordò del suo primo bacio, nel bagno della palestra, dove Robert aveva espresso tutta la disperazione che provava in quel piccolo gesto e gli rivenne alla mente di quando gli aveva raccontato la sua storia. Poi si ricordò quando i baci ricchi di disperazione lasciavano lo spazio a quei baci romantici e passionali che li avevano condotti fin lì.
Kevin stava ripercorrendo di nuovo tutta la sua storia quando sentì che lo stomaco brontolò e capì che, se non voleva svegliare Robert con quei rumori, doveva affrettarsi a mangiare qualcosa. Con molta cautela scivolò via dalla stretta di Robert e si alzò cercando di fare meno rumore possibile. Si rimise i vestiti e si avviò verso le scale chiudendosi la porta alle spalle. Giunto in cucina accese la luce per illuminare il locale, fuori era già quasi notte (d’altronde erano in inverno) e le luci della città non bastavano.

Optò per la torta come cena. La prese e ne tagliò una fetta mangiandola talmente in fretta che quasi non ne sentì il gusto.
Mentre stava per riordinare sentì un rumore che proveniva dalle scale e, poco dopo, vide spuntare dalla porta della cucina Robert con addosso solo il suo paio di jeans. –Scusa se ti ho svegliato!- disse automaticamente Kevin appena lo vide. Robert lo guardò e gli sorrise:-Tranquillo!- poi rivolse uno sguardo alla torta –Me ne dai un pezzetto? Non era solo il tuo stomaco che brontolava su!- concluse la frase facendo spuntare un sorriso sul volto di Kevin, poi si avvicinò a questo, gli diede un bacio sulle labbra e gli disse:-A proposito, grazie per il regalo!- Kevin, appena Robert concluse la frase, gli si avvicinò e gli diede un altro bacio:-Di niente!-. Dopodiché gli tagliò una fetta di torta e gliela porse.
Finito di mangiare andarono in sala e si misero sul divano, scegliendo di rimanere al buio. Kevin si lasciò sentir protetto dalle possenti braccia di Robert e si cullò in esse. Dopo minuti di silenzio Kevin lo ruppe, dicendo in modo interrogativo:-Quale sarà il prossimo passo del nostro rapporto? Renderlo ufficiale?- Robert sembrò turbato:-NO!- disse quasi urlando –Perché non continuiamo a frequentarci di nascosto?- azzardò.
Kevin era visibilmente dubbioso:-Ma come? Dicevi che volevi che tutti sapessero quanto mi ami, prima.. mentre.. va beh hai capito!-. Robert, quasi senza accorgersene, disse:-Ma quelle son cose che si dicono mentre si fa! Non devi farci caso per filo e per segno- quando concluse la frase si portò istintivamente una mano alla bocca capendo l’errore che aveva commesso.
Infatti Kevin si era liberato dalla sua stretta. Poi aveva preso la parola dicendo:-Ah si! Quindi tutte le cose che mi hai detto erano solo stronzate per portarmi a letto?- Robert rispose:-No, quando ti dicevo che ti amavo era vero.. ma il fatto di doverlo rendere pubblico, sai, non ne sono molto convinto- il tono di voce era leggermente tremolante. Kevin si alzò dal divano e, con un tono di voce molto più fermo di quello di Robert, disse:- Non eri molto convinto? Ma quando ti deciderai a dire a qualcuno che sei gay? Quando sarai sul punto di morte!?- Robert rispose, stavolta con il tono più deciso:-E questo che c’entra ora?!- Kevin disse:-C’entra eccome! Allora mi rispondi..? Quando ti deciderai a dirlo?- Robert rispose:-Ma hai visto cosa ha detto tuo padre? Ti immagini cosa potrebbero dire la gente che mi conosce!? Non se ne parla proprio!-.
Kevin aveva un’espressione arrabbiata sul volto e disse:-Cosa? Quindi non vuoi dirlo per paura che ti prendano in giro? Ma ti rendi conto che io è da quattro anni che vengo preso per il culo da degli omofobi del cazzo!?- Robert, che stava iniziando ad arrabbiarsi, disse:-E allora? Io non voglio essere picchiato nei corridoi della scuola, non voglio che mi vengano messi i piedi intesta!-
Kevin, che aveva un’espressione che era un misto tra tristezza e rabbia, disse:-Se è così allora non vedo più il motivo per cui io e te dobbiamo continuare a frequentarci. Ora per favore vattene!- disse trattenendo le lacrime. Anche a Robert comparve un’espressione di tristezza sul volto e si affrettò a rispondere:-No dai Kevin, ragiona. Non puoi chiudere qui il nostro rapporto. Hai detto che finche staremo insieme saremo noi contro il mondo e..- non riuscì a concludere la frase che lo fece Kevin al posto suo:-Appunto! Noi contro il mondo, non io che mi becco i calci in culo mentre tu sei il fighetto della scuola che nessuno ha il coraggio di toccare. Ora vattene!- concluse urlando. Robert, in tono più basso, disse:-Kevin… cerca di capirmi..- Kevin non voleva starlo a sentire, quindi disse, stavolta urlando:-VATTENE VIA HO DETTO! E NON TORNARE MAI PIU’!- concluse la frase indicando con il dito la porta di casa.
Robert se ne andò, senza ribattere.
Quando Kevin si chiuse la porta alle spalle scoppiò in lacrime. “Stupido, sei solo uno stupido che si è fatto illudere da uno stronzo!” si ripeteva nella mente. La notte stava scendendo e Kevin si addormentò seduto dietro alla porta mentre le lacrime gli rigavano il volto

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Capitolo 13
*** non sei più mio! ***


-CAPITOLO 13-
Kevin era rimasto lì, seduto davanti a quella porta che aveva sbattuto in faccia a Robert dicendogli che doveva andarsene. Quella stessa porta che, però, i giorni prima si apriva dando a Kevin la bella visione del suo fidanzato che andava a trovarlo. Ma quelle visite sarebbero finite, quei lunghi baci sarebbero terminati e quelle calde strette sarebbero svanite.
Kevin era ancora arrabbiato con Robert e non riusciva a capacitarsi del fatto che si era fatto fregare da un ragazzo del genere, “Era un bullo insensibile e io non posso cambiarlo, non ho potuto cambiarlo, devo farmene una ragione” si ripeteva Kevin cercando di scacciare dalla mente i bei ricordi di Robert che aveva, cercando di dimenticarlo.
I sentimenti provati da Kevin erano sinceri, lui si era veramente innamorato di Robert, ma questo era reciproco?, pensò. Non riusciva a capire se le parole dolci che gli dicevano erano solo un mezzo per riuscire a portarselo a letto.
Ed ecco che le lacrime riniziarono a scorrere sul viso candido di Kevin. Era domenica e sarebbe stato solo tutto il giorno poiché i suoi genitori tornavano di sera; “Una settimana fa era venuto qui a portarmi i soldi che mi fotteva ogni giorno” balenò alla mente di Kevin mentre le lacrime scorrevano incessantemente.
Kevin decise che stare seduto dietro quella porta a prendere freddo non sarebbe servito a nulla, quindi optò per andare a riscaldarsi sotto le coperte del suo letto. Si alzò in piedi e salì velocemente la scale entrando nella sua stanza; per terra notò qualcosa di stranamente familiare. Si avvicinò e la prese in mano.
La maglietta di Robert.
Era talmente arrabbiato quando lo aveva cacciato che non si era accorto che aveva messo su solo il giubbotto per ripararsi dal gelo invernale. Quella maglietta rappresentava un altr’altra causa per cui le lacrime iniziarono a scorrergli ancora velocemente sul volto. D’istinto prese la maglietta e se la portò al naso, annusando quell’odore che caratterizzava il suo Robert, quel miscuglio di menta e fumo. Si diresse verso il letto e si abbioccò con la maglietta di Robert ancora stretta a sé.
La sveglia suonò come sempre alle sette e Kevin si svegliò al primo colpo. Non aveva voglia di andare a scuola, sapeva che se avesse visto Robert lo avrebbe riempito di schiaffi per poter manifestare la sua rabbia; questo non cambiò le cose, però, la scuola lo stava aspettando. Si mise una maglia verde ed un pantalone nero, si diede una sistemata e si diresse in cucina dove lo aspettava la madre. Mangiò di fretta ed uscì di casa per dirigersi a scuola.
Una volta giunto davanti alla struttura aspettò che suonasse la campanella. Quando questa squillò nelle sue orecchie, Kevin, si diresse davanti al suo armadietto.
Una volta giunto a questo posò i suoi libri e si girò per andare in classe. La sua attenzione, però, venne catturata da due ragazzi che si stavano baciando con passione. “Stupidi innamorati” si disse nella mente Kevin; il suo sguardo, però, si soffermò meglio sui due ragazzi. La ragazza aveva i capelli neri arricciati che venivano scompigliati dalla mano di un ragazzo dai capelli marroni. Non ci mise molto a capire a chi appartenesse quella mano.
Robert.
Wow, non ci ha messo niente a trovarsi un’altra da sbaciucchiare quello stronzo!” Kevin era arrabbiato, non solo gli aveva spezzato il cuore dicendogli che preferiva non dichiararsi piuttosto che essere picchiato, ma ora si stava baciando con una ragazza davanti al suo armadietto!
Robert lo vide e per un attimo staccò le labbra da quelle della ragazza che, con voce esile, disse:-Cosa c’è? Qualcosa non va?- Robert fece di “no” con la testa e la sua bocca era di nuovo unita a quella della ragazza.
Kevin chiuse con rabbia la porta dell’armadietto e andò verso la classe con passo svelto. Appena finite le lezioni, Kevin, corse verso casa. Non appena si chiuse la porta alle spalle scoppiò in lacrime ripensando a ciò che aveva visto appena entrato a scuola, a come Robert baciava quella ragazza, a come le passava la mano tra i capelli.
Non appena le lacrime cessarono leggermente il campanello suonò e Kevin andò ad aprire. Come se fosse nel suo peggior incubo, si ritrovò davanti a Robert. Gli chiuse la porta in faccia, quindi Robert da fuori urlava per farsi sentire:-Dai su apri! Non fare il bambino, apri questa cazzo di porta e parliamo!- i pugni accompagnavano quelle sue parole. Kevin gli urlò contro:-Parlarne? Ma con quale fottuto coraggio vieni qui a chiedermi di “parlarne”!? Vattene subito razza di stronzo!-. Robert sembrava non capire, quindi continuava a battere forte i pugni sulla porta:-Va bene scusami! Non volevo, ma dovevo distrarmi un po’. Ho passato la notte insonnie pensando che non avrei potuto più baciarti, pensando che non avrei più potuto abbracciarti o coccolarti. Ti supplico, lascia che entri per spiegarti-.
Kevin aprì la porta per fissare lo sguardo di Robert; lo guardò a lungo prima di dire:-Non accetterò mai le tue scuse. Ora vattene, va a distrarti un altro po’ perché io non intendo rivolgerti più la parola e non intendo vederti mai più. Ora, se non ti dispiace, dovrei andare-.
Detto ciò chiuse la porta in faccia a Robert che rimaneva ancora lì in piedi, forse ad aspettare che Kevin cambiasse idea. Ma sapeva che non sarebbe stato così, sapeva che nulla gli avrebbe fatto cambiare la sua opinione su di lui. Rassegnato si allontanò dallo zerbino e si diresse verso casa sua. 

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Capitolo 14
*** l'amore è la soluzione più semplice ***


-CAPITOLO 14-
Le giornate sembravano interminabili. La routine si stava facendo sempre più pesante da sopportare e gestire. A scuola, Kevin, vedeva Robert che si allontanava sempre di più da lui e dall’idea di far sapere al mondo il suo “piccolo” segreto.
Robert usava circondarsi da ragazze che, a Kevin, sembravano delle mosche che gironzolavano intorno alla spazzatura. Robert, a volte, lanciavadegli sguardi a Kevin sperando che lui li ricambiasse anche se non succedeva.
Kevin, pur essendo consapevole del fatto di essere ancora innamorato di quel bullo, era deciso più che mai ad andare avanti, senza pentirsi delle sue scelte, giuste o sbagliate che fossero.
Kevin doveva, però, ammettere che gli mancavano quei lunghi abbracci seguiti da quei baci che gli facevano svolazzare le farfalle nello stomaco, gli mancava quell’odore di fumo e menta che caratterizzava Robert e che lo inebriavano ogni volta che lo sentiva, gli mancavano quelle possenti braccia che gli percorrevano la schiena tracciando il percorso della colonna vertebrale. Insomma, gli mancava Robert.
Nonostante ciò era deciso che la sua decisone fosse quella più giusta e che andare avanti era l’unica soluzione plausibile. Gli atti di bullismo a scuola erano diminuiti vertiginosamente e Kevin si sentiva rincuorato per questo, almeno qualcosa di buono lo stava facendo Robert.
Era ormai giunta la primavera, gli alberi stavano fiorendo e gli uccellini iniziavano i loro canti che avrebbero dovuto rallegrare la giornata. Kevin si sentiva particolarmente felice in quella mattinata calda, era domenica. Per quell’unico giorno avrebbe potuto staccare la spina da tutto, concedere del tempo solo per sé stesso senza dover rendere conto a nessuno.
Si era alzato per colpa di un raggio di sole che si era intrufolato dalla tapparella andando a colpirgli il volto pallido. Non fece neppure in tempo a finire di mettere a posto il tavolo che il campanello suonò.
Kevin aveva perfettamente idea di chi potesse essere, infatti, prima di aprire la porta, guardò dallo spioncino chi aveva suonato e non ne rimase particolarmente stupito.
Robert.
-Che ci fai qui?- gli chiese Kevin senza neanche aprire la porta, in tono secco. –Volevo solo salutarti, sono passate diverse settimane dall’ultima volta che ci siamo rivolti la parola e volevo dirti che mi manchi molto, tutte quelle ragazze che mi girano intorno sai che non possono essere alla pari di te. Per favore, possiamo parlarci una volta per tutte e chiarire questa situazione?- il tono di Robert era implorante e si poteva facilmente distinguere una nota di tristezza mischiata alla malinconia nella sua voce.
Mi manchi molto anche tu” avrebbe voluto dire Kevin, ma quello che gli uscì dalla bocca fu solo:-Vattene, non c’è nulla da chiarire. Sei un codardo che non ha il coraggio di mostrarsi al mondo per quello che è realmente.-. Ma che stava dicendo? Perché non voleva chiarirsi e tornare alla normalità? Forse si aspettava la vera normalità, quella in cui Robert sgattaiolava di nascosto da Kevin per passare nascosti dal mondo i loro pomeriggi all’insegna del romanticismo. No, Kevin non voleva trovarsi ancora una volta costretto a lottare affinché quello rimanesse un segreto. Se questo voleva dire stare lontano da Robert, lo avrebbe fatto.
Dall’altra parte della porta non si sentì ribattere ma solo un rumore sempre più soffuso di passi. Kevin si ritrovò col volto bagnato dalle lacrime, quell’incontro così inaspettato lo aveva fatto tornare a quella sera d’inverno quando aveva cacciato fuori di casa Robert e lo aveva fatto uscire definitivamente dalla sua vita.
Passò la domenica a letto a pensare alla voce di Robert che gli chiedeva di parlare, che gli chiedeva di potersi giustificare. Il crepuscolo si affrettò a scendere ed i colori vivaci che emanava rischiaravano quella giornata fin troppo buia per Kevin.
Era lunedì, un’altra settimana sarebbe iniziata, monotona come sempre. Kevin indossò una maglietta viola abbinata ad un paio di jeans neri, il tutto completato da un paio di scarpe anch’esse nere. Fece la sua colazione e si avviò verso la scuola.
La campanella suonò e Kevin si avviò verso il suo armadietto. Da dietro sentì un rumore di passi che si avvicinavano piano, quasi fossero insicuri di quello che stavano facendo.
Kevin si girò di scatto, quasi automaticamente, quando sentì che quei passi si erano interrotti proprio in corrispondenza di lui. Robert.
-E la tua combriccola dove l’hai lasciata?! Non fa figo picchiare se non c’è nessuno che ti incoraggia e fa il tifo per te,sai?- Kevin rivolse un intenso sguardo a Robert che restava fermo davanti a lui.
Con un gesto dolce scompigliò i capelli di Kevin:- Non me ne frega più niente della mia combriccola. Ieri quando mi hai detto quelle parole mi hai fatto riflettere e ho capito che io ti amo, io voglio passare il maggior tempo possibile accanto a te, voglio parlarti quando voglio e baciarti con altrettanta semplicità. Io… io voglio dire al mondo di essere gay e di aver trovato in te la mia anima gemella. Kevin… io ti amo-
Kevin rimase impietrito, non sapeva cosa dire. Come si suol dire, lo aveva spiazzato. Quasi come se Robert potesse leggergli nella mente gli si avvicinò ulteriormente, dicendogli:- So che non sai che rispondere dopo una dichiarazione così- sorrise –ma almeno rispondere con un “anche io ti amo Robert”, no?-
Kevin lo baciò esprimendo tutto ciò che non era riuscito a dirgli a parole. Sentì di nuovo l’odore di menta e fumo che tanto amava, sentì ancora il suo Robert lì, vicino a lui. Di colpo si staccò guardando le persone che si erano fermate per guardarli:- Oh cazzo.. scusa, non volevo baciarti qui davanti a tutte queste persone. Scusa davvero.. forse è meglio che vada in classe-.
Non riuscì ad allontanarsi che Robert lo trattenne:-Hei, non ti ho mica detto nulla. Senti voglio iniziare una nuova vita con te. Insieme. Non me ne frega più niente degli sguardi della gente che fa pregiudizi. Lo dicevi anche tu “noi contro il mondo” e così sarà.-. Detto questo lo afferrò per baciarlo ancora, senza più quella paura che indossava nei giorni precedenti, senza preoccuparsi del giudizio altrui. Ora voleva solo stare con il ragazzo che lo aveva portato ad una svolta nella sua esistenza, che lo aveva fatto sembrare più forte di come potesse sentirsi a fare il bullo. Quel ragazzo che gli aveva fatto scoprire l’amore.
 
Note dell’autrice: ciao a tutti :D ! Questa è la conclusione della mia storia che spero vi sia piaciuta. Ho deciso di cimentarmi in quest’esperienza di scrivere fan fiction grazie alla mia amica Sara. Questa è la prima volta che provo a scrivere qualcosa di serio e, essendo alle ‘prime armi’, sono consapevole di aver commesso errori nel lessico o nella forma.
Spero che questa non sia l’ultima, un saluto a tutti quelli che hanno seguito questa storia e (speriamo) alla prossima! :)

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