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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Il giorno che conobbi lo Squalo *** Capitolo 2: *** Al termine della pioggia ***
Capitolo 1 *** Il giorno che conobbi lo Squalo ***
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Pioggia.
Nascosto sotto un tetto di foglie, guardai
di nuovo il cielo plumbeo e gonfio di minacce. Era così da tre giorni. Questo
stato di cose mi infastidiva. Avevo passato il confine la notte scorsa, ma
sapevo bene che tutte le squadre erano state sguinzagliate per il Paese,
impegnate a cercarmi. Ciononostante, non trovavo la forza di rimettermi in
cammino, non in quel momento. La pioggia ha sempre avuto la facoltà di
deprimermi, fin da ragazzo. Mi avvolsi nel mantello. Avevo ancora un'ora, al
massimo due per riposare. Dopo avrei dovuto muovermi.
Quando mi rimisi in cammino, aveva appena
spiovuto. Contavo di attraversare il fiume prima del tramonto. Da lì, non sapevo
ancora dove mi sarei diretto. Qualche tuono echeggiava ancora, simile alla
lontana collera che mi inseguiva. Guardavo spesso alle mie spalle, poichè da lì
mi aspettavo di scorgere il nemico. Invece, fu proprio davanti ai miei
occhi.
Al centro del ponte, un uomo bloccava
completamente il passaggio. Era seduto a gambe incrociate, placido, come se
fosse nel suo pieno diritto stare lì. Davanti a lui era posato quello che pareva
un enorme tronco divelto. Solo quando fui più vicino, mi accorsi che si trattava
di uno spadone. Un enorme spadone fasciato. Il tizio portava un coprifronte
scheggiato: riconobbi il simbolo della Nebbia. Mi sorrise, poi accennò con
noncuranza al terreno alle sue spalle. "Vuoi passare?" domandò, beffardo. Non
risposi. Questo parve soddisfarlo. "Bene" disse alzandosi, e sollevando con
straordinaria naturalezza la sua arma: "Per passare, devi scavalcarmi. Questo è
il mio allenamento". Sembrava uno di quei bambini che, per gioco, danno la
caccia alle lucertole per staccare loro le zampe o la coda. Capii che sarebbe
stato inutile articolare anche un solo monosillabo con lui. Rimase immobile,
mantenendo lo spadone leggermente sollevato da terra, fischiettando. Io dovevo
passare quel ponte. Avrei fatto la prima mossa.
In quel momento un lampo scarlatto mi
perforò le tempie. Mi chinai leggermente, soffocando un gemito. Dannazione. Da
quella notte, gli occhi mi bruciavano di continuo. Non avrei potuto usarli, non
ancora. Non avrei potuto usarli per un bel pezzo, se continuava così. Mi
massaggiai delicatamente la palpebra, finchè la fitta svanì. Il tizio era ancora
lì, nella stessa posizione in cui l'avevo lasciato. Avrebbe potuto mozzarmi la
testa pochi secondi prima, ma non l'aveva fatto. Decisi che avrei ricambiato la
sua cortesia. "E sia" dissi. Affondai il braccio nel mantello, e una luce
argentata sfolgorò sul pontile. "Mi affiderò alla spada". Mi guardo un'altra
volta, con somma felicità. Poi scattò.
Una raffica d’uragano mi investì. Era velocissimo.
Mi chinai appena in tempo per sentire l’enorme spadone passare a
un soffio dalla mia testa. Il mio occhio era ancora buono, dopotutto: in una
frazione di secondo, colsi il punto scoperto della sua guardia: un paio di
centimetri al di sopra del braccio. Affondai. L’enorme corpo si contrasse, la
sua arma cadde schiantandosi sul legno secco. Alzai lo sguardo, e il respiro mi
si spezzò: avevo perforato la gola, eppure non uno zampillo di sangue. Feci un
salto indietro e vidi la figura sfaldarsi in una massa trasparente e fluida e
spandersi a terra, seminando piccoli ruscelli tutt'intorno. Allora il ponte
esplose.
Sentii un boato assordante, capii che il sostegno cedeva e
saltai. Scorsi il pontile fracassarsi sotto l'impeto delle acque e, al di sotto
di esso, il mio vero avversario. Ma certo. Un ninja della Nebbia. Un clone
acquatico. Non aveva scelto a caso il luogo in cui affrontarmi. Era sempre
rimasto lì sotto, in attesa. Non ebbi il tempo di pentirmi della mia imprudenza.
L'enorme massa d'acqua si sollevò, vorace, mi avvolse soffocandomi. Lottai con
tutta la forza che avevo. Ucciso per un allenamento? Ho fatto tutto quello
che ho fatto per finire così? Mi rifiuto!. La prigione d'acqua si spaccò.
Afferrai nuovamente l'aria, bruciante e meravigliosa. Una trentina di metri
sotto di me, lo spadaccino mi osservava, con interesse, più che con stupore.
C'era un solo modo per chiudere la lotta. Dopo anni di allenamento, le mia mani
si mossero sciolte dal mio pensiero. Palla di Fuoco Suprema!. La radiosa
fiamma e la muraglia d'acqua. Sentii il boato, avvertii il caldo e poi il
freddo, dopodichè non colsi più nulla di me stesso.
Quando rinvenni, mi ci volle un pò per accorgermi che mi stavo
muovendo. Vedevo la terra scorrere a sbalzi sotto di me. Mi resi conto che lo
straniero, il ninja della Nebbia, camminava tenendomi in spalla: lo capii
cogliendo lo spadone ondeggiare pacificamente al ritmo dei suoi passi. "Sei uno
stronzetto niente male" lo sentii dire "Hai bruciacchiato anche il mio Pinna di
Squalo, con quella tecnica". Cercai di parlare, ma dovetti sputare un bel pò di
sangue prima. "Hai fatto una bella caduta" proseguì lui "Da quasi trenta metri".
"Figlio di puttana." dissi.
"Ciononostante" ghignò "Hai stoffa. Voglio farti conoscere una
persona". Va a farti fottere. Pronunciai quelle ultime parole nella mia
testa, prima di assopirmi. Avevo consumato anche il poco chakra che mi rimaneva
in quella battaglia. Entrai in un dormiveglia nebuloso. Dopo un pò, sentii
qualcosa picchiettarmi sulla testa, prima discretamente, poi sempre più
insistentemente e piccoli aghi disturbarono il mio riposo. Ancora pioggia. La
pioggia era deprimente, la detestavo. La voce tonante dello spadaccino annunciò:
"Non manca molto, il Villaggio è vicino". Sfortunatamente, di qualunque
villaggio parlasse, non potei ammirarne i portali. Ricordo solo che, a un certo
punto, fui sbattuto a terra e circondato dal brusio di alcune voci. Poi,
un'ondata di calore mi invase il volto. Gli occhi assaporarono il tepore di
mille primavere, e solo allora mi addormentai per davvero.