I am a sorcerer

di Chloe R Pendragon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I am a sorcerer ***
Capitolo 2: *** He's a sorcerer ***
Capitolo 3: *** I am sorry too ***
Capitolo 4: *** I was born to serve you ***
Capitolo 5: *** You never once sought any credit ***
Capitolo 6: *** Thank you ***



Capitolo 1
*** I am a sorcerer ***


I am a sorcerer

I am a sorcerer, I have magic.

 

Il clangore della battaglia era ormai lontano, rimpiazzato dal crepitio di un fuoco e dal flebile rumore di qualcuno che lo ravvivava, unico segno di vita in quella silenziosa oscurità.

Questo era tutto ciò che il re di Camelot riusciva a percepire, mentre cercava di raccogliere le forze necessarie per rimettersi in piedi. Dopo tutto quel che aveva patito desiderava solo riabbracciare la sua amata Gwen e rivedere Merlin, la persona a lui più vicina eppure adesso così lontana …

Per questo motivo rimase sbalordito nel vedere il suo servitore quando riaprì gli occhi: sapeva che non lo avrebbe mai abbandonato in un momento del genere, da quando si erano conosciuti erano diventati inseparabili.

Tanto grande era la gioia che provava nel vederlo, che per un attimo non avvertì più quella fitta lancinante al fianco che non smetteva mai di dolergli; non avrebbe voluto nessun altro lì con lui, nessun cavaliere gli era tanto caro, neppure la regina avrebbe potuto infondergli la stessa voglia di vivere che quegli occhi azzurri sapevano dargli con un semplice sguardo.

Cercò di rialzarsi, ma il suo corpo non riuscì ad eseguire quel banale ordine; così dovette sedersi nuovamente, aggrappandosi a quell’esile spalla che più volte aveva mostrato la forza sufficiente per sorreggerlo.

Merlin cominciò a rassicurarlo come al solito, a dirgli che adesso era lì con lui e che non aveva più motivo di preoccuparsi; nell’ascoltarlo, non poté fare a meno di sorridere, grato ancora una volta della vicinanza del moro e della sua capacità di donargli serenità con poche parole.

Tutto sembrava perfetto ed il biondo si sentiva ancora una volta debitore verso il destino per averli fatti conoscere: peccato che il fato torna sempre per riscuotere ed il re capì che stava per arrivare il suo turno quando vide il suo amico tremare sotto la sua stretta salda.

Quei due splendidi zaffiri che tante volte lo avevano disarmato cominciarono a riempirsi di calde lacrime e quella visione fu per Arthur come una coltellata al cuore: non poteva sopportare di vederlo soffrire, piuttosto avrebbe preferito subire le torture più atroci.

Non ebbe neanche il tempo di formulare una frase per strappargli una risata, che Merlin cominciò a vaneggiare circa una profezia che non era riuscita a portare a compimento: cosa diavolo stava dicendo? Si era forse bevuto il cervello?

Il suo delirio continuò, sosteneva di aver sconfitto i Sassoni e di averlo tratto in salvo, il che lasciò il biondo completamente spiazzato; aveva chiaramente visto l’anziano stregone usare i suoi incantesimi per abbattere i nemici, come poteva essere stato quello smilzo servitore, incapace persino di brandire una spada?

No, era impossibile! Doveva essersi bevuto il cervello, forse era sconvolto a causa della sua ferita: ma allora perché sentiva che la paura stava insinuandosi nei suoi pensieri? E perché il moro non smetteva di piangere?

La mente del re era fiaccata dal dolore e da tutto il sangue versato in quella cruenta battaglia, eppure non si diede per vinto e cercò un modo per calmare il suo amico: gli disse che era stato Dragoon a fare quelle cose e che lo aveva visto coi suoi stessi occhi, scandendo ogni parola per far sì che recepisse il messaggio.

Vedendogli scuotere la testa, la confusione nella testa di Arthur si amplificò. Non riusciva a cogliere il senso di quell’ostinazione ed il panico che lesse nello sguardo di Merlin si riversò nella sua anima, fino a travolgerlo con due flebili e spauriti affermazioni.

“I am a sorcerer, I have magic!”

Il biondo non riusciva a credere alle sue orecchie, non poteva dire sul serio: credeva di conoscerlo come le sue tasche, non era possibile che gli fosse sfuggita una cosa simile!

Tentò di ribattere con fermezza, cercando di mascherare il terrore che lo paralizzava; gli disse che non era possibile, che proprio lui lo avrebbe saputo!

Sperava con ogni fibra del suo essere che il discorso si chiudesse lì, che il suo amico gli dicesse che stava scherzando; per tutta risposta, egli si volse verso la brace e fece librare per pochi istanti un drago di fuoco.

No, no, no, no, no! NO! Doveva trattarsi di uno spaventoso incubo, non poteva essere vero: desiderava svegliarsi all’istante nel suo letto e ritrovarsi con Merlin a prendersi in giro ed a scherzare come ai vecchi tempi.

Ma più i secondi passavano, più comprese che non stava dormendo; quella non era una bugia, era davvero un mago, il che voleva dire che fino a quel momento non aveva fatto altro che mentirgli, che non si era mai fidato di lui, che tutta la loro amicizia si reggeva su una menzogna!

Non poteva stargli vicino un istante di più, non riusciva a tollerare nemmeno la sua vista, così gli ordinò di lasciarlo da solo. Sapeva che il moro si sentiva frustrato, percepiva chiaramente il suo stato d’animo come fosse il suo, ma stavolta non gli importava.

Lo aveva ferito più profondamente di quanto non avesse fatto Mordred sul campo di battaglia: lo aveva ucciso prima ancora che avesse esalato l’ultimo respiro.

La delusione e l’angoscia per quella rivelazione lo stavano logorando e si augurò di trovare un po’ di conforto in quella notte spettrale, ma la sua non era altro che una speranza vana …

 

Spazio di Chloe:

Aloha a tutti! Se siete arrivati a leggere fino a qui senza esservi tagliati le vene, COMPLIMENTIIII!!! Spero che vi sia piaciuta almeno un pochino, in caso contrario prendetevela con Morfeo: è tutta colpa sua e del sogno che mi ha ispirato! ù.ù

Anywaaaaaay, non so se scriverò il seguito, perché ho paura di rovinare tutto (sempre che non l’abbia già fatto con questa one shot …), perciò mi rivolgo a voi: dovrei realizzare la seconda parte o no?

Se sarete tanto clementi da recensire questa storia, vi prego di dirmi cosa ne pensate: sono nelle vostre mani, attendo i vostri giudizi! *.*

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Capitolo 2
*** He's a sorcerer ***


He's a sorcerer

He’s a sorcerer.

 

La mattina seguente Arthur era esausto a causa della lunga notte trascorsa a ripensare alla sconcertante rivelazione fattagli da colui che considerava il suo amico più fidato.

Nonostante la brutta ferita che gli lacerava il fianco, nulla gli doleva più del cuore: era stato tradito molte volte dalle persone a lui più vicine, ma in quelle circostanze aveva avuto al suo fianco Merlin. Ora però non era più così; i tormentati occhi azzurri che vegliavano su di lui apparivano diversi al re di Camelot, quasi come se appartenessero ad uno sconosciuto.

Sì, era proprio così: colui che aveva davanti era un estraneo di cui non riusciva a fidarsi! Affranto da quell’amara realtà, sentì il bisogno di abbassare le palpebre, come a voler calare il sipario sulla tragica situazione in cui si trovava e da cui non riusciva ad uscire.

Non si era mai sentito tanto solo come in quel momento, per l’ennesima volta aveva perduto ogni punto di riferimento e doveva rimettere insieme i pezzi della sua anima infranta; la cosa peggiore era che una parte di sé iniziava a valutare l’ipotesi di lasciarsi morire per porre fine al suo tormento, pur sapendo di non poterlo fare.

Aveva dei doveri verso il suo popolo, la sua regina ed i suoi prodi cavalieri, per cui doveva trovare un modo per andare avanti; sarebbe stato molto più facile se fosse stato in compagnia di qualcuno in cui riponeva totale fiducia, invece al suo fianco si trovava ancora quel volto familiare ed ignoto al tempo stesso.

Per una volta la fortuna sembrava essere dalla sua parte, poiché in quell’attimo il suono di passi lenti e strascicati anticipò l’apparizione di Gaius : l’anziano medico gli era stato vicino durante la sua crescita, diventando per Arthur come un nonno saggio e premuroso, nonché un fido consigliere.

Ancora con gli occhi chiusi, sentì allievo e maestro discutere circa le erbe medicinali necessarie per guarire la profonda lesione che si aggravava con lo scorrere del tempo; una volta terminata la diatriba Merlin si allontanò, permettendo così al sovrano di mettere in guardia il saggio dottore sulla vera natura del suo giovane apprendista.

Avrebbe voluto trovare le parole più adatte, tuttavia la sua mente non riusciva a formulare frasi elaborate; non era nelle condizioni adatte per affrontare quell’argomento, visto che lui stesso non aveva superato la rabbia e l’amarezza che quella dichiarazione aveva riversato nella sua anima.

Eppure il re sentiva che quella era la cosa giusta da fare, al suo posto avrebbe voluto saperlo, anche se nel modo più indolore possibile; purtroppo non era mai stato abile in questo, difatti la verità sgorgò dalle sue labbra con un’affermazione lapidaria e carica di tensione.

“He’s a sorcerer!”

Nel dirlo afferrò il braccio del suo interlocutore con forza e gli rivolse uno sguardo fermo e deciso; lui per primo aveva stentato a crederci, per cui non lo avrebbe biasimato se avesse cercato di rifiutare l’idea.

Si era aspettato di vederlo inizialmente dubbioso, come a volersi sincerare della sua salute mentale, per poi assumere un’espressione accondiscendente nel cercare di persuaderlo circa l’impossibilità della cosa, ma non fu così che andò: ciò che lesse in quel volto segnato dall’età fu solo comprensione.

Lo sapeva già, il che poteva voler dire un’unica cosa: Merlin non si era fidato di lui, del suo sovrano nonché suo amico con cui aveva affrontato le situazioni più disparate! Quella consapevolezza lo mandò in pezzi, amplificando la già cocente delusione derivante la fatidica scoperta.

Non riuscì ad avercela con Gaius, dopotutto capiva le motivazioni per cui aveva taciuto; se il diretto interessato non aveva trovato il coraggio di dire la verità, perché mai avrebbe dovuto farlo lui a discapito della fiducia del suo protetto?

Eppure sentiva crescere dentro di sé la frustrazione nel essere sempre all’oscuro di tutto, come se le persone care lo ritenessero incapace di capirli: allora tutti gli elogi che gli venivano fatti sulla sua capacità di essere vicino al popolo di Camelot erano falsi? Come poteva comprendere gli abitanti che conosceva a malapena mentre non riusciva a rendersi conto dei problemi di chi aveva al suo fianco?

Il suo viso doveva riflettere tali sue angosce giacché il medico cercò in tutti i modi di rassicurarlo, senza intendere che era fiato sprecato: nessuno era in grado di porre fine alle sue pene, per quanto vaste fossero le nozioni in suo possesso. Era persino giunto ad elogiare gli immensi poteri del servo/mago per convincerlo a rinnovare la fiducia verso il suo apprendista, ma per Arthur tutta quella situazione appariva semplicemente assurda; Merlin l’imbranato adesso era il più grande stregone di sempre? Ai suoi occhi era semplicemente inverosimile …

Un fruscio nelle vicinanze lasciò intendere loro che non erano più soli, per cui la discussione venne chiusa con quella ridicola affermazione. Il servitore si avvicinò a Gaius per comunicargli qualcosa in un concitato scambio di sussurri; il re riuscì a carpire solo poche parole, per lo più inerenti all’urgenza di raggiungere un certo luogo, e questo bastò per raggelarlo.

Era restio all’idea di restare da solo con il mago nel viaggio verso casa, figurarsi al pensiero di doversi recare in terre sconosciute senza nessuno di cui potersi fidare! Non poté fare a meno di voltarsi quando il suo amico di un tempo gli si inginocchiò al fianco, cercando di spiegargli che dovevano cambiare direzione in quanto ne andava della sua vita e che lui non aveva intenzione di lasciarlo morire.

Tsk! Questa poi era bella: aveva stroncato il suo spirito con l’ammissione della sua natura, ed ora lo esortava a resistere per sopravvivere? Che faccia tosta che si ritrovava …

Fu allora che il saggio dottore gli suggerì di riposarsi ancora un po’, in modo da prendersi il tempo necessario per mandare giù l’amaro boccone: il sovrano avrebbe voluto alzarsi e dirgli che l’unica cosa che gli occorreva era tornare a Camelot in mezzo ad amici leali e sinceri, invece si rese conto di quanto fosse esausto il suo corpo, per cui fu costretto ad abbandonarsi ad un sonno ristoratore, seppur popolato da incubi …

 

Spazio di Chloe:

Hellooooooooo!!!!! Ebbene sì: ho deciso di continuare la storia! Per questo devo ringraziare un paio di persone:

1.     chibisaru81 e brin leah: vi ringrazio di cuore per le recensioni, le vostre parole mi hanno dato una carica enorme!

2.     Baka Lolita e Anna Tentori: sono felice che vi sia piaciuto il primo capitolo, spero che il secondo non sia da meno *o*

3.     Le mie amiche A, E ed F: non vi ringrazierò mai abbastanza per il sostegno che mi date ^^

Mi auguro di non deludere nessuno con questo secondo capitolo, entro la prossima settimana spero di poter pubblicare il terzo: se trovate due minuti scarsi fatemi sapere che ne pensate, tengo tantissimo alle vostre opinioni, incluse quelle dei “lettori silenziosi”!

Vi aspetto con ansia: baci,

 

Chloe.

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Capitolo 3
*** I am sorry too ***


I am sorry too

I am sorry too.

 

L’alba del nuovo giorno trovò Arthur e Merlin intenti a salire in groppa al proprio destriero, pronti ad affrontare l’estenuante viaggio. Non era stata una decisione facile da prendere per il re di Camelot, considerata la diffidenza che nutriva nei confronti del suo compagno; aveva cercato ogni possibile alternativa, ma alla fine si rese conto che tirandosi indietro avrebbe lasciato il suo regno in balia della follia di Morgana.

Nonostante l’impellenza della partenza, la sua mente era rivolta ad un’altra questione: quella ferita lo stava fiaccando e, sebbene cercasse di tenere alto lo spirito, sentiva che la vita lo stava lentamente abbandonando. Pur avendo dalla sua parte lo stregone più potente che sia mai esistito – a detta di Gaius -, l’esito della missione era incerto ed il giovane sovrano aveva dei doveri verso il suo popolo.

Così fece avvicinare l’anziano medico per affidargli il sigillo reale in modo da farlo avere a Guinevere, colei che riteneva la più adatta a prendere il suo posto; il saggio dottore cercò di dissuaderlo da tale proposito, probabilmente perché temeva che avesse perso le speranze, ma egli fu irremovibile per cui la discussione venne troncata.

Ci fu il tempo per un ultimo, caloroso abbraccio tra Merlin ed il suo mentore, dopodiché le loro strade si separarono: Arthur si voltò ancora una volta verso l’uomo che lo aveva assistito nella sua crescita, rivolgendogli uno sguardo mesto poiché avrebbe preferito essere in una sua compagnia, per poi rivolgere la sua attenzione al viaggio che lo attendeva.

Cavalcarono per ore attraverso quelle terre desolate, restando entrambi in silenzio, chi per la delusione ancora troppo intensa, chi per paura di peggiore la situazione già critica; nessuno dei due riusciva a trovare un argomento per rompere quella tensione che stava logorando il loro rapporto, per cui decisero di concentrarsi sui suoni circostanti.

Fu così che il giovane servitore avvertì l’avvicinarsi di due sassoni, perciò smontò da cavallo e si affrettò a coprire il re, per poi creare un diversivo con i suoi poteri ed avvicinare i nemici. Questi ultimi inizialmente sembrarono bersi la menzogna del mago, ma poi prestarono maggiore attenzione all’altra figura nascosta da una coperta così da scoprirli: a quel punto sguainarono le spade, però non furono rapidi quanto il mago, il quale li mise fuori combattimento con un incantesimo.

Quanto ad Arthur, si limitò ad osservare la scena in silenzio, accennando una breve reazione quando i rivali si armarono; vedendo un’altra volta il suo amico di lunga data fare uso della magia, non poté fare a meno di lanciargli una frecciatina sul fatto che gli aveva mentito per tutto questo tempo.

Era più forte di lui, non riusciva a mettersi il cuore in pace; aveva sempre creduto di avere a che fare con un sempliciotto dall’animo nobile e coraggioso, incapace di mentire e di agire nell’ombra, invece si era sbagliato. Possedeva dei poteri incredibili e chissà quante volte li aveva utilizzati sotto il suo naso, attento a non farsi scoprire …

Perché non glielo aveva detto? Lo aveva sempre considerato il suo amico più caro, era stato sempre al suo fianco nei momenti felici come nei giorni bui: perché non si era fidato di lui? Era stato l’unico a sapere del suo amore per Gwen, l’unico a cui aveva rivelato le sue più intime paure ed a cui si era appoggiato quando si sentiva schiacciare dalle sue responsabilità; gli avrebbe affidato la sua vita, avrebbe sfidato il mondo per difenderlo, e lui aveva ripagato la sua fiducia così?

Non era più sicuro di sapere chi aveva realmente davanti, se il servo leale o l’arrogante stregone, se l’onnipresente compagno o un potenziale traditore: era un enigma troppo grande da risolvere ed il giovane sovrano sentiva di non avere energie sufficienti per decifrarlo …

Ripresero il loro viaggio lasciando che la battuta fatta da Arthur aleggiasse sopra di loro, accompagnandoli silenziosamente fino all’arrivo della notte. Fu allora che Merlin decise di accamparsi nel mezzo della foresta, preparando tutto il necessario per la loro breve permanenza; si sarebbero trattenuti fino alle prime luci del giorno seguente, giacché il re era chiaramente esausto ed entrambi avevano bisogno di riposare.

Dopo aver tolto gli stivali al sospettoso compagno per farli asciugare, il giovane servo si cimentò nell’accendere il fuoco con la pietra focaia senza successo, cosa che irritò ulteriormente il sovrano di Camelot al punto da domandargli perché non ricorresse ai suoi poteri: il mago rimase un attimo interdetto, poi gli disse che probabilmente era a causa dell’abitudine voltandosi verso l’altro per studiarne l’espressione.

Nell’attimo in cui i loro occhi si incrociarono, Arthur avvertì una fitta al cuore, ma decise di ignorarla e fece cenno al compagno di ricorrere alla magia: così quello mormorò qualcosa e le fiamme apparvero dal nulla, lasciando entrambi momentaneamente interdetti.

«Pensavo di conoscerti …», disse il re istintivamente, con una tale tristezza da far stringere il cuore del suo servitore: quest’ultimo lo guardò supplichevole, cercando di  convincerlo di avere dinnanzi a sé la stessa persona che aveva conosciuto in passato, ma l’altro continuò ad incalzarlo sottolineando che si era fidato di lui.

Merlin allora non riuscì a dire altro se non che gli dispiaceva, senza smettere di guardarlo sofferente; a quel punto Arthur non poté più sopportare di vederlo struggersi, per cui decise di troncare la discussione dicendogli che dispiaceva anche a lui, mentre gli voltava le spalle.

Era vero che gli dispiaceva e non avrebbe saputo dire quanto, ma ancora non riusciva a metabolizzare tutta quella assurda situazione: voleva capire le ragioni che lo avevano spinto a mentirgli, voleva disperatamente rimettere le cose a posto e risanare il rapporto speciale che li univa, però si rese conto di non poter sostenere tutte quelle emozioni in quel frangente.

Così il re decise di lasciare che la notte lenisse il dolore che provava al fianco ed al cuore, confidando nell’indomani; dicono che la notte porti consiglio, magari avrebbe saputo suggerirgli il modo per sbrogliare la matassa …

 

 

 

Spazio di Chloe:

Sono tornata genteeeee!!!! Vi chiedo scusa per la mia assenza, purtroppo non sono stata a casa in giorni: prometto di fare la brava da ora in poi … ù.ù

Passando ad altro, voglio ancora una volta ringraziare tutti quelli che mi seguono e che mi supportano, dando il benvenuto a Zonami84!!! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, aspetto di sapere le vostre opinioni: alla prossima e un bacio grande a tutti voi,

 

Chloe.

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Capitolo 4
*** I was born to serve you ***


I was born to serve you

I was born to serve you.

 

Il giorno seguente Arthur fu svegliato dall’invitante profumo della minestra che Merlin aveva preparato per colazione; forse non sarebbe stata la pietanza più buona che avesse mai mangiato, eppure in quel momento aveva l’acquolina in bocca. La ferita continuava ad indebolirlo, acuendo la sua percezione del gelo mattutino: un pasto caldo era proprio l’ideale in quella circostanza …

Eppure il re era incerto sul da farsi, poiché non era in grado di servirsi da solo nelle sue condizioni, ma non voleva essere aiutato dal suo compagno di viaggio; aveva inutilmente sperato che la notte si portasse via tutta la sua diffidenza, ritrovandosi più confuso di prima circa il comportamento che doveva tenere.

Il giovane mago parve comprendere le sue difficoltà, così riempì una scodella e si sedette al suo fianco, per poi tentare di imboccarlo; evidentemente non si era rassegnato all’idea di perdere il suo più caro amico, proprio come il sovrano di Camelot, al di là delle apparenze …

Fu proprio per tale motivo che quest’ultimo, rifiutandosi di accettare l’aiuto, chiese all’altro perché continuasse a comportarsi come se fosse il suo servo: ormai era chiaro che l’unico modo per cercare di andare avanti era affrontare lo spinoso argomento, in fondo lui non era quel genere di persona capace di tenere per sé le proprie opinioni, nel bene e nel male.

Lo stregone capì che era finalmente giunta l’ora di sistemare le cose tra loro, così depose la ciotola accanto a sé e sospirò, ponderando bene la parole da utilizzare; dunque lo fissò serio e gli spiegò che quello era sempre stato il suo destino, fin da quando si erano conosciuti. Arthur rimembrava perfettamente quel giorno, pur essendo passato così tanto tempo: si ritrovò a pensare ad alta voce, rivivendo mentalmente l’attimo in cui gli aveva quasi staccato la testa con una mazza da guerra.

Anche Merlin si fece trasportare dai ricordi, ammettendo con un sorriso di averglielo impedito grazie ai suoi poteri; nel sentire quella confessione, l’altro si voltò di scatto, il volto dominato dallo stupore mentre lo accusava di aver barato. L’umile servo si difese dicendo che se non lo avesse fatto lo avrebbe ucciso, stringendosi le spalle; tanto bastò al re per pentirsi di aver riaperto la conversazione, giacché non riusciva a sopportare quell’assurda situazione.

Sperando di ferire il compagno al punto da troncare il discorso, affermò che avrebbe dovuto ucciderlo allora, fissando un punto davanti a sé per non leggere la sofferenza negli occhi azzurri del mago; quest’ultimo però non si perse d’animo, quella freddezza tra loro doveva finire, perciò riprese a parlare, asserendo che si comportava così perché Camelot non era nulla senza il suo sovrano.

Dal suo tono di voce era evidente che credeva fermamente in quelle parole, cosa che non si poteva dire per Arthur: egli infatti scosse la testa mestamente, dicendo che forse un tempo era vero, ma oramai c’erano molte altre persone in grado di prendere il suo posto. Tutti coloro che sedevano alla Tavola Rotonda erano capaci di garantire un futuro radioso e pacifico al suo popolo, la corona che indossava era l’unica cosa che lo distingueva dagli altri: persino suo padre aveva smesso di credere in lui, perché lo stregone nutriva ancora quella fiducia nelle sue capacità?

Come se avesse seguito il corso dei suoi pensieri, Merlin gli rivolse un caloroso sorriso e gli disse che non ci sarà mai nessun altro come lui, aggiungendo che si comportava in quel modo anche perché era suo amico e non voleva perderlo; per il re fu come tornare indietro nel tempo, quando il suo fedele servo lo incoraggiava facendolo sentire all’altezza di ogni situazione, anche le più assurde. Vide che l’altro aveva ripreso in mano il piatto contenente la minestra per tentare di farlo mangiare, così si rassegnò e si lasciò imboccare.

Finito il pasto, il giovane mago iniziò a preparare i cavalli per l’imminente partenza, mentre il sovrano sedeva silenzioso e meditabondo; dal momento in cui aveva scoperto le reali potenzialità dell’amico, si era sentito per l’ennesima volta tradito da una persona cara e credeva di non potersi più fidare di lui.

Dopo quella discussione però qualcosa era riaffiorato nel suo cuore: quell’affetto così profondo ed inossidabile che nutriva da sempre per lui era sopravvissuto alla tempesta di dolore e delusione che aveva provato e stava riacquistando vigore, nonostante la situazione delicata in cui si trovavano; finalmente cominciava a scorgere nelle fattezze del compagno un volto familiare e non un estraneo.

Ultimati i preparativi, Merlin gli si avvicinò per aiutarlo ad alzarsi così da poter montare in sella, ma Arthur si sentiva fiacco ed aveva bisogno di rivolgergli la domanda più importante di tutte: perché non gli aveva mai detto la verità. Lo stregone gli lanciò una rapida occhiata, per poi rispondere che avrebbe voluto, ma che se lo avesse fatto l’altro gli avrebbe staccato la testa; il re abbassò lo sguardo mesto, sospirando ed affermando sovrappensiero che non sapeva cosa esattamente cosa avrebbe fatto, così il suo interlocutore non poté trattenersi dal dirgli che non voleva metterlo in una situazione del genere.

Nell’udire quell’affermazione, il sovrano alzò di scatto la testa e lo fissò sbalordito: dunque era questo il motivo? Era questo ciò che lo preoccupava? Non si rese neanche conto di aver formulato quella domanda ad alta voce, tanto era colpito dalla confessione dell’amico; lo aveva accusato di essere un traditore ed un bugiardo, invece lui stava solo cercando di proteggerlo …

Merlin ricambiò il suo sguardo, incatenando i regali occhi blu con i suoi, così simili da sembrare gli uni il riflesso degli altri: imprimendo la stessa intensità nella sua voce, gli rispose che ogni persona nasce con uno scopo, e così come Arthur era nato per divenire un grande re, lui era nato per servirlo. Di fronte a quelle parole, le resistenze del biondo furono definitivamente vinte, per cui entrambi salirono in groppa al loro destriero e s’incamminarono alla volta del lago di Avalon.

 

Spazio di Chloe:

Finalmente ci siamoooo!!!! Arthur comincia a fidarsi nuovamente di Merlin, evvaiiiiiiii!!!!! ^^

Ancora una volta ringrazio tutti coloro che seguono questa storia, aspetto con ansia le vostre impressioni: probabilmente il prossimo capitolo lo pubblicherò la prossima settimana, farò del mio meglio, promesso!

A presto e grazie ancora: baci,

 

Chloe.

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Capitolo 5
*** You never once sought any credit ***


You never once sought any credit

You never once sought any credit.

 

Erano passate diverse ore da quando i due giovani si erano rimessi in marcia, galoppando a tutto spiano in direzione di Avalon; la ferita di Arthur continuava a peggiorare gravandolo nel corpo e nello spirito, tuttavia egli non si dava per vinto e lottava con tutte le sue forze per rimanere vigile. Non era mai stato il tipo di persona che si arrendeva facilmente e di sicuro non avrebbe cominciato ad esserlo in quel frangente: iniziava a comprendere quanto Merlin avesse fatto per lui in tutti quegli anni e sapeva quanto stava rischiando adesso pur di salvarlo, non avrebbe vanificato i suoi sforzi lasciandosi morire.

Approfittando del silenzio che li accompagnava, il re ripercorse mentalmente tutte le avventure che avevano condiviso, tutte le difficoltà che avevano affrontato insieme, interrogandosi su ciò che l’amico potesse aver fatto di nascosto per aiutarlo; chissà in quante circostanze i poteri del suo servitore gli avevano salvato la vita, chissà quante volte lo aveva protetto invece di andare alla taverna, come poi Gaius gli avrebbe riferito …

Le sue elucubrazioni s’interruppero bruscamente quando lo stregone si guardò intorno circospetto facendo fermare i loro cavalli, come se avesse notato qualcosa che non andava; il sovrano si limitò ad aspettare spiegazioni tenendo lo sguardo fisso sul compagno. Dopo una manciata di secondi, il mago gli disse che i sassoni stavano avvicinandosi per cui dovevano andarsene in fretta: quella vaghezza lasciò Arthur interdetto, tanto da non poter trattenersi dal chiedergli come facesse a saperlo, giacché non vi era alcuna traccia visibile nelle immediate vicinanze.

Merlin si strinse nelle spalle e gli spiegò che era in grado di estendere il suo campo visivo ben oltre i limiti dell’occhio umano, rivolgendogli un rapido sorriso; il re ebbe bisogno di una manciata di secondi per elaborare quella nuova scoperta, per poi rispondergli che allora non era un idiota come credeva e che si era trattata di un’altra bugia, la voce velata da una nota di tristezza.

Da quando si conoscevano lo aveva preso in giro per la sua goffaggine e non perdeva occasione di fargli notare quanto fosse inutile la sua presenza durante le battute di caccia; tutte quelle provocazioni avevano cementato il legame che li univa, solo che adesso il sovrano non avrebbe più saputo come punzecchiarlo e temeva che questo avrebbe compromesso il loro rapporto. Puntualmente però il servo seppe come tirarlo su di morale con poche parole, dicendogli che quella non era stata una menzogna ma che si trattava solo di un altro lato del suo fascino: Arthur fissò il suo volto per un istante, leggendovi un misto di malizia e convinzione che suscitarono in lui una breve risata. Ancora una volta il suo fedele amico riuscì a strappargli un sorriso ed a ridargli il buon umore; a quel punto entrambi spronarono i loro destrieri per incamminarsi, avevano perso fin troppo tempo a crogiolarsi nelle loro vecchie abitudini.

Vagarono attraverso quella boscaglia fitta ed oscura per un paio d’ore, mantenendosi in religioso silenzio; le loro menti si perdevano nei ricordi della loro grande amicizia, ritrovandosi spesso a sorridere tacitamente per le emozioni che rievocavano. In altre circostanze sarebbe stato piacevole approfondire tali rimembranze, tuttavia in quel momento dovevano mantenere tutti i sensi all’erta, pronti a fronteggiare eventuali duelli o imboscate.

Per il re la faccenda era ben più complessa, in quanto sapeva di non poter fare granché in caso di pericolo: per la prima volta avrebbe dovuto lasciare che lo stregone lo proteggesse, cosa a cui non avrebbe mai creduto se glielo avessero detto qualche giorno prima. Avrebbe voluto fare di più, ma ormai il suo corpo era giunto al limite della sopportazione ed era evidente che la linfa vitale lo stesse abbandonando; la prova della sua incapacità di difendersi arrivò pochi istanti dopo, quando i due giovani sentirono nelle immediate vicinanze il suono degli zoccoli dei cavalli dei sassoni.

In qualsiasi altra situazione, Arthur avrebbe ordinato a Merlin di allontanarsi, sarebbe sceso dal suo destriero ed avrebbe sguainato la spada, pronto a battersi contro gli avversari: ora invece era totalmente inerme e sapeva di non poter scendere a terra senza l’aiuto del suo servo.

Fu proprio lui a sistemare le cose, difatti dopo aver analizzato rapidamente lo spazio circostante, usò i suoi poteri per coprire le tracce dietro di sé; in tal modo quando la guardia giunse ad un passo da loro, rimase interdetta giacché non sapeva quale direzione avessero preso. A quel punto il mago usò nuovamente i suoi poteri per depistarlo, agitando magicamente i cespugli che si trovavano nel sentiero opposto a quello che dovevano imboccare loro: fu così che gli uomini di Morgana si diressero nella direzione sbagliata, permettendo ai due compagni di poter continuare il loro viaggio.

Quando Merlin si voltò per riprendere il cammino però, vide che il sovrano aveva un’espressione abbattuta in volto; egli infatti rimase per l’ennesima volta basito di fronte alla dimostrazione delle reali capacità del suo amico. Nell’assistere a quella scena, comprese che non doveva essere la prima volta che l’altro usava quell’incantesimo: si erano già trovati in simili frangenti e svariate volte il mago si era offerto di distrarre gli inseguitori, ora capì anche in che modo se la fosse sempre cavata …

Arthur sentì il bisogno di avere confermata tale ipotesi, così gli domandò se l’avesse fatto in altre circostanze; non ricevette alcuna risposta da parte del compagno, eccetto per un’occhiata mesta, cosa che bastò al re per avere la certezza di aver indovinato. Capendo ciò, il sovrano non riuscì a non provare ammirazione per Merlin, dopo tutte le battute e le umiliazioni che aveva subito, non gli aveva mai rinfacciato nulla: tenendo lo sguardo fisso davanti a sé, egli espresse ancora una volta i suoi pensieri, dicendo che per tutto quel tempo non aveva mai cercato di vedere riconosciuti i suoi meriti.

Avrebbe voluto aggiungere un’altra parola, così piccola ed apparentemente stupida, eppure indispensabile per arrivare alla comprensione: perché? Non riuscì a pronunciare quelle due semplici sillabe, la mascella gli si era improvvisamente serrata ed egli non seppe spiegarsi il motivo; la sua fortuna era data dalla straordinaria intesa che era alla base del loro rapporto, poiché lo stregone rispose a quella domanda inespressa, asserendo che non era quello il motivo per cui lo faceva.

Non occorreva dire altro, le vere motivazioni erano così lampanti adesso: Merlin lo aveva sempre protetto e l’unica gratificazione che voleva era il tempo trascorso insieme. A quel punto, tutto ciò che potevano fare era proseguire per la loro strada, preservando quel silenzio carico di emozioni finché era possibile.

 

 

Spazio di Chloe:

Ma salveeeee!!!! Chiedo scusa per la mia ennesima latitanza, purtroppo questo capitolo è stato parecchio impegnativo; spero che il risultato sia buono, come al solito attendo le vostre opinioni con ansia! *^*

Prima di salutarvi, ringrazio tutti quelli che mi seguono, siete meravigliosiiiii!!!! ^///^

Inoltre vorrei ringraziare lululove2 per aver inserito questa storia tra le seguite, mi ha fatto moltissimo piacere! ^.^

Che dire? Aspetto i vostri pareri, per il momento è tutto: alla prossima e grazie ancora a tutti!

Baci,

 

Chloe.

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Capitolo 6
*** Thank you ***


Thank you

Thank you.

 

Il sole scendeva inesorabile verso l’orizzonte e la luce emanata dai suoi raggi andava indebolendosi, proprio come Arthur: egli infatti sentiva le forze abbandonarlo rapidamente, rendendolo sempre meno lucido e sempre più stremato. Mancava meno di un’ora al tramonto, quando il re fu sul punto di perdere conoscenza a causa della letale ferita che lo fiaccava incessantemente.

Merlin, accortosi del cedimento dell’amico, smontò immediatamente da cavallo ed accorse in suo aiuto; cercò di spronarlo ad avanzare, ma il sovrano gli disse che non ce la faceva più. Così il servo fu costretto ad accordargli una breve sosta al fine di farlo riposare, per cui lo aiutò a scendere dal destriero e, dopo averlo fatto sedere, si occupò del fuoco.

Frattanto il compagno, relegato nella radura in cui era stato deposto, sentiva i muscoli irrigidirsi e le palpebre appesantirsi: sebbene lo stregone cercasse di mantenere il sangue freddo, la sua preoccupazione era palese, il che gli dava la conferma che il tempo a sua disposizione stesse volgendo al termine.

La sua mente ripercorreva ogni istante trascorso a Camelot insieme alle persone amate, rivivendo le mille avventure affrontate e rievocando tutti i ricordi della sua esistenza travagliata ma felice; ripensava a tutte le emozioni condivise con il giovane mago che gli era vicino pure in quel frangente, agli innumerevoli ostacoli che si erano frapposti tra lui e la sua amata regina, ai giorni spensierati ed a quelli più cupi che lo avevano temprato nel corpo e nello spirito.

Mentre egli si perdeva nei recessi della sua memoria, il suo servitore fece ritorno e, dopo qualche minuto, gli si avvicinò per dargli da bere; l’acqua fresca gli diede una flebile ondata di vigore, quanto bastava per sciogliere la muscolatura del viso e permettergli di parlare.

«Qualunque cosa accada …», cominciò il re, ma fu prontamente interrotto da Merlin, il quale gli chiese di non dire nulla, lasciandogli intendere che non doveva sprecare energie in quella situazione tanto delicata.

Sentendo tali parole, Arthur si sentì risospinto nel passato, ai tempi in cui il servitore gli mancava bonariamente di rispetto al fine di farlo ragionare; per quanto critiche fossero le condizioni in cui il suo corpo verteva, la sua anima non poté non farsi travolgere dalla malinconia, così lo ammonì asserendo che stava parlando con il re, perciò non poteva dirgli cosa doveva fare.

Il giovane mago gli rivolse un’occhiata eloquente e sorridendo gli rispose che era ciò che aveva sempre fatto e che non intendeva cambiare proprio adesso; il monarca reagì afferrando saldamente l’esile spalla del compagno e, ricambiandone lo sguardo, affermò che non voleva che cambiasse, bensì che fosse sempre se stesso.

Lo stregone fu sconcertato da ciò che lesse negli occhi dell’altro, un tempo spavaldi ed accesi dall’ardore come splendidi zaffiri, mentre ora più simili a turbinosi gorghi che agitavano il mare di emozioni che aveva nel cuore.

Vide un insieme di tristezza per il modo in cui si era comportato prima di quegli ultimi istanti, uniti alla gioia di averlo al suo fianco, scorse una profonda angoscia per ciò che li attendeva ed il rimorso per la piega che avevano preso gli eventi, percepì il senso di impotenza che lo attanagliava e la rabbia che aveva covato per anni a causa dei tradimenti subìti.

Approfittando dello stato confusionale in cui si trovava il servo, il monarca aggiunse che era dispiaciuto per come lo aveva trattato, non potendo sopportare l’agonia che gli causava quel pensiero rimasto troppo a lungo inespresso.

Merlin rimase ulteriormente sgomento da quelle osservazioni, ma sapeva di non dover cedere in quel frangente, non era lusso che poteva permettersi: doveva salvare il suo amico di sempre, colui a cui aveva consacrato la vita, ragion per cui riacquistò il controllo della propria mente e gli domandò scherzosamente se con ciò intendeva concedergli un giorno libero.

Il tentativo di spezzare la tensione riuscì alla perfezione, perché Arthur, pur mantenendo un tono serio, replicò che gliene avrebbe concessi due, suscitando nel mago una risatina allegra mentre elogiava la sua generosità. La letizia però si spense dopo qualche istante, poiché il re non trovò più le forze per continuare a parlare e cedette al sonno, chiudendo stancamente le palpebre e lasciando ricadere la testa sul petto.

Il servo si allarmò e, temendo il peggio, lo chiamò per cercare di ridestarlo; quando si rese conto che il monarca si era solo appisolato, gli sussurrò dolcemente di riposarsi per un po’, per poi perlustrare il territorio circostante in modo da evitare eventuali agguati.

Vedendo che il sovrano di Camelot non accennava a ridestarsi, lo stregone fu costretto a scuoterlo per le spalle, chiamandolo con voce perentoria per costringerlo a riprendere il cammino. Dal suo canto, Arthur si svegliò a malincuore, giacché tra le braccia di Morfeo non avvertiva più alcun dolore, le pesanti membra divenivano leggere come piume e gli infausti pensieri parevano nuvole inconsistenti.

Si appoggiò all’esile corpo dell’amico, grazie al quale poté salire in groppa al suo cavallo, in modo da ripartire verso Avalon; ormai mancava poco alla meta, eppure col passare dei minuti le sue speranze di successo andavano abbandonandolo insieme alla linfa vitale.

Il suo compagno di viaggio doveva aver percepito la sua crescente rassegnazione, perciò decise di fermare improvvisamente i destrieri e di smontare da essi. Il re non comprese subito le sue intenzioni, ma la fiducia che riponeva in lui era tale da lasciarsi guidare da Merlin.

Quest’ultimo lo condusse tra gli alberi ed insieme raggiunsero un punto del bosco dal quale si vedeva il loro obiettivo; il sovrano sentì l’altro sorridere e mormorare che erano arrivati, ma non ebbero neppure il tempo di gioire che udirono i cavalli nitrire spaventati e fuggire.

Il giovane mago provò a fermarli, tuttavia si fermò nel momento in cui una voce carica di sarcasmo lo salutò e, senza dargli la possibilità di reagire, lo sbalzò lontano con un incantesimo: Morgana li aveva trovati.

Il monarca portò rapido la mano al fianco sinistro in cerca della sua preziosa spada, imprecando tra sé quando si accorse di non averla con sé. La sorella frattanto gli si avvicinò lentamente, schernendo le sue condizioni e sottolineando con sadico piacere la sua sconfitta, sebbene avesse vinto la battaglia di Camlann.

La ferita inflittagli da Mordred lo avrebbe ucciso e Camelot sarebbe infine caduta nelle sue avide mani: no, egli non poteva accettarlo, non le avrebbe mai permesso di far del male alla sua gente. La guardò con disprezzo ed il volto della strega mutò espressione, fingendo compassione mentre gli diceva che non lo avrebbe lasciato morire da solo.

In quell’attimo Arthur vide il suo fidato compagno avanzare lentamente verso di loro, sguainando silenziosamente l’arma per non farsi notare; l’altra frattanto continuava a dirgli che sarebbe rimasta al suo fianco, finché i lupi non avessero divorato le sue membra, bagnandosi del suo sangue.

Fu allora che Merlin parlò, dicendo che il tempo del sangue era giunto alla fine e che si biasimava per ciò che l’amica di una volta era diventata; Morgana si volse e mosse appena un passo in direzione dello stregone, asserendo che nessuna spada forgiata dall’uomo poteva ucciderla, poiché era l’ultima sacerdotessa dell’Antica Religione.

Prima che il re potesse fermarlo, il servo la trafisse con la lama affilata, facendola gemere e lasciando entrambi i Pendragon interdetti; vedendo il stupore, il ragazzo precisò che anche quella che brandiva non era una normale spada. Sul pallido viso della strega si dipinse un’espressione di puro terrore, mentre il suo carnefice aggiungeva che, proprio come quella di Mordred, quell’arma era stata forgiata grazie al respiro di un drago.

Il mago portò il braccio sinistro dietro la sua schiena e, attirandola a sé, fece maggiore forza sull’elsa per spingere il ferro ancor più in profondità; Morgana ansimò, spalancando gli occhi per il dolore atroce e la bocca in cerca di ossigeno.

Estratta la spada, il servitore lasciò la presa e la sacerdotessa cadde rovinosamente al suolo, incapace di reagire; nell’aria riecheggiava le parole di congedo proferite da Merlin, il quale la osservava con freddezza mentre la vita la abbandonava. Quando ebbe la certezza che l’acerrima nemica era morta, corse incontro ad Arthur per riprendere il cammino, avevano sprecato altro tempo prezioso: il re frattanto aveva osservato la scena e non riusciva a distogliere lo sguardo dai gelidi occhi vitrei della sorella, una volta caldi e vivaci, colmi di compassione e bontà.

Nell’attimo in cui l’amico lo prese per un braccio, la sua attenzione fu catturata da colui che, pur apparendo debole ed inerme, era stato in grado di porre fine a quell’incubo; guardandolo ammirato, gli disse che alla fine era riuscito a portare la pace, un sorriso ad illuminargli il volto esangue.

Il servo non rispose, preso com’era dall’impellenza di salvare, lo sollevò a fatica e, accelerando il passo, si rimisero in marcia. Il monarca non riusciva neppure a reggere Excalibur, facendola strisciare per terra: era stremato, aveva esaurito le forze e sentiva che anche il suo compagno era avvilito, ipotesi confermata dall’andatura altalenante con cui avanzava.

Lo stregone cercò di incitarlo, dicendogli che dovevano arrivare al lago, tuttavia le speranze andarono perdute nell’istante in cui Arthur perse l’equilibrio, trascinando con sé pure il servo. Rotolarono nell’erba finché Merlin non riuscì a piantare saldamente i piedi nel terreno, le braccia che avvolgevano il rigido corpo del re; quest’ultimo cercò di riportarlo alla realtà, asserendo che senza i cavalli non potevano farcela e che era troppo tardi, ma l’altro si ostinava a negare la verità.

Così il monarca tentò un altro approccio, cercando suo malgrado di colpirlo nell’orgoglio: con voce flebile e frammentata, disse mestamente che, nonostante i suoi immensi poteri, non era in grado di salvarlo. Lo stregone si sentì punto nel vivo e rispose con convinzione che poteva e che non lo avrebbe perso, per poi tentare nuovamente di alzarsi.

Il sovrano però non era più capace di reagire, gli restavano troppe poche forze per riuscire nell’impresa, così decise di impiegarle meglio che poteva: posò le sue mani sopra quelle del servitore e lo pregò di stringerlo solamente, non chiedeva altro se non passare gli ultimi istanti tra le braccia di colui che gli era stato più vicino di chiunque al mondo.

Si voltò leggermente verso l’amico e gli disse che c’era una cosa che desiderava dirgli: Merlin temette il peggio e cercò di fermarlo, asserendo che non gli avrebbe detto addio, ma Arthur ribatté assicurandogli che erano quelle le parole che aveva in mente. Continuò mormorando che ora sapeva tutto ciò che aveva fatto per lui e per il regno che lo aveva aiutato a costruire.

Il giovane mago sentì una morsa attanagliargli la gola, ma trovò comunque il modo di rispondergli che ce l’avrebbe fatta anche senza il suo aiuto; il re replicò con un forse, per poi aggiungere che voleva dirgli una cosa che non gli aveva mai detto prima, così ruotò maggiormente il capo e lo fissò dritto negli occhi.

 

«Thank you.»

Quelle due semplici parole ebbero il potere di scaldare il cuore di entrambi, dando loro l’illusione di essere a casa, lontani da tutto quel dolore, lontani da tutta quella sofferenza: Arthur gli sorrise e portò una mano dietro la testa dell’amico, esprimendo con un semplice gesto tutto l’affetto che nutriva nei suoi confronti.

Quegli ultimi idilliaci istanti gli furono strappati, poiché quella mano ricadde sul fianco ferito del re, il cui sorriso svanì improvvisamente ed i cui occhi si chiusero inesorabilmente. Merlin lo chiamò con tutto il fiato che gli restava, riuscendo per un attimo a ridestare il sovrano.

Quei meravigliosi occhi blu si soffermarono un’ultima volta sui lineamenti del compagno, e per una frazione di secondo, ebbe una visione: vide lo stregone sulla riva del lago di Avalon attenderlo a braccia aperte, il voltò illuminato da un magnifico sorriso. Bastò questo perché il monarca si sentisse in pace con se stesso e con il mondo, bastò questo per spingerlo ad abbracciare senza timore la morte.

 

 

Spazio di Chloe:

Buongiornooooo!!!! ^^ *Sigh*

Innanzi tutto vi devo una valanga di scuse; ero convinta di aver già pubblicato il capitolo, invece qualche giorno fa mi sono accorta di aver toppato alla grande!!!! ç___ç

Che cosa posso dirvi? Siamo arrivati alla fine: sappiate che ho il cuore a pezzi e gli occhi viola –lo confesso, mentre scrivevo piangevo come una pazza e sto ancora singhiozzando … TT.TT-, spero perlomeno che il risultato finale sia all’altezza.

Voglio ringraziare calorosamente:

·       chibisaru81, per aver seguito questa storia dall’inizio alla fine, riempiendomi di gioia con le sue meravigliose recensioni;

·       July99, per aver recensito la storia, rendendomi felicissima con le sue splendide parole, senza contare che è stato grazie a te che mi sono accorta della mia disattenzione letale;

·       brin leah, Zonami84 ed Anna Tentori, per i vostri commenti speciali;

·       Baka Lolita, BlueFlame, GiulyIchigo, Kei Sagano e lululove2 per aver aggiunta questa storia tra le vostre seguite;

·       Le mie carissime amiche A, E ed F, per avermi incoraggiato a continuare;

·       Tutti quelli che hanno avuto modo di leggere questa storia, spero che vi sia piaciuta!

 

Questa fantastica avventura termina qui, spero che l’epilogo sia degno della vostra attenzione: ancora grazie di cuore a tutti, alla prossima!! *^*

Bacioni,

 

Chloe.

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