The Ones

di 2P_Lover
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo-Prima di iniziare il gioco ***
Capitolo 2: *** Le Regole (parte 1) ***



Capitolo 1
*** Prologo-Prima di iniziare il gioco ***


"Il minimo di giocatori è di due persone fino ad un massimo di trenta.

Non ci sono restrizioni riguardo all'età.

I bari verrano puniti.

La fiducia è tutto.

Salva i tuoi amici e cerca di rimanere in vita perché, qualora fossi preso, ti aspetta la non-vita delle ombre che, spesso, desiderano la morte che mai potranno avere.

Fidati dei tuoi alleati, distruggi i tuoi nemici e salva le persone a te care.

Queste sono le regole del gioco...

..E ricorda sempre che da solo non potrai mai salvarti."

 

 

La voce dell'inglese si fermò mentre, rapidamante, girava la pagina del libricino contenente le regole. Purtroppo non fece in tempo a leggere altro che venne fermato da una voce acuta e quasi più femminea della sua.


-...Agghiacciante.- L'italiano si aggiustò gli occhiali sul viso assumendo un'espressione accigliata. -Perché dobbiamo giocare proprio a questo? Il Monopoli è così divertente!-

 

-Ah, non iniziare a lagnarti, idiota.- Il fratello minore interruppe il biondo che, nel frattempo, aveva iniziato a lagnarsi e a ripetere di giocare a Monopoli o Cluedo.

 

-Flavio, piantala dannazione!.- Luciano sovrastò nuovamente la voce del fratello maggiore per poi dargli uno scappellotto sul capo.

Non l'avesse mai fatto: il biondo iniziò a piagnucolare, urlando qualcosa di poco conto riguardo all'acconciatura nuova che si era fatto fare il pomeriggio precedente.

 

-Luciano, dannazione, sai che diventa isterico se gli tocchi i capelli.- Una voce, dal forte accento iberico, parlò.


-Ma rompe i coglioni, oh!- Il moro incrociò le braccia al petto, alzando gli occhi cremisi al soffitto.

 

-Cortese come sempre, noto. Dovresti essere più carino nei confronti di quella....cosa.- Ormai anche il francese aveva preso parte alla discussione, indicando Flavio (che non la smetteva di piagnucolare) con aria annoiata.

 

-Pierre, almeno tu mi difendi! Sei un amore!- Ecco che l'italiano più grande quasi si lanciò addosso all'uomo dalla chioma castano chiaro che, però, si scansò prontamente; se c'era una cosa che Pierre odiava era essere disturbato mentre fumava.

In tutto questo trambusto, infastidito, un ragazzo dai capelli bruni (con qualche lieve riflesso rosso) si alzò in piedi, fissando male tutto il gruppetto.

 

-La finite di rompere così possiamo leggere tutte le regole e giocare?! Damn, mi sembrate dei mocciosi.- Avrebbe volentieri sputato a terra, il ragazzo, ma sapeva che se solo avesse provato a farlo un certo inglese l'avrebbe volentieri preso a sculacciate; quindi meglio evitare, no?

 

-Oh, un moccioso che dice "siete dei mocciosi" ad altri mocciosi. Ah, che scena carina.- Quella voce. Perché doveva sempre mettersi in mezzo?

 

-Matt, stai zitto o ti prendo a pugni!-

 

-Tsk, vuoi le botte, vero James?- E il biondo si alzò, sistemandosi gli occhiali scuri sul naso, ringhiando minacciosamente contro l'americano, che non era da meno in quanto a versi animaleschi.

Insomma, la solita storia: i due fratelli, uno statunitense e uno canadese, stavano litigando. Tanto era sempre così.

Se uno diceva "A" l'altro rispondeva male e finivano per fare a botte.

 

Ormai quella stanza era il caos più totale.

Pierre e Andrès che finivano una sigaretta dopo l'altra, rendendo la stanza una ciminiera (in una mezzora ne avranno fumate una decina!); le due coppie di fratelli che litigavano: in una i due stavano per intrapendere una rissa, nell'altra stavano discutendo su quanto fosse inutile e "omosessuale" andare sempre dal parrucchiere.

In tutto quel casino solo una persona se ne stava in silenzio ad osservare la scena.

L'inglese, che aveva parlato solo prima, per leggere le regole, fissava trucemente tutti quanti dalla sedia su cui era seduto; accavallò una gamba e iniziò a tamburellare le dita affusolate sulla propria guancia, per poi sbuffare.

Nessuno fece caso alla sua irritazione (forse i due fumatori che invece di essere intimoriti sembravano divertiti dal faccino lentigginoso del britannico, sempre più furioso).

Ormai Oscar ne aveva fin sopra ai capelli di tutto quel casino e della gente che gli impediva di leggere quelle stupide regole di quello stupido gioco, comprato ad una stupida bancarella per passare una stupida serata tra stupidi "amici".

Il biondo si alzò di scatto dalla sedia, urlando uno "shut up" così forte che sicuramente tutto il quartiere aveva sentito quella vocina tremendamente acuta e spacca-timpani.

 

Finalmente calò il silenzio nella stanza.

L'inglese sorrise, soddisfatto dal risultato che aveva avuto; ma...mai dire mai.

Dieci secondi contati che tutti ripesero a fare quello che stavano facendo prima. Oscar avrebbe volentieri scatenato la terza guerra mondiale in quel momento.

Nemmeno il suo migliore amico, Flavio, gli stava dando retta! Insomma, era disperato.

Proprio quando stava per urlare di nuovo, stavolta con le lacrime agli occhi, qualcuno suonò il campanello.

Lanciando il libretto delle istruzioni a terra, Oscar andò ad aprire la porta, trovandosi davanti altre due Nazioni.

 

-...Oscar? Perché piangi?- Il biondo fissò l'inglese, che, a sua volta, lo fissava con gli occhi ormai colmi di lacrime.

 

-Lutz s-sono cattivi! Non mi a-ascoltano!- E, senza dare al tedesco il tempo di reagire, il britannico si lanciò tra le sue braccia, iniziando a singhiozzare disperato.

A fissare la scena, quasi contrariato, c'era l'ex teutonico che, in silenzio (come sempre), stava entrando nella stanza.

Una volta in salone l'albino salutò con un cenno della mano, ma solo Pierre e Andrès lo notarono entrare; gli altri erano troppo presi a....urlare e litigare.

James e Matt avevano anche iniziato a spintonarsi mentre Luciano, ormai isterico, aveva iniziato a minacciare Flavio di rasargli la testa mentre dormiva.

Intanto, all'entrata, Oscar non la smetteva di piangere, stretto al tedesco, con il viso premuto sulla sua maglietta bianca (che, ormai, non era nemmeno così bianca. A forza di piangere tutto il trucco che l'inglese si era messo era letteralmente colato sulla t-shirt).

Alla fine Lutz riuscì a calmare l'inglese con qualche parola di conforto ("Su su, dopo io li immobilizzo e tu li pesti a sangue"); il britannico sorrise a quelle parole e alla fine i due entrarono.

La situazione era peggiorata, decisamente. L'unica nota positiva era che l'albino aveva fatto spegnere le sigarette ai suoi due amici dai polmoni incatramati. Albert aveva un'influenza stranamente positiva su quei due.

 

-Lutz, ti prego, fa qualcosa! Io urlo ma loro non mi sentono!- Disse, con le lacrime nuovamente agli occhi, Oscar.

Il tedesco, scocciato, annuì.

I primi che divise furono i due italiani. Prese Luciano per un orecchio e lo trascinò dall'altro lato della stanza, dicendogli di non muoversi da li; il moro rispose con una linguaccia e un dito medio ma, almeno, non tornò a dare fastidio a Flavio che, nel frattempo, si era rimesso seduto a terra, sull'enorme tappeto rosso sopra il quale avrebbero dovuto giocare.

Bene, fuori due.

Il biondo tornò da Oscar e, semplicemente, gli disse che Matt e James oltre che a spintonarsi stavano dicendo parolacce. Lutz sapeva che questo avrebbe scatenato una reazione a catena che, sicuramente, avrebbe calmato i due fratelli.


Infatti Oscar corse dal francese e gli prese un braccio, cercando di trascinarlo dai due litiganti, urlando qualcosa riguardo ad un "comportamento scorretto e un sacco di parolacce".

Pierre, che dal canto suo quando non poteva fumare era più nervoso del solito, spintonò l'inglese che, però, non demordeva.

Alla fine il francese fu costretto ad alzarsi e a mettersi in mezzo ai due, che si fermarono; intanto Oscar urlava qualcosa riguardo a delle punizioni, manco l'americano e il canadese fossero ancora bambini. Be', almeno il britannico aveva smesso di piangere, anche se ormai era a dir poco furioso.

 

-Ha iniziato quel deficente!-

 

-Ma senti chi parla! Hai iniziato tu, idiota!-

 

-Non è vero! Cristo, giuro che ti ammazzo!-

 

A Pierre, come sempre, non interessava chi dei due avesse iniziato; non gli interessava nemmeno chi stesse dicendo cosa in quel momento.

Si voltò verso il canadese e rimpianse di non avere nessuna sigaretta da spegnergli sul braccio; be', poteva sempre rimediare: infatti prese il pacchetto, si accese una cicca e aspirò. Il tutto con calma mentre quei due continuavano a discutere. Dopo una bella aspirata prese Matt per un braccio e lo bloccò, premendo la sigaretta sul suo avambraccio.

James, sentendo il fratello geme di dolore e zittirsi, ghignò soddisfatto. Oh, ancora non lo sapeva che a lui toccava una punizione peggiore; Oscar gli afferrò un polso e iniziò a trascinarlo verso una stanza...peccato che James non fosse più un bambino e, quindi, pesasse una tonnellata (tutti muscoli, diceva lui).

 

-Oh, c'mon.- Il moro alzò gli occhi al cielo e, con la mano libera, si aggiustò gli occhiali da sole. L'inglese credeva davvero di volerlo punire come quando era piccolo? Con delle sonore sculacciate? No, ormai James era adulto, di certo non si sarebbe fatto punire!

 

-La metti così!? P-pierre!- L'inglese, con voce appena tremante, chiamò il biondo che, scocciato, lasciò perdere Matt, girandosi verso l'americano.

In tre secondi ri-accese la sigaretta e la spense sul dorso della mano del moro.

In quel momento James rimpianse qualche sculacciata, iniziando a ringhiare contro Pierre mentre cercava di trattenere i gemiti di dolore.


Bene, il piano di Lutz era andato liscio come l'olio. Ora, nella stanza, c'era solo qualche mormorio (lo spagnolo che sussurrava qualcosa ad Albert, che sembrava contrariato; Flavio che cercava di chiedere scusa a Luciano che, però, lo ignorava beatamente; poi i mugolii di dolore del canadese e dell'americano).

 

-Oh, bene! Finalmente possiamo finire di leggere le regole.- Trillò felice Oscar, raccogliendo da terra il libretto nero e sedendosi di nuovo sulla sedia; gli altri tornarono ai propri posti, a terra e, finalmente, nella stanza tornò il silenzio.

 

-Bene bene..."Come giocare"..-

 

 

 

 

 

----Angolino Autrice----

Oh, be'. La prima cosa che voglio dire è che tengo particolarmente a questa storia....quindi spero vi possa piacere C:

Poi, piccoli avvertimenti:

Il raiting probabilmente diventerà rosso tra qualche capitolo; anche se questo ""prologo"" è quasi comico già dal capitolo due diventerà tutto più...cupo. Ed introspettivo, anche. Magari, se ci riesco, anche pauroso :'D

Quindi...boh, per ora dovevo dire solo ciò u.u

Lasciate una recensione, se vi va! Mi motivereste a continuare questa storia al massimo delle energie(?) *^*
Ah, si. I prossimi capitoli credo saranno più lunghi...almeno spero lol
 

Okay, ho finito uwu

Un salutone a tutti, grazie per aver letto questo capitolo!

-Bossa <3

*evapora*

 

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Capitolo 2
*** Le Regole (parte 1) ***



-Le regole sono piuttosto semplici!- Finalmente una voce ruppe il silenzio, ormai tombale, nella stanza; l'inglese sollevò lo sguardo dal libricino scuro e sorrise a tutti i presenti.

 

-...Be'? Parla. Insomma, spiega 'sta merda.- Il tono di voce e il modo di esprimersi di Luciano fecero scomparire quel dolce sorriso a tempo record e Oscar, infastidito, assunse un'espressione di disappunto: i suoi occhi azzurri si assottigliarono, lanciando un'occhiataccia al moro che, apatico, rimase impassibile.

 

-...Su, Oscar caro, spiegaci le regole!- L'altro italiano s'intromise, prontamente; tutto pur di evitare un'altra lite. E poi, dannazione, Oscar quando assumeva un'espressione arrabbiata si riempiva di rughe sulla fronte e Flavio non voleva che al suo migliore amico si rovinasse la pelle in quel modo!

Grazie al cielo bastarono quelle poche parole del biondo per far calmare il britannico, che riprese a sorridere, per poi accavallare le gambe magre avvolte da dei jeans bianchi (..forse un po' troppo attillati).

 

-Well..prima però montiamo il tabellone, poi vi spiego!- Tutti i presenti, chi più chi meno, alzarono gli occhi al cielo; a nessuno andava di montare quel tabellone a più piani! Insomma, dalla scatola sembrava facile...ma tutti sapevano che "le apparenze ingannano".

 

Lo spagnolo, dopo qualche attimo di silenzio, prese parola.

-Senti, montalo tu, no? In fondo sei tu che hai comprato questa merda. E sempre tu che volevi giocarci.- Il moro calcò più volte la parola "tu", con aria scocciata; come avrebbe voluto accendersi un'altra sigaretta; Albert, che quasi sembrò leggergli il pensiero, infilò un mano nella tasca della sua felpa verde acido e prese il pacchetto di cicche, lanciandolo su un tavolino li vicino.

Oscar, per niente felice dell'intervento dell'iberico, sbuffò teatralmente.

 

-Ma ci giochiamo tutti insieme, quindi ognuno farà qualcosa! Allora...- Il ragazzo prese la scatola contenente il gioco, tornando a sorridere, osservandone il davanti.

C'era disegnata un'enorme casa a tre piani, piuttosto tetra, sopratutto a causa dei vetri rotti e della porta in legno quasi del tutto distrutta, così come alcune parti della struttura stessa; sembrava un miracolo che quell'abitazione stesse ancora in piedi, nonostante fosse finta.

Le dita affusolate dell'inglese accarezzarono il cartone della scatola, per poi sussurrare, assorto, di spegnere la luce. Pierre guardò male l'americano che, casualmente, si trovava seduto vicino l'interruttore; il moro alzò un braccio e spense la luce: ormai la stanza era illuminata soltanto da una lampadina, poggiata su un tavolo vicino all'inglese, che quest'ultimo si era sbrigato ad accendere, pur di non rimanere al buio: come avrebbe letto le istruzioni, altrimenti?

 

-Allora...vediamo i vari compiti!- Finalmente Oscar sollevò il coperchio della scatola (quella sera l'aveva fatto solo una volta e da solo, in cucina, per prendere il libretto delle istruzioni).

Il biondo si decise di sedersi a terra assieme alle altre Nazioni e poggiò la scatola al centro della piccola cerchia di amici.

 

Il tedesco biondo prese un mazzo di carte dalla scatola, iniziando a voltarle, curioso di vedere quali figure vi fossero stampate sopra.

Fucili, coltelli, matite, mattoni, pistole, mitragliatrici, cecchini, fogli di carta...c'era di tutto; e, sopra ogni disegno (molto dettagliato, d'altronde), c'era un numero, diverso per ogni carta.

 

-E questi?- Domandò Lutz, per poi continuare, con lo sguardo fisso su una carta in particolare. -Posso avere il mitra?-

 

 

-No..ossia, si! Cioè...dipende, ecco!- Un bambino di sei anni si spiegava meglio dell'inglese che, veloce, prese il mazzo di carte dalle mani del tedesco.

-Queste sono le armi che avremo all'interno del gioco, solo che sono casuali!- Mentre parlava il ragazzo prese ad immischiare il mazzo. -All'inizio del gioco darò una carta ad ognuno di voi, quella sarà la vostra arma finché..-

 

Ma Oscar venne interrotto dal canadese, che si avvicinò, mettendosi seduto più vicino alla scatola.

-E se mi capita un'arma che non voglio?-

 

-...quella sarà la vostra arma finché- Oscar ripeté l'ultima parte della frase dapprima interrotta, alzando gli occhi al cielo. -Finché non capiterete su una casella "Arma" sul tabellone. Li potrete pescare una carta dal mazzo e scegliere se cambiare arma o meno.-

 

-E quei numeri determinano la...potenza dell'arma?- Domandò Lutz, togliendosi il cappello grigio dal capo e poggiandolo a terra, accanto a se.

 

-Esatto! Però di quello ne parleremo dopo..ah, cavoletti, mi ero dimenticato la cosa più importante!- Tutti iniziarono a fissare l'inglese che, lentamente, posò il mazzo contenente le armi a terra, vicino a se. -...Lo scopo del gioco! Come vincere, insomma.- Il biondo socchiuse gli occhi, guardando nella scatola, alla ricerca di qualcosa.

Albert, seduto proprio tra lo spagnolo e il britannico, porse il libricino delle istruzioni a quest'ultimo.

 

-Oh. Grazie, Al!- Il biondo sorrise e prese l'oggetto, aprendolo alle prime pagine.

 

"Per vincere tutti i giocatori devono trovarsi alla fine del percorso. Se anche uno solo di loro manca, la partita non può finire, stessa cosa se ci sono ancora Ombre in gioco; se tutti i giocatori vengono trasformati la vittoria va alle creature oscure, voi perderete tutto, tra cui la vostra stessa vita.

Cercate di uscire vivi dalla Casa; buona fortuna"

 

 

-Ombre? Cosa sono?- Pierre prese dalla una bustina contenente scatola delle pedine; Erano tutte di colori diversi, eccetto una, che era nera come la pece; ma non solo! Nel sacchetto c'erano anche due pennarelli neri: uno era grande e sembrava adatto a colorare un disegno, l'altro sembrava più una penna gel.

Oscar strappò di mano al francese il sacchetto, sbuffando, per poi prendere le carte da Lutz e rimetterere tutto nella scatola, chiudendola e avvicinandola a se; sembrava un bambino geloso dei propri giocattoli.

 

-Prima vi spiego le regole e poi si monta la casa e si scelgono le pedine!- In quel momento Luciano avrebbe tanto voluto rispondere con un "Si, mammina", ma qualcuno lo precedette: James alzò gli occhi al cielo, ironico, dicendo quella frase con un tono vagamente simile a quello di un bambino.

Questo scatenò l'ilarità dei presenti, inglese compreso.

 

-Su su! Fatemi finire, bambini!- Il biondo rise tamburellando con le dita sulla scatola in cartone; ah, Andrès, Pierre e Luciano gliele avrebbero volentieri mozzate.

 

-Allora...le Ombre sono i cattivi del gioco! All'inizio ce n'è solo una..- Una piccola pausa mentre apriva la scatola (ancora) per poi prendere il sacchetto delle pedine, indicando l'unica nera. -Ma poi se si viene catturati si diventa un'Ombra, aumentando quindi il numero di "cattivi" nel gioco!- Con un gesto secco il ragazzo aprì il sacchetto, fregandosene del fatto che l'avesse praticamente strappato.

Le pedine caddero sparse a terra; ce n'erano di tutti i colori e sfumature: alcune erano semplicemente color pastello, altre erano a due o anche tre colori; a righe, a pallini, a quadri...circa una trentina di pedine l'una diversa dall'altra, tutte dei colori sgargianti, eccetto una.

 

-E per segnare chi di noi viene trasformato basta „macchiare“ la pedina con quel pennarello nero!- Che l’inglese si affrettò ad indicare. –Quindi…per vincere dovremo cercare di non trasformarci in Ombre!-

 

-Possiamo combatterle con le armi? Oppure possiamo solo scappare come conigli?- Luciano iniziò ad intrecciare un dito al proprio ciuffo, cercando di calmarsi. Pessima, pessima idea quella di andare li quella sera; sarebbe stato cento, anzi mille volte meglio rimanere a casa a leggere qualche raccolta di poesie di Leopardi o, magari, rileggere l’Odissea.

 

-Mh, ci stavo arrivando, caro.- Il tono di Oscar, a differenza delle parole apparentemente innocenti, sembrava quasi ringhiante, talmente bassa era la sua voce.

James e Matt si scambiarono un’occhiata d’intesa, sapendo quanto potesse essere inquietante il britannico una volta superato quello che loro chiamavano fin da piccoli il „punto di non ritorno“.

 

-Per combattere le Ombre dovremmo usare sia le carte Arma sia i Dadi Arma!- Grazie al cielo sembrava che quel „punto“  non fosse ancora stato varcato a giudicare dal solito tono mieloso e femmineo del ragazzo che, rapidamente, prese un altro sacchetto dalla scatola; questo conteneva quattro varietà di dadi. Albert, che era proprio accanto al biondo, si sforzò per cercare di contare quante facce avessero i dadi che, a quanto pare, erano tutti diversi tra di loro.

 

-Oscar, tesorino, posso vederli?- Flavio allungò la mano verso l’inglese e, sorridendo, iniziò a fissarlo; eh, quando l’italiano voleva una cosa all’inizio la chiedeva sempre fin troppo gentilmente…grazie a Dio non c’era bisogno delle „maniere forti“ del biondo, perché Oscar gli cedette subito i dadi, sorridendo a sua volta e sussurrando un -certo!- con quella sua vocina acuta.

 

Il maggiore delle due Italie aprì il sacchetto, stando attento a non rovinarlo; una volta presi i dadi Luciano cercò subito di prenderli al fratello, che però era troppo veloce e allontanò la mano, ridacchiando e chiudendola a pugno.

 

-Ah, Lucy, non fare il bambino!- Disse Flavio, continuando a ridere mentre „Lucy“ (soprannome che il moro odiava ma che era costretto a sentire praticamente sempre) incrociava le braccia al petto e sbuffava, voltando lo sguardo e assumendo un’espressione tremendamente accigliata ma anche tremendamente buffa.

Il francese e lo spagnolo ridacchiarono ma Albert, prima che Luciano potesse vederli e scatenare un’altra lite, portò una mano alle bocche di entrambi, tappandole e sospirando; a volte gli sembrava di dover fare da baby-sitter a quei due!

Flavio, che fino a quel momento stava osservando i dadi, notò la scena e rise ancora più forte, rendendo gli sforzi dell’albino invani visto che l’italiano più piccolo iniziò a fissare prima il fratello e poi i tre amici, nervoso.

 

-Che c’è da ridere?!- A momenti urlò e, il suo respiro, già sempre piuttosto veloce, accellerò di colpo; il maggiore se ne accorse e smise subito di ridere, così come Andrès e Pierre.

No, nessuno dei tre voleva che a Luciano venisse una crisi isterica o, nel peggiore dei casi, un attacco di panico (abbastanza frequenti nel ragazzo da ormai quasi una settantina d’anni a questa parte).

 

-Nulla, nulla. Oscar caro, dicevi, riguardo ai dadi?- Il tentativo di cambiare subito discorso di Flavio ebbe l’effetto desiderato: infatti Luciano si calmò immediatamente, abbassando lo sguardo e riprendendo ad intrecciare l’indice della mano destra con il proprio ciuffo.

Oscar sussurrò ai presenti di dargli un minuto per cercare nel libretto le istruzioni esatte: no, non voleva sbagliare nella spiegazione!

 

Flavio in quel piccolo lasso di tempo osservò il fratello minore, sospirando.

Odiava vederlo ridotto così: costretto a toccare in continuazione quella zona erogena nel misero tentativo di calmarsi.

Al biondo tornarono in mente gli svariati attacchi di panico che era stato costretto a calmare e, pensandoci, Flavio si accorse che ultimamente stavano aumentando: prima erano solo una volta ogni tanto: quando c’erano i fuochi d’artificio, durante qualche ricorrenza o festa, quando Luciano provava ad uscire da solo di casa..mentre ormai, da qualche mese ad oggi, a Luciano capitava di andare in crisi anche soltanto se sentiva il rumore della lavatrice mentre passava davanti al bagno, oppure la notte, quando c’erano i tuoni, spesso Flavio si trovava a dover correre in camera del più piccolo, che chiedeva disperato, tra i singhiozzi, aiuto perché non riusciva a respirare.

Certo che era proprio assurdo il suo Luciano: coraggioso solo quando si trattava di mostrarsi superiore agli occhi degli altri (come durante i loro piccoli litigi, dove alla fine il moro era sempre tranquillo) e poi così terrorizzato da cose che per molti sono stupide…ma non per Flavio.

 

L’italiano smise di fissare il fratello solo quando quest’ultimo si accorse di essere osservato. Il biondo sospirò e chiuse gli occhi; grazie al cielo gli occhiali da sole, che, si, portava anche di sera dentro le abitazioni, nascondevano la sua espressione corrucata.

 

-Eccoci! Ho trovato le pagine dei dadi!-

-Alla buon’ora- sussurrò qualcuno tra le Nazioni. Chissà chi poteva essere ad avere un accento spagnolo così pronunciato..e, per fortuna, Oscar non sentì quell’affermazione e prese un bel respiro, pronto a leggere.

 

-Fermo! Senti e se prima mangiassimo? Io ho una fame..- Matt fermò l’inglese prima che potesse parlare e, a seguire della sua richiesta, si levarono dei mormorii a favore del canadese. Be‘, in fondo erano quasi le ventuno e mezza (o, anzi, visto che erano tutti a casa del britannico, le nove e mezza p.m.).

 

-Oh. Va bene! Sapete, ho preparato un sacco di stuzzichini e dolcetti per tutti voi!- Oscar posò il libro nero nella scatola e si alzò dalla sedia per poi chiedere a James di accendere la luce, visto che era sempre rimasto vicino all’interruttore.

 

-Basta che dentro non ci hai messo del veleno per topi.- Ipotizzò il francese, alzandosi e porgendo una mano al tedesco albino, che l’afferrò aiutandocisi per tirarsi su.

 

-O magari dei chiodi.- Continuò Andrès, fissando male l’inglese.

Ad osservare lo scambio d’occhiatacce tra i due c’era Lutz che, divertito, si alzò a sua volta. Si, una serata proprio nella norma.

 

-Muovi il culo James, non mi va di aspettarti per mangiare.- E il canadese scomparì in cucina, seguito a ruota dai due tedeschi, da Pierre e Andrès.

 

-Aspettate! Devo apparecchiare la tavola!- Oscar li seguì a ruota, quasi correndo, lasciando i due italiani da soli, ancora seduti a terra.

Luciano fu il primo ad alzarsi e, una volta in piedi, si sistemò i pantaloni a vita alta. Flavio accennò un sorriso notanto che aveva smesso da qualche attimo di stuzzicarsi il ciuffetto.

 

-Io non ti aspetto.- Sussurrò Luciano andando in cucina mentre sbuffava, quasi altezzoso. Il biondo continuò a sorridere, alzandosi e pulendosi i pantaloni beige, dirigendosi anche lui in cucina, assieme agli altri.


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Eh. Non preoccupatevi, la parte faigah(?) dovrebbe arrivare già dal prossimo capitolo uwu (questo si è rilevato più lungo di quel che mi aspettassi owo).
Quindi..nulla <3
Spero vi sia piaciuto e lasciate una recensione, mi fareste felice ;w;
Un bacione e al prossimo aggiornamento!
Ele <3

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