I baristi non sono amici di nessuno.

di Aven90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I baristi non sono amici di nessuno. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2- L'antefatto ***



Capitolo 1
*** I baristi non sono amici di nessuno. ***


È sera, e la sera al pub è sempre pieno. Pieno di gente che gioca al biliardo, pieno di gente che cerca di barare al poker, pieno di gente gretta e inutile, oserei dire.

Ma in ogni caso il servizio è ottimo, si paga poco e quindi vado a sedermi sul solito sgabello.

In effetti è un po’ che non venivo, ma ciò che mi è successo valeva bene una visita.

Uhm, vedo che qualcuno ha voluto fare il simpatico mettendo un residuo di chewing gum sul “mio” sgabello, ma oggi non ho voglia di scazzottate e vorrà dire che per oggi mi siederò su un altro. Non tutte le gambe di legno sono livellate e a seconda di come mi muovo il peso si sposta da un alto all’altro: fantastico, ondeggio già prima di bere!

A un certo punto, mi rendo conto  che si vedono le cose da un’altra prospettiva, qui: ci sono bottiglie diverse stipate sulla credenza e persino Joe mi sembra diverso, visto da un’altra angolazione.

Allorché mi metto braccia conserte sul banco liscio come l’olio (notissima la passione di Joe di “lanciare” la birra alla vecchia maniera”) e mi schiarisco la voce. So bene cosa mi dirà dopo, ma me ne frego.

“Joe, dammi il solito” dico sicuro.

Ma all’improvviso la figura di spalle si muove verso di me in una maniera troppo violenta.

“Ti sembro una donna?” sbotta d’un tratto una ragazza dai capelli lunghi e neri, ben tornita e dall’aria minacciosa, indicandosi la faccia.

Arrossisco un pochino. “Beh, di solito c’è lui qui e siccome siete vestiti uguale…”

Lei viene colpita dalla mia frase, infatti sgrana un po’ gli occhi. “Oh. Quindi non sai che in questo pub i baristi si vestono tutti alla stessa maniera?” chiede la ragazza. “Ad ogni modo, c’è un motivo per cui sono costretta a sostituire Joe”

Troppo sibillina per poterci aver capito qualcosa. “Ehm… cos’è successo?”

“È morto, caro mio. Dove sei stato in questi giorni? Abbiamo anche chiuso per lutto”

Cosa? Joe morto? Ma in che mondo viviamo? All’improvviso qualcosa mi fa male all’altezza del petto. Mi dispiace molto per lui, era davvero un grande.

Vorrei parlarne un po’, ma la ragazza si è girata di nuovo intenta nelle proprie faccende; così cerco di attirare nuovamente la sua attenzione.

“Un attimo, ragazza. Mi stai dicendo che Joe, il barista, è morto? E come? Perché?”

La ragazza fa spallucce, sempre senza guardarmi.

“Non lo so, Cliente Inopportuno. So solo che si sono insospettiti trovando la porta di casa sua aperta e l’hanno trovato a terra in una pozza di sangue. In mano teneva una mazza da baseball e c’era casino dappertutto, quindi credo che sia rimasto secco dopo una colluttazione con qualche ladro, immagino.”

È una notizia sconcertante. Che siano stati i ladri o qualche nemico a me sconosciuto, non posso ancora accettare che sia morto. È terribile, Joe era forse l’unico amico che avevo e adesso che me l’hanno fatto fuori dovrò tornare a parlare da solo, probabilmente. E io che mi lamentavo per una stronza che mi ha abbandonato per il mio migliore amico!

Poi mi viene in mente una cosa.

“Sai molte cose rispetto a una che afferma di non sapere” osservo.

“Leggo i giornali, stupido. Ma torniamo a noi. Qual era il solito?”

Ho bisogno di qualcosa di forte, adesso. Certo che, Joe morto in quello stato pietoso… non avrei mai immaginato che i ladri sarebbero arrivati a lui.

Ho quasi dimenticato il motivo iniziale per il quale sono venuto qui. Dio, ho voglia di “Brandy, per favore”.

“Ci andiamo leggeri, eh? Era un tuo amico?” chiede lei.

“Sì… forse. Non lo so. I baristi non sono amici di nessuno, e di tutti a un tempo” rispondo, con la gola in fiamme.

“Corretto” risponde lei. “Sicuramente, non amici di questa marmaglia. Mi spiace che tu ci sia rimasto così male. Ma se devi scaricare i tuoi nervi su di me, gira al largo. Io non sono lui e ho già i miei problemi”

Scuoto la testa, rassicurandola, mentre bevo un sorso.

“Oh, tranquilla. Sei talmente scorbutica che non ti confiderei nemmeno che numero di scarpe ho, ed è l’informazione più inutile al mondo, a parer mio”

Con mia sorpresa, la tizia ridacchia. Non credevo che ce l’avesse nelle corde.

In ogni caso, il bicchiere è finito e mi serve un’altra razione per dimenticare quanto successo, altrimenti andrei davvero a suicidarmi.

“Ho finito. Dammene un altro”

La ragazza mi guarda di sbieco. “Non dovrai guidare dopo, spero”

Ricambio il suo sguardo con uno malizioso. “In realtà non t’interessa, ammettilo”

“Vero, ma se dovessi morire per coma etilico mi buttano fuori”

Momento di silenzio mentre lei versa un altro po’ di liquido nel mio bicchiere. Si vede che è turbata: non ride mai, non scherza mai… ho ragione a definirla scorbutica.

Provo a dirle qualcosa di carino, magari il suo tormento si attenua.

“Sai una cosa, tu che mi servi il brandy?”

“No”

Risposta secca. Ma tranquilla, adesso ti piazzo una frase figa.

"Se può consolarti, tu sei molto più di compagnia di tanti altri esseri umani che ho incontrato. Ed è tutto dire, visto che sei antipatica".

Ho fatto centro, lei torca la testa lanciandomi un altro sguardo con quegli occhi castani contornati da vaghe occhiaie.

E, per la seconda volta in poco tempo, sorride.

“Gentile da parte tua. O è solo l’alcool che ti fa parlare?”

Poi s’interrompe, come colta da un flash. “Non è che ci stai provando?”

Stavolta sono io a ridere. “Tranquilla, ci provo solo dal terzo giorno in poi”

Sorpreso da quanto ho detto, guardo il bicchiere vuotato nuovamente. L’alcool fa male.

“Ehi Jennifer, ricordati che sei una porca! Dammi un altro Baileys!”

Il nuovo avventore mi rivela come si chiama la barista.

“Ecco a te, brutto stronzo!” esclama lei, porgendogli quanto richiesto in un altro bicchiere.

“Sai” dice poi “anche tu sei meglio di costoro.”

Uuuh, ho fatto breccia! Ma non lo dirò, magari domani.

A meno che non muoia…

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Capitolo 2
*** Capitolo 2- L'antefatto ***


Genere: Drammatico/Romantico/Introspettivo.
Prompt: "Mi sono sentito amato, ed è una cosa mai provata prima."

A dire la verità, è stata una giornata molto particolare, giù al lavoro. Tutti erano eccitati per l’esposizione della delegazione egiziana e ho passato la giornata fra reperti, miti, leggende e tutte le altre cose che potrebbero assicurare una notte poco tranquilla ai facilmente impressionabili. Certo che io non sono così! Altrimenti, penserei davvero che Ra o chi per lui mi attendesse proprio ora in macchina, o sotto il letto appena a casa. Bah, dei che non esistono e che sono burloni.

Ad ogni modo, la delegazione è stata così cortese da finire prima del previsto e adesso posso tornare a casa.

Catherine dovrebbe aver finito col suo lavoro, no? Do un’occhiata al mio orologio verde con le lancette e i numeri romani in argento e noto che sono le sei e mezza.

Le sei e mezza… beh., sì, lei c’è, quindi sarà un po’ come tornare all’orario consueto, solo con un po’ di luce del sole in più. Comunque dirigo la mia macchina, una bella Ford grigia al 123 di Washington Boulevard, il condominio che ospita l’appartamento che condivido con la donna della mia vita, Catherine.

La conobbi circa cinque anni fa, e se ci penso credo che una maniera più causale di quella non c’è mai stata in tutta la storia.

Ero salito sul bus come sempre prima di comprare la Ford e a un certo punto si parlava dei soliti ritardi dei mezzi pubblici. Lei era bellissima, insultava la gestione dei mezzi gommati con una tale veemenza che mi trovai perfettamente d’accordo, e non appena chiuso il discorso con gli anziani cominciammo a esulare dall’argomento e a prendere quattro chiacchiere.

Inutile dire che quella discussione me la porto ancora nel cuore, poiché ci ha portato a conoscere il nome reciproco e addirittura di scambiarci i numeri di telefono. Certo, forse abbiamo esagerato un po’ con i nostri discorsi, visto che poi l’autobus raggiunse l’altro capolinea senza che nessuno di noi due se ne fosse accorto, mas il nostro ritrovarci in tutto quello che ci dicevamo ci convinceva di essere sulla stessa lunghezza d’onda. Ecco perché dopo qualche tempo Cat lasciò il suo precedente fidanzato per mettersi con me.

Io non conobbi altra donna all’infuori di lei. Forse sì, ma poco importa perché la attesi affinché il nostro sogno si realizzasse. E così fu, dopo due anni e mezzo ci fidanzammo e conobbi i suoi genitori. Non sono male, ma di sicuro dovrebbero inventare un corso del silenzio, così li iscriverei subito.

Quanto parlano! Ma so perché lo fanno, odiano il silenzio, eccetto forse per la notte, voglio sperarlo. Comunque ogni anno che passava, ogni mese e ogni giorno ci convinceva che non potevamo stare lontani l’uno dall’altra e così un anno e mezzo fa cominciammo a convivere, adesso credo proprio che le chiederò di sposarmi, poiché finora non ne ho avuto il coraggio né il modo. Ma oggi sono particolarmente ispirato e intriso di buoni pensieri. Persino i semafori, tutti rossi, e i tizi che mi tagliano la strada o mi sorpassano destra mi sembrano più allegri e meno bruti del solito.

Ok, forse esagero, ma sono allegro!

Chissà che ne penserebbe Nick? È una scelta che approverebbe di sicuro, se gliene parlassi. È il mio migliore amico e si è sempre comportato, sin da quando lo conosco, come un fratello. Anzi ci consideriamo tali. Ultimamente viene tutte le domeniche a trovarci, per commentare ciò che facciamo il sabato in quanto usciamo sempre fuori e quindi in pratica sta diventando una piattola.

Ma lo capisco, in fondo è molto solo pur avendo un sacco di amici e quello che fa lo fa per avere una spalla su cui piangere, anche se non piange, in effetti. E comunque è molto gradito, si capisce.

Per questo gli comunicherò la mia proposta di matrimonio solo dopo che Kate dirà di sì, voglio vedere come rimane di stucco e rinfacciandogli le sue pose da idiota ogni volta che ne avrò l’occasione!

Ma eccomi a casa.

Con un risolino, salgo i gradini che mi portano al portone immaginando la scena della mia proposta.

Io, alla fine della cena nel ristorante che ho già adocchiato tornando qui, mi metterò in ginocchio, entrambi i ginocchi, e aperto un cofanetto blu con dentro un anello d’oro risplendete la bellezza di Catherine, le chiederò “Vuoi tu prendermi per marito e amarmi come già stai facendo?”

E lei risponderà con voce tremolante dall’emozione: “Sì, tesoro!” voglio sposarti sin da quando ci siamo conosciuti!”

E poi da lì tutto il resto, marcia nuziale eccetera. Non sarebbe male se anche gli altri clienti del ristorante ci facessero un applauso.

È la donna della mia vitae non potrei vivere con un’altra, né tantomeno senza di lei. È straordinaria.

Premo il pulsante del nono piano all’interno dell’ascensore claustrofobico che abbiamo. È lentissimo, anzi per fortuna l’ho trovato libero e al piano terra, una fortuna che non capita spesso, quindi da approfittarne. Sono tutti segnali, visto Cat? Oggi ti chiederò di sposarmi e tu non potrai dirmi di no, e comunque me l’hai fatto capire anche tu, quando non più tardi di ieri mi hai detto “Sai, dovremmo estendere i nostri orizzonti. Questa vita ci sta un pio’ opprimendo, non trovi?”

Ecco, con quella frase mi hai convinto che dovevamo compiere il passo successivo e oggi è il giorno giusto.

Di sicuro tu non te lo aspetteresti mai, ma siamo entrambi pronti e fatti. È con te che voglio stare, è con te che mi sono sentito amato, è stata una cosa mai provata prima. Una specie di fiamma, no?

Bene, vedo che sorridi, o meglio, la te che vive nella mia testa mi sorride, in attesa di vederlo dal vivo.

Una volta giunto al piano, l’ascensore mi consente di uscire. Spingo dunque la porta ed estraggo la chiave di casa, in mezzo alle altre del mazzo.

Ma… che strano, la casa è chiusa, me ne accorgo dalle varie mandate quando di solito una mezza e si sente il tipico scatto. Invece la devo girare quattro volte per sentirlo. Bah, si vede che non ci sei.

Tanto meglio, posso prepararmi il discors… un momento, sento degli strani cigolii provenienti dalla nostra camera da letto; eppure ricordo benissimo che la finestra è chiusa e quindi la porta non può essere mossa.

Quindi non dovrebbero esserci. E più mi avvicino, più sento che sono le molle del letto…

Quale ladro chiuderebbe la porta? Di solito la scassinano e basta… no, ho un sinistro sospetto,m un sospetto che nemmeno dovrei avere ma che si fa strada come una termite che mangia con gusto il legno.

Percorro il resto del corridoio quasi correndo e spalanco la porta della camera, che era socchiusa.

È quello che temevo, mentre mi salgono le lacrime agli occhi.

Tu e… Nick?

Tu e Nick.

Che ci davate dentro.

Sul nostro letto.

Vi coprite col lenzuolo mentre biascicate le solite scuse.

“Non è come sembra”, “lasciami spiegare”, e tutte quelle stronzate varie.

Ve lo dico io cos’è veramente: è tutto come sembra e non c’è niente da spiegare.

Ecco perché Catherine mi aveva detto quella frase, ieri: mi stava preparando il terreno per…

Mi sento talmente vuoto e male che vi lascio al vostro destino e torno sui miei passi, chiudendo la porta di casa alle mie spalle e scendendo il palazzo a piedi, tanto ormai è tornato occupato. Inoltre, è un buon modo per scaricare i nervi. Fra l’altro anche quello lì sta tradendo la sua fidanzata, che se non erro si chiama Lucy. Oh, mio Dio! Dove mai potrò avere sbagliato?

 

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