i'll see you in my dreams

di sbam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** who is he? ***
Capitolo 2: *** welcome, riviera d'Abruzzo ***
Capitolo 3: *** rincorrendo una foto ***
Capitolo 4: *** IL PRIMO INCONTRO ***
Capitolo 5: *** Cuore o psiche? ***



Capitolo 1
*** who is he? ***


WHO IS HE? Mi chiamo Charlotte e questa è la mia storia.
Magari non è bella.
Magari non è neanche scritta bene.
Magari vi deluderà o forse vi riporterà ad esperienze passate che avete vissuto.
Magari la cestinerete appena dopo aver letto la prima frase, ma è la mia storia e scrivere è l'unico modo per non dimenticare niente, nulla, neppure un dettaglio di quello che a oggi, sei mesi dopo, mi resta.

Mancavano pochi giorni alla partenza e non ne potevo più di sentirmi come mi sentivo. Ero nel letto, e chissà per quale ragione, stavo pregando. A poco sarei partita per un' altra vacanza, solito posto, con mia cugina, la ragazza forse più popolare della valle. Desiree era LA ragazza, la più bella, quella perfetta, l'ottava meraviglia in tutto quello che faceva. E amavo mia cugina, ma ero terrorizzata al pensiero di dover passare con lei le mie prossime due settimane, al mare, dove le ragazze vagano in costume e io sarei stata costretta a competere con le sue cosce snelle, la sua pancia piatta come una tavola da surf, la sua terza di tette e la pelle abbronzatissima. Il mio fisico, in realtà, non aveva nessun problema, anzi, ma confrontando le mie curve con le sue si notavano le mie piccole mille imperfezioni che non erano neanche minimamente all'altezza. IO non ero minimamente alla SUA altezza. E i suoi occhi. Lei aveva dei grandi occhi verdi, mentre io dovevo accontentarmi del marrone dei miei, che avrei cambiato subito. Ma in fondo era sempre stato cosi: i ragazzi si presentano, ci chiedono se siamo sorelle, si complimentano con noi per il nostro aspetto, ma quando c'è da scegliere con chi provarci, lei è sempre al primo posto. Ci ero abituata, e a me stava bene cosi. Io ero quella carina, socievole, simpatica, lei quella figa. E anche quella sera non ero infastidita, ero semplicemente terrorizzata all'idea che le mie due settimane di ferie potessero trasformarsi in un periodo di analisi delle tecniche di persuasione della "cugina figa". Ero nel mio letto, appunto, e pregavo il Signore, senza preoccuparmi minimamente della mia natura atea. Lo avevo implorato perchè mi aiutasse a crescere, a lasciarmi andare di più, a imparare ad amare ed essere amata.

Ebbene si, notizia shock: Mi chiamo Charlotte, ho 18 anni, ed ero vergine. Vergine proprio verginissima. Non avevo mai fatto nulla oltre al semplice bacio. In teoria è stata una mia scelta, perche di possibilità ne avevo avute tante. Ma questo solo in teoria. In pratica non ne sono sicura. In pratica succedeva che ogni volta che con un ragazzo si arrivava al punto, io iniziavo ad avere paura di sbagliare, di non piacere, di non riuscire a fare bene quello che stavo facendo. In pratica avevo il terrore assoluto di essere imbarazzante. E un poco alla volta perdevo l'interesse verso l'altra persona e rinunciavo, molte volte scegliendo in modo vigliacco di far soffrire gli altri piuttosto che permettere a qualcuno di avere il potere di ferirmi in un ipotetico futuro. Non so il perchè di questa corazza, ma c'era, la ho sempre avuta, e chiudevo le relazioni solo perchè avevo il terrore di uscirne distrutta, lacerata, morta.

Quella notte ho fatto un sogno stupendo: c'era un ragazzo, moro, occhi azzurri. Non ricordo il suo volto, non sapevo chi fosse, ma so per certo che era bello, bello come il sole, e che quando in quell'illusione notturna mi aveva guardata, si era innamorato di me, e io ti lui. Cosi mi ero tuffata in piscina dove lui mi aspettava, e avevo baciato le sue dolci labbra come succede nei film, consapevole che tutte la mie paure se ne erano andate.
È stato forse il sogno più bello di tutta la mia vita, ma non so spiegare il perchè.

Eppure non lo conoscevo neanche. Chi era? Forse era quella bellezza idilliaca che speravo di trovare in un ragazzo, o forse era solo qualcuno che avevo potuto conoscere in passato e che mi si era aggrappato all'inconcio fino a quella notte. Non avrei mai potuto scoprirlo, in fondo era solo un sogno. 

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Capitolo 2
*** welcome, riviera d'Abruzzo ***


CAPITOLO 2: WELCOME "RIVIERA D'ABRUZZO"
 
Era la sera del 5 luglio 2013. 
Quando sentii suonare il campanello ero entusiasta a dir poco. Okei, lo ammetto, 5 giorni prima ero terrorizata, ma Desiree non aveva mai fatto nulla per farmi star male o farmi sentire inferiore a lei, quindi era inutile soffermarsi su questi piccoli dettagli. 
Mancavano poche ore, ormai contavo i minuti, e poi avremmo intrapreso l'ennesimo viaggio verso il villaggio turistico "Welcome, riviera d'Abruzzo". Amavo quel posto, era semplicemente incredibile. Era organizzato in piccole vie circondate dal verde, e l'animazione era la migliore che io avessi mai visto. 
 
A dire il vero non ero andata in molti villaggi con l'animazione, perchè quello era il mio 15 anno al welcome e quindi non avevo molti termini di paragone. Ma ogni anno, puntualmente, quando con mia madre, e mio padre ci si riuniva per scegliere la nostra meta, ci trovavamo tutti d'accordo.   
 
Si, in vacanza c'erano anche i miei. O meglio, c'era mia madre, mio padre avrebbe dovuto lavorare, ma la cosa non mi disturbava. Il rapporto con la mamma era molto buono, e non mi infastidiva certo il fatto che ci fosse lei a cucinare, e viziarmi anche in quell'occasione. In fondo lo sapevo già che, mamma o no, io e Desiree avremmo passato nel bungalow davvero poco tempo, e per il resto avremmo pensato a sabbia, sole, mare, sole, piscina, sole, ragazzi, sole e tanto tanto sole. ADORO IL SOLE e quella sensazione di caldo che ti entra nella pelle. 
Più di tutto poi, adoro l'effetto dei raggi solari: l'abbronzatura, e una pelle piu pulita e perfetta, oltre anche a uno strano potere vitalizzante. 
Aah, adoro l'estate.   
 
Driin. Apro la porta ed eccola li, davanti a me, Desiree, con un sorriso smagliante e tre valigie. 
Sorrido, la abbraccio, e do inizio a una di quelle nostre conversazioni telepatiche comprensibili solo a noi. 
La guardo. 
Mi guarda. 
La guardo. 
Mi guarda. 
Rido, anzi ridiamo. 
Era stato un discorso molto costruttivo, in effetti, dove io le avevo detto "cazzo, domani si va" e lei "si, Dio mio era da 2 mesi che aspettavamo." "Di,  lo sai vero cosa ti aspetta?" "ooh si, Chai.. Giornate e giornate di relax e risate".
Ecco beh, in realtà prima di ridere avevo tentato anche di chiederle mentalmente se al mare poteva evitare di sovrastare la mia figura ed essere, per una volta almeno, una normale ragazza carina, simpatica e socievole, ma Il suo sguardo era quello di chi si sta domandando quale forma di malattia mentale possa avere l'altra persona, e quindi ne dedussi la sua completa incomprensione alle mie parole. 
Mi limitai solo a dirle, "poi  ti devo parlare" e lei, sorridendo, mi seguì a ruota. 
La serata passò molto velocemente, fra i progetti che ci eravamo fatte e le confessioni più segrete. Come il suo sguardo divertito nel dirmi "ah, doveva venirmi il ciclo, ma è in ritardo, quindi sono stra culosa".
Si, come no, culosa. 
"sarai incinta Di". 
Ci guardiamo e iniziamo a ridere. Incinta. Se fosse stata incinta non penso che avremmo passato le nostre due settimane in allegria. 
Attimo di silenzio. 
"Di, non sei incinta." 
"no dai, ma poi ho mal di pancia, e ho la nausea, quindi ho anche i sintomi pre-ciclo". 
"Di, cara Di, questi sono i sintomi anche della gravidanza". 
Una volta osservata la sua faccia sconvolta, e averla terrorizzata con un paio di altre battute, la tranquillizzai e le dissi che sarebbe stato meglio dormire, anticipare le ore di sonno che avremmo perso e dormire finche avremmo potuto. 
"buonanotte Di" 
"Notte Chai, ci sarà da divertirsi, me lo sento."   
 
Il viaggio fu lungo e noioso, ma con della buona musica potemmo superarlo senza troppi problemi. Eravamo partiti alle 03.00, fiduciosi che guidando di notte avremmo potuto raggiungere la meta evitando il traffico ed ore inutili di viaggio.  
 
Ore 07.30, eccoci arrivati. 
Era bello poter leggere di nuovo quell'insegna ormai famigliare dopo due anni: Welcome, riveriera d'Abruzzo. 
Gli animatori ancora dormivano, e non c'era proprio nessuno ad accoglierci. Solo ragazzi in preda al panico, chiaramente impegnati a salutare i compagni che finivano il loro viaggio proprio in quel giorno, quando io avrei iniziato il mio. 
È come un ciclo che si ripete tutta l'estate: qualcuno va, quancuno viene. Qualcuno resta anche. Ma alla fine tutti se ne vanno, per fare posto a quelli dopo di lui. Dopo essere passate una ventina di volte davanti ai divanetti dove i ragazzi si scambiavano gli ultimimi saluti, e dopo averli analizzati a fondo e osservati in ogni loro movimento, giungemmo alla triste conclusione che quelli che sarebbero rimasti erano accomunati dall'età: inferiore ai 17 anni. 
Oddio, erano piccoli. 
E anche se una volta superato il momento degli addii, sembravano piacevolmente sorpresi dal nostro arrivo, la cosa mi toccava relativamente. Perchè insomma, io li volevo grandi, della mia età almeno, e..e Fighi. (ehi, tutte al mare desideriamo conoscere dei fighi col fisico scolpito, il sorriso smagliante e gli occhiali da sole che coprono, magari, due occhi grandi e bellissimi. )   
 
Alla fine fui io a dare l'idea: "Di, guardiamo gli animatori, saranno tutti della mia età o poco più". 
Errore. Grande errore. 
Non avrei mai dovuto guardare quelle foto. Magari se non lo avessi fatto, le cose sarebbero andate diversamente.  
Con passo veloce e fiducioso, io e Desiree ci eravamo fiondate sulla bacheca dove erano esposte le foto dei futuri "mentori" che ci avrebbero accompagnato per tutte le ferie. 
Fra le foto, avevo riconosciuto "mr. Dentifricio". 
Tre anni prima, quest'uomo, sulla trentina, era stato il nostro capo "junior", il gruppo in cui i giovani del villaggio fra i 13 e i 18 anni, si ritrovavano per passare le giornate insieme e facilitare la nascita di nuove amicizie. Thomas era stato fantastico in quegli anni, era uno di quelli che riuscivano sempre a farti sorridere e che era nato per fare, in futuro, un lavoro di quel genere. Lo avevamo soprannominato così perché aveva sempre il sorriso sulla faccia, e non lo abbandonava mai, qualunque cosa succedesse. 
Come una volta, quando, con la febbre a 39, era sceso in spiaggia e, nascondendo il proprio malessere, aveva ballatto, danzato, lavorato sotto il sole cuocente fino a quando, preso dal caldo era caduto a terra, svenuto, per qualche secondo. Era quel tipo di persona su cui si poteva fare sempre affidamento, che ti trasportava con le sue battute e ti faceva sorridere per i comportamenti teneri ed affettuosi, oltre naturalmente alle stronzate che faceva e alle umiliazioni che sopportava anche solo per impedire alla tristezza di entrare nel posto in cui lavorava, nei volti di chi, come me, contava su di lui per passare settimame indimenticabili e felici, lontane dai problemi.   
 
Di fianco alla sua foto, emergeva quella di Margherita, conosciuta ugualmente tre anni prima. Era l'istruttrice di tennis e io la odiavo. Non perché non fosse simpatica, in realtà non lo sapevo neanche io il perchè. 
Si okei, lo sapevo. 
È che la simpaticona non perdeva mai l'occasione di ricordarmi quanto fossi completamente negata, impedita, assolutamente non portata per il suo sport. 
Ero troppo magra per tenere stretta nella mano la racchetta da tennis, troppo poco muscolosa per trovare la forza di rispondere ad una battuta dell'avversario, troppo sfaticata per correre da un angolo all'altro del campo, durante la partita. 
E in effetti era vero. Era vero tutto. E non se ne era accorta, magari, ma odiavo anche sudare. E correre sotto il sole tendeva proprio a causare effetti di questo tipo, quindi evitavo a priori di impegnarmi. 
Ma lei, non doveva dirmelo. Insomma, sarò anche un'incapace, ma chi era lei per dirmi se ero all'altezza? Si, l'istruttrice di tennis, ma dettagli, non per questo era autorizzata ad offendermi. 
E mentre la mia mente stava riflettendo su quanto odio avesse sviluppato il mio cervello verso quell'animatrice, Desiree mi riportò alla realtà. 
"Chai, ci sei o devo bastonarti per farti tornare nel mondo dei vivi?" disse lei ridendo e guardando divertita il mio sguardo, simile a quello dei cowboy nel momento di sparare,  fissato su quella maledetta foto appesa al muro. "Mm, sempre molto simpatica" risposi sorridendo e pensando a quanto fosse bello e profondo l'affetto reciproco fra i famigliari. 
Si, ero sarcastica. Penso che a dirci frasi amorose, io e mia cugina, non ci saremmo mai riuscite. Al massimo qualche abbraccio e un borbottio incomprensibile che stava ad esprimere l'immenso amore che provavamo nei confronti dell'altra. Ma teneri aforismi, dolci parole... no, non facevano per noi.     
 
Lo scopo della visita a quel muro, però non era sicuramente quello di ricordare le mie esperienze passate, o le persone che erano restate nel mio cuore nel tempo. Il fine ultimo della nostra visita era riconoscere almeno un animatore a cui avrei potuto rompere i coglioni fino all'ultimo giorno. 
 
E proprio mentre gli occhi e la ragione iniziavano ad arrendersi e a perdere la speranza, eccolo li, in ultima fila. A sinistra. Eccolo. Il mio. 

 
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Sciao putelee!
ringrazio LunaPiena20 per la recesione nel messaggio privato 
(che davvero, mi ha fatto sentire importantissima) 
e tutte quelle anime pie che hanno avuto la clemenza e la pazienza di leggere il mio primo capitolo.
Sono una pivella, lo so. E anche per questo secondo capitolo, vi chiedo scusa. Perchè alla fine non ho nessuna dote nello scrivere, quindi la forma sarà un po' da "mazza oh, uccidetela". 
i'm sorry.
ssaaluuti da C.
 

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Capitolo 3
*** rincorrendo una foto ***


CAPITOLO 3: RINCORENDO UNA FOTO.
 
Eccolo li, davanti a me. Davanti ai miei occhi vedevo uno dei ragazzi più belli che avessi mai avuto modo di conoscere. Era lui, lo avevo capito subito.
 
Sembrava un ragazzo semplicissimo, sui 20 anni.
Aveva grandi occhi verdi e furbi che guardavano dritto l'obbiettivo e un sorriso che attirava subito lo sguardo sulle sue labbra, piccole e belle da morire.
Indossava una maglietta arancione, e teneva le braccia incrociate.
Il suo sguardo esprimeva simpatia, e il ciuffo nero alzato col gel ricordava un po'i capelli dell'attore di Scrubs.
Il busto era piegato a tre quarti e quindi si poteva osservare una sola mano, sopra la quale si intravedeva un neo tenerissimo sulla nocca dell'indice destro, che non so perche ma ricordo ancora oggi con grande nostalgia.
I miei occhi erano fissi nei suoi, e dalla mia bocca socchiusa, non respiravo neppure. In silenzio, per due minuti, e quando trovai le parole, l'unica cosa che riuscii a dire fu "Oddio, si. Questo è figo. Ed è mio Di, sarà mio". 
 
E mentre il mio sguardo era ancora fisso sulla foto, Beatrice, la fotografa del villaggio, mi interruppe.
"Charlotte! Come stai?" 
Conoscevo quella donna da quando avevo 6 mesi, e ogni anno, quando in quel posto la rivedevo, mi passavano davanti tutte le estati passate in sua compagnia e con esse un grande e improvviso senso di euforia.
"Beatrice!"
La guardai dritta negli occhi. Passò al massimo qualche secondo, nella quale era evidente che nessuna delle due sapeva cosa fare.
Si, qualche secondo. Poi però nacque spontaneo un abbraccio. 
Mi sentivo di nuovo a casa, adesso.
 
"Hai già puntato qualcuno, eh? Te lo leggo negli occhi, Charlotte.. chi è?"
Sorrisi.
Perchè dovevo essere così dannatamente chiara e prevedibile agli occhi di tutti?
 
Non serviva neanche conoscermi per vedere nei miei occhi il mio umore, e magari se si fosse notato solo quello avrei anche potuto accettarlo. Ma no. Si poteva capire cosa stavo pensando, cosa volevo e di cosa avevo paura. Si poteva leggere nei miei occhi se ero felice, o depressa, o allegra, o stanca, o pimpante, ..o interessata a qualcuno. Soprattutto l'ultima.
Sono una di quelle ragazze che quando si trovano vicine al tipo che le fa perdere la testa, iniziano a saltellare mentalmente in prati e distese di fiori, poi corrono una maratona e se ne tornano tranquille come se nulla fosse.
Sono una di quelle, che sognano, e iniziano a immaginare e a crearsi nella testa mille filmini e cuori rosa dappertutto che intasano il sistema nervoso e rendono le persone incapaci di pensare a una qualsiasi altra cosa.
E per ultimo, io sono una di quelle ragazze esuberanti e determinate, che non si fermano mai davanti a niente se davvero vogliono raggiungere i propri obbiettivi, ma che non appena sentono una carezza, o un abbraccio appena più sentito del solito, arrossiscono e si sciolgono come il formaggio nel microonde. 
A velocità sovrannaturale. 
E poi, una volta sciolte, non riescono più a ritrovare la forza e il carattere un pò duro e stronzo che le aveva caratterizzate fino a quel momento.
Sono una di quelle che se vuol davvero bene a qualcuno, non riesce a farne a meno. 
 
E certo, ovvio, non provavo nulla per quel ragazzo, ma al momento, il mio sorriso e i miei commenti come "Ommioddio" o "eccolo, Di, eccolo. Guardalo" o "Di, cazzo, ti piace? No perchè se ti piace fattela passare. Lui è prenotato" oppure "quanto è figo","quanto è bello?" O ancora "guarda che occhi, e che spalle, e che mani, e che bocca, e che naso e che capelli e che orecchie e che sopraciglia" tendevano a far fraintendere l' importanza che avevo dato a quel ragazzo.
Cioè, mi conoscevo abbastanza bene per sapere che una come me, non avrebbe mai potuto andare con uno come lui, e che al massimo avrei potuto divertirmi a guardarlo provocare la "cugina figa". 
Alla fine si può dire che non ci sperassi neanche veramente.
Mi dava rabbia, però pensare di non poter essere Desiree, in quell'occasione. 
Solo perchè cosi avrei avuto la sicurezza di poter fare qualunque cosa, e agli occhi di lui, sarei stata figa comunque.
Era per questo che, andando oltre al mio filmino mentale in cui avevo già 4 figli e 8 nipoti in un futuro felice matrimonio con quel ragazzo di cui al momento, non sapevo neanche il nome, mi rendevo conto che la cosa non si sarebbe mai conclusa come avrei voluto.
 
E comunque a quanto pareva, in quell'occasione erano stati gli occhi ad avere la meglio sulla ragione che si sforzava di aiutarmi dando un'immagine di me come una persona nel pieno delle proprie facoltà.  
Ma, appunto, no.
Nel conflitto interno al mio cervello, gli occhi umiliarono la ragione, per l'ennesima volta, e trasformarono la mia espressione sul volto in qualcosa di raggiante, ma completamente fissata su quella maledettissima foto. 
E Beatrice mi aveva scoperto. 
 
*Dai, cervello. È il tuo momento. Ora devi pensare a una qualche scusa e risponderle che si era sbagliata. Che hai ancora da vedere qualcuno di interesssante in giro. E che a dire il vero non ti interessa. Perchè sei maturo e le persone con un cervello maturo e funzionante non si perdono in simili sciocchezze, come le storielle estive.
Vai cervello. Io credo in te. Ce la farai, lo so. Fai vedere chi sei.*
"Eeh, Bea. No, in realtà ancora nessuno."
*Bravo Cervello. Ottiml lavoro.*
La donna si girò verso di me con lo sguardo di una mamma che ti appena sentito dire che hai studiato tutto il pomeriggio, senza pause e senza tregue, solo per portarti avanti. 
Capii che come scusa non bastava, dovevo motivare.
*PERFETTO CERVELLO. E adesso che le dico? Veloce. Inventa.*
Non avevo piu tempo di pensare, dovevo dire qualcosa. Altrimenti avrebbe sospettato. O peggio, i miei occhi avrebbero detto la verità. 
Aprì la bocca timorosa, ma poi, convinta che la forza interiore della ragione fosse dalla mia parte, esclamai impulsivamente:
" Okei. Si, c'è un tipo. Fighissimo. E Bea, mi devi aiutare. Facciamo che quando vedi che siamo ad una distanza abbastanza ridotta, ci prendi e dici di volerci scattare delle foto. Così. Perchè ti va. A te deve ascoltare, perche sei la fotografa e la fotografa può tutto.. Ma tranquilla, ci saranno molte occasioni in cui io e lui saremo vicini visto che ho intenzione di seguirlo ovunque in un modo inquietantemente maniacale."
 
*Ma allora sei un cervello un po' stronzo. Stupito ebete, sei licenziato. Ti avevo chiesto una cosa. Una sola cosa. Il mimez. Solo di non farmi sembrare un'idiota già dal primo giorno. E invece no.*
E mentre tutto il mio sistema nervoso si divertiva a sbefeggiarmi allegramente, notai le labbra di Beatrice piegarsi in un sorriso.
"Chai, quanti figli farete? Non so. Non sai neanche il suo nome, SVEGLIATI."
 Mi ero dimenticata ci fosse mia cugina coi suoi preziosi consigli in serbo per me.
"Giusto Di. Beh, quattro comunque, ci avevo già pensato."
E mentre mi rendevo conto di quello che avevo appena detto, capii che avevo dovuto fare qualcosa di male nella vita per dover tenere sulle spalle il peso di un cervello che si era fuso ormai da tempo.
*Stupida. Stupida. Stupida beota.*
 La situazione era comica, perché mentre io stavo intraprendendo una rissa molto violenta e sanguinosa contro il mio stupido cervello, Desiree aveva iniziato a ridere di me e Beatrice stava seriamente trasformando il proprio umore da "divertita" a "ora mi stai spaventando".
 
..Perchè dovevo iniziare fin dal primo giorno ad essere così.. come sono di solito io?
 
Nessuna delle tre parlava. Più che altro, io non parlavo, loro due erano troppo impegnate a ridere per farlo. 
Dopo qualche minuto, la fotografa mi guardò negli occhi e ricominciò:
"Dai, dimmi chi è il fortunato."
Indicai la foto del ragazzo che fino a pochi attimi prima era stato il centro di tutta la mai attenzione. "È lui." 
"Aah. Un animatore eh?! Eh, sì Christian è un ragazzetto di 18 anni che piace. Ha già fatto una strage di cuori da quando lavora qui."
 
Bene. No, dico. Molto bene. 
Ladies and gentleman, a voi, il "rubacuori". 
Se in un mese aveva già ottenuto molti cuori, immaginavo quanto potesse interessargli il mio. Mi ero umiliata pubblicamente e ancora avrei dovuto subirmi il discorso su quanto a uno cosi importasse solo relativamente dei villeggianti.
Bene. Perfetto. Fantastico oserei.
 
Ore 9.50, eccoli che arrivano, i primi animatori. 
Avevamo passato il tempo a guardare il villaggio e a fare il nostro primo salto in spiaggia. Il bagnino ci aveva affidato l'ombrellone 439, in prima fila. Il sole ci avrebbe riscaldato direttamente e senza grossi intralci. Ed ora eravamo là con Beatrice.
 
Ma EHI, se il programma prevedeva l'arrivo di alcuni animatori ad accogliere i nuovi arrivati, allora poteva darsi che anche Christian fosse con loro.
E se c'era la possibilità che Christian fosse con loro, io avrei dovuto esserci. 
Ma per esserci avrei dovuto rimandare il resto della conversazione con Beatrice ad un altro momento. 
Mi limitai solo a dirle che dovevo cercare i miei, a darle un abbraccio e fuggire lontano. 
E naturalmente,  dalla stretta euforica del mio abbraccio,  quella donna capii le mie intenzioni e, ancora una volta scoppiò in una fragorosa risata. 
" Salutami Christian,  sì? "
" Certo miss. " Sorrisi e me ne andai. 
 
Trascinai Desiree nella saletta principale, dove ormai si erano raccolti tutti gli animatori del gruppo "accoglienza". 
All' entrata due ragazze distribuivano da bere, mentre gli altri accoglievano con grandi sorrisi tutte le famiglie che arrivavano in quel posto per la prima volta. 
Lo cercai per qualche istante, ma non era con loro.  Fanculo. 
Dopotutto però, in ogni storia che si rispetti, i due protagonisti della storia non si incontrano mai in modo scontato e banale, ma speciale.
Magari semplicemente non era il momento giusto. Magari lo sarebbe stato durante una mia goffa passeggiata fra le vie del villaggio. 
Io cado. 
Lui mi prende al volo. 
Mi guarda. 
Lo guardo. 
È amore. 
Nah. Cliché. Troppo comune anche quello. 
 
I miei pensieri furono interrotti da una voce maschile.
"Piacere, io sono Carlo, ma voi potete chiamarmi Karl".
"Desiree".
"Charlotte".
"Charlotte? i nostri inomi iniziano con la stessa lettera. Saremo amicissimi, vedrai."
Sorrisi. Doveva essere simpatico. E poi era stato dolce nel presentarsi e rompere il ghiaccio. Ma io non volevo lui.
 
"Ehi,  io sono Thomas ".  Alzo lo sguardo. Lo so chi era, già lo conoscevo. A mia grande sorpresa, non appena ci guardò negli occhi, capì anche lui. 
" Ehi ma io vi conosco. Due anni fa.. junior..siete Desiree e Charlotte,  vero? Come siete cresciute ragazze ". 
Cazzo sì. Eravamo noi. Come diavolo era riuscito a riconoscere due pivelle del giugno 2011 dopo tante stagionine cambiamenti? Ero stupita.
"Mr. Dentifricio, ciao ". Ecco, sì, lo avevamo detto ridendo e lui si era subito unito a noi. Era stato come un incontro fra vecchi amici che non si vedono da anni, ma poi si incontrano, si riconoscono, e tutto il tempo trascorso senza vedersi sembra ridursi ad un paio d'ore. 
 
Dopo una buona oretta di chiacchiere, mia madre arriva ad avvisare che ci hanno finalmente consegnato le chiavi del bungalow. Numero 403. " Via della Fortuna ". 
 
Ehh, porta bene mi dicono.  Speriamo. 
Dopo aver mangiato qualcosa, ci fiondammo nel letto. Dovevamo dormire, finché avremmo potuto. 
Ci abbandonammo al sonno che ci avvolse a sè per sette lunghe ore, e quando ci svegliammo, lo capii subito: quella sera sarebbe stata la notte in cui i miei occhi avrebbero visto per la prima volta quello che avevano aspettato per tutto il giorno. 
 
___________________________________________________
Ciao ragazze!
Allora, beh, che dire. Grazie per le nuove recensioni, di _again_ di cui ho letto la narrazione e è molto molto figa, e a Rho, che mi ha fatto sentire molto Vip. ( e visto che lo ha fatto di sua spontanea volontà, a lei vanno i grazie più importanti)Ahahahha
Poi vabbè ringrazio la vale stupida, che ha recensito a voce ma, essendo mia amica, non potrebbe essere cattiva e quindi vabbua. 
Sciaooo
C.

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Capitolo 4
*** IL PRIMO INCONTRO ***


CAPITOLO 4: IL PRIMO INCONTRO
Ore 8.00. Mancava solamente un’ora. 60 minuti e lo avrei potuto conoscere. Un dialogo fra me e me immaginava tutte le possibilità di approccio che avrei potuto utilizzare. 

“ehi ciao” poteva andare bene? No, certo che no. Sarebbe stato come salutarlo due volte, quindi dirgli  qualcosa come “ehi ciao vuoi conoscermi, essermi amico, avere una relazione, 2 figli, una villa al mare e tanti nipoti?”. No. Un ciao doveva bastare, e dovevo apparire distaccata, perché solamente così avrei potuto fare colpo.

Credo che la prima impressione sia tutto. Possiamo dire che non è vero, che quello che conta è ciò che le persone hanno dentro, perché la bellezza interna è quella che resta nel cuore e nella mente, quella che non svanisce nel tempo e che ci porterà ad un futuro armonioso e felice, in pace con il mondo. Ma in fondo lo sappiamo tutti che la prima impressione sarà quella che davvero conta. Se una ragazza si presenta con aria dispregiativa, come se fosse superiore a tutto o tutti, ci vorrà molto, molto tempo per cambiare idea su di lei. La prima idea deve essere positiva. E dovevo assolutamente presentarmi come una ragazza elegante, carina, simpatica, gentile ma un po’ stronza, ma anche umile e intelligente. Perfetta insomma. 

Il problema della prima impressione, è che quando stai troppo a pensare a come devi apparire, a cosa devi dire, come devi muoverti e dove devi guardare, il risultato è una cozzaglia di movimenti indistinti e goffi, delle frasi farfugliate in qualche maniera rozza e poco invitante, e ammassi e ammassi di frasi idiote che in condizioni normali, neanche avresti pensato. E i vestiti? Oddio, la prima volta è importantissima. Se ti presenti con una tuta, sarai “quello che non ci tiene al proprio aspetto”. Se ti vesti con un vestito fighissimo e pieno di payette, rischi di risultare come la ragazza che fa la figa, ma che non capisce che quello non è esattamente né il luogo, nè il momento di indossare quello splendore di abito. Poi c’è il vestito casual, che certo non da di te l’idea di una persona sicura di sé. 

Dovevo trovare un vestito che sapesse valorizzare il mio fisico, ma non sembrasse inadatto, o stupido.  La mia scelta finale era ricaduta su dei pantaloncini bianchi e una maglietta blu notte, sfarzosa e leggera, leggermente scollata. I capelli non stavano al loro posto, e col cerchietto sarei sicuramente sembrata una bambinetta di nove anni.
E mancavano 30 minuti alle nove.
Lasciai perdere i capelli, e pensai al trucco.
Eccoci di nuovo da capo. Come dovevo truccarmi? non troppo pesante, non troppo leggero:una sottile striscia di eyeliner, un po’ di mascara. Niente fondotinta, o terra, o fard. Neanche la matita interna. Solo un rossetto del colore roseo simile a quello delle barbie, e un po’ di nero sugli occhi.  

Ma ancora restava il problema capelli, quel ciuffo doveva essere sistemato in qualche modo.
Mancavano 20 minuti alle 21.00 e non sapevo cosa farne; stavo letteralmente dando di matto.
Non potevo più aspettare, quindi presi gli occhiali da sole e me li misi intesta al posto del cerchietto. Nonostante tutto, il bianco di quegli occhiali risaltava il biondo dei mi capelli, e l’idea che avevo avuto sembrava quasi qualcosa di geniale. Quasi.

“Di, corri”. Presi mia cugina per un braccio, mentre ancora era impegnata con gli ultimi ritocchi col fard.
“Chai, mancano 20 minuti, abbiamo tutto il tempo di questo mondo.”
“Si, ma Christian sarà già lì, e io devo anticipare tutte le Giuliette pronte a conquistarlo. Sarà una gara contro il tempo, ma le umilierò tutte quelle patetiche smorfiose che a differenza mia, hanno le tette, e un naturale vantaggio biologico su di me.” 

Mentre i suoi occhi, si riempivano di pensieri misti alla vergogna di avermi come parente, incominciai a tirarla verso il tanto ambito posto dove lo avrei incontrato. E più mi avvicinavo. Più mi accorgevo dei mille e mille errori che avevo commesso. Tanto per cominciare, avevo le ciabatte, e già questo mi faceva arrabbiare, perché con tutto l’impegno che ci avevo messo, meritavo un po’ di gloria. Poi, non avevo messo lo smalto blu, e questo faceva di me un’idiota che girava con le unghie mangiucchiate e di un colore verde sui vestiti eleganti. E per finire, credo che forse avrei potuto abbondare un po’ di più col trucco. Cazzo. Ovvio che la cugina mi sovrastava: con fondotinta, terra, blush, rimmel, matita, eylener,ombretto, rossetto acceso, capelli piastrati e.. occhi azzurri, per forza. Se io fossi stata uomo, la avrei mangiata con gli occhi. 
Mi fermai, dando così inizio a uno di quei soliti dialoghi telepatici fra cugine. 

*Di, come cavolo sono messa?*
*Chai sei bellissima.* Mi aveva sorriso. Poi, guardando le mie mani, aveva inarcato le sopracciglia. *Certo, magari lo smalto potevi metterlo un po’ meglio.*
Merda. Lo Sapevo.
Volevo solo tornare a casa e riempirmi di qualsiasi cosa potesse cambiare il mio aspetto, ma Desiree mi prese a braccietto e di nuovo mi sorrise, affermando seria “Farai colpo, lo so”. 

La prima volta che lo vidi stava parlando con alcune signore, ed era a qualcosa come dieci metri da me. Non so perchè, ma avevo letteralmente, sentito cedermi le gambe, e tutta l’ironia che avevo passato fantasticando su di lui, si era trasformata in terrore.

Ero immobilizzata e ferma, in mezzo alla stradina che conduceva agli animatori, e le uniche parole che riuscii a pronunciare furono “Oddio. Desiree, non è possibile. E’ più bello che in foto.” 
E mentre lei rideva, e lui parlava, lo avevo guardato quasi persa in un mondo parallelo. Indossava una maglietta rossa, e dei jeans blue attillati che gli stavano da Dio. Le converse bianche, le notai solo alla fine, dopo qualche secondo in cui i miei occhi erano fissi in un unico punto: Il culo. Oddio, che culo aveva.  Alzando lo sguardo si potevano notare i suoi bellissimi capetti arruffati, ma tenuti in ordine e alzati con il gel.  Sull’ orecchio, un tenerissimo piercing a forma di dadino,e sulla bocca un sorriso fantastico che manteneva nonostante stesse parlando con delle vecchie rachitiche.
Volevo essere una vecchia rachitica in quel momento. Nient’ altro. 

Stavo camminando verso di lui lentamente, con la testa alta, riflettendo su ogni mio movimento e sforzandomi di apparire sicura di me. Lo sguardo era fisso su di lui. Mancavano 5 metri, e ancora non avevo avuto modo di farlo girare. Ancora un passo. Si gira. 

*Charlotte, non guardarlo. Cambia espressione. Girati. Torna indietro. Svieni. Fermati o buttati fra le braccia di qualcuno. Tutto ma non andargli incontro*.                                                                                                                                                           Questa volta riuscii a far ragionare il mio cervello: prima che i suoi occhi incontrassero i miei, mi girai verso Desiree e iniziai a parlare. Di lui naturalmente, ma questo non lo si poteva sapere. E mentre con enfasi raccontavo a mia cugina di quanto fosse esaltante la sua mirabile bellezza, davanti a me il viso simpatico di un ragazzo sorridente, accerchiato da una banda di seguaci.

“Ciao, bionde. Sono Riccardo, capo Junior”. Guardai Christian, ma si era già rigirato. Merda.  
Mentre maledicevo quel ragazzo per la sua straordinaria prontezza nel presentarsi impeccabilmente nel momento più sbagliato, continuava a parlare. “Bla Bla Bla.. vi seguirò io, in queste settimane.. Bla Bla Bla.. Quanto state?”. 
Accennai un sorriso, e solo allora mi accorsi davvero di lui. Aveva uno sguardo fantastico, ed un sorriso altrettanto meraviglioso. Bello, bello davvero. Ma era basso, e certo la sua età stava sui 24, 25 anni. Troppo per me.  
“..Due settimane eh? Bla bla bla.. e poi lo sapete, per i prossimi 14 giorni staremo insieme. Bla bla bla”. Quanto parlava. “Ti vedo interessata bionda numero due” disse alla fine ridendo.
Parliamone. Di nuovo la numero due. Ecco. Era semplice odiare qualcuno, dopotutto, se ti facilitava così il compito. Però aveva ragione, così non potevo stare. Dovevo essere elegante e raffinata e comportarmi come una ragazza dalle buone maniere. Lo guardai e gli sorrisi, questa volta convinta, giustificandomi e scusandomi per la mia maleducazione.                        
“Charlotte”. 
"Riccardo. Vi dicevo, Charlotte, che nei prossimi giorni saremo una squadra: io, tua sorella, e.. loro”. Capii in un solo istante che quel “loro” stava ad indicare il gruppo di ragazzi e ragazze che, bene o male, ci stavano fissando.  Grazie a questo simpatico scambio di idee, avevo potuto conoscere David, Louis, Mattia, Francesco,  Giulia e Patrizia, ma a dire il vero mi interessava poco. Non avevo neanche notato di come già le ragazze del gruppo ci stessero squadrando, fino a quando sul volto di Di, lessi quell’espressione. Oddio, dialogo fra cugine in arrivo. 

*Le hai viste, poverette, già ci odiano.* 
*Ah, no. Davvero? Avremmo rovinato loro tutti i piani di essere al centro assoluto dell’attenzione.*       *Si, ma se sono brutte non è colpa nostra*.

Guardai il suo ultimo sguardo, e in risposta scoppiai a ridere, con lei che mi seguì un attimo dopo, lasciando tutti a guardarci allibiti. E in quella risata distratta, non mi ero accorta che il momento era arrivato, e che Christian veniva verso di noi. Non ricordo bene il suo arrivo, ma immagino la sua camminata come nei film, quando l’eroe trionfante ritorna dall’amata camminando con entusiasmo, mentre sotto si possono sentire le note di una dolce melodia che rallenta la scena e quel momento con lei.

“Ragazze, sono Christian, molto piacere.” 
Un lungo brivido mi scese lungo la schiena, mentre per la prima volte il mio volto si girava verso di lui e i miei occhi incontravano i suoi, sorridenti come sempre. Il mio sguardo cadde subito sulle labbra. Anche loro sorridevano. Ma non era un sorriso di quelli normali. No, io non avevo mai visto un sorriso cosi bello. Notai tante piccole lentiggini, quasi invisibili, sul suo naso, e le piccole zampe di gallina intorno ai suoi occhi verdi e con qualche sfumatura marrone. Era bellissimo. Ma per quanto mi sforzassi, il mi sguardo cadeva sempre e solo in un unico punto. La Bocca. Le labbra. Il sorriso. I Denti. Erano qualcosa di meraviglioso, giuro.
Mi porse la mano, quindi istintivamente feci lo stesso. Lo guardai per qualche secondo, poi riuscii a spostare lo sguardo e guardare altrove. Non so dove trovai la forza. Forse quel mio stupido cervello aveva deciso di ascoltarmi, per una volta.
La cosa che mi piacque di più, furono i suoi occhi mentre parlava: si era presentato, aveva parlato con Desiree, ma quando si rivolgeva a noi, fissava me dritto negli occhi. Me, non lei. 

“Siete sorelle, vero?” 
“Cugine”. Dovevo apparire indifferente e non commettere errori. Era la prima la volta che ci parlavo. Doveva essere tutto perfetto, non dovevo sbagliare. Niente.
“Capito. E quanti anni avete?”
“Io sono una 95, ma faccio i diciotto a dicembre. Lei invece è la mia piccola 97”.

Aspettai qualche secondo prima di continuare. Sapevo cosa voleva dire, lo dicono tutti.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi si fermò di colpo, capendo che non era una buona idea.
Io e Dì ci guardammo, poi ridendo ci girammo verso lui e io continuai. “Dillo, dai. Dillo, che tanto lo so.”
“Tua cugina sembra più grande di te.”
Lo sapevo. Fanculo.
Desiree, aspettandosi tale affermazione aveva cominciato a ridere più forte, così la imitai, feci il verso a lui e poi ripresi a parlare. “E tu invece? Di che anno sei?”
“Tu quanti anni mi dai?” 
AH! SPERAVO in questa domanda, sapere la risposta (Beatrice, ti ringrazio) mi metteva nella posizione di scegliere come farlo sentire. Una vocina nella mia mente si domandava se avrei dovuto dirglielo, ma alla fine preferii approfittarne. Ne aveva diciotto no? Quindi se io gli avessi risposto 19, mi sarei “inconsapevolmente” prestata  fargli un complimento. Feci un piccolo sorriso ingenuo. 

“Oh non lo so. Emmh.. diciannove?”
 “Ah. Diciannove? Sicura?” Mi sorrideva. Aveva funzionato. Dovevo solo stare al gioco.
“Venti?”. 
“Non credo proprio”. Okei, dirgli ventuno non sarebbe stato realista. Decisi di chiudere questa falsa. 
“Mah.. 18 allora. Però sembri più grande”. Ero soddisfatta e lo guardavo con aria vittoriosa.
“Addiritura 18? No, sono del 90.” 

SBADABUM. 
*Oh cazzo. Merda. Pipì.* 
Oh seguito da tante brutte parole, insomma. Avevo anche avuta la faccia tosta di dirgli “18, ma sembri più grande.” Si, si può dire che anche senza il mio aiuto, il Destino mi aveva messo in un’altra posizione umiliante.
“Ops”. Dissi solo questo. Ops. Poi feci un sorriso forzato.  I neuroni mi stavano parlando, e mi imploravano di cambiare discorso, di tirarmi fuori dalle peste. E io mentalmente urlavo contro di loro, perché a quanto pare, quello di ideare genialate e distrazioni valide non spettava a me. Non in quella situazione almeno. 
Non ci pensai neanche, dopotutto, e tirai fuori il mio telefono dalla tasca. Era avvolto in una cover bianca, con le classiche orecchiette da coniglietto, e iniziai a scrivere. Ultimo numero  “Courtney”, bene,  gli scrivo, o per lo meno fingo di farcela.

A mia grande sorpresa, lui sospese per un momento la sua risata e mi guardò sbalordito. 
“Wow. Hai una COVER-CONIGLIO!”
Evvai. Bella così. Problema risolto. Grazie telefono. Blocco la schermata e glielo mostro, ma non faccio in tempo a girarlo verso di lui che già ricomincia a ridere. Potrei iniziare ad odiarlo, adesso. “e adesso, perchè ridi?”.
“No, dico. Mi piace la tua cover-coniglio. Ma gli manca un’orecchia. Charlotte. Gliela hai mangiata via?”.
No vabbe, si. Ma è un problema serio. Io sono nervosa e me la prendo con gli oggetti più innocui. Non bisogna mai ridere delle vittime delle mie innumerevoli violenze. Mi resi conto che se continuavo così, avrei anche potuto mostrargli tutti i miei difetti nei prossimi cinque minuti, quindi tentai di sdrammatizzare.  
“Si. Ed era buonissima” Gli sorrisi. E lui a me. 
“Oh, immagino, si.” Rise di nuovo. “Un ultima domanda che mi assilla da quando ti ho vista, però, concedimela.” 

Usò proprio queste parole. E io pensai ad un’ ipotetica domanda come “ehi, ma sei bellissima, quale è il tuo segreto?” o “posso avere il tuo numero?”, o altre opzioni in cui avrei riacquistato finalmente la fiducia in me stessa, e la dignità persa. Ma naturalmente le cose non sono mai come sembrerebbero. 
“Che cazzo ci fai con gli occhiali da sole sulla testa? Sono le nove di sera, il sole non c’è più”. 
Mi sentii letteralmente cuocere come le bracciole sulla griglia: Hannibal Lecter sarebbe stato fiero del risultato.  E forse anche Cracco, Joe Bastianich e Barbieri di masterchef, che nel vedere il mio colorito in faccia avrebbero potuto pensare ad un esemplare “cottura media”.  Mi sentivo bollire come le carote nel minestrone, e volevo sprofondare nel terreno proprio come un diglett, che almeno scava da solo le proprie fosse, ma poi le utilizza per nascondersi.
Non sono sicura di aver reso pienamente l’idea di come mi sentissi in quel momento. 

Qualche secondo di silenzio (imbarazzante, oserei) e poi eccola, la sua prima vera e spontanea risata: ancora più bella del suo sorriso. E non erano i denti, né tantomeno il naso, che contorceva involontariamente mentre rideva. Non erano neanche gli occhi, credo. Era tutto l’insieme, perfetto. 

Fu quel momento a darmi la forza di rispondergli.
“Fanno Bro, caro mio, sono IN” Avevo detto qualcosa di assolutamente stupido, e insensato. Ma era l’unico modo per sdrammatizzare la situazione. “Stupido, li sto usando come cerchietto, non vedi?”.
“Stupido a me? Ah, molto bene. Quanto resti?”.
Parliamone, aveva parlato al singolare. E’ vero, mia cugina non stava parlando, ma era là con me. Parlare al singolare era come tagliarla definitivamente fuori dalla conversazione, e quindi rendere me l’unica parte a cui erano destinate le sue parole.


*NO PROBLEM. NIENTE PANICO CHARLOTTE. NIENTE PANICO*

“Due settimane.”
“Due settimane dovrò sopportarti? Oddio.”
Lo aveva fatto di nuovo. Aveva scherzato con me, e me soltanto. E sorridendo mi guardava negli occhi, questa volta. 
Avevo sviluppato così un conflitto interno, molto evidente anche all’esterno, a quanto pare:                   
Il signor cuore proponeva un salto fra le sue braccia.
La signora mente proponeva un salto fra le sue braccia, anche lei. Quella stronza che avrebbe dovuto stare dalla mia parte e difendere la zona ancora lucida di me, stava invece contribuendo al mio degrado, elaborando complessi teatrini che riproponevano in maniera diversa quello che già poche ore prima avevo avuto modo di pensare.
E mentre il conflitto stava finendo in favore del comportamento psicotico e tutt’altro che elegante e raffinato, Christian mi interruppe. “Beh Charlotte, è stato un piacere. Devo andare adesso. Però ci si vede dopo eh”
Ci si vede dopo. 
..Ma dopo fra due secondi, due minuti, due ore o due giorni, o due settimane?! 

Un altro lunghissimo e interminabile dialogo interiore mi fece cadere nel mio mondo parallelo, e quando tornai alla realtà, notai che si era già allontanato. Al suo posto, Dì mi guardava divertita.
“Curati, Chai. Davvero. Io ti voglio bene, lo sai. Ma davvero, fatti  vedere da uno bravo che ti aiuti.”

Di li a poco sarebbe iniziato il dreaming, dove tutti gli animatori si sarebbero presentati  in uno spettacolo serale. Non ci restava che entrare, e.. aspettare. Qualunque cosa.

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Ma cciao ragazzeee! Com’ela? Lo so che la mia storiella non se la caga nessuno, però volevo comunque ringraziare tutte quelle bellissime persone che hanno la pazienza e l’energia di leggersi  tutto ogni volta. Ringrazio miss N., col suo “A change would do you good”(che consiglio a tutti, fra l’altro), per la recensione, e tutti quelli che sono arrivati fino a qui.E sopprattutto ringrazio fabrizia_rocca per aver inserito la mia storia nelle ricordate. Grazieee 
Baaasii, C.

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Capitolo 5
*** Cuore o psiche? ***


CAPITOLO 5: cuore o psiche?
 
Si spengono le luci. La musica si abbassa e con lei, anche le voci nel pubblico. Che il "dreaming" abbia inizio.

Il primo ad esibirsi è un giovinetto di circa 25 anni, bello da impazzire, Giacomo, che se ne esce con aria seria e si mette al centro del palco e rivolto verso di noi esplicita il suo intento di farci sentire un monologo, un monologo d'amore.
Oddio, un monologo. Io odio i monologhi. Perchè di fatto sono semplici "discorsi con sè stessi", in cui si parla e parla senza aver nessuno a cui rivolgere le proprie parole.

Ma per me non è così che deve andare.  Quando una persona sente qualcosa, amore, dolore, gioia o sofferenza, non può e non deve stare da solo.
Non deve parlare con sè stesso, deve farsi ascoltare da qualcuno.
Non è neanche salutare, credo, che un uomo si tenga dentro tutta la propria gioia o rabbia che sia, e non si confidi con un amico, un partner, o una figura qualsiasi.

Se ha parole dolci o teneri aforismi nei confronti di qualcun' altro, deve prendere una posizione. E parlarne. Salvando alcuni casi, oserei affermare che deve parlarne con la persona in questione, specie se i riguardi sono positivi.

Io per esempio, la dolcezza ce la ho nel sangue: sono tenera e smielata, a volte anche molto ridicola, lo ammetto, ma mai toglierei alle persone che amo il diritto di sapere quanto sono importanti nella mia vita.
Che poi, a tutti piace sentirsi importanti, quindi perchè negare questo piacere alle persone che se lo meritano?
Quando gli amici si abbracciano, o un partner esprime i propri sentimenti al compagno, non si può che sorridere. Ci si sente bene.

Perchè in fondo, se abbiamo fiducia in qualcuno e quel qualcuno ci apprezza, possiamo quasi finire per credergli, e apprezzarci un po' di piú anche noi.
Sarebbe tutto meglio se ci confidassimo sempre con una persona. O con un gruppo di persone. Confidiamoci con un amico, un parente, un fidanzato, un insegnante o anche con facebook, se proprio non se ne può fare a meno. Ma non teniamoci mai niente solo per noi, rende solo la cosa più triste, che si parli di gioia, o dolore.
Anche perchè ammettiamolo: gli innamorati quando parlano della persona nei loro pensieri, mostrano sempre e solo la parte migliore di sè.

"Quegli occhi.
Quel paio di occhi che brillavano, sembravano due torce.
E quel sorriso così accecante sembrava, sembrava di vedere il sole qualdo lei sorrideva.
Credimi, quando un uomo si sente addosso quello sguardo, quella espressione, è inevitabile che gli esploda qualcosa dentro.
E tu pensi che c'abbia avuto un solo infarto?
Ma io ce ne ho avuti tre, quattro. Non so neanche io quanti infarti c'ho avuto.
Il primo sicuramente quando ci siamo visti per la prima volta.
Poi il secondo quando mi ha accarezzato.
E il terzo quando ci siamo baciati.
Stavo per rimetterci le penne, lo sai?
Però se qualcuno mi facesse la fatidica domanda -Ne è valsa la pena?- io rispondere che sì, ne è valsa la pena, ne è valsa la pena, ne è valsa veramente la pena."
 

Che dolce. Lo avevo pensato alzando gli occhi al cielo, come se fosse una cosa stupida. Da film, molto distante dalla realtà. Come se fosse una cosa ridicola. E di fatto lo era. 
Eppure quelle parole mi avevano colpito. "Ne è valsa la pena, ne è valsa veramente la pena".
Quelle parole facevano eco nella mia mente, come se mi accusassero di tutte le volte che avevo rinunciato alle persone per il terrore di sbagliare, di deluderle, di non essere all'altezza. "Ne è valsa la pena."
Quelle parole dovevano succedere a un qualche tipo di rischio. E io, a conti fatti, i rischi li avevo sempre evitati.

Per tutto il tempo aspettai qualche altra esibizione entusiasmante, ma quelle parole mi avevano fatto perdere del tutto la concentrazione. E Christian non aveva recitato, quindi non avevo nessuna motivazione per ascoltare il resto della scenetta preparata per noi ospiti.

Fuori dal Teatro, Dì mi aveva trascinato in bagno preoccupata.
"Cosa hai?" Avevo chiesto.
Non mi aveva risposto. Non almeno fino a quando non era uscita dalla cella-gabinetto.
"Chai, non mi sono venute le mie cose."
"Di, tranquilla. Sono 3 giorni di ritardo, e poi il preservativo c'è sempre stato, no?"
Dopo un attimo di pausa, i suoi occhi si erano riempiti di lacrime e aveva continuato, ormai in preda al panico
"C'è stata una volta. In cui.. Beh, si è bucato."
Merda.
"Di, cazzo. Smettila. Ti ho detto che non c'è pericolo. Non sei sfigata a tal punto da rimanere incinta per ste cose." Poi istintivamente conclusi "vedrai domani!. Sangue ovunque e dolori insopportabili che ti fanno pentire di non essere rimasta incinta per davvero."
Doveva suonare come una battuta, ma in qualche modo ero riuscita a tranquilizzarla.
           
"Ehi bionde. Noi andiamo in spiaggia, siete dei nostri?"
Erano David e Louis, e dopo un nuovo e intrigante discorso telepatico fra cugine, avevamo accettato di seguirli.

In spiaggia la serata stava andando in maniera abbastanza normale, o almeno "abbastanza normale" per quanto potesse esserlo una serata con David e le sue stronzate, se non altro. Fra le battute e le cose profonde, si sentiva ogni tanto la voce di David che ridendo ci guardava negli occhi e poi affermava che "le bionde" domani non li avrebbero neanche salutati, e che probabilmente li saremmo passate vicine fingendo di non vederli. Si sentivano parole come "oh règa! Guardatele, secondo me si stanno chiedendo dove sono finite.", e poi risate, risate a non finire.
E in realtà erano all'incirca questi i nostri pensieri. Nel senso buono, ovvio, però, io almeno, non avevo mai visto tanti stupidi tutti in una volta.
Se avessero saputo quanto stupida potessi essere io, probabilmente si sarebbero divertiti a sfottermi. Ma in quelle settimane io dovevo essere colta e raffinata, quindi mi limitavo soltanto a ridere come una cogliona ad ogni battuta, senza poi proferire parola.
 
E mentre i pensieri nella mia mente iniziano a vagare sempre più veloci, come i go-kart sulle rispettive piste, David (sempre lui) mi interrompe.
"Ragazze, dai, avete già puntato qualcuno? Dai, ammettetelo. Senza paure, dai."
 
*Ebbene no. Caro cervello, no. Questa volta devi zittirti. Muto. Zitto. Strupete. No words. Shhhht.*

"Oh si, Christiaaaan."
Molto bene. Dovevo abituarmici a questo bel rapporto con la mia psiche. La mia seconda personalità stava prendendo a martellate la prima, ma questa rispondeva ridendo.
E anche io stavo ridendo, mentre allungavo le "a" nel suo nome e lo pronunciavo come se ne contenesse 7.
*Christiaaaaan.*

La risposta che David mi aveva dato era esattamente quella che mi aspettavo.
*Risata contorta*. No. Non è vero.
 
"Christian? Ma è brutto Charlotte. E poi suvvia, ci prova con chiunque, qui. Settimana scorsa aveva mirato a Giulia, ma non aveva avuto successo.
 
Ecco un altro di quegli scontri violenti fra la mente e il corpo. Il primo riconosceva il fatto che fosse una posizione molto scomoda, dove un ragazzo di ventitré anni, in astinenza dal sesso da qualcosa come un mese o due, fosse proprio il mio scopo della vacanza. Dall'altra il cuore, sempre ottimista e irritante, mi consigliava di sorridere. In fondo se ci aveva provato con tutte le femmine di quel posto, avrei avuto serie possibilità che toccasse anche a me.

Devo dire la verità, questa volta stava per avere la meglio il cervello, e ero sul punto di rinunciare a quell'idea, assurda.
Poi però, come un sassolino nelle scarpe mentre ti accorgi di essere terribilmente in ritardo, eccolo il colpo scorretto da parte del cuore che prontamente gioca la carte del "ricordo".
*Ne è valsa la pena, ne valsa veramente la pena*.
Sarò sincera, non so neanche perchè scelsi di dire quello che dissi, però successe, e tutto il resto della serata mi vide impegnata in un lungo e profondo discorso sul fatto che ero al mare per divertirmi, e che era quello che volevo fare, che non mi importava e che, comunque, sarebbe toccato anche a me.

Verso le due di mattina avevamo chiuso il discorso, ed ero tornata in bungalow, dove dopo una veloce tappa in bagno, mi ero raggomitolata nel letto ed ero stata presa dal sonno.

Era stata una giornata bellissima, dopotutto.
E se questo era stato il primo giorno, chissà come sarebbero andati tutti gli altri.
 
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Ciao ragazze, lo so, 5 capitoli per una giornata sono noiosi, e troppi. Ma era il primo giorno, e il primo giorno è sempre il più dettagliato, anche perchè tutto è nuovo: la gente, il posto, e.. Tutto il resto :D No vabbe dai, è un po' corto, ma lo ho fatto in modo che col prossimo possa iniziare la seconda giornata senza creare confusione o quant'altro.
Bella putelee. Ringrazio di cuore miss N (_again_) per la recensione, e giorgetta98 che ha inserito il racconto tra le preferite (grazie giorgeettaa**).
Scusaate ancora per la scrittura non troppo formale, né probabilmente troppo scorrevole e piacevole da leggere. Basii
C.
 

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