Paura di andare a scuola.

di Hebony
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una strana e spaventosa giornata scolastica ***
Capitolo 2: *** Era meglio non aprire la porta ***
Capitolo 3: *** Terrore ***



Capitolo 1
*** Una strana e spaventosa giornata scolastica ***


Una strana e spaventosa giornata scolastica

Sono a scuola. Ho sentito dire che è infestata da spettri, sia di animali che di persone.
È l'ultima ora e il professore sta spiegando l'anatomia dei bovini.
C'è pure uno scheletro di una mucca qui. È proprio davanti a me. Sembra che sotto quelle ossa cia sia... sia... vita. Le sue grandi mascelle, insieme ai denti, pare che formino un ghigno che celi cattiveria. Non quella che il genere umano conosce, ma una malignità pura, di quella che anche l'uomo più malvagio temerebbe. Uno zoccolo del bianco e, perfettamente, conservato scheletro fa un piccolo movimento che nessuno nota. La zampa è girata nella mia direzione. Non ci presto molta attenzione... "Magari è stato il vento.", penso. Non ascolto più il professore, e dato che il mio banco è attaccato al muro mi appoggio su di esso per controllare i movimenti dell'animale. Fisso lo zoccolo di prima fino a che, il cranio di quella cosa si gira finendo per aver il muso diretto verso di me. Rimango paralizzata dalla paura. Fisso i buchi che, una volta, contenevano i bulbi oculari della povera mucca. Gli sguardi sono reciproci. Solo che il mio è tremolante e impregnato di terrore, e il suo... sembra divertito... Sadicamente divertito.
Comincio a sudare freddo ma continuo a fissare quelle vuote cavità. Cerco di autoconvincermi che quello che sta accadendo è tutto frutto della mia mente.
Il suono della campanella pone fine a quegli intensi sguardi perchè l'improvviso squillo mi fece sussultare, e il professore mi chiede:"Che succede Noemi?", io, ancora scossa, rispondo:"N-Nulla prof. non è successo nulla.". Dopo questo l'insegnante ci dice che possiamo ritirare le nostre cose e che possiamo andare a casa.
Libro, quaderno, diario, astuccio... Uno dopo l'altro li metto dentro allo zaino. Prima di uscire do un'ultima occhiata al terrificante animale che, stranamente, aveva la testa girata nella sua posizione iniziale, cioè aveva guardava verso il muro su cui ero appoggiata durante l'ora di biologia, il suo grosso bianco cranio era inclinato verso il basso, e, aveva una fredda  espressione che sembrava delusa. Lo era forse per il motivo della mia uscita dalla scuola? Delusa dal fatto che non era riuscita a "dirmi" qualcosa? Mi voleva forse uccidere?
Lo scoprirò continuando a frequentare questa scuola e, più precisamente, quest'aula.
Uscita da quell'infernale edificio, trovo i miei genitori in auto che mi aspettano per portarmi a casa. Durante il tragitto sono più silenziosa del solito. I miei mi chiedono com'è andata a scuola, ed io rispondo con un freddo "Bene.".
Tornata a casa, salgo le scale di marmo rosso e vado in camera mia. Le pareti crema mi ricordano quelle dell'aula e per un momento mi sembrò di trovarmi davanti quell'orrendo apparato scheletrico che m'aveva terrorizzata per una lunga e, apparentemente, interminabile ora. Scrollo il capo ripetendo che non è reale. Poso lo zaino sul letto e mi cambio i vestiti. Tolgo la calda e larga felpa color pece per indossare la mia morbida maglia blu del pigiama. Mi sfilo i neri stivaletti, mi siedo sul mio comodo letto e levo gli scuri jeans che per tutta la mattinata hanno coperto le mie pallide gambe e indosso quelli del pigiama. Mi dirigo in cucina dove trovo il tavolo già apparecchiato e i miei genitori e mia sorella che mi aspettano. Chiedo cosa c'è da mangiare. Mia madre dice :"Oggi c'è la bistecca di manzo, quella che ti piace tanto.".
Al sol pensiero dell'aspetto di quell'animale mi torna la paura. Non pensandoci più finisco il mio pranzo e vado in camera mia. Dopo un breve riposo faccio i compiti e mi lavo. Mi sento molto più tranquilla rispetto a stamattina, allora decido di svagarmi stando sul computer. Arriva l'orario di cena. Avendo mangiato solo una piccola bistecca, ora sono affamata. Per stasera i miei hanno ordinato la pizza, la mia con le patatine.
Morso dopo morso arrivo alla crosta. Il gusto del pomodoro, della mozzarella e delle patatine quasi copre quello della crosta.
Finito di mangiare sento come se avessi mangiato fin troppo. Strano...
Passate due ore non facendo nulla, decido di andare a letto. Ma... Non riesco a dormire... Avrò forse paura di andare a scuola? Sarò ancora in quell'aula?
Alla fine riesco ad addormentarmi.

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Capitolo 2
*** Era meglio non aprire la porta ***


Mi sveglio... Sono le 6:30. Accidenti, ho fatto tardi un'altra volta. Il mio primo pensiero è dedicato a quella inquietante cosa... Dopo essermi velocemente preparata per un'altra giornata di scuola, salgo in macchina... Comincio ad agitarmi e a preoccuparmi... "No! Non posso spaventarmi per uno scherzo che la fantasia mi ha fatto ieri!" penso... Mio padre si accorge del mio stato d'animo e io cerco di non esser visibilmente preoccupata, ma, mi chiede cos'ho che non va, gli rispondo con un 'Niente.' e per far sembrare la cosa più credibile fingo un sorriso. Per distrarmi, guardo fuori dal finestrino... è inverno... Il cielo è ancora blu e inondato di stelle. Gli alberi son tutti morti e senza foglie. I prati sono coperti dalla fredda e bianca brina. Il 90% delle persone che conosco dice che l'inverno è la stagione più brutta che esiste... Io invece la adoro. La amo per i suoi pomeriggi freddi scaldati con una bella tazza di thè al limone. I suoi corti giorni, il suo clima rigido, la brina, le felpe larghe che coprono pure i polsi, la cioccolata calda alla sera, il mal tempo, e tante altre cose fantastiche di questo periodo dell'anno. Tornando a guardar fuori dall'auto e mi accorgo che sono arrivata a scuola. Quell'edificio che fino a un mese fa mi sembrava un posto tranquillo dove passare la mattinata imparando concetti nuovi, o stare con i compagni, tutto per quell'evento mi sembrò l'Inferno. L'agitazione tornò, questa volta, più forte di prima e cominciai a sudare freddo. Non ero ancora in classe che ero già spaventatissima. Salutai mio padre e mi incamminai verso quel luogo che ormai odiavo. Feci passi corti e lenti, così da perdere, seppur poco, tempo. Arrivai davanti al portone che una bidella aprì per farmi entrare, la salutai con freddezza e quasi senza voce. Camminavo sempre più piano... Non volevo andare là dentro, non volevo trovarmi davanti quel mostro. La campanella suonò... Devo andare in classe. Terrorizzata vado verso quel posto, quell'orribile posto. Sono la prima... Strano, di solito arrivo per ultima. Non ho il coraggio di aprire la porta. Fisso con paura la maniglia, quella piccola e dorata cosa che non avevo il coraggio di toccare. La guardai per tre buoni minuti, quando, riuscii ad appoggiarci su la mia mano sinistra bianca tremolante. Pian piano feci pressione su di essa, la sentii scricchiolare sotto la mia mano... Il mio cuore prese a battere con violenza... Ancora una piccola spinta e sarò in quella dannata aula. Il respiro diventò affannoso. Ero agitata. Non lo ero così tanto da quando mi erano entrati i ladri in casa mentre ero sveglia. Misi la mia mano destra sulla fredda alta porta e la aprii abbastanza da riuscire a sbirciare nella classe. Appiccicai il mio viso sull'uscio e guardai. Mi trovai la grossa testa di quella bestia a pochi centimetri dalla mia. Rimasi paralizzata per qualche secondo, abbastanza da accorgermi che mi stava guardando negli occhi. Me li guardava con insistenza...Volli urlare, piangere, correre via... I miei occhi si posarono sul cranio... Stava sorridendo... Si... Si stava prendendo gioco di me, della mia paura. Gli sbattei la porta sul muso e corsi via senza guardare dove mettevo i piedi e andai a sbattere contro il professore di Biologia... Stavo piangendo, sentivo caldi fiumi di lacrime scendere giù per le mie, arrossate, guance. Tentai di asciugarle mentre il l'insegnante mi chiese « Cosa succede? » Tutto quello che mi uscì dalla bocca, oltre a singhiozzi, fu urlato. Dissi « Quella bestia infernale era lì! Mi guardava! Mi vuole! Prof mi aiuti! Toglietela dall'aula. » E ancora, valanghe di acqua salata mi scesero giù sul viso. Continuavo a piangere singhiozzando, non riuscivo a smettere... Non riuscivo a calmarmi... Quello sguardo e quel sorriso non li scorderò mai. L'insegnante non seppe cosa fare... Cercò di capire cosa mi aveva spaventata in quel modo, e me lo chiese. Gli risposi che era stato lo scheletro della mucca a terrorizzarmi. Lui mi disse che non potevo parlare seriamente, e, mentre il mascara mi colava dagli occhi e mi colorava il viso di nero, mi disse « Noemi, quell'animale è morto più di 100 anni fa, non si può muovere. Ora vado a vedere. ». Si avviò verso la porta di classe. Tentai di fermarlo dicendo « Si fermi prof! Non vada! L'aggredirà! ». Non mi ascoltò e continuò a camminare... Singhiozzando, lo seguii con gli occhi. Ero preoccupata, non volevo che facesse del male nè a lui nè a nessun'altro. Vidi che aprì la porta...

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Capitolo 3
*** Terrore ***


Quello che successe non mi diede nemmeno il tempo di fare\dire qualcosa. Appena il professore aprì l'uscio si trovò faccia a faccia con quel mostro infernale. Volle dire 'che strano' ma tutto quello che gli uscì dalla bocca fu 'Che stra-' prima che l'animale gli tirò una zoccolata sui denti rompendoglieli. Fiotti di sangue uscirono dalla sua bocca, la sua maglia - da bianca - diventò rossa, le sue scarpe si trovarono in un lago di liquido viscoso di colore vermiglio. Volli fare qualcosa, ma non riuscivo a muovermi, ero come pietrificata, volevo piangere ma sembrava che pure le lacrime avessero paura di uscire per rigarmi il viso. Cercai di urlare ma le mie labbra erano sigillate, come se fossero incollate. Tutto quello che riuscii a fare fu portarmi le mani tremanti sulla bocca. Sentivo che le mie ginocchia tremavano e dentro di me stavo urlando a squarcia gola. Ma fuori... fuori ero ferma... immobile fissando la scena senza fare nulla... col terrore negli occhi. Mi sentivo così in colpa. Quando riuscii a scollare le labbra, la vacca addentò la giugulare del mio insegnante e lo portò dentro all'aula. L'uomo cercando aiuto - o qualche appiglio per non entrare in classe - si aggrappò al mio braccio e mi trascinò dentro. Tutto quello che vidi fu orrendo, indimenticabile. Con una zampata al petto lo buttò a terra, con i denti lasciò la presa, dando la possibilità al sangue di uscire fuori dalla sua gola lacerata, trasformandola in una fontana di liquido rosso. Mentre esso fuoriusciva dal suo esofago , la belva - col teschio e gli zoccoli imbrattati di sostanza cremisi - smise di torturare l'uomo. Si fermò. Rimase immobile per interminabili cinque minuti. In tutto quel tempo rimase a fissarmi. C'era un silenzio tombale, non fosse per lo sgorgare del sangue. Il professore cominciò a lamentarsi. La fiera - lentamente - cominciò a dirigersi verso di me. Sorrideva. Questa volta ebbi la forza di urlare , e, i bidelli nel corridoio mi sentirono. Cercarono di aprire la porta ma non riuscirono. La bestia tornò dall'insegnante e con i suoi grossi denti prese il suo braccio destro e - posando una zampa anteriore sul suo petto - cominciò a tirare. Inutile parlare dei lamenti pieni di dolore del pover'uomo. Per quanto riguarda me... bèh... non c'è molto da dire. Ero terrorizzata, pietrificata, piangevo come se non ci fosse stato un domani, volevo scappare ma le mie gambe sembravano fissate sul pavimento. Ero sconvolta. L'animale tirò... tirò con forza. Sentii le ossa del suo arto spezzarsi, la pelle che si strappava. Altro sangue se ne andava dal corpo del professore. Tirò ancora una volta con più forza e , finalmente , il braccio fu staccato dalla persona. Lo ingerì. Riuscii a udire le ossa che - sotto l'azione dei denti dell'animale - si spezzavano. Poi - con poca fatica - staccò pure la testa mangiando pure quella. Finì col ripulire tutto senza lasciare alcuna traccia del professore, pure il sangue pulì. Non rimase niente. Come se nulla fosse successo. La fiera si tolse il liquido vermiglio di dosso e andò al suo posto originario. I bidelli riuscirono ad aprire la porta e - di corsa- vennero da me e mi domandarono :" Cos'è? Perchè hai urlato?" io - ancora con le mani tremanti e piangendo - risposi :" È stato quel demone! " indicando la mucca " Ha ucciso e mangiato il professore!! Mi dovete credere! " I bidelli fecero finta di credermi , mi portarono in bidelleria e chiamarono i miei genitori per farmi portare a casa. Mentre aspettavo vidi i miei i miei compagni andare in classe.

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