Wannabe (King) Dad

di koopafreak
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un posto in più ***
Capitolo 2: *** Incidenti di percorso ***
Capitolo 3: *** Di poche parole ***
Capitolo 4: *** A piccoli passi ***
Capitolo 5: *** Prime battaglie ***
Capitolo 6: *** Prime vittorie ***
Capitolo 7: *** Il vero inizio ***



Capitolo 1
*** Un posto in più ***


l

Avere figli fa di voi un genitore non più di quanto avere un pianoforte faccia di voi un pianista. Michael Levine, Lessons at the Halfway Point, 1995



Il tempo di un erede era infine giunto, ma un solo trono della Terra Oscura era ufficialmente occupato poiché il sovrano aveva coltivato altre ambizioni a tenere costantemente impegnati mente e corpo dal cercare una consorte degna di stare al suo fianco. Bowser non aveva mai manifestato alcun interesse nel socializzare con le koopa di sangue nobile dei piccoli regni e delle prosperose contee sparsi per il mondo, tra cui diverse si sarebbero probabilmente lasciate blandire dai vantaggi di un possibile contratto di matrimonio, mentre l'unica delicata creatura a cui il sovrano aspirasse viveva esattamente nel regno limitrofo dalle lande erbose e città edificate nel totale rispetto e amore per Madre Natura. Tuttavia, gli sforzi per reclamarla erano andati falliti uno dopo l'altro e gli anni avevano proseguito inesorabili nel proprio lento scorrere: lei una tenera pulzella troppo inesperta per sbocciare nella regina che ben prometteva e lui invece un sovrano già affermato ma ancora giovane e per alcuni versi alle prime armi, ritrovatosi costretto ad adempiere agli imprescindibili doveri della discendenza.

Le cose tra Bowser e la principessa erano troppo turbolente al momento, tra rapimenti e tentativi di soverchiamento lungi dall'essere ancora perdonati, perciò il drago aveva trovato una soluzione ragionevole nel range di opportunità che la scienza offriva. E non nuova in realtà per altri potenti lungimiranti che avevano assecondato il desiderio di rifiutare i capricci del caso e possedere una progenie impeccabile e a propria immagine di perfezione da qualsiasi punto di vista. Della donatrice non avrebbe mai conosciuto il volto e il nome, non che la cosa gli importasse, nutrendo per la stessa ignota soltanto un vago senso di riconoscenza per aver fornito la mancante metà genetica necessaria a completare l'opera e a breve anche quello sarebbe sbiadito del tutto, sepolto dalla speranza che la sola colei che viveva stupenda e amabile nei suoi sogni avrebbe accettato come suo il frutto di quella decisione un giorno.

Fu così che venne al mondo il primo di quelli che poi in futuro sarebbero stati otto pargoli Koopa all'appello. Certo, suo padre lo avrebbe cresciuto nel migliore dei modi e con un'istruzione di alto livello per offrirgli un oceano di possibilità in cui poter distinguersi e primeggiare: non gli avrebbe fatto mancar nulla per vivere felice. Vi avrebbe triplicato l'impegno per compensare la temporanea assenza di una canonica figura materna ed era ben deciso a trasformare l'indifeso trottolino in un vero genio della strategia e della milizia. Tutto questo però era assai più rapido a dirsi che a farsi ovviamente e non sarebbe stato un progetto così semplice da realizzare come l'ignaro monarca aveva creduto all'inizio.

Rivestire il ruolo di genitore si era rivelato un autentico lavoro parallelo all'impegnativa sovranità e, come tale, risucchiava attenzione, tempo ed energie ogni giorno, tutti i giorni, tutte le notti senza pause. Il primogenito era stato il trampolino di lancio nell'insidioso mondo di pappette e pannolini con l'esperto Kamek come provvidenziale paracadute onde evitare morti e distruzione lungo lo sfiancante tragitto. Comunque il magikoopa aveva la ferma intenzione di responsabilizzare il suo padrone stavolta, avendo già provveduto alla crescita di quest'ultimo e dunque consapevole su quale giostra l'esordiente genitore fosse salito senza averlo ancora pienamente compreso se l'ereditario temperamento fosse rimasto conservato nella fresca discendenza. Era stata sì un'esperienza che rievocava in lui una certa nostalgia di tanto in tanto, ma che avrebbe preferito lo stesso non ripetere. Decisamente no.

Dall'alba in cui il Re aveva fatto ritorno alla sua dimora col minuscolo fagottino seminascosto nell'incavo del braccio, un nuovo capitolo nella storia del castello era stato aperto ed il regno aveva festeggiato la lietissima notizia nella gelosa riservatezza, impedendo che le voci sorvolassero i confini e giungessero ad orecchie estranee. Questa era la politica: ciò che accadeva nella Terra Oscura restava nella Terra Oscura, a meno che il Re non avesse stabilito altrimenti. Perciò nessuno, nemmeno il Regno dei Funghi vicino, era venuto a conoscenza dell'arrivo del principino (e dei suoi fratelli in seguito) e ne sarebbe rimasto escluso per altri anni a venire.

Ludwig fu il nome scelto non a caso dal sovrano e unico genitore, portando in esso il significato di valoroso combattente assieme al peso di chi avrebbe dovuto rispondere al compito di alimentare a sua volta l'onore della dinastia Koopa quando il momento di ascendere al trono sarebbe arrivato. Dalle dimensioni interessanti per la sua tenera età e le piccole corna nascoste tra la folta chioma che ricopriva l'intera testolina, si poteva desumere con piacere che sarebbe cresciuto in un reggente grande e forte come il padre, nonostante dei suoi tratti avesse ereditato in minima parte: il musetto era paffuto e col naso meno pronunciato; gli occhi tondi ed espressivi e il suo colore caratteristico era un bluette che tingeva sia i capelli che il guscio ancora troppo fragile e privo di spuntoni. Ma tali dettagli piombavano nel baratro dell'insignificanza davanti all'irrefutabile realtà che nelle sue vene scorresse il sangue di un Bowser orgoglioso e pronto ad insegnargli tutti i segreti per regnare ed addestrarlo nel glorioso guerriero che il nome stesso presagiva. Ciò, naturalmente, dopo che avesse almeno appreso a reggersi in piedi.

« È normale questo? » brontolò il grosso koopa stringendo il cucchiaino tra gli artigli fino a deformarlo. Erano arrivati solo al quarto da quando si erano seduti.

« Più di quanto crediate, Vostra Imponenza. » Kamek non si preoccupò di nascondere un sorrisetto di vaga soddisfazione al carapace spinoso rivolto verso di lui, gustandosi la giustizia del karma per tutte le innumerevoli occasioni in cui era toccato a lui essere il bersaglio in passato.

Il re mugugnò di nuovo, passandosi un fazzoletto sul muso per eliminare il proiettile di pappa in mezzo agli occhi che gli avava imbrattato le squame smeraldine e le folte sopracciglia. Se non fosse stato così nervoso, probabilmente sarebbe rimasto impressionato dalla mira invidiabile.

Ludwig si godeva immobile lo spettacolo e le attenzioni dal suo seggiolone mentre la montante collera paterna non faceva altro che divertirlo.

« Ritentiamo. E questa volta lo tengo io il cucchiaio. » Bowser mise ancora una volta in chiaro chi fosse al comando nella stanza, gettando via la posata con la forma del suo pugno e afferrandone un'altra dal mucchio di scorta. Cercare di mantenere la sua reputazione di sovrano malvagio nel riuscire a convincere un koopolotto di nemmeno un mese di vita a mangiare senza storie la sua pappa era una sfida anche per lui. « Ora apri. Apri! » ordinò ricevendo ben poca collaborazione dal fronte opposto.

Kamek osservò come fossero tornati alla solita conversazione a senso unico puntualmente da dove avevano lasciato: all'inizio Bowser lo avrebbe chiesto gentilmente, per quanto gentile sapeva essere; dopo un po' avrebbe cominciato a scaldarsi ed eventualmente alzare la voce; dopo l'inutile sbraitare si sarebbe infine piegato ad implorare... Al momento si trovavano esattamente tra la fase due e la tre.

« Per tutti i fulmini! Se non mangi subito questa sbobba, la butto fuori dalla finestra e salterai il pranzo! » proruppe il drago spazientito torcendo senza accorgersene l'ultimo cucchiaino tra le grinfie.

Ludwig non parve affatto intimorito né di fronte allo sguardo di fuoco né dalla minaccia e voltò il musetto dall'altra parte in segno di sfida.

Con un ringhio infuriato il re mantenne la sua parola e la ciotolina sfrecciò nel cielo simile ad un ufo, fendendo le nuvole più basse e catturando l'attenzione di qualche fortuito spettatore tra i soldati. « Contento adesso?! »

No, per niente. Lo scoppio di pianto in risposta ne fu la palese dimostrazione, gettando la testolina all'indietro e spalancando la bocca ancora priva di dentini mentre i polmoni si svuotavano di tutto l'ossigeno a disposizione.

Bowser si calmò all'istante e affondò il collo tra le spalle per la vergogna delle conseguenze di quel gesto avventato sotto lo sguardo di estrema disapprovazione dalla direzione di Kamek. Prendendo in braccio il cucciolo singhiozzante, lo strinse al petto ed emise morbidi rombi gutturali per consolarlo, strofinando la punta del muso contro il faccino triste e umido ed in breve tempo riducendo l'intensità dei lamenti in singulti smorzati. Al diavolo la reputazione, non sopportava quando Ludwig piangeva e specialmente se era proprio lui la causa. C'era qualcosa in quel suono straziante che lo faceva crollare come un castello di carte e l'unico pensiero che aveva il sopravvento sul resto era riuscire a placarlo. « Di' nelle cucine di mandare su un'altra porzione » mormorò sconfitto.

E altri cucchiaini, pensò tra sé il magikoopa uscendo dalla porta. E il ciclo si ripeteva anche quella mattina.


Nota d'autrice:

Quando il mio cervello è sotto stress, questi sono i frutti del mio delirio. Sono da poco diventata zia e forse è stato l'incentivo ad approcciarmi a un tema simile. 
E sono pienamente consapevole che Miyamoto abbia messo in chiaro solo dall'anno scorso che Junior sia l'unico a condividere un legame di sangue diretto col Re Koopa, mentre gli altri bowserotti sono stati relegati al ruolo di semplici sgherri. La scelta di perseverare nella vecchia idea degli otto figli in questa fanfiction è voluta :]
Mi scuso inoltre per il ritardo nel recensire le storie nelle mie liste, ma sto affrontando un periodo molto impegnativo e questa breve fanfiction che progetto di sviluppare è stata un piccolo sfogo per smorzare la pressione tra una cosa e l'altra. Prometto che mi farò risentire presto e riprenderò tutto da dove ho lasciato!


Bowser, Ludwig & Co. © Nintendo

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Capitolo 2
*** Incidenti di percorso ***


l

A differenza dei comuni neonati, i piccoli di koopa erano già molto attivi dalle prime settimane di vita e capaci di muoversi su tutte e quattro le zampine per soddisfare la loro curiosità sul mondo che li circondava. Inconsciamente Kamek aveva da subito iniziato a comparare il nuovo arrivato col suo tirannico padrone quando questi era ancora in fasce e aveva raggiunto la sua conclusione già dal primo giorno di paternità: Ludwig era molto intelligente e sorprendentemente scaltro, tanto da aver saputo mettere ai suoi piedi l'intero castello. Le domestiche, soggiogate dalla facciata angelica che il cucciolo sapeva emulare con destrezza camaleontica per guadagnarci qualche coccola e un dolcetto, lo adoravano e facevano a gara per vezzeggiarlo alla prima occasione in cui il padre era distratto e il monarca in persona sembrava essere sceso di un gradino sulla scala gerarchica dall'arrivo di suo figlio.

L'innata malizia della stirpe era rimasta gelosamente preservata fino all'ultima goccia nella nuova generazione, accompagnata inoltre da una furberia macchinatrice ben diversa dalla perfidia semplice di un Bowser che, nella sua prima gioventù, si sollazzava in scherzi e dispetti senza grande fantasia e scoppiava in capricci chiassosi quando pretendeva qualcosa. Kamek aveva potuto vedere coi propri occhi che Ludwig sapesse esattamente come prendere ciò che desiderava e piegare la volontà di chi aveva davanti nella direzione che lui voleva. Nel persuadere il suo stesso padre aveva acquisito l'abilita manipolatrice di un burattinaio e troppo spesso il cucciolo non aveva nemmeno bisogno di scomodarsi per venire accontentato: un andazzo che naturalmente non riservava nulla di buono per l'imminente futuro.

Ciononostante, Kamek era ancora fermo sulla sua decisione di restare in disparte come osservatore esterno del reality show in costante sviluppo tra le mura del castello, alla maniera di un documentarista che rispettava l'obbligo di non intromettersi nel momento in cui la gazzella finiva tra le grinfie del leone e, in tutta onestà, era esattamente come il magikoopa si sentiva ogniqualvolta che vedeva il suo padrone in balia dei giochi psicologici di un cuccioletto incapace di camminare eretto ma sempre più sicuro di sé. Quando il re si sarebbe finalmente piegato ad accettare il suo aiuto che per un'inutile questione di orgoglio aveva rifiutato dal principio, allora Kamek si sarebbe adoperato per spezzare il circolo vizioso in cui questi era rimasto incastrato. Ciò non lo tratteneva comunque dal dispensare un consiglio giudizioso quando serviva.

« Vostra Imprudenza, io non lo farei ballonzolare così tanto se foss... » Troppo tardi, gran parte del lato A di un drago orrendamente allibito era già stato ridipinto.

Lo stregone prese distrattamente nota che, a dispetto delle dimensioni ridotte, Ludwig potesse ingerire un'impressionante quantità di cibo mentre quest'ultimo continuava a ridacchiare, pigolando e muovendosi allegro nella presa pietrificata del padre come se il divertimento non si fosse interrotto. Al sovrano richiese qualche secondo per riacquistare contatto con la realtà e uscire dalla paralisi del disgusto.

« Prendilo tu » sibilò infine a denti stretti puntando il carico ormai più leggero verso il magikoopa che si ritrasse d'istinto.

Ludwig reagì emettendo una serie di versetti concitati, abbarbicandosi al polso e stringendo le punte del bracciale borchiato.

« Temo che preferisca restare con voi, Altezza. »

Il cucciolo convalidò la tesi del consigliere con uno squittio di categorica contrarietà alla separazione.

« Devo farmi una doccia. Ho bisogno di una doccia. Almeno il tempo di una doccia! » ringhiò il koopa in un crescendo di esasperazione, affidando in malo modo la piccola calamità allo stregone e marciando spedito verso i suoi appartamenti prima che qualcuno avesse potuto vederlo in un tale stato: ricoperto, o meglio, ricoperto di pappa mezza digerita.

Si arrestò sui suoi passi quando il solito piagnucolio lo raggiunse impregnato di malinconia e accusa: un affondo al cuore che mai risparmiava il suo bersaglio. Tornò indietro, si riprese suo figlio scrutando in cagnesco il magicante e puntò dritto al bagno reale che sfortunatamente si trovava proprio dall'altra parte del piano. Dovette nascondersi più di una volta dietro un angolo per evitare di essere individuato dai suoi soldati e perdere la faccia, mentre Ludwig invece era tutto contento di quel nuovo gioco e il re era costretto a ovattare con una mano il suono rivelatore delle sue risate, sfrecciando per i corridoi e fermandosi di scatto quando scorgeva un'ombra sulle pareti.

« Non potevi avvertire prima di sganciare? » sbottò sottovoce osservando due Fire Bros. attraversare il passaggio, persi in chiacchiere e senza un pensiero al mondo. Quasi li invidiava in quel momento.

Ludwig strinse le spallucce. Era capitato, così. Suo padre lo stava facendo volare in aria e sballottando a poca distanza dal pranzo, lui stava ridendo forte e poi “oplà”.

Dopo essere riuscito a intrufolarsi nei propri alloggi come un ladro, il re si chiuse la porta alle spalle con un grosso sospiro che sollevò una folata di polvere e poi fece rotta per la doccia, trascinando la coda a terra. Prese nota che suo figlio e fautore della sventura ne fosse uscito miracolosamente pulito dopo tutto. Meglio così: Ludwig non amava fare il bagno e dunque sarebbe stata un'ulteriore briga da evitare in quella già stupenda giornata che era ancora tutta da scoprire. Si limitò a poggiarlo sul pavimento lucido a lasciarlo bighellonare mentre lui si occupava del suo livello di igiene, infilando il muso oltre la tenda di tanto in tanto per assicurarsi che il piccolo non combinasse qualcos'altro a parte esplorare sotto il tappetino della doccia.

Una volta rimessosi in sesto, il drago recuperò il cucciolo intento a ispezionare accuratamente il suo accappatoio, viaggiando dentro le maniche ed emettendo un miagolio semi-sorpreso nell'essere ripescato, e insieme fecero ritorno nella sala del trono dove gli emissari lo attendevano per un dettagliatissimo resoconto sugli ultimi sviluppi nel regno. In quanto re, il koopa doveva rigorosamente impedirsi di tradire lo scemare della sua concentrazione dopo la prima ora e mezza di monologo dall'altra parte, ma non era così facile con Ludwig che sembrava fare di tutto per distrarlo. Dopo i vari tentativi di arrampicata sopra la testa paterna, il cucciolo focalizzò l'attenzione prima sui bracciali borchiati e poi sulla sua mano, mordicchiandogli le dita tanto per avvisare che i primi dentini stessero facendo lentamente capolino dalle gengive, per concludere con uno sbadiglio liberatorio che azzittì per un secondo il più pignolo dei delegati.

Un angolo delle fauci del monarca si arricciò verso l'alto all'espressione vagamente oltraggiata di quest'ultimo e si chinò dal suo regale scranno per far scendere il koopolotto e permettergli di trastullarsi coi giochini raccolti ai suoi piedi. Quando tutti ebbero terminato il loro rapporto, Bowser dovette sorreggere con una mano la testa ciondolante e si mise a osservare tra la fessura delle palpebre il figlio intento a suonare con una bacchettina uno xilofono giocattolo. Tuttavia, constatò perplesso che non si trattasse del classico modus operandi dello “sbattere l'asticella a casaccio e senza coordinazione”: Ludwig toccava con inaspettata delicatezza uno dei tasti su un punto preciso, ne ascoltava concentrato il suono e poi ripeteva l'operazione su un'altra zona dello stesso tasto, all'apparenza riconoscendo la differenza della melodia a seconda di dove colpiva.

Dopo aver finito di familiarizzare scrupolosamente con lo strumento, il cucciolo riuscì a ricostruire tutto da solo un motivetto tradizionale che si fischiettava spesso tra le fila dei soldati, muovendo la punta della bacchetta con stupefacente abilità. Finito il breve spettacolo, Ludwig batté le mani una volta e rise soddisfatto.

Curioso, considerò il re tra sé, poi si addormentò.

Al suo risveglio il piccolo era sparito.

Bowser balzò in piedi setacciando l'intera stanza ad occhi sgranati, ma della testolina blu non c'era alcuna traccia. Il primo impulso sarebbe stato urlarne a squarciagola il nome, però in tal maniera l'intero castello (Kamek al primo posto) sarebbe venuto a conoscenza del suo colossale errore e che figura ci avrebbe fatto? Quelle cime dei suoi emissari non avevano avuto l'accortezza di chiudere la porta e si chiese quanto lontano e soprattutto inosservato un koopolotto quadrupede si sarebbe potuto spingere. Era certo di non essersi appisolato per più di qualche minuto e probabilmente il latitante si trovava ancora nei paraggi, per cui partì alla ricerca del principino perduto chiamandolo sottovoce e battendo ogni centimetro per scovare indizi del suo passaggio.

I corridoi erano vuoti perché l'ora di cena era vicina e i soldati erano riuniti a mensa, come indicavano il coro di voci e le risate provenienti dal piano sottostante. Tra la confusione incanalata nella tromba delle scale laterali il re captò le note della famigerata canzoncina e il suo sesto senso iniziò a scalpitare. Certamente non sarebbe stato da Ludwig andare a spasso dove sentiva di non poter far danni... Quando il drago entrò nell'ampia sala che ospitava le lunghe tavolate delle sue truppe addestrate, calici e bicchieri si alzarono nella sua direzione con un grido di caloroso benvenuto per rispondere all'onore di una visita del loro amato monarca che evidentemente aveva tanto a cuore il proprio esercito.

Quell'inaspettata aggiunta alla serata fu colta come un incitamento a far festa e, mentre l'umore dei commensali si risollevava con entusiasmo, corroborato dalla birra portata su dalle cantine per l'occasione, Bowser continuò a dedicarsi con discrezione alla ricerca del suo primogenito. Pregò che nella baraonda che si stava rapidamente creando nessun idiota avrebbe finito col calpestarlo e rivolse un'occhiata preoccupata al plotone di goliardici Sumo Bros. che parevano già instradati per una bella sbronza, incuranti della loro mole, muovendosi a ritmo di musica con le pinte mezze vuote e sgolandosi insieme a buona parte delle truppe.

Probabilmente grazie a un mezzo miracolo, il drago localizzò il cucciolo tranquillamente seduto sotto il tavolo dei dolci lì vicino a sbocconcellare un bottino trafugato, completamente indifferente al frastuono che lo circondava come se il suo mondo si fosse ridotto alla tortina al cioccolato tra le zampine. Soffocando un sospiro misto di sollievo ed esasperazione, Bowser si avviò in quella direzione esortando col pugno ad alzare ancora di più la voce. I soldati non vollero deluderlo e qualcuno cominciò anche a battere le mani sui tavoli. Mentre tutti erano distratti e troppo presi dal quarto ritornello per far caso alla sua mossa, il re si accucciò di scatto e squadrò minaccioso il piccolo fuggitivo che ricambiò lo sguardo senza il minimo tentennamento e con le guance piene.

« Vieni subito qui, Lud! »

In tutta risposta l'erede fece per squagliarsela un'altra volta con la refurtiva in bocca e il padre lo acciuffò per una gamba, mettendolo seduto sul bordo del tavolo per dare inizio alla ramanzina e augurandosi di farlo sentire almeno un po' in colpa per tutta l'ansia provata nel cercarlo. Ad ogni modo Ludwig aveva altri progetti e Bowser non si rese conto del suo errore finché il resto del dolcetto non gli volò in mezzo agli occhi:

  1. Tirargli il cibo addosso era una delle attività preferite del cucciolo e in cui il cecchino in erba sapeva riuscirvi anche bene.

  2. Lo aveva appena appoggiato su un tavolo pieno di potenziali munizioni.

Il temibile koopa emise un ringhio di rinnovata collera e aprì la bocca per sbraitare, fregandosene ormai se tutti i soldati si sarebbero così resi conto della scenata, ma si interruppe a causa di un pezzo di gelatina catapultato dritto verso il suo muso. Questa volta però riuscì a schivare il colpo abbassandosi in tempo.

Un parakoopa barcollante venne per caso centrato al suo posto frattanto che lui era distratto a redarguire il piccolo anche per la sua cattiva mira. La recluta andò giù come un birillo e i compagni, imputando la provenienza del lancio al tavolo dei tipi timidi davanti, risposero al fuoco col fuoco da bravi soldatini. Immediatamente ebbe origine una faida tra due fronti, bersagliandosi con le rispettive razioni finché il grido di battaglia non fendette i canti stonati e la guerra si sparse in ogni angolo della sala.

Bowser si voltò ammutolito all'improvviso cambiamento di musica e prese atto dell'anarchia che era scoppiata tutt'intorno. Recuperò il koopolotto gongolante e fiero di se stesso prima di trovare riparo dietro un tavolo che rovesciò con una pedata.

« Questo è colpa tua! » sentenziò inviperito, tentando di sovrastare il volume della battaglia e fissando truce il cucciolo.

Considerando che a Ludwig non importava granché se fosse stata colpa sua o meno, il sovrano si arrischiò a buttare un occhio oltre la barriera, tirandosi subito indietro quando degli spaghetti volarono oltre la sua testa per spiaccicarsi contro la parete. Sussultò avvertendo macchie di sugo e quant'altro cadergli su squame e guscio mentre altre portate sfrecciavano sopra di loro, ma fu solo nell'attimo in cui colse l'espressione assolutamente deliziata di Ludwig rapito dallo spettacolo, muovendo avanti e indietro il musetto per seguire la traiettoria delle vettovaglie in aria, che stabilì che fosse arrivato il momento di farla finita.

Si alzò con coraggio e rimediò immediatamente qualche palla di purea di patate vagante in faccia e sul torace: due punti mortali. « PIANTATELA. »

Fu come se il tempo si fosse fermato dopo il ruggente richiamo all'ordine e questo diede a Bowser la possibilità di constatare in quali condizioni la mensa e parte del suo esercito versassero: tutto e tutti sporchi di cibarie assortite da capo a piedi, inclusi lui e Ludwig... Magnifico. Dopo una bella strigliata generale, il re fece ritorno nelle sue stanze senza avvertire più il bisogno di nascondersi a sguardi indiscreti e per la seconda volta puntò dritto verso la doccia, ora con un cucciolo che non manifestava alcuna eccitazione all'idea di un bagno. Tra strilli, graffi e lamenti il grosso koopa provvide prima a suo figlio e poi a se stesso, strofinando la testolina di Ludwig con un asciugamano mentre l'altro sedeva imbronciato tra le sue zampe.

« Te la sei voluta tu » lo riprese burbero, ricordandosi mesto che era ancora rimasto uno dei momenti della giornata che meno preferiva affrontare. A lui era pur passato l'appetito dopo aver impiegato una mezz'ora buona per ripulire entrambi dai resti di una cena che nemmeno era stata la loro, ma il problematico principino doveva ancora consumare il suo pasto serale o lo avrebbe buttato giù dal letto nel cuore della notte a suon di ululati affamati. 

Così, non appena ricoprirono le rispettive postazioni l'uno di fronte all'altro, il solito rituale si ripeté come sempre e Ludwig girò altezzoso il musetto quando il cucchiaino con la pappa invase il suo spazio vitale. 

Un lungo, cupo ed esausto rombo vibrò nella gola del drago mentre il manico della posata cominciava a cedere. « Lud » inizio fase due.


Nota d'autrice:

Non credo che ci vorrà molto affinché Bowsy lanci il primo SOS, ma dovrà essere ancora messo alla prova e probabilmente tribolare un altro po' :]

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Capitolo 3
*** Di poche parole ***


k

Ormai era chiaro a tutti: Bowser non aveva polso come genitore e il suo regime eccessivamente permissivo non avrebbe fatto altro che ritorcerglisi contro alla fine della fiera. Aveva comunque dato prova di essere un padre incredibilmente affettuoso e onnipresente nella vita di suo figlio per coprire lo spazio vuoto di una seconda figura nel solitario nucleo familiare. Di fatto i due erano diventati praticamente inseparabili e, quando le cose filavano lisce tra lui e Ludwig, era sempre un glorioso spettacolo osservarli passo passo nella loro simbiotica complicità. Bowser lo portava con sé ovunque andasse e Ludwig dal canto suo lo esigeva, o avrebbe fatto piombare le nuvole giù dal cielo a furia di piagnistei se il suo volere non fosse stato rispettato.

Quella mattina soleggiata e priva d'impegni (sommato alle implacabili insistenze del koopolotto) avevano persuaso il sovrano a portarlo a zonzo per i giardini reali e fargli sperimentare la consistenza dell'erba e della terra viva sotto le zampine. Ludwig non gradì e tentò di riarrampicarsi nello spazio protetto dell'abbraccio paterno.

« Prima o poi dovrai pur camminare da solo. E se non ti eserciti, le piante dei piedi non si abitueranno mai » gli spiegò il genitore, cercando di convincerlo che del suolo ci si potesse fidare.

Ricevette in riposta uno di quei versetti peculiari che il cucciolo, di ben altra opinione, esternava solo quando si impuntava su qualcosa o era molto contrariato o entrambe le cose.

Avendo cominciato a nutrire le prime titubanze sull'approccio diretto verso mondo fuori dalle mura sicure di casa, il piccolo aveva deciso di proseguire nell'impresa solo dalla sua legittima postazione di vedetta che però suo padre sembrava volergli negare per i motivi insulsi esposti prima.

Bowser vide scoraggiato i tratti facciali del principino incresparsi nella solita espressione di indignato disappunto che preannunciava l'incombente boato di infelicità. Eccola proprio lì, inequivocabile: le sopracciglia si aggrottavano in protesta; la bocca segnava un arco perfetto verso il basso e le narici si dilatavano insieme al torace raccogliendo tutta l'aria possibile, mentre lo sguardo più ferito che Madre Natura avesse mai plasmato con le sue mani lo trapassava da parte a parte come una lama. Meno tre, meno due, meno uno...

Il drago sconfitto si piegò davanti alla minaccia e accontentò il koopolotto una frazione di secondo prima che il tenue uggiolio sconsolato si avviasse nella sua climax, acquistando qualche chilotone. Ludwig si accomodò ridacchiando sulla sua spalla e deridendo dall'alto l'erba fastidiosa che non poteva raggiungerlo ormai.

« Se è vero che i figli prima imparano a parlare e prima contestano tutto quello che dici, tu sai fare di meglio » commentò asciutto Bowser.

Il pargolo non parve nemmeno prestargli udienza e con un ditino indicò un cespuglio di piante piranha poco lontano che li scrutavano incuriosite, tentando di sporgere le teste bulbose oltre il recinto chiuso a doppia mandata. Al suo schiocco di dita, un soldato si affrettò a portar loro delle strisce di carne essiccata da lanciare (un po' come si fa al parco col pane alle anatre) e le mandibole dentate si animarono eccitate sugli ondeggianti fusti spinosi. Due contendenti cominciarono a litigare in una sorta di tiro alla fune per la stessa ambita strisciolina e Ludwig rise divertito, stendendo un braccino verso la mano del padre per reclamarne almeno una. Bowser gliela consegnò senza obiezioni, convinto che l'intenzione del piccino fosse di gettarla alle piante, ma si ritrovò costretto a chiederla indietro non appena l'altro se la mise in bocca come fosse un bastoncino di liquirizia.

« No, Lud. Non è per te » lo ammonì cercando di acciuffarne con gli artigli l'estremità ancora visibile.

Da quando i primi dentini stavano finalmente spuntando, Ludwig aveva il vizio di mordere qualsiasi cosa gli capitasse a tiro per lenire il prurito delle gengive, compreso il Re stesso. Un ringhio possessivo fu l'unica risposta che questi ottenne.

« Emmolla! » Riuscì a ripescare la carne secca all'ultimo secondo, prima che il koopolotto la inghiottisse per dispetto e rischiasse di strozzarcisi, troppo piccolo per poter masticarla a dovere ed ammorbidirla.

Ludwig cercò subito di rimpossessarsene, ma Bowser fu più veloce e con un movimento fluido la devolse alla prima pianta piranha in prossimità, tracciando un filo di saliva dalla bocca del cucciolo a quella del vorace vegetale che non si fece problemi a fagocitarla felice. Subito partirono le proteste inarticolate ma comunque chiare per il suo gesto. Il sovrano sospirò seccato abbassando il capo, buttò le ultime strisce di carne alle altre piante che sibilarono di contentezza e pose fine alle indignate lagnanze avvicinando la mano al musetto del cucciolo che vi si avventò sopra, apparentemente placatosi davanti a qualcos'altro da rosicchiare con comodo.

Il problema era risolto, ma un pensiero costante teneva occupata la coscienza del Re mentre continuavano la loro passeggiata: suo figlio era ormai sufficientemente grande per provare a formulare qualche parola di senso compiuto e muovere i suoi primi passi senza il sostegno degli arti anteriori, ma nessuno dei due traguardi era stato ancora raggiunto. Eppure Bowser continuava a nutrire l'assoluta certezza che Ludwig avesse un potenziale assai maggiore rispetto a un koopolotto comune e gli sguardi che spesso gli rivolgeva se osava cercare la sua collaborazione alimentavano in lui il sospetto che lo stesse serenamente prendendo per i fondelli. Ebbene, se per il momento i tentativi di correggere il suo modus ambulandi erano preclusi, si sarebbe concentrato sull'espressione del vocabolario che il cucciolo indubbiamente possedeva ma che si ostinava a mantenere tacito. E in tutta sincerità il sovrano in fondo agognava come non mai di sentirgli finalmente pronunciare quella parola magica che aspettava da tempo.

Si cercò un angolino tranquillo e lontano dagli sguardi curiosi di soldati e domestici per accomodarsi a terra col cucciolo ancora aggrappato alla sua mano. Lo staccò come una ventosa e lo mise seduto sull'altro palmo all'altezza del grosso muso. « Che ne dici di provare a parlare un po' per oggi? » propose velando le sue speranze nel tono.

Ludwig lo guardò per un secondo, forse incredulo forse annoiato, e sbadigliò mettendo fieramente in mostra i dentini sporadici ma ben affilati. Un solo incisivo spuntava al centro del labbro superiore, avendo aumentato di una decina di punti il fascino infantile che aveva definitivamente sopraffatto ogni domestica della residenza reale.

« Se sarai bravo ti do un dolcetto. »

Il cucciolo inclinò leggermente il musetto tondo considerando il negoziato. Continuò a fissarlo immobile, invitandolo ad impegnarsi un po' di più.

« Due dolcetti? » Bowser si sforzò di non alterarsi. Come al solito doveva ridursi a pregare.

« … »

« Va bene. Tre, ma dovrai meritarteli. »

Ludwig annuì con un sorrisetto fin troppo sicuro di sé, fomentando ancora una volta le certezze paterne sul comportamento ingannevole del piccolo che sapeva parlare, semplicemente non voleva per tenerlo sulle spine fino all'ultimo: Bowser ci si sarebbe giocato la corona.

« Proviamo con qualcosa di semplice. Di' “papà”. »

Il cucciolo insistette nella sua silente contemplazione e il padre cominciò a irritarsi. Nessuno riusciva a farlo sentire un citrullo meglio della sua stessa prole di nemmeno qualche mese di vita.

« Andiamo, apri la bocca e dillo. Lo so che ne sei capace » lo incoraggiò. « Paa-paaah » scandì quella sola sillaba ripetuta due volte, ma che aveva più valore di qualunque altra cosa al mondo.

« ... »

« Lud, provaci almeno. Dai, è facile! Guarda come faccio io: paaa-paaaahh » ripeté mettendoci l'anima in quella che era la parola più facile mai esistita e che doveva sudarsi per conquistarsela.

Un koopolotto qualsiasi si sarebbe trovato in balia della fase della lallazione e non avrebbe tenuto la bocca chiusa un secondo nel continuo sperimentare dei suoni che sapeva emettere e comporre, prima in un gioco e poi nel vero uso delle corde vocali, ma Ludwig non era affatto un koopolotto qualsiasi. Sapeva perfettamente cosa suo padre desiderasse e sapeva ancora meglio come sfruttarlo a proprio vantaggio.

Bowser iniziò rapidamente a stancarsi dei soliti sguardi che gli arrivavano dal fronte opposto e, soccombendo alla prima deludente sconfitta, tentò con un altro termine. « Okay, non importa » disse facendo finta di nulla mentre dentro urlava. « Di' “Bowser”. » Quest'ultimo, in quanto Bowser, non si rese conto di star logicamente complicando l'impresa per il cucciolo scegliendo una parola più lunga nella sua fallace carriera di insegnante. « Baaauseerrrr » strascicò le lettere per mostrargli la tecnica.

« Ba? »

« Quasi, prova di nuovo. » Finalmente parve ricavarci qualcosa.

« Baa. » Ludwig doveva aver stabilito di aver appreso abbastanza per quel giorno e mosse la codina congratulandosi con se stesso, chiudendo lì il discorso a senso unico e già pregustando i dolcetti che si era guadagnato.

Bowser si maledisse per essere di nuovo caduto nell'errore di aver nutrito false speranze. « Non puoi lavartene le mani proprio adesso! Finisci il lavoro, Lud. Lud! Lud, mi stai a sentire?! » fase due quasi superata.

Il cucciolo sembrava aver concentrato tutto il suo interesse su una farfalla che volteggiava sopra la testolina blu, incurante dell'umore del Signore del Male ed accaparrandosi tutte le attenzioni del koopolotto per ghermirla tra le zampine e possibilmente masticarla. Nel corso dei goffi ma determinati tentativi di cattura si ribaltò inavvertitamente all'indietro giù dal palmo del genitore che lo riagguantò al volo con un ringhio di impazienza.

« Andiamo, non puoi mollare tutto così. » Inevitabilmente la sua voce passò dal disappunto alla supplica.

Sì che poteva.

« Oh, per mille folgori. Ci rinuncio con te. »

« Ba. »

« No, bah lo dico io. » Non riuscì a persuaderlo a spiccicare una parola completa nemmeno il giorno dopo e quello dopo ancora.

C'era un che di profondamente astuto nel koopolotto approfittatore che andava ben oltre l'immaginazione del re, i cui tentativi di riprendere da dove avevano lasciato passarono candidamente ignorati ogni volta. Alla fine il sovrano si rassegnò di fronte all'evidenza che Ludwig si sarebbe degnato di parlare solo quando ne avesse avuto voglia e non perché glielo stava chiedendo lui.

Una sera in particolare i soldati presenti nella sala del trono seguitavano a scambiarsi occhiate confuse e preoccupate dietro le loro picche, mentre dal seggio reale giungeva il rumore basso e costante della voce del loro temibile padrone. Dall'angolazione sbagliata si avrebbe potuto cadere nell'inganno che Bowser stesse avendo una tranquilla conversazione con se stesso, ma guardando più da vicino sarebbe stato possibile scorgere il koopolotto seduto sul bracciolo a rosicchiare qualcosa e replicare disinteressato con monosillabi, apparentemente incoraggiando il padre che sembrava rispondergli a sua volta. In ambo i casi, era parecchio strano lo stesso.

Uno dei koopa venne infine convinto ad avvicinarsi con uno spintone deciso da parte del resto delle guardie, restando sempre più perplesso e intimorito ad ogni passo verso il suo enigmatico sovrano.

« Ba? »

« Già. Triste, non è vero? È impossibile trovare gente che sa fare il proprio lavoro di questi tempi. Non è che mi lamento, meglio questo di niente. Certe di quelle volte mi vien voglia di appenderli alla parete come salami, ma sono sempre troppo buono. »

« Ba. »

« Mi hai letto nel pensiero. »

« Ehmm... Sire? » Racimolando tutto il suo coraggio, la recluta trovò l'ardire di parlare, ma rimpianse immediatamente di essersi addentrata nel raggio di azione del drago non appena ricevette uno sguardo molto duro per essersi intromessa con cotanta indelicatezza.

« V-volevo solo chiedervi... Riuscite a capire quello che vi sta dicendo? » sputacchiò fuori la domanda sperando di non venir castigato per la sua impudenza.

« Chi? »

« Il Principino Ludwig. » Evitò per un soffio di aggiungere un esasperato “chi se no?!” che avrebbe potuto rivolgere a chiunque altro, ma sicuramente non al mastodontico (e potenzialmente folle) sovrano che gli sedeva davanti e lo torreggiava di diverse spanne.

« Ah, lui? » Questi girò il grosso muso per un secondo verso il soggetto in questione, scrutandolo indecifrabile, per poi riportare lo sguardo sul koopa che stava sudando freddo. « Non ne ho idea. »

« Baa. »

« Non sta parlando con te, Lud. »

Il soldatino si levò di torno ancora più confuso di prima, una volta congenato con un cenno distratto di una mano artigliata, e tornò in fretta a informare il gruppo di mandare qualcuno a chiedere consiglio al fido Kamek, in nome della salute mentale del re. Lo stesso venne di conseguenza spedito a forza nel laboratorio del consigliere e balbettando gli narrò dell'intera scena.

« Nulla di cui preoccuparsi » lo rassicurò lo stregone senza alzare gli occhi dai suoi alambicchi.

« Ne siete sicuro, signore? A me non ha fatto questo effetto... Forse dovreste parlargli. » Evidentemente si era spinto troppo oltre nel dare consiglio a un suo superiore, perché l'occhiata che ricevette in risposta non trasmetteva affatto apprezzamento per le sue ansie.

« Non è ancora il momento, soldato. Se hai consigli da sperperare, allora usali sapientemente per smacchiare i resti dello sfacelo che avete combinato giorni fa in mensa. Ci sono ancora tracce visibili sul soffitto e due mani in più faranno certamente comodo. » Detto ciò, lo invitò a chiudere la porta prima di andarsene e spargere la voce che non intendeva essere disturbato per altre sciocchezzuole del genere.

Anche se non vi era poi così lontano, Bowser non era ancora cotto a puntino. Il conto alla rovescia era ufficialmente iniziato e Kamek gli avrebbe dato un'altra settimana al massimo.


Nota d'autrice:

Ludwig: 273 – Bowser: 0

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Capitolo 4
*** A piccoli passi ***


l

« Non capisco. Dovrebbe saper camminare da un pezzo ormai, invece si ostina a restare a quattro zampe come una punginella » si lamentò il re, più deluso che contrariato dopo giorni di ripetuti e vani tentativi.

Bowser se ne stava tutto intento a contemplare la creaturina traboccante di vita gattonare senza una meta precisa per la sua cameretta, allestita a dovere e prosperosa di giocattoli lussuosi e ninnoli tintinnanti. I koopa erano molto vivaci già nel loro primo periodo di infanzia e perfettamente reattivi agli stimoli, forse fin troppo reattivi, considerato che la piccola peste avesse già causato più grane di quanto era stato possibile prevedere per un marmocchio non ancora progredito dallo stadio di quadrupede.

« Non è nulla di grave, Vostra Apprensione. Lo state semplicemente assecondando troppo » rispose placido il mago con le mani dietro la schiena.

Al sovrano parve tuttavia di udire una punta di rimprovero. « Spiegati. »

« Ludwig non si è mai abbassato a muovere i suoi passi da solo fino ad oggi perché ha chi è sempre disposto a portarlo ovunque voglia. »

« Be', non so chi sia l'idiota tra la servitù che gli ha fatto venire questa idea, ma lo voglio davanti a me seduta stante per farci un discorsetto. Avanti, chi è stato? » ringhiò iracondo. Ci mancava solo che ci si mettessero anche altri a complicargli l'impresa già a malapena gestibile di per sé.

Kamek si limitò ad alzare il becco per ricambiare mite lo sguardo del suo padrone dietro le spesse lenti degli occhiali, in attesa che i neuroni reali unissero i puntini. Bowser non ci arrivò subito, continuando insistentemente a fissare il suo riflesso nei due fondi di bottiglia, ma quando realizzò di essere lui stesso l'incriminato la sorpresa fu pari all'indignazione susseguendosi distintamente sui suoi lineamenti.

« Come sarebbe?! Io non l'ho mai abituato così! » si difese negando quella verità che si era ripetuta fin troppo spesso da quando Ludwig aveva fatto la sua maestosa entrata in scena al castello.

« Vostra Irascibilità, voi lo state coccolando troppo. »

« Il Signore del Male non coccola nessuno! » sbottò il sovrano, ben lontano dall'accettare la realtà e che lui fosse il solo e unico responsabile dei brutti vizi del cucciolo dietro il timore del ricatto affettivo e dei sensi di colpa al primo pianto.

« Raccontatemi, or dunque, una serata tipica con vostro figlio prima e dopo l'ora di andare a dormire. »

Bowser buttò aria dalle narici e alzò il mento con fare sprezzante. « Cosa c'è da raccontare? Dopo avergli dato la sua cena ed essermi assicurato che abbia mangiato tutto, lo metto a letto e lì resta fino alla mattina dopo » affermò con fierezza.

Kamek, conoscendo bene sia il suo re che l'agguerrita progenie, aveva colto ancor prima che il breve resoconto fosse terminato di trovarsi tra le mani una strepitosa e ostentata bugia: una serata in compagnia del koopolotto comprendeva urla, sbraiti e strilli, concludendosi quasi sempre in bellezza tra lacrime di coccodrillo da una parte e rassegnazione dall'altra. Il piccolo diavolo conosceva a menadito il copione su come manipolare il genitore senza che costui nemmeno se ne rendesse conto, e il pianto era il suo asso nella manica poiché il temibile monarca perdeva qualsiasi difesa solo alla minaccia e Ludwig lo sapeva meglio di qualunque legge universale.

Piangeva e Bowser gli dava attenzioni. Piangeva e Bowser gli dava da mangiare. Piangeva e Bowser gli dava la soddisfazione di ogni capriccio su un vassoio d'argento. Era inutile e nocivo continuare a far credere al padre illuso che non vi fosse un problema serio da affrontare al più presto, prima che il principino assumesse il totale controllo su di lui come già vi stava rapidamente e inesorabilmente riuscendo con indubbio successo. Tuttavia non sarebbe stato così facile aiutare un tipo orgoglioso come il sovrano ad aprire finalmente gli occhi e avvedersi della tirannide del Grande e Potente Ludwig sotto cui l'intero castello, lui in primis, era caduto dal primo giorno di vita del cucciolo.

« Se permettete consiglio sulla faccenda... » Il mago cercò di lanciare un salvagente nelle acque tempestose, ma come predetto Bowser non lo deluse.

« Sono perfettamente capace di prendermi cura di mio figlio. Non mi servono le tue opinioni » replicò offeso dalla presunzione dello stregone di poter fargli da maestro sulla paternità, omettendo però che costui lo aveva praticamente cresciuto a sua volta.

« Vostra Indolenza, non c'è ragione di alterarsi. »

« Ho tutto sotto controllo. E Ludwig imparerà a camminare entro oggi, ci puoi scommettere la pensione! »

Kamek non insistette. Al suo testardo padrone occorreva solamente un altro po' di tempo per ammettere a se stesso lo stato delle cose e che non volgessero esattamente a suo favore. Non era riuscito a fargli accettare di “degradarsi” a dover ricorrere all'esperienza di quel magikoopa che in passato era stato il proprio tutore, ma almeno aveva instillato in lui il seme del dubbio ed era certo che a breve sarebbe germogliato rigoglioso, irrorato dai piagnistei regolari del cucciolo.

« Molto bene, Sire. Mi ritiro umilmente nel mio laboratorio ad attendere la lieta novella. » E si congedò chinando il capo prima di chiudersi la porta alle spalle.

Bowser grugnì in tono di sfida e ripescò la piccola peste intenta a zampettare spensierata sotto il tappeto. Reggendolo sottosopra per una gamba, lo scrutò intensamente mentre l'altro dondolava spassionato nella sua presa ricambiando lo sguardo. Era giunto il momento di inculcare una volta per tutte in quella testolina macchinatrice chi fosse veramente al comando.

E Ludwig aveva già la sua idea in proposito.

« Se uscirai da questa stanza, lo farai solo camminando come si deve. Chiaro? »

Il koopolotto non emise un verso, ma gli stava dando la sua completa attenzione. Bene. Lo sistemò sul tappeto morbido e poi prese posizione, distanziandolo di qualche passo e accucciandosi con le mani tese in avanti a incitarlo.

« Da bravo, prova ad alzarti. Dai, Lud. Vieni da papà! » I primi dolci tentativi di persuasione non vennero minimamente recepiti e il cucciolo non solo non si degnò quantomeno di gattonare, ma non mosse neppure un dito. Tutto quello che fece fu continuare a fissarlo in quel modo che immancabilmente risvegliava in lui il sospetto di essere preso in giro. Sforzandosi di non bruciare subito le riserve della sua sottilissima pazienza e di tenere bene a mente che urlare non lo avrebbe certo incoraggiato a camminare verso di lui, se non per niente, provò con una tecnica leggermente più decisa. « Qui, Lud. Qui, forza » lo chiamò dando dei colpetti a terra.

Sembrava quasi stesse parlando a un cane e Ludwig gradì ancora meno, indirizzandogli uno sguardo di rimprovero e alzando le braccine nella solita rivendicazione di essere preso su.

« No, Lud. Sei grande abbastanza per usare i tuoi piedi adesso. Tutti i koopa della tua età sanno già correre per i fatti loro e tu invece stai ancora con la coda attaccata al pavimento. »

La subdola frecciatina non sortì altro effetto che l'indifferenza e le manine si tesero nuovamente nella sua direzione con più insistenza.

« Insomma, perché non fai almeno un tentativo?! » inizio fase due.

Ludwig scosse la testa ed emise un ringhio spazientito. Non aveva idea di chi fossero gli altri koopa e la cosa non lo sfiorava. Tutto quello che sapeva era che suo padre ci stesse mettendo molto più del solito ad accontentarlo e ciò stava diventando davvero seccante.

« No?! Come sarebbe “no”? Non vuoi diventare il più bravo di tutti? » La psicologia inversa fu l'ennesimo fiasco.

Prima di uscire definitivamente dai gangheri, il re ripose le sue ultime speranze e i brandelli della sua tolleranza in un esperimento più tattile, avendo visto altri genitori aiutare direttamente i loro piccoli a muovere i primi passi sorreggendoli per le manine e camminando dietro di loro in modo da fornirgli maggiore equilibrio. Dato che chiedergli di venire da lui era troppo, allora avrebbe fatto il contrario, ma non l'avrebbe data vinta a Ludwig.

Il cucciolo ridacchiò felice e ignaro non appena il padre fece per avvicinarglisi, ritrovandosi poi a protestare adirato nella presa salda del genitore sleale, con le braccia tenute su e Bowser alle sue spalle a condurlo avanti sulle zampine robuste.

« Vedi, Lud? Camminare può essere divertente. » Il sovrano si compiacque del proprio successo.

Ludwig ne ebbe decisamente piene le tasche e, proprio quando Bowser stava per chiamare a gran voce Kamek per mostrargli le sue brillanti doti parentali, il cucciolo si abbandonò a tradimento nelle sue mani come una bambola di pezza.

« E adesso che caspita... LUDWIG! » Ci era andato così vicino da essersi illuso di nuovo ei il momento memorabile era ormai bello che rovinato. Mollò la presa e lo osservò lasciarsi cadere inerte sul tappeto morbido, rimanendo perfettamente immobile col musetto in giù.

« Vedi di darci un taglio e alzati! Mi sono stancato di questo spettacolo indecente! » fase due inoltrata.

Sospese la sfuriata in attesa di una qualsiasi reazione o conferma che il messaggio fosse stato assorbito, ma appena prese atto di essere deliberatamente ignorato si chinò di nuovo e fece per rimetterlo in piedi. Tuttavia Ludwig si ostinava a restare smorto in una sorta di resistenza passiva, seppur molto efficacie per mandarlo ulteriormente in bestia.

« Ne ho abbastanza! Mi rifiuto di portarti ancora in braccio. O ti alzi subito o ti lascio qui. E non tornerò indietro a prenderti! »

Il cucciolo era inamovibile, col naso ancora incollato al pavimento.

Mordendosi le labbra per trattenere la propria esasperazione mentre la bocca si riempiva di fumo, il sovrano della Terra Oscura marciò fuori dalla stanza sparendo dal campo visivo del piccolo, si nascose dietro un angolo e continuò a pestare sulle pietre per dare l'impressione di essersene realmente andato per la sua strada.

Silenzio.

Bowser soffocò l'impulso di sbirciare e rischiare di essere individuato se Ludwig avesse finalmente spiccicato lo sguardo dal tappeto.

Udì un pigolio infelice.

I muscoli si tesero di riflesso. No, deve imparare una buona volta, si rammentò.

Da un momento all'altro Ludwig gli si sarebbe fiondato contro in lacrime, smontando la sua ridicola farsa e dimostrandogli che sapesse camminare perfettamente. Si sporse un poco in fervente attesa che ciò si realizzasse.

Nada. Eccetto i singhiozzi sempre più malinconici del koopolotto evidentemente finito nel tranello.

A quel punto il dubbio lo attanagliò: e se Ludwig non fosse stato davvero capace di camminare? E lui lo aveva per giunta mollato lì a fargli credere di essere rimasto completamente solo. Con quale cuore, con quale faccia? Inutile dire che il fiero sovrano della Terra Oscura iniziò a sentirsi un verme e, non appena i vagiti disperati di Ludwig si levarono più forti e pietosi, inutile dire anche che tutta la sua forza di volontà si prosciugò in un soffio e fece subito dietrofront da suo figlio che con tanta crudeltà aveva fatto sentire abbandonato. Ritrovandolo nel punto preciso dove lo aveva lasciato, ora piegato miseramente su se stesso, lo sollevò con delicatezza tra gli artigli per avvolgerlo nel suo abbraccio protettivo facendo vibrare la gola in tenere note di scusa e conforto.

Solo quando Ludwig interruppe i suoi uggiolii senza traccia di lacrime e pigolò allegro rannicchiandosi nel suo calore, Bowser sollevò le palpebre di scatto e comprese di essere stato ancora una volta beffato alla grande.

Ho bisogno di aiuto, concluse finalmente strascicando i piedi nella direzione del solo essere senziente che avrebbe potuto riscattare la sua credibilità di padre.

Kamek non aveva nemmeno fatto in tempo a terminare di gustarsi la sua tisana che un bussare spazientito alla porta lo costrinse a sospendere lo spuntino per rispondere senza fretta alla chiamata profetizzata. « Siete qui per discutere della mia pensione, Altezza? » chiese con fin troppa affabilità.

Gli occhi roventi del drago si assottigliarono. « Ridimensiona il tuo umorismo se non vuoi finire a concimare le piante piranha in giardino. »

Ludwig se ne stava comodamente accoccolato nell'incavo del gigantesco braccio, il suo trono, con un sorrisetto compiaciuto a ornargli il musetto tondo e le dita intrecciate sopra il pancino come un pascià. Se vi fossero stati dubbi su chi dei due avesse vinto la partita, una sola occhiata fugace sui loro musi sarebbe stata più che sufficiente ad annullarli per sempre.

« Allora in cosa posso esservi utile? » Kamek era un tipo di poche pretese dalla vita, ma quelle parole voleva sentirsele dire o nessuna forza esistente sarebbe riuscita a spostarlo di un millimetro.

Bowser deglutì mandando giù il rospo. E un'altra volta sentendolo risalire. « Devi darmi una mano prima che esca fuori di testa. »

« Non ho ben capito, Vostra Imponenza. Sapete, l'età. »

« Certo, l'età » mugugnò il re a denti stretti ricordandosi ogni secondo che colui in piedi dinnanzi fosse la sua unica fonte di salvezza e di non poter dunque reagire secondo natura. « Ho bisogno del tuo aiuto » brontolò infine.

« Pardon. L'aiuto di chi, mio signore? »

Un lungo respiro. « Kamek. Ho. Bisogno. Del. Tuo. Aiuto. »

« ... »

« Per favore. »

« Sempre a vostra completa disposizione, Sire » cinguettò il magikoopa drizzando le spalle e rivolgendogli un largo sorriso.


Nota d'autrice:

Tata Kamek in arrivo. Da adesso in poi sarà uno scontro alla pari.


Bowser, Ludwig, Kamek & tutte le punginelle © Nintendo

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Capitolo 5
*** Prime battaglie ***


l

Operazione Tata Kamek aveva ufficialmente avuto inizio il giorno stesso nella complice riservatezza tra il monarca e il suo consigliere, mantenendo il resto del castello all'oscuro di essersi trovato costretto a ricorrere al suo supporto per continuare nella vacillante carriera di reggente e padre a tempo pieno. Kamek sarebbe tuttavia intervenuto con la dovuta discrezione e si sarebbe limitato a spalleggiare il padrone quando lo avrebbe reputato necessario, anziché scavalcarlo e interagire direttamente col piccolo despota che continuava a scrutarlo di tanto in tanto con attenta circospezione dal suo seggiolone.

« Bene, Lud. Dopo una mattina di emozioni e inganni sarai affamato, immagino » mormorò il drago senza traccia di entusiasmo in uno dei momenti che meno amava della quotidianità degli ultimi mesi.

Il principino non rispose, nemmeno lo stava considerando se si voleva essere fiscali, e sembrava più preso dall'ispezione accurata del piedino sinistro che al cucchiaino di pappa in graduale avvicinamento.

Kamek aveva già istruito segretamente il suo signore prima che un cameriere gli avesse consegnato la porzione del cucciolo: se questi non avesse collaborato dall'inizio o, nel più estremo dei casi seppur non escludibile, avesse cominciato con uno dei suoi violenti capricci, allora avrebbe dovuto astenersi dall'insistere oltre e fargliela immediatamente portar via. Senza ripensamenti.

A quanto pareva il koopolotto non aveva alcuna voglia di sorprenderli e rispose alla percentuale più alta delle aspettative.

« Lud, non intendo stare piantato qui a combattere con te. O mangi il tuo pranzo o lo faccio portare via. Non scherzo » lo ammonì severo, guardando con la coda dell'occhio dalla parte di Kamek e ricevendo un cenno di approvazione.

« Ba! » Il koopolotto alzò disturbato lo sguardo e cacciò via la posata dal suo spazio vitale con un gesto per poi riprendere il controllo podologico da dove aveva lasciato, badando beatamente agli affari propri come se Bowser fosse stato una mosca invadente.

Il che urtò non poco costui. « Come vuoi, lo faccio portar via. Lud, guarda il tuo pranzo che se ne va. Ultima chance, Lud... Lud. Ludwig! »

Quel fetente di un cucciolo se l'era spudoratamente cercata se credeva di poter snobbare così anche lui. Bowser sistemò il coperchio sulla ciotolina e la lanciò a mo' di frisbee al cameriere che aveva già ricevuto il comando di attendere fuori dalla porta, prontamente riaperta da Kamek. Il koopa afferrò al volo l'oggetto e rivolse un'espressione confusa allo stregone che si limitò a comunicargli di rimandarla nelle cucine per ordine del re, scandendo bene le parole così che Ludwig avesse potuto udire ogni singola lettera.

« Andiamo » dichiarò il drago riappropriandosi della prole rimostrante per riprendere la routine burocratico-amministrativa da dove aveva interrotto.

Trascurando le proteste accorate per tutto il tragitto fino alla sala del trono dove lo attendevano pile di pratiche e scartoffie da smaltire, depositò il carico a terra tra i suoi giochi e continuò a fingere che non ci fosse nessun koopolotto nei paraggi a fissarlo con un broncio oltraggiato. Kamek era stato cristallino su questo punto della rivoluzione: Bowser avrebbe dovuto ignorare ogni lamento, strepito, uggiolio o qualsivoglia verso originato da Ludwig. Il sovrano impugnò il primo fascicolo per leggerselo come se fosse stata la cosa più interessante del creato e, pian pianino, foglio per foglio, la torre di rapporti alla sua sinistra cominciò a essere pazientemente smantellata.

Il re era stato molto scettico sui consigli del mago, ma fin lì dovette ammettere che il nuovo programma da seguire fosse stato più semplice di quanto aveva creduto possibile. Doveva solo starsene fermo e non prestare la benché minima attenzione ai capricci del cucciolo che... non aveva aperto bocca. Spiazzato, Bowser sbirciò di nascosto da dietro l'ennesimo rapporto e si ritrovò dinnanzi una muraglia di silenzio eretta intorno a due occhietti tondi che lo fissavano accusatori, chiaramente con l'intento di stritolarlo in una morsa di sensi di colpa per quel nuovo barbaro trattamento.

Il drago sudò freddo. Un qualsiasi altro cucciolo si starebbe sgolando in uno sfogo da concerto lirico più bis, ma non Ludwig.

No, Ludwig era a dir poco inquietante.

Qualunque cosa faccia, ricordatevi che non dovete dargli attenzioni. Le raccomandazioni riaffiorarono alla mente e il re si chiese se il magikoopa avesse potuto prevedere una reazione simile o restare allibito quanto lui.

Di fatto Kamek gli aveva detto di ignorarlo qualunque cosa facesse, ma Ludwig in pratica non stava facendo niente se non giudicarlo come un ladro sul banco degli imputati. Riflettendoci meglio però, visto che anche questo significava fare qualcosa dopotutto, Bowser accettò di continuare a dare retta al suo consigliere e restò seduto ad adempiere alla parte più noiosa dei suoi doveri di unico sovrano (e genitore), facendosi scudo con le pratiche ancora rimaste da controllare mentre il gelo regnava intorno.

Ludwig in realtà aveva iniziato da parecchio ad accusare gli insistenti brontolii del pancino in riserva poiché l'assoluta intolleranza alla fame, come l'inclinazione naturale a rendersi sovente fonte di guai, faceva parte del patrimonio genetico di famiglia e si era risvegliata in tutto il suo splendore per la prima volta da quando il cucciolo aveva memoria. L'unica cosa che lo frenava dall'ululare quanto gli andasse ormai la pappa che aveva permesso che gli togliessero da sotto il naso era la certezza che fosse stato esattamente ciò che suo padre si aspettava e che non avrebbe risolto nulla, eccetto che consumare le forze aumentando ancora di più l'appetito. E, sempre per la prima volta, anche un disorientante senso di incertezza lo colpì assieme allo strazio dello stomaco vuoto.

Di umore completamente opposto invece, Bowser se la prese comodo col lavoro e lasciò passare il suo tempo prima di stabilire che il koopolotto avesse finalmente appreso la lezione. Quando gli ripresentò davanti la ciotolina, Ludwig abbandonò la maschera di sdegnato stoicismo e mangiò tutto senza storie, con le pupille dilatate per l'emozione.

Forse Kamek sapeva il fatto suo.

« Cos'è, ce l'hai ancora con me? » Dopo aver risolto col pranzo il piccolo gli aveva rimesso il broncio e si rifiutava di parlargli, cioè di emettere almeno quei pochi versetti che usava di solito, rivolgendogli il guscio e rimanendo a debita distanza tra i suoi balocchi a fingere che li preferisse a lui. Fece per sollevarlo da terra e Ludwig si rivoltò come un gattino indispettito.

« Baa! » Lo respinse con una manina, indirizzandogli un'occhiataccia così minacciosa da incutere soltanto tenerezza.

Bowser rise senza neanche sforzarsi di far finta di prenderlo sul serio e lo raccolse tra gli artigli, incurante delle opposizioni sbraitanti, cominciando a lanciarlo sereno in aria per riafferrarlo saldamente al volo e cullarlo qualche secondo prima di rimandarlo su. Ludwig interruppe la sua inintelligibile filippica solo quando si ritrovò sospeso per un momento sopra la testa di suo padre, colto alla sprovvista dal repentino cambio di elemento, ma non appena si fu adattato al ritmo del gioco il suo berciare riprese con più vigore.

Il sorriso del re non si ridusse di un millimetro e in pochi secondi tutte le plausibili promesse di vendetta si impappinarono insieme prima di essere completamente cancellate dal suono squillante delle risa che ne avevano preso il posto. Solo quando il cucciolo ebbe quasi le lacrime agli occhi dal gran ridere, Bowser si fermò e se lo sistemò comodamente contro una spalla mentre si avviava verso il campo d'addestramento per mostrargli come si tenevano in riga i soldati e per il gusto di farli correre qua e là senza un motivo particolare, intanto che i gorgheggi divertiti di Ludwig facevano da accompagnamento durante il viaggio.

Nessuno dei due riusciva mai a restare arrabbiato con l'altro per troppo tempo.

Il koopolotto era rimasto di ottimo umore per il resto della giornata e la cena filò liscia senza un intoppo, ma l'ultimo e supremo degli ostacoli era inesorabilmente arrivato: la messa a letto.

Bowser deglutì, osservando il cucciolo iperattivo scalare una pira di cuscini senza alcuna traccia di stanchezza o almeno la possibilità che presto si sarebbe manifestata. Avrebbe dovuto lottare come tutte le altre sere per andare a dormire. Non vi era ombra di dubbio su questo.

« Bene, Sire. Sono le nove e mezza. Direi che siamo anche in leggero ritardo rispetto ai giusti orari del principino » disse un Kamek a suo parere eccessivamente disteso di fronte a quello che li attendeva.

Il drago indirizzò uno sguardo insicuro al magikoopa, ma questi non si scompose e con la mano gli fece cenno di procedere. Optò per giocare d'astuzia e non rivelare subito le sue vere intenzioni al piccolo che si rotolava ignaro sui cuscini prima di “immergersi” e spuntare da un altro lato della massa morbidosa. « Andiamo, Lud » lo chiamò col tono più calmo e spensierato che riuscì a modulare per indurlo a credere che avrebbero fatto qualcos'altro di divertente magari.

Ludwig pigolò allegro lasciandosi prendere in braccio e si abbarbicò al collo del padre che aveva sostituito il suo collare con uno senza le borchie affilate per dovuta sicurezza. Il sovrano si sentì male a ingannare il cucciolo che si fidava ciecamente di lui, ma tale pentimento venne immediatamente schiacciato al ricordo delle notti insonni degli ultimi mesi proprio a causa sua. E come previsto, non appena si diresse verso il lettino e i suoi intenti furono smascherati, Ludwig cessò di essere così affettuoso e la sfida ebbe ufficialmente inizio tra calci, graffi e strilli.

Quando Bowser riuscì alla fine a metterlo nel giaciglio, ostacolando i numerosi tentativi di riarrampicata sulle sue braccia, il koopolotto alzò gli occhi lucidi verso di lui nella commovente richiesta di non essere lasciato lì da solo.

E se non fosse stato per Kamek, il drago vi avrebbe pure ceduto come al solito. Nel momento in cui stava per oltrepassare la soglia della cameretta lo raggiunsero struggenti i singhiozzi di Ludwig e questa volta erano autentici.

« Ignoratelo » ribadì categorico il magikoopa.

Bowser annuì e lo seguì fuori, cercando tenacemente di non farsi impietosire dalla crescente intensità dei vagiti che si lasciava dietro. Voleva fuggire per risparmiarsi la tortura di udirli, ma una parte più grande di se stesso gli imponeva di non farlo e collassò nemmeno qualche metro più in là con le mani tra i capelli e il guscio contro il muro, incapace di alienarsi dal pianto del cucciolo. Avvertì l'urgenza improvvisa di sbattere ripetutamente la testa sulla parete.

« Non angustiatevi, non ha bisogno di voi adesso. Deve imparare che ci sono orari anche per lui da rispettare e infine che piangere non è un mezzo per ottenere tutto quello che vuole » lo rassicurò lo stregone con delle pacche sincere sulla spalla.

Ci volle pressappoco un'oretta prima che Bowser crollasse. Kamek rimase impressionato dalla determinazione dimostrata dal suo padrone, avendo immaginato che sarebbe stata questione di una decina di minuti prima di doverlo bloccare di peso dal precipitarsi verso il lettino. Anche la capacità di Ludwig di mantenere costante il volume del suo piagnisteo per la bellezza di un'ora intera non fu meno ammirevole.

« Non posso credere di averti dato ascolto fin adesso! È ovvio che c'è qualcosa che non va a questo punto! » esclamò il koopa rialzandosi e quasi travolgendo lo stregone nell'intento di correre indietro.

« Vostra Irruenza, vi consiglio di aspettare ancora prima di mandare tutto a monte. Tra poco si stancherà » lo richiamò l'altro ormai davanti la porta.

« Qualunque cucciolo che piange così a lungo sta sicuramente mal... »

« Un momento! Ascoltate. »

« Non sento niente, vecchio! »

« Per l'appunto. »

Ludwig ci aveva finalmente rinunciato e si era addormentato. Bowser non poté esternare la sua infinita esultanza con un grido di vittoria e si limitò a lanciare un pugno in aria, danzando sulle punte per la gioia.

Quella fu la notte di sonno ristoratore più appagante di tutta la sua vita.


Nota d'autrice:

Appare Ludwig selvatico.

Ludwig selvatico usa PIAGNISTEO.

È superefficace!

Bowser è confuso!

È così confuso da colpirsi da solo.


Bowser, Ludwig, Kamek & (implicitamente) pokémon © Nintendo

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Capitolo 6
*** Prime vittorie ***


k

La figura imperiosa del sovrano delle tenebre seduto sul trono irto di punte e con teschi scolpiti nei braccioli massicci era un ciclopico magnete di timore e deferenza a cui nessuno sguardo poteva sfuggire nella grande sala silenziosa. Le iridi di Bowser non avevano bisogno del sole per emanare una luminescenza sinistra che era loro naturale e la luce lugubre delle torce si rifletteva sulle squame ramate conferendogli un'aria solenne quanto demoniaca. Tuttavia, la presenza minuta del cuccioletto sonnecchiante col sederino sul palmo del genitore e la testolina abbandonata contro le scaglie calde del braccio e del fianco ne mitigava l'aspetto, stiracchiandosi di tanto in tanto e muovendosi pigramente per cercare una posizione più comoda.

Nonostante quell'apparenza che di cordialità ne ispirava ben poca, era comunemente risaputo della magnanimità del Re verso i suoi sudditi ed egli non aveva limiti di orario per ricevere a qualsiasi ora del giorno tutti coloro che si recavano dinnanzi la sua presenza per chiedere aiuto. Erano eventi rari e quasi sempre motivati da disgrazie o incidenti imprevisti, poiché quello di Bowser era un regno dai confini serrati ma florido ed i suoi abitanti non conoscevano il flagello della miseria. Però un'avversità dovuta ai capricci del fato a volte poteva bussare alla porta di qualche sfortunato.

Bowser non era portato per i discorsi di conforto e normalmente si limitava ad annuire dopo essere stato messo al corrente dello stato di difficoltà in cui il suddito versava e questi poi veniva riaccompagnato fuori da uno dei suoi delegati che, su suo preciso ordine, avrebbe provveduto a rifornire il malcapitato del necessario per rimediare le cose.

In un momento di leggera noia e quando fu certo di passare inosservato, il drago giocherellò con un artiglio ricurvo sulle piante dei piedini osservando divertito le zampette e la codina fremere in piccoli tic scoordinati e le labbra di Ludwig arricciarsi in un sorrisetto involontario senza che la sua fase REM fosse minimamente deturpata. Ora, in quanto erede al trono della Terra Oscura e futuro Signore del Male sul mondo intero, sarebbe stato oltremodo disdicevole osare definirlo carino, con quel faccino tanto angelico quanto infido dietro cui si nascondeva un genietto che avrebbe mandato in crisi lo psicologo infantile più saccente solo per gioco. Eppure, continuando a studiarlo con la testolina penzolante all'indietro e quell'espressione di totale beatitudine stampata sul musetto, Bowser realizzò imbarazzato di trovarsi improvvisamente a corto di altri aggettivi meglio appropriati...

Una recluta goomba annunciò una visita ed il koopa alzò lo sguardo rimettendosi in posa sul suo seggio. Un tipo timido che aveva affrontato un lungo viaggio per implorare il soccorso del sovrano fece timorosamente il suo ingresso nella sala del trono, affiancato dal magikoopa che ne avrebbe fatto le veci ufficiali. Tuttavia fu l'impacciato ospite a prendere direttamente la parola anticipando Re e funzionario dopo le formali introduzioni.

« Sono solo un umile agricoltore, Vostra Imponenza. La maggior parte del raccolto di questi mesi è andato perso a causa di un incendio colposo e così non so come fare per saldare i conti ai miei creditori per le sementi e gli attrezzi senza ridurre la mia famiglia alla fame. I miei figli sono ancora piccoli e devono andare a scuola ed il pensiero di fargli trovare la tavola quasi vuota quando tornano a casa... » la voce del contadino si spezzò con un singhiozzo abbassando lo sguardo per la mortificazione e per essersi beccato un'occhiataccia di rimprovero dal magikoopa per non aver rispettato il protocollo.

« Quanti figli hai? » fu la domanda completamente inattesa.

Il tipo timido si riscosse per essere stato interpellato direttamente dal Re. « Cinque, Sire. L'ultimo va ancora all'asilo » balbettò stringendosi le mani.

Uno degli artigli del drago si fletté istintivamente a sfiorare il suo cucciolo.

« Ieri ha fatto la sua prima capriola » aggiunse l'ospite senza trattenere una nota di emozione.

Bowser pensò che Ludwig non si sarebbe mai abbassato a fare una sola capriola nella sua intera esistenza nemmeno con mille dolcetti in palio e lui a pregarlo in ginocchio.

Il suo silenzio di rassegnazione doveva essere stato interpretato come di giudizio perché l'umile agricoltore iniziò a mostrare quella tipica agitazione di chi era combattuto tra indietreggiare lentamente verso l'uscita o buttarsi a terra ad implorare. Ruppe lui lo stallo prima che l'ospite crollasse.

« Riceverai il risarcimento dei danni e un'integrazione per sostenere le spese familiari fino alla prossima mietitura » stabilì mentre il magikoopa si affrettava ad appuntare il suo volere su una pergamena con impresso il sigillo reale.

Il tipo timido parve lì lì per scoppiare di gioia e Bowser allarmato alzò subito un indice per chetarlo, facendogli presente poi con lo stesso dito che c'era gente che voleva dormire e che i toni dovevano dunque restare moderatamente bassi. Ludwig diventava scorbutico se veniva rudemente interrotto nel bel mezzo del suo riposino pomeridiano.

« Non c'è soddisfazione più grande che vedere i propri figli crescere sani e felici, Vostra Oscurità. È quando tutto il resto passa in secondo piano, compresi noi stessi, che ci accorgiamo di quanto sia meraviglioso essere padri e che ogni istante insieme a loro valga la pena di essere vissuto come se fosse irripetibile » gli aveva detto commosso prima di andarsene con la soluzione pecuniaria ai suoi problemi ed una rinnovata visione rose e fiori della vita che lui aveva contribuito a far germogliare.

Bowser nutriva ancora le sue riserve sugli ultimi due punti.



« Lud, farai questo bagno. Che ti piaccia o no » borbottò il Re tentando con impegno di staccare il cucciolo che si era stabilmente avvinghiato al bordo della vasca, ben intenzionato a mantenere ogni parte del corpo fuori dalla massa liquida proprio un centimetro sotto la codina piegata all'insù.

Era una resistenza destinata a non ripagare nulla ed entrambi lo sapevano, ma Ludwig avrebbe dichiarato battaglia e lottato con valore tutte le sante volte per rinnovare il suo dissenso nell'umida faccenda.

« È inutile opporsi. Prima entri volontariamente in acqua e prima saremo liberi! »

« Baaa!! » che stava per Giammai!!

Il padre sospese per un momento i tentativi di schiodarlo da lì nel timore di fargli inavvertitamente male tanto era saldato alla superficie asciutta della tinozza reale. Guardandolo meglio notò che si stava addirittura puntando col mento oltre il bordo. Se avesse impiegato altrettanta determinazione nel migliorare il suo dialogo monosillabico avrebbe già potuto darsi all'oratoria.

« Lud, è l'ultima volta che te lo chiedo. Entra in acqua da solo e finiamola qui. »

« BA » il cucciolo ribadì la sua posizione premendosi ulteriormente contro la ceramica lucida.

« Con te è sempre la via difficile! » sbottò il koopa riavvicinando gli artigli al principino che irrigidì nuovamente i muscoli e si preparò ad essere sganciato con la forza.

Bowser ricorse invece ad una tattica più sottile, facendo danzare delicatamente la punta delle grinfie sulle scaglie morbide del pancino fin dove era scoperto. Ludwig scoppiò a ridere colto alla sprovvista e fu costretto a trascurare la presa per proteggersi, scivolando inesorabilmente giù dopo una manciata di secondi e cadendo raggomitolato su se stesso al centro del palmo pronto a riceverlo.

« Ah! » Il drago sorrise soddisfatto e lo intinse senza tante cerimonie, strizzandogli sopra la spugna imbevuta (attento ad evitare gli occhi) e la chioma svolazzante si richiuse intorno alla testolina come un ombrello mettendo in mostra le corna minute.

Aprì i rubinetti per far scendere più acqua calda e montagnole di schiuma cotonosa e profumata si formarono rapidamente intorno al koopolotto che si riscoprì a dominare su un minimondo tutto bianco. La disapprovazione di Ludwig restava comunque palese sui lineamenti corrucciati, ma non fece nulla per ostacolare l'operato come i primi tempi e lasciò che suo padre, usando una mano per lavarlo e l'altra per sorreggerlo di modo che non andasse a fondo come un sasso, si sbrigasse a strofinargli lo shampoo tra i ciuffi che continuavano con un certo fastidio ad appiccicarglisi sul musetto.

Fare il bagno era una consuetudine per cui il cucciolo non stravedeva diffidando dell'acqua per carattere, specialmente quando ce n'era troppa, e metà del fascino della schiuma immancabile in ogni sessione se ne era andato con la delusione che non fosse commestibile. Dondolò piano le zampette immerse, vagamente annoiato ed augurandosi che tutto avesse fine molto presto.

All'improvviso qualcosa sbatté con violenza sul vetro della finestra facendo sussultare il Re che lanciò un grido poco decoroso e di riflesso assestò una sonora ginocchiata contro la vasca. Zoppicando si precipitò a verificare l'origine dell'attentato e si ritrovò a fissare da qualche metro le facce sgomente quanto la sua di un gruppetto di giovani reclute parakoopa e paragoomba. Il pallone proseguì la sua ultima picchiata verso il basso infilzandosi su una picca delle inferriate, ma a nessuno importò granché di fronte ad un problema certamente più terrificante della fine del gioco. Uno dei soldati balbettò ingobbito qualche scusa prima che il suo farfugliare venisse coperto dalla voce ruggente del sovrano che spartì loro una sana ramanzina per il lampo di genio di essersi avvicinati così tanto alle finestre durante la partita, invece di prestarci attenzione.

Quando chiuse gli infissi grugnendo ancora indispettito, realizzò finalmente di aver lasciato qualcosa in sospeso. Qualcosa che non sapeva ancora restare a galla da solo.

Il manto di schiuma compatta quasi strabordante gli impedì di localizzare a occhio il disperso, per cui immerse prontamente un braccio per setacciare il fondo tastando alla cieca. Non lo ritrovò subito, ma la ricerca si concluse col drago che stringeva vittoriosamente per una zampetta un cucciolo gocciolante a testa ingiù, ancora mezzo stordito dal rimbombo del colpo contro la vasca. L'incidente non migliorò di certo il rapporto di quest'ultimo con l'acqua né l'umore del momento, ma almeno Bowser provò a farsi perdonare per l'onta subita.

« Cosa ti va di guardare Lud? » chiese facendo un rapido zapping tra i canali per trovare qualcosa di adatto al koopolotto che gli sedeva in grembo.

Ludwig fissava lo schermo senza mostrare alcun entusiasmo particolare per una delle scene che continuavano a scorrergli davanti.

Il padre ci aveva già provato coi cartoni animati e sapeva che lo annoiavano. Nemmeno i film per bambini destavano il suo interesse e il Re covava il dubbio che Ludwig accettasse di guardarli solo per fargli un piacere. Erano poche le cose che suo figlio sembrava gradire o che almeno lo divertivano: farlo arrabbiare era la prima della lista; farlo arrabbiare ancora di più fino ad annientarlo; poi c'era la musica...

L'unico nella moltitudine di balocchi che si era distinto era stato il piccolo xilofono che stava acquisendo un'aria consumata per tutte le ore che il koopolotto passava costantemente ad esercitarcisi. Ormai quello strumento non custodiva più segreti per Ludwig che aveva addirittura imparato come prolungare il suono limpido delle note e non solo sapeva riprodurre le melodie che il suo sonar incorporato captava in giro per la fortezza reale, ma aveva anche dato prova recentemente di crearne a sua volta. Prima di “esibirsi”, aveva l'abitudine di raccogliere qualche pupazzo in giro per la sua stanza e disporli in ordine di fronte con le pupille di plastica direzionate su di lui, la sua platea.

Ludwig aveva un dono, era innegabile. Chissà che Bowser non avesse potuto trovare il modo di sfruttarlo anche a suo favore.

Il Re decise dunque di fare un tentativo. Si spostò sui programmi dedicati a ogni genere di musica e cominciò a sfogliarli uno per uno osservando le reazioni del suo enigmatico cucciolo. Per prima cosa passò alle canzoncine per bambini e dall'espressione non vi erano dubbi: Ludwig era orripilato. Scorse tra le trasmissioni con gli ultimi successi del pop e vide il musetto del cucciolo incresparsi ancora di più. Andò avanti scoraggiato saltando da una variante all'altra fino ad approdare sulle rive movimentate del metal estremo. Il koopolotto aveva il tic all'occhio sinistro e si volse lentamente verso il muso del padre chiedendo con lo sguardo il perché di questa tortura.

Bowser si morse la guancia quasi prossimo alla sconfitta. Aveva esplorato una ventina di canali e non aveva trovato nulla di intrigante per il figlio che invece sembrava pronto a saltare giù dal sofà e fuggire urlando. Erano rimasti solo i più noiosi raschiando il fondo dell'elenco, ove nessuno osava mai sintonizzarsi e di cui molti nemmeno ne sospettavano l'esistenza. Non aveva niente da perdere e si giocò l'ultima carta straccia.

Silenzio.

Alzò il volume al massimo credendo che fosse colpa del segnale, ma non cambiò nulla eccetto per l'eco vuota che si propagava minacciosa dalle casse dello stereo.

Poi all'improvviso un boato pari ad un'esplosione li investì facendolo trasalire con tale veemenza da ribaltarsi all'indietro con poltrona, telecomando e primogenito. Esaltata dal tripudio dei cori ed i rintocchi delle campane che scuotevano corpo e anima dei presenti, l'Ouverture 1812 di Tchaikovsky si levò ruggendo in tutta la sua gloria dagli amplificatori e i vetri della stanza tremarono contenendo a malapena la potenza dell'onda d'urto.

Dondolando sul guscio e ancora paralizzato dallo spavento, Bowser si portò una mano al petto temendo un infarto imminente, ma le sue coronarie parvero reggere anche questa volta. Ludwig gli stava steso sul torace coi capelli blu sparati come lo erano i suoi a causa dell'impeto della musica: incantato, rapito, strabiliato! Glielo si poteva leggere chiaramente negli occhietti tondi spalancati dall'emozione. L'Ouverture si dimostrò un degno omaggio alla vittoria non solo per i russi.

Le reclute che montavano la guardia al di fuori della stanza si ricomposero rialzandosi e raccogliendo le rispettive picche. Sconvolte dal botto imprevisto per cui si erano gettate a terra, si guardarono qualche secondo dominando il batticuore per poi aprire la porta di una fessura per sbirciare timidamente dentro una sopra l'altra. Re Bowser sedeva sul pavimento col Principino Ludwig tra le sue zampe, nessuno dei due prestando attenzione allo schermo che di fatto non mostrava alcun immagine. Il koopolotto agitava in aria le manine seguendo il ritmo della musica come in uno stato di trance e il genitore si limitava ad osservarlo con un gran sorriso, indifferente al frastuono che regnava sovrano al suo posto per tutta l'ala del castello. Dietro di loro giaceva dimenticata la sua poltrona preferita riversa sullo schienale. Be', almeno potevano degnarsi di abbassare il volume, ma lungi dai soldatini permettersi di rompere la strana magia creatasi in mezzo a quel baccano in cui sembravano perfettamente in pace con loro stessi.

Bowser si sarebbe ricordato per sempre di quel momento, quando aveva finalmente trovato la chiave per domare il cattivo temperamento di un Ludwig che andava letteralmente in brodo di giuggiole come il suo udito intercettava le note di un'opera sinfonica. Tale scoperta pose rimedio anche al problema della messa a letto: al drago bastava lasciare lo stereo acceso con qualche componimento tra i più travolgenti e qualsiasi protesta veniva sedata all'istante finché il koopolotto non smetteva di ciondolare a tempo e scivolava sereno nella dimensione dei sogni sulle note dei grandi classici.

La musica influì in positivo anche sul carattere del piccolo che divenne rapidamente più disciplinato e collaborativo col padre (grazie anche alle dritte di Kamek, s'intende), sebbene si rifiutasse ancora di parlare come si deve, cioè praticamente per niente, eccetto il solito “Ba” che certe volte gli suonava meglio per “babbeo” e quasi lo preferiva quando si limitava a guardarlo in silenzio per concedergli almeno il beneficio del dubbio. Evidentemente Ludwig prediligeva restarsene ancora calato nel ruolo di semplice ascoltatore e di fatto Bowser si era già premurato di imporre un regolamento rigidissimo per chi si fosse concesso il lusso, ora categoricamente sospeso, di qualche sporcatura verbale che nel lessico comune dei soldati non mancava mai a colorire un'allegra chiacchierata o sottolineare il messaggio in un diverbio. La mente di un cucciolo era come una spugna ed il Re si sarebbe assicurato a tutti i costi che tra le prime fatidiche parole di Ludwig non vi sarebbero spuntate a sorpresa quelle sbagliate.

Certo era più che una sfida riuscire a farsi un'idea di cosa mulinasse dentro quel cranietto insondabile. A volte Bowser aveva come l'impressione di udire il ronzio lieve di ingranaggi sotto i folti ciuffi blu mentre i suoi emissari si accingevano a riversargli addosso gli ultimi minuziosi rapporti sulle condizioni generali del reame coi loro toni smisuratamente, inutilmente ma inflessibilmente pomposi, ridondanti e tediosi. Nemmeno lui riusciva a restare aggrappato al filo del discorso per oltre mezz'ora, un koopolotto dell'età di Ludwig quali chance avrebbe avuto di capirci qualcosa? Naaah, era impossibile. Anche se il suo coraggio nel provarci comunque era encomiabile.

La seconda questione in sospeso dei primi passi venne invece risolta quando Bowser decise di regalargli il suo primo pianoforte, costruito in miniatura apposta per lui. Vide sotto il proprio naso Ludwig alzarsi in piedi e correre verso la sorpresa al centro della sua cameretta dove prima si trovava il suo xilofono strausato, ora congedato con onore. Ciò confermò la tesi del Re che tuttavia non se ne risentì, osservando come il cucciolo sfiorava il legno levigato con un fascino che nessun altro koopa così giovane sarebbe stato in grado di esternare.

Premette per la prima volta un tasto del piano e ne assaporò il suono finché non svanì nel silenzio della stanza, girandosi verso suo padre con un'espressione che non gli aveva mai visto prima sul musetto paffuto. Ludwig era assolutamente conquistato.

Il suo stretto rapporto con l'arte della musica ebbe inizio quel giorno esatto e la melodia del pianoforte divenne un accompagnamento consueto alla routine del castello. Tuttavia, suonare quello strumento aveva un significato molto più profondo di un semplice svago o una fissazione passeggera per il principino: ad esso era stato completamente affidato il compito della voce. Ogni singola parola che teneva per sé si elevava vibrante sulla corrente di esecuzioni sempre più passionali ma delicate nella loro essenza, a volte burrascose insieme alle sferzate di pioggia contro il vetro e altre invece tenui come un sospiro sulla fiamma di una candela.

Fu grazie a Bowser che Ludwig scoprì il suo talento.


Nota d'autrice:

http://www.youtube.com/watch?v=u2W1Wi2U9sQ - 1:40 per il pezzo preciso del componimento :]

La musica è una rivelazione, più alta di qualsiasi saggezza e di qualsiasi filosofia. Ludwig van Beethoven

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Capitolo 7
*** Il vero inizio ***


k

« Nulla di cui allarmarsi, Sire. Si tratta soltanto di un semplice raffreddore » tentò di sdrammatizzare il fido magikoopa.

« Come è potuto succedere? » Bowser non era iperteso, qualcosa di più.

« Sono incidenti che capitano, Altezza. »

« Non doveva capitare! È troppo giovane per ammalarsi! »

« Un'infreddatura non sarà certo fatale. Qualche giorno di sciroppo e passerà tutto. »

« Non puoi farglielo passare adesso?! »

« Vostra Esasperazione, sapete meglio di me che la magia risanante non è affatto indicata per un disturbo di infim'ordine come un raffreddore. Gli anticorpi del Principe faranno il loro dovere e se hanno ripreso almeno un millesimo del suo caratterino, le ragioni per preoccuparsi sono pressoché inconsistenti. »

Ludwig volse discretamente lo sguardo verso il volto occhialuto dello stregone, ma come al solito non disse niente e si limitò a tirare su col naso, la sua smania di indistruttibilità smentita dai fatti. Detestava con tutto se stesso il fischiettio ridicolo che emetteva quando restava troppo tempo senza ripetere quell'azione indecorosa.

« Ma come diavolo è riuscito a beccarsi il raffreddore quando siamo circondati dalla lava? »

« Lo avrà accidentalmente contratto da qualcuno. È un virus che circola parecchio di questi tempi » azzardò il mago senza prima fermarsi a riflettere sulle conseguenze di quelle parole. Realizzò troppo tardi di aver appena fatto saltare una mina nel campo di ansie di un genitore instabile alle prese col primo inevitabile inciampo nella salute della prole. Alzò gli occhi dal koopolotto e prese atto di cosa aveva inavvertitamente scatenato.

Entro la mezz'ora successiva tutti i soldati e i domestici che non fossero stati certificati in perfette condizioni fisiche avevano ricevuto una settimana di riposo e l'ordine imperativo di lasciare seduta stante il castello, insieme ai propri germi. Questo però non era comunque bastato per risparmiare occhiate di sospetto rivolte ai restanti qualora la debita distanza tra loro e Ludwig si fosse ridotta troppo per i nuovi gusti del sovrano.

Una volta dissuaso dalla sua personale crociata per la liberazione della dimora reale dal rischio di altri contagi grazie agli sforzi di un Kamek contrito del proprio errore, Bowser decise di allentare la pressione e si accomodò sul trono per dedicarsi ai fascicoli di rapporti da leggere ed archiviare. Ludwig si era appisolato rannicchiatosi nello spazio accogliente tra il polso ed il gomito, aiutando così il padre a scaricarsi pian piano di tutta quella morbosa inquietudine accumulata. I minuti trascorsero lenti nella quiete piacevole ed intatta della grande sala, sgombra da qualsiasi altra presenza. Loro due soli. Nient'altro che pace intorno. Yin e Yang in ritrovata armonia. Bowser riconobbe addirittura di essere andato un pochino sopra le righe questa volta.

« Eccì! »

Con un'esplosione di fogli per aria il Re si precipitò di nuovo dal rassegnato magikoopa come un campione di rugby pronto a segnare la meta con un seccatissimo Ludwig sottobraccio.

Ma guardando oltre quella malsana tendenza all'esagerazione che sfortunatamente non sarebbe mai andata diminuendo negli anni, nulla poteva sminuire i sorprendenti risultati conquistati dal sovrano e Kamek, conoscendo il suo padrone meglio di un libro letto centinaia di volte, poteva reputarsi il più compiaciuto fra tutti. Bowser era praticamente partito dal fondo del livello zero senza un briciolo di preparazione e la sua risalita era stata lunga, faticosa e piuttosto accidentata, ma alla fine aveva scalato la montagna di difficoltà e giorno dopo giorno, notte insonne dopo l'altra, aveva forgiato col cucciolo un legame forte e destinato a germogliare nel loro parallelo percorso di crescita: Ludwig come figlio e Bowser come padre.

Il suo debutto non era stato a pieni voti e non era diventato un genitore perfetto, ciononostante era evidente quanto ci provasse in nome dell'affetto per il suo erede per cui si era messo totalmente in gioco. Anche Kamek aveva recitato il suo ruolo in quel capitolo di rinnovamento della discendenza, inizialmente dietro le quinte come muto osservatore e poi avendovi preso attivamente parte, dal momento in cui Bowser si era trovato per la prima volta suo figlio tra le braccia ed egli aveva visto coi propri occhi qualcosa scattare in quelli del suo padrone. Il baricentro del suo mondo che si era inclinato verso qualcun altro.

I dubbi originari su quella decisione che aveva temuto rischiosa per la fragilità del compito che il sovrano certamente non avrebbe potuto comprendere, se non con l'esperienza, si erano estinti ancor prima di fare ritorno al castello in tre e che il liscio piatto e ripetitivo della routine venisse stravolto in un mambo appassionato. In quel nanosecondo, Kamek aveva raggiunto la consapevolezza che tutto sarebbe andato bene infine. Forse merito di una piccola scintilla delle sue doti divinatorie o forse del suo intuito: non avrebbe mai potuto dirlo con certezza. Eppure smise definitivamente di dubitarvi e Bowser aveva saputo dimostrargli che non si era sbagliato, avendo fatto fronte alla sua iniziale inadeguatezza senza mai mollare e comportandosi come un vero padre in ogni parte della giornata con Ludwig. Si era persino rifiutato di affidare anche i compiti più scomodi ad altri, per quanto in qualche caso gli fosse costato una bella fetta di orgoglio.

Il magikoopa rimembrava ancora divertito la sua espressione al momento del cambio del pannolino, sebbene un koopolotto ne avesse bisogno per circa una settimana prima di apprendere a controllare gli stimoli e Ludwig dal canto suo lo aveva smesso dopo nemmeno tre giorni. Ed era anche segretamente al corrente che il Re, benché il principino avesse imparato a dormire da solo ormai, sgusciava di soppiatto nella cameretta ogni tanto per portarselo clandestinamente nel suo lettone. Ma quella era una piccola infrazione su cui si poteva glissare con un sorriso. Buffo però come ci si poteva riscoprire a sentire la mancanza di certe abitudini con cui si aveva combattuto a lungo per liberarsene.

Anche Ludwig era stato fonte di sorprese non meno strabilianti. L'ultima nella lista: il suo amore sconfinato per l'arte della musica. Kamek se ne era accorto subito dopo il suo padrone che avesse sortito un effetto miracoloso quanto immediato. L'esposizione alle sublimi melodie create dal genio umano che ne avevano smussato la scorza dura e spigolosa all'interno, levigandola dolcemente e rimuovendo gli strati più ruvidi come la superficie di un un sasso in un fiume limpido, aveva permesso a quel carattere intrattabile di affinarsi una volta che il lato dormiente della sua personalità aveva dispiegato le ali e la sua anima creativa prendeva il volo sulle note che si elevavano dalle corde del piano. Ludwig aveva compreso l'illimitatezza dei suoni, i significati che cambiavano a seconda di come venivano concatenati e quante sfumature potevano assumere, quanti messaggi convogliare, contrapposti alla cruda pochezza delle parole. Inoltre il koopolotto aveva trovato un'ottima valvola di sfogo della congenita vivacità che gli regalava molta più soddisfazione delle sue birbanterie.

Un solo difetto però rimaneva arduo da correggere: Ludwig continuava a mantenere un rapporto conflittuale con l'acqua. Bowser continuava ad infischiarsene, anteponendo l'igiene personale alle simpatie. Tuttavia l'erede possedeva una sorta di sesto senso ogniqualvolta la sua presenza era irresistibilmente richiesta nella vasca stracolma di schiuma profumata, aprendo vere e proprie battute di caccia tra le mura tetre della fortezza per essere portato di peso nella massa liquida tanto diffidata. Il koopolotto aveva una corporatura robusta e non era certo il più veloce mai visto, ma sapeva affrettarsi il giusto per mantenere quel minimo distacco dalle mani di un Bowser ringhiante ed ingobbito all'inseguimento esattamente alle sue spalle.

« Vieni qui! »

Ludwig non venne.

« Fermati! »

Ludwig non si fermò.

« Te lo ordino! »

Ludwig si ammutinò.

In genere questa rituale acchiapparella non durava che qualche minuto ed era divenuta una delle attrazioni più apprezzate da moltissimi al castello, guardandosene bene naturalmente dall'esternarlo. Vi era sempre un vago sentimento di condivisa delusione quando si concludeva più presto del solito e Bowser trionfante faceva ritorno in bagno con la preda sotto il braccio a fissare truce il pavimento.

Tuttavia, sotto quella facciata di serenità, era emersa una verità che ultimamente continuava ad angustiare l'animo del Re: Ludwig stava crescendo in fretta. Troppo in fretta.

Lui ci aveva appena preso la mano col ruolo di genitore ed il suo koopolotto stava già muovendo i primi passi da solo proprio sotto il suo naso. Non lo cercava più ogni ora come prima e desiderava addirittura degli spazi esclusivamente suoi. E questo Bowser stentava ad accettarlo. Anzi, un'altra idea folle aveva già iniziato a farsi lentamente strada nella mente del drago... un'ideuccia che non gli spiaceva affatto. Un fratellino o una sorellina magari. Ma era presto per un secondo round, Ludwig aveva ancora bisogno di lui e voleva ragionarci bene prima di seguire l'istinto, ignaro di chi già lo stava aspettando praticamente dietro l'angolo:

Lemmy, il più minuto ma tenace, che avrebbe adorato dondolarsi dai lampadari, arrampicarsi sui tendaggi e sparire di botto per farsi ritrovare nei posti più impensabili; Roy, il più attaccabrighe, che se la sarebbe spassata a seminare il terrore tra i soldati del castello già sfidando individui dieci volte più grossi di lui ed accumulando i cestini del pranzo che rivendicava come trofei; Iggy, il più inventivo dei fratelli, che avrebbe provato diletto a fare a pezzi i suoi giochi per “riassemblarli” poi insieme come loschi esperimenti e smontare qualunque elettrodomestico capitatogli a tiro; Wendy, l'unica femminuccia del branco, che la sera avrebbe amato ascoltare favole di belle principesse e cavalieri affascinanti che le avrebbe letto sottovoce nel timore di essere udito da orecchie indiscrete; Morton Jr., il più loquace, il cui periodo della lallazione avrebbe avuto inizio dal primo giorno di vita per rintontirlo meglio dei suoi emissari e che si sarebbe azzittito solo quando gli avesse cantato una ninna nanna (sempre sottovoce); Larry, il più allegro di tutti, che al momento della messa a letto vi sarebbe arrivato ancora vispo ed iperattivo neanche andasse a batterie e lui, ormai stremato dall'intera giornata di reggenza e paternità, si sarebbe ridotto a fargli il solletico per riuscire finalmente a stancarlo; infine Junior, la sua immagine riflessa di anni quasi sbiaditi nella memoria, il più giovane, il più promettente, l'ultimo piccolo tassello di dolcezza di quel meraviglioso mosaico familiare perfettamente incastonato intorno a lui.

Solo uno spazietto sarebbe rimasto vuoto tra lui e loro, non indispensabile seppur la sua presenza avvertita, in attesa di essere completato e bloccare il freddo sottile che vi si infiltrava, preciso per una persona che era già stata scelta da anni, che forse un giorno avrebbe accettato di riempirlo.

Eppure, un ostacolo restava ancora insormontabile a dividere il Re da quel futuro. Bowser non riusciva a superare il grande fallimento di non aver ancora sentito Ludwig pronunciare una sola parola e temeva che fosse legato ad un malessere interiore. Da quando aveva cominciato a suonare spesso e volentieri quel pianoforte, persino quell'unica sillaba che aveva usato per prenderlo in giro era andata persa e si riscoprì a rimpiangerla. Il dubbio che suo figlio si rifiutasse di parlargli lo tormentava costantemente e tutte le sue originarie certezze sulla decisione di intraprendere la strada della paternità si sgretolavano sotto il carico di quell'interrogativo a cui solo Ludwig avrebbe potuto dar risposta e forse non lo avrebbe mai fatto.

In una mattina particolarmente piatta e silenziosa, senza nulla a distrarlo dalle sue paure, i sensi di colpa ebbero la meglio. Cosa aveva sbagliato? Non aveva dato il massimo? O il suo massimo non era sufficiente? Se soltanto Ludwig gli avesse detto cosa cercava, avrebbe smosso mari e monti per portarglielo ed ascoltare di nuovo il suono della sua voce. Ma forse aveva già capito cosa mancava davvero e, purtroppo, fin lì non poteva ancora arrivare. Aveva fatto dunque il passo più lungo della gamba e adesso era suo figlio a pagarne il prezzo per aver sottovalutato un impegno troppo grande da gestire?

Coi gomiti sulla sua scrivania a sorreggere le spalle diventate inspiegabilmente pesanti, poggiò la fronte sulle mani serrate chiudendosi nelle sue dolorose riflessioni.

Il sovrano era talmente assorto nei propri pensieri che non aveva recepito il pianto proveniente dalla camera del koopolotto non troppo lontano, considerato che l'ora del pranzo era stata sforata di ben quindici minuti e per ricordargli di fatto che su certi ritardi non esisteva perdono. Tuttavia, il Re si era talmente estraniato coi propri rimorsi da non essersi veramente accorto del tempo che scorreva e del levare costante ed inclemente dei vagiti di un principino poco incline alla sopportazione pacifica di uno stomaco vuoto.

Ludwig andò avanti con le sue rimostranze.

Bowser non si riscosse.

Ludwig insistette oltre, perdendo rapidamente la pazienza.

Nessuno si precipitò da lui mormorando uno stralcio di scusa ed assicurandogli una porzione doppia di dolce.

Il koopolotto sospirò annoiato, richiuse delicatamente il coperchio della tastiera del suo piano a coda per impedire che vi cadesse la polvere, si alzò in piedi rimettendo a posto lo sgabello e si avviò a prendere di persona quel genitore snaturato a cui doveva essersi annullato il senso dell'udito per ignorarlo con cotanta freddezza.

Ovviamente Bowser non avvertì nemmeno i passettini che si erano fermati proprio sulla soglia del suo studio, ma il suo senno di poi lo ridestò bruscamente quando registrò la presenza di un lungo sguardo sentenziatore puntato addosso come il mirino di un laser. Batté gli occhi un paio di volte e girò il muso verso l'origine del raggio di disapprovazione.

Scorse Ludwig squadrarlo con aria critica e le braccine conserte in una posa di massima serietà. Non arrabbiato, giusto un po' accigliato.

« Perdonatemi, padre, ma quanto ancora devo attendere prima che i miei richiami rivolti alla vostra attenzione vengano accolti? »


Nota d'autrice:

E così non si conclude l'avventura del nostro King Dad, ma possiamo invece affermare con certezza che è proprio da qui che avrà realmente inizio. Good luck Bowsy, you're gonna need it! :]
È stato molto divertente provare a riempire una delle grandi lacune che la Nintendo ci ha lasciato nella storia dei personaggi e spero che questa mia personalissima soluzione, anche se non interamente, sia stata apprezzata nel suo umorismo e nella sua semplicità.
Per chi possa aver conservato questo interrogativo, non ho scelto di introdurre Clawdia nella fanfiction perché, a differenza di Yvan e Wolley a cui è stato solo assegnato un nome dal fandom ma esistono nel gioco, è semplicemente una figura vaga inventata per sfizio e non è da considerare una costante nella storia dei principini (ora scesi ufficialmente ad uno solo) o tra le originali della Nintendo. Ho voluto soltanto offrire un'alternativa a quello che è ormai diventato un cliché.
Tuttavia, intendo comunque dedicarle dello spazio in una mia fanfiction già in stesura avendole anch'io come molti dato una forma nella mia immaginazione e vorrei proporre una nuova versione di lei sbocciata dal passato non scritto di Bowser.


Bowser, Peach, Tata Kamek, Bowserotti e tutti i personaggi nell'universo dei Mario Bros. © Nintendo


**Questa piccola storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro**

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