Götterdämmerung: Il Crepuscolo degli Dei

di StarGazer86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - In un nuovo vecchio mondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Primo contatto ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - L'altro lato dello specchio ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Creature oscure ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Magia alternativa ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Ritorno a casa ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Una nuova, terribile Equestria ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Nuovi vestiti ... ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - ... e nuove identità ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - La sofferenza dei giusti ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 - Piccoli e grandi cambiamenti ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 - Scelte forzate ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 - Rotta verso l'ignoto ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 - Vite tormentate ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 - Pazzia o amore? ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 - Rovine di un'antico passato ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 - Prigionieri millenari ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 - Fine di un mondo ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 - Nubi all'orizzonte ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 - Il primo tuono ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 - Il cielo si annuvola ... ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 - ... e si riempie di folgori ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 - Un piccolo squarcio di cielo limpido ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 - La terribile potenza del fulmine ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 - La saetta finale ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 - La calma dopo la tempesta ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 - L'ascesa del crepuscolo ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 - L'imperatore del nuovo mondo ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 - La scintilla dopo il crepuscolo ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 - L'ultima speranza ***
Capitolo 32: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo


Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce.

(Lao Tzu)



 

Il rumore degli zoccoli echeggiò nel corridoio del castello, ma nessuna guardia ci fermò vedendoci passare. Ormai eravamo di casa.

Mancava poco al portone della sala del trono, quando vidi arrivare da un corridoio laterale la principessa Luna. Ci fermammo di colpo, appena in tempo per evitare uno scontro.

«Principessa.» annaspai.

Colei che faceva sorgere la luna ogni notte si voltò con movimento lento e regale. Ci salutò con un leggero cenno del capo. Il volto adornato di un’espressione maestosa era però adombrato da qualcosa che non riuscii a percepire.

«Sapete il motivo per cui siamo state convocate?» le chiesi, dopo aver ripreso fiato.

«Sì, Twilight Sparkle.» mi rispose con voce bassa. «Sto andando a trovare mia sorella per parlarne. Seguitemi.»

Percorremmo il breve tragitto che ci divideva dalla sala del trono. Le due guardie unicorno, vedendo noi e la principessa, aprirono le porte e ci fecero passare.

La mia mentore, la principessa Celestia, stava facendo avanti e indietro per la sala, impegnata in una discussione con un paio di guardie di alto rango (le riconobbi dall’armatura simile a quella usata da mio fratello). Non sembravano averci notate.

«… nuove da Stalliongrad?»

Malgrado il tono sicuro e regale di sempre, io che la conoscevo da quando ero puledra colsi una nota di preoccupazione.

Luna mantenne il passo regale che la contraddistingueva, mentre io fremevo per galoppare da lei.

«Non buone nuove …» rispose uno degli ufficiali. «Ci sono state delle sommosse, a malapena contenute. Mi duole ammettere che abbiamo avuto delle vittime.»

Raggelai all’ultima parola.

«Quante?» chiese la principessa, con voce incrinata.

«Tre guardie e una dozzina di manifestanti. Ora la situazione è ancora più instabile. Se non interveniamo rischiamo di perdere il controllo della città.»

«Dovreste mandare Shining Armor e il suo distaccamento lì, maestà, dove è più necessario. Non nell’Impero di Cristallo.»

«No. Ci sono indiscrezioni secondo cui anche nell’Impero di Cristallo ci siano dei tumulti in arrivo. Non so per certo di chi sia opera, ma ho bisogno che Shining Armor e Cadence proteggano il nord, ora più che mai.»

«E chi proteggerà il sud? Le devo rammentare che non abbiamo ricevuto più notizie di Hoofington da giorni?»

«Mandate la squadra di ricognizione di Las Pegasus a indagare in merito. Per quanto riguarda Stalliongrad, mandate tutte le guardie necessarie a mantenere l’ordine e inviate degli agenti per comprendere meglio le motivazioni di questo caos. Ora ho delle faccende più importanti da sbrigare. Proseguiremo la discussione più tardi.»

«Sì, principessa.» risposero contemporaneamente i due pony, mettendosi sull’attenti. Si allontanarono dalla principessa passando accanto a noi e lanciandoci occhiate curiose.

«Bene, siete tutte qui.» disse Celestia abbozzando un sorriso prima a Luna e poi a noi.

«Siamo venute più in fretta che potevamo.» intervenne Applejack alle mie spalle. «Ho abbandonato a metà la raccolta delle mele per venire qui.»

«Lo stesso per me.» aggiunse Rarity. «Ho una montagna di lavoro in sospeso alla boutique, ma da quello che ho sentito sta accadendo qualcosa di grave. Sui giornali non parlano d’altro.»

«E’ proprio così.» sospirò Celestia. «Venite con me.»

La seguimmo verso il trono. Lì si fermò, a pochi zoccoli dalla rampa.

Restò immobile dandoci le spalle per innumerevoli istanti. Solo la fluente criniera celeste e rosa si muoveva come sospinta da un vento inesistente. Sua sorella Luna le si avvicinò, confortandola con la sua presenza.

A quel punto Celestia si voltò fissandoci una ad una. L’alicorno della notte invece restò di spalle, fissando uno degli arazzi al fianco del trono.

«Sembra che Equestria stia impazzendo.» iniziò Celestia. «Se avete letto le ultime notizie, sapete cosa intendo. Pony che fino al giorno prima seguivano le loro vite normalmente hanno iniziato a diventare violenti e irascibili, gridando a gran voce parole come rivoluzione o supremazia. Unicorni, pegasi e pony di terra, che fino al giorno prima erano amici hanno iniziato a disprezzarsi l’un l’altro, come non si vedeva dai tempi della fondazione di Equestria. Molti hanno iniziato a criticare il mio ruolo e quello di Luna come principesse di Equestria. Altri ancora hanno manifestato segni di avarizia che farebbero impallidire un drago. Ma la parte peggiore è che per la prima volta da tempi immemori è stato sparso del sangue.»

Indietreggiammo tutte quante, disgustate da quella notizia.

«Questo sui giornali non è stato scritto, lo so. Ho pregato le redazioni di non parlarne per non diffondere il panico, ma la verità è che le cose stanno degenerando … Molto in fretta …»

«Cosa può essere successo? Come mai questa follia collettiva?» chiese Rainbow Dash, svolazzando nervosa.

«Non lo so. Non riconosco nessuno dei tratti dei nemici che ho incontrato finora. Discord è ancora  pietrificato, Sombra è stato sconfitto definitivamente durante la crisi dell’Impero di Cristallo, Chrysalis e i suoi mutaforma, per quanto ne sappiamo, sono ancora nelle Distese Selvagge a Sud» si accigliò per un istante. «A meno che a Hoofington la squadra di ricognizione non trovi la prova del loro ritorno.»

«Non sono i mutaforma il pericolo.» intervenne decisa Luna con la sua tipica voce stentorea. «Non ricordi, sorella, che i mutaforma necessitano dell’amore per sopravvivere? A che pro diffondere odio e rancore?»

«Hai ragione. A questo punto deve trattarsi di un nuovo nemico, uno che …»

«No, sorella. E’ un nemico che già conosciamo.»

Celestia si voltò verso di lei, ma Luna non rispose allo sguardo, tenendolo fisso sull’arazzo.

«Chi?»

«Non ha un nome … ma coloro che sono stati toccati dalla sua malevolenza hanno imparato a dargli un appellativo sfuggente e sinistro: l’Ombra.»

«Scusatemi.» si congedò Celestia avvicinandosi a lei. Le sussurrò qualcosa nell’orecchio, dopodiché si appartarono in un angolo della sala.

Io e le mie amiche ci lanciammo occhiate spaventate e interrogative. Io per prima mi sentivo enormemente a disagio per ciò che stava accadendo. La situazione la percepivo peggiore persino della crisi di Discord … perché i nemici sembravano i pony stessi!

Sopra le teste di Celestia e Luna apparve una pergamena avvolta dalla magia della principessa della notte, e dopo qualche parola appena sussurrata Luna si congedò e lasciò la sala del trono.

Ora la pergamena levitava vicino a Celestia. La principessa tornò da noi con volto assai più turbato di prima.

«Luna non ha portato buone notizie. Molte sono solo sue impressioni e supposizioni. Tutto ciò che vi posso dire per certo è che questa Ombra di cui parla corrompe ciò che tocca e, sempre secondo lei, proviene da un’altra dimensione.»

«Vuole dire dietro quella strana parete che vedo spesso?» chiese Pinkie Pie. «Perché se è cosi non l’ho mai vista.»

Celestia sgranò gli occhi, mentre noi ci limitammo a passare uno zoccolo sul volto.

«Non ci faccia caso.» dissi, dando uno zoccolo sul fianco a Pinkie.

«Ehi!» protestò la pony rosa.

«Piuttosto cosa possiamo fare noi?»

Celestia, ripresasi dallo strano intervento di Pinkie, tornò seria.

«Vi chiedo una cosa molto semplice per il momento. Mentre io indagherò su questo nuovo nemico, voi userete gli Elementi dell’Armonia per mantenere l’ordine il più possibile.»

Ai nostri zoccoli apparve magicamente un baule adornato dei simboli degli Elementi.

«Spero che siano utili fino a quando non avremo trovato un modo per risolvere il problema.»

Aprì il baule e alzò in aria i sei Elementi.

Restammo senza fiato.

Anche Celestia per poco non perse la presa telecinetica dalla sorpresa.

«No …» esclamò con voce grave.

Erano completamente grigi, come se fossero tornati di pietra. E anche senza esaminarli magicamente sentivo che avevano perso il loro potere.

Celestia li rilasciò di nuovo dentro il baule e alzò lo sguardo accigliato alle vetrate, pensierosa.

«Come può essere successo?» chiesi, ancora più preoccupata di lei.

«C’è una sola spiegazione possibile.» disse l’alicorno bianco con voce grave. «L’arrivo di questo nemico ha corrotto gli Elementi oltre a molti dei nostri fratelli e sorelle pony.»

«Forse per riattivarli basta ridar loro la scintilla» proposi. «Come ho fatto quando ho combattuto Nightmare Moon.»

«Temo di no.» disse con tono amaro la principessa. «Credo che l’unico modo per ripristinare il loro potere stia nella dimensione da cui provenga il nostro nuovo nemico. Se non il modo, almeno la conoscenza necessaria.»

«Quindi immagino che …»

«Sì, Twilight. Devo chiedervi di fare questo viaggio. L’avrei fatto io stessa, dati i pericoli che ci potrebbero essere, ma questo imprevisto ha reso prioritaria la mia presenza qui, ad Equestria.»

Ci guardammo incerte. Sospirai.

«Cosa dobbiamo fare?»

«Avete portato con voi il necessario per un viaggio lungo come vi avevo chiesto?»

«Certamente principessa.» disse Applejack indicando con la testa le nostre sacche sulla groppa. «Ho pensato a tutto io.»

«Bene, aggiungete al vostro carico gli Elementi. Non separatevene mai.» ci disse, passandoceli con la telecinesi.

«Partirete ora. Non c’è un minuto da perdere. Ora Twilight seguimi che ti spiego le ultime cose.»

«Certo.» dissi, avvicinandomi con lei a una delle vetrate … precisamente quella in cui si ricordava la sconfitta di Nightmare Moon.

«Non ti mentirò Twilight.» mi disse a bassa voce «Questa è una prova a cui non avrei mai voluto sottoporti. Ho già viaggiato in passato in altre dimensioni per le motivazioni più svariate, e ne conosco diverse. Alcune sono molto … sgradevoli. Non posso dirti in quale finirete, ma visto cosa è in grado di fare questa Ombra non aspettatevi un ambiente amichevole.»

«Cosa faremo una volta lì?»

«Il vostro compito primario è ottenere più notizie possibili su questo nemico. Come ben sai la conoscenza è potere. Qualsiasi informazione potrebbe essere importante per sapere come esiliarlo o sconfiggerlo. Ma il compito più importante è ripristinare il potere degli Elementi. Senza di essi le nostre possibilità di successo si riducono notevolmente. Questo compito ha la priorità assoluta, quindi tornate subito indietro se riuscite a ridar loro potere o a trovare il modo per farlo.»

«D’accordo. Come andremo in questa … dimensione?»

«Grazie a questo incantesimo di tracciamento.» disse la principessa, avvicinandomi la pergamena che aveva tenuto fino a quel momento al fianco. «Luna ci ha lavorato su da quando è stata liberata dalla prigionia della sua controparte malvagia. Vi trasporterà nella dimensione di origine dell’Ombra, qualunque essa sia. Per tornare indietro» aggiunse, aprendola e puntando lo zoccolo in un punto preciso. «è sufficiente modificare questa runa con quella di un luogo specifico di Equestria, o se preferisci di un pony specifico.»

Diedi una rapida lettura all’incantesimo … era davvero complesso … degno di una principessa.

«Hai qualcosa da chiedermi, prima di partire? Qualche dubbio sull’incantesimo?»

Presi telecineticamente la pergamena, iniziando a studiarla. Era un incantesimo affascinante! Al livello di quelli di Starswirl il Barbuto se non più potente.

«Dovete fare i complimenti a Luna da parte mia.» commentai. «E’ riuscita a combinare delle rune che non mi sarebbero mai venute in mente!»

«Solo questione di pratica e ci riuscirai anche tu un giorno.» disse Celestia, sfoggiando un flebile sorriso. «Suppongo che sei in grado di usarlo?»

«Sì … credo di sì.»

«Bene … hai delle domande?»

Attesi prima di rispondere. Di domande ne avevo tante, ma nulla che riguardasse la missione o a cui avrei potuto avere risposte immediate.

«Come sta Shining Armor? E i miei genitori?» chiesi. Sapevo che erano domande che non c’entravano con la missione, ma prima di partire volevo assicurarmi che stessero bene.

«Tutti al sicuro.» mi rassicurò Celestia. «Tuo fratello al momento è di stanza nell’Impero di Cristallo insieme a Cadence, e per il momento la situazione è sotto controllo. Gli ho ordinato di non prendere iniziative pericolose, quindi è fuori pericolo. I tuoi genitori sono qui a Canterlot. Manderò delle guardie a controllare che restino qui.»

«Grazie.»

«Vai dalle tue amiche e preparatevi per il viaggio.»

Annui e mi voltai verso di loro.

Malgrado la loro espressione preoccupata mi sorrisero. Bastò quel semplice gesto per darmi una tale energia che sentivo avrei potuto sconfiggere il nostro nuovo nemico tutto da sola.

Era una convinzione sciocca, lo so, ma erano ormai tre anni che studiavo la magia dell’amicizia e sapevo che era in grado di fare cose altrimenti impossibili.

Andai da loro e spiegai rapidamente cosa ci aspettava.

«Oh cielo.» commentò Fluttershy quando mi scappò il termine pericolosa.

«Nulla che non possiamo superare insieme.» disse Rainbow Dash con baldanza.

«Esatto, amica.» si aggiunse Applejack dando lo zoccolo a Rainbow.

«Speriamo che i pericoli che ci attendono non siano … sporchi.» disse Rarity facendo una smorfia.

«Sarà una passeggiata.» ridacchiò Pinkie Pie, contagiandomi con il suo ottimismo.

«D’accordo ragazze. Partiamo! Mettetevi vicine a me e non muovetevi finché non saremo dall’altra parte.»

Annuirono tutte e fecero come le avevo detto.

Celestia si avvicinò, pronta a intervenire se qualcosa fosse andato storto.

Cosa che pregavo non accadesse, vista la complessità dell’incantesimo. Una delle tante regole non scritte della magia era: maggiore la difficoltà, maggiori le possibilità d’errore, maggiori le controindicazioni.

«Andate.» disse Celestia con il tono soave e gentile che amavo. «Equestria dipende nuovamente da voi.»

Annui in modo solenne, e dopo aver dato un’ultima rilettura veloce all’incantesimo lo riposi nelle mie sacche.

Avrei avuto bisogno di molta concentrazione. Diedi un ultimo rapido sguardo alle mie amiche, cercando la forza nella fiducia che riponevano in me.

Chiusi gli occhi e attivai la magia del mio corno. L’unica cosa che percepivo adesso era il calore della testa intenta a concentrare tutte le mie capacità magiche in un unico punto. Non potevo vederlo, ma sapevo che in questo momento il corno stava diventando sempre più luminoso, circondato da diversi strati di luce violetta. Sentivo il sudore sulle guance e sulla fronte, ma continuai a dare energia all’incantesimo, concentrandomi sulle rune memorizzate. Nessuna distrazione. Non dovevo assolutamente pensare ai luoghi sconosciuti in cui potevamo finire, ai pericoli in cui saremmo incappati, agli ostacoli che ci avrebbero impedito di concludere la missione …

Dannazione!

Riaprii gli occhi e ripresi fiato.

«Tutto bene, Twilight?» disse Fluttershy, dando voce ai volti preoccupati delle mie amiche.

Annuii, ancora stanca e arrabbiata per essermi sforzata per nulla, per aver perso la concentrazione.

«Datemi qualche istante e ci riprovo.»

«Prenditi tutto il tempo che ti serve, zuccherino.» mi disse Applejack, facendomi un sorriso «Puoi farcela.»

«Hai almeno riposato un po’?» mi disse Rarity, fissandomi con aria intenta. «Hai delle occhiaie terribili.»

No … ora che me lo ricordava avevo passato buona parte della notte a studiare dei nuovi volumi arrivati da Manehattan e non avevo riposato granchè. Ma non potevo permettermi di riposare adesso.

«Non ti preoccupare … ce la posso fare … devo solo concentrarmi di più e non distrarmi.»

Feci qualche respiro profondo. Celestia mi fece un sorriso, incoraggiandomi a riprovare.  Rincuorata dall’iniezione di fiducia chiusi di nuovo gli occhi.

Questa volta la mia mente si concentrò completamente sull’incantesimo. Il calore alla testa era più fastidioso di prima, ma adesso desideravo solo portare a termine quel compito fondamentale. Sempre più magia si concentrò nel corno, e avevo già superato il punto in cui mi ero interrotta prima.

Mancava poco. Pochissimo. Strinsi i denti e focalizzai ogni parte di me stessa sulle rune memorizzate.

Sentii qualcosa … una specie di formicolio.

Sì! L’incantesimo stava funzionando!

Le espressioni di sorpresa delle mie amiche lo confermarono.

Il formicolio divenne più insistente e mi sentii come se stessi venendo spinta verso una direzione … strana. Non era verso l’alto, né verso il basso, né a destra né a sinistra … era … da un’altra parte.

Continuai a incanalare la magia nel corno, che doveva essere luminoso come una torcia nell’oscurità profonda.

Fu in quel momento che mi sentii strattonare di colpo verso quella … bizzarra direzione.

A quel punto persi i sensi.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - In un nuovo vecchio mondo ***


Capitolo I

In un nuovo, vecchio mondo


Il cambiamento: a volte si insinua lentamente, a volte ti colpisce sulla testa. E a volte giri l'angolo e scopri che sei diversa in una piccola cosa e il mondo non ti sembra più come prima.

(Being Erica)



 

Non so quanto passò dopo il lancio dell’incantesimo. Ero viva, ma lo scorrere del tempo era … strano. Mi sentivo intrappolata, persa in un cunicolo senza fine, sospinta in direzioni a me sconosciute. Provai a gridare, solo per scoprire che ero senza voce. Provai a scalpitare, solo per scoprire che ero senza zampe. Dopo un tempo che sarebbe potuto essere un secondo come mille anni, mi arresi a quell’impotenza e mi lasciai trasportare verso chissà dove. Mi abbandonai a un sogno senza sogni …

 

… almeno finchè non fui risvegliata da un urlo. L’urlo di Rarity. Seguito dalle urla delle mie amiche. Pinkie Pie invece si distinse per la sua risata sonora.

«Ma che cavolo …?»

«E’ spaventoso!!!»

«Non … può … essere …»

«Ma è ridicolo!»

«Quindi è così che vorrebbe essere? Hihihi!»

Che stava succedendo?

Come se già la situazione non fosse bizzarra, anche il mio corpo lo sentivo strano … più lungo, con qualche pezzo in più e qualcuno in meno, e sentivo freddo.

Aprii gli occhi per capirne di più …

La prima cosa che vidi fu erba, cespugli e alberi … diversi. I colori erano diversi, meno accesi, e anche i profumi non erano normali.

Ma ciò che più mi scioccò fu quando provai ad alzarmi senza trovare l’equilibrio. Mi guardai gli zoccoli per vedere cosa stava ….

«Aaah!!!»

Dov’erano finiti gli zoccoli? Cos’erano queste … cose che avevo al loro posto? Sembravano gli artigli di Spike, ma molto meno affilati.

Ma non era finita. Non avevo più pelo, e tutte le zampe (era il termine corretto?) e il corpo erano … nude, di un colore simile al rosa spento. Il cutie mark era poco più in alto di dove doveva essere, su entrambi i fianchi sopra la cosce, all’altezza dello stomaco (sempre che in quella forma avessi ancora uno stomaco). Dove c’erano gli zoccoli anteriori avevo questi strani artigli, mentre al posto degli zoccoli posteriori avevo qualcosa di simile ma più allungati. Inoltre sul petto avevo un paio di escrescenze morbide che terminavano con dei … capezzoli? Erano mammelle?

Ma … cosa era successo?

Toccandomi il volto sentii che anch’esso era cambiato, più piatto e sempre senza pelo. Le orecchie erano più piccole e impossibili da muovere. L’unica peluria era il punto in cui avevo la criniera, rimasta per fortuna come la conoscevo sia per colore che come aspetto, ma il pelo che vi cresceva era … diverso, più sottile. Con grande orrore mi accorsi che mancava il corno.

Cacciai un altro urlo. Questa proprio non ci voleva! Senza corno come saremmo tornate indietro? Senza la mia magia non potevo fare nulla! NULLA!

«Twilight … che sta succedendo?» chiese Applejack con voce rotta.

Avevo paura di girarmi verso le mie amiche, perché sapevo che avrei visto lo stesso cambiamento che era avvenuto in me.

Ma dovetti farlo … e quando lo feci sgranai gli occhi (che sentivo strani come il resto del corpo).

Avevano subito la mia stessa trasformazione: senza coda né pelo (tranne in una piccola zona tra le zampe posteriori e sulla testa), di un colore rosa pallido, con quegli artigli al posto degli zoccoli, le mammelle che in alcune di loro era più sviluppato che nelle altre. Rarity come me era senza corno, mentre Rainbow Dash e Fluttershy avevano perso le loro ali. L’unica cosa che era rimasta del loro aspetto e che mi permetteva di distinguerle era l’acconciatura e il colore della criniera (un’altra volta non ero sicura che fosse il termine esatto) e il cutie mark che come il mio si trovava sui fianchi.

Erano tutte a terra, e ogni volta che provavano ad alzarsi ricadevano sul soffice prato d’erba in cui eravamo state trasportate.

Diedi un’occhiata veloce attorno. Ci trovavamo in una piccola radura in mezzo a un bosco, contraddistinta da pietre scolpite che ne delimitavano l’area. Le sacche che avevamo portato con noi erano sparse sull’erba. Non sembrava esserci anima viva, e gli unici rumori che si sentivano, a parte le nostre urla di terrore, era quello degli uccelli e del vento tra le fronde … entrambi suonavano molto diversi da quelli a cui ero abituata.

«Non lo so …» fui solo capaci di dire a Applejack, usando una voce che era leggermente diversa ma perlomeno più familiare del resto di ciò che ero adesso. «La principessa non mi ha detto nulla su una trasformazione … ma in fondo mi aveva avvertito che poteva capitare di tutto.»

«Ma cosa siamo diventate?» chiese Rarity, che sembrava sul punto di svenire per l’orrore.

«Forse lo so io!» esclamò a sorpresa Pinkie Pie. Fu la prima ad alzarsi … su due zampe! Come Spike!

Questo era semplicemente ridicolo!

Ed era ancora più ridicola la scena di noi, nude (non che non lo fossimo state prima, ma adesso la sensazione era fortissima e strana, quasi imbarazzante), in attesa di una spiegazione da parte di Pinkie Pie!

«Vi ricordate di Lyra?»

«Come potrei dimenticarla?» commentò Rarity «L’ho vista sedersi in quella maniera incivile, per non parlare degli acquisti che fa.»

«Bè, essendo io amica di tutti a Ponyville sono ovviamente anche amica di Lyra, anzi amicissima, quasi quanto con voi. E mi ha fatto vedere qualche immagine in un libro bizzarro e pesantissimo che mi ha detto di aver recuperato da una carovana che proveniva da un paese fuori da Equestria. E le immagini che ho visto mostravano creature uguali a quelle che siamo ora, e che l’hanno sempre affascinata!»

«E che razza di creature sono?» sbottai, arrabbiata per essere stata battuta in conoscenza da nientemeno che Pinkie Pie. «In tutti i miei studi non ho visto nulla di simile … Queste strane zampe, la pelle nuda, la posizione eretta … la cosa che si avvicina di più sono i minotauri o degli animali che vivono nel luogo da cui proviene Zecora … mi pare si chiamino … scimmie …»

«No, ci si avvicinano …» disse Pinkie, facendo un sorriso che sul suo volto originale mi avrebbe messo allegria ma che ora sembrava … inquietante. «Il termine usato in quel libro è umani.»

«U-che?» esclamò Rainbow Dash, finalmente riuscita a mantenersi in un delicato equilibrio sulle zampe posteriori. Barcollava un po’ ma almeno era eretta al contrario di noi.

«Umani!» ripetè Pinkie Pie, ondeggiando come una puledra impaziente. E visto che si teneva in equilibrio su due sole zampe mi aspettavo che cadesse da un momento all’altro «Credo di averne anche visto qualcuno di tanto in tanto, ma non hanno mai risposto alle mie richieste di amicizia.»

«Cosa?» urlammo all’unisono.

«E quando? Dove?» chiesi.

«Tra un’avventura e un’altra.» rispose «A volte a Ponyville, a volte a Canterlot …»

«Cara.» disse Rarity, che insieme ad Applejack si era alzata dopo Rainbow Dash. «Se ad Equestria ci fossero delle creature come … queste.» continuò indicando noi «Non credi che le avremmo viste anche noi?»

«Sciocchina, mica possiamo vederli! Sono loro che ci guardano di continuo!»

Bene … questo era inquietante … ma da Pinkie Pie non bisogna mai prendere le cose troppo sul serio, quindi scossi la testa e mi concentrai sul come agire. Prima le priorità.

Punto primo: alzarsi.

Seguendo ciò che avevano fatto le altre appoggiai le zampe anteriori sul terreno e con la loro spinta usai le zampe posteriori per alzarmi. Spinsi troppo e caddi all’indietro.

Caduta abbastanza morbida perlomeno.

Ritentai e questa volta riuscii a mantenere un certo equilibrio. La distanza tra la testa e la terra era molto più grande che quando ero pony, e avevo un po’ di vertigini … ma era gestibile. Il nuovo corpo sembrava più abituato di me a questa situazione. Guardai le altre già più in equilibrio di me intente ad aiutare Fluttershy. Per la povera pegaso era più difficile che per noi, e si vedeva dalla rigidità con cui teneva le zampe. Finalmente riuscì a restare dov’ero e a non cadere per l’ennesima volta.

Bene … punto primo: fatto.

Secondo punto: con questa pelle nuda avevo freddo!

«Qualcuna di voi ha portato qualcosa con cui coprirci?»

Rarity spalancò gli occhi.

«E’ semplicemente terribile!» esclamò Rarity, resasi conto del problema. «Ho portato alcuni vestiti in caso ci fosse stato bisogno di un look favoloso, ma sono fatti per i pony non per … questo …» disse toccandosi la pelle di una zampa.

«Abbiamo sempre delle coperte, mi sembra.» disse Applejack. «Per tenerci al caldo dovrebbero bastare. Almeno per il momento.»

«Mi sembra l’unico modo.» convenni.

Andammo verso le nostre borse e le aprimmo con il morso (io e Rarity fummo costrette a farlo, visto che eravamo senza corno).

«Sciocchine, cosa fate?» disse Pinkie Pie. «Usate le mani e le dita!» Ci girammo verso di lei per vedere che usava quelle specie di artigli (Dita? Così si chiamavano?) per aprire le sacche, proprio come faceva Spike.

Giusto, come avevo fatto a non pensarci? Bastava far finta di essere Spike per riuscire a usare quel corpo.

Ci impiegai qualche istante a coordinare le … mani e le dita, ma una volta capito come fare era assai più semplice che prendere le cose con la bocca … non così facile come con il corno, ma almeno per me era la prima nota positiva di questa strana esperienza.

Ben altra cosa fu usare la penna, l’inchiostro e la pergamena per scrivere l’elenco delle cose che ci eravamo portate dietro. Provai a buttare giù qualche parola, ma venivano fuori scarabocchi illeggibili quindi rinunciai. Ero costretta a fare tutto a mente.

Per fortuna avevo buona memoria.

«Ecco qua.» disse infine Applejack tenendo tra le mani (che termine strano da pensare, figurarsi a pronunciarlo) le coperte raccolte. «Con queste dovremmo poterci coprire a sufficienza»

Ne prendemmo una ciascuna. Per fortuna ne avevamo a sufficienza, ma non erano abbastanza grandi per coprirci del tutto. Restavano fuori al freddo le zampe anteriori e posteriori, ma era meglio di niente.

E anche il punto due era sistemato.

Punto tre: trovare un posto sicuro.

«E adesso che facciamo?» disse Fluttershy che fin dall’inizio di questa disavventura era rossa paonazza in volto un po’ per la vergogna un po’ per la paura. Anche nella sua forma umana faceva tenerezza.

«Almeno non ci sono creature sporche.» disse Applejack, ridacchiando in direzione di Rarity.

«Non è il momento, Applejack.» sibilò Rarity, impettita. «Siamo in un luogo sconosciuto con corpi sconosciuti, senza ali nè corni.»

«Come faremo senza ali e corni?» esclamò Applejack con tono canzonatorio.

«Ridi pure» sbottò Rainbow Dash «ma con le ali in questo momento avrei potuto sorvolare la zona e vedere se c’erano pericoli. Ora non lo possiamo sapere con certezza.»

Fluttershy gemette. «Pericoli? Dite che ci possono essere pericoli?»

Rarity la sorresse evitando di farla cadere a terra per l’ennesima volta.

«Non lo possiamo sapere se non esploriamo.» dissi, con un po’ di coraggio ritrovato. «Prendete le vostre sacche, mettetevele in spalla e andiamo.»

«E come ci difendiamo in caso ci fossero pericoli?» chiese Rarity.

Rainbow Dash osservò le proprie mani. «Mmm, immagino che queste … cose chiuse a pugno non facciano male come uno zoccolo, ma potrebbero comunque servire.»

Si avvicinò a un albero. Chiuse le dita formando un pugno, e colpì la corteccia.

L’albero a malapena si mosse, mentre Rainbow Dash trattenne a stento un urlo di dolore.

Tornò da noi nascondendo la mano e fingendo un’aria stoica.

«Se non troviamo creature più dure del legno dovremmo farcela.» concluse.

«D’accordo» dissi meno convinta di prima. «Per il momento l’unico vantaggio che abbiamo è che siamo tutte insieme. Forza, si parte!»

Diedi uno sguardo fugace a una delle pietre scolpite che si trovavano al confine della radura e mi inoltrai tra gli alberi.

 

Il bosco per fortuna sembrava tutto tranne che pericoloso. La minaccia maggiore in quel momento era morire per la vergogna di non avere alcun vestito indosso (cosa strana visto che mai ne avevamo sentito il bisogno) se avessimo incontrato qualche pony … o qualche umano, visto in cosa ci eravamo trasformate.

Andare al passo con queste nuove zampe era … bizzarro. Con gli zoccoli l’erba non era così ruvida e fastidiosa. Avevo sempre la sensazione di calpestare qualcosa che non dovevo calpestare. Ma ci feci rapidamente l’abitudine.

Fluttershy riuscì a calmarsi dopo qualche minuto osservando la natura che, per quanto diversa da come ce la ricordavamo, era bene o male la stessa. Notai però che gli animali erano molto più schivi delle loro controparti equestriane.

Avevano paura del nostro aspetto? Se era così, era davvero saggio andare incontro ad altri umani?

Non ero preparata per questo. La nudità del mio corpo era nulla in confronto alla mancanza della magia del mio corno. Le uniche cose che non avevo perso di me stessa era la criniera, il cutie mark e le mie conoscenze …

Dovevo puntare su queste ultime se volevo passare questa “prova”.

«Pinkie?» domandai nel silenzio imbarazzante che si era creato mentre passeggiavamo mezze nude in mezzo a un bosco sconosciuto.

«Sì, Twilight?» rispose lei, sorridendo malgrado la situazione. Rendeva sempre onore al suo Elemento, dovevo dargliene atto.

«Cos’altro mi sai dire su questi … umani? Per adesso sei la più informata di noi sull’argomento.»

Un’espressione di meraviglia le attraversò il volto. «Sono diventata la testa d’uovo del gruppo? Evviva!»

«Sì.» le risposi a denti stretti, non so se per invidia o per l’appellativo testa d’uovo. «Ad esempio: potresti illuminarmi sui termini tecnici di questi nuovi corpi? Prima hai accennato alle mani …»

«Oh, sì! Queste!» disse alzandone una e osservandola da entrambe le parti facendo ondeggiare le dita. A guardarle mi venne la nausea. Mi sembrava di vedere un polpo.

«Se Lyra potesse vederci morirebbe di invidia.» rise tra sé. «Queste sono le mani e queste sono le dita. Mi sembra che ognuna di loro ha un loro nome, ma non mi vengono in mente.»

Puntò lo sguardo verso il basso.

«Questi invece sono i piedi. Sono simili alle mani ma servono solo a camminare.»

«Ca … cosa?» borbottò Rainbow Dash.

«Oh, sì, scordatevi di andare al passo, trottare o galoppare. Con questi si cammina o si corre, punto.»

«E adesso stiamo quindi ca…mminando?» chiesi.

Pinkie annuì con la testa. «Se invece si va più veloce, tipo così …»

Iniziò a fare passi più ampi e rapidi, e in poco tempo fu molto davanti a noi.

«… si chiama corsa!» urlò.

«Fantastico!» esclamò Rainbow Dash, che scommettevo stava già pensando a provare a cimentarsi in quella “corsa”.

Quando la raggiungemmo ci sorrise e si affiancò nuovamente a noi.

«E la criniera?» chiesi. Ero sicura che aveva un altro termine.

«Si chiamano capelli.»

Appunto.

«E le zampe?»

«Quelle di sopra braccia, quelle di sotto gambe.»

Rimuginai un po’ su quei nuovi termini, così strani ora che si applicavano a me.

«Altro che dovremmo sapere?»

«No, a parte che sono strani e curiosi come specie, almeno d’aspetto. Te l’ho detto, non sono ancora riuscita a farmene amico nessuno.»

Sì, Pinkie Pie, questo punto inquietante ce l’avevi già accennato …

Almeno adesso ne sapevo un po’ di più … non tanto, ma era meglio di niente.

«Credi che incontreremo altre di queste creature, Twilie?» chiese Applejack, che non aveva smesso di guardarsi intorno alla ricerca di pericoli.

«Visto che ormai è ovvio che non ci troviamo più a Equestria e che siamo state trasformate così, non lo escludo.»

«Dobbiamo subito trovare qualcosa di più adatto per vestirci.» si lamentò Rarity «La mia dignità non può sopportare oltre questo oltraggio.» aggiunse risistemandosi la coperta nella maniera meno degradante possibile.

Per una volta non potevo darle torto. All’inizio la nudità non mi aveva dato troppo fastidio, ma adesso stava diventando quasi insopportabile. E non avevo alcuna idea del perché. Forse era una caratteristica degli umani doversi vestire per non sentirsi così?

Se era così stavamo diventando umane non solo fuori ma anche dentro?

Scacciai quel pensiero perché non portava a nulla di buono.

«Sbrighiamoci.» dissi, aumentando il passo.

La prima cosa da fare era trovare un segno di civiltà e, speravo, dei vestiti.

 

Da quel che filtrava tra le fronde degli alberi intuii che fosse mezzogiorno quando finalmente iniziammo a sentire qualcosa che non fossero fronde spostate dal vento o canti di uccelli.

«Ferme qui!» sussurrai, appena percepii quello strano rumore. Veniva da oltre un’altura del bosco, quindi mi era impossibile vedere di che si trattava.

Non avevo mai sentito nulla del genere. Rivangando nella memoria la cosa più simile era il rumore di quella macchina fabbrica-sidro dei fratelli Flim-Flam. Ma solo vagamente. Era molto più silenzioso.

«C’è qualcuno?» sussurrò Rainbow Dash, che notai aveva stretto la mano a pugno.

«Forse è un drago.» disse Fluttershy al limite dell’udibile.

«Fluttershy, sei davvero ossessionata dai draghi.» commentò ridacchiando Rainbow Dash.

«Ho la sensazione che si tratti di qualche macchina creata dagli abitanti di questa dimensione.» dissi a bassa voce. «Ma sembra che si stia allontanando.»

«Vuoi che vada in esplorazione?» chiese Rainbow Dash, per nulla spaventata dalla prospettiva.

«Credo sia il caso.» dissi a malincuore.

«Vengo con te.» propose Applejack.

«Posso farcela da sola!» esclamò stizzita la pegaso.

«Prima di venire qui, forse, ma adesso non hai la possibilità di volare via se dovesse capitare qualcosa.» spiegò Applejack fissandola «Avrai bisogno di qualcuno che ti protegga le spalle.»

Rainbow Dash sostenne il suo sguardo per un po’, poi annuì.

«Solo perché sei tu.» disse, alzandosi e salendo per la piccola altura, seguita a ruota da Applejack.

Pochi istanti dopo sparirono dall’altra parte.

Fluttershy tremava per la preoccupazione, così tanto che Rarity per pena si mise vicino a lei per consolarla come poteva.

«Sicura di non conoscere nient’altro su questi umani?» chiesi a Pinkie Pie.

«No.» rispose rapida «Lyra presa dall’euforia ha passato un’intero pomeriggio a spiegarmi un sacco di cose su di loro, ma stavo pensando alle prossime feste da organizzare e non ho fatto molto caso a ciò che mi diceva.»

Un classico. Brava Pinkie Pie: magari proprio in quel momento ti stava spiegando di come adorassero mangiare carne di pony arrostendoli su uno spiedo. Magnifico.

Evitai di mostrarmi preoccupata.

«Speriamo che trovino dei vestiti …» si lamentò Rarity a voce non abbastanza bassa mentre teneva stretta a sé Fluttershy.

Feci un sospiro di sollievo quando le vidi tornare una decina di minuti dopo con un’espressione trionfante.

«Abbiamo fatto il colpaccio!» esclamò Rainbow Dash trionfante.

«Più avanti c’è una casa in mezzo a una radura.» spiegò Applejack. «Sembra vuota … e fuori sono ci sono degli abiti stesi che dovrebbero andarci bene.»

«Di che misura?» esclamò raggiante Rarity. «Di che colore? Sono da interno o da esterno, fatti a zoccolo o a macchina? E…»

«Dovrebbero andarci bene.» la interruppe Applejack con una smorfia.

«Sicure di non aver visto nessuno?» chiesi.

«Non c’era nulla, né all’interno né all’esterno di quella casa. Ma non sembrava disabitata.»

«Visto il rumore di poco fa, probabilmente chi la abita si è allontanato.» conclusi.

Restare lì non era saggio. Ci conveniva muoverci e prendere quegli abiti finchè possibile. Poi avremmo affrontato chi abitava in quella casa … sperando non fosse l’umano divora-pony che mi ero immaginata.

«Andiamo.»

Rarity era così entusiasta di essere vicina a prendere degli abiti che fu la prima a raggiungere l’altura. Fui io quindi che dovetti aiutare Fluttershy a proseguire. La presi gentilmente e tenni il braccio attorno alle spalle.

«Forza Fluttershy. Abbiamo affrontato di peggio.» la incoraggiai.

Lei non rispose ma perlomeno annuì. Forse era una mia impressione, ma stava raggiungendo dei livelli di timidezza mai raggiunti prima.

Non ci feci caso e insieme superammo l’altura.

Non dovemmo fare molta strada (appena un minuto di camminata), e fummo tutte in grado di vedere la radura e la casa descritte da Rainbow Dash e Applejack.

La radura era circondata dagli alberi, tranne un pezzo in cui c’era una strada sterrata con i segni del passaggio di carri. Segni che mi lasciarono stupita: le ruote di quei carri erano assai strane.

Fu la casa però ad attirare la mia attenzione.

Se fino a quel momento avessi avuto ancora qualche dubbio sul fatto di essere ad Equestria, sarebbe svanito del tutto nel vedere quell’edificio. Sapevo bene che le case non erano fatte solo di legno, mattoni e paglia come a Ponyville ma quella casa non sembrava in pietra come gli edifici per esempio di Canterlot. Doveva essere fatta in qualche materiale speciale usato per esempio nell’edificazione di Manehattan. Cemento mi sembrava si chiamasse. Ma aveva comunque una forma … aliena.

La casa era su due piani, e ad occhio era abbastanza grande da poterci vivere tutte e sei comodamente. Era sul marroncino con le finestre e le imposte bianche. Attorno si estendeva un giardino di erba rasata alla perfezione, tranne vicino all’entrata dove si trovava un pezzo in ghiaia che si collegava alla strada sterrata. A base quasi rettangolare era semplice e modesta … fin troppo per i miei standard. Quasi ogni casa a Ponyville era più bella ed elaborata di quella.

Ma non ero venuta fin lì per giudicare le case del luogo.

Prima che potessi vederli fu Rarity ad adocchiare e a correre verso gli abiti stesi che tanto agognavamo.

«Miei!» disse cominciando a controllare il bottino come una mezza pazza.

Malgrado le frequenti discussioni con Rarity non me ne intendevo molto di moda, ma quegli abiti non sembravano nulla di che. E il suo sguardo affranto me lo confermò.

«E dovremmo indossare questi? Oh, che vergogna!»

«Puoi sempre tenerti la coperta.» la schernì Rainbow Dash, prendendo per prima uno degli abiti dando loro un’occhiata per capire come indossarli.

«Ma sono ancora bagnati!» si lamentò toccandoli.

Nessuna di noi replicò. A quel punto Rarity sbuffò e prese il vestito che sembrava più “elegante”.

Ognuna di noi fece lo stesso. Li strizzammo un po’ per togliere l’acqua residua e dopo diversi tentativi (e cadute imbarazzanti sull’erba morbida) riuscimmo a vestirci con qualcosa di decente. Sebbene fossero ancora umidi, fui più a mio agio. Sentivo ancora la necessità di mettere qualcosa a quelli che una volta erano i miei zoccoli posteriori. L’erba cominciava a darmi fastidio con questi piedi iper-sensibili. Non vedendo nulla di simile in giro mi feci forza e mi accontentai di aver soddisfatto il mio pudore.

Malgrado tutto ancora non avevo messo la spunta mentale al punto tre della mia lista immaginaria: trovare un posto sicuro.

«Adesso dove andiamo?» chiese Fluttershy, che stava di nuovo puntando lo sguardo al bosco. Essere in bella vista in una radura vicino ad una casa abitata da creature sconosciute evidentemente non le piaceva.

Non piaceva neanche a me, ma non potevamo rimanere in mezzo agli alberi per sempre. Per quanto mi riguardava, il posto sicuro della mia lista ce l’avevo proprio di fronte. Questa strana casa poteva essere un buon punto d’inizio per successive ricerche ed esplorazioni.

«Non so voi, ma mi sento in colpa per aver preso dei vestiti non nostri» commentò Applejack, risistemandosi gli abiti e strizzandoli per l’ennesima volta. «Vorrei prima aspettare chiunque abiti qui e chiedergli se possiamo prenderli in prestito.»

«Ma sei impazzita?» sbottò Rainbow Dash. «Non sappiamo nulla di questo posto e tu vorresti andare da uno dei suoi abitanti e chiedergli cortesemente se puoi prendere i suoi vestiti?»

«La cortesia è di casa dagli Apple.» replicò con aria fiera Applejack «Non ho intenzione di … imini … inami … rendermi nemico nessuno, tantomeno qualcuno che non conosciamo.»

«Applejack ha ragione!» esclamò Pinkie Pie. «Chiunque abiti qui ci deve conoscere! E se è un umano voglio accoglierlo per prima come amica!»

«Pinkie, cara, non stai correndo un po’ troppo?» domandò Rarity, che rabbrividiva di tanto in tanto per gli abiti umidi. «So che in quanto a fare amicizie sei un’eccellenza, ma non abbiamo alcuna idea di come siano questi umani. Potrebbero essere del tutto estranei al concetto di amicizia.»

Diede uno sguardo sdegnoso agli abiti che avevamo indosso e alla casa. «E a un primo sguardo direi che sono totalmente estranei al concetto di moda e di bellezza. Ugh.»

«Sono d’accordo con Rarity.» disse Rainbow Dash. «E’ meglio proseguire.»

«No, dobbiamo restare» insistette Applejack.

I loro sguardi iniziarono a sprizzare scintille.

La discussione stava degenerando. «Ehm, ragazze …»

«Lasciamo questo posto orribile.» mi interruppe Rarity, mettendosi al fianco di Rainbow Dash.

«No, no e no!» si aggiunse Pinkie Pie, mettendosi vicino ad Applejack. «Chi abita qui è sicuramente amichevole, me lo sento!»

«Non hai i tuoi famosi sensi qui.» replicò Rainbow Dash, con sorriso sardonico «Non hai nemmeno la coda!»

«E io ti dico che lo sento!»

«Dobbiamo andare!» ripetè Rarity.

«Dobbiamo restare!» ripetè Applejack

«Andare!»

«Restare!»

«Andare!»

«Restare!»

«Restare!»

«Andare!»

«Restare!»

«And … no aspetta, non imbrogliare!»

«Accidenti, per poco!»

«Restare!»

«Andare!»

Mi morsi le labbra osservando le mie amiche litigare con sempre più foga.

Stavo per intervenire, ma venni preceduta.

«Basta!» urlò Fluttershy, con una voce incredibilmente possente per una come lei.

Tutte le voci si zittirono. Persino i canti degli uccelli smisero per qualche istante.

Ci stava guardando con un’espressione a metà tra lo spaventato e l’arrabbiato. Metteva soggezione, quasi paura.

Non riuscirò mai ad abituarmi ai rari sbalzi d’umore di Fluttershy.

Quando capì di avere tutta la nostra attenzione, fece un sospiro profondo e tornò la calma, timida Fluttershy di sempre.

«Sono d’accordo con Rainbow Dash e con Rarity. Non sappiamo cosa ci dobbiamo aspettare da chi vive qui e preferirei tornare a nascondermi nel bosco. Ma sono anche d’accordo con Applejack e con Pinkie Pie. Se non ci facciamo degli amici qui, avremo poche possibilità di tornare a casa, non senza la magia di Twilight.»

Le feci un sorriso. Rimanere silenziosa non le impediva certo di ascoltare e pensare … e di avere terribilmente ragione.

La sua timidezza alla fine ebbe la meglio: strinse a sé le braccia, mordendosi le labbra.

«Però potete fare come volete … volevo solo dire la mia.»

Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante. Decisi di romperlo subito.

«Hai ragione, Fluttershy. Dobbiamo farci degli amici.»

«Ma …»

«Ma dobbiamo essere cauti Rainbow.» continuai. «Proporrei quindi di nasconderci tra gli alberi, aspettare che chiunque abiti qui torni e vedere se è davvero quella minaccia tanto grave che crediamo. Se lo è proseguiremo sperando di trovare un altro luogo sicuro.»

Mi voltai a guardare la casa. Malgrado l’aspetto esteriore, l’interno sembrava accogliente.

Sospirai e tornai a fissare una ad una le mie amiche.

«Che ne dite?»

Applejack e Pinkie Pie furono le prime ad annuire, anche se restarono qualche istante a pensarci. Fluttershy seguì con un timido accenno. Rainbow Dash fu più restia, ma accettò il mio consiglio con un cenno del capo.

Rarity invece stava fissando gli alberi con astio.

«Quanto dovremo attendere?» chiese.

«Non lo so.» dissi. «Ma non credo che chi abita qui sia andato molto lontano.»

«Non avete idea di quanto mi senta male.» ammise Rarity, iniziando la sua famosa posa melodrammatica. «Spinta in luoghi oscuri e ignoti, in questa forma orribile, con questi vestiti bagnati e semplicemente mediocri, all’addiaccio in mezzo alle foglie e al fango.»

«Sì … terribile …» commentò Applejack scalciando l’erba ai suoi piedi.

Mi avvicinai a Rarity e le misi una mano sulla spalla. Queste nuove zampe avevano molta più sensibilità degli zoccoli, ma stavo iniziando ad abituarmi.

«Prometto che se per stasera non sarà venuto nessuno andremo via.»

Il volto di Rarity si rasserenò quasi del tutto.

Rainbow Dash restò pensierosa per un po’. «Oppure potremmo approfittarne per entrare dentro lo stesso e vedere cosa c’è.»

«Rainbow Dash!» esclamò Rarity. «Che maniere! Ammetto che non mi dispiacerebbe entrare lì dentro.» aggiunse, indicando la casa. «Anche se è assolutamente orribile. Ma se non siamo invitati, sarebbe a dir poco scortese entrare in casa d’altri senza il loro permesso.»

«Rarity, sai quanto me che Equestria è in pericolo! Non abbiamo il tempo di seguire le regole!»

«Calma ragazze!» le interruppi mettendomi in mezzo. Non volevo un’altra discussione. Non oggi almeno. «Aspettiamo fino a stasera e vediamo cosa succede.»

Per una volta fummo tutte d’accordo.

Prendemmo le nostre sacche e tornammo tra gli alberi, nascondendoci tra i cespugli in modo da non essere visibili dalla radura, ma dandoci modo di vedere chiunque si sarebbe avvicinato alla porta della casa.

Il mio timore non era tanto quello di incontrare qualcuno, quanto quello di non incontrarne.

Fluttershy, Applejack e Pinkie Pie avevano ragione. Chiunque abitasse lì dovevamo cercare di farcelo amico. A quel punto avremmo potuto chiedergli tutte le informazioni che cercavamo (o andarle a cercare per conto nostro) in un posto relativamente sicuro.

Sempre che questa dimensione non rivelasse altre sorprese sgradite.

In ogni caso dovevamo rischiare.

Per Equestria.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Primo contatto ***


Capitolo II

Primo contatto


Non può essere conosciuto nessuno se non per amicizia.

(Sant’Agostino d’Ippona)



 

Fu un’attesa snervante, ma perlomeno permise ai vestiti che avevamo indosso di asciugarsi.

Rainbow Dash ed Applejack passarono il tempo sperimentando l’efficacia delle nostre nuove estremità sugli alberi e simulando dei piccoli combattimenti. Usando calci e pugni come li aveva definiti Pinkie Pie.

Purtroppo non sembravano efficaci come speravo, non quanto una scalciata ben assestata. Applejack provò a colpire un albero per far cadere delle ghiande, ma riuscì soltanto a farsi male. Le piante di questo mondo non erano collaborative come quelle di Sweet Apple Acres.

Pinkie Pie e Rarity, dando di tanto in tanto un’occhiata a questi “allenamenti”,  si dilettarono con il tris, usando dei legnetti raccolti per terra (ben puliti precedentemente da Rarity).

Fluttershy invece riuscì, con mia somma sorpresa, a far avvicinare alcuni animali del bosco e passò tutto il tempo con loro, parlandoci esattamente come faceva ad Equestria.

Se quella sua capacità funzionava era un buon segno. Eravamo ancora noi … solo con un corpo diverso.

Io invece iniziavo a sentire la stanchezza della nottata passata in bianco. Cercai di distrarmi guardando cosa facevano le altre e rileggendo più e più volte la pergamena scritta dalla Principessa Luna, consultando un paio di libri di fondamenti di magia che mi ero portata dietro in caso di bisogno.

Ci rimuginai sopra a lungo, e dopo circa mezz’ora capii cos’era successo.

E la cosa mi lasciò spiazzata … la Principessa Luna, la sorella di Celestia e uno dei pony più potenti e saggi di tutta la storia di Equestria, aveva fatto un’errore!

Peccavo di presunzione nel credere di aver trovato un errore in un lavoro di Luna? In fondo era l’unica spiegazione che riuscii a trovare di fronte alle rune poste poco prima della runa che serviva a “puntare” la dimensione dove si trovava l’Ombra. Forse l’intento di Luna era proteggere chi usava l’incantesimo dall’influenza dell’Ombra, e aveva sperato di ottenere tale protezione grazie a quella combinazione di rune di trasformazione. Se era così eravamo indifese contro un’eventuale attacco dell’Ombra … e se l’incantesimo aveva funzionato senza altri errori, eravamo proprio nella dimensione dove era più forte.

Rimisi la pergamena e i libri nelle mie sacche e mi rivolsi a Fluttershy.

«Fluttershy.» la chiamai. «Puoi chiedere agli animali se sanno qualcosa sull’Ombra o sugli umani?»

La pegaso mi sorrise e annuì. Fece gentilmente la domanda a bassa voce agli scoiattoli e agli uccelli. Essi risposero con squittii e cinguettii.

«Che dicono?» chiesi.

«Non sanno nulla di ombre se non quelle lasciate dal sole. Degli umani invece sono terrorizzati.»

«Quindi non c’è dubbio sulla presenza di umani in questa dimensione.» commentai. «Quanto ne sono terrorizzati?»

«Scappano appena li vedono, ma non mi vogliono dire perchè.»

Stupendo … la teoria che fossero mangiatori di pony iniziava ad avere più credito ...

Per fortuna l’errore di Luna ci aveva fornito dei corpi che ci permettevano di nasconderci e confonderci tra loro. Giocando bene le nostre carte, potevamo farcene amico almeno uno e ottenere ciò di cui avevamo bisogno.

 

L’attesa totale per fortuna si limitò a circa tre ore.

Lo strano rumore che avevo sentito prima di arrivare in quella radura tornò. Prima lontano e attutito, poi sempre più vicino.

Quando vidi la sua origine non riuscii a credere ai miei occhi.

«Ma che cavolo è quella cosa?» esclamò a caldo Applejack, avendo almeno il buon senso di tenere la voce bassa.

Ciò che stava per entrare nella radura era una specie di carro con quattro ruote, ma sinuoso e chiuso, con sei “finestre”, due per lato, una dietro e una davanti, che avanzava senza l’aiuto di nulla! Nessun pony terrestre, né pegaso o unicorno lo tirava o spingeva.

Forse era opera di magia combinata con dei meccanismi. Forse erano tali meccanismi che producevano quello strano rumore. Proprio come lo strano aggeggio creato dai Fratelli Flim e Flam.

Mentre si avvicinava alla casa riuscii a intravedere al suo interno l’essere che sembrava condurne la direzione.

Intuii la sua natura poco prima che la “cosa” si fermasse proprio davanti alla casa. Il rumore cessò di colpo, e l’essere uscì aprendo metà del lato del “carro”.

Era come speravo e al tempo stesso temevo. Era un abitante di questa dimensione, un umano. Dalla forma del corpo, diversa dalla nostra, supposi fosse un maschio. Era vestito dal collo in giù di semplici vestiti scuri, e portava una criniera … anzi dei capelli corti e neri. Mi chiesi se i colori dei nostri capelli gli sarebbero sembrati strani visto il suo aspetto … smorto.

«Che facciamo Twilight?» chiese Rarity, dopo aver fatto una smorfia per l’aspetto dell’indigeno. «Ammetto che mi aspettavo di peggio, ma non ha l’aria così amichevole.»

«Non mi sembra un mangiatore di pony.» intervenne Rainbow Dash. «Secondo me possiamo provare. Abbiamo affrontato di peggio.»

Annuii. Avevamo bisogno di più informazioni su questo mondo, e avevamo un suo abitante proprio lì, in un luogo isolato e tranquillo. Non volevamo fargli alcun male, ma se lui avesse provato a farne a noi … era da solo contro sei.

Sempre che non possedesse poteri a noi sconosciuti …

Mi venne un nodo in gola. Che potevamo fare in quel caso?

Mentre avevo questi dubbi, l’umano si accorse della mancanza dei vestiti appesi. Iniziò a guardarsi in giro con aria sospetta.

Ottimo … se non ci mostravamo subito a spiegare che era successo avremmo fatto una pessima prima impressione.

Non avevamo altra scelta.

«Seguitemi» sussurrai. «Prendete le sacche e lasciate parlare me.»

Avanzammo lentamente verso la casa. L’umano ci notò subito appena fummo fuori dalla copertura degli alberi. Trasalì. Evidentemente non si aspettava di vedere sei ragazze uscire dal bosco.

«Salve!» iniziai, mostrando il migliore sorriso di circostanza che conoscevo. «Ci siamo perse e abbiamo bisogno di aiuto.»

Notando la sua faccia attonita mi domandai troppo tardi se riusciva a comprendere la nostra lingua.

Questa paura si rivelò subito infondata.

«Chi … chi siete? E che ci fate qui … con quei vestiti?»

«Ah, questi … scusaci, ma abbiamo avuto un piccolo … incidente e abbiamo preso in prestito questi. Spero non sia un problema.»

La faccia iniziava già a farmi male per il sorriso forzato.

Chissà che faccia avevo. Trasformata in umana non avevo ancora avuto la possibilità di vedermi specchiata.

L’umano fissò per un pò Pinkie Pie, e capii perché. Lo stava salutando facendo ondeggiare ripetutamente la mano destra con un gran sorriso.

«I vestiti non sono miei.» rispose l’umano, squadrandoci una ad una. «Però potete tenerli finchè non trovate i vostri. Se mi posso permettere siete … strane

Mise l’accento sull’ultima parola, fissando i nostri capelli …

«Ehm … noi …»

«E avete un aspetto familiare … siete per caso delle cosplayer?»

Non avevo … alcuna idea … di cosa stesse parlando.

«Sì.» risposi di scatto. «In un certo senso.»

Per fortuna non ero l’Elemento dell’Onestà.

Si strofinò il mento, l’espressione poco convinta. Il mio sorriso era completamente in contrasto con ciò che provavo, e sembrava essersene accorto.

«Senti caro.» intervenne Rarity, superandomi. «Abbiamo solo bisogno di un posto caldo dove sistemarci per un po’ di giorni.»

Si avvicinò ancora di più all’umano, abbastanza da farlo indietreggiare.

«Ma che …»

«Non ci vedi?» continuò Rarity dando mostra delle sue migliori espressioni attoriali «Abbiamo solo un paio di cose in queste sacche, e nessun vestito decente. Avresti il coraggio di negarci un po’ di ospitalità?»

«Bè … no … ma …»

«Che ti costa? Vedo che hai una casa bella grande. Scommetto che potremmo starci tutte comodamente.»

«Sì, ma …»

«Ma …? Non ti interessa salvare delle povere ragazze indifese? Permetteresti loro di lasciarle all’addiaccio, in balia delle bestie feroci?»

«No!» urlò l’umano, facendo indietreggiare Rarity per l’impeto.

Rarity stava tremando, e anche io temevo una reazione dall’umano, che era rosso in faccia.

Stavo per indicare alle mie amiche di correre, ma l’umano sembrò calmarsi e annuì.

«D’accordo, vi ospiterò per oggi. Ma vorrei qualche spiegazione in più. In questo bosco di solito non viene nessuno.»

«Avrai tutte le risposte che vorrai.» mentii. Non mi andava di dirgli tutto subito, almeno non finchè non lo conoscevo meglio «Nel limite del possibile.» mi corressi.

L’umano annuì di nuovo.

«Non avete nemmeno le scarpe?» disse, osservando in basso.

Ah … si chiamavano così anche lì. Con gli zoccoli di solito non si indossava nulla, ma con quei piedi sensibili diventava necessario.

Feci no con la testa.

L’umano sbuffò e andò alla porta. Tirò fuori da una tasca delle chiavi e aprì.

«Seguitemi … e almeno fate attenzione a non portare fango o foglie in casa …»

«Ma per che ci hai prese? Per delle barbare?» si lamentò Rarity, la prima ad entrare.

Io la seguii subito dopo e mi osservai in giro.

La prima stanza era un corridoio molto ampio che terminava in una scala a chiocciola. In tutto c’erano quattro porte, due in fondo vicino alla scala, una a destra e una a sinistra.

L’umano si fermò all’entrata, aspettò che fossimo entrate tutte e chiuse la porta alle nostre spalle.

«Allora …» disse «Direi che potremmo cominciare dalle presentazioni …»

Pinkie Pie riuscì a battere tutti sul tempo, correndo verso di lui, tirandogli la mano e stringendola con entrambe.

«Pinkie Pie!» proruppe con un sorriso, dando troppa energia alla sua stretta. L’umano fece una smorfia, lasciando la presa.

«Pinkie … Pie …» ripetè.

«Certo … perché, c’è qualcosa che non va?»

«Lasciamo perdere … voi invece?»

«Applejack.»

«Rarity, incantata.»

«Rainbow Dash!»

«Twilight Sparkle, piacere.»

«Fluttershy

«Cosa?»

«Fluttershy

«Credo di non aver capito …»

Un mugolio incomprensibile uscì dalle labbra della pegaso.

«Si chiama Fluttershy.» rispose Rainbow Dash per lei.

L’umano fece un profondo respiro. Ci osservò una ad una con l’espressione di chi guarda i pazzi.

«Quindi, ricapitolando: tu ti chiami Mignolo Torta, tu hai il nome di una bevanda alcolica, tu sei Rarità, tu sei Scatto d’Arcobaleno, tu sei Scintilla del Crepuscolo e infine te sei … Battito Timido?»

«Esatto, sono i nostri nomi.» risposi sorridendo … non capivo cosa ci trovava di così strano … anche se quella battuta sulla “bevanda alcolica” non l’avevo capita.

Si portò una mano sul volto e sbuffò di nuovo.

«I casi sono due … o siete completamente fatte, o mi state prendendo per i fondelli.»

«Ma io ti ho solo preso la mano!» protestò Pinkie Pie «E’ così che si chiamano, no?»

L’umano la fissò per qualche istante. «Tu sei sicuramente fatta …»

«Fatta di che?»

«Lasciamo perdere.» disse l’umano scostando lo sguardo.

«Tu invece? Come ti chiami?» chiesi, cercando di usare un tono gentile.

«Stupido Allocco.» rispose seccamente.

«Che nome … strano …»

«Certo che è strano!» rispose lui, di nuovo rosso in volto «Perché non è vero! Come il vostro, se per questo!»

«Calma, calma.» disse Applejack «Nessuna di noi ha mentito sul suo nome. Perché dovremmo farlo?»

«Perché solo nei cartoni animati per bambine si possono sentire dei nomi così, ecco perché!»

Ancora una volta … non sapevo … di cosa … stava … parlando.

«Scusa, ma noi …»

«Non importa, non importa.» si affrettò a rispondere. «Tenetevi pure i vostri veri nomi, se volete. Ditemi almeno perché siete rimaste senza vestiti in un bosco in cui non va mai nessuno.»

Ecco, quella era una domanda pericolosa …

«Cielo!» intervenne di nuovo Rarity «Sono domande da fare a delle signore? In questo stato per giunta!»

L’umano fece una smorfia e annuì. «E va bene, per il momento rinuncio a chiedervi qualsiasi cosa. Ma da quanto ho capito non siete di qui, giusto?»

«Sì, puoi dirlo forte!» esclamò Pinkie Pie, portandogli un braccio sulla spalla e invadendo ciò che rimaneva del suo spazio personale.

«Veniamo da mooolto molto lontano, amico mio!»

«Amico?»

«Certo amico …» disse lei sorridente. «Non conosco ancora il tuo nome, ma per me sei già mio amico. Vuoi che ti canti una canzone?»

«Per carità divina, no!.» replicò a denti stretti l’umano, divincolandosi dal suo braccio. «Vediamo piuttosto di rimettervi a posto» ci diede un’occhiata rapida. «almeno d’aspetto».

Ci indicò di seguirlo, e così facemmo.

Salimmo sulla scala a chiocciola per arrivare a un altro corridoio, più lungo di quello inferiore, su cui si affacciavano cinque porte.

Aprì una di quelle a destra e entrammo insieme a lui. All’interno c’era una camera con due letti, degli armadi e un paio di cassettoni. L’umano andò verso uno di quei cassettoni e lo aprì. All’interno vidi che erano impilati uno sopra l’altro diversi vestiti.

«Se volete, qui dentro ci sono degli abiti che possono starvi meglio e che posso anche lasciarvi finchè volete. Quelli che avete indosso ora non posso darveli perché non sono miei. Se volete potete posare i vostri bagagli in questa stanza.»

«Grazie!» disse Rarity con un gran sorriso, posando la sua sacca su uno dei letti e correndo verso il cassettone per vedere cosa c’era.

«Aspetto fuori che abbiate finito di cambiarvi, e nel frattempo vi porto delle ciabatte.»

«Ti ringrazio per l’ospitalità.» gli dissi, sincera, mentre stava per andarsene.

Mi diede uno sguardo neutro, poi si girò e senza rispondermi chiuse la porta.

Malgrado non fosse accaduto il peggio, il primo incontro con quell’umano non era andato un granchè bene. Ai suoi occhi dovevamo sembrare delle pazze perse per il bosco. Almeno io al suo posto l’avrei pensata così.

Quanto desideravo raccontargli tutto. Ma se lo avessi fatto ero certa che la sua reazione sarebbe stata assai peggiore. Forse avrei dovuto spiegargli le cose per gradi …

Mi distrassi guardando le mie amiche mentre provavano i nuovi vestiti e guardando a mia volta cosa c’era.

Rainbow Dash, Pinkie Pie e Applejack lasciarono metà del cassettone più i vecchi vestiti sparsi per terra nella foga della scelta. Io insieme a Rarity dopo aver preso i nostri rimettemmo tutto a posto, ripiegando al meglio i vecchi vestiti e appoggiandoli su uno dei letti, mentre sull’altro avevamo lasciato le nostre borse.

Stavo meglio adesso. Ciò che avevo indosso non era umido, ed era assai più comodo e caldo. Sia la parte sopra che di sotto sembravano di lana, ed era gradevole al tocco sensibile delle mani.

Rarity invece aveva preso qualcosa di più elegante, con un paio di pizzi e qualche scollatura.

Rainbow Dash indossava dei pantaloni che le permettevano di muoversi più liberamente e una camicia a maniche corte che le lasciava nude metà delle braccia.

Applejack invece portava qualcosa di più attillato sotto e una camicia simile a quella di Rainbow Dash.

Pinkie Pie vestiva una maglia con una faccia sorridente, delle calze multicolori e dei pantaloni dalla tinta rosa.

Fluttershy infine aveva un maglione simile al mio e una gonna.

Eravamo tutte più soddisfatte del nuovo look.

Uscite dalla stanza vidi che l’umano ci stava aspettando. Vicino a lui c’erano, per terra, quelle che lui aveva chiamato ciabatte. Senza dire niente, ci invitò a prenderle.

Era strano mettere qualcosa ai piedi, visto che da pony si mettevano solo per bellezza le scarpe agli zoccoli, ma in forma umana davano una gran soddisfazione. L’unica che non se le mise fu Pinkie Pie.

«Tu non le vuoi?»

«Non ne ho bisogno!» disse lei, iniziando a scivolare per terra grazie alle calze che si era presa. «Wee! Wee!»

«Ma quanti anni ha?» domandò l’umano.

«Non ci far caso» rispose Rainbow Dash. «Sta esprimendo sé stessa, come sempre.»

L’umano scosse la testa. «Avete fame?»

«Sì!» esclamò Rarity «Speravo di poter mangiare qualcosa di civile viaggiando fin qui!»

«Quindi eravate in un’escursione?»

«Qualcosa del genere.» risposi rapida.

L’umano ci guardò di nuovo e ci fece cenno di andargli dietro.

Scendemmo di nuovo le scale a chiocciola per seguirlo  in una delle porte al piano di sotto.

Era una sala da pranzo, attigua a una cucina. Il tavolo al centro era sufficiente per una decina di persone, e a parte le sedie nella stanza c’era solo un pendolo, un tavolino e un’altra porta chiusa.

«Vi preparo qualcosa di veloce, poi mangeremo meglio questa sera a cena.» disse, invitandoci a sedere.

Ubbidimmo, tranne Pinkie Pie che lo seguì in cucina.

«Che c’è?» chiese lui.

«Niente, voglio solo vedere cosa prepari di buono, amico-di-cui-non-so-ancora-il-nome!» rispose lei, mostrandogli un enorme sorriso.

«Vi va bene un toast e un po’ di marmellata?» ci chiese.

«Può andare.» rispose laconica Rarity.

«Avrei voglia di qualcosa di più sostanzioso, ma andrà bene.» rispose Rainbow Dash.

Fluttershy e Applejack si limitarono ad annuire.

«Andrà benissimo.» risposi io.

Pinkie Pie rimase immobile ad osservarlo.

«Non ti va il menù?» chiese l’umano.

«No, va benissimo!» rispose lei. «Voglio solo vedere come lo prepari, amico-di-cui-non-so-ancora-il-nome!»

«E’ un semplice toast! Non ci vuole uno chef per prepararlo!»

«Dai, fammi vedere!»

La faccia dell’umano cominciava a mostrare grandi segni di impazienza.

Lo capivo fin troppo bene.

«Lasciala guardare.» gli dissi. «E’ molto curiosa»

«D’accordo.» sbuffò lui. «Vieni con me.»

Li vedemmo sparire nella stanza attigua, di cui si intravedevano solo un ripiano su cui cucinare e una finestra.

«Uuuh, che strani strumenti che ci sono … non ho mai visto nulla del genere!»

«Non hai mai visto una cucina prima d’ora?»

«Altro che! Abito in un negozio di dolci! Cos’è quello?»

«E’ un forno a microonde.»

«Micro onde? C’è un micro lago o un micro mare con delle micro onde lì dentro? Che bello! Posso vederlo?»

«No, non mi serve per fare i toast.»

«E quello invece cos’è?»

«Un frigo … ma da dove vieni, dall’Africa?»

«Africa? Mai sentita nominare. Cos’è un frigo?»

«Ci si mette il cibo per tenerlo al fresco.»

«Interessante! Posso vedere dentro?»

«No, altrimenti si rovina. Ma quanti anni hai, seriamente?»

«Ne ho ventitrè. Come li fai i toast?»

«Con il tostapane, è ovvio.»

«Che è quello, giusto? Che forma strana.»

«Ha la forma di un normale tostapane. Perché da voi come sono i tostapane?»

«Sono più colorati e più belli, che domande … questo è così grigio e squadrato …»

«Ho comprato il primo che mi è capitato perché non ho mai l’occasione di fare i toast a delle squinternate.»

«Oh, ti capisco … in giro ci sono dei pony davvero strani.»

«Po...pony?»

«Sì, sciocchino, pony … mai visto dei pony?»

«Ehm … sì? Fai una cosa, visto che sei lì apri quel cassetto là in basso.»

«Questo?»

«Sì. Lì c’è il pane per i toast. Passamelo.»

«Questo?  Ma ha una strana pellicola intorno.»

«Sembra di parlare con una bambina di 3 anni … passamelo.»

«Eccotelo amico-di-cui-non-so-ancora-il-nome.»

«La pianti di chiamarmi così?»

«Non so come chiamarti, quindi …»

«Va bene, va bene. Vuoi il mio nome?»

«Sìsìsìsìsìsìsì»

«Mi chiamo Daniel.»

«Daniel …»

«Cosa?»

«Daniel e basta?»

«Daniel Harvey»

«E poi sono i nostri nomi che dovrebbero essere strani?»

«Sì, lo sono.»

«Fai attenzione con quel coltello o potresti tagliarti.»

«A differenza tua, sono un uomo cresciuto e so bene come … Ahia!»

«Visto, che ti avevo detto?»

«Se la smettessi di starmi appiccicata riuscirei a concentrarmi.»

«E’ solo un taglietto. Lascia che ti …»

«No, per carità divina!  Ora metto le fette di pane nel tostapane e te ne torni dalle tue amiche mentre porto in tavola la marmellata.»

«Okie dokie loki.»

Pinkie Pie riapparve dalla cucina saltellando verso di noi.

L’umano … anzi Daniel arrivò poco dopo portando in tavola un paio di barattoli e dei coltelli. Li posò sul tavolo, si sedette e ci osservò.

Ci fu un momento di silenzioso imbarazzo prima che parlasse.

«Come ho detto a … Pinkie … mi chiamo Daniel. Mentre aspettiamo che cuociano i toast, potrei sapere gentilmente qualcosa in più? A cominciare dai vostri veri nomi, ad esempio?»

«Ma noi ci chiamiamo davvero così» disse Applejack.

«Lo trovo un po’ difficile da credere, detto da quella con il nome di un sidro.»

«Bè, nella mia fattoria lo produciamo il sidro …» replicò lei,  con l’espressione di chi viene punto nell’orgoglio.

«Davvero?» disse Daniel, sbigottito, poi fece un’espressione ironica «Bè, spiegherebbe molte cose.»

«Questi sono i nostri nomi.» disse Rainbow Dash «Ti dà qualche problema?»

L’occhiata determinata di Rainbow sembrò spaventare Daniel, il quale si affrettò ad alzare le mani.

«Ehi, ehi! Se davvero ci tenete a questi nomi va bene, vi chiamerò così. E’ solo che è da quando vi ho viste che non ho trovato un briciolo di normalità in voi.» si voltò verso di me «Ad esempio ti avevo chiesto se eravate cosplayer, e mi hai detto di sì, poi ti ho chiesto se eravate in escursione e mi hai detto di sì … stai andando un po’ in confusione o sbaglio?»

Ecco, avevo fatto un disastro.

«Bè, vedi, è molto difficile da spiegare. Sono sicura che non mi crederesti se te lo dicessi.»

Sentii un tlac provenire dalla cucina.

«Aspettate che vado a prendere i toast.»

Ero stata salvata dai toast!

Mentre Daniel era via, io e le mie amiche ci guardammo senza parlare, chiedendoci se fosse il caso di rivelare a quell’umano perché eravamo lì e da dove venivamo.

Tornò poco dopo con un vassoio con sopra dei tovaglioli e i toast appena fatti. Non sembravano un granchè, ma dato che non mangiavo da stamattina erano i benvenuti. Ed insieme alla marmellata già sul tavolo diventavano molto più appetibili.

Addentai e mi sentii subito appagata. Marmellata di lamponi.

Ero arrivata appena al secondo morso e Pinkie Pie aveva già divorato il suo, mentre Rainbow Dash e Applejack erano a buon punto. Rarity e Fluttershy invece si limitarono a piccoli morsetti.

Daniel ebbe la buona educazione di aspettare che finissimo, poi ripulì il tavolo dei vasetti, dei coltelli e dei tovaglioli, li riportò in cucina e tornò.

«Va meglio?» chiese.

Annuimmo tutte soddisfatte.

«Bene. Allora sono proprio curioso di sentire ciò che avete da dirmi.»

Maledizione! Ci aveva appena addolcito il palato e rifocillato lo stomaco! Ora come potevo dirgli delle bugie?

«Come ti ho detto, probabilmente non mi crederesti.»

«Oh, ma sono curioso. Sono uno scrittore, capirò se mi stai raccontando una bugia o la verità.»

Sgranai gli occhi. Anche in questo mondo c’erano i libri? E gli scrittori di libri? Scattai in piedi mettendo le mani sul tavolo.

«Sei … uno … scrittore?»

Daniel non capì il mio entusiasmo.

«Sì, è un problema?»

Negai energicamente con la testa. «No! Assolutamente no! Che cosa scrivi? Romanzi, manuali, racconti, diari, poemi, poesie …»

«Calma, calma» disse Daniel alzando le mani. «Scrivo romanzi gialli.»

Il cuore mi andò in fibrillazione «Sono un’accanita lettrice di romanzi gialli! In realtà sono un’accanita lettrice di tutto, ma poco importa … Ti prego, posso vedere cosa hai scritto?»

«Sono Daniel Harvey» disse, attendendosi qualcosa che non arrivò, e quindi aggiunse «… non per vantarmi, ma se dici di aver letto un sacco di gialli avrai di sicuro letto anche uno dei miei.»

«No, mi spiace, ma se vuoi posso rimediare» dissi facendogli gli occhi dolci.

Mi guardò poco convinto, poi annuì.

«Allora vieni. Anche voi, se volete.»

Si alzò e tornò al corridoio di prima.

«Quindi sei un’accanita lettrice ...» disse puntando alla porta sull’altro lato.

«Puoi dirlo forte. Abito in una biblioteca, e i libri che ci sono lì li ho letti tutti almeno due volte. Una buona parte anche tre.»

Daniel si bloccò prima di toccare la maniglia della porta. Si voltò e mi fissò, tra lo spaventato e il meravigliato.

«Non so se preoccuparmi di più per la tua prima affermazione o per la seconda.»

«Non per niente la chiamiamo testa d’uovo.» scherzò Rainbow Dash.

«Ha parlato quella che si divora tutti i libri di Daring Do.» la rimbeccai con un mezzo sorriso.

«Daring Do?» chiese Daniel, sempre più scioccato.

«Non credo che tu conosca quel tipo di libri.» tagliai corto.

«Bè, strano, visto quello che sto per mostrarti.» mi disse, aprendo la porta.

Sono certa che se avessi potuto vedermi allo specchio in quel momento, gli occhi sarebbero sembrati grandi come la testa. Aveva anche lui una biblioteca! E che biblioteca!

«Io … non … ho … parole»

Tre pareti su quattro erano completamente ricoperte da scaffali ricolmi di libri, e il centro della stanza era occupato da ulteriori due scaffali che arrivavano quasi al soffitto.

Non era lontanamente paragonabile a quella che avevo a Ponyville, ma sapendo dove mi trovavo erano di certo tutti libri che non avevo mai letto.

Senza guardare altro corsi a leggere i titoli che mi capitavano.

Una cosa mi balzò all’occhio, oltre al fatto di leggere tutti titoli inediti. Certi nomi che già conoscevo qui erano storpiati: ad esempio uno si chiamava “Manhattan Transfer” invece di “Manehattan Transfer”.

Poi una rivelazione mi bloccò dopo aver letto il decimo titolo …

Come facevo a leggere quella lingua?

Eravamo in un mondo diverso e sconosciuto eppure riuscivo a capire la lingua indigena. Ed ero certa che non fosse quella equestriana, perché mi accorsi che i caratteri erano diversi. Eppure li leggevo con la stessa naturalezza con cui avevo letto fino a poco prima i libri di magia che mi ero portata dietro.

«Qualcosa non va?» disse Daniel, interrompendo il mio flusso di pensieri.

Ora che me ne rendevo conto nemmeno lui ci stava parlando nella nostra lingua, e nemmeno noi quando gli rispondevamo.

Stavamo parlando e leggendo una lingua completamente diversa senza rendercene conto da più di mezza giornata?

«Non ti senti bene? Chiamo l’ospedale?»

«No, no, sto bene.» risposi in quella lingua aliena. «Sono solo un pò stanca. E’ stata una giornata … strana.»

Mi fece una smorfia, dando una fugace occhiata alle mie amiche «A me lo dici. Comunque se vuoi i miei romanzi sono su quello scaffale vicino al computer.»

Non avevo alcuna idea di cosa fosse un computer, ma quando mi indicò lo scaffale intuii fosse quello strano aggeggio su una scrivania.

Mi avvicinai cauta verso i suoi libri, cosa che notai fu apprezzata da Daniel.

In tutto ne contai dodici con il suo nome, di cui dieci sembravano far parte di una serie dedicata interamente al personaggio dell’Ispettore Phelps.

Stavo per avvicinare una mano al primo di quella serie quando sentì Daniel urlare.

«Ehi!»

Abbassai subito la mano, ma girandomi notai che non stava parlando con me.

Pinkie Pie era salita su un’altra scala a chiocciola che si trovava vicino alla scrivania e si stava divertendo a scivolare giù con il sedere sui gradini.

«Pinkie!» la sgridai.

«We-e-e-e-e-e-e-e!!!»

Gradino per gradino arrivò fino a terra, e si rialzò come se nulla fosse successo. Ci passammo la mano sulla faccia per lei, mentre Daniel la guardava male.

«Di là sopra non si va! Ora se permettete vorrei qualcosa in cambio per l’ospitalità, e sono spiegazioni! Non mi sembra una richiesta così assurda!»

Si sedette sulla sedia davanti alla scrivania e ci sguadrò una ad una, cercando quella a cui estorcere la verità. Fluttershy si strinse a sé, guardando il pavimento.

«E non mi muoverò finchè non avrò sentito qualcosa di convincente.»

Feci un profondo respiro. Non avevo intenzione di mentirgli. Era una abitante di questo mondo, che apprezzava i libri quanto me, e anche se non era cordialissimo stava comunque ospitando delle perfette sconosciute. Ciò per me dimostrava che non aveva cattive intenzioni.

Sapevo che non mi avrebbe creduto, ma dovevo tentare.

«Noi …»

Un rumore da fuori mi interruppe … era simile a quello dell’oggetto da cui era sceso Daniel. Guardai fuori dalla finestra e notai che in effetti si stava avvicinando un’altra di quelle strane carrozze senza pony.

Daniel sbuffò.

«Maledizione, non adesso!»

Si alzò di scatto.

«Restate qui e non fatevi vedere.»

«Okie dokie loki Daniel!» rispose Pinkie Pie, facendogli l’occhiolino.

La ignorò e uscì dalla biblioteca.

Ci avvicinammo tutte, rimanendo lontane dalla finestra e riunendoci a qualche passo di distanza da uno scaffale pieno di libri di fantascienza.

«Che vuoi fare Twilight?» chiese Rarity. «Vuoi davvero dirgli la verità?»

«Non mi sembra nostro nemico. Ci sta ospitando in fondo.» risposi.

«Sono d’accordo con te, zuccherino.» disse Applejack. «Mi ha fatto fin da subito una buona impressione, anche se non ha proprio un carattere da caramello.»

«Anche a me sta simpaticissimissimo.»

«A te stanno simpatici anche gli alberi.» la rimbeccò Rainbow Dash.

«Ma gli alberi sono simpatici.» rispose Fluttershy.

«Ciò che voglio dire è che non sappiamo quasi niente di lui.» continuò Rarity. «Per quel che ne sappiamo potrebbe essere lui stesso il responsabile di tutto!»

«Ciao amore!»

«Non credo.» dissi. «Chiunque o qualunque cosa stia influendo su Equestria deve essere molto potente. E questo umano … cioè Daniel non mi dà affatto l’idea di esserlo.»

«Hai preso ciò che ti ho chiesto?»

La nuova voce era femminile.

«Sì, ma ho avuto un piccolo … imprevisto.»

«Discord poteva apparire in qualsiasi modo.» disse Rainbow Dash. «Non bisogna farsi ingannare dalle apparenze.»

«Che genere di imprevisto? Non dirmi che si è di nuovo rotto il frigo …»

«Stiamo parlando di un mondo molto diverso dal nostro. Se avete notato qui sembra tutto così … regolare, logico. Io almeno lo sento così. Forse non esiste nemmeno la magia.»

«No, il frigo funziona. Ma è un problema a cui vorrei prepararti prima di farti entrare

«Non corriamo troppo, cara. Siamo qui solo da mezza giornata.»

«E se non ci fosse la magia saremmo avvantaggiate, no?» disse Rainbow Dash.

«Sono delle voci quelle che sento?»

Ops …

«E’ proprio quello che stavo per dirti. Abbiamo delle … ospiti

«Ospiti?»

La voce nuova aveva preso un tono poco simpatico.

«Per amore di Celestia non dite altro.» bisbigliai, rimanendo il più possibile lontana dalla finestra.

«Non pensare male … ma è meglio se vieni dentro che te le presento

«D’accordo.» rispose quella voce in modo poco convinto.

Dopo qualche istante Daniel riaprì la porta della biblioteca e ci fece cenno di uscire.

Entrammo nel corridoio in fila, cercando di essere naturali … che nel caso di Pinkie Pie significava saltellare.

Un’altra umana ci attendeva all’entrata di casa semiaperta. Mi stupirono i suoi capelli castani fluenti come quelli di una criniera, belli anche se un po’ provati dal viaggio che doveva aver fatto. Portava dei vestiti più appariscenti di Daniel: la camicia rossa era coperta da una giacca bianca, mentre i pantaloni azzurri le arrivavano fino alle scarpe scure.

Ci osservò prima con uno sguardo turbato, poi curioso, e infine sorpreso.

«Loro sono …» iniziò Daniel.

«… delle cosplayer?»

«E’ quello che ho pensato anche io, ma non lo sono.»

«Come no?» protestò lei.

Si avvicinò a noi, osservandoci con un sorriso.

«Non dirmi che con quella capigliatura tu non stai imitando Pinkie Pie.»

Il mio cuore perse un colpo, e dall’espressione delle mie amiche capii di non essere l’unica.

Come faceva a sapere il suo nome?

Solo Pinkie Pie mantenne un’aria curiosa.

«Oooh. Anche tu riesci a fare certi trucchetti?»

A questo punto fu il turno dell’umana di restare sorpresa.

«Sai imitarne anche la voce! Sembri proprio Andrea Libman!»

«Non ho idea di chi sia, ma grazie!»

«Tu invece sei Applejack, tu Rainbow Dash, tu Rarity, tu Fluttershy e tu Twilight Sparkle.»

Il mio cuore perse altri cinque colpi, uno per ogni nome che aveva azzeccato.

Quando fissò me (o meglio i miei capelli) mi guardò con faccia curiosa.

«Sembrano così naturali i vostri capelli che sembra che siate nate così. Mi dovete assolutamente insegnare il trucco.»

«Non c’è trucco …» rispose Applejack con aria seria.

«Anche la tua voce è perfetta! Persino l’accento è uguale!»

«E’ solo la nostra voce.» dissi io, non capendoci più niente.

L’umana indietreggiò, mostrando evidenti segni di sconcerto.

«Daniel. Dimmi che questo è solo uno scherzo ben architettato per risollevarmi il morale.»

«Ma di che cavolo stai parlando? Vedo solo sei ragazze di fronte a me. Che tra l’altro mi stavano per dare delle spiegazioni.»

«Passi una coincidenza, passino due, ma non puoi dirmi che ho qui davanti a me sei cosplayer dei My Little Pony con le stesse voci della serie.»

Non avevo … alcuna idea … di cosa stesse … dicendo …

«Scusa, cara … ma dubito che tu ci conosca.» disse Rarity, con un tono che tradiva una forte confusione.

«Ecco!» esclamò l’umana. «E con lei sono quattro voci uguali. Dimmi seriamente che è uno scherzo!»

«Non è uno scherzo!» esclamò Rainbow Dash.

«E siamo a cinque. Forza, Fluttershy, manchi solo tu. Scommetto che ora ti verrà la voce da maschio così potremmo farci quattro risate.»

Sul volto dell’umana si intravedeva della rabbia, e Fluttershy si fece piccola piccola, guardando per terra

«Io … nonnoi … non»

«Non solo la voce, ma anche la timidezza!»

Si voltò verso Daniel e lo prese per gli abiti.

«Mi vuoi spiegare che sta succedendo?»

«Non ne ho idea! Sono apparse dal bosco quando sono tornato! Io …»

«Calmi tutti quanti!» intervenni, decisa.

Sia Daniel che la nuova venuta si voltarono verso di me.

«So che può sembrare tutto molto strano … lo è per me e per le mie amiche. Noi non siamo quello che dite voi … noi siamo … semplicemente noi.»

Ci fu un breve silenzio, in cui Daniel ci osservò curioso, mentre l’umana lasciò andare la presa su di lui e ci fissò con occhi sgranati.

«State scherzando?»

«Nessuno scherzo …» dissi decisa. «Il mio nome è Twilight Sparkle.»

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - L'altro lato dello specchio ***


Capitolo III

L’altro lato dello specchio


Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia.

(Arthur C. Clarke)



 

Passammo mezz’ora nella sala da pranzo? Un’ora? Di più? Di sicuro di più, perché il sole stava calando. Mi chiesi se in questo mondo c’era una dea a farlo sorgere e tramontare ogni giorno.

Raccontai tutto, e quando dico tutto dico tutto. Come se i due umani di fronte a me fossero stati due puledri a malapena in grado di trottare. Raccontai loro del nostro mondo, di Equestria, delle dee Celestia e Luna, dei pony di terra, dei pegasi e degli unicorni, del nostro stile di vita e dei pericoli che di tanto in tanto affioravano. Raccontai dei cutie mark e di come scoprii il mio (che feci loro vedere tatuato sul fianco, con grande sorpresa dell’umana che volle toccarlo a tutti i costi per essere sicura che non fosse dipinto o tatuato), di come fossi diventata la studentessa privata di Celestia, della scoperta della minaccia di Nightmare Moon e della storia che portò all’amicizia con le mie amiche.

Quando finii, con solo un’infarinatura di ciò che avrei potuto raccontare, le facce sui due umani erano l’una opposta all’altra: quella di Daniel era del tutto incredula e colma di sarcasmo, mentre quella dell’umana stranamente sembrava credere a ciò che avevo raccontato.

«Quindi mi stai dicendo di essere la vera Twilight Sparkle, l’unicorno viola?»

Le avevo detto di che colore era il mio manto? No, mi sembrava di no … questa umana mi inquietava sempre di più.

«Ehm … sì?» risposi facendo una pessima faccia da poker.

L’umana mi sorprese ancora una volta sbattendo il pugno sul tavolo del soggiorno.

«Ah!»

«Oh cielo …» Fluttershy cadde quasi dalla sedia per lo spavento.

«I casi sono due: o questa è la candid camera più ben riuscita dell’intera storia umana, passata, presente e futura, oppure ho di fronte a me la prova della veridicità degli universi paralleli.»

«Ma che stai dicendo?» esclamò Daniel «Ti ho già detto che non è uno scherzo! Ma da qui a dirmi che provengano da un cartone animato è una fesseria.»

Eh?

«Non da un cartone animato, ma da un vero e proprio universo parallelo. Hai una biblioteca personale di là, con uno scaffale intero dedicato alle riviste scientifiche, e non hai mai letto la teoria degli universi paralleli?»

«Sì, ho letto qualcosa, ma la trovo un po’ semplicistica.»

«Di che si tratta?» chiesi. La mia curiosità da studentessa ebbe la meglio.

L’umana si sedette meglio e mi fissò «Non voglio mettere in dubbio le tue capacità di comprensione, ma non mi sembra che ad Equestria abbiate raggiunto grandi conoscenze di fisica quantistica, o sbaglio?»

«Fisica quantistica?»

«Appunto. In parole povere si tratta di una teoria che dimostrerebbe come ogni singola variabile di un determinato evento, anche la più microscopica, possa creare un universo alternativo. Ed essendoci infinite variabili, nulla toglie che ci siano infiniti universi …» si girò verso Daniel «Universi in cui anche i personaggi di una serie animata, insieme al loro intero mondo, possono avere vita propria.»

«Cara.» disse Rarity «Perdonami l’intrusione e la sfacciataggine, ma non ho la più pallida idea del perché continui a riferirti a noi come personaggi di una serie animata»

L’umana ci squadrò qualche istante, e parte del suo buonumore andò perso.

«Già. Non ci avevo pensato. Per voi sarà uno shock.»

«Ne dubito.» esclamò Rainbow Dash, incrociando le braccia e appoggiandosi allo schienale della sedia. «Non ci può essere nulla di più scioccante di ciò che abbiamo già passato. Voglio dire, non ho le mie ali!»

L’umana sorrise.

«Bè, è comunque meglio che veniate subito a saperlo.»

Si alzò, e Daniel con lui. L’umano continuava a mantenere lo scetticismo stampato in volto.

Li seguimmo entrambi nella stanza accanto alla sala da pranzo, che si rivelò un soggiorno una volta accesa la luce (tra l’altro grazie a delle strane lampade senza candele). C’erano tre divani, un paio di scaffali con oggetti vari tra statuine, souvenir e fotografie, un mobiletto con sopra una scatola nera e un quadro scuro attaccato a una parete.

«Sedetevi pure.» ci invitò l’umana, mentre si dirigeva verso questi ultimi due strani oggetti.

Daniel non disse niente, quindi ci accomodammo su quei divani, che si rivelarono straordinariamente comodi.

«Non ci hai ancora detto come ti chiami.» disse Pinkie Pie, l’unica che ancora non si era seduta. Stava saltellandogli alle spalle, curiosando cosa stava facendo.

«Ah, scusate. Che maniere.»

Si girò e con un grande sorriso porse la mano a Pinkie Pie. «Mi chiamo Rachel Ross. E’ un piacere avere l’onore di salutare la vera Pinkie Pie e le vere Mane 6, anche se in questa forma.»

Pinkie Pie guardò la mano protesa, ma la ignorò e preferì abbracciare con forza l’umana.

«E con oggi sono due!» disse trionfante abbandonando l’abbraccio e andando a sedersi vicino a Fluttershy.

L’umana restò ferma incredula finchè non feci un’alzata di spalle. A quel punto sorrise e tornò verso il mobiletto. Lo aprì, rivelando al suo interno un gran numero di scatole colorate impilate una di fianco all’altra. Ne prese una e si avvicinò a noi, restando in piedi sul tappeto che si trovava in mezzo ai tre divani.

«Eccovi.» disse sibillina, passandola a me.

Presi quella scatola tra le mani e la osservai, non capendo cosa …

No! Quella giornata aveva avuto molte sorprese, ma quella no!

Le mie mani tremarono nel vedere ritratte su quella scatola me, Rarity, Rainbow Dash, Applejack, Fluttershy e Pinkie Pie.

Eravamo noi! Proprio noi! Le vere noi, le pony di sempre! Disegnate in pose un po’ particolari, sì, forse addirittura imbarazzanti, ma eravamo noi, precise identiche! Sullo sfondo c’era Ponyville, e quando lessi la scritta sopra My Little Pony, l’Amicizia è Magica un’ondata di nostalgia mi pervase … ma venne subito accantonata dalla sorpresa di vedere questa immagine in un mondo completamente diverso! Come poteva esserci una rappresentazione di Equestria qui? Come poteva esserci una nostra rappresentazione qui?

Anche le mie amiche ebbero la mia stessa sorpresa nel vederlo quando passai la scatola.

«Non è possibile!»

«Se è uno scherzo è di cattivo gusto.»

«Puoi dirlo forte! Che razza di criniera che ho qui!»

«Oh cielo!»

Solo Pinkie Pie rise.

«Non capisco cosa ci trovi da ridere!» esclamò Rarity.

«Ora capisco quella sensazione di essere sempre osservata!»

La ignorai. Ne avevo avute abbastanza di stramberie per quel giorno.

«Cosa significa?» chiesi, con la voce rotta dall’incredulità e dall’emozione.

Seppi in quel momento che l’umana aveva accettato in pieno il mio racconto. L’espressione empatica che mi fece non poteva essere di chi ha dei dubbi sulla sincerità altrui. Dovevo averle fatto una faccia veramente terribile, ma non potevo farne a meno.

Si girò e andò verso quello strano quadro scuro.

Dopo poco apparvero, come per magia, delle immagini all’interno della cornice prima completamente nera.

Trasalimmo tutte.

«Piano Rachel.» la intimò Daniel «Queste sembrano provenire dall’Africa o dall’Amazzonia.»

«Piantala con le tue battute sceme.» lo zittì lei, aprendo la strana scatola che ci aveva mostrato. All’interno era contenuto un disco argentato. Lo infilò in una fessura che si trovava nella scatola scura sopra il mobiletto, e poco dopo nel quadro apparvero delle altre immagini, accompagnate da dei suoni che si sentivano per tutta la stanza.

Allora la magia esisteva. Non funzionava come ad Equestria, ma chiaramente esisteva.

Un po’ sollevata da quella scoperta venni di nuovo catapultata nell’assurdo quando vidi narrata (con la voce nientemeno che della Principessa Celestia stessa!) la storia di Nightmare Moon.

«Principessa!» esclamò Rainbow Dash, guardandosi attorno «Dove siete?»

«O mio dio …» sentii esclamare da Daniel.

«Non è qui Rainbow Dash.» la calmai, ma anche le altre stavano guardandosi in giro cercando la provenienza della sua voce.

Il peggio arrivò dopo, quando vidi me stessa (vidi me stessa!) leggere quella stessa storia, tornando alla casa di Canterlot da Spike per scoprirne di più. Nessuna di noi osò fiatare mentre stavamo ripercorrendo una storia da noi vissuta in prima persona su quello strano quadro (ancora una volta mi sentii ignorante riguardo ai termini che usavo).

Rachel, che nel frattempo si era seduta per terra, si alzò quando Luna fu liberata dagli Elementi dell’Armonia, e mise termine a quella esperienza … indimenticabile per mancanza di altre parole.

Il soggiorno era di nuovo in silenzio adesso. In un silenzio imbarazzante.

Non avevo alcuna idea di cosa dire. Nessuna di noi ce l’aveva, e ci guardavamo negli occhi, confuse e smarrite. Solo Pinkie Pie sembrava aver mantenuto il controllo, per motivazioni che ormai non tentavo nemmeno più di spiegare.

«Temevo questa reazione.» disse comprensiva Rachel «Reagirei allo stesso modo se le parti fossero invertite»

«Ecco dove mi sembrava di aver già visto quegli strani affari che avevate ai fianchi e quelle strane acconciature.» disse Daniel ad alta voce.

«Cutie Mark, Daniel. Sono i Cutie Mark.»

«Sì, quel che è… Ma davvero credi che provengano da … da un cartone? Sono solo sei matte da legare che le imitano.»

«Matte a chi?» disse Rainbow Dash, alzandosi.

Con una mano cercai di farla risedere, ma Rainbow restò in piedi, mantenendo lo sguardo fisso su Daniel. Notai che stava stringendo i pugni.

«Daniel, per favore! Ti sembra il modo? Sono straniere qui!»

«Ma per favore!» urlò lui, rosso in volto «E’ da quando sono entrate qui dentro che non ho trovato un briciolo di normalità! Quella con i capelli rosa da pagliaccio soprattutto! Dovremmo chiamare la polizia o l’ospedale e invece le assecondi? Bah!»

Si girò e se ne uscì sbattendo la porta.

Calò un silenzio di tomba, interrotto dai passi dell’umano che saliva le scale a chiocciola, aprendo e chiudendo una porta al piano di sopra.

I capelli di Pinkie Pie si sgonfiarono, ricadendo sulle spalle. Non credevo fosse possibile persino in questo mondo.

Brutto segno.

«Che ho fatto di male?»

Lacrime abbondanti iniziarono a solcarle il volto.

«Niente, zuccherino, niente.» la consolò Applejack, prendendola tra le braccia.

Rachel invece la guardò meravigliata.

«Come nell’episodio del compleanno!» sussurrò.

Tornò a guardare tutte noi, e ci sorrise.

«Non fate caso a Daniel. Abbiamo passato un periodo un pò brutto, e lui è teso per altre questioni. Non è sempre così.»

Rainbow Dash si sedette, tenendo i pugni chiusi e con l’espressione imbronciata. «Basta che si scusi, e andrà bene.»

«Lo convincerò.» fece un sospiro. «Piuttosto ... vista l’ora suppongo che abbiate fame.»

La chioma di Pinkie Pie si rigonfiò all’istante, e la fissò passandosi la lingua sulla bocca.

Rachel sorrise di nuovo. «Lo prendo per un sì. Venite.»

 

Sedute di nuovo nella sala pranzo, in attesa di Rachel che cercava cosa preparare per cena, ci osservammo, parlando con gli occhi.

Erano successe cose troppo strane in troppo poco tempo. Trasformate in umane, senza corni né ali, in un mondo diverso, con esseri che non conoscevamo ma che conoscevano tutto di noi. Era assurdo, semplicemente assurdo.

«Mmm,» disse infine Rachel dopo che l’avevamo sentita sferragliare per diversi minuti. «Se volete c’è un po’ d’arrosto.»

All’unisono da tutte quante noi partì un «Cosa?» colmo del più totale disgusto.

«Sono carnivori!» urlò Fluttershy, scendendo dalla sedia e nascondendosi sotto il tavolo.

La testa di Rachel spuntò dalla cucina.

«Oh, sono una stupida! Mi sono dimenticata che voi siete pony e quindi vegetariane …»

«Perché … voi … non … lo siete?» domandò Rarity tremando.

«Onnivori.» rispose lei, indicando i denti. «Mangiamo sia carne che verdura.»

«Quale … carne?» chiese Fluttershy, ancora sotto il tavolo.

«Meglio non saperlo.» disse Rachel, facendomi rabbrividire. «Ma sapete che vi dico?»

Non rispose alla sua domanda finchè non tornò a tavola con alcuni piatti di verdura, tra cui insalata, carote, pomodori e mele (con grande gioia di Applejack).

Si mise a sedere davanti a noi, mettendo alcune delle pietanze sul suo piatto.

«In onore di questo incontro memorabile, anzi storico, rifuggo la carne e abbraccio una sana dieta vegetariana. Era da un po’ di tempo che ci stavo pensando seriamente, ma mi avete dato la spinta che mi serviva.»

Mente lo diceva prese dell’insalata e dei pomodori, li tagliò con il coltello e li mischiò. Condì il tutto con quello che sembrava olio, aceto e sale. Prese il primo assaggio di ciò che aveva fatto e lo puntò in aria.

«Al nostro incontro.»

Facemmo lo stesso gesto con le porzioni che avevamo preso noi e si iniziò a mangiare.

L’insalata che presi non era granchè, ma la fame la rese molto più appetibile.

«Ormai sono sicura al cento per cento che non siete uno scherzo.» continuò Rachel. «Quel trucco dei capelli …» indicò i capelli di Pinkie Pie, che ora era troppo impegnata a masticare carote per seguirla. «… non credo esista un modo logico per fare quella cosa. Inoltre mi sembrate sincere, e non avete per niente l’aspetto da attrici.»

«Ma cvevto che non fiamo attvici» disse Applejack mentre masticava una mela simile a quelle che coltivava a Sweet Apple Acres. «Non viuscivei mai a mentive a … glup … nessuno.»

«Non c’è bisogno che tu me lo dica, onesta Applejack» disse Rachel, facendole l’occhiolino.

Era imbarazzante notare come sembrava conoscerci da una vita intera.

«Allora in quello strano disco c’è registrata tutta la nostra storia?» chiesi, cercando di affrontare la cosa nel modo più razionale possibile.

«Non tutta. Quello è solo il dvd della prima stagione.»

Rainbow Dash, inghiottì d’un colpo un grosso morso dato a una mela «Il cosa della cosa

«Quel disco si chiama dvd …» spiegò Rachel «E’ un congegno che permette di registrare immagini e suoni in modo da poterli riprodurre quando si vuole.»

«Figo!»

«La prima stagione invece è un’insieme di episodi che riguardano le vostre avventure registrate su quel disco o in altri modi. Termina con l’episodio del Gran Galà Galoppante»

«La miglior notte di sempre … sì come no.» disse Rarity facendo una smorfia e tornando a mangiare.

«Se è la prima immagino che ce ne siano delle altre.» commentò Applejack, prima di addentare un’altra mela.

«Sì. La seconda inizia con la liberazione di Discord e finisce con il matrimonio tra Cadence e Shining Armor. La terza invece è ancora in corso e inizia con il ritorno dell’Impero di Cristallo.»

«Allora sai tutto su di noi?» dissi, ancora incredula.

«Sì, almeno le cose più importanti.»

«Conosci anche il motivo per cui siamo qui?»

Rachel abbassò forchetta e coltello e mi diede maggiore attenzione.

«No, questo no. Perché siete qui?»

Diedi un rapido sguardo alle altre. Nessuna sembrava molto invogliata a rivelare quel dettaglio. E nemmeno io. Feci un sospiro.

«E’ ancora presto per parlarne.»

Rachel mi fissò qualche istante, poi tornò a mangiare come se niente fosse.

«Capisco.»

«Non prendertela.» disse Applejack. «E’ che siamo ancora confuse e non sappiamo quasi nulla di questo posto.»

«Non dovete scusarvi. E’ più che normale. Conosco meglio io voi che voi me, quindi comprendo il vostro desiderio di non rivelare quel poco che non so di voi. Da quanto siete qui?»

«Da questa mattina.» rispose Rainbow Dash. «Siamo apparse nel bosco a mezza giornata da qui.» aggiunse indicando la direzione da cui eravamo arrivate.

«Allora dovete essere stravolte. Se volete subito dopo mangiato posso portarvi alle vostre stanze. Domani avremo tutto il tempo di chiarire.»

«Ottima idea, cara. E’ stata davvero una giornata orribile! Spero che i vostri letti siano comodi!»

«Rarity!» la sgridai.

«Non saranno degne di una principessa, ma sono comodi.» replicò Rachel sorridendo.

Finimmo la cena in silenzio, poi Rachel ci mostrò il bagno che potevamo utilizzare se ne avevamo bisogno e le tre camere al piano di sopra in cui potevamo dormire. Una era quella dove eravamo entrati quel pomeriggio con Daniel, da cui prendemmo le sacche personali che avevamo lasciato. Ciascuna camera aveva due letti, quindi ci dividemmo in coppie. Io finii con Pinkie Pie.

Rachel ci augurò la buona notte e se ne andò in una camera che intuii fosse quella dove dormiva insieme a Daniel. Erano fidanzati? Marito e moglie?

Non mi importava al momento. Ero stremata … i vari shock della giornata avevano quasi distrutto la mia capacità di pensare razionalmente. E l’uso di quel corpo nuovo e ancora in parte sconosciuto mi aveva stancato fisicamente.

Dopo aver salutato le altre ed essere entrata insieme a Pinkie Pie nella stanza da letto, la visione del materasso, delle coperte e soprattutto del cuscino erano davvero irresistibili …

Persino Pinkie Pie, che di solito era sempre piena di energia, ciondolava.

«Che ne dici di un pigiama-party?» chiese, non molto convinta.

«No, Pinkie. Non ho le …» mi gettai di peso sul letto « … forze»

Non sentii le parole che mi disse dopo, o forse le ignorai apposta. Ebbi solo il tempo di infilarmi sotto le coperte prima di crollare definitivamente nel sonno.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Creature oscure ***


Capitolo IV

Creature oscure


La pia finzione secondo la quale il male non esiste lo rende soltanto vago, enorme e minaccioso.

(Aleister Crowley)



 

«Spike!»

«Spiiike?!»

Dov’era finito adesso?

Lasciai la lettura del libro e scesi dalle scale. Non era in casa.

“Strano …”

Avevo bisogno di fare rifornimento di penne e inchiostro, così mi rassegnai a farlo da sola. Presi le mie borse e uscii.

Sentii subito qualcosa che non andava appena fuori dalla porta.

Non c’era nessun pony per strada. Mi guardai attorno: Ponyville era deserta, silenziosa, tranne per un rumore basso e martellante, che andava dritto al cuore. Inizialmente mi sentii a disagio, poi arrivò la paura.

Cos’era?

Infine lo vidi: le ombre delle case si trasformarono, unendosi a formare una grande nube nera, terribilmente simile a quella di re Sombra, ma senza alcuna faccia o occhi o sembianze pony. Solo una grande nube nera. Il rumore aumentò d’intensità, e pensieri oscuri mi attraversarono la mente: fiamme, sangue, urla disperate, risate malvagie.

Odio.

Mi accorsi di piangere. La prima reazione fu di voltarmi e di correre dentro casa, solo per scoprire che la porta mi si era chiusa alle spalle. Usai la magia per riaprirla, ma restò chiusa.

Allora galoppai dalla parte opposta alla nube, scacciando via tutti quei brutti pensieri, che mi mostravano cose orribili: le mie amiche che mi odiavano, la principessa Celestia che mi ripudiava ... la morte.

Più galoppavo, più piangevo, ma quei pensieri continuavano a perseguitarmi. Non riuscivo a incontrare nessun pony a cui chiedere aiuto, né le mie amiche, né Spike. Dov’erano tutti?

Stavo per uscire da Ponyville, sperando che la nube e quelle visioni mi avrebbero abbandonato una volta fuori.

Ma quello che vidi fuori Ponyville mi fece rizzare i peli del manto.

Erba imbrunita e secca, alberi morenti, cielo scuro e temporalesco, fili di fumo nero che provenivano da luoghi lontani.

Finalmente vidi dei pony, ma nessuno di conosciuto: erano magri, con lo sguardo tetro e fisso. Quando si incontravano lanciavano parole grosse e litigavano. Distolsi lo sguardo quando in uno di questi litigi vidi sprizzare del sangue dal muso di uno dei due pony. Subito dopo ci fu un urlo straziante.

Andai in iperventilazione. Il cuore mi stava esplodendo nel petto, mentre la mente continuava a mandarmi immagini orribili, sempre più persistenti: Rainbow Dash che mi dava della sleale, Fluttershy che mi accusava di essere cattiva, Spike che se ne andava di casa per sempre ...

Inorridita dalla landa desolata piena di pony orribili, osai voltarmi … e mi ritrovai faccia a faccia con la nube oscura.

Ora il rumore era assordante, e le immagini così vivide e reali …

«Non ti voglio più vedere, bugiarda!» gridò Applejack, in lacrime.

«Sarai l’unica di Ponyville che non voglio avere come amica!» mi urlò contro la Pinkie Pie dai capelli lisci.

Io e la nube ci fissammo (se così si poteva definire quel contatto visivo). Mi sentivo impotente e terrorizzata. Non riuscivo a galoppare via né a urlare, anche se sentivo il bisogno impellente di fare entrambe le cose.

Infine vidi qualcosa nella nube. All’interno c’erano le facce di tutti gli abitanti di Ponyville, dal sindaco a Lyra, da Bon Bon a Rose. Lì dentro vidi anche Spike, Rarity, Fluttershy, Rainbow Dash, Pinkie Pie ed Applejack.

Ma tutte quelle facce, anche quelle delle mie amiche, avevano uno sguardo terribile, deforme, minaccioso, carico di un odio così potente che mi tolse il fiato.

Un odio diretto contro di me.

Sentii freddo prima che la nube mi colpisse con la forza di mille vetri rotti.

 

Urlai. Urlai così forte da farmi male ai timpani.

Respiravo a fatica, ma respiravo. Ero viva. Ci volle qualche istante per rendermi conto che non ero nel mio letto. E che non ero la solita me.

Guardai  le mani piene di sudore, e riuscii a calmarmi.

Era solo un incubo. Ma, temevo, un incubo di qualcosa che stava davvero succedendo, se Celestia e Luna avevano ragione ...

Sentii dei passi arrivare dalle scale e dal corridoio, poi la porta della camera venne spalancata.

«Twilight! Arrivo!»

Rainbow Dash irruppe, con i pugni chiusi di fronte a sé, cercando un nemico da combattere.

«Che succede? Tutto bene cara?» chiese Rarity, arrivata subito dopo, con aria assonnata.

Dopo poco arrivarono tutte le mie amiche. Persino Rachel venne a controllare.

Le rassicurai che era solo un incubo e si rasserenarono.

«Bè, visto che ora siete tutte sveglie che ne dite di far colazione?» chiese Rachel.

«Ottima idea!» disse Pinkie Pie spuntando alle sue spalle. «Ho una fame …!»

Le altre non dissero niente, ma la loro espressione parlava per loro. Io mi limitai ad annuire, ancora un po’ tremante.

 

«Allora …» disse Rachel rompendo il silenzio che si era creato da quando avevamo iniziato a mangiare. C’era di nuovo verdura, dei biscotti, delle fette biscottate con marmellata, qualche plumcake che Pinkie Pie stava già divorando, latte, tè e caffè.

«La nottata vi ha aiutato? Vi siete riprese da ieri sera?» chiese.

Già … l’incubo mi aveva fatto dimenticare lo shock della sera prima. A cena ero troppo stanca per parlarne, ma adesso avevo la mente un pò più libera. E malgrado ciò la questione mi confondeva parecchio.

«Ho dormito bene.» ammise Rarity. «Malgrado le doghe cigolanti, il cuscino duro, il russare di Rainbow Dash dalla stanza accanto.» si corresse. «Sono comunque ancora scioccata per quella cosa che ci hai fatto vedere ieri sera.»

«Sì, scioccante.» commentò Rainbow Dash ondeggiando la testa. «Ma al tempo stesso forte! Vedermi quanto sono grandiosa è spettacolare!»

«Dopo aver visto cosa fa Pinkie, non mi dovrei più meravigliare di nulla.» disse Applejack ridacchiando.

«La cosa non vi sconcerta nemmeno un pò?» chiese Rarity, fissandole stranita. «Scoprire che in questo mondo conoscono tutto su di noi senza che noi lo sappiamo?»

«Ad Equestria c’è almeno un incantesimo che permette di fare qualcosa di molto simile» intervenni. «Anche se non mi risulta ciò sia possibile a livelli interdimensionali.»

Rarity ci rimuginò sopra, spalmando della marmellata su una fetta biscottata con tocchi delicati e misurati, poi sospirò.

«Immagino che d’ora in avanti dovrò fare attenzione a cosa faccio …» si voltò verso Rachel. «Dimmi seriamente se c’è bisogno di qualche miglioramento! La criniera? Le ciglia? Il trucco?»

Rachel scosse la testa energicamente.

«No, stai bene così come sei.» si rivolse a tutte noi. «State bene così come siete. Con i vostri pregi e i vostri difetti. Siete semplicemente umane … ops, volevo dire … ehm ... mmmh … nessuno è perfetto, ecco ...»

La guardammo tutte quante, confuse.

«Pessima scelta di parole, lo concedo … volevo dirvi che siete molto apprezzate. Tutte voi avete almeno una qualità che vi rende uniche e amabili. Per quanto mi riguarda, e perdonami Pinkie se puoi, ho un debole per Fluttershy. Sei così coraggiosa, anche se non lo dimostri spesso.»

«Intendi come con quella manticora?» si sentì a malapena Fluttershy, mentre usava un cucchiaino per sciogliere lo zucchero nel tè con una tale delicatezza che sembrava aver paura di romperlo.

«Ma sì, sciocchina!» esclamò Pinkie Pie vicino a lei, mettendole con poca grazia un biscotto nel tè, facendola trasalire «Non hai neanche idea di quante persone ti apprezzino!»

«Pe ... persone?» chiese la pegaso, facendosi piccola.

«Ma sì! Diglielo anche tu, Rachel! Diglielo quanti brony e pegasister amano Fluttershy!»

Bro-che e pega-che?

Rachel era rimasta immobile con la tazza del tè sospesa in aria. Battè le ciglia senza sapere che rispondere.

«Oh, andiamo!» esclamò Pinkie Pie alzando le braccia «Dovresti averlo capito ormai di cosa sono capace.» sbuffò imbronciata e a braccia conserte. Passò solo un secondo e tornò allegramente a divorare biscotti, plumcake e fette biscottate.

Rachel mi guardò e le feci un’alzata di spalle.

Pinkie Pie era un fenomeno fisico a parte … in qualsiasi dimensione andasse.

«Twilight.» mi interpellò Applejack. «Tu che sei l’esperta in tutto, hai idea di come sia possibile tutto ciò? Voglio dire, come fanno a conoscerci, mentre noi di loro non sappiamo quasi niente?»

«Non ne ho idea.» commentai a caldo, sorseggiando un tè davvero niente male.

«Ne so quanto voi.» ammise Rachel, sorseggiando il suo.

«Però, ripensandoci, qualche contatto ci deve essere già stato ...» dissi, passandomi una mano sul mento. «Altrimenti non si spiegherebbe il tomo di Lyra sugli umani ...»

«Lyra?» chiese Rachel «La pony unicorno color acquamarina con una lira come cutie mark? E’ davvero ossessionata dagli umani … da noi?»

Continuava a darmi disagio vedere qualcuno così informato su di noi da una dimensione del tutto differente.

Annuii.

Rachel scosse la testa divertita e tornò a bere il tè.

«Sai se qualche umano è venuto ad Equestria, o viceversa, in passato?» chiesi, senza troppa speranza.

E infatti ricevetti un «No, non ne ho idea.»

Feci un sospiro.

«Però, se può aiutare, in alcune mitologie si narra spesso di unicorni e pegasi, quindi non escludo che voi possiate non essere le prime a venire da questa parte.»

Scattai verso di lei.

«Davvero?»

Rachel annuì. «Però non ne so abbastanza per darvi maggiori informazioni, mi spiace.»

Mi rimisi mogia sulla mia sedia, guardando ciò che rimaneva della fetta biscottata che avevo in mano.

«Cosa avete intenzione di fare?» chiese Rachel, rompendo il breve silenzio.

Era una bella domanda. Perlomeno grazie anche a quello che avevo mangiato mi sentivo più salda e sicura. Mi stavo ormai abituando a quello strano corpo e a questa esperienza in generale. E ormai mi sentivo a mio agio qui, anche se la fuga di Daniel per causa nostra mi metteva in imbarazzo.

«Daniel non mangia con noi?» chiese Rarity, dando voce al mio pensiero.

Rachel fece una rapida smorfia e scosse la testa. «Resterà nel suo studio. E se lo conosco bene non si farà vedere per giorni.»

«Per leggere o scrivere?» chiesi.

«Ah, sai che è uno scrittore? Entrambe le cose, probabilmente. Potete contate su di me per qualsiasi cosa. Tornando alla mia domanda, avete in mente qualche programma?»

Ricordandomi della lista mentale che mi ero fatta il giorno prima, potevo tranquillamente mettere la spunta al punto tre. Il posto sicuro era questo.

La mossa più logica da fare adesso era comprendere meglio questo mondo in cui l’incantesimo di Luna ci aveva mandato. La principessa ci aveva chiesto di scoprire quante più cose possibili sulla minaccia ad Equestria e sul come far tornare attivi gli Elementi dell’Armonia.

Quindi avevo già pronti il punto quattro e il punto cinque.

«Avremmo bisogno di sapere più cose possibili su questo mondo e su di voi, prima di programmare qualsiasi cosa.»

«Ma certo!» rispose entusiasta Rachel. «E quando mi ricapiterà mai di fare da anfitrione a visitatrici di altre dimensioni? E’ sempre stato un mio sogno segreto.»

Sorrisi, terminando con un ultimo morso la fetta biscottata con la marmellata.

«Cosa volete sapere? E quanto tempo avete?»

«Il più possibile. Ma non abbiamo moltissimo tempo, sempre che il tempo scorra nello stesso modo sia di qua che ad Equestria.»

E’ vero! Non ci avevo pensato! E se qui il tempo scorreva in maniera diversa rispetto ad Equestria? E se un ora trascorsa qui fosse equivalente a un anno ad Equestria? Se era così, nel tempo che impiegavo per deglutire la mia colazione una nuova rivolta di pony provocava sangue e morti ...

«No, non abbiamo molto tempo.» confermai, posando le mani sul tavolo. La fame mi era passata di colpo e avevo solo voglia di affrettare la nostra missione.

«Allora finiamo di mangiare in fretta e vi mostro un metodo rapido per ottenere informazioni. Non sarà elegante come leggere un buon libro, ma per ricerche rapide è l’ideale.»

 

Eravamo nella libreria di Daniel e Rachel, tutte davanti alla scrivania su cui poggiava quell’aggeggio che Daniel il giorno prima aveva definito “computer”. Rachel, seduta davanti ad esso, premette qualcosa.

Apparvero di nuovo delle immagini su quella versione più piccola del “quadro” del soggiorno. Rachel ci guardò con il sorriso di chi sa qualcosa in più degli altri.

«Questo, ragazze, è un computer. Ha la capacità di contenere tutti i libri di questa libreria e molto di più, osservandole su questo piccolo schermo.»

La osservai come se fosse pazza.

«Come è possibile?! È a malapena più grande di un libro! Come fa a contenere tutte queste pagine?»

«Si chiama tecnologia. Ha fatto passi da gigante in pochi secoli.»

«Tecnologia? Non magia?» chiesi.

Rachel rimase silenziosa, mentre lo “schermo” si stabilizzava mostrando un paesaggio verde puntellato di tanto in tanto da delle strane immagini sovraesposte, come se fossero state disegnate sopra.

«La magia qui non esiste.» rispose, con un vago tono cupo.

Questo era davvero un problema …

«Almeno non nel modo in cui la intendete voi … credo …»

«Qualcosa non va?» chiese Applejack.

«E’ un tema che mi tocca da vicino, visto che scrivo fantasy.»

«Un’altra scrittrice di … cosa!?» chiesi.

«Fantasy. E’ un genere che per voi non ha alcun senso, visto che il vostro è un mondo fantasy.»

La guardai senza capire.

«E’ un genere ambientato o in un mondo diverso dal nostro, con regole diverse dove può essere presente la magia, o nel nostro mondo con componenti fantastiche come la presenza della magia o razze diverse da quella umana.»

«Perché in questo mondo ci siete solo voi?» chiese Rarity.

«Sì. Siamo l’unica razza intelligente e parlante.»

«Che noia …» commentò Pinkie Pie.

«Non hai tutti i torti.» le diede stranamente ragione Rachel. «Questo mondo ha ben poco di particolare. Niente draghi, niente manticore, niente idre, niente pegasi né unicorni né pony parlanti, niente regni magici o artefatti come gli Elementi dell’Armonia.»

Sentii Fluttershy tirare un sospiro di sollievo a niente draghi.

«Quindi al posto della magia avete la tecnologia?»

«Sì. E questo che avete davanti è uno dei suoi prodotti più famosi. Per dimostrarvi la sua grande utilità ditemi la prima cosa che vi viene in mente e su cui volete sapere di più.»

«Cosa va più di moda in questo momento?» chiese Rarity, battendoci tutte sul tempo.

Rachel ci fece un sorriso e si voltò verso lo schermo, iniziando a premere con le dita una piattaforma su cui erano presenti tutte le lettere dell’alfabeto locale (che comprendevo come fosse il nostro).

Apparve poco dopo un’altra immagine, su cui erano presenti delle scritte e delle foto che parlavano e mostravano le ultime nuove sui vestiti più in voga al momento.

La faccia di Rarity mi fece scappare una risata.

«E questa cos’è?» disse, indicando una gonna che persino io trovavo orribile. «Per Celestia, sembra di essere in uno spettacolo comico … questo è il meglio che gli stilisti di questo mondo sanno fare? Assolutamente orribile …»

«Concordo.» disse ridacchiando Rachel. «Qualche altra richiesta?»

«Come si raccolgono le mele qui?» chiese Applejack. La guardammo stupite. «Non hanno gli zoccoli, sono curiosa di vedere come fanno.»

Dopo aver premuto altri pulsanti apparvero altre immagini e scritte, che mostravano l’intera lavorazione delle mele. Alcune volte usavano delle scale, andandole a raccogliere direttamente dagli alberi, altre volte usavano delle macchine per aiutarsi nel compito.

«Bè, ha senso.» commentò laconica Applejack. «Gli alberi di qui tendono a essere … poco collaborativi.»

«Altro?»

«Cupcake!» urlò Pinkie forandomi i timpani

«Subito!»

Rachel fece apparire innumerevoli immagini dei dolci preferiti di Pinkie Pie fatti nei modi e nei colori più disparati. Pinkie sembrava pronta a mangiarsi lo schermo talmente lo osservava con occhi spalancati.

«Se permetti» dissi, allontanando Pinkie dal proposito. «ora vorrei vedere cose più importanti.»

«Ad esempio?»

«Avete anche voi una dea che controlla il sole? Come siete come razza? Che governo avete? Qual è la vostra storia? Come …»

«Troppe domande alla volta.» mi fermò Rachel. Mi fece un sorriso triste che non mi piacque. «La risposta alla prima domanda è: non abbiamo una dea che controlla il sole. Il sole e la luna si muovono da sole. Anzi, scientificamente parlando è il nostro mondo e la luna a muoversi attorno al sole.»

Strabuzzammo tutte gli occhi.

«Anche il tempo e gli animali vanno per conto loro senza il nostro intervento. Niente pegasi che controllino la pioggia o la neve o pony che badino agli animali.»

«Terrificante.» commentò Rainbow Dash. Aveva la stessa faccia sgomenta di quando Discord aveva fatto impazzire il tempo. E anche io mi sentivo a disagio sapendo che in qualsiasi momento fuori da quella casa avrebbe potuto piovere o nevicare senza preavviso.

Guardai fuori dalla finestra: il cielo era sgombro, a parte qualche nuvola solitaria. Continuai a fissare l’esterno, controllando che non iniziasse un temporale mentre non guardavo.

Notai che le mie amiche stavano facendo lo stesso.

«Non vi preoccupate. Non è così caotico come pensate. Ha delle regole ben precise, e infatti è possibile prevederlo con le giuste conoscenze.»

«Prevedere il tempo … cose da pazzi …» esclamò Rainbow Dash, continuando a guardare fuori.

«Riguardo alle altre domande Twilight» continuò Rachel «e’ un po’ complicato risponderti.»

«Devo sapere. Anzi dobbiamo sapere.» dissi, anche se meno convinta … questa sua riluttanza non mi piaceva.

«D’accordo. Vi mostrerò in breve ciò che siamo …»

 

Circa un’ora dopo, quando Rachel disse «E bene o male ti ho mostrato tutto» mi sentii … confusa.

Ci aveva mostrato moltissime cose: il loro mondo era immenso, e anche se l’umanità era numerosissima (sette miliardi! Era un numero quasi inconcepibile) molte regioni erano ancora disabitate. Mi aveva colpito molto il fatto che non avevano un governo unico. Il loro mondo, chiamato Terra, era diviso in circa 200 nazioni, ciascuna con un proprio sovrano o “presidente”. Sì, perché non tutte le nazioni di questo mondo avevano delle regine o dei re, ma dei governi “democratici” che venivano eletti direttamente o indirettamente dal popolo, un po’ come da noi quando si eleggeva il sindaco di una città o un villaggio.

Quando chiesi cosa aveva provocato così tanta divisione, Rachel rispose vaga “che era lungo da spiegare”.

Mi mostrò dove ci trovavamo adesso, vicini ad un piccola cittadina di nome Oaktown in una nazione chiamata Gran Bretagna.

Vidi immagini di grandi città, palazzi in metallo e vetro che toccavano il cielo, strade ricolme di quei “carri” che loro chiamavano automobili, treni molto più avanzati e veloci dei nostri, ricerche scientifiche che avrebbero fatto vergognare le più grandi menti di Equestria. Erano persino andati in mezzo alle stelle e sulla Luna!

Ero curiosissima di approfondire molte delle cose che vedevo e leggevo, ma se chiedevo maggiori informazioni Rachel deviava l’argomento o faceva finta di non sentirmi. Mi capitava ad esempio di leggere termini come esercito o multinazionale ma non facevo in tempo a guardare meglio che Rachel passava ad altro.

Alla fine mi sembrava di aver perso tempo e di saperne quasi quanto prima, con più domande che risposte. L’unica cosa che avevo capito era che la razza umana era divisa e poco armoniosa, ma non avevo alcuna idea del perché.

Rachel spense il computer, fece un gran respiro e ci sorrise.

«Direi di staccare un pò, che ne dite? Una passeggiata nel bosco?»

«D’accordissimo!» esclamò Rainbow Dash «Non sarà come volare, ma è meglio di niente.»

Le altre annuirono volentieri alla sua proposta.

Io invece avevo altro in mente.

«Io non vengo.»

Mi guardarono tutte, Rachel compresa.

«Perché?» mi chiese Pinkie Pie.

«Bè, è da ieri che ho adocchiato questa biblioteca.» dissi puntando lo sguardo agli scaffali pieni. «E vorrei staccare leggendo qualcosa.»

«Fai come vuoi.» disse Rainbow Dash, che aveva già la testa fuori di casa.

«Sei sicura?» chiese Rachel. «Mi posso fidare a lasciarti qui?»

«C’è sempre Daniel in caso di bisogno.» dissi, anche se rivolgermi a lui non mi attirava granchè. «Ho bisogno di un po’ di tranquillità per riordinare le idee. Ricordo che abbiamo una missione molto importante da compiere.»

«Va bene.» disse Rachel «Se avessi bisogno, sali su questa scala a chiocciola e premi il pulsante vicino all’unica porta che trovi al piano di sopra. Daniel a quel punto dovrebbe uscire.»

«Perchè?» chiesi.

«La stanza dove si è chiuso è insonorizzata» spiegò Rachel «L’unico modo per chiamarlo da fuori è attraverso pulsanti del genere» detto questo si voltò verso le altre. «Venite, devo darvi delle scarpe più adatte per uscire.»

Quando uscirono dalla biblioteca feci un sospiro di sollievo. Era brutto mentire così, ma dovevo farlo. Avrebbero impiegato ancora un po’ di tempo prima di uscire, quindi tanto valeva andare a cercare un libro da leggere e tenere su la commedia. Scelsi un manuale che spiegava il funzionamento di un computer (per negati era specificato sulla copertina, quindi adatto al caso mio), mi sedetti su una sedia in una posizione tale da impedire di mostrare cosa stavo leggendo da lontano e iniziai a leggere.

Era complicato. Terribilmente complicato. Non conoscere affatto la tecnologia di questa dimensione complicava solo le cose. Probabilmente per l’abitante medio di questo mondo erano sciocchezze.

Da quand’ero qui mi sentivo come una puledra sui banchi di scuola.

Per fortuna  iniziai a capire i concetti fondamentali prima che Rachel e le altre tornassero.

«Noi andiamo, ci vediamo dopo.» disse Rachel.

La salutai con un cenno della mano, sorridendo.

«Ciao Twilight!» mi salutarono le altre dopo di lei.

Attesi che la porta si chiudesse, poi con la coda dell’occhio guardai fuori dalla finestra. Le vidi attraversare la radura e infilarsi in un piccolo sentiero ai margini. Dopo poco sparirono tra il verde.

Riposai lo sguardo sul libro e detti l’ultima lettura necessaria.

Tra quello che avevo visto fare a Rachel e quello che avevo imparato negli ultimi minuti, usare quel computer non sembrava più quell’impresa impossibile.

Mi avvicinai nervosa alla scrivania e mi sedetti. Per quanto ne sapevo, quell’aggeggio poteva esplodermi tra le mani se avessi sbagliato qualcosa. Mi attenni alle descrizioni e premetti il pulsante con la forma simile a un cerchio.

Per fortuna non detonò, e si accese alla stessa maniera di prima. Dopo qualche istante arrivò di nuovo la “schermata” con il paesaggio. Usai il “mouse” e “cliccai” sull’”icona” del “browser”. O perlomeno, ci provai una decina di volte prima di riuscirci.

Non ci avrei creduto se non lo stessi vedendo: io, Twilight Sparkle, alle prese con un aggeggio tecnologico che conteneva tutte le informazioni contenute in una biblioteca. Non potevo negare che avesse un certo fascino ...

Mi apparve la schermata che Rachel aveva usato per mostrarci tutte quelle informazioni. Ora ero io ad avere il controllo su cosa vedere e cosa approfondire.

Non avevo idea del perchè Rachel fosse stata così sfuggente e vaga nel cercare le informazioni che le avevo chiesto. Forse non le reputava così importanti, forse non voleva farci perdere tempo con dettagli inutili, ma ero più propensa a credere che ci fosse un motivo ben più serio. Iniziai a chiedermi se volessi davvero scoprirlo.

Mi riscossi da quel dubbio. Avevo una missione importante. Equestria dipendeva dall’esito di quella ricerca. Dovevo scoprire il più possibile nel minor tempo possibile.

«Ti prego Rachel, fai fare loro un giro bello lungo.» dissi ad alta voce, iniziando a pensare alla prima cosa da guardare.

Sì!

«O-m-b-r-a.» scrissi, molto più lentamente di quanto avrei voluto. Andare a cercare le lettere giuste su quella “tastiera” era una vera impresa.

Restai molto delusa da ciò che mi apparve davanti: trovai solo risultati che parlavano delle normali ombre e di qualche riferimento ai giochi di prestigio.

Se l’Ombra era davvero originaria di questo piano, probabilmente aveva un’altro nome. Sempre che ce l’avesse. Luna stessa aveva ammesso di essere stata lei a darle quel nome.

Decisi quindi di compiere una ricerca più ampia, focalizzando l’attenzione su ciò a cui ero più interessata e che Rachel aveva stranamente omesso.

«S-t-o-r-i-a.» scrissi.

Mi vennero subito molte informazioni generiche, quindi tornai indietro e scrissi «S-t-o-r-i-a u-m-a-n-a».

Trovai a quel punto una “pagina” che mostrava in sintesi l’intera storia della razza umana.

L’inizio era interessante. Secondo quanto scritto, erano inizialmente delle scimmie (quindi non ci ero andata molto lontano quando avevo creduto di essermi trasformata in una di quelle creature), evolute in umani dopo milioni di anni (milioni!). Avevano imparato lentamente ad usare il fuoco, a cucinare la carne cacciata (un brivido mi percorse la schiena) e ad inventare nuove armi per cacciare, come archi e lance.

Da quel punto in avanti il cuore fece sempre più fatica a sostenere ciò che leggevo. Per le terre, per decine di religioni l’una diversa dall’altra che credevano in cose che non esistevano, o per semplice avidità e odio gli umani avevano iniziato non solo ad uccidere animali per saziarsi ma anche ad uccidere i propri simili per ottenere ciò che volevano. E più andavo avanti nella lettura, più i numeri delle morti e i modi nuovi con cui si uccidevano mi fecero tremare. Guerre, battaglie, omicidi, sangue sparso per qualunque motivo, qualunque! Terre, schiavi, denaro, semplici offese ... Persino in nome dell’amicizia! Persino per amore!

Approfondii gli argomenti, notando come la divisione che si era creata tra le varie nazioni fosse nata soprattutto a causa di tutta questa avidità, arroganza e odio.

Il culmine però fu quando vidi ciò che era avvenuto nell’ultimo secolo.

Guerre a livello mondiale, centinaia di migliaia di morti in pochi mesi, macchine metalliche di morte che solcavano la terra, il cielo e il mare, discorsi colmi di odio e rancore, luoghi dove si massacravano persone solo perché ritenute diverse, guerre in nome delle risorse, sfruttamento, inquinamento, complotti ...

Le guance erano bagnate come se stesse piovendo. Piangevo come mai avevo fatto prima. Dovetti pulirmi gli occhi diverse volte per costringermi a guardare quegli scempi, per capire…

Ma il culmine arrivò quando guardai un “video” dell’arma più terribile creata dall’uomo.

Un’umano stava facendo un conto alla rovescia di fronte a un orologio. Poco dopo la visuale passò su un mare calmo e limpido. Alcune navi umane lo stavano solcando.

E la vidi.

Un’esplosione apocalittica, l’acqua che veniva scaraventata in tutte le direzioni, occupando l’intera visuale, le navi che venivano spazzate via come se fossero foglie al vento.

Subito dopo venne mostrata un’esplosione simile sulla terraferma, che creava un’enorme nuvola di fumo simile ad un fungo. La visuale si spostò sui boschi, le case, gli esseri viventi bruciati vivi dalla deflagrazione ...

Non ressi più e spensi il computer schiacciando il pulsante con foga.

Respiravo a malapena per lo shock e faticavo a credere a ciò che avevo visto. L’intera giornata di ieri in confronto era ben poca cosa …

Era … era … non trovavo le parole adatte… Orribile? Mostruoso? Ripugnante? Sacrilego, addirittura? Nessuno di questi termini riusciva a riassumere ciò che avevo visto. Nessuno.

Ma poi perchè? Perchè facevano tutto questo? Non avevano alcun motivo per odiarsi così! Che cosa li portava a ...

Come un fulmine a ciel sereno, mi riapparve in mente il sogno, e un sospetto mi fece scattare in piedi.

No, non poteva essere …

Mi pulii dalle lacrime e iniziai a fare dei respiri profondi. Dei grandi … Respiri … Profondi …

Passai ancora le mani sulla faccia, nella speranza di lavare via le immagini che avevo visto. Ma al momento mi era impossibile.

Ciò che avevo visto, ciò che ci aveva detto la Principessa Celestia e il sogno che avevo fatto. Tutto coincideva.

Iniziai a camminare tra gli scaffali per schiarirmi le idee.

La mia mentore aveva parlato di tumulti, rivolte di pony che iniziavano a provare desideri e pulsioni negative mai provate prima… questa notte avevo fatto un sogno che riguardava ciò che mi aveva raccontato, e l’avevo relegato come suggestione, ma adesso, guardando la storia dell’uomo, vedevo quei sentimenti riprodotti fedelmente. Lo scopo dell’incantesimo tracciante di Luna era di raggiungere la dimensione d’origine dell’Ombra. Se aveva funzionato a dovere, e ne ero quasi certa, non poteva che esserci un’unica deduzione logica.

L’Ombra era nata qui. Ed era stata la follia umana a crearla ...

 

Restai a rimuginarci sopra per non so quanto tempo. Avrei scavato un solco nel pavimento della libreria e non me ne sarei nemmeno accorta.

Rachel e Daniel mi avevano fatto una buona impressione, e malgrado le paure delle mie amiche non avevo mai creduto che gli umani fossero … così. Mi ritornavano stralci delle immagini e delle frasi lette e non riuscivo a levarmele dalla testa. Mai nella storia di Equestria c’erano stati dei modi così brutali e per motivi così futili di uccidere il prossimo. C’era stato astio (sì, non potevo negarlo) tra i pony nella storia pre-equestriana, ed erano anche capitate delle battaglie e delle guerre, ma mai ai livelli umani. E avevamo seppellito da molto tempo quelle abitudini barbare. Per noi il ponycidio era qualcosa di abominevole. Non era nella nostra natura. Era come chiederci di mangiare carne.

Mi sentii male a guardare il corpo in cui dimoravo. Vedere cosa erano in grado di fare quelle mani con cinque dita mi ripugnava. Andava oltre ogni concezione di empietà e orrore. Se un qualunque pony avesse anche solo pensato una cosa del genere, sentivo con tutta me stessa che la Principessa Celestia l’avrebbe come minimo tramutato in pietra, mettendolo accanto a Discord. Iniziai ad odiare gli umani.

Mi fermai, realizzando con orrore cosa avevo appena pensato.

Mi diedi uno schiaffo. Più doloroso di quanto me l’ero immaginato, ma me lo meritavo.

No. Non dovevo odiare nessuno. Altrimenti sarei caduta nella spirale di violenza che stava causando i tumulti ad Equestria.

In fondo gli umani non erano tutti così.

Iniziai a sospettare del perché Rachel fosse stata tanto generica e distratta nella sua ricerca. Lo aveva fatto apposta per non farmi vedere quelle cose.

Ciò mi fece tornare il sorriso. Significava che teneva a noi, e che sapeva di quali orrori fosse in grado di compiere la sua specie. Molto probabilmente anche lei ne era turbata quanto me.

Avevo sbagliato a generalizzare, anche se solo per un momento.

Guardai lo scaffale davanti al quale mi ero fermata, soffermando lo sguardo su alcuni libri che trattavano di “Tattiche militari antiche e moderne”.

Questo era uno dei rarissimi casi in cui rifiutavo un libro. Persino la sua esistenza mi offendeva.

Ma non potevo rimanere disgustata per sempre. Se il male che si stava espandendo ad Equestria aveva origine qui, dovevo trovare un modo per fermarlo.

Ma come facevo? Non sapevo nemmeno che aspetto avesse questa Ombra, o se avesse un aspetto da mostrare. Di che poteri disponeva? E soprattutto, gli Elementi dell’Armonia avrebbero avuto effetto?

Mi resi rapidamente conto però che tutto ciò era inutile chiederselo finchè eravamo sprovvisti della mia magia e di quella degli Elementi ...

Il punto quattro, scoprire più cose possibili sulla minaccia ad Equestria, era ancora presto per spuntarlo. Ne sapevamo ancora poco. Ma a questo punto conveniva saltarlo e passare direttamente al punto cinque: ripristinare la magia degli Elementi. La principessa stessa aveva dato priorità su questo punto. Avremmo potuto passare mesi esplorando questo mondo alla ricerca di conoscenze perdute sui poteri dell’Ombra ma, anche se li avessimo trovati, nel frattempo quanti danni avrebbe riportato Equestria? Senza il potere degli Elementi, ne ero certa, tutte le conoscenze di questo mondo non ci avrebbero permesso di risolvere la crisi. Era per questo motivo che la principessa aveva insistito su questo punto.

Dovevamo puntare sul ripristinare la magia degli Elementi. E magari nel mentre trovare anche un modo per riottenere la magia del mio corno, senza la quale eravamo bloccate qua. Visto però dove ci trovavamo, una dimensione dove la magia era inesistente, capii sin da subito che l’impresa sarebbe stata ardua ...

 

Quando Rachel e le mie amiche tornarono le trovai molto su di giri. Dovevano essersi divertite un sacco. Le invidiai ...

Ormai era quasi mezzogiorno, quindi Rachel preparò il pranzo e mangiammo. Non ero particolarmente allegra, per ovvie ragioni, e sia le mie amiche che Rachel lo notarono dopo aver quasi passato l’intero pranzo a ridere, scherzare e parlare del più e del meno.

«Qualcosa non va Twilight?» chiese Applejack, turbata dal mio silenzio.

«Devo parlare con Rachel, da sola.» dissi dopo aver terminato di mangiare.

Io e lei ci fissammo per qualche istante, e mi meravigliai nel notare che sembrava aver capito tutto.

Ma era ovvio che avevo sottovalutato la sua intelligenza. In effetti la scusa del “leggere un libro per riordinare le idee” era banale.

Le mie amiche protestarono. Posai lo sguardo serio su di loro e le feci capire che si trattava di qualcosa di importante. Poco a poco si acquietarono.

«D’accordo.» mi disse Rachel, posando le posate e alzandosi. «Voi continuate pure, arriviamo subito.»

Andammo nella libreria. Rachel chiuse la porta e mi guardò con aria mesta.

«So di cosa vuoi parlarmi. E giuro che ciò che ho fatto è stato per il vostro bene. Ti ho permesso di restare qui e fare ciò che hai fatto perché penso che sei la più matura del gruppo, la più adatta a vedere quelle cose e assimilarle senza rimanerne turbata. O sbaglio?»

«Sbagli.» dissi, sentendo tornare le memorie degli orrori della razza umana. Feci un grosso respiro per evitare di piangerle davanti.

«Non credo esistano parole per dirti quanto mi dispiace. Sono solo una persona, una piccola goccia in un vasto oceano. Posso fare tante cose per cambiare in meglio ciò che mi sta intorno, ma non sono in grado di cambiare ciò che fanno tutti gli altri, soprattutto nel passato. Ma una cosa te la posso assicurare: non siamo tutti così. Una parte di noi rifiuta quel lato oscuro che ci porta a fare queste cose, e per fortuna stiamo aumentando. Ma la maggior parte di quelli che fanno queste cose non sono da criticare aspramente. Molti lo fanno per ignoranza, per mancanza di guide ed esempi adeguati, per paura dell’ignoto, del diverso o di una punizione di persone più in alto di loro. Siamo una razza senza guida, esterna e interna. C’è molta disarmonia in questo mondo, al contrario del vostro. Credi a ciò che sto dicendo?»

Aspettai prima di rispondere, riflettendo su ciò che aveva detto. Ma non aveva fatto altro che confermare ciò che avevo già intuito, quindi con un vago sorriso annuì.

Rachel replicò al sorriso e continuò con tono più sereno.

«E’ per questo che molti di noi si impegnano ogni giorno per aiutare chi è in difficoltà. Altri invece si affidano all’arte, alla musica, alla scrittura e ad altre forme per abbellire per quanto possibile questo nostro mondo ferito. E può suonarti strano, ma da quando è uscita la serie animata in cui voi siete le protagoniste, si è creato un fenomeno virtuoso che ha portato molte persone, vostre fan come me, a rivalutare molti concetti che prima davamo per secondari o addirittura inutili: generosità, gentilezza, lealtà, onestà, ottimismo e amicizia sono diventati per coloro che vi hanno seguito delle colonne portanti, e non è poco in un mondo come il nostro. Quindi credimi se ti dico che ciò che hai visto non ti deve portare a giudicarci troppo aspramente.»

«Ti credo.» dissi, sospirando. «Malgrado tutto ti credo. Ti ringrazio per avermi permesso di vedere quelle cose senza coinvolgere le altre. Applejack e Rainbow Dash forse avrebbero retto meglio allo shock, ma le altre, soprattutto Fluttershy, non voglio neanche immaginare come avrebbero reagito.» sospirai di nuovo «Avrò incubi per giorni.»

«Ciò ti rende onore. Ormai noi umani siamo talmente abituati a tutto questo orrore che ne siamo diventati quasi immuni.»

«Ammetto che per un attimo vi ho odiato per ciò che ho visto, ma ripensandoci bene mi sono resa conto che stavo compiendo lo stesso errore vostro. L’odio non fa che chiamare altro odio, e questo è uno dei motivi, secondo me, che vi ha portato a combattervi tra di voi per secoli.»

«Sei davvero la degna allieva di Celestia.» mi disse senza false lusinghe.

Arrossii un poco. «Faccio del mio meglio. E parlando della mia mentore, è giusto che ti dica perché ti ho chiesto maggiori informazioni sul vostro mondo. Dopo ciò che hai fatto e stai facendo per noi, te lo meriti.»

«Immagino qualcosa di grave se siete giunte fin qui solo per vedere il nostro lato peggiore.»

«E’ proprio di questo che volevo parlarti. E’ per questo che siamo qui.»

Rachel corrugò la fronte.

«Che vuoi dire?»

«Equestria è in grave, gravissimo pericolo.»

Rachel si rabbuiò.

Le raccontai brevemente di ciò che era successo: i tumulti, le proteste, la violenza, i fenomeni di odio e avidità. Le raccontai della pergamena che ci aveva permesso di rintracciare l’entità chiamata da Luna l’Ombra, e di come fossimo giunte qui.

Dall’espressione mesta che mi fece Rachel sembrava aver già intuito cosa stavo per dire.

«Dopo ciò che ho visto prima non ho dubbi. Il nemico che sta corrompendo Equestria l’avete creato voi.»

Rachel si portò una mano davanti alla bocca e batté ripetutamente le palpebre. Sembrava sul punto di piangere.

«E’ nato qui.» mi corressi subito. Dopo ciò che mi aveva appena detto era crudele includerla nella responsabilità di ciò che era successo.

«No, non addolcire la pillola.» mi disse con voce quasi rotta dal pianto, scuotendo la testa. «Hai ragione …»

Fece qualche passo avanti e indietro, pensierosa.

«E’ assurdo. Non solo stiamo rovinando noi stessi, ma siamo persino riusciti a rovinare posti puri come il vostro …»

«Non devi …»

«E gli Elementi dell’Armonia?» mi bloccò «Non avete provato ad usarli contro questa Ombra

«Non abbiamo potuto. La principessa ha scoperto che sono divenuti inerti come quando li trovai nelle rovine del Castello delle Sorelle Reali nella Everfree Forest.»

«Inerti?»

«Non so come sia accaduto. Temo che tutto ciò sia stato causato dall’arrivo dell’Ombra. Forse tutto l’odio che portava con sé ha destabilizzato la magia contenuta negli Elementi.»

Rachel rimase nuovamente pensierosa per un po’, poi prese uno strano cipiglio.

«E va bene» disse «Non sono un’eroina delle mie storie, ma farò qualunque cosa per aiutarvi. Non ho potuto fare niente per impedire che tutto ciò avvenisse, quindi permettimi almeno di aiutarvi a risolvere il problema.»

Le sorrisi. Avevo fatto davvero male prima a generalizzare.

«Non chiedo di meglio. Ma non so quanto puoi aiutarci … temo che l’unico modo che abbiamo di sconfiggere l’Ombra sia di riattivare gli Elementi dell’Armonia. E come potremmo farlo qui, senza l’ausilio di magia o del mio corno?»

«Quindi hai bisogno di un aiuto soprannaturale?» chiese Rachel, mostrando uno strano ghigno.

Feci una smorfia sentendo quel termine.

«Se per soprannaturale intendi qualcosa di simile alla magia … sì.»

«Io non ho alcuna idea di cosa si possa fare. Ma conosco qualcuno che potrebbe saperlo.»

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Magia alternativa ***


Capitolo V

Magia alternativa


Io non credo nella magia, sono soltanto un mucchio di stupide superstizioni.

(I predatori dell’Arca perduta)



 

«Allora Twilight, che vi siete dette?» chiese Applejack, finendo proprio in quel momento ciò che aveva nel suo piatto.

«Le ho spiegato perché siamo qui.» dissi, rivelando solo parte della verità.

«Così?» chiese Rainbow Dash facendo spallucce. «Come se niente fosse?»

«Ragazze, sapete perché siamo qui.» dissi mentre Pinkie Pie si alzava dalla sedia ed iniziava ad andare verso la cucina di soppiatto.

«Pinkie, che stai facendo?» chiese Rarity.

Si spaventò, guardandoci con l’espressione della puledra che è stata scoperta a fare una marachella, poi si accucciò sul pavimento, iniziando a strisciare. Continuò imperterrita verso la cucina.

«La controllo io.» disse Applejack, sbuffando mentre si alzava per seguirla.

«Come l’ha presa Rachel?» chiese Fluttershy, riportando l’attenzione di tutti su di me.

«Non bene.» dissi con una smorfia. «Ma ci aiuterà.»

«Dov’è adesso?» chiese Rarity.

«E’ salita al piano di sopra a convincere Daniel ad aiutarci.»

«Non ci serve il suo aiuto.» disse Rainbow Dash, spostando il suo piatto vuoto verso il centro del tavolo.

«Concordo.» si accodò Rarity con espressione offesa. «E’ stato così rude ieri sera. E nemmeno un accenno di scuse.»

«Che esagerate! E’ stata solo una sfuriata. In fondo non -»

«Una sfuriata, dici?» alzò la voce Rainbow Dash. «Ma hai sentito come ci ha chiamato? Matte!»

«E malgrado quel minimo di ospitalità che era necessario, non è che sia stato molto galante.»

«Ragazze!» esclamò di colpo la voce di Pinkie Pie dall’altra stanza. «Ci sono un sacco di cose buone qui dentro!»

«Pinkie, chiudi quel dannato affare!» le intimò Applejack.

«Ma io ho ancora fame!»

«Quando tornerà Rachel gli chiederemo se può offrirci qualcosa, ma non prima.»

Ciò che ne seguii fu una serie di rantolii da cane bastonato.

Applejack tornò qualche istante dopo trascinando Pinkie Pie con sé.

«Ci siamo perse qualcosa?» chiese.

«Sì, una montagna di cibo e dolci …» si lamentò Pinkie Pie a braccia conserte.

«A parte quello.» la fulminò Applejack.

«Rachel sta convincendo Daniel ad aiutarci.» riassunsi.

«Pessima idea, amica.»

«Non è un buon amico.» commentò Pinkie Pie con il muso lungo.

Sbuffai, dando un calcio alla gamba di una sedia.

«Oh, andiamo! Nessuna di voi che vuole dargli una possibilità? Nemmeno tu Fluttershy?»

La pegaso, sentitasi in causa, rimpicciolì.

«Bè … non è che sia stato così gentile con noi …»

«Fluttershy.» le intimai.

«Ma-se-dici-che-è-una-brava-persona-hai-ragione-dovremmo-dargli-una-possibilità.» si affrettò a rispondere facendo un sorriso forzato.

Grugnii e mi passai una mano sulla fronte. Prima di continuare feci qualche respiro profondo.

«Ammetto che non sia stato garbato con noi finora, se non per averci ospitato, ma credo che sia giustamente turbato dalla nostra presenza. Come avreste reagito voi se sei pony dall’aspetto e dal comportamento strano fossero apparsi di colpo alla porta di casa vostra?»

Il sorriso di Pinkie Pie tornò. «Semplice! Mi sarei presentata, avrei chiesto i loro nomi, cantato qualche canzone a caso, fatto un party in loro onore e sarei diventata loro amica.»

La osservammo basite.

«Perché, non si fa così con i pony che non si conoscono?» chiese allargando le braccia.

«Penso che abbiate capito.» dissi rivolta alle altre.

«D’accordo zuccherino, gli darò un’altra possibilità.» disse Applejack facendomi l’occhiolino.

«Ma guai se torna ad insultarci.» aggiunse Rainbow Dash.

«Altrimenti che fai?»

Ci voltammo tutte. All’entrata della stanza c’era Rachel accanto a Daniel. La prima era imbarazzata per ciò che era appena stato detto, mentre Daniel sembrava persino più furioso del giorno prima.

«Niente.» mi affrettai a spiegare. «C’è stato solo un piccolo fraintendimento.»

«Sì, un fraintendimento …»

«Caro, non andiamo a conclusioni affrettate.» disse Rarity. Nel suo tono notai una vaga nota velenosa che non mi piacque. Anche Daniel sembrò notarla.

«Lo stesso vale per voi.»

«Non sei stato tu quello insultato ieri sera.» continuò Rarity alzandosi dalla sedia e avvicinandosi a lui «Mister Supponenza.»

Deglutii.

«Datemi un motivo per non credere che siate pazze e la mia supponenza svanirà.»

«Potrei dartene un bel po’ di motivi, ma come vedi siamo bloccate in un mondo a noi avverso e in corpi estranei, quindi non hai altra scelta che fidarti della nostra parola.»

«Come no, Miss Loquacità.»

I loro sguardi a quel punto iniziarono a sprizzare scintille.

«Basta Daniel.» lo redarguì Rachel. «Te l’ho detto. Facciamo questa cosa e poi ti lasciamo in pace finchè non trovano un altro posto.»

«Come sarebbe a dire un altro posto?» chiese Applejack.

«Ti spieghiamo tutto durante il viaggio.» le dissi.

«Viaggio?» chiesero in coro.

«Senza aver mangiato altro?» aggiunse Pinkie Pie.

La guardammo tutte, Rachel e Daniel compresi.

«Seriamente, nessuno di voi ha ancora fame?» domandò.

«Va bene un po’ di dolce?» disse Rachel con voce rassegnata dirigendosi verso la cucina.

«Sì!» disse seguendola a ruota.

Rimanemmo da sole insieme a Daniel nella sala pranzo. Evitava il contatto visivo, ed era particolarmente scocciato.

Feci un sorriso che imbarazzò persino me.

«Allora … Ti sei messo a scrivere qualcosa mentre eri di sopra?»

Non rispose, nell’ovvio tentativo di ignorarmi. Ebbi la sensazione che ci stava trattando come degli amici immaginari molesti.

«Oppure hai letto qualcosa di interessante?» ci riprovai

Scosse la testa. Perlomeno si era sforzato di ascoltarmi.

«Quindi hai scritto?»

«Ci ho provato.»

Evviva! Una risposta!

«Blocco dello scrittore?» ipotizzai.

Annuì.

«Ho letto molto sull’argomento, nel caso decidessi un giorno di scrivere qualcosa anch’io. Dovresti provare a …»

«Conosco i rimedi contro il blocco dello scrittore.» sbottò.

Aspettai che li elencasse, invano. «E non li hai provati?»

«Tutti.»

«Distrarsi può aiutare, come camminare, provare cose nuove, scrivere altro oppure …»

«Non ne voglio parlare.»

Mi morsi il labbro. «Oook.»

Quanto tornò Rachel con Pinkie Pie (estremamente soddisfatta), mi sentii più a mio agio.

L’umana ci guardò una ad una sorridendo.

«Andate a prendere le vostre cose che partiamo subito.»

 

Applejack alzò un sopracciglio «Dovremo davvero viaggiare con queste …»

«Auto.» precisò Rachel.

Applejack, poco convinta, diede un piccolo calcio a una delle ruote.

«Già, dimenticavo che venite dall’Africa.» mugugnò Daniel, ma fu ignorato.

«Ora che le guardo meglio, malgrado l’aspetto spartano, hanno un certo stile, glielo concedo.» commentò Rarity, avvicinandosi a una delle finestre. «E l’interno sembra più invitante e comodo delle carrozze dei treni che prendiamo di solito.»

«Almeno quelli li avete.» commentò di nuovo Daniel a bassa voce.

«Allora, chi vuole venire con me?» chiese Rachel.

«Io, io, io!» esclamò Pinkie Pie, che dopo il dolce sembrava diventata la sua cagnolina fedele.

Anche le altre si avvicinarono a lei, ma le fermai.

«Non possiamo andare tutte con lei.» spiegai. «Ognuna di queste auto può tenere solo tre di noi.»

Mi era bastata un’occhiata all’interno e qualche rapido calcolo per capirlo.

«Io voglio stare con Rachel!» protestò Pinkie Pie.

Vidi nello sguardo delle altre che tutte volevano andare con Rachel … e intuii subito il perché.

«Facciamo così.» dissi, dopo averci pensato qualche momento. «Pinkie, Applejack e Rainbow Dash andranno con Rachel, mentre io, Rarity e Fluttershy andremo con Daniel.»

«Oh, no! Non ci siamo!» sbottò Rarity. «Io con quel signorino finchè non ricevo delle scuse non ci vado.»

Fluttershy invece accettò la mia decisione senza protestare, ma notavo che era rimasta delusa.

Mi avvicinai a loro.

«Sentite.» dissi a bassa voce per non farmi sentire da Daniel, che intanto si era avvicinato alla sua auto con passi rabbiosi. «A detta di Rachel si tratta di un viaggetto di un quarto d’ora, non di più. Potete sopportarlo per me? Sarò con voi, in fondo.»

Fluttershy sorrise debolmente. «Per te Twilight certo che sono disposta.»

Rarity fece espressioni contrastanti, ma dopo la disponibilità concessa da Fluttershy si arrese.

«D’accordo. Vedrò di contenere il mio entusiasmo.»

«Ottimo.» dissi appoggiando le mano sulle loro spalle.

«Faremo così allora.» comunicai la decisione alle altre.

«Seguimi Daniel.» esclamò Rachel «Non credo ti ricordi dove abita.»

«Nemmeno la conosco.» rispose lui stizzito, salendo sul mezzo.

Pinkie Pie, Applejack, Rainbow Dash, aiutate e guidate da Rachel, aprirono quattro porte sui lati della loro auto.

Daniel invece salì senza darci indicazioni. Io salii nella parte anteriore al suo fianco, mentre Rarity e Fluttershy andarono dietro.

Tutto sommato si stava comodi, quasi come su una poltrona.

«Mettetevi le cinture.» ci disse Daniel.

«Cosa?»

L’umano sbuffò e ci mostrò quella che sembrava una cintura usata per gli abiti, con cui si cinse il corpo, e la andò ad attaccare con un tlac nella parte inferiore del sedile.

Ci volle un po’ per capire come fare, poi mostrai il procedimento alle mie amiche.

«Sembra davvero di avere delle bambine.» fu il commento acido di Daniel. «Partiamo che è meglio.»

Alla mia destra l’auto di Rachel iniziò a fare rumore e a indietreggiare. Non avevo alcuna idea di come ci riuscisse, quindi per curiosità stavo per chiederlo a Daniel. Mi fermai quando notai la sua espressione stizzita. Mi limitai a seguire le sue mosse.

Infilò una chiave in un punto vicino a una specie di ruota davanti a lui, e anche la sua auto si accese. Poi lo vidi premere qualcosa ai suoi piedi e il mezzo si mosse.

«E’ … è sicura …?» chiese Fluttershy, stringendosi a Rarity.

«Questa auto mi sembra più evoluta di un treno » commentò quest’ultima «ma mi accodo alla domanda di Fluttershy.»

«Certo che è sicura. Ho fatto la revisione solo il mese scorso …» sbuffò «Ma tanto scommetto che nemmeno sapete cos’è la revisione … »

Mentre lo diceva indietreggiò fino a trovarsi subito dietro all’auto di Rachel. A quel punto iniziò a seguirla, e dopo poco ci ritrovammo nella strada sterrata.

Nell’auto davanti riuscivo a vedere Pinkie Pie che si era voltata a salutarmi. La salutai di rimando.

Sentii Daniel sbuffare di nuovo, ma per il resto si concentrò sulla guida di questo straordinario mezzo.

In totale silenzio.

Diedi uno sguardo alle mie amiche dietro. Fluttershy era spaventata, ma grazie all’abbraccio di Rarity e al panorama boschivo che si vedeva fuori dalle finestre si stava abituando. Rarity faceva lo stesso guardando però dall’altra parte.

«Allora Daniel.» dissi, tornando a guardare in avanti. «Stai cercando di continuare qualcosa di già scritto oppure stai provando qualcosa di nuovo?»

Restò zitto. Rabbrividii per il clima gelido che si era creato. Guardando nell’auto di Rachel mi pentii di non aver deciso un’altra disposizione: sembravano parlare di qualcosa di molto divertente, almeno a giudicare da come si muovevano.

«Magari parlarne ti aiuta.» provai, con tono più basso.

«D’accordo!» sbottò. Fece un profondo respiro. «Sto pensando a un personaggio per una nuova serie.»

«Come l’ispettore … Phelps, giusto?»

«Sì, ma deve essere qualcosa di originale … e finora non ho avuto fortuna.»

«Hai provato altri generi?»

«Non senza che venissero delle emerite schifezze.»

«Questo perchè hai solo scritto gialli finora?»

«Al contrario! Mi sono cimentato con racconti thriller, d’avventura, storici, rosa … un pò di tutto … ma si parla di anni fa. La mia fortuna è arrivata dopo, con Phelps. E ora devo trovare un degno sostituto … e non ho la minima idea di dove sbattere la testa.»

«Spesso le idee vengono quando meno ce se le aspetta.»

Daniel sospirò. «Lo spero.»

La strada non era sempre dritta: alcune volte curvava molto, altre invece saliva e scendeva. Il bosco in certi punti aveva meno alberi, e si intravedeva qualche abitazione simile alla loro.

Fu davanti ad una di esse che l’auto di Rachel si fermò, seguito da Daniel.

«Bene, fine della corsa.» annunciò Daniel, togliendosi la cintura e scendendo.

Facemmo lo stesso e ci riunimmo alle altre.

La casa davanti a cui ci eravamo fermate, in mattoni chiari, era più rustica e bella a vedersi di quella di Daniel e Rachel: aveva molti fiori, alberi ben curati e tutte le finestre avevano dell’edera attorno. Per certi versi mi ricordava il cottage di Fluttershy, e ciò mi fece una buona impressione.

«Vi chiedo solo una cosa.» ci intimò Rachel avvicinandosi alla porta d’ingresso. «Cercate di comportarvi in maniera normale … almeno finchè non abbiamo chiarito un po’ di cose. E’ una persona anziana, e non voglio spaventarla più del dovuto»

«Okie dokie loki» rispose per noi Pinkie Pie.

Rachel a quel punto bussò.

Nessuno rispose. Rachel bussò di nuovo.

Solo alla terza volta ci aprì un’umana anziana, che se fosse stata in versione pony, stimai, avrebbe avuto più o meno l’età di Granny Smith. Malgrado le rughe e la postura storta sembrava arzilla e perfettamente in grado di badare a sé stessa.

«Rachel?» chiese con voce pastosa alzando le sopraciglia.

«Buon pomeriggio Helen.» le rispose con un sorriso. «Sono venuta a trovarla con un po’ di amiche. Possiamo entrare?»

L’anziana si sporse un po’ per guardarci meglio. Notai che fissò soprattutto i nostri capelli con espressione tra il sorpreso e il divertito.

«E queste signorine da dove spuntano?» chiese, soffocando una risata.

«E’ un pò lunga da spiegare … » disse Rachel, in difficoltà.

«Se è così entrate allora.» disse l’anziana, ridacchiando mentre ci faceva passare.

«Ancora non capisco cosa ci sia di strano con il nostro aspetto.» commentò Rarity a denti stretti.

All’interno fummo accolte da un forte odore di incenso. La stanza in cui ci trovavamo era un soggiorno con tre divani, una poltrona e diversi mobili ricolmi di pietre, cristalli, piante, libri e altri strani oggetti che non riconobbi.

«Volete qualcosa?» domandò in tono gentile l’anziana signora.

«No grazie, volevamo solo parlare per un po’.»

«Come volete.» disse «Controllo solo una cosa veloce e arrivo.»

Rachel ci indicò i divani, invitandoci con un gesto a sederci.

Mi misi accanto a Fluttershy, in attesa di vedere che cosa aveva di così particolare questa signora da offrirci.

Mentre aspettavamo, apparvero un paio di gatti dalla stanza dove era andata la signora. Uno aveva un folto manto bianco, l’altro invece era nero con qualche macchia bruna.

Ci diedero uno sguardo schivo, poi puntarono verso Fluttershy e si sedettero entrambi sul suo grembo.

«Ciao piccoli.» disse Fluttershy a bassa voce iniziando ad accarezzarli. «Avete appena mangiato, vero? Si vede ...»

«Eccomi. Ora sono a vostra … Oh! Strano. Non sono mai amichevoli con gli estranei.»

Fluttershy le diede un rapido sorriso, e tornò ad accarezzarli.

«Comunque a cosa devo la vostra visita?» chiese andando a sedersi sulla poltrona di fronte a noi.

«Bè, intanto come sta?» chiese Rachel.

«Gentilissima come sempre, cara. Sto bene, a parte qualche acciacco. Giusto ieri mattina sono andata a farmi una salutare camminata per il bosco. Se non fosse stato per quella strana sensazione che ho sentito, avrei continuato per tutta la mattinata.»

«Cos’è successo? Di nuovo problemi a respirare?»

«No, non questa volta. No, era qualcosa di più profondo … più spirituale. Era come se avessi percepito qualcosa, non molto distante da qui.»

Iniziai a capire perché Rachel ci avesse portato da lei. Ci aveva sentite arrivare? Ed era davvero in grado di aiutarci? O era solo una signora che credeva di avere qualche potere mentre invece erano solo suggestioni?

«Ma pensa …» disse Rachel, risistemandosi sul divano. Daniel invece roteò gli occhi «Potrebbe avere qualcosa a che fare con il motivo per cui siamo qui.»

«Che intendi?»

«Si ricorda quella cosa che ha fatto con me la prima volta che ci siamo viste? Ecco, la potrebbe fare … con loro? Così facciamo prima.»

«Sei sicura? Sai che preferisco non farlo se posso.»

«Non mi crederebbe altrimenti.»

L’anziana fece un profondo respiro. «E va bene. Potreste essere così gentili da avvicinarvi a me?»

Annuimmo, e Rarity, la più vicina, fu la prima ad andare da lei.

«Abbassati un pò e non ti muovere.» le chiese gentilmente, poi spostò le sue mani rugose ai lati della testa, all’altezza delle orecchie, appena fu a portata.

«Faccia solo attenzione a non scompigliarmi la chioma.» le chiese Rarity.

La signora rise, poi fece un profondo sospiro e si concentrò su qualcosa.

Non capivo cosa stesse facendo in quella strana posizione. Forse una sorta di incantesimo? Ma Rachel non aveva detto che la magia non esisteva in questo mondo?

Scattai dalla sorpresa quando la signora scattò a sua volta dopo circa un minuto di quel “rituale”.

«Ma … che … cosa …?» farfugliò l’anziana, appoggiandosi allo schienale.

«Ve l’ho detto che non mi avrebbe creduto altrimenti.» commentò Rachel.

«Non credevo che … scusate, venite anche voi altre.»

Una dopo l’altra la sua espressione di sorpresa aumentò, ma accompagnata sempre di più da una gran curiosità.

Infine arrivò a me.

Mentre teneva le mani vicino alle tempie, sentii qualcosa: un grande calore, simile a quello che provavo io quando lanciavo le magie con il corno. Rachel aveva parlato di aiuto soprannaturale, ma qualcosa mi diceva che questa signora, questa Helen, era ciò che di più vicino a una maga potesse esistere in questo mondo. Ci scommettevo il corno … che non avevo ancora.

Quando ebbe finito anche con me ci guardò con un’espressione molto più gentile e comprensiva di quando ci aveva viste entrare. Un’espressione quasi materna.

«Non posso crederci.» disse infine.

I due gatti, che fino a quel momento erano stati tranquilli sul grembo di Fluttershy (tranne per il breve periodo in cui la pegaso si era avvicinata a Helen), si ricordarono finalmente chi era la loro padrona e andarono dall’anziana.

«Venite davvero da … un’altra dimensione …»

Daniel aveva osservato tutta la scena con una fredda espressione scettica. A quel punto però si lasciò sfuggire un sospiro.

«So che significa quel rumore, giovanotto. Ne ho sentiti tanti in vita mia.»

«Signora, con tutto il rispetto …»

«Anche questa frase l’ho sentita tante volte in vita mia. E di solito chi la dice intende l’esatto contrario, quindi evita di continuare.»

Daniel fu zittito, e il mio rispetto per l’anziana salì ancora.

«Prima di continuare vediamo se ho capito la vostra situazione. Siete creature equestri di una dimensione parallela e vi serve aiuto per ridare potere a degli artefatti in grado di sconfiggere un’entità oscura e malvagia, giusto?»

«Sì, esatto.» risposi, incredula. O Rachel le aveva raccontato tutto di noi prima di venire, in qualche modo a me sconosciuto, oppure aveva davvero dei poteri con cui era stata in grado di leggerci nella mente.

«Non ci crederei se non lo avessi visto. E di cose strane ne ho studiate e viste tante. Ma ditemi, come posso aiutarvi io?»

Fu Rachel a rispondere per noi. «Ho pensato che, vista la vostra esperienza in materia, foste in grado di dar loro un modo per riottenere la loro magia o ancora meglio ridarla agli Elementi.»

«Sì, gli Elementi dell’Armonia. Ho visto anche questo. Li avete con voi?»

Guardai le altre. Ognuna di noi aveva il proprio Elemento nella propria sacca. Potevamo fidarci, anche se tra persone amiche, a mostrarli?

Ma se Rachel, dopo tutto quello che stava facendo per noi, non era abbastanza degna di fiducia, chi altro lo sarebbe stato?

Feci un cenno alle mie amiche, e insieme tirammo fuori gli Elementi dell’Armonia.

Uno ad uno li appoggiammo su un tavolo basso di fronte ai divani. Faceva impressione vederli di quel colore grigio. Sembravano davvero fatti di pietra, come durante il combattimento contro Nightmare Moon, prima che trovassi la scintilla per riattivarli.

«Potete passarmene uno?» chiese la signora, impossibilitata ad alzarsi per via dei gatti in grembo.

Applejack prese l’iniziativa. Si alzò e le passò il suo Elemento.

L’anziana lo guardò da vicino, lo strofinò tra le mani, lo scosse.

La guardai preoccupata come se stesse maneggiando un cristallo fragilissimo.

«Sì, capisco cosa è successo. Se le cose da voi funzionano come qui, la soluzione è relativamente semplice.»

«Sì?» le chiedemmo in coro.

«Percepisco una grande energia negativa vibrare all’interno di quest’oggetto. Mai vista così tanta in così poco spazio. Non so cosa l’abbia provocata, ma credo che l’unico rimedio per far tornare a far funzionare questo oggetto sia contrapporre l’energia negativa con dell’energia positiva di simile forza.»

Ne sapevo quasi quanto prima.

«E come possiamo farlo?» chiesi, costernata.

«Di solito basta l’energia positiva contenuta in ciascuno di noi, ma temo che quella di cui disponga io non sia sufficiente. Deve essere fatto da qualcuno che sa come convogliare le proprie energie, o potrebbe ...»

Fece una pausa che non mi piacque.

«Potrebbe?» la invitai a proseguire.

Helen sospirò «Si rischia di ricevere l’energia negativa che si vuole eliminare. Con tutte le conseguenze che ciò comporta.»

Conseguenze tutto tranne che benevole, immaginavo.

«E dove si può trovare l’energia positiva necessaria per risolvere il nostro problema?»

«Per contrastare quella negativa qui contenuta? Molta più di quanta io ne abbia mai percepita. Forse solo i grandi maestri orientali possiedono l’energia e la conoscenza per un’operazione del genere.»

Se per Oriente intendeva l’altra parte di quel mondo enorme, non avevamo tempo per andare a cercarli.

«Oppure?» chiesi sempre più preoccupata.

«Bè, tutti sanno che l’energia più positiva che esista è l’amore, ma anche così bisogna saperlo convogliare nel modo giusto.»

Amore … convogliato nel modo giusto … l’amore convogliato … o diffuso!

Bingo!

«So come fare!» esclamai.

«E come?» chiese Rainbow Dash.

«Lo spiegherò a tempo debito. Ora però il problema è un altro.» fissai la signora con l’espressione più possibile gentile. «Abbiamo bisogno di un ultimo favore da lei, ma è di fondamentale importanza.»

«Sentiamo ...»

«Non ci voglio troppo sperare, ma dopo quello che le ho visto fare forse una possibilità c’è. Lei sarebbe in grado di ridarci il nostro aspetto e i nostri poteri? Solo così saremmo in grado di poter tornare da dove veniamo e risolvere il nostro problema.»

L’anziana si portò una mano al mento, mentre con l’altra accarezzò i gatti.

«Ce ne andiamo già?» domandò Rarity, costernata. «Quindi siamo venute qui per nulla?»

«Non per nulla.» dissi. «So che l’Ombra viene da qui. So che cosa le dà potere e forza, e credo che gli Elementi dell’Armonia possano sconfiggerla. E ora so come farli tornare come prima. Ma per farlo dobbiamo tornare ad Equestria.»

Sentii Daniel sospirare di nuovo, ma mi concentrai su Rachel. Sembrava sul punto di dire qualcosa, ma si trattenne.

«Forse c’è un modo.» disse infine l’anziana, raccogliendo tutta l’attenzione su di se, persino quella di Daniel.

«Ma avverto sin da subito che potrebbe non funzionare. Non ho mai provato qualcosa del genere, ne ho solo letto un’accenno. Datemi un attimo che vado a cercarlo. George! Percival! Scendete su, che la mamma deve alzarsi.»

I gatti ubbidirono, e la signora si alzò lentamente cercando di non fare sforzi, poggiando l’Elemento di Applejack sul tavolino insieme agli altri, poi andò verso una porta che conduceva verso un’altra stanza.

«Torno subito. Prendo il libro e torno.»

Aspettammo pazienti il suo ritorno scambiandoci qualche sguardo.

«Uff» esclamò Applejack «speriamo che abbia ragione. Non vedo l’ora di tornare a casa.»

«Anch’io.» si accodò Rainbow Dash. «Non sono me stessa senza le mie ali.»

«Uffa, io invece volevo vedere qualche festa di questo posto!» esclamò Pinkie.

«Lo sai che non siamo qui per piacere.» replicò Rarity.

«Sì, ma chissà che feste! Chissà come le fanno! Ci saranno i palloncini? E i cannoni da festa?»

A sentire la parola cannoni mi tornarono in mente ben altri tipi di cannoni: artiglieria, fucili, mitragliatrici, carri armati, oggetti metallici creati dalla follia umana per i motivi più assurdi.

Repressi subito il pensiero prima che potesse tornare a tormentarmi. Non sarei più riuscita a guardare dei fuochi d’artificio con gli stessi occhi. Gemetti pensando che parte della mia innocenza era andata persa nel giro di un’ora.

«Eccomi.» esclamò la signora, tornando da noi con un volume dall’aspetto molto antico.

«Vieni qui, Twilight.» mi chiese, sedendosi di nuovo sulla poltrona. «Se non sbaglio sei la testa d’uovo del gruppo.»

Rainbow Dash ed Applejack trattennero a stento una risata, mentre Pinkie Pie non ci riuscì.

Feci a ciascuna di loro la linguaccia, poi mi avvicinai.

Mentre Helen sfogliava il tomo, mi resi conto velocemente di quanto fosse antico. Doveva avere qualche secolo, malgrado fosse ben tenuto. La calligrafia colpiva l’occhio per quanto era accurata e sottile.

«Ecco qui.» disse l’anziana puntando con il dito una frase. « “… dalle grandi profondità delle dimensioni. Ogni dimensione ha sue regole proprie. Ciò che qui è possibile, in altri luoghi diventa impossibile, ed è vero anche il contrario. Per mantenere qualunque capacità ed aspetto si possedesse in partenza sono necessarie grande forza di volontà e un luogo ad alta concentrazione di energie cosmiche.”»

«Energie cosmiche?» chiesi alzando un sopracciglio.

«E’ ciò che permette a me e a qualsiasi essere umano con sufficiente sensibilità ed esercizio di utilizzare al massimo le proprie capacità latenti.»

«Allora la magia esiste?»

«In un certo senso sì. Ma ignoranza, paura e scetticismo» mise l’accento su quest’ultima parola fissando Daniel, che replicò roteando gli occhi «non hanno permesso all’umanità di sviluppare al meglio queste capacità.»

Le diedi uno sguardo pieno di comprensione: dopo ciò che avevo visto quella mattina sapevo cosa intendeva. Un po’ meno le mie amiche, che spostavano lo sguardo tra lei e me in cerca di spiegazioni. Decisi di cambiare argomento.

«Qui cosa si intende per ‘luogo ad alta concentrazione di energie cosmiche’?»

«Ci sono posti sulla Terra dove queste energie cosmiche tendono ad accumularsi, un po’ come i laghi sulla terraferma.»

«E ne conosce uno qui vicino?»

La signora mi fece un sorriso. «Siete fortunate. Siete apparse nel nostro mondo proprio in uno di essi.»

Mi tornò come un lampo alla memoria la radura, le pietre scolpite attorno ad essa … come avevo fatto a non pensarci prima? Quello era un luogo magico! O ciò che più si avvicinava ad un luogo magico. Ma ieri ero troppo scioccata dalla trasformazione in umana da rendermi conto di ciò che avevo intorno. Se davvero quel posto ci avrebbe permesso di tornare pony, saremmo tornate a casa molto presto.

E questa volta con informazioni in grado di mettere fine alla minaccia dell’Ombra.

«Invece per la ‘grande forza di volontà’? Cosa è richiesto?»

«Controllo interiore …»

Ce l’avevo.

«… forza mentale …»

Ce l’avevo.

«… equilibrio …»

Ce l’avevo.

«… e fiducia in sé stessi.»

Avevo tutto ciò che era richiesto. Più di una volta Celestia stessa mi aveva insegnato a lavorare su queste componenti per essere in grado di lanciare gli incantesimi più difficili. Non dovevo far altro che farmi tornare in mente quelle lezioni ed era fatta.

Un gioco da puledre.

Ma lo stesso non potevo dire delle mie amiche. Non ero certa che ne fossero in grado.

Male che fosse andata le avrei riportate con me ad Equestria nella loro forma umana. Forse sarebbero tornate pony automaticamente una volta tornate, come era successo venendo qui grazie all’errore di Luna. Se non fosse successo, avrei trovato un modo per farle tornare tali usando la magia di Equestria, con cui ero molto più a mio agio. Ora che ci pensavo c’era un incantesimo o due che poteva funzionare.

Scattai verso il tavolo e presi gli Elementi.

«E’ fatta allora. Dobbiamo andare lì.» dissi, passando gli altri elementi alle mie amiche.

«Spero che possiate tornare sane e salve.» disse l’anziana richiudendo il tomo con espressione grama. «Mi spiace solo di non potervi essere più d’aiuto.»

«Al contrario!» le dissi entusiasta «Quando siamo venute qui non avevo alcuna idea di come sconfiggere l’Ombra! Adesso invece ho un piano!»

Ero felice della prospettiva di tornare a casa, ma ciò che non volevo dire di fronte ai presenti è che lo ero ancora di più di andarmene da questa dimensione. Per quanto fosse invitante da studiare il livello tecnologico raggiunto dagli umani, il livello che avevano raggiunto nell’ammazzarsi l’un l’altro e nell’odiarsi non lo era altrettanto.

Sentii Rachel sospirare. «Quindi andrete già via.» disse.

«Sì.» dissi, notando una vena malinconica nella sua voce. «Prima andiamo, meglio è.»

«Partite domattina.» propose, con un vago tono di supplica. Non era felice come me della nostra partenza «Vi ospitiamo ancora questa notte e ci daremo l’addio lì.»

Addio … ci conoscevamo da due giorni, non vedevo l’ora di tornare a casa, eppure quella parola la sentivo amara in bocca.

«Va bene. Preferirei partire prima, ma è meglio essere ben riposati per fare questa cosa.»

Dopo aver rimesso nella sacca il mio Elemento tornai dall’anziana e le strinsi la mano.

«La ringrazio per l’aiuto fondamentale che ci ha dato. Faremo in modo che non vada sprecato.»

Il suo volto rugoso si aprì in un dolce sorriso. Poi sembrò colpirla una rivelazione.

«Mi è venuta in mente una cosa … Prima di andare permettimi di darti un ultimo regalo.»

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Ritorno a casa ***


Capitolo VI

Ritorno a casa


L'esperienza è il nome che diamo ai nostri errori.

(Oscar Wilde)



 

Osservai silenziosa il cristallo posato sul tavolo. Era un quarzo rosa, grande più o meno quanto uno zoccolo, intagliato e levigato in una forma a cuore, molto bello a vedersi. La poca luce del sole che stava calando rifletteva sulla sua superficie e nelle venature, dando l’impressione che fosse quella pietra ad emanarla. Solo a guardarla mi dava una strana sensazione di sicurezza.

«No, non di nuovo.» si lamentò Rarity dal soggiorno «Ho ancora gli incubi a causa dello spavento.» Sentii il suo urlo provenire dalla registrazione della “puntata” in cui lei perdeva le ali subito dopo essersi avvicinata troppo al sole durante la competizione contro Rainbow Dash a Cloudsdale.

Era strano sentire e vedere le nostre avventure fedelmente riprodotte su quell’aggeggio, ma mi faceva venire una tremenda nostalgia di casa. Cosa strana, visto che eravamo via da neanche due giorni.

Dopo aver visto la mia prima volta al Winter Wrap Up di Ponyville mi ero spostata nella sala pranzo, a riflettere.

Non vedevo l’ora che fosse già domani.

Una parte di me invece temeva ciò che avremmo dovuto affrontare. Questi due giorni, malgrado fossero stati intensi e sconvolgenti in quanto a nuove scoperte, erano una scampagnata in confronto a quello che ci attendeva, se avevo intuito bene di cosa era capace il nostro nemico.

Sentii rumore di passi che si avvicinavano nel momento in cui, dal soggiorno, avvenne il Sonic Rainboom di Rainbow Dash.

«Forte!» esclamò la vera Rainbow Dash. «Anche se il Sonic Rainboom è più bello farlo che vederlo.»

Sentii un brontolio familiare.

Daniel si andò a sedere a un paio di sedie di distanza da me al tavolo della sala da pranzo.

Ci scambiammo un’occhiata rapida, poi tornai a guardare il quarzo regalatomi da Helen.

«Mi fu regalato molti, molti anni fa ….» mi aveva detto «...da una persona molto speciale. “Più che un regalo” mi disse “e’ un prestito”. Avrei dovuto tenerlo fino a quando non avrei sentito il bisogno di donarlo a qualcun’altro. Quando le cose ti vanno male e non trovi più la forza o la volontà di continuare, quando sentimenti oscuri sembrano prendere il sopravvento, portalo al cuore, concentrati su di esso, e ritroverai serenità e pace. E’ un dono prezioso, di cui non devi abusare, mi raccomando ...»

A guardarlo sembrava solo un bel cristallo … eppure ...

«Allora domani dove andate?» mi chiese Daniel, con tono terribilmente serio.

Alzai la testa, ritornando rapidamente alla realtà.

«Lo sai già … a casa.» risposi sbrigativa.

«A casa dove? Ad ‘Equestria’ o in un manicomio?»

«Non siamo pazze.» dissi stizzita. «Non credi ancora a nulla di ciò che ti abbiamo detto?»

«No. Per niente.»

Gli sorrisi malgrado tutto.

«Anche a me capitò di essere scettica di fronte a degli eventi impossibili. Ma quando si hanno di fronte agli occhi delle prove non si può far finta che non esistano.»

«Io non ho ancora visto queste prove, a parte la vostra stravaganza. La somiglianza a delle protagoniste di un cartone non è certo una prova, come non lo sono quei simil-gioielli che vi portate dietro.»

Non aveva tutti i torti.

«Nemmeno le parole e le capacità dell’anziana Helen ti hanno convinto?»

«Questo mondo è pieno di ciarlatani che per un po’ di fama e denaro ti convincono di parlare con i morti o di comunicare con la natura.»

A sentirlo parlare per lui la magia era al pari dell’illusionismo. Nulla di ciò che gli avessi detto lo avrebbe convinto del contrario.

A meno che …

«Ci accompagni insieme a Rachel per gli addii?»

«Neanche per sogno …» esclamò d’istinto, poi corresse il tiro. «Ho del lavoro da sbrigare.»

Feci un sorrisetto sardonico «Riguarda il libro-che-non-riesci-a-scrivere-perché-non-trovi-un-buon-protagonista?»

Daniel arrossì. «Ehm ... sì … ma credo di avere qualche idea …»

«Dopo il bel tempo che abbiamo passato insieme non vuoi neanche dirci ciao per l’ultima volta?»

«Io …»

«Sono sicura che non te ne pentirai! In fondo è l’ultima cosa che ti chiedo. Poi sarai libero di tornare a scrivere. Chissà, magari ti viene pure l’ispirazione.»

«E va bene, verrò!» scattò lui, alzandosi in piedi. Uscì dalla sala, dirigendosi verso il corridoio, dicendo a bassa voce «Magari una passeggiata nel bosco è ciò che mi ci vuole.»

Sorrisi provando ad immaginare che faccia avrebbe fatto se la “magia” scoperta dall’anziana avesse funzionato.

 

La giornata fatidica si presentò nuvolosa. Già dalla sera precedente avevo notato alcune nuvole offuscare le stelle (che rispetto alle stelle di Equestria erano meno luminose anche a causa dell’inquinamento luminoso). Oggi invece il cielo era chiazzato dalle nuvole erratiche di questo mondo, e malgrado Rachel e Daniel ci rassicurassero che non erano nuvole di pioggia rimasi comunque con un occhio al cielo per tutto il tragitto.

«Sei sicura che non ti dobbiamo niente per i vestiti?» aveva chiesto Rarity.

«Sì, Rarity.» rispose gentilmente per l’ennesima volta Rachel «Se ne avremo bisogno ne compreremo di nuovi.»

«Sei proprio gentile, zuccherino.» disse Applejack dandole un buffetto sul braccio. «Al contrario di qualcuno di mia conoscenza.» aggiunse con acidità.

«Non fosse per me non sareste neanche entrate in casa …» mormorò stizzito Daniel.

Ci fu un minuto circa di silenzio, durante il quale notai un passerotto atterrare sulla spalla di Fluttershy, la quale si mise ad accarezzarlo e a sussurargli qualcosa.

«Applejack! Pinkie Pie!» urlò Rainbow Dash all’improvviso, spaventando più Fluttershy che l’uccellino. «Perché non facciamo a gara a chi arriva prima?»

«Buona idea! Ci sarà da divertirsi!» rispose Pinkie, iniziando a fare stretching.

«D’accordo!» rispose Applejack in atteggiamento di sfida.

«Ferme!» esclamò Rarity «Che pensate di -»

«Al mio tre … uno … due … e tre.»

Nel giro di pochi istanti le vedemmo sparire tra gli alberi davanti.

«- fare?»

«Non ti preoccupare Rarity.» la rassicurò Rachel «Lasciale divertire …»

«Ah, certo …» sbottò Rarity «lasciamole divertire! Dimostriamo alla nostra nuova amica quanto gradiamo la sua generosità insudiciando e riempendo di sudore i vestiti che ci ha appena regalato!»

Rachel si mise a ridere.

Io invece non potevo fare a meno di pensare a ciò che mi aspettava. Prima la “magia-rituale” che mi avrebbe fatto tornare normale, poi l’incantesimo che ci avrebbe riportato ad Equestria, poi il semplice piano che ci avrebbe permesso di riattivare (anzi, di purificare) gli Elementi dell’Armonia e infine il loro utilizzo contro  il nostro nemico. Era un piano sin troppo incerto ora che ci pensavo. Troppe cose potevano andare storte.

Purtroppo non avevo altre idee, e la soluzione proposta dalla signora Helen mi sembrava sensata. Avremmo potuto restare di più e viaggiare in questo mondo alla ricerca di altre risposte, ma nel frattempo cosa sarebbe successo ad Equestria? Per quel che ne sapevo, per ogni giorno che passavamo in questa dimensione ad Equestria poteva trascorrere un anno. Visto cosa era già successo prima che partissimo non potevamo rischiare di perdere un’ora di più.

 

Arrivammo alla radura mentre Rainbow Dash ed Applejack si stavano sfidando a chi riusciva a salire più in alto sugli alberi. Pinkie Pie le incitava entrambe.

«Vai Dashie! Vai Applejack! Attenta a quel ramo! No, no, prendi quella sporgenza! Ahi, quello era un ramo secco!»

«Peggio delle bambine.» commentò Daniel.

Rarity annuì gravemente. «Non mi sarei mai aspettata di dirlo, ma per una volta sono d’accordo con te.»

«Forza ragazze!» urlai. «E’ ora di tornare a casa.»

«Finalmente!» esclamò Pinkie Pie, terminando di colpo l’incitazione.

«Ma ieri non volevi restare a tutti i costi?» chiese Daniel con sarcasmo.

«Pinkie Pie è così …» commentò Rarity. «Non la si può mai prendere troppo sul serio.»

Mi diressi al centro della radura, tornando a riflettere sulle parole dell’anziana mentre le mie amiche si avvicinavano.

Forza mentale … controllo interiore … equilibrio … fiducia in sé stessi.

«Cosa dobbiamo fare?» chiese Rarity.

«Una cosa molto difficile. Per te che te ne intendi di magia potrebbe essere più semplice, ma per voi altre ci potrebbero essere problemi.»

«Dobbiamo proprio farlo?» chiese Fluttershy.

«Forse no. Lasciate provare a me. Se vedo che è più semplice del previsto potete provare a farlo anche voi. Altrimenti, con un po’ di fortuna, quando lancerò l’incantesimo per riportarci a casa tornerete automaticamente normali.»

Appoggiai le sacche con le mie cose sull’erba e mi sedetti.

«Ora ho bisogno della massima concentrazione, quindi per favore non disturbatemi.»

Le mie amiche, ubbidienti, si allontanarono in silenzio.

Con un sospiro chiusi gli occhi, mi concentrai sul mio respiro, e lasciai andare la memoria ai ricordi di cui avevo bisogno.

 

Gli anni passati a Canterlot: momenti indimenticabili che mi facevano venire le farfalle allo stomaco solo a ripensarci. Celestia in persona che mi insegnava la storia, la geografia, la matematica, l’arte, le varie scienze, l’astronomia e, la mia preferita, la magia.  

Si potevano contare sulle zampe di un pony coloro che avevano avuto un simile onore. Mi sarei dovuta immaginare fin da subito, in quel fatidico giorno in cui apparve anche il mio cutie mark, che non era un onore privo di difficoltà e rischi.

«Qual’è la prima cosa che un’unicorno deve sviluppare per saper lanciare magie?» mi aveva chiesto Celestia una volta che sbagliai il mio primo incantesimo di secondo livello.

«Concentrazione?» le risposi io.

«Non solo. Ci vuole forza, ma non il tipo di forza che ti permette di alzare pesi con gli zoccoli o di volare più veloci di un fulmine. Parlo della forza di volontà, della forza della tua mente.»

Forza mentale, aveva detto Helen. Una forza che si può sviluppare solo con le esperienze della vita, il giusto atteggiamento e molta applicazione. Una forza che può risiedere sia nel pony più muscoloso sia in quello più mingherlino. Una forza che ti permette di non arrenderti alle sfide che incontri durante la vita. Una forza che ti aiuta a ottenere sicurezza in ogni cosa che fai.

«Come si fa?» mi ero sfogata in un’altra occasione, quando avevo provato per l’ennesima volta a creare un cerchio di fuoco. O non veniva fuori niente, oppure andava a fuoco mezza stanza. Per fortuna la Principessa aveva sempre pronto il suo incantesimo di pioggia per le emergenze come quella.

«Le magie di fuoco sono pericolose da gestire, Twilight.» mi aveva detto. «Le fiamme vanno sapute controllare perchè non si spengano o, al contrario, non divampino. Perchè siano controllabili, la tua mente deve essere controllabile. E se la tua mente è pervasa da sentimenti di rabbia o sconforto non ci riuscirai mai. Controlla le tue emozioni, e controllerai il fuoco.»

Controllo interiore, aveva detto Helen. In più di un’occasione, anche quando andai ad abitare a Ponyville, mi ero resa conto di quanto questo fosse importante. Quante volte avevo perso le staffe per delle stupidaggini o per delle paure sciocche? Lasciarsi trasportare dalle emozioni, dalle paure, dalla rabbia, può farti sembrare più viva, più forte, ma porta inevitabilmente a sbagliare tutto ciò che si fa. Un chiaro esempio lo avevo avuto anche ieri guardando ciò che avevano fatto gli esseri umani in secoli di guerre e conflitti trascinati dagli istinti e dai sentimenti più bassi. Il controllo interiore, il controllo delle emozioni, ti permette di pensare a mente lucida a ciò che stai facendo, e con una mente lucida e i giusti obiettivi si possono fare grandi cose.

«Questo è semplicemente stupido!» avevo commentato la prima volta che vidi rappresentata la storia delle Tre Tribù e della Notte del Riscaldamento dei Cuori.

«Perchè?» mi aveva chiesto una Celestia stupita dalla mia reazione, seduta accanto a me, al capo delle guardie di Canterlot e al sindaco di Manehattan in un posto in galleria dedicato solo a noi. «Non ti è piaciuto lo spettacolo? Non è come te l’avevo raccontato?»

«No … pensavo solo che i pony di allora erano davvero stupidi … perchè non si sono messi subito d’accordo? Potevano vivere benissimo insieme fin dall’inizio.»

«Non essere così severa.» mi aveva rimproverato Celestia, con un tono da richiamo che usava pochissime volte e che mi faceva capire subito di aver esagerato «Però in parte hai ragione: i pony di allora conoscevano ben poche cose del mondo che li circondava. L’ignoranza e le divisioni stavano per condannarli. Ma quando hanno scoperto l’importanza di conoscersi e di conoscere hanno trovato un enorme tesoro: l’armonia. Con essa hanno ottenuto l’equilibrio nei loro cuori, dando loro la possibilità di unirsi e di creare Equestria, diffondendo l’equilibrio appena ottenuto nel mondo che li circondava.»

Equilibrio, aveva detto Helen. La capacità di tenere i capisaldi dell’armonia sempre nel cuore e di applicarli nella vita di tutti i giorni. Sembrava semplice, sembrava quasi banale per un pony moderno, eppure non passava giorno che non mi capitasse di vedere qualche evento, di provare qualche esperienza che metteva a dura prova queste convinzioni.

Non si trattava di una religione come era stata intesa dagli umani, con dogmi imposti dall’alto, guerre sante e odio travestito da amore. Si trattava di una filosofia di vita, un percorso che ciascuno seguiva a modo suo, portando con sè quelle colonne che permettevano una vita degna di essere vissuta.

Generosità … Onestà … Risata … Gentilezza … Lealtà … Amicizia.

Grazie alle mie amiche stavo trovando, giorno dopo giorno, l’equilibrio. Più che a Celestia, dovevo quella lezione a Rarity, Applejack, Pinkie Pie, Fluttershy e Rainbow Dash.

A Canterlot ero solo una studentessa poco più che puledra con mille patemi d’animo e incertezze, troppo immersa negli studi per rendersene conto. A Ponyville stavo imparando a superare questi problemi, errore dopo errore, trovando grande gioia nell’aiutare il prossimo, nell’essere corretta, leale e cordiale, nel mantenermi ottimista in ogni situazione.

Era grazie alle mie amiche se potevo dire, oggi, di essere sicura delle mie capacità.

Fiducia in sè stessi, aveva detto Helen. La fiducia che ti porta a dire “Ce la posso fare!” malgrado tutto. La fiducia che ti porta a essere te stessa sempre, comunque e dovunque sei.

Anche in dimensioni diverse con corpi diversi.

Sì, perchè non sono un’umana che assomiglia a un cartone animato.

Sono nata ad Equestria, sono allieva della Principessa Celestia, bibliotecaria di Ponyville, detentrice dell’Elemento della Magia.

Sono Twilight Sparkle. E sono un unicorno!

 

Sentii esclamazioni di sorpresa attorno a me, unite a un formicolio e a una sensazione di sentirmi “liquida”.

Nel giro di pochi secondi capii di essere tornata la Twilight Sparkle di sempre, ancora prima di aprire gli occhi e rivedere i cari zoccoli e l’ancor più caro corno. I vestiti che avevo indosso erano sparsi a terra.

Ero tornata me! La vera me!

Le mie amiche erano in parte sorprese e in parte eccitate dal funzionamento della magia-rituale.

Rachel e Daniel invece (soprattutto Daniel) erano solo sorpresi, anzi sgomenti come se avessero visto materializzarsi un drago.

Daniel in particolare aveva la mascella a terra e continuava a sfregarsi gli occhi.

Mi venne in mente un’idea guardandolo reagire così. Decisi di controllare se la mia magia da unicorno funzionava davvero, divertendomi un po’ allo stesso tempo.

Il corno mi si illuminò e dopo qualche istante mi teletrasportai di fronte a Rachel e Daniel. Fecero qualche passo indietro dallo spavento.

«Allora …» dissi con un ghigno divertito sulla faccia. «Ancora non credi nella magia?»

Lo vidi stropicciarsi per l’ennesima volta gli occhi, darsi un pizzicotto e poi uno schiaffo, ma ancora non sembrava credere alla mia presenza.

Rachel invece stava addirittura piangendo dall’emozione.

«Avevo ragione.» disse, inchinandosi alla mia altezza (solo ora mi resi pienamente conto di quanto fossimo bassi noi pony rispetto agli umani).

«Fa davvero uno strano effetto vederti dal vivo, Twilight Sparkle.» mi disse con occhi lucidi.

Arrossii. «Sono la stessa di poco fa.» dissi senza falsa modestia.

«Sei molto più bella così però.»

Le guance avvamparono come fiamme. Eppure iniziai a sentire uno strano freddo. Scossi la testa.

«Non possiamo perdere altro tempo.» dissi voltandomi verso le mie amiche. Ora più che prima, con gli occhi da pony, mi sembravano delle estranee. Ma avevo imparato da Zecora a non fidarmi mai delle apparenze.

Come mai sentivo questo strano freddo?

Alzai rapidamente lo sguardo al cielo, ma non sembrava esserci indizio di pioggia imminente.

«Preparatevi.» dissi «Il tempo di salutare Rachel e Daniel e andiamo. Userò direttamente l’incantesimo per riportarci a casa, e Celestia volendo tornerete tutte normali.»

Esultarono tutte. Persino Fluttershy osò un «Yay».

Questa volta non avevo bisogno della pergamena per lanciare l’incantesimo. Me lo ricordavo.

Stavo per avvicinarmi alle mie amiche per andare a prendere la mia sacca, quando il freddo che avevo sentito fino a quel momento si intensificò.

Subito dopo un forte vento irruppe nella radura, seguito da un oscuramento della luce.

Quando alzai lo sguardo spalancai la bocca.

Rachel ci aveva detto che il tempo atmosferico in questo mondo era erratico ma aveva una certa logica. Allora come spiegare la grande nube, nera come una notte senza luna, che si avvicinava a noi?

Una nube nera … mi venne un colpo.

No!

«Svelte!» urlai alle mie amiche usando la telecinesi per prendere la mia sacca. «Vicine a me!»

Ma non reagirono abbastanza in fretta. La nube entrò nella radura, sbarrando la strada tra me e loro.

Mi ritrovai a fissare, mio malgrado, quell’ammasso gassoso scuro e impenetrabile, che si espandeva a poco a poco come nebbia.

Subito dopo, come nell’incubo, iniziai a sentire migliaia di voci dissonanti, urla, esplosioni, risate malvagie, pianti …

Le zampe avrebbero voluto indietreggiare, ma qualcosa mi fermò. Tra tutte quelle voci riuscii a percepirne una in modo molto più chiaro. Una voce roca e sensuale al tempo stesso, che echeggiava nella mia testa.

Twilight Sparkle.” sibilò la voce facendomi drizzare tutti i peli dalla criniera alla coda.

Vedo che sei riuscita a tornare lo splendido e puro unicorno di sempre … bene.

«Come … fai a conoscermi?» chiesi balbettando con voce tremante. L’assalto di voci nella testa non aiutava a concentrarsi.

Andiamo … non fare domande sciocche! Io conosco ogni singolo essere vivente che abita in questo mondo. E seppure la vostra visita sia stata breve, ora conosco anche voi. Ammetto di non avervi riconosciuto subito come pony, mascherate da umane, ma ora hai avuto la magnifica idea di metterti in bella mostra qui, nel mio dominio.

«Questo non è il tuo dominio!» osai dirgli.

Pessima idea. L’assalto di voci e rumori divenne ancora più insistente e profondo, facendomi arrivare al limite del pianto. Riuscivo a malapena a sentire i miei pensieri.

Che ingenua! Questo è il mio dominio! Qui sono nato e cresciuto insieme all’umanità. Da loro traggo potere, e loro traggono potere da me. Io sono l’umanità, e l’umanità è me. Loro dominano la terra, il mare e i cieli, io domino la terra, il mare e i cieli. Loro dominano questo mondo, io domino questo mondo!

Tremavo tra il freddo e l’assalto mentale. Stavo sui miei zoccoli a malapena.

Ora però è arrivato il tempo di tornare ad Equestria per espandere anche lì il mio dominio una volta per tutte. Ho grandi piani per voi e il vostro mondo, e ora ho il potere necessario per metterli in atto. Equestria è lussureggiante e colma di risorse. Sarà un piacere sfruttarla e diventarne il padrone.”

Mi entrarono in testa immagini della Everfree Forest disboscata per far spazio a una Ponyville diventata una grande città piena di fumo, tecnologicamente avanzata ma ricolma di pony diffidenti l’uno con l’altro, grigi, senza speranze se non quella di sopravvivere un giorno di più. Sullo sfondo c’era Canterlot in rovina, ricolma di cadaveri, sotto un cielo inquinato. Tra le macerie del castello vidi Celestia e Luna, morenti in una pozza di sangue

Lacrime calde mi attraversarono il viso … poi qualcosa scattò in me.

«No!»

Attorno al mio corno si crearono diversi strati di luminosità.

Per un istante le voci si interruppero, e provai la strana sensazione che il mondo intorno a me fosse più … nitido. La mente, ora libera, desiderava fare soltanto una cosa.

«Non rovinerai più nulla!»

Dal corno partì un raggio di luce solare che perforò la nube, così forte da dividerla in due parti.

Era la prima volta che replicavo una delle magie più potenti di Celestia … e non sapevo come avevo fatto.

«Presto!» urlai alle mie amiche senza perderci altro tempo. Come me fino a quel momento erano rimaste impietrite dalla paura.

Persi istanti preziosi nel notare che non riuscivano a muoversi per lo shock, quindi mi teletrasportai in mezzo a loro.

In quel momento la nube si ricompose e si avventò contro di noi.

Non c’era tempo di lanciare l’incantesimo di Luna. Dovevo improvvisare per salvare me e le mie amiche.

Mi morsi un labbro per concentrarmi al massimo, percepii di nuovo quella strana sensazione e il corno mi si illuminò di nuovo … ma non feci in tempo. L’Ombra ci investì prima che potessi attivare lo scudo. Un freddo glaciale mi pervase tutto il corpo, e per svariati secondi non vidi nulla.

Poi aprii gli occhi … e le mie amiche erano sparite nel nulla.

Mi guardai attorno disperata, ma nella radura c’erano solo Rachel e Daniel, più terrorizzati di me, mentre delle mie amiche erano rimaste solo le sacche.

«Rainbow! Pinkie! Rarity! Applejack! Fluttershy! Dove siete?»

Nessuna risposta …

Provai a chiamarle ancora e ancora, ma la mia voce faceva eco tra gli alberi senza risultati.

Le aveva uccise? Le aveva portate da un’altra parte in quel mondo?

O forse …?

“Ho grandi piani per voi e il vostro mondo”.

No! No! No!

Galoppai d’istinto verso Rachel e Daniel, iniziando a piangere.

«Dovete aiutarmi! Le ha prese!»

Daniel era in stato catatonico, appena cosciente di essere lì. Rachel non era da meno, ma riuscì a fissarmi e a comprendere in parte ciò che era successo.

«Chi le ha prese?» domandò intontita.

«L’Ombra! Le ha portate ad Equestria!»

«Ehi!» scattò Daniel, tornato di colpo in sé. «Calma! Cerchiamo di ragionare.»

«Ragionare?» sbottò Rachel. «Che cavolo Daniel! Hai visto cosa diavolo è apparso un minuto fa in questa radura?»

«Certo che l’ho visto! E’ assurdo, impossibile, irrazionale ma non posso più negare che avevate ragione. O sono diventato pazzo, o avete ragione. Che altra spiegazione posso dare di fronte a un unicorno parlante delle dimensioni di un pony e … a quella cosa che sembrava uscita da uno dei tuoi libri?»

Rachel scosse la testa, poi mi guardò, con espressione sconcertata.

«Era davvero l’Ombra di cui mi parlavi?»

Mi pulii le lacrime con uno zoccolo e annuii.

«Vedo che non ha preso le sacche. Quindi non ha preso gli Elementi.»

Non ci avevo pensato. Andai verso le sacche abbandonate a terra e controllai al loro interno.

Con orrore mi accorsi che mancavano proprio gli Elementi, tranne il mio.

«Non ci sono!» esclamai, mentre i due umani si erano avvicinati.

Daniel si massaggiò le tempie.

«Non ho la più pallida idea di cosa stia capitando, tanto meno di cosa fare adesso. Sono davvero diventato pazzo?»

«Se è così siamo in due.» disse Rachel, controllando a sua volta le sacche per vedere se riusciva a trovare gli Elementi.

«Mettiamo che non sia impazzito e che tutto ciò sia vero … Rachel, tu che per vivere scrivi questo genere di avventure con creature fantastiche e avversari cattivissimi … di solito cosa succede in questi frangenti?»

Portai lo sguardo a Rachel, la quale aveva un’espressione serissima e determinata.

«Qualcosa di molto grave.» disse in tono grave. «Qualcosa di cui mi sento estremamente responsabile.»

«Per carità divina!» protestò Daniel, gesticolando sempre più disordinatamente. «E in cosa ti sentiresti responsabile?»

«Te l’ho spiegato ieri sera prima di andare a dormire.» rispose lei, sempre più seria. «Quella cosa l’abbiamo creata noi.»

«Un entità creata dall’odio dell’uomo … assai banale come antagonista ...»

«Banale ma reale. E ho appena visto quella cosa portarsi via cinque ragazze nostre amiche!»

«Tue amiche, semmai.»

Rachel si alzò, guardandolo fisso negli occhi.

«Non mentire a te stesso. Ti ci eri affezionato»

«Come ci si può affezionare a un rubinetto che perde.»

«Un rubinetto che perde in certi momenti della vita può farti una gran compagnia ...»

Ci fu un breve silenzio, nel quale si affrontarono con gli sguardi.

E fu Daniel a perdere.

«Quindi cosa vuoi fare?» chiese l’umano.

«Parlando sempre in termini di trama fantasy, i co-protagonisti appena conosciuti dall’eroina seguono quest’ultima, aiutandola nella sua missione.» scandì con tono solenne, come se stesse leggendo la frase di un libro.

«Io non ...» provai a dire, ma venni interrotta dalla risata nervosa di Daniel, che scosse la testa e fece qualche passo indietro. «Certo, certo … perché noi disponiamo di spade affilate e di grandi incantesimi.»

«Non mi importa se saremo utili o meno.» rispose Rachel stizzita. «Io vado con lei. Tu resta pure qui se vuoi.»

Alzai uno zoccolo «Io ...»

«Ma non scherzare nemmeno! Tu non vai da nessuna parte! Passi l’ospitare per qualche giorno delle scalmanate provenienti da un’altra dimensione, ma adesso vorresti catapultarti proprio in quella dimensione? Senza che tu la conosca?»

«In realtà la conosco. Non quanto Twilight, ma abbastanza da ambientarmi in fretta.»

«Sì, perché due umani si ambienteranno in fretta in mezzo a pony colorati.»

«Io» esclamai a voce alta, per avere la loro attenzione. «non vi voglio costringere.»

Ma mentre lo dicevo mi accorsi che il mio piano era a rischio. Potevo rimettere in sesto il mio Elemento, l’unico rimasto, potevo anche mettermi alla ricerca degli altri e fare lo stesso, ma non da sola. Soprattutto ora che ad Equestria c’era l’Ombra ben conscia del nostro tentativo di sconfiggerlo.

Mi accorsi della necessità impellente di avere più alleati possibili.

Anche tra i meno probabili.

Anche tra gli umani, i “creatori” del nostro nemico.

«No, insisto Twilight» disse Rachel, poi si rivolse a Daniel. «Non puoi impedirmi di andare con lei.»

«Ti ricordo che abbiamo una vita qui, una casa, degli amici, una famiglia, un lavoro, degli editori che ci soffiano sul collo! Non puoi partire così!»

«Se non lo avessi notato si tratta di un’emergenza! Sono una scrittrice, inventerò una buona scusa per la mia assenza … o se preferisci trovala tu mentre sono via.»

Daniel sbuffò, scuotendo la testa.

«Sei pazza!»

Rachel fece un sorrisetto sprezzante «La pazza di cui ti sei innamorata!»

Quella frecciata andò a segno in profondità.

Daniel sembrò calmarsi e divenne più riflessivo.

«Come ho detto prima, che aiuto potremmo darle? Soffiare via quella nube? Prenderla a libri in faccia (se troviamo la sua faccia)? Non siamo mica soldati!»

Battei lo zoccolo sul mento, riflettendo.

«Perchè parli al plurale adesso?» lo rimbeccò Rachel con il sorrisetto sprezzante di prima.

«Plurale condizionale.» precisò lui.

«Sì» esclamai, battendo gli zoccoli l’uno contro l’altro «Sì, credo che funzionerà anche così!»

«Che cosa?» mi chiesero i due umani in coro.

«Quando ho usato l’incantesimo della pergamena di Luna siamo state trasformate in umane, perché erano contenute delle rune di trasformazione collegate alla runa della dimensione di arrivo. Luna credeva erroneamente che ci avrebbero protette dall’Ombra. Se la mia deduzione è corretta, è probabile che ci abbia trasformato nella specie dominante di questa dimensione, gli umani. Tornando ad Equestria sarebbe dovuto capitare il contrario, riportando le mie amiche alla loro forma pony. Di conseguenza, quindi, se lo lancio su di voi dovreste essere trasportati con me ad Equestria e trasformati in pony. In questo modo potreste essere più utili ad aiutarmi e al contempo non dareste troppo nell’occhio.»

La faccia di Rachel si aprì in un sorriso, mentre Daniel aggrottò le sopracciglia.

«Diventare come … te?» chiese scettico. «Un pony colorato con un corno sulla fronte?»

«Credo di sì.» dissi. «Non sono certa della specie di pony che potreste diventare. Non sono nemmeno certa che lo diventerete.»

Daniel sbuffò di nuovo. Molta della sua dignità stava andando infranta di fronte a quella notizia, glielo leggevo in faccia.

«D’accordo. Verrò anche io. Ormai sono entrato nella tana del Bianconiglio … tanto vale andare sino alla fine.»

«Tana di un coniglio bianco?» chiesi alzando un sopracciglio.

«Te lo spiego poi.» disse Rachel.

«Sì, dobbiamo sbrigarci.» dissi, realizzando solo ora il tempo perso in quella discussione. «Prendete le loro sacche e tenetele ben strette a voi. Non voglio dimenticare nulla qui.»

Gli umani annuirono e presero tutto ciò che era rimasto a terra, mentre iniziavo a concentrarmi sull’incantesimo. Mi ricordai dell’accorgimento che Celestia mi aveva dato per quanto riguardava il ritorno a casa. Cambiai mentalmente la runa della destinazione in modo che ci avrebbe riportato a Canterlot.

Da lì avrei avuto più facilità a rintracciare le mie amiche prima che potesse capitare loro qualcosa di brutto.

«Ditemi quando siete pronti.» dissi chiudendo gli occhi.

«Ormai è tardi per tornare indietro, vero?»

«Sì, Daniel.» rispose seccata Rachel.

L’umano fece un profondo respiro.

«D’accordo. Quando vuoi.»

«Quando vuoi.» fece eco Rachel.

Inspirai a fondo per l’ultima volta l’aria di quel mondo e iniziai a lanciare l’incantesimo.

Come l’altra volta sentii il formicolio e quella spinta. Sapendo cosa mi aspettava, completai l’incantesimo senza distrarmi, e subito dopo venni strattonata via, in un rapido viaggio verso casa.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - Una nuova, terribile Equestria ***


Capitolo VII

Una nuova, terribile Equestria


Nulla è più triste che il trovarsi in una casa dove le persone e le cose che dovrebbero essere le più intime ci sono quasi sconosciute.

(Carlo Maria Franzero)



 

Di nuovo quella sensazione… esserci ma senza possibilità di agire o reagire, in balia di una corrente misteriosa, invisibile e impalpabile. A differenza dell’altra volta adesso conoscevo la destinazione, quindi avevo meno paura e in un certo senso mi stavo “godendo” la strana esperienza.

Accadde però un imprevisto. Non so quando, se subito o dopo qualche tempo che venivo trascinata verso Equestria. Sentii soltanto qualcosa di simile a un forte vento passarmi accanto, dandomi la sensazione di essere sbalzata come una foglia di fronte a un tornado. Poi tutto passò e tornai a percepire la corrente, come se nulla fosse accaduto.

Un presentimento mi disse che qualcosa era andato storto.

 

Mi sentii tornare me stessa, stavolta perfettamente sveglia e cosciente. Ero stesa a terra, con gli occhi chiusi, avevo un po’ di nausea e stanchezza, ma almeno non ero svenuta come la prima volta.

La prima cosa che sentii fu il rumore di qualcosa di metallico che mi si avvicinava.

Aprii gli occhi giusto in tempo per vedere una dozzina di lance puntate addosso.

Strane lance per la verità, visto che avevano un buco poco sotto la lama.

Mi ricordavano qualcosa, ma al momento ero troppo stordita e scioccata per capire cosa.

Le guardie pony (grazie a Celestia ero tra pony!) indossavano delle armature simili a quelle di Canterlot, ma non le stesse.

Non ero a Canterlot? E perché mi puntavano le armi contro?

«Chi sei?» mi intimò un unicorno arancione, spingendo telecineticamente l’arma sul mio manto, pizzicandomi dolorosamente.

«Ahia!» mi lamentai, ma senza muovermi.

«Ti conviene parlare, spia.» sentenziò l’unicorno di prima. «Che ci fate qui, tu e i tuoi amici?»

«Amici?». Intendeva Rachel e Daniel? Da quel punto, senza la possibilità di alzarmi circondata com’ero da guardie non riuscivo a vedere dov’erano. Potevo solo guardare in alto e in basso. Il pavimento e il soffitto avevano l’aspetto di quelli di Canterlot. Ma allora perché si comportavano così le guardie? Non mi avevano riconosciuta?

«Dura di comprendonio, eh? Forse è il caso di portarti nelle prigioni. Che ne dite, ragazzi?»

Delle risate poco incoraggianti mi circondarono.

No, in prigione non volevo proprio andarci.

Inspirai. Il corno si illuminò brevemente.

«Attenti! Sta…»

Fui troppo veloce perché potessero reagire. Il pavimento sotto di loro si riempì d’olio, sapone e cera …

Non feci in tempo a contare fino a tre che tutte le guardie scivolarono a terra rumorosamente.

Usai la levitazione su me stessa per evitare di fare la loro stessa fine, e approfittai dei secondi preziosi che stavo guadagnando per darmi un’occhiata in giro.

Sì, riconoscevo questo posto! E maledissi la mia sfortuna! Avrei dovuto essere un pò più precisa nell’impostazione della destinazione. Ero apparsa proprio nella caserma principale di Canterlot, nella sala d’addestramento per essere precisi! Me la ricordavo bene perché ci andavo spesso a guardare Shining Armor allenarsi.

A dire la verità erano cambiate molte cose: a colpirmi più di tutto erano le pareti tappezzate di drappi, bandiere di Equestria e locandine.

Ma cosa era successo?

I mugolii e le invettive delle guardie sotto di me mi fecero tornare rapidamente alla realtà.

Cercai dove si trovavano Rachel e Daniel. Dovevamo scappare di lì.

Persi istanti preziosi, che avrei potuto evitare se fossi stata un pò più lucida.

Li trovai, ma non nell’aspetto che mi ricordavo.

Erano pony! Avevo ragione!

Senza troppe cerimonie usai la magia del mio corno per spostarli telecineticamente insieme a me, oltre alle sacche con tutte le nostre cose. Notai con un’occhiata che Rachel adesso era un unicorno verde dalla criniera bruna, mentre Daniel un pegaso beige dalla chioma nera. Notai anche che non avevano cutie mark, ma avevo altro a cui pensare al momento.

Mi diressi magicamente con loro verso la fine del corridoio, evitando di toccare il pavimento ricolmo di sostanze scivolose. Le guardie ancora non erano riuscite a trovare il modo di restare alzate, e continuavano a ricadere, a volte scivolando verso uno dei muri e sbattendo il muso.

Atterrai a distanza di sicurezza, e continuando a mantenere la levitazione sui miei nuovi amici e sulle sacche galoppai verso la porta aperta di fronte a me.

Stavo per attraversarla, quando mi imbattei di fronte a un altro paio di guardie unicorno. Non ci volle molto perché capissero che stava succedendo.

«Ferma! Oppure …!»

Prima che potessero puntarmi contro le loro strane armi, usai la magia per trasformarle in bastoni di gomma.

Le guardarono stupefatti, poi le superai usando una magia d’aria per scaraventarle lontano. Ricaddero all’indietro, sbattendo la schiena contro la parete e svenendo.

Controllai il corridoio: a sinistra la via era libera, mentre a destra si stava avvicinando un altro gruppo di guardie.

«Intrusa!» urlò un pegaso, puntando uno zoccolo contro di me, alzandosi in volo. Da quella distanza notai che portava una strana bardatura.

Maledizione … dovevo prendere tempo.

Mi concentrai e con la magia creai una parete illusoria tra me e loro.

Sperai bastasse per distrarli.

Galoppai circondata da Rachel, Daniel e sei sacche avvolte da aloni violetti. Se ricordavo bene, quel corridoio portava all’esterno, nel parco di fronte al palazzo della Principessa.

Dovevo trovare Celestia, o qualcuno che mi riconoscesse. E finchè stavo distante dalle guardie non potevano farmi del male.

«Ferma o sparo!» urlò la voce di prima, molto più vicina di quanto volessi.

Doveva aver capito il trucco. Ma cosa voleva dire quel sparo? Era un’altro termine familiare, ma la testa era ancora troppo intontita e occupata a trovare il modo di fuggire per ricordarselo.

Svoltai d’istinto in un corridoio laterale, che doveva portare, sempre che la memoria non mi ingannasse, a un’uscita secondaria.

Altre tre guardie mi sbarrarono il passo. Non diedi loro il tempo di capire cosa stesse succedendo.

Lanciai tre raggi, e in pochi istanti caddero tutte sotto un incantesimo anestetizzante.

Le superai velocemente, sentendo rumori metallici alle spalle che si avvicinavano. Galoppai ancora più rapida.

Dov’era quella porta?

Eccola!

«Ultimo avvertimento!» urlò di nuovo la voce di quel pegaso.

Non adesso!

Creai con la magia una cortina di fumo. Dovevo prendere tempo per un’ultima magia prima di uscire dall’edificio e nascondermi tra gli alberi e cespugli del parco.

Avvolsi la maniglia della porta e la abbassai.

Ci fu un rombo, seguito da una fitta alla spalla destra.

Dolore … immenso dolore …

Persi la concentrazione per mantenere Daniel e Rachel sollevati da terra. I due umani ora pony, insieme a tutte le sacche, caddero a terra. Guardai la spalla, e vidi, prima di sentirlo, sangue … sangue che scorreva da una ferita alla spalla. Qualcosa l’aveva attraversata da parte a parte.

Una nuova fitta, dolorissima, mi obbligò a terra.

Non sembrava grave, ma faceva così male che iniziai a piangere.

Il rumore metallico delle armature delle guardie si avvicinò, e sentii di nuovo le armi puntate contro.

«Non osare muoverti, unicorno! Altrimenti …» ordinò la voce di prima.

«Ma siete pazzi?» urlai, balbettando per il dolore. «Cosa mi avete fatto?»

Mi sentii alzare con la levitazione, per poi essere voltata in direzione dei miei inseguitori e ributtata senza complimenti a terra.

Un’altra fitta. La vista mi si oscurò per qualche istante.

Gemetti e strinsi i denti.

Il pegaso dal manto rosso e una lunga criniera arancione spiccava tra le guardie, per via di uno strano marchingegno simile a un lungo bastone incorporato all’armatura. Alcuni fili collegati ad esso arrivavano fin davanti alla bocca.

«Il necessario per impedirti di scappare.» mi disse il pegaso, fissandomi. Uno dei due occhi aveva una grossa cicatrice che non era guarita bene, per niente bella a vedersi.

«Scappare da cosa? Sono a Canterlot, no?»

Il pegaso mi squadrò. «Sì. Ma le domande le facciamo noi. Chi sei?»

«Ho una ferita alla spalla.» gemetti, premendo lo zoccolo sano sul buco sanguinante.

La voce del pegaso si alterò, rizzandomi i peli del manto. «Se non vuoi che ti spari una seconda volta, rispondi alla mia domanda. Chi sei?»

«Twilight Sparkle, allieva della Principessa Celestia.»

Sentii reazioni contrastanti dalle guardie. Chi rise, chi scosse la testa …

Ma possibile che non mi riconoscevano?

«Non sei la prima che dice di esserlo.» aggiunse il pegaso rosso. «Ma di certo sei la prima che dimostra una certa abilità con la magia.»

«Ma sono io! Nessuno mi riconosce?» dissi, esasperata, guardando in faccia ogni singolo pony. «Fatemi vedere la Principessa e ve lo dimostrerò!»

Le guardie scoppiarono a ridere, mentre il pegaso sembrò ponderare seriamente la mia richiesta.

«D’accordo.» disse infine.

«Cosa? Sei impazzito Redflame?»

«No.»

«Allora perché …»

«Perché mi sembra sincera. Voglio darle una possibilità. Inoltre la tengo sempre sotto tiro, non c’è da preoccuparsi.»

«Ma Celestia -»

«Celestia non ha nulla da temere. Tra voi, me e Sua Altezza un’eventuale assassina non ha possibilità. E se avesse ragione, se fosse davvero Twilight Sparkle, vorreste averla sulla coscienza?»

Vidi molte guardie scuotere la testa.

«Bene. Seguitemi e portartela con noi. Con delicatezza.»

«E i miei amici?» chiesi, ricordandomi di Rachel e Daniel, svenuti a fianco a me.

«Ah, giusto.» disse il pegaso di nome Redflame, dando loro un’occhiata come se li avesse visti solo adesso. «Loro metteteli nelle segrete.»

«Ma non hanno fatto nulla di male!»

Redflame si avvicinò così tanto che potevo sentire il suo respiro sul manto. «Portare un unicorno sconosciuto di fronte alla Principessa è già abbastanza rischioso.» disse, fissandomi con l’occhio sano. «Non abusare della mia gentilezza. E soprattutto non provare a lanciare altre magie, altrimenti potrebbe partirmi per sbaglio un colpo.»

Annuii rapidamente, deglutendo.

«Bene.» disse con un sorriso per nulla cordiale. Si allontanò e diede un rapido sguardo alle guardie.  Lo puntò in particolare su una, un pony di terra. «Tu! Torna indietro e fai in modo che le guardie ferite o svenute siano portate in infermeria. Voi due» disse, indicando un pony unicorno e uno di terra. «portate via quei due pony dal fianco bianco. Gli altri mi seguano.»

«Cosa ne facciamo di queste sacche?» chiese una guardia unicorno, usando la sua magia e quella di un altro unicorno per sollevarmi.

«Voi due!» disse a un altro paio di guardie. «Controllate che non ci sia nulla di esplosivo o pericoloso, poi mettetele insieme agli oggetti requisiti. Decideremo dopo cosa farne.»

Maledizione! Il mio Elemento!

Vista la situazione evitai di ribellarmi. Non volevo lasciarci la vita appena arrivata a casa. Un Elemento senza il suo detentore era inutile quanto un detentore senza Elemento.

«Chi rimane accompagni l’ospite dalla Principessa. Io mi occuperò di tenerla d’occhio durante il tragitto.»

L’unica nota positiva di questo imprevisto (per usare un eufemismo) era che mi trovavo in un ambiente familiare.

Ma era ben poca cosa, viste le continue fitte di dolore alla spalla sanguinante, la stanchezza accumulata tra l’incantesimo, la fuga e la ferita, l’umiliazione di essere portata con la levitazione come se fossi un oggetto e quel pegaso che da un momento all’altro mi avrebbe potuto ferire nuovamente con quell’aggeggio infernale (che ancora non riuscivo a identificare, anche per via del dolore che mi appannava i sensi). Ma tutto si sarebbe risolto appena incontrata la Principessa.

Così almeno speravo.

Attraversammo velocemente il parco in cui avevo sperato di trovare rifugio e arrivammo al castello. Era diverso da come lo ricordavo: alcune torri mancavano, altre invece erano state aggiunte, persino i colori bianco, oro e violetto erano disposti in maniera diversa sulle pareti e sui tetti.

Come era possibile? Erano passati solo due giorni da quando ero partita.

Mi venne un dubbio, ma le implicazioni di quel dubbio mi terrorizzarono.

Una volta entrati le stanze e i corridoi quasi mi assaltarono con l’enorme quantità di stendardi, drappi, bandiere: era come se qualcuno volesse ficcare in testa a tutti quelli che passavano che eravamo a Equestria. Notai durante il tragitto un paio di pony intenti a pulire quegli ornamenti con una maniacalità tale da farli quasi splendere.

Non so perché, ma trovai tutto ciò molto, molto inquietante.

«Aprite!» ordinò Redflame.

Mi accorsi che eravamo arrivati davanti alla porta che avevo attraversato solo due giorni prima insieme alle mie amiche e a Luna. Un paio di guardie unicorno obbedirono e spalancarono il portone.

Faticai a riconoscere la sala del trono: il tappeto rosso era più grande, così come il trono stesso, e le vetrate colorate che la contraddistinguevano erano state tolte, lasciando il posto a vetrate trasparenti che sembravano almeno il triplo più spesse delle originali. Gli arazzi e le bandiere erano in ogni spazio libero, onnipresenti e minacciose.

Ma cos’era successo?

Infine la vidi. Celestia era sul trono, intenta a discutere con dei pony, probabilmente dei segretari a giudicare da come erano vestiti.

Quando ci vide entrare smise di discutere.

«Perchè questa interruzione?» chiese, con voce roca e stanca.

Il pegaso, sempre tenendomi d’occhio, si fece avanti.

«Principessa, abbiamo qui con noi una prigioniera particolare. E’ apparsa dal nulla insieme ad altri due pony e diversi bagagli, e abbiamo subito pensato ad una spia o a un sabotatore. Vista la sua abilità con la magia non è da escludersi.»

Celestia si alzò dal trono e si librò in volo, atterrando a una ventina di passi dalla mia posizione.

«Però deduco che non si tratti di una prigioniera normale, Redflame, se l’hai portata da me. Giusto?»

«Dice di chiamarsi Twilight Sparkle.»

Sentii una vaga reazione di sorpresa dalla Principessa, ma non riuscivo a vederla bene per via delle guardie che mi oscuravano la visuale.

«E tu le credi?»

«Lo lascerò giudicare a Voi.»

Ci furono alcuni istanti di terribile silenzio, poi un sospiro.

«Fatemela vedere.»

La magia che mi teneva in levitazione si allentò e fui lasciata rudemente a terra. Un’altra fitta alla spalla mi fece digrignare i denti. Le guardie che avevo davanti si spostarono, puntandomi contro le armi, e fui in grado di vedere bene la mia mentore.

Sembrava terribilmente invecchiata: il manto era meno lucido, la criniera si muoveva a malapena e le sue movenze manifestavano una grande stanchezza. Come aveva fatto a ridursi in quello stato in soli due giorni?

Il mio dubbio divenne sempre più fondato … e ne ebbi paura.

Nella sua espressione riuscii però a notare un accenno di sollievo …

«Confermi ciò che ha detto Redflame?» mi chiese «Sei Twilight Sparkle?»

Annuii appena, un po’ per la stanchezza, un po’ per la ferita che mi stava debilitando, un po’ per paura.

Celestia si avvicinò lentamente, con il passo regale che per fortuna era lo stesso. Mi squadrò dall’alto in basso, poi mi fissò negli occhi con uno sguardo terribile, che non riuscii a sostenere.

«Dimostralo.»

«C… come?»

«Qual è stata la tua prova d’esame per essere ammessa alla scuola degli unicorni dotati?»

«Aprire un uovo di drago.»

«L’hai superata?»

«Sì … grazie al primo Sonic Rainboom di Rainbow Dash.»

Senti uno strano trepidare attorno a me quando nominai la mia amica, e dei commenti con toni che non mi piacquero.

«Qual è stata la mia prima lezione da maestra?»

«Levitazione I. Ma era solo uno scherzo da parte vostra per mettermi alla prova.»

Diedi una rapida occhiata alla Principessa per vedere se quel ricordo l’aveva toccata in qualche modo. La sua espressione purtroppo era imperscrutabile.

«Qual è stato il primo incarico ufficiale che ti ho dato?» continuò.

«Studiare la magia dell’amicizia a Ponyville e mandarle rapporti appena imparavo qualcosa di nuovo.»

Una nuova fitta alla spalla mi fece mordere istintivamente il labbro. Possibile che la Principessa non mi riconoscesse? Mi aveva praticamente cresciuto! Non vedeva in che condizioni ero?

Celestia si avvicinò ancora. Adesso era ad un pony di distanza.

«La radice quadrata di 422.» sentenziò.

Chiusi gli occhi e mi concentrai il più possibile, malgrado la stanchezza e il dolore della ferita.

«20,54263858418» dissi, scandendo lentamente i numeri.

Alzai lo sguardo e cercai di mantenerlo sulla mia mentore.

La sua espressione restò statuaria.

Venne però tradita da una lacrima.

«20,54263858417» mi corresse. Le bastò uno sguardo per ordinare alle guardie di allontanarsi mentre si avvicinava a me.

Mi alzò da terra gentilmente e appoggiò il corno sulla mia ferita. Esso s’illuminò, e sentii un calore gradevole percorrermi tutto il corpo. Dopo pochi istanti la ferita era del tutto rimarginata. Anche parte delle energie portate via dal viaggio e dal sangue perso erano tornate. Sospirai per il benessere ritrovato.

Magia di guarigione … una delle sue preferite.

«Lasciateci sole!» ordinò Celestia a tutti i presenti osservandomi con un sorriso.

«Siete sicura, Principessa?» chiese Redflame, fattosi di colpo umile.

«Mai stata così sicura da tempo.» disse lei, lanciandogli uno sguardo risoluto. «Ora lasciateci sole. Vi chiamerò quando avremo finito.»

«Sì, maestà.» disse Redflame, inchinando rispettosamente il capo.

Sia le guardie che i pony con cui stava discutendo uscirono dalla sala rapidamente salutando la Principessa prima di congedarsi.

Quando fu sicura che eravamo sole, mi abbracciò, piangendo.

«Twilight, sei proprio tu!»

«Ma certo che sono io!» protestai, piangendo a mia volta. «Perché ne avete dubitato? C’è per caso una mia sosia di cui non ero a conoscenza?»

«No, Twilight.» disse Celestia, con tono serio. «Ci sono cose di cui dobbiamo discutere, tu ed io. Molte cose, se ti è successo quel che temo.»

«Cosa è accaduto al castello?» chiesi, anche se in cuor mio avevo già intuito la risposta «Sono partita due giorni fa, ma Canterlot è cambiata troppo perché sia passato così poco tempo.» diedi un’occhiata ai lati della sala. «E dove sono finite le vetrate?»

«Una cosa alla volta, Twilight.» disse gravemente la principessa.

Sospirò e mi abbracciò di nuovo, stringendomi come se mi volesse proteggere dalla notizia che stava per darmi.

«Sono passati vent’anni dalla tua partenza.»

Il sangue mi si gelò nelle vene e iniziò a girarmi la testa. Vent’anni … vent’anni … due giorni in quel mondo e nel frattempo ad Equestria era passata una generazione.

Scossi la testa, incredula, abbandonando l’abbraccio di Celestia.

«No, no, no! Ditemi che sto sognando!»

Celestia scosse il capo tristemente.

Gemetti.

«Quindi era come temevo! In quella dimensione il tempo scorre in maniera differente!»

«No, Twilight. Scorre esattamente come da noi, perché le tue amiche sono tornate due giorni dopo la tua partenza.»

Il mio cervello perse un colpo. Ma come…?

«Come hanno fatto? Perchè loro sì e io no? Le ho viste sparire per colpa dell’Ombra!»

Il volto stanco di Celestia si adombrò. «Riferiscimi cosa è accaduto.»

Le raccontai nel più breve tempo possibile la nostra esperienza in quel mondo abitato da umani. Le dissi dell’amicizia che avevamo stretto con Rachel e Daniel e dell’aiuto che ci avevano fornito, ma non potei fare a meno di mostrarle l’orrore che la loro specie alimentava da millenni, e che secondo me era la causa della nascita dell’Ombra. Mi aiutai con la magia del corno per visualizzare ciò che stavo spiegando. Le mostrai molte delle cose orribili che avevo visto in quella ricerca. Solo allora ricordai il nome di una cosa simile a quella che avevo visto indosso al pegaso rosso e alle altre guardie: un fucile. Lo feci presente alla principessa.

«Ti spiegherò tutto più tardi. Ora finisci di raccontare.»

Obbedii, anche se a malincuore. Riferii del nostro incontro con quell’anziana signora e del fatto che gli Elementi non avessero perso il loro potere ma fossero stati “corrotti” o come aveva detto Helen “riempiti” di energia negativa. Le riferii quindi dell’unico modo per farli tornare come prima, di come avevo scoperto come tornare unicorno e del nostro incontro fatale con l’Ombra.

Celestia annuì sommessamente.

«Forse ho capito perché tu e le tue amiche siete tornate in tempi diversi, malgrado tu sia partita pochi minuti dopo di loro.»

«Davvero? E come?»

«Durante il viaggio interdimensionale hai notato nulla di strano?»

Sgranai gli occhi: quella sensazione simile a un vento che mi spazzava via …

Lo riferii alla principessa.

«Come temevo. Durante il tuo viaggio per tornare a Equestria sei passata vicino all’Ombra, e la sua elevata aura, o un potere di cui dispone, ha interferito con il tuo incantesimo, facendoti allungare il viaggio.»

Oh no …

«Quindi è colpa sua se sono tornata così … tardi?»

Celestia annuì con espressione grave. «E’ solo una mia teoria, ma temo di sì.»

«E cosa è successo alle mie amiche? Cosa ne ha fatto l’Ombra di loro e dei loro Elementi?»

«Ciò che di peggio poteva farne …» disse Celestia, scostando lo sguardo da me e portandolo a una delle vetrate vuote e anonime. «Corromperle.»

Mi mancò il respiro. «Co…rromperle? Come aveva fatto Discord?»

«E’ riuscita a fare ben di peggio. Ha usato gli Elementi corrotti per portarle dalla sua parte, rendendole agenti dei suoi piani oscuri.»

«Ma gli Elementi non possono …» mi interruppi, ricordando cosa aveva detto l’anziana Helen.

«Percepisco una grande energia negativa vibrare all’interno di quest’oggetto. Mai vista così tanta in così poco spazio.»

L’energia negativa … non era inerte …

«Credevo anch’io che gli Elementi fossero solo diventati inutilizzabili…» continuò Celestia «Mi ero sbagliata. La forza dell’Ombra è stata capace di trasformarli negli Elementi della Disarmonia, come li abbiamo definiti io e Luna.»

«Disarmonia?»

«Egoismo, Crudeltà, Disprezzo, Immoralità e Pessimismo.» elencò Celestia, patendo quasi fisicamente nel pronunciare ogni parola. «Questi Elementi distorti, insieme al tuo, l’Odio, hanno portato le tenebre su Equestria, già da prima che le tue amiche ne divenissero l’imponyficazione.»

Mi sentii il cuore sprofondare nello stomaco.

«Quindi … il nemico di Equestria … sono loro?» balbettai al limite del pianto.

Celestia annuì gravemente, evitando il mio sguardo.

«All’inizio, prima che venissero corrotte definitivamente, Equestria stava già degenerando nel caos e nella violenza. Qualsiasi discorso pronunciassi, qualsiasi cosa facessi, non faceva che aggravare la situazione. Molti pony rifiutavano il regno mio e di Luna, altri erano mossi da desideri di avidità, altri volevano imporre una razza sull’altra. Se all’inizio le cose divennero incontrollabili, tutto peggiorò quando tornarono le tue amiche. Nel giro di un mese una dopo l’altra caddero sotto l’influsso degli Elementi e grazie al loro potere hanno radunato le varie correnti oscure, rendendo impossibile per me salvaguardare la già precaria pace di Equestria. Non ho il cuore di descriverti nel dettaglio cosa è accaduto negli ultimi vent’anni, se non che ci sono state battaglie, guerre, massacri … termini che avevo sempre sperato di non dover mai più pronunciare. Ora la situazione è più stabile, ma non meno pericolosa.»

«In che senso?» chiesi, pentendomi di averlo chiesto.

«Al momento c’è una pace molto precaria tra noi e le altre nazioni …»

«Equestria è divisa in nazioni?»

Celestia annuì. «In cinque parti per la precisione: c’è l’Unione dei Pony Terrestri, o Terra, che pretende di riunire tutti i pony di terra sotto un’unica bandiera, che aborre l’utilizzo della magia e delle ali e che vede in me e in Luna dei tiranni. Applejack è a capo di quella nazione, con Pinkie Pie come sua spalla destra. Poi c’è il Regno di Unicornia, che ha riunito tutti gli unicorni sotto lo zoccolo di ferro di Rarity. Loro alleati e al tempo stesso avversari sono i pegasi della Lega di Pegasopoli, comandati dalla terribile Rainbow Dash.»

«Terribile?» chiesi a mezza voce.

«Conosci Rainbow Dash. Immaginala votata al male, dotata di grande forza, velocità, con addosso armi letali e in grado di creare Sonic Rainboom quando desidera …»

Rabbrividii.

«Fluttershy non è da meno. Crudele e ingannevole, fa da liaison tra gli unicorni e i pegasi. Qualcuno afferma che sia più di un semplice diplomatico, e non mi stupirei se queste voci si rivelassero fondate. Infine c’è l’Impero di Cristallo, rimasto neutrale e fuori da guerre e intrighi (almeno per il momento) e noi, ciò che rimane del Regno di Equestria.»

«Non molto, temo …»

«No, infatti. Ormai controlliamo solo più Canterlot e Ponycity.»

«Ponycity?»

«Già, dimenticavo …» disse Celestia, scuotendo la testa. Tornò finalmente a guardarmi in volto. «Ponyville non è più il piccolo villaggio che ti ricordi. Negli anni molti pony sono venuti a cercare rifugio dal male che si diffondeva venendo qui a Canterlot … quando lo spazio è finito, sono andati a Ponyville, finendo per ingradirla a tal punto che le hanno cambiato nome.»

«Che ne è stato della biblioteca, della boutique di Rarity, di Sweet Apple Acres, del negozio dei signori Cake, del cottage di Fluttershy? E Spike? E i miei genitori? E Shining Armor? E Cadence?»

Delle lacrime iniziarono a scendermi sulle guance senza che me ne fossi resa conto.

In quel momento avrei desiderato nascondermi nel primo angolo e piangere fino all’esaurimento dell’acqua del corpo. Era tutto così assurdo che sembrava un incubo.

«Ti capisco, Twilight.» disse Celestia, intuendo i miei pensieri. «Ci sono giorni in cui io stessa mi sveglio e mi chiedo se tutto questo è davvero successo. Perdonami se non ti rispondo, ma al momento non voglio sovraccaricarti di altre notizie.»

Inspirai con il naso, asciugandomi le lacrime. Aveva ragione. Per quanto fossi disperata nel sapere cosa fosse successo, avevo avuto abbastanza pessime notizie da assimilare.

Celestia andò verso il trono, leggendo dei libri e pergamene posate lì vicino, dandomi il tempo di riprendermi dallo shock, poi tornò facendomi un sorriso forzato.

«So che per te è dura accettare questo stato di cose …»

«Ho solo bisogno di un po’ di tempo per riflettere.» dissi a muso basso.

«Ma certo …» mi disse con tono materno. «Manderò qualcuno a prepararti una camera qui al castello. Qui sarai al sicuro. Vuoi altro?»

No … non avevo proprio idea di cosa volevo al momento. Le terribili notizie di Celestia, l’ambiente stesso che respiravo, la sala del trono così insipida senza vetrate colorate, le mie migliori amiche diventate più pericolose e insidiose di Discord, tutto ciò che avevo imparato ad amare di Equestria svanito sotto l’onda distruttrice degli istinti di cui avevo avuto un assaggio nel mondo umano …

Tutto ciò mi mise addosso un’apatia opprimente.

Volevo solo andare nella camera promessa dalla Principessa, mettermi nel letto e dormire … dormire finchè quel terribile incubo non fosse terminato.

Un incubo senza amiche …

No ...

Non senza amiche!

«Principessa!» esclamai a voce un po’ troppo alta, facendola trasalire. «Ho una richiesta, anzi tre!»

Celestia mi fissò curiosa, e mi fece cenno di proseguire.

«La prima è di preparare tre camere, o meglio ancora una in cui possano starci tre pony. La seconda è di recuperare le sacche che mi sono state sequestrate. La terza infine è salvare due miei nuovi amici.»

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - Nuovi vestiti ... ***


Capitolo VIII

Nuovi vestiti ...


Il pudore inventò il vestito per maggiormente godere la nudità.

(Carlo Dossi)



 

Cos’era successo?

Questa era la domanda che mi ponevo più spesso nei rari momenti di coscienza dopo che ero caduta sotto l’influsso dell’incantesimo di Twilight: ricordavo uno strano pizzicore che mi attraversava il corpo, poi una spinta improvvisa, e infine una vaga sensazione di essere trascinata da un’altra parte come se fossi un pesce catturato dalle reti a strascico.

Dopo tutto questo, nulla, se non sogni oscuri.

Adesso ero in stato di semiveglia, cosciente ma stordita. Viva ma confusa. Sentivo uno strano odore di muffa e ferro arrugginito, misto ad altri odori che preferii non riconoscere.

Aprii gli occhi.

Una sbarra di metallo … anzi, molte sbarre di metallo, l’una affiancata all’altra.

Una gabbia … no, una prigione!

Mi alzai di scatto, ma qualcosa non andava.

Mi sentii appesantita, costretta al suolo. Ricordando le prigioni medievali pensai fossero dei ceppi a costringermi a terra, così controllai …

E non potei credere ai miei occhi!

Zoccoli! Avevo degli zoccoli da pony! E zampe da pony! E un manto da pony! E una criniera da pony!

Alzai lo sguardo e notai, per finire in bellezza, un corno.

Ero un unicorno!

Il mio lato pegasister avrebbe urlato e festeggiato per almeno mezz’ora, ma l’odore e i rumori che sentivo dalle altre celle ammazzarono un po’ l’umore, quindi mi limitai a un respiro iperventilato.

La luce era garantita da alcune torce appese al corridoio in pietra, ma non mi permettevano di vedere bene le altre celle se non quella di fronte a me. Lì si trovava un pegaso, ma non riuscii a distinguerne bene i colori del manto e della criniera (così come i miei).

Dopo un paio di tentativi riuscii a rimanere in piedi (termine che ormai non aveva molto senso visto che i piedi non ce li avevo più).

Mi sembrava di essere una nana in confronto a prima: la mia testa doveva essere non più in alto di un metro e venti da terra.

Stare su quattro zampe mi dava un certo senso di sicurezza. Un altro discorso però era usarle.

Provai a coordinare gli zoccoli, facendomi tornare alla memoria i cavalli di Birmingham. Sbagliando l’andatura caddi sull’umido pavimento in pietra diverse volte, assaggiando per sbaglio alcune varietà di muschi. Bleah!

«Piantala di fare casino!» sentii urlare da qualcuno fuori dalla mia vista.

Già, ero in una prigione.

Ci riprovai con cautela e finalmente riuscii a capire come andare avanti su quattro zampe. In qualche modo l’istinto mi stava aiutando ad abituarmi a quel nuovo corpo.

Iniziai a capire le difficoltà che avevano incontrato Twilight e le altre quando erano venute nel nostro mondo.

Già … dov’era Twilight? E Daniel?

E soprattutto perché ero in una prigione? Ad Equestria, tra l’altro, che tutto mi sembrava famosa tranne che per le sue prigioni?

Mi sporsi con il muso (vederlo prolungato rispetto a prima mi creava un certo disagio) alle sbarre per vedere altro del corridoio.

C’erano altre celle come la mia, con altri pony, alcuni svegli altri addormentati. In tutto contai una ventina di celle. Alla mia destra il corridoio terminava con una massiccia porta in pietra, dall’altra parte invece con una porta più umile in legno. Entrambe avevano due guardie pony ciascuna, di cui riconobbi a malapena l’armatura delle guardie di Canterlot. Sì, perché erano diverse da quelle della serie animata, sia come stile che come copertura. Inoltre portavano armi particolari: sembravano delle lance con dei … fucili montati sotto? O dei fucili con le lance al posto delle baionette?

Non faceva una gran differenza. Il problema era: fucili? Ad Equestria?

«Ehi! Psss…»

Mi voltai a destra verso l’origine della voce maschile.

Era un unicorno: lo capii perché il corno era l’unica cosa che spuntava dalla cella oltre al muso.

«Di che unità sei?» mi chiese, sottovoce.

Unità? Intendeva unità militare? Ad Equestria? Per quanto mi ricordavo l’unica cosa di militare che esisteva ad Equestria erano le guardie di Canterlot. Erano divise in unità? E se era così perché lui, una guardia di Canterlot, era in una prigione di Canterlot?

Non vedendomi rispondere, sparì nella cella e non si fece più sentire.

L’eccitazione di essere un pony unicorno e di trovarmi ad Equestria svanì rapidamente.

Tutto stava assumendo contorni torbidi. Non mi piaceva affatto …

Era forse andato storto qualcosa durante l’incantesimo di Twilight?

Rabbrividii pensando alle conseguenze …

Mi rannicchiai in un angolo, impaurita dai mugolii sofferenti che sentivo e dalla poca luce.

Sapevo che aiutare Twilight non avrebbe comportato una gita di piacere ad Equestria, ma non mi immaginavo certo questo. Chissà dov’era Daniel e come se la stava passando …

Diedi un occhiata al mio nuovo aspetto, confortandomi almeno in quello. Migliaia, forse milioni di persone del fandom di My Little Pony avrebbero fatto carte false pur di trovarsi nei miei zoccoli.

Notai rapidamente due cose strane: la prima è che non avevo il cutie mark. Doveva forse significare che non avevo ancora trovato il mio talento speciale malgrado la mia età, oppure essendo umana non lo possedevo e basta?

Un’altra cosa che notai solo in quel momento era che il mio corno aveva una strana fascia stretta alla base con diverse corde e nodi. Provai a togliermela, ma gli zoccoli non erano per niente pratici nell’essere usati per quel genere di lavori. In quel momento mi mancavano le buone, vecchie dita.

Forse avrei potuto usare la magia. Ero un unicorno in fondo, no? E in teoria tutti gli unicorni sapevano usare la telecinesi …

Il problema era: come? Era una cosa che si imparava a scuola? O era solo questione di volontà?

Il mio flusso di pensieri fu interrotto dal rumore di qualcuno che bussava alla porta di sinistra.

«Chi è?» chiese una delle guardie.

«La principessa Celestia.» disse una voce ovattata dall’altra parte, molto familiare.

Scattai in piedi. Finalmente uno spiraglio di luce.

«Sì certo, e io sono Re Sombra …»

Sentii un chiavistello sbloccarsi e il cigolio della porta che si apriva.

«Fateci passare.» disse una voce autorevole che riconobbi all’istante, anche se molto meno maestosa e gioiosa di quanto ricordassi.

Mi affrettai alle sbarre, e la vidi: la principessa Celestia.

L’eccitazione di vederla in carne e ossa venne meno quando notai la stanchezza del suo passo e della sua espressione. Anche il manto e la criniera erano più “spenti”.

Era scortata da due guardie e da nientemeno che Twilight.

Il cuore mi salì in gola dalla gioia.

«Twilight!» la chiamai.

«Silenzio fianchi-bianchi!» ordinò una delle guardie di scorta, avvicinandosi al trotto e puntandomi contro il suo fucile.

«No! Lasciatela stare!» protestò Twilight, avvicinandosi a sua volta.

Vidi che era sollevata quanto me nel rivedermi.

«Eccola Principessa.» disse, appena Celestia fu abbastanza vicina da vedermi. «Vi presento Rachel.»

La “dea” di Equestria mi lanciò uno sguardo severo e autorevole, sondandomi nei più profondi recessi dell’anima. Non so perchè, ma per qualche istante fui paralizzata da una folle paura di venire spedita sulla Luna …

Sperai che il fandom da questo punto di vista avesse torto …

«E l’altro?» chiese, tirando fuori una voce ben lontana da quella maestosa e saggia a cui ero abituata, ma che comunque trasmetteva autorevolezza.

«Dietro di Voi, Maestà.» disse una delle guardie. «Il pegaso nella cella dietro di Voi.»

«E’ ancora svenuto.» commentò un’altra guardia.

«Ah, sì.» disse Twilight, riconoscendolo. «Lui invece è Daniel.»

Daniel? Ce l’avevo avuto davanti agli occhi fino a quel momento!

Tirai un sospiro di sollievo.

Quindi era un pegaso … un pony in grado di volare ...

Non riuscii a trattenere una risata di fronte all’ironia della vita: aveva sempre sofferto il mal d’aereo, e adesso …

«Che hai da ridere fianchi-bianchi?» sbottò la guardia di scorta di prima, puntandomi nuovamente contro contro il fucile.

Tornai immediatamente seria, scuotendo la testa.

«Sono loro quindi i tuoi nuovi amici?» chiese Celestia rivolta a Twilight.

«Sì Principessa. Il nostro viaggio …»

«Non qui, Twilight.» la zittì con un zoccolo. Poi si rivolse alle guardie. «Liberate questi pony. Sono dalla nostra parte.»

«Sì, Maestà.»

Vidi una delle guardie unicorno prendere magicamente dalla cintura due chiavi e aprire contemporaneamente la cella mia e di Daniel. L’apertura delle sbarre cigolanti mi mise i brividi, ma ero libera. Camminai (anzi, ora dovevo dire trottai) fuori dalla cella, facendo un bel sospiro. Scambiai un’occhiata riconoscente con Twilight, la quale contraccambiò.

Daniel, che era ancora addormentato, fu avvolto dall’alone violetto della magia di Twilight e fu portato fuori di peso.

Celestia a quel punto mi diede un nuovo sguardo inquisitorio. Perché era così diffidente?

«Toglietele la fascia anti-arcana.»

Dal nome intuii che avevo avuto fortuna a non aver deciso di utilizzare la magia del mio nuovo corno.

«Di che si tratta?» chiese Twilight curiosa, mentre un paio di guardie si avvicinava a me, facendo levitare delle pinze per sfilare delicatamente le corde e i nodi che tenevano stretto quello che sembrava del semplice tessuto viola.

«Un’invenzione di Rarity …» iniziò a spiegare Celestia.

Rizzai le orecchie. Rarity era ad Equestria?

«Rende molto doloroso qualunque utilizzo di magia. Se ti dovesse capitare di averne una indosso, non provare la magia, nemmeno la più semplice levitazione. Il minimo che ti può capitare è un’emicrania, mentre nei casi più gravi … ti dico solo che ci sono stati unicorni che sono morti per liberarsene con la magia.»

Rabbrividii, e Twilight fece un’espressione mesta …

Rarity che creava qualcosa apposta per infliggere dolore? Ma che stava succedendo ad Equestria?

«Seguitemi adesso.» ordinò Celestia rivolta a me e Twilight. «Vi accompagno nella vostra stanza.»

 

Alla faccia della stanza! Era molto simile al posto che Celestia aveva dato a Rarity nell’episodio dove lei si dimenticava di fare il vestito per il compleanno di Twilight. Era enorme!

La stanza era ben pulita, quasi lucida: c’erano un paio di cassettiere con uno specchio ciascuna, una cassa aperta in cui erano state riposte le sacche di Twilight e delle sue amiche, un tavolino con tre piccole panche dimensione pony, un letto a baldacchino e due materassi con lenzuola che immaginai fossero due letti di fortuna messi lì per noi.

«Ti chiedo ancora scusa, Twilight.» disse gentilmente la Principessa. «Purtroppo le camere per tre sono già tutte occupate, e abbiamo dovuto improvvisare.»

«Andrà benissimo, Principessa. Non ci resteremo per molto.» rispose Twilight, facendo levitare Daniel fin sul letto a baldacchino, adagiandolo lentamente sulle lenzuola (togliendogli prima la polvere e la sporcizia della cella su cui aveva dormito fino a quel momento con una spazzola creata magicamente).

Mi avvicinai a lui, controllando che stesse bene. Era solo addormentato.

Meglio non svegliarlo, non subito. La situazione era già abbastanza confusa senza avere a che fare con uno che sclerava perchè si ritrovava in un corpo non suo.

Ora che potevo vederlo con la luce adeguata (garantita dall’unica finestra alla mia sinistra) ebbi conferma del suo manto beige, della criniera e della coda corte e nere, e ovviamente delle ali sui fianchi ora chiuse. Non male tutto sommato, ma un po’ smorto per i canoni di My Little Pony.

«Perché?» domandò la principessa. «Dove hai intenzione di andare?»

Twilight inspirò prima di parlare. «Devo incontrare Cadence, al più presto.»

«Cadence?»

Twilight annuì. «Potrebbe essere la chiave per riattivare gli Elementi.»

Cadence? Davvero?

Ma certo! Ora capivo qual’era la sua intenzione. E brava Twilight …

Dopo aver dato un ultimo sguardo a Daniel, andai allo specchio più vicino per guardare bene il mio nuovo aspetto.

Ebbi conferma di tutto: ero un unicorno … e un gran bell’unicorno, se la mia concenzione di bellezza pony era corretta. Manto verde Irlanda (guarda caso il mio preferito) e criniera e coda castane lunghe e folte, molto simili sia come colore che come forma ai miei capelli umani.

«Davvero?» chiese Celestia con tono scettico.

«Sì. Come le ho detto, l’anziana umana mi aveva spiegato che possono essere “depurati” solo con una grande energia positiva … una di esse è l’amore.»

Nel riflesso dello specchio vidi Twilight alzare lo sguardo, fissando Celestia con l’aria di chi ha avuto una grande idea.

«O forse potreste farlo voi! Alzate il sole ogni giorno, siete un’ispirazione per tutti noi! Mi avete curato prima da una bruttissima ferita! Se non possedete voi una grande energia positiva, chi altri potre-»

Celestia la bloccò scuotendo la testa. «No, Twilight … la Celestia di cui parli tu non c’è più.» rispose cupa.

Mi voltai anch’io a fissarla come Twilight, perché non riuscivo a credere a ciò che stavo sentendo …

Non sapevo ancora cosa, e Shakespeare mi possa perdonare per la citazione, ma c’era del marcio in Equestria …

«Per il momento preferirei che rimanessi qui a Canterlot. Sono disposta a farti andare a Ponycity …»

Ponycity?

«… quando avrò informato Luna del tuo ritorno, ma ti pregherei per il momento di non lasciare ciò che resta di Equestria. E’ molto pericoloso stare là fuori, Twilight. Non puoi fidarti di nessuno in questi tempi bui.»

«Ma …»

«Niente ma.» decretò Celestia. «Vi darò il tempo di riposare e di riprendervi.»

Si voltò verso di me, dando un rapido sguardo anche a Daniel disteso sul letto. «Avremo tempo per conoscerci meglio questo pomeriggio.»

Non so se era un avvertimento o un augurio, ma d’istinto abbassai la testa in segno di saluto e rispetto.

La tenni abbassata finchè non sentii i suoi zoccoli allontanarsi.

«Per qualunque cosa, chiedete alle guardie. Ho dato disposizioni in merito, quindi non vi creeranno più problemi. Se avete fame, basta chiedere alle guardie qui fuori e vi porteranno qualcosa. Se desiderate potete fare un giro del castello, facendo attenzione a non andare in aree riservate. E’ tutto. Ho faccende importanti da sbrigare, quindi mi congedo. Manderò a chiamarvi appena sarò libera per continuare la conversazione.»

Stava quasi per uscire dalla stanza, ma si bloccò appena aperta la porta, rivelando dei pony messi lì a nostra protezione.

Celestia si voltò verso Twilight, facendo finalmente il sorriso dolce che amavo. Ma furono soprattutto le sue parole a sciogliermi il cuore.

«E’ davvero bello riaverti qui, mia allieva prediletta.»

Si voltò lentamente, mantenendo il sorriso, e se ne uscì richiudendo la porta alle spalle.

A quel punto fissai Twilight confusa.

Il suo sguardo non era meno confuso del mio.

«Quindi anche voi siete diventati pony.» disse.

«Come?»

Mi aspettavo una spiegazione, non l’affermazione dell’ovvio.

«Voglio dire, alla fine l’incantesimo ha avuto effetto anche con voi …» si spiegò «Siete diventati pony, come noi eravamo diventate umane. E’ ormai evidente che quella combinazione di rune fatta da Luna fosse sbagliata.»

Scossi la testa senza capire.

«Bè, so che te ne intendi poco della nostra magia, ma adesso sei un unicorno … se vuoi ti spiego -»

«No, no, no.» la bloccai. «Se ti do corda so già che mi faresti trascorrere l’intera giornata parlando solo di magia.»

Twilight si stizzì, arrossendo al contempo.

«Non prenderla sul personale, ma sono confusa … molto confusa.»

Andai all’unica finestra della stanza per vedere il panorama, sperando di rilassarmi con la visione della bellissima vallata sotto il caste -

Indietreggiai d’istinto per la sorpresa, poi, pensando di essermelo immaginato, mi riavvicinai.

No, non me l’ero immaginato.

Di lì vidi la vallata in cui, secondo ciò che sapevo, ci sarebbe dovuta essere Ponyville.

Al suo posto c’era una città! L’intera vallata era occupata da una città! Una città d’aspetto molto simile alle metropoli dei nostri anni 30-40: palazzi in cemento, metallo e vetro, strade brulicanti di mezzi simili alle automobili di quel periodo, smog e industrie.

Presi uno zoccolo e me lo battei sulla faccia in mancanza di dita con cui pizzicarmi.

Mi resi conto della solidità dello zoccolo di un pony: non era duro come lo zoccolo di un cavallo, ma faceva comunque male, perciò non stavo sognando.

Non erano passati due giorni. Poco ma sicuro.

«Cosa succede Rachel?» mi chiese Twilight, avvicinandosi a me. Ebbe la mia stessa reazione quando vide il paesaggio.

«Questo non aiuta a sentirmi meno confusa!» esclamai guardando Twilight.

«Ha preso alla sprovvista anche me!» confessò lei, con aria disperata. «Mi era già stato detto cosa mi sarei dovuta aspettare, ma non ero pronta.»

«Non sono passati due giorni ad Equestria, vero?» chiesi, iniziando a capire.

Twilight negò mestamente con la testa e iniziò a raccontarmi cosa le aveva detto Celestia.

 

«Non ci posso credere.» dissi, sdraiandomi mollemente su uno dei materassi a terra. «Non so cosa dire, Twilight. Davvero …»

«Non c’è nulla che puoi dirmi che possa cambiare le cose.» disse l’unicorno viola, tornando alla finestra. «Il mondo che conoscevo è sparito per sempre. So a malapena una parte delle cose che dovrei sapere, e so già che ciò che verrò a scoprire nei prossimi giorni non sarà per nulla piacevole. Se non fosse per la vostra offerta di aiuto e la speranza di riattivare gli Elementi, a quest’ora sarei in un’angolo a piangere.»

Aspettai qualche istante prima di parlare, ponderando bene le parole.

«Forse la situazione non è così grigia come la dipinge la Principessa. A suo dire ci sono ancora pony che sono fuggiti dalle altre nazioni per venire qui, no? Nella speranza di continuare a vivere in una Equestria armoniosa. Finchè ci saranno pony così, c’è speranza. Ora che ci sei tu, c’è speranza. Ricordati Discord.»

Quel nome sembrò colpirla nel segno.

«Trovo difficile crederlo dopo ciò che sto vedendo ora, ma non hai tutti i torti. Non mi lascerò prendere dallo sconforto come successe con Discord.» si voltò verso di me, con un’espressione molto più determinata, incrinata dagli occhi lucidi. «Mai più.»

Mi alzai e mi avvicinai a lei. Sentii l’impulso di abbracciarla. Era la prima volta da quando la conoscevo. Lei rispose all’abbraccio.

Fu in quel momento che percepii che la nostra amicizia era davvero cominciata. Da lì in poi non poteva far altro che rinforzarsi.

“Chissà quanti brony e pegasister vorrebbero trovarsi al posto mio” pensai per sdrammatizzare.

Lasciai l’abbraccio e fu il mio turno di guardare fuori.

Passato lo shock per la novità non era una vista poi così male, almeno per una come me che era abituata a vedere città verticali. Ma mancava quel tocco rurale e incontaminato che avrei tanto voluto vedere da visitatrice di Equestria e appassionata di fantasy.

«Allora …» dissi mantenendo lo sguardo sul paesaggio. «Cosa facciamo adesso? Abbiamo un pò di tempo a disposizione per “riposare e riprenderci”.»

«Vuoi fare una visita del castello?» mi propose. «Se non è cambiato troppo negli ultimi vent’anni ci sono delle belle cose da vedere.»

«No … sinceramente non sono molto in vena di girare per il castello controllata a vista da quelle simpatiche guardie. E poi c’è da tenere d’occhio Daniel. Ho la sensazione che non reagirà bene al suo risveglio.»

Twilight ridacchiò. «No, se lo conosco abbastanza, andrà fuori di testa per qualche minuto abbondante. Come minimo.»

Scossi la testa, ridendo. «Sei fin troppo ottimista. Secondo me si metterà a scorrazzare per la stanza gridando “E’ solo un sogno! E’ solo un sogno!” per una mezz’oretta buona.»

Ridemmo entrambe per un buon minuto immaginandoci la scena. Era incredibile come riuscivo a essere così di buon umore dopo quello che avevamo scoperto.

«A … parte … pfff … gli scherzi …» disse Twilight, quando riuscì a riprendersi. «Che facciamo?»

«Non so … ihihihi … te … ma mi è venuta fame.»

«D’accordo.» disse Twilight, tirando su con il naso e alzandosi. «Vado a chiedere alle guardie di portarci qualcosa.»

 

Fissai scettica ciò che ci era stato portato. Non avrei dovuto aspettarmi altro: sapevo cosa andavo incontro quando avevo deciso di venire qui ad Equestria.

Ma la prospettiva di mangiare un sandwich di margherite non era molto allettante.

«Mmm, strano.» commentò Twilight, portando con sé i tre piatti usando la levitazione e chiudendo la porta della camera dopo aver ringraziato le guardie. «Speravo in un pranzo più canterlotiano. Suppongo che non abbiano avuto il tempo di preparare altro.» mi fissò, notando la mia espressione scioccata «Cosa c’è che non va?»

«Dovrei mangiare … fiori?»

«E’ quello che mangiamo noi pony.» disse Twilight come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «Facili da trovare, facili da digerire e danno più forza di quanto non sembri. Quando si vuole uno spuntino veloce ed energetico sono l’ideale.»

«Forse non hai capito. Noi umani di solito non mangiamo fiori. Li coltiviamo e li amiamo per la loro bellezza. Mangiarli è … quasi sacrilego.»

«Come per noi pony è sacrilego mangiare carne …» mi disse inarcando un sopracciglio.

«Touchè.»

«Su, mangiamo. Effettivamente anch’io ho molta fame.» disse posando i tre piatti sul tavolino e andando a coricarsi su una delle panche.

Andai a malincuore a sedermi davanti a lei. Spostavo la testa a destra e a sinistra, osservando il mio “pranzo” da tutte le angolazioni.

Intanto Twilight aveva già dato un paio di morsi al suo, portandoselo davanti a sé con la magia. Dall’espressione sembrava aver appena assaggiato un manicaretto.

«Almeno le margherite sono ancora buone dopo tutto questo tempo.» disse ottimista.

Lo stomaco iniziò a gorgogliare in protesta. Mi chiedeva disperatamente di ingoiare quelle benedette margherite. Ci avrebbe pensato lui al resto.

“D’accordo stomaco, hai vinto tu.”

Istintivamente alzai gli zoccoli per prendere il sandwich, ma per poco non lo feci cadere a terra.

Mi avvicinai con la testa allora, mordendolo direttamente dal piatto. Ne presi un pezzettino, il più piccolo possibile.

Ruminai lentamente, pronta a sputare se fosse stato necessario.

Invece lo trovai migliore di quanto pensassi. Certo, aveva un sapore molto “rustico”, ma era comunque più piacevole di quanto credessi. Feci altri morsi, ma trovai molto scomodo morderlo direttamente dal piatto senza la possibilità di alzarlo con le zampe.

Twilight si schiarì la voce, attirando la mia attenzione. La guardai, intenta a dare altri morsi al suo sandwich: stava puntando con uno zoccolo il suo corno luminoso.

«Non la so usare la magia!» sbottai.

«Ma sei un unicorno! È ovvio che la sai usare! Si tratta solo di levitazione!»

«Sarà solo levitazione, ma non la so usare comunque! Ti ricordo che come pony sono l’equivalente di una puledra qui. Guarda, non ho neanche il cutie mark!» mi misi sulla panca in modo da mettere bene in mostra il fianco.

Già, non ci avevo pensato. Da pony ero completamente nuda, se si escludeva il pelo del manto. E ciò non mi causava il minimo imbarazzo.

Non so perchè ma trovai questa sensazione molto bella, addirittura liberatoria.

Twilight mi guardò con aria molto seria. Si stava probabilmente chiedendo come facesse un’umana adulta, anzi una giumenta adulta a non possedere ancora il cutie mark. In effetti me lo chiedevo anch’io. Forse essendo la mia vera natura umana non avevo diritto ad averne uno? O forse era ad Equestria che dovevo scoprire il mio talento speciale?

«Se è così.» disse infine Twilight. «Ti insegno io la levitazione. Adesso.»

«Adesso?»

«Sì, non è molto difficile. E’ la prima cosa che si insegna ai puledri unicorni a scuola, se i loro genitori non glielo hanno già insegnato a casa. La famigerata Levitazione I.»

«Perché famigerata?»

«Tra i piccoli unicorni gira voce che se non si passa quella lezione banalissima arriverà Nightmare Moon a portarsi via il corno. Ovviamente non è vero, ma era divertente vedere i miei coetanei sforzarsi in tutti i modi di passare un esame che ha la stessa difficoltà di imparare a trottare.»

«Cosa ci vuole?»

«Essenzialmente niente. E’ un puro esercizio di volontà. Niente rune, niente studi, niente formule. Solo volontà e la giusta concentrazione. Inoltre va esercitata quotidianamente, soprattutto se la si usa spesso e con oggetti pesanti. Per fare un paragone è come un muscolo.»

«Allora fammi provare.»

Twilight posò il suo sandwich sul piatto ed esibì un’espressione soddisfatta. Sembrava felice di fare la parte dell’insegnante per una volta.

«Bene. Innanzitutto bisogna visualizzare nella propria mente dove si trova l’oggetto. Non è necessario averlo in vista per usare la telecinesi.»

Per dimostrarmi ciò che aveva appena detto, chiuse ed aprì telecineticamente il baule alle proprie spalle.

«Ovviamente ciò richiede un certo allenamento e disciplina mentale, quindi per il momento lascerei perdere. Il trucco principale per riuscire nella telecinesi è di desiderare, il più intensamente possibile, di avvolgere l’oggetto con una coperta, concentrando la propria attenzione su di esso. A quel punto il corno recepisce il tuo desiderio e si attiva, avvolgendo l’oggetto con un campo telecinetico. Continuando a mantenere la concentrazione ti basta desiderare di spostarlo nella direzione che vuoi e il gioco è fatto.»

«Tutto qui?» domandai, scettica. Nei libri che avevo scritto di solito per una magia del genere i protagonisti sudavano le leggendarie sette camicie.

Twilight annuì sorridendomi.

D’accordo. Sarei stato un unicorno davvero patetico se non ero in grado nemmeno di portarmi alla bocca con la magia un sandwich alle margherite.

Fissai il pranzo come se lo stessi sfidando a muoversi. Non sembrava particolarmente impaurito.

“Avvolgilo con una coperta.”

“Avvolgilo con una coperta.”

“Avvolgilo con una coperta.”

Sentii un leggero calore salirmi dalle tempie fino alla fronte, e la vidi.

Una tenue luce verde apparve sui contorni del mio corno. Subito dopo la stessa luce apparve sui contorni del sandwich. Il tutto accompagnato dal tipico rumore magico che avevo sentito un’enormità di volte nella serie.

Sorrisi tutta eccitata.

«Ottimo lavoro.» si complimentò Twilight. «Ora mantieni la concentrazione e desidera di spostarlo verso di te.»

Feci come diceva. Piano piano iniziò a sollevarsi, prima di pochi millimetri alla volta, poi più velocemente. Un minuto dopo era ad altezza bocca. Lo avvicinai.

Ci stavo riuscendo!

Esagerai e mi andò a finire in faccia. Solo la prontezza di Twilight impedì di farmelo entrare nelle narici.

«Con calma.» mi sgridò gentilmente, rimettendomelo nel piatto.

Ripulitami con le zampe dalla mollica che avevo sul muso, feci un profondo respiro e ritentai.

Questa volta la magia si attivò più in fretta e riuscii a portarmi il sandwich alla bocca alla giusta distanza, permettendomi di dargli un morso.

«Ottimo.» si complimentò Twilight «Forse è perché sei già adulta, ma hai imparato in fretta.»

«No, in fondo è davvero molto semplice.» dissi cercando di essere modesta. In realtà, sotto sotto, mi sentivo una grande maga.

Appoggiai il sandwich mangiato a metà, vidi quello destinato a Daniel, e mi venne un’idea.

Lo alzai magicamente e feci finta che si trattasse di una bocca.

«Per forza che è semplice.» gli feci dire in falsetto. «Siamo pane e margherite … che ci vuole ad alzare un po’ di farina e dei fiori?»

Twilight scoppiò a ridere, e io la seguii subito dopo, perdendo la concentrazione sul sandwich che ricadde in malo modo sul piatto.

Ridemmo così a lungo che ci accorgemmo del risveglio di Daniel solo quando lo sentimmo urlare.


 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 - ... e nuove identità ***


Capitolo IX

... e nuove identità


L'uomo che si preoccupa insensatamente dell'identità del proprio essere è come quell'uomo che si turba perché sta sognando che gli tagliano la testa.

(Bhāgavata Purāṇa)



 

Cacciai un urlo.

No-no-no-no-no-no!

Era solo un brutto sogno. Uno di quelli strani, ma così strani che sai perfettamente di essere addormentato. Come si poteva spiegare altrimenti quella ragazza, tra le sei squinternate, trasformata di fronte ai miei occhi in un pony colorato, in grado di teletrasportarsi e lanciare magie? Come si poteva spiegare quella nube nera che sembrava viva? Come si poteva spiegare il sentirsi svenire per poi risvegliarsi con zoccoli, manto, criniera, e ali?

Ero diventato … un pegaso? O stavo sognando di esserlo?

Provai a divincolarmi, sperando di sentire le coperte del mio letto e di accorgermi di essere solo addormentato, ma continuavo a vedere solo zoccoli davanti a me.

«Daniel! Calmati!»

La voce di Rachel mi fece voltare di scatto, ma al posto della Rachel che conoscevo vidi un pony verde.

Lanciai un altro urlo.

«Sono io, Daniel! Calmati per amor del cielo!»

Scossi la testa, in preda al panico. «Non è reale … non è reale.»

Sentii il rumore di una porta spalancarsi, e vidi, dall’entrata della stanza in cui mi trovavo, arrivare altri due pony (altri pony!) in armatura con delle armi simili a fucili tenute strette a uno zoccolo. Pony armati … urlai di nuovo.

«Che succede qui dentro?» disse uno di loro, con voce minacciosa.

«Nulla, guardia.» disse una voce familiare. Era della ragazza che mi aveva ficcato in questo pasticcio.

Twilight Sparkle.

«E’ solo scosso e stanco. Ha fatto un lungo viaggio.»

«D’accordo, ma fatelo calmare.» disse il pony armato, uscendo insieme al suo compagno e richiudendo la porta alle spalle.

«Che sta succedendo qui?» domandai, guardandomi attorno. Ero in una stanza simile a una suite d’albergo a cinque stelle, tranne per due materassi buttati ai fianchi del letto a baldacchino su cui ero poggiato.

«Siamo …» iniziò a dire il pony verde.

«Che posto è questo? Chi sei?»

«Se mi lasci finire …» disse scocciato quel pony. «… stavo dicendo che siamo ad Equestria, come Twilight ci aveva detto. A Canterlot per la precisione. E io sono Rachel. Non è ovvio?»

«R … Rachel? Tu?»

Mi lanciò uno sguardo stizzito. «Non ti dicono niente i capelli … pardon … la criniera? O la voce?»

«Ma … no, sto sognando …»

«Per me siete assai reali.» intervenne l’unicorno viola, avvicinandosi al letto. «E sono, purtroppo, sicura di non essere in un sogno. Magari lo fosse …»

Ignorai ciò che aveva detto e provai ad alzarmi … inutilmente. Mi sentivo particolarmente leggero, sia per la dimensione, sia per la massa, ma riuscire a trovare l’equilibrio con quelle zampe nello stato in cui mi trovavo era … impegnativo.

«Ti aiuto a scendere dal letto.» disse l’unicorno viola, facendo un sorriso che non mi piacque.

Feci in tempo a notare il suo corno illuminato prima di vedermi circondato da un alone violetto e sollevato da una forza misteriosa.

«Lasciami andare!» urlai mentre mi trasportava fuori dal letto.

«Come vuoi …» disse, prima di far sparire l’alone, facendomi ricadere a mezzo metro dal pavimento.

«Questo per non avermi creduto finora.» mi punzecchiò ridacchiando.

Se era un sogno, era particolarmente realistico … e doloroso.

«Twilight!» esclamò l’unicorno che diceva di essere Rachel. «Ti sembra questo il modo? Almeno prima potevi fargli fare qualche giravolta!»

Si misero entrambe a ridere, e la cosa mi fece stringere i denti. Questo sogno stava diventando sempre più odioso.

Da terra, con la sola forza di volontà, riuscii finalmente a stare ritto sulle mie zampe. C’era qualcosa, una specie di conoscenza innata, che mi fece capire come mantenere l’equilibrio.

«Allora, Daniel …» disse Twilight, fissandomi negli occhi. «Come stai?»

«Mi hai appena trasportato chissà dove, mi hai buttato sul pavimento come un sacco di patate e mi chiedi come sto?»

«Domanda assurda, in effetti» concordò la pony verde. «Si è appena svegliato.»

«Hai fame?» chiese Twilight, con voce più gentile.

«No, per niente. Voglio solo capire che cosa è successo!»

«Quello che vi avevo detto prima di partire.» spiegò l’unicorno viola con tutta tranquillità «Adesso siete entrambi ad Equestria in corpi pony. Luna avrà fatto un errore creando quest’incantesimo, però ha delle controindicazioni molto … simpatiche.»

«Se per simpatico puoi definire essere trasformato in un equino nano con le ali …»

Twilight mi guardò con aria offesa «Le vuoi davvero conoscere le controindicazioni di un incantesimo sbagliato … non simpatiche?»

«Io no di certo.» commentò l’unicorno verde che si era nel frattempo messa vicina a me. In effetti più la fissavo e più mi era familiare. Era davvero Rachel, così come io ero questo pegaso beige?

«Quindi resteremo così?» chiesi.

«No. Ma vi converrebbe restarlo fin quando non avrete intenzione di tornare. Potete immaginare lo scompiglio che si creerebbe se due umani si mostrassero qui … soprattutto nella situazione attuale.»

Il suo sguardo era diventato triste nelle ultime parole … qualcosa non quadrava.

Guardai il mio nuovo aspetto, soprattutto le ali ai fianchi, chiuse. Le percepivo come se fossero un secondo paio di braccia, quindi provai a stenderle ...

Dovetti ammettere che erano davvero belle una volta spalancate. Leggere, eleganti, flessibili. Un desiderio recondito mi si impresse nel cuore.

Ero in grado di volare?

L’idea mi mise i brividi. Però, se quello era solo un sogno … forse …

«Non è un sogno, allora?» chiesi.

Sentii una forte botta alla spalla. Mi voltai per notare Rachel che sorrideva.

«Vuoi qualche altra botta per sincerartene? O ti basta aver abbracciato il pavimento e questa mia piccola zoccolata?»

No, non era un sogno. Quindi se avessi provato a volare, schiantarmi non mi avrebbe risvegliato urlando …

«Quindi che si fa adesso?» chiesi, accantonando l’idea del volo ... almeno per il momento. «Da quel che vedo hai guadagnato un unicorno che non sa lanciare magie e un pegaso che non sa volare.»

«Sull’unicorno che non sa lanciare magie ho qualcosa da ridire» disse Rachel. Si voltò verso un tavolo dove erano apparecchiati dei piatti con dei sandwich. Il suo corno si illuminò di una debole luce verde e uno di quei piatti iniziò a levitare verso l’alto. Fece qualche giravolta e poco dopo ritornò sul tavolo.

«Da quando …?» le chiesi mentre assistevo allo spettacolo.

«Pochi minuti fa …» disse lei, orgogliosa.

Guardai Twilight, la quale mi fece un leggero sorriso. Mentre ero addormentato doveva avergli spiegato come fare.

Magia … ancora mi pareva assurdo …

«Va bene … hai guadagnato un unicorno che sa far levitare un piatto e un pegaso che ancora non sa volare.»

«Su questo non credo ci siano grossi problemi» disse lei, sicura di sé. «Ho la sensazione che imparerete presto a sviluppare le vostre capacità. Per quanto riguarda il cosa fare, ancora non lo so.» il suo volto tornò triste. «Il mio piano ha avuto un altro contrattempo.»

«Successo qualcosa mentre eri via?» intuii.

Lei annuì, e si mise a spiegare.

 

Perfetto … semplicemente perfetto!

Credevo di essere stato trasportato in un mondo utopico da cartone animato … e invece mi ritrovavo catapultato nella versione distopica di quel cartone animato. Con quattro fazioni di pony colorati in lotta per la supremazia del suddetto mondo.

Se fosse stato un sogno e l’avessi raccontato a uno psichiatra, mi avrebbe mandato dritto dritto in un manicomio gettando la chiave.

«Non ci posso credere …» dissi. «Tutto questo è … semplicemente pazzesco.»

«Ancora scettico?» si lamentò Rachel.

«Direi che a questo punto dovrei arrampicarmi sugli specchi per dare una spiegazione diversa a tutto ciò, quindi no … ma rimane tutto …» mi interruppi, guardandomi le ali mentre le spiegavo e ripiegavo. «… così assurdo.»

«Non dirlo a me.» disse Twilight, puntando il muso in basso. «Credevo che mi sarei lasciata tutte quelle ... cose imparate da voi alle spalle, e invece me le ritrovo qui, a casa.» l’unicorno sospirò «E non ho potuto fare niente per impedirlo.»

Per un momento mi sembrò sul punto di piangere, e provai compassione per lei, anche se la mia parte razionale continuava a dirmi che era illogico persino credere di essere svegli, figurarsi provare qualcosa per una creazione della propria mente.

“E’ come se ti trovassi di fronte l’ispettore Phelps” mi disse la mia parte razionale “Che fai, gli stringi la mano e gli chiedi come sta andando la sua ultima indagine?”

Bè … se fosse stato realistico come lo era Twilight Sparkle in questo momento, un pensiero ce l’avrei fatto.

«Non dire così.» esclamò Rachel avvicinandosi a lei. «Hai fatto di tutto per proteggerle. E se Celestia ha ragione sul motivo per cui qui ad Equestria sono passati vent’anni, non avresti potuto fare niente comunque.»

Twilight tirò su con il naso e ci guardò con un sorriso. «Sì, hai ragione. Basta con la disperazione. Sicuro di non avere fame? Noi stavamo finendo il pranzo.»

«Sì, direi che è meglio mettere qualcosa nello stomaco, vista la situazione.» mi voltai verso il tavolo, fissando i sandwich. Avevano qualcosa di strano.

«Cosa sono?»

Rachel mi fece un sorriso che non mi piacque.

«Sandwich alle margherite.» disse, come fosse la cosa più ovvia del mondo.

Essì, perché era ovvio mettere dei fiori in un sandwich! E avere la pretesa di mangiarlo!

«Non è così male.» mi disse Twilight facendomi l’occhiolino, andando al tavolo e sedendosi su una delle tre panche.

La vidi prendere il suo sandwich, già finito a metà, con la magia del suo corno, e addentarlo e gustarselo come se niente fosse. Un petalo le spuntò dalla bocca mentre masticava ...

«Non hai più fame?» mi disse Rachel, andando anche lei a sedersi e a cibarsi di quel pranzo.

Lo stomaco iniziò a brontolarmi, rispondendo per lei.

“D’accordo Daniel … fai finta che sia insalata.”

Mi avvicinai, andai a sedermi sulla panca libera e avvicinai la bocca al sandwich destinato a me.

Feci un bel respiro e addentai. Mi tenni il boccone per un po’, assaporandolo.

Mmm, niente male … pensavo peggio. Forse anche le mie papille gustative erano cambiate.

Ma chi prendevo in giro? L’adoravo!

Presi altri bocconi più grandi, infischiandomene se sembravo un maiale che grufolava nel suo pastone.

Tanto, assurdo per assurdo …

«Daniel!» mi rimproverò Rachel, che intanto aveva già finito il suo. «Prima fai lo schizzinoso e poi … questo?»

Twilight, dopo aver inghiottito l’ultimo pezzo del suo sandwich, rise. «Mi ricordi molto uno dei Wonderbolts.»

«Chi, Soarin?» chiese Rachel.

Twilight la guardò stupita. «Sì, come fai a … lascia perdere, domanda sciocca.»

Finii (purtroppo) il sandwich, e non riuscii a trattenere un rutto.

«Ops … scusate.» dissi, sorridendo.

Twilight ridacchiò, mentre Rachel mi lanciò uno sguardo così duro che mi sentii spinto verso lo schienale della panca.

«C’è una questione di cui vorrei parlare ad entrambi prima di fare qualsiasi altra cosa.» disse Twilight, sviando l’attenzione di Rachel e catturando la mia.

«Visto dove ci troviamo, e in che situazione ci troviamo, forse sarebbe il caso che vi scegliate dei nomi più … da pony.»

«Come sarebbe a dire?» protestai. «Voi venite da noi e vi tenete quei nomi folli, ma quando veniamo noi da voi dobbiamo cambiare i nostri?»

«Non credo sia questa la priorità» disse Rachel, lanciandomi l’ennesimo sguardo gelido. «Ti ricordo che siamo senza cutie mark.»

«Ci ho già pensato, e per questo problema ho tre possibili soluzioni: la prima, più semplice, è di nascondere i vostri fianchi con dei vestiti, la seconda è di spiegare la mancanza del cutie mark per un esperimento magico andato a male a cui sto cercando di rimediare e la terza è far finta che abbiate una malattia rara chiamata “Fianco candido di Ponnheimer”»

«Mai sentita.» disse Rachel.

«Non sarebbe rara, altrimenti.» disse Twilight, con l’aria di chi sa di sapere qualcosa di più degli altri. «Colpisce un pony su un milione, bloccando l’acquisizione del suo cutie mark indipendentemente dai suoi sforzi. Non impedisce di scoprire il proprio talento speciale, e non comporta malformazioni fisiche o mentali, ma crea diversi problemi sociali, come potete immaginare.»

«E quali?» chiese Daniel. «Quali problemi può mai creare non avere un tatuaggio sul fianco?»

«Una montagna di problemi!» sbottò Rachel, quasi arrabbiata. «Un cutie mark è ciò che ti rende adulto … completo!»

«Che esagerata! E’ un po’ più complicato di così, ma in parte è vero.» la corresse Twilight. «Di solito i cutie mark appaiono prima della maggiore età, la maggior parte delle volte prima dei dieci, nove anni. Quando tarda ad apparire può capitare di essere derisi, ma non è la norma come pensi, Rachel. C’è una certa tolleranza per chi ancora non ce l’ha. Ad ogni modo può capitare che un pony senza cutie mark possa sentirsi escluso. Per non parlare dei possibili problemi psicologici derivanti dal non aver ancora trovato ciò che lo rende speciale.»

L’unicorno viola si interruppe, colta da un pensiero.

«Twilight?» la chiamò gentilmente Rachel.

«Scusate … stavo ripensando ad altre mie amiche senza cutie mark. Chissà se in questi vent’anni sono riuscite a trovarlo … o se sono ancora vive.»

«Sweetie Belle, Scootaloo e Applebloom?» chiese Rachel.

Twilight annuì. «Ma torniamo a noi … che soluzione preferite adottare?»

Sia io che Rachel ci guardammo, pensierosi.

«Forse …» iniziò Rachel.

«Credo sia meglio ricorrere al fianco coperto.» dissi. «Se fossimo costretti a mostrarlo, useremo la scusa di quella malattia.»

Twilight annuì. «Sì, è un’ottima idea. Per quanto riguarda i nomi invece?»

«Dobbiamo proprio?» dissi, facendo il muso. «Daniel e Rachel non vanno bene?»

«Attirerebbero l’attenzione quasi quanto i fianchi bianchi.»

Rachel era ancora pensierosa, io invece scuotevo la testa.

«E che nome dovrei prendere?»

«Se vuoi posso decidere io per voi.» disse alzando gli occhi al soffitto. «Ne ho in mente uno per te niente male.»

Portai una mano … anzi, uno zoccolo alla guancia, appoggiandomi.

«Sentiamo …»

Sul volto di Twilight si aprì un sorriso beffardo. «Grumpy Wing»

«Ah-ah. Molto divertente …»

«Non è facile trovarvi un nome senza conoscervi,» continuò Twilight mantenendo lo stesso ghigno. «quindi mi sono ispirata al tuo carattere.»

«Che ne dici invece di Dazzlewing?» disse Rachel, interrompendo il suo silenzio.

«Ala Abbagliante?» domandai, scuotendo la testa. «Stai scherzando?»

Rachel inarcò un sopracciglio «Hai idee migliori?»

Sbuffai.

«No … vada per … Dazzlewing …»

«Per te invece, Rachel?» chiese Twilight.

«Mi piacerebbe Green Wish … che ne dici?»

«Green Wish …» sibilai scuotendo la testa. «Perché non Green Day? Così ti puoi mettere a cantare American Idiot.»

Twilight sgranò gli occhi confusa, guardando Rachel.

Rachel mi fece una smorfia.

«Non dargli retta.»

Twilight annuì. «Bè, Green Wish ti si addice. Green Wish e Dazzlewing … andata.»

«Spero di dover utilizzare quel nome il meno possibile.» dissi a denti stretti.

«A questo punto non resta che trovarvi qualcosa per coprirvi il fianco ed è fatta.»

Scese dalla panca e andò verso un baule, iniziando a rovistare al suo interno.

Scesi anch’io e la guardai da lontano.

«Che stai …?»

In tutta risposta ricevetti una borsa vuota in faccia. Me la tolsi e la riconobbi come una di quelle che avevano le sue amiche.

Twilight con la sua magia fece uscire dal baule diversi oggetti, tra cui degli abiti fatti apposta per dei pony. Definirli eleganti era un eufemismo. Sembravano la versione equestre dei vestiti degli stilisti che avrebbero indossato solo un centinaio di persone in tutto il mondo.

«No, no … Rarity come al solito esagera! Più che nascondervi i fianchi questi vi renderebbero visibili come la luna di notte … a meno che …»

Sentii degli squarci secchi e due di quei vestiti divennero quattro metà.

«Se Rarity fosse stata qui sarebbe svenuta, ma era necessario. Ecco, provateli.»

Mi passò (o meglio lanciò) la parte inferiore di uno di quei vestiti, e fece lo stesso con Rachel. Erano l’equivalente dei pantaloni: i miei erano più semplici e di color blu, mentre quelli viola di Rachel avevano delle rifiniture graziose a forma di gemme.

Li guardai, cercando di capire come mettermeli, visto che non avevo le mani.

«Per fortuna che c’era un modello la cui parte inferiore può andare bene anche per gli stalloni.» commentò Twilight. «Credo che fosse per Rainbow Dash.»

Mi coricai e presti con i denti il vestito, portandolo verso gli zoccoli posteriori, poi usai in parte gli zoccoli anteriori e in parte la bocca per tirarlo fino ai fianchi.

Molto più facile dirlo che farlo. Per fortuna intervenne Twilight in mio aiuto.

Rachel invece ci riuscì da sola, grazie alla sua magia.

Non lo avrei mai detto, ma adesso avrei tanto voluto essere un unicorno come loro.

«Davvero niente male.» disse Rachel, guardandosi di fronte a uno specchio. «Ma non mi potevo aspettare niente di diverso da Rarity.»

«Però dovrei rifinirli un po’.» disse Twilight, dando uno sguardo al mio di vestito, fissando i punti in cui si notava lo strappo che aveva fatto. «Non sono un’esperta, ma stando con Rarity ho imparato un paio di trucchetti, e per fortuna si era portata con sé alcuni strumenti di base per interventi del genere.»

Passò diverso tempo a ritoccarci quei pantaloni improvvisati, che mi arrivavano poco sotto le ali, nascondendo il punto dove ci sarebbe dovuto essere quello strano tatuaggio chiamato cutie mark.

Stava quasi finendo quelli di Rachel quando bussarono alla porta. Subito dopo entrò un pegaso come me, imponente, di colore rosso e dalla criniera arancione.

Mi lasciò sbalordito ciò che aveva addosso. A parte l’armatura che avevano le altre guardie, portava quello che sembrava un grosso fucile montato sulle spalle, con dei cavi che gli arrivavano fino a davanti alla bocca, dove c’era qualcosa di molto simile al cane di un’arma da fuoco.

La giornata diventava sempre più strana … ora avevo di fronte un pegaso attrezzato come un piccolo carro armato.

«La Principessa è di nuovo libera per ricevervi. Seguitemi appena siete pronti. Vi aspetterò qui fuori.»

Detto questo si voltò senza attendere risposta e richiuse la porta alle spalle.

«Di già?» esclamò Twilight con occhi sgranati.

Ci guardammo l’uno con l’altra per qualche istante, in un silenzio sgradevole, mentre l’unicorno viola teneva in sospeso in aria un ago e un filo sopra i pantaloni di Rachel, pensierosa.

«La Principessa?» chiesi, rompendo per primo il silenzio.

Twilight annuì, riprendendo in fretta il suo lavoro.

«Celestia, colei che alza e abbassa il sole da mille anni e, almeno fino a vent’anni fa, governava su tutta Equestria insieme a Luna.» riassunse. «Te l’ho già raccontato mi sembra.»

«Sì, sì.» dissi spazientito.

Ci fu un altro breve silenzio, nel quale Twilight cucì l’ultimo brandello del vestito, completando il suo “rattoppo”.

«Vi devo chiedere un favore.» disse rimettendo tutto a posto nel baule, tra strumenti e pezzi di vestito, con la magia della levitazione.

«Fate molta attenzione a ciò che dite.» iniziò, con tono serio. «Non voglio intimorirvi, ma ho la sensazione che se non fosse stato per la mia intercessione sareste incorsi in guai molto seri. Anche così però temo che una parola di troppo potrebbe esservi fatale. Spero di sbagliarmi, ma preferisco avvertirvi.»

«Fai bene.» si accodò Rachel in tono grave. «Anch’io ho avuto una sensazione simile.»

«Eviterò di parlare a sproposito,» esclamai «ma non prometto nulla.»

Rachel mi fissò «Ricorda che stai per andare a parlare con colei che è stata in grado di sconfiggere uno spirito della discordia e di esiliare una dea sulla luna. Vedi che così ti passerà la voglia di parlare a sproposito.»

Deglutii e annuii.

Stupide dee fantasy … troppo potere …

«Allora non facciamola aspettare.» dissi, dirigendomi alla porta per primo.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 - La sofferenza dei giusti ***


Capitolo X

La sofferenza dei giusti


Le lacrime sono lo sciogliersi del ghiaccio dell’anima. E a chi piange, tutti gli angeli sono vicini.

(Hermann Hesse)



 

Seguimmo Redflame per i corridoi del castello in silenzio. Non riuscivo ad abituarmi alla nuova Canterlot, piena di arazzi e bandiere, che sembrava sussurrare da ogni angolo “Siamo ad Equestria!”. Lo sguardo di Rachel e di Daniel sembravano dimostrare i miei stessi pensieri.

Qualche minuto prima di arrivare alla sala del trono, incrociammo la strada con un gruppo di pony di terra. Tre di loro erano vestiti con abiti che mi ricordarono orribilmente alcune divise militari marrone chiaro che avevo visto addosso agli umani dell’ultimo secolo, e che coprivano i fianchi rendendo impossibile vedere che cutie mark avessero (così come le guardie di Canterlot, Redflame compreso). Portavano collegate alla schiena dei fucili simili a quello che aveva indosso Redflame, con tanto di fili che arrivavano alla bocca. In più, legate alle zampe, avevano quelle che mi ricordai essere delle pistole. Mi colpì infine il copricapo, che mi sembrava si chiamasse colbacco, scuro con impressa sulla parte frontale l’impronta di uno zoccolo gialla sovrapposta a una mela rossa.

Quei pony non erano semplici guardie. Erano soldati. Addestrati a uccidere.

Gli altri tre pony da loro scortati invece portavano indosso abiti pratici, quasi da lavoro, con appuntato sul petto una spilla con lo stesso simbolo sui cappelli dei soldati. I loro cutie mark rappresentavano penne e pergamene.

Diplomatici, forse?

«… abbia buttati fuori così!» terminò una frase uno di loro, prima di accorgersi che ci stavamo avvicinando.

Ci guardarono con aria piena di disgusto e sufficienza, come se fossimo mostri. Notai che il loro sguardo andava spesso al corno mio e di Rachel e alle ali di Daniel.

Quando li superammo, Daniel si avvicinò a me e mi sussurrò all’orecchio. «Fammi indovinare … erano i pony che odiano tutto ciò che ha ali o magia, vero?»

Annuii, ricordando le parole di Celestia su Terra, la nazione dei pony di terra.

Rabbrividii pensando a migliaia di quegli sguardi puntati su Canterlot.

 

«Finalmente.» esclamò una delle guardie alla porta della sala del trono. «La Principessa vi sta aspettando.»

Ci venne aperto e attraversammo la porta, tranne Redflame che restò fuori.

Celestia ci attendeva vicino al trono, seduta di fronte a un grosso tavolo mentre contemplava qualcosa che non notai finchè non mi avvicinai a sufficienza.

Era una mappa di Equestria. Una Equestria molto diversa da quella che mi ricordavo. Una Equestria divisa in tre. Con noi in mezzo.

«Benvenuti.» ci salutò la alicorno bianca, salutandoci con un gesto regale del capo.

Con uno sguardo chiesi a Daniel e Rachel di inchinarsi. Esitarono. Rachel soprattutto stava tremando dall’emozione. Celestia alzò uno zoccolo prima che potessero provarci.

«Non c’è alcun bisogno di essere formali. Siete tra amici. Sedetevi pure attorno al tavolo.»

Così fecero. Io mi misi accanto alla mia mentore, Rachel all’altro mio fianco, e Daniel al fianco di Rachel, proprio di fronte a Celestia. Ma entrambi gli umani ora pony mantennero lo sguardo basso, facendo finta di studiare la mappa sul tavolo.

«Dunque …» iniziò la Principessa, attirando la loro attenzione. «Dò ufficialmente a entrambi il benvenuto ad Equestria. Spero possiate godervi il soggiorno qui finchè non tornerete nel vostro mondo.»

«Vi … vi ringrazio, Principessa.» disse Rachel con voce tremante, chinando il capo. Daniel si limitò ad abbassare la testa.

«Se non ricordo male, Twilight mi ha detto che vi chiamate Rachel e Daniel. Correggetemi se sbaglio.»

Rachel mi guardò, chiedendomi con lo sguardo se era appropriato parlare liberamente o meno. Annuii.

«In realtà avremmo deciso di usare nomi più … equestriani finchè saremo qui.» disse Rachel. «Quindi chiamatemi pure Green Wish.»

«E a me Dazzlewing.» si accodò Daniel, con tono poco soddisfatto.

Celestia sorrise. «Apprezzo questa vostra decisione. In altri tempi mantenere i vostri nomi avrebbe creato solo un po’ di curiosità e qualche risata, ma adesso è una precauzione più che motivata. Spero che ciò non vi pesi troppo.»

«No, affatto.» mentì Daniel.

«Bene.» replicò soddisfatta la Principessa, anche se ero certa che avesse colto il suo disappunto. «So quanto può essere strano per voi giungere in un mondo come il nostro. Io stessa ho avuto occasione di viaggiare in altri mondi e ho provato sensazioni simili, ma da quanto mi ha raccontato Twilight stamattina potremmo non essere poi così diversi. Tanto per cominciare ho bisogno che sia voi che Twilight mi riferiate tutto ciò che vi è accaduto da quando vi siete incontrati, oltre a tutto ciò che sapete sul vostro mondo. Nei minimi particolari. Dopodichè potremo parlare delle faccende più urgenti.»

Ci lanciammo uno sguardo d’intesa, e iniziai a raccontare di nuovo la storia dei miei ultimi due giorni, stavolta molto più nel dettaglio. Di quando in quando interveniva Rachel, spiegando le ragioni di ciò che aveva fatto o colmando mie lacune sulle conoscenze che avevo, ad esempio sulla televisione, sul computer, sulle auto o in generale sulla situazione del loro mondo, spiegando a grandi linee com’era organizzata l’umanità in termini di politica, economia, scienza, storia ecc ...

Invece Daniel rimase quasi sempre zitto, tranne alla fine, dove si limitò a dire: «Non so ancora perché l’ho fatto.»

«Perché in fondo al cuore lo desideravi.» rispose a sorpresa la Principessa Celestia. Daniel alzò un sopracciglio, stupito da quella risposta. Sorrisi, perché in parte cominciavo a crederlo anch’io.

«Vi sono grata per il vostro desiderio di aiutarci. Sono certa che le vostre conoscenze e abilità ci saranno molto utili in futuro, almeno finchè deciderete di restare.»

«Allora faremo qualcosa?» chiesi, sollevata nel sentire quelle parole.

«Non quello che avevate intenzione di fare.» mi bloccò Celestia alzando uno zoccolo per mostrare la mappa. «Come ti ho già detto e come puoi ben vedere, l’Equestria che conoscevi non è più la stessa. Ho bisogno di te qui, in un posto sicuro. Ma anche da qui sia tu che i tuoi nuovi amici potrete essere molto utili.»

«E come faremo a far tornare gli Elementi come prima restando qui?» chiesi, sconcertata.

«Non sono la nostra priorità.» disse Celestia, scuotendo la testa. «Non più.»

«E qual è la nuova priorità?» chiese Daniel.

Celestia restò in silenzio per qualche istante, vagando con lo sguardo sulla mappa di fronte a sé.

«Quando tornarono le tue amiche, Twilight, anch’io ho subito pensato che far tornare gli Elementi come prima fosse una cosa necessaria. Ma mancando il tuo Elemento e con il caos che ne seguì, compresi che non era la scelta più saggia concentrarsi su di essi. La Prima Grande Guerra, soprattutto, in cui erano tutti contro tutti, passai la maggior parte del tempo insieme a Luna a difendere il più possibile ciò che stavamo perdendo. Purtroppo non potevamo essere dappertutto allo stesso tempo, quindi abbiamo perso terreno facilmente, schiacciate da tre fronti compatti. A quel punto abbiamo deciso di indagare maggiormente su ciò che Luna aveva scoperto dell’Ombra, e da allora abbiamo fatto qualche progresso, anche se solo negli ultimi tempi.»

«Davvero?» chiesi «Qui?»

Celestia annuì, poi si rivolse a Daniel e Rachel «Da quello che mi avete raccontato, sembra che non abbiate mai visto l’Ombra o una sua rappresentazione, esatto?»

Entrambi scossero la testa. «Fino a stamattina nemmeno credevo alla magia.» disse Daniel. «E ho ancora qualche dubbio adesso.» si corresse in modo un po’ troppo rapido, facendo una smorfia.

Celestia non ci fece caso. «E mai avete pensato che potesse esistere.»

Annuirono.

«Ciò significa che questo nostro nemico agisce, come il nome datole da mia sorella suggerisce, nell’ombra. Nel vostro mondo è stato sempre invisibile, sconosciuto a tutti, agendo e crescendo indisturbato secolo dopo secolo. Per questo risulta anonimo, e nessuno ne ha mai sentito parlare. Suppongo che in tutta la vostra storia siano stati davvero pochi coloro che siano anche solo riusciti a percepirne la presenza. La vostra incapacità di utilizzare la magia ad alti livelli non ha fatto altro che aiutarlo a rimanere nascosto nei vostri animi. Poi, in qualche modo, è venuto a conoscenza del nostro mondo e ci ha fatto visita, sperando di corrompere anche noi. Per nostra fortuna non aveva previsto il potere degli Elementi dell’Armonia, altrimenti non saremmo mai venuti a conoscenza della sua esistenza. Luna infatti ricorda di essere stata sotto la sua influenza. Fino a non molto tempo fa.»

Sussultai, colta da un’illuminazione.

«Mi state dicendo che lei è diventata Nightmare Moon … perché corrotta dall’Ombra?»

Celestia annuì gravemente.

«Ho sempre pensato che fosse stata la mancanza di attenzioni la causa di tutto, ma a quanto pare questa influenza negativa è stata determinante per spingerla contro di me.»

Celestia sospirò, guardando verso l’alto. «Se solo mille anni fa gli Elementi l’avessero purificata fin da subito invece che esiliarla … forse ero io a non essere abbastanza pura in quel momento …»

«E tutto ciò che significa?» la interruppe Daniel. «Che l’Ombra non è la prima volta che visita questo mondo?»

Lo fulminai con lo sguardo per averla interrotta in quel momento così malinconico, ma Celestia si riprese subito e non sembrò prendersela.

«No … non è la prima volta. Ma Luna crede, e ha convinto anche me, che quest’Ombra ci abbia fatto visita molte altre volte durante la storia, influenzando gli eventi a suo favore, nella speranza di ottenere il dominio su Equestria. E oggi è molto vicina ad ottenerlo questo dominio.»

«Cosa volete che facciamo?» chiese con tono gentile Rachel.

«Aiutate Luna nella sua ricerca. Datele tutto il supporto possibile. Lo farei io stessa, ma non posso permettermi di lasciare Canterlot per troppo tempo, né ho molto tempo da dedicarci, non nella nostra situazione delicata. Ciò che potete fare voi è scoprire cose sul nostro passato andate perse, dimenticate. Così forse scoprirete qualcosa che potremo usare per liberare i pony di Equestria dalla sua influenza.»

«La principessa Luna è qui al castello?» chiesi.

Celestia negò con un leggero movimento della testa.

«E’ a Ponycity.»

«Perché non è più a Canterlot?» chiese Rachel curiosa.

«Se ricordate vi ho detto che possiamo fare molte cose mia sorella e io, ma non possiamo essere in due posti allo stesso momento. Non fisicamente, almeno. Per difendere Manehattan abbiamo perso Trottingham, per salvare i pony di Seaddle abbiamo perso Las Pegasus … per salvare due città altrimenti spacciate, ne perdevamo altrettante. Sapendo come sarebbe andata a finire, la Seconda Grande Guerra finì, almeno per noi del Regno di Equestria, quando cedemmo alle altre nazioni ciò che rimaneva del nostro Regno, ad esclusione di Ponycity e Canterlot, in cambio del salvacondotto dei pony che desideravano venire da noi. La Pace degli Dei Codardi la chiamano ancora oggi …»

Celestia sospirò, interrompendosi mentre fissava sulla mappa ciò che rimaneva del suo regno.

«… comunque da quel giorno decidemmo di dividerci le “aree di difesa”. Io da allora difendo e amministro Canterlot, mentre lei Ponyville, poi diventata Ponycity. Una nota positiva di questa faccenda è che finalmente mia sorella ha potuto dimostrare pienamente le sue capacità amministrative. Cosa incredibile, visto il lungo esilio: dopo essere stata purificata dagli Elementi dell’Armonia non sapeva neanche cosa fosse un treno … e ora guardate come ha trasformato Ponyville. Non condivido molto il modo con cui ha “modernizzato” Ponyville, ma per preservare ciò che resta dei nostri ideali non si poteva fare altrimenti.»

«Stavo pensando …» esclamò ad alta voce Rachel. «… e se tornassimo nel nostro mondo, facendo ricerche approfondite là?»

«Non lo consiglio, visto cos’è successo.» rispose Celestia. «L’Ombra ormai vi conosce, sicuramente v’impedirà di arrivarci, o vi ostacolerà in tutti i modi. Quello in fondo è il suo dominio.»

Gli occhi di Daniel si sgranarono in un’improvvisa rivelazione.

«A me è venuto un altro dubbio … ma se è vero che qui sono passati vent’anni, saranno passati vent’anni anche nel nostro mondo?»

Mi morsi un labbro. Già … non ci avevo pensato. Se era vero, avevo rovinato le loro vite. Era colpa dell’Ombra se era successo tutto, ma ero stata io a portarli con me, anche se mi avevano seguito volontariamente.

Celestia si mise a riflettere su quella domanda, mentre Rachel e Daniel si scambiarono sguardi preoccupati.

«Purtroppo è possibile, ma non certo. Andare avanti e indietro nello spazio-tempo in una dimensione è già di per sé complicato, ma tra diverse dimensioni diventa estremamente erratico, soprattutto quando intervengono forze sconosciute. Credo che siano passati vent’anni qui come nel vostro mondo, ma non ho le conoscenze necessarie per dirvi se è certo né se è possibile rimediare in qualche modo.»

Quel ni della Principessa non sembrò confortarli più di tanto. Restarono in silenzio, lanciando sguardi afflitti tra loro e me. Non avevano idea di quanto li capissi. Non volevo essere pessimista, ma in quei vent’anni l’umanità poteva benissimo essersi autodistrutta, vista la quantità di armi devastanti che possedeva. Guardai Celestia, e dall’espressione sembrava condividere quel mio pensiero. Anche lei aveva sentito e visto cosa era in grado di fare l’umanità.

«Quando avremo tempo, cercheremo un modo per farvi tornare a casa nel punto e nel momento giusti.» continuò più rassicurante. «Per il momento posso solo dirvi che è sconsigliabile tornare nella vostra dimensione. Rischiate solo di peggiorare le cose.»

Daniel e Rachel sospirarono, e annuirono. Con Celestia erano in buone mani.

«Quindi è da escludere il viaggio nella loro dimensione.» dissi con tono mesto. «Non ci resta che andare da Luna e aiutarla nelle sue ricerche, sperando di trovare qualcosa. Ma prima avrei alcune domande in sospeso da fare.»

«Sì, ne hai pieno diritto.» disse lei. «Però non aspettarti risposte felici.»

Me lo aspettavo, ma non volevo più rimanere nel dubbio e nell’ignoranza.

«Avete detto che l’Impero di Cristallo è rimasto neutrale. Cos’è successo a Cadence e Shining Armor?»

Capii che avrei avuto una brutta notizia dalla sua espressione rattristata.

«Fin dall’inizio ci furono dei tumulti nell’Impero di Cristallo. Già da prima che partiste, se ricordi bene. Tumulti che si aggravarono con il passare dei giorni. Arrivarono al loro picco quando si instaurarono le tue amiche nei posti di comando che le portarono poi a far guerra ad Equestria. Per evitare di rimanerne coinvolti, Cadence e Shining Armor intervennero con decisione per riportare l’armonia in un luogo che era tornato a conoscerla da poco. Ci riuscirono, ma a un carissimo prezzo.»

La vidi inspirare faticosamente, e prima di parlare le scappò una lacrima.

«Tuo fratello non ce l’ha fatta.»

Mi si torse lo stomaco come sotto una pressa. La semplicità di quelle parole mi distrusse. Le guance mi s’inumidirono all’istante. Non c’era preparazione psicologica, anzi nulla che poteva prepararmi a quella notizia. Abbassai la testa, lasciando che le lacrime cadessero sul marmo bianco della sala del trono.

Non ero lì … per colpa dell’Ombra non ero lì, ad aiutarlo, a salvarlo. Era morto … facendo il suo dovere, da vera guardia di Canterlot, chiedendosi forse che fine avesse fatto sua sorella per non esserci nel momento del bisogno.

Sentii uno zoccolo sulle spalle. Era Rachel.

Alzai lo sguardo, guardandola con gli occhi ricolmi di lacrime. Aveva un’espressione triste ma empatica, così tanto che d’istinto mi lanciai in un abbraccio e mi scaricai di colpo, singhiozzando e piangendo a più riprese.

Quando finii tirai su con il naso. Il dolore per la perdita non era per nulla finito, ma ero tornata abbastanza in me da lasciare l’abbraccio di Rachel e rivolgermi di nuovo alla mia mentore.

Decisi di affrontare tutto di petto, ora.

«Chi altri?» chiesi, con voce rotta.

«Spike.» fu la semplice risposta di Celestia.

Lo stomaco tornò a torcersi, ma di lacrime ne erano rimaste poche … il che mi fece sentire ancora peggio, perché lo conoscevo da quando era un uovo … l’avevo visto nascere … crescere … gli avevo insegnato a parlare, a scrivere … non era solo un amico … era né più né meno di … di un figlio …

Non era giusto non avere a disposizione le lacrime che avrei voluto dargli. Mi arrabbiai con me stessa per non aver chiesto subito di lui.

Spike …

Perché …?

«Come?» chiesi, a voce così bassa che riuscii a udirmi a malapena.

«Sicura di volerlo sapere?» chiese Celestia.

Sì che ne ero sicura … ma presi un attimo per dedicargli quelle poche lacrime e singhiozzi rimasti. Feci un profondo respiro, e con gli occhi ancora umidi fissai la mia mentore e annuii.

«Quando le tue amiche tornarono senza di te e Spike vide ciò che stavano facendo, decise di andarle a cercare e di farle ragionare. Provò con tutte loro, una dopo l’altra, senza successo, riferendomi con delle lettere i suoi sforzi. L’ultima lettera che ricevetti parlava del suo ultimo tentativo, con Rarity. Poi più niente. Nessuna notizia. Durante la Seconda Guerra Unicornia lanciò un massiccio attacco contro Canterlot, obbligandoci a difendere la città e lasciando scoperti altri fronti. Durante quell’assalto ci fu un impiego massiccio di draghi, guidati dagli unicorni.»

Iniziai a capire, e mi venne un nodo alla gola.

«Nella foga del combattimento fui costretta a ucciderne molti per evitare che indebolissero le nostre difese. Solo quando tutto finì vidi che, tra le carcasse dei draghi, una aveva le squame viola e verdi.»

Qualche altra lacrima calò dal mio viso. La gola faceva male a furia di singhiozzare.

«Mi dispiace Twilight.» disse Celestia, avvicinandosi e abbracciandomi. «Avrei dovuto fare più attenzione … avrei potuto evitare …»

La abbracciai a mia volta, stavolta però senza sfogo.

«Nessun’altro?» chiesi una volta lasciato l’abbraccio. Non avevo più lacrime a disposizione, quindi sperai di no.

Celestia negò gentilmente con la testa. «No. I tuoi genitori per fortuna sono ancora vivi.»

Quella notizia mi risollevò il morale e tolse parte del peso che avevo sul cuore. Almeno loro …

«Sono ancora qui a Canterlot?» chiesi.

«Sì, nella stessa casa di vent’anni fa. Credo, vista la situazione, che prima di andare da Luna ti convenga far loro visita.»

Proprio ciò che avevo intenzione di fare. Chissà se mi credevano morta oppure mi stavano ancora aspettando.

«Vuoi che li avverta del tuo arrivo?»

Scossi la testa. «No, tanto andrò da loro il prima possibile.»

«D’accordo. Ci sono altre cose che vorresti spiegate? O domande che volete fare anche voi?»

Daniel e Rachel, ripresisi un po’ dalla preoccupazione e chiamati in causa, ci rimuginarono un po’ su. Fu Rachel a fare la domanda.

«Ho notato che le guardie impugnano armi … diverse. Sono davvero fucili?»

Celestia annuì. «In vent’anni sono cambiate molte cose. I pony di terra soprattutto hanno sviluppato la tecnologia in tempi rapidissimi. Dal punto di vista militare, soprattutto. Si è iniziato con i fucili di Terra, a cui si è risposto con le mitragliatrici di Unicornia, a cui si è risposto a loro volta con i carri armati di Terra. Ora tutte le fazioni dispongono di queste terribili armi.»

«Come è possibile difendersi?» chiesi, ricordando il dolore provocato da quell’arma solo poche ore prima.

«Non si può, se non schivando le pallottole o mettendosi dietro a un riparo. L’unica magia che può fare qualcosa per difendersi efficacemente è lo Scudo Magico che già conosci. Quest’ultimo però, soprattutto contro i mitragliatori o contro un fuoco serrato, decade in fretta, quindi ne è stato creato uno da Luna più adatto contro le armi da fuoco. Fattelo insegnare appena avrai tempo, potresti averne bisogno. Ah, e visto che siamo in tema voglio che tu abbia questo.»

Sul tavolo apparve in un flash un libro. Dalla copertina rossa e liscia, s’intitolava “Incantesimi d’età e affini: dal settimo al nono livello”. L’autore era Starswirl il Barbuto.

Malgrado avessi finito di piangere solo qualche minuto prima, mi riscoprii a mostrare un timidissimo e appena accennato sorriso. Era il massimo che riuscivo a tirar fuori, visto l’enorme peso sul cuore.

«E’ una ristampa del testo originario, con i commenti personali miei e di Luna per ogni incantesimo. Ne sono state vendute poche copie negli ultimi duemila anni, e altrettanto pochi sono gli unicorni in grado di utilizzare anche solo uno di questi incantesimi. Ma ormai credo tu sia pronta.»

«Davvero?»

«Sì. Nel racconto mi hai detto di essere riuscita a usare l’incantesimo del Raggio Solare, qualcosa che finora solo io e pochi altri sono riusciti a lanciare. Sei più che pronta a entrare nel novero degli unicorni di alto livello. Certo, questo libro non basterà per imparare ciò che c’è bisogno, ma ci saremo sempre io e Luna ad insegnarti ciò che serve.»

Alzai magicamente il libro e lo aprii, sfogliandolo con delicatezza. Osservai l’enorme quantità di rune, formule, riti e spiegazioni che mi misero addosso una certa curiosità, facendomi dimenticare per qualche istante il dolore per i lutti di cui ero venuta a conoscenza.

«Vi ringrazio.» dissi, facendo un leggero inchino con la testa e riponendo il libro sul tavolo.

«Avete altre cose di cui vorreste discutere?»

In quel momento il mio unico desiderio era di galoppare dai miei genitori, ma volevo dare a Rachel e Daniel la possibilità di ambientarsi il più possibile, quindi lanciai loro uno sguardo, invitandoli a sfruttare quell’opportunità.

«Principessa Celestia.» iniziò Rachel, inchinando leggermente la testa nel tentativo inutile di nascondere le guance arrossate dall’emozione. «Vorrei chiedere così tante cose … ma non me la sento di rubarLe del tempo prezioso. L’abbiamo già disturbata abbastanza.»

«Nessun disturbo, davvero.» disse Celestia «E’ un piacevole diversivo poter parlare con abitanti di altre dimensioni, soprattutto da una come la vostra così … particolare. Però mi duole ammettere che ho altri impegni in lista oggi, quindi se volete potete chiedere ancora una cosa e poi potrete congedarvi.»

«Una domanda ce l’ho …» disse improvvisamente Daniel, attirando la nostra completa attenzione.

«Da quello che ho capito,» iniziò, gesticolando con gli zoccoli «i pony di questo mondo si dividono in tre specie: pony di terra, unicorni e pegasi, giusto?»

Celestia annuì.

«Voi però possedete sia le ali che il corno … quindi cosa siete?»

Rabbrividii alla mancanza di tatto della domanda. Ma Celestia nuovamente non se la prese.

«Veniamo definite alicorni. Una varietà molto rara e potente di pony.»

«Quindi siete una specie di dea?»

Tutti i peli del manto mi si rizzarono, e lanciai uno sguardo esasperato a Daniel.

«Oh, nulla del genere.» spiegò tranquillamente Celestia, sorridendo. «La propaganda ci fa sembrare tali, ma non è così. Dicono che siamo dee perché alziamo il sole e la luna ogni giorno, ma erano in grado di farlo anche gli unicorni prima che iniziasse il nostro regno. Non siamo nemmeno le responsabili della fondazione di Equestria, che esisteva già da tempo.»

Rachel sussultò. «Credevo che … ma sì, è vero … ricordo che nella storia del Riscaldamento dei Cuori voi ancora non regnavate.»

Celestia sorrise di nuovo. «Ammetto che mi sento un po’ a disagio nel vederti così informata su di noi … e da una fonte così poco ortodossa, per giunta … Comunque sì, noi arrivammo più tardi, verso la fine del regno del caos di Discord, circa mille anni dopo …»

«… usando gli Elementi dell’Armonia per tramutare in pietra lo spirito del caos.» concluse Rachel, come se stesse recitando.

Celestia annuì, soddisfatta come l’insegnante con l’alunna che aveva studiato bene.

«Quindi la vostra non è una teocrazia, ma una … monarchia illuminata?» chiese Daniel, volendo continuare a tutti i costi un suo particolare ragionamento.

«Non governo da sola.» precisò Celestia. «Ogni decisione importante viene presa sempre insieme a mia sorella.»

«Quindi … una diarchia illuminata?»

Lo sguardo di Daniel si faceva sempre più scettico.

«Possiamo chiamarla così, ma in realtà i pony sotto il nostro regno hanno molto potere decisionale. Ogni città ha i suoi sindaci, i suoi giudici e i suoi consigli. Noi abbiamo potere solo sulle questioni a livello nazionale.»

Si interruppe un secondo, increspando il sorriso che era riuscito a mantenere per buona parte di quella conversazione.

«Almeno era così prima di tutto questo. Ora, per organizzarci meglio in caso di emergenza, siamo state costrette a prendere tra gli zoccoli buona parte dell’amministrazione locale di Canterlot e Ponycity.»

«Totalitarismo, quindi.»

L’espressione di disappunto della Principessa mi fece capire che era stato toccato un nervo scoperto.

Celestia negò energicamente. «No. Il totalitarismo è prerogativa delle altre nazioni, non di Equestria! Qui ascoltiamo i bisogni dei pony! Diamo importanza ai loro desideri! Li proteggiamo da quella che sarebbe altrimenti una vita disarmonica e infelice!»

Daniel si fece piccolo piccolo. Aveva percepito anche lui che Celestia, pur non essendo una dea, non era un pony qualunque, né era da trattare con sufficienza.

Celestia si calmò, facendo un sospiro, e ci guardò con espressione più mite. «Lo so che non è l’Equestria di vent’anni fa, ma posso assicurarvi che rispetto a quello che c’è fuori è un isola di felicità e armonia.»

Daniel abbassò lo sguardo, evitando di controbattere.

«Spero di non essere scortese se vi chiedo di congedarvi. Ho già dovuto posticipare una riunione con i delegati di Terra per incontrarvi. Vorrei non doverne posticipare altre.»

Mi alzai di scatto, prendendo la sua richiesta come un ordine. Feci levitare vicino a me il libro regalatomi dalla Principessa e invitai gli altri a fare altrettanto con un gesto del capo.

«Siete stata molto gentile a ritagliare del tempo per noi.» dissi, inchinando il capo. «Posso sapere quando partire per Ponyvill … Ponycity?»

«Se desiderate organizzerò tutto per domani.»

Annuii.

«Allora fatevi trovare alla stazione di Canterlot domani mattina. C’è un treno per le nove. Prima di partire verrò a salutarvi e a darvi gli ultimi dettagli.»

Ci accompagnò verso l’entrata della sala, e lì ordinò a una guardia di chiamare Redflame per portarci alla casa dei miei genitori e ritorno. Non mi piacque l’idea della scorta, ma non dissi nulla.

«Vi auguro nuovamente una buona permanenza a Canterlot.» ci disse prima di congedarsi definitivamente.

 

Restai sorpresa quando, di fronte al castello, vidi che il pegaso dal manto rosso ci stava accompagnando ad una … automobile.

Sì, un’automobile! Anche se dall’aspetto molto diverso da quelle in cui avevamo viaggiato nel mondo di Daniel (assomigliava a quelle del loro passato), era comunque il mezzo che all’inizio avevo creduto un carro.

E non era l’unica: nella strada che si trovava davanti al castello ne vedevo sfrecciare delle altre, molto più rumorose e rozze delle versioni “umane”.

Erano comode e rapide per viaggiare, ma visto il rumore e il fumo nero che usciva copioso dal retro, non so se questa novità era più positiva o negativa nella nuova Equestria.

Daniel sorrise e scosse la testa.

«Equestria versione anni 40 … stupendo …»

Non risi, né replicai. Redflame ci fece salire sull’auto messa a nostra disposizione, dal colore nero metallizzato con gomme bianche. Il capitano della guardia reale si sedette davanti alla guida, mentre noi ci sedemmo dietro.

A quel punto l’auto partì facendo un forte rumore, e passammo per le vie di Canterlot che, perlomeno, erano bene o male come le ricordavo: boutique, ristoranti, cinema, palazzi … tutto aveva solo assunto un tono più moderno e in linea con queste nuove tecnologie. Tutto luccicava e trasudava bellezza e grazia come nella vecchia Canterlot. Anche i pony che giravano per quelle strade, sia sui propri zoccoli che dentro altre auto, avevano mantenuto quasi lo stesso aspetto e andatura: ricercato, alla moda, chic. All’atmosfera purtroppo si aggiungeva la presenza assai più massiccia di bandiere e dei colori di Equestria.

Questa cosa stava cominciando a darmi sui nervi, sebbene iniziassi a capire la motivazione di tutto ciò.

In tempi come quelli si sentiva il bisogno di sicurezza tanto quanto di pace …

 

«Siamo arrivati.» ci informò Redflame, ma avevo già riconosciuto la via ancor prima di imboccarla.

Scesa dal veicolo sospirando, seguita da Rachel, Daniel e da Redflame, mi avvicinai al portone di casa.

Casa ….

Era esattamente come l’avevo lasciata, molti, molti anni prima. Tre piani, sei finestre sul lato strada, gerani al piano terra, petunie al primo, e rose al terzo. Su uno dei balconi c’era ancora il telescopio con cui avevo iniziato a imparare l’astronomia da autodidatta.

Un’ondata di ricordi mi travolse, e prima che potessero arrivare le lacrime feci un altro sospiro e battei lo zoccolo sulla porta.

Non ci volle molto. La porta si aprì, rivelando una unicorno bianca, con criniera e coda colorate di bianco e lillà praticamente identiche alle mie come forma. I colori erano più sbiaditi di quanto li ricordavo, ma gli occhi azzurri erano sempre gli stessi. Non me li sarei mai scordati.

Mi guardava come se fossi un fantasma, quasi sotto shock. La bocca si aprì, ma per qualche secondo non uscirono suoni.

Apparve un accenno di lacrime e finalmente le labbra si mossero.

«Twilight?»

Le sorrisi, cercando di nascondere con poco successo l’immensa emozione che provavo. Scappò una lacrima anche a me.

«Ciao mamma …»

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 - Piccoli e grandi cambiamenti ***


Capitolo XI

Piccoli e grandi cambiamenti


La ricerca porta alla verità.

(Socrate)



 

Il treno da Canterlot a Ponyville … sembrava una vita fa che non lo prendevo, mentre invece erano passati solo tre giorni. Almeno per me …

Rispetto a vent’anni prima aveva sedili più comodi, un design più moderno, e andava anche più veloce.

«Guarda che città!» esclamò Rachel, attaccata al finestrino. Io non vedevo altro che alti palazzi di cemento, metallo e vetro.

Daniel la guardava silenziosamente, seduto dall’altra parte.

Io invece ero sul lato corridoio, fissata continuamente dal pegaso rosso di nome Redflame.

Contraccambiai lo sguardo, cercando di fare un sorriso. Purtroppo il risultato fu un ghigno imbarazzante. Il pegaso però non cambiò espressione.

Il gelo tra di noi restò, accompagnato dal rumore della carrozza in movimento e delle rotaie sotto di noi. Rachel e Daniel erano troppo impegnati a guardare fuori per notarci.

Eravamo ormai a una decina di minuti dalla stazione di Ponycity, quando il capitano si decise infine a rompere il suo silenzio.

«Mi dispiace.»

Lo fissammo tutti. Non aveva quasi spiccicato parola da quando Celestia me lo aveva affidato come guardia del corpo, e la prima cosa che mi diceva era “Mi dispiace”?

Alzai un sopracciglio, stupita.

«Per cosa?» chiesi.

«Per averti sparato.» rispose, senza cambiare espressione né tono. «Non ti mentirò dicendo che non lo rifarei, ma ora che so chi sei volevo farti sapere che mi dispiace.»

Come scuse non erano granchè, ma gli feci un debole sorriso. Non riuscivo a biasimarlo, nonostante tutto. Aveva solo fatto il suo dovere.

«Avresti potuto facilmente uccidere le guardie, facilitandoti la fuga, ma non lo hai fatto.»

«Mi sembra di averne ferita qualcuna però.» dissi, sentendomi in colpa. «Come stanno?»

«Bene, non era nulla di grave.» rispose il pegaso. Poi riprese il discorso «Se ho avuto fiducia in te, se ti ho portato da Sua Altezza, è per questo motivo. Un nemico di Equestria di solito non si fa questi scrupoli.»

«Sono davvero così terribili i pony delle altre nazioni?» chiesi.

Il pegaso sbattè le palpebre, voltandosi verso il finestrino, mettendo bene in mostra la cicatrice sull’occhio destro.

«In gran parte.» replicò aspro.

Non osai dire altro. Né fu detta altra parola finchè il treno non si fermò alla stazione.

 

Redflame ci guidò, grazie a un’auto messaci a disposizione, per le grandi e lunghe vie di quella città che un tempo aveva a malapena un migliaio di pony. Rispetto a Canterlot il traffico era molto più intenso, e spesso l’auto rallentò, entrando in coda con altri mezzi. Le strade erano ricolme di pony, intenti nelle faccende più svariate, viaggiando da grattacielo a grattacielo, spesso nervosamente e a testa bassa, quasi tutti vestiti come si usava in posti come Manehattan. Eravamo davvero nel regno di Equestria, nel regno dell’Armonia?

Redflame, forse per sentirsi più a suo agio nel silenzio che si era creato tra noi, aveva acceso un apparecchio, che Rachel e Daniel mi dissero essere una radio, dal quale iniziò a provenire della musica. Era una mazurka con un ritmo molto ballabile, e rese il viaggio perlomeno gradevole, coprendo i rumori della città.

La musica purtroppo finì, e una voce di giumenta prese il suo posto.

«E dopo la Mazurka Armonica, è il tempo delle notizie! L’arrivo della primavera riporta gioia e vitalità a Equestria. Il reparto atmosferico dei pegasi annuncia bel tempo su Canterlot e Ponycity per le prossime due settimane. Da Terra invece l’arrivo della primavera porta il messaggio annuale del leader Applejack, che quest’anno coincide con la fine del quarto piano quadriennale. In seguito un breve estratto del discorso di ieri.»

Il mio cuore ebbe un tonfo quando sentii la mia amica Applejack parlare attraverso l’etere.

«Posso dire, con grande orgoglio, che i nostri obiettivi sono stati conseguiti. L’ultimo piano quadriennale, grazie soprattutto a voi, ha ottenuto grandi successi! Stiamo dimostrando a tutti la superiorità del duro lavoro, della nostra grande comunità, della maniera dei pony di Terra!»

Venne interrotta momentaneamente dal rumore di zoccoli che acclamavano le sue parole.

«Insieme possiamo innalzare questa nazione! Siamo come una grande famiglia, che lavora insieme con felicità per il bene comune, da costa a costa. Nei prossimi giorni annunceremo i nuovi obiettivi del quinto piano quadriennale. Insieme mostreremo al mondo la superiorità degli zoccoli sulla magia e le ali!»

Anche se la voce era quella di Applejack, non potevo credere che fosse lei ad aver detto quelle cose. Sembrava la stessa lavoratrice instancabile di sempre, ma percepivo una malignità nel tono che mi mise di nuovo giù di morale.

«La risposta di Unicornia al discorso non si è fatta attendere. Questa mattina la regina Rarity, in un’intervista, ha parlato in termini riduttivi di quest’impresa, con il tono altezzoso che la contraddistingue, paragonando i pony di terra a “contadini sporchi di fango che si atteggiano a dei”. Ancora nessuna risposta da Pegasopoli. Vi aggiorneremo a mezzogiorno su eventuali sviluppi.»

La voce della giumenta lasciò il posto alle note di un pianoforte. Un allegretto, a primo orecchio.

«Era davvero Applejack quella alla radio?» chiese Rachel, guardandomi con espressione stupita.

Annuii.

«Un discorso degno dei migliori estimatori della Cortina di Ferro.» commentò Daniel. Mi ricordai quel termine e capii cosa intendeva.

Nulla di buono.

 

Arrivammo, dopo circa mezz’ora d’auto in mezzo al traffico, di fronte a un grande muro, alto una decina di metri. Fino a quel punto c’erano edifici che lo superavano di due, tre volte. Alcuni persino di più. Oltre di esso invece non si vedeva niente, se non tramite un posto di blocco sulla via che avevamo percorso.

L’auto si fermò, e delle guardie si avvicinarono a chiedere dei documenti, che Redflame mostrò, permettendoci di oltrepassare quel punto.

Finalmente mi sentii a casa.

Lì iniziava la Ponyville che conoscevo. Era rimasto quasi tutto identico: le stesse case in legno chiaro, gli stessi tetti in paglia, quel sapore rustico che mi mancava. Persino le strade non erano state asfaltate in modo da rispettare l’aspetto della vecchia Ponyville. Il traffico era praticamente inesistente: anche i pony che giravano erano pochi, ed avevano un’aria molto più rilassata. Un altro pezzo dell’Equestria che conoscevo era rimasto più o meno com’era. Sentii l’enorme desiderio di andare alla biblioteca. Chissà se c’era ancora e com’era.

Invece l’auto si fermò di fronte a un edificio inserito tra due strade. Redflame ci chiese di scendere e obbedimmo. Riconobbi il posto dopo qualche istante. Era il punto dove si trovava il Sucarcube Corner, il negozio di dolci dove abitavano e lavoravano Pinkie Pie e i signori Cake. Ora c’era un edificio completamente diverso, costruito comunque sullo stile delle case circostanti: dalle insegne capii che era un albergo di lusso.

Lo Sugarcube Corner era stato abbattuto? Per far spazio a un albergo?

Era stato fatto forse per cancellare il passato di Pinkie Pie? Per non far ricordare ai pony di Equestria che uno dei loro nemici aveva abitato qui?

Redflame ci fece strada ed entrammo, facendo risuonare un campanello appena attraversata la porta. Alla reception, dietro una scrivania, una unicorno gialla dalla sofisticata criniera azzurra ci salutò con voce fin troppo gentile.

«Salve! Siete gli ospiti di cui abbiamo ricevuto la chiamata ieri da Canterlot?» alzò con la magia un taccuino, leggendo rapidamente. «Twilight Sparkle, Redflame, Dazzlewing e Green Wish, giusto?»

Redflame annuì.

«Posso avere dei documenti, per conferma?» chiese, mostrando un sorriso a trentadue denti.

Il pegaso si avvicinò e glieli mostrò.

«Dobbiamo solo posare i bagagli.» disse.

L’unicorno annuì. «Ma certo. Lasciateli pure qui. Manderò qualcuno a portarli nelle vostre stanze.»

Il pegaso posò quel poco che aveva, e io feci lo stesso con le mie sacche, tranne una che mi sarebbe potuta servire più tardi. Da Canterlot mi ero portata quasi le stesse cose che avevo quando ero andata nella dimensione degli umani. Avevo lasciato lì le sacche delle mie amiche, chiedendo alla Principessa di spedirmele qui separatamente. Chissà, forse sarebbero servite.

«Arrivederci!» ci salutò l’unicorno della reception, sfoggiando di nuovo i suoi denti perfetti in un sorriso.

 

La tappa successiva fu l’edificio che un tempo era il municipio di Ponyville. Secondo quanto detto da Celestia adesso era diventato la casa e al tempo stesso l’ufficio “secondario” di Luna. L’aspetto esteriore era praticamente lo stesso, solo modernizzato e ampliato qua e là per renderlo più solido.

«Ho un consiglio da darvi.» ci avvertì Redflame, mentre superavamo le guardie all’entrata, entrando nella struttura. «Con Sua Altezza Celestia ho visto che avete parlato liberamente e con franchezza. Non fatelo con Sua Altezza Luna.»

«Perché?» chiese Rachel, dando voce alla mia stessa perplessità.

«Non l’ho mai incontrata, ma ho sentito dire che se la si prende dal lato sbagliato …»

«Sono solo stupidaggini.» dissi «Solo perché è la Principessa della Luna, non significa che sia lunatica.»

Rachel trattenne a stento una risata. Non capii perché quella sua ilarità, ma lasciai correre.

«Comunque terremo a mente l’avvertimento.»

Salimmo due rampe di scale e percorremmo un corridoio con dipinti e foto di alcuni famosi sindaci della vecchia Ponyville. C’era anche il nostro sindaco … anzi, quello di vent’anni fa. Mi rattristii vedendo che sotto c’era sia la data di nascita che la data di morte. Era mancata cinque anni dopo la nostra partenza. Un altro lutto da aggiungere alla lista.

Arrivammo finalmente di fronte alla porta della stanza dove avremmo incontrato Luna. Redflame mostrò i documenti ai pony di guardia e ci fu aperto.

La stanza era quella che un tempo il sindaco usava per le riunioni. Era solo arredata con mobili più moderni, ma la riconoscevo. Altri ritratti di pony famosi erano appesi alle pareti, insieme a piante, un paio di scaffali con libri, e tende azzurro scuro alle due grandi finestre che davano verso l’esterno. Al tavolo centrale, con una dozzina di sedie attorno, sedevano tre giumente e Luna, regale come sempre.

A differenza di Celestia quei vent’anni sembravano averla rinvigorita. Amministrare una città come Ponycity doveva richiedere molte energie, e mi rallegrai di vedere come la sorella di Celestia sembrasse del tutto adatta al compito. Casa mia era in buoni zoccoli.

Luna e le altre tre pony si voltarono nella nostra direzione quando entrammo. Luna mostrò un sorriso appena accennato (conoscendo il suo carattere, era un’espressione di gioia immensa). Le altre tre invece gridarono, quasi all’unisono, «Twilight!»

Solo allora le riconobbi. E mi rallegrai di vederle lì, ancora tutte insieme, come lo erano state da quando si erano messe alla ricerca dei loro cutie mark.

Mi si avventarono contro, prendendo alla sprovvista Redflame che quasi si era preparato a spararle contro, fermato solo da un mio zoccolo. Mi abbracciarono tutte e tre, con le lacrime agli occhi.

«Twilight, sei proprio tu!» mi disse l’ormai giumenta Applebloom.

«Dov’eri finita?» chiese Sweetie Belle.

«E’ una lunga storia, ragazze. Voi, piuttosto, che ci fate qui?»

Si tolsero dall’abbraccio, lasciandomi di nuovo respirare, mettendosi in una posizione che, se le conoscevo abbastanza bene, era fatta apposta per mostrarmi il loro cutie mark.

«Siamo le amministratrici di Ponycity, ovviamente.» disse Scootaloo, mettendo il petto in fuori orgogliosa.

Avrei dovuto intuirlo dalla loro giacca bianca da pony d’affari e dalla spilla dorata con il loro nome sopra. Non riuscivo a immaginarmele “amministratrici”, ma rimasi sorpresa nel vedere che i loro cutie mark erano un po’ diversi da quelli che mi aspettavo. Scootaloo pensavo avrebbe ottenuto qualcosa che riguardava lo sport, invece aveva un pony in una posa da … combattimento? Applebloom mi sembrava portata per i lavori a zoccolo, e aveva una gru da costruzione. Sweetie Belle, infine, che era molto portata per il canto, aveva una pergamena.

«In realtà siete aiuto-amministratrici.» intervenne Luna, avvicinandosi.

Portava un abito scuro, qualcosa di molto simile alla loro giacca, con la collana e la corona con i simboli lunari che servivano a ricordare a tutti il suo ruolo. A mio parere perdeva in regalità vederle quei vestiti addosso, ma i tempi erano cambiati, a quanto pareva, anche per lei.

«Ma certo.» si corresse subito Scootaloo, mostrando un sorriso e mettendosi insieme alle sue amiche d’infanzia a fianco alla Principessa.

Mi faceva davvero piacere rivederle tutte lì, cresciute e malgrado tutto abbastanza contente, adulte e con i loro destini rivelati … qualunque essi fossero.

«Allora, Twilight … tutto bene?» mi chiese Luna mantenendo le distanze ma continuando a mostrarmi un sorriso accennato. Era il massimo della gentilezza che potevo aspettarmi da lei, quindi non mi lamentai.

«Sì … malgrado tutto, sì.»

Non ero molto convinta della mia risposta, ma volevo essere un pò ottimista e pensare che poteva andare peggio.

«Ho saputo da mia sorella del tuo ritorno, e sinceramente ho creduto che fosse un suo scherzo agli inizi. Mi scalda il cuore scoprire che ero nel torto.»

Luna osservò Redflame, che teneva l’espressione del soldato attento a qualunque pericolo. «Tutto bene, Capitano Redflame?»

Il pegaso rosso sembrava scosso nel sentirsi chiamato in causa. Non se lo aspettava.

«S..sì, Vostra Altezza. Mi conoscete?»

«Mia sorella ha parlato spesso di te, e in modi assai lusinghieri. E in diverse occasioni ti ho pure visto, anche se non ho mai avuto l’onore di incontrarti. Ha scelto bene la scorta da dare a Twilight … anche se l’hai quasi uccisa.»

Le guance del pegaso avvamparono d’arancione. «Non capiterà più, Vostra Altezza.»

«Ne sono certa.» disse, facendomi un occhiolino e strappandomi un sorriso. «Voi invece siete i nostri nuovi ospiti.» disse, riferendosi a Daniel e Rachel. «Dazzlewing e Green Wish, se non ricordo male.»

Chiamati in causa, i due s’inchinarono all’istante.

«Sì.» risposero in coro.

Li squadrò dall’alto in basso, come aveva fatto la sorella il giorno prima.

«Mi aspettavo … qualcosa di diverso. Vi do il benvenuto a Ponycity. Venite pure a sedervi. Abbiamo molto da discutere.»

Luna andò a capotavola, io, Redflame, Rachel e Daniel alla sua sinistra, Applebloom, Scootaloo e Sweetie Belle alla sua destra.

«Direi di cominciare spiegandomi nei dettagli cosa ti è successo.» iniziò Luna.

Mi sentii a disagio. Guardai Rachel e Daniel, che condividevano i miei stessi timori.

«Non ti preoccupare di rivelarmi cose … spiacevoli o segrete.» mi rassicurò la Principessa della Notte. «Mia sorella mi ha già anticipato qualcosa: so che i tuoi nuovi amici non sono di Equestria, e che non sono veri pony.»

Gli sguardi delle ex Cutie Mark Crusaders e di Redflame andarono a Rachel e Daniel, che arrossirono di rimando.

«Sono dei mutaforma?» chiese Scootaloo, pronto a scattare al primo segno di pericolo.

«No!» risposero di scatto Rachel e Daniel.

«No, non sono mutaforma.» dissi tranquillizzando Scootaloo. «Però …»

«Non ti preoccupare Twilight.» mi rassicurò Luna. «Tutto ciò che verrà detto tra queste pareti non dovrà uscire per alcun motivo.» aggiunse con voce molto seria. «Sia per ciò che direte voi, che per ciò che dirò io.»

Annuii. Mi sentii più a mio agio, anche se rivelare l’identità di Rachel e Daniel a pony che non fossero Celestia e Luna non mi piaceva granchè.

Mi misi a spiegare per filo e per segno la nostra avventura nel mondo umano, spiegando ciò che avevo visto e ciò che avevo imparato. Quando accennai all’errore della pergamena di Luna, la Principessa reagì semplicemente alzando un sopracciglio. Mi aspettavo qualche domanda di chiarimento, ma quando non arrivò continuai. Arrivata al punto in cui avevo scoperto la natura umana notai facce sconvolte da parte delle non più piccole pony, mentre il pegaso rosso e Luna non sembrarono scomporsi più di tanto. Almeno esteriormente.

Concluso il racconto, notai che Applebloom e le altre stavano parlottando tra loro lanciando occhiate a Rachel e Daniel.

Redflame invece restò impassibile. Controllava la stanza come se si aspettasse un nemico in ogni ombra. Non potevo dire che non era ligio al dovere.

Luna restò silenziosa a fissare me, Rachel e Daniel per quasi un minuto. Era uno sguardo profondo, molto più profondo di quello della mia mentore. Vasto e insondabile come il cielo stellato.

«Mi hai rivelato delle ottime informazioni, Twilight.» disse infine. «Informazioni che ci potranno essere utili per la ricerca che stiamo compiendo da vent’anni.»

«Di che ricerca si tratta, esattamente?»

«Quella pergamena che ti ho dato è stato l’inizio della mia lunga ricerca sull’Ombra. Mia sorella ti ha sicuramente accennato al fatto che è stata l’Ombra a trasformarmi in Nightmare Moon … anzi, sarebbe più corretto dire che mi ha aiutato a diventarla.»

«Capisco.» dissi, abbassando lo sguardo. L’Ombra non aveva fatto altro che acuire dei sentimenti che già provava. Ciò non toglieva che senza l’Ombra forse non sarebbe mai arrivata a diventare quel mostro da incubo.

«Sono stata molto tentata di utilizzare il mio incantesimo per seguire le vostre orme e capire che ti era successo, ma sai cos’è successo qua mentre non c’eri. Ero necessaria alla difesa di Equestria. E non avevo nessun’altro pony di cui potermi fidare. Così, da quando sono tornate le tue amiche, ho passato la maggior parte del tempo a raccogliere più conoscenze possibile sul nostro nemico. In questi vent’anni abbiamo scoperto molto poco. Poi, sei mesi fa circa, Lyra Heartstrings è venuta da me.»

«Lyra?» chiedemmo io e Rachel all’unisono.

Luna annuì.

«Proveniva da Unicornia. Mi raccontò che era passata dalla loro parte perché stavano portando avanti molte ricerche che la affascinavano. Ciò che le fece cambiare di nuovo bandiera fu una conversazione che riuscì a strappare tra Rarity e Fluttershy, che raccontava del vostro viaggio e degli umani. Decise quindi di venire qui e di aiutarci con la ricerca del nemico che le aveva corrotte. Ci fu molto preziosa, perché possedeva già un tomo molto antico sugli umani.»

Mi ricordai improvvisamente cosa aveva detto Pinkie Pie a riguardo.

“…mi ha fatto vedere qualche immagine in un libro bizzarro e pesantissimo che mi ha detto di aver recuperato da una carovana che proveniva da un paese fuori da Equestria.”

«Da allora Lyra ci sta aiutando a scavare a fondo la storia di Equestria. E’ partita un mese fa per una spedizione che, si spera, porterà informazioni importanti.»

«Dove?»

«Nelle Distese Selvagge.»

Non era una buona notizia.

Luna sospirò, guardando Applebloom e le altre. «Purtroppo non posso dedicarvi altro tempo. Come sapete, per me e mia sorella il tempo è una risorsa che negli ultimi vent’anni è diventata preziosissima. Vi reindirizzerò quindi alla biblioteca, dove potrete approfondire.»

«La mia biblioteca di Ponyville?» chiesi, speranzosa.

«Della Vecchia Ponyville.» precisò Luna. «E’ un po’ cambiata dall’ultima volta che ci sei stata, ma è ancora lì.»

Sia lodata Celestia! Un’altra cosa che non era andata persa.

«Ora, se volete scusarmi, devo proseguire una riunione con le qui presenti.» disse, indicando con uno zoccolo le tre giumente alla sua destra. «Ponycity non si governa da sola.»

«Certo.» dissi, scendendo dalla sedia, seguita a ruota da Redflame, Rachel e Daniel.

Luna e le tre pony ci accompagnarono fino alla porta.

«E’ stato bello rivederti, Twilight Sparkle.» disse Luna, con un’espressione molto meno severa di prima. Mi stava parlando con cuore aperto. Da amica. «Mi sono sempre chiesta se fosse stato il mio incantesimo a farti sparire … o peggio. Sono felice che le mie paure non si sono avverate.»

«E’ bello rivederti anche per noi!» disse Sweetie Belle, sorridente.

«Vieni a trovarci qualche volta!» si accodò Scootaloo.

«Hai solo da chiamarmi!» aggiunse Applebloom, prendendo da una delle tasche della sua giacca un pezzo di carta e passandomelo.

Era rettangolare e rigido. Un cartoncino. C’era scritto “Imprese Edili Equestriane Applebloom”, seguito da una serie di numeri.

«Se vuoi posso far venire anche mia cugina Babs. Sarebbe una bella rimpatriata. Potremmo prenderci un caffè, un gelato, fare un pranzo o una cena, andare al teatro o al cinema. Oppure ci sono diversi posti molto belli dove ritrovarsi, anche solo per fare due chiacchere o una passeggiata. La maggior parte di questi posti l’ho progettata io.» aggiunse fiera.

Ora capivo il perché della gru da costruzione.

«Lo farò.» dissi, con cuore sincero e un sorriso sul volto.

Ma ne avrei avuto il tempo, visto l’impresa che mi ero preposta?

 

Ero a casa. Arrivati a destinazione provai sensazioni contrastanti. Ero sollevata e felice, ma al tempo stesso mi vergognavo di essere stata così lontana dalla biblioteca che mi era stata affidata. Inoltre mi sentivo triste e al contempo lieta nel notare che anche senza di me aveva continuato ad esistere.

La magia dell’albero incantato era stata mantenuta per tutto quel tempo. C’era solo qualche ramo in più e qualcuno in meno, ma tutto sommato la biblioteca di Ponyville era ancora lì, simile a come l’avevo lasciata. Se non per un cartello che indicava che era chiuso al pubblico. E per le finestre a cui erano state aggiunte grate in ferro.

Viste le ricerche che stava facendo Luna, immaginai il perché di queste “aggiunte”.

Fu Redflame, appena sceso dal veicolo, a bussare alla porta. Attendemmo alle sue spalle che qualcuno venisse ad aprire, ma non ci fu risposta. Dopo aver bussato la seconda volta arrivò una voce di giumenta dall’interno. Una voce molto familiare.

«Non avete letto il cartello? Chiuso al pubblico!»

«Sono Redflame, Capitano della Guardia di Canterlot, in missione per conto delle Loro Maestà Celestia e Luna. Sono insieme a Twilight Sparkle.»

La voce ebbe un sussulto. «Twilight Sparkle?»

Sì, ora la riconoscevo! Di tutti i pony di Equestria proprio lei era andata a gestire la mia biblioteca?

«Ci faccia entrare e vedrà.»

Sentii a malapena il rumore della magia degli unicorni attivarsi dall’interno, prima di vedere apparire un paio di occhi sopra la porta.

Occhi Scrutatori, magia di quarto livello. Non male, ma sapevo farlo da anni.

Gli occhi senza testa squadrarono il pegaso dall’alto in basso, il quale, sebbene sorpreso, replicò con uno sguardo deciso. Gli occhi diedero uno sguardo rapido su Rachel e Daniel, e infine andarono su di me, strabuzzando.

Sparirono subito dopo, e sentii dall’interno rumore di chiavi, chiavistelli e lucchetti.

Quando la porta si aprì e vidi la giumenta dal manto blu, ebbi la conferma che mi serviva.

«Twilight? Sei davvero tu?» mi domandò un’incredula Trixie, con gli stessi occhi strabuzzati di quelli da lei creati magicamente.

Redflame si fece da parte e mi guardò. Sembrava chiedere “La conosci?”.

«Sì.» risposi a entrambi, esitando un po’. Ancora non capivo cosa ci faceva lei qui.

«Ma da dove sei apparsa? Entrate subito!»

Ci fece strada all’interno della biblioteca.

Con mia grande gioia potei notare che gli scaffali erano più ordinati di quanto sperassi. Al centro della sala non c’era più il busto in legno del pony con la criniera crestata. Al suo posto c’era un busto simile ma con il volto di Luna.

Chiusa la porta alle nostre spalle con la magia, Trixie si voltò a fissarmi.

«Ora spiegami dove sei stata in questi vent’anni!»

«Non sei stata avvertita da Luna del mio arrivo?» chiesi. «Non ti ha detto niente?»

«Mi ha solo detto che avrebbe mandato aiuto. Ora rispondi, Twilight Sparkle! Perché sei sparita?»

«Ti toccherà di nuovo ripetere tutta la storia …» disse Daniel, sbuffando.

 

Riassunsi ciò che mi aveva “allontanata” per tutto quel tempo in pochi minuti evitando di rivelare l’identità di Rachel e Daniel. La conoscevano già in troppi per i miei gusti.

«Non ci credo … una vera sfortuna.» commentò Trixie.

«Tu, piuttosto, che ci fai qui, nella mia casa?» chiesi, controllando gli scaffali. Erano davvero ben puliti e, all’apparenza, ordinati. Faceva tutto da sola?

«Niente di particolare! Ho solo passato gli ultimi vent’anni a salvare ciò che avevi lasciato alle spalle …» disse, con voce alterata e sarcastica. «Ingrata!»

Mi voltai verso di lei, notando gli occhi quasi di fuoco.

«Io non volevo …»

«Qui dentro c’è un tesoro di conoscenza, e l’hai lasciato negli artigli di un cucciolo di drago che non appena ha saputo che non saresti più tornata ha pensato bene di abbandonare a sé stesso!»

Spike …

«Tutto per andare a inseguire quella … buona giumenta della regina Rarity!»

«Stava cercando di farla ragionare!» sbottai, iniziando ad arrabbiarmi nel sentire insultati così Spike e Rarity.

«Un’idiota che cerca di far ragionare una carogna … come no!»

Il cuore non resse a quella frase, e il cervello smise di inibirmi. Dentro di me scattò una molla, incontrollabile.

Il corno mi s’illuminò e l’unicorno blu venne scaraventato contro uno scaffale da un vento fortissimo. Libri e pagine iniziarono a volare via, mentre Trixie restava sospesa in aria, schiacciata sullo scaffale, inerme, con faccia sofferente.

«Non osare più insultarli!» urlai in lacrime, usando un altro incantesimo per amplificare la mia voce. Persino il busto tremò.

«Twilight! Smettila!» urlò alle mie spalle Rachel, ma tra il rumore del vento, le pagine che volavano via, e i libri che cadevano, mi sembrò più un sussurro.

Esitai per qualche secondo prima di interrompere l’incantesimo.

Trixie ricadde a terra, in mezzo a decine di libri sparsi a terra per via del mio incantesimo.

“Cosa ho fatto?” pensai, asciugandomi le lacrime con uno zoccolo.

L’unicorno blu cercò di rialzarsi, lentamente.

«Aspetta, ti ….»

«No!» mi fermò, alzando uno zoccolo. «Credo di essermelo meritato.»

Con qualche incertezza si rialzò su tutti e quattro gli zoccoli, osservando mesta il disastro che avevo combinato con questa scenata.

«Io non …»

«Lo so, lo so.» disse Trixie, evitando accuratamente il mio sguardo. «Hai fatto una cosa cattiva, portata dall’istinto, non volevi farlo, ti senti in colpa, eccetera eccetera. Ci sono passata anch’io.»

Iniziò ad alzare con la magia alcuni volumi, portandoli vicino a sé, leggendo il titolo, e mettendoli al loro posto.

«Ti do una mano.» dissi, avvicinandomi.

«Non è necessario.» disse lei, stizzita.

«No, insisto.»

«Ho detto che non è necessario.»

Alzai con la magia un insieme di pergamene.

«Prova a fermarmi, allora. Sfidami a un duello magico se vuoi …»

Trixie lasciò sospeso un voluminoso tomo verde e mi lanciò un’occhiata.

«Un altro duello magico? Con te? Dopo quello che mi hai appena fatto? Neanche per sogno …»

Feci un sorriso.

«E quindi?»

Lei replicò con una smorfia.

«Quindi inizia a cercare i libri che iniziano con la F dell’argomento “Meteo”. E mettili in quello scaffale.»

 

«Scusami ancora.» dissi per l’ennesima volta, mentre Trixie metteva a posto l’ultima pergamena.

«E ancora scuse accettate.» disse lei. «Se ho capito una cosa nei nostri incontri precedenti, è che sei una pony migliore di me … in tutto.»

«Non è vero, non dire così …»

«No, lo penso davvero … perché credi che sia qui, a proteggere casa tua?»

Mi sentii ancora peggio per averle rivolto contro quell’incantesimo.

«Non dirmi che lo hai fatto perché mi reputavi un esempio?»

Trixie arrossì, spostando lo sguardo verso una finestra.

«Ecco … non credo che … non …»

Scossi la testa.

«Trixie, davvero … Non merito tutta questa …»

L’unicorno blu sbottò di nuovo, ancora più rossa in volto. «Oh, piantala con la tua modestia, falsa o meno che sia! E’ da vent’anni che mi sono convinta che sei migliore di me in tutto e per tutto, perciò tieniti il ruolo di modello da seguire e stai zitta!»

Non sapevo se ridere o rimanere seria. Quante vite avevo influenzato con la mia assenza?

«Piuttosto …» disse, sospirando  «sei venuta qui per un motivo importante. Tu e i tuoi amici.»

«Sono solo una scorta.» si affrettò a correggere Redflame.

«Se non me lo avessi detto non ci sarei mai arrivata.» disse Trixie con voce acida, fissando il fucile sulle spalle e l’armatura da guardia di Canterlot. «Questi due invece?»

Rachel e Daniel si fecero avanti.

«Piacere Trixie, sono Green Wish.» disse porgendole lo zoccolo e offrendole un bel sorriso. Trixie accettò di buon grado lo zoccolo, ma non altrettanto il sorriso.

«Ti conosco?»

«No, ma io conosco te!»

Trixie roteò gli occhi.

«Non dirmelo … una delle vecchie fan de “La Grande e Potente Trixie”?»

«In un certo senso.» disse Rachel, tornando vicino a me.

Trixie sbuffò. «Tu invece?»

Daniel si avvicinò, fissandola con espressione neutra. Lui non le diede lo zoccolo.

«Da … Dazzlewing.»

Mi mangiai quasi uno zoccolo quando si corresse all’ultimo momento. Per fortuna Rachel gli aveva scelto un nome che iniziava con “Da”.

«Stai poco bene?»

«Benissimo … d’incanto, anzi.»

«Davvero?»

«Sicuro.»

«Mi fa piacere.»

«Mi stai già simpatica.»

«Il sentimento è reciproco.»

Quello era uno dei dialoghi più strani che avevo mai sentito. E avevo per amica Pinkie Pie!

Prima che potessi capire che era successo, Trixie si voltò verso di me e si avvicinò.

«Cosa ti hanno detto le Principesse a riguardo della ricerca?»

«Lo stretto indispensabile.» risposi. «Che state controllando il passato di Equestria per eventuali tracce dell’Ombra o di altro che la riguardi. E che Lyra vi sta aiutando in tal senso da sei mesi.»

«Esatto, e quell’ingenua, per questo motivo, adesso si trova in uno dei luoghi più pericolosi di Equestria: le Distese Selvagge.»

Non era per niente una buona notizia …

«E’ più sicuro passare una settimana nella Everfree Forest che un giorno in quella regione …» continuò Trixie. «E non si fa sentire da un mese ormai.»

«Cosa l’ha portata ad andare in quel posto?» chiesi, evitando di pensare all’orribile sorte che le poteva essere capitata.

«Questo.»

Il corno di Trixie s’illuminò. Uno degli scaffali scomparve apparentemente nel nulla, rivelando uno scaffale segreto, ricolmo di libri e pergamene dall’aspetto antico e consunto.

Uno di essi si avvicinò a me, levitando grazie alla magia di Trixie.

Lo presi con la mia di magia e guardai il titolo.

«“Fondamenti di antropologia”?»

«All’interno si parla di creature chiamate umani, una specie che abita in una dimensione parallela alla nostra, dall’aspetto di un minotauro senza pelo e senza corna. Ma già lo sai, visto che sei stata nel loro mondo.» Trixie tremò dal disgusto. «Questo, a dire di Lyra, è il libro che glieli ha fatti scoprire. E’ convinta che ci siano stati contatti tra il loro mondo e il nostro.»

«Che tipi di contatti?» chiesi mentre sfogliavo il libro che, come aveva detto Pinkie, mostrava davvero l’aspetto degli umani nei minimi dettagli, con tanto di tavole anatomiche e schizzi artistici. Quale pony aveva avuto un contatto ravvicinato tale da poter fare un resoconto così dettagliato su uno di loro? E, soprattutto, quando?

«Contatti fisici, ovviamente. Pony nel loro mondo, e umani nel nostro. Pochi, per la verità, ma abbastanza per lasciare qualche traccia. Crede che ci sia almeno un altro libro che tratti questa materia in particolare.»

«E si sa dov’è?»

«Lyra è andato a cercarlo.»

Stupendo.

«Allora dovrò leggere questo con attenzione. Non avete nient’altro su cui si possa studiare per capirci qualcosa?»

«Sì, ma sono più altro rimandi, storie che potrebbero riguardare la nostra ricerca o meno, leggende in particolar modo. Le uniche informazioni abbastanza attendibili a nostra disposizione sono in questo libro.»

«Vorrei comunque leggerli.»

Trixie allora si voltò e prese dallo stesso scaffale segreto una mezza dozzina di libri, impilandomeli uno sopra l’altro di fronte a me.

«Perfetto, mi metto subito all’opera!» dissi, prendendo tutti i libri con la levitazione.

Trixie alzò uno zoccolo. «No, ferma Twilight!»

La fissai. Aveva una strana espressione. Un’espressione che le avevo visto fare solo una volta.

Un’espressione di supplica.

«So bene che le Principesse ti hanno chiesto una mano per la ricerca, ma …»

«Ma?»

Trixie abbassò la testa, strisciando uno zoccolo sul pavimento in legno. Non era rossa in volto, ma era evidente che era imbarazzata. «E’ per Lyra ...»

Riuscivo a percepire in modo palpabile la sua preoccupazione. La preoccupazione che si ha di solito per i pony cari. Sorrisi mio malgrado.

«Trixie!» esclamai. «Da quando…?»

«Non pensare subito male, Sparkle!» sbottò lei tornando per un istante all’espressione sprezzante che ben conoscevo. «E’ solo un’amica … una mia cara amica.» riabbassò lo sguardo «L’unica che abbia davvero avuto …»

«Non ho insinuato niente, Trixie.» dissi, sfoggiando un grande sorriso sincero. «Mi fa solo piacere vedere che sei cambiata per il meglio.»

Tornò a fissarmi, grama. «Vent’anni di orrori ti tolgono ogni desiderio di fare la cattiva.»

Era bello vedere che non tutto era cambiato per il peggio.

«Vuoi andare alla sua ricerca per vedere se sta bene?»

«Se non per lei, per il libro che sta cercando! Ho chiesto a Luna di mandare una seconda spedizione per andarla a cercare, ma finora mi è stata negata. Mi sono persino offerta di andare di persona, anche da sola se necessario, ma con la scusa che non sapevano a chi altro affidare questa biblioteca, non mi è stato permesso. Ma adesso che ci sei tu …»

Me lo stava davvero chiedendo?

«Vuoi mandarmi nelle Distese Selvagge?»

Mi guardò con aria di sfida. «Hai sconfitto un’Ursa Minor, Sparkle. Ti fanno paura le Distese Selvagge?»

Esitai. «No!»

«Ah, ti fanno paura!» esclamò la unicorno blu, puntandomi uno zoccolo come fanno di solito i bulli verso le loro vittime. «Te lo leggo negli occhi!»

«Persino Celestia parla con timore di quelle terre, e a ragione! Si narra che fu Discord a crearle così per impedire ai pony di sfuggire dal suo dominio del caos. I mutaforma sono solo uno dei pericoli di quell’insieme di burroni, montagne scoscese, deserti aridi e vulcani!»

«La Grande e Potente Twilight Sparkle, impaurita da …»

«D’accordo, d’accordo ho capito.» sbuffai. «Anch’io sono preoccupata per lei. E se quel libro è così importante come dici, vedremo di salvare entrambi. Ma almeno spiegami perché Lyra era così convinta che si trovi là.»

«Innanzitutto perché sostiene che il mercante che le ha venduto “Fondamenti di antropologia” aveva detto che proveniva da quella regione. Ma ci sono diversi indizi anche negli altri libri, più leggende che altro, che puntano là.»

«Che tipo di leggende?»

Trixie prese con la magia uno dei libri che mi aveva passato e lo sfogliò rapidamente, trovando subito la pagina che le serviva. Me la mostrò.

«Come dicevi giustamente prima, le Distese Selvagge non sono sempre state come le conosciamo. Un tempo erano una terra sì dura, ma vivibile. Sembrerebbe, secondo la leggenda qui narrata, che fosse abitata, ben prima della formazione di Equestria, da unicorni molto saggi e potenti, che si isolarono da tutto e da tutti per dedicarsi completamente alla magia. “Fondamenti di antropologia”, almeno così Lyra presume, è stato scritto da uno di loro.»

«Di quanto tempo fa si parla?»

«Probabilmente ai tempi della formazione delle Tre Tribù, la Scissione.»

«3000 anni fa?» dissi, fissando il volume. Si vedeva che era antico, ma così antico?

«Secolo più, secolo meno. E’ incantato, se te lo stai chiedendo.» disse Trixie, come se mi avesse letto nel pensiero.

Mi concentrai per qualche secondo e l’aura attorno al libro divenne più definita. Subito dopo il tomo brillò di luce propria per qualche istante e poi tornò come prima.

«Sì, è vero. L’unicorno che ha creato quest’incantesimo sapeva il fatto suo: fare un incantesimo così duraturo non è semplice.»

«Ad ogni modo Lyra crede che in realtà questo sia un libro relativamente recente. Ci sono diversi rimandi ad un’altra opera della “Maestra”.»

«Quindi un libro persino più antico di questo?» Mi morsi un labbro. «C’è da sperare che abbia un incantesimo di protezione simile.»

«Ci mancherebbe! Altrimenti Lyra si è messa in pericolo per niente!»

«Non ci sono riferimenti all’Ombra in questo libro?» chiesi, sfogliandolo.

«No … è più un’enciclopedia sull’aspetto e il comportamento umano. All’inizio però parla di un aneddoto che spiega il perché conosca così bene gli umani. Nel tentativo di emulare la “Maestra”, tenta di viaggiare nel mondo degli umani.»

«Tenta?»

Trixie sbuffò. «Sei sorda? Sì, tenta, perché, per motivi che non spiega (credo per orgoglio), è un umano a venire nel nostro mondo, e non viceversa.»

Strabuzzai gli occhi, dando un’occhiata istintiva a Rachel e Daniel, sorpresi quanto me. «Un umano qui?»

«Racconta questa storia in modo troppo semplicistico e forzato perché sembri vera. In fondo non dice nulla su che fine abbia fatto quest’essere.»

Annuii. Non era un dettaglio importante al momento, anche se mi faceva riflettere su quanto fossero interconnessi i nostri due mondi nella realtà. E se era così, forse anche l’Ombra era interconnessa con il nostro mondo, da più tempo di quanto credessimo.

Non c’era altra scelta. Se volevamo scoprirne di più, dovevamo recuperare questo libro. E salvare Lyra, ovviamente.

Però …

Un’altra scelta in realtà ce l’avevo.

L’indecisione mi colse all’improvviso.

Volevo davvero mettermi alla ricerca di qualcosa che magari nemmeno esisteva più, oppure fare qualcosa di concreto e ripristinare gli Elementi e far tornare le mie amiche com’erano? In fondo qualunque impresa sembrava più semplice di vagare per le Distese Selvagge con solo qualche idea incerta su cosa fare.

«Allora?» mi riscosse Trixie.

«Cosa?» risposi, intontita.

«Mi aiuterai con Lyra?»

Annuii solennemente. Non potevo dirle di no. Non dopo tutto quello che aveva fatto per la biblioteca … e quindi per me.

«Bene. Vado di sopra. Telefono subito alla Principessa Luna per un appuntamento.»

Prima che Trixie si voltasse, giurai di aver notato un sorriso sul suo volto.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 - Scelte forzate ***


Capitolo XII

Scelte forzate


Non c'è libertà a questo mondo; solamente gabbie dorate.

(Aldous Huxley)



 

L’appuntamento con la Principessa Luna fu fissato per tre giorni dopo. Era un miracolo ottenere un’udienza così rapida, almeno secondo Trixie.

Approfittai di quei giorni per leggere tutto ciò che Lyra e Trixie avevano raccolto nei mesi precedenti, aiutata da Rachel e Daniel. Restammo nella biblioteca tutto il tempo, tranne durante le notti che passammo nell’albergo messoci a disposizione e in qualche breve pausa in un parco vicino.

Trixie aveva ragione. C’erano solo sette libri che avevano almeno vagamente a che fare con la ricerca che c’era da fare. E di questi solo “Fondamenti di antropologia” parlava chiaramente di umani. Ma anche gli altri, tutto sommato, contenevano informazioni interessanti, anche se vage. Erano perlopiù libri di leggende sugli unicorni del “Regno di Highwisdom”, un’antichissima nazione di unicorni che, almeno secondo queste leggende, risiedeva in un punto non ben precisato della regione delle Distese Selvagge. Non erano cronache storiche, quindi era impossibile distinguere il vero dal falso, ma a quanto avevo capito era una nazione nata da un gruppo di saggi unicorni che decise di entrare in isolamento, per, testuali parole, ricercare in ogni momento l’unica cosa che nell’esistenza pony conta davvero: la conoscenza.

Anche se si trattava solo di leggende, provai una forte affinità con quei pony del passato, leggendo miti di unicorni come me che viaggiavano per il mondo alla ricerca dei misteri più grandi della scienza e della magia.

Una di queste leggende narrava che tutti i contatti con questo regno andarono persi all’improvviso, da un giorno all’altro. La leggenda si concentrava in particolare sul viaggio nelle loro terre di un gruppo di pony, un pegaso, un unicorno e un pony di terra, dopo la perdita di questi contatti, e di come vennero a scoprire che la distruzione di quel regno fu causata da un drago grande quanto una montagna, invidioso delle conoscenze da loro custodite. Ovviamente la leggenda finiva con la vittoria degli eroi e della morte eroica dell’unicorno che si “vendica” della morte dei suoi fratelli.

La scomparsa di questo regno era ovvia, ma di sicuro non era stato un drago, anche un puledro l’avrebbe capito: i draghi non arrivavano di certo a quelle dimensioni, e come poteva un singolo drago distruggere un regno abitato dai più grandi conoscitori della magia?

Comunque, avendo queste leggende come base, e con il libro “Fondamenti di antropologia” che sembrava un vero e proprio saggio scritto in modo rigoroso e scientifico (escludendo la prima parte), non potevo negare che tutta l’attenzione di chi voleva saperne di più sugli umani e, di conseguenza, sull’Ombra, doveva essere puntata sulle Distese Selvagge.

Anche parlandone e riparlandone con Daniel e Rachel l’unica soluzione che trovammo fu quella di andare direttamente sul posto e sperare di trovare un libro simile a “Fondamenti di antropologia” o, con un po’ di fortuna, un qualsiasi altro indizio che potesse aiutarci a capire come sconfiggere l’Ombra.

 

Una cosa che successe in questi tre giorni, nei momenti di pausa, fu vedere Daniel alle prese con il volo. «Un pegaso adulto che non sa volare?» chiese Trixie, perplessa quando Daniel mi propose di voler imparare, mentre eravamo in un parco non molto distante dalla libreria.

«Sono nato con una malformazione genetica» mentì lui «ed è solo da poco che è stata finalmente curata. Non ho mai avuto l’occasione di volare per davvero.»

Malgrado la sua bravura nel mantenere un espressione seria e convincente, che convinse quasi me, Trixie lo guardò di sbieco.

«Puoi fargli da insegnante?» chiesi a Redflame, silenzioso come sempre. Lui era l’unico che conosceva il loro segreto, oltre alle Principesse e alle ex-Cutie Mark Crusaders, quindi confidai che avrebbe capito il suo “problema”.

Passò lo sguardo da me a lui più di una volta, sorpreso e un po’ scocciato di quella richiesta che andava al di là del suo compito.

«Va bene.» rispose laconico, con voce asciutta e senza alcuna gentilezza.

Agli inizi fu divertente vederlo le poche volte che, spiegate le ali, riusciva a levarsi in volo anche di solo mezzo metro, tremando e ricadendo subito dopo per la paura. L’ultimo giorno invece ci stupì, riuscendo a volare sino all’altezza della cima di un albero, avvinghiandosi attorno ad esso come un gatto spaventato. Ci mostrò uno zoccolo in segno di spregio, urlando alla vittoria, infischiandosene degli sguardi divertiti o scandalizzati dei pony che passavano nel parco. La discesa fu meno “eroica”, perché preso dal panico dell’altezza quasi si schiantò a terra.

Fu Redflame a salvarlo. Un attimo prima era vicino a me, controllando i suoi progressi, un attimo dopo era al suo fianco, aiutandolo a ridiscendere a terra sano e salvo.

Conoscevo solo un pegaso che era rapido quanto lui. E in questo momento comandava una nazione nemica.

«Sai per caso fare un Sonic Rainboom?» gli chiesi, quando riuscii a parlargli da sola.

Mi guardò con aria sufficiente. «Il Sonic Rainboom è da esibizionisti spacconi.»

«Ma lo sai fare?»

«Non ne voglio parlare.»

Lo disse con un tono che fece cadere subito il discorso.

 

Per quanto riguarda Rachel provai a insegnarle, sempre nei tempi liberi, qualche incantesimo utile, ma senza troppo successo. In fondo tre giorni erano troppo pochi per gli incantesimi diversi dalla levitazione, soprattutto senza conoscere il suo talento speciale.

Il secondo giorno però notai un fatto strano. Mentre ero intenta a leggere una delle leggende di quel regno nelle Distese Selvagge, Rachel si era avvicinata a una finestra. Notai con la coda dell’occhio che aveva portato dentro un uccellino, un pettirosso per la precisione. Da come si muoveva capii che era ferito. Rachel lo fissò per qualche istante, triste e indecisa sul da farsi. Poi il suo sguardo si fece di colpo deciso, e a quel punto accadde il fatto strano. Il suo corno s’illuminò, e in contemporanea il pettirosso venne avvolto dalla luce verde della sua magia. Ci fu un breve lampo nel punto dove era ferito, e poco dopo l’uccellino si rimise in volo, uscendo dalla finestra aperta, come se niente fosse.

«Ma come hai fatto?» chiesi, interrompendo subito la lettura, fissando Rachel insieme a Daniel, Trixie e Redflame.

«Non ne ho idea.» rispose di getto. «Credo che il corno abbia risposto a … un mio desiderio?»

«Ma quello era un incantesimo di terzo livello!»

«Forse mi sono espressa male, ma non credo di aver fatto qualcosa di molto diverso dalla levitazione. Avevo un desiderio, mi sono concentrata, e … ed è successo.»

Questo era uno di quegli eventi straordinari che, nei casi di un puledro o una puledra, comportava l’acquisizione immediata del cutie mark. Quando fummo lontani dagli occhi di Trixie chiesi a Rachel di abbassare il suo vestito in modo da poter vedere i suoi fianchi.

Niente.

«Mi lanci un incantesimo del genere senza conoscerlo e non ottieni il cutie mark?»

Grugnii, passandomi uno zoccolo sulla tempia, trottando avanti e indietro nel tentativo di capire come era potuto accadere.

Non riuscendoci grugnii una seconda volta e lasciai perdere, tornando alla lettura.

 

Il giorno dell’appuntamento infine arrivò, e i dubbi riguardo all’utilità di questa ricerca continuarono a tormentarmi per tutto il tragitto verso il municipio.

 

Quando entrammo nell’ufficio, insieme a Trixie, vi trovammo soltanto Luna ad aspettarci. Questa volta indossava soltanto la collana, la corona e i coprizoccolo regali. Era d’aspetto praticamente identica all’ultima volta che l’avevo vista prima di partire vent’anni prima.

Mi sentii subito più a mio agio.

«Benvenuti!» ci salutò non appena fu richiusa la porta alle nostre spalle dalle guardie. «Spero che vi siate trovati bene qui.»

«Sì, maestà.» rispose Rachel per noi, facendo un inchino.

«Come la trovate Ponycity?»

«Ad essere sincera preferivo la vecchia Ponyville.» dissi. «Ma devo congratularmi con voi per aver mantenuto una certa tranquillità almeno in questo pezzo della città.»

«Mi fa piacere sentirlo dire da te, Twilight.» disse Luna con un sorriso. «Ho fatto del mio meglio per raggiungere questo obiettivo. In fondo, prima che accadesse tutto questo, Ponyville era un esempio per tutta Equestria. Aimè, pochi se ne rendono conto.»

La Principessa guardò fuori dalla finestra per qualche momento, poi si andò a sedere al tavolo e ci invitò a fare lo stesso con un gesto dello zoccolo.

«Ma siete qui per un’altra faccenda, quindi evitiamo di perdere tempo con discorsi inutili e sterili. E’ una questione importante, altrimenti non vi avrei concesso udienza così presto.» portò i suoi due zoccoli anteriori di fronte al viso, toccandoli l’un l’altro «Ho autorizzato io stessa Lyra Heartstrings a partire sei mesi fa, insieme a un piccolo gruppo di spedizione, nelle Distese Selvagge. Devo ammettere che sa il fatto suo e sa come convincere. Tutti quegli anni passati nella corte di Rarity hanno sviluppato le sue facoltà oratorie, evidentemente … Ora però, come mi ha giustamente detto Trixie, è da un mese che non abbiamo più sue notizie. La regione da esplorare è grande, ma le avevamo chiesto, per essere sicuri che fosse tutto sotto controllo, di inviare dei rapporti settimanali. Ci è arrivato solo il primo, in cui diceva di aver noleggiato dei carri volanti e dei pegasi per esplorare meglio la zona e in tempi più rapidi.»

«Come lo ha inviato questo rapporto?» chiese Daniel, confuso.

«Nella loro spedizione c’era un piccolo di drago addestrato da me per lo scopo.»

Daniel mantenne l’espressione confusa.

«I draghi hanno la capacità, se addestrati, di mandare oggetti in un punto specifico con il loro soffio.» spiegai, non potendo fare a meno di pensare a Spike e a tutte le volte che avevo utilizzato questa sua capacità. A tutti i nostri momenti insieme.

Trattenni a stento un’ondata di tristezza.

Daniel scosse la testa, ma non disse altro.

«Come ho già detto a Trixie, non ho le risorse, né i pony adatti per una spedizione di recupero.» proseguì Luna. «E non siamo nemmeno sicuri che siano effettivamente in pericolo.»

«In quella regione?» esclamò Trixie. «Senza offesa, maestà, ma stiamo parlando delle Distese Selvagge!»

«Me ne rendo conto.» replicò severa Luna. «Qual è allora la vostra proposta?»

Il momento della verità.

«Propongo di andarci io.» intervenni.

Luna mi fissò, strabuzzando gli occhi. «Tu? No, Twilight, non … non posso autorizzarti!»

Quel suo rifiuto era troppo netto per i miei gusti.

«Perché no?»

«Non … vorrei, ma …»

«C’è qualcosa che non va?» chiesi, impaurita dall’improvvisa indecisione della Principessa della Notte.

«Devo sentire mia sorella a riguardo. Attendete un attimo.»

Il suo corno s’illuminò e dal nulla, sospeso in aria, apparve l’apparecchio chiamato telefono che ormai era diventato di uso comune a Equestria.

Luna compose un numero e si portò la cornetta all’orecchio, in nervosa attesa.

«Pronto Celestia?» esclamò all’improvviso. «Sì, scusami per il disturbo. Dovrei parlarti di una cosa urgente … lo so che sei impegnata e … no, concordo che è scortese e controproducente interrompere un incontro con la delegazione di Pegasopoli … no, non ci vorrà molto. Riguarda Twilight … sì, è qui da me nel municipio della vecchia Ponyville … no, sta benissimo, in forma smagliante direi … mi ha chiesto di fare una cosa che comporterebbe il farla uscire dal regno … sì … sì … no, però … perché non vieni qui, invece, e glielo spieghi? … no, basteranno pochi minuti … va bene … a tra poco.»

Il telefono sparì così come era apparso, e Luna mi fissò con aria grave.

«La tua mentore arriverà tra qualche istante.»

Ricambiai lo sguardo con aria altrettanto seria.

«Non mi vorrete dire che sono prigioniera?»

«Devi capirla, Twilight. Lo fa per il tuo bene.»

«Ma che bene posso fare io se non posso andare dove c’è bisogno di me?»

«Io …»

Luna venne interrotta da un improvviso bagliore nel centro della stanza.

Quando gli occhi riuscirono di nuovo a vedere, vidi avvicinarsi a dove era seduta Luna la mia mentore, Celestia in persona. Trixie, Rachel, Daniel e Redflame abbassarono subito la testa in segno di saluto, mentre io mi misi a fissarla. Stava iniziando a montarmi la rabbia.

«Buongiorno Twilight. Mi dispiace non poterti dedicare più tempo, ma è giusto che te lo dica a quattr’occhi.»

«Che cosa?» sbottai. «Che non mi è possibile proseguire il compito che mi avete affidato?»

«Non se quel compito ti porta fuori da questo regno.» rispose tranquillamente Celestia. «Sei troppo importante, per me e per Equestria, per metterti inutilmente in pericolo.»

«Ma Lyra potrebbe aver scoperto qualcosa di importante per Equestria! Perché non posso andare a cercarla?»

«Non discutere, Twilight.» esclamò seccata la Principessa del Giorno, scuotendo con solennità il capo. «Trova qualcun altro per questa spedizione.»

«Ma …»

«Lo farò io!» esclamò Rachel all’improvviso, mettendomi uno zoccolo di fronte al petto.

«E anch’io.» si accodò Trixie, fissandomi con un ghigno divertito.

«E anch’io.» si aggiunse Daniel, anche se a fil di voce.

Celestia sorrise a tutti e tre.

«Bene, vedo che abbiamo dei volontari. Allora è deciso.»

Celestia tornò nel centro della stanza.

«No, aspettate!»

«Basta Twilight!» esclamò la Principessa, utilizzando il suo temuto tono di richiamo. «Non costringermi a ordinartelo!»

Mi lanciò uno sguardo che non le avevo mai visto fare. Uno sguardo fermo, saldo, che sembrava contenere tutta la verità del mondo e che per questo non volesse e non potesse essere contraddetto.

Era come fissare il sole. Come potevi negare l’esistenza del sole?

Per timore reverenziale evitai di infrangere la sua pazienza, anche se mi sentivo trattata ingiustamente, e restai zitta.

«Bene.» disse la mia mentore «Mi congedo. Ho una riunione importante da continuare.»

Fece appena in tempo a dirlo: scomparve in un bagliore di luce così come era apparsa.

Senza Celestia, rivolsi il mio sguardo a Luna, sperando di trovare appoggio almeno da lei. La sua espressione era contrita, vittima quasi quanto me della situazione.

«Non guardarmi in quel modo, Twilight. Sai che ha ragione.»

«Ma perché?» chiesi, trattenendo delle lacrime di rabbia.

«Perchè sei l’ultimo Elemento dell’Armonia ancora puro. Se dovesse accaderti qualcosa … se dovessi morire … o peggio venire catturata e trasformata come le tue amiche … non voglio immaginare cosa potrebbe capitare.»

La rabbia lasciò per un momento il posto alla paura. Rabbrividii al pensiero di una Twilight Sparkle oscura e deviata, dotata di grande potere magico, potenziato ulteriormente dalla magia corrotta dell’Elemento della Magia, il cui unico scopo era diffondere la propria malvagità nel mondo.

Celestia aveva ragione, non potevo negarlo …

Però …

«Però non posso rimanere rinchiusa qui, come una prigioniera!»

«Siamo tutti prigionieri qui Twilight, se non te ne fossi accorta!» sbottò Luna, battendo gli zoccoli sul tavolo e arrivando quasi ad usare la Voce Reale di Canterlot. «E’ dalla fine della Seconda Guerra che siamo prigionieri di forze malvagie, assediati da pony che non aspettano altro che scagliarsi su di noi per spazzarci via! Mia sorella e io abbiamo grandi poteri, ma forse non saremo in grado di arrestare la prossima onda di marea! Perché credi che Celestia ti abbia dato quel libro di Starswirl? Perché credi ti abbia mandato qui, nella vecchia Ponyville, circondata da mura e guardata a vista giorno e notte dal miglior soldato di Canterlot? Perché ti vuole proteggere e sa che, malgrado tutto, potresti fare la differenza nell’ultima battaglia!»

Restai a bocca aperta, stringendomi gli zoccoli al petto. Non ero più padrona nemmeno della mia vita. Di colpo mi accorsi che ero diventata uno strumento al servizio di Equestria. Non ero contro l’idea di difendere ciò che rimaneva dell’armonia e della pace che Celestia e Luna avevano mantenuto, ma contro l’idea di essere considerata poco più di un’arma.

Non una studentessa promettente.

Non un’amica.

Un’arma.

«E’ così, dunque?» dissi, con voce tremante. «E’ solo questo che sono per voi?»

Scesi lentamente dalla sedia, e mi avviai verso la porta, seguita a ruota da Redflame.

«No, Twilight, non giungere a …»

Mi voltai verso Luna. Aveva un’espressione rammaricata, ma non quanto la mia.

«Avete ragione. Avete sempre avuto ragione. Ogni volta che sono andata contro una vostra richiesta, mi sono sempre accorta troppo tardi che ero nel torto. Chi sono io per andare contro la saggezza di pony vecchi di mille anni? Mi chiuderò in biblioteca e m’impegnerò a fondo per seguire i vostri desideri … come ho sempre fatto. Ora, se non avete niente in contrario, mi congedo. Questa riunione non mi compete più.»

Non attesi la risposta, ma nemmeno arrivò. Uscii dalla stanza con Redflame alle spalle, il cuore colmo di amarezza.  Le zampe andavano avanti quasi da sole, mentre la testa mi pesava sulle spalle per la quantità enorme di pensieri che mi si affollavano nella mente.

Una parte di me voleva disubbidire a Celestia, andare là fuori, incontrare Cadence, salvare le mie amiche, fare di tutto per spazzare via quel che c’era di brutto a Equestria come si fa con la polvere accumulata negli anni. Non aspettare che fosse quella bruttezza a bussare alla mia porta!

Ma, come avevo detto a Luna, volevo davvero andare contro a una richiesta di Celestia? Quante volte aveva sbagliato un suo giudizio? Quante volte aveva previsto con largo anticipo cosa sarebbe successo quando mi assegnava un compito?

E anche se avessi avuto l’ardire di disobbedirle? Cosa sarebbe successo se avessi fallito?

Il costo era davvero troppo grande. Forse avevano ragione. Cercare di illuminare una stanza oscura galoppando avanti e indietro con una candela, con il rischio di spegnerla, era molto rischioso. A volte era necessario stare fermi e fare di tutto perché quella piccola candela non si spegnesse. Meglio una piccola luce nell’oscurità che un’oscurità completa.

Eppure …

«Non vuoi aspettare gli altri?» mi domandò Redflame, bloccandomi.

Non me ne ero quasi resa conto, ma eravamo già in strada. La biblioteca non era molto distante. Eravamo venuti lì a zoccoli, saremmo tornati a zoccoli.

«No … se la caveranno benissimo senza di me.» dissi, avviandomi per la mia vecchia casa.

 

«Sparkle!» esclamò Trixie. «Su con il morale! Attendere vent’anni solo per vederti ridotta in questo stato è degradante!»

Alzai lo sguardo dalla copertina del libro di Starswirl. Era su un leggio, pronto per essere aperto e letto. Da almeno mezz’ora.

«Non hai idea Trixie di quanto ti invidi in questo momento.» le dissi, sincera come non mai.

Trixie prima mi fissò con occhi sgranati, poi rise. «Questa è proprio l’ultima cosa che credevo di sentirti dire.»

Rachel stava sussurrando qualcosa a Daniel, poi, vista la scena, mi si avvicinò.

«Non puoi abbatterti così, Twilight.» mi disse gentilmente «L’hai detto tu stessa. Celestia ha i suoi buoni motivi per chiederti di restare.»

«A me sembrava una scusa bella e buona.» intervenne Daniel, fissando una fila di libri su uno scaffale.

«Non sei di grande aiuto!» esclamò rabbiosa Rachel.

«Sei tu che sei fissata con il dorare la pillola …»

«Ma sentilo!»

Il corno di Rachel si illuminò. Subito dopo un paio di libri dalla parte più alta dello scaffale dove si trovava Daniel caddero, prendendolo in testa prima che potesse accorgersi di ciò che stava succedendo.

«E che cavolo …!» urlò Daniel, con la voce incrinata dal dolore.

Quella scenetta riuscì a strapparmi una risata.

Trixie scosse la testa e si mise al mio fianco, fissando con me il libro di Starswirl.

«Sono io che continuo a invidiare te, Sparkle. Guarda cosa hai davanti! Incantesimi d’età! Vent’anni di studi, e sono riuscita a farli solo grazie a quel dannato amuleto … e sono solo di settimo livello! Tu invece hai la possibilità di diventare un unicorno di alto livello con le tue forze! Vuoi forse buttare via il tempo che ti è stato concesso in una ricerca assurda?»

«Ricerca assurda che fino a poche ore fa mi hai implorato di accettare …» replicai acida.

«Dettagli, dettagli.» mi disse ridacchiando, circondandomi le spalle con uno zoccolo. «Ci andrò io al posto tuo, e mi sta meglio così. Inoltre so che in mia assenza la biblioteca è in ottimi zoccoli.»

«Guardala da questo punto di vista.» intervenne di nuovo Rachel, che nel frattempo si era messa a massaggiare la testa di Daniel. «Durante questo periodo potresti fare ricerche separate, trovare altri indizi che ci aiutino nell’altra nostra missione … e nel tempo libero riallacciare vecchie amicizie. Hai ancora il numero di Applebloom, giusto?»

Già … me ne ero dimenticata. Non aveva tutti i torti. Anzi, a rifletterci bene, le sue erano ottime idee. Come avevo fatto a non pensarci? Tra questa biblioteca e quella di Canterlot avevo quasi tutta la conoscenza di Equestria a portata di zoccolo: forse avrei trovato un modo …

… un modo per uscire dalla palude in cui ero stata scaraventata …

… un modo per portare la luce della candela ovunque.

Mi ero ripromessa di non scoraggiarmi più, e nemmeno Celestia e Luna mi avrebbero fatto infrangere questa promessa.

 

La partenza della spedizione fu fissata cinque giorni dopo l’incontro avuto con Luna. Per questo motivo i preparativi vennero fatti in fretta e furia.

L’idea di partenza era di usare un carro magico, spinto da un pegaso, per sorvolare la zona in relativa sicurezza, alla ricerca di eventuali tracce di Lyra, della sua spedizione e di ciò che stavano cercando. Anche Lyra aveva usato un carro trainato da pegasi per la sua spedizione, quindi la sicurezza non era garantita, ma non c’erano modi più sicuri e rapidi di attraversare le Distese Selvagge. A zoccoli mi sarei sentita quasi al sicuro solo se al mio fianco ci fossero state Celestia e Luna.

Il mio ruolo nella preparazione fu minimo. Diedi solo diversi consigli su cosa portare e su cosa non portare in quella immensa regione desolata, facendo diverse liste di cose a mio avviso importanti, ma per il resto lasciai tutto negli stranamente capaci zoccoli di Trixie.

Riuscii ad assistere da una posizione privilegiata al primo incontro in biblioteca tra lei e i pony assegnati alla spedizione da Luna.

«Vediamo se riesco a indovinare.» disse Trixie, esaminandoli come se fosse un’ufficiale delle guardie.

Si posizionò di fronte all’unicorno color sabbia e dalla criniera bianco-nera. La giumenta rispose al suo sguardo con aria scocciata, come se trovasse infantile il suo modo di fare.

«Tu sei Scrolley, giusto?» le domandò.

«Professoressa Scrolley, prego.» puntualizzò lei, stizzita.

«Chiedo venia, professoressa.» le rispose per le rime la giumenta blu. Alzò un foglio con la telecinesi e iniziò a leggerlo. «Leggo qui che sei esperta in archeologia sul campo.»

L’unicorno si portò uno zoccolo al petto, mostrando un’espressione orgogliosa. «La migliore. L’università di Ponycity mi manda sempre ogni volta che viene scoperta qualche rovina importante. Non so se avete sentito parlare della scoperta di Haydel, uno degli insediamenti pre-discordiani più antichi di Equestria, vicino a Wingsor Castle. Bè, è stato merito mio. Abbiamo avuto qualche problema con i pegasi, ma è bastata qualche mazzetta per farli volare da un’altra parte.» si mise in una posa tale da mostrare il suo cutie mark rappresentante un libro e una pergamena. «Su quel ritrovamento ho scritto un rapporto così dettagliato e d’effetto che ha venduto migliaia di copie tra Ponycity e Canterlot. Gran successo, visto che di solito i libri scritti dai miei colleghi vengono venduti solo ad altri colleghi e a qualche studente.»

Mi portai uno zoccolo al mento. Haydel … non mi sembrava di averlo sentito nominare. Dovevo rimediare e ottenere una copia di quel rapporto. Gliel’avrei chiesta dopo.

«D’accordo …» commentò divertita Trixie. «Ricordati di portare qualche copia con noi. Ci saranno sicuramente mostri delle Distese Selvagge interessati ad averne una firmata dall’autrice.»

Scrolley le lanciò un’occhiataccia carica di irritazione, ma restò silenziosa al suo posto, lasciando Trixie posizionarsi di fronte ai due pegasi che nel frattempo avevano riso sotto i baffi di fronte al loro “confronto”.

«Meno male che vi divertite con poco.» li rimproverò, mentre continuava a leggere il foglio di prima. «Big Wing e Little Bolt, giusto?»

«Ci scusi.» rispose rapido abbassando la testa il pegaso più piccolo, dal manto grigio e la criniera rosso-blu, con un cutie mark a forma di meteora infuocata.

«Siete fratelli,» proseguì Trixie nella lettura. «ed entrambi eravate i migliori nei rispettivi corsi di volo nei punteggi di resistenza. E’ corretto?»

«Sissignora.» rispose il più grande, con voce profonda. Era identico al fratello tranne per appunto la sua mole, per l’acconciatura da sciupa puledre e ovviamente per il cutie mark a forma di pesi da palestra.

Avevo imparato ormai a non fidarmi dalle apparenze però … no, meglio non concludere il pensiero.

«Non per niente in caserma siamo conosciuti come “I muli”.»

«Incantevole.» commentò Trixie con un non troppo sottile tono sarcastico.

«Se mi permette, signora.» aggiunse il fratello più piccolo. «Non me la cavavo male nemmeno con la velocità. Diciamo che rendo onore al nome di Little Bolt.»

«Nel senso che dopo quella esibizione per quella piccola puledra di cui ti eri invaghito hai creato un piccolo cratere.»

Big Wing scoppiò in una risata sguaiata, mentre Little Bolt gli diede delle zoccolate sul fianco senza che riuscisse a smuoverlo o a farlo smettere.

Fu un colpo di tosse di Trixie a farli smettere entrambi.

«Davvero incantevole.» disse di nuovo l’unicorno blu con tono ancora più sarcastico. «Ma abbiamo bisogno di due pegasi che sappiano trasportare un carro con cinque pony a bordo e scorte di diverse settimane per molte ore al giorno senza farci cadere e ammazzare. Non m’importa che sappiate fare la Indianapony in tre minuti.»

«Nessun problema.» risposero entrambi, mettendosi in una posizione ferma degna di una guardia. In fondo erano entrambi dei soldati, da quanto avevo capito.

«Potrei trasportare un carro del genere e flirtare con una bella giumenta contemporaneamente.» aggiunse Big Wing, lanciando a Trixie un’aria da cascamorto «Avendo successo in entrambi i compiti.»

Trixie rispose assumendo un’espressione più fredda dello zero assoluto. «Provaci anche solo una volta a rivolgermi un’occhiata del genere o una battuta vagamente oscena e giuro che dopo il mio trattamento non proverai attrazione per il sesso opposto neanche di fronte a una giumenta bagnata con il sedere per aria. E’ chiaro?»

Big Wing sbiancò e la faccia divenne una maschera senza emozioni.

Questa volta fu Scrolley a sghignazzare. Anche il fratello si trattenne a stento.

«Non c’è nulla su cui ridere o scherzare.» aggiunse Trixie, rivolgendosi a tutti e tre. «Soprattutto quando saremo nelle Distese Selvagge. Vi invito a prendere questa missione mortalmente sul serio. Forse non conoscete i pericoli e le difficoltà che incontreremo. Vi invito a rifletterci bene.»

«Sissignora.» risposero tutti e tre, in coro quasi perfetto.

«Ottimo.» disse lei, sospirando. «Ora vi spiego cosa dovrete fare per prepararci al meglio.»

 

Nei giorni successivi la vidi dare ordini al resto dei componenti della spedizione come se fosse nata per fare da leader.

«No. Due bussole non bastano. Meglio averne tre.»

«Sì, porteremo questa mappa.»

«Pergamene, tantissime pergamene! Non vorremo trovarci a corto di materiale su cui scrivere sul più bello, vero?»

Era davvero un’altra giumenta dall’ultima volta che l’avevo incontrata. Il carattere non era molto cambiato, ma aveva un’altra … scintilla che le brillava nel cuore. E tutto, almeno così sembrava, a causa della mia assenza. O forse grazie alla mia assenza?

Rachel e Daniel aiutarono come poterono nell’organizzazione. Non avevano alcuna idea di cosa li aspettava, e si limitavano a seguire ciò che diceva loro Trixie. Rachel fu assegnata al lavoro di analisi e ricerca insieme all’altro unicorno, mentre Daniel divenne la “ruota di scorta” nel caso uno dei due pegasi non fosse stato in grado di continuare a trasportare il carro.

«Stupendo … farò da mulo …» fu il suo commento.

Per questo motivo chiesi a Redflame di aiutarlo il più possibile in quel poco tempo a disposizione nelle prove di volo. Volare da soli era già un impresa, ma trasportare un carico richiedeva un certo controllo, anche se si trattava di un carro reso leggero magicamente.

Mentre Daniel era impegnato con Redflame, io mi misi insieme a Rachel a insegnarle quanto più possibile sui metodi migliori per condurre ricerche sul campo negli ambiti della biologia, dell’archeologia, della geologia, dell’astronomia, ecc …

Le consegnai un paio di libri guida in tal senso, oltre a un tomo, “Magia, aiutami!”, sugli incantesimi più utili in ambienti ostili, come l’utilissimo incantesimo che estraeva l’acqua dall’aria o quelli di pronto soccorso.

Eravamo verso l’ultimo giorno di preparazione, quando, dopo averle consegnato questi libri, irruppe Trixie in biblioteca, galoppando decisa verso la stanza da letto di sopra.

«Che le prende?» chiese Rachel.

Alzai le spalle.

Quando tornò, vidi che stava facendo levitare vicino a sé una pistola.

Mi si raggelò il sangue a guardarla.

«Che c’è?» mi domandò. «Mai visto un’arma da fuoco, Sparkle?»

«No … ma …»

«Cosa credi, che non ne avremo bisogno?»

«No, però …»

«Sono tempi spietati, Sparkle. Non si può andare troppo per il sottile.»

«L’hai già usata per … per …»

«… uccidere?» rispose lei senza mezzi termini. «No. Non ho nemmeno mai sparato un colpo, se per questo. Me la sono sempre cavata con la magia. Ma non si sa mai …»

«Dobbiamo portarcele anche noi?» chiese Rachel, che come me condivideva il disagio.

«Ovviamente. Sapete usarle?»

Rachel negò energicamente, come se volesse mostrare la sua incapacità al mondo intero di proposito, come motivo di vanto.

«Non dovremmo avere problemi a imparare.» Trixie fissò l’arma, osservandola da ogni angolo mentre la faceva roteare. «Ho sentito che per gli unicorni è relativamente facile.»

Rabbrividii mio malgrado. Ecco un’altra cosa che non avevo assolutamente nessuna intenzione di imparare. La lista si stava allungando.

«Per i pony di terra e i pegasi invece è un po’ più complicato. Vedrò di sentire Dazzlewing in proposito. Vado a controllare che la pistola sia ancora funzionante. E tu raggiungimi appena puoi, così ne fornisco una anche a te.»

Detto questo se ne uscì, incurante delle nostre facce sconvolte dalla conversazione.

Io e Rachel ci osservammo in silenzio per qualche istante. Non c’era bisogno di dire nulla per capire che quella spedizione aveva preso una piega ancora più sinistra.

Il mio desiderio anche solo di uscire dal “guscio” che mi era stato imposto da Celestia aveva perso molto del suo fascino.

Le tenebre di Equestria erano più vicine di quanto non volessi ammettere.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 - Rotta verso l'ignoto ***


Capitolo XIII

Rotta verso l’ignoto

 

 

Un pericolo non si supera mai senza pericolo.

(Publilio Siro)

 

 

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: Giorno 1

 

Il treno fece uno scossone di troppo e per poco non persi la concentrazione sulla magia della levitazione. Il libro che tenevo davanti andò su e giù per un po’, incerto se cadere o restare dov’era, poi si stabilizzò.

«Dovrebbero sistemarlo questo tratto.» commentò acidula Scrolley. «E’ da mezz’ora che balliamo.»

L’unicorno color sabbia sbuffò, tornando a controllare le scorte di pergamene e inchiostro nel vagone.

«Siamo a Unicornia.» replicò Trixie, ancora più acida di lei. «Per i pony di qua un lavoro a zoccolo come questo è troppo umiliante per essere sistemato in tempi brevi. Piuttosto … Big Wing e Little Bolt, evitate di farvi male come l’altro giorno!»

Si stava rivolgendo ai due fratelli pegasi che ci erano stati assegnati insieme all’unicorno Scrolley. In quel momento i due pegasi grigi dalla criniera rosso-azzurra, distinguibili solo dalla grandezza, stavano “giocando” a braccio … anzi zoccolo di ferro. Richiamati da Trixie si fermarono.

«Sapete bene che ci servite in forma per trainare il carro volante.»

«C’è sempre Dazzlewing per sostituirci se necessario.»

Daniel, chiamato in causa, guardò allarmato i due pegasi.

«Ehi!»

Anche se con Redflame aveva iniziato a capire come usare le ali, l’idea di mettersi a volare per lunghi periodi di tempo trainandoci tutti in sicurezza non gli andava granchè.

«Voi siete il traino principale e lui una scorta.» esclamò Trixie. «L’ho già detto e ripetuto. Perciò non fatevi venire la malsana idea di farvi male apposta per riposarvi durante il viaggio e lasciar lavorare lui.»

I due pegasi si lagnarono per un pò, poi cambiarono gioco tirando fuori delle carte.

«Peggio dei puledri.» sbuffò a bassa voce Trixie, sedendosi vicino a me. «Hai bisogno di aiuto?»

Interruppi la lettura. Non che fossi riuscita a capirci qualcosa dell’incantesimo di estrazione dell’acqua, tra il treno traballante, i due pegasi che rumoreggiavano e l’armeggiare di Scrolley.

«Sto cercando di imparare questo incantesimo.» dissi, mostrandole il punto dove ero arrivata.

Trixie diede una lettura rapida. «Ah, banale …»

Alzò la testa, aprì la bocca, poi il corno le si illuminò e dell’acqua apparve quasi dal nulla dall’aria, andandole direttamente giù per la gola.

«Avevo giusto un po’ di sete.» disse, pulendosi il muso con un fazzoletto apparso magicamente.

Sorrisi.

«Che c’è?» chiese Trixie, alzando un sopracciglio.

«Mi chiedevo quanto sei migliorata dai tempi in cui … in cui …»

«… in cui andavo in giro per il mondo, parlando in terza persona e facendo la smorfiosa? Parecchio. Hai detto che eri una mia fan, giusto?»

«Non proprio una fan, ma ti conoscevo di fama.»

In realtà sapevo tutto su di lei grazie alla serie dei My Little Pony. Mi veniva incredibilmente normale, quasi naturale, parlare con dei personaggi che credevo fittizi solo un paio di settimane prima. Era strano ed eccitante in egual misura.

«Eh, la fama … un’arma a doppio taglio.» disse Trixie, colta da un pensiero. «Relativamente facile da ottenere se sai come muoverti, ma difficilissima, quasi impossibile da rimuovere. Vent’anni che mi sono … allontanata dai riflettori e malgrado tutto il caos che è successo ancora trovo qualcuno che mi riconosce.»

Improvvisamente la porta del vagone si aprì. Entrò un unicorno in divisa scura con un berretto con visiera.

«Biglietti …» disse in tono neutro.

Trixie si alzò e tirò fuori sei biglietti, mostrandoli al controllore.

L’unicorno vidimò magicamente i biglietti, poi, tirando su il berretto con espressione sospettosa, si mise a guardarci tutti.

«Come mai questo intero vagone tutto per voi?»

Ahia …

«Ma come?» iniziò Trixie con tono del tutto naturale, puntando uno zoccolo a sè. «Non ci avete riconosciuto?»

L’unicorno la osservò e negò con la testa.

«In che povero stato si trova Unicornia se non riconosce una studiosa del nostro calibro.» disse Trixie alzando la testa con aria sdegnata.

Eccola la Trixie che ricordavo. Non aveva perso il tocco.

«Avete davanti la pluridecorata e acclamata Madame Marey, colei che ha scoperto come estrarre una panacea dalle Ursa Maior e introdotto il rivoluzionario metodo Ponyssori.»

L’unicorno non sembrava impressionato. «E gli altri?»

«Studiosi apprendisti e aiutanti per la nostra prossima spedizione naturalmente. Una spedizione che potrebbe riportare grandi risultati scientifici … se solo non venissimo interrotti da bigliettai …»

L’unicorno continuava a rimanere impassibile. Mi morsi un labbro, temendo che non avrebbe bevuto la recita.

«D’accordo … Madame. Vedrò di non disturbarvi più. Buon viaggio.»

L’unicorno se ne uscì dall’altro lato del vagone e io riuscii finalmente a respirare.

Gli altri ripresero quello che stavano facendo. Daniel mi fissò chiedendomi con lo sguardo in che guaio ci eravamo infilati.

Non aveva tutti i torti.

Trixie tornò a sedersi vicino a me, sospirando anche lei per il pericolo scampato.

Le feci un sorrisetto sardonico.

«Sì, lo so … adesso mi dirai “Il drago perde le scaglie ma non il vizio”. Come credi che sia riuscita a cavarmela quelle poche volte che ho viaggiato in questi ultimi anni fuori da Equestria?»

Non dissi altro.

«Allora … vediamo di aiutarti a imparare questo incantesimo. Meno acqua di scorta consumeremo, meglio è.»

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: Giorno 2

 

Manech.

Scesi dal treno con il sole che tramontava, aspettandomi … qualcosa di più. Mi trovai a passeggiare per una piccola cittadina con uno stile molto simile alle cittadine tedesche del nostro mondo: palazzine alte, l’una attaccata all’altra, dai colori più svariati e sgargianti, dai tetti rossi ricolmi di comignoli e bandiere violette con il simbolo di un unicorno bianco incoronato. Difficile non capire di chi si trattasse: il volto di Rarity, perfetto all’inverosimile, agghindato con una tiara di diamanti e gemme e con un’espressione di affascinante superbia, si trovava dappertutto anche nei poster sui muri, con slogan raccapriccianti come “La magia ci rende liberi” o “Unicornia sopra tutti”. Di tanto in tanto vedevo anche dei soldati unicorni, in divisa nera e armati di pistole e mitragliatori, che pattugliavano le strade con espressione dura e passo cadenzato.

Dentro di me ribollivo per la rabbia nel vedere come era ridotta Equestria, ma visto dove mi trovavo evitai di darlo a vedere. Per fortuna non saremmo stati a lungo lì.

I pony civili che incrociavamo sui marciapiedi (o marciazoccoli?) portavano vestiti ottocenteschi molto eleganti ma al tempo stesso pratici: malgrado ci trovassimo in territorio ostile mi sentii un po’ più a mio agio.

Un fiume, che scorreva da ovest verso est, delimitava il confine meridionale della cittadina, oltre il quale si innalzavano colline brulle e pietrose.

L’inizio delle enormi Distese Selvagge. Facendo una rapida scala delle mappe approssimative di quell’immensa regione, mi ero resa conto che ci stavamo per avventurare in un continente grande più o meno quanto l’Africa.

Un’Africa ostile ricolma di bestie selvagge e chissà cos’altro.

L’ora era troppo tarda per prepararci alla partenza, quindi Trixie ci portò in un piccolo hotel. Mangiammo alcune leccornie tipiche di quel posto (dei crauti che erano la fine del mondo) e dopo un breve riassunto di ciò che avremmo dovuto fare il giorno dopo andammo a dormire.

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: Giorno 3

 

Passammo l’intera giornata successiva a comprare ciò che non ci eravamo portati dietro da Ponycity, come cibo e acqua. Di quest’ultima per fortuna ne avevamo poco bisogno, grazie all’incantesimo di estrazione dall’aria che Trixie, Scrolley e io conoscevamo. Sì, ero riuscita a impararlo. Con qualche incertezza, ma ero in grado di creare abbastanza acqua in una giornata per sostenermi.

Trixie poi andò a comprare anche il famoso carro volante che ci avrebbe permesso di sorvolare le Distese Selvagge in relativa sicurezza e in tempi più brevi. Sfruttando il suo carisma e il nome di Madame Marey riuscì a ottenere un carro lungo una decina di metri, aperto in modo che potessimo guardare tutto dall’alto, ma con i fianchi coperti in modo da darci un po’ di protezione in caso di “ostilità”.

A proposito di ostilità, fui costretta a mettermi una cintura alla zampa per tenere la pistola.

«Per la tua sicurezza.» mi disse Trixie lapidaria.

A Dazzlewing diede un modello per pegasi, dotato di una cordicella che teneva collegata la fodera all’arma, per evitare di perderla in caso di combattimenti aerei.

Sperai di non doverla utilizzare mai.

Ma visto dove stavamo per andare era una speranza vana.

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: Giorno 4

 

Il giorno atteso arrivò. Il carro, che era leggero come una piuma rispetto alla dimensione, fu caricato di tutto quanto, provviste, pergamene e strumenti necessari al viaggio. Big Wing venne bardato in modo da poterlo trasportare, mentre suo fratello minore e noi salimmo sul carro, aggiungendo quello che sarebbe stato un peso impossibile fisicamente da trasportare per un pegaso solo.

«Siete pronti?» domandò Big Wing.

«Vai.» esclamò Trixie.

Mi stupii nel vedere che Big Wing spiccò il volo … e noi con lui, come se niente fosse.

Riuscii a restare sui miei zoccoli quasi per miracolo, tra la sorpresa e l’ascesa del carro. Mi si drizzarono i peli del manto per l’emozione e l’improvviso vento fresco.

Stavamo volando! Su un carro!

Manech diveniva sempre più piccola, e per certi versi anche le sue brutture, da quell’altezza, sembravano diventare insignificanti.

Il cielo, l’aria, la libertà di poter andare dove volevamo. Avrei voluto tanto essere un pegaso e volare via.

Daniel non era altrettanto entusiasta: già, aveva paura di volare. Per quel motivo restò al centro del carro, fissando il legno sotto i suoi zoccoli. A parte quello, sembrava stare relativamente bene.

Dopo la partenza spedita, la velocità di crociera divenne relativamente bassa. Tra i venti e i quaranta kilometri all’ora, ad occhio. Ma con quella velocità in aria sembrava di andare velocissimi. Tanto che Manech scomparì rapidamente all’orizzonte, nascosta dalle colline brulle.

A sud, di fronte a noi, si aprirono le Distese Selvagge: terre aride, niente vegetazione, nulla di nulla. Sembrava una savana collinare, ma senza un’ombra di vita.

Al primo turno di cambio del pegaso, in cui Trixie, aiutata da me e Scrolley, mantenne l’intero carro in levitazione mentre i fratelli si scambiavano di posto, ero già stufa di questa vista.

 

Al calare del sole fummo costretti a scendere a terra per la notte. I pegasi dovevano pur dormire. E ovviamente anche noi. Il carro fu posato in un avvallamento tra due colline, in una posizione che ci avrebbe permesso di difenderci bene in caso di attacchi.

Trixie si guardò attorno, guardinga. Scrolley, Big Wing e Little Bolt erano già pronti a sfoderare le armi in caso di pericolo.

«Iniziate a preparare il campo.» ordinò Trixie. «Ma tenete gli occhi aperti.»

Piantare i chiodi delle tende in quel terreno secco non era facile, ma cercammo di fare in fretta, mentre sentivo rumore di magie che si attivavano. Girandomi vidi che Trixie stava dando spettacolo di sé, creando quelli che sembravano scudi protettivi tutto attorno all’area da campo.

«Attenzione!» urlò Scrolley, estraendo la pistola e sparando un colpo.

I timpani! Rimasi stordita per qualche secondo.

Mi voltai nella direzione dove aveva sparato, e mi si raggelò il sangue nelle vene.

Dal terreno secco sorgeva qualcosa … una belva si formava rapidamente, simile a un lupo, con occhi luminosi.

Il proiettile di Scrolley la prese, ma non fece alcun effetto. Quando anche le zampe si furono formate, iniziò a correre verso di noi, scendendo dalla collina alla nostra sinistra. Era simile a un lupo sia nell’aspetto che nei movimenti, ma era fatto della stessa terra secca calpestata dai nostri zoccoli!

La versione di terra dei lupi di legno?

Un secondo proiettile sparato dall’unicorno lo mancò, e proseguì la sua corsa come se niente fosse.

I due pegasi iniziarono insieme all’unicorno a sparargli contro con le pistole in bocca. Ma i pochi centri non sembravano ferirlo o rallentarlo. Era come colpire della sabbia.

«Fermi, non sprecate proiettili preziosi!» urlò Trixie, mettendosi in mezzo.

Il lupo stava raggiungendoci. Trixie lo fissò, concentratissima.

«Vuoi farti ammazzare?» urlò Daniel, nascosto dietro il carro.

L’unicorno blu lo ignorò. Inspirò profondamente, e abbassò la testa. La criniera azzurra iniziò a muoversi mentre il corno brillava di luce rosa.

Il lupo di terra, di cui ora vedevo bene gli occhi rossi e le fauci affilate, era ormai a una decina di metri.

Stava per fare un balzo quando dal corno di Trixie partì un potente raggio d’acqua, simile a quello che esce da una pompa da vigile del fuoco.

L’acqua ad alta pressione colpì il lupo, facendolo letteralmente esplodere. Della temibile bestia restarono schizzi di fango nel raggio di un centinaio di metri. Uno di questi schizzi mi colpì la fronte, colandomi nell’occhio.

Bleah …

Il corno di Trixie tornò normale e l’unicorno sospirò.

«Fine ingloriosa …» commentò, girandosi verso di noi. «Continuate ad allestire il campo e non distraetemi. Le magie difensive non si mettono su da sole!»

 

Mi voltai e rivoltai, cercando una posizione comoda. Sforzo inutile. Avevamo fatto campo su della terra arida e riarsa, e il sacco a pelo non era abbastanza spesso. Dormire direttamente sul fango essiccato era la stessa cosa.

Se si aggiungeva a ciò la preoccupazione che avevo per un altro attacco di quelle bestiacce …

Sentii una terribile nostalgia di casa … e dei sonniferi.

«Anche tu sveglio?» esclamò Rachel, dal sacco a pelo vicino.

Mi voltai e vidi che mi stava osservando.

«Già.» mormorai arrabbiato. «Non so te, ma mi sto pentendo di essere venuto.»

Rachel fece un gemito e una faccia afflitta. Mi pentii di quella frecciata.

«Non ti ho mica costretto.» si lamentò lei, voltandosi dall’altra parte.

«No, scusami.» sussurrai. «Non volevo … io …»

Guardai verso l’alto, verso la parte superiore della tenda in cui stavamo cercando inutilmente di dormire.

«Sono solo molto confuso. Avevo relegato il fantasy che ti piace tanto a qualcosa d’infantile, e …»

«Infantile?» sbottò lei, voltandosi di nuovo verso di me con aria offesa.

Feci un sorriso imbarazzato. «Ops … pessima scelta di parole.»

«Oh, no, ottima scelta di parole, caro il mio “scrittore serio so-tutto-io”. Finalmente sei sincero! Pensavi di sapere tutto su tutto e tutti, e ora stai ricevendo una buona dose di umiltà. Ti sta solo bene!»

«Ma …»

«Ma niente!»

La fissai con un misto tra rabbia e risentimento.

Il suo volto di unicorno si ammorbidì subito. Abbassò lo sguardo e sospirò.

«Scusami. Non è facile nemmeno per me. Quando si è appassionati di fantasy, difficilmente si notano i lati negativi di mondi pieni di mostri e di magie oscure. Non parliamo poi di questo, pieno di problemi che conosciamo fin troppo bene. Se l’avessi saputo …»

«Sono io che mi devo scusare.» la interruppi, prendendo il cuore in mano. Ci riuscivo solo con lei. «Ho la testa più dura del diamante, e per questo mi sbaglio una volta su tre.»

«Facciamo due volte su tre.» ridacchiò Rachel.

Arrossii. «Il problema è che sono talmente duro e poco aperto alle novità che tutto … questo» dissi, indicando la tenda e me. «per me non ha senso. Non lo avrebbe se fossimo in un sogno, figuriamoci nella realtà.»

«Ammetto che anche per me è tutto molto inusuale. Scoprire da un giorno all’altro che magia, unicorni, pegasi e draghi sono reali è così … emozionante e terribile allo stesso tempo …»

«Almeno tu trovi qualcosa di emozionante …»

Rachel ridacchiò. «Oh, non mentirmi … so che hai trovato delle cose che ti sono piaciute. Ti ho visto come guardavi il castello di Canterlot. Per non parlare della collezione di libri della biblioteca di Twilight. Quanti ne hai sbirciati mentre eravamo lì?»

Non le si poteva nascondere niente. Mi leggeva come un libro aperto.

«Meglio cercare di dormire.» terminò con un sorriso. «Ci aspetta un viaggio lungo e pericoloso. Puoi stare sereno. Hai sentito Trixie, no? Siamo perfettamente al sicuro.»

Si avvicinò con il muso e mi diede un bacio sulla guancia. Non contenta, me ne diede anche uno sulla bocca, a cui risposi con poca convinzione. Era strano persino baciarsi in forma pony, con quel muso allungato …

«Buona notte.» mi salutò, prima di voltarsi e di chiudere gli occhi.

“Lo spero.” pensai, tornando a cercare una posizione comoda per addormentarmi.

 

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: Giorno 5

 

Ovviamente dormii male. Quell’unicorno blu, prima di andare a dormire, aveva provato a rassicurarmi, dicendo che dopo i suoi incantesimi “nessuna bestia o pony ci avrebbe visto, annusato o sentito, e con tutti gli allarmi che ho attivato, ci sveglieremo in tempo per affrontarli se necessario”. E malgrado l’ulteriore rassicurazione di Rachel non riuscii ad evitare di temere un’altro attacco di qualche bestiaccia come quella della sera prima, sopraggiunta per sbranarci nel sonno.

Alla fine dormii un’ora per ogni tre di veglia.

Dovevo avere delle occhiaie terribili … e niente caffè per rimediare. Almeno il vento sul volto all’altezza a cui ci trovavamo era abbastanza forte da tenermi sveglio.

«Nottataccia, eh?» disse Rachel appena mi aveva visto, ben riposata e con il sorriso sulle labbra.

Grugnii come un orso risvegliato dal letargo, ma non replicai.

Il viaggio perlomeno proseguì tranquillamente.  Adesso riuscivo a guardare fuori dal carro senza sentirmi male. Il mal d’aria non c’era quasi più. Il che era un bene, visto che avremmo passato chissà quanto tempo qui sopra …

Il paesaggio era brullo, anche se verso ovest, sulla linea dell’orizzonte, notai qualcosa che poteva essere una foresta o qualcosa di simile.

Ma in fondo era ovvio. Non poteva essere del tutto priva di vita questa regione. Doveva pur contenere altre bestie pericolose. O prede per quelle bestie pericolose.

Meraviglioso. Ed era appena il secondo giorno di viaggio.

Il tempo per fortuna era clemente. Faceva caldo rispetto alla stagione in cui ci trovavamo, ma il vento, oltre che tenermi sveglio, mi aiutava a sopportare la calura.

Sempre per tenermi sveglio iniziai a sgranchirmi le ali per esercitarle, mentre Rachel e gli altri unicorni discorrevano tra loro sul da farsi. Quelle ali erano la mia unica salvezza in caso di disastro. Erano i miei paracaduti.

Ringraziai Dio per essere venuto in questo maledetto mondo in una forma volante.

Il pegaso non di turno alla guida, Little Bolt, mi stava osservando.

«Che c’è?» chiesi, smettendo di colpo come se fossi stato colto a fare qualcosa di osceno.

«Davvero non sapevi volare fino a poco tempo fa?» chiese, con due occhioni da cucciolo.

Ma quanti anni aveva?

«No. Ho avuto una malformazione genetica che è stata curata solo di recente.» dissi, tenendo su la commedia.

«E adesso?»

Lo fissai. «E adesso cosa?»

«Come te la cavi? Sei in grado di far volare questo carro?»

La domanda che temevo.

«Quanto pesa?» chiesi incrociando gli zoccoli.

«Oh, praticamente nulla. Ti sembra di avere uno zaino sulle spalle … uno zaino un po’ pesante, sì, quindi bisogna fare attenzione a mantenere l’equilibrio, ma ci si fa l’abitudine in fretta.»

«Non mi dire …»

«Ma certo … ma queste cose non te le hanno insegnate quand’eri un puledro?»

«Molto genericamente.» mentii.

«Allora … sai farlo volare?»

«Forse … ma devo provarci per dirtelo con certezza.»

«Qual è stato il tuo tempo di volo maggiore?»

Portai uno zoccolo al mento. «Ehm … dieci minuti?»

In realtà erano più verso i cinque che verso i dieci. E a un’altezza di dieci metri, percorrendo il parco di Ponycity, con un pegaso che sarebbe intervenuto se fossi caduto. La sola idea di volare all’altezza a cui ci trovavamo adesso, senza misure di sicurezza …

Osai guardare oltre il bordo, giù in basso. Tirai subito indietro la testa, tremando. A quante centinaia di metri eravamo?

La criniera rosso-azzurra del pegaso si spostò di lato insieme alla testa, mentre mi guardava curioso.

«C’è qualcosa che non va? Ti senti male?»

«A che altezza … siamo … secondo te?» chiesi, mantenendo una finta espressione curiosa. In realtà me la stavo facendo sotto.

Il pegaso si sporse con nonchalance sul bordo, guardando in basso per interminabili secondi. Mi venne male solo a guardarlo.

«Ad occhio direi cinquecento metri. Perché? Ti sembrava più alto?»

«Nooo.» esclamai scuotendo la testa e sudando freddo. Deglutii. «Avevo più o meno fatto la stessa stima.»

Cinquecento metri … se cadevo mi avrebbero dovuto raccogliere con il cucchiaio … se non ci pensavano prima le bestiacce di quel posto a divorare poltiglia di pegaso.

«Te lo leggo negli occhi che hai paura.» esclamò Scrolley, l’unicorno assistente di Trixie. La conversazione tra di loro era finita, purtroppo. «Bel pegaso che sei.»

«Non ho mai volato così in alto!» sbottai.

«Oh, ma questo è niente.» esclamò Little Bolt. «Cinquecento metri sono come andare in una piscina per puledri. Le vere sfide sono sopra i duemila, con l’aria sempre più rarefatta. Lì sì che ti senti vivo!»

Rabbrividii solo a pensarci.

«Ehm, scusate.» esclamò Rachel, guardando ad ovest. «Ma è una nuvola quella?»

Lieto di non essere l’argomento della conversazione, puntai lo sguardo nella direzione del suo zoccolo.

Effettivamente era strano. Il cielo era pulito eccetto una piccola nube grigia, e assai strana: non era uniforme, e sembrava ingrandirsi e restringersi a vista d’occhio.

Non era una nuvola, era uno stormo di qualcosa.

Ed ero quasi sicuro che fosse uno stormo di bestie carnivore.

Trixie fece un gran respiro.

«Preparate le armi.» ordinò l’unicorno. Scrolley e Little Bolt seguirono rapidamente il suo consiglio. Rachel fece prima una smorfia, poi la estrasse con riluttanza.

«E io che faccio?» chiese Big Wing, girando la testa verso di noi ma tenendo la rotta del carro.

«Tienici stabili e continua.» rispose Trixie, mentre prendeva telecineticamente un binocolo per portarselo davanti agli occhi.

La sua espressione successiva non mi piacque.

«Arpie.» disse a denti stretti posando il binocolo. «Aspettate che si avvicinino abbastanza e poi sparate. E per amore di Celestia e Luna, non sprecate proiettili.»

Presi anch’io la pistola prendendo l’impugnatura con la bocca (con cos’altro potevo prenderla, in fondo?). Avevo solo provato a sparare qualche colpo, facendomi insegnare dalla guardia del corpo di Twilight, ma di lì a usarla sul serio …

Prima di venire in questo mondo folle non avevo mai usato un’arma, nemmeno quelle giocattolo, e ora mi apprestavo a sparare contro delle bestie volanti con una pistola tenuta in bocca mentre ero trasformato in un pegaso colorato a bordo di un carro volante …

Ormai avevo smesso di pensare all’assurdità di tutto questo. Se ero impazzito ormai era troppo tardi, no?

Il sole era ormai all’apice quando finalmente riuscii a distinguere lo stormo di quelle strane creature.

Erano arpie quelle? Le arpie che conoscevo avevano il corpo da uccello e la testa umana. Queste avevano la testa da pony!

Un primo sparo mi perforò i timpani. Subito dopo una di quelle bestie cadde giù senza vita.

Le altre, che ad occhio erano un centinaio, si avvicinarono più rapidamente urlando.

Un urlo terribile che per poco non mi fece premere il grilletto per sbaglio.

«Sono troppe!» esclamò Rachel, sparando un colpo che andò a vuoto.

Altri spari mi riempirono le orecchie, colpendo qualcuna di quelle bestie. Dal loro gruppo giunse un altro urlo collettivo che mi rizzò i peli del manto.

Preso dal panico premetti con i denti il grilletto, e l’arma sparò. Non ci fu un grande rinculo, ma fu abbastanza forte da spostarmi la testa all’indietro.

Centro! Ne avevo presa una.

Una su una novantina che stava caricando a testa bassa.

«Ci penso io!» esclamò Trixie, chiudendo gli occhi e illuminando il suo corno.

Si stavano avvicinando pericolosamente, e i colpi sparati facevano poche vittime e le rendevano solo più furiose.

Riuscii a vedere le pupille di quelle più vicine. Vedere un volto “innocente” di pony con le pupille verticali e quei ghigni era terrificante.

«Trixie!» urlò Scrolley, scaricando come una pazza tutto il suo caricatore.

Un secondo prima che si potessero avventare con i loro artigli contro di noi, si scontrarono contro qualcosa di invisibile. Notai appena una sfera scintillante tutta attorno al carro.

Una ventina di quei mostri, infrantasi a gran velocità contro quel muro magico, scivolò su di esso e cadde. Poteva sembrare comico, se non fosse stato per i corpi distorti in maniera innaturale e per il sangue che colava. Distolsi lo sguardo, reprimendo dei conati di vomito.

Le altre arpie riuscirono a virare in tempo. Ed io ebbi modo di riprendere a respirare e a far scendere il cuore dalla gola.

«Continuate a sparare!» urlò Trixie. Un rivolo di sudore le stava calando dalla fronte. «E’ uno scudo verso l’esterno, non verso l’interno!»

Non dovette ripeterlo due volte. Altre scariche di proiettili, insieme all’effetto sorpresa di Trixie ci permisero di ridurre della metà le attaccanti.

Erano ancora troppe, ma perlomeno ora avevamo un’ottima protezione.

«Cerca di seminarle!» urlò Trixie, rivolto a Big Wing. La guardai, e il mio ottimismo scemò subito. L’intero volto era madido di sudore. Non avrebbe tenuto a lungo.

Il carro, a causa dell’aumento di velocità, iniziò a traballare pericolosamente.

Le arpie intanto ci stavano seguendo, fornendoci dei bersagli relativamente facili. Alcune si scagliavano contro lo scudo, sperando di infrangerlo con la forza del loro corpo, e ogni volta che accadeva sentivo un lamento da Trixie.

Con quel ritmo, ne sarebbero rimaste abbastanza per avventarsi su di noi e … Dio solo sa cosa ci avrebbero fatto.

Mi venne in mente un’idea folle. Così folle che in altre circostanze avrei urlato “Internatemi!”. Ma, vista la situazione e dato che di cose folli ne avevo già viste e sentite un’infinità, mi sembrò sul momento la cosa più logica da fare.

Rimisi la pistola nella fondina e inspirai a fondo, con una voce in fondo al cervello che stava chiedendosi che diavolo volessi ottenere.

Bè … era ora di vedere come me la cavavo a volare a quell’altezza.

«Non starai mica per …» fu il commento tardo di Rachel.

Aprii le ali e mi lanciai in avanti.

«Che fai, idiota?» urlò Trixie con voce traballante.

Superai facilmente il suo scudo e mi ritrovai faccia a faccia con le arpie. Non si aspettavano quella mossa, ma la maggior parte riuscì a scansarmi.

Tranne una che ricevette i miei zoccoli in piena faccia.

Mentre lei cadeva tramortita, faticai per riprendere l’equilibrio dopo il contraccolpo ma rimasi in volo. Virai, puntando contro l’arpia più vicina, che colpita ad un’ala dal mio zoccolo non riuscì a restare in volo e cadde anch’ella.

Un senso di euforia mi attraversò il corpo, dal naso fino alla punta degli zoccoli. Il vento nelle orecchie, la frescura su tutto il corpo, la sensazione di essere leggeri come piume, la libertà di andare su, giù, a destra, a sinistra, dovunque!

La paura del volo che avevo avuto sino a quel momento svanì.

Era la follia più bella che mi fosse passata per la mente dai tempi di … no, da sempre!

A quel punto le arpie restanti urlarono di nuovo: questa volta il vento nelle orecchie riuscì ad attutire abbastanza bene quel gracchiare sgradevole. Voltandomi notai che mi stavano seguendo.

Perfetto.

Andai giù in picchiata, sperando di allontanarle abbastanza da dare tempo a Trixie di riprendersi ed escogitare un piano per liberarsi delle altre.

Fu una mossa un po’ azzardata.

Il mio cervello ebbe la cattiva idea di farmi notare che ero un corpo che cadeva a cinquecento metri d’altezza.

Le ali smisero di rispondere.

Stavo cadendo!

Adesso era il cuore a essere più rumoroso del vento. Era finito in mezzo alle orecchie. Un tu-tum continuo e allarmato.

Iniziai a piangere, disperato. Mi sarei sfracellato in quella terra brulla, un piatto succulento per quelle bestiacce che mi seguivano.

No! Che diavolo, ero un pegaso, non un umano!

Le ali si spiegarono di nuovo, tornando a seguire i miei ordini. Feci un profondo respiro e cabrai. Il terreno si fece molto vicino, e l’aria opponeva una fiera resistenza, ma il corpo in cui ero stato costretto resisteva. Strinsi i denti e feci di tutto per tirarmi su, arcuando anche la schiena.

Fu quando ormai credevo di non farcela più che finalmente il corpo si decise ad andare verso l’alto e non verso il basso. Sfiorai terra, strisciando appena con la pancia e smuovendo un gran polverone, ma tornai verso il cielo, con il cuore trionfante.

Le lacrime di paura si mischiarono a lacrime di eccitazione.

“Mangia questo, Top Gun!”

Sentivo poco tra il cuore che pompava sangue e il vento, ma riuscii a distinguere dei suoni di corpi schiantati alle mie spalle. Quando tornai a un’altezza sufficiente che mi permise di rallentare un po’, mi voltai con la testa per notare che gran parte dei miei inseguitori non erano stati così intelligenti da cabrare prima di me.

“E voi sapreste volare dalla nascita?”

Ad occhio ne erano rimaste una decina a seguirmi.

Tornai ad accelerare, cercando al tempo stesso il carro. Lo trovai dopo un interminabile minuto. Era poco più di un puntino nel cielo azzurro inondato dal sole.

Sole che quasi mi accecò.

Mi venne un’idea.

Puntai verso l’astro diurno, chiudendo gli occhi, poi abbassai la velocità fino a fermarmi, e mi voltai, aprendo gli occhi. Le arpie mi avevano seguito sin lì.

A quel punto mi fiondai di nuovo contro di loro, il sole alle spalle, stringendomi il più possibile come se fossi un proiettile. Chiusi persino le ali per qualche secondo.

L’effetto fu immediato.

Le arpie distolsero subito lo sguardo, accecate dalla luce negli occhi.

Appena smisero di seguirmi, disorientate, riaprii le ali e virai verso il carro.

Volai più forte possibile, sperando che quel piccolo stratagemma mi avesse dato il tempo di arrivare sul carro in sicurezza.

Ma l’urlo delle arpie mi fece capire che si stavano di nuovo rapidamente avvicinando.

Sentii urlare qualcosa dal carro, ma non capii. Ero ancora lontano.

«Che cosa?» urlai a mia volta.

«A…a…i.»

Era la voce di Trixie, ma facevo davvero fatica a sentirla tra il vento, il cuore e le urla delle arpie.

Quando fui abbastanza vicino, capii cosa mi stava chiedendo. Il suo corno era di nuovo illuminato e attorniato da scariche elettrice.

«Abbassati, idiota di un pegaso!»

Andai in picchiata, passando prontamente sotto il carro.

Sentii solo un rombo di tuono, fortissimo, che per poco non mi fece di nuovo cadere. Superai il carro e feci un’ampia virata a 180° gradi. Appena in tempo per vedere che le ultime arpie stavano cadendo senza vita verso la terra brulla sottostante.

Era finita.

«Dazzlewing!» urlò Rachel, con tono preoccupato.

Mi diressi verso il carro, che nel frattempo non aveva smesso di muoversi ed era tornato alla velocità di crociera. Dopo averlo facilmente raggiunto rallentai fino quasi a fermarmi, tenendo la velocità di Big Wing. A quel punto scesi e atterrai sulle zampe.

Gli occhi di tutti erano puntati su di me. Rachel in particolare mi stava sorridendo, felice di vedermi vivo.

Feci dei profondi sospiri, incredulo più di lei di non essermi sfracellato.

L’adrenalina se ne andò di colpo. Le zampe non ressero più il mio peso.

Mi ritrovai con il muso sulla superficie legnosa del carro, stanco morto e tremante per la follia che avevo appena compiuto e che mi aveva quasi ucciso.

«E’ ferito!» esclamò Scrolley, fissandomi il ventre con una smorfia.

Sì, ora la sentivo. Dovevo aver toccato una pietra quando mi ero quasi schiantato.

Rachel si avvicinò a controllare. Si morse un labbro. Non era una bella ferita, la sentivo senza guardarla. Bruciava come se avessi colpito delle braci.

«Trixie! Fa qualcosa!» chiese Little Bolt. «Ci ha appena salvato!»

«Come se io non avessi fatto niente per salvarci.» disse lei, fissandomi negli occhi con rabbia. «Adesso non ho abbastanza energie per curarti. Cerca di resistere.»

Rachel la guardò, scuotendo la testa.

«No, lo farò io.»

Trixie rispose allo sguardo, confusa. Rachel avvicinò il corno alla ferita.

«Sei sicura di …»

Il corno di Rachel s’illuminò di luce verde. Percepii una sensazione di benessere nel basso ventre, che si diffuse in tutto il corpo. Il dolore non sparì del tutto, ma divenne molto più sopportabile.

«Ma dove l’hai imparato a fare?» chiese Trixie, strabuzzando gli occhi.

Rachel sorrise. «Bè, qualcosina me l’ha insegnata Twilight. Il resto … talento?»

Osai guardare il punto dove sentivo la ferita. Si era limitata a cauterizzarla. Rabbrividii vedendo ciò che restava dello squarcio che mi ero fatto. Non era profondo, ma mi andava dal ventre all’addome.

Trixie diede un’occhiata, scuotendo la testa.

«Bè, per il momento può andare. Almeno adesso posso sgridarti come si deve senza sentirmi in colpa!»

Trixie inspirò come se stesse per lanciare una magia che mi avrebbe disintegrato.

«Sei un’idiota!»

Urlò così forte che ero certo l’avrebbe sentita persino Twilight a Ponycity.

«Avevi una vaga idea di cosa andavi incontro? Sai volare da nemmeno due settimane e ti metti a fare questi giochetti acrobatici? La prossima volta almeno avverti prima di fare una scemenza del genere! Hai capito?»

Sbuffai, guardando prima Scrolley, poi Little Bolt, poi Rachel. Erano a disagio quasi quanto me.

«E sentiamo …» dissi, fissandola con severità. «Cosa avrebbe fatto la Grande e Potente Trixie al posto mio?»

L’unicorno blu fece un’espressione impagabile:rabbia mista a vergogna, con un pizzico di senso d’inferiorità. Avevo colto nel segno.

«Non c’è di che.» aggiunsi, voltandomi faticosamente senza alzarmi verso il retro del carro.

Sentii Trixie sbuffare e voltarsi a sua volta.

«Niente male per un novellino.» disse a bassa voce Little Bolt, avvicinandosi. «Ora voglio sapere per filo e per segno come hai fatto.»

Rachel e Scrolley si avvicinarono a loro volta, in attesa della mia risposta.

Provai una piacevole fitta d’orgoglio.

Per la prima volta, da quando ero qui ad Equestria, mi sentivo a mio agio.

Sorrisi e iniziai a raccontare gesticolando.

 

Ponycity: 6° giorno dalla partenza della spedizione

 

“… E’ di primaria importanza mantenere il flusso nell’impostazione illustrata nella figura 5b. Nella figura 5c invece viene mostrato come rafforzare il legame dimensionale in modo da …”

Driin

Sussultai per la sorpresa. Era … il telefono?

Driin

E che altro poteva essere?

«Vado a sentire chi è.» dissi rivolta a Redflame che ormai faceva parte dell’arredamento.

Lasciai il tomo di Starswirl donatomi da Celestia aperto sul leggio e trottai nella stanza di sopra.

Driin Driin … Driin …

«Ho capito, aggeggio infernale …» dissi, avvicinandomi all’apparecchio. Alzai la cornetta e l’avvicinai magicamente all’orecchio, così come mi aveva illustrato Trixie prima di partire.

«Sì?» chiesi.

«Twilight?» domandò una voce che, sebbene distorta, riuscii a riconoscere immediatamente dall’accento. Un accento dolorosamente familiare.

«Sì, sono io.» risposi, lasciandomi scappare un tono malinconico.

«Twilight! E’ da due settimane che non ti fai sentire! Pensavo fossi sparita per una seconda volta!»

«No, non sono sparita, tranquilla. Non sparirò più, te lo prometto.»

«E allora che cosa stai facendo? Non hai tempo per noi?»

Sospirai.

«Sì e no, Applebloom. Hai sentito della spedizione?»

«Certamente. Luna non ci ha detto niente, ma Scootaloo è riuscita a scoprirlo quasi subito. E’ veramente brava in queste cose.»

«Sai anche che ho chiesto di parteciparvi ma mi è stato negato il permesso?»

Applebloom dall’altra parte esitò a rispondere.

«Sì … so anche questo. E quindi dov’è il problema? Dovresti avere un sacco di tempo libero. Non eri così impegnata a gestire la biblioteca quando eravamo piccole.»

«No, ma sto studiando parecchio per prepararmi al momento in cui potrò fare qualcosa. E non sono studi semplici.»

«Ma la fai qualche pausa almeno?»

«Ma certo … vado a dormire.»

«Non basta dormire.» mi sgridò Applebloom. «Hai bisogno di rilassarti un pò. Di pensare ad altro. Anche solo un pomeriggio o una sera. Che ne dici? Organizziamo qualcosa?»

Ero davvero tentata, dovevo ammetterlo. Una volta mi faceva piacere passare intere giornate a studiare in solitudine. Ma adesso, tra preoccupazioni varie e lo stato in cui stava Equestria, studiare stava diventando sempre più un dovere e sempre meno un piacere. E in cuor mio sentivo che se non mi distraevo un po’, lo studio non avrebbe reso come doveva rendere. Visti gli incantesimi che stavo pian piano imparando, non potevo permettermi il minimo errore.

«Allora? Perché fai scena muta?»

«Eh, scusami, ero sovrappensiero. Sì, per me va bene.»

«Yay!»

Sorrisi per la sua esuberanza. Da quel punto di vista vent’anni sembravano non averla cambiata.

«Cosa avevi in mente?» le chiesi.

«Devo essere sincera: ti ho telefonato perché per caso ho scoperto che stasera al cinema Starmovie danno un film che potrebbe interessarti. Si chiama … sì, eccolo qui … “Il destino di South Star: il viaggio di una giovane unicorno alla ricerca del significato del suo cutie mark misterioso. Una storia avvincente di magia e amicizia agli albori di Equestria.”»

«Sembra interessante.» dissi sincera. «Però non so dov’è questo cinema.»

«La tua guardia del corpo forse lo sa.»

«Provo a chiedere. Redflame, sai dov’è il cinema Starmovie

«Aaah, non urlare nella cornetta!» si lamentò Applebloom.

Mi morsi il labbro «Scusami.»

«Sì, so dov’è.» rispose dal piano di sotto il pegaso.

«Perfetto, sa dov’è.»

«Allora che ne dici di trovarci lì per le otto? Ho già chiesto a Sweetie Belle, a Scootaloo e a Babs, e ci saranno. Mangiamo qualcosa, alle otto e mezza inizia il film, e se non è troppo tardi ci facciamo una passeggiata e una chiacchierata. Che ne pensi del programma?»

«E’ un ottimo programma.» ammisi. «Semplice ma buono. Allora a stasera.»

«A stasera Twilight! Non mancare!»

Sentii un “tlunk”, seguito da un “tu, tu, tu …”. Aveva abbassato la cornetta. Feci lo stesso.

Mentre tornavo al piano di sotto lentamente, pensai tra me e me che avevo proprio bisogno di una serata così. Avrei avuto modo di rivedere tre (non più) piccole versioni delle mie care amiche. Avrei quasi potuto far finta che erano Rarity, Rainbow Dash ed Applejack.

Ad ogni modo avrei passato una serata normale e rilassante …

… per quanto lo fosse possibile in questa nuova Equestria.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 - Vite tormentate ***


Capitolo XIV

Vite tormentate

 

 

In guerra, la prima vittima è la verità.

(Eschilo)

 

 

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: Giorno 6

 

A parte l’incidente con il lupo di terra e il combattimento contro le arpie-pony, la tratta e le soste per riposare restarono tranquille. L’unica nota negativa costante era il panorama e il calore smorzato appena dal vento.

A un certo punto la regione collinare brulla aveva lasciato il posto a una regione montana brulla. Il che rendeva molto più rischioso il viaggio perché bisognava evitare di scontrarsi contro le vette più alte.

Ed era più difficile notare eventuali pericoli.

«Continua verso sud.» esclamò Trixie, osservando una bussola e l’unica mappa a disposizione della regione.

Ad occhio era approssimativa quanto quella delle Americhe nei primi anni del ‘500: ciò non mi diede molta sicurezza.

«Non può essere passata di là.» commentò Scrolley, fissando una catena di montagne di fronte a noi. «Dovremmo curvare a sud-ovest per un po’.»

«Nel suo rapporto dice di aver superato un valico.» disse Trixie, fissando la mappa. «Quelle montagne possiamo tranquillamente superarle.»

Daniel si mise a fissare a sua volta le montagne che si stavano lentamente avvicinando.

«Credo … che abbia ragione Scrolley.» disse. «Sono troppo alte.»

Trixie si voltò verso di lui e ridacchiò. «Dopo quello che hai fatto ieri hai paura? Sei un pegaso anormale, sai?»

Daniel le lanciò un’occhiata feroce, ma non replicò.

«E’ una catena troppo lunga per essere aggirata. Perderemmo tempo prezioso. Piuttosto … Little Bolt, vedi se riesci a scorgere un valico abbastanza grande per passarci la notte e dirigiti là. Si sta già facendo tardi. Domani lo supereremo e potremo proseguire tranquillamente.»

 

Ponycity: Sera del 6° giorno dalla partenza della spedizione

 

La luce non andava mai via a Ponycity. Stava iniziando a calare il sole, ma le luci artificiali iniziavano già ad accendersi. Malgrado l’ora le vie della città continuavano a essere intasate di auto: Redflame ebbe il suo bel da fare nel cercare di districarsi in quella giungla. In certi punti avrei voluto scendere e continuare a zoccolo. Avrei fatto prima.

«Arriveremo in tempo?» chiesi, preoccupata.

«Certo.» rispose il pegaso con tono scocciato. «Il traffico va sempre previsto. Certo sarebbe più semplice se fossimo entrambi pegasi.»

Mi scappò una risata, mentre osservavo il cielo tinto del rosso del tramonto solcato da decine di pegasi che non dovevano preoccuparsi del traffico.

«Ti ringrazio per la tua disponibilità ad accompagnarmi al cinema.» dissi, dopo un po’ che osservavo malinconicamente il cielo. «Posso capire quanto sia difficile per una guardia del corpo stare sempre all’erta.»

«Sto solo facendo il mio dovere.» rispose lui senza emozione.

Non sapevo come replicare, così non dissi più niente fin quando l’auto arrivò al cinema StarMovie.

Era difficile non riconoscerlo, vista l’enorme insegna al neon sopra l’entrata. Poco sotto c’era il titolo del film che sarebbe stato trasmesso: Il Destino di South Star. Redflame uscì dalla strada ed entrò nel grande parcheggio antistante, fermando la macchina in uno dei posti liberi.

Usciti dall’auto andammo verso l’entrata, dove avremmo dovuto incontrare Applebloom e le altre.

C’era una gran folla di pony in attesa, vestiti nei modi più svariati, dal più frugale al più elegante. A giudicare da questi ultimi, mi chiesi se la scelta del cinema non fosse stata casuale. Dall’aspetto, dal portamento e da come parlavano, sembravano tutti pony benestanti e famosi.

Ci facemmo strada tra quei pony alla ricerca delle mie amiche, chiedendo un centinaio di volte «Scusi» per aver pestato involontariamente un vestito o per essersi scontrati involontariamente contro qualcuno. Dopo un paio di minuti le trovammo, e solo grazie ad Applebloom che aveva alzato uno zoccolo per attirare la nostra attenzione tra la marea di pony.

Mi sorpresi nel notare che, al contrario della maggior parte dei pony attorno a noi, non avevano niente indosso. Niente giacca da pony d’affari, niente vestiti eleganti. Come me, del resto. Al contrario i tre pony di guardia alle loro spalle avevano indosso divise da poliziotto, occhiali scuri e armi nella fondina.

Era ovvio che avessero una scorta … ora erano tre delle giumente più importanti di Equestria.

«Twilight! Che bello rivederti!» esclamò Applebloom, appena giunta a distanza di voce.

«Avevo quasi paura che non saresti venuta.» si accodò Sweetie Belle, mostrando un bel sorriso, elegante e dolce al tempo stesso.

«Se non fossi venuta ti sarei venuta a prendere a forza.» scherzò Scootaloo con un ghigno.

«Come mai siete venute … così?» chiesi con curiosità.

Sweetie Belle avvampò, mettendo uno zoccolo davanti come se avesse paura di aver mostrato qualcosa che non doveva. «Ve l’avevo detto io!»

«Piantala Sweetie!» la schernì Scootaloo. «Non è necessario vestirsi quando si è tra amici, giusto?»

«Giusto!» concordò Applebloom. «Non è vero Twilight?»

Sorrisi. «Mica mi offendevo se mettevate qualcosa.»

Sweetie belle fece una smorfia. «Io mi sarei messa …»

«Avevo proprio bisogno di uscire una sera senza questi vestiti che prudono e danno solo fastidio.» la interruppe Scootaloo. «Ed è solo per una sera.»

«Dove andiamo a mangiare?» chiesi.

«Dentro, ma prima dobbiamo aspettare Babs.» rispose Applebloom, battendo nervosamente uno zoccolo a terra. «E’ sempre strame… stramala … molto impegnata.»

«Stramaledettamente … Trent’anni e ancora non sai parlare, A.B.?» esclamò una voce alla nostra destra.

Mi voltai e vidi una giumenta dal manto arancione e dalla criniera color ciliegia striata. Gli occhi e l’espressione mi diedero l’impressione di una pony di terra dura e caparbia, di quelle che se le stai antipatica non te la fa passare liscia. Anche questa giumenta aveva un pony alle spalle vestito da poliziotto.

«Babs!» esclamò Applebloom, abbracciandola. «Tutto bene?»

Babs Seed, cugina di Applebloom, annuì.

Non l’avevo riconosciuta subito perché già quando era una puledra l’avevo vista solo un paio di volte in compagnia delle CMC. Anche lei non portava alcun vestito, ma bastò un’occhiata nel punto giusto per capire quale fosse il suo abito da lavoro.

Il suo cutie mark era un distintivo della polizia.

«Scusate il ritardo, ma alla Centrale c’era del … chiamiamolo lavoro arretrato da sbrigare.» si giustificò Babs.

«Allora, entriamo?» chiese Sweetie Belle, tradendo una certa fretta mentre si guardava attorno.

Scootaloo sbuffò «Sì, Sweetie Belle, entriamo. Spero Twilight non ti dispiaccia se abbiamo prenotato un posto solo per noi. Mangeremo direttamente lì.»

«No, va bene.»

Alla fine eravamo in dieci, tra noi e le nostre guardie del corpo. La semplice serata tra amiche si stava facendo un po’ affollata.

 

Alla faccia! Avevamo un posto da galleria da teatro tutto per noi! L’ultima volta che mi era capitato un tale lusso era quando ancora stavo a Canterlot con la Principessa!

L’interno del cinema effettivamente ricordava molto un teatro. Probabilmente era nato come tale per poi essere riadattato a cinema.

Ci venne portato qualcosa da mangiare durante l’attesa dell’inizio del film: mele, carote, pop corn e paglia fritta.

«Allora ragazze.» disse Babs, mentre addentava affamata una mela. «Che mi raccontate di bello? Come va il lavoro?»

«Lo sai che non posso parlare di lavoro, Babs.» rispose Scootaloo, facendole l’occhiolino. «Per il resto si va avanti.»

«Ho scoperto la scorsa settimana che i Cake hanno lanciato un nuovo tipo di torta.» intervenne Sweetie Belle.

«I signori Cake sono ancora in affari?» chiesi, interrompendola.

«Eccome!» rispose Apple Bloom. «Dopo che il Sugarcube Corner è stato chiuso per … motivi che puoi immaginare, non si sono dati per vinti e hanno aperto un negozio ancora più grande, il Cake Bistrot.»

«Dovresti vedere i figli!» esclamò Sweetie Belle. «Pound è diventato un bello stallone, e la piccola Pumpkin si è fatta così carina! Lei ha un talento innato nel creare dolci proprio come i genitori. Da quando si è messa ad aiutarli, hanno un bel giro d’affari. La torta di cui stavo per parlare l’ha creata proprio lei. Tre strati di cioccolata intervallate a tre strati di crema, base di meringa … e in cima una pioggia di confetti arcobaleno. Quando sono passata ero un po’ giù di morale, e appena l’ho vista non ho saputo resistere e me ne sono comprata una. Penso di aver preso due chili quella sera.»

Babs si avvicinò a Sweetie Belle e le prese il piatto. «Allora stasera dieta.» scherzò.

«Babs! Non sono grassa!» protestò Sweetie Belle, dandosi un’occhiata ai fianchi. «Non è vero?» aggiunse cercando conforto dalle sue amiche.

«No, assolutamente.» la rassicurò Applebloom con un sorriso forzato.

«Sembri più una mucca che un pony.» disse Scootaloo, scoppiando a ridere.

«Non è divertente!»

I minuti successivi passarono tra scherzi, pettegolezzi e risate, che seguii senza intervenire.

Poi la sala iniziò a scurirsi e le voci in sala scemarono. Il film stava per cominciare.

Per mia sorpresa però sullo schermo arrivò qualcosa che non mi aspettavo.

«Cinegiornale di Equestria, offerto e finanziato dalle Principesse Reali Celestia e Luna.» esclamò la voce squillante e nasale di uno stallone mentre sullo schermo si vedeva sventolare la bandiera equestriana.

Stava iniziando a venirmi a nausea.

Apparvero immagini di una delegazione di pegasi, con a capo nientemeno che Rainbow Dash. Indossavano tutti, lei compresa, delle armature molto simili a quelle usate dai pegasi durante il periodo delle Tre Tribù, ma dotate di più placche a protezione di parti del corpo sensibili e corredate di un’uniforme grigia che copriva dal collo fino agli zoccoli sotto l’armatura. Rainbow Dash in particolare svettava per le decine di medaglie appuntate al petto, oltre che per l’Elemento della Lealtà, grigio come il mio, che portava al collo. Tra gli altri pegasi ne riconobbi almeno uno che non avrei mai voluto vedere dalla parte dei nemici di Equestria: Lightning Dust.

Si trovavano sopra una nuvola, probabilmente in uno stadio in mezzo al cielo, a osservare con aria superba una parata di pegasi che sfrecciavano in complicate acrobazie.

«Dopo l’annuncio del sesto piano quadriennale, aumenta la tensione tra le nazioni di Terra, Unicornia e Pegasopoli. In risposta all’aumento delle divisioni armate Terrestri, il Colonnello Supremo Rainbow Dash ha istituito la creazione di tre nuove Falangi. Nelle immagini potete vedere mentre osserva insieme al resto della Giunta Militare la cerimonia d’inaugurazione della Falange Furious Thunder, composta, a suo dire, dai novemila pegasi più fedeli alla libertà impostaci dal cielo

Sentii un grugnito da parte di Redflame. Con la coda dell’occhio vidi che aveva un’espressione disgustata.

Non era difficile capire cosa ne pensava della “libertà” di Pegasopoli.

Le immagini cambiarono. Ora c’era un grande spazio verde, intervallato da alcune chiazze di alberi. In lontananza si poteva osservare una città che non riconobbi. Da un piccolo bosco, all’improvviso, eruppero dei carri armati. Sapevo cos'erano perchè erano terribilmente simili a quelli che avevo visto nella dimensione degli umani.

«Nemmeno l’aristocrazia snob di Unicornia è rimasta a zoccoli incrociati. Potete vedere, in queste immagini di propaganda rilasciate dalla monarchia proprio oggi, gli ultimi modelli usciti dalle Industrie Unicornia Flim Flam durante alcune dimostrazioni sul campo.»

Uno di questi carri armati sparò un proiettile che rilasciò una scia violetta, e il colpo distrusse una casa in mattoni costruita apposta per quella dimostrazione.

Ne erano rimaste a malapena le fondamenta.

«Come avete potuto vedere queste armi sembrano potenziate magicamente. I nostri esperti ci assicurano che si tratta soltanto di prototipi, e che applicare la magia a tecnologie così delicate richiede anni di calibrazione e controllo. Che sia quindi solo un bluff di Unicornia per intimorire il mondo?»

«Magari.» intervenne a voce appena udibile Scootaloo.

Mi voltai verso di lei, ma la pegaso scosse la testa. Sapeva più cose di quante non ne desse a vedere.

Le nuove immagini mostravano vasti deserti, palme, oasi e città color sabbia, intervallate, di tanto in tanto, da poster in cui era raffigurata Rarity con un’espressione altezzosa e regale, vestita di abiti sfarzosi e appariscenti.

«Ci sono inoltre voci diffuse da Unicornia di una minaccia da parte dell’Arabia Sellata. E’ dalla Prima Grande Guerra che la nazione dei grandi pony del deserto ha tagliato ogni contatto con i pony di Equestria. Dopo la legge razziale sui pony di terra, una nuova legge è in procinto di essere promulgata dalla Regina Rarity in persona per soffocare sul nascere coloro che lei crede una razza inferiore e subdola, persino peggiore dei pony di terra. Le Principesse Reali stanno facendo di tutto, dopo questa rivelazione, per allacciare contatti diplomatici con i pony del deserto. »

La bandiera di Equestria tornò sullo schermo.

«Per oggi le notizie terminano qui. Le Principesse Reali vi augurano una buona visione.»

Dopo ciò che avevo visto mi ero quasi scordata di essere al cinema a vedere un film “innocente”.

E dopo aver visto ciò che stava accadendo intorno a noi, l’idea di perdere tempo al cinema mi metteva grandemente a disagio.

Solo l’impegno che avevo preso con Applebloom e le altre mi fece restare seduta. Alla fine, malgrado tutti i problemi, il film iniziò.

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: Sera del Giorno 6

 

«Posso chiederti una cosa un po’ … personale?» chiesi a Trixie.

L’unicorno blu stava controllando la cartina mentre ci stavamo avvicinando alla catena montuosa. Il sole stava calando e l’aria si stava rapidamente raffreddando: malgrado le protezioni del carro mi riscoprii a tremare.

Trixie continuò a guardare la cartina per qualche secondo prima di rispondere.

«Dipende dalla domanda. Non siamo proprio da soli, sai?»

Effettivamente ci potevano sentire tutti, Little Bolt alla guida del carro compreso. Ma provai a fargliela lo stesso.

«Perché hai abbandonato la Trixie che parlava in terza persona e che si definiva grande e potente per diventare la Trixie di oggi?»

«Domanda troppo personale.» rispose lei netta, tornando a guardare la mappa.

«Orgoglio infranto, eh?» esclamò Daniel.

«Tu non t’intromettere.» sbottò «E mi sembra di essere già stata abbastanza chiara in proposito. La mia vita privata non vi riguarda.»

«Era solo una mia curiosità.»

Trixie abbassò la mappa e mi fissò.

«Davvero? Allora soddisfa tu una mia curiosità. Tu e Dazzlewing … come e soprattutto dove avete conosciuto Twilight?»

Deglutii.

«Domanda troppo personale.» rispose Daniel.

«Un vero peccato. Sarebbe stato interessante capire come mai un unicorno a malapena in grado di far levitare le cose e un pegaso che non sapeva volare sino a due settimane fa siano riusciti a entrare nelle grazie della beniamina di Celestia.»

«E’ …. è … troppo presto per parlarne.» risposi, non avendo alcuna bugia da raccontarle.

«Lasciali stare.» esclamò Big Wing, a riposo mentre mangiava del fieno appoggiato su un fianco del carro. «Tutti i pony hanno dei buoni motivi per non parlare del proprio passato.»

«Certo …» disse brusca Scrolley. «Tranne quelli rispettabili.»

«Come sarebbe a dire?» alzò la voce Big Wing, alzandosi sugli zoccoli.

«Ehi! Ehi!» esclamò Trixie, mettendosi in mezzo a loro. «Niente risse o litigi! Ricordatevi cosa stiamo sorvolando!»

«Concordo con la signora Trixie.» esclamò da davanti Little Bolt. «Diventa complicato guidare un carro se i suoi occupanti si mettono a menare gli zoccoli.»

Scrolley e Big Wing abbassarono la testa e tornarono alle loro faccende.

«Siamo qui per una ricerca sul passato di Equestria.» concluse Trixie, fissandomi. «Non per una ricerca sul nostro passato.»

 

Passò circa un’ora dopo quella discussione. Il posto in cui il carro si posò era una piccola valle rocciosa incuneata tra montagne molto alte e ispide. Non avevo alcuna idea dell’altezza a cui ci trovavamo. Presi dalle scorte un altimetro che Trixie si era preoccupata di portarsi dietro. Segnava circa 1700 metri. Quindi, facendo una stima, le montagne che ci circondavano arrivavano più o meno all’altezza delle Alpi. Rispetto ad esse però mancava del tutto la neve e la vita stentava ad aggrapparvisi. Solo montagne di pura roccia marrone, intervallate di tanto in tanto da arbusti ed erbacce.

«Sbrigatevi a fare campo.» disse Trixie, concentrandosi, facendo seguire un piccolo spettacolo di magie simili a fuochi d’artificio, che circondarono l’intera area dove ci trovavamo.

Mentre aiutavo a montare i picchetti, le lanciavo delle occhiate. Era davvero un piacere vederla all’opera.

Mi chiesi in questi vent’anni quanto fosse migliorata. Chissà, forse aveva accumulato abbastanza esperienza da essere pari alla stessa Twilight.

Chissà cosa sarebbe successo in un nuovo duello magico.

Dopo aver terminato gli incantesimi di difesa e l’allestimento del campo, ci salutammo tutti e andammo subito a dormire.

 

Ponycity: Notte tra il 6° giorno e il 7° giorno dalla partenza della spedizione

 

«Ti è piaciuto il film?» mi chiese Scootaloo uscendo dal cinema.

«Mmm. La protagonista è un po’ banale, mi è piaciuto molto di più l’unicorno GreyBeard che l’aiutava. Ricordava molto la figura storica di Starswirl. La trama è discreta, ma il finale mi ha sinceramente stupito. La qualità del …»

Scootaloo sbuffò.

«Un semplice sì o no?»

Ops, mi ero lasciata andare.

«Tutto sommato sì.» dissi, arrossendo.

«Bene!» esclamò Applebloom. «Che ne dici di andare a sgranchirci le zampe?»

«Sì!» esclamò Babs. «C’è il parco Evergreen che sarebbe l’ideale.»

«E non è molto distante. Ottima pensata cugina!»

«Sai dov’è?» chiesi a Redflame.

Il pegaso annuì, controllando ogni singolo pony che si avvicinava troppo o che sembrava sospetto. Ero davvero così in pericolo?

«Allora ci vediamo lì.» concluse Scootaloo. «A dopo.»

Presa l’auto, il pegaso mi portò al luogo dell’incontro. Incastonato tra quattro strade e alti edifici, il parco Evergreen sembrava davvero un bel posto, ben illuminato malgrado l’ora tarda.

Messa l’auto in un parcheggio al limitare del parco, rincontrammo le altre non lontano. C’erano pochi pony che trottavano tra gli alberi. Era il posto ideale per parlare e trottare tranquillamente.

Con le guardie al seguito, ci inoltrammo tra erba verdissima, cespugli, alberi e laghetti.

Parlammo del più e del meno per un po’, rilassandoci con gli odori della natura che in quella città soffocante era impossibile trovare. I lampioni che si alternavano stonavano un po’ con quell’ambiente, ma almeno riuscivamo a vedere dove mettevamo gli zoccoli. Le stelle invece per via di tutto quell’inquinamento luminoso erano quasi invisibili. Solo la luna sbucava di tanto in tanto tra le fronde degli alberi, ma con tutta quella luce artificiale non era così bella da vedere.

Un vero peccato.

«Ed è così che ho imparato che non bisogna mai mettere gli zoccoli nel cemento fresco.» concluse Applebloom una sua storia. «A ben pensarci, è successo poco prima che ottenessi il cutie mark.»

«Ah, quella volta!» esclamò Sweetie Belle. «C’eravamo anche noi, vero Scootaloo?»

«Oh sì. Ma mentre noi davamo più fastidio che aiuto, la piccola A.B. martellava e saldava come uno stallone cinque volte più grande di lei.»

«Ma piantala! Così mi fai sembrare un maschiaccio!»

«Perché, non lo sei?» ridacchiò Babs Seed.

«Cugina!» protestò Applebloom.

«Un po’ ti invidio, sai?» disse Sweetie Belle, diventata improvvisamente malinconica. «Almeno tu hai ottenuto il cutie mark in una situazione … normale e pacifica.»

I volti delle altre si scurirono. L’aria divenne improvvisamente pesante.

«Argomento delicato?» chiesi.

«Un po’.» rispose Sweetie Belle.

«Eravamo così ansiose di ottenere un cutie mark che non ci è mai passato per la testa che potevamo prenderne uno che non sentivamo nostro.» aggiunse Scootaloo. «Non che non sia soddisfatta di quello che ho, però …»

«… però se non fosse successo quello che è successo vent’anni fa, le cose sarebbero andate diversamente.» concluse Babs.

Abbassai la testa. «Se solo fossi tornata prima …»

«Dubito che saresti riuscita a cambiare qualcosa.» disse Babs. «I problemi del nostro mondo sono troppo grandi per essere risolti da un solo pony.»

«Babs!» protestò Sweetie Belle. «Stiamo parlando di Twilight! La studentessa di Celestia!»

«Perché, Celestia invece è riuscita a risolverli?» la contestò Babs.

«Non parlare male della Principessa!» esclamò Scootaloo, mettendosi davanti a lei con occhi minacciosi.

Ma Babs sfoderò uno sguardo che rivaleggiava senza problemi con il suo.

«Non fare così, Scootaloo. Non lo dico con cattiveria, e lo sai. Ho visto con i miei occhi cosa succede nel resto del mondo. Per anni ho vissuto in mezzo a ciò che qui si sente solo parlare. E Celestia, che sia benedetto il suo nome, non è riuscita a fare molto per i pony come noi, fuori da questa piccola enclave. E’ solo riuscita a difendere, con poco successo, quello che rimaneva del suo regno. Quindi, Twilight, non te la prendere se ti dico che se anche fossi stata qui fin dall’inizio probabilmente non avresti fatto tutta questa grande differenza.»

Rimuginai un po’ su quelle parole, mentre le altre si lamentavano con Babs per la sua durezza.

«Hai ragione.» dissi interrompendole. «Forse non sarei riuscita a risolvere i problemi di Equestria. Ma almeno avrei fatto qualcosa

«Non importa Twilight.» mi rassicurò Applebloom «Ora sei qui. Insieme alle Principesse troverete un modo per cambiare in meglio il mondo.»

«Lo spero. Ve lo devo, dopo quello che avete passato. Non posso neanche immaginare come vi siate sentite nel vedere Applejack, Rarity e Rainbow Dash voltarvi le spalle.»

«No Twilight, qui ti sbagli.» disse Applebloom. «Alla fine siamo state noi a voltar loro le spalle.»

Scossi la testa, confusa.

«Quando abbiamo saputo che erano tornate, siamo subito andate a cercarle.» spiegò Scootaloo.

«Da sole?» chiesi.

«Sì eravamo piccole, lo so, ma siamo riuscite a trovarle, malgrado tutto. E nel viaggio io e Sweetie Belle abbiamo ottenuto il nostro cutie mark.»

«Come?»

«Non mi va di raccontarlo …» disse Sweetie Belle, giù di morale.

«Ti dico solo che quando le abbiamo trovate erano … diverse. Ma non nel modo che pensi. Erano le stesse di sempre, ma … con qualcosa dentro che non ci piacque fin da subito.»

Applebloom si fermò, costringendo anche noi a fermarci.

«Applejack mi trattò bene.» disse la giumenta gialla. «Mi confortò, dicendomi che mi avrebbe protetta, perché in una famiglia bisogna proteggersi a vicenda. Ma iniziai a capire che qualcosa non andava quando disse che erano gli altri pony il problema. Che unicorni e pegasi erano … il vero male da sconfiggere. Che dovevo lasciare le mie amiche perché mi avrebbero tradita. Furono quelle parole a farmi scappare. A voltarle le spalle.»

«L’incontro con Rarity è andato più o meno allo stesso modo.» raccontò Sweetie Belle. «E’ diventata persino più snob e arrogante di quanto me la ricordavo. E da quell’incontro, se non fosse intervenuta Scootaloo a salvarmi, non sarei mai tornata viva.»

«Ha a che fare con il cutie mark, se te lo stai chiedendo.» disse Scootaloo, mostrandomi il fianco con il pony in posa da combattimento. Intuii subito cosa avesse fatto per salvare Sweetie Belle.

«E tu Scootaloo?» chiesi. «Cosa è successo con Rainbow Dash?»

«Più o meno quello che hanno detto le altre. E pensare che da puledra la consideravo un modello, una vera e propria sorella … ora invece è solo una str …»

«Linguaggio, Scootaloo!» la bloccò Sweetie Belle.

«E tua sorella non è da meno!» continuò Scootaloo, lanciandole un’occhiataccia. «Che mondo, ragazze!»

Sospirai, poi le guardai con espressione determinata.

«Giuro che troverò un modo per farle tornare com’erano.» mi impegnai. «Dovessi impiegare altri vent’anni, ci riuscirò.»

«Sempre che dureremo ancora altri vent’anni.» disse Babs.

«Non essere così pessimista.» disse Applebloom, portandole uno zoccolo alla spalla. «Ce la faremo, cugina. Siamo insieme.»

Babs sorrise. Era un bel sorriso il suo, malgrado il viso da dura.

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: Notte tra il 6° e il 7° giorno

 

Sussurri.

Mi girai nel sacco a pelo, in una posizione più comoda. Ma qualcosa mi disturbava.

Sussurri.

Stavo sognando fino a poco prima. Poi una strana sensazione. Freddo.

Sussurri.

Aprii gli occhi, il cuore che iniziava a battere più forte.

Sussurri.

La debole luce della luna che filtrava dal tessuto della tenda non mi mostrava nulla di strano. Daniel dormiva lì vicino, però di tanto in tanto cambiava posizione, come se anche lui fosse turbato da qualcosa.

Sussurri.

Cos’era questo rumore di sottofondo che continuavo a sentire?

Sussurri.

Sembrava venire da fuori.

Sussurri.

Decisi di alzarmi e di andare a controllare. In fondo non c’era da preoccuparsi. Con tutti gli incantesimi di protezione lanciati da Trixie potevo tranquillamente dare una rapida occhiata fuori.

Sussurri.

Alzai lo zoccolo per spostare un lembo della tenda.

Spalancai la bocca e gli occhi.

Pony! Pony fantasma! Un’intera processione di pony bianchi e trasparenti che avanzavano lentamente verso nord, in direzione opposta alla nostra, sussurrando parole inudibili, a una quindicina di metri di distanza dal nostro campo.

Guardai a destra e a sinistra. Erano centinaia, forse migliaia. Erano tutti unicorni.

Restai imbambolata a osservarli, a bocca aperta, come se fissassi il pendolo di un ipnotizzatore.

Notai con orrore che quei pony fantasma riapparivano da sud per percorrere la strada che già avevano percorso poco prima.

Chi erano? Cosa era successo loro? E soprattutto quando?

Dagli abiti simil-medievali che indossavano, supposi molto, molto tempo fa.

Una rivelazione mi colpì.

Erano forse …

«Che … Che succede?»

Scossi la testa e mi voltai.

Era Daniel, ma non dove me l’aspettavo.

Che ci facevo lì? Daniel era poco fuori dalla tenda, mentre io mi ero … avvicinata alla processione? Senza accorgermene?

Avvicinata così tanto che potevo vedere i loro sguardi, colmi di speranza e dolore in ugual misura. Una speranza che mi faceva venire le lacrime agli occhi, e un dolore che mi chiudeva lo stomaco.

Erano loro …

I sussurri si fecero più forti, quasi riconoscibili.

Dopo che il richiamo di Daniel ebbe finito di riecheggiare nella valle, gli sguardi dell’intera processione si voltarono verso di lui.

L’espressione mutò rapidamente.

Rabbia. Centinaia di pony fantasma lo stavano fissando con rabbia.

Il cuore mi andò in gola.

«Torna nella tenda!» urlai, mentre indietreggiavo rapidamente nella zona che sapevo essere protetta dalle magie di Trixie.

I sussurri divennero sempre più caotici, mentre la vista di centinaia di pony trasparenti che lo fissavano contemporaneamente con rabbia mi s’impresse nella mente.

Daniel era paralizzato dal terrore.

Galoppai verso di lui, per spingerlo dentro la tenda lontano dalla loro vista.

Era troppo tardi.

Urla acutissime mi entrarono fin nelle ossa.

I fantasmi fermarono la loro processione e si misero in fila, come soldati in un’esecuzione, con volto furioso: i loro corni s’illuminarono di una strana luce bianca e trasparente come i loro corpi, pronti a scagliare chissà quale magia.

Abbracciai Daniel stretto stretto, incapace di fare altro. Lui fece lo stesso. Stavamo entrambi tremando.

Potevo solo sperare nelle magie protettive di Trixie.

Ci fu un improvviso rombo alla nostra destra.

Uno strano fulmine bianco colpì uno ad uno tutti i fantasmi, nell’arco di pochi secondi, facendoli sparire come fumo.

Ci voltammo.

Trixie, con il corno ancora fumante, stava ansimando. Ci fissò a sua volta.

«Dobbiamo … andarcene … subito.»

Daniel ancora tremava stretto a me, ma trovò la forza di dire: «Ma non li hai sconfitti?»

«Sconfiggere … dei fantasmi? Dove l’hai … sentita questa idiozia? Little Bolt! Big Wing! Scrolley! Svegliatevi!»

In breve nel campo tornarono a fervere i preparativi per la partenza.

Nel bel mezzo della notte.

«Non bastano i tuoi incantesimi di difesa?» chiesi, mentre smontavo la tenda con Daniel.

«Funzionano per renderci invisibili, infiutabili, e inascoltabili dai vivi, non dai morti.» spiegò lei, mentre caricava rapidamente con la magia il carro.

«E quell’incantesimo che hai fatto? Non lo puoi ripetere?»

«Serve solo a farli dissolvere momentaneamente, e non ho le energie per lanciarne un secondo!»

«Quanto tempo abbiamo prima che tornino?» chiese Scrolley.

«Poco.» rispose sbrigativa l’unicorno blu.

Sussurri.

Oh no …

«Stanno tornando!» urlai. Non eravamo neanche a metà dello smantellamento del campo.

Sussurri.

Sentii degli spergiuri provenire da Little Bolt e Big Wing, che accelerarono lo smontaggio della tenda.

Fame … terra … freddo …

Un brivido mi percorse tutta la schiena.

Mi guardai attorno, ma ancora nessun fantasma. Però li sentivo … tutti attorno a noi.

Eravamo circondati.

E’ colpa loro … sono stati di sicuro i pegasi … no, sono stati i pony di terra … ci invidiano.

Era difficile concentrarsi sullo smontare la tenda con tutte quelle voci.

«Le sentite?» chiesi, passandomi uno zoccolo sull’orecchio sperando di scacciarle.

«Cosa?» domandò Scrolley, poco incline alla conversazione.

«Le voci.»

Malgrado l’emergenza, mi fissarono tutti, Trixie e Daniel compresi.

«Io non sento niente.» disse Daniel, guardandomi come se fossi pazza.

«Nemmeno io.» replicarono in coro gli altri.

«Green Wish …» iniziò Trixie, interrompendo ciò che stava facendo. «Vieni qui.»

«Ma … e i fantasmi?»

«Vieni qui, ti dico!» sbottò, impaziente.

Obbedii.

«Cosa senti esattamente?»

Faceva così freddo là … ma qui non è molto meglio … sono esausta …

«Voci di … pony.»

Gli occhi di Trixie rotearono. «E fin qui l’avevo intuito. Cos’altro?»

«Trixie! Sbrighiamoci!» esclamò Scrolley.

«Non ce la faremo comunque in tempo.» disse Trixie. «Ora spiegami cosa dicono queste voci che senti. In fretta!»

«Freddo … fame … risentimento … verso pony di terra e pegasi.»

«Erano tutti unicorni, giusto?»

Annuii.

«Credo di aver capito … possiamo cavarcela grazie a te.»

Scossi la testa confusa.

«Come?»

«Big Wing, Little Bolt, Dazzlewing. Nascondetevi sul carro e mettete un telo sopra di voi. Non dovete assolutamente farvi né vedere né sentire.»

I tre si guardarono tra loro, confusi.

«Fatelo adesso!»

Non se lo fecero ripetere due volte.

«Scrolley, vieni anche tu qui, fate ciò che vi dico io o siamo tutti morti.»

Con i pegasi nascosti, ci apprestammo ad attendere il ritorno dei fantasmi vicino al carro.

Le voci si facevano sempre più insistenti e lamentose. Era come se la nostra presenza avesse scosso questi fantasmi da un torpore lunghissimo.

Il freddo si stava facendo più intenso.

«Che facciamo?» sussurrò a fil di voce Scrolley.

«Zitta.» rispose Trixie digrignando i denti. «L’unica che dovrà parlare qui sarà Green Wish.»

«Io?»

«Sì. Appena appaiono dovrai dire loro che sei un’amica.»

«Sei sicura?»

«Fallo e basta.» sibilò Trixie.

Poco dopo i fantasmi apparvero alla vista: lo fecero lentamente, come fumo dalla terra, tutti attorno a noi, un muro di figure pony bianche e trasparenti.

Al contrario di prima però si limitarono a fissarci. Non sembravano ostili. Però stavano fiutando l’aria, alla ricerca di qualcosa.

Non riuscivo a muovermi.

Dove sono … traditori … fa freddo … tanta fame … troveremo questo posto? …

Il cuore mi batteva.

Trixie mi si avvicinò lentamente all’orecchio. «Dillo.»

«Ma …» esclamai, in un lamento strozzato a voce troppo alta.

Le espressioni degli unicorni si fissarono su di me.

«Piano, per la miseria!» sussurrò Trixie con lingua avvelenata.

Iniziai a tremare. I loro sguardi iniziavano a diventare poco amichevoli.

«Lascia perdere ciò che ti ho detto. Dì loro che …»

Ascoltai poco convinta ciò che mi suggeriva.

«Sei sicura?» chiesi, deglutendo.

«Fallo.» disse Trixie a denti stretti.

Gli sguardi stavano peggiorando. Feci un respiro profondo.

«Siamo unicorni di Gemrock. Ci ha mandati la Principessa Platinum.»

Gli sguardi si placarono all’istante. Divennero più … gentili?

La Principessa … ci ha dimenticati … e siamo stati traditi …

Era una sensazione strana … pensavo di sentire questi sussurri con le mie orecchie, ma mi accorsi solo ora che i fantasmi stavano sussurrando in coro senza aprire bocca.

Telepatia.

Guardai Trixie e Scrolley, ma non sembravano aver sentito ciò che sentivo io.

Questi fantasmi stavano “parlando” solo a me … perché?

«La Principessa vi ha traditi?»

Non lei … i pegasi … no, i pony di terra … ci hanno teso un’imboscata …

«Perché?»

Invidia … odio … senso d’inferiorità …

«Quando?»

I sussurri furono caotici per qualche tempo, mentre i pony fantasma si guardavano attorno confusi, spaesati.

Giorni fa … mesi fa …. anni fa …

Trixie si avvicinò di nuovo a me. «Che succede? Che ti stanno dicendo?»

«Devono essere morti molto tempo fa in un attacco di altri pony.» spiegai.

«E’ possibile.» rispose Trixie. «Se è come penso, questi sono alcuni dei pony che tentarono il Grande Viaggio duemila anni fa.»

«Duemila anni fa?»

«Ci sono solo due possibilità di sopravvivere: o ingannarli, o aiutarli a passare oltre.»

Non erano due ottime prospettive. Ma la seconda sembrava la meno pericolosa.

Non avevo intenzione di ingannare dei fantasmi arrabbiati.

«Ho capito.» dissi.

Mi rivolsi di nuovo ad alta voce ai fantasmi.

«Siamo venuti ad aiutarvi.» iniziai. «La … Principessa ci ha chiesto di scoprire che fine avete fatto.»

Vogliamo solo trovare la terra promessa … un luogo caldo … del cibo …

«Stavate andando nella direzione giusta. Ma ci vogliono ancora diversi giorni di viaggio prima di arrivarci.»

Non prima di aver trovato i nostri assassini … non sappiamo chi erano … vogliamo vendetta …

«Non ci sono più! È passato troppo tempo, dovete perdonare!»

Gli sguardi dei fantasmi divennero più torvi e minacciosi. Tornai a tremare. Per la paura e per il freddo.

Mai … devono pagare … tutto questo freddo … tutta questa fame … per causa loro …

«Siete sicuri che siano stati altri pony a fare questo?»

Siii … ci invidiano … ci temono …

Non andavo da nessuna parte continuando così.

Pensa Rachel, pensa …

Sì, forse c’era un modo.

«Fateci vedere dove è successo.»

I fantasmi attorno a noi divennero fumo, e si riformarono rapidamente in una linea che mostrava una direzione, a sud della nostra posizione.

«Dobbiamo seguirli.» sussurrai a Trixie e Scrolley.

«Sei sicura di quello che stai facendo?» domandò quest’ultima, mordendosi un labbro mentre guardava con occhi sgranati la lugubre fila di pony trasparenti, immobili come statue.

«No, ma abbiamo altre scelte?»

«D’accordo.» disse Trixie, poi si voltò verso il carro e sussurrò qualcosa all’interno senza dare nell’occhio.

Stava avvertendo gli altri del nostro allontanamento.

A quel punto seguimmo la scia di fantasmi, con gli onnipresenti sussurri che, notai, avevano una nota più … speranzosa.

Un buon segno?

Arrivammo, dopo un quarto d’ora circa, in un pezzo della valle completamente ostruito da massi e macerie. Se fossimo venuti a zoccoli, sarebbe stato complicato superare quel tratto. Dando un rapido sguardo alla pallida luce lunare intuii che parte della montagna sulla sinistra era crollata, creando un’immensa frana.

Non era difficile capire come fossero morti centinaia o migliaia di pony tutti in una volta.

E’ successo qui … hanno creato una trappola mortale … ci attendevano … non volevano farci arrivare alla terra promessa …

«Secondo voi è possibile creare una frana del genere intenzionalmente?»

Trixie e Scrolley osservarono bene la zona, ponderando.

«Ci vogliono mezzi, tempo, organizzazione e conoscenza del territorio per creare una valanga controllata.» rispose Trixie «Tutte cose che probabilmente i pony di allora non avevano.»

«Puoi dimostrarlo con certezza?»

«No. Ormai è passato troppo tempo. Duemila anni, soprattutto in queste terre rinselvatichite, avranno cancellato quasi ogni traccia.»

«Concordo.» disse Scrolley. «E comunque ci impiegheremmo troppo. Potremmo passare giorni al setaccio.»

Dovevo trovare un altro modo. Non potevamo perdere tempo.

«Secondo me non sono stati altri pony a uccidervi.» dissi ai fantasmi.

Di colpo svanirono e riapparvero tutto attorno a noi, come al campo.

Sono stati loro … non c’è dubbio …

«E’ stata una semplice frana. E’ crollato il fianco di una montagna. Come possono dei pony di terra e dei pegasi fare una cosa del genere?»

Possono farlo … no, non possono, sono inferiori a noi … allora perché fa così freddo?

«Deve essere capitato qualcosa … un terremoto, un fulmine, non lo so, qualcosa che possa aver provocato questo incidente.»

Una tormenta … improvvisa … faceva freddo quasi quanto a casa …

Bingo.

«Sì, sì, deve essere stato qualcosa del genere. Il tempo gelido deve aver indebolito il fianco che è scivolato giù.»

«E’ probabile.» disse Scrolley, prendendo un sasso di colore marrone con la levitazione ed esaminandolo con cura con una lente creata magicamente. «Queste rocce sono molto sensibili alle basse temperature.»

Ma a noi era stato detto …

«… che dovevate fare attenzione agli altri pony, trovare una terra nuova prima che la trovassero loro. Lo so. Ma i tempi sono cambiati. La Principessa ha trovato un accordo con gli altri pony, ha appianato le divergenze, ci ha uniti. Adesso pegasi e pony di terra calpestano insieme a noi le stesse terre fertili, osservano gli stessi cieli limpidi e caldi, condividono le proprie case. Abbiamo trovato una terra e l’Armonia. Equestria.»

Equestria … Equestria … un nome che mi ricorda qualcosa … già sentito …

«Fai vedere loro Equestria, Trixie.»

L’unicorno capì il mio intento, e con la magia fece apparire delle immagini nell’aria, che mostravano le terre di Equestria prima che capitasse il caos odierno. Canterlot, Ponyville, i campi di Sweet Apple Acres, e tanti altri posti idilliaci che non riconoscevo.

I volti dei fantasmi erano estasiati.

«Dovete lasciare dietro di voi quest’odio. Abbiamo già trovato la terra promessa, la pace e la prosperità. State penando per niente. Dovete passare oltre.»

Passare oltre … niente più fame … niente più freddo …

«Sì, niente di niente. Pace e armonia vi attendono. Lasciate ogni pena alle spalle.»

Continuarono a guardare quelle immagini per un po’ di tempo, incantati, speranzosi. Sembravano pieni di gioia.

A un certo punto, con il sorriso sulle labbra, chiusero gli occhi.

I sussurri cessarono del tutto.

Pian piano i loro contorni si affievolirono, le loro figure sempre più trasparenti.

Prima che scomparissero del tutto sentii un’ultima parola sussurrata.

Grazie.

 

Tornammo al campo che ci sentivamo leggere come piume. Forse era il fatto di esserne uscite vive, forse era la temperatura divenuta più mite … o forse semplicemente era la sensazione di aver compiuto una buona azione.

«Non ci sono più?» chiese Daniel, restando nel carro nascosto osservando guardingo attorno a sé.

«Non ci sono più.» lo rassicurò Trixie. «Visto che gli incantesimi di protezione sono ancora attivi, direi di rimontare ciò che è stato smontato e di tornare a dormire.»

Obbeddimo, anche se la stanchezza e il sonno, finita l’adrenalina, tornarono a farsi sentire. Big Wing e Daniel in particolare facevano degli sbadigli così forti che temevo avrebbero attirato altri fantasmi.

Ma non si fecero rivedere per fortuna.

Green Wish …

«Sì, che c’è?» chiesi.

«Niente.» disse Scrolley, stupita.

«Ma non mi avete chiamato?» dissi, rivolta agli altri.

Gli sguardi degli altri mi fissarono come se fossi pazza.

Ma allora …

Green Wish …

Mi voltai verso quel sussurro.

Dietro di me c’era un unicorno. Un unicorno fantasma, dall’aspetto molto anziano.

Indietreggiai di scatto, finendo quasi per inciampare contro la tenda che stavo montando.

«Che succede?» chiese Daniel, spaventato.

«Non lo vedete?» dissi, puntando lo zoccolo verso quell’apparizione.

«No.» risposero in coro.

Non mi vedono né mi sentono. Solo tu puoi.

Come i fantasmi di prima non parlava con la bocca ma con la mente …

«Cosa vuoi da me?»

Ringraziartipersonalmente.

Il sorriso dell’anziano fantasma fece sparire tutta la mia paura.

Da secoli ho tentato di convincere gli altri che non erano stati uccisi da altri pony. Da secoli ho tentato invano di farli ragionare, che l’odio e il risentimento che provavano peggiorava solo la situazione. Tutti i malcapitati che passavano di qua hanno patito sofferenza e morte a causa della loro testardaggine. Poi sei arrivata tu. Hai fatto ciò che solo mia figlia e pochi altri hanno tentato di fare. Hai cercato l’armonia sopra l’egoismo.

«L’ho … l’ho fatto con piacere.» dissi.

«Con chi sta parlando?» chiese Trixie.

«Non ne ho idea.» disse Daniel.

E ciò ti rende onore, amica mia. Per questo motivo desidero condividere con te una conoscenza che ti verrà utile nella vostra missione. Forse non è molto, perché questa conoscenza era già antica quando ero in vita. Ma vi permetterà di proseguire per queste terre maledette con più sicurezza. Ora ti saluto. Passerò oltre e tornerò da mia figlia Clover. Mi sta aspettando da duemila anni. Buona fortuna, amica mia.

Non attese una mia risposta. Svanì come erano svaniti i pony fantasma alla frana, come se non ci fosse mai stato.

Notai però che sul terreno duro della valle era apparso qualcosa con un lampo, nel punto esatto dove si trovava il fantasma di quel pony.

«Cos’è?» chiese Scrolley, avvicinatasi con cautela.

Ero immobile, a fissare quel punto. Ancora non avevo assimilato ciò che era successo.

«Sembra una mappa …» disse l’unicorno color sabbia, usando il suo corno per far maggiore luce. Poi gli occhi le si illuminarono e squittì. «Una mappa di questa regione!»

Prese con la magia una pergamena, una penna e dell’inchiostro dal carro, e iniziò a copiarla febbrilmente.

Mentre scribacchiava con rapidità sulla pergamena, quasi eccitata, Trixie si avvicinò.

«Non ci posso credere!» esclamò. «E’ davvero una mappa di questa regione! Mostra la posizione del regno di Highwisdom! Copia Scrolley, copia! Anzi, faccio una copia anch’io per sicurezza.»

Mentre erano entrambe prese nell’opera di copiatura, Daniel mi si avvicinò.

«Tutto bene?»

«S…Sì»

«Che è successo?»

Feci qualche profondo respiro.

«Nulla di grave. Ho aiutato un amico dal passato, e quell’amico ha voluto rendere il favore.»

Sorrisi.

«L’amicizia è davvero magica.»

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 - Pazzia o amore? ***


Capitolo XV

Pazzia o amore?

 

 

 

Bisogna fare cose folli, ma farle con il massimo di prudenza.

(Henry de Montherlant)

 

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: 8° giorno

 

«Sì! Sì! Non c’è dubbio! Ci siamo!» esclamò Scrolley con un sorriso a trentadue denti, osservando il paesaggio sottostante. Se non fossimo state su un carro in volo, avrebbe saltellato avanti e indietro per quanta gioia sprizzava.

Stavamo sorvolando proprio in quel momento un lago attraversato da un fiume. La sorgente del corso d’acqua sembrava trovarsi verso sud-ovest in una piccola catena montuosa sulla linea dell’orizzonte, mentre il fiume proseguiva, dopo aver attraversato il lago, verso est. La zona era meno arida: cespugli, chiazze di alberi, persino qualche rado animale “pacifico” come uccelli e piccoli mammiferi. Ma erano così schivi che mi chiesi se non me li stessi semplicemente immaginando per dare alla mia mente l’idea di essere in un posto “normale”.

Sicuramente l’acqua del lago era invitante. Dopo giorni che raccoglievamo polvere e sudore, avrei dato qualsiasi cosa per un bel bagno.

L’idea allettante svanì quando pensai ai mostri che potevano essere nascosti sotto il pelo dell’acqua, in attesa di pony sporchi per pranzo …

Trixie tirò fuori dalle varie scorte una lettera e si mise a leggerla.

«… Ci siamo fermati per la notte tra due colline a ridosso di un lago attraversato da un fiume …”» lesse ad alta voce con tono serio. «Sì è molto probabile. Anzi, vedo da qui le due colline indicate da lei.» aggiunse, indicando con lo zoccolo il punto. «Ci siamo arrivati con mezza giornata di ritardo.»

«Secondo la mappa fornitaci da quel fantasma,» continuò Scrolley, srotolando la pergamena con la mappa copiata da lei. «questo lago … si trova … qui!»

Mi avvicinai per guardare, e così fecero Trixie, Daniel e Little Bolt.

«Quindi ci troviamo a est di quel fantomatico regno?» chiese Daniel.

«Est-nord-est.» precisò Scrolley.

«Quel che è.»

«Incredibile …» esclamò Trixie, riprendendo la lettera. «Qui Lyra scrive … domani ci dirigeremo verso ovest. Un’esplorazione rapida di Silver Cloud verso sud ha rivelato che la regione diventa troppo pianeggiante per delle rovine di una civiltà come quella descritta nelle leggende. Secondo queste ultime Highwisdom si dovrebbe trovare in una zona montana, difficilmente accessibile. Verso ovest la linea dell’orizzonte sembra mostrare segni di una regione del genere

Guardammo tutti da quella parte. Aveva ragione. In quella direzione il paesaggio s’innalzava, anche se di montagne vere e proprie ancora non si vedevano.

«Allora ci ha azzeccato!» esclamò Little Bolt, con un gran sorriso.

«Forse …» replicò Trixie, meno entusiasta. «Ma non è detto che se andiamo in quella direzione troveremo ciò che cerchiamo. E’ già tanto se questa mappa fornitaci dal fantasma ci porterà davvero nel regno di Highwisdom. Trovare anche Lyra da quella parte, ora che è passato più di un mese da quando ha mandato questa lettera, sarà un vero e proprio colpo di fortuna.»

«Che si fa allora?» chiese Big Wing, che intanto aveva rallentato per permetterci di decidere se proseguire la rotta attuale o meno.

«Non è ovvio? Vai verso ovest-sud-ovest.» esclamò Trixie, puntando uno zoccolo verso quella direzione «Sento che Lyra non è molto lontana.»

 

Ponycity: 8° giorno dalla partenza della spedizione

 

Alzai lo sguardo dalla pergamena che Luna mi aveva dato contenente l’incantesimo dello Scudo Anti-Proiettile. Era la decima volta che lo rileggevo per memorizzarlo. Non che ne avessi bisogno, visto che già era bastata la seconda, ma visti i tempi era meglio andare sul sicuro.

Alzai casualmente lo sguardi sugli scaffali più vicini, e notai che stavano cominciando ad accumulare polvere. Presa com’ero dallo studio stavo trascurando la biblioteca.

“Mmm … una pausa dallo studio mi ci vuole.”

Presi telecineticamente tutti i libri vicini, facendomeli levitare attorno. Feci apparire uno spolverino magico, con cui pulii gli scaffali, poi passai lo stesso spolverino sui libri uno dopo l’altro, rimettendoli nell’ordine in cui li avevo trovati.

Sentii uno sbadiglio.

Scattai spaventata e mi guardai alle spalle.

«Sono sempre io.» mi disse Redflame.

Ormai la sua presenza era silenziosa quanto quella di un comodino. Persino troppo.

«Vedo che ti annoi a tenermi d’occhio.» dissi, tornando alla mia attività.

«Quanti sono i pony che non si annoiano a tenere d’occhio altri pony mentre leggono, riordinano libri, dormono, riflettono …?»

Ridacchiai.

«Non sei il primo a dirmelo. Hai usato quasi le stesse parole di … di …»

Non riuscivo a terminare la frase. I bei ricordi che avevo delle mie amiche continuavano a scontrarsi con la dura realtà. Stavo provando di tutto per non pensarci, ma la malinconia continuava a colpirmi nei momenti meno opportuni.     

«Qualcuno di cui conosco il nome, suppongo?»

Mi riscossi, concentrandomi sull’attività di spolvero. «Temo di sì.»

Redflame fece un profondo respiro, e si alzò dalla sua posizione di cane da guardia. Si avvicinò a una delle finestre sprangate e osservò l’esterno.

«Se ti dicessi che ho conosciuto personalmente due delle tue amiche?»

Drizzai le orecchie.

«Cosa?»

Redflame si voltò verso di me. Aveva un’espressione più seria del solito. «Devi sapere che un tempo ero al servizio di Pegasopoli.»

Anche se l’avevo già sospettato, la sua ammissione mi lasciò comunque stupita.

«Penso di aver capito. Hai conosciuto Rainbow Dash e Fluttershy, dico bene?»

Il pegaso rosso annuì. «Due delle peggiori pegaso che abbiano mai visto i miei occhi. Ero poco più di un puledro allora, preso dall’euforia di tanti pegasi come me che si sentivano finalmente liberi di fare ciò che volevano e che non dovevano dare conto di niente a nessuno. Forte della convinzione che i pony volanti erano migliori e destinati a dominare quelli non volanti.»

Sputò, senza tenere conto del fatto che stava sputando sul pavimento di una biblioteca.

Avrei pulito dopo quello sfogo.

«Quante idiozie … quanto dolore per delle farneticazioni …»

«Cosa è successo?»

Redflame scostò lo sguardo.

«Non me la sento di parlarne.»

«Perché? Non ti fidi di …»

Venni interrotta da un rumore. Un rumore sordo.

«Che è stato?»

Il rumore venne ripetuto. Sembrava venire dalla scala, quella che portava al seminterrato.

Ma quel passaggio era stato murato … Trixie mi aveva detto che tutta l’apparecchiatura scientifica e alchemica che avevo era stata portata via. Là sotto non c’era niente. E nessuno.

«Vado a controllare.» disse Redflame.

Riposi i libri rimasti per terra e lo seguii, arrivando di fronte al muro.

Il rumore si ripeté. Proveniva proprio da lì sotto.

«Che può essere?» mi chiesi ad alta voce.

«Scopriamolo.»

Redflame si voltò, alzò gli zoccoli posteriori e colpì con forza la parete.

Metà del muro di mattoni andò giù, rilasciando cocci e polvere ovunque.

«Maledizione!» urlai tossendo «Non potevi aspettare che lo facessi io? Potevo farlo con la magia!»

Lo stallone pegaso alzò le sopracciglia. «Ops.»

Gli lanciai un’occhiata severa mentre con la telecinesi smuovevo le macerie, pulivo dalla polvere e rimuovevo ciò che rimaneva della parete.

Dopo qualche minuto il passaggio fu sgombro.

«Vado prima io.» disse Redflame, tenendo pronto il suo fucile.

Lo seguii, accendendo il mio corno con la magia per far luce.

Dopo poco trovammo la porta che divideva il piano terra dal seminterrato. Redflame l’aprì.

Restai di stucco.

Mi aspettavo una stanza vuota e piena di ragnatele. Invece scoprii che, al centro, si trovava un lungo tavolo impolverato con sopra una strana attrezzatura … sembrava una macchina per scrivere, con collegati cavi, antenne e altri componenti che non riconobbi.

«Che significa questo?» chiese Redflame, controllando ogni angolo della stanza.

Mi avvicinai con cautela all’aggeggio. Nell’ammasso d’ingranaggi e metallo c’erano dei rotoli di carta. Da una fessura parte di quel rotolo era venuto fuori. E su quella parte di rotolo c’era una scritta inquietante.

 

T.S.

Sappiamo che sei qui.

Sappiamo tutto di te.

R.R.

 

«Non promette nulla di buono.» commentai ad alta voce, mentre Redflame si avvicinava per leggere a sua volta.

«Oh, ti sbagli.» disse all’improvviso una voce melliflua da uno degli angoli oscuri della stanza.

Mi guardai attorno, aumentando l’intensità della luce del corno.

E la vidi.

Un unicorno giumenta, dal manto indaco e dalla corta criniera violetta, ci stava fissando appoggiata a una parete. Indossava fino al collo una tuta completamente nera, e per terra giaceva quello che sembrava il cappuccio della tuta. Una spia?

Redflame le puntò contro il fucile.

«Non provare a muovere uno zoccolo.» le intimò.

Sul volto dell’intrusa c’era un ghigno fisso che me la fece subito diventare antipatica. Un ghigno che l’arma puntata contro non le aveva per niente turbato.

«Hai solo da provarci. A quel punto avrete i migliori assassini del mondo alle costole.»

«Che stai farneticando?» esclamò Redflame, meno convinto.

«Che è meglio che mi ascoltiate e mi permettiate di andarmene via di qui viva e incolume se ci tenete al vostro manto.»

«Chi sei?» domandai.

L’unicorno si portò uno zoccolo alla fronte.

«Oh, giusto, ma che maniere. Vengo a casa d’altri non invitata e nemmeno mi presento!»

Fece un leggero inchino.

«Agente 3483, al vostro servizio.»

«Nome interessante.» ironizzò Redflame. «Per della feccia di Unicornia.»

«Oh, cielo, che maniere … ma da un pegaso c’è da aspettarselo, no?»

«Ricordati che ho la mia arma puntata sul tuo bel faccino.»

L’agente unicorno lo fissò con un sorriso maligno.

«Sei tu a doverti ricordare che se non torno viva da questo incontro avrete parecchie armi puntate sul vostro. Come se non aveste già abbastanza nemici.»

«Ma come sei arrivata qui?» esclamai. «Era murato!»

«Ho i miei modi … e comunque non basta un muro per fermare un unicorno, o sbaglio?»

«Ci deve essere un passaggio segreto.» mi sussurrò Redflame.

«Ma veniamo al motivo per cui sono qui.» disse l’unicorno, avvicinandosi a noi con nonchalance. La sua andatura ed espressione mi ricordava fin troppo quella di Rarity: elegante, sensuale, persino un po’ provocante.

«La nostra beneamata sovrana ha scoperto che sei tornata, Twilight Sparkle.»

Era proprio come temevo.

«Quindi questo messaggio …»

L’unicorno annuì. «Ma certo. Purtroppo non sapevamo che il passaggio fosse murato, quindi sono dovuta intervenire personalmente per fartelo vedere.»

«Questa apparecchiatura è vostra?» chiesi, puntando lo zoccolo a quella strana macchina da scrivere automatica.

«Oh, no … è del nostro agente Trixie, ovviamente.»

Mi si gelò il sangue nelle vene.

Trixie … Trixie era un’agente di Unicornia?

«Ops, volevo dire dell’agente 6437.»

Il fucile di Redflame tremava.

«Tu menti!»

«Oh, andiamo … perché dovrei mentire?» esclamò l’unicorno roteando gli occhi. «Scommetto che vi avrà raccontato la favola del suo debito con Twilight e del suo impegno a proteggere la biblioteca.» Si mise in una posa drammatica. «"Oh, povera Twilight! E’ scomparsa e ora mi sento in debito con lei. Mi sento così inferiore, devo rimediare … eccetera, eccetera."» Scosse la testa. «Quante bugie. Ma è una bugiarda incallita … è normale che menta.»

Stavo tremando.

Battei uno zoccolo per terra, scaricando la rabbia.

«Zitta!»

Mi scappò qualche lacrima.

L’agente di Unicornia fece una falsa espressione di scuse.

«Va bene, basta così. Non c’è bisogno di scaldarsi. Lascio a voi la decisione se credere alla sua storia strappalacrime o alla mia molto più realistica di una spia infiltrata a Ponycity.»

«Sei troppo ciarlera per un’agente segreto.» esclamò Redflame.

L’agente fece di nuovo quel ghigno odioso.

«Ah, e bravo il nostro pegaso … non ti sfugge niente, vero?»

«Non prendermi in giro. Potrei premere per sbaglio il grilletto.»

«Lo trovo difficile visto che devi portare intenzionalmente la bocca a quell’affare, ma ti pregherei di evitare di farlo, se non volete peggiorare la vostra situazione.»

«Dicci subito cosa vuoi!» scattai, andandole a uno zoccolo di distanza, fissandola. Il mio corno stava sprizzando scintille minacciose oltre che luce.

I nostri sguardi s’incrociarono. Il suo era uno sguardo gelido, calcolatore … crudele. Sembrava entrarmi nell’anima alla ricerca di ogni mio piccolo difetto per rivolgermelo contro. Non aveva usato alcuna magia, ma indietreggiai comunque come se fossi stata preda di un incantesimo.

L’unicorno scostò la testa, e sospirò.

«Hai ragione, stiamo buttando parole al vento.»

Si mise a trottare lentamente nella stanza polverosa, soppesando ogni parola.

«Twilight Sparkle. La mia Regina si aspetta grandi cose da te.»

«Stai scherzando!» esclamò Redflame.

«Tu non hai voce in capitolo.» lo zittì l’unicorno, con lingua velenosa. «Sua Maestà Illustrissima apprezza, come tutti noi, le capacità arcane insite nella nostra razza, e sa che sei uno degli unicorni più talentuosi e potenti del nostro tempo. Per questo desidera offrirti uno zoccolo, non da sovrana, non da unicorno, ma da amica.»

L’unicorno alzò uno zoccolo verso di me, invitandomi a stringerlo con un sorriso gioioso.

«E’ un onore riservato a pochi dei suoi sudditi, e sinceramente ti invidio.»

Avevo diverse teorie sul vero motivo per cui mi voleva dalla sua parte, ma evitai di dirle a voce alta. Ero davvero in pericolo di vita. Malgrado la guardia del corpo, malgrado la mia magia. Bastava un attimo di distrazione …

No! Non avrei tradito la Principessa Celestia e Luna per … per dei pony del genere!

Tenni lo zoccolo abbassato, guardandola con espressione neutra.

«Sei sicura della tua decisione?» chiese l’agente, incrinando leggermente il suo sorriso.

Non dissi niente, né cambiai posizione o espressione.

«Almeno sai cosa c’è in ballo? Non è solo la tua vita sai?»

«Di cosa stai parlando?» chiesi, alzando appena un sopracciglio.

«Cosa c’è scritto sul biglietto?»

«Sappiamo chi sei … sappiamo tutto su di te …» ripetei.

Sgranai gli occhi.

Sappiamo tutto

No!

«Non loro!» urlai, caricando istintivamente un incantesimo, il Raggio Arcano Concentrato.

Magia di sesto livello, in grado di penetrare gli scudi magici più deboli e di indebolire seriamente quelli più forti.

Non sapevo che effetto avrebbe avuto su un unicorno senza difese. E in quel momento non m’importava.

Nessuno doveva toccare ciò che rimaneva della mia famiglia!

«Ricordati cosa ho detto poco fa.» rispose tranquillamente l’agente, come se si sentisse in una botte di ferro. «Se non torno, loro saranno i primi a morire. E tu li seguirai nel giro di un mese.»

Il corno sfrigolava, pregando di rilasciare l’energia che avevo accumulato al suo interno. Anche il cuore mi pregava di farlo, ma così facendo avrei compiuto il mio primo ponycidio.

Fu questa consapevolezza a fermarmi: non avevo alcuna intenzione di abbassarmi al loro livello, né volevo provocare la morte di altri pony a me cari.

Il corno tornò solo a far luce, e mi avvicinai all’unicorno con la tuta nera.

«Non farlo!» esclamò Redflame.

Non lo ascoltai. Non volevo altri lutti.

Ma una cosa era certa: non avrei tradito le Principesse. Rainbow Dash mi aveva insegnato la lealtà.

Avrei fatto il loro gioco, per il momento. Rarity mi aveva insegnato l’arguzia.

Strinsi il suo zoccolo ricoperto dalla tuta, suggellando “l’amicizia”. La sua era una stretta gentile ma energica. Ciò mi fece capire che era meglio non combatterla a zoccoli. Il mio non era certo un fisico adatto ad un combattimento ravvicinato.

«Quale compito desidera affidarmi Rarity?» chiesi, dopo aver abbassato lo zoccolo.

«La Regina Rarity» precisò con durezza, come se avessi detto una blasfemia «sa che sei bloccata qui per il volere delle false dee, e sa che non desideri essere considerata una semplice arma.»

Mi portò uno zoccolo alla spalla, come se fossi una sua vecchia amica. Lo accettai con rassegnazione e sopportazione.

«Quindi come segno della sua benevolenza ti offre la possibilità di uscire da questo regno morente. I nostri mezzi sono a tua disposizione.»

Troppo comodo.

«E immagino che Ra … che la Regina Rarity desideri qualcosa in cambio di questo favore.»

«Ma certo che no!» esclamò sorpresa e indignata l’agente. «Dobbiamo aiutarci tra noi unicorni in tempi così ostili. La nostra Regina è famosa per la sua generosità in tutto il mondo, desidera solo il nostro bene. Ciò che dovresti fare è semplicemente … dimostrare che apprezzi questa generosità.»

«Come?» tagliai corto. Questi giri di parole mi stavano dando la nausea.

«Un compito semplicissimo, per una con le tue doti. Una vera sciocchezza in confronto al favore che la Regina ti offre. Dovrai fare da ambasciatrice tra la nostra Illustrissima Maestà e la Principessa Cadence.»

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: 9° giorno

 

«Ecciù!» starnutì Big Wing, tirando rumorosamente su con il naso. «Maledizione a quegli unicorni! Dovevano proprio andare a vivere in questo postaccio?»

Una raffica di vento gelida investì il carro, ma l’esperienza del pegaso impedì di far rovesciare il suo contenuto, noi compresi, nella valle rocciosa sottostante. Le montagne che ci attorniavano, di un grigio con strane striature verdastre, creavano un imbuto per cui tutte le correnti fredde ci venivano addosso.

«Se scopro che quella mappa è sbagliata e dobbiamo tornare al punto di prima … Ecciù! … giuro che …»

«Non fare l’idiota e continua a volare.» lo redarguì Trixie, mentre controllava la mappa. «Altrimenti sono io a giurare qualcosa che è meglio che non dica.»

«Non sarebbe il caso di scendere un po’?» domandai quando un’altra raffica ci colpì.

«Credo sia una buona idea.» concordò Big Wing. «Ecciù

«Va bene.» decise Trixie «Comincia a scendere di una cinquantina di metri, ma fai attenzione.»

Il pegaso puntò verso il basso, portandoci più vicino alla valle che stavamo attraversando. Fortunatamente a quell’altezza non trovammo più interferenze.

Dopo circa un’ora la valle curvò verso nord.

«Supera quei monti.» ordinò Trixie. «Se la mappa è corretta, questa valle ci farebbe deviare troppo.»

Il pegaso ubbidì e tornò a risalire.

Accadde tutto in un attimo.

Avevo appena fatto in tempo a notare una caverna sul lato della montagna alla nostra destra, che quella esplose. Come da un alveare sbucarono decine e decine di ombre nere, accompagnate da una cacofonia di ronzii.

Big Wing imprecò prima di aumentare la velocità.

La nuvola degli assalitori si avvicinò, seguendoci.

Trixie, Scrolley, Daniel, Little Bolt e io tirammo fuori rapidamente le armi e iniziammo a sparare, coprendo la fuga del carro che stava traballando pericolosamente per la velocità.

Ma la nuvola non smise di seguirci, muovendosi come se si trattasse di un solo essere mostruoso.

Riconobbi solo allora i nemici che ci stavano seguendo, notando i corpi di quelli che riuscivamo a colpire.

«Mutaforma!» esclamai, rabbrividendo.

Tre di essi riuscirono a scattare rispetto al gruppo e ci raggiunsero.

Mi si paravano davanti dei pony scuri dotati di corno e ali, occhi azzurri senza pupille, il corpo a metà tra un insetto e uno zombie.

Qualcosa di orribile a vedersi. Molto peggio di quanto mi ero immaginata.

Sparai un istante prima che il più vicino mi raggiungesse. Uscì sangue verdastro dalla ferita al petto, e il corpo sbattè rumorosamente contro il retro del carro prima di precipitare verso il basso.

Stranamente quella scena non mi fece l’impressione che credevo. Stavo diventando insensibile alla morte dopo la strage di arpie che avevamo fatto qualche giorno prima?

Il secondo mutaforma invece ricevette una zoccolata precisa e letale in piena fronte da Trixie. Il corpo ricadde senza vita all’interno del carro.

Il terzo si avventò contro Little Bolt. Il pegaso perse l’arma, che penzolò dalla corda di sicurezza, e venne trasportato via dalla creatura, allontanandosi sia da noi che dallo sciame, in una direzione sconosciuta.

«Little Bolt!» urlò Big Wing, vedendo il fratello portato via.

«Ci penso io!» esclamò Daniel.

Prese il volo, scendendo di quota al suo inseguimento. Sparì alla vista.

«Maledizione!» urlai mentre ricaricavo la pistola, preoccupata a morte per la loro vita.

«Sono troppi, lasciate fare a me.» esclamò Trixie.

Si mise sul retro del carro e si concentrò.

Il corno iniziò a illuminarsi, creando vari strati di luminescenza e scintille azzurre.

Riconobbi l’incantesimo che aveva usato contro le arpie. Ma questa volta, vista la lucentezza e le scintille del corno, intuii che l’incantesimo sarebbe stato molto più potente.

Mi tappai le orecchie con gli zoccoli, ma non servì a niente.

Il rumore del tuono echeggiò per chilometri, facendo persino perdere quota al carro per lo spostamento d’aria. Il lampo quasi mi accecò. Restai sorda e cieca per diversi secondi.

Mi strofinai gli occhi con gli zoccoli, con le orecchie che ronzavano. Quando tornai a vedere e sentire guardai il risultato della sua magia.

Decine e decine di mutaforma erano caduti, come zanzare fulminate da uno zampirone, sul lato della montagna che avevamo appena superato.

Purtroppo ne rimanevano ancora un numero enorme.

E di Daniel e Little Bolt ancora nessuna traccia.

Il carro iniziò a discendere nella valle adiacente. Big Wing stava sudando per l’aumento rapido della velocità, ma gli inseguitori continuavano imperterriti dietro di noi.

Big Wing scansò all’ultimo momento uno sperone di roccia, sperando di seminarli o sviarli. Non servì. I mutaforma lo scansarono anche loro senza problemi.

Tornammo a sparare, distraendo gli inseguitori mentre Trixie riprendeva fiato.

«Maledetti bastardi!» urlò l’unicorno blu, alzando uno zoccolo in sfida. «Non ci avrete né ora ne mai!»

A quel punto accadde un fatto incredibile.

Non erano passati dieci secondi dalla sua minaccia, che i mutaforma fecero rapidamente dietrofront.

Big Wing portò il carro in mezzo alla nuova valle, non molto diversa dalla precedente, e alle nostre spalle i mutaforma sparirono dalla vista, insieme al loro ronzio.

Restammo in silenzio, increduli, finchè non comparvero Daniel e Little Bolt, in volo e apparentemente incolumi. Quando salirono sul carro sembravano più sorpresi di noi.

«Qualcuno sa spiegarmi cosa è successo?» esclamò Little Bolt. «Quella dannata cosa non schiodava i suoi maledetti zoccoli dal mio manto, e di punto in bianco mi ha abbandonato, senza darmi il tempo di capire cos’era succeso!»

«Per fortuna che ti ho recuperato prima che ti schiantassi contro le rocce.» disse Daniel dandogli una spallata amichevole.

«Quando sarà tutto finito ricordami che ti devo un sidro.» lo ringraziò Little Bolt. «Ma la domanda rimane … che è successo?»

Non ne avevo la più pallida idea.

Prima ci attaccavano, ci seguivano malgrado proiettili e fulmini magici, ma bastava una minaccia così banale per farli tornare indietro?

«Non lo so.» esclamò Trixie, con un tono a metà tra il sollevato e il preoccupato. Riprese magicamente la mappa davanti a sé e la esaminò. «Big Wing, continua per questa rotta per il momento.»

«Sissignora.» esclamò lui.

«I mutaforma sono una razza quasi sconosciuta.» proseguì l’unicorno blu. «Se non fosse stato per l’attacco a Canterlot vent’anni fa …»

«Ventuno.» precisò Scrolley.

Trixie sbuffò, fissandola in malo modo. «Ti ringrazio per la piacevole e puntuale correzione. Dicevo che senza quell’attacco non avremmo mai nemmeno saputo che esistevano … l’unica cosa certa è che vivono in qualche punto delle Distese Selvagge.»

«E ovviamente queste bestiacce dovevano vivere proprio dove ci stiamo dirigendo!» commentò sarcastica Scrolley. «Fantastico!»

«Ma che diavolo sono?» domandò Daniel, fissando il cadavere di mutaforma in mezzo al carro.

Trixie, vedendolo, si affrettò a prenderlo con la telecinesi e a scaraventarlo fuori dal carro.

«Creature in grado di cambiare forma a loro piacimento.» gli spiegai. «Che si cibano d’amore.»

Daniel sgranò gli occhi. Poi scoppiò a ridere.

«Non so cosa ci trovi di così divertente.» esclamò Trixie, facendo una smorfia.

«No, questa è troppo!» disse Daniel, tra le lacrime. «Ne ho sentite di assurdità, ma questa è troppo! Stiamo scherzando? Da quando l’amore si può mangiare?»

«Non ha tutti i torti …» esclamarono in coro Big Wing e Little Bolt senza rendersene conto.

«Pegasi …» esclamò Scrolley roteando gli occhi.

«L’amore è tangibile quanto qualsiasi altra cosa. E’ solo impercettibile ai più.» spiegò Trixie. «Così come lo è l’amicizia e tutte le altre emozioni scaturite da un’anima.»

Trixie si sporse dal carro, osservando la valle in cui scorreva un fiumiciattolo quasi inesistente.

Sospirò.

«Sia quelle positive che quelle negative.»

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: 10° giorno

 

La giornata era fredda. Stranamente fredda. Il debole sole della mattina alle nostre spalle non aiutava a scaldarci. E le dense nuvole scure che si profilavano all’orizzonte nella direzione in cui stavamo andando mi facevano intuire che avremmo sentito ancora più freddo. Probabilmente in serata.

Come se il rischio di essere nuovamente attaccati da quelle creature non fosse abbastanza.

Malgrado i soliti incantesimi di difesa di Trixie, non ero riuscito a dormire granchè. Anzi, se proprio volevo essere sincero non dormivo granchè da quando erano apparse di fronte a casa nostra quelle sei scalmanate.

Se ero lì, era principalmente per colpa loro. Erano loro ad aver “invaso” casa nostra con la loro follia, erano loro ad avermi convinto a venire in quello stupido bosco, erano loro ad avermi costretto a seguirle in questo folle mondo, erano loro ad avermi fatto accettare questa missione suicida, in mezzo a creature mostruose, fantasmi e insetti-zombie-mangia-amore.

No, non era per colpa loro. Era inutile mentire a me stesso.

Era sempre stata una mia decisione.

E no … non l’avevo fatto per altruismo. Non l’avevo fatto per Twilight Sparkle, o per le Principesse, o per la salvezza di questo mondo.

Avevo semplicemente seguito Rachel. Nient’altro.

Ma non volevo ammetterlo. Preferivo dare la colpa a quelle sei pony colorate, al destino, a Dio …

Nel mio cinismo odiavo voler ammettere di tenere a qualcuno così tanto da seguirla nelle sue pazzie …

Per distrarmi mi sporsi dal carro, guardando l’altopiano che stavamo per raggiungere. Era come un enorme tavolo scolpito nella roccia da esseri superiori.

Notai qualcosa che si muoveva sotto di esso, in una valle vicina, appena visibile. Subito pensai si trattasse di qualcosa di ostile, quindi restai in allerta. Camminava su quattro zampe, e pensai a uno di quei lupi che avevamo affrontato all’inizio del viaggio.

Ma era troppo piccolo per essere una di quelle bestie.

«Ehi, c’è qualcosa là.» esclamò Little Bolt alla guida, puntando lo zoccolo verso la creatura che avevo visto.

«Fammi vedere.» esclamò Trixie mettendosi vicino a me. Prese il binocolo con la magia e si mise a guardare. Restò silenziosa per un po’ mentre aumentava l’ingrandimento.

A un certo punto la sentii trattenere un respiro.

«Non ci credo …» sussurrò. «Atterra lì! Subito!» ordinò a voce particolarmente alta.

Little Bolt obbedì.

«Cos’è?» chiesi, mentre osservavo la figura divenire sempre più visibile.

Mi resi conto rapidamente che la domanda giusta era “Chi è?”.

Era un pony come noi. Un unicorno, per la precisione. Di colore ciano chiaro.

«Lyra?» esclamò Rachel.

Trixie annuì con un sorriso. Fremeva dalla voglia di atterrare.

Il pony a terra quando ci vide si fermò. Non aveva niente indosso, quindi non poteva in alcun modo difendersi se fossimo stati nemici.

Dopo qualche secondo di sopresa iniziò a scappare, arrivando rapidamente sull’altipiano. Little Bolt non ebbe difficoltà a raggiungerla, malgrado galoppasse come se avesse il diavolo alle spalle. Appena fummo a distanza di voce, Trixie urlò: «Sono io, Trixie!»

L’unicorno ciano chiaro si voltò senza smettere di galoppare.

«Maledizione Lyra, non mi riconosci?»

Il carro la superò e atterrò davanti a lei, bloccandole la fuga.

Lyra stava per galoppare dall’altra parte, ma si fermò quando vide scendere Trixie. Io, Rachel e Scrolley la seguimmo, mentre Big Wing e Little Bolt restarono a guardia del carro.

«Lyra! Sono io, Trixie! Non mi riconosci?»

L’unicorno di nome Lyra ci guardò di sottecchi. La criniera e il manto ciano chiaro erano sporche di polvere e sangue rappreso, e portava almeno un paio di ferite rimarginate come la mia. Malgrado l’aspetto logoro, mantenne una posizione salda sulla roccia grigia dell’altipiano.

«Non avvicinatevi! So che siete dei mutaforma!» esclamò, abbassando la testa e puntando il corno contro di noi.

Restammo in silenzio a osservarci. Non aveva tutti i torti. Se sapevano prendere le sembianze di altri, perché non le nostre? Mi venne un dubbio …

«E chi ci assicura che tu non sia un mutaforma?» esclamai.

«Dazzlewing!» esclamò Rachel sconcertata.

Trixie mi guardò. All’inizio era offesa dalla mia domanda, poi sembrò valutarla seriamente. Si voltò verso Lyra. «Ha ragione.»

«Allora come la mettiamo?» disse Lyra, rimanendo in guardia. Malgrado la sua condizione, sembrava avere ancora molte energie … ed era più di un mese che era in questa maledetta regione.

Trixie riflettè per un po’, battendo gli zoccoli sulla roccia.

«Facciamo così.» disse. «Lo conosci l’incantesimo Rivela Metamorfosi, giusto?»

«Sì.» disse lei.

«Anche io. Tu lo userai su ciascuno di noi, e io lo userò su di te. Così saremo sicuri che nessuno di noi è un mutaforma.»

«D’accordo. Cominciamo da voi.»

Trixie con uno zoccolo invitò Scrolley a farsi sottoporre al test.

L’unicorno color sabbia attese di fronte a Lyra. Il corno di quest’ultima s’illuminò di giallo e da esso partì un raggio dello stesso colore, che colpì Scrolley senza farle niente. Percorse il suo corpo dall’alto al basso, creando uneffetto visivo simile a quello degli scanner, ma non accadde nulla.

«Il prossimo.» disse lei.

Fece la stessa cosa con Rachel, poi con me, poi con gli altri due pegasi e infine con Trixie. Nessuno di noi risultò “positivo”.

«Ora tocca a te.» disse Trixie.

Lyra annuì gravemente, e rimase immobile.

Trixie illuminò il suo corno e il raggio colpì ed esaminò Lyra. Indugiò parecchio a controllarla da cima a fondo, ma il risultato, alla fine, fu negativo anche per lei.

Trixie esalò un sospiro di sollievo. «Nessuno di noi è un mutaforma.»

A quel punto si lanciò su di Lyra e l’abbracciò. Lyra replicò con eguale se non addirittura maggiore entusiasmo.

Non si dissero niente ma le espressioni piene di lacrime parlavano per loro: gioia, felicità, amicizia. L’acida e cinica Trixie si era sciolta come neve al sole.

A guardarle mi tornarono in mente i pensieri di prima. Era così normale fare pazzie per qualcuno che si amava?

«Devi raccontarmi tutto!» disse Trixie, dopo un lungo silenzio.

«Lo farò.» disse lei. «Ma durante il viaggio.»

«Per dove?» chiese l’unicorno blu mentre si dividevano dall’abbraccio.

Lyra fece un ghigno soddisfatto. «Per un posto che potrebbe cambiare completamente la storia di Equestria.»

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 - Rovine di un'antico passato ***


Capitolo XVI

Rovine di un’antico passato

 

 

Diplomazia è la scienza di coloro che non ne hanno alcuna e sono profondi per la loro vuotaggine.

(Honorè De Balzac)

 

 

 

Ponycity: 10 giorni dalla partenza della spedizione

 

Fissai incantata un manifesto, attaccato sul muro della stazione, un po’ sporco di fumo.

“Orchestra Sinfonica di Ponycity – Presenta – la Primavera di Coltmann – Direttore d’Orchestra Octavia Melody – Stasera ore 20.00 – Teatro Euphony”.

Era la prima volta in vita mia che desideravo così tanto andare a vedere un’opera. Ad essere sincera, mi sarebbe andata bene anche una mostra di pareti che si asciugavano. Tutto, ma non quello che mi apprestavo a fare.

Ma dovevo farlo. Per due semplici ragioni.

Innanzitutto il piano per mettere al sicuro i miei genitori non si era ancora messo in moto. Non volevo rischiare l’ira degli agenti di Unicornia. Non ancora. Ma il motivo più importante era che volevo parlare con Cadence. Malgrado fossi stata costretta a partire a causa di Unicornia, avevo trovato una “scusa” per fare ciò che volevo fare fin dall’inizio.

La locomotiva fischiò. I pony che ancora non erano saliti si affrettarono a prendere il treno in partenza.

«Siamo ancora in tempo.» mi disse Redflame. «Per tornare indietro.»

Lo guardai. Il suo aspetto da pony di terra gli donava. La magia d’illusione gli aveva nascosto le ali da pegaso e donato un manto giallo e una criniera rossa. E gli aveva tolto quella brutta cicatrice.

Ero piuttosto soddisfatta del mio lavoro.

«Torna pure indietro se vuoi.» dissi. «Non sei obbligato a seguirmi.»

«O tutti e due o nessuno.» mi rispose lui. «Ho giurato alla Principessa di proteggerti.»

Uno sbuffo d’aria da un vagone vicino mi scompigliò la nuova criniera arancione. Alzando gli occhi non vidi il mio corno. Ovviamente c’era, ed ero in grado di lanciare magie come sempre, ma un pony di terra che lanciava incantesimi avrebbe insospettito tutti.

«Io sto disubbidendo a un ordine della Principessa, quindi di conseguenza anche tu stai disubbidendo indirettamente a quell’ordine.» replicai.

«Lasciandoti andare disubbidirei quindi a due ordini.»

Logica impeccabile. Aveva perfettamente ragione. E ad essere sincera desideravo il suo aiuto. Fuori da Ponycity e Canterlot il mondo era divenuto più crudele. Avevo bisogno di qualcuno al fianco che conoscesse questa nuova Equestria.

Un secondo fischio superò il rumore della folla di pony. Al terzo il treno sarebbe partito.

«Allora andiamo.» dissi, sistemandomi meglio le bisacce sulla schiena e salendo sul treno.

 

 

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: 10° giorno

 

Di tutte le cose che erano state decise dall’inizio della spedizione, quella di seguire il consiglio di Lyra e andare a zoccoli era la peggiore.

«Volare in questa regione infestata dai mutaforma è più rischioso che utile.» aveva detto.

Peccato che stavamo attraversando una zona montuosa, con tutto ciò che tale viaggio comportava: scarpate, rischio di frane, venti gelidi. Almeno ci aveva assicurato che tra le sue magie e quelle di Trixie non avremmo avuto sorprese. Qualsiasi incontro ostile sarebbe stato previsto in tempo. Mi volevo fidare di una che era sopravvissuta tutto quel tempo in questo postaccio.

Quindi, dopo che avevamo scaricato il carro portandoci le cose più utili nelle bisacce, mentre il resto, carro compreso, veniva rimpicciolito magicamente da Trixie, fummo costretti a una lunga marcia per quella zona arida, fredda, inospitale e pericolosa solo perché la nuova arrivata diceva che “era più sicuro così”.

Perlomeno ebbe la decenza di darci uno straccio di spiegazioni di ciò che le era successo.

«Dopo il primo rapporto, tutto è andato a rotoli.» aveva iniziato a raccontare mentre scendevamo dall’altopiano dove ci eravamo incontrati. «Ci siamo diretti verso ovest come avevo scritto, e nel giro di una settimana siamo stati attaccati dieci volte. Nel primo attacco è morto il nostro drago … povero Claw. Per questo motivo non ho potuto informare la Principessa dell’accaduto. Dal secondo attacco in poi ci siamo limitati a resistere, ondata dopo ondata. Ma le munizioni ed energie a nostra disposizione non erano infinite. Fummo catturati, uno dopo l’altro. Alla fine ero rimasta solo io. Circa due settimane dopo la lettera, in cui sono riuscita a nascondermi e fuggire a stento,fui catturata anche io.»

«E come hai fatto a fuggire?» chiese Little Bolt, conquistato dal suo racconto.

«Ci stavo arrivando.» rispose lei scocciata. «Fui portata in una caverna e infilata dentro un bozzolo ricolmo di uno strano liquido appiccicoso e verdastro. Provai a divincolarmi dai miei aggressori, ma non ci fu verso. Finii dentro quella cosa orribile. Poi … poi i ricordi si fanno confusi, frammentari. Ho ben in mente il posto in cui ci stiamo dirigendo e come arrivarci, ma non chiedetemi come. Il mio primo ricordo distinto è di ieri mattina, con il mio bozzolo che veniva lasciato non lontano da qui ed aperto. Quando mi sono resa conto di ciò che era successo, ho iniziato il viaggio verso casa, lontano da questo posto dimenticato da Celestia. E poi ho incontrato voi.»

«Tutta questa storia non ha senso!» esclamò scettica Scrolley. «Vuoi dire che hai passato più di tre settimane in quella … cosa? E come fai a sapere dove ci stiamo dirigendo?»

«Lo so e basta.» disse lei, tranquillamente, prendendo un sentiero che ci avrebbe condotti in una valle sottostante. «E’ assurdo, lo so … a dire la verità non sapevo nemmeno che fossero passate tre settimane … il tempo lì dentro non sembrava avere significato.»

«E gli altri?» chiese Big Wing. «Li hai trovati?»

Lyra scosse la testa con aria grave.

«Questa storia è sempre più strana.» esclamai. «Non ha davvero senso.»

«Non hai tutti i torti.» mi diede ragione a sorpresa Trixie. «Proprio ieri i mutaforma ci stavano attaccando, e a un certo punto hanno smesso di inseguirci. E ora spunti tu. Sembra tutto troppo conveniente.»

«Che i mutaforma abbiano un piano in serbo per noi?» suggerii.

«Non è da escludersi.» mi disse Trixie fissandomi. «Ma da quel che so, l’unico loro interesse è cibarsi d’amore.»

«Forse volevano farci reincontrare.» azzardò Lyra. «Così da aumentare la quantità d’amore disponibile. Da sole siamo meno … succulente, ma insieme …»

«Perchè? Siete per caso … fidanzate?» insinuai.

Le guance di Lyra e Trixie si infiammaronoall’unisono di un rosso pomodoro che risaltava enormemente sul loro manto azzuro e blu. Mi lanciarono uno sguardo imbarazzato.

«Ma ti sembra il modo?» esclamò Rachel.

«Siamo solo grandi amiche!» si affrettò a spiegare Trixie, avvampando sempre di più e accelerando l’andatura. «Perché … dovremmo…?»

«Perché ci sono pony in giro che vedono relazioni ovunque?» si accodò Lyra.

«Esatto! Basta mettere uno zoccolo in un punto sbagliato, stare troppo vicine l'una all'altra e zac! Sei fidanzata!»

«Non hai idea di quante chiacchiere nella vecchia Ponyville sulla mia relazione con Bon Bon … che nervi!»

«Inoltre a me piacciono gli stalloni! Ero anche sposata ….»

La voce di Trixie morì all’istante, come ad una radio a cui è stata staccata la spina. Fece un profondo respiro, si schiarì la gola e proseguì silenziosa facendo finta di non aver detto niente.

«Eri sposata?» esclamò Big Wing battendo rumorosamente uno zoccolo su una roccia. «Ah! Questa non me l’aspettavo.»

«E io che credevo fosse tutta biblioteca e libri.» si accodò Little Bolt, dando una spallata amichevole al fratello, a cui scappò una risata.

«Non ne voglio parlare …» disse a denti stretti Trixie.

Dopo qualche momento di silenzio imbarazzante, Little Bolt ridacchiò. «Chissà se …»

Trixie si voltò con aria furiosa. «Non ne voglio parlare!»

Tremai di fronte alla sua espressione, le pupille ridotte a due cerchietti, i denti digrignanti.

Argomento delicatissimo quello del marito … lo capii soprattutto perché, quando si voltò tornando a seguire Lyra, notai un luccichio sotto gli occhi.

«E’ meglio se stiamo all’erta d’ora in avanti.» disse Trixie, con voce leggermente rotta.

«Evitate i pensieri felici.» consigliò Lyra. «Credo che i mutaforma riescano a percepirli in qualche modo. Anzi, pensate il più possibile a cose tristi.»

«Non bastano i vostri incantesimi per proteggerci?» chiese Rachel.

«Dovrebbero.» disse Lyra. «Mentre ero inseguita sono riuscita a crearne uno molto semplice che dovrebbe confonderli e tenerli lontano da noi, ma non è sicuro al cento per cento. La prudenza non è mai troppa.»

Così continuammo a zoccolo per la valle, mentre dai corni di Trixie e Lyra si alternavano scintille, luci e altri effetti che dimostravano il loro impegno a tenerci al sicuro.

Quanto sarebbe durato?

 

Ci accampammo in un piccolo anfratto, per cenare e riposarci. Era una caverna particolare, con delle stalattiti di colore rosso vivo e una roccia marmorea. Sarebbe stata bella a vedersi, ma nella situazione in cui ci trovavamo, in una regione piena di bestiacce pronte a mangiarci o peggio, assumeva un’aria molto inquietante …

Una volta lanciati gli incantesimi di protezione, ci rilassammo un po’ e mangiammo le nostre razioni con calma, in silenzio. Anche da fuori i rumori erano pochi e ovattati. L’atmosfera era quella della calma prima della tempesta, e non mi piaceva per niente.

«Bè, Trixie.» esclamò Lyra, interrompendo il silenzio. «Ti sei portata dietro un seguito interessante.»

Fissò me con aria sarcastica. Doveva essersi legata al dito … anzi, allo zoccolo la battuta indiscreta di prima.

«Nah.» esclamò Big Wing, facendo un sorriso bonario. «Siamo poco più che muli.»

«Mulo a chi!?» sbraitò Scrolley, con il pelo rizzato come quello di un gatto. «Sono una rispettata professoressa universitaria di Ponycity io, non un pegaso il cui talento speciale è tirare su i pesi!»

Big Wing diede una rapida occhiata al suo cutie mark, che raffigurava effettivamente un bilanciere, e sbuffò.

«Lo faccio nel tempo libero.»

«Come no …» lo derise il fratello. «… nel tempo libero. Passi metà del tempo in caserma a flettere i muscoli alle cadette.»

«Almeno io ci so fare con le giumente, “sasso fuso”.»

«E’ una meteora, non un sasso fuso!»

«E’ la stessa cosa!»

Scrolley battè lo zoccolo sulla faccia. «Idioti …»

Trixie fece un colpo di tosse. «Possibile che non riusciate a fare a meno di litigare?» esclamò.

«Ha cominciato lei/lui.» dissero contemporaneamente i tre, puntando gli zoccoli l’uno contro l’altro.

Scossi la testa. Bella compagnia che avevamo.

«Non ci badare.» continuò Trixie rivolgendosi a Lyra. «Mi sono stati consigliati da Luna, e finora hanno fatto un ottimo lavoro.»

«Nulla di che.» disse subito Scrolley facendo un’espressione compiaciuta. «Sono un’esperta in ricerche sul campo, ma finora non abbiamo trovato ancora qualcosa davvero degno di nota. A parte quella mappa.»

«Quale mappa?» chiese Lyra.

Trixie tirò fuori da uno degli zaini la sua copia della mappa donata dal fantasma. L’unicorno color ciano chiaro le diede un’occhiata interessata.

«Wow! Dove l’avete trovata?»

Trixie le raccontò rapidamente insieme a Rachel della vicenda dei fantasmi.

Lyra ascoltò paziente, e alla fine diede di nuovo a Trixie la mappa. «Davvero molto interessante. Ci sono così tanti segreti e misteri in questa regione …»

«E molti di questi misteri ci vogliono morti.» commentò Little Bolt.

Lyra sbuffò. «Già … Piuttosto … voi due invece?»

Si stava rivolgendo a me e a Rachel. Ahia.

«Ci siamo offerti volontari.» spiegai. «Siamo amici di Twilight.»

Lyra ci guardò con ancora più curiosità.

«E …?»

«Lascia stare.» la fermò Trixie, dandomi modo di respirare. «Non diranno altro. Mi fido di Twilight, e di conseguenza mi fido dei suoi amici. Ma soprattutto hanno dimostrato di essere utili e leali. Non mi interessa sapere altro.»

Wow … da quando si fidava di noi?

«Capisco.» annuì Lyra, rivolgendosi a noi. «Non siete gli unici a cui non piace parlare del passato. Tutti abbiamo i nostri scheletri nell’armadio, in questi tempi oscuri.»

Ci fu un breve silenzio, molto pesante, quasi religioso, interrotto da un «Non io.» sussurrato di Scrolley, interrotto a sua volta da una zoccolata di Big Wing.

«Meglio andare a dormire.» esclamò Trixie, riportandoci alla realtà e iniziando a rimettere a posto le scorte. «Ci aspettano lunghi giorni di viaggio.»

 

Impero di Cristallo: 12 giorni dalla partenza della spedizione

 

«Prossima fermata: Impero di Cristallo!» esclamò il controllore passando per il vagone.

Ma già lo sapevo. L’alta Torre di Cristallo era visibile da una decina di minuti. E il raggio color arcobaleno che partiva dalla sua punta era in vista da almeno mezza giornata.

La torre non era cambiata di una virgola. Anche la città attorno sembrava la stessa. Niente fumi di industrie, niente grattacieli … Non sembravano passati affatto vent’anni.

Il treno si fermò e scendemmo insieme a tutti gli altri passeggeri. Non c’erano altre stazioni dopo quella.

Eravamo all’ultimo insediamento abitato prima del Grande Ghiacciaio del Nord.

«Andiamo.» dissi a Redflame, accompagnandolo fuori dalla stazione. Passammo per la “porta” simbolica, fatta di cristalli, da cui passava la strada verso la città vera e propria.

Non era davvero cambiato niente. Era tutto come lo ricordavo: le stesse strade, le stesse case, gli stessi pony di cristallo, felici e senza pensieri, raggianti con i loro manti e criniere simili a pietre preziose, che ridevano, passeggiavano, discutevano del più e del meno come se nulla fosse accaduto.

Per qualche minuto m’illusi che le ultime settimane erano state solo un incubo e che finalmente la realtà armoniosa di Equestria era tornata.

Ma l’illusione si spezzò quando vidi, tra la folla, alcuni pony di terra, unicorni e pegasi vestiti alla maniera moderna. Giravano defilati, quasi nascosti, e la maggior parte della popolazione locale non li notava nemmeno.

La situazione politica doveva essere particolarmente complicata.

E io stavo per dare una bella scossa al tutto.

Mi ricordai per cosa ero venuta, e andai insieme a Redflame verso un vicolo poco frequentato. Mi guardai attorno, per essere certa di non essere stata inseguita o osservata. Poi fissai Redflame.

«Resta fermo.» gli dissi, illuminando il corno.

Lo puntai su di lui, e lo colpii con un raggio. In pochi istanti il suo aspetto mutò: il colore del manto divenne verde smeraldo e la criniera rossa striata d’arancione, ma ottenne anche una divisa nera sullo stile dei soldati di Unicornia (gentilmente mostratomi da quella maledetta agente), un mitragliatore allacciato a un fianco e due pistole sulle zampe. Solo le ultime due armi erano reali. Oltre che al suo inseparabile fucile che al momento era invisibile.

Lo stallone diede uno sguardo al risultato. La sua smorfia di disappunto mi fece capire che non si trovava a suo agio.

«Ora tocca a me.»

Lanciai nuovamente la magia su me stessa e il mio aspetto mutò di conseguenza. Il manto divenne bianco e la criniera si trasformò in una fluente cascata di ciocche bionde. Ora avevo indosso un abito distinto, da giumenta “rispettabile”.

Ma, soprattutto, sia io che Redflame adesso eravamo entrambi unicorni.

«Andiamo. Non facciamoci attendere.»

 

L’ambasciata di Unicornia spiccava per le sue bandiere in gran mostra. Il profilo di Rarity su di esse mi ricordava di essere stretta dai suoi zoccoli. Ma sbagliava se pensava che mi sarei lasciata manovrare da lei. Il mio piano era in moto in questo preciso momento. Fatto questo favore, avrei salvato i miei genitori e me ne sarei scappata.

Per Celestia, ero Twilight Sparkle! Avevo sconfitto Nightmare Moon e Discord, affrontato un’orda di mutaforma e Re Sombra! Non ero certo una puledrina alle prime armi! Non mi sarei fatta mettere sotto gli zoccoli di qualche unicorno che si credeva chissà chi …

Le guardie ovviamente ci fermarono, chiedendo chi fossimo. Tirai fuori una tessera consegnataci da quell’agente e gliela mostrai. Le diedero un rapido sguardo e ci fecero passare.

Entrati dentro, venimmo accolti da un forte profumo nell’elegante sala d’aspetto. Profumo di rose, per l’esattezza. Le pareti e il mobilio erano di un marmo bianco che quasi brillava. Un unicorno alla reception ci guardava curioso, mentre al centro della stanza vidi l’agente incontrato a Ponycity. Ci aveva anticipati.

La riconobbi solo di viso, perché era vestita in tutt’altro modo rispetto a Ponycity: portava un vestito simile al mio, stirato e curato nei minimi dettagli, e la criniera era ben pettinata. Se non l’avessi già incontrata, non avrei mai detto che si trattava di una spia sotto copertura.

«Bene, siete arrivati finalmente!» ci accolse l’agente con un gran sorriso. «Accomodatevi.»

Ci accompagnò per un corridoio dorato e ci fece entrare da una porta laterale. La stanza dietro di essa era relativamente spartana, con una scrivania, alcune sedie, degli scaffali con parecchi documenti e un ritratto in bella vista della sovrana Rarity. Snob come mai l’avevo vista.

«Fatto buon viaggio?» ci chiese la pony, andando a sedersi dietro alla scrivania.

«Sì.» dissi senza convinzione.

«Bene, allora andiamo agli affari.»

L’agente si mise comodaa e posò gli zoccoli anteriori sulla scrivania.

«Come ti avevo già anticipato a Ponycity, la tua missione è quella di stringere un’alleanza con questo Impero. Ti ho già consegnato i fogli con l’elenco degli argomenti e proposte di cui dovrai trattare, e se non l’hai già fatto ti consiglio di studiarli a fondo. La Regina ti lascia carta bianca sul modo con cui riuscirai a fare accettare queste condizioni alla Principessa. L’incontro è confermato per domani sera alle nove alla Torre di Cristallo. Lì incontrerai alcuni delegati unicorni che ti aiuteranno per qualsiasi faccenda. Sarà difficile ottenere un accordo in un solo incontro, ma già la disponibilità della Principessa Cadence a parlarne è un enorme passo avanti. Qualcosa che potrà smuovere le acque a nostro favore. Quando avrai terminato la tua missione diplomatica, incontrami di fronte all’ambasciata per fare rapporto. Puoi restare e dormire qui in ambasciata fino all’incontro, abbiamo allestito una stanza apposta. Domande?»

Feci un gran respiro.

«Solo una. Dopo cosa accadrà?»

L’agente sorrise.

«Uno zoccolo alla volta, uno zoccolo alla volta. Nel nostro mestiere è meglio non pianificare troppo.»

Mi misi a fissarla, e lei fece altrettanto. Mi riscoprii a sondare un animo battagliero, forte, sicuro e inamovibile. Una fanatica al servizio di un’altra fanatica.

Scostai lo sguardo per prima.

«Allora non abbiamo più niente da dirci. Dove si trova la nostra stanza?»

L’unicorno scese dalla sedia.

«Seguitemi.»

 

Andavo avanti e indietro per la stanza, riflettendo sul da farsi. Le scarpe coi tacchi illusorie agli zoccoli erano rumorose, quindi le feci sparire magicamente.

Redflame nel mentre controllava il resto dell’alloggio, dotato di soggiorno, angolo cucina, stanza da letto e bagno.

Tutto andava secondo ciò che avevo previsto.

Avevo creato una clone, dandole abbastanza forza ed energie per permetterle di arrivare invisibile fino a Canterlot, alla casa dei miei genitori, e di attendere fino a domani notte. Dopo il mio incontro con Cadence, ad un mio segnale telepatico, avrebbe teletrasportato via i miei genitori, portandoli al sicuro a palazzo e spiegando loro la situazione. Se i miei calcoli erano giusti, avrebbe fatto appena in tempo a fare tutto questo prima di sparire per mancanza di energie.

Non era un piano particolarmente complicato, ma nella sua semplicità avrebbe di sicuro funzionato. La complessità stava nella sua esecuzione, ed ero certa che gli unicorni non si sarebbero aspettati un tale sfoggio di magia: incantesimo di Duplicazione, combinato con un incantesimo di Trasferimento di Conoscenza e di Capacità Magiche.  Un incantesimo di alto livello combinato con due incantesimi di medio-alto … quando li avevo lanciati la sera prima della partenza da Ponycity avevo quasi temuto di svenire per tutta quell’attività. Invece ero persino riuscita a lanciare, dopo essermi presa un quarto d’ora di pausa, l’incantesimo di illusione che ci aveva resi pony terrestri. Persino dopo quell’incantesimo sentivo di essere in grado di lanciare ancora qualcosa di mediamente potente.

Più passava il tempo, più mi stupivo di ciò che ero in grado di fare.

Eppure, malgrado tutte le mie conoscenze e capacità, malgrado il piano sembrasse a prova di fallimento, continuavo a sentire che c’era qualcosa che mi sfuggiva.

L’incarico che mi avevano affidato era strano. Perché davano la responsabilità di un’alleanza a un unicorno di cui non avevano la certezza della lealtà? Sembrava un incarico troppo delicato per assegnarlo a una come me, costretta a forza a collaborare.

Avevano in mente altro, poco ma sicuro.

«Io vado a farmi un bagno!» disse a voce stranamente alta Redflame, distraendomi.

Lo guardai, e notai che mi faceva segno con la testa di seguirlo.

Non capivo che volesse fare, ma lo assecondai. Lo vidi aprire a tutta manetta la manopola del bagno e l’acqua iniziò a scorrere giù con gran fragore, ma senza riempire la vasca. Non c’era il tappo in fondo.

«Che stai facendo?» chiesi, cercando di superare il rumore dell’acqua.

Redflame si portò uno zoccolo davanti al naso.

«Abbassa la voce.» disse con voce appena udibile in quel frastuono, avvicinandosi a me. «Dobbiamo parlare di un paio di cose, e ci sono microspie magiche ovunque.»

Alzai le sopracciglia.

«Micro-cosa?»

Il pegaso ora unicorno sbuffò. «Possono ascoltare tutto quello che succede qui dentro. Così invece possiamo parlare liberamente.»

«Ah, credo di aver capito.»

Non si poteva stare al sicuro nemmeno da soli.

Redflame mi guardò con aria seria. «Sei sicura di ciò che stai facendo?»

«Sì.» mentii, anche se solo in parte. «Ho tutto sotto controllo.»

«Quando si ha a che fare con Unicornia non c’è possibilità di avere tutto sotto controllo. Questi unicorni ti stringono lo zoccolo ma hanno il corno pronto a infilzarti appena volti le spalle. Corrotti doppiogiochisti.»

«Quindi cosa dovremmo fare secondo te?»

«Per quanto mi riguarda terrò gli occhi sia davanti che dietro la testa. Tu sei uno degli unicorni più abili dei nostri tempi, a detta di quell’agente. Ti consiglio di tenere pronti incantesimi per ogni evenienza.»

«E’ solo fino alla notte di domani. Poi non avranno più niente con cui ricattarmi.»

«Temo che già lo sappiano.» disse lui mestamente. «Hanno di sicuro previsto che avresti tentato di salvarli.»

Sgranai gli occhi.

«E perché non me l’hai detto? Potrebbero essere in pericolo!»

«Non credo che siano in pericolo. Se li uccidono, perdono la tua fedeltà. E al momento ne hanno bisogno. Per qualcosa. Un compito che ancora non ti è stato rivelato. »

Osservai pensierosa l’acqua che scendeva dal rubinetto.

«Ci stavo pensando poco fa. Usarmi come diplomatico sotto mentite spoglie è un compito delicato, troppo delicato. Temo mi stiano usando per qualcosa di molto più sinistro, anche se non so ancora cosa.»

Tornai a fissarlo. «Terrò presente il tuo consiglio. Non possiamo lasciare nulla al caso.»

Redflame annuì, e chiuse il rubinetto.

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: mezzogiorno del 13° giorno

 

Era da tre giorni che stavamo avanzando tra valli, valichi e monti. Gli zoccoli iniziavano a far male e in certi punti fummo costretti a fermate forzate. Malgrado gli incantesimi protettivi di Lyra e Trixie, evitammo di parlare, di fare rumore e, seguendo il consiglio di Lyra, evitammo di pensare a cose felici, concentrandoci sul paesaggio grigio di quelle montagne inospitali. Di tanto in tanto però spuntava qualcosa di insolito: pezzi di muri in rovina, resti di strade acciottolate, montagne che sembravano essere state scavate …

Erano prove evidenti che, molto tempo fa, qui risiedevano pony civilizzati.

Forse proprio i pony di Highwisdom.

Ma fu circa a mezzogiorno del tredicesimo giorno dalla partenza da Ponycity che trovammo qualcosa d’incredibile che fugò ogni nostro dubbio.

Su una montagna, a sinistra della valle che stavamo percorrendo, spuntò, arroccato come un uccello da preda, un grande castello in pietra ingrigita da secoli di intemperie.

«Eccoci.» annunciò Lyra, prendendo un sentiero che ci avrebbe condotti alla sua entrata.

Avvicinandoci notai che, malgrado fosse in rovina, aveva mantenuto gran parte della sua interezza. A un paio di torri mancava la punta, molti merli erano andati persi, alcuni muri erano crollati, la pietra (che un tempo doveva essere bianca come il marmo) era stata sporcata dall’usura del tempo, ma non aveva perso in maestosità.

Guardandola bene vidi che come architettura ricordava vagamente quella del castello di Canterlot. Rispetto alla capitale di Equestria era però più spartana, più simile ad un monastero che ad un castello. E visto il motivo per cui gli unicorni di Highwisdom si erano ritirati su queste montagne, non ero lontana dalla definizione di quel luogo.

«E’ abbandonato?» chiese Trixie.

«Credo di no.» rispose Lyra, controllando sia il castello che il cielo. «Avviciniamoci con cautela.»

Seguimmo il sentiero che s’inerpicava sulla parte sinistra della valle. Notai che di tanto in tanto sotto i nostri zoccoli spuntavano pietre quadrate, smussate dal vento e dall’acqua. Questo sentiero un tempo doveva essere la strada che conduceva al castello.

«Come hai scoperto questo posto?» chiese Little Bolt, osservandolo con meraviglia.

«L’ho già detto. Lo so e basta.» rispose Lyra, mantenendo lo sguardo sul castello. «Credo … credo di averlo sognato mentre ero imprigionata.»

«Mi puzza di trappola lontano un miglio.» esclamò Big Wing, osservandosi attorno con cautela.

«Più che puzza è un tanfo.» commentò Daniel, facendo ridere i due fratelli pegaso.

«Fate piano!» esclamò Trixie, lanciando loro uno sguardo severo.

«Temo anch’io che sia una trappola.» gli diede ragione Lyra. «Ma sono sicura che lì dentro ci sia qualcosa d’importante … qualcosa di sconvolgente … qualcosa che vale il rischio ... ed è una sensazione, non un ricordo.»

Più parlava, più la voce di Lyra sembrava perdersi.

«Ti trovo strana, Lyra.» le disse gentilmente Trixie. «Stai bene?»

«Sì … sono solo … stanca.» la rassicurò, facendole un sorriso.

A un certo punto, quando a occhio eravamo a un chilometro circa dal castello, vidi che da una delle torri uscì fuori uno sciame di ombre scure volanti.

«Al riparo!» disse senza urlare Trixie.

Ci spostammo verso la parete rocciosa alla nostra sinistra, schiacciandoci contro di essa. Le magie di Trixie e Lyra si intensificarono per nasconderci meglio. Cercai di pensare alle cose più tristi che ricordavo: la morte di mio nonno, l’incidente d’auto a cui ero sopravvissuta per miracolo, la rottura con la mia migliore amica … ci stavo riuscendo così bene, che per poco non mi misi a piangere. Mi riscossi e tirai fuori telecineticamente la pistola, e così fece anche Scrolley, ma non gli altri.

I mutaforma infatti non vennero nella nostra direzione, ma verso sud, andando rapidamente fuori vista. Aspettammo ancora qualche minuto, poi tornammo sul sentiero.

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: pomeriggio del 13° giorno

 

L’interno del castello era qualcosa di spettacolare. Malgrado i secoli avessero reclamato parte di quelle rovine, ciò che vedevamo avanzando tra le sale e i corridoi ci lasciò a bocca aperta.

Affreschi, sculture, resti di scaffali un tempo pieni di libri. Non avevo più dubbi che questo un tempo fosse un castello di una civiltà che ricercava la conoscenza.Un luogo di pace e di tranquillità, in mezzo a montagne difficilmente raggiungibili.

In giro notavo parecchie tracce del passaggio dei mutaforma, come scaglie, masse informi di poltiglia verde e appiccicosa, persino qualche bozzolo nero di quelli citati da Lyra appesi ai soffitti. Il loro fetore cadaverico permeava ogni cosa, ma non sembravano essere in “casa”. Era tutto troppo tranquillo.

Mentre Lyra proseguiva tranquillamente, guidandoci per corridoi e sale come se le conoscesse da quando era nata, io non potei fare a meno di tenere la pistola con la telecinesi e di puntarla contro ogni angolo buio. Cosa che fecero anche gli altri. Si sentiva solo il vento gelido fischiare tra i buchi delle mura e dei soffitti, un rumore che non faceva altro che creare ancora più ansia e tensione. Niente ronzii o zoccoli oltre ai nostri, ma mi aspettavo di sentire un rumore di troppo da un momento all’altro.

Solo Scrolley sembrava entusiasta: le poche opere d’arte rimaste abbastanza intatte tra sale e corridoi mostravano scene di vita quotidiana di pony vissuti in tempi così antichi che tutto ciò che li riguardava si trovava solo nelle leggende. L’unicorno color sabbia stava attenta ad eventuali pericoli, ma veniva spesso assorbita dalla bellezza di statue di pony cantanti, pony che studiavano, affreschi mezzi scrostati da cui si intravedevano decine di pony intenti a discutere civilmente, in pose che ricordavano quelle dei filosofi umani.

Non riuscivo a biasimarla. Io stessa rimasi incantata nel vedere una statua raffigurante un unicorno ricoperto da una lunga veste trapuntata di simboli sconosciuti, dall’aria saggia e potente. La statua era usurata dal tempo, sporca del liquido verdastro dei mutaforma, e aveva perso parte della testa, ma non riusciva a perdere del tutto il suo fascino.

Gli spifferi d’aria gelidi e il rumore dei nostri zoccoli che echeggiavano mi fece tornare rapidamente alla realtà.

 

Lyra si fermò in un posto molto strano.

Era una grande sala rettangolare con due accessi, quello da dove eravamo passati noi e l’altro dalla parte opposta. Le pareti ai fianchi non erano del tutto integre: sia a destra che a sinistra, attraverso i pezzi di muro crollati, era possibile vedere la valle all’esterno. Non c'erano spifferi, ma vere e proprie folate di vento freddo. Sulle mura ancora integre si vedevano numerosi affreschi erosi dal tempo, ormai incomprensibili. Vicino all’altro accesso, a una ventina di metri, notai ciò che rendeva strana quella sala. Davanti al passaggio c’era qualcosa di molto simile a uno degli scudi magici usati da Trixie per difenderci. Occupava tutta la parte finale della sala, e la sua patina violetta era appena visibile.

«E’ qui.» disse Lyra, avvicinandosi a quella barriera magica.

«Affascinante.» esclamò Trixie, seguendola.

Prima Lyra poi Trixie toccarono la barriera con uno zoccolo ma non riuscirono a superarla.

«Cosa c’è dietro quel passaggio?» chiese Trixie, fissando l’entrata oltre lo scudo che sembrava condurre a una scala in discesa.

«Non ne ho idea.» rispose lei. «I miei ricordi arrivano sin qui. So … anzi sento che oltre questo punto c’è qualcosa di molto importante.»

«Che strano.» disse Scrolley, osservandosi intorno.

«Io continuo a sostenere l’idea della trappola.» disse Big Wing, per poi prendere la pistola e controllarci le spalle.

«Concordo.» disse il fratello, seguendo il suo esempio.

Scrolley toccò a sua volta lo scudo con lo zoccolo, saggiandone la resistenza. Mi avvicinai a mia volta, seguito da Daniel.

«E’ uno scudo molto resistente ma … particolare.» disse Trixie, dopo averlo esaminato con alcune magie. «Credo che abbia al suo interno un sub-incantesimo che permetta il passaggio dietro certe condizioni … ma non ho ancora capito quali.»

«Forse un’altro incantesimo?» propose Lyra.

«Mi chiedo chi l’abbia creato.» domandò Scrolley, continuando a toccarlo. «O cosa.»

«E quando.» concluse Trixie. «Sembra stato lanciato molto, molto tempo fa.»

«Forse al tempo di Highwisdom?» dissi, osservando da vicino lo scudo. In realtà non era di colore viola. Osservandolo bene era come un arcobaleno di colori in continuo mutamento.

«Credo anch’io.» disse Trixie, lanciando un raggio rosa sullo scudo. «Ed ha subito innumerevoli attacchi nei secoli. Doveva essere di una potenza straordinaria all’inizio.»

Alzai lo zoccolo e lo toccai.

Lo zoccolo passò attraverso.

Lo ritirai di scatto, sgranando gli occhi.

«Deve esserci davvero qualcosa d’importante per proteggerlo così bene.» commentò Scrolley.

Non si erano accorte di niente.

Lo riavvicinai, lentamente.

E di nuovo passò attraverso.

Se passava uno zoccolo, non vedevo perché non potesse passare il resto.

Avanzai lentamente. Passò il primo zoccolo, poi il secondo, poi la testa e il busto.

«Ma cosa…?» esclamò Trixie, allarmata.

Superai del tutto la barriera. Ora ero dall’altra parte.

«Ehi!» esclamò Daniel, seguendomi. «Ma come …?»

Mentre lo diceva, superò a sua volta la barriera senza rendersene conto. Si guardò indietro scioccato, fissando gli altri sgomenti come lui.

«Questa non me l’aspettavo.» disse Lyra, curiosa.

Daniel spostava lo sguardo tra me e gli altri.

«Come ho …»

«Non ne ho idea.» gli dissi.

«Tutto bene da quella parte?» chiese Big Wing, posando momentaneamente la sua pistola.

Annuii.

«Vi sentite strani?» domandò Scrolley. «Mal di testa, mal di stomaco, nausea …?»

«No, niente.» rispose Daniel.

Trixie toccò nuovamente lo scudo, ma non riuscì ad attraversarlo. Aveva un’espressione frustrata e pensierosa. Ci fissò.

«Ve la sentite di esplorare là sotto?» ci chiese.

Mi girai, guardando le scale che scendevano. Non mi sembrava di sentire nulla di pericoloso venire da sotto.

«Possiamo provare.»

«Se c’è qualcosa, non affrontatelo.» ci avvertì Scrolley. «Tornate subito indietro.»

«Non correremo rischi inutili.»

Feci un profondo respiro e, seguita da Daniel, scendemmo le scale.

 

Impero di Cristallo: Sera del 13° giorno dalla partenza della spedizione

 

Il momento fatidico era arrivato.

Seguita da Redflame avanzai nella via principale della città che portava alla Torre di Cristallo.

Arrivata alla base, sostenuta da quattro enormi piloni, vidi al centro il famoso Cuore di Cristallo, sorvegliato da quattro guardie. La sua magia era ancora attiva, anche se al momento i suoi effetti benefici sembravano limitarsi ai soli pony di cristallo.

Quando arrivammo alle porte principali, le guardie ci fermarono. Mostrai loro dei documenti che attestavano la mia falsa identità, e ci fecero passare.

Conoscevo poco il posto, essendoci venuta solo un paio di volte, ma riuscii a districarmi tra l’enorme quantità di corridoi, sale e scale interamente in cristallo. Bastava poca illuminazione per rendere perfettamente luminose delle superfici così riflettenti, creando degli effetti di luce stupendi che mi allietarono il tragitto.

Incontrai infine il gruppo di unicorni di cui l’agente mi aveva parlato, non lontani dalla stanza del trono.

«Oh, la stavamo aspettando signora Crescent Light!» esclamò uno di loro, uno stallone che mi ricordava molto il Principe Blueblood, bianco e dalla criniera bionda. Non molto differente dal mio aspetto illusorio, alla fin fine.

«Allora, questi sono i documenti che dovrà far firmare, contenenti tutto ciò che esporrà stasera.» mi disse, passandomi documenti spessi quanto uno zoccolo. «Ovviamente non ci aspettiamo che si riesca ad ottenere una firma nel giro della serata, ma sarebbe già un enorme passo avanti mostrarli alla Principessa e ottenere la promessa di una nuova udienza.»

Annuii.

«Bene, le ricordo di non mostrarsi troppo aggressiva, ma nemmeno troppo permissiva. Abbiamo una reputazione da mantenere.»

«Lo so.» tagliai corto.

«Ha bisogno di qualcos’altro?» mi chiese un altro unicorno del gruppo.

«No. Ho tutto quello che mi serve.»

«Bene.» proseguì quello di prima. «Allora vada. Non faccia attendere la Principessa.»

Ero d’accordo su quel punto.

Non volevo far attendere Cadence.

 

La sala del trono si rivelò piena di “spettatori”. E ciò la rendeva ancora più piccola e stretta di quanto mi ricordassi. Ma rimaneva bellissima a vedersi con le moltitudini di cristalli che la adornavano e il panorama cittadino che si intravedeva dalle finestre. Molti pony di cristallo erano venuti ad ascoltare le mie parole. Avevano espressioni così innocenti, così felici … mi faceva male il cuore a vederle, perché erano espressioni che avevo dato per scontato, che vent’anni prima ritrovavo in ogni pony che incontravo. La tristezza, la malinconia o la paura, se c’erano, erano solo di passaggio. Erano questioni risolvibili con poco. Ma questo accadeva vent’anni fa. Oggi era così difficile trovare pony sorridenti.

Ma la mia attenzione dovette andare a chi sedeva sul trono in fondo alla sala, sovrastato da un’enorme formazione cristallina, protetta da una mezza dozzina di guardie ricoperte da armature argentate.

La Principessa Cadence. La mia foal-sitter. E mia cognata. Anche se per brevissimo tempo.

La trovai molto diversa da come me la ricordavo. Come Celestia sembrava invecchiata prematuramente, stanca, anche se tentava a tutti i costi di mantenere un’aria felice e salda. Ma la conoscevo troppo bene per non accorgermi che, dentro di lei, era crollato qualcosa. E non era difficile capire cosa.

Mi tornò come un macigno il pensiero della morte di Shining Armor. Feci un respiro profondo e avanzai. Dovevo restare nella parte. Almeno per il momento.

«Dichiaro aperto questo incontro ufficiale tra la sottoscritta, Principessa Cadence, in vece dell’Impero di Cristallo, e la diplomatica Crescent Light, in vece della nazione di Unicornia.»

Anche la voce suonava sicura e positiva, ma era assai diversa da quella che ricordavo dei bei tempi. La sua era tutta una finta.

«Sono pronta ad ascoltare ciò che avete da dire.»

«Vi ringrazio, Principessa.» iniziai. Anche la mia voce era stata modificata, per evitare di rivelare la mia identità troppo presto. «Non vi ruberò molto tempo.»

 

Riuscii finalmente a terminare la lunga sequela di accordi e possibilità future per le due nazioni. Era incredibile quanto fossi riuscita a parlare per dire delle cose così … ipocrite e vuote. Mi sentivo male per ogni singola parola, ma dovevo restare nella parte. Ancora per poco.

«Ponete questioni interessanti, ambasciatrice.» proclamò Cadence, mentre i pony di cristallo nella sala sussurravano tra loro un po’ inquieti. La loro idilliaca pace sembrava incrinarsi di fronte alla fine della neutralità. «Sono sinceramente curiosa di approfondire con voi tali questioni, in privato.»

Mi brillarono gli occhi. In privato significava solo noi due. Solo noi due significava che potevo parlarle come Twilight Sparkle!

«Dichiaro chiuso questo incontro ufficiale.»

Detto questo, i pony di cristallo uscirono bisbligiando dalla sala del trono, mentre la Principessa scese dal suo scranno e mi indicò una porta laterale.

La seguii insieme a Redflame, con il cuore in gola.

La stanza in cui ci trovammo era un po’ più piccola della sala del trono, e la mezza dozzina di guardie, armate di fucili con le lance simili a quelle di Canterlot, ci seguirono all’interno tenendoci d’occhio. La Principessa si fermò ad un tavolo in cristallo bianco.

«Sono proprio curiosa di sentire come possiate difenderci da qualunque attacco di Terra.»

Non volevo continuare quella pagliacciata un minuto di più.

«Sì, però prima di continuare devo chiedervi se posso confidarvi una cosa.»

«Ovviamente. Di che si tratta?»

«Qualcosa che desidero non esca da questa stanza.»

Cadence mi valutò, fece un cenno alle guardie che divennero più attente, poi annuì. «Le guardie qui dentro sanno mantenere qualunque segreto. Spero non si tratti di qualcosa di pericoloso.»

Sorrisi. «Tutt’altro.»

Il mio corno s’illuminò, e dopo qualche istante sia io che Redflame tornammo normali. Oltre che i nostri colori naturali, riapparvero il suo fucile e le mie sacche.

Le guardie ci puntarono subito contro le armi, mentre Cadence sgranò gli occhi e spalancò la bocca.

Ci furono istanti di silenzio pesantissimo. Cadence stava quasi per piangere, ma si bloccò.

«Non … tu … tu non puoi essere lei.»

Cercai di mantenere il sorriso per rassicurarla. «Sì! Sono Twilight!»

Cadence scosse la testa, avvicinandosi a me con aria minacciosa. «No, non farmi questo! Non mi illudere con false speranze!»

Ok, sapevo che fare per convincerla.

Mi misi in posizione e iniziai a ballare e a cantare qualcosa che nessuna di noi due avrebbe mai dimenticato.

«Sole, sole - Se Ladybug è desta – Batti gli zoccoli – E muovi coda e testa.»

Le guardie e Redflame mi guardarono imbarazzati mentre cantavo questa filastrocca per puledre in tono con il piccolo balletto.

Cadence invece mi osservava confusa, in conflitto se credermi o meno.

«Sono io! Come posso convincerti ancora? Ricordi i picnic quando ero piccola? La volta in cui mio fratello mi diede del caffè al posto del latte? Della sbucciatura al ginocchio che mi curasti quando caddi dall’altalena? Dell’incantesimo che lanciasti su quella coppia che litigava a Canterlot?»

Cadence tremava. La sua aura di sicurezza auto-imposta stava crollando.

«Non ricordi tutto ciò che abbiamo passato durante il tuo matrimonio? E qui, tra queste stesse mura, durante l’attacco di Re Sombra?»

Quello fu il colpo di grazia. Le lacrime stavolta calarono abbondanti, e non fece niente per fermarle.

Mi abbracciò, stringendomi con foga, come se non volesse più abbandonarmi.

Ricambiai l’abbraccio, non dicendo niente. Scappò qualche lacrima anche a me, pensando a cosa aveva passato in tutto questo tempo mentre ero assente.

Quando finì il suo sfogo, fece un cenno alle sue guardie. I soldati argentati uscirono da un’altra porta, lasciandoci sole.

«Lui chi è?» chiese.

«E’ la mia guardia del corpo.» dissi, ricevendo l’occhiata curiosa di Cadence. «Lo so, ma è lunga da spiegare. È affidabile, non ti devi preoccupare.»

«Perché?» mi chiese. «Perché hai fatto tutto questo? Lavori per Unicornia?»

Scossi la testa. «No. Mi hanno costretto a questo compito, per non so quale motivo. Ma tra poco non mi avranno più tra i loro zoccoli.»

Cadence sospirò. «Se devo essere sincera, avrei probabilmente rifiutato questa offerta di alleanza. Non possiamo permetterci di allearci con nessuno. Qualunque alleanza fatta con una fazione, porterebbe all’inimicizia delle altre due fazioni. E come vedi non abbiamo i mezzi né i numeri per fronteggiarle. E’ stata la nostra neutralità a darci sicurezza e pace.»

«Perché vogliono un’alleanza con voi allora? Che benefici avrebbero?»

«Twilight, non è ovvio?» mi disse con tono di rimprovero. «L’Impero di Cristallo ha enormi miniere di gemme non sfruttate, rimaste nascoste per mille anni dalla maledizione di Re Sombra. Fanno gola a molti in questo periodo oscuro. Per non parlare delle antiche magie che rendono questo posto così speciale.»

«E cosa ha impedito alle altre nazioni di prendere questo posto con la forza?» esclamò Redflame. «Non è credibile che sia tutto merito della diplomazia.»

Cadence lo fissò. «Non è stata solo la diplomazia a fermarli. Sono stata io.»

«Come?» chiesi.

Cadence si guardò attorno, cercando qualcosa … o meglio qualcuno.

«Dopo che lui è …» fece una pausa, trattenendo nuove lacrime. Avevo pianto anch’io quando avevo saputo della morte di Shining Armor, ma non ero presente quando ero successo. Non volevo neanche pensare a quello che aveva pianto lei per quel lutto.

«Dopo quel fatto» proseguii. «avevo subito capito che la violenza non si sarebbe fermata lì. Tentai allora di rinnovare il potere del Cuore di Cristallo, sperando che i suoi effetti si sarebbero riverberati su tutta Equestria, ponendo fine a quegli orrori. Purtroppo la sua magia ebbe effetto solo sull’Impero di Cristallo, lasciando il resto di Equestria nel caos e nella violenza. Feci delle ricerche a riguardo, nel tentativo di scoprire perchè non avesse funzionato, ma non trovai niente. Sentii Celestia e Luna a riguardo, ma mi seppero solo dire che poteva trattarsi di un’influenza maligna che influiva sul potere del Cuore, limitandone la gittata. Come misura estrema decisi quindi di mantenere la neutralità dell’Impero di Cristallo. Celestia e Luna non hanno mai condiviso la mia decisione, anche se capivano i miei motivi. Non volevo che i pony di cristallo, appena liberati dal controllo di uno schiavista, cadessero vittima di altri schiavisti. Per fortuna nella mia ricerca, in una stanza segreta qui nella torre, trovai un incantesimo simile alla maledizione che Re Sombra aveva lanciato prima di venire sconfitto. Un incantesimo che avrebbe dissuaso qualunque fazione dal rompere la nostra neutralità.»

Spalancai gli occhi.

«Vuoi dire che …»

Cadence annuì gravemente. «Se mai provassero ad invaderci, farei svanire l’Impero di Cristallo come accadde mille anni fa.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 - Prigionieri millenari ***


Capitolo XVII

Prigionieri millenari

 

 

C’è molta speranza, ma nessuna per noi.

(Franz Kafka)

 

 

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: sera del 13° giorno

 

Ancora non capivo come eravamo riusciti a passare quello scudo come se non esistesse. Mentre scendevamo le scale a chiocciola protette dalla barriera magica mi sentivo a disagio. Mi sembrava di essere atteso da qualcosa. Qualcosa che ci aveva “invitato”.

Le voci degli altri sparirono rapidamente, e rimasero solo i rumori dei nostri zoccoli e degli spifferi del vento. Spifferi gelidi. Malgrado avessi il pelo rabbrividii.

«Attento al gradino.» mi avvertì Rachel, superando un pezzo dove la scala a chiocciola era crollata nei gradini di sotto.

Arrivati finalmente alla base trovammo un passaggio sbarrato da una lastra di pietra. Non c’erano altre vie.

«Come passiamo di qui?» chiesi.

«Penso di riuscire a spostarla. Mi aiuti?»

Sospirai.

«Ripetimi cosa ci ha spinto a venire in un posto del genere?» domandai non aspettandomi una risposta.

Lei sorrise, poi avvolse la lastra con l’aura magica verde del suo corno.

La vidi sforzarsi, mentre il corno diveniva sempre più luminoso. La lastra non si muoveva.

Rachel insistette, sudando e ansimando.

La lastra iniziò a spostarsi di lato.

«Forza che ce la fai!» le dissi, aiutandola a spingere la lastra con il peso del mio corpo.

Dopo molti sforzi la lastra fu spostata a sufficienza da permetterci di rivelare un passaggio celato dietro di essa.

Non si vedeva niente. Si sentiva un forte odore di chiuso, d’inchiostro asciutto e il fetore tipico delle tombe. Rachel, dopo essersi ripresa dalla fatica, si portò nuovamente la pistola vicino alla testa e fece luce con il corno.

Quello che trovammo nella stanza dietro alla lastra mi lasciò di sasso. Restai bloccato per diversi secondi, non credendo ai miei occhi.

La lastra appena spostata custodiva un antico studio, con tanto di pergamene consunte, calamai e libri divorati dalle tarme. Il mobilio, interamente di pietra, era composto da quattro scaffali, una scrivania, una sedia e un letto. Tutto però era più grande di quello a cui mi ero abituato in questo mondo, come se fosse stato fatto per una creatura più grande di un pony.

E capii subito di che creatura si trattasse appena vidi cosa c’era steso sul letto.

Uno scheletro, in condizioni buone per l’età che doveva avere.

Uno scheletro umano.

«Mio … dio …» balbettò Rachel, avvicinandosi lentamente ai resti.

Io non riuscivo a muovermi, né tantomeno a tirare fuori dei suoni. Cosa ci faceva un umano qui, secoli, millenni fa? Come ci era arrivato? Chi era?

Rachel spostava lo sguardo dallo scheletro a me, a bocca aperta.

Quando passò lo shock per la scoperta, mi misi a controllare le pergamene sparse per la stanza. Non ce n’era una rimasta una intera anche solo a metà. Era impossibile risalire a cosa ci fosse scritto in origine. Solo frammenti di frasi qua e là. Ma tanto bastò per lasciarmi di sasso una seconda volta.

«Rachel …» dissi con voce incredula. «Queste pergamene … sono in greco antico …»

Rachel sgranò ancora di più gli occhi. Dovette controllare personalmente per rendersi conto che non se lo era immaginato.

«Se è così …» continuai. «allora lui …»

«…o lei …» mi corresse Rachel.

«… ha come minimo duemila anni. Se non di più.»

Ci voltammo verso lo scheletro, che notai adesso aveva tra le scapole un’altra pergamena. Le sue ultime parole?

«Quest’avventura diventa sempre più stramba ogni giorno che passa.» commentai ad alta voce.

Rachel con la telecinesi tirò fuori nel modo più delicato e rispettoso possibile la pergamena dallo scheletro.

Anch’essa era scritto in greco antico. E mi stupii che, al contrario delle altre, era in buono stato, malgrado fosse ingiallita e rosicchiata dal tempo.

«Com’è il tuo greco?» mi chiese.

Guardai con attenzione il testo. Erano poche righe, e i caratteri per fortuna erano ben leggibili, ma il mio greco …

«Non è buono …» ammisi. «E’ dai tempi della laurea che non ho più tradotto niente.»

«Cinque anni … che saranno mai?» mi punzecchiò.

Sbuffai. «Va bene, ci provo.»

Mi concentrai, leggendo e rileggendo i caratteri, facendomi tornare alla memoria la loro traduzione.  Memoria che per fortuna non mi abbandonò. Dovetti spenderci sopra qualche minuto, ma riuscii a cavare qualcosa.

«Se … Se state leggendo … queste … parole … significa che finalmente … qualcuno è venuto … dall’altra parte …»

Finalmente qualcuno è venuto dall’altra parte!

Feci scattare la testa verso la voce che avevo sentito.

Ogni singolo pelo del corpo mi si rizzò, spalancai la bocca e gli occhi, e il cuore perse un colpo. Tutto nel giro di un centesimo di secondo.

Anche Rachel si voltò verso quella voce improvvisa, sbigottita quasi quanto me.

Perché, in mezzo alla stanza, seduto sulla sedia della scrivania, si trovava un fantasma.

E stavolta non un fantasma pony … ma un fantasma umano.

Ebbi subito l’impressione di avere davanti a me lo spirito di uno dei grandi saggi greci, come Aristotele o Socrate, con le loro caratteristiche barbe e toghe bianche … anche se questo fantasma era già bianco trasparente di suo.

Ma guardando meglio la sua espressione dura e profonda capii che le sue conoscenze non erano quelle “classiche” che ci si aspetta da un colto abitante dell’Antica Grecia.

Avrete corpi equini, ma se siete qui avete animo umano. La barriera che ho eretto permette solo a noi esseri umani di passare. Non avete idea di quanto attendevo questo giorno.

Come mi aveva raccontato Rachel dopo l’incontro con i fantasmi pony, non ci stava parlando con la bocca ma con la mente. Ciò era una fortuna, visto che i pensieri non hanno problemi di barriere linguistiche.

Lo so … parlarvi nella mia lingua sarebbe complicato, visto che è passato così tanto tempo e che la mia patria è ormai andata perduta …

Sapeva leggere nella mente oltre che parlarci attraverso la mente? Inquietante …

«C… chi … chi sei?» balbettai.

L’espressione del fantasma trasmetteva una profonda saggezza e profondità, e se provava “emozioni” esse erano imperscrutabili. Seduto a quello scrittoio sembrava immobile come una statua.

Non dovete temere nulla da me. Se avessi voluto farvi del male lo avrei già fatto.

La tipica frase che gli assassini dicono alle loro vittime per dar loro un falso senso di sicurezza.

Vi dirò chi sono, anzi chi ero, perché è fondamentale per la vostra impresa.

Il fantasma si alzò, attraversando la scrivania come se non esistesse e avvicinandosi a noi. Vederlo in piedi mi fece rendere conto di quanto fossimo bassi rispetto alla nostra forma umana.

Venivo dalla città di Delfi, sede dell’Oracolo di Apollo. Ero uno dei sacerdoti addetti alle previsioni del futuro e conoscitore delle energie del mondo. Il mio nome è Ipparco. Potrei raccontarvi della mia vita prima di giungere qui, e forse potrebbe anche interessarvi, ma non ho atteso così tanti secoli per farvi perdere tempo parlando di me.

Il greco fissò un punto imprecisato della stanza.

Successe tutto l’anno della settantanovesima olimpiade. Me lo ricordo bene, perché stavo eseguendo un rituale preparatorio per un nobile tebano che mi aveva chiesto una previsione per le prestazioni atletiche del figlio. All’improvviso mi sentii trascinare in luoghi oscuri e insondabili. Mi ritrovai tra le mura di questa fortezza, e di fronte a me c’era un piccolo equino con un corno sulla fronte che mi fissava. Un unicorno, una creatura magica di cui avevo tanto sentito parlare ma che mai avevo visto con i miei occhi. Con il tempo scoprii che parlava e che era parte di una razza intelligente di equini che popolava questo mondo. Mi insegnò la sua lingua e mi aiutò a scoprire capacità che non avevo a Delfi, in cambio della mia disponibilità ad essere “esaminato”.

«Tutto questo non l’ha fatta impazzire?» chiesi. Era quasi successo a me, uomo del ventunesimo secolo, figuriamoci a un greco nato secoli prima di Cristo.

All’inizio sì, pensai di essere impazzito. Ma come dissi, col tempo scoprii che questo mondo, e soprattutto questo posto, possedeva grandi conoscenze, rituali e magie che a Delfi e in Grecia si potevano solo immaginare.

«Questo luogo …» disse Rachel «Si tratta di un castello del regno di Highwisdom?»

Il fantasma annuì solennemente.

Sì … il nome era quello … una nazione isolata dal resto del mondo e dalle altre nazioni, dedita unicamente allo studio filosofico, scientifico, astronomico e magico. Nemmeno nelle mie visite ad Atene avevo visto una tale dedizione e passione per le scienze senza secondi fini. Imparai tanto negli anni che restai qui.

«Anni?»

Sei per la precisione. I libri e le pergamene qui custodite mi aprirono gli occhi su molte realtà filosofiche, morali ed etiche che, nel nostro mondo, erano raramente applicate se non dai nostri più grandi filosofi. Potrei starvene a parlare per giorni e non riuscirei a darvi un’idea. Inoltre scoprii che le mie capacità erano aumentate in questo mondo molto più permeato dalla magia del nostro. Mi riscoprii in grado di manipolare la materia, gli elementi, di muovere gli oggetti con il pensiero come stai facendo tu.

Rachel, sentitasi chiamata in causa, rinfoderò subito la pistola e posò sul letto la pergamena.

Per gli unicorni, una delle tre razze di questi equini, veniva così facile la magia … li vidi con i miei occhi costruire una fortezza come questa nel giro di sette giorni senza sforzi. Mi dissero persino che la loro regina era in grado di fare la stessa cosa da sola.

Per rispondere alla tua domanda, no, alla fine non sono impazzito. Anzi, sebbene fossi uno straniero in mezzo a una razza così diversa dalla nostra, iniziai a sentirmi a casa.

L’espressione del fantasma, sino a quel momento statuaria, si adombrò.

Fino a quando avvenne il disastro.

Era una storia troppo bella. Era ovvio che c’era il finale tragico.

A quanto pare la storia detesta le nazioni così avanzate, capaci e colte. E accadde tutto a causa mia.

Oh … questa non me l’aspettavo.

Iniziò tutto una notte come tante altre. Mi apparve in sogno Zeus, il re degli Dei. Fece un lungo discorso in cui mi metteva in guardia da queste creature, intimandomi di tornare in patria il prima possibile prima che la loro corruzione potesse toccarmi. Mi insegnò un rituale che mi avrebbe permesso di tornare in Grecia. Fu così convincente che decisi di mettermi subito all’opera. Ci impiegai un mese per raccogliere gli ingredienti necessari e per allestire i preparativi.

Ma quando completai il rituale, aggiungendo il mio sangue come ingrediente finale, scoprii di essere stato ingannato. Quello che era apparso in sogno non era Zeus, ma Ade. E il rituale prevedeva non la mia partenza, ma il suo arrivo.

Giunse qui, in questo stesso castello, per poi diffondersi come una nube pestilenziale su tutto il regno. Gli unicorni, che avevo imparato ad amare e a chiamare amici e colleghi, morirono uno dopo l’altro, sotto il mio sguardo impotente, per poi ritornare in vita sotto forma di bestie nere, affamate e senz’anima. Quando mi resi conto di ciò che avevo appena fatto, riuscii a spezzare in tempo il cerchio rituale esterno, impedendo ad Ade di diffondersi nel resto di questo mondo. E per difendermi dalla sua ira e vendetta creai, usando tutte le mie energie, lo scudo che avete attraversato poco fa, sperando che un giorno altri esseri umani come me, liberi dalla sua influenza, potessero venire da questa parte e aiutarmi a combattere ciò che avevo permesso di venire qui.

Mentre morivo per gli stenti e per i sensi di colpa, giurai a me stesso che il mio spirito non avrebbe trovato pace finchè Ade non fosse stato definitivamente sconfitto. Lanciai così la mia ultima magia.

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: sera del 13° giorno

 

Non riuscivo a crederci … il fantasma di Ipparco ci aveva appena raccontato che i pony di Highwisdom e i mutaforma erano la stessa cosa …

Incredibile. Ero quasi certa che Ade fosse il nome che Ipparco dava all’Ombra … e se era così, noi esseri umani eravamo in gran parte responsabili non solo per le nostre tragedie, ma anche per buona parte di quelle dei pony di Equestria, non solo nel presente ma anche nel passato. Una tristezza infinita si avventò su di me.

Mai quanto la mia. Avrei potuto evitare tutto questo, ma non ero saggio quanto credevo.

«Non hai appena detto che avevi infranto il cerchio rituale?» chiese Daniel. «Se è così non dovrebbe più essere in grado di tornare.»

Non è così semplice. La parte più importante del rituale era già stata eseguita. Il suo arrivo su questo mondo era ormai cosa fatta. Ciò che riuscii a spezzare fu il suo arrivo permanente.

«Non capisco.»

Il rituale lo avrebbe fatto arrivare su questo mondo per sempre, rendendolo il padrone incontrastato da qui fino alla fine dei tempi. Spezzando il cerchio esterno ho impedito che ciò accadesse, condannandolo a brevi visite cicliche.

«Quanto cicliche?»

Secondo ciò che ho percepito finora, ogni cinquecento anni.

Daniel mi guardò, facendo una smorfia.

«E ogni cinquecento anni cosa è in grado di fare?» chiese.

Dipende dalla sua forza. Ade trae potere dalle paure e dai sentimenti negativi dell’umanità. In alcuni periodi è più forte, in altri è più debole. E la sua forza, oltre che influire sul grado di corruzione, influisce anche sul tempo in cui riesce ad aggrapparsi a questo mondo prima che il rituale incompleto lo faccia tornare nel nostro. A volte riesce a restare per pochi anni, altre volte per decenni. La sua ultima visita, avvenuta vent’anni fa, ancora non è terminata.

Mi feci coraggio e pensai ad alta voce. «Quindi tutto ciò che è successo di grave in questi periodi è imputabile a lui?»

Sì. Visto che non riesce a detronizzare Zeus e a prendere il controllo del nostro mondo, cerca di trovare un modo per prendere il controllo di questo.

«E cosa gli ha impedito di farlo fino ad adesso?» chiese Daniel.

Non lo so. La mia teoria è che ogni cinquecento anni crei delle condizioni che gli permettano di aumentare la sua influenza, corrompendo luoghi e creature chiave. In questi anni tale influenza è diventata molto forte.

«Lo sappiamo.» dissi «Ma come facciamo a sconfiggerlo?»

Conoscete un modo di sconfiggere un Dio?

Scuotemmo la testa.

Tutto ciò che posso fare allora è avvertirvi. Ade è un maestro delle ombre e degli inganni. Non fidatevi di nessuno e rimanete all’erta. E fate attenzione al vostro sangue. Ade trae potere anche dal sangue umano. Gli è bastato una goccia del mio per permettergli di entrare in questo mondo.

«Non puoi fare nient’altro?» chiese Daniel «Tutta la tua conoscenza si limita a questi avvertimenti?»

Ade è un Dio. Nessun’essere mortale può sconfiggerlo, indipendentemente dalla sua forza o dalle sue conoscenze. Solo un altro Dio può tenerlo a bada.

«Solo un altro Dio …» pensai a voce alta. Poi mi rivolsi a Daniel «Forse Celestia e Luna possono sconfiggerlo!»

«L’hai sentita la Principessa “monarca illuminata”» mi schernì Daniel «Lei stessa ha ammesso di non essere una divinità.»

Il concetto di divinità qua è molto diverso. Forse queste Celestia e Luna di cui parlate potrebbero sconfiggere Ade, anche solo temporaneamente.

«No, ripensandoci forse non ne sono in grado.» mi corressi. «Forse solo gli Elementi dell’Armonia possono farcela.»

Elementi dell’Armonia … ho percepito in questi lunghi secoli qualcosa di molto potente collegato con questo nome. Quando questo potere si attivava l’influenza di Ade diminuiva di conseguenza. Sì, credo che tu abbia ragione, giovane ragazza. Se non possono sconfiggerlo, possono sicuramente indebolirlo.

«E come dovremmo utilizzarli?»

Come ho già detto, l’influenza di Ade è molto forte in questi tempi oscuri. Riesco a percepirla chiaramente anche adesso. Se è come temo, fra poco potrebbe essere così forte da permettergli di manifestarsi fisicamente in questo mondo. Quello sarà il momento in cui avrà maggiore forza e maggiore debolezza. Un nemico visibile è molto più vulnerabile di un nemico invisibile. Se ciò che volete è salvare per sempre questo mondo dalla sua influenza, quello sarà il momento giusto.

Più facile a dirsi che a farsi.

«Perché vuole manifestarsi fisicamente, se sa che ciò lo rende vulnerabile?» domandò Daniel.

Questo non lo so. I pensieri di un Dio sono insondabili per definizione. Ma qualunque sia il suo motivo, deve essere terribile se è disposto a rischiare così tanto.

Il fantasma chiuse gli occhi.

Vi ho detto tutto ciò che so. Ora tornerò alla mia veglia secolare.

«Aspetta!» lo fermai. «Prima che tu vada ho ancora una domanda!»

Ipparco riaprì gli occhi e mi fissò.

«Siamo venuti qui da molto lontano alla ricerca di risposte, guidati da un libro scritto secoli fa da un unicorno di Highwisdom. Il tomo si chiama “Principi di antropologia”. Puoi darci indicazioni su altri libri in cui si tratta degli esseri umani? O ancora meglio su luoghi che potrebbero custodire conoscenze che ci potrebbero aiutare nella nostra missione?»

Il fantasma scostò lo sguardo, osservando malinconicamente qualcosa che solo lui vedeva. Sembrava immerso nei ricordi.

Sì. Ricordo quel libro. Ho aiutato la sua stesura insieme all’unicorno di nome Balance. Lo stesso unicorno che mi ha portato qui in questo mondo.

«Balance?» domandò Daniel «Equilibrio?»

Sì. Qui a Highwisdom ogni unicorno sceglieva il proprio nome. Di solito tale nome rappresentava grandi virtù o un significato profondo per spingerli nella direzione della conoscenza e del miglioramento interiore. Lei in particolare rendeva onore al suo. Da quel che sapevo, solo lei e la regina sua maestra erano riuscite in tutta la storia conosciuta ad acquisire un grado di conoscenze e di ricerca interiore tale da farle acquisire lo status che loro definivano “dell’illuminazione”. Assistetti personalmente al raggiungimento del suo. Dal punto di vista estetico aveva acquisito un paio di ali come quelle dei pegasi, ma interiormente possedeva un potere e una conoscenza senza pari. Lei e la regina sua maestra erano delle dee a tutti gli effetti, in grado, se avessero voluto, di muovere il sole e la luna e di cambiare il tempo a piacimento.

«Continui a parlare di questa regina senza nominarla.»

Sì, è vero. Il nome della regina era Chrysalis, la crisalide, nella quale il bruco attaccato alla terra si trasforma nella farfalla che punta al cielo. Le poche volte che la incontrai di persona mi trasmise una saggezza comparabile a quella di Atena e una bontà che non avevo mai trovato in nessun essere umano. Era davvero una dea.

O … mio … Dio …

La regina dei mutaforma e la regina di Highwisdom … erano la stessa cosa?

Pensando a come si era tramutata e a come era stato storpiato il significato della crisalide mi venne male.

Tornando alla tua domanda sì, possono esserci dei posti che possono darvi maggiori informazioni. La regina mi aveva informato di aver visitato la mia patria circa cinquecento anni prima del mio arrivo. Forse potreste trovare ciò che cercate nella sua dimora, a sud-ovest di qui. Vi sto mandando mentalmente una mappa più accurata della zona. Se avrete fortuna potreste trovare ancora dei libri che vi possono aiutare. Io purtroppo non ho altro con cui potrei esservi d’aiuto. La magia umana, anche se potenziata da questo posto, non è compatibile con la magia degli unicorni. E voi, anche se foste in forma umana, dovreste passare anni a impararla.

Ci fissò con aria speranzosa.

Confido che riuscirete a risolvere la disgrazia che ho portato in questo mondo. Vi auguro tutto il bene possibile. Che gli dei vi proteggano.

Detto questo svanì nell’aria. Malgrado non fosse più visibile, continuavo a sentire la sua presenza, impercettibile. Era legato a quel posto finché ciò che aveva fatto entrare nel mondo non fosse stato sconfitto. E se i miei calcoli erano giusti, era lì da circa 2500 anni.

Una prigionia troppo lunga per chiunque.

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: sera del 13° giorno

 

«Rieccoli!» esclamò Scrolley, attendendoci accanto allo scudo magico.

Trixie e Lyra, intente a discutere tra loro, si alzarono di scatto e ci vennero incontro, mentre Little Bolt e Big Wing continuavano a restare di guardia.

Attraversammo lo scudo come se non esistesse, mentre pensavamo a ciò che dovevamo riferire.

«Allora?» parlò per prima Lyra. «Cosa c’è là sotto?»

Diedi a Rachel uno sguardo, chiedendole se potevo parlare io. Lei annuii, così mi feci coraggio e spiegai.

Dissi tutto ciò che Ipparco ci aveva raccontato, omettendo accuratamente però qualsiasi riferimento al fatto che fossimo umani.

Mentre raccontavo Lyra era attentissima a ogni mia singola parola e gesto. Dagli occhi spalancati e curiosi che aveva sembrava che avrebbe dato una delle sue zampe pur di parlare con quel fantasma di persona. Era davvero fissata con la nostra razza. Chissà che sarebbe successo se ci avesse visti nella nostra vera forma.

Scrolley e i fratelli pegaso invece mi guardavano con sconcerto crescente, come se stessi rivelando che era caduto un ufo in mezzo a una città.

Trixie, stranamente, era l’unica che mi ascoltò quasi senza battere ciglio. Certo, spalancò gli occhi più di una volta per certe rivelazioni, ma rispetto agli altri reggeva quelle notizie senza rimanerne “traumatizzata”.

«Rivelazioni molto interessanti.» commentò Trixie alla fine. Restò pensierosa per un po’ prima di parlare. «Ma rimane una domanda importante a cui mi interessa molto trovare risposta … come mai voi siete riusciti a passare per quello scudo mentre noi no?»

Ecco la domanda che temevo. Come avrebbero reagito sapendo che eravamo umani? Soprattutto dopo quello che aveva fatto Ipparco secoli addietro?

«Ehm … ecco …» balbettò Rachel.

«Io un’idea ce l’ho.» continuò Trixie. «Vediamo se c’azzecco.»

Si avvicinò e fece avanti e indietro per un pò tra noi due, guardando i nostri corpi come se stesse facendo un esame medico.

All’improvviso il suo corno s’illuminò, e in pochi secondi ci tolse i vestiti che avevamo addosso.

Mi abbassai, portando gli zoccoli alle parte intime, dimenticandomi che tra i pony era normale non portare vestiti.

Mi voltai verso la parte inferiore del mio corpo da pegaso, ora scoperta, e lo vidi.

Il tatuaggio! Il Cute-qualcosa! Ce l’avevo!

Due ali sovrapposte al sole.

Che avesse a che fare con la mia “performance” contro quelle arpie?

Rachel invece non aveva niente. Era ancora un “fianco-bianco” come l’aveva definita Twilight.

Lyra e gli altri rimasero a bocca aperta. Da quello che avevo capito non avere quel simbolo sul fianco alla sua età era come vedere una persona adulta completamente rasata: saltava subito all’occhio e poteva essere motivo di scherno.

L’espressione di Trixie era trionfante quando vide il fianco vuoto di Rachel. Un pò meno quando vide il mio.

«Ah.» esclamò. «Questo non me l’aspettavo, ma la mancanza del tuo cutie-mark, Green Wish, conferma la mia teoria.»

Rachel, al centro dell’attenzione, arrossì ferocemente. «Sono ammalata. Ho …»

«Risparmiati dal raccontarmi balle!» la interruppe Trixie, fissandola negli occhi. «So fare due più due, sai? Twilight torna dal mondo umano con voi due appresso, non mostrate il vostro cutie mark a nessuno, non parlate del vostro passato, siete gli unici a passare questo scudo …»

Portò lo sguardo su di me, facendo il ghigno di chi sa di avere ragione.

«Siete umani!»

«Umani?» esclamò Lyra drizzando le orecchie e guardandoci con rinnovato interesse.

Deglutii, sentendomi addosso gli sguardi di tutti. I due fratelli pegaso in particolare iniziarono a fissarci come se fossimo diventati improvvisamente dei mutaforma. Scrolley sembrava più curiosa che spaventata, ma non ci avrei messo la mano … anzi lo zoccolo sul fuoco.

Trixie invece stava solo aspettando una risposta alla sua accusa. Una risposta che sapeva essere positiva, perchè le prove erano schiaccianti.

Si era creato un silenzio imbarazzante, e non avevo proprio idea di cosa dire. Se le dicevamo di no avremmo mentito spudoratamente peggiorando la nostra immagine. Dicendo di si ammettevamo di far parte di una razza che aveva influito negativamente su Equestria da millenni.

«Sì …» ammise infine Rachel, fissando Trixie negli occhi. «Siamo umani. Ma siamo qui per aiutarvi, lo giuro! Siamo gli stessi con cui avete condiviso le ultime due settimane di viaggio, nella speranza di scoprire un modo di sconfiggere l’Ombra!»

Spostò lo sguardo agli altri componenti della squadra. «Ditemi una sola volta in cui avete pensato che fossimo contro di voi! Se non fosse stato per me, non avremmo avuto scampo con quei fantasmi! Se non fosse stato per Dazzlewing, le arpie ci avrebbero dilaniato!»

Ora mi aspettavo il finimondo.

Invece ci fu di nuovo silenzio.

Trixie annuì, contenta di vedere la sua teoria confermata, ma non disse niente. Che avesse avuto dubbi sin dall’inizio e si fosse abituata all’idea che eravamo umani in corpi da pony? Al punto da non importarle più della nostra razza?

I due pegasi si scambiarono occhiate, ma non dissero niente, così come Scrolley. Le parole di Rachel avevano colto nel segno. Ci stavano dando almeno il beneficio del dubbio.

Fu Lyra quella che prese meglio la notizia.

«Siete davvero umani?» chiese l’unicorno azzurro galoppando verso di me. Mi si piazzò davanti alla faccia, osservandomi come se fossi un animale esotico. «E perché avete l’aspetto da pony?»

«E’ un po’ lungo da spiegare.» risposi, arretrando per recuperare lo spazio personale perduto.

«Avrete modo di farlo mentre siamo in viaggio.» disse Trixie. «E’ già buio e dobbiamo ancora trovare un posto dove dormire.»

«Possiamo dormire qui.» propose Big Wing.

«Stai scherzando?» esclamò Little Bolt. «Questo posto mi dà i brividi!»

«No, usciamo.» disse Trixie, andando verso l’entrata da cui eravamo passati. «Troveremo un posto all’esterno dove accamparci.»

Iniziai a sentire uno strano rumore lontano. Drizzai le orecchie per sentirlo meglio, ma tra il vento e gli altri che parlavano non lo percepivo bene.

Scrolley, staccati gli occhi da noi, sbuffò. «Sarà buio pesto quando lo troveremo.»

Il rumore si avvicinava. O meglio i rumori.

Ronzii.

«E’ meglio se ci sbrighiamo.» dissi, puntando lo zoccolo verso l’esterno.

Anche gli altri si accorsero dell’arrivo dei mutaforma.

 

«Non c’è tempo di arrivare sino all’entrata.» disse Trixie, galoppando di fronte a noi insieme a Lyra. «Cerchiamo un balcone o qualcosa del genere. Poi da lì useremo il carro.»

Avevamo le pistole già pronte. Il ronzio ci stava raggiungendo.

Da una parete crollata nella sala che stavamo attraversando apparvero i primi mutaforma.

Scaricammo tutto ciò che avevamo su di loro, tra proiettili e raggi magici di Lyra e Trixie, e in pochi secondi non rimasero altro che cadaveri e sangue verde. Superammo la sala quando dalla stessa apertura apparvero un altro gruppo di mutaforma, il doppio più numeroso. Scrolley e Rachel coprirono le nostre spalle mentre Lyra e Trixie ci conducevano su per una scala. Peccato che da sopra stavano arrivando altri mutaforma.

Ci avevano già circondato.

«Non mollate!» esclamò Lyra, eliminandone due di fronte a lei con un raggio che li attraversò da parte a parte. «Possiamo farcela!»

Salimmo le scale con noi che eliminavano i nemici alle spalle, e Lyra e Trixie che pulivano la strada davanti. Già le scale in pietra erano difficili da salire vista l’usura del tempo, ma superare i cadaveri lasciati dai due unicorni e il non scivolare sul loro sangue rendeva l’impresa ancora più difficile. L’aria fredda era impregnata dell’odore nauseabondo dei loro cadaveri, putrefatti malgrado fossero “freschi”.

La scalata era eterna. Di tanto in tanto qualche mutaforma riusciva a superare il nostro muro di fuoco e a raggiungerci. Scrolley ricevette un paio di morsi alla schiena prima di far esplodere la testa del mutaforma che aveva osato tanto. Una di queste creature invece riuscì a strapparmi alcune piume, facendomi urlare dal dolore. Non credevo che le ali fossero così sensibili.

Fu eliminato da Rachel, e io ricambiai il favore storpiando quello che aveva approfittato del suo momento di distrazione per lanciarci contro di lei.

«Attenzione!» esclamò Trixie, anticipando di un centesimo di secondo il crollo di parte della parete accanto a noi. La magia della levitazione dell’unicorno blu ci evitò di rimanere schiacciati dalle pietre più grandi, ma le centinaia di schegge ci ferirono tutti indiscriminatamente. Dalla parete sbucarono un nugolo di mutaforma, che si avventarono su di noi completando l’accerchiamento. Fu Lyra, con un muro di fiamme creato magicamente, a bruciarli prima che potessero prenderci. Le loro strilla di dolore erano indescrivibili.

Fu poco dopo quella dimostrazione di potenza magica che finalmente la scala terminò.

Ci trovammo in un’altra stanza, ricolma di mutaforma ad attenderci. I corni di Trixie e Lyra si caricarono contemporaneamente di scariche elettriche. I fulmini che ne scaturirono si unirono, rendendo l’incantesimo finale così potente che incenerì quelle bestiacce, non dando loro neanche il tempo di urlare dal dolore. Attraversammo rapidi la stanza, cercando di ignorare il più possibile l’odore penetrate di carne bruciata. Dall’entrata si vedeva parte del cielo oscurato dalle nubi.

Usciti dalla stanza piena di cenere, ci ritrovammo su una grande terrazza che probabilmente un tempo fungeva da punto di osservazione.

Malgrado l’oscurità riuscii a vedere che diversi gruppi di mutaforma ci stavano raggiungendo. Da tutte le direzioni.

«Sbrigati!» urlò Scrolley a Trixie mentre sparava quasi alla cieca.

L’unicorno blu tirò fuori il carro rimpicciolito e con la magia lo ingrandì, mentre il suo corno acceso ci permetteva di vedere a malapena nel buio quasi completo.

Big Wing si affrettò a mettersi alla guida, ma si bloccò quando una voce imponente e profonda lo gelò sul posto.

«Fermi!» intimò la voce, proveniente da uno di quei gruppi di mutaforma.

Tutto si bloccò di colpo, compreso il tempo. I mutaforma smisero di avvicinarsi, rimanendo immobili in mezzo al cielo o sulla terrazza a distanza a osservarci, e nemmeno noi osammo muovere un muscolo. Non so se per magia o suggestione. O per entrambe le cose.

L’unica cosa che si mosse fu uno di quei mutaforma, che riuscii a vedere bene solo quando entrò nel raggio dell’illuminazione creata da Trixie.

Quando atterrò sulle pietre consumate della terrazza, facendo tremare persino noi, mi resi conto di quanto fosse più grande delle creature che avevamo combattuto fino a quel momento. Più grande persino di noi. Era all’incirca delle dimensioni della Principessa Celestia. Le ali bucherellate erano più lunghe, così come il corno deforme, e in tutto il corpo c’erano buchi e parti abrase, come un cadavere. Si distingueva dagli altri mutaforma anche per una piccola corona sul capo e dal fatto che era chiaramente una femmina. E gli occhi … gli occhi … non erano quelli di bestie senza cervello, guidate dalla fame. No, erano occhi di una creatura intelligente, una belva dotata di grande astuzia. Aveva impresso il tipico sguardo del predatore che sa di avere la preda tra le zampe. Corredato da un terribile sorriso sadico.

«Bene, bene, bene …» disse la sua voce femminile, che riverberava leggermente. «Finalmente riesco a bloccarvi … Siete stati difficili da fermare, grazie alla vostra nuova amica.»

«Non mi avrai, Chrysalis!» esclamò Lyra. «Non un’altra volta.»

Avevamo davanti a noi ciò che rimaneva dell’antica regina di Highwisdom, la saggia, buona e potente sovrana ridotta in quello stato miserevole dall’Ombra.

Chrysalis, la regina dei mutaforma …

Merda.

Chrysalis rise. La sua era la tipica risata dei cattivi da fumetto. Mi sarei messo a ridere a mia volta se la nostra vita non fosse stata appesa a un filo.

«Oh, ti sbagli. Cosa credi di fare? Sai perfettamente cosa succede quando desidero qualcosa. Lo ottengo!»

«Come era successo a Canterlot?» la sfotté Trixie in un impeto di coraggio.

La regina digrignò i denti. «Un errore che non commetterò più.» disse avvicinandosi a lei con passo sicuro. «Hai del fegato, piccolo pony, a deridermi qui, tra queste montagne, nel mio dominio!»

Lyra si piazzò accanto a lei, pronta a difenderla. «Non ti avvicinare!»

Chrysalis rise. «E cosa vorresti fare, ridotta in questo stato? Difenderli?»

«Che cosa stai aspettando?» esclamò Trixie. «Ci hai circondato!»

«Oh, ma quanta fretta!» ridacchiò Chrysalis. «Con tutto il tempo che ho impiegato a rintracciarvi e a intrappolarvi qui, mi volete togliere il gusto di giocare un pò?»

Il corno di Lyra iniziò a illuminarsi, creando sin da subito diversi strati di luce. Stava preparando qualcosa di potente.

«Non ci provare. Sai di non potermi battere.»

«Ci proverò lo stesso.» la sfidò l’unicorno azzurro con un ghigno.

Anche Trixie fece illuminare il suo corno.

«E anch’io.»

Chrysalis non sembrava minimamente preoccupata. Sorrideva anzi.

«Lo sapete che ho sconfitto Celestia, la vostra potente e amata sovrana? Che speranze avete voi …»

Ci fu un improvviso lampo alle mie spalle. Come quello di un tuono, seguito subito da uno strano suono … etereo? Era quello il termine giusto?

La luce fu così accecante che la regina venne interrotta e dovette mettersi uno zoccolo di fronte al volto.

Mi voltai …

Rachel!

Stava levitando a circa un metro d’altezza dal pavimento, ed era in trance. Gli occhi avevano perso le pupille e si erano illuminati di rosa. Il pelo del manto e della criniera era ritto e stava iniziando a brillare.

L’attenzione di tutti, Chrysalis e mutaforma compresi, era focalizzata su di lei.

«Green Wish!» urlai, avvicinandomi.

Nessuna reazione. Era come se la sua mente fosse da un’altra parte. La sua figura diventava sempre più brillante, i suoi occhi sempre più luminosi.

Una luce di color rosa chiaro la avvolse completamente.

Il suono etereo divenne più forte.

«No!» esclamò rabbiosa Chrysalis. Di colpo tutti i mutaforma attorno a noi si avventarono su di noi, come frecce scagliate da un arco.

Trixie e Lyra sfruttarono quel momento di distrazione per lanciare le loro magie contro la regina. I due raggi, uno rosa e uno giallo, colpirono in pieno Chrysalis, entrambi al petto.

L’unico effetto fu quello di farla arretrare di qualche metro, provocandole una ferita da cui sgorgò del sangue verde.

Mentre noi sparavamo contro le centinaia di mutaforma in arrivo, Chrysalis caricò la magia del suo corno, con espressione furibonda.

Sparai l’ultimo colpo in canna prima di vedere, nel limite del raggio luminoso del corno di Trixie, una ventina di volti di mutaforma in procinto di avventarsi su di me. Non avrei mai fatto in tempo né a ricaricare l’arma, né a scappare.

Ma non sarei morto lì. No. Quelle maledette bestiacce ci avrebbero catturato e ci avrebbero fatto subire chissà quali orrori.

Era meglio la morte.

Fu in quel momento che il tempo sembrò rallentare.

Il suono etereo divenne improvvisamene un boato. Un nuovo lampo illuminò a giorno la sera tarda. Venni attraversato senza alcun danno da qualcosa di simile a uno scudo magico rosato. Lo stesso scudo colpì i mutaforma, scaraventandoli lontano con una forza inaudita. Centinaia di corpi svanirono nel buio della notte. Persino Chrysalis, con un urlo assordante, venne spazzata via da quel piccolo strato magico apparentemente innocuo. La magia caricata nel suo corno venne lanciata nella direzione sbagliata.

Mentre la bolla magica rosata si espandeva, spazzando via come moscerini tutti i mutaforma che toccava, lo spesso raggio verde proveniente dal corno di Chrysalis colpì una torre vicina. Il destino beffardo volle farla collassare verso di noi.

Lyra reagì in fretta colpendo le macerie con diversi raggi, che trasformarono il resto della torre in sabbia che si sparse tutto attorno senza creare danni.

Passato il pericolo mi voltai per vedere cos’era successo a Rachel.

Sgranai gli occhi.

Non c’era più. Sparita. Volatilizzata. Di lei erano rimasti solo i bagagli della spedizione che si era portata sulle spalle. Mi tremarono le zampe.

«Presto! Approfittiamone adesso per andarcene!» esclamò Lyra, salendo per prima sul carro.

Gli altri non se lo fecero ripetere. Big Wing legò le redini alla schiena e fu pronto a partire.

Non riuscivo a trovare la forza di muovermi, nè di piangere, nè di urlare. Anche se avevo voglia di fare tutte e tre le cose. Rimasi lì, imbambolato, a guardare il punto dove prima si trovava Rachel.

Cosa le era successo? Come era riuscita a fare … quella cosa? Dov’era finita?

Questo era troppo. Non aveva alcun senso! Al diavolo il fatto che eravamo in un mondo magico, una persona non spariva così nel nulla! Non doveva sparire così nel nulla!

Qualcosa di umido iniziò a sgorgarmi dagli occhi, e trovai la forza di urlare.

«Rachel!!!»

Sbattei gli zoccoli sul pavimento con tutta la forza che avevo, mordendomi le labbra fino a farle sanguinare e assaggiando il sapore salato delle mie lacrime.

Non capivo più niente. Mi sentivo solo e abbandonato, insicuro e senza uno scopo, in un luogo ostile e incomprensibile. Una stanchezza enorme mi si avventò addosso. Gli zoccoli cedettero e mi ritrovai quasi a terra.

Vidi formarsi attorno a me un alone magico rosa, e venni trasportato telecineticamente sul carro insieme ai bagagli di Rachel. Non opposi resistenza.

«Parti!» esclamò Trixie.

Mentre sentivamo ancora i ronzii e i versi doloranti dei mutaforma scagliati per tutto il paesaggio intorno, il carro della spedizione fuggì nel buio della notte gelida.

Qualche secondo dopo svenni.

 

Impero di Cristallo: Sera del 13° giorno dalla partenza della spedizione

 

«Meglio un limbo lungo un millennio che lo sfruttamento e la schiavitù di pony malvagi.» concluse Cadence.

Mi dovetti sedere di fronte al tavolo, osservando a volte la superficie di cristallo, a volte l’espressione seria di Cadence. La Principessa era davvero disposta a far sparire l’Impero di Cristallo insieme a tutti i suoi abitanti?

«E che ne pensano i pony di cristallo?» chiesi.

«Lo sanno.» rispose lei. «E praticamente tutti preferirebbero l’oblio a un nuovo periodo di schiavitù.»

Malgrado l’orrore di quanto avevo appena sentito, non riuscivo a biasimare del tutto questa scelta.

«Eppure non ho visto tristezza nei loro volti. Sembrano felici, malgrado la situazione.»

«Infatti.» annuì Cadence. «Faccio del mio meglio per tenerli felici e colmi di speranza, malgrado sappiano che cosa sono pronta a fare nel peggiore dei casi.»

Cadence abbassò lo sguardo. «Si cerca di vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo.»

Il cuore mi si strinse. Tutta quella felicità di colpo mi sembrò una montatura. Anche se genuina, era scaturita dalla paura, non da sentimenti positivi.

Espressi questo dubbio a Cadence.

«Non hai tutti i torti, Twilight. Ma sinceramente non riesco a fare di meglio. Se Celestia e Luna non sono riuscite a fermare quest’onda di oscurità, non vedo come possa riuscirci io.»

A quel punto scattai, quasi furiosa.

«Cadence! Non ti riconosco più! Sei la Principessa dell’Amore! Hai sconfitto creature molto peggiori di qualche pony malvagio!»

L’espressione di Cadence si intristì ancora di più.

«C’era tuo fratello a quei tempi. Oggi sono … sola.»

«Non più!» esclamai. «Ci sono io!»

«Sei un unicorno eccezionale, Twilight.» disse trottando verso una parete. «Intelligente, caparbia e astuta. Ma sei da sola contro milioni di pony che non vedono l’ora di combatterti. Come pensi di riuscire ad aiutare il mondo?»

«Semplice! Userò gli Elementi dell’Armonia.»

Cadence mi guardò, e le scappò una risata. Una risata senza gioia, senza malizia, senza rabbia. Senza emozione. Una risata vuota.

«Lo sai che gli Elementi sono corrotti. Le tue amiche li hanno utilizzati per vent’anni per i loro scopi di dominio. E non ti azzardare a indossare il tuo, o diverrai come loro.»

Feci un sorrisetto sprezzante. Con la telecinesi tirai fuori l’Elemento della Magia dalla sacca e lo posai sul tavolo. Il gioiello grigio stonava parecchio con i colori sgargianti del mobilio e delle pareti cristalline.

«Oh, invece lo indosserò. Ma prima ho bisogno del tuo aiuto.»

Cadence si mise a fissare preoccupata l’artefatto, poi mi guardò alzando le sopracciglia.

«Aiuto?»

Annuii.

Le spiegai velocemente del mio incontro con quella “maga” umana e della possibilità di purificare gli elementi grazie all’energia positiva. Una delle energie positive più pure era quella dell’amore.

Quando finii di spiegarglielo Cadence fissò il suo cutie mark, un cuore di cristallo blu. Per me non c’era nessuna di più qualificata di lei.

«Secondo te posso davvero farlo?» chiese, dandomi un’occhiata dubbiosa.

«Non ho dubbi!» esclamai. «Gli Elementi dell’Armonia si basano sull’Amicizia, e sono formidabili. Ma l’Amicizia non è potente quanto l’Amore. Non vedo cos’altro possa ripristinare il loro potere.»

Cadence fece un profondo respiro. «Posso provarci. Ma non ti garantisco nulla.»

Annuii soddisfatta.

La Principessa si avvicinò all’Elemento, studiandolo per qualche istante. Poi cautamente abbassò il corno, facendolo illuminare. Un vago alone azzurro si creò attorno all’artefatto. Cadence lo stava sondando. Passò circa un minuto così, in silenzio.

«Speriamo bene.» disse, facendo un altro profondo respiro.

Dal suo corno si formò un grande cuore rosso, che si staccò come una bolla di sapone. Lentamente lo diresse verso l’Elemento. Quando lo colpì scoppiò come una bolla. Il tavolo tremò con forza. Sull’Elemento grigio iniziarono a crearsi delle macchie di colore, nel tentativo di espandersi e purificarlo.

Ci allontanammo, lasciando che la magia facesse il suo corso.

“Dai, forza!”

L’intera stanza ora stava iniziando a tremare, come se dentro quel piccolo oggetto due colossi stessero combattendo tra loro. I cristalli che componevano l’edificio sembravano sul punto di spezzarsi, ma per fortuna i tremori scemarono, fino a cessare del tutto.

Le macchie di colore sull’Elemento della Magia retrocessero facendo tornare l’artefatto al suo colore grigio.

Le orecchie mi penzolarono all’ingiù.

«Lo temevo.» disse sconsolata Cadence. «Da quando non c’è più lui … la mia magia non è più quella di una volta.»

Mi morsi un labbro. E adesso? Che fare?

Se nemmeno lei, la Principessa dell’Amore, era in grado di contrastare l’energia negativa contenuta negli elementi …

Forse aveva ragione lei. La sua magia si era indebolita con la morte di Shining Armor e con la negatività del mondo che la circondava. Il ruolo di sovrana dell’Impero di Cristallo inoltre era diventato molto gravoso. Si vedeva ad occhio che le mancavano le forze, che si sentiva debole e insicura, che pensieri oscuri la stavano divorando lentamente.

Lo capivo benissimo, perché provavo le stesse cose.

Sgranai gli occhi, ricordandomi all’improvviso alcune parole che mi ero quasi scordata.

“Quando le cose ti vanno male e non trovi più la forza o la volontà di continuare, quando sentimenti oscuri sembrano prendere il sopravvento, portalo al cuore, concentrati su di esso, e ritroverai serenità e pace.”

Il quarzo di Helen!

Mi misi a rovistare con foga nella sacca sulla schiena. Dov’era? Dov’era?

«Ah! Eccolo!» dissi, estraendolo trionfalmente con la magia. Non aveva più visto la luce del sole da quando eravamo partiti dal mondo umano. E notai con stranezza che sembrava … diverso. Aveva un colore più acceso, e sembrava quasi risplendere di luce propria. Un cristallo degno di questo nome.

«Un quarzo rosa?» esclamò confusa e al tempo stesso curiosa Cadence. «Sono estremamente rari. Dove l’hai trovato?»

«Me l’ha donato quell’anziana umana. E ho la sensazione che il suo dono ti sarà molto utile. Portalo al cuore.»

Cadence mi squadrò con aria interrogativa.

«Fidati di me.»

La Principessa prese qualche secondo per pensarci e annuì. Prese telecineticamente il cristallo, portandoselo al cuore.

«Ora concentrati sulle sue energie.»

Cadence chiuse gli occhi e iniziò a fare respiri profondi. Calò il silenzio.

Poi avvenne qualcosa che non mi aspettavo. Il quarzo iniziò a brillare, creando al contempo una musica eterea, simile a quella che proveniva da alcune magie bianche.

La sua luce divenne sempre più forte, tanto che dovetti coprirmi gli occhi con lo zoccolo. Il suono aumentò in forza e bellezza.

Poi tutto s’interruppe, di colpo. Sentii il rumore di qualcosa che cadeva sul pavimento tra me e Cadence.

Tolsi lo zoccolo dalla fronte e guardai in basso.

Sgranai gli occhi e spalancai la bocca.

Stesa sul pavimento, svenuta, c’era Rachel.

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 - Fine di un mondo ***


Capitolo XVIII

Fine di un mondo

 

 

Il Fato non sposta le pietre per noi senza una ragione.

(David Anthony Durham)

 

 

 

Impero di Cristallo: Sera del 13° giorno dalla partenza della spedizione

 

«Ma che diavolo …?» esclamò Redflame.

Cadence fissava l’unicorno verde, più stupita di me. Il quarzo rosa che le avevo dato non l’aveva più con sè: stava levitando a pochi centimetri dal cuore di Rachel, attorniato da un leggero alone multicolore.

«Twilight … cos’è quella pietra?»

Scossi la testa, confusa. Non ne avevo la minima idea. Helen aveva detto che avrebbe semplicemente risollevato il morale, non teletrasportato da chissà dove un pony.

Forse nel nostro mondo i suoi poteri erano diversi da quelli del mondo umano. Se era così avevo corso un rischio enorme a far utilizzare questa pietra a Cadence.

Mi avvicinai a Rachel e controllai cautamente con la magia le sue condizioni. Nessuna ferita. Era solo profondamente addormentata.

«Dovrò investigare.» dissi, concentrandomi sulla mia clone a Ponycity e dandole il segnale telepatico. Ancora pochi minuti e gli agenti di Unicornia non avrebbero più avuto nulla con cui ricattarmi. «Avrò bisogno della tua protezione da adesso in poi.»

«Ma certo.» disse Cadence, continuando a fissare l’unicorno verde a terra. «Intuisco che conosci questo pony.»

«Sì. L’ho conosciuta da poco, ma da parte mia è già una grande amica. Quando si risveglierà ti racconteremo tutto.»

«Farò in modo di darvi una stanza qui alla torre allora. E’ il posto più sicuro dell’Impero di …»

Venne interrotta da alcuni forti boati, seguiti immediatamente da potenti scosse come quelle di un terremoto. La stanza tremò con tale forza da farmi cadere. Prima che riuscissi a rendermi conto di cosa stava succedendo il soffitto e le pareti iniziarono a crollare e a spezzarsi in migliaia di frammenti cristallini. Li sentii sfregare dolorosamente sulla pelle, ferendomi in decine di punti. Poi fu il pavimento a cedere.

Mi sentii cadere nel vuoto.

Cadence spalancò le ali, usando la magia per proteggersi dalla caduta dei cristalli più grossi, mentre io, in caduta libera insieme alle macerie, usai la magia per far levitare me e Rachel. Sentii la presa salda di Redflame, che mi permise di concentrare la mia magia solo su Rachel.

Guardai in alto. L’intera torre ci stava crollando addosso.

«Scappa!» urlò Cadence, disintegrando un’enorme colonna che aveva sfiorato l’ala di Redflame.

Spostai telecineticamente una parete che le stava arrivando contro, salvandola.

«No! Dobbiamo andarcene tutti!»

Fui distratta dalla visione di un’altra colonna che stava raggiungendo Redflame.

«Spostati!» gli urlai.

Il pegaso se ne rese conto e con rapidità la scansò all’ultimo momento.

Il fragore di cristalli rotti e di urla di dolore lontane mi stava intontendo, e continuavo a venire ferita da frammenti vaganti. Il sangue stava iniziando ad arrivarmi negli occhi.

«Dobbiamo andarcene di qui!» esclamò Redflame, facendo del suo meglio per proteggermi in quell’inferno di cristallo. Si muoveva rapido come una libellula.

Fu in quel momento che sentii un urlo lancinante. Mi voltai appena in tempo per vedere Cadence ... senza un’ala. Una grossa scheggia l’aveva tranciata di netto.

«No!» urlai. «Seguila!»

Redflame volò verso di lei, mentre io le creai uno scudo per proteggerla. Ma la nostra visuale e la mia concentrazione vennero interrotte da un altro pezzo di parete, contro cui per poco non ci scontrammo.

Quando tornai a vederla, era troppo tardi.

Cadence era già caduta per l’equivalente di una decina di piani. La magia del suo corno era attiva, ma il fievole scudo che la attorniava e che avrebbe dovuto proteggerla non bastò. Un’intera parete le andò addosso, schiacciandola tra le macerie sottostanti. Chiazze di sangue si mischiarono alle migliaia di frammenti e di Cadence riuscì a spuntare solo la sua corona.

«Nooo!!!»

Cercai di divincolarmi dalla stretta di Redflame, con la stupida convinzione di poterla ancora salvare.

Poi la vidi. Per un decimo di secondo la vidi prima che sparisse in mezzo alle macerie in caduta libera, ma tanto bastò per ghiacciarmi il sangue e convincermi che non c’era più niente da fare. Non c’erano parole per descrivere il suo corpo maciullato e intriso di sangue. L’ultima immagine che avrei avuto di Cadence, impressa nella mente, sarebbe stata il suo corpo martoriato che crollava insieme alla sua torre.

Lacrime e sangue iniziarono a mischiarsi sugli occhi. Non riuscivo quasi più a vedere. Avrei voluto urlare a squarciagola per sfogare il dolore che sentivo, ma mi si stava formando un nodo alla gola tale che riuscivo a trovare difficile persino respirare. E tra le ferite sanguinanti e il caos di cristalli che si infrangevano attorno a me non riuscivo a capire più niente.

Mi sembrava di essere nel bel mezzo di un incubo da cui non mi sarei più risvegliata.

«Non c’è più niente da fare qui!» esclamò Redflame, continuando a schivare con incredibile maestria la torre che ci veniva addosso. «Ce ne andiamo!»

Qualcosa di primitivo scattò in me, spazzando momentaneamente via il dolore e ricacciando indietro le lacrime. Non ero sola.

Rachel era ancora svenuta, ma la levitazione non bastava per tenerla al sicuro. Creai uno scudo attorno a lei, avvicinandola a me per poterla proteggere meglio.

Non volevo altri lutti. Rachel e Redflame contavano su di me. Avrei pianto dopo.

Lanciai come una forsennata raggi arcani di fronte a noi, come se fossi una di quelle mitragliatrici di Unicornia.

Redflame approfittò del varco che stavo creando e lo attraversò.

Riuscii a intravedere uno spiraglio di luce notturna tra la pioggia di cristalli. Ancora poco.

Una lastra di cristallo bloccò la visuale. Lanciai un altro raggio, ma mancai il bersaglio.

Stavo per lanciarne un altro, ma Redflame accelerò.

«Che stai facendo?»

«Fidati!»

Un boato, più piccolo ma vicino, mi fece capire che aveva appena fatto fuoco con il suo fucile. La lastra niente poté contro un proiettile. Si infranse in miliardi di frammenti, che feci prontamente allontanare da noi con un vento magico.

Il pegaso accelerò ancora e in pochi secondi, dopo aver evitato per miracolo altre pareti e pavimenti distrutti, fummo fuori. Il vento mi ripulì da lacrime e sangue, e l’aria fresca della notte mi entrò nei polmoni.

Eravamo salvi.

Mentre il pegaso si allontanava verso una posizione sicura, ebbi la malaugurata idea di voltarmi.

La Torre di Cristallo … stava crollando su se stessa. La parte più alta era già caduta lateralmente, andando a schiantarsi contro le case più vicine. Il rumore di cristalli andati in pezzi era ancora molto forte, ma sopportabile. Ciò che mi fece male fu sentire le urla di paura, di disperazione, di dolore dei pony rimasti sotto le macerie o di coloro che stavano assistendo.

Mi resi conto solo in quel momento cosa comportava ciò che era appena accaduto.

Il Cuore di Cristallo era sotto le macerie. L’intera torre che ne estraeva il potere per diffondere speranza e amore era andata distrutta. E la Principessa che garantiva la neutralità e la sicurezza era morta.

Era la fine di un mondo.

Permisi per qualche istante al dolore di sopraffarmi.

 

Nel lasso di tempo che passò tra l’allontanamento dalla torre e l’atterraggio in una via tranquilla della città, usai la mia magia per curarmi le ferite più gravi, per quanto mi fosse possibile essendo tra gli zoccoli di un pegaso in volo.

«Cosa può essere successo?» domandai a voce alta, rendendomi subito conto della stupidità di ciò che avevo chiesto. Il sangue perso non aiutava a rimanere lucidi.

«Non è ovvio?» rispose Redflame. «Hanno fatto saltare in aria la torre. Hanno usato abbastanza esplosivo da farla andare giù tre volte.»

«Che intendi dire?»

«Che volevano essere certi della morte di qualcuno.»

Trattenni a stento altre lacrime.

«Ma chi è stato?»

Redflame non rispose. Quando fummo in procinto di atterrare mi preoccupai subito di posare delicatamente Rachel vicino alla parete di una casa, levandole lo scudo di protezione. Era ferita, ma non gravemente.

Poi toccò a me toccare terra.

Mi riscoprii ad avere difficoltà a stare alzata sui miei zoccoli, soprattutto sulle tipiche strade cristalline dell’Impero. Le zampe tremavano sotto il mio stesso peso. Ero più ferita di quanto pensassi. Sotto gli zoccoli si stavano già formando alcune pozze di sangue.

Mi concentrai al massimo per curare tutto ciò che potevo. Mi ci volle un minuto buono di concentrazione, ma alla fine ero quasi come nuova, a parte alcuni graffi leggeri qua e là. Ero ancora intontita per il rumore di cristalli rotti e stanca per il le varie emmorragie ma almeno non dovevo più preoccuparmi per un eventuale svenimento.

Ora che mi sentivo fuori pericolo, mi tornò alla memoria l’immagine di Cadence martoriata. Gli occhi si riempirono subito di lacrime. Battei con forza gli zoccoli per terra, cercando uno sfogo.

«Perché …» sussurrai con voce strozzata. «Perché?»

Redflame tossì in modo un po’ anomalo, portando la mia attenzione su di lui. Mi accorsi solo in quel momento delle sue condizioni. Il pegaso non si era mai lamentato, ma aveva molte più ferite di me, anche se era difficile vederle dato il manto rosso e l’ora tarda. Aveva persino un cristallo giallo conficcato nell’ala sinistra!

«Per Celestia, fatti mettere a posto …» dissi cacciando via le lacrime per l’ennesima volta e avvicinandomi.

«Non è niente.» disse lui, con tono quasi normale. «Ho subito di peggio.»

«Sarà, ma dopo che ci hai salvato la vita meriti almeno una risistemata.»

Con la telecinesi staccai con decisione il cristallo dall’ala. L’effetto fu un lamento strozzato del pegaso. Poi avvicinai il corno al suo corpo e curai una ad una le sue ferite.

«Non hai risposto alla mia domanda.» lo incalzai.

«Vuoi sapere chi è stato, o chi sembrerà che sia stato?»

Interruppi momentaneamente la guarigione, fissandolo negli occhi. Parte della mia ludicità era tornata, e capii subito cosa intendesse. «Non dirmi che …»

«Ho riconosciuto il boato che ha fatto andare giù la torre. Il boato tipico degli esplosivi ad alto potenziale dei pony terrestri. Lo si usa per buttare giù i grattacieli di Terra in ambito civile. Ma sono certo che sia stata Unicornia a compiere questo attentato.»

«Perché?» chiesi, guarendogli l’ultima ferita pericolosa sulla schiena. Le altre non erano nulla di che per un soldato come lui.

Redflame fissò il cielo trapuntato di stelle. La torre ormai era interamente crollata: non si sentivano più rumori di cristalli, ma le urla continuavano imperterrite a rovinare quell’altrimenti stupenda nottata primaverile.

«Ti facevo più intelligente, Twilight Sparkle. Prova a indovinare cosa ci guadagna Unicornia dall’idea che si farà il mondo di un attentato compiuto dai pony terrestri ai danni dell’Impero di Cristallo, le cui voci di un’eventuale alleanza con gli unicorni erano quasi di dominio pubblico. A questo aggiungici la morte di una dozzina di unicorni diplomatici, compresa te …»

Per Celestia!

«Ti è chiaro adesso?»

Annuii, stringendo i denti per la rabbia. Avevo letto un termine durante il mio viaggio nel mondo umano che riassumeva perfettamente ciò che intendeva. E mi si rivoltò lo stomaco a pensare che dei pony erano stati in grado di arrivare a tanto. «Avranno un casus-belli per la prossima guerra.»

Mi voltai verso Rachel. Era ancora svenuta, e il quarzo continuava a levitare vicino al cuore. Non potevo continuare a trasportarla con la telecinesi. Illuminai il corno e lanciai un raggio contro di lei. In un istante venne rimpicciolita alla dimensione di uno zoccolo, abbastanza piccola da farla stare comodamente dentro la mia bisaccia. La feci levitare all’interno e, per evitare che si facesse del male, la avvolsi in una bolla protettiva.

Redflame mi fissò per un po’, poi alzò di colpo la testa al cielo.

«Attenta!» esclamò, mettendosi davanti a me.

Figure volanti si avvicinarono nella notte, circondandoci.

Pegasi. Pesantemente armati e con le armature di Pegasopoli. Le armi non erano puntate contro di noi, ma ciò non mi diede molto conforto.

«Bene!» esclamò una voce familiare. Due di quei pegasi stavano trasportando un carro su cui era seduta una nostra vecchia conoscenza.

Questa volta l’agente di Unicornia senza nome portava l’uniforme militare nera tipica degli unicorni.

«Vedo che stai bene Twilight Sparkle! Stiamo andando alla ricerca di unicorni e pegasi sopravvissuti all’attentato, e non sai quanto mi fa piacere vederti ancora viva. Conosciamo i responsabili di quest’azione orribile: verranno prontamente puniti, stanne certa.»

Stava giocando, la maledetta. Lo percepivo nel tono: sapeva benissimo cos’era davvero accaduto. E sapeva che io ero presente nella torre al momento dell’esplosione.

Mi voleva morta. A ben pensarci era ovvio … perché eliminarmi a Canterlot, in territorio nemico, quando potevano eliminarmi insieme a Cadence in territorio neutrale, prendendo due piccioni con una fava? E visto che il primo tentativo di ammazzarmi era fallito ora voleva verificare se ero così intelligente da aver capito cos’era successo prima di trivellarmi di colpi.

Avevo davanti a me una pony che non si faceva scrupoli ad organizzare massacri da dietro una scrivania.

La crudeltà di Nightmare Moon, Discord e Sombra in confronto erano niente.

«Sapete già chi è stato a compiere questo atto criminale e odioso?» domandai, cercando di nascondere la rabbia crescente. «Così in fretta?»

«Non è ovvio?» esclamò l’agente. «Solo i pony di terra sono in grado di attuare un atto così spregevole. E solo i pony di terra sono così grossolani da utilizzare in maniera così plateale i loro esplosivi.»

Aggrottai le sopracciglia e digrignai i denti, mostrando tutta la rabbia che avevo trattenuto fino a quel momento. Il desiderio di vendicare Cadence era terribilmente invitante: bastava lanciare l’incantesimo del Raggio Arcano Potenziato e avrei spazzato via quella figlia di una buona giumenta dalla faccia del mondo.

Feci un profondo respiro.

Mi vergognai subito di quel pensiero orribile. Vendicare Cadence non l’avrebbe riportata in vita. E uccidere pony per qualsiasi ragione, soprattutto per vendetta, mi avrebbe fatto percorrere un sentiero oscuro e crudele. Aiutando indirettamente qualsiasi piano avesse l’Ombra per il nostro mondo.

Non avrei dato al nostro nemico quella soddisfazione.

«Sei solo un’orribile bugiarda manipolatrice!» urlai con tutto il fiato che avevo in corpo.

Il mio corno s’illuminò, pronto alla risposta che attendevo.

L’agente fece un cenno con lo zoccolo e le armi ci furono puntate contro. Non perse nemmeno tempo a chiedermi di arrendermi. I fucili dei pegasi fecero fuoco simultaneamente.

Risposta fin troppo rapida per una che voleva sincerarsi della mia salute. Ma non così rapida da prendermi alla sprovvista.

La magia dello Scudo Anti-Proiettile si attivò un secondo prima della pressione dei grilletti. La prima raffica venne del tutto assorbita. Senza che lo scudo perdesse troppa forza.

Se non avessi lanciato la maggior parte dell’incantesimo in anticipo, sarei già morta.

“Appena tornerò da Luna dovrò ringraziarla.”

«Fuoco a volontà.» esclamò senza emozione l’agente unicorno.

Fortunatamente non avevano mitragliatori, quindi gli assalti arrivavano ad ondate, permettendomi di respirare per qualche istante tra una raffica e l’altra. Ma lo scudo non avrebbe retto a lungo. Non avevo molta dimestichezza con quell’incantesimo.

«Redflame, pensi di poter seminare questi pegasi?» urlai, superando il rumore dei colpi esplosi contro la barriera.

Redflame li squadrò rapidamente. «Ad occhi chiusi.»

Non avevo bisogno d’altro. Tenendo lo scudo attivo mi avvicinai e mi aggrappai alla sua schiena, usando la levitazione per alleggerirmi il più possibile.

«Al mio tre!» esclamai, vedendo con la coda dell’occhio che uno dei proiettili aveva già bucato la barriera, piantandosi a pochi centimetri da uno dei suoi zoccoli.

«Tre!» esclamò Redflame. Mi strinsi all’ultimo, non aspettandomelo.

Malgrado il peso aggiuntivo, Redflame scattò verso l’alto, così rapido che i pegasi impiegarono un po’ per rendersi conto che dietro la nuvola a terra a cui stavano sparando non c’eravamo più.

Quando se ne accorsero iniziarono a seguirci in volo. Il pegaso rosso aumentò così tanto la velocità che mi costrinse a riportare lo sguardo avanti, per renderci più aerodinamici e permettergli di seminarli.

Lo scudo ormai era infranto, e diversi proiettili fischiarono nell’aria. Redflame fece di tutto per schivarli, compiendo manovre che mi facevano rivoltare lo stomaco e che rischiarono di farmi cadere un paio di volte. Con il corno, per sicurezza, creai delle corde magiche che mi legarono a lui.

Da quel poco che riuscivo a capire da quella posizione, intuii che Redflame si stava allontanando dalla città, sia verso l’alto che verso sud: l’aria stava infatti divenendo più rarefatta e distinguevo le tipiche costellazioni del meridione.

Ma i pegasi non mollavano. Riuscivo a sentirli fendere l’aria alle nostre spalle, malgrado la grande velocità di Redflame. E i loro proiettili si facevano più precisi.

«Tienti forte!» esclamò il pegaso rosso. «Se vogliamo seminarli non mi rimane altro da fare.»

«Fare cosa?»

Pensavo che avesse già dato il meglio di sé. Invece mi sorprese, raggiungendo una velocità ancora più alta. Facevo fatica a tenere gli occhi aperti e gli spari alle nostre spalle erano appena udibili.

Sentii un proiettile passare troppo vicino per i miei gusti. Qualcosa vicino a me si era strappato. Malgrado la grande velocità, osai voltarmi per controllare eventuali ferite di Redflame.

Per fortuna non ce n’erano. Era passato di striscio e aveva staccato di netto un pezzo dell’armatura posteriore destra del pegaso. Proprio nel punto dove si trovava il suo cutie mark.

Lo vidi per la prima volta.

La velocità a quel punto divenne insostenibile: dovetti voltarmi di nuovo e schiacciarmi il più possibile contro la schiena di Redflame per non fare troppo attrito.

E a quel punto … avvenne.

Attorno a noi si formò un cono trasparente, attraversato da scariche elettriche, seguito da un suono sempre più acuto. Il cono si restrinse sempre di più, minacciando di soffocarci.

Poi il boato. La detonazione. Il rombo. Il tuono. Come potevo definirlo? Forse tuono era la parola giusta. Un tuono magico che rimbombò nell’aria, come se Redflame avesse perforato una barriera invisibile. Dalla sua figura partì un’onda di luce multicolore che si espanse in tutte le direzioni.  La velocità di Redflame aumentò ulteriormente, mentre alle sue spalle veniva rilasciata una scia arcobaleno. La città era ormai lontana e ci stavamo spingendo verso le terre gelate che la circondavano, sempre più lontani dai nostri inseguitori.

Avevo già assistito a quel fenomeno, ma sempre da spettatrice. Vederlo da un punto di vista così “privilegiato” era davvero sorprendente.

Il mitico Sonic Rainboom.

Non potevo aspettarmi null’altro da un pegaso con un fulmine arcobaleno come cutie mark.

 

Montagne di Cristallo: Notte tra il 13° e il 14° giorno dalla partenza della spedizione

 

Quando finalmente scesi sulla solida terra trovai difficoltà a mantenere l’equilibrio. Mi sentivo il corpo proiettato in avanti, effetto della grande velocità di Redflame. Mi era venuta la nausea a causa delle sue manovre. Mentre aspettavo che passasse mi diedi un'occhiata intorno.

Eravamo atterrati in uno spiazzo vicini ad una grotta, sul pendio di una delle prime montagne della grande catena montuosa che divideva Equestria dal Grande Ghiacciaio.

Redflame, malgrado la sua performance, aveva appena il fiatone.

Sentendomi un pò meglio entrai nella grotta con il corno acceso per controllare che fosse sicura, mentre il pegaso mi guardava le spalle.

L’interno era più piccolo di quanto pensassi, ma abbastanza grande da starci tutti e tre comodamente. Non c’erano animali né pericoli.

Feci cenno a Redflame e lanciai alcuni incantesimi per nascondere l’entrata della caverna, camuffandola con delle rocce illusorie e rendendola insonorizzata. Anche nel malaugurato caso in cui i pegasi inseguitori ci avessero raggiunto, sarebbe stato impossibile per loro trovarci dall’alto.

Mi voltai e creai un fuoco magico al centro della grotta. Il fuoco verde iniziò sin da subito a riscaldare quella grotta gelata. Il calore del focolare iniziò a penetrarmi fin nelle ossa, cullandomi. Posai le borse e mi sedetti pesantemente vicino ad esso, stremata, con un profondo sospiro.

Redflame fece lo stesso, mettendosi dall’altra parte, rimanendo in silenzio come suo solito.

Con l’adrenalina che tornava ai livelli normali, tornò anche la consapevolezza di ciò che era successo. La magia dell’Impero ormai distrutta, Cadence morta …

La mia foal-sitter e unica amica d’infanzia … non c’era più …

Scoppiai a piangere come una puledra, inumidendo la roccia su cui mi ero posata. Respiravo a malapena per i singhiozzi. Un’altra morte e questa volta l’avevo avuta davanti agli occhi … Cadence schiacciata tra le macerie … il suo corpo devastato. Quell’immagine mi tormentava, incollata davanti agli occhi anche se erano chiusi.

Sprofondai nel dolore e nella depressione: perché non ero morta là, insieme a lei?

Non mi importava più della promessa di non farmi prendere più dallo sconforto. Volevo solo piangere e lasciarmi morire …

Mi lasciai cullare da questo pensiero, dalla sua promessa di liberazione da un mondo divenuto così crudele a causa di un nemico che non sapevo più come vincere.

Stavo già iniziando a pensare ai modi in cui farla finita quando Redflame tossì.

Mi voltai verso di lui, vedendolo a malapena attraverso gli occhi umidi di lacrime.

«So che … è un momento difficile … ma c’è un certo unicorno che è ancora in mezzo ai tuoi bagagli.»

Tirai su con il naso, e ci misi qualche istante a capire di chi parlava.

Scossi la testa, pulendomi dalle lacrime. Con la magia aprii la sacca dove avevo riposto Rachel e la riportai alla sua normale dimensione, posandola delicatamente vicino a me.

Era ancora addormentata. E il quarzo rosa continuava a levitarle davanti al petto.

Guardarla mentre dormiva aiutò a rilassarmi. I pensieri di suicidio scivolarono via senza rendermene conto.

Almeno ero riuscita a salvare lei …

Sospirai. In poche ore il mondo mi era crollato addosso. Eppure, non sapevo ancora perché, sentivo che la mia idea di far usare il quarzo a Cadence aveva avuto successo, in qualche strana maniera. Forse, dopotutto, quella giornata non era stata del tutto un disastro.

Mi aggrappai con tutta me stessa a quella vana speranza, trovandovi conforto. Tanto, se avessi avuto torto, non c’era comunque più nulla da fare. Dove avrei trovato un altro pony in grado di purificare gli Elementi in un mondo così crudele?

«Come ha fatto ad apparire così, dal nulla?» chiese il pegaso.

«Non dal nulla.» risposi, con voce roca. «Non lo so … Forse otterremo una risposta da lei quando si sveglierà.»                                                

Mi voltai verso il pegaso rosso, fissando il suo cutie mark.

Un fulmine arcobaleno.

Redflame si accorse solo in quel momento di avere il fianco scoperto, e cercò istintivamente di nasconderlo con la coda. Sforzo inutile.

Il pegaso sospirò.

«Ormai è ovvio. Inutile nasconderlo.»

Calò per un po’ il silenzio. Cercavo di fare di tutto per non pensare a ciò che era successo, e la curiosità sul cutie mark di Redflame era una buona scusa. Quando riuscii a trovare un po’ di coraggio, scacciai le lacrime che stavano per tornare e gli parlai.

«Non capisco cosa ci sia di così male. Statisticamente di pegasi in grado di fare un Sonic Rainboom ne nascono uno ogni generazione. E tu sei il secondo che conosco personalmente. Perché ti vergogni?»

«Perché?» sbottò il pegaso. «Hai una vaga idea di cosa si possa fare con un Sonic Rainboom, a parte un bell’arcobaleno per intrattenere i puledri? Il Sonic Rainboom sta ai pegasi come le magie più potenti stanno agli unicorni.»

Non dissi niente perché sapevo che aveva ragione. Dopo aver visto dal vivo il primo Sonic Rainboom di Rainbow Dash avevo fatto delle ricerche. Avevo scoperto con sorpresa che un pegaso in grado di compierlo, con il dovuto allenamento e preparazione, era in grado di sfruttare diverse tecniche poco conosciute collegate al Sonic Rainboom. Alcune di queste tecniche erano particolarmente distruttive.

Rainbow Dash me ne aveva dato prova distruggendo il vecchio fienile di Applejack in un’esplosione arcobaleno.

«Come è successo?»

«Cosa?» esclamò Redflame fissandomi.

«Come hai ottenuto il cutie mark?»

«E perché dovrei parlartene?»

Stavo per rispondere “per non pensare a Cadence” ma mi fermai.

«Perché a Ponycity stavi per dirmelo, ma ti sei fermato. Non ti fidi ancora di me?»

Il pegaso fissò il fuoco, borbottando qualcosa.

«I cutie mark arcobaleno sono tipici di chi è in grado di creare i Sonic Rainboom, e di solito si ottengono proprio al compimento del primo. Quindi la storia di come si riceve un cutie mark del genere deve essere davvero interessante.»

Redflame rimase in silenzio per un po’, concentrandosi sulle lingue di fuoco verdi magiche.

Poi fece un profondo respiro, e iniziò a parlare.

«Ero uno di quei casi rari in cui il cutie mark tardava ad arrivare. Quando scoppiò la Prima Grande Guerra avevo appena undici anni e ancora non l’avevo ottenuto. Sentendo parlare dei combattimenti, e preso dall’euforia dei pegasi, decisi quindi di provare le armi da fuoco, novità assoluta in quel periodo. Nemmeno quello funzionò, ma scoprii di essere comunque bravo, come hai potuto constatare.»

Annuii, ricordando il dolore che provocava l’essere ferita da una di quelle terribili armi.

«Finita la Prima Grande Guerra, si formò il primo governo di Pegasopoli, guidato dalla Giunta Militare comandata da Rainbow Dash, divenuta famosa durante la guerra per gli atti di eroismo e furia combattiva. Se avessi conosciuto già allora quali erano davvero questi atti, probabilmente non sarei entrato nel corso di addestramento della Falange Speciale, la Falange Alpha. Facevano entrare tutti i pegasi dotati di grandi capacità, indipendentemente dall’età. Io ne avevo … tredici. Ancora nessun cutie mark, ma ormai mi ero convinto che potevo benissimo viverci senza. Portavo sempre qualcosa indosso che nascondeva i fianchi e per fortuna quasi nessuno fece domande. Solo ad Unicornia e a Terra tengono a questo maledetto tatuaggio. Comunque fu tra i corridoi dell’Accademia di Cloudsdale che incontrai per la prima volta Rainbow Dash.»

Il pegaso sospirò, evitando accuratamente il mio sguardo.

«Era la pegaso più famosa e amata del mondo. Da puledro la conoscevo per le sue grandi capacità atletiche, prima che capitasse tutto questo. Dopo imparai a conoscerla per le sue imprese al limite del possibile, quasi leggendarie: battaglie che cambiavano il loro corso con la sua entrata, Sonic Rainboom creati da lei che distruggevano intere fortezze, e cose di questo genere.»

Stavolta mi fissò, ma solo per un secondo.

«La prima volta che la vidi di persona, mi sembrò una dea … ero un pony adolescente, e di lei pensai cose che è meglio non dirti. Avevo una bella cotta allora.»

Il pegaso sospirò di nuovo. «Se solo avessi saputo …»

«Saputo cosa?»

«Accadde all’inizio della Seconda Grande Guerra. Nel 2021. Avevo compiuto da poco i 18 anni. Era la fine di agosto. Le mele stavano iniziando a maturare. Misero alla prova i migliori di noi per vedere se eravamo pronti per entrare ufficialmente nella Falange Alpha. Ci fu una gara di volo particolarmente concitata e … accadde.»

«Il Sonic Rainboom?»

Redflame annuì. «Nel pieno della gara. Di fronte a mezza Accademia e all’intera Giunta Militare.»

«E cosa successe?»

Redflame batté uno zoccolo sul pavimento roccioso.

«Prova a indovinare … cosa ti ho appena detto riguardo all’uso che Rainbow Dash fa del Sonic Rainboom?»

Un’improvvisa realizzazione mi colpì al cuore … feci una smorfia e annuì.

«Un’arma.»

«E quali sono le caratteristiche principali delle armi? Potenza, efficacia, controllabilità e affidabilità. Le prime due dipendono dall’abilità di chi crea il Sonic Rainboom, le ultime solo dal suo carattere. Quindi …»

«… quindi dovevano renderti controllabile e affidabile.»

Il pegaso fece una pausa così lunga che pensai volesse smettere di parlarne.

«Il primo errore fu di credermi libero di decidere di non far parte del loro programma speciale. Il secondo fu quello di non guardarmi le spalle. Finii in prigione. Indovina chi venne a trovarmi per torturarmi e piegarmi al volere della Giunta Militare.»

Spalancai gli occhi.

«No … non dirmi che è …»

«L’altra tua amica pegaso.» disse annuendo Redflame.

«Non può essere stata lei!» esclamai, scuotendo la testa. «Ama gli animali, è gentile, piange per ogni piccola cosa spiacevole! Non riuscirebbe a fare del male neanche a una mosca!»

«Forse alle mosche no … ma ai pony riesce a fare delle cose terribili. Mi torturò per giorni, sperando di piegarmi. Ti risparmio i dettagli, ma credo che il suo vero talento sia quello di fiaccare fisicamente, psicologicamente e mentalmente chi cade tra i suoi zoccoli. Se dovessi di nuovo finire prigioniero tra le sue grinfie non reggerei più di una settimana. La Fluttershy di cui parli non è di sicuro quella che ho incontrato.»

Tremai … quanto erano cambiate in peggio le mie amiche? Mi scapparono nuove lacrime dagli occhi. Alla fine non era stata una buona idea chiedergli del cutie mark.

«Riuscii a fuggire sfruttando la fuga di altri pony detenuti lì. Per fortuna ero uno dei più veloci pegasi dell’Accademia, altrimenti mi avrebbero catturato rapidamente. Ebbero però l’accortezza di darmi un regalo d’addio, che m’insegnò l’importanza di schivare i proiettili mentre si vola.»

Indicò con lo zoccolo la brutta cicatrice all’occhio.

«Caddi dal cielo e persi i sensi atterrando in un bosco. Penso che mi diedero per morto, perché non mi cercarono più da allora. Riuscii a trovare riparo e cure in un villaggio vicino, poi andai ad Equestria.»

Sospirò per l’ennesima volta, fissando il fondo della grotta.

«Il resto puoi immaginarlo. Gli unici a conoscere il mio cutie mark e il mio segreto siete tu, Celestia e Luna …»

Il pegaso sbuffò.

«… e l’intero Impero di Cristallo dopo la performance di oggi … Temo di aver appena dato una ragione a Pegasopoli per tornare a cercarmi. Perfetto … davvero perfetto. Tu hai Unicornia, io Pegasopoli, entrambi abbiamo Equestria … Di questo passo l’unico posto sicuro sarà tra le zebre …»

Annuii malinconica senza rispondere, restando a fissarlo per un po’. La sua era una storia triste, come ce n’erano di sicuro tante in questa nuova Equestria. Non riuscivo a togliermi di dosso la sensazione che tutto ciò era stato causato da me. Che la sua vicenda, la sua sofferenza, il suo esilio era stato causato dalla mia incapacità di salvare le mie amiche e di arrivare nel momento giusto.

E ora, involontariamente, avevo ucciso Cadence, sfruttata da pony capaci di tutto.

Scossi la testa, ricacciando indietro nuove lacrime. Dovevo smettere di disperarmi e autocommiserarmi. Altrimenti avrei finito per suicidarmi o per diventare come Celestia e Cadence: un guscio vuoto che punta solo all’autoconservazione.

Era orribile descriverle così, ma era la realtà dei fatti. Anche senza la corruzione dell’Ombra, il nostro nemico era riuscito ad indebolirle indirettamente. Non dovevo fare la loro stessa fine.

Non dovevo e non volevo.

Un lampo di luce rosata mi accecò per un secondo, interrompendo il mio flusso di pensieri.

Mi voltai verso Rachel. Spalancai la bocca, incredula.

«Ma che …?» esclamò Redflame.

Attorno al collo di Rachel si era formata una spessa collana dorata, incredibilmente simile a quella portata da Celestia. Incastonata al centro si trovava il quarzo rosa.

Qualche secondo dopo il corpo di Rachel si riscosse. Aprì gli occhi. E appena mi vide restò scioccata quanto me.

«Twi … Twilight?»

«Rachel …» le risposi.

L’unicorno verde abbassò lo sguardo e vide la collana attorno al suo collo. Sorrise.

«Allora è tutto vero!»

«Vero cosa?» domandai, confusa. «Da dove spunti? Come sei apparsa?»

Rachel si mise sugli zoccoli, un po’ incerta, poi si guardò attorno.

«La domanda più corretta è dove siamo adesso … non mi sembra Ponycity …»

«E’ una lunga storia.» le spiegai. «Raccontaci prima la tua.»

Rachel guardò Redflame, poi me.

«Anche la mia è una lunga storia. Ma suppongo che i più sorpresi dei tre siate voi, quindi inizio io.»

Si mise comoda vicina al fuoco e iniziò a parlare.

Ci raccontò della spedizione con Trixie, Daniel e gli altri, dei pericoli in cui erano incappati, dell’incontro con fantasmi morti ai tempi della fondazione di Equestria, dei mutaforma, dell’incontro con un umano deceduto più di duemila anni prima e della ragione per cui era caduta Highwisdom e l’Ombra si fosse insinuata nel nostro mondo.

Tutte rivelazioni che dovetti farmi spiegare nel dettaglio perché trovavo assurde.

Ma il pezzo che più mi lasciò interdetta fu quando mi raccontò ciò che successe durante la loro fuga dal castello e del “sogno” che seguì.

 

Località sconosciuta : Giorno e ora sconosciuta

 

Quando tornai in me e vidi ciò che mi circondava mi bersagliai di domande.

Cos’era successo?

Dov’erano gli altri?

Dov’ero finita?

Un attimo prima ero sulla sommità di un castello in rovina in mezzo a montagne aride e fredde, e ora mi ritrovavo a calpestare erba verde, a respirare profumi di fiori, con il pelo accarezzato da un vento caldo. Gli alberi che mi circondavano erano rigogliosi e robusti, tipici della bella stagione. Poco più avanti s’intravedeva un sentiero.

Era un sogno? Era la realtà? Non ero certa di nessuna delle due cose.

Mi toccai il volto con uno zoccolo. La sensazione di durezza sul pelo morbido era la stessa di sempre. Eppure non mi sentivo del tutto cosciente, come in quei rarissimi casi in cui capita di sognare e di sapere di essere in un sogno …

La spiegazione migliore che riuscii a trovare era che mi trovavo a metà tra i due mondi. Una dimensione parallela, forse?

La foresta attorno a me era serena e tranquilla, del tutto diversa dai luoghi a cui mi ero abituata nelle ultime due settimane. Molto simile, incredibilmente, al bosco che circondava casa nostra. Un posto dove ci si poteva rilassare senza temere nulla. Un posto dove il pericolo maggiore era di inciampare su una radice.

Sembrava passata un’eternità da allora, dalla nostra partenza alla cieca verso Equestria. Mi resi conto che non era passato neanche un mese.

Venni attirata da qualcosa che non avevo ancora notato. Nascosta dietro un albero si intravedeva una strana luce di un colore ancora più strano.

Rosa.

Spostando la testa notai che proveniva da un piccolo oggetto, che appariva molto familiare.

Chiusi gli occhi, pensando me lo fossi immaginato, ma quando li riaprii era ancora lì. Non era molto lontano dal sentiero battuto.

Mossi cautamente gli zoccoli verso quella direzione.

E lo riconobbi.

Era il quarzo rosa a forma di cuore donato da Helen a Twilight.

Che ci faceva lì?

Mi avvicinai ancora di più, cercando di capire come mai mi ritrovassi in una foresta con un quarzo rosa luminoso che levitava a circa un metro da terra.

Arrivai a circa un paio di metri, quando esso iniziò a muoversi.

Mi bloccai, temendo qualche imboscata, ma il quarzo si limitò a muoversi di qualche metro verso il sentiero per poi rimanere di nuovo fermo a mezz’aria.

Voleva che lo seguissi? Ma era un quarzo! Un quarzo poteva volere qualcosa?

Mi portai uno zoccolo alla faccia, ridendo tra me e me. Mi trovavo in un mondo magico, e mi facevo queste domande? Proprio io, Rachel Ross, scrittrice fantasy? Un oggetto magico poteva benissimo avere una volontà propria.

Malgrado questo non riuscivo a fidarmi. Le ultime due settimane mi avevano reso particolarmente cauta. Poteva avere una volontà magica, o essere manovrato da qualcuno da lontano, un nemico forse.

Rimasi per non so quanto tempo a fissarlo, incerta se seguirlo o meno. Il quarzo non mostrava impazienza (e come poteva, mi chiesi, riportandomi lo zoccolo alla faccia?). Levitava a mezz’aria, attendendo che lo seguissi.

La paura di una trappola era sempre più alta, ma veniva pian piano scavalcata dalla curiosità e da … qualcos’altro. Uno strano calore che mi avvolgeva delicatamente sia dentro che fuori. Qualcosa che mi invogliava a fidarmi.

La paura a un certo punto divenne così piccola rispetto a quella sensazione che gli zoccoli quasi reagirono da soli. Mi avvicinai al quarzo, molto diffidente e cauta, ma non riuscivo quasi a farne a meno.

Ero sotto effetto di una magia? Forse.

Il bosco attorno a me ne sembrava permeato, ora che ci facevo caso.

Il quarzo mi accompagnò (o per meglio dire trascinò) per questo sentiero, svolazzando come un piccolo fuoco fatuo rosa.

Più andavo avanti, più notavo una cosa strana. Il bosco, con i suoi uccelli, i suoi scoiattoli, le farfalle e i cespugli … diveniva sempre più familiare.

Fin troppo familiare.

Il sentiero si aprì improvvisamente in una radura.

E lì la vidi.

Casa mia.

Mi bloccai, restando a bocca aperta. Era proprio la casa che avevo lasciato un mese prima, immersa nel verde della foresta, abbastanza tranquilla per me e Daniel da permetterci di scrivere in pace, senza essere troppo lontana dalla civiltà.

Color mattone, con le imposte bianche e il tetto a tegole.

Ero tornata a casa, sul pianeta Terra, di punto in bianco? Senza accorgermene?

Guardai il mio corpo.

Senza che fossi tornata umana?

Troppe domande e troppe poche risposte iniziarono a farmi girare la testa. Scossi la testa per riprendermi, in tempo per vedere che il quarzo si avvicinava a me.

Senza che ebbi tempo di fare niente, un raggio rosa mi colpì in mezzo agli occhi.

 

Quando mi risvegliai mi sentii intontita, come se avessi fatto un lungo sonno colmo di strani sogni. Ma quanto tempo era effettivamente passato? Minuti? Ore? Giorni?

Era impossibile dirlo con certezza nel luogo in cui mi trovavo ora.

Spalancai la bocca e gli occhi, meravigliata e schiacciata a terra dalla bellezza dell’enorme sala in cui mi trovavo. Sembrava l’interno di un tempio, scavato, modellato e intagliato nella dura roccia. Il soffitto era così in alto che dovetti alzarmi sugli zoccoli per riuscire a vederlo bene.

E riconobbi subito il simbolo che vi era rappresentato sopra.

«Benvenuta, Green Wish. O preferisci farti chiamare con il tuo vero nome, Rachel Ross?»

Scattai all’indietro e lanciai un urlo quando, abbassando la testa, vidi che davanti a me si erano materializzati tre pony. Un unicorno, un pegaso e un pony di terra, per l’esattezza, tutte e tre giumente. La pony di terra aveva una criniera e un manto con varie gradazioni di verde, dal più chiaro al più scuro, come le foglie e l’erba. La pegaso aveva una criniera rosa chiaro con striature bianche, e un manto di un giallo chiarissimo, quasi bianco: color crema, a ben pensarci. L’unicorno, la giumenta che mi aveva parlato, aveva una criniera con tre strisce di colore blu, bianco e nero e il manto ocra.

Tutte e tre avevano un’espressione che mi fece sentire a disagio, ma non nel senso peggiore del termine. Nei loro occhi traspariva una grande conoscenza e saggezza … soprattutto in quelle dell’unicorno.

«Allora?» mi incalzò il pony di terra. «Nome da pony o nome da umana?»

Riuscivo a malapena a stare sugli zoccoli per la sorpresa e per il timore reverenziale, figurarsi a parlare.

«Non devi avere alcuna paura di noi.» intervenne la pegaso. «Sei al sicuro qui.»

«Ch … chi … chi siete?» balbettai.

L’unicorno sorrise. «Oh, conosci già i nostri nomi. Solo che non hai mai visto il nostro vero aspetto.»

La guardai ancora più confusa, ma senza fissarla negli occhi. Mi sentivo davvero a disagio. Non sapevo spiegarmi il perché.

«Prima dicci come dobbiamo chiamarti però.» continuò. «E’ importante.»

Ci pensai sopra. Più a lungo di quanto mi aspettassi.

«Mi piace il nome che mi sono scelta.» iniziai a voce bassa. Nell’immenso salone la mia voce riuscii comunque a rimbombare. Fissai il pavimento in pietra, anch’esso scolpito e intarsiato nella nuda roccia «Ma anche se il mio vero nome mi è stato imposto alla nascita, rappresenta ciò che sono.»

«Un’umana.» concordarono le tre pony in perfetta sincronia.

«Quindi non rinneghi le tue origini. Interessante.» proseguì l’unicorno ocra, pensierosa. «Non avremmo mai creduto che un abitante di un altro mondo avrebbe avuto la capacità di fare ciò che ti appresti a fare. Ma prima le presentazioni. Io sono Clover l’Acuta, allieva del grande Starswirl il Barbuto.»

Alzai lo sguardo verso di loro e arretrai d’istinto.

«Io sono Smart Cookie, un tempo segretaria del Cancelliere Puddinghead.» si presentò il pony di terra verde, facendo un vago inchino.

«Il mio nome è Pansy, ex soldatessa al servizio del Comandante Hurricane.» concluse la pegaso color crema, portando timidamente uno zoccolo alla testa, in un saluto militare appena accennato.

Ero davanti a tre dei pony rappresentati nella festa del Riscaldamento dei Cuori. Tre delle fondatrici di Equestria. Clover era stata rappresentata da Twilight, Smart Cookie da Applejack, e Pansy da Fluttershy.

Ma cosa volevano da me? E perché mi trovavo lì? Era tutto solo un sogno oppure …

«Capiamo la tua confusione, ma ora ti spiegheremo per filo e per segno perché ti trovi qui.» esclamò Clover.

«Anche se nella realtà non ti trovi davvero “qui”.» disse ridacchiando Smart Cookie.

La pegaso Pancy le lanciò uno sguardo severo. «Smart! Non confonderla più di quanto non sia già!»

Smart ridacchiò ancora un pò, poi tornò seria.

Clover alzò lo sguardo verso il soffitto. «Riconosci quel simbolo?» mi chiese.

Alzai lo sguardo a mia volta. Impossibile non riconoscerlo per un’appassionata come me.

«I sei Elementi dell’Armonia.» dissi con tono solenne.

«Esatto. Ma la tua conoscenza degli Elementi è molto limitata, e non è per colpa tua. Persino Celestia e Luna non sono coscienti del loro pieno potere e della loro storia.»

Clover diede uno sguardo a uno dei bassorilievi su una delle pareti, che mostrava una creatura composta di una mezza dozzina di caratteristiche animali differenti.

La riconobbi subito.

Discord.

«Molte cose sono andate dimenticate a causa del periodo di caos provocato da quel draconequus, apparso quasi dal nulla nell’anno 502 dalla fondazione di Equestria. E nei quasi cinquecento anni che trascorsero prima che Celestia e Luna usassero gli Elementi contro di lui molte delle conoscenze che li riguardavano erano ormai andate perdute. Le attuali sovrane di quel che rimane di Equestria si erano limitate a usare una magia che era già antica.»

Iniziai a intuire dove stava andando a parare il discorso.

«Non mi direte che …»

Clover annuì. «Fummo noi a crearli. Noi tre, insieme al Cancelliere Puddinghead, il Comandante Hurricane e la Principessa Platinum, siamo le Creatrici e Detentrici Originali degli Elementi dell’Armonia.»

Restai di sasso.

«Ci dai troppa importanza.» commentò Pansy. «Gran parte del lavoro l’hai fatto tu.»

«Ma senza di voi non sarei mai riuscita a completarlo.» le rispose gentilmente Clover.

«E come …?» chiesi, trovando a fatica le parole.

«Fu durante la Crisi del Lungo Inverno.» rispose Clover, comprendendo la mia curiosità. «Nella storia che viene raccontata oggi si dice che furono i Wendigo a provocarla. Questo purtroppo non è vero. I Wendigo non sono abbastanza potenti per creare delle gelate così potenti come quella che avvenne in quel periodo. La vera ragione di quell’inverno ci era sconosciuta. Fu però nell’ora più buia, in cui noi tre rischiammo seriamente di morire congelate, che scoprimmo la forza immensa dell’Amicizia e a salvare noi e il mondo. Nemmeno il mio maestro era mai riuscito a intuire che un sentimento come l’Amicizia contenesse un potere così grande. Lo scoprii in parte anche grazie a una “scintilla” che scattò in me, e che con il passare degli anni venni a sapere essere ciò che rende davvero magica la razza dei pony … di tutti i pony, non solo degli unicorni.»

«Non capisco.»

«E’ un argomento interessante ma molto complicato che richiederebbe tempo per essere spiegato al meglio, e il tempo è un lusso che possiamo concederci solo per temi più pressanti. Tornando a noi fu grazie alla consapevolezza della forza dell’Amicizia che, una volta fondata Equestria e la pace, iniziai dei lunghi studi, simili a quelli intrapresi dalla tua amica Twilight Sparkle, in cui imparai a discernere i sei Elementi che componevano l’Amicizia.»

Il corno di Clover s’illuminò, e sopra la sua testa apparvero delle gemme illusorie di vari colori. Si mise a guardarli, con un’espressione molto vicina alla venerazione.

«Rosso per la Lealtà. Arancione per l’Onestà. Verde per la Generosità. Blu per la Risata. Rosa per la Gentilezza. E Viola per l’Elemento che li lega tutti insieme, la Magia.»

Tornò a guardarmi. «Compresi che un potere del genere poteva essere usato per il bene della razza pony, quindi decisi di trovare un modo per convogliarlo nella maniera voluta quando era necessario. E mi resi conto subito che ciò era impossibile se chi desiderava utilizzare quel potere non avesse avuto nel cuore quelle virtù. Per mia fortuna, nei primi anni di Equestria, avevo già trovato tra le mie più grandi amiche l’imponyficazione di tali virtù. E ciò mi permise di creare gli Elementi.»

Non riuscivo a credere alle mie orecchie. Quelle pony non solo avevano fondato Equestria e riunito le tre razze, ma avevano anche creato una delle magie più potenti del mondo intero.

Il mio timore reverenziale crebbe a dismisura.

«Ma … ma tutto questo … cosa ha a che fare … con me?» chiesi, facendomi piccola piccola.

Clover mi fissò. «Purtroppo gli Elementi non sono invincibili e intoccabili. Anche con i loro detentori in vita possono venire adulterati da magie o spiriti malvagi. Ed è ciò che è accaduto in questi terribili anni, per la seconda volta nella storia degli Elementi.»

«E’ difficile non percepire ciò che sta avvenendo là sotto.» disse Pansy, tremando.

«E’ per questo che noi, detentori originali degli Elementi dell’Armonia, vegliamo su di essi da secoli.» intervenne Smart Cookie.

«Vegliate?» chiesi.

Clover annuì. «Mi resi conto in tarda età della loro vulnerabilità. Impiegai tutte le mie energie rimanenti a trovare un modo per proteggere la loro purezza in casi estremi come questi. E alla fine trovai la risposta: l’amore.»

«L’amore?»

«Un sentimento molto potente, persino più dell’amicizia ma ancora più raro e difficile da controllare. Della vostra epoca, solo un pony è stato in grado di usare la magia dell’amore in modo efficace.»

Anuii, capendo subito a chi si riferiva.

«Cadence …»

«Esatto. Purtroppo le sofferenze che ha subito in questi anni l’hanno indebolita a tal punto che non è più in grado di usare la sua magia per purificare gli elementi. Ma qui entri in gioco tu.»

Mi guardai attorno, pensando si stesse riferendo a qualcun altro.

«Proprio tu, Rachel Ross, Green Wish.» disse Clover puntandomi uno zoccolo. «Abbiamo cercato a lungo una come te, e ora grazie a questa ti sei manifestata.»

Dal nulla apparve il quarzo rosa di prima, in levitazione a metà strada tra me e le Detentrici Originali.

«I quarzi sono una gemma rara in Equestria.» spiegò Clover. «Ho scoperto nei miei lunghi studi che sono in grado di incanalare molte magie basate sui sentimenti, tra cui una delle più importanti è quella dell’amore.»

«Ma non era stata donata a Twilight? Che ci fa qui?»

«Twilight l’ha fatta usare a Cadence.» spiegò Pansy. «Sperando che il suo potere potesse aumentare la forza della sua magia e purificare l’Elemento della Magia.»

Twilight aveva incontrato Cadence? Ma Celestia non le aveva impedito di lasciare Ponycity e Canterlot? Che era successo?

«Invece il quarzo ha creato una risonanza, alla ricerca di un altro pony in grado di usarla al meglio.» continuò il pony di terra verde. «Te.»

«Me?» chiesi, fissandole una ad una. Erano serie. «Perché io?»

«Perché tu possiedi qualcosa che pochi pony possiedono. In te risiedono tutti e sei gli Elementi.»

Scossi la testa, incredula.

«Cosa?»

«Onestà.» disse Smart Cookie fissando uno dei bassorilievi che mostrava un pony che parlava con uno zoccolo sul cuore. «Quando scegliesti di rivelare la verità a quella tua compagna di classe rinunciando alle tue amicizie.»

«Gentilezza.» disse Pansy, fissando il bassorilievo di un pony che accudiva un altro pony malato. «Quando aiutasti quell’anziana ignorata da tutti.»

«Generosità.» disse Clover, guardando un bassorilievo di un pony che offriva i suoi vestiti ad un altro pony infreddolito. «Quando rinunciasti alla quota di diritti d’autore, per aiutare chi più ne aveva bisogno.»

«Risata.» riprese il pony di terra spostando lo sguardo sul bassorilievo di un pony che rideva sotto la neve. «Quando salvasti dalla depressione la tua migliore amica, facendole cogliere il lato positivo della vita.»

«Lealtà.» continuò il pegaso portando l’espressione verso il bassorilievo di un pony che s’inchinava. «Quando scegliesti di rimanere fedele alla protagonista che avevi creato, rinunciando a un contratto milionario.»

«E infine la magia.» concluse Clover, portando lo sguardo ad un unicorno in procinto di lanciare un incantesimo. «La magia dell’amicizia. In molte occasioni durante la tua vita hai dimostrato di essere una buona amica, ma mai quanto quel giorno in cui accogliesti sei sconosciute, fidandoti di loro e aiutandole incondizionatamente seguendole persino in un mondo a te quasi sconosciuto.»

Non sapevo se essere più scioccata del fatto che conoscessero così tante cose sul mio passato o del fatto di essere così “meritevole” ai loro occhi.

«Inoltre hai dimostrato di essere una delle poche con sufficiente speranza nella redenzione dell’amore da essere in grado di purificare gli elementi. In troppi ormai si sono arresi a un mondo crudele e colmo d’odio. Tu invece, malgrado provenga da una dimensione persino più crudele della nostra, hai dimostrato di non aver perso la fiducia nella salvezza del tuo e del nostro mondo, salvando dalla sofferenza eterna fantasmi della nostra epoca. Compreso mio padre.»

Il vecchio che ci aveva donato la mappa! Ecco chi era la Clover a cui si riferiva!

Ma ero davvero io quella che cercavano?

«Io non mi sento per niente speciale!» protestai. «So a malapena usare un paio di magie e muovere gli oggetti!»

«E’ dentro di te la magia che ti consentirà di purificare gli elementi.» mi rispose Pansy. «Noi non faremo altro che sbloccarla.»

«Ma io …»

«Fidati Rachel.» mi interruppe Smart Cookie sorridendomi. «Sei l’unica che può compiere quest’impresa. Come Elemento dell’Onestà originario non potrei mentirti.»

«Avrai bisogno di questo da usare come catalizzatore.» disse Clover avvicinando il quarzo rosa con la magia del corno. «Ti basterà concentrarti su tutta la tua positività e sugli insegnamenti che ogni Elemento rappresenta. A quel punto la magia del corno e del quarzo faranno il resto.»

«Lanciando questa magia sarai anche in grado di purificare le loro portatrici.» continuò la pony di terra verde. «La loro corruzione è legata alla corruzione degli Elementi, e visto che non se ne separano mai perché dalla loro corruzione traggono potere riuscirai a purificare sia l’Elemento che le loro Portatrici in un colpo solo.»

«Inoltre trovare gli Elementi sarà facile, se te lo stessi chiedendo.» intervenne Pansy. «Dovrai solo concentrarti su un Elemento particolare e la magia del tuo corno ti mostrerà una visione sulla sua posizione.»

«Ma fai attenzione ad utilizzare entrambe queste magie.» mi avvertì Clover. «Sebbene relativamente semplici da utilizzare, per te che non sei abituata a lanciare incantesimi potrebbero rivelarsi spossanti da usare. Lanciale quando strettamente necessario e solo quando ti senti al sicuro, altrimenti potresti ritrovarti vulnerabile.»

Le guardai, chiedendomi se era tutto frutto della mia immaginazione oppure no.

«Quindi toccherà davvero a me purificare gli Elementi dell’Armonia?»

Tutte e tre le pony annuirono solennemente. «Sei la seconda dopo Celestia ad aver ricevuto una simile responsabilità.»

«Celestia?» esclamai con gli occhi spalancati. «Ma Celestia è ancora viva! Perché non avete dato a lei questo compito?»

«Perché non è la stessa Celestia di allora. Ha perso la connessione con gli Elementi da molto tempo.»

Il pegaso color crema si rattristì. «Usò questo potere per redimere gli Elementi detenuti e corrotti da sua sorella. Ma quando dovette usarli contro di lei il dolore che provò fu così profondo che il legame stesso con gli Elementi venne meno.»

«E mille anni di rammarico non l’hanno aiutata a ripristinarlo.» completò il pensiero Smart Cookie.

«Sei tu ora ad avere questa responsabilità.» ripeté Clover. «E’ in ballo il destino del nostro mondo. E temo, visto il nemico che state affrontando, che anche il tuo e molti altri siano in pericolo.»

Forse non avevano tutti i torti. Forse l’obiettivo dell’Ombra non era solo il controllo di Equestria. Forse i suoi obiettivi erano altri. E se era così, non volevo rischiare di farglieli ottenere.

Avvolsi nella magia della levitazione il quarzo. Appena lo feci, esso mi si avvicinò rapidamente al petto, illuminandosi ancora di più. La luce crebbe tutta attorno al collo, creando qualcosa di solido. Quando la luce se ne andò, attorno al collo avevo una collana dorata, con incastonato al centro il quarzo rosa a forma di cuore.

«Sei pronta per tornare.» annunciò Clover. «Twilight Sparkle ti sta aspettando con il suo Elemento.»

Le tre pony fecero un leggero inchino, poi mi fissarono con un sorriso.

«Buona fortuna, Green “Rachel” Wish.» mi salutarono in coro.

Sentii un calore enorme, come quello della madre quanto ti culla.

Poi persi i sensi.

 

Montagne di Cristallo: Notte tra il 13° e il 14° giorno dalla partenza della spedizione

 

Faticavo a crederci. Se ciò che Rachel mi stava raccontando era vero, aveva visto le Fondatrici di Equestria e le Detentrici Originali degli Elementi dell’Armonia. Come se non bastasse a ciò si aggiungeva la storia dell’umano a Equestria e come erano davvero nati i mutaforma … c’era abbastanza materiale da sconvolgere la storia del passato dei pony.

Non ero più scettica come una volta, ma avevo comunque difficoltà a credere incondizionatamente a ciò che mi aveva detto. Mi fidavo di lei e del suo giudizio. In fondo si era fidata di me e del mio giudizio quando ero venuta nel suo mondo. Il minimo che potessi fare era contraccambiare quella fiducia.

Eppure … erano notizie incredibili.

«Quindi saresti davvero in grado di purificare gli Elementi?» domandai.

«A detta loro sembra di sì.» disse lei, toccandosi con uno zoccolo la collana. «Ma credo ci sia un solo modo per scoprirlo.»

Sì. C’era un solo modo.

Presi la corona dell’Elemento della Magia e la poggiai di fronte a lei.

«Sii cauta.» le raccomandai. «La corruzione all’interno è molto forte, e potresti rischiare di venirne consumata.»

«Lo so, ma credo di riuscirci.» mi rispose lei, chiudendo gli occhi.

Il suo corno iniziò lentamente a illuminarsi di verde. Poi l’aura verde si estese a tutto il suo corpo, brillando in particolar modo nel punto dove si trovava il quarzo rosa e nel corno. A quel punto da verde divenne viola.

Rachel stava iniziando a sudare quando si formò un secondo strato luminoso attorno al corno. E poi un terzo, e un quarto, e un quinto, e un sesto. Ognuno aveva un colore diverso: il primo era il viola, mentre gli altri erano rosso, arancione, verde, blu e rosa.

I colori degli Elementi dell’Armonia.

Il raggio che ne scaturì però fu viola, quello che rappresentava il mio Elemento.

Colpì e avvolse l’artefatto, creando delle macchie di colore che iniziarono a lottare per espandersi. L’intera caverna iniziò a tremare.

Si stava ripetendo ciò che era successo alla Torre di Cristallo con Cadence. Non era un buon segno.

Rachel sudava e faticava, continuando a colpirlo con quel raggio, incurante del terreno che gli tremava sotto gli zoccoli.

Qualcosa però stava accadendo.

I colori questa volta stavano avendo la meglio. Ora era il grigio a macchiare l’Elemento e non il contrario. Stava quasi per farlo sparire del tutto, quando una delle zampe di Rachel cedette. Il raggio indirizzato contro l’Elemento perse forza, e il colore grigio riprese rapidamente lo spazio perduto.

Rachel si rialzò e mordendosi il labbro diede nuovo vigore alla magia. Il grigio si arrestò, e dovette ritirarsi dalla forza immensa dei colori che, alla fine, ebbero la meglio.

Rachel interruppe l’incantesimo, accasciandosi a terra per lo sforzo. Ansimava così forte che dovetti avvicinarmi e controllare le sue condizioni. Era terribilmente disidratata, quindi prelevai dell’acqua dall’aria e gliela feci bere. Per il resto sembrava solo spossata dallo sforzo. Nulla che un buon riposo non avrebbe risolto.

Di fronte a lei l’Elemento della Magia era di nuovo tornato al suo colore originario.

Ce l’aveva fatta! Incredibile!

Con la coda dell’occhio notai due luccichii, che deviarono la mia completa attenzione su Rachel.

Sui suoi fianchi per essere precisi.

Aveva appena ottenuto il cutie mark!

Il simbolo mi scioccò ancora di più … il simbolo degli Elementi dell’Armonia, con le gemme colorate al suo interno.

Allora il suo destino era davvero questo … purificare gli Elementi …

«Non ci credo!» esclamò lei appena se ne accorse, eccitata malgrado la stanchezza.

Redflame aveva gli occhi spalancati in maniera quasi comica.

Le sorrisi, contenta che avesse trovato il suo destino.

Riportai l’attenzione al mio Elemento, finalmente tornato alla normalità. Dovevo fare ancora una prova.

Feci un profondo respiro, e con la magia lo portai alla testa.

Quando cinse la criniera non sentii niente di particolare. Percepivo il suo potere come le altre volte, ma nessuna influenza negativa. Era davvero tornato come prima.

«Ce l’hai fatta!» esclamai piena di soddisfazione. Avrei voluto abbracciarla fino a farle perdere i sensi. Ma sia io che lei eravamo stremati per motivi diversi, quindi mi limitai a sorriderle. Inoltre il mio dolore era ancora troppo recente. Il mio sorriso s’incrinò. «Nemmeno Cadence ci era riuscita …»

«Cadence?» esclamò lei. «Dov’è adesso? E dove siamo, di preciso?»

Già … non lo sapeva.

Il cuore tornò a pesarmi come un macigno. Riposi mogia l’Elemento nelle sacche, osservando l’esterno camuffato da roccia.

«Vuoi che glielo racconti io?» chiese Redflame, risistemandosi meglio vicino al fuoco.

Non avevo il cuore di tornare a pensare a ciò che avevo visto, figurarsi a parlarne … nuove lacrime mi solcarono il volto … l’immagine degli ultimi istanti di vita di Cadence, travolta dal crollo della torre, stritolata da tonnellate di cristalli infranti, mi avrebbe tormentata ogni notte e ogni giorno … almeno in quel momento ne ero certa.

«E’ successo qualcosa di grave?» domandò Rachel, le cui parole, seppur innocenti, mi puntellarono dolorosamente il cuore come se mi avesse insultata.

«Raccontaglielo tu.» chiesi a Redflame con voce rotta, accoccolandomi da un’altra parte per tenere lo sguardo lontano da loro. Non volevo mostrar loro le mie lacrime.

 

Mi ritrovai di nuovo a piangere con foga quando sentii Redflame descrivere la morte di Cadence. Era più forte di me. Unicorno di alto livello un cavolo … non ero riuscita a salvarla malgrado tutti gli incantesimi che conoscevo. Avevo perso completamente la lucidità in quell’inferno … se eravamo riusciti a uscirne vivi era solo grazie alla prontezza di Redflame. Senza di lui sarei morta anch’io in quella tomba di cristalli rotti. Saremmo morti tutti.

Rachel mi confortò, avvicinandosi a me e condividendo le mie lacrime con le sue. Apprezzai la sua empatia per un pony che non aveva mai incontrato di persona.

Il pegaso poi continuò il racconto, spiegandole il perché fosse avvenuto quell’orrore e di come eravamo riusciti a fuggire in questa caverna grazie al suo Sonic Rainboom.

«E’ … è terribile ...» commentò lei, tirando su con il naso. «Cosa accadrà adesso all’Impero di Cristallo?»

«Temo il peggio.» rispose Redflame. «Senza la loro Principessa che teneva in scacco le fazioni, verrà sicuramente invaso. Forse più di una volta.»

Abbassai lo sguardo, sentendomi impotente di fronte alla mostruosità a cui avevo assistito.

Poi lo rialzai, colpendo con forza uno zoccolo a terra.

«No! Adesso basta!» esclamai ad alta voce, scacciando le lacrime. «Non ne posso più di restare a guardare! E’ ora di agire! C’è un solo modo per porre fine a tutto questo!»

«E quale sarebbe?» chiese Redflame.

«Lei.» dissi puntando lo zoccolo a Rachel. «Lei è la chiave.»

Rachel non sembrava altrettanto convinta. «Tu dici?»

«Ovviamente!» dissi, ottimista. «E’ da quando siamo partiti dal tuo mondo che ho cercato un modo per purificare gli Elementi. E ora che esiste e che funziona non ci resta altro che usarlo. Quando tutti e sei gli Elementi e i suoi portatori saranno purificati, a quel punto rimuovere la malvagità da questo mondo sarà solo questione di tempo.»

«Inoltre» continuò Redflame, con voce che tradiva il mio stesso ottimismo. «se rimuoviamo i leader di Terra, Pegasopoli e Unicornia forse riusciremo a salvare Canterlot e Ponycity dalla conquista!»

«Allora è deciso!» esclamai trionfante. «Salveremo Equestria …!»

Sbadigliai sonoramente, contagiando anche Redflame e Rachel. Mi accucciai vicino al fuoco, facendo un altro sbadiglio.

«… domani …»

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 - Nubi all'orizzonte ***


Capitolo XIX

Nubi all’orizzonte

 

 

Disprezzo dal più profondo del cuore chi può con piacere marciare in rango e formazione dietro una musica.

(Albert Einstein)

 

 

 

Interrompiamo le trasmissioni del mattino per informarvi di un fatto terribile avvenuto ieri nella tarda serata …

… La Torre di Cristallo, simbolo dell’Impero di Cristallo, è stata colpita da un orribile attentato …

… i primi testimoni raccontano di aver sentito almeno quattro esplosioni distinte alla base della torre, e nel giro di pochi minuti l’intera struttura è venuta giù in milioni di frammenti …

… tra le vittime accertate la Principessa Cadence, leader della fazione neutrale dei pony di cristallo…

… tracce di esplosivo di Terra sono state riscontrate tra le macerie, ma la nostra grande Leader Applejack ha subito escluso ogni coinvolgimento, spiegando che …

… oltre a innumerevoli pony di cristallo, si segnalano la scomparsa di una trentina tra unicorni e pegasi …

… poco dopo il crollo della torre molti testimoni affermano di aver avvistato a sud della città un fenomeno paragonabile all’esecuzione del famoso Sonic Rainboom. La Giunta Militare ha subito smentito tali testimonianze, dichiarandole inaffidabili a causa dello shock emotivo …

«… Questo orrore non rimarrà impunito! Porteremo i responsabili di questo empio atto davanti alla giustizia, dovesse costare la guerra! …»

… le parole ispirate della nostra grande Regina hanno subito riscosso le ambasciate e le caserme di tutto il mondo come un uragano inarrestabile …

… la Terza Grande Guerra sembrerebbe alle porte, fedeli ascoltatori. Che Celestia e Luna ci proteggano …

 

Montagne di Cristallo: Giorno dopo l’attentato della Torre di Cristallo

 

Buio completo.

Mi sentivo cadere, ma non riuscivo a vedere verso dove, né da dove. Sembrava stessi cadendo da un’eternità.

Riuscivo a intravedere solo milioni di frammenti di cristalli attorno a me, affilati come rasoi, che si infrangevano tra loro all’infinito creando un rumore assordante. Era impossibile evitarli: innumerevoli frammenti mi laceravano la pelle, infliggendomi dolori indicibili.

Ma la mia attenzione andò tutta su Cadence, sotto di me, senza un’ala, indifesa. Il manto da rosa era diventato rosso per il sangue e mi pregava di aiutarla.

Provai a usare la magia per fermare la sua caduta, ma tutto ciò che veniva fuori dal corno erano scintille innocue.  Continuava a implorarmi, a urlare «Twilight! Aiuto!» fissandomi con occhi disperati, ma il frastuono di cristalli infranti era così forte che la sentivo appena.

Ci fu un tuono e un lampo. Un fulmine colpì Cadence, spezzandola in migliaia di cristalli rosa.

Osservai con orrore quelle gemme mentre si mischiavano alle altre milioni del crollo della torre, fin quando non le distinsi più.

Le lacrime e il sangue sul volto divennero una cosa sola.

Urlai.

 

«Twilight! Sveglia!»

Aprii gli occhi, scoprendo che erano appiccicosi per il sonno e le lacrime.

Le prime due cose che vidi furono il soffitto di una caverna e il volto preoccupato di Rachel.

Tornai a ricordare lentamente dove mi trovavo, mentre cercavo di calmarmi: ero quasi andata in iperventilazione. Fissai Rachel.

«Un incubo, vero?» chiese lei, mostrando un’espressione gentile ed empatica.

«Sì.» dissi, pulendomi gli occhi con uno zoccolo. «Vi ho svegliati?»

«Già.» esclamò Redflame, fuori dal mio campo visivo.

«Scusate.» dissi, alzandomi con un po’ di fatica sui miei zoccoli. Il fuoco magico era ancora attivo in mezzo alla caverna, vivo esattamente come la notte prima. «Sapete che ore sono?» chiesi guardando verso Redflame che stava osservando cauto fuori dalla caverna.

«Direi che è passata l’alba da almeno mezz’ora.» azzardò il pegaso rosso. «Meglio metterci subito a discutere su dove andare. Prima ce ne andiamo da qui, meglio è.»

Già … aveva ragione, anche se parte di me avrebbe desiderato nascondersi in questa piccola caverna e passare il resto dei suoi giorni a piangere per ciò che era andato perso. Ma mi ero ripromessa di non lasciarmi più prendere dalla disperazione. Soprattutto non adesso che avevo modo di sistemare le cose.

Guardai Rachel, in tempo per coglierla mentre sbadigliava. Al collo portava la collana con il quarzo rosa, e sul fianco aveva il suo nuovo cutie mark.

Gli Elementi dell’Armonia.

Non me l’ero sognato. Era davvero successo. Ciò mi sollevò il morale e riaccese le mie speranze.

«Dunque …» iniziai, portando gli zoccoli vicino al fuoco. Malgrado fosse già mattina, il freddo della nottata e della regione era molto intenso. «La mia idea è molto semplice … cercare una a una le mie amiche e purificarle insieme al loro elemento. Ciò che non è semplice è come fare. Immagino che saranno controllate a vista giorno e notte, essendo a capo di tre nazioni nemiche tra loro.»

«Immagini bene.» intervenne Redflame sedendosi di fronte a me, con solo il focolare verde a dividerci. «Hanno la stessa protezione riservata a Celestia e Luna, se non addirittura superiore. Se vogliamo avere una qualunque speranza, dobbiamo sfruttare ogni possibilità che riusciamo a cogliere.»

«Che intendi?» chiesi, scuotendo la testa confusa.

«Penso voglia dire momenti in cui appariranno al pubblico o in cui si muoveranno.» intervenne Rachel. «Solitamente è allora che qualunque scorta ha maggiori problemi a tenere in sicurezza i loro protetti.»

Annuii. «Capisco. Secondo voi con chi dovremmo cominciare?»

«Dipende dalle nostre priorità.» disse Redflame. «Vuoi terminare le cose bene o in fretta?»

Lo guardai, di nuovo confusa.

«Entrambe?»

«Non credo sia possibile.» scosse la testa il pegaso. «Potremmo fare in fretta e dirigerci verso gli Elementi più vicini e purificarli insieme alle loro portatrici, ma ciò creerebbe sicuramente degli squilibri di potere tra le fazioni, portando al caos. Oppure potremmo fare le cose per bene, e scegliere accuratamente chi purificare volta per volta. Ciò però ci costringerebbe a viaggiare molto, andando da un angolo del mondo all’altro per trovare il “bersaglio” giusto, con continui cambi di piani.»

«No, quest’ultima idea è da escludersi. Se come hai detto ieri dovesse scoppiare una guerra, non possiamo permetterci di perdere tempo e lasciare che migliaia di pony perdano la vita perché noi cambiamo continuamente piano. Prima avremo tra gli zoccoli gli Elementi purificati, meglio sarà.»

«Sono d’accordo.» si accodò Rachel. «Anche se ho timore che così facendo potremmo peggiorare le cose. Una nazione senza un leader potrebbe creare enormi problemi nel momento sbagliato.»

«No, non succederà.» la tranquillizzai. «Ho detto il prima possibile, non in fretta. Penseremo bene ad ogni nostra prossima mossa e saremo cauti. Dobbiamo esserlo. Siamo solo tre pony contro il mondo.»

Sospirai, intuendo solo in quel momento l’immensità del compito che mi ero data.

«Dunque … se non ricordo male, a sud di qui c’è la nazione di Terra, giusto?» chiesi a Redflame.

Il pegaso annuì.

«Quindi per logica i primi Elementi che dovremmo purificare sono quelli di Applejack e Pinkie Pie.»

Il pegaso annuì di nuovo. «Consiglierei di cominciare da Pinkie Pie. Una volta purificata potrebbe renderci la vita molto più facile.»

«Perché lei e non Applejack?» chiese Rachel.

Redflame la fissò. «Ufficialmente è l’addetta alla propaganda Terrestre. Ma è di dominio pubblico che sia anche colei che si occupa dello spionaggio. Si racconta che conosca tutto ciò che accade a Terra e oltre, ma è una favola che viene diffusa dagli stessi pony di Terra, quindi non gli do molto peso. Ad ogni modo un personaggio con i suoi agganci e poteri dalla nostra parte ci permetterebbe di muoverci all’interno di Terra con maggiore sicurezza.»

Annuii. «Sì … se la metti così non hai tutti i torti.»

Guardai Rachel. «Tocca a te ora.»

L’unicorno verde ricambiò lo sguardo, tesa.

«Te la senti?» chiesi, comprendendo i suoi timori.

Rachel si impose un’espressione determinata. «Ma certo. Non ti preoccupare.»

«Allora cerca l’Elemento della Risata e troverai Pinkie Pie. Quando sapremo dov’è, vedremo che fare.»

Rachel annuì un po’ incerta.

«Va bene … datemi solo un momento.»

Si risistemò meglio sul pavimento roccioso e fece un paio di profondi respiri. Chiuse gli occhi e si concentrò.

Passarono alcuni silenziosi secondi prima che la collana e il corno di Rachel iniziassero a brillare di blu.

Il corpo di Rachel tremò, come preso dagli spasmi della febbre. Sudava anche come se avesse la febbre.

Poi si bloccò di colpo, e gli occhi si aprirono.

Erano di un luminoso blu chiaro, uguale alla luce che emanava il corno e la collana, senza pupille, e fissavano un luogo lontano.

 

Una pony rosa dalla criniera liscia che gli ricadeva sulle spalle stava seduta davanti a una scrivania, scrivendo febbrilmente su uno delle decine di fogli sparsi davanti a lei. L’espressione corrucciata tradiva un’enorme preoccupazione.

Le pareti dello studio in cui si trovava erano colme di pagine di giornali incorniciate, in cui venivano mostrate le imprese del Ministro della Propaganda Pinkie Pie, dalla costruzione del più grande stadio del mondo a Baltimare, al discorso di fronte a centomila pony a Buckholm sul “Sudore per la Nazione”, dall’inaugurazione del primo modello di carro armato Terrestre alla festa più grande di tutti i tempi per i trentacinque anni del leader Applejack. Dalla finestra s’intravedeva una città fumosa e colma di ciminiere e edifici alti e ingrigiti dallo smog.

Il pony rosa alzò lo sguardo e si voltò verso la finestra, sbuffando e risistemandosi la criniera che gli era andata davanti agli occhi. Si sgranchì rumorosamente le zampe, sgualcendo la divisa militare color kaki che portava, coronata al collo da un gioiello grigio con dei palloni da festa altrettanto grigi al centro.

«Stupidi unicorni.» commentò a voce alta, scendendo dalla sedia e andando avanti e indietro per lo studio, pensierosa.

«Avanti.» esclamò. Qualche istante dopo qualcuno bussò alla porta, un po’ incerto.

«Ho detto avanti.»

Un pony bruno scuro vestito con la sua stessa divisa militare aprì la porta e si fermò in mezzo allo studio.

«Mi dispiace interromperla Ministro, ma …»

«Fai in fretta …» lo interruppe, fissando la scrivania. «Devo finire questa cartaccia entro mezz’ora.»

Il soldato deglutì e annuì. «Sì, signora. Si tratta della nostra Leader. Le nostre fonti ci comunicano che verrà qui.»

Il pony rosa spalancò gli occhi e la bocca. Saltò con un balzo la scrivania e si piazzò a un centimetro dal muso del soldato.

«Cosa!?» urlò piantandogli gli occhi enormi nei suoi. «Quando?»

Il pony bruno tremava. «Fra una settimana, sembra.»

«E me lo dici adesso?» urlò la pony rosa, facendolo tremare.

Il soldato non osò muoversi.

Il Ministro arretrò di qualche passo.

«Accipicchia, accipicchia, accipicchia.» si lamentò il pony rosa galoppando sul posto. «Non va bene, non va bene, non va bene.»

Sbuffò di nuovo. «Ma che diavolo Applejack! Aspettare ancora un po’ prima di dirmelo no?» esclamò piagnucolando.

Guardò le scartoffie sul tavolo e il soldato. Le scartoffie e il soldato.

La sua espressione rivelò l’arrivo di un’idea brillante.

«Sì, ce la posso fare!»

Piantò nuovamente gli occhi sul pony soldato.

«Ascoltami attentamente, amico mio! Apri bene le orecchie che hai ai lati della testa! Dai istruzione a ogni caporeparto della città di far lavorare al massimo gli operai. Quando verrà ad Applegrad voglio che veda cosa è in grado di fare la sua città, ispirata dal suo arrivo! Già me le vedo le prime pagine dei giornali e dei cinegiornali, con le produzioni record!»

Il pony rosa sorrise e squittì, facendo arrossire il soldato.

«C’è altro che devo fare, Ministro?»

Il sorriso del Ministro sparì. Il pony rosa lo fissò seriamente, con una frangia dei capelli lisci che le copriva l’occhio.

«Davvero? Lavori nel mio team da sette anni e non sai cosa fare in queste circostanze?»

Il soldato fece un altro passo indietro, ma non bastò dal proteggerlo da …

«ORGANIZZA UNA FESTA DI BENVENUTO DEGNA DI TERRA! TUTTA APPLEGRAD DOVRA’ ESSERE AGGHINDATA!»

Il pony bruno barcollò, reggendosi a malapena sugli zoccoli. Persino la finestra dello studio si era messa a tremare.

«E ovviamente ci penserò io a dare gli ultimi ritocchi prima del suo arrivo.» precisò il pony rosa con tono normale. Con lo zoccolo fece il gesto di chi scaccia le mosche fastidiose. «Ora vai, ho da fare.»

«S.. Sì … Sì, signora.» rispose il soldato, facendo un saluto militare con un gesto malfermo e chiudendo la porta alle sue spalle.

«Così tanto da fare, così poco tempo …» commentò il pony rosa, tornando alla scrivania. «Stupidi unicorni.»

 

«Applegrad.» commentò Redflame mentre superava in volo le montagne, invisibile a chiunque tranne che a noi. Faceva un certo effetto stargli sopra una “sella da viaggio” creata magicamente, ridotte alla dimensione di un pettirosso. Il suo corpo, visto da quella nuova prospettiva, sembrava quello di un ursa e metteva molta suggestione. Ma in fondo era l’unico modo per poter viaggiare tutti e tre senza rallentarci troppo.

«Dovrai dare sfoggio di tutto ciò che hai Twilight.» continuò il pegaso. «Due pony di quel rango in una città così importante … la sicurezza avrà maglie molto strette.»

«Dovrei cavarmela.» dissi con una punta di orgoglio. «Sono stata brava con gli incantesimi di illusione. E ho studiato diversi incantesimi che torneranno sicuramente utili.»

Rachel si voltò, guardando stancamente verso la caverna che ci eravamo lasciati alle spalle. Era ancora provata per l’incantesimo che aveva lanciato prima. Seguii il suo sguardo, notando dei piccoli puntini che volteggiavano lì attorno, come aquile in cerca di prede.

«I pegasi non demordono.» disse. «Ce ne sono almeno un paio che stanno sorvolando la zona.»

«Oh, non demorderanno mai.» esclamò Redflame, accelerando la velocità. «Sanno che siamo gli unici a conoscere la verità sui loro piani. Inoltre sanno che non è saggio lasciare a zoccolo libero l’allieva prediletta di Celestia e il secondo pegaso in grado di fare un Sonic Rainboom.»

«In tal caso è meglio tenere l’incantesimo di Invisibilità  per tutto il tragitto.» intervenni, tirando fuori dalla mia sacca il libro donatomi da Celestia. «E dato che il viaggio durerà …»

«… sei giorni tenendo quest’andatura …»

«Un po’ tanti.» commentò Rachel sovrappensiero.

«Volare a questa velocità per otto ore al giorno fiaccherebbe qualsiasi altro pegaso.» sbottò Redflame, dando uno scossone alla schiena che ci fece quasi perdere l’equilibrio. Per fortuna che avevo creato dei lacci per tenerci attaccati alla sella, altrimenti … «Quindi non mi lamenterei troppo se fossi in voi.»

Tossii. «Stavo dicendo che approfitterò di questi giorni per ripassare qualche magia che potrebbe tornarci utile. Non chiedo di sforzarti troppo, Redflame, ma prima arriviamo lì, meglio è.»

Il pegaso girò la testa, fissandoci con un occhio che era grande quasi quanto la nostra testa. «Su questo non ti devi preoccupare. Voglio vedere finita questa follia quanto lo vuoi tu.»

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: Giorno 17

 

Mi sentivo a pezzi in un corpo che non era nemmeno mio. Tutto ciò che credevo, tutto ciò che avevo costruito con fatica per resistere in posti troppo strani per la mia comprensione, tutto era crollato nel giro di pochi istanti. La mente ormai infranta stava vagando in luoghi oscuri, attaccata da ombre nere che prendevano la forma di demoni assetati del mio sangue e della mia sofferenza. Non riuscivo nemmeno più a piangere o a urlare. Ma in fondo non sapevo nemmeno se avevo ancora una bocca e degli occhi per piangere e urlare. Ero un bipede, un quadrupede o una pianta? Ero vivo o morto? Sembrava non importare più. Era tutto così folle, tutto così fuori da ogni logica che nemmeno la mia natura era qualcosa di cui ero certo. Niente aveva senso …

Niente aveva senso senza di lei …

 

Uno scossone mi fece tornare alla realtà.

«Scusate …» disse una voce familiare.

«Ma come voli?» disse un’altra.

Aprii lentamente gli occhi. Ero disteso su un pavimento di legno, e stavo fissando una cassa legata con delle corde.

Spostai mollemente lo sguardo verso l’alto. Vidi un cielo nuvoloso con alcuni vaghi sprazzi di luce.

«Oh, ben svegliato!» esclamò una terza voce.

Mi voltai lentamente verso di essa. Era un … unicorno azzurro chiaro?

«Era quasi ora.» disse la seconda voce.

«Tutto bene?» chiese un … pony con le ali di colore grigio sopraggiunto davanti a me. «Non hai una bella cera.»

Strizzai gli occhi, sforzandomi di ricordare come mai mi trovavo lì e chi erano questi strani esseri.

«E’ lo shock.» disse l’unicorno azzurro.

«Forse è il caso che dorma ancora un po’.» disse un altro unicorno di color sabbia dalla strana criniera a strisce bianche e nere, fissandomi gli occhi.

«Io …» dissi a fatica con voce pastosa. «Dove … Cosa …»

«Aspetta.» mi disse gentilmente l’unicorno azzurro, mentre il suo corno veniva attorniato da un’aura di colore giallo. «Questo ti aiuterà.»

Il suo corno mi toccò la fronte. Sentii subito la testa divenire più leggera … e le cose tornarono a trovare un senso.

«Lyra?» fu il primo nome che mi tornò in mente.

L’unicorno azzurro annuì.

Mi alzai lentamente osservandomi attorno. Ora iniziavo a ricordare tutto: il mio viaggio ad Equestria, il mio essere pegaso, Scrolley, Little Bolt, Trixie, Big Wing, il carro volante, le Distese Selvagge, Highwisdom, i mutaforma, lo spirito di Ipparco … Rachel …

«Dove stiamo andando?» chiesi passando uno zoccolo sulla fronte, notando che il carro stava passando sopra una zona collinare familiare.

«Torniamo a casa, semplicemente.» mi rispose Trixie.

«Cosa!?» esclamai. «Dopo …» mi girò la testa, e dovetti sedermi di nuovo. «Dopo … tutto … dopo tutto ciò che abbiamo fatto … ce ne andiamo?»

«Appunto.» replicò lei, senza scomporsi. «Dopo tutto quello che abbiamo fatto. Ciò che avete scoperto voi due è più che sufficiente per tornare a Ponycity. Ora sappiamo che l’unico modo per avere una possibilità di sconfiggere questo nemico invisibile sono gli Elementi dell’Armonia. Non vale la pena rischiare ulteriormente la vita in un posto che pullula di mutaforma.»

«Sono completamente d’accordo.» si accodò Scrolley, sospirando. «Mi spiace solo di non essere riuscita a prendere molto materiale da quel castello.» guardò verso l’esterno del carro, fissando una montagna lontana. «Oh che invidia proveranno i miei colleghi quando torno …»

«Basta essere sopravvissuti.» commentò Big Wing sedendosi.

Battei uno zoccolo con rabbia.

«E non avete voluto sentire il mio parere? Nessuno ha pensato a Rach …»

Mi tappai la bocca. Si creò un silenzio imbarazzante.

«Volevo dire a Green …»

«Oh, piantala con la commedia.» mi fissò con sufficienza Trixie. «Sappiamo benissimo che tu e Green Wish siete umani e non pony, e che anche i vostri nomi sono fasulli.»

Deglutii.

«Lei si chiama Rachel … e tu?» incalzò lei, avvicinandosi.

Gli occhi erano tutti fissati su di me (tranne quelli di Little Bolt che guidava il carro, anche se teneva un orecchio teso per ascoltare ciò che accadeva dietro di lui).

Sospirai. Avevo fatto trenta … tanto valeva fare trentuno.

«Daniel.» dissi a voce appena udibile.

«Daniel?» ripetè Big Wing ridacchiando. «Ah! Non male. Strano, ma non male.»

«Siete felici adesso?» sbottai, fissando rabbioso Trixie negli occhi. L’unicorno blu tenne perfettamente testa al mio sguardo. «Rachel continua a essere scomparsa nel nulla!»

«Non nel nulla.» intervenne Lyra. «Ho percepito chiaramente che veniva teletrasportata da un’altra parte.»

«Già.» concordò Trixie.

«E visto il tipo di magia che ha utilizzato prima di andarsene, credo che sia in buoni zoccoli adesso.»

Mi voltai verso l’unicorno azzurro. Aveva un sorriso e un’espressione che, non so perché, mi rassicurarono subito.

«Che tipo di magia?» chiesi.

«L’unica così potente da respingere la regina dei mutaforma con facilità: l’amore.»

Mi sarebbe venuto da ridere se non mi fossi sentito in pena per lei.

«Chiunque o qualunque cosa le abbia fatto usare quella magia ora l’ha richiamata a sé.» continuò Lyra. «E non può essere un nemico o qualcuno che le voglia fare del male. Percepisco perfettamente la tua preoccupazione, ma non devi averne: sono certa che sta bene.»

Io non ne ero affatto certo, ma non so perché riuscivo a fidarmi della nuova arrivata.

«Chissà, magari ci sta aspettando a Ponycity.» teorizzò Big Wing per confortarmi.

Sarebbe stato troppo bello, ma sperarci non faceva male.

«Va bene.» dissi infine. «Speriamo di arrivare a Ponycity incolumi.»

«Come minimo!» disse Scrolley con una smorfia. «Dopo tutto quello che abbiamo passato e visto non ho alcuna intenzione di finire ammazzata sulla via del ritorno!»

«Ti proteggo io, gentile giumenta.» scherzò Big Wing, portandole un’ala sulla schiena.

L’unicorno color sabbia le lanciò un’occhiataccia che lo fece arretrare subito.

Malgrado tutto trattenni una risata.

«Ora …» disse Lyra. Quando mi voltai verso di lei me la ritrovai praticamente addosso. «… rivelami i tuoi segreti.»

Gli occhi erano spalancati. Sembrava volessero penetrarmi sin nel profondo dell’anima. E probabilmente era quello che volevano vedere, visto che la mia anima era umana …

Già … mi ero dimenticato che lei era fissata con la nostra razza.

«Ehm … io …»

«Sì?» chiese lei, con gli occhi che luccicavano.

«Cosa … vuoi sapere?»

«Tutto! Su di te, su Rachel, sul mondo da cui venite!»

Si accontentava di poco, la giumenta …

«Lyra!» la sgridò Trixie. «Il tuo tatto diplomatico se ne va a puledre allegre quando hai a che fare con l’argomento umani …»

L’unicorno azzurro arretrò dal mio spazio personale, fece un sorriso di scuse e squittì.

Come diavolo facevano degli equini a fare quel verso era un mistero …

«Però» continuò Trixie, mettendosi accanto a lei. «Sarei curiosa anch’io di conoscerti un po’ meglio. Non capita tutti i giorni di incontrare creature di altri mondi.»

«Idem per me.» si accodò Scrolley, sedendosi vicino a loro. «E non ti preoccupare, all’università non rivelerò nulla di ciò che ci dirai, altrimenti rischieresti di subire anni di interrogatorio dei miei colleghi.»

«E’ strano, ma anch’io sono curioso.» si aggiunse Big Wing.

«E anch’io.» esclamò da davanti al carro il fratello Little Bolt.

O mio dio …

Ora tutti pendevano dalle mie labbra. Ero spaventato dalla prospettiva di parlar loro di un mondo così diverso dal loro. Ero come uno di quegli alieni caduti sulla Terra nei libri di fantascienza, estranei in mezzo a un mondo ostile e sconosciuto.

Però … c’era un però …

A parte Lyra conoscevo tutti loro da più di due settimane. Nel bene e nel male avevamo affrontato tutto ciò che quelle terre orribili e desolate ci avevano messo contro, guardandoci le spalle l’un l’altro. Malgrado continuassi a sentirmi un estraneo in questo strano mondo, avevo creato un certo legame con questi pony, il tipico legame che si crea quando si rischia la vita insieme. Me ne stavo accorgendo solo in quel momento, osservando i loro volti attenti e pazienti: c’era del rispetto nei loro occhi.

In poche parole ero uno di loro. Non sarebbe bastato rivelare il mio passato per togliere quel rispetto. In fondo non ero un criminale.

Feci un accenno di sorriso, ricambiando il loro affetto. Poi, con un profondo respiro, iniziai a parlare.

 

Applegrad: 6 giorni dopo l’attentato della Torre di Cristallo

 

«E’ quella ...?» esclamai, notando all’orizzonte i primi profili di alti edifici e ciminiere, anche se avevo notato già da tempo una cappa di smog e fumo proveniente da quella direzione.

Il testone di Redflame annuì. «Sì. Applegrad. Mancherà si e no una mezz’ora prima di arrivarci.»

Mi voltai verso Twilight, che aveva in quel momento staccato gli occhi dai suoi tomi per vedere con noi il profilo della città fumosa.

«Sei sicura che il piano funzionerà?» le chiesi.

«Sicura ovviamente no.» rispose lei, mostrando un’espressione modesta. «Ma visto cosa ci ha detto Redflame su questa città credo non abbiamo molte alternative … a meno che non vi sia venuta qualche altra idea.»

«Effettivamente ho dei dubbi sull’infiltrarci come “studiosi di Moscolt”.» le dissi. «Se ha ragione Redflame, quella è una città di lavoratori. Credo sia più saggio diventare tali per confonderci meglio.»

«Concordo.» si accodò il pegaso rosso. «Se passiamo per operai avremo più possibilità di passare inosservati.»

Il volto di Twilight arrossì.

«Operai? Io …»

Capii subito il suo problema. Sorrisi. «Non ti trovi a tuo agio a far finta di essere una che si sporca gli zoccoli?»

Twilight avvampò ancora di più. «Bè … io …»

«Tipico degli unicorni.» commentò Redflame.

«Cosa!?» sbottò l’unicorno viola diventando rossa come un peperone. «Ma come…? No! Io…»

Una risata del pegaso la interruppe. «Stavo scherzando. Celestia non sceglierebbe mai un unicorno schizzinoso come suo studente prediletto. Comunque ci penso io alla copertura e a come tenerla. Ho già idea di cosa fare. Tieniti pronta a lanciare i tuoi incantesimi d’illusione.»

 

Stavamo percorrendo con calma le strade di Applegrad, “travestiti” da pony di terra grazie alla magia di Twilight. Io e lei avevamo il manto color ocra con la criniera azzurra (sembravamo gemelle), mentre Redflame portava una lunga criniera verde oliva e il manto grigio. Vestivamo fino al collo dei vestiti semplici e un po’ rozzi ma comodi e caldi, adatti per i lavori a zoccolo, compreso un colbacco per coprire la testa dal freddo di quella zona settentrionale così vicina alle steppe gelate del nord. Avevo scoperto con piacere che gli incantesimi di illusione potevano creare vestiti così credibili che si sentivano al tatto e scaldavano come quelli veri.

La città si presentava grigia e fredda come aveva previsto Redflame. Malgrado il tempo serenosoffiava un vento gelido tra i grandi palazzoni e fabbriche a cui stavamo passando vicino. Edifici alti, larghi e grigi, praticamente tutti uguali, creati per ospitare più pony possibili e per tenere grandi catene di montaggio che sfornavano prodotti giorno e notte. Questo paesaggio triste ricordava fin troppo certi scorci di paesaggi delle città sovietiche, dedite unicamente al lavoro. L’unica nota di colore in quel grigiore erano gli striscioni da festa appesi a balconi o ai pali. Non ci volle molto per capire per che occasione erano.

«Mamma! Voglio vedere Applejack!» urlò un puledro vicino tirando la madre verso una strada parallela.

«Non adesso! Dobbiamo fare la coda per il pane, altrimenti niente cena.» lo sgridò la giumenta, strattonandolo di nuovo verso la direzione opposta, facendolo piangere.

Mentre Redflame proseguiva ignorando quella scena, non potei fare a meno di guardare verso la strada in cui voleva andare il puledro. Era piena di pony vestiti in modo spartano come noi che si accalcavano per raggiungere quello che sembrava un corteo.

«Vorrei andare a vedere che cosa sta accadendo là, se c’è tempo.» dissi.

Redflame e Twilight guardarono nella mia stessa direzione e restarono silenziosi.

«Sono curiosa di vedere come si è ridot … come è cambiata Applejack.» aggiunsi a bassa voce.

Twilight sembrava combattuta da quell’idea, mentre Redflame scosse la testa.

«Preferirei evitare se possibile. Mettersi in mezzo a una folla non è la mia idea migliore di “passare inosservati”»

«Al contrario.» osservò Twilight. «Potrebbe aiutarci a passare inosservati.»

«Inoltre potremmo renderci conto delle misure di sicurezza attorno ad Applejack.»

Redflame ci pensò un po’ su e poi annuì. «Va bene, ma non restiamo a lungo.»

Infilatici in quella via più stretta ci facemmo strada tra la calca di pony ansiosi di vedere il loro leader.

Riuscimmo ad avvicinarci a sufficienza per avere un minimo di visuale della strada sgombrata per quella che era una parata più che un corteo. Sfilavano con cadenza militaresca pony in uniforme con i fucili al fianco, accolti dallo scalpitare del pubblico ai lati della strada. Dai piani più alti degli edifici cadevano coriandoli di tutti i colori al passaggio delle truppe, le cui espressioni erano severe e orgogliose. Il rumore degli zoccoli che battevano con forza e ritmo sull’asfalto era accompagnato dalle note di una musica, suonata da degli altoparlanti, che si abbinava alla perfezione alla marcia.

A quel punto vista e udito erano inondati di una sensazione di onnipotenza. Sentivo i pony attorno a me infervorati e colmi di gioia. Una gioia fittizia, ma che in quei tempi oscuri era meglio di niente.

Dopo diversi minuti di pony in marcia e di musica, vidi arrivare un’auto senza tettuccio.

Riconobbi subito chi stava trasportando, sui suoi zoccoli nel sedile posteriore mentre salutava i pony ancora più elettrizzati dalla sua presenza. Quando arrivò abbastanza vicina per vederla bene, il suo sguardo calò su di noi per un brevissimo istante, permettendomi di vederle gli occhi verdi.

Quella non era l’Applejack che conoscevo. Non aveva più la treccia stretta in un nastrino rosso: la criniera era stata tagliata corta, e se ne vedeva solo qualche ciuffo ben pettinato sotto il berretto militare da ufficiale. Anche la coda era senza nastrino, pettinata a dovere ma libera. La divisa color beige, simile a quella dei soldati che la proteggevano, era stirata e curata in modo maniacale. Sembrava esserle stata stampata addosso. Ciò che più mi colpì, anche se non riuscivo a vederlo bene, era il volto. Austero, segnato da rughe d’espressione, quasi vecchio malgrado dovesse avere “solo” quarant’anni.

Inoltre l’onesta, lavoratrice Applejack non avrebbe mai fatto uno sguardo del genere. Il sorriso riservato ai pony venuti fin lì era talmente falso che mi chiedevo come facessero a non accorgersene. Ciò che non capivo era cosa nascondesse in realtà. Odio? Tristezza? Paura?

«Abbiamo visto abbastanza.» esclamò Twilight all’improvviso, voltandosi senza darci il tempo di replicare. In quel momento l’auto di Applejack si era già allontanata dal punto dove ci trovavamo, lasciando il posto alla seconda parte della parata, composta da rumorosi mezzi corazzati e carri armati.

Seguimmo Twilight per non perderla.

 

Proseguimmo per la strada originale, in coda a Redflame e cercando di essere il più naturali possibili in mezzo agli altri pony terrestri. Si sentiva ancora la parata in lontananza, ma cercavo di non pensarci.

Era la prima volta da quando ero tornata che riuscivo ad avvicinarmi così tanto ad una mia amica …

Mi aspettavo di peggio, ad essere sincera, ma …

Il suo sguardo mi aveva profondamente ferito. Era il suo, su questo non avevo dubbi, ma era … diverso, contorto, in lotta contro qualcosa che non ero riuscita ad afferrare.

Forse la Applejack pura e quella corrotta stavano lottando per prendere il sopravvento?

No, idea stupida. In vent’anni uno scontro del genere l’avrebbe fatta impazzire. Comunque c’era qualcosa in lei di tormentato che mi aveva messo ansia.

Ma non dovevo scoraggiarmi né pensarci troppo. Non ne avevo più ragione. Ora potevo farla tornare come prima e porre fine a qualunque suo problema.

«Ehi, guarda là!» esclamò Rachel, puntando a un manifesto su un muro, in mezzo ad innumerevoli altri di propaganda: “Verso il progresso”,“Tutti insieme per un futuro migliore”, “Per la MadreTerra”, “Lo spirito della grande Applejack e delle sue vittorie ci ispirano nelle battaglie future” furono quelli che più mi colpirono.

Su quello puntato da Rachel campeggiava il volto serio e senza rughe di Applejack insieme a una comunicazione.

«Ci sarà un comizio fra quattro giorni, avete visto?»

Redflame annuì mentre lo leggeva. «E ci sarà anche Pinkie Pie … perfetto.»

L’idea di vedere come era diventata Pinkie Pie, anche se sapevo già cosa aspettarmi visto cosa mi aveva anticipato Rachel, non mi allettava tanto. Ma andava fatto.

Mi guardai attorno prima di parlare.

«Potremmo andare al comizio e seguire Pinkie una volta terminato.»

«Pensavo la stessa cosa.» concordò Redflame. «Tallonarla. Con la tua magia dalla nostra parte, basterà attendere il momento giusto e prenderla.»

«Sembra troppo semplice detta così.» sussurrò Rachel.

Annuii. «Infatti non sarà semplice. La seguiremo, ma cercheremo di prenderla solo se non è troppo rischioso.»

«Va bene.» concordò Redflame. «Ma dovremo correre qualche rischio … non so quante altre occasioni del genere riusciremo a cogliere.»

Sospirai. «Ora non rimane altro da fare che trovare un modo per passare il tempo.»

Il pegaso ora pony di terra sorrise. «Se non ti dispiace sporcarti gli zoccoli, in una città come questa non c’è modo di annoiarsi.»

Sbuffai. Ammettevo che i lavori a zoccolo non erano il mio forte, soprattutto senza magia. Ma ero disposta a qualunque cosa pur di far tornare le mie amiche com’erano. E quattro giorni da operaia erano davvero una bazzecola in confronto a ciò che ero disposta a sacrificare per loro.

 

Applegrad: 8 giorni dopo l’attentato della Torre di Cristallo

 

La sirena fischiò la fine del turno. Era ora.

Gli zoccoli, a furia di battere il martello sulle piastre di metallo, tremavano da soli. Rachel aveva persino più difficoltà di me (più per il fatto che fosse un umana abituata da poco all’uso degli zoccoli, che per sua vera incapacità), mentre Redflame, su una catena di montaggio lì vicino, sembrava nato per quel lavoro pesante.

Non avevo alcuna idea di come fosse il lavoro in fabbrica nell’Equestria di vent’anni prima, ma ero sicura che non doveva essere così … infernale. Il calore delle fornaci, il sudore, i rumori assordanti delle macchine, i gesti ripetuti all’infinito: mi chiedevo come fosse possibile che i pony non ne uscissero pazzi dopo un mese.

Mentre i nostri posti vennero presi da altri pony, ci reincontrammo con Redflame e uscimmo dal fabbricato, assaporando l’aria fresca e leggermente più pulita dell’interno. Da lì ci dirigemmo verso la mensa/dormitorio ad esso contigua. Ero stanca morta: non vedevo l’ora di mangiare quell’ammasso di verdure lessate che chiamavano pasto e andarmene a letto.

Nella piccola e sudicia via che avevamo già percorso nei giorni precedenti avanti e indietro, notai un gruppo sospetto di pony, appartati tra loro mentre discutevano qualcosa a bassa voce. Smisero di parlare quando passammo accanto a loro, e poi ripresero.

Controllai che nessuno ci vedesse o sentisse e poi, presa dalla curiosità, lanciai una magia di Incremento Uditivo.

«Che stai facendo?» chiese Redflame sottovoce, ma lo sentii come se mi stesse parlando a voce molto alta.

Alzai uno zoccolo per farlo stare zitto. Mentre continuavamo lentamente per la nostra meta, facendo rumore con gli zoccoli come se stessimo galoppando, riuscii a sentire ciò che quel gruppo di pony si stava dicendo.

«… e non funzionerà! Lo sai cosa significa? Sai cosa succede se falliamo?»

«E’ l’occasione di una vita! Possiamo andarcene da questo buco e sistemarci finalmente!»

«E’ troppo rischioso … io mi tiro fuori.»

«Ben detto! Lasciamo le ammazzatine ai cospiratori e traditori.»

«Non avete neanche idea dei soldi che entreranno nelle nostre tasche se quelle due crepano! E’ un lavoro sicuro e ben pagato. Al comizio non avranno protezione. Basterà aspettare il segnale e sparare. Non c’è modo che qualcosa vada storto! Il piano è a prova di fallimento.»

«Lo dici tu che non sei mai stato in uno di quei campi a nord, in piena tundra, con i bramiti delle tribù delle renne che non aspettano altro che qualche prigioniero rilasciato nel nulla da scuoiare.»

«E dove l’hai sentita quest’idiozia?»

«Sarà un’idiozia, ma non voglio rischiare l’ira del Ministro della Propaganda. Quella non perdona.»

«Come se Applejack perdonasse gli attentati alla sua vita.»

«Siete degli idioti. Preferite questa vita di merda a un’occasione d’oro. Io …»

Disattivai l’incantesimo. Avevo sentito abbastanza e non volevo destare troppi sospetti.

«Le cose si complicano.» dissi rivolta a Rachel e Redflame, iniziando a spiegare ciò che avevo sentito.

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 - Il primo tuono ***


Capitolo XX

Il primo tuono

 

 

La confessione dei nostri peccati è il primo passo verso l’innocenza

(Publilio Siro)

 

 

 

Ci è arrivata in studio la notizia del ritiro degli ambasciatori di Unicornia dalla sede di Stalliongrad …

… truppe di Unicornia si stanno ammassando al confine con Terra. Alla vista dei nuovi carri armati degli unicorni, molte famiglie di contadini da entrambi i confini hanno subito iniziato a evacuare le proprie abitazioni …

… si parla di una prima vittima di un colpo di fucile esploso dalle linee di Terra che avrebbe ucciso un puledro unicorno. La nostra amata Regina ha assicurato che sarà presente al funerale del piccolo e nella sua immensa generosità donerà un cospicuo contributo alla famiglia, promettendo che farà giustizia di questo ennesimo atto barbarico …

… la nostra Leader Applejack ha assicurato in un comunicato stampa che nel suo comizio ad Applegrad spiegherà le menzogne su cui sono basati i motivi di questa tensione …

… le alte autorità di Terra assicurano che in caso di belligeranza saranno garantiti i beni di prima necessità per almeno i prossimi tre anni. Avvertono inoltre che la pena per il furto di cibo sarà elevata drasticamente …

… le principesse Celestia e Luna hanno innalzato il livello di guardia a 3, e i primi incantesimi difensivi sono stati preventivamente attivati …

… la Falange Alpha, il fior fiore dei pegasi della nostra grande nazione, è stata accusata da alcuni testimoni poco attendibili di aver mandato dei propri membri nel territorio neutrale dell’Impero di Cristallo. Il colonnello supremo Rainbow Dash ha respinto quest’accusa, assicurando che ogni singolo pegaso della Falange è impegnato giorno e notte ad allenarsi in territorio di Pegasopoli, pronto in ogni momento a combattere a fianco degli amici unicorni in caso di guerra contro i pony di terra, rei di aver complottato una volta di troppo …

«… So cosa diranno molti di voi. “Tua sorella è una pazza guerrafondaia!”. “Ci tradirai appena arriveranno le truppe di Unicornia!”. “Possiamo fidarci della sorella di quella là?”. Non risponderò con le parole, amici pony, unicorni e pegasi, ma con il lavoro e l’impegno che ho dato in tutti questi anni, insieme alle mie più grandi amiche, per proteggere ciò che ci è più caro. Ho diseredato mia sorella da molto tempo. La mia famiglia ora è quella che crede nella vecchia Equestria, basata sull’Armonia. E vi giuro su quello che volete che farò … anzi che faremo di tutto, Celestia e Luna volendo, per proteggere questo sogno. Un sogno che solo vent’anni fa era una realtà. Un sogno che sono sicura possa tornare realtà …»

… il discorso travolgente di Sweetie Belle, consigliera personale di Luna, ha riscosso gli animi dell’intera Equestria, confermando ancora una volta la sua fedeltà alla nostra nobile causa protetta da Celestia e Luna da mille anni. E’ questa causa, fedeli ascoltatori, la nostra più grande difesa dal male che ci circonda. Non c’è spazio per dubbi e paure se vogliamo sopravvivere alla tempesta in arrivo …

 

Applegrad: 9 giorni dopo l’attentato alla Torre di Cristallo

 

Trovare quei cospiratori divenne un’impresa impossibile. Il gruppo che avevo sentito il giorno prima sembrava non volerne più parlare, e tutti i miei tentativi di intercettare le loro discussioni non portarono a nulla di fruttuoso. Inoltre il turno massacrante di 12 ore non mi lasciò molto tempo libero.

«Avrei dovuto seguire la loro conversazione di ieri fino alla fine.» esclamai sbuffando la sera nel dormitorio.

«A questo punto non ci resta che tenere d’occhio la piazza.» disse Rachel. «E sperare che il loro tentativo di assassinio sia sfumato.»

«Ne dubito.» disse Redflame. «Ci conviene perlustrare gli edifici e beccarli prima che sia troppo tardi.»

«Ci avrà già pensato la sicurezza a fare una cosa del genere.» commentò Rachel. «Figuriamoci se ad un comizio pubblico non lo fanno.»

«Sicuramente. Ma tre paia di occhi in più non faranno male, visto il rischio. Non vorrete mica che Pinkie Pie o Applejack muoiano, giusto?»

Rabbrividii al pensiero. No, non volevo che morissero, malgrado tutto ciò che avevano compiuto in questi vent’anni. Erano sempre le mie amiche. E senza di loro, anche solo una di loro, usare gli Elementi era impossibile.

«Come consigli di procedere?» gli chiesi, lasciando a lui il compito di adottare un piano, visto che si trattava di una situazione in cui lui sembrava più ferrato.

 

Applegrad: 10 giorni dopo l’attentato alla Torre di Cristallo

 

La piazza, malgrado la sua grandezza, era strapiena di pony in trepidante attesa. Tutti fissavano il palco vuoto, dietro cui campeggiava una gigantografia della bandiera rossa di Terra con al centro il volto idealizzato di Applejack.

Tutti tranne tre.

«Maledizione … non finiremo più di controllare tutte quelle finestre.» si lamentò Rachel guardando le quattro enormi palazzine che circondavano la piazza.

Redflame, dopo una rapida occhiata, scosse la testa. «Non sono molti i punti in cui potrebbero essersi messi. Se fossi nei cospiratori mi piazzerei là.» disse, puntando uno zoccolo verso l’edificio a destra del palco. «Ottima visuale, il sole alle spalle e una via di fuga più semplice.»

«Ne sei sicuro?» chiesi, guardando l’imponente edificio grigio addobbato di stendardi colore rosso e arancione per il comizio.

«Ovviamente no. Ma visto che il tempo è tiranno, partire da lì potrebbe essere la mossa migliore.»

Ci rimuginai qualche secondo, guardando il palco e i pony che attendevano con impazienza l’arrivo di Applejack e Pinkie Pie.

«Meglio dividerci a questo punto» suggerì Rachel.

«No.» dissi scuotendo la testa. «Se ci dividiamo e succedesse qualcosa, saremmo da soli. Se dovesse accadere qualcosa a me o a te potremmo dire addio alla nostra missione.»

«Allora andiamo tutti là.» decise Redflame, uscendo dalla piazza.

 

Sul palco apparvero alcuni pony con la divisa militare. Diedero rapidamente un’occhiata al microfono e al leggio, controllando la presenza di pericoli anche tra la folla.

Poi apparvero. Da sinistra il pony arancione, da destra il pony rosa, seguiti ciascuno da uno stuolo di altri pony in divisa da ufficiale, ministri e alte cariche della nazione, tutti impettiti e con abiti e berretti in perfetto ordine.

La folla battè entusiasta gli zoccoli sull’asfalto, creando un boato che echeggiò in tutta la città, urlando «Applejack! Applejack! Applejack!».

La leader di Terra si posizionò di fronte al leggio, posando dei fogli che si era portata appresso, e salutò la folla con uno zoccolo alzato e un sorriso, mentre Pinkie Pie restò dietro di lei in attesa insieme agli altri ministri. Una dozzina di soldati si posizionò sul palco a proteggere tutti quei pony importanti e a tenere d’occhio la piazza.

«Amici e amiche pony!» iniziò il pony arancione, con voce così forte che si sarebbe sentita in mezza Applegrad. «Mi rivolgo a voi in questa ora buia, in mezzo a voi, da comune cittadina, a differenza di altri che rimangono rinchiusi nelle loro roccaforti. Non vi mentirò. Gli Apple sono sempre stati una famiglia di grandi lavoratori onesti, a cui mi sono ispirata per costruire questa nazione e di cui questa città, Applegrad, ha voluto rendere onore. L’onestà e il duro lavoro è ciò che ci contraddistingue. Onestà di cui gli unicorni nei giorni scorsi si sono fatti beffe …»

 

L’unica entrata dell’edificio dall’altra parte della piazza si rivelò subito problematica.

«Guardie … ti pareva …» sussurrò con rabbia Redflame, restando nascosto dietro una parete e fissando il paio di soldati seduti vicino alla porta.

«Se ci sono soldati di guardia, ciò non dovrebbe rendere impossibile per un attentatore entrare?» disse Rachel.

«Non se quelle guardie sono state corrotte.» rispose il pegaso. «Visto cosa si sono detti quei pony l’altro ieri sicuramente hanno corrotto parte della sicurezza. I pony di Terra sono particolarmente suscettibili al denaro, visto che la maggior parte di loro vive quasi nella miseria.»

«Potremmo passare se uso l’incantesimo di Invisibilità e di Attutire Rumori.» proposi.

Il pegaso annuì con riluttanza. «Stavo per chiedertelo … anche se l’idea di lasciarsi dei soldati armati alle spalle non mi piace per niente.»

Spalancai gli occhi. «Vorresti ucciderli?»

Il suo sguardo mi fece capire subito che ci aveva pensato.

«No.» esclamai, fissandolo con decisione. «Non ho intenzione di uccidere nessuno.» Resami conto di quanto ciò sarebbe stato difficile mi morsi un labbro. «Non se possiamo evitarlo.»

Redflame mi fissò con uno sguardo terribilmente serio. «Fossi in te mi preparerei a questa eventualità.»

Mi veniva male solo a pensarci. No! Non volevo uccidere nessuno e non ce n’era bisogno. Gli incantesimi non-letali erano molto più numerosi di quelli letali. Potevo tranquillamente fare a meno di arrivare ad atti estremi. Ne ero sicura.

«Per questa volta facciamo a modo tuo. Pensandoci bene se mancassero queste guardie qualcuno si potrebbe insospettire.»

Annuii facendo un sospiro di sollievo. Lanciai i due incantesimi e sparimmo alla vista e all’udito.

 

«… ci credono bestie senza cervello, poco al di sopra del fango. Ma la loro è solo ignoranza! E’ dal fango che crescono gli alberi e le coltivazioni, ed è quindi grazie al fango se anche loro possono mangiare! Ci insultano quotidianamente. Ci deridono quotidianamente! E come se non bastasse ci sfruttano quotidianamente! Perché sono gli zoccoli dei pony terrestri, rinchiusi nei loro campi, che danno da mangiare a quei cornuti, ottenendo in cambio solo oppressione e fame! Capite quindi che la loro stupida legge razziale è basata sull’ipocrisia, sull’ignoranza e sulla superbia. La superbia soprattutto li vede al di sopra di tutto, di ogni regola e morale. Non credete alle loro menzogne. Ciò che è successo nell’Impero di Cristallo non è stato opera degli onesti pony di Terra. Noi siamo un popolo giusto e laborioso, e non abbiamo bisogno di ricorrere a mezzi così atroci e barbari per ottenere ciò che desideriamo …»

 

«A che piano andiamo?» domandai a bassa voce una volta nel corridoio. Eravamo visibili e udibili solo tra di noi, grazie all’incantesimo di selezione, ma per sicurezza preferivo parlare a bassa voce.

«Direi di provare dal sesto piano in su.» disse Redflame. «Da lì si ha una visuale migliore.»

Arrivammo quindi nel punto dove si trovava la tromba delle scale e le salimmo lentamente, più per evitare di andare a sbattere contro un altro pony che per fare silenzio.

Arrivati al sesto piano percorremmo i corridoi alla ricerca degli attentatori, ma non c’era alcun rumore né traccia di presenza di pony, se non quello di Applejack che teneva il suo discorso all’esterno e della folla nella piazza.

«Non abbiamo molto tempo.» dissi, controllando nelle toppe delle porte per vedere se all’interno degli appartamenti c’era qualcuno.

«Già.» concordò Rachel, che faceva lo stesso.

Controllato rapidamente il posto, decidemmo di salire al piano successivo.

Questa volta notammo qualcosa di strano. C’era un pony, vestito in abiti civili, appostato di fronte a una porta in fondo al corridoio. Una porta che dava su un appartamento con vista sulla piazza.

«Bingo.» esclamò Redflame. Si spostò verso un corridoio laterale e ci fece cenno di seguirlo. Nascosti là dietro iniziò a spiegare il da farsi con espressione molto seria. «Ora ascoltatemi bene. Questi sono pony che al minimo allarme potrebbero far partire il colpo e uccidere una delle vostre “amiche”, perciò dovremo agire rapidamente.»

«Dimmi solo cosa fare.» gli dissi. Ma aggiunsi rapidamente. «Sempre che non porti alla morte di qualcuno.»

Il pegaso sbuffò. «Va bene. Allora facciamo così … lancia qualcosa contro quel pony che lo faccia svenire senza che faccia rumore. Poi ti avvicini, apri la porta, e fai in modo che chiunque ci sia là dentro non abbia tempo di dire “chi sei”.»

Annuii «D’accordo. Ho già in mente cosa fare.»

«E io che faccio?» chiese Rachel.

«Rimani qui, a controllarle le spalle insieme a me. Sono certo che non avrà bisogno del nostro aiuto per sistemare questi pony. Credo che saranno al massimo tre o quattro dentro quella stanza.»

«Allora facciamolo prima che sia troppo tardi.» dissi, entrando nel corridoio.

Fissai il pony che si trovava a una ventina di metri da me. Spostava nervosamente lo sguardo da sinistra a destra, aspettandosi da un momento all’altro di venire scoperto. Arrivò persino a incrociare il mio sguardo, ma ovviamente non poteva vedermi a causa dell’invisibilità.

Caricai un incantesimo, e mentre aveva lo sguardo dall’altra parte feci partire dal corno invisibile un raggio che lo colpì in pieno. Iniziò subito a ciondolare pesantemente, e colto da un profondo sonno crollò a terra. Per impedire che facesse rumore lo presi con la telecinesi, spostandolo di qualche metro dalla porta.

Con uno zoccolo indicai agli altri che la via era libera. Disattivai l’incantesimo di invisibilità per risparmiare energie per gli incantesimi che avrei lanciato dopo, ma non quello per attutire i rumori.

Mentre Rachel e Redflame restavano a fare da palo alle nostre spalle, nascosti dietro una parete, io mi avvicinai alla porta.

Portai l’occhio alla toppa della serratura per controllare all’interno. La stanza non era molto grande, e riuscii a vedere almeno tre pony. Uno era seduto di fronte ad un tavolo, a leggere con espressione tesa un giornale. Gli altri due invece erano alla finestra, e tra gli zoccoli avevano un fucile ciascuno, molto più lungo di quello posseduto da Redflame. Doveva essere fatto apposta per colpire sulle lunghe distanze, visto quella specie di “piccolo telescopio” posto sopra. Dal modo in cui erano posizionati e da come stava parlando Applejack con toni sempre più accesi, intuii che il momento in cui dovevano sparare fosse molto vicino.

Non c’era un secondo da perdere.

Feci un profondo respiro. Non potevo permettermi di sbagliare.

Uno. Il corno, anche se invisibile per via della magia d’illusione, s’illuminò. Iniziai a sentire uno strano suono avvicinarsi nell’aria. Non ci feci caso.

Due. Alzai gli zoccoli anteriori. Il rumore si fece molto intenso.

Tre!

Il rumore passò sopra l’edificio in quel preciso istante, e per poco non persi l’equilibrio per la sorpresa. Gli zoccoli andarono contro la porta, che non essendo chiusa a chiave si aprì subito.

Accadde tutto in una frazione di secondo. Mentre quel rumore rimbombava nell’aria ebbi tempo di vedere la faccia stupita del pony al tavolo. Con il corno pronto per lanciare le magie che mi ero preparata vidi entrare dalla finestra dei pony in divisa militare, legati a delle corde. Neutralizzarono i pony attentatori con uno zoccolo in faccia, cogliendoli completamente di sorpresa. D’istinto lanciai la magia che avevo caricato sui primi due soldati, che colpiti da un piccolo tornado andarono a sbattere contro le pareti della stanza, svenendo. Nel caos della mia magia e del rumore sopra le nostre teste non sentii i due colpi sparati dai fucili degli altri sopraggiunti in quel momento. Il primo proiettile colpì il terzo attentatore, mentre il secondo prese me.

DOLORE!

Un dolore indescrivibile mi attraversò l’intero corpo, partendo dal petto in cui ero stata colpita. Un dolore che non auguravo nemmeno al mio peggiore nemico.

Oltre al dolore iniziai a sentire molto freddo e una grande stanchezza, mentre il sangue scorreva sugli zoccoli per poi toccare terra.

Le ginocchia cedettero, e mi ritrovai sul freddo pavimento in cemento. Non percepivo più quello che stava accadendo attorno, se non vaghi rumori di zoccoli che mi passavano vicino e di spari che sembravano lontani. Il cervello a quel punto sentiva sempre meno dolore e sempre più stanchezza e freddo.

Stavo morendo? No, no, no! Non volevo … non potevo … non ora … non … Celestia … perché … mamma … papà …

I sensi si oscurarono del tutto e ogni pensiero scomparve.

 

«… Sono gli unicorni ad avere inventato tutto, e forse persino a organizzare tutto, per screditarci, perché sanno che la vera razza inferiore è la loro! Abbiamo fatto grandi cose insieme, amici e amiche mie, senza l’aiuto della preziosa magia o delle stupide ali! Siamo pari, se non addirittura superiori alle nazioni che fanno uso di corna, del volo o che si affidano a false dee! E ci chiamano razza inferiore!  E’ sempre stato un onore per me vedere crescere questa nazione insieme a voi. Con il nuovo piano quinquennale diventeremo sicuramente la prima potenza mondiale! Ma prima dovremo affrontare coloro che ci odiano e che ricorrono a qualunque mezzo per diffamarci e distruggerci!»

Applejack fece una pausa a effetto, abbassando lo sguardo con espressione addolorata.

«Giusto questa mattina ho ricevuto sulla mia scrivania la dichiarazione di guerra di Unicornia. E’ ufficiale, amici e amiche pony terrestri. Ciò che temevo si è avverato, malgrado tutti i miei sforzi. Siamo in guerra, per la terza volta. Ma questa è una guerra illegittima, dettata solo dall’invidia, dall’egoismo, dalla superbia, basata sulla menzogna, voluta da una puledra viziata da una ricchezza che non si è meritata! Perciò vi chiedo amici e amiche mie, chi vincerà alla fine?»

Gli zoccoli alzati della leader di Terra invitarono la folla a rispondere.

«Noi!» fu il grido all’unisono della piazza.

«Chi ha un alto senso del dovere e dell’onestà?»

«Noi!»

«Chi non piega la testa di fronte alle ingiustizie e all’odio?»

«Noi!»

Ci fu un’altra breve pausa del leader. Applejack lanciò rapida uno sguardo a Pinkie Pie e agli altri ministri e generali alle sue spalle. Annuirono tutti con sguardo serio.

Applejack a quel punto si rivolse di nuovo alla folla, con rinnovato vigore nella voce. Un rumore lontano iniziò a intensificarsi.

«Allora daremo una bella lezione a Unicornia e al suo alleato Pegasopoli! Pensavano di sottometterci con l’arroganza! Pensavano che ci saremmo arresi! Da oggi impareranno che Terra non cederà a nessuno! Da oggi gli mostreremo la potenza di Terra!»

In quel momento la piazza venne assordata con un boato, e il cielo si riempì dei nuovi mezzi volanti dei pony di Terra, scatole di metallo armate di missili e mitragliatrici pronte a portare morte e distruzione sul nemico.

Il popolo battè gli zoccoli entusiasta di quello spettacolo, pronta a seguire il proprio leader in quella guerra non voluta fino alla morte.

Nessuno, a parte una manciata di pony, sapeva che Applejack e Pinkie Pie erano rimasti sotto tiro per tutto quel tempo. Nessuno, a causa del rumore e degli occhi puntati al cielo, si era accorto del piccolo blitz avvenuto nell’edificio vicino.

 

Ci dispiace interrompere nuovamente le trasmissioni, situazione che in questi ultimi giorni avviene spesso, ma la notizia che abbiamo tra gli zoccoli adesso è davvero grave e richiede la massima attenzione: stamattina alle ore 6 precise le truppe di Unicornia hanno superato il confine di Terra, pochi minuti dopo la dichiarazione di guerra consegnata agli ambasciatori dei pony terrestri. Per il momento i confini di Equestria sono sicuri, ma il livello di guardia è salito a 2. Si invitano tutti gli ascoltatori a …

… verso le ore 7 sono partite da Seaddle le prime Falangi verso il fronte, onorando il patto stretto con gli unicorni …

… i primi rapporti ci informano che i carri armati di Terra nulla hanno potuto contro i nuovi carri classe Shimmer. Per ogni carro alleato distrutto, cinque ne vengono abbattuti dai nostri carristi ….

… la nostra nuova arma segreta, gli aeroplani, hanno completamente sorpreso le truppe nemiche. Ci sono rapporti di interi reparti di Unicornia arretrati di chilometri alla sola vista della distruzione portata dai loro armamenti …

… “Avremo una vittoria rapida e totale”. Queste le prime dichiarazioni pubbliche del Colonnello Supremo Rainbow Dash alla notizia dei successi delle truppe al fronte …

… “La forza di Unicornia non si farà piegare da mezzucci di quart’ordine”. Le parole dell’amata regina Rarity dimostrano che le nuovi armi dispiegate sul campo da Terra non impediranno la punizione per gli atti orribili di cui si sono macchiati …

… “Se credono di sconfiggerci su due fronti si sbagliano. I numeri sono dalla nostra parte”. Questo il commento della leader Applejack dopo aver ordinato la coscrizione per tutti i pony adulti della nazione …

«… Miei cari pony … Questo è un momento terribile. Il mondo attorno a noi è di nuovo avvolto dalle fiamme della violenza. Sebbene non ci siano ancora pervenute dichiarazioni di guerra né si registrino assembramenti di truppe ai confini, nessuno si deve illudere che questa tempesta non toccherà Equestria. Io e mia sorella abbiamo fatto di tutto per proteggere ciò che è rimasto di buono al mondo. L’unica cosa che vi chiedo, miei amati pony, è di fare del vostro meglio per proteggerlo con me quando la tempesta giungerà anche qui …»

 

(???): (???) giorni dopo l’attentato alla Torre di Cristallo

 

Mi risvegliai colta da una fitta. Sentivo odore di cemento e sangue. Aprii lentamente gli occhi, ma non riuscii a vedere granchè. La luce era molto poca. Quando mi abituai al buio, notai che ero in quella che sembrava una cella, coricata su una brandina. Si sentivano lamenti lontani e soffocati, colpi di tosse, rumore di zoccoli che andavano avanti e indietro.

Come ero finita lì?

Avevo ricordi molto foschi. L’ultima cosa che ricordavo bene era la mia incursione in quella stanza … il caos che ne era seguito … il proiettile al petto.

Guardai in basso. Il punto dove ero stata colpita aveva una grossa cicatrice ed era sporco di sangue rappreso. Respiravo tranquillamente e il cuore batteva come sempre. Il proiettile sembrava aver mancato le parti vitali, per fortuna.

Fu in quel momento che, malgrado la poca luce, notai il colore del mio manto: viola chiaro.

Strabuzzai gli occhi e alzai gli zoccoli. Ero tornata come prima! L’incantesimo di illusione non c’era più! Alzai lo sguardo e vidi la mia criniera e il corno. Quest’ultimo era cinto da una fascia familiare.

Strabuzzai ancora di più gli occhi. Per il corno di Celestia!

Non solo ero tornata unicorno, ma avevo anche quella maledetta fascia che impediva il lancio di incantesimi, molto simile a quella che era stata messa a Rachel appena tornati ad Equestria. Provai con gli zoccoli a togliermela ma non c’era verso. Era quasi incollata al corno con decine di fasce.

Strinsi i denti. Questa non ci voleva!

E peggio ancora non avevo più con me le borse con tutta la mia roba, libri ed Elemento compresi.

Battei uno zoccolo sulla parete vicina per sfogarmi, sentendomi subito dopo intorpidita per lo sforzo.

«Twilight! Sei sveglia?» domandò una voce familiare lì vicino.

Mi alzai a fatica dalla branda. Non avevo idea di quanto avevo dormito, ma dovevano essere diversi giorni visto come mi sentivo stordita. Come se non bastasse ero reduce di quello che sembrava un intervento chirurgico. Con quelle basi era un miracolo se stavo sui miei zoccoli.

Con qualche sforzo arrivai alle sbarre. Da lì riuscii a notare che la mia cella dava su una piccola stanza quadrata circondata da nove celle come la mia. L’unica entrata (e via di fuga) era una porta in metallo sull’unico lato senza celle. Al centro della stanza c’era l’unica fonte di luce, una piccola lampadina che di tanto in tanto perdeva qualche colpo, posizionata esattamente sopra una sedia e un tavolo inquietante intriso di sangue.

La voce che mi aveva chiamato proveniva dalla cella dall’altra parte della stanza. Mi ci volle qualche momento per riconoscere Rachel. Anche lei era tornata unicorno. L’unica cosa che aveva indosso era la collana con la pietra rosa e la fascia al corno.

«Stai bene?» mi domandò.

«Sì e no.» risposi, indecisa. Prima di svenire pensavo di essere sul punto di morire, quindi non potevo lamentarmi. Ma vista la situazione in cui ci trovavamo era difficile essere ottimisti.

Controllai le celle attorno, e vidi che solo un’altra era occupata. Viste le ali e il colore del manto intuii subito chi era.

«Siamo da soli qui dentro.» disse Rachel, con voce rotta «E non hai idea di ciò che ci hanno fatto …»

Notai adesso quelle che sembravano delle ferite sul suo corpo, e guardando il tavolo al centro non restò molto all’immaginazione.

«Dove siamo? Quanto tempo è passato? Che è successo? Dove si trovano tutte le nostre cose?»

«Una domanda alla volta, per favore.» esclamò Redflame, sopraggiunto alle sbarre. Gli era stato tolto tutto, armatura e fucile compreso. Era la prima volta che lo vedevo senza niente addosso, ma malgrado ciò rimaneva imponente per essere un pegaso. Anche se non le vedevo dal punto in cui mi trovavo a causa della scarsa luce e del manto rosso, ero sicura che fosse stato torturato anche lui. Lo intuivo dai movimenti più lenti e dalla voce meno rigorosa.

«Siamo ancora ad Applegrad, questo poco ma sicuro.» continuò il pegaso. «Credo in qualche prigione sotterranea per … ospiti speciali.»

«E sono passati … quattro giorni.» continuò Rachel.

Portai uno zoccolo alla tempia, cercando di ricordare, ma non c’era verso. L’ultima cosa che ricordavo era il proiettile che mi colpiva e io che sentivo la vita scivolarmi via.

«So solo che qualcosa è andato storto …» dissi, stringendo le meningi. «Ricordo un fortissimo rumore …»

«Gli aerei.» annuì Redflame. «Una nuova diavoleria dei pony di terra per combattere alla “pari” i pegasi e per sorprendere gli unicorni. Le guardie sembrano entusiaste di quelle scatole di metallo volanti.»

«Mancavano solo quelli.» borbottò Rachel.

«… e poi sono sopraggiunti dei soldati.» continuai, sforzandomi di ricordare.

«Credo che sapessero tutto dell’attentato.» spiegò Redflame. «Siamo arrivati nel posto giusto ma al momento sbagliato.»

«E siamo finiti dritti dritti in una trappola che non era per noi.» concluse Rachel.

In quel momento la porta si aprì con un rumoroso “criik”, ammutolendo i miei amici. Entrarono tre pony in divisa militare da ufficiale.

«Bene bene, vedo che siete ciarlieri oggi.» disse il primo, uno stallone dal manto blu oceano e la criniera paglierina.

«Signore.» disse la seconda, una giumenta bianca con la criniera rosa chiaro, puntando uno zoccolo verso di me.

«Ah, ecco.» continuò lo stallone, fissandomi. «La nostra ospite speciale è sveglia allora … ottimo. Avevo giusto voglia di fare una bella chiacchierata con la nostra ospite d’onore.»

Lo stallone dagli occhi rossi si mise a pochi centimetri dalle sbarre della mia cella, facendomi arretrare d’istinto. Mi fissava con uno sguardo che mi fece rabbrividire.

«Twilight Sparkle, se non erro, giusto? La pupilla di Celestia scomparsa da vent’anni …»

Negai d’istinto, ma sapevo che era inutile.

«Oh, per piacere, non mentire così spudoratamente.» disse, facendo un’espressione stizzita. «Non rendermi le cose complicate.»

«Dove avete messo le nostre cose?» domandai arrabbiata.

Lo stallone fece una smorfia. «Cominci subito con una domanda? Non va bene. No, non va proprio bene.»

Diede una forte zoccolata alle sbarre, intontendomi per il rumore.

«Le risposte sei tu a dovermele dare!» urlò.

Non mi lasciai intimorire e feci un profondo respiro.

«Se volete delle risposte da me, perché spararmi addosso?» domandai, mostrando bene la ferita al petto.

Il pony sembrò volermi urlare di nuovo contro, però poi si trattenne.

«Incidente di percorso.» spiegò con calma. «Non saresti dovuta essere lì, tanto per cominciare, anche se la nostra cara Leader e il Ministro della Propaganda ti ringraziano profondamente per il pensiero. Per questo motivo sei stata curata dalla migliore equipe di Terra.»

Lo stallone rimase silenzioso, in attesa di qualcosa.

«Ehm … grazie?»

«Di nulla.» esclamò il pony, risistemandosi la criniera gialla sotto il berretto da ufficiale. «La tanto decantata generosità di Unicornia è una sciocchezza rispetto alla nostra. Anzi, scommetto che hai potuto constatare di persona cosa significhi avere a che fare con quegli snob.»

Odiavo ammetterlo, ma maledizione quanto aveva ragione …

«Ci avrei scommesso. Ci è arrivata una certa voce di un tuo …» lo stallone si interruppe, dando un’occhiata a Redflame. «… anzi di un vostro coinvolgimento nei fatti dell’Impero di Cristallo, ma credevamo fossero fandonie … insomma, quanti pony crederebbero a chi dice di aver visto un Sonic Rainboom apparire nel cielo notturno dell’Impero di Cristallo, subito dopo la distruzione della sua Torre?»

Per Celestia … quante cose sapevano su di noi?

«Siete ben informati …» cercando di celare la mia incredulità.

Lo stallone sospirò.

«Non così tanto, a dire la verità.» disse, battendo uno zoccolo sulle sbarre. «Non conosciamo tutti i retroscena, tanto per cominciare. Non sappiamo perché dopo quel fatto siete venuti qui con lei.» puntò lo zoccolo verso Rachel. «E non sappiamo cosa sia quell’affare che ha al collo e che non ha alcuna intenzione di staccarsi.»

La collana di Rachel era sigillata al suo collo? Non lo sapevo. Non aveva mai provato a togliersela per paura di perderla. Forse era una misura di sicurezza simile all’Amuleto dell’Alicorno. Forse solo chi la indossava poteva toglierla.

«E dato che ai tuoi amici abbiamo già fatto diverse domande in merito ottenendo molto poco, forse è il caso di passare a te, ora che sei finalmente sveglia.»

Maledizione, no! La tortura no!

«Non ti preoccupare, mia cara.» disse lo stallone, notando il mio sguardo terrorizzato. «Visto lo stato in cui sei dureresti poco sotto i ferri, quindi è meglio andarci leggeri con te … per il momento. Ma se saresti così gentile da dirci tutto ciò che sai, ci risparmieresti un sacco di tempo e fatica.»

Fissai il pavimento in cemento, prendendo forza. C’era troppo in ballo per arrendersi.

«No. Non dirò niente ad assassini e torturatori.»

Lo stallone rimase in silenzio ad osservarmi, stupito dalla mia risposta. Poi rise. «Ma che belle parole! Ipocrite, ma ad effetto! Come se il tuo amico qua vicino non avesse mai ucciso nessuno …»

Mi voltai verso Redflame, il quale aveva spostato lo sguardo verso il muro. Mi sentii in colpa per ciò che avevo detto. Mi ero dimenticata che lui aveva già ucciso. Anzi, persino Rachel aveva avuto occasione durante il suo viaggio nelle Distese Selvagge di uccidere, anche se si trattava di creature selvatiche ostili e pericolose.

La mia era stata davvero una risposta ipocrita. Mi sentivo terribilmente ingenua e stupida a non pensare che, nella loro situazione, non avrei compiuto quell’atto estremo. Ma la sola idea mi … mi …

Delle lacrime iniziarono a calare sul volto.

«Vedo che ho colpito nel segno.» ridacchiò lo stallone.

Lo fissai con gli occhi umidi e provai un’immensa rabbia. Il corno si illuminò, ma istantaneamente un fortissimo mal di testa mi annientò, interrompendo l’incantesimo. Mi coricai a terra, passando lo zoccolo sulla fronte.

«Sarai anche la studentessa preferita della falsa dea Celestia, ma con quello addosso non puoi spostare nemmeno uno stuzzicadenti. Fossi in te non tenterei scherzi. Non vogliamo che ti capiti nulla di male.»

Lo stallone si voltò e fissò il tavolo insanguinato.

«Oggi mi sento di buon umore e ti lascerò in pace. Avrai tempo di pensare a ciò che ci devi dire. Domani spero sarai più collaborativa, Twilight Sparkle.»

Lo stallone, seguito dagli altri due ufficiali, uscì dalla stanza. La porta in metallo si richiuse rumorosamente alle loro spalle, acuendo i residui del mal di testa creato da quella dannata fascia.

Battei con rabbia gli zoccoli sul pavimento in cemento. «Maledizione! Maledizione!»

Redflame fissò il tavolo, con aria sconfitta. «Non ne usciremo vivi, se non avviene un miracolo.»

«Che stai dicendo?» sbottò Rachel «Non dirlo neanche per scherzo!»

Il pegaso la osservò con rassegnazione. «Secondo te che speranze hanno due unicorni e un pegaso in una prigione di pony di terra? Durante una guerra tra l’altro?»

«Guerra?» domandai a voce bassa.

«Sì.» disse con tono amaro Redflame. «La tua amica Rarity si è infine decisa ad attaccare Terra.» il pegaso sputò. «Come se avesse avuto qualche remora a iniziare la guerra, dopo tutto il casino fatto per provocarla …»

Stavo finendo le imprecazioni, e più passava il tempo più sentivo il bisogno di usare parole più forti, ma mi trattenni.

«Che fare allora?» domandai senza aspettarmi risposta.

Redflame sparì nella sua cella e lo sentii coricarsi sulla sua brandina.

«Quello che ho detto … sperare in un miracolo.»

 

Applegrad: 6 giorni dall’inizio della Terza Grande Guerra

 

Non c’era molto da fare rinchiusi in quella cella. Non parlavamo per timore di dire qualcosa di troppo o di attirare le guardie e subire delle torture inutili. Non restava altro che pensare a tutto quello che stava accadendo là fuori mentre noi eravamo rinchiusi lì dentro, inermi.

Il pensiero di non essere in grado di utilizzare anche la più semplice telecinesi era terribile. Mi fece riflettere su quanto gli unicorni, soprattutto quelli capaci come me, contassero molto sul proprio corno per fare anche le cose più semplici. Ciò rendeva i discorsi sulla superiorità degli unicorni una sciocchezza: bastava una banale fascia di tessuto per farli diventare inutili. Anche tutta la conoscenza di magia del mondo era inservibile senza il corno. Era come perdere la vista o l’udito.

Mi sentivo davvero impotente.

Sentii rumore di zoccoli avvicinarsi dal corridoio oltre la porta metallica, e capii che era arrivato il momento fatidico.  Il momento in cui dovevo decidere se dire tutto, o resistere quanto più possibile all’interrogatorio e alle torture.

No, non avrei rivelato nulla. Spiegare cosa era in grado di fare Rachel era troppo rischioso. Se la notizia si fosse sparsa lei sarebbe stata vista come un pericolo. Nella mente distorta delle mie amiche sarebbe diventata una “corruttrice” e quindi avrebbero potuto farla inseguire e uccidere senza esitare. Purtroppo il suo cutie mark era troppo vistoso per non essere notato. Potevo contare solo sull’ignoranza generale riguardo agli Elementi dell’Armonia.

Ma non ci speravo granchè.

La porta metallica si riaprì di nuovo con quel fastidiosissimo “criik” e nella stanza entrò lo stallone e gli altri due ufficiali del giorno prima, i quali richiusero la porta alle loro spalle con un “tlunk”.

«Allora.» esclamò lo stallone, appoggiandosi al tavolo nel centro della stanza. «Come stiamo oggi?»

Nessuno di noi disse niente, e la domanda cadde nel vuoto.

Lo stallone color oceano si avvicinò a me, dandomi un’occhiata.

«Come va la lingua oggi? Un po’ più sciolta spero.»

Tenni fisso lo sguardo su di lui, senza farmi intimorire dai suoi occhi rossi.

La sua espressione divenne un ghigno.

«Parlerei se fossi in te. Per due ragioni. La prima è che così sarà tutto molto più semplice, per te e per noi. La seconda è che se non parli mi troverò costretto a lasciare il lavoro più divertente a qualcun altro di più … convincente.»

Continuai a fissarlo. In quel momento non mi importava di finire sotto tortura. Avevo affrontato Nightmare Moon, Discord, Re Sombra. Non potevo arrendermi a loro.

«Ne sei sicura? Mi piacerebbe davvero fare una bella discussione con te, senza urla e sangue.»

La sua espressione fredda e quelle parole mi fecero rabbrividire, ma non cedetti.

Lo stallone sospirò deluso.

«D’accordo … come vuoi tu.» fece un gesto con il capo agli altri due pony, i quali uscirono dalla stanza.

«Non ti invidio.» disse, guardando verso la porta mentre arrivava la sua sostituta.

Spalancai gli occhi.

Lei … non lei … chiunque, ma non lei ...

«Ciao Twilight! Quanto tempo!»

L’ampio sorriso di Pinkie Pie mi spiazzò. Indietreggiai, quasi inciampando nelle mie stesse zampe.

«Sorpresa di vedermi, eh?»

Con un semplice cenno della testa allo stallone gli chiese di andarsene, e quest’ultimo obbedì ciecamente e se ne uscì dalla stanza, lasciandoci all’interno con la sola Pinkie Pie e un soldato.

Era esattamente come l’aveva descritta Rachel. La tipica chioma arruffata si era sciolta in lunghi crini lisci ai lati della testa. Non portava un berretto come i soldati e gli ufficiali che le ubbidivano, ma aveva la loro stessa divisa color kaki, e al collo portava l’inconfondibile Elemento della Risata, grigio come lo ricordavo. Malgrado il sorriso e l’atteggiamento gioviale che mi stava mostrando sentivo comunque rizzarmi il pelo del manto. C’era qualcosa dietro quegli occhi che mi metteva paura.

«Speravo davvero tanto di poteri rincontrare per fare due chiacchiere.»

Si avvicinò alla mia gabbia, e io indietreggiai d’istinto. Non era la Pinkie che conoscevo, anche se l’aspetto e la voce erano le sue.

«A parte quella ferita al petto sei in forma smagliante!» esclamò, ampliando ancora di più il sorriso.

Non riuscivo ad aprire bocca. Rivedere Applejack mi aveva fatto solo sentire male per la durezza di cui si ammantava e per la sua lotta interiore, ma Pinkie Pie … lei … lei … mi ... terrorizzava.

«Oh, quante cose ho da chiederti! Anzi, in realtà non sono molte. So già parecchie cose su di te!»

La pony rosa si sedette, appoggiando uno zoccolo alla guancia e fissandomi sempre con il sorriso. Questa volta però il sorriso nascondeva una malizia che mi fece arretrare ancora di più.

«Ad-esempio-so-che-sei-arrivata-qui-per-sbaglio-venti-anni-dopo-di-noi-seguita-da-due-umani-travestiti-da-pony-hai-cercato-di-partecipare-a-una-spedizione-a-sud-hai-imparato-tanti-nuovi-incantesimi-hai-visto-un-film-carino-hai-quel-pegaso-attaccato-alla-coda-da-settimane-sei-stata-“arruolata”-da-Unicornia-e-hai-partecipato-involontariamente-al-crollo-della-Torre-di-Cristallo … quanto ci ho azzeccato?»

Posò le zampe sulle sbarre, continuando a fissarmi con quel sorriso quasi sadico, attendendo una mia risposta.

«Co … che …» riuscii a rantolare.

La pony rosa ridacchiò contenta. Non era una risata cristallina e gioiosa come quella che conoscevo. C’era una vena di sfottò, quasi di crudeltà dentro quella risata. Se non avessi avuto quella benda al corno, avrei lanciato una magia per chiuderle la bocca con una lampo.

«Ci ho azzeccato in pieno. Ah! E dicono che i miei sensi fanno cilecca!»

Battè gli zoccoli sulle sbarre, intontendomi ancora di più.

«E’ esattamente il contrario!» disse estasiata. «Non hai idea di come i miei sensi sono aumentati, Twilight! Hai presente quell’attentato contro di noi che avete cercato di far fallire? L’avevo previsto una settimana prima! Non so cosa ci sia in me, ma se le parti fossero invertite sarei proprio curiosa di lasciarmi fare esperimenti da te!»

Sbuffò, cambiando completamente umore nel giro di un istante. Il volto divenne mortalmente serio. Dovetti ricredermi. Così mi terrorizzava.

«Però ci sono alcune cosette che non so … ad esempio … come mai la tua amichetta Rachel ha quel cutie-mark? Come mai siete venute fin qui? E soprattutto …»

Da non so dove riuscì a far spuntare il mio Elemento.

Non sapevo se essere contenta di poterlo vedere o inorridita perché era negli zoccoli sbagliati.

«… come mai il tuo è colorato?»

Cosa dovevo dire? Che potevo fare?

Maledetta fascia al corno.

«Lo so che pensi …» disse lei ridacchiando. «E’ dura per un unicorno non poter usare la magia. Soprattutto per una come te che la usa per ogni minima scemenza.»

Non riuscivo a darle torto. Anzi, aveva terribilmente ragione …

«E so che vorresti usarla per fuggire da qui. Lo pensano tutti gli unicorni che finiscono sotto le mie attenzioni.»

Sul suo volto si aprì un ghigno malizioso.

«Ma alla fine ho sempre io la meglio, quindi ti conviene parlare subito … altrimenti …»

Con lo stallone di prima non avevo avuto molti problemi a resistere. Ma lui non era Pinkie Pie. Non era quel mostro rosa che avevo davanti. Non riuscivo a tenere lo sguardo fisso sui suoi occhi per più di qualche secondo.

«Ultima chance.»

C’era troppo in ballo. Fissai l’Elemento della Magia tra gli zoccoli di Pinkie, e capii che dovevo resistere. Per me, per tutto ciò in cui credevo, per il mondo intero.

Anche a costo della vita.

«No …» dissi con un fil di voce. Proferire quella semplice parola mi diede molto più coraggio di quanto pensassi.

«Cosa?» sbraitò lei, con una vocina stridula. Portò uno zoccolo all’orecchio per sturarselo. «Non credo di aver capito bene, sciocchina. Potresti ripetere?»

«No!» esclamai con voce più decisa, avvicinandomi alle sbarre e fissandola negli occhi azzurri. Stavolta tenni lo sguardo. «Non ti dirò niente. Alla mia amica di una volta avrei confessato qualunque cosa. Ma tu non sei più lei. Sei solo una delle tante anime perdute di questo mondo impazzito. Perciò da me non avrai nulla!»

Mi guardava stupefatta dalla reazione coraggiosa, e ciò rinforzò ancora di più il mio animo.

«Ciò che avete costruito in questi anni sono solo castelli di carta destinati a cadere, Ministro della Propaganda! Tutte le vostre belle parole, i vostri begli intenti, sono tutti basati su menzogne e sentimenti oscuri. Credete davvero di poter costruire un mondo che faccia a meno della magia e del volo? Forse userò la magia per ogni singola scemenza, come dici tu Ministro, ma almeno non rinnego la mia natura. Perchè tutte le razze di pony sono magiche, a loro modo, anche quella dei pony di terra. Il nostro intero mondo è permeato dalla magia, dal granello di sabbia alla montagna! Rinnegare una cosa del genere è come rinnegare l’aria! Perciò no. Non contribuirò a creare un mondo su simili basi.»

Avevo scelto ogni singola parola con attenzione … non sapevo perché … forse sentivo che quelle sarebbero state le mie ultime parole.

Pinkie Pie era rimasta silenziosa per tutto il tempo, ancora stupefatta. Poi, quando terminai tenendo uno sguardo di sfida su di lei, si mise a ridere.

«Oh, Twilight … sei così sciocca! Ancora credi a queste sciocchezze sull’Armonia e sulla convivenza di pegasi, unicorni e pony di terra? Hihihihi! I pony di Terra hano ottenuto più cose in vent’anni che nella “armonica” Equestria in mille! Hai visto con i tuoi occhi cosa abbiamo fatto senza magia!»

La mia decisione si incrinò. «Ma cosa dici? Hai visto in che condizioni vivono la maggior parte dei pony? Non puoi seriamente …»

«Basta così!» sbraitò lei, facendomi tacere. «Non siamo qui per discutere di politica.» sbuffò contrariata. «Temo purtroppo che da te caverò poco con la tortura … dovrò ricorrere a un trucco più efficace.»

Si voltò verso il soldato e con un cenno della testa indicò la cella di Rachel. «Vediamo se torturando la tua amica cambia qualcosa.» disse, mettendo via il mio Elemento.

Spalancai gli occhi e la bocca per l’orrore. Spostai la testa per vedere la povera Rachel tremare.

«Non osare Pinkie!» dissi con voce rotta e poco convinta. Tutta la determinazione di prima se n’era andata.

«E chi sei tu per impedirmelo?» disse lei ridacchiando. «Qui dentro nemmeno Applejack può dirmi cosa fare o non fare. Ho zoccoli liberi con voi. Inoltre non hai modo di impedirmelo. Non hai la magia dalla tua parte, e anche se fossi fuori da quella cella, dubito che a zoccoli riusciresti a battermi. Sei sempre stata la più debole fisicamente tra noi … persino Fluttershy quando ci si metteva riusciva a tirare fuori più forza di te. Io te l’ho detto che avevi bisogno di uscire più spesso. Vedi cosa succede a non seguire i consigli delle amiche? Hihihihi.»

Tremavo per la rabbia e per il dolore inflitto da quelle parole, vere ma orribili dette da lei in quel modo.

Il soldato aprì la cella di Rachel e le puntò contro il fucile.

«Esci!» le intimò.

La povera unicorno verde fu costretta a seguire quell’ordine e a venire “accompagnata” sulla sedia nel centro della stanza, alla quale venne bloccata con delle manette a tutte e quattro le zampe per tenerla ferma. Rachel fissò terrorizzata il sangue rappreso sul tavolo. Entrambe sapevamo cosa la aspettava di lì a poco.

«Sei un mostro!» urlai, tirando fuori tutta l’aria dei miei polmoni.

«Pffff. Non ho ancora iniziato, e già sprechi fiato? Twilight, Twilight … sei proprio una sciocca.»

Si allontanò dalla mia cella, lanciandomi un ultimo sorrisetto malizioso, e si diresse al centro della stanza. Il soldato continuava a puntarla con il fucile.

«Allora, Rachel.» iniziò, girandole attorno. «E’ da un bel po’ che non ti vedo. E sinceramente stai bene anche in forma unicorno, sai? Sei proprio carina!»

Riuscii a intravedere un luccichio sotto i suoi occhi. Tremai ancora di più.

«Vedo che i miei sottoposti hanno già fatto la tua conoscenza.» continuò la pony rosa, fissando le sue ferite. «Un lavoro superficiale, visto che non hai parlato.»

Prese una borsa da sotto il tavolo e la posò sopra di esso. La aprì e iniziò a frugare al suo interno.

«Dunque … vediamo … da cosa cominciare …»

Il suo volto s’illuminò.

«Ecco!» esclamò tirando fuori un lungo coltellaccio. «Un po’ rozzo, lo ammetto, ma è sempre divertente fare finta di fare gli assassini seriali con i prigionieri.»

Spalancai gli occhi per il terrore. Rachel stava già piangendo a dirotto senza però emettere un lamento.

Battei uno zoccolo a terra, furiosa, con una lacrima calda che mi scendeva sulla guancia.

«Guai a te, Pinkie!» urlai. «Fermati subito!»

«Hihihi. C’è un solo modo per fermarmi, amica mia.» ridacchiò lei, puntando il coltellaccio al cutie mark di Rachel. «Dimmi tutto ciò che sai su questo bellissimo cutie mark e sull’Elemento.»

«No!» esclamai, pentendomi subito di averlo detto.

«Peccato …» esclamò lei, pizzicando il fianco di Rachel con il coltellaccio. «Anzi, ottimo. Ci sarà da divertirsi.» aggiunse subito esplodendo in una risatina isterica.

Digrignai i denti. «Non farlo …» la implorai tra le lacrime.

«Lo sto già facendo …» cantilenò, facendo un piccolo taglio sul fianco di Rachel, non molto lontano dal cutie mark. Stavolta Rachel urlò con tutto il fiato. Non ero un’esperta in anatomia, ma quello doveva essere un punto sensibilissimo.

Battei di nuovo gli zoccoli, scoppiando in lacrime.

«Non farlo …» la implorai di nuovo, ma stavolta con rabbia.

«Non ti sento con questa che mi urla nelle orecchie …»

Le urla di Rachel si stavano facendo sempre più intense mano a mano che il coltello fendeva con spaventosa lentezza la pelle, facendo colare sangue rosso sul suo manto verde.

«Basta!» urlai, tremando e piangendo. «Fermati! Ti dirò tutto, fermati!»

«Oh, di già?» disse con aria afflitta, bloccando il coltello. «Mi fai iniziare senza dire niente e poi mi interrompi sul più bello? Almeno fammi finire questo bel lavoretto.»

Il coltello proseguì il suo orribile percorso, facendo urlare con ancor più forza Rachel. Le sue guance erano bagnate fradice.

A quel punto non ci vidi più. Battei gli zoccoli contro le sbarre, cercando inutilmente di piegarle.

«Calmatevi un po’.» esclamò Pinkie, superando le urla di Rachel e il rumore dei miei zoccoli sulle sbarre. «Sto cercando di concentrarmi.»

Il coltello continuò imperterrito la sua opera di tortura.

Abbassai gli zoccoli, accelerando il respiro. Non potevo rimanere lì senza far niente. Il corno si illuminò, e subito la fascia fece il suo maledetto dovere facendomi venire un terribile mal di testa.

No… questa volta no.” urlai a me stessa.

Sentii uno strano calore dentro di me … qualcosa di familiare.

Il mio corpo smise immediatamente di rispondere ai comandi. L’unica cosa che potevo fare era vedere cosa accadeva, ma molto meglio, come se qualcuno avesse acceso una luce fortissima. Fui terrorizzata di questo cambiamento, ma per quanto ci provassi non riuscii a fermare ciò che stava accadendo e a riprendere il controllo.

Avvenne tutto molto in fretta. Il mal di testa durò poco. Il corno si ricoprì di una dozzina di strati che bruciarono la stoffa che lo ricoprivano, lasciando solo cenere. Le sbarre che mi rinchiudevano prima si piegarono poi si fusero come caramello. Avanzai lentamente verso il centro della stanza, mentre il soldato che teneva d’occhio l’orribile scena si accorgeva di me. Fu sparato un colpo, ma il proiettile che mi colpì venne trasformato un istante prima in gomma, non facendomi niente. Il soldato, terrorizzato, non fece in tempo a sparare una seconda volta che la sua arma venne piegata all’indietro, rendendola inutilizzabile.  Pinkie Pie, resasi conto dell’accaduto, si voltò verso di me e si preparò a darmi un calcio, ma venne fermata in volo, lasciandola sospesa in aria. Fu scaraventata contro il tavolo, spaccandolo in due. La borsa da cui aveva preso il coltello svuotò tutto il suo contenuto da macellaio per aria, ricadendo tutto attorno ma mancando Rachel e la ormai svenuta Pinkie Pie per miracolo.

Il soldato, inorridito, tentò di prendere una delle pistole infoderate sulla gamba. Dal mio corno partì un raggio viola che riconobbi subito. L’incantesimo lo colpì alla testa, perforandola come se fosse di carta.

Avrei voluto urlare, ma non c’era verso di muovere la bocca.

La mia attenzione (o meglio quella del mio corpo) andò sulla porta dalla quale, proprio in quel momento, entrarono diversi soldati allertati dai rumori sospetti. Guardando il terribile spettacolo non si fecero scrupoli e spararono tutto quello che avevano. Lo Scudo Anti-Proiettile bloccò senza problemi le scariche dei fucili. I soldati, tra cui riconobbi anche lo stallone che aveva preceduto Pinkie, arretrarono spaventati.

«Suonate l’-»

Lo stallone non fece in tempo a finire la frase. Il raggio viola lo colpì al petto, aprendo una ferita così profonda che non c’erano dubbi che fosse morto ancora prima di accasciarsi al suolo.

“Cosa sto facendo?Fermati, Twilight! Fermati!”

Gli altri soldati fecero la stessa fine nel giro di pochi istanti, cercando inutilmente di scappare. Uno … due … tre … quattro … cinque … non ebbi pietà per nessuno di loro. La stanza e il corridoio vuoto antistante divennero un bagno di sangue.

L’ultima cosa che feci involontariamente mentre piangevo (l’unica cosa oltre all’assistere impotente a quel massacro che il mio corpo mi consentiva di fare) fu di erigere una parete di roccia nel mezzo del corridoio, impedendo l’arrivo di rinforzi.

 

Nella stanza era calato un silenzio glaciale e il tanfo della morte violenta, che sentivo per la prima volta in vita mia, era soffocante. La sensazione di essere rimasta l’unica sopravvissuta di quel massacro era fortissima.

Ero in stato catatonic. Tutto quel sangue, di cui una parte mi era persino schizzato sul manto, sembrava urlarmi nella testa “Assassina ipocrita!”.

Lacrime continuavano a scendermi sulle guance come una cascata, e non riuscivo a dare un senso a cos’era successo.

Non importava che tutto ciò era stato fatto senza che potessi impedirlo. Il raggio era partito dal mio corno.

Ero io l’assassina.

«Twilight …» sussurrò Rachel, ancora bloccata sulla sedia. «Quegli occhi … bianchi … che cosa … non … capisco …»

«N… nemm …. Nemmeno io …» piansi.

«Cosa stai dicendo?» chiese Redflame alle mie spalle.

Mi voltai verso di lui. Era la prima volta che lo vedevo davvero impaurito. E sapere che aveva paura di me mi fece stare ancora peggio.

«Non … non riuscivo a controllarmi. Non … non volevo tutto … questo.»

«Non ha importanza.» esclamò il pegaso. «Guarda.»

Puntò lo zoccolo verso il tavolo fracassato, dove giaceva Pinkie Pie.

«E’ l’occasione che stavamo aspettando. Libera Rachel e falle fare quello che deve fare.»

La guardai intontita. Ero ancora troppo scossa per pensare di fare qualsiasi cosa se non essere in lutto per questi pony che avevo crudelmente ucciso. A parte lo stallone che aveva provato a interrogarmi, tutti gli altri non mi avevano fatto nulla di male. Per quel che ne sapevo, potevano essere dei bravi pony che per campare in un mondo crudele avevano accettato di fare i soldati in questo postaccio. E io (o almeno, la io che si era presa possesso del corpo) non aveva avuto alcuna remora ad eliminarli. Con tutti gli incantesimi che conoscevo per stordirli, addormentarli, farli svenire, avevo proprio scelto di ucciderli.

Era stato tutto dettato dalla mia situazione emotiva? Quella rabbia istintiva era stata scatenata da ciò che stava facendo Pinkie Pie? Era forse quello il mio lato oscuro, venuto fuori se fossi stata corrotta dall’Elemento della Magia?

Mi morsi le labbra, impaurita dalla prospettiva che tutto ciò potesse ripetersi. Ora non solo dovevo fare attenzione ai pericoli esterni, ma dovevo persino temere me stessa.

«Twilight, mi hai capito?» esclamò Redflame.

Scossi la testa. Non c’era tempo di rimuginarci sopra. Odiavo ammetterlo, ma la io oscura mi aveva permesso di liberarmi. Dovevo approfittare dell’occasione. Mentre mi pulivo il volto completamente bagnato di lacrime, mi ripromisi di tenere il lutto per quei pony più tardi.

Mi avvicinai a Rachel. Malgrado la lunga ferita sul fianco provocata da Pinkie Pie, sembrava stare bene e mi fissava attraverso gli occhi lucidi. Io invece concentrai l’attenzione sulla sua fascia.

«Come si fa a togliere quell’affare?» domandai a voce alta.

«Non usare la magia, altrimenti l’attiverai facendole solo del male. Ci sono degli attrezzi speciali per togliere quelle bende.» spiegò Redflame. «Forse Pinkie Pie o quel soldato ce li hanno addosso.»

L’idea di cercare in un cadavere mi rivoltò lo stomaco. Come se già ucciderlo non fosse stato abbastanza.

Mi avvicinai alla Pinkie Pie svenuta, sperando di trovarglieli addosso.

«Come sono questi arnesi?» chiesi, cercano tra le innumerevoli tasche della sua uniforme.

«Dovrebbero essere qualcosa di molto simile a delle pinze. Le hai già viste a Canterlot.»

Sì, aveva ragione. Le avevano usate per liberare Rachel quando era stata fatta prigioniera. Ora le ricordavo.

Per fare più in fretta rivoltai magicamente tutte le tasche. Venne fuori la mia corona da una di quelle più grandi, e tra fogli di carta, munizioni, foto strane e altre cianfrusaglie trovai per fortuna quelle strane pinze. Le raccolsi con la magia e mi avvicinai a Rachel.

«Resta ferma con la testa.» le dissi, cercando di ricordarmi come avevano fatto per togliergliele la fascia tempo addietro.

Dopo qualche tentativo capì come erano legate, e fu solo questione di pazienza per slegargli gli innumerevoli lacci che tenevano ferma la fascia al corno.

Sempre con le pinze gliela sfilai dal corno, e finalmente fu libera dalla sua influenza.

La prima cosa che fece fu usare la sua magia della telecinesi per togliere le manette che la tenevano ferma. La aiutai sia a togliergliele, sia a mettersi su tutte e quattro le zampe.

«Ti curo quella brutta ferita.» dissi, preparando il corno mentre fissavo il terribile lavoro che le aveva fatto Pinkie.

«Non adesso. Prima le cose importanti.» disse, tremando per il dolore dopo che le avevo ricordato della ferita.

Guardò Pinkie Pie riversa a terra, decisa a purificarla, anche se nel suo sguardo notavo indecisione. Forse perché fino a un momento prima la stava torturando.

«Forza Rachel.» la incoraggiai, posandole uno zoccolo sulla spalla. «La vera Pinkie Pie non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Era sotto l’influsso corrotto dell’Ombra e dell’Elemento. Se usi la tua nuova magia contro di lei, tornerà la Pinkie che è entrata con il sorriso sulla bocca a casa tua.»

Rachel abbassò lo sguardo.

«Sì, lo so … però …»

«Però cosa?»

Mi voltai di scatto. Pinkie Pie si era non so come già risvegliata. Si mise sui propri zoccoli, anche se un po’ incerta, con la criniera sciolta scompigliata e l’uniforme in disordine con tutte le tasche rivoltate. Sembrava le fosse andato addosso un edificio.

«Vorresti vendicarti di me?» esclamò, sputando sangue oltre che a saliva. «Avanti, provaci!»

Parte della rabbia di prima tornò. La repressi subito. Non volevo farle di nuovo prendere il sopravvento.

Presi Pinkie con la telecinesi e creai delle corde per legarle le zampe. Così rapidamente che non ebbe il tempo di reagire.

Si divincolava peggio di un’anguilla, ma a nulla valevano i suoi sforzi. Ero riuscita a far levitare e riportare alla sua tana un’ursa minor arrabbiata, quindi lei non creava alcun problema.

«Lasciami andare brutta-»

«Ora posso usare la magia, amica mia.» la interruppi, canzonandola. «Ma non ti preoccupare. Volevi delle risposte sul perché del cutie mark di Rachel? Bè, ora sarai accontentata. Evita di divincolarti, tanto è inutile.»

«Lasciami! Giuro che se torno libera ti …»

«Non costringermi a lanciarti l’incantesimo che usò Trixie … te lo ricordi vero?»

Pinkie si zittì all’istante. La prospettiva per lei di rimanere senza bocca era terribile quasi quanto per me vedere sparire il corno.

«Forza Rachel, mostrale cosa voleva sapere.»

Rachel alzò lo sguardo agli occhi di Pinkie Pie, colmi di rabbia repressa.

L’unicorno verde annuì. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente.

La magia di Rachel venne richiamata più rapidamente della prima volta. Il primo colore ad apparire fu il blu, seguito da tutti gli altri. Anche il raggio che si andò a creare fu il blu, diretto contro la collana-Elemento di Pinkie Pie. La pony rosa reagì con un gridolino soffocato. Il colore grigio dell’Elemento venne lentamente soppiantato dai colori, e nello stesso istante Pinkie Pie chiuse gli occhi, divincolandosi come se fosse preda di terribili incubi. Cercai di tenerla ferma per permettere alla magia di Rachel di compiere il suo dovere.

Quando infine i palloncini tornarono gialli e blu, Rachel si accasciò al suolo stremata. Lasciai andare delicatamente Pinkie Pie sul pavimento, tremante, e mi accertai delle condizioni dell’unicorno verde.

Stava bene: come l’altra volta era solo molto provata dalla potenza dell’incantesimo di purificazione.

Non altrettanto bene stava la pony rosa. Sentii dei singulti, sempre più forti, poi notai lacrime abbondanti scendere sulle guance.

«Cosa ho fatto …» si sentì a malapena tra i suoi gemiti. «Cosa ho fatto …»

Mi avvicinai molto cautamente a lei. Tenni pronta qualche magia difensiva. Anche se ancora legata non volevo rischiare.

«Pinkie?» dissi con tono gentile.

Lentamente la testa del pony rosa si voltò verso di me, carica di pianto come non l’avevo mai vista. Anche se i capelli erano gli stessi della pony fanatica e pazza di prima, la sua espressione, e soprattutto i suoi occhi, non lo erano più. Era di nuovo lei. La mia amica Pinkie Pie. Non avevo alcun dubbio.

Tirò su con il naso, impossibilitata a pulirsi, gli occhi lucidi e tremanti. «Twi … Twilie … amica mia … cosa … cosa vi ho fatto … cosa stavo per farvi … cosa ti ho obbligata a fare … cosa ho fatto in questi vent’anni … tutto quel sangue … tutte quelle bugie … tutto questo orrore … e per cosa? … io … io … non so come scusarmi … meriterei … meriterei di essere tra quei pony morti … meriterei di subire i dolori più terribili … meriterei questo e altro …»

Ora anch’io piangevo, sentendomi terribilmente in colpa per essermi arrabbiata con lei. Per averla quasi odiata. In quel momento non ero così diversa da lei: entrambe avevamo fatto cose orribili fuori dal nostro controllo, anche se coscienti mentre venivano fatte.

Tolsi i lacci magici che la bloccavano e galoppai da lei. La abbracciai con tutte le forze che avevo, appoggiando la testa sulla sua spalla. L’abbraccio venne ricambiato con foga. A quel punto Pinkie scoppiò in un pianto disperato e profondo, sfogando vent’anni di cattive azioni, irrigandomi la schiena di lacrime. Non riuscivo nemmeno a immaginare cosa si dovesse provare a ricordare tutto quello che aveva fatto di male in quel periodo di tempo lunghissimo. Mi permisi di piangere con lei, sfogando la mia cattiva azione, che in confronto era una scemenza.

Condividemmo la disperazione, grate di poterci riabbracciare dopo così tanto tempo, per diversi minuti. Eppure questa disperazione, almeno da parte mia, era mitigata dalla felicità di essere tornate entrambe in noi, dalla soddisfazione di avere tra gli zoccoli la vecchia Pinkie Pie.

Non credevo fosse possibile, ma iniziai pian piano a sentirmi meglio, più ottimista: sentivo che insieme a Pinkie Pie ci saremmo potute redimere dei nostri peccati.

Anche in quello stava la grande forza dell’Amicizia.

Si raddoppiano le gioie, si dimezzano le tristezze.

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 - Il cielo si annuvola ... ***


Capitolo XXI

Il cielo si annuvola…


Non vi è peggiore schiavitù di quella che s’ignora.

(Ignazio Silone)



 

Applegrad: 6 giorni dall’inizio della Terza Grande Guerra

 

Fui costretta a lasciare l’abbraccio di Pinkie Pie. Malgrado desiderassi tenermela stretta per sempre, sapevo che non potevamo restare lì a lungo. Non dopo quello che era successo.

«Mi perdonerete mai?» gemette Pinkie, non trovando il coraggio di fissare negli occhi me o Rachel.

«Perdonarti di cosa?» le dissi gentilmente, asciugandomi le lacrime. «Sei la Pinkie Pie di vent’anni fa adesso. E la Pinkie Pie di vent’anni fa non ha nulla da perdonare.»

«Non lo so, Twilight.» replicò lei, singhiozzando e trovando con difficoltà le parole malgrado il terribile sfogo di poco prima. «Quando ho indossato l’Elemento corrotto vent’anni fa … ero … ero me … la me di sempre … solo … solo che ho iniziato a pensare, dire e fare cose che non avevo mai fatto prima … ma … ma non mi sentivo diversa dalla Pinkie Pie del giorno prima, io … mi sono messa a fare tutte queste cose orribili … e sapevo di farle … e non provavo alcun rimorso … e …»

«Sei stata corrotta da una magia molto potente, Pinkie.» la interruppi con tono quasi materno, posandole uno zoccolo sulla spalla. «Di quelle che riescono a modificare l’animo di un pony e a cui nemmeno un alicorno può resistere se preso alla sprovvista e senza le difese adeguate. E’ il caso di Luna, ricordi? Anche lei è stata corrotta dall’Ombra. L’hai visto tu stessa come si sentiva dispiaciuta per quello che aveva fatto dopo essere stata colpita dagli Elementi dell’Armonia. Così come è successo a te. E ora Luna è tornata in sé ed è la sovrana giusta che sarebbe sempre dovuta essere.»

Pinkie tirò su con il naso. «Ciò non mi fa sentire meglio.»

A sorpresa Rachel si avvicinò a Pinkie e la abbracciò. La pony rosa non se l’aspettava, e cercò di divincolarsi.

«Dopo quello che ti ho fatto …» piagnucolò. «Perché lo fai?»

«Perché ne hai bisogno.» si limitò a dirle l’unicorno verde, impedendole di lasciare l’abbraccio. Pinkie quindi si arrese e si abbandonò sulla sua spalla, senza più lacrime ma con un sorriso molto vago (che per i suoi standard era quindi nullo) di gratitudine.

Mentre erano strette tra loro, tornai ad osservare mio malgrado il massacro che avevo appena compiuto. L’odore di morte era sempre più forte, impossibile da ignorare.

«Ehi, vorresti gentilmente liberarmi?» chiese Redflame rivolgendosi a me.

Attivai la magia del corno, e senza troppi complimenti distrussi con un sonoro “crack” la serratura della sua cella.

«Grazie.» disse lui, uscendo e iniziando subito a frugare sul cadavere più vicino.

«Che stai facendo?» urlai.

Il pegaso si voltò verso di me con espressione stupita. «Prendo le loro armi e munizioni, ecco cosa faccio.»

Stava per rimettere i suoi zoccoli sul cadavere quando lo presi con la telecinesi e lo trascinai via, portando la sua faccia di fronte alla mia.

«Non! Osare! Toccarli!» lo minacciai, fissandolo con rabbia.

Rendendomi conto di quello che stavo facendo strabuzzai gli occhi e scossi la testa.

Appoggiai di nuovo a terra il pegaso, facendo ampi respiri.

«Mi … mi dispiace …» mi scusai. «E’ solo che …»

«Ti capisco.»

Alzai lo sguardo: sul suo volto vidi per la prima volta un’espressione empatica.

«O meglio … posso solo immaginare cosa stai provando.» corresse subito il tiro. «Io non ho mai provato forti rimorsi a uccidere … è per questo che ti stimo.»

Era Redflame che stava parlando, o avevano catturato un suo sosia?

«Ma avremo bisogno di armi se vogliamo fuggire di qui.»

«Non per forza.» disse Pinkie Pie.

Mi voltai. La giumenta ormai quarantenne non era più stretta a Rachel (quest’ultima le stava accanto) e aveva un’espressione seria e determinata. Sembrava pronta a qualsiasi sfida. Aveva il volto di chi non aveva nulla da perdere.

«Posso fare finta di aver ripreso il controllo della situazione dopo questa evasione. Posso fare finta di portarvi in un posto sicuro e lontano da occhi indiscreti. E poi posso aiutarvi a raggiungere Applejack.»

Ponderai sulla sua proposta. Non era di facile attuazione, c’erano mille cose che sarebbero potute andare storte, ma se avesse funzionato avremmo avuto dalla nostra il fattore sorpresa. Purificando Applejack avremmo potuto trovare un modo per porre fine alla guerra, magari attirando a noi Rarity, Rainbow Dash e Fluttershy per i negoziati di pace. Purificate loro, avremmo ottenuto certamente la fine del conflitto, e con gli Elementi dell’Armonia dalla nostra parte sistemare il resto del mondo era solo questione di tempo.

Ma correvo troppo: lì per lì sembrava davvero un buon piano, ma sapevo che non dovevo tenermelo troppo caro: con il caos che imperversava nel mondo era necessario adattarsi in fretta ai cambiamenti.

«Sei in grado di farlo?» domandò Redflame. «E di recuperare anche tutte le nostre cose?»

«Ho compiuto azioni del genere per anni.» rispose lei, con disgusto mentre pronunciava quelle parole. «Posso compierne ancora qualcuna per il bene delle mie amiche.»

«D’accordo allora.» disse Redflame. «Spiegaci nel dettaglio cosa avevi in mente.»

Il Ministro della Propaganda Terrestre spiegò con rapidità e metodo cosa intendeva fare, stupendomi per il modo ingegnoso con cui far finta di “liberarsi” di noi, facendoci passare praticamente nel dimenticatoio per il tempo necessario a fare la nostra azione di nascosto. A quel punto trovare Applejack e purificarla in un momento tranquillo sarebbe stata solo questione di poco.

«Bene.» disse Pinkie Pie alla fine. «Ora non ci resta che iniziare la recita.»

«Aspetta Pinkie.» la fermai alzando uno zoccolo. «Prima c’è una cosa che devo fare.»

Sotto lo sguardo incuriosito di tutti mi avvicinai uno a uno ai pony che avevo ucciso, imprimendomi nella mente il loro volto (in alcuni casi quel poco che ne rimaneva, provocando conati di vomito a malapena repressi). Se avessi potuto li avrei seppelliti io stessa, ma per poter uscire di lì senza altri spargimenti di sangue non potevo farlo. C’era bisogno di mantenere l’apparenza di un’evasione fallita. Quindi, per portare rispetto ai pony da me uccisi, non mi restava che una cosa da fare. Forse non era sufficiente, anzi non lo era affatto, ma la coscienza mi imponeva almeno quel piccolo segno di lutto nei confronti dell’ingiustizia di cui mi ero macchiata.

Attivai il corno, e con una magia relativamente semplice avvolsi criniera e coda in una magia multicolore. Dopo essermi concentrata a sufficienza attivai l’incantesimo nella modalità che mi ero preposta.

Sentii un leggero lamento da parte di Rachel e il silenzioso assenso da parte di Pinkie Pie e Redflame.

Mi voltai verso una parete e con la magia feci apparire su di essa un grosso specchio orizzontale.

Guardai la nuova me senza alcuna soddisfazione. Ma in fondo non desideravo né dovevo essere soddisfatta. Quella che vedevo nello specchio era la Twilight Sparkle che sarebbe apparsa al mondo da quel momento in avanti, la Twilight Sparkle che non aveva la scusante della corruzione dell’Ombra per le cattive azioni che aveva compiuto. Era la Twilight Sparkle che avrebbe fatto ammenda in qualunque modo, e che finchè non si fosse sentita in pace con sé stessa avrebbe mantenuto quell’aspetto fino alla fine dei suoi giorni.

Feci sparire lo specchio, abbassai la testa, chiusi gli occhi e sospirai, smuovendo la criniera nera striata di rosso.

Nero, in segno di lutto.
Rosso, per ricordarmi del sangue versato.
 

Applegrad: 7 giorni dall’inizio della Terza Grande Guerra

 

Il piano di Pinkie Pie funzionò perfettamente. Il Ministro chiamò aiuto tramite un telefono nel corridoio, e mentre i soccorsi erano impegnati nell’abbattimento del muro da me creato noi, tramite la magia del mio corno, ci rinchiudemmo nuovamente nelle nostre celle con addosso fasce al corno illusorie.  Feci tornare la criniera e la coda del loro colore originale solo per il tempo necessario a quella farsa.

Pinkie Pie, malgrado il forte shock subito (e con l’Elemento tornato grigio solo d’aspetto), riuscì a convincere i soldati e ufficiali giunti sul luogo del massacro che lei era riuscita a fermarmi grazie a una tecnica speciale anti-unicorni. Data la nostra “pericolosità” ci avrebbe trasferiti in un centro di massima sicurezza, al quale avrebbe avuto accesso solo lei e pochi altri.

Prima di quella partenza ebbe cura di darci delle vere fasce da metterci al corno e mi chiese gentilmente di far tornare criniera e coda del colore originale solo per una giornata. Accettai per il bene del piano.

Così, scortati da una decina di guardie a testa, uscimmo da quella prigione (che era sotto terra) e il giorno dopo fummo messe su un mezzo blindato e trasferite in una prigione simile ma con mura e sbarre più spesse. Entrate nella grossa cella fatta apposta per noi, la cui unica entrata era una spessa porta in metallo, mi accorsi subito della novità di cui mi aveva avvertito Pinkie Pie. Quando, fatta passare circa un’ora, tornò da noi, potei accorgermene subito.

Tolta la fascia infatti non riuscii comunque a lanciare magie dentro quelle quattro pareti in cui erano incastonate centinaia di gemme multicolori. Nemmeno la più semplice levitazione. Anche la magia che avevo lanciato sul suo Elemento per farlo sembrare grigio era stata dissolta.

«Avevo sentito della possibilità di usare certi tipi di gemme per sopprimere alcuni effetti magici, ma non pensavo si potesse arrivare a sopprimerli tutti.» commentai, mentre uscivamo nel corridoio deserto.

«Anni di spionaggio tra le fila degli unicorni.» tagliò corto Pinkie Pie. «Vi porto le vostre cose. Nel frattempo Twilie usa la tua magia per trasformare loro due in soldati e te in un’inserviente. Ne hai già visto qualcuno, quindi sai come sono d’aspetto.»

«Nessuno si accorgerà che non siamo qui?» chiese Rachel, dubbiosa.

Pinkie Pie accennò un sorriso malinconico. «Questo è … anzi era il mio dominio. Ho fatto sparire pony per anni. So cosa faccio.»

 

Stalliongrad: 9 giorni dall’inizio della Terza Grande Guerra

 

Credevo che Applegrad fosse una città orribile, terribilmente grigia, fredda e inospitale, l’esatto contrario di Ponyville. Ma era un villaggio vacanze in confronto a quella che vedevo attraverso il finestrino del treno.

Stalliongrad. La capitale di Terra.

Un tempo, almeno secondo quello che avevo letto nei miei libri, era una città dinamica, piena di piccole fabbriche, artigiani, pony capaci di creare qualsiasi cosa da materiali apparentemente semplici. Un luogo dove la creatività era all’ordine del giorno. Persino Canterlot di tanto in tanto ordinava opere di Stalliongrad. Avevo sentito dire dalla Principessa che un paio di vetrate della sala del trono erano state create dagli abili zoccoli degli artigiani di Stalliongrad.

Ma quel che vedevo adesso … quello era l’apogeo dell’industria pesante e dell’inquinamento. C’era una cupola di smog sopra la città che arrivava ad offuscare il sole al tramonto e che rendeva ancora più grigi gli edifici sottostanti, monoliti di cemento e vetro. Il concetto di bellezza era del tutto assente.

«Che spettacolo …» commentò Rachel ironica. Lei e Redflame avevano preso le sembianze di soldati a difesa di Pinkie Pie. Io invece avevo scelto una segretaria giumenta con la criniera nera e rossa, per mantenere il lutto anche sotto copertura. Ancora non avevo accettato ciò che avevo fatto né tantomeno me lo ero perdonato, malgrado le rassicurazioni di Pinkie sulla sepoltura e sul risarcimento alle famiglie delle vittime.

Eravamo in un vagone insonorizzato riservato al Ministro, quindi non c’era timore di parlare. Non che avessimo avuto grandi conversazioni da quando eravamo partiti.

«Non me lo dire.» disse Pinkie Pie, tenendo uno zoccolo sulla guancia. «Persino il cibo sa di smog … mangiare una torta o una tanica di benzina è la stessa cosa.»

Inorridii all’immagine mentale.

«E’ l’unico modo che hanno i pony di Terra per rimanere al passo con le altre nazioni.» spiegò Redflame, senza però il tono di chi cerca di giustificare qualcosa.

«Mangiarsi lo smog?» scherzò Rachel, cercando di sdrammatizzare.

Per la prima volta sentii Pinkie sogghignare. Una risatina debole, malferma, ma sincera, che veniva dal cuore. Anche lei era lontana dall’accettare ciò che aveva fatto e dal perdonarsi, ma sia io che lei eravamo certe che con le nostre azioni future ci saremmo potute redimere. Quella speranza, da sola, aiutava a guarire.

«Piuttosto …» esclamò Redflame riportando l’attenzione su di lui. Era simile in tutto e per tutto a un soldato di Terra armato fino ai denti. L’unica cosa reale del suo aspetto era il fucile che portava al fianco, anche se il modello non era lo stesso. Aveva riacquistato tutta la sua sicurezza una volta riottenuta armatura e armi. «… cosa possiamo aspettarci da Applejack?»

Quella piccola allegria che Rachel aveva riportato sul viso di Pinkie Pie sparì. Il pony rosa fece un profondo respiro, colta da ricordi poco piacevoli.

«Non credete alle sue bugie.»

«Bugie?» chiesi. «Applejack?»

«Oh sì. Per essere esatti gran parte di ciò che dice sono mezze verità, non vere e proprie bugie.» guardò fuori dal finestrino, fissando lo scorrere degli edifici della prima cintura della città. «Lo so perché gran parte di queste mezze verità l’ho aiutata a diffonderle.»

Nessuno di noi osò commentare.

«Ad esempio …» continuò lei, presa da una strana euforia. «La faccenda dell’Impero di Cristallo … sapevamo tutto … sapevamo che degli esplosivi ad alto potenziale erano stati rubati … sapevamo che erano stati presi da agenti di Unicornia … sapevamo che erano stati mandati a nord … io stessa avevo previsto ciò che sarebbe successo giorni prima che accadesse … e cosa abbiamo fatto? Abbiamo chiesto a tutti i pony di Terra che lavoravano lì di andarsene a casa quella notte! Abbiamo salvato la vita di qualche pony, lasciando tutti gli altri a morire! E per cosa? Perché Applejack e gli altri generali volevano questa guerra quanto Rarity! Una volta vinta la guerra avremmo mostrato al mondo le prove del coinvolgimento di Unicornia, passando per eroi!»

Spalancai la bocca, scioccata quanto gli altri. Non riuscivo a credere a ciò che avevo appena sentito.

Sentii un singhiozzo. «E io … e io … potevo impedirlo … bastava qualche telefonata … e invece non ho fatto niente …»

Mi affrettai a portarle uno zoccolo sulle spalle, cullandola.

«Non ci pensare.» le dissi con gentilezza, vedendo le prime lacrime scorrerle sulle guance. «Ti prometto che porremo fine a tutto questo. Insieme. Come tanti anni fa.»

 

Spedizione nelle Distese Selvagge: Giorno 27

 

Non riuscivo a credere che avrei rivisto la civiltà a breve. In lontananza, oltre le colline brulle, iniziarono ad intravedersi le tipiche case colorate di Manech, la città da cui eravamo partiti quasi un mese prima. Dopo quattro settimane di niente, di creature pericolose e di lotte per la sopravvivenza, vedere quegli edifici mi fece sentire a casa. Anche se la mia vera casa era non solo lontana ma in un’altra dimensione.

«Evviva!» esclamò Little Bolt, scuotendo il carro.

«Non fare l’idiota!» lo sgridò Trixie. «Vuoi farci cadere proprio ora che siamo arrivati?»

«Ehehe.» ridacchiò il pegaso. «Direi di no.»

Scrolley si stava sfregando gli zoccoli. «Che bello, non vedo l’ora di essere a casa. La parte più bella arriva adesso. Oh, le facce dei miei colleghi quando vedranno cosa ho trovato!»

Big Wing sbuffò. «Sì, ci hai già spiegato mille volte le meraviglie di quel regno infestato da mutaforma. Risparmiaci la tiritera.»

Scrolley lo guardò storto, come se avesse detto una bestemmia.

«Non hai alcuna idea dell’impatto che avrà quello che abbiamo scoperto! Un regno di unicorni vecchio di …»

Smisi di ascoltarla, chiudendomi nei miei pensieri. Mentre ci avvicinavamo alla città mi misi a riflettere per l’ennesima volta su tutte le possibili linee d’azione per ritrovare Rachel. Ora che non dovevo più preoccuparmi di fare attenzione a bestie selvagge o sciami di pony corrotti potevo focalizzare l’attenzione su ciò che più mi premeva.

Secondo Lyra era al sicuro, ma io non riuscivo a essere così ottimista. Chi o cosa l’aveva portata via? Perché? E dove? Sempre secondo Lyra due dei luoghi più probabili in cui poteva essere erano Canterlot o l’Impero di Cristallo. La prima sarebbe stata semplice da raggiungere. Avrei chiesto alla monarca Celestia se sapeva qualcosa di una magia del genere, e con un po’ di fortuna mi avrebbe potuto reindirizzare a un luogo più specifico. Altrimenti avrei tentato con questo Impero di Cristallo e con la Principessa Cadence che, secondo l’unicorno azzurro, era l’unica al mondo ancora capace di utilizzare una magia di questo genere.

C’era un solo problema. In questo mondo sconosciuto non sapevo proprio come muovermi. Rachel bene o male, guardando quel cartone, conosceva qualcosa più di me. Io invece ero ancora all’oscuro di molte cose. Avrei potuto chiedere agli altri se se la sentivano di aiutarmi, ma avevo la sensazione che sarebbero stati o troppo occupati o troppo stanchi di una spedizione lunga un mese in una terra così desolata. E non potevo dar loro torto. Io stesso avrei voluto fermarmi e rilassarmi ma … non volevo. Non potevo.

Dovevo trovare Rachel. Ad ogni costo.

 

«Qualcosa non va …» commentò Trixie poco dopo aver rimpicciolito il carro e le scorte, distribuendo il tutto tra di noi.

Si riferiva alla città. Era passato un mese da quando ci eravamo passati, ma si respirava un’aria diversa. I pony che incontravamo per strada erano meno spensierati e più nervosi, i soldati in uniforme nera più presenti. Anche i manifesti erano molto più diffusi e con messaggi più adatti a un periodo di guerra che a uno di pace.

“Morte agli assassini”, “Giustizia per le vittime innocenti” e “Vittoria rapida e folgorante” erano le frasi più in voga.

«Non ditemi che …» disse Lyra, preoccupata.

«Già» esclamò con tono grave Big Wing. «Temo che durante la nostra assenza qualcuno abbia deciso di entrare in guerra.»

«Merda.» fu il mio commento secco. Questo complicava ancora di più i miei piani. Anzi … per quello che ne sapevamo potevamo trovarci in territorio nemico.

Trixie accelerò l’andatura. «Speriamo che Unicornia non sia in guerra con Equestria altrimenti siamo fregati.» disse leggendomi nel pensiero.

Durante il tragitto verso la stazione gli sguardi di molti unicorni caddero su di noi. Alcuni soldati soprattutto ci guardavano di sottecchi. Ma nessuno ci fermò. Buon segno. Probabilmente era strano vedere pegasi passare di lì in quel periodo.

Arrivati incolumi alla stazione, accolti dal fischio di un treno in arrivo, Trixie si affrettò a controllare il tabellone delle partenze. Il treno che andava sino all’Impero di Cristallo era stato soppresso, ma quello che si fermava a Ponycity c’era ancora.

Esalammo tutti un sospiro di sollievo.

«Bene. Andiamo a prendere i biglietti.» esclamò Trixie rincuorata, andando verso la biglietteria.

«Sei biglietti per Ponycity.» disse rivolgendosi al bigliettaio. «Con un biglietto extra per i bagagli speciali.»

Il bigliettaio le passò i biglietti senza guardarla in volto, ma quando alzò lo sguardo per prendere i soldi notai che fece una strana espressione.

«Aspetti un momento.» disse, strappandole dagli zoccoli i biglietti con la magia. «Forse ho sbagliato. Potrebbero non esserci più posti per il treno in partenza. Vado a controllare.»

Si voltò e sparì in una stanza adiacente alla biglietteria, senza darle tempo di chiedere spiegazioni.

Trixie si voltò verso di noi, con aria preoccupata.

«Ma il treno non parte fra un’ora?» chiese Scrolley, controllando gli orari.

«Non è nemmeno ora di punta.» commentò Big Wing, scocciato.

Improvvisamente sentii una strana sensazione. Qualcosa di opprimente. I rumori attorno a noi scemarono, e uno strano silenzio calò.

Come la calma prima della tempesta.

Poi percepii una strana energia attorno a me. E dal nulla apparvero una dozzina di unicorni in uniforme nera simile a quella usata dai soldati. Si erano teletrasportati da chissà dove, e ci circondavano. Erano armati fino ai denti.

La reazione più rapida fu quella di Lyra. Con un fulmine biforcato riuscì a colpire e stendere due degli aggressori.

Qualsiasi dubbio che non fossero aggressori venne fugato quando iniziarono a sparare. E dal rumore dei colpi intuii che quelli non erano normali proiettili. Il primo ad essere colpito fu Big Wing, che tentando troppo tardi di levarsi in volo si accasciò al suolo. Non aveva alcuna ferita.

Ci stavano sparando addosso dardi soporiferi.

Trixie creò subito uno scudo attorno a noi, purtroppo troppo tardi per impedire al pegaso di venire colpito.

«Non adesso!» sbraitò Scrolley, tirando fuori la pistola. Come durante l’attacco delle arpie, lo scudo proteggeva dall’esterno, non dall’interno, quindi i suoi colpi superarono la barriera e ferirono a una zampa uno degli unicorni.

Lyra usò un altro incantesimo come quello di prima per friggerne altri due, ma proprio in quel momento arrivarono rinforzi. Decine di rinforzi.

«Merda.» dissi per la seconda volta nel giro di un’ora, prima di estrarre la pistola a mia volta. Il fuoco incrociato avrebbe fatto terminare lo scontro nel giro di secondi se non avessimo avuto lo scudo di Trixie a proteggerci. Ma per quanti feriti e morti causavamo (non avevo tempo di rendermi conto che stavo uccidendo pony per la prima volta), continuavano ad arrivarne. Sembravano aver preparato quella trappola da settimane.

«Non dureremo a lungo così!» esclamò Trixie, sudando freddo. Quei proiettili erano ancora più difficili per lei da deflettere dei corpi delle arpie.

«Lascia fare a me!» urlò Lyra, illuminando il suo corno. «Al mio tre! Uno … Due …»

Dal nulla vidi apparire un altro unicorno, vestito con un uniforme leggermente diversa dalle altre. In un battito di ciglia lanciò un raggio viola che colpì lo scudo, facendolo implodere di colpo.

Mentre Lyra diceva «Tre…» decine di dardi soporiferi fendettero l’aria.

Fu impossibile evitarli a quel punto.

 

Luogo ???: Giorno ???

 

Quando mi risvegliai ero tutto un dolore. Mi sentivo come se fossi stato sballottato dentro un flipper. Aprii gli occhi, scoprendo di essere rinchiuso in una cella in cemento con sbarre di spesso metallo.

“Ma che caz … di nuovo …”

Mi alzai a fatica e guardai fuori dalla cella. Vidi una grossa stanza, anch’essa in cemento, ben illuminata da delle lampade. C’erano due porte metalliche, una alla mia sinistra e una alla mia destra, ma nessuna finestra, quindi potevamo essere all’ultimo piano di un grattacielo come sottoterra per quel che ne sapevo. C’erano due unicorni con la divisa nera seduti a un tavolo, intenti a fumare delle sigarette e a giocare a carte. Sul lato dove stavo io la stanza aveva altre celle, che dai rumori che percepii intuii essere occupate. Mi trovavo nella prima a partire da sinistra.

«Ehi!» esclamò una delle guardie, ridacchiando dopo avermi notato. «Se ne è svegliato un altro, a quanto vedo.»

«Non lui!» si lamentò la seconda. «Avevo scommesso su quella color sabbia!» sputò a terra. «Maledizione!»

Mi sporsi il più possibile dalle sbarre per vedere le altre celle, ma riuscii solo a notare il muso sporgente di uno dei due fratelli pegasi. Essendo entrambi di color grigio non avevo idea di chi fosse.

«Cos’è questo baccano?» si lamentò la voce inconfondibile di Scrolley, della cella più lontana alla mia destra.

«Ma merda!» imprecò la seconda guardia. «Non potevi svegliarti qualche secondo prima?»

La prima guardia scoppiò in una risata fragorosa, mentre l’altra battè uno zoccolo sul tavolo, smuovendo le carte che erano posate.

Il primo unicorno smise di ridere.

«Ehi, non cercare di imbrogliare buttando le carte!»

«Al massimo quello che imbroglia sei tu.» disse l’altro, facendo un ghigno di sfida.

«Ma piantala.» la finì il primo, tornando a guardare le carte.

La porta metallica a destra si aprì. Nella stanza entrarono un altro paio di guardie, seguite da una giumenta che spiccava rispetto agli altri unicorni per via della divisa da ufficiale. Dal manto indaco e dalla criniera violetta, aveva uno sguardo che me la rese subito antipatica.

Non so perché, ma mi sembrava di averla già vista.

Sì! Ora ricordavo! Era l’unicorno che aveva distrutto lo scudo che ci proteggeva durante l’imboscata!

«Cos’è questo chiasso?» esclamò seccata fissando lo sguardo sui nostri carcerieri.

I due unicorni fecero cadere sigarette e carte sul tavolo e si misero immediatamente sull’attenti.

«Nulla, signora.» risposero quasi in perfetta sincronia.

«Bene … vedo che i nostri ospiti sono finalmente tutti svegli.»

«Tu!» esclamò la voce energica di Trixie, da una delle celle centrali. Da una delle sbarre vidi spuntare il suo muso e parte di uno zoccolo.

«Oh, vedo che ti ricordi di me, agente 6437. O preferisci farti chiamare con il tuo vero nome?»

Cooosaaa??? Avevamo viaggiato insieme ad un’agente di Unicornia per tutto il tempo?

«Certo che mi ricordo di te, Shadow Silk, brutta …» esclamò lei con un tono rabbioso.

«Ricordi anche il mio nome.» la interruppe la giumenta portando lo zoccolo al petto con una falsa espressione lusingata. «Dopo tutti questo tempo pensavo l’avessi dimenticato.»

«Dopo tutto questo tempo non ci saremmo mai più dovute rivedere, Silk! Conosci gli accordi!»

«Oh certo Lulamoon, certo che li conosco. Ma vedi, le cose sono cambiate dopo tanti anni. Sai meglio di tutti i tuoi nuovi amici qui cosa significhi lavorare come spia. In questo lavoro chi si ferma è perduto.»

La giumenta si avvicinò al tavolo pieno di carte sparse. I soldati che erano lì seduti non si mossero.

Con il corno fece levitare le carte, smuovendole, mischiandole e rimettendole in un mazzo ordinato.

«Non è molto diverso dai giochi con le carte. Devi sempre tenere d’occhio cosa mettono giù gli avversari se vuoi sperare di vincere … o di sopravvivere. E tu non hai controllato le carte da troppo tempo.»

L’unicorno blu battè lo zoccolo su una sbarra, ringhiando. «Non hai alcuna idea del casino in cui vi siete messi! Ora Equestria, anzi il mondo intero verrà a conoscenza di tutto quello che avete fatto!»

La giumenta rise, tornando davanti alla sua cella. «Capirai … si parla di operazioni vecchie di anni e che nel bel mezzo di una guerra avranno lo stesso effetto di un petardo contro un carro armato. Inoltre la vostra cara Equestria avrà ben presto altre cose di cui preoccuparsi che di qualche intrallazzo e complotto.»

«Non prevarrete mai da soli.» esclamò la voce di Lyra, dalla cella subito vicina.

«E qui abbiamo Lyra!» disse Shadow Silk, portandosi di fronte alla sua cella. «E’ stato un vero shock scoprire che ci avevi lasciato dopo così tanto tempo passato a Maresailles. Eri un unicorno così promettente. La regina stessa apprezzava la tua curiosità scientifica.»

«Voleva servirsi di me per avidità, non per la scienza e la magia.»

Notai un tic da parte della giumenta. «Avidità? La nostra amatissima Regina Rarity? Ci ha donato libertà, forza e una terra da chiamare casa, e quando ti chiede qualcosa in cambio per servire meglio la nostra causa tu chiami ciò avidità

«Sì.» rispose Lyra con sicurezza. «Perché è tutto basato su menzogne e mezze verità.»

Lo zoccolo di Shadow Silk battè con forza contro la sbarra della cella di Lyra, creando un rumore che intontì me che ero lontano.

«Non osare insultare la generosità della Regina!» urlò isterica.

Sentii un rumore di zoccoli provenire dalla porta stavolta alla mia sinistra, seguiti da saluti militari.

Shadow Silk si ricompose, facendo due colpi di tosse.

«Bene bene.» disse la giumenta, risistemandosi magicamente e con cura la divisa e la criniera. «Puntuale come sempre.»

Aperta la porta vidi entrare altre guardie. Queste avevano delle divise leggermente diverse, più elaborate. Si misero insieme agli altri soldati in una linea dall’altra parte della stanza, sull’attenti. Capii subito che si trattava di guardie speciali appena vidi chi stavano proteggendo.

Non la conoscevo bene come Twilight o Rachel ma la riconobbi quasi subito, e feci fatica a credere che fosse lei. La Rarity che passò davanti a me infatti era molto diversa dalla sua versione umana o del cartone. La criniera viola scuro era acconciata in un modo così complesso che scommettevo ci impiegavano un’ora solo per preparargliela. Il manto bianco perlato era pettinato in modo perfetto, e mentre passava sentii una moltitudine di profumi emanare dal suo corpo. Vestiva di un lungo abito blu oceano adornato di nastri e pizzi che le copriva i fianchi, mentre agli zoccoli portava delle calzature argentate. Sulla testa poggiava un diadema dorato e le zampe erano adornate di diversi gioielli, che luccicavano quando la luce li colpiva.

Ma ciò che notai di più fu quelli che portava al collo, molto particolari.

Il primo doveva essere il suo Elemento corrotto, quello della Generosità, una collana grigia con una gemma al centro. Il secondo invece non avevo idea di cosa fosse. Era davvero uno strano gioiello, legato ad una collana dorata, a forma di triangolo rovesciato su cui svettava un unicorno con le ali (il termine giusto era alicorno se non ricordavo male), di colore grigio e rosso.

«Vostra maestà …» la salutò Shadow Silk con voce servile, inchinandosi così tanto che toccò quasi il pavimento.

«Comoda comoda.» esclamò la voce di Rarity, persino più vellutata e raffinata di quanto ricordavo. «Siamo venute a fare visita ai nostri ospiti, come si conviene a una buona padrona di casa.»

Ci fissò uno a uno. Il suo era lo sguardo tipico delle regine altezzose e piene di sé, che sentivano l’odore della plebe lontano un miglio e che non vedevano i problemi dei poveri nemmeno se glieli sbattevano in faccia. Chissà a quali lussi era abituata. Scommettevo che l’idea di venire lì in questa prigione sudicia e grigia non l’aveva per niente resa entusiasta. Probabilmente la veste che indossava era la più brutta delle centinaia in suo possesso.

Dovevamo davvero essere importanti per averla costretta a venire sin qui.

«Ma che bella combriccola.» esclamò con un sorriso dopo averci squadrati. «Tre pegasi e tre unicorni. Però secondo le nostre informazioni uno degli unicorni che è partito non è lo stesso che è tornato, giusto?»

Nessuno di noi osò rispondere.

«Perché così taciturni?» esclamò lei gentilmente, guardandosi uno zoccolo e specchiandosi nella calzatura luccicante. «La nostra vista vi ha forse abbagliati a tal punto da frenare la lingua?»

Si avvicinò con andatura impostata fino alla cella di Lyra.

«Hearthstrings, tu specialmente non dovresti sentirti così a disagio, dopo tutto il tempo che hai passato nella nostra corte a parlare con noi.»

Lyra continuò a non rispondere.

«Come volete.» sbuffò Rarity, sdegnata. Si rivolse a Shadow Silk. «Come suggerisci di procedere, cara?»

La giumenta, che fino a quel momento aveva mantenuto l’inchino, alzò lievemente la testa.

«Maestà … se vorreste concedermi l’onore, interrogherò io stessa questi prigionieri, tirando fuori tutto ciò che sanno nel giro di una settimana, non di più.»

Rarity batté ritmicamente uno zoccolo a terra, come se fosse annoiata o scocciata. «Mmm. Anche se la prospettiva di vedere spremuti questi bei pony ci alletta, purtroppo dobbiamo rifiutare questa proposta. Abbiamo bisogno di risposte in tempi brevi.»

«Mia signora.» si affrettò ad aggiungere la spia. «Posso farcela anche in quattro giorni, se desidera. No, in tre. Anzi, se non le dà problemi avere qualche menomato, persino due.»

Mi si ghiacciò il sangue a menomato.

Rarity ridacchiò, come se avesse raccontato una barzelletta.

«Adoriamo il tuo zelo, Silk. Davvero. Ma abbiamo bisogno di loro nelle condizioni migliori e il prima possibile.»

La giumenta sudava freddo ora. Sembrava che si sentisse sul punto di venire condannata a morte per non aver soddisfatto il desiderio della padrona.

«Di oggi, mia signora.» esclamò infine, tremando un po’ con le parole. «Se recupero i migliori torturatori in poche ore riuscirò a ottenere qualcosa di oggi, promesso!»

Sempre peggio.

«No, Silk. Non sarà necessario.» le disse, posandole uno zoccolo sulla spalla. «Hai già compiuto il tuo dovere catturandoli vivi e incolumi. Sarai ricompensata generosamente come sempre. In fondo siamo o non siamo la giumenta più generosa di tutte?»

Shadow Silk guardò quello zoccolo come se fosse appartenente a una divinità, e si limitò ad annuire grata.

«Da qui in poi ci penseremo noi …»

Trixie si appoggiò di nuovo rumorosamente alla sua cella, urlando. «Cosa credi di ottenere, Rarity? Ripeto a te quello che ho detto alla tua schiavetta. Catturandomi hai fatto un grosso errore!»

Rarity si voltò verso di lei con molta flemma e senza rabbia. Al contrario di Shadow Silk.

La spia scattò sui propri zoccoli e si avvicinò alla cella con poche falcate. Con la telecinesi portò la sua pistola alla tempia di Trixie, digrignando i denti.

«Non … osare … rivolgerti … così … alla nostra … Regina!» urlò, fissando Trixie negli occhi.

Trixie non sembrò turbarsi dell’arma puntata alla testa, anche se non potevo vedere la sua espressione.

«Fallo, Silk. Fallo pure. Premi quel grilletto. Tanto non ho più nulla da perdere ormai. Grazie a voi ho perso la cosa più bella della mia vita. Fammi questo bellissimo favore di piantarmi un proiettile in testa. Toglimi di mezzo. E dopo, la tua cara regina sarà così incazzata con te per aver perso un’importante fonte d’informazioni che come minimo ti darà in pasto a un drago. Non potresti farmi regalo di addio più bello.»

Se fosse stata una bomba, Shadow Silk sarebbe esplosa in quel momento per la rabbia. Potevo solo immaginare il sorriso di vittoria di Trixie. Una vittoria di Pirro, visto che si trovava dietro le sbarre, ma meglio di niente.

Si allontanò dalla cella, rinfoderando la pistola, cercando di ingoiare il rospo.

Rarity le lanciò lo sguardo che il padrone di solito dà al cane per aver fatto una cattiva azione, e come un cane la spia si accucciò buona in un angolo. Poi la regina si rivolse a Trixie.

«Che energia, ex-agente Trixie. Ora ricordiamo perché eri arrivata allo stesso grado di Silk, malgrado il numero di azioni sul campo decisamente inferiore. Peccato che ti sia rammollita nel momento più bello. I tuoi compagni conoscono il tuo passato? O l’hanno scoperto solo oggi?»

Quella frecciata fece indietreggiare il muso di Trixie. Anche se avevo ormai capito che il lavoro di spia se l’era lasciato alle spalle, potevo intuire come si sentisse.

«Allora?» disse, rivolgendosi a noi questa volta. «Sapevate che la vostra carissima amica qui un tempo lavorava per noi? Per Unicornia? Che grazie a lei sono cadute un paio di città? Che grazie a lei conoscevamo ogni singolo spostamento delle false dee?»

«Basta …» disse con voce flebile di Trixie.

«Che grazie a lei siamo riuscite ad ottenere questo amuleto che lei stessa aveva utilizzato per breve tempo?»

«Basta.» ripetè Trixie con voce più alta.

«Che grazie a lei, per poco, non abbiamo avuto l’occasione perfetta per prenderci Ponycity e la stessa Canterlot?»

«BASTA!» urlò Trixie con la voce spezzata dal pianto.

Rarity si bloccò, sinceramente stupita della reazione.

«Ma che spettacolo penoso … la Grande e Potente Trixie, reduce di tutte queste grandi imprese, piange come una puledrina in una cella … piena di polvere.»

Mentre diceva piena di polvere si controllò gli zoccoli e il vestito, per controllare che non ne avesse.

«Ma in fondo è abituata a queste cadute di stile, non è vero?»

«Brutta figlia di …»

«Linguaggio, Trixie! Linguaggio! Cielo, sei di fronte alla regina di una nazione!»

Riuscivo a vedere una montagna di tic nervosi sul volto di Shadow Silk, ma come i cani che se ne stanno fermi per un ordine del padrone non caricò.

«Non ti devi preoccupare. La tua miseria avrà presto fine. No, non fare quella faccia. Non desideriamo uccidervi. Non siamo un mostro. E poi perché fare tutta questa fatica per catturarvi solo per eliminarvi? Abbiamo in serbo per te e i tuoi amici un destino molto più felice e glorioso. No, non ringraziateci per la nostra generosità tutti insieme. Ci sarà tempo dopo per questo.»

Si mise al centro della stanza, e fece un profondo respiro. Dietro di lei i soldati erano rimasti sull’attenti per tutto il tempo, tenendoci d’occhio come gargoyle.

«Avrete modo di ammirare tutti la grande bellezza e potenza della vostra nuova Regina!»

Il corno, gli occhi e l’amuleto sotto il suo Elemento si contornarono di un’aura rossa molto minacciosa. Attorno al corno si crearono altri strati di quella luce sinistra, illuminando la stanza più della luce artificiale.

Mi ritrassi d’istinto, intuendo cosa stava per accadere.

Poi, improvvisamente, sei raggi furono scagliati dalla punta, ciascuno diretto verso uno di noi. Provai ad evitarlo, ma era troppo veloce.

Fui colpito in pieno … ma non accadde niente.

Guardai gli zoccoli, il corpo, le ali, ma non ero ferito né diverso da prima. Anche se sentivo una strana sensazione al cuore. Una sensazione di calore molto particolare.

Quando alzai lo sguardo verso la stanza fuori dalla cella la vidi.

Spalancai la bocca e gli occhi per quello spettacolo vivente su quattro zoccoli. Era la giumenta più bella, avvenente, favolosa, di classe che avessi mai visto in tutta la mia vita: quel pelo bianco che sembrava seta, la criniera così soffice ed elaborata, i vestiti e i gioielli che la esaltavano come fosse una dea.

Rachel in confronto era una cozza.

Andai contro le sbarre, cercando di avvicinarmi a lei il più possibile. Me ne innamorai all’istante. Avrei fatto qualunque cosa per accontentarla, per starle vicino, per farle venire un sorriso.

Una parte di me urlava perché si era resa conto di ciò che era successo e di quello che stavo pensando, ma l’amore che provavo per Rarity era così forte che la fece annegare.

«Allora.» disse la sua voce angelica che mi fece provare desideri proibiti. «Chi servite adesso?»

«Te, o nostra Regina!» esclamammo tutti quasi all’unisono.

La Regina fece una risata che mi scaldò dalla testa alla coda. Era così innocente e pura …

«Bene, nostri nuovi sudditi.» disse con un sorriso raggiante. «Abbiamo dei compiti per voi.»

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 - ... e si riempie di folgori ***


Capitolo XXII

… e si riempie di folgori

 

 

Una delle più orribili caratteristiche della guerra è che la propaganda bellica, tutte le vociferazioni, le menzogne, l’odio provengono inevitabilmente da coloro che non combattono.

(George Orwell)

 

 

 

... Dopo lo shock iniziale delle nuove armi schierate dalle tre forze in campo, sembra che la situazione stia andando a favore dell’alleanza unicorni-pegasi …

… l’ultima battaglia contro le posizioni fortificate di Terra ha avuto successo. Ora le gloriose truppe di Pegasopoli controllano quelli che un tempo erano i cieli e le terre dei bufali …

… malgrado la potenza delle armi nemiche, l’intero fronte della nostra grande nazione regge. Tutti i giorni truppe fresche vengono inviate per difendere i nostri confini. Il Ministero della Guerra informa che il rapporto finale tra le nostre forze e le loro sarà di tre a uno. Non fidatevi delle voci di truppe nemiche che avanzano. Sono voci diffuse da dissidenti, traditori e propaganda nemica, e non corrispondono affatto a verità …

… le forti truppe della nostra Regina si stanno aprendo la via per Manechester giorno dopo giorno. I carri armati Shimmer si rivelano essere la punta di diamante del nostro esercito, portandoci alla vittoria ogni volta che intervengono. Solo il meglio del meglio viene impiegato per penetrare il colosso corrotto che si fa chiamare Terra. La loro progettista, Sunset Shimmer, ha rivelato in un’intervista che è rimasta sinceramente stupita delle loro prestazioni. Si è voluta complimentare con le industrie Flim Flam, dichiarando che hanno fatto un ottimo lavoro nel seguire il progetto iniziale. Conclude la sua intervista spiegandoci che la potenzialità della tecnologia magica impiegata in tali carri è enorme e non ancora del tutto sfruttata …

 

Stalliongrad: 10 giorni dall’inizio della Terza Grande Guerra

 

Era una sensazione strana quella di vestire il ruolo di guardia. Ero una scrittrice, e più volte mi era capitato di immaginarmi come ci si dovesse sentire nelle vesti di un soldato. Ma provare quell’esperienza era tutta un’altra cosa.

Insieme a Redflame avevamo accompagnato Pinkie Pie nel breve tragitto che c’era tra l’albergo (dove avevamo lasciato Twilight) e il suo Ministero. Nell’edificio, così ben arredato e pulito che non sembrava di essere nell’inquinata e spartana Stalliongrad, passammo tra corridoi, stanze e decine di pony indaffarati, di cui solo pochi avevano vesti civili, mentre la maggioranza portava abiti militari.

Quando si accorgevano della presenza del Ministro si mettevano subito sull’attenti, per poi tornare alle loro mansioni.

Il Ministero, al contrario di quanto pensavo, era davvero elegante: quasi ogni ambiente aveva tappeti, statue e quadri (quasi sempre a tema lavoro e bellico), lampadari complessi, tende pregiate, scrivanie e scaffali ricolme di oggetti come fermacarte, lampade e portapenne.

A un certo punto, arrivati in un ufficio in cui campeggiavano alcuni manifesti di propaganda (nuovi come se fossero stati appena stampati, a differenza di quelli strappati e ingrigiti visti nelle strade), una giumenta dal manto arancio e la criniera verde interruppe la sua attività alla scrivania e si rivolse a lei con tono colloquiale.

«Ministro, benvenuta.» furono le sue prime parole gentili. «La stavamo aspettando.»

Scese dalla sedia e si mise di fronte alla scrivania, facendo un rapido saluto militare.

«Buongiorno Apple Squash.» rispose Pinkie, tenendo il tono serio che il suo ruolo richiedeva. «Ci sono stati problemi durante la mia assenza?»

La giumenta scosse la testa. «Nossignora. Abbiamo seguito alla lettera le sue indicazioni da Applegrad e abbiamo ottimi rapporti sul morale delle truppe e dei civili. Malgrado le difficoltà al fronte la stragrande maggioranza della popolazione crede che vinceremo.»

«Ottimo.» mentì il pony rosa. «Notizie dalla tua cugina Applejack?»

Apple Squash annuì rapida. «Sissignora. L’incontro è confermato per dopodomani. Vuole la lista dei presenti?»

«Ovviamente.» rispose senza tono Pinkie.

Il pony in uniforme le passò uno tra i tanti fogli sulla scrivania, che Pinkie infilò rapidamente in un taschino.

«C’è altro?»

La pony arancione ci pensò per un istante. Stava per scuotere la testa, ma all’ultimo momento s’interruppe. «Ah sì! Abbiamo un’ospite speciale nei piani bassi.» disse con un sorriso malizioso.

“Ospite speciale” e “piani bassi” … questi termini rievocarono ricordi ben poco piacevoli.

Vidi fremere Pinkie Pie a quella notizia solo perché le ero molto vicino. Apple Squash infatti sembrò non accorgersene.

«Non dire altro.» la fermò Pinkie. «Lasciami la sorpresa di scoprire chi è.»

La pony in uniforme annuì, e senza aspettare altro il Ministro si voltò e uscì dalla stanza.

 

Quei corridoi in cemento sotterranei erano tristemente familiari. Di tanto in tanto spuntavano delle sale laterali che servivano da cella, in cui non osai guardare. Mi bastavano le grida e i pianti che echeggiavano di continuo. Pinkie Pie accelerò il passo, per evitare di stare in quel luogo più a lungo del dovuto.

Si fermò di fronte a una cella piantonata da due guardie. Le giumente davanti alla cella le fecero il saluto militare.

«Sono venuta a controllare l’ospite speciale.»

«Sissignora.» rispose la prima.

«Sia cauta.» la avvertì la seconda. «Ci sono voluti cinque di noi per trasportarla fin qui.»

Non prometteva nulla di buono.

«So quello che faccio.» disse Pinkie, mentre la prima guardia prendeva le chiavi e apriva la porta in metallo.

Entrammo, lasciando quelle guardie e il corridoio alle spalle.

Mentre sentii la porta chiudersi dietro di me, strabuzzai gli occhi nello scoprire chi era “l’ospite speciale”.

Mi ci volle qualche istante per riconoscerla, perché quelli della sua razza nella serie dei My Little Pony si erano visti una volta sola, ed era così caratteristica che non potevo sbagliarmi.

Ai miei occhi non era possibile chiamare la prigioniera un pony. Era troppo grande. Arrivava quasi alle dimensioni di Celestia. Capivo perché era stato difficile fermarla e metterla in quella cella.

Ma se non era un pony, come chiamarla? Forse era semplicemente una razza di pony più grandi, ma era, almeno per me, più corretto definirla una cavalla. Una cavalla proveniente da un paese misterioso e lontano.

L’Arabia Sellata.

Non portava alcun abito e ad ogni zampa aveva una catena legata al muro. Il manto azzurro era pieno di lividi e piccole ferite, mentre la criniera porpora era sporca e in disordine.

«E tu chi sei?» chiese Pinkie, dopo averla osservata con attenzione.

La … chiamiamola pony alzò solo in quel momento la testa. Malgrado la sua condizione ci aveva osservato per tutto il tempo mantenendo una dignità quasi … regale. Fissò la pony rosa da pari, non da prigioniera. E non rispose.

Se avesse avuto a che fare con la Pinkie di qualche giorno prima avrei temuto per la sua vita. Ma con la Pinkie di oggi riuscii a godermi la fierezza di quel pony esotico senza paura.

Pinkie Pie si assicurò che la porta fosse chiusa, poi si avvicinò alla prigioniera, sedendosi vicino a lei. Malgrado la prigioniera fosse coricata, riusciva a guardarla senza abbassare la testa.

«Non devi temere nulla.» la rassicurò Pinkie a bassa voce, con tono gentile. «Non ho idea di come tu sia arrivata qui, ma ti farò uscire di qui.»

La prigioniera mantenne l’aria fiera, ma alzò un sopracciglio. Non sapeva se essere sorpresa o diffidente.

«Siete voi a comandare qui?» chiese, con voce misurata e un accento molto forte ma gradevole.

Pinkie Pie annuì, mostrandole un sorriso come faceva quando incontrava una nuova amica. «Mi chiamo Pinkie Pie.»

Gli occhi del pony dell’Arabia Sellata si spalancarono. «Quella Pinkie Pie?»

Lei annuì, leggermente più triste. «Come ti ho detto, non ti verrà fatto alcun male. Anzi, vorrei poter diventare tua amica. Posso sapere il tuo nome?»

La diffidenza della prigioniera non cambiò. «Non ho intenzione di dirvi niente. Non dopo ciò che avete fatto ad Equestria.»

Pinkie sospirò. «Hai ragione. Hai maledettamente ragione. Ma non ti preoccupare. Farò in modo di risistemare le cose. Non voglio più vedere pony in catene.»

La prigioniera continuava a guardarla con scetticismo, ma dopo quelle parole sembrava più portata a crederle.

«Se credi che il trucco del sono tua amica funzioni con me …»

«No. Non sto ricorrendo ad alcun trucco.» rispose la pony rosa, con tono triste. «Ma nulla di ciò che ti dirò potrà convincerti, quindi lascio perdere.»

Si alzò, lanciandoci un’occhiata amareggiata e dirigendosi verso la porta. «Non è con le parole che cambieremo il mondo.»

 

Quella notte avevo dormito poco e male. Non tanto per il letto fornitoci da Pinkie Pie, che con la stanchezza accumulata era un vero toccasana, ma per la tensione di venire scoperta lì, nella tana del lupo.

Ci trovavamo a Stalliongrad, nella capitale di Terra, uno dei luoghi forse più sorvegliati al mondo. Un minimo errore e saremmo finite di nuovo tra le sbarre. E questa volta non ci sarebbero andati leggeri con noi. Malgrado tutte le belle parole, i pony di Terra non erano migliori dei loro nemici.

Sbadigliai sonoramente, appoggiata a una scrivania. Levitai alla bocca una grossa tazza ricolma di caffè bollente (il caffè della nuova Equestria era una delle poche cose che era migliorata, ringraziando Celestia) e ne presi un sorso mentre leggevo il giornale arrivato in camera. Non avevo meglio da fare mentre aspettavo Pinkie e gli altri, ed ero troppo stanca per mettermi a studiare.

La lettura si rivelò poco piacevole: quasi tutto il giornale era incentrato sulle notizie provenienti dal fronte. Visto che non si parlava quasi mai di ritirate o sconfitte, dubitavo che l’ottimismo che traspirava fosse genuino e che venisse detta tutta la verità. A credere a questi “giornalisti” sembrava che la guerra sarebbe finita nel giro di un mese. Ne dubitavo parecchio avendo visto di cosa erano capaci gli unicorni e i pegasi.

Passai il tempo quindi a riflettere su tutte le nostre possibili mosse fino a quando non tornarono Pinkie e gli altri.

«Novità?» chiesi, bevendo un altro sorso di caffè.

Pinkie Pie fece un sospiro «E’ tutto confermato. Ci saranno parecchi pony a quella riunione, ma sono sicura che riusciremo a tagliarci un attimo di privacy con Applejack.»

«Bene. Hai già in mente cosa possiamo fare dopo? Con le altre nostre amiche intendo?»

Pinkie Pie andò a sedersi su una poltrona, pensierosa. «No, a dire la verità. Però temo che non potremo seguirti.»

Stavo per chiederle perché, ma prima di aprire bocca capii cosa intendesse. «Temi che senza di voi questa nazione cadrebbe a causa della mancanza dei suoi leader?»

Pinkie annuì. «Per quanto desideri andarmene via e lasciarmi alle spalle questi vent’anni, so che dovremo tenere questa facciata ancora per un po’. Almeno finchè le altre nostre amiche non saranno state purificate.»

«Hai ragione.» si accodò Redflame. «Se vogliamo evitare migliaia di vittime civili, questa nazione deve restare forte e mantenere il fronte stabile.»

Rachel sbuffò. «Sarebbe meglio riuscire a firmare una tregua …»

Redflame stava per interromperla, ma l’unicorno verde alzò uno zoccolo. «… però è impensabile visto cosa ne pensano Rarity e Rainbow Dash di questa guerra. Finchè non le avremo purificate, la guerra è inevitabile. Possiamo solo cercare di limitare i danni per quanto possibile.»

Per poco non soffocai bevendo il caffè. Mi era venuta un’idea brillante mentre Rachel parlava.

«E se facessimo venire loro da noi?» esclamai.

Tre paia di occhi mi fissarono, tra il sorpreso e il curioso.

«Redflame.» dissi, fissando il pegaso. «Dicevi che i pegasi e gli unicorni non avrebbero mai smesso di cercarci, giusto?»

Il pegaso annuì, e dallo sguardo sembrò intuire dove volessi arrivare.

«Ottimo. Allora dopo che avremo portato Applejack dalla nostra parte, non dovremo far altro che attirare il più possibile l’attenzione su di noi. Con l’astuzia e un po’ di fortuna, l’orgoglio di Rainbow Dash e di Rarity potrebbero portarle a venire di persona da noi.»

«Rarity non si degnerà mai di abbassarsi a tanto, te lo assicuro.» disse Pinkie Pie, spegnendo parte delle mie speranze.

«Ma non hai così torto per quanto riguarda Rainbow Dash.» mi diede ragione Redflame. «Se riusciamo a deluderla abbastanza a lungo, potrebbe effettivamente prendere le redini della ricerca personalmente.»

«Allora è deciso.» esclamai. «Una volta pensato ad Applejack, viaggeremo e attireremo l’attenzione di Rainbow Dash. Presa lei, avremo la strada spianata per purificare Fluttershy, e a quel punto toccherà solo più a Rarity.»

«Sembra semplice detta così.» si lamentò Rachel.

Mi alzai e guardai negli occhi tutti, con espressione determinata. «La faremo diventare.»

 

Stalliongrad: 12 giorni dall’inizio della Terza Grande Guerra

 

Il giorno fatidico era arrivato. Mi ero lamentata nei giorni precedenti di sentirmi nella tana del lupo. Oh, quanto mi ero sbagliata.

Adesso ero nella tana del lupo. Pinkie Pie ci guidò verso l’entrata del Palazzo del Popolo Terrestre, un grande complesso di edifici color mattone con centinaia di finestre. Così grande che rivaleggiava persino con Canterlot. E con Canterlot condivideva in parte lo sfarzo e la bellezza, con il rosso come colore dominante anche negli interni: tappeti, arazzi, quadri, mobili pregiati … stonavano parecchio con la città attorno, grezza e inquinata, e anche con i pony che giravano per quelle sale vestiti in modo tutt’altro che elegante, tra divise militari e abiti da impiegato. Più passava il tempo, e più trovavo contraddizioni in questa nazione che si credeva la migliore dal punto di vista morale.

Per fortuna il Ministro della Propaganda lì era di casa, altrimenti ci saremmo di sicuro perse tra l’incrocio continuo di stanze e corridoi. La planimetria sembrava fatta apposta per confondere i nuovi venuti.

«Parlo solo io finchè non saremo da sole con Applejack, intesi?» disse Pinkie Pie a bassa voce mentre salivamo al piano della riunione.

Annuimmo tutti. In fondo lei era l’unica che sapeva come comportarsi lì dentro.

Capii che eravamo arrivati dalle quattro guardie fuori dalla porta della stanza. Ci lasciarono passare senza problemi e entrammo nella sala riunioni.

Molto grande, piena di dipinti e bandiere, ricolma del profumo dei fiori più disparati messi sul lungo tavolo centrale. Al suo interno c’erano una trentina di pony, di cui solo una dozzina stava vicino al tavolo a parlare tra loro. Gli altri se ne stavano in disparte, ed erano perlopiù soldati e segretari. I pony davvero importanti si distinguevano per la divisa simile a quella portata da Pinkie o per le medaglie. Con mia grande sorpresa (anche se nella lista il suo nome compariva) vidi Big Macintosh. Portava un colbacco e una divisa scura, e con il manto rosso e la sua imponenza risaltava parecchio tra la piccola folla di pony. Era indaffarato a parlare con Applejack. Entrambi avevano un’espressione seria e preoccupata. Le notizie di una guerra vinta nel giro di un mese erano solo menzogne.

«Ah eccoti!» disse Applejack, notando la nuova arrivata e interrompendo il chiacchiericcio della sala. «Ritardataria come al solito.»

«Scusami AJ.» disse la pony rosa, mostrando un sorriso. «Ho avuto da fare al Ministero.»

«Iniziamo allora.» ordinò Applejack, mettendosi a capotavola. Gli altri pony importanti fecero lo stesso, tenendosi alle spalle i propri segretari e soldati, così come fece Pinkie Pie con noi.  Ero precisamente dietro di lei, addetta come gli altri segretari a trascrivere le cose importanti di quella riunione. Così entrai nella parte e tirai fuori carta e penna (usando rigorosamente zoccoli e bocca).

L’atmosfera era divenuta pesante ancora prima che si iniziasse a parlare. Bastava vedere i volti dei ministri e generali lì riuniti.

Applejack prese la parola «Intanto comincio con il salutarvi tutti. So che molti di voi vorrebbero impiegare questo tempo per pensare al fronte, ma è proprio di questo di cui dobbiamo parlare oggi. La situazione non è delle più rosee. Potrebbe andare peggio, ma anche molto meglio.»

«Eggià.» concordò Big Mac. «Quei dannati unicorni sono più duri di quanto sembrano. I loro nuovi carri armati forano le armature dei nostri come se fossero carta.»

«Ma sono un quarto dei nostri.» lo interruppe un generale. «Per quanti ne distruggano, ne arriveranno altri.»

«E il loro punto debole sono gli attacchi dall’alto.» continuò un altro «Sono stati creati per contrastare un attacco da terra, non dall’aria.»

Stavolta a intervenire fu un Ministro, quello della Guerra secondo la descrizione di Pinkie.

«Per il momento le nostre forze e le loro si stanno combattendo quasi alla pari.» con uno zoccolo prese un bastoncino e lo puntò a una mappa di Equestria appoggiata sul tavolo. «Il fronte si è spostato di poco, tranne quello di Appleloosa, dove i pegasi stanno lanciando un’offensiva feroce, e quello di Manechester. In quest’ultimo Unicornia sta mobilitando quasi un quarto delle loro intere forze. E dato che non sono stupido, e nemmeno voi lo siete, il motivo di quest’offensiva è chiaro.»

Applejack annuì. «Caduta Manechester, non c’è altro tra loro e Stalliongrad.»

«Precisamente.» continuò il Ministro. «Ma con il nuovo decreto di reclutamento conto di poter rinforzare la città per qualsiasi assalto del nemico. Il problema è il tempo.»

«Quanto?» chiese Applejack.

«Una settimana. Se il fronte dovesse arrivare a Manechester prima di una settimana, non saremo pronti a difenderla al massimo dell’efficienza.»

«Impossibile.» commentò un generale. «Non possiamo tenere il fronte lontano dalla città così a lungo. Non con le forze attuali.»

«Dovremo mandare buona parte delle nostre nuove reclute su quel fronte per prendere tempo.» disse Big Mac.

«E Appleloosa? Lasciamo indifese le nostre fabbriche occidentali?» tuonò un altro generale.

«No!» esclamò Applejack. «Non dopo tutto il sangue versato per difenderle dagli attacchi dei bufali. Manderemo parte delle nuove reclute a ovest.»

«Così rischiamo di rimanere senza le riserve necessarie a difenderci da un attacco inaspettato.» esclamò il Ministro.

«Ne troveremo altre.» tagliò corto Applejack. «Ma prima di proseguire questo discorso dobbiamo occuparci di altri problemi.»

Applejack fissò Pinkie Pie. «Il tuo Ministero come sta reagendo al conflitto?»

Il pony rosa non si aspettava di essere interpellata così presto, ma reagì subito. «Bene, molto bene. Sapendo dell’arrivo della guerra ho aumentato il personale per tempo e non ci sono stati grossi problemi. Stiamo diffondendo tutte le nostre vittorie e filtrando le sconfitte, così come mi avevi chiesto.»

«Sì, ho letto un paio di giornali. Lavoro eccellente.» disse Applejack strusciando gli zoccoli l’uno contro l’altro. «Ho bisogno di farti una domanda.»

Pinkie Pie fece un fremito involontario. Conoscendola non era una buona cosa.

«Come va con i prigionieri speciali di Applegrad?»

Ahi … argomento molto pericoloso.

«Bene.» disse Pinkie, non lasciandosi prendere dal panico. «Ho lasciato gli agenti più capaci ad occuparsene finché non torno.»

«Davvero? Perchè ho sentito voci interessanti in merito … voci che dicono che la cella speciale che doveva contenerli sia in realtà vuota.»

Per Celestia, no!

«Ovvio che ci siano voci del genere!» protestò Pinkie Pie, mantenendo il controllo di sè. «Le ho diffuse apposta, così da non attirare troppo l’attenzione. Mi stupisce che tu non abbia intuito questo trucco.»

«Non mentirmi, amica mia.» continuò Applejack, con un vago tono di minaccia. «Le voci di cui parlo sono molto attendibili.»

Diede uno sguardo a Big Mac, che stava fissando a sua volta la pony rosa con grande severità.

«Abbiamo mandato una squadra a controllare. Non c’è nulla nel centro di detenzione in cui dici di aver rinchiuso lei e i suoi amici.»

«Cosa!?» sbraitò Pinkie. «Quell’area è riservata! Solo io e pochi altri sono autorizzati ad andarci! Non avevi alcun diritto di ...»

«No, Pinkie, ti sbagli di grosso.» la interruppe Applejack alzando uno zoccolo. «Qui a Terra non esiste un posto in cui io non possa posare lo sguardo. Qui a Terra non esistono zone non autorizzate per me. Soprattutto quando c’è in ballo il destino della nazione. E tu» puntò lo zoccolo verso il pony rosa. «stai complottando contro la nazione.»

Pinkie si alzò di scatto, furibonda. «Come osi andare contro la parola data? Come osi usare queste parole contro di me? Dopo tutti questi anni in cui ho servito te e i pony di Terra mi dai della traditrice?»

«No.» rispose la pony arancione con calma. «Non ancora almeno. Dimmi dove si trova Twilight Sparkle e gli altri due, e farò finta che questa conversazione non sia avvenuta.»

Pinkie Pie esitò un momento di troppo. «Io …»

Applejack sogghignò.

«Come sospettavo.»

La situazione precipitò in fretta: tutti i soldati presenti in sala sfoderarono le armi e le puntarono contro di noi, senza che i generali e i ministri battessero ciglia per quell’intervento. Era ormai ovvio che eravamo finite dritte in una trappola. Redflame e Rachel si prepararono a un possibile scontro a fuoco, ma se fosse avvenuto saremmo stati in netta minoranza. Mentre Pinkie Pie tremava, colta completamente alla sprovvista, la mia mente correva pensando alle magie da utilizzare nel peggiore dei casi.

Non avevo alcuna intenzione di venire catturata una seconda volta.

Il ghigno di Applejack divenne ancora più ampio, e gli zoccoli posati sul tavolo si rilassarono. La sua trappola aveva funzionato.

«Pinkie Pie, Ministro della Propaganda: grazie ai poteri conferitimi dal popolo di Terra prelevo le tue dimissioni dalla carica e ti condanno …»

Un soldato irruppe di corsa nella stanza, precedendo di appena qualche secondo un boato che riscosse l’intero edificio.

«Ci … ci attaccano!» esclamò, fugando qualunque dubbio.

I generali e i ministri persero la calma e iniziarono a parlottare su cosa stesse succedendo.

«Chi?» urlò Applejack, furibonda per quell’interruzione. «Se scopro che gli unicorni sono arrivati già qua salteranno teste, lo giuro!»

Un’altra esplosione fece tremare il lampadario sopra le nostre teste.

Il soldato sopraggiunto esitò di fronte alla furia del leader, poi capì che era meglio parlare. «Non gli unicorni … i pegasi … un’intera falange … guidata da Rainbow Dash in persona …»

Per Celestia! Che ci faceva qui Rainbow Dash?

Applejack si voltò prima verso Big Mac, poi verso gli altri generali. «Che bel lavoro che avete fatto nel difendere la capitale!  Abbiamo più buchi ai nostri confini di una mela bacata!»

Persino suo fratello grande e grosso arrossì ferocemente di fronte a quella lavata di capo.

Dopo un’altra scossa, Applejack si rivolse di nuovo al soldato fissandolo con occhi che sembravano diventati rossi per la rabbia. «Voglio un rapporto dettagliato sull’attacco minuto per minuto! Mandatelo alla segreteria del bunker.»

«Sissignora!» esclamò il soldato, uscendo per eseguire gli ordini.

«E voi.» disse, mentre si alzava puntando lo zoccolo ai generali. «Con voi avrò a che fare dopo! Salvate la capitale da quest’attacco, e potrei dimenticarmi come si firmano le condanne a morte!»

I generali si affrettarono a uscire dalla stanza, mentre Big Mac venne fermato dalla sorella. «Tu, i ministri e i soldati con me.»

Sarebbe stato il momento ideale per scappare, se i soldati non avessero tenuto le armi puntate contro di noi. Non volevo agire d’impulso. Vista la situazione di caos bastava aspettare il momento propizio. In fondo Applejack non sembrava avere ancora capito che Twilight Sparkle era molto più vicina di quanto credeva.

Così venimmo “accompagnati” nostro malgrado verso il bunker nominato da Applejack, che intuii non essere altro che il sotterraneo rinforzato del palazzo, visto che stavamo scendendo. Intanto l’attacco si stava intensificando: le esplosioni e le scosse diventavano sempre più forti, segno che i pegasi si stavano avvicinando. I lontani echi degli spari dimostravano che i pony di Terra stavano replicando al fuoco.

Applejack aveva un’andatura frettolosa, e ogni volta che incontrava qualcuno urlava qualche ordine o faceva domande sull’attacco, ricevendo risposte rapide e impaurite.

Big Mac e i ministri la seguivano a ruota, mentre una dozzina di soldati ci circondava tenendo le armi pronte contro qualunque nostro tentativo di fuga.

Quasi qualunque …

Non avevano tenuto conto della presenza di un unicorno del mio livello.

Avevo in mente almeno tre modi per liberarci e scappare. Lanciai delle occhiate discrete a Pinkie, dicendole con lo sguardo che ero pronta a farci fuggire.

Stavamo attraversando la stanza che ci avrebbe condotti dentro il bunker. Lo capii perché la porta metallica in fondo era molto spessa e simile a quelle viste nelle prigioni che avevamo “visitato”. Applejack era sul punto di attraversarla e scendere delle scale in cemento.

Pinkie Pie mi fece il cenno, ma non ebbi tempo di lanciare alcuna magia che un forte rumore metallico ci bloccò. La porta metallica di accesso al bunker era stata richiusa in faccia a Applejack. Aveva un alone giallo attorno. Opera di magia degli unicorni.

«Che diavolo …?»

Dei raggi viola fin troppo familiari provenienti da dietro attraversarono l’aria, colpendo a morte i soldati attorno a noi prima ancora che potessero rendersene conto.

Mi voltai appena in tempo per notare che un raggio stava per colpire Rachel. Mandando all’aria la copertura creai uno scudo attorno a lei con forza appena sufficiente ad assorbire il raggio. Rachel, spaventata dallo scampato pericolo, si avvicinò a me. Redflame fece lo stesso, proteggendo Pinkie insieme a noi dalla nuova minaccia.

Nel giro di pochi istanti tutti i soldati e i ministri erano morti. Questi ultimi avevano avuto appena tempo di reagire sparando qualche colpo di pistola contro gli aggressori che li avevano colti alle spalle.

Gli unici superstiti della strage (che mi fece riportare alla memoria quella compiuta da me) eravamo noi, Applejack e Big Mac. Quest’ultimo era stato colpito di striscio a una spalla, che sanguinava copiosamente, ma lo stallone rosso restò stoico di fronte alla sorella, proteggendola con la pistola in bocca. Sparò diversi colpi contro gli aggressori, ma i proiettili andarono contro la barriera eretta a loro difesa lasciandoli indenni.

La porta alle spalle venne richiusa magicamente, lasciandoci in trappola tra due fuochi: da una parte Applejack e Big Mac, leader di Terra che avevano appena deciso di rinchiuderci e forse di ucciderci; dall’altra parte tre unicorni che non avevano alcun motivo di essere insieme.

«Arrendetevi in nome di Unicornia!» esclamò possente la voce di Trixie, passando lo sguardo da Pinkie Pie a Applejack.

Alla sua destra stava Lyra, con il corno abbassato puntato su di noi. Alla sua sinistra invece si trovava l’agente di Unicornia che sembrava fare di tutto per perseguitarmi con quella sua espressione antipatica e i suoi complotti diabolici.

Decine di domande mi fioccarono nella testa, in primis perché cavolo loro tre erano lì, tutte insieme dalla parte di Unicornia. Ma ero troppo scioccata per provare a dare risposta anche a solo una di esse.

L’agente senza nome si ravviò la corta criniera violetta, lanciandomi un sorriso maligno.

«Che bella sorpresa …» commentò l’unicorno indaco vedendomi. «Ti sta bene la nuova tinta.»

Già … nel caos di prima avevo disattivato le magie illusorie per usare al meglio le energie recuperate, quindi ora ero tornata ad essere Twilight Sparkle, così come Rachel e Redflame.

Ottimo …

Trixie e Lyra notarono la presenza di Rachel, ma forse erano troppo occupate con la loro missione per preoccuparsi di lei.

Applejack e Big Macintosh ci diedero uno sguardo rapido, sorpreso ma non preoccupato. In quel momento erano più turbati dall’aggressione dei tre unicorni che di noi.

«Siamo qui per scortarvi a Flankfurt.» continuò Lyra, rivolgendosi di nuovo a Pinkie Pie e Applejack. «Non costringeteci ad usare le maniere forti.»

Pinkie Pie stava tremando. Non era più la forte e insensibile Ministro che avevo incontrato in prigione. Era tornata ad essere l’innocente pony rosa che amava fare feste e stare con gli amici. E ora si era ritrovata di colpo con una vecchia amica che l’aveva pugnalata alle spalle e due vecchie conoscenze di Ponyville che la volevano prendere prigioniera.

Applejack invece, da dietro la copertura di Big Mac, fissava gli aggressori con coraggio, malgrado fosse sicuramente conscia di essere ormai inerme.

«Ah!» esclamò con tono audace. «Con questi mezzucci sperate di vincere la guerra? Perché altrimenti sapete che vi prenderemmo a calci fino a Maresailles? La vostra preziosa regina è troppo codarda per fare il lavoro sporco?»

Un raggio viola partì dal corno dell’agente, che andò a colpire la zampa destra di Big Mac. Lo stallone perse l’equilibrio e cadde a terra senza emettere un lamento.

«Brutte bastarde!» imprecò Applejack, abbracciando il fratello.

«Questo è quello che succede a insultare la nostra amata regina!» esclamò l’agente.

«Visto che non collaborate, siamo costrette a portarvi via con la forza.» declamò Lyra.

Il suo corno s’illuminò.

Pinkie Pie, prevedendo cosa sarebbe successo, arretrò.

Due raggi gialli partirono dal corno di Lyra, ma all’ultimo momento mi misi in mezzo e con altri raggi identici partiti dal mio corno li annullai.

«Fatti da parte, Sparkle!» esclamò Trixie, aggrottando le sopracciglia.

«Tu!» dissi con impeto, puntandole lo zoccolo contro. «Aveva ragione la tua nuova amica! Sei davvero una spia di Unicornia! E pensare che avevo creduto a tutte le tue belle parole!»

Ci fu un momento di silenzio, nel quale una scossa e un boato ci ricordarono che là fuori infuriava una battaglia contro i pegasi.

«Non farci perdere tempo.» esclamò Trixie. «Fatti da parte.»

«No, rimani lì.» la corresse l’agente. «Abbiamo un conto in sospeso noi due.»

Come un’onda di marea tornarono alla memoria tutti gli eventi dell’Impero di Cristallo e della morte di Cadence. La rabbia crebbe, ma cercai di contenerla. Mi sfogai mordendomi la lingua.

«Ci penso io.» esclamò Lyra, illuminando il corno.

Schivai all’ultimo il suo raggio, e replicai creando decine di litri d’acqua sulle loro teste.

Bagnate fradice e colte alla sprovvista persero attimi preziosi: il tempo necessario per far sorgere dal pavimento tre golem di pietra.

Trixie venne bloccata dalle braccia possenti di uno di loro, mentre l’agente riuscì a schivarlo all’ultimo. Lyra invece con un raggio ben assestato lo colpì al petto, disintegrandolo in piccoli frammenti di roccia bianca.

Prima che potesse tornare ad attaccarmi la presi con la telecinesi, facendole sparare il raggio diretto a me contro il soffitto. A quel punto la spinsi via contro una parete, abbastanza forte da farla svenire.

L’agente, schivato l’ennesimo tentativo del golem di afferrarla, galoppò verso di me. Non feci in tempo a respingerla: un colpo ben assestato delle sue zampe posteriori mi prese al petto, nel punto esatto dove ero stata ferita giorni prima, facendomi mancare il fiato per il dolore per interminabili secondi. Stava per assestarmi un secondo colpo, ma il golem le arrivò alle spalle. Lanciò un raggio che distrusse il golem, perdendo l’occasione di colpirmi e dandomi la possibilità di riprendermi.

Feci un passo indietro e con il vento magico la scaraventai contro una parete.

Trixie intanto aveva distrutto il suo golem con una magia simile a quella di Lyra e si preparò ad attaccarmi.

Feci in tempo a deflettere con uno scudo il suo raggio viola, ma l’incantesimo che seguì un istante dopo, che rappresentava una magia molto più potente, mi colse quasi impreparata.

Reagii all’ultimo, lanciando lo stesso incantesimo. I due grossi raggi (il suo azzurro e il mio viola) si scontrarono ma senza annullarsi.

Quello con cui avevamo a che fare era un incantesimo strettamente legato al cutie mark degli unicorni: il Talento Impetuoso. Era un incantesimo di basso livello, quindi relativamente facile da ottenere con uno studio costante, ma dalle potenzialità così grandi che era possibile usarlo con ottimi risultati anche da unicorni di alto livello.

In pratica il talento speciale dell’unicorno veniva convogliato in uno spesso raggio del colore dell’aura del corno, e l’effetto dipendeva dal suo talento speciale. Ad esempio se il talento era l’agricoltura, si potevano far crescere le piante. Se il talento era la musica, era possibile ricreare i suoni di un’intera orchestra.

Nel caso di un cutie mark magico come quello di Trixie e del mio … si poteva ricreare quasi qualunque effetto nel limite delle proprie capacità. Ma la difficoltà rispetto a un incantesimo più specifico era che se non correttamente convogliato si potevano avere effetti casuali e spesso spiacevoli.

Ero certa che il raggio lanciato da Trixie mi avrebbe come minimo spappolata. Quindi convogliai nel mio quante più energie possibili.

Le due magie lottarono per avere il sopravvento. Notai con sommo disappunto che persino Trixie, che ai miei tempi non era granché come maga, con vent’anni di pratica costante era arrivata quasi al mio livello.

Quasi.

Il raggio viola prese terreno, facendomi sudare per lo sforzo. Trixie provò a potenziare il suo, ma anche la sua esperienza alla fine non risultò sufficiente.

Il mio raggio la colpì, cambiandole il colore del manto da azzurro a giallo. Si guardò, stupita di non essere stata ferita o uccisa, e digrignò i denti per l’offesa subita.

Stavo per darle il colpo che l’avrebbe fatta svenire, quando venni presa a tradimento da un raggio proveniente da destra. Era Lyra. Si era ripresa fin troppo rapidamente dallo svenimento.

Non capii l’effetto dell’incantesimo fin quando non mi sentii le zampe pesanti. Guardai in basso. Stavano diventando grigie e perdevano rapidamente di sensibilità.

Mi stavo tramutando in pietra!

Provai a lanciare un incantesimo di annullamento, ma il corno era già stato pietrificato, appesantendomi la testa.

Mentre lottavo per muovermi e rimanere in vita, Rachel e Redflame intervennero attaccando con le proprie armi Lyra. Ma l’unicorno creò uno scudo che annullò i loro attacchi e lanciò due incantesimi simili su di loro. Iniziarono a loro volta a trasformarsi in pietra.

Pinkie Pie galoppò verso di me, abbracciandomi.

«Twilight! No!» urlò tra le lacrime.

Anch’io stavo piangendo, perché sapevo che quella magia di pietrificazione significava la fine di tutto. Senza di noi la guerra sarebbe proseguita, ed Equestria sarebbe rimasta corrotta dall’Ombra e preda dei suoi oscuri piani.

Rimasi solo con il collo e il volto non trasformati dalla pietra, osservando senza potermi voltare la trasformazione in statue di Rachel e Redflame, terrorizzati quanto me, e il volto rigato di lacrime di Pinkie. Desiderai poter attivare quel potere interiore che mi aveva salvato ad Applegrad ma, anche sapendo come attivarlo, non avevo intenzione di accollarmi la responsabilità di altre morti.

Mi rassegnai al mio destino.

«Addio Pinkie.» singhiozzai, sorridendole mentre piangevo. «Cerca almeno tu di sistemare le cose.»

Pinkie mi strinse più forte, ma ormai non la sentivo più.

«Non lasciarmi Twilight. Non-»

Un raggio giallo la colpì. Chiuse gli occhi e si accasciò a terra.

L’ultima cosa che vidi prima che la pietra ricoprisse gli occhi e le lacrime fu il terribile spettacolo dei miei amici che si tramutavano in statue.

Era la fine …

 

… o almeno credevo.

Era strano. Ero già stata pietrificata una volta, tempo prima, quando mi era capitato di incontrare una coccatrice nella Everfree Forest. E nel periodo intercorso prima di tornare alla normalità ero come morta: non provavo niente, non sentivo niente, e non ricordavo niente.

Ora invece ero cosciente: non vedevo nulla, ma riuscivo ad ascoltare ciò che succedeva attorno.

Riuscii infatti a sentire le tre unicorno prendere e portarsi via Applejack e Pinkie Pie, lasciandoci soli laggiù mentre continuavano ad arrivare scosse e rumori lontani di battaglia.

Una delle scosse fu così forte che mi sentii cadere a terra con un “tunk”.

Quella forma di prigionia era terribile. Era come trovarsi a metà tra la vita e la morte. Mi venne subito alla mente Discord, che era stato per mille anni in questa forma. Mi chiesi se anche lui aveva percepito per tutto quel tempo ciò che lo circondava o no.

Se era così, non potevo pensare a punizione peggiore.

Però, malgrado l’impossibilità di muoversi, i miei sensi invece di diminuire stavano aumentando. Fin troppo.

A un certo punto, quando era passato circa un quarto d’ora dall’attacco dei tre unicorni, ebbi l’impressione di riuscire a vedere una macchia bianca nell’oscurità.

No … non era un’impressione. Era incredibile, ma stavo recuperando la vista.

La crosta di pietra regredì così come era apparsa, e tornai a vedere la stanza in cui avevo combattuto Lyra, Trixie e l’agente. Ero coricata su un fianco sul pavimento, così come avevo percepito prima. Poco a poco tornò la sensibilità al corpo e nel giro di circa un minuto fui di nuovo libera.

Sentii esclamazioni di sorpresa provenire da Redflame e da Rachel.

Mi alzai, sentendomi un po’ intorpidita. Non avevo alcuna idea del perché fossimo tornate normali. La pietrificazione non se ne andava via da sola, a meno di lanciare contemporaneamente un incantesimo temporale. Quindi l’unica spiegazione possibile era che Lyra ci aveva pietrificate, ma solo per il tempo necessario a fuggire incolumi.

La domanda da porsi era: perché? Se l’agente e Lyra erano davvero alleati, perché la prima mi voleva morta, mentre la seconda mi aveva fatto questa “cortesia”?

Sentii un rumore di zoccoli avvicinarsi rapidamente alle mie spalle.

Mi voltai appena in tempo per vedere un enorme stallone venirmi contro.

Big Macintosh.

Ancora indolenzita per la breve prigionia nella pietra, non feci in tempo a schivarlo. Mi ritrovai a terra, bloccata dalle sue zampe. Da quella destra, ferita dall’agente senza nome, continuava a sgorgare sangue. Ma non sembrava soffrirne … almeno nell’espressione furiosa che mi stava facendo non sembrava esserci spazio per il dolore.

«Che ci fai qui, Twilight? Cosa stavi complottando con Pinkie Pie?»

«Io …»

Un colpo di arma da fuoco rimbombò alla mia sinistra, e il corpo dello stallone rosso tremò. Voltammo entrambi la faccia verso Redflame, con il fucile puntato su Big Mac. Quest’ultimo stava per caricarlo, ma il pegaso sparò altri due colpi. Il terzo fu quello che fece crollare lo stallone rosso su di me. Mi ritrovai la sua faccia dolorante addosso. Il suo peso mi fece perdere il fiato. Mi sbrigai a spostarlo delicatamente a fianco con la telecinesi, faticando un po’ per via della situazione imbarazzante in cui mi trovavo.

Dopo averlo spostato vidi distintamente i tre fori di proiettile sul fianco che avevano bucato la sua uniforme da generale. Respirava ancora, anche se a malapena.

Mi voltai verso Redflame.

«Potevi ucciderlo!» esclamai, fissandolo con rabbia.

«Non ho mirato a punti vitali.» si giustificò Redflame, serafico. «Puoi curarlo, se ci tieni. So che è il fratello della tua amica, quindi non ho voluto ucciderlo. Ma lo farei, se fossi in te.»

«E perché?» esclamai con ancor più rabbia.

«Perché è pericoloso quanto la sorella. Lasciarlo qui vivo potrebbe creare più danni che benefici.»

Battei uno zoccolo a terra e mi teletrasportai esattamente di fronte a lui.

«Non mi importa!» gli urlai. «Non voglio altri morti sulla coscienza!»

Senza aspettare la replica mi teletrasportai di nuovo vicino al fratello della mia amica. Era in brutte condizioni, tra la ferita alla zampa e quelle ai fianchi, ma era vivo perlomeno. Lanciai prima di tutto un incantesimo soporifero, per essere certa che non facesse brutti scherzi. Poi estrassi delicatamente i proiettili che si trovavano ancora nel corpo e curai al meglio le ferite. Non ottenni un buon lavoro, per via della tensione e delle continue scosse provocate dall’attacco dei pegasi.

«Dobbiamo seguire Pinkie Pie ed Applejack.» esclamò Rachel quando finii il lavoro, avanzando verso la porta.

«Ferma.» la bloccò Redflame con uno zoccolo. «La nostra priorità è uscire da qui vivi.»

«Concordo.» dissi, spostando i cadaveri dei soldati attorno a noi in posizioni più rispettose. «Secondo quello che hanno detto hanno bisogno di Pinkie e di Applejack vive. E sappiamo che le stanno portando a Flankfurt. Nel peggiore dei casi potremo seguirle dopo grazie al tuo potere. Dobbiamo uscire di qui, ma non ci limiteremo ad andarcene da questa città.»

«E cosa vorresti fare?» chiese un po’ preoccupato Redflame.

Mi voltai verso di lui con aria seria. «E’ tempo di affrontare una conoscenza comune.»

 

L’uscita dal Palazzo del Popolo fu più semplice di quanto credessi. Dopo esserci resi invisibili, fu impossibile farsi scoprire dai pony che galoppavano avanti e indietro colti dal panico per l’attacco. E bastò seguirne un paio che avevano deciso di uscire di lì per essere di nuovo nell’aria aperta e inquinata di Stalliongrad.

Là fuori potemmo renderci conto dell’entità del pericolo dell’attacco.

Il cielo era puntellato di figure scure che si combattevano fra loro, creando lampi e strisce di fuoco.

Pegasi e aeroplani di Terra.

Tra gli edifici arrivavano la risposta delle contraeree terrestri, nella speranza di colpire i rapidi e sfuggenti pegasi. Ma i nuovi aggeggi di Terra sembravano avere più fortuna nel contrastare quell’attacco. Ciò non impediva ai pegasi di colpire con armi esplosive degli edifici, creando quelle scosse che avevamo sentito fino a quel momento. Lo stesso complesso da cui eravamo usciti era stato pesantemente danneggiato in molti punti, anche se in quel momento la battaglia era più intensa in altre zone della città.

Dopo esserci diretti in una via deserta, ci preparammo ad avviare il piano di Twilight.

«Sei sicura di quello che stiamo per fare?» chiesi, impaurita dalla prospettiva di quello che reputai essere un piano alquanto avventato per lo standard dell’unicorno viola.

«Dobbiamo cogliere la palla al balzo.» spiegò lei, creando magicamente la sella su Redflame che avevamo utilizzato giorni prima per arrivare a Applegrad. «Quante possibilità avremo di trovarci Rainbow Dash così vicina? Inoltre, con lei dalla nostra parte, potremo avere maggiori chance di infiltrarci a Unicornia dove sono state mandate Pinkie Pie ed Applejack.»

«L’importante è che tu ci protegga dai proiettili.» commentò Redflame, controllando il suo fucile. «Al resto ci penso io.»

Twilight annuì. «Allora andiamo.»

L’unicorno viola avvolse sé stessa e me nell’aura del corno, e mentre venivamo spostate telecineticamente sulla sella mi sentii rimpicciolire. Il mondo tornò di nuovo ad essere enorme.

Quando fummo sulla sua schiena, ridotte alla dimensione di un pettirosso, Twilight creò delle cinghie per tenerci ancorate e uno scudo magico invisibile attorno al corpo del pegaso.

La studentessa di Celestia fece un profondo respiro, fissando il cielo che s’illuminava continuamente come se fosse colpito da fuochi d’artificio.

«Vai!» esclamò.

Con un colpo di reni il pegaso scattò verso l’alto.

 

Sferzai l’aria puntando dritto al cuore dei combattimenti. Sentii alcuni proiettili colpire lo scudo creato da Twilight, ma cercai comunque di schivare quelli in arrivo. Non avevo intenzione di perdere l’unica difesa in quell’inferno.

Più che il rumore dei proiettili fu quello degli aerei che mi ronzava di più nelle orecchie. Uno di essi si avvicinò a me, provando a spararmi contro con le sue mitragliatrici. Quelle scatole in metallo avevano una potenza di fuoco micidiale, ma per fortuna erano più lente e goffe di un pegaso. Solo pochi colpi vennero intercettati dallo scudo. Gli passai sotto e con un colpo di fucile lo colpii ad un’ala. Il buco creato nel metallo non ebbe alcun effetto sulle prestazioni del mezzo.

«Lascia perdere!» esclamò Twilight sul mio dorso. «Concentrati sul trovare Rainbow Dash!»

Più facile a dirsi che a farsi. Nel caos del combattimento trovare un singolo pegaso, anche se così particolare come lei, non era affatto facile. Per fortuna che i pegasi mi avevano preso per uno dei loro, altrimenti mi sarei ritrovato nel fuoco incrociato.

Cercai di mischiarmi tra le fila di Pegasopoli, nella speranza di vedere una criniera arcobaleno tra loro. Un colpo di antiaerea esplose a una decina di metri dalla mia posizione. Venni sballottato, ma riuscii a mantenere la quota senza altre conseguenze. Non fu così per un altro pegaso, molto più vicino all’esplosione, che cadde nella città sottostante.

Sentii un urlo, appena percettibile, ma il tono della voce era inconfondibile. Impossibile non riconoscerlo dopo tutte le volte che l’avevo sentito in vent’anni.

Fidandomi dell’udito mi diressi verso quella direzione. Un rombo mi riempì l’orecchio destro. Con la coda dell’occhio mi accorsi all’ultimo dell’aereo in arrivo, e cabrai in tempo, evitando di finire maciullato dall’elica.

«Ehi, cerca di dare una mano invece di schivare di continuo!» esclamò una voce alla mia sinistra.

Mi voltai verso un pegaso armato di tutto punto. Dall’elmetto si notava il manto bianco e alcuni ciuffi della criniera gialla. Lo riconobbi all’istante.

«Redflame?!»

Merda … era Stormcloud, il pegaso della mia classe più veloce dopo di me.

Accelerai di colpo l’andatura, lasciandomelo alle spalle. Sentii solo un vago “Allarme! Nemico tra …”.

Ottimo. Ora dovevo preoccuparmi del fuoco incrociato.

Per fortuna riuscii a individuare il nostro obiettivo prima che i fucili dei pegasi venissero puntati contro di noi.

Seguita (a malapena) da una dozzina di pegasi, l’asso incontrastato dei cieli volava come un fulmine e colpiva i nemici come un tuono. Mentre la seguivo, erodendo lentamente la distanza che ci separava, la vidi buttare giù da sola un paio dei bolidi volanti di Terra semplicemente andando loro addosso, perforandoli come se fosse un proiettile vivente. Oltre che rapida sembrava dura come il metallo, perché malgrado ciò non perdeva assolutamente quota né velocità. Ciò rendeva le storie di fortezze da lei distrutte molto più verosimili di quanto pensassi.

L’avevo individuata grazie alla scia arcobaleno che lasciava alle spalle, poco visibile da lontano a causa dello smog rilasciato dalla città, ma così caratteristico che era impossibile sbagliarsi.

Colpi di proiettili diversi da quelli degli aerei andarono a colpire la barriera alle mie spalle.

«Attento! Tre pegasi alle nostre spalle!» mi avvertì Rachel.

Come se non l’avessi notato.

Sentii altri proiettili fendere l’aria, e feci del mio meglio per schivarli. Ma non potevo continuare a tenermeli alle spalle.

Feci quindi una virata di Immelmane improvvisa. Twilight e Rachel fecero un gridolino sorpreso quando si ritrovarono a testa in giù per qualche secondo.

Terminai rapidamente la manovra e mi ritrovai i pegasi di fronte a me.

Stupiti dalla mia mossa repentina virarono disimpegnandomi. Ne approfittai per sparare un colpo, prendendo uno di loro ad un fianco. Ferito e traballante, si allontanò. Gli altri due invece tornarono indietro, scaricando le loro armi. Schivai quasi tutti i loro proiettili.

«Lo scudo non durerà in eterno!» si lamentò Twilight.

Recepito il messaggio accelerai. Il pegaso più vicino non si aspettò quella mossa e cercò di schivarmi, ma ricevette il mio zoccolo dritto in faccia. Mentre cadeva sentii il secondo chiamare soccorsi.

Se continuava così avrei dovuto combattere l’intera falange. Dovevo sbrigarmi.

Virai, controllando dove si trovasse Rainbow Dash. La trovai subito. Da quella distanza, malgrado lo smog, era difficile non vederla.

Schizzai nella sua direzione, rendendo quasi impossibile ad aerei e pegasi anche solo di puntarmi.

Niente distrazioni.

Il gruppo di volo di Rainbow Dash ora era vicinissimo. In quel momento stava andando in picchiata contro delle antiaeree posizionate in una piazza. Vidi delle esplosioni a terra, provocate dal lanciagranate che sapevo essere di Rainbow Dash. La pegaso dalla chioma multicolore sorvolò l’area devastata e tornò in cielo.

«Io penso ai pegasi di scorta!» esclamò Twilight. «Tu occupati di lei!»

Mi sarei arrabbiato se mi avesse detto il contrario. Fremevo dalla voglia di confrontarmi con lei.

«Come farai senza ucciderli?» chiese Rachel, preoccupata.

«Non ti preoccupare.» la tranquillizzò l’unicorno viola. «Piuttosto tieniti stretta!»

Aveva intuito un secondo prima cosa volevo fare.

Mi avvitai per rendere difficile individuarmi. Quando la scorta di Rainbow Dash mi vide non riuscì a trovare il modo né di evitarmi né di difendersi.

Penetrai nella loro formazione, portando scompiglio. Lasciai a Twilight il compito di lanciare i suoi raggi magici. Non vidi cosa avesse fatto loro, ma mi fidai di lei.

Virai, notando che Rainbow Dash si era accorta del pericolo.

«Sparategli!» ordinò con la voce resa roca dal vento e dall’inquinamento.

Sentii il rumore leggerissimo di grilletti premuti ma non degli spari.

L’unicorno aveva fatto il suo dovere.

«Ottimo lavoro.» le dissi mentre mi dirigevo verso la pegaso azzurra.

Ora che la vedevo bene notai che aveva ben due armi sulle spalle: la prima era il lanciagranate che aveva utilizzato per portare distruzione dall’alto, e la seconda un fucile come il mio, solo molto più avanzato. Lo capii quando sentii a malapena lo sparo. Da quella distanza non riuscii a evitare il proiettile. Per fortuna prese lo scudo, che tremolò molto più del solito.

«Ah!» si lamentò Twilight. «Cerca di schivarlo la prossima volta!»

Quasi non la sentii. In quel momento stavamo per scontrarci contro la pegaso azzurra, ma all’ultimo cambiammo entrambi rotta, permettendoci di scambiare un rapido sguardo.

Il tempo sembrò rallentare.

Era uguale a come la ricordavo. Anzi, per certi versi sembrava peggiorata. La ferita alla fronte, simile alla mia sull’occhio, non faceva altro che accentuare la sua espressione militaresca, marmorea, terribile. La criniera e la coda arcobaleno che spuntavano dall’armatura e dall’elmo era scomposta, sporca, quasi grigia.

Non c’era nulla di attraente in quella giumenta quarantenne.  Davanti a me c’era semplicemente un’arma in formato pony. Davanti a me avevo il pegaso che sarei diventato se avessi accettato di restare a Pegasopoli.

Ero più che grato di aver rifiutato.

Il tempo tornò a scorrere e Rainbow Dash scomparve alle mie spalle.

«Redflame!» urlò la pegaso. «Che diavolo ci fai qui?»

Virai, sparando a una delle mitragliatrici di un aereo che si stava avvicinando troppo. Pezzi di metallo schizzarono via dalla carlinga, e il mezzo lentamente cambiò rotta.

«Dovresti essere morto!» continuò la pegaso. «E invece continui a perseguitarmi come un fantasma!»

Un altro dei suoi colpi mi fischiò vicino, stavolta mancando lo scudo.

Diversi pegasi accorsero in aiuto della loro leader, ma tra le magie di Twilight che rendevano le loro armi inefficaci, i colpi della contraerea e gli aerei di Terra, pochi erano davvero una minaccia per me. E Rainbow Dash non chiedeva aiuto né sembrava averne bisogno.

Provai a spararle contro, avendo cura di mirare a parti non vitali come un’ala o una zampa, ma ogni volta sembrava prevedere dove avrei mirato.

«Ti sei rammollito, eh?» mi urlò contro, sparandomi con il lanciagranate.

«Schiva-schiva-schiva-schiva!» urlò Twilight come una pazza.

Rallentai all’ultimo momento, vedendomi passare davanti agli occhi la granata che, non prendendomi, proseguì il suo percorso in picchiata. Sentii un’esplosione, ma non mi curai di guardare chi o cosa aveva colpito.

«Non male!» sentii dietro di me. Come aveva fatto ad arrivare alle mie spalle così in fretta?

Ci fu uno sparo. Impossibile da evitare.

Il colpo prese lo scudo, ma questa volta lo trapassò. Così venne meno la nostra migliore difesa.

Il proiettile per fortuna passò a pochi centimetri dalle ali e dalla testa. Ma sapevo che non sarei stato così fortunato la volta dopo.

«Cerca di ripristinare lo scudo!» dissi a Twilight.

«Ci sto provando!» esclamò lei, con voce affaticata.

Capii che dovevo accelerare i tempi. Anche rischiando.

Andai in picchiata. Alle mie spalle il pegaso azzurro continuava a seguirmi e a scagliarmi proiettili contro. Mantenni una rotta a zig zag, evitando tutto ciò che mi mandava contro, per non parlare dei proiettili sparati dagli edifici là sotto.

Poi cabrai di colpo, e spostando la testa vidi che avevo colto di sorpresa Rainbow Dash.

Rallentai, lasciandomi cadere per un breve tratto, e poi tornai in picchiata. Ora ero io ad essere dietro di lei.

Stavo per sparare quando un colpo venuto da chissà dove mi prese ad un’ala. Strinsi i denti. Non sembrava grave, ma bruciava parecchio.

Non potevo permettermi un’altra ferita.

Persa quell’occasione, la pegaso si accorse di essere seguita e virò, cercando di fare una manovra simile alla mia.

Adesso basta. Non c’era più tempo per giocare.

A quel punto decisi di fare l’unica cosa che poteva mettere al tappeto persino il pegaso più rapido e forte del mondo. Con una certezza quasi matematica.

Presi quota, puntando dritto al cielo, uscendo dalla cappa di smog della città.

Il sole svettava sereno e caldo nell’azzurro infinito. Una leggera brezza mi passò tra le piume, massaggiando i muscoli delle ali indolenziti per tutta quell’attività, facendomi fare un sospiro involontario di piacere. Per un attimo provai il desiderio di seguire il vento, di allontanarmi dall’inferno che si trovava là sotto, di trovare una nuvola soffice e di appisolarmi là, scaldato dal sole e rinfrescato dalle correnti d’aria. Una pratica che i pegasi odierni avevano quasi dimenticato.

La tentazione era enorme … ma avevo un dovere da compiere.

Raggiunta una quota sufficiente, mi fermai.

«Tenetevi ben forti.» avvertii Twilight e Rachel.

«Cosa vuoi …»

Non diedi tempo di far finire la frase a Rachel che andai giù in picchiata. Con l’aiuto della gravità, arrivai alla cappa di smog con molta più rapidità di quando l’avevo lasciata.

Circondato di nuovo nell’inferno di spari ed esplosioni, mentre scendevo cercai Rainbow Dash. Era là vicina, e stava salendo per venirmi a cercare. Quando mi vide a sua volta, si avvicinò, puntandomi contro le armi.

Ma la mia velocità era tale che non riuscì nemmeno a puntarmi.

E prima che potesse arrivare abbastanza vicina da avermi a una portata di tiro ottimale, era ormai troppo tardi.

Fu come se avessi perforato una parte nascosta del mondo. Una parte molto delicata. Potei vedere, da una posizione molto privilegiata, l’enorme onda d’urto propagarsi come un palloncino che si gonfia. Il rumore creato, come un tuono, sovrappose ogni altro rumore con una violenza inaudita. Qualunque pegaso colpito da quell’onda arcobaleno perdeva i sensi e tutti gli aerei subivano danni così gravi da farli precipitare. La stessa aria malsana della città venne pulita dalla potenza  di quel Sonic Rainboom modificato.

«Ma sei impazzito?» sbraitò Twilight. «Hai idea di quanti morti hai appena causato?»

Si riferiva a tutti i pegasi e pony di Terra che, cadendo da decine se non centinaia di metri d’altezza, si sarebbero sicuramente sfracellati al suolo.

«O noi o loro.» tagliai corto, cercando Rainbow Dash, l’unica che mi interessava prendere viva. La individuai rapidamente: era anche lei svenuta e in caduta libera. Era molto vicina a me quando era successo il tutto. Accelerai con tutte le mie forze per prenderla in volo, approfittando del caos e della distruzione che avevo causato. Se fosse morta lei sì che mi sarei sentito in colpa.

«Era davvero necessario?» urlò di nuovo l’unicorno viola, stavolta con voce rotta dall’emozione.

«Tu pensa ai morti tuoi che io penso ai miei.»

Con quella frecciata la zittii, concentrandomi sul fendere l’aria per essere il più possibile aerodinamico. Rainbow Dash stava infatti per schiantarsi su una ciminiera di una fabbrica. Non lontano da lì vidi i lampi di una contraerea che era sopravvissuta all’onda d’urto precedente. Twilight con la magia lanciò un raggio che trasformò il metallo delle canne in roccia, impedendole di sparare. Non prima però che uno dei colpi esplodesse vicino alla leader di Pegasopoli.

Mi sembrò di vedere uno schizzo di sangue. Sforzai ancora di più le ali. L’esecuzione di un Sonic Rainboom era estenuante, ma potevo farcela. Dovevo farcela.

Ora la pegaso azzurra era a poche decine di metri dalla ciminiera. Con un rapido calcolo mentale capii che non l’avrei presa in tempo.

Twilight aveva pensato alla stessa cosa. Con un raggio colpì alla base l’enorme torre in cemento, la quale crollò di lato, permettendo al corpo di Rainbow Dash di passare oltre indenne.

Aprii gli zoccoli anteriori e con un abbraccio la presi pochi istanti dopo. Con una cabrata tornai rapidamente verso l’alto, evitando di schiantarmi contro il suolo.

«Ora via da questo inferno!» esclamò Twilight, avvolgendo la pegaso con la magia e rimpicciolendola alle loro dimensioni.

 

Fu incredibilmente facile fuggire da Stalliongrad, sia grazie alla magia d’invisibilità lanciata da me, sia per il caos provocato dal Sonic Rainboom modificato di Redflame. Rabbrividivo al pensiero delle centinaia di morti che aveva causato con quell’azione solo per salvarne una. E rabbrividivo ancora di più a come aveva reagito freddamente a tutta quella morte.

Come poteva essere dalla nostra parte un pegaso in grado di fare queste cose senza rimorso?

«Dimmi dove atterrare.» esclamò Redflame, mentre sorvolava la campagna a sud della città.

Scossi la testa. Meglio non pensarci.

Guardai il panorama, cercando un punto dove poter rimanere al sicuro per il tempo necessario a purificare Rainbow Dash. Poi saremmo ripartiti subito all’inseguimento di Applejack e Pinkie Pie.

«Quel boschetto.» dissi, puntando a una piccola area alberata tra due grandi appezzamenti agricoli.

Il pegaso si diresse quindi rapido verso la superficie, e in pochi minuti fummo di nuovo a terra, circondati da un piccolo pezzo di natura. Rispetto a dove ci trovavamo prima, ci sentivamo rinati.

Sincerata che non ci fosse nessuno in zona, disattivai la magia d’invisibilità.

Scesi dalla sella e, dopo averci fatti tornare tutti alla nostra dimensione normale, mi presi un attimo per respirare l’aria pulita di quel boschetto di pini e il buonissimo odore degli aghi.

Ero stanca. Molto stanca. Tra il combattimento con gli unicorni, quello con i pegasi e gli aerei e la fuga, avevo usato molti incantesimi impegnativi. E malgrado tutto ero ancora in piedi. Stavo migliorando a vista d’occhio.

Abbassai lo sguardo a terra. Rainbow Dash, legata da lacci magici, era ancora svenuta e coricata su un manto di aghi di pino secchi. Le poche ferite che aveva subito durante il combattimento le avevo già curate in volo. Anche quel colpo di contraerea così ravvicinato non le aveva fatto granchè. Era davvero una tosta.

«Dimmi quando posso iniziare.» mi disse Rachel, mettendosi in una posizione comoda e puntando il corno su di lei.

«Funziona anche se è addormentata?» domandò Redflame, tenendola d’occhio malgrado mi fossi premurata di togliere tutte le munizioni dalle sue armi.

«Non ne ho idea.» ammise l’unicorno verde. «Ma posso tentare.»

Annuii. «Prova. Ma fai attenzione.»

Rachel mi lanciò uno sguardo e sorrise. «Come sempre.»

Come era quindi successo con il mio Elemento e quello di Pinkie Pie, dopo un breve periodo di concentrazione il suo corno si illuminò di rosso, contornato subito dopo dagli altri. Il raggio scarlatto che ne seguì colpì la saetta grigia dell’Elemento. Fin da subito notai che il corpo di Rainbow Dash, fino a quel momento quasi immobile, ora si contorceva, così come era successo con Pinkie Pie. Chissà cosa accadeva, se sentiva dolore o se riprovava tutte le cattive azioni che aveva fatto in vent’anni in pochi istanti. Ma era per il suo bene e per quello del mondo.

Si divincolava sempre di più, e sentii la resistenza delle corde magiche venire meno. Era ancora più forte di quanto ricordassi. Ne creai altre, per evitare che potesse farci o farsi del male.

Non ci volle molto perché il suo Elemento tornasse del suo colore originario. La saetta rossa spiccava sull’armatura e uniforme grigio-blu.

Rainbow Dash, reduce della purificazione, iniziò a svegliarsi. Cercava di divincolarsi senza successo e con poca convinzione, provata e affaticata anche dal combattimento aereo precedente.

Aprì gli occhi, con espressione sofferente in volto. Fissò Rachel, confusa.

«Che … cosa … che è successo?» furono le sue prime parole, dal tono molto più umile e tormentato delle grida sfrontate di prima.

Mi avvicinai a lei, entrando nel suo campo visivo.

«Sei tornata tra noi.» le dissi, con un sorriso gentile.

«Twilight?» esclamò, voltando lo sguardo verso Redflame che non aveva ancora smesso di puntarle contro il fucile. «Ma … non capisco … io …»

«Comprendo la tua confusione.» la rassicurai. «La magia di Rachel ti ha fatto tornare la Rainbow Dash di vent’anni fa, ma non può togliere i ricordi.»

«Rachel?» domandò lei, con lo sguardo di chi cerca di sforzarsi di ricordare.

«L’amica che ci ha accolto quando siamo andate nel mondo umano.»

Annuì appena, guardando l’unicorno verde con occhi nuovi. Quella scoperta non sembrava averla scossa più di tanto. Le sue preoccupazioni erano altre.

«Mi potete … slegare?»

Non c’era più pericolo. Le leggevo negli occhi spaventati e afflitti che non era più la Rainbow Dash guerriera e nemica di Equestria. Quindi feci sparire i legacci magici e la pegaso azzurra fu libera.

Impiegò un po’ di tempo per rimettersi sugli zoccoli, anche per via dell’ingombro delle armi che seppur leggere intralciavano i movimenti.

La prima cosa che fece fu girare su sé stessa per guardarsi attorno, molto lentamente. Redflame continuava sempre a tenerla sottotiro. Ancora non si fidava.

Poi la pegaso con gli zoccoli anteriori prese il suo elmo e lo tolse, rivelando la criniera multicolore sporca di smog e polvere leggermente più corta di quella di vent’anni prima ma ugualmente selvaggia. In un impeto di rabbia gettò l’elmo a terra, facendolo rotolare poco più avanti. Tirò su con il naso e si voltò verso uno dei pini vicini. Si mise a fissarlo, in silenzio, contemplandone la maestosità. Non osai dire niente, né fare niente. Conoscendola stava cercando di affrontare da sola quel brutto momento. Il suo carattere era più saldo di quello di Pinkie Pie, ma non per questo immune agli orrori di cui si era macchiata. Lo si capiva dall’espressione tormentata che faceva, e dalle lacrime che iniziarono a sgorgare timidamente dagli occhi.

Dopo qualche minuto, che le concedetti volentieri malgrado avessimo fretta di seguire le altre nostre amiche, si asciugò le lacrime e fece un forte sospiro.

Si voltò verso di noi, con espressione più calma ma ancora afflitta.

«Scusate … per tutto …» disse con gli occhi rivolti verso il punto in cui era stata posata poco prima. «Non … non so cosa sia successo, cosa mi abbiate fatto, ma ora, dopo tanto tempo, sono tornata in me … finora non ho fatto altro che uccidere, distruggere, mentire senza alcuna remora, e per così tanti anni che non mi sembra vero … il mio sogno di diventare la pegaso più famosa del mondo si è avverato, ma non nel modo che pensavo … »

«Avrai ancora tempo per diventarlo in altro modo.» la rassicurai, avvicinandomi cautamente.

Il suo sguardo si alzò rapidamente, fissandomi quasi con rabbia. «Davvero?» esclamò. «Dopo le centinaia, migliaia di morti che da sola ho causato, dopo le stragi che ho compiuto, dopo la nomea che mi sono fatta di pegaso spietata e implacabile, credi che sia possibile tornare indietro e dimenticare tutto?»

Nuove lacrime lottarono per uscire, ma il suo lato orgoglioso faceva di tutto per farle ritrarre. La voce però tradiva la sua tristezza.

«No, Twilight … sono rovinata … per sempre … agli occhi miei e del mondo …»

Sentii l’arma di Redflame abbassarsi.

«Come se fossi l’unica qua che ha ucciso …» disse il pegaso rosso.

La testa di Rainbow Dash scattò verso di lui, tirando su con il naso.

«Hai visto cosa ho fatto poco fa … quanti credi che ne abbia mandato all’altro mondo? E solo per salvare te!»

«Non è la stessa cosa!» sbottò lei, avvicinandosi al pegaso di qualche metro. «Tu l’hai fatto per salvarmi! Io per ragioni stupide come la supremazia dei pegasi e l’avidità!»

«Se io sono quello che sono lo devo a te, nel bene e nel male.» le rispose serafico. «E’ con il tuo esempio che sono diventato il secondo pegaso più veloce del mondo …»

Rainbow Dash sbuffò. «Avresti fatto meglio a lasciar perdere sin da subito. Come hai potuto scoprire, non sono stata un buon esempio.»

«Mi hai comunque insegnato molto. E la prima cosa che mi hai insegnato è di non mollare mai! Sia quando volevi diventare una Wonderbolt, sia quando sei diventata la più grande guerriera di Pegasopoli!»

La pegaso azzurro esitò a replicare. Abbassò lo sguardo.

«Sono stanca … stanca di non mollare mai …»

«E invece devi continuare!» la pizzicò lo stallone rosso. «Perché senza di te quell’affare che hai al collo non serve a nulla!»

Rainbow Dash lo guardò male. Prese l’Elemento, se lo tolse dal collo e lo gettò a terra, non lontano da dove si trovava il suo elmo.

«Non servirà a nulla comunque … Non sono più l’Elemento della Lealtà … ho voltato le spalle ai pony a cui dovevo essere leale molto tempo fa …»

Si voltò e si allontanò dal pegaso, fissando la terra sotto gli zoccoli.

Redflame scosse la testa, deluso come il fan che vede il suo eroe arrendersi.

Ma lei non era tipo da arrendersi così facilmente. La conoscevo troppo bene. Era solo troppo scossa da quello che le era successo. Aveva bisogno di aiuto anche lei, malgrado non l’avesse chiesto.

«Puoi ancora esserlo.» intervenni, prendendo con la magia l’Elemento e mettendoglielo davanti agli occhi. «Solo perché non lo sei stata per questi vent’anni sotto l’influsso di una magia corrotta, non significa che non puoi tornare ad esserlo.»

Rainbow Dash si voltò verso di me, poco convinta.

«Puoi tornare ad essere leale a me, alle tue amiche … a Equestria.»

Ci fissammo a lungo, combattendo con gli sguardi. Lei cercava di convincermi che era tutto inutile, io che c’era ancora speranza. Alla fine fui io a vincere, e Rainbow fece un accenno di sorriso. Alcune lacrime scesero libere sulle sue guance senza che facesse nulla per fermarle. Con gli zoccoli prese l’elemento che levitava di fronte a lei e l’osservò.

«D’accordo Twilight. Ma lo faccio solo per te che credi in me malgrado tutto. Le altre mi odieranno a morte.»

«Non ti odieranno, vedrai.» la consolai.

Rainbow Dash non disse niente, ma si mise nuovamente l’Elemento al collo e poi tornò a guardarmi.

«Cosa facciamo adesso?»

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 - Un piccolo squarcio di cielo limpido ***


Capitolo XXIII

Un piccolo squarcio di cielo limpido

 

La servitù, in molti casi, non è una violenza dei padroni, ma una tentazione dei servi.

(Indro Montanelli)

 

 

 

«… un attacco scellerato al cuore della nostra nazione! Ma malgrado i pegasi abbiano pensato il contrario, Terra ha avuto la meglio. Se pensavano che bastasse così poco per mettere fine alla guerra, colpendoci con una lama alla schiena, si sbagliavano di grosso …»

«… un Sonic Rainboom? Può essere. Se conosco il nostro Colonnello Supremo, l’avrà creato per sconfiggere le difese formidabili di quella città. Posso solo immaginare lo spettacolo che deve essere stato. E non vi preoccupate. E’ viva e vegeta. Se ci mette così tanto per tornare è perché ha importanti affari da sbrigare …»

«… ci congratuliamo personalmente con l’azione eroica dei pegasi, che ancora una volta si dimostrano preziosi alleati nella guerra contro questi barbari analfabeti. Anche se la loro azione non è andata come previsto, possiamo dire con certezza che il loro sacrificio porterà sicuramente all’accorciarsi di questa guerra …»

 

Viaggio verso Flankurt: 14 giorni dall’inizio della Terza Grande Guerra

 

Il volo per un po’ restò tranquillo. C’erano solo campagne e qualche villaggio isolato, e a un certo punto avvistammo la città di nome Manechester, ma restammo il più lontano possibile dai centri abitati e grazie soprattutto all’invisibilità non accaddero incidenti.

Mentre eravamo rimpicciolite e legate alla sella sul dorso di Redflame, mi occupai di spiegare a Rainbow Dash tutto ciò che era successo da quando ero tornata insieme a Daniel e Rachel ad Equestria, aiutata da quest’ultima nel racconto. La pegaso fu tirata su di morale quando sentì che anche Pinkie Pie era tornata normale. Alla fine del racconto fu lei a spiegarci alcune cose che sapeva del conflitto, come la reale situazione del fronte, leggermente a sfavore di Terra, cosa che sarebbe comunque cambiata con l’arrivo continuo di reclute fresche.

«L’attacco a Stalliongrad era solo un diversivo.» concluse. «Una città fortificata come quella necessita di un attacco combinato da terra e dall’aria per poter essere presa. E con un numero di soldati molto più alto. Eravamo d’accordo con gli unicorni: la mia presenza serviva a dare importanza all’attacco, in modo che tutta l’attenzione sarebbe rimasta su di noi e non sui tre agenti che hanno rapito Pinkie Pie e Applejack. Quindi se loro sono state prese è soprattutto per colpa mia. Giuro che farò di tutto per salvarle. Quindi potresti per favore far volare me invece di questa lumaca?»

«Ehi!» esclamò il vocione di Redflame.

«Così ci metteremo una vita!» continuò Dash, ignorandolo.

«Bella riconoscenza per quello che ti ha salvato la vita!»

«Senza Twilight saresti morto una decina di volte.» lo pizzicò.

Il pegaso ringhiò. «Parla quella che si è fatta fregare in almeno un paio di occasioni dalle mie manovre.»

«Bah! Tanto non riuscivi a colpirmi neanche se mi avessi avuto davanti al muso!»

«Brutta …»

Uno scossone del pegaso ci fece quasi cadere.

«Ehi!» esclamai. «Smettetela! Farete a turno.»

«Dovresti far volare solo me, Twilight.» disse Rainbow Dash facendomi un sorriso sprezzante. «Non c’è pegaso più veloce di me.»

«Se esistesse l’Elemento dell’Umiltà sarebbe sicuramente il tuo.» disse con tono sarcastico il pegaso.

«E tu saresti L’Elemento della Lentezza.» replicò Dash con la lingua di fuori.

«Ho detto a turno!» urlai, ponendo fine alla discussione.

Decisi di fare il cambio ogni due ore circa, atterrando in posti sicuri e senza pony intorno. Quando toccò a Dash usai la magia per rimpicciolire Redflame e far tornare normale Rainbow.

La sensazione di stare sulla schiena di un pegaso ridotta alle dimensioni di un uccellino aumentò di stranezza quando la schiena divenne quella della mia amica.

«Sei proprio carina piccola così.» scherzò lei appena spiccato il volo.

 

La tranquillità del viaggio durò poco. Dopo circa due giorni di volo iniziammo a sentire in lontananza dei rombi familiari.

«Ci stiamo avvicinando al fronte.» presagì Redflame accanto a me. «Ed è avanzato ancora, a quanto pare.»

«Altroché.» commentò Rainbow Dash. «Di questo passo, se le cose non cambiano, arriveranno a Manechester in meno di una settimana.»

«Dobbiamo sbrigarci allora.» disse Rachel.

Avvicinandoci potei notare che gli aerei di passaggio erano molto più numerosi, e tutti andavano e venivano da sud. Quando arrivammo alla linea del fronte rimasi atterrita dal panorama che si stagliava sotto di noi.

Le colonne di fumo, simili a quelle degli incendi, erano infinite. Centinaia, migliaia di puntini si muovevano a terra, intervallati da lampi ed esplosioni, che divoravano e distruggevano il verde dell’erba e degli alberi. Verso sud, dove il fronte era già passato, si distinguevano chiaramente le vecchie linee del fronte, brulle, bruciate dalla guerra. Dalle retrovie a sud inoltre si notavano, così come a nord, i colpi d’artiglieria che come fuochi d’artificio inondavano di morte il fronte. Era orribile pensare che là sotto i pony si stavano uccidendo l’un l’altro con queste armi orribili.

«Forse ci conviene salire di quota.» suggerii a Rainbow Dash. Anche se eravamo già parecchio in alto non mi sentivo a mio agio. A dire la verità, dopo quello “spettacolo”, mi sarei sentita a mio agio solo a centinaia di chilometri di distanza.

«No.» disse lei tranquillamente. «Siamo a circa millecinquecento metri d’altezza ora. Non ho visto nessuno di questi aerei arrivare così in alto, quindi eventuali contraeree mireranno più in basso.»

La sua constatazione era vera. Nessuno degli aerei che riuscii a vedere ci raggiungeva in altezza, e di tanto in tanto qualcuno veniva abbattuto dai colpi sparati dal basso.

Solo un paio di volte capitò di sentire dei proiettili vaganti arrivare più vicini del previsto, ma Rainbow Dash fu così rapida a superare il fronte che ben presto abbandonammo il mattatoio che si stava compiendo là sotto. Il cuore mi implorava di fare qualcosa per impedire l’orrore che intravedevo appena da lassù. Ad ogni mio respiro uno o più pony là sotto perdeva la vita.

Ma anche sapendo cosa fare, la mia missione era di fondamentale importanza. Era terribile dare maggiore priorità a quello che stavamo facendo invece che a salvare vite, ma nel lungo periodo ne avremmo salvate molte di più.

Quel pensiero purtroppo non mi dava alcun conforto.

«Dimmi la verità Twilight.» esclamò Rainbow Dash una volta superato il pericolo. «Vent’anni fa, quando eravamo a casa di Rachel, ti ricordi ...?»

«Sì.» annuì. «Per me è passato solo un mese e mezzo circa.»

«Ecco … quando sei stata da sola nel suo studio, dicendo che volevi leggere … non ti sei messa a leggere, vero?»

Rachel mi fissò. Lei era l’unica a sapere cosa avevo effettivamente fatto in quel lasso di tempo.

Già … mi ero quasi dimenticata di cosa avevo visto su quell’aggeggio tecnologico del mondo umano. Fui colta dall’angoscia al pensare che molte cose le avevo viste accadere anche nel nostro mondo ... alcune appena qualche minuto prima.

«Non volevi che vedessimo quello, vero?» aggiunse Rainbow Dash, puntando il suo zoccolo verso il fronte lasciato alle nostre spalle.

«Da quanto l’hai capito?» domandai. Non aveva alcun senso mentirle. Non era più la Rainbow Dash innocente e ignara della violenza umana.

«Da ieri. Prima no, perché avevo ben altri pensieri in testa. Non è stato così difficile arrivarci con la testa sgombra di tutte quelle idiozie sulla “supremazia del cielo”. L’Ombra che ha corrotto il nostro mondo proviene dal mondo umano, quindi è logico immaginare che tutto quello che è successo qui da noi sia già successo là. Sbaglio?»

Stavo per risponderle, ma fui anticipata da Rachel. «No, non sbagli.» disse abbassando mogia lo sguardo alla sella. «Non sai quanto mi dispiace.»

«E di cosa, Rachel? E’ come se Twilight si dovesse dispiacere di tutto il male compiuto dai pony in questi ultimi vent’anni. E’ ingiusto sentirsi in colpa, sia per te, sia per lei, di tutto quello che è successo. Siete migliori di me in questo. Io sono quella che dovrebbe sentirsi in colpa, non voi.»

«Ti ripeto quello che ho detto a Pinkie.» le dissi con tono gentile. «Sei stata stregata da una magia molto potente. Non avevi modo di fare altrimenti. Tu non hai colpe così come Luna non ha colpe di quello che ha fatto sotto forma di Nightmare Moon.»

Mi passai uno zoccolo sulla chioma nera-rossa, ricordandomi che tra di noi ero io quella che doveva espiare delle colpe.

Rainbow Dash continuò a volare senza dire niente per qualche minuto. «La farò pagare cara all’Ombra.» disse all’improvviso, con voce che tradiva una certa rabbia, che si tradusse in un aumento della velocità. «Per avermi manipolato peggio di Discord, per aver fatto del male alle mie amiche, per aver rovinato il nostro mondo. Dovesse costarmi la vita, gliela farò pagare.»

 

Flankfurt: 16 giorni dall’inizio della Terza Grande Guerra

 

Eccola finalmente. Flankfurt. In una zona puntellata di dolci colline, era una cittadina molto simile a Manech come architettura, ma con molte più fabbriche e più estesa. Sembrava un centro industriale molto importante: lo capii dalle cinque linee ferroviarie che partivano da quel grande ammasso urbano, percorse continuamente da treni (tranne dalle due linee che proseguivano a nord, interrotte per via della guerra). A differenza però delle città di Terra, l’inquinamento non era così forte. Dall’alto sembrava una città quasi vivibile.

Per quanto fosse bello volare sul dorso di un pegaso (e sul dorso di Rainbow Dash, per di più!), non avevo fatto altro che desiderare di giungere a destinazione. Dall’alto ci si rendeva facilmente conto delle conseguenze della guerra: bombardamenti, movimenti di truppe, zone abbandonate … riuscivo a percepire in ogni momento quel conflitto come se fosse qualcosa di palpabile ma invisibile, sempre presente ma impossibile da allontanare, come l’afa estiva, che si può solo sopportare.

L’unico mio desiderio era quello di trovare il prima possibile le amiche di Twilight e mandare via quest’afa.

Quando arrivammo a Flankfurt, di pomeriggio, Redflame grazie all’invisibilità di Twilight puntò verso una delle tante vie della città, cercandone una che fosse poco frequentata.

«Vai in quel vicolo là!» le indicò un punto Rainbow Dash. «Da lì sarà facile arrivare dove potrebbero trovarsi le nostre amiche.»

«Sai già dove possono essere imprigionate?» chiese Twilight.

«Certo che lo so!» esclamò orgogliosa la pegaso. «Dopo l’attacco, mi era stato chiesto di venire qui a “incontrarle”, per poi tornare a Pegasopoli insieme a Fluttershy.»

Io e Twilight spalancammo gli occhi. Persino il volo di Redflame si fece più traballante dopo aver sentito quel nome.

«Fluttershy?» urlammo all’unisono.

Sul volto della pegaso si aprì un sorriso imbarazzato.

«Ops … avrei dovuto dirvelo prima. Ero troppo presa dai miei pensieri … Fluttershy è qui.»

Era una buona o una cattiva notizia?

Era una buona notizia perché ora avevamo tre amiche di Twilight in un posto solo. Era una cattiva notizia perché si trattava della Fluttershy che riusciva a terrorizzare persino Redflame.

Vedendo le nostre facce, fece una smorfia.

«Capisco … non vi preoccupate. Penserò io a lei.»

 

Per la prima volta ci camuffammo tutti da pegasi. Precisamente da soldati pegasi, con armatura, uniformi e armi incorporate. Non eravamo molto diversi da piccoli aerei su quattro zampe. E la sensazione, simulata dalla complessa magia dell’illusione di Twilight, di avere delle ali era molto piacevole, anche se sapevo che non potevo volarci.

Secondo quanto chiesto da Rainbow Dash, ora eravamo dei soldati ai suoi ordini, sopravvissuti all’attacco a Stalliongrad. Passeggiammo per qualche minuto per le strade della città, sotto gli occhi incuriositi dei passanti. A Unicornia, anche se alleati, i pegasi dovevano essere una vista rara.

«Fate molta attenzione quando incontreremo Fluttershy.» ci avvertì Rainbow Dash a bassa voce mentre ci avvicinavamo alla nostra meta. «Fluttershy non è più la pegaso gentile e timida che ricordavate. Redflame sa di cosa parlo. Evitate il suo sguardo se potete, e svuotate la mente. Ho visto sin troppe spie venire scoperte a causa di una sua semplice occhiata. Farò di tutto per avere la sua totale attenzione, ma potrebbe bastare davvero poco per venire scoperti.»

Rainbow Dash si fermò davanti ad un edificio. Non aveva nulla di particolare: era praticamente identico a tanti altri che si vedevano in quella via. L’unica cosa che aveva di diverso dagli altri era l’accesso per le automobili verso quello che sembrava un parcheggio interno e un paio di guardie in uniforme nera alla porta.

«E’ qui.» ci disse a bassa voce.

Gli unicorni di guardia, vista Rainbow Dash, ci fecero passare. Subito dopo essere entrati però fummo fermati da un unicorno, intento a leggere un giornale.

«Identificatevi, per favore.»

Rainbow Dash si voltò verso di lui, uno stallone stempiato e dall’aria stanca.

«Colonnello Supremo di Pegasopoli Rainbow Dash, Comandante della Falange Alpha.» sentenziò, gonfiandosi il petto e mettendo bene in mostra l’Elemento della Lealtà reso grigio dalla magia illusoria di Twilight.

L’unicorno gettò il giornale e si affrettò a fare il saluto militare.

«Benvenuta, signora. La stavamo aspettando.»

«E’ già qui il Colonnello Fluttershy?»

«Sissignora. Quarto piano, terza porta a destra.»

«Bene.» esclamò la pegaso azzurra, dirigendosi verso la scala indicata dallo zoccolo dell’unicorno con noi al seguito.

 

Mentre salivamo restammo zitte. Memore delle microspie all’ambasciata di Unicornia nel Regno di Cristallo capii il perché di quella scelta. Qui eravamo nel regno degli unicorni. Qui la magia era utilizzata molto spesso, e venire scoperti era molto più facile. Mi venne in mente quella prigione piena di cristalli a Applegrad, e mi chiesi quante stanze del genere potessero avere a Unicornia … magari in questo stesso edificio.

Senza saperlo avremmo potuto attraversarne una, rivelando il nostro vero aspetto.

Ma forse sbagliavo a preoccuparmi. Si trattava pur sempre di gemme abbastanza rare. Probabilmente di stanze di quel genere ce n’erano un numero molto limitato in luoghi chiave. Luoghi che si volevano proteggere da intrusioni di unicorni di un certo livello (o in cui si volevano rinchiudere).

Malgrado le mie preoccupazioni raggiungemmo senza problemi la porta indicataci dal pony al piano terra. C’era un unicorno e un pegaso di guardia. Riconobbero all’istante Rainbow Dash (doveva essere famosa quanto Celestia, viste le reazioni) e le permisero di bussare alla porta.

La voce proveniente dall’interno che invitava a entrare era quella di Fluttershy, non avevo dubbi. Ma non c’era alcuna traccia di timidezza né d’incertezza nel tono.

Rainbow aprì la porta.

Dietro alla scrivania, intenta a scrivere, si trovava la penultima delle mie amiche. Di tutte quelle che avevo incontrato, era lei quella che in vent’anni sembrava più cambiata. Portava l’uniforme grigia come Rainbow Dash, ma senza armatura, con l’Elemento della Gentilezza corrotto che le cingeva il collo. L’acconciatura della criniera e della coda era ciò che più distingueva la nuova Fluttershy dalla vecchia: entrambe erano più corte, ma la criniera continuava a coprirle il lato destro del volto. E il colore … si era tinta sia la criniera che la coda interamente di nero, risaltando enormemente sul manto paglierino e dandole un’aria inquietante.

Come se non bastasse, il volto era truccato. Ma non del modo che si usa per essere più attraenti o seducenti. Per niente.

Sotto gli occhi aveva degli eye-liner così marcati e attorno alla bocca un rossetto rosso sangue così calcato che Rarity sarebbe svenuta a guardarla in volto …

Non mi stupiva che Redflame tremava solo a ricordarla. Sembrava che avesse studiato quell’aspetto apposta per ispirare terrore. E visto il mestiere che aveva in questa nuova Equestria, la cosa non mi stupiva.

Alzò lo sguardo verso Rainbow Dash, e mi affrettai a puntare il mio da un’altra parte, limitandomi a controllarla con la coda dell’occhio.

«Amica mia! Eccoti qua!» esclamò la pegaso alla scrivania con un sorriso all’apparenza molto sincero. Se non avesse avuto quel rossetto rosso sangue, sarebbe stato un bel sorriso. «Ho sentito notizie contrastanti. Alcune dicevano che eri morta.»

«Ti sembro morta?» scherzò Rainbow Dash. «Lo sai che sono a prova di proiettile.» si portò uno zoccolo alla fronte, nel punto in cui aveva la cicatrice.

Fluttershy appoggiò gli zoccoli alla scrivania e la fissò.

«Hai avuto problemi?»

«Nulla di che.» disse lei, in modo molto convincente. «Ho trovato solo qualche difficoltà a tornare.»

Lo sguardo di Fluttershy si fece più serio.

«Ho sentito che c’è stato un Sonic Rainboom sopra i cieli di Stalliongrad.»

«Ah, ti riferivi a quello.» corse ai ripari la pegaso azzurra. «Sì, sono dovuta ricorrere a quell’espediente. La battaglia è stata più dura del previsto. In quel modo ho inflitto un duro colpo alle loro difese e al loro morale. Purtroppo i superstiti sono stati molto pochi.»

Fluttershy restò in silenzio per qualche secondo.

«Ti farà piacere allora sapere che l’operazione ha avuto successo. Le nostre vecchie amiche sono dietro delle solide sbarre. Ho già avuto modo di parlarci un po’, e sono disposte a collaborare. Al momento sono un po’ … indisposte, ma per domani se vuoi possiamo andarle a trovare.»

«Ovvio. Dopo la fatica che ho fatto per aiutare gli unicorni a catturarle, mi sembra il minimo.»

«Bene. Ho già fatto prenotare per te una camera d’albergo qui in città. Fatti dare l’indirizzo alla reception al piano terra. Ora scusami, ma ho molto lavoro da fare. Vieni qui domattina e andremo insieme a trovarle.»

«Va bene. Ci vediamo domani Fluttershy!»

Con uno zoccolo le fece il saluto militare e insieme a lei uscimmo dalla stanza.

 

«Cova qualcosa.» fu il commento secco di Redflame appena fummo a distanza di sicurezza, mentre trottavamo verso l’albergo in una via alberata poco frequentata.

«Credo anch’io.» annuì Rainbow Dash. «Anche se mi ha sempre dato quell’impressione. Negli ultimi anni soprattutto, con tutte queste trasferte a Unicornia, l’ho trovata ancora più distaccata e pensierosa. Comincio a pensare seriamente che sia collusa con gli unicorni.»

Alzai un sopracciglio «Non lo siete già?»

Rainbow Dash sbuffò. «Qualche giorno fa ti avrei dato un calcio in faccia se mi avessi detto una cosa del genere, ma non hai tutti i torti. Sì, siamo alleati con gli unicorni, ma è un’alleanza molto fragile, creata solo per contrastare la potenza crescente di Terra. E tra le nostre fila, da quando è nata questa alleanza di comodo, si sono create due fazioni. La fazione principale, quella adottata da me e dai pegasi della Giunta, pensa che l’allenza resterà in vigore solo fino a quando Terra rimarrà una minaccia. La seconda fazione, più piccola e agguerrita, è di quei pegasi che credono in un’alleanza permanente con gli unicorni, per le ragioni più diverse: alcuni ad esempio credono che gli unicorni siano effettivamente una razza superiore, altri ne temono la potenza militare, altri ancora hanno amici o familiari unicorni da cui non vogliono separarsi. Ma tutti concordano che sia meglio allearsi con loro, arrivando pure a servirli, piuttosto che essere dei potenziali nemici. E credo che Fluttershy sia entrata nei loro ranghi.»

«Temi che ti possa tradire?» chiese Rachel.

Rainbow Dash la guardò.

«Sì. C’è una forte possibilità. Temo che sappia più cose di quelle che ha dato a vedere.»

«Come suggerisci di agire allora?» le domandai.

«Se vogliamo purificare lei e le nostre amiche, non abbiamo altra scelta che andare all’incontro di domani.»

«Oppure …»

Ci voltammo verso Rachel: si interruppe per qualche secondo quando si rese conto che era al centro dell'attenzione.

«Oppure potrei vedere con la mia magia dove sono imprigionate. Una volta conosciuto il punto dove si trovano potremmo andarle a salvare.»

Annuii. «Sembra una buona idea. Potremmo …»

«No.» mi interruppe la pegaso azzurra. «Pessima idea. Non conoscete le prigioni degli unicorni, soprattutto le prigioni per gli ospiti speciali. Basta un minimo errore, uno zoccolo fuori posto, e l’intero corpo di polizia della città ci sarà addosso.»

«Abbiamo Twilight dalla nostra parte.» osservò Rachel, facendomi arrossire.

«Fidati.» insistette Dash con mortale serietà. «Sono prigioni create apposta per rendere difficile la fuga persino degli unicorni di alto livello. Forse nemmeno Celestia potrebbe fuggire da una prigione del genere. Senza un aiuto interno, è un’impresa quasi impossibile.»

Rachel si fece pensierosa. «Potrei comunque guardare dove si trovano. Se sappiamo dove stanno in anticipo, avremo una sorpresa in meno.»

 

Arrivati in albergo (e controllata la camera per eventuali microspie che per fortuna non c’erano), lasciammo usare la magia di rintracciamento a Rachel. Dopo averla lanciata, restò ferma come una statua, con gli occhi colorati d’arancione a guardare una scena che vedeva solo lei.

Quando terminò si coricò a terra, sfinita, con il fiatone. Stavolta le bastò un minuto circa per riprendersi a sufficienza per parlarci.

«Sono rinchiuse insieme.» disse, con voce affaticata. «In un posto molto particolare. La loro cella si trova al centro esatto di una stanza quadrata in cemento, larga una decina di metri, con due accessi, controllata a vista da guardie in uniforme nera. Ne ho contate una decina.»

«Avevi ragione.» disse Redflame rivolgendosi a Rainbow Dash. «Se in quella cella ci sono così tante guardie, figuriamoci nel resto della prigione.»

«Come stanno?» le chiesi.

«Non molto bene.» mi disse. «Sono sfinite e dall’aspetto sembra non riposino da giorni. Temo che le abbiano fatto qualcosa di orribile.»

«Sembra la tipica opera di Fluttershy.»

Mi voltai verso la pegaso azzurra. Il volto era contratto in un’espressione di sdegno. Mi fissò a sua volta. «Spero che tu conosca una magia per contrastare lo Sguardo.»

Spalancai gli occhi. Me ne ero completamente dimenticata! Fluttershy mi aveva confidato un paio di volte (anzi, una volta me l’aveva persino mostrato) che era in grado con il solo sguardo di far ubbidire gli animali in casi di estrema disubbidienza. Aveva chiamato questa capacità (con poca fantasia, lo ammetto) lo Sguardo. Facendo una rapida ricerca avevo scoperto che era una capacità rara dei pony e che il nome dato da chi l’aveva studiata era “Dominio Visivo”. C’erano casi documentati di pony di terra, di unicorni e di pegasi con questa particolare abilità che era sempre e comunque innata. Nessuno era mai riuscito ad impararla. Gli studiosi di questa strana capacità avevano scoperto ben poco, ma erano riusciti a capire che solo i pony dotati di una certa empatia la possedevano. E non potevo che dar loro ragione, visto che non c’era pony più empatica di Fluttershy, soprattutto quando aveva a che fare con gli animali. A quanto avevo capito l’aveva usata solo su di loro quella tecnica. Mi aveva rivelato che non aveva mai provato ad usarla su altri pony (né ne aveva l’intenzione).

Ma se Rainbow Dash aveva ragione, doveva averla usata parecchie volte sui pony con successo. Per fortuna conoscevo qualche incantesimo di dissoluzione e di difesa dagli ammaliamenti. Uno in particolare era in grado, almeno secondo il libro donatomi da Celestia, di contrastare magie mentali simili a quelle che avevano alterato la mente delle mie amiche durante lo scontro contro Discord. Vista l’efficacia, sperai fosse sufficiente per una capacità come quella di Fluttershy che in confronto sembrava più limitata, sia come potenza che come durata.

«Per fortuna sì.» le dissi. «E forse ho anche qualcosa per evitare che il suo Sguardo abbia effetto su di noi.»

«Su di me non ce l’ha.» disse tranquillamente Rainbow Dash.

Alzai un sopracciglio, sorpresa. «Cosa?»

«Abbiamo già provato, io e lei. Su di me non ha effetto. Deve essere a causa dell’Elemento.»

Battei uno zoccolo sul mento. «Può essere. Ma ho notato che sono gli Elementi corrotti a potenziare o aggiungere caratteristiche ai loro portatori. Il sesto senso di Pinkie ad esempio era molto più sviluppato.»

La pegaso azzurra si accigliò, molto preoccupata.

«Quindi dici che su di me ora potrebbe avere effetto?»

«Non ci metterei lo zoccolo sul fuoco, ma è probabile.»

Rainbow Dash rifletté per un po’. «In tal caso è meglio che lo lanci su tutti noi prima di incontrarla. Lei crede che io sia ancora la Rainbow Dash corrotta, quindi non lo userà su di me. Ma è meglio essere prudenti.»

Risi.

La pegaso azzurra non prese bene il mio scoppio d’ilarità. «Non ci vedo molto da ridere.»

«Scusami Rainbow, ma credo che sia la prima volta che ti sento dire “meglio essere prudenti”.»

La pegaso dalla chioma multicolore avvampò e abbassò lo sguardo. «Non hai tutti i torti.» disse, ridacchiando a sua volta. «Comunque per domani direi di fare così: andare con Fluttershy a trovare Applejack e Pinkie Pie, renderci bene conto delle difese di quel posto e poi purificare Fluttershy sulla via del ritorno, in un posto tranquillo e sicuro. Con lei dalla nostra parte, potremmo riuscire a liberare le altre nostre amiche senza dover per forza infiltrarci là dentro.»

«Ha senso.» approvò Redflame. «Se tutto va bene usciremo da questa città con cinque delle portatrici purificate. E, con un po’ di fortuna, senza spargimenti di sangue e senza che nessuno si sia reso conto di quello che è successo.»

«Speriamo.» commentò Rachel. «A quel punto rimarrà solo Rarity. Chissà come faremo a …»

«Non parliamo di Rarity.» la interruppi alzando uno zoccolo. «Mi fa male anche solo pensare a cosa sia in grado di fare lei con i poteri acquisiti dall’Elemento della Generosità.»

«… per non parlare dell’Amuleto dell’Alicorno.»

Spalancai gli occhi e la bocca, buttando lo sguardo su Rainbow Dash.

«COSA?!» urlai. Mi ricordai subito dove mi trovavo, quindi mi tappai la bocca. Quando mi fui calmata un po’, tornai a parlare con esasperazione, avvicinandomi a Rainbow Dash e fissandola negli occhi. «E quando aspettavi a dirmela questa cosa?»

«Quando mi avresti chiesto cosa dovevi aspettarti da lei.» rispose la pegaso, con il sorriso tirato di chi sa di averla fatta grossa.

Battei uno zoccolo sulla faccia. «Mi stai dicendo che la portatrice di un Elemento corrotto che è in grado di potenziare il suo portatore è anche detentrice di un amuleto che rende sempre più malvagio chi lo porta, aumentandone a dismisura i poteri? E che questo pony è a capo di una nazione?»

«Ehm … sì?» rispose lei, ingrandendo in modo imbarazzante il sorriso.

«Mi sono sempre chiesto cosa fosse quella collana grigio-rossa che portava al collo …» commentò Redflame.

Mi scappò un «Merda!»

 

Flankfurt: 17 giorni dall’inizio della Terza Grande Guerra

 

Dormii di un sonno agitato e colmo di incubi. Per fortuna quando mi svegliai non me ne ricordai nemmeno uno. Avevo solo la vaga sensazione che riguardassero Rarity.

Guardando fuori dalla finestra della camera d’albergo notai che il cielo per la prima volta da quando eravamo arrivati a Equestria aveva iniziato a riempirsi di nuvole. Riuscii a intravedere alcuni pegasi mentre si occupavano del cambio di tempo, ma la maggior parte delle nuvole veniva spostata magicamente, a dimostrazione che gli unicorni erano indipendenti anche su quel fronte.

A quanto pare da troppo tempo c’era il sole e le coltivazioni avevano bisogno di un po’ d’acqua. Di lì a qualche giorno quindi avrebbe certamente piovuto.

Preparati psicologicamente (per quanto si potesse) con l’incontro con Fluttershy, andammo a incontrarla.

La trovammo nello stesso ufficio del giorno prima, a leggere un giornale in nostra attesa. Uscimmo insieme e con due automobili ci dirigemmo verso la prigione dove venivano tenute Applejack e Pinkie Pie.

Scoprii che non era molto lontana. Dopo un paio d’isolati la raggiungemmo.

I timori di Rainbow Dash erano fondati. L’edificio in cemento grigio, che stonava con le abitazioni vicine colorate in legno e mattoni, era circondato di guardie e filo spinato. Persino provare a entrarci da invisibili sarebbe stato complicato, per via del poco spazio disponibile per passare. Ed ero quasi sicura che avessero qualche magia anti-invisibilità attiva negli unici punti di passaggio obbligati. Per fortuna che le magie per dissolvere le illusioni (soprattutto quella che avevo utilizzato per camuffare noi) erano più complicate.

Venimmo fatti passare senza che nessuno ci dicesse niente, soprattutto alla vista di Rainbow Dash: le guardie in divisa nera le facevano il saluto militare al suo passaggio, anche se dallo sguardo di molte di loro mi sembrava che lo facessero più per dovere che per sentimento.

L’interno della prigione si rivelò molto complicato: era un intrico di corridoi, quasi un labirinto, e probabilmente era fatto apposta così, per rendere difficili eventuali fughe. Per complicare ancora più le cose ogni dieci metri c’era almeno una guardia di passaggio. Ma con la guida di Fluttershy non ci furono problemi a raggiungere la famosa stanza che ci era stata anticipata da Rachel.

Contai dieci soldati ai lati della stanza a fissare il centro, la vera e propria gabbia dove si trovavano Pinkie Pie e Applejack.

Le avevano tolto tutto, indumenti e armi, ma stranamente non gli Elementi. Forse avevano bisogno di lasciar loro i poteri che derivavano dalla loro corruzione per qualche strano motivo. Lo sguardo di Pinkie Pie era perso nel vuoto, mentre Applejack si guardava attorno come la tigre che non vede l’ora di uscire e mordere il primo che le capitava. Si davano le spalle, come se facessero finta che l’altra non esistesse.

«Ed eccole qua.» commentò Fluttershy con voce allegra. «Era da anni che non ci vedevamo tutte e quattro insieme, vero?»

Pinkie, coricata su una stuoia che faceva da “letto”, spostò stancamente lo sguardo verso Rainbow Dash, ma senza mostrare gioia nel rivederla. Aveva davvero delle occhiaie terribili.

Così come Applejack. Ma quest’ultima trovò le energie di alzarsi e andare alle sbarre.

«Salve Rainbow Dash. Come va, mia patetica nemica?»

Vidi la pegaso azzurra fare una smorfia, trattenendo l’orrore di sentirsi chiamare così dalla sua vecchia amica.

«Applejack!» esclamò Fluttershy con tono da richiamo, avvicinandosi alla cella. «Non sono questi i modi.»

Si mise a fissarla. «Vero?»

Gli occhi di Applejack iniziarono a girare. Anche se mi trovavo alle spalle di Fluttershy, riuscii a percepire la particolare magia usata dal pegaso paglierino. Una magia, o per meglio dire capacità, che le avevo visto usare solo una volta.

Dopo qualche secondo, Applejack scosse la testa.

«Scusami Rainbow Dash.» disse la pony arancione con tono mortificato ma forzato, tornando a sedersi ubbidiente come un cane.

«Visto? Non ci voleva molto.» commentò Fluttershy.

Vedere lo Sguardo all’opera era terribile. Una capacità del genere negli zoccoli sbagliati poteva avere conseguenze inimmaginabili.

E la Fluttershy corrotta non sembrava avere scrupoli ad usarla.

«Ora ...» proseguì la pegaso dalla chioma nera, tornando a rivolgersi a Rainbow Dash. «Come ben sai le nostre ospiti sono state portate qui per obbligarle alla resa. Purtroppo abbiamo sottovalutato l’istinto di autoconservazione della loro nazione. Malgrado sia riuscita a convincere loro due a firmare una resa incondizionata, Terra sta continuando a combattere. Hanno rifiutato di accettare qualunque documento firmato di loro zoccolo. Sembra che abbiano rinnegato molto in fretta le loro leader, perchè al loro posto hanno già messo qualcun’altro. Big Macintosh, ti ricordi di lui, no?»

Oh no … ero stata io a curarlo e a volerlo risparmiare.

Maledizione, questa non ci voleva …

Redflame aveva ragione. Lasciandolo vivere gli avevo permesso di prendere le redini della nazione e di continuare la guerra. Forse … forse se avessi dato ascolto a Redflame …

No! Non volevo nemmeno prendere in considerazione quella possibilità …

Però … forse così … avrei impedito ad altre migliaia di pony di venire uccisi …

«Sì, mi ricordo di lui.»

«Poco male …» fece Fluttershy alzando le spalle come se avesse parlato del tempo. «Rarity mi ha comunicato di continuare le operazioni “Buffalo Hills” e “Earth’s Fall” come se nulla fosse accaduto. Mi ha confidato che ci saranno altri modi per obbligare alla resa i nostri nemici.»

«Quali altri modi?»

Fluttershy sospirò. «Non è il posto giusto per parlarne. C’è un’altra questione di cui dobbiamo parlare, amica mia.»

«Adesso?» chiese Rainbow Dash, aggrottando le sopracciglia.

Fluttershy annuì seria.

«Essì … Mmm … come posso spiegartela in parole povere …»

In quel momento la porta alle nostre spalle si aprì.

Mi voltai. E spalancai gli occhi.

Tre sagome di unicorni orribilmente familiari entrarono dalla porta.

Sul volto di Fluttershy si disegnò un ghigno. «Diciamo che non sei più adatta a guidare Pegasopoli.»

I corni dell’agente di Unicornia, di Trixie e di Lyra s’illuminarono. Dovevo fare in fretta.

«Ma …?» ebbe appena tempo di dire Rainbow Dash, voltandosi verso la nuova minaccia sopraggiunta.

I raggi sparati dai tre unicorni si unirono in uno solo, ma prima che potesse raggiungere la pegaso azzurra creai uno scudo. La magia di stordimento da loro lanciata era in grado di far svenire un’Ursa Minor per giorni, figuriamoci un pegaso ... Stringendo i denti riuscii a convogliare nello scudo abbastanza energie magiche da neutralizzarla.

Tutte le guardie di colpo sfoderarono le armi, ci circondarono e le puntarono su di noi. Avevano visto che c’era magia all’opera e che non proveniva da loro. Redflame e Rachel puntarono le proprie armi.

L’atmosfera nella stanza di quella prigione divenne bollente.

«Bene bene.» commentò la pegaso paglierina, nascosta dietro una delle guardie unicorno. «Come sospettavo.»

«Cosa significa tutto questo, Fluttershy?» esclamò Rainbow Dash, furente. «A che gioco stai giocando?»

«Non sono io quella che gioca, “asso dei cieli”. Sei tu. E stai facendo un gioco molto pericoloso ad allearti con loro.»

Stava puntando lo sguardo a noi.

«Non è vero, Twilight?»

Mi scappò un’altro merda mentale … come faceva a sapere …?

Inutile mantenere l’illusione a quel punto. Dovevo risparmiare energie. C’erano di nuovo Trixie, Lyra e l'agente da affrontare. Più una decina di guardie armate. Più una pegaso che sapeva usare lo Sguardo.

Forse da sola sarei riuscita a salvarmi, ma dovevo proteggere anche Rachel, Redflame e Rainbow Dash. E salvare Applejack e Pinkie Pie. E la stessa Fluttershy.

Che situazione di … di …

No, basta parolacce …

Quando feci tornare me, Redflame e Rachel al nostro aspetto naturale, sentii molte esclamazioni di stupore. Solo Pinkie Pie alle mie spalle urlò «Twilight!» con un grido colmo di speranza.

L’atmosfera divenne ancora più opprimente.

«Come hai fatto a liberarti?» esclamò l’agente senza nome.

«Probabilmente la magia che ho lanciato non era così efficace.» provò a spiegare Lyra.

C’era qualcosa in lei che non mi convinceva. Ero praticamente certa che ci avesse liberato di proposito a Stalliongrad dopo che se ne era andata. Forse era per questo che Fluttershy sapeva che ero qui. Ma se era così, perché? Forse volevano fare in modo che arrivassimo fin qui? Ci volevano vive? Eravamo finite in trappola? Ma allora perchè l’agente non sembrava a conoscenza di quel piano? Forse quella squadra non era così unita come sembrava? Forse Lyra aveva altri ordini?

Non ci capivo più niente.

«Non importa.» replicò Trixie, fissandomi con un sorriso malizioso. «Questa è l’ultima volta che interferisci con i nostri piani, Sparkle!»

«Perché fai tutto questo, Fluttershy?» continuò Rainbow Dash, ignorando le tre.

«Perché sei una stupida!» le rispose con la lingua avvelenata la pegaso paglierina. «Hai la testa talmente rivolta verso il cielo che non ti rendi conto delle cose che accadono qui a terra! Il mondo sta cambiando, Colonnello Supremo. E sarà un mondo governato dagli unicorni. E’ inevitabile! Io farò in modo che i pegasi abbiano un posto d’onore al loro fianco. Tu invece con il tuo stupido orgoglio li avresti condannati alla schiavitù! O peggio!»

Gli occhi della pegaso azzurra schizzarono via dalle orbite «Ma che stai dicendo? Sei impazzita?»

«No! Con tutti i tuoi discorsi sulla supremazia dei pegasi, con la tua politica d’isolazionismo rotta solo da quest’alleanza di comodo, hai dimostrato a Rarity che non ti saresti mai piegata, che avresti pensato solo a te stessa!»

Rainbow Dash abbassò la testa. Quelle parole dovevano essere in parte vere.

«E il fatto che ti sei alleata con Twilight, una rinnegata, una nemica di Unicornia, è una prova schiacciante! Ma non capisci? Gli unicorni vedrebbero noi pegasi come nemici con te alla guida, e verremo sterminati insieme ai pony di terra! Io invece li salverò da questo destino. E visto che non posso usare lo Sguardo su di te, l’unico modo per farlo è toglierti di mezzo.»

«Non hai il consenso degli altri Colonnelli per rimpiazzarmi!» esclamò Rainbow Dash, riuscendo magistralmente a rimanere nella parte.

«Non per molto. Su di te lo Sguardo non ha effetto, ma non si può dire lo stesso degli altri …»

La pegaso fece un sorriso sadico, accentuato dal rossetto rosso.

«Traditrice infame!» esclamò Rainbow Dash, avventandosi su di lei.

Un alone giallo la avvolse, fermandola in aria. Il corno di Lyra era avvolto nello stesso alone.

«Siete solo dei vigliacchi! Dei vigliacchi!» esclamò la pegaso azzurra dimenandosi a mezz’aria. «Lo siete sempre stati! Almeno i pegasi hanno combattuto a viso aperto le loro battaglie! Voi invece le vincete solo nell’ombra, nel tradimento e nelle prigioni!»

La spia rise. «Però le vinciamo sempre

«Tornando a noi …» disse Trixie, mentre Lyra posava a terra una Rainbow Dash furiosa. «E’ meglio che vi arrendiate subito. Preferirei non riempire di sangue il sacro suolo su cui governa Rarity.»

«Perché non ci uccidete subito e non la fate finita?» esclamò la pegaso azzurra, fumando di rabbia.

«Non funziona così qui.» disse l’agente con tono tranquillo e impostato. «A differenza di voi barbari, diamo tempo ai nostri condannati a morte di rendersi conto dell’errore che hanno compiuto nello sfidare la potenza di Unicornia. Se sono sfortunati, molto tempo.»

«E voi dovreste sapere che io non sono solita arrendermi.» disse, avvicinando la bocca ai grilletti delle sue armi. «Da me avrete solo il mio cadavere!»

La spia aggrottò le sopracciglia.

«E sia.»

Il tempo di colpo rallentò.

Attivai subito l’incantesimo per bloccare i proiettili, facendo appena in tempo a salvarci dalle scariche di mitragliatore in arrivo. Nel frattempo la pistola di Rachel e il fucile di Redflame e Rainbow Dash fecero fuoco contro alcuni dei soldati, ferendoli o uccidendoli.

I corni delle tre unicorno nemiche s’illuminarono, pronte a lanciare delle magie rivolte verso la mia barriera. Mi preparai a rafforzare immediatamente lo scudo, almeno per contrastare il loro primo attacco. Se si fosse infranto, tutti i proiettili dei mitragliatori nemici ci sarebbero venuti addosso. Cercai di pensare rapidamente a un’altra magia in grado di neutralizzare le tre unicorno nemiche abbastanza a lungo da dare tempo a Rachel, Redflame e Rainbow Dash di occuparsi dei soldati.

Ma, con mia enorme sorpresa, il raggio giallo di Lyra venne rivolto all’ultimo momento contro Trixie e l’agente.

Si resero conto troppo tardi di quel tradimento. Caddero a terra, svenute o addormentate.

A quel punto Lyra usò la sua magia per aiutarci contro i soldati, usando lo stesso raggio per fare cadere a terra inermi quelli a tiro.

Quando il combattimento finì, mi resi conto che era avvenuto tutto nel giro di una decina di secondi.

«Ma che diavolo …?» esclamò scioccata Fluttershy, allontanandosi da noi in volo. Lyra provò a colpirla con la magia, ma la mancò. Era incredibilmente veloce in volo. La pegaso paglierina fuggì attraverso la seconda porta d’accesso e scomparve alla vista, urlando l’allarme.

Improvvisamente iniziò a risuonare una sirena.

A quel punto Lyra chiuse le porte con la magia, fondendo le serrature in modo da rendere impossibile aprirle.

Sciolsi la magia dello Scudo Anti-Proiettile, ma mi preparai ad affrontare l’unicorno ciano chiaro.

«Cos’hai in mente?» esclamò Rainbow Dash, puntandole contro il fucile, seguita a ruota da Redflame e Rachel.

Lyra non rispose. Guardò a terra i soldati colpiti dalle armi da fuoco e lanciò delle magie curative per mettere a posto quelli feriti, silenziosamente. Era metodica e rapida, molto più di me, malgrado la tensione palpabile di un’intera prigione attorno in stato di allarme. Era migliorata enormemente rispetto a vent’anni prima, persino più di Trixie. Il mio corno continuò a rimanere puntato su di lei.

«Non c’è molto tempo.» disse l’unicorno quando terminò di curare i feriti. Attivò nuovamente il suo corno. Con un “clack” la cella di Applejack e Pinkie Pie si aprì. Le due pony ci guardarono, la prima sospettosa, la seconda confusa.

Senza dire niente Lyra avviluppò con la telecinesi il corpo svenuto di Trixie e lo avvicinò a sé, invitando con uno zoccolo le due ex-prigioniere ad avvicinarsi.

«Cosa … stai … facendo?» chiesi, non capendoci davvero più niente.

Attorno a noi sentivo rumori ovattati di urla e zoccoli in avvicinamento. La sirena continuava a rimbombare nelle orecchie a intervalli regolari.

«Ormai l’intera prigione è in allerta.» rispose lei, invitando anche noi ad avvicinarsi a lei. «Le porte bloccate li rallenteranno, ma non per molto. C’è un solo modo per andarcene di qui rapidamente. Fidatevi di me.»

«Ci hai trasformato in pietra.» le ricordò con astio Redflame.

«Sono stata costretta a farlo.» esclamò lei, facendo il broncio. «Non c’è tempo, vi spiegherò tutto dopo. Ora avvicinatevi.»

Rainbow Dash e Redflame mi guardarono, dandomi un’occhiata poco convinta. Non erano certi delle intenzioni dell’unicorno. Rachel invece per qualche strano motivo sembrava fidarsi. Mi fidai a mia volta.

«Andiamo.» dissi, avvicinandomi a lei.

«Io non vado da nessuna parte!» si lamentò Applejack, restando nella cella. «Di sicuro non con unicorni e pegasi.»

Pinkie Pie le si avvicinò.

«Che c’è, traditrice?» chiese la pony arancione guardandola in cagnesco.

«Scusami Applejack.»

La pony rosa fece una mossa acrobatica e con un calcio in testa la stese prima ancora che si potesse rendere conto di cosa era accaduto.

«Possiamo andare.» disse Pinkie, mettendola sulla schiena.

Ci avvicinammo tutti a Lyra appena in tempo. La porta da cui era fuggita Fluttershy si aprì di colpo, divelta da un incantesimo magico, e nuovi soldati irruppero nella stanza. Sentii uno sparo. L’arma era puntata su di me. Il proiettile seguì il suo percorso di morte, e riuscii persino a vederlo a pochi centimetri dagli occhi.

Mi avrebbe preso in mezzo alla fronte se la magia del teletrasporto di Lyra fosse stata lanciata una frazione di secondo più tardi.

 

Il luogo in cui fummo portati era il limitare di un bosco. Tutto attorno si estendevano le campagne primaverili e i dolci pendii della regione ricoperte di vigneti e uliveti, tutto ancora relativamente non toccato dalla guerra. Non molto lontano si vedeva la città di Flankfurt, con i fumi delle fabbriche che raggiungevano le nuvole nel cielo.

Wow. Ad occhio Lyra aveva appena teletrasportato otto pony per una decina di chilometri. Era migliorata tantissimo. Anche se la conoscevo poco, ricordavo che vent’anni prima era in grado di usare solo poche magie in ambito musicale, così come indicava il suo cutie mark a forma di lira.

Mentre guardavo la città in lontananza, venni assalita dall’abbraccio fatale di Pinkie Pie.

«Twilight! Sei viva!» esclamò la pony rosa al limite del pianto.

«Pinkie … mi stai … soffocando …»

«Non ti lascerò mai più, lo giuro …» gemette, stringendo ancora di più la presa sul mio collo.

«Anch’io … sono contenta … di vederti … però …»

«Non sono riuscita a salvarti … avrei voluto ma … non sapevo come … io di magia …»

«Va bene … va bene … non ti … preoccupare … ma così … mi stai … uccidendo …»

Sentendo la parola uccidere levò l’abbraccio come se fossi stata un’appestata.

«Scusami ...» disse abbassando lo sguardo come un cane bastonato.

Dopo aver ripreso fiato le sorrisi e le diedi un abbraccio normale. «E’ bello rivederti.» le dissi.

Pinkie si discostò quasi subito appena vide Rainbow Dash.

«Mi ero dimenticata!» disse galoppando verso la pegaso e abbrancandola. «Bentornata Dashie! Non sai quanto mi sei mancata!»

Non avevo avuto bisogno di dirle che era tornata in lei. Era riuscita a intuirlo da sola.

La rigida e poco incline ai sentimenti Rainbow Dash si lasciò scappare una lacrima. «Mi sei mancata anche tu, amica pazzoide.»

Risero entrambe alla battuta, godendo dell’abbraccio reciproco con le guance umide finché Lyra non diede un colpo di tosse.

L’unicorno ciano chiaro si stava infatti avviando verso il bosco con i corpi addormentati di Applejack e Trixie.

«Meglio nascondersi qui finché non ho finito di spiegarvi un paio di cose. Meno stiamo nello stesso posto, meglio è.»

Annuii e feci segno agli altri di seguirla.

Trottammo per un paio di minuti tra gli alberi prima di trovare una piccola radura erbosa, ideale per coricarvisi sopra e rilassarsi.

«Nella mia breve permanenza a Flankfurt, diversi anni fa, venivo qui a studiare e restare un po’ di tempo con me stessa.» spiegò Lyra. «Non ero abituata agli inizi alle grandi città.»

Ne approfittammo per riprenderci dallo spavento di prima. Rainbow Dash e Pinkie Pie, in particolare, si sedettero accanto, godendo della reciproca presenza negata per così tanti anni dalla corruzione dei loro Elementi. Non riuscivano a dirsi niente per l’emozione, ma l’essere lì, insieme, sembrava già bastare. Lyra posò in un angolo i corpi dell’ex leader di Terra e della mia “rivale”, e si mise di fronte a noi, facendo un sorriso.

«E’ da un po’ che non ci si vede, vero Rachel?»

L’unicorno verde arrossì. «Come fai a sapere il mio nome?»

«L’abbiamo scoperto dopo che Daniel ti ha visto scomparire. E abbiamo anche imparato qualcosina in più su di voi e sul vostro mondo. Cosa non darei per vedervi nella vostra vera forma.»

Rachel arrossì ancora di più.

«Cosa è successo alla spedizione?» chiesi. «Perché tu e Trixie siete passate dalla parte di Unicornia? Dove sono finiti Daniel e gli altri? Perché …»

Lyra mi bloccò con uno zoccolo e sospirò. «Cercherò di essere breve. Preferirei allontanarmi da qui il prima possibile.»

Ci spiegò in poche parole cosa era successo alla spedizione dal punto in cui aveva interrotto il racconto Rachel. Tornati a Manech dopo il lungo viaggio di ritorno dopo “l’incidente” con i mutaforma erano stati catturati dalle forze di Unicornia. In prigione a Maresailles avevano incontrato quell’agente (di cui finalmente scoprii il vero nome, Shadow Silk) e Rarity in persona. Lì la regina di Unicornia aveva lanciato loro un potente incantesimo di ammaliamento, costringendoli a seguire la sua volontà come se si trattasse di una dea. Lei e Trixie, a causa della loro bravura nella magia, erano state incaricate insieme a Shadow Silk di catturare Applejack e Pinkie Pie e di preparare la trappola per Rainbow Dash. In quel modo la regina avrebbe imprigionato in un colpo solo le uniche portatrici in grado di fermare le sue ambizioni.

«Purtroppo non sono riuscita a scoprire dove si trovano Daniel e gli altri, né a capire cosa stia tramando Rarity. Per fortuna su di me la sua magia non ha avuto effetto, quindi ho potuto fare finta di essere stata ammaliata, complicando i suoi piani ogni volta che potevo. Poi ho incontrato voi, e vi ho lanciato quell’incantesimo di pietrificazione temporaneo prima che Trixie e Silk potessero uccidervi. Così vi ho permesso di seguirci e salvare le vostre amiche. Purtroppo non sono riuscita a prendere anche Fluttershy ... altrimenti adesso tutte le portatrici tranne Rarity sarebbero dalla nostra parte.»

«Sai cosa stiamo facendo?» esclamò Rachel.

L’unicorno dalla criniera azzurra annuì. «Mi è bastato vedere il tuo cutie mark per capire. Per fortuna Trixie e Silk erano troppo prese dalla loro missione per accorgersene.»

«Quindi sai che stiamo cercando le amiche di Twilight per purificarle?» chiese di nuovo Rachel.

«Sì. L’ho intuito da come si comportava Pinkie Pie in cella, segno che era stata già purificata, anche se l’Elemento che portava era ancora grigio. Suppongo per una magia d’illusione.»

«Sei brava, Lyra!» si complimentò Pinkie Pie avvicinandosi e posandole uno zoccolo sulle spalle. «L’ho sempre detto che sei una furba! Non come quei pony che ti davano per pazza!»

Lyra rise di gusto.

Feci una smorfia. C’era una domanda che mi ronzava nella testa.

«Come hai fatto a resistere alla magia di Rarity? Da quello che so, tra la magia dell’Elemento e quella dell’Amuleto dell’Alicorno, deve aver raggiunto un livello magico immenso, persino maggiore di quello di Trixie quando lo usò vent’anni fa. Come hai fatto a non rimanerne influenzata?»

«Vuoi che ti dica la verità?» Lyra alzò le spalle. «Non ne ho idea. Credo che l’esperienza con i mutaforma mi abbia resa immune ai condizionamenti, magici e non. O forse quando ero nel bozzolo sono stata “migliorata” in modi che mi sono ancora sconosciuti.»

Rabbrividii all’idea. Ricordavo che Celestia stessa durante la crisi dell’attacco a Canterlot era stata rinchiusa in uno di essi, ma il suo imprigionamento era stato di così breve durata che non aveva avuto alcuna conseguenza. Nel caso di Lyra invece si parlava di giorni, settimane rinchiusi lì dentro. E quel poco che si era scoperto sui mutaforma era insufficiente per capire cosa le fosse successo.

«Hai provato a fare dei test?» le chiesi.

«Non ho avuto la possibilità di farli Twilight.» l’unicorno fece un sorriso sardonico. «Sai, tra viaggi, missioni, combattimenti, assalti e complotti trovare un po’ di tempo per sé stessi è difficile.»

«Sì, hai ragione.» dissi, massaggiandomi il mento con uno zoccolo. «Quando le cose torneranno come prima, sarei felice di aiutarti a capire cosa ti è successo.»

Lyra sorrise. «Sarà un piacere. Ma adesso occupiamoci di faccende più importanti.»

Il suo sguardo si spostò verso le due pony svenute.

«Trixie è ancora sotto l’effetto della magia di Rarity, vero?» chiese Rainbow Dash.

«Per fortuna ho giusto in mente l’incantesimo adatto a riportarla alla normalità.» dissi io, avvicinandomi a lei.

Mi concentrai per un po’, facendo tornare alla mente la formula chiamata “Lucidità Mentale”.

Quando fui sicura, il corno s’illuminò e il raggio che ne venne fuori, di colore bianco, colpì la tempia di Trixie. Chiusi gli occhi, mantenendo continuamente la concentrazione. Bastava un momento di distrazione per provocare conseguenze inimmaginabili alla mente di Trixie. Strinsi i denti, ma alla fine riuscii a terminarlo, lasciandomi con il fiatone per qualche secondo.

Un altro incantesimo di alto livello lanciato da Twilight Sparkle. Non riuscivo a credere a me stessa.

Trixie si mosse, tremando, e poi aprì gli occhi. La prima cosa che vide fu me.

«Twilight?» esclamò, alzandosi di scatto sui suoi zoccoli.

«Ciao Trixie.» le dissi, cercando di sorridere «Sei con noi?»

Trixie batté parecchie volte le palpebre, poi si passò gli zoccoli sulle tempie, come se fosse reduce di una sbornia.

«Io … non capisco più niente. E’ successo davvero quello che …»

«Sì Trixie.» rispose Lyra. «E’ successo. Rarity ti ha manipolato per i suoi scopi.»

L’unicorno azzurro batté gli zoccoli a terra, infuriata. «Quella brutta figlia di una buona giumenta!»

«Non insultare così sua madre che è una pony di tutto rispetto.» la canzonò Lyra con un sorriso.

«Non ti preoccupare.» le dissi. «A breve la andremo a trovare e rimetteremo le cose a posto.»

«Che intendi dire?» chiese Trixie confusa, notando solo allora Rachel.

«E’ una lunga storia.» disse Lyra. «Prima abbiamo bisogno di purificare Applejack. E poi ci conviene partire da qui.»

«Purificare?» domandò un’ancora più confusa Trixie, notando con una certa paura che si trovava nella stessa radura con il Colonnello Supremo Rainbow Dash e il Ministro della Propaganda Pinkie Pie.

Rachel fece un profondo sospiro, avvicinandosi a Applejack. «Ora vedrai.»

Si concentrò, e il corno, come le altre volte, dal verde naturale s’illuminò di arancione e subito dopo di tutti gli altri colori degli Elementi. Il raggio colpì il pony di terra, facendolo smuovere nel sonno, colto da incubi improvvisi.

Non ci volle molto questa volta. Forse la corruzione di Applejack era inferiore, o forse la magia di Rachel stava migliorando. Ad ogni modo quando terminò la trovai meno affaticata del solito.

Applejack, come era successo con Rainbow Dash, si svegliò dopo il sonno tormentato dalla purificazione. Ci fissò, enormemente confusa. Dopo essersi alzata sui propri zoccoli si guardò intorno, con una smorfia a metà tra l’addolorato e lo sconvolto. Nessuno di noi osò dire o fare niente. La lasciammo ambientarsi.

Poi si mise a fissare me, Rainbow Dash e Pinkie Pie, cercando di decidersi se eravamo amici o nemici. Ci parlò solo quando comprese che le nostre facce erano amichevoli.

«Ditemi che questi ultimi vent’anni sono stati un brutto incubo.» disse con voce bassa e malinconica. «Ditemi che siamo di nuovo nell’Equestria che amavo.»

Sospirai e scossi la testa. Non riuscivo a trovare le parole per dirmi quanto mi dispiaceva. Solo ora avevo una vaga idea di come ci si sentisse a fare delle azioni orribili senza poter fare niente per fermarsi. Ma le mie colpe si limitavano a pochi intensi minuti. Per Applejack si parlava di anni.

Pinkie Pie le galoppò incontro, abbracciandola e piangendo. «Bentornata fra noi, Applejack.» le disse tra le lacrime.

La pony arancione a quel punto non resistette e pianse a sua volta. «Mi dispiace per quello che stavo per farti … Non riesco a credere che ci stessi pensando seriamente … E … mi dispiace per tutto il resto … Come ho fatto a …»

«Siamo in due.» la interruppe Pinkie singhiozzando. «Siamo in due … Ma possiamo ancora cambiare le cose.»

«E come?» chiese lei.

Rainbow Dash sopraggiunse e abbracciò le sue due amiche. «Insieme.»

Fissai la scena con il cuore che mi si scioglieva. Piano piano il mio desiderio di farle tornare come prima si stava esaudendo. Mi veniva difficile credere che fosse tutto vero. Non riuscii a resistere e mi aggiunsi all’abbraccio, condividendo la commozione del momento. Applejack fu felice di stringermi a sé.

Restammo così, in silenzio e in lacrime, godendo della ritrovata amicizia dopo una lunghissima e dolorosa separazione.

Quegli istanti magici furono interrotti da un colpo di tosse.

«Qualcuno sarebbe così gentile da spiegarmi cosa è successo?» domandò Trixie.

«E’ un po’ lungo da spiegare.» disse Lyra. «Meglio se ti raccontiamo tutto mentre siamo in volo.»

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 - La terribile potenza del fulmine ***


Capitolo XXIV

La terribile potenza del fulmine

 

L’amore che nasce all’improvviso è il più lungo a guarire.

(Jean de La Bruyère)

 

 

 

Il nostro nuovo Leader, Big Macintosh, ha annunciato che farà di tutto per continuare il lavoro della sorella catturata. E’ sereno riguardo all’esito della guerra. Secondo la sua ultima dichiarazione “una nazione che ricorre ai ricatti per vincere è una nazione destinata ad essere sconfitta” …

… la Giunta Militare ha appena emesso un comunicato dove si comunica che il Colonnello Supremo RainbowDash è stata scoperta in compagnia di unicorni rinnegati e sia sfuggita al tentativo di cattura del Colonnello Fluttershy. Preghiamo i gentili ascoltatori di riferire immediatamente alle autorità qualunque notizia riguardante questa pericolosa pegaso. Nelle prossime ore verranno comunicati ulteriori dettagli e una possibile taglia sulla sua testa. Finchè la traditrice non sarà catturata, il posto da Colonnello Supremo sarà assegnato ad interim al Colonnello LightningDust …

… la regina è rimasta scioccata dalla notizia del tradimento di una delle sue più fedeli alleate in un momento così critico, soprattutto ora che l’offensiva contro Terra sta subendo un momentaneo arresto. E’ convinta però che si tratti di un tradimento personale che nulla ha a che vedere con Pegasopoli. Il Colonnello Fluttershy infatti è stata la prima a tentare di fermare la traditrice senza successo, e tutto il popolo dei pegasi si unisce nel lutto degli unicorni morti durante la fuga del pegaso rinnegato. L’alleanza con Pegasopoli rimane salda, mentre la ricerca di altri traditori prosegue …

 

Viaggio verso Maresailles: 17 giorni dall’inizio della Terza Grande Guerra

La compagnia si stava facendo affollata. Ciò era un bene, perché avevamo più possibilità di farcela con altri pony dalla nostra parte, ma rendeva più difficile la gestione del viaggio e l’utilizzo di incantesimi per farci passare inosservati. Dovevo infatti lanciare magie di invisibilità per otto pony. Non che non fossi in grado, ma stava mettendo alla prova le mie forze. E le energie per un unicorno come me erano fondamentali in situazioni come questa. Per fortuna Trixie e Lyra si offrirono di condividere con me questo “onere”, alleggerendomi di parte della responsabilità e lanciando gli incantesimi necessari insieme a me.

Un altro lato negativo era che la quantità di partecipanti a questa particolare “spedizione” portava inesorabilmente a rallentarci nel viaggio. C’erano troppi pony da mettere sul dorso di un solo pegaso, e rimpicciolirci ancora di più per farci stare tutti lo trovavo pericoloso, quindi optai per un’altra soluzione, cioè dividerci: tre pony per pegaso.

La scelta di chi far stare con chi non fu presa alla leggera. In caso estremo di combattimento (non me l’aspettavo, essendo invisibili, però in territorio di unicorni non si poteva essere sicuri), dovevamo essere equilibrati, in modo da poterci difendere entrambi con efficienza. Ciò comportava avere almeno un unicorno sopra ogni pegaso.

Su tale questione nacque una piccola discussione.

«Io con lei non ci vado.» esclamò Applejack facendo il muso quando proposi di farla andare insieme a Trixie.

«Oh, per favore.» replicò Trixie, con tono scioccato. «Te l’ha detto anche Lyra che vi ho rapito contro la mia volontà!»

«Ogni volta che ti incontro accadono sempre guai!» continuò la pony arancione imperterrita, alzando uno zoccolo. «Vieni a Ponyville una volta e un’Ursaattacca il villaggio …»

Trixie batté uno zoccolo a terra. «Io non c’entravo nulla!»

«… vieni a Ponyville una seconda volta e schiavizzi tutti …»

Questa volta Trixie non fiatò.

«Poi riappari dopo vent’anni e ci rapisci … ora basta!»

«Applejack!» la sgridai. «Non ti sembra di esagerare?»

«Almeno rende onore al suo Elemento.» disse Trixie facendo un ghigno sardonico.

«Dai, Applejack, non essere così dura.» disse PinkiePie a sua difesa. Poi di colpo divenne seria e si accigliò fissando Trixie. «Anche se sei in debito con me di una bocca!»

Trixie replicò al suo sguardo, facendo una smorfia mentre si sforzava di ricordare. Quando le tornò in mente scosse la testa «Bah! Ce l’hai ancora per quello? Se vuoi te ne creo un’altra, ma poi dovremmo sopportarti il doppio.»

Gli occhi di PinkiePie schizzarono fuori dalle orbite «Cosa!?»

«Calmatevi tutte quante!» esclamai, scocciata. «Applejack e PinkiePie andranno insieme a Lyra sopra RainbowDash, mentre io, Rachel e Trixie andremo insieme a Redflame. D’accordo?»

Mugugnarono un po’ tutte, ma alla fine concordarono con la mia decisione e partimmo.

 

Già al mattino, quando eravamo andati insieme a Fluttershy in quella prigione, il tempo si era annuvolato. Durante il viaggio quindi dovemmo fare attenzione a non incrociare i pegasi addetti al meteo. Ciò non fu un particolare problema, ma ci impediva di stare ad altezze troppo elevate. E anche se invisibili mi sentii a disagio a rimanere così vicina al territorio nemico.

Quando ci alzammo in volo, senza una particolare meta, fummo costrette ad attendere per circa una mezz’ora che Rachel si riprendesse dalla stanchezza del lancio della magia di purificazione. Avevamo bisogno di sapere se Fluttershy sarebbe rimasta a Flankfurt o meno. Ero quasi certa che era fuggita da qualche parte, e quindi dovevamo sapere dove.

«Allora Trixie …» le dissi, mentre aspettavamo. «Suppongo tu ci debba un po’ di spiegazioni.»

Rachel si voltò verso di lei, e anche Redflame drizzò le orecchie. Persino RainbowDash e le altre si misero ad ascoltarci, malgrado ci sentissero poco e male per via del volo e del vento. Per questo motivo, per ragioni di sicurezza, avevamo creato tra me e Lyra e tra RainbowDash e Redflame un legame magico telepatico per comunicare tra di noi eventuali pericoli in arrivo e manovrare all’unisono.

«Devo proprio?» chiese lei, mordendosi un labbro.

«Mi sembra il minimo dopo che hai provato ad ucciderci!» esclamai un po’ troppo duramente.

Trixie restò scioccata dalla mia risposta, ma annuì.

«Non hai tutti i torti, Spa … Twilight.»

Sospirò, prendendo coraggio. «ShadowSilk aveva sia ragione che torto. Ero una spia al servizio di Unicornia, ma non lo sono più da anni.»

Aspettai che continuasse a parlare, ma se ne restò zitta ad osservare il panorama sotto di noi.

«Dì loro tutto.» esclamò Lyra facendosi sentire a malapena.

Trixie sbuffò. Sembrava lottare con il suo orgoglio.

«E va bene … in realtà sono stata costretta a diventare una spia.»

«Costretta?» esclamammo io e Rachel all’unisono.

«Ovvio! Credevate davvero che mi sarei messa spontaneamente al servizio di quegli assassini?»

«Io sì!» esclamò Applejack, zittita subito da un colpo di zoccolo di PinkiePie.

«E cosa ti ha portato a passare dalla loro parte?» chiese Rachel.

Dall’espressione afflitta che fece intuii che aveva toccato un nervo scoperto.

«Ti … ti ricordi che durante la spedizione avevo accennato al fatto che ero sposata?»

Iniziai a intuire cosa fosse successo.

Rachel le posò gentilmente uno zoccolo sulla spalla «Credo di capire.»

Trixie spostò con rabbia il suo zoccolo. «No! Nessuno di voi può capire! Nessuno sa cosa significhi vivere con la paura continua di rendere insoddisfatti quelli che hanno rapito l’unico stallone della tua vita! Nessuno sa cosa significhi vivere con il rimorso delle azioni che hai compiuto in nome di un’ideale in cui non credi minimamente! Nessuno sa cosa significhi dire basta ai suoi aguzzini e vedere morire il proprio amato davanti agli occhi …. Nessuno … nessuno …»

Trixie, l’orgogliosa e cinica TrixieLulamoon, scoppiò in un pianto disperato.

Mi sentii male per lei. Questo mondo era così terribile che persino quelle come lei ne venivano ferite profondamente.

Trixie era ormai un torrente in piena.

«Perché …? Perché …? Avevo finalmente trovato un’isola di felicità … e mi è stata portata via … io … io …»

Rachel la abbracciò, e questa volta Trixie non lo rifiutò, sfogando il pianto sulle sue spalle.

Evitai di chiederle altro. Non volevo mettere lo zoccolo nella piaga. Ne sapevo abbastanza per comprendere le sue ragioni. Se avesse avuto voglia di parlarne lo avrebbe fatto di sua spontanea volontà.

 

Il pegaso paglierino era nervosa. Nel vagone del treno dove si trovava stava battendo lo zoccolo su una scrivania, vicino a un pezzo di carta stampato che stava fissando, probabilmente un fax, su cui stava scritto: “Vieni a Maresailles. Qui sarai al sicuro. R.R.”

Sembrava intenta a leggere e rileggere all’infinito quelle due frasi. Chissà cosa stava pensando.

Il soldato pegaso che le aveva probabilmente portato quel messaggio era rimasto lì, imperterrito, in attesa di ordini o di essere congedato.

«Signora …» le disse, per attirare la sua attenzione.

«Cosa c’è?» esclamò la pegaso alzando lo sguardo, spazientita.

«C’è qualcosa che posso fare?»

Fluttershy spalancò gli occhi, e attorno al suo volto si formò una strana aura. «Sì … Esci. Di. Qui.»

«Sissignora.» rispose lui, indietreggiando a testa bassa «Mi scusi, signora.»

Chiuse la porta dietro di sé e la lasciò sola.

Dopo qualche secondo spostò lo sguardo all’esterno, fissando il paesaggio in movimento.

«Che diavolo staranno complottando … » disse tra sé e sé.

 

Rachel si accucciò nella sella, riprendendosi dalla stanchezza del lancio della magia di rintracciamento.

«Come temevo.» commentò Lyra dopo aver finito di ascoltare la sua “visione”. «Non possiamo permetterci di farla arrivare là.»

«E perché?» chiese Rachel.

«Quella città è il posto più fortificato del mondo, ecco perché.» disse RainbowDash. «Ci sono stata una volta, in una visita di Stato poco dopo aver firmato l’alleanza. Per ogni civile ci sono almeno dieci soldati, ed è disseminata di batterie di antiaerea e di artiglieria ovunque. Se mai i pegasi volessero attaccare quella città, avrebbero bisogno di almeno dieci falangi per prenderla.»

Cavolo …

«E anche infiltrarsi sarebbe molto pericoloso.» aggiunse Lyra. «Alcune delle guardie possiedono magie rivela-invisibilità. Basterebbe davvero poco per farsi scoprire.»

«E quindi cosa facciamo?»

«L’unico modo è non farla arrivare là.»

«Intendi bloccare il treno?» domandò Redflame.

Lyra si risistemò una ciocca della criniera bianco-azzurra «Esatto.»

«Dicci solo dove dirigerci.» esclamò RainbowDash accelerando il volo. «Nemmeno un treno può superarmi in velocità.»

 

Secondo quanto diceva Lyra, avremmo raggiunto il punto da lei indicato tra circa un’ora. Sempre secondo lei era un pezzo della ferrovia che tagliava a metà una collina, ideale per l’imboscata che avevamo progettato. E secondo i suoi calcoli, con la velocità tenuta da RainbowDash e Redflame a fatica, avremmo dovuto aspettare una mezz’ora circa prima dell’arrivo del treno con Fluttershy.

La regione collinare che stavamo attraversando era disseminata di coltivazioni di vini e olive, e visto che stavamo volando relativamente bassi per via del tempo nuvoloso si riusciva quasi a sentirne l’odore sin quassù.

A un certo punto notai un insieme di costruzioni, circondate da un grande recinto di filo spinato, posizionate sulla cima di una bassa collina. Ricordava vagamente una fattoria per animali, se non che gli animali in questione erano pony …

«Un campo di lavoro.» sputò Trixie. «Un luogo dove sfruttano i prigionieri fino allo sfinimento.»

Con una magia creai un cannocchiale magico, permettendomi di guardare meglio.

Aveva ragione. Nel campo c’erano soldati armati che tenevano d’occhio diverse centinaia di pony intenti a rompere rocce. Vidi persino un paio di carri armati parcheggiati vicino all’edificio in cemento, poco più di un bunker, posto sul lato sud del complesso, dotato di torri d’osservazione ai quattro angoli. Gli altri edifici, dei capannoni fatti in legno, completavano il campo di lavoro. Probabilmente era lì che dormivano i prigionieri.

Notai inoltre, mentre ci avvicinavamo sorvolandolo, che era attorniato da delle batterie di contraerea. Non ci avrei fatto molto caso se non avessi notato che puntavano verso il cielo … nella nostra direzione.

«Ehm … Trixie? Lyra? Dite che ci hanno visti?» dissi puntando lo zoccolo verso di esse.

La risposta fu data dai boati delle contraeree e dal suono di allarmi. I lampi delle armi raggiunsero rapidamente la nostra altezza, esplodendo attorno a noi.

«Merda!» esclamò RainbowDash, spostandosi appena in tempo da uno dei colpi. «Come diavolo fanno a vederci?»

«Manovre evasive, asso dei cieli, non parole.» la canzonò Redflame andando in picchiata.

Creai uno scudo per difenderci dall’attacco incessante della contraerea, ma scoprii a nostre spese che non serviva a granché. Uno dei colpi infatticentrò lo scudo esplodendo, e l’onda d’urto fece sballottare pericolosamente il pegaso. Se non fosse stato per i legacci che ci tenevano salde alla sella saremmo già cadute.

«Manovre evasive, manovre evasive!» ripeté RainbowDash virando lontano da noi.

Redflame andò in picchiata, evitando all’ultimo uno dei colpi di contraerea.

«Allontaniamoci da qui!» urlò Trixie. «O ci faremo ammazzare!»

Il pegaso, seguendo il suo consiglio, proseguì rapidamente a sud, virando continuamente per non diventare un bersaglio facile. Ma malgrado l’invisibilità fosse ancora attiva, i colpi di contraerea continuavano a seguirlo come se fosse un faro nel cielo. Dovevano avere per forza qualche magia di tracciamento e di rivelamento dell’invisibilità. O qualche diavoleria della nuova Equestria di cui non ero a conoscenza.

Appena finito di passare sopra il campo, sentii due colpi di contraerea colpire contemporaneamente lo scudo. Malgrado la magia fosse riuscita a tenere senza risentirne, il contraccolpo fu tale da assordarmi. Mi sentii cadere nel vuoto.

La traiettoria di Redflame stava puntando verso il basso. Pericolosamente verso il basso.

«Alzati dannazione! Stiamo scendendo troppo!» sbraitò Trixie.

Il pegaso non rispose. Il corpo e le ali non sembravano affatto muoversi. Era svenuto.

Non stavamo andando in picchiata. Stavamo precipitando.

«Merda!» esclamò Trixie.

Presi con la levitazione Redflame, ma con la velocità acquisita e i colpi di contraerea non riuscii a concentrarmi a sufficienza da mantenerci in volo. Tutto ciò che potei fare fu rallentarci verso l’inevitabile caduta.

Il terreno era sempre più vicino.

Anche Trixie provò ad aiutarmi, ma riuscii solo ad alzare Redflame a sufficienza per non farlo cadere di testa.

La terra brulla sotto di noi non aveva neanche un filo d’erba.

Malgrado fossimo ben assicurate alla sella di Redflame l’impatto fu doloroso. Molto doloroso. Mi sentii mancare il fiato, e per qualche istante fui come morta.

Quando riottenni abbastanza i sensi da capire cosa stava accadendo attorno a me riuscii a vedere avvicinarsi soldati e mezzi di Unicornia tutto attorno a noi con le armi spianate. Sopra di noi vidi un puntino azzurro che continuava a schivare, ma con sempre meno forza e rapidità. Una volta Dashtentò di avvicinarsi a noi, ma la contraerea e i colpi dei soldati riuscirono infine a colpirla. La vidi cadere così come era accaduto a noi, e dopo pochi minuti atterrò rovinosamente a circa un centinaio di metri di distanza. Altre truppe andarono a circondare il luogo d’impatto.

Staccai le cinture che ci tenevano legate alla sella, scesi insieme a Trixie e a Rachel dal dorso del pegaso facendoci tornare delle nostre dimensioni normali e disattivai la magia dell’invisibilità.Tornate visibili, i soldati di Unicornia ci puntarono addosso decine di armi tra fucili, mitragliatori e cannoni di ben due carri armati (che riconobbi essere quelli dotati di armi magiche, quindi molto pericolosi).

Redflame era in cattive condizioni. Aveva alcune ferite e sicuramente qualche osso rotto per la caduta. Noi invece, a parte qualche graffio superficiale e livido stavamo abbastanza bene. Ma anche al massimo delle forze affrontare tutti quei nemici non sarebbe stato facile.

Dalle fila dei soldati spuntò quello che dall’abbigliamento simile a ShadowSilk intuii essere un ufficiale di alto grado, un unicorno le cui spalle superavano la testa di alcuni dei suoi sottoposti, dalla fluente criniera bionda e dal manto blu scuro.

«E voi chi sareste?» esclamò con voce tonante, puntando anche lui una pistola contro di noi. «Spie di Equestria o di qualche nobile nemico della regina Rarity?»

Sentii rumore di spari provenire dal punto dove era caduta RainbowDash. Sperai con tutto il cuore che non ci fossero feriti tra i nostri.

«Non importa se parlerete ora o tra un po’.» disse lo stallone senza scomporsi. «So che parlerete. Intanto arrendetevi.»

«Mai, brutti bastardi!» imprecò Trixie.

L’ufficiale ridacchiò. «Ma che temperamento!»

Fece un gesto con il capo ai soldati, che pian piano si avvicinarono a noi con le armi puntate.

«Fossi in voi non …»

Fu interrotto da un “tunk”. Una pietra cadde a terra, vicino ai suoi zoccoli. Si spostò in avanti, uno zoccolo portato alla nuca e un’espressione addolorata in volto: eraal limite del pianto, ma si trattenne.

Si voltò.

Dietro le linee degli unicorni notai solo ora che, non molto distante, si trovava la famosa recinzione che circondava l’accampamento. Appena dietro la recinzione, appoggiati ad essa, si erano assembrati una gran moltitudine di pony, quasi tutti di terra, ad osservare la scena. Uno di loro teneva su uno zoccolo un sasso. Era un puledrino dal manto bruno, ma forse era solo sporco di fango e sudore.

«Come osi, sporco Terrestre?» urlò uno dei soldati nella torretta vicina.

Puntò il fucile verso il piccolo. La madre si accorse del pericolo e si fece strada tra la folla degli altri prigionieri urlandogli di scappare.

Il puledro fece appena in tempo a voltarsi e a fissare l’unicorno in uniforme.

Partì un colpo. Il suono dello sparo sembrò più forte del normale, e mi rimbombò nelle orecchie per diversi secondi.

Uno spruzzo di sangue. Il corpo del puledro si accasciò a terra, senza un lamento. I prigionieri vicino a lui si allontanarono, spaventati. La madre riuscì a raggiungerlo, ma solo per scrollare il suo corpicino senza vita, nella speranza di risvegliarlo. Il terreno brullo e secco assorbì in fretta il sangue proveniente dalla ferita.

Gli urli di dolore della giumenta mi trapanarono le orecchie. Continuò a cullarlo, sperando che tenendolo a sé, urlando il suo nome, sarebbe riuscita a svegliarlo.

Ma ciò era impossibile. Non si poteva sopravvivere a un proiettile che ti perfora la testa.

Quel puledro … quel puledro … non c’era più … tutta una vita davanti … bruciata in un secondo …

E l’unica sua colpa … l’unica sua colpa era stata lanciare un sasso contro un ufficiale.

Tremai … per il dolore … per l’indignazione …

Per la rabbia …

Qualcosa si accese in me …

Qualcosa di orribilmente familiare … e che non riuscii più a contenere …

 

L’ufficiale sgridò duramente il soldato, condannando “l’inutile spreco di proiettili”. Fui distratta dall’orribile scena da una strana sensazione sul manto della parte destra del corpo. Qualcosa di molto simile alla pelle d’oca, ma più intenso.

Mi voltai.

Twilight tremava, trattenendo qualcosa … e gli occhi le stavano diventando bianchi.

Oh … mio … dio …

Stava accadendo di nuovo!

Twilight … stava … impazzendo.

Mi allontanai lentamente, facendomi piccola piccola, sperando che non mi notasse.

L’unicorno viola, sotto lo sguardo attonito di Trixie e dei soldati, iniziò a sollevarsi in aria con la telecinesi. Attorno a lei si creò un’aura carica di elettricità e correnti magiche. Riuscivo non so come a percepirle.

Era attorniata da potenza arcana allo stato puro.

In uno dei miei libri era paragonabile al potere di una dea incarnata.

«Che … cosa …?» urlò l’ufficiale, guardandola interdetto per qualche secondo. «Dannazione, fate fuoco!».

Tutti i fucili e le mitragliatrici fecero fuoco, ma nessuno dei proiettili arrivò a destinazione. Era come se venissero fusi … o meglio evaporassero ancora prima di raggiungerla. Era una difesa persino più efficace dello scudo che usava di solito.

Quando i primi caricatori furono scarichi, l’ufficiale ordinò ai cannoni dei carri armati di sparare.

Due boati mi riempirono le orecchie, assordandomi per qualche secondo.

Vidi i due grossi proiettili di carro venire fermati a mezz’aria, per poi venire rilanciati con forza contro i rispettivi mezzi, dritti dentro le rispettive canne.

Le due esplosioni scagliarono pezzi di metallo ovunque, ferendo e uccidendo diversi soldati troppo vicini ai mezzi.

Capendo l’entità del pericolo, l’ufficiale arretrò, e anche i soldati iniziarono a scappare in preda al panico, sparando inutilmente per coprirsi la fuga.

MaTwilight non diede loro tregua. Dal corno si creò un cono di luce che colpì le nuvole sovrastanti. Nel giro di pochi secondi divennero nere come il carbone, e un fulmine discese dal cielo.

Il lampo colpì e incenerì un gruppo di nemici. Altri fulmini lo seguirono, colpendo selettivamente, guidati dalla magia di Twilight, facendo strage di nemici come se si trattasse di formiche.

«Date l’allarme!» urlò l’ufficiale.

Dalle torrette attorno al campo tornarono a suonare le sirene d’allarme sentite fino a poco prima, ma non durarono molto.

Twilight caricò una grossa sfera di energia violetta. L’incantesimo partì rapido come se fosse stato sparato da un fucile e andò a colpire la torretta più vicina.

L’esplosione fu così devastante che l’onda d’urto la sentimmo fin qui. Ripetè la stessa magia con le altre torrette, senza sbagliare un colpo, fin quando l’allarme cessò.

Persino le contraeree provarono a sparare su di lei, ma fecero una dopo l’altra la stessa fine, lasciando solo polvere e terra.

«Centrale! Centrale!» urlò l’ufficiale, nascosto dietro un grosso masso, vicino a un soldato dotato di un telefono da campo. «Chiamate rinforzi! Assalto di grado 1, ripeto Assalto di grado …»

Un’altra esplosione disintegrò la roccia e dilaniò i due unicorni, lasciandone pezzi sparsi ovunque. Tutto attorno a noi, in quel macello, c’erano cadaveri, sangue, e interiora ovunque.

Mi sentii male. Abbassai la testa e vomitai tutto quello che avevo in corpo.

 

Alla fine di unicorni armati non ne rimase nemmeno uno nel nostro raggio visivo. Twilight si era impegnata in questa “follia incontrollabile” a fare piazza pulita dall’alto, osservando ogni singolo movimento nemico e spegnendone la vita.

Quando tornò a terra, la sua aura intimidatoria si spense. E notai che, malgrado il volto infuriato, le guance erano impregnate di lacrime.

Mi osservò per qualche istante, poi gli occhi le tornarono normali e l’espressione mutò in una di completa disperazione.

A quel punto cadde a terra e scoppiò a piangere.

L’atmosfera divenne deprimente e spaventosa al tempo stesso. C’era morte, sangue e orrore ovunque si posasse lo sguardo: cadaveri incendiati dalle folgori, due carri armati in fiamme, centinaia di pony prigionieri che erano entrati in panico durante l’intero attacco e che ora osservavano la scena spauriti. Non riuscivo più a capire se stavo vivendo un incubo o se ero sveglia.

Accorsero in quel momento Lyra, RainbowDash, Applejack e PinkiePie. Anche loro osservarono Twilight e la sua “opera” confuse e spaventate. Solo la pony rosa, me e Redflame avevano assistito a qualcosa del genere giorni prima. Il pegaso rosso, che nel frastuono si era risvegliato, la stava fissando sconcertato, malgrado fosse ferito e con una zampa rotta.

Twilight si strinse a sé, prese tra gli zoccoli la coda nera e rossa e iniziò a massaggiarla.

«Perché …? Perché …?» gemette con voce spezzata.

PinkiePie fu la prima ad avere il coraggio necessario ad avvicinarsi a lei. Si coricò accanto e la abbracciò, cullandosi con lei, senza dirle niente. Fu seguita subito dopo da Applejack e da RainbowDash. Insieme crearono un cordone attorno all’unicorno, tirandola su e abbracciandola.

«Ci hai salvateTwilight.» la confortò Pinkie.

«Senza di te saremmo tornate prigioniere.» si accodò Applejack.

«O saremmo morte.» concluse RainbowDash.

Twilight faticò a trovare le parole … balbettò per un intero minuto parole incomprensibili, ingoiando le lacrime che le entravano in bocca, prima di riuscire a dare loro una forma chiara.

«Ma ... ma io … quanti ... quanti ne ho appena uccisi? Cinquanta? Cento? Ho ... ho perso il conto …» singhiozzò con voce sempre più acuta.

«Di quei bastardi non se ne uccidono mai abbastanza.» disse una voce tonante alle nostre spalle.

Mi voltai e vidi un nutrito gruppo di prigionieri a pochi metri da noi. Erano riusciti ad uscire dal recinto a causa dei buchi lasciati dall’attacco di Twilight.

«E hai salvato tutti noi.» aggiunse la madre del puledro ucciso poco prima, con le lacrime ancora fresche sotto gli occhi e il manto sporco del sangue di suo figlio.

«Non so cosa hai appena fatto,» continuò la voce di prima, appartenente a un robusto pony di terra di colore bianco inzaccherato di polvere e fango. «ma ci hai appena liberati. Abbiamo un debito con te, unicorno.»

Twilight non diede loro retta, e si abbandonò nell’abbraccio delle sue amiche, rinchiudendosi nel lutto.

Notai che molti prigionieri stavano indicando Applejack e PinkiePie, con espressioni di stupore e confusione. Probabilmente si stavano chiedendo cosa ci facessero i loro leader così all’interno del territorio nemico … insieme a unicorni e pegasi, per giunta.

La confusione aumentò quando notarono che si trovava lì anche la leader di Pegasopoli … e che teneva nel suo abbraccio due mortali nemiche.

«Perché siete stati imprigionati qui?» domandò Lyra, avvicinandosi ai prigionieri.

«Per tutti i motivi possibili immaginabili.» rispose lo stallone bianco. «Dal semplice furto fino al tradimento. Ma la maggior parte di noi sono prigionieri di guerra, civili e non. Io per esempio sono … o meglio ero un ufficiale.»

«Avete intenzione di scappare adesso?» chiese Trixie.

«No … non avremmo molte possibilità. Con voi invece, vista la vostra abilità, potremmo salvarci. Inoltre abbiamo un debito.» disse indicando Twilight. «Qualsiasi cosa abbiate in mente, se va a danno di Unicornia va a nostro beneficio. Anche se siete degli unicorni, ho un buon presentimento nei vostri confronti.»

Lyra e Trixie si guardarono. «Siete stati salvati per caso.» disse l’unicorno azzurra. «E’ stata una … piacevole conseguenza della sua azione. Ma se siete così disponibili ci penseremo e vi faremo sapere come aiutarci.»

«Non aspettate troppo.» disse lo stallone, guardando i cadaveri dei soldati. «Non ci metteranno molto a mandare i rinforzi.»

 

Gli ex-prigionieri ci accompagnarono nell’edificio che faceva da caserma per gli unicorni. Insieme alle mie amiche ci sistemammo in una stanza che fungeva da dormitorio chiedendo agli altri di essere lasciate da sole.

Dopo aver chiuso la porta alle spalle feci un respiro così profondo da farmi male alle costole. Guardai negli occhi prima PinkiePie, poi RainbowDash e infine Applejack.

Restammo a guardarci fino a quando PinkiePie mi si avvicinò per abbracciarmi per l’ennesima volta.

«Non ce la faccio più.» piansi appoggiando la testa sulla sua spalla, ripercorrendo con la mente il massacro che avevo di nuovo compiuto senza controllo. «E’ troppo pesante da sopportare …»

«Abbiamo fatto di peggioTwilight.» esclamò Applejack. «Comprendiamo il tuo dolore.»

«Ognuna di noi ha causato così tante morti che ci vorrebbero giorni per contarle.» si aggiunse RainbowDash. «E sapere di aver fatto tutto questo sotto la corruzione degli Elementi non aiuta molto.»

«Non eri in te mentre facevi tutto questo, no?» mi confortò PinkiePie, stringendomi a sé.

Deglutii, cercando di trattenere nuove lacrime.

«No … però potevo …»

«Però niente …» sbottò RainbowDash, battendo uno zoccolo a terra. «Avrai fatto una cosa orribile, ma almeno tu l’hai fatto per salvare noi e liberare centinaia di prigionieri! Rimane comunque una motivazione migliore delle nostre degli ultimi vent’anni!»

«Rainbow ha ragione, zuccherino.» si accodò Applejack. «E’ confortante vedere che provi orrore come noi per queste cose. Significa che questo mondo non ti ha ancora corrotta. Mafinchè non lo ripareremo questo maledetto mondo non ci possiamo permettere di crollare nella disperazione. Se vuoi continua a tenere il lutto, porta rispetto per chi ha perso la vita, ma vai avanti. Il tuo compito, anzi il nostro compito, è quasi concluso. Sarebbe sbagliato arrendersi proprio ora. Andremo avanti, tutti insieme. Fino alla fine.»

Sorrisi malgrado il volto rigato di lacrime. Con la telecinesi avvicinai le altre due mie amiche a me e le abbracciai usando tutta la forza che avevo.

«Fino alla fine.» sussurrai.

 

«Vorreste davvero attaccare Maresailles?» esclamò lo stallone bianco che si chiamava Mount Gomery, appoggiato a un tavolo dell’armeria. «E’ una follia …»

«Purtroppo non abbiamo altra scelta.» esclamò Lyra, guardando le armi e le munizioni disposte nella stanza. «Liberando voi abbiamo perso tempo per un’occasione importante. E la nostra unica possibilità ora è di attaccare quella città.»

«Abbiamo visto e vissuto entrambe a Maresailles, Lyra.» disse Trixie, facendo una smorfia. «Anche con Twilight dalla nostra parte il rischio di finirci tutti secchi è altissimo.»

«La chiave del mio piano si riassume in due parole: rapidità e diversivo.» rispose tranquillamente l’unicorno ciano chiaro. «Per il diversivo avremo bisogno di voi.»

«Volete usare il debito che abbiamo con voi per attaccare la città più fortificata del mondo?» sbraitò lo stallone. «Tanto valeva chiederci di offrirci in pasto a un drago …»

Vedendo che parlava seriamente, Mount Gomery scosse la criniera bruna con frustrazione.

«Non abbiamo armi né equipaggiamento! Tutta questa roba» con lo zoccolo indicò le armi che lo circondavano. «è inutilizzabile per un non unicorno! E tra di noi gli unicorni sono la minoranza.»

Lyra senza battere ciglio prese una di quelle armi, un fucile, e la esaminò con aria saccente.

«E’ un problema di facile soluzione.»

Il corno s’illuminò e l’arma iniziò a mutare. Si creò prima un laccio che partiva dal centro dell’arma e poi un filo collegato al grilletto. Nel giro di un minuto l’arma si era tramutata in un fucile pronto ad essere usato da un pony di terra o da un pegaso.

«Niente male, eh?» esclamò l’unicorno, passandogliela con un sorriso bonario.

Lo stallone, che aveva osservato esterrefatto la scena, si mise a controllare il fucile e provò a metterselo sulle spalle. Calzava alla perfezione. E con la bocca arrivava senza problemi al grilletto prolungato.

Persino Trixie era rimasta impressionata.

«Come …?»

«Sono trucchi che s’imparano in certi ambienti.» spiegò lei guardandosi uno zoccolo. «Posso insegnartelo Trixie. Non è terribilmente difficile una volta che conosci come è costruito uno di questi fucili.»

«Ci vorrà un bel po’ di tempo per fare abbastanza armi per tutti questi pony …» constatò lei.

«Sicuramente c’è qualche unicorno tra i prigionieri che ci può aiutare.» rispose l’unicorno ciano chiaro.

«… e non credo basteranno per armare tutti i prigionieri.» proseguì Trixie. «Tra quelle che avevano i soldati e queste nell’armeria, dubito ce ne siano più di quattrocento.»

«Già.» disse Mount Gomery. «Siamo circa in settecento in grado di usare le armi, novecento se teniamo conto di quelli che non hanno mai usato un fucile. Anche se riusciste ad adattare tutte le armi in tempi brevi, non ne avremmo abbastanza. E i rinforzi di Unicornia arriveranno presto, con forze considerevoli questa volta.»

«Ottimo!» esclamò Lyra battendo gli zoccoli l’uno contro l’altro con un sorriso a trentadue denti. «Proprio quello che volevo!»

 

Quando uscii dalla stanza con le mie amiche, fui informata da Rachel di quello che voleva fare Lyra. Malgrado lo trovassi folle, sapevo che era l’unico modo. Avevamo infatti perso il nostro “appuntamento” con il treno di Fluttershy e non c’era più tempo di rimediare. La pegaso sarebbe arrivata a Maresailles come da lei previsto. L’unica nota positiva di quel contrattempo era che in quella città avremmo trovato sia FluttershycheRarity. Dovevamo cogliere l’occasione finchè c’era tempo. Se avessimo aspettato troppo c’era il rischio che sarebbero fuggite, allungando i tempi della guerra. Cosa che non volevo far accadere.

Quindi accettai, anche se con qualche remora, l’attacco a Maresailles.

Mi chiesero aiuto per modificare le armi per i prigionieri, ma non ero molto in vena di creare armi di morte, quindi rifiutai con la scusa che avevo una questione più urgente.

Uscii insieme alle mie amiche e a Rachel e ci dirigemmo fuori dal complesso. Più precisamente nel luogo del massacro.

 

142 … il numero dei morti, almeno di quelli di cui riuscimmo a trovare i resti, erano 142. Ce n’erano sicuramente di più: tra i fulmini e le esplosioni di alcuni di loro era rimasta solo la cenere. Mi impegnai a guardare ogni singolo morto che avevo causato, indipendentemente dal tipo di ferite che aveva, vomitando finquando non ebbi più niente da tirare fuori. Punizione che non era comunque sufficiente a redimermi dall’eccidio che avevo appena causato.

In quei momenti, a guardare le facce distorte dal dolore e i corpi sanguinolenti, mi sentii peggio di Nightmare Moon, Discord e Sombra messi assieme. Nemmeno loro erano arrivati a far scorrere sangue per ottenere ciò che volevano.

Oppure sì? Forse non se ne era mai parlato per non appesantire troppo delle pagine poco edificanti della storia diEquestria. In fondo, a sentire Rachel, l’Ombra aveva agito ogni cinquecento anni, coprendo esattamente i periodi in cui erano apparsi loro tre. Quindi dietro le loro azioni poteva esserci l’Ombra (e nel caso di Nightmare Moon ne avevo la certezza).

Se erano guidati dall’Ombra, cosa avrebbe impedito loro di spargere del sangue come avevo fatto io?

Ma se ciò era vero ….

No, tanto non cambiava niente. Avevo compiuto un atto orribile, impossibile da giustificare e perdonare. Non mi importava che così facendo avevo salvato me, le mie amiche e circa mille prigionieri.

Rimaneva, sempre e comunque, un atto orribile.

 

«Non hai proprio idea di cosa possa essere?» mi chiese Applejack, mentre mi aiutava insieme a Pinkie, Rainbow e Rachel a recuperare e a sotterrare i cadaveri.

«No.» risposi, posando delicatamente uno dei corpi dei soldati nella fossa che avevo appena finito di scavare. «So solo che è una capacità su cui non ho alcun controllo, e di cui non ho mai letto né sentito nominare. Per quel che ne so, potrei essere l’unica pony a possederla e ad averla mai posseduta.»

«Potrebbe avere a che fare con l’Ombra?» chiese preoccupata Rachel.

Sospirai, fissando i pony morti già posati. «Non lo escluderei.»

«Io non credo.» esclamò PinkiePie, facendo scivolare dalla schiena uno dei soldati dentro la fossa. «Mi ricordo che prima di venire corrotta ho sentito delle voci, insistenti, che mi hanno praticamente costretto a indossare l’Elemento. Ne hai sentite di voci Twilight?»

Scossi la testa. «No, però …»

«E invece è proprio lui, Pinkie!» mi interruppe RainbowDash, calando in volo con uno dei tanti pezzi di pony smembrati tra gli zoccoli. «Secondo te un nemico come l’Ombra ripete lo stesso trucchetto più di una volta? Quello è da millenni che tenta in modi diversi di corrompere questo mondo. Non è così stupido da usare lo stesso metodo usato su di noi con lei.»

Applejack con un calcio gentile spinse un altro corpo nella fossa.

«Se è così … Twilight è in gran pericolo.»

«Devi cercare di trattenere la rabbia.» mi consigliò Rachel mentre iniziava a ricoprire di terra una zona già piena. «Finora sei riuscita a non farci del male, ma …»

Sospirai, continuando a fissare i morti là sotto. «Lo so. Mi ero già impegnata a non farmi più cogliere dalla rabbia … ma quel … quel puledro …»

Delle lacrime calarono nella fossa, inumidendo appena la terra.

Nessuna delle mie amiche disse niente, continuando il lavoro di sepoltura. Mi riscossi e mi misi ad aiutarle, malgrado stessi ancora piangendo.

Era il minimo che potevo fare per l’ennesimo peccato di cui mi ero macchiata.

 

A sera il campo prigionieri si era trasformato in un piccolo forte. Tutto attorno al campo erano state posizionate delle mitragliatrici per difesa, mentre all’interno della caserma fervevano i preparativi per il riadattamento delle armi. Redflame e RainbowDash, dopo essere state curate a dovere, aiutarono fornendo la loro conoscenza nel funzionamento delle armi. Applejack e PinkiePie, accolti dai pony di terra come delle dee, si presero un po’ di tempo per spiegare ai loro “compatrioti” la verità che stava dietro a tutto quello che era successo negli ultimi vent’anni.

Fu più semplice del previsto. Malgrado l’influenza ventennale dell’Ombra, molti pony accettarono la versione raccontata dalle mie amiche. Erano tutti stanchi di un mondo che prendeva senza dare, dove la violenza veniva ricompensata e le virtù schiacciate. Ci fu parecchia confusione e scetticismo, ma le parole oneste di Applejack e Pinkie Pie infine convinsero la loro platea. Quasi tutta.

Nel gruppo minoritario che trovò assurda la storia dell’Ombra e della corruzione degli Elementi c’era anche Mount Gomery, ma l’impegno preso con noi non lo fece desistere dall’impresa che ci eravamo posti. Soprattutto quando gli spiegammo che catturare Fluttershy e Rarity era fondamentale per porre fine alla guerra.

Inoltre in quel lasso di tempo scoprii come avevano fatto a vederci malgrado l’invisibilità. Avevo trovato una stanza dotata di strani marchingegni. Uno di essi era un apparecchio con lo sfondo verde e un’asta che ne percorreva l’interno come se fosse un orologio. Rachel mi spiegò che si trattava di un radar, in grado di vedere oggetti anche invisibili grazie a un’onda che, toccando una superficie, veniva riflessa e captata dall’apparecchio, permettendo di individuarne la posizione. Purtroppo non era più utilizzabile. L’antenna che lo faceva funzionare era andata distrutta dal mio attacco.

Durante l’attacco delle contraeree non ci avevo pensato … l’invisibilità non ci rendeva intangibili. Se volevamo passare inosservati a quei cosi (che per fortuna Lyradisse essere relativamente nuovi e ancora poco diffusi) dovevo per forza usare qualche altro incantesimo.

E ne avevo in mente uno che poteva fare al caso nostro.

 

Campo di lavoro U10: notte tra il 17° e il 18° giorno dall’inizio della Terza Grande Guerra

Si era deciso di fare dei turni per la notte tra me, Trixie e Lyra per tenere d’occhio la situazione sul tetto e aiutare a difendersi da un attacco nemico. Decisi di fare il primo, perché ero certa che non sarei riuscita ad addormentarmi. Non dopo quello che avevo fatto.

«Signora?» esclamò una voce di puledra tirandomi la coda mentre mi dirigevo verso il tetto.

Mi voltai. Era un unicorno, uno dei pochi tra i prigionieri, dal manto giallo zafferano e la chioma rosa, ancora priva del suo cutie mark. Malgrado l’esperienza della prigionia subita fino a poco prima aveva un bel sorriso. Mi scaldò il cuore a guardarla.

«Dimmi piccola.»

«Ma lei come ha fatto …»

«Dammi pure del tu.» le dissi sorridendo.

«Ma come hai fatto» si corresse «a fare tutti quegli incantesimi oggi?»

Una domanda a cui non volevo proprio rispondere. Ma per gentilezza cercai di mantenere la calma e le dissi «Esperienza, piccola. Ma …»

«E dove hai imparato?»

Aveva degli occhioni blu a cui era impossibile resistere.

Sorrisi. «In parte studiando, in parte facendo pratica, e in parte imparando dalla Principessa Celestia.»

«Dalla falsa dea?»

Mi morsi il labbro per evitare di risponderle male. «Non è una falsa dea. Non è né falsa, né una dea. È una pony come noi, solo molto più longeva e saggia.»

La piccola si mise a rimuginare. «Quindi se andassi da lei diventerei brava come te?»

Ridacchiai. «Forse … se ti impegni chissà, un giorno potresti.»

«Allora lo farò!» esclamò la piccola voltandosi. Poi si ricordò improvvisamente di una cosa e si riavvicinò a me.

Senza darmi tempo di reagire mi baciò su una guancia e si voltò di nuovo. «Grazie per averci salvato!» urlò prima di sparire in un corridoio chiamando la mamma.

 

Il tetto in cemento dell’edificio era spoglio e poco più grande di un balcone, circondato da una ringhiera in ferro. Lassù ero da sola, mentre più in basso, nel campo vicino all’edificio, alcuni prigionieri armati controllavano il perimetro cercando in lontananza l’arrivo di nemici.

Malgrado vedessi bene di notte, abituata com’ero a guardare le stelle per i miei studi astronomici, dovetti attivare l’incantesimo di Visione Notturna, combinata con quella che creava un telescopio magico, per via della poca visibilità data dalle nuvole. Diedi uno sguardo a tutto l’orizzonte, da nord a sud, da est a ovest.

Per il momento la situazione era tranquilla.

Il cielo era coperto, quindi niente stelle né luna. Il buio era quasi totale, tranne per alcune luci in lontananza appartenenti a case o città.

Mentre facevo da guardia, ebbi molto tempo per riflettere. Su di me, sulla missione, sull’Ombra, sul mondo umano, su questa versione distorta di Equestria.

Gran parte dell’ottimismo ottenuto dopo essere stati aiutati da Lyra era sparito … mi sentivo vuota, depressa, colta da rimorsi e paure.

In poche parole ero un’ottima preda per l’Ombra.

Ma non riuscivo a farne a meno. Avevo dalla mia la fortuna di avere di nuovo con me Applejack, PinkiePie e RainbowDash, ma c’erano momenti durante il turno in cui non sembrava più bastare nemmeno quello. Mi chiedevo come tre pony, malgrado mie grandi amiche, potessero aiutarmi a tirarmi su di morale di fronte all’immenso buio che ricopriva l’intera Equestria. Non era solo l’Ombra ad esserci nemica, ma quasi tutto il mondo. Eravamo poca cosa di fronte a quella minaccia.

Poi mi tornò alla mente il dialogo con la puledra unicorno: la sua voglia di imparare, il suo ottimismo, la sua simpatia mi avevano stupito … riusciva a guardare al futuro, malgrado tutto. E riusciva a farlo anche senza avere conosciuto un mondo diverso da questo: era nata nel bel mezzo della Equestria corrotta. Era finita persino in un campo di lavoro dove veniva sfruttata. Chissà cosa doveva aver visto e vissuto ...

Eppure …

Eppure trovava la voglia di andare avanti. Riusciva a sorridere malgrado ciò che le era successo. Riusciva a sperare malgrado tutto ciò che la circondava sembrasse fatta apposta per uccidere quella speranza.

C’era una grande forza in ciò. Una forza che di tanto in tanto credevo di perdere ma che infine ritrovavo sempre.

E, malgrado tutto, anche i pony prigionieri erano stanchi come noi di questo mondo e ci volevano aiutare. C’erano meno nemici di quanto pensassi.

Per quanto riguardava le mie colpe, ero stata la prima a chiedere a Pinkie e alle altre di andare avanti malgrado ciò che avevano fatto in vent’anni. Perché solo io dovevo arrendermi?

«Ehi, Sparkle.»

«Gah!» sussultai, quasi cadendo dal tetto. «Maledizione, Trixie, mi hai spaventato!» sussurrai infuriata.

Trixie ridacchiò. «Successo qualcosa di particolare?»

«No.» dissi. «Per il momento niente.»

«Sono certa che non aspetteranno domani per attaccarci.» esclamò l’unicorno azzurra. «Ci prenderanno nel sonno. Secondo loro chi ha attaccato questo campo è riuscito a far piazza pulita del loro contingente con relativa facilità, e quindi preferiscono coglierci di sorpresa. Tipica tattica degli “unicorni vigliacchi” come direbbe una certa propaganda non del tutto menzognera.»

«E tu credi nella propaganda?» le dissi, mettendola alla prova.

«Ma neanche per sogno.» rispose lei. «Davvero pensi che una come me, abituata a dire frottole, creda a quelle degli altri? Tsè … mi sottovaluti,Sparkle.»

«No.» dissi seriamente, prendendola di sorpresa mentre la fissavo. «Non ti sottovaluto affatto. Non più almeno.»

Trixie mi guardò con aria confusa.

«Non stai bene, vero?» mi disse.

«Dovrei? Dopo quello che ho fatto?»

Trixie fece una smorfia. «No. Suppongo di no. In fondo tu sei nuova a tutto questo.» Indicò il campo di lavoro. «Per noi sta diventando talmente normale che non ci si fa più caso.»

Quella frase … l’avevo già sentita … ma dove … dove …

Sì! Ora ricordavo! L’aveva pronunciata Rachel, quando eravamo nel mondo umano, durante quel discorso sulla violenza nel loro mondo. Lei stessa aveva ammesso che ci si era quasi abituata.

E quando ci si abituava a cose del genere non era per niente un buon segno.

«Uccidere, mentire, rubare …» proseguì lei.  «Questo e altro viene compiuto con nomi altisonanti per nasconderne l’orrore. E per cosa? Ho smesso di chiedermelo, perché le risposte a questa domanda le trovo davvero stupide.»

Mi pentii di averla creduta una traditrice … era davvero cambiata.

«Come si chiamava lui?»

Trixie aggrottò le sopraciglia «Lui chi?»

«Sai chi intendo.»

L’unicorno azzurra sbuffò, spostandomi e avvicinandosi alla ringhiera. «Sono venuta qui per darti il cambio, non per parlare.»

«Magari parlarne ti aiuta. Parlarne con un’amica, intendo.»

La parola amica la fece tremare. Si voltò e mi lanciò uno sguardo stranissimo. Prima sembrava domandarmi con gli occhi “Ma che stai dicendo?”, poi l’espressione divenne confusa e infine, realizzato il significato di quello che avevo detto, ci fu un barlume di riconoscenza che colsi a malapena.

Ma con la poca luce avrei potuto sbagliarmi.

«Amica eh?» disse, tenendo un tono impostato, forse per nascondere l’emozione. «Non me lo sarei mai aspettato dopo così tanto tempo.»

Sospirò, guardando il cielo nuvoloso.

«Silver Breeze … si chiamava Silver Breeze.» disse, usando una voce dolce che non le apparteneva.

Attesi qualche istante, curiosa di ascoltare.

«Non vuoi mica che ti racconti tutto, vero?» esclamò lei, girandosi verso di me. «Vai a letto che è meglio!»

«Non puoi dirmi nemmeno come l’hai conosciuto, com’era, cosa faceva …?»

Trixie sbuffò di nuovo. «Che ficcanaso che sei …»

Si voltò di nuovo verso il cielo. «L’ho incontrato non molto dopo la mia partenza da Ponyville dopo l’ultimo … incidente. A Hoofington, per la precisione. Dopo le dure lezioni di Ponyville, mi imposi di studiare seriamente la magia, e iniziai nella rifornita biblioteca della città. Purtroppo non avevo alcuna idea di dove cominciare.»

Trixie sospirò, trasformando di nuovo la voce in miele. «Fu lì che lo incontrai. Era uno dei bibliotecari. Manto arancione, criniera argentata, gentile, disponibile, allegro, mai l’avevo sentito alzare la voce, un po’ timido ed era quasi impossibile da notare se non era lui a presentarsi. L’esatto contrario di quello che sono io, diresti tu. Ma si sa, a volte gli opposti si attraggono. E noi eravamo una calamita perfetta: lui il positivo e io il negativo …»

Nell’ennesimo sospiro sentii tutta la malinconia per quello stallone che non avrebbe mai più incontrato.

«Fu grazie a lui che capii come cominciare sul serio la mia carriera da “maga”. Fu grazie a lui se trovai facilmente i libri da leggere, i corsi da seguire, gli unicorni da cui prendere esempio (tra cui ovviamente c’eri tu). Ironia della sorte, tutti questi consigli mi furono dati da un pony di terra. Se ci pensi è davvero assurdo … un pony di terra che mi diede tutto, davvero tutto. E io in cambio avevo solo un misero stipendio, un cappello da strega e un mantello da prestigiatrice. Mi sentivo così fortunata e al tempo stesso così stupida. Fu un periodo breve ma bellissimo … il migliore che abbia mai avuto …»

Attesi che continuasse il racconto, ma dopo un breve silenzio intervenni. «E poi avvenne …?»

Trixie annuì. «E poi avvenne … ma basta parlarne. Mi hai chiesto come l’ho conosciuto, com’era e cosa faceva … mi sembra che ti ho risposto.» si voltò verso di me, fissandomi con aria molto severa «E non andare a sparlarne in giro. E’ qualcosa di molto intimo.»

«Certo, Trixie.» dissi, felice di vedermi onorata di sentire una storia che lei riteneva intima. Portai uno zoccolo al petto. «Lo prometto.»

Trixie si voltò nuovamente e tornò a controllare l’orizzonte.

«Vai a dormire.» mi disse «Sarai stanca.»

Sbadigliai. Aveva ragione. Malgrado tutto ciò che era successo, mi ero messa il cuore abbastanza in pace da farmi sentire la stanchezza.

«Buonanotte.» dissi, scendendo le scale.

Trixie mormorò un «Notte.» appena accennato.

Scesi i gradini piano piano. Mi sentivo la testa girare per la stanchezza e non volevo inciampare.

Sentii un tuono.

“Strano … anche se nuvoloso non c’è cielo da temporale …”

Poi sentii un leggero fischio che aumentava d’intensità.

Cos’era?

Feci in tempo a sentire un «Porca …» provenire da sopra, seguito dalla magia del corno di Trixie che si attivava.

Poi l’intero edificio tremò con forza e mi esplose letteralmente attorno.

 

Fui svegliata di colpo. Caddi dalla brandina, sovrastata da un rumore che per poco non mi perforò i timpani. Pezzi di soffitto caddero nella stanza, facendo urlare per il panico tutti quelli che come me stavano dormendo fino a pochi istanti prima. Un grosso pezzo di cemento per poco non mi cadde sulla testa.

Sentivo ciò che mi accadeva attorno a malapena … le orecchie mi fischiavano da matti.

«Allarme! Allarme!» urlarono con voce ovattata alcuni di loro, prendendo le armi e uscendo. Mi sembrò di sentire dei rumori di arma da fuoco in lontananza.

Ci stavano attaccando, era ovvio ormai.

Galoppai via, cercando l’uscita da quello che era un edificio che doveva aver perso mezzo soffitto per quel colpo di cannone. C’era polvere ovunque, e pony che correvano in tutte le direzioni per salvarsi a loro volta. Persi il conto delle botte prese, dei calci ricevuti, dei pony che urlavano di stare calmi e di quelli che cercavano un proprio caro o un amico.

A un certo punto incrociai Twilight. Stava trasportando con la magia un corpo, e si faceva strada con ansia tra la folla di ex-prigionieri impauriti.

Capii il perché quando riconobbi l’unicorno azzurro.

«Sta bene?» le urlai quando la raggiunsi, ma quando le guardai bene le numerose ferite mi diedi da sola la risposta.

«Dove posso portarla?» esclamò Twilight, con la criniera scompigliata e gli occhi sbarrati. «Sta perdendo molto sangue. Non posso guarirla qui … devo …»

«Calmati!» le urlai, indicando un corridoio meno percorso. «Andiamo da quella parte!»

L’unicorno viola, ripresosi dallo shock, annuì, e insieme andammo verso quella che, se ricordavo bene, era la via per una delle tre uscite dall’edificio. Da fuori sentii rumore di colpi d’arma da fuoco, ma per fortuna si trattava soprattutto di mitragliatrici o fucili. I pochi colpi di cannone, per qualche motivo, non sembravano mai colpirci.

Usciti dall’edificio (che mi resi conto essere stato praticamente squarciato nella parte alta malgrado fosse in cemento armato) ci infilammo subito in una delle trincee scavate nel pomeriggio e sera dai prigionieri. Attorno a noi i nidi di mitragliatrice venivano sfruttati al massimo (creando un frastuono incredibile) per difendere la posizione dalle truppe nemiche, che riuscivo a vedere appena grazie unicamente a qualche sporadico lampo. C’erano bossoli dappertutto.

Restammo a testa bassa, per evitare i proiettili che di tanto in tanto fischiavano.

Sentii una strana fitta alla zampa posteriore destra, ma passò subito. Dovevo averla messa male mentre galoppavo alla ricerca di un riparo. Il terreno era pieno di pietre e avvallamenti.

«Ehi!» esclamò la voce di PinkiePie. La pony rosa era nascosta dietro la parete esterna di uno dei capannoni. Con lei c’era anche Applejack e Mount Gomery. Tutti armati e occupati a dirigere la difesa. «State bene?»

Twilight decise che quello era un posto sicuro. Prese con la magia una lastra di pietra e la posò dietro a quel riparo, dopodiché vi posò sopra a sua volta Trixie.

«Lei per niente.» urlò Twilight, superando a malapena il rumore delle scariche di mitragliatrice. Si mise subito all’opera per curare le ferite dell’unicorno.

Era malmessa. Aveva così tanti rivoli di sangue che non riuscivo a contarli. Ne era praticamente ricoperta, e la lastra su cui era posata era già rossa. Le zampe anteriori dovevano essere rotte, vista la loro posizione innaturale. Come se non bastasse il respiro era irregolare e tremante e dei rivoli di sangue uscivano di tanto in tanto dalla bocca.

Da come simuoveva stava soffrendo moltissimo.

«Che le è successo?» domandò Applejack, seriamente preoccupata mentre osservava impotente la scena.

«Era lassù quando è cominciato.» spiegò rapida Twilight, sudando mentre le passava il corno illuminato sul corpo, guarendo come poteva gli squarci più grossi.

Rabbrividii a guardarla.

«Medico!» urlò Mount Gomery.

Mi misi a controllare la situazione fuori dal nostro riparo, con cautela.

I prigionieri armati non erano degli sprovveduti. Si vedeva che erano avvezzi alla guerra. Rispondevano al fuoco con fermezza e coraggio, malgrado l’attacco venisse da tutte e quattro le direzioni.

Mi sembrò di vedere due ombre guizzare sopra di me, nell’oscurità della notte, e subito dopo sentii un’esplosione tra le fila nemiche a nord.

«RainbowDash …» sussurrò PinkiePie, preoccupata.

«Non avrei mai pensato di dirlo.» esclamò Mount Gomery. «Ma avere dei pegasi dalla propria parte è molto utile.»

«Ehi!» esclamò Applejack, fissandomi il fianco. «Sei ferita!»

Guardai il punto che stava fissando … e mi resi conto che aveva ragione.

Quella fitta … non era solo una fitta. Un proiettile vagante mi aveva centrato il punto esatto dove si trovava il cutiemark. Ora il simbolo degli Elementi dell’Armonia era completamente ricoperto di sangue.

L’adrenalina, che mi aveva fornito energie impedendomi di sentire il dolore fino a quel momento, svanì.

«Mi sento … male.»

Appena finito di dire quelle tre parole persi i sensi.

 

«No-no-no-no-no!» esclamai, avvicinandomi a Rachel. «Questo no!»

«Ci penso io a lei.» disse Pinkie, guardandole la ferita. «Non sembra grave. La rattoppo subito. Applejack! Aiutami!»

«Medico!» urlò di nuovo Mount Gomery. «Dove diavolo è finito?»

Mentre ero impegnata a curare le ferite di Trixie, sentii alle mie spalle urla poco rassicuranti.

«Ritirata! Ritirata!»

«Stanno entrando!»

Sentii inoltre rumore di cingoli. Non era un buon segno.

«Oh porca …» disse Mount Gomery guardando alle mie spalle.

«Maledizione! Sono penetrati nel perimetro!» esclamò Applejack, puntando con uno zoccolo dietro di me.

Mi voltai. Uno dei carri armati era nel bel mezzo del campo e si stava avvicinando a noi, seguito da molti soldati di Unicornia.

Creai uno scudo per proteggerci. Applejack, PinkiePie e lo stallone bianco si prepararono a far fuoco.

Quando il carro arrivò a circa una decina di metri, virò di colpo e iniziò a sparare con la mitragliatrice contro gli unicorni. I prigionieri capirono che il carro armato era dalla loro parte e tornarono all'offensiva.

Presi alla sprovvista e da tutte le direzioni, i soldati di Unicorniavennero massacrati. I prigionieri urlarono di gioia per il nuovo alleato e tornarono alle loro postazioni.

«Ma che …?» esclamò Applejack, dando voce ai miei pensieri.

Dalla sommità del carro armato si aprì una botola. Dopo poco uscirono alcuni corpi di unicorni, attorniati da un alone giallo, che vennero scaraventati fuori dal mezzo, andando a fare compagnia agli altri.

Subito dopo spuntò il faccione allegro di Lyra.

«Ehilà!»

Strabuzzai gli occhi.

«Che … ci fai lì?»

«Quello che avevo intenzione di fare!» esclamò lei tranquillamente. «Ora però ho bisogno del tuo aiuto. Usare questo affare da sola è particolarmente difficile. Mi daresti gentilmente una mano?»

«Uno zoccolo.» la corresse Applejack.

Lyra sbuffò. «E’ lo stesso.»

«Trixie e Rachel sono ferite!» risposi. «Hanno bisogno di cure!»

L’unicorno ciano chiaro scese di fretta dal veicolo e si avvicinò.

«Per il momento sono fuori pericolo.» disse, lanciando rapidamente alcune magie di guarigione. «E lo resteranno per il tempo necessario a far terminare questo attacco.»

Se ne tornò tranquillamente dentro il veicolo e mi fece segno di seguirla.

Mi misi a fissare le ferite di Rachel e Trixie.

«Ma …»

«Ci pensiamo noi a loro.» disse Applejack. «Saresti sprecata qui. Vai con lei.»

Mount Gomery era rimasto a fissare Lyra per tutto il tempo. Si riscosse e mi fissò. «Sa quello che fa. Con quell’affare potrete portare un po’ di confusione nelle loro linee. Aiutala!»

Scossi la testa. Non mi potevo permettere indecisioni. Annui alle mie amiche e all’ufficiale, mi voltai, lasciando il destino di Trixie e di Rachel nei loro zoccoli, e salii sopra il carro.

Quell’ammasso di metallo doveva pesare parecchie tonnellate. Mi chiedevo che razza di motore doveva esserci sotto per farlo andare avanti. Notai però che emanava una strana aura. Era uno dei carri armati di nuova generazione diUnicornia.

I carri Shimmer.

Lyra si sedette su uno dei sedili anteriori, unico punto dal quale si vedeva l’esterno attraverso una piccola e stretta finestrella. C’erano una miriade di controlli e luci di cui non conoscevo la funzione. L’intero abitacolo metallico, stretto e per nulla comodo, ne era ricolmo.

«Che devo fare?» esclamai strofinandomi la criniera per la confusione.

«Vedi quel cristallo là in fondo?» mi disse Lyra, puntando uno zoccolo verso la parte posteriore, dove si trovava una gemma azzurra romboidale. «Lanciaci sopra un incantesimo di scudo antiproiettile e tienilo attivo per il tragitto.»

«Tutto qui?» chiesi, caricando il corno.

La magia di Lyra spostò diverse leve e volanti, e il carro iniziò di nuovo a muoversi, tremando di continuo. «Sì. Tu pensi alla difesa, io al resto.»

Dopo aver attivato la mia magia, invece che scaricarla attorno a me la diressi contro la gemma. Il risultato fu sorprendente. Attraverso la botola ancora aperta da cui eravamo entrati vidi che tutto attorno al carro si era formato lo scudo dell’incantesimo da me lanciato. Con l’unica differenza che la magia risultante era molto più resistente e grande dell’originale.

«Avevo sentito parlare delle capacità di alcune gemme e dei primi tentativi di utilizzarle per potenziare degli incantesimi già esistenti, ma mai le avevo viste all’opera.» commentai, mentre mi sedevo. Restare sui propri zoccoli su quel mezzo mi stava facendo venire il voltastomaco con tutto quel tremore.

Lyra con la magia chiuse il portello sopra di noi e con il carro si avviò all’esterno del campo, ripercorrendo la strada che aveva fatto per arrivarci. «E non hai ancora visto niente.»

Vidi un proiettile grande la metà di me alzarsi in levitazione e andarsi a piazzare dentro la canna del carro. Il proiettile, attorniato dalla magia di Lyra, prese uno strano colore azzurro.

«Tienti forte. Ora riceveremo molto fuoco nemico.»

Lo sparo del carro armato mi assordò. Avere la canna a pochi centimetri dalle orecchie non era una buona cosa per la salute dell’udito.

Guardando attraverso la finestrella notai che il colpo sparato da Lyra andò a colpire un punto preciso, ma non capii se era andato a segno o no.

«Sì!» esclamò lei con tono trionfale, dandomi la risposta. «E con questo sono due!»

«Ti andrebbe di spiegarmi?» dissi, sentendo i primi colpi di armi da fuoco colpire lo scudo.

Un altro proiettile venne infilato dentro la canna e colorato d’azzurro. «Sto attuando il mio piano per recuperare Fluttershy e Rarity, tutto qui.»

«E sarebbe?» chiesi, mordendomi un labbro quando sentii un proiettile più potente del previsto. Un altro carro ci aveva individuato e sparato contro.

«Se vogliamo avere una minima speranza di entrare a Maresailles e nel Palazzo Reale, avremo bisogno di questi carri.»

Il carro armato svoltò e sparò un altro colpo. L’imprecazione di Lyra mi fece capire che non era andato a segno.

«Quanti ce ne sono?» chiesi, cercando di mantenere vivo lo scudo malgrado i continui attacchi.

«Ancora tre, se non vado errata.»

Caricò un altro proiettile azzurro, e sparò di nuovo. Il successivo rombo mi fece capire che aveva fatto centro.

«Anzi, due.»

«Ma così non li stai distruggendo?»

«No … sto usando proiettili incantati per disabilitare i comandi.» rispose, mentre usava la mitragliatrice per eliminare alcuni soldati appostati dietro una roccia.

Rabbrividii alla freddezza con cui stava parlando senza emozione mentre compiva quei ponycidi.

Il carro armato proseguì, girando attorno al campo e contribuendo alla difesa mentre colpiva da dietro le linee nemiche gli aggressori, colti alla sprovvista dall’attacco di uno dei loro mezzi.

Arrivati dall’altra parte, capii di essere nelle vicinanze degli altri carri quando sentii due proiettili molto potenti colpire lo scudo. Sudai freddo, perché per un istante lo scudo venne disattivato. Lo riattivai rapidamente. Nel frattempo le scariche di mitragliatori e di fucili colpirono direttamente la corazzatura del carro, e mi abbassai per evitare che uno di essi riuscisse a passare per la fessura.

«Che razza di proiettili stanno usando?» chiesi, potenziando la magia in modo che lo scudo fosse più resistente.

«Sono quelli ad alta penetrazione magica.» rispose lei. «Credo sia la prima volta in assoluto che li usano in una battaglia non simulata.»

Ottimo.

Mi spostai un po’, cercando di avere una migliore visuale del campo di battaglia senza allontanarmi troppo dal cristallo a cui stavo dando energia.

Con il caos che stavamo portando, lo scontro stava andando a nostro favore. Malgrado il buio, notai diverse ombre che iniziavano a ritirarsi dall’attacco. Persino uno dei carri armati sembrava in procinto di retrocedere.

«No, caro mio.» disse Lyra, preparando un altro colpo. «Tu ci servi.»

Un altro boato mi assordò, e vidi un’esplosione azzurra attorniare il mezzo.

«Ne manca uno!»

Mentre lo diceva, sentii un rumore di cingoli che non era il nostro. Subito dopo l’abitacolo tremò violentemente, e l’intero carro armato venne sbalzato a sinistra. Caddi malamente su un fianco, rotolando verso la parete sinistra. Il rumore di metallo che stride era insopportabile. I fianchi mi facevano malissimo.

«Maledizione, ci hanno speronato!» urlò Lyra, alzandosi velocemente e aprendo lo sportello.

Dall’uscita si arrivava direttamente a terra. Ci avevano ribaltato di novanta gradi. Ignorai il dolore alle zampe e uscii insieme a Lyra prima che ci potessero cogliere di sorpresa.

Appena in tempo. All’interno del carro qualcosa era andato in corto circuito e aveva preso fuoco. L’odore del fumo impregnò subito l’aria.

«Oh oh …» esclamò Lyra guardandosi alle spalle. «SCAPPA!»

Ma la fuga fu bloccata da dei soldati nemici che avevano colto la palla al balzo e ci avevano circondati. L’altro carro armato, quello che ci aveva fatto ribaltare, aveva fatto manovra e ci stava puntando a sua volta.

«Ok, piano d’emergenza.» esclamò Lyra, abbrancandomi forte con gli zoccoli attorno al corpo.

«Ehi!» esclamai, prima di venire teletrasportata via.

 

Riapparimmo al campo prigionieri, vicino a uno dei nidi di mitragliatori, in quel momento silenzioso. Non c’erano nemici nelle vicinanze. I pony prigionieri lì di guardia ci puntarono contro le armi, ma quando ci riconobbero le abbassarono.

Sentii una violenta scarica di mitragliatori e fucili non lontano, e puntai lo sguardo da quella parte. Usando la magia della Visione Notturna riconobbi il punto dove eravamo poco prima. Era a circa duecento metri.

Passarono pochi secondi, e una luce abbagliante mi accecò, seguita da un rumore che rimbombò così tanto che ero certa si sarebbe sentito fino a Canterlot.

Quando riuscii a tornare a vedere e a sentire, del punto che stavo osservando prima era rimasto solo un grosso incendio.

«Mai mischiare fuoco, tecnologia e magia.» commentò la scena Lyra.

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 - La saetta finale ***


Capitolo XXV

La saetta finale

 

Io credo nel karma. Credo che si riceve ciò che si è dato

(Randy Pausch)

 

 

 

Campo di lavoro U10: notte tra il 17° e il 18° giorno dall’inizio della Terza Grande Guerra

Passammo il resto della nottata a contare i danni e i morti.

Non lo credevo possibile, ma avevo quasi smesso di pensare a quanto fosse orribile tutto ciò. Cercavo di concentrarmi su qualsiasi altra cosa, come la missione o la cura dei feriti.

Ma quella scelta mi faceva stare peggio. Ignorare quella morte, come se non fosse mai avvenuta, era praticamente impossibile.

Ma non potevo restare male per sempre. Dovevo cercare di andare avanti, e di lottare con tutte le mie forze per fare in modo che una cosa del genere non capitasse mai più.

Era l’unico pensiero che mi tirava su di morale di fronte a quella carneficina.

Il resoconto finale della battaglia fu malgrado tutto abbastanza equo da entrambe le parti. Ci avevano mandato contro circa mille unicorni e cinque carri armati, e dalla nostra parte c’erano solo duecento pony armati. Ma le perdite erano rimaste abbastanza contenute, sia da noi che da loro, soprattutto grazie all’intervento di Lyra che era riuscita ad evitare che i colpi di carro armato colpissero il campo. L’unico che era riuscito ad arrivare era stato il primo, quello che aveva ferito gravemente Trixie e ucciso una ventina di altri pony.

Sempre grazie a Lyra ci ritrovammo con tre carri armati, alcuni prigionieri e molte armi cadute ai nemici. Facendo un rapido calcolo, ne avevamo abbastanza per armare tutti quelli in grado di usare un arma.

Dai primi colloqui con i prigionieri, quasi tutti carristi, ricavammo poco, se non alcuni malumori celati riguardo alla situazione di Unicornia, come l’aumento continuo delle tasse e dell’inasprimento delle pene.

Rachel e Trixie vennero curate rapidamente da me, Lyra e alcuni medici. Grazie a quello sforzo congiunto, entrambe si ripresero quasi senza conseguenze.

Rachel se la cavò con una piccola cicatrice sul cutiemark del fianco destro, area molto sensibile che era difficile da curare: non riuscii a fare a meno di provare un brivido nel vedere il simbolo degli Elementi dell’Armonia rovinato da quel buco … non so perché ma per un istante mi passò il pensiero che quello fosse un cattivo presagio.

Anche Trixie se la cavò piuttosto bene, considerando come era conciata. Non avendo molto tempo le dovemmo lasciare le cicatrici più piccole, una sul fianco sinistro e l’altra sull’addome. Per il resto era praticamente come nuova.

«Se non mi avessi distratto non mi sarebbe successo niente!» mi disse, anche se non sembrava crederlo davvero.

Era provata dallo shock, ma anche pronta a fare la sua parte.

Infatti, una volta curate loro due, decidemmo che era necessario andare subito verso Maresailles.

Dopo quell’attacco fallito ci avrebbero mandato molti più soldati contro. E non potevamo permetterci altre perdite.

Avevamo bisogno di ogni pony disponibile a seguirci per prendere Fluttershy e Rarity. Ne andava del destino del mondo.

 

Strada per Maresailles: 18° giorno dall’inizio della Terza Grande Guerra

Dal cielo iniziarono a cadere alcune gocce di pioggia sin dall’alba. Nulla che rallentasse il volo di Redflame e di Rainbow Dash, ma per i pony prigionieri sotto di noi era una seccatura.

Trixie era impegnata a tenere attiva una semplice magia a ombrello, mentre Rachel osservava Rainbow Dash con in sella Applejack, Pinkie Pie e Lyra.

Ero molto stanca. La testa mi ciondolava per il poco sonno, e guardandomi allo specchio in uno dei bagni del campo mi ero ritrovata delle enormi occhiaie. Avevo dormito si e no un paio d’ore. Anche se non era la prima volta che dormivo poco (in tempi migliori mi capitava di rimanere tutta la notte sveglia a leggere), quella veglia era stata molto stancante tra turni di guardia, combattimenti, cure e aiuti ai prigionieri. Avrei approfittato del viaggio verso Maresailles per dormire qualche altra ora e riguadagnare le forze per il compito che ci aspettava. Ne avevo bisogno.

“Qual è quindi il piano?” chiesi a Lyra con la telepatia prima di mettermi a riposare.

L’unicorno ciano chiaro, che intravedevo tra le ali di Rainbow Dash, si voltò verso di me.

“Un piano relativamente semplice” mi disse con la mente. “Useremo come diversivo l’attacco dei pony prigionieri, attirando gran parte delle forze della città verso di loro. Ho dato loro istruzioni di utilizzare tattiche da guerriglia così da allungare il più possibile la battaglia e ridurre i morti. Noi invece sfruttando il caos ci infiltreremo nel palazzo. Da lì inizia la parte più difficile. Le difese interne sono molto serrate, e il palazzo è grande. Inoltre dovremo fare in fretta se vogliamo prendere Fluttershy e Rarity prima che decidano di scappare.”

“C’è questa possibilità?”

“Sicuramente. Rarity ci tiene alla sicurezza, quindi avrà almeno due o tre vie di fuga in casi come questo.”

“Le conosci?”

“No. Forse solo Rarity e gli architetti del palazzo le conoscono. E sono quasi certa che si sia occupata di zittirli per evitare che lo rivelassero ad altri.”

“Allora non ci converrebbe tentare un approccio più cauto?”

“Lo proveremo di sicuro, ma dubito che durerà a lungo. Lì le magie di dissoluzione o di rivelamento sono dappertutto. Rarity se lo aspetta da molti anni che qualche assassino unicorno tenti di penetrare in quel modo.”

“Quindi dici che dovremo quasi certamente entrare con la forza?”

“Temo di sì. E come ho detto dovremo essere rapide, quindi non potremo andare tanto per il sottile.”

“Io non ho intenzione di uccidere nessuno!”

Lyra mi diede uno sguardo comprensivo e triste. “Comprendo il tuo desiderio, ma preparati al peggio.”

Chiusi il collegamento telepatico, tornando a guardare i pony prigionieri sotto di noi.

A costo di sembrare ripetitiva, mi faceva orrore anche solo l’idea di uccidere altri pony. Soprattutto se fossi stata costretta a farlo consapevolmente, senza più neanche la scusa di quella strana “capacità”.

Volevo davvero attraversare quell’ultima linea? Compiere il sacrilegio più grande in totale coscienza?

 

Maresailles: sera del 18° giorno dall’inizio della Terza Grande Guerra

 

Chiamarla città era sbagliato. Era più simile a una versione in “miniatura” di Canterlot. In miniatura tra virgolette perché il palazzo reale era enorme. Da solo, senza contare gli altri edifici all’interno delle sue mura e del vasto parco, ad occhio doveva essere tre volte più grande del Castello di Canterlot.

Aveva torri perlacee, cupole dorate, colonne marmoree disseminate dovunque. Sprizzava sontuosità da ogni mattone, e le luci artificiali che lo illuminavano di notte, già accese visto il buio precoce causato dalle nuvole al tramonto, erano studiate apposta per farlo sembrare come una specie di sole notturno.

Il resto della “città”, posizionato di fronte all’entrata delle mura, si limitava a un villaggio non più grande di quanto era Ponyville vent’anni prima, con un fiume a sud a qualche chilometro di distanza. Intuii che quel pezzo di Maresailles fosse abitato dagli inservienti del palazzo e da pochi privilegiati.

In mezzo a tutto questo però, nascoste ad un occhio non attento, c’erano parecchie postazioni militari, come bunker, torrette, antiaeree, artiglierie e fili spinati che proteggevano Maresailles da qualunque tipo di attacco, terrestre o aereo. Soprattutto ora che il sole, dietro alle nuvole, stava calando ad ovest, notai che l’attività di guardia iniziava ad aumentare.

“Ci conviene attaccare adesso.” mi disse Lyra telepaticamente. “E’ il momento in cui non se lo aspettano.”

A malincuore le diedi ragione. Cercai di tirarmi su di morale pensando che dopo quell’azione avremmo recuperato le ultime due nostre amiche.

Guardai il palazzo, chiedendomi in quale punto di quell’enorme edificio erano nascoste. Lyra aveva visitato diverse volte il palazzo, e sapeva dove potevano trovarsi, ma nel peggiore dei casi avevamo con noi Rachel che poteva aiutarci in quel frangente. Ma solo come misura di emergenza, visto che lo sforzo l’avrebbe resa vulnerabile.

Vidi Rainbow Dash scendere di quota e dirigersi verso i pony prigionieri nascosti tra i boschi nella periferia della città. Era, come noi, resa invisibile dalla magia, ma oltre a quello avevamo aggiunto un altro incantesimo che doveva in teoria renderci invisibili anche ai radar, rendendo la densità dei nostri corpi simile a quella delle nuvole, ma senza perdere in solidità. Così le onde dei radar non ci avrebbero dovuto percepire, scambiandoci appunto per nuvole. Era un incantesimo molto complesso e che solo Lyra oltre a me conosceva.

Quella magia mi faceva sentire strana: mi sentivo così “rarefatta” che credevo potesse bastare una semplice brezza per sbriciolarmi. Ma l’incantesimo era studiato apposta per fare in modo che ciò non accadesse. E anche se era difficile tenerlo attivo, per fortuna dovevo mantenerlo solo fino all’entrata del palazzo.

Dopo qualche minuto sentii dei rumori di fogliame da sotto, e vidi che i pony prigionieri stavano avanzando sotto la pioggia, uscendo dal riparo degli alberi e infilandosi nella boscaglia. Da lontano, nella parte nord di Maresailles, le artiglierie riuscirono ad individuare il movimento dei nemici in arrivo e li puntarono. Ma prima che potessero far fuoco vennero anticipate dai colpi dei tre carri armati catturati, che le fecero esplodere in tre boati distinti prima che potessero far danni.

«Forza! Andiamo!» urlò Rainbow Dash, passandoci accanto.

Redflame non si fece pregare e la seguì.

L’attacco era cominciato.

 

Il breve viaggio verso il palazzo sembrò eterno. La paura di venire individuati dalle contraeree là sotto mi metteva addosso un’enorme ansia. Non vedevo l’ora di arrivare a terra.

Il rumore in lontananza dei combattimenti iniziava a intensificarsi. Diedi delle rapide occhiate alle spalle. I lampi dei colpi di mitragliatore e fucile erano continui, sia dalla parte degli unicorni sia dalla nostra. I prigionieri sfruttavano ogni più piccolo riparo, e compivano manovre di accerchiamento per ovviare all’inferiorità numerica. Il supporto dei carri armati, usati momentaneamente come artiglierie, impediva loro di venire bombardati da lontano e di venire massacrati. Finora il fattore sorpresa sembrava funzionare.

Ma se volevamo salvarli dovevamo prelevare Rarity e Fluttershy in fretta. Quando le difese della città si sarebbero completamente attivate non ci sarebbe stato scampo.

Redflame e Rainbow Dash superarono senza problemi la cinta di mura che separava il palazzo dal resto del mondo. Stavamo sorvolando in quel momento una grande piazza in cui stavano confluendo diversi soldati che si stavano andando a posizionare nelle postazioni di guardia. Non sapevano che il vero nemico era sopra le loro teste.

“Bene ragazzi.” disse Lyra entrando nella testa mia e dei pegasi “Vedete la grossa porta rossa sul lato sinistro della piazza? Passeremo da lì.”

“D’accordo.” rispose Redflame, scendendo di quota.

Ora eravamo a trenta metri dal suolo. Molti soldati erano rimasti a difesa delle entrate al palazzo. Cominciai a dubitare seriamente che fosse possibile anche solo superarli senza essere avvistati.

A venti metri uno di loro confutò il mio dubbio e puntò contro di noi. Doveva avere attivata una magia di rivelazione dell’invisibilità. I proiettili cominciarono a venirci addosso.

L’entrata non violenta non era più tra le opzioni.

«Ma che diavolo!» esclamò Redflame compiendo manovre a zigzag mentre rispondeva al fuoco.

Rainbow Dash sparò con il suo lanciagranate, e il gruppo più vicino alla porta da cui dovevamo passare esplose.

Disattivai le magie che ci rendevano invisibili alla vista e ai radar e lanciai un incantesimo di nebbia, che in poco tempo riempì la piazza.

«Bella pensata Sparkle!» esclamò Trixie vicino a me, usando la magia per accelerarne la diffusione.

Entrammo nel polverone creato dal colpo di granata di Rainbow Dash e atterrammo a pochi zoccoli dall’entrata. Sentii rumore di spari, ma al momento i soldati miravano alla cieca.

Applejack, Pinkie Pie e Lyra scesero dal dorso di Rainbow Dash, e l’unicorno ciano chiaro usò la sua magia per farle tornare alla loro dimensione normale. Feci lo stesso con me, Trixie e Rachel.

Lyra buttò giù la porta d’ingresso con un raggio viola e ci fece cenno di seguirla. Gli altri controllarono le proprie armi e la seguirono. Con la magia incantai ulteriormente la nebbia in modo che non si dissolvesse troppo in fretta e la seguii a mia volta.

 

Gli interni erano persino più sontuosi dell’esterno. Ogni singolo corridoio percorso aveva tappeti di ogni colore, quadri, lampadari e placcature dorate.

Non incontrammo praticamente resistenza all’inizio, se non qualche inserviente impaurito che ci lasciava passare senza dirci niente. Alcuni anzi sembravano contenti della nostra “intrusione”, e ci indicarono, in modo discreto, la direzione giusta. Mi vennero in mente le parole dei prigionieri e compresi il perché di quegli “aiuti”.

Ma arrivati al primo piano le cose cambiarono completamente.

Lyra si fermò poco prima di terminare le scale che portavano a quel piano. La troppa adrenalina che avevo in corpo non mi fece capire il perché di quel gesto. Appena posai lo zoccolo sul pavimento subito dopo le scale ottenni la risposta. Si attivò quella che conoscevo come trappola magica. Una saetta percorse l’intero corridoio, con l’intenzione di fulminare tutti coloro che si trovavano al suo interno. Per fortuna l’istinto mi fece fare un passo indietro poco prima che mi centrasse in pieno. L’unica conseguenza fu che l’odore dell’ozono mi sarebbe rimasto sotto il muso per una mezz’ora buona.

«Ci penso io.» esclamò Trixie. Con il corno puntò al corridoio. Ci fu un flash che quasi mi accecò, e quando riaprii gli occhi il tappeto che avevo calpestato poco prima mostrava delle strane scintille bluastre.

«Sarà disabilitato per un po’.» spiegò Trixie. «Ora muoviamoci.»

Attraversammo il corridoio ormai senza pericoli. Varcammo la porta per ritrovarci in un’ampia sala con un tavolo al centro. Su di esso si trovava una mappa del mondo, completa dei continenti al di fuori di Equestria. Oltre alla porta da cui eravamo entrati ce n’erano altre tre. Lyra puntò verso quella di fronte, ma poco prima di arrivarci venne spalancata.

E una nostra vecchia conoscenza spuntò da dietro di essa, seguita da decine di guardie.

«Non fateli scappare!» ordinò Shadow Silk.

Lyra lanciò un raggio contro i nuovi nemici, ma venne respinto dalla spia senza problemi.

Trixie cercò di aprirsi una via di fuga passando da una delle altre porte, ma anche da lì giunsero nuove guardie.

Nel corridoio dietro di noi il pavimento aveva smesso di mostrare scintille. La trappola era tornata attiva.

Eravamo bloccati lì.

Mentre i soldati tutto attorno a noi ci puntarono contro le armi, pronti a scaricarne il contenuto in qualsiasi momento, la spia Shadow Silk fece un sorrisetto sprezzante «Bene, bene, bene. Come sempre la Regina dimostra la sua arguzia e intelligenza. Lo sapeva che sareste arrivati qui.»

«E dov’è adesso?» esclamò Applejack, alterandosi. «Dobbiamo fare due chiacchiere con lei!»

L’unicorno dal manto indaco scosse la testa. «Ma che visione penosa. Pony di terra, unicorni e pegasi che collaborano uniti da … com’è che la chiama la vostra cara Celestia?» fece una falsa espressione pensierosa. «Ah sì! L’amicizia … un sogno infantile destinato a rimanere tale.»

«Meglio il nostro sogno infantile del vostro incubo!» sbottai, digrignando i denti.

«Incubo? Ti riferisci a questa fase di transizione? E’ ovvio che sia … turbolenta, ma la nostra grande Regina è lungimirante, e sa perfettamente che per ottenere grandi risultati siano necessari grandi sacrifici. Lei stessa sacrifica tutte le sue energie per rendere migliore questo mondo. Vi anticipo già che sarà glorioso. E manca poco ormai. Molto poco.»

«Quali follie ha in mente questa volta?» esclamò Rainbow Dash.

Shadow Silk rise.

«Non crederete davvero che mi metta a fare il monologo dei cattivi dei film, vero? Non sono così stupida.»

Si abbassò, illuminando il corno. Mi preparai a contrastare qualsiasi cosa stesse per lanciarci contro, ma la sua magia era rivolta a un pannello nascosto vicino alla porta dietro di lei. Dietro di esso si rivelò un cristallo simile a quello che avevo visto sul carro armato.

Non prometteva nulla di buono.

«Eliminateli. Senza troppa cortesia.» disse, attivandolo.

Dal soffitto apparvero una ventina di armi trasparenti violastre.

Attivai insieme a Lyra gli incantesimi di difesa, subendo un attacco combinato di proiettili di armi normali e di dardi di energia magica. Il rumore era tale da perforarmi i timpani.

Gli altri usarono le proprie armi per replicare al fuoco, riuscendo, protetti dal nostro scudo, ad eliminare alcuni degli attaccanti. Trixie invece con un fulmine cercò di colpire Shadow Silk. L’agente però, prevedendo quell’attacco, lo assorbì con uno scudo.

«Sei solo una vigliacca!» le urlò contro, continuando a lanciarle contro fulmini.

Anche se i colpi d’arma da fuoco stavano diminuendo d’intensità per via dei caduti, sentivo che la resistenza degli scudi miei e di Lyra stavano diminuendo rapidamente. Erano soprattutto i raggi magici delle difese della stanza che li mettevano più alla prova.

Sentii rumore di zoccoli in avvicinamento dai corridoi. Stavano arrivando i rinforzi. La nostra unica possibilità era scappare dal corridoio alle nostre spalle. Quello con la trappola magica.

«Trixie! Disattiva la trappola! Dobbiamo fuggire di qui!» esclamai, faticando a rimanere sui miei zoccoli mentre l’assalto armato mi stava togliendo sempre più energie.

Trixie continuava a lanciare magie sull’agente di Unicornia con poco successo.

«No! Non scapperemo proprio adesso!»

A quel punto fece una mossa che non mi aspettavo. Saltò sopra il tavolo al centro della stanza, fece un profondo respiro, e caricò una magia così potente da farle levitare la criniera verso l’alto.

Lyra sgranò gli occhi. «Abbassatevi!»

Seguimmo tutti il suo consiglio … giusto in tempo.

La stanza venne invasa dal boato di un vento che partì dal corpo di Lulamoon. Gli effetti, grazie all’avvertimento tempestivo di Lyra, si sentirono solo sui nemici, che vennero sballottati in tutte le direzioni, come foglie spostate dalla bora. Anche la spia di Unicornia venne presa alla sprovvista, e cadde su un fianco, perdendo la concentrazione sul cristallo.

«Adesso!» urlò Trixie.

Lyra fu la prima a galoppare verso la porta verso cui si stava dirigendo prima, e noi la seguimmo a ruota. Trixie passò per ultima.

I soldati incontrati nella lunga stanza successiva vennero eliminati facilmente da Lyra, permettendoci di proseguire rapidamente. Ma l’unicorno venne fermata da un muro invisibile prima di poter superare la porta successiva.

«Non andrete da nessuna parte!» esclamò Shadow Silk alle nostre spalle, con voce furiosa mentre caricava un incantesimo. «Il Palazzo Reale sarà la vostra tomba!»

Redflame, Rainbow Dash, Applejack e Pinkie Pie le spararono contro all’unisono, ma tutti i proiettili vennero riflessi da uno scudo eretto a sua difesa.

La magia della spia venne quindi scagliata contro il nostro gruppo senza interferenze.

Trixie fu la più rapida a intervenire. Intercettò l’incantesimo quando era a pochi centimetri dalla sua testa, facendolo esplodere in rivoli di fumo magico.

Quando la nube arcana si dissipò, vidi che Trixie stava ansimando per lo sforzo.

Lyra approfittò di quell’attimo per lanciare un incantesimo di dissoluzione sul muro invisibile che ci bloccava.

«Avanti!» ci pregò.

Galoppammo dietro di lei, superando la stanza.

Tutti tranne Trixie.

«Che stai facendo?» le urlai.

Shadow Silk cercò di seguirci, ma veniva bloccata continuamente dall’unicorno azzurro, che le sbarrava la strada tenendo gli zoccoli serrati al terreno.

«Andate avanti! Ci penso io a lei!» mi rispose, voltandosi rapidamente verso di me, poi si rivolse all’agente. «Abbiamo un conto in sospeso io e te.»

«Non ho tempo per giocare!» sputò Shadow Silk caricando il corno. «Non sono una foalsitter!»

I due unicorni a quel punto si scatenarono in una sequenza feroce e letale d’incantesimi. La stanza si illuminò di tutti i colori dell’arcobaleno, e nei punti colpiti dalle esplosioni se ne andavano pezzi di pavimento, parete o soffitto. E di tanto in tanto schizzava del sangue.

«Trixie!» dissi, cercando di galoppare in suo aiuto. Ma fui bloccata da una zampa dalla presa molto forte.

«Lasciala fare Twilight.» mi disse Applejack, trascinandomi via con sé. «E’ la sua battaglia, e ci sta regalando tempo.»

Con queste parole che mi riecheggiavano nella testa obbligai gli zoccoli a seguire gli altri, lasciando Trixie al suo destino.

 

Una sfera infuocata passò per il corridoio a nemmeno un metro dalla mia coda. Sentii alcuni peli prendere fuoco, e con uno zoccolo li spensi rapidamente. Nella stanza appena dietro di noi le guardie ci stavano sparando contro, mentre Applejack e gli altri cercavano di rispondere al fuoco al riparo della parete. Lyra era impegnata a disattivarla.

Quel dannato palazzo sembrava fatto apposta per massacrare tutti gli ospiti indesiderati. Trappole come quella incontrata al primo piano erano piazzate ovunque nei punti strategici, e le guardie (non so come) sapevano come evitarle. Tra le prime e le seconde, dovemmo faticare per non rimanerci secche. Lyra cercava di farci fare il giro più rapido, ma avevamo dovuto comunque combattere in molte occasioni.

Come se non bastasse temevo sinceramente per la vita di Trixie. A quest’ora ormai il loro combattimento doveva essere finito. Ma a favore di chi, non ne avevo idea.

“Ti prego Celestia, fai che sia ancora viva.”

«Fatto!» esclamò Lyra, rialzandosi. «Forza, manca poco ormai!»

«Fuoco di copertura!» esclamò Redflame, iniziando a sparare alla cieca dentro alla stanza, seguito dagli altri.

Insieme a Lyra percorremmo il corridoio, sentendo il rumore di zoccoli assemblarsi nella stanza successiva.

«Sei sicura che si trovino nella sala del trono?» chiesi, preparandomi gli incantesimi.

«Sicura quasi al 100%.» rispose lei. «Quel posto ha difese magiche molto potenti, e di sicuro Rarity le userà contro di noi.»

Mi chiesi troppo tardi se eravamo in grado di affrontare un unicorno con il potere combinato dell’Elemento corrotto, dell’Amuleto dell’Alicorno e delle difese del palazzo.

Ma dovevamo tentare. Era troppo importante.

Lyra aprì di colpo la porta della stanza successiva e senza aspettare altro la inondò di raggi gialli. I bersagli colpiti non furono molti, ma ciò portò abbastanza scompiglio da permetterci di entrare e di neutralizzare gli altri soldati. Spararono solo qualche colpo. Uno di essi colpì di striscio un fianco di Applejack.

«Nulla di grave, nulla di grave.» si affrettò a dire lei quando mi avvicinai a controllarla. Non aveva detto niente, ma aveva ricevuto altre ferite durante l’assalto. Fori di proiettile in punti non vitali, colpi di striscio, ma comunque ferite.

E quando controllai rapidamente le altre mie amiche capii che non era l’unica.

«La sala del trono è dopo questa stanza.» annunciò Lyra, aiutandomi a curarle rapidamente. «Tenetevi pronti.»

Pinkie Pie e Rachel erano quelle più preoccupate, almeno visivamente. Non che gli altri non fossero turbati dal combattere due delle nostre amiche, ma loro due riuscivo a vederle tremare.

«Ce la faremo.» dissi, avvicinandomi al grande portone cesellato. «Facciamola finita.»

Lyra annuì. Si mise accanto a me e attese un mio cenno.

Diedi una rapida occhiata ai nostri compagni. Redflame e Rainbow Dash erano tra i più decisi. Applejack anche, ma qualche cenno di dubbio le percorreva il volto. Rachel e Pinkie Pie invece erano le più impaurite. Sorrisi a tutte, dando loro tutto il supporto che le potevo dare con quel piccolo gesto. Ero tesa anch’io come una corda di violino, ma non avevamo tempo per parlarne e convincerci.

L’intero palazzo, l’intera città, anzi il mondo intero ci stava dando la caccia. Non potevamo perdere secondi preziosi.

Mi voltai di nuovo verso Lyra. Le feci il cenno.

Usammo entrambe la magia e aprimmo la porta.

 

La sala del trono era immensa. Era due, tre volte più alta e ampia di quella di Canterlot, e molto più decorata e sontuosa. Non c’era superficie che non facesse spalancare la bocca per raffinatezza e dettagli. Faceva quasi male agli occhi vedere lo splendore di tutto l’oro, l’argento, gli smeraldi, le ametiste e le decine di altri gioielli e metalli preziosi su pareti, soffitti e pavimenti. Le vetrate colorate mostravano scene in cui la protagonista era quasi sempre Rarity, da una che mostrava lei che veniva servita e riverita seduta su un trono a quella dove sconfiggeva da sola un intero esercito di pony. Delle statue in avorio di Rarity in diverse pose completavano la sala che non era altro che la glorificazione del suo ego.

Ma la nostra attenzione era su ben altre “meraviglie” … come la tempesta di magie e proiettili che ci stava venendo scagliata contro. Le armi magiche, a decine, erano spuntate in ogni angolo libero della sala. Da sole, in quanto a potenza di fuoco, contavano quanto un piccolo esercito.

Lo scudo eretto da me però, al contrario di quanto pensavo, stavolta stava reggendo bene. Qualcosa non quadrava.

«Tutto qui?» esclamò Rachel, nascosta dietro una delle statue, mentre dava un’occhiata rapida al trono nella parte finale della sala.

L’unicorno che stava usando il cristallo di difesa della sala doveva essere nascosto da qualche parte, mentre quelli che ci sparavano contro, volando continuamente per renderli bersagli difficili, erano tre pegasi. Una era Fluttershy … gli altri due invece mi sembrava di riconoscerli, ma ...

«Che diavolo ci fanno qui Big Wing e Little Bolt?» chiese Rachel, non trovando il coraggio di sparare loro contro.

Ecco! Erano due dei componenti della spedizione nelle Distese Selvagge!

«Sono sotto l’effetto della magia di ammaliamento di Rarity.» spiegò Lyra, colpendo con il corno le poltrone e le tende dove poteva essere nascosto l’unicorno. «Se ha loro ordinato di proteggere questa sala, lo faranno fino alla morte.»

«E Rarity dov’è?» chiese Rainbow Dash.

«Perché continui a sprecare fiato?» esclamò Redflame continuando a sparare, usando però più cautela nel mirare.

Il pegaso più grosso venne colpito ad un’ala e cadde a terra.

«Fate piano!» urlò Rachel. «Sono nostri amici!»

«Quegli amici ci stanno sparando!» esclamò Applejack, imprecando subito dopo. «Ho finito le munizioni!»

«Cosa sono le munizioni?» domandò Pinkie Pie, continuando a sparare.

Facendo un rapido calcolo, le avrebbe dovute finire già da un po’.

Intanto Lyra aveva colpito una delle poltrone vicino alla sala del trono, rivelando una unicorno dalla chioma bianca e nera.

«Scrolley?» esclamarono lei e Rachel.

Senza attendere un momento di più, visto che lo scudo stava iniziando a cedere malgrado gli attacchi deboli, lanciai un incantesimo di sonno contro di lei.

Presa di sorpresa non riuscii ad evitarlo e gli attacchi magici cessarono.

«Merda!» esclamò Fluttershy, rimasta da sola insieme all’altro pegaso.

Due raggi partiti dal corno di Lyra li presero in pieno, ponendo una fine precoce al combattimento.

Galoppammo verso di loro. Il pegaso ferito all’ala cercò di spararci, ma venne reso incosciente da un calcio ben piazzato di Pinkie Pie. Fluttershy e l’altro pegaso invece erano state paralizzate dall’unicorno ciano chiaro. E ci stavano fissando con odio.

Presi l’unicorno svenuto e lo posai accanto a loro, indecisa sul da farsi.

«E adesso?» domandò Rainbow Dash.

Lyra si avvicinò a Fluttershy e con la magia le permise di muovere la bocca.

«Dov’è Rarity?» le chiese con un tono così autoritario che fece paura persino a me.

Gli occhi di Fluttershy la fissarono, e si creò l’aura che riconobbi essere quella dello Sguardo.

«Non ci provare!» esclamò Lyra. «Ho già lanciato un incantesimo che mi rende immune. Ora dimmi dove si trova Rarity!»

L’espressione di Fluttershy mutò in una di completo terrore. Arrivò persino a piangere.

«Non farmi del male …» disse con voce rauca.

La Fluttershy corrotta aveva in comune qualcosa con la Fluttershy normale … la vigliaccheria.

In quel preciso momento attorno a Rachel si formò un alone viola. Prima che realizzassi cosa stava accadendo, l’unicorno verde venne trascinata verso l’entrata della sala.

«Ehi! Lasciami!» si lamentò, cercando di divincolarsi.

Mi voltai … e scoprii che dall’entrata erano arrivati un piccolo gruppo di soldati … e Shadow Silk.

No!

Questo significava che … Trixie era …

Rachel, avvolta dalla sua telecinesi, le arrivò a qualche metro di distanza, e prima che potessimo reagire la spia di Unicornia le puntò contro una pistola.

«Brutta figlia di una buona giumenta!» disse Redflame a denti stretti, trattenendosi dallo spararle in mezzo alla fronte … anche se si trovava a circa cento metri di distanza.

Si avvicinò a noi a trotto lento, seguita dai soldati, tenendo continuamente sotto tiro la tempia di Rachel. «La nostra grande Regina non è qui. Mi ha confidato che muore dalla voglia di farvela pagare, ma ha impegni molto più urgenti.»

«Dov’è adesso Rarity?» esclamò Lyra, con la stessa voce autoritaria di prima. «Diccelo!»

«Non mi puoi più dare ordini, brutta stronza doppiogiochista!» sbottò l’unicorno dal manto indaco «Ed eviterei di fare mosse idiote, se fossi in voi. Se vedo un solo corno illuminarsi o una sola bocca avvicinarsi al grilletto …» lasciò la frase in sospeso, puntando con un gesto verso Rachel.

Ora che la vedevo meglio, notai che aveva i vestiti da ufficiale ridotti a brandelli, e molte ferite erano state curate alla bell’è meglio. La criniera e la coda erano in disordine, e l’espressione mostrava numerosi tic. Era particolarmente nervosa e scossa. Lo scontro con Trixie doveva averla messa alle strette … ma se era lì, significava che alla fine aveva avuto la meglio.

Trixie … dopo quello che avevamo passato … dopo tutto quello che mi aveva confidato …

Odiavo ammetterlo, ma in quel momento desiderai vendicarla. Cercai di reprimere quel sentimento. Gli istinti negativi non facevano bene al mio autocontrollo.

«Ora consegnatemi Fluttershy e le vostre armi, per favore.» disse, avvicinandosi al punto dove si trovava il cristallo usato prima dall’unicorno dal manto color sabbia.

«Mai!» esclamò Pinkie Pie con espressione così seria che quasi non la riconoscevo. «Non dopo tutta la fatica che abbiamo fatto per salvarla!»

Una serie di tic attraversò la faccia di Shadow Silk.

«Salvarla!» urlò, premendo con fin troppa forza la canna della pistola sulla tempia di Rachel, che stava tremando come una puledra. «Siete proprio un branco di stupidi! Salvarla da cosa? E’ sotto la protezione della Regina Rarity adesso! Siete voi che la state mettendo in pericolo, non io né nessun’altro! Siete voi che siete penetrati fin qui, liberando dei criminali e degli assassini, armandoli per attaccare la sacra casa della nostra Regina, assaltando e rovinando questo palazzo divino, uccidendo i suoi servi devoti e scassandomi le ovaie!»

Stava perdendo il controllo parola dopo parola.

Scosse la testa e fece un respiro profondo.

«Ora … per favore … consegnatemi Fluttershy … le vostre armi … e giuro che non spalmerò quella tenda con il suo cazzo di cervello!»

Rachel scoppiò a piangere, terrorizzata.

La rabbia iniziò a tormentarmi di nuovo, arrivando a livelli critici.

“No Twilight … No! Devicontrollarti!”

Un tuono mi distrasse. Nel giro di un battito di ciglia i corpi dei soldati che ci stavano tenendo di mira vennero inceneriti da un fulmine, lasciando solo polvere e armi.

«Chi cazzo …?»

Si voltò appena in tempo per notare una delle statue d’avorio della Regina Rarity arrivarle addosso.

Non ebbe tempo di schivarla. Né di lanciarle contro una magia.

Chiusi gli occhi. Non era la prima volta che vedevo pony fare fini orribili … ma se potevo evitare era meglio.

Purtroppo il suono che arrivò alle mie orecchie di ossa spezzate e di carne schiacciata lasciò ben poco all’immaginazione.

Quando osai riaprire gli occhi, da sotto la statua vidi solo un ammasso di interiora sanguinolente. La pozza di sangue si espanse fino a macchiare il costosissimo tappeto centrale.

Rachel rimase a terra, tremando ancora per l’immenso spavento.

«Solo io colgo l’ironia?» disse Redflame, fissando la statua di Rarity che sovrastava con il suo peso il cadavere della sua fedele servitrice.

Ignorai la battuta macabra e guardai verso l’entrata da cui era provenuta sia la scarica elettrica sia la statua.

Spalancai gli occhi e la bocca.

«Così impari … puttana …» furono le parole dell’unicorno che si trovava all’entrata.

«Trixie!» urlai, galoppando verso di lei.

L’unicorno fece in tempo a fare qualche passo prima di crollare sul tappeto.

Con il fiatone la raggiunsi e … e …

Come faceva ad essere ancora viva con quello squarcio all’addome?

«Per Celestia, Trixie … come …»

L’unicorno azzurro sputò sangue. Non riusciva neanche più a rispondermi.

«Dobbiamo andarcene di qui.» disse Lyra, che seguita dagli altri stava trasportando con la telecinesi Fluttershy, Rachel e gli altri “prigionieri”.

«E Trixie?» esclamai. «Deve essere guarita!»

Lyra le diede una rapida occhiata. La sua espressione non prometteva nulla di buono. Trixie, che stava piangendo per il dolore, incrociò il suo sguardo. Ebbi la sensazione che stessero comunicando con la mente, vista l’intensita dello sguardo. Alla fine l’amica le fece un sorriso. Il tipico sorriso di chi dà l’ultimo addio. E Trixie ricambiò quel sorriso, anche se tra le lacrime, accettando il suo fato.

«No … ti prego no!» esclamai, iniziando a piangere a mia volta. Posai il corno sul suo corpo martoriato, sondando le ferite.

«Non farlo Twilight!» disse Lyra con voce ferma. «Non c’è nulla da fare per lei, e rischieresti solo la vita cercando di guarirla.»

La ignorai. Il corno creò un secondo strato luminoso, poi un terzo.

«Lascia … stare … Twilight …» disse a fatica Trixie, mantenendo il sorriso malgrado il viso fosse così colmo di ferite da renderlo quasi irriconoscibile. «Ho fatto il mio dovere … vi ho … dato tempo … ho tolto di mezzo … quella pazza … ho espiato i miei … peccati … posso morire adesso …»

«Non dirlo neanche per scherzo!» urlai, potenziando la magia nel tentativo di ricreare il pezzo di stomaco mancante. Fosse stato solo quello che mancava …

«La morte … non mi spaventa … So … che dall’altra parte … lui mi … mi aspetta … se vuoi farmi un … un ultimo favore … lasciami … morire …»

Venne interrotta da un conato che le fece sputare una quantità enorme di sangue. Restò ferma per interminabili secondi, gli occhi chiusi. Persi un battito.

Trixie aprì la bocca due sole volte. Dagli occhi chiusi fuoriuscirono con difficoltà le ultime lacrime.

«Silver … Breeze …»

A quel punto non si mosse più. Persino il sangue aveva smesso di scorrere dalle sue ferite.

«No! No! No! Nooo!!!» esclamai, creando un quarto e un quinto strato luminoso attorno al corno. Lo puntai al petto, cercando di ricreare il sangue perso e far ripartire il muscolo cardiaco.

«Che stai facendo?» esclamò Lyra, prendendomi per la coda. «Così ti …»

Smisi di sentirla. Digrignai i denti al punto che la mascella iniziò a farmi seriamente male, mentre cercavo di riportare in vita il corpo devastato di Trixie, mettendo nel mio corno più energia di quanta avessi mai incanalato in tutta la mia vita. Tutto il corpo tremava e mi faceva male per lo sforzo.

Dovevo … dovevo farcela, non importava a che costo.

Il mio cuore stava battendo forte per tutte e due. Un capillare mi esplose e dall’occhio sinistro iniziai a vedere rosso.

Non volevo … perderla.

Una delle zampe mi cedette e fui costretta ad inginocchiarmi. Sentii delle zampe attorniarmi, ma continuai a tenere la magia del corno puntata sul corpo di Trixie.

Insisteva a restare ferma, dannazione!

Il cuore rimbombava così tanto che mi sembrava di averlo in mezzo alle orecchie. E respirare iniziava a farmi male.

Io …Io …

Dopo l’udito persi la vista.

E dopo la vista persi i sensi.

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 - La calma dopo la tempesta ***


Capitolo XXVI

La calma dopo la tempesta

 

Perchè la morte è un infinito atto d’amore

(Alberto Quintero Álvarez)

 

 

 

Tremavo … tremavo continuamente e senza controllo…

Tremavo anche quando finalmente riuscimmo miracolosamente a uscire dal palazzo in un modo che non compresi visto quanto ero scioccata.

Ma nemmeno sul dorso sicuro di Redflame smisi di tremare. Nemmeno la fresca aria della sera inoltrata e la pioggia sul manto umido mi tranquillizzarono. Era come se avessi una forma avanzata di Parkinson. Non riuscivo a fermarmi. Il corpo non voleva ubbidirmi. Sembravo avere perennemente freddo.

Ero completamente sconvolta … Avevo avuto una pallottola pronta a farmi andare all’altro mondo a pochi centimetri dalla tempia, e l’unica cosa che la tratteneva era la volontà di una pazza fanatica pronta a tutto per ottenere quello che voleva.

In confronto l’affrontare i mutaforma era stato uno scherzo. Forse perché, per la prima volta da quando ero arrivata ad Equestria mi ero sentita sola. Gli altri non potevano muovere un muscolo, perché il grilletto di quell’unicorno era molto sensibile nel suo stato. Avevano solo due scelte. O darle quello che voleva, o uccidermi. E anche nel primo caso ero certa che mi avrebbe ucciso.

Mi sentivo vulnerabile. Per la prima volta. Malgrado tutto ciò che avevo affrontato fino a quel momento, mi sentivo indifesa come una neonata. Era bastato davvero poco per farmi finire in quella situazione.

Con che coraggio potevamo affrontare una come Rarity? Una che da vent’anni usava la magia per governare una nazione di unicorni, usando anche la forza?

Avevamo avuto più fortuna che sfortuna a non incontrarla al palazzo che ci stavamo lasciando alle spalle. Se fosse stata lì, ci avrebbe maciullato senza pietà.

Trixie non sarebbe stata l’unica vittima.

Trixie …

Mi riscossi in parte dal mio stato catatonico e la guardai. Lyra aveva deciso di portarla con noi insieme a Fluttershy e agli altri “prigionieri”. Anche se di lei ormai rimaneva solo un corpo martoriato e senza vita.

Mi scapparono alcune lacrime mentre la fissavo. Nello stato in cui mi trovavo prima non avevo avuto modo di parlarle … di dirle che … che senza di lei sarei morta. Di tutti, ero io quella che dovevo essere più riconoscente per il suo sacrificio. Mi aveva aiutato a imparare alcuni incantesimi, a risolvere il problema con i fantasmi, aveva protetto me e gli altri contro le creature delle Distese Selvagge e malgrado la sua rudezza non mi aveva giudicato quando aveva capito che ero un’umana e non un pony. Dopo la breve parentesi in cui era stata ammaliata da Rarity era tornata per aiutarci, trattenendo quella dannata unicorno per permetterci di raggiungere la sala del trono. Infine, malgrado le condizioni in cui era stata ridotta, aveva trovato ancora la forza per salvare me e gli altri.

Era davvero un’amica … e le dovevo la vita …

Mi faceva male pensare che non glielo avevo mai detto. Ero certa che se la sarebbe cavata, visto quanto era potente con la magia, e che mi sarei potuta confidare con tranquillità a cose fatte.

E invece …

“Hai visto? Sai qual è il tuo problema, Rachel? Sei un’ingenua!”

Le parole di Daniel risuonarono nella mia testa. Erano l’eco di una discussione di anni prima che pensavo sempre di aver dimenticato, ma che di tanto in tanto tornava a perseguitarmi.

E in quel momento non riuscivo a dargli torto.

«Dove sei Daniel?» sussurrai, stringendomi in posizione fetale e mischiando pioggia e lacrime sulle guance. «Ho bisogno di abbracciarti …»

 

… interrompiamo le trasmissioni serali per un fatto eccezionale. Da fonti accreditate sembrerebbe che un piccolo gruppo di prigionieri evaso da uno dei numerosi campi di Unicornia abbia attaccato la reggia di Maresailles, con esito purtroppo negativo. Vi aggiorneremo domani per ulteriori novità …

… qualunque cosa accada, non allarmatevi. La feccia criminale sfuggita dal campo rieducativo U10 è stata facilmente sconfitta dai nostri sistemi difensivi. Malgrado la guerra comporti grandi sforzi bellici, la nostra Regina non sottovaluta la difesa interna. La sicurezza dei suoi sudditi è tra le sue priorità più alte. Non ci sono pervenuti suoi commenti sulla vicenda, ma possiamo dirvi tranquillamente che non c’è nulla di cui preoccuparsi. Il resto dei galeotti verrà prontamente cacciato e rispedito dove merita …

… l’eroica mossa di molti nostri fratelli riscuoterà l’opinione pubblica di Unicornia. Nei loro notiziari non faranno cenno agli ingenti danni alla loro preziosa reggia, ma vi possiamo assicurare che hanno ormai compreso che questa guerra andrà a loro svantaggio, che persino i prigionieri che credono sottomessi stanno iniziando ad alzare la testa. Il Leader Big Mac si sta adoperando per dare supporto a questi combattenti per la libertà …

… «Al nostro alleato chiediamo semplicemente chiarezza sulla vicenda. Come Colonnello supremo ad interim chiedo solo il motivo di questa visita prolungata del Colonnello Fluttershy, membro della Giunta Militare, in territorio di Unicornia. In un periodo come questo, dove i traditori si annidano così in alto, nessun comportamento sospetto può essere tollerato se non viene spiegato in via ufficiale. Il mio è un’intervento unicamente dettato dall’onore. Se il nostro alleato crede nell’onore non avrà alcun problema a spiegare le sue ragioni.» ...

 

Vicinanze di Maresailles: notte tra il 18° e il 19° giorno dall’inizio della Terza Grande Guerra

«Abbiamo perso metà dei nostri … per un lavoro a metà?» sbraitò Mount Gomery con la faccia livida di rabbia, dando un calcio a un lembo della tenda dove ci trovavamo.

Fuori pioveva ed era buio. Si sentivano solo zoccoli che andavano avanti e indietro calpestando il fango e i lamenti ininterrotti dei feriti.

L’attacco a Maresailles era stato un disastro … un vero massacro. Il fattore sorpresa era durato poco. Tra intoppi e contrattempi ci avevamo impiegato troppo ad arrivare al nostro obiettivo. Nel frattempo i pony prigionieri avevano dovuto affrontare la piena efficienza difensiva della città.

Rapporto finale dell’attacco: tutti e tre i carri armati persi, centinaia di pony morti e gran parte di quelli rimasti avevano subito ferite più o meno gravi.

Gli ultimi due giorni erano stati terribili in quanto a sangue sparso. E tutto questo sacrificio era servito a salvare solo una delle amiche di Twilight.

Non riuscivo a dar torto all’ufficiale di Terra.

«Se foste stati un’unità al mio comando, vi avrei mandati alla corte marziale, dannazione!» continuò a sfogarsi lo stallone, sbuffando rabbiosamente. «E io l’avevo pure detto che era una follia!»

«Abbiamo comunque recuperato il Colonnello Fluttershy.» cercò di scusarsi Lyra, visibilmente dispiaciuta. «Potrebbe …»

«Quel Colonnello non vale un cazzo!» urlò Mount Gomery, con una vena sul volto che sembrava sul punto di scoppiargli. «Avevamo bisogno della regina per avere una minima possibilità di farcela! Credi davvero che Rarity ci farà tornare liberi con un ostaggio come lei? Non gliene frega un cazzo dei suoi sottoposti, figuriamoci degli alleati sacrificabili!»

«Non c’è bisogno di alterarsi così.» disse Lyra, con voce ferma. «La situazione è problematica, ma non impossibile da risolvere.»

Lo stallone bianco sembrò iniziare a schiumare dalla bocca.

«Dillo ai soldati che si sono sacrificati per voi! E a quelli rimasti che ora si trovano nel cuore del territorio nemico e che da un momento all’altro potrebbero venire massacrati, con poche ore di sonno alle spalle! Porca puttana, abbiamo anche dei civili tra di noi! Dei puledri!» sputò. «Unicorni del …»

«Vi ricordo che avete offerto a Twilight Sparkle qualunque tipo di aiuto per ripagare il debito.» lo bloccò Lyra, lanciandogli uno sguardo inflessibile. «Queste erano state le vostre esatte parole. Ma se fosse stato per lei non vi avrebbe mai coinvolti in questa impresa. Tutto ciò è stato una mia idea. Quindi le responsabilità sono solo mie. Ma mio è anche il dovere di tirarvi fuori da questo pasticcio.»

L’ufficiale Terrestre la fissò, cercando di mantenere lo sguardo severo su di lei. Con poco successo, notai.

«Lascia perdere, unicorno. Se il tuo prossimo piano è come questo, tanto vale piazzarci di fronte a un plotone d’esecuzione di nostra spontanea volontà.»

«La mia intenzione è proprio quella di lasciarvi. Siete dei soldati molto capaci, l’ho constatato di persona. E lei, Mount Gomery, è riuscito dove persino molti generali avrebbero fallito. Tenere vive metà delle forze esigue che aveva a disposizione per più di mezz’ora ad un assalto frontale a Maresailles è davvero encomiabile. Sono certa che, con le giuste condizioni, potreste sopravvivere per settimane in territorio nemico. E io vi aiuterò a trovare queste condizioni.»

«E come posso fidarmi di te? Di una che, a quanto ho sentito, fino a pochi mesi fa stava in quel palazzo al servizio di quelli che stiamo combattendo?»

Lyra alzò le sopracciglia. «Se mi credete una traditrice allora sparatemi.»

Il fucile dello stallone stava tremando. «Ammetto che ne sarei tentato. In accademia si diceva sempre “Più un unicorno è morto, meglio è”.»

Stavo per attivare il corno e prendere la pistola dalla fondina per puntargliela contro, ma Lyra intervenne prima che potessi farlo.

«Facciamo così allora.» rispose con una tranquillità disarmante. «Io e i miei amici ce ne andremo. Domani stesso. Non ci rivedrete mai più. Vi darò alcune indicazioni su posti nelle vicinanze dove nascondersi, come foreste, colline con caverne, eccetera. Vi dirò anche come interrogare i prigionieri che abbiamo preso l’altra notte per farvi dare altre notizie simili. Sono sicura che ci sarà qualche villaggio che non simpatizza con la Regina e che potrà darvi supporto. Se non vi fidate di me, potrete ignorare i miei suggerimenti e fare come meglio credete. Siete comunque molto abile, e sono certa che potrete cavarvela anche da soli. Vi sta bene?»

L’ufficiale la fissò, cercando di capire dove stava cercando di ingannarlo. Ma alla fine cedette e le alzò uno zoccolo.

«Mi sta bene.»

Lyra glielo strinse per suggellare il patto.

Lo stallone lasciò la stretta e fece per andarsene, ma all’ultimo momento si girò e le lanciò un’ultima frecciata.

«Se dovessimo morire di nuovo per causa vostra, spero che facciate una fine mille volte più dolorosa.»

 

«Stai bene?» mi domandò Lyra, mentre avanzavamo nell’intrico di tende dell’accampamento di fortuna in una piccola valle nascosta non lontano da Maresailles. Era ormai buio pesto, e le poche luci ci permettevano a malapena di guardare dove stavamo andando. A ciò si aggiungeva la pioggia che ci marciava il pelo, l’odore continuo di sangue e cadaveri, i lamenti e le urla dei feriti, il fango che sporcava zampe, petto e addome, la recente perdita di Trixie e le condizioni critiche di Twilight.

Ovvio che stavo bene.

«Sì.» mentii spudoratamente, alla faccia del fatto che fossi “l’imponyficazione dei sei elementi”, compreso quello dell’onestà. «Sto bene.»

«Non c’è bisogno di nascondermi i tuoi sentimenti.» disse Lyra. «E’ ciò che provo anch’io. Conosco Trixie da molto più tempo di te. Di persona, intendo.»

Si riferiva al fatto che io la conoscevo da due anni grazie ad un cartone animato. Mi ero quasi dimenticata che Daniel le aveva raccontato della nostra vera identità.

«Quando hai a che fare con la morte, non si può far altro che accettarla. La tristezza è un fatto fisiologico, non si può ignorare, però passa. Ma alla morte non si può rimediare.»

Mi voltai incuriosita verso di lei. Stava facendo un discorso incredibilmente serio per una come lei, e mi chiesi se me lo stavo immaginando.

Lyra continuò, senza preoccuparsi delle mie occhiate.

«Se a una cosa non si può rimediare è inutile preoccuparsene. In fondo la morte è solo un passaggio per un’altra esistenza. Non è nient’altro che la nascita, ma al contrario. Alla nascita le nostre essenze vengono attratte da luoghi sconosciuti per venire ad abitare qui, e la nostra esperienza su questo mondo dura fino a quando il corpo regge. A quel punto ce ne torniamo da dove siamo venuti, pronti per … qualcos’altro.»

In poche parole aveva riassunto un concetto complicatissimo, e di cui avevo già sentito parlare. La mia carriera da scrittrice fantasy mi aveva portato a interessarmi anche a questioni esoteriche come il rapporto anima-corpo, una questione che la scienza relegava a “superstizione” ma che era troppo complessa per essere ignorata del tutto.

Mi stupiva però sentire una spiegazione del genere provenire da una bocca pony.

Da quella bocca pony, oltretutto.

Dovetti convenire che non c’era pony in quel mondo che non fosse cambiato. Chi in peggio, chi in meglio.

Lyra scosse la testa. «Scusami, forse sto parlando di cose troppo difficili da capire.»

«No, affatto.» la rassicurai. «E mi fa piacere sentirne parlare. Dà un certo conforto.»

«Conforto?» disse lei, alzando un sopracciglio. «Da come lo dici sembri non crederci.»

«Non ho la saggezza necessaria per dire se tutto ciò è vero o no. Tu, piuttosto … Ci credi?»

«Molti studiosi magici hanno teorizzato, con prove molto convincenti, che l’essenza pony esiste. Alcuni dicono persino che sia essa a rendere le nostre razze “magiche”, ma dimostrare la prima teoria e soprattutto la seconda è molto più difficile di quanto sembri. Per quanto mi riguarda, trovo stupido pensare che, una volta morti, tutte le nostre esperienze e ricordi vadano semplicemente perse … basta pensare al principio di Ponysier “Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma” per capirlo. Se la materia non viene mai creata né distrutta, perché lo devono essere le nostre esperienze e ricordi?»

Già … non ci avevo mai pensato. Chissà se ciò valeva anche per gli esseri umani.

«Ma basta parlare di queste cose.» terminò Lyra. «Abbiamo altro a cui pensare al momento.»

 

Ci avvicinammo alla tenda dove si trovavano Redflame, Applejack, Rainbow Dash e Pinkie Pie. Li avevamo lasciati a guardia di Fluttershy, Twilight e dei nostri amici della spedizione, per evitare che si potessero svegliare e fare qualche follia.

Chissà come stava Twilight … aveva preso molto male la morte di Trixie. Secondo Lyra ci sarebbe voluto un po’ prima che si svegliasse. Aveva cercato di superare uno dei grandi limiti della magia, e ciò le aveva fatto spendere più energie di quelle che possedeva. Sempre secondo Lyra poteva ritenersi fortunata di non essere morta a sua volta.

Poco prima di attraversare il lembo della tenda, sentii delle urla dall’interno.

«Oh no!» esclamò Lyra, accorrendo all’interno.

Quando entrai a mia volta, fui accolta da una scena molto strana. Quasi comica se non avessi capito subito le motivazioni.

Pinkie Pie stava combattendo con i suoi zoccoli contro Applejack, mentre Redflame e Rainbow Dash cercavano inutilmente di intervenire.

«Che diavolo stai facendo, Pinkie? Non ti rendi conto che sei stata…?»

La pony rosa sembrava in trance, colta da una furia cieca. Diede un forte calcio a una delle zampe posteriori di Applejack, facendole lanciare un urlo di dolore. Il pony arancione imprecò.

«Adesso basta!» esclamò Rainbow Dash, lanciandosi in volo contro di lei e bloccandola a terra.

«Che succede?» chiesi.

Lyra guardò verso la branda dove era posata Fluttershy, legata in modo che non potesse muoversi. Ma il cappuccio che le avevamo messo per coprirle la testa e impedirle di usare lo Sguardo era a terra.

«Chi gliel’ha tolto?»

Redflame rispose a Lyra puntando lo zoccolo su Pinkie Pie, che lottava per divincolarsi dalla presa di Rainbow Dash.

Fluttershy intanto girava la testa, cercando un’altra vittima «Lasciatemi andare, o giuro che …»

Le sue parole vennero attutite dal cappuccio avvolto da un alone giallo. Lyra poi lanciò un raggio che andò a colpire Pinkie Pie, la quale smise immediatamente di divincolarsi.

«Oh?» esclamò lei, come se si fosse svegliata all’improvviso. «Oh … cavolo …»

«Sei proprio stupida, Pinkie!» la rimproverò Rainbow Dash senza lasciarla andare. «Ti sei fatta prendere per il naso!»

«Ma non sembrava respirare più!» si lamentò lei. «Gliel’ho tolto per salvarle la vita»

«Stava fingendo! E’ più astuta di una volpe!»

Lyra sospirò. «Credo sia il caso di fare quella cosa.» disse, rivolgendosi a me.

Capii subito cosa intendeva.

«E questi altri?» domandò Redflame mentre controllava la zampa di Applejack, riferendosi ai nostri compagni di spedizione. «E Twilight?».

«Stiamo parlando di una pegaso in grado di usare lo Sguardo per farci fare quello che vuole.» spiegò Lyra. «Lei ha la priorità.»

Pinkie Pie si fece aiutare da Rainbow Dash a tornare sulle sue zampe e andò subito da Applejack. Si attaccò a lei come una piovra.

«Scusa-scusa-scusa-scusa-scusa-scusa-scusa-scusa-scusa-scusa …»

«Ho capito, dannazione!» urlò Applejack, digrignando i denti per una fitta di dolore alla zampa. «Non eri in te, non c’è bisogno di scusarsi.»

Pinkie Pie smise di scusarsi, ma continuò a tenerla salda nel suo abbraccio fissandola con un’aria da cane bastonato.

Applejack la guardò seriamente per un po’, poi scoppiò in una risatina, mentre Lyra controllava con il corno la salute della zampa.

«Sai proprio come farti perdonare, vero?» le disse, abbracciandola con le zampe sane.

Pinkie Pie parlò con voce rotta dall’emozione. «Quando … quando tutto questo finirà … giuro che organizzerò una festa … e la farò durare come minimo una settimana …»

«Un mese, non di meno.» si accodò Applejack, ridendo.

«Se sono come le feste che ricordo, dubito che avremo le forze per durare più di due giorni.» scherzò Rainbow Dash, risistemandosi il manto e la criniera e sgranchendosi le zampe che scricchiolarono rumorosamente. «Non siamo più ventenni, sai?»

«Combatti come mille pegasi e non reggi un paio di giorni di festa? Bah!» replicò Redflame.

«Si vede che non hai mai partecipato a una festa di Pinkie!» rispose in sua difesa Applejack. «Quelle si che ti fanno tornare a casa distrutta!»

Delle urla soffocate interruppero la pony dalla chioma gialla. Fluttershy cercava di divincolarsi e di togliersi il cappuccio con i denti, ma era stato legato alla base per impedirle di farlo.

«E-Ehm.» tossì Lyra, avvicinandosi a me. «Rachel, meglio che ti sbrighi.»

Annuii. Mi faceva male guardarla in quello stato, anche se era la Fluttershy corrotta.

Prima tornava normale, meglio era per tutti.

Inspirai e iniziai a concentrarmi. Il potere che mi era stato affidato rispose subito, e venne caricato nel corno, creando diversi strati luminosi, ogni colore rappresentante un elemento. Il raggio che partì dal corno questa volta fu rosa.

La pegaso, colpita dalla magia di purificazione, continuò a divincolarsi, ma questa volta per una motivazione diversa. Sembrava soffrire come se fosse stata sotto tortura, e tra i lamenti le scapparono anche alcune grida che per poco non mi fecero perdere la concentrazione.

Convincendomi che era per il suo bene continuai, notando che impiegavo più tempo del previsto. Strinsi i denti, mi tenni salda sugli zoccoli, e pensai solo a convogliare l’energia necessaria, ignorando qualsiasi rumore o altra distrazione.

Alla fine i colori tornarono normali anche sul suo Elemento. Mi dovetti sedere per riprendere fiato. Malgrado la difficoltà di questa purificazione, non mi sentivo minimamente stanca come la prima volta con l’Elemento di Twilight.

Applejack, Pinkie e Rainbow si avvicinarono alla loro amica Fluttershy, che ora stava tremando come una foglia, gemendo.

«Liberiamola.» suggerì Dash. «Lentamente.»

Dopo essersi messe attorno alla sua branda le tolsero una dopo l’altra le corde che la tenevano ferma, e solo per ultimo il cappuccio. Redflame teneva il suo fucile pronto a sparare per qualunque caso, mentre Lyra osservava la scena tranquillamente.

Il volto della pegaso paglierina era una maschera di lacrime. Continuava a singhiozzare e teneva gli occhi chiusi, ma ciò non le impediva di continuare a piangere.

Redflame sembrava inquieto «Ho un brutto prese …»

«Fluttershy …» sussurrò gentilmente Pinkie Pie posandole uno zoccolo sulla spalla, interrompendo lo stallone. «Siamo noi … le tue amiche …»

Fluttershy aprì finalmente gli occhi, anche se a fatica. La fissò, continuando a tremare, ricevendo in cambio dall’amica un grande sorriso.

La pegaso scoppiò rumorosamente a piangere e, senza alcun preavviso, scattò in volo verso l’entrata della tenda, superando Applejack senza darle tempo di bloccarla.

«Dashie!» esclamò Pinkie Pie, galoppando inutilmente per raggiungerla.

La pegaso dalla chioma multicolore capì subito e scattò a sua volta verso l’esterno, molto più rapida della pony rosa.

Preoccupata per il gesto inaspettato di Fluttershy, uscii dalla tenda per vedere dove stava andando, seguita da tutte le altre.

Non c’erano parole per descrivere la scena penosa che vidi.

La pegaso si era scagliata contro alcuni pony armati di ronda, buttandosi letteralmente ai loro zoccoli, trascinandosi nel fango pur di attirare la loro attenzione, mentre urlava «Sparatemi! Sparateeemiii!».

Rainbow Dash la raggiunse e la tirò via, mentre i tre pony della ronda fissavano le due pegaso increduli e confusi.

«No! Lasciami!» esclamò isterica Fluttershy, piangendo a dirotto, mischiando lacrime e pioggia. «Voglio morire! Voglio morihihireee!»

«Non dire scemenze!» le rispose Rainbow Dash. «Tu non …»

La pegaso paglierina, non si sa come, tirò fuori una tale forza da riuscire a divincolarsi dalla presa della sua amica. Si scagliò verso uno degli angoli cucina dove fino a poco prima uno dei pony aveva preparato qualcosa da mangiare per i sopravvissuti. Prima che gli zoccoli di Dash potessero fermarla, Fluttershy prese uno dei lunghi coltelli e con un colpo deciso se lo piantò al petto.

Provai una fitta al cuore, acutissima, come se la ferita l’avessi subita io.

Mio dio …

«Noo!» urlarono terrorizzate Applejack e Pinkie Pie, galoppando verso di lei.

«Questa non ci voleva.» disse Lyra prima di seguirle. Di fronte alla tenda restammo solo io e Redflame, lanciandoci occhiate preoccupate mentre osservavamo il corpo immobile della pegaso, mentre il sangue che usciva copioso dalla ferita veniva lavato dalla pioggia.

 

Lyra prese Fluttershy con la telecinesi e la portò rapidamente dentro la tenda, seguita a ruota dalle sue amiche che piangevano sussurrando tra loro.

«Dovevamo tenerla legata.» diceva Applejack.

«Dovevo essere più rapida e forte.» si lamentava Rainbow Dash.

«Non sono riuscita a tirarla su di morale.» singhiozzava Pinkie Pie.

L’unicorno ciano chiaro la ripulì con uno straccio magico da pioggia e fango con pochi passaggi rapidi e la posò sulla branda di prima.

Mi sentivo male solo a guardarla: la ferita al petto era profonda e continuava a perdere sangue. Dalla sua posizione sembrava aver preso il cuore. La pegaso si muoveva e respirava a malapena, ed ebbi l’impressione che, malgrado la sua condizione, stesse ancora piangendo e muovendo le labbra.

Per cominciare Lyra lanciò una magia alla testa della pegaso. La bocca smise di muoversi. Ora dormiva, anche se il respiro non era per nulla normale.

Lyra si concentrò e con un raggio colpì il suo petto. Il sangue pian piano iniziò ad uscire più lentamente, fin quando non si arrestò del tutto. A quel punto si avvicinò e portando il corno molto vicino al suo corpo usò un altro incantesimo. Sia attorno alla ferita che attorno al corno si stavano creando molti aloni luminosi.

Era davvero grave come sembrava.

«Ora, per favore, ho bisogno di assoluto silenzio.» disse Lyra.

Le sue amiche ubbidirono e si allontanarono, tenendosi abbracciate per darsi forza.

L’attesa fu snervante e dolorosa. Anche se sapevo che era in buoni zoccoli, non riuscivo a togliermi la sensazione che l’avremmo persa.

Persino Redflame, che era difficile da smuovere emotivamente, era nervoso.

«No … no …» mormorava appena Lyra. «Devi pompare, non restare fermo …»

Stavo cominciando ad ansimare mentre fissavo il sudore sulla fronte di Lyra. O era la pioggia di prima?

“Ti prego … ti prego … non morire … non morire …” pregai, strisciando gli zoccoli l’uno contro l’altro.

Lyra fece un profondo sospiro. «Ora va meglio … continua così …»

Fluttershy stava iniziando a muoversi di più, e il respiro a divenire più regolare.

“Sì! Continua così!”

Dopo circa cinque minuti di spasmodica attesa la ferita fu rimarginata quasi del tutto e il corno di Lyra si spense.

L’unicorno ciano chiaro si sgranchì il collo e si voltò verso di noi. «E’ salva.»

Le tre amiche urlarono di gioia e si avventarono su Lyra, abbracciandola e ringraziandola a più riprese.

«Non … c’è … bisogno … di …»

«E invece dobbiamo!» esclamò Pinkie Pie. «Senza di te, dove saremmo ora?»

Mentre osservavo quello spettacolo così … particolare, Redflame mi toccò con uno zoccolo. «Aiutami a legarla.»

«Sì, buona idea.» dissi, avvicinandomi a lei.

Lyra, malgrado fosse attorniata dai corpi di tre pony, riuscì a vedere cosa stavamo facendo e annuì, condividendo la nostra idea.

Non potevamo rischiare che, al suo risveglio, potesse nuovamente farsi del male.

 

«Non so proprio come ringraziarti, Lyra.» disse Applejack, pulendosi il volto con uno zoccolo.

«Quando tutto questo sarà finito, sarai l’invitata speciale alla mia festa!» propose Pinkie Pie, alzando uno zoccolo verso l’alto in posa vittoriosa.

«Ve lo ripeto.» disse lei per l’ennesima volta. «Avreste fatto lo stesso al mio posto.»

«Ma noi non siamo unicorni!» disse Rainbow Dash. «Solo Twilight poteva fare un incantesimo del genere.»

Già … mi resi conto che, sebbene conoscessi qualche incantesimo, non ero di certo in grado di guarire una ferita come quella.

«E non siamo nemmeno chirurghi!» continuò Pinkie Pie. «Twilight aveva subito una ferita meno grave di quella, però si è salvata per poco malgrado fosse sotto gli zoccoli dei migliori medici di Terra!»

«Senza di te … non voglio neanche pensarci.» disse Applejack, strisciando gli zoccoli a terra.

«Non ci pensiamo più allora.» chiuse la faccenda Lyra, bevendo un sorso d’acqua da una bottiglia vicino. «Ci vorrà un po’ prima che si risvegli, sia per lo shock della ferita che per … per …»

Le facce di Pinkie e delle altre la interruppero. Si erano rese conto troppo tardi che di tutte loro Fluttershy, la calma, timida e gentile Fluttershy, era quella con il carattere meno adatto a sopportare un ventennio di azioni da pony corrotta. Come potevano non capire la sua reazione dopo essersi ricordata vent’anni di torturatrice e chissà cos’altro al servizio di Pegasopoli?

Forse nemmeno io avrei retto se avessi avuto una mole di ricordi del genere.

«… per la purificazione …» concluse Lyra. «Meglio tenerla ferma fino a quando non si sarà ripresa da entrambi. Purtroppo avrei voluto delle informazioni, ma dovrò ricorrere al piano B.»

«Cioè?» chiesi.

Lyra si alzò e andò verso le brande dove si trovavano Scrolley, Big Wing e Little Bolt. Anche loro erano legati, visto che erano ancora sotto l’influenza della magia di Rarity.

«Con un po’ di fortuna, sapranno qualcosa.» disse, lanciando la magia che Twilight aveva usato giorni prima per riportare alla normalità Trixie.

Con tre raggi, scagliati uno alla volta, riportò le loro menti alla normalità nel giro di pochi minuti.

I tre si risvegliarono lentamente, guardandosi in giro confusi.

«Ho per caso … sognato?» domandò per prima Little Bolt, quando riconobbe il mio viso e quello di Lyra.

«Non credo … nei sogni non ci si fa così male.» rispose Big Wing, riferendosi alla ferita all’ala durante il combattimento nella sala del trono.

«Quella stramaledetta!» sbraitò Scrolley, divincolandosi inutilmente. «Eravamo a un passo da casa e …»

«Calmati, per favore.» disse Lyra, mentre gli sguardi dei pegasi caddero su Rainbow Dash.

«E lei che ci fa qui?» dissero quasi all’unisono, spaventati.

«E’ dalla nostra parte, così come Applejack e Pinkie Pie.» spiegai loro.

Scrolley aggrottò le sopraciglia, assumendo un’aria comica. «Eh-Ehm … Un minimo di contesto sarebbe utile.»

Lyra, mentre li slegava, spiegò rapidamente tutto ciò che era successo in quei giorni senza entrare troppo nei dettagli. Quando comunicò loro della morte di Trixie, le reazioni furono unanimi.

«Povera Trixie.» disse Little Bolt. «Mi dispiace di essermi comportato in quel modo senza essermi scusato.»

«Facile essere dispiaciuti con i morti.» commentò Scrolley. «Però … anche a me dispiace. Era davvero una brava pony. Pensate che all’università alcuni professori stavano iniziando a ponderare l’idea di darle una laurea honoris causa. Quando tornerò a Ponycity chiederò di dargliela post-mortem.»

«Bella consolazione.» commentò Big Wing.

«In effetti …» gli diede corda Redflame.

«Almeno cerco di onorarla in qualche modo, io!» sbottò Scrolley. Ma si calmò subito. Non era il momento ideale per litigare.

«Avrete modo di onorarla domani.» disse Lyra. «Pensavamo di seppellirla qui da qualche parte prima di partire.»

«Partire per dove?» domandò Scrolley.

«La risposta speravo poteste darcela voi. Avete idea di dove si trova Rarity?»

I tre si lanciarono molte occhiate, ma non venne fuori nulla.

«No.» disse Big Wing. «Abbiamo solo avuto l’ordine di proteggere Fluttershy ad ogni costo. E ho come la sensazione che Rarity ci abbia voluto sacrificare per qualche motivo.»

«Come immaginavo.» sibilò Rainbow Dash, incrociando gli zoccoli. «Quella è capace di tenere le fila di tre complotti mentre discute di alta moda!»

Lyra si guardò attorno, pensierosa. «Allora ci tocca aspettare che Fluttershy si risvegli e torni in sé. Speriamo che non ci metta molto.»

«Che facciamo nel mentre?» domandò Applejack.

«Io propongo di andare a dormire.» disse Pinkie Pie, sbadigliando sonoramente. «Abbiamo già poche ore di sonno alle spalle, e dobbiamo essere pronti a qualunque cosa nei prossimi giorni. Non so perché, ma sento che Rarity sta complottando qualcosa di davvero grosso.»

«Ahia.» commentò Rainbow Dash. «Detto da te è poco rassicurante.»

«Sono d’accordo.» disse Lyra. «Domattina daremo l’ultimo addio a Trixie e ce ne andremo. Se Fluttershy non sarà sveglia per allora, useremo come ultima risorsa la magia di Rachel per trovare Rarity.»

Mi voltai verso Twilight, svenuta e accucciata in un angolo.

«Speriamo che ce la faccia a svegliarsi per allora.» dissi, più a me che agli altri.

 

Ponyville … da quanto tempo non la vedevo. Era il primo pomeriggio, e c’erano solo poche nuvole in cielo. Il sole scaldava con i suoi tiepidi raggi e i pony per le strade trottavano spensierati tra una casa e l’altra salutando con il sorriso sulle labbra quelli che incrociavano. Mentre avanzavo senza una meta particolare cercavo di godermi ogni singolo istante di quel momento pacifico. Ne avevo davvero bisogno. Anche se non riuscivo a ricordare per quale motivo.

A un certo punto passai per caso vicino alla piazza del municipio, affollata di pony. Incuriosita da quella particolarità, mi avvicinai. Mi aspettavo di vedere il sindaco in uno dei suoi discorsi, e invece vidi la folla che attorniava uno strano carro.

«Avvicinatevi, prego, avvicinatevi!» declamò una voce di giumenta. «Venite a vedere l’incredibile potere magico della Grande, della Potente TRIXIE

A quel punto il carro si aprì come una scatola, rivelando al suo interno un palco in legno con decorazioni simili a quelle usate nei circhi e con delle tende blu come sfondo. Proprio dal palco, da una nuvola apparsa magicamente al centro, spuntò un unicorno azzurro con un cappello da strega e un mantello viola rivestito di stelle. Sfoderò un sorriso degno delle migliori attrici, ottenendo dagli spettatori un coro di ammirazione. «Osservate con meraviglia la Grande e la Potente Trixie che sta per presentarvi la serie più incredibile di incantesimi che occhio di pony abbia mai ammirato!»

Alzò le zampe anteriori verso l’alto, e in quel momento dal palco partirono decine di fuochi d’artificio così luminosi che sembrarono surclassare il sole.

Quelle parole furono seguite da numerose acclamazioni di nomi altisonanti che rivelavano trucchi che ero in grado di fare da puledra, come far apparire un mazzo di fiori dal nulla. L’intera folla applaudiva e la incitava ad ogni numero.

Scossi la testa, più divertita che indignata per le arie che si dava.

A un certo punto l’unicorno s’interruppe nel bel mezzo di un incantesimo di colorazione dell’acqua, guardando nella mia direzione.

«Bene, guarda guarda. Qualcuno ha voglia di obiettare o sbaglio?» disse, con aria di sufficienza. «Chi può essere talmente sciocco da osare sfidare le capacità magiche della Grande e della Potente Trixie? Non ti rendi conto di essere al cospetto dell’unicorno più magico di tutta Equestria?»

Gli occhi dell’intera folla erano su di me, in attesa della mia risposta.

«Ma io …»

«Ti sfido, chiunque tu sia.» disse la maga puntandomi lo zoccolo. «Qualunque cosa tu sappia fare, io la so fare meglio!»

Deglutii.

«Ma …»

«Sfida! Sfida! Sfida! Sfida! Sfida!» urlò la folla, incitandomi a partecipare.

«C’è qualcosa che sai fare meglio della Grande e Potente Trixie?» mi punzecchiò l’unicorno, guardandomi con aria maliziosa «Oppure la tua è solo arroganza? O codardia?»

«Sfida! Sfida! Sfida! Sfida! Sfida!» continuava ad urlare la folla.

«E va bene!» scattai, usando il teletrasporto per arrivare dritta sul palco.

Alla folla mancò il fiato quando usai l’incantesimo, e battè gli zoccoli a terra per incoraggiarmi.

Trixie ci mise qualche istante a realizzare dove fossi, e quando mi vide, sbuffò. «Un trucchetto banale, davvero banale …»

Si teletrasportò, e subito dopo sentii uno zoccolo toccarmi la schiena.

Mi voltai per ritrovarmela alle spalle.

«… che qualunque unicorno che si degni di tale nome sa fare.» disse, guardandosi uno zoccolo con aria annoiata.

«Senti, non mi voglio mettere in mostra. Ero venuta solo per curiosità. Posso andarmene per …?»

«Oh, no … hai raccolto la sfida.» disse lei, con un ghigno.

Si teletrasportò e tornò al centro del palco.

Mi girai di nuovo giusto in tempo per vederle caricare un incantesimo. Si crearono diversi strati attorno al corno, attraversati da scariche elettriche.

Non era un semplice trucco.

«E ora scoprirai che la Grande e Potente Trixie è migliore di te!»

Reagii appena in tempo, bloccando il suo fulmine con il Raggio Arcano Concentrato … a malapena.

Il confronto tra le due magie sprizzava continue scintille, e il palco in legno iniziò a prendere fuoco. Malgrado questo la folla non se ne preoccupava e continuava a incitare chi me, chi Trixie con crescente entusiasmo.

Ma che stava prendendo agli abitanti di Ponyville? Non lo sapevano che se uno dei due incantesimi avesse prevalso, una di noi sarebbe morta?

La folgore serpentiforme di Trixie stava facendo arretrare il mio raggio viola centimetro dopo centimetro, e il rumore elettrico si stava avvicinando sempre di più. Digrignai i denti e riuscii a rallentare la sua avanzata, fermandola del tutto quando ormai era a poco più di uno zoccolo di distanza dal mio corno. Ma sentivo che l’unicorno azzurro stava incanalando sempre più energie nel suo incantesimo, e io, per qualche strano motivo, mi sentivo sempre più debole.

«Non … voglio … morire!» dissi, respirando a malapena.

Il mio incantesimo, come se avesse sentito il mio desiderio, raddoppiò d’intensità e recuperò nel raggio di pochi secondi la distanza persa.

«Ma cosa?» esclamò la maga. «Non …»

Venne interrotta dal Raggio Arcano che, spezzato il fulmine da lei lanciato, la raggiunse al petto, forandolo come carta. Il corpo dell’unicorno cadde a terra, senza vita, di fronte alle espressioni esterrefatte del pubblico.

Il sangue nelle vene mi si raggelò. Restai con la bocca aperta a guardare ciò che avevo appena fatto, mentre il palco stava prendendo lentamente fuoco. Delle lacrime stavano sgorgando dai miei occhi, senza alcun controllo.

Il sangue scorreva copioso dalla grossa ferita di Trixie, scivolando giù nella piazza. Gli astanti più vicini arretrarono nel guardarlo, atterriti.

«Assassina!» urlò uno di loro, seguito da altre urla e imprecazioni.

Non riuscivo a muovermi … nè a credere a ciò che era appena successo.

Il sole si nascose dietro a delle nuvole nere, e l’intera Ponyville cadde nelle tenebre.

«Assassina!» continuavano a urlarmi contro. «A morte!»

Quella che era stata fino a quel momento una giornata pacifica e normale, si stava trasformando rapidamente in un incubo.

Ero talmente scioccata che non mi resi conto delle fiamme che circondarono il mio corpo, dando fuoco al pelo del manto.

Un dolore indescrivibile mi pervase, sia fisico che psicologico. Fitte, contusioni, urla e pianti mi circondarono e penetrarono, in una cacofonia di sofferenza e disperazione.

Vidi in rapida successione il cadavere di Shining Armor, sanguinante in mezzo ad una folla inferocita armata di pali e forconi che lo calpestavano; quello di Spike, perforato da raggi magici di ogni sorta; quello di Cadence, un ammasso informe di carne e pelo dilaniato dai cristalli; e quello di Trixie, sfibrato e distrutto da un duello magico all’ultimo sangue.

Mentre continuavano a essermi mostrate queste morti, mi sembrò di notare con la coda dell’occhio una grande nuvola nera, indistinta e in continua mutazione.

Dal centro di quell’ammasso si formarono un paio di occhi bianchi senza pupille e una bocca dai denti affilati come rasoi.

«Tu … sei … la … prossima …»

La nuvola mi si scagliò contro, e l’ultima immagine che mi si piantò nel cervello fu il mio cadavere annerito dalle fiamme.

I polmoni si rifiutarono di far entrare altra aria. Il cuore si fermò.

 

«Aaaaaaaah!»

Mi alzai, scaraventandomi in avanti mentre cercavo disperatamente di respirare.

Dovevo! Correre! Scappare! Mi stava! Seguendo!

«Twilight, calmati!» esclamò una voce familiare. «Hai avuto solo un brutto incubo!»

«No … no … io …»

«Calmati.» ne disse un’altra, seguita dal tocco gentile di uno zoccolo sulla mia spalla. Mi ci volle qualche istante al buio rischiarato dalla luce del suo corno, ma riconobbi il viso di Lyra. «Sei al sicuro.»

«Io … io …»

Sentivo il corpo totalmente ricoperto di sudore. Avevo un caldo terribile, la gola riarsa. Solo quando avevo viaggiato nel Tartaro avevo sentito un caldo del genere. Mi sarei bevuta un lago.

Deglutii, sperando inutilmente di togliermi quella sensazione spiacevole.

Iniziai a piangere.

Mi sentii abbracciare. Vidi gli zoccoli verdi di Rachel attorno al mio corpo.

«Sei al sicuro.» mi ripetè lei, con voce gentile.

Mentre continuavo a singhiozzare, attorno a me, al limite dell’alone di luce creato da Lyra, rividi altri visi familiari, per metà assonnati e per metà preoccupati.

Rainbow Dash, Pinkie Pie, Applejack, Redflame e i tre amici di Rachel e Lyra della spedizione.

Qualcosa non mi quadrava, ma ero ancora troppo scioccata per riflettere.

Tirai su con il naso e mi asciugai le lacrime. «C’è … dell’acqua?»

Rachel si tolse dall’abbraccio e con la telecinesi mi avvicinò una bottiglia mezza piena. Ne bevvi avidamente il contenuto nel giro di pochi istanti.

Con la sensazione piacevolissima tipica dei pony dissetati dopo aver viaggiato nel deserto per settimane, chiesi «Dove siamo?»

«Vicino a Maresailles.» le disse Lyra. «In una valle nascosta. Ma domani andremo via.»

«Per dove?»

«Spero che Fluttershy ce lo possa dire quando si sveglierà.»

«E’ già stata purificata.» si affrettò a spiegarmi Rachel.

Lyra annuì. «Dobbiamo scoprire dove si trova Rarity.»

Mi ritornò vagamente in mente la nostra impresa al palazzo reale, ma molti tasselli ancora faticavano a trovare il loro posto.

«E voi?» dissi, guardando i membri della spedizione, ricordandomi in quel momento che li avevamo combattuti nella sala del trono. «Non eravate …?»

«Li ho già curati.» rispose per loro Lyra.

I due pegasi si passarono uno zoccolo tra la criniera, visibilmente imbarazzati. L’unicorno invece si limitò ad arrossire.

«Ci dispiace.» disse quest’ultima, con tono mite.

«Non eravate in voi.» le risposi automaticamente, senza pensarci. Mi guardai attorno, cercando di calmarmi e di fare mente locale. «Mi spiace di avervi svegliato nel cuore della notte.»

«In realtà dovrebbero mancare al massimo un paio d’ore all’alba.» disse Redflame, dando un’occhiata fuori dalla tenda, lamentandosi subito dopo della pioggia che entrò dentro.

Big Wing fece un rumoroso sbadiglio. «Io me ne torno a dormire.»

Il fratello lo seguì.

«Sì, meglio.» disse Applejack. «Abbiamo una pony da salutare per l’ultima volta, e lo voglio fare in piena forma.»

Il mio cuore ebbe un tonfo. Ricordai anche l’ultimo particolare dell’attacco a Maresailles.

«Ti riferisci a …»

Applejack si portò uno zoccolo alla bocca, capendo di aver detto troppo.

Lyra annuì. «Sì. Daremo l’ultimo addio a Trixie.»

 

Vicinanze di Maresailles: prima mattina del 19° giorno dall’inizio della Terza Grande Guerra

La mattinata era uguale alla sera precedente: buia, umida e piovosa. Scavare con la pala magica era quasi come mettere un cucchiaio nel budino tanto la terra era fangosa.

Aiutata in quello sforzo da Applejack, Rainbow Dash, Redflame e Pinkie Pie, riuscimmo in poco tempo a scavare una buca abbastanza grande.

Mi guardai attorno. Ci trovavamo su uno dei lati della valle in cui avevamo riposato, a circa un chilometro di distanza dal campo degli ex-prigionieri, vicini a una grossa quercia.

Era davvero il posto giusto per Trixie? Avrei tanto voluto seppellirla a Ponycity, o a Hoofington dove aveva conosciuto il suo unico grande amore. Quel posto era così … anonimo …

«C’è qualche problema, Twilight?» chiese Lyra, avvicinandosi a me.

Sospirai.

«Vorrei solo … renderle onore nel modo giusto.»

«Non era il tipo di pony che amava le cerimonie …» mi rassicurò l’unicorno «… non più almeno. Non ha mai avuto una casa. Aveva sempre vissuto da “nomade”, non restando mai nello stesso posto per più di qualche anno. Mi aveva confidato che si sarebbe ritenuta fortunata se qualcuno l’avesse degnata di un funerale.»

Lyra sospirò a sua volta. «Sono certa che se potesse parlarci adesso sarebbe contenta.»

Presi per buone le sue parole e mi avvicinai al corpo di Trixie. Sembrava così serena una volta pulita dalle ferite e messa con le zampe conserte. Aveva mantenuto l’espressione felice con cui aveva esalato l’ultimo respiro.

«Rachel … vuoi … per favore … aiu … aiut …»

Deglutii. Non riuscivo a parlare. Stavo per avere un’altra crisi di pianto.

Pinkie Pie, come sempre, fu rapida ad avvicinarsi e ad abbracciarmi. Scaricai sulle sue spalle le nuove lacrime che mi erano sorte, e la pony rosa mi strinse forte per darmi coraggio.

Nessuno osò dire niente durante il mio sfogo.

Tranne Applejack.

«Te la senti?» mi disse, avvicinandosi.

Inspirai, cercando di ricompormi. Annuii.

«Glielo devo.» dissi, allontanandomi gentilmente dall’abbraccio di Pinkie. Mi rivolsi di nuovo a Rachel «Aiutami, per favore.» le dissi.

Anche lei aveva un’espressione al limite del pianto, ma riuscii a contenersi e con gli zoccoli tirò su il suo corpo all’unisono con me. Non volevo usare la telecinesi. Non mi sembrava rispettoso nei suoi confronti.

Mentre spostavamo lentamente Trixie, tenendola sollevata da terra con gli zoccoli, Big Wing, Little Bolt e Scrolley osservavano la scena con il muso abbassato, tristi e mogi. Rainbow Dash, Redflame ed Applejack invece guardavano avanti, ignorando la pioggia che gli bagnava il volto, salutando la loro amica e onorandola per il suo coraggio.

Lyra invece, in disparte, mostrava un’espressione neutra, quasi inespressiva, se non per un piccolo e vago sorriso che si notava appena con la pioggia, lo stesso sorriso che le avevo visto fare quando aveva capito che per Trixie non c’era più nulla da fare. Il sorriso che si dà negli arrivederci piuttosto che negli addii.

Arrivammo finalmente sopra la fossa. Coordinandomi con Rachel la abbassai lentamente, fino a quando non toccò il fondo.

Sospirai e mi misi a guardarla là, sotto circa un metro di terra. A ben pensarci non era un posto così brutto dove riposare.

Alzando lo sguardo notai che era ben riparata dalla quercia, e con il bel tempo quella valle doveva essere incantevole e tranquilla, ben ventilata e assolata, e soprattutto lontana dal chiasso del mondo.

Sì, Lyra aveva ragione. Qui andava davvero bene.

«Aiutatemi a ricoprirla.»

Stavolta furono i tre della spedizione ad aiutarci, insieme a Lyra. Iniziammo a rimettere la terra (anzi, il fango) sopra il corpo della giumenta azzurra.

“Addio, amica mia.” le dissi mentalmente, fissandole il volto mentre veniva lentamente ricoperto. “Ti auguro ogni felicità … ovunque tu sia.”

Tornai a piangere, mio malgrado. Riempimmo la fossa senza fiatare. La pioggia battente era l’unico rumore che ci disturbava. Avevo messo in parte il cuore in pace, ma non riuscivo ancora a trattenere la tristezza per quel fato ingiusto. Così come la tristezza delle altre morti che mi pesavano ancora sull’anima, malgrado fosse passato molto più tempo.

Shining Armor … Spike … Cadence …

Trixie si aggiungeva all’elenco crescente dei miei lutti personali. Per non parlare dei lutti che mi ero imposta delle morti da me causate, volontariamente o no.

Quelle erano le uniche due liste che odiavo redigere …

«Cavolo!» esclamò Scrolley, facendomi trasalire. Si tappò subito la bocca.

«Che succede?» le chiesi, un po’ arrabbiata per l’interruzione di quel silenzio così solenne.

«Non è … il momento.» disse, tornando seria a riempire la fossa.

«No, diccelo pure.» la invogliò Lyra, lasciando a levitare per un istante la pala magica.

Scrolley mi guardò, cercando il permesso di parlare. Dato che ormai il danno era fatto, annuii.

«Bè, ecco …» iniziò, parlando comunque con voce rispettosa. «Mi sono ricordata adesso di una cosa. Durante il nostro soggiorno al palazzo di Maresailles, mi è capitato di sentire una conversazione tra Shadow Silk e Fluttershy. Ero solo di passaggio, e dato che avevo ricevuto un ordine non mi sono soffermata. Ma sono riuscita comunque a sentire due parole che potrebbero essere utili.»

«Quali?» domandò Lyra, con aria incuriosita e ansiosa.

«Rarity e Ponymünde.»

Calò il silenzio.

«Ponymünde?» esclamò Lyra a bocca aperta. Scosse la testa. «Dannazione … se si trova davvero lì, lasciando la sicurezza di Maresailles, significa che sta supervisionando qualcosa di grosso!»

«Perché?» domandai. «Cosa si trova a Ponymünde?»

Lyra mi fissò. «Il centro ricerche di Sunset Shimmer.»

 

La giumenta unicorno dalla criniera rosso-gialla era così nervosa che stava iniziando a sudare sotto il camice bianco. Ma non osava neanche muovere un muscolo di fronte all’unicorno bianco che si trovava dall’altra parte del tavolo, vestita con un abito sgargiante e lussuoso, con al fianco una guardia pegaso dalla criniera nera che la guardava continuamente come se fosse una dea.

La Regina stava controllando delle carte piene di dati e calcoli con aria assorta e sempre più soddisfatta.

«Ottimo … davvero ottimo … non è vero, Daniel?»

Il pegaso annuì, anche se dall’espressione sembrava darle corda senza nemmeno sapere di cosa stesse parlando.

L’unicorno in camice cercò di prendere la parola «Come vede, maestà, i primi test hanno avuto buon esito. Abbiamo fatto i salti mortali per lavorare su quel problema di propulsione. C’è solo da controllare i sistemi di puntamento e …»

«Vogliamo solo un sì o un no, Sunset Shimmer.» la interruppe con uno sguardo severo la Regina. «Tutte le volte che ci mandi un rapporto su questo progetto ci fornisci sempre risposte confuse. Non c’è più tempo per l’incertezza. Adesso funziona?»

L’unicorno tremò. «S-sì, mia Regina. Ora funziona. Risolveremo gli ultimi problemi immantinente. Non ci vorranno più di due …»

«Un giorno.» la bloccò uno zoccolo adornato di gioielli. «Risolverete questi problemi mentre vi preparate per il lancio. Non sopporteremo ulteriori ritardi. Il nostro sogno deve diventare subito realtà!»

Sunset Shimmer deglutì e annuì. «Sissignora!»

Sul volto di Rarity si aprì un sorriso. «L’operazione Götterdämmerung ha ufficialmente inizio.»

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 - L'ascesa del crepuscolo ***


Capitolo XXVII

L’ascesa del crepuscolo

 

… Perchè ormai sorge

la fine degli dei ...

(Brünnhilde, dall’opera Crepuscolo degli Dei di Richard Wagner)

 

 

 

Viaggio verso Ponymünde: 19° giorno dall’inizio della Terza Grande Guerra

 

«Quella … bastarda!» urlò Rachel appena si riprese dalla magia di rintracciamento. «Giuro che se torce un solo pelo a Daniel, le do una zoccolata in faccia prima di purificarla!»

«A chi lo dici!» le disse Applejack, accanto a lei sulla sella di Redflame. «Sarei tentata di darle un calcio nel suo ben curato didietro per tutte le cose che ha fatto.»

«Non dispiacerebbe neanche a me.» commentò Big Wing, dietro di lei.

«Prendi un numero e mettiti in fila.» disse la voce profonda di Redflame.

«Ehi!» esclamai. «Ricordiamoci che stiamo parlando della nostra amica! E’ stata corrotta dall’Elemento! Non è in lei!»

Se non fosse stata già verde di suo, Rachel sarebbe diventata verde dalla gelosia. «Sarà anche così, ma di tutti quelli che doveva sfruttare per i suoi loschi piani, proprio Daniel!»

«Lo salveremo.» la rassicurai, mettendole uno zoccolo sulla spalla. «Non voglio più perdere nessuno. Giuro che non morirà più nessuno.»

«Non fare promesse che sai di non poter mantenere.» disse Applejack guardandomi con aria pensierosa. «Ne so qualcosa.»

Non dissi niente, ma ero seria in quell’impegno. In fondo eravamo vicini al nostro obiettivo. Mancava solo più Rarity all’appello. E qualsiasi cosa avesse in mente con questa “operazione Götterdämmerung” l’avremmo stroncata sul nascere.

Il mondo era già abbastanza pericoloso senza bisogno di nuove armi.

 

Eravamo partite da circa tre ore, mantenendoci nascoste sia alla vista che ai radar, tenendoci più in alto possibile. Maresailles era ormai sparita alla vista, e pregai perché Mount Gomery e gli altri prigionieri potessero sopravvivere il più a lungo possibile. Mi ero impegnata ad aiutarli appena ritrovati gli Elementi dell’Armonia. Glielo dovevo, visto che molti di loro erano morti e avevano sofferto per aiutarci.

Chissà come stava quella puledrina di cui non sapevo nemmeno il nome …

Il paesaggio continuava a rimanere collinare, anche se i colori iniziavano a tendere più sul bruno proseguendo verso sud per via del clima generalmente più secco della regione.

Secondo i calcoli di Redflame e di Rainbow Dash avremmo raggiunto Ponymünde verso sera, arrivando così in tempo per fermare qualsiasi cosa intendesse fare Rarity.

O almeno così speravamo.

“Ehm, Twilight?” mi chiamò tramite la telepatia Lyra “Fluttershy si sta risvegliando.”

Oh cavolo.

“Dobbiamo atterrare!” dissi, includendo nella telepatia anche le menti di Little Bolt e Big Wing, che avevano fatto nel frattempo cambio con Rainbow Dash e Redflame per permetter loro di riposarsi.

«Che succede?» mi chiese Applejack, vedendomi preoccupata.

«Fluttershy …» mi limitai a dire, mentre cercavo un posto sicuro dove atterrare. Dopo una veloce ricerca trovai un piccolo avvallamento sulla cima di una collina spoglia, che ci avrebbe nascosto per il tempo necessario.

“Là” indicai mentalmente ai due pegasi.

Nel giro di pochi minuti atterrammo in una piccola radura bagnata dalla pioggia che continuava a scendere dal cielo. Disattivai tutte le magie d’invisibilità e di rimpicciolimento e galoppai verso il posto dove erano atterrati gli altri, seguita subito da Applejack.

La pegaso paglierina era ancora legata, con Pinkie Pie e Rainbow Dash che la tenevano ferma per ulteriore precauzione. Malgrado ciò Fluttershy cercava in tutti i modi di liberarsi e ritentare il suicidio. Stava urlando.

«Lasciatemiii. Voglio morireee!»

Le lacrime che stava versando sembravano bagnare il terreno più della pioggia. Non avevo mai visto un pony piangere così tanto.

Mi si stringeva il cuore nel vederla in quello stato. La prima reazione della Pinkie Pie purificata era nulla in confronto.

«Fluttershy …» le dissi, avvicinandomi e cercando di superare con la voce le sue urla e il pianto disperato. Lyra intanto aveva lanciato una magia per bloccare la pioggia in arrivo, dandoci un po’ di sollievo. «Sei di nuovo tra noi, non ci riconosci?»

«Non mi importa!» gemette lei, fissandomi con gli occhi gonfi di pianto. Il trucco ormai era stato lavato via e le guance erano completamente sporche di nero, rendendo ancora più penosa la sua espressione. «E’ troppo da sopportare! Lasciatemi morire! Così non … farò più del male a nessuno …»

«Ti possiamo aiutare, Fluttershy.» disse Pinkie Pie, avvicinandosi con la testa alla sua. «Anch’io ho passato dei bruttissimi momenti a ricordare, ma con il tempo passa. E hai la fortuna di avere noi ad aiutarti, noi che abbiamo fatto cose anche peggiori delle tue.»

Applejack chiuse gli occhi per un momento e fece un profondo sospiro. «Insieme possiamo farcela, zuccherino.» le disse, sforzandosi di sorridere. «Fidati.»

Fluttershy tirò su con il naso, tenendo lo sguardo basso. «Io … io … no, non ce la faccio …»

Scoppiò nuovamente a piangere.

Sarebbe stata più dura del previsto. Perché doveva capitare proprio ora che andavamo di fretta?

Sospirai. Avrei preferito ricorrere alla nostra amicizia per farle passare quel brutto momento, ma a mali estremi, estremi rimedi.

Avvicinai il corno alla testa di Fluttershy e caricai un incantesimo che conoscevo bene.

La pegaso non capiva che volessi fare, ma legata e stretta com’era non poteva fare nient’altro che piangere e subire.

Le toccai la fronte, e con una leggera variante dell’incantesimo che avevo usato ai tempi di Discord le riportai alla mente tutti i ricordi felici dei momenti passati insieme: i picnic, le risate, le serate in compagnia, gli animali di cui si occupava, la sua accogliente casa a Ponyville, la volta in cui ci aveva salvate da quell’enorme drago e le tante altre occasioni in cui la sua presenza e aiuto era stata fondamentale per aiutarci …

Quando mi allontanai, il corpo di Fluttershy iniziò a rilassarsi. Continuava a singhiozzare e gli occhi erano sempre lucidi, però il respiro si stava normalizzando. Passò circa un minuto prima che riuscisse a trovare il coraggio di parlarci.

«Scusatemi …» disse, tirando di nuovo su con il naso mentre fissava me. «Non … non ho pensato … a quanto fossi importante … per voi … ma potete perdonarmi … per quello che ho fatto?»

Sorrisi.

«Non hai nulla di cui scusarti.» le dissi. «Tutte noi abbiamo delle colpe. Persino io. Non sei da sola. Non lo sarai mai.»

Molto lentamente usai la magia per slegarla. Fluttershy, finalmente libera, si rannicchiò, tremante e con espressione colma di rimorso.

Pinkie Pie, Applejack e Rainbow Dash si avvicinarono per fare un abbraccio di gruppo. Fluttershy lo accettò di buon grado. Non riuscendo a resistere mi aggiunsi anch’io. Eravamo bagnate e sporche, ma non mi importava. Le strinsi tutte quante a me, felice di averle di nuovo accanto.

«Cosa posso fare per … dimenticare?» chiese Fluttershy, appoggiando la testa sulla mia spalla.

Dimenticare … Sarebbe piaciuto anche a me … ma l’unico incantesimo in grado di fare una cosa del genere aveva più controindicazioni e spiacevoli conseguenze che benefici.

«Nulla.» le risposi. «Possiamo solo convivere con i nostri ricordi.»

Ad essere sincera mi chiedevo se togliere tutti questi ricordi fosse davvero un bene.

Forse ci sarebbero serviti per amare ancora di più l’armonia di Equestria una volta ristabilita.

 

Ponymünde: poco prima del tramonto del 19° giorno dall’inizio della Terza Grande Guerra

 

Poco più di un villaggio sul fiume. Da come l’aveva raccontato Lyra immaginavo di trovarmi di fronte a un complesso militare, non a qualche decina di case sulla riva di un fiume. Era persino più piccola della Ponyville di vent’anni prima.

«Siamo nel posto giusto?» domandai, rivolgendomi anche a Lyra. Il cielo, rispetto al mattino, aveva molte meno nuvole, e si riusciva a vedere il sole, pronto a essere tramontato da Celestia. Forse non eravamo ancora arrivati.

«No, è proprio qui.» disse Redflame.

Già, che stupida … Lyra l’aveva definito un centro ricerche segreto. Era ovvio che non fosse visibile a una prima occhiata.

“Atterrate là!” disse Lyra a me e ai due pegasi, indicando mentalmente un punto vicino alla riva, a circa due chilometri a ovest del villaggio.

Malgrado fossimo lontani da occhi indiscreti, tenni attivate le magie d’invisibilità e anti-radar. Non volevo sorprese.

La riva del fiume, in quel punto largo una ventina di metri, era composta di sabbia molto fine e, poco più in là, di erba e cespugli verdeggianti. Per evitare di lasciare tracce nella sabbia atterrammo nella parte erbosa. Per fortuna, controllando una seconda volta, non vidi pony nei paraggi.

«Dove si trova questo complesso?» domandai, mantenendo comunque la voce bassa per precauzione.

Le guance di Lyra divennero rosse. «Se ti dicessi che non ne ho idea?»

Spalancai gli occhi per la sorpresa. «Cosa!?»

«E’ un centro ricerche segreto.» si giustificò lei, guardandosi in giro.

«Sarà sicuramente sottoterra.» disse Redflame. «Gli unicorni amano scavare.»

«Ehi!» esclamammo all’unisono io, Lyra e Scrolley.

«Già.» disse Applejack, ridacchiando. «Unicornia in quanto a industrie minerarie riesce a battere persino Terra. Sono più avidi di gemme dei draghi.»

Scossi la testa. «Non perdiamoci in chiacchere. Da dove iniziamo?»

«Forse potremmo controllare la situazione dall’alto e vedere se ci sono movimenti strani.» suggerì Little Bolt. «Dovranno pur entrare e uscire di tanto in tanto, no?»

«Wow, un’idea geniale che proviene da uno di voi due!» esclamò Scrolley. «Non posso crederci.»

«E taci una buona volta …» la rimproverò il fratello.

«Sì, è una buona idea.» ammisi. «Da qui probabilmente non la vedremo mai.»

«D’accordo.» disse Lyra. «Prendetevi un attimo per riprendere fiato e poi …»

Un tremore la interruppe.

Fluttershy si avvinghiò a Pinkie Pie per lo spavento «Cos’è?» chiese con tono impaurito.

Il tremore era costante, all’inizio debole, ma con il passare dei secondi diventava più forte.

«Non mi ricordavo che questa fosse zona di terremoti.» dissi, mentre mettevo gli zoccoli in una posizione più salda.

«Non lo è infatti!» disse Scrolley, avvicinandosi inavvertitamente a Big Wing e colpendolo con il sedere.

«E fa attenzione!» disse lui, librandosi in volo.

«Non è un terremoto.» esclamò Lyra. «E’ qualcosa di molto, molto peggio.»

 

La grande Regina Rarity era seduta comodamente su una poltrona dai cuscini rossi, vestita di un abito da generale creato appositamente per lei dalla testa agli zoccoli, compreso di stivali, adornato con una rosa sul petto. Il berretto da generale aveva il suo volto stilizzato sulla parte frontale e delle decorazioni dorate intessute tutto attorno che lo facevano sembrare una specie di corona. A parte queste differenze e gli onnipresenti gioielli al petto, l’intero abito era nero, incredibilmente semplice per i suoi standard di bellezza e qualità. Quel colore risaltava enormemente sul suo manto bianco perlato.

Io ero seduto accanto a lei, pronto a servirla in qualunque suo desiderio, sul pavimento metallico della sala comandi. Ci trovavamo proprio al centro di essa, una stanza circolare larga una ventina di metri, attorniati da una trentina di unicorni, tutti vestiti con uniformi simili a quella della loro regina, intenti a schiacciare pulsanti, alzare e abbassare leve e attivare con i corni strani cristalli colorati che spuntavano tra i marchingegni. Tra questi unicorni c’era Sunset Shimmer, la giumenta a capo di tutto quanto questo strano ma spettacolare progetto.

Il pavimento sotto di noi iniziò a tremare.

«Motori avviati, inizializzazione sistemi.» disse la voce della giumenta dalla criniera rosso-gialla.

Pian piano iniziarono ad accendersi gli schermi su tutte le pareti della stanza, mostrando l’esterno con una qualità tale che sembravano delle finestre. Non avevo idea di come fosse possibile, ma spalancai gli occhi dalla meraviglia. Attorno a noi si vedeva l’immenso l’hangar che stavamo per lasciare, cupo e grigio, illuminato quasi a giorno da potenti fari.

La unicorno dalla chioma rosso-gialla si voltò con il sedile girevole e si rivolse a Rarity.

«A un suo ordine, maestà.»

La regina fece apparire dal nulla una coppa di champagne mezza piena e se la avvicinò alle labbra con la telecinesi, iniziando a sorseggiare con flemma eleganza.

Era una vera signora. Una bellissima giumenta dai modi e dai gusti raffinati, ma al tempo stesso intelligente e determinata. Era la Cleopatra del mondo pony. Come si poteva non amarla?

Schioccò le labbra, assaporando lo spumante che aveva aperto prima per l’occasione.

«Fate partire la Crepuscolo degli Dei.» disse, prima di bere un altro sorso.

 

Dall’altra parte del fiume sentii un fortissimo rumore metallico.

Mi accorsi in quel momento del perché non avessimo visto nulla nei dintorni.

Il centro di ricerca stava apparendo davanti ai miei occhi! Fino a quel momento doveva essere stato nascosto da un potente incantesimo illusorio, proprio dall’altra parte del fiume. Il rumore metallico proveniva da delle enormi lastre sul terreno che si stavano aprendo lentamente, rivelando qualcosa all’interno. Un hangar, mi sembrava si chiamasse.

«Per Celestia!» esclamò Rainbow Dash, alzatasi in volo per controllare. Fu la prima a vedere cosa stava per sopraggiungere.

Il terreno tremò ancora di più, e persino l’acqua del fiume iniziò a traballare, creando delle grosse onde che andarono a infrangersi sulle due rive.

E a quel punto sorse.

La mascella iniziò ad aprirsi per conto suo, sempre più spalancata, fino a farmi male.

Come descrivere quello che stavo guardando? Un mostro metallico? Un aereo dalle dimensioni enormi? O entrambe le cose?

La forma ricordava vagamente (ma molto vagamente) un alicorno: aveva un corpo centrale affusolato, delle lunghe ali che si aprirono appena giunta in cielo e, poco dopo le ali, una parte dello scafo si allargava a formare una sfera. Sulla parte superiore della sfera svettava qualcosa di molto simile a un corno. Ma le somiglianze con un’alicorno terminavano lì. Quell’enorme ammasso di metallo era spinto da motori grandi quanto la mia biblioteca albero a Ponycity, e rilasciavano una fiamma viola che mi sembrava troppo piccola per muovere un colosso di quelle dimensioni. Doveva trattarsi di un miscuglio molto elaborato di magia e tecnologia.

Nemmeno i draghi più grandi che avevo misurato durante la migrazione raggiungevano la lunghezza di quell’affare: ad occhio doveva essere più lunga di cinquecento metri.

Era … era … qualcosa di davvero spaventoso, che faceva vibrare l’aria al suo passaggio. Persino dal punto in cui la stavamo osservando riuscivo a sentirla muoversi.

Ma la cosa che mi terrorizzava di più, oltre le dimensioni, erano le armi.

C’erano canne di cannone e mitragliatori ovunque, ma … avevano delle forme che non riconobbi. Sembravano una forma avanzata delle armi che avevo visto fino a quel momento. Il che non era un bene.

Nella fiancata che stavamo osservando c’erano raffigurate bandiere di Unicornia ovunque (fugando ogni dubbio su chi appartenesse), e nella parte finale c’era scritto un nome a caratteri cubitali.

Crepuscolo degli Dei.

Appena arrivata a circa mezzo chilometro d’altezza iniziò a percorrere una rotta orizzontale, puntando verso nord, proprio quando da ovest il sole era sceso oltre l’orizzonte.

Quindi l’operazione Götterdämmerung si riferiva a quella cosa abnorme in grado di volare e armata come un intero esercito?

Merda …

«Presto!» esclamai. «Dobbiamo raggiungerla!»

«Cosa!?» esclamò Redflame. «Sei matta? Ma hai visto che razza di armamenti ha quell’affare?»

«Siamo ancora invisibili.» dissi. «Ci avviciniamo, entriamo e la disabilitiamo.»

«Facile!» esclamò Pinkie, sorridendo, continuando a tenere stretta Fluttershy a sè.

Applejack aggrottò le sopracciglia. «Sssì, come no …»

«Dobbiamo provare.» esclamò Lyra. «Quell’arma è troppo pericolosa nelle mani di Unicornia.»

Rainbow Dash sputò dopo averla osservata con attenzione tenendosi in volo a qualche metro d’altezza. «E’ un ammasso di rottami che vola. Non è molto diversa da quelle carrette che usa Terra. E’ solo una versione più grande e figa. Basteranno pochi colpi mirati ai motori e …»

Fu interrotta da una luce proveniente da quello che sembrava il corno del “mostro”. E così come un corno di unicorno dalla sua punta partì un raggio che colpì un punto preciso del cielo davanti a sé. Si creò un cerchio che si allargò sempre di più, fino a raggiungere una dimensione abbastanza grande da far passare la nave.

«Ma quella è …?» esclamarono all’unisono i fratelli pegasi.

Dentro quel cerchio si vedeva la città di Ponycity.

«Un portale!» esclamai.

Ma creare un portale, anche per un solo pony, richiedeva una quantità di energia immensa!

Come diavolo aveva fatto Rarity a creare una macchina in grado di fare ciò?

«Non c’è proprio tempo da perdere!» urlai, avvicinandomi a Redflame. «Forza, dobbiamo seguirla! Subito!»

Fluttershy era terrorizzata «Non … dirmi che … vogliono …?»

«Attaccare Equestria!» esclamò Rainbow Dash, avvicinandosi a Lyra. «Forza, montate!»

Mentre quella … nave volante? Sì credo fosse il termine giusto. Mentre quella nave volante si avvicinava lentamente al portale, saltammo in groppa a Redflame e Rainbow Dash e ci lanciammo contro di essa a gran velocità.

“Sono quasi certa che ci sia Rarity là sopra.” disse Lyra telepaticamente. “Dobbiamo cercare di entrare là dentro, prenderla con noi e uscire facendo più danni possibili.”

“D’accordo.” risposi. “L’avete sentita!”

I due pegasi più veloci del mondo accelerarono e raggiungemmo in pochi istanti la nave quando ormai stava quasi toccando il portale.

Ci stavamo dirigendo verso il centro, quando il corno della nave si attivò di nuovo.

Capii troppo tardi di cosa si trattava.

Attorno ad essa si creò uno spesso scudo multicolore, che riconobbi subito essere di quelli più potenti che si potessero creare.

Nemmeno l’aria poteva attraversarlo alla massima potenza.

Il problema era che si era creato proprio a metà tra i nostri gruppi: io, Redflame, Rachel, Big Wing ed Applejack eravamo dentro, Lyra, Rainbow Dash, Fluttershy, Little Bolt, Scrolley e Pinkie Pie erano fuori.

«Merda!» imprecò Rainbow Dash, dopo aver battuto il muso contro la barriera.

«Forse riesco a creare un passaggio.» disse Lyra, caricando il corno.

«No!» urlai, guardando il portale e Ponycity sempre più vicini. «Potrebbero accorgersene! E poi non c’è tempo. Attraversate il portale e avvertite Equestria e le Principesse del pericolo!»

«E voi?» chiese Pinkie Pie. «In cinque contro quella cosa?»

«Ce la faremo, Pinkie.» la rassicurò Applejack, portandosi uno zoccolo al petto, poco sotto il suo Elemento. «Ce la faremo, te lo prometto.»

«Meglio sbrigarsi.» disse Redflame, volando verso lo scafo di quella gigantesca nave volante.

Alzai uno zoccolo in segno di saluto verso gli altri, assicurandoli che sarebbe andato tutto bene, guardandoli finchè non si decisero a volare verso il portale.

«Non sono l’unica a fare promesse che non si è certi di mantenere, giusto?» dissi, rivolta ad Applejack, mentre Redflame cercava un punto da cui poter entrare in sicurezza.

«Non ho specificato cosa faremo.» replicò semplicemente Applejack. «Se disabilitare questo coso o sopravvivere.»

 

«Attraversamento portale: 90%.» annunciò la voce di Sunset Shimmer, mentre gli schermi erano momentaneamente spenti. «Sistemi pronti al riavvio.»

Rarity attese in silenzio, reclinata sulla sua poltrona.

«Attraversamento portale: 95%.»

La regina sbuffò. «Un po’ lenta …»

L’unicorno dalla chioma rosso-gialla si voltò, sudando freddo.

«M…mi dispiace, maestà. Ma la magia dei portali è molto delicata e con la nostra mole dobbiamo essere prudenti.»

«Lo sappiamo, cara, lo sappiamo. E ad occhio dovremmo averlo ormai attraversato.»

Sunset si voltò subito e annuì.

«Sì. Attraversamento portale: 100%. Disattivazione portale e riavvio dei sistemi.»

In pochi secondi tutte le luci e gli schermi si riaccesero, mostrando per tre lati una foresta intricata e sul davanti una grande città, animata dalle prime luci della sera. Il sole ad ovest era ormai tramontato da diversi minuti.

Ponycity.

«A che distanza di tiro siamo?» domandò Rarity.

«Undici chilometri dagli edifici più vicini.» rispose rapidamente uno degli unicorni ai comandi.

Sul volto della giumenta regale si aprì un sorriso, e bevve l’ultimo sorso dello champagne.

«Bene … quei grattacieli sono troppo alti e sgraziati. Apriamo un nuovo orizzonte … Fuoco!»

 

Le tre giumente che governavano Ponycity insieme a Luna erano sedute attorno a una tavola rotonda, a guardare preoccupate le scartoffie sparse sulla sua superficie liscia. Scootaloo teneva una penna con uno zoccolo, muovendola nervosamente sul suo asse con aria stanca. Applebloom stringeva la testa tra gli zoccoli, pensierosa con gli occhi che di tanto in tanto guardavano verso l’orologio appeso sopra la porta. Sweetie Belle infine aveva il mento appoggiato su uno zoccolo, fissando un punto che vedeva solo lei, intenta a spremere le meningi.

L’unico rumore era quello del ticchettio dell’orologio, anche se si percepiva una strana vibrazione nell’aria.

«Non so voi, ragazze.» esclamò Scootaloo, rompendo il silenzio mentre continuava a fissare la sua penna. «Ma qui non ci ricaviamo un ragno dal buco.»

«No!» esclamò Applebloom, battendo gli zoccoli sul tavolo. «Abbiamo promesso a Luna di lavorare sul progetto di ampliamento delle difese, e lo faremo! Ci staremo anche tutta la notte se necessario!»

Sweetie Belle scosse la testa, uscendo dalla trance in cui era entrata e sbadigliò. «E’ davvero necessario? Potremmo sempre farlo domani. Magari la notte ci porta consiglio …»

«No!» sbottò di nuovo Apple Bloom con aria serissima. «E’ troppo importante!»

Sweetie Belle sbadigliò. «Allora è meglio che vada a prendere un po’ di caffè. Anzi, un bel po’ di caffè. Qualche litro dovrebbe bastare.»

La giumenta bianca si alzò stancamente dal tavolo e si diresse alla porta.

Lo sguardo cadde per caso verso la finestra che dava all’esterno, alla Everfree Forest.

Si bloccò sul posto, spalancando prima gli occhi e poi la bocca.

«Cosa c’è, Sweetie Belle?» domandò Scootaloo, notando la sua immobilità.

«Que … que … que … quella … co … co … cosa …» balbettò la giumenta.

Scootaloo, preoccupata, voltò lo sguardo verso la finestra.

Ebbe la sua identica reazione.

«Per la santa madre di Celestia …» esclamò.

«Cosa diavolo è?» domandò Applebloom, l’ultima ad accorgersene.

Scootaloo volò letteralmente verso il telefono appoggiato su un mobiletto all’angolo. «Nulla di buono, nulla di buono sicuramente!»

Dopo aver composto il numero mosse nervosamente ali e zoccoli in attesa che qualcuno rispondesse.

«Che … che …» continuava a dire Sweetie Belle, stordita, mentre osservava l’immenso mostro metallico apparire praticamente dal nulla, a una ventina di chilometri dal grattacielo in cui si trovavano.

«Pronto?» disse infine Scootaloo, rivolta alla cornetta. «Sono la Direttrice della Sicurezza Scootaloo. Avete avvistato quella cosa sopra la Everfree Forest? … No??? Ma cosa avete, una balla di fieno davanti agli occhi? Toglietevela e guardate a sud! E soprattutto, attivate tutte le difese … Sì, mi avete capito, tutte le difese! Siamo ufficialmente a livello di guardia 1! Ripeto, siamo ufficialmente a livello di guardia 1!»

 

La paratia era particolarmente difficile da aprire. Era spessa mezzo metro, e dovetti usare un raggio molto sottile e concentrato per aprirci un varco senza creare troppo rumore. Ma anche così ci stavo impiegando molto più tempo di quello che mi aspettavo.

Nel frattempo avevamo attraversato il portale insieme alla nave. E come avevo immaginato ora ci trovavamo sopra la Everfree Forest, a pochi chilometri di distanza da Ponycity.

«Sbrigati, Twilight!» esclamò Rachel. «Non ho un buon presentimento.»

Come a dare voce alle sue paure, la nave iniziò a vibrare, e tutte le armi di grosso calibro iniziarono a sparare proiettili che, dalle scie di vari colori che lasciavano, erano di chiara natura magica.

Mi distrassi momentaneamente dal compito e vidi che stavano mirando alla città.

Trattenni per diversi secondi il respiro, ma quando vidi che i colpi vennero fermati da un grosso scudo che fino a quel momento era invisibile mi rilassai. Malgrado ciò ero quasi certa che quella protezione non sarebbe durato a lungo.

“Devo sbrigarmi!”

Tornai con maggior impegno ad aprire quella dannata paratia. Il tempo era un lusso che non mi potevo permettere.

«Basta così.» esclamò Big Wing, scontrandosi di peso contro la lastra di metallo. La paratia cedette, e il pegaso sparì nel passaggio che si era creato. Lo seguimmo rapidamente.

Ci ritrovammo in un corridoio molto lungo, con due scorri zoccolo ai lati e luci artificiali sul soffitto a intervalli regolari, tranne nel punto dove eravamo penetrati.

La nave tremava ad ogni contraccolpo. Stavano indebolendo lo scudo a ogni tremore.

«Dobbiamo trovare la sala comandi.» esclamò Rachel.

«Sala comandi?» chiese Big Wing, osservandosi attorno.

«Il posto dove guidano questo affare.» spiegò Applejack. «Ce ne sarà sicuramente uno.»

«Direi di là» disse Redflame, indicando la parte di corridoio alla nostra sinistra. «Lo scafo si allarga in quel punto, quindi suppongo che si trovi da quella parte.»

«Andiamo!» dissi, galoppando in quella direzione senza pensarci troppo.

«Ma … e se troviamo Rarity?» domandò preoccupata Rachel.

Già … ero l’unica tra loro in grado di oppormi alla sua magia. Ma malgrado tutta la mia conoscenza e bravura, ero in grado di resisterle? Avevo avuto difficoltà con Trixie vent’anni fa, che senza Amuleto dell’Alicorno era poco più brava di Rarity, figuriamoci ora che la mia amica aveva vent’anni di esperienza e il potere combinato di quell’artefatto e dell’Elemento corrotto.

Con Lyra al mio fianco forse ci sarebbe stata qualche speranza, ma da sola …

Forse solo ricorrendo al mio potere nascosto potevo farcela, ma dovevo controllarlo, in qualche modo, per evitare di fare più danni di quelli che volevo. E non ero per niente certa di riuscirci. Non sapevo nemmeno come richiamarlo, se per questo, se non tramite le emozioni negative.

Scossi la testa. Ci avrei pensato una volta arrivati a lei. Un problema alla volta, Twilight, un problema alla volta.

Raggiungemmo rapidamente la porta in fondo a quel corridoio.

«Tenetevi pronti a qualsiasi cosa.» li avvertii, prima di aprirla.

Era un vano vuoto, con altre due porte e un passaggio con delle scale che scendevano.

In quel momento sentii un tremore più forte dei precedenti.

 

Sweetie Belle e Applebloom erano alla finestra, preoccupate e al tempo stesso affascinate dal tremendo spettacolo a cui stavano assistendo. I colpi delle armi del mostro metallico colpivano ripetutamente lo scudo formatosi attorno alla città, creando un effetto simile alla pioggia che colpisce la superficie di una pozzanghera. Un effetto che sarebbe sembrato rilassante se non avesse riguardato armi in grado di portare distruzione e morte a Ponycity.

«Sì, Principessa.» diceva Scootaloo, incollata alla cornetta del telefono. «D’accordo Principessa … sì, ho dato tutti gli ordini del caso … no, io non me ne vado al sicuro, c’è una città da proteggere, la città che ho protetto per anni … lo so che è pericoloso, ma è pericoloso per tutti i pony, e la mia presenza potrebbe aiutare a difendere la città … Sweetie e Applebloom facciano come pare a loro, per quanto mi riguarda io resto su … ok … va bene … stia attenta là fuori.»

La pegaso arancione abbassò lentamente la cornetta e fece un sospiro profondo.

Le sue due amiche si erano voltate verso di lei appena avevano sentito pronunciare il loro nome.

«Venite.» disse, fissandole con amarezza. «Vi accompagno nel bunker centrale.»

«No!» esclamò Applebloom, con aria decisa. «Non ci andremo senza di te!»

«Quella cosa sta attaccando Equestria!» si accodò Sweetie Belle, con gli occhi sbarrati. «Ed è di Unicornia! E, non chiedermi perché, ma sento che c’è mia sorella là sopra! Mi sentirei un verme a nascondermi mentre altri unicorni capitanati da Rarity distruggono ciò che ho contribuito a proteggere!»

«No, ragazze, non siete tenute a farlo …» disse la pegaso, più determinata di loro. «Voi avete costruito e riparato la città, fisicamente e moralmente, nei periodi di pace, dando una ragione di esistere al nostro piccolo mondo. Io sono la Direttrice della Sicurezza: mio è il compito di difendere quello che avete costruito, sia dall’interno che dall’esterno, sia in pace sia in guerra.»

«Ti sei dimenticata che siamo in un club?» le rinfacciò Sweetie Belle. «Un club che non ha smesso di esistere una volta scoperti i nostri talenti?»

«Anche Babs ne fa parte,» rispose Scootaloo «ma non la vedo appiccicata alle mie chiappe ogni cinque secondi!»

Quelle parole furono più violente di uno schiaffo. Sia Applebloom che Sweetie Belle si avvilirono, abbassando la testa e sfiorando il pianto.

Scootaloo si avvicinò a loro, con l’espressione di chi si accorge di averla fatta grossa.

«Scusate, io …»

In quel momento una forte luce inondò la stanza. Le tre, sorprese da quel cambiamento, guardarono fuori dalla finestra. L’antenna che si trovava nella parte superiore del mostro metallico, simile a un corno, si era attorniata di un’aura rossa. Dopo un paio di secondi lanciò un raggio, diretto contro di loro.

«Merda!» esclamò Scootaloo, prendendo istintivamente tra i suoi zoccoli le sue amiche e lanciandosi contro la finestra.

 

Il grande incantesimo scarlatto, partito dal corno della Crepuscolo degli Dei, colpì lo scudo, perforandolo con facilità estrema. Anche se depotenziato dalla resistenza dello scudo, il raggio proseguì, fino ad andare a colpire la base di un grattacielo. L’edificio slanciato iniziò a crollare di lato, portando giù con sé tonnellate di polvere, metallo e cemento. Per non parlare delle decine, centinaia di pony che si trovavano ancora al suo interno, colte alla sprovvista.

A quel punto i colpi dei cannoni, senza più una barriera tra loro e il loro obiettivo, proseguirono senza intoppi verso gli edifici indifesi della città. I grattacieli più vicini vennero colpiti, creando enormi nuvoloni di polvere, crollando e distruggendo ciò che incontravano nella loro caduta.

 

«E quelli sarebbero scudi? Tsè» commentò la Regina, ridacchiando.

Vicino a uno degli unicorni della sala comandi iniziò a brillare una luce rossa.

«Signora! Intrusi!»

Sul volto di Rarity si vide un accenno di sincera sorpresa.

«Mostrali sullo schermo.» ordinò. «Siamo proprio curiose di vedere chi ha osato tanto.»

Parte dell’esterno scomparve per far posto a una stanza dalle pareti metalliche in cui erano presenti cinque pony. Li conoscevo tutti. Tra di loro c’era anche Rachel. Rivederla mi fece una strana impressione.

«Twilight ed Applejack … guarda guarda che sorpresa … sedateli.»

 

«Ora da che parte?» chiese Big Wing, mentre guardava le possibili tre uscite.

Mi toccai il mento con uno zoccolo, indecisa «Direi di …»

Iniziò a suonare un allarme, e la luce che illuminava la stanza divenne rossa.

«Oh oh.»

Mi concentrai e attivai il corno, creando uno scudo attorno a noi, pronta per le sicure difese che ci avrebbero sparato contro.

Ma pochi secondi dopo la magia collassò.

«Che diavolo …?»

Mi concentrai nuovamente, ma questa volta non venne fuori niente. Provai anche con la semplice telecinesi, ma non funzionava. Il corno restava spento. Era come se non ce l’avessi: provavo la stessa sensazione che avevo provato ai tempi di Discord nel labirinto.

Mi accorsi solo allora che attorno a me si era creata una leggera aura multicolore.

No … quello era un incantesimo molto simile a quello usato dalla nave per proteggersi, ma modificato in modo da impedirmi di usare qualunque forma di magia.

Maledizione!

«Scappiamo!» urlai.

Non feci quasi in tempo a dirlo che dalle pareti stesse vennero lanciati cinque raggi viola, uno per ciascuno.

Sentii una stanchezza tale che iniziai a barcollare.

«Fu … fuggiamo … prima che … prima che …»

Le zampe non mi risposero più e caddi a terra addormentata.

 

«Intrusi neutralizzati, maestà.» comunicò uno degli unicorni della sala controllo.

«Eccellente.» sospirò soddisfatta Rarity, mentre osservava sugli schermi di fronte a sé la città che stava venendo devastata dai colpi di cannone magico. C’era polvere e fuoco ovunque, e migliaia di pony stavano scappando terrorizzati per le strade, e sempre per le vie impolverate si intravedevano i primi cadaveri e feriti. Le antiaeree e i soldati a difesa della città, intervenuti poco prima del crollo dello scudo, sparavano contro la nave tutto ciò che avevano. Ma nessuno dei loro colpi sembrava causare problemi. Tutti i loro sforzi di difendersi erano vani. Bastavano pochi colpi della Crepuscolo degli Dei per distruggere le loro postazioni fortificate.

Guardai Rarity. Più fissavo la sua espressione determinata più mi sembrava davvero una dea, una bellissima dea che con poco sforzo era in grado di portare grandissima distruzione.

«Mandate una squadra e portateli qui, mantenendo l’aura antimagica sui due unicorni.» continuò lei. «Desideriamo fare una bella chiacchierata con i nostri ospiti

«Signora!» esclamò un altro unicorno. «Rilevo due oggetti in rapido avvicinamento a ore 2. Gli scanner di potenza indicano che si tratta di …»

Dagli schermi alla nostra destra apparvero, nel cielo rosso della sera, due luci, una bianca e l’altra blu, più brillanti delle stelle. Tutti gli unicorni della sala, tranne Rarity, trattennero il respiro. Dopo pochi secondi dai punti luminosi partirono due raggi, che occuparono gran parte di uno degli schermi, che momentaneamente si spense.

L’impatto sentito fu minimo. La sala traballò appena.

«Scudi scesi dal 97% all’85%. In risalita.»

«Molto meglio di quanto mi aspettassi.» commentò Sunset Shimmer con un sospiro di sollievo.

«Oh, finalmente!» esclamò Rarity, alzandosi per la prima volta dalla poltrona. La spostò con la telecinesi ad un angolo della sala, e con il corno attivò un comando che fece discendere dal soffitto un cristallo rosso collegato a un tubo di ferro.

Lo attivò, e dopo pochi secondi alla nave si aggiunse un altro tremore, più leggero e costante.

«E’ ora di mettere fine al regno delle dee.»

 

«Quelli sono pazzi! Pazzi!» pianse Fluttershy, mentre osservava sconvolta quello scenario di distruzione. Il fuoco e il fumo stavano occupando gran parte della visuale di Rainbow Dash, quindi decise di cambiare direzione e di dirigersi verso uno dei tetti degli edifici più lontani.

«Sono arrivate Celestia e Luna.» disse Lyra, mentre Pinkie Pie si teneva stretta Fluttershy come se fosse un orsacchiotto. «Per fortuna si sono accorte in tempo del pericolo. Sistemeranno tutto.»

Il tono però non era dei più convinti.

Le due piccole figure stavano volando attorno al colosso, lanciando continuamente magie ma intaccando a malapena lo scudo. La nave replicava con il fuoco di mitragliatrici e contraeree, ma lo scudo eretto dalle due sorelle assorbiva come niente i pochi colpi che riuscivano a toccarle. Per il momento erano alla pari.

Rainbow Dash atterrò sul tetto di un vecchio cinema, molto lontano dal “fronte”. Sotto, nella strada, c’erano centinaia di pony urlanti che stavano fuggendo in auto o a zoccolo dalla città, riversandosi nella campagna a nord nel più totale panico. Il fracasso, tra urla e clacson, riusciva quasi a superare quello delle esplosioni non lontane.

«Non ci credo.» commentò Rainbow Dash, guardando il combattimento tra la nave e le due Sorelle Reali, aiutate dal fuoco di sbarramento dei soldati di Equestria. «Se non ce la fanno neanche loro…»

«Quell’ammasso di ferraglia non riesce a colpirle.» disse Scrolley con tranquillità. «Mentre loro hanno un bersaglio grande quanto una collina! Se continuano così lo distruggeranno senza…»

Il “corno” sopra lo scafo, che sembrava fisso, iniziò a muoversi nell’asse verticale dello scafo, e dopo essersi illuminato lanciò un raggio di dimensioni ciclopiche, luminoso quasi come un secondo sole, contro l’alicorno più scuro.

 

«Che tu sia dannato, ammasso di ferraglia arrugginita!» esclamò Luna, torcendo i denti mentre tentava di riprendere quota.

«Sorella!» esclamò Celestia, avvicinatasi in volo a lei. «Tutto bene?»

«Sì, Tia … tutto bene … mi ha preso di striscio.»

Celestia si allontanò, scansando all’ultimo momento un secondo raggio.

«Questo mostro ha degli artigli molto affilati.» commentò Celestia, caricando un altro incantesimo e lanciandolo nuovamente con pochi effetti contro lo scudo. «E un guscio molto duro.»

«Dobbiamo sbrigarci.» disse Luna, osservando le armi non impegnate contro di loro che continuavano l’opera di distruzione. «O non rimarrà nulla da proteggere.»

Un terzo raggio del corno colpì lo scudo di Celestia malgrado il suo tentativo di schivarlo, ma resse meglio di quello della sorella.

«Concordo.» disse l’alicorno bianco, dopo aver ripreso fiato. «Al mio tre lanceremo il Raggio Lunare e il Raggio Solare combinati. Mettici più energia possibile, sorella.»

Luna annuì, e si allontanò, continuando a schivare i proiettili in arrivo.

«Uno …»

Un’esplosione particolarmente potente scosse la città. Uno dei cannoni aveva colpito un deposito di carburante.

«Due …»

I corni dei due alicorni si caricarono, uno di bianco, l’altro di blu.

«Tre!»

 

«Signora! Picco di potenza rilevato dai due obiettivi.»

Sullo schermo si videro due raggi unirsi, creando un unico incantesimo in cui il bianco e il blu si mescolavano armoniosamente, creando una luce simile a quella della luna e del sole. La magia combinata si diresse rapidamente verso il fianco della nave.

«Trasferite maggiore potenza agli scudi, subito!» esclamò Sunset Shimmer.

L’impatto questa volta fu molto più forte. Si sentirono diversi rumori elettrico-meccanici che non si sarebbero dovuti sentire normalmente, e alcuni degli unicorni caddero dalla loro sedia a causa della scossa.

«Danni per il contraccolpo minimi.» disse uno di loro quando tornò alla sua postazione. «Gli incantesimi di riparazione sono già al lavoro.»

«Scudi … scudi dal 72% al 47%.» disse un’altro «Altri due colpi del genere e perforeranno lo scudo.»

«Cosa?» sbottò Sunset Shimmer, riuscendo a far tremare quell’addetto. «Gli scudi erano stati potenziati?»

«S… sì, signora.»

«Forzate allora gli unicorni addetti ai cristalli a raddoppiare gli sforzi!» ordinò Sunset, con gli occhi fuori dalle orbite. «Non ci possiamo permettere di …»

Rarity fece un profondo respiro. «Non c’è da preoccuparsi.» disse, tenendo vicino a sé il cristallo rosso. «Non avranno tempo di lanciarne un secondo.»

Si voltò verso i nuovi arrivati, trasportati dentro la sala comandi da delle guardie armate.

«Bene! Tempismo perfetto! Teneteli ben legati e fermi e assicuratevi che l’aura antimagica rimanga al massimo dell’efficienza.»

I soldati annuirono e appoggiarono gli “ospiti” a terra: Twilight Sparkle, Redflame, Big Wing, Applejack e Rachel vennero buttate senza troppa cortesia a terra a qualche metro da Rarity, tenuti sotto controllo dalle armi delle guardie.

Rachel … perché mi faceva uno strano effetto vederla lì?

«Svegliateli.» ordinò la regina.

 

Riaprii gli occhi, sentendomi le zampe strette al corpo e l’odore di metallo nelle narici.

Ero coricata su un pavimento, e riuscii a vedere diversi unicorni seduti a delle postazioni indaffarati a trafficare su dei comandi. C’erano anche molti schermi su cui si vedeva l’esterno. Per la precisione la città distrutta dalla nave volante.

Non riuscivo a crederci … ero finita di colpo in un libro di fantascienza … o meglio steampunk vista la complessità dei comandi …

Cercai di muovermi, ma ero legata da corde molto spesse, e appena tentai di togliermele sentii il tocco di un pezzo di metallo freddo sulla schiena.

La canna di un mitragliatore.

«Bene bene bene, ben svegliati.» esclamò una voce che non sentivo da più di un mese ma che avrei riconosciuto tra mille.

«Rarity!» esclamò Twilight alla mia sinistra, con la rabbia a malapena trattenuta nel tono. «Cos’è tutto questo? Ti sei bruciata il cervello? Massacrare così migliaia di pony, e per cosa?»

La pony bianco perlato era vestita in modo terribilmente simile ad un generale nazista. Un brivido mi percorse la schiena.

Infine notai che, accanto alla giumenta, c’era lui …

«Daniel …» sussurrai.

Il pegaso si voltò verso di me. Mi aveva sicuramente riconosciuta ma si limitò a fissarmi con uno sguardo curioso e senza sentimento. Nient’altro.

Oltre a vedere Rarity come una dea aveva dimenticato l’amore per me?

Repressi le lacrime e la rabbia per quella situazione orribile. Di cui non avevo alcuna idea di come uscirne.

«Twilight … Pessima tinta della criniera ti sei scelta.» replicò Rarity con espressione sprezzante mentre caricava il corno. «Il nero e il rosso ti stonano.»

L’incantesimo caricato venne riversato sul cristallo. L’effetto fu un raggio che apparve sugli schermi a sinistra, diretto contro due puntini cerchiati sullo sfondo sempre più scuro del cielo. Due puntini in cui si intravedevano delle ali e un vago alone, come quello degli scudi degli unicorni.

«Ma quelle sono …?» esclamò Applejack.

Un’esplosione le fece sparire per qualche secondo. Quando le rividi, una delle due volava con incertezza, mentre l’altra la seguiva, come per controllare che non cadesse e per proteggerla dai colpi di cannone che si intravedevano brillare.

«Cosa dicevi, Applejack?» esclamò Rarity, sorridendo. «Eravamo un po’ impegnate.»

Eravamo? Era davvero messa male con la testa se usava il plurale maiestatis! Ora capivo perché si era scelta un’altra pazza come fedele serva …

«Sei un mostro!» esclamò Twilight, stringendo i denti nel tentativo di lanciare una magia. Ma il suo corno continuava a rimanere spento. «Hai davvero intenzione di massacrare un’intera città e di uccidere Celestia e Luna?»

«Oh, sì, Twilight.» disse, impostando un tono drammatico e teatrale. «Per le auto-denominate dee del sole e della luna è ormai giunto il crepuscolo. Il mondo vedrà finalmente che sono vulnerabili e mortali quanto qualunque altro pony. E al loro posto dovranno temere Unicornia e … noi.»

Sentii Big Wing ridacchiare. «Quindi vorresti eliminare delle dee per diventare tu una dea? Alla faccia dell’umiltà.»

Il pegaso venne avvolto da un’aura rossa e spostato telecineticamente a pochi centimetri dal volto della regina. L’espressione di Rarity manteneva con classe la rabbia repressa.

«Devi solo ringraziare che siamo di buon umore.» gli disse, scaraventandolo contro il pavimento, con una tale forza che mi sembrò di sentire rumore di ossa rotte.

«Moriamo dalla voglia di farvi vedere da una posizione privilegiata la piena potenzialità di questo gioiello di tecnologia magica.»

«Signora, gli obiettivi stanno nuovamente per lanciare un attacco combinato!»

«Gli scudi hanno avuto tempo di risalire solo fino al 52%»

Rarity sogghignò. «Bene, lasciatele fare. Voglio proprio vedere se riescono a migliorare l’attacco questa volta.»

«Ma, mia regina.» si lamentò una unicorno dalla chioma rosso-gialla che si distingueva tra gli altri. «E’ troppo rischioso. Potrebbero …»

«Lo scudo reggerà.» disse tranquillamente Rarity, fissando lo schermo, stavolta di destra, dove le energie bianche e blu di quei due puntini si stavano nuovamente caricando. «Diamo loro l’illusione di contare qualcosa nella protezione di questo inutile regno.»

Dovevamo agire … ma come?

La mia magia, come quella di Twilight, era stata bloccata da quella strana aura multicolore che mi circondava. E legata com’ero a parte strisciare non potevo fare molto. Inoltre ero tenuta sotto controllo dalle guardie armate, quindi un movimento falso li avrebbe messi in allerta.

Che fare? Che diavolo fare?

 

L’attacco combinato di Celestia e Luna si ripeté, illuminando la parte destra della sala comandi.

Anche questa volta l’impatto si fece sentire, facendo tremare l’intera nave per pochi secondi.

«Scudi dal 53% al 30%.» annunciò un unicorno, appena riuscì a rimettersi ai comandi.

«Un terzo degli scudi in un colpo?» esclamò Rarity, sinceramente sorpresa. «Non male … Davvero non male.»

La regina inspirò e caricò il corno, tenendosi vicino il cristallo. «Ora però tocca a me!»

 

«Tia!» urlò Luna, schivando un colpo di cannone diretto contro di lei. «Anche stavolta non siamo riuscite a perforarlo! Che diavolo di magia stanno usando?»

«Un misto tra tecnologia, cristalli e magia di unicorno concentrata.» spiegò Celestia, lanciando un’occhiata alla città. Quasi un terzo di essa era ormai in macerie e in fiamme, malgrado il loro intervento. Sul volto della sovrana scivolò una lacrima, seguita da un’espressione di fiera determinazione.

«Luna! Non c’è altra scelta. Dobbiamo usare la nostra piena potenza.»

Un proiettile vagante venne assorbito come se niente fosse dallo scudo dell’alicorno color notte, svanendo come la goccia d’acqua in una pozza. Luna stava fissando preoccupata la sorella. «Ti rendi conto di cosa significa? Un raggio lanciato con quella forza potrebbe …»

«Lo so, sorella ... lo so … ma non abbiamo altra …»

Il corno della nave s’illuminò. Un raggio rosso partì diretto contro Celestia.

«No!» urlò Luna, schizzando in volo dritta verso di lei.

Celestia, distratta per un istante di troppo, non fece in tempo a schivarlo. La sorella la spinse via con gli zoccoli all’ultimo momento, intercettando il terribile attacco. Usò il suo scudo magico personale per bloccare momentaneamente l’avanzata dell’attacco della nave volante. Ma prima che potesse virare per salvarsi la vita il raggio sciolse lo scudo dell’alicorno della notte come se fosse neve al sole. Era stato colpito già troppe volte per poterne assorbire o anche solo respingere un’altro.

A quel punto nemmeno un alicorno poteva resistere a una tale potenza. Ebbe solo il tempo di spalancare gli occhi, realizzando nel più totale panico il suo errore.

Accadde tutto in meno di un secondo. Del suo corpo rimase solo qualche ciocca di peli della coda blu, rimasta miracolosamente fuori dalla portata del raggio.

Celestia, che aveva osservato tutta la scena nei minimi dettagli, tremò per lo shock. Per alcuni, interminabili istanti ignorò il rumore della città distrutta sotto di lei e i colpi di mitragliatrice e di cannone che inutilmente cercavano di superare il suo scudo. Fissò il punto dove fino a qualche momento prima si trovava sua sorella, l’immagine della sua ultima espressione, terrorizzata perché cosciente della propria fine, stampata per sempre nella sua mente. Il volto della sovrana restò immobile, gli occhi e la bocca spalancati, mentre delle lacrime scesero silenziosamente sulle guance.

Fissò le poche ciocche della coda, che trasportate dal vento della sera si dispersero in tutte le direzioni.

A quel punto ci fu l’improvvisa realizzazione.

«LUUUNAAA!!!» fu l’urlo disperato che dilaniò la notte in arrivo.

 

Rabbrividii … i due puntini si erano ridotti a uno …

«Obiettivo Luna eliminato.» analizzò freddamente uno degli unicorni, mentre sul volto della regina si apriva un sorriso.

Scoppiai a piangere. Avrei battuto gli zoccoli a terra se non li avessi avuti legati.

«Perché ...?» gemetti. «Perché ... ?»

Anche Applejack accanto a me stava piangendo.

«Sei pazza, Rarity!» esclamò la pony arancione, in lacrime. «Pazza! Non ti rendi conto di cosa hai appena fatto? Hai appena ucciso la Principessa della Notte! Hai appena ucciso una nostra amica!»

«Amica …» disse con espressione stizzita l’unicorno in uniforme nera. «Quelle auto assunte dee non hanno fatto niente per noi. Si erano barricate a Canterlot, lasciando ad altri il compito di risolvere i problemi ma continuando a decidere il destino del mondo con la scusa che sapevano muovere il Sole e la Luna. E allora? Non è chissà quale potere!»

Per dare forza alla sua argomentazione accese il corno e attivò il cristallo. Dopo qualche secondo, in cui strinse i denti per lo sforzo, su uno degli schermi si vide sorgere la luna, allo stesso modo con cui la vedevamo sorgere tutte le notti.

«Visto?» disse, riprendendo fiato. «Lo sappiamo fare pure noi. E non siamo una dea.»

Ribollivo in un misto tra rabbia, disperazione e odio verso quell’unicorno. Usai tutta la mia disciplina per tenere ferma quella commistione di emozioni pericolose. Se mi fossi “arrabbiata” come le altre volte, il rischio di uccidere Rarity guidata dall’istinto era troppo alto. E se l’avessi fatto, tutti i miei sforzi di purificare le mie amiche sarebbero stati vani.

E l’Ombra, qualunque piano avesse in mente, avrebbe vinto.

Deglutii quel boccone amaro, sopportando per l’ennesima volta le guance impregnate di lacrime. Non ricordavo nemmeno più cosa si provasse ad averle asciutte.

«Bene …» disse con soddisfazione la regina. «Ora tocca a …»

«Maestà!» esclamò uno degli addetti ai comandi. «Rilevo un aumento esponenziale del potere dell’obiettivo Sole.»

Sullo schermo era possibile vedere che il puntino rimasto stava diventando sempre più luminoso. Nel cerchio che lo attorniava, i numeri al di sotto stavano crescendo.

Rarity ridacchiò. «Bene … finalmente il sole sta rivelando al mondo i suoi raggi.»

 

«E’ … è davvero morta?» domandò Fluttershy, tremando. Anche Pinkie Pie e Rainbow Dash erano scosse e condividevano le sue lacrime.

«Temo di sì.» disse Lyra, abbassando la testa.

Ci fu un istante di silenzio, in cui le tre amiche di Twilight si abbracciarono, piangendo e fissando il punto dove prima si trovava Luna.

«Non credo che questo sia ancora un posto sicuro.» commentò Scrolley, osservando la nave che si avvicinava sempre più, continuando la sua opera di distruzione quasi senza opposizione. Gran parte delle contraeree erano state distrutte e quasi tutti i soldati e i mezzi erano o morti o in fuga insieme ai civili.

«No!» esclamò Little Bolt, fissandola con rabbia e gesticolando. «Mio fratello è là dentro insieme agli altri! Dobbiamo aspettarli!»

«Ha ragione.» gli diede corda Lyra. «Dobbiamo rimanere abbastanza vicini da aiutare Twilight e gli altri quando usciranno con Rarity. Dai loro ancora un po’ di tempo.»

«Ma quella è …?» chiese Pinkie, puntando al cielo.

Si riferiva a una luce che stava aumentando di luminosità ogni secondo che passava, non lontana dal punto che stavano fissando prima.

«E’ … Celestia?» domandò Rainbow Dash.

Lyra annuì. «Sta rivelando i suoi pieni poteri.» disse, con voce speranzosa ma che tradiva una certa preoccupazione. «Ora Rarity avrà un assaggio del potere della falsa dea

 

«I livelli sono … fuori scala!» esclamò tremante un addetto alla sala comandi.

«Non può essere!» esclamò Sunset Shimmer, non riuscendo a fissare direttamente la luce mostrata nello schermo, malgrado fosse stata ridotta artificialmente. «Quando ero la sua studentessa non era così potente!»

Rarity sbuffò. «Perché, quando mostri la magia agli insetti usi la tua intera potenza?»

La giumenta dal manto arancione chiaro tremava, non si sa se per quello che stava osservando sullo schermo o per l’affermazione della Regina.

«Ma … maestà …»

«Non c’è da preoccuparsi.» disse lei, serena come se stesse guardando il sole sorgere. Caricò il corno. «Anche noi non abbiamo mostrato la nostra vera potenza!»

 

«QUESTO. E’. PER. LUNAAA!!!» esclamò una voce possente, enfatizzando il suo dolore in ogni lettera, dal centro di quel piccolo sole che creò un’eco che si sentì per chilometri.

Dall’alicorno del giorno partì un raggio di un bianco purissimo diretto contro la nave, per l’esattezza contro i motori. Un raggio silenzioso ma accecante. La Crepuscolo degli Dei rispose con lo stesso raggio rosso di prima, potenziato da delle scariche elettriche.

L’impatto tra i due incantesimi di proporzioni colossali creò un’onda d’urto che distrusse i pochi edifici rimasti in piedi nel raggio di un chilometro. La nave stessa sbandò per poi rimettersi faticosamente nella rotta precedente. Il rimbombo creato dallo scontro delle due magie era più forte di cento tuoni.

 

«Porca … di quella …» esclamò Little Bolt, alzandosi in volo, stando in aria con difficoltà a causa del vento che si era improvvisamente alzato.

Sembrava che fosse arrivata la fine del mondo. L’odore di cenere veniva trasportato dallo spostamento d’aria creato dalla collisione di quei due incantesimi di livello epico. Faceva male persino osservarli, sia agli occhi che al corpo. Le vibrazioni erano fortissime.

«Chi di voi si è convinto che questo non è un posto sicuro alzi lo zoccolo.» disse Scrolley, alzando prontamente la zampa.

Pinkie Pie e Fluttershy, che stavano osservando a bocca  e occhi spalancati il terrificante spettacolo, alzarono a loro volta la zampa.

Lyra annuì suo malgrado. «Rainbow Dash. Preparati. Sarà un volo turbolento.»

 

Rarity, per la prima volta, digrignava i denti e sudava per lo sforzo. L’intera nave stava traballando pericolosamente. Molte luci e allarmi iniziarono a brillare e suonare.

«Rapporto dalla sala cristalli!» ordinò l’unicorno dalla chioma rosso-gialla, premendo un pulsante.

«La metà degli addetti è svenuta per lo sforzo!» rispose una voce dall’altoparlante. «E l’altra metà non durerà ancora a lungo.»

La stessa Rarity tremava, e per poco una delle zampe non cedette.

«A quanto sono gli scudi?»

«Al 37%.»

«Merda! Con quella potenza li perforerà come se fossero carta! E distruggerà i motori! Per non parlare dell’onda d’urto quando colpirà il terreno!»

La regina si voltò lentamente verso il pegaso beige.

«Daniel … caro … potresti … avvicinarti?»

Il pegaso, come un cagnolino, fu felice di obbedire.

«Che diavolo stai facendo Daniel?» esclamò furiosa Rachel. La guardia a lei vicina le diede un colpo alla testa con il calcio del mitragliatore per punirla di quell’intervento.

«Sunset Shimmer … anche … tu …»

L’unicorno dalla chioma rosso-gialla scese dalla sua postazione e ubbidì senza fiatare.

«E’ ora …» disse enigmaticamente la regina, mettendo tutta sé stessa per resistere al raggio della Celestia potenziata.

«Ma … non è mai stato testato!» esclamò Sunset Shimmer. «Finora ha funzionato solo sulla carta! Potrebbe avere conseguenze inprevedibili!»

«E’ UN ORDINE!» urlò Rarity, cadendo sulle ginocchia e rialzandosi con fatica.

L’unicorno sbiancò e annuì. Attivò con la magia un pulsante segreto e dal pavimento vicino a lei apparve quello che sembrava un tubo rotondo. Avvicinò Daniel a sé con un gesto.

«Mettici la zampa sopra.»

Il pegaso ubbidì.

Ci fu un boato che fece tremare ancora di più la nave.

«Sovraccarico nella stanza dei cristalli. Siamo al limite!» esclamò uno degli addetti.

«Presto!» urlò di nuovo Rarity.

Sunset con la magia evocò un coltello. Fece un profondo sospiro e lo passò rapido sulla parte morbida dello zoccolo. Sul volto del pegaso ci fu appena una smorfia, e dallo zoccolo ferito sgorgò del sangue.

Scese una goccia. Il tubo l'accolse silenzioso.

Pochi secondi dopo, la nave tremò violentemente.

«Non ci credo!» esclamò uno degli addetti. «Armi al 200% dell’efficienza, in rapida salita!»

«Sì, SI’!» gioì Rarity, malgrado la stanchezza. «Ora siamo … al massimo della potenza! E’ proprio … come … come nel sogno!»

Il raggio divenne ancora più grande e luminoso, e sembrava pulsare di puro potere magico.

Ma qualcosa non quadrava, perché altri allarmi iniziarono a suonare.

Gli unicorni attorno a me stavano trafficando nervosamente con i comandi, cercando di capire cosa stava accadendo.

«Non rilevo più l’obiettivo Sole!»

«Gli scudi sono andati!»

«I comandi non rispondono più!»

Che diavolo stava accadendo?

 

Il raggio rosso raddoppiò di diametro e riuscì a superare di potenza il raggio di Celestia. Ma l’alicorno del giorno, circondato da quella fortissima luce, si spostò appena in tempo ed evitò di fare la fine della sorella. Per fortuna l’incantesimo si diresse verso il cielo, evitando danni devastanti a terra.

«Che sta succedendo?» si domandò la Principessa, notando che la nave volante stava mutando lentamente d’aspetto.

 

Nella sala comandi si strava creando una strana atmosfera. Qualcosa di opprimente e che toglieva il fiato peggio dell’afa.

«M… maestà?» domandò uno degli unicorni. «Non … credo di … sentirmi …»

Il pony crollò a terra, e sotto i miei occhi iniziò a svanire in una nuvola nera, assorbito dal pavimento che stava iniziando a trasformarsi in qualcos’altro.

Nuvola nera.

Nuvola … nera …

Spalancai gli occhi.

«Cosa hai fatto, Rarity?» urlai.

La regina non mi rispose: era sulle proprie ginocchia, a riprendere fiato, più scioccata di me. Non sembrava riuscire a riprendersi. Anzi, diventava ogni secondo sempre più stanca. E anche io iniziavo a sentirmi fiacca. Daniel crollò improvvisamente a terra, mentre Sunset Shimmer, sorpresa dalla sala che sembrava succhiare le loro forze, arretrò spaventata.

«Che succede?» domandò.

Gli schermi si spensero uno dopo l’altro, insieme alle luci, fin quando l’intera sala cadde nel buio, appena rischiarato dalle aure di alcuni corni. L’atmosfera divenne ancora più lugubre.

«Che diavolo sta succedendo?» esclamò uno dei soldati, sparando a vuoto l’intero caricatore.

Sentii degli altri corpi cadere a terra, stavolta però facendo dei suoni non metallici. Infatti il pavimento si stava trasformando in qualcosa di più morbido … qualcosa di molto simile alla carne … e anche l’odore che sentivo sembrava confermarlo.

La nave si stava trasformando in una … creatura? E noi eravamo al suo … interno?

Trattenni a stento un conato di vomito.

Dovevamo andarcene! Alla svelta!

Non vedendo quasi niente provai istintivamente a fare luce con il corno, e con mia grande sorpresa notai che non ero più sotto l’effetto di quella magia.

Ma quando vidi ciò che stava accadendo mi si raddrizzarono i peli del manto.

I corpi di quasi tutti gli unicorni della stanza erano ormai spariti o stavano sparendo in nuvole nere, con espressioni di terrore e dolore dipinte sul volto. Alcuni stavano tentando inutilmente di urlare.

Smisi di fissarli, anche se il corpo stanco mi chiedeva di rilassarmi, di lasciarmi andare.

“Riposa, te lo sei meritato”.

Me le ero immaginate quelle voci?

Le ignorai. Sciolsi magicamente le corde che mi tenevano legata e liberai i miei compagni.

Mi accorsi troppo tardi che Big Wing stava sparendo a sua volta come gli altri.

Mi avvicinai a lui di corsa, anche se non avevo idea di cosa fare. Lo toccai con gli zoccoli ma gli passai oltre come se fosse un fantasma. Stava davvero svanendo! La sua espressione terrorizzata urlava senza fare rumore, pregandomi di fare qualcosa … ma cosa?

Conoscevo decine e decine di incantesimi ma nessuno … per impedire … quello …

Ero impotente. Del tutto impotente. Esattamente come era successo con Trixie.

Piansi: l’ultima cosa che vide di me fu il mio volto in lacrime.

Del corpo di Big Wing rimasero solo le corde che lo legavano, e anch’esse stavano iniziando ad essere assimilate dal pavimento carnoso.

Le lacrime continuavano a scendere … non meritava di fare quella fine … nessuno meritava quella fine.  Sentii un fortissimo male al petto al solo pensare a cosa potesse aver patito, insieme agli altri pony della sala. Tremavo.

Cosa stava accadendo? Quella era pura magia nera, ma non avevo mai visto né letto nulla di simile … cercavo di trovare una spiegazione ma … ero stanca … sempre più stanca … la testa iniziava a farmi male …

Sentii di nuovo … delle voci … ma erano così deboli … una era di Big Wing?

Mi dicevano di sedermi, di riposare … ed ero così tentata di obbedire … ero davvero stanca … stremata …

Mi riscossi, dandomi una zoccolata per destarmi. No … non dovevo … arrendermi. Non ora.

Mi alzai a fatica e guardai i miei amici, notando che stavano lottando quanto me per tenersi svegli.  Non potevo permettermi di riposare.

Lo dovevo a Big Wing.

Giurai a me stessa che l’avrei onorato a tempo debito.

«State tutti bene?» dissi, rivolgendomi agli altri e ignorando le voci.

Non risposero. Era già tanto se riuscivano a respirare.

Dovevo sbrigarmi.

«Cos’è?» urlò Sunset Shimmer, lanciando raggi viola contro le pareti, il soffitto e il pavimento, con nessun effetto visibile. «Cos’è questa roba?»

Rarity e Daniel erano a terra, sofferenti. Se volevo salvarli, quello era il momento buono.

Ignorando Sunset Shimmer, l’unica sopravvissuta oltre a noi, controllai se c’erano delle uscite.

Neanche una. Anzi, notai che la sala si stava rimpicciolendo, muovendosi continuamente come se fosse viva ed emettendo quella strana aura opprimente e stancante. Per non parlare dell’odore sempre più nauseabondo.

Caddi a terra, colta da un malore improvviso. Ci volle tutta la mia forza di volontà per rialzarmi.

Tutte le magie lanciate dall’unicorno dalla chioma rosso-gialla non avevano alcun effetto. Urlò di paura e si rannicchiò a terra, spaventata a morte.

Presi una decisione rapida. Era un azzardo usare quella magia, ma non avevo altra scelta se volevamo sopravvivere. Presi Rarity, Daniel, Redflame, Rachel e Applejack con la magia della telecinesi e le avvicinai a me. Preparai quindi l’incantesimo di teletrasporto, puntandolo a una buona distanza verso est. Non vedendo dove mi sarei diretta, era molto pericoloso.

Poco prima di lanciarlo, quando ormai le pareti erano a due metri di distanza da noi, notai che l’unicorno di nome Sunset Shimmer stava piangendo, sia per la paura che per il dolore.

Colta da pietà, l’avvicinai a me e la inclusi nel teletrasporto.

«T… Twilight … a … aiuto …» esclamò Rachel, con voce rotta dal dolore.

Le pareti erano ormai vicinissime, l’odore insopportabile, e la stanchezza quasi mortale.

Non c’era più tempo.

Con buona parte delle forze che mi rimanevano lanciai l’incantesimo.

 

Gli occhi della Principessa assistettero a uno spettacolo che in mille anni di vita non avevano mai assistito: la nave volante si stava lentamente trasformando in una creatura vivente!

I motori e il corno scomparvero nel corpo che stava diventando di carne nera come la notte più buia.

«Qualunque cosa tu sia, abominio, ti annienterò prima che ti possa completare!»

Dal corno dell’alicorno luminoso partì un altro raggio come quello precedente, che bruciò la distanza che li separava senza più trovare lo scudo a bloccarlo.

Colpì quindi con forza la nave in mutamento, creando un’altra onda d’urto che portò ulteriore distruzione alla città sottostante. Ma a parte spostare quel corpo in piena metamorfosi di circa un centinaio di metri non ci furono altre conseguenze. La carne bruciata nel punto colpito si rimarginò rapidamente grazie a una nube nera, non lasciando alcuna traccia dell’attacco.

Intanto le ali si stavano dividendo, tramutandosi da una parte in lunghissime e contorte ali di un animale non ben definito, dall’altra in quattro arti dotati di artigli simili alle mani descritte dalla sua studentessa. Nella parte inferiore apparvero arti similari a quelli superiori, ma con artigli più lunghi. Nella parte superiore, infine, spuntò una testa, dotata di lunghe corna ritorte e di cicatrici rosse su tutto il volto. Quel mostro aprì gli occhi, nei quali erano assenti le pupille, e digrignò la bocca, esibendo acuminati denti bianchi che erano grandi quanto un albero.

Malgrado l’aspetto più mostruoso di quello di un minotauro, l’espressione rimaneva quella di un essere pensante e razionale. L’espressione di un’intelligenza diabolica.

In quel momento, fissandolo negli occhi completamente bianchi, la Principessa ebbe un fremito, e la sua intera colonna vertebrale tremò.

«L’Ombra …» sussurrò, inspirando e preparandosi allo scontro più duro di tutta la sua vita.

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 - L'imperatore del nuovo mondo ***


Capitolo XXVIII

L’imperatore del nuovo mondo

 

… L’astuzia di qual demone

sta qui nascosta? ...

(Brünnhilde, dall’opera Crepuscolo degli Dei di Richard Wagner)

 

 

 

Ponycity: tarda sera del 19° giorno dall’inizio della Terza Grande Guerra

 

Tenni istintivamente gli occhi chiusi mentre lanciavo l’incantesimo, per paura di vedere dove ci saremmo ritrovate dopo il teletrasporto. Sarebbe stato ironico salvarsi da quell’orrore solo per morire teletrasportati all’interno di un muro.

Ma quando sentii aria attorno a me compresi di aver avuto fortuna e li riaprii.

Peccato che non sentii niente sotto i miei zoccoli. E mi accorsi che stavo cadendo insieme a tutti gli altri verso le macerie brucianti della città.

Usai immediatamente la telecinesi per bloccare la nostra caduta. Compito non semplice visto che eravamo in sette.

Riuscii a fermarci appena in tempo prima di finire in uno dei tanti incendi, e usai tutta la concentrazione che avevo per spostarci verso il tetto di uno dei pochi edifici rimasti intatti di quella zona, momentaneamente al riparo da fuoco e crolli.

Una volta posati tutti, mi lasciai cadere su un fianco per riprendere fiato. Persino respirare era una cosa non semplice, visto che l’aria puzzava di bruciato ed era colma di cenere.

Guardai verso ovest, e rabbrividii. La nave metallica stava diventando lentamente sempre più nera, e stava prendendo le sembianze di un mostro che sembrava uscito dagli incubi di un puledro.

Pregai con tutta me stessa che non fosse chi pensavo.

In ogni caso non potevamo restare lì a lungo.

Controllai subito le condizioni degli altri, con la testa ancora appesantita dall’orrore che avevo visto fino a poco prima. Continuavano ad essere spossati, ma almeno adesso, tra colpi di tosse e respiro più regolare, sembravano riprendersi.

Un raggio rosso mi sfiorò la guancia. Iniziò a bruciare qualche secondo dopo.

Rarity era stata la più rapida a riprendersi.

E io ero stata una stupida a non lanciarle subito una magia del sonno. O forse ero troppo scioccata per pensarci.

Ad ogni modo ora l’unicorno forse più potente del mondo mi stava puntando contro il corno fumante.

«Sei stata tu, non è vero?» urlò Rarity, con la criniera scompigliata. Aveva perso il berretto durante il breve tragitto fino a quel tetto. «Tu hai … creato … quella cosa! Non sappiamo come, ma sei stata tu, per forza! Tu hai rovinato il nostro piano perfetto!»

Rarity aveva degli occhi folli, assatanati. Solo una volta avevo visto una tale furia cieca negli occhi di un pony: la sera prima, in quelli della sua “fedele servitrice”.

«No.» dissi, cercando di restare calma, anche se sapevo che in un eventuale scontro mi avrebbe facilmente sconfitto. «Sei stata tu, Rarity, a essere stata ingannata dall’Ombra. Tu sola.»

«Non dire assurdità! Nel nostro sogno quella cosa non c’era!»

Apparve una forte luce sopra di noi, seguita qualche istante dopo da un boato.

Un’onda d’urto violenta fece tremare il tetto sotto i nostri zoccoli, ma per fortuna l’edificio resse. Una nube di polvere ci inondò, facendomi tossire, ma venne subito fatta dissipare da una magia di Rarity, che non voleva essere disturbata nel suo “discorso” con me.

Con la coda dell’occhio notai che Celestia aveva lanciato un altro dei suoi potentissimi raggi contro l’Ombra ancora in trasformazione, ma l’attacco sembrava aver provocato più distruzione alla città che danni al mostro.

«Credi davvero che io sarei in grado di fare una cosa del genere?» risposi all’accusa di Rarity «A tal punto sei diventata pazza?»

La giumenta tremava di rabbia. Stavolta non stava facendo nulla per reprimerla. Le rughe d’espressione formatesi di colpo lo dimostravano. I suoi quarant’anni ora erano ben visibili.

Il corno si caricò, preparando qualcosa di molto potente vista la sua aura.

«Non importa … libera di non ammetterlo, se ti piace mentire … siamo state troppo generose con voi … avremmo dovuto eliminarvi subito … ma rimedieremo all’istante!»

«Vi ho salvato entrambe da morte certa!» le urlai contro, con lo scudo al massimo della potenza già pronto. Non che avessi molte energie residue per renderlo resistente come avrei voluto …

«Avremmo potuto ucciderti con quel primo raggio.» rispose la regina, con una ritrovata freddezza. «Quindi abbiamo ripagato il debito. Possiamo ucciderti senza rimorso.»

Il raggio che partì dal suo corno colpì duramente il mio scudo, tanto da farmi mancare il fiato come se mi avesse colpito il petto con uno zoccolo. Malgrado fosse spossata dall’esperienza sulla nave e dagli incantesimi lanciati durante l’assalto, la sua potenza era incredibile. Non sapevo quale dei due artefatti le desse più forza, se l’Amuleto dell’Alicorno o l’Elemento della Generosità corrotto.

Ma era una domanda utile in quel frangente? Direi proprio di no.

Strinsi i denti, e con il sudore della fronte potenziai più rapidamente possibile lo scudo per il successivo attacco.

«Rendi onore al tuo titolo di studentessa preferita di Celestia. Ma noi siamo un unicorno di rango superiore.»

Il secondo raggio perforò lo scudo, e fu solo per istinto che riuscii a schivare l’incantesimo che altrimenti mi avrebbe disintegrato la testa.

Mi buttai di lato, ma prima che potessi rialzarmi mi ritrovai il corpo di Rarity sopra di me, teletrasportato in un battito di ciglia. Mi aveva bloccato a terra. E il suo corno era a pochi centimetri dal mio volto, pronto a scaricarmi addosso dolore e morte.

«La terza volta è sempre quella buona.» disse, facendo una risatina inquietante.

«SALVE CELESTIA … ATTENDEVO CON ANSIA QUESTO GIORNO».

Un rimbombo come di un tuono mi entrò nelle orecchie, composto da migliaia, milioni di voci tristi, arrabbiate, spaventate, ma che riunite in un unico coro creavano una frase ordinata, chiara, e dotata di un tono autorevole e cinico.

Rarity, fino a quel momento sicura di sé stessa, esitò, sgranando gli occhi.

Si voltò verso il colosso che sovrastava la città in macerie. E la faccia che stava facendo era di puro terrore.

La giumenta che con il suo terzo incantesimo mi avrebbe ucciso tremava di paura come una puledra.

Durante quell’attimo di distrazione venne colpita da un raggio di colore verde acqua.

Cadde a terra, ferita al collo da un buco profondo. Iniziò subito a perdere moltissimo sangue.

Mi voltai per capire chi fosse stato.

Sunset Shimmer.

La giumenta arancione chiaro, dalla criniera rosso-gialla, stava ansimando. Sorrideva, soddisfatta della sua opera.

«Ora siamo pari.»

Mi voltai verso Rarity, che tentava inutilmente di coprirsi la ferita alla gola appena sotto una guancia con gli zoccoli. Soffriva e gorgogliava a ogni respiro. Spalancai gli occhi, realizzando cosa significava lasciarla lì a morire.

«No che non siamo pari, maledetta idiota!» sboccai, avvicinandomi alla mia amica e usando tutte le mie forze magiche rimanenti per cercare di tamponare la ferita.

 

«FINALMENTE MI POSSO PRESENTARE ADEGUATAMENTE ALLA SOVRANA DI QUESTO MONDO.»

«So cosa sei, abominio!» rispose Celestia,volandogli lentamente attorno, mantenendo alta la guardia. Non poteva fare a meno di lanciare degli sguardi preoccupati alla città in rovina attorno all’essere nero come la pece, le cui zampe inferiori, muscolose e piene di peli stavano schiacciando in quel momento i resti di un edificio. Anche se non era stato il diretto responsabile di quell’eccidio, lo fissava nel volto deturpato da cicatrici rosse come se lo fosse.

«DAVVERO? SENTIAMO ALLORA, PRINCIPESSA. QUAL’E’ IL MIO NOME?»

L’assalto di voci, che non si capiva se era mentale o fisico, era talmente caotico che in certi punti della frase sembravano pronte a dividersi, ed erano mischiate perfettamente a urla e risate perverse. Tutto ciò mantenendo senza problemi chiarezza e tono superbo. Sul volto della Principessa si notava bene la fatica che faceva per sopportarle. Fatica acuita dalla sua recentissima perdita.

«Ombra.» gli rispose, prendendo tutta la sua determinazione per mettere autorità nella parola pronunciata.

Si sentirono delle risate nell’aria, trasportate dal vento e dalle fiamme.

«NOME BANALE! DAVVERO BANALE! NELLA MIA LUNGA ESISTENZA NE HO SENTITI DI MOLTO PIU’ INTERESSANTI ED ESOTICI: SATANA, BELZEBU’, BAAL, TIAMAT, SETH, ARES, ADE, LOKI, DIS PATER, ITZLACOLIUHQUE, SEKHMET, UPUAUT, SHIVA … TUA SORELLINA POTEVA INGEGNARSI UN PO’ DI PIU’.»

«Non parlare di mia sorella in questo modo!» urlò l’Alicorno del giorno, illuminando ancora di più il proprio manto.

Un raggio di luce partì dal suo corno, colpendo il mostro in mezzo agli occhi.

 

Un’altra scossa fece tremare pericolosamente il palazzo sotto di noi. Sentii rumore di mura crollate nei piani inferiori, ma il tetto restò intatto per miracolo. C’erano però sempre più scricchiolii a ricordarmi che quel posto non era sicuro.

«Non era questo che volevi?» esclamò Sunset Shimmer, rimasta scioccata ad osservarmi. «Non eri arrivata sino al palazzo per ucciderla?»

La giumenta ricevette una zoccolata in faccia così forte che cadde a un metro di distanza. Non muovendosi più, immaginai fosse svenuta.

La zampa arancione che l’aveva colpita tornò a terra, e la sua proprietaria la scosse un po’ per far passare l’indolenzimento.

«Ha la testa più dura di quanto sembra.» esclamò Applejack, avvicinandosi a me. «Come sta?»

«Non bene.» dissi, mentre con la magia le ricreavo parte della trachea mancante. L’Amuleto dell’Alicorno e l’Elemento della Generosità erano completamente ricoperte del suo sangue. «Quella pazza per poco non l’ha ammazzata sul colpo.»

«Se la caverà?»

Non risposi, troppo impegnata nel punto più delicato della magia della rigenerazione. Per fortuna l’avevo già sedata, così evitavo spiacevoli … inconvenienti.

«Cosa diavolo è quell’affare?» domandò Redflame, con il volto puntato al colosso nero alato a circa un chilometro di distanza da noi, fermo a fissare Celestia che gli volteggiava attorno. Li sentivo dialogare, ma ero troppo impegnata per seguire il discorso.

«E’ l’Ombra?» chiese Rachel, tremando mentre lo diceva.

«Sssì.» dissi, strascicando le parole mentre completavo l’incantesimo. Come risultato, Rarity respirò in modo più regolare, ma era ancora lontana dall’essere fuori pericolo.

Mi diedi un momento per riprendere fiato e per osservare meglio il nostro nuovo nemico.

Aveva fattezze molto vicine a quelle umane, con due gambe e quattro braccia, più due lunghe e ampie ali mai viste prima d’allora in un animale. Sembravano vagamente un misto tra quelle di un pipistrello e un pegaso, ma molto più grandi e venose. Il corpo era massiccio e muscoloso, e malgrado fossero neri come la pelle si intravedevano peli nella parte inferiore del corpo.

Feci un’espressione schifata. Era orribile a vedersi.

«Siamo troppo vicine per i miei gusti.» disse Applejack. «Dobbiamo andarcene da qui, alla svelta.»

«Qualcuno ha detto alla svelta?» urlò una voce in avvicinamento.

«Stanno arrivando i rinforziii!» ne esclamò un’altra.

Rainbow Dash e Pinkie Pie atterrarono insieme agli altri nostri compagni accanto a me. Lyra, anche se rimasta piccola come un pettirosso sulla sella della pegaso dalla chioma arcobaleno, vide subito quanto fosse grave la situazione di Rarity.

“Dobbiamo portarla subito in un posto sicuro!” mi disse telepaticamente.

Annuii, facendo cenno a Redflame di prepararsi.

«C’è qualcosa che non va con Daniel!» esclamò Rachel accanto al pegaso, con un tono che non mi piacque.

«E dov’è Big Wing?» chiese Little Bolt, urlando per farsi sentire a causa delle sue dimensioni.

Come se la situazione non fosse già abbastanza problematica …

E dato che il destino amava darmi mazzate sul corno, mi accorsi che la testa del colosso si era voltata verso di noi e ci aveva puntato contro una mano artigliata grande quanto un edificio.

 

«TUTTO QUI QUELLO CHE SAI FARE?» disse l’Ombra, toccandosi il volto bruciato. Una nube nera apparve nell’area offesa, e nell’arco di pochi secondi la nebbia si solidificò creando nuova carne nera al posto della ferita. La sua espressione fiera tornò come nuova. «EPPURE FINO A POCO FA ERI A UN PASSO DAL DISTRUGGERE QUELLA NAVE.»

La Principessa stava tremando. Il suo volo si fece più incerto.

«FORSE E’ IL MIO ASPETTO A FARTI PAURA E A TOGLIERTI LA DECISIONE NECESSARIA? PERCHE’ SE VUOI POSSO CAMBIARLO. NE CONOSCO ALCUNI CHE NEL POSTO DA CUI VENGO ERANO PERSINO VENERATI.»

Celestia era incerta su come agire. Continuava a volargli attorno, pronta per qualsiasi suo contrattacco. Ma l’alato mostro nero sembrava tutto fuorchè desiderare una lotta. Almeno così sembrava.

«ANCHE SE QUESTA FORMA NON MI DISPIACE.» continuò il mostro, osservandosi una delle sue grandi mani artigliate. «RIASSUME GRAN PARTE DELLE FORME CHE MI RIGUARDANO, HA QUEL NON SO CHE DI DEMONIACO, TANTO ODIATO DAI PALADINI DEL BENE, E POI, SE NON L’AVESSI CAPITO, IL NERO E’ IL MIO COLORE PREFERITO.»

«Cosa sei?» domandò Celestia, cercando di prendere tempo.

Non che il suo nemico avesse particolare fretta.

«FARESTI PRIMA A CHIEDERMI COSA NON SONO. MA PER SEMPLIFICARTI IL CONCETTO TE LO RIASSUMERO’ IN UNA SOLA PAROLA. IO SONO IL PECCATO: SONO NATO DALLE PULSIONI PIU’ ORRIBILI DI ESSERI CHE TI SONO STATI A MALAPENA ACCENNATI, E DA ESSI HO TRATTO OGNI SINGOLA BRICIOLA DEL POTERE DI CUI DISPONGO. DAVANTI A TE HAI LA SINTESI PERFETTA DELLA PARTE PEGGIORE DELL’UMANITA’ … E DI PARTE DI QUELLA PONY.»

L’Ombra si voltò verso un punto specifico della città distrutta.

«OH, GUARDA. SCUSAMI SE INTERROMPO QUESTO BEL DISCORSO,» disse, puntando in quella direzione una delle sue mani. «MA E’ UN’OCCASIONE TROPPO GHIOTTA PER LASCIARMELA SFUGGIRE.»

Celestia si voltò nella sua stessa direzione, e spalancò la bocca e gli occhi quando riuscì a vedere delle figure familiari.

«Twilight …» sussurrò, con delle lacrime di gioia che le scorrevano sulle guance.

Si voltò verso il mostro.

«Non osare far loro del male!» urlò Celestia, più furente che mai.

«ALTRIMENTI? MI COLPIRAI CON UN ALTRO DI QUEI RAGGI CHE MI FANNO A MALAPENA IL SOLLETICO? IN QUESTA FORMA SONO PRATICAMENTE IMMORTALE. NULLA DI QUELLO CHE TU HAI IMPARATO IN MILLE ANNI PUO’ FARMI DEL MALE. »

L’alicorno usò il teletrasporto, appena in tempo per intercettare l’attacco magico scaturito dal palmo dell’essere.

 

L’incantesimo, nero come la notte che stava sopraggiungendo, colpì lo scudo magico lucente creato dall’Alicorno, esteso a tutto l’edificio. L’onda d’urto creata stava facendo nuovamente tremare tutto.

«Principessa …» esclamai, guardandola imbambolata mentre, a circa dieci metri sopra di noi, ci proteggeva dall’attacco dell’Ombra.

«Muoviti!» esclamò Applejack, risvegliandomi dal torpore colpendomi con uno zoccolo al fianco. «Dobbiamo andarcene di qui.»

Mi riscossi, e con la magia del corno trasportai il corpo di Rarity, Daniel e Sunset Shimmer sulla sella di Redflame. Non so perché stavo di nuovo facendo quel favore a Sunset, ma in fondo mi aveva salvato la vita. A suo modo.

«Presto!» urlò Celestia, con un tono che tradiva uno sforzo immenso.

«NON MALE, CELESTIA. DAVVERO NON MALE.»

Dopo aver allacciato le cinghie, diedi un colpo di zoccolo alla schiena di Redflame. «Andiamo!»

Il pegaso e Rainbow Dash scattarono verso l’alto, lasciando l’edificio che, pochi istanti dopo, crollò su sé stesso rilasciando un nuvolone di polvere.

 

L’incantesimo oscuro dell’Ombra continuò a premere sullo scudo di Celestia con la forza di una montagna, ma il volto della sovrana di Equestria desiderava tutto fuorché cedere, malgrado il sudore iniziasse a imperlarle il volto.

«CI TIENI COSI’ TANTO A ESSERE LA PRIMA A MORIRE PER MANO MIA? NON HO ALCUN PROBLEMA AD ACCONTENTARTI.»

L’alicorno, resasi conto che stava per potenziare l’attacco, con un forte colpo d’ali si spostò di lato. La magia oscura proseguì ininterrotta la sua strada e colpì il parco principale di Ponycity.

Il boato successivo fu così forte da farla vibrare, e il vento creato spense gli incendi più piccoli e le fece quasi perdere l’assetto di volo.

Si voltò, guardando una nuvola a forma di fungo innalzarsi sopra il punto colpito. Da quel poco che riusciva a vedere attraverso il fumo, non era rimasto niente più alto di due metri nel raggio di tre chilometri. Non che quello che si trovava nel raggio di quattro chilometri stesse meglio.

 

«Maledizione, vola più rapidamente!» esclamò Applejack, tenendosi ben attaccata alla sella una volta che l’onda d’urto ci colse.

«E’ già tanto se riesco a volare!» esclamò Redflame, boccheggiando. «Più di così non riesco ad andare.»

«Secondo pegaso più veloce del mondo un cavolo!» lo pizzicò Rainbow Dash.

Ci stavamo dirigendo verso la vecchia Ponyville, uno dei pochi posti di Ponycity lasciato quasi intatto dalla devastazione portata da Rarity, e abbastanza lontano dallo scontro da darci un po’ di respiro. Rainbow Dash volava davanti a Redflame, aiutandolo ad aumentare la velocità grazie alla sua scia.

«Come sarebbe è morto?» esclamò scioccato Little Bolt, fissandomi dalla sella davanti. «Non … come …»

«Mi dispiace.» gli dissi, sospirando. «Non so come sia successo … non ho potuto fare niente per salvarlo. Mi dispiace.»

«Noo!!!» urlò lui, iniziando a piangere e battendo gli zoccoli sulla sella. Rainbow Dash, anche se in difficoltà per quel movimento sulla sua schiena, non disse niente e lo lasciò sfogare.

«No … no … no…» continuò a ripetere, piangendo sempre più in silenzio, finchè non si zittì e si chiuse nel suo dolore. Scrolley le posò uno zoccolo sulla schiena, massaggiandogliela per dargli forza.

A peggiorarmi l’umore ci pensò il volto preoccupato di Rachel.

«Cosa c’è?» le chiesi, sentendo in quel momento ulteriori esplosioni alle mie spalle.

L’idea che la mia mentore stava combattendo da sola l’Ombra mi terrorizzava.

«Si tratta di Daniel.» mi disse, fissando il suo corpo quasi immobile. «E’ l’unico di noi che sta peggiorando. Non vorrei che …»

«… quel rituale che ha trasformato la nave nell’Ombra gli stia facendo qualcosa?»

Gemetti. Le cose andavano di male in peggio.

“Come sta Rarity?” domandai telepaticamente a Lyra.

“Sta bene adesso. O almeno è in condizioni di essere purificata.”

“Bene. Dobbiamo sbrigarci. Temo che Daniel abbia subito un maleficio. Se vogliamo salvarlo credo che l’unico modo sia quello di sconfiggere l’Ombra. E per farlo ci servono gli Elementi!”

“D’accordo.”

Atterrammo di fronte alla mia cara vecchia biblioteca. Non c’erano pony in giro. Erano tutti scappati dopo aver visto quella nave gigantesca portare morte e distruzione ovunque.

Ciò rendeva il nostro compito più semplice.

Posammo delicatamente i corpi di Daniel, Rarity e Sunset Shimmer vicino alla porta, dall’altra parte dell’edificio.

«Non c’è tempo.» dissi, rivolgendomi a Rachel. «So che sei preoccupata per Daniel, ma devi purificare Rarity. Solo così potremo sconfiggere l’Ombra e salvarlo.»

Rachel, riponendo speranza nelle mie parole, si avvicinò alla giumenta.

Tutti, a parte Little Bolt che si era chiuso in un mutismo colmo di lacrime, tennero le armi puntate per precauzione sull’unicorno bianco.

«Forza Rachel.» la incoraggiò Pinkie Pie. «Ridacci la nostra amica Rarity.»

L’unicorno verde annuì, facendole un sorriso. Si concentrò e dopo aver fatto illuminare il corno dei vari colori degli elementi lanciò un raggio verde.

 

Celestia volò verso l’alto, ricevendo contro lo scudo una marea di piccoli incantesimi non più grandi di una goccia di pioggia ma abbastanza potenti da farlo traballare.

«DOVE SCAPPI? NON DESIDERAVI COMBATTERE CON ME FINO A POCHI ISTANTI FA?»

L’alicorno smise di salire e cabrò di colpo, togliendosi dalla traiettoria dell’attacco. Usò quel momento di calma per lanciare un incantesimo che creò una grossa nuvola nera sopra la testa dell’Ombra. L’essere alzò lo sguardo, in tempo per ricevere una decina di folgori sul volto.

Il mostro barcollò un po’, ma dopo aver scosso il capo e aver sgranchito il collo, tornò a guardare Celestia.

«BEL TRUCCHETTO.» disse, mentre le escoriazioni sul volto venivano guarite dalle nubi nere di fronte agli occhi dell’esterrefatta Principessa.

Caricò il corno, e lo scaricò con un raggio di pura luce bianca, colpendolo al petto.

La ferita risultante, poco profonda, iniziò di nuovo a cicatrizzarsi.

Celestia non si scoraggiò e ripetè l’incantesimo una, due, tre volte, infierendo su quel punto, continuando a spostarsi in volo mentre l’Ombra cercava di colpirla con le sue magie oscure, alzandosi a sua volta in volo grazie alle sue enormi ali.

La ferita continuò ad allargarsi, ma non sgorgava alcun liquido vitale. Al quinto tentativo riuscì persino a forarlo da parte a parte: il Raggio Solare continuò il suo tragitto verso terra, colpendo una parte della città ancora intatta, facendola esplodere in una detonazione quasi silenziosa di pura luce.

L’Ombra però non sembrava risentirne. A parte un vago ghigno di dolore ridacchiava.

«RENDI DAVVERO ONORE AL TUO NOME, PRINCIPESSA DEL SOLE.» disse, voltandosi verso le poche macerie rimaste dall’attacco di Celestia. Attorno al cratere formatosi si era formato un cerchio di alte fiamme.

Il buco creatosi nel petto si rimarginò, anche se un po’ più lentamente.

«NON PUOI UCCIDERMI IN QUESTA FORMA! SONO IMMORTALE! LO ERO ANCHE PRIMA, MA ADESSO HO POTERI CHE PRIMA POTEVO SOLO SOGNARMI.»

Lanciò dalla punta di un artiglio una sfera di energia nera che bruciò la distanza tra lui e Celestia. L’alicorno, spossato, non potè far altro che pararla con lo scudo e deviarla. Purtroppo continuò il suo tragitto verso terra, spazzando via delle fattorie in lontananza.

Celestia sospirò, mantenendosi in volo a malapena.

«Non sono mai arrivata ad usare così tanta potenza magica in una sola volta.» disse l’alicorno, cercando di rendere chiara ogni parola, come se fossero le sue ultime volontà. «Né ne avrei bisogno in un mondo guidato dall’Armonia. Ma troppo a lungo sono rimasta seduta ad aspettare che il marcio avanzasse. Troppo a lungo ho lasciato che i pony cadessero vittima di orrori insopportabili. E tutto questo solo per paura di fare loro del male. Se per salvare quel poco di armonia rimasta dovrò sacrificare delle vite, ebbene sia! Non mi tirerò più indietro!»

Il corno di Celestia si illuminò, e il suo volto iniziò subito ad imperlarsi di sudore. Alzò la testa verso il cielo, chiudendo gli occhi.

«ORA VOGLIO PROPRIO VEDERE COSA HAI IN SERBO.» disse l’Ombra, rilassata mentre la osservava con tutte e quattro le braccia conserte.

 

Rachel stava sudando come non mai mentre il raggio colpiva l’Elemento di Rarity. I colori sull’artefatto faticavano a prendere terreno, e diverse volte temetti che sarebbe stata costretta a ricominciare tutto da capo.

Capii cosa la stava affaticando così tanto quando vidi l’Amuleto dell’Alicorno brillare di una vaga aura rossa.

«Si sta opponendo alla magia di Rachel.» sussurrò Lyra quando espressi il mio dubbio sottovoce, per non distrarre Rachel. «La potente malvagità insita al suo interno si è accorta della magia purificatoria e la sta combattendo insieme alla corruzione dell’Elemento, amplificando esponenzialmente la resistenza.»

Rachel stringeva i denti, mentre gocce di sudore scendevano fino a terra. Il corpo di Rarity, addormentato, si dimenava colto da un terribile incubo. Di tanto in tanto urlava cose come «Lasciami stare! Vattene!».

«Come possiamo aiutarla?» domandai, sentendomi impotente per la seconda volta della giornata ormai quasi finita.

Anche se stranamente il cielo sembrava iniziare a schiarirsi. Forse erano i chiarori del combattimento tra Celestia e l’Ombra.

«Non si può.» disse perentoria Lyra. «E’ tutto nelle mani di Rachel.»

«Negli zoccoli.» la corresse Rainbow Dash, vicina a lei.

Lyra sbuffò. «E’ lo stesso. Soprattutto nel suo caso.»

Quella battuta di Lyra riuscì a strapparmi una risata. Malgrado la situazione e malgrado non fossi affatto dell’umore.

Improvvisamente Rachel perse l’equilibrio e cadde su un fianco, spossata dallo sforzo. Applejack accorse per tirarla su.

«No!» esclamò l’unicorno verde. «Ce la … posso fare.»

I colori sull’Elemento erano a malapena giunti a metà in quel momento.

Rachel si rialzò, digrignando i denti, il volto una maschera di sudore.

«Ce la … devo fare.»

Più si sforzava, più l’aura sull’Amuleto dell’Alicorno prendeva forza. E più l’unicorno bianco si dimenava per gli incubi.

«Non voglio … no … basta …»

I colori avevano da poco superato la metà quando si arrestarono, iniziando a retrocedere.

«Eh no, dannazione!» sbottò Rachel. «No! Purificati, stupido Elemento. Fallo, altrimenti quando si risveglierà nulla mi impedirà di darle una zoccolata in faccia per quello che ha fatto a Daniel!»

Il nuovo vigore trasmesso nell’incantesimo permise ai colori di riprendere forza, con una tale energia che l’aura dell’Amuleto dell’Alicorno si spense completamente. L’artefatto stesso si staccò “di sua spontanea volontà” dal collo di Rarity quando l’Elemento fu del tutto purificato, rotolando su un fianco.

Rachel fece in tempo a fare un’espressione trionfante. Poi crollò a terra come una bambola di pezza, completamente esausta.

Mentre Lyra controllava le sue condizioni, presi con la telecinesi l’Amuleto dell’Alicorno e mi accertai di nasconderlo all’interno della biblioteca in uno scomparto segreto che solo io conoscevo. Mi sarei presa cura di portarlo in un posto più sicuro appena possibile.

Uscii, notando che il cielo era molto più chiaro del solito. A quell’ora tarda della sera dovevano vedersi le prime stelle della notte. E stranamente non si sentiva alcun cenno del combattimento tra Celestia e l’Ombra.

Entrambe queste due cose erano un pessimo segno.

Rarity intanto aveva ripreso i sensi.

Era in iperventilazione per gli incubi che aveva avuto fino a poco prima. Per lei dovevano essere stati persino peggiori a causa della corruzione dell’Amuleto.

Fluttershy e Pinkie Pie furono le prime ad accorrere ad abbracciarla, sia per confortarla sia per evitare che si facesse del male, mentre Applejack e Rainbow Dash si limitarono a starle accanto sorridendo.

«Sei tra amiche, Rarity.» le disse Pinkie, emozionata.

«Ora siamo di nuovo tutte insieme.» si aggiunse Fluttershy, in lacrime. «Non faremo più del male a nessuno.»

Rarity, tremante, fissava un punto non ben definito, e sembrava non capire dove si trovasse. Anche l’espressione era neutra. Né felice, né triste.

Era in chiaro stato di shock.

«Lasciatemi passare.» disse Lyra, mettendo gentilmente da parte Applejack con uno zoccolo.

Con il corno caricò un incantesimo e toccò la fronte, scaricandoglielo nella mente. Dopo qualche istante, l’espressione indefinita della giumenta bianca s’incrinò, e gli occhi divennero lucidi.

«Per Celestia, cosa ho fatto …»

Per la terza volta vidi una delle mie amiche scoppiare in un fiume ininterrotto di lacrime.

«Perché, perché, perché?» urlava istericamente, bagnando gli zoccoli di Pinkie e Fluttershy che la tenevano stretta, piangendo con lei.

Applejack e Rainbow Dash si aggiunsero all’abbraccio.

Finalmente …

Tutte le mie amiche erano di nuovo insieme …

Dopo vent’anni …

Quand’era l’ultima volta che avevamo fatto un abbraccio di gruppo? Sembrava passata un’eternità, e alcune volte mi ero persino domandata se un tale evento fosse mai accaduto, talmente mi ero abituata a quel mondo in cui erano mortali nemiche.

Stavo per avvicinarmi alle ragazze per aggiungermi all’abbraccio e godermi quell’istante, quando una forte luce e uno strano eco mi distrassero. Il cielo si era illuminato di un azzurro molto chiaro, molto simile a quello di mezzogiorno. Vidi Redflame spiccare il volo per vedere cosa fosse successo, e quando aggirò la biblioteca lo vidi coprirsi istintivamente gli occhi.

Incuriosita aggirai a mia volta l’edificio, e quando guardai in quella direzione rimasi quasi accecata, come se avessi guardato direttamente la luce diretta del sole.

Lanciai l’incantesimo che creava delle lenti magiche scure (molto utile per le mie osservazioni dell’astro diurno) e quando le misi davanti agli occhi spalancai la bocca così tanto che mi mancò poco allo slogarmi di nuovo la mascella.

 

Le poche stelle che erano visibili nella tarda serata iniziarono nuovamente a sparire, nascoste dalla luce sempre più chiara proveniente da ovest. Poi, all’improvviso, il sole sorse dal punto in cui era tramontato poco prima, esattamente dietro le spalle della sovrana.

L’espressione dell’Ombra mostrava disappunto.

«DA DOVE VENGO IO AVRESTI IMPRESSIONATO MILIARDI DI PERSONE, MA QUI HAI SOLO FATTO SORGERE IL SOLE DALLA PARTE SBAGLIATA. NON E’ CHE SIA CHISSA’ QUALE POTERE.»

Celestia continuò a concentrarsi, e quando il sole fu all’altezza giusta caricò di nuovo il corno. Attorno ad esso si crearono lentamente un alone dopo l’altro. Cinque, dieci, venti, cinquanta. Le aure attorno al suo corno erano talmente larghe che superavano la grandezza del suo corpo. Corpo che tremava per l’enorme energia accumulata. Lo stesso sole, alle sue spalle, sembrava tremare.

«MMMH.» sibilò l’Ombra, lisciandosi il mento.

Celestia mostrò i denti, storcendo il viso in un’espressione furiosa. Puntò il corno ormai quasi invisibile in mezzo a tutti quegli aloni gialli, inspirò profondamente e tirando fuori l’aria dai polmoni lanciò l’incantesimo.

La circonferenza del sole iniziò a ridursi, comprimendosi verso il suo centro. L’astro tremava sempre di più.

«ORA SI’ CHE SI FA INTERESSANTE.» commentò l’Ombra, sorridendo.

Improvvisamente la stella sembrò esplodere, e un colossale fascio di luce eruppe dal suo centro, dirigendosi verso la Principessa. Attraversò mezzo mondo, investendo di un calore indescrivibile tutto ciò che incontrava e accecando chiunque osasse guardarlo direttamente. Il calore al suo interno era tale che persino le fiamme si scioglievano e vorticavano furiosamente. Nei punti in cui il raggio arrivava troppo vicino al terreno l’onda d’urto scagliava via zolle e rocce grandi come case. Quando arrivò a Ponycity il cielo passò dall’arancione scuro del crepuscolo all’azzurro chiarissimo: sembrava apparso un secondo sole a poche centinaia di metri d’altezza.

Il raggio, largo centinaia di metri, colpì in pieno Celestia. La sovrana non ne risentì: il flusso infuocato passò attorno al suo scudo senza arrecarle danno. La monarca strinse ancora più i denti, tanto che sembravano pronti a rompersi, nello sforzo immane di convogliare più forza possibile nel raggio e dirigerlo contro il suo nemico. Il corno non si vedeva più tra gli aloni di luce creati, e l’espressione dell’alicorno puntava in una sola direzione.

L’Ombra non ebbe tempo di spostarsi. La colonna di luce rovente di proporzioni colossali lo colpì in pieno, cancellando all’istante ogni singola parte del suo corpo. Non fece nemmeno in tempo a essere incenerito. In un battito di ciglia del colosso non era rimasta neanche la polvere.

Il raggio continuò il suo tragitto come se non avesse incontrato niente. Forò la montagna più vicina, facendone crollare un intero versante, e proseguì fin oltre l’orizzonte.

Celestia disattivò l’incantesimo e il fascio di fuoco smise di venire lanciato verso est.

L’alicorno del sole respirava a fatica, con la gola riarsa, ma con un leggero sorriso stampato in volto. Il fuoco attorno a lei venne tirato via da una forza sconosciuta, tornando verso il sole.

«Una tale potenza … dal Talento Impetuoso.» commentò l’alicorno, boccheggiando.

 

Non riuscivo a credere ai miei occhi. Li chiusi e li riaprii più volte, pensando che la cenere respirata mi avesse dato alla testa, ma era tutto vero.

Celestia aveva appena usato lo stesso sole per disintegrare l’Ombra!

Non … non avevo parole per … per … quello che … che avevo appena visto.

Mi voltai per guardare la montagna vicina mentre crollava su sé stessa con un fragore che si sentiva sin qui. Quanti altri danni aveva creato involontariamente la mia maestra nel resto del mondo solo per sconfiggere il nostro nemico?

Rabbrividii al solo pensarci, ma in quel momento ero troppo eccitata nel vedere che l’Ombra era stata distrutta.

Il mio lato razionale mi calmò. Forse era il pessimismo acquisito nella permanenza in questo mondo corrotto a parlare, ma la sensazione che non fosse affatto finita era forte.

E infatti qualcosa capitò.

 

Celestia lo notò solo dopo che il fascio di fuoco era completamente tornato sul sole, dove gli apparteneva.

Nel punto dove prima si trovava l’Ombra era possibile vedere delle vaghe formazioni nuvolose. Facilmente scambiabili per il fumo provocato dalla città distrutta al di sotto, ma non più quando esse aumentarono di dimensioni, assumendo una forma ben precisa. Una forma che provocò nell’alicorno un tremore istintivo.

«No! Non è possibile!»

Anche se stremata, caricò un altro raggio solare e lo lanciò contro la nube che si stava solidificando. L’attacco bucò un punto equivalente all’addome del mostro, ma tale buco venne facilmente rimpiazzato da nuove nuvole pronte a solidificarsi. L’unico effetto dell’attacco fu un’altra porzione della città distrutta.

Presa dal più totale panico, riflesso dagli occhi spalancati, lanciò un altro incantesimo. Nella direzione puntata dal corno si creò un vento forte quanto un uragano, che distrusse e fece volare via quel poco che era rimasto in quel lato della città: blocchi di cemento, metallo fuso, automobili accartocciate, cenere e persino cadaveri di pony vennero scaraventati in tutte le direzioni, insieme al fumo degli incendi ormai spenti.

Tutto nella speranza di poter dissipare quelle nuvole e impedire che l’Ombra si riformasse.

Ma per quanto si sforzasse, per quanto esse si dissolvessero, per quanta distruzione portasse, la nebbia oscura continuava a tornare nel punto di prima.

«Non può … essere …» esclamò l’alicorno bianco, fermando l’attacco di vento, allo stremo delle forze. Faceva persino fatica a rimanere in volo.

In un ultimo, disperato tentativo, si lanciò direttamente contro l’Ombra, accelerando a tal punto da diventare un proiettile vivente. E malgrado fosse ormai completamente solidificato, riuscì a penetrarlo grazie alle energie confluite nello scudo.

L’espressione di dolore dell’Ombra fu l’unica conseguenza di quell’azione.

Celestia fece una veloce cabrata ai limiti della fisica e puntò verso la nuca dell’essere.

«ADESSO BASTA!»

L’Ombra mosse un’ala contro la Principessa. Troppo grande per essere evitata, ne ricevette la piena forza contro lo scudo, che non le impedì di venire scagliata a terra dalla violenza del colpo.

L’alicorno del giorno atterrò bruscamente in mezzo alle macerie create dal loro combattimento, creando un piccolo cratere e una nuvola di detriti e polvere.

 

Terrore … puro terrore misto a lacrime. Non riuscivo neanche a urlare dopo aver visto Celestia venire colpita così violentemente da quell’ala. La voce mi moriva in gola.

Come potevamo sconfiggere quella cosa? Un mostro che riusciva a sopravvivere dopo essere stato distrutto dal calore dello stesso sole?

Barcollavo per la paura. In quel momento volevo solo arrendermi e lasciarmi uccidere in fretta.

«Non c’è un secondo da perdere.» disse Lyra rimasta al mio fianco a osservare la scena. «Celestia non resisterà ancora a lungo! Abbiamo bisogno degli Elementi!»

Scossi la testa e con uno zoccolo mi asciugai il sudore e le lacrime. Mi ero ripromessa di non lasciarmi cogliere dalla disperazione. E non l’avrei fatto di sicuro proprio ora che avevamo tra gli zoccoli l’unica speranza di sconfiggere l’Ombra.

Galoppai insieme a Lyra e Redflame dietro la biblioteca, trovando le mie amiche che parlottavano tra loro a bassa voce. Rarity sembrava essersi ripresa e stava discutendo con Fluttershy con un vago sorriso.

Sunset Shimmer intanto si era svegliata e se ne stava tranquilla in un angolo, sorvegliata da Rachel. Anche Lyra e Redflame, arrivati lì con me, andarono a tenerla sott’occhio. Solo Little Bolt, ancora sconvolto dalla sua perdita, se ne stava lontano da tutti, in silenzio.

«Ragazze!» esclamai, attirando l’attenzione delle mie amiche. «So che vorreste più tempo per riprendervi, ma non ne abbiamo. Se non agiamo in fretta, tutti i nostri sforzi saranno stati inutili!»

«Cosa succede?» domandarono quasi tutte all’unisono, chi più forte chi più sussurrato.

Feci un profondo respiro, cercando il coraggio necessario per guidarle un’altra volta contro un nemico. Il peggiore incontrato in tutta la nostra vita.

«L’avete visto anche voi quel colosso nero che combatteva contro Celestia. Non c’è dubbio, si tratta dell’Ombra.»

Venni interrotta da esclamazioni di sorpresa e paura. «La mia mentore non ce la farà senza il nostro aiuto. Abbiamo l’unico mezzo che può sconfiggerlo. Lo stesso mezzo che è riuscito a sconfiggere Discord e Nightmare Moon per ben due volte. Vi chiedo di tornare a usare gli Elementi per una buona causa, dopo così tanti anni di corruzione.»

Presi dalla mia sacca il mio Elemento e lo poggiai sulla testa. Sembrava pesare più del solito: la responsabilità che mi ero presa era enorme.

«Insieme ce la faremo.» conclusi, convincendo non solo loro ma soprattutto me stessa.

Le mie amiche guardarono i loro Elementi per qualche istante, poi mi fissarono e annuirono una dopo l’altra.

«Facciamo vedere all’Ombra di cosa siamo capaci!» esclamò con sicurezza Rainbow Dash alzando uno zoccolo .

«Gliela farò pagare per avermi manipolata.» esclamò Rarity, sostituendo il dolore con una cieca determinazione.

«Così non potrà più fare del male a nessuno.» si accodò Fluttershy, la cui criniera nera mal si addiceva al suo tono gentile.

«Ben detto Fluttershy!» disse Pinkie, posandole uno zoccolo sulla spalla. «Andiamo allora!»

Fissai l’aria sempre più determinata delle mie amiche e sorrisi.

Malgrado i piani dell’Ombra, ero riuscita a riunire ciò che lui aveva diviso ed eravamo finalmente in grado di usare gli Elementi dell’Armonia contro di lui. Anche se avevo visto di cosa era capace, anche se avevo visto la sua mole, sentivo, con tutta me stessa, che l’avremmo sconfitto. Avremmo trasformato il nostro dolore in forza, trasferendola nelle nostre virtù e nei nostri Elementi.

Ora avevamo tra gli zoccoli la difesa più potente di tutta Equestria. Ero certa che avremmo trionfato alla fine.

All’improvviso cadde un ramo di fronte a me. Dalle foglie capii che si trattava di parte dell’albero con cui era costruita la biblioteca.

Quando alzai lo sguardo per capire da dove fosse caduto, sbiancai.

La convinzione ottenuta a fatica sino a quel momento sembrò svanire di fronte alla nuova forma presa dall’Ombra, più piccola ma ugualmente terrificante.

 

L’Ombra si avvicinò al punto dove era atterrata Celestia, riducendosi magicamente di dimensioni fino a diventare alta poco più di tre metri, mantenendo però lo stesso aspetto e proporzioni.

«Hai combattuto bene, Celestia. Non avevano torto i pony a definirti una dea. Sono molto pochi quelli che sono in grado di sfruttare un tale potere e vivere. Avresti potuto sconfiggere tutti i tuoi nemici facilmente se lo avessi sfruttato. Avresti potuto riportare facilmente la tua cara Armonia se avessi voluto

Celestia si alzò lentamente, piena di ferite, con il volto umido di lacrime, provocate dal dolore fisico e psicologico. Salì per il pendio del cratere da lei creato, traballando pericolosamente. Una delle ali penzolava inerte, ricoperta di sangue. Alcune piume erano cadute e continuavano a cadere mentre avanzava.

«Io … io non sono come te … non ho bisogno … di usare tutte i miei poteri … per ottenere ciò che desidero … e non sono l’unica che … può risolvere i problemi del mondo. Ho sempre cercato di insegnare … ai miei sudditi come salvarsi da soli. Perché sarò … anche immortale … ma ciò non mi rende eterna …»

Un rivolo di sangue scese dalla bocca dell’Alicorno. Malgrado ciò tenne alta la guardia e fissò con fermezza il suo nemico.

«Ed è qui che sbagli, mia vecchia ma ingenua Principessa. Io sono la prova vivente che l’eternità esiste. Quando nacqui tu io ero già antico. E come hai visto, nemmeno il tuo caro sole può porre fine alla mia condizione. Ho avuto un inizio, ma non avrò mai una fine, quindi sono eterno. Nel corso dei secoli ho scoperto molti modi per ottenere ciò che sono. Se solo volessi potresti diventare anche tu come me …»

«Non è con le parole né con i fatti che mi … convincerai ad abbracciare il male.»

L’Ombra rise.

«Ma io non voglio affatto portarti dalla mia parte. Non ci sono riuscito fino adesso usando metodi più subdoli ed efficaci, non vedo come potrei riuscirci con metodi così rozzi come le parole o un combattimento. Ero solo curioso di vedere di cosa eri capace, e mi hai sinceramente stupito. Il tuo ultimo trucchetto è degno di essere inserito nei capitoli di storia, e la tua vita di essere raccontata negli eoni a seguire. Ma il tempo di giocare è finito. Stai vivendo gli ultimi istanti del tuo crepuscolo

Dal corno di Celestia partì un raggio bianco, che trapassò il petto dell’Ombra, andando a colpire un edificio semi crollato che si intravedeva nell’orizzonte, distruggendolo in un lampo di luce. Il petto si riformò rapidamente, e l’Ombra scosse la testa.

«Come la tigre all’angolo, combatti fino all’ultimo, vero? Mi piace questo atteggiamento. Dimostra che non sei una vigliacca.»

Celestia stava per lanciargli un secondo raggio, ma l’Ombra corse verso di lei e la bloccò: con due mani artigliate gli tenne fermo il corno, mentre con le altre due gli strinse la gola. La Principessa cercò di dimenarsi, ma la stretta del mostro era troppo serrata. L’alicorno annaspava per trovare aria, mentre gli occhi sbarrati piangevano ancora di più per il dolore.

«Lascia allora che ti riveli qualche piccolo segreto che ti porterai in qualunque aldilà tu vada a finire. Sai già che sono il diretto responsabile della corruzione di Luna, anche se lei ci aveva già messo del suo grazie alla tua cecità. Ma ho fatto molto di più. Ho plasmato il vostro mondo da tempi molto più antichi, lentamente ma con costanza, sperando di ottenere ciò che oggi ho così brillantemente conseguito. Sono stato io a creare ad esempio le Tre Tribù di cui narrate ancora oggi, spezzando la poca armonia che si era creata nei primi insediamenti della vostra patetica specie. Sono sempre stato io a distruggere il regno che voi reputate poco più di una leggenda, creando i mutaforma al loro posto. Sempre io ho portato la carestia, indebolendo il già debole legame tra le Tre Tribù, riuscendole quasi a portare alla guerra. Poi indovina da cosa è nato Discord? Esatto, io l’ho creato, corrompendo uno spirito che era tutt’altro che caotico. Anche Sombra è stata opera mia, ma solo come piccola distrazione mentre operavo sulla più debole e insicura Luna. E infine, il mio capolavoro finale, quello che hai potuto assistere in questi ultimi vent’anni. L’Umanità è stata così generosa nel fornirmi così tante idee ed energie nell’ultimo secolo.»

Celestia non riusciva a parlare, solo a piangere e ad annaspare alla ricerca d’aria. L’atmosfera attorno a lei si faceva sempre più pressante e scura, come se la vicinanza con l’Ombra le stesse risucchiando le forze.

«Che fine ingloriosa. Se preferisci posso dartene una più memorabile, che può essere ricordata da qualche testimone. Che comunque non vivrà molto più a lungo di te

L’Ombra si voltò verso un punto preciso e spalancò le ali, iniziando a volare trascinandosi dietro la Principessa per il corno e il collo, sofferente e sanguinante.

«Andiamo a fare una visitina alle tue allieve, ti va

 

L’Ombra, in piedi su uno dei davanzali del piano superiore, teneva tra gli artigli il collo e il corno della mia mentore, che era più morta che viva. Il suo sangue colava fino a terra, non lontano dal ramo caduto poco prima. Annaspava a ogni respiro, implorando con la sola espressione di ottenere la grazia di una morte rapida.

Non riuscivo a muovermi per il terrore.

«Bene, eccovi finalmente qui tutte riunite. Mi sono fatto una bella chiacchierata con la vostra sovrana, interrotta da qualche breve diverbio. E’ stata interessante, ma come tutte le conversazioni bisogna prima o poi mettervi una fine.»

L’Ombra tolse una delle mani che tenevano stretto il corno della Principessa e la alzò verso il cielo. Poi, con un colpo deciso, le colpì il petto con il pugno libero.

Rumore di ossa rotte. Un urlo strozzato. Tanto sangue.

Con il gesto di chi fa cadere un rifiuto, l’Ombra lasciò andare la Principessa, che cadde a poco più di un metro da me con un tonfo.

Silenzio di tomba. Se non per il mio cuore che era di nuovo andato a finire in gola.

Accorsi subito da lei, controllando le sue condizioni. Usai subito la magia per curarle la ferita inflittale da quel mostro, ma era troppo profonda, e il sangue usciva come una cascata. Ne era rimasto davvero poco, a guardare le altre ferite.

«Twilight …» sentii fievolmente dalla sua bocca.

Mi avvicinai alla sua testa, accarezzandole una guancia, colta da una compassione così forte da lacerarmi il petto.

«Principessa …» iniziai a piangerle sul manto, sperando di curarla con il solo contatto. «Non potete …»

Le parole uscirono a fatica dalla bocca insanguinata dell’alicorno. «Mi … dispiace ...»

Smise di respirare pochi istanti dopo.

Restai stordita per qualche secondo. Non poteva essere morta. Aveva vissuto più di mille anni, non poteva morire così, in quel modo. Forse stava facendo finta. Doveva fare finta.

Non stava facendo finta. Il sangue che aveva perso era vero. L’ala era davvero spezzata. La ferita mortale al petto era reale.

Urlai. Con tutta l’aria che avevo nei polmoni.

Sfogandomi in un pianto disperato e sfrenato, le strinsi con forza il collo martoriato dai segni di artigli. Continuai a strofinarmi su di lei, con l’odore penetrante di crini bruciati e del sangue che mi penetrava nelle narici. Non poteva essere morta … non lei … non lei … era come una seconda madre per me …

Perché … perché?

«Che scena triste

Alzai la testa, e vidi due zampe nere e pelose atterrare a poca distanza da noi.

«E di scene tristi ne ho viste a milioni durante la mia esistenza

Strinsi in lacrime con maggior forza la mia mentore, come per proteggerla, e con il corno lanciai un incantesimo di teletrasporto su di me e su di lei, spuntando in mezzo alle mie amiche, che avevano osservato anche loro piangendo l’intera scena.

«Non la dissacrerai oltre!» urlai. Mentre lo dicevo assaggiai le mie stesse lacrime. Erano schifosamente amare.

«Questa se non sbaglio è casa tua, giusto?» domandò l’Ombra, facendo finta di non aver sentito. Si riferiva alla casa albero a cui arrivava tranquillamente all’altezza del secondo piano. «Bel posticino. L’ideale per porre fine ai tuoi giorni.»

Trattenni la rabbia che mi stava salendo al posto del terrore, ripetendo a me stessa che non c’era bisogno di ricorrere a un potere che non ero in grado di controllare. Non avremmo mai sconfitto quel nemico con i suoi stessi mezzi. Non avrei disonorato la mia mentore andando contro i suoi insegnamenti.

Le guardai il volto, contratto in un’espressione sofferta. Sperai, con tutto il cuore, che fosse in pace in qualunque posto fosse andata insieme a sua sorella.

Diedi un’ultima carezza alla guancia di Celestia, con lo stesso affetto di una figlia verso la madre. Usai la telecinesi per spostare il suo corpo con il maggior rispetto possibile verso Rachel e Redflame (che subito si impegnarono a proteggerlo come se fosse ancora viva) e mi alzai sui miei zoccoli, fissando l’Ombra negli occhi, sperando di intimorirlo con la mia determinazione.

Pessima idea. Provai una sensazione di mancamento, come se fossi spinta verso un burrone da innumerevoli zoccoli. Spostai leggermente lo sguardo per evitare il contatto diretto, ma mantenni la determinazione.

«Questo è il posto dove finiranno i tuoi giorni!» esclamai, avanzando e facendomi seguire dalle mie amiche con dei cenni e con il poco coraggio che riuscivo a recuperare. «Hai cercato di dividerci, come Discord prima di te, ma ancora una volta siamo tornate unite! E con gli Elementi dell’Armonia tornati al loro pieno potenziale, non hai scampo!»

Dietro di me i nostri compagni si misero al riparo, e sentii la magia di Lyra attivarsi per recuperare il corpo di Celestia e metterlo al sicuro. La ringraziai mentalmente, così potevo concentrarmi meglio sul nostro nemico.

L’espressione dell’Ombra, di fronte alla nostra minaccia, sembrò di totale indifferenza. Definire la sua espressione calma non era corretto, ma di certo non era intimorito. Non riuscivo proprio a capire che gli passasse per la testa.

Si mise a braccia conserte, osservandoci a una a una mentre ci mettevamo in formazione.

«I famosi Elementi dell’Armonia … sono sempre stato curioso di vedere come funzionano in prima persona. Generosità, lealtà, risata, gentilezza, onestà e magia. Quando ne ho sentito parlare per la prima volta mi sono messo a ridere. Delle caratteristiche così banali dotate di un potere così enorme: era qualcosa che mi sembrava davvero stupido. Ma ho visto cosa sono in grado di fare, e malgrado continui a non comprendere come facciano a concentrare un tale potere non posso fare nient’altro che accettarne l’esistenza.»

Sul suo volto si aprì un ghigno, in cui mostrò dei denti più affilati di quelli di un drago.

«Ma dubito che siate in grado di farmi qualcosa. Non in questa forma, perlomeno

Aprì tutte e quattro le braccia, invitandoci a colpirlo come era successo tempo prima con Discord. Ricordandomi com’era finita quella volta, la situazione non prometteva bene.

Notando i nostri volti dubbiosi e impauriti, l’Ombra sospirò.

«Avanti … mi sono intrattenuto fino a poco fa con Celestia per vedere cosa era in grado di fare. Davanti a me ho i famigerati Elementi dell’Armonia e muoio dalla voglia di scoprire cosa possono farmi. Forza, usateli e vi prometto una morte rapida e misericordiosa

«Tu!» esclamò una voce.

Un colpo d’arma da fuoco rimbombò alle nostre spalle. Vidi un proiettile colpire il petto dell’Ombra senza che gli facesse alcun effetto. Non era nemmeno penetrato nella carne.

Vidi arrivare sopra le nostre teste la figura grigia di Little Bolt. Una sua lacrima mi cadde sul volto. Aveva rotto il suo mutismo.

«Ridammi mio fratello!»

L’Ombra fece delle smorfie, poi spalancò gli occhi. «Aaah, parli di Big Wing? Il suo corpo e le sue memorie fanno parte di me, e posso dirti che i suoi ultimi pensieri non sono andati a te. Era un po’ troppo impegnato a capire che gli stesse succedendo per pensare ad altro

Il pegaso dalla criniera rosso-blu tremava di rabbia.

«Non farlo!» esclamò Lyra da dietro.

Little Bolt scattò verso l’Ombra. Arrivò a circa due metri dal suo volto, con gli zoccoli puntati verso gli occhi, prima che riuscissi a lanciare una magia per bloccarlo in volo con la telecinesi. Provai a tirarlo indietro, ma faceva un’enorme resistenza. La furia cieca, riflessa nel suo volto tirato, gli stava dando una forza incredibile.

«Povero. Devi soffrire terribilmente.» disse l’Ombra, fissandolo negli occhi. «Lascia che ti aiuti

Vidi da una posizione purtroppo privilegiata il corpo del pegaso venire circondato da una nuvola nera. Da quel poco che riuscii a capire, stava per fare la stessa fine del fratello.

«Cos’è questa roba?» esclamò lui, rendendosi conto troppo tardi di essere in trappola.

«NOOO!» urlai, tentando inutilmente di trascinarlo via da quell’orrore.

Little Bolt ebbe tempo di urlare solo una volta per il terrore e il dolore. Nel giro di pochi istanti scomparve sia la sua voce che il suo corpo in mezzo alla nebbia opaca.

Restai a bocca aperta mentre le nuvole si dissipavano. Una lacrima solitaria mi scese giù sulla guancia. Sentivo le mie amiche tremare. Solo Rarity aveva già assistito a quell’orribile spettacolo.

L’Ombra tornò a concentrarsi su di noi.

«Ora è di nuovo con suo fratello.»

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Trattenni la rabbia e la concentrai sul corno.

«Adesso basta!»

Attivai la corona sulla mia testa.

 

Attorno al gruppo delle sei si formò improvvisamente una grande aura, e uno dopo l’altro gli Elementi s’illuminarono dei loro rispettivi colori. Un rumore etereo sempre più forte accompagnò l’accrescimento di potere raccolto nella corona di Twilight. La giumenta, infine, aprì gli occhi senza pupilla umidi di lacrime e scagliò il potere raccolto in un fascio composto dai colori dell’arcobaleno verso l’alto. Così come l’arcobaleno il raggio ridiscese in un arco, andando a colpire l’Ombra che, rimasta dov’era, ne subì la piena potenza.

Il suo corpo iniziò a dissolversi, come una nebbia colpita dal vento, con sbuffi neri che fuoriuscivano dalle parti del corpo maggiormente colpite.

«Un effetto interessante.» disse l’Ombra, con evidenti segni di sofferenza sul volto. «Ma a quanto pare non avete messo abbastanza qualità nel vostro attacco.»

Alzò le braccia verso l’alto e con un profondo respiro creò una sfera nera che lo avvolse completamente, riflettendo il raggio arcobaleno al mittente. L’energia concentrata degli Elementi andò addosso alle portatrici, ma su di loro non sortì alcun effetto.

Gli Elementi dell’Armonia avevano fallito.

 

Gli zoccoli non tennero il mio peso. La nostra unica speranza, la nostra ultima arma di difesa … aveva appena fallito.

Sentii ogni cosa in cui credevo, ogni fiducia iniziare ad andare in pezzi.

«Ma di cosa diavolo è fatto quell’affare?» esclamò Applejack, sconcertata quanto me.

«Siamo … siamo … finite …» sussurrò Fluttershy, sconvolta, rannicchiandosi a terra.

«E no!» esclamò Rainbow Dash, battendo uno zoccolo a terra così forte che se l’avessi fatto io mi sarei rotta un osso. «Non gliela faremo passare così liscia!»

Lo scudo nero attorno al mostro iniziò a dissolversi.

«Dobbiamo concentrarci maggiormente.» suggerì Rarity, mantenendo la determinazione di prima. «Focalizziamo l’attenzione sulle cose positive e non sulle cose negative. Riproviamoci!»

Aveva ragione Rarity: avevo attivato gli Elementi colta dalla rabbia, indebolendo la loro efficacia. Anzi, era un miracolo che fossi riuscita ad attivarli in quello stato.

Mi rialzai. Questa volta non sarebbe accaduto.

Pensai a ogni singola cosa positiva che avevo fatto o vissuto, riportando rapidamente alla memoria soprattutto i bei tempi in cui esisteva ancora Ponyville e l’Armonia, dove uno dei problemi più grandi era l’arrivare in tempo per un appuntamento con le amiche o terminare per tempo gli impegni della giornata. Riuscii a provare un briciolo di serenità ripensando a quei tempi così belli e semplici. Con il sorriso sulle labbra incanalai questo sentimento, anche se piccolo, nel mio corno.

L’energia risultante fu molto più rapida e imponente. Ci alzammo tutte in volo, avvicinandoci l’una con l’altra. Il mio corpo tremava nel sentire tutto quell’insieme di belle emozioni convogliate in un unico punto. Le mie amiche erano riuscite nell’intento persino meglio di me.

Era così bello, così piacevole.

Provai una gioia immensa, un’estasi di emozioni purissime. Lo stesso miscuglio di sensazioni che avevo provato le altre volte contro Nightmare Moon e Discord.

Sorrisi.

Aprii gli occhi, pronta a lanciare il secondo raggio e a porre fine all’orrore.

Sussultai per lo spavento. A pochi centimetri dal volto avevo la faccia orribile dell’Ombra, che mi fissava. Il mancamento che avevo provato poco prima si ripresentò, e tutta la gioia accumulata ebbe un tremito.

«Basta così. Mi è bastata come dimostrazione.» esclamò con tono rabbioso, rompendo la mia concentrazione con un assalto feroce di milioni di voci nella testa.

Come se non bastasse, vidi una delle sue zampe alzarsi contro di noi.

L’unica cosa che percepii dopo quel gesto fu un’ondata di energia oscura lambire come una fiamma ogni centimetro del mio corpo.

Provai fisicamente il dolore lancinante di mille incendi.

 

L’Ombra osservò compiaciuto il suo operato. Il raggio lanciato aveva proseguito verso un edificio vicino, radendolo al suolo.

Ma, al contrario di quanto sperava, le sue avversarie erano ancora intere, svenute a terra in ordine sparso, sanguinanti e ferite su tutto il corpo.

«Siete più resistenti di quanto pensassi.» commentò l’Ombra, lisciandosi il mento con gli artigli.

Twilight cercava di alzarsi, ma era talmente messa male che era fortunata anche solo di essere cosciente.

«Una volta tolto di mezzo voi, potrò proseguire con il mio piano.» proseguì l’Ombra, ignorando i singhiozzi provenienti da Rachel, nascosta dietro la parete della biblioteca insieme agli altri. «Nulla di personale.»

Puntò una delle sue zampacce nere contro le sei. Twilight insanguinata e devastata com’era dalla sua magia, non poteva fare assolutamente niente: né difendersi, né fuggire, né pregarlo di risparmiarla.

Improvvisamente di fronte alle sei si teletrasportò Lyra, con il corno puntato contro la mano artigliata dell’Ombra. Il mostro lanciò la sua magia, accorgendosi troppo tardi dell’intrusa.

Lo scudo giallo di Lyra bloccò l’incantesimo oscuro.

«Spostati, insetto!» esclamò l’Ombra, potenziando l’incantesimo.

Ma l’unicorno ciano chiaro restò fissa in quel posto, divaricando le zampe per tenersi ben salda a terra e potenziando a sua volta lo scudo.

«Vuoi scherzare?» disse ridendo l’Ombra. «Credi di poter resistere dove persino Celestia ha fallito?»

L’Ombra si alzò in volo e usò due mani per rafforzare il suo attacco. Ma per quanto si sforzasse, Lyra riusciva a resistere. Quando lo scudo sembrò iniziare a cedere, qualcosa iniziò a cambiare nella giumenta. Per cominciare l’alone del corno e dello scudo di Lyra cambiarono lentamente colore, passando dal giallo all’azzurro, rinforzandosi. Poi il corpo stesso di Lyra mutò, diventando più alto, snello e slanciato. Il manto si scolorì fino a diventare grigio, mentre la criniera e la coda si allungarono fino ad assumere un colorito azzurro spento. Il corno superò in lunghezza quello di Celestia e sul dorso apparvero delle lunghe ali da pegaso in gran parte spennacchiate.

Infine il corpo rivelò dei buchi nelle zampe.

Quelli tipici dei mutaforma.

«Cosa diavolo sei?» sbottò l’Ombra, arrivando ad usare tutte e quattro le braccia per potenziare il suo attacco.

«Non mi riconosci?» domandò la nuova voce dell’alicorno mutaforma, più profonda e dotata di un leggero riverbero, molto simile a quello di Chrysalis. «Sei stato tu a ridurmi in questo stato!»

Un’improvvisa realizzazione colpì il volto deturpato dalle cicatrici rosse del mostro.

«TU!»

La distrazione permise all’alicorno di usare lo scudo per respingere il raggio oscuro al suo lanciatore. Con un urlo, l’Ombra venne scagliata in aria dalla potenza del suo incantesimo.

Quella che un tempo era Lyra si voltò verso Rachel e gli altri, nascosti dietro una parete della biblioteca, e con un cenno elegante del suo nuovo capo puntò a Twilight. Poi, con un colpo di reni, si lanciò in aria all’inseguimento del mortale nemico.

 

«Abbiamo avuto un mutaforma accanto per tutto il tempo?» esclamò Scrolley, seguendomi insieme a Sunset Shimmer e a Redflame. Il pegaso si portava sulla schiena Daniel, per averlo sempre sott’occhio. Le sue condizioni non accennavano a migliorare.

«Ci sta salvando il sedere.» disse Redflame. «Non sputare nel piatto da cui mangi.»

«Che proverbio di pessimo gusto.» commentò Sunset Shimmer, con aria schifata.

«Appena entrata tra i buoni e già rompi le scatole?» le rispose per le rime il pegaso.

Li ignorai e mi avvicinai a Twilight. Era prona, con le zampe tese che cercavano di mettersi in posizione per alzarsi, e la corona dell’Elemento storta su un lato della testa. Dalla quantità di ferite che aveva, era un miracolo che fosse ancora viva.

«Lascia fare a me, glielo devo.» disse Sunset Shimmer, avvicinandosi. Puntò il suo corno e avvolse il corpo di Twilight in un alone color verde acqua.

Le sue ferite vennero guarite e cicatrizzate una dopo l’altra con metodo e sicurezza. La fronte dell’unicorno arancione chiaro s’imperlò di sudore, ma alla fine Twilight fu fuori pericolo.

«Wow.» esclamò Redflame, notando il lavoro certosino.

«Ero la studentessa numero uno di Celestia prima di … lei.» spiegò la giumenta, tradendo una certa invidia nel tono.

Strano che non ne avessi mai sentito parlare.

Twilight, guarita, riuscì finalmente a rialzarsi, e si guardò attorno.

«E’ vero o me lo sono immaginato?» domandò, alzando lo sguardo al cielo.

Sopra di noi si vedevano due puntini combattere lanciandosi addosso incantesimi mortali uno dopo l’alto. Alcuni raggiungevano terra, provocando boati e scosse.

«Lyra è un mutaforma, sì.» confermò Redflame, mentre un raggio azzurro lacerava il cielo del crepuscolo.

Eravamo ancora al tramonto?

Avevo notato che da quando Celestia aveva usato il suo incantesimo più potente il sole era rimasto fisso ad ovest, mentre la luna era bloccata a est.

Non ci avevo pensato: senza le Principesse a guidare gli astri, Equestria era bloccata in un eterno crepuscolo.

Ma quello era un problema che, per quanto catastrofico, non era così immediato come quello che avevamo tra gli zoccoli in quel momento.

«Ragazze?» domandò Twilight, avvicinatasi a Applejack. «Ragazze?»

Toccò la giumenta arancione con uno zoccolo, ma non si muoveva. Pensavo fossero svenute, ma … allora perché non sembravano nemmeno respirare?

«Ragazze …?» disse con voce più roca Twilight, intuendo l’orrenda verità.

 

No! Ditemi che era solo una mia impressione! Ditemi che ero ancora stordita a causa dell’attacco dell’Ombra!

Tastai uno zoccolo di Applejack per sentire il battito.

Nulla. Il petto non si muoveva e la testa era reclinata in modo innaturale, gli occhi sbarrati e senza vita.

Il cuore sembrò scoppiarmi.

«No

Andai dalle altre, toccandole, smuovendole, chiamandole per nome, ma nessuna rispondeva.

Pinkie Pie era a pancia all’aria, con gli occhi chiusi e un’espressione di dolore impressa sul volto.

Fluttershy era stretta in posizione fetale, con delle lacrime che le scendevano dagli occhi aperti senza vita.

Rainbow Dash era con le zampe divaricate, come se avesse tentato di volarsene via, con il volto distorto dal terrore.

Rarity era supina, l’unica con il vago sorriso di chi si rende conto della morte e la accoglie senza paura.

«Nooo! No no no!» urlai di nuovo, battendo con forza gli zoccoli a terra, più e più volte, fino a farmi male.

Usai la telecinesi per avvicinarle a me, stringendole in un abbraccio come se fossero ancora vive.

Un torrente di lacrime scese sulle mie guance, bagnando i loro corpi sempre più freddi.

«Non potete morire così! Non potete … Non quando vi avevo finalmente ritrovate …»

Dopo tutto quello che avevamo passato insieme … le più grandi amiche della mia vita. Perché?

Le scrollai, sperando di svegliarle da quel sonno immobile, ma non servì a niente. Erano morte. E io avevo solo avuto fortuna a non esserlo con loro.

Ma quale fortuna? Vivere per rimanere da sola? Vivere con lo strazio di vedere le mie amiche devastate dalla magia oscura di quel mostro?

Mi appoggiai a turno sui loro volti, sperando di sentire la loro voce rivelarmi che stavano bene. Che fosse tutto uno scherzo … uno scherzo di cattivo gusto, ma solo uno scherzo …

Una speranza vana …

Piansi, piansi e ancora piansi. Volevo solo sciogliermi e andarmene via da quella valle di lacrime. A che serviva sopravvivere, se tutte quelle che amavo mi morivano attorno una dopo l’altra?

Sentii qualcosa di strano al petto. Una sensazione diversa dal dolore. Era … era … il potere che mi aveva salvato in due occasioni e su cui non avevo alcun controllo.

Si stava risvegliando per l’immenso dolore che provavo? E perché?

Accarezzando la criniera nera di Fluttershy mi venne in mente un’idea folle. Ma in quel momento era la più grande idea che avessi mai avuto.

Invece che lasciarmi trasportare dal potere, lo richiamai volontariamente. Accesi il corno continuando a piangere e singhiozzare, cercando di convogliare la forza misteriosa che risiedeva in me.  Trovai molta resistenza all’inizio, ma come per miracolo iniziai a percepirlo risalire dai recessi della mia anima senza che sentissi perdere il controllo del mio corpo.

Ci stavo riuscendo!

Il mondo di colpo divenne più luminoso e vivido. Quel poco di stordimento che avevo dopo essere stata curata svanì.

Ce l’avevo fatta!

Non so come, ma avevo ottenuto una chiarezza mentale mai avuta prima, e delle conoscenze che non credevo di possedere. Avevo attinto a qualcosa di enorme, ed era solo la punta dell’iceberg.

Posai a terra i corpi delle mie amiche e caricai il corno.

Mi resi conto subito che non c’era alcuna magia, nemmeno in questo stato, che mi permetteva di farle tornare indietro dalla morte.

A meno che … a meno che …

Sospirai.

Le guardai, una ad una, trattenendo le lacrime.

“Perdonatemi …”

Il corno creò un secondo alone, poi un terzo, poi un quarto …

Sentii delle urla provenire da Rachel e dagli altri, ma ero troppo concentrata per capire cosa stessero dicendo. Anche se lo immaginavo.

A cosa serviva aver fatto tutta quella strada solo per veder morire le mie più grandi amiche davanti agli occhi? A cosa serviva sopravvivere senza di loro, dopo tutto quello che avevo fatto per riabbracciarle?

Delle nuove lacrime scesero, ma questa volta erano di gratitudine. Di gratitudine verso la vita che mi aveva concesso di conoscere delle amiche così preziose. Avevano sofferto troppo per finire in quel modo. Non potevo sopportare di ritrovare la felicità senza che la ritrovassero anche loro. La meritavano più di me. Molto più di me.

La vita di un pony per quella di cinque. Era un buon prezzo.

Attivai l’incantesimo.

 

La luce che circondava Twilight divenne ancora più intensa, andando a coprire non solo il suo corpo ma anche quello delle sue amiche, in una grande sfera bianca che si stagliava di fronte alla biblioteca, così luminosa che era impossibile da guardare direttamente.

«Che sta facendo?» domandò Redflame.

«Un’idiozia.» rispose Sunset Shimmer. «Qualunque unicorno sa che riportare in vita i morti è impossibile. A meno che …»

«A meno che?» chiesi, fissandola con preoccupazione.

«A meno che non abbia intenzione di morire al loro posto.»

 

«Non credevo fossi così potente, unicorno di Highwisdom.» sbottò l’Ombra, volando contro l’alicorno nel tentativo di sferrargli un pugno. L’alicorno lo schivò all’ultimo, approfittando della sua guardia bassa per lanciargli contro un incantesimo di vento.  La forte folata scaraventò verso l’alto il mostro nero, fin quando non riuscì a stabilizzarsi spalancando le grandi ali deformi.

«Non dirmi che ti sei dimenticato il mio nome!» esclamò lei, scaricando un incantesimo di fulmine che andò a colpire l’ala destra dell’Ombra.

Il nemico perse quota, ma si fermò a mezz’aria magicamente.

«Avevate dei nomi così stupidi e banali che sembrano tutti uguali.» le rispose mentre l’ala si rimarginava, tornando come prima.

Un raggio azzurro partì dal corno della mutaforma. Colpì una delle braccia dell’Ombra, disintegrandogliela dal gomito in giù .

«Sforzati un po’ di più allora.»

Il mostro, mostrando i denti aguzzi, digrignò per la rabbia.

«Sempre che il dolore non ti faccia diventare muto.» continuò lei, ridacchiando.

Il braccio si ricompose rapidamente, mostrando un pugno chiuso che grondava odio.

L’Ombra rise, con l’espressione di chi ricorda ogni cosa.

«Ah sì … e’ ovvio. Sei la schiavetta di Chrysalis. Balance.»

L’alicorno di nome Balance sorrise. «Temevo che 2500 anni te l’avessero fatto dimenticare.»

«Oh, per niente. Mi è venuto in mente ora che ho ripensato al tuo caro Ipparco. La testa di quell’umano era talmente ossessionata da te e dal tuo popolo … Ora che mi ci fai pensare avrei un conto in sospeso con lui.»

L’espressione dell’alicorno si accigliò.

«Non hai più alcun potere su di lui, demonio!»

«Intendi dire che non ho poteri sui fantasmi? No, non fare quella faccia. L’ho scoperto per vie traverse. Ma chi lo sa? Più passa il tempo, più i miei poteri aumentano. Se non potrò farlo adesso, lo farò in futuro. Ho l’eternità dalla mia parte. La vendetta è un piatto che va gustato freddo

Balance non resse più. Dal corno si crearono diversi aloni azzurri, da cui scaturirono decine di raggi che si diressero in tutte le direzioni, per poi convogliare tutti verso l’Ombra.

Il mostro creò uno scudo nero, bloccandoli uno dopo l’altro. Lo scudo però perse d’intensità, e alla fine si disperse, permettendo all’ultima mezza dozzina d’incantesimi di raggiungerlo.

Le esplosioni conseguenti illuminarono il cielo e crearono un vento feroce che però non disturbò il volo dell’alicorno.

Quando la nuvola di polvere si dissipò l’Ombra era ancora lì, in lenta rigenerazione.

«Complimenti, Balance. Davvero complimenti.» disse il suo nemico, mostrandole un sorriso beffardo. «E’ evidente che la tua esperienza e forza sono molto più grandi di quella di Celestia. E so che non sei ancora al massimo del tuo potere. Per quanto sarei curioso di vedere cosa sei in grado di fare mettendo tutta te stessa, ho altro a cui pensare

Abbassò lo sguardo, puntando al gruppo di Twilight. La giumenta viola stava abbracciando le sue amiche morte.

«C’è un compito che ho lasciato in sospeso.» disse, volando verso di lei.

L’alicorno si teletrasportò e si mise in mezzo.

«Non la toccherai nemmeno con un dito.» gli intimò, caricando il corno.

«E chi ha bisogno di toccarla?» replicò lui, alzando un braccio e creando una sfera d’oscurità nel palmo della mano.

Si bloccò però quando vide l’unicorno viola illuminarsi di luce bianca, creando una sfera sempre più grande.

Persino Balance si accorse dell’anomalia e si voltò, mantenendo comunque alta la guardia.

Quando vide la sfera bianca spalancò gli occhi.

«Cosa stai facendo Twilight?» pensò a voce alta. «Non sai ancora controllare quel …»

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 - La scintilla dopo il crepuscolo ***


Capitolo XXIX

La scintilla dopo il crepuscolo

 

… Che luce lampeggia laggiù? ...

(Prima Norna, dall’opera Crepuscolo degli Dei di Richard Wagner)

 

 

 

Luogo ???: Giorno ???

 

Ero ancora viva?

Fino a poco fa ero attorniata da una luce fortissima. Ero sfinita, senza forze, ma felice, perché ero certa che l’incantesimo avrebbe funzionato. Avevo le energie necessarie, le conoscenze giuste, e la vita richiesta a portarlo a compimento. Mai ero stata più certa di un mio incantesimo, e tutto grazie a quel potere straordinario che ero riuscito finalmente a controllare.

Poi, quando la stanchezza era arrivata ad un punto tale che ero certa fosse giunta la mia ora, dopo tanta luce ci fu un improvviso buio. Ma non il buio completo. Riuscivo a percepire me stessa, ma non nel modo tradizionale del termine. Sapevo di esistere, ma non mi vedevo né mi sentivo. I famosi cinque sensi non sembravano esserci. Era difficile da spiegare. Si avvicinava molto a quella strana percezione che avevo provato viaggiando nella dimensione umana, quando non ero corporea.

E poi, all’improvviso …

… riuscii ad aprire gli occhi. Ora avevo un corpo, e riuscivo anche a sentirlo, ma in modo leggermente diverso. Era come se fossi più leggera. Non sentivo il bisogno di respirare né ero stanca, non provavo freddo o caldo, non avevo né fame né sete e … fluttuavo, come se non esistesse la gravità.

L’ambiente attorno a me era … come potevo definirlo? Inesistente? Sembrava di essere in un infinito nulla dal colorito celeste, come quello della notte giovane, poco dopo il tramonto. Il momento che, ammettevo, preferivo della giornata.

Guardai in basso, in alto, a destra e a sinistra. Non sembrava esserci un sopra o un sotto. Potevo essere nello spazio per quel che ne sapevo. In effetti mi sembrava di vedere delle stelle luccicare in quell’immensità.

Dov’ero finita? Era davvero questo l’aldilà? Un nulla quasi totale? Se ero davvero morta, ero riuscita nel mio intento di riportare in vita le mie amiche? Come potevo accertarmene?

Mentre mi ponevo queste domande iniziai a sentire qualcosa, una sorta di gravità, attrarmi verso … verso …

Non avevo alcuna idea di che direzione fosse.

A un certo punto toccai quello che sembrava un pavimento dalla consistenza del vetro, ma non riuscivo a vederlo. Lo tastai con uno zoccolo, trovandolo molto più solido del vetro, ma ai miei occhi continuava a non esistere.

Perlomeno mi sentii più a mio agio sui miei zoccoli e con un minimo di orientamento ristabilito, ma le domande continuavano ad aumentare senza alcuna risposta in arrivo.

«Le risposte arriveranno, Twilight.» esclamò una voce eterea ma familiare.

Scattai, guardandomi in tutte le direzioni. Me l’ero immaginata?

Dopo qualche secondo la vidi apparire: prima sfocata, poi sempre più definita, mentre si avvicinava a me con un trotto leggero e armonioso.

«P … Principessa.» sussurrai mentre alcune lacrime di gioia mi scendevano sulle guance.

La sovrana era in forma smagliante. Non era più curva e appesantita dall’orrore della nuova Equestria. Era la stessa pony che avevo conosciuto da puledra, sempre gentile e disponibile, quasi splendente di luce propria. L’unica differenza è che non portava la corona, la collana e le calzature che la contraddistinguevano come sovrana di Equestria.

Non mi disse niente. Si limitò a sorridermi e ad avvicinarsi.

Non riuscii a resistere e le galoppai contro, abbracciandola malgrado la sua altezza.

«Io non … lei è …» bofonchiai, non capendoci più nulla anche se mi sentivo felice come non mai di riabbracciarla.

«Sì, Twilight.» sussurrò Celestia con la tipica voce soave e serena, accarezzandomi la criniera rosso-nera. «La mia vita è giunta al termine.»

La fissai, non potendo fare a meno di provare un senso d’inquietudine per quella frase così strana detta da lei, da un alicorno che se ne stava tranquillamente sui suoi zoccoli e in forma smagliante. «Ma …»

«Così come la mia.» esclamò un’altra voce familiare, interrompendomi.

«E la mia.» se ne accodò un’altra.

Mi voltai, con gli occhi umidi, e vidi avvicinarsi da destra la sorella Luna, apparsa nello stesso modo dell’alicorno bianco, solenne e regale come non l’avevo mai vista. Dall’altra parte invece apparve Cadence, elegante, più umile nel trotto rispetto alle altre Principesse, ma che non aveva nulla da invidiarle in quanto a grazia. Con lo stesso sorriso gentile che mi donava quando ero triste da piccola mi fece l’occhiolino.

Nessuna delle due, come Celestia, portava gli indumenti tipici del loro rango.

Era … era troppo … rivederle tutte e tre vicino a me era troppo da sopportare per il mio povero cuore martoriato. Le lacrime venivano giù come pioggia.

«Non sei felice?» mi chiese Cadence.

«Sì.» dissi con voce stridula, tirando su con il naso. «Tantissimo … ma … se riesco a vedervi e dite di essere morte … significa che sono morta anch’io, non è vero?»

«Non proprio, mia fedele studentessa.» rispose enigmaticamente Celestia, massaggiandomi la testa. «Non proprio.»

Scossi il capo, preoccupata dal significato ambiguo di quelle parole. «Non capisco.»

Celestia e Luna si scambiarono uno sguardo e tornarono a fissarmi.

La mia mentore mi posò delicatamente a “terra” e attivò il corno.

Dal nulla apparvero dei riquadri piatti, sospesi nel vuoto, che mostravano delle immagini. Non le vedevo bene per via degli occhi lucidi, quindi mi passai bene lo zoccolo davanti agli occhi e riuscii a capire cosa mostravano.

Mi vidi scorrere davanti le mie imprese da quando ero tornata dal mondo umano: il mio tentativo di farmi aiutare da Cadence, la fuga dall’Impero di Cristallo, la purificazione degli Elementi, la guerra, i combattimenti e così via, fino ad arrivare al mio ultimo atto. Al mio ultimo tragico atto di pura amicizia incondizionata.

Quello in cui riuscivo a imbrigliare il mio potere nascosto e a usarlo per lanciare la magia per resuscitare le mie amiche.

Ma ce l’avevo davvero fatta? Ora non ne ero più così certa.

«Lo sai cosa hai appena fatto, Twilight?» domandò Celestia alla fine, facendo sparire tutti quei riquadri tranne i tre dove si vedeva il mio potere “all’opera” (ebbe almeno il cuore di non mostrare i morti e il sangue dei primi due).

«No.» ammisi, mentre guardavo me stessa con gli occhi senza pupille e l’espressione furiosa. Finora mi avevano solo raccontato com’ero durante quegli istanti di furia cieca. Vedermi da fuori mi fece raddrizzare tutti i peli del manto, anche se non sentivo freddo.

Eppure, quando ero riuscita a controllarlo …

«Quel potere, Twilight Sparkle, è un potere molto raro.» mi spiegò la Principessa Luna. «E terribilmente pericoloso se non indirizzato nel modo giusto.»

«E’ antico.» continuò Cadence. «Esisteva probabilmente già ai primordi della nostra razza, ma di cui abbiamo perso ogni conoscenza.»

«Io e mia sorella fummo le prime dopo secoli a nascere con un dono simile.» proseguì Celestia, fissando il riquadro in cui lanciavo fulmini a destra e a manca contro gli unicorni del campo di lavoro come una dea impazzita. «E imparammo nel peggiore dei modi cosa significava avere un simile fardello.»

Luna sospirò, mostrando un’espressione addolorata. «Non sei stata la prima a perdere il controllo e a spargere sangue.»

«Ma preferisco continuare a definirlo dono,» continuò Celestia, con un sorriso colmo di ottimismo. «perché una volta appreso come attingere volontariamente a questo potere si ottiene uno status che trascende quello del pony comune.»

Spalancai gli occhi, iniziando a intuire dove stavano andando a parare.

«Vedi Twilight.» disse Cadence, appoggiandomi gentilmente un’ala sulla schiena. «Io nacqui come pegaso.»

«Come me.» si aggiunse Luna.

«E io come unicorno.» concluse Celestia, facendo sparire i riquadri animati. «Nessun pony è mai nato alicorno. Lo si può solo diventare.»

Spalancai ancora di più gli occhi. La mia intuizione era corretta. Ma le deduzioni logiche che ne seguivano erano così grandi che tremai al solo pensarci.

«Questo potere ha in sé un … cuore, chiamiamolo così, che può permettere a tutte le caratteristiche delle tre razze di fondersi, ottenendo come risultato qualcosa che supera grandemente la semplice somma delle tre parti. E’ terribilmente difficile da spiegare, e anche le parole faticano ad afferrare il concetto che sta alla base di tale forza insita in noi. Persino dopo mille anni non ne abbiamo compreso che una piccola parte. Per questo abbiamo deciso di dargli il nome di “Spirito Equestre”. Perché è qualcosa di talmente complesso che credo seriamente che sia connesso alla nostra anima.»

Scossi la testa, incredula. «Quindi … siete diventate alicorni … grazie a questo … “Spirito Equestre”? E’ questo il segreto per diventarlo?»

Annuirono tutte e tre, quasi all’unisono.

Non riuscivo a crederci … un potere che mi trasformava in un mostro capace di uccidere senza battere ciglio … era lo stesso che aveva reso alicorni le sagge Celestia, Luna e Cadence?

Mi era impossibile crederlo. Tutte le volte che mi era capitato di attivarlo ero diventata la cosa più lontana da un pony benevolo e giusto come loro. Non poteva essere lo stesso potere …

Aspetta! Ora che ci pensavo …

Mi ritornò improvvisamente in mente un episodio molto, molto vecchio. Quando ero puledra, al test per entrare nella Scuola per Unicorni Dotati, il Sonic Rainboom di Rainbow Dash aveva creato una risonanza che mi aveva permesso di lanciare incantesimi che non sarei mai riuscita a fare altrimenti a quell’età. Avevo sempre pensato che fosse stata la potentissima energia del Sonic Rainboom a darmi l’energia necessaria a compierli, in uno strano e fortuito caso, ma a rifletterci meglio … aveva senso.

Era stata la mia amica Dash, senza volerlo, ad aver attivato quel potere, permettendomi di essere notata dalla Principessa. Ciò dimostrava che l’avevo sin dalla nascita.

Mi venne un dubbio.

«Allora mi avete preso sotto la vostra ala per via del mio potere? Sapevate che lo possedevo?»

Celestia annuì. «Sapevo che avevi bisogno di una guida, e nessun insegnante della Scuola per Unicorni Dotati, anzi, nessun’insegnante al mondo conosce questo potere né ha modo di interromperlo quando fugge dal controllo. Solo un altro pony con quel potere sotto controllo infatti può bloccare quello altrui dal creare danni, come ti ho dimostrato quel giorno.»

«Quindi sapevate … » non riuscii a finire la frase. Ero troppo emozionata per quella scoperta e per la conversazione con tre pony che credevo non avrei più rivisto.

La Principessa annuì nuovamente, e mi portò uno zoccolo sulla guancia, asciugandomi alcune lacrime quasi asciutte e lanciandomi un sorriso radioso. «Sapevo fin dall’inizio che il tuo destino sarebbe stato quello di stare al nostro fianco.»

Iniziò a girarmi la testa. Per un attimo mi sentii svenire, ma non accadde. Qualcosa me lo impediva.

Celestia sospirò, mutando l’espressione felice in una malinconica. «Purtroppo il destino ha voluto che le cose andassero in modo diverso.»

«L’Ombra ha rovinato tutto.» le diede ragione Luna, girandomi attorno. «E la tua sparizione per vent’anni ci ha reso impossibile addestrarti per diventare il quarto alicorno di Equestria.»

«Capisci ora perché, quando tornasti, t’intimai di rimanere a Ponycity?» mi domandò Celestia, con l’espressione di chi cerca di trovare supporto per ciò che ha fatto. «Non potevo spiegartene la ragione, perché non era ancora il tempo, ma avevo bisogno che tu imparassi nuovi incantesimi e ti migliorassi a sufficienza da essere in grado di controllare l’immenso potere dello “Spirito Equestre”.»

Abbassò lo sguardo, con espressione triste.

«Ma ho capito che il mio fu un desiderio egoistico.» spostò lo zoccolo dalla guancia alla spalla. «Ho anteposto la tua libertà al bisogno di Equestria di una nuova protettrice. Non avrei dovuto …»

Scossi la testa. «Non c’è bisogno di scusarsi. Aveva tutte le ragioni per lasciarmi a Ponycity. Ora lo so.»

«Non è vero.» incalzò lei con voce accorata. «Perché mi sono resa conto che dovevi fare quel viaggio. Ne andava del destino del mondo, non solo di Equestria. Me ne sono resa conto troppo tardi. La paura di perdere quel poco che ero riuscita a proteggere ha annebbiato il mio giudizio. Avevo dato per scontato che il resto del mondo fosse ormai perduto. Ero certa, nella mia cecità portata dallo sconforto, che i pony fuori da Ponycity e Canterlot fossero tutti corrotti.»

«Non sei la sola.» la consolò Cadence. «Non sei la sola.»

«Hai dimostrato di essere stata più saggia di me in quella decisione, Twilight.» concluse la mia mentore, emozionandomi a tal punto da farmi piangere di nuovo.

Restai in silenzio per un po’, assimilando ciò che avevo appena sentito, accarezzando lo zoccolo di Celestia posato sulla mia spalla.

«E ora?» domandai guardando le tre Principesse, che malgrado non portassero i gioielli che le contraddistinguevano mantenevano comunque una grande aura di regalità. «Ora che succede?»

Celestia fece un profondo respiro e si ricompose. Abbassò lo zoccolo dalla mia spalla e mi guardò con aria calma e severa.

«Ora dovrai fare una scelta molto importante, che per quanto io desideri influenzare non posso farlo. Non è mio diritto farlo.»

Scossi la testa, arretrando. «Che intende?»

«Con l’incantesimo che stai lanciando adesso stai compiendo l’unica magia in grado di riportare in vita un pony.» spiegò Luna.

«Che sto lanciando adesso?» domandai, confusa.

Celestia fece riapparire una scena su un riquadro animato. Questa volta era bloccata nell’esatto momento in cui si creava una sfera di luce di fronte alla biblioteca, con me e le mie amiche all’interno, mentre Rachel, Redflame, Scrolley e Sunset Shimmer la fissavano preoccupate e meravigliate.

«Qui il tempo non ha significato.» chiarificò la Principessa.

«Nel tuo caso,» proseguì Luna «hai abbastanza forza di volontà, potere magico ed energie per riportarle in vita tutte e cinque. Non una di più.»

«Davvero?» esclamai, felice di aver avuto ragione.

«Ma hai anche un’altra scelta.» disse Celestia, con tono serio. «Più di vent’anni fa ti mandai a Ponyville per due motivi. Il primo fu quello di farti scoprire la magia dell’Amicizia, diventando così la prima detentrice dell’Elemento dopo secoli. La seconda motivazione fu quella di farti imparare le virtù fondamentali per diventare in futuro una pony saggia in grado di usare i suoi poteri per il bene. Ottimismo, carità, compassione, devozione, integrità, leadership. Tutte virtù che so che hai appreso dalle tue esperienze, dalle avventure, dai nemici che hai affrontate e dalle tue amiche. Con tali virtù sarai in grado non solo di diventare una grande alicorno, ma anche di utilizzare il pieno potere degli Elementi dell’Armonia da sola, come capitò a me per un breve periodo.»

Spalancai la bocca. «Quindi ... potrei diventare alicorno, usare gli Elementi e sconfiggere l’Ombra? Da sola?»

«Sì, Twilight.» disse Cadence, sorridendomi. «Saresti l’ultima speranza per il nostro mondo.»

«Ma … e le mie amiche? Non posso farle tornare in vita? Dare a loro la possibilità di aiutarmi contro l’Ombra?»

Luna negò con il capo. «Sta qui il problema. Non puoi scegliere entrambe le cose. La loro vita dipende dalla tua morte.»

«Cosa?» urlai, creando un fortissimo eco in quel nulla. Comprendevo solo ora il terribile dilemma che mi veniva posto. Il cuore mi si strinse in una morsa.

Celestia abbassò lo sguardo, sinceramente dispiaciuta. «E’ una scelta terribile, lo so, ma non c’è scampo. Anche avendo tutte le conoscenze di questo mondo, per riportare in vita un essere vivente chi lancia l’incantesimo deve morire. Sei fortunata che hai abbastanza energie, forza e sapienza magica per riportarle in vita tutte e cinque. Ma non puoi ottenere entrambe le cose. Dovrai scegliere tra te e loro … tra la salvezza di Equestria e la loro vita …»

Scossi la testa, iniziando di nuovo a piangere. «No! Non posso fare una scelta simile! Non posso sacrificare le mie amiche per sopravvivere!»

Nessuna delle Principesse disse niente. Si limitarono a guardarmi con aria mesta colma di empatia.

Mi lasciai cadere sul pavimento invisibile, scoppiando a piangere e battendo lo zoccolo sulla fronte. «Non posso … non posso … non pooossooo!»

«E sacrificheresti te stessa per farle tornare in vita in un mondo alla mercè dell’Ombra?» mi domandò severamente Luna.

«Sorella!» esclamò Celestia, redarguendo l’alicorno blu con aria severa. «Non sta a noi giudicarla. Non rimembri più cosa significhi amare i propri amici al punto da sacrificare tutto pur di riaverli accanto?»

La Principessa della Notte abbassò lo sguardo e non disse altro, l’espressione fissata nel ricordare memorie lontane e tragiche.

«Twilight.» mi disse la voce calma della mia mentore, coricatasi vicino a me. «Qualunque decisione tu prenderai, la rispetteremo. Perché qualunque essa sia, sarà una decisione giusta, dettata dal cuore. Però Luna ha ragione. Devi tenere conto che il tuo sacrificio potrebbe rivelarsi vano.»

«Non importa …» esclamai, singhiozzando. «Diventare alicorno significherebbe … diventare immortale … giusto?»

Celestia annuì dolcemente.

Mi passai uno zoccolo davanti al volto, pulendomi dalle lacrime.

«Come potrei sopportare l’immortalità … senza le mie amiche accanto? Sapendo che avrei potuto rinunciare all’immortalità … per riportarle in vita?»

Celestia mi si avvicinò ancora di più. Appoggiò la sua testa alla mia con fare materno, accarezzandomi con il muso. La sua criniera fluente si appoggiò sulla mia schiena, leggera e morbida come una coperta di seta. «E’ per questo che non ho alcun diritto d’importi una scelta. Perché so fin troppo bene come ti senti. Ci sono passata anch’io. In più di mille anni di vita ho visto molti amici nascere, crescere e andarsene. Con il tempo mi ci sono abituata, ma è un fardello troppo pesante per essere imposto da altri. La scelta deve essere tua e soltanto tua. L’unica cosa che ti chiedo è di riflettere sulle conseguenze della tua scelta e di accettarle in piena consapevolezza.»

Mi appoggiai sul morbido manto bianco della Principessa, cercando un minimo di conforto mentre lottavo interiormente per quella scelta straziante.

Diventare un alicorno immortale e salvare il mondo o salvare le mie amiche.

Per qualunque altro pony la scelta sarebbe stata semplice, immediata, banale. La vita di cinque pony per la salvezza di milioni di altri e l’immortalità? Nella nuova Equestria dove il ponycidio era normale quella sarebbe stata una scelta ovvia e dal costo banale. Molti sarebbero stati disposti a far cose assai peggiori per ottenere un simile “dono”.

Ma qui si parlava delle mie migliori amiche! Come mi si poteva chiedere di sacrificare le mie migliori amiche?

Cos’ero io senza di loro? Cosa sarei oggi se non una studentessa timida e piena di mille problemi? Mi avevano insegnato cose che non si imparano sui libri. Mi avevano insegnato grandissime lezioni di vita. Erano pony leggendari ai miei occhi, non semplici giumente un po’ eccentriche. Erano delle vere e proprie eroine di Equestria. Pony che meritavano statue in ogni via di ogni città.

Non potevo ripagarle così, sacrificandole alla prima occasione. E per cosa? Per sopravvivere? Per rimanere sola per chissà quanti secoli? No … non avevo galoppato per mezza Equestria, combattuto la corruzione dell’Ombra e compiuto ponycidi solo per vedere vanificati i miei sforzi di salvarle. Dopo tutta quella fatica, non potevo abbandonarle proprio adesso. Dovevano vivere … a tutti i costi …

Più passavano i secondi, più la mia scelta si faceva chiara, anche se sofferta.

Tirai su con il naso un’ultima volta e mi alzai, seguita da Celestia.

«Hai deciso?» domandò Cadence con voce gentile.

Annuii, mentre dentro di me si creava una strana sensazione di rassegnazione. Stavo accettando senza rendermene conto la mia fine. Cosa strana, visto che l’avevo già accettata prima di apparire in questo luogo.

«Ne sei sicura?» chiese Luna. Al contrario della Principessa dell’Amore la sua voce tradiva turbamento.

Annuii di nuovo. «Cinque grandi amiche. Cinque leggende. Rarity, Fluttershy, Rainbow Dash, Applejack, Pinkie Pie. Nomi che mi rimarranno impressi nel cuore per sempre. Con loro ho un debito enorme. Non posso semplicemente lasciarle andare. Non se ho modo di riportarle indietro …»

«Ferma!» esclamò all’improvviso una voce.

Mi voltai di scatto.

Dal nulla apparvero delle figure sfocate che galoppavano nella mia direzione.

Cinque figure sfocate.

Spalancai la bocca.

«Non osare fare quest’idiozia!» esclamò Rainbow Dash, la più rapida, che con uno scatto d’ali mi fu addosso, bloccandomi a terra a pancia all’aria.

«Rainbow …» sussurrai, tornando a piangere.

«Saresti davvero capace di rimandarci là, in quell’inferno?» mi disse, con espressione arrabbiata, la criniera arcobaleno scompigliata. Aveva l’aspetto di vent’anni prima, senza vestiti né divise né cicatrici, giovane e innocente, non quello sciupato e indurito dalla guerra dell’Equestria moderna.

«Non credevo avresti fatto una scelta così stupida.» esclamò Applejack, spuntata alla mia destra. «Senza offesa.»

Anche lei era tornata quella che ricordavo prima che iniziasse tutto quanto, con il suo inseparabile cappello da cowgirl sulla criniera.

«Se permetti, cara, preferirei non tornare in quell’orribile uniforme nera.» disse Rarity, messasi accanto a Applejack. «E’ vero che il nero snellisce, ma … io ovviamente sono già magra quindi non ne ho bisogno.»

Il suo aspetto era ben curato ma non così tanto da farla sembrare la pazza monarca di Unicornia. Era solo … elegante. Né più, né meno.

Fluttershy si avvicinò dall’altra parte senza dirmi niente, limitandosi a sorridermi timidamente. Il colore della sua criniera e della coda erano tornati al loro aspetto e colore originale, così come il volto, struccato e naturale come piaceva a lei.

«E poi qui è così bello!» si aggiunse per ultima Pinkie Pie, saltellando fino ad arrivare vicino a Fluttershy. Rividi finalmente la sua criniera vaporosa, sintomo che era tornata al 100% la vecchia Pinkie Pie.

«Prima sono riuscita a fare un salto lungo lungo lungo! Qualcosa come da Ponyville a Canterlot in un colpo solo! Dovessimo tornare in vita per fare una cosa del genere avrei bisogno di costruire un cannone grande quanto una casa!»

Si portò uno zoccolo al mento, pensierosa e seria. «A ben pensarci … è un’ottima idea! Sai che festa riuscirei a fare con un cannone del genere!»

Le lacrime mi offuscavano la vista, tanto che ebbi bisogno di nuovo di passarmi uno zoccolo di fronte al volto per tornare a vedere i volti delle mie amiche. Non … pensavo che sarei riuscita a rivederle … prima di …

«Come …?» fui solo in grado di dire. Mi mancavano le parole per descrivere la gioia immensa che provavo nel vederle così in forma.

«Twilight! Sveglia! Siamo morte!» esclamò Rainbow Dash, alzandosi in volo per permettermi di alzarmi. «Così come tutti quelli presenti qui. A parte te, ovviamente.»

«Puoi salvarti, Twilight.» disse Fluttershy, aiutandomi a tornare sui miei zoccoli, con una determinazione nelle parole che trovava raramente. «Perché non lo fai?»

Le fissai una ad una.

«Perché … perché …»

Gli occhi tornarono lucidi. Le afferrai con gli zoccoli e le abbracciai con tutta la forza che avevo.

«Perché … non voglio perdervi!»

Risposero all’abbraccio con la mia stessa energia, e piansero a loro volta. Restammo così, ferme e strette l’una all’altra, bagnandoci di lacrime a vicenda per la gioia e godendo di un momento che ci era stato negato per troppo tempo. Avrei voluto rimanere lì in eterno, facendo finta che quello che era successo era solo un brutto incubo che si sarebbe dissolto nel giro di qualche ora. Mi aspettavo da un momento all’altro che attorno a noi spuntasse Ponyville, con un bel sole adatto per un picnic, e che la prossima tappa sarebbe stato un prato in cui chiacchierare del più e del meno. Avremmo passato il pomeriggio a scherzare, a ridere, a chiederci di cosa stesse parlando Pinkie Pie, a pensare a quale vestito metterci per il prossimo Gran Galà Galoppante e a organizzarci per andare a vedere la prossima gara di Rainbow Dash.

Ma la realtà tornò a colpirmi con la forza di una montagna, facendomi gemere, quando il mio abbraccio venne gentilmente sciolto e tornai a vedere quell’azzurro nulla, trapuntato di qualche stella solitaria.

Si misero in fila di fronte a me, fissandomi tutte con aria seria.

Tutte tranne Pinkie Pie, che di tanto in tanto non ce la faceva a resistere e doveva fare un salto sul posto.

«Hai un’opportunità incredibile, cara.» iniziò a parlare Rarity. «Qualcosa che accade poche volte nel corso dei secoli. Non buttarla al vento per salvare cinque pony qualunque.»

«Cinque pony qualunque?» sbottai, arrabbiata con lei per quell’affermazione. «Voi non siete cinque pony qualunque! Voi siete mie amiche! Maledizione, siete gli Elementi dell’Armonia! Insieme abbiamo sconfitto Nightmare Moon! Discord! Abbiamo affrontato Chrysalis, Sombra! E mi avete insegnato così tante cose sull’amicizia che potrei passare anni a scriverci libri! Non siete cinque pony qualunque! Come ho detto prima siete delle vere e proprie leggende! Siete cinque pony di cui il mondo ha bisogno! Più di una bibliotecaria solitaria con disturbi ossessivi compulsivi!»

Anche se vedevo riconoscenza nei loro volti, non sembravo aver fatto breccia nella loro decisione.

«Davvero?» domandò Applejack. «Chiedi a un unicorno o a un pegaso cosa ne pensa del Leader Applejack o del Ministro della propaganda Pinkie Pie.»

«O a un pony di terra del Colonnello Supremo Rainbow Dash.» si accodò la pegaso, sbuffando.

«O a chiunque sano di mente della Regina Rarity.» scosse la testa l’unicorno bianco. «L’ultima mia impresa in particolare rimarrà impressa per un bel po’.»

«Hai visto anche tu le reazioni dei pony che abbiamo incontrato durante il viaggio.» continuò Applejack. «Molti continueranno a vederci come nemiche. Vent’anni sono difficili da cancellare.»

Aprii la bocca ma non uscì alcun suono. Era terribile, ma avevano ragione: erano per buona parte responsabili, chi più chi meno, dell’orrore dell’Equestria degli ultimi vent’anni. Il mondo le avrebbe continuate a vedere corrotte e malvagie. Bastava ricordarsi come molti pony reagivano ancora di fronte a Luna, credendola Nightmare Moon, per capirlo. E Nightmare Moon aveva portato caos e distruzione mille anni prima … figuriamoci loro che l’avevano fatto fino a qualche giorno fa.

«Spiegami come facciamo quindi ad aiutare un mondo che non ci sopporta?» domandò Pinkie Pie, in un rapido momento di serietà, seguito da un saltello.

«Io non so se riuscirei a sopportare pony che mi guardano con odio.» disse Fluttershy abbassando lo sguardo e strusciando lo zoccolo a terra. «Preferisco quelli che mi prendono in giro.»

«Ma …» riuscii solo a dire.

«Ma niente!» esclamò Rainbow Dash, la più decisa di tutte. «Lasciaci qua e torna là a dare un bel calcio nel sedere all’Ombra. Anzi, dagliene sei, anche da parte nostra. Mmm, forse è meglio sette. Io gliene darei almeno due.»

«Fai otto allora.» ridacchiò Applejack.

Non riuscivo a crederci … come facevano a prendere così alla leggera la loro morte?

«Non ti devi sminuire così.» continuò Fluttershy a voce bassa ma mantenendo lo sguardo basso. «Hai imparato molte cose a Ponyville. Con il tempo sei diventata gentile, leale, onesta, generosa e ottimista esattamente come noi. Non hai nulla da invidiarci. Gli Elementi dell’Armonia funzioneranno anche senza di noi. Forse persino meglio.»

Tornai a piangere. «Ma …»

Rarity mi si avvicinò e mi posò uno zoccolo sulla spalla. «Non ti devi preoccupare per noi. Non si sta così male da questa parte. Non ti posso dare i dettagli, non ci è permesso, ma …»

«Come non ci è permesso dare i dettagli?» domandò Pinkie Pie, drizzando le orecchie «Ma io volevo raccontarle di ..»

«No!» esclamarono tutte le altre in coro.

«Neanche quella cosa del …»

«No!»

«E lo strano …»

«No!»

Pinkie sbuffò. «Uffa che barbaaa!»

Il suo risentimento durò poco. Tornò subito a saltellare.

«Stavo dicendo …» continuò Rarity, roteando gli occhi. «Che qui stiamo bene. Abbiamo fatto una bella vita … almeno la prima metà. E per quello che abbiamo fatto nella seconda metà abbiamo cercato in qualche modo di redimerci. L’ultima cosa che ci rimane da fare, l’unica cosa che possiamo fare per rimettere le cose a posto è dare a te parte di noi.»

Scossi la testa, gli occhi perennemente lucidi.

«Non capisco …»

Celestia, che fino a quel momento era rimasta silenziosa insieme alle altre Principesse, si affiancò a me.

«Intende i ricordi, le esperienze, le capacità …» disse l’alicorno bianco.

Applejack annuì. «Suona strano anche a me. Non ci ho mai capito un’acca di magia e cose del genere. Ma da quel che ho capito ti potrà servire. Prendilo come il nostro ultimo regalo per una grande amica.»

«Se hai così paura di perderci» disse Fluttershy, sorridendo. «almeno parte di noi sarà in te, sempre.»

«Così ti potrò insegnare come organizzare una festa di proporzioni epiche quando tutto sarà tornato normale!» esclamò Pinkie alzando gli zoccoli verso l’alto, formando una V. Poi, colta da un momento di euforia, si mise a saltellare più velocemente del solito «Ohohohoh. Non vedo l’ora di scoprire come ti verrà!»

«Pinkie!» esclamarono le altre.

La pony rosa alzò le spalle «Che ho detto?»

Rarity scosse la testa «Ciò che sappiamo lo saprai anche tu.» proseguì. «In vent’anni di nostro governo molte cose potrebbero tornarti utili. Non tutte ovviamente. Ti passeremo solo le cose più … edificanti, tralasciando gli orrori di cui ci siamo macchiate.»

«Di orrori ne hai già visti abbastanza per farti passare la voglia di compierne altri.» commentò Rainbow Dash.

«La nostra vita diverrà la tua.» concluse Rarity.

«Anche noi contribuiremo, se farai questa scelta.» si accodò Celestia. «Anche le nostre esperienze millenarie da Principesse potranno esserti utili.»

«E non solo le loro.» esclamò dal nulla una voce maschile.

La riconobbi all’istante.

Accanto a me apparve, prima sfocata, poi più chiara, la figura di mio fratello.

«Shining … Armor.» piagnucolai. Era esattamente come me lo ricordavo l’ultima volta che lo avevo visto. Forte, alto e prestante, ma con un’espressione gentile degna del miglior fratello del mondo.

Scoppiai a piangere e lo abbracciai con forza.

«Twilight!» si aggiunse un’altra voce maschile. Un piccolo fulmine viola e verde mi si avvinghiò al collo, piangendomi sulla criniera.

«Anche tu Spike!» gli risposi, stringendolo insieme a mio fratello.

Un altro incontro del genere e sarei morta sul serio per l’emozione.

«Mi sei mancata, Twilight!» piagnucolò il draghetto, con tale forza che mi stava quasi per strozzare.

«Mi sei mancato anche tu … tantissimo.» singhiozzai.

«Twily.» disse lo stallone, forse più emozionato di me, anche se lo trovavo impossibile. «Mi dispiace di non essere stato abbastanza forte per vederti tornare e fare … queste cose.»

«A mamma e papà manchi tantissimo.» gli dissi, accarezzandogli il collo.

«Lo so.» disse lui, passandomi fraternamente uno zoccolo tra i capelli.

«Sono orgogliosi di come hai sacrificato la tua vita per mantenere la pace.»

«Tu invece no?»

Tirai su con il naso, fissandolo con stizza. «Non scherzare … c’è da chiederlo?»

Voltai lo sguardo verso il volto scaglioso di Spike, che piangeva, di quello ero sicura, molto più di me.

«E tu …» gli dissi, accarezzandogli amorevolmente la cresta verde sulla testa viola. «L’ho già detto, ma mi sei mancato più di tutti.»

«Mi spiace di aver lasciato la biblioteca incustodita. Ho disubbidito a un tuo ordine. Se fossi rimasto …»

Gli tappai la bocca, piangendo con lui. «Non ti preoccupare. Avevi tutti i motivi di tentare di far ragionare Rarity. Non potevi sapere cosa le era successo.» gli sorrisi, dandogli uno scappellotto leggero sulla testolina scagliosa. «E non è certo la prima volta che mi disubbidisci.»

Riuscimmo a ridere e a piangere contemporaneamente.

Ci stringemmo tutti e tre ancora per un po’. Avrei voluto chieder loro così tante cose che avrei potuto passare delle ore seduta con loro. Ma per il momento ero solo felice di rivederli e di riabbracciarli, e di scoprire che dopo tutto quel tempo erano sereni … in qualunque posto fossero ora.

Poi, dopo circa un minuto, fui distratta da un colpo di tosse.

«Non dimenticarti di me, Sparkle.»

Mi voltai e vidi la giumenta azzurra che mi sorrideva. Anche lei, come tutti gli altri, era in gran forma, senza vestiti addosso.

«Ho diverse cosette che potrei insegnarti.» disse. Abbassò la testa e il corpo in un elegante inchino. «La Grande e Potente Trixie Lulamoon è al tuo servizio.»

Non riuscivo a crederci. Anche lei qui?

Ero più sorpresa che emozionata nel vederla, però fui felice, felicissima di vederla lì a darmi supporto.

Lasciai l’abbraccio di Shining e Spike, e mi avvicinai a Trixie con l’intento di abbracciarla per l’ultima volta (anzi, in realtà era anche la prima) e ringraziarla di tutto quello che aveva fatto per me.

L’unicorno scosse uno zoccolo, bloccandomi sul posto. «No, no, niente abbracci. Non ce n’è bisogno. Lo sai che non sono tipo da smancerie del genere.»

«Davvero? A me non risulta.» disse una voce maschile che non riconoscevo, proveniente da una posizione non ben definita.

«Silver! Non è il momento!» esclamò lei, avvampando subito in volto, creando un forte contrasto tra le guance rosse e il manto blu. Tossì, ricomponendosi altrettanto rapidamente. «Bel posticino che mi avete scelto per il funerale, grazie.»

Riuscii a sorridere. «Sono io che ti devo ringraziare. Avremmo voluto seppellirti da un’altra parte, ma le circostanze erano critiche e …»

Trixie ridacchiò. «Mia madre diceva che siamo come foglie trasportate dal vento: dovunque ci posiamo è il posto giusto perché, secondo lei, è il destino ad averci mandate lì. Inoltre dubito che qualcuno mi verrà a rendere onore, quindi …»

«Io lo farò.» le promisi, girandomi verso gli altri che si stavano avvicinando. «Così come con tutti voi.»

Mentre lo dicevo le mie amiche, insieme a Shining Armor e Spike, formarono un circolo attorno a me, al quale si aggiunse Trixie, grata della mia promessa.

«E’ ora, Twilight.» disse Celestia, entrando nel cerchio e creandone uno interno più piccolo insieme a Luna e Cadence. «E’ ora che tu scelga.»

Sospirai.

Il cuore mi aveva chiesto a gran voce di far tornare in vita le mie amiche, ma adesso che le avevo davanti, sorridenti, serene e felici, come potevo deludere il loro ultimo desiderio? Loro avevano espressamente scelto di rimanere lì dove si trovavano. Sapevano che ritornare dall’altra parte non sarebbe servito a niente, se non a soddisfare un mio desiderio, forse egoistico, di vederle vive.

E avevano ragione. Ora avevo capito che dovevo lasciarle andare. Per il bene della nostra amicizia, per il bene del mondo, dovevo lasciare nel passato tutte le belle esperienze passate con loro, e usare i loro doni per sconfiggere l’Ombra e riportare l’armonia in Equestria.

Ciò non significava dimenticarle, né deluderle. Erano state loro a esprimere questo desiderio.

Solo io potevo esaudirlo. Era un peso che solo io potevo portare. Una responsabilità che solo io potevo adempiere.

«Addio amiche mie.» dissi, facendo scendere le ultime lacrime, girandomi e fissandole negli occhi una ad una. «Addio Shining Armor. Addio Spike. Addio Trixie. Addio Principesse. E’ inutile che vi auguri ogni bene, perché so che state già bene. E questo mi rende serena. Vi ringrazio per il vostro aiuto, per la vostra amicizia, per il vostro amore incondizionato e per tutto ciò che mi avete insegnato. Ora tocca a me ricambiarvi di tanta generosità. Ora non mi resta che compiere il mio destino.»

Tutti attorno a me sorrisero, felici per la mia decisione. Attorno ai loro corpi s’iniziò a formare un alone bianco, e dal petto di ciascuno partì un raggio arcobaleno che si andò a raccogliere sul corno di Celestia, compreso il suo. Quel nulla in cui ci trovavamo divenne di colpo molto luminoso.

«Tutte noi ti doniamo la nostra conoscenza, le nostre esperienze e i nostri ricordi, in modo che tu possa affrontare al meglio il futuro, sia quello prossimo che quello remoto.» disse la Principessa del Sole, ancora più raggiante con quell’aura bianca che la circondava e più maestosa con i raggi arcobaleno che si concentravano sopra il suo corno. Era una gioia per gli occhi stare a guardarla.

Poi precisò. «Ma sbagli a dirci addio. Essere immortale non significa essere eterna. Tu, e spero l’Ombra, capirete presto cosa intendo. Il nostro è solo un arrivederci. Buona fortuna, mia fedele studentessa.»

Senza darmi tempo di assimilare quelle parole, puntò il corno su di me. Quando i raggi arcobaleno concentrati toccarono il mio corno un lampo di luce abbagliante mi accecò.

 

Sentii una forza immensa espandersi in ogni parte del corpo. Una forza così prorompente che mi sentivo dilaniare, frantumare, come se dentro di me ci fosse un titano che stesse tentando di aprirsi la strada. Un dolore indescrivibile, acuto e diffuso. Così forte da farmi desiderare la morte. Per lunghissimi istanti ebbi seriamente paura che sarei esplosa e ridotta in migliaia di pezzi.

Ma non accadde.

Intervenne un’altra forza, che dall’interno si prodigò a trasformare il mio corpo, a mutarlo, rendendolo pronto ad alloggiare questo potere per me quasi incomprensibile all’inizio, ma che dopo i primi secondi di confusione iniziai a intuire. Mille ricordi si accavallarono, esperienze che non avevo mai avuto, parole che non avevo mai pronunciato, concetti che non avevo mai studiato: volo, biologia, politica, comunicazione, geografia, magia, storia … queste e mille altre conoscenze si mischiarono in un minestrone che inizialmente non aveva alcun senso, ma che pian piano si misero in ordine come negli scaffali di una biblioteca.

Questo caos ordinato a un certo punto finì.

E la vidi.

L’illuminazione.

Quello fu il primo termine che mi venne in mente, osservando la luce più accecante di mille soli ma che riuscivo a fissare senza conseguenze, che espandeva i suoi raggi verso l’infinito.

Come potevo definirla diversamente?

Un bellissimo sogno fatto ma che non si ricorda, l’idea perfetta che ti sfugge sempre, l’ideale per cui potresti morire mille volte senza arrenderti mai, la forza così pura che senti che non ha modo di essere sconfitta nemmeno dal più grande male dell’universo.

Spiegazioni fallaci che non si avvicinavano neanche lontanamente alla verità.

Ed era così vicina.

Mi allungai, cercando di vedere meglio cosa fosse, ma era inutile. Era troppo luminosa e qualcosa mi tratteneva verso il basso, qualcosa che non voleva che la raggiungessi o la vedessi. Protesi uno zoccolo, sperando che almeno con il tatto fossi in grado di intuire cosa fosse.

Ma per quanti sforzi facessi, per quanto impegno ci mettessi, non riuscivo ad avvicinarmi. La forza che mi tirava verso il basso era troppo forte.

Strinsi i denti, allungandomi sempre di più, guadagnando ad ogni tentativo qualche millimetro, con il sudore che mi imperlava il volto.

Alcune voci sempre più insistenti nella mia testa continuavano a dirmi che non ne valeva la pena, aggiungendo resistenza mentale a quella fisica.

Ma la curiosità era troppa. Cos’era? Perché mi affascinava così tanto se nemmeno sapevo cosa fosse?

Quindi tornavo a provare. A provare e provare ancora. Stringendo i denti, slogandomi quasi le zampe.

In un ultimo, enorme sforzo fisico e di volontà, che mi fece sudare come se mi trovassi in una sauna, riuscii a toccarla. A malapena, con la punta dello zoccolo destro, ma la toccai.

Sorrisi.

Tanto bastava.

 

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 - L'ultima speranza ***


Capitolo XXX

L’ultima speranza

 

… O bella luce

a noi manda l’eroe ...

(Le Tre Figlie del Reno, dall’opera Crepuscolo degli Dei di Richard Wagner)

 

 

 

Ponycity: tarda sera del 19° giorno dall’inizio della Terza Grande Guerra

 

Balance non fece in tempo a finire la sua frase. La sfera di luce che circondava Twilight esplose, con la forza luminosa di un secondo sole, obbligandola a voltarsi per non finire accecata. Subito dopo un vento fortissimo la spinse verso l’alto, e ci vollero tutte le sue forze per mantenersi in volo.

Anche l’Ombra, accecato senza preavviso da quella luce, fece fatica a restare in aria, e fu costretto a richiamare l’energia oscura che stava per scagliare a terra.

Quando il vento si calmò e la luce divenne più sopportabile, Balance tornò a guardare in basso.

Nel punto dove prima si trovava Twilight con le sue amiche c’era un piccolo cratere. Rachel e gli altri erano stati scaraventati dall’altra parte della strada, e malgrado il forte contraccolpo erano ancora vivi, solo un po’ storditi.

E tutti loro, Balance e l’Ombra compresa, stavano ora fissando la figura che iniziava ad apparire nascosta da un’enorme stella porpora attorniata da sei bianche stelle più piccole.

Balance sorrise. «Ce l’ha fatta.»

 

Scrolley si stiracchiò, lamentandosi. Aveva sbattuto di schiena contro il muro della casa di fronte alla biblioteca. Non con forza, ma abbastanza da farla zoppicare per un po’.

Poi si rese conto dello spettacolo che stavamo guardando noi.

«Ma … che … cosa …»

La stella iniziò lentamente a sparire, e al suo posto iniziai a vedere la silhouette di un piccolo alicorno. Sì, era una unicorno delle lunghe ali da pegaso, più maestosa della più rara delle gemme. Si stava lentamente posando a terra, come se fosse tenuta sopra un palmo invisibile che la stava gentilmente facendo scendere. Non riuscii a credere ai miei occhi quando scoprii che quell’alicorno aveva il manto indaco e la criniera viola e magenta (non più rossa e nera). Il cutie mark era identico alla stella contornata da altre sei stelle apparsa poco prima.

Aveva una stella in più, ma era definitivamente lo stesso cutie mark di Twilight Sparkle.

I corpi delle amiche erano rimasti a terra, ma non portavano più il loro Elemento. Twilight invece al posto della sua corona portava una grande collana al collo, simile a quella della Principessa Celestia, con al centro posizionati tutti e sei i cristalli rappresentanti gli Elementi, in una conformazione praticamente identica a quella del mio cutie mark.

«Non … ci posso … credere.» esclamò Sunset Shimmer.

Posata a terra leggera come una piuma, Twilight richiuse le ali in un modo così naturale che sembrava esserci nata con esse.

Si avvicinò a noi, lentamente e con sicurezza. Quando fu abbastanza vicina notai che dagli occhi semi chiusi stava calando qualche lacrima solitaria. Guardandola bene, notai che le ali non erano l’unico cambiamento evidente del suo aspetto: sia la criniera che il corno infatti a un esame più attento erano più lunghi. Anche le movenze non erano più le sue: la sua andatura era più posata, più decisa, più matura.

Non avevo alcuna idea di cosa fosse successo in quei pochi secondi per trasformarla così, ma ero certa che avesse a che fare con le sue amiche.

«State bene?» furono le sue prime parole, ben scandite.

Annuimmo tutti, tranne Sunset Shimmer che la fissava terrorizzata. Forse temeva la nuova “forma” di Twilight, e non voleva essere vista come nemica.

«Mi scuso per questo piccolo incidente, ma mi devo ancora abituare a questo nuovo potere.»

«Potere?» ripetè Redflame come un pappagallo.

Improvvisamente sentii fischiare qualcosa. Alzai lo sguardo e vidi che l’Ombra aveva un braccio puntato verso di noi e aveva lanciato un raggio. La rapidità dell’incantesimo fu tale da cogliere completamente impreparata Balance, impedendole di intercettarlo per salvarci.

Iniziai a indietreggiare, pronta a fuggire mentre fissavo quella magia nera turbinante arrivarci addosso, ma Twilight mi fermò alzando uno zoccolo, stranamente tranquilla.

Il suo corno s’illuminò appena.

Il raggio arrivò a circa una decina di metri d’altezza e s’arrestò contro una barriera invisibile. Nella parte curvata resa visibile dall’impatto notai diversi colori scomporsi e ricomporsi, opponendo una feroce resistenza all’attacco.

Lanciai uno sguardo a Twilight.

Anche se l’espressione era concentrata e gli occhi chiusi, non sembrava sforzarsi molto.

Il raggio nero creava un’onda d’urto talmente potente da distruggere parte dell’edificio vicino non coperta dallo scudo, ma qui dove eravamo noi non creava alcun effetto se non terrore. Dopo qualche secondo in cui tentò inutilmente di farsi strada, l’incantesimo perse forza e l’attacco venne dissolto.

«Per la miseria.» esclamò Scrolley, mentre fissava con gli occhi spalancati Twilight.

La giumenta viola sospirò, riaprendo gli occhi. Ci scambiammo uno sguardo molto veloce.

Ma tanto bastò per emozionarmi.

Mi ci sarei potuta perdere in quegli occhi: neanche le poche volte che mi era capitato di incrociare lo sguardo con Celestia e Luna avevo provato una sensazione del genere.

Cosa le era successo?

«Fate attenzione.» ci disse. «Qui è molto pericoloso.»

Cercai di riscuotermi.

«Ma …»

Non mi lasciò finire che spalancò le ali, mostrando un’apertura alare più lunga del suo intero corpo.

Con la coda dell’occhio notai che Redflame sembrava invidiargliele dallo sguardo beato che aveva.

Dopo averle spalancate si abbassò e con un balzo spiccò il volo, accelerando con una tale velocità che riuscì quasi a farci cadere per la spinta d’aria creata.

Come faceva a farlo senza aver mai volato prima d’ora?

 

Era incredibile … mi sentivo incredibile. Anche se nei ricordi datemi da Celestia, Luna, Cadence, Fluttershy e Rainbow Dash avevo volato un’infinità di volte, provarlo per davvero era tutta un’altra cosa. La velocità, il vento sul muso, le ali tese … tutte sensazioni che una unicorno come me poteva provare solo usando ali create magicamente, ma che non erano la stessa cosa.

“Grazie a tutte voi” pensai, facendo calare un’altra lacrima di gioia per quel dono stupendo.

Ma tornai a concentrarmi quando, dopo qualche istante, raggiunsi il punto del cielo dove si trovava Lyra … anzi, quella che aveva finto di essere Lyra.

L’Ombra, dopo aver visto di cosa ero capace, mi stava fissando in silenzio, a metà tra l’incuriosito e il preoccupato. A breve avrebbe scoperto che aveva ragione di preoccuparsi.

«E’ bello vedere che sei riuscita a toccarla, Twilight.» mi disse enigmatica l’alicorno mutaforma, anche se sapevo a cosa si stava riferendo. Notai, con un certo orrore, che non aveva cutie mark, esattamente come Chrysalis.

«Chi sei in realtà?» le domandai. «E che fine ha fatto la vera Lyra?»

In quel momento la mia guardia era alzata sia contro l’Ombra che contro di lei. Malgrado ci avesse aiutato per tutto il tempo, malgrado ci avesse salvato la vita più di una volta, non riuscivo a fidarmi completamente di una mutaforma. Ancor meno di una mutaforma con i suoi poteri, persino più grandi, forse, di quelli di Chrysalis.

«Non mi sembra il momento adatto. Abbiamo un nemico da sconfiggere!» mi disse, puntando il capo grigio verso il mostro bipede.

«E tu non lo sei?» le domandai mantenendo lo sguardo fisso sull’Ombra, che iniziava ad avere qualche cedimento nella sua espressione fino a quel momento sicura e boriosa.

Buon segno.

«Se fossi stata tua nemica credi che ti avrei salvato la vita in più di un’occasione?»

Non aveva tutti i torti, ma …

«Sei un mutaforma.» le feci notare. «Vi nutrite d’amore. Uccidendoci non otterreste niente. Salvandoci invece avreste le prede perfette. A voi un mondo colmo d’odio non conviene.»

Balance riportò lo sguardo sull’Ombra. «Non posso spiegartelo adesso, ma non è così semplice come lo fai sembrare.»

La fissai negli occhi. Non riuscii a notare malizia nello sguardo, né secondi fini. Normalmente non mi sarei fidata, ma grazie all’esperienza ottenuta nel riconoscere menzogne e intenti ero quasi certa di avere ragione sulla bontà dei suoi obiettivi.

Quasi.

«Per il momento ti concedo il beneficio del dubbio.»

«Avete finito di parlare dei vostri affari?» ci interruppe l’Ombra, torcendo un labbro con rabbia. «Sarete anche in due, ma non è la quantità che vi aiuterà a sopravvivere!»

«No.» dissi, sicura di me stessa, spostando la mia intera attenzione sul nostro nemico. «Sono io adesso la tua avversaria.»

Sentii la mutaforma avere un fremito d’incredulità.

«Che … che dici, Twilight?»

«Dico che sono l’unica in grado di sconfiggerlo.» le dissi, senza voltarmi verso di lei. «Non sto sottovalutando le tue capacità. Solo non hai ciò che possiedo io …»

Feci un profondo respiro, mettendo bene in mostra gli Elementi dell’Armonia, riuniti in un unico artefatto, sul mio petto.

L’Ombra mi fissò, mostrando i denti aguzzi. Stavolta il suo sguardo non mi fece sentire male. Ero in grado di contrastarlo senza problemi.

Il nostro nemico scoppiò a ridere.

«Sei diventata pazza?» domandò l’Ombra, ghignando. «Il dolore della perdita delle tue amiche ti ha fuso il cervello? Non so cosa ti è successo, ma non bastano un paio d’ali e qualche gingillo al collo per darti il diritto di fare la paladina che sconfigge il cattivo di turno.»

«Non sei onnisciente.» gli risposi. «Avrai corrotto il nostro mondo per millenni, ma ciò non comporta che tu sappia tutto su di noi. Già il fatto che tu non comprenda il potere degli Elementi dell’Armonia sarà ciò che ti condannerà!»

«Ah! Come no! Mi ha fatto più male ricevere il sole in faccia che quel patetico arcobaleno! Non basta così poco per distruggermi. Anzi, mi correggo: non c’è nulla che può distruggermi. NULLA!»

Gli feci un sorriso di sfida, e parte dei caratteri di Rainbow Dash e Applejack vennero a galla. «Mettimi alla prova.»

Il mostro strinse tutti e quattro i pugni, e punto nell’orgoglio li fece scattare in avanti.

In un battito di ciglia dalle sue mani artigliate vennero scagliati raggi concentrati di pura magia nera, che arrivarono quasi istantaneamente su di me.

Ma non riuscirono a colpirmi. Il mio corno, illuminatosi di viola, aveva creato alla velocità del pensiero uno scudo multicolore, potenziato dall’attivazione di un potere difensivo degli Elementi dell’Armonia che avevo scoperto da poco. La collana che avevo al collo splendeva leggermente: non erano ancora a piena potenza. La magia oscura dell’Ombra s’infranse sullo scudo con la stessa forza del vento su una roccia, riuscendo a malapena a farlo traballare. Con la coda dell’occhio notai l’espressione stupefatta di Balance. Doveva aver capito che la mia trasformazione era più complessa di quanto sembrava.

Non ero solo un alicorno.

Non ero solo la prima portatrice di tutti gli elementi dai tempi di Celestia.

In me avevo le conoscenze e la forza d’animo di tre alicorni, sette grandi pony e un drago.

Amavo la modestia, ma non riuscivo a non pensare che forse ora ero la pony più potente che Equestria avesse mai visto.

L’ultima speranza del nostro mondo.

 

Osservai lo spettacolo atterrita ma anche sollevata. Ancora non capivo cosa fosse successo, ma Twilight era diventata qualcosa di fenomenale. Assorbiva l’attacco oscuro dell’Ombra come se niente fosse, quando sia Celestia che la mutaforma poco prima avevano fatto fatica.

Continuavo a ripetermi la stessa domanda: cos’era successo in quei pochi secondi?

Vidi la mutaforma osservare a sua volta in volo la sua “prestazione” con meraviglia. Per un istante pensai che volesse aiutare Twilight colpendo l’Ombra mentre era impegnata, ma poi la vidi scendere di quota e venire verso di noi, “abbandonando” il campo di battaglia.

Sunset Shimmer accanto a me accese il corno, pronta a difendersi.

«Che stai facendo?» domandò Redflame.

«E’ una mutaforma!» esclamò lei. «C’è da chiederlo?»

Il pegaso sbuffò. «Lo ripeto, è la mutaforma che ci ha salvato le chiappe. Saremmo tutti morti ormai senza di lei. E poi hai visto cosa è in grado di fare. Se pensi che contro l’Ombra ti saresti comportata meglio, sei libera di lanciarle tutte le magie che vuoi!»

La giumenta arancione chiaro strinse i denti e spense il corno. Sospirò, ravviandosi la criniera scompigliata e sporca.

«Tanto prima o poi moriremo tutti.»

«Non credo, visto cosa sta facendo Twilight.» disse ottimista Scrolley, che continuava a fissare quel piccolo alicorno che resisteva senza fatica al potere oscuro dell’Ombra.

All’improvviso l’attacco dell’Ombra cessò. Lo sguardo del mostro calò su Balance, e gli urlò qualcosa contro.

Ebbi la sfortuna di incrociare gli occhi della creatura nera, e se non fosse stata per la mia prontezza nel voltarmi di lato sarei svenuta per la sensazione di capogiro che mi aveva colpito all’improvviso.

Quando tornai a guardarlo indirettamente, capii che la mutaforma era in pericolo.

L’Ombra si lanciò in volo contro di lei, raggiungendo una velocità tale che era difficile persino seguirla con lo sguardo. Da come era posizionata sembrava intenzionata a colpirla con uno dei suoi pugni.

La mutaforma si voltò e si accorse tardi del pericolo.

Ma malgrado la velocità del nemico, Twilight riuscì a precederlo e con un volo degno dei pegasi più veloci al mondo riuscì a mettersi in mezzo. L’Ombra, non aspettandoselo, batté violentemente la faccia contro il suo scudo, e riuscì a rimanere in volo solo per miracolo.

 

«Brutta impicciona bastarda!» imprecò l’Ombra, portatosi le mani al volto dopo la dura botta. Non aveva subito danni, e se li aveva subiti li aveva già rigenerati, ma di certo il dolore l’aveva sentito. «L’hai detto tu stessa che è una mutaforma! Cosa ti importa se la elimino? E’ un nostro comune nemico! Giuro che dopo averla uccisa penserò solo a te!»

«Non c’è nemico che mi possa spingere ad allearmi con te!» gli dissi, fissandolo nel più profondo sdegno. «Incarni tutto ciò contro cui lotto, tutto ciò che c’è di male nel nostro universo, in quello umano e in tutti gli altri. Un’alleanza tra noi, anche breve quanto un battito di ciglia, è impossibile.»

L’Ombra, ripresasi dalla botta, scosse la testa. «Non hai idea del significato di realpolitik, quindi …»

Aggrottai le sopracciglia. «Real-cosa?»

«Significa che non saresti disposta ad allearti con i tuoi nemici per ottenere i tuoi obiettivi. Ed è questo, mia cara Twilight Sparkle, che ti rende debole. Tu non accetti i compromessi. Tu vivi di assoluti: Bene-Male, Armonia-Caos, Giusto-Sbagliato. Ma la verità è molto più complessa …»

«Certo che è più complessa!» lo interruppi, stanca di quel dialogo che non portava da nessuna parte. «Ci sono infinite sfumature di grigio, perché nessuno di noi nasce perfetto! Tutti sbagliamo! Ma questo non significa che dobbiamo attivamente perseguire le nostre emozioni peggiori!»

L’Ombra sghignazzò.

«Al contrario. Cosa credi che abbia causato tutte le invenzioni degli ultimi vent’anni qui ad Equestria, eh? Non certo la tua tanto decantata armonia. E’ stata la paura a creare armi per difendersi dagli attacchi, è stata l’avidità a ideare l’industria, è stato l’orgoglio a portarvi il benessere. In un ventennio avete ottenuto più agi dei mille anni di regno di Celestia.»

Digrignai i denti a sentirgli pronunciare il nome della mia mentore.

«Agi? E questa la chiami vita agiata? Una vita in cui non puoi fidarti del prossimo? Una vita in cui devi spaccarti la schiena solo per sopravvivere? Una vita in cui devi avere paura che un giorno uno stato accanto ti invada? No, io ci vedo solo orrore, sfruttamento e follia. E tutto questo finirà oggi

L’Ombra rise maleficamente.

«Che paroloni. Forse non hai idea di cosa sono io.»

 

Una nuova sequenza di attacchi oscuri partì dalle quattro mani del mostro nero, una più intensa dell’altra. Le loro onde d’urto si sentivano sino a terra, facendoci tremare. La mutaforma aveva creato una barriera che copriva noi e un’ampia area attorno (includendo la biblioteca dall’altra parte della strada) proteggendoci dai contraccolpi che riuscivano invece a distruggere gli edifici vicini non protetti. Ma malgrado quella potenza, che mi faceva drizzare ogni pelo del manto per i brividi, i colpi continuavano a infrangersi senza conseguenze sullo scudo multicolore di Twilight. Dopo un minuto di assalti, l’Ombra abbassò le braccia, tremante.

 

Attesi che la polvere si diradasse prima di parlare.

«Forse sei tu che non hai idea di cosa sono io.» gli dissi, continuando a tenere attiva la magia difensiva degli Elementi.

«Come hai fatto a diventare così potente? Che ti è successo?» sbraitarono le milioni di voci all’unisono dell’Ombra.

«Tu non accetti l’Amicizia e l’Amore, quindi non capiresti quale forza esse detengano, e cosa possano fare per un semplice pony come me. Tu dicevi di essere il riassunto del lato peggiore dell’Umanità. Allora per risponderti ti dirò che sono diventata il riassunto del lato migliore dei Pony.»

«Che idiozia.» disse ridendo l’Ombra. «Non ho mai trovato amore o amicizia che non fosse in grado di essere spezzata dalla giusta dose di paura e odio.»

Aggrottai le sopracciglia.

«Menti, e sai di mentire.»

«Mentire? No, non ho assolutamente mentito. Sai che ho ragione. Ho visto come eri terrorizzata quando ho ucciso la tua amata Celestia.» alzò una delle sue quattro mani, mostrando tutti i suoi orribili e lunghi denti. «Con questa.»

Il mio corno si accese appena terminò la frase. Lo fissai con rabbia, sbuffando.

«Se pensi che ricordarmelo m’indebolisca, ti sbagli di grosso. Perché ora non ho paura di te. Anzi, per te provo solo una grande, enorme pena.»

Caricai il corno, dichiarando la fine della conversazione. L’Ombra mi fissò seriamente e non più con quell’aria strafottente. Aveva capito con chi aveva a che fare.

Attorno al corno si crearono prima due, poi tre, e infine quattro aloni, percorsi da scariche violette.

«Questo è per tutte le vittime che hai causato da quando esisti!»

Dalla punta del mio corno partì una quantità di raggi viola così numerosa che era impossibile contarli. Nemmeno una mitragliatice era in grado di sparare tanti proiettili. Tutti quei piccoli incantesimi si diressero rapidi come lampi contro il mostro nero. L’Ombra creò in tempo uno scudo nero con cui proteggersi, ma l’assalto era tale che persino la sua formidabile protezione alla fine cedette, perforata come un foglio di carta. Venne investito da decine, centinaia di quei raggi, che lo bucarono peggio di uno scolapasta.

Approntai subito un altro incantesimo, prima che potesse rigenerarsi.

«Questo è per Spike, Shining Armor e Trixie!»

Tre incantesimi di luce vennero scagliati dal corno, diretti verso le gambe e le braccia del mostro. Ancora sconvolto dall’attacco precedente non poté fare nulla per evitarli.

Tutti gli arti vennero disintegrati, insieme a gran parte delle lunghe ali mostruose. Restò in aria solo grazie alla sua magia nera. Del suo corpo era rimasto praticamente solo il tronco bucherellato e la testa.

«Questo è per Cadence, Celestia e Luna!» esclamai, scagliandomi contro di lui in volo. L’accelerazione fu tale che sentii l’aria attorno a me piegarsi, pronta a strapparsi da un momento all’altro. Passai dentro uno dei buchi creati dagli attacchi precedenti giusto in tempo. Fu in quel preciso istante che il Sonic Rainboom esplose, echeggiando per chilometri e dilaniando dall’interno l’Ombra con la sua onda multicolore.

Proseguii il volo per qualche secondo, poi mi voltai. Ora del nemico era rimasta poco più di una poltiglia nera.  Ma le nuvole nere stavano già iniziando il loro lavoro di ricomposizione.

Non gli avrei dato il tempo.

«E questo è per le mie amiche!»

Gli Elementi dell’Armonia sul mio petto si accesero di sei luci colorate accecanti. Dall’artefatto, guidato dal mio corno, partì un incantesimo multicolore verso l’alto, ricadendo rapido come un fulmine contro l’Ombra.

Quel poco che era rimasto dagli attacchi precedenti venne colpito con la possanza di un uragano. Non ebbe né la possibilità né il tempo di urlare. I colori dell’arcobaleno, uniti dalla forza della magia dell’Amicizia, lo investirono con la sacra potenza purificatrice a cui nemmeno alicorni impazziti e spiriti del caos erano riusciti a resistere.

La carne nera rimasta si sciolse ed evaporò, in modo rapido e inesorabile. Alla fine non restò nulla, nemmeno la traccia più piccola di polvere.

 

Eravamo tutti con la mascella a terra. Twilight era … era … stupefacente. Aveva mostrato una potenza magica enorme, aveva eseguito un Sonic Rainboom e usato gli Elementi dell’Armonia da sola … e tutto nel giro di un minuto. E l’Ombra … aveva resistito a malapena nei primi cinque secondi.

Mi corressi. ORA Twilight era equivalente a una dea dei miei libri.

«Capisco perché Celestia mi ha sostituito con lei.» pensò a voce alta Sunset Shimmer.

Twilight, malgrado il nemico fosse stato distrutto, iniziò a volare in circolo, come se non fosse soddisfatta di ciò che aveva fatto.

«Qualcosa non va.» disse la mutaforma.

«Odio quelle tre parole.» esclamò Sunset Shimmer, guardandola con sospetto.

L’alicorno grigio si guardò attorno, così come stava facendo Twilight sopra le nostre teste. «Percepisco la presenza dell’Ombra. Ed è sempre più vicina.»

«Cosa?» esclamai, scioccata. «Ma … ma è stata colpita in pieno dagli Elementi dell’Armonia! L’arma più potente di Equestria! Come ha fatto a sopravvivere?»

«Non lo so.» disse la mutaforma, puntando lo sguardo verso Redflame. «Ma siamo ancora in grande pericolo.»

Notai ora che Daniel, rimasto svenuto e febbricitante sul dorso di Redflame per tutto quel tempo, si stava muovendo più del solito.

Le pupille azzurre dell’alicorno grigio si strinsero di fronte ad un’improvvisa realizzazione. «No! Redflame, metti giù subito Daniel e allontanati!»

Il pegaso si girò verso di lui, non capendo cosa stava accadendo.

Daniel tremava sempre di più, e gemeva nel suo sonno inquieto.

E poi … qualcosa iniziò a cambiare.

Il mio cuore perse un colpo. Compresi solo in quel momento cosa stava accadendo.

«Allontanatevi!» esclamò la voce in avvicinamento di Twilight.

Redflame scattò verso di noi, facendo scivolare a terra il corpo di Daniel che stava aumentando di dimensioni. Al posto degli zoccoli iniziarono a formarsi prima delle zampe e poi delle mani. Le ali sparirono e i peli del manto si ritirarono, lasciando pelle rosa. Il muso si rimpicciolì.

Era tornato umano. Il Daniel Harvey di sempre.

«Daniel …» sussurrai.

Gli zoccoli andarono per conto loro e mi fecero avvicinare a lui.

«Allontanatevi, ho detto!» urlò Twilight, atterrandomi davanti. Vidi un alone viola attorno ai miei contorni, e pochi istanti dopo ci ritrovammo dall’altra parte della strada, teletrasportati proprio di fronte alla biblioteca.

«Daniel!» esclamai, galoppando verso di lui, ma venni fermata dallo zoccolo bucato della mutaforma.

La trasformazione di Daniel infatti non era finita. Seminascosto dalla figura di Twilight lo vidi ingrandirsi, sempre più rapidamente, fino a raggiungere i tre metri d’altezza. La pelle si colorò di rosso sangue, crebbero altre due braccia e un paio di ali a metà tra quelle del pipistrello e del pegaso. Le mani e i piedi divennero mostruosi e artigliati. Quando tutto fu finito, aprì gli occhi bianchi senza pupille.

L’Ombra era tornata.

«Daniel …» gemetti.

Scoppiai in lacrime.

 

«Bene bene.» disse l’Ombra, mentre osservava il suo “nuovo” corpo scarlatto. «Davvero niente male.»

«Cos’hai fatto a Daniel, demonio?» gli domandai, tenendo gli zoccoli ben puntati a terra e il corno rivolto verso di lui. Dietro di me Rachel stava singhiozzando rumorosamente.

«Mi stupisci. Tutta la conoscenza di cui disponi, e non hai intuito questo piccolo “trucco” da magia nera?»

Digrignai i denti. L’avevo intuito fin troppo bene, però …

«Non saresti dovuto sopravvivere al mio attacco di prima!»

«Bah!» sputò lui «Elementi dell’Armonia. Nemmeno al massimo della loro potenza possono davvero fermarmi. E io che ne avevo avuto timore fin dall’inizio. Non so se ho sopravvalutato loro o sottovalutato me.»

«Silenzio!»

Battei gli zoccoli a terra, creando inavvertitamente un’onda d’urto magica e spaccando l’asfalto.

«Se non hanno funzionato è solo perché avevi Daniel come via di fuga. Lascialo andare, subito!»

L’Ombra mi guardò con espressione altezzosa.

«Daniel? Troppo tardi per lui. Era troppo tardi già dal momento in cui il tuo sciocco amico ha donato il suo sangue a me. Come pensi che sia riuscito ad ottenere questa forma, mmh? Ora ho solo completato il rituale. Rituale che, se non fosse stato per la vostra fuga, avrei completato fin dall’inizio. Ora io sono lui e lui è me. Così come Little Bolt, Big Wing e tutti gli altri unicorni che hai visto svanire di fronte agli occhi.»

Oh no … anche lui! Dopo tutta la strada fatta per raggiungerlo e salvarlo …

Cercai di trattenere le lacrime, per non mostrare debolezza, ma non ci riuscii.

L’Ombra sghignazzò per l’ennesima volta.

«Non ti disperare. Se vuoi posso … rimediare

Sentii improvvisamente freddo, e un senso di stanchezza mi pervase.

«Mi farebbe davvero comodo averti nella mia collezione.»

Una vaga nebbia scura iniziò a formarsi attorno a me.

Spalancai gli occhi, terrorizzata da quella prospettiva.

No! Non avrei fatto quella fine!

Attivai con il corno gli Elementi dell’Armonia. Dal mio petto esplose una striscia multicolore, che iniziò a girarmi attorno vorticosamente, così forte da spazzare via quelle nuvole. La fatica e il freddo svanirono di conseguenza subito dopo.

«Non sono una preda facile, ti avverto!» lo sfidai, fissandolo.

«Lo immaginavo.» esclamò sospirando l’Ombra. «Ma un tentativo lo dovevo pur fare.»

Deglutii, ritrovando il coraggio.

«Non mi lascerò intimorire dal fatto che hai ucciso Daniel per i tuoi scopi! Anzi, mi hai dato un motivo in più per affrontarti!»

Raccolsi le energie degli Elementi già evocate e iniziai a potenziarle. Stavolta non avrebbe avuto modo di rigenerarsi.

L’Ombra non sembrava preoccupata.

«Oh, non ti disturbare.»

Percepii immediatamente un aumento d’aura magica immenso attorno al suo corpo.

«E’ ora che sia io a … mettermi alla prova.» disse, con un sorriso diabolico stampato sul volto mostruoso.

Il terreno sotto i miei zoccoli iniziò a tremare.

Mi mancò un respiro e persi la concentrazione sugli Elementi quando capii cosa stava per fare.

«Mettetevi al riparo!» urlai agli altri, teletrasportandomi davanti alla biblioteca e usando la magia degli Elementi per creare uno scudo grande abbastanza per proteggere sia l’albero che noi.

 

Nell’istante successivo un flash accecante come mille soli illuminò di bianco il cielo. Attorno all’Ombra si creò una sfera crescente di energia nera, che superò lo scudo di Twilight e proseguì rapidamente, devastando tutto ciò che trovava.

Il rumore e il lampo dell’esplosione furono udibili e visibili per centinaia di chilometri, da Cloudsdale a Flankfurt, da Hoofington a Trotonto. I testimoni di quell’evento non ebbero modo di fare niente se non tremare per il terrore.

L’onda d’urto e il violento terremoto creato da quell’esplosione abbatterono molti degli edifici rimasti ancora prima che la sfera li raggiungesse. Alberi, pietra, vetro, metallo, asfalto, cadaveri … nulla venne risparmiato dall’avida fame distruttrice di quel mostro arcano.

Nel giro di un minuto l’incantesimo oscuro raggiunse un diametro di dieci chilometri, inglobando e incenerendo ogni cosa. La semisfera, che sembrava un buco nero nella pianura sotto Canterlot, durò solo qualche altro secondo, poi svanì così come era apparsa.

Dove prima c’era parte della città semidistrutta e l’inizio della Everfree Forest, era rimasta solo più polvere e fumo. Un’immensa distesa di cenere. Non era rimasto niente.

Eccetto la biblioteca della vecchia Ponyville.

 

Tremavo … tremavo come una foglia in mezzo a un uragano.

Ero stesa a terra. Non avevo neanche la forza di rialzarmi. Né volevo rialzarmi. Avevo persino paura che il terreno sotto di me si aprisse per inglobarmi.

Non riuscivo neanche a capire dove mi trovavo. Ero morta? Ero viva? Né l’una né l’altra?

L’unica cosa certa era che provavo una nausea fortissima.

Quello che avevo appena visto, quello che avevo appena sentito … era quello che avevano provato le vittime di un attacco nucleare prima di morire?

Era … orribile … disumano … atroce …

Mi voltai e diedi di stomaco, rilasciando in una volta sola tutta la tensione e il terrore accumulati. Poi fissai gli zoccoli di Twilight davanti a me ben piantati a terra, mentre oltre lo scudo da lei eretto si vedeva solo polvere e cenere.

Avevo appena assistito in prima persona alla cosa più simile alla bomba atomica e …. e …. ero terrorizzata, distrutta, in totale panico.

Cosa potevamo contro un essere in grado di fare una cosa del genere? Un essere che aveva appena assorbito il mio Daniel per diventare così forte?

Iniziai di nuovo a piangere. Sia per lui, sia per noi.

Stavo perdendo tutte le speranze.

La polvere finalmente riuscì a posarsi e il fumo a diradarsi. Oltre lo scudo di Twilight vidi l’Ombra, a braccia conserte, mentre rideva, rideva e rideva ancora, in modo sadico come quei cattivi da fumetto.

Dei brividi mi percorsero la schiena in modo così violento da farmi tremare vistosamente.

«Bene. Sei riuscita a proteggerti, Twilight Sparkle. Ma mi sto appena scaldando

Se … se quello era scaldarsi … cosa avrebbe fatto al massimo delle sue forze?

Un altro attacco di nausea mi colse, ma riuscii a trattenermi ... a malapena.

Twilight stava ansimando. Lo scudo multicolore aveva retto bene, ma l’aveva stancata più del dovuto.

Non prometteva bene. Per niente bene.

«Balance.» disse Twilight, rivolgendosi alla mutaforma. «Pensa a proteggere Rachel e gli altri. E fai attenzione.»

Balance? Quel nome … mi ricordava qualcosa …

«Certo.» rispose la mutaforma.

Twilight si voltò verso di noi, e con un sorriso ci comunicò che sarebbe andato tutto bene.

Anche se non riuscivo a crederle, anche se in quel momento volevo chiudermi in un angolo e scoppiare in lacrime in attesa della fine, quel semplice sorriso riuscii a farmi sentire un po’ meglio.

La giumenta viola tornò a fissare l’Ombra, dissolse lo scudo che attorniava la biblioteca, e dopo una breve galoppata si lanciò in volo contro di lui.

 

Accelerai, diretta verso la sua testa, sperando di coglierlo di sorpresa virando all’ultimo momento verso il basso. Ma fu lui a sorprendermi librandosi in volo verso l’alto, facendomi colpire il niente.

Tossii. C’era una quantità enorme di polvere nell’aria dopo quel terribile incantesimo.

Mi voltai e mentre saliva verso l’alto gli lanciai contro un raggio viola, che lo andò a colpire a una delle zampe inferiori. Il danno, come previsto, fu minimo e fu subito rigenerato, ma mi diede tempo per raggiungerlo e scagliargli contro delle folgori infuocate. Esse esplosero in piccoli globi di fiamme a contatto con la sua pelle, distraendolo e facendolo gemere per il dolore, dandomi ulteriore tempo per superarlo. Mi diressi verso nord, allontanandomi dalla biblioteca.

L’Ombra, dopo aver rigenerato le terribili ustioni, iniziò a scagliarmi contro raggi di una tale potenza che riuscivo a sentirli vibrare mentre mi passavano accanto. Volando rapida schivai il primo e il secondo, e subito dopo risposi con un altro raggio viola. Gli trapassai un braccio, facendolo arrabbiare ancora di più. Mi seguì, proseguendo il suo attacco con maggior veemenza.

Era difficile volare con tutte le correnti d’aria create da quelle magie mostruose, ma con l’aiuto di magie di protezione e di raggi con cui lo distraevo riuscii senza grossi problemi a  tenere la rotta verso nord.

L’importante era attirare la sua attenzione su di me e lontano dai miei amici.

 

Quando riuscii a riprendermi abbastanza da rialzarmi, iniziai a seguire con lo sguardo insieme agli altri i due puntini che si allontanavano sempre di più, scambiandosi magie che a terra avrebbero creato distruzione.

Non che ci fosse rimasto molto da devastare sotto di loro.

Guardando bene attorno a me infatti vidi solo un’area vastissima, completamente vuota e piatta, ricoperta di una cenere sottile e nera come la notte. La biblioteca era attorniata da un deserto di “sabbia” scura. Verso sud si vedeva ciò che era rimasto della Everfree Forest, mentre a nord, semi-nascosti dalla polvere che si stava posando, c’erano quei pochi edifici di Ponycity sopravvissuti all’attacco.

«Per Celestia.» esclamò Redflame, dimenticandosi che lì vicino era posato il corpo senza vita della sovrana.

La mutaforma spostò rispettosamente con la telecinesi il corpo della sovrana, coperta da un telo nero creato magicamente, all’interno della biblioteca. Ne approfittò per fare lo stesso con i corpi delle amiche di Twilight.

Tirai su con il naso e mi rivolsi a lei.

«Chi sei davvero?» le domandai, tenendo un occhio al combattimento sempre più acceso tra Twilight e l’Ombra.

«Bella domanda.» disse Scrolley, con il tono di chi non vede l’ora di affrontare un argomento a cui tiene. «Dov’è finita Lyra? Che le hai fatto?»

Visto quello che era in grado di fare non era proprio saggio parlarle in quel modo, ma ci tenevo anch’io a ottenere risposta a quelle domande.

La mutaforma grigia ci osservò un momento e sorrise. «Potete fidarvi di me. So che non basta dirvi questo per ottenere la vostra fiducia, ma dopo quello che abbiamo passato insieme …»

«Di un mutaforma non ci si può fidare.» disse Sunset Shimmer, osservandole le zampe bucate.

L’alicorno la fissò, facendola arretrare con il solo sguardo. «Non sono del tutto una mutaforma.»

«Eh?» esclamammo io, Scrolley e Redflame all’unisono.

L’alicorno sospirò, prendendosi qualche secondo di tempo prima di iniziare a spiegare.

«E’ successo tutto 2500 anni fa, come Rachel e Daniel hanno raccontato quando eravamo nelle Distese Selvagge. Io c’ero.»

Ora ricordavo dove avevo sentito quel nome …

«Balance? Sei quella Balance?» mi anticipò Scrolley le cui pupille si erano ridotte a due fessure.

La mutaforma annuì. «Ero la Principessa del regno di Highwisdom, l’apprendista della Regina Chrysalis.»

Di fronte a me avevo quindi una delle pony più antiche del mondo? Nata quando Roma non era nemmeno una repubblica?

Mio dio …

«Come dicevo ero là quando tutto ebbe inizio.» iniziò a raccontare, controllando con lo sguardo l’evolversi del combattimento sempre più feroce e luminoso tra Twilight e il nostro nemico. «Una giornata come tante altre tramutatasi in un incubo nel giro di pochi minuti. Ho visto davanti ai miei occhi tanti amici diventare orrori senza mente né volontà. Solo io e la Regina abbiamo mantenuto parte dei nostri ricordi e della nostra personalità, anche se distorte dalla volontà dell’Ombra, che voleva usarci come strumenti per ottenere il potere magico di cui aveva bisogno per diventare ciò che è ora. E’ stato grazie al sacrificio di Ipparco, che ho scoperto grazie a voi, che non siamo diventate i suoi schiavi. Purtroppo era troppo tardi per salvarci.»

Uno degli incantesimi lanciati da Twilight fu abbastanza potente da far sentire il contraccolpo fino a dov’eravamo. L’onda d’urto dell’esplosione violetta fece tremare il terreno sotto di noi. Sentii i rami della casa albero scuotersi, e altre foglie cadere a terra. Lo scudo creato da Balance per fortuna ci protesse da effetti ben più gravi.

«La mente mia e di Chrysalis furono deviate dalla magia oscura dell’Ombra,» proseguì lei, senza farci molto caso «molte delle cose che sapevamo sono andate dimenticate. Non avevamo bisogno di mangiare né di bere, né saremmo mai morte, ma soffrivamo continuamente, e per terminare questa sofferenza necessitavamo di risucchiare l’amore da altre creature, come i peggiori parassiti. Ed è così che abbiamo fatto per secoli: guidati solo dal nostro istinto e dalla nostra “fame”. Poi è arrivata la spedizione di Lyra, e tutto per me è cambiato.»

«Che le è successo?» domandò Scrolley, tremando dopo un altro contraccolpo del combattimento.

L’alicorno attese prima di rispondere, cercando le parole giuste.

«Quella che avete incontrato su quell’altipiano ero io, non lei. La vera Lyra …» la mutaforma sospirò, chiudendosi in un’espressione addolorata. «… purtroppo è morta.»

Abbassai lo sguardo, facendo scendere qualche lacrima. Non c’era fine ai lutti di quella giornata.

Tornai a pensare a Daniel, e le lacrime divennero ben più copiose.

«Come?» incalzò Scrolley, non notando la mia tristezza.

«Il racconto che vi ho dato era corretto, tranne la parte finale: la vera Lyra da quel bozzolo non ci è più uscita. Tutto il suo amore e le sue energie sono state risucchiate per venire assimilate dall’intera comunità dei mutaforma. E ciò che ne è rimasto è uno degli innumerevoli droni.»

Rabbrividii, provando orrore per la fine che aveva fatto. I mutaforma non avevano certamente scelto la loro condizione, ma far fare quella fine ad altri pony … in quel momento non riuscivo proprio a compatirli.

«Ma è stato grazie a lei se ora sono qui con voi.» si affrettò subito a spiegare Balance. «Oltre che la sua forza e il suo amore sono stati prelevati anche i suoi ricordi e il suo carattere.»

Abbassò lo sguardo per un attimo, persa nei suoi pensieri.

«La sua passione per gli umani e il libro “Fondamenti di antropologia”, letto e riletto fino a ricordarselo a memoria … queste due cose, che abbiamo in comune, hanno risvegliato qualcosa in me. La corruzione dell’Ombra evidentemente non aveva avuto tempo di annientare completamente la mia personalità. E’ stato grazie quindi a Lyra che, dopo diversi giorni in cui la parte chiara e oscura di me hanno lottato per il sopravvento, sono riuscita a liberarmi dal giogo della maledizione.»

Si guardò il manto e i buchi delle zampe. «Non interamente, ma abbastanza per tornare ad avere il dono del libero arbitrio. Ciò mi ha resa nemica degli altri mutaforma, che vedevano in me un’anomalia da cancellare, un abominio, visto che parte dei poteri da mutaforma li avevo ancora, tra cui quelli di controllo dei droni.»

«Ecco perché a un certo punto quei mutaforma hanno smesso di attaccarci!» esclamò Scrolley.

Balance annuì. «Tramite i droni avevo riconosciuto Trixie e sono riuscita a mandarli via. Solo al castello non ho potuto impedirlo: la volontà della regina è riuscita ad avere il sopravvento. Ma grazie alla magia di Rachel sono riuscita a riprendere il controllo e a permetterci una fuga sicura.»

«Perché la sua magia non ha avuto effetto su di te?» chiese Scrolley «E come mai l’incantesimo di rivelamento delle illusioni non ha funzionato?»

«Come ho detto, sono solo in parte mutaforma. La magia dell’amore nel mio stato attuale non è nociva. E il rivelamento delle illusioni non funziona sulle illusioni potenti come quella che ho usato.»

«Perché ci stai aiutando?» le domandò Redflame.

Con i continui lampi nel cielo crepuscolare era difficile distinguere i colori, ma mi sembrò di vedere un lieve rossore sulle guance di Balance. «Lo devo a chi si è sacrificato per impedire tutto questo. A uno che malgrado le enormi differenze tra noi ci apprezzava per quello che eravamo. A uno che ci amava. E che amavamo.»

 

Scaricai una sequenza continua di globi luminosi sull’Ombra, nella speranza di trovare lo spiraglio necessario per usare di nuovo gli Elementi contro di lui, ma per quanto mi sforzassi le sue difese erano quasi impenetrabili e le sue reazioni praticamente fulminee. Le poche sfere che riuscivano a colpirlo, malgrado esplodessero come piccole supernove facendo tremare persino me malgrado le difese, avevano un effetto sulla sua concentrazione quasi nullo.

Il mio avversario rispondeva all’attacco con scariche di energia oscura sempre più potenti, che cercavo di schivare solo quando non si dirigevano a terra, lasciando che colpissero il mio scudo negli altri casi. I contraccolpi delle esplosioni erano tali che nemmeno la mia protezione riusciva a proteggermi dalle fortissime vibrazioni create, e ci voleva tutta la mia concentrazione e la bravura insegnatami da Rainbow Dash e gli altri per restare in volo. Per fortuna la difesa degli Elementi reggeva bene e impediva conseguenze ben peggiori.

Al momento eravamo alla pari. Ma a differenza sua, che non sembrava provare la minima fatica da quel combattimento, io iniziavo ad avere i primi sintomi della stanchezza.

Dovevo trovare un modo per distrarlo e consentirmi di usare gli Elementi. In fretta.

Smisi di attaccarlo e restai a mezz’aria, fissandolo mentre gli ultimi suoi attacchi colpivano la mia difesa esplodendo senza arrecarmi danno.

«Già stanca, Eroina di Equestria?» mi derisero le milioni di voci dell’Ombra «O stai valutando le tue opzioni?»

“Pensa Twilight, pensa! … Sì!”

Non mi rimaneva che giocare sulla sua maggiore debolezza.

L’orgoglio.

«Come fai a essere così potente?» gli domandai, tenendo d’occhio ogni suo minimo movimento.

Muoveva le possenti ali per tenersi in volo, anche se non sembrava averne davvero bisogno, visto le innumerevoli volte che gliele avevo ferite.

«Credo fosse ovvio ormai, Twilight Sparkle.» disse l’Ombra allargando le braccia e il sorriso malefico. «E’ l’essere umano ad avermi reso tale, con i suoi pensieri, le sue emozioni, le sue parole, le sue azioni, le sue armi e il suo sangue. Migliaia di anni di atti singoli e collettivi di questo genere, sommati assieme, mi hanno trasformato nell’essere che sono ora. Ma non ce l’avrei mai fatta senza il fondamentale contributo di voi pony. Siete una razza così adorabile eppure così difficile da corrompere. Se non fosse stato per l’importantissimo aiuto fornito dall’umanità nell’ultimo secolo non sarei mai riuscito a portare corruzione in così tanti di voi. Hai visto anche tu quanta distruzione, quanta morte, quanto orrore hanno creato gli esseri umani in questo breve lasso di tempo. Milioni e milioni di vite immolate in mio nome. Non è fantastico?»

Mi si rizzarono i peli del manto. Per la prima volta da quando ero diventata un alicorno. Perché mi ero resa conto solo ora che anche sconfiggendo la sua forma fisica probabilmente non sarei riuscita a sconfiggere anche quella “spirituale”. Come potevo farlo? Prendeva la sua forza da milioni, miliardi di umani. L’unico modo per sconfiggerla definitivamente, forse, era eliminare il supporto da cui prendeva le sue energie.

E ciò significava eliminare l’umanità. Spazzare via un’intera razza.

Colpa di cui non mi sarei mai macchiata neanche di fronte all’apocalisse.

«Perché?» gli domandai, cercando di non dare a vedere i miei dubbi e tentennamenti.

L’Ombra sospirò sorridendo.

«Ah, la domanda a cui tutti i cattivi delle storie preferiscono rispondere! “Perché hai ucciso mio figlio? Perché hai torturato a morte quel prigioniero? Perché hai massacrato quel villaggio? Perché hai invaso quel paese?” e l’elenco potrebbe andare avanti all’infinito. Io avrò anche preso il potere da tutti questi atti negativi, ma la mia motivazione principale è molto più pragmatica: mi ero stufato di essere incorporeo. Volevo provare la sensazione di essere. Di esistere. Di fare quelle tante cose che l’umanità mi ha insegnato nella sua ingenuità. Purtroppo nel loro universo la magia esiste ma non ai livelli di cui avevo bisogno. Poi, per fortuna, uno di voi è stato così generoso da aprire inconsapevolmente un piccolo passaggio tremila anni fa che mi ha permesso di scoprire il vostro così bel mondo. Cinquecento anni dopo un altro pony ha avuto la bellissima idea di portare un umano qui e … conosci il resto della storia.»

Spalancai gli occhi di fronte alla sua spiegazione.

«Mi stai dicendo … che vuoi solo … esistere?»

«Esatto! Come qualunque altra forma di vita cosciente di sé stessa. Non hai idea di cosa significhi desiderare ardentemente poter fare qualcosa. Qualunque cosa. Anche solo respirare. Sentirsi vivi

Quel desiderio, così semplice, mi spiazzò per qualche secondo. Ma mi ricomposi subito, ricordandomi cosa aveva fatto nella sua nuova forma.

«Il voler esistere non ti giustifica dalla distruzione e dalla morte che hai causato finora! Non meriti … di …»

L’Ombra sorrise perfidamente.

«Non merito cosa? Di vivere?»

«Non mi interrompere!»

«E’ indecisione quella che vedo? Dubbi morali sull’eliminare una creatura che vuole solo vivere?»

«No! Io non …»

L’Ombra rise sguaiatamente.

«Ah, hai davvero dei dubbi! Malgrado tutto ciò che ho fatto in migliaia di anni, malgrado abbia devastato il tuo mondo e ucciso coloro a te care, riesci comunque a provare compassione per la mia condizione. Sono commosso, davvero commosso. Piangerei se sapessi come si fa.»

Il mio corno si accese in un istante, creando un fortissimo vento ascensionale che mi alzò criniera e coda verso l’alto.

«Non prendermi in giro!» esclamai, scagliandogli contro due fulmini che lo ferirono appena al petto.

«Non ti preoccupare.» mi disse, passandosi una mano sui punti colpiti come se si stesse pulendo dalla polvere. «Ti renderò le cose più facili. Ti darò qualche motivo in più per odiarmi

Alzò tutte e quattro le mani verso il cielo, e percepii subito che stava preparando qualcosa di potente.

Ma non arrivò nulla contro di me. Iniziai subito però a sentire rumori da terra ben poco rassicuranti.

Abbassai lo sguardo, tenendo alta la guardia.

Il terreno cinereo sotto di noi iniziò a scurirsi. No … non era il terreno a diventare più scuro.

La macchia si estese con rapidità esponenziale, mostrando migliaia, milioni di piccoli punti neri.

Erano …?

 

«Forza!» esclamò l’unicorno bianco, zoppicando tra i sopravvissuti. «Mettete tutti i pony feriti sulle barelle! Dobbiamo allontanarci da qui!»

«Non ce la faremo mai!» si lamentò la pony gialla a bassa voce, fissando il cielo dove fino a poco prima due grandi potenze si stavano dando battaglia. «Se uno di quei colpi ci raggiunge, siamo finiti!»

«Ti stai già arrendendo, Applebloom?» le domandò una pony di terra in divisa dopo aver dato istruzione ad altri pony poliziotto.

«Restando qui non ce la faremo comunque!» esclamò il pegaso arancione, massaggiandosi un’ala che sembrava rotta. «Forza con quei mezzi!» urlò rivolta ai pony addetti alla riparazione di veicoli vari tra furgoni e automobili. «A Canterlot le difese sono ancora attive. Là abbiamo qualche possibilità.»

I preparativi per la partenza erano quasi terminati, quando da sud le ombre degli edifici quasi distrutti iniziarono a diventare più scure, e una strana aria fredda calò sui presenti.

«Cosa diavolo sono quelli?» domandò Babs Seed spalancando gli occhi.

I pony armati iniziarono a puntare fucili e mitragliatori contro quell’oscurità che avanzava, che pian piano tra le ombre si stava rivelando.

Creature strane, mai viste, che avanzavano su due zampe, a malapena definite nella loro forma fumosa. Qualcosa di molto simile ai fantasmi. E da come erano armate certamente ostili verso i rifugiati.

«Per Celestia e Luna!» esclamò Scootaloo per dare coraggio a sè stessa e agli altri.Prese la sua pistola e iniziò a sparare.

 

“Sono fantasmi umani?” pensai, guardandoli mentre si avventavano con forza contro lo scudo di Balance. Avevano contorni indefiniti e mutevoli, ma la loro forma e dimensione era quella. Avevano due braccia e due gambe, e portavano un equipaggiamento che sembrava provenire da un museo: corazze, spade, asce, mazze, archi, fucili, mitragliatori …

Sembravano arrivarci contro tutti gli eserciti di tutti i soldati dell’umanità.

«Stupendo!» esclamò Sunset Shimmer, scaricando incantesimi di colore verde acqua contro quei nuovi nemici scuri e fumosi in avvicinamento.

Lo scudo di Balance li teneva fortunatamente lontani, ma continuavano ad attaccare la sua difesa con tutte le armi a loro disposizione. Armi che, sfortunatamente, erano ben reali.

«Ma cosa diavolo sono?» urlò Scrolley, sparando contro le ombre più vicine insieme a me e a Redflame.

«Se è come penso» gli rispose Balance, mantenendo con relativa semplicità la concentrazione sullo scudo. «sono simulacri.»

«Simu-che?» esclamò Redflame, abbattendo una di quelle figure scure. Per fortuna bastavano i semplici proiettili per farle sparire in una nuvola di fumo.

«Gusci vuoti che rappresentano qualcos’altro.» spiegò rapida Sunset Shimmer, scagliando raggi in ogni direzione. Tanto dovunque puntasse qualcosa colpiva.

Infatti questi “simulacri” avevano ormai circondato l’intero scudo. Da qualunque parte guardassi, vedevo solo una marea nera di ombre umane più alte di noi.

Per quanto la magia di Sunset Shimmer e le nostre armi ne abbattessero, ne arrivavano sempre di più a sostituire quelli svaniti nell’aria.

Guardai con la coda dell’occhio Balance. Anche se dalla sua espressione non sembrava risentire molto di quegli attacchi, era ovvio che non ci avrebbe potuti proteggere per sempre.

E i nostri proiettili ed energie non erano infinite.

 

«Cosa significa tutto questo?» urlai, guardando quella marea nera di piccole ombre estendersi in tutte le direzioni e attaccare qualunque cosa trovassero sul loro cammino.

«Come ho detto,» disse l’Ombra, tenendo le braccia verso l’alto. «volevo darti qualche altro motivo per odiarmi. Continuerò ad evocarne fino a quando il tuo intero mondo ne sarà ricolmo.»

Digrignai i denti e mi lanciai in picchiata, verso il punto dove si stava originando quell’orda di cose mostruose. Caricai il corno di un incantesimo di luce e, arrivata a poche decine di metri da terra lo lanciai.

Il raggio silenzioso ma accecante colpì l’area da cui stavano continuamente nascendo nuove ombre. Esse svanirono, spazzate via dal chiarore del mio incantesimo. Continuai a scaricarlo, modificandolo in modo che si espandesse in tutte le direzioni. L’anello di luce andò rapidamente a colpire una dopo l’altra le migliaia di simulacri, spazzandole via come fumo. Esse non reagivano a quello sterminio: si lasciavano semplicemente colpire, troppo impegnate a ubbidire ai comandi oscuri del loro padrone per fare qualunque altra cosa. Ciò impedì loro di fuggire, e nel giro di pochi secondi non ne rimase neanche una nella distesa grigia che una volta era Ponycity.

Sia i rifugiati a nord che i miei amici a sud erano salvi.

Subito dopo sentii, sopra di me, un incantesimo oscuro che si caricava. Aveva una tale potenza che riuscivo a sentire l’aria vibrare perfino dove mi trovavo.

Cabrai rapidamente, tenendo alte le difese per l’attacco che l’Ombra pensava di farmi alle spalle.

Ma stranamente la magia oscura che il mio nemico stava preparando con quattro mani non venne scaricato verso di me.

Puntava a nord-est. Ed era orribilmente veloce.

Oh no!

Compresi solo ora cosa intendeva con “Ti darò qualche motivo in più per odiarmi”.

Quel mostro voleva distruggere Canterlot! Mi aveva ingannata!

Mi teletrasportai subito di fronte al grande castello della capitale, compiendo per la prima volta una distanza con quell’incantesimo che non sarei mai riuscita a fare prima.

Avvolsi con la magia del mio corno lo scudo di difesa standard della capitale di Equestria e lo potenziai, rendendolo visibile e multicolore.

Appena in tempo.

 

«Cos’è successo?» domandò Babs, dopo aver rimesso la pistola nella fondina.

«Credo che chi sta combattendo quella cosa ci abbia appena salvate.» rispose Sweetie Belle, guardando verso le rovine che fino a poco prima pullulavano di quegli esseri, spazzati via poco prima che le raggiungessero.

«Ragazze! Guardate là!» disse Applebloom.

Tutti i rifugiati stavano osservando il cielo scuro del crepuscolo, nel punto in particolare dove stava creandosi una sfera di oscurità, molto simile a quelle che avevano contraddistinto il combattimento aereo precedente.

Subito dopo l’aria vibrò e da quella sfera partì un raggio nero che puntò verso nord-est.

I rifugiati seguirono con lo sguardo dove si stava dirigendo a velocità abnorme ed espressioni di stupore e terrore riempirono l’intero campo di fortuna.

«Quella cosa vuole distruggere Canterlot!» squittì Sweetie Belle, in preda al panico.

Le sue due amiche non osarono fiatare. Erano terrorizzate quanto lei.

Ma poco prima che il raggio raggiungesse la città arroccata sulla montagna, qualcosa lo frenò.

«Ma quello non è l’incantesimo di protezione di Canterlot!» esclamò Scootaloo, notando un leggero bagliore arcobaleno nel punto colpito dal raggio oscuro.

Ciò che non sapeva era che un singolo alicorno stava tentando con tutte le sue forze di salvare la capitale di Equestria dall’annientamento.

 

I muscoli iniziavano già a dolermi nella concentrazione di mantenere lo scudo abbastanza forte da resistere a quell’attacco. L’incantesimo oscuro sotto di me invece diventava ogni istante più grande e intenso nel tentativo di penetrare l’unica difesa della città.

Riuscivo a sentire, malgrado il rumore spaventoso causato dalle due magie che collidevano, le urla di terrore dei pony, le sirene e i clacson. La popolazione di Canterlot era in preda al panico.

E tra di loro c’erano i miei genitori.

«Bene bene.» esclamò una voce familiare da un punto non ben distinto.

Era l’Ombra. O meglio, una sua voce illusoria, visto che quella reale era troppo lontana per riuscire a farsi sentire.

«Ora voglio proprio vedere se sei disposta a sacrificarti per salvare per qualche minuto questa patetica città che sembra spuntata da un libro di fiabe.»

«Non la salverò solo per qualche minuto!» esclamai. Stavo iniziando a sudare.

«Sì, come no. Sarai anche potente, forse persino al mio livello, ma hai un piccolo e mortale difetto. Sei una creatura in carne e ossa, schiava del tuo corpo. E come tale hai solo una singola fonte di energia da cui attingere, la tua. Io, al contrario, ne ho accumulate un tale numero che non mi devo preoccupare di finirle. Anche perché in questo stesso momento me ne stanno arrivando di nuove, gentilmente offerte dall’umanità che ogni giorno si prodiga per rendermi più potente grazie alla sua negatività. Quindi ho energie praticamente infinite.»

Mi resi conto che aveva terribilmente ragione.

I muscoli del collo, tesi come corde di violino, iniziavano a farmi davvero male.

«Allora cosa hai intenzione di fare?» mi disse. «Continuare a proteggere i tuoi cari compagni pony? Sperare di salvare i tuoi amati genitori?»

Digrignai i denti, sempre più arrabbiata verso di lui.

«Oppure lascerai che la mia magia prosegua il suo corso e distrugga tutto, in modo che i tuoi dubbi morali vengano spazzati via e che tu possa dare il meglio nel combattermi?»

«Neanche … per … sogno …»

Le ali stavano cominciando a non reggere più il mio corpo dolorante.

«Guarda là!» esclamò la voce. «Terza torre da sinistra del Castello, penultima finestra! Credo siano i tuoi genitori!»

Mi voltai lentamente. Aveva ragione. Erano proprio loro. Stavano osservando la scena apocalittica senza muoversi. L’intera città stava impazzendo per fuggire e trovare riparo e loro erano lì, tranquilli a guardare la distruzione in arrivo come se fosse uno spettacolo pirotecnico.

Tutta la mia concentrazione doveva andare alla difesa, ma volevo sentirli. Dovevo sentirli.

Usai la magia più semplice possibile per quei casi. Non potevo fare altro purtroppo per aiutarli.

“Mamma? Papà?” chiesi loro mentalmente.

“Twilight?” rispose mia madre.

“Sei proprio tu?” rispose la voce di mio padre.

“Sono io. Non vi ho salvato la prima volta solo per vedervi morire adesso! Dovete andarvene subito da lì. Non è sicuro!”

“Sei tu quella che ci sta difendendo da quell’attacco?” chiese mia madre.

“Non c’è tempo! Andatevene!”

“Come le hai ottenute quelle ali? E tutto quella bravura nella magia?” domandò mio padre, con tono entusiasta.

Mi morsi un labbro per l’impazienza. Lo scudo stava iniziando ad avere alcune preoccupanti crepe. E l’aria diventava sempre più calda.

Ho detto che non c’è tempo! Andatevene via!

“No Twilight.” disse mia madre. “Non c’è bisogno.”

Eh?

Il mio manto ora era madido di sudore. Lanciai la magia degli Elementi per potenziare lo scudo, e ciò riuscì a riparare le crepe che erano state create. Per il momento.

“Sento che sei in difficoltà. Non servirebbe scappare. Non ne avremmo il tempo.” disse mio padre.

“Se foste scappati sin da subito invece che restarvene lì alla finestra a fissare il cielo magari l’avreste!” sbottai, infuriata con lui, mentre lo scudo stava di nuovo perdendo forza.

“Non importa Twilight. Non importa davvero.” mi disse gentilmente mia madre. “Non servirebbe prolungare la nostra sofferenza.”

“Ma che stai dicendo mamma?”

Nel punto maggiormente colpito dalla magia oscura iniziò a crearsi una nuova crepa. Cercai in tutti i modi di concentrare i miei sforzi su quel punto, ma lo scudo era talmente grande …

“Siamo orgogliosi oltre ogni immaginazione.” disse mio padre. “Spero che questo tuo incantesimo di telepatia riesca a trasmetterlo come desidero.”

“No! Non iniziare a fare quel discorso papà!”

“Tuo fratello ha servito nella guardia reale, diventando Capitano e sposando una Principessa.” continuò lui, imperterrito “E tu sei diventata così brava nella magia da raggiungere e superare forse il livello della tua mentore. Cosa possiamo volere di più dalla vita?” mi domandò mio padre, commuovendomi.

“Non perdete tempo così!” dissi, iniziando a piangere.

“Abbiamo ormai più di settant’anni Twilight.” disse mia madre “Tenuti bene, per carità, ma si sentono. Se stai cercando di salvare questa città solo per noi, lascia stare.”

“Ci sono migliaia di pony in questa città!” esclamai, ricacciando le lacrime e infuriandomi. “Non sono così egoista da salvare una città solo per due pony! Anche se sono i pony migliori che abbia mai avuto come genitori.”

Tornai a piangere. Sia per quella discussione sia per la crepa sempre più estesa. Non sapevo più come rinforzare quello scudo. Tremavo per la stanchezza e la frustrazione. Le mie capacità erano al massimo, ma se avessi usato maggiori energie avrei solo guadagnato qualche minuto. E come diceva l’Ombra, io non avevo energie infinite. Se le avessi usate tutte per proteggere la città, poi come l’avrei sconfitta?

“Stai dimostrando che il nostro orgoglio è ben riposto.” disse mio padre, con tono emozionato. “Non puoi salvare questa città senza morire. Lo sento da come parli. So che sei l’unica che può salvare il mondo da quella cosa. Ti prego, lasciaci andare.”

No!

“Fallo Twilight.” disse mia madre. “Nessuno ti potrà dare la colpa per non aver protetto Canterlot. Noi non te la daremo sicuramente.”

Dalla crepa stavano iniziando a passare alcune delle potentissime energie sprigionate da quel raggio nero come la notte. Con quella forza …

Tirai su con il naso, gemendo per il dolore.

“Vi prego … non chiedetemelo …”

“Addio, Twilight.” mi salutò mio padre “Tra te e Shining Armor, abbiamo avuto i migliori figli che una giumenta e uno stallone possono avere.”

Li vidi abbracciarsi alla finestra del castello.

“L’unico rimpianto è non aver avuto dei nipoti.” ridacchiò mia madre.

No! Non potete …

In quel momento la crepa si aprì di colpo, e il centro dello scudo s’infranse. In un battito di ciglia l’ora enorme incantesimo dell’Ombra superò l’unica difesa che proteggeva Canterlot.

 

Le quattro pony, insieme a tutti rifugiati, chiusero gli occhi. La luce accecante da nord est illuminò il cielo come un secondo sole.

Il terreno sotto di loro tremò per la terribile energia sprigionata. Alcuni degli edifici vicini crollarono per il terremoto. Dopo qualche istante il vento portato dall’esplosione obbligò tutti ad abbassarsi o a tenersi appoggiati a qualcosa di fissato al suolo. Era così forte che alcuni vennero spinti via per decine di metri prima di riuscire a trovare altri appigli. Alcuni pegasi vennero scaraventati in aria, svanendo alla vista. Poi apparvero dal cielo sassi e frammenti di cemento e metallo, che ricaddero in ordine sparso in tutta l’area. I pochi unicorni in grado di farlo crearono scudi per proteggere chi non poteva farlo, mentre gli altri si limitarono a schivarli o a trovare riparo. Si sentirono alcune urla strazianti di pony colpiti da quella pioggia letale, e poi più nulla.

Il tutto durò poco più di un minuto.

Quando tutto si calmò e la luce tornò a quella del crepuscolo, Babs Seed, Scootaloo, Sweetie Belle ed Applebloom, ferite e stravolte, guardarono verso Canterlot …

 

… solo per scoprire che Canterlot non c’era più.

Nessuno fiatò. Nemmeno Balance, che aveva tenuto il suo scudo attivo per tutto il tempo per proteggerci da quella esplosione catastrofica.

Nessuno di noi riusciva a trovare un commento adatto a descrivere ciò che vedevamo. Malgrado l’enorme quantità di polvere che era stata innalzata si riusciva a intravedere l’immenso buco lasciato dalla magia nera dell’Ombra. Non era stata distrutta solo la città: parte della montagna stessa era stata come morsa via da quell’orribile super-incantesimo.

Iniziai a tremare e a piangere quando mi resi conto di cosa era stato appena distrutto e la quantità di pony morta in un battito di ciglia.

Nel giro di poche ore entrambe le città di ciò che rimaneva del regno di Equestria erano state cancellate.

 

Tossii, smuovendo con la magia la polvere che mi circondava. Era più spessa della nebbia. Mi alzai, a fatica, sui miei zoccoli ancora doloranti per lo sforzo di prima.

La cenere sotto di me s’inumidì delle mie lacrime. Avevo ricominciato senza nemmeno rendermene conto. Non osai voltarmi. Non volevo guardare il risultato del mio fallimento. Non volevo guardare il punto dove avevo perso l’ultimo pezzo di famiglia rimastami.

Urlai, con tutto il fiato che avevo nei polmoni, fino a sentire la gola farmi male per lo sforzo. Eppure avevo sfogato solo una frazione infinitesimale del mio dolore.

I miei genitori … morti … un’intera città … distrutta insieme a tutti i suoi abitanti.

Mi alzai lentamente in volo, sperando di trovare un’aria più respirabile salendo. Intanto continuai a sfogare la mia tristezza, da sola, bagnandomi le guance.

Per quanto cercassi di farmi forza e di ricordare che l’Ombra, responsabile di tutto questo, era ancora viva, non riuscivo a far smettere alle lacrime di scendere.

Superata la coltre di cenere e polvere che stava lentamente adagiandosi a terra, tornai a fissare il punto da cui l’Ombra aveva lanciato il suo attacco. Anche se molto lontano lo riuscivo a percepire. Tirai su con il naso, asciugandomi il volto. Gliel’avrei fatta pagare per questo. In quel momento lo odiavo. Con tutta me stessa.

«Allora?» disse la sua voce «Può bastare? O devo uccidere qualche altro tuo parente per convincerti a dare tutta te stessa?»

La testa smise di funzionare. Il corno si attivò, circondandosi subito di una mezza dozzina di aloni, e mi teletrasportai di fronte a lui. L’Ombra mi fissò mostrando un sorriso odioso.

Gli aloni al corno divennero rapidamente più di una quarantina, superando di molte volte le mie dimensioni e creando un’enorme aura violetta.

Digrignai i denti fino a farmi piangere per il dolore fisico ed emotivo.

Poi lanciai l’incantesimo.

 

L’intero corpo di Twilight venne avvolto da energie magiche di colore viola, che velocemente presero la forma di una stella. Quella stella tridimensionale scattò rapidamente verso l’alto e poi si scagliò contro l’Ombra, che colto alla sprovvista tentò di schivarla ma non ci riuscì. La stella lo colpì alle braccia sinistre, sciogliendole come una lama rovente che passa nel burro. Tornò poi indietro, ripetendo l’azione più e più volte, colpendolo e perforandolo in diversi punti.

Poi, mentre metà del suo corpo si rigenerava e l’altra metà fremeva per il dolore, la sfera raggiunse il centro del suo corpo ed esplose.

Il cielo s’illuminò di una breve e intensa luce violetta, che spazzò con il suo splendore il buio del crepuscolo e la polvere delle precedenti distruzioni, creando un terremoto per l’onda d’urto che si sentì per chilometri. Il tutto con un boato che fracassò i timpani dei testimoni più vicini, così forte da riecheggiare in mezza Equestria come il tuono della tempesta perfetta.

Sembrava esplosa una supernova a poche centinaia di metri d’altezza.

 

Disattivai l’incantesimo, esausta. Ripensandoci avevo esagerato. Se sotto di me ci fosse stata ancora la città l’avrei disintegrata, non lasciando nulla di vivo.

Intanto le nubi nere stavano di nuovo facendo il loro dovere di ricomporre il corpo dell’Ombra. Malgrado non fosse rimasto nulla di lui.

Stavo facendo lo stesso errore di Celestia. Me ne rendevo conto solo adesso. L’Ombra aveva giocato con me, spingendomi a stancarmi e arrabbiarmi per poter poi, una volta stremata, distruggermi. Forse perché sapeva che se avessi usato gli Elementi con mente lucida e cuore sereno l’avrei sconfitto. Prima non avevano funzionato perché aveva avuto Daniel come aggancio per rimanere in vita, ma adesso non aveva nient’altro.

Dovevo sbrigarmi, ora che si stava riformando.

Mi allontanai virando e feci alcuni profondi respiri, lasciando che l’aria fresca della sera mi schiarisse le idee e alleviasse il volto stanco e umido. Mi concentrai sull’incontro che avevo avuto con le mie amiche, mio fratello, Spike, Trixie, Celestia, Luna e Cadence. Mi ricordai che erano sereni lì, malgrado ciò che era loro successo. Avevano lasciato tutti i loro problemi alle spalle. Nulla li poteva turbare dove si trovavano ora. E riflettendoci capii che ora anche tutti i pony morti a Canterlot erano lì. Anche i miei genitori. Non c’era nulla per cui essere tristi o arrabbiati. Uccidendoli l'Ombra non aveva tolto loro niente. Li aveva mandati in un posto migliore.

Perché quindi arrabbiarmi?

Gli Elementi al collo iniziarono a brillare per conto loro senza che li avessi ancora attivati. Percepivano ciò che avevo nel cuore.

Era il momento giusto.

Mentre l’Ombra si era rigenerata per circa la metà, li attivai completamente, al massimo della loro potenza. La loro luce divenne abbagliante.

Dal collare partì il raggio arcobaleno che rapidamente andò verso l’alto e ridiscese verso l’ammasso rosso informe dell’Ombra.

Si rese conto di essere stata colpita troppo tardi. Non poteva difendersi né fuggire in quello stato. Venne colpita in pieno dalla magia dell’Amicizia, la quale, al pieno della potenza, bloccò la sua rigenerazione e iniziò a scioglierla come la neve di fronte al calore del sole. La formidabile forza purificatrice degli Elementi lo devastò dall’esterno e dall’interno, mondando ogni singola molecola di corruzione di cui era composta.

Il suo urlo di dolore dilaniò il silenzio della sera.

 

«Ce l’ha fatta!» esclamai raggiante saltellando sul posto, mentre la magia dell’Amicizia dissolveva ciò che restava dell’Ombra. Il suo ultimo urlo terrificante si riusciva a sentire sin lì.

Il cielo restò illuminato dei colori dell’arcobaleno ancora per un po’, indugiando sul luogo in cui quel mostro era stato distrutto. Poi la magia degli Elementi si ritirò all’interno del collare di Twilight, il cielo tornò al suo normale colorito, e tutto tornò silenzioso.

«Non so perché, ma temo che anche questa volta non abbiano funzionato.» disse Sunset Shimmer.

«E perché?» domandò Redflame guardandola storto.

«E’ già stato colpito dagli Elementi senza effetto, non credo che ora le cose cambieranno …»

«Prima aveva Daniel su cui avventarsi!» urlai. «Ora è non ha più nulla a cui aggrapparsi quel bastardo!»

Ma il mio cuore era tutt’altro che sereno. Aveva capito prima di me che non era finita.

«Oh no.» esclamò Balance con aria mesta, dandogli ragione. «Guardate!»

 

Spalancai occhi e bocca, tremando.

Non riuscivo a crederci! Quel mostro si stava di nuovo riformando! Con maggiore velocità di prima, per giunta!

No … non era … possibile …

Pensavo che la prima volta che avevo usato gli Elementi si fosse riformato solo perché aveva avuto Daniel come “via di fuga” per riottenere il suo corpo. Ma ora … come faceva? Gli avevo scagliato contro la magia più potente che il mondo conoscesse ed era ancora lì?

Entrai in panico.

Caricai di nuovo la magia degli Elementi e gliela lanciai un’altra volta. Il raggio arcobaleno spazzò via quel poco di corpo che si era ricomposto, ma quando terminò l’effetto le nuvole nere tornarono a riformarlo come se niente fosse.

Era un incubo … un incubo … uno di quelli da cui non riesci a svegliarti. Le mie speranze si stavano infrangendo una dopo l’altra.

Riattivai di nuovo la magia degli Elementi, ma stavolta non rispose. Ero … troppo spaventata.

«Bene bene.» disse la voce dell’Ombra, anche se la testa si stava riformando solo ora. «L’Eroina di Equestria si sta finalmente rendendo conto che contro di me non può fare nulla?» la testa, ricreata, si mise a ridere. «Era ora! Mi stai facendo perdere un sacco di tempo, lo sai? Con tutto quello che potrei fare in questa forma sono costretto a combattere con te

Il suo corpo, ora di nuovo completo, si stiracchiò. «E ora che le tue belle speranze sono infrante è ora di mettere fine a questo patetico duello.»

 

Il combattimento tornò a illuminare il cielo e a far tremare la terra. Malgrado la protezione di Balance osservavo la scena con orrore, rendendomi conto che tutto era stato inutile: il viaggio ad Equestria, la spedizione nelle Distese Selvagge, la ricerca degli Elementi … la morte di Daniel … tutto inutile.

Alla fine l’Ombra aveva rivelato di essere praticamente immune agli Elementi. Così come lo era a qualsiasi attacco.

Mi lasciai cadere a terra, annientata, ignorando il tremore dei contraccolpi delle magie oscure di quel mostro. Non riuscivo nemmeno più a piangere. Ogni fibra del mio corpo era in preda al terrore e alla disperazione più pura, perché mi rendevo conto che la rappresentazione di tutto ciò che c’era di malvagio nell’umanità era ora in grado di fare qualunque cosa volesse.

Forse persino di tornare sulla Terra.

E il tutto senza alcuna opposizione.

«E’ … è la fine …» gemette Scrolley, indietreggiando fino a schiacciarsi contro la parete della biblioteca.

«Come hanno fatto gli Elementi dell’Armonia a non funzionare?» esclamò scioccato Redflame. «La … la magia dell’Amicizia è la magia più potente del mondo!»

Spalancai gli occhi, colta da una rivelazione. Come avevo fatto a non pensarci?

«No! C’è una magia più potente dell’Amicizia!» esclamai, mettendomi subito sui miei zoccoli.

Fissai il quarzo rosa sulla collana al mio petto. Me ne ero quasi dimenticata. Ero stata scelta dalle detentrici originali degli Elementi dell’Armonia perché riuscivo a incanalare la magia dell’Amore.

L’Amore … la stessa magia che neppure Clover l’Astuta era riuscita a comprendere e imbrigliare.

«Eh?» domandò confusa Sunset Shimmer.

Guardai il combattimento, che ormai si stava limitando ad attacchi sempre più feroci dell’Ombra contro le difese di una Twilight sempre più debole.

Non avevo idea di cosa fare, ma se c’era una minima possibilità di aiutare Twilight, l’avrei colta.

«Redflame! Ho bisogno che tu mi porti là.» dissi al pegaso, puntando con lo zoccolo verso Twilight. «In fretta!»

«Cooosa?» esclamò Redflame, fissandomi come se fossi pazza. Forse lo ero davvero. «Che ti passa per la testa?»

«Ho l’unica magia che forse può sconfiggere l’Ombra!»

Balance spalancò gli occhi colta dalla mia stessa rivelazione. «L’Amore! Ma certo!»

L’alicorno mutaforma si voltò verso il pegaso. «Devi assolutamente aiutarla. Lo farei io, ma ho giurato a Twilight di restare qui a proteggervi.»

«Ciò include anche loro due.» puntualizzò Scrolley con sarcasmo.

«Rachel ha ragione.» le rispose Balance. «Può aiutare Twilight.» si voltò verso di me. «Muovetevi in fretta e lancia la tua magia appena possibile. Ma fai attenzione. Da quello che ho visto ti porta via molte energie.»

Redflame mi fissava da dietro di lei, chiedendomi con lo sguardo se stavamo parlando sul serio.

Annuii a entrambi.

Redflame era tutt’altro che convinto, ma annuì a sua volta. «Tanto se restiamo qui moriremo comunque.» disse, riferendosi alle difficoltà crescenti di Twilight che stava ormai quasi solo più incassando colpi.

«Andate allora!» ci invitò Balance, puntando la testa verso l’alicorno viola. «Il destino del nostro mondo e del tuo potrebbe dipendere davvero da te.»

Il peso di quella responsabilità mi venne addosso come un macigno. Gemetti. Ero davvero diventata pazza. Ma meglio pazza che a terra a piagnucolare.

«Sì …» sussurrai, avvicinandomi a Redflame. Invece di farmi ridurre alle dimensioni di un uccello come era successo finora, gli salii semplicemente in groppa tenendomi stretta alla sua criniera.

«Pronta?» mi domandò.

«Spero …» gemetti di nuovo.

Prendendolo come un sì, il pegaso scattò e uscimmo dalla sicurezza dello scudo di Balance.

 

I raggi e le sfere nere del nemico continuavano a colpire il mio scudo sempre più debole. Malgrado tentassi di schivare, la rapidità impressionante del nemico mi coglieva sempre di sorpresa.

O ero io a diventare più lenta?

Cominciavo a essere stanca, e avevo smesso di controbattere da parecchio. Gli Elementi avevano fortunatamente risposto per proteggermi, ma anch’essi con molta debolezza. Il loro punto debole erano le emozioni. Per poterli usare al massimo dell’efficienza bisognava avere gli esempi delle sei virtù ben presenti in testa e un cuore sereno e felice.

Ma terrorizzata e incerta com’ero in quel momento, non ero in grado di soddisfare quei requisiti come dovevo. L’Ombra l’aveva capito, e aveva sfruttato quel punto debole, malgrado sapesse anche che, per qualche motivo, gli Elementi non funzionavano su di lui.

Mentre andavo in picchiata, cabravo e viravo nella speranza di evitare i suoi colpi, la mia mente stava precipitando nella disperazione più nera. Che potevo fare? Le mie energie stavano scemando, e malgrado la potenza che avevo ottenuto, in grado di spazzarlo via con facilità più e più volte, quella sua dannata rigenerazione lo rimetteva a nuovo come se nulla fosse accaduto.

Contro di lui anche il più grande potere dell’universo non serviva. Non bastavano gli incantesimi più forti, non bastavano il sole e le stelle e neanche il potere delle emozioni positive.

Oltre alla disperazione provai rabbia per quella palese ingiustizia.

Mentre viravo per evitare l’ennesimo raggio, l’Ombra riuscì a colpirmi con una delle sue orribili sfere nere. Essa riuscì, esplodendo, a infrangere il mio scudo.

L’esplosione non mi fece nulla, ma il contraccolpo fu tale da farmi vibrare dolorosamente tutte le ossa.

Persi l’equilibrio e iniziai a cadere. Le ali indebolite da quel colpo non rispondevano più.

Il terreno incenerito divenne sempre più vicino.

L’unica cosa che potevo fare era usare la telecinesi per attutire la caduta.

Nonostante la mia magia e malgrado la cenere relativamente morbida, l’atterraggio fu molto, molto doloroso. Non quanto quello di Celestia, ma abbastanza da farmi credere per qualche istante che tutte le ossa si fossero rotte contemporaneamente.

Sentii l’Ombra atterrare non lontano, e ridere.

«Siamo ormai giunti al capitolo finale di questa lunga storia.» disse con tono calmo, avvicinandosi.

Mi alzai il più velocemente possibile sui miei zoccoli, operazione dolorosa e difficilissima, e cercai di riattivare lo scudo.

Ma l’Ombra fu così rapida che infranse la mia protezione con una zampata poco prima che fosse completamente attivo. Sentii una delle sue luride mani artigliate afferrarmi per il collo. La memoria di Celestia, morta in un modo simile, mi terrorizzò.

«Peccato che non finirà come nei libri, dove il cattivo viene sconfitto e l’eroina trionfa.» disse, iniziando a soffocarmi.

Gli artigli premevano con forza belluina sulla mia gola, facendo colare sangue sul manto. L’aria iniziava a mancarmi.

«Ora ti eliminerò, e con te gli Elementi. Così sarò libero di andare dove mi pare, senza quei gingilli che limitano i miei movimenti tra gli universi. A quel punto potrò divertirmi a fare ciò che gli umani mi hanno così generosamente insegnato. Chissà, forse riuscirò a trovare nuovi modi per diventare ancora più potente. Forse potrei persino trovare una fonte di energia alternativa a quella degli umani. Con infiniti universi paralleli le possibilità sono, appunto, infinite. Non sto più nella pelle. Ma voglio godermi questo momento.»

Piangevo per il dolore. La vista cominciava a offuscarsi. Non riuscivo a trovare la concentrazione necessaria neanche per la più semplice telecinesi. Rantolavo cercando aria. Con gli zoccoli cercai di colpire l’Ombra nella speranza di fargli perdere la presa, ma li scansava con facilità.

«Che vista patetica. Tutto il tuo potere e basta una stretta al collo per eliminarti. Sei debole. Non la conoscevi la regola numero uno del multi-verso? Quella che afferma che i deboli vengono sempre schiacciati dai forti? Se non lo sapevi, questa è la realtà, pony, e la realtà dimostra che sono quelli come me che trionfano sempre. Non degli insulsi, cavallini colorati che credono in pagliacciate come l’Armonia.»

Era finita. Avevo fallito. Avrei presto raggiunto Celestia, le mie amiche, i miei genitori e tutti gli altri. Cercai di trovare conforto almeno in quello.

“Vi ho delusi tutti … spero mi perdonerete …”

«Ho subito per troppo tempo la vista di esseri stupidi come voi. Bleah, persino alcuni degli umani meno corrotti vi guardano con disprezzo.»

L’Ombra alzò una delle mani artigliate, pronta a uccidermi allo stesso modo della mia mentore.

Piansi, cercando di non pensare all’intenso dolore che mi attendeva. Sperai con tutta l’anima in un trapasso breve.

«Piangi pure, così mi dai più soddisfazione nel darti il colpo di grazia! Ora muori!»

Improvvisamente sentii uno strano rumore etereo avvicinarsi. L’Ombra si voltò, e presa alla sprovvista venne colpita da un raggio rosa al volto: la testa scomparve, dissolta da quell’incantesimo che mi sembrava di riconoscere. Sentii la sua presa allentarsi, e caddi a terra.

Annaspai e cercai aria come un assetato cerca l’acqua dopo settimane in un deserto. Appena ripresami abbastanza, attivai lo scudo protettivo e lanciai un incantesimo contro l’Ombra, sfruttando la sorpresa di quell’attacco inaspettato. Un fortissimo vento lo colpì, e la sua figura rossa senza testa venne scaraventata insieme a un nuvolone di polvere e cenere a un centinaio di metri di distanza.

Mi voltai per vedere chi mi aveva appena salvato la vita.

Vedendo la figura alata con un corno che si avvicinava pensai subito a Balance. Ma aveva il manto rosso e la criniera arancione.

“Redflame?”

E il corno che avevo visto apparteneva al pony aggrappato alla sua schiena.

Rachel.

 

Mi sentivo uno straccio. Ero a tanto così dallo svenire. Solo l’essere appoggiata alla schiena di Redflame e tutta la mia forza di volontà mi aiutavano a rimanere cosciente.

«Tutto lì?» domandò sconcertato Redflame, virando leggermente.

Non capii cosa intendesse fin quando non notai che il mio raggio aveva colpito solo la testa dell’Ombra. Allontanato violentemente dalla magia di Twilight, il mostro si rialzò come se niente fosse e vidi la testa riapparire.

No! Come era possibile? Ero certa di aver incanalato la mia magia attraverso la pietra, focalizzandomi sui miei pensieri più felici. E la magia che avevo evocato era esattamente la stessa che avevo percepito quella volta al castello di Highwisdom. Ero certa che si trattava di magia dell’Amore!

Ma allora perché la testa si era rigenerata esattamente come le altre volte?

Vidi l’Ombra creare tra le mani due incantesimi poco rassicuranti.

«Oh cazzo!» esclamò Redflame cabrando all’improvviso e aumentando la velocità.

Sentii raggiungerci a rapida velocità due grossi cerchi affilati. Stavano superando in velocità persino Redflame, e il pegaso non fece in tempo ad aumentare la propria.

Gli passarono sui due lati, e le ali vennero tranciate come carta.

L’urlo di dolore del pegaso mi fece rabbrividire.

Ormai senza supporto aereo iniziammo a cadere. Ero troppo stanca. Non avevo alcun modo per aiutarlo. Né avrei saputo come fare a far ricrescere due ali.

Mi limitai a fissare il terreno incenerito che si avvicinava e a tenermi stretta al pegaso.

Anche se fu Redflame a toccarlo per primo e ad attutire gran parte del colpo, l’impatto fu così doloroso da togliermi il fiato dieci volte.

 

L’attacco dell’Ombra fu così rapido e i miei sensi ancora così annebbiati che non ebbi tempo di fare niente per salvarli.

«Rachel! Redflame!» esclamai, avvicinandomi al galoppo verso di loro.

«Non osare avvicinarti a quei guastafeste!» esclamò l’Ombra, volando molto più rapidamente.

Usai il teletrasporto e mi misi tra loro e lui.

«Tu non osare!» esclamai, ritrovando tutta la mia lucidità e ampliando lo scudo in modo da includere anche l’unicorno e il pegaso.

L’Ombra digrignò i denti, furiosa. «Avevo la vittoria in mano. Letteralmente. Non sai che sensazione si prova ad uccidere i propri nemici con le proprie mani. E loro me l’hanno tolta. Levati da lì, lasciameli stritolare e giuro che ti ucciderò rapidamente e senza dolore questa volta.»

«Mai!» dissi, piazzando bene gli zoccoli sul terreno devastato.

Il mostro rosso mostrò la sua intera dentatura appuntita, in una manifestazione di rabbia che mi fece barcollare.

«E sia!» urlò.

Il suo corpo iniziò rapidamente a crescere, diventando sempre più grande e possente. In pochi secondi raggiunse le dimensioni della Crepuscolo degli Dei, la nave che gli aveva permesso di ottenere quella forma fisica.

Ora era ancora più imponente e terribile di quanto non fosse già prima. Non riuscivo neanche più a vederlo in volto talmente era alto. Riuscivo a vedere invece fin troppo bene le orribili dita artigliate delle zampe, che da sole erano più grandi di me.

Si abbassò, e con una delle mani, richiusa a pugno, si avventò sul mio scudo, facendolo barcollare pericolosamente. L’onda d’urto provocata dal suo colpo spostò molta polvere.

Ci provò diverse altre volte, ma quell’attacco fisico era fatto più per sfogo che per altro.

Ciononostante quei pugni avevano una potenza mostruosa. Se anche solo uno mi avesse colpito senza scudo, mi avrebbe spappolato triturandomi le ossa.

Notando che quegli attacchi non superavano la mia difesa, l’Ombra si alzò in volo, sollevando un enorme polverone, e puntò due delle sue gigantesche mani contro di noi, caricando un raggio.

«MORIRETE TUTTI E TRE LI’ DOVE SIETE!»

L’incantesimo venne scagliato con una potenza che mi fece rizzare i peli del manto. Appena toccò lo scudo, sentii subito la mia protezione in procinto di cedere. Le mie energie ormai erano al limite. Fu solo grazie al rinnovato desiderio di salvare Rachel e Redflame che riuscii ad attivare la piena potenza degli Elementi e a convogliarla nella magia difensiva, rinforzandola abbastanza da farla reggere.

Ma il timore che la scena di Canterlot si sarebbe ripetuta mi terrorizzava.

 

Ero peggio di uno straccio. Dolorante, sfinita e sconfortata dalla scoperta che il mio sforzo era stato inutile. Redflame, vicino a me, era svenuto per l’impatto, e solo grazie a lui non ero svenuta a mia volta.

L’Ombra, che era di nuovo diventata un colosso alto centinaia di metri, incombeva su di noi come un dio della distruzione. Tutto attorno allo scudo la potenza dell’incantesimo oscuro scagliato dal nostro nemico stava staccando pezzi di terra scaraventandoli in aria. Il terreno sotto di me vibrava. Se quella magia ci avesse raggiunto, non avremmo fatto in tempo ad accorgerci di morire.

Era davvero così che dovevamo finire? Con la consapevolezza che non c’era proprio nulla che potevamo fare per fermare quel mostro rosso?

No! Non volevo crederci! Ci doveva essere un modo!

“Rifletti Rachel, rifletti!”

Anche se non era facile stremata com’ero, cercai di riflettere.

Era ovvio che non serviva solo un grande potere per sconfiggerlo. Dovevo concentrarmi sulle sue debolezze.

Ma quali potevano essere le sue debolezze? Il suo potere derivava da noi umani, quindi era logico pensare che senza gli umani o le loro emozioni negative forse sarebbe stato sconfitto. Ma era impossibile fare entrambe le cose con lui che continuava ad attaccarci in questa forma fisica.

Forma fisica … forma fisica …

Ipparco aveva detto che nella sua forma fisica avrebbe raggiunto la sua maggiore forza e maggiore debolezza. Cosa intendeva?

La maggiore forza era ovvia, ma dove stava la maggiore debolezza?

Ipparco aveva anche detto che il sangue gli dava forza. Il sangue umano.

Quel mostro aveva usato il sangue di Daniel e poi la sua vita per diventare quello che era. La sua forza dipendeva da quello.

E se …

«Twilight!» esclamai usando a fatica tutta la mia voce per sovrastare il rumore infernale del raggio oscuro. «Forse … forse so come sconfiggerlo!»

“E come?” mi domandò, entrandomi in mente con la telepatia mentre teneva lo sguardo fisso contro lo scudo.

“La sua forza dipende da quella di Daniel. E Daniel è un umano come me. Allora forse solo un altro umano può sconfiggerlo!”

“Quindi … saresti in grado di batterlo? Ma come?”

Un tremore più forte del solito la interruppe. Attorno a noi non si vedeva niente per la polvere sollevata dall’incantesimo oscuro.

“Ho sbagliato.” le dissi, alzandomi lentamente, anche se mi sembrava di pesare una tonnellata. “Abbiamo sbagliato entrambe. Pensavamo che bastasse la magia dell’Amicizia per batterlo, e ci siamo sbagliate. Ho pensato che fosse necessaria la magia dell’Amore per batterlo, e mi sono sbagliata. Ma ora ho capito che servono entrambe, e per farle funzionare serve un ultimo elemento fondamentale.”

“Qualcosa di più potente dell’Amore e dell’Amicizia? Esiste?”

Ricaddi a terra a causa del terreno che tremava, respirando involontariamente un po’ di cenere che avevo sollevato. Tossii. Twilight girò leggermente lo sguardo verso di me, lanciandomi un’occhiata preoccupata mentre sudava per proteggerci. Gli Elementi dell’Armonia brillavano come non mai sul suo petto, cercando persino con la loro luce di combattere l’oscurità che ci stava circondando, ma non sembravano sufficienti.

“Non sono certa che sia qualcosa in grado di fornire veramente magia, ma sento che devo farlo se vogliamo sconfiggere l’Ombra. E io sono l’unica che può farlo.”

Deglutii. Avevo il magone al solo pensiero di ciò che stavo per fare.

“Se l’Ombra sfrutta un sacrificio volontario di un umano per ottenere il suo potere, allora solo un altro sacrificio umano volontario può batterlo.”

 

Che cosa?” gli urlai mentalmente, facendole riecheggiare la mia voce in testa. “Non ci pensare neanche!”

“Non abbiamo altra scelta! Sono sicura che nemmeno tu hai un’alternativa!”

Merda se aveva ragione … non avevo uno straccio di alternativa. Secoli e secoli di memorie accumulate, e non sapevo cosa fare.

Le tempie, con tutta la magia che avevo utilizzato quel giorno, cominciavano a dolermi come se avessi dei chiodi piantati vicino alle orecchie. Il corno era talmente bollente per lo sfruttamento continuo che mi sembrava di avere un palo arroventato conficcato in fronte.

Ripensai alla sua proposta, provando un enorme senso di deja-vu.

Come potevo chiederle di morire? Non ne potevo più di vedere pony che si sacrificavano per me.

“Non posso permettertelo!” le dissi, fissandola con la coda dell’occhio.

La giumenta verde iniziò a strisciare verso di me, permettendomi di vedere bene le sue condizioni disperate. Tra il lancio della magia d’Amore e l’impatto a terra, era davvero un miracolo se era ancora cosciente.

“Twilight …” mi disse, replicando allo sguardo con occhi gonfi di lacrime. “Così … non aiuti il poco coraggio che sto trovando …”

“Questo non è coraggio! E’ suicidio!”

“E’ un sacrificio, Twilight.” disse lei, con tono che trovava sempre più convincimento ogni secondo che passava. “Non sono un’esperta, ma cosa c’è di più forte di un sacrificio volontario in un incantesimo?”

Anche questa volta aveva dannatamente ragione. Un sacrificio volontario ad esempio era la componente fondamentale per riportare in vita i morti.

“Nel mio caso si tratta del sacrificio di una vita umana, lo stesso tipo di vita usata dall’Ombra per ottenere il suo potere. Un sacrificio dettato dall’amore, Twilight! Lo sto facendo anche per Daniel! Se questo è solo un suicidio, allora nulla potrà mai battere l’Ombra.”

Il raggio stava iniziando a farsi strada attraverso lo scudo. E gli Elementi dell’Armonia erano già al massimo del loro effetto. L’impatto tra le due magie stava distruggendo il territorio già devastato attorno a noi. Ci trovavamo praticamente su una zolla di terra contornata da un cratere sempre più grande e profondo.

Ma nulla rispetto al cratere che avrebbe creato quell’incantesimo oscuro se fosse riuscito a colpirci.

 

“Ti prego Twilight!” la supplicai “Se non lo faccio morirò comunque, e tu e Redflame con me.”

Non volevo morire. Solo un disperato o un pazzo desidera la morte. Ma avevo perso Daniel, e nulla vietava al responsabile della sua morte di andare sulla Terra e portare distruzione e schiavitù nel nostro mondo d’origine.

Se la mia vita poteva servire a fermarlo … l’avrei data. Non volentieri, ma l’avrei data.

Mi avvicinai all’alicorno viola strisciando, arrivando a toccarle una zampa. “Sono la prima a non volerlo fare, Twilight, ma qui c’è troppo in gioco!”

“Non … voglio …”

Notai appena un luccichio sulla sua guancia.

Feci un profondo sospiro sofferto, trattenendo le lacrime nel tentativo di trovare coraggio. Non volevo morire, ma la mia morte era inevitabile: distrutta dalla magia dell’Ombra o immolata per sconfiggerla.

Era un’enorme fortuna poter scegliere di che morte morire. Soprattutto quando una delle due scelte era utile a una buona causa. Cercai di trovare tutta la forza necessaria concentrandomi su quel pensiero. Ne avevo bisogno.

“Permettimi allora di scegliere per te.” le dissi, caricando il corno.

La testa mi doleva, ma riuscii a convogliare la magia dal quarzo rosa per l’ultima volta.

No! Ti prego Rachel!” mi urlò Twilight, piangendo a sua volta.

Chiusi gli occhi umidi, concentrando la mia magia verso Twilight.

In quel momento sentii che sarebbe andato tutto bene.

Da dove veniva quella sensazione? Era solo un’impressione? Qualche spirito sconosciuto me lo stava suggerendo? Non lo sapevo, ma il cuore mi si riempì di speranza.

Sarebbe andato tutto bene.

La magia si raccolse nel corno e il corpo iniziò a perdere sensibilità. Avevo smesso di sentire dolore, e al suo posto sopraggiungeva un’ancor più grande stanchezza.

Ero certa di aver compiuto il gesto migliore della mia vita. Il gesto più puro che riuscivo a immaginare. Uno di quei gesti che cambiano il corso della storia per sempre e per il meglio.

Non avevo alcun rimpianto.

La mia vita, anche se breve, era stata una bella vita.

Piena di soddisfazioni.

Ora non restava che porvi fine con una bella morte.

Sì … una bella morte.

Sorrisi.

“Sto arrivando, Daniel …” pensai, dedicandogli le mie ultime lacrime.

 

«No! Fermati!» urlai, mentre sentivo l’energia scorrere via dal suo corpo per venire convogliata nel corno. Ma non potevo fermarla in alcun modo. Tutti miei sforzi erano concentrati nel tenere su lo scudo che ci proteggeva e che stava pericolosamente cedendo.

«QUALCHE ULTIMO DESIDERIO PRIMA DI MORIRE?» mi chiese retoricamente la voce odiosa dell’Ombra, pensando mi stessi rivolgendo a lui.

Il raggio era grande quanto la nostra protezione, occupando quasi l’intera visuale, ed era a tanto così dal penetrare e devastarci.

Quando lo scudo sembrò sul punto di cedere, vidi il piccolo raggio rosa di Rachel colpirmi il cutie mark.

 

Appena il corno verde si spense, fumando, il corpo di Rachel si reclinò di lato, stravolto per la stanchezza infinita che l’aveva colpita. Una stanchezza tale da toglierle persino la forza di respirare. Il petto si mosse per l’ultima volta, e dal muso uscì l’ultimo respiro. La criniera le ricadde dolcemente sugli occhi, e le ultime lacrime le scesero sulla guancia, brillando come rugiada, lambendo la bocca inarcata in un sorriso.

 

Improvvisamente un’energia enorme mi pervase, partendo dalla zampa posteriore fino a diffondersi in tutto il corpo. Il pelo mi si drizzò come se fossi stata colpita da elettricità statica.

Ma non erano solo energie quelle che mi pervadevano. Erano anche … emozioni. Bellissime emozioni. No, il termine bellissime non rendeva loro giustizia. Erano simili a quelle che provavo quando scatenavo il potere degli Elementi dell’Armonia, ma molto, molto più intense.

Dentro di me ribollivano le emozioni che ti attanagliano lo stomaco per la loro magnificenza, le emozioni che ti avrebbero fatto affrontare l’oscurità più nera senza paura, le emozioni che ti fanno trovare energie anche quando non ne hai più. Gioia ed euforia pura.

Tutte emozioni che scaturivano da una sola cosa: l’Amore.

Era la potenza dell’Amore ora che fluiva in me, rendendo gli Elementi dell’Armonia luminosi come stelle. Persino il mio manto sembrava risplendere di luce propria.

«MA COSA?» esclamarono le milioni di voci spaventate dell’Ombra, mentre lo scudo diventava così forte che iniziò persino a far indietreggiare il suo raggio.

Modificai la protezione in modo che si tramutasse in una magia di luce, utilizzando le nuove energie per dargli forza. L’incantesimo risultante divenne un raggio di dimensioni persino maggiori di quelle del suo attacco, così luminoso da essere accecante. Esso fece retrocedere rapidamente la magia oscura e la rispedì al mittente con facilità.

L’Ombra schivò entrambe, e mentre il suo incantesimo e il mio sparivano nel cielo crepuscolare, mi fissò sconcertata con i suoi grandi occhi.

Non le diedi peso e mi voltai subito verso Rachel.

Era a terra, con la testa reclinata di lato, gli occhi coperti dalla criniera e il sorriso sulle labbra.

Per un rapido istante m’illusi che fosse svenuta, ma bastò guardarle il petto fermo per rendermi conto che quell’ultimo sforzo magico le era stato fatale.

Le mie guance divennero umide di lacrime, la stanchezza del combattimento contro l’Ombra sostituita da una tristezza infinita.

Mi aveva salvato.

Di nuovo.

Malgrado sapesse di essere in procinto di morire la sua ultima espressione era di felicità. La felicità di sacrificarsi per una buona causa. La felicità di sacrificarsi per amore.

Paradossalmente non c’era nulla di più vivo di una morte come quella.

A quel punto capii.

L’Ombra temeva la morte e amava la vita, come chiunque di noi. Per quanto fosse assurdo pensarlo era come noi da quel punto di vista. Ma per lui erano solo gli altri che si dovevano immolare per i suoi desideri. Lui non comprendeva, tra molte altre cose, la forza del sacrificio. Se amare o avere amici andava semplicemente contro i suoi principi, il sacrificarsi per qualcosa di così puro era per lui del tutto inconcepibile. E il sacrificio di Rachel, appartenente alla stessa razza che gli dava la sua forza, avrebbe annullato ogni suo potere.

Alla fine, ironicamente, era una semplice regola matematica la chiave per la sua sconfitta: il positivo annulla il negativo.

Tirai su con il naso e mi asciugai dalle lacrime, rendendomi conto del significato di ciò che Rachel aveva capito prima di me.

Aveva ragione. L’Ombra aveva i minuti contati.

“Ti ringrazio Rachel.” pensai “Giuro che verrai ricordata per sempre per ciò che hai fatto.”

Vidi con la coda dell’occhio una delle grosse zampe inferiori dell’Ombra avvicinarsi a me per schiacciarmi, ma quando fu a pochi metri di distanza si fermò, iniziando a sfrigolare. Il mostro ululò di dolore, ritirandola.

«NO!» esclamò, per la prima volta con un tono terrorizzato. «NON DIRMI CHE …»

Mi voltai verso di lui, con espressione decisa. Mi teletrasportai posizionandomi a poco più di un metro di fronte agli occhi che in confronto a me erano quasi grandi quanto una casa. Si mise subito le enormi mani davanti al volto, abbagliato dalla luce che emettevo.

«Hai capito anche tu, vero?» gli domandai. «Hai capito che è davvero arrivata la tua fine!»

«NON E’ POSSIBILE!» urlò. «QUELL’UMANA NON PUO’ ESSERE STATA IN GRADO DI COMBINARE L’AMICIZIA E L’AMORE CON IL SACRIFICIO! NON NE AVEVA …»

Non c’era nemmeno bisogno di caricare il corno. La magia donatami da Rachel rispose subito attraverso gli Elementi. L’aura luminosa che mi attorniava divenne di colpo molto più luminosa. L’Ombra urlò di dolore, e la sua pelle iniziò a fumare. Provò a scacciarmi come una mosca con una delle mani libere, ma appena arrivò a una decina di metri di distanza il palmo gigantesco venne fermato da una forza invisibile e iniziò a bruciare.

L’Ombra lo ritirò subito, urlando come se avesse colpito una padella bollente.

Malgrado le sue dimensioni era alla mia completa mercé.

«Non ne aveva cosa? La capacità? La forza? Io ti ho avvertito! Tu non comprendi il valore e la forza dell’Amore e dell’Amicizia. Ti sei reso conto troppo tardi di quanto un semplice amore sincero come il suo possa portare alla rovina un essere come te. Ciò dimostra quanto sia vano il tuo potere

L’Ombra tentava di fissarmi mentre gli parlavo, ma appena spostava una zampa per guardare la mia figura tornava a nascondersi dietro le sue mani artigliate, impaurito come un puledro.

«Odio, collera, avidità, orgoglio sono ben poca cosa di fronte al potere dell’Amicizia, dell’Amore e dei Sacrifici che si compiono in loro nome.» dissi, mentre attorno al mio corpo si creavano nuovi strati di luce. «Preparati ad assistere alla loro manifestazione più pura.»

 

L’Ombra, dal volto terrorizzato, iniziò ad arretrare, ma per qualche motivo sconosciuto non riusciva a voltarsi e a fuggire più velocemente. Qualcosa lo fermava.

Il corpo dell’alicorno viola s’illuminò fino a sparire, e al suo posto apparve una stella color magenta, attorniata da sei stelle più piccole di color bianco. Ma il cutie mark di Twilight Sparkle venne presto inglobato da un simbolo ancora più grande, che sovrastava la devastazione sottostante: la rappresentazione degli Elementi dell’Armonia brillò, più grande di qualunque palazzo mai costruito e della stessa Ombra, nella stessa conformazione del cutie mark di Twilight, presente all’interno della gemma dell’Elemento della Magia al centro del simbolo. Ma, come se ancora non bastasse, attorno agli Elementi apparve un altro simbolo.

Un cuore rosa fiammeggiante delle dimensioni di una montagna. L’Ombra, anche nelle sue dimensioni attuali, ne era sormontato.

La luminosità di tutti questi simboli raggiunse il culmine, illuminando a giorno la devastazione di cenere e polvere sottostante, più raggiante del sole e più bella di qualunque arcobaleno, tramonto e alba combinate. Ad essa si accompagnarono cori angelici e i profumi più soavi presenti in natura, che si diffusero con la rapidità ed eleganza del vento in tutte le direzioni.

Quello spettacolo fu qualcosa che tutti i presenti nel raggio di decine di chilometri furono costretti, volenti o nolenti, a osservare, ascoltare e annusare, scoppiando in lacrime per la gioia e l’euforia che scatenavano nei loro cuori.

L’Ombra, fino a quel momento con gli occhi coperti dalle sue zampacce rossastre, fu costretto dalla stessa forza misteriosa di prima ad alzare la testa e a fissare quella scena paradisiaca.

Il mostro rosso, responsabile di milioni di eccidi, pianse lacrime di sangue, per la prima volta dopo millenni, con tutte e quattro le zampe abbandonate pesantemente ai fianchi.

Ma non per tristezza o felicità o per qualunque altra cosa di cui di solito si piange. L’espressione era di puro terrore. Terrore per quello che non riusciva a comprendere, che lo spaventava, e che aveva una potenza tale da annichilirlo soltanto osservandola e ascoltandola. I suoi occhi bruciavano nell’assistere a una tale purezza, i suoi timpani si rompevano ad ascoltare quella melodia innocente, le narici ardevano ad annusare quegli odori colmi della bellezza della natura.

E fu così che venne spazzato via. Senza che venisse colpito direttamente. Nessun raggio magico né un incantesimo di potenza apocalittica lo toccò.

Nessuna corruzione poteva niente contro tale magnificenza per i sensi, per la mente e per l’anima. Niente poteva contro la somma di tutte quelle virtù.

Ottimismo. Carità. Compassione. Devozione. Integrità. Amicizia. Amore. Sacrificio.

L’esatto contrario di tutto ciò che lui rappresentava. Qualcosa di così sconvolgente per tutti i principi maligni che incarnava da impedire alla sua forma fisica di restare integra.

Equestria stava assistendo alla manifestazione dell’unica regola del multi-verso di cui persino lui era succube. La regola che lui, nella sua arroganza, pensava di infrangere.

Una semplice regola matematica: il positivo annulla il negativo.

Fu così che, in lacrime per il terrore della morte, evaporò come se si fosse trovato il sole a pochi centimetri dalla faccia.

 

Quell’immensa apparizione si affievolì. Prima sparirono gli odori, poi i cori e uno dopo l’altro tutti i simboli si spensero.

Il cielo riprese lentamente i colori del crepuscolo. La pace tornò in quel piccolo angolo di Equestria.

Twilight Sparkle, stanca ma soddisfatta in volto, mosse lentamente le ali e scese verso la superficie.

 

Era … era finita.

Sospirai, con il cuore che sembrava diventare leggero come una piuma.

Di lui era rimasto solo il ricordo. Questa volta per davvero. Ne ero certa.

Non percepivo più la sua presenza malefica. L’aria stessa, malgrado fosse ancora piena di cenere e polvere, profumava di primavera in confronto a prima.

Era finita. Non stavo sognando.

Insieme a Rachel … no, grazie solo a Rachel la più grande minaccia del multi-verso era stata sconfitta. Senza di lei in questo momento sarei morta e l’Ombra sarebbe stata libera di portare morte e distruzione ovunque volesse andare.

Mentre lasciavo alle ali il compito di condurmi a terra, mi lasciai cullare dalle correnti e da quel senso di enorme appagamento che attendevo da settimane.

L’appagamento che si ottiene da un lavoro ben fatto.

Quando atterrai tornai rapidamente alla realtà ricordandomi che Redflame era in condizioni critiche.

Era ancora steso a terra, svenuto, senza le sue preziose e amate ali.

Curai con metodo e senza sforzo le fratture e le ferite più critiche, ma evitai di svegliarlo.

Mi aveva aiutato sin da quando ero tornata a Equestria e mi aveva protetto ogni volta che poteva. E alla fine anche lui aveva sacrificato molto per permetterci di vincere.

Si meritava tutto il riposo del mondo.

Mi misi di nuovo a fissare il corpo senza vita di Rachel. Non piansi questa volta. Sorrisi invece. Perché sapevo che dovunque fosse era felice insieme a Daniel. Si meritava quello e altro per tutto ciò che aveva fatto per noi.

Dovevo loro tantissimo. Equestria doveva loro tantissimo.

 

Degli strani suoni, non lontano, mi distrassero. Provenivano dalla stessa direzione in cui l’Ombra era stata sconfitta.

Mi librai in volo e mi avvicinai nel punto in cui mi sembrava di averli sentiti. Mi accorsi che, nascosti da un grosso masso scaraventato lì dal combattimento contro l’Ombra, erano presenti diversi pony … ma non potevano essere rifugiati.

Poi mi resi conto di riconoscerli. Erano quasi tutti unicorni. E vestivano tutti le divise di Unicornia.

L’equipaggio della Crepuscolo degli Dei!

«Non so come sia successo,» esclamò uno di loro. «ma non vi muovete!»

Avevano formato un cerchio attorno a due pegasi, puntando loro contro le armi.

Non credevo ai miei occhi.

«Siamo ancora tutti vivi e la prima cosa che vi viene in mente è di ammazzarci?» domandò Big Wing, scuotendo la testa.

«Sono unicorni, non sono molto intelligenti.» replicò il fratello Little Bolt.

Come … come …

Forse la sconfitta dell’Ombra aveva permesso loro di ritornare con i loro corpi? L’ultima magia che avevo utilizzato li aveva separati da quel mostro, permettendo loro di tornare in vita? Allora non erano davvero morti, erano stati solo “assimilati”, con le anime ancora legate al loro corpo e sfruttate dall’Ombra per i suoi scopi …

Smisi di rifletterci e con uno scatto d’ali atterrai rapida tra loro e gli unicorni che li stavano minacciando.

«Non. Osate. Sparare.» dissi con tono autoritario e severo, puntando gli zoccoli a terra.

Molti degli unicorni, vedendo sia il mio corno che le ali, spalancarono la bocca. Non sapevano che esistesse un quarto alicorno ad Equestria.

A uno di loro però, per sua sfortuna, partì un colpo.

Fermai il proiettile diretto alla testa di Little Bolt con la telecinesi e lo lasciai cadere a terra, con la stessa facilità con cui afferravo magicamente un libro che cadeva da uno scaffale. Non diedi importanza alle loro facce esterrefatte: mi preoccupai invece di strappare tutte le armi ai pony e a stritolarle in un’unica sfera metallica.

«Ora non sparerete più.»

Gli unicorni si arresero immediatamente, inchinandosi in segno di sottomissione. Reazione normale visto che erano stati indottrinati a credere che gli alicorni erano dei.

«Twilight?» domandò Big Wing, guardando il mio nuovo aspetto.

Annuii. «Vi spiegherò dopo.»

Sentii a quel punto un mugolio da dietro una delle altre rocce più piccole sparse lì attorno.

«Che strano verso.» esclamò Little Bolt.

Mi avvicinai lentamente a quella roccia, superando il cerchio di unicorni in adorazione quasi divina.

Quando guardai oltre la pietra, spalancai di nuovo la bocca.

Dietro di essa, steso a terra, giaceva un lungo e nudo corpo rosa da umano con i capelli neri. La testa si scosse e si voltò verso di me.

«Daniel?» esclamai.

Era … era vivo?

Allora Rachel ... dovunque fosse … non era con lui.

Maledizione.

«T … Twilight?» rispose lui, con la sua voce da umano, leggermente roca.

«Sei … di nuovo umano!»

Daniel si osservò le mani e la sua espressione provò un misto tra stupore e felicità.

«Come … come è successo?» mi domandò. Il suo sguardo cadde sulle mie ali «E tu … come mai hai …». Si interruppe e avvampò quando si rese conto di essere nudo, e si coprì subito le parti intime.

Dimenticavo che per gli umani la nudità era un tabù.

Lanciai un semplice incantesimo vestente, creandogli dei pantaloni e una maglia simili a quelli che avevo visto nel suo mondo.

«E’ lunga da spiegare.» gli risposi, mentre lui si metteva in piedi, superandomi in altezza di due volte. «Ma prima …»

Abbassai lo sguardo, rendendomi conto del terribile compito che mi attendeva.

Come facevo a dirgli che la sua amata si era sacrificata per sconfiggere un grande male pensando che lui fosse morto? Come facevo a dirgli che, malgrado fosse tutto finito, lui era solo?

Deglutii, cercando tra tutte le memorie di Celestia e Luna il modo di dorare il più possibile la pillola.

 

Biblioteca della Vecchia Ponyville. Notte del primo giorno dopo la sconfitta dell’Ombra.

 

La federa del letto su cui ero poggiato era già ricolma di lacrime. Non mi ci ero disteso sopra solo perché era troppo grosso per me.

«Mi dispiace.» mi disse Twilight, posandomi lo zoccolo sulla schiena e massaggiandomela.

Scoppiai di nuovo a piangere, infischiandomene del suo dispiacere. Nulla avrebbe riportato indietro Rachel. Nulla …

Singhiozzai così forte che per un momento quasi mi strozzai.

Colpì con i pugni il materasso, sfogando la disperazione.

Era morta. L’avevo avuta viva davanti agli occhi su quella stramaledetta nave e non avevo fatto niente. NIENTE.

Non c’era nulla ormai che potevo fare per rimediare a quella situazione. Solo piangere e disperarmi.

“Maledetto il giorno in cui non le ho dato una botta in testa e riportata a casa prima di saltare in questo casino!” mi rimproverai.

Anche se ero arrabbiato e disperato non riuscivo a darle la colpa di niente. In quel momento tutta la colpa era mia. La colpa di non averla dissuasa abbastanza. La colpa di non averla protetta quando avrei dovuto. La colpa di essermi lasciato infinocchiare da quella troia. La colpa di aver donato volontariamente il sangue per creare quel demonio.

La colpa quindi anche di ogni morte e distruzione che era avvenuta nelle scorse ore.

Ero io la causa di tutto. Se mi fossi fermato, se avessi convinto Rachel a stare a casa, nulla di tutto questo sarebbe accaduto. Lei sarebbe ancora viva e tutta quella distruzione non sarebbe avvenuta.

Ero solo io il responsabile della sua morte e di tutti i casini che erano successi … solo io … Rachel in quel momento era la cosa più pura che avessi mai avuto nella mia triste vita … era il più puro degli angeli mandati da Dio …

E ora aveva riaperto le ali per tornare in cielo …

Avevo un magone in gola grande quanto una mela per quanto stavo male …

Vivere a quel punto non aveva più senso. Stavo … stavo seriamente pensando di … di farla finita. Il suicidio era … così allettante ora. Un semplice gesto … un attimo … e puff … finita …

«Ti capisco, Daniel …» disse la strana voce riverberante della mutaforma grigia.

Mi voltai verso di lei, con la vista offuscata dalle lacrime. Non mi importava granchè del fatto di ritrovarmi di fronte a colei che ci aveva ingannati per tutto quel tempo in una forma che avevo imparato a temere.

Ero solo incazzato. Con tutto e tutti.

«Non capisci un cazzo invece!» urlai «Perché non ti sei fatta ammazzare tu, eh? O qualunque altro di voi stupidi pony ritardati! Questo è il vostro mondo, non il nostro!»

Non riuscii a resistere e crollai di nuovo sul letto, inumidendolo ancora di più.

«Ci dispiace davvero Daniel.» mi disse Twilight, dandomi il tempo di scaricare quell’altra crisi di pianto. «Ma comprendiamo davvero a fondo il tuo dolore. Guarda me, che ho perso tutti i pony a me più cari in meno di due mesi: mio fratello, Spike, Cadence, la mia mentore Celestia, le mie più grandi amiche, i miei genitori … Non mi è rimasto quasi nessuno della mia vecchia vita. Ma sai perché sono riuscita comunque a ritrovare la serenità?»

Avrei voluto darle un pugno sul suo bel soffice muso da pony, altro che sentirle dare una risposta. Ma ero stravolto emotivamente e fisicamente, a malapena in grado di starmene accasciato su quel letto così piccolo, quindi non dissi niente e aspettai silenziosamente la sua replica.

«Perché ora sono felici. Di questo ho la certezza assoluta. La morte non è qualcosa di cui essere tristi. E’ solo un passaggio che dobbiamo fare tutti prima o poi. E quello che viene dopo … ti dico solo che ne ho avuto un accenno e non è per niente brutto come molti temono, anzi. Se tutti potessero vederlo molte delle nostre paure svanirebbero.»

La iniziai ad ascoltare aspettandomi le solite frasi fatte da funerale. Ma più andava avanti più mi sentivo sollevato. Non di molto, ma abbastanza per farmi passare la rabbia verso di lei. Era sincera e davvero dispiaciuta. Lo diceva da vera amica, sia mia che di Rachel.

Dimenticavo spesso il modo con cui Rachel riusciva ad allacciare amicizie. Lo dimostrava la facilità con cui aveva preso la decisione di lanciarsi in un mondo semi-sconosciuto fidandosi di una che aveva incontrato da neanche un paio di giorni. Si era pure sacrificata per lei e per un mondo che non era il nostro.

Ma l’aveva fatto per una buona causa. La più giusta delle cause in assoluto. Una causa talmente alta e nobile che non potevi far altro che accettarla e renderle onore.

Ripensando al suo gesto, iniziai a riflettere su cosa invece avevo fatto io per meritare un po’ di rispetto.

Cosa avevo fatto in queste settimane, in sostanza? Lamentarmi, lamentarmi e ancora lamentarmi. Come un bambino con il moccolo al naso. Avevo aiutato la spedizione ad arrivare dove era arrivata e condiviso quella disavventura con altri cinque, ma a parte ciò avevo provocato noie all’inizio e danni alla fine.

Avrei fatto meglio a restarmene dov’ero, insieme al mio blocco dello scrittore e al caratteraccio da scaricatore di porto.

«Comunque davvero, dal profondo del cuore, ci dispiace.» proseguì dopo qualche istante di silenzio l’ora alicorno Twilight. «Non pretendo che ti passi subito, quindi sentiti libero di rimanere qui quanto vuoi. A breve dovrebbero arrivare i sopravvissuti di Ponycity con i rifornimenti. Per quanto mi riguarda sono a tua completa disposizione. Chiedimi qualunque cosa ti serva. Ripeto, qualunque cosa. Non farti scrupoli di alcun genere. E’ il minimo che possa fare per onorare la memoria di Rachel e ripagarla almeno in parte del suo sacrificio.»

Mi voltai a guardarla, con le guance umide e gli occhi appiccicosi. Non ero più arrabbiato e straordinariamente nemmeno al limite del suicidio. Quelle poche parole mi avevano sollevato davvero il morale. Ma provavo qualcosa di diverso. Non era proprio tristezza … era … era … non sapevo come definire quel sentimento.

Era grave per uno scrittore non saper trovare la parola adatta a qualcosa.

Vuoto? No, non era lontanamente paragonabile al deserto che avevo nel cuore.

Malinconia? Nemmeno … era ancora troppo presto per provare malinconia.

Stanchezza, per mancanza di altri termini. Ero enormemente stanco.

«Voglio … restare solo.» le dissi, pronunciando quelle parole con grande fatica a voce bassa.

Twilight annuì. «Certo. Questa stanza è isolata dal resto della biblioteca. Nessuno ti disturberà.»

Il suo corno s’illuminò di viola e il letto, attorniato da un alone dello stesso colore, si allungò magicamente fino a raggiungere i due metri.

«Così se vuoi puoi dormirci. Ripeto, se hai bisogno di qualsiasi cosa fammelo sapere. Ci tengo. Ti lascio la chiave della porta all’interno.»

Lanciò uno sguardo d’intesa alla mutaforma e insieme si allontanarono, uscendo dalla stanza e richiudendo la porta a chiave magicamente.

A quel punto, conscio di essere davvero da solo, scoppiai di nuovo a piangere, sfogandomi completamente e senza più vergogna di essere osservato.

 

«Come sta?» domandò Scrolley, l’unica sui suoi zoccoli nella sala principale della biblioteca. Era rimasta a guardia di Redflame, ancora svenuto, e dei corpi senza vita di Celestia, Rachel e delle mie amiche (tutte ricoperte per rispetto da un velo).

Big Wing e Little Bolt erano andati dai rifugiati per accompagnarli fin qui, mentre Sunset Shimmer era rimasta fuori a tenere d’occhio gli unicorni “prigionieri”.

Non temevo un suo tradimento. Aveva visto abbastanza del mio potenziale per dissuaderla in tal senso. E poi non mi sembrava una cattiva pony: pareva sincera nel suo pentimento.

Avrebbe aiutato molto nella ricostruzione di Equestria, visto cosa sapeva fare. C’era solo bisogno di indirizzarla nel modo giusto.

«Ha bisogno di tempo.» rispose Balance. «Come tutti noi. Anche se ce l’abbiamo fatta, le ferite di questa lunga guerra faticheranno a guarire.»

Fissai il vuoto all’esterno della biblioteca attraverso una delle finestre. Era notte. Avevo fatto tramontare con successo il sole e fatto avanzare la luna nel cielo stellato.

Mi sentivo strana a sapere che gli astri si muovevano a un mio comando, soprattutto quando tale compito era stato mantenuto per quasi mille anni dalla mia mentore. Era un compito … speciale e unico …

Malgrado il buio si vedeva bene la distesa di cenere e polvere che una volta era Ponyville. Questo edificio-albero era l’unico pezzo della mia vecchia vita rimasto intatto, l’unico legame con un passato ormai finito. Ma in fondo non ero più la studentessa numero uno di Celestia. Troppe cose erano cambiate, in peggio e in meglio. E ora avevo un tale potere in me che non potevo ignorare le responsabilità che esso comportava. Così come le memorie di Celestia e Luna mi avevano insegnato, anche loro quando avevano sconfitto Discord si erano rese conto che erano le uniche in grado di riportare pace e armonia in un mondo devastato dalla distruzione e dal caos.

Ora questo dovere toccava a me. Era un fardello pesante da portare, ma nessun’altro poteva farcela a sostenerlo. Celestia, Luna e tutti gli altri mi avevano fatto dono delle loro capacità e memorie non solo per sconfiggere l’Ombra, ma anche, e soprattutto, per prepararmi a questo compito gravoso.

Mio era il compito di riportare l’Armonia a Equestria e nel mondo. Mio e di tutti i pony di buona volontà che volevano tornare a riabbracciare quella pace che tanto era necessaria.

Questa notte sarebbe presto giunta al termine, e avrei avuto l’onere e l’onore, per la prima volta, di far sorgere il sole.

Quell’atto avrebbe dato inizio al primo giorno della nuova Twilight Sparkle.

La Twilight Sparkle che non avrei mai pensato di diventare nemmeno nei miei sogni (o incubi) più selvaggi.

La Principessa Twilight Sparkle.

La Principessa del Crepuscolo.

 

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Capitolo 32
*** Epilogo ***


Epilogo


"Contro individui concordi, anche la potenza dei re s’infrange".

Tito Livio, atttribuita a Tito Quinzio Flaminio.



 

Mondo, alba successiva alla sconfitta dell’Ombra

 

Terribili notizie, compagni di Terra: i contatti con il regno di Equestria sono andati persi da ieri sera, e testimoni oculari attendibili vicini al confine ci hanno rivelato che è stata attaccata dagli unicorni. Vi aggiorneremo appena ci saranno rapporti più dettagliati …

… è in assoluto l’attacco più terribile che sia stato lanciato a Ponycity e Canterlot. I primi esploratori narrano di una distruzione totale delle due città, e sebbene si parli di un attacco di Unicornia la Giunta Militare assicura che nessun’arma negli zoccoli degli unicorni ha un tale potenziale …

… e nessuna notizia della Regina Rarity. Questo suo lungo silenzio sta preoccupando molto in un periodo così teso, ma invitiamo la popolazione a mantenere la calma e a non cadere in allarmismi lanciati da spergiuri e bugiardi. L’attacco a Equestria non è stata opera di Unicornia. Non possediamo armi in grado di portare simile distruzione …

 

Biblioteca di Ponyville, ore 6.45 9 maggio 2033

 

Caro diario,

è da molto che non scrivo più niente. Per la precisione vent’anni. Almeno, per te sono passati vent’anni. Questa mia assenza è lunga e complicata da spiegare: sono successe così tante di quelle cose che sarebbe impossibile riassumerle tutte decentemente in poche pagine. Anzi, ce n’è abbastanza da scriverci un libro.

Mi limiterò a dire che non avrei mai pensato di diventare quella che sono oggi. Rileggendo le pagine precedenti ho l’impressione di scrivere sul diario di un’altra. Ero davvero così? Una semplice unicorno bibliotecaria con una vita come tante altre in un villaggio di poche anime?

Pochi minuti fa ho alzato per la prima volta il sole su Equestria. Sì, so che non ci crederai, ma non sto mentendo: ho fatto sorgere il sole. Da puledrina iniziai a studiare magia scoprendo la mia vocazione, ispirata dalla visione dell’alba creata da Celestia. Sembra passata un’eternità dagli inizi dei miei studi, in cui riuscivo a malapena a cambiare pagina con il corno, e poco fa sono riuscita a emulare la mia mentore.

Ho provato molte emozioni contrastanti: orgoglio, felicità, serenità, malinconia, tristezza …

Ho perso molti pony cari. Troppi perché possa rendere onore a tutti in queste poche righe. Ho già superato le fasi peggiori della loro perdita, ma ciò non mi impedirà di spendere lacrime quando ripenserò a loro, e rimarrà sempre la malinconia di non averli più accanto. Ma è qualcosa con cui posso vivere. Ho una responsabilità nei confronti di Equestria che mi porta a guardare ogni giorno nuovo come un’opportunità di rimediare agli sbagli e agli orrori commessi in questi vent’anni.

A breve diventerò sovrana di quello che rimane di Equestria, e mi impegnerò a ricostruirla e a riportarla all’antica pace e armonia. Ti farò rapporti sintetici d’ora in avanti sui miei progressi, insieme a commenti su ciò che sta avvenendo.

Spero che tu abbia la pazienza, come sempre, di sopportarmi. Ma visto che non sei ancora andato in autocombustione per cose ben più stupide, immagino che di pazienza ne hai una buona scorta.

La tua

Twilight Sparkle

 

9 maggio 2033

 

Oggi ho radunato tutti i sopravvissuti di Ponycity e Canterlot. Sono poco più di mille. Tenendo conto della popolazione che Ponycity e Canterlot combinate avevano prima di ieri sono davvero pochi. Troppo pochi …

Perlomeno ho rincontrato Babs Seed, Scootaloo, Applebloom e Sweetie Belle. Rivederle mi ha dato grande gioia.

Ho purtroppo dovuto raccontare come sono morte le loro parenti (nel caso di Scootaloo di Rainbow Dash), e hanno reagito come immaginavo: male, molto male. Anche se le avevano rinnegate, erano pur sempre affezionate a com’erano un tempo, e sapere che erano tornate in loro prima di morire ha reso la notizia ancora più dura.

Ho dato loro tempo di riprendersi e nel frattempo ho fornito istruzioni agli altri pony sui primi provvedimenti da prendere. In parte bisogna ricostruire un margine di civiltà in questa distesa di cenere. Stavo pensando seriamente di spostare magicamente la biblioteca verso i pochi edifici rimasti intatti di Ponycity a nord, per mantenere tutto in un unico posto. Parte di me vorrebbe tenerla qui, visto che è l’unico pezzo della vecchia Ponyville rimasto intatto, ma è un piccolo sacrificio che va fatto per il bene del futuro di Equestria.

Nei prossimi giorni alcuni pegasi tra i più veloci verranno mandati come diplomatici nelle altre tre nazioni, per far sapere che Equestria è ancora viva e vegeta.

Le vere missioni diplomatiche però le terrò personalmente. Sarà Balance a proteggere Equestria in mia assenza. Si è gentilmente offerta di aiutarci nell’impresa di ricostruzione. Anche se è in parte mutaforma come aspetto, di cuore è sicuramente un pony al cento per cento. Tornerà a usare la forma di Lyra per evitare di portare panico tra i pony.

Ho scoperto purtroppo che fine ha fatto la vera Lyra. Il modo in cui è morta mi ha inorridito, ma perlomeno so che ora è in un posto migliore. Sicuramente Trixie l’avrà già incontrata.

Inoltre la sua morte ha provocato la “redenzione” di Balance, quindi non è stata inutile. Non credo di esagerare dicendo che ha contribuito molto a salvare Equestria e tutti noi. Anche se in un modo che avrebbe giustamente preferito evitare.

Meriterebbe un funerale, ma visto che Balance userà il suo aspetto non possiamo darglielo.

A ripensare alla condizione di Balance, mi sento ottimista: sapere che persino i mutaforma hanno qualche possibilità di purificazione mi dona speranza per Equestria.

 

10 maggio 2033

 

Redflame si è ripreso. Quel pegaso ha la mia più grande stima. Non per niente la Principessa l’aveva scelto come Capitano delle Guardie di Canterlot. Le sue ferite e fratture erano così gravi da provocare, nella maggior parte dei casi, il coma, mentre lui era semplicemente svenuto e gli è bastato un giorno di riposo per risvegliarsi.

Purtroppo c’è un problema arduo da risolvere: la perdita delle sue ali. Teoricamente conosco un incantesimo che gliele può far ricrescere, lo stesso che fa ricrescere organi, ossa e muscoli, ma le ali sono una parte talmente delicata che basta un minimo errore o una piccolissima mancanza di concentrazione e si rischia di ottenere delle ali che al minimo problema si spezzano o ti fanno perdere quota. Anatomicamente parlando è ai livelli di difficoltà del cuore. A ciò si aggiungono i sottilissimi collegamenti magici tra le ali dei pegasi e il resto del corpo: a ricrearli sono persino più complicati dei nervi.

In definitiva anche per me è un’operazione che può comportare rischi. Persino nei ricordi di Celestia, maestra nell’arte bianca, riscontravo difficoltà con operazioni del genere e vedevo che non le prendeva alla leggera.

Ne ho discusso con lui e sono rimasta scioccata dal suo rifiuto. Non desidera neanche tentare. Dice che gli va bene così, che “è ora di rimanere con gli zoccoli ben piantati per terra”. Gli ho chiesto se ciò è una sua specie di rifiuto di associarsi con i pegasi che tanto odiava di Pegasopoli, o se dopo la morte di Rainbow Dash non si sentiva a suo agio ad essere l’unico al mondo a saper eseguire un Sonic Rainboom, ma ha deviato entrambe le domande.

Gli ho comunque fatto presente che avrei potuto tentare l’operazione quando e se desiderava, consultandomi con i migliori dottori pegasi odierni se necessario. Ho ottenuto una smorfia come risposta.

Credo che questo sia il suo modo di contribuire al sacrificio fatto per sconfiggere l’Ombra, un sacrificio che non vuole disonorare “curandosi”.

Mi fa piacere pensare che voglia rimanere senz’ali per onorare la memoria di Rachel.

 

11 maggio 2033

 

Oggi ho fissato a lungo i corpi delle mie amiche, di Rachel e di Celestia, preservati grazie all’incantesimo che previene la decomposizione.

Mi è capitato di passare nello scantinato della biblioteca, per controllare se c’era rimasto qualcosa di utilizzabile, e mi è caduto l’occhio sui veli che le coprivano.

Ho pianto come una puledra. Ho provato a trattenermi, ma non ci sono riuscita. Pensavo che la tristezza fosse passata, e invece mi ha colpito alla sprovvista, forte come uno schiaffo, improvviso e inaspettato. Il momento è durato poco, ma è stato terribile. Sono rimasta lì sotto più a lungo del dovuto per fare in modo che il volto umido si asciugasse e non ci fossero segni della mia “debolezza”.

Caro diario, non voglio sminuire l’importanza del pianto, e “debolezza” è in effetti un termine sbagliato. Piangere dimostra a tutti che sei sensibile e hai un’anima, e spesso è necessario per guarire dai problemi che la vita ti pone. In un certo senso letterale, aiuta a “lavare” la tristezza. Permette uno sfogo. Ma in un momento difficile come questo è importante che gli altri mi vedano sorridere. Anche se in quel momento vorrei solo piangere.

Un altro piccolo sacrificio che devo compiere per Equestria.

Comunque sento forte il bisogno di seppellirle. Si meritano una sepoltura, visto cosa hanno fatto. Rachel e Celestia l’avranno, pubblica e con tutti gli onori.

Purtroppo per le mie amiche ciò non è possibile. Senza di loro non avrei mai potuto fare ciò che ho fatto e sto facendo, ma il loro nome è talmente “sporco” che una eventuale sepoltura pubblica potrebbe minare i miei sforzi di riunire un’Equestria dilaniata. L’avevano detto loro stesse. Già immagino le possibili proteste dei pony che hanno sofferto sotto la loro guida. E a cui non riesco a dare torto.

Anche se l’idea mi ripugna, le dovrò seppellire in un posto solitario. Che solo io e pochi altri conoscono. Questo purtroppo è un sacrificio che non sarò io a pagare. Ma so che a loro non importa, quindi cercherò di sopportarlo.

Domani darò le prime istruzioni in proposito. Non si può fare subito il funerale, visti i problemi più impellenti di ricostruzione e diplomatici, ma prepararsi in anticipo non fa male.

Canterlot sarebbe stata perfetta come posto per seppellirle, ma purtroppo non esiste più. Quindi per il momento, in mancanza di altri posti più illustri, Ponycity andrà bene.

Per le mie amiche invece ho in mente un bel posticino tranquillo.

Un posto che è perfetto per osservare il sole tramontare.

 

12 maggio 2033

 

Oggi Sunset Shimmer ha avuto il coraggio di farsi avanti e parlarmi a cuore aperto. Ora la conosco bene grazie alle memorie che Celestia mi ha donato: era la sua studentessa numero uno prima di me, e lo è diventata più rapidamente di me grazie al suo innato senso magico. Ma aveva un difetto fatale, l’impazienza. Difetto che poi portò a svilupparne altri: arroganza, crudeltà, disonestà e cinismo. Difetti che si sono acuiti con il tempo contemporaneamente alle sue capacità finchè, un fatale giorno, si è allontanata da Celestia per “seguire la sua strada”. Un modo gentile per dire che voleva di più e più in fretta. Nel caos provocato dall’Ombra quella “strada” l’ha portata a Unicornia.

Ma non sapevo che l’esperienza in quella nazione l’avrebbe cambiata per il meglio.

Ha imparato nel peggiore dei modi cosa significa seguire la via dei sentimenti negativi. Ha provato a sfidare Rarity per il controllo di Unicornia, ed è stato un miracolo se è sopravvissuta rimanendo al suo servizio. Mi ha rivelato che solo dopo quella terribile lezione aveva capito ciò che le aveva insegnato Celestia.

Da allora lavorava per lei più per inerzia e paura che per vera convinzione. Avrebbe potuto disertare, ma temeva che tornando a Equestria non sarebbe mai stata accettata, soprattutto da Celestia a cui aveva già voltato le spalle, e ancora di più temeva i terribili servizi segreti di Unicornia e la vendetta di Rarity.

Le ho assicurato a tal proposito protezione e amicizia, in cambio della sua collaborazione per il bene di Equestria. Le ho persino offerto di tornare a essere una mia studentessa, dopo averle spiegato di avere tutte le memorie di Celestia, ma ha rifiutato. Ha ammesso, in una grande dimostrazione di umiltà, che conosce tutto ciò che è necessario per fare bene il suo lavoro. O forse la vera ragione è un’altra: ha troppa paura e soggezione di me.

Comunque non voglio costringerla. Il rapporto tra studentessa e mentore deve essere saldo, libero e sincero se si vuole che funzioni.

Ci siamo abbracciate per la prima volta, sia per suggellare la nostra nuova amicizia sia per ringraziarci di esserci salvate la vita a vicenda.

Sono certa che il suo genio, finora sfruttato quasi esclusivamente per creare morte e oppressione, possa fiorire e portare giovamento a tutti.

 

13 maggio 2033

 

E’ accaduto qualcosa d’inaspettato. I rappresentati delle nazioni di Unicornia, Terra e Pegasopoli hanno deciso di venire qui e salutare la nuova “dea” di Equestria. Sentirmi definire così mi fa davvero ridere, anche se ammetto che appena ottenuti questi poteri un po’ mi sentivo tale.

Arriveranno, se tutto va bene, entro la prossima settimana. Conto di farli incontrare tutti assieme e di discutere del destino del mondo. Con un po’ di fortuna, di diplomazia e di qualche “dimostrazione” del mio potere, conto di portarli a condividere la mia visione del futuro. La perdita di Rarity, Applejack e Rainbow Dash dovrebbe renderli più docili e accondiscendenti.

Spero.

 

Daniel si è ripreso. Dopo giorni di mutismo e isolamento, si è finalmente fatto vedere e sentire. Solo da me, Scrolley e Balance. Scrolley è quasi svenuta quando ha visto per la prima volta la sua forma umana, mentre Balance aveva gli occhi che le luccicavano. Non so se per emozione di vedere un umano in carne e ossa o perché le ricordava Ipparco.

Evito di far uscire Daniel dalla biblioteca per timore che altri pony lo vedano e si spaventino. La sua è una razza molto particolare che incuteva timore anche me agli inizi, figuriamoci a pony che hanno appena visto l’apocalisse avventarsi su di loro.

Tornando a Daniel, sembra stare meglio. E’ ancora molto giù di morale e ci vorrà ben più di qualche giorno per superare la sua perdita, ma ormai il peggio sembra passato. Non ha detto molto: ha solo fatto qualche domanda su ciò che stava succedendo e l’abbiamo rapidamente ragguagliato sugli ultimi sviluppi. Dopodiché se ne è tornato nella sua stanza e nel suo isolamento. Con grande rammarico di Balance che avrebbe voluto “esaminarlo” da vicino.

Avrei voluto chiedergli cosa sta pensando, cosa lo angustia, ma non voglio mettergli fretta. Se vorrà dirmelo, lo farà quando sarà il momento giusto.

 

16 maggio 2033

 

E’ arrivato l’ultimo rappresentante, quello di Unicornia. Domani sarà una giornata fondamentale, storica direi. Se gioco bene le mie carte, potrei posare la prima pietra per la pace. Non vedo l’ora.

Intanto ciò che resta di Ponycity, grazie agli sforzi di Applebloom soprattutto (che sta dimostrando appieno il suo talento), sta diventando davvero vivibile. E’ a misura di pony, così come piace a me. Con il mio aiuto abbiamo abbattuto gli edifici pericolanti e tenuto in piedi solo quelli più adatti alla visione che ho della futura Equestria. Un’Equestria che non rinnega i balzi tecnologici degli ultimi anni, ma nemmeno li glorifica per orgoglio in nome del progresso ad ogni costo.

Come ultima nota, Daniel ha sorriso per la prima volta da … sempre credo. Grazie ai ricordi di Pinkie Pie sono riuscita a fargli una battuta che gli ha tirato verso l’alto i lati della bocca. A malapena. Ma è comunque un ottimo segno.

Il segno che sta guarendo.

Mi ha chiesto se mi era possibile trasformarlo di nuovo in pony per qualche tempo, in modo che possa uscire dalla biblioteca. Visto che è rimasto chiuso qua dentro per una settimana credo che non abbia tutti i torti. Un po’ d’aria fresca gli farà sicuramente bene. Domattina, prima di incontrare i rappresentanti delle tre nazioni, gli lancerò l’incantesimo di trasformazione. E per sicurezza lo farò seguire da Little Bolt, Big Wing e Scrolley. L’amicizia che hanno formato durante la spedizione potrebbe aiutarlo a riprendersi.

 

17 maggio 2033

 

Giornata davvero perfetta. Ho capito che sarebbe andata come mi aspettavo quando ho visto le facce stupite dei diplomatici e delle loro scorte. Forse si aspettavano la Twilight Sparkle unicorno, non di certo la Twilight Sparkle alicorno che, in una piccola dimostrazione di potere, è riuscita a sollevare un edificio e a trasformarlo a suo piacimento per poi rimetterlo nella sua sede. Il tutto mentre spiegavo loro senza sforzo il combattimento che avevo avuto contro l’Ombra.

Il rappresentante di Terra, il più anziano, ha avuto un principio d’infarto.

A quel punto, invece che intimorirli maggiormente, ho offerto loro un patto d’amicizia, facendo notare che i loro leader erano scomparsi e che nulla sarebbe stato più come prima. Ho ricordato loro che ogni singolo evento negativo avvenuto nell’ultimo ventennio aveva solo reso il mio avversario più forte. Ho fatto l’esempio della Fondazione di Equestria per far loro capire come sarebbe potuto finire il mondo se avessero continuato a combattere.

Per finire, come atto di buona volontà e per dimostrare la mia onestà d’intento, ho liberato gli unicorni della Crepuscolo degli Dei e li ho consegnati al rappresentante di Unicornia. Era rossa di vergogna quando ho spiegato agli altri rappresentanti che facevano parte di un’equipaggio di una nave volante armata come un’esercito intero. Me la sono spassata a spazzare via la mole di menzogne che le tre nazioni hanno diffuso in questi giorni a riguardo.

Morale della storia: se ne sono andati con la coda tra le gambe, tutti e tre. Con un po’ di fortuna, ci sarà un cessate il fuoco a breve.

 

18 maggio 2033

 

Un pony esploratore ha riportato a Ponycity una statua molto familiare. Non me ne ricordavo neanche più che a Canterlot c’era Discord pietrificato. Con le minacce ben più presenti della guerra e dell’Ombra, uno spirito del caos come lui sembrava ben poca cosa.

A quanto pare nemmeno la magia distruttiva dell’Ombra è stata in grado di scalfire la sua statua. Visto dove l’ha trovata, sembrerebbe aver fatto un bel volo. Eppure, neanche un graffio.

E’ evidente che la magia degli Elementi non ha creato un semplice effetto di pietrificazione. Altrimenti non ne sarebbe rimasta neanche la polvere.

Ho portato personalmente la statua nel bunker più sicuro che abbiamo trovato, e ho dato ordine di tenerla sotto controllo giorno e notte.

Ammetto di aver fissato a lungo la sua faccia terrorizzata mentre mi tornavano alla mente le ultime memorie di Celestia sul suo conto. Mi sono accorta, incredula, che aveva intenzione di liberarlo. Liberarlo per utilizzare i suoi poteri a fin di bene.

E’ un’idea che, in altri tempi, sarebbe forse suonata buona anche se pericolosa. Ma in tempi come questi non è assolutamente da considerare. Con tutto il caos ce c’è già nel mondo ci manca solo quello di Discord.

Per quanto mi riguarda può rimanere nella pietra ancora per un bel po’.

 

20 maggio 2033

 

Ho ricevuto una visita … esotica. Sì, è proprio il termine adatto.

L’ho riconosciuta subito solo grazie a uno strano ricordo di Pinkie. Secondo quel ricordo, era stata imprigionata a Stalliongrad ed era stata liberata dalla mia amica, già purificata, in gran segreto.

Non conoscevo il suo nome. Nemmeno Pinkie era riuscita a farselo dare. Ma sapevo bene chi era.

Un pony dell’Arabia Sellata. In tutta la vita ne avevo visti solo due, durante lo spettacolo che avevo intrattenuto per la loro visita ad Equestria insieme a Celestia, ma solo da lontano. Grazie alle memorie di Celestia e a mie ricerche indipendenti ho scoperto che sono una razza molto riservata e colta, che vive vicino alle oasi d’acqua di un enorme deserto a est oltreoceano, in città scintillanti e slanciate. E anche se non si offendono se vengono chiamati pony, tra di loro preferiscono definirsi cavalli.

Da vicino intimoriscono. Ma non solo per la loro grandezza, visto che arrivano quasi tutti alla dimensione di Celestia. Hanno attorno a loro un’aura molto particolare. Magia di qualche genere, senza dubbio. Persino Celestia sapeva poco a tal riguardo.

Si erano aperti al mondo da poco, e il caos provocato dall’Ombra li ha richiusi a riccio. Almeno finora.

Questa “pony”, a cui non arrivo neanche alle spalle, mi ha rivelato di chiamarsi Mystic Oasis, e ha viaggiato e sofferto molto per arrivare sin qui da me. E’ la diplomatica al servizio di quello che lei chiama Califfo, la massima autorità dei cavalli dell’Arabia Sellata. L’equivalente del titolo di Principessa, a quanto ho capito. Partita con l’intento di incontrare Celestia e Luna per intrecciare le prime relazioni diplomatiche dopo i vent’anni di caos, si è ritrovata me. Le ho spiegato cosa è successo e mi ha ascoltato con molto garbo e pazienza senza mai interrompermi, neanche di fronte alle cose che (pensavo) avrebbe trovato più strane.

In cambio mi ha raccontato che anche loro hanno avuto problemi con tumulti che non si sono saputi spiegare, e che solo recentemente sono riusciti a riottenere una parvenza di “armonia”. Da lì il desiderio di riallacciare le relazioni con Equestria così violentemente stracciate.

Le ho detto che purtroppo non abbiamo molto da offrire in cambio di questa nuova amicizia, ma ha compreso la nostra situazione e ha chiesto ospitalità, offrendo consigli e aiuto in cambio del soggiorno.

Mi ha fatto un’ottima impressione. Spero sinceramente di poter ripagare la sua grande gentilezza.

 

25 maggio 2033

 

Oggi finalmente siamo riusciti a fare un memoriale per Celestia, Luna e Rachel. Ho personalmente scolpito nel marmo le statue dei due alicorni e della mia amica, e ho anche inciso le frasi alla loro base.

Le elenco qui sotto:

Per Luna “Mai notte sarà altrettanto stellata, mai riposo altrettanto sicuro. Principessa della Notte, aiutaci a superare le nostre paure.”

Per Celestia “Mai giorno sarà altrettanto luminoso, mai sorriso altrettanto radioso. Principessa del Giorno, aiutaci a seguire i nostri sogni.”

Per Rachel “Dai pony più semplici può arrivare il riscatto e la vittoria più grande.”

Abbiamo fissato a lungo le loro lapidi, accompagnati dal suono del violino di Octavia, diventata così brava che mi avrebbe fatto piangere anche in circostanze ben più felici. Perlomeno quello è stato l’unico momento, dopo tanto tempo in cui mi trattenevo, in cui mi sono potuta permettere di mostrare lacrime in pubblico, ricordando la morte della mia mentore, della sorella e di Rachel.

Celestia e Luna. Da puledra ero certa che avrebbero protetto per sempre Equestria dal male, dee eterne e infallibili al servizio di tutti i pony. E invece oggi sono stata lì a seppellirle, dimostrando la fondamentale verità delle parole che Celestia mi aveva detto prima di salutarmi per l’ultima volta.

“Essere immortali non significa essere eterni”.

Ho dedicato un pensiero anche a Lyra. Non potevamo darle una lapide, visto che Balance stava ancora usando il suo aspetto, ma meritava di essere ricordata, anche se in silenzio. Il suo sacrificio, in fondo, ci aveva salvate. Aveva salvato senza saperlo Equestria, tramite la redenzione di Balance.

Il mio unico rimpianto è di non poterglielo dire di persona.

La lapide di Rachel riporta il nome di Green Wish. Daniel è rimasto di fronte a quella lapide molto a lungo, a testa bassa e in lacrime. È rimasto lì anche quando tutti gli altri se ne erano andati. L’ho aspettato in silenzio fino a quando non si è deciso ad allontanarsi e tornare con me alla biblioteca.

Green Wish. Desiderio Verde. Ripensandoci adesso credo che abbia scelto quel nome per dimostrare che desiderava aiutarci con tutto il cuore.

Ci era riuscita. Ci era davvero riuscita. Il suo desiderio era stato esaudito.

Anche se non come pensava lei all’inizio.

 

26 maggio 2033

 

Oggi è toccato alle mie amiche dare “l’ultimo addio”. Questa volta la cerimonia è stata molto più intima e riservata. Nessuno sa che eravamo su quella piccola collina a ovest della vecchia Ponyville, abbastanza lontana per salvarsi dalla distruzione dell’Ombra. In tempi più felici e innocenti ci salivo quando avevo bisogno di un po’ di solitudine e tranquillità, per osservare i colori del tramonto e le prime stelle della sera.

Non c’è posto migliore per farle riposare.

C’ero solo io, Balance, Redflame, Big Wing, Little Bolt, Scrolley, Scootaloo, Applebloom, Babs Seed, Sweetie Belle con la nonna e ovviamente Daniel.

Le abbiamo seppellite in semicerchio, in modo che quando tornerò a dare loro omaggio le avrò tutte attorno a me, in modo da “abbracciarmi”.

Le lapidi sono state incantate in modo da essere invisibili tranne che a me e ai presenti a questo funerale. E ovviamente a tutti quelli che, un giorno, desidereranno rendere loro onore per quello che erano davvero.

Ho pensato a lungo cosa scrivere sulle loro lapidi, ma non bastano poche frasi per dar loro giustizia. Come potevo riassumere in così poco la grandezza della loro amicizia?

Alla fine ho adottato una soluzione semplice.

Applejack – L’Onesta

Pinkie Pie – L’Allegra

Rarity – La Generosa

Rainbow Dash – La Leale

Fluttershy – La Gentile

Maledizione. Ho macchiato di lacrime questa pagina. E’ meglio che smetta e vada a dormire.

 

28 maggio 2033

 

Oggi ci sono stati i funerali collettivi di tutte le vittime dell’attacco a Ponycity e Canterlot. Tra di essi c’è il padre di Rarity, che ha salvato con un atto di eroismo la madre, e ovviamente i miei genitori. È stato toccante vedere Sweetie Belle che abbracciava la nonna di fronte alle esequie. Loro due sono ciò che resta della loro famiglia. Ovviamente ho offerto aiuto per ogni loro necessità.

Per quanto riguarda la mia perdita, ho cercato di concentrarmi non su come sono morti, ma su ciò che mi hanno detto prima di andarsene. Erano … anzi, sono orgogliosi di ciò che sono diventata. Hanno dedicato tantissime energie a permettermi di inseguire il mio sogno, e ci sono riusciti. Se sono quello che sono oggi, lo devo in primis a loro. Meriterebbero un memoriale accanto a quello delle Principesse come salvatori di Equestria, ma penso che, se mi potessero parlare adesso, non sarebbero d’accordo. Sono sempre stati molto riservati e umili.

Mi mancheranno. Tantissimo.

E’ meglio che interrompa qui prima di macchiare di nuovo il diario di lacrime.

 

30 maggio 2033

 

Finalmente! Dopo una lunga attesa, ho ricevuto la notizia che i combattimenti sono terminati! La Terza Grande Guerra è ufficialmente conclusa. L’unica nota positiva di questo conflitto è che è stato rapido, al contrario degli altri due.

E spero con tutto il mio cuore che sia l’ultimo.

 

2 giugno 2033

 

Non ci posso credere. Le nazioni di Terra, Unicornia e Pegasopoli hanno avuto la stupenda idea di allearsi e, in puro stile “realpolitik” come l’aveva definito l’Ombra, di dichiarare una crociata contro la “dea malvagia”, la “distruttrice di Equestria”. Non scrivo nel dettaglio cosa riportano i loro radiogiornali perché mi viene la nausea solo ad ascoltarli.

Non so cosa si siano bevuti, ma credono che sia io ad aver creato questa distruzione, che sia stata io ad uccidere Celestia e Luna usurpando il loro trono, e che ora desideri conquistare il resto del mondo.

Pazzi. Semplicemente pazzi. Sono talmente paranoici che vedono nemici dove non ce ne sono.

Ma forse hanno semplicemente paura di me: ho sbagliato a mostrare il mio potere in modo così sfacciato? A raccontare nei dettagli il mio scontro con l’Ombra?

Maledizione … questo errore potrebbe essere fatale per il mio sogno e per tutti i pony che ho coinvolto in esso.

Che Celestia mi perdoni se ho ragione.

 

3 giugno 2033

 

Questa mattina prima dell’alba hanno lanciato un attacco congiunto. Speravano di prendermi di sorpresa, ma non ci sono riusciti.

Mi hanno sottovalutato. Enormemente.

Nel giro di neanche dieci minuti, tra me e Balance siamo riuscite a disarmare e rendere inefficace l’intero armamento nemico.  

Ringraziando Celestia grazie al nostro intervento ci sono stati solo pochi morti e diversi feriti, da entrambe le parti. Spero che questa dimostrazione metta un po’ di sale in zucca ai loro leader.

 

4 giugno 2033

 

Questa giornata, dal punto di vista emotivo, è stata orribile.

Oggi hanno attaccato con forze massicce. Da tutte le direzioni.

Sembra ci abbiano mandato il loro intero arsenale addosso: un’orda infinita di soldati che avanzavano da terra, nuvole fitte di pegasi e aerei che sfrecciavano per aria, migliaia di carri armati e file interminabili di artiglierie che illuminavano l’orizzonte a giorno malgrado fosse appena sorta l’alba. Una vista terrificante. Per un attimo ho persino pensato che l’Ombra fosse tornata sotto un’altra forma, ma per fortuna non è stato così.

E’ comunque stata dura, lo ammetto. Dopo due ore intense di volo e magie i cannoni hanno cessato di sparare. Tra le difese di Balance e i miei incantesimi di disarmo la lotta è stata praticamente sempre a favore nostro. Sarebbe il colmo se mi facessi sconfiggere da qualche proiettile dopo quello che ho passato.

Ci avrei messo molto meno tempo se avessi usato i miei poteri al massimo senza pensare alle conseguenze, ma non voglio uccidere pony che eseguono semplicemente gli ordini di pochi pazzi.

Anzi, se possibile non voglio più uccidere nessuno.

Questa volta ci sono stati molti più morti e un’enormità di feriti tra le fila degli attaccanti, e nessuno dalla nostra parte. Le perdite sono state causate soprattutto dal fuoco incrociato e da molte altre cause che non potevo impedire come la fuga precipitosa dal campo di battaglia o le esplosioni di mezzi danneggiati. Per non parlare di scene orribili di ufficiali che sparavano a chi osava disubbidire agli ordini.

La rabbia che ho provato è stata sfogata togliendo le armi a quei bastardi e dandogliele in testa.

Ora spero per davvero che questa dimostrazione di forza metta fine a questa follia.

 

6 giugno 2033

 

Ottimo! Semplicemente ottimo! Grazie alla disfatta plateale dell’alleanza tra Unicornia, Terra e Pegasopoli, sembra che nelle loro rispettive nazioni stiano iniziando grosse insurrezioni e proteste, tutte iniziate sotto una bandiera comune: “I Fuochi della Liberazione”. Ho scoperto che si tratta di un’organizzazione di simpatizzanti di Equestria, che ha sempre agito nella più totale segretezza. Una segretezza tale che nemmeno Celestia ne era a conoscenza.

Si era davvero sbagliata nel credere che tutti i pony fuori da Ponycity e Canterlot erano corrotti. Semplicemente la maggior parte di loro seguiva i loro governi per paura, sottomissione o per mancanza di alternative.

Ma ora l’Ombra non ha più quella stretta tale da spegnere ogni coraggio. Ora la maggior parte dei pony non ce la fa più a sopportare lo status quo. Ora anche i pony più pavidi hanno ottenuto la scintilla necessaria a ribellarsi a quello stato di cose.

Spero davvero che questi “Fuochi della Liberazione” riaccendano la speranza di una nuova Equestria.

 

7 luglio 2033

 

Mese molto impegnato. Lasciando Balance e Redflame a proteggere Ponycity, mi sono messa in prima persona ad aiutare i rivoltosi, evitando che i loro sforzi finissero in bagni di sangue. Grazie al mio esempio e alla mia partecipazione in prima linea, molti altri hanno avuto il coraggio di mostrarsi. Ho persino rincontrato Mount Gomery e i pony salvati dal campo di lavoro. Hanno fatto davvero un ottimo lavoro nel rimanere nascosti fino a quel momento.

Finalmente i governi corrotti delle tre nazioni sono stati deposti. A tre giorni di distanza l’uno dall’altro. I responsabili di tante atrocità sono stati arrestati, in attesa di un mio giudizio. Tra di essi c’è Big Mac, Filthy Rich, Lightning Dust, Blueblood, Flim e Flam.

Dovrò fare una bella chiacchierata con tutti loro.

Comunque si respira un’aria completamente nuova. Tutti i pony che ho aiutato mi hanno acclamato come loro salvatrice e sono disposti ad accettarmi come loro nuova Principessa.

Principessa. Suona strano sentirsi definire così da altri. Non riesco a credere di essere arrivata a questo punto. Non solo faccio sorgere il sole e la luna, ma a breve avrò l’intera Equestria da amministrare. E non una Equestria in buone condizioni. E’ stato relativamente facile rimettere in piedi quel poco che era rimasto di Ponycity, ma ora si parla di milioni di pony che alzano lo sguardo e vedono in me l’unica che può sistemare le cose. Malgrado abbia le conoscenze e l’esperienza necessarie grazie a Celestia, Luna, Cadence e alle mie amiche, è un compito così importante e fondamentale per il nostro futuro che mi sento un nodo alla gola al solo pensarci.

Ma ce la posso fare. Ne sono sicura. Perché non sarò sola.

Non sono mai stata sola.

 

21 luglio 2033

 

Oggi, ufficialmente, i rappresentati dei rivoltosi hanno accettato di fondere le nazioni da loro “occupate” nel regno di Equestria, accettando così di fatto la mia sovranità.

Equestria così è tornata finalmente ai confini che aveva vent’anni fa.

E’ un giorno stupendo. Sono certa che Celestia e tutti gli altri staranno sorridendo da lassù.

 

22 luglio 2033

 

Daniel ha finalmente deciso cosa fare. Abbiamo chiacchierato a lungo sulla sua situazione. Abbiamo convenuto che l’Ombra sarà anche stata distrutta nella sua forma fisica, ma nulla ci assicura che sia stata sconfitta in modo permanente. Indebolita forse, ma non sconfitta. Ha ancora dalla sua parte la sua energia principale: le emozioni negative umane. Temo purtroppo che, prima o poi, potrebbe riuscire a ritornare. Ma dalla nostra abbiamo un vantaggio che prima non avevamo: conosciamo il nostro nemico e le sue debolezze.

Sta proprio qui la proposta di Daniel: desidera tornare nel suo mondo e “combattere” l’Ombra nel suo dominio. L’ho subito avvertito che sarebbe tornato vent’anni nel futuro. Gli ho anche fatto presente che incantesimi che riportano nel passato esistono, ma creano sempre una linea temporale alternativa, che non ha alcuna influenza su quella di partenza, cioè la nostra. Quindi, anche mandandolo indietro nel suo tempo, non avrebbe aiutato il nostro.

Ma, anche se ha capito che era impossibile tornare nel passato e correggere al tempo stesso le cose, ha insistito.

“A costo di fare questa battaglia da solo in un mondo che non riconosco più, cercherò finchè campo di combattere l’influenza dell’Ombra a casa mia!”

Queste sono state le sue parole. E ha ragione. Se riesce ad erodere la base del suo potere, allora sì che l’Ombra sarà davvero sconfitta. So che è un compito difficilissimo, quasi impossibile, che incontrerà molta resistenza e che sicuramente avrà bisogno di molto tempo, fatica e un seguito di umani enorme per essere portato a termine.

Perlomeno dovremmo avere cinquecento anni di tempo, se il rituale effettuato da Ipparco continuerà ad avere effetto, prima che l’Ombra ritorni ad Equestria. Quando avrò la situazione maggiormente sotto controllo ne parlerò con Balance e magari lascerò a lei il compito di trovare un modo per bloccare quell’antico rituale.

Nel frattempo ho detto a Daniel di pensarci bene, ma avrà la mia benedizione e tutto l’aiuto necessario se è davvero sicuro di farlo. Lo farei io stessa se non avessi la responsabilità del regno di Equestria sulle mie spalle.

Forse potrei chiedere a qualche pony se è disposto a seguirlo e andare con lui, per aiutarlo in questo compito così difficile.

 

24 luglio 2033

 

Mi sono resa conto appieno di quanto sarà difficile ricostruire Equestria.

Ho ricevuto oggi i bilanci economici e sociali delle tre nazioni ora sotto il mio controllo.

Un disastro. Un totale disastro. Anche se li conoscevo già grazie ai ricordi delle mie amiche, averli davanti agli occhi è … deprimente.

Ricchezze esagerate da una parte, povertà insopportabili dall’altra, città, campi e villaggi devastati dal passaggio della guerra, sperperi enormi di denaro sulle spese militari e sulla propaganda …

Mi sento male. Ci vorrà tutta la mia bravura e molte notti insonni per sistemare questo caos. E temo molte risposte impopolari.

Cominciamo bene …

 

27 luglio 2033

 

Oggi ho ricevuto una visita molto particolare.

Mount Gomery e i sopravvissuti del campo di lavoro sono arrivati a Ponycity, chiedendo asilo per tutti coloro che non avevano più una casa. Da lì gli altri sarebbero partiti per andare a ritrovare le famiglie che li credevano dispersi o morti.

Ho trovato di buon umore l’ex-ufficiale di Terra. Doveva essere stanco di un mondo in perenne guerra. Farò in modo che l’attenda una bella pensione.

Ma la visita a cui mi riferivo è un’altra. Si tratta di quella piccola puledra unicorno che ho incontrato al campo di lavoro. Quella che mi aveva fatto tanta tenerezza e che era rimasta affascinata dalla magia che avevo sprigionato sotto l’effetto dello Spirito Equestre. Ho scoperto che ha sei anni (ne dimostra almeno otto) e che si chiama Sunny Sky. La madre l’ha chiamata così proprio perché sperava in un cambiamento che non arrivava.

Il destino continua a stupirmi con le sue coincidenze fortuite.

Sunny e la madre desiderano venire ad abitare qui. Ho promesso loro che avranno presto una casa.

Ma la richiesta che più mi ha stupito è stata quella della puledrina. Vuole diventare mia apprendista. Quando la incontrai la prima volta aveva espresso il suo desiderio di rivolgersi a Celestia per imparare la magia, ma visto che la mia mentore non c’è più sono rimasta l’unica a cui può rivolgersi.

Non che non desideri accontentarla, tutt’altro, ma ho avuto qualche perplessità visto che ancora non mi ci vedo nei panni di insegnante.

Però è una buona idea. Un’ottima idea. Che potrei ampliare a tutti i piccoli unicorni dotati di talento.

Ancora non so dove fare una scuola per unicorni dotati. Momentaneamente utilizzerò come sede uno degli edifici di Ponycity, ma non è proprio l’ambiente adatto per questo genere di cose.

Devo pensarci a fondo.

 

1 agosto 2033

 

Daniel ha deciso. Se ne andrà. Ha negli occhi una decisione tale che non lo smuoverebbe neanche un uragano. E’ l’amore per Rachel a dargli questa forza, ne sono sicura.

Mi fa davvero piacere vederlo così. E’ molto cambiato rispetto alla prima volta che l’ho conosciuto. Ha smesso di guardarci con supponenza, come se fossimo semplici “cartoni colorati”. Ormai ci considera suoi pari a tutti gli effetti. Sono certa che Rachel da lassù starà sorridendo.

Big Wing e Little Bolt si sono offerti di andare insieme a lui. Dicono che muoiono dalla voglia di vedere il suo mondo e, ovviamente, di aiutarlo come possono nella sua “missione”. Ovviamente ho detto loro che, una volta là, non sarebbero più potuti tornare, e che si sarebbero trovati in un mondo molto diverso dal nostro. Ma hanno insistito: avendo perso la famiglia durante l’attacco dell’Ombra non c’è più nulla che li leghi ad Equestria. Inoltre la missione nelle Distese Selvagge ha risvegliato in loro lo spirito dell’avventura e non vedono l’ora di compierne un’altra.

Hanno chiesto anche a Scrolley di venire con loro, ma lei, al contrario, ha molto che la lega ad Equestria. E’ una dei pochi professori rimasti vivi di Ponycity, e ha molto lavoro da fare per ricostruire l’università. Saranno quindi loro tre che si “sacrificheranno” per questo compito. Si sono presi tre giorni per prepararsi, anche psicologicamente, e poi lancerò loro l’incantesimo per mandarli nel mondo umano in forma umana.

 

4 agosto 2033

 

Dopo una festa d’addio in cui li abbiamo salutati a dovere per l’ultima volta, Daniel, Big Wing e Little Bolt sono partiti. Non faranno mai più ritorno.

Mi sento … strana. Stanca credo, anche se soddisfatta e felice di averli visti così decisi, ma al tempo stesso triste perché so che non li rivedrò più.

Mi mancano già. Molto.

Poco prima di lanciare l’incantesimo mi hanno sorriso tutti e tre. Con quel semplice gesto mi hanno ringraziato per averli salvati. Senza di me sarebbero ancora all’interno dell’Ombra. Dovevano ringraziare Rachel per questo, ma ero la “referente” più vicina per ottenere quel ringraziamento.

Per questo sono sicura che si impegneranno al massimo nella loro missione. Perché sanno cosa si prova ad avere a che fare con l’Ombra.

Ombra. Un nome che non dà neanche lontanamente l’idea della creatura assassina e criminale a cui appartiene.

Spero che quel mostro senza cuore non torni mai più a fare del male.

Giuro solennemente che impegnerò ogni istante della mia vita a fare in modo che venga definitivamente sconfitto.

 

5 agosto 2033

 

Ho deciso: Canterlot deve essere ricostruita. Non importa quanto ci metteremo, ma è sempre stata il simbolo dell’Armonia in Equestria, il luogo dove le Principesse mostravano ai sudditi come comportarsi e insegnavano loro i valori fondamentali del nostro stile di vita.

Sarà un’impresa difficile. Anche con la magia mia, di Balance e dei migliori unicorni e architetti, ci vorrà tempo per ricrearla.

Ma il tempo ormai non è più un lusso. Lo faremo.

Un po’ più complicato sarà trovare i fondi necessari, ma con l’utilizzo massiccio di magia non ne saranno necessari molti.

Così risolverò anche la questione della scuola per gli unicorni dotati.

Nuova Canterlot. Questo è il nome che le darò quando sarà terminata.

Perché tutto di questa Equestria è nuovo.

 

6 agosto 2033

 

Balance se n’è andata all’improvviso, senza dirci niente. Anche se la cosa, per qualche motivo, non mi ha stupito, ne sono rimasta comunque addolorata. Avrei voluto ringraziarla adeguatamente per quello che aveva fatto per noi.

Ho persino pensato di mettermi alla sua ricerca, ma ho subito scartato quest’idea: tra la sua magia e la capacità da mutaforma di trasformarsi in qualunque pony desideri ci metterei un’eternità a trovarla.

Perlomeno ha lasciato un biglietto, in cui c’erano scritte queste parole:

“Me ne torno a casa. Ora che il mio più grande nemico è se non sconfitto almeno dormiente, è tempo di occuparmi del mio popolo, così come tu ti stai occupando del tuo. Mi prenderò anche cura del problema di cui abbiamo parlato, e spero di avere successo. Che ci riesca o meno, mantieni comunque alta la guardia. Sai bene quanto egli può essere subdolo e lungimirante. Ti auguro di esaudire il sogno tuo e della tua mentore. E ti ringrazio per la fiducia. Significa molto per me.

Balance

P.S. Forse un giorno ci rivedremo. E quando arriverà farò in modo di ricambiare cento volte ciò che tu e i tuoi amici avete fatto per me e il mio popolo.”

Ho letto e riletto molte volte questo biglietto che ho ora davanti agli occhi. Questo suo post scriptum aggiunto di fretta mi ha commosso: dimostra che ci tiene a noi.

Si è davvero affezionata alla nostra compagnia. Soprattutto a Daniel e Rachel. Forse è il loro essere umani ad averla convinta a restare così tanto. La sua passione per quella razza è identica a quella di Lyra, se non più forte.

Ma ora che entrambi non ci sono più e che Equestria è in buoni zoccoli e al sicuro, nulla la tratteneva. Anche lei in fondo, come me, ha delle responsabilità verso il suo popolo.

Un peccato. Un vero peccato.

Perché una delle più grandi eroine di questo tempo tormentato era sparita senza ottenere il riconoscimento che le spettava.

 

10 agosto 2033

 

Oggi ho sentito il bisogno di andare nel punto dove abbiamo seppellito Trixie. Non so perché. Ma in fondo le avevo promesso di renderle onore. E nei prossimi giorni farò lo stesso anche con Spike, Shining Armor e Cadence.

La tomba di Trixie è ancora qui per fortuna. Nessuno ha profanato la sua ultima dimora.  In questo momento ti sto scrivendo proprio dalla stessa valle in cui eravamo accampati dopo la vittoria-disfatta di Maresailles. Con la vallata non più occupata da ex-prigionieri, calda malgrado sia già sera inoltrata, lambita da una brezza fresca che passa tra gli alberi, si sta davvero bene. Viene quasi voglia di trasferirsi qui, lontani da tutti i problemi e le responsabilità.

Ma se ho visitato la tomba di Trixie non l’ho fatto per dimenticarmi cosa sono. Malgrado abbia perso quasi tutti gli amici e i parenti, ho un destino da adempiere. Tutti i pony contano su di me. Hanno fiducia in me.

Non posso tradirli in un momento del genere. Devo essere forte.

Ma in fondo, come ti ho già scritto, non sono sola e mai lo sarò.

 

21 luglio 2034

 

E’ già passato un anno da quando ho preso ufficialmente le redini del nuovo regno di Equestria. Il tempo passa velocemente, anche se le cose da fare sono tantissime.

Sono riuscita con non poche difficoltà a dare una sistemata ai bilanci e a emanare un’enormità di leggi per riequilibrare le situazioni disparate delle tre vecchie nazioni. C’è stata un po’ di resistenza da chi aveva tratto giovamento dalla situazione precedente, come mi aspettavo, ma alla fine si sono rassegnati, e la stragrande maggioranza dei pony ha accolto con entusiasmo le mie riforme.

Con una tale popolarità, e grazie ai fondi che sono riuscita a trovare dopo tali riforme, posso finalmente annunciare al mondo l’inizio della costruzione di Nuova Canterlot.

 

30 marzo 2035

 

Mentre i lavori per Nuova Canterlot fervono, Ponycity è cresciuta e ha raggiunto i diecimila abitanti. Praticamente decuplicata nel giro di due anni. Ma rimane comunque una cittadina vivibile, allegra e spensierata, proprio come Ponyville. L’unione delle abilità di Scootaloo, Applebloom, Sweetie Belle, Babs Seed e Sunset Shimmer hanno reso la capitale temporanea di Equestria un piccolo gioiello.

Sono felice. Davvero felice.

Malgrado l’enorme quantità di impegni e di viaggi per ricostruire e risistemare le economie e gli strati sociali devastati di tre nazioni diverse, sono felice.

 

Sunny si sta rivelando davvero brava. Il mio esempio l’ha resa la prima della classe. E ha otto anni. Io ne avevo nove quando ci sono riuscita.

Di questo passo potrebbe diventare davvero la mia studentessa numero uno.

Come lo ero io con Celestia.

 

14 gennaio 2041

 

Siamo a buon punto. Molti mi hanno chiesto una ufficializzazione del mio titolo di Principessa. Vogliono un’incoronazione, in pratica. Così come avevano chiesto i pony di mille anni fa con Celestia e Luna.

Soprattutto Sunny mi ha assillato sulla necessità di questa formalità, ripetendomi fino alla nausea quanto mi starebbe bene una corona sul capo e sui vestiti che avremmo potuto indossare per l’occasione.

I pony adolescenti possono diventare davvero irritanti quando s’impuntano.

Ma ho detto loro, e a lei soprattutto, che finché Nuova Canterlot non sarà completata, non ci sarà nessuna incoronazione.

Ripensandoci, quella potrebbe essere un’occasione ideale per fornire al mondo le linee guida della nuova Equestria. Devo iniziare a pensare sin da subito al discorso da dare.

 

1° luglio 2045

 

Oggi Sunny ha superato gli ultimi test della scuola per unicorni dotati con i massimi voti. Le ho dato la lode per come ha risolto il doppio incantesimo di paralisi. E’ molto sveglia. Merita di essere la mia studentessa numero uno. La faccia che ha fatto la madre quando ha sentito i suoi punteggi era impagabile. Se non è svenuta è stato solo grazie all’abbraccio tempestivo della figlia.

Ammetto di essermi commossa quando le ho consegnato il diploma. Sia per il suo successo, sia perché ho visto me in lei: enormi speranze che vengono esaudite e un futuro tutto nuovo ad attenderla.

E’ diventata una bella giumenta con gli anni. Siamo praticamente cresciute insieme. Infatti anch’io sto aumentando d’altezza con il tempo in una specie di “effetto secondario” della trasformazione in alicorno. Ormai ho raggiunto la grandezza e la forma del corpo che aveva Cadence. Ciò mi fa sentire sempre meno simile agli altri pony e per certi versi più sola, ma, memore delle esperienze di Celestia, sto cercando di reagire a questo cambiamento assumendo un comportamento il più possibile ottimista e gentile verso il prossimo.

Ma sto divagando.

Tornando a Sunny, nella sua continua ricerca del mio esempio ha preso alcuni dei miei vecchi difetti: è paranoica, perfezionista e ha poche amicizie.

Ma queste sono cose che con il tempo si possono facilmente correggere. Io ne sono la dimostrazione vivente.

 

3 settembre 2050

 

E’ fatta. Al tramonto di oggi si sono conclusi i lavori per Nuova Canterlot. Ci sono stati molti ritardi perché non ero soddisfatta di come erano state realizzate alcune parti, quindi abbiamo passato molto tempo a revisionare, modificare, ampliare. Desideravo una città perfetta come capitale di Equestria. Una città che non fosse solo bella, ma anche e soprattutto armoniosa, d’atmosfera, colma d’ispirazione. Il tipo di città dove le menti e i cuori più puri possano esprimersi al meglio e prosperare.

E l’ho ottenuta. Mi perdonino Celestia e Luna se pecco d’orgoglio, ma credo che questa città sia persino migliore dell’originale. Di certo è più adatta ai tempi che corrono.

Redflame è contento. Gli avevo promesso di farlo diventare capitano delle guardie di Nuova Canterlot, quindi si aspetta la nomina da un momento all’altro.

Farò di meglio. Lo nominerò anche Consigliere Personale della Principessa. Se lo merita dopo tutto quello che ha fatto per me e per Equestria.

Sono curiosa di vedere che faccia farà quando glielo comunicherò.

Ad ogni modo ora sono pronta per il grande passo: la mia incoronazione.

So già in quale giorno farla avvenire.

 

26 dicembre 2050

 

Oggi è stato il mio primo giorno effettivo da Principessa di Equestria, Principessa del Crepuscolo, Principessa Twilight Sparkle.

Non ho avuto tempo di scrivere ieri perché la celebrazione dell’incoronazione è stata lunga, sontuosa, enorme e spettacolare. Non si è badato a spese. Mi sento ancora in colpa per aver usato così tanti fondi che sarebbero stati utili per altre cose che reputo più importanti.

Ma molti pony l’hanno desiderata e apprezzata. Dopo tanto tempo di rigore, di fatica e di sole speranze, un po’ di brio era proprio quello che ci voleva.

E’ stata una festa degna di Pinkie Pie. Non ho potuto dedicarla a lei in via ufficiale a causa della sua cattiva immagine, ma nel mio cuore lo è. Sicuramente da lassù l’ha vista. Spero le sia piaciuta.

Strano … mentre ho scritto queste parole mi è sembrato di sentire un suono di trombetta. Eppure lo studio al castello di Nuova Canterlot è insonorizzato …

Forse Pinkie è riuscita a contattarmi e a darmi il suo apprezzamento.

Nel discorso che ho dato ieri ho spiegato ai pony delle tre razze come il 25 dicembre rappresenti per noi tutti un simbolo di grandissima importanza, un simbolo di unione, di armonia, un simbolo che ci lega stretti gli uni agli altri, per tenerci al caldo anche nei momenti più bui e freddi. Che il calore che sentiamo è quello dell’Amicizia, più forte di qualunque astio o problema. Amicizia che se portata nel cuore tutti i giorni ci permette di superare qualunque ostacolo.

Malgrado il freddo invernale, hanno ascoltato tutti con un religioso silenzio. Molti stavano piangendo per la commozione, e altri, ispirati dalle mie parole, si sono abbracciati gli uni agli altri. La diretta televisiva e radiofonica ha fatto ascolti record. Anche la recita della Notte del Riscaldamento dei Cuori ha avuto un enorme successo. Gli attori che ho scelto personalmente per i vari ruoli hanno fatto piangere persino me. In confronto la recita mia e delle mie amiche era da puledre delle elementari.

Ho già dato disposizione che tutti i soldi ricavati tra la festa, la televisione e la radio vengano devoluti ad opere di beneficenza. Ho i rimorsi per aver speso tutti questi soldi per la mia incoronazione, non voglio aggiungerne altri per un guadagno che non mi merito. Malgrado siano passati diciassette anni dalla fondazione della nuova Equestria, ci sono ancora molti problemi, e non è giusto che la mia corona si arricchisca appena posata sulla testa.

In definitiva, malgrado queste mie incertezze, è stata una giornata memorabile. Di quelle giornate che verranno ricordate per molto tempo.

La nuova Equestria ha, per me, inizio oggi.

 

8 maggio 2135

 

Non ci posso credere … sei ancora in buone condizioni malgrado tu abbia più di cento anni!

Ti ricordavo più grande. Ma dimentico che sono io ad essere cresciuta molto dall’ultima volta che ti ho scritto: ormai ho raggiunto l’altezza che aveva Celestia. Eri pensato per una piccola unicorno, non per una alicorno grande e grossa come me.

Sono stata talmente presa dal mio ruolo che ti avevo completamente trascurato in fondo a mille altri fogli e quaderni. E, al diavolo il mio computer, quanto è successo oggi merita di essere scritto qui, caro vecchio diario ingiallito. Non su un freddo foglio stampato.

Perché oggi è stata una giornata che aspettavo da tanto. Una giornata che farà forse la storia.

Preferisco raccontarti ciò che è successo nei dettagli, così che tu possa capire l’entità di ciò che è successo.

 

Vicinanze di Ponycity, poco prima del tramonto dell’8 maggio 2135

 

Le lapidi mi osservavano silenziose mentre le pulivo con un panno per togliere la polvere. Passai bene tra i nomi incisi, in modo da renderli più leggibili. Feci sparire il panno magico appena tolto un accenno di muschio da sopra la parola “La Gentile”.

Avevo smesso di piangere ormai da decenni a fare questo lavoro, ma il nodo in gola per la commozione restava sempre.

«Con oggi sono centodue anni, ragazze.» dissi a voce alta. «Il tempo vola …»

Rinvigorii la magia d’invisibilità delle lapidi, così da farle durare per un altro anno.

Sospirai, rileggendo ad alta voce i loro nomi.

«Come state? Lo so, faccio sempre la solita domanda retorica ogni anno. State bene lassù. Non avete idea di quanto vi invidi.» ridacchiai. «Voi là a saltellare avanti e indietro senza pensieri, mentre io sono bloccata qui a fare in modo che vada tutto per il verso giusto. No, sto scherzando. Vi meritate il posto dove siete ora. E io, per quanto le cose non siano sempre facili, non mi posso lamentare. Non c’è giorno che non capiti qualcosa che mi tiri su di morale. Sarà il senso dell’umorismo che mi hai insegnato tu Pinkie, ma non mi posso proprio lamentare. Proprio oggi le guardie hanno tentato di fermare un pony che voleva a tutti i costi incontrarmi. Quando sono arrivata a capire il perché di tutto questo baccano, ho scoperto che esigeva un risarcimento dalla corona perché, secondo lui, ho fatto sorgere il sole troppo presto e l’ho svegliato malamente.»

Scoppiai a ridere. Nell’eco della mia risata mi sembrò di sentire quelle delle mie amiche.

«Ho … tentato di convincerlo che l’ora in cui ho alzato il sole era quella giusta, ma … hahaha …. Si è messo a spiegare la sua posizione con una voce, una posa e delle argomentazioni così buffe che mi sono piegata dal ridere di fronte a tutte le guardie.»

Ebbi un altro attacco di risate.

«Alla fine … alla fine è riuscito a convincermi a risarcirlo, anche se ha richiesto una somma così ridicola che avrebbe fatto prima a chiedermi i soldi del pranzo.»

Risi ancora per un po’, poi feci dei profondi respiri per riprendermi.

«Ah, ce n’è di pony strani in giro …»

Fissai silenziosamente le lapidi, mentre il sole quasi rosso stava iniziando a scendere oltre l’orizzonte.

«Sapete, forse è il caso che trovi un modo per riabilitarvi. E’ passato un secolo ormai. Non mi sembra giusto che sia l’unica rimasta a rendervi omaggio per quello che siete davvero. Sì, lo ammetto. Sarà difficile convincere milioni di pony che la regina Rarity non era così malvagia come sembrava, ma tenterò, ve lo …»

«Ehm … Twilight?»

«… prometto …»

Mi voltai, vedendo il corpo serpentino e caotico di Discord che si avvicinava.

Lo fissai, scocciata per quell’interruzione.

«Cosa c’è? Lo sai che oggi è …»

«C’è un grosso problema a Nuova Canterlot al parco Unity.» disse, creando con la sua stramba magia una grossa freccia bianca, che indicava un punto preciso della città bianca e slanciata posata sulla montagna alle sue spalle.

«Qualcosa che la polizia non riesce a gestire?» chiesi, sempre più scocciata, alzandomi sui miei zoccoli e controllando il punto che mi aveva indicato. Malgrado non vedessi cosa stesse succedendo di così particolare, mi sembrava di iniziare a percepire qualcosa di strano …

«Neanche io sono riuscito a fare niente, Principessa.» disse lui, incrociando le sue braccia da leone e da aquila. «Credi che ti sarei venuto a disturbare se non fosse importante?»

«Ne saresti capace.» gli dissi, continuando a controllare quel punto. Ci doveva essere della magia potente in ballo.

«Per favore!» disse lui roteando gli occhi. «Non lo farei mai.» tossì. «Quasi mai.»

«Ne riparliamo più tardi, va bene? Andiamo a controllare che succede.»

«Sissignora.» disse lui, mettendosi sull’attenti mentre sul suo corpo appariva un’uniforme da guardia di Equestria.

Scossi la testa e usai il teletrasporto.

La prima cosa che vidi, appena arrivata a destinazione, mi lasciò di stucco. Ero apparsa nel bel mezzo del parco Unity, ma al posto di alberi e fontane vedevo le cose più strane: gelati, barre di cioccolato, giocattoli … persino l’erba aveva assunto un colorito rosa.

Fissai Discord, arrivato poco dopo di me, facendogli una smorfia d’accusa.

Si creò un’aureola sopra la sua testa. «Giuro che non sono stato io.» disse, assumendo l’aria più innocente che riuscisse a fare. «Stavolta.»

Aveva ragione. Non distante da lì, percepivo qualcosa di molto potente. Dietro una torta delle dimensioni di una casa, si riusciva a intravedere una forte luce che riusciva a illuminare l’intero “parco” malgrado la poca luminosità del crepuscolo.

Non c’era più nessuno nel raggio di duecento metri. E i pochi che riuscivo a intravedere stavano scappando in preda al panico, mentre le sirene della polizia si avvicinavano.

«Cos’è?» domandai, superando l’ostacolo.

«Non ci crederai quando la vedrai.» mi disse Discord, ridacchiando per aver fatto rima senza volerlo.

Mi avvicinai con cautela, superando l’ostacolo dell’enorme torta, e restai senza fiato.

Una pony di terra. Una pony di terra puledra. Era sospesa per aria a circa due metri d’altezza, attorniata da una fortissima luce. Il terreno sotto di lei era puntellato di molti tipi di dolci, grandi quanto un piccolo pony.

Gli occhi luminosi della puledra erano senza palpebre.

«Non ci posso credere.» esclamai ad alta voce.

La puledra mi sentì e si voltò verso di me. Dalla sfera di luce che la circondava partì un raggio dorato.

Lo schivai appena in tempo, e dietro di me spuntò un lecca-lecca alto quanto un’albero.

«Mi piace come ragiona!» disse Discord, ridendo mentre abbracciava quel dolce.

«Lascia fare a me! Fai in modo che nessuno si avvicini!» gli ordinai, creando uno scudo magico.

«D’accordo!» esclamò Discord, creando dei pattini alle zampe inferiori e usandoli per allontanarsi più in fretta.

Spalancai le ali e mi avvicinai in volo alla puledra. Altri raggi mi vennero lanciati contro, ma vennero assorbiti facilmente dalla mia protezione. In poco tempo le arrivai accanto. Restai in volo, per non toccare i dolci sottostanti che avevo capito essere pony trasformati.

La puledra aveva un’espressione furiosa. Antiche memorie riaffiorarono in mente.

Scossi la testa e, mentre lo scudo assorbiva l’ennesimo incantesimo, le toccai la spalla con uno dei miei zoccoli.

Percepii immediatamente la stessa energia che risiedeva in me. L’energia che cento anni prima mi aveva trasformata in quella che ero oggi. E quella che si trovava in lei era altrettanto potente e pericolosa. Grazie a quella che possedevo cercai di comunicare con la sua.

Non fu troppo difficile. La mia era domata e alla massima efficienza. La sua era selvaggia, scoordinata e blanda.

Dopo qualche istante riuscii a farla retrocedere e ad annullare tutti gli incantesimi che aveva lanciato.

Uno dopo l’altro gli alberi, le fontane e tutti i pony nei dintorni tornarono normali. Sotto di noi, al posto dei dolci, apparve un piccolo gruppo di puledri spaventati.

Gli occhi della puledra tornarono come prima (di un bel colorito azzurro), l’espressione si addolcì e la luce attorno a lei svanì.

Chiuse gli occhi, sfinita, e senza il supporto della sua magia fu in procinto di cadere in mezzo agli altri puledri, ma la raccolsi in tempo con la telecinesi.

«Ma … ma quella è la Principessa!» disse uno dei puledri appena mi vide atterrare vicino a loro, svettando in altezza nella mia forma secolare da alicorno.

Sorrisi. «Sì, piccolo.» gli dissi, poi mi voltai ad osservare la causa di tutto questo caos.

Doveva avere sì e no tra i cinque e i sette anni. Il manto dorato, la chioma rossa e una particolare macchia arancione a cerchio che le circondava il muso: aggiungendo a quell’aspetto il fianco bianco si otteneva una pony qualunque.

Ma non lo era affatto.

 

«Mi dispiace molto per quello che è successo, Principessa.» mi ripeté rammaricata per l’ennesima volta la sua maestra, una pegaso azzurro dalla chioma lillà con due occhiali molto sottili e lo stesso cutie-mark della vecchia maestra di Ponyville Cherilee, tre fiori sorridenti. Eravamo ai lati del parco, mentre i puledri della sua classe venivano accuditi e controllati da medici e poliziotti. Molti osservavano con terrore la piccola creatrice di quel disastro. La puledra si era svegliata da poco ed era su una barella circondata da pony della polizia di Nuova Canterlot. Aveva un’espressione molto triste che, ero certa, non dipendeva solo dal disastro che aveva combinato.

La maestra dovette alzare la testa per incrociare il mio sguardo. «Veniamo da Birminghoof e stavamo preparandoci per una serata speciale all’osservatorio astronomico. Questa notte ci doveva essere una …»

«… pioggia di meteore che passa una volta ogni trentun’anni circa.»

La maestra arrossì ferocemente. «Mi scusi, è ovvio che lo sapevate. Comunque mentre ci stavamo dirigendo là, c’è stata una discussione molto animata che non ho saputo interrompere e poi … è successo.»

La pegaso iniziò a piangere a dirotto. «E’ tutta colpa mia, avrei dovuto …»

Le sorrisi e le appoggiai uno zoccolo sulla spalla, per calmarla e farla sentire a suo agio.

«Non potevi saperlo, non preoccuparti. In fondo non è successo nulla di irreparabile, solo molto spavento. Capita a tutti di sbagliare. Sono certa che sei un’ottima maestra.»

L’insegnante si tolse gli occhiali e si asciugò le lacrime. Cercò di ricomporsi, più per rispetto nei miei confronti che per altro.

Mentre le davo tempo per sfogarsi, notai che la giovane puledra stava venendo presa in quel momento tra gli zoccoli della madre, mortalmente preoccupata. La giumenta iniziò a parlare con uno degli agenti di polizia per farsi spiegare l’accaduto.

Aveva un aspetto familiare.

«Ah sì.» disse la maestra, tirando su con il naso, notando dove avevo posato lo sguardo. «Non ci crederà, ma la madre è una discendente di Sunny Sky, la sua prima apprendista. Mi ha fatto una testa così sulla sua illustre famiglia quando ha portato sua figlia a scuola insieme al padre per la prima volta. Per fortuna lavora qui a Canterlot ed è riuscita a venire a prenderla. La piccola invece abita con il padre a Birminghoof. Ho sentito che c’è aria di separazione tra loro. E’ anche per questo che la piccola è emotivamente scossa.»

Aveva ragione. La madre aveva la stessa forma del muso e gli stessi occhi di Sunny. Avevo seguito per un breve periodo le vite dei suoi figli, per assicurarmi che stessero bene, e poi avevo perso i contatti.

Quanto mi mancava Sunny.

«Dovrò parlarle il prima possibile.» dissi, cercando di non pensarci. «Come si chiama?»

«Jade Sky. Abita … al numero 6 di Piazza Redflame.»

Bene. Sapevo cosa fare domani. Avrei posticipato tutti gli impegni della giornata.

«E sua figlia?»

 

Caro diario, la risposta che ottenni a quella domanda mi fece capire che il destino ama stupirmi. Che certe coincidenze non sono mai tali. Che ci sono forze che nemmeno io, dall’alto di tutte le mie conoscenze, riesco a comprendere.

Domani partirò per andare a incontrare la piccola Dawn Sky.

 

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