Wild Wolf { Letter from the sky that never read }

di Amitiel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** { The first Howl } ***
Capitolo 2: *** The child of the moon {Blood Pact} Chapter I ***
Capitolo 3: *** And who are you that you look at the moon?! - {the Wild Pack} ***
Capitolo 4: *** { The Lost Hope } ***



Capitolo 1
*** { The first Howl } ***


{You can beat the world
You can beat the war
You can talk to God, go banging on his door}
Hall Of Fame – The script


 
Ed ero seduta ancora li. Su una veranda carbonizzata che ormai cadeva a pezzi. E non c’era più quel profumo di viole e Pino a inebriare i sensi .Non c’era qui il caos continuo di tre giovani lupi che correvano ovunque, ad ogni angolo della casa urlando, litigando e  giocando insieme. Non c’erano più quelle forti braccia sempre pronte a sorreggermi ad ogni mio piccolo passo, quell’uomo la cui saggezza mi aveva reso l’Alpha che sono. Un uomo dal pungo di ferro, doloroso come una testata contro il cemento e delicato come la carezza del vento che all’imbrunire soffiava per il bosco riscaldando l’aria. No Papà non c’era più e con lui  anche la Mamma se ne era andata. L’odore di fumo ancora impregnava l’aria e se si faceva attenzione, se lo si cercava come facevo io, si sentiva ancora dentro quella casa la presenza di tutte quelle anime che vi erano rimaste intrappolate. Prigioniere delle fiamme. Reclinai la testa nel vuoto i capelli come sempre caddero lunghi a coprire i lati del viso e una parte di esso. Sorrisi con malinconia al pensiero di Cora, la mia sorellina . La mia piccola dolce persona.  Fissai la base delle scalette e mi chiesi se fosse ancora li. Quell’incisione  che in assolato pomeriggio estivo io e lei e Derek avevamo inciso. Poggiai i palmi al suolo scivolando acquattata come un predatore che si muove silenzioso  per passare inosservato ai nemici o alla preda. Gattono quasi verso la base della scala su uno dei piroli. La mia mano si allunga tremante sfiora la sua base e la sento prima ancora di leggera. Il mio cuore rallenta e una lacrima scende giù .Stringo con forza le palpebre e prendo un sospiro che muta in un singhiozzo. Trema la mia voce mentre dischiudo le rosee labbra e la leggo ad alta voce .La sussurro al vento stesso come feci anni prima. Molti anni prima, diamine eravamo solo dei bambini. «Insieme per sempre, io sarò il lupo che …» La mia voce tremò, tenni gli occhi chiusi perché la sapevo a memoria. « ululerà nelle notti buie senza luna per ricondurti a casa…Io sarò la tua ombra li dove tu cadrai io sarò pronto a sollevarti di nuovo. Io sono casa, onore, amore, forza. La foresta è il mio regno e questa casa è la nostra oasi sicura. » Presi un profondo respiro e piansi,le ginocchia cedettero e le mani affondarono nel fango. Piansi e ringhiai con forza appena le mie dita sfiorarono il loro nome. I nostri nomi. * Laura .. Derek … Cora. Questa era casa nostra. Era la nostra Oasi sicura. Li dove correvamo dopo una giornata di scuola stressante passata a fingere di essere semplicemente umani. Passata a combattere contro i primi amori,le prima delusioni e gli sguardi curiosi di chi pensava che a volte fossimo strani perché preferivamo starcene in gruppo noi Hale a pranzo.  Insieme in quell’unica ora dove cercavamo l’uno il conforto dell’altro, il tocco di una mano calda che ogni volta acquietava i nostri cuori. Li dove ridere era sempre cosi facile e con un sospiro buttavamo via ogni tensione. Questo posto era come un santuario ora di macerie e rovine arse che cadeva a pezzi e io ero al suolo tremante perché non ero li. Io non ero li quando la mia casa , la mia oasi, era stata attaccata per colpa della follia degli Argent. Le mani scivolarono sporche di fango nei capelli macchiandoli e portando con se foglie secche. Strinsi la testa con forza. Io non piangevo mai , ma non potevo … non riuscivo a smettere. Perché io non avevo più una famiglia. Io non avevo lottato per loro  ero con Steve quella sera e avevo litigato con papà perché non lo vedeva di buon occhio. Quel druido non gli era mai andato a genio ma era il mio migliore amico,lo era da sempre. Eravamo cresciuti insieme ed era come uno di famiglia. Io e Cora passavamo molto tempo con lui in giro a cercare erbe, o al cinema e al pub. Ero corsa da lui distrutta dal litigio ed ero rimasta li a dormire. Mentre la mia famiglia bruciava io sognavo di essere a casa. Di fare la pace con papà.Me lo ero ripetuta tutta la notte “Domani torno a casa e sarà tutto come prima.” Che stupida. Che idiota! Quella notte il mio telefono suonò era lo sceriffo la mia famiglia era morta nell’incendio della villa. E lo ricordo come ieri corsi fino a perdere le forze alle gambe.Corsi urlando Steve dovette prendere l’auto non poteva competere con me. Corsi fino a casa e caddi al suolo  mentre le fiamme si alzavano nel cielo e disegnavano ella mia mente un ghigno di scheletro che portava la firma degli Argent. Urlai fino a consumarmi i polmoni .Corsi verso le fiamme e John  mi si parò d’avanti ma nessuno di loro poteva fermarmi fu Steve a usare senza farsi vedere la sua magia e a far si che le mie gambe cedessero. Loro non li sentivano ma io si. Oddio io sentivo i loro cuori battere fino all'ultimo rintocco e urlai che erano vivi fino a finirmi la voce fino a sentire il cuore di mia madre  spegnersi e io mi spensi con lei. Rimasi immobile e tremante al suolo con gli occhi rivolti alla casa. Le fiamme si specchiavano dentro di loro. Perché nella mia testa stavo ancora urlando. Nella mia testa io bruciavo con loro. Sentivo il fuoco sulla pelle e tremavo sotto gli spasmi dei muscoli bloccati dalla magia,tesi cosi tanto che da li a poco avevo rischiato si spezzassero. Fissavo la casa in fiamme e il mio unico pensiero fu “ Li distruggerò tutti.” E dopo averlo fatto anche io avrei raggiunto la mamma, Derek , Cora e papà. E quando sarebbe successo mi sarei gettata tra le braccia di papà come accadeva sempre dopo uno dei nostri litigi e gli avrei solo detto “Scusa la tua piccola ottusa Lupachiotta. Ti voglio bene papà…”.
Dischiusi le labbra e inspirai a fondo l’aria fredda che come una fiamma incendiò i polmoni. Lasciai cadere id botto le braccia sulle gambe. Ero in ginocchio nel fango e fissavo quella piccola promessa fatta da giovani lupi che non poteva immaginare che un giorno non avrebbero potuto mantenerla.  Chiusi gli occhi e reclinai il viso all'indietro lasciandomi andare al ricordo del mio primo ululato. Sotto quel portico mio padre mi guardava ancora con orgoglio. Non chiedetemi come fosse possibile ma io lo sentivo .La sua forza trasudava dal legno marcio, nell’aria che respiravo.  Dentro il mio petto perché come diceva sempre la mamma io ero diversa da Derek e Cora. Loro somigliavano a lei io no .Io ero figlia di mio padre. Dura come l’acciaio e le rocce di una montagna. Autoritaria e metodica. Fredda come il ghiaccio della Siberia. Impassibile e inamovibile. Coraggiosa e intelligente. Io sapevo usare la parole e la forza con equità. Eppure ricordo ancora quando mi descriveva le mie qualità .Ricordo gli occhi di mamma …L’orgoglio che vi leggevo  mi rendeva  piena di me e determinata. Perché per lei …io avrei  fatto di tutto.Per mia madre io sarei anche morta. Ma lo avrei fatto per i miei fratelli e anche per mio padre. Perché la famiglia è sacrificio. La famiglia è dolore e amore.E’ equilibrio.

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Capitolo 2
*** The child of the moon {Blood Pact} Chapter I ***


sul sentiero del lupo
tra le scure foreste,
nelle notti di luna brillanti,
nel religioso silenzio di selvaggie creature,
il mio spirito sembra perdersi,
sensazioni primordiali tutt'intorno,
negli occhi del lupo c'è la verità.
Egli osserva me nel silenzio della notte.

Daniela Cesta



 







 

{Drops of Past}

 
Ferma. Immobile dentro quell’auto che sfrecciava ad alta velocità sull’autostrada. Steven mi aveva caricato dopo gli interrogatori e mi aveva portato via da Beacon Hill. Lo stava facendo ma io mi sentivo vuota … priva di ogni sentimento che non fosse  connesso al vuoto o alla rabbia.  E sei consapevole che quel tipo di rabbia non puoi cancellarlo ne metterlo a dormire.  Ti si attacca alla pelle come un Virus letale.
Si insinua nel sangue peggio del cancro e va a corrode ogni cosa buona di te. Che sia il tuo carattere o che sia il tuo modo di vivere. Mi ero abbandonata  sul sedile, avevo portato le mie ginocchia contro il petto poggiando la suola delle converse sopra il sedile in pelle nera. Mi ero circondata in un abbraccio fittizio con le mie stesse braccia. Pallida e con gli occhi serrata coprivo il mio viso celandolo dietro la folta chioma ramata. Celavo le lacrime che ormai scorrevano lente sulle guancie rigandole e bagnandole. Gli davo le spalle eppure sentivo ancora il suo sguardo su di me. Sulla mia schiena incurvata e tremante. Avevo assunto una posizione fetale come se ciò potesse servirmi. Come fosse una protezione più che sufficiente per quello che mi stava accadendo.  Perché fuori potevo anche rimanere immobile e scossa da tremiti leggeri a intervalli regolari  ma dentro ero uno specchio frammentato. Una persona vuota che desiderava morire. Raggiungere le persone che amava. Volevo tornare a casa … Magari era tutto un incubo se mi fossi addormentata al mio risveglio mi sarei ritrovata scossa e sudata con il cuore in gola dentro il mio letto. Sarei scesa correndo e  sarei corsa dalla mia mamma ad abbracciarla. Mi sarei stretta a sorridendo come un ebete con gli occhi lucidi e avrei inspirato il suo profumo tranquillizzandomi.
Ma l’altra parte di me quella selvatica e più profonda , legata alla natura primordiale di tutte le cose mi ringhiava contro. Ululava vendetta. La esigeva. Voleva sporcarsi la bocca con il sangue degli Argent. Voleva commemorare la memoria dei caduti, far si che riposassero in pace bagnando le loro tombe con il sangue degli assassini.
La lupa si dimenava dentro il mio costato. Esigeva di uscire, si imponeva nei battiti cardiaci e dilaniava la mia pelle da dentro con i suoi artigli. Sentivo il calore del mio corpo crescere, aumentare d’intensità. Come una febbre  letale che infiammava troncando il respiro. Stavo soffocando e non potevo evitarlo. Il ringhio mi moriva in gola trattenuto da corde vocali troppo incline ed arrendevoli verso di lui per poterlo bloccare. Un brontolio cupo che nasceva dal petto.
«Laura?!Laura andiamo resisti. Non manca molto ok?Non trasformarti ora. Non cedere all’istinto se lo fai non tornerai più in dietro perché da Lupa smetterai di provare dolore. Lo sai che in quella forma le sfumature delle emozioni non esistono. Esiste il cibo e la rabbia.»
La sua voce calda e avvolgente non mi aiutava più. Non lo sentivo bene, era distorto come se fosse lontanissimo.  Ma sapevo bene cosa stava dicendo solo che non me ne importava nulla.
«Io non voglio provare più nulla!Voglio la mia famiglia Steve.Voglio dilaniare la gola di quel vecchio bastardo mentre grida e chiede una pietà che non gli sarà MAI concessa!» Mi rannicchiai di più perché la mia voce ora tremava, come ilo mio corpo. Mi stavo trasformando in Lupa.
Quel dono,quell’abilità rara che non tutti i lupi avevano io l’avevo ereditata dalla mamma.
«Non ti lascerò fare idiozie Laura!Non ti lascerò MAI scegliere la via più facile. Andiamo cazzo sei o no una Hale?Al tuo posto pensi che tua madre o tuo padre si sarebbero  lasciati andare alla commiserazione personale?o avrebbero reagito?»
«Sta zitto pezzo d’idiota!Ma cosa ne vuoi sapere tu?Li ha uccisi tutti .Non c’è più nessuno! Merita la morte anche lui … merita di perdere ogni cosa che ama e a cui tiene!»
Nella mia voce c’era veleno non lo guardavo ma già sapevo che lui invece stava guardando me. E sentivo la rabbia ribollire come lava sotto il terreno,sotto la mia pelle. Pronta ad eruttare. A riversarsi fuori e distruggere ogni cosa. Annegandomi nella sua impetuosità.
«Si ma tu ora non sei in grado di affrontarlo! Lo so io e lo sai tu. Dannazione Laura se ti  trasformi resterai tale non è vero?Non è vero?»
Strinsi di più gli occhi e portai le mani giù munite di artigli a coprirmi le orecchie .Mi stavo trasformando nella sua auto e sarebbe stata la cosa più sbagliata. Lo sapevo ma non volevo evitarlo.
«E’ l’unico modo che ho per distruggerlo! Perché cosi non c’è la faccio … fa male …»
Senti la sua mano che sfiorava i miei capelli e rapida mi  afferrava per il collo .Dita forti che mi stringevano trascinandomi verso di lui. Nel suo abbraccio. L’unico profumo che aveva ancor al’abilità di mettermi a cuccia. Ironicamente parlando. Se mi fossi trasformata tra le sue braccia lo avrei dilaniato lo sapevo io. Lo sapeva lui.
«Sei pazzo!Fammi scendete Steve..FAMMI SCENDERE!» Ringhiai verso di lui ottenendo in cambio una stretta più ferrea in torno al collo.
«NO!Non importa quanto tu opponga resistenza. Non costringermi ad usare lo strozza lupo Laura! Guardami..GUARDAMI!»
E lo feci alzai gli occhi di scatto e lui fu inglobato interamente nelle mie iridi azzurre che mutavano scemando in un oro intenso,liquido e profondo. La belva lo guardava in attesa che le sue labbra pronunciassero quelle parole  di cui avevamo bisogno. Era la nostra Guida ora. Solo lui cosa sarebbe accaduto se lo avessimo ferito?
«Se ti trasformi ora mi ucciderai!Se ti trasformi ora dimenticherai chi sei, la tua famiglia. Vuoi forse dimenticare tua madre e tuo padre?Cora ?Derek?Vuoi d’avvero dimenticarli tutti??» L’auto si era fermata e i sensi non lo avevano captato. Lo fissavo e ripensai al sorriso della mamma, gli abbracci di papà. Ripensai a Cora in camera mia al suo primo giorno di scuola e io che gli acconciavo i capelli e lo consideravo un grande onore che mi riempiva di gioia perché di solito li portava sempre sciolti e guai a chi glieli toccava. Quel giorno il nostro legame divenne più profondo e non la vidi più come la sorellina rompiscatole  che rompeva i miei giochi  ma come“la mia persona”. Qualcuno da proteggere, custodire e aiutare nelle difficoltà di ogni giorno e presi a portarla sempre con me quando potevo. E rividi Derek nella memoria, mi ricordai che quando ancora era nel grembo della mamma io fissavo in continuazione il suo pancione e volevo sempre stare attaccata con l’orecchio per sentirlo scalciare. Mi ricordo che  fremevo ogni giorno di più perché io volevo vedere il volto del mio fratellino. Volevo conoscerlo e quando  mamma tornò dall’ospedale con quel fagotto fu per me l’amore. Quello a prima vista. Quello che provi per un fratello e sai già che tra morsi,graffi e urla lui ci sarebbe sempre stato. L’ometto di casa. Il mio migliore amico. L’unica persona tra tante altre che mi avrebbe conosciuta meglio di me stessa giorno dopo giorno. La mente iniziò a correre nei ricordi,la lupa scattava da un flash all’altro.  Si soffermò su uno in particolare eravamo entrambi seduti sul portico lui era devastato dalla perdita di Paige e i suoi occhi erano di un blu intenso. Eppure mamma aveva ragione era bellissimo lo stesso,non c’era differenza. Lui aveva ucciso un innocente solo per risparmiargli una morte dolorosa .Lo aveva fatto per amore. Aveva perso la sua ragazza e rimaneva ancora in piedi perché noi gli avremmo sempre impedito di cadere. Di arrendersi,ma in verità da quel punto di vista lui era il più forte di noi. Teneva tutto dentro e  ne faceva la sua forza. Era cosi determinato il mio fratellino… Aveva lo sguardo perso tra gli alberi e l’orizzonte, fissava il vuoto e fischiettava la canzone che Paige suonava sempre con il violoncello.Io ero uscita in veranda sentendolo e mi ero seduta in silenzio vicino a lui appoggiando la testa sulla sua spalla l’avevo abbracciato in silenzio. “Non piangere, lei non lo vorrebbe lo sai no?”Smise di fischiettare guardandomi con gli occhi lucidi e lo attirai  verso il mio petto abbracciandolo. Stringendolo con forza a me  gli celai i miei occhi lucidi. Perché la sua perdita, il suo dolore erano anche i miei. Era sempre stato cosi, ma mai una volta che glielo rivelassi. Mai. Io dovevo dimostrare di essere quella fredda e distaccata da tutto. Quella che un giorno in caso di necessità si sarebbe presa cura di loro. Cosa ora mai impossibile. Lo strinsi come quando da bambini  i temporali ci spaventavano e ci rifugiavamo sotto le coperte vicini lui aggrappato a una torcia inutile io che gli raccontavo storie assurde per distrarci. E rimanemmo cosi per un po’ prima che  Cora arrivasse e si unisse a noi  iniziando a  trascinare Derek perché voleva aiuto con i compiti. Una stretta al cuore mi tolse il fiato. Dio …. loro non c’erano più e i loro visi erano la mia unica salvezza. Loro erano la mia Ancora. E ringhiai dimenandomi graffiai Steven che mi tenne salda. Il suo cuore accelerò di botto e fu quello a placarmi. La sua paura frenò l’eccesso della mia ira, ma non placò il dolore. Nessuno lo avrebbe placato mai. E rimasi immobile tremando tra le sue braccia mentre cadevo in un sonno tormentato e lui riprendeva a guidare con un battito che si stava calmando. Soddisfatto di avermi impedito il peggio. Di dimenticare chi ero. Il mio lato umano. 




 





 







 

 

 

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Capitolo 3
*** And who are you that you look at the moon?! - {the Wild Pack} ***




 

Nella sua foresta
il tempo è sospeso
e il frastuono del silenzio
rimbomba nel petto.
Lontano,
distante
da tutto
e da tutti;
il mondo è troppo folle
per un lupo solitario.
Il freddo della notte
non lo colpisce
ma il bagliore della luna
lo ferisce.

"Lupo Solitario" - 


 

Chapter II







Quando riapri gli occhi non eravamo più in autostrada. La Jeep era parcheggiata d’avanti a una caffetteria dall'insegna verde con un folletto  sorridente. Richiusi gli occhi l’abitacolo era freddo Steven doveva essere sceso da un po’, aveva sicuramente guidato tutta la notte senza fermarsi mai … Chissà dove stavamo andando. Dove voleva portarmi?Nessun posto sarebbe mai stato abbastanza distante e ne avrebbe avuto il potere di togliermi la memoria. Ripensai alle sue parole. Era quel dolore che manteneva vivido il ricordo della mia famiglia. E non sapevo nemmeno quante altre persone del branco erano morte dentro la villa. Stilinski si era rifiutato di dirmelo. Diceva che non avevano ancora tratto le somme, non c’erano elenchi disponibili e dunque non si sapeva chi potesse essere perito nelle fiamme oppure no. E mi ritrovai a pensare a mio zio. Peter Hale. Mi chiesi se anche lui fosse rimasto coinvolto nell'incendio oppure no.  Chiusi gli occhi con forza respirando a fondo sbuffai aria dalle narici insieme a un brontolio cupo che rivelava quanto fosse frustata la bestia. Quanto fossi frustata io. Mi ritrovai a pensare alle prime notti di luna piena, alla voce di mio padre che ripeteva sempre. “Non combatterla. Non è una minaccia Laura . Sei tu! Non puoi e ne devi combattere contro te stessa. Devi accettarla!Quando lo farai … quando l’abbraccerai, solo allora sarete una cosa sola. Quel giorno sarai una vera Lupa!” Ma ancora non mi accettavo del tutto. Ero un adolescente che stava per  superare la soia della maggiore età. Potevo emanciparmi e non sapevo però accettare un lato animale che dormiva dentro di me come un feto in attesa che io mi accorgessi della sua esistenza. Che lo rendessi reale con quel pensiero e lo accettassi. Avrei voluto che mio padre fosse li per darmi un consiglio ma sapevo che da ora in  poi me la sarei dovuta cavare da sola. Lui e mamma non c'erano più e io dovevo finire di crescere da sola. Mi sentivo dispersa, distorta come la mia immagine sul vetro della Jeep scura di Steven colpito da gocce di pioggia enormi come una pallina da ping pong. Una figura se ne stava immobile dall'altra parte del marciapiede sotto quel diluvio universale. Perché non cercava un riparo?Era da idioti anche per noi lupi stare allo scoperto con un tempo simile seppur il nostro organismo ci impediva di avere malattie gravi tutta quell'acqua era fastidiosa. Sbattei le palpebre per mettere a fuoco quell'anima solitaria e stupida. Ripetei quel gesto fino a quando un bagliore attiro il mio sguardo due occhi che avevano il colore del sangue. Il rosso riemergeva dalle tenebre fino a diventare liquido e a richiamare l'oro delle mie iridi. Sentivo i brividi sulla pelle chiunque fosse mi stava chiamando a se. Chiunque fosse era  pericoloso. Un  Alpha che tentava di controllarmi invece di chiedere. Rabbrividì e cercai di rimpicciolirmi nel sedile, sentivo la testa esplodere e il cuore battere all'impazzata. Cosa voleva da me?Più potere aggiungendomi nel suo branco? Uccidermi perché avevo sconfinato? Di slancio con un movimento fluido mi incurvai in avanti e chiusi a chiave l'auto.Che gesto stupido,dettato dal timore, dalla solitudine. Dal fatto stesso che nessun branco mi avrebbe protetto, io ora ero sola. E conoscevo i pericoli che mi aspettavano come Omega. Non avrei concesso a nessuno di sottomettermi e farmi del male. Non avrei concesso mai a nessuno di ergersi a di sopra di me. Io non ero una qualunque  ero una guerriera che apparteneva a un branco estinto e che aveva una storia consistente basata su generazioni e generazioni di lupi e lupe Alpha e non. «Vattene via! » Sussurrai tra i denti. Chiusi gli occhi e mi attappai le orecchie come se servisse. Cosa inutile, potevo sentire quel richiamo che mi attirava fuori come l'alito caldo di un amante ti attira nel suo letto in una gelida notte d'inverno. « VATTENE VIA! » Spalancai le labbra rosee e gridai con tutto il fiato che avevo in gola. Un urlo che si fuse al ringhio della bestia che emergeva nei miei occhi d'oro liquido e lo fissava sfidandolo. Al di la di un vetro che non mi avrebbe mai salvato la vita. Occhi negli occhi, oro fuso in lacrime scarlatte come il sangue delle sue vittime. In lui non c’era ne luce e ne bontà. C’era solo qualcosa che mi incuteva un timore profondo. E quando il suo richiamo per me fu velenoso e io lo schifai non ubbidendogli lui alzò una mano.
Nel vuoto dondolava una catenina in ferro bianco alla cui estremità dondolava un anello su cui era inciso un nodo celtico. Due nomi in una lingue antica d’altre terre si fondevano in curve armoniose e nella mente lui comparve .Rapido assali i miei pensieri. Il ricordo di Steven sotto la grande quercia al di sopra del rifugio sotterraneo .Stringeva in mano quell’anello dicendo che era l’ultima cosa che aveva dei suoi genitori. L’ultimo legame con i Druidi caduti per mano di un Alpha succube e avido. Quel giorno mi disse che niente al mondo avrebbe mai potuto separarlo da quel cimelio che per lui  era estremamente prezioso. Ora quell’anello, quel ciondolo, pendeva nel vuoto . In mano a un Alpha sconosciuto che ringhiava contro di me con l’unico desiderio di sottomettermi. E tra le sue dita macchiate di sangue lui stringeva l’unica cosa cara che mi era rimasta in questa vita. La vita di Steven. Colpi con forza lo sportello dell’auto che si piegò al mio volere e alla mia forza. SI aprì di botto  dopo il mio calcio e con lentezza degna del predatore scesi fissando il suolo .L’acqua cadde dal cielo sopra di me. Scivolo sul viso come solchi profondi, lacrime d’un anima che ruggiva sotto il chiaroscuro di un cielo tuonante. Alzai gli occhi lentamente e lo fissai con la rabbia della bestia che si affacciava premendo sul costato e squarciandomi dall’interno io ringhiai al cielo la mia rabbia. E fui in quell’attimo rabbia, tempesta , essere distruttivo per me stessa e per chi ancora credeva che in me dopo la morte della mia famiglia ci fosse ancora speranza … ancora umanità. Ma non c’ero più io, gridavo oltre gli occhi d’oro della bestia, del sicario di Odino sceso tra gli uomini per proclamarne il potere indiscusso. Ero la bestia in bilico sul baratro che si ergeva tra gli uomini bramando il sangue del nemico che presto o tardi sarebbe caduto sotto di me. Mi mossi lentamente verso di lui .Passi lenti verso una follia deleteria per la mia mente e la mia anima. E fu un salto nel vuoto. Il rumore di ossa che si frantumano  scosse quello della pioggia, la pelle si dilaniava come fosse fatta di carta. E ci fu solo un corpo che si inarcava a una pallida luna che dall’universo ci fissava con un giocondo sorriso di madre. E mi contrassi fino ad abbandonare, dilaniare i miei stessi vestiti .Perchè non sentivo più freddo. E al mio posto ci fu solo la Lupa splendida creatura dal manto blu notte  con  un piccolo  spruzzo ramato sulla  coda. Il segno che mi distingueva da mia madre. Un tuono squarciò il cielo e  le zanne completarono il mutamento. Non c’era più una ragazzina smarrita ormai donna d’avanti all’alfa ma una splendida lupa in forma totalmente animale, rara nel suo genere, che lo fissava con occhi d’oro e tempesta che gli promettevano morte e atroci sofferenze. Scattai verso di lui, i tendini delle zampe si tirarono quando abbassai il busto quasi a raso suolo e compii un  rapido balzo verso di lui. Muscoli guizzante sotto  il pelo. Corsi contro di lui come se quello per me fosse l’ultimo giorno su questa terra. Perché anche Steven doveva essere caduto sotto di loro. Sotto il colpo del branco locale … (?) Inspirai aria nei polmoni fredda contro la lingua. Balzai contro di lui e tutto quello che ricevetti fu un colpo dato con forza contro il mio fianco. Sbattei violentemente contro il muro e un suono di dolore misto a un ringhio usci dalle mie labbra. Lui si ergeva su di me, il suo viso vicino al mio muso . Il suo alito sapeva di sangue e tabacco. « E mandarono una bambina a fare il lavoro di un adulto! » Ringhiai verso di lui non capendo a piena cosa stava dicendo. « Eppure è un peccato ucciderti. Ascoltami bene … tu da oggi mi appartieni. E quando non avrò più bisogno di te ti spedirò dal tuo amichetto … che per tua informazione ha gridato il tuo nome fino a quando non gli ho strappato il cuore con  la mia mano. » Il mio ringhio  di rabbia e dolore scaturì tra le fauci che azzannarono l’aria nel tentativo di morderlo. Ottenni solo una risata di scherno mentre il suo piede  premeva sulla mia gola togliendomi il fiato.  E una lacrima scese sul mio manto .Il suo piede colpì il mio stomaco  togliendomi il fiato e la luce negli occhi. Sentii il mio corpo allungarsi e il muso lasciare spazio al mio viso prima che l’oscurità divenne dominante.

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Capitolo 4
*** { The Lost Hope } ***


Anima pura come un’alba pura,
 anima triste per i suoi destini,
 anima prigioniera nei confini
come una bara nella sepoltura.
Sergio Corazzini, Invito, 1905



Chapter III


Un battito. Un solo battito che si fonde con  il rumore secco che si propaga nel vuoto. Il rumore sordo di una lacrima che scivola dal viso verso il terreno.  Le ciglia fremono sospese nel vuoto su palpebre chiuse con forza per tenere fuori la luce che ci ferisce. Ferisce me e la mia bestia. I muscoli si tendono in una contrazione rapida. Il dolore  scuote il corpo come se avesse subito soprusi per lungo tempo, calci e percosse. Attimi di Flash back che  riportano alla mente le ore passate dentro quella stanza in semi oscurità dall’aria  intrisa di diversi odori. Sembra di stare in un orinatoio abbandonato da secoli.  C’è odore di sangue, morte e urina. C’è l’odore tipico che alcune celle acquisiscono dopo un alto tasso  di prigionieri o ospiti. Lui aveva detto che io li ero un ospite. Si un ospite con catene ai polsi e alle caviglie. Immobilizzata nella postura rannicchiata e sottomessa di un Omega. Non era quello che ero adesso(?) Un Omega destinato a soccombere agli altri branchi. Un tempo avrei combattuto, avrei fatto di tutto, morso,scalciato urlato per giunta fino a rimanere senza voce. Ma adesso(?) Adesso non ne avevo la forza. Guardami papà, tua figlia cade in ginocchio d’avanti al suo nemico. Priva di forze e di volontà perché ha perso la sua ultima goccia di speranza. Steven era andato,morto, il suo cuore … il suo corpo .Tutto di lui ora non era che cibo per gli avvoltoi. E su un freddo pavimento umido e appiccicoso a causa del mio sangue ormai coagulato e secco  fissavo il soffitto con la morte negli occhi. Fissavo lo squarcio di una pallida luna che  si intravedeva dall’unica finestra a forma di botola sul soffitto.
Non era mai stata più bella di coi. Dicono che un condannato a morte riesce a vedere la vera bellezza delle cose. Bellezza che gli sfuggiva quando era ancora un uomo libero essendo troppo assorto nel caos della propria vita.
Anche quella luce nel suo candore pallido era letale per i miei occhi. Indeboliti dallo strozza lupo usato come droga e mezzo di tortura, ogni colore sfumava e diventava accecante. Stordita, confusa, persa … Vuota. Respirai a fondo ma usci un singulto dalle mie labbra spaccate in diversi punti, gonfie perché guarivo lentamente . Quelle erano le ferite inflette da un Alpha, più profonde e più letali.
« Perché non combatti? » Una voce squarcio il mio silenzio. Quel suono mascolino,profondo e caldo, strafottente e tanto amato. Quel suono che echeggiava nella mente come una figura in ombra seduta nell’angolo più remoto di questa stanza.
«Perché non ne ho più la forza …. »
«Bugiarda … » Scossi la testa. Non ero una bugiarda. Io ero stanca di combattere. Non volevo morire ma non volevo nemmeno esistere li dove lui non c’era. Dove la mia famiglia era cenere.
« Sono stanca … Tanto stanca Derek ….»
« Combatti Laura!»
« No,non c’è la faccio più …. Non …»
« Non … ?» La sua domanda sembrava un ringhio a metà tra il dolore e la rabbia. Lontano eppure cosi vicino. Mi fissavano i suoi occhi azzurri, cosi belli e straordinari tra le ombre della stanza.
« Non ha senso combattere ...Non ha più senso. Sono sola ora mai... stanca … troppo stanca … » Ed ogni parola era un dolore al petto. Un dolore cosi forte che non avrei mai pensato potesse esistere. Un dolore che mi toglieva il fiato e non mi muovevo cosi da evitare di peggiorarlo.
« Tu non sei sola. Alzati Laura, cosa diavolo ci fai li al suolo?Dov’è mia sorella?Dov’è la Lupa sempre pronta a tirare fuori le zanne e a imporsi? Guardami Laura….Guardami…Non sei sola io sono qui….Sono qui…»
E sbattei le palpebre più di una volta, le lacrime scesero ai lati del viso rivolto al cielo. Girai lentamente la testa per guardarlo. Era li immobile. Con quel sorriso strafottente sul suo viso da ragazzino impertinente. Indossava il solito paio di jeans, le converse nere che mamma odiava visto  che lui le aveva consumate tutte giocando a basket. La camicia a scacchi sopra quella t-shirt sempre scura. Il suo viso non era deturpato dalle fiamme, bello e spettrale come il suo sguardo che aveva dentro di se il colore iridescente dei fuochi fatui. 
Il mio fratellino mi guardava come se fosse ancora li. Tra i vivi e il mio cuore si contrasse in una morsa di affetto,amore,e dolore.  Mossi una mano lentamente verso di lui.Distesi a fatica le dita gemendo di dolore, e osservando il mio braccio mi accorsi che avevo qualcosa di rotto, alcune dita cadevano in un angolazione sbagliata.  Emisi un ringhio basso e frustato perché non riuscivo a toccarlo. Era lontano da me, e non accennava ad avvicinarsi.
« Sei troppo lontano Derek... Io non riesco a toccarti.  Ti prego…Ti prego portami con te!Voglio tornare a casa..A casa!»
Lo supplicai nel silenzio con voce ferma , più della mano, e il dolore attraversava le articolazioni  donando spasmi nuovi al mio corpo che si contraeva nel tentativo di  arrivare a lui strisciando. Mi fissava con quegli occhi pieni di una profonda malinconia. Di un dolore gemello del mio.
 «Non posso  Laura. Tu non puoi venire con me. Hai cosi tante cose da fare. Mi manchi sorellona … Manchi a tutti. Ma non è ancora tempo di tornare a casa … Corri Laura. Combatti e mostragli chi sono gli Hale.»
Scossi la testa con forza. E gridai nella notte squarciandone la quieta immergendola nel mio dolore fisico. Sussultò il corpo inerme e la bestia dentro di me rimaneva in silenzio. Immobile. Senza forza, priva della sua natura selvaggia e combattiva.  
« E’ anche lui non c’è più. Perché!? » Gridai ringhiando i miei incisivi si allungarono e la dentatura cambio in un attimo di breve durata avevo di nuovo il volto della bestia che urlava il suo dolore , la sua rabbia, al mondo.
« Laura? » La voce di mio fratello,cosi triste e spaventata. Cosi etera  placò quella rabbia facendo si che al suo posto nascesse il timore. Sembrava soffrire e i miei occhi tornarono nei suoi.
« Derek?» Sussurrai con la mano protesa ancora verso di lui.
E mio fratello inclinò il viso poggiando i palmi al suolo si acquatto come un cucciolo di lupo avanzando verso di me. Felpato nei movimenti si avvicinò alla mia mano. E sfiorai il suo viso, sembrava cosi reale, cosi vivo. Strusciai le dita sulla sua guancia macchiandola di sangue mentre i suoi occhi tornavano umani e fissavano i miei , gemelli del suo stesso azzurro verde. Avevamo solo pochi anni di differenza, quasi da dire che eravamo due gemelli. L’uomo l’altra metà dell’altro. E quando eravamo insieme il mondo perdeva quell’aura spaventosa che aleggiava per quelli come noi. I nati diversi, I mostri, I braccati, i caduti, i guerrieri.  Lui era il mio personale equilibrio l’unico che quando le giornate sembrava schifose riusciva prima a farmi irritare e poi a far sorgere di nuovo il sole. Sbattei le lunghe ciglia, e alcune lacrime rimasero impigliate. Perle di luna che non volevano cadere.  « Fa freddo. Fa troppo freddo qui...Laura dove sei?» E lo guardai e ringhiando per il dolore mi misi a sedere,strizzai gli occhi e puntai il gomito al suolo ,girando il busto,il viso, il corpo verso di lui.
« Sono qui..Sono qui Derek.» Ed allargai le braccia attirandolo verso di me lo strinsi con forza al petto. « Stai … Stai gelando! Perché?»
Domandai accarezzandogli i capelli,macchiando i suoi abiti con il mio sangue.
« No Laura tu non sei qui. Tu mi hai abbandonato. Te ne sei andata e mi hai lasciato qui a seppellirli tutti.»
Tremai d’avanti a quelle parole e lo guardai con il viso incrostato di sangue. Derek sollevo una mano scostando i miei capelli castano ramati ormai sporchi e appiccicati dal volto. Mi guardò e nei suoi occhi c’era una tristezza mista a rabbia che ora mai popolava il suo bellissimo sguardo. Lei era morta e si era portata via la cosa più bella di lui. Il suo sorriso.
 
[continua...]

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