Dark Paradise

di Black Mariah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Salve a tutte/i, prima di andare avanti nella lettura ci tenevo a precisare che gli avvenimenti descritti accadono in seguito alla 5x12 di The Vampire Diaries e alla 1x12 di The Originals, quindi non vorrei spoilerare dei dettagli che a qualcuno sono sfuggiti in queste settimane! 


1

 
Caroline stava guardando le fiamme del camino di fronte a sé aspettando l’amico.  Sapeva che Stefan non sarebbe tardato ad arrivare, l’aveva sentito percorrere il vialetto di casa e quando lui entrò dalla porta, quasi le tremarono le mani.
-Ehi- le disse lui dolce, avanzando con un leggero sorriso –Sei qui-
La bionda vampira gli rispose sorseggiando una tazza di tè caldo. Aveva letteralmente bisogno di rilassarsi, era stata una pessima serata.
Stava provando un’insistente fastidio allo stomaco da quando Tyler le aveva parlato alla festa di Matt e non riusciva a togliersi un unico pensiero dalla testa.
-Tu sei mio amico- esclamò all’improvviso girandosi verso il ragazzo. Stefan già sapeva cosa gli avrebbe detto la ragazza, e sorrise comprensivo. Prima di giudicarla e di attaccarla, avrebbe voluto farsi delle sue idee, o almeno sentire cosa aveva da dirgli.
-E ho bisogno che tu sia diretto con me- terminò di dire Caroline con un groppo alla gola. Aveva una terribile paura di essere giudicata, di essere discriminata e allontanata per ciò che aveva fatto e non solo da Stefan, ma da tutti gli altri suoi amici.
Elena stranamente non le aveva detto nulla, non l’aveva rimproverata. Le aveva inaspettatamente iniziato a fare quelle strane e imbarazzanti domande su chi fosse stato meglio tra Tyler e Klaus e da lì era iniziato quell’incubo. Fino a quando nessuno l’aveva saputo, fino a quando era riuscita a tenere all’oscuro i suoi amici da che cosa era accaduto nel bosco con l’ibrido, sembrava come se non fosse davvero successo, come se fosse stata una cosa capitata e basta, avvenuta solo nella parte più oscura della sua anima.
Non dovrai più guardarmi negli occhi e coprire il nostro legame con l’ostilità e la repulsione” Le aveva detto guardandola negli occhi, con quelle perle blu scuro che erano capaci di guardarle fino infondo all’anima.
-Sono una persona orrenda- continuò la ragazza, cercando di allontanare quei pensieri dalla sua mente.
Stefan la guardò negli occhi e sorrise amaramente. Sapeva che Caroline aveva fatto una cosa sbagliata, che aveva costruito un legame con il loro nemico numero uno il quale aveva rovinato la vita a molti lì a Mystic Falls, lui per primo, ma allo stesso tempo non riusciva a non guardarla con occhi teneri e rassicuranti come solo lui sapeva fare.
-Quindi sei venuta per questo- le disse lui, guardandola dall’alto e sedendosi sulla poltrona di fronte il camino.
Caroline fece un sospiro, per qualche strano motivo non riusciva a piangere, eppure avrebbe tanto voluto farlo. Da lì a cinque minuti si sarebbe aspettata una predica epica, piena di parolacce e di ingiurie. Aveva ancora impressa nella mente l’espressione di Stefan quando Tyler gli aveva detto di essere andare a letto con Klaus. Non c’era ribrezzo, rimprovero o repulsione, era riuscita a leggere una sola forte emozione: la delusione.
E non dovrai più destare la tua parte oscura che tiene a me…nonostante tutto quello che ho fatto” le aveva continuato a dire Klaus, chiedendole disperatamente con gli occhi di essere sincera con lui.
-Cosa hai pensato quando hai scoperto di me e Katherine?- le chiese Stefan prendendo dalle mani di Caroline la tazza calda e portandosela alle labbra.
La vampira lo guardò imbarazzata.
Fantastico. Stefan le stava dicendo indirettamente che lei gli faceva schifo. Quella conversazione stava diventando sempre più inappropriata.
Stefan colse il suo sguardo imbarazzato e disse solo –Ecco-
Caroline lo guardò negli occhi, amava Stefan, come una sorella ama un fratello, come una ragazza ama il suo miglior amico d’infanzia, ed era per quella ragione che era andata da lui quella sera. Aveva un disperato bisogno di sentirsi dire che era una persona spregevole, così come l’uomo con cui aveva speso quel momento di intimità, ma aveva bisogno anche di sentirsi dire che non lo era, e che tutti ogni tanto commettono degli errori.
-Già, ma so anche che tu vedi sempre il meglio delle persone- gli fece la ragazza con un sorriso sincero stampato sul volto. Ritornò a stringere la tazza tra le mani.
Stefan le sorrise a sua volta e si sporse di più verso di lei.
-Ok, allora Caroline, ho qualcosa da dirti- fece il ragazzo fingendosi serio e sfoderando una finta espressione di disappunto.
La vampira si fece più ritta sulle spalle e tese le orecchie per sentire cosa Stefan le stava per dire. Non appena iniziò a sentire le sue parole, non potè fare altro che sorridere a trentadue denti: non la stava rimproverando!
-Sei pronta?! Bene. Sei una persona orribile- iniziò a dire. –Sei superficiale, sei vanitosa, e sei completamente insopportabile!- disse.
-Ehi!- gli fece allora la bionda stando al gioco –Sono una ragazza vulnerabile! Non essere cattivo!- esclamò.
-No sul serio! Io non ho davvero idea di cosa Klaus abbia visto in te! Davvero! A che diavolo stava pensando?- continuò lui.
A quelle parole Caroline scoppiò a ridere. Ma come diavolo ci riusciva? Stava scherzando con lei! Non la stava prendendo a parolacce né tanto meno giudicando. Stava persino giustificando Klaus!
-Ma dai, smettila!- le fece allora Caroline un po’ più serena, riconoscendo di nuovo lo sguardo familiare del suo amico di sempre.
Stefan la guardò comprensiva, non riusciva in realtà a capire cosa legasse lei e l’ibrido, ma decise di dare tempo a Caroline di raccogliere le idee.
-E’ che…lui…-iniziò a dire la vampira facendo un profondo respiro –Insomma, ti è mai capitato di chiederti perché una persona così spregevole, che ha inflitto così tanto male alle persone che ha intorno, riesce a provare dei buoni sentimenti solo per te? E cerca di fare delle cose che vanno contro la sua volontà solo per compiacere te?-
-A dir la verità non me lo sono mai chiesto, questo dovresti chiederlo ad Elena e Damon-  rispose Stefan facendo un sorriso amaro.
-O mio Dio, scusami!- esclamò Caroline, maledicendo se stessa per quelle parole inopportune.
-Tranquilla- le disse il vampiro guardandola comprensivo. –Continua- aggiunse, esortandola ad andare avanti.
-Io lo disprezzo e sono convinta anche che forse non potrà mai cambiare, ma se qualcuno è in grado di provare dei sentimenti, forse non è perduto del tutto. Io mi sento terribilmente in colpa, ho fatto una cosa stupida e impulsiva, e adesso ne pago le conseguenze, ma dopo tutto quello che è successo, dopo Tyler, e anche dopo il tuo sguardo di disappunto quando l’hai scoperto…io, non riesco a pentirmi di essere stata con lui, non riesco a pentirmi di avergli dato ciò che lui voleva semplicemente perché lo volevo anche io. Ed è questa è la cosa che odio di più. Klaus è molte cose: è un narcisista, psicotico, orgoglioso e testardo, insensibile e irritante, ma non ha mai fatto nulla per forzarmi. Ha sempre rispettato le mie scelte. E lui mi ha promesso che non sarebbe mai più ritornato a Mystic Falls e io, non ho resistito- disse tutto d’un fiato la bionda. Si sentiva quasi più leggera.
L’aveva detto ad alta voce. L’aveva quasi ammesso: le era piaciuto.
E tanto anche.
-Tu lo ami?- le chiese Stefan a bruciapelo.
-Io cosa? No!- esclamò Caroline, incredula che Stefan le avesse fatto quella domanda. –No- ripetè a bassa voce più a se stessa che all’amico. Lei non lo amava affatto, provava solo attrazione, magari un po’ di empatia, ma non l’avrebbe mai amato. Klaus era un maledetto seduttore e sapeva sicuramente come giocare le sue carte.
Stefan la guardò titubante. Davanti a sé aveva una Caroline che mai come allora si era mostrata aperta e vulnerabile, sincera, e forse per la prima volta da quando la conosceva, bisognosa di un aiuto e di un consiglio.
-Sono davvero una persona orribile…- continuò la vampira e questa volta pronunciò queste parole con una nuova consapevolezza di sé. –Ho sempre criticato Elena per la sua unione con Damon, per i suoi sentimenti nei suoi confronti…e io ho fatto la stessa cosa, forse qualcosa di peggio. E Tyler…io gli ho spezzato il cuore!-
E non riuscì più a trattenere le lacrime: iniziarono a rigarle piano il viso e a scenderle fino al mento. Senza esitazioni Stefan si alzò ed andò ad abbracciare l’amica, la strinse forte e poi le diede un bacio sulla guancia.
-Ma guarda quante ne devo passare!- esclamò Caroline tra una lacrima e un sorriso, ricambiando l’abbraccio di Stefan e asciugandosi il viso –Per una botta e via, nel bosco tra l’altro!- continuò, ironizzando su se stessa.
Stefan scoppiò a ridere lasciando la presa.
-Spero che ne sia valsa la pena, almeno!- gli disse lui quasi tra le righe, tornando a guardare l’amica. Caroline aveva assunto un sorriso malinconico e un atteggiamento pensieroso. Ne era valsa davvero la pena? Non avrebbe saputo rispondere. La parte più razionale di se stessa la odiava per quello che aveva fatto, ma quella meno coscienziosa, quella piccola, minuscola parte oscura che regnava dentro di lei, beh quella, l’avrebbe rifatto.
-Voi vi…tenete in contatto?- azzardò a chiedere Stefan, ignaro totalmente della risposta che la vampira gli avrebbe dato.
Davvero Caroline era attratta da lui? Si potevano cancellare un migliaio di anni di malvagità solo perché qualcuno aveva deciso di esserti fedele o di provare qualcosa per te? Non aveva una risposta a quella domanda, sapeva solo che lui e tutti gli altri, non potevano giudicare. Tutti loro, dal primo all’ultimo, avevano fatto qualcosa di sbagliato, avevano, per solo un attimo, ceduto alla loro parte malvagia. Lui l’aveva fatto con Katherine ed era stato persino uno spietato squartatore in passato, Bonnie si era fatta plagiare da Silas e dodici streghe erano morte, Elena aveva ucciso un cacciatore e aveva ceduto a suo fratello e poi Damon…beh, Damon era sempre stato Damon.
-Dopo il nostro ultimo incontro no, ma prima…ogni tanto mi chiamava- confessò titubante Caroline, impaurita dalla futura reazione di Stefan.
Il vampiro serrò un po’ la mascella. Aveva deciso di non rimproverare Caroline, né tanto meno di farla sentire ulteriormente in colpa, quindi cercò di uscire il lato più umano di sé e capire cosa c’era che non andava in quella storia.
-E questa cosa contribuisce a farti stare male?- le chiese dolcemente lui, scostandole i capelli dal viso per riuscire a leggerne le espressioni.
Caroline fece un lungo sospiro e si allontanò da lui. Aveva centrato il punto, purtroppo. In tutta quella assurda storia, fra tutte le cose che la facevano stare uno schifo, quella contribuiva sicuramente ad accrescerle quella sensazione di fastidio al centro della pancia che quasi non le permetteva di respirare. E aveva paura ad ammetterlo, anche solo a pensarlo, perché questo voleva dire che nonostante tutto, lei teneva a lui, o per lo meno, riusciva a provare qualcosa nei suoi confronti.
Me ne andrò…e tu sarai libera”
-Beh, c’è da dire che io gli ho detto chiaramente che non sarebbe mai dovuto ritornare qui, quindi mi avrà preso alla lettera- commentò la bionda eludendo la domanda.
Sì, avrebbe voluto urlare sì! Stava male anche per quel motivo. Klaus non l’aveva più chiamata, non si era più fatto vivo. Davvero lei stava rischiando tutto, la dignità, gli amici e il suo buon senso, per un ibrido Originale che l’aveva corteggiata per due interi anni e che dopo essersela portata a letto non ne voleva sapere più nulla?
-Ma…?- le fece ancora Stefan per arrivare al punto della situazione.
-Ma…- ripetè Caroline, sul punto di confessarglielo –Senti, non credo che sia giusto parlarne. Sto dando troppa importanza a questa cosa, e solo ora mi rendo conto di quanto sia inopportuno parlarne con te. Insomma, Klaus ti ha fatto passare le pene dell’inferno e tu mi stai ascoltando come il fantastico amico che sei…- continuò, cambiando improvvisamente idea e pensiero. –Forse dovrei andare…- concluse, dirigendosi verso la porta.
-Caroline!- esclamò Stefan prendendola per un braccio.
Forse la vampira aveva bisogno di schiarirsi solo le idee. Le sfiorò il polso e poi la guardò negli occhi –Se hai problemi, se hai bisogno di qualcuno con cui parlare…sai che ci sono- le fece dolce, guardandola con occhi comprensivi.
La bionda annuì con la testa e gli sussurrò –Grazie- prima di gettarsi al suo collo e abbracciarlo forte. –Ti voglio bene, Stef- aggiunse accennando un sorriso.
-Te ne voglio anche io- rispose il ragazzo, spostandole una ciocca di capelli dal viso.
La vampira si allontanò da lui e varcò la soglia di casa Salvatore, ritrovandosi da sola in mezzo al viale alberato. Si mise in macchina intorpidita dal freddo e si lasciò scivolare letteralmente sul suo sedile prima di scoppiare fragorosamente in lacrime.
Forse era vero, se Klaus riusciva a farle quell’effetto, avrebbe dovuto accettare una volta per tutte che in fondo alla sua anima, c’era una parte di lei che teneva a lui, o al massimo, cosa molto più razionale, c’era una parte di lei che provava qualcosa, benché non aveva ancora capito cosa.
Iniziò a frugare tra le cose in borsa e prese il telefono. Lo schermo si illuminò, ma non mostrò nulla di nuovo: nessuna chiamata, nessun messaggio, niente di niente.
Davvero si aspettava qualcosa da lui?
Quasi senza pensarci andò alla rubrica e digitò il numero dell’ibrido, ma poi interruppe subito la chiamata.
Che diavolo si era messa in testa di fare?
Era una cosa tremendamente stupida e insensata. In cuor suo sapeva che se solo avesse chiamato Klaus e lui si fosse accorto che c’era qualcosa di strano in lei, lui si sarebbe catapultato lì a Mistyc Falls mandando all’aria la sua tanto ambita promessa. Eppure aveva una voglia assurda di rivederlo, di risentirlo. Sentiva ancora bruciare sulla sua pelle i baci, le carezze, i leggeri morsi che le aveva concesso. Poteva immaginarsi il suo profumo, la sua voce calda e profonda, poteva rivivere tutti i momenti che avevano condiviso: le sue labbra, le sue mani, i suoi pettorali e addominali scolpiti.
Guardò per qualche secondo nuovamente il telefono.
Era arrivato il momento di prendere una decisione.
 
 
-Ora, non fare la difficile, tesoro- Fece Klaus sedendosi sulla grande poltrona del suo  soggiorno e incrociando le gambe. Il suo era il solito tono di superiorità che mostrava nei confronti delle persone che aveva in pugno o che gli erano inferiori.
-Vivrai solo finchè mi sarai utile e ora, per favore, ho bisogno che tu mi spieghi perché uno stregone che ho ucciso cento anni fa sia tornato in cerca di vendetta- concluse, aspettando una risposta dalla strega che aveva di fronte.
Sophie guardò prima Marcel e poi lui e con aria piccata rispose con ovvietà –Ma dai, streghe risorte con un potere immenso? E’ il raccolto, quattro ragazze dovevano morire e rinascere e non l’hanno fatto. Qualcuno ha indirizzato quel potere, e non so come,  l’ha usato per far ritornare in vita quattro streghe, solo che non sono quelle giuste…-
Il tono di Sophie era rassegnato e afflitto, dentro di lei era vivo più che mai il dolore di aver fatto morire sua nipote e di non essere riuscita a riportarla alla vita.
-Quindi c’è ancora una possibilità!- esclamò Marcel, finalmente partecipe a quella conversazione. Un barlume di speranza si era quasi riacceso in lui. Avrebbe potuto far ritornare Davina, avrebbe mantenuto la sua promessa di proteggerla.
-Se riusciamo ad avere quel potere, possiamo riportare Davina in vita!- continuò guardando prima Klaus e poi Sophie in cerca di certezze.
-Concentriamoci sul problema imminente, ok?- tagliò corto Klaus interrompendo la foga e le speranze di Marcel.
Improvvisamente si sentì vibrare la tasca del telefono e irritato alzò gli occhi al cielo.
-Se mi permettete…- commentò con falsa ironia l’ibrido, prendendo il telefono dalla tasca e dirigendosi in cucina lontano dalle orecchie di Marcel.
Il vampiro di colore lo guardò quasi con odio. Sapeva che a Klaus non interessava minimamente riportare indietro la sua amica e questa era la cosa che gli faceva più rabbia. Era solo interessato alle sue brame e smanie di potere.
Klaus con due falcate rapide si ritrovò in disparte e prese tra le mani il telefono.
“Numero privato” diceva la scritta sullo schermo.
Sbuffò e rispose. Se fosse stato qualche suo inutile scagnozzo che lo interrompeva per chissà quale stupida informazione, l’avrebbe fatto decapitare seduta stante.
-Pronto?!- rispose quasi con rabbia l’Originale, aspettandosi una risposta repentina.
-Pronto?- ripetè di nuovo, questa volta titubante. Chi diavolo era che lo chiamava a sera tarda? E con l’anonimo per giunta.
-Rebekah? Sei tu?- domandò. Si stava innervosendo, odiava perdere tempo e soprattutto che qualcuno si prendesse gioco di lui.
Improvvisamente una piccola idea si fece strada in lui, e se fosse qualcuno lontano da New Orleans? Che magari aveva bisogno di aiuto?
Ma perché chiamare lui? Gli aveva categoricamente vietato di ritornare a Mystic Falls o di avere qualsiasi tipo di contatto con lei, perché chiamare?
-Caroline?- chiese più a bassa voce, lontano dall’udito di Marcel che sicuramente avrebbe ficcanasato nelle sue questioni personali.
-Caroline sei tu? E’ successo qualcosa?- ripetè più preoccupato, quasi convinto che davvero la persona che lo avesse chiamato fosse lei.
La chiamata fu chiusa di botto e Klaus rimase con il telefono in mano a sentire la voce della segreteria telefonica.
Il suo cuore aveva iniziato a pompare più velocemente quando aveva pensato a lei. Era impossibile che l’avesse chiamato, lei per giunta. Di solito era sempre lui che aveva fatto la prima mossa, anche in quei mesi in cui non si erano visti. Era sempre stato lui a chiamare, solo per sentire la sua voce e per sapere come stesse.
Guardò per qualche secondo lo schermo del telefono, titubante sul da farsi. Avrebbe dovuto chiamarla e infrangere così la promessa che le aveva fatto? Lei finalmente l’aveva ammesso, provava qualcosa per lui, si era persino concessa a lui, più volte, nel bosco tra l’altro, e anche se solo per un pomeriggio, lui si era sentito libero, desiderato da una donna come mai non era stato, e aveva una terribile voglia di rivederla, di riaccarezzarla, almeno per un’ultima volta.  
Rimase immobile al centro della stanza a raccogliere le idee e ripensando a ciò che era successo tra di loro.
Ma se mi prometti, come hai detto, di andare via e di non ritornare mai più, allora io sarò sincera, allora io sarò sincera riguardo quello che voglio”
Quelle erano state le ultime parole di Caroline prima che la ragazza colmasse la distanza che ci fosse tra di loro e lo iniziasse a baciare, prima con titubanza e poi con foga quando i suoi occhi notarono il sorriso soddisfatto dell’ibrido.
Iniziò a respirare velocemente. Non poteva distrarsi, non poteva pensare a Caroline in quel territorio di guerra, circondato da streghe, vampiri doppiogiochisti e nemici che cercavano di spodestarlo dal suo trono di New Orleans. Eppure, era fortemente tentato di ritornare da lei, di dirle che non aveva mai provato niente prima di allora, prima che lei gli avesse fatto scoprire quanto bene ci si sentisse a tenere ad una persona.
Guardò lo schermo del cellulare e cedendo per la prima volta alle tentazioni digitò il numero di Caroline, infrangendo la sua promessa.


 
***
Bene, bene, bene, primo capitolo concluso! Allora, ci tenevo per prima cosa a ringraziarvi se siete riusciti a finire di leggere tutto :D e poi vorrei chiarire e dire alcune cose riguardo questa ff. 
Il finale del capitolo è un po' aperto come si può leggere e l'ho fatto per un motivo ben preciso: purtroppo febbraio per noi tristi studenti universitari è un mese orribile, pieno di esami e di pochi spazi per il tempo libero. Le mie intenzioni sarebbero quelle di scrivere una long di sei o sette capitoli (o anche più, dipende da cosa ne pensate voi) dando una sorta di versione alternativa di quelli che potrebbero essere gli avvenimenti del telefilm. Purtroppo in questo mese dovrei fare tre esami e non sono sicura di poter riuscire ad aggiornare costantemente la storia, allora vi chiedo una cortesia: se pensate che questo capitoletto sia stato interessate, e siete davvero curiosi di sapere come la storia si evolverà, fatemelo sapere, così sarò motivata a scrivere ed andare sempre avanti . 
Avevo pensato di scrivere anche solo una semplice one-shot  fatta dai pensieri di Caroline e Klaus subito dopo il loro incontro,e dare così sfogo ai miei pensieri in un semplice capitolo, ma volevo cimentarmi in questa seconda long in TVD. 
Per favore, ditemi che ne pensate! Sarò più che orgogliosa dei vostri pareri e dei vostri consigli per fare evolvere al meglio la storia!
un bacio, Mariah.

p.s. questo è il link alla mia pagina Fb, fateci un salto!

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Capitolo 2
*** 2 ***


2

 
Caroline scivolò nella vasca da bagno che l’accolse con un’ondicella di acqua calda creata dal suo corpo appena immerso. L’acqua tiepida le provocò un brivido, tanto che i peli le si rizzarono e la pelle si ritrasse. Era infinitamente piacevole stare immersa in quel cantuccio bagnato e confortevole. Le sembrava quasi che l’acqua le lavasse via i pensieri e li allontanasse, la mente era sgombra e finalmente viveva qualche attimo di pace. Non voleva davvero pensare a niente: l’ultima settimana era stata davvero orribile e lei in primis era stata sottoposta ad una vera e propria sfida. Sembrava quasi che qualcuno si fosse accanito contro di lei per farle saltare i nervi in ogni occasione.
Elena sembrava sempre più distante e sembrava anche non interessarsi minimamente al turbinio di emozioni che lei stava provando. Era sempre più fugace e sfuggevole, e il fatto che non l’aveva né rimproverata, né aveva avuto una minima reazione alla notizia scottante e scandalosa del mese, l’aveva lasciata basita non poco.
Bonnie non l’aveva più calcolata dall’ora, sembrava averla rimossa dalla sua vita o comunque, sembrava volerla ignorare per almeno un po’ di tempo.
“Avevo detto niente pensieri!” si ripeté tra sé insaponandosi e lasciandosi scivolare più a fondo nella vasca, facendo in modo che l’acqua la coprisse fino a metà collo.
Appoggiò la testa allo schienale e chiuse gli occhi per cercare di rilassarsi. Quella sera sarebbe stata a casa da sola, probabilmente arrotolata nella sua coperta di pail preferita, raggomitolata sul divano del soggiorno di casa sua a guardare un film con il camino acceso.
Aveva deciso di ritornare a casa sua per qualche giorno, rivedere sua madre soprattutto, e ritrovarsi in un ambiente familiare. Sua madre non avrebbe mai saputo dei suoi trascorsi precedenti e probabilmente sarebbe stata l’unica, oltre a Stefan, che non l’avrebbe mai giudicata.
Quando sentì la pelle iniziarsi ad aggrinzire decise di alzarsi dalla vasca e di asciugarsi, e dare inizio così alla sua fantastica serata da single depressa ed emarginata da tutti i suoi amici.
Prese il grande asciugamano appeso alla porta e si avvolse dentro: si sentiva quasi un salsicciotto; poi fece la stessa cosa con i capelli che raccolse in una specie di turbante arabo, benché qualche ciocca sfuggì alla sua rigida opera di raccoglimento. Quella sera avrebbe saltato il solito rituale che ormai la caratterizzava fin dai primi anni di scuola, ovvero detergere i suoi biondissimi capelli con un olio emolliente, in modo tale da farli risultare morbidi e lucenti.
“Non ho nessuno per cui farmi bella” pensò scioccamente, aprendo la porta del bagno e dirigendosi in camera sua a mettersi il pigiama.
Il corridoio buio che terminava con le scale le fece un po’ paura, e come se fosse ancora una bambina corse veloce nella sua stanza per accendere la luce.
Aprì la porta e fu investita da una ventata d’aria fredda e confusa, e notò che la finestra era spalancata.
A quella vista si irrigidì immediatamente e iniziò a muoversi lentamente.
Qualcuno era stato nella sua stanza: non c’era dubbio. Ricordava perfettamente di aver lasciato tutto chiuso, non avrebbe avuto nessun senso lasciare la finestra spalancata.
Un leggero rumore le mise i brividi, aumentato anche dal fatto che sentiva molto freddo, dato che era passata da un ambiente caldo e umido in un altro freddo e secco.
Aguzzò la vista e si guardò intorno: il suo letto era così come l’aveva lasciato con tutti i suoi peluche sopra, ricordi di tanti compleanni passati, l’armadio era chiuso, la scrivania in ordine e con qualche libro sopra e sulla poltroncina c’erano i suoi vestiti…anzi no.
Ritornò indietro con lo sguardo, come se volesse confermare quello che aveva appena visto, ma nel farlo le si gelò il sangue nelle vene. Ebbe quasi un mancamento.
Seduta sulla sua poltroncina, immersa nella penombra, c’era una figura umana che aspettava pazientemente, con le gambe accavallate e le braccia incrociate.
Nel vederla non batté ciglio e aspettò che Caroline dicesse o facesse qualcosa.
La ragazza deglutì sonoramente. Riconobbe quei lineamenti che sembravano quasi disegnati, riconobbe il profilo del naso, e il disegno della sua bocca, illuminata solo in parte dalla luce della luna che entrava nella stanza. I suoi capelli biondi assumevano dei rilessi quasi argentei nel buio, e il suo sguardo, freddo come il ghiaccio, era penetrante anche da quella distanza, anche se non era visibile perfettamente.
Prima di pronunciare il suo nome Caroline fece un lento sospiro. Non si aspettava di trovarlo lì, nella sua stanza, dopo quello che era successo tra di loro. Lui le aveva promesso che non sarebbe mai più ritornato a Mystic Falls, e invece era lì, a poco più di due settimane dalla sua fantomatica promessa.
-Klaus- sussurrò solo. Aspettando un cenno o una parola dall’ibrido di fronte a lei.
In quel momento stava provando un misto di emozioni contrastanti: una parte di lei era spaventata, quasi vergognosa di aver mostrato una parte così intima di se stessa ad una creatura spietata e millenaria, ma un’altra parte, quella più irrazionale e più schiava delle passioni, era quasi contenta di vederlo, di rivedere l’uomo che l’aveva fatta sentire così viva da farle credere, anche per un secondo, che ciò che aveva fatto non era stato sbagliato.
Il biondo ibrido curvò leggermente le labbra in un sorriso: gli era mancata, quasi come l’aria manca ad un essere umano, e vederla lì davanti a lui, vulnerabile,  sorpresa, forse felice di rivederlo, gli causava un mare di sensazioni e di emozioni.
Si alzò e andò a chiudere la finestra. Il rumore del vento e dei rami che sbattevano contro il muro della stanza lo rendeva nervoso. Sembrava quasi stesse scandendo o battendo il poco tempo che aveva a disposizione per salutare Caroline.
-Scusami per la finestra- disse per rompere il ghiaccio –E’ un po’ troppo plateale anche per me- aggiunse sorridendo e cercando di studiare l’espressione della vampira.
Per la prima volta nella sua lunga vita si sentiva nervoso, e non nervoso per i comportamenti altrui o per i cattivi esiti dei suoi ordini, ma nervoso per se stesso, per non essere quello che faceva meglio per lei, per non essere abbastanza; nervoso per il suo giudizio, per gli occhi di lei che lo scrutavano pensierosi e che si muovevano frenetici lungo la sua figura. Avrebbe voluto che lei dicesse qualcosa piuttosto che rimanesse immobile davanti a lui a pensare a chissà cosa.
-Mi avevi promesso che non saresti mai più ritornato- disse Caroline con un tono così pungente, che quasi si sentì in colpa.
Si girò velocemente e andò ad accendere la luce. Non poterlo vedere chiaramente in faccia la rendeva irritabile, benché il buio sicuramente avrebbe celato le sue emozioni dagli occhi blu dell’ibrido, emozioni che avrebbe dovuto nascondere dal preciso momento in cui abbassò l’interruttore.
Klaus la guardò stupito, solo allora notò Caroline avvolta in un grande asciugamano, completamente nuda al di sotto di esso e ancora a tratti sgocciolante. Un naturale sorrisetto malizioso si stampò sul suo viso, celato però da un’occhiata dura e quasi rassegnata per il  tono aspro della vampira.
-Avevo deciso di onorare la mia parola fino a quando non mi hai chiamato nel bel mezzo della notte- rispose calmo l’Originale. La calma che stava mostrando in quel momento torturò quasi Caroline. Trovarselo nella sua stanza da letto, così all’improvviso, con il suo charme unico e sensuale, era l’ultima cosa che avrebbe voluto in quel momento.
-Io non ti ho mai chiamato- commentò la vampira, cercando di sfuggire allo sguardo inquisitore di Klaus. Si diresse verso l’armadio per prendere dei vestiti, ma l’ibrido l’anticipò con la velocità sovrannaturale e si parò davanti a lei.
Una ventata di profumo, forte e penetrante, l’avvolse, così come tutta la figura dell’ibrido predominava sul suo esile corpo. Abbassò lo sguardo cercando di non incontrare quello di Klaus, ma l’ibridò allungò un braccio, e prese il mento della vampira tra le mani, senza aver paura di essere rifiutato.
-Non devi mentire per forza- disse, con una voce tanto roca quanto sensuale. Il suo timbro così cupo e ritmato da quel caratterizzante accento che possedeva, suscitò un brivido lungo la schiena di Caroline, che  a mala pena riusciva a nascondere le emozioni.
Sentire di nuovo Klaus sulla sua pelle era stata una piacevole riscoperta. In quelle due settimane non aveva mai dimenticato il tocco dell’Originale. Per fortuna o per sfortuna, non avrebbe saputo dirlo, quella sensazione era ancora viva dentro di sé, ma quando l’uomo le sfiorò lentamente e dolcemente la pelle, come mai aveva fatto, capì che quelle sensazioni ancora conservate nella parte più oscura di sé, erano solo dei leggeri ricordi, non paragonabili alle sensazioni che una leggera carezza le aveva fatto nascere dentro l’anima.
Caroline chiuse gli occhi. Sperava che una volta riaperti, Klaus non ci fosse più, sperava fosse solo una visione della sua mente.
Riaprì le palpebre e fortunatamente l’ibrido si trovava ancora lì, con il suo sguardo teso e deciso intento a guardarla e a scrutarne ogni lineamento del suo viso. La vampira fece un sospiro e abbassò lo sguardo. Sapeva che con lui mentire sarebbe stato inutile, ma anche solo dirlo ad alta voce, anche solo essere sincera con lui, significava per lei ammettere i suoi sentimenti, benché ancora confusionari.
-Perché sei qui?- domandò Caroline a voce bassa, sperando che la risposta fosse diversa da quella che pensava.
-Volevo controllare stessi bene- rispose sincero Klaus, il cui sguardo si intenerì e si rilassò davanti alla ritrovata calma della ragazza. –Pensavo ti fosse successo qualcosa- aggiunse per essere più convincente.
Caroline sembrava sinceramente provata da quelle sue parole ma cercò di non darlo a vedere.
-Bastava una telefonata- commentò solo la vampira cercando di allontanarsi da lì. Klaus le trasmetteva un intenso magnetismo che quasi la stordiva e la distraeva. Era stato così nella foresta, era così in quel momento e lo sarebbe stato per sempre. Per quanto si sforzasse di odiarlo, di allontanarlo e di non tenere a lui, era perversamente attratta da quella creatura sovrannaturale, il cui cuore sembrava battere solo in sua presenza.
L’ibridò la prese per un braccio e senza troppa gentilezza la portò davanti a sé. Caroline sussultò per la vicinanza con il petto dell’Originale che si alzava e abbassava velocemente. Klaus fu quasi attraversato da una scossa elettrica. Aveva Caroline tra le braccia e il contatto con la sua pelle morbida e ancora umida per il bagno, gli stava causando delle perverse sensazioni che gli partivano dalla parte bassa della schiena fino ad arrivare al collo. Incatenò i suoi occhi a quelli celesti della vampira e chinò leggermente il capo per colmare quell’infinita distanza che sembrava dividerli.
-Mi sei mancata- sussurrò lui, quasi spaventato da quella frase, e in quel momento avrebbe tanto voluto abbracciarla, ma rimase immobile, con i palmi delle mani appoggiate sulle braccia nude della vampira.
Caroline deglutì. Non si aspettava quelle parole, soprattutto da lui, ma quella sensazione precedentemente provata, di leggerezza e gioia allo stesso tempo, la colse di nuovo, costringendola a piegare le labbra in un sorriso.
-Anche tu, ma non ti montare la testa- rispose sciogliendosi un po’, sia perché Klaus si era rivelato più dolce e morigerato di quanto lei si aspettasse, e sia perché erano completamente soli, lontano da tutti i loro problemi.
L’ibrido rise rumorosamente, non si era affatto dimenticato della lingua lunga e sfacciata della bionda.
Senza pensarci due volte Klaus si chinò maggiormente, cercando di dare un bacio alla ragazza, ma quest’ultima lo fermò portandoli una mano sul petto.
-Sanno di noi- disse solo Caroline amaramente, cercando di non pensare alle ulteriori conseguenze di quel loro nuovo incontro.
L’ibridò chinò la testa di lato e sorrise sornione, pensando al putiferio che probabilmente era successo con i suoi amichetti.
-E allora?- chiese divertito, preoccupandosi di conoscere di più sul fatto solo perché sapeva che per Caroline era importante. –Ti hanno giudicata come un essere orribile solo perché sei andata a letto con un pluriomicida millenario?- terminò di chiedere allontanandosi dalla vampira e iniziando a gironzolare per la sua camera da letto.
-Così non mi aiuti- sbuffò Caroline, aprendo l’armadio e iniziando a prendere il pigiama. Quella situazione le sembrava alquanto assurda: Klaus in casa sua che piombava così…all’improvviso, lei ancora mezza nuda, e adesso stavano anche conversando amabilmente. Seriamente?!
Klaus fece un altro dei suoi sorrisetti compiaciuti e alzò un sopracciglio, guardando Caroline in attesa di una risposta che non arrivò. Lo sguardo della ragazza si era fatto triste e colpevole e ciò lo ferì profondamente. Si portò nuovamente vicino a lei e le prese una mano.
-Ti fa soffrire di più il fatto di averli delusi, o di aver condiviso un momento intimo con me?- chiese con gli occhi bassi, sapendo che forse la risposta era positiva per entrambe le opzioni che lui aveva dato.
In fondo lo sapeva, sapeva che quello che loro avevano avuto era stato solo per un lungo pomeriggio. Non si aspettava nulla da lei, non si aspettava di essere amato. Nessuno lo aveva fatto e probabilmente mai nessuno lo avrebbe fatto in futuro: nessuno provava amore per uno come lui, per un mostro, per un demonio, per un bastardo; e anche se Caroline era una persona buona e lungimirante, sicuramente non sarebbe stata mai in grado di provare quel sentimento così puro per lui.
Caroline respirò lentamente, aveva notato quell’alone di tristezza negli occhi di Klaus e non voleva ferirlo, in fondo si stava sforzando di essere civile, quasi gentile.
-Mi fa soffrire il fatto che non posso sentirmi bene con me stessa per quello che ho fatto, perché tutti sembrano giudicarmi malgrado le cose terribili che anche loro hanno compiuto- rispose la vampira, cercando di non incontrare gli occhi di Klaus.
-Capisco…- disse solo l’ibrido dispiaciuto. Anche solo per un istante aveva sperato in qualcosa di diverso.
La bionda chinò la testa e scrutò silenziosa l’Originale. Era una leggera delusione quella che riusciva a vedere negli occhi blu di Klaus?
Alzò gli occhi al cielo e si sentì in colpa per quegli occhi tristi e spenti. Chi se ne importava se dirlo ad alta voce avrebbe reso tutto reale, tanto c’erano solo loro due nella stanza.
-Ma- aggiunse avvicinandosi, colpita di nuovo da quell’ondata di bramosia che l’aveva già colpita nella foresta – non mi dispiace…aver passato un pomeriggio con te- concluse svelta. Sapeva che da lì a dieci secondi si sarebbe pentita di quelle parole.
Klaus alzò lo sguardo e la guardò titubante: aveva davvero sentito quelle parole?
Caroline sorrise leggermente di fronte a quello sguardo corrucciato, e tenendosi stretta l’asciugamano, si avvicinò all’Originale.
-Cosa ti ha fatto cambiare idea? Siamo insieme da venti minuti e non mi hai ancora insultato- fece ironico Klaus, sfoderando uno dei suoi sguardi da seduttore.
-Magari vederti a piccole dosi mi fa bene, mi rende meno suscettibile dell’averti sempre intorno- rispose Caroline sorridendo e sciogliendosi il turbante. I suoi capelli biondi, disordinati e umidi le ricaddero sulle spalle, divisi in tanti indomabili boccoli.
L’ibrido sorrise: quella era una dolce tortura per gli occhi. Non sapeva se Caroline lo stesse facendo a posta solo per stuzzicarlo, ma decise comunque di stare al gioco.
-E non sei nemmeno un po’ contenta di vedermi? Andiamo, a me puoi dirlo, non ti farai problemi dopo quello che…-
La bionda sbuffò sonoramente e smise di passarsi l’asciugamano tra i capelli.
-No! Se fai così no!- rispose sincera Caroline. In quel momento aveva bisogno di tutto tranne che del compiacimento dell’ibrido per essersela portata a letto.
-Ah! Però lo ammetti che ti sono mancato!- replicò contento Klaus per averla colta in flagrante.
-Grr!- fece Caroline per nascondere la vergogna e girandosi per celare un sorriso. Nel movimento veloce un lembo dell’asciugamano si abbassò, mostrando a Klaus un tratto di schiena nuda.
Klaus sospirò. Quella vampira era un tormento, per l’animo e per gli occhi.
Lo istigava a preoccuparsi per qualcuno, a preoccuparsi per lei, gli dava da pensare sempre due volte. Quando l’ibrido si trovava con lei era sempre costretto a pensare alle conseguenze delle sue azioni e ai pensieri di Caroline a riguardo, e questa cosa non aveva ancora capito se gli dava fastidio o no.
Tuttavia si era ripromesso di non invadere la sua privacy e di non toccarla più a meno che lei non l’avesse voluto.
Con una falcata balzò davanti a lei, cercando di non cedere al suo istinto più animale ed inspirò l’odore dei suoi capelli ancora bagnati.
Fece una cosa che gli era innaturale. Solitamente non si era mai preoccupato di essere dolce con le donne, aveva sempre agito d’istinto, per il suo tornaconto e soprattutto per il suo piacere personale. Nella sua millenaria vita non c’era stata una donna che era andata a letto più di una volta con lui, al momento che ci pensava, in genere lui non aveva mai dato importanza all’amore, era sempre stato convinto che era solo una perdita di tempo.
Prese tra le mani il viso di Caroline ed iniziò ad accarezzarlo dolcemente, guardandolo con sguardo tenero. La ragazza rimase allibita da quel gesto così dolce e intimo e si fece quasi cullare dal tocco sensuale dell’ibrido.
-Se tu lo vuoi ancora, non tornerò mai più qui- disse deciso, penetrando Caroline con le sue iridi blu scure.
La vampira deglutì, quasi spaventata da quelle parole. La verità era che lei avrebbe voluto rivederlo ma non lì, non a Mystic Falls dove era circondata da persone che trovavano assurdo e disgustoso il suo legame con quella creatura così complicata.
-Ciò non toglie, che sia tu a venire da me, quando lo desideri- provò a dire ancora Klaus. Le stava davvero proponendo di andare a New Orleans? Dove il terreno gli stava franando sotto i piedi?
Caroline ebbe un sussulto. Non era la prima volta che Klaus le aveva fatto quella proposta, ma mai prima di allora quell’affermazione le sembrava così attraente.
-Anche solo per poco tempo- aggiunse in fretta l’Originale. Sapeva che la ragazza non avrebbe mai rinunciato ai suoi amici, malgrado le tensioni che c’erano tra di loro in quel momento.
Un leggero sorriso sul volto di Caroline illuminò lo sguardo di Klaus, il quale si sentì improvvisamente più leggero. Erano decisamente stupide quelle sensazioni che lui, l’ibrido numero uno, stava provando in quel momento. Probabilmente non le aveva provate nemmeno da umano, quando lui e suo fratello si erano invaghiti della stessa ragazza.
-Ci penserò- disse Caroline, trovandosi pericolosamente vicino al viso di Klaus. Poteva sentire il calore del suo respiro sbatterle contro il volto. Inspirò il suo profumo e per più di qualche secondo fu perversamente attratta dalle sue labbra, che sembravano disegnate quasi con un pennello, inumidite leggermente e incorniciate dalla barba bionda e morbida dell’ibrido.
-Allora è un sì- disse con voce roca e sensuale Klaus, le cui mani scivolarono lungo il bacino della ragazza e strinsero i fianchi morbidi di quest’ultima.
Con difficoltà Caroline riuscì a rispondergli in quel momento. Continuava a guardare le labbra leggermente dischiuse dell’Originale, desiderando ardentemente assaporarle ancora una volta.
-Diciamo che non è un no- emise a fatica.
Chiuse gli occhi, aspettandosi una bacio sulle labbra. Klaus la strinse di più a sé e titubante, le stampò un casto e dolce bacio sulla fronte.
Quando Caroline li riaprì, si ritrovò da sola nella stanza, colpita da una folata di vento che entrava dalla finestra lasciata aperta da Klaus.
Sospirò, sentendosi svuotata. Il bacio che l’ibrido le ebbe lasciato quasi le bruciava.
 
***
 
New Orleans, quartiere francese. Klaus furioso sbraitava per la strada alla ricerca di qualche strega che lo ascoltasse e soprattutto che lo assecondasse per il suo nuovo piano contro Celeste.
Monique era al suo fianco, terrorizzata dalla foga dell’ibrido che la teneva stretta per il collo. Lo sentiva urlare contro le sue sorelle, contro sua zia e poi anche con il vampiro Marcel, che al contrario di Klaus si era dimostrato molto più puro di animo e pieno di fede.
-La puzza di streghe è nell’aria!- urlò aspramente l’Originale guardandosi attorno, con il pugnale di Papa Tunde ancora impugnato in alto. Se ancora nessuna dannatissima strega si fosse fatta viva, non ci avrebbe pensato due volte a conficcare quell’affilatissimo e tribale coltello nel petto della ragazza, o ancora meglio, le avrebbe tagliato la gola, tanto per creare una sorta di connessione con il perverso rito del raccolto.
-Ricordate le mie parole. Ucciderò questa ragazza con la stessa lama che era destinata a me!-
-Non lo ripeterò di nuovo!- urlò a quel punto Marcel all’improvviso. –Noi non uccidiamo bambini!- 
L’ibrido lo guardò con uno sguardo assassino. Non era quello il momento giusto per fare il gradasso con lui, soprattutto perché era totalmente fuori di sé.
Con fare di sfida Klaus avvicinò la gola della ragazza alla lama affilata del coltello, ma fu travolto da Marcel che lo prese per un polso e gli fece lasciare la presa.
L’Originale senza troppa gentilezza spinse il vampiro per scrollarselo di dosso, scaraventando la ragazza a terra. Marcel si gettò nuovamente su di lui e in un momento di distrazione, venne quasi catturato da Klaus, che stava lottando contro tutte le forze del vampiro per contrastargli il collo, che dopo qualche secondo, si spezzò in seguito alla presa dell’ibrido.
Senza battere ciglio Klaus lo guardò steso a terra e disse con odio –Sono io a decidere ch vive e chi muore qui-
Si girò di scatto per controllare la ragazza, ma non fece a tempo a dare un’occhiata in giro e di percepire il pericolo che incombeva su di lui.
Sophie Deveraux, quella fastidiosa strega che lui tanto odiava, l’aveva appena accoltellato con la lama di osso dello stregone di colore.
Klaus urlò dal dolore nel sentire la lama squarciargli i tessuti e gli organi, ed emise un urlo ancora più forte, quando il coltello sparì magicamente tra le sue membra, causandoli un dolore infernale.
Cadde a terra sulle sue ginocchia, tormentato da quell’orribile sensazione. Se non avesse avuto la certezza di non poter essere ucciso, sicuramente avrebbe creduto di stare per morire.
Urlò ancora, con tutta la voce che aveva in corpo. Cercò di fermare o di prendere la lama che velocemente gli stava perforando il petto, ma quando si portò le mani sullo sterno, il coltello era già sparito dentro di lui, lacerando tutto ciò che incontrava davanti.
Si accasciò a terra, vinto da quel dolore disumano, sotto gli occhi di Sophie che guardava quella scena spaventata.
-Staremo a vedere- disse improvvisamente Bastiana che apparve dietro le spalle della strega.
 
 
Caroline si lasciò alle spalle il Mystic Grill e cercò di raggiungere la sua macchina nel parcheggio del retro. Era passata a salutare Matt e ad avvisarlo del fatto che lei sarebbe ritornata al campus universitario per poter seguire regolarmente le lezioni.
Il suo felice tentativo di salutare l’amico era stato boicottato dalla presenza nel locale di Nadia Petrova e di Tyler, a cui Caroline non volle nemmeno avvicinarsi, né farsi vedere. Lui la odiava e se avesse saputo dell’ultimo episodio con Klaus probabilmente l’avrebbe letteralmente sbranata e quella sarebbe stata una situazione davvero incresciosa, dal momento che l’unico che avrebbe potuto curarla dal morso di un ibrido o licantropo era proprio Klaus.
Raggiunse la sua macchina nel bel mezzo del parcheggio. Si guardò attorno alla ricerca di qualche anima di passaggio, ma notò di essere completamente sola.
-Ehi, dov’è andata tutta la gente di questo paese?- disse tra sé, vedendo la sua immagine riflessa nello specchio. Nel inserire la chiave nello sportello mise poca attenzione e si fece sfuggire il mazzo di chiavi dalle mani. Erano più i ciondoli che vi aveva attaccati e non le chiavi effettive che le servivano.
Si rialzò lentamente, intenta questa volta a centrare il buco, ma fu distratta da una sagoma inquietante che le apparve alle spalle e che lei potè vedere riflessa nel vetro del finestrino.
In realtà non era inquietante, doveva ammettere che si trovava di fronte una bellissima ragazza dagli occhi celesti e dai capelli rossi molto accesi e lucenti.
La vampira ebbe un leggero sussulto: non si era accorta della presenza della ragazza e tra l’altro le era sembrato di non averla mai vista, né lì a Mystic Falls né in generale.
-Scusami, non ti avevo visto!- disse sorridendo Caroline, ignorando totalmente chi quella donna fosse.
Genevieve senza battere ciglio, anzi facendo persino un leggero sorriso di compiacimento, allungò una mano e toccò Caroline sulla fronte.
In meno di qualche secondo tutti i ricordi della vampira confluirono nella sua mente per essere analizzati. Quando trovò quello che stava cercando, fece un ghigno, soddisfatta per aver dato ascolto al suo istinto e per essersi spinta così lontano da New Orleans.
-Questa sì che è una novità- commentò portandosi la mano lungo il fianco. La vampira era completamente immobilizzata e non riusciva né a muoversi né tanto meno ad urlare.
La strega schioccò improvvisamente le dita d’innanzi gli occhi di Caroline, e la bionda cadde a terra in un lungo e profondo sonno.
Genevieve guardò Caroline distesa a terra e sorrise. La sua vendetta sarebbe stata più dolorosa di quanto si sarebbe mai immaginata. 


 
***
Allora, eccoci arrivati alla fine di questo secondo capitolo! 
Prima di commentarlo assieme a voi fatemi dire solo una cosa: GRAZIE! Per le recensioni, per il supporto dimostratomi e soprattutto grazie per aver apprezzato la storia! E' molto importante per me! Siete state tutte splendide, dolci e simpatiche e scusatemi se non ho ancora recensito le vostre storie, ma sono davvero indaffaratissima! Venerdì ho fatto il secondo esame della sessione e adesso attendo con ansia i risultati (e come se non bastasse mercoledì 19 ne ho un altro e il 21 un altro ancora -.-').
Proprio per questo ci tenevo a dire che probabilmente il terzo capitolo verrà pubblicato dopo il 21 febbraio causa studio disperatissimo (non me ne vogliate, ma ho l'ansia solo a pensare a tutti questi esami D:). 
Spero che la scenetta nella stanza da letto di Caroline vi sia piaciuta, ma soprattutto che si noti il contrasto tra il Klaus dolce e coccoloso quando è con Caroline, e l'ibrido spietato quando invece è da solo (è un po' bipolare, ammettiamolo!) 
Vi è piaciuta la piega che ho dato agli eventi? Fatemelo sapere!!! 
xoxo M.

p.s. nel frattempo se siete proprio in astinenza da Klaroline, andata a leggere Damn, I'm human! La trovate sulla mia pagina!!  


 

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Capitolo 3
*** 3 ***


Ok, lo so, non ho scuse per un mese e mezzo di silenzio, quando vi avevo promesso che avrei aggiornato subito. Purtroppo in questo periodo sono successe tante cose, ventimila esami (di cui un altro venerdì) e come se non bastasse mi è venuta una dermatite da stress ai piedi e alle mani che mi ha bloccata per un po' di tempo, quindi vi chiedo scusa se vi ho fatto aspettare così tanto! Spero che questo lunghissimo capitolo (ben 14 pagine di word, mi sono superata) sia di vostro gradimento! E' ispirato alla 1x14 di Originals, ma con le carte un po' mischiate in tavola! Correte a leggere, ci vediamo a fine capitolo!



Quando Klaus aprì gli occhi, la prima cosa che avvertì fu un forte odore di marcio. L’aria attorno a lui era pesante e con poca facilità gli entrava nei polmoni. Respirare era molto doloroso, quella tortura fisica gli sembrava partire dal centro dello stomaco per poi espandersi per tutto il petto. Il cuore sembrava atrofizzato, i polmoni indolensiti, ed un perenne e costante bruciore gli penetrava fin dentro alle ossa. Gli occhi gli bruciavano al solo aprirli, e una volta che ci fu riuscito, non riuscì a mettere a fuoco il posto dentro cui si trovava. C’era poca luce attorno a lui che penetrava flebile da dentro le finestre. Le pareti erano degradate, con intonaco e calcinacci che a stento rimanevano attaccati, ed in quel momento che si era risvegliato del tutto, l’odore di stantio e umido sembrava essere aumentato.
Cercò di muoversi. Sentiva sotto di sé il freddo di una barella metallica. Gemette  quando cercò di alzare leggermente la spina dorsale e il dolore al centro dello stomaco tornò più forte di prima.
Il pugnale che aveva nel petto l’aveva gettato in uno stato catatonico, in un limbo infernale in cui tutto ciò che riusciva a fare, era provare dolore, un massacrante e mortale dolore.
L’ultima cosa che ricordava era l’attimo in cui Sophie gli aveva conficcato il pugnale di Papa Tunde nel petto, poi per lui era calato il buio ed era caduto in un vortice di pene fisiche e mentali che mai aveva provato prima di allora.
Tutta quella sofferenza gli stava annebbiando la mente, non riusciva a pensare, stava solo vivendo impassibile lo scorrere di quegli attimi eterni e non riusciva a capire né dove si trovasse, né chi potesse essere l’artefice di tutto quello.
Improvvisamente sentì dei passi avanzare verso di lui. Repentinamente qualcuno gli liberò i polsi dalle fibbie di cuoio con cui erano stati fortemente fissati al tavolo, e gli sembrò che quella stessa persona stesse sfiorando l’epicentro della sua tortura fisica. Le dita fredde ma allo stesso tempo lisce che lo toccarono, lo spinsero ad aprire gli occhi ed inaspettatamente, si trovò davanti una donna dai capelli rossi che mai ebbe visto prima di allora.
Genevieve si girò e si diresse verso un tavolino lì vicino. Prese tra le mani un bisturi e rigirandoselo tra le dita, quasi come stesse provando piacere nel farlo, si avvicinò ad un Klaus agonizzante e spossato.
-Non preoccuparti, non sono io che voglio farti del male, voglio solo aiutarti- disse con voce roca e quasi seducente.
L’ibrido cercò di mettere a fuoco maggiormente la figura che aveva davanti agli occhi, ma lo fece a fatica. Senza battere ciglio la strega sollevò il bisturi e con poca gentilezza lo inferse nel busto dell’uomo, il quale trattenne a stento un lamento quando la lama gli penetrò nella carne.
Con un colpo secco e deciso la rossa incise lo stomaco di Klaus, e con foga e sangue freddo, penetrò dentro di lui con una mano per potergli estrarre il pugnale dalle viscere.
Klaus non sopportò più il dolore, era la cosa più atroce che gli avessero inferto fino a quel momento. Un lamento, un ringhio, un vero e proprio urlo, gli uscì da dentro, e con tutta la forza che aveva in corpo urlò per il dolore.
Al suono di quelle urla Genevieve sembrò godere, e con più velocità e sempre meno accortezza, vagò con la sua mano tra gli organi dell’Originale. Improvvisamente sentì al tatto la durezza del pugnale stregato, lo afferrò e lo estrasse con tutta la forza che le era possibile. Guardò l’arma completamente insanguinata con grande soddisfazione, e con un sorriso meschino guardò Klaus perdere nuovamente i sensi per il dolore.
 
Caroline si destò di soprassalto. Un urlo disumano l’aveva spaventata a morte e l’aveva fatta risvegliare da un profondo sonno.
Quasi terrorizzata si guardò attorno, spaesata, inconsapevole di dove si trovasse, e   vedere quella stanza enorme, piena di vecchi tavoli metallici arrugginiti, con finestre rotte e con vetri infranti, le fece gelare il sangue nelle vene.
Si alzò di scatto, ma un impedimento di cui non si era accorta le complicò i movimenti: era incatenata.
Iniziò a respirare veloce, cercando di fare mente locale riguardo ciò che era successo precedentemente e del perché si trovasse lì: il Mystic Grill, Matt, Tyler, il parcheggio e poi…una sconosciuta dai bellissimi capelli rossi, e dopo il nulla.
-C’è nessuno?- urlò cercando di liberarsi dalle catene. –Chi diavolo sei?- aggiunse con più foga. Le faceva male la testa, aveva freddo, e aveva paura. Dove diavolo era finita? Ingenuamente si tastò le tasche dei jeans alla ricerca del cellulare, ma non trovò nulla. Come avrebbe fatto? E soprattutto come sarebbe uscita da quella situazione? E perché vi era capitata? Si era accorto qualcuno della sua assenza?
Per quanto assurda e poco ottimale fosse quella situazione cercò di pensare razionalmente, ricacciando con forza le lacrime quando l’idea di essere stata abbandonata da tutti la sfiorò.
Si guardò attorno con più lucidità cercando di capire dove si trovasse: la luce entrava dalle ampie finestre, quindi per fortuna doveva essere mattina o al massimo mezzogiorno inoltrato; il grande salone era pieno di armadi scassinati, rotti e marci, accompagnati da innumerevoli tavoli di metallo e da letti con materassi ingottiti e logori. Le pareti erano rovinate, lasciate all’azione corrosiva e degradante del tempo. Le sembrava di aver già visto un posto del genere, ma non vi era mai stata: pensò profondamente a che cosa le ricordassero quei letti in ferro battuto e quei tavoli, e improvvisamente ci arrivò: era un ospedale.
Un’idea del genere le attanagliò maggiormente lo stomaco. Non c’erano ospedali come quello a Mystic Falls, ma soprattutto, non c’erano ospedali abbandonati nel suo paese, nemmeno vicino al college. Quest’idea la confortò e la terrorizzò allo stesso tempo: era riuscita a capire cosa fosse quel luogo tetro e da brividi, ma allo stesso tempo era palese che non si trovasse a Mystic Falls, né tantomeno nelle sue vicinanze.
“Fantastico” pensò sconfortata e impaurita “Dove diavolo sono?”
Era quello tutto un piano degli stessi uomini che avevano preso il sangue di Elena e Stefan? Dei Viaggiatori? O era tutta opera della Augustine?
Cercò di liberarsi con forza da quei catenacci che la tenevano ancorata al muro: sembravano indistruttibili. Scosse le pesanti catene e iniziò a strattonare e a tirare il moschettone che le teneva fissate alla parete, ma senza successo.
Continuò a sporgersi e a cercare di tirare gli anelli metallici con tutta la forza che le restava: i polsi le si erano addirittura spaccati e un grande dolore la colpì.
Improvvisamente sentì un altro urlo, più disumano del primo che l’ebbe ridestata, e le si rizzarono i peli per il terrore.
Chi stava gridando? Ma soprattutto, che cosa gli stavano facendo se era stato in grado di urlare in quel modo quasi ferino? E cosa avrebbero fatto a lei? Chi c’era dietro tutto ciò?
Con foga, spinta dalla paura, sradicò dalla parete la catena e, incurante del dolore e del sangue che le stava uscendo dai polsi, iniziò a correre senza la minima idea di dove andare.
Il suo corpo si schiantò contro un’alta e robusta porta di legno, che però colpita in pieno si aprì, facendo barcollare e perdere l’equilibrio alla vampira che finì a terra, trascinata dal peso delle catene.
Il pavimento era pieno di vetri e non appena si accasciò al suolo, quei cocci la tagliarono e graffiarono ovunque, faccia compresa, e quando Caroline sentì il sangue rigarle il volto, non si trattenne e scoppiò in un pianto di rabbia e di paura.
-Chi sei? E che diavolo vuoi da me?- urlò, cosciente del fatto che nessuno le avrebbe dato risposta.
-Tesoro, da te non voglio niente- rispose improvvisamente e inaspettatamente una voce femminile di fronte a lei.  
Caroline alzò lo sguardo non fidandosi del suo udito e si trovò davanti un lunghissimo corridoio, pieno di mobili e vecchi scaffali gettati a terra.
Una figura slanciata e sinuosa stava procedendo a passi svelti verso la sua direzione, e man mano che si avvicinava, la vampira potè vederla meglio: era una donna che non aveva mai visto, di colore, con dei lunghi capelli ricci e neri che le ricadevano fluenti davanti il petto e che sembravano muoversi al ritmo sostenuto dei passi che stava facendo.
Celeste procedeva sicura verso il punto in cui la bionda era caduta, e più si avvicinava, più la sua soddisfazione cresceva: doveva concederselo, inserire anche quella preziosa e inaspettata pedina nel suo scacchiere di vendetta e dolore, era stato davvero diabolico e allo stesso tempo geniale.
Prima di allora non aveva avuto modo di conoscere né tanto meno di vedere quella fantomatica ragazza. Trovò davanti a sé una vampira bionda, con gli occhi celesti, lineamenti gentili e armonici, quasi però comune. A dir la verità rimase un po’ delusa dalle sue sembianze in generale: si sarebbe aspettata qualcuna di più vistosa, di più particolare, e magari anche qualcuna che sapeva reggersi in piedi.
La strega avanzò ancora e a Caroline bastò per poterla scorgere meglio: notò subito il suo andamento fiero e anche l’acceso rossetto rosso che le tingeva le labbra.
-Chi sei? Sei una Viaggiatrice?- chiese più convinta la vampira, cercando di alzarsi
–E che cosa vuoi da me?- aggiunse.
Si era quasi rimessa in piedi, ma una forza invisibile e opprimente, la costrinse a ripiegarsi su se stessa e farle cedere le ginocchia. La ragazza si ritrovò di nuovo a terra, con le mani immerse nei frammenti di vetro e sporche di sangue.
Celeste protese il braccio e solamente con la forza del pensiero rimise di nuovo giù la vampira.
-Ti facevo un po’ più forte, sai?- disse la nera con un tono di schernimento, continuando a tenere il braccio proteso e a mantenere un contatto visivo con Caroline.
Quando le arrivò abbastanza vicino da poterla guardare meglio, si chinò su di lei e le sollevò il viso, mimandone solamente il gesto.
La vampira sentiva ancora una forza pressarle sulla schiena, e intuendo che quella che aveva davanti fosse una strega, cercò di non ribellarsi per evitare ulteriori colpi magici.
-Non mi conosci, è inutile che ti dica chi sia- aggiunse Celeste, incontrando lo sguardo impaurito ma temerario di Caroline. Non aveva voglia di perdere tempo con lei.
La strega rimase qualche secondo a scrutarla incuriosita, con uno sguardo pensieroso e corrucciato.
-Sei una ragazzina…- fece  poi con tono quasi incredulo, cercando di capire come mai, proprio quella che aveva davanti, era diventata un tassello molto importante del suo piano di vendetta.
-Cosa avrei dovuto essere?- chiese velenosa Caroline, non curante della situazione di netto svantaggio nei suoi confronti. Avrebbe voluto solo capire che cosa stava succedendo e cosa le volevano fare.
-Una donna, e per donna intendo una donna vera, matura…- rispose Celeste ancora confusa. –E poi avresti dovuto essere più forte…Senza che io ti abbia fatto niente, ti sei fatta mettere K.O. da una porta…- aggiunse con una risatina.
-Sono inciampata- ribattè Caroline, davvero confusa dalle parole di quella donna.
Se non si aspettava un come lei perché mai l’aveva rapita?
La vampira cercò di alzarsi, ma a quel punto Celeste la bloccò nuovamente a terra.
-Ma che diavolo vuoi da me? Non ti ho mai visto! E dove mi hai portata? Perchè mi hai rapita?- chiese lamentandosi. Le lacrime stavano prepotentemente premendo contro le sue palpebre ma fece di tutto per non farle uscire: non voleva farsi vedere da quella donna piangere, la quale la stava addirittura schernendo per le sue fattezze e per la sua giovane età.
-E poi che ti aspettavi?- aggiunse chinando il capo.
Celeste si chinò maggiormente su di lei e con un cenno di mano, le liberò i polsi da quelle grandi manette.
La vampira provò un grande sollievo e una sensazione di freschezza, i polsi le dolevano e il sangue aveva iniziato addirittura a solidificarsi, ma senza quelle pesanti zavorre, stava decisamente meglio.
Caroline guardò la strega leggermente confusa: perché le aveva slegato i polsi da quelle catene?
La sensazione di sollievo però durò qualche secondo. All’improvviso Celeste si alzò e con una mano distesa verso il corpo di Caroline iniziò di nuovo a camminare verso la direzione da cui era venuta.
La vampira sentì un’ulteriore forza strattonarla e trascinarla per terra: la strega la stava portando con sé, ma la stava letteralmente strattonando e strascicando sul pavimento. Fu investita da qualsiasi tipo di oggetto appuntito: vetri, bottiglie rotte, attrezzi chirurgici e paletti pieni di schegge. Una addirittura le entrò in una guancia causandole un dolore atroce, ma riuscì a togliersela. I vetri le causavano tantissimo male, addirittura sentì tagliarsi la pancia e sentì i jeans strapparsi al ginocchio.
Mentre quel folle trascinamento andava avanti senza sapere dove si stessero dirigendo, sentiva il rumore dei tacchi della donna colpire con forza il pavimento, sentiva il rumore dei vetri muoversi a causa sua e poi sentì la donna dire qualcosa.
-Vediamo quanto il grande e potente Niklaus Mikaelson impiegherà a capire che tu sei qui- commentò Celeste, piegando le labbra in un ghigno.
 
-La mia ferita non guarisce- fece Klaus guardando la fasciatura che la donna dai capelli rossi gli aveva premurosamente fatto qualche minuto prima.
-Ci vorrà un po’- rispose Genevieve con un sorriso –E’ a causa della magia nera contenuta nel pugnale- aggiunse facendosi più vicina all’ibrido.
-Tu sei una di loro. Delle quattro streghe resuscitate- commentò l’uomo con voce roca e stanca. Benchè non avesse più il pugnale dentro di sé a torturarlo, il dolore che stava provando era ancora vivido dentro di lui, e aveva gli occhi stanchi, bruciavano. In realtà avrebbe solo voluto riposare, anzi, magari prima avrebbe voluto vendicarsi di quell’affronto, e poi avrebbe voluto riposarsi bevendo un po’ di sangue.
-Perché mi stai dimostrando gentilezza?- aggiunse senza troppi giri di parole. Avrebbe anche potuto essere debole per quelle pene inferte, ma non avrebbe mai perso il suo spirito da stratega e da cacciatore.
La donna sembrò lusingata da quella domanda, e senza farsi troppi problemi si sporse verso l’ibrido e lo penetrò con le sue iridi di ghiaccio. L’impulsivo fratello di Elijah l’aveva sempre affascinata, e fin dagli anni venti, fin dal lontano 1919, aveva desiderato essere notata da lui, magari riuscirgli a strappare un sorriso malizioso.
Si avvicinò con fare felino e prendendogli il viso tra le mani, rispose con delicatezza e dolcezza, cercando di cogliere e di sfruttare a proprio vantaggio quell’attimo di debolezza.
-Tu non mi hai fatto niente- rispose con sincerità la strega, la quale rabbrividì sentendo la barba di Klaus sotto le dita. – E sinceramente vederti in questo stato…non può che farmi pena- aggiunse, avvicinandosi maggiormente a lui e sfiorandogli quasi le labbra.
Per un attimo l’ibrido fu colto alla sprovvista, non aspettandosi tutta quella fisicità dalla rossa, e quasi ne rimase colpito. Si trovava in una situazione che mai gli era capitata prima di allora: era in un vecchio ospedale, debole e dolorante per una ferita causatagli dalla magia nera,  con un’attraente strega dai capelli rossi, fautrice di quel piano, ma sostenitrice della sua incolumità.
-Allora volta le spalle a loro…e unisciti a me- disse Klaus con tono di ovvietà, cogliendo la palla al balzo e cercando anche in quel momento di portare a termine i suoi giochetti di potere. –Potrei ricompensarti in modi che non puoi nemmeno immaginare- aggiunse per essere convincente.
Genevieve era profondamente attratta da quelle parole e non riusciva a smettere di sfiorare ed accarezzare il viso dell’ibrido, il quale sembrava rilassarsi sotto il suo tocco delicato.
Fece un grande sorriso e prese il mento dell’Originale tra le mani, e guardando perversamente le labbra di Klaus rispose –Stai offrendo ad una insignificante come me un accordo? Ne sono lusingata…Ma prima, dovremmo risolvere una questione che riguarda tua sorella- continuò con voce calda e sensuale la donna. Desiderava Klaus da un secolo, letteralmente, e probabilmente dopo che gli avrebbe mostrato quello che era successo in passato se lo sarebbe ingraziato a tal punto, da diventare l’unica certezza nella sua vita.
-Tu non sei una preoccupazione per Rebekah- commentò Klaus indispettito e curioso allo stesso tempo. –E se provi a farle del male…- aggiunse assumendo un tono minaccioso.
-Che fratello protettivo- commentò Genevieve allontanandosi –Peccato che tutta la tua dedizione, non valga la sua lealtà-
A quelle parole Klaus tacque qualche secondo, che cosa voleva dire?
-Sai, io posso farti vedere…- continuò la rossa -…Posso farti conoscere chi è veramente tua sorella e che cosa ha tramato alle tue spalle. Non sono  nuova ai tradimenti di Rebekah, e nemmeno tu-
Klaus la osservò silenzioso raccogliendo le idee, titubante sul da farsi, ma soprattutto se fidarsi di quelle parole.
Genevieve si allontanò qualche secondo da lui e si sporse lungo un tavolino per prendere una coppetta in legno.
L’odore di sangue ridestò Klaus dal suo limbo infernale e la strega, fingendosi gentile e affabile, lo indusse a bere.
Non appena deglutì e ingerì quella linfa vitale, il suo corpo ebbe uno spasmo, accompagnato dalla sensazione di fiamme e calore che aveva nella trachea.
-Tua sorella ha avuto uno spiacevole incidente con i lupi mannari- commentò la donna guardando l’ibrido torcersi dal dolore –Il suo sangue potrebbe non esserti molto gradito-
Klaus gemette e ulteriormente indebolito da quel colpo basso e infimo, cercò di muoversi e liberarsi, ma evidentemente mentre era svenuto precedentemente per il dolore, la strega l’aveva di nuovo immobilizzato con le cinghie.
-Mi dispiace- fece Genevieve con uno sguardo quasi triste e sincero –Ma è l’unico modo per farti vedere- aggiunse,  portando le mani sulle tempie dell’Originale.
Klaus cadde nuovamente in un sonno profondo, ma questa volta era diverso. Non stava dormendo, sembrava essere desto, sembrava stesse sognando.
Le pareti dell’ospedale si trasformarono, accogliendo quadri, arazzi e affreschi di cui Klaus non ricordava l’esistenza. Tutto attorno a lui si fece più vivo e  più gioioso e fu catapultato in un’epoca che aveva dimenticato, che aveva rimosso cercando di non soffrire più.
Le immagini scorrevano veloci di fronte ai suoi occhi, e lui sembrava essere un silenzioso spettatore di tutta quella storia celatagli fino a quel momento. La musica, l’aria di festa, i vestiti, lo riportarono alle ultime propaggini della prima decade del secolo, a quel lontano 1919, quando lui e la sua famiglia scapparono per paura di Mikeal, lasciandosi alle spalle una New Orleans in fiamme e prossima alla distruzione.
 
 
Celeste scaraventò Caroline a terra e si chinò su di lei. Era intenta a portare quel piano a conclusione, aspettava la sua vendetta da quasi due secoli. Era piena di rancore, di rabbia, di risentimento nei confronti dell’intera famiglia Mikealson e in particolare dei due fratelli grandi. Klaus avrebbe avuto quello che meritava, avrebbe pagato per tutte le deplorevoli azioni commesse nel corso di un millennio.
Nell’impatto Caroline battè la testa contro il pavimento e per qualche minuto la sua vista rimase annebbiata. Riusciva solamente a vedere l’immagine sfuocata di quella donna che si muoveva lentamente davanti a lei, e all’improvviso vide tra le sue mani una siringa contenente un siero giallognolo.
Alla vista di quell’ago lungo e spesso, la vampira rabbrividì. Possibile che quella donna, quella strega, fosse un membro della Augustine e volesse fare esperimenti su di lei? E poi le era davvero sembrato di sentire il nome di Klaus prima?
Tutto quel vortice di pensieri sparì quando vide Celeste conficcarle l’ago nella spalla e premere lo stantuffo della siringa.
La strega non aveva ancora finito il suo lavoro, che già quel liquido aveva iniziato a fare effetto: la bionda sentì un bruciore tremendo al braccio per poi provare la stessa sensazione sparsa in tutto il corpo. Quei sintomi non le erano nuovi purtroppo e immediatamente capì di cosa si trattasse: veleno di licantropo.
-Sta’ ferma- sentenziò Celeste tenendo Caroline ferma per un braccio, e con soddisfazione premette completamente la siringa, non risparmiandone nemmeno una goccia.
Non appena estrasse l’ago, un naturale sorrisetto di compiacimento le si stampò sul volto, e gettando la siringa a terra parlò.
-Sai, c’è qualcosa di perversamente affascinante e romantico in tutto ciò- iniziò a dire alzandosi e lasciando Caroline agonizzante a terra.
Si era superata, doveva ammetterlo. Era da un po’ che teneva sott’occhio Klaus e tutti i suoi movimenti, e quando venne a sapere dai suoi infiltrati che si era allontanato da New Orleans nel bel mezzo della lotta contro le streghe e dopo il rito del Raccolto, non avrebbe mai immaginato cosa sarebbe stata in grado di scoprire. Le avevano detto che l’ibrido e sua sorella si erano diretti entrambi in un paesino in Virginia per non si sapeva quale motivo, e dopo aver ripercorso un po’ la storia dei fratelli Originali, non le fu difficile capire perché si erano recati in quel posto. Le scoperte fatte dopo però, quelle sì, erano state davvero sconvolgenti.
Klaus si era allontanato con la scusa di andare a godere della morte della Doppelganger e invece si era ritrovato ad andare da una ragazza, da quella ragazza che le stava di fronte. Le aveva dimostrato gentilezza, pietà, sentimento, amore. Tutte cose che nessuno aveva visto, né tanto meno creduto, che lui potesse avere.
-Il veleno di licantropo del tuo fidanzato ti scorre nelle vene- aggiunse, non mostrando un minimo di risentimento –E dato che te l’ho iniettato direttamente nel sangue, ti rimangono circa due ore di tempo prima che tu muoia-
Caroline si sentì morire, non c’era via di scampo dal morso di un lupo mannaro e dal suo veleno, e sicuramente sarebbe morta prima di trovare una soluzione.
E poi di quale fidanzato stava parlando? Di Tyler? E poi come aveva fatto a procurarselo, se l’ultima volta che ebbe visto il ragazzo si stava beatamente divertendo con Matt sul bancone del Mystic Grill?
Celeste si chinò maggiormente su di lei, godendo infinitamente dello sguardo catatonico e terrorizzato della vampira. Le prese la testa per i capelli e strattonandola si portò il suo viso vicino.
-Immagino tu sappia di aver bisogno di Niklaus per sopravvivere…- continuò quasi sussurrando.
Caroline iniziò a respirare affannosamente. Il veleno era già iniziato ad entrarle in circolo e la bruttissima sensazione di paralisi dei muscoli aveva già iniziato a diffondersi.
Che cosa centrava Klaus in tutta quella storia? Soprattutto lei che cosa centrava con tutta quella faccenda? Non riusciva ancora a capire che cosa le fosse successo e perché, ma in quella situazione mortale, decise di non pensarci. Doveva trovare una soluzione per sopravvivere, alla svelta.
-Lui è in giro da queste parti, dovresti iniziarlo a cercare…E’ messo maluccio come te, ma è molto arrabbiato, quindi fa’ in fretta. Trovalo prima che lui trovi Rebekah, altrimenti scoprirai a caro prezzo quanto la vendetta abbia valore per lui- terminò di dire alzandosi.
La bionda stentava a credere a quelle parole. Davvero Klaus era lì con lei? In quell’ospedale abbandonato? Ed era ferito anche lui? Erano sue quelle urla che aveva sentito prima?
Tremò e perse nuovamente l’equilibrio sotto il suo stesso peso, ma a fatica, cercando di ignorare la sensazione di bruciore che le permeava il corpo, si rimise in piedi. Adesso Celeste le era di fronte, con il suo sguardo rilassato e meschino, leggermente illuminato dalla luce del sole che filtrava dalle persiane marcite.
-Ah, e un’altra cosa- fece la strega prima di andarsene – Questo è il mio ultimo regalo, prima che ti lasci- fece, schioccando le dita.
Caroline la guardò confusa: che stava facendo? Di che regalo stava parlando?
Non fece in tempo a formulare le domande che la donna iniziò a camminare lungo il corridoio, sparendo nel nulla.
Improvvisamente la vampira sentì un ringhio alle proprie spalle, un rumore gutturale proveniente da dietro. Ci mise qualche secondo per capire da dove provenisse, e poi si girò.
Le gambe iniziarono a tremarle, e lottando contro lo stordimento, il bruciore e il veleno in circolo, iniziò a correre.
Non credeva che la cattiveria di quella donna si potesse spingere fino a quel limite, e sbattette più volte le palpebre per cercare di capire se quello che le era davanti fosse vero.
Appena si mosse, la creatura di fronte a lei digrignò i denti, mostrandole lunghe zanne affilate. Un ululato, un ringhio, un ruggito furono emessi dal lupo nero e sporco di sangue, che senza aspettare un attimo iniziò ad inseguirla.
-No, no, no!- urlò Caroline avanzando quanto più veloce possibile. La gamba in cui precedentemente si era ficcata la scheggia di vetro le faceva male, e la costringeva a zoppicare e a procedere a tentoni. La bestia era dietro di lei, ad una distanza che si accorciava sempre di più man mano che procedeva in avanti, e poteva sentire su di lei quasi l’alito dell’animale.
-Klaus!- iniziò ad urlare senza pensarci due volte –Klaus!- ripetè disperata. Aveva bisogno di lui, avrebbe dovuto trovarlo o sarebbe morta nelle prossime ore.
Il corridoio che stava percorrendo sembrava non finire mai, quasi ogni momento si girava per controllare a che distanza fosse il lupo, e si sentì morire quando quest’ultimo fece un balzo e la raggiunse atterrandola.
Il peso dell’animale la schiacciò a terra e istintivamente cercò di immobilizzargli le fauci per evitare di essere ulteriormente morsa.
Il lupo, nero come la pece, si dimenava, cercando di colmare la distanza con il viso della ragazza poter portare a termine il suo compito, ma Caroline raccolse tutte le energie per poterglielo evitare.
Mai le era capitato di trovarsi così vicino ad un lupo, di affrontarlo a quella distanza quasi inesistente. Le zanne del licantropo continuavano ad essere digrignate e la creatura continuava a ringhiare inferocita, quasi fosse quello il suo unico scopo.
La vampira girò leggermente la testa per poter allontanarsi maggiormente da quegli enormi canini velenosi, e vide vicino a sé un coccio di vetro. Senza pensarci due volte e cercando di tenere il più lontano possibile il lupo con il braccio che non le faceva male, prese il vetro con l’altro braccio, in cui Celeste le aveva iniettato il veleno, e decisa, glielo conficcò al lato del collo.
Il lupo lasciò la presa e lei riuscì a sfilarsi da sotto strisciando e poi  rimettendosi in piedi. Quella creatura era enorme, sudicia, quasi mostruosa, ma per fortuna quel vetro sembrava le avesse fatto guadagnare un po’ di tempo.
Iniziò di nuovo a correre ancora più malconcia  e indebolita di prima. Il veleno stava continuando ad agire,  e non solo sentiva bruciare ogni fibra del suo corpo, ma aveva iniziato a sudare, a sentire freddo, e a momenti alterni forti spasmi di dolore le attraversavano la schiena e in particolar modo le gambe.
Continuò a correre, lottando per la vita, lottando per se stessa. Doveva trovare Klaus, ma quel corridoio sembrava non finire mai.
Gridò ancora il nome dell’Originale, immaginandosi invano che lui apparisse lì da un momento all’altro, ma davanti a lei continuava ad esserci solo quella maledetta distesa di pareti sudice e crollanti, che terminavano con una porta ad una cinquantina metri di distanza.
Raccolse tutte le forze che le erano rimaste per poterla raggiungere e per poter seminare il lupo mannaro, ma una macabra sorpresa la attendeva.
Nella foga di fare il più veloce possibile, inciampò in una brandina che si trovava gettata a terra e cadde sul pavimento, cercò di rimettersi velocemente in piedi, ma quando guardò dietro per vedere se il licantropo fosse ancora a terra agonizzante, ciò che vide fu sconvolgente: il lupo non era più solo.
Una coppia di licantropi stava procedendo verso di lei, con fare ferino, da cacciatori, cercando di non fare il minimo rumore per non spaventare la preda.
A quella vista Caroline non resistette e scoppiò in un pianto di disperazione mista a rassegnazione: sarebbe morta lì dentro, da sola, senza che nessuno le avesse fatto in tempo a spiegare cosa stesse accadendo. Non avrebbe più rivisto Stefan, Elena, Bonnie, Matt, Tyler, e perché no, anche Damon. Nessuno di loro avrebbe mai saputo cosa le fosse successo, sempre se qualcuno si fosse mai accorto della sua assenza e sempre se fosse mancata veramente a qualcuno. 
I lupi erano ad una ventina di metri da lei e stavano avanzando sempre più pericolosamente. Emettevano ringhi e versi mentre procedevano verso di lei. Le loro fauci digrignate sembravano ancora più spaventose allora che erano in due, e Caroline dovette prendere repentinamente una decisione. Non avrebbe saputo difendersi da entrambi quei lupi, così decise di provare con l’ultimo, estremo sforzo.
Si asciugò le lacrime mostrando a quelle creature tutto il coraggio che aveva, e iniziò ad indietreggiare lentamente.
Quando il secondo lupo, quello grigio, si preparò per spiccare un balzo verso di lei, decise di usare i suoi poteri di vampiro e di dirigersi verso la porta.
Il piano funzionò a metà: purtroppo era troppo debole per procedere velocemente come era solita fare, e riuscì ad arrivare ad una decina di metri dalla porta. Fortunatamente riuscì a scappare e a schivare il lupo che, se ci avesse messo solo qualche secondo in più, le sarebbe balzato addosso.
La vampira, nell’atterrare e ancorare i piedi al pavimento, cadde nuovamente sbilanciando tutto il peso del corpo sulla gamba ferita. Arrivò a pochi metri dal suo traguardo, e senza rinunciare alla sua libertà, strisciò fino ad aggrapparsi alla porta.
I lupi l’avevano quasi raggiunta benchè fossero stati colti alla sprovvista dal movimento veloce della ragazza, e senza perdere tempo iniziarono a correre famelici contro di lei.
Caroline si aggrappò alla maniglia della porta che si aprì, facendole perdere l’equilibrio e gettandola in parte in un’altra stanza. La coppia di licantropi spiccò insieme un ultimo balzo per raggiungere la bionda, ma quest’ultima con le ultime forze rimaste, continuando a strisciare, si portò totalmente al di là del corridoio e una volta entrata nella nuova ala, spinse con la schiena la grande porta di legno, chiudendola.
I lupi andarono a sbattere contro di essa e l’impatto generato dai loro corpi causò un tonfo sordo. Caroline fu spostata dal rinculo del colpo, ma rimettendosi in piedi, riuscì a bloccare la porta spingendovi sopra un vecchio armadio e alcuni mobiletti.
Rimase qualche secondo a guardare quella montagna di mobili e legno, e sospirò. Ce l’aveva fatta, era riuscita a bloccare due lupi mannari. Era ancora viva.
La prepotente scarica di adrenalina causata dalla paura, iniziò a perdere i suoi effetti, e non passarono che qualche decina di secondi che si sentì nuovamente cedere.
Aveva seminato i lupi, era vero, ma aveva ancora il veleno di licantropo in circolo. Tutto quello sforzo non aveva fatto altro che peggiorare le sue condizioni: si sentiva spossata, debole; la gola era arsa e aveva un disperato bisogno di bere, acqua o sangue era indifferente, aveva bisogno di qualcosa che le rinfrescasse le viscere.
Fece qualche passo a ritroso, guardando ancora a fatica la sua opera, e poi si incamminò. Le immagini iniziavano a diventare sempre più sfuocate e la luce iniziava a darle sempre più fastidio.
La stanza in cui era entrata non era molto diversa da quella che si era lasciata alle spalle, era un altro corridoio a cui dai lati si affacciavano le varie stanze.
Continuò a procedere, intenta a raggiungere la punta di quell’altro corridoio, sperando che quel labirinto potesse avere una fine.
-Non puoi nasconderti da me, Rebekah!- sentì improvvisamente urlare da qualche parte in fondo alla stanza.
Quella voce la risvegliò, le ridiede un briciolo di forza. La conosceva, l’aveva riconosciuta, era la sua voce, la voce di Klaus, l’aveva trovato.
-Klaus- iniziò a dire, cercando di dare alla sua voce la parvenza di un urlo –Klaus!- urlò più forte, disperata, aggrappandosi all’ultima speranza che aveva di rimanere viva. –Klaus!- continuò, fino a sentire la gola in fiamme.  
Iniziò a camminare più veloce, quasi a correre per quanto la gamba ferita glielo permetteva. Doveva trovarlo, doveva fargli capire che anche lei era lì.
Cambiò direzione, entrando in un altro corridoio, buio e sperduto, ma finalmente lo vide. Klaus era a metà di esso, che procedeva a passo svelto, tenendogli le spalle. Possibile che non riusciva a sentirla?
-Non puoi neanche scappare- continuò a dire Klaus seguendo la sorella. Il sangue di Genevieve l’aveva reso più forte, più stabile, non era ancora al suo stato ottimale, ma era cosciente e lucido abbastanza da essere padrone delle sue capacità. Avrebbe ucciso Rebekah con le sue stesse mani, l’avrebbe punita per quell’affronto, per il peggiore dei tradimenti che aveva mai ricevuto. Chiamare suo padre per poterlo uccidere affinchè lei e quell’altro sporco, ingrato, traditore di Marcel potessero vivere la loro storia d’amore…era troppo anche per lui.
Rebekah svoltò l’angolo scendendo nel seminterrato dell’ospedale e quando lo stava per fare anche lui, una voce lo fermò improvvisamente.
Doveva essere un qualche strano effetto collaterale della magia nera del pugnale, non c’era altra spiegazione, non avrebbe avuto senso altrimenti. Lei non poteva trovarsi davvero là, nel suo mondo, in mezzo a quella faida tra streghe e vampiri, ma soprattutto in quel luogo di morte e tradimento.
-Klaus!- sentì di nuovo chiamarsi. Era un lamento, un urlo soffocato, un gemito di disperazione, e quando si voltò per verificare con i suoi occhi, rimase quasi scioccato: Caroline. Caroline era lì, che procedeva a tentoni, quasi correndo verso di lui.
Era irriconoscibile: aveva i vestiti strappati, logori, sporchi di sangue, era piena di escoriazioni e tagli sul viso e sulle mani, i capelli disordinati che le ricadevano sul petto, gli occhi gonfi e arrossati, ed un orrendo colorito cadaverico.
L’ibrido chiuse e riaprì gli occhi più volte per poter capire se quella che aveva davanti era davvero lei e non solo un’allucinazione, ma solo quando la vampira si gettò tra le sue braccia, ebbe la conferma che era tutto reale.
Caroline senza pensarci due volte si gettò tra le braccia dell’Originale. Un petto marmoreo e saldo la accolse e quasi si sentì sollevata. Ce l’aveva fatta, era riuscita ad ingannare la morte proprio all’ultimo, proprio quando aveva perso ogni speranza.
Klaus d’altro canto era rimasto immobile, scioccato, incredulo di vederla lì, di averla tra le sue braccia. Allora che la guardava da ancora più vicino era quasi irriconoscibile con tutti quei tagli. Era letteralmente moribonda.
-Klaus, devi aiutarmi- disse a fatica Caroline ma con la sua consueta foga. Iniziò a parlare a raffica per quanto la gola, ancora in fiamme, le permetteva: non era rimasto molto altro tempo.
-Una strega mi ha rapito, mi ha portato qui…ho bisogno di te, del tuo sangue, mi ha iniettato del veleno di lupo mannaro…- iniziò a dire tra un lamento e l’altro. Per lo sforzo cedette sulle sue ginocchia e sarebbe quasi caduta se Klaus non l’avesse sorretta.
L’Originale stentava a credere a quella storia: non capiva cosa lei ci facesse lì, non capiva perché era in quelle orribili condizioni, ma soprattutto non voleva che lei lo vedesse in quel momento, proprio quando era furioso e rabbioso con sua sorella.
Stava perdendo tempo, Rebekah sarebbe scappata se lui avesse temporeggiato ancora, doveva inseguirla, fargliela pagare, ma allo stesso tempo non poteva farlo se c’era anche Caroline di mezzo. Non voleva mostrarle il suo lato da animale, il suo lato da mostro…Eppure andava fatto, per la sua dignità, per il suo orgoglio, per la sua anima.
-Ti prego, Klaus…- gli disse di nuovo la vampira gemendo –Sto morendo…- disse lamentandosi, aggrappandosi alle braccia dell’ibrido.
A quelle parole Klaus fu come ridestato da un sogno, e solo allora sembrò capire: era stato tutto un piano delle streghe. Avevano rapito la sua Caroline per metterlo in condizione di scegliere tra il suo orgoglio e l’infatuazione per quella ragazza bionda che aveva davanti.
Furono attimi lunghissimi.
Dentro di sé stava succedendo il finimondo, un vortice di emozioni contrastanti. Non sapeva che fare.
Doveva salvare Caroline, ma allo stesso doveva andare a cercare Rebekah: non poteva temporeggiare ancora, altrimenti sarebbe scappata, ma non poteva nemmeno aspettare, altrimenti Caroline sarebbe morta.
La ragazza guardò l’ibrido e vi lesse una strana espressione: il biondo era combattuto, era scioccato, forse ancora incredulo di vederla lì, tra le sue braccia, probabilmente in condizioni pessime e spaventose, ed era ancora immobile, non aveva emesso alcun un suono e sembrava essere in uno stato di trance.
Esausta la vampira si accasciò lentamente, appoggiandosi sul petto dell’Originale perdendo i sensi.
Klaus emise un ringhio soffocato, maledicendo tutte le streghe che avevano architettato quel piano diabolico. Scosso quasi da una scarica elettrica, uscì fuori i canini e recidendosi il polso, lo portò alle labbra di Caroline.
-Andiamo, bevi- fece scuotendo il viso della vampira –Bevi- ripetè più convinto, come se fosse un ordine piuttosto che un soffocato e speranzoso desiderio.
Caroline sentì il sangue dell’ibrido sulle labbra e si ridestò, attratta da quella linfa salvifica e vitale. Senza pensarci, iniziò a succhiare tutto il sangue che poteva, e man mano che lo assaporava e ingoiava, sentiva i suoi muscoli rilassarsi e il suo corpo riprendere le sue consuete attività naturali.
Ne prese ancora, quanto bastava per rimetterla in forze e per far sparire del tutto la sensazione di bruciore attorno al cuore e nella gola. Pian piano sentiva di nuovo i suoi parametri vitali ristabilirsi e potè rimettersi in piedi sulle sue stesse gambe.
Klaus vide il colorito di Caroline passare dal livido al rosato, colorarsi nuovamente e assumere il suo consueto colore, quasi come quello di una bambola di porcellana.
La ragazza sospirò e l’ibrido capì che non aveva più bisogno di lui, così le staccò il polso dalle labbra.
Le prese il viso tra le mani, accarezzandole i capelli scompigliati e sporchi di polvere. Che cosa avevano fatto alla sua povera Caroline?
Le escoriazioni e i graffi stavano lentamente guarendo e il suo volto stava ritornando ad essere di nuovo liscio e fresco come se lo ricordava.
Anche in quella situazione così difficile incatenò gli occhi a quelli celesti della ragazza: riuscì a vedere la fiamma ardente della vita ritornare a brillare, a bruciare più vivida che mai.
-Stai bene?- chiese con voce roca, continuando ad accarezzare il viso di Caroline.
La ragazza rabbrividì sentendo di nuovo la sua voce, e portandogli le mani al petto gli rispose.
-Mi hai salvato…- disse a voce bassa, con un tono di gratitudine che mai aveva usato con lui –Grazie- aggiunse, sporgendosi per dargli un bacio, ma non fece in tempo a poggiare le sue labbra su quelle dell’ibrido, che Klaus sparì dal suo campo visivo, piegandosi in due sulle sue stesse ginocchia.
L’Originale emise un urlo disumano e si abbandonò alla oramai familiare sensazione di ricevere il pugnale stregato nello stomaco, amplificata dall’effetto sorpresa.
Caroline vide Klaus accasciarsi al suolo e perdere i sensi, e quando alzò gli occhi per capire cosa fosse successo, trovo di fronte a lei, alle spalle dell’ibrido, il più grande dei fratelli Mikealson.
Elijah era sbucato alle loro spalle, con la velocità sovrannaturale si era impossessato del pugnale di Papa Tunde, e sfruttando la distrazione del fratello, l’aveva conficcato nuovamente nel petto dell’ibrido.
La vampira guardò con occhi persi L’Originale maggiore, e sconvolta da quel gesto, rimase totalmente immobile alla sua vista.
-Caroline…- mormorò Elijah riconoscendola e guardandola con totale sorpresa e incredulità –Che diavolo ci fai qui?- aggiunse, spostando il suo sguardo dalla bionda al fratello agonizzante a terra. 


 
***
Bene, bene, bene! Eccoci arrivati alla fine di questo capitolo. Vi è piaciuto? Spero di sì perchè ho adorato scriverlo, è uscito fuori in soli due giorni, sono orgogliosa di me!
Cosa ne pensate al cambiamento che ho dato agli eventi? Mi sono complicata un po' la vita, vero? :P
Klaus è stato messo alle strette, costretto a scegliere tra il perdere Caroline e il vendicare il tradimento subito tra Marcel e Rebekah: probabilmente se Elijah non fosse intervenuto, dopo aver curato Caroline, sarebbe sceso comunque nel sotterraneo! 
Spero di postare la settimana prossima dopo che avrò dato quest'altro esame, ma nel frattempo correte a lasciarmi una recensione! Voglio sapere che ne pensate di questo capitolo, che io ho adorato! 
A proposito ringrazio infinitamente tutte le ragazze che mi hanno lasciato le precedenti recensioni e tutti coloro che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/da ricordare! E mi scuso se ho lasciato a metà la lettura di alcune storie, cercherò di recuperare tutto. Voi intanto avvisatemi e ricordatemi!

xoxo M.

 

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