The last male and me di tsubasa_rukia3 (/viewuser.php?uid=285963)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo? ***
Capitolo 2: *** L'incontro ***
Capitolo 3: *** Il silenzio che precede la tempesta ***
Capitolo 4: *** La calma nell'occhio del ciclone ***
Capitolo 5: *** Il Tornado silenzioso ***
Capitolo 6: *** La devastazione post-tornado ***
Capitolo 7: *** Il momento di silenzio fra i due mondi ***
Capitolo 8: *** Finalmente so cosa sei... ***
Capitolo 9: *** Profumo di fiori... ***
Capitolo 10: *** Nostalgia ***
Capitolo 11: *** Unione ***
Capitolo 1 *** Prologo? ***
Mi chiamo Shaila... nah non è vero. Il mio nome è banalissimo: Sara; ho capelli lunghi e mossi, color castano e degli occhi dello stesso colore. Ho una corporatura abbastanza robusta, ma anche abbastanza soddisfacente. Pelle un po' chiara e mi ammalo facilmente.
Fin qui tutto normale.
Beh, se fossi normale questa storia non esisterebbe nemmeno.
Non sono umana, tranquilli, non sono un fantasma o un demone, nemmeno un licantropo se è per questo; e per fortuna devo aggiungere: puzzano troppo per i miei gusti!
Sono un vampiro; ok, ora potete pure scappare urlando il perdono di Dio buttandomi croci e aglio ect. ect.
Vivo in Italia, un paese dal bellissimo paesaggio, ma abitata da gente che sta per il fatto suo, soprattutto qui in montagna.
Lavoro in un ristorante: mi occupo della carne. Ironico, io che non ne posso mangiare neanche un grammo. Oh, non bevo neanche sangue umano se è per quello. Cioè potrei, ma non ne sento il bisogno da anni.
È vitale, come fanno credere nei film e nei romanzi, solo "nella stagione degli amori''.
Ormai non esiste.
Perché? Semplice, la mia razza non ha più creato maschi della sua specie. Prima si abbassarono di numero diventando una vera e propria rarità, non avete idea di che problemi questa cosa causò. Divennero il top della società vampiresca e iniziarono a "tirarsela",come è usanza dire adesso; oh, quanto se la tirarono.
Fu in quel periodo che decisi di andarmene da quella società che si stava strozzando con le sue mani.
Era dal XIV secolo che desideravo andarci! Ora che i miei erano stati uccisi da un clan dei spiriti del fuoco della Turchia potevo andarmene come e dove mi pareva e piaceva!
Non pensate male, li ho pianti per tre anni prima di poter anche solo alzare lo sguardo dalle loro "tombe". Visto che i nostri corpi quando muoiono diventano pietra e si polverizzano lo trovo difficile farne delle proprie tombe.
Com'è che dite voi umani? Ah, sì: " Lo spettacolo deve andare avanti".
Beh, ci vollero quattro secoli perché i maschi scomparissero totalmente. Ovviamente, non siamo rimasti con le mani in mano a vederli scomparire: il Re in persona è intervenuto, e indovinate non riuscì a fare niente e lui rimase l'unico superstite.
A quei tempi S. Pietroburgo era così bella, ricordo ancora quando sono stata invitata ad un ballo dopo cento anni che giravo senza meta. Mi hanno vestita di tutto punto e ho ballato anche tanto. Lì ho bevuto per l'ultima volta il sangue umano, ma non voglio certo annoiarvi con i miei ricordi vecchi di qualche anno.
Vediamo, ah, sì! Alla fine il Re rimase l'unico superstite. Fu scoperto da un giovane mentre riposava in uno dei suoi castelli e nacque la leggenda del Conte Dracula.
A quei tempi fu davvero difficile muoversi senza creare sospetti. Bastava morire in una città e cambiare regione, ma non avete idea che fatica scavare con le nude mani la terra fredda della notte per uscire fuori.
La Belle epoque era così bella, soprattutto per il valzer viennese. Che poesia di movimento era quel ballo... Ma non divaghiamoci.
Perché sto scrivendo, in codice, questa storia su un quaderno alle tre del mattino e senza il bisogno di una torcia elettrica in alta montagna? Beh, perché la mia mente ultimamente mi sta facendo degli strani scherzi: credo di aver trovato un maschio della mia specie, forse l'ultimo.
Questo vuol dire poche cose e tutte ne significavano una cosa sola per me: guai, molti e brutti guai.
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Capitolo 2 *** L'incontro ***
Ricordo ancora quel giorno come se fosse successo poche ore fa e non settimane.
Ero durante il mio turno serale in cucina, nonostante fosse bassa stagione c'era molta gente per via di un evento nei boschi, non so, la cosa non m'interessava molto quindi l'ho quasi cancellato totalmente dalla mia memoria.
Mi occupai io della sua cena: carne alla griglia molto al sangue. Questo non è poi così strano, se non per il fatto che si era mangiato cinque chili di quella roba.
Le ragazze che servivano in quel momento si trovarono inorridite a tal punto che fu il maître a occuparsi personalmente di lui con una faccia impassibile. Per curiosità, avrei voluto affacciarmi e spiare di sfuggita colui che creava tanto trambusto, ma la lunga fila di ordini non mi lasciava molta scelta.
Parlavo solo con lo staff di cucina e con quello di sala per pura cortesia, poche parole. I piatti uscirono come dovevano andare e in trenta minuti si superò il momento critico della serata, iniziai a pulire la mia postazione aiutando quella dei dessert, anche se non ne aveva bisogno.
Una folata fresca e leggera entrò insieme a un cameriere in cucina e l'odore mi raggiunse le narici, un odore inebriante e dolce. Mi stupì talmente tanto che, per la prima volta in tutti e due gli anni in cui sono stata lì, mi scivolò un piatto fra le mani cadendo in pezzi.
«Ah! Il gelato con la macedonia», mi lamentai. Mi misi a raccoglierne i resti, con quell'odorino che mi stuzzicava le narici.
Il turno finì intorno a mezzanotte, come sempre, e conclusi le ultime pulizie; salutai lo chef dirigendomi in un corridoio buio dove sapevo esserci l'uscita per i dipendenti. Dopodiché, mi diressi verso il bosco, chiusi gli occhi e inspirai l'aria gelida.
«Bene, nessuno nei paraggi», sussurrai. Con un sospiro mi accovacciai e feci un salto finendo su un pino. Andando d'albero in albero salì di latitudine.
Vidi una parete rocciosa e la affiancai, dopo qualche passo trovai la mia casa: una grotta nascosta da una fitta parete di rampicanti. Mi ci fiondai come se aprissi due tende leggere e un brivido di freddo mi scese lungo la schiena.
Aprì la porta in legno che avevo intagliato -per la cronaca per qualche anno fingendomi un uomo avevo imparato l'arte dell'intagliare, anche se non sono diventata brava come loro-, nessuno meglio di un persiano sapeva intagliare archi e porte, e la richiusi con delicatezza.
In quelle due ante avevo semplicemente intagliato una rosa al centro di ogni quarto e poi fatto delle curve per le foglie. Schioccai le dita e una piccola scintilla precedette la comparsa di una fiamma, essa non tremò, illuminando a dovere di una luce calda la grotta.
La fiamma si staccò dalla mia mano e raggiunse il soffitto formando un anello, senza darle tanto peso mi spogliai e mi misi un pigiama. Sbadigliai e con un altro schiocco spensi la luce prima di dormire.
Il giorno dopo a pranzo, occupandomi della pulizia dell'impianto di ventilazione, dopo il servizio sentì ancora quell'odore dolce di ieri. Cautamente, come se potessero udirmi dall'altra parte della porta a ante, mi diressi versò l'oblò per vedere chi fosse mai quella fonte; ora, nel senno di poi, mi chiedo come sapevo che fosse una persona la fonte e non un dolce o qualcos'altro...
Al bar, dandomi le spalle, un uomo leggermente più alto di me stava ordinando dei dolcetti al cioccolato. L'unica cosa che vidi furono il suo zaino compreso di sacco a pelo, i pantaloni, e le scarpe da escursione. Come se qualcuno l'avesse chiamato s'irrigidì e di scatto si voltò nella mia direzione. Riuscì a nascondermi in tempo, almeno lo sperai, e col cuore in gola tornai alle pulizie.
Quel giorno dovevo occuparmi io delle ore morte, tempo dedicato a preparare tutte quelle ricette che richiedono lunghe preparazioni, come il brodo vegetale, le carni in casseruola, le creme calde che devono raffreddarsi etc, etc...
Una ragazzina minuta, la nipote della proprietaria della cascina, veniva d'estate per racimolare un po' di soldini lavorando come cassiera, mi avvertì che sarebbe andata a fare una piccola pausa e se ci fosse stato bisogno avrei dovuto occuparmi io del bar. Annuì e lei allegra se ne andò. Maledico quel gesto di gentilezza, anche perché sapevo che lei voleva sgattaiolare ad incontrare un ragazzo; aveva la brutta abitudine di fare le telefonate ad alta voce, soprattutto se le mie orecchie sono più sensibili degli umani è difficile non origliare. Se non fosse stato per quel gesto, non sarebbe iniziato niente di tutto questo, niente di tutti i miei dubbi attuali e non avrei iniziato a impacchettare le mie cose per un altro viaggio chissà dove per non avere problemi.
Mentre le torte ai frutti di bosco cuocevano nel forno sentì dei passi in lontananza avvicinarsi, sospirando mi diressi dietro al balcone togliendomi il cappello e il grembiule da cucina.
Il campanello trillò quando la porta si aprì e automaticamente in un sorriso ad occhi chiusi canticchiai un «Buongiorno! Come posso esservi utile?».
Dei tedeschi mi chiesero se sapessi la loro lingua e io annuì, iniziammo una conversazione molto allegra mentre gli diedi ciò che mi avevano chiesto: due tazze di caffè e delle informazioni per superare il passo. Li servì e quando uscirono corsi in cucina per controllare le torte, le bucai con il coltello e vidi che non erano pronte da un lato così le girai.
Mi sembrò di udire qualcuno entrare, così senza rendermene conto corsi dietro al balcone augurando nuovamente un caloroso benvenuto. Quando aprì gli occhi dal mio sorriso, un giovane dagli occhi spalancati e dalle narici dilatate mi osservò spaventato; le labbra talmente strette da essere bianche e con un dito mi indicò.
«Signore, si sente bene?», chiesi preoccupata.
La domanda lo fece letteralmente sobbalzare, e io con lui. Mi fissò per un po' in silenzio. Accennai un sorriso e finalmente le sue labbra si rilassarono insieme alle sue narici. Forse, avrei dovuto riconoscerlo dal sacco a pelo e dal rumore delle scarpe, ma degli occhi di un bellissimo verde, un caldo smeraldo liquido gli avvolgeva le pupille, mi fecero perdere la mia solita freddezza. Quando aprì la bocca senti quell'odore, più inebriante e dolce dieci volte di come me lo ricordavo, talmente tanto da stordirmi e fare perdere leggermente l'equilibrio. Cercai di rimanere il più lucida possibile, tendo a intestardirmi nelle cose più strane.
Poche volte mi era capitato d'imbattermi in umani che potevano farmi provare una fame così vorace da rendermi irrazionale e quella era solo un'altra eccezione. Il mio pensiero fisso di quella volta, ricordo che, era: non cedere!
Di preciso se a lui o al suo sangue non lo seppi per un bel po' di tempo, ma riflettendoci adesso penso a entrambe.
Per la confusione non notai i suoi canini che uscivano leggermente dal labbro superiore.
«Che cosa ci fa una come te qui?», parve sussurrarlo.
In quel momento credetti che lo aveva fatto a posta: parlare, per rendermi debole; con le unghie mi ferì i palmi per riprendere lucidità.
«Avete detto qualcosa?», chiesi con voce per niente turbata. Esultai dentro di me.
Stette per un bel po' in silenzio per poi andarsene senza aver chiesto niente, col cuore ancora in tummulto mi avviai per la cucina, rifugiandomi nell'odore delle torte.
Quei pochi istanti mi erano parsi delle ore intere e scuotendo la testa, come se il gesto potesse far rimuovere ogni sentimento negativo che avevo, mi buttai nei miei compiti.
Finito il turno, ovvero all'arrivo dello chef, uscì dalla cucina in fretta e corsi nel bosco senza guardarmi minimamente in torno. Quando non udì più nessun rumore che rivelasse una qualche presenza umana, mi misi a saltare di albero in albero e raggiunsi la grotta.
Mi ci fiondai con violenza e senza accendere la luce mi addentai l'avambraccio sfigurandomelo violentemente, ebbi talmente fame che non sentì nessun dolore.
Quando tornai in me, una pozza di sangue si era formata vicino ai miei piedi sporcandomi anche la divisa chiara. Orribile fu lo spettacolo del mio arto: i muscoli non esistevano più, le vene non erano altro che dei fili spezzati e l'osso bianco splendeva all'interno di quei colori scarlatti come se mi salutasse allegro. Menomale che questa sera non devo lavorare, pensai abbandonandomi al mio giaciglio, un insieme di stoffe.
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Capitolo 3 *** Il silenzio che precede la tempesta ***
Quando mi svegliai dovetti occuparmi del braccio ferito: un insieme di pus e parti gonfie per l'infiammazione lo sostituiva; probabilmente avevo anche la febbre.
Esattamente, se ve lo steste chiedendo, la leggenda che se ci feriscono con un coltello non ci facciamo neanche un taglio è solo un pettegolezzo mal riuscito.
Le mie dita lavorarono tremanti, mentre un gran mal di testa prese posto alla ferita.
Schioccai le dita e le fiamme divorarono la pozza di sangue senza produrre fumo, le vidi diventare prima verdi e poi bianche, bruciai anche i vestiti sporchi.
La prudenza non è mai troppa.
Tirai da un comò scuro un'altra divisa e la indossai, dall'umidità intuì che era mattina. Avevo ancora poche ore prima del turno, perciò ne approfittai per un pisolino; certa che mi sarei svegliata in tempo.
Per tutta la serata non lo incontrai e nella via del ritorno adottai più cautela del solito, e quella non fu l'unica volta. Chiamatemi pure paranoica.
Per i due giorni successivi rimasi con i nervi a fior di pelle e non mi rilassai finché non lo vidi nuovamente al ristorante.
A quel punto decisi di fare come pianificato: sarei andata da un mio conoscente per le faccende burocratiche: permessi di soggiorno, visti, passaporti, diplomi, licenze, lauree, conti bancari e cose varie...
Lo chef fu dispiaciuto delle mie dimissioni; sinceramente non ricordo neanche che scusa mi ero inventata, ma gli promisi che volevo finire le due settimane concordate precedentemente.
Con la scusa di un funerale riuscì anche a strappargli quattro giorni liberi.
Appena conclusi la chiacchierata, e ci vollero non poche ore e non poche insistenze, mi diressi nella mia abitazione e preparai le valige o forse dovrei dire la borsa.
Mi cambiai i vestiti e ordinai i mobili, sollevandoli senza fatica in una fila indiana. Quei pochi mobili che avevo non erano fragili e neanche minuti e per portarli in una borsa da viaggio usai un piccolo trucco del mio clan: voi lo definireste un incantesimo io lo chiamo "restrizione di spazio".
È come se prendessi un quadro e lo rimpicciolissi con la forza delle mani per farlo diventare una figurina, la stessa cosa feci con i miei pochi mobili: un comò, un armadio, un appendiabiti e la porta.
Divennero dei modellini in miniatura che avvolsi in un panno e li misi con cura nella borsa.
Corsi dalla grotta, sapendo che non ci avrei fatto più ritorno, l'odore lì dentro era come un negozio di caramelle per un bambino: un faro per possibili inseguitori.
Corsi lungo la discesa naturale della montagna.
Forse, è meglio che chiarisca alcune cose per evitare fraintendimenti sulle mie capacità per colpa dei stereotipi di romanzi, superstizioni e film: il nostro cuore batte, ma a differenza di quello umano è un muscolo volontario. Sembra strano, ma possiamo decidere quando farlo battere e quando no, anche se non tutti riescono a farlo.
Esiste un'organizzazione, in ogni continente a dir la verità, che protegge e controlla l'afflusso di vampiri, potenziali minacce per la specie etc... Anche se per colpa della scomparsa dei maschi ha perso un po' di credibilità.
Mi dispiace, ma sarebbe troppo pericoloso scrivere questo nome anche solo in un diario.
Il fatto della ipnosi oculare esiste, ma allo stesso tempo no: è il cervello umano che fa tutto da solo, a quanto pare noi lo stimoliamo in modo che non faccia molta resistenza.
Il fatto che abbiamo dei poteri soprannaturali è vero, ma non dipende né dal fatto che siamo dei demoni, o da come siamo morti, anzi noi non siamo dei morti viventi teoricamente parlando; o dal fatto se beviamo più o meno sangue umano.
I poteri sono ereditari e per mantenerli bisogna fare un sacrificio: per esempio, se puoi controllare l'acqua non potrai berne neanche un goccio oppure dovrai sempre rimanere in contatto con essa; questo dipende dal caso.
Se queste condizioni, chiamati oblige, non vengono rispettate c'è un'alta probabilità che si perda il potere in modo irreversibile.
Più l'oblige è pesante da mantenere più il potere è forte e unico. Non vi rivelerò i miei, mi dispiace.
Il sangue umano serve: come piacere per i maschi; come nutriente per le vampire femmina; nella stagione degli "amori".
Tutto il resto che avete sentito è pura invenzione, è anche vero che può aiutare a raggiungere il piacere sessuale per il vampiro.
I vampiri possono fare figli, hanno l' 80% di probabilità di poter avere eredi con umani e del 3% se con un altro della stessa specie. Non ne ho la più pallida idea del perché funzioni così.
Non si può bere il sangue di un altro vampiro: o stai sfidando a morte l'interessato o.... beh, è troppo imbarazzante dire l'altro caso!
Comunque, riuscì a raggiungere il mio contatto e ricevere tre identità diverse.
Se proprio siete curiosi, ho salvato il suo bis bisnonno e non ricordo se alla prima o seconda guerra mondiale, da un imboscata. Promise che la sua famiglia mi avrebbe aiutata in qualsiasi circostanza e così facevano tutt'ora.
Mi ha anche dato il permesso di ammazzare i suoi discendenti nel caso mi siano d'intralcio. Non trovate che sia carino? Tornai in montagna sempre correndo, ricordate? Abilità sovrumane, ma quelle fisiche non hanno bisogno di un'oblige.
Per la notte dormì sul soffitto avvolta dalle coperte.
In tutte e due le settimane successive non ebbi incontrato neanche una volta l'estraneo. Che felicità.
Ovviamente, non sono fortunata da andarmene così tranquillamente senza intoppi. Dopo la festa, in onore della mia dipartita, trovai un albero su cui addormentarmi e lo feci, finché nel muovermi un po' troppo iniziai a cadere.
Non ero molto preoccupata, il massimo che poteva succedermi era qualche costola rotta? Sai che roba. Peccato che mi sentì afferrare da mani umane prima di toccare terreno.
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Capitolo 4 *** La calma nell'occhio del ciclone ***
Mi sentì raggelare dalla sorpresa nel percepire il tocco di mani umane sulla mia schiena. Alzai lentamente, e vi giuro mi parve un'eternità, la mia testa per vedere il volto dello sconosciuto.
Occhi verdi mi squadrarono sospetti e più precisamente quelli che stavo evitando da due settimane.
L'alba iniziò a sorgere e nessuno di noi due disse una parola né mosse un muscolo, tranquilli il sole non mi riduce in cenere, a meno che il nostro cuore non batte.
Forse, non ve l'ho detto, ma per usare i nostri poteri dobbiamo fermare il battito cardiaco durante l'utilizzo dei nostri poteri, ovvero prima dell'oblige, così funziona per tutti noi, nessuno escluso.
Se avessi affinato di più il mio udito avrei notato che il suo petto non mandava vibrazioni costanti di un cuore prima che i raggi del sole ci toccassero.
Lo ammetto: ero distratta da quel delizioso profumo che sentivo ogni volta che apriva la bocca, i tentativi di parlare c'erano, ma io tenni le mie labbra serrate.
Non so quale strana forza dell'universo mi fece dire: «Credo che potrei benissimo rimanere con i piedi per terra anche da sola».
Avevo pure usato un tono sarcastico! Viva me! Ehi, un po' di autostima non fa male... Comunque, un po' intontito, mi mollò dalla sua presa. Mi schiarì la gola, tanto per fare qualcosa.
«Che cosa dia-, Che cosa ci fate qui?» chiesi a voce bassa. Arretrai di due passi prima di ricevere la risposta.
«Ecco... io... stavo facendo una ... passeggiata mattutina», terminò con un sorriso. Chissà se anche mentre dormiva rimaneva attaccato al sacco a pelo? Ok, sto divagando.
«Va bene. Allora buona passeggiata», volli concludere il più in fretta possibile il nostro colloquio, visto che potevo andarmene libera ovunque avessi voglia.
«Aspetta!», mi chiedo ancora perché mi sia fermata. Ad ogni modo mi girai, se solo avessi notato il suo tremore avrei capito che entrambi eravamo tesi. Sospirai.
«Che cosa c'è?», qualche secolo più in dietro la mia sgarbatezza avrebbe potuto portarmi alla pena di morte, ma -ehi- siamo nel XXI secolo.
«Ecco, mi chiedevo se ti va di accompagnarmi per un po'; da quel che ho capito sei di queste parti» rispose con più convinzione.
«Se ti radi la barba, sicuro», mi chiedo anche io perché l'ho detto.
«Eh?».
«Lasciate perdere», detto quello me ne andai. Il suo odore rischiava di farmi perdere definitivamente la ragione e non avevo voglia di iniziare una dieta a base di sangue umano; alcuni di noi ne diventano assuefatti e io non ne avevo l'intenzione.
«Un momento!».
Lo ignorai, allontanandomi pestando rudemente le piante sotto i miei scarponi. Ricordo di essermi stizzita visto che dovevo tenere il passo umano fino a sparire dalla sua vista, che palle.
«Per favore» e nel dirlo mi afferrò il braccio. Una piccola scossa e me ne sarei facilmente liberata. Non fu così. Riprovai più volte ma niente cambiò.
«Togliete. Quella. Mano. Di. Dosso», forse percepì la mia rabbia, perché solo in quel istante riuscì a liberarmi della presa.
«Scusa», si affrettò a dire.
«Si può sapere che cosa volete da me?», domandai stizzita. Quando mi irrito tendo a diventare molto diretta.
«Solo una chiacchierata», propose.
«Poi promettete di lasciarmi in pace?», feci capire senza indugi.
«Certamente», accennò con un sorriso. A Corte sapevano fare risi falsi più veri di quello, ma lasciai perdere, male che vada gli avrei rotto la mascella per pura soddisfazione.
«Seguitemi», almeno giocavo in casa.
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Mi guardai circospetta nel bar. Dall'altro lato del tavolino per due c'era l'uomo.
Si era tolto lo zaino con il sacco a pelo dalla schiena e anche la pesante giubba, mostrando delle braccia atletiche avvolte da una felpa leggera. Scoprì che aveva dei capelli neri mossi e folti, i miei preferiti. Le ciglia gli avvolgevano quei dischi verdi e io mi insultai mentalmente nel constatare che stavo sbavando dietro un umano!
Menomale che aveva la barba , quella folta e irregolare, del tipo che odiavo. E che cavoli, i barbieri esistevano per una ragione! Guardandola trovavo subito determinazione e lucidità.
Fissai la tisana che avevo ordinato, non l'avrei realmente bevuta, ma l'odore mi avrebbe tranquillizzata riportando lievemente la quiete che avevo al posto del caos nella mia mente. L'uomo dall'altra parte alzò lo sguardo dal menu per guardarmi. Gli sorrisi.
«Ancora indeciso?».
«Non tanto. Non so se scegliere la crostata di lamponi o di fragole. Sono entrambe fatte questa mattina.», mi chiarì.
«Quella ai lamponi è la mia preferita» mentì, mi piace solo il colore in verità.
«Non bevete la tisana?»
«No», dissi senza ritegno.
«Allora? Bella signora, posso sapere il vostro nome?», canzonò. Automaticamente mi guardai nei dintorni, ma in quel piccolo bar ad un'ora così mattiniera eravamo presenti solo noi due. Rise della mia reazione.
«Oh, state parlando di me!», finsi sorpresa, «L'ultima volta che ho controllato ero una signorina». Come ho detto mi fisso sulle cose più strane e ci tenevo alla mia indipendenza, il fatto che non mi sia cercata un compagno, nonostante fosse l'ultimo desiderio di mio padre, la dice lunga.
«Perdonate la mia rudezza», disse in tono sofisticato.
Inspirai un po' della tisana di gelsomino e camomilla: il motivo perché ero entrata in quel bar.
«Potete chiamarmi Sara, anzi per voi è Signorina Sara», sperai che più fossi rozza più velocemente avrei spento il suo interesse nei miei riguardi. Non potei essere in errore più di così. «E voi siete?», aggiunsi.
«Giusto, non mi sono presentato. Mi chiamo Adam Beast, piacere», mi porse la mano e automaticamente la strinsi. Bestia? Che cognome... Un po' d'inglese lo conosco pure io.
Una piccola scossa passò dalla stretta al mio braccio finendo nel basso ventre. Velocemente, come un lampo, tolsi la mia mano dalla sua. Lui sorrise compiaciuto e io mi alzai di scatto.
«S-S-scusate ma ho bisogno dei servizi», dissi in tono affrettato. Sentì dietro di me una risata piena e maschile, non provò neanche a nasconderla ora che ci penso.
Utilizzai davvero i servizi e davanti allo specchio vidi il mio volto pallido. In effetti, non era strano che all'inizio la cameriera mi avesse squadrata: i miei capelli potevano essere scambiati per una palla di fieno.
Presi un elastico dal mio polso e feci uno chignon scoprendo la cervicale. Un venticello mi sospirò dietro al collo e notai la finestra del bagno aperta. Mi misi in posizione pronta a saltare per raggiungerla, un gesto abituale mi fece ricordare che avevo lasciato la mia borsa appesa sulla sedia insieme al giubbino di lana: tenere fermo con le breccia la cintura della borsa. Sbuffando me ne tornai a quel tavolo.
Avrei preferito lasciare la borsa dove era se avessi saputo che sarei finita in questo pasticcio: devo decidere se salvargli la vita o meno.
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In quel momento Sara fissò sotto i suoi piedi la mano che reggeva il peso di Adam. Un sorriso le si stampò in volto, se fosse sopravvissuto ne avrebbe avuto la certezza e allora avrebbe deciso cosa fare: scoprire di essere diventata una moglie o aver fatto solo uno spuntino fuori programma.
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Capitolo 5 *** Il Tornado silenzioso ***
Veloce come una furia presi la borsa, alla cieca cercai una banconota e la sbattei sul tavolo.
Senza dire una parola presi la giubba e me ne andai sbattendo la porta. Sbuffai.
Mi misi il soprabito e la borsa a tracolla in tessuto. Mi voltai indietro e vidi Adam guardarmi. Lo salutai con un bellissimo gesto medio riuscendogli a strappare un'espressione basita. Gli anni novanta sono serviti a qualcosa....
Vi mentirei se dicessi che fosse finita lì. Ebbi la strana sensazione di essere seguita e in genere, purtroppo, non mi sbagliavo.
Riuscì ad allontanarmi dalla strada per poi finire nel bosco e -lo ammetto, è il mio modo di viaggiare preferito- saltai di ramo in ramo. Quando scesi dalla montagna era ormai passato mezzogiorno e a passo sostenuto - forse dovrei dire salto?- uscì dalla vallata e iniziai a trovare meno flora e più case.
Più andai avanti, più il numero di abitazioni aumentò e chiedendo in giro trovai la stazione degli automezzi.
Chiesi informazioni e presi il primo pullman che da lì sarebbe partito a poco, ovvero fra quaranta minuti. Mi feci indicare la fermata.
Il pullman non avrebbe fatto altro che portarmi in una città più grande dove avrei cercato un'altra stazione e lì avrei scelto una meta a caso, come successo poco prima. Se mi trovavo bene rimanevo lì finché mi aggradava, altrimenti nel giro di cinque giorni ero già in un altro paese. Vidi il pullman arrivare e insieme a un gruppo piccolo di persone trovai posto all'interno, ormai era passata l'ora di pranzo. Pochi minuti alla partenza una figura a me famigliare salì sull'automezzo. Mi passò di fianco e dall'odore lo riconobbi: Adam.
Mi alzai di scatto e correndo uscì dalle porte proprio prima che si chiudessero. Non mi voltai per vedere se mi stesse seguendo o meno e dopo aver girato l'angolo iniziai veramente a correre. Mi diressi al mio rifugio d'emergenza: una casetta in cima alla montagna vicina.
Quando arrivai le stelle avevano già fatto la loro apparizione. Chiusi la porta e tirai fuori dalla borsa un quadernino una penna e ignorando gli spifferi iniziai a scrivere. Perché l'unica cosa in grado di schiarire la mia mente da ogni illogicità era questo: la scrittura.
Benvenuti al mio presente: una vampira incerta sull'aver trovato un suo simile o un possibile nemico. Credetemi la lista è abbastanza lunga quindi non mi metterò a scriverla e questa sarà l'ultima pagina del giornalino, almeno spero.
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Salutando il suo finto pubblico, con uno scrosciare di fogli, chiuse un vecchio quadernino ingiallito dal tempo e lo cacciò rudemente dentro ad una borsa semi-vuota con una matita quasi totalmente consumata. Ormai il cielo doveva essere prossimi all'alba.
Si abbottonò fino al collo il maglione verde spesso di lana, aprì la porta e la richiuse dietro di sé a chiave. I suoi occhi apprezzarono il paesaggio su cui si posarono: catene montuose che si dividevano in tre direzioni diverse. Mettendosi in modo da avere poi il sole alle spalle si mise a guardare la montagna opposta a dove stava lei e la vide tingersi del colore dei raggi del sole. Uno spettacolo che può essere realmente apprezzato solo se lo si viveva in prima persona.
L'ennesima folata di vento la fece rabbrividire per tutta la schiena, sospirò. Osservandosi nei dintorni non colse nessuna figura e nessun segno che qualcuno potesse essere vicino. Beh, dopotutto è sempre meglio controllare, si giustificò con se stessa. Inspirò profondamente e iniziò a intonare delle note lievi per poi raggiungere quelle profonde. Alzò la mano su per immergerla nei raggi e tingerla di rosa acceso, quasi rossiccio. Come se volesse accompagnare l'alba intonò una dolce melodia, felice di non essere udita. Con le orecchie percepì un rumore che stonò col silenzio, ma non smise di cantare.
L'istinto le suggerì di rimanere ferma e così fece finché non sentì l'ennesima folata di vento che le indicò una barriera alla sue spalle. Interruppe il canto e fece un balzo in avanti finendo per rotolare per un breve periodo di tempo. Non fu abbastanza breve, poiché si trovò bloccata nella sua fuga da una persona.
Automaticamente fece dei piccoli passi all'indietro e il terreno le mancò da sotto i piedi. Il buio invase la sua coscienza dopo aver sentito un colpo in testa.
«Finalmente ti ho trovata», canzonò soddisfatto l'uomo, «O forse dovrei dire meglio catturata», aggiunse ansimante.
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Capitolo 6 *** La devastazione post-tornado ***
L'uomo prese in spalla la donna caduta in trappola e a passo pesante si incamminò verso il rifugio.
Trovò una sedia, sebbene malmessa, in quell'arredamento spartano, l'appoggiò con delicatezza su di essa. Slegò il suo sacco a pelo su quello che parve il sostegno per il letto e dallo zaino prese una fune e una coperta in lana. Avvolse con la coperta la donna e poi la legò con nodi complessi.
Rimase a osservare la sua prigioniera con la testa ciondoloni, notò che la coda di cavallo si era sciolta e alcuni capelli iniziarono a incrostarsi di sangue, mentre il resto era pieno di foglioline secche.
Sospirò, non avrebbe voluto arrivare a tanto. Lui voleva solo sapere una cosa: che ci faceva una vampira da quelle parti. Era stato bene attento a non passare per nessun possibile punto d'incontro, come sua madre gli aveva suggerito.
In preda allo stupore gli aveva detto il suo vero nome. Non che fosse un grande problema, aveva cinque nomi e due cognomi...
Dei gemiti sorpresero il giovane, ma non furono altro che un falso allarme. Sua madre glielo aveva sempre detto: "fai in modo che non ti scoprano, mai!" E così aveva fatto da quando era morta. Viaggiando per il lungo e il largo senza quasi mai fermarsi.
Si addormentò sapendo che se mai fosse successo qualcosa, se ne sarebbe reso conto e prima che potesse succedere arrivò lo zenit.
L'ostaggio era sveglio.
Qualcosa non quadrava: la testa le cadeva da una parte all'altra, ciondoloni, e il respiro le parve flebile. Un rumore di sottofondo come delle fusa vibrò incessantemente nel suo petto.
Non ci fu niente da fare, un momento prima era legata e il momento dopo fu libera in modalità d'attacco. I denti mirarono alla giugulare, ma lo mancarono danneggiando il sacco a pelo. Lei rimase per un momento incastrata e Adam ne approfittò per mettere le mani, da sotto il sacco a pelo, sul suo collo. Quasi subito perse la presa e infine fu ferito. I denti affondarono nella spalla.
La sensazione di sentire il proprio sangue risucchiato via da un altro essere era strana: dà una sensazione di formicolio freddo e fastidioso, un risucchio. Il cuore accelerò il battito e qualcosa cambiò. Di preciso non lo seppe.
I muscoli della donna si rilassarono per un istante e per Adam bastarono per spingerla via. Cadde di peso a terra, rimanendo seduta e intontita. Il tempo che si riprese dall'aggressore bastò per cicatrizzare in superficie la ferita.
«Ma che cos- ?!» sussurrò con una voce spezzata Sara. Non capiva: che diavolo era successo?! Aveva bevuto sangue umano?! Una parte di lei rimase silente a osservare.
Forse, non era quello che sembrava. Anzi, le mancava solo una prova. Ma non era questo il problema! Se si sarebbe rivelato un vampiro avrebbe voluto dire una cosa sola! Il suo istinto prese posto alla mente confusa: si alzò all'improvviso e spalancando la porta corse via urlando a pieni polmoni.
Ditemi che non è vero! Ditemi che non è vero! Ditemi che non è vero! Ditemi che non è vero!
Continuò ad allontanarsi, come se quella distanza fisica potesse togliere quel disastro appena avvenuto, sebbene sapesse che non era così. Continuò a correre finché non vide il tramonto circondarla e solo allora rallentò. Che suo padre alla fine avesse vinto e fosse diventata una sposa?!
«Noooooooo!» urlò in tono acuto e con disgusto verso il cielo spaventando le roccie.
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Capitolo 7 *** Il momento di silenzio fra i due mondi ***
Il
momento di silenzio fra i due mondi
Si
era arrampicata su un albero e si era raggomitolata ad esso, vicino
alla punta,
come quando faceva da piccola. Le parve di sentire la voce di suo padre
che la
minacciava di scendere giù altrimenti l’avrebbe
pagata. Forse il suo fantasma
non l’aveva perseguitata solo nelle sue memorie, ma aveva
tramato fili degli
eventi per esaudire il suo ultimo desiderio: vedere dei nipotini. Non
che al
momento li potesse vedere.
Ancora
la sua mente si rifiutò di accettare il suo sposalizio come
fatto concreto. Lo
sposalizio tra vampiri era questo: uno scambio reciproco di sangue.
Creava un
legame perché se un vampiro beve il nettare di un suo simile
ne diventa
dipendente, finché non ne trova un altro e questa
inclinazione segue anche
quella sessuale. Se la fonte viene a perdersi senza fare la cerimonia
di
abbandono si muore, come togliendo l’acqua ad un pesce.
Ma
la situazione di Sara era ben altra: il suo sposalizio era stato
compiuto solo
a metà! Ciò la rendeva una semplice
assuefatta… Un momento! Non so
ancora per certo se è un vampiro!
Sei scema?! Un
umano
come fa a trovarti in città sotto la valle e POI nuovamente
sulla cima di una
vetta!
Controbatté una vocina.
Ma non
l’ho visto
agire con i miei occhi e fino ad allora ci sarà sempre una
possibilità concreta.
Questo bastò a zittire la vocina, per il momento.
Come
evocato dai suoi pensieri, la sorgente delle sue preoccupazioni si
materializzò
in lontananza. Ebbe la stoltezza di chiamarla a gran voce, come se la
mattina
presto ci dovesse essere qualcun altro in cima di una catena montuosa a
giocare
a nascondino… Si raggomitolò e aspettò
che la voce si affievolì. Stava
scappando. Sto scappando? Sto scappando!
NO! Si mise in posizione eretta talmente velocemente da
perdere
l’equilibrio.
«Ops»
riuscì a sussurrare. La sensazione del terreno contro la sua
spalla non arrivò.
Le sembrò di rivivere un dejà vu, che a quanto
pare si avverò.
«Dobbiamo
incontrarci in questo modo nei boschi?» domandò
Adam incredulo.
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Capitolo 8 *** Finalmente so cosa sei... ***
«Finalmente
so cosa sei…»
«Già,
dovresti smetterla di trovarti ovunque io cada da un albero»
rispose acida
Sara.
«Ci
proverò» rispose Adam con un sorriso sulle labbra.
La
ragazza si smosse un pochino dalla presa lasciando intendere di voler
scendere
dalle sue braccia e lui la accompagnò nel suo movimento di
libertà. Quando i
suoi piedi toccarono terra, arretrò di pochi passi. Si prese
del tempo per
respirare e guardare in faccia Adam. Lo vide pallido sotto quella sua
folta barba
e quel pallore rese i suoi occhi verdi più vivaci. Il
respiro le si mozzò in
gola quando vide i segni della sua aggressione alla sua gola e
un’irritazione
sulle spalle le ricordò la risposta dell’uomo.
«Che
cosa volete da me?», domandò tremante la ragazza.
«L’ho
già detto al bar: parlare.», rispose con calma
fredda.
«Perché
ci tenete così tanto?».
La
risposta fu il silenzio.
«Siete
un cacciatore?» e ancora
la donna non
ricevette risposta, nemmeno dal suo volto impassibile.
Sbuffò irritata.
«E
va bene! Seguimi! Torniamo al rifugio, ho lasciato la borsa
lì» disse già in
cammino la ragazza.
Ritornò
in cima alla montagna e ripercorse, a passo umano, la stessa strada che
aveva
fatto prima. A quell’andatura non avrebbero raggiunto la
destinazione se non
entro tre giorni. Con quella scusa era ben certa di poter avere un
occasione
per poter avere una prova concreta della sua identità. No,
quella non le
interessava, voleva solo sapere che cosa
era.
L’occasione
si presentò poche ore dopo, quando la strada si fece
più difficoltosa con delle
pietre lisce e un sentiero stretto.
Sara
scivolò di lato mettendo il piede un po’ troppo
avanti e Adam si protrasse a
prenderla per il braccio. Con un movimento fulmineo Sara riprese
l’equilibrio
lasciando cadere Adam. Credette di vedere una figura cadere nel vuoto e
invece
vide delle dita stringere il bordo tagliente del sentiero.
Sara
lo guardò dall’alto in basso con un piede vicino
alle dita.
«Dimmi,
ora posso sapere che cosa vuoi?» chiese con tono calmo e
basso verso l’uomo
sotto di lei. Il silenzio le rispose, l’uomo si
limitò a guardarla, non chiese
aiuto e non la supplicò.
Strano che non
implori
pietà,
una parte di lei rimase impressionata. A meno
che non abbia niente da temere,
un sorriso le si dipinse sul volto.
Agli
occhi di Adam si presentò una imperatrice crudele e
combattiva e quell’immagine
lo fece sorridere.
Deve essere
malato per
sorridere in questa situazione!
Sara incrociò le
gambe e si sedette avvicinandosi alla mano. Aspettando, sarebbe morto
oppure si
sarebbe salvato? Continuò a tenere gli occhi puntati in quei
dischi verdi e
dopo pochi minuti successe.
Un
attimo prima era lì e l’attimo dopo scomparso.
Uno
scricchiolare di ghiaia sotto gli scarponi dietro le sue spalle ruppe
il
silenzio e Sara fu finalmente soddisfatta.
Si
alzò in piedi per incrociare lo sguardo freddo di Adam:
«Finalmente so cosa
sei…». Dapprima fu felice e
contenta, aveva vinto lei, aveva scoperto il mistero con certezza. Poi
la
consapevolezza le fece venire i brividi lungo la schiena.
«Un
momento. Ma voi non vi eravate estinti?!».
«Ma
che sgarbata, mica siamo bestie, non è vero?»
disse con una voce bassa e
profonda, sensuale.
«Dipende
dai punti di vista» controbatté la donna.
«Avanti
dillo».
«Che
cosa?»
«Ancora
vuoi giocare il ruolo della finta tonta?»
La
ragazza sorrise.
«Come
hai fatto a rendertene conto?».
«Il
sospetto l’ho avuto dal primo istante»
«Oh,
e allora che cosa ti ha dato la certezza?»
«I
vampiri quando fermano il loro cuore per usare i propri poteri hanno
una
particolarità: un movimento dell’iride che dura
pochi secondi.».
«Oh!
Molto interessante. Non l’avevo mai sentito», si
dimostrò sorpreso nel tono di
voce rimanendo comunque sensuale alle orecchie. Nel
tuo caso le iridi diventano più acute, come quelle di un
gatto.
Non avrebbe mai aiutato un vampiro al di fuori di sé.
Se
quest’ultimo fosse suo marito?
Sbuffò
e correndo raggiunse in poche ore il rifugio. Non si
preoccupò di vedere se
Adam la seguisse. Aprì la porta e prese un piccolo baule
intagliato dalla borsa.
Lo aprì e prese una coppia di anelli in argento elaborati
talmente bene e nei
più piccoli dettagli da sembrare che respirassero: due
tulipani per ciascun
anello fiorivano eterni, i loro gambi intrecciati formarono lo
scheletro
sull’anello mentre due piccole foglie laterali diedero un
tocco unico. Ne prese
uno e se lo infilò all’anulare sinistro. Dalla
porta comparve Adam, senza
neanche guardarlo gli lanciò l’anello.
«E
questo cos’è?» domandò un
po’ perplesso.
«Mai
sentito di parlare di fedi nuziali?», domandò
ironicamente.
«Certamente,
ma non capisco che centri una fede nuziale», ancora rimase
perplesso.
«Se
posso chiedere, quanti anni avete?», finalmente si
voltò.
«Penso
di essere verso la metà del mio secondo
secolo…», rispose sovrappensiero. Con
un tonfo Sara cadde per terra, era nato intorno alla scomparsa degli
ultimi
maschi. Ma più importante: Mi sono
sposata con uno che ha la metà della mia età!
«Un
momento- disse interrompendo per un istante i suoi pensieri disperati-
tu sai
come si sposano quelli della nostra specie?».
«No»,
rispose secco continuando ad ammirare l’anello argenteo.
«Che
cosa?!». Fu così sorpresa da urlare e Adam,
controvoglia, la guardò. Un volto
esterrefatto lo fissò.
«I
vostri genitori non vi hanno detto niente?».
«Mio
padre non l’ho mai conosciuto, e mia madre morì
quando ebbi 20 anni», rispose
pacato.
«Oh»,
non c’era da stupirsi se non sapeva come si svolgeva lo
sposalizio.
«Credo
che avrei sentito le voci di un maschio ancora in vita, o forse dovrei
dire male».
«Diciamo
che mia madre è stata chiara sul fatto che non dovessi farmi
scoprire dagli
umani e soprattutto dai miei simili…»,
sembrò voler aggiungere qualcos’altro ma
si bloccò.
Prima
di immergersi nella spiegazione sospirò:
«Facciamola breve, okay? È semplice, i
nostri simili si sposano con uno scambio di sangue».
«Dov’è
la fregatura?» chiese subito.
Almeno non
è così
idiota da non fare domande.
«Il
sangue diventa una nostra necessità e se bevi sangue di
un’altra vampira a
parte me risulterà velenoso per il tuo organismo».
Non
gli disse che era in una situazione svantaggiosa. Come dice
“La via della
guerra”: quando si è in svantaggio mostrarsi in
vantaggio.
La
notizia lo pietrificò. «Cosa mi dice che non
menti?».
«Nessuno
e niente, ma non sono interessata a mentire a un candidato al ruolo di
mio
marito». Si
stupì di averlo detto,
quella parola le suonò così strana al di fuori
della sua mente. Il silenzio che
si protrasse le sembrò imbarazzante.
«Fate
quel che volete, dopotutto l’uomo siete voi».
«In
che senso?»
«Oh,
scusate. Forza dell’abitudine. Dimentico della
parità dei sessi. Prima o poi mi
dimenticherò anche di come mi chiamo…».
Si alzò e mise il cofanetto dentro la
borsa, mentre tirò fuori un materassino e due coperte. Tolse
il sacco a pelo
abbandonato da Adam e macchiato del sangue ormai privo di odore e
glielo lanciò
malamente. Fece quel che poteva essere preso per un letto.
Tirò fuori dalla
borsa una tovaglia e la mise sul tavolo.
Adam
incuriosito guardò dentro la borsa, quando Sara stava
sfacendo le pieghe della
tovaglia, e la trovò vuota.
«è
da sgarbati ficcare il naso dentro le borse altrui», lo
rimproverò indifferente.
Dopo averla presa davanti ai suoi occhi srotolò un tappeto
persiano come nulla
fosse.
«Ma
che cosa è?», domandò con volto
sorpreso.
Sara
sorrise, le parve come un bambino che scoprisse qualcosa di nuovo e non
ne
capisse niente.
«Se-gre-to˜»
canticchiò. Stranamente quando mise il tappeto sul pavimento
non ci fu neanche
un granello di polvere.
Senza
rendersene conto Sara iniziò a canticchiare mentre
sistemò il rifugio.
Incredibile
come l’umore di quella donna cambiava in pochi istanti.
Quando tutto fu apposto
guardò la camera con soddisfazione fermandosi
sull’uomo.
«Che
c’è?» domandò preoccupato.
«Dov’è
l’anello che ti ho dato?» chiese spiazzandolo. Adam
aprì la mano e senza
rendersene conto la donna glielo stava già infilando
nell’anulare.
«Ti
rendi conto che stai sposando uno sconosciuto contro la sua
volontà?»
«Così
sembra» rispose con calma.
«Deve
proprio piacervi l’idea», la stuzzicò.
«Vi
piacerebbe», controbatté.
«Non
credo», disse storcendo il naso.
Sara
lo fissò. «Potete togliervi la barba? Mi da
fastidio».
«Che
cosa? NO! È la mia barba!».
«Davvero?
Credevo fosse la mia» rispose con ironia. La ragazza
sbuffò e iniziò a
spintonarlo verso la porta.
«Ehi,
un momento… che stai facendo?» protestò.
«Finché
non vi darete una pulita non entrerete nel mio
rifugio. Compreso di quella barba» disse sorridendo. Non
chiuse la porta, ma
quando l’uomo provò ad entrare i suoi movimenti
furono bloccati.
«Scendi
per trecento metri, verso sinistra. Troverai una piccola
cascata», aggiunse
tranquilla.
«Anche
tu sei sporca da testa a piedi», le fece notare.
«Non
preoccupatevi, quando tornerete sarò candida come il
cristallo». E
canticchiando chiuse la porta. Se fosse tornato o meno non le sarebbe
importato, ma visto che aveva lasciato il suo zaino da viaggio insieme
al sacco
a pelo lì dentro, ci sarebbero state buone
probabilità che tornasse. Con uno
schiocco delle dita un fuocherello scoppiò vivace
lì dove c’era il camino vuoto.
Una bolla d’acqua circondò il sacco a pelo e con
un gesto secco della mano
sinistra si raggruppò goccia per goccia in un'altra sfera
abbandonando il
sacco. Lasciandolo asciutto e perfettamente pulito. Dalla borsa
tirò fuori un
cambio di vestiti comodi e freschi di bucato, prima di indossarli
usò una bolla
d’acqua su se stessa come per il sacco a pelo.
Indossò il cambio e piegò i
vestiti nuovamente puliti mettendoli dentro al comò. Lo
rimpicciolì e lo mise
nuovamente nella borsa. Mise la borsa sotto la sua testa come suo
cuscino,
dopotutto era in cotone e qualche altro tessuto intrecciato.
Quando
Adam rientrò trovò il corpo della sconosciuta
dentro il materasso che aveva
preparato e vedendo che aveva preparato un giaciglio anche per lui si
infilò
dentro al sacco a pelo dopo essersi asciugato vicino al camino, ma
poiché fece
freddo, cambiò idea e si infilò dentro le coperte
insieme a Sara che talmente
stanca non si accorse dell’intruso nel suo giaciglio.
La
mattina dopo l’uomo si trovò un nuovo bernoccolo
sulla testa.
Scusate
l’attesa, spero
vi sia piaciuto e grazie per aver letto fin qui. Spero di aver ancora
occasione
di scrivere ancora. Credo di aver chiarito un po’ di concetti
con questo
capitolo. Non fatevi scrupoli e recensite!
Tsubasa_rukia3
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Capitolo 9 *** Profumo di fiori... ***
Profumo
di fiori
Il
giaciglio improvvisato le sembrò migliore di qualsiasi letto
di alta classe in
cui avesse dormito. Sospirò e regolò il battito
del suo cuore, fino a renderlo
un ritmo lento e costante. Quando finalmente si addormentò,
iniziò a sognare.
Correva
nell’oscura foresta di pietra, i rami di quei arbusti senza
vita sembrarono
artigli pronti ad afferrarla per la lunga chioma e procurarle dolore
con
immensa gioia. Il freddo iniziò ad accarezzarla dai piedi, e
come se un amante
si facesse strada fra le membra con carezze lente e volubili, la pelle
reagì
contraendosi. Quel freddo non fece altro che rendere il terreno su cui
correva
più duro e freddo.
Qualcosa
cambiò e il terreno si fece meno arido e duro. Una
sensazione di calore le
arrivò dalle spalle e dal suo viso. Automaticamente si
rilassò e finalmente
vide la fine di quel bosco tetro, sbucando su un prato lucente di
smeraldo.
Controvoglia
aprì gli occhi appena avvertì i primi raggi del
sole raggiungere l’orizzonte,
non c’era bisogno che lo guardasse o dovesse cercare
conferma, lei lo sapeva.
Fece battere il cuore in modo crescente finché i suoi occhi
non si aprirono su
una strana parete.
Una
parete? Si accorse che quel muro si ampliava e restringeva abbastanza
regolarmente. Lo toccò e lo trovò caldo come
quello strano calore che l’aveva
rilassata nel sogno. Alzò la testa e vide Adam, riconobbe
l’addome e le sue
braccia che la cingevano in un abbraccio.
Immediatamente,
come di riflesso, un colpo di mani dritto in testa lo buttò
per terra.
«Non
c’è bisogno di questa violenza»,
esclamò mezzo assonnato.
«Che
cosa ci facevi sotto le coperte insieme a me?!» con tono
acuto ribatté la donna.
«Avevo
freddo», bofonchiò come se fosse la cosa
più logica da dire mentre si sedette.
«
Avete il sacco a pelo!» contestò Sara.
«E
faceva ancora freddo».
«Ho
capito! Ma non vuol dire che mi devi saltare addosso!»
«Un
momento! Non dipingermi come un pervertito! Ho semplicemente cercato
una fonte
di calore e non mi pare di aver fatto qualcosa di
male…» ribatté irritato.
«C’era
il camino acceso!»
«Non
emana calore quella fiamma!» ribatté.
Sara
sospirò, discutere di prima mattina non è una
bella cosa. Si levò le coperte e
uscì fuori indignata. Un pensiero la fulminò.
Spalancò la porta e urlò: «Anzi,
non sono io a dovermene andare! Sei tu! Questa è mia! Esci
fuori per due ore».
«No».
Quella negazione pronunciata in modo così secco
spezzò qualcosa dentro di lei.
Probabilmente l’autocontrollo.
Adam
non capì, come durante l’assalto, un attimo prima
stava seduto sul pavimento
dentro il rifugio e il secondo dopo era seduto sull’erba
fresca del mattino con
la porta chiusa che lo osservava.
Chissà
che tipo di
oblige deve usare per mantenere questo potere,
pensò con un
sorriso sulle labbra. Guardò la sua mano sinistra, da quando
le aveva infilato
quell’anello nell’anulare non era più
riuscito a toglierlo, anche provare a
danneggiarlo non ha funzionato, e la reazione della ragazza significava
che lei
era ancora innocente sotto quel punto di vista. Quel pensiero lo fece
sorridere.
Credo che una
pausa
ogni tanto non guasti. Si
alzò e scese verso gli alberi,
dopotutto bisogna sempre mangiare dopo aver fatto delle
attività importanti e
da ieri non aveva ancora toccato cibo. Se
riesco a trovare una lepre mi ritengo fortunato.
Sara
si chiuse in un bozzolo di coperte e urlò addosso al cuscino
tutta la sua frustrazione.
Perché era scossa per una sciocchezza del genere?! Capiva
che dopo un po’ di
anni che dormiva da sola era traumatico trovarsi qualcuno sotto le
proprie
coperte. Anche se dovette ammettere che non le dispiaceva…
No! Cosa si stava
mettendo in testa! Sospirò e controllò il suo
cuore diventato agitato. Si
riaddormentò e quando sentì la presenza di
qualcuno dentro la stanza si
allarmò, ma solo per un attimo poiché
dall’odore riconobbe Adam. Si sentì
strana, e tutta contenta provando una sensazione di calore lo
abbracciò
tirandolo disteso vicino a lei. Lo strinse come faceva da bambina con
il suo
peluche di stoffa.
«Benny…
Come sei fresca…» farfugliò.
«Ohi,
che cosa stai facendo!» esclamò sorpreso Adam. In
qualche modo riuscì a girarsi
ritrovandosi col suo volto sopra la sua testa. La trovò
stranamente rossa, per
istinto le toccò la fronte e la trovò calda.
«Un
vampiro con la febbre? Stiamo scherzando?!», era sorpreso.
Non si è mai sentito
di un vampiro con la febbre! Almeno lui non l’aveva
visto… Che fosse una cosa
normale per le femmine della sua specie? O variava da individuo a
individuo?
La
presa di Sara si fece leggermente più stretta per poi
diventare debole. Si
addormentò con il sorriso sulle labbra. Riuscì a
liberarsi da quell’attacco a
sorpresa. Si sedette sulla sedia e la posizionò davanti a
lei. Sbuffò, ora doveva
fare anche da baby-sitter.
Vegliò
su di lei, decidendo di trattarla come per un umano, bagnandole la
fronte con
l’acqua fredda e dandole da bere. Sebbene lo facesse lei non
si svegliò se non
per fare i suoi bisogni, cosa che fece da sola, ma quando
tornò dentro il
rifugio lo guardava sempre intontita e ricadeva nel letto.
Qual
è il problema? Adam non lo capì e se la cosa
continuava così avrebbe dovuto abbandonarla,
mai caricarsi di cose che potrebbero rallentare o ostacolare il
cammino. Un
indizio arrivò la terza notte quando dopo essere tornata dai
suoi bisogni,
sembrava in stato di trans quando lo faceva: si avvicinò col
volto al suo
collo.
«Che
buon profumo…», sussurrò con voce
estremamente sensuale per le sue orecchie. Lo
lasciò sorpreso e ancora di più quando gli svenne
addosso.
«Io
sono quello dal buon profumo? Non scherziamo, sono ore che emani questo
profumo
di fiori che da’ alla testa…»
sussurrò frustato.
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Capitolo 10 *** Nostalgia ***
Nostalgia
Ancora
un po’ agitato la rimise
dentro le coperte con movimenti lenti come se da un momento
all’altro potesse
svegliarsi e rompersi fra le sue mani. Quello che aveva detto non era
una
bugia, più il tempo passava e più
quell’odore di fiori s’intensificava.
Arrivò
a capire che era Sara a emanarlo, molto probabilmente inconsciamente.
L’odore
oltre a solleticargli il naso andò anche a modificare la
vista, perché
lentamente iniziò a trovarla attraente. I capelli mossi gli
parvero morbidissimi
e le ciglia nere sembrarono brillare, ma più di tutto erano
le sue labbra
insieme alle gote purpuree a metterlo in soggezione. Senza rendersene
conto si
ritrovò a reprimere i suoi istinti. Più il
profumo s’intensificava e più la sua
determinazione si affievoliva. Il colpo di grazia avvenne quando lei
aprì gli
occhi, li trovò lucidi e meravigliosi.
Quando
aprì gli occhi si ritrovò
Adam che la fissava con la bocca socchiusa. Forse era la febbre ma le
parve che
la sua figura brillasse. Gli occhi verdi di smeraldo erano vivaci come
se
ardessero e tutto il resto le parve sfocato alla vista. Senza
rendersene conto
allungò la mano. Adam, pensando che volesse una mano per
alzarsi e andare a
fare i suoi bisogni, la afferrò.
Una
scossa più forte e intensa di
quella che provarono al bar percorse i loro corpi andando a spegnersi
nel basso
ventre di ognuno.
Sara
non era più annebbiata e
sembrò lucida, gli occhi le si spalancarono osservandosi
intorno e capì che
Adam l’aveva accudita. Quando tornò a guardarlo lo
trovò come congelato,
immobile come una statua.
«Adam?
Tutto bene?», chiese con
tono stranamente dolce. Come svegliatosi di un colpo si
rianimò.
«Certo
sto bene, ho solo bisogno
di un po’ di aria fredda» disse dopo essersi
schiarito la gola e uscendo dalla
porta.
Appena
se ne andò Sara sentì
nuovamente le forze mancarle e capì che aveva bisogno del
suo sangue e doveva
farlo in fretta. Si domandò perché. Probabilmente
era l’istinto a suggerirle di
fare in fretta.
Adam
doveva fare qualcosa che
l’avrebbe tenuto con le mani occupate e concentrato per un
bel po’ di tempo,
così decise di farsi la barba e tagliarsi quei capelli che
ormai gli arrivavano
alle spalle.
Quando
finì ormai erano passate un
po’ di ore e si sentì stranamente leggero senza
tutto quel pelo a coprirgli la
testa e metà viso. Ora i suoi tratti erano facilmente
riconoscibili, forse è
stata una cattiva idea. Sospirando si mise a cacciare e non
trovò nessuna preda.
Si dovette, infine, accontentare di qualche volatile dei boschi. Per
essere
così piccoli e gracili avevano un enorme quantità
di sangue. Sua madre glielo
aveva insegnato: un sorso per volatile così sarebbe rimasto
in vita. E così
fece.
Sazio,
tornò nel rifugio di
montagna. Trovò la ragazza ancora dormiente sotto le
coperte. Sospirò, non
poteva rimanere a giocare a fare il marito con la prima vampira che
incontra
dopo quindici anni… Preparò la sacca a pelo e
indossò il giubbino con cui era
venuto. Si bloccò prima di aprire la porta. Svegliarla
per un saluto non credo che farà male.
Ritornò sui suoi passi, tolse lo
zaino dalle sue spalle e scosse con una mano la spalla di Sara
finché non aprì
gli occhi. Aspettò che i suoi occhi si focalizzarono sui
suoi prima di parlare.
«Senti,
io mi sono fermato anche
troppo nello stesso posto. È ora che vada via…
Volevo solo fartelo sapere così
non penserai che ti ho rubato le cose e sia sparito», non era
bravo con i
saluti e le cordialità però cercava di essere
sincero anche se con strani
risultati.
Sara
parve confusa. Che quell’uomo
fosse Adam? La voce era la sua ma non vedeva più i boccoli
neri e la barba
folta. Anzi ora ammirava una mascella squadrata e un mento leggermente
in
rilievo. Le rivolse un sorriso e due fossette comparvero sulle guance.
Qualcosa
dentro di lei si sciolse.
«Beh,
allora io me ne vado», con
quella frase la donna ritornò alla realtà.
«Un
attimo!» nell’impeto gli prese
la manica. Lui si voltò e lei vide quelle labbra piene. Non
erano ne troppo
gonfie ne poco, perfette come piacciono a lei. Il suo viso le parve
andare in
fiamme. Che diavolo sto pensando?! Se
questo se ne va, io sono finita!
«Se
te ne vai, allora uccidimi»
dichiarò tetra.
Incredibile
come ogni volta lo
spiazzava. Di sicuro non si sarebbe annoiato in compagna di quella
donna.
«Ma
che cosa stai dicendo?», con
un movimento brusco sciolse la presa della donna.
«Per
te può essere sembrato un
gioco recitare la parte del marito, ma io ci sto mettendo dentro la mia
vita!»,
dopo averlo detto si mise a piangere. Non capì nemmeno lei
perché aveva
iniziato a versare lacrime come una bambina.
Adam
sospirò, se sua madre fosse
stata meno femminista forse non si sarebbe fermato a consolarla. Quando
finalmente si calmò lei si mise a ridere.
«Sono
patetica! Incredibilmente
patetica!» e continuò a ridere.
Passarono
dei minuti buoni prima
che lei si calmasse e in quel momento fece un respiro profondo.
Guardò
Adam con determinazione e
calma.
«Chiedo
scusa. Mi rendo conto che
negli ultimi giorni sia stato strano prendersi cura di qualcun altro e
di
questo ti ringrazio. Scusami anche per la storia del
“marito’’. Se mi dai la
mano ti tolgo la fede. Ci tengo a riaverla è un ricordo di
famiglia» concluse
con un sorriso caldo.
Adam
le porse la mano sinistra e
quando le loro pelli entrarono in contatto ritornò quella
strana scossa. Sara
deglutì e riuscì a resistere a quello strano
istinto, Adam reagì come l’ultima
volta: pietrificandosi.
Ritrovandosi
i due tulipani
intrecciati fra le dita Sara rise.
«A
quanto pare mio padre non ha
vinto… O forse possiamo dire che è
patta» commentò fra sé e sé.
La
curiosità lo fece parlare prima
che se ne rendesse conto: «In che senso?».
Sara
lo guardò. Mentalmente
scrollò le spalle, ma
sì, che male ci sia
nel raccontargli la mia storia? Tanto ormai sono morta…
«Prima
che morisse mio padre aveva
espresso il desiderio di potermi vedere sposata e abbracciare il suo
primo
nipotino» rise, «Un desiderio rimane solo tale,
anche allora poteva benissimo
capire che non sarebbe riuscito a vederlo».
«Perché?».
«Mio
padre era umano. In realtà
era figlio di una vampira ed un essere umano, ma non è
riuscito a tenere la
nostra razza. Come ben sai, una vampira ha più
probabilità di fare figli se si
accoppia con un umano, ma raramente sono anche loro dei vampiri e se
succede,
le poche volte che accade sono femmine.».
«Non
lo sapevo» ammise Adam. Sara
lo guardò inclinando il volto.
«Giusto,
avevate accennato al
fatto che vostra madre vi ha lasciato da giovane. Le mie
condoglianze»,
pronunciò in modo formale e facendo un inchino col busto.
«Grazie»
formulò Adam rispondendo
all’inchino.
«Mio
padre però aveva una particolarità:
aveva un oblige. Nessun umano aveva
mai avuto un oblige.»
Sara si ritrovò
desiderosa di raccontare la sua storia.
«E
come? quale era?».
«Ti
perdonerò solo perché non
conosci le regole della società vampiresca poiché
hai vissuto evitandola. Sappi
che chiedere la natura di un oblige
è
considerato un gesto di estrema volgarità e offende colui
che l’ha ricevuta.
Chiaro?».
«Scusa»
chiese amareggiato. Sara
sorrise e gli tirò leggermente con un pizzicotto una guancia.
«Dimmi,
vuoi sapere
qualcos’altro?».
«Mi
hai mentito?».
«Su
cosa?».
«Su
di te, su quello che mi hai
detto sullo sposalizio».
«No»
era la verità. Lei non aveva
detto bugie, celare una parte della verità non è
una bugia.
«Se
non è un offesa chiedere. Da
dove vieni?».
«Cosa
intendi? Sono stata così
tanto tempo in tanti luoghi che non capisco la domanda».
«Dove
sei nata? Dove hai vissuto i
tuoi primi anni?».
«Oh,
il mio paese natale?».
«Esatto»
confermò Adam.
«Credo
che adesso si chiami
Turchia, ma le mie informazioni sono un po’
datate…».
Sara
s’interruppe nel vedere il
volto di Adam, la sorpresa predominava i suoi tratti.
«Adam?
No.- si corresse- Sig.
Beast?». Dovette chiamarlo parecchie volte prima che si
riprendesse.
«Dimmi che stai mentendo!». Sara
rimase sorpresa! Turco!
«Non ci credo. Che piacere trovare una persona che
parla il turco! Sono
secoli che non lo sento parlare, letteralmente! Da che città
vieni?»
«Costantinopoli» rispose
intontito.
«Oh, ci sono stata. Beh, dopotutto per arrivare in
Europa devi per forza
passare di lì se vuoi prendere un buon passaggio…».
Parve ricordarsi
qualcosa.
«Sono davvero dispiaciuta per la scortesia che ho
mostrato nei tuoi
confronti».
«No
no, sono io quello che si deve scusare»,
era da tanto tempo che non eseguiva delle formalità della
sua società.
«Oddio, chiedo scusa. Faccio subito del
tè». Adam la fermò prima che
potesse alzarsi.
«Per carità, non vi disturbate. State
male e dovete riposare».
Iniziarono un dialogo di formalità in cui Adam insisteva
perché lei non si
scomodasse e lei a sua volta insisteva per fare il tè. Alla
fine vinse Sara con
la scusa che non farlo sarebbe stato un insulto per i suoi genitori che
l’avevano educata all’ospitalità.
Con
passi incerti si diresse verso
la sua borsa dove tirò fuori un piccolo baule. Lo
poggiò per terra e questo
iniziò a ingrandirsi con lo stupore di Adam.
Quando
raggiunse la giusta
dimensione, Sara lo aprì. Mentre lei cercava Adam
osservò con nostalgia le
decorazioni in perfetto stile arabo incise nel legno.
«è
un bellissimo baule. L’ha fatto
vostro padre?».
«No,
l’ho fatto io qualche anno
fa.» rispose con la testa dentro di esso. Quando riemerse da
esso aveva in mano
una teiera finemente lavorata, due bicchieri in vetro per il
tè e un sacchetto
con dentro delle erbe essiccate. Li appoggiò per terra e
riemerse con un altro
sacchetto pieno di dolci, accompagnato da un piattino. Richiuse il
baule e lo
rimpicciolì con le mani, finendo come prima dentro la borsa.
Adam
era curioso di sapere che oblige
dovesse avere per mantenere quel
potere, ma per paura di fare una scortesia stette zitto.
Bastarono
pochi istanti e del tè
fumante decorava il tavolo con dei dolcetti. Sentire
quell’odore nostalgico lo
fece rilassare e calmare allo stesso tempo. Il rifugio divenne un luogo
estraneo al mondo ed esisteva solo quel momento, come se il tempo fosse
distaccato dalla realtà. Avrebbe voluto che Sara rimanesse a
versare quella
bevanda nostalgica per sempre.
Purtroppo
lei finì di versarla e
gli porse il bicchiere. Iniziarono una conversazione su
com’è il clima della
Turchia rispetto all’Italia e di altre cose riguardo al
paesaggio.
Prima
che se ne rendessero conto
la notte giunse e Sara insistette nell’aspettare il giorno
prima di partire,
sebbene ci fosse bassa stagione la montagna nasconde lo stesso delle
insidie
che persino un vampiro farebbe meglio non sottovalutare. Non
lasciò Adam neanche
il tempo di protestare col risultato che lei stava preparando un altro
giaciglio sotto i piedi di quello sul letto. All’inizio
l’uomo credette che
fosse per lui ma Sara mostrò l’intenzione di non
abbandonarlo.
«Dormo
sul letto?».
«Ovviamente,
potete pure cambiarvi
i vestiti con calma. Io vado a farmi un bagno»
replicò Sara.
«Non
ho dei vestiti per
cambiarmi», di solito li comprava quando passava per le
città e buttava quelli
sporchi.
Dopo
aver strabuzzato gli occhi,
in silenzio, la donna mise mano alla borsa e ne uscì fuori
con un pigiama dalle
tinte chiare. Un po’ leggero per quel freddo notturno, ma non
era certo un problema
con tutte le coperte che aveva usato.
Dopo
averglielo buttato addosso se
ne andò fuori dal rifugio, Adam non ebbe neanche il tempo di
ringraziarla.
Sara
assaporò l’effetto dell’aria
frizzante di montagna sulla sua pelle e dopo un sospiro
s’incamminò.
Sentì
il suo corpo debole, ma lo
ignorò concentrandosi nel trovare una piccola fonte
d’acqua, dopo pochi minuti
di cammino trovò un piccolo ruscello. Non era certo
sufficiente per lavare il
corpo di una persona, ma a lei bastava.
Si
svestì buttando i panni sporchi
dietro di lei e appoggiandoci sopra quelli puliti e ancora piegati.
Mise le
mani per aria con i palmi paralleli al ruscello e qualcosa
iniziò a cambiare.
Fu come se l’aria stessa e il filo d’acqua stessero
sospirando. Quel brulicare
di vita che percepiva nel boschetto si silenziò come in
ascolto.
Con
fluidità mosse le mani e come
se tirato da un filo quella linea cristallina si mosse, si contorse ed
eseguì
quei ordini silenziosi provenienti dalle sue mani. Volteggiando su se
stessa la
figura femminile si coprì d’acqua,
sembrò chiusa in un uovo d’acqua che la
prese dalle caviglie alla punta della testa. Senza muoversi, quella
barriera si
strinse intorno a lei. Un bozzolo trasparente che divenne come una
seconda
pelle. Alzò il braccio destro e quella sfera si
alzò. Riabbassò l’arto e dalle
caviglie riprese ad avvolgerla come una coperta. Lo fece più
volte e ogni volta
ne usciva più pulita e sempre asciutta. Quando decise di
essere soddisfatta
ricompose quell’uovo e come un gomitolo di lana lo
disfò facendolo ritornare il
ruscello di prima. Prese i vestiti puliti e li indossò. Solo
allora sembrò che
la natura smise di stare in silenzio. Si rese conto in
quell’istante che non
aveva indossato delle calzature, scrollò le spalle. Non è un grosso problema.
Iniziò
ad incamminarsi verso il
rifugio con i panni sporchi alle mani, quando arrivò.
Violento e improvviso,
non se lo sarebbe mai aspettata. Fame.
Vorace e imperiale. Quel comando doveva essere eseguito. No, era un
bisogno
repellente.
La
sorpresa la fece cadere sulle
sue ginocchia. Urlò al cielo luminoso.
Luminoso?
Il sole! Non poteva
saziarsi ai raggi del sole! Iniziò a correre e in pochi
istanti entrò nel
rifugio.
L’odore
di Adam le concesse un
attimo di lucidità nel quale arrotolò le coperte
sopra al tappeto e li infilò
nella borsa. Arrotolò anche il tappeto sporco
d’impronte, immaginò che fosse
stato Adam a farli mentre lei era malata, e anche la tovaglia fu
piegata e
riposta dentro quella borsa in tessuto.
Adam
si era cambiato nel suo
pigiama e la guardò intontito dentro le coperte. Lei si
morse le labbra, un
rivolo di sangue le scese fino al mento. Seppe benissimo quali
svantaggi
potevano portare le sue azione e nonostante ciò decise di
farlo: con due dita
fece un movimento secco, una linea. Questa, come se solcata, si
materializzò ai
piedi del letto, percorrendo tutto il suo lato e un’altra
scossa violenta di
fame le agguantò il ventre facendole uscire strani versi
dalla bocca. Adam
scese dal letto e provò ad avvicinarsi, ma fu come andare
contro un muro. Dopo
alcuni istanti di spaesamento capì che lui era stato escluso
e si sedette
facendo l’unica cosa che potesse fare: guardare.
Disperata
fece di nuovo quel
movimento secco, questa volta in direzione delle tre finestre e
schioccando due
volte le dita queste si oscurarono. Sara guardò un ultima
volta la parete
invisibile che stava di fronte ad Adam, poi schioccò le dita
e anch’essa si
oscurò.
Dapprima
non sentì niente, ma poi
lentamente dei rumori gli solleticarono le orecchie. Suoni orribili,
perché
riconobbe a quale gesto comportavano: risucchio e morsi.
Sara
con foga bevve il sangue
delle sue vene e non soddisfatta iniziò a mordere le carni
delle sue braccia.
Tutto quello che fece non era altro che un gesto istintivo per
reprimerne un
altro.
Grazie
per aver letto fin qui! In realtà per questo capitolo
avevo in mente qualcos’altro ma verrà posticipato,
a quanto pare xD Se potrò
scriverò qualcosa per carnevale, ma non garantisco niente!
;) Spero che
continuate a seguirmi <3
Tsubasa-Rukia3.
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Capitolo 11 *** Unione ***
Unione
Arrivò
fredda la consapevolezza che quello che stava facendo era inutile.
Questa volta
non sarebbe bastato e il basso ventre sapeva di che cosa aveva bisogno,
ma non
aveva nessuna intenzione di cedere. Aveva della dignità, non
avrebbe lasciato
ai suoi istinti di prendere il sopravvento così facilmente.
Decise
di iniziare con dei
respiri profondi e regolari, contando un ritmo in quattro quarti e
alternandolo. Dopo quello che parvero minuti si sentì
quieta. Con uno schiocco
i ‘’muri’’ di tenebra che aveva
eretto si dissiparono e con la luce del sole
notò le macchie di sangue sui suoi vestiti freschi di bucato
e nel pavimento.
Fu grata di aver fatto in tempo a togliere il tappeto.
Prese
i panni sporchi e si pulì
il viso facendo affidamento sul riflesso della finestra vicina la
tavolo.
Adam
rimase tutto il tempo
impietrito ad osservarla.
Con
uno schiocco delle dita una
fiamma divampò sulla pozza di sangue senza emettere un
rumore e nessun genere
di fumo. Neanche il calore emanò, forse bisognava trovare un
altro nome anzi
che quello di ‘fiamma’. Nessuno se ne
preoccupò.
Adam
rimase a guardare quel
corpo vibrare sul pavimento in legno senza recare danni, candida come
una
nuvola.
«Chiedo
scusa per lo spettacolo
poco fine e per la scortesia. Alcune volte
capita…», la voce di Sara parve
rianimarlo.
«Non
cacciate in questi casi?»
chiese dopo essersi schiarito la gola.
«Cacciare
cosa? Il sangue umano
mi da’ alla nausea, quello sintetico fa schifo e quello degli
animali… beh è
particolare, dipende dall’animale in
verità», in silenzio la sua mente
divagò
al ricordo dei suoi esperimenti cercando di nutrirsi di cavalli e
cervi:
sapevano di erba. Disgustoso!
«E
allora vi nutrite di voi
stessa?!» chiese sussurrando, un po’ scioccato.
«Sì,
in parte- storpiò la bocca
per pulire un punto vicino alle labbra- lo trovo
più… logico».
«Logico?!
E dove?» urlò
sorpreso.
«Ragazzo,
che cosa volete che vi
dica per farvi contento», la sua voce suonò dura.
«Contento,
perché mai dovreste
farmi contento? Per l’amore della
natura,
come avete fatto a vivere fino ad ora?!», esclamò
confuso nella sua lingua
natia.
«Questo
lo so io e nessun altro» sospirò
infastidita, «Sapete che vi dico? Non mi interessa la vostra
opinione,
viaggiatore». Si avvicinò alla borsa e
si tolse la maglia cercando una
maglietta a maniche corte con la mano, fortunatamente il reggiseno non
era
stato sporcato e poté tenerlo sopra la nuova maglia in
tinta. Osservò i suoi
pantaloni, sporchi soprattutto alle ginocchia.
Non
diede importanza alle ferite
aperte negli avambracci mentre si districò la treccia
unilaterale.
«Ovviamente
non vi deve
interessare la mia opinione, viaggiamo su strade diverse»
riprese in tono duro
l’uomo.
«Sono
felice che l’abbiate
compreso, Signor Beast»
«Anche
io» ribatté in tono di
sfida.
«Bene»
rispose a denti stretti.
«Perfetto»
sibilò. Nessuno dei
due sembrò propenso a lasciare l’ultima parola
all’altro.
Senza
rendersene conto si
avvicinarono fino a scontrarsi fronte contro fronte, alitandosi in
faccia.
Fu
proprio il profumo dell’altro
a far perdere la lucidità della rabbia iniziale,
poiché per ognuno l’odore
dell’altro parve come quello di un frutto rinfrescante e
dissetante. A fare il
primo gesto di furia fu Adam.
Meccanicamente
le labbra di Sara
risposero. Si staccò da lui per un attimo e appena prese
aria gli saltò addosso
spingendolo in direzione del letto ancora con le coperte sfatte.
Sentì chiaramente
il suono dei loro respiri ansimanti e appena vide la spalla di lui
nuda, dopo
averla leccata con la lingua calda. Parve che quel prurito che provava
ai denti
si fosse placato finalmente e non si rese conto di averlo mai avuto
fino a quel
momento. Respirando dal naso si godette il suo profumo e il liquido
caldo
riempirgli il corpo, chiuse gli occhi per amplificare
l’effetto delle sue
sensazioni.
Quando
capì di essere morso alla
spalla stava ammirando la sofficità dei suoi capelli e
lentamente iniziò a mordicchiarle
il collo. Dapprima con dolcezza, poi sempre più
profondamente e rudemente. Al
tempo stesso le sue mani giocarono con le sue gambe soffici e
abbassarono i
suoi pantaloni e quelli di lei. Affondò i denti nella sua
carne sentendo un
piacere istantaneo. Piccoli sorsi di bramosia entrarono nel suo essere
e non
ebbe nessuna intenzione di accelerare il ritmo, dopo due sorsi
sentì il suo
cuore sincronizzarsi con quello di lei. L’addome
iniziò a spingere contro le
sue anche e ben presto la completò. Fece come i morsi: prima
lentamente e poi
sempre più intenso. Dopo pochi attimi Sara liberò
la sua spalla e sembro
soddisfatta del sangue ricevuto, ma ora era la sua carne e non i suoi
denti a
godere. Istintivamente lo abbracciò mentre si accorse che
lui le aveva messo
una mano dietro la schiena per avvicinarla.
Ance
lui fu sazio del suo
sangue, ma il movimento dei fianchi continuò facendolo
ansimare, leccò le gocce
di sangue che uscirono dal collo di lei e alzando leggermente la testa
vide il
suo volto , bellissimo.
Quell’istinto
che gli faceva
muovere i fianchi gli fece avvicinare le sue labbra.
Dapprima
sentì un bacio dolce,
innocente, ma poi come se l’aria mancasse la sua schiena la
fece sedere senza
smettere di fare il movimento di reni, anzi iniziò a
collaborare pure lei con
il ritmo che faceva il corpo virile di Adam. Vorace fece dei movimenti
che non
sapeva di poter fare con le labbra e la lingua umida. Questi gesti le
parvero
come se cercasse di divorare qualcosa. Per
l’eccitazione i canini ferirono la sua lingua e
il sangue iniziò a
mischiarsi leggermente con quel liquido tiepido. Brividi di piacere
percorsero
le loro schiene mentre lei s’inarcò sempre di
più e lo inondò del suo profumo.
Poi vennero i versi che la liberarono da quell’unione di
labbra e
successivamente si ritrovò a dire il nome di Adam con un
intensità e desiderio
che non aveva mai provato.
Il
ritmo aumentò sempre più
finché entrambi non si fermarono di colpo e si stesero
insieme, rimasero in
contatto l’una con l’altra per molti istanti e
ansimanti. Adam si beò del suo
odore e distrattamente le leccò gli avambracci.
Sara
sembrò senza pensieri,
godendosi quella sensazione di lingua sulla sua pelle e ansimando.
I
respiri si fecero sempre meno
intensi e nello steso istante si guardarono. Lui, sorprendendola rise
facendo
comparire quelle fossette che le piacevano tanto. Senza esitazione lo
baciò e
questa volta non fu una fiamma avida e dirompente ad animarli, ma
qualcosa di
più caldo e flebile allo stesso tempo.
Dopo
quell’unione di labbra Sara
diresse il capo verso il petto in direzione del suo cuore e lo
ascoltò battere
veloce.
Rimase
così finché non lo sentì
rallentare e sentendosi calda e al sicuro rimase in quella posizione
finché non
sussurrò distratta prima di dormire: « questo non
me lo aspettavo… ma devo dire
che non mi dispiace». Quando si addormentò non
sentì la risposta dell’altra
parte.
Grazie
per aver letto fin qui! Ok, questa cosa non
l’avevo calcolata nemmeno io, ma ha preso sopravvento la mia
parte malata della
testa xD Sinceramente questo capitolo potrei considerarla anche la fine
del
libro o di una fantomatica ‘prima parte’ non
saprei… Ditemi cosa ne pensate,
preferite la fine della storia così con un finale semi-
aperto o volete vedere
altro? Spero di non aver fatto nessun casino con i rating e di non aver
violato
le regole del forum…
Vi
prego, come al solito, ditemi che ne pensate e
alla prossima (forse xD)
Tsubasa_rukia3
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