Tutto Grazie Al Destino?

di CarlottAlien
(/viewuser.php?uid=323903)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il fato ***
Capitolo 2: *** Rabbia ***
Capitolo 3: *** Eccoti, finalmente ***
Capitolo 4: *** Dai, Tom! ***
Capitolo 5: *** Incontriamoci ***
Capitolo 6: *** Attrazione ***
Capitolo 7: *** Piccoli Passi ***
Capitolo 8: *** Appuntamento ***
Capitolo 9: *** Perchè? ***
Capitolo 10: *** Manca Poco ***
Capitolo 11: *** Vuoto ***
Capitolo 12: *** Rivelazioni ***
Capitolo 13: *** Ci sono e ci sarò..per te ***
Capitolo 14: *** Mancava così poco..! ***
Capitolo 15: *** Sfilata ***
Capitolo 16: *** Ce la faremo ***



Capitolo 1
*** Il fato ***


IL FATO

Los Angeles. Era una classica calda giornata nella metropoli californiana, di quelle col cielo di un azzurro sfolgorante. I gemelli Bill e Tom si stavano godendo quella splendida mattinata passeggiando per una delle vie della città con in mano il loro primo frappé della giornata. Erano appena usciti dallo studio di registrazione dopo una lunga nottata passata a incidere per il nuovo album. Ormai tutto il mondo era in trepidante attesa, ma decisero comunque di assaporare quella splendida giornata a LA.
   “Uffa, il mio frappé è già finito!” disse a un tratto Bill rivolto al fratello. “Ci fermiamo al bar all’angolo a prendere il secondo?”.
   “Bill, devi smetterla con tutti questi caffè, finirai per diventare uno schizzato!”
   “Ma siamo appena usciti dallo studio! Dai, così ci sediamo su quei splendidi tavolini a prendere un po’ di sole! Siamo bianchi come cadaveri a furia di stare chiusi a casa!”
   “Va bene dai, ma dopo torniamo a casa, i cani ci aspettano.”
   “Promesso, promesso!” rispose Bill tutto contento. All’improvviso, svoltando l’angolo tra la 27th e la Avenue, una folata di brezza marina travolse i due ragazzi.
   “Ah, che vento ragazzi!” disse Bill sorpreso. “Per fortuna non mi è volato via il cappello!”
   “Esagerato, come sempre. È solo un po’ di brezza!” gli rispose Tom un po’ seccato.
   “Oh no, la mia relazione!” i due gemelli si voltarono all’unisono verso l’altro lato della strada dove si ergeva un imponente edificio fatto interamente di vetro che risplendeva l’accecante sole di quella mattina. Videro una giovane ragazza inseguire un foglio che veniva portato via dal vento come una foglia d’autunno. Il foglio, voleva il caso, volò in mezzo alla strada, fino ad arrivare dal lato dove si trovavano i ragazzi. Tom, senza pensarci un attimo, fece qualche passo in direzione del foglio svolazzante, allungò un braccio e riuscì a prenderlo con poca fatica. Nell’attimo in cui lo prese si girò verso l’edificio e vide che la giovane stava attraversando la strada per andare da lui. Rimase esterrefatto da quella ragazza. Indossava le classiche vesti di un impiegata della zona, tailleur dal ginocchio e una camicia bianca che portava morbida in contrasto con la gonna molto attillata. I capelli non troppo scuri erano raccolti ma spettinati a causa del vento, e dei ciuffi le incorniciavano teneramente il viso liscio e leggermente tondo. Si avvicinò a Tom con un sorriso sfavillante sulle labbra rosse che cominciavano a muoversi.
   “Oh, grazie mille! Davvero! Devo presentare questa relazione tra 10 minuti, e lei mi ha salvato! La ringrazio di cuore!” Tom le porse il foglio e riuscì a bazzicare un timido “Prego, non c’è di che..”. Era ancora sconvolto quando la ragazza lo salutò, attraverso velocemente la strada ed entrò nell’edificio di vetro. Cosa gli era successo? Non era mai capitata una cosa simile a lui. Rimanere di stucco davanti ad una donna. Stava ancora guardando il grattacielo quando Bill si avvicinò.
   “Ehi là, hai finito di consumare quel palazzo con gli occhi? Non hai la vista a raggi x, non puoi guardarla mentre è lì dentro.” Bill riscosse il fratello dal suo mondo magico, punzecchiandolo come adora fare.
   “Ma stai zitto..! Stavo solo..” cominciò Tom. “Non cercare di prendermi in giro, stupido,” lo interruppe Bill. “ ti conosco quel poco da poterti dire che sei rimasto letteralmente a bocca aperta quando l’hai vista! Non le hai nemmeno chiesto come si chiama!”
   “Era di fretta..”
   “Ah, che ragazzo! Vedrai che la rincontrerai, se il destino lo vorrà.”
   “Tu e il tuo maledetto destino!” disse Tom imbarazzato da quella conversazione. Imbarazzato! Cosa gli era successo...
   “Allora questo frappé? Muoviti, sembri una statua di marmo! E neanche tanto bella!” Tom si voltò verso il fratello.
   “Avanti su! Cammina..” si avviarono verso il bar, ma Tom guardò ancora quell’edificio di vetro all’angolo tra la 27th e la Avenue. Bill se ne accorse e, sotto i baffi, sorrise.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Rabbia ***


Dalla moderna villa dei gemelli Kaulitz affacciata direttamente alla sconfinata spiaggia di Malibu, provenivano delle melodie dolci e armoniose; una voce e una chitarra classica che sembravano danzare all’unisono con una sintonia pressoché perfetta. I due fratelli erano chiusi nel loro studio di registrazione intenti a rivisitare una loro vecchia demo ed entrambi stavano lavorando sodo. O quasi.

    “Ancora Tom! È la settima volta che rifacciamo questo pezzo, vuoi metterci un po’ di impegno?” Bill si tolse una cuffia dall’orecchio e riprese il fratello, agitando nervosamente gli spartiti per aria.

    “Bill, sono le 3 del mattino e siamo chiusi qui dentro dalle 10 di sera. Sono stanco.” Rispose Tom togliendosi entrambe le cuffie e appoggiandosi stancamente alla chitarra.

    “Altre volte siamo stati ben di più qui dentro e di certo facevamo qualcosa di decente!” sbottò Bill. “Impegnati Tom, maledizione!! Di questo passo l’album non lo finiremo mai!”

   “Ah, e così la colpa di questo ritardo sarebbe mia adesso?! Non dire stronzate Bill!!” Tom si alzò di scatto tenendo la chitarra con una mano, esplodendo e urlando più del dovuto. Bill rimase sorpreso dalla reazione esagerata del fratello, ma di certo lui non era il tipo che se ne stava zitto e buono e chiedeva scusa. Così cominciò ad urlare anche lui.

    “Si può sapere cos’hai?! Sono giorni che sei fuori di te! Se hai le palle girate per conto tuo non te la devi prendere con me!! E almeno concentrati su quello che facciamo!”

    “Ma stai zitto, Bill, che quando hai tu le palle girate nessuno può dirti nulla e allora tutti zitti agli ordini del principino!!” Tom era incontrollabile, rosso in volto e si scaldava sempre più.

    “Almeno io ci metto impegno nel mio lavoro anche se ho dei problemi per conto mio, e di certo non mi faccio influenzare dai cavoli miei personali!”

   “Se permetti è anche il MIO lavoro e non penso proprio di fare schifo come dici tu!!”

    “Tom, io non ho detto questo..”

    “Oh, no, lui non dice o non fa mai cose sbagliate!! ‘No stavo insinuando quello che dici tu.’ Un tuo classico Bill!!” Ormai la situazione stava degenerando e Bill se ne era accorto. Certo, lui e Tom litigavano spesso, anche per motivi futili, ma riuscivano sempre a riappacificarsi, anche grazie a quel legame che li univa e che gli faceva mettere da parte l’orgoglio per scusarsi l’uno con l’altro. Ma questa volta era diverso, Tom era molto agitato e si era innervosito troppo per nulla e Bill non riusciva a capirne il motivo.

    “Tom, non esagerare...” Bill tentò di calmare il fratello.

    “Basta, Bill, ne ho abbastanza di queste stronzate.” Tom appoggiò la chitarra al muro, si girò e cominciò a salire le scale che portavano all’interno della casa.

    “Aspetta Tom!” Bill si tolse le cuffie, stava appoggiando gli spartiti ma Tom era già uscito dallo studio sbattendo la porta. ‘Scusami..’ pensò Bill fissando la porta della sala registrazioni.

 

Appena entrato in casa Tom prese le chiavi della macchina, il guinzaglio di Scotty che, appena lo vide si alzò e lo seguì, capendo di dover andare col suo padrone, e si diresse verso l’ingresso, senza prendersi neanche la giacca. Sebbene fosse estate e a LA faceva sempre molto caldo, a quell’ora del mattino era sempre fresco e di certo non c’era la temperatura ideale per uscire in maniche corte.

Il giovane si diresse verso la sua Cadillac, fece salire Scotty dalla parte del passeggero e salì a sua volta nell’auto. Mentre Tom accendeva la macchina, Scotty lo fissava scodinzolando con il classico sguardo ingenuo e devoto dei cani. Accesa la macchina, Tom partì uscendo dal vialetto di casa. Durante il tragitto si sentiva ancora più nervoso. Cosa gli stava capitando? Rabbia, tristezza, nervosismo, stress..quel turbinio di emozioni lo fece scaldare ancora di più, tanto che abbassò del tutto il finestrino dell’auto cercando di ritornare in sé. Arrivato su uno spazio erboso a lato della strada, parcheggiò, mise in guinzaglio al suo fedele compagno, ed entrambi scesero dalla macchina, dirigendosi verso una delle tante sconfinate spiagge libere di Malibu. Ma quella non era una delle tante. Era la sua preferita, frequentata solo da chi conosceva bene quel posto e dove lui, a qualsiasi ora del giorno e della notte, poteva venire e poter stare davvero tranquillo. Non appena arrivarono in prossimità della riva, Tom tolse il guinzaglio a Scotty che prese subito a gironzolare qua e là annusando le varie tracce che incontrava. Lui intanto si sedette sulla sabbia, appoggiandosi con le mani e fissando il riflesso magico della luna sull’acqua leggermente increspata da una leggere e fresca brezza. Si maledisse per non aver portato la giacca. Cosa gli stava succedendo? Cos’era quella cosa che gli stava facendo quell’effetto? O meglio..chi? Oh si, lui lo sapeva bene. Non aveva più rivisto quella ragazza che incontrò per caso insieme a Bill. Era rimasto folgorato. Aveva la sua immagine stampata nella mente. Lei che gli sorride, con i capelli appena spettinati dal vento e la camicia bianca appena abbondante che svolazzava. Di solito era Bill quello che credeva nel colpo di fulmine, nel fato, non di certo lui. Perché gli era successa una cosa simile? Era ormai una settimana che non la vedeva. Sebbene passasse ‘per caso’ davanti al palazzo in cui lei lavorava, non l’aveva mai incontrata. Tanto sapeva che non l’avrebbe più rivista. La rabbia cominciò a salirgli dentro, prese un pugno di sabbia e lo lanciò lontano, cercando di sfogarsi. Da lontano, Scotty si girò verso di lui, osservandolo. Ad un tratto prese a camminargli incontro e si sedette al suo fianco, osservando ciò che guardava il suo padrone, quasi sapendo che in realtà Tom non stava ammirando il chiaro di luna.

    “Bravo, il mio bimbo.” Disse Tom accarezzandolo e abbozzando un sorriso. Si sentiva deluso da sé stesso e da ciò che gli era successo. Perché il destino gli aveva tirato quel tiro mancino? Cosa succederà? Rivolse le sue domande al cielo stellato, che lo osservava da lassù apparentemente immobile.

    “Cos’hai in serbo per me?” chiese lui sapendo di non ricevere nessuna risposta. Ma voleva disperatamente sapere.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Eccoti, finalmente ***


Tom rientrò a casa insieme a Scotty quando ormai il sole stava sorgendo. Rimase sveglio tutta la notte a pensare e ripensare a lei. Era giunto ad una conclusione: dimenticarla. Doveva farlo.

Smontò dall’auto seguito dal suo amato Scotty, che non vedeva l’ora di buttarsi sul letto insieme al suo padrone per dormire. Tom aprì lentamente la porta di casa, e nella penombra vide Bill sul divano. Era rimasto ad aspettarlo tutta la notte, ma alla fine la stanchezza aveva vinto su di lui, così Tom lo trovò addormentato. Mentre Scotty si trascinava verso la camera da letto intento a non aspettare il suo padrone, Tom si avvicinò a Bill per coprirlo con una coperta. Lo scemo si era addormentato in canottiera, senza mettersi nemmeno la felpa. Tom lo vide con l’espressione triste dipinta sul volto, nonostante stesse dormendo. Si pentì di aver litigato con lui quella notte e averlo fatto sentire così male essendo andato via senza dirgli nulla. Sicuramente era rimasto sveglio col cuore in gola. ‘Sei un pezzo di merda’ pensò. Si voltò e andò verso la camera, in fondo al corridoio. Anche lui, come Scotty, si trascinava verso il letto, sopraffatto dalla stanchezza. Si tolse appena le scarpe e si buttò sul materasso, rimanendo in tuta e maglietta. Guardò l’ora. 6:48. Aveva bisogno di riposare. Appena chiuse gli occhi, Tom prese sonno, con al fianco il suo fedele amico, e col cuore colmo di una tristezza infinita.

 

    “Tom! Toooom!” Bill entrò nella camera del fratello urlando, svegliandolo di soprassalto. Tom si svegliò di colpo, alzando appena la testa dal cuscino e guardando Bill con un occhio chiuso e uno aperto.

    “Cosa succede?” chiese Tom sbadigliando. “Sono tornato molto tardi ieri sera, voglio dormire.”

    “Lo so, sai, me ne sono accorto!” rispose Bill. “Ti lascerei volentieri dormire, almeno sei tranquillo, ma sono già le 20:30 e dobbiamo andare a cena con Andreas, Ria, e tutta la squadra, ricordi? Dopo abbiamo l’apertura della Fashion Week! Scommetto che te ne sei dimenticato!”

    ‘Maledizione!” imprecò Tom tra sé e sé. “Va bene, va bene, mi alzo…” e a fatica il giovane si alzò dal letto e si diresse verso la cucina per mangiare qualcosa.

    “No no, Tom, non perdere tempo e vestiti!” Bill lo sgridò come una mammina, ordinando gli di prepararsi. Il fratello guardò prima la sua fetta di pane imburrata e poi lui, con sguardo implorante. Con non poca riluttanza posò la fetta di pane e si diresse verso il bagno.

    “Agli ordini, capo!” disse alzando le mani, chinando il capo con un mezzo sorriso sulla faccia. Bill lo guardò andarsene e sorrise compiaciuto.

 

 

Uscirono dal ristorante Chic alle 23 circa e si diressero a piedi verso il locale dove si teneva l’open della Fashion Week di LA. Erano un bel gruppo, ma i gemelli Kaulitz sfavillavano in mezzo a tutti. Bill, come sempre del resto, era molto eccentrico, sia nel vestire che nel modo di porsi con gli altri, mentre Tom era molto classico e riservato, ma spiccava anche lui tra il gruppo per la sua eleganza e il suo fascino. Appena arrivarono alla festa furono subito notati, e i flash dei fotografi cominciarono ad impazzare, ma la compagnia riuscì ad evitare i paparazzi e la lunghissima coda fuori dal locale entrando dall’ingresso Vip. Subito varcata la soglia, la festa li investì di colpo. luci basse, musica alta, una folla enorme, dove spiccavano stilisti, manager e modelle bellissime che indossavano abiti favolosi. Bill e Andreas entrarono subito nell’animo della festa, andando a salutare i gemelli Dean e Dan, arrivati anche loro a LA per le sfilate. Tom quella sera non era proprio in vena di festeggiare. La festa lo aveva colpito come uno schiaffo sulla faccia, si sentiva completamente fuori posto. In più Ria lo seguiva ovunque andasse. ‘Che seccatura’. Andò a salutare amici suoi e di Bill, parlò con degli stilisti che gli fecero i complimenti per il suo look, si intrattenne con delle modelle che gli facevano il tiro, ma Ria le teneva al loro posto. Fortunatamente lei trovò una sua vecchia amica con cui iniziò la carriera di modella, così Tom poté sviare da loro.

    “Vado al bar a prendere un drink.” Esordì il ragazzo.

    “Un Cosmopolitan, Tom, grazie! Anzi, due!” disse Ria. ‘Si, contaci’ pensò lui.

Il bancone illuminato da luci al neon era letteralmente assalito da chiunque cercasse di prendere da bere. A lui bastò avvicinarsi e lanciare un’occhiata al barista che lo riconobbe e, in pochi secondi, arrivò il suo Martini Dry. Lo prese e si allontanò dalla marmaglia, avvicinandosi ad una colonna che dava verso il retro del locale. Li era abbastanza nascosto da occhi indiscreti e poteva godersi il suo drink osservando distante le persone. Beveva e osservava, beveva e osservava. Notò Bill che parlava con qualcuno ma che ogni tanto lanciava uno sguardo verso la sua direzione. Lui sa sempre dove sia Tom. Vide Ria che parlava con la sua amichetta e che intanto aveva rimediato qualcun altro a cui scroccare da bere. E ad un tratto vide una ragazza che lo attirava particolarmente, ma non sapeva perché. Aveva i capelli raccolti ordinati con una perfezione quasi maniacale. Indossava un lungo abito nero che aderiva perfettamente alle sue forme e che le scopriva quasi interamente la schiena. Davvero bella, ma capì il perché quella ragazza lo attrasse così tanto quando lei si voltò verso di lui mentre parlava con un uomo. La sua bocca rossa e il suo sorriso erano inconfondibili. Er lei ne era sicuro. Al momento non seppe che fare, gli tremavano le mani e aveva il cervello in panne. Bill notò da lontano lo sguardo perso e confuso del fratello, così si scusò e si diresse verso di lui.

    “Che succede Tom? Tutto bene?” Bill era preoccupato per il fratello che sembrava avesse il cervello resettato.

    “Bill..è lei..” mormorò Tom. Bill all’inizio non capi, ma, seguendo lo sguardo di Tom, vide che stava guardando la ragazza con il vestito nero. E la riconobbe anche lui.

   “Va da lei, Tom.” Disse Bill voltandosi verso il gemello. Lui lo guardò come se avesse detto la stronzata più colossale degli ultimi duecento anni.

    “Cosa dovrei fare, scusa?”

    “Va a parlarle, muoviti!!” Bill lo spinse verso la folla, incoraggiandolo. Lui si risvegliò da quello stato comatoso, si diresse verso il bar, poggiò il bicchiere vuoto, si fece coraggio e andò verso la ragazza. Ma quando era ormai vicino lei se ne andò, dirigendosi verso l’uscita. Si trovò spaesato in mezzo a tutta quella gente, e l’unica sicurezza era Bill. Lo cercò e lo vide mentre gli segnava di seguirla. Allora lui si mosse e andò anche lui verso l’uscita del locale. Prima di uscire cercò le sigarette nelle tasche, ne prese una ed uscì già con l’accendino in mano. Era terribilmente nervoso. Si chiuse la porta alle spalle e cercò la ragazza i mezzo a tutti i fumatori del locale. La vide appoggiata su un angolo con la sigaretta in mano. Era elegante perfino mentre fumava. Nascose in fretta l’accendino e si diresse verso di lei.

    “Scusa, avresti da accendere?” esordì Tom. La scusa più vecchia del mondo per attaccare bottone. ‘Coglione.’ Lei si riscosse dai suoi pensieri e lo guardò dapprima con una certa circospezione, poi frugò nella borsetta e gli porse l’accendino.

    “Ecco a lei.” Disse. Tom si sporse tremando appena e si accese la sigaretta.

    “Grazie mille!” disse lui porgendole l’accendino.

    “Di nulla.” Disse lei aspirando un tiro. Tom non sapeva come attaccare bottone. Fumava nervosamente accanto a lei, cercando di farsi gli affari suoi. Ad un tratto fu lei a parlare.

    “Mi scusi, ma lei non è il ragazzo che qualche giorno fa mi aiutò a prendere i disegni che mi erano volati via?” chiese lei girandosi verso Tom. Lui si voltò e sembrò confuso, sorpreso dal fatto che fosse stata lei a parlare per prima.

    “Mi ricordo la sua strana capigliatura!” continuò lei. “E di certo non posso dimenticarmi di una gentilezza del genere!” gli disse sfoggiando uno dei suoi meravigliosi sorrisi.

    “Ah, ehm, si! Si si mi ricordo!” disse Tom sorridendo.

    “La ringrazio ancora di cuore!”

    “Oh, si figuri! E mi dia pure del tu, in fondo non sono poi così vecchio!” le rispose Tom, felice di cominciare quella conversazione.

    “Va bene, allora diamoci del tu! Che cafona, devo ancora presentarmi. Sono Caroline, molto piacere!”

    “Io sono Tom, piacere mio!” i due si strinsero la mano sorridendosi a vicenda.

    “Noto uno strano accento, diverso da quello americano. Non sei di queste parti, vero?” disse Tom cominciando il discorso.

   “No, mio padre è italiano infatti! Sono a LA per lavoro. Nemmeno tu hai un accento tanto americano!”

   “Tu italiana, io tedesco! Mi sono trasferito qui con mio fratello gemello qualche anno fa.”

   “Hai un gemello?” disse Caroline sorpresa. “Che meraviglia! Io ho un fratello a cui sono molto legata ma che purtroppo vedo pochissimo. Sei fortunato a vivere con tuo fratello!”

    “L’ho sempre pensato anche io. Anche se avere la tua brutta copia che gira per casa non è il massimo!”

    “Ahahah, sei divertente Tom! Cosa ti porta ad una sfilata? Fai il modello?”

    “No, mio fratello Bill è un appassionato di vestiti, di moda e tutto ciò che gli gira intorno, così l’ho accompagnato qui! Tu che combini qui?” stavano prendendo confidenza l’uno con l’altra e questo rendeva Tom immensamente felice.

    “Io ci lavoro con la moda! Hai presente, papà italiano..sono in questo mondo da quando ero piccola! È un po’ stressante, a dire la verità. Cerco sempre di non deludere le aspettative di chi crede in me!” Tom era sempre più affascinato da Caroline. Ne era completamente rapito. Purtroppo vennero interrotti da un uomo che cercava Caroline.

    “Il mio manager. Devo scappare! Help me, Tom!” disse la ragazza scherzando. Tom se la sarebbe portata via volentieri.

    “Il dovere ti chiama!”

    “Mi dispiace interrompere questa magnifica conversazione. È stato un immenso piacere conoscerti, Tom, sei davvero piacevole! Spero davvero di incontrarti presto! E questa volta cerchiamo di vederci non per caso! Ecco, tieni il mio pseudo biglietto da visita, ci sentiamo presto. Ah, aspetta..ecco fatto, ti ho scritto anche il mio numero personale. Parlare con te mi piace davvero molto!”

     “Anche per me è stato un piacere, nonché un onore conoscere un’illustre stilista come te! Accetto volentieri il tuo numero e prometto che mi farò sentire presto!”

    “Ci conto! A presto Tom!” si salutarono e Caroline andò verso un’auto con il suo manager. Tom rimase a fissarla fino a che non partì. Non ci poteva credere. Aveva il suo numero. Si sentì come un adolescente alla sua prima cotta. Si accese una nuova sigaretta e mandò un messaggio a Bill, dicendogli di uscire perché voleva tornarsene a casa. Non aveva voglia di rovinare quel momento speciale trovandosi ad avere a che fare di nuovo con Ria. Sorrise mentre inviò il messaggio. Non vedeva l’ora di raccontare tutto a Billi.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Dai, Tom! ***


Sono tornata! In questi giorni ho avuto parecchio da fare con la scuola, quindi non ho potuto dedicare molto tempo alla scrittura, ma sono felicemente tornata a scrivere! Ho visto che parecchie persone stanno leggendo la mia storia e ne sono davvero contenta! Vi ringrazio tutti quanti e spero di non deludere le vostre aspettative! =)

 

 

 

    “Ah, Caroline..bel nome!

    “Dai Bill, non scherzare. Per me è una cosa seria!”

    “Ahahah, lo so bamboccio! E stavo parlando sul serio, bel nome Caroline.”

Era tarda notte a LA e i gemelli Kaulitz erano da poco tornati dalla serata dedicata alla moda. Non appena erano entrati in casa, Tom aveva tempestato Bill parlando di Caroline e della loro ‘breve ma intensa conversazione’, come la definisce lui. Bill gli aveva implorato di calmarsi e di aspettare che si fossero cambiati e rilassati per poter parlare. Dopo essersi messi comodi in tuta, i due fratelli uscirono sul loro terrazzo, armati di una bottiglia di buon vino e di sigarette. Bill si era preparato anche una maxi coppa di gelato, che non centrava molto col vino. Ma andava bene lo stesso. I piccoli piaceri della vita, insomma.

Tom cominciò a raccontargli di cosa aveva parlato con Caroline, e Bill lo ascoltava fumandosi tranquillamente la sua sigaretta.

    “Quindi, se non ho capito male, lei aspetta che TU la chiami, giusto?” disse infine Bill.

    “Esatto..” rispose Tom facendo dondolare nervosamente il bicchiere vuoto.

    “Però?”

    “Eh..però..” Tom non sapeva come dirlo. Si sentiva parecchio stupido.

    “Però tu non hai il coraggio di chiamarla perché hai paura di fare o dire qualche stronzata e apparire come un emerito stupido, e vorresti che IO ti dessi una mano. Ho azzeccato?” Bill aveva colto il nocciolo di tutta la questione. Non era scemo, conosceva Tom. Non vedeva l’ora di raccontargli cos’era successo, ma nel frattempo pensava a come chiedere il suo aiuto. Tom si sentiva parecchio in imbarazzo, certe situazioni non gli erano mai piaciute.

    “Non ti ho chiesto un aiuto! Vorrei solo un consiglio! Tutto qui, so come comportarmi con una donna.” Tom non metteva mai da parte il suo orgoglio, soprattutto con Bill.

    “E sentiamo, casanova, cos’avevi in mente?” Bill lo stuzzicò, incrociando le braccia e fissandolo con aria altezzosa.

    “Beh..” cominciò Tom. “Pensavo che avremo potuto uscire tutti e tre insieme..”

    “Cosa?? E io dovrei controllare come ti comporti mentre esco con voi due?? Ah beh, Tom, di stronzate ne dici, ma questa, credimi, le supera tutte!” Bill si era messo a ridere dopo quello che il fratello gli aveva detto, ma lui era serio.

    “Mica siamo due fidanzatini e tu sei il terzo incomodo..è solo un’uscita tra amici! Le ho parlato di te e le piacerebbe conoscerti! Ho pensato fosse un’idea carina..”

    “Ah no no, tu non pensavi fosse ‘un’idea carina’, ma speri che io ti accompagni per manina perché non sai se riuscirai a reggere tanta pressione da solo! Mica sono scemo, Tom.”

    “E va bene, mi hai scoperto! Lo ammetto, contento? Sono agitato al solo pensiero di chiamarla e spererei in un tuo aiuto, se non è troppo da chiedere al nuovo dio in terra.”

    “Mi piace questa tua espressione ‘dio in terra’.” Disse Bill compiaciuto, con un sorriso beffardo stampato sul volto stanco. “Però se vuoi che ti aiuti..”

     “Cosa dovrei farti? Il bucato per una settimana? Portarti la colazione a letto ogni mattina?” disse Tom spazientito dall’atteggiamento del fratello.

     “..se mi lasci finire di parlare magari! Beh devo dire che le tue proposte non sono niente male..” Bill guardò Tom con espressione di sfida, ma lui lo fulminò con lo sguardo. “Per sta volta sarò buono, sei fortunato! Basta che ti decidi a chiamarla e possiamo combinare qualcosa a tre, un caffè, un aperitivo, un brunch, decidi tu maledizione!”

Detto fatto, Tom si sfilò il cellulare e il biglietto da visita di Caroline dalla tasca.

    “Idiota, cosa fai? Hai intenzione di chiamarla alle 4 e mezza del mattino? Oh bene,parti già con il piede giusto!”

    “Mister puntini sulle i mamma mia..la chiamerò più tardi.”

    “Cominci a capire finalmente! Ora basta fumare e bere, io me ne vado a letto. Anzi, andiamo a letto tutti e due, è tardi anche per te Tom.”

    “Si, stavolta hai ragione.”

Entrambi si alzarono, portarono i bicchieri e la bottiglia in cucina, e andarono a stendersi. Ormai era quasi l’alba a LA e finalmente Tom poté dormire sentendosi sereno.

 

 

  La mattina seguente, o meglio il pomeriggio, Tom si svegliò prima del solito. Erano appena le 13.30 e di solito a quell’ora dormiva ancora. Si alzò e ancora in mutande andò in cucina. Aprì il frigo, latte non ce n’era. ‘E per fortuna che Bill doveva fare la spesa’. Optò allora per una misera fetta di pane con la marmellata. L’appetito non si era svegliato con lui quella mattina. Sapeva cosa doveva fare quella mattina. Prese il telefono e il bigliettino sopra al tavolo in cucina e compose il numero scritto sopra. Portato il cellulare all’orecchio, rimase in attesa. Squillava, squillava, ma nessuno rispondeva. Ad un tratto partì la segretarie telefonica e la voce registrata di Caroline invase l’orecchio e la testa di Tom. Sarebbe rimasto ad ascoltarla per ore, ma il ‘bip’ lo riscosse dai suoi pensieri. Stava per gettare la spugna quando si ricordò del numero dietro al biglietto. ‘Il suo numero privato..’ Tom era combattuto. Se non aveva risposto al cellulare del lavoro vuol dire che probabilmente era impegnata, magari era in pausa pranzo. E poi non gli era poi così amico e confidente da potersi permettere di chiamarla sul suo numero privato. Tuttavia era stata lei a scriverglielo.. Si decise. Compose il numero e il telefono squillò. Aspettò per un tempo che sembrava interminabile. Stava per riattaccare quando dall’altro capo del telefono arrivarono dei rumori strani e poi una voce. La sua.

    “Pronto?” Caroline rispose. Tom non se l’aspettava e non sapeva cosa dire. “Pronto, chi parla?” chiese ancora la ragazza. Tom si decise a parlare.

    “Eh, pronto? Caroline ciao, sono Tom, il ragazzo di ieri sera! Ti disturbo?”

    “Ah, ciao nonna! Sto bene e tu?” disse Caroline. ‘Nonna? Forse non ha capito chi sono.’

    “Caroline, sono Tom, ricordi?” si sentiva un po’ in imbarazzo, magari non si ricordava di lui. Che figura di merda, non doveva chiamarla. Ad un tratto, dopo un attimo di silenzio, lei parlò.

     “Scusa Tom, ciao! Ero a pranzo con dei clienti e la tua telefonata mi ha salvato! Grazie nonna!” e si mise a ridere. Tom si sentì sollevato e immensamente felice. Non l’aveva dimenticato!

     “Sono contento di esserti stato utile! Pranzo di lavoro anche di domenica? Non vorrei essere nei tuoi panni!”

     “Dici bene! Lascia stare, va. Sono un affanno! Capisco che vivo da sola e la domenica non ho nulla da fare, ma almeno un giorno lasciatemi stare! Come stai Tom?”

     “Io tutto bene, grazie! Mi sono appena svegliato e ho pensato di chiamarti.”

     “Invidia, invidia, invidia! Anche io vorrei potermi svegliare a queste ore! A cosa devo questa chiamata?”

     “Eh, volevo chiederti..sempre se non avevi impegni..se ti andava di bere un frappé con me e mio fratello! Conosco un bel posto dove fanno dei frappé da panico!” Tom era nervosissimo. Avrebbe accettato? O avrebbe declinato la sua proposta?

     “Beh, accetto con molto piacere! Ho proprio voglia di fare una pausa e staccare da tutti per un po’..adesso dico al mio manager che la mia povera nonna sta molto male perché la sua amata gattina è morta e ha bisogno della sua unica nipote al suo fianco!”

     “Bella trovata! Ascolta, ci vediamo tra la 27th e la Avenue?”

     “Certo, è anche vicino a dove lavoro, so come arrivarci! Tra mezz’ora li?”

     “Va benissimo! Allora a tra poco, nipotina!”

     “Ahahaha, a dopo nonna!” Tom riattaccò. Si sentiva esplodere dentro. Era euforico! Corse subito in camera di Bill e lo svegliò con un sorriso a trentasei denti.

     “Bill, svegliati andiamo!!”

     “Oddio, il terremoto?? Principessa??” Bill si scosse all’improvviso, i capelli biondissimi arruffati e gli occhi assonati che guardavano Tom spaesati, con le mani cercava la sua cagnolina.

     “Ma quale terremoto, idiota! Alzati e vestiti in un lampo, tra mezz’ora appuntamento con Caroline.” Disse Tom guardandolo sprizzante di gioia e senza perdere il suo sorriso splendente.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Incontriamoci ***


I gemelli Kaulitz avevano parcheggiato l’auto poco prima del lungomare, per andare verso il luogo del loro appuntamento a piedi. Era una bellissima giornata di sole, una di quelle classiche giornate estive californiane, e faceva molto caldo, perciò i due fratelli si erano vestiti parecchio leggeri, per stare più freschi.

Erano quasi arrivati al famigerato bar, e in lontananza vedevano il palazzo dove lavorava Caroline. Tom era nervoso, decisamente nervoso.

    “Bill, non so se riuscirò a non dire cavolate..” confessò il ragazzo con i dread neri.

    “Dai, forza, non è mica una tigre! È una donna, un essere umano fatto di carne e ossa, proprio come te!”

    “Non trattarmi come uno stupido, maledizione! Mi fai solo innervosire.”

    “Stai calmo, siamo arrivati.”

Appena svoltarono l’angolo, apparve il loro bar preferito, lo Shaker, dove facevano ‘il frappé più buono di tutta LA’ secondo Bill. Il bancone era all’interno dell’edificio, mentre le persone sedevano fuori, vicine alla spiaggia. Un bar in vero stile caraibico, sedie e tavoli di bambù, tettoia di papiro, piante esotiche sparse qua e la. Perfetto per rilassarsi e bere qualcosa di fresco all’ombra. Diedero un’occhiata ai tavoli e alle persone in piedi, ma di Caroline nemmeno l’ombra.

    “Starà arrivando.” Esordì Bill. “Intanto prendiamo un tavolo e aspettiamola!” Tom di primo impatto si sentì un po’ deluso, sperava di vederla già lì che li aspettava. Ma d’altronde erano appena le 14:15, sarebbe arrivata di li a poco. I due gemelli si sedettero su uno dei pochi tavoli rimasti liberi, godendosi la penombra stando attenti a non togliersi occhiali e berretto, anche se era difficile non notarli per il loro stile. Arrivò un cameriere, alto, magrolino, più bianco addirittura dei gemelli, armato di blocchetto per prendere le ordinazioni.

    “Cosa vi porto, ragazzi?”

    “Ancora nulla, grazie.” Rispose Bill. “Aspettiamo un’amica.”

    “Perfetto, allora torno più tardi.”

Tom sbatteva nervosamente la gamba sotto il tavolo, il tempo passava e Caroline non arrivava.

   “Dai Tom, vedrai che starà arrivando, non essere nervoso! Sai che le donne hanno bisogno del loro tempo.” Bill cercava di calmare un po’ il fratello, che sembrò ascoltarlo.

Ad un tratto, mentre Tom vagava con lo sguardo, vide una figura che avanzava verso di loro dallo stesso angolo da dove erano arrivati. Era Caroline. O meglio, sembrava lei, Tom non ne era sicuro. Sembrava tanto diversa sia dal giorno in cui l’aveva conosciuta, sia dalla festa. Era vestita con molta semplicità, un paio si jeans tagliati e una camicia bianca da uomo portata abbondante, leggermente aperta sul seno, e con le maniche arrotolate, ma qualcosa la faceva spiccare in mezzo a tutta la folla di LA. Saranno stati i suoi lunghissimi e mossi capelli, portati per la prima volta sciolti e che sembravano brillare con il sole; sarà stato il fatto che non indossava tacchi vertiginosi come la maggior parte delle donne che giravano li intorno, ma portava dei semplici sandali di corda; o sarà per il suo splendido e solare sorriso che si allargò non appena lei vide Tom. Fatto sta che era davvero bella e la si notava immediatamente. Per la terza volta Tom rimase folgorato da Caroline. E anche Bill non sembrava da meno.

    “Ciao ragazzi!” Caroline si avvicinò al tavolo dei Kaulitz. “Scusate il ritardo, ma il mio cane non voleva lasciarmi andare via! Mi vede così poco, sarebbe venuto anche lui!” Tom era imbambolato, tanto che si dimenticò delle presentazioni.

    “Oh, tu devi essere Bill!” la ragazza si girò verso il biondo e gli porse la mano. “Piacere, Caroline! Tom mi ha parlato di te. Caspita, guardandovi bene vi somigliate davvero tanto, anche se avete due look diversi!”

    “Ma di certo hai appena conosciuto la bella copia!” Bill si alzò e strinse la mano a Caroline, dandole due baci. “Siediti, forza, così assaggerai…”

    “’Il frappé più buono di tutta LA’.” Tom interruppe Bill. “Dici sempre le stesse cose Bill!”

    “Cominci già a punzecchiarmi? La giornata parte bene!” Bill si sedette sulla sua sedia seguito da Caroline.

    “Vi comportate proprio come due fratelli! Tom, devo confessartelo: mi hai davvero salvata da quel noiosissimo pranzo! Ti sarò riconoscente per tutta la vita!”

    “Sono sempre pronto ad aiutare una giovane ragazza in difficoltà!” esordì il giovane sorridendo a trentasei denti. In quel momento arrivo il cameriere smilzo riarmato di blocchetto e finalmente pronto per le ordinazioni.

    “Allora, ragazzi, che vi porto?”

    “Tutti e tre prendiamo un frappé! Al caffè va bene?” esortò Bill.

    “Per me va benissimo! Ho proprio bisogno di una bella carica!” rispose Caroline.

    “E io mi arrendo al volere di mister Kaulitz.” Disse Tom alzando le mani in segno di arresa. “Un frappé al caffè anche per me, grazie.”

    “Bene ragazzi, arrivano subito!”

    “Grazie! Allora, Caroline, Tom mi diceva che sei una stilista! Non hai idea di quanto mi piaccia questa cosa!” Bill cominciò la conversazione, visto che il sua fratellone era impallato.

    “Stilista è una parola grossa! Diciamo che ho seguito le orme di mio padre. Lui è uno stilista italiano e fin da bambina mi ha trasmesso l’amore per la moda. Così appena ho potuto ho cominciato a mostrare i miei lavori in giro e sto cercando di fare strada! Per fortuna Los Angeles è piena di opportunità!”

    “Puoi dirlo forte! Noi amiamo letteralmente LA, è una città splendida e piena di risorse!”

    “Voi invece fate musica, giusto? Me lo aveva accennato Tom la sera della festa.”

Tom era stato zitto fino a quel punto, così Bill gli tirò una pedata sotto al tavolo, tanto per svegliarlo un attimo.

     “Ehm, proprio così!” disse Tom ad un tratto, svegliandosi da quello stato comatoso. “Con due dei nostri migliori amici abbiamo fondato un gruppo quando eravamo dei ragazzini sbarbati, però siamo riusciti a fare abbastanza strada! Siamo qui a LA da quasi due anni ormai, ci siamo presi una pausa per concentrarci al meglio sul nuovo album.”

    “E i vostri amici? Non sono qui con voi?”

    “No, loro sono in Germania! Abbiamo scelto due strade diverse per stare un po’ tranquilli. Ci sentiamo ogni giorno, anche se c’è qualche problema con il fuso orario! Ma la cosa più divertente è svegliare Georg alle quattro del mattino quando magari è con la sua ragazza, no Bill?” Tom aveva cominciato a sciogliersi un po’ e Bill si sentiva sollevato, finalmente.

    “Devi sapere, Caroline, che i gemelli Kaulitz sono conosciuti come i fratelli più bastardi di tutta la Germania!”

    “Ahahah, ma dai! Sembrate così carini e dolci!”

    “Scusate se interrompo ragazzi, ma ecco i vostri frappé!”

     “Oh, non vedevo l’ora!!” Bill saltellava tutto contento come un bambino, aprendosi in un sorriso a 36 denti. “Ora assaggerai..”

    “No, Bill,no! Non ricominciare!” Tom guardò di traverso il fratello che, di tutta risposta, gli lanciò un’occhiataccia.

    “Quando si dice amore fraterno! Dai ragazzi, prendete il frappé sennò si scalda!”

    “Parole sante, Caroline!”

 

 

   Dopo tre giri di frappé e tante chiacchiere, cominciò a farsi tardi. Il sole stava cominciando a tramontare e il cielo stava colorandosi di un rosso accesso. La gioventù stava lasciando la spiaggia per andare a prepararsi per la serata, e anche i ragazzi si erano alzati dal bar, dirigendosi verso la macchina.

   “Bill davvero, non dovevi pagare il conto. La prossima volta offro io!”

   “ Sono un gentiluomo, a differenza di mio fratello!”

    “Ehi, ehi, non farmi fare brutta figura!” rispose Tom al fratello tirandogli una pacca sulla spalla.

    “Eccoli che ricominciano! Ragazzi, purtroppo devo salutarvi, è tardi e ho il cane a casa da solo. Ci sentiamo presto va bene? così potete salvarmi un’altra volta da qualche noioso pranzo!”

    “Lo faremo volentieri! Stai attenta tornando a casa.” Le raccomandò Tom. “E grazie per il pomeriggio!”

    “No, grazie a voi!” disse Caroline allontanandosi e agitando un braccio salutandoli.

Entrambi i gemelli la osservarono finché la ragazza non svoltò l’angolo, scomparendo alla vista. Così anche loro si girarono e andarono verso l’auto. Camminando, Tom non aspettò un secondo per interrogare il fratello.

    “Allora?” chiese con finta non-chalance.

    “Allora cosa?” Bill amava prendere in giro il fratello.

    “Sai bene cosa.”

    “Si, mi piace. È davvero molto carina, di compagnia, solare, e di certo non è una di quelle ochette senza cervello che di solito frequenti. Stai puntando molto in alto, fratellone.” Questa volta Bill era serio. Sapeva quanto Tom tenesse alla sua opinione in certe cose.

    “Lo so, per quello ho paura di non essere all’altezza della situazione.” Confessò Tom.

    “Tu paura? Ah, questa mi è nuova!” disse Bill salendo in macchina e accendendo il motore.

    “Dai, Bill. Vuoi essermi d’aiuto o no?”

    “Di solito sei così sicuro di te. Non dico di usare la spavalderia e la sbruffoneria che hai di solito, perché Caroline ha tutta l’aria di essere una donna con i cosiddetti e ci metterebbe un secondo a mandarti a pascolare con le pecore. Ma se non avessi una minima possibilità lei non si sarebbe nemmeno presentata oggi, e di certo non è venuta per me, perché non mi ha mai visto. Per cui ce La puoi fare e lo sai.”

Tom non era del tutto convinto. Per tutto il viaggio fino a Malibu restò in silenzio, guardando fuori dal finestrino la città scivolare via. Non aveva mai avuto a che fare con donne come Caroline, era sempre andato sul sicuro. Non perché avesse poca fiducia in sé, perché sapeva di essere un bel ragazzo, ma lo faceva perché non gli era mai importato granché di come si comportava con una ragazza. Ma ora c’era qualcosa di diverso in quella situazione. Caroline era diversa. Non era una ragazzina di quelle che trovava nei locali, lei era una donna. Una vera donna, che lavorava, viveva da sola e con le proprie responsabilità sulle spalle. E questo lo attirava e insieme lo spaventava. Ma non voleva tirarsi indietro per questo. Voleva dare una svolta alla sua vita, ed era il momento giusto per farlo.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Attrazione ***


   “Perché non le hai chiesto di uscire solo voi due? Certo che sei sveglio quanto un bradipo in letargo! Cosa ti costava prendertela un secondo in disparte e chiederle di andare a cena? Mio dio, Tom, a volte mi stupisco di te..tanto bravo a suonare quanto rincoglionito nella vita!”

    “Ehi, ehi, calmo! Non esagerare eh..non sono così scemo! È solo che non mi sembrava il momento giusto per invitarla fuori a cena..non vorrei sembrare un disperato!”

    “Ma facendo così rischi di sembrare uno che se ne frega. Mi rendo conto, sai, di come vi guardate voi due. Non per arrivare a conclusioni troppo affrettate, ma tra voi si nota dell’attrazione e magari lei vorrebbe conoscerti in un altro modo.”

    “Non so Bill..e se tu ti sbagliassi? Non vorrei fare stronzate e passare per il classico donnaiolo che vuole solo portarsela a letto.”

    “Ma tu sei il classico donnaiolo! Se andasse male potrebbe considerarti un casanova, un bastardo, un coniglio, un riccio, o qualcosa del genere! Sai, hai presente quegli animaletti che scopano in continuazione?”

    “Sei il solito coglione! Vuoi capire che sto parlando seriamente? Non voglio fare cazzate..è la volta buona, me lo sento.”

    “Cosa credi che non sappia cosa provi? Lo vedo nei tuoi occhi che questa volta è diverso. Tu sei diverso. E vedrai che se è davvero quella giusta andrà tutto a meraviglia. È scritto nel tuo destino!”

    “Tu e il tuo stupido ‘destino’..dai, muovi quel culo e andiamo in studio, c’è un mucchio di roba da finire.”

 

 

 

   Driin. Driin. Driin.

   ‘Mmmh..no..è un sogno spero.’

Driin. Driin.

   “E che cazzo..!” Tom si alzò di scatto, lanciando le coperte praticamente dall’altra parte della stanza. Sbuffando e imprecando andò verso la sala da pranzo in mutande, dove aveva lasciato il telefono la sera prima. Diede un’occhiata all’orologio sopra ai fornelli. 9:35. Chi diavolo era a quell’ora del mattino? Era incazzato, davvero incazzato. Arrivò appena in tempo al telefono e rispose senza guardare per evitare che il tizio che lo aveva chiamato riattaccasse.

    “Pronto..!” disse cercando di essere meno scorbutico possibile. Odiava davvero troppo essere svegliato la mattina presto, ancora di più se la notte prima si era fatto il culo in studio di registrazione.

    “Tom..? Ciao sono Caroline! Scusami, ti ho disturbato mentre dormivi?” Era lei. ‘Merda.’

    “Oh, ciao Caroline! No, no, ma va! Mica mi hai disturbato! Ho risposto tardi perché stavo..facendo la doccia! Per fortuna ho sentito il cellulare!” ‘Scusa pessima, Tom.’

    “Ahahah, dai so di averti rotto! Dormite fino a tardi voi, mi dispiace. È che sto andando ora ai magazzini di Vogue per scegliere degli accessori per una sfilata della settimana prossima, e, siccome è un lavoro parecchio pesante da fare con il personale di Vogue, ho pensato di chiamarti per farmi un po’ di compagnia!”

Tom non poteva crederci. Lei voleva la sua compagnia? Era elettrizzato al solo pensiero di stare con lei.

    “Beh, per me non c’è nessun problema! Vengo con te molto volentieri, tanto oggi non ho nulla da fare!”

    “Perfetto allora! Se vuoi chiedilo anche a Bill, penso proprio che il magazzino di Vogue possa interessargli! E poi vedendolo le arpie che lavorano lì almeno saranno distratte da qualcosa!”

    “Va bene, allora lo sveglio subito, lui ci mette una vita a prepararsi. Tu hai orari?”

    “Mi aspettano entro la mattinata, per cui fate con calma! vuoi che passo a prendervi io?”

    “Purtroppo abitiamo a Malibu ed è un po’ complicato da spiegare! Ci troviamo da un’altra parte?”

    “Ah però, fate la bella vita! Se volete ci troviamo davanti al mio ufficio! Fatemi chiamare dalla segretaria quando arrivate!”

    “Perfetto, a dopo allora!”

    “Forza, sveglia Bill! A dopo!”

Bene, ora doveva fare in fretta. Maledettamente in fretta. Bill avrebbe brontolato come un dannato, ma chi se ne importava, con tutte le volte che lui lo aveva svegliato in malo modo urlando ‘Dobbiamo uscireee!’ oppure ‘It’s frappé time!’. Stava per arrivare la dolce vendetta. In quel momento Tom somigliava al signor Burns dei Simpson mentre si avvicinava ghignando alla camera del fratello.

 

 

    “Certo che potresti arrangiarti una volta ogni tanto.” I gemelli erano appena saliti in macchina per andare verso l’ufficio di Caroline, con Bill che sembrava un bambino col muso perché lo stavano portando via dal suo lettuccio per andare a scuola, e Tom tutto tirato a lucido che sprizzava felicità da tutti i pori.

    “Ah, non ti ho detto che andiamo nei magazzini di Vogue per cercare dei pezzi che servono a una sfilata? Ops.”

    “Davvero?? Stupido, accelera altrimenti facciamo tardi all’appuntamento con Caroline!” Bill sembrava rinato, gli occhi gli luccicavano come lampadine. Intanto Tom se la rideva dietro i suoi Ray-Ban fumé.

Sulle 10:45 arrivarono di fronte all’imponente grattacielo di vetro dove lavorava Caroline. Parcheggiata l’auto, entrarono nell’edificio e, non appena le porte si chiusero dietro di loro, la receptionist, la guardia di turno e qualche persona in sala d’attesa si voltarono verso di loro. Chi squadrandoli, chi fregandosene, chi ammirandoli, chi commentando. Ma una cosa era certa: la loro entrata da star l’avevano fatta, e gli era uscita anche bene.

    “Mi scusi, sono Tom Kaulitz. Cerco la signorina Caroline, ci sta aspettando.” Il ragazzo con tutta naturalezza si appoggiò al banco della reception, avvicinandosi alla ragazza dietro al bancone che letteralmente si sciolse davanti a lui.

    “Beh, gliela chiamo subito, solo un istante.”

Quando la ragazza si diresse al telefono per rintracciare Caroline, una signora sulla quarantina si avvicinò a Bill solo leggermente intimidita.

    “Salve, lei è Bill Kaulitz?” domandò.

    “Si, sono io.”

    “Sono Claire Matthews, molto piacere. Sa, adoro la sua ricerca negli abiti e negli accessori che indossa, la apprezzo davvero molto!”

    “Oh, la ringrazio signora Matthews!” Tom osservava divertito la scena.

    “Non vorrei sembrarle troppo sfrontata, ma potrebbe farmi un autografo? Sa, mia figlia è una vostra fan.” Disse rivolta anche a Tom.

    “Con molto piacere!” Bill si fece dare carta e penna dalla receptionist e fece l’autografo alla signora. Quando ebbe finito glielo porse gentilmente e la signora se ne andò soddisfatta.

    “Allora, se posso permettermi, vorrei chiedervi un autografo anche io!” questa volta fu la ragazza della receptionist a parlare ai gemelli.

    “Certamente!” i due gemelli si avvicinarono al bancone. “Come ti chiami?” domandò Tom. La ragazza arrossì appena e rispose che si chiamava Anabelle. In quel momento Caroline uscì dall’ascensore e si trovò i gemelli che firmavano autografi ad agenti di moda e donne di varie età. All’inizio rimase un po’ sbalordita che così tanta gente conosceva i gemelli e ne era evidentemente attratta, per un motivo o per l’altro. ‘Però, sono anche famosi..’.

   Avanzò verso il bancone della reception e la segretaria la vide, avvisando i gemelli che era arrivata. Entrambi si voltarono, praticamente all’unisono, e Caroline capì perché attiravano così tante persone intorno a loro; erano impeccabili, sia nel modo di vestire che di comportarsi con chiunque gli stesse attorno. Erano gentili e disponibili con chiunque. E poi erano due fratelli davvero affascinanti. Poi Tom…aveva qualcosa di splendido. Forse era il suo sorriso, il suo sguardo, la sua stazza imponente..i suoi pensieri vennero interrotti proprio da quest’ultimo che si avvicinava per darle due baci e salutarla.

    “Ehilà! Visto che sono riuscito a svegliare Bill prima di mezzogiorno? È stata dura, ma ce l’ho fatta!”

    “Sono davvero contenta che siate potuti venire! Vedo con piacere che siete in compagnia!” disse la ragazza alludendo alle persone che circondavano i gemelli. “I famosi gemelli Kaulitz!”

    “Ahahah, non esagerare! Allora, siamo pronti per partire?”

    “Certamente! Scusa solo un attimo..Anabelle? Avvisi tu il magazzino che stiamo arrivando?”

    “Lo faccio immediatamente, signorina Ferrero.”

    “Bene, siamo pronti per andare! Bill vieni con noi o resti qui in compagnia?” gli chiese Caroline sorridendo.

    “Arrivo, aspettatemi!”

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Piccoli Passi ***


Salve a tutti! ^^ questo capitolo originariamente sarebbe stato unito a quello precedente, ma ho deciso di spezzarli in due per evitare che uscisse un capitolo lunghissimo e che, poi, risultasse pesante. Spero che continuiate a seguire la mia storia e mi auguro soprattutto che piaccia! ^^ se vi capita lasciate anche una recensione, positiva o negativa che sia! Mi aiuteranno a migliorare ^^ grazie e buona lettura! J

 

 

 

 

I tre ragazzi uscirono dal palazzo di vetro e si diressero verso le loro rispettive auto. Caroline stava salendo sul suo SUV quando Tom la bloccò.

    “Che ne dici di venire con noi? Basta che mi spieghi la strada e siamo a cavallo!” le propose Tom.

    “Sei troppo gentile, ma dopo dovreste riaccompagnarmi qui e non vorrei essere di peso!”

    “Ma cosa vuoi essere di peso! Dai, sali!” la incitò Bill.

    “Se insistete, allora vengo volentieri!”

Montarono tutti e tre sul Cadillac di Tom, naturalmente Bill si sedette davanti, al fianco del fratello, e Caroline dietro che guidava Tom attraverso le ampie strade della città. Il magazzino di Vogue era ad una ventina di minuti dall’ufficio di Caroline, perciò Bill si incaricò di far trascorrere il viaggio al meglio. Trovò una stazione radio dove trasmettevano delle belle canzoni, alzò il volume, abbassò i finestrini e cominciò a cantare a squarciagola, noncurante dei passanti che si voltavano quando vedevano da dove arrivava tutto quel rumore. Caroline sembrava davvero divertita dall’atteggiamento divertito e spensierato di Bill mentre cantava come se non ci fosse un domani, così si unì anche lei al ragazzo, formando ‘un duo di pazzoidi’, come li aveva chiamati Tom.

    Arrivarono al famigerato magazzino intorno alle 11:30. Il sole batteva incessante su Los Angeles e i ragazzi non vedevano l’ora di entrare nell’edificio per rinfrescarsi un po’. Lo store di Vogue era in pieno centro della città, poco distante dalla redazione della rivista. Si trattava di un palazzo abbastanza basso rispetto a quelli che dominano LA, ma era uno dei più moderni della città.

Parcheggiata la macchina di fronte al magazzino, i ragazzi scesero, dirigendosi verso l’entrata. Bill saltellava come un bambino, tutto eccitato per essere a Vogue.

    “Mio dio, Caroline, ti ringrazierò per tutta la vita per avermi portato in un posto così! Tom non mi accontenta mai!” disse il biondo lanciando occhiatacce al fratello che, di rimando, roteò gli occhi.

    “Non c’è di che! Vi ho pensato subito quando mi hanno chiesto di venire qui, sapevo che potreste essermi d’aiuto!”

Caroline guidò i ragazzi all’interno dell’edificio e tutto il gruppo venne invaso da una folata di aria condizionata che li fece sospirare felicemente.

     “Ah, ci voleva proprio.” Esclamò Tom agitando la fina maglietta.

     “Aspettatemi qui, vado a registrare la nostra entrata.” Caroline andò verso il banco della reception e firmò alcuni moduli per l’accesso al magazzino. Intanto Bill e Tom l’aspettarono all’entrata, guardandosi un po’ intorno. Bill era estasiato, non vedeva l’ora di guardare dentro al magazzino e gironzolava qua e la. Tom gli si avvicinò, tirandogli un pizzicotto stratosferico, senza però farsi notare troppo.

    “Stupido, vuoi smetterla di fare il coglione? È un palazzo come un altro! Poi non vorrai dare troppo nell’occhio come nel palazzo di Caroline spero. Non ho voglia di firmare ancora autografi, anche se tu adori fare la diva dovunque vai.”

Bill lo guardava tra l’arrabbiato e il dispiaciuto, con due occhi enormi pieni di lacrimoni e massaggiandosi il braccio dolorante. In quel momento arrivò Caroline che gli intimò di seguirla verso il magazzino. Durante il tragitto, la ragazza dovette mostrare più volte il cartellino che le avevano dato per poter passare, e indicare i due ragazzi dicendo che erano con lei. Molte persone, soprattutto addetti al design e allo styling, riconobbero i gemelli, ma li erano molto discreti e professionali, perciò si limitarono a guardarli con ammirazione.

Giunsero ad un portone con su scritto Store – Magazine. Caroline mostrò nuovamente il cartellino, e poterono accedere. Non appena si aprì la porta, gli occhi di Bill divennero due stelline. Il magazzino era pieno, anzi, stracolmo di accessori, vestiti, gioielli, borse e scarpe che letteralmente fecero impazzire il biondino. Quando entrarono, li accolse Samantha Reese, responsabile e curatrice dello Store di Vogue.

     “Ben arrivata, signorina Ferrero, la stavamo aspettando. Vedo che è in compagnia.” La signora si rivolse ai gemelli.

     “Piacere, io sono Tom Kaulitz, e lui è mio fratello Bill.”

     “Piacere, signora Reese, è un onore per me!”

     “Oh, i famosi gemelli Kaulitz! È in buona compagnia, signorina Ferrero. Bene, potete accomodarvi e fare come se foste a casa vostra. Le mie assistenti saranno al vostro completo servizio per tutto il resto della mattinata.”

      “Grazie del tuo aiuto, Samantha. Bene, ragazzi, al lavoro!”

       “Con molto piacere cara!” detto questo, Bill schizzò via verso gli enormi e colmi scaffali di oggetti, attirando l’attenzione delle assistenti di Reese.

      “Ma lei è Bill Kaulitz?” chiese una di loro.

      “Si, molto piacere! Scusate, ma sono stato letteralmente rapito dai vostri accessori!”

      “Venga con noi allora, le faremo vedere delle vere chicche!” lo presero per mano e lo portarono in giro per scaffali e stand, vestendolo e arricchendolo con qualsiasi tipo di accessorio.

      “Che ti avevo detto? Bill ormai è perso.”

      “Hai ragione! Beh almeno mi tiene occupate le assistenti di Samantha!”

I due ragazzi cominciarono a girare per gli scaffali, mentre Caroline prendeva qua e la articoli da prendere in prestito per le foto. Tom era felice di stare un po’ solo con Caroline, ma non sapeva se fosse stato il momento giusto per chiederle di uscire. E se avesse rifiutato? No, non poteva rischiare così tanto. Avrebbe aspettato ancora un po’. Anche se, forse, avrebbe potuto pentirsene.

    Verso le 13:00 i ragazzi lasciarono Vogue. Bill fu trascinato di forza alla macchina dal fratello, calciando e sbraitando che voleva rimanere ‘in quel paradiso per tutta la vita’. ‘Come un bimbo in un negozio di caramelle.’, pensò Tom.

Tornarono all’ufficio di Caroline, dove la ragazza aveva lasciato l’auto. Bill aveva lanciato occhiatacce a Tom per tutto il viaggio, finché il ragazzo non si decise ad invitare Caroline.

     “Ehm, senti, Caroline, che ne dici se pranziamo insieme?”

La ragazza lo guardò con occhi da cerbiatto, e Tom non sapeva se fosse felicemente sorpresa o non sapesse cosa rispondere.

     “Oh, Tom, mi piacerebbe davvero tanto. Lo sai. Ma sono stata fuori tutta la mattina, e il mio cane è rimasto solo. Ha bisogno che stia un po’ con lui!”

Tom era parecchio deluso dalla risposta, ma cercava di non darlo a vedere. Almeno non troppo.

     “Non preoccuparti..! posso capire. Sarà per un’altra volta.”

Mentre Caroline andò verso l’auto, si girò e chiamò l’attenzione di Tom.

     “Se ti va possiamo vederci stasera! Non ho impegni!”

A Tom si illuminò il volto e un enorme sorriso gli si stampò sul suo viso.

    “Certamente! Allora ci sentiamo più tardi?”

     “Sicuro!” e la ragazza montò in macchina, partendo verso casa. Tom si diresse verso la macchina dove Bill aveva assistito a tutta la scena.

     “Ti rendi conto del sorriso idiota che hai sulla faccia, vero?” esordì il biondino.

     “Certo, e me ne vanto!” Tom salì in macchina, allargando ancora di più il suo sorriso.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Appuntamento ***


   “Finalmente ti sei deciso! Mio dio, un bradipo in letargo è più sveglio di te.”

Bill, intento a gustarsi un meraviglioso frappé seduto sul bordo della piscina di casa Kaulitz, criticava per l’ennesima volta il povero Tom, appena uscito da casa in costume seguito dal suo amato cane.

    “Ti verserei addosso la mia granita, solo che è troppo buona e mi sembrerebbe un vero spreco.”

    “Come sei gentile! Hai già qualche idea per stasera?” disse il biondo sorseggiando la sua bibita.

    “Non saprei. Vorrei che si creasse una certa sintonia tra di noi prima di invitarla fuori per una cena. Tu che dici? Sei l’esperto in questo campo.”

Tom si sedette al fianco del fratello a bordo vasca. Intanto Scotty annusava l’acqua della piscina, indeciso se entrarci o no.

    “Beh, potresti invitarla qui da noi. Potremo farci una pizza o una cosa così, che ne pensi? È una cosa informale e potrebbe essere l’occasione giusta perché si crei un certo feeling tra di voi.”

    “Bill, sei un genio!” Tom si fiondò addosso al fratello, abbracciandolo e facendogli spandere il suo frappé.

    “Ah, Tom, guarda che hai fatto! Hai sporcato il mio costume nuovo!”

    “Un modo ci sarebbe per pulirlo..”

Bill si girò perplesso verso il fratello, ma quando capì le sue intenzioni, era ormai troppo tardi. Un Tom in versione carro armato lo aveva preso in pieno, scaraventandolo in acqua.

    “Bastardo!”

Mentre il ragazzo se la ghignava di gusto, Bill lo prese per una caviglia, trascinando in acqua anche lui.

    “Ahahahah, ma guardati! Con quei capelli sembri un moccio bagnato!”

    “Sei un bastardo vendicativo!”

Detto questo, cominciò una vera e propria battaglia subacquea, con tanto di schizzi e annegamenti, e a cui si unì presto Scotty (che non poteva resistere al ‘massacro’ del suo amato padrone) e il resto del branco.

    “Pausa, ti prego! Devo chiamare Caroline!” con questo Tom si diresse verso il bordo vasca per uscire. Naturalmente, Bill rimase in acqua a giocare come un bambino insieme alla sua principessina. Intanto Tom uscì dalla piscina, prese un asciugamano da uno dei lettini per asciugarsi appena, e si diresse verso la porta scorrevole che dava nella cucina della casa. Entrò con i piedi bagnati (e questo causò non pochi urli e imprecazioni da parte di Bill), prese il suo cellulare e chiamò Caroline. Il telefono squillò finché una voce allegra non rispose dall’altro capo.

    “Eccolo qua! Allora, che hai deciso per stasera?”

Tom era sempre felice di sentire quella voce solare e piena di vita. Gli si intorpidiva il cervello e il cuore gli dava una strana sensazione. Bella. Piacevole.

     “Che ne dici di una pizzata a casa Kaulitz? È invitato, naturalmente, anche il tuo amico a quattro zampe!”

     “Sei così gentile, ma non vorrei intralciare te o Bill! soprattutto se vengo col mio cane! È parecchio grande e ingombrante..”

     “Stai scherzando spero! Sono io che ti ho invitato qui, o l’hai già dimenticato? E poi il tuo amichetto starebbe in compagnia con i nostri cani, per cui non farti tutti questi inutili problemi e vieni!”

     “La prossima volta allora vi offro la cena! Prima mi scarrozzate qua e la, poi mi invitate a casa vostra! Però c’è un problemino, non conosco la strada per casa vostra!”

     “Sai arrivare verso Malibu?”

     “Fino a li si!”

     “Bene, appena imbocchi l’uscita per Malibu dall’autostrada continui sempre dritta fino ad un incrocio. Qui, giri a sinistra e continui dritta fino al miglio 98. Poco più avanti c’è una stradina, sulla destra, con un cartello Proprietà Privata. La percorri tutta, io ti aspetto alla fine!”

     “Va bene..ok, mi sono segnata tutto! Sono senza navigatore, sono troppo imbranata per usarlo!”

     “Ricordati, se hai tieni l’oceano alla tua destra sei nella direzione giusta!”

     “Consiglio ricevuto! Per che ora arrivo?”

     “20:30? Quando vuoi, tanto noi da qui non ci muoviamo!”

     “Perfetto, allora a più tardi!”

     “A dopo, un bacio!” e Tom riattaccò. Sorrise felice della serata che passerà con Caroline. Uscì dalla porta, Bill lo guardò e lo indicò con l’indice.

     “Il sorriso ebete! Caroline ha detto di si!”

Tom prese la rincorsa e si tuffò in piscina, proprio addosso al fratello, senza mai smettere di sorridere.

 

 

 

Le 20:30 arrivarono terribilmente in fretta. Tom si infilò di corsa i pantaloni, rischiando più volte di inciampare e ammazzarsi su qualche comodino, si infilò la cintura e una maglia, poi uscì sul vialetto per aspettare Caroline. Si dimenticò di legare i suoi lunghi dread neri, così chiese, o meglio, urlò a Bill di lanciargli un elastico. Non si vide il ragazzo, ma dalla porta uscì come un razzo un elastico nero, che Tom raccolse. Proprio mentre si stava legando i dread in una morbida coda, vide arrivare un SUV nero che parcheggiò in fianco a lui. Immediatamente, tutta la schiera canina dei Kaulitz si presentò davanti all’ingresso, e Tom notò un certo agitarsi nel retro della macchina.

Dall’auto scese Caroline, bella come sempre nella sua semplicità. Felpa e shorts. Splendida.

    “Buonasera! Oh mio dio, quante meraviglie! Venite patatoni!”

La ragazza si mise in ginocchio sul viale e, dopo qualche attimo di titubanza, tutti i cani andarono a salutarla e ad accogliere la nuova arrivata. Subito dopo, si sentì un rumoroso abbaiare geloso.

    “Povero, il mio bambino!”

Caroline si alzò e aprì la porta posteriore. Un enorme Setter irlandese dal pelo lungo e fulvo scese dall’auto. Tom rimase a bocca aperta nel vedere quello splendido cane e si congratulò con Caroline.

    “Si, è un po’ pazzo, ma lo amo troppo! Ehi, Pete, ehi! Piano!”

Pete stava facendo amicizia con i cani dei gemelli e la ragazza non voleva che esagerasse con morsi e graffi.

     “Forza, entra, ti mostro la casa!”

     “Certo che ve la passate bene qui!”

     “Non male dai! Bill, muoviti, c’è Caroline!”

     “Arrivo, un attimo, non rompere! Ciao Caroline!”

     “Ciao Bill, fa con calma, non sono poi un ospite così importante! Oh, Tom, ho portato una bottiglia di vino rosso! Italiano!”

     “Non dovevi! Bill ne andrà matto. Vuoi un bicchiere di vino bianco? Quell’ubriacone di mio fratello l’ha aperta prima che arrivassi.”

     “Quanti problemi! Lo accetto volentieri!”

Versatole il vino, da vero gentiluomo, il ragazzo portò Caroline sul terrazzo opposto alla piscina, dove lui e Bill passavano molte serate.

     “Mio dio, Tom, che vista meravigliosa. Ti lascia senza fiato.”

Il terrazzo era a strapiombo sul mare, sembrava di essere sospesi nel vuoto. Sotto di loro, l’oceano infuriava contro le ripide scogliere della costa californiana, facendo arrivare il rumore fino a lassù. Lo spicchio di luna che illuminava il nero del cielo, riflettendosi sull’oceano increspato, completava il quadro.

     “Io e Bill abbiamo scelto questa casa anche per questa vista spettacolare. Passiamo molto tempo qui, anche tutta la notte. È fantastico.”

L’atmosfera era speciale, entrambi i ragazzi lo sentivano, ma qualcuno, alle loro spalle, arrivò sbraitando.

     “Tom, ma non hai sentito il campanello?! Il ragazzo delle pizze stava per andarsene con la nostra cena!”

Un Bill infuriato, affamato, in tuta e con i capelli arruffati, si presentò davanti al terrazzo. Era strano, per Caroline, vederlo in tuta e canottiera e non vestito e preparato. Tuttavia, manteneva comunque il suo inconfondibile stile. La canottiera, poi, metteva ancora più in risalto la miriade di tatuaggi del giovane.

     “Bill, sei peggio di una suocera. Adesso entriamo!”

Mentre Bill cominciò a offendere il fratello in una lingua mista tra il tedesco e l’americano, i ragazzi entrarono in casa, con Caroline che guardava i gemelli e sorrideva divertita.

 

 

 

  Mangiarono di gusto le pizze, bevvero il vino rosso di Caroline e finirono quello bianco iniziato a Bill. Per la precisione, se li scolò quasi tutti Bill, mentre Tom cercava di darsi una regolata di fronte a Caroline. Lei sorseggiò appena un bicchiere, doveva guidare.

Ormai erano quasi le 2:00 del mattino. Caroline non se ne accorse subito, Bill e Tom erano una compagnia splendida e con loro il tempo volava.

    “Dio, è tardissimo. Ragazzi, io domani lavoro!”

    “Noi ci metteremo giù in studio a registrare qual cosina. Ti va Bill?”

    “Ci tocca, è diverso! Se qualcuno fosse più attivo e lavorasse di più, a quest’ora saremo a buon punto.”

    “Vi mettete a quest’ora a registrare? Voi siete pazzi! Io sono stanchissima!”

    “Sei sicura di voler andare a casa da sola? Se vuoi ti accompagno, non ci sono problemi.”

    “Tom, ti ringrazio, ma stai tranquillo, me la caverò! Mal che vada, se sono andata giù dalla scogliera, non dovrai più chiamarmi!”

    “Mi preoccupi ragazza!”

    “Ma va, dai! Su, Pete, avviamoci alla macchina.”

Il Setter di Caroline stava pigramente sonnecchiando al fianco dei suoi nuovi amici, ma quando la padrona lo chiamò, si alzò subito e la seguì.

    “Che bravo cagnotto che hai!”

    “Perché i tuoi sono maleducati? Sono degli angeli! Bill, io ti saluto, a presto e grazie di tutto!”

    “Figurati, cara! Ci sentiamo, un bacione!”

Bill, ancora seduto su uno degli sgabelli intorno all’isola d’acciaio della cucina, salutava Caroline che ormai era alla porta, seguita da Tom. I due giovani si avviarono da soli verso la macchina.

    “Beh, Tom, davvero, grazie della bella serata. Siete fantastici!”

    “Grazie a te per essere venuta! Mi ha fatto piacere passare del tempo con te mentre non lavori!”

    “Sono una ragazza molto impegnata! Ora vado, si sta facendo tardi. Domani la signorina Ferrero è all’opera! Beh, buonanotte.”

La ragazza si sporse appena verso Tom. Il ragazzo non si aspettava un movimento così da Caroline. Lei si alzò in punta di piedi. La differenza tra lei e Tom si notava parecchio, non era molto alta. Il cuore del ragazzo batteva all’impazzata, non voleva fermarsi, tanto che un po’ si vergognava, pensando che Caroline potesse sentirlo da quella distanza. Lei gli diede due baci sulle guance e lo guardò nei suoi profondi occhi color nocciola, per quello che per Tom sembrò un attimo eterno. Poi la giovane si voltò, fece salire in macchina Pete, e si mise comoda al posto di guida. Tom rimase imbambolato dal quell’attimo d’agitazione, e l’unica cosa che riuscì a dire fu:

    “Ti chiamo domani?”

    “Ci conto.” Rispose la ragazza, guardandolo ancora una volta negli occhi.

Solo quando lei ebbe fatto retromarcia e sparita dal suo vialetto, Tom rinvenne, entrando in casa. Bill lo guardò perplesso dall’espressione del fratello.

    “Ho un appuntamento.” Disse. Entrambi i fratelli si guardavano sorridendo.

 

 

 

   Ore 03:15. Messaggio.

Davvero, grazie ancora per la magnifica serata. Sono stata davvero bene insieme a te. Non per sminuire Bill, sia chiaro (biondino, sai di essere il mio preferito), ma sono così felice di uscire con te! Aspetto la tua chiamata.

Un bacio,

Caroline.

Tom cominciava a sentire il suo cuore scalpitare. Rispose alla ragazza, aspettando sempre con più impazienza il mattino dopo.

 

 

 

 

Salve a tutti! ^^ mi sento molto ispirata ultimamente,

perciò passo molto tempo a scrivere! Sto andando con calma, però, con la storia.

Spero non troppo con calma..’^^

Non vorrei far correre troppo la trama, vorrei marcare per bene

L’amore che sta nascendo tra i due protagonisti,

visto che per Tom è un’esperienza nuova, ma senza tralasciare il rapporto

che hanno i due gemelli..

Spero davvero di non rendere la storia noiosa e apparentemente inconcludente ‘^^

Se fosse, mi scuso!

A presto ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Perchè? ***


   Mentre guidava alla luce del tramonto, Tom sentiva l’eccitazione salirgli in corpo. Stava andando al suo primo, vero appuntamento. Perlomeno senza lo scopo di portarsi a letto la ragazza con cui stava per uscire. Sentiva che Caroline era speciale, gli dava quell’insolito formicolio quando pensava a lei. Si accorse di sorridere.

Riuscì senza difficoltà a trovare la casa della ragazza, seguendo le indicazioni che lei gli aveva dato. Abitava in un bel quartiere nella zona di South LA, belle case, grandi giardini; insomma, si era trovata un bel posto dove stare. Tom fermò la macchina davanti ad una villetta bianca, con un bel giardino curato. La sua era una delle poche case con un recinto a confine. Probabilmente, pensò Tom, lo teneva per Pete. Appena il ragazzo scese dalla macchina, la luce all’ingresso della casa si accese. Lei lo stava aspettando. Prima di dirigersi verso la porta, diede una rapida occhiata al suo riflesso sul finestrino della macchina, controllando che i vestiti non si fossero sgualciti troppo. Era estremamente elegante mentre indossava i suoi pantaloni neri leggermente ampi, una maglietta bianca molto aderente, e una giacca elegante nera, che staccava decisamente dal resto del completo, ma che, a colpo d’occhio, era perfetta. I suoi lunghi dread neri erano raccolti ordinatamente. Si tolse gli occhiali da soli e si diresse verso la porta. Bussò.

    “Arrivo!”

Caroline aveva già capito che fuori dalla sua porta c’era Tom. Il ragazzo si scoprì davvero nervoso, e quando Caroline aprì rimase letteralmente a bocca aperta. La ragazza era davanti a lui in tutta la sua bellezza. Indossava un lungo abito color sabbia, che contrastava magnificamente con la sua abbronzatura mielata. I lunghi capelli dorati erano portati selvaggiamente sciolti a incorniciarle viso e spalle. Ai piedi dei sandali che le segnavano appena i piedi con un sottilissimo filo dorato. Un accenno di trucco. Splendida nella sua semplicità. Era un po’ imbarazzata dallo sguardo di Tom.

    “Andiamo?” gli disse.

    “Oh..si..certamente.”

Il ragazzo si riscosse dai suoi pensieri e porse il braccio a Caroline, da vero galantuomo.

    “Bella macchina!” disse la ragazza avvicinandosi all’Audi.

    “Diciamo che tra me e Bill sono io quello che sceglie le macchine.” Rispose Tom aprendo la portiera a Caroline e facendola salire.

    “Sei sicuro che a Bill non disturbi che siamo usciti solo noi due?”

    “Ma va, è contento di non avermi intorno ogni tanto!”
Tom accese l’auto e partì, andando verso il centro della città.

    “Dove mi porti?”

    “Sorpresa.”

Passarono il centro di LA e molti ristoranti di punta, con code chilometriche all’esterno. Caroline li guardò, senza capire perché Tom non si fermasse a parcheggiare. Arrivarono fino al lungo mare, dove Tom trovò parcheggio poco prima dell’ingresso pedonale verso la spiaggia. Il ragazzo fece scendere Caroline, e la condusse verso il percorso pedonale. Tutto era chiuso. Sul lungomare c’erano solo negozi, che a quell’ora erano già chiusi. Erano aperti solo alcuni bar, che però erano in procinto di chiudere per lasciare spazio alla movida cittadina. Caroline non capiva dove Tom volesse portarla.

    “Dai, dove stiamo andando?”

    “Se te lo dico, che sorpresa sarebbe?”

Caroline si scoprì intrigata da quel comportamento un po’ misterioso di Tom e sorrise tra sé e sé.

Ad un tratto Tom rallentò e Caroline poté notare il luogo tanto cercato dal ragazzo. Spiccavano subito le candele accese sull’ingresso di quel piccolo spazio tra gli enormi palazzi chiusi. Una porta e una finestra abbastanza larga completamente illuminate da candele di tutte le dimensioni. Sopra lo stipite, Caroline trovò l’insegna:  Italy, my home. Era incisa e dipinta su un asse di legno, usato anche per gli infissi. Sembrava quasi una locanda di qualche paesino sperso nel Montana, o giù di lì. La ragazza rimase affascinata da quel piccolo gioiello incastonato tra i grandi e moderni edifici di Los Angeles.

    “Ti piace?”

    “Lo trovo meraviglioso.” Disse Caroline guardando Tom.

I due giovani entrarono e vennero accolti da quello che sembrava uno di quegli omini disegnati sui cartoni di pizza, baffi e capelli neri, grossa pancia, braccia spalancate e sorriso illuminante.

    “Oh, buonasera miei cari figliuoli! Vi stavamo aspettando! Prego, vi ho tenuto un tavolo che è una vera chicca!” disse l’uomo, accompagnandoli. Caroline notò subito il forte accento italiano e sorrise. ‘Sempre calorosi..’ pensò.

     “Prego, prego ragazzi! Vi porto subito il menù!”

     “Allora, che ne pensi? Valeva la pena di aspettare, no?”

Tom guardò negli occhi Caroline, con uno sguardo così profondo che la ragazza arrossì lievemente e distolse lo sguardo, un po’ imbarazzata da quegli occhi così penetranti.

    “È davvero splendido, Tom. Mi sento a casa!”

Tom aveva scelto con molta cura il posto in cui portare Caroline. Voleva che fosse speciale. E quella locanda lo era davvero. Era un posto caldo, accogliente, familiare, non troppo elegante e sofisticato. Puro stile italiano, fiori ovunque, quadri in ogni dove. L’ambiente era saturo di cose, anche inutili, ma l’insieme dava davvero l’aria di casa.

Poco dopo il signore baffuto tornò con i menù e lasciò che i ragazzi scelsero.

    “Consigliami tu cosa prendere, sei di casa!”

    “Non conosco i tuoi gusti, non posso scegliere per te!”

    “L’italiana, qui, sei tu! Posso dirti che pasta e pizza occupano la maggior parte del mio cervello, e anche del mio stomaco!”

    “Allora devi assolutamente provare le bruschette napoletane, con pomodoro, mozzarella e basilico, e gli spaghetti con le polpette! Secondo me, sono in assoluto i piatti migliori!”

    “Mi fido di te, allora!”

    “E penso proprio che mangerò come te! Dio, tornerò a casa rotolando..”

I due ragazzi passavano la serata ridendo e scherzando, mangiando in quantità fino a scoppiare, divertendosi come pazzi quando Tom non riusciva ad infilzare le polpette o lottava con la mozzarella filante.

     “Dai, parlami un po’ di te.”

     “Che vorresti sapere?”

     “Mah, non so! Di te so solo che sei italiana!”

     “E una stilista!”

     “Anche! Dai, vuota il sacco. Devi avere una famiglia numerosissima, come tutti gli italiani!”

     “Una leggenda metropolitana, come gli alligatori nelle fogne newyorkesi! Beh, non c’è molto da dire.. i miei genitori si sono separati quando avevo dodici anni e mio fratello diciassette. Mia madre ci ha portati qui in America con lei, è voluta venire perché voleva andarsene dall’Italia. Mio fratello Luca, non appena ha compiuto diciott’anni, se n’è andato, è tornato in Italia per studiare ingegneria. Non è tornato da mio padre. Io sono rimasta con mia madre finché, anche io, non sono diventata maggiorenne e ho potuto tornare in Italia. Sono stata con mio padre finché non ho deciso di intraprendere la mia carriera, ed eccomi qui a LA! Ne ho fatta di strada, anche se mia madre aveva qualche dubbio.”

Il volto della ragazza si rabbuiò. Un istante soltanto, ma bastò a Tom per accorgersene.

    “Scusami, non volevo farti pensare a brutti ricordi.”

    “Ma dai, mi vedi per caso triste? Acqua passata!” e sul suo volto si aprì il suo solito sorriso.

    “Anche i miei genitori si sono separati. Molti anni fa, io e Bill eravamo molto piccoli. Mio padre si è letteralmente dileguato dalle nostre vite e abbiamo vissuto soli con nostra madre finché lei non ha incontrato un uomo, Gordon. All’inizio io e Bill ci tenevamo a distanza, anzi, lo odiavamo perfino. Ma è stato lui a trasmetterci l’amore per la musica, insegnandoci a suonare e a fregarcene di cosa pensano gli altri. È grazie a lui e alla forza di nostra madre che siamo quello che siamo oggi.”

     “Anche dalle cose che ci sembrano brutte, orribili, situazioni dove ci chiediamo ‘Perché a noi?’, ‘Cos’ho fatto per meritarmi questo?’, possiamo imparare, dagli errori nostri e da quelli degli altri, dalla nostra ingenuità. Tutto questo ci permette di diventare uomini e donne forti e consapevoli di ciò che accade intorno a noi.”

Tom si sorprese dall’enorme saggezza che aveva dentro di sé la ragazza che aveva di fronte. Quante ragazze dell’età di Caroline potevano vantare una simile maturità? Anche se vantare è un verbo sbagliato, perché persone come lei fanno di tutto, tranne che vantarsi. Tom la osservò e vide ricomparire il velo di tristezza che le offuscava gli occhi qualche attimo prima. Senza pensarci, le prese la mano tra le sue, sopra al tavolo, senza curarsi dei possibili sguardi altrui, e la guardò negli occhi con una dolcezza che neanche lui sentiva di avere dentro. Capiva come stava Caroline, sapeva il dolore che aveva provato e cercò di scaldarle l’animo e farle tornare il sorriso. Ora la ragazza non si trovò di nuovo imbarazzata dallo sguardo caldo di Tom. Anzi, rispose con un sorriso che conteneva tutta la sua gratitudine verso quel ragazzo che non provava ‘compassione’ per lei, ma le infondeva coraggio.

 

    “Ah, il dolce proprio non mi serviva! Stasera mi hai proprio viziata!”

    “Beh, tranquilla, ti facciamo compagnia io e la mia pancia!”

    “Però l prossima volta pago io, non si discute, sono sempre tua ospite!”

    “Mi inquieti con quello sguardo!” ‘La prossima volta…’ pensò Tom, agitandosi appena.

Camminarono fianco a fianco fino alla macchina, dove Tom fece l’ennesimo gesto di galanteria della serata.

Si avviarono con calma verso casa di Caroline, ormai era quasi mezzanotte, e la gente cominciava a riversarsi fuori dai ristornati e a rifugiarsi nei locali. La città era illuminata a giorno, si sentiva la musica delle discoteche che rimbombava tra i muri. Modelle, attori, cantanti, serpeggiavano tra le chilometriche code, entrando nei locali più gremiti e altolocati. I due ragazzi videro la città scivolare sotto i loro occhi, fino ad arrivare nel tranquillo quartiere abitativo di Caroline. Qui la vita era molto più pacata, le luci delle case erano tutte pressoché spente, la gente era quasi tutta a letto.

Tom accostò di fronte alla casa della ragazza, facendola smontare.

    “Beh, eccoci qua!” disse la ragazza andando verso la porta di casa, seguita da Tom. “Grazie mille per la serata, Tom.”

    “Grazie a te per aver accettato il mio invito.” Rispose guardandola.

    “Mi ha fatto molto più che piacere che tu mi abbia invitata fuori a cena. È stato piacevole, davvero.”

    “Anche per me vale lo stesso.”

I due si guardavano negli occhi, uno immerso in quelli dell’altra. Ma Caroline sentì di nuovo quell’imbarazzo e una stretta allo stomaco.

    “Beh, ora è tardi..” distolse lo sguardo da quello del ragazzo. “..devo andare.”

Stava per voltarsi, quando Tom le cinse le spalle.

    “Aspetta..” le disse. E si chinò verso di lei, guardandola negli occhi e cercando la sua bocca, le sue labbra. Il cuore gli sbatteva contro le ossa quando arrivò a sfiorarla con le sue labbra carnose, e gli morì in petto quando lei si scansò. Rimase bloccato, atterrito. Mollò la presa su di lei, che lo guardava con sguardo colpevole e disperato.

     “Non..non posso..mi dispiace Tom..” si voltò e sparì, chiudendosi la porta alle spalle. Tom rimase lì, davanti allo stipite della donna a cui stava offrendo il proprio cuore, ma che lo aveva rifiutato, gettato via. No, non era arrabbiato. Come poteva essere arrabbiato con lei? Era triste, immensamente triste. Una tristezza che gli avvolse il cuore, congelandogli i battiti. Non sapeva, non sapeva come reagire, cosa fare. Sentiva che lei era lì, era rimasta dietro la sua porta, la sentiva respirare, affannare, quasi singhiozzare. Avrebbe voluto parlarle, aprire quella stramaledetta porta e avere spiegazioni. Ma no, non poteva. Era giusto? No. Doveva andarsene. Si girò e andò verso la sua auto. Aveva il cuore a pezzi, si sentiva sgretolato come un castello di sabbia. Non si era forse solo illuso? Probabile. Era tutto frutto della sua immaginazione.

Prima di salire diede un’ultima occhiata alla porta dove era scomparsa Caroline. Forse sarebbe scomparsa così anche dalla sua vita. Non si accorse che lei lo guardava, da dietro la tenda della grande finestra del suo salotto, con una mano sulla bocca per smorzare i singhiozzi, cercando di cacciare le lacrime indietro. Era quello che stava cercando di fare anche Tom. Aveva un disperato bisogno di Bill. Si sentiva morire, aveva bisogno del fratello per tornare a respirare. Partì, e le luci dei lampioni illuminavano le lacrime che cominciavano a rigargli calde il viso.

 

 

 

 

 

Ecco a voi il tanto agognato decimo capitolo!^^

Spero vi piaccia quanto piace a me!

Mi sento soddisfatta ^^

Fatemi sapere come vi è sembrato!

Un bacione e buona lettura ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Manca Poco ***


    “Tu sei pazzo. Vuoi chiederle oggi di uscire venerdì? Manca una settimana!”

    “Non posso prendermi in anticipo? Non voglio che abbia altri impegni.”

    “Fa come vuoi.”

I gemelli Kaulitz si erano appena svegliati in quella domenica estiva. Erano quasi le quattro del pomeriggio e i ragazzi erano seduti al sole nella loro terrazza preferita. Sotto di loro si apriva il meraviglioso panorama che la sera prima aveva incantato Caroline.

   Bill aveva insistito per rimanere a casa, perché la domenica a LA è come ‘uno zoo pieno di animali armati di zaini giganti, ombrelloni, ciabatte orrende e cappellini stupidi.’ Il fratello lo accontentò, anche se avrebbe preferito uscire, magari avrebbe trovato Caroline.

   Entrambi erano armati di sigarette e frappé, costretti dal sole cocente a rimanere senza maglietta. Tom decise di chiamare Caroline per chiederle di uscire. Solo loro due questa volta, senza Bill, anche se gli sarebbe mancato. Si sporse e prese il suo cellulare dal tavolino, compose il numero e aspettò. Il cuore cominciava a battergli e si impose di tranquillizzarsi, ma quando Caroline rispose, il suo cuore perse un colpo.

    “Pronto, Tom?”

    “Ciao Caroline! Ti disturbo?”

    “No, no, tranquillo, sono fuori a fare una passeggiata con Pete! Tu dove sei?”

‘Maledetto Bill, dovevamo uscire, lo sapevo!’ Tom fulminò con lo sguardo il fratello, che lo guardò con finta innocenza.

     “Noi siamo a casa, Bill non voleva uscire. Senti, ehm, volevo chiederti una cosa.”

     “Dimmi pure!”

Le mani di Tom cominciavano a farsi scivolose a causa dell’agitazione.

     “Eh..ti andrebbe di uscire insieme venerdì sera?”

Lo disse tutto d’un fiato, senza neanche respirare.

     “Solo io e te?”

     “Eh, si, Bill ha un impegno..!”

Bugia. Stavolta fu Bill a fulminare il fratello.

     “Va bene! Tanto non ho nulla da fare!”

     “Perfetto allora! Ti passo a prendere alle 7? O più tardi?”

     “No, no, alle 7 va benissimo! Lascerò il mio lavoro a qualcun altro, posso concedermi una pausa ogni tanto!”

     “Giusto, hai più che ragione. Ci vediamo venerdì allora?”

     “Va benissimo! Un bacio!”

     “Ciao Caroline!”

Tom concluse la telefonata e guardò Bill tutto euforico. Stava per dirgli che finalmente avevano un appuntamento, ma Bill lo precedette.

     “Venerdì alle 7. Non sono sordo! Io andrò da Andreas.”

     “Sei il fratello…”

     “..più buono, dolce e bello del mondo, lo so!”

I due si scambiarono uno sguardo complice. Tra loro le parole non servivano, erano semplicemente inutili.

 

 

 

   La settimana volò in un lampo. Bill e Tom erano spesso impegnati nello studio, oppure a incontrare manager e produttori per fare il punto della situazione riguardo l’uscita imminente dell’album. Il giovane con i dread lavorava come un matto, era attivo e si sentiva ispirato più che mai. Ancor più di Bill, e di questo il fratello si stupì. Ma quando arrivò il tardi pomeriggio di venerdì, la felicità di Tom raggiunse il picco massimo. Erano le 18:00 e lui era già vestito, profumato e con le chiavi della macchina in mano.

     “Agitato?” gli domandò Bill mentre si preparava per andare da Andreas.

     “Cosa te lo fa pensare?”

     “Beh, il fatto che sei pronto con  un’ora di anticipo e che ormai hai consumato il pavimento a furia di camminare sono solo degli indizi, in realtà e il mio sesto senso di investigatore che mi ha portato a questa conclusione.”

     “Non pensavo fossi in grado di fare un discorso così pomposo, bravo Bibi!”

   Non appena sull’orologio scattarono le 18:30, Tom salutò il fratello con un lungo abbraccio. Bill gli disse di stare tranquillo e di non agitarsi. Lo seguì fino all’ingresso e vide l’elegante fratello salire sulla sua R8 V10 bianca.

     “Buona fortuna Tom.”

     “Speriamo bene. A dopo, Bibi.”

E Tom partì, in direzione del centro di LA. Si ricordava a memoria le indicazioni che Caroline gli aveva dato quella mattina. Sentire la sua voce gli fece crescere la sua voglia di vederla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve! ^^ scusatemi per questo capitolo no breve,

di più! Ma l’ho scritto e riscritto e alla fine l’ho sfoltito un bel po’,

visto che il prossimo sarà

un capitolo MOOLTO interessante! ^^

finalmente mi sono data una mossa, direte.‘^^

Ora che la scuola sta finendo posso dedicarmi di più alla scrittura,

perciò il capitolo 10 non tarderà ad arrivare!

Buona lettura ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Vuoto ***


  Correva. Non sapeva più nemmeno quanto veloce andasse. Non gli importava. Aveva un bisogno estremo di Bill, sentiva di essere al limite, sul punto di scoppiare. La costa californiana scivolava sotto di lui, la luce della luna illuminava gli spruzzi dell’oceano mentre si frantumava sugli scogli, creando una miriade di riflessi che si specchiavano sulle lacrime di Tom. Perché? Perché era successo? Come ha fatto Caroline a non rendersi conto dei suoi sentimenti? Il suo cuore era una sfera di vetro già crepata, che si ruppe definitivamente. No, non doveva pensare in quel momento. Avrebbe finito per pensare a chissà cosa e rischiare un incidente. No, non avrebbe accettato di doversi dividere anche da Bill. Lui era la sua unica salvezza.

L’auto di Tom sfrecciava sulla costiera, era ormai tardi e passavano pochissime altre macchine. Il ragazzo si affrettò ancora, schiacciando il pedale e facendo rombare il V10 della sua R8. Nemmeno quando si infilò nel viale di casa rallentò, alzando un voluminoso polverone dietro di lui. Un po’ si pentì del rumore che stava facendo, magari Bill stava dormendo. Impossibile, era ancora presto. Arrivò davanti casa frenando bruscamente, dall’agitazione quasi si dimenticò di spegnere la macchina; uscì, sbattendo così forte la portiera che per un attimo pensò di aver crepato il finestrino. In quel momento una luce si intravide da sotto la porta d’ingresso e davanti a Tom apparve la figura di Bill, che aprì la porta trafelato. Era rimasto sorpreso e confuso dal trambusto che aveva fatto il fratello e si era precipitato all’ingresso brandendo uno dei candelabri che aveva trovato sopra al tavolo. Ma quando vide davanti a sé Tom con il fiatone, i vestiti sgualciti e le tracce delle ultime lacrime, gli morì il cuore in petto. Fece cadere il candelabro, la candela si ruppe al contatto con la pietra appena tiepida. Arrivò anche Scotty, attirato da quel trambusto. I due fratelli rimasero a fissarsi, l’uno a pochi metri dall’altro, sapendo che le parole non sarebbero servite a nulla. Capivano. Capivano entrambi il dolore, la sofferenza, che intrappolava i loro cuori. Bill era sconvolto nel vedere suo fratello ridotto così. La vista di Tom cominciava ad appannarsi per le lacrime che cercavano ostinate di uscire ancora, per la milionesima volta in quella sera. Avanzò, pochi passi e fu di fronte a Bill che lo fissava con occhi lucidi. Lo abbracciò. E il fratello rispose all’abbraccio cercando di infondergli il proprio conforto. Rimasero li sullo stipite non seppero mai per quanto, abbracciati l’uno all’altro, piangendo insieme come non facevano da tanto tempo.

 

 

 

    “Pensavo..pensavo fosse il momento giusto. Non aspettavo nient’altro che confessarle i miei sentimenti. Ho forse sbagliato? Sono stato troppo avventato?..non avrei dovuto provare a baciarla..”

    “Tom, non hai colpe. Né tu né lei. Era solo il momento..”

    “Il momento, Bill..? No, non era quello il problema. La vedevo felice. Mi guardava con occhi diversi da come mi ha guardato dopo che..ho sbagliato io. La colpa è solo mia..!”

‘Lacrime..ancora lacrime. Per quanto, ancora?’

 

 

 

   Tom era seduto sulla sua amata sedia di legno nella terrazza preferita da lui e dal fratello a godersi il chiaro di luna, fumando una sigaretta e cullandosi al dolce rumore dell’oceano sotto di lui. Bill era riuscito a calmarlo, anche se con qualche difficoltà. Ora era pronto a parlare al gemello con chiarezza di quello che era successo. Abbastanza pronto. Era ancora scosso dalla serata. Si sentiva debole, vulnerabile, come una bambola di pezza nelle mani di un pazzo.

Sospirò, rivolgendo i suoi pensieri e il suo cuore colmo di tristezza alla luna, che sembrava confortarlo con la sua dolce luce.

Bill arrivò brandendo una coppa di gelato e una bottiglia di vino dolce.

    “Quando la smetterai di aprire tutte queste bottiglie di vino? Sono sempre io che le pago.”

    “Ma dai, cosa vuoi che sia una bottiglia in più! Pignolo.”

Il biondino si accomodò al fianco di Tom, affondando il cucchiaio sull’enorme vasca di gelato variegato.

    “Vuoi?” chiese ancora con la bocca piena.

    “No, grazie lo stesso.”

    “Dai, Tom. Reagisci! So che la ferita è ancora fresca per te..ed è dura, essere respinti, posso capirlo.” Bill si era voltato ora verso il fratello con espressione seria ma compassionevole, triste per quello che stava passando il suo gemello. “Tu sai di non essere solo.”

    “Bill, lo so. So che posso sempre, e potrò per sempre contare su di te. Sarà anche un pensiero arrogante il mio, ma sono sicuro di questo. Però..” alzò gli occhi al cielo e un sorriso amaro apparve sul suo volto. “..non ero pronto. Non penso che nessuno possa essere preparato ad un rifiuto. Non mi era mai capitata una cosa del genere. E non avrei mai voluto capitasse, mai! Ho sempre tenuto una barriera nel mio cuore, una porta blindata che solo tu potevi aprire. Anche se questo mi faceva soffrire ho sempre pensato che fosse la cosa giusta da fare. Vedevo te, Bill, vedevo quando ti innamoravi ma sempre della persona sbagliata, e soffrivi. Soffrivi come un dannato e non te lo meritavi. Non volevo soffrire come te. E invece? Ecco. Mi sono innamorato di una donna che non mi vuole. Oppure sono stato io a sbagliare? Cos’ho fatto, Bill?”

Tom ora guardava il fratello con le lacrime agli occhi, con quel dilemma interiore che lo divorava. Bill non sapeva cosa dirgli. Era impietrito davanti al dolore del fratello.

    “Cosa devo fare Bill? Cosa?”

    “Lasciati andare.”

Tom lo ascoltò. E si lasciò andare al dolore tra le braccia del fratello.

 

 

 

   Bill aprì la porta dello studio di registrazione e cominciò a scendere le scale con un passo simile a quello di un elefante, sbuffando come un ippopotamo, apposta per farsi sentire dal fratello.

Arrivò nell’ampia sala che conosceva nel minimo dettaglio, dove passava la maggior parte del tempo. Vide il fratello e gli si piazzò davanti, mani sui fianchi e sguardo assassino. Tom si tolse le cuffie e smise di suonare, guardando Bill con sguardo sorpreso e innocente.

    “Perché sei arrabbiato?” gli chiese. “Non ho fatto nulla.”

    “Proprio questo è il punto! Sono tre giorni che te ne stai qua sotto come se fossi un vampiro nella sua catacomba! Sono stufo di farti da mangiare e servirti come un cameriere!”

    “Allora fai a meno di portarmi da mangiare.”

    “E vorresti vivere solo con le schifezze del mini-bar? Eh no, mio caro! Oggi uscirai di qui e mi porterai a prendere delle cose nuove!”

    “E cosa ti fa credere che uscirò dallo studio per accompagnarti a fare shopping?”

    “Queste!” disse Bill, mostrandogli, con un ghigno malefico, le chiavi della sua Audi.

  Poco dopo, i due gemelli erano già in auto, un Tom imbronciato che guidava e un Bill tutto contento al suo fianco. Era pomeriggio inoltrato e, sebbene facesse davvero caldo per le vie di Los Angeles, le strade erano affollate, piene di turisti e lavoratori. Tom guidava tranquillamente, senza mai accanirsi contro alcuni guidatori distratti che “hanno trovato la patente nelle patatine”, come diceva lui.

    ‘Strano..’ pensò Bill. lo guardò e notò lo sguardo triste e malinconico che ormai da quattro giorni si era impossessato di suo fratello.

    “Dai, Tom, datti una mossa!” cercò di scuoterlo il fratello. “Ho voglia del mio frappé!”

    “Come vuole, signorino.”

Tom svoltò a sinistra e, sempre con la sua calma, cominciò a percorrere la solita via verso il loro locale preferito. Guidava in modo automatico, conosceva bene quella strada. All’improvviso Bill si ricordò che proprio vicino allo Shaker c’era anche il palazzo dove lavorava Caroline.

   ‘Che idiota!! Dovevo ricordarmelo!’

   “Ehm, Tom! Non ho più voglia del frappé!” si affrettò a dire Bill.

    “Come non hai più voglia? Sono venuto qui apposta per il tuo frappé!”

Tom sembrò non ricordarsi del palazzo di Caroline, così Bill tirò un sospiro di sollievo e incrociò le dita.

    ‘Speriamo non ci faccia caso..’

Purtroppo l’enorme grattacielo di vetro era troppo vistoso, anche a causa dei fastidiosi riflessi che emetteva dove il sole lo colpiva, e Tom non poté non notarlo. Bill osservava il fratello, preoccupato per la reazione che avrebbe potuto avere. Tuttavia il moro guardava il palazzo con uno sguardo vacuo, vuoto, con apparente indifferenza, ma Bill sapeva che stava morendo dentro. Accelerò e svoltò in fretta l’angolo, parcheggiando proprio di fronte al locale.

    “Eccoci arrivati, signorino.” Disse Tom, rivolgendosi al fratello con un sorriso accennato.

 

 

   “Però potresti provare a chiamarla.”

Tom perse un battito a quell’affermazione di Bill.

   “Sto parlando seriamente. Che ne sai tu se lei scusarsi o no?”

   “Se volesse parlarmi mi avrebbe già chiamato. Non credi?”

   “Ma dai, Tom, è una donna! Si sente in colpa per quello che ti ha fatto, che sia innamorata di te o meno! Ascolta me, chiamala.”

Mentre Bill aveva dato fondo a tutte le risorse del suo frappé ed era in procinto di ordinare in secondo, Tom fissava lo schermo del telefono, invaso da mille pensieri.

    ‘Tanto, cos’ho da perdere?’. Selezionò il nome di Caroline dalla sua rubrica e partì la chiamata. Aveva i sudori freddi come quando doveva chiamarla la prima volta per vedersi. Bill lo fissava in silenzio, sorseggiando il suo secondo frappé. Tom rimase in attesa per quei secondi che a lui sembravano secoli, finché una voce, la sua voce, non ruppe quel silenzio, facendolo sussultare.

    “Qui parla la segreteria di Caroline Ferrero! Mi dispiace, ma ora sono occupata. Se avete urgenza di contattarmi, lasciate un messaggio dopo il segnale acustico, vi richiamerò!” Biiip.

Tom riattaccò.

    “Allora?”

    “C’è la segreteria.”

    “Starà lavorando! Provaci più tardi!”

    “Ci proverò.”

Ma la delusione di Tom era infinita e sembrava che nulla, a parte suo fratello, potesse salvarlo dall’abisso.

 

 

   Le ore scorrevano, i giorni passavano. Bill cercava di tenere Tom più impegnato possibile e lui di rimando si faceva scarrozzare qua e la volentieri, cercando di far passare più velocemente le giornate. Lavoravano molto, incontravano manager e produttori, cominciavano ad allestire e organizzare set fotografici, discutevano dei programmi futuri. Tom sembrava diverso mentre lavorava, cercava sempre di distanziare lavoro e vita. Tuttavia c’era qualcosa che pian piano lo logorava dentro. Ogni giorno provava a chiamare Caroline. Non più di una volta però, non voleva sembrare un disperato che le stava alle calcagna. Voleva solo spiegazioni. E sentire la sua voce reale e non più quella della segreteria. Perche, nonostante tutto, lui era innamorato, e l’amore non è un sentimento che si cancella con la spugna da un giorno all’altro. Quando l’amore entra a far parte della tua vita si impossessa di ogni parte del tuo essere, e condiziona inevitabilmente tutto ciò che fai.

Bill era anche riuscito a convincere Tom a chiamare l’ufficio di Caroline, lasciare un messaggio anche li da parte sua, e a farsi d’are il numero di casa della ragazza. Ma dopo due settimane non era ancora riuscito a chiamarla a casa. Forse perché sapeva che avrebbe potuto rispondergli, e il solo sentire la sua voce avrebbe potuto riaprire quelle poche ferite che era riuscito a rimarginare.

   Era il tardo pomeriggio di una domenica ormai volta verso l’inizio della nuova settimana. Bill era sotto la doccia che fischiettava allegramente, mentre Tom era seduto fuori sulla sua terrazza a fumare. Aveva il telefono in mano, con il numero di casa di Caroline già composto. Inspirò una nuova boccata di fumo che gli invase i polmoni. Espirò verso quell’enorme palla di fuoco in cui si era trasformato il sole, in procinto di tuffarsi nel blu dell’oceano. Sapeva che con molta probabilità Caroline era in casa, ma riuscì a convincersi di premere quel benedetto pulsante e avviare la chiamata. Portò il telefono all’orecchio e aspettò. Aspettò, aspettò, senza ricevere risposta fino a che un Biiip invase il suo cervello. Non era partita a segreteria. Caroline era li e aveva schiacciato di proposito il tasto per far lasciare un messaggio da chi chiamava. Che si fosse accorta che era lui a chiamare? O non aveva semplicemente voglia di parlare? Era intento a riattaccare, ma qualcosa lo intimò a parlare.

    “Caroline..sono Tom. Scusa se mi sono intromesso di nuovo nella tua vita e ho chiesto il tuo numero di casa, non ne avevo il diritto, lo so. Ma avevo un disperato bisogno di sentire la tua voce, e non quella registrata nella segreteria. Ecco, ho detto quella parola. ‘Disperato’. Tsk, mi ero ripromesso di non sembrare un povero disperato, malinconico ragazzo ai tuoi occhi e alle tue orecchie.” Un sorriso amaro apparve sul suo volto, come se lui credesse di averla davanti a sé. “Può essere che tu sia in casa, o meno. Non ti ho mai lasciato messaggi, perché credevo fossero inutili. Ma ora ho la sensazione che tu mi stia ascoltando. Sarò anche pazzo oltre al resto, ma la mia testa mi fa capire questo, non so neanche io perché. Forse per auto-convincermi che non sto parlando a un computer ma a te.”

 Tom non poteva sapere che non era la sua mente a convincerlo di questo, ma il suo cuore, che sentiva quello di Caroline fremere dall’altra parte della cornetta. Era rimasta pietrificata nel sentire la voce di Tom e non riusciva a non ascoltare.

   “Se mi stai ascoltando o no, volevo solo scusarmi. Non volevo chiederti il perché di nulla, solo scusarmi per come mi sono comportato con te. Volevo essere diverso per te, non sfacciato e strafottente come sono sempre. Volevo comportarmi in modo diverso insieme a te, per fare vedere a te, o forse più a me stesso, che sono capace anche io di provare dei veri sentimenti. Ma purtroppo non ne sono stato capace. Forse non lo sarò mai, e questa è la mia vera natura.

Ti do le mie più sincere scuse, e mi dispiace averti fatto sentire a disagio. Beh..ehm..questo è tutto. Dai un bacio a Pete da parte mia.”

Tom riattaccò. Non poteva credere a quello che aveva appena fatto. Era riuscito davvero a dire quello che voleva. Non tutto, ma almeno in parte. Sorrise amaramente un’altra volta, ma dentro si sentiva vuoto. Sapeva di aver detto addio all’unica ragazza che gli aveva davvero fatto battere il cuore.

Si alzò, lasciò perdere il cellulare, si diresse verso l’ingresso e prese le chiavi della sua auto. In quel momento Bill uscì dal bagno mentre si asciugava i capelli con l’asciugamano.

   “Ehi, dove te ne vai?”

    “Via per un po’. Scusami anche tu, Bill.”

Tom uscì, seguito da Scotty. Bill guardò l’ingresso ancora sorpreso e confuso. Sentì il rumore dell’auto del fratello accendersi e le ruote mangiare la ghiaia mentre la macchina si allontanava.

Uscì sul terrazzo e la leggera brezza fece tremare il suo corpo ancora umido dalla doccia. Il biondino si accorse del cellulare del fratello sul tavolo, lo prese e si accorse che, tra le ultime chiamate, c’era quella di poco prima al numero di casa di Caroline. Si voltò di nuovo verso l’ingresso di casa come se potesse vedere ancora la figura del fratello andarsene.

   “Oh, Tom..”

 

 

 

   Era ancora lì, un’altra volta per lo stesso motivo, per la stessa donna. Seduto sulla spiaggia, assaporava con gli occhi  quell’ultima fetta di sole che si univa all’oceano, come due amanti che rimangono separati tutto il giorno, potendosi vedere ma non toccare, avvicinandosi sempre un po’ alla volta, fino ad arrivare a quel momento in cui, travolti dalla passione e dall’amore, possono immergersi l’uno nell’altra.

I suoi piedi immersi nella sabbia ancora tiepida gli infondeva una sensazione piacevole e rilassante. Scotty sguazzava allegramente nell’acqua, lottando contro un bastone portato dalla marea. Tom si divertiva a guardare cosa faceva il suo amato amico. Tuttavia i cattivi pensieri non sembravano abbandonarlo. Decise allora di reagire e andare a giocare con Scotty, almeno non ci avrebbe pensato troppo. Arrotolò i pantaloni fino a metà polpaccio, si tolse la maglietta, si legò i lunghi dread e chiamò Scotty, che gli corse incontro con il suo nuovo trofeo in bocca. Giocarono insieme nell’acqua, Tom gli lanciava il bastone e Scotty correva ovunque per prenderlo e riportarlo al suo padrone. Dopo un tempo che Tom non seppe definire, si accasciarono entrambi sulla sabbia, sfiniti. Ora nel cielo la luna era diventata la regina, e tante piccole stelle cominciavano a farsi strada nel blu del cielo. Tom si rivestì e si accorse che Scotty dormiva sfinito al suo fianco. Sorrise e cominciò ad accarezzarlo affettuosamente. Era ora di tornare da Bill. Ma qualcosa lo fermò. O meglio, una voce.

   “Tom..?”

Il ragazzo si congelò. Riconobbe subito quella voce. La voce che lo aveva incantato. Si alzò e si voltò verso la direzione da cui proveniva. E davanti a lui comparve la figura che mai si sarebbe aspettato di vedere in quel momento, in quel luogo.

    “Caroline..”

 

 

 

E dopo secoli, ho pubblicato il capitolo 11!

Innanzitutto..chiedo perdono per non aver aggiornato la storia prima ‘^^

Ho avuto alcuni problemi e il tempo per scrivere è veramente scarseggiato..

Ma alla fine ce l’ho fatta lo stesso! ^^

So che non è molto avvincente,

è un capitolo di mezzo che mi ha portato non poche difficoltà..

è anche davvero molto lungo e spero non pesante ‘^^

ho già le idee chiare per il capitolo 12,

che spero non tardi ad arrivare,

e sicuramente sarà molto più sconvolgente! ^^

Buona lettura ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Rivelazioni ***


Tom rimase di sasso, sbigottito, senza né parole né fiato. Era davvero Caroline la ragazza che aveva di fronte, oppure era il frutto della sua mente annebbiata dal dolore?

Le onde dell’oceano arrivavano calme in quella piccola spiaggia, cullate dalla leggera brezza della sera. Era una nottata pacata, dove tutto sembrava tranquillo e sereno. Ma non Tom. Non sapeva cosa fare e tanto meno cosa dire, e Caroline notò questo suo imbarazzo.

    “Scusa se ti ho disturbato proprio in questo posto..”

Fu lei a rompere il ghiaccio, ma questo portò al ragazzo ancora più confusione nella sua testa, perché il solo sentire la sua voce lo annullava.

    “No, no, non importa..ah, ehm..vuoi sederti..?”

Tom stava chiedendo e dando fondo a tutto il coraggio e il sangue freddo che possedeva, cercando di mantenere la calma il più a lungo possibile. Avrebbe voluto abbracciarla, confessarle di essersi innamorato di ogni parte di lei, che lo aveva stregato. Ma non era il caso, probabilmente lei lo odiava. Si costrinse a mordersi la lingua.

I due giovani si sedettero l’uno accanto all’altra, fissando il mare e cercando di trovare le parole giuste per cominciare a parlare.

     “Come hai fatto a trovare questo posto?”

Questa volta fu Tom a parlare, con tono pacato e tranquillo.

     “Bill..è stato lui a spiegarmi dov’eri. Ero andata a casa tua..per parlarti.”

     “Parlarmi..?” chiese il ragazzo, già con la gola secca.

     “Si..ho sentito il tuo messaggio in segreteria.”

     “Ah..quello..”

Tom si pentì all’istante di averla chiamata, cominciava a sentirsi davvero nervoso. Però se fosse stato proprio quel messaggio a convincere Caroline a parlargli ancora?

     “Io..” cominciò lei. “..so di averti ferito e di averti provocato tanto dolore. E mi dispiace, credimi. Non sono una di quelle persone che amano far soffrire gli altri e godono nel vederlo. Però, vedi..”

    “No, la colpa è stata mia.” La interruppe Tom. Lei lo guardò sbigottita da quell’affermazione. Lui non la guardava, non era cattiveria, ma proprio non ce la faceva. Fissava il mare, le onde, il riflesso della luna, ma sembrava guardasse oltre. “Non avrei mai dovuto..fare quello che ho fatto. Sono stato un’egoista, ho rovinato una serata che poteva sembrarti perfetta.”

    “Tom, non è colpa tua..”

    “Non giustificarmi, non serve. Non mi sto punendo. O forse si. Ho solo agito d’impulso, d’istinto, come mi ero ripromesso di non fare..”

    “Tom, ascoltami, ti prego..”

Caroline cercava di fermare quel vulcano in cui si era trasformato Tom. No, non poteva, non riusciva ad accettare il fatto che quel ragazzo che era stato così generoso con lei si trattasse in quel modo.

    “Caroline, è la verità!” Tom la guardò, fu solo un attimo, distolse subito lo sguardo, ma la ragazza poté vedere tutto il dolore che covava dentro di sé. Non poteva più sopportarlo. “Ti ho fatto soffrire, ho fatto una stronzata, una pessima cosa! Non sai..non hai idea di quanto mi odi per essere stato così avventato con te..!”

     “Calmati ora, ti prego. Lasciami spiegare..non è colpa tua di quel mio rifiuto. Non sei stato tu..”

     “Invece si!”

     “Tom, io sono stata violentata.”

 

 

 

   Non poteva credere a ciò che aveva appena sentito uscire dalla bocca di Caroline. Violen..? Non riusciva neanche a pensarci. Si voltò verso di lei, con le lacrime che ormai avevano preso a scendergli in quel momento di furore, rimanendo letteralmente a bocca aperta. Per un attimo, un solo istante i due si fissarono negli occhi, in quel momento per certi versi speciale, perché entrambi si ritrovarono insieme ad annegare nel loro dolore.

Caroline distolse lo sguardo, puntandolo prima sui suoi piedi immersi nella sabbia, poi verso l’orizzonte scuro e impenetrabile di quella notte.

     “Successe..molti anni fa.” Con fatica la ragazza cominciò a parlare, senza che Tom glielo chiedesse, senza che si sentisse in dovere di farlo. Lo fece solo perché sentiva di poterlo fare, di poter aprire quel lato del suo cuore che non aveva mai aperto a nessuno a Tom, che aveva fatto lo stesso con lei.

     “I miei genitori si erano separati ormai da qualche anno, io ero un’adolescente nel pieno della sua giovinezza. Avevo appena fatto la mia prima, grande festa di compleanno, per festeggiare il mio sedicesimo compleanno, e mia madre, come regalo, mi presentò la sua nuova fiamma, l’ennesima. Chease Wilston, magnate straricco proprietario di qualche multinazionale che faceva i soldi rubando diamanti in Africa. Biondo, splendidi occhi azzurri, alto, ben piazzato. Insomma, il classico Ken che andava giusto giusto a pennello con la Barbie in cui si era trasformata mia madre. Vivevamo a Chicago, in un enorme attico che mia mamma si era comprata con i soldi che aveva spillato a mio padre grazie al divorzio. Mi ricordo ogni cosa, come se fosse ieri. Era un pomeriggio di luglio, faceva un caldo allucinante in città, ma mia madre insisteva per andare a fare shopping. Io riuscì a rimanere a casa, facendo finta di avere uno strano malessere a causa del caldo, così Chease si offrì di accompagnarla. Passò più o meno mezzora, io stavo studiando per il giorno dopo, avevo una verifica di sociologia molto importante! Sentì appena schiudersi la porta e qualcuno che se la richiuse alle spalle. Mi sporsi curiosa dalla mia camera e notai che davanti alla porta c’era Chease, vestito del suo completo beige. Dapprima fui confusa del fatto che non fosse con mia madre, poi me ne fregai e tornai a studiare. Non mi accorsi che si stava avvicinando a me, alle mie spalle. Ci feci caso solo quando mi afferrò, tappandomi la bocca, e mi buttò sul letto. Lo guardai con occhi sbarrati, la confusione fece largo alla paura, al puro terrore. Sul suo volto apparve un ghigno, non avevo mai visto una cosa che somigliasse così tanto al male, al demonio.

    ‘Zitta, o sarò costretto a farti del male.’ Mi sussurrò.

Mentre si sfilava la sua pregiata cin tura di cuoio, lo morsi ad una mano e cominciai a gridare, con tutto il fiato che avevo in corpo. Mi presi un pugno, dritto sulla bocca. Rimasi pietrificata. Non ci mise molto a spogliarmi ed a calarsi i pantaloni. Ricordo il caldo, il dolore, il suo respiro affannoso sulla faccia, il suo sudore che mi colava sul petto, in mezzo alle gambe. Mi diceva cose orribili, di quanto avrebbe seviziato quel mio corpo da giovane non ancora del tutto sviluppato. Fissavo sempre il muro, non lo guardavo negli occhi, perché sapevo che sarei sprofondata nell’abisso più profondo. Quand’ebbe finito si alzò, si asciugò il sudore con i miei vestiti, si sistemò i capelli e il suo amato completo firmato Versace, e tornò a guardarmi con lo sguardo del solito Chease, lo sguardo con cui l’avevo conosciuto.

     ‘Se dici una sola parola a tua madre, la prossima volta di farò ancora più male.’ E se ne andò da mia madre.

Sapeva che lei non sarebbe tornata, l’aveva sicuramente mollata in qualche negozio a spendere i suoi soldi. Mi lasciò li, con la mandibola slogata, nuda e ancora sporca del suo sudore.

Quando tornarono e mia madre vide i lividi le dissi che ero svenuta dal caldo e che avevo preso delle botte. Ma quando fui sola con lei, le raccontai tutto, ogni cosa. E la sua risposta?

     ‘Tesoro, avrai avuto delle visioni mentre eri svenuta, non dire sciocchezze!’ e uscì dalla mia camera.

Due giorni dopo, mentre ero ancora sola, arrivò Chease che questa volta, prima di stuprarmi, mi pestò come non mai, stando attento a non colpirmi in faccia.

Andò avanti così per un anno e mezzo, tra botte e violenze, finché il mio corpo non si trasformò, assumendo le curve morbide di una donna. Allora Chease non mi toccò più. L’ultima volta che lo fece mi sputò addosso, dicendomi che ormai facevo schifo.

Non appena compì diciott’anni tornai in Italia da mio padre, abbandonando mia madre con quel mostro. Non gli raccontai nulla, non ne aveva bisogno. Andai di nascosto da una psichiatra che mi aiutò a superare la mia depressione e la mia tentazione al suicidio. Ne uscì una donna più forte, più consapevole di sé stessa e di ciò che la circonda. Dopo due anni, anzi tre, riuscì ad accettare l’appuntamento con un nuovo ragazzo. Uscimmo per mesi, lì in Italia, stavo bene, mi divertivo, anche se era un uomo. Ma quando arrivò il momento di andare oltre, di passare dai bacetti al vero sesso, lo lasciai. Non ero pronta, non ce la facevo ad affrontare l’intimità con un uomo. Mi veniva in mente sempre il ghigno di Chease mentre mi violentava.

Mi capisci, Tom..? Non è stata colpa tua..la colpa è solo mia, di come non riesca ad affrontare tutto ciò sebbene oggi abbia 22 anni. Mi dispiace..scusa per ciò che ti ho fatto..”

Caroline scoppiò in lacrime, voltandosi dall’altra parte per non farsi vedere da Tom. Il ragazzo era sconvolto da quella storia. Schifato per quello che quell’uomo aveva fatto ad una povera adolescente e per sua madre che non le aveva dato ascolto. Commosso da come lei gli aveva aperto il suo cuore, mostrandogli il lato più oscuro di sé. Ammirato dalla forza che aveva avuto quella ragazza, anzi, quella donna che ora era tornata, per colpa sua, la bambina di un tempo.

Tom le si avvicinò e lei lo guardò con occhi grandi e dispiaciuti, tristi, malinconici.

     “Mi dispiace..” sussurrò appena. Lui riuscì a sorriderle sebbene il dolore che aveva dentro fosse grande.

     “Dispiace a me averti dovuto farti ricordare quei momenti.” Le disse. “Ma prometto, ti giuro su tutto ciò che ho di più caro, che cancellerò dalla tua mente ogni traccia di quell’uomo.”

Caroline lo guardò stupita di quella dichiarazione. Non la odiava per averlo rifiutato, non era schifato da quello che le era successo, e la sua non era pietà. Era solo sincerità.

     “Tom..”

Lui la abbracciò, lo fece d’istinto, un’altra volta. Lei rimase un po’ rigida e sorpresa da quel gesto. Il profumo di Tom, della sua pelle, dei suoi vestiti, della sua casa, le invasero le narici, inebriandole la mente e facendole dimenticare per un attimo il dolore che aveva dovuto ricordare. Chiuse gli occhi e si abbandonò completamente all’abbraccio del ragazzo, lasciandosi cullare dalle sue braccia e dal rumore dell’oceano. Pianse, pianse un infinità di lacrime, salate come l’acqua che arrivava a pochi passi da loro. Ma questa volta non era da sola, a piangere insieme a Pete nella sua casa buia, era con qualcuno che sentiva avrebbe potuto cancellare, forse per sempre, tutto il dolore che aveva dentro e che le stava divorando l’anima.

 

 

 

 

Ed ecco il dodicesimo! ^^ mi sono impegnata tutta la giornata a scrivere,

domani parto per le vacanze e non avrei potuto aggiornarvi ^^

siccome era un punto saliente della storia, non potevo farvi aspettare troppo,

soprattutto dopo l’enorme ritardo del capitolo 11 xD

è corto, lo so, ma intenso..

spero di avervi trasmesso tutto il dolore che accomuna i due in questo momento

che chissà in cosa si evolverà..xD

Buona lettura! ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Ci sono e ci sarò..per te ***


    “Vieni con me..ti porto via da qui.”

Tom aiutò con delicatezza Caroline ad alzarsi, come se fosse fatta di fragile vetro pronto a rompersi in mille pezzi. La ragazza non avrebbe mai voluto parlare ancora del passato, di quel passato il cui solo ricordo le mandava in frantumi l’anima, ma l’aveva fatto. Aveva sentito che era giusto farlo, che Tom era la persona giusta a cui aprire il suo cuore.

Il ragazzo la portò verso la sua auto, facendola salire dal lato del passeggero.

     “Tom..ho la mia macchina.”

     “Credi che ti faccia tornare a casa da sola nelle condizioni in cui sei, rischiando magari un incidente? No, non posso, mi spiace.”

Accese l’auto e il motore prese vita, rombando in quel luogo isolato e silenzioso. Ormai era calata la notte, nel cielo le stelle erano diventate le protagoniste, insieme ad una magnifica luna calante che illuminava ogni cosa li intorno, quasi a giorno. Nonostante il rumore dell’auto, Tom poteva chiaramente sentire il rumore dell’oceano poco sotto di lui, che si infrangeva calmo sulla sabbia. Partì dirigendosi verso casa sua, guidando in modo fluido e controllato, come quasi avesse dimenticato la sua guida aggressiva. I due ragazzi non parlavano, sapevano che le parole sarebbero state vane. Tutto ciò che era da dire fu detto, ora si doveva passare ai fatti. Ma non era ancora il momento, almeno non era quello.

Caroline guardava distrattamente fuori dal finestrino, come se qualcosa al di là di tutto quello che le scorreva davanti agli occhi l’avesse rapita, portandola in un altro mondo, dove Tom non ne faceva ancora parte. Almeno per ora. Il ragazzo non era a disagio, anzi. Sapeva che era giusto così, che non doveva predominare e cercare di entrare nell’animo di Caroline con la forza. Sarebbe stata lei ad accoglierlo, quando se ne sentiva in grado. Avrebbe aspettato e sapeva che ne sarebbe valsa la pena.

 

   Non appena Tom fermò la macchina davanti alla porta di casa sua, Caroline sembrò svegliarsi da un lungo sonno, come se fosse appena tornata alla realtà.

     “Dove siamo?”

     “A casa mia.”

     “Non penserai che..”

     “Tu rimarrai qui stanotte. Non fraintendermi, ti prego. Abbiamo due stanze per gli ospiti, domattina andrò a prendere la tua macchina insieme a Bill. Andiamo.”

Tom scese dall’auto e andò dal lato della ragazza, facendola uscire e portandola dentro casa. Adesso si che lei si sentiva in imbarazzo. Non avrebbe saputo spiegarne il perché, forse per la gentilezza di Tom o forse per il fatto di piombare in casa sua senza neanche avvisare Bill. Fatto sta che non aveva replicato e ora si faceva guidare da Tom.

     “Bill, ci sei? Abbiamo ospiti.”

Dal terrazzo apparve una cresta bionda seguita da un Bill in versione casalinga che rimase fuori dalla porta scorrevole a finire la sua sigaretta.

     “Caroline! Che bello averti qui!”

     “Si fermerà da noi per la notte. Le mostro la camera degli ospiti.”

Caroline salutò con un sorriso imbarazzato e un po’ dispiaciuto il ragazzo biondo che guardava lei e il fratello allontanarsi verso le camere. Tom passò prima la camera di Bill sulla destra del corridoio, dove Caroline poté notare l’enorme specchio che spiccava dentro la stanza, a cui erano appoggiate decine di collane e bracciali.

 Poi i ragazzi passarono la stanza del giovane, con la porta appena aperta. Caroline sbirciò dentro quando ci passò davanti e vide un grande letto affianco ad un’imponente vetrata che dava sul mare. A parte la vista, notò solo una chitarra vicino al letto, nient’altro spiccava dentro la semplice stanza del ragazzo.

 Infine Tom la condusse dentro un’altra stanza, molto probabilmente quella degli ospiti. Era davvero molto grande e Caroline notò subito due grandi finestre che aprivano la vista a parte della costa che si tuffava a strapiombo nell’oceano. Rimase stupita dall’ennesima, fantastica vista che aveva quella casa.

     “Bene, questa è la tua camera. Lì in fondo c’è il bagno, ci sono già gli asciugamani sei vuoi farti una doccia. Le lenzuola sono pulite. Hai fame?”

Caroline lo guardò solo un attimo, si sentiva davvero in imbarazzo. Sapeva che Tom stava facendo tutto questo perché si sentiva di farlo e non per la pena che provava nei suoi confronti, tuttavia era parecchio a disagio e abbassò immediatamente lo sguardo.

     “No..no, grazie lo stesso.”

     “Va bene, allora ti lascio tranquilla. Se vuoi io e Bill siamo di là.”

La ragazza non replicò e Tom uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Rimase li, dietro la porta chiusa, cercando di rimettere in ordine le idee. Sperava di aver fatto bene a farla restare a casa sua, almeno avrebbe avuto compagnia. Però lei non sembrava molto convinta, anzi era parecchio in imbarazzo. Aveva forse sbagliato ad agire un’altra volta così d’impulso?

Andò verso la sua stanza, aprì del tutto la porta ed entrò. Come aveva immaginato Caroline, la stanza del chitarrista era davvero molto semplice, poche cose, ma molto importanti per lui. Aprì l’enorme cassettiera in legno dove teneva quasi tutte le sue vecchie maglie ampie che usava quando era più giovane, ne prese una ed uscì.

Bussò alla porta di Caroline, ma lei non rispose. Attese un po’ e sentì il rumore della doccia in fondo alla stanza. Con non poca titubanza, si azzardò ad entrare. Caroline era in bagno e non l’aveva sentito entrare. Tom guardò verso la porta semi-chiusa del bagno, quasi incantato, immaginando la ragazza sotto la doccia. Distolse subito lo sguardo, imprecando contro se stesso per i pensieri che stavano cominciando a formarsi nella sua mente. Lasciò la sua maglia sul letto di Caroline e si affrettò ad uscire dalla stanza, prima che la ragazza si accorgesse di lui e lo reputasse un maniaco.

 

 

   Bill guardava il fratello con uno stupore che Tom non aveva mai visto dipinto sul suo volto.

     “Vuoi dirmi che..?”

     “Senti, Bill, meno ne parliamo meglio è. Anche per il rispetto di Caroline. Ho avuto la tua stessa reazione, credimi. Anzi, non ho neanche commentato. Non sapevo cosa dire.”

I due fratelli erano, come era ormai loro solito fare, seduti in terrazzo a fumare, con Bill che si strafogava di gelato. Almeno fino a che Tom non gli disse il perché aveva portato a casa loro Caroline.

     “Cosa avresti potuto dirle? Nulla. In questi casi valgono più i fatti di tanti ‘mi dispiace’ o ‘ti sono vicino’. Hai fatto la cosa giusta, non rimproverarti di nulla.”

Tom lo guardò con uno sguardo che neanche Bill seppe decifrare.

     “Non so se ho fatto la cosa giusta. Lei era visibilmente in imbarazzo, l’hai notato anche tu, lo so. È come se mi fossi imposto su di lei. Alla fine le ho detto che sarebbe restata qui stanotte e che non avrei accettato risposte negative. Non so Bill..” il ragazzo aspirò un altro tiro dalla sua sigaretta.

      “Le hai fatto solo del bene. Almeno non è rimasta sola in un momento come questo.”

      “Forse hai ragione..”

Proprio in quel momento Tom notò con la coda dell’occhio un movimento alle sue spalle. Si voltò di scatto, seguito da Bill, e davanti a lui comparve Caroline, poco distante dal terrazzo. Si era spaventata quando Tom si era voltato così di scatto e aveva fatto un passo indietro.

       “Scusami, non volevamo spaventarti.”

       “No, scusatemi voi, vi sono arrivata alle spalle..! Volevo solo ringraziarvi e darvi la buonanotte..”

Solo in quel momento Tom notò che Caroline indossava la maglia che le aveva lasciato sul letto. Come immaginava, le era enorme, il segno della spalla le arrivava quasi a metà braccio, ma era davvero carina, soprattutto con i lunghi capelli sciolti sulle spalle..si accorse che stava arrossendo e si girò immediatamente verso Bill. Il fratello colse il suo imbarazzo e continuò lui la conversazione.

      “Non ci hai spaventati, tranquilla! Vuoi restare a fumare una sigaretta con noi?”

      “Grazie ragazzi, ma credo proprio che andrò a letto. Avete già fatto tanto per me..”

      “Figurati Caroline, per te questo ed altro! Buonanotte allora!”

      “Buonanotte ragazzi.”

La videro girarsi e tornare verso la stanza degli ospiti.

      “Non mi sembrava a disagio, no Tom?”

      “No..speriamo dai. Che dici, andiamo a prendere la sua macchina?”

 

 

 

   Caroline si svegliò la mattina seguente ed ebbe un piccolo sobbalzo quando si accorse di non essere nel letto di casa sua. Solo dopo che vide la splendida vista dell’oceano illuminato dal sole si ricordò di essere nella stanza degli ospiti a casa dei gemelli. E della gentilezza che aveva avuto Tom la sera prima.

     ‘Tom..’

 

 

   Tom si alzò come ogni normale mattina dell’anno. Tirò le tende della vetrata e si lasciò inondare dalla luce del mattino, che rifletteva sul suo petto nudo. Andò in cucina in mutande, come era sempre solito fare, dove trovò Bill intento a prepararsi l’ennesima tazza di caffè.

      “Buongiorno Billi.”

      “Buong..Tom?! Mettiti immediatamente qualcosa addosso!! Ti ricordo che non ci siamo solo io e te in questa casa!”

Il moro ancora assonnato non si era ricordato che nella stanza degli ospiti c’era Caroline e, sebbene odiasse il fatto di dover dare ragione a Bill che gli urlava dietro, andò in camera sua a mettersi qualcosa addosso.

Quando uscì dalla sua stanza non fece caso all’ombra che sopraggiungeva alla sua destra, scontrandosi in pieno.

      “Che cazz..”

      “Oh Tom, scusami non ti avevo visto..”

Il ragazzo si accorse di aver quasi schiantato per terra Caroline a causa della sua possente mole.

      “Caroline! Scusami tu, dovevo fare più attenzione.”

      “Siamo ancora entrambi parecchio assonnati!” rispose lei con un sorriso che sciolse il moro.

      “Tom, vuoi smetterla con tutto questo baccano? Sveglierai..Caroline! Buongiorno!”

Bill era già partito in quarta, pronto a saltare su di nuovo al fratello, ma lo trovò in compagnia della ragazza.

       “Buongiorno Bill. Scusaci se abbiamo fatto troppo rumore. Ehi! Ciao bambina.” Caroline vide venire verso di sé la cagnolina di Bill e cominciò a coccolarla.

       “Venite, ho preparato il caffè!”

I tre giovani andarono fuori sul terrazzo a bere il caffè, il sole era ormai alto e inondava la casa di un colore magico.

        “Ah, ieri sera io e Bill siamo andati a prendere la tua macchina alla spiaggia.

        “No, non dovevate..! Anche la macchina..avete fatto davvero troppo per me, mi conoscete da così poco tempo..”

        “Cosa c’entra? Sei una ragazza così deliziosa. E poi ti ricordo che tu mi hai portato a Vogue! Sarò in debito con te per tutta la vita!”

        “Ahahah, Bill. Siete fantastici. Davvero. Ora però vorrei togliere il disturbo, ho anche Pete a casa da solo da ieri sera.”

        “Ti accompagno alla porta allora.”

        “Grazie Tom. E grazie mille anche a te Bill, per la vostra ospitalità e per tutto.”

        “Dovere! A presto cara.”

Tom accompagnò Caroline alla sua macchina fuori sul vialetto. Ora faceva veramente caldo, il sole batteva potente, ma una leggera brezza si sollevava dalla costa, regalando un po’ di sollievo.

        “Senti, Tom..grazie. Grazie davvero di cuore. Mi dispiaci averti dovuto raccontare ciò che successe..ma sentivo che a te avrei potuto dire qualsiasi cosa.”

         “Tranquilla, sai che su di me puoi contare, in qualsiasi caso.”

         “Spero di non averti caricato di un peso..”

         “Ma quale peso? Tu? Ma dai. Penso che ormai ti sia chiaro quello che provo per te, non saresti un peso, in nessun caso.”

I due ragazzi si stavano guardando negli occhi e a Tom parve che si stesse ricreando l’alchimia che avevano qualche settimana prima. Sorrise e Caroline fece lo stesso.

          “Beh, che dici se questo pomeriggio ti offro un frappé? Vado in ufficio a sbrigare un paio di faccende e poi sono libera. Almeno per ripagarti dell’ospitalità.”

           “Volentieri, mi piacerebbe tanto. Porta anche Pete, così non si sentirà solo e abbandonato!”

           “A patto che tu porti Scotty! Ahahah, allora a più tardi.”

Caroline si alzò appena sulle punte dei piedi per dare a Tom un bacio sulla guancia. Stavolta il ragazzo non poté nascondere l’evidente rossore.

           “Ah..ehm..allora a dopo!”

La ragazza gli sorrise, montò in macchina e partì. A Tom sembrò di rivivere quel momento, la sua casa gli portava sempre fortuna con Caroline.

           “Sembri un ragazzino alla sua prima cotta, sai?”

Bill parlava dallo stipite della porta di casa. Tom si girò verso di lui, ma non riuscì a fulminarlo perché il sorriso che aveva stampato in volto non voleva andarsene.

          “Stai zitto e torna dentro!”

Il moro spinse dentro il fratello e insieme sorrisero per la ritrovata felicità di Tom.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hola!^^

Sono appena tornata dalle vacanze e,

come promesso,

ho subito pubblicato il capitolo che avevo macinato sotto l’ombrellone! ^^

Spero vi sia piaciuto e sia di vostro gradimento,

cerco sempre di non deludere i miei lettori ^^

Quale piega prenderà la storia tra i due giovani?

Continuate a seguirli in tanti, a presto! ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Mancava così poco..! ***


    Il sole estivo batteva con insistenza su tutta la costa californiana in quel pomeriggio pigro e afoso, alleviato solo da un leggero vento proveniente dalle montagne dall’altro lato della costa. Nonostante l’afa le cicale stavano dando il meglio di loro stesse all’ombra degli alberi del giardino di casa Kaulitz.

Tom si infilò una leggera maglia di lino sopra ad un ampio paio di pantaloni, pronto per affrontare la calura della città. Raccolti i capelli, si spruzzò del profumo e fu finalmente pronto per l’appuntamento con Caroline. Un’ultima occhiata allo specchio e sorrise, soddisfatto. Si diresse al salotto in cerca di Bill, ma trovò solo Scotty dormiente sul divano. L’animale alzò appena la testa quando vide arrivare il suo padrone, seguendolo con gli occhi.

     “Adesso arrivo bello.” Disse il ragazzo, accarezzando il suo cucciolo.

D’istinto Tom scese le scale che portavano allo studio giù in taverna e, come sospettava, trovò il fratello plasmato davanti al computer intento a lavorare. C’era pochissima luce e il volto di Bill era illuminato quasi solamente dalla luce dello schermo. Tom accesa il grande lampadario che sovrastava gran parte della taverna, riscuotendo così Bill dal suo lavoro.

      “Oh, grazie, stavo perdendo gli occhi lavorando al buio.”

      “Non ci vuole una laurea per accendere un interruttore! Comunque io sto uscendo, volevo solo dirtelo.”

      “Vedo come sei tirato a lucido.” Commentò il biondino, appoggiando la schiena alla sedia e fissando il fratello accennando un sorriso beffardo.  “Hai anche sfoltito quella barba! Oh, era ora, finalmente!”

       “Pensa alla tua, uomo-lupo. Porto Scotty con me.” Ribatté Tom, voltandosi verso le scale.

       “Non preoccuparti, gli do da mangiare più tardi. Buona passeggiata e vedi di non fare cazzate come al solito!” lo ammonì Bill. “Ti chiamo se i produttori mi fanno sapere qualcosa.”

        “Fantastico, a più tardi.”

Bill salutò il fratello con un cenno della mano e si rituffò a pieno nel suo lavoro.

Tom tornò nel grande salone al piano superiore a recuperare le chiavi della macchina e il guinzaglio.

       “Forza bello, andiamo.” Disse rivolto al suo fidato amico, che scese dal divano andando verso di lui scodinzolando. Il ragazzo uscì e un’ondata di caldo lo invase, facendolo sospirare. Abituato com’era all’aria condizionata della casa faceva fatica ad ambientarsi alla calura. Costeggiando il viale arrivò al retro della casa, dove teneva la sua R8 sotto un capanno. Scotty era pronto a saltare nel bagagliaio, ma sulla sportiva il bagagliaio era interamente occupato dal potente motore esposto alla vista.

       “Mi dispiace Scotty, niente bagagliaio.” Il cane lo guardava confuso mentre il ragazzo gli apriva la portiera del passeggero, sorridendo. “Oggi si viaggia di lusso.”

 

 

    Poco dopo Tom faceva scalpitare gli otto cilindri dell’Audi lungo il litorale di Malibu, affrontando le curve da pilota esperto. Nonostante viaggiasse a velocità abbastanza elevata, l’auto rimaneva ben salda all’asfalto mantenendo sempre una traiettoria pulita. L’oceano scorreva veloce sotto di lui, fondendosi con il cielo macchiato solo da qualche rada nuvola. Diede un occhiata all’orologio e si accorse di essere in ritardo per l’appuntamento, così, non appena arrivò all’imbocco dell’arteria che portava alla città, affondò il piede sul pedale, accelerando con un rombo che fece eco sulla parete rocciosa accanto alla strada.

Sfrecciava tra il poco traffico che c’era a quell’ora e poco dopo lo skyline di Los Angeles lo inglobò al suo interno, divorandolo. Scotty si godeva a pieno l’aria fuori dal finestrino e anche Tom prese a guardarsi in giro. LA era una città molto viva, piena di gente di qualsiasi genere, dal più classico degli impiegati allo skater più estremo. Con sua grande fortuna il traffico del centro era abbastanza scorrevole e riuscì oltretutto a trovare un parcheggio poco distante dal luogo dell’incontro. Tirò su i finestrini, per la tristezza di Scotty, e spense l’auto. Si legò attorno ai lucenti dread neri una delle sue bandane, indossò un grande paio di occhiali e si immerse appieno nella città, portando con sé il suo amato cane. Ben presto si mescolò al fiume di gente, conquistandosi diversi sguardi e occhiate: qualche ragazza che lo squadrava; alcuni uomini d’affari impegnati in conversazioni al telefono che lo fissavano con un misto tra disprezzo e indifferenza per via dei piercing, della barba e del look; e perfino una piccola anziana signora che, ritrovandosi davanti questo ragazzo alto e grosso, si impaurì, pensando fosse un malintenzionato. Sicuramente Tom Kaulitz non passava inosservato, anche perché era facilmente riconoscibile per via del suo look.

Avvicinandosi al lungomare le persone aumentavano e per Tom diventava difficile muoversi fluidamente, ma riuscì ad evitare la marmaglia e ad arrivare allo Shaker. Si fermò un attimo guardandosi intorno in cerca di Caroline e la vide seduta ad uno dei tavolini che parlava al telefono.

Tom la trovava incredibilmente bella con i capelli raccolti. Si avvicinò al bar, salutò i ragazzi che ci lavoravano e andò verso Caroline. Quando lei si accorse di lui fece un enorme sorriso e troncò la conversazione.

      “Scusami ma ora ho un impegno, devo riattaccare. Comunque fammi preparare tutti gli stand, così domani facciamo la cernita e prepariamo le foto. A domani… Ciao Tom!” la ragazza si alzò dalla sedia per salutarlo. “Tutto bene?”

      “Si, scusami per il ritardo, ho fatto prima possibile.”

      “Ma figurati, non è molto che aspetto. Siediti pure!” Caroline indicò la sedia a Tom che la tirò a sé, ma qualcos’altro tirava Tom in un’altra direzione. Era Scotty, inchiodato dietro di lui che fissava il cane della ragazza, steso sotto il tavolo.

       “Maledizione, fai il timido adesso? È solo Pete, forza vieni qua.” Il ragazzo trascinò a forza il cane che, dopo aver opposto un po’ di resistenza, si avvicinò a Pete.

        “Oh finalmente!”

        “Poverino, non è ancora in confidenza con Pete!”

        “Non è nient’altro che un fifone.” Disse Tom accomodandosi sulla sua sedia. “Hai già ordinato?”

         “Aspettavo giusto te!”

         “Mike!” Tom chiamò uno dei camerieri, che arrivò in un lampo.

         “Eccomi, ditemi tutto.”

          “Caroline?”

          “Oh, per me un frappé alla fragola.”

          “Solo fragola?”

          “Si, grazie.”

          “E per me il solito, grazie Mike.”

           “Bene, grazie a voi.”

Il cameriere prese i menù e lasciò i due ragazzi soli.

           “Spero di non aver interrotto una telefonata importante quando sono arrivato. Se dovevi rimanere in ufficio ci saremo potuti vedere un altro giorno!”

           “Ma figurati! Non era poi così indispensabile che rimanessi in ufficio. Il grosso del lavoro sarà domani! Ci hanno invitato come casa di moda ad una sfilata che si terrà la settimana prossima. L’evento è importante e il lavoro è davvero tanto! Ci saranno ospiti importanti, per cui siamo tutti in movimento!”

            “Per caso è quella in Melrose Place?” domandò Tom.

            “Si, la sfilata sarà lì. Come fai a saperlo? Tu e Bill avete reinventato la vostra carriera e vi

siete buttati nel mondo della moda?” scherzò la ragazza.

             “Hai scoperto il nostro segreto!” rispose Tom alzando le mani in segno di resa. “Scherzi a parte, siamo stati invitati anche noi come ospiti. Ci saremo anche all’after party, se solo mi ricordassi dove sarà.”

              “Al PlayHouse! Beh, almeno così vedrò dei volti familiari, sennò sono circondata da colleghi, e alcuni non sono molto simpatici.”

              “Se hai bisogno ti salveremo noi da un after party disastroso!”

              “Scusate se vi interrompo.” Il cameriere bloccò la conversazione dei due giovani, arrivando con le ordinazioni. “Questi sono i vostri frappé.”

              “Grazie Mike.”

              “Non azzardarti a pagare! Giuro che se lo fai mi offendo. Con tutto quello che tu e Bill avete fatto per me, lascia che almeno ti offra un frappé. Il minimo.”

              “Se proprio vuoi te lo posso concedere, per una volta.”

              “Hai ceduto facilmente, bravo!”

              “Il caldo non mi fa reagire come vorrei! Scusami un attimo, devo andare al bagno. Terresti d’occhio questa peste di Scotty?”

              “Povero cucciolo, è così tranquillo!”

   Tom si alzò dalla sua sedia e Caroline non poté non rimanere un po’ impressionata dalla mole del ragazzo. Nonostante fosse molto alto e possente, si muoveva agilmente tra i tavoli e Caroline lo guardò scomparire dentro il locale. Notò anche che il ragazzo attirò qualche sguardo curioso che lo seguiva proprio come aveva fatto lei.

              ‘Un ragazzo come lui non può passare di certo inosservato..’ pensò.

    Ripensando al discorso che stavano facendo prima, Caroline si trovò molto contenta del fatto che anche Tom sarà presente alla sfilata, e il cuore prese a batterle più velocemente. Scacciò via i pensieri che cominciavano ad affiorarle nella mente quando vide che Tom era di ritorno.

              “Eccomi qua. Vogliamo andare?”

              “Va bene, aspetta solo un attimo che vado dentro a pagare..” si girò a prendere la sua borsetta, ma vide che Tom si stava già avviando con Scotty. “Ehi, non mi aspetti?”

              “Guarda che ho già pagato, i cani non vedevano l’ora di andarsi a fare una corsa in spiaggia.” Disse Tom con fare ironico voltandosi verso di lei, sorridendo.

              “Ti avevo detto che avrei pagato io! Sei sleale, non sei andato in bagno!” Caroline prese in fretta la borsa e andò verso il ragazzo, trascinata da Pete, impaziente di raggiungere il suo amico Scotty.

I due ragazzi camminavano fianco a fianco ridendo come bambini mentre andavano verso la spiaggia che, a quell’ora, cominciava a svuotarsi. Solo poche persone rimanevano ad ammirare il tuffo del sole nell’immenso blu dell’oceano che, poco a poco, cominciava a tingersi di rosso, come il cielo. Tom amava godersi quello spettacolo ogni volta che ne aveva l’occasione, soprattutto nella sua piccola spiaggia a Malibu. Ma doveva ammettere che trovarsi li con Caroline era splendido quasi quanto il tramonto che stavano guardando.

Liberarono i cani che cominciarono ad annusare qua e la da veri segugi. Intanto da quale locale lungo la spiaggia cominciava a sentirsi della musica e decine di ragazzi migrarono dalla spiaggia ai bar, cominciando la loro serata di follie.

               “Guarda come si divertono. Hanno energia da vendere quei ragazzi!” esordì Caroline indicando la folla di giovani attorno ai locali.

                “Quelli li a fine serata si ritroveranno ancora qui in spiaggia, senza essere passati per casa loro. Non ho più l’età per certe cose!”

                “Ti ritieni così vecchio? Mio dio quanti anni potrai mai avere? Più di trenta non te ne do!”

                “Trenta?!” esclamò il ragazzo. “Ho ventitre anni! Sembro così vecchio?”

                 “Sei tu che ti definisci vecchio! Allora che dici di dimostrarmi i tuoi ventitre anni li in mezzo?”

                 “Sarebbe una sfida? Non mi tirerò di certo indietro.” Disse il ragazzo guardando Caroline con aria di sfida.

I due ragazzi richiamarono i cani, che non furono molto contenti di dover tornare dalla spiaggia, e si diressero verso uno dei locali da cui straripavano giovani. La musica era davvero alta, perciò Caroline rimase fuori dalla marmaglia con i cani, mentre Tom si faceva largo tra la folla per andare a prendere da bere.

La musica così alta elettrizzava tutti quanti li intorno, creando un’atmosfera estiva fantastica. C’erano persino dei ragazzi che si destreggiavano in alcune mosse di breakdance che Caroline non aveva mai visto.

Poco dopo vide spuntare, tra le miriadi di cappellini da baseball, una testa ricoperta di dread neri e riconobbe subito Tom che reggeva due bicchieri in mano.

                 “Li dentro è un vero inferno! Sembra che chiunque voglia fare a botte pur di arrivare primo al bar.” Disse il moro porgendo alla ragazza il suo bicchiere.

                 “Per fortuna sei tornato sano e salvo, sennò avrei dovuto mandare i cani a cercarti.” Scherzò lei. “Guarda quei due come ballano! Sono incredibili, mentre ti aspettavo sono rimasta incantata.”

                  “Davvero bravi. Ma saprei fare di meglio.” Disse lui beffardo come sempre.

                  “Ah davvero?” gli diede corda la ragazza.

                  “Certo, io so fare qualsiasi cosa.”

                  “Perché non ti aggiungi a loro? Così fai vedere a tutti di che pasta sei fatto!”

                  “Mi dispiace deluderti, ma non ho l’abbigliamento adatto!”

                  “Sai proprio cavartela in corner, eh Tom?” la ragazza si mise a ridere, seguita dal chitarrista.

Si lasciarono trasportare dall’allegria di tutti quei ragazzi, ballando e parlando con alcuni di loro. Fecero i complimenti ai ballerini, con cui fecero presto amicizia. Uno si azzardò anche a dire a Tom che gli sembrava di averlo già visto da qualche parte, ma il moro rispose abilmente che era probabile che si fossero visti in qualche locale, perciò il ragazzo non insistette.

                  “Vai spesso per locali?” gli domandò Caroline.

                  “Solo quando serve per farsi notare un po’.” Rispose lui sorridendole.

Il sole era ormai arrivato a toccare la superficie dell’oceano e la maggior parte dei presenti si voltò verso la spiaggia per ammirare lo spettacolo di quel tuffo. La distesa di spiaggia sembrava sconfinata quanto l’oceano che avevano di fronte. Di colpo tutto si tinse di una miriade di tonalità di rosso, infuocando anche i palazzi dietro le loro spalle. Quel tramonto suscitò nei due ragazzi una profonda attrazione, ed era come se in quel momento tutto fosse al posto giusto. Dapprima non si resero quasi conto di aver smesso di guardare l’oceano e di trovarsi l’uno di fronte all’altra. Tom si lasciò andare vedendo Caroline così assorta, non aveva paura di sbagliare come la prima volta, sentiva dentro di sé che andava bene così. Per un attimo il ragazzo ebbe paura che Caroline sentisse il cuore che gli batteva all’impazzata nel petto, ma scacciò via quel pensiero. Arrivarono sfiorarsi appena le labbra, quando qualcosa li riscosse da quel momento di pura magia che avevano creato. Era il cellulare di Tom. I due si allontanarono e per un attimo Tom rimase a fissarla come se si fosse pietrificato.

                 “Credo..che dovresti rispondere..” disse lei, distogliendo lo sguardo imbarazzato e cercando di nascondere il rossore.

Tom guardò il display e vide che era Bill.

                  ‘Dannazione.’ Pensò Tom, girando lo sguardo verso il sole ormai tramontato, non cercando minimamente di nascondere la rabbia e il rossore che era avvampato anche sul suo viso.

                  “Cosa vuoi?” rispose Tom, non nascondendo di essere seccato.

                  “Non fare il seccato, sai che ti avrei chiamato.” Gli disse Bill, sapendo di aver ragione. “Ho sentito David e gli altri. Ci aspettano per un incontro con i responsabili di alcuni Photo-Shooting.”
                  “Ora?!” disse incredulo il fratello.

                  “Si, ora! Hanno fatto il prima possibile.”

                  “Tsk, arrivo.” Concluse Tom, chiudendo la chiamata. Caroline lo stava guardando e gli mostrò uno sguardo comprensivo.

                   “Devi andare, vero?”

                   “Non posso mancare. Mi dispiace davvero.” Disse Tom, mostrandosi dispiaciuto.

                   “Non preoccuparti, il lavoro è così. Capisco pienamente.”

                   “Mi farò perdonare, lo prometto.”

                    “Non hai nulla di cui farti perdonare! Dai, ora vai, sennò Bill ti fa la pelle.” Gli sorrise. “Ci sentiamo domani.” Gli disse, abbracciandolo. Tom non avrebbe mai voluto sciogliere quel contatto, ma Caroline aveva ragione, doveva volare.

                     “A domani, e scusa ancora.”

                      “Non preoccuparti.” Disse lei, cercando di rassicurarlo.

Tom si voltò e andò a passo spedito verso la sua macchina, seguito dal trotterellante Scotty. Lei lo fissava mentre se ne andava, provando un’insolita sensazione di tristezza. Si girò e se ne andò anche lei verso casa, abbandonando la folla e l’occasione sprecata con Tom.

 

 

 

 

 

 

 

Caio a tutti! ^^

Mi scuso per non aver aggiornato più spesso la storia..

Ma mi sembra di essere in n vicolo cieco..!

La storia comincia a perdere un po’ di consistenza, secondo me..

Spero di riavere una nuova ispirazione!

A presto ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Sfilata ***


    Era pomeriggio inoltrato a Los Angeles, il sole cominciava a calare e ad invadere ogni cosa con la sua luce calda e arancione, riflettendosi anche sulle enormi vetrate di casa Kaulitz. Ed era proprio in questa casa che si sentiva sbraitare una voce maschile.

   “Bill, vuoi uscire da quel dannato bagno?! Devo farmi la doccia!” il gemello moro sbatteva sulla porta del proprio bagno, intimando il fratello di uscire.

   “Adesso aspetti!! Ognuno ha i propri tempi!” un’altra voce d’uomo si faceva strada dall’altra parte del muro.

   “Se facciamo tardi sarà colpa tua, ricordatelo.” Disse Tom, allontanandosi verso il salone. Non appena uscì dal corridoio la luce del tramonto lo colpì, costringendolo a socchiudere gli occhi. Il sole illuminava il suo petto nudo, le sue braccia scolpite e le sue gambe coperte dalla vecchia tuta. Alzò istintivamente un braccio per ripararsi dalla luce, prese le sue sigarette, e uscì a fumare, sperando che Bill non ci mettesse ancora molto.

Appoggiato alla ringhiera del terrazzo ammirava quel panorama che non lo stancava mai. Aspirava grandi boccate di fumo mentre si riscoprì a pensare a Caroline. Quella sera l’avrebbe rivista. Dopo il loro appuntamento si erano sentiti solo al telefono, entrambi molto impegnati con il lavoro. Ma finalmente la sera della sfilata era arrivata. Certo, non sarebbero stati soli, ma almeno avrebbero passato l’after party insieme. Una sorta di agitazione salì dentro di lui, tanto da indurlo a buttare la sigaretta e tornare dentro casa, determinato a far uscire il fratello dal bagno. Non avrebbe ritardato un solo minuto quella sera.

    “Bill, se non apri quella porta, giuro che la butto giù a calci!” nell’esatto momento in cui Tom era arrivato davanti alla porta, dal bagno uscì il biondo Kaulitz che sfoggiava la sua cresta appena fatta.

    “Se buttavi giù la porta ne avresti pagata una nuova.” Disse Bill con mezzo sorriso di sfida.

Tom non replicò ed entrò nel bagno seccato, provocando una sonora risata vittoriosa da parte del fratello.

Il moro cercò di fare più veloce che poteva, lavandosi e asciugandosi a tempo di record. Uscì dal bagno con solo l’asciugamano addosso, i dread gocciolavano ancora, stava quasi scivolando a causa dei piedi bagnati mentre correva verso la sua camera per cambiarsi, quando si bloccò poco dopo la camera di Bill. Sentiva il nervosismo crescergli dentro e pregò che quello che aveva appena visto con la coda dell’occhio fosse frutto della sua immaginazione. Tornò verso la porta della camera del gemello. Ed eccolo lì. In piedi, mezzo nudo, fermo che fissava il suo fottuto armadio. Non potevo crederci. Ancora!

    “Bill..” disse, controllando appena l’ira crescente. Il fratello si accorse di lui.

    “Ti prego, dammi un consiglio! Cosa potrei mettermi? Perché mi piacevano molto questi pantaloni cargo nuovi, ma non mi convincono con questo cardigan sopra, sennò mi metto..”

    “Non me ne frega assolutamente niente di quello che vuoi metterti!! Prendi la prima cosa che capita, anche un sacco per quello che mi riguarda, e vestiti! Sennò vado via senza di te!!” detto questo, Tom fece dietrofront e andò verso la sua camera, sbuffando come un toro. Bill non aveva detto una parola e stava ancora fissando la porta con un’espressione mista tra la sorpresa e l’indifferenza per lo schizzo del fratello.

     “Grazie per il consiglio, comunque.” Disse il biondo tra sé e sé, rituffandosi nella meditazione fissando i suoi vestiti.

 

 

 

   Dopo ancora diversi sfoghi d’ira da parte di Tom e momenti di indecisione di Bill, i fratelli Kaulitz erano finalmente pronti per la serata. Bill chiuse la porta di casa, mentre Tom accendeva la sua bella R8, facendo cantare il motore. Non appena anche il biondo montò in macchina, Tom partì, avviandosi verso la strada costiera. Ormai era scesa la sera e tutta la costa cominciava a punteggiarsi di luci, piccole o grandi, come anche l’oceano, che accoglieva una miriade di yacht vicini al porto di LA. Tom sfrecciava sull’asfalto californiano, e in poco tempo raggiunse la super strada che convogliava verso il centro della metropoli.

   “Non siamo mica in ritardo, sai, puoi anche rallentare.”

   “Non c’è nessuno per strada, fidati delle mie doti da pilota.”

   “Apposto siamo.”

Tom lanciò un’occhiataccia al fratello che se la ghignava guardando fuori dal finestrino la città che cominciava a prendere forma. Il moro guidava abilmente in mezzo al traffico crescente, sviando per qualche scorciatoia per arrivare prima in Melrose Place. Girò l’ultima volta verso destra e sbucò nella famosa via di Los Angeles dedicata alla moda. Una miriade di luci invasero l’auto dei gemelli, che avanzava lentamente attraverso la via. Decine di auto erano parcheggiate ovunque, e altrettante cercavano di infilarsi in qualsiasi buco disponibile. E ad un tratto eccolo lì. Il palazzo dedicato alla sfilata era illuminato a giorno, e un enorme tappeto rosso era stato steso all’entrata e sulle scale, circondate da giornalisti che consumavano le loro macchine fotografica a suon di flash per immortalare qualsiasi celebrità avesse messo piede sul red carpet. Tom fermò l’auto poco prima dell’entrata, e un giovane in divisa da parcheggiatore si avvicinò immediatamente a loro.

   “Signore, posso prendere la sua auto?”

   “Certo.” Disse Tom scendendo dalla macchina seguito da Bill. “Parcheggio sotterraneo.”

   “Certamente.” Rispose il ragazzo, che montò in auto e partì, dirigendosi verso l’entrata dei sotterranei del palazzo. Intanto i due gemelli si avviarono verso l’entrata, e vennero immediatamente scorsi dalla guardia che aprì loro il cordone per farli passare.

   “Benvenuti e buona serata.”

I due risposero con un sorriso all’unisono e, mentre si avviarono verso l’entrata, tutti gli occhi si puntarono su di loro come calamite. Bill salutò con un sorriso a trentasei denti agitando la mano tatuata, seguito da Tom. Un boato si sollevò tra i giornalisti che cominciarono all’impazzata a fotografare, urlando per attirare l’attenzione dei due giovani che di certo non passavano inosservati.

Bill sfoggiava un look molto elegante, come il completo che indossava. Era un periodo dove i completi, sia maschili che femminili, di qualsiasi genere e taglio, andavano molto di moda, e il biondo era impeccabile nel suo completo nero, con una punta di stile vittoriano, conferitogli dalla camicia bianca con un prominente jabot pizzato che portava sotto la giacca. Anche dai polsini spuntava lo stesso motivo, che circondava di pizzo la mano tatuata del cantante, creando un contrasto splendido. Gli accessori di certo non mancavano, e quelli che Bill indossava sconvolgevano la formalità del suo abito firmato.

Il fratello aveva un look diverso, ricercato, ma meno d’impatto di quello del fratello. Tuttavia quella sera si era fatto coinvolgere da Bill, e ora indossava anche lui un completo nero, interpretato in maniera diversa da quella un po’ cinquecentesca del biondo. Sopra ai pantaloni molto più attillati di quelli che portava di solito, indossava la giacca aperta che mostrava una maglietta scollata con una stampa nera che richiamava il colore dell’abito. Per completare il quadro, portava la cravatta, anch’essa nera, leggermente mollata che gli conferiva un’aria piuttosto vissuta e non da damerino. Qualsiasi accessorio che Tom indossava era rigorosamente nero e i lunghi dread erano raccolti in una coda bassa e morbida, da cui ne sfuggiva qualcuno. Insomma, erano i padroni della scena.

Salirono le scale e altri due ragazzi in divisa aprirono loro le porte. Seguirono un lungo corridoio che li portò dentro una stanza enorme dov’era stato allestito un gigantesco palco da sfilata. I posti per quella serata erano contati, appena 150, ma era l’importanza delle persone che li occupavano che contava. Da affermati giornalisti di moda, a critici famosi, fino ad arrivare a stilisti e a direttori di importanti riviste di moda. Per un attimo Tom si sentì fuori posto, ma quando vide Bill che sorrideva e salutava chiunque conoscesse, attirando l’attenzione di chiunque, sorrise. Vederlo così felice gli bastava.

Cercavano i loro posti tra il pubblico, quando videro Andreas seduto in seconda fila che li cercava. Si diressero verso di lui e gli altri mentre le luci cominciavano ad abbassarsi, segno che la sfilata stava per cominciare.

   “Buonasera a tutti!” esordì Bill.

   “Eccovi, finalmente!” esordì Shin. “Stasera spaccate ragazzi, davvero!”

   “Scommetto che l’idea di vestirvi uguali è stata di Bill, indovinato?”

   “Io non sono colpevole di questo crimine.” Disse Tom, meritandosi un’occhiataccia da parte del fratello.

   “Ciao Tom!” il moro si girò appena e vide Ria seduta poco distante da lui, fasciata nel suo lungo abito nero senza spalline. Lo guardava con due occhi languidi, che lasciavano trasparire chiaramente ciò che pensava.

   “Ciao, Ria.” La salutò Tom, girando lo sguardo verso Andreas in cerca del suo posto a sedere.

   “Ti hanno fatto sedere qui vicino a me.” Esortò Ria, indicandogli la sedia accanto alla sua con il nome di Tom scritto su un cartello. Il ragazzo non era mai stato un cafone, specialmente con le donne, così non lasciò trasparire neanche un minimo della sua seccatura. Per fortuna Bill aveva la sedia giusto vicino a lui. Per la gioia di Ria, il ragazzo si accomodò accanto a lei, e in quel momento le luci si abbassarono definitivamente, lasciando solo un faro puntato sulla scritta New & Old Styles Fashion Night al centro del palco. Tom non vedeva l’ora di vedere Caroline, si sentiva un po’ agitato. L’avrebbe visto? Sarebbero riusciti a trovarsi all’after party? Si rese conto di agitare nervosamente la gamba destra solo quando Ria gli mise una mano sulla coscia per calmarlo. Lui la guardò.

   “Non preoccuparti, finirà presto. Dopo avremo tutto il tempo per divertirci alla festa.” Gli disse, guardandolo ammiccante e spostando la mano verso la parte alta della gamba di Tom. Lui la bloccò immediatamente, guardandola senza dire niente e tornò a fissare il palco, aspettando l’uscita di qualsiasi persona. La ragazza lo guardò un po’ contrariata, ma sapeva che si sarebbe rifatta più tardi, quando tutti avrebbero bevuto un bicchiere di troppo.

Tom era davvero impaziente e si girò verso la sua salvezza, Bill.

   “Tra quanto dovrebbero cominciare?” chiese.

   “Sarebbe già dovuta iniziare, sono un po’ in ritardo.” Gli rispose Bill sventolando il programma della sfilata. “Oh guarda, è uscita Heidi!” Il ragazzo indicò con il capo il centro del palco e, quando Tom si girò, vide che finalmente era uscita la presentatrice della serata, Heidi Klum, nel suo perfetto tubino mono spalla argentato.

   “Buona sera a tutti voi, colleghi e amici.” Un breve applauso seguì al saluto di Heidi. “Sono felice e onorata di presentare questa serata, la New & Old Styles Fashion Night qui a Los Angeles. Come ben sapete la sfilata è stata organizzata per poche persone, per chi è un’icona di moda odierna e passata, e proprio qui, per la prima volta in assoluto, verranno presentate le nuove collezioni di stilisti che da anni affermano il proprio stile inconfondibile, ma anche le nuove proposte dei giovani stilisti che si sono guadagnati l’approvazione delle più alte cariche della moda.” La famosa modella bionda introduceva alla perfezione il tema della serata, catturando l’attenzione di tutti. “Ma ora basta parlare, lasciamo che siano gli abiti e i nostri stilisti a dirigere la sfilata. Buon proseguimento.”

Un altro scroscio di applausi seguì Heidi mentre si allontanava dietro le quinte per lasciare spazio alle modelle già pronte. La disposizione delle luci cambiò, mentre una musica etnica molto bassa, quasi cupa, prendeva il sopravvento nella sala. Dalla parte sinistra del palco uscì la prima modella, e nell’esatto momento comparve dietro di lei la scritta Manila Grace. La giovane modella sfilava in modo impeccabile indossando un abito dall’inconfondibile taglio della casa di Manila, una sequenza di pezze di trama, fantasia e colore diversi, formando il classico stile patchwork della Grace. Via via che le modelle presentavano gli abiti, un mix di colori e stoffe trionfava sulla passerella, creando un’atmosfera surreale, magica. Bill osservava concentrato la collezione, prendendosi qualche appunto sugli abbinamenti creati dalla stilista.

In conclusione della prima sfilata, Manila uscì sul palco, salutando i presenti e dedicando qualche parola alla sua collezione e sull’idea che voleva dare al pubblico. I suoi abiti avevano creato, come sempre, l’approvazione generale, e un lungo applauso seguì la stilista che lasciava il palco. Poco dopo la scritta sul palco cambiò, mostrando quella di Acne, casa di moda italiana. Nuove modelle e nuovi abiti solcavano il palco, cambiando completamente atmosfera e stile.

Le sfilate procedevano alla grande, il pubblico apprezzava e molte persone oltre al giovane Kaulitz prendevano nota degli abbinamenti, dei capi e degli accessori presentati in passerella. Quando anche Yohji Yamamoto lasciò il palco seguito dagli applausi,la voce di Heidi Klum dominò la sala mentre lei parlava da dietro le quinte.

   “Dopo aver gustato queste collezioni imperiali, lasciamo che siano i giovani, le nuove generazioni di stilisti a deliziarci con le loro fresche creazioni.  Buona visione.”

Detto ciò, le luci si abbassarono nuovamente e apparve il nome di Gretchen Jones, la vincitrice del noto programma Project Runway. Un’altra ondata di modelle  si impadroniva del palco, sfoggiando le creazioni della nuova stilista.

  Tom era parecchio annoiato, erano lì già da un’ora e di Caroline neanche l’ombra. Aveva fame, voleva disperatamente fumarsi una sigaretta e fuggire da quel posto. Il tempo scorreva interminabile, ormai stava rinunciando al fatto che avrebbe visto Caroline, magari non sarebbe neanche venuta. Stava valutando l’idea di alzarsi, piantare tutti lì e andarsene, quando vide che le luci puntarono sul nuovo nome comparso dietro al palco: Ferrero.

   ‘Il cognome di Caroline..’ pensò Tom. Le modelle cominciarono a uscire e, mano a mano che procedevano in fila, il cuore del ragazzo cominciava a palpitare. Da li a poco Caroline sarebbe uscita sul palco per i saluti. Finalmente l’ultima modella lasciò  libero il palco, e la giovane modella venne accolta da entusiastici applausi. Non appena la vide, Tom non poté non sorridere, contento ed estasiato nel vederla. Il suo lungo abito rosso la faceva sfavillare sopra alla passerella e il suo sorriso raggiante conquistò il cuore di molti presenti. Purtroppo il tempo dei saluti per gli stilisti era molto limitato e Caroline fu costretta ad andarsene per lasciar proseguire la sfilata. Tom non ci pensò due volte e si alzò.

    “Dove stai andando??” gli chiese Bill.

    “A salutare Caroline.” Gli rispose il fratello, facendosi largo tra i presenti. Ria lo guardò incredula, la stava piantando in asso lì, da sola! Ma il ragazzo non si curò delle occhiatacce mandategli dalla giovane, e si diresse furtivo verso il retroscena.

Cercava in tutti i modi di dare meno nell’occhio possibile, sapeva che nessuno poteva permettersi di entrare nel caotico mondo del dietro le quinte di una sfilata, ma lui si intrufolò lo stesso. Quasi nessuno si curò di lui mentre si faceva strada tra gli stand cercando Caroline, credevano fosse un modello. La vide mentre altri stilisti si complimentavano con lei, la abbracciavano e le auguravano buona fortuna. Per caso lei si girò nella sua direzione e lo guardò con un misto di sorpresa e felicità.

    “Cosa ci fai tu qui?? Se ti vedono si butteranno fuori a calci!” disse la ragazza in rosso sfoggiando un sorriso.

    “Sono solo venuto a fare i miei complimenti alla stilista migliore della serata.” Le rispose il giovane, ammiccando un po’.

    “Non dirmi che hai guardato tutte le sfilate prima della mia! Non posso crederci!” disse lei, arrossendo un po’.

    “Ovvio, sono venuto per te, mica per gli altri.”

    “Ehi! Ehi, tu! Si tu, bello mio, tu con quei cosi neri in testa! Cosa pensi di fare qui?? Stai intralciando! Via! Non puoi stare qui!” la direttrice della sfilata si era accorta dell’intruso e ora cercava di scacciarlo dal suo caotico mondo.

     “Credo di dovermene andare! Ci vediamo dopo.” Riuscì a dire il ragazzo appena in tempo, prima che la bisbetica direttrice lo spinse fuori.

     “A dopo!” gli disse Caroline, salutandolo e ridendo sotto i baffi per la scena.

 

   Ritrovatosi di nuovo tra gli spettatori, Tom si accorse di non avere troppa voglia di tornare a sedersi in mezzo a quella confusione, per giunta vicino a Ria. Allora optò per una bella sigaretta, tanto la sfilata sarebbe finita di li a poco.

Si fece aprire il cordone dal bodyguard e, poco dopo, si ritrovò immerso completamente diverso da quello che c’era dentro al palazzo. Luci stratosferiche, grattacieli immensi illuminati a giorno, macchine a fiumi, gente da ogni parte che andava chissà dove in quella città immensa e dalle mille opportunità.

Tom si spostò appena dall’ingresso, appoggiandosi al muro del palazzo, e si accese una sigaretta. Sentiva chiaramente la musica della sfilata che rimbombava all’interno.

   ‘Peggio di una discoteca..’ pensò.

Mentre aspirava tranquillo il fumo che gli grattava appena la gola, guardando quel fiume di macchine che aveva davanti agli occhi, si accorse che un’altra persona si era appoggiata al muro, proprio di fianco a lui.

   “Ti ho visto uscire con la coda dell’occhio, volevo fumare anche io.” Disse Bill, prendendosi una sigaretta dal pacchetto di Tom. Lui lo fissò, non replicando nemmeno. Tanto sarebbe stato fiato sprecato con Bill.

    “Spero che nessuno ti abbia visto uscire. Voglio stare tranquillo...”

    “Ho detto a tutti che andavo in bagno. Hai visto Caroline? Ho visto tutta la scena mentre venivi spinto fuori da dietro le quinte quella donna! Davvero, mi sarei piegato in due dal ridere, ma sono riuscito a trattenermi!”

Tom fulminò suo fratello, che rideva liberamente.

   “Si, l’ho incontrata.” Disse, aspirando un’altra volta. “Ha detto che ci vediamo all’after party.”

   “Pensi che questa sia la serata giusta?”

   “Non lo so, sono sincero. So sole che io ci proverò. Così saprò che, se mi rifiuterà un’altra volta, potrò mettermela via ed andare avanti.” Rispose seriamente il ragazzo.

   “E se invece andasse bene?” incalzò suo fratello.

   “Allora lei sarà finalmente mia.”

 

 

 

Ciao a tutti! ^^

SCUSATE l’enorme ritardo, ma ho avuto un sacco di impegni,

la scuola mi sta sfibrando >.<

mi scuso anche se questo capitolo non è proprio il massimo

e so che può risultare lungo e pesantino..

per il prossimo cercherò di far smuovere un po’ le acque,

anche se non voglio anticipare nulla!

A presto! ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Ce la faremo ***


Non appena i gemelli rietrarono nell’edificio dopo la loro pausa, la sfilata volgeva al termine. Sul palco Heidi Klum era in compagnia di tutti gli stilisti protagonisti di quella serata, compresa Caroline che sfoderava sorrisi e saluti a tutti i presenti.

Tom la fissava da lontano, era rimasto vicino all’uscita ad aspettare Bill e gli altri. Non vedeva l’ora di stare un po’ con Caroline, divertirsi, parlare, ballare, presentarla ai suoi amici… Alt! La sua mente già fantasticava all’inverosimile, come se Caroline fosse già la sua ragazza.

  ‘Stasera non devo assolutamente fare stronzate…’ ripromise a sé stesso.

Si riscosse dai suoi pensieri quando notò il fratello e il gruppetto di amici che si avvicinava a lui, pronti per andarsene. Notò con la coda dell’occhio che Ria lo fissava un po’ seccata, probabilmente per il fatto che lui si fosse alzato senza dirle una parola. Ma non gli importava. Stasera aveva ben altro per la testa.

 

 

  Il caos frenetico della città investì nuovamente il gruppo di amici, che vennero velocemente scortati verso il parcheggio sotterraneo per evitare i soliti paparazzi.

  “Allora ci vediamo direttamente dentro al PlayHouse?” esordì l’elegante gemello biondo.

  “Certo, tanto ho prenotato uno dei tavoli al secondo piano, ci troveremo lì.” Rispose Shin mentre faceva salire in macchina la sua signora.

  “Perfetto allora!”

  “Bill, muoviti a salire!” il moretto verso il fratello.

  “Mio dio Tom, vedi di calmarti!” lo ammonì Bill mentre chiudeva la porta dell’auto, permettendo a Tom di partire. “Caroline non scappa, non va da nessuna parte e nessuno te la porta via!”

Come se Bill avesse dato voce alle preoccupazioni del fratello, Tom accelerò ancora, sfrecciando nell’intenso traffico del sabato sera a LA.

In pochi minuti i due giovani si trovarono di fronte un’enorme insegna fosforescente, blu e viola, che lampeggiava la scritta PlayHouse. Stranamente, però, a differenza dei soliti weekend, fuori dal locale non c’era la classica e inconfondibile coda chilometrica che lo distingueva dagli altri locali della zona. La porta principale era chiusa, davanti c’era un cordone rosso sorvegliato da due bodyguard più grossi e minacciosi del solito. L’intero edificio era stato affittato per la festa privata ed esclusiva degli stilisti. C’erano comunque dei giornalisti, che aspettavano come predatori africani le loro prede, ma erano pochi e accuratamente selezionati da chi di dovere.

I gemelli Kaulitz scesero di fronte al PlayHouse, lasciarono in custodia l’auto di Tom, e si avviarono verso l’entrata, seguiti dai flash delle macchine fotografiche.

  “Buonasera signori.” Esordì uno dei buttafuori, cercando di sembrare meno inquietante possibile. “Il vostro nome, prego.”

  “Bill e Tom Kaulitz.” Rispose il biondo cortesemente. L’omone pelato, più alto addirittura dei gemelli, scrutò la lista e, quando vide che i loro nomi figuravano, fece un cenno all’altro, che aprì immediatamente il cordone.

  “Buona serata.” Augurò.

I gemelli sorrisono all’unisono ed entrarono. Boom. La musica li invase già nel guardaroba. Ma quando passarono oltre, la festa li invase come un vero e proprio fiume in piena. Musica, luci, ballerini e ballerine. Era una sensazione strana, quella di ritrovarsi dentro una discoteca del genere, ma era davvero eccitante. Ai due Kaulitz piaceva, perlomeno.

Si guardarono intorno, cercando di ambientarsi. Chi li squadrava, chi li ignorava continuando a ballare. Ma quei posti erano così. Si diressero verso le scale che portavano al secondo piano, dove si trovavano i tavoli e l’area VIP. Sotto di loro c’erano la pista, enorme e affollatissima, e un paio di bar, illuminati a giorno e letteralmente assaltati dai presenti.

Al secondo piano li attendeva una ragazza dello staff che, dopo aver spuntato i loro nomi da un’altra lista, li condusse al loro tavolo. Shin, la sua compagna e Ria erano già seduti, mancava solo Andreas.

  “Il pazzo dov’è?” chiese Tom.

  “Ha trovato qualcuno che conosceva, è su quel tavolo laggiù.” Indicò Shin. “Cosa bevete ragazzi?”

  “Quello che prendete voi.” Gli rispose Bill, prendendo posto accanto al fratello.

  “Allora partiamo con una bottiglia di Champagne, intanto facciamo un brindisi con quello!”

  “Per me va benissimo! Tom, vuoi qualcos’altro?” gli domandò Bill, ma lui rispose con un distratto ‘No, grazie’ mentre continuava a fissare la porta del locale. Allora il biondino lo pizzicò sulla coscia, provocandogli un dolore fastidiosissimo e costringendo il moretto a fissarlo con le lacrime agli occhi.

  “Che vuoi?!” sussurrò arrabbiato.

  “Sei un’ameba, ecco cose c’è! Sei qui anche per divertirti, smettila di essere così assorto e scontroso!” Bill lo fissava seccato.

  “Scusami, adesso mi riprendo.”

  “Sarà meglio! È arrivato anche lo Champagne!”

  “Cosa? Champagne? Bah, preferivo qualcos’altro.”

  “Io te l’avevo anche chiesto, ma eri inebetito a fissare la porta come un cane guarda il suo osso!” gli rispose Bill mentre gli porgeva il calice ghiacciato. Tom lo prese con riluttanza.

  “Cin Cin!” esordì il gruppo di amici mentre brindava.

 

 

La serata procedeva tra risate e scherzi. Ormai quasi tutti avevano bevuto qualche bicchierino ed erano tutti piuttosto allegri. Bill aveva cominciato, troppo presto a detta di Tom, a raccontare aneddoti sulla loro vita a casa, specialmente sulle disgrazie che succedevano al gemello moro, facendo ridere tutti i presenti. Anche Tom sorrideva, divertito nel risentire certe vecchie storielle. Bill ubriaco era insopportabile, ma Bill alticcio era molto piacevole. Ma nonostante quest’aria allegra e divertente che si era creata nel loro tavolo, non poteva mancare un po’ di malinconia nel cuore del giovane tedesco, che non aveva ancora visto Caroline.

Venne riscosso dai suoi pensieri dalle risate isteriche della ragazza che le sedeva affianco. Ria. Era ubriaca e rideva come una pazza alle battute di Bill o di Andreas. Non ne poteva davvero più.

  “Vado a farmi un giro.” Sussurrò all’orecchio del fratello. Poi si alzò e si diresse verso le scale. Ria lo fissava mentre scendeva le scale e, con la scusa di andare in bagno, si alzò anche lei.

  “Vuoi che ti accompagni?” le domandò gentilmente la compagna di Shin.

  “Tranquilla, ce la faccio ancora, per ora!” detto questo, seguì il moretto, ignaro di tutto.

 

 

Tom vagava ai margini della pista, confondendosi con le centinaia di persone all’interno del locale. Faceva molto caldo li sotto e la puzza di fumo era quasi insopportabile. Passò tutta la sala, scrutando attentamente chiunque vedesse, alla ricerca di Caroline. Arrivò al secondo bar, aveva attraversato l’intera sala. Si fermò e chiese il solito Martini. Si appoggiò al bancone e, mentre sorseggiava il suo drink, la vide. Il suo abito rosso spiccava in mezzo a quella folla in movimento. Il suo sorriso, il suo sguardo, i gesti che faceva mentre parlava. Sembrava una dea, riusciva ad incantarlo sempre, anche con i piccoli gesti.

Mentre la fissava, lei si accorse finalmente di lui. Vide questo ragazzo ben vestito, elegante ma non troppo, che la fissava con uno sguardo magnetico mentre sorseggiava dal suo bicchiere. Rimase estasiata quando lui le sorrise, mostrandole i denti perfetti e avvicinandosi a lei, con quella camminata fiera che faceva impazzire chiunque.

  “Ehi, finalmente ti ho trovata.” Le sussurrò vicino all’orecchio, in modo da farsi sentire in mezzo a tutto quel caos. La giovane perse un battito quando sentì il suo profumo sovrastare l’odore intenso della discoteca ed invaderle le narici.

  “C’è troppa gente, anche io ti ho cercato ma non ti trovavo da nessuna parte.” Anche Tom perse un colpo quando sentì il calore delle labbra di Caroline vicine al suo orecchio, mentre gli diceva che lo aveva atteso e cercato tutta la sera.

  “Senti, e se ce ne andiamo da qui?” esordì Tom. Non poco stupore prese vita nella testa di Caroline per quell’affermazione così istintiva, detta così come se fosse la cosa più normale del mondo. Tom la fissava, ma non con sguardo malizioso, piuttosto con dolcezza, passione e pura voglia di stare con lei. Non sapeva se fosse per l’effetto dell’alcol che avevano bevuto, o per la situazione e l’atmosfera del locale, fatto sta che Caroline si sentì inspiegabilmente attratta da quel ragazzo che aveva saputo ascoltarla, aspettarla e confortarla.

  “Devo per forza tornare al mio tavolo. Ma tu seguimi con lo sguardo e, quando ti farò cenno, vieni e portami via.” Lo disse così, tutto d’un fiato, con il cuore che le batteva all’impazzata. Dapprima vide un po’ di stupore nello sguardo del ragazzo, ma si trasformò immediatamente, tornando quello di prima.

  “Aspettami e verrò da te.”

 

 

Tom fissava Caroline salire le scale che portavano al secondo piano, cercando di individuare il suo tavolo. Ogni tanto lei gli lanciava qualche sorriso e  lui aspettava trepidante il suo segnale di salvataggio. Sarebbe andato via con lei di corsa, avrebbe lasciato un messaggio a Bill ed era sicuro che lui avrebbe capito. Continuo a bere il suo Martini fissando la balconata e non perdendo di vista l’abito rosso di Caroline, quando si sentì tirare il braccio da qualcuno. Si voltò e vide Ria. Era completamente ubriaca, l’aveva seguito e ora lo fissava come se lui fosse una preda, un pezzo di carne.

  “Ehi, dov’eri finito?” gli urlò, cercando di farsi sentire sopra il volume esagerato della musica.

  “Sono venuto a cercare una persona, Ria, non sono affari tuoi.” Rispose, forse un po’ brusco, ma non voleva perdere tempo con lei.

  “Eppure sei qui tutto solo! Che c’è, ti hanno scaricato?” lo provocò la rossa.

  “Tutt’altro.” Rispose il moro, girandosi di nuovo verso la balconata e liberandosi dalla stretta di Ria. Questo fece infuriare la ragazza, già alterata dall’alcol, che non perse l’occasione. Si avvinghiò a Tom, costringe dolo a girarsi. Lui si stava ribellando, quando lei lo prese e lo baciò con foga. Lui rimase di stucco. Non poteva essere violento verso una ragazza, ma la prese per le spalle e la spostò dal suo viso, interrompendo il loro bacio.

  “Che diavolo stai facendo?!” sbraitò il ragazzo.

  “Io ti voglio Tom!” rispose la ragazza cercando di sembrare più passionale possibile mentre cercava di riappropriarsi delle labbra del giovane.

  “Vattene!!” la allontanò il ragazzo, guardandola con uno sguardo misto tra la rabbia e lo stupore. Voleva fuggire da quella situazione che poteva degenerare, Ria era parecchio insistente e avrebbe rischiato di attirare troppo l’attenzione su di loro, con il rischio che fosse stato lui ad essere giudicato in mala fede. Voleva andare da Caroline, prenderla e andarsene con lei. Si girò e alzò lo sguardo verso la balconata, ma ciò che vide lo pietrificò. Caroline li stava guardando, sembrava una statua anche lei, immobile. Aveva visto tutto.

 

 

Mentre saliva le scale si sentiva due occhi puntati addosso. I suoi occhi, sapeva che lui non la mollava un secondo. Sorrise. Si sentiva davvero felice. Non vedeva l’ora di mollare quel gruppo di pseudo amici con cui era lì e andarsene con Tom.

Si appoggiò alla balconata del secondo piano, tenendo in mano l’ultimo bicchiere di Champagne che avrebbe bevuto quella sera. Ascoltava distrattamente i discorsi che giravano al suo tavolo, le persone le apparivano confuse, aveva un solo pensiero per la testa: Tom. Ogni tanto si girava verso il bar del primo piano e tutte le volte vedeva il ragazzo che, sorseggiando il suo drink, la fissava e l’aspettava pazientemente. Si sentii avvampare e fece finta di cercare qualcosa nella borsa per nascondere il rossore. Quando si riprese sorseggiò l’ultimo goccio di vino, si stava apprestando a congedarsi dal gruppo. Si girò verso Tom, pronta per fargli avere il suo segnale, ma ciò che vide per poco non le fece vomitare quello che aveva bevuto. Tom era avvinghiato ad un’altra. Perse non uno ma non sapeva neanche lei quanti battiti. Si sentii morire. No, non poteva essere così. Lui non l’avrebbe ingannata così spudoratamente! O forse si? Magari era ubriaco… non riuscì a staccare gli occhi dalla scena. E notò qualcosa di strano.

Vide il giovane afferrare per le spalle la ragazza e allontanarla da sé, mentre lei lo guardava sbigottita. Lo vedeva sbraitare, lo capiva da come gesticolava, ma la ragazza non demordeva e ci riprovò ancora. Lui la scansò nuovamente e poté chiaramente notare la rabbia del ragazzo mentre le indicava di andarsene. Poi lui si girò verso di lei. E i loro sguardi stupiti e increduli si incontrarono. Vide Tom rimasto senza fiato, si sentiva colpevole, lei aveva visto tutto. Passarono attimi che sembrarono anni, tutto attorno a loro si fermò, esistevano solo loro due, ma nessuno riusciva a pensare, a gesticolare qualcosa. Il nulla più assoluto. Fu lei, allora, a prendere una decisone. Forse era quella giusta, forse no. Ma era ciò che si sentiva dentro.

 

 

 

Tom la vide sparire.

  ‘Se ne starà andando.’ Pensò amaramente. Voleva disperatamente allontanarsi da lì, seguirla, spiegarle che era stato tutto un futile malinteso. Ma le gambe erano inchiodate alla pista del PlayHouse. Non accennavano a muoversi. Forse perché volevano evitargli un ulteriore rifiuto. D’altronde, come avrebbe fatto Caroline a capire? Aveva visto mentre baciava un’altra, come faceva a spiegarle che lui non voleva? Era già stata ferita in passato, un gesto come quello aveva soltanto peggiorato la situazione.

Si appoggiò al bancone del bar come se fosse l’unica ancora di salvezza, le gambe non lo sostenevano più. Si sentii mancare. Davanti ai suoi occhi vedeva sfumare per sempre quello che poteva essere l’amore della sua vita, la donna che lo aveva cambiato. Ria, intanto, gli sbraitava contro per i suoi continui rifiuti, lui non l’ascoltava, era assente da ogni cosa intorno a lui. Ma qualcosa lo riscosse, o meglio, qualcuno. In mezzo al caos della sua mente annebbiata, della musica altissima e delle urla di Ria, notò uno svolazzante abito rosso, la cui proprietaria lo aveva obbligato a voltarsi e a seguirla. Era Caroline. Non gli aveva parlato, non lo aveva nemmeno guardato. Fatto sta che lo aveva preso per mano e ora lo stava trascinando quasi a forza verso l’uscita del locale. In mezzo a tutto quel caos, ora, c’era lei, la sua salvezza. Continuava a non distinguere le facce di quei corpi che ballavano incessantemente, o la musica che il dj sceglieva, oppure la serie di imprecazioni e di insulti che gli lanciava Ria mentre lo vedeva allontanarsi con la ragazza dall’abito rosso. Non esisteva nulla, tranne lei.

Arrivano all’uscita, dove Caroline prese il cappotto dal guardaroba e si diresse verso l’uscita, seguita da Tom. Lei non gli parlava, non lo guardava neanche. Uscirono all’aria aperta, la città era pressoché come prima, soltanto erano diminuite le persone e le macchina che giravano. Non c’erano neanche giornalisti, oppure erano nascosti chissà dove ad aspettare per immortalare qualche celebrità ubriaca. Chissà che ora era.

Tom seguì Caroline quasi verso l’imbocco del parcheggio sotterraneo del PlayHouse, quando si decise a parlare.

  “Caroline…” tentò. Ma lei non si girò, continuando a camminare.

  “Caroline…!” riprovò, stavolta con più decisione. Ma nulla, nemmeno una reazione.

  “Ehi, guardami!” la prese per il braccio, delicatamente, e la voltò verso di sé. Piangeva. Aveva il volto rigato dalle lacrime. Il cuore gli morì in petto. Avrebbe voluto abbracciarla, baciarla, dirle che andava tutto bene e che le cose si sarebbero sistemate. Ma non ci riuscì. La causa di tutto quel dolore era lui.

  “Portami a casa…” sussurrò debolmente, abbassando lo sguardo. “…per favore…” lui le circondò le spalle con il braccio e la condusse nel parcheggio verso la sua macchina. La fece salire e le diede la sua giacca in modo da potersi coprire. Aveva smesso di piangere, ma la tristezza nel suo sguardo fece a Tom più male di una coltellata. Chiuse la portiera e in un guizzo pensò a Bill. lo aveva mollato al PlayHouse, senza dirgli niente. Tirò fuori il cellulare e provò a chiamarlo. Nulla. Gli mandò un messaggio, allora sperando che lo leggesse.

 

Sono uscito, sto portando a casa Caroline. Problemi. Ci vediamo più tardi, oppure domani se rimani a casa di Andreas. Avrò bisogno di te… Notte

 

Salì in macchina e mise il cellulare sul portaoggetti. Caroline non si mosse, ma aveva già la cintura. Tom inserì le chiavi, accese e partì, cercando di fare prima possibile per evitare alla ragazza ancora dolore.

Durante il viaggio nessuno dei due parlò, Caroline guardava fuori dal finestrino, mentre Tom non toglieva gli occhi dalla strada. Il tragitto sembrava interminabile, infinito, ma quando, finalmente, scorsero di fronte a loro la casa di Caroline, Tom si lasciò sfuggire un piccolo, amaro, sospiro di sollievo. Almeno avrebbe risparmiato la sua vista a Caroline.

Fermò l’auto accanto al vialetto e scese. Aprì la portiera e Caroline scese con lo sguardo basso, senza fissare negli occhi Tom. Il ragazzo si sentì morire per l’ennesima volta. La seguì verso la porta, aspettando che le dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, anche un insulto. Non sopportava quel silenzio opprimente tra di loro.

Arrivarono davanti allo stipite, Caroline non si voltò e inserì le chiavi di casa nella serratura. Click. La porta si aprì. Tom sapeva che, appena varcata quella soglia, non l’avrebbe più rivista. Sentiva le lacrime salirgli dentro come un fiume in piena, ma cercava di trattenersi. Voleva darle un addio dignitoso. Voleva guardarla in viso l’ultima volta.

  “Caroline, voglio poterti guardare in vis…”

  “Entra.” Lo interrupe lei. Aveva sentito bene? Gli aveva chiesto di entrare? Non riusciva a capire. Aveva la mente vuota e non riusciva a muoversi. Vide Caroline entrare e sparire nella penombra di casa sua, così si fece coraggio ed entrò, chiudendosi la porta alle spalle. Li ci volle qualche secondo per abituarsi al buio che c’era, ma si accorse quasi subito che Caroline era ancora di fronte a lui, dandogli però le spalle. Si fece coraggio, e parlò.

  “Non so cosa dire…dirti che mi dispiace, ormai sembra inutile…” si bloccò. Sentiva le lacrime che lottava per uscire e dovette smettere di parlare a causa del nodo alla gola che aveva. Si maledisse. Stava per girarsi e uscire per poter sfogarsi lontano da Caroline quando la vide voltarsi e venire verso di lui. Gli arrivò addosso e lo baciò. Tom rimase attonito, aveva gli occhi sbarrati, e, per la sorpresa, indietreggiò e sbatté la schiena contro il muro. Caroline lo stava baciando, le mani tremanti sul suo possente petto, il sapore salato delle sue lacrime che si posava sulle labbra di Tom. Era un bacio casto ma carico di sentimento, disperazione e tensione. Tutti sensazioni che avvolgevano i cuori dei due giovani. D’un tratto, lei si staccò dalle labbra di lui, riprendendo fiato. Per un attimo guardò in basso, poi lo fissò dritto negli occhi. Non c’era odio e rabbia nel suo sguardo, come immaginava Tom. C’era tristezza, si, ma anche qualcos’altro.

  “Non potevo sopportare che un’altra rubasse dalle tue labbra ciò che volevo prendermi io.” Confessò la ragazza. Tom non rispose, non sapeva cosa dirle. Le prese il volto tra le mani, sentiva sui palmi il calore delle sue lacrime. Avvicinò il volto di lei al suo e la baciò, stavolta con più passione. Voleva trasmetterle tutto il calore che le sole parole non avrebbero potuto descrivere. Sentì lei ammorbidirsi sotto il suo tocco, così provò ad osare un po’ di più, approfondendo il loro bacio. Esplorò la bocca di lei con la sua lingua, invitandola a duettare insieme a lui. Caroline rispose a tutto questo avvinghiandosi al corpo di Tom, che, di rimando, la attirò ancora di più a sé. Tra io baci cercavano di prendere fiato,ma nessuno dei due voleva staccarsi dall’altro, come se avesse paura di perderlo. Entrambi sentivano i cuori del compagno battere all’impazzata, ogni tanto qualcuno perdeva un battito quando le mani dell’altro osavano toccare di più. I due ragazzi, ansimanti si staccarono, prendendo fiato. Erano al limite. Si guardarono negli occhi, come se al mondo esistessero solo loro due. Sorrisero entrambi, felici di essersi trovati. Nessuno dei due parlò. Tom fremeva dal desiderio di avere Caroline finalmente sua, ma non voleva rovinare ogni cosa correndo troppo. Ma fu lei, ancora una volta a sorprenderlo.

  “Seguimi.” Lo prese per mano e lo guidò con sicurezza lungo i corridoi bui della sua casa. Tom faceva fatica a vedere e a riconoscere oggetti e mobile, e aveva paura di sbattere addosso a qualsiasi cosa, ma seguiva Caroline come fosse la sua guida. Un attimo dopo, si fermarono. Caroline aprì una porta e Tom, nella penombra, poté scorgere un letto. Il suo letto. Il cuore gli salì in gola, ma lei lo fece entrare, voltandosi verso di lui e buttandogli le braccia al collo. Il ragazzo sorrise, chiuse la porta con il piede e ricominciò a baciarla. Mentre si davano baci piccoli, lunghi, sfuggenti o appassionati, si spogliavano a vicenda, delicatamente ma con la passione che ruggiva dentro a entrambi. Quasi senza accorgersene, arrivarono al letto, ormai quasi privi di ogni indumento. Tom distese delicatamente Caroline e la sentiva fremere sotto il suo tocco. Non voleva farle male, assolutamente, e non voleva neanche sembrare irruento e aggressivo. Quella doveva essere la loro notte.

Passò a baciarle il collo, delicatamente, ogni tanto dandole qualche morsetto tutt’altro che innocente. Con la mano disegnava come un pittore segni indistinti sul corpo mielato della ragazza, che, ad ogni suo tocco, fremeva. Lei lo cercava, ma lui voleva andarci piano, anche se mantenere il controllo in quella situazione era tutto tranne che semplice. La baciava e la toccava in ogni centimetro del suo corpo, facendole scappare dei gemiti che segnarono il limite, sia per lei che per Tom. Si alzò, guardandola e, nonostante la poca luce, riuscì a catturare il suo sguardo.

  “Non posso più nascondere a me stessa che ti amo. E non posso nasconderlo neppure a te, Tom.” Confessò la ragazza. Questa volta Tom non restò di sasso come tutte le altre volte. No. Sorrise. E aprì definitivamente il cancello del suo cuore, che all’inizio aveva cominciato cigolando, ma che ora si apriva come fosse la cosa più naturale del mondo.

  “E come potrei io non amare te, la donna che ha cambiato la mia vita.” sorrise mentre la baciava con tutto l’amore di cui disponeva. E, mentre i loro sguardi e le loro anime si scambiavano una promessa, anche i loro corpi si incatenarono l’un altro. Delle sensazioni che non aveva mai provato pervasero il cuore e il corpo di Tom. Si rese conto che quello non era solo sesso. Stava facendo l’amore con la donna che amava. Finalmente l’aveva trovata. Raggiunsero il piacere all’unisono, pronunciando il nome del loro amante, come a sigillare quella promessa che ora li univa per sempre.

 

 

 

Ed eccomi qua con questo santo, benedetto capitolo 16! Molti di voi avranno pensato che io fossi morta oppure che avessi abbandonato la storia, invece sono ancora qui! XD

Ironia a parte, mi SCUSO ENORMEMENTE con tutti voi. Davvero, mi dispiace tantissimo non aver più aggiornato…quando ho visto la data di pubblicazione dell’ultimo capitolo mi è venuto da piangere. Ho dei problemi, salute, famiglia, scuola… e, purtroppo, la scrittura ne ha subito le conseguenze. In modo particolare mi scuso con _Freiheit_ che mi ha sempre seguito e che, purtroppo, ho deluso non aggiornando mai. Mi dispiace tantissimo ç.ç spero di aggiornare la storia più in fretta…

Il capitolo spero sia di vostro gradimento, ci ho messo tutta me stessa per renderlo speciale!  A voi i commenti ^^

Scusate ancora, a presto! Baci <3 <3 <3

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1588077