The Hybrid Diaries

di Defiance
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Henrik ***
Capitolo 2: *** 2. Tatia ***
Capitolo 3: *** 3. Monsters ***



Capitolo 1
*** 1. Henrik ***


Disclaimer: i personaggi di questa storia non mi appartengono; questa fan fiction è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


 
The Hybrid
Diaries.



 
 


 
INTRO: Sono Niklaus Mikaelson, l’ibrido, un mostro; o a dirlo utilizzando i termini di mio padre, ‘una bestia’, ‘un abominio’ e sono sicuro che mi avrebbe attribuito volentieri anche l’appellativo ‘bastardo’.
Tutti hanno sentito parlare di me, io sono la storia, io sono leggenda.
Io sono l’Originale, l’immortale per eccellenza; e alcuni, direbbero anche la malvagità fatta persona.
E questo è il mio diario, le mie memorie, i miei pensieri più intimi.

 
Molti anni orsono, la mia famiglia si trasferì in un piccolo paesino, - oggi chiamato Mystic Falls -, che allora era completamente abitato da licantropi; nonostante la loro natura violenta, vivevamo in armonia con loro, avevamo degli amici e nessuno pareva discriminarci per la nostra natura debole e patetica, umana.
Questo, fino al momento in cui qualcosa cambiò…

 

 
 
 
 
 
 
 1. Henrik



 
 
 
“Niklaus, lo sai che giorno è oggi, vero?”
La voce di mia madre mi riporta alla realtà, allontanando così tutti quei pensieri di libertà che mi invadono la mente ogni qualvolta posso permettermi di guardare dalla finestra il paesaggio che circonda la nostra casa.
Mi sono sempre chiesto cosa celano i lontani boschi, perché una notte al mese si possono udire gli ululati dei lupi mentre durante i restanti giorni non si sente fiatare una mosca.
Tutto ciò che mi è sempre stato dato sapere, è che in quel giorno non devo mettere piede fuori dalla nostra abitazione, né devo permettere che lo facciano i miei fratelli.
Mia madre, Esther, adorna la casa di talismani con lo scopo di proteggerci, anche se a mio parere è solo una stupida forma di superstizione; mentre posiziona l’ultimo oggetto, proprio sulla porta di casa, si volta verso di me e mi scocca una sguardo apprensivo.
“C’è la luna piena, madre” rispondo con aria scocciata alla sua precedente domanda.
Ho sempre odiato le restrizioni, fin da quando ero bambino e quella, in particolare, mi è sempre stata stretta.
“Niklaus” sussurra pazientemente lei, avvicinandosi a me e posando delicatamente una mano sulla mia spalla.
“Capisco la curiosità che provate tu e i tuoi fratelli, ma bisogna essere prudenti, alcune volte, sacrificarsi per ciò che è più giusto”.
Annuisco, stanco di sentire sempre le solite scuse.
“Lo so, madre. Rientreremo prima che la luna sorga” la rassicuro, poi esco di casa, assaporando l’aria fresca, gustando il sapore della libertà e raggiungo mio fratello Elijah al pozzo, il luogo dove siamo soliti ritrovarci per svagarci o semplicemente per fuggire all’inferno che quell’edificio rappresenta.
“Che ne dici di un duello, fratello?” mi sfida senza esitare Elijah, ed io, sorridendo con malizia, accetto subito.
È una sorta di gioco per noi, vedere chi dei due è più forte, chi riesce a prevalere sull’altro.
Mi lancia una spada, mentre l’attenzione di mia sorella, Rebekah, - lo vedo -, ora è tutta rivolta verso di noi.
È Elijah a fare la prima mossa: schivo i suoi attacchi, ne blocco altri, e lui fa altrettanto, tra gli ansimi di una Rebekah eccitata dallo scontro.
È proprio nel momento in cui riesco a disarmare mio fratello, - tra le nostre risate divertite -, che mio padre, Mikael, sopraggiunge sul luogo.
Applaude, lentamente, come se stesse godendo di una sua vittoria, con lo sguardo di chi vuole dimostrare qualcosa.
Avanza apatico verso di me, poi raccoglie la spada di Elijah e la punta diritta al mio petto.
Posso percepire la punta dell’arma contro la mia pelle, mentre brama il mio sangue.
“Combatti” ordina autoritariamente.
Per un istante, esito. Mio padre è sempre stata l’unica persona al mondo di cui abbia avuto paura; brutto a dirsi, ma il pensiero che potesse uccidermi mi ha sfiorato la mente più di una volta.
Avverto Rebekah trattenere il respiro e scruto Elijah arretrare intimorito.
Poi mio padre sferra il primo attacco e sono costretto a reagire; si scaglia contro di me con violenza e capisco che non è affatto un gioco nella sua mente: è una dimostrazione, la prova che devo sottostare al suo volere, sempre e comunque, che sarà sempre più potente di me.
Arranco, nella fatica di stare dietro alle sue mosse, finchè non cado con le ginocchia per terra e la spada mi scivola dalle mani.
“Patetico” commenta lui, guardandomi quasi con vergogna, per poi allontanarsi con la sua solita andatura fiera e altezzosa.
Dentro di me si fanno strada rabbia, vergogna, delusione: i sintomi della sconfitta morale, fisica e psicologica.
Elijah e Rebekah corrono subito verso di me, offrendomi un aiuto e un supporto morale che rifiuto.
Mi ha sempre fatto ribrezzo, la pietà, la compassione.
E di una cosa sono sempre stato certo: Niklaus Mikaelson non si sarebbe mai sottomesso a qualcuno che non fosse sé stesso.
 
Il sole sembra tramontare prima del solito, questa sera.
Mia madre controlla che siamo tutti in casa: Elijah, Finn, Kol, Rebekah, Henrik, ed io; ripetuta l’ennesima ramanzina, questa volta da parte di mio padre (il che suona più come una minaccia, che come un’imposizione guidata dalla preoccupazione e dall’amore verso di noi), i nostri genitori ci lasciano andare a dormire.
È nel cuore della notte che percepisco mio fratello minore, Henrik, ruzzolare giù dal suo letto e sgattaiolare fuori dalla stanza; mi alzo immediatamente, per andare a fermarlo, qualunque cosa voglia fare.
“Henrik! Dove vai!?” lo chiamo sussurrando.
Lui mi sente e si volta a guardarmi.
“A vedere i lupi, Nick. Vuoi venire?” domanda con lo sguardo carico di adrenalina.
“Lo sai che è pericoloso… nostra madre e nostro padre ci ucciderebbero, se gli disobbedissimo!” cerco di farlo ragionare, ma il suo tentativo di persuasione sembra avere la meglio su di me.
“Andiamo, so che muori dalla voglia di vederli anche tu!” esclama con una lucentezza negli occhi che conosco bene: è quella che brilla nei miei, quando sono eccitato per qualcosa.
“Non se ne parla, Henrik, torna a dormire!” provo a restare fermo sulla mia posizione, ma lo sguardo del mio fratellino si fa sempre più ostinato.
“Resteremo ai margini del bosco, te lo prometto! Ti prego, Nick!” mi supplica, così pieno di speranza che non riesco più a rifiutare la sua proposta.
Cercando di non fare rumore, socchiudiamo la porta, per poi guardarci trionfanti una volta fuori casa.
Corriamo verso il bosco, quando l’ululato di un lupo ci fa drizzare i peli delle braccia.
“Henrik…”
Lui scuote la testa, determinato.
Ha la mia stessa testardaggine, e anche la mia istintività, fermezza e imprudenza, ma non è per me che sono preoccupato, quanto per lui.
Raggiunti gli alberi marginali del bosco, ci mettiamo in posizione, per osservare ciò che ci circonda: è buio e non si vede quasi nulla.
Il vento provoca il fruscio degli alberi e dei cespugli, cosa che ci impedisce di individuare la presenza di movimenti altrui.
Sono a pochi passi dal mio fratellino, quando lo sento urlare.
Mi volto e mi ritrovo di fronte un grosso lupo bianco.
“Henrik! Scappa!” ordino immediatamente, ma lui sembra essere stato pietrificato dalla visione di quell’animale così imponente.
Lo tiro per il braccio, riuscendo per fortuna a smuoverlo, ma è proprio mentre siamo in fuga, che sento la sua mano scivolare dalla mia e il suo grido più atroce, che mi torturerà per il resto dei miei giorni, poi il rumore della carne dilaniata.
“NO!” urlo con le lacrime agli occhi, facendo subito dietrofront per raggiungerlo, per aiutarlo, ma è troppo tardi: il corpo di Henrik giace inerme per terra.
Il lupo ulula più forte alla mia vista e sta per scagliarsi contro di me, quando le prime luci dell’alba illuminano il cielo e lo mettono in fuga.
Qualche minuto; la vita di mio fratello è stata spenta a causa di qualche stupido minuto.
Il dolore mi annebbia la mente, misto al senso di colpa; mi getto su di lui, in lacrime e quando riesco a raccogliere un po’ di forza, lo prendo tra le mie braccia e corro verso casa.
Magari, una delle erbe di mia madre lo salverà; magari è vivo, non può essersene andato così.
“Madre! Padre!” urlo disperato, tra i singulti e il sapore amaro delle lacrime che mi rigano le guancie, fino a penetrare nelle labbra.
Rebekah è la prima ad uscire e, non appena ci vede, lancia un urlo di terrore e dolore, poi è il turno di mia madre, di mio padre e degli altri miei fratelli.
Mi accascio per terra, col corpo freddo e cereo del piccolo Henrik tra le braccia, l’odore del sangue che mi irrita il naso.
Per una volta, per la prima volta in tutta la mia vita, non mi importa nulla dello sguardo d’odio che mio padre mi sta lanciando: mio fratello è morto, a causa della mia incoscienza, per colpa mia, perché non ho saputo proteggerlo; perché non sono riuscito a sacrificare la mia vita per risparmiare la sua.
C’è solo spazio per il dolore, dentro di me, e lascio che mi divori, come se fosse una punizione sufficiente ad espiare le mie colpe.


*************************Angolo Dell'Autrice*************************
Salve a tutti!
Contemporaneamente alla pubblicazione della mia FF 'The Hybrid Chronicles', ho deciso di postare anche i capitoli riguardo a questa FF, la cui stesura, lo ammetto, è molto complicata perchè comporta una mia immedesimazione nel forse più particolare personaggio della serie (e per questo uno dei miei preferiti, ovviamente), ma cercherò di farlo al meglio delle mie capacità.
Ci saranno alcuni punti che sarò costretta ad inventare, in quanto non sviluppati a pieno della serie televisiva e spero almeno in questo di non annoiarvi.
Cos'altro dire, se non che mi auguro che il capitolo e, soprattutto, la FF vi piacciano?!
Vi invito a lasciare una recensione, un piccolo commento per farmi sapere cosa ne pensate (sono ben accette anche le critiche, ovviamente), e per segnalarmi eventuali errori.
Sottolineo che ci tengo particolarmente a questa storia.
Alla prossima,
Bell.


 

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Capitolo 2
*** 2. Tatia ***


1.Tatia
 
 
 
 

 
 
 
Come ha fatto a venire tanto buio?
Come è possibile non vedere la luce anche quando il sole splende alto nel cielo?
Mi sento come se stessi annegando, privato di ossigeno, impotente, con i polmoni che supplicano per avere un po’ d’aria; il cuore preme contro lo sterno, pulsando a raffica, cercando di evadere.
Ecco, è proprio questo che vorrei poter fare: strapparlo dal mio petto, per non sentire più nulla: niente dolore, niente sofferenza o senso di colpa.
Perdere qualcuno che si ama è come smarrirsi nell’oblio più assoluto, con l’anima lacerata che vaga solitaria per strade buie, cercando invano di ritrovare quella parte di sé che le è stata portata via con violenza.
 
Sono seduto su una roccia, lontano da casa, tentando di ricevere un po’ di conforto dalle stelle che brillano luminose nel cielo; magari, Henrik ora è una di loro; magari mi sta osservando e mi colpevolizza per non averlo salvato, o forse si chiede perché non sono al suo funerale, sperando che un giorno mi possa perdonare per ciò che gli è successo.
Non meritava di morire, avrebbe dovuto vivere e costruirsi una famiglia felice, realizzare ciò che vogliamo tutti noi.
Per l’ennesima volta, nel corso delle ore che separano la notte dal giorno, la mia mente ripercorre gli avvenimenti che hanno spento la sua luce per sempre, una tortura che accentua il mio dolore.
Una sorta di masochismo che attenua però il senso di colpa.
Mi prendo la testa tra le mani, cercando di scacciare via l’immagine del suo corpo inerme e dilaniato dai denti di quell’essere, per sostituirla con quella di un Henrik sorridente e allegro che scorrazza intorno al pozzo sventolando al cielo una delle smielate lettere d’amore di Elijah, indirizzate ad una sconosciuta ragazza del villaggio.
È così che vorrei ricordarlo, non freddo e coperto di sangue.
 
“È bella vero? La luna” sussurra una delicata voce alle mie spalle.
Sussulto leggermente, prima di voltarmi e incrociare lo sguardo magnetico la donna più bella che abbia mai visto.
In quel momento, osservando quelle pupille color nocciola così intriganti, il mio cuore balza in gola, con uno scatto improvviso, per poi interrompere i suoi battiti per qualche secondo.
“Io la odio” rispondo tuttavia, carico di rancore.
“Oh. Scusami. Devi essere uno dei fratelli del ragazzo ucciso dai lupi… mi dispiace tanto” asserisce ora, con aria comprensiva.
“Però, che tatto” commento sarcastico, rivolgendole un’occhiataccia mentre una morsa allo stomaco mi attanaglia.
“Scusa. È solo che… è successa la stessa cosa a mio fratello, qualche anno fa e ormai ho imparato a conviverci” spiega, avvicinandosi a me con andatura leggera, per poi sedersi al mio fianco.
“È cominciato tutto quando la maledizione della licantropia si è attivata”
“Maledizione? Di cosa stai parlando?” domando, cominciando a pensare che quella ragazza debba essere un po’ svitata.
“Tu non sai la verità su questa gente, vero? Il gene della licantropia che viene risvegliato, la luna piena… non ti sei mai interrogato sul perché i lupi si sentano ululare solo una volta al mese?” chiede scrutandomi con interesse.
“Tu lo sai?” replico con un altro quesito, alla ricerca di risposte che altrimenti nessuno mi avrebbe mai dato. 
La vedo annuire debolmente, prima che cominci il suo racconto.
“Gli abitanti di questo villaggio sono maledetti. Quando il gene della licantropia viene risvegliato, sono costretti a trasformarsi in lupi ad ogni luna piena e credimi, fa male. Molto male.”
“È solo una leggenda” commento a questo punto, rifiutando di essere preso in giro in un periodo in cui mi sento così vulnerabile.
“Lo pensavo anch’io, finchè non è successo a Jonah…” controbatte pazientemente, spostandosi lentamente dal volto una ciocca dei suoi lunghi e flessuosi capelli rosso-castano.
“Come si attiva? La maledizione…” indago, decidendo di stare al suo gioco.
La misteriosa ragazza esita, poi però trae un respiro profondo e mormora:
“Devi causare la morte di qualcuno. Non importa che avvenga con la tua volontà o meno. Nel momento in cui togli la vita ad un essere umano, la maledizione scatta”.
Vengo percorso da un brivido di terrore e… ribrezzo; come si può uccidere un essere umano?
“Perciò, tuo fratello…”
“Sì. Stava giocando con il suo amichetto del cuore, quando involontariamente lo ha spinto e lui ha battuto la testa; è morto sul colpo. Il mese dopo, al plenilunio, non appena la luna cominciò a sorgere, lo udimmo gridare di dolore… si stava trasformando… mio padre lo affidò a mio zio, affinchè lo portasse con sé nei boschi, ma la mutazione - la prima volta che accade - è più lunga e funesta, perciò quando mio zio giunse ai margini della foresta era già un lupo, ma mio fratello no. Non so chi degli altri non lo riconobbe e lo uccise… nessuno lo sa; potrebbe anche essere stato nostro zio”
Mi manca il respiro; come posso dubitare delle sue parole, ora che so la sua storia? Nessuno metterebbe così in cattiva luce la propria famiglia, nemmeno io, nonostante detesti la mia con tutto me stesso.
Prima che abbia il tempo di porgerle la domanda che si sta facendo rapidamente strada nella mia mente, la fanciulla mi anticipa.
“Non ricordano mai ciò che accade mentre hanno le sembianze di lupo”
“È… assurdo” commento confuso e scioccato allo stesso tempo.
“Già, lo è”
Un’alta fiamma illumina all’improvviso il sereno cielo notturno e capisco che il funerale di Henrik è finito: mi chiedo se d’ora in poi sarà come se non fosse mai vissuto.
Il rosso del fuoco si rispecchia nei miei occhi; la ragazza si alza e, posando delicatamente una mano sulla mia spalla, sussurra: “Sarà meglio che vada ora. Sappi che mi rammarico per la tua perdita”
È già una ventina di passi lontana da me, quando le urlo, annaspando: “Aspetta! Dimmi almeno qual è il tuo nome!”
Non bado al linguaggio che uso e scommetto che Elijah mi piccherebbe seduta stante se mi sentisse rivolgermi a una donna in questo modo, ma non mi importa, ho solo bisogno di quella piccola informazione.
“Tatia. Mi chiamo Tatia Petrova”.
 
“Sta’ lontano da lei, Niklaus” intima Elijah, digrignando i denti.
Non mi sono mai soffermato a pensare a quale delle ragazze di questo stupido villaggio potesse aver rubato il suo cuore, ma vista la sua reazione alla scoperta del mio tempo passato con Tatia, sono pronto a giurare che la fortunata (o sfortunata, dipende dai punti di vista), sia proprio lei.
“Altrimenti?” lo sfido, con la mia solita tenacia, pronto a lottare per quella stupenda fanciulla che ha attirato da subito il mio interesse.
Non saprò mai cosa mio fratello stesse per rispondere, perché proprio in quell’istante nostro padre apre violentemente la porta della nostra stanza, urlando a squarcia gola.
“Ma insomma, si può sapere cos’è tutto questo trambusto? Cosa succede qui?”
Vedo Elijah impallidire tanto rapidamente quanto me; per un momento ci scambiamo uno sguardo complice, come è nostra consuetudine fare quando percepiamo l’uragano Mikael incombere su di noi, ma dura solo qualche secondo, perché mio fratello riprende la sua espressione dura, e mi sussurra un ‘sei stato avvertito’ proprio prima di sgusciare fuori dalla stanza, dopo aver liquidato il nostro genitore con un “Niente, padre. Non preoccupatevi” .
Ovviamente, Mikael non perde l’occasione per torturare il figlio che, non so per quale ragione, detesta di più; è come se per lui tutte le colpe dovessero ricadere necessariamente su di me.
“Non avete mai litigato, prima d’ora Niklaus. Cos’hai combinato?” sbraita.
“Niente, padre. Io non ho combinato nulla” provo a difendermi, pur sapendo l’inutilità delle mie parole di fronte a lui e al giudizio che ha di me.
Io, Niklaus Mikaelson: la sua delusione più grande.
“Elijah ed io abbiamo solo avuto una piccola incomprensione che sono sicuro risolveremo presto” lo rassicuro.
Divertente. Davvero, molto divertente, perché non ho la minima intenzione di rinunciare all’unica cosa bella che mi sia mai capitata, all’unica ancora che mi tiene in vita, che mi permette di non cadere in un baratro fatto di oscurità, dolore e sofferenza.
Mi accorgo di saper mentire bene, perché le pupille di mio padre sembrano rilassarsi; non oso immaginare la sua reazione alla notizia che un’insulsa ragazzina stesse rovinando la quiete della sua famigliola che agli occhi della gente appare perfetta.
Sento di doverla proteggere e, in qualche modo, di salvaguardare anche me ed Elijah.
“Ma davvero…” prosegue poi, scettico, inarcando un sopracciglio.
“E che genere di incomprensione avreste avuto, voi due?”
Assottiglio le labbra, in un gesto così autonomo che dichiara però una sorta di mia colpevolezza, la prova che sto nascondendo qualcosa, la dimostrazione che non intendo dargli alcuna altra spiegazione.
“Magari questo ti scioglierà la lingua” dice, slacciandosi il cinturone di cuoio dai pantaloni.
Sussulto, capendo già quale penitenza mi aspetta.
Mi afferra per un braccio e non trovo la forza di respingerlo, di provare a difendermi.
Mi sbatte contro il muro e mi ritrovo con il volto schiacciato contro le stesse pareti della mia prigione; mio padre mi ordina di scoprirmi la schiena, e so già che rifiutarmi porterebbe solo a un protrarsi di quell’orribile e atroce punizione.
Obbedisco, e sento la cintura fendere prepotentemente l’aria e abbattersi con violenza sulla mia schiena; è solo il primo colpo, e il dolore già mi invade la mente, ma non gli darò la soddisfazione di sentirmi urlare.
Non gli darò assolutamente nulla di ciò che vuole.
 
“Ho rubato queste erbe dalla dispensa della mamma” sussurra a bassa voce Rebekah, intenta a disinfettarmi le ferite e a cercare di ridurne il bruciore.
Posso sentire i suoi spasmi, a seguito dei miei.
Stringo i denti per non gridare.
Quando ha finito, mi rimetto a sedere e lei si avvicina lentamente a me, per poi abbracciarmi cautamente.
Sento le sue lacrime bagnarmi silenziose il collo.
“Perché?” mormora corrucciata, la voce rotta e flebile.
“Ho smesso di domandarmelo molto tempo fa, mia dolce Bekah” replico io di rimando, sorridendole leggermente; un sorriso finto, che ha come l’unico scopo quello di rassicurarla, sebbene sono ormai sicuro di non sortire alcun effetto su di lei, in questo modo.
Dovrebbe rassegnarsi, esattamente come ho fatto io: non cambierà mai nulla in questa sottospecie di famiglia.
D’un tratto, sento i passi dei miei fratelli correre veloci verso la nostra stanza.
Siamo in troppi, per poterne avere di singole; il letto di Henrik è intatto, non osiamo nemmeno avvicinarci. Ci poniamo sopra dei fiori ogni giorno, raccolti con amore da mia sorella, ma mio padre li butta ripetutamente via, imprecando.
“Ragazzi” esordisce Finn, in preda alla’affanno.
“Non immaginate nemmeno cos’ho sentito dire a mamma e papà. Mi ucciderebbero se scoprissero che ve l’ho detto, che ho origliato una loro conversazione. Ma dovete sapere, tutti voi.”
L’ansia e l’agitazione non sono stati d’animo che di solito fanno parte del maggiore dei nostri fratelli, quindi questa eccezione ci rende irrequieti.
Ci scrutiamo silenziosi, per diversi minuti; incateniamo i nostri occhi titubanti gli uni in quelli degli altri, fino a quando Finn trae un profondo respiro e si decide a parlare.



****************************Angolo Dell'Autrice****************************

Salve a tutti!
Ecco qui il secondo capitolo della storia, spero vi piaccia!
Ci tengo a sottolineare che per il momento Klaus e i Mikaelson sono tutti umani e che sto facendo enfasi su quel lato del nostro ibrido a cui Elijah ha accennato raramente nella serie tv, durante i flashback riguardanti il passato della sua famiglia. Per quanto riguarda Tatia, di lei c'è stato detto solo che è stata desiderata da entrambi i nostri fratelli Originali preferiti, quindi ho dovuto inventare sul suo personaggio, spero che la mia idea sulla doppelganger sia stata di vostro gusto.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e recensito il primo capitolo e coloro che lo hanno messo tra le seguite e rinnovo il mio invito a farmi sapere cosa pensate della FF, è importante per me sapere se sto dando vita ad un 'epic fail' o meno.
Ora tolgo il disturbo,
alla prossima,
Bell.


Ps. Vi sfido ad indovinare quale sarà il prossimo momento e cos'avrà da cominicare Finn con tanta urgenza ai propri fratelli ;)

 

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Capitolo 3
*** 3. Monsters ***


3. Monsters
 
 
 
 
 
 
 
 
Finn si tortura le mani, fissandoci preoccupato uno ad uno.
“Andiamo fratello, non tenerci sulle spine!!!” lo incalza agitato Kol,
“mi stai facendo innervosire”.
“Non è una cosa facile da dire… stanno impazzendo!” sibila spaventato il maggiore.
“Beh, se ci dici cosa c’è che non va, magari lo capiamo anche noi, ti pare?” sbotto io, cominciando a spazientirmi.
“La mamma vuole farci un incantesimo!” confessa tutto d’un fiato nostro fratello.
Che cosa?” mormora uno scioccato Elijah.
“Vuole renderci più forti e veloci dei lupi… per salvaguardarci! Vuole trasformarci in non so che specie di mostri” spiega Finn, con lo sguardo perso nel vuoto.
Intanto, nella mia mente si fa strada l’idea di essere superiori alle bestie che ci hanno portato via il nostro piccolo Henrik e mi piace, la possibilità di avere una chance per fargliela pagare.
“Ma… come possono farlo?” farfuglia Rebekah, in preda al panico.
“Mamma è una strega, troverà un modo, se davvero vuole farci questo” rispose Elijah, dirigendosi verso la finestra e scrutando l’ambiente che circonda la nostra casa.
“Io non…” prova a protestare nostra sorella, ma la zittiamo nel riconoscere i passi di Mikael avvicinarsi alla stanza dove siamo riuniti.
Apre bruscamente la porta e ci scruta di sottecchi, come se sospettasse che tramiamo qualcosa.
“Seguitemi” ordina, senza aggiungere altro.
Ci scambiamo uno sguardo perplesso, ma nessuno di noi oserebbe mai disubbidire a nostro padre, così ci incamminiamo dietro di lui.
Ci porta nel soggiorno, facendoci predisporre in cerchio, nostra madre al centro.
“Cosa…” prova a dire Rebekah, ma Mikael la fulmina con lo sguardo e lei tace.
Esther comincia a ripetere parole incomprensibili, mentre le mura attorno a noi iniziano a tremare.
Rebekah cerca la mia mano, ed io stringo la sua per darle sicurezza, mentre tutti ci guardiamo attorno intimoriti; le luci lampeggiano, la fiamma delle candele si alza e si abbassa… poi tutto sembra immobilizzarsi di colpo.
Nostro padre beve da un calice e poi ce lo passa, facendoci capire che dobbiamo fare altrettanto.
È un liquido rossiccio che non appare molto invitante, ma sento lo sguardo dei miei genitori indugiare su di me e decido di bere in fretta, tutto d’un fiato, poi metto il calice tra le mani di mia sorella e la vedo quasi vomitare dopo aver trangugiato quella sostanza.
Accade in un lampo: sento una serie di crack, rumore di ossa rotte, prima di percepire il mio collo spezzarsi e accasciarmi sul pavimento.
 
Non so quanto tempo sia trascorso, ma mi sveglio di soprassalto, come se gli avvenimenti delle recenti ore fossero stati solo un brutto incubo.
Mi accorgo che i miei fratelli sono nelle mie stesse condizioni, vittime di uno stato confusionale… la gola mi va in fiamme ed è in quel momento, quando mio padre le spinge verso di noi, che noto delle donne, prima accucciate contro la parete, in un angolino, lo sguardo terrorizzato.
Taglia il polso ad una di loro, e lo morde, mentre un liquido rosso intenso gli scivola ai lati delle labbra… non capisco i motivi per cui non provo ribrezzo per quella scena, anzi, al contrario, vengo percosso da una scarica di adrenalina.
Vedo gli occhi di Mikael diventare scarlatti, il suo viso che comincia a mutare forma, i canini allungarsi… poi recupera contegno e tutto torna normale.
Spinge le donne verso di noi e ci impone di berne il sangue; seppure esitanti, eseguiamo il suo ordine e non appena le mie labbra toccano il liquido mi sento avvampare dentro e mi avvento sulla donna, risucchiandone la vitalità.
Resomi conto di ciò che sta accadendo, la lascio andare di scatto, traumatizzato e ancora inebriato dalla forza e dalla sensazione che quella sostanza mi ha conferito.
Noto che nostro padre sta lottando con Rebekah.
“Bevi! Bevi!!!” le urla contro, premendole il capo sul polso della donna, finchè mia sorella non lo fa.
Quando tutto finisce, nostra madre appare soddisfatta, sebbene rabbuiata.
“Ora nessuno potrà farvi del male. Mai più” asserisce, prima di lasciare la casa.
 
Provo da ore a reprimere la sete, quel bruciore alla gola che mi infiamma; ho cercato di sopprimere il desiderio di percepire la carne di una vittima dilaniarsi e il suo sangue esplodere di vita dentro di me.
I miei fratelli sono ancora scossi, Rebekah non si capacita per quella situazione e Finn ancor meno.
Non riesco a smettere di pensare al sangue, alle arterie che pulsano e mi invitano a squarciarle, così decido di correre via.
Ci impiego pochi secondi per raggiungere i boschi, mi domando come diavolo possa aver fatto.
Poi li sento, in lontananza: passi e voci umane.
Mi guardo attorno, non c’è nessuno; percepisco i miei sensi acuirsi e non so cosa guida il mio corpo, ma in un baleno sono davanti a un gruppo di escursionisti che girovaga tra i boschi.
Avverto il mio volto mutare mentre i loro sguardi terrorizzati mi fissano e cercano una via d’uscita, ma sono troppo veloce per loro, troppo forte perché possano sfuggirmi.
Ed eccola di nuovo, quella sensazione di potere, il sangue che mi scivola in gola e mi fa sentire vivo, inarrestabile, imbattibile.
“Niklaus!!!” è la voce di mio padre, terrificante come sempre, a farmi ridestare; non riesco a fermarmi, preda del desiderio di averne sempre di più.
L’uomo si accascia tra le mie braccia e cade per terra, morto.
“Cos’hai fatto?” biascica Elijah in preda al panico.
Realizzo cos’è successo, ma non ho tempo per pensarci,perché vengo colpito da un dolore allucinante che si diffonde dall’interno, in ogni punto del mio corpo; le mie ossa si spezzano e il mio volto muta nuovamente.
“Nick!” grida mio fratello, facendo un passo verso di me, ma venendo trattenuto da Mikael.
“Cosa mi sta succedendo, padre?” mugolo agonizzante, mentre gli spasmi dovuti al dolore mi percorrono dalla testa ai piedi “vi prego, aiutatemi!!!”
Non capisco cosa mi sta succedendo, perché Elijah non accorre in mio aiuto, com’è solito fare.
Mi fissa spaventato, mentre nostro padre lo tira indietro.
“È una bestia” sputa con odio “un abominio!”, urla, trascinando mio fratello lontano da me, per poi afferrarmi con forza e riportarmi verso casa, mentre capisco che sto per trasformarmi nello stesso mostro che ha ucciso Henrik e comincio ad odiarmi.
Mikael urla a mia madre di venire fuori, parlano per qualche minuto e poi si fionda verso di me, cercando di legarmi a un palo, invocando l’aiuto di Elijah.
“Elijah! Aiutami a tenerlo fermo!”
“Fratello! Non lasciare che mi facciano questo!!!” grido disperatamente, avendo udito la loro conversazione e lottando contro Mikael.
“Aiutami” lo supplico ancora, ma Elijah resta immobile a guardarmi, mentre mia madre prepara un altro incantesimo.
Vedo Tatia tra le braccia di mio padre, mentre il suo sangue riempie il focolare di Esther.
“NO!” urlo ancora, sperando che mio fratello rinsavisca, ma è troppo scioccato dalla scena per fare qualcosa.
“Nessuno separa la nostra famiglia” sentenzia mia madre, prima di cominciare a ripetere altre parole incomprensibili, facendo sgorgare il sangue di un licantropo in una bacinella e quello di mio padre in un’altra.
L’unica cosa che ricordo dei minuti successivi è il dolore, fisico, emotivo; è come se la bestia dentro di me venisse ferita ripetutamente, intrappolata in una rete che le impedisca di uscire: è questo il loro intento, nascondere quella parte di me che non gli va bene.
A un tratto il fuoco si spegne ed io crollo per terra, sfinito e cieco di rabbia.
Il sole comincia a sorgere e Rebekah, Kol e Finn escono di casa, svegliati probabilmente dalle mie grida.
Osservano la scena intimoriti e poi corrono via.
“Kol! Finn! Dove andate?” strilla nostra sorella, quasi tra le lacrime.
Poi si avvicina a me, ma Mikael le urla di starmi lontana, così corre via anche lei, seguita da Elijah, mentre, dopo qualche minuto, nostro padre si mette alle calcagna degli altri due.
Completamente accecato dalla rabbia, mi avvento contro mia madre e la minaccio di ucciderla se non mi avesse liberato da quella maledizione, ma proprio in quel momento lei si trasforma in cemento.
“Madre?!” mormorò spaventato e ancor più inviperito.
Un altro dei suoi trucchi da quattro soldi, immagino.
Decido di nasconderne il corpo e di aspettare che i miei fratelli ritornino, per poi venire deluso dal fatto che solo Elijah e Rebekah siano tornati da me.

“Dov’è la mamma?” domanda Rebekah.
“L’ha uccisa” mento “Mikael l’ha uccisa ed è andato a cercare Kol e Finn. La nostra famiglia non esiste più”.
Chiederò ad una strega di intrappolarla in una bara, così che la mia bugia non venga a galla, così da liberarmi per sempre di entrambi i nostri genitori… o farei meglio a definirli i nostri aguzzini.
“Noi siamo la nostra famiglia Nick. Staremo insieme come se fossimo una cosa sola” dice Rebekah, prendendo la mano di Elijah e porgendomi l’altra.
“La famiglia al primo posto” concorda mio fratello.
“Sempre e per sempre” conclude lei, mentre restiamo a fissarci per diversi minuti, prima di prendere tutte le nostre cose e sparire per sempre da quel posto maledetto, non prima però che io abbia strappato il cuore ad ogni licantropo del luogo, lasciando in vita solo il fratello di Tatia.
Glielo devo, data la sua morte per causa del sentimento che sia io che Elijah provavamo per lei.










*****************************Angolo Dell'Autrice*******************************
Salve a tutti!
Chiedo scusa per il ritardo, ma finalmente sono riuscita ad aggiornare!
Ora i Mikaelson sono diventati dei vampiri, si comincia ad intravedere il nostro Klaus così com'è ora.. come al solito spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Mi raccomando, recensite e fatemi sapere cosa ne pensate, ci tengo molto!
Alla prossima,
Bell.

 

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