Afterlife.

di Devon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CHAPTER 1 ***
Capitolo 2: *** CHAPTER 2 ***
Capitolo 3: *** CHAPTER 3 ***
Capitolo 4: *** CHAPTER 4 ***



Capitolo 1
*** CHAPTER 1 ***


Huntington Beach, 27 dicembre 2009.


-Ragazzi! Finalmente, aspettavamo solo voi! - esclamò Matt Berry, scorgendo gli Avenged Sevenfold all'ingresso del parco e andandogli incontro.
Erano cinque ragazzi, tutti quasi alla soglia dei trenta, con le braccia interamente tatuate e dei sorrisi smisurati.
-Auguri e congratulazioni - esclamò Matt, il frontman, abbracciando l'amico seguito da tutti gli altri.
-Così ti sei sistemato anche tu, eh? - commentò Brian, uno dei chitarristi, dandogli una pacca sulla spalla.
-Eh, sì. Io e la mia dolce metà finalmente ci siamo decisi. Lei ancora non ci crede - ridacchiò, contagiando anche i suoi amici. -Bene, - aggiunse, passando un braccio intorno alle spalle del cantante -io e il vostro frontman ci siamo sistemati, ma voi quattro? Quando vi deciderete a fare il grande passo?
-Quanto più tardi possibile - replicò Jimmy, il batterista, facendo ridere tutti.
-Maddai, Jim, Leana anche se fa tanto la preziosa ne sarebbe felice.
Jimmy sorrise, sforzandosi di nascondere il disappunto. Tra lui e Leana le cose non andavano bene da tempo. Lei non si faceva sentire, lui nemmeno. E ogni volta che si vedevano finivano sempre per litigare per stupidaggini e per allontanarsi ancora di più l'uno dall'altra.
-No, io non credo. - replicò, senza menzionare il litigio. Non voleva che i suoi amici si facessero problemi inutili. Lui era il migliore amico di tutti; era lui a dover ascoltare, consolare e aiutare le persone con i loro problemi, non il contrario.
-La pensiamo più o meno allo stesso modo su queste cose e non sentiamo il bisogno di ufficializzare niente, a meno che non voglia pagare tu tutte le spese - scherzò, cingendo le spalle dell'amico con un braccio.
Matt sorrise. Era bello stare in compagnia di quei cinque.
-Sei sempre il solito, Jim - gli diede un pugno affettuoso sul braccio. -E adesso, divertiamoci!

Dopo ore e ore di festeggiamenti, ecco sbucare Jason Berry, nonché fratello di Matt, con tre o forse quattro barilotti.
-Ragazzi! - gli occhi di Jimmy si illuminarono -Adesso si comincia a ragionare!
Jason sorrise ai ragazzi, appoggiando i barilotti ai piedi del tavolo.
-Che dici Matt, li portiamo a casa tua? - propose, appoggiandosi alla spalla del cantante -Ci facciamo una bella bevuta come ai vecchi tempi.
Matt sorrise, ma non erano quelli i suoi piani. Non per quella sera.
-Temo di dovervi dire di no, ragazzi - sospirò, liberandosi dal braccio di Jason -Domani alle sei ho una partita di golf a Santa Barbara, devo guidare tanto e non è il caso di mettermi a bere proprio stasera. Mi dispiace.
-Sì, per stanotte passo anche io. Non mi va di bere - gli fece eco Zacky.
-Johnny?
-No Jason, scusa.
-Ragazzi, ci deludete! Brian, almeno tu?
-Mi dispiace ragazzi, berrei volentieri qualcosa, ma stasera non ho intenzione di esagerare. Credo che declinerò.
-Resto io, ragazzi. Non posso certo abbandonarvi in un momento del genere.
-Oh, Jimmy, sei la nostra salvezza! - i gemelli gli sorrisero, entusiasti.
I suoi amici, invece, lo guardarono con sospetto. Certo, non era una novità che Jimmy partecipasse ai festeggiamenti e ci desse dentro con l'alcol, ma loro avevano come un brutto presentimento.
-Sei sicuro, Rev? - gli domandò Matt, che non era tranquillo proprio per niente -Noi ce ne andiamo.
-Sì sì, ragazzi, - li rassicurò il batterista, accompagnandosi con un cenno della mano -andate pure tranquilli. Io me la cavo anche da solo. Voi non volete proprio restare?
-No Rev, scusa...
Jimmy si strinse nelle spalle.
-Peggio per voi, ci sarà più alcol per me - fece, sedendosi al tavolo mentre Jason gli versava del liquido trasparente in un bicchierino.
-Bevi anche per noi - soggiunse Johnny.
-Sicuro.
-Non esagerare però. - lo apostrofò Zacky.
-Non preoccupatevi, so badare a me stesso - fece, alzando il bicchiere.
-Allora va bene - i ragazzi sembrarono più sollevati -Ci vediamo più tardi, Rev.
-Sì, 'più tardi! - Jimmy sorrise, già alle prese con il terzo shottino -Ragazzi, un altro giro?


Qualche ora dopo...

Jimmy si chiuse la porta alle spalle, accese la luce e si piegò in due, le mani premute contro il ventre. Il dolore allo stomaco era così forte che quasi gli impediva di respirare. Si diresse a fatica verso il bagno e pensò che avrebbe vomitato. Si guardò allo specchio mentre frugava negli scaffali alla ricerca delle sue pillole e provò un vago senso di disgusto.
"Jimbo, stavolta hai proprio esagerato" disse a se stesso, scuotendo la testa. "Non puoi continuare così. Hai promesso."
Non avrebbe dovuto prendere farmaci, con tutto quello che aveva bevuto. Ma dannazione, faceva così male...
Si portò la mano alla bocca e mandò giù la pillola d'un fiato. Poi si diresse pigramente verso la sua stanza, in attesa che il dolore si placasse.
Dal mese precedente la situazione non aveva fatto che peggiorare. I crampi erano diventati più frequenti e il dolore due volte più intenso.
Per quanto tempo ancora aveva intenzione di andare avanti così?
Perché rovinarsi la salute e la vita in questo modo? Pensò che forse non c'era, un perché. Certe cose non le fai perché c'è un motivo. Le fai perché ti va di farle, e basta. Così faceva lui con l'alcol. Ci aveva provato, a combatterlo, ma quello era più forte di lui. Lui non aveva le forze per uscire da quella dipendenza, per andare avanti nella sua vita. Forse semplicemente non era fatto per quel mondo. Chissà.
Si buttò a peso morto sul letto.
Fissava il soffitto al buio, e pensava. Pensava che prima o poi l'avrebbe avuta vinta, su quel maledetto alcol. Che avrebbe smesso di bere e che non sarebbe stato più dipendente da quella roba. Se c'era una cosa da cui doveva essere dipendente, era la sua vita. Era quanto di più prezioso aveva, e non era giusto gettarla via. Al di là di tutto, la sua vita era felice. Di recente si era comprato una casa e una macchina nuova, si era sottoposto ad un intervento alla vista e, infine, stava lavorando con la band (la SUA band, i suoi migliori amici di una vita) a un album che avrebbe rivoluzionato l'intero mondo. Sarebbe stato una bomba. Non vedeva l'ora di tornare in studio, di finire l'album e di andare in tour con la sua band. Il dolore cominciava ad alleviarsi e lui a sentirsi più rilassato. Rilassato e... felice. Lentamente, le sue palpebre si abbassarono e iniziò a sentirsi inspiegabilmente leggero, ma non era una sensazione spiacevole. Anzi, tutt'altro. Gli sembrava di volare, si sentiva libero e sereno come mai si era sentito prima. Non ricordava l'ultima volta in cui era stato del tutto in pace con se stesso, ma ora non importava più. Voleva solo dormire. Dormire e lasciarsi andare, fino al mattino dopo. Poi sarebbe ricominciato tutto. Di nuovo.


Fu svegliato da un raggio di sole che penetrava dalla finestra della sua stanza. Huntington Beach non era certo famosa per le basse temperature, nemmeno nel periodo natalizio.
Strizzò gli occhi e si tirò su lentamente.
-Mmh - fece, stiracchiandosi -Ragazzi, che dormita!
Guardò rapidamente l'orologio e per poco non gli venne un colpo quando realizzò che era già mezzogiorno.
Chissà come mai aveva dormito così tanto. Doveva essere uno dei tanti effetti collaterali di quella merda che aveva preso la sera prima.
-Signor Sullivan? Signor Sullivan!
Una voce maschile proveniente dal soggiorno. Poi, dei passi.
James balzò in piedi di scatto.
Okay, chi cazzo era? Cosa ci facevano, chiunque essi fossero, in casa sua? Avrebbe giurato di aver chiuso a chiave la sera prima. Chi erano i mentecatti che si divertivano a fare scherzi?
Ah, ma adesso l'avrebbero sentito. Gli avrebbe fatto un culo così, a tutti quanti.
Ma non ebbe tempo di indugiare oltre, perché la porta della sua stanza si aprì di slancio ed entrarono niente meno che... i vigili del fuoco? Cosa?
-Eccolo, è lì! - fece uno di loro, puntando il dito verso il letto.
Jimmy non capiva.
-Ehi, che cazzo ci fate in casa mia? Chi vi ha fatto entrare?
Quelli però non sembrarono neanche sentirlo. Continuavano a fissare il letto. Poi, uno alla volta, si avvicinarono.
-Cosa state facendo adesso, che cos... - il resto gli morì in bocca quando si voltò verso il letto.
Sdraiato sotto le lenzuola c'era lui, disteso su un fianco con un'espressione fin troppo serena.
Aspetta... com'era possibile? Lui era lì in piedi nella sua stanza e, nello stesso tempo, era ancora infilato nel letto.
No, un attimo. Qualcosa non andava.
Forse doveva ancora riprendersi dalla sbornia.
Forse le pillole e l'alcol cominciavano a dargli alla testa.
Osservò incredulo i vigili del fuoco che cercavano disperatamente di rianimare il corpo sul letto.
Uno di loro gli prese un polso inerte tra le mani e dopo pochi secondi incontrò gli occhi dei suoi compagni.
-Niente da fare, è andato - sentenziò amaramente.
-Aspetta un momento, cosa? - esclamò Jimmy, sbalordito -Come sarebbe "andato"? Ehi, bello, ascoltami. Non ignorarmi, cazzo, ti sto parlando. Rispondi!
Niente, quello non voleva sentire ragioni. Esasperato, Jimmy provò a tirargli un pugno ma, inspiegabilmente, non riuscì nemmeno a sfiorarlo. Vide la sua mano fluttuare senza colpirlo, nonostante fossero vicinissimi.
Fu lì che iniziò ad avere paura. Okay, che cazzo stava succedendo?
Se lui era lì in piedi... come poteva essere allo stesso tempo sdraiato inerte sul letto? E soprattutto, perché nessuno sembrava vederlo né sentirlo?
Doveva essere uno scherzo, uno scherzo di pessimo gusto architettato dai suoi amici per fargli prendere un bello spavento.
Ma quali amici ti fanno uno scherzo del genere? No, i ragazzi non erano il tipo.
Che fosse un sogno, allora?
Perché allora non dava segno di svegliarsi? Perché gli sembrava tutto così reale?
-Fatemi passare! è mio figlio, voglio vederlo! Fatemelo vedere!
Mamma.
Oddio. Forse lei l'avrebbe tirato fuori da quella situazione così assurda. Lei avrebbe fatto qualcosa.
I coniugi Sullivan apparvero sulla soglia.
Barbara si fece strada spintonando i vigili del fuoco e si buttò in ginocchio ai piedi del letto.
-Jimmy - lo scosse delicatamente -Jimmy, tesoro. Svegliati, ti prego. Non mi lasciare. Jimmy, ti prego!
-Barbara, tesoro, calmati - le sussurrò il marito, tenendola ferma per le spalle.
-Signora... - uno dei vigili cercò di tirarla indietro, ma lei si divincolò bruscamente e per poco non gli assestò un pugno.
-Lasciatemi! è mio figlio! - emise un urlo straziante e scoppiò in singhiozzi.
Jimmy si tappò le orecchie. Era troppo doloroso. Non sopportava di vederli così.
-Mamma, papà, - disse, più a se stesso che ai genitori, che non l'avrebbero mai sentito -che mi sta succedendo?
Possibile che se ne fosse veramente andato?
Ma se veramente era morto, se veramente non c'era più... allora perché allo stesso tempo era ancora lì? Perché riusciva ancora a vederli e a sentirli? Perché non si era ancora dissolto nel nulla?

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Capitolo 2
*** CHAPTER 2 ***


Jimmy camminava avanti e indietro lungo una delle strade principali di Huntington Beach.
No, no e no. Non poteva essere morto. Era troppo giovane, aveva tutta una vita da vivere e troppe cose da fare. Non poteva certo lasciare la sua famiglia e i suoi amici proprio ora.
Beh, se non altro la previsione che aveva fatto quando aveva 15 anni si era rivelata giusta. Non ci sarebbe arrivato, ai trent'anni. Spaventoso.
Ma come poteva essere morto? Si era sentito così bene, la sera prima.
Dovevano essere state quelle pillole, e tutto quell'alcol che aveva buttato giù. Si maledisse mentalmente. Quant'era stato idiota, irresponsabile ed egoista. Glielo dicevano tutti, di non esagerare, che prima o poi questo suo vizio di bere l'avrebbe ucciso se non si fosse dato una regolata, ma lui niente, doveva sempre fare di testa sua.
E adesso? Che cosa aveva intenzione di fare? E quando i suoi amici fossero venuti a saperlo, come avrebbero reagito? Jimmy avrebbe voluto non saperlo. Ma sapeva di dover affrontare la realtà e non poteva né voleva andarsene prima di averci parlato almeno un'ultima volta. Forse era proprio questo a tenerlo ancorato alla terra. Il fatto che, nonostante avesse avuto una morte "serena", non avesse avuto modo di fare alcune cose, di scusarsi con alcune persone e di salutare tutti i suoi cari prima di andarsene.

Intanto intorno all'una del pomeriggio Matt, il frontman degli Avenged Sevenfold, stava tornando da Santa Barbara dopo la partita di baseball quando squillò il telefono.
Dannazione, pensò tra sé, proprio mentre guidava dovevano chiamarlo.
Estrasse il cellulare dalla tasca con un gesto rapido e se lo portò all'orecchio dopo aver letto il nome sullo schermo.
-Val?
-Matt... Oddio, Matt... Jimmy... - gli rispose la voce di sua moglie, intervallata da qualche singhiozzo.
-Tesoro, cos'è successo? Perché piangi?
-Jimmy... Jimmy è...
Jimmy? Cosa c'entrava Jimmy?
-Parla, mi stai facendo preoccupare.
-Matt, è terribile...
-Val, parlami - sospirò, spazientito -cos'ha combinato? Ha picchiato qualcun altro? Ha sfasciato qualche altra macchina?
-N-no... è... Jimmy è... è morto.
Matt non realizzò immediatamente.
-Cosa? - domandò, come se non avesse capito. Doveva aver PER FORZA sentito male.
-Matt... Mi dispiace - singhiozzò lei.
Il cantante sentì lo stomaco stringersi.
"Gave you all I had to give, found a place for me to rest my head... While I may be hard to find, heard there's peace just on the other side... I know you'll find your own way when I'm not with you tonight."
No. Non poteva essere.
-è assurdo! - esclamò -Com'è possibile?
-L'hanno trovato a casa sua... è morto... nel sonno... Mi dispiace tanto, Matt! - ripeté.
Matt restò in silenzio per un tempo che gli sembrò interminabile.
Poi lasciò cadere il cellulare e si sentì come se il sangue gli si fosse raggelato nelle vene, come se non pompasse più ossigeno al cuore.
Era così sconvolto che non si accorse nemmeno del furgone dall'altra parte della strada.
La macchina fece una brusca virata per evitarlo, rischiando di finire in un burrone.
Jimmy... morto.
No, non era possibile. Doveva aver per forza sentito male. Non poteva essere vero.
Quel burlone di Jimmy gli stava solo giocando uno scherzo dei suoi. Uno scherzo di pessimo gusto.
Okay, stai tranquillo. Mantieni la calma.
Riafferrò il cellulare. La mano gli tremava.
-Amore? Amore, ci sei?
-Tesoro... - deglutì a fatica -Jimmy è...
-Mi dispiace tanto - singhiozzò lei.
I suoi singhiozzi iniziavano a irritarlo. Le attaccò il telefono in faccia senza neanche rendersene conto.
No. Non poteva essere morto. Il suo Jimmy, il suo migliore amico, morto? No, non poteva accettarlo. Non quando fino a poche ore prima avevano riso e scherzato insieme.
E proprio mentre si stava ripromettendo di mantenere la calma, crollò sul volante e scoppiò in lacrime.
Ti prego, fa' che sia tutto uno scherzo architettato da quegli stronzi dei miei amici, fa' che non sia vero.
Poi, un'altra telefonata.
Barbara, la mamma di Jimmy. La sua chiamata non poteva certo ignorarla.
Cercò di darsi un contegno, di non farsi vedere così debole, ma poi fu costretto a rispondere prima che lo facesse la segreteria al posto suo.
-Barbara - tirò su col naso.
-Matt - anche lei piangeva. -Hai saputo? Jimmy...
-Sì, Val mi ha chiamato cinque minuti fa.
-Stai tornando a casa?
-Sì. Non credo di aver ancora realizzato che... Oh mio Dio...
-Mi dispiace che abbia dovuto saperlo così...
-Com'è successo?
-Non lo sanno ancora... Stanno...
-Scusa... scusami, non ce la faccio... - chiuse la chiamata e riprese a singhiozzare come un bambino.
Non poteva crederci. Si rifiutava di crederci.
Quanto erano stati stupidi. Ma perché l'avevano lasciato da solo? Se solo avesse accettato di portare i barilotti a casa sua...
Pianse per due ore di fila e, una volta giunto a casa, la trovò affollata. Dovevano esserci almeno 70 persone là dentro.
 No. Non adesso, cazzo, non adesso. Non voleva vedere nessuno.
-Matt, tesoro - sentì sua moglie che lo abbracciava, ma non riuscì a ricambiare.
-Devo chiamare i ragazzi - disse semplicemente, scansandola.
Qualcuno cercò di trattenerlo, ma lui li respinse bruscamente e si chiuse in camera da letto.
Si coprì il viso con le mani, cercando disperatamente di calmarsi e di mettere a fuoco la situazione.
Respirò a fondo, poi prese la prima cosa che gli capitò e la scagliò sul pavimento.
-Cazzo! - esclamò, in lacrime, mentre il vaso di porcellana andava infrangendosi in mille pezzi.
Perché Jimmy, perché?,si lasciò cadere sul letto, stringendo i pugni.
Sua moglie continuava a bussare alla porta e a cercare di calmarlo, ma lui non le badava. Non gli importava più niente di lei né dei suoi ospiti né della band. Il suo migliore amico era morto e nient'altro aveva importanza.

 

Johnny, Brian e Zacky raggiunsero Matt nella sua abitazione subito dopo aver ricevuto la notizia. Nessuno di loro se la sentiva di stare da solo. Avevano tutti bisogno l'uno dell'altro, di restare uniti. Separarsi in quel momento così terribile era fuori discussione.
Matt andò loro incontro e li abbracciò fortissimo. Non aveva bisogno d'altro.
Johnny ancora piangeva, mentre Zacky cercava di darsi un contegno. Brian invece semplicemente non reagiva. Si era sfogato abbastanza subito dopo la telefonata di Matt. Se Michelle non l'avesse fermato, avrebbe distrutto tutta la casa. Aveva pianto come mai aveva fatto in vita sua e ora fissava il vuoto, inespressivo.
Però quando si erano abbracciati di nuovo, gli occhi gli si erano riempiti di lacrime. Ridicolo. Jimmy l'avrebbe preso per il culo a vita.
-Non si sa ancora niente di come sia successo? - chiese Johnny, rompendo il ghiaccio dopo almeno 30 minuti di silenzio intermezzati da qualche singhiozzo.
-No, devono ancora fare l'autopsia... Secondo voi ha esagerato?
-Non ci sarebbe da stupirsi.
-Gliel'avevo detto, di non esagerare... Credevo che dopo quella sera...
Sapevano tutti a quale sera si stava riferendo. Era il giorno del suo compleanno, l'11 dicembre. Zacky voleva che Jimmy bevesse di meno, e lui lo sapeva. Alla festa c'era alcol di ogni genere, ma Jimmy non aveva bevuto neanche un goccio. Forse come regalo di compleanno per lui. Ma non fu il solo regalo di quella sera. A festa finita, Jimmy se n'era appena andato quando lo chiamò per dirgli che aveva lasciato la sua giacca, la sua preferita, appesa al suo attaccapanni.
Vieni a prenderla, gli aveva detto Zacky, sta piovendo, e poi sei a tipo due passi da casa mia. Nah, non preoccuparti, aveva risposto Jimmy. Zacky aveva insistito dicendogli che gliel'avrebbe riportata domani, ma lui niente. Non ci pensare, amico, gli aveva detto.
Come se sapesse.
Zacky scosse la testa per cacciar via il pensiero.
-Io ancora non ci credo - fece di nuovo Johnny, tirando su col naso.
-Supereremo questa cosa - cercò di incoraggiarli Matt -E scopriremo che cos'è successo. Restiamo uniti, e andrà tutto bene.
Ma non ne era convinto neanche lui. Perfino alle sue orecchie quelle parole suonavano forzate. Era troppo presto per parlare così.
Brian chinò il capo. Jimmy era un po' il migliore amico di tutti, ma con lui... con lui era diverso. La loro amicizia era diversa, più intima. C'era una tale affinità tra loro due. Avevano vissuto metà della loro vita insieme. Avevano lo stesso umorismo, gli stessi gusti in fatto di cinema e di musica, ma allo stesso tempo erano così diversi. Ma era proprio questa diversità a renderli così uniti, così inseparabili. Brian non sapeva immaginarsi un futuro senza di lui, né Jimmy sapeva immaginarsi un futuro senza Brian.
Era troppo. Non lo poteva accettare.

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Capitolo 3
*** CHAPTER 3 ***



Aveva assistito sia al Capodanno sia al funerale. Non era stato piacevole. Vedere i suoi amici e familiari così distrutti e tristi gli spezzava il cuore. Non voleva farli soffrire. Era comunque felice che stessero tutti insieme, che nessuno di loro si fosse isolato. Erano forti, e avrebbero superato anche quella. Prima o poi avrebbero dimenticato tutto.
Già gli mancavano tutti quanti. Lo mandava in bestia il fatto di non poter interagire con loro. Doveva esserci un modo, accidenti, si disse, mentre camminava senza meta.

-35, 36, 37... Bello, non fare il furbo con me, avevamo detto 40 dollari. Ne mancano tre.
-Eddai, Charles, che sono tre dollari in meno?
-40 è la mia unica offerta. Prendere o lasciare.
-Cheppalle. Tieni.
Charlotte gli rivolse un sorriso sornione e intascò il denaro, per poi girare i tacchi e tornare sui suoi passi.
In quella settimana aveva ricavato più di 300 dollari solo spacciando. Non si vergognava di ciò che faceva. L'importante era che non si sapesse troppo in giro.
"Prima o poi ti scopriranno", le ripetevano sempre le sue migliori amiche. "Ti sbatteranno dentro e dovremo pensarci noi a salvare il tuo culo bianco" la rimbeccava Sarah.
"E poi quella roba finirà per fonderti il cervello se continui così, te ne rendi conto?" diceva invece Ashley, cercando disperatamente di far ragionare quella cocciuta incosciente della sua amica.
Ma niente, Charles non le ascoltava. Era sicura che non l'avrebbero mai beccata, che a novant'anni sarebbe stata ancora in perfetta salute, si vedeva già, vecchia e un po' rinsecchita, seduta su una poltrona in veranda con uno spinello acceso tra le dita.
Niente e nessuno avrebbe mai potuto fermarla. Non c'era niente di più importante dei soldi e degli affari per lei, legali o illegali che fossero. Al diavolo gli affetti, i sentimentalismi e tutte quelle cose inutili con cui la gente solitamente perde tempo. L'amore? Bah. Ma poi, che significava veramente, amare? Nah, lei non era il tipo. E poi, nessuno gliel'aveva insegnato.
 

-Allora ragazzi, ci rolliamo uno spinellino? - domandò, rivolta a due novellini della sua compagnia, un ragazzo e una ragazza.
-Sì, ti prego! - esclamarono quelli, come due bambini a cui stanno offrendo delle caramelle. Il genere di ragazzini che hanno appena scoperto la canna e che fumano perché "va di moda" e "fa più grandi".
Fumarono passandosi la canna a vicenda e ridacchiando sguaiatamente, più per esibizionismo che per vero sballo.
Proprio in quel momento, Jimmy li intravide mentre passava per un vicolo cieco. Erano tutti e tre ammucchiati in un angolo e ridevano come degli idioti. Jimmy pensò che fossero ridicoli, poi però realizzò che non fosse molto diverso da ciò che aveva fatto lui più volte con i suoi amici. E non è che si fossero fermati alla marijuana, loro. Solo non immaginava che visti dall'esterno potessero sembrare tanto patetici.
-Ragazzi, sto volando! - esclamò la bionda al centro, sollevando le braccia.
Jimmy giunse a un passo da lei, studiandola con una smorfia di disapprovazione.
-Che mocciosa - commentò.
In quel momento la ragazza aggrottò le sopracciglia.
Avrebbe giurato di aver sentito una voce. Proprio lì, davanti a sé. Che se la fosse immaginata?
Guardò i due ragazzini al suo fianco, ma nessuno dei due sembrava esserci con la testa.
Bah, forse quella roba le stava veramente fondendo il cervello. Non che le importasse.
-Quando avremo abbastanza soldi ci compreremo una casa tutta per noi... e organizzeremo un rave al giorno - disse, accompagnandosi con una risata.
-Sarebbe fantastico! - le fecero eco gli altri due -Chissà che sballo!
Jimmy continuava a guardarli scuotendo la testa, le braccia incrociate.
-Dio, che gente minorata - fece, a mezza voce.
Tuttavia, la sua voce non fu bassa abbastanza da non essere sentita da Charlotte, che di nuovo si guardò intorno. Niente, ancora una volta non c'era nessuno a parte loro tre.
-Ragazzi - fece, studiando lo spinello con sospetto e disgusto -Ma che ci avete messo qua dentro? Questa roba comincia a farmi uno strano effetto.
-Se non la vuoi passala a me - fece la ragazza -ho troppa voglia di fumare...
-Quanti anni hai, quindici? Dove sono i tuoi genitori?
-Ahahahah buona questa, Josh! - fece Charles, convinta di aver sentito parlare l'amico.
Lui la guardò con un'espressione smarrita.
-Io non ho detto niente - rispose, alzando le mani.
Sulle prime Charles pensò che fosse l'erba a non farglielo ricordare, ma poi Jimmy involontariamente le diede il colpo di grazia.
-Mi piacerebbe farvi fumare dello zucchero per poi guardarvi mentre fingete di sballarvi. Patetici.
Charles iniziò a provare qualcosa di molto vicino al terrore.
L'aveva sentito. E ora era più che sicura di non esserselo immaginato.
-Oh, ma chi è stato? - esclamò spazientita, saltando su in piedi.
Gli altri due la guardarono come se fosse pazza.
-Che ti prende, Charles? - le chiese la ragazza.
-Avete sentito anche voi quella voce?
-Voce? No, quale voce?
-Voi non sentite niente?
Jimmy la guardò, stupefatto. Lei riusciva a sentirlo?
-Dici a me? - le domandò, mentre quella cercava di tapparsi le orecchie.
-Non è possibile, devo essere pazza, devo essere pazza.
-Mi senti?
-Ve lo giuro, ragazzi. è la voce di un uomo.
Jimmy tirò un sospiro.
-Non posso crederci - fece -Ehi senti, mi chiamo James Sullivan, devi aiutarmi...
-BASTA CAZZO, ma chi sei? Perché ti sento?
Stavo impazzendo, non c'era altra spiegazione.
Si portò le mani alla faccia.
-Charlotte? - la chiamarono i suoi amici, preoccupati.
-Scusate ragazzi, ho bisogno di stare sola - e così dicendo corse via quanto più velocemente possibile. Forse quella voce non l'avrebbe seguita. Forse sarebbe riuscita a seminarla.
Quando fu abbastanza lontana, si fermò per riprendere fiato e si appoggiò contro il muro.
Chiuse gli occhi e respirò a fondo.
Okay, ora doveva vederci chiaro. Perché sentiva quella voce? Prima non le era mai successo.
Anche sua nonna diceva di sentire le voci, ma quasi nessuno in famiglia ci credeva veramente. Pensavano tutti che fosse semplicemente un po' strana, o che con la vecchiaia fosse andata fuori di testa. Gliel'aveva detto, che avrebbe ereditato anche lei quel dono.
Peccato che Charlotte Compton non ci tenesse, a comunicare con gli spiriti e a venire scambiata per una pazza. Ecco perché in tutta la sua vita si era sempre sentita così diversa dagli altri, ecco perché gli altri tendevano sempre ad emarginarla. Chissà perché, però, questa cosa si era manifestata solo ora. Dopo ventiquattro anni. Cazzo.
-D'accordo, stammi a sentire: io e te non siamo mai andati d'accordo e io non conosco neanche il Padre Nostro, ma te lo giuro: basta con l'erba, basta con lo spaccio e basta con i rave, solo fai smettere quella voce, andrò anche a Messa ogni giorno, se necessario.
-Neanche per sogno! - Di nuovo la sua voce.
Charles emise un urlo e fuggì di nuovo.
Jimmy ridacchiò. Okay, ora si era divertito abbastanza. Era ora di andare a parlarci sul serio. Sperava solo che lo ascoltasse.
Charlie arrivò dritta a casa, chiuse la porta a chiave e tirò un sospiro.
Aveva bisogno di dormirci su. Forse era solo stanca.
Buttò giù un bicchiere d'acqua tutto d'un fiato e si guardò intorno.
Che fosse lì? Che l'avesse seguita fino a casa sua?
Che la stesse spiando? Che...
-Ehilà - fece, sentendosi una perfetta idiota -Sei ancora qui, specie di coso non definito? Se ci sei batti un colpo.
Aspettò qualche secondo.
Niente.
-Ho detto: se ci sei, batti un colpo - riprovò, a voce più alta.
Sembrava quasi sperare che ci fosse.
Ancora niente.
-Bene - sospirò -ti sei arreso, bravo.
Fece per avviarsi in camera sua, quando un fruscio alle sue spalle la bloccò.
-Come fai a sentirmi?
Per poco non le venne un infarto. Lo sapeva, era troppo bello per essere vero. Figurati se quello avrebbe smesso di perseguitarla. Eh no, troppo facile.
-Ancora tu? Ma che cosa vuoi? Chi sei?
Sto parlando da sola. Devo essere pazza.
Jimmy si sedette sul divano e appoggiò i piedi al tavolino.
-Sono un batterista, ma anche un cantante, un chitarrista, un pianista e un bassista...
-E sei morto.
-Non ti sfugge proprio niente eh, ragazzina?
-Non sono una ragazzina, ho 24 anni! - protestò lei, sedendosi sul divano a sua volta.
-Io invece ne farei 29 a febbraio - fece una smorfia -ma come vedi il destino mi ha giocato un brutto scherzo e...
-Sì, è chiaro. Hai una band, vero?
-Sì, - fece, dopo una breve pausa -sono il batterista degli Avenged Sevenfold, The Rev.
-E il tuo nome normale?
-James, James Owen Sullivan, ma puoi chiamarmi anche Jimmy, Jimbo, o Rev, o...
-Perché voi batteristi dovete farla sempre così difficile? Un semplice Jim no?
-Nah, decisamente troppo ovvio.
-Beh, non mi interessa quello che pensi. Tu per me sei Jim, fine della storia.
-Va bene, come vuoi. - Jimmy alzò le mani in segno di resa, e sorrise.
-Insomma, perché hai chiesto il mio aiuto?
-Ma mi sembra ovvio, per mettermi in contatto con i miei amici. Voglio solo chiedergli scusa e salutarli prima di andarmene.
-Cosa?
-Hai capito bene.
Charlotte sfoderò un sorriso sarcastico.
-Vuoi che vada a bussare a casa loro e a dirgli che c'è il loro amico morto che vuole parlargli? Questo vuoi che faccia?
-Senti...
-Ti rendi conto di quanto suoni ridicolo? Tu vieni da me così, dal nulla, io da un giorno all'altro scopro di sentire gli spiriti e tu pretendi che io molli tutto per aiutare te? Nemmeno ti conosco!
-Per conoscerci c'è tutto il tempo. Sono già morto, ricordatelo. Allora, mi aiuterai sì o no?
-No, no e no. - scosse vigorosamente la testa -è fuori discussione. Non so nemmeno da che parte cominciare e non ho alcuna intenzione di immischiarmi in faccende che non mi riguardano.
Jimmy non si scompose, tolse i piedi dal tavolino e accavallò le gambe.
-Perfetto - disse -vorrà dire che dovrò passare al piano B.
-Quale piano B?

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Capitolo 4
*** CHAPTER 4 ***


~
-Charlotte the Harlot show me your legs,
Charlotte the Harlot take me to bed.
Charlotte the Harlot let me see blood,
Charlotte the Harlot let me see love.
Taking so many men to your room, don't you feel no remorse?
You charge them a "fiver", It's only for starters.
And ten for the main course.
And you've got no feelings, they died long ago.
Don't you care who you let in?
And don't you know you're breaking the law with the service you're giving
.

Di nuovo! Charlotte the Harlot show me your legs...
Charlotte era sfinita. Continuava a scalciare sotto le lenzuola, la testa ficcata sotto il cuscino, sperando che quel darkettone fantasma smettesse di darle della puttana cantandole gli Iron Maiden e la lasciasse dormire. Era almeno la quindicesima volta che cantava a squarciagola senza stancarsi. In tutta la notte non era riuscita a prendere sonno nemmeno per un secondo. Non credeva di essersi mai sentita tanto disperata e frustrata in vita sua.
-Okay okay okay BASTA! Mi hai convinta. - esclamò, tirandosi su e lanciando un cuscino alla cieca.
Jimmy sorrise, soddisfatto. Funzionava sempre.
-A mali estremi, estremi rimedi. - disse, stringendo i braccioli della poltroncina.
-Ora posso dormire? - domandò lei, esasperata.
-Certo, ma se domani non mantieni la promessa renderò la tua vita un Inferno. Sai che posso farlo.
-Ti ucciderei.
-Ops, non puoi. Buonanotte, Charlotte.
-Vaffanculo, Jim.


-Coraggio - la incitò, vedendola esitare dopo averle dettato il numero di Brian -Qual è il problema?
Lei in tutta risposta abbassò lo sguardo.
-Non sono sicura di volerlo fare - confessò -Insomma, che cosa gli dovrei dire, che il suo amico morto lo sta cercando?
-Non userai esattamente quelle parole, ma sì.
-No - scosse la testa e si allontanò, iniziando a camminare avanti e indietro per tutta la stanza -Non posso farlo. è ridicolo.
Jimmy, di nuovo senza scomporsi, le si avvicinò, studiandola con un sopracciglio innalzato.
-Charlotte the Harlot sh...
Charles si sentì morire. Non poteva farle questo. Quella mattina si era svegliata con una faccia da zombie e due borse di Mary Poppins sotto gli occhi. Qualsiasi cosa, pur di non ripetere l'esperienza.
-OKAY OKAY OKAY! Scherzavo. - esclamò.
Jimmy sogghignò. Quanto gli piaceva rompere i coglioni alle persone.
-Aaaah, ecco! - fece.
-Ti odio.
-Chiama Brian.
Esasperata, Charlotte premette il tasto di chiamata.
La persona dall'altro capo del telefono rispose dopo quattro squilli.
-Pronto?
Charlie si schiarì la voce: -Salve, parlo con il signor Brian Haner?
-Junior - precisò Jimmy.
-...Junior?
-Sono io. Chi parla?
Charlotte sgranò gli occhi. E adesso?
-Coraggio, vai avanti - cercò di aiutarla Jimmy, che stava accanto a lei con l'orecchio premuto contro il telefono.
-Mi scusi per il disturbo - continuò, alla fine -Lei non mi conosce, mi chiamo Charlotte Compton e... so già che l'intera faccenda le sembrerà assurda e che mi prenderà per pazza (stento a crederci perfino io) ma chiamo per conto di James Sullivan, dice di essere un suo amico.
Silenzio dall'altro capo del telefono.
Brian Haner lasciò cadere la cornetta e si sentì trascinato nuovamente al 27 dicembre del 2009. Come avevano avuto il suo numero (privatissimo) di casa? Ma soprattutto, con che coraggio facevano questi scherzi?
Brian era stanco. Non aveva neanche voglia di arrabbiarsi. Tuttavia, non riuscì a nascondere una certa irritazione:
-Mi prende per il culo?
-Letteralmente, signore?
Jimmy si portò una mano alla fronte.
-Non l'hai detto sul serio, vero?
-Non rompere - sibilò lei, cercando di non farsi sentire.
Brian scosse la testa.
-Senta - fece -io non ho tempo da perdere. Non ho voglia di starla a sentire e invito gentilmente lei e tutti gli altri a smetterla con questi scherzi di pessimo gusto.
-Ma non è uno s...
Tu tu tu tu tu...
Charlie fu tentata di scagliare il cellulare per terra.
-Ha riattaccato! Hai visto, hai visto? Che ti dicevo?...
-Cosa aspetti, richiama! - la incalzò lui, che conosceva bene l'amico e che non si sarebbe mai perso d'animo.
-Ma lui ha... - cercò di protestare, ma fu subito interrotta.
-So che cosa ha fatto. - replicò lui bruscamente -Se permetti, però, io lo conosco un po' meglio di quanto lo conosca tu. Penso che gli faccia ancora malissimo, ed è normale. - fece una pausa -E so anche che non crede nella vita dopo la morte, né agli spiriti né a niente. Ma tu... tu puoi convincerlo... Puoi convincere tutti loro. Ti prego, permettimi di mettermi in contatto con loro solo una volta. Sono i miei migliori amici, sono ciò che ho di più prezioso al mondo, e io li ho lasciati così, da un giorno all'altro. Voglio solo chiedergli scusa.
Charlie quasi si commosse, perché lui sembrava così sincero. Non riuscì a non provare compassione per quel ragazzo, così giovane e già strappato alla vita. Pensò ai suoi amici, a come dovessero sentirsi tristi e incompleti senza di lui. Ma del resto, lei che cosa ne voleva sapere di rapporti umani? Lei tendeva a respingerle, le persone. Ad allontanarle. Non sapeva che cosa volesse dire voler bene a qualcuno. Nessuno gliel'aveva mai insegnato, no?

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