Nuova Vita ad Hogwarts

di fedekost
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quando Meno Te Lo Aspetti ***
Capitolo 2: *** Primo Contatto con il Mondo Magico ***
Capitolo 3: *** Spese ***
Capitolo 4: *** Ingannando l'Attesa ***
Capitolo 5: *** Una Vacanza coi Fiocchi ***
Capitolo 6: *** Partenza ***
Capitolo 7: *** Conoscenze ***
Capitolo 8: *** Finalmente Hogwarts ***



Capitolo 1
*** Quando Meno Te Lo Aspetti ***


Capitolo I
-Jamie, svegliati! Jamie!-
Controvoglia, gli occhi castani del giovane undicenne si aprirono lasciandosi abbagliare dalla luce mattutina.
-Cos’è successo?-
Queste furono le prime parole che il ragazzo pronunciò, ancora sdraiato sul letto e assonnato per via di una nottata trascorsa al computer.
-C’è un uomo che ti vuole vedere…dice di chiamarsi Robinson. Lo conosci?-
La voce della mamma era preoccupata, ma la faccia piena di botulino non lasciava trasparire alcuna emozione. Nella sua stanza di una casa nella zona più in di Londra, Jamie si trascinò giù per le scale, dove suo padre, il famoso chirurgo Oliver Summers, stava parlando con uno degli uomini più strani che Jamie avesse mai visto: abbastanza alto, indossava un paio di scarpe da ginnastica consunte, un kilt scozzese e una maglietta da surfista che lasciava ben vedere la sua pancia strabordante.
A coronare il tutto, quello che Jamie intuì essere il signor Robinson portava un paio di occhiali da sole rossi a forma di cuore.
Vedendolo Jamie sorrise e incuriosito da quella figura si avvicinò al tavolo e si sedette accanto a suo padre, che sorseggiava un caffè espresso.
Diana, la madre di Jamie, si affrettò a mettere nel piatto che il ragazzo aveva di fronte un paio di uova con la pancetta e a versare nel bicchiere del figlio dell’aranciata fresca.
Poi, con sorpresa, gli occhi di Jamie si posarono sull’orologio, che indicava le otto e dieci. -Mamma, ma tu sei pazza! Perché mi hai svegliato così presto!?-
La donna, agitandosi, guardò prima verso il marito, e poi verso l’uomo, che stringeva nella mano destra una busta da lettere di pergamena.
Il ragazzo, intuendo che qualcosa non quadrava, si affrettò a dire, con tono tanto calmo quanto curioso:
-Cosa mi state nascondendo voi? E poi- rivolse lo sguardo verso l’uomo –chi è lei?-
L’uomo guardò il signor Summers cercando un segno di approvazione, e l’uomo sorridendo gli fece un cenno di assenso con la testa mentre Diana si sedeva vicino a lui e gli stringeva la mano.
Il cervello di Jamie, intanto, cominciò a galoppare.
Pensò prima di tutto che quello fosse un avvocato e che i suoi volessero divorziare, ma poi vedendo i genitori che si stringevano le mani scacciò via l’idea. Allora in lui sorse il dubbio che qualche parente fosse malato, o addirittura morto.
In ogni caso, non avevano scelto una persona adatta per comunicarlo.
Immerso nei suoi pensieri, Jamie sobbalzò quando l’uomo cominciò a parlare.
-Io sono Oscar Robinson, e sono venuto qui per consegnarti questa.-
Dicendo ciò tese la mano che stringeva la lettera verso Jamie, che con qualche esitazione la prese e la aprì senza fare troppe domande.
Tirò fuori due fogli, e lesse il primo ad alta voce.
Era scritto con un inchiostro verde smeraldo e una scrittura chiara e precisa, e recitava:

Caro signor Summers,
con la presente la informiamo che lei è stato ammesso alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
I corsi cominceranno il primo settembre.
La preghiamo di mandarci una conferma via gufo entro e non oltre il 31 luglio prossimo venturo.
Cordiali saluti,
Daniel Phoenix, Vicepreside

-E’ uno scherzo?-
Le prime parole che uscirono dalla bocca di Jamie dopo aver letto la lettera erano tremolanti e diffidenti, ma sotto sotto il ragazzo sapeva che il contenuto della lettera era reale.
-No, ragazzo.- Cominciò il signor Robinson –Io sono un inviato del Ministero della Magia e mi hanno mandato qui per spiegare a te e ai tuoi genitori il contenuto di questa lettera. In quanto Babbani- A questa parola i genitori di Jamie non seppero cosa pensare –voi non potete essere al corrente dell’esistenza di un mondo parallelo al vostro, popolato da maghi e streghe.-
A questo punto il signor Robinson fece una pausa, perché, come l’esperienza gli aveva insegnato, dopo queste parole cominciavano le prime domande e polemiche.
-Buon uomo,- esordì il signor Summers –sia razionale, com’è possibile tutto ciò?-
Jamie leggeva sui volti dei genitori l’incredulità e la sbalorditaggine che le parole del signor Robinson avevano provocato, ma non riusciva ad essere d’accordo con loro.
Aveva passato l’intera esistenza da solo, a casa, con il suo gatto Elliot, e fin da quando aveva sei anni erano cominciate ad accadere strane cose.
Per esempio, una volta era riuscito a trasformare il suo gattino in una tigre famelica, e si era dovuto rifugiare nello stanzino per tre ore, prima di uscire e vedere il piccolo Elliot addormentato davanti alla sua porta.
In seguito trasformò il suo pesce rosso in un palloncino e non passò poco tempo che esplose, sporcando tutto.
Jamie era così disperato che si mise a piangere, e quando riaprì gli occhi era tutto tornato normale.
Così aveva cominciato a convincersi che quelle fossero semplici visioni, ma a quelle due ne seguirono altre, e presto Jamie cominciò a farci l’abitudine, sebbene non ne parlò con nessuno e non le reputasse magia.
Ma adesso la realtà vera era lì, racchiusa in quelle poche parole che erano scritte sul foglio davanti ai suoi occhi.
-Io ci credo. Però può darmi una dimostrazione?-
Sentì tutti gli occhi della stanza puntati su di lui: quelli dei genitori, sorpresi, e quelli dell’uomo, felici di non dover perdere troppo tempo.
-Ma certo, ragazzo.-
Detto questo tirò fuori dalla tasca, con un movimento teatrale, quella che sembrava essere proprio una bacchetta magica.
I signori Summers arretrarono, mentre Jamie si avvicinò ancora di più.
L’uomo si guardò intorno con circospezione e poi agitò leggermente la bacchetta in direzione delle finestre, sopra le quali si chiusero le tende.
La signora Summers urlò e suo marito sussultò, ma Jamie era rimasto affascinato da ciò e non vedeva l’ora di assistere ad un’altra magia. Nel frattempo, Elliot gli saltò sul grembo e si acciambellò.
Accarezzandolo, Jamie ascoltò le parole dell’inviato, rapito.
-Meglio essere sicuri…oh, non si agiti troppo, se suo figlio andrà ad Hogwarts farà questo ed altro! Ma adesso passiamo alle cose serie.-
Fece scorrere lo sguardo su tutto ciò che era sul tavolo e lo fermò quando giunse ad un bicchiere vuoto. Agitò leggermente la bacchetta e pronunciò una formula magica.
Il bicchiere cominciò a sollevarsi in aria, fluttuando, sotto gli occhi sorpresi della famiglia Summers.
Oliver si rassegnò e abbracciò sua moglie, e, guardando Jamie, gli disse:
-Decidi tu.-
Gli occhi di Jamie si illuminarono e la bocca si allargò in un sorriso quando, alzandosi e facendo cadere Elliot per terra, che sussultò e miagolando corse via, disse:
-Accetto!-

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Capitolo 2
*** Primo Contatto con il Mondo Magico ***


CAPITOLO II
I giorni che seguirono furono tormentati e difficili.
La signora Summers ancora non aveva accettato il fatto di doversi separare da suo figlio per così tanto tempo, e quindi passava la maggior parte del suo tempo seguendo quest’ultimo come un’ombra.
Il signor Summers, invece, trascorreva la giornata chiuso nel suo ufficio a fare telefonate a parenti ed amici per informarli che suo figlio, il piccolo Jamie Summers, era stato ammesso al famoso conservatorio svizzero e sarebbe partito all’inizio di settembre per passare l’intero anno scolastico lì, tornando solo per Natale.
-Non sapevo che Jamie fosse un amante della musica classica!- Aveva detto la nonna Elizabeth udendo la notizia.
-No, mamma, infatti non lo è.- Si giustificava Oliver –è solo che lo vogliamo allontanare da questa città…conosce gente che non ci piace.-
In tutto ciò, poi, Jamie doveva fingere di essere arrabbiato con i suoi genitori, mentre in realtà erano giorni e giorni che rileggeva la lettera di Hogwarts, ancora incredulo dell’accaduto, e non riusciva a togliersi quel sorriso ebete dalla faccia.
Il signor Robinson aveva spiegato ai signori Summers come arrivare alla via magica dove si compra l’occorrente per la scuola, Origon Anney o una cosa simile, e come raggiungere il treno che avrebbe condotto loro figlio presso la sua nuova scuola, ma Jamie era troppo occupato a contemplare il bicchiere volante e la lettera per ascoltarlo.
Quando il signor Robinson se ne era andato, la signora Summers si era accasciata sul divano e non aveva spiccicato parola fino al mattino seguente, mentre il signor Summers aveva parlato con Jamie.
-Sei sicuro della tua scelta?- gli chiese in tono apprensivo.
-Sicurissimo, al cento per cento! Non vedo l’ora di partire!-
Lo sguardo di Oliver si addolcì vedendo la determinazione di suo figlio, e decise subito di appoggiarlo nella sua decisione.
Dopo quel “momento di debolezza”, come lo definiva lui, sul suo volto riaffiorò l’espressione seria e composta che da sempre lo contraddistingueva. Quando la bocca si mosse, Jamie pensò subito che il padre gli volesse vietare di partire, ma quando sentì le parole del genitore si tranquillizzò e lo abbracciò.
-Bene- aveva detto il padre –allora preparati, comincio ad avvertire i parenti che andrai in un conservatorio svizzero e poi tra una settimana andiamo in quel posto che diceva il signor Robinson!-
Jamie era al settimo cielo, e non riusciva a fingere di essere arrabbiato.
Camminava per casa senza una meta e sembrava volare. Stringeva sempre la famosa lettera in mano, e l’aveva letta così tante volte che ormai poteva recitarla a memoria.

I ritmi famigliari ormai si erano ristabiliti quando il signor Summers decise di portare suo figlio a fare acquisti per la scuola.
All’interno della sua Mercedes nera con i finestrini oscurati, percorreva con lo sguardo tutti i numeri civici della via datagli dal signor Robinson.
Sul sedile posteriore dell’auto Jamie guardava fuori dal finestrino, ma i suoi pensieri erano ben diversi da ciò che poteva lasciar trasparire: non vedeva l’ora di varcare la soglia di Diagon Alley per comprare tutto ciò che gli sarebbe servito. Più di tutto non vedeva l’ora di avere una bacchetta.
La Mercedes nera si parcheggiò all’angolo della strada e padre e figlio scesero dall’auto velocemente.
La signora Summers aveva deciso di non accompagnarli perché, diceva, aveva troppo da fare con le faccende di casa. Jamie non ci credeva, anzo sospettava che la madre fosse spaventata dalla situazione che era nata, ma comunque fece finta di nulla ed accettò la scusa senza dire una parole.
Cercando di non farsi vedere, si diressero verso un piccolo locale che sembrava invisibile agli occhi delle persone che correvano per la strada e vi entrarono.
Jamie non aveva mai visto nulla di così strano, e a quanto pare nemmeno il signor Summers, lo si capiva dal suo sguardo esterrefatto: c’erano ovunque persone vestite in modo eccentrico, con strani cappelli e lunghi mantelli di tutti i colori. Sulle spalle di alcuni si potevano trovare piccoli o grandi gufi, e quasi ogni persona aveva, davanti a sé, un bicchiere colmo di quella che sembrava essere birra.
-Buongiorno signori!- strillò una donna al di là del bancone.
Era una donna molto burbera, con lineamenti marcati e braccia muscolose. I capelli corvini le ricadevano sulle spalle in due trecce disordinate da sotto una bandana rossa intonata al vestito, e uno degli occhi era di vetro.
Jamie rabbrividì alla sua vista, ma cercò di mascherare la sensazione quando suo padre si avvicinò alla donna e le sussurrò qualcosa. Passarono pochi attimi che la donna uscì da dietro il bancone, lo prese per la cravatta e lo trascinò nel retrobottega.
-Vieni!- urlò il padre a Jamie, che lo seguì correndo.
Arrivati nel retrobottega, la donna disse:
-Ricordate bene questa combinazione…primo anno eh! Devi essere un Nato Babbano, altrimenti sapresti come accedere!-
Con queste parole tirò fuori la bacchetta da sotto il mantello e colpì in sequenza quattro mattoni del muro di fronte a loro. Fatto ciò se ne andò senza aggiungere altro, ma Jamie avrebbe giurato che gli avesse fatto l’occhiolino.
Quando portò nuovamente lo sguardo al muro, vide prima suo padre a bocca aperta, e poi che alla massiccia parete si era sostituito un arco.
Oltre l’arco c’era uno degli spettacoli più affascinanti che Jamie avesse mai visto: un mare di persone vestite in modo tanto strano quanto quelle che erano nel locale si affrettava a fare acquisti, mentre bambini si rincorrevano per la strada e gufi di tutti i colori e dimensioni volavano in aria, alcuni con dei foglietti attaccati alle zampe.
Incantato da quella visione, Jamie sussultò quando il padre gli disse, in modo burbero ma che nascondeva l’ammirazione:
-Andiamo? Prima fermata, la banca! Dobbiamo pur cambiare i nostri soldi, no?-
Jamie annuì, e seguendo il padre attraversò quell’infinità di persone per arrivare poi, dopo cinque minuti di camminata, davanti ad un edificio altissimo, bianco e antico. L’insegna sopra il grande portone d’ingresso recitava, chiaramente, “Gringott “.
Il signor Summers e suo figlio stettero qualche attimo a guastarsi lo spettacolo, ma presto Oliver prese il ragazzo per mano e lo trascinò dentro, attraverso la grande porta di legno massiccio.
Ormai Jamie non riusciva più a immaginare cos’altro di strano potesse esserci in quel mondo a lui nuovo: tantissimi piccoli uomini con delle dita lunghissime e dei nasi adunchi si aggiravano per l’atrio e dietro i banconi, contando soldi, parlando con maghi di tutte le età e pesando ogni genere di oggetti su bilance d’oro.
Sempre trascinato dal padre, Jamie si avvicinò ad un bancone vuoto, dove uno di quegli esseri li accolse con uno strascicante e annoiato –Prego, in cosa posso aiutarvi?-
-Buongiorno- Esordì il padre di Jamie, evitando accuratamente di chiamarlo “signore” e cercando di dissimulare l’inquietudine per la vista di una cosa tanto fuori dal comune. –volevamo cambiare del denaro-
A queste parole la creatura si tirò su e disse, più energicamente di prima:
-Perfetto…posizioni ciò che vuole cambiare qui, davanti a me.- Disse indicando con il lungo dito una rettangolo di cuoi posizionato sopra il bancone. Jamie notò che quel cuoio aveva qualcosa di stano…forse perché lo caratterizzava una sfumatura verde?
Titubante, Oliver Summers tirò fuori dalla tasca un portafoglio rilegato in pelle di una delle marche Babbane più prestigiose ed estrasse mille sterline tonde. Indugiando ancore le posò davanti a “quel coso” e attese.
Jamie guardava tutta la scena affascinato. In fondo si trattava solo di un cambio di denaro, ma non vedeva l’ora di poter osservare da vicino la moneta magica.
-Un attimo, prego-disse l’essere in tono autoritario, per poi sparire oltre una tenda dietro il bancone.
Padre e figlio stettero zitti a guardarsi intorno, finché dalla tenda non tornò la creatura con un sacchetto che sembrava essere abbastanza pesante pieno di monete tintinnanti.
-Prego- sussurrò al signor Summers, e senza altre parole tornò ai suoi calcoli. I Summers intuirono che l’operazione era finita.
Insieme cominciarono a camminare verso l’uscita, e giunti fuori, sotto il sole caldo e cocente dell’estate, il signor Summers, impettito, domandò al figlio, fiero:
-Da dove vogliamo cominciare?-
E Jamie sorrise.

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Capitolo 3
*** Spese ***


=Nota dell'Autore=
So che in questi primi tre giorni ho postato un capitolo al giorno, però vi volevo solo informare che è successo perchè sono in un posto dimenticato dal mondo e non so che fare se non scrivere...tutto ciò per dirvi: non abituatevi! Vi volevo inoltre ringraziare per le recensioni che mi avete lasciato: per favore, continuate a farmi sapere cosa ne pensate!


CAPITOLO III
Camminando per quella via eccentrica che era Diagon Alley, Jamie si accorse che effettivamente quando l’aveva percorsa la prima volta non aveva notato molti dei negozi che vi si affacciavano, con le loro vetrine pieni di oggetti di ogni tipo.
Avrebbe voluto avere cento paia d’occhi per riuscire a vedere tutto, e così sembrava pensarla anche suo padre, che guardava ciò che lo circondava con lo sguardo di un bambino che entra in un negozio di dolci: c’erano numerosi negozi che vendevano penne d’aquila per scrivere, oppure un paio di empori che vendevano animali; l’attenzione di Jamie fu attratta poi da una viuzza secondaria che si separava da Diagon Alley e si snodava verso l’oscurità.
All’inizio il ragazzo fu tentato di entrarci, ma vedendo un paio di enormi serpenti strisciare nell’ombra decise che sarebbe stato meglio evitare. L’insegna inoltre, penzolante e sinistra, di certo non faceva buona pubblicità agli avventurieri come lui: Notturn Alley
Percorrendo la via vide anche un negozio di manici di scopa, nella vetrina del quale era esposto un gioiellino del settore: avvicinandosi, Jamie lesse sulla targhetta di ottone accanto alla scopa, in lettere svolazzanti:

N.A.S.A. – Nimbus Accuratamente Studiata per le Acrobazie

Il mondo magico lo stupiva sempre di più. Non sapeva dire quanto avrebbe dato per poterla possedere, ma la lettera diceva chiaramente che quelli del primo anno non potevano avere manici di scopa personali, quindi era meglio evitare.
Passando davanti all’erboristeria un misto di odori si insinuò nelle narici del ragazzo, che non sapeva dire se fosse gradevole o vomitevole. Scelse la prima opzione: sicuramente il buon’umore aveva influito molto nella sua valutazione.

Il sigonr Summers era sempre conosciuto per la sua grande organizzazione mentale, e non mancò di applicarla anche nell’acquisto del materiale scolastico di suo figlio.
Per prima cosa lo portò al negozio di libri che più lo ispirava, una grande bottega chiamata il Ghirigoro, dove si fermò ad osservare ogni singola copia per scegliere quella che più era ben fatta.
Alle prime pagine sussultò e ridacchiò, vedendo le figure nei libri muoversi e salutarlo con la mano, o addirittura intente ad uccidersi a vicenda, ma poi ci prese l’abitudine e continuò la sua analisi silenziosamente, mentre Jamie sbirciava qua e là per la libreria, curioso.
Quando uscirono da quel negozio pieni di pacchi e pacchetti, il signor Summers, sebbene il figlio glie l’avesse recitata a memoria, volle fermarsi a ricontrollare la lettera,e decise di andare a acquistare il resto dell’occorrente mentre Jamie andava a comprare la bacchetta.
-Stai attento-gli disse lasciandogli in mano una trentina di monete d’oro, quelle chiamate Galeoni.-E non fare spese folli! Ci vediamo al negozio di abiti dall’altra parte della strada e andiamo a fare la divisa!-
Proprio in quei momenti Jamie vide nel padre l’emozione di un bambino, e scoprì un suo lato che non aveva mai conosciuto. Quasi gli dispiaceva di non poterlo scoprire.
Sembrava più emozionato del figlio.
-Tranquillo papà, non ti preoccupare…vai!-Aggiunse poi, vedendo che il padre era rimasto imbambolato a guardarlo con gli occhi un po’ lucidi.
Però si riprese e si girò entrando, con un tintinnio della campanella, nel negozio pieno di persone.
Jamie, invece, si soffermò nuovamente a guardare maghi e streghe, e fece un salto quando un uomo vestito di nero gli passò davanti calpestandogli un piede. Non si trattenne nemmeno a chiedere scusa, ma Jamie non ci badò ed entrò nella bottega delle bacchette.
Sopra la porta c’era u’insegna consunta e lisa, schiarita dal tempo. Alcune lettere mancavano, ma non era difficile immaginarle. La parola più grande, quella che Jamie immaginò essere il nome del proprietario, era Olivander.
Dentro c’erano un paio di persone che ancora stavano aspettando e che seguivano un uomo giovane, sui trentacinque anni, attraverso gli stretti corridoi di ricolmi di sottili scatole di cartone. Davanti a lui c’erano una vecchia signora con un ragazzo di quindici anni, al quale diceva, con tono fiero -Prefetto! Ti meriti una nuova bacchetta!-; ed una bambina della stessa età di Jamie, con gli occhi verdi e i capelli castani, abbastanza alta per avere quell’età, accompagnata dal padre.
L’undicenne attese pazientemente il suo turno cercando di scoprire quale fosse il metodo per scegliere una bacchetta, ma non ebbe risposta fino a che non venne il suo turno.
-Il prossimo!- aveva urlato l’uomo con una voce profonda e lenta, propria di una persona anziana.
Jamie seguì quella voce e giunse in uno scompartimento lungo e stretto: ci passava a stento una persona.
-Allora, ragazzo…come ti chiami?-disse sempre con la stessa voce Olivander, prendendo un metro e incantandolo con la bacchetta affinché misurasse da solo Jamie.
-Jamie Summers, signore-rispose educatamente Jamie, anche se riteneva inutile quella domanda. Nel frattempo il metro si accasciò a terra, e Olivander dovette nuovamente incantarlo.
-Eh, i tempi sono cambiati da quando la bottega era di mio nonno!-
Jamie annuì lievemente, sebbene non avesse idea di cosa stesse parlando quell’uomo di fronte a lui, però capì che il vecchio proprietario era andato in pensione, oppure morto.
Quando il metro finì di misurarlo, Jamie si rilassò e attese che Olivander dicesse qualcosa.
-Dunque, dunque, dunque…signor Summers, cosa ne dice di questa bacchetta?-
Jamie, mentre prendeva in mano la bacchetta che Olivander gli passava, notò che il tono della domanda non era molto sicuro, ma non ci fece caso. Annuì.
-Faggio, dodici pollici, con cuore di piuma di cosa di fenice-
Jamie non capì molto quello che l’uomo diceva, ma comunque quando prese in mano la bacchetta sentì una certa energia calda dentro di sé che, partendo dalla mano che impugnava la bacchetta, percorreva tutto il braccio e, diffondendosi per il resto del corpo, si disperdeva. Intanto dalla punta del bastoncino di legno cominciarono a fuoriuscire delle scintille gialle, allegre.
-Al primo colpo, è la prima volta che mi succede!-disse Olivander, ma Jamie capì che l’uomo avrebbe preferito pensarlo, perché subito dopo aver pronunciato quelle parole si azzittì, assunse un’aria più composta e aggiunse, facendo finta che non fosse successo nulla:
-Perfetto signor Summers…fanno tredici Galeoni.-
Jamie si sorprese: non poteva dire di essere un asso in matematica, ma sapeva bene che trenta meno tredici faceva diciassette, e con diciassette Galeoni chissà quante cose avrebbe potuto comprare?
Sorrise incoraggiante pagando senza aggiungere altro, e uscendo salutò educatamente.
Passò davanti alla vetrina del negozio dove il padre era entrato, e lo trovò a testare ogni singola penna.
A quanto pare ne avrebbe avuto ancora per molto.
Jamie sorrise di nuovo e si diresse a passo spedito verso il negozio di scope.
Entrò, e vide che la calca di ragazzini di tutte le età si concentrava davanti alla famosa N.A.S.A. Il resto del negozio era vuoto, e un commesso si affrettò ad andare verso di lui con uno sguardo speranzoso ed ebete in faccia.
-Come posso aiutarti, caro?-disse in modo viscido.
-Oh, grazie, stavo solo guardando.-disse distrattamente Jamie. La sua attenzione fu attratta da un bauletto di legno, dipinto di verde e finemente intagliato, con dei ghirigori dorati scolpiti sopra.
Il ragazzo si diresse in quella direzione e il commesso, imperterrito, lo seguì.
-Ah, si, vedo che il nostro Boccino d’Oro ti attira, eh?-
Jamie annuì, pur non sapendo cosa fosse un Boccino d’Oro. Aprì con mani tremanti il bauletto di legno e vide una piccola pallina, delle dimensioni di una noce, brillante e dorata. Un paio di ali argentee, che sembravano fatte di ragnatela, erano avvolte intorno al Boccino.
Sebbene non ne conoscesse la natura o l’utilità, Jamie non resistette dal comprarlo, e dopo pochi minuti era fuori dal negozio con due pacchi in mano: uno contenente la bacchetta e l’altro contenente il bauletto con il Boccino. Allo stesso tempo decise di non dire nulla al padre, anche se ormai aveva capito che il mondo magico lo affascinava: non voleva che si arrabbiasse, visto che gli aveva detto di non fare spese folli.
Quando si incontrarono da “Figli di Madame McClan” il signor Summers era davanti alla vetrina già da una decina di minuti, passati a leggere scrupolosamente la lettera e passare in rassegna i suoi acquisti.
Vedendo il figlio arrivare non lo salutò nemmeno, anzi lo accolse così:
-Hai preso la bacchetta? Quanto hai speso? E questo cos’è?- Jamie dovette un secondo elaborare quelle domande, così tante tutte in una volta, e infine, dopo una breve riflessione, disse:
-Numero uno…sì; numero due…venti Galeoni; numero tre…una cosa che mi attirava: l’ho pagata 6 Galeoni. Ecco il resto.- Aggiunse versando sulla mano tesa del padre quattro scintillanti monete d’oro zecchino.
Stranamente il signor Summers non fece domande, anzi mise in tasca il denaro e si concentrò sulla vetrina per poi entrare dopo qualche minuto.
Jamie intanto stava guardando uno strano uomo con un cappello che aveva, sulla cima, in equilibrio precario, un piccolo pavone. Sembrava vero.
Lo seguì con lo sguardo per la strada fino a che la testa del signor Summers emerse dalla porta e disse, in tono autoritario ma divertito:
-Vuoi entrare o ti serve un invito scritto?-
Subito rinfilò la testa dentro il negozio e Jamie lo seguì.
Ecco un altro posto che sarebbe rimasto impresso nella memoria del giovane per molto, molto tempo: due uomini ed una donna facevano capolino dietro tre sgabelli, sopra ognuno dei quali c’era, in piedi, uno studente di Hogwarts che aveva bisogno di una divisa. I commessi sembravano danzare tra gli sgabelli e il bancone, dove prendevano la stoffa e ogni altra cosa necessaria, ogni tanto scambiandosi consigli e giudizi. Qualche volta davanti a Jamie passavano stormi di spilli volanti o tappeti di stoffa che fluttuavano verso chi ne aveva bisogno, e incantato da questo spettacolo Jamie non notò che, seduto su un quarto sgabello, vi era un uomo mingherlino, con gli occhi incavati e delle profonde occhiaie, i capelli neri e unticci, intento a leggere La Gazzetta del Profeta.
Jamie non aveva mai visto un giornale così, nel quale le immagini si scambiavano di posto e la gente si muoveva nelle foto, e osservandolo curioso si fece trascinare dal padre sullo sgabello libero. Solo quando il signore si spostò e chiuse il giornale Jamie tornò alla realtà e in men che non si dica l’uomo si presentò, con una voce roca e profonda:
-Buongiorno, io sono il signor McClan, siete qui per Hogwarts immagino.-
Il signor Summers stava già per rispondere con tono eccitato che le parole gli morirono in bocca, visto che il signor McClan, senza nemmeno aspettare una risposta, si era girato e aveva dato ordine ad un metro volante di prendere le misure (proprio come quello di Olivander) mentre lui si andava a rifornire di stoffa.
Mentre l’uomo lavorava e di tanto in tanto chiedeva informazioni al ragazzo, quest’ultimo parlò a suo padre di Olivander, e l’uomo fu interessato nell’ascoltarlo: si vedeva l’invidia che provava nei confronti del figlio, sebbene facesse di tutto per non darla a vedere.
-…e poi mi ha dato la bacchetta, proprio quella,- disse Jamie indicando il pacchetto lungo e sottile dietro il padre-e sono uscite delle piccole scintille gialle. Mi ha fatto pagare tred…volevo dire, venti Galeoni e poi me ne sono andato.-concluse Jamie, e nello stesso momento il signor McClan gli tolse la divisa di dosso e lo fece scendere dallo sgabello.
-Se mi vuole seguire alla cassa- disse con il suo solito tono annoiato.
Il signor Summers annuì e seguì l’uomo al bancone dei tessuti, sepolto sotto il quale vi era una vecchia cassa di ottone e ferro.
-Fanno quarantasette Galeoni, prego.-
Dal modo in cui il signor Summers pagò si intuiva che non vedesse l’ora di uscire dal locale, e quando furono fuori si dimostrò molto più aperto e cordiale verso il figlio, raccontandogli ciò che aveva fatto in sua assenza.
-E quella vecchia scema all’erboristeria mi voleva vendere delle provette scheggiate, ma lo sai che le ho detto?-chiese al figlio, ma il ragazzo intuì che non volesse anche una risposta-Le ho detto che mio figlio deve avere il meglio e l’ho spedita a prendermene altre- continuò tutto impettito mettendo un braccio intorno alla spalla di suo figlio.
Era strano come la situazione, dall’arrivo del signor Robinson, fosse cambiata: prima padre e figlio si dicevano si e no “buongiorno”, “buonasera” e “mi passi l’olio?”, mentre ora si ritrovavano a vivere un vero momento padre-figlio, come andare a pesca o giocare a baseball.
-Un’ultima cosa…vuoi che ti compri un gufo?-domandò il signor Summers, che già aveva adocchiato un negozio di animali chiamato Serraglio Stregato.
-No, grazie papà, ma credo che mi porterò Elliot- sorrise di rimando il ragazzo. Non voleva che il padre spendesse troppi soldi, e in più aveva già deciso da tempo di portare il suo gatto con sé.
L’uomo abbassò lo sguardo un attimo, deluso, per poi rialzarlo e dirigerlo nuovamente verso il figlio.
-Allora, Jamie, sei soddisfatto della giornata?- domandò il padre già immaginando la risposta.
-Altroché!-disse Jamie allegramente, sebbene faticasse molto sotto il peso dei pacchi. Ma vedendo che suo padre ne portava molti di più e sembrava sudare, sorrise e senza lamentarsi si diresse oltre l’arco, fuori dal Paiolo Magico e verso la Mercedes nera, che partì dopo qualche minuto con un rombo del motore.

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Capitolo 4
*** Ingannando l'Attesa ***


Nota dell'Autore
Volevo solo ringraziare tutti coloro che mi hanno lasciato le recensioni e informarvi che forse questo capitolo vi deluderà un po'. E' piuttosto breve, ma piucchealtro ha un valore ai fini della storia e, anche se non lo reputo all'altezza degli altri tre, comunque lo devo inserire. Buona lettura, e ditemi che ne pensate!

CAPITOLO IV
La signora Summers aveva aspettato tutta la mattinata in cui marito e figlio erano andati a comprare l’occorrente per quella scuola seduta sul divano, sorseggiando tè e guardando le foto di Jamie: qui era piccolo, nella vasca da bagno, e teneva in mano una paperella di gomma; in quella invece era al suo primo giorno di elementari, con un grembiulino azzurro e uno zainetto rosso sulle spalle: in quell’altra invece era in costume, sul gradino più alto del podio, sorridente, con in mano una coppa d’oro, che brandiva fiero in aria.
Sul viso della donna nacque una piccola lacrima, che scese per la faccia.
Non riusciva a credere che il suo bambino fosse così cresciuto, e che ora stesse per lasciarli, inghiottito da quella scuola.
Sentendo il rombo del motore, chiuse in fretta e furia gli album fotografici, si asciugò velocemente la lacrima e si alzò per andare ad aprire la porta.
Jamie e il padre stavano percorrendo il vialetto, portando numerosi pacchi con sé. Stavano ridendo, e la signora Summers non ricordava da quanto tempo non succedesse una cosa simile.
Sorrise, per poi andare loro incontro, pronta a prendere qualche pacco per aiutarli.

Jamie e il signor Summers avevano scherzato per tutto il viaggio di ritorno, e avevano parlato del futuro del ragazzo alla scuola di magia.
-Spero solo che ti ricorderai di noi- disse il signor Summers, malinconico.
Jamie stette zitto e volse lo sguardo fuori dal finestrino, dove una vecchietta, trascinata da un grande cane possente, stava attraversando la strada.
Facendola notare al padre, risero un po’ e il signor Summers gli raccontò alcuni simpatici aneddoti, e così la strada per tornare a casa fu più piacevole.
Quando furono arrivati, la signora Summers venne loro incontro sorridendo e li aiutò a portare dentro i pacchi, che appoggiarono nel ripostiglio della stanza di Jamie.
Dopo aver finito il lavoro si sedettero sul divano del salone e bevvero insieme in silenzio il tè che Diana aveva prontamente preparato.
Quando l’ebbe finito, Jamie lasciò i suoi genitori a chiacchierare in salone e salì in camera sua, sedendosi sul letto dove poco tempo prima la sua vita aveva cominciato a cambiare.
Osservò la stanza che lo circondava: aveva le pareti ricoperte di poster di Super Mario, oppure con foto di lui e dei suoi amici.
Non aveva pensato al fatto di doverli lasciare fin’ora.
Forse era preso dall’impazienza di partire, o forse aveva volutamente evitato l’argomento con sé stesso, però comunque non aveva considerato quel grande e scomodo particolare.
Lesse poi sul calendario che era il ventidue luglio, e che mancava dunque circa un mese alla sua partenza.
Per la prima volta dopo la scoperta della sua vera natura una nota di malinconia si insinuò dentro di lui e lo fece restare lì, seduto sul letto, a pensare e a riflettere.
I suoi amici avrebbero sicuramente cercato di contattarlo, ma il padre di Jamie gli aveva detto di aver sistemato tutto e che non ci sarebbero stati problemi per la corrispondenza, ma di certo questo non gli alleggeriva il peso che aveva nel cuore.
Staccò alcune foto, quelle più belle, in cui lui ed i suoi migliori amici erano abbracciati sulla riva di un lago in Scozia,durante una gita scolastica, e quella nella quale erano sulle montagne russe di Disneyland Resort Paris.
Sorrise proprio come la mamma aveva fatto poco prima, anche se lui non lo sapeva, e, proprio come la donna, qualche piccola lacrima gli scese per le guance fino a bagnare una foto, che l’undicenne asciugò prontamente.
Sentendo bussare, sistemò tutto nel baule e si sedette sul letto asciugandosi gli occhi.
-Avanti!-disse con un tono di voce esageratamente alto, come a cercare di mascherare il suo stato d’animo.
-Ho una cosa da dirti.-esordì il padre entrando nella stanza e sorridendo.
Jamie si allarmò, e pensò nuovamente che il genitore avesse cambiato idea, che la mamma lo avesse influenzato. Nascondendo magistralmente quelle emozioni annuì al padre, che si sedette sul letto vicino a lui.
-La mamma ed io abbiamo pensato che, siccome tu partirai, forse sarebbe stato bello passare tutto il tempo che resta insieme…che ne pensi?-
La prospettiva di passare i restanti quaranta giorni con i suoi genitori, che fino a quel momento non lo avevano nemmeno visto, tanto presi com’erano dal loro lavoro, non lo rallegrava troppo, ma orami era bravo nel mascherare i suoi pensieri, e quindi disse, con tono allegro:
-Ne sarei felice…avete in mente qualcosa di particolare?-
Il padre mostrò un’espressione enigmatica e divertita, ed evitò di rispondere alla domanda, rassicurando il figlio con un sorriso.
Jamie rimase tutta la giornata sdraiato sul letto a pensare inizialmente al piano del padre, ma poi si perse nella lettura del libro che sembrava il più affascinante di tutti quelli che aveva comprato: storia di Hogwarts.
Le sue giornate continuarono così per circa una settimana, tanto che, quando un giorno il padre entrò nella sua stanza per dirgli di preparare la valigia per l’indomani, Jamie si era completamente dimenticato della sua promessa.
Senza però replicare, preparò la sua valigia silenziosamente e velocemente e si rimise a leggere il suo libro fino a notte fonda.
La mattina dopo suonarono alla porta e Jamie si svegliò di soprassalto. Sentì un paio di voci che sussurravano, e poi la porta si richiuse e lui si riaddormentò.
Poco dopo accadde nuovamente la stessa situazione, e Jamie stavolta, spazientito, decise di scendere giù.
Alla vista di quello che lo aspettava non poté fare a meno di illuminarsi: i suoi due migliori amici, Seteve e Russel, lo aspettavano con due valigione cariche, così piene che sembrava che stessero per esplodere.
-Insomma mi hanno detto che non staremo in classe insieme l’anno prossimo.-cominciò Russel con una punta di acidità nella frase.
-Eh già…ma che ci fate qui?-domandò Jamie subito, ma presto si accorse che il padre e la madre, dall’altra parte della sala, gli sorridevano tenendosi per mano.
Jamie gli sorrise di rimando per poi tornare ad ascoltare la risposta di Steve.
I tuoi genitori ci hanno invitato per una vacanza in…-cominciò il ragazzo, ma si interruppe ricevendo un calcio da parte di Russel, che poi tornò a guardare, con la faccia colpevole, Jamie.
Quest’ultimo fece finta di nulla e disse, allegro:
-Vado a vestirmi e poi scendo, così partiamo. Voi intanto se volete potete andare a guardare la TV.-Propose ai due amici, che annuirono e andarono nella sala hobby.
Prima di salire le scale per andare in stanza Jamie incrociò lo sguardo dei genitori e sussurrò un “grazie” sincero e semplice.
Due ore dopo erano in macchina, e procedevano spediti verso una destinazione a Jamie sconosciuta.
Non poche volte aveva provato a chiedere ai genitori dove stessero andando, ma l’unica risposta che riceveva era uno sguardo d’intesa da tra i genitori e delle risatine di sottofondo tra gli amici.
Dopo averci provato cinque o sei volte si rassegnò, accasciandosi sul sedile posteriore dell’auto.

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Capitolo 5
*** Una Vacanza coi Fiocchi ***


=Nota dell'Autore=
Allora ragazzi...come promesso ho cominciato a non postare più un capitolo al giorno, ma per realizzare questo devo ammettere di essermi divertito...comunque visto che me lo chiedete in tanti questo racconto si ambienta DOPO le vicende di Harry Potter, anche se ho lasciato quà e là qualche indizio che possa dimostrarlo...comunque non fa niente...godetevi questo capitolo e ditemi che ne pensate!

CAPITOLO V
Jamie era ad Hogwarts, in un aula, con un professore vecchio e balbuziente che gli spiegava un complicato incantesimo.
Lui provava, provava e riprovava, ma proprio non riusciva ad acquisirlo e padroneggiarlo.
Gli altri ridevano, e lui era tutto solo, e diventava sempre più piccolo, fino a sparire.
Aprì gli occhi.
Davanti a lui c’era un paesaggio magnifico: erano in una grande foresta verde; ovunque c’erano alberi che disegnavano la loro ombra sul terreno erboso e il clima era fresco e salubre.
In mezzo a una radura vi era una grande casa di legno, di due piani, con un’edera rampicante che ricopriva tutta la facciata fino a nasconderne il colore. Vicino alla casa cominciava una piccola via sterrata, e Jamie si chiese dove portasse.
-Benvenuti a Routh Valley!-esordì il signor Summers rivolto alla moglie e ai tre ragazzi, che si guardarono e sorrisero.
-Che sorpresa!-esclamò Jamie estasiato, non credendo ancora ai suoi occhi. L’incubo di prima sembrava ormai essersi dileguato dalla sua mente, che era troppo occupata a meravigliarsi per pensarea qualcosa di spiacevole.
-Vogliamo entrare?-disse il signor Summers, prendendo un trolley e trascinandolo verso la casa. Arrivato, prese un folto mazzo di chiavi dalla tasca e per qualche secondo cercò la chiave giusta.
Quando l’ebbe trovata, aprì la porta lasciando intravedere l’arredamento: un divano di legno rustico con dei cuscini morbidi rossi era appoggiato fra due poltrone, e al centro vi era un tavolino di legno. Dietro questi si potevano vedere delle scale che conducevano al piano di sopra. Il singnor Summers, entrato, andò in quella direzione.
-Che aspettiamo?-disse cordialmente ai ragazzi la signora Summers, che seguì il marito all’istante.
Anche Russel e Steve fecero presto lo stesso, e Jamie stette ancora un secondo fuori prima di prendere il suo bagaglio e seguire tutti dentro la casa.
Vista dall’interno sembrava ancora più accogliente: davanti al salottino vi era un grande camino, che, anche se era estate, sarebbe stato molto bello da vedere acceso.
Dietro al salotto c’era un tavolo, anch’esso di legno come il resto della casa, e a questo erano abbinate sei sedie.
Andando oltre con lo sguardo Jamie vide due porte: una che conduceva in una piccola e accogliente cucinetta e un’altra che conduceva nel bagno.
L’undicenne salì le scale e si ritrovò al secondo piano, dove c’erano tre stanze: un bagno e due camere da letto.
Aprì la prima porta sulla destra, ma vide solamente un letto matrimoniale e quindi decise di passare oltre.
La porta seguente era un bagno, ma sentì subito le voci degli amici che discutevano su cosa fare per prima cosa e, seguendole, giunse in una cameretta con il soffitto spiovente dove c’erano un letto a castello e un letto singolo.
Russel si era sistemato su quello singolo, e vi sedeva parlando animatamente con Steve sul fatto che fosse meglio fare prima il bagno al lago invece che fare un’escursione.
Anche se non lo disse, Jamie era d’accordo con lui.
-Ragazzi, vedo che non ho molta scelta…-disse entrando Jamie facendo finta di essere offeso.
Russel lo ignorò completamente, mentre Steve gli indicò il letto di sotto con una faccia da “l’ultimo-che-arriva-male-alloggia”, e disse a Russel:
-Allora Rus, io direi che prima facciamo l’escursione, e dopo ci rinfreschiamo nel lago.-
-Io dico che è meglio chiedere a Jamie cosa ne pensa-rispose in tono di sfida, come se fosse certo della risposta dell’amico, Russel.
Jamie sentì tutti gli occhi puntanti su di sé, e per cercare di non far arrabbiare i suoi amici già il primo giorno lanciò la sfida.
-IO dico che l’ultimo che si tuffa nel lago è un piscia sotto!-e facendo l’occhiolino a tutti e due corse via come un lampo verso il lago, lasciando la maglietta e i pantaloni sul divano e tuffandosi, poco dopo, nelle acque fredde in mutande.
Poco dopo entrò anche Steve, e lui e Jamie intonarono un coro molto stonato.
-Rus piscia sotto, Rus piscia sotto!-
Poi risero e cominciarono a schizzarsi, giocando nel lago fino a sera.
Le giornate seguenti trascorsero più o meno nello stesso modo, e i tre si divertirono come matti.
Come se ci fosse un accordo non scritto, però, non parlarono mai della partenza imminente di Jamie, che invece non passava minuto che non pensasse al primo di settembre.
L’ultimo giorno di vacanza la signora Summers era tornata a casa con un pacco molto voluminoso.
I ragazzi, aspettandosi che fosse un regalo per loro, ci rimasero male quando la donna, con fare aristocratico, li liquidò dicendo:
-No ragazzi, questo è per la zia Emily!-
Jamie , nascondendo a stento la curiosità che suscitava in lui quel pacco misterioso, si sorprese quando la madre lo chiamò.
-Jamie caro! Vieni qui che ti devo chiedere un favore!-risuonò la voce della donna su per le scale, fino alla stanza dove lui ed i suoi amici stavano giocando alla Playstation.
-Si, vai giù Jamie caro!-lo sberleffò Russel, e uscendo dalla porta Jamie gli fece ungesto che è meglio non descrivere nei minimi dettagli.
Con ancora le risate degli amici nella testa, il ragazzo scese le scale e trovò la mamma occupata a tenere ferme, con entrambe le mani, due nastri rossi.
Fuori dalla sua portato, una coccarda dello stesso colore giaceva su un tavolino.
-Tesoro, mi prenderesti quel fiocco?-chiese gentilmente la signora Summers, sfoderando la sua occhiata più dolce e sbattendo le palpebre per tentare di convincere il figlio.
Ma Jamie sapeva bene che non era una domanda, quindi si diresse verso quella coccarda.
Poi, un pensiero lo folgorò: lui era un mago, e presto avrebbe frequentato una scuola di magia, quindi tanto vale provare subito a fare un incantesimo!
Sorrise: era un sorriso birichino che mostrava tutti i denti, e quando si fermò a metà strada fra la madre e il tavolo sentì la donna lamentarsi alle sue spalle:
-Lo prendi o no? Dai, che faccio fatica!-
La ignorò e concentrò tutta la sua attenzione sul fiocco rosso, immaginandolo che fluttuava nella sua direzione.
Per un attimo il fiocco si sollevò e, sotto gli occhi sbigottiti di madre e figlio, si mosse in direzione di quest’ultimo.
Ma dopo pochi centimetri cadde a terra e, nel farlo, si moltiplicò in due fiocchi identici.
-Cos’hai fatto?-parlò spaventata per prima la madre.
-Non ne ho idea, io ho solo…-ma non sapeva cosa dire. Ognuno dei due fiocchi davanti a sé aveva preso a moltiplicarsi, e presto divennero centinaia.
La signora Summers,spaventata, urlò e lasciò i nastri, che ricaddero vicino al pacco regalo, e si precipitò, sebbene non potesse fare nulla, verso quei fiocchi.
Ormai apparivano dappertutto, e Russel e Steve, colpiti dagli urli della signora Summers, scesero e videro il grande spettacolo.
Non sapevano che pensare, quindi stettero a osservare gli eventi così come si susseguivano sotto i loro occhi.
Il signor Summers, che stava lavorando, concentratissimo, sul tavolo della cucina, non sentì nulla finche non bussarono violentemente alla porta.
Quando si alzò per andare ad aprire si trovò davanti uno spettacolo esilarante e al contempo sconcertante: la moglie era in piedi sul tavolo e, con la scopa, cercava di scacciare le coccarde come se fossero topi.
Steve e Russel non sapevano se ridere o urlare, e quindi stavano in silenzio.
Jamie, invece, era concentrato in un angolino e cercava in tutti i modi di rimediare al misfatto.
Bussarono un’altra volta, e non ricevendo risposta, si sentirono prima due voci che chiacchieravano animatamente fra di loro, e poi una parola sconosciuta che fece scomparire la porta con un leggero “puff”.
Due maghi, vestiti come le persone che Jamie aveva visto a Diagon Alley, entrarono nella stanza sotto gli occhi sbalorditi di tutti i presenti, e dopo un’occhiata generale si fecero un cenno di intesa e sfoderarono le bacchette.
La signora Summers urlò:
-Chi siete voi?-
Il più alto dei maghi facendo sparire una cinquantina di coccarde alla volta, rispose fra una formula magica e l’altra:
-Siamo del Distretto per la Cancellazione della Magia Accidentale, finiremo tutto in un baleno!-
Il signor Summers vide i due amici del figlio osservare tutto con aria meravigliata, senza emettere una parola, e decise di raggiungerli e fare il vago.
-Ragazzi, ma cos’è successo?-
Non ricevette risposta, e gettò la spunga chinandosi a guardare, come tutti, lo spettacolo.
Presto i due maghi ebbero finito, e si diressero prima verso Jamie.
-Sei tu il mago che ha provocato ciò?-chiese il più basso, cordialmente.
-S-si, ma ora non mi espelleranno mica vero?-chiese timidamente l’undicenne, che fino ad allora non aveva mai nemmeno calcolato quell’eventualità.
-No, certo che no…non lo hai mica fatto apposta, no?-chiese sorridendo a Jamie come a dimostrare la verità delle sue parole.
-No-riuscì solo a dire Jamie timidamente. Poi osservò i due maghi confabulare fra di loro e avvicinarsi uno a Russel e uno a Steve. Con un nuovo cenno di intesa i maghi sussurrarono -Oblivion! e dopo alcuni secondi i due ragazzi caddero a terra, addormentati.
Poi il più alto dei due si avvicinò al signor Summers e gli disse con fare esperto:
-Allora signore, il danno è riparato e abbiamo modificato la memoria ai due ragazzi, che adesso ricorderanno solo di essersi appisolati dopo una lunga nuotata nel lago.-
Il signor Summers annuiva spaesato, guardando di tanto in tanto i due ragazzi e il figlio.
Quando i due se ne andarono, il signor e la signora Summers portarono i due ragazzi nel letto e tornarono nella stanza dove Jamie li aspettava seduto sul divano e con l sguardo perso nel vuoto.
-Che casino ho combinato…-disse alla vista dei genitori.
La madre si sedette accanto a lui e gli cinse le spalle con un braccio, mentre il padre gli diceva, affettuoso:
-Non ti preoccupare…non vediamo l’ora di vederne un’altra vera!-
Jamie sorrise e si tiròsu di morale.
-Adesso vai a svegliare i tuoi amici e fate le valige, domani si parte.-

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Capitolo 6
*** Partenza ***


=Nota dell'Autore=
Ragazzi, dopo un po' di tempo ecco qui il sesto, nuovo capitolo! Spero che vi piacerà, visto che siamo arrivati al punto che tutti aspettavamo! Comunque no, non farò incontrare a Jamie nessuno dei personaggi della saga di Harry Potter, ho solo rubato l'ambientazione! Buona lettura, e mi raccomando: recensite tutti! :-P
CAPITOLO VI
Il giorno della partenza si avvicinava sempre di più, sebbene il tempo per Jamie passasse in modo straordinariamente lento.
Se ne stava rintanato nella sua stanza a leggere i libri di scuola, a fare qualche piccolo esercizio con la bacchetta e ad osservare ogni singolo oggetto magico che gli passava sotto gli occhi.
Una volta aveva anche liberato il Boccino, che aveva cominciato a volare ronzante per tutta la stanza e, se Jamie non lo avesse fermato, sarebbe addirittura volato dalla finestra.
Mentre lo rincorreva ogni tanto gli spariva dalla vista e dopo circa due ore riuscì a riacciuffarlo e a richiuderlo nella scatola.
-Che oggetto inutile…non credo che l’aprirò più.-aveva detto il ragazzo quando, stremato dopo la caccia al Boccino. si era disteso sul letto a riposare tranquillamente.
Usciva dalla sua stanza solo per mangiare, e di questo la signora Summers si preoccupava.
-Tesoro, stai calma…è normale! È emozionato per la partenza!-le disse il marito quando la donna si confidò con lui.
-Io non ne sarei così sicura.-disse la signora Summers tremando leggermente. Poi, dopo una breve esitazione, disse al marito quello che da tempo avrebbe voluto dirgli, ma che non aveva mai avuto il coraggio di fare.
-Oliver, avremo fatto la scelta giusta?-
Passava interi pomeriggi a sognare che da un momento all’altro saltasse fuori una donna da un cespuglio e le dicesse, insieme ai suoi cameraman, che suo marito e suo figlio avevano partecipato ad uno scherzo.
-Sei a “Candid Camera”! Le telecamere sono lì, lì e lì!-
Una bella risata e sarebbe tornato tutto alla normalità.
Ma non era così.
-Tesoro, io credo che se Jamie abbia deciso di andare, noi non abbiamo altra scelta se non assecondarlo. Se dovesse essere una scelta sbagliata lo scoprirà da solo.-

Mancava ormai solo un giorno alla partenza, e Jamie non stava più nella pelle.
Di tanto in tanto il padre lo andava a trovare nella sua stanza per vedere come stava, dargli un’occhiata e magari chiacchierare un po’, ma per la maggior parte delle sue visite Jamie era silenzioso e si limitava a rispondere con monosillabi annoiati.
Quando la sera andò a dormire, il signor Summers si avvicinò al figlio mentre la moglie era in bagno a in cremarsi tutto il viso con quelle creme che gli costavano un occhio della testa, e gli disse:
-So come ti senti. Devo svelarti una cosa.-
Sebbene Jamie ascoltasse attentamente il padre, non aveva però voglia di parlare perché era stanco, stanco a causa dell’attesa che l’aveva stremato per tutti questi giorni.
Mugugnò, facendo capire al padre che stava ascoltando.
.Vedi, quando avevo la tua età, bé…anch’io ricevetti quella lettera…quella che ti ha cambiato la vita.-
A questo punto Jamie aprì gli occhi e si alzò a sedere, appoggiandosi contro il muro dietro il letto. Guardò il padre con un’espressione mista di curiosità, stupore ed incredulità.
-E perché non me lo hai mai detto?-
L’espressione del signor Summers si addolcì e divenne più cordiale mentre diceva:
-Mio padre non lo permetteva. Lui era troppo fiero di vedermi mandare avanti la sua carriera, e già aveva organizzato tutto il mio futuro come medico. Io stesso non volevo deluderlo, e lo assecondai.
Rifiutai l’offerta del signor Jefferson, ed è tutta la vita che lo rimpiango.
Ed è proprio per questo che non voglio che tu faccia il mio stesso errore e che io non commetta quello di mio padre.-
Jamie si stupì delle parole del genitore, che riteneva così semplice ed ordinario, e che invece, giorno dopo giorno, stava scoprendo sempre di più.
-Perché mi dici questo?-chiese Jamie dopo un po’.
-Volevo solo che tu lo sapessi.-rispose semplicemente il signor Summers, baciando il figlio sulla fronte mentre si sentiva in fondo al corridoio la chiave del bagno girare.
-Adesso dormi, domani sarà una giornata faticosa. Buonanotte.-
Prima di uscire spense la luce sul comodino del figlio e, giunto alla porta, diede un’ultima occhiata al bambino, anzi, al ragazzo che stava tranquillamente sdraiato nel suo letto, ignaro di ciò che il futuro gli avrebbe riservato.
Chiudendo la porta non poté fare a meno di pensare, in un moto di gelosia:
-Quello potevo essere io.-
La notte che separava Jamie dalla sua partenza fu una delle più insonni e fastidiose che il ragazzo passò.
Si svegliava ogni mezz’ora sperando che fosse giorno, e invece, guardando l’orologio proiettato dalla sua sveglia sul soffitto, notava con dispiacere che era troppo presto.
Ormai aveva perso il conto delle volte che, non riuscendo a prendere sonno, aveva aperto uno dei suoi libri di testo e cominciato a leggerlo, per poi distrarsi a fantasticare.
Un paio di volte era anche sceso in cucina a bersi un bicchiere di latte caldo o una camomilla, per prendere sonno.
Niente.
Nulla funzionava, era sempre lì, sdraiato sul letto a fissare l’ora sul soffitto, senza riuscire a chiudere occhio.
Quando finalmente si addormentò erano le cinque, e tre ore dopo la madre lo svegliò di soprassalto.
-Svegliati tesoro, o farai tardi!-disse agitata la dona accarezzando i capelli del figlio.
Ai piedi del letto c’era già il baule pieno di tutto ciò che Jamie avrebbe portato ad Hogwarts, uno zaino pieno di snack e riviste per il viaggio e il libro Storia di Hogwarts.
Dopo una colazione veloce ed una doccia fredda per svegliarsi meglio, Jamie era sul sedile posteriore della Mercedes e stava andando verso la stazione di King’s Cross.
La strada sembrava interminabile, ed ogni semaforo era incredibilmente rosso. Per una decina di minuti rimasero addirittura imbottigliati nel traffico, ma la magistrale conoscenza delle strade londinesi del signor Summers li portò alla stazione con vie secondarie e meno trafficate alle dieci e un quarto.
-A quanto detto dal signor Robinson-cominciò il signor Summers prendendo un carrello e posandoci sopra il baule di Jamie-ci dovrebbe essere una barriera magica tra i binari nove e dieci…seguitemi-
E dopo pochi minuti arrivarono davanti a un’ordinaria colonna fra i binari nove e dieci.
Mentre la madre e il padre discutevano su come arrivare al treno con acidità, Jamie vide un ragazzino biondo accompagnato dalla madre, una donna alta ed elegante, correre verso la colonna davanti a loro e…sparirci dentro.
-È quella.-disse indicando la colonna, che sembrava straordinariamente solida.
-Tesoro, ma co…-ribatté la signora Summers, ma dovette interrompersi quando una ragazza con i capelli viola ed i suoi genitori corsero contro la colonna e vi sparirono dentro.
-Vogliamo andare?-domandò il signor Summers a Jamie, che con un sorriso da orecchio a orecchio gli fece capire di si.
Quando giunsero alla colonna, Jamie ci appoggiò una mano sopra, che straordinariamente scomparve.
Lo stesso successe quando tentò il signor Summers, mentre per la signora Summers non ci furono risultati. La colonna rimase possente sotto la sua mano.
-MA perché io no e tu…si?-chiese incredula al marito con gli occhi lucidi.
Dopo un sorriso d’intesa col figlio, Oliver disse misteriosamente alla moglie porgendole le chiavi della Mercedes:
-Poi ti spiego…accompagno io Jamie, se vuoi vai in macchina.-
La donna annuì e si mise di fronte a Jamie.
-Lo so che forse ti sono sembrata contraria ma in realtà sono-fece una pausa, evidentemente voleva scegliere bene la parola-spaventata.-
Jamie la guardò con gli occhi lucidi e poi l’abbracciò molto affettuosamente, sussurrandole all’orecchio:
-Perdonata-
La madre sorrise, lo baciò e poi si voltò per andare in macchina.
-Ok, adesso vogliamo andare?-disse il signor Summers, ma prima che potesse ricevere risposta attravrsò la barriera furtivamente lasciando il figlio lì da solo.
Non passarono pochi istanti che eccolo però riapparire dall’altra parte, dove il padre lo aspettava.
Un grande treno rosso fiammante sferragliava davanti a lui, e uno stupefacente traffico di persone di tutti i tipi entrava ed usciva da quello che diceva il cartello essere l’”Espresso di Hogwarts”.
-Magico-disse Jamie spingendo il carrello e cercando dai finestrini uno scompartimento. Ne trovò uno vuoto verso la fine del treno, e aiutato dal padre vi caricò dentro il baule. Quando ebbero finito mancavano pochi minuti alle undici, ed era giunto il momento dei saluti.
-Comportati bene, e scrivici, voglio sapere tutti i dettagli!-disse con malinconia il signor Summers abbracciando il figlio.
-Certo!-Annuì il ragazzo ricambiando l’abbraccio.
Il fischio del controllore li divise e Jamie disse, facendo una linguaccia:
-Adesso devo andare, saluta mamma e fate i bravi!-
Quando giunse nel suo scompartimento il treno parti e lentamente uscì dalla stazione mentre Jamie osservava il padre salutarlo dal finestrino.
Se avesse avuto una vista più acuta probabilmente avrebbe visto una lacrima scorrere sul viso dell’uomo.

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Capitolo 7
*** Conoscenze ***


=Nota dell’Autore=
Dunque ragazzi, ecco a voi il capitolo sette! Spero vi piaccia, è ambientato nell’espresso di Hogwarts e Jamie, come suggerisce il titolo, comincerà a fare qualche nuova conoscenza. Non ci sono particolari colpi di scena, ma c’è un particolare che, se qualcuno di voi è stato attento nella lettura dei capitoli precedenti, saprà riconosce. Vediamo un po’ chi ci riesce…

CAPITOLO VII
Era passata ormai una mezzoretta dalla partenza del treno, scandita dal suono delle lancette dell’orologio di Jamie che infrangevano il silenzio snervante che regnava nello scompartimento.
Appena dopo la partenza Jamie si era seduto, accomodato e aveva cominciato a guardarsi intorno, cercando di scoprire qualcosa di magico in quel treno, ma tutto sembrava tremendamente normale e ordinario.
Aveva un’irrefrenabile voglia di sporgere la testa fuori dalla porta dello scompartimento per vedere tutti i suoi compagni di scuola maghi e streghe che si ritrovavano con i loro amici e, soprattutto, aveva voglia di conoscere qualcuno.
Solo una cosa gli impediva di fare ciò: la vergogna.
Si vergognava di quello che gli altri avrebbero potuto pensare di lui, del fatto che non era cresciuto fra i maghi e del fatto che non conosceva nulla dell’affascinante mondo che, metro dopo metro, gli si avvicinava.
Così passarono altre due ore, e l’unica occupazione di Jamie fu quella di guardare fuori dal finestrino cercando di capire in quale luogo della Gran Bretagna fossero.
A scuola era bravo in geografia, ma proprio non capiva dove si trovassero.
Sospirò e si allungò sul sedile, stendendosi.
Gli occhi gli si chiusero lentamente, quasi senza che lui se ne accorgesse: la notte insonne stava cominciando a farsi sentire.
Jamie non seppe quanto tempo fosse passato da quando si era addormentato quando la porta dello scompartimento si aprì ed entrarono tre studenti.
Il primo, il più grande, sembrava avere circa quindici anni.
Era alto, con i capelli neri e folti, gli occhi color dell’oro che scrutavano Jamie cercando di capire chi fosse. Fu lui a parlare per primo.
-Oh, scusa..pensavamo che lo scompartimento fosse vuoto.-
Jamie lo guardò curioso, posando lo sguardo sulla bacchetta che aveva appoggiato sull’orecchio destro.
-Se vuoi ce ne andiamo-aggiunse in fretta.
Jamie si tirò su a sedere stropicciandosi gli occhi e osservò gli altri due che accompagnavano quel ragazzo:
la ragazza che gli stava vicino, e gli stringeva la mano, sembrava essere la sua ragazza.
Anche lei era piuttosto alta, ed era bella, molto bella.
I capelli biondi e boccolosi le ricadevano elegantemente sulle spalle e la frangetta era tenuta lontano dalla fronte con una mollettina rosa.
Gli occhi erano castani e sorridenti come la sua bocca, nella quale rilucevano due file di denti bianchissimi.
Sulle guance rosee aveva due fossette che le conferivano un’aria simpatica.
La terza figura apparteneva a un giovane che sembrava avere l’età di Jamie e che era accanto al ragazzo.
Doveva essere suo fratello, perché gli somigliava molto.
I capelli erano neri e gli occhi d’oro, e sarebbero stati molto simili se non fosse che i lineamenti del più grande erano più marcati, quasi da uomo.
Riprendendosi dall’analisi delle tre persone di fronte a lui Jamie disse educatamente:
-No, non vi preoccupate…entrate pure!-
L’undicenne era quasi sul punto di presentarsi quando la ragazza si sedette vicino a lui e lo precedette.
-Piacere, sono Reneè Sullivan, di Grifondoro. Sto per cminciare il quarto anno.-fece una pausa, per poi continuare, indicando i due dietro di sé,-Loro invece sono il mio ragazzo David Phoenix, Tassorosso del quinto anno- e a questo punto il più grande dei due fratelli fece un cenno divertito-e suo fratello Justin, di…-stava per finire la frase, quando Justin la interruppe.
-Non c’è bisogno che faccia tu tutte le presentazioni Reneè.-
Jamie notò che c’era un po’ di rancore nelle sue parole, ma non gli andava di mettere il dito nella piaga e quindi fece finta di niente. Il ragazzino intanto continuò con tono fiero:
-Io sono di Serpeverde e devo fare il secondo anno.-
Jamie allora intuì che era arrivato il momento di far sapere loro chi fosse lui, quindi si schiarì la gola e parlò.
-Io sono Jamie Summers e devo fare il primo anno.-poi aggiunse, cercando di sembrare disinvolto sebbene dentro fosse divorato dalla curiosità-Cosa sono Tassorosso, Serpeverde e Grifondoro?-
A queste parole Justin rise sonoramente, mormorando qualche parola che Jamie intuì essere una sottospecie di insulto ma che ignorò; il fratello sorrise e solo Reneè, che sembrava essere la più gentile e simpatica dei tre, si degnò di rispondere.
-Sono Case. A quanto pare provieni da una famiglia Babbana…non ti preoccupare, ti spiego io.-
Jamie sorrise di fronte alla gentilezza di Reneè, ma non poté fare a meno di porle altre due domande.
-Grazie. Cosa sono le Case? E chi sono i Babbani?-
A questo punto Justin si piegò in due dalle risate e David gli diede uno schiaffo molto sonoro sulla nuca, tanto che Justin smise di ridere e, come sua abitudine, sussurrò parole di fuoco al fratello.
-Non farci caso-cominciò Reneè indicando i due-fanno sempre così. Le Case sono quattro: Grifondoro, Corvonero, Tassorosso e Serpeverde.-
Jamie notò che a quell’ultima parola la ragazza diede un’enfasi sprezzante, ma evitò di chiedere il perché: non gli andava di sembrare invadente e insistentemente noioso.
-Ogni studente viene smistato in una Casa a seconda delle sue qualità, e la Casa sarà un po’ come la sua famiglia. Presto capirai.-continuò sorridente la ragazza, facendo finta di non vedere la piccola rissa fra fratelli che era nata di fronte a lei.
-I Babbani, invece, sono quelli senza poteri magici.-aggiunse semplicemente.-Domande?-
Jamie esitò. Effettivamente erano nate in lui un milione di domande, ma la più sensata da fare gli sembrava questa: -Come veniamo smistati?-
Reneè sorrise e misteriosamente disse:
-Con il Cappello.-
Jamie passò il resto del viaggio con Reneè, David e l’irritante Justin, chiacchierando del più e del meno, ma principalmente di Hogwarts.
Fu così che scoprì la difficoltà della magia, e la complessità di ogni materia.
Quella che lo spaventava di più era Trasfigurazione.
-Tanto studio e un po’ di fortuna.- aveva detto semplicemente David quando Jamie glie lo aveva confessato.
-È quel “tanto studio” che mi spaventa…-rispose Jamie malinconicamente guardando fuori dalla finestra.
Fin’ora aveva frequentato la scuola privata con tutti i figli delle più importanti persone di Londra e quindi non aveva mai studiato davvero.
All’ora di pranzo era arrivata una donna gentile, sui trent’anni, che spingeva un carrello carico di dolci e cibo di tutti i tipi.
-Qualcosa dal carrello?-
Aveva chiesto pacatamente mostrando loro tutto il suo repertorio.
Fosse stato per Jamie avrebbe comprato tutto, ma si ricordò che aveva il portamonete riposto in fondo al baule sepolta da tutti i suoi averi, e non gli andava proprio di cercarli.
-No, grazie.-rispose educatamente.
Al contrario di lui, i due fratelli si fiondarono sul carrello e presero un po’ di tutto, ma senza offrire nulla.
Questo suscitò una prevedibile reazione in Reneè, che portò gli occhi al cielo, incrociò le braccia e voltò le spalle a quei due preistorici che combattevano per una Bacchetta di Liquerizia.
-Ti dico una cosa.-disse improvvisamente Reneè a Jamie, facendolo sussultare-hai visto quella donna che spinge il carrello?-
Non attese che Jamie rispondesse, ma proseguì direttamente.
-Prima c’era una vecchietta…avrà avuto almeno cento anni. È morta durante l’anno scorso. Tutti sanno di lei, ormai era amica di tutti gli studenti.-
Era un po’ malinconica, ma si ricompose in fretta e guardò verso i due dietro di lei.
-Che idioti.-sussurrò a Jamie, che sorrise. Tuttavia il sussurro era abbastanza forte, perché David se ne accorse e lasciò la Bacchetta di Liquerizia a Justin, che, poiché tirava molto forte, all’inaspettata mossa del fratello andò bruscamente a sbattere con la testa al finestrino. Tuttavia, trionfante, addentò la liquerizia guardando il fratello che cercava di farsi perdonare da Reneè.
-Dai, che ti frega…-stava dicendo dolcemente David alla ragazza, che lo ignorava sorridendo a Jamie.
-Dai, perdonami…ti prego!-
A questo punto Reneè si girò e lo accontentò.
-Va bene, perdonato.-
A questo punto David la baciò e Reneè rispose.
-Ti avverto: quando cominciano non si fermano più. Ci andiamo a fare un giro?-propose Justin al nuovo arrivato sorridendo e guardando con disgusto il fratello e la ragazza che si baciavano intensamente.
Sebbene non trovasse il Serpeverde molto simpatico acconsentì, dato che non gli andava di assistere a quello che sarebbe stato lo sbaciucchiamento più lungo della storia.
Presto si trovarono sul corridoio de treno, dove numerosissimi ragazzi e ragazze dagli undici ai diciassette anni entravano e uscivano dagli scompartimenti sorridendo e giocando. Ogni tanto incrociarono qualche duello magico, ma il massimo che i ragazzi si scagliavano contro era qualche scintilla colorata che faceva il solletico.
Incontrarono anche alcuni amici Serpeverde di Justin, e quando quest’ultimo si fermava a chiacchierare con loro sulle vacanze Jamie rimaneva in disparte, imbarazzato, ad osservare da lontano quelle scene di amicizia.
Verso la metà del treno incontrarono un gruppo abbastanza numeroso di Serpeverde che si mise a parlare con Justin e, dopo parecchi minuti di solitario silenzio, Jamie decise di andarsene e tornare nello scompartimento.
Sulla strada del ritorno Jamie vide un ragazzino piccolo, più basso di lui, sdraiato per terra e completamente immobilizzato.
Subito pensò che fosse morto, ma poi, dagli occhi che si muovevano, capì che era pietrificato.
Nella sua testa suonava strana questa parola, ma comunque cercò di non pensarci troppo e di trovare una soluzione.
Già l’ansia gli era salita e le mani avevano cominciato a sudargli.
Non aveva idea di cosa fare: di sicuro un incantesimo non lo sapeva, e sebbene ne conoscesse qualcuno semplice nessuno faceva al caso suo.
Guardò per un attimo il ragazzo: aveva dei capelli corti e ricci, castani chiari.
Gli occhi erano azzurri, quasi blu, e chiunque lo vedesse non poteva fare a meno di notare che fosse un leggermente in sovrappeso.
Indossava già una divisa di Hogwarts, che come quella di Jamie era tutta nera. Da questo il ragazzo capì che anche lui era del primo anno: infatti gli amici di Justin nei corridoi avevano tutti uno stemma con un serpente cucito sul petto, a dimostrare la loro appartenenza a Sepeverde.
Gli occhi del ragazzo chiedevano aiuto, e Jamie, dopo avergli detto:
-Torno subito!-
Corse verso lo scompartimento dove Reneè e David erano “occupati”.
Quando Jamie entrò si aspettava di trovarli incollati l’uno all’altra, invece erano abbracciati e stavano parlano amorevolmente.
-Scusate ragazzi, ma c’è uno studente pietrificato fuori e io non so cosa fare.-esordì in tono imbarazzato entrando.
-Dov’è?-chiese David lasciando bruscamente Reneè e alzandosi in piedi.
Reneè, spazientita, si voltò verso il finestrino ignorando completamente gli eventi.
Jamie la guardò e si appuntò mentalmente di chiederle scusa, ma ripose in fretta a David.
-Seguimi.-
In poco tempo furono davanti al ragazzo, che li guardava implorante dal basso e supplicava il loro aiuto. Strano che nessuno lo avesse aiutato passando di lì.
-Fortunatamente è un semplice Incanto della Pastoia Total-Body, conosco il contro incantesimo.-disse sorridente David guardando il ragazzo, esaminandolo.
Sembrava che quest’ultimo avesse sentito, perché improvvisamente si calmò e cominciò a fissare David mentre tirava fuori la bacchetta da una tasca e la puntava verso il ragazzo.
-Finite Incantatem!-sussurrò, e dalla punta della bacchetta scaturì una scia di scintille rosse che colpirono il ragazzo sul petto.
Mentre David riponeva la bacchetta nella tasca il ragazzo cominciò velocemente a riprendere il colore normale e in poco tempo fu in piedi davanti a loro e si presentò.
-Grazie mille ragazzi! Io sono John Abrams, piacere!-disse riconoscente, e li seguì nello scompartimento.
Jamie non seppe dire perché, ma quel ragazzo gli ispirò immediatamente simpatia.

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Capitolo 8
*** Finalmente Hogwarts ***


=Nota dell’Autore=
Bentornati! Questo è l’ottavo capitolo, il capitolo dello Smistamento. Spero vi piaccia, perché è il più lungo che ho scritto fin’ora e perché a inventare i nomi di tutti i nuovi arrivati ci ho messo un milione di anni, e spero che vi piacciano. Ma adesso passiamo senza ulteriori indugi alla lettura, e mi raccomando: recensite! Mi fa sempre piacere leggere le vostre recensioni, anche se non dovessero essere positive! PS il particolare era che il Vicepreside e i fratelli David e Justin hanno lo stesso cognome: a voi lascio intuire che significa ;-)
Buona lettura!

CAPITOLO VIII
Il resto del viaggio fu particolarmente piacevole, forse perché Justin era andato nello scompartimento con i suoi amici Serpeverde.
Per tutto il tempo Reneè e David parlarono a John e Jamie di Hogwarts e delle meraviglie che nascondeva, limitandosi però ad accennare tutto: infatti non volevano rovinare ai due nuovi arrivati la sorpresa della scoperta delle mille magie che il castello nascondeva.
Mentre Reneè elencava una lista di fantasmi dai nomi più strani come Nick-Quasi-Senza-Testa e Jamie rideva a crepapelle per tutti i nomi assurdi che gli avevano affibbiato, vide John che osservava Reneè perplesso.
-Cos’hai?-gli chiese curioso.
-Oh, bè, quando mio fratello mi ha detto dei fantasmi non mi ha nominato questo Nick-Quasi-Senza-Testa…si sarà dimenticato.-rispose lui con la testa fra le nuvole.
Dopo qualche attimo di silenzio il primo a parlare fu David.
-Chi ti ha pietrificato?-chiese a John con tono severo.
Il ragazzino esitò un secondo e poi si decise a parlare.
-Mio fratello…mi deve sempre dare fastidio.-
Per un momento David e Reneè si guardarono e poi la ragazza parlò.
-Ma tu non sarai mica il fratello di Seth Abrams, il Cercatore della scuadra di Quidditch di Serpeverde?-chiese incuriosita e divertita allo stesso tempo mentre il treno rallentava. Stavano arrivando alla stazione di Hogsmeade.
Mentre Jamie si chiedeva cosa fossero il Quidditch e un Cercatore, John rispose arrossendo un po’.
-Si, Seth è mio fratello.-
Reneè stava per dire qualcosa, ma quando sentì che Seth era il fratello di John si zittì e poi disse, in tono autoritario:
-Uscite di qui, forza! Devo cambiarmi.-
Protestando, Jamie, David e John uscirono dallo scompartimento. Quando furono fuori e John chiuse la porta alle sue spalle, Jamie chiese a David:
-Che cosa voleva dire Reneè riguardo il fratello di John?-
-Bè, non è che sia un tipo simpatico. Piace solo ai Serpeverde: è uno sbruffone. È antipatico a tutte le altre Case.-rispose abbassando la voce David. Poi guardò verso John e aggiunse, anche se non sembrava per niente risentito da ciò che aveva detto-senza offesa.-
-Lo so, non ti preoccupare.-lo rincuorò l’undicenne mentre Reneè apriva la porta e, uscendo, li faceva entrare per cambiarsi.

Quando il treno si fermò totalmente Jamie cominciò ad avvertire tutto quel nervosismo che fin’ora, troppo impegnato com’era a chiacchierare con i suoi nuovi amici, aveva trascurato.
Sentiva il cuore battere a mille sotto la divisa, e si domandava come mai tutti gli altri non lo sentissero.
Cercava di sembrare disinvolto mentre lui e John lasciavano David e Reneè per sentire la voce profonda e calda di un uomo.
-Primo anno! Da questa parte! Primo anno!-
Quando Jamie e John finalmente raggiunsero la fonte di quella voce insieme ad un gruppo di undicenni spauriti ed emozionati videro un uomo basso, sulla cinquantina, che indossava una giacca di cuoio e un paio di jeans e aveva, nella mano destra, un a lanterna.
-Salite sulle barche a gruppi di quattro…muovetevi!-
Jamie e John non se lo fecero ripetere due volte: si affrettarono a raggiungere la barca più vicina e vi salirono sopra insieme ad altri due ragazzi: uno era uno di quelli che stava parlando con Justin, probabilmente il fratello di qualche suo amico, mentre l’altro era un bambino silenzioso e solitario, che se ne stava in disparte e guardava l’acqua scura del lago.
-Ciao-disse timidamente Jamie ai due nuovi arrivati, rompendo il ghiaccio.-io sono Jamie e…-
-E chi te l’ha chiesto?-aggiunse bruscamente il ragazzo seduto davanti a lui, mentre quello silenzioso rispondeva, guardando sprezzantemente quel maleducato:
-Io sono Brian, piacere-rispose stringendogli la mano.
-Bè, visto che siamo in vena di presentazioni io sono Malcolm, ma ora state zitti.-disse in modo antipatico il ragazzo.
-Sicuramente andrà a Serpeverde.-sussurrò in tono pratico John a Jamie e Brian, che ridacchiarono: Jamie aveva visto come erano quelli di Serpeverde, e quel Malcolm aveva tutti i requisiti giusti.
-Reggetevi forte, si parte!-tuonò la voce dell’uomo da una barca più avanti di loro.
Jamie, emozionato, strinse la presa sulla barca mentre questa si staccava dal molo e, lentamente, si dirigeva verso il castello che ancora non potevano vedere.
Dopo la prima curva, seguito da un boato di “Wow!” e “Caspita!”, apparve alla vista di tutti il castello più grande, maestoso e magico che Jamie avesse mai visto.
Era enorme, pieno di torri e torrette; molte finestre erano illuminate e il tutto si rifletteva sulla superficie liscia e piatta del lago, mossa solo dal passaggio delle barche.
-Benvenuti a Hogwarts!-disse in tono fiero l’uomo mentre ognuno bisbigliava al compagno qualche particolarità del castello che aveva visto.
Presto le barche attraccarono ad un altro molo, e i ragazzi scesero dalla barca per andare a salire numerosissime scale di marmo fino ad arrivare davanti ad una grande porta di quercia.
L’uomo colpi tre o quattro volte la porta con la sua mano e attese in silenzio. Tutti i nuovi studenti fecero lo stesso.
John fece notare a Jamie e Brian che all’interno del castello si sentivano dei passi affrettati dirigersi verso il portone.
-Io non li sento.-disse Jamie dopo un momento in cui aveva cercato di coglier qualche suono.
A quanto pare, però, John aveva ragione: dopo poco la porta si aprì e un uomo che sembrava avere più o meno l’età di quello che li accompagnava disse:
-Grazie, Samuel. Puoi andare.-
Samuel sussurrò un saluto educato e si congedò superando l’uomo e girando a destra subito dopo il suo ingresso.
Dopo pochi istanti l’uomo parlò: era alto, possente; gli occhi d’oro e i capelli neri davano a Jamie l’impressione di averlo già visto, ma non ci fece caso.
-Benvenuti ad Hogwarts. Io sono il Vicepreside Daniel Phoenix, Capocasata di Serpeverde. Fra poco verrete smistati nelle vostre Case, che durante la vostra permanenza qui saranno come la vostra famiglia. Poi vi unirete ai vostri compagni per cominciare il Banchetto d’Inizio Anno. Seguitemi.-
Tutti pendevano dalle sue labbra, evitando di perdere anche una sola parola. Quando pronunciò l’ultima in tono autoritario i nuovi arrivati non se lo fecero ripetere due volte: lo seguirono oltre la porta nella Sala d’Ingresso, una grande sala di pietra alla quale arrivavano delle scale. Passarono davanti ad esse, superarono un’enorme porta di quercia da cui proveniva il brusio delle voci degli altri studenti ed entrarono attraverso una piccola porticina in un’aula vuota.
I banchi erano stati spinti contro un muro e le sedie invece contro l’altro.
Jamie, John e Brian si guardarono intorno un attimo per giungere poi alla conclusione che non c’era niente di magico in quella stanza.
-Aspettate qui: la cerimonia dello Smistamento comincerà fra pochi minuti.-disse il professor Phoenix uscendo dalla stanza e lasciandoli soli.
-Che noia…-esclamò qualcuno.
-Già!-assentì un altro, e presto tutti cominciarono a chiacchierare.
-Secondo voi il Cappello che c’entra nello Smistamento?-chiese Jamie e John e Brian, curioso.
-Non ne ho idea: fino a un mese fa non sapevo nemmeno di essere un mago!-rispose divertito Brian.
-Già, nemmeno io.-assentì Jamie. -Io lo so.-disse invece timidamente John.-Mio fratello me lo ha detto.-fece una pausa ad effetto: aveva capito che i due amici pendevano dalle sue labbra-Ti fanno indossare il cappello e lui ti dice quale sarà la tua Casa.-concluse in tono sapiente.
-Tutto qui?-disse Brian stupito dopo poco.
-A quanto pare sì.-risolse la questione John mentre, con stupore di tutti, dalle pareti cominciavano ad entrare nella stanza numerosi fantasmi.
Uno di loro passò attraverso Jamie, che avvertì la sgradevole sensazione di essere stato gettato all’improvviso sotto una doccia gelata.
-Ehi, attenzione!-esclamò irritato al fantasma sanguinolento di un uomo, che lo ignorò e proseguì per la sua strada dicendo:
-Oh, ecco i nuovi studenti! Spero che quelli Purosangue fra di voi vengano a Serpeverde!-
-Purosangue?-chiesero insieme Jamie e Brian guardando interrogativi John, che un po’ spazientito gli rispose.
-I Purosangue sono quelli che hanno il sangue –come dicono alcuni, anche se secondo me sono tutte cavolate- puro, cioè non si sono imparentati con i Babbani o con maghi figli di Babbani. Tutti i Serpeverde sono Purosangue.-spiegò John mentre il professor Phoenix entrava nella saletta.
-Siamo pronti a ricevervi. Venite, in fila per uno.-e senza aggiungere altro girò i tacchi e, seguito da una colonna di giovani maghi e streghe, oltrepassò la porta della Sala Grande.
Jamie non aveva mai visto nulla di così maestosamente bello: c’erano quattro lunghi tavoli di legno affiancati fra loro, e di fronte ad essi c’era un tavolo dove sedevano i professori.
La Sala era illuminata da numerose candele, alcune attaccate ai candelabri ma per la maggior parte fluttuanti in aria, sotto un soffitto –Jamie si sorprese- stellato.
C’era un gran vociare ma tutti però si azzittirono quando i nuovi studenti entrarono e sfilarono fra i tavoli fino a fermarsi di fronte al tavolo dei professori.
Davanti ad esso, Jamie lo aveva notato solo ora, vi era uno sgabello con appoggiato sopra un cappello di pezza consunto e pieno di toppe, che sembrava tremendamente malconcio.
Il professor Phoenix lo raggiunse e, srotolando una pergamena presa da una tasca, disse:
-Allora, quando chiamerò il vostro nome vi farete avanti, io vi metterò il Cappello Parlante in testa e lui vi Smisterà nella vostra Casa. Ma prima sentiamo cosa ha da dirci quest’anno.-
Alla fine delle sue parole uno squarcio alla base del Cappello Parlante si aprì a mo’ di bocca e cominciò a recitare una lunga filastrocca, alla fine della quale tutti applaudirono. Poi, senza ulteriori indugi, il Vicepreside srotolò la lunga pergamena e chiamò il primo studente.
-Abrams, John!-
John, che era in fila proprio dietro Jamie, lentamente e timidamente si allontanò dalla fila per andare a sedersi sullo sgabello.
-Vai forte!-gli sussurrò Jamie quando ancora poteva sentirlo.
Dopo pochi istanti di indecisione lo squarcio del Cappello si aprì di nuovo.
-GRIFONDORO!-
Il tavolo all’estrema destra della sala esplose in un boato mentre John si univa ai suoi occupanti gettando un’occhiata al tavolo di Serpeverde, probabilmente al fratello.
Prima che John avesse il tempo di sedersi la voce del Vicepreside risuonò per la Sala Grande facendola nuovamente cadere in silenzio.
-Abul, Korin!-echeggiò per tutta la sala.
Una ragazza bassina, dai lineamenti affilati ed i capelli castano scuro come gli occhi si aprì un varco fra i suoi coetanei in piedi e si sedette sullo sgabello.
Con lei la scelta fu più lunga, ma dopo poco il Cappello Parlante dichiarò la sua scelta.
-SERPEVERDE!-
Il tavolo all’estrema sinistra della sala esplose in urla di giubilo mentre Korin si andava a sedere fra di loro e poi, quando Anderson, Lilian fu smistata in Grifondoro espresse nuovamente il suo disprezzo.
Seguirono poi due Tassorosso, Barker, Jane e Bixop, Anne, e Jamie le vide sedersi al tavolo della loro Casa felici e pronte ad assistere allo Smistamento mentre conoscevano i loro nuovi compagni di Casa.
-Booster, Isaac!- esclamò d’un tratto il professor Phoenix, e il ragazzino emerse dalla fila e si sedette spavaldamente sullo sgabello per unirsi poi ai Serpeverde.
Anche le due ragazze che gli seguirono furono smistate in quella Casa, ma Collins, Sarah divenne la prima Corvonero, e la stessa sorte toccò a Damon, Katlin e Danville, Sophie.
Seguirono poi due ragazze Grifondoro, un Tassorosso, una Serpeverde e poi nuovamente un Tassorosso, e mano a mano che la fila si accorciava Jamie non vedeva l’ora che arrivasse il suo turno, guardando con invidia quelli che andavano allo sgabello e maledicendo i suoi antenati per avergli dato un cognome che iniziava per una lettera fra le ultime dell’alfabeto.
-Jackson, Claire!- disse ormai in tono quasi annoiato il Vicepreside mentre un certo James Holmes si univa al tavolo dei Corvonero. Poco dopo anche alla ragazza toccò la stessa sorte. -Johnson, Brian!- echeggiò la voce del professor Phoenix per la Sala Grande.
Brian, il nuovo amico di Jamie, sussurrò a quest’ultimo –ci vediamo!-mentre si distaccava dalla fila ed andava ad indossare il Cappello.
-In bocca al lupo!-gli rispose Jamie, sebbene non fosse sicuro che Brian avesse sentito.
Dopo un paio di minuti che Brian lo indossava, il Cappello Parlante urlò con tono fiero:
-GRIFONDORO!-
Questa volta Jamie si unì agli applausi del tavolo dei Grifondoro mentre Brian si andava a sedere fra di loro, e non potè fare a meno di sperare che anche lui venisse smistato in quella casa.
Seguirono poi due gemelli, Amanda e Christopher Jones, che divennero Grifondoro seguiti da un altro ragazzo, Chester Leòn.
Furono numerosi i ragazzi che vennero dopo, e la maggior parte fu smistata fra i Corvonero, mentre a Tassorosso e Serpeverde ne andarono tre.
Quando anche Steven, Alexis, una ragazza magra dai capelli rossi, si unì ai Serpeverde, finalmente il Vicepreside pronunciò finalmente il nome di Jamie.
-Summers, Jamie!-
Il ragazzo sentì tutti gli occhi della sala puntati su di lui quando uscì dalla fila e cominciò a camminare verso il Cappello. Il percorso sembrava interminabilmente lungo, e per distrarsi Jamie guardò verso il tavolo di Grifondoro, dove Brian e John, seduti vicini, lo guardavano speranzosi. Reneè gli fece l’occhiolino e Jamie rispose quando finalmente arrivò allo sgabello si sedette tremando leggermente.
Senza troppe cerimonie, il professor Phoenix gli cacciò il Cappello in testa e Jamie attese, finchè una vocina penetrante non gli sussurrò all’orecchio:
-Ciao ragazzo…sei nervoso? Bè, non sei il primo che mi capita. Però il nervosismo nasconde qualcosa, sì: nasconde il desiderio di apprendere, la curiosità e il coraggio…conosco io la Casa giusta per te, e credo proprio che ti ci troverai bene, visto che stai ripetendo il suo nome da quando mi hai indossato.-a questo punto Jamie ammutolì mentre il Cappello Parlante urlava a tutta la Sala Grande:
-GRIFONDORO!-
Sorridendo, Jamie si tolse il cappello, lo consegnò al Vicepreside e osservò il tavolo dei Grofondoro, dove tutti si erano alzati e Brian e John si erano addirittura messi in piedi sulle panche per festeggiarlo, mentre Reneè applaudiva, contenta.
-Ottimo lavoro amico!-si congratulò Brian mentre Jamie si sedeva davanti a lui e John stringendo un sacco di mani e osservando Water, Robert diventare un Tassorosso.
A lui seguì l’ultima Grifondoro della serata, Mildred Withe, che si sedette vicino a lui e si presentò anche agli altri.
Quando finalmente Carmen Ylee si unì al tavolo dei Tassorosso e Malcolm Zeith, senza alcuna sorpresa da parte di Jamie, Brian e John, a quello dei Serpeverde, una figura femminile al tavolo dei professori si alzò in piedi.
-Ragazzi, benvenuti e bentornati.-disse la donna al centro del tavolo con dei lunghi capelli bianchi raccolti in una treccia ordinata e una veste viola scuro con i bordi d’orati, elegante.
-Chi è?-chiese Jamie a un ragazzo più grande seduto vicino a lui, che prima gli si era presentato come il Prefetto Arnold.
-Come chi è? È Mafalda Prestley, la Preside!-gli rispose quello in tono quasi sprezzante, e Jamie stava quasi per ribattere quando la Preside continuò.
-Un altro anno qui ad Hogwarts è cominciato, e spero che vi troverete bene come in tutti quelli passati. Vi faccio i miei auguri per i vostri studi, ma ora devo passare alle comunicazioni importanti.
-Dunque, per prima cosa volevo informarvi dell’arrivo qui a scuola del nuovo professore di Incantesimi, il professor Gordon Brown: benvenuto.-
A questa dichiarazione seguì un piccolo applauso mentre un uomo basso e grassoccio si alzava per farsi vedere.
-Inoltre, come ogni anno, vi informo che l’accesso alla Foresta Proibita è severamente vietato agli studenti.-
A questo punto ormai si era alzato un vociare poiché tutti pensavano che ormai il discorso della Preside fosse terminato, ma inaspettatamente l’anziana donna continuò, facendo nuovamente calare il silenzio in sala.
-E ora una comunicazione ufficiale. Le lezioni di Astronomia si terranno, da quest’anno, non più nella torre più alta ma bensì in giardino, perché da questo momento la torre sarà adibita ad un nuovo scopo. È tutto: inizi il banchetto!-concluse con un gesto teatrale mentre sotto gli occhi di tutti si materializzava, sui piatti e vassoi d’oro, ogni genere di cibo. Jamie, che fino al suo turno non aveva desiderato altro che si sbrigassero per essere smistato, da quel momento in poi voleva solo che arrivasse la fine per poter mangiare, e quando la Preside finì il discorso seguito da un fragoroso applauso il ragazzino non diede nemmeno tempo al cibo di comparire.
Mentre mangiava fece la conoscenza dei suoi nuovi compagni di classe: c’erano le ragazze LIlian, Elizabeth, Sophie, Joyenne e Amanda che si rivelarono abbastanza simpatiche, mentre arrivò alla conclusione che con John, Brian, Chester e Christopher come compagni di stanza si sarebbe divertito un mondo.
Durante la cena i Chester, Christopher e John si lanciarono in complicate spiegazioni delle regole del Quidditch, lo sport dei maghi giocato su manici di scopa, elencando una marea di falli terribili, ognuno dei quali con un esempio di un evento realmente successo. Quando anche l’ultima briciola di torta si smaterializzò e i ragazzi, con la pancia piena, si abbandonarono sulla panca, la Preside si rialzò e senza troppe parole disse:
-Il banchetto è finito, noi siamo tutti stanchi e domani cominciano le lezioni: buonanotte!-
Con un raschiare di panche sul pavimento di pietra tutti si alzarono, e seguendo il Prefetto Arnold i nuovi Grifondoro giunsero al settimo piano, davanti al ritratto di una signora particolarmente grassa.
-Parola d’ordine?-disse suscitando la sorpresa di molti. Jamie ancora doveva abituarsi all’idea di vedere i quadri parlare e muoversi.
-Idromele-rispose prontamente Arnold e senza farselo ripetere il quadro si scostò per mostrare loro un buco nel muro che portava dritto in una sala circolare. -Questa è la Sala Comune di Grifondoro. I dormitori delle ragazze sono di sopra a destra, per i ragazzi lo stesso a sinistra. Dormite, altrimenti domani non riuscirete a seguire le lezioni.-
Ma quando Jamie, John, Brian, Chester e Christopher raggiunsero il loro dormitorio dove qualcuno aveva portato i loro bagagli fecero di tutto tranne dormire.

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