Si può sempre tornare a sorridere

di SweetLollipop_95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La mia infanzia ***
Capitolo 2: *** L'inizio di una catena ***
Capitolo 3: *** Una scelta molto difficile ***
Capitolo 4: *** L'intervento ***
Capitolo 5: *** Un colpo di sfortuna ***
Capitolo 6: *** Una dura verità ***
Capitolo 7: *** Milano ***
Capitolo 8: *** No hope, no love, no glory, no happy ending ***
Capitolo 9: *** Love Today ***
Capitolo 10: *** mai arrendersi ***
Capitolo 11: *** Si torna a vivere ***



Capitolo 1
*** La mia infanzia ***


Mi ricordo che da piccola i bambini mi chiedevano: “perché sei seduta?” io rispondevo molto ingenuamente: “perché sono stanca” e scoppiavo in una risata. Quando andavo all’asilo, non importava a nessuno se per muovermi anziché due gambe usavo due “ruote” bastava solo essere tutti insieme a giocare. Ed è proprio questo il bello di essere un bambino avere una mente molto aperta alle diversità, crescendo però il rapporto che la società aveva verso di me improvvisamente è cambiato purtroppo in peggio. I problemi sono iniziati nell’età adolescenziale tra i 10-12 anni quando a un certo punto a causa dei miei compagni di scuola che mi escludevano, incominciai a sentirmi per la prima volta differente rispetto a tutti gli altri; quindi iniziai a chiedermi: “ perché i miei compagni mi lasciano da parte?” “che cosa ho che non va?”. Mia madre che mi vedeva molto triste e demoralizzata un giorno mi chiese: “che cos’hai?” io all’inizio dicevo che stavo bene, ma erano mesi che le mie “amiche” non mi invitavano ai compleanni o a fare shopping, così mi presi coraggio e iniziai a sfogarmi e dissi “mamma perché tutti pensano che solo perché sono seduta non posso andare a divertirmi come tutti gli altri?” mia madre molto tranquillamente mi disse: “ perché purtroppo non sono ancora cresciuti mentalmente, devi avere pazienza vedrai che quando capiranno che la diversità è una ricchezza per il mondo riusciranno ad accettarti per quello che sei”. A questa risposta ringraziai mia mamma e andai a dormire con mille domande e pensieri nella mente.

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Capitolo 2
*** L'inizio di una catena ***


Dopo una notte quasi insonne, come tutte le mattine mi preparai per andare a scuola accompagnata da mia madre. Arrivata li, due o tre ore dopo mia mamma fu chiamata dalle medie che frequentavo perché avevo dei forti dolori all’anca sinistra, spaventata subito partì da casa e mi portò in ospedale dove mi fecero subito una lastra d’urgenza, ma per avere le risposte dovetti aspettare qualche giorno e quindi tornai a casa molto dolorante. I giorni di attesa sembravano non passare mai, nel frattempo io andavo avanti a “cocktail” di medicine delle vere “bombe” in realtà, che mi calmavano il dolore temporaneamente. Dopo circa una settimana io e i miei genitori veniamo convocati dai medici che mi hanno seguita fin dalla nascita, i miei genitori avevano l’abitudine di non nascondermi niente a livello medico nonostante la mia età e per questo gli sono molto grata. Giunti all’ospedale, l’espressione nel viso dei medici cambiò improvvisamente, (c’è da precisare che io sono nata con l’anca sinistra fuori posto) e  uno di loro ci disse: “Purtroppo l’anca sinistra, ha raggiunto l’osso del bacino sfregandolo ogni qual volta che vostra figlia si muove ecco perché gli causa molto dolore” la domanda immediata di mia madre e mio padre fu: “quindi, cosa dobbiamo fare per farla stare meglio?” il dottore rispose: “dovete portarla subito in ospedale per eseguire un intervento a Reggio dell’Emilia un ‘ospedale specializzato”. La mia reazione fu un pianto non ci potevo e volevo credere che stesse succedendo proprio a me, i miei genitori avevano paura ma riuscivano molto bene a nascondere le loro emozioni soprattutto davanti a me. Quella sera andai a letto presto perché la mattina seguente sarei partita insieme alla mia famiglia (mamma,babbo e i miei tre fratelli di cui uno di pochi mesi) in direzione di questo ospedale, passai una notte in bianco come del resto tutte le altre a causa del dolore fisico e mentale che stavo vivendo.

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Capitolo 3
*** Una scelta molto difficile ***


Il giorno seguente io e la mia famiglia ci svegliammo alle 4.00 del mattino il tempo di lavarsi i denti e mettersi la giacca che dopo circa 40 minuti eravamo già in macchina pronti per partire. Durante il viaggio ero molto nervosa e spaventata, così mi misi le cuffie alle orecchie ascoltando il mio cantante preferito Mika. Mika è il mio idolo, il mio eroe perchè; grazie alla sua musica ho superato moltissimi ostacoli nella mia vita; quindi chi se non lui poteva tranquillizzarmi?, infatti fu come una medicina, che mi riportò subito il sorriso sul volto. Dopo 3 ore e mezzo di viaggio siamo arrivati davanti a quell'imponente ospedale, credetemi per una che viene da Livorno sembrava di essere in America da quanto era grande e organizzato; percorremmo una serie di corridoi prima di arrivare alla sala d'attesa e li mi riprese l'agitazione addosso. Quando arrivò il mio turno e fui chiamata ad entrare, mamma disse ai miei fratelli: "restate qui"; entrando in quella stanza mi mancava il respiro praticamente ero in "apnea" il medico fece sedere i miei genitori ed esaminò la lastra poi ci guardò molto seriamente e ci disse: "dobbiamo eseguire l'amputazione della testa femorale"; e io pensavo: "cosa?!" i miei genitori si fecero spiegare tutti i rischi che comportava l'intervento e prima di decidere cosa fare il dottore aveva qualcosa da dire a me. Ci fu uno sguardo dispiaciuto del medico verso di me, ma fece un respiro e mi disse: "Gabriella, ora devi scegliere se rimanere così e non sottoporti all'intervento e avere qualche speranza forse un giorno di camminare, oppure eseguire l'intervento e non avere nessuna speranza in futuro di camminare"; era difficile fare questa scelta soprattutto perchè ero una bambina e dovevo maturare più in fretta degli altri, poi però mi sono ricordata che a causa di questo dolore qualsiasi cosa che una persona normale darebbe per scontato tipo: andare in bagno, vestirmi e fare la doccia io non la potevo più fare tranquillamente perchè per me era una sofferenza; pensai: "tanto cosa ho da perdere?" "non posso rischiare di vivere con il dolore per una speranza molto vaga". Quindi mi presi coraggio e accettai l'intervento.

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Capitolo 4
*** L'intervento ***


Passarono cinque Mesi circa quando un giorno il telefono squillò: “pronto” disse mamma – “Buongiorno chiamo dall’ospedale di Reggio nell’Emilia, sua figlia verrà ricoverata il 18 Dicembre e operata il 20 Dicembre” furono le parole della segretaria, le due settimane seguenti per me passarono molto in fretta a causa della forte paura che avevo; mia madre in quei giorni cercò un posto dove poter far dormire tutta la mia famiglia, lo trovo anche a caro prezzo. La mattina del 18 Dicembre arrivò, le sensazioni che provavo erano molte ero felice perché finalmente mi sarei tolta un grosso peso; d’altra parte però ero terrorizzata per cosa stavo affrontando. Durante il viaggio come sempre mi affidai alle mie cuffie e alla musica che preferisco per cercare almeno in parte di tranquillizzarmi; arrivata nella stanza del “Day Ospital” mi fecero mettere un pigiama e sdraiare sul lettino ad aspettare tutti i vari medici che dovevano passare. I due giorni seguenti li passai facendo analisi e visite varie, la sera del giorno prima dell’intervento mi dissero che sarei stata la prima quindi che mi sarebbero venuti a chiamare alle 8.00; quella notte non dormì per niente ed ero immersa in mille pensieri: “sarebbe andata bene?” io speravo con tutto il cuore di essere affidata alle mani giuste, ma non sapevo cosa mi avrebbe riservato la vita. Eravamo giunti al 20 dicembre, mi ricordo che alle 8.00 puntali come un orologio svizzero vennero a chiamarmi le infermiere per portarmi in sala operatoria; mamma mi accompagnò fino al piano terra davanti alla porta dove sarei dovuta entrare mi saluto con le lacrime agli occhi e mi abbracciò io reagì con un pianto e pensai:”ok, ci siamo o la và o la spacca”. Dei minuti passati in quella sala prima di addormentarmi ho solo dei ricordi molto vaghi, ho soltanto dei flash back dei medici che mi dicevano di respirare dentro la mascherina; mi risvegliai solo 4 ore dopo molto rintontita nella mia stanza con mia madre. I giorni di degenza che mi diedero i dottori furono sette, i primi tre li trascorsi con mia sorpresa molto bene a livello di dolori solo perchè ero collegata alla morfina; quando iniziarono a diminuirla cominciarono anche i mali con delle fitte indescrivibili da lasciare senza fiato in gola da quanto urli per la sofferenza. Finalmente il giorno del ritorno a casa arrivò, credetemi non vedevo l’ora, anche se mi aspettava un mese da passare sdraiata nel letto. Giunti a casa non stavo per niente bene, ma pensai che fosse normale dopo un intervento del genere; così passò velocemente un mese e con mia grande felicità rientrai a scuola più carica e motivata di prima.

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Capitolo 5
*** Un colpo di sfortuna ***


Purtroppo il mio rientro a scuola non fu dei migliori, perchè mentre le custodi mi portavano in bagno notarono un grosso gonfiore sotto la ferita che mi procurava molto dolore; chiamarono mia madre che subito si precipitò li e mi portò di corsa in ospedale dove mi fecero tutte le analisi e le visite possibili ma senza alcun risultato. Tornai a casa molto turbata, perchè non avevo ricevuto una risposta e soffrivo molto; naturalmente andai avanti a medicine per cercare di chiudere occhio la notte. Una mattina di Maggio dopo cinque mesi con questo gonfiore, mamma mi svegliò per andare a scuola; quando alzò il lenzuolo non poteva credere ai suoi occhi mi trovo in un bagno di sangue con la ferita aperta e sorprendentemente io non avevo sentito niente. Fu una corsa contro il tempo per portarmi all'ospedale di Livorno distante 20-30 minuti da casa mia, arrivati lì i medici hanno chiesto a mia madre dove mi hanno operato lei replicò: " a Reggio Emilia" loro risposero subito: "non possiamo curare sua figlia perchè non l'abbiamo operata noi" detto questo mi misero una garza tanto per tamponare il sangue e senza alcuna ambulanza siamo partiti alla volta di Reggio Emilia. Dopo un lunghissimo e tortuoso viaggio, giunti lì mi hanno visitato immediatamente e mi hanno detto che avevo un'infezione provocata da una possibile allergia; io pensai: "cosa? io non sono allergica a niente"- mamma rispose: " ma come è possibile?, mia figlia non ha alcuna allergia". Così discutendo il medico ci disse che durante l'intervento per evitare il troppo sanguinamento dell'osso; hanno "tamponato" con una "cera d'api" 100% di origine naturale. Potete immaginare la reazione di mia madre a quelle parole chiese di spiegarli perchè non avevano fatto un test allergico, loro risposero molto francamente: "per noi mettere quella cera è routine non ci è mai capitato un caso del genere". Infatti poi si scoprì che ero l'unica in Italia ad essere allergica a quel materiale, mi crollò letteralmente il mondo addosso ma quel che era peggio è che dovevo sottopormi a un altro intervento di "toilettatura" come dicono loro.. "nemmeno fossi un cane"- pensai. Così dopo nemmeno cinque mesi compiuti dalla prima operazione, ero già "sotto i ferri" demoralizzata scioccata e più spaventata di prima.

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Capitolo 6
*** Una dura verità ***


Mi svegliai con mia madre accanto come sempre, chiesi se finalmente era tutto finito e mamma annuì ci sperava davvero tanto; perché vedeva che sua figlia ormai non reagiva più e stava letteralmente gettando la spugna. Visto che avevo fatto un intervento di semplice "pulitura", non mi aspettavo grandi dolori fisici e invece ne accusavo molti e questo insospettiva i miei genitori; dopo tre giorni all'ospedale sono tornata finalmente a casa.. Mi aspettava una lunga convalescenza a letto. Passai continue notti insonni a causa dei dei forti dolori che avvertivo, simili al precedente intervento di dicembre. Una mattina, mio padre deciso a trovare una risposta a quelli strani dolori fisici prese delle lastre post intervento di dicembre e quelle recenti fatte pochi giorni prima.. Notò subito che qualcosa non andava perché mancava un "pezzo" d'osso nell'ultima lastra; andammo subito a parlarne con i medici a livorno che mi seguono dalla nascita spiegando che nella cartella clinica non si parlava di amputazione bensì di semplice pulitura. Lo sapete come sono fatti i dottori non si mordono tra di loro, infatti trovarono varie scuse per giustificare le loro gesta; capendo che non ci avrebbero mai aiutato decidemmo di andare in causa. Con la mia solita fortuna poche settimane dopo dal mio ultimo intervento, la ferita si riaprì a causa della toilettatura fatta male; perché mi continuava ad uscire ancora quella "cera d'api". Per circa tre mesi ho dovuto medicare la ferita con il betadine per cercare di chiuderla.. Dio solo sa il dolore che sopportavo tutti i giorni. Vedendo che comunque non accennavo a un miglioramento, c'era il rischio che dovessi sottopormi a un altro intervento. Un Giorno dovendo fare una normale visita di controllo e il direttore dell'ospedale di Livorno dopo una veloce sguardata alla ferita ha preso delle pinze e senza anestesia mi ha tolto la parte di carne che mi usciva.. Un dolore assurdo indescrivibile provai, mi bendó il taglio e disse che se non si fosse chiusa in 4 giorni avrei dovuto affrontare un altro intervento.

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Capitolo 7
*** Milano ***


Passati 4 giorni andai agitata dal medico per la visita di controllo, che constatò finalmente la chiusura della ferita; non potete immaginare la mia felicità in quel momento pensai: "è finita finalmente è finita ce l'ho fatta" o almeno così credevo. Dopo alcuni mesi causavo forti dolori alla schiena, ho fatto subito una lastra e hanno trovato una scogliosi non tanto grave che richiedeva il busto; scogliosi che secondo noi e il nostro attuale medico legale causata proprio dall' ultimo intervento sbagliato. Immaginatevi voi il busto da sotto il collo fino al bacino, era molto scomodo perché non respiravo e mangiavo poco da quanto era stretto. Quindi rinunciai di portarlo nel giro di sei mesi mi misurarono la scogliosi a 90 gradi cioè il massimo, ero talmente ripiegata su me stessa che stavo schiacciando il polmone sinistro praticamente respiravo solo con il destro. I medici che mi seguivano hanno consigliato a me e a i Miei genitori un ospedale a milano l'unico specializzato in questi interventi; dopo pochi giorni riuscimmo a prendere un appuntamento per decidere cosa fare. Così io e la mia famiglia partimmo alla volta di milano furono le quattro ore di viaggio più lunghe della mia vita, l'unica persona che mi poteva tenere calma in quel momento era il mio idolo: Mika, adoro quell'uomo, in qualche modo con le sue canzoni e la sua voce riesce anche solo per pochi minuti a farti dimenticare la realtà e a portarti nel suo magico mondo pieno di colori. Giunti là entrammo in questo vastissimo ospedale percorrendo vari corridoi prima di arrivare alla sala d'aspetto. Mentre aspettavo avevo il cuore in gola ero nervosa e dopo tutto quello che avevo passato non potevo fare a meno di pensare al peggio...

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Capitolo 8
*** No hope, no love, no glory, no happy ending ***


Finalmente arrivò il mio turno, con un nodo allo stomaco io e i miei genitori ci dirigemmo verso la sala visite; venimmo subito accolti dal medico che ci invitò a sederci. Dopo una veloce presentazione, il medico iniziò a illustrarci la mia grave situazione.. Era davvero grave molto grave in pratica ci spiegò che la mia scoliosi era all'ultimo stadio di gravità, in poche parole ero piegata su me stessa a tal punto che il polmone sinistro non funzionava. L'intervento che mi avrebbe salvato la vita consisteva nella ricostruzione della spina dorsale attraverso una barra di titanio; ovviamente c'erano i pro e i contro si é vero che sarei stata meglio, ma sarei non sarei stata più in grado di andare Normalmente in bagno o di avere un letto normale o magari di avere figli come ogni donna spera.. No non posso avere figli perché rischierei di moriree questo per me é stato un duro colpo da accettare infatti non mi é stato detto subito dai i miei genitori. Non sapevo che cosa mi avrebbe riservato il futuro quel che é certo é che Necissatavo di un intervento immediato; infatti mi mi misero in lista d'attesa a luglio e a fine ottobre arrivò la comunicazione della data di ricovero prevista per il 9 novembre. Ancora una volta dopo pochi mesi eravamo di nuovo in viaggio verso milano, mi ero chiusa in me stessa durante quelle settimane forse anche per non far vedere a i miei genitori che stavo molto male e avevo paura in pratica era come se ci fosse il mio corpo materialmente ma non ci fossi più, ormai le mie emozioni me le tenevo dentro e l'unica possibilità che avevo per sfogarla era la musica.. Oh si la musica è stata ed é la mia ancora di salvezza, cantare mi fa sentire libera di dimenticare anche se per pochi minuti la realtà; l'unico cantante che riusciva malgrado la situazione a farmi sorridere era ed é ancora Mika. Giunti là l'infermiere ci accompagno nella stanza dove avrei alloggiati per i prossimi 22 giorni, il tempo di cambiarmi e mettermi una vestaglia che già i medici iniziarono a farmi i vari esami per preparazione all'intervento del giorno dopo. Quella notte come prevedibile non chiusi occhio sapendo che sarei stata la prima ad entrare in sala operatoria a causa Durata del mio intervento.. Ben 7 ore. Il sole era sorto e io tremavo fra pochi minuti mi avrebbero chiamato.. Ed ecco l'infermiera: "signora prepari sua figlia fra 5 minuti la portiamo dentro" io guardai mia mamma e mi scese una lacrima mi abbracciò tranquillizzanti che tutto sarebbe andato bene anche se in realtà lei era più spaventata di me. Arrivò l'infermiera che ci condusse in sala operatoria in quel momento mi mise le cuffie alle orecchie e partì "Happy Ending" di Mika: "no hope, no love, no glory, no happy ending.." quelle parole mi fecero capire che nonostante tutto quello che succede non bisogna mai perdere la speranza perché significherebbe voltare le spalle alla voglia di vivere.. Arrivati davanti alla porta Strinsi la mano a mia madre per l'ultima volta prima di separarci e entrai con un sorriso finto per farle vedere che ero tranquilla.. Di quel momento mi ricordo di aver dato la mano al medico dicendoli che mi fidavo di lui e di quello che avrebbe fatto.. Poi il buio e delle immagini a rallentore della mia vita.

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Capitolo 9
*** Love Today ***


Si dice che quando affronti una cosa importante in questo caso l’intervento e ti addormenti pensando a cose belle ci sia una speranza in più che tutto vada per il meglio. Appena chiusi gli occhi ormai addormentata dall’anestesia, mi vennero in mente flash back di momenti passati con la mia famiglia con sottofondo una canzone da me molto conosciuta “Grace Kelly”. Dopo sette lunghe ore di intervento e cinque giorni lasciata in coma farmacologico a causa dei numerosi tubi che avevo in corpo; finalmente mi svegliai la prima domanda che feci fu: “mamma, è finito l’intervento?” e mia madre “Sono cinque giorni che dormi Gabry” io rimasi un po’ scossa non lo nego ma subito chiesi dei miei fratelli e di mio padre che non potevo vedere perché ero in terapia intensiva. Mia madre mi disse che stavano tutti bene ma che i miei fratelli soprattutto quello piccolino di soli 3 anni chiedeva di me e mi cercava piangendo, io stavo molto male senza vederli passai sette interminabili giorni senza poterli abbracciare. Il settimo giorno finalmente venì spostata in reparto e il mio babbo e miei fratelli venirono subito a trovarmi fu una sensazione inspiegabile quando li vidi; ma l’idea che mio fratello di tre anni vedesse la propria sorella in quello stato non mi rendeva felice perché sapevo che se non stava passando un infanzia normale in fondo era anche colpa mia. Con l’eliminazione della morfina i dolori si fecero sentire sopratutto i polmoni mi davano problemi perché facendomi respirare attraverso un casco i medici cercavano di farmi riaprire un polmone quasi atrofizzato. Dopo una settimana senza mangiare finalmente iniziai piano piano a buttare giù qualcosa non credete che sia stato menù da ristorante però meglio di niente; menomale che i miei genitori mi portavano di nascosto piadine e salame sennò sarei morta di fame. Il quattordicesimo giorno passò il medico che mi ha operato e disse: “Ok, Gabriella sei pronta ad andare seduta?” – dopo tanti giorni passati sdraiata in un letto ero emozionata e spaventata allo stesso tempo – “si, non vedo l’ora” risposi con mio padre accanto. Con l’aiuto di un infermiere e con la massima cautela mi spostarono da letto alla sedia provvisoria ovviamente, appena fui li mi guardai e vidi finalmente dopo tanto tempo la schiena dritta; in quel momento mi emozionai cosi tanto che scoppiai in un grosso pianto tanto da spaventare il dottore e mio padre che subito mi chiesero se stavo bene l’unica parola che riuscì ad uscirmi dalla bocca fu solo un “grazie”. Sentivo che finalmente potevo essere una ragazza normale per quanto possibile in quel momento vedevo finalmente uno spiraglio di luce nella mia vita. Trascorsero altri otto giorni e finalmente mi dimisero dall’ospedale, durante il viaggio in auto pensavo che potevo finalmente vivermi la vita come una normale sedicenne senza pensare più ai dolori che quotidianamente mi assillavano; insomma volevo incominciare a vivermi la vita amando ogni singolo giorno più ascoltavo “Love Today” e più ne ero convinta.

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Capitolo 10
*** mai arrendersi ***


Arrivati a casa trovai un regalo sulla scrivania era un tablet mio padre disse: "so che natale é fra pochi giorni, ma volevamo dirti che siamo fieri di te per come hai affrontato l'intervento e per la tua forza di volontà" io lo abbracciai e ringraziai ero così contenta che tutto quello che passai fu finalmente finito, Ora potevo vivere la mia vita felice solo che non sapevo sarebbe durata poco... Dopo tutte le festività natalizie era il momento di tornare a scuola ero molto agitata, perché non sapevo come avrebbero reagito tutti; ero cambiata radicalmente praticamente ero un' altra persona. La campanella suonò era il momento di entrare mamma mi accompagnò dentro e vidi le professoresse e i miei compagni stupiti da rimanere quasi a bocca aperta, mentre ero in classe mia madre spiegò alle bidelle come mettermi in bagno ed erano abbastanza tranquille o almeno così credevo. Quando mia madre andò via chiesi di andare in bagno e loro si riufiutarono mi dissero di mettermi un pannolone perché loro non mi avrebbero toccata; alla fine chiamai mia madre da collesalvetti a pisa (circa 30 minuti di macchina) dicendo: "mamma le bidelle non vogliono mettermi in bagno me la sto facendo addosso' - "ok, arrivo con i carabinieri" disse mia madre che salutò e rianganciò. Siccome mi scappava forte, la mia professoressa di sostegno e le mie compagnie mi aiutarono gentilmente; in quel momento vidi arrivare mia madre senza carabinieri e disse al vice preside che questa storia sarebbe andata in tv E sul giornale.. Beh pensavate stesse scherzando? Assolutamente no infatti due giorni dopo si presentò GranDucato tv e il Tirreno (giornale) con tutta la scuola organizzai un falò davanti all' edificio con una montagna di pannoloni in modo da far capire che non avrei mai messo quei cosi.. Alla fine ero diventata la ragazza del caso scandaloso conosciuta a Pisa, Livorno e nel mio paese, ma ero vista anche come una paladina che aveva fatto valere i propri diritti ed ero contenta di questo. Finalmente dopo tutto questo caos le acque si calmarono e tutto tornò come prima; fino al giorno in cui mia madre fu chiamata a scuola perché causavo forte dolore all' anca destra, subito mi portò in ospedale ma lì nessuno voleva toccarmi perché non avevo subito l'intervento alla schiena lì. Tornammo a casa e con un anti dolorifico cercò di placarmi il dolore, giusto il tempo per prendermi un appuntamento all' ospedale di Milano per il giorno dopo; quella notte mi addormentai piangendo e ascoltando la musica di Mika.. Avevo paura troppa paura di rientrare in quel tunnel buio di nuovo da dove avevo timore non ne sarei più uscita. Con il cuore in gola il giorno dopo partimmo per Milano, arrivati lì il chirurgo che mi operò mi fece fare una lastra d'urgenza quando convocò me e mia madre nel suo studio vidi nei suoi occhi che non erano per niente buone notizie quelle che ci stava per dare.. Infatti disse a mia madre: "signora purtroppo tirando su la schiena non avevamo previsto che potesse Uscire dal bacino l'altra anca quindi bisognerà intervenire.. " a quelle parole scoppiai a piangere non era possibile non credevo stesse succedendo a me di nuovo; mia madre era demoralizzata ma davanti a me si fece vedere forte e chiese subito: " quando pensate di operarla" - "la mettiamo in lista d'attesa con urgenza dovete solo attendere la nostra chiamata" rispose il medico - " daccordo grazie e arrivederci " replicò mia madre fredda. Per tutto il viaggio regnò il silenzio, siccome ero nel sedile posteriore mamma non notò che stavo piangendo con le cuffie alle orecchie ascoltando: "Over my shoulder" non facevo a meno che chiedermi: e se questa catena di interventi non finisse mai? Che cosa farò io? Come vivrò?.. Una cosa era certa non volevo passare la mia vita a soffrire, ed é in quel momento che pensai di dire addio a tutti.. Appena tornati a casa mi chiusi in camera e mi misi ad ascoltare l'unico che riusciva a capirmi, l'unica mia certezza nella vita, sfociata ormai nel caos era lui: Mika. Finalmente riuscì a piangere e a sfogare tutta la rabbia che avevo dentro, perché non me ne facevo una ragione di tutto quello che mi stava succedendo; fu quando mia madre uscì per una commissione che presi una decisione senza pensare. Corsi in cucina presi varie medicine di cui non ricordo neanche il nome e le versai in un bicchiere con dell' acqua mescolai tutto andai in camera e posai il bicchiere davanti a me sulla scrivania mi accasciai piangendo poi presi in mano il bicchiere E iniziai a bere quel cocktail letale mentre bevevo mi accorsi di avere ancora l'ipod acceso e sentì queste parole che non pensavo mi cambiassero la vita: "No hope, No love, No glory No happy ending" smisi di bere e pensai che se avessi perso anche la speranza cosa mi sarebbe rimasto? Capì che nella vita ci sono momenti in salita e in discesa che se prese con lo spirito giusto e con tanta forza di volontà si possono superare facilmente. In quel momento arrivò mia madre che sentì correre verso di me con le medicine in mano: "gabry ma che stai facendo?" urlò piangendo e chiamando i soccorsi - non ricordo niente di quello che successe dopo perché svenni mi ricordo solo di essermi svegliata in una barella in ambulanza che stava andando in ospedale. Appena arrivati il medico mi guardò gli occhi ascoltò la respirazione e il cuore dopo alcuni istanti ordinò per precauzione una lavanda gastrica, il medico rassicurò mia madre nella mia stanza e gli disse che per sicurezza dovevo passare la notte li. Vidi mia madre piangere mentre chiamava babbo ma non so cosa si siano detti, lei mi stette vicino non mi lasciò da sola mai era il momento di dormire; dormivano tutti tranne me che avevo mille pensieri in testa. La mattina seguente dopo la visita del medico venni dimessa e finalmente tornai a casa, mio padre mi abbracciò forte insieme ai miei fratelli... Ora non ci restava che aspettare la chiamata dell' ospedale di milano.

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Capitolo 11
*** Si torna a vivere ***


Passarono undici mesi, prima che ci chiamassero per dirci la data del ricovero, un giorno di fine novembre arrivò una telefonata dall' ospedale di milano il ricovero era previsto per il 14 dicembre e l'intervento per il 15 dicembre; quando me lo disse mi salì la paura, paura che andasse storto qualcosa di nuovo.. Rimasi chiusa in camera fino a cena a pensare: "sarà davvero l'ultimo intervento?" non facevo a meno di pensare al peggio non volevo illudermi di credere che sarebbe andato tutto bene ci ho creduto per quattro anni e non é servito a niente. Era ora di cena andai a tavola e appena finito di mangiare i miei fratelli andarono in camera io rimasi lì con i miei genitori in silenzio un silenzio di paura e tensione.. Mio padre disse con aria dispiaciuta: "gabry ti devo parlare" - "dimmi babbo" risposi - "io e mamma non possiamo passare la degenza post intervento con te, noi saremo lì il giorno dell'intervento e poi torneremo a casa purtroppo sette giorni sono troppi e non abbiamo disponibilità economiche e poi potrei perdere il lavoro" - a quelle parole cambiai colore in faccia poi riuscì solo a dire: "tranquillo babbo capisco non ti preoccupare" - "con te ci saranno due infermiere (pagate) che si daranno il cambio per stare con te giorno e notte noi ci sentiremo al telefono" spiegò mio padre - "ok tranquillo" disse con un velo di tristezza e paura nella voce. Andai a letto dicendo che ero stanca mentì in realtà era per sfogarmi e piangere, ancora una volta mi chiusi in Me stessa con la musica; quella sera non dormì ero nervosa perché non ero mai stata fino ad ora lontana dalla mia famiglia e questo mi faceva stare male. Il fatidico giorno arrivò, partimmo alle 4.00 di mattina verso milano io tremavo dalla paura ma provai a farmi coraggio; giunti là gli infermieri ci fecero entrare in quella che sarebbe stata la mia stanza per sette lunghi giorni. Mi cambiai e misi il pigiama mentre attendevo di fare tutti i vari esami, quella giornata volò passò talmente tanto veloce il tempo che era già ora di dormire; ovviamente non chiusi occhio anche perché sarei stata la prima ad entrare alle 8.00. Guardai fuori dalla finestra e pregai che andasse tutto bene se fosse successo qualcosa non so se avrei avuto la forza di andare avanti, poi dissi basta a tutti quei pensieri e mi misi a canticchiare con le cuffie per distrarmi passai così tutta la notte. La mattina seguente mamma mi tranqullizzò prima di entrare mi disse che sarebbe andato tutto bene e che mi avrebbe aspettato fuori, la salutai con le lacrime agli occhi entrai in sala operatoria e l'unica cosa che ricordo é una luce accecante agli occhi poi il buio. Dopo 4 ore di intervento uscì dalla sala operatoria e trovai mia madre e mio padre fuori, poche ore dopo nel pomeriggio dovetti salutarli perché dovevano tornare a casa; tutti e tre piangendo ci salutammo e baciai anche i miei fratelli.. Fu un duro colpo per me ero da sola con persone che non conoscevo, mangiavo poco ero depressa perché quando avevo Dolore volevo solo mia mamma accanto a me e invece non c'era, furono i sette giorni più lunghi della mia vita. Finalmente il settimo giorno era arrivato ero emozionata all' idea di riabbracciare la mia famiglia, quella mattina,ero più sorridente del solito e lo notarono tutti; mamma con i miei fratelli arrivò alle 11.30 e l'infermiera ci disse che non potevo fare alcuni movimenti perché l'anca era bloccata da una placca - "cosa?" disse mia madre sconvolta - "noi non abbiamo firmato per questo tipo d'intervento" - "mi dispiace signora decisione del chirurgo" rispose l'infermiera - "arrivederci e buon natale" finì il discorso - mia madre tentò di parlare con il chirurgo ma era in ferie quindi tornammo a casa arrabbiati e amareggiati ma con l'intento di intervernire giuridicamente. Ancora oggi infatti abbiamo due cause una contro milano e una contro reggio emilia, ci vorranno anni prima di ricevere i danni; ma quello che mi mette i brividi é che questi "MACELLAI" che mi hanno rovinato la vita continuano ad esercitare la propria professione indisturbati e l'unica che ci ha rimesso sono io che in 4 anni mi sono vista cambiare la vita radicalmente.. Ora non posso fare più le cose che facevo una volta, ho una camera che sembra un ospedale da quanti attrezzi ho e loro sono lì che si godono la vita al meglio. Una domanda mi sorge spontanea: " ma chi gli ha dato la laurea in medicina a questi incompetenti?" beh spero che non capiti mai a nessun altro tutto questo; con questa storia ho voluto Testimoniare che razza di sanità abbiamo in Italia.. Che vergogna. Io sono crollata ma sono riuscita a rialzarmi grazie alla mia famiglia alla forza di volontà e alla musica. Questa é la storia di come sette anni fa un cantante anglo-libanese é riuscito a salvarmi la vita, grazie alla sua voce ai suoi testi che sono pura poesia.. Io ho avuto l'onore di incontrare il mio salvatore ed é stato magico vedere la sua grande umiltà e generosità; non sono riuscita a ringraziarlo per tutto quello che ha fatto ma un grazie sarebbe poco veramente. L'unica cosa che mi viene dal cuore adesso é dedicarli una piccola parte della mia vita.. Questo é per te mio eroe, grazie per avermi fatto continuare a vivere te ne sarò grata tutta la vita.

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